Once Upon A Time 8: Deep Waters Rise

di TheSims1991
(/viewuser.php?uid=49166)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una seconda possibilità ***
Capitolo 2: *** La Nebbia ***
Capitolo 3: *** Spuma di mare ***



Capitolo 1
*** Una seconda possibilità ***


Capitolo 1: Una seconda possibilità

 

«Domani è il grande giorno», disse Henry abbracciando Regina. «Come ti senti?» La donna lo guardò e sorrise.

«Sono già trascorsi due anni. Il tempo passa così in fretta», disse, poggiando la testa sulla spalla del figlio. «Che cosa avete in mente tu e tua madre?» Domandò sorridendo. Henry rise e si allontanò leggermente.

«Non lo saprai mai!» Disse, ridendo. «Sai bene quanto teniamo alle nostre nuove "tradizioni". L'incoronazione è stata una sorpresa, è bene che tu non sappia cosa succederà anche questa volta»

«È il mio anniversario», disse lei, fingendosi arrabbiata. «Voglio sapere cosa avete in mente». Regina inarcò le sopracciglia e, con le mani conserte, si mise a fissare il figlio, che scoppiò in una risata. Henry si avvicinò e mise le sue mani sulle braccia della madre.

«Goditi ciò che verrà, mamma», disse, guardandola negli occhi.

«È un giorno speciale per tutto il Reame», rispose lei, sorridente. «Voglio che tutti si siano felici»

«Lo sono. Grazie a te.» Le parole di Henry furono interrotte dal suono del cellulare. Il giovane lo tirò fuori dalla tasca. «È assurdo come ora i cellulari abbiano rete anche nella Foresta Incantata» Regina rise mentre Henry rispondeva al telefono. Di colpo la sua faccia si fece pensosa.

«Sì. Certo… Capisco. No, nessun problema. Perfetto. Benissimo. Grazie. A presto.» Il ragazzo rimase in silenzio mentre sua madre si avvicinava.

«Va tutto bene?» Domandò. Henry aveva lo sguardo basso. Ripose il cellulare nella tasca e si voltò verso la madre, in silenzio. Regina posò una mano sul braccio, iniziando a preoccuparsi e cercò di guardare suo figlio negli occhi.

«Hanno deciso di pubblicare il mio libro!» Urlò di colpo, facendo sobbalzare Regina che rimase a bocca aperta per la notizia. Di colpo abbracciò il figlio stringendolo a sé.

«Sono veramente fiera di te!» Sussurrò. Henry sorrise.

«Raggiungerò Ella per darle la buona notizia! Non è che…» Disse, ammiccando verso la madre. La donna sorrise, agitò la mano ed Henry scomparve in una nuvola di fumo violaceo.

 

Erano passati quasi due anni da quando Regina aveva compreso pienamente il potere di quella che era sempre stata chiamata "Maledizione Oscura", il cui nome aveva da sempre nascosto il potenziale che solo lei era stata capace di scoprire. Due anni da quando il popolo dei reami aveva scelto lei come sovrana. Due anni in cui quella che era da sempre stata una famiglia grande e per certi versi complicata era diventata ancora più grande.

Henry aveva scelto di continuare la sua carriera come autore, questa volta senza la sua penna magica ma solamente con l'ausilio di un computer. Al suo fianco, Ella continuava insieme a Tiana l'attività che avevano avviato a Hyperion Height: il Rollin' Bayou si era trasformato da un semplice camioncino in un vero e proprio ristorante che riceveva ordini da ogni parte del Reame e le due erano pronte a portare i loro bignè ovunque fosse richiesto.

La piccola Lucy correva spesso da un angolo all'altro di Storybrooke o della Foresta Incantata, ora per raggiungere Regina, ora per giocare con la piccola Hope, molto spesso dai suoi nonni. Biancaneve e David, infatti, avevano scelto di rimanere anche loro nella cittadina e di tenere l'appartamento che per anni avevano considerato la loro casa, lasciando il palazzo alla sovrana.

Regina, dal canto suo, sbrigava i suoi doveri con serietà e dedizione dal castello ma molto spesso faceva capolino nel suo vecchio ufficio, ricordando quando era Sindaco di Storybrooke. Era diventato il suo luogo speciale, il posto che le ricordava davvero il suo percorso e com'era cambiata nel corso degli anni.

Tra quelle stesse mura aveva abitato la regina cattiva, l'autoritario sindaco e al tempo stesso la redenta Regina, disposta a tutto per la sua famiglia. Non tanto la Foresta Incantata, quanto la sua Storybrooke era stato il luogo che le aveva permesso di crescere e di maturare, come donna, come madre e, adesso, come sovrana.

Molto spesso, a tenerle compagnia in quel luogo, era proprio Emma. Il rapporto tra le due non era cambiato e, anzi, molto spesso Regina si rivolgeva a lei se necessitava di un consiglio. Miss Swan, come di tanto in tanto continuava a chiamarla, era sempre disponibile per la sua amica e alternava le sue giornate da mamma, con la piccola Hope che aveva ormai due anni, al lavoro come sceriffo al fianco di Henry Jr. – così soprannominato per distinguerlo dall'"altro" Henry – e di Hook, sfruttando di tanto in tanto la collaborazione di David. Ora che il reame era così grande, il lavoro del dipartimento serviva a coordinare quello dei diversi distretti che si trovavano nei vari regni e che facevano capo a Storybrooke. Era proprio il giovane Mills che si occupava delle "trasferte", coniugando ai suoi doveri la sua voglia di avventura, sempre presente nel suo animo.

 

I primi due anni di questo nuovo Regno erano stati positivi per tutti gli abitanti: mentre Granny faceva grandi affari a Storybrooke e aveva deciso di rimanere lì, a gestire la locanda e la tavola calda, chi era rimasto per decadi intrappolato nel Maine aveva avuto modo di tornare nella Foresta Incantata. Altri erano riusciti a trovare il loro posto in un mondo che ormai offriva ogni possibilità. Leroy, per esempio, aveva scelto di viaggiare insieme ad Astrid e di visitare terre lontane.

In quello che era stato il regno di Mida, il re era stato liberato dalla sua maledizione e aveva lasciato il posto a sua figlia. La stessa magia che aveva condannato il re, al contrario, era stata utilizzata per far sì che tutti, nel nuovo regno avessero risorse a sufficienza per condurre una vita dignitosa ed erano proprio Abigail e Frederick ad occuparsene, mentre i loro tre figli crescevano giorno dopo giorno sempre di più.

Giglio Tigrato e Altea viaggiavano di regno in regno per trovare coloro che avrebbero fatto parte della nuova generazione di esseri fatati e che avrebbero avuto il compito più arduo di tutti: mantenere la magia in un regno formato da così tante realtà e caratteristiche diverse. Chi possedeva il dono della magia veniva invitato in quello che era stato il castello di Regina, che per volere della sovrana era stato trasformato nell'Accademia Incantata. Qui, chiunque poteva apprendere come utilizzare la magia, evitando che grandi mali come la Maledizione Oscura potessero verificarsi nel futuro del regno. Turchina, insieme a Trilly e alle altre fate si occupavano di ciò che riguardava l'Accademia e a dar loro una mano era Gideon che, conclusi i suoi studi, aveva fatto ritorno da Elphame nella Foresta Incantata. Proprio Turchina aveva proposto a Regina di scegliere lui come preside dell'Accademia e il giovane, che aveva in sé l'amore della madre della conoscenza e la padronanza della magia di suo padre, aveva di buon grado accettato. La sua era una magia particolare e sebbene, in principio, molti temessero che avesse ereditato l'oscurità di Tremotino, il sacrificio del padre e il vero amore dei suoi genitori avevano sconfitto per sempre quell'oscuro potere.

Un futuro radioso sembrava attendere l'intero regno di Regina, i cui abitanti si sarebbero radunati presso il palazzo proprio il giorno successivo, per festeggiare l'anniversario della sovrana. Mentre il sole tramontava, Regina si affacciò alla balconata e guardò l'orizzonte. Quella che lei stessa aveva definito "una seconda possibilità" sembrava aver dato la possibilità di un lieto fine per tutti. Era quella la sua più grande conquista.

 

Il sole era già alto nel cielo quando l'ombra di un cavallo veloce e scattante inizio a volare sul ponte che collegava il palazzo al resto del regno. Le guardie riconobbero il giovane cavaliere e lo lasciarono passare con un cenno di saluto. Il cavallo corse su per il cortile del castello e risalì fino a che non arrivò a un'entrata di servizio, posta ben più in alto rispetto all'ingresso principale. Mentre scalava la stradina acciottolata, il cavaliere vide da lontano alcuni uomini che portavano provviste all'interno del castello ma decise di non rallentare. Al contrario, un sorriso si dipinse sul suo volto e intimò all'animale di accelerare. Il terrore si disegnò sul volto degli uomini che, urlanti, videro l'animale saltare per evitarli e il cavaliere alzare la mano in segno di scuse.

«Devi smetterla di farli spaventare!» Regina aveva le mani conserte. Attese che il cavaliere scendesse dal suo destriero e gli andò incontro.

«Ma è così divertente, mamma!» Provò a replicare Henry Jr., provocando la risata della donna. «Buon anniversario», disse lui, baciandola sulla guancia e abbracciandola. Regina sorrise e ricambiò l'abbraccio del figlio. «Ora, andiamo!»

La donna rimase sorpresa dalle parole del giovane che fischiò verso un ragazzo poco lontano, il quale rispose con un cenno. Dopo pochi istanti, lo stesso garzone portò vicino a loro il cavallo di Regina. Henry Jr. risalì sul suo animale e intimò alla madre di salire.

«Non posso evitarlo, vero?» Domandò Regina, fingendosi infastidita. Henry Jr. rise e diede un colpo al cavallo per farlo partire. Regina salì sul suo e gli andò dietro, raggiungendolo in qualche istante.

«Questa volta, senza saltare ostacoli viventi» disse. Henry Jr. rise e disegnò una croce sul cuore in segno di promessa. I due si allontanarono verso la Foresta mentre in quello stesso istante, il castello iniziò a trasformarsi.

 

L'incantesimo di Regina aveva portato ogni angolo dei Regni magici in quell'angolo del Maine che era Storybrooke ma nonostante la sovrana conoscesse ogni angolo della Foresta Incantata, rimase esterrefatta dal paesaggio che si stagliava davanti ai suoi occhi. I due cavalli corsero costeggiando il lago ed Henry Jr., di poco davanti a lei, spinse il destriero sulla riva. L'acqua si alzò e il sole, quasi calante, disegnò uno splendido arcobaleno che Regina poté quasi afferrare, quando il suo cavallo seguì i passi dell'altro animale.

Era bello passare del tempo insieme al figlio. I due anni passati le avevano fatto riguadagnare il tempo passato quando il "suo" giovane Henry aveva scelto di esplorare altri reami, allontanandosi da lei per molto tempo per trovare il suo lieto fine. Era come se lei avesse avuto una seconda possibilità di vivere l'adolescenza del figlio, più da vicino questa volta, e non voleva farsi scappare questa occasione.

Quando il sole era quasi del tutto calato, i due fecero ritorno al Castello ma Henry Jr. decise di prendere il sentiero del bosco. Regina non capì: c'era qualcosa in serbo per lei al Palazzo e di sicuro erano già in ritardo. Perché non arrivare al punto più alto a cavallo? Avrebbe voluto chiederlo al figlio che tuttavia sfrecciava senza darle possibilità di parlargli. La donna decise, allora, di raggiungerlo e per un attimo tornò la stessa ragazzina che aveva salvato Biancaneve tanti anni prima. Con un colpo delicato e al contempo deciso intimò al destriero di correre e in pochi istanti raggiunse il figlio che iniziava, intanto, a galoppare verso il cortile del palazzo. I due arrivarono praticamente insieme ed Henry Jr., sceso da cavallo, porse la mano alla madre, che la afferrò e smontò. In quel momento, si palesò davanti a loro una vecchia conoscenza che si inchinò a Regina.

«Maestà», disse Turchina sorridendo. La sovrana rispose al sorriso ma prima che potesse dire qualunque cosa, la fata agitò la sua bacchetta e una luce blu avvolse la donna che si ritrovò addosso un meraviglioso vestito. Henry Jr., trasformato anch'egli dalla magia di Turchina, aveva un elegante abito blu scuro, porse il braccio alla regina e i due si incamminarono verso l'ingresso, mentre le fate con la loro magia ne annunciavano l'arrivo con giochi di luci straordinari.

Quando la coppia arrivò davanti al portone, questo si aprì e Regina rimase ad occhi aperti. Tutto era stato magicamente trasformato per ricordare i momenti più belli non solo degli ultimi due anni ma di tutta la sua vita. In quel salone, che ora sembrava immenso, Regina poté rivedere, incastonati negli specchi, i momenti felici della sua vita e in particolare della sua permanenza a Storybrooke. Tutte le avventure che aveva vissuto insieme alla sua famiglia, quando addirittura non se ne sentiva ancora parte, erano davanti a lei. Poco distante dal mezzo della stanza, un meraviglioso specchio mostrava immagini dei momenti trascorsi insieme a Robin. Lo sguardo di Regina andò immediatamente lì e la sovrana sorrise.

«Benvenuti!» Disse Biancaneve, dal podio al centro della sala in cui si fece immediatamente silenzio. «E benvenuta a te, Regina». Il sorriso di Neve era meraviglioso e nei suoi occhi si poteva vedere la felicità che provava nel vedere la sovrana dall'altro lato della sala.

«Sapete perché siamo qui» Continuò. «In questo giorno non festeggiamo solamente l'incoronazione della nostra sovrana», disse, accennando un inchino verso l'amica. «Questo giorno solenne ci ricorda tutto ciò che abbiamo vissuto. Le avventure, le perdite, la lotta contro l'Oscurità, vinta per sempre grazie a chi ha saputo fare il primo passo, aprendosi all'amore di figli, amici e familiari.»

«È per questo motivo, dunque,», continuò David, «Che vogliamo invitarvi a fare memoria del vostro passato e a prendere esempio da Regina. Non importa quanto male abbiamo alle spalle, se sappiamo trovare la forza di affrontarlo e di perdonarci, per poter riprendere a vivere come persone nuove.» David scese i pochi gradini e raggiunse a grandi passi la sovrana, visivamente commossa dall'amore del suo popolo. Tese una mano a Regina che l'afferrò e la strinse in segno di amicizia. I due, con Henry Jr., percorsero tutto il corridoio gremito di gente a destra e a sinistra, tra gli applausi di tutti. I tre raggiunsero il podio e lasciarono spazio a Regina.

«Questo è un giorno veramente speciale per me. Non tanto per quello che successe due anni fa ma perché è stata la mia seconda occasione. Vorrei che nel mio regno, nel nostro regno», sottolineò la donna, «Nessuno si senta mai oppresso dai propri sbagli.»

Regina si voltò a guardare tutti, in un attimo di silenzio.

«È per questo motivo, dunque,» continuò, «che vorrei nominare questo giorno speciale come il Giorno della Speranza, perché ognuno di voi possa sapere che c'è sempre una seconda possibilità di fare meglio, di essere migliori». Il popolo scoppiò in un fragoroso applauso. Snow fece un cenno e la musica iniziò a suonare.

 Henry – l'adulto – si avvicinò a sua madre e l'abbracciò per poi chiederle di ballare. Al loro fianco, anche Hook aveva invitato Emma a ballare e teneva in braccio la piccola Hope, facendola volteggiare divertita. Henry Jr., invece, aveva invitato Violet a danzare. I due si erano misteriosamente ritrovati e riconosciuti, nonostante il ragazzo provenisse da un regno molto diverso. Al loro fianco anche David e Biancaneve si erano uniti alle danze. Zelena, intanto, parlava con gli altri invitati mentre, sotto il suo sguardo attento e vigile, il principe Neal si divertiva con Roland e la piccola Robin. Poco distante, anche Alice e Robin avevano scelto di unirsi alle danze. A pochi mesi dal sacrificio di Tremotino le due erano convolate a nozze e, proprio come Robin aveva promesso, Rogers – che aveva conservato il nome per distinguerlo dall'altro Killian Jones – aveva accompagnato la figlia all'altare.

 

Come ogni festa che si rispetti, a metà della bella serata, passata tra balli e conversazioni, una grande torta fu portata al centro della sala. Niente glassa nera, questa volta: Tiana aveva dato il meglio di sé creando un dolce delicato e al tempo stesso molto scenografico. L'aiuto delle fate aveva reso il tutto scintillante e magico. Mentre le luci si abbassavano magicamente e Regina avvicinava al tavolo circolare per tagliare la torta, tutti si fermarono. Un alito di vento gelido attraversò la sala. Gli invitati sentirono un brivido lungo la schiena. Emma e Hook si avvicinarono a Regina, mentre Snow e David raggiungevano Neal e i bambini, accanto a Zelena, già pronta con una mano a mezz'aria a fare il possibile per tenerli al sicuro. Anche i due Henry raggiunsero i loro familiari: ne avevano passate troppe per non capire che stava per succedere qualcosa.

Le porte della grande sala si spalancarono e da lontano si udì l'eco di alcuni passi. Erano lenti, ritmici, e il loro suono si faceva sempre più vicino, diffondendosi per tutto il corridoio. A un tratto, i passi si fermarono ma nessuno parve comparire all'orizzonte. David estrasse la spada e rivolse un'occhiata d'intesa a Hook e all'Henry adulto. I tre si avvicinarono all'entrata della sala e non si resero conto del bagliore violaceo che correva veloce verso di loro. Quella forza li colpì in pieno scaraventandoli dal lato opposto della stanza. Una risatina sinistra seguì quella luce: era una voce femminile, accattivante e al tempo stesso gelida. Emma raggiunse i tre mentre Regina si preparava a qualsiasi cosa si fosse palesata in quella sala. Mentre tutti erano rivolti verso la porta, Leroy lanciò un urlo, facendo voltare tutti. Una donna era in piedi, davanti al trono di Regina. Il suo volto era nascosto dal cappuccio scuro. Le guardie, d'istinto, tentarono di andare verso di lei ma rimasero improvvisamente bloccate da una misteriosa forza che li piegò fino a farli inginocchiare.

«Non è questo il benvenuto che si dà a un'ospite», disse quella figura, con una voce bassa e penetrante.

«Non è questo il modo di arrivare nel mio palazzo», rispose Regina, generando una sfera infuocata nella sua mano destra. La donna accennò una risata. Si portò una mano sul cappuccio e lo sollevò con un movimento deciso ed elegante.

«Scusatemi, sono in ritardo», disse. I capelli, lunghi fino alla metà della schiena, erano di un grigio argenteo e cadevano, ondeggiati, sul viso chiaro e magro della donna, che ostentava giovinezza. Al tempo stesso, tuttavia, i suoi occhi, di un blu intenso che alla luce del palazzo virava quasi a una sfumatura di viola, davano un'idea di saggezza e conoscenza senza eguali.

«Chi sei?», domandò Regina, conoscendo fin troppo bene quella situazione.

«Non importa chi sono io», rispose la donna. «Quello che importa è ciò che la mia visita significa per tutti voi»

In tutta la sua eleganza, la donna fece qualche passo nella sala mentre la gente indietreggiava lentamente al suo passaggio. L'ultima volta che qualcuno era entrato pronunciando quelle parole, le cose non si erano messe bene.

La donna fissò gli occhi su Gideon. «La sconfitta dell'Oscuro Signore ha lasciato vacante il seggio che era una volta occupato dall'Oscurità e che ora reclama il suo sovrano.» L'espressione del ragazzo cambiò e proprio come Regina, mosse la sua mano per generare una sfera di energia. Robin mise una mano sul suo braccio per trattenerlo.

«Non può essere!» Gridò Alice, avvicinandosi a grandi passi verso la donna. «Tremotino ha dato la sua vita per mio padre, ha distrutto l'Oscurità per sempre». La donna agitò una mano e scaraventò Alice lì dov’era un attimo prima. Robin e Gideon la raggiunsero, aiutandola a rialzarsi.

«Non può esserci la luce senza il buio. Il sacrificio di Tremotino ha alterato l’equilibrio dei mondi e questo equilibrio deve essere restaurato.» La donna fece un gesto elegante con le mani e fece comparire uno specchio nelle sue mani.

«L’Oscurità era destinata al Guardiano, unico essere in grado di far convivere in sé la luce e l’ombra.» Nello specchio della donna e in tutti quelli sparsi per la sala, gli ospiti videro un'unica immagine: Tremotino impediva ad Alice di assorbire la sua oscurità. «Ciò che è accaduto ha cambiato le carte in tavola. Ora l’Equilibrio richiede il suo tributo.» Regina si avvicinò con la sfera infuocata sempre più grande che volava a poco dal suo palmo.

«Nessuno viene qui minacciando me e il mio popolo», disse a denti stretti. Lanciò la sfera e nello stesso tempo, anche Emma sferzò un colpo della sua magia. Entrambe colpirono la donna, senza sortire alcun effetto. Quella sorrise.

«L’unico motivo per cui l’Oscurità non è tornata prima è perché il sacrificio di Tremotino è stato sincero: questa magia vi ha protetto, ma si esaurirà presto e quando ciò accadrà, il Buio vorrà riprendersi ciò di cui è stato privato.»

«Basta con queste mezze verità!» Urlò David. «Qual è il tuo nome?» Domandò. La donna sorrise, sinistramente.

«Io sono solamente una messaggera. Il mio nome non è importante e poi», la donna si fermò e guardò David dritto negli occhi. «Domani non lo ricordereste comunque.» Un sospiro spaventato si levò dalla folla mentre Regina, Emma e gli altri sgranavano gli occhi. Avevano vissuto fin troppe maledizioni per non capire quel riferimento.

«Non ti lascerò lanciare l’ennesimo sortilegio!» Urlò Emma, che sferzò un altro colpo alzando le mani. La donna sollevò lo specchio e il colpo di Emma lo attraversò, come se avesse infranto la superficie di un lago.

«Oh, Emma. Non è ancora giunta l’ora.» Rispose la donna. Agitò la mano sullo specchio e lo scaraventò al centro della sala. Una densa nebbia dalle sfumature lilla iniziò a fuoriuscire e a diffondersi in ogni angolo del Palazzo per poi uscire verso i Regni. La gente iniziò a tossire e scappare.

Henry raggiunse Ella e Lucy mentre Regina prese il figlio e Violet e corse verso Zelena, che intanto si abbassò per raccogliere tra le sue braccia la piccola Robin e Roland. Hook raggiunse Emma con la piccola Hope tra le braccia e la strinse a sé, mentre David e Biancaneve afferravano Neal.

Regina rivolse il suo sguardo verso il Regno che, a poco a poco, veniva invaso da quella nebbia. Si voltò verso la donna, della quale si distinguevano ormai solamente gli occhi, la cui sfumatura indaco era ancora più accentuata da questa magia.

«Che l’Oscurità abbia la sua seconda possibilità!» Disse la donna, scomparendo in una nuvola violacea.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La Nebbia ***


Capitolo 2: La Nebbia

«Specchio, servo delle mie brame, mostra la miseria del mio reame», disse Regina orientando il suo sguardo compiaciuto verso il magico oggetto.

«Siamo in vena di compiacimento?» Rispose lui, sarcastico come sempre. Lo sguardo della donna cambiò e si fece scuro e non rispose. Lo Specchio comprese che la regina non era in vena di scherzi e cominciò a proiettare le immagini del popolo, stremato dalle ultime azioni della sua sovrana. Non le importava granché di ciò che stava succedendo: l'unico scopo era che la colpa di tutte quelle azioni cadesse su Biancaneve. Proprio in quel momento, udì un bambino fare una domanda al padre.

«Perché la principessa è fuggita?» Domandò. L'uomo gli pose una mano sulla spalla e sospirò.

«Impara questa lezione, figliolo», disse. «La principessa non è interessata alla sorte del suo popolo. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo cavarcela da soli.» Regina fu compiaciuta: il suo piano iniziava a funzionare ed era il momento giusto di mostrarsi come la sovrana magnanima che andava contro le decisioni della figlia del Re. Agitò la mano e convocò le sue guardie, dicendo loro di prepararsi a un viaggio che li avrebbe condotti proprio in quell'angolo remoto del suo regno.

Dopo poche ore di cammino, la carrozza della regina arrivò in quel villaggio e con la sua elegante presenza, Regina si avvicinò alla casa di quel contadino, che rimase colpito e al tempo stesso intimorito dalla visita della sovrana.

«Mi è giunta voce che le decisioni di Biancaneve non hanno portato grande sollievo in questa parte del regno», disse all'uomo, che si limitò ad annuire, con la testa bassa. «Raduna il popolo, la regina vuole parlare». L'uomo si allontanò e iniziò a bussare di casa in casa, annunciando l'arrivo della sovrana.

Quando tutti furono lì al suo cospetto, Regina si schiarì la voce.

«Molti di voi pensano che la vostra regina non abbia a cuore la vostra situazione. Non è così! Tutto ciò che avete patito in questo angolo del regno, sebbene remoto, dovete sapere che dipende dalla principessa! È stata lei a ordinare che i luoghi di confine fossero lasciati al loro destino, onde evitare problemi diplomatici con i regni vicini.» Regina percorse lo spazio al centro delle abitazioni a grandi passi. «Ma la vostra regina è qui e non permetterà che viviate ancora un giorno nella paura e nell'indigenza!»

La donna agitò le mani e davanti ai sudditi comparve cibo di ogni genere, oltre che sacchetti pieni di monete. Un'ondata di magia andò a tracciare il confine del regno, creando una barriera contro chiunque avesse voluto attraversarla.

«Nessuno potrà ora farvi del male. Ricordate che la vostra sovrana tiene al suo popolo!» Detto questo, la donna tornò verso la propria carrozza, mentre tra esitazione e sorpresa, qualcuno inneggiava a quanto era successo. Quello stesso bambino che poco fa Regina aveva visto nello Specchio corse da lei con una mela e gliela offrì. Ringraziandola. La donna rifiutò il dono, dicendo che non avrebbe potuto privare un bambino del suo sostentamento e andò via. Nella sua carrozza sorrise, consapevole di aver sferzato un colpo alla credibilità di Biancaneve. Ordinò ai suoi di fare strada verso il Palazzo il più in fretta possibile. Stare a contatto con i sudditi le dava la nausea.

 

Regina aprì gli occhi. Ci mise un attimo per riprendersi e, guardandosi intorno, riconobbe le pietre grigiastre che componevano i muri sotterranei della sua cripta. Non ricordava come fosse arrivata lì e neanche perché si fosse rintanata in quel luogo. La donna si alzò in piedi e tentò di uscire ma un incantesimo le bloccava la strada.

«Ci ho provato anche io.» Era la voce di Emma, che proveniva dallo spazio esattamente di fianco a quello in cui si trovava Regina.

«Emma?» Domandò lei, sorpresa da quanto aveva sentito. «Che cosa ci facciamo qui?» Emma sospirò.

«Non ne ho idea, non so come ci siamo arrivate», rispose lei. «Ho provato a usare la mia magia ma sembra che non abbia alcun effetto.» Lo sguardo di Regina cambiò e si fece torvo.

«Nessuno mi rinchiude nella mia stessa cripta», disse, scagliando un potente colpo verso l'arco che si illuminò. Emma avvertì un'altra scarica di magia provenire dall'altra parte del muro che la separava da Regina e un'altra ancora. La donna stava facendo di tutto per liberarsi mentre Emma si sedette su un mattone leggermente sporgente. Quando la Swan non avvertì più alcun rumore, si decise a parlare.

«Niente?» Domandò. Regina rispose con un semplice suono quando a un tratto, una piuma luminosa volò all'interno della cripta, seguita da Henry Jr.

«Henry!» Esclamarono le due. Il giovane era visivamente preoccupato.

«Non riuscivamo a trovarvi da nessuna parte», disse. Anche dalla sua voce si capiva che non era tranquillo. Il giovane prese un sacchetto dalla tasca e afferrò una manciata del suo contenuto, avvisando le donne di stare indietro. Regina fece qualche passo per prendere distanza dall'ingresso mentre Emma si rintanò verso un angolo della piccola apertura in cui era rinchiusa. Henry Jr. gettò una strana polvere su entrambi gli ingressi e la magia si sgretolò come vetro, lasciando il pavimento pieno di frammenti. Regina ed Emma corsero ad abbracciare il figlio, che tuttavia afferrò loro le mani.

«Dobbiamo andare», disse, precedendo le due al di fuori della cripta di famiglia. Quando Regina ed Emma tornarono all'aperto alzarono gli occhi al cielo e compresero la preoccupazione di Henry. Il cielo era colorato di un grigio plumbeo del tutto innaturale, così come gran parte del territorio che li circondava. Anche gli alberi stavano man mano perdendo il loro colore: solo le foglie più basse mantenevano una sbiadita sfumatura di verde mentre dall'alto qualcosa privava ogni cosa del colore.

«Che diavolo sta succedendo?» Domandò Regina. Emma si voltò verso Henry.

«Hope!» Urlò, ma il ragazzo la rassicurò, dicendole che Hook, Neve e David le stavano aspettando da Granny, così come Zelena e i bambini. I tre attraversarono Storybrooke che sembrava cupa e scura, come se un'eterna notte avesse inghiottito la città intera. A peggiorare le cose, una fitta nebbia sembrava nascere e crescere dai confini della città e non essere intenzionata ad andarsene.

Non appena arrivarono, Hook corse ad abbracciare Emma e Zelena fece lo stesso con Regina. La Swan salutò i suoi genitori e prese in braccio la bambina.

«Che cosa succede?» Domandò. Neve e David si scambiarono uno sguardo, prima di rispondere alla loro figlia, ma Zelena li precedette.

«È trascorso un anno dalla festa per la tua nomina, Regina», disse lei, senza mezzi termini, confermando i sospetti della sorella.

«Un'altra maledizione.» Disse lei, palesando ciò che nessuno aveva avuto il coraggio di dire ad alta voce. La donna cercò di ricordare cosa fosse successo prima di ritrovarsi in quella cripta, ma niente parve giungere alla sua mente. «Che cosa ricordate?» Domandò.

Il primo a rispondere fu David, il quale ricordava solamente di aver aiutato Neve, Zelena e le fate a preparare la città per festeggiare il Sindaco, mentre Henry la teneva a distanza. La stessa cosa confermò Biancaneve mentre l'unico ricordo di Zelena riguardava una fitta nebbia che, dall'ufficio di Regina si diffondeva a tutta la città. Hook disse di ricordare solo una breve passeggiata con Hope e i bambini prima della festa. Quando lo sguardo di tutti si rivolse verso Emma, la donna era immobile.

«Io non ho alcun ricordo», disse, a voce bassa. Hook le posò un braccio sulla spalla, mentre la ragazza guardò Regina. «Regina, io non ho alcun ricordo.» La sua voce si fece incrinata e la bambina avvertì la preoccupazione della madre, scoppiando in lacrime. Emma tentò di consolarla, prima di darla alla madre.

«Qual è l'ultima cosa che ricordi, Swan?» Domandò Hook. Emma guardò Regina negli occhi.

«L'ultima cosa che ricordo è di essere arrivata tardi alla tua incoronazione.» La Mills ricambiò lo sguardo dell'amica.

«Non sei l'unica, Miss Swan. Neanche io ho alcun ricordo degli ultimi…»

 

«Tre anni!» Urlò Regina. «Sono trascorsi tre anni e il popolo non ha ancora capito chi è davvero quella ragazzina!» La donna con un gesto della mano scaraventò in terra ogni cosa presente sul lungo tavolo della sala. Il suono degli oggetti riecheggiò per tutto il Castello. I servitori che si stavano avvicinando con il pranzo per la donna si nascosero, temendo di fare una brutta fine.

«Regina…» Disse suo padre, provando a farla ragionare. «Lascia perdere questa assurda vendetta. Ne va della tua felicità!»

«La mia felicità è vedere quella ragazzina stramazzare al suolo quando infrangerò il suo cuore tra queste dita, Padre!» Rispose lei, appoggiando entrambe le mani al tavolo. «Devo convincere il popolo che Biancaneve non ha interesse nei loro confronti. In quel momento saranno loro a rivoltarsi alla principessa.» Il padre le si avvicinò e provò a posare una mano sulla spalla della figlia ma quella la scrollò di dosso.

«Regina, non puoi convincere il popolo con delle voci!» Disse lui, con una voce calma e rassicurante. «Si fidano di Biancaneve, non potrai mai portarli dalla tua parte in questo modo!» Continuò. D'un tratto, la donna si calmò e prese un bel respiro.

«Hai ragione», disse, voltandosi verso di lui. «Le voci non sono sufficienti. Il popolo dovrà vedere che Biancaneve non ha a cuore i suoi sudditi.» Henry si fermò e osservò il ghigno che si disegnava sul volto della figlia.

«Che cosa hai intenzione di fare, Regina?» Domandò, già preoccupato per la sua risposta. La donna rise e si diresse verso lo Specchio.

«Tremotino mi parlava di una potente magia di illusione, capace di cambiare perfino il cuore di chi ne veniva colpito. Dimmi dove si trova!» Ordinò. Lo Specchio si limitò a mostrare l'immagine di una forte foschia che rendeva impossibile comprendere di cosa si trattasse. La Regina sbraitò ancora contro lo Specchio che non potè che risponderle. Il suo sguardo era compiaciuto: era fedele alla sua sovrana ma non riusciva a nascondere un po' di felicità quando la vedeva fallire. Dopotutto, l'aveva rinchiuso in un mondo da cui era impossibile uscire.

«La mia magia è potente, Regina, ma ha dei limiti e pare che ciò che cerchi sia nascosto da una magia più potente della mia.»

 

«Non posso farci niente», disse Zelena. «È una magia più potente della mia.» Emma e Regina erano decisamente nervose all'idea che tre anni della loro vita fossero di colpo scomparsi. La Swan rimpiangeva principalmente di aver dimenticato ogni cosa riguardo alla figlia, che quasi stentava a riconoscere. Sapeva che si trattava di Hope ma nell'ultimo ricordo che aveva di lei, la bambina era tra le sue braccia, ancora piccola e ora camminava e parlava, scherzando con il suo papà.

«Ne verremo fuori, Emma», le disse Regina, quasi sentisse i suoi pensieri. La donna si limitò ad annuire. Neve e David entrarono in quel momento a casa di Regina.

«Il confine è bloccato», disse lui. Era una maledizione in piena regola e non era più possibile uscire da Storybrooke. «I Nani ci attendono al limitare della città», continuò. Tutti si diressero all'ingresso della cittadina proprio mentre Leroy e gli altri Nani si preparavano ad attraversare il confine: come sempre, erano loro ad offrirsi volontari per capire cosa sarebbe successo qualora qualcuno avesse deciso di oltrepassarlo. Ancora una volta fu Eolo ad attraversare la linea che avevano tracciato poco fa. Tutti rimasero in attesa di ciò che sarebbe accaduto. Una luce violacea scaturì dalla coltre di nebbia che si manteneva alta sul limitare di Storybrooke e avvolse l'uomo che si tramutò in pochi istanti in una nube informe che iniziò a innalzarsi verso il cielo. Mentre i Nani urlavano esterrefatti, d'istinto, Zelena aprì il palmo della mano fermando per un istante quell'essere fumoso e richiamandolo nel confine di Storybrooke. Regina fece comparire dal nulla un'ampolla e la sorella guidò la nebbia al suo interno.

«Quando scopriremo che cosa sta succedendo, lo riporteremo indietro», disse, guardando i Nani. Leroy annuì, triste, e lui e gli altri si diressero verso il centro della cittadina.

«È così su tutti i lati,» disse Neve. «È il nuovo confine. Non sappiamo cosa c'è…».

 

«…oltre la nebbia?» Domandò. La regina afferrò il suo cuore e lo strinse tra le mani. L'uomo sussultò e si accasciò a terra.

«Se sapessi cosa c'è oltre la nebbia, andrei io stessa a recuperare ciò di cui ho bisogno.» Regina lasciò andare il cuore prima di frantumarlo e lo ripose nella scatola intagliata che da tempo, ormai, lo custodiva. Agitò la sua mano destra sulla sinistra e un ciondolo comparve sul suo palmo. La forma era decisamente insolita: una spirale si avvolgeva su se stessa circa sette volte per poi tagliare il pendente esattamente a metà. Al centro, una pietra di colore blu.

«Questo ciondolo viene direttamente dalla corte di Elphame. Se in quella nebbia c'è ciò che credo ci sia, ti aiuterà a tornare indietro», disse lei, porgendogli il pendente. «Per portarmi ciò che cerco, basta un solo uomo, in fondo». Regina scoppiò in una fragorosa risata e dispensò le guardie, pronte a partire alla ricerca di quell'antica magia che le avrebbe permesso, una volta per tutte, di avere la sua vendetta su Biancaneve.

 

Biancaneve si avvicinò ad Emma, che si era messa in disparte dal resto degli altri, pensierosa.

«Emma, ce la faremo, recupereremo i tuoi ricordi», le disse, posandole una mano sulla spalla. Emma strinse quella della madre e sorrise. «Abbiamo affrontato fin troppe maledizioni per darci per vinti, non credi?»

La Swan sorrise ancora. Non era la maledizione a turbarla, quanto tutti i momenti rubati alla sua memoria, quelli che appartenevano a Hope.

«Devi esserti sentita così, quando il Sortilegio si è spezzato», disse alla madre. Neve, dal canto suo, annuì.

«Sapevo che avremmo sconfitto la Maledizione Oscura», disse. «Ma ciò non mi ha restituito i momenti che avremmo potuto passare insieme. Ma so, e parlo per esperienza, che per te non sarà la stessa cosa.» La donna ora guardava la figlia dritta negli occhi. «Per te e Hope il destino ha riservato un cammino diverso: quei ricordi esistono ancora, da qualche parte. E presto, li riprenderai. Ne sono certa.» Emma posò la testa sulla spalla della madre, ringraziandola sottovoce. Neve la accarezzò e le propose di raggiungere gli altri.

«Al momento non hai i tuoi ricordi, ma puoi sempre iniziare a costruirne degli altri, non credi?» Emma sorrise e le due si unirono al gruppo, che stava cercando di capire cosa fosse successo durante l'anno che non ricordavano.

«Dobbiamo andare più indietro: io ed Emma abbiamo bisogno della nostra memoria. Se siamo le uniche alle quali i ricordi degli ultimi tre anni sono svaniti, c'è di certo un motivo», disse Regina.

«Non può essere così semplice», replicò la Swan. «Se hanno eliminato i nostri ricordi è perché non possiamo ricostruirli con l'aiuto di nessuno. C'è qualcosa che è noto solo a noi, Regina.» La Mills non poté che concordare.

«Se è vero che la Maledizione ha portato via i vostri ricordi, troveremo il modo per restituirveli», concluse Zelena, rivolta alla sorella. «Io e te siamo le vere esperte della Maledizione. Stavi per fermare quella della Fata Nera, ci sarà qualcosa che possiamo usare per recuperare i vostri ricordi.» Regina annuì e lei e Zelena si allontanarono, andando verso la cripta.

David e Neve presero con loro i più piccoli mentre Emma e Hook si dirigevano verso l'unico luogo ancora inesplorato che poteva dar loro qualche risposta.

«Sei sicuro che ci sia ancora magia lì dentro?» Domandò lei.

«Aye», disse Killian. «L'Oscuro sarà pure scomparso, ma il suo negozio è senza dubbio pieno di magia.»

«Questo posto è pieno di magia», disse il giovane guerriero. Nella sua voce tremante c'era la paura. Camminava di fianco al generale, non tanto per coraggio quanto perché accanto al soldato più valoroso della squadra di Regina di sicuro avrebbe avuto qualche possibilità di salvare la propria vita. La compagnia stava attraversando i boschi più oscuri del Regno, che li avrebbero condotti fino al luogo che Regina aveva indicato.

«La magia è ovunque, nel nostro regno», rispose lui. «Non dovrebbe sorprenderti che questo posto ne sia intriso.» Il cammino continuò nel silenzio, interrotto solamente dal rumore dei passi che spezzavano i rami secchi e le foglie che foderavano il sottosuolo.

Dopo ore di cammino, a grandi passi, il generale anticipò la sua squadra fino al limitare della foresta. Lì, una fitta coltre di nebbia impediva alle guardie di capire cosa li attendesse a un solo passo di distanza. Il generale sfoderò la sua spada e iniziò ad agitarla oltre il banco nebbioso. Un riflesso violaceo seguì la lama, che il soldato ritrasse e posò sulla sua mano.

«Di che si tratta?» Domandò il giovane, avvicinandosi alla lama. Il generale lo allontanò prima che potesse respirare la polvere che si era depositata sulla spada.

«Niente di buono», disse lui. Mentre l'uomo osservava la lama e ne faceva cadere il pulviscolo luccicante, il giovane cercò di richiamare la sua attenzione. L'uomo alzò gli occhi e vide un'ombra che si era palesata nel bel mezzo della nebbia, che si era diradata attorno a lei, mostrando come i soldati fossero arrivati sulle sponde di un lago. Man mano che quella oscura figura si avvicinava, il generale riuscì a distinguere le forme di una donna che volava a pochi centimetri dall'acqua. Ancor prima che gli altri potessero rendersene conto, il generale li mise in guardia indicando la riva.

«State lontani da lì.»

 

«Stai lontana da lì», disse Regina alla sorella, che si stava avvicinando ad alcuni tomi presenti nella cripta. Zelena si arrestò. La sorella agitò la mano e i tomi scintillarono. La maggiore lanciò uno sguardo a Regina che alzò le spalle.

«Non guardarmi così, non è opera mia», disse lei. Zelena avvicinò il palmo a qualche centimetro dal dorso dei libri.

«Se non sei stata tu a proteggere questi tomi, chi è stato?» Regina sospirò, nervosamente.

«Non ne ho la più pallida idea. Tre anni della mia vita sono scomparsi completamente dalla mia testa, ma di certo la magia non è mia» Zelena le pose una mano sulla spalla, tentando di consolarla. Regina abbassò la testa e il suo sguardo cadde esattamente sotto il ripiano di pietra che teneva i libri. Un piccolo rivolo d'acqua scorreva dai libri formando un piccolo ristagno sul pavimento. La Mills si avvicinò e riuscì a toccare il liquido senza che quella magia interferisse.

«I tuoi libri perdono acqua? Qualcuno è decisamente entrato qui dentro» Disse ironicamente Zelena. Regina raccolse un po' di quel liquido e chiese alla sorella di recuperare una mappa della città. La donna versò l'acqua sulla mappa e mosse la mano sulla cartina. Il liquido iniziò a muoversi verso la baia di Storybrooke: la magia che aveva bloccato quei libri proveniva da lì.

«È ora di trovare quel qualcuno», disse Regina. Mentre le due si apprestavano a raggiungere la baia, Henry corse loro incontro.

«Mamma!» Urlò, ansimante. Regina gli si avvicinò, capendo che le cose non stavano affatto volgendo al meglio.

«Alla baia, c'è qualcosa!» Le due sorelle si scambiarono uno sguardo e corsero insieme al ragazzo, raggiungendo il molo. Non appena arrivarono, una donna aleggiava sull'acqua, a pochi centimetri dalla superficie del mare. Appena la figura intravide Regina, l'essere si mosse veloce tentando di raggiungerla. Regina spostò Henry dietro di lei e agitò la mano, creando una palla di fuoco.

«Tenetevi pronti!»

 

«Tenetevi pronti, uomini!» Non appena diede l'ordine, tutta la compagnia sfoderò le spade e si misero in posizione di difesa. La donna si avvicinava sempre di più: i capelli erano scuri e oltremodo lunghi, bagnati dall'umidità di quel luogo. La pelle diafana rifletteva la luce della luna e i bagliori violacei della nebbia. Il giovane soldato indietreggiò leggermente. Il generale lo notò e gli intimò di rimanere fermo. La donna fermò la sua avanzata a pochi metri dalla riva. Da lì il generale poté vedere i suoi occhi: le pupille scure erano larghe e occupavano gran parte degli occhi. L'essere aprì la bocca e in un primo momento non uscì alcun suono. Dopo qualche istante, tuttavia, il generale vide i soldati accasciarsi al suolo. Il giovane si coprì le orecchie con le mani, lasciando cadere la spada.

«Che cosa succede?» Domandò il generale, inginocchiandosi di fianco al giovane. Il ragazzo non riuscì nulla ma continuava a lamentarsi fino a che l'essere non chiuse la sua bocca. Gli altri soldati erano privi di conoscenza, mentre il giovane si contorceva dal dolore.

La figura era ormai sulla riva e tese la mano verso il generale.

«Graham», disse. Il generale si voltò verso la figura e tolse l'elmo.

«Nessuno mi chiama mai così. Come sai il mio nome?» Domandò. La donna gli fece cenno di avvicinarsi.

«Graham, attendevo il tuo arrivo.» L'uomo, che tutti conoscevano semplicemente come Cacciatore impugnò la spada.

«Come sai il mio nome?» Domandò di nuovo. La donna sorrise.

«Chiedimi ciò che il tuo cuore davvero desidera», disse lei. Lo sguardo di Graham si fece torvo.

«Non ho un cuore: ciò che desidero è ottenere ciò per cui sono venuto, la magia che nasconde questo luogo.» Graham fece qualche passo in avanti.

«Ciò che il tuo cuore desidera, in questo momento, sono io, Graham» Replicò lei. Come attirato da una forza più grande di ogni cosa, il Cacciatore lasciò cadere la spada e si diresse verso la donna, i cui occhi scintillavano nel buio. Quando lui si avvicinò, lei percorse quei pochi passi che la separavano dalla riva.

«La magia che proteggo rimarrà su quest'isola e così farai anche tu.» Graham annuì semplicemente, in balia del potere di quell'essere. La donna aprì la bocca e questa volta anche il generale riuscì a sentire l'urlo straziante che ne uscì. Cadde sulle ginocchia, quasi senza più forze.

«Tu sei una…»

 

«Una Banshee?!» Urlò Regina tra il sorpreso e l'intimorito, spingendo via Henry che cadde sulla strada. L'entità si mosse rapida vicino alla donna cercando di afferrarla ma Regina fece appena in tempo a spostarsi, mentre Zelena tentava di colpirla. Henry estrasse il suo cellulare e avvisò Emma che, con Hook, stava perlustrando il negozio di Gold. Nel frattempo, Regina e Zelena tentarono di contenere la furia di quell'essere ma senza risultato. La minore delle Mills, allora, schioccò le dita. Un suono assordante si diffuse colpendo il figlio e la sorella. Le orecchie dei due iniziarono a fischiare e non sentirono nulla, quando la Banshee iniziò a urlare, mentre Regina tentò di coprirsi con le mani. I tre si nascosero tra gli edifici del porto. Regina si assicurò che Henry stesse bene prima di provare a capire dove fosse finito quell'essere. Quando si voltò verso l'oceano, vide la donna nuovamente lì, immobile, in attesa dei suoi bersagli. Sapendo che né Henry né Zelena l'avrebbero sentita, decise di correre verso il ponte.

«Che cosa vuoi?» Domandò alla donna. Gli occhi dell'essere si illuminarono di un bagliore violaceo e la sua bocca iniziò ad aprirsi. Henry si accorse che sua madre era andata da sola ad affrontare quel mostro e decise di correrle incontro. Proprio in quel momento, un altro bagliore luminoso si diresse verso la donna: Emma e Hook li avevano raggiunti al porto e la Salvatrice era intervenuta.

«State bene?» Domandò a Regina. La donna annuì, ammettendo che di non sapere come poter sconfiggere quel mostro.

«Una Banshee non si sconfigge», disse Killian. «Ma possiamo rimandarla da dove è venuta.» Detto ciò, estrasse dalla tasca un ciondolo recuperato proprio nel negozio di Gold. Mentre la figura li attaccava, Hook lanciò a terra il pendente e la pietra blu al centro della spirale si illuminò.

 

L’essere si piegò su Graham, tenendogli la testa per le mani. Nel momento in cui si apprestava a urlare un’ultima volta per uccidere l’uomo, il pendente che Regina gli aveva affidato si illuminò, scaraventandola lontano.

La donna si risollevò in modo innaturale raggiunse nuovamente Graham, che era riuscito a rialzarsi.

«Una grande magia del mio mondo ti protegge, Cacciatore, ma il mio presagio di morte resta. Hai visto i tuoi perire proprio davanti ai tuoi occhi», disse lei, alzando un dito verso la compagnia. «Non passerà molto fino a che qualcuno sentirà il mio lamento e sarai tu a raggiungermi nel mondo degli spiriti».

 

Sul molo di Storybrooke, Emma intimò a Regina e Zelena di colpire il pendaglio con la loro magia e immediatamente si aprì un immenso portale: un vortice risucchiò la Banshee facendola scomparire del tutto. Rimase solamente il pendente, la cui pietra era adesso di un brillante colore violaceo.

«Chi diavolo ha mandato quella cosa?» Domandò Zelena, mentre Regina riabbracciava Henry. Hook guardò Emma un po' preoccupato.

«Capitan Eyeliner, che cosa c'è che non sappiamo?» Domandò la minore delle Mills. Killian sospirò.

«La leggenda sulla Banshee attraversa tutti i mari. Si dice che fosse una fata che, affranta dalla morte del suo amato, urlò così tanto che il suo grido squarciò il velo della Morte, che la scelse come sua messaggera.» Killian fissò Regina. «Quando la Banshee compare e attacca, il suo bersaglio è destinato a vedere i suoi cari morire.»

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Spuma di mare ***


Capitolo 3: Spuma di mare

 

I raggi della luna entravano dalle feritoie delle persiane che coprivano le finestre di casa Mills. Regina, turbata da quanto aveva detto Killian, non era stata in grado di addormentarsi. Avrebbe di gran lunga accettato un presagio che la vedeva morta ma non poteva rischiare di perdere coloro che amava. La porta della sua stanza si aprì lentamente.

«Mamma», disse Henry, con due tazze di cioccolato tra le mani. «Ho pensato che volessi un po’ di compagnia.» La donna si voltò e sorrise al figlio.

«Dovresti essere a letto da un pezzo, Henry», disse lei, sebbene i suoi occhi erano grati a quella vista. Henry si strinse nelle spalle e si avvicinò a lei.

«A cosa pensi?» Le domandò. Lei prese la tazza con entrambe le mani.

«Penso che in questo momento Gold sarebbe di grande aiuto», rispose lei. Henry posò la sua tazza sul comodino al fianco del letto di Regina e l’abbracciò.

«Ne abbiamo superate tante, questa volta non sarà diverso, mamma.» La donna sorrise. «Ricordi lo Spettro? E poi il viaggio nell’Oltretomba? Neanche la morte ci ha mai fermati.» Il pensiero di Regina non poté fare altro che andare verso chi, al contrario, era stato fermato dalla morte. La donna accarezzò la guancia del figlio e gli sorrise.

«Hai ragione. Anche questa volta troveremo un modo.»

 

«Troveremo un modo, Neve», disse David. La moglie accarezzava la pancia, preoccupata per ciò che la regina cattiva aveva in mente e annuì al marito. Le porte della grande sala si aprirono e i Nani, capitanati da Brontolo, entrarono uno dopo l’altro.

«Maestà, nella Foresta si vocifera che la regina sia alla ricerca di una potente magia.» L’idea non sorprese i due sovrani, pronti a tutto oramai.

«Che cosa avrà in mente?» Domandò Biancaneve, sapendo che non avrebbe avuto alcuna risposta nell’immediato.

«Il Grillo sta cercando di scoprirlo: pare che la spedizione sia tornata da qualche giorno ma senza grandi risultati.» David parve rincuorato da quella notizia: probabilmente la regina aveva fallito. Conoscevano bene la smania di vendetta che attanagliava il cuore di Regina e se avesse avuto la possibilità di attaccarli, di certo non avrebbe esitato. I Nani assicurarono che avrebbero continuato a perlustrare la Foresta in cerca di indizi ma prima che potessero uscire, Turchina comparve al loro fianco.

«Regina ha tentato di sottrarre la magia di illusione», disse lei, visivamente preoccupata. La mano di Neve si strinse attorno a quella di David. «È una magia antichissima e potente, custodita dal Primo Popolo delle Fate, ma pare non ci sia riuscita.»

«Cosa potrebbe fare con una magia del genere?» Domandò Biancaneve. Turchina sospirò.

«La leggenda parla di un’antica sacerdotessa, custode di tale potere. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi e sono più antiche del tempo stesso. La sua magia era capace di cambiare il cuore di chiunque ne fosse colpito. Per questo motivo, i discendenti del Primo Popolo decisero di usare la loro magia per rinchiudere un tale potere in un posto sperduto, dove mai sarebbe stata risvegliato.» Biancaneve e il principe erano ora visivamente preoccupati: potevano capire che cosa volesse fare la loro avversaria.

«Se Regina ottenesse una tale magia, avrebbe il Regno alla sua mercé», concluse David. Turchina lo rassicurò.

«Non è così facile ottenerla: la magia dei primi discendenti è molto più forte della sua: Regina non ha ottenuto ciò che voleva e non lo farà tanto presto.» Neve e David congedarono i Nani e la fata, ringraziandoli per quanto avevano riportato.

«Dobbiamo fermarla», Concluse Biancaneve.

 

«Dobbiamo fermarla, chiunque sia», disse Emma. I suoi genitori e il giovane Henry avevano raccontato a lei e a Regina della donna che si era palesata nell'ufficio del Sindaco il giorno dei festeggiamenti. Ma perché impedire solo a loro di ricordare quanto era accaduto? Non aveva senso. David e Biancaneve raccontarono anche degli anni passati, che né Emma, né Regina ricordavano, mentre Henry si allontanò un attimo. Storybrooke era stata tranquilla in quel periodo ma… Neve e suo marito ebbero l'impressione che al loro racconto mancasse qualcosa.

«Cosa c'è?» Domandò loro Regina, che si era accorta della loro preoccupazione.

«Niente…» Disse Biancaneve, incapace di collegare quello strano sentimento a qualcosa di reale. «È come se la mia mente stia cercando di ricordare qualcosa che in realtà non esiste», concluse la donna.

«Forse non solo scomparsi solo i vostri ricordi», disse David.

«Di sicuro, il mio Libro è scomparso!», urlò Henry dal piano superiore. Tutti si voltarono in attesa che il ragazzo si mostrasse sulle scale. «Il Libro delle fiabe è scomparso», affermò. Questa nuova informazione non poteva significare nulla di buono. Il Libro aveva da sempre rappresentato le storie di tutti gli abitanti della cittadina e, non meno importante, la Speranza che era stata capace di attraversare i Regni, arrivare fino a Storybrooke e permettere alla Salvatrice di compiere il suo destino.

«È possibile che il Libro avesse mantenuto le storie di questi tre anni», disse Regina, con la faccia pensierosa. «Se quella donna avesse voluto nascondersi, avrebbe cancellato i ricordi di tutti», continuò. Emma si alzò di scatto e si diresse verso la finestra, quasi rabbiosa.

«Perché mai siamo solo noi a non ricordare niente?», si chiese, sapendo che ancora nessuno aveva una risposta a quella domanda.

«È stato Tremotino a darti la Maledizione Oscura…», disse Neve. Regina annuì. «Gli serviva per raggiungere Neal in questo mondo e prima che a lui, la Fata Nera l'aveva creata proprio per questo motivo». Regina comprese immediatamente dove Neve voleva arrivare.

«Anche lei aveva bisogno di raggiungere questa terra», disse. Un lampo balenò negli occhi di Emma.

«Se ha scagliato la Maledizione Oscura, anche lei è qui a Storybrooke. Dobbiamo trovarla.» Henry sorrise.

«Operazione Cobra, parte tre!», esclamò il giovane. Emma sorrise. Il gruppo si giunse a Main Street e si separò: stavano cercando qualcosa che non fosse nei loro ricordi di Storybrooke e Regina era sicuramente la più indicata per una tale operazione. Dopotutto, era stata lei a creare la città e ne conosceva ogni angolo. Con lei andarono Neve ed Henry mentre con Emma si mossero Hook e David. Le due donne avrebbero usato la magia per comprendere se qualcosa di diverso si nascondeva ai loro occhi. La Maledizione le aveva private dei ricordi ma al tempo stesso ne aveva sicuramente creati dei nuovi così che tutto potesse passare inosservato.

Mentre Biancaneve e Regina si muovevano verso Franklin Street, Henry ne approfittò per entrare alla Dark Star Pharmacy di Clark per una barretta di cioccolato Apollo. Il giovane decise di fare un giro di perlustrazione per assicurarsi che non ci fosse niente di diverso e, girando tra gli scaffali, giunse fino al banco dell’erboristeria.

«Henry! Hai bisogno di qualcosa?», domandò Asher. La donna era arrivata dalla Terra delle Storie Non Raccontate e aveva dato al negozio di Clark un tocco esotico sebbene la sua apparenza non facesse dire proprio quello, di primo acchito. Era una ragazza gentile, dai capelli corvini sempre tirati su in uno chignon non troppo stretto, utile quando si lavora con erbe e rimedi di ogni tipo. La pelle chiara si allineava al blu dei suoi occhi. Henry conosceva bene la sua storia: Asher aveva lavorato al palazzo di Agrabah e con Jasmine aveva raggiunto quella strana terra alla ricerca di Aladdin. Il giovane le sorrise, mostrando la barretta di cioccolato. Lei strizzò un occhio e lui andò verso la cassa, dove Clark stava servendo un cliente. Henry attese il suo turno.

«Quanto ti devo?»

 

«Mi devi già molto, Biancaneve. Non è il caso che tu accumuli debiti con l’Oscuro Signore». Tremotino rise mentre posava le mani sulle sbarre incantate che lo incatenavano.

«Come fermiamo la Regina dal recuperare la magia di Illusione?», domandò David, spazientito. L’Oscuro si fece serio e poi riprese a ridere.

«Non dovete preoccuparvi!», disse con la sua vocina acuta, agitando le mani. «La regina non riuscirà a procurarsi quella magia. Ma al tempo stesso, non potrete fermarla!». L’uomo rise ancora una volta e smise di rispondere nonostante le ansiose domande dei due sovrani. Biancaneve si allontanò nervosa e preoccupata e David le corse dietro. I due arrivarono nelle proprie stanze e il principe tentò di rassicurarla. Lei, affranta, si diresse sul suo balcone, esprimendo un desiderio verso la stella più luminosa.

 

«Ho controllato ogni registro, ma pare sia tutto a posto», disse Emma quando Regina e gli altri la raggiunsero al distretto.

«Non che possiamo renderci conto di qualcosa, con tutto questo tempo mancante», constatò Regina. La Swan chiuse il fascicolo con forza: non poteva che darle ragione. Nel mentre, un foglio si posò sul pavimento. Henry lo raccolse e non appena lo sfiorò comprese che era una pagina del suo libro. La voltò e ne osservò il disegno. L’immagine vedeva una figura incappucciata davanti a un uomo possente, inginocchiato. Nelle mani dell’incappucciato, un oggetto luminoso, lungo e affusolato veniva passato a quell’uomo.

Henry mostrò il disegno agli altri. Regina allungò le mani per afferrarlo e nel momento in cui ebbe quella pagina tra le mani, una serie di immagini balenò nella sua mente. Riuscì a distinguerne solo alcune. Si vide davanti alla baia di Storybrooke mentre il mare formava un grande mulinello che sembrava capace di inghiottire qualsiasi cosa.

Quando la visione terminò, Regina lasciò cadere la pagina e David la sorresse prima che potesse cadere all'indietro. Emma riconobbe l'espressione sul suo viso: era la stessa che lei aveva avuto quando Henry era stato colpito dalla Maledizione del Sonno e lei aveva creduto, per la prima volta, alle storie di quel libro.

«Che cosa hai visto?», domandò. Regina raccontò la visione, confusa e offuscata. Tutti rimasero a pensare per qualche istante a ciò che avrebbero dovuto fare fino a che Henry ruppe il silenzio.

«Tutta questa storia è legata al mare», disse. «E so esattamente a chi dobbiamo rivolgerci.» Hook comprese dove il giovane stava cercando di arrivare e uscì di corsa diretto verso casa, dicendo agli altri di incontrarli sul molo. Quando tornò, aveva in mano una piccola conchiglia legata a un laccetto d'argento.

«Questa conchiglia era legata a un'altra che Belle ha distrutto quando si è scontrata con Jekyll. Regina potresti…». La donna non gli fece terminare la frase che agitò le mani sull'oggetto. Hook sorrise per poi avvicinare la conchiglia alla sua bocca.

«Abbiamo bisogno del tuo aiuto», disse al suo interno.

«Ho bisogno del tuo aiuto, pesciolina», disse Regina, con il suo tono sarcastico. «E questo potrebbe spingermi a restituirti… ciò che hai perduto.» La malvagia donna rise, mentre sul volto di Ariel si disegnava una smorfia di dolore misto a rabbia.

«Oh, non imbronciare il tuo bel faccino, sirenetta. Potresti tornare dal tuo principino prima di quanto pensi», continuò. Nelle mani della Regina comparve un meraviglioso gioiello blu, legato a una collana formata da gemme arancioni e rossastre. Ariel cambiò espressione: sapeva che quel pendente le avrebbe permesso di tornare umana e di raggiungere Eric. La regina fece scomparire l'oggetto.

«Allora… sei interessata?», disse. Ariel si limitò ad annuire.

«Ebbene, esiste un lago al confine della Foresta. Ho mandato degli uomini per recuperare la grande magia che si nasconde, ma non ne sono stati in grado. Credo che una sirena capace di viaggiare tra i mondi possa avere più di una possibilità, non credi?». Ariel comprese che quel viaggio le avrebbe fatto rischiare la vita: aveva sentito solo alcune leggende sulla potente magia di cui parlava Regina, e quelle storie che si tramandavano in fondo al mare avevano dei finali tragici. Eppure, lei doveva provarci. Il suo desiderio più grande era quello di tornare da Eric e nulla gliel'avrebbe impedito.

«Portami ciò che cerco e potrai fare in modo che il tuo caro principino si innamori di te», riprese. Ariel annuì ancora, insicura. «Abbiamo un'accordo, allora.», concluse Regina mentre la sirena si tuffava in acqua.

«È questo ciò che si prova a ripetere questa frase?», si domandò ad alta voce, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

 

«È un'antica leggenda del Mare», disse Ariel, vedendo l'immagine che Henry le aveva porto. «Alcuni dicono che sia stato Poseidone, per estendere il suo dominio in ogni mondo, a legare tutte le acque esistenti. Altri, tuttavia, raccontano una storia differente». Il gruppo era tornato a casa di Neve e David e anche Zelena li aveva raggiunti. I bambini giocavano di sopra mentre loro, incuriositi e allo stesso tempo intimoriti, ascoltavano il racconto della sirena.

«Si dice che prima di ottenere il dominio sui Mari, Poseidone abbia dovuto affrontare una grande sfida.», continuò lei. Neve annuì.

«La divisione dei tre regni», disse lei, facendo riferimento al sorteggio che aveva dato a Zeus il potere sull'Olimpo e relegato Ade nell'Oltretomba. Ariel annuì.

«Ciò che la leggenda dice è che Zeus chiese aiuto a Poseidone per ingannare il fratello. Il dio aveva paura che, essendo il maggiore, il padre Kronos avrebbe scelto lui per governare un luogo come l'Oltretomba». Emma strinse la mano di Killian. Era passato molto tempo da quando avevano affrontato quel lungo viaggio nella Storybrooke sotterranea.

 «Ma non è così semplice ingannare un dio.», continuò Ariel. «Poseidone, dunque, partì alla ricerca di una misteriosa magia che avrebbe permesso al fratello di vincere su Ade. Si dice che il futuro dio del Mare si sia trovato faccia a faccia con la forza primordiale che aveva dato addirittura vita alle divinità e al loro potere.»

«Qualcuno ha generato gli dei?», domandò Regina, stupita. «Come diavolo inizia questa storia?»

«Così», rispose Ariel. «La leggenda che mia nonna raccontava dice che quella forza assunse le sembianze di una donna bellissima che, in cambio di un po' di quella magia, domandò eterna fedeltà a Poseidone, il quale avrebbe potuto usare la sua magia solo una volta.».

 

«So perché sei qui, giovane sirena». Ariel si guardò intorno senza vedere nessuno. Si voltò ancora ma era da sola, in quell'immensa coltre di nebbia. «Perché una figlia del mare ha bisogno della mia magia?». Ariel era desiderosa di spiegarsi ma non poteva senza la sua voce.

"Sono qui perché ho bisogno di ritrovare la persona che amo", pensò, e parve che quella voce sapesse ascoltare anche i suoi pensieri.

«La mia magia non ti aiuterà di certo in quello. Sai qual è la punizione per chi oltrepassa questi confini?». Ariel si rattristò. Avrebbe voluto urlare che era stata costretta da Regina a intraprendere quel viaggio e che l'unica cosa importante per lei era… Non fece in tempo a pronunciare quel nome nella sua mente che una luce violacea la sollevò dall'acqua, avvolgendola completamente. Iniziò a mancarle il fiato, mentre ai suoi lati l'acqua si agitava trasformandosi in schiuma. A poco a poco, gli schizzi raggiungevano le sue pinne che iniziarono a trasformare anche lei in spuma di mare.

"Eric!", si disse, ormai certa di morire. Una lacrima le scese dal viso andando a cadere esattamente sulla spuma che d'improvviso, si allargò e scomparve.

«L'umano.», disse quella voce, che d'un tratto si era fatta calma. «Il tuo amore è sincero e ti ha risparmiato.» Le luci violacee la riportarono nell'acqua e si concentrarono attorno al suo collo, materializzandosi in una meravigliosa collana.

«Ora potrai parlare e quando uscirai dall'acqua, potrai camminare come gli umani. Trova il tuo principe, sirenetta». La voce scomparve in un'eco lontano e la nebbia ricoprì ancora una volta quel posto.

 

«Non sono mai tornata da te, Regina», disse Ariel. La donna annuì, iniziando a marcare grandi passi per la stanza.

«Se Ade è finito nell'Oltretomba, Poseidone deve aver usato quella magia, il che ci riporta…»

«Alla donna», disse Emma, completando la frase di Regina. «Come la troviamo?».

Il gruppo salutò Ariel che si incamminò verso casa, pronta a tornare da Eric. Henry decise di passare la notte da Regina, mentre gli altri fecero ritorno alle proprie case. Da lontano, qualcuno li stava osservando. La figura fece ritorno verso una delle villette che dava esattamente sul mare e con un gesto della mano aprì il cancelletto che dava accesso al giardino, in cui l’acqua di un piccolo stagno veniva increspata dalla brezza. Nel riflesso, si poteva riconoscere il bellissimo viso di una donna, che si abbassò fino a raggiungere la superficie con una mano. L’acqua si agitò tanto da creare della schiuma, dalla quale emersero alcune ampolle piene di un liquido dalla sfumatura violacea. La donna sorrise, mentre la sua immagine si arricciava nel misterioso laghetto.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3913494