Un posto e un momento per crescere

di pdantzler
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Floo me away ***
Capitolo 2: *** Bagno e colazione ***
Capitolo 3: *** Un po' più caldo ***
Capitolo 4: *** Ancora più caldo ***
Capitolo 5: *** Stai bruciando! ***
Capitolo 6: *** Custodia ***
Capitolo 7: *** Discussione sulla disobbedienza ***
Capitolo 8: *** Pulizia ***
Capitolo 9: *** Pensieri sul futuro ***
Capitolo 10: *** Una giornata a Diagon Alley ***
Capitolo 11: *** Strappando le erbacce nel passato ***
Capitolo 12: *** Beffa ***
Capitolo 13: *** Parlando con Dobby ***



Capitolo 1
*** Floo me away ***



Nota della traduttrice:
la storia è ambientata nell'estate del quinto libro; di conseguenza, non si tengono conto degli avvenimenti del sesto libro. E' a capitoli, e ancora l'originale non è conclusa, ma attualmente è stato pubblicato il capitolo 27. E' un racconto particolare, a tratti divertente, che mi ha colpito appena l'ho letto, e che credo piacerà a molti di voi.
Come vedete, i capitoli sono molto lunghi, quidi non potrò aggiornare tutti i giorni, ma ci vorrà più tempo ^_^
Enjoy!abrA Starliam




Harry si gettò sul letto, sorridendo quando le molle cigolarono. Non potevano ignorarlo per sempre. Era lì da 4 giorni, un totale di 96 ore, e loro continuavano a far finta che non ci fosse. Tranne quando gli urlavano degli ordini.
Era appena entrato in casa e aveva appena fatto in tempo a poggiare il baule che subito suo zio Vernon gli aveva detto di mettere via la sua roba, così poteva aiutare a pulire la cucina dopo la cena (che Harry non aveva mangiato).

La mattina seguente Zia Petunia lo aveva svegliato all'alba per farlo lavorare in giardino. Per essere giugno faceva insensatamente freddo, e le maani di Harry si erano intorpidite mentre strappava le erbacce dal giardino, trascurato da mesi. Dopo, aveva dovuto preparare la colazione, e poi spolverare e lavare le finestre. Nei due giorni successivi aveva dovuto imbiancare la casa; e Harry aveva girato per tutta l'abitazione con una scala, attento a non far cadere la vernice sulle intersezioni di legno o sulle finestre, mentre zia Petunia continuava a criticarlo.

E oggi aveva iniziato a imbiancare l'interno. Dopo cena, nella quale gli avevano permesso di mangiare una scodella di zuppa, una fetta di pane e una mezza tazza di thè, zia Petunia aveva guardato il pavimento di legno del corridoio e aveva detto qualcosa sul dover passare la cera. Harry aveva chiesto scusa e si era alzato da tavola, dicendo che sarebbe andato a letto. Gli dolevano le braccia, e la gola gli faceva male per il fatto di essere stato tanto al freddo senza maglione.
Ma adesso, alle 8 di sera appena passate, si trovava intrappolato in camera, senza nient'altro da fare tranne guardare il tramonto in lontananza. Era annoiato, arrabbiato e ferito per Sirius, e odiava l'idea di essere costretto lì per due mesi senza niente per distrarsi tranne i lavori domestici e l'occasionale gufo con una lettera.

Prese una dei suoi libri di scuola: il libro di Incantesimi dell'anno prima, con la copertina bruciacchiata per tutte le volte che Neville aveva fatto esplodere un oggetto che avrebbe dovuto incantare. Anche se il Professor Vitious era un bravo insegnante, Harry non poteva impedirsi di pensare che Incantesimi era una delle materie meno importanti di Hogwarts. A essere sinceri, era stata utile; ma levitare oggeti e eseguire incantesimi da primo anno sembrava poco in confronto alle potenti magie praticate in Difesa Contro le Arti Oscure e Trasfigurazione. Queste due materie erano molto importanti per lui; lo facevano stare lì seduto e attento, perchè la loro conoscenza poteva davvero salvare la vita. Poteva solo immaginare di incontarre Voldemort armato solo di incantesimi elementari - attento, Signore Oscuro, vediamo se ti piace levitare per aria!

E poi c'era sempre Pozioni: Harry distolse lo sguardo dal libro di Pozioni con un senso di disagio. Come poteva diventare Auror con i voti che aveva preso? Poteva avere minimo O per poter entrare nel programma di addestramento per gli Auror, e Piton gli aveva dato E. E! Una A o anche una T lo avrebbero fatto sentire meglio. Un altro modo che Piton usava per torturare il suo studente meno apprezzato. Ma una E suggeriva che Harry non era abbastanza motivato; se si fosse impegnato di più, avrebbe potuto ottenere la tanto desiderata O.

Harry si scrollò di dosso il rimorso. Ormai era fatta. Se non avrebbe potuto diventare Auror, almeno non avrebbe più avuto Piton come insegnante. Non avrebbe più dovuto vederlo, tranne che per i pasti in sala grande e durante le sue strane ronde dopo il coprifuoco.
Aprì la tasca destra della sua veste da mago. C'era qualcosa che aveva rubato da Hogwarts mentre nessuno lo vedeva: una piccola borsa piena di Polvere Volante. Non molta, forse bastava solo per andare da qualche parte e tornare indietro. Ma almeno aveva una possibilità. Il camino dei Dursley era chiuso, ma era ancora collegato alla Metropolvere. Due anni prima, gli Weasley avevano provato a passarci per venire a prenderlo. Harry sorrise mentre ripensava al Signor Weasley che strillava ai suoi ragazzi di tornare indietro, tornare indietro! Prima che si trovassero tutti intrappolati nel camino.
Poi il sorriso di Harry scomparve mentre ripensava a quell'estate. La Coppa del Mondo di Quidditch, tutto eccitato e pronto per l'avventura. Poi il Torneo Tremaghi. Poi Cedric...

Harry aprì deliberatamente il libro di Pozioni e fissò le pagine, gli occhi intenti e concentrati. Se avesse continuato a leggere abbastanza a lungo, avrebbe dimenticato. Sì, la Pozione Sonnifera è una pozione molto antica e complicata. Usata per prolungare la vita di coloro che stanno morendo di malattie molto gravi, o per guarirli con riposo e tranquillità, la Pozione Sonnifera può essere somministrata tre volte al giorno in piccole quantità, non più di un cucchiaino da thè. Non è raccomandato il suo uso per più di due anni.

Due anni? Due anni?? Chi avrebbe voluto dormire per due anni? Harry si stese sul cuscino piccolo e pieno di sporgenze. Come sarebbe stato iniziare a prendere la Pozione Sonnifera all'inizio del Torneo Tremaghi e continuare per due anni. Si sarebbe svegliato questo autunno, e Cedric sarebbe stato seduto coi suoi amici di Tassorosso. Harry si sarebbe svegliato, si sarebbe stropicciato gli occhi, e Sirius sarebbe stato seduto sul suo letto: "Avanti, Bello Addormentato, due anni, e hai russato abbastanza da buttar giù la casa. Alzati, e datti da fare per cambiare le cose!"

Ma no, era stato sveglio negli ultimi due anni, ed entrambi se ne erano andati per sempre.
A meno che... Harry afferrò il libro di Storia della Magia e iniziò a voltare le pagine con foga. Come aveva fatto, al terzo anno, per salvare Sirius? Era tornato indietro di due ore. E se fosse tornato indietro di un mese? O meglio, di un anno e un mese? Portare indietro quella piccola giratempo... vediamo... facciamo 400 giorni per essere sicuri... 24 ore, 6 e porto 1... 9600 ore? Era un sacco di tempo da riportare indietro. Ma avrebbe potuto farcela. Se avesse trovato un angolo tranquillo dove potersi nascondere e iniziare a far girare la piccola giratempo, e ancora e ancora, fino all'inizio della prima prova. Poi avrebe trovato un modo per spiegare a tutti cos'era successo. Certo, avrebbero potuto non credergli all'inizio, ma poteva sempre prendere a pugni l'Harry più giovane e lasciarlo in qualche angolo. Come sarebbe stato prendere se stesso a pugni in faccia; l'avrebbe sentito più avanti o no?

Non c'era alcuna spiegazione su come comprare le Giratempo, in Storia della Magia Volume 6. Harry prese una copia di un giornale di Diagon Alley con gli annunci. Clessidre piene di sabbia di diamante, Orologi che prevedevano il futuro per il giorno stesso ma non erano garantiti per perdite di arti, di amori o di vita; uan bacchetta finta che faceva tornare indietro gli orologi ma non poteva fermarli, un quadrante dorato che li faceva fermare, ma solo per 15 minuti, e un paio di orologi che tu e la tua ragazza potete comprare e che vi dicono in ogni momento dove si trova l'altro: consigliato per le ragazze che sospettano il tradimento dei loro fidanzati.

Harry lanciò il giornale in un angolo. Prese su l'ultimo libro, un dizionario di oggetti Oscuri e altri cose pericolose, metà delle quali sarebbero state trovate in casa Malfoy, una volta o l'altra. Harry sfogliò le pagine in fretta.

Affila-denti: un incantesimo che fa crescere i denti di qualcuno fino a che diventano taglienti come spade. Cravatte Scorsoie: lacci in grado di strangolare chiunque se li infili. Giratempo...

Harry si tirò su a sedere e avvicinò il libro al volto. Giratempo: originarie dell'epoca di Merlino, è possibile trovarne traccia anche all'epoca della terza dinastia Egizia. Capaci di riportare indietro gli avvenimenti con una semplice rotazione. Se ne conoscono solo cinque nel mondo magico. Sono regolamentate sotto stretta supervisione. Di queste cinque, la più potente è stata rinvenuta a Snapdragon Manor, di proprietà di Thaddeus Snarpley; che venne arrestato perchè era solito commettere crimini ai danni dei Babbani per poi usare la Giratempo per riuscire a scappare. Una volta catturato, Snarpley lasciò intendere di avere, nascoste a Snapdragon Manor, molte altre Giratempo, capaci di riportare indietro il tempo anche di mesi o anni con una semplice rotazione; ma non sono mai state ritrovate. La Giratempo più potente dopo questa...

Harry scorse la pagina fino alla fine. Secondo il libro, le cinque Giratempo erano regolamentate dal Ministero della Magia; e venivano concesse solo sotto supervisione. Per richiederne una, contattare...

Harry chiuse il libro e si alzò in piedi. Snapdragon Manor, ecco dove sarebbe andato. Avrebbe preso il suo mantello dell'invisibilità, la sua bacchetta, e avrebbe usato la Metropolvere per arrivare fin lì. Avrebbe potuto essere costretto a cercare per la casa anche per giorni, prima di riuscire a trovare la Giratempo più potente. Se qualcuno lo avesse scoperto, sarebbe riuscito a scappare; o avrebbe finto di avere un crollo nervoso. Dopo gli ultimi avvenimenti, nessuno si aspettava che si comportasse normalmente; e tutto il mondo magico era dalla sua parte, pronto a supportarlo e a credergli.

Non era un piano molto logico, sicuramente non bene organizzato, Hermione sarebbe rimasta pietrificata dall'orrore per la sua sventatezza...

Harry si pose il mantello su un braccio e prese la bacchetta. Poi marciò fuori dalla sua stanzetta e scese le scale. I Dursley erano seduti sul divano, a guardare qualche stupido programma pieno di risate finte, in cui si vedeva uno che saltava da una sedia in un enorme dessert. I Dursley guardarono Harry, piuttosto infastiditi.

"Che ci fai qui?" - chiese zio Vernon in tono duro - "Dovresti essere di sopra. Se sei troppo stanco per pulire il pavimento della cucina, allora vai a dormire. Per Diana, che cosa vuoi fare con quel martello?"

Harry levò il martello che aveva preso dalla sua camera per scardinare le lastre di metallo che chiudevano il camino.

Zia Petunia si alzò in piedi: "Piccolo moccioso, lo rovinerai. Il camino non ha bisogno di essere riparato".
"Non lo sto riparando" - ringhiò Harry, attaccanto la seconda lastra - "Me ne sto andando, e non tornerò".

Petunia guardò suo marito indicando Harry con la testa, per invitarlo a fermare quel pazzo del nipote. Vernon gli si avvicinò di un passo, e vide la bacchetta che faceva capolino dalla tasca posteriore di Harry. Diventando ancora più bianco di quanto era di solito, Vernon scosse la testa: "Dopotutto" - sussurrò a sua moglie - "Se si perde, non sarà colpa nostra, e forse è la volta buona che lo rinchiuderanno".

Gettando di lato il martello, Harry si voltò verso di loro: "Ho sentito" - disse, sentendosi montare la collera - "Beh, me ne vado; e vi auguro una buona fortuna per quando l'assassino dei miei genitori verrà a cercarvi, e io non sarò qui per salvarvi. Odio questo posto, odio tutti voi, e non tornerò perchè sto andando a salvare il mio padrino".

"Quello che è morto?" Riuscì a chiedere Vernon.

Harry non rispose. Prese una manciata di Polvere Volante e la gettò nel camino. Petunia iniziò a urlare come una Banshee alla vista delle fiamme verdi.
"Snapdragon Manor!" Urlò Harry, e il salotto dei Dursley scomparve. Due pensieri gli saltarono alla mente. Il primo era che Dudley non aveva distolto lo sguardo dalla TV, mentre lui distruggeva il camino e urlava che se ne sarebbe andato. Il secondo era che aveva scordato di indossare il mantello dell'invisibilità; e in qualunque posto fosse finito, sarebbe stato visto. Pazienza. Se lo sarebbe messo appena atterrato. Vide i contorni della stanza, e poi sentì qualcosa di caldo. C'era un dannato fuoco nel camino, si sarebbe bruciato, dov'era finito?
Il camino gettò Harry oltre il fuoco, sul duro pavimento di pietra con una forte esplosione di fuliggine; e lui si rotolò su un lato, cercando di fermarsi appena in tempo per non rischiare di spezzare la bacchetta.
Per un attimo, la stanza gli sembrò silenziosa e tranquilla; e Harry si mise a sedere, raddrizzandosi gli occhiali. Poi tutto si bloccò, il tempo sembrava essersi fermato, come in uno di quei gadget che si comprano a Diagon Alley.

In una alta poltrona, a non più di dieci piedi di lontananza, in una lunga veste nera e con in mano un libro spesso come un braccio, c'era Piton.

Rimanendo immobile, Harry potè solo deglutire e ricordarsi di respirare. Forse se fosse rimasto fermo Piton non l'avrebbe visto. Dopotutto, il mantello dell'invisibilità era sulle sue gambe; forse Piton avrebbe chiuso gli occhi un attimo e lui avrebbe potuto mettersi il mantello più in fretta possibile, e Piton avrebbe pensato che si era trattata di un'allucinazione per i troppi anni passati a insegnare a delle teste di legno.

Senza distogliere lo sguardo, Piton guardava fisso Harry. "Signor Potter, che visita inattesa".

La voce fredda come il ghiaccio fece accapponare la pelle a Harry. Doveva alzarsi dal pavimento. Era proprio come nelle lezioni di Occlumanzia; in cui Piton continuava a sbatterlo a terra ancora e ancora, e Harry doveva tirarsi su e mettergli di nuovo la mente a disposizione, come se si fosse trattato di un libro che Piton poteva sfogliare a caso.

Piton chiuse il lubro di scatto, facendo saltare Harry per la sorpresa e riportandolo al presente. Harry spinse via il mantello e si alzò in piedi, raddrizzando le spalle, deciso a non farsi intimidire. Non era Hogwarts, non c'erano punti che rischiava di far togliere a Grifondoro.

"Stavo cercando di raggiungere Snapdragon Manor".
"Questa è Snapdragon Manor", rispose Piton con la solita voce fredda.
"Oh" - Harry sentì salirsi un po' di tensione - "Beh, pensavo che un certo Thaddeus Qualcosa vivesse qui".
"Thaddeus Snarpley è vissuto qui trecento anni fa". Piton appoggiò il libro sul piccolo tavolino di fianco alla poltrona, senza smettere di fissare Harry.

"Oh, beh, non lo sapevo".
"Signor Potter, per elencare le cose che non sai non basterebbe una vita intera; e io per primo preferisco evitare di perdere tempo in questa impresa. Ti suggerisco di tornare da dove sei venuto, e di smetterla di irrompere nelle case e nelle vite altrui".

"No" - Harry cercò di dimenticare il motivo per cui Piton lo odiava, dalla loro ultima lezione di Occlumanzia - "Non posso tornare a casa, adesso".
"Signor Potter". Piton si alzò, e Harry fece un passo indietro; aveva dimenticato quanto fosse alto. "Questa è casa mia, e per quanto tu possa fare quello che ti pare quando sei a Hogwarts, non entrerai in questa casa senza il mio permesso. Anche se pensi che è un tuo diritto andare e venire come ti pare, proprio come faceva tuo padre.."

"Lasci stare mio padre!" Urlò Harry. Non avrebbe sopportato ancora le ingiurie e le malignità di Piton, non dopo quello che il professore aveva fatto a Sirius, non dopo il modo in cui Piton aveva spinto Sirius alla morte. "Ammetto che era un bullo con lei, ma io non sono così. Lei non sa niente di me".

"Allora c'è uno svantaggio, considerato che tu ritieni sia un tuo diritto impicciarti degli affari degli altri".
"Ho detto che mi dispiace", rispose Harry, stringendo le mani a pugno.
"Si, sei sempre dispiaciuto, dopo che hai causato le varie catastrofi, ma questo non ti spinge a fermarti a pensare rima di agire" - rincghiò Piton, mostrando i denti - "Il temerario Ragazzo Sopravvissuto, il nostro eroe, che corre a salvare gli altri da morte certa, che crede di avere il diritto di infrangere le regole, arrogante, presuntuoso..."
"Non è vero!" - Harry pestò i piedi, pieno di rabbia - "Se gli altri mi ascoltassero e mi credessero, io non dovrei correre a salvarli! Potrei preoccuparmi solo di seguire le lezioni; invece di dover pensare che potrei morire da un momento all'altro. Beh, non mi importa delle regole. Non mi importa di quello che dice Silente. Non tornerò dai Dursley, a marcire nella loro casetta linda e pulita! Cercherò una Giratempo o un Cambia-destino, o qualcosa per riportarli indietro, e tu non puoi fermarmi, nessuno può fermarmi. Se pensi che mio padre era arrogante e testardo; allora non hai ancora visto niente, idiota dai capelli unti!"

Harry si ficcò la mano in tasca per prendere altra Polvere Volante; quando una mano gli afferrò il braccio. Harry si sentì voltare, e Piton lo spinse verso il divano.

"Non voglio sedermi", ringhiò Harry, cercando di divincolarsi. Ma Piton lo teneva stretto, e non allentava la presa.

"No, tu non ti siedi, io mi siedo". Piton si sedette sul divano e lo strattonò chinandolo sopra le sue ginocchia.
Immediatamente, tutto diventò sbagliato e orribile per Harry, chinato sulle ginocchia di Piton, con il naso che quasi toccava terra. Le ginocchia di Piton erano scomodo e dure, e sentì una mano salda inchiodargli la schiena.

"Che sta facendo?" esclamò Harry, il volto rosso.
"Quello che avrei dovuto fare anni fa" - rispose Piton, in tono duro e severo - "Il giorno in cui sei andato a cercare un troll nei bagni delle ragazze, invece di chiedere aiuto a un professore o almeno a uno studente più grande, insopportabile marmocchio!"

Il primo sculaccione arrivò sul sedere di Harry. Il ragazzo rimase senza fiato, la scomodità della posizione gli impediva di fare qualunque cosa, tranne rimanere lì come un bambino piccolo. Un bambino piccolo che si prendeva una sculacciata sulle ginocchia del padre. Piton stava - no, non poteva essere vero.

Il secondo sculaccione spazzò via ogni dubbio, e Piton gli dette anche il terzo e il quarto prima di parlare.

"Questo è per essere andato a cercare quella maledetta pietra al primo anno, per aver messo in pericolo le vite dei tuoi piccoli amici, per quanto fastidiosi possano essere. Avreste potuto morire nel Tranello del Diavolo, nella partita di scacchi, nel test di Pozioni o nello scontro con il traditore Raptor".

"Ow! Ma non siamo morti! Uh, basta!" strillò Harry. Le sculacciate stavano arrivano più pesanti, concentrate nel punto su cui si sedeva. Il braccio sinistro era intrappolato fra Piton e il suo fianco; ma Harry alzò quello destro e cercò di ripararsi il sedere. Piton si fermò per ruotarre il braccio di Harry dietro la schiena, prima di continuare:

"No, vi siete salvati per pura fortuna, una fortuna che io non avevo mai visto prima". Piton spostò leggermente le gambe, alzando il posteriore di Harry per prendere meglio le misure. Senza più alcun ostacolo (il braccio di Harry immobilizzato e il suo sedere trasformato nel bersaglio perfetto), ricominciò a sculacciarlo. "E al secondo anno, andare a cercare il mostro di Serpeverde? Rischiare la tua vita e quella del signor Weasley con quell'idiota di Allock? Correre nella camera dei segreti con un basilisco che vi si aggirava? Un comportamento stupido e idiota"

"Non può farlo!" - protestò Harry - "Non è... non è giusto!"

"Non è giusto?" Ringhiò Piton, dandogli due forti pacche nello stesso punto e facendolo strillare. "Non è giusto insegnare un po' di disciplina a un intruso, uno studente indisciplinato, nonchè marmocchio ingovernabile? Lascia che ti spieghi dov'è che stai sbagliando a litigare con me in questo momento".

Harry aveva dei seri problemi a rimanere in silenzio. Gli bruciavano gli occhi (proprio come il sedere); e non pensava che Piton avrebbe smesso tanto presto, vista l'energia che stava mettendo nelle sculacciate e l'entusiasmo che sembrava avere per quella ramanzina.

"E per il terzo anno, c'era un assassino a piede libero, e tu non ti sei limitato ad aggirarti senza controllo per la scuola, ma sei andato nientemeno che nella Stamberga Strillante."

"Ma Black era ow! Innocente!" Harry, con orrore, si accorse che aveva iniziato a tirare su con il naso, in maniera pietosa. Cercò di divincolarsi, ma Piton continuò a sculacciarlo esattamente dove voleva: su quella tenera parte che Harry non sapeva fosse così vulnerabile. "Ma tu non lo sapevi, e Peter Minus non lo era! E subito dopo hai osato schiantarmi, e sei corso a dare la caccia a un lupo mannaro dopo che avevo rischiato la vita per salvare te e i tuoi amici, di nuovo!"

Le sculacciate erano quasi insopportabili adesso; a Harry sembrava di avere una torcia al posto del sedere, che sembrava prendere fuoco, e Piton non la smetteva. Ma a Harry non importava più: in qualche modo era un sollievo essere punito per le sue trasgressioni, poteva lasciare andare la rabbia al massimo e urlare contro Piton senza paura di essere punito più duramente: non poteva assegnargli punizione peggiore di quella.

"E per il tuo quarto anno..."

"Ow! No, non ho messo io il mio n-nome nel c-calice!" Tossicchiò Harry, realizzando con sconcerto che gli si stavano riempiendo gli occhi di lacrime. "No, ma sei stato comunque arrogante e disattento. Tutti hanno dovuto aiutarti ad arrivare alla fine, perchè non volevi ammettere che non avevi idea di cosa stavi facendo. E per quanto riguarda l'anno scorso..."

Harry finalmente si lasciò andare e iniziò a piangere sul serio. Le lacrime scivolavano fuori incontrollate, e cominciò a singhiozzare. Smise di agitarsi, smise di lottare, e rimase lì immobile, a farsi sculacciare come un bambino capriccioso.

"Hai iniziato a fare quelle deliziose bizze in estate, non hai smesso di rispondere alla Umbridge continuando a farti punire, e sei corso al Ministero senza pensare alle conseguenze delle tue azioni" .

Harry non riusciva a smettere di piangere; Sapeva che Piton avrebbe iniziato a parlare di Sirius, e Harry sarebbe caduto in pezzi. Avrebbe avuto un crollo nervoso, lo avrebbero dovuto mandare al San Mungo immediatamente. Era colpa sua se Sirius era morto, si meritava ogni momento della sua punizione.

"E per aver curiosato nel mio ufficio" - Piton tirò indietro il braccio più che potè - "Non oserai SMACK mai più SMACK ficcare il naso SMACK fra i miei ricordi SMACK o nel mio ufficio SMACK di nuovo!"

"Sì, cioè, no!" Strillò Harry, pregando che avesse finito. "Non ficcherò più il naso, e obbedirò alle regole!"
"E cercherai di fare il bravo?"
"Si, farò il b-bravo", pianse Harry.
"Bene". Piton gli affibbiò un ultimo, potente sculaccione, poi lo tirò su in piedi. Il volto di Harry era rigato di lacrime e sudore, ma non riusciva a smettere di piangere; e tutto quello che voleva era raggomitolarsi in un angolo e piangere fino a consumarsi e a scomparire.

Ma Piton lo mise a sedere sul divano, facendolo sibilare dal dolore, quando il suo sedere entrò in contatto con la fodera di duro cuoio. Non riusciva a guardare Piton, non riusciva a guardare niente tranne le sue mani tremanti, non sarebbe mai sopravvissuto a una tale umiliazione, Piton avrebbe fatto sapere a tutti che aveva sculacciato il Ragazzo Sopravvissuto. Davvero, se il famoso salvatore non era in grado di difendersi da una punizione del suo arrabbiato professore di Pozioni, quali possibilità aveva contro il mago più cattivo che fosse vissuto, morto e ritornato, e sarebbe finita presto perchè...

"Potter, piantala. Ti stai solo agitando", sbottò Piton.
Poi sospirò profondamente e estrasse un fazzoletto bianco, tendendolo a Harry. "Asciugati gli occhi, e calmati. Sì, ti ho sculacciato; ma te lo meritavi, e penso che tutti sarebbero d'accordo con me, avendo visto il tuo comportamento".
"Ma ho quasi sedici anni", Harry cercò di nascondere il volto dietro il fazzoletto, delicato e morbido sui suoi occhi gonfi.

"Non mi importa se hai anche ventisei anni, imparerai a seguire le regole. Ora, fai silenzio".
"Ma non sono riuscito a salvarli". Harry cercò di asciugarsi le lacrime, ma quelle continuavano a uscire. "Ho cercato, davvero, ma devo fare qualcosa che..."
"Ho detto silenzio". Piton si alzò in piedi. "L'unica cosa che devi fare stasera è andare a dormire".

Fece alzare Harry dal divano, la sua mano attorno al braccio di Harry. Harry si aspettò che lanciasse nel fuoco una manciata di Polvere Volante e lo infilasse nel camino. Invece, Piton lo condusse lungo il corridoio, poi su per una larga scalinata e lungo un altro corridoio pieno di ritratti che si sporsere dalle loro cornici, discutendo il nuovo arrivo a Snapdragon Manor in bisbigli appena accennati. La stretta di Piton sul suo braccio era salda ma non dolorosa, mentre guidava il ragazzo in una camera buia.

Piton puntò la bacchetta al caminetto e sui ciocchi di legno scoppiettò un bel fuoco, riscaldando la stanza. Poi accese il lampadario e un grande candelabro, prima di voltarsi verso Harry; che stava ancora tirando su col naso.

"Signor Potter, per favore vai in bagno, lavati i denti e fai ciò di cui hai bisogno. Trovarai là dentro qualcosa per cambiarti, poi torna qui. Anche se sono seriamente tentato di farti un bagno e darti un'altra bella sculacciata per il tuo atroce comportamento..."

Harry corse in bagno prima che il suo spaventoso professore di Pozioni potesse cambiare idea. Le luci alla parete si accesero appena aprì la porta. Il bagno era sublime, con il pavimento in marmo e una grande vasca di ferro, ma Harry andò subito davanti allo specchio per guardarsi in viso. Si riconobbe appena - era pallido, gli occhi gonfi e rossi, e le lacrime gli avevano rigato le guance. Harry si tolse i vestiti e prese il pigiama bianco che si era appena materializzato, prima di rendersi conto che aveva lasciato di sotto il suo mantello. E se Piton lo avesse distrutto? Harry pensò di correre da lui e chiederglielo indietro, ma improvvisamente si sentì esausto. Voleva solo rannicchiarsi in qualche angolino buio e nascondersi, non iniziare un'altra lite che probabilmente avrebbe fatto diventare il suo posteriore di un rosso più acceso.

Davvero, chi avrebbe immaginato che Piton avesse una mano così ferma? Harry immaginava che il professore avrebbe trovato più adatte punizioni più lunghe ed elaborate, come smembrare rospi o pulire calderoni per ore, non qualcosa di così vecchio e personale. Il sedere gli bruciava ancora, Harry sibilò mentre si infilava i pantaloni e saltellava da un piede all'altro, cercando di calmare il bruciore.

Per paura che Piton potesse entrare se non si fosse sbrigato, Harry si lavò i denti con il piccolo spazzolino argentato e il dentifricio alla menta sul lavandino e si lavò il viso e le mani. Poi riportò in camera i vestiti sporchi.

Piton aggrottò le sopracciglia: "Metti i vestiti su quella sedia, e vai a letto".
Harry guardò il largo letto di cui Piton stava tirando indietro le coperte. Il letto che Harry aveva ad Hogwarts non era così grande, e sembrava anche più morbido e invitante. Ma cosa stava facendo - dormire a casa di Piton? Voleva forse suicidarsi?

"Adesso, Potter!"

Harry salì sul letto, e si sedette preoccupato contro il cuscino. E se il letto era una specie di trappola? Come una gabbia invisibile che gli sarebbe piombata addosso dal soffitto, imprigionandolo. O corde che sarebbero saltate fuori dalla testata del letto, legandolo mentre Piton tirava fuori i suoi strumenti di tortura. Beh, non avrebbe dormito, questo era certo.

"Tieni, bevi questo", Piton gli teste una tazza bianca.

Anni di spaventose lezioni di pozioni avevano insegnato ad Harry a stare attento a qualunque cosa Piton gli dava da bere. Inclinando un po' la tazza, Harry agitò piano il liquido scuro al suo interno per capire cosa fosse.

"Potter" - lo avvertì Piton - "Non mettere alla prova la mia pazienza, stanotte. Qua non c'è nessun Silente da cui puoi correre a lamentarti".
Gettando la cautela al vento, Harry si fece coraggio e prese un gran sorso della bevanda. Quasi soffocò quando si accorse che non era una schifosa pozione, ma cioccolata calda fumante, cremosa e gustosa. La bevve tutta; non aveva fatto caso a quanto fosse assetato, e attese. Si aspettava un retrogusto amaro o qualche cambiamento nel suo corpo - poteva perdere conoscenza o immobilizzarsi a letto, senza potersi difendere da qualsiasi esperimento Piton volesse tentare. Ma non successe niente, e Piton riprese la tazza alzando gli occhi al cielo nel vedere l'espressione di attesa di Harry.

Harry emise un lungo sospiro, imrpovvisamente troppo stanco per chiedersi se Piton lo avesse avvelenato o no.
"Qual è il problema adesso?" - gli chiese - "Stai sempre a lamentarti per qualcosa".
Le emozioni tornarono tutte insieme, e Harry non riuscì a impedir loro di assalirlo.

"E' stata colpa mia", surrurrò, e un'unica lacrima gli scivolò lungo una guancia. "Sirius è morto per colpa mia".

"Sì, Potter", la voce di Piton grondava sarcasmo. "Tu hai obbligato Black a correre al Ministero, tu hai ordinato ai Mangiamorte di entrare in battaglia, e tu hai fatto in modo che Bellatrix gli lanciasse quell'incantesimo che lo ha fatto cadere dietro il Velo. Capisco perchè ti prendi la responsabilità delle tue azioni. Che altro potresti fare?"
"Ha detto che mi butto nelle cose senza pensare" - protestò Harry - "Ha detto che sono impulsivo e arrogante, e quando io mi sto male per questo, dice che non è colpa mia".

"Tu sai cosa intendevo". Piton appariva severo, con le braccia incrociate, torreggiando alto sopra Harry. "Tu sei responsabile per le tue azioni, non per quelle degli altri. Puoi pensare di essere qualche sorta di salvatore onnipotente, ma sei solo un ragazzo che commette sbagli e prova sentimenti, proprio come tutti; e io non ti permetterò di agire in maniera così sconsiderata".

A Harry non venne in mente niente da ribattere, così si limitò a sbuffare.

"Smettila di agitarti". Ordinò Piton. "E a meno che non ti piaccia dormire seduto, stenditi come una persona normale; o sullo stomaco, se è più comodo".
Cercando di non sbuffare di nuovo, Harry si stese a pancia in giù. E poi si rese conto che la battaglia era persa e finita, appena il letto accolse il suo corpo stanco e dolorante nella sua morbidezza. Si sistemò il cuscino (morbido e riempito di piume) sotto la testa e lo strinse a sè. Stava per voltarsi indietro per prendere le coperte, quando sentì coperta e lenzuolo che lo coprivano, adagiandosi sulle sue spalle. Piton lo aveva appena coperto? Harry cercò di tenere gli occhi aperti, ma si stava addormentando rapidamente.

"Grazie per aver seguito un'indicazione senza lamentarti, per la prima volta in vita tua. Gli occhiali?" Piton gli tese la mano, e Harry gli passò gli occhiali. La stanza diventò più sfocata e nebulosa.

"Adesso, Potter" - la voce di Piton penetrò attraverso la sua sonnolenza - "per quanto tu possa essere riluttante, mi aspetto che tu rimanga a letto, o almeno in questa stanza, fino a domattina. Hai a disposizione un bagno, e se esci da questa camera io lo saprò. Quindi ti suggerisco di rilassarti e dormire. Non voglio ripetere gli avvenimenti di questa serata, o della nostra ultima lezione di Occlumanzia".

"No, signore", mormorò Harry, lottando per tenere aperti gli occhi. Avrebbe dovuto fare attenzione a quello che Piton gli stava dicendo, ma voleva solo raggomitolarsi più stretto e lasciarsi vincere dalla stanchezza. Il posteriore gli prudeva ancora, ma non faceva male, era solo un leggero bruciore che gli ricordava come Piton fosse capace di imporre la disciplina, e non solo di fare il cattivo insegnante di Pozioni.

"Domattina ci occuperemo di dove potrai andare a stare, quindi non perdere tempo a cercare di scrivere lettere o mandare gufi con accorate richieste di aiuto ai tuoi fans adoranti. La tua unica preoccupazione per stanotte è dormire. Infatti, tornerò fra cinque minuti, e se non sarai profondamente addormentato, farò in modo che la punizione di stasera ti sembri una serie di carezze affettuose".

Harry stava cercando di ascoltare, ma riusciva solo ad annuire distrattamente agli ordini del suo rigido insegnante.

"Buonanotte, signor Potter". Piton spense le candele con un tocco di bacchetta, e l'unica luce che rimase accesa era quella del bagno. "Notte", mormorò Harry mentre le pesanti palpebre si chiudevano. Non ricordava di aver sentito Piton che se ne andava, sembrava che fosse ancora lì a riordinare la stanza, ma non importava davvero perchè Harry pensava... pensava che forse... forse...

Quattro minuti più tardi, Piton uscì dal bagno dove aveva rimesso a posto gli asciugamani. Guardò il suo ospite inatteso, che si era intrufolato nella sua vita completamente inaspettato. Il ragazzo era girato su un fianco, il respiro lento e profondo, le ciglia scure sulle guance pallide. Quei dannati capelli neri arruffati stavano dritti in tutte le direzioni, e Piton giurò che la prima cosa che il ragazzo avrebbe avuto la mattina dopo sarebbe stato un taglio di capelli. E un bagno. E un po' di vestiti nuovi, e una sana colazione; prima che Piton potesse sbarazzarsi di lui.

Abbandonato nel sonno, Harry sospirò e si rannicchiò, stringendo ancora di più il cuscino. Piton voleva di nuovo roteare gli occhi. Davvero, il ragazzo sembrava così piccolo e innocente, a dispetto del combinaguai, dell'insolenza, del comportamento "so tutto io" che Piton trovava così repulsivo.

Ma aveva sculacciato il marmocchio. Sul serio, a cosa stava pensando? Cosa avrebbe detto Silente, una volta venuto a sapere che la sua sgradevole spia aveva colpito il prezioso salvatore del mondo magico? Beh, non poteva essere peggiore di tutto ciò che Piton aveva dovuto sopportare fra i Mangiamorte.

Il fuoco si era spento, e Piton si diresse al camino, chiamando con un incantesimo di appello alcuni ciocchi di legno per far riprendere vita alla fiamma. Sospirando, prese la coperta piegata ai piedi del letto e la stese sopra il ragazzo addormentato. Beh, non poteva succedere niente di buono se il ragazzo si ammalava per aver preso freddo o si fosse svegliato scosso dai brividi e avesse deciso di esplorare il castello. No, il signor Potter doveva rimanere a letto stanotte, a costo di legarcelo.

Comunque, Piton resistette all'impulso di piazzare un incantesimo restrittivo al letto: le persone che si trovano sotto effetti di incantesimi di questo tipo tendono a svegliarsi isteriche e in preda al panico. Piton non voleva sentire urla in casa sua, neanche se a urlare era il Dannato Harry Potter. D'altra parte, il ragazzo aveva pianto abbastanza per quella sera - in maniera del tutto esagerata, secondo Piton. La sculacciata non era stata così orribile: Potter aveva sopportato sofferenze fisiche decisamente peggiori senza neanche un lamento. Piton ricordava numerosi incidenti di Quidditch in cui il ragazzo aveva sopportato la sofferenza, il pallore delle sue labbra unico indizio che stava provando dolore. E ora un po' di sculacciate dal professore di Pozioni davano il via a quella serie di pianti e singhiozzi?

Piton sospirò ancora. Il ragazzo stava reprimendo il dolore per la perdita di quell'idiota del suo padrino. Sul serio, Piton non sarebbe più riuscito ad avere un momento di pace, a questo punto.

Negli istanti successivi, Piton incolpò la momentanea perdita delle facoltà mentali, o la sottomissione alla Maledizione Imperius, per essersi teso verso il letto e aver avvolto più strettamente le coperte sulle spalle del ragazzo. Toccò la fronte di Potter, solo per assicurarsi che non avesse la febbre: non si poteva dire se Potter si prendesse cura di se stesso durante l'estate o meno, e lui rifiutava anche solo l'idea di occuparsi di un Potter malato.
Almeno, questa era la scusa che usò per toccare anche le guance del ragazzo. La fronte era fresca, ma le guance erano calde, quasi bollenti sotto le sue dita fredde. Beh, lo avrebbe visitato in modo più approfondito al mattino dopo. Svegliarlo per una visita lo avrebbe reso scontroso e di cattivo umore; e Piton non voleva una ragione per punirlo di nuovo.

Poi, orrore! scostò i capelli di Potter dalla fronte, molto leggermente. Fece scorrere il dito sulla famosa cicatrice, segnandone il contorno irregolare. Potter non si mosse, ma Piton si raddrizzò e fece un balzo indietro. Aveva appena toccato gentilmente quel marmocchio, la dannazione della sua esistenza?

Bene, il ragazzo ne avrebbe pagato le conseguenze l'indomani. Piton si avviò a grandi passi verso l'uscita. L'unico rumore che si sentiva mentre Piton chiudeva la porta era il respiro regolare di Harry.

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Capitolo 2
*** Bagno e colazione ***




Ok, eccoci qui per il secondo capitolo. Mi spiace avervi fatto attendere, a ma i capitoli sono piuttosto lunghi e complessi. Credo che si tratti della mia storia preferita, e ci tengo a farli bene. Mi piace come l'autrice ha reso i personaggi: non sono mai fuori dai canoni. La storia originale è terminata proprio oggi, dopo 29 capitoli; e tutti stanno chiedendo a gran voce un sequel. Spero che ci vorrà accontentare. Intanto, godetevi questa; e spero di arrivare presto con il terzo.
Starliam



"Piccola canaglia" - zio Vernon scosse la testa, raccogliendo il martello abbandonato - "Neanche un attimo di pace quando c'è lui intorno. Sul serio, Petunia..."
"No, Vernon" - lo interruppe sua moglie - "Non cominciare. Non c'è niente che possiamo fare, comunque".
"Pensi che tornerà?" Vernon si voltà a fissare il camino. Petunia spolverò una mensola con uno straccio, raddrizzando le fotografie di Dudley. "Probabilmente non stasera. Immagino che domani sapremo dov'è andato, o ce lo riporteranno indietro".

Vernon imprecò sottovoce, ma Petunia guardò suo figlio: "Ti piace il programma, Didino?"
"Sì, mamma", rispose Dudley, con la bocca piena di orsetti gommosi. "Posso avere altra cioccolata?"

Il campanello suonò prima che lei potesse rispondere. Vernon e Petunia si voltarono lentamente verso il corridoio.

"Non muoverti" - sussurrò lui - "Non parlare. Forse penseranno che non siamo in casa".
"Non essere ridicolo". Petunia gettò lo straccio sul tavolo della cucina, dirigendosi alla porta. "Lo sanno che siamo qui. Non voglio un'altra lettera che urla. Stai con Dudley, e fai in modo che non gli accada niente!"

Vernon aprì quella sua bocca enorme per dire alla moglie di tornare indietro, ma lei era già davanti all'ingresso. Calmandosi con un respiro profondo, aprì la porta preparandosi al peggio.

Con sua grande sorpresa, la persona in attesa sullo scalino non era un mostro o qualcuno di spaventoso. Semplicemente, un uomo alto con lunghi capelli neri e un vestito scuro, uno sguardo impaziente sul volto.

"La signora Dursley?" chiese seccamente.
"Sì," Petunia si teneva alla porta, pronta a chiuderla di scatto se ci fossero stati problemi.
"Sono il Professor Severus Piton, della scuola di suo nipote" "Oh, quindi lei è un..."
"Un mago? Sì, signora, credo che sia il termine esatto. In questo preciso momento, il giovane signor Potter si trova a casa mia, addormentato. E' arrivato inatteso un paio d'ore fa, e mi ha dato l'impressione di non avere in programma di tornare nella vostra umile dimora".

"Noi non lo abbiamo cacciato" - precisò Petunia, sapendo che suo marito stava guardando dal fondo del corridoio - "E' sceso giù come una furia, ha attaccato il camino con un martello ed è sparito fra fiamme verdi". "S', che lo hanno portato a casa mia". Piton la guardò con attenzione. "Ma mi pare di capire che non è dispiaciuta che se ne sia andato".

Petunia si avvicinò di qualche passo, accostando la porta per non far sentire le sue parole all'interno della casa. "Ho saputo cos'è successo: di come è morto il suo padrino. E di come è morto quel ragazzo l'anno scorso. Non mi importa di quello che pensano gli altri; quando ce l'hanno lasciato davanti alla porta, quattordici anni fa, ho capito fin dall'inizio che sarebbero stati guai. Dopo che mia sorella e quell'uomo che ha sposato sono stati uccisi, sapevo che era solo questione di tempo prima che il loro assassino tornasse".

"Saggia considerazione, visto che molti pensavano che non sarebbe mai più tornato", notò Piton, il volto inespressivo.

"Sì" - Petunia incrociò le braccia ossute e strinse le labbra - "Ma abbiamo preso Harry, contro la volontà di Vernon e contro il mio miglior parere. Silente pensa che sia stata crudele, ma ho un altro figlio a cui pensare. Ho un solo marito e un solo figlio di cui mi devo occupare. E considerato che tutti quelli che si entrano in stretto contatto con il ragazzo finiscono per morire..."
Petunia chiuse la bocca e fissò per terra, gli occhi rossi.

"Perfettamente comprensibile" - Piton fece un passo indietro - "Mi dispiace averla disturbata a quest'ora tarda. Era solo per avvertire che il signor Potter non tornerà stasera; e neanche nel prossimo futuro, se posso evitarlo. Ha fatto davvero un buon lavoro, signora Dursley, e apprezzo la sua perseveranza. Silente potrebbe accigliarsi al trattamento che ha riservato al suo favorito, ma ha fatto tutto quello che poteva, date le circostanze. Se potessi prendere i libri di scuola del signor Potter..."

Due minuti e mezzo dopo, Petunia tornò con una borsa piena di libri, e gliela passò.
Piton annuì educatamente: "Buona serata a lei e alla sua famiglia". "Arrivederci," Petunia chiuse piano la porta e si votò verso il corridoio.

"Beh?" - Vernon si affrettò verso di lei - "Che cosa voleva? Cos'è successo al ragazzo?"
"Non tornerà, per adesso". Petunia si diresse bruscamente verso la cucina, voltando la testa dall'altra parte perchè Vernon non potesse vederle gli occhi.
"Non tornerà per un po'. Lo ha preso il suo professore. Almeno, credo che fosse il suo professore. Forse avrei dovuto accertarmene, ma ormai è troppo tardi".

"Che scocciatura" - brontolò Vernon - "Tutti queste cose ridicole, sicuramente i vicini avranno visto. Avremmo dovuto rinchiuderlo nel momento esatto che è entrato qui".

Petunia non rispose, limitandosi a prendere la scatola di cioccolata e a passarla a Dudley.

XXXXXXXXXXXXXXXXXx

Il primo pensiero di Harry quando si svegliò era che non aveva mai dormito così profondamente e non si era mai svegliato così riposato. Per la prima volta in mesi, non aveva avuto incubi che lo avevano svegliato in un bagno di sudore o il sinistro ricordo della realtà a torturare il suo sonno. Il suo unico desiderio era stare sdraiato lì, in un groviglio caldo di coperte e lenzuola, sul soffice cuscino di piume e addormentarsi di nuovo.
Gli sembrò di aver sentito uno scroscio d'acqua in lontananza, ma aggiungeva altra piacevolezza alla beatitudine in cui si trovava.

La porta si spalancò di scatto, e Piton entrò, con le sue solite vesti nere. Davvero, quell'uomo non aveva altri vestiti? Sempre vesti nere, che lo facevano sembrare un grande pipistrello, anche d'estate...

Piton? Harry scattò a sedere sul letto, appena si ricordò tutti gli avvenimenti della sera prima. Si sentì la faccia diventare rossa.

"Buongiorno, signor Potter", Piton si avvicinò al letto.
"er..." Balbettò Harry, tirandosi le coperte sul petto.
"Articolato come al solito". Piton ghignò. "Comunque, ormai dovrei avere realizzato che le tue capacità mentali non arrivano al loro massimo prima dell'una, se ci arrivano".

"Arrivano prima", protestò Harry. "Voglio dire, non arrivano proprio. Cioè, ce le ho sempre, quindi non hanno bisogno di arrivare, perchè sono già qui". Era difficile trovare una buona risposta di mattina presto.

"Resto della mia opinione"

"Uh, signore, cosa ci faccio qui?"

"Oh, questo è piuttosto semplice da spiegare, anche per il tuo piccolo, forse non esistente, cervellino. La notte scorsa sei andato a letto, e dal momento non sei andato in giro a ficcanasare e non sei sonnambulo, ti sei svegliato nello stesso posto dove ti sei addormentato. Affascinante, no?"

Harry digrignò i denti per la frustrazione: "Voglio dire, perchè ho dormito qui e non da altre parti?"

"Appena sei arrivato e hai iniziato a urlare che non saresti tornato indietro, ho realizzato che potevi avere solo due motivi per essere scappato di casa. Più semplicemente, o i tuoi zii ti avevano cacciato, o tu avevi avuto una delle tue crisi isteriche e te n'eri andato. Per quanto fossi propenso a pensare alla seconda ipotesi, entrambe ci lasciavano con i tuoi parenti piuttosto riluttanti a riprenderti con loro. Molto saggio da parte loro, ma inconveniente per me. Poichè cercare qualcuno disposto a prenderti avrebbe probabilmente richiesto tutta la notte, ho optato per il male minore e ho deciso di lasciarti rimanere qui, per quanto fossi sicuro che la tua naturale disposizione non mi avrebbe permesso di godere a lungo della tua compagnia".

C'erano diversi insulti nella spiegazione di Piton, Harry ne era certo. Ma si sentiva ancora assonnato e non voleva stare a ribattere su ogni punto, specialmente non sapendo se c'erano davvero insulti. Era più contento quando Piton lo offendeva chiaramente. Era più facile rispondere.

"Sebbene sia certo che sei abituato a poltrire tutta la mattina, ti assicuro che non ti porterò la colazione a letto. Alzati."

Harry scostò le coperte e scese dal letto. Dopo il letto caldo, il pavimento era freddo sotto i suoi piedi nudi, e si avvolse le braccia al petto per ripararsi.

"Fatti un bagno e vestiti, poi scenderemo per la colazione", Piton gli indicò la porta del bagno, dalla quale era appena entrato.

"Fatti un bagno, vestiti - mormorò Harry entrando a grandi passi nel bagno - "Davvero, non sono un bambino".
La vasca di porcellana era grande abbastanza da contenere quattro persone. Era piena di acqua calda, bolle spumeggiavano sulla superficio come panna montata. Su un lato erano posate una saponetta, una spugna e una spazzola da bagno, nuove e mai usate.

Harry si sfilò il pigiama ed entrò nella vasca. L'acqua calda era una beatitudine per i suoi muscoli ancora doloranti per il lavoro di imbiancatura. Pensava che il posteriore avrebbe ricominciato a bruciare per effetto dell'acqua calda, ma in realtà gli fece sparire ogni traccia residua di prurito.
Harry era quasi dispiaciuto dalla mancanza di dolore nelle sue natiche. Consideravano come bruciavano e dolevano dopo che Piton aveva finito, Harry era sicuro che avrebbe mostrato dei lividi scuri e delle brutte contusioni. E per come aveva pianto e strillato, Harry voleva davvero mostrare qualche segno di un tale abuso, prova che Piton lo aveva picchiato. Beh, non proprio picchiato, dovette ammettere fra sè e sè (per quanto riluttante). Piton era stato fermo, ma non violento, più intenzionato a dargli una lezione piuttosto che a fargli male. Niente che potesse mettere Piton nei guai. Non che Harry avesse intenzione di dirlo a qualcuno, specialmente non a Ron o Hermione. Per una volta Hermione sarebbe rimasta senza parole, e Ron probabilmente sarebbe diventato più rosso dei suoi capelli.

Cercò di immaginarsi se i suoi compagni fossero mai stati sculacciati. Dubitava che i genitori di Hermione l'avrebbero punita in quel modo - probabilmente non aveva mai fatto qualcosa di sbagliato neanche da piccola. Ron - beh, Harry sapeva che i signori Weasley avevano usato punizioni corporali sui gemelli, ma Ron di solito non faceva cose così gravi da meritarsi una punizione di questo tipo. Neville - non avrebbe avuto il coraggio di disobbedire a sua nonna in nessun caso.
Malfoy -

Harry sorrise malignamente. Riusciva a immaginarsi Draco sulle ginocchia di Malfoy, magari anche con i pantaloni calati, che veniva sculacciato a dovere per qualche malefatta che aveva combinato. Ovvio, dopo l'accaduto al Ministero della Magia, Harry odiava Lucius molto più di quanto avesse mai odiato Draco; ma riusciva a mettere la rabbia da parte quel tanto che bastava a immaginare Draco che si prendeva questa mortificante punizione da suo padre. Harry riusciva anche a sentire le sue urla, il marmocchio implorava Lucius di smetterla, mentre il sedere gli si arrossava. Davvero soddisfacente.

"Non ti sento che ti lavi". La voce di Piton attraversò la porta chiusa. "Smettila di giocare e lavati in fretta".

"Costringimi", mormorò Harry, frustrato dall'interruzione del suo piacevole sogno a occhi aperti. Non si era mai rilassato in una vasca, quando si trovava dai Dursley. Doveva limitarsi a una doccia di tre minuti, di solito dopo che Dudley aveva consumato tutta l'acqua calda. L'acqua calda e il bagnoschiuma aiutavano i suoi muscoli tesi a rilassarsi, e avrebbe voluto rimanere così, sdraiato contro la parete calda della vasca, per sempre.

Con un sospiro, si tese verso la saponetta. Ma la saponetta scivolò sul fondo della vasca. Harry cercò di prenderla ancora, ma quella scivolò da sotto le sue dita prima che potesse stringerla. Con un grugnito, si buttò su di lei con entrambe le mani, ma la saponetta scappò di nuovo.
Poi la spugna e la spazzola si alzarono di comune accordo e si tuffarono nella vasca. Harry le guardò sbalordito mentre saltavano fuori dall'acqua, e la saponetta volteggiò in aria fino a incontrarli, per poi strofinarsi contro di loro creando una schiuma piena di bolle. Poi entrambi gli strumenti attaccarono Harry.

La spugna si gettò sulla sua faccia, strofinandolo forte. Cercò di urlare, ma si trovò la bocca piena di schiuma. La spazzola iniziò a strofinargli la schiena; così forte che Harry pensò che non gli sarebbe rimasto un briciolo di pelle, quando avesse finito.

"Basta!" urlò quando la spugna e la spazzola lo lasciarono. Ma dal rubinetto sopra di lui iniziarono a fuoriuscire litri e litri d'acqua calda, quasi affogando Harry con la sua furia. Si agitò nell'acqua, sbuffando e sputacchiando; e cercò di aggrapparsi al bordo della vasca per uscire. Ma venne tirato giù per le gambe, ricadendo nella vasca. Sentì che i suoi piedi si alzavano, e la spazzola iniziò a strofinargli le piante. Harry si agitò protestando, le setole gli solleticavano orribilmente i piedi, poi iniziarono a strofinargli le gambe.

"Piton! Falli smettere!"

Poi venne tirato giù nella vasca a pancia in giù, quasi del tutto sott'acqua. Harry cercò disperatamente di aggrapparsi al bordo della vasca per saltare fuori. La spazzola volò sopra di lui e gli lasciò andare tre forti pacche sul sedere.

"Ow! Brutta..."


Venne spinto nuovamente sott'acqua mentre la spugna e la spazzola rinnovavano i loro assalti. Una volta che il lavaggio fu terminato, un altro getto d'acqua uscì con forza dal rubinetto, scacquando via il sapone. Tutta l'acqua venne risucchiata da scarichi invisibili, lasciando un Harry tossicchiante nella vasca vuota.

"Piton (coff) fammi uscire (coff) di qui!"

Una forza invisibile lo tirò fuori dalla vasca, e lo lasciò in piedi sul tappetino del bagno, tremante per l'aria fredda.
Si strofinò gli occhi e alzò lo sguardo, per vedere tre ombre scure che fluttuavano verso di lui. Per diversi spaventosi secondi, Harry pensò che fossero Dissennatori. Non aveva gli occhiali e non poteva vedere bene, ma alzò entrambe le mani per tenerli lontani. Appena furono più vicini, si accorse che erano tre asciugamani marroni.

Ebbe appena il tempo di tirare un sospiro di sollievo che gli asciugamani lo avvolsero, asciugandolo con forza. Uno dei tre gli si avvolse alla testa e iniziò a strofinargliela con tanta forza che Harry pensò gli stesse strappando i capelli a ciocche. Sbattè via l'asciugamano, ma un altro ancora gli si attorcigliò alle braccia, in modo che il primo asciugamano potesse continuare a occuparsi dei suoi capelli senza interferenze.

Una sedia apparve dal nulla, e l'asciugamano che avvolgeva Harry lo condusse a sedere. Un paio di forbici di metallo fluttuarono fuori da un cassetto; e Harry rimase immobile, vedendo le forbici che si aprivano minacciose.

"Piton", sussurrò, sperando che il professore avesse pietà di lui e fermasse le forbici prima che gli tagliassero via le orecchie. "No".
Le forbici iniziarono a tagliargli i capelli, facendo cadere quelli spuntati sull'asciugamano. Le forbici continuarono a tagliare facendo il giro intorno alla testa, finchè non ebbero tagliato via tutti i capelli che gli scendevano sul collo e negli occhi. Di tutti i tagli di capelli che Harry aveva avuto, quello era il più spaventoso, e sperò che finisse il più presto possibile, lasciandogli un taglio vagamente presentabile.

Poi l'asciugamano volò via, e le forbici tornarono nel cassetto. Harry si tolse i rimasugli di capelli che gli erano caduti sul naso e glielo facevano pizzicare, e alzò di nuovo gli occhi. E vide una bottiglia di lozione e un contenitore di talco in polvere che saltarono dallo scaffale.

"No, maledizione!" Urlò, vedendo che si avvicinavano. Afferrò i pantaloni del pigiama e li usò per colpire i cosmetici. "Non sono una ragazza! Non uso lozioni o talco. Andate via!"

Ebbe appena il tempo di chiudere gli occhi, prima che uno spruzzo di lozione lo inondasse. Un altro asciugamano lo avvolse, spalmando per bene la lozione e eliminando quella in eccesso.

"No, stupido.. no, basta!" Una manciata di talco in polvere gli cadde addosso: odorava di talco per bambini.

"Aghhh!" Urlò, e cercò di prendere il contenitore del talco per romperlo. Il contenitore evitò la sua presa, ma Harry saltò verso di lui, deciso a spaccarlo. Ma scivolò sul pavimento; e sarebbe caduto sul duro marmo, ma una sciugamano lo afferrò prima che cadesse a terra. Come un'amaca, l'asciugamano lo tirò su; poi iniziò a toglierle la polvere in eccesso, lasciandogli la pelle morbida e delicata.

Quando lo spazzolino da denti fluttuò attraverso la stanza, Harry non cercò neanche di combattere. Aprì la bocca e rimase immobile mentre lo spazzolino gli lavava i denti. Fortunatamente, gli fu permesso sciacquarsi la bocca prima di vestirsi.
Un paio di boxer scuri e di pantaloni neri si allargarono per permettergli di entrarvi, e alzò le braccia quando vide una maglia blu che penzolava sopra la sua testa. Si sedette sulla sedia per farsi infilare calzini e scarpe, e per finire gli occhiali fluttuarono verso di lui per posarse gentilmente suo suo naso, rendendo chiara la visione del bagno.

Si alzò per guardarsi allo specchio, chiedendosi come stava con i nuovi vestiti e il nuovo taglio di capelli. Ma prima che potesse muovere un passo la porta del bagno si aprì, e il bagno lo risputò in camera. La porta si chiuse di scatto dietro di sè, e Harry la colpì con rabbia. "Ehi, fammi entrare. Non avevo finito, non puoi sbattermi fuori in questo modo!"

"Signor Potter", disse una voce di seta dietro di lui. "Per favore, non colpire la porta in questo modo barbarico. Sarebbe la seconda crisi isterica in tredici ore".

"Che cos'era?" Chiese Harry, puntando un indice accusatore alla porta chiusa del bagno. "Mi ha... mi ha attaccato!"
"Un semplice incantesimo di lavaggio mattutino" - disse Piton soave - "Molto usato dalle mamme impegnate con tanti bambini".
"Stavo iniziando a lavarmi" - sbottò Harry - "Ero lì da appena cinque minuti, prima che tutto mi saltasse addosso. La spazzola mi ha colpito una, due, tre volte!"
"Che strano", osservò Piton.
"E gli asciugamani mi sono volati addosso, e mi hanno legato mentre le forbici tagliavano. E non uso lozioni o sciocchezze come il talco". "Devo averlo lasciato lì per sbaglio", rispose Piton, per nulla convincente. "Mi spiace che il bagno non fosse all'altezza dei tuoi prestigiosi standard. Eppure pensavo che ti sarebbe piaciuto: del resto, ti permette di stare lì e non fare niente, piuttosto adatto per l'eroe del mondo magico".

Harry arrossì, e strinse le mani a pugno, fissando con ostilità Piton, troppo arrabbiato per parlare. Si sentiva meglio dopo il bagno, e i vestiti nuovi erano comodi; non formali e rifidi come l'uniforme scolastica, e non larghi e sformati come quelli smessi di Dudley. Ed era meglio avere i capelli più corti: non gli cadevano davanti agli occhi e non gli pizzicavano il collo.

"Almeno adesso hai un aspetto più appropriato per Snapdragon Manor e non sembri un ragazzaccio di strada. Siediti per un attimo: la colazione è quasi pronta". Piton gli indicò il letto rifatto.

Harry si sedette sul letto, guardando Piton con circospezione. Non si poteva dire cosa avrebbe fatto adesso: poteva usare uno degli oggetti a portata di mano come arma contro Harry, mentre lui stava là, seduto e indifeso.

Piton frugò in una borsa di cuoio nera che aveva appoggiato sul comodino e ne estrasse un lungo oggetto di verto con due sporgenze alle estremità.
"Apri", ordinò Piton.

Harry fissò la cosa. A parte per le sporgenze, sembrava un normale termometro, ma con Piton non si poteva mai sapere.
"Apri la bocca". La voce di Piton si fece dura quando Harry non obbedì. "Credimi, Potter, ci sono molti altri metodi per misurarti la temperatura. Devo farteli vedere?"

Immediatamente, Harry aprì la bocca e accettò il termometro senza esitazioni. Aveva paura che potesse bruciargli la lingua o incollarsi al palato, ma sembrava solo freddo e solido come un normale termometro. Piron frugò di nuovo nella borsa e prese un piccolo orologio d'oro.
"Coss'è?" Chiese Harry con il termometro in bocca.
"Zitto", rispose Piton prendendo la mano destra di Harry e voltandola con il palmo in aria. Piton piazzò due dita sul polso di Harry e guardò attentamente l'orologio. Ovviamente, Piton sapeva come controllare le pulsazioni.
Senza una parola, Piton ripose l'orologio nella borsa e iniziò a toccare il collo e la gola di Harry, alla ricerca di gonfiori. Le mani di Piton erano fredde, e Harry, non abituato ad essere toccato, non si era mai accorto di quanto il suo collo fosse sensibile. Le spalle si inarcarono, mentre cercava di trattenere il risolino.
Le labbra di Piton si curvarono appena. "Potter, stai fermo".

Harry ci provò, ma fu molto contento quando Piton tolse le mani. In un modo clicino e distaccato che avrebbe reso orgogliosa Madama Chips, Piton gli controllò gli occhi e gli toccò gli zigomi. Harry si sentiva a disagio con Piton così vicino e preoccupato. Preferiva che rimanesse a qualche passo di distanza, freddo e critico. Soddisfatto per il risultato della sua visita, Piton gli tolse il termometro e lo guardò.
"Mmm, 37.4. Appena un po' alta."
"Il bagno era caldo"- obiettò Harry - "E ho sempre la temperatura più alta appena mi alzo". Piton aprì di nuovo la borsa di cuoio e prese una piccola fiala. "Bevi questa".
Harry pensò a come rifiutare; ma subito gli balzò alla mente l'immagine della sua bocca aperta a forza e Piton che gli versava in gola la pozione insieme a qualcosa di cattivo e doloroso...

Harry inghiottì la pozione. Aveva un gusto orribile, specialmente dopo il dentifricio alla menta. "Ugh". Restituì a Piton la fiala vuota. "Yuck".
"Immagino che per adesso possa andare". Piton alzò le spalle. "Naturalmente, se la febbre cresce, possiamo sempre provare con un bagno ghiacciato. Immagino che ti piacerebbe passare il pomeriggio immerso nel ghiaccio, con un'altra pozione che ti impedisca di congelare".

Harry lo guardò a bocca aperta, ma Piton si voltò e uscì dalla stanza. Harry si alzò dal letto e lo seguì al piano di sotto. La sala da pranzo era larga e spaziosa, con almeno dodici sedie intorno al lungo tavolo. Comunque, solo due posti erano apparecchiati: quello a capotavola e quello alla sua destra. Piton si sedette a capotavola e fece cenno ad Harry di accomodarsi accanto a lui. Harry si sedette lentamente, chiedendosi perchè Piton non lo aveva mandato a fare colazione in cucina.
Due elfi domestici, con addosso strofinacci puliti, arrivarono portando il cibo. Harry si aspettava di vedere molte portate, come ad Hogwarts. Ma un elfo dispose un piatto pieno di muffin, uova, salsicce, aringhe affumicate, burro e marmellata davanti a Piton, con una teiera colma. L'altro elfo piazzò davanti a Harry una scodella di porridge con una banana tagliata a fette e appena un po' di crema, un piattino di toast con un volo di marmellata e un grande bicchiere di latte.

Piton iniziò a tagliare la salsiccia e a spalmare il burro su un muffin. Harry guardò la sua scodella di porridge, densa e grumosa, cercando di non mettere il broncio. Non aveva mai avuto problemi con il cibo ad Hogwarts (era sempre buono e saporito), e dai Dursley si accontentava di quello che gli davano; ma qui, seduto accanto a Piton, con una colazione fatta su misura per un infante... anche se Harry non avrebbe trovato nulla da ridire se Piton avesse avuto la sua stessa colazione.

"Per favore, signor Potter, inizia a mangiare" - gli ordinò Piton, tagliando le uova - "Devi essere affamato, e la colazione si raffredda".
Harry prese il cucchiaio e prese un po' di porridge. Era sorprendentemente buono: caldo e dolce, con un pizzico di zenzero. La banana era fresca come la crema, e si trovò a gustare ogni boccone. Neanche i toast erano male: non troppo secchi, e la marmellata era dolce. Con il latte freddo, non avrebbe potuto desiderare una colazione più buona.

"Mi fa piacere vedere che ti godi la colazione senza lamentarti". Osservò Piton. "Mi aspettavo che il nostro celebre eroe chiedesse una colazione adatta a un re. Ero convincto che niente di ciò che si può trovare nella mia mirevole cucina potesse incontrare i tuoi gusti impeccabili".

"Non sono così schizzinoso". Harry si raddrizzò sulla sedia, lasciando l'ultimo sorso di latte nel bicchiere per irritare Piton. "Il cibo è cibo.. lo mangi".
"Un'altra brillante osservazione fatta dal famoso Harry Potter", sbottò Piton.
"Ha capito cosa volevo dire", insistè Harry. In qualche modo, non si sentiva irritato come al solito per i commenti di Piton. "Non sono molto schizzinoso, perchè tutto il cibo diventa uguale dopo un po'".
"Proprio come un bambino", Piton scosse la testa versandosi ancora un po' di thè. "Proprio la ragione per cui dico a Silente di non sprecare tempo e soldi per il cibo degli studenti: sarebbero contenti con qualunque cosa".

Harry non sapeva se Piton lo intendeva come un complimento o come un insulto. Quell'uomo diceva tutto nello stesso tono, rendendo impossibile capire i suoi veri sentimenti. Fino ad allora, Harry aveva sempre presupposto che Piton fosse di cattivo umore. Ma si poteva essere di cattivo umore tutto il tempo, ogni secondo di ogni giorno, senza morire di depressione?

"Adesso, signor Potter" - Piton mise da parte la tazza - "Credo che sia giusto dirti che la scorsa notte sono andato a parlare con tua zia". Harry guardò il tavolo. Non era sicuro se dovesse essere preoccupato o spaventato o sollevato. Conoscendo Piton, probabilemnte tutte e tre le cose.

"Era contenta di sapere che sei al sicuro, ma sembrava pensare che se tu fossi tornato, saresti scappato di nuovo". A questo punto, Piton fissò Harry con severità, e Harry si agitò leggermente sulla sedia. "Anche se sono sicuro che in realtà non succederebbe, le ho detto che rimarrai altrove fino all'inizio della scuola".
"Dove?" chiese Harry.
"Immagino che Azkaban sarebbe lieta di ospitarti, se è solo un disturbo di qualche settimana", Piton alzò le spalle mentre si alzava in piedi.
Harry impallidì per un momento, pensando ai Dissennatori che sciamavano davanti alla cella, succhiandogli via la vita a poco a poco, mentre lui si rannicchiava nell'oscurità.

"Oh, per favore, Potter" - sbottò il professore - "Se si presuppone che tu debba sconfiggere il Signore Oscuro, devi smetterla di essere così nervoso e vulnerabile. Tira fuori quel coraggio Grifondoro di cui vai tanto fiero".
Harry si accigliò a queste parole. Odiava quando Piton parlava degli ideali di Grfondoro con quel ghigno. Poteva prendere in giro Harry per tutto il giorno, ma parlare così dei suoi amici era troppo.

"Su, Potter", Piton schioccò le dita.

Harry si alzò dalla sedia con riluttanza; si sentiva più sicuro con un bel tavolo largo fra sè stesso e il rigido professore di Pozioni. "Fino all'ora di pranzo, voglio che tu stia in biblioteca". Condusse Harry lungo il corridoio con i dipinti che continuavano a sussurrare "E che tu stia tranquillo".

Piton aprì una porta e Harry si trovò in biblioteca. Era molto grande: due piani, con una scala a chiocciola che portava agli scaffali più alti; i quali arrivavano al soffitto a cupola. Era quasi più grande della biblioteca di Hogwarts. Hermione avrebbe sbavato già sulla soglia.

"Puoi leggere tutti i libri che si aprono" - Piton indicò gli scaffali - "E quelli che non si aprono sono proibiti. Non cercare di aprire con la forza un libro che non si apre subito. Il risultato potrebbe non piacerti. Ma non preoccuparti: la maggior parte dei libri che non ti è concesso leggere sono sugli scaffali in alto, al di fuori della tua portata. I tuoi libri di scuola sono sul tavolo, con altri libri adatti a te. Ti suggerisco di iniziare con i compiti".

"Ma ci sono altri due mesi prima che inizi la scuola" - obiettò Harry - "Non voglio studiare - voglio sapere cosa ne sarà di me".
"Lo saprai quando sarà il momento", rispose Piton. "Per adesso voglio che tu stia qui a studiare o a leggere o a fare quello che ti pare purchè tu lo faccia in silenzio".

Harry sentì la vecchia rabbia salire. Era come l'estate scorsa, quando si trovava chiuso dai Dursley, tagliato fuori dal mondo magico. Adesso, era nella casa di un mago, ma si sentiva più isolato che mai. Piton non gli avrebbe lasciato nessun quotidiano da leggere, ed era probabile che si mettesse a leggere qualunque lettera Edvige o altri gufi gli potessero portare. Harry avrebbe anche potuto stare rinchiuso ad Azkaban fino all'inizio dell'anno scolastico.

"No, me lo dice adesso", insistè Harry, incrociando le braccia in segno di sfida. "Oppure rimango qua in piedi tutto il giorno. Ho il diritto di sapere cosa mi accadrà".
Senza parlare, Piton gli si avvicinò e strinse l'orecchio di Harry fra due dita.
"Ow!" Harry cercò di liberarsi, ma la stretta di Piton era forte, come se le sue dita stessero diventando una parte permanente dell'orecchio di Harry. Il professore spinse Harry in biblioteca e lo fece sedere al tavolo.
Harry si strofinò l'orecchio, lanciando un'occhiataccia a Piton. "Adesso, signor Potter, ci siamo capiti, oppure hai bisogno dello stesso metodo di persuasione che ho utilizzato la notte scorsa?"

"No, signore", rispose Harry rigido. "Rimarrò qui".

Piton si diresse in corridoio, ma si voltò sull'uscio: "Dico sul serio, Potter, comportati bene. Oppure ti farò un incantesimo che ti leghi tutto il corpo e ti appenderò al soffitto a testa in giù".
Poi uscì e chiuse la porta con un sonoro click.

Harry aspettò con ansia il suono della serratura che scattava. Odiava l'idea di essere chiuso a chiave, anche in una biblioteca così spaziosa. Dopo un paio di minuti, andò alla porta e girò la maniglia. Non era chiusa a chiave.

Harry tornò al tavolo e si sedette. Che doveva fare adesso? Se fosse stato rinchiuso lì si sarebbe sentito giustificato a urlare e a lanciare oggetti. Ma non era rinchiuso, e aveva la sensazione che Piton non sarebbe stato contento di vederlo maltrattare i suoi libri.

Arrossendo, Harry si ricordò di quando aveva distrutto l'ufficio di Silente, dopo la morte di Sirius. Aveva distrutto oggetti (oggetti costosi) e urlato come uno psicopatico. Che avrebbe fatto Piton se fosse stato presente, ad assistere a un simile comportamento? Harry aveva l'idea che Piton non se ne sarebbe rimasto lì calmo, mentre lui dava fuori di matto. Una cosa era certa: non avrebbe testato la sua teoria facendosi venire una crisi.

Harry prese il primo libro sulla pila appoggiata al tavolo. I racconti sui tesori: cinque storie di possessioni senza prezzo basate sio miti magici. Tirò su la copertina con un dito. Il libro si aprì subito, e si trovò a leggere la prima pagina: una storia fantastica su una strega di nome Emeralda, innamorata di un mago che era partito per un lungo viaggio alla ricerca di una collana che lo avrebbe reso invincibile. All'inizio Harry pensò che si trattasse della versione magica de Il Signore degli Anelli, ma continuando nella lettura, la storia divenne completamente differente, quando il mago si trovò ad attraversare la Grotta dell'Oscurità per trovare la collana.

Harry si dimenticò di Piton, si dimenticò dello studio, si dimenticò perfino di trovarsi in biblioteca. Tutto quello che gli interessava era Timord (così si chiamava il mago) e la sua collana. Cinquanta pagine, poi cento, Harry continuò a leggere finchè Timordo, dopo due anni, trovò finalmente la collana.

Adagiata là nella scatola, semplice e pura come la prima luce del mattino, c'era la collana; fatta dell'oro più lucente con un piccolo cristallo al centro. Timord la prese e se la mise al collo. Iniziò a ruotare il cristallo, sempre più veloce. Ripensò al suo amore per la bellissima Emeralda.
E poi i muri della grotta scomparvero, e lui si trovò nel letto della sua amata. lei lo guardò con un sorriso.

"Perchè, caro" - chiese lei - "Perchè sei tornato così presto?" "Così presto?" - rise lui - "Sono stato via per due anni!" "No". Lei scosse il capo, facendo danzare i suoi capelli alla luce della luna. "Sei andato via stamattina. Ti ho appena augurato buona fortuna".
Timord guardò la collana al suo collo e toccò con dolcezza il cristallo.


La storia continuava raccontando di come Timord sposò la sua strega e di come furono felici per sempre; ma quello che catturò l'attenzione di Harry fu la nota in fondo alla pagina.

Anche se questa storia è considerata un mito, la Collana di Timord è una vera giratempo che risale all'epoca di Merlino. E' stata vista per l'ultima volta nel 1589 durante il processo a una strega, che scomparve mentre veniva portata alla forca. La Collana di Timord è considerata in grado non solo di far tornare il proprietario indietro nel tempo, ma anche nel posto preciso in cui desidera essere. In più rende chi la indossa invulnerabile, rendendola uno degli oggetti oscuri più ricercati.
La prossima storia riguarda un'isola misteriosa, in cui sette marinai naufraghi si imbattono in un tesoro al di là dei loro sogni più selvaggi...


Harry depose lentamente il libro. Gli era piaciuta la storia - un po' leggera per i suoi gusti, scritta appositamente per ragazze e ragazzini - ma la Collana aveva attirato tutta la sua attenzione. Esisteva un oggetto simile? Era stata vista l'ultima volta quattrocento anni prima, ma per i maghi non era un tempo così lungo. Se l'avesse trovata, avrebbe potuto non solo tornare indietro nel tempo per salvare Cedric e Sirius, ma addirittura nel posto esatto in cui si doveva trovare.

Harry prese un pezzo di carta e una penna. Con furia, scrisse Collana di Timord e sotto, scomparsa nel 1589 al processo di una strega. Avrebbe cercato in tutta la libreria ulteriori informazioni, e le avrebbe annotate lì.

E quanto a Piton... Beh, prima o poi lo avrebbe fatto uscire dalla tenuta, e quando lo avesse fatto, Harry sarebbe stato pronto per la sua ricerca. Ma non avrebbe detto una parola a Piton di questo progetto: l'ultima cosa di cui aveva bisogno era che il professore di Pozioni fosse a conoscenza del fatto che il salvatore del mondo magico si preparava a un altro eroico viaggio.

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Capitolo 3
*** Un po' più caldo ***




Eccoci qua!! Mi sono fatta un po' attendere, chiedo umilmente perdono. Colgo l'occasione per informarvi che l'autrice ha iniziato anche il sequel, intitolato "A time and place to learn"; del quale è già pubblicato il primo capitolo. Non dico niente per non rovinare la sorpresa a chi non ha ancora letto questa, ma per quelli che nelle recensioni hanno detto di averla letta anche in inglese... Forse saranno felici di saperlo!
A presto!
Starliam




Harry si sporse dalla scala più che potè. Il libro dalla copertina di cuoio rosso era vicinissimo alle sue dita. Cercò di spingere la scala, ma era già al limite. Harry si sporse un po' di più.

Il libro rosso era sull'orlo dello scaffale più alto; il pavimento sembrava chilometri più in basso, ma dopo anni passati a giocare a Quidditch su una scopa, aveva sviluppato un buon occhio per le altezze.
Dov'era la sua scopa, ora che gli serviva? Piton l'aveva lasciata dai Dursley? E il suo mantello e la sua bacchetta? Piton doveva averli nascosti.

Piton il cleptomane. Harry ridacchiò. Poteva immaginarsi Piton seduto in circolo durante qualche gruppo di discussione: "Salve, sono Severus Piton, e rubo le cose dei miei studenti per nasconderle al solo scopo di irritarli".

Ridacchiando all'idea di Piton costretto a mettere in mostra i suoi sentimenti, Harry tese il braccio al massimo. Aveva girato tutta la libreria, in cerca di libri sulle giratempo. La maggior parte di quelli che aveva trovato si erano aperti subito. Tre non si erano aperti, ma le loro compertine avevano un aspetto oscuro e pericoloso, e uno aveva cercato di mordergli la mano.

Tenendosi all'ultimo piolo della scala, Harry si sporse ancora, e sentì il piede scivolare. Cercò di aggrapparsi alla scala, ma stava già cadendo all'indietro...

Una forza invicibile lo prese a mezz'aria e lo spinse in piedi sulla balconata. Appena sentì il pavimento solido sotto i piedi, si girò a guardare in basso.

"Questa è una biblioteca, signor Potter" - disse Piton, le braccia incrociata e la bacchetta in una mano - "Non un campo di Quidditch. E non puoi volare qua dentro senza una scopa".

"Stavo cercando un libro", rispose Harry, cercando di non accigliarsi. "Che cosa ti ho detto riguardo ai libri sugli scaffali più alti?" La voce di Piton si era fatta severa.

"Ha detto che la maggior parte dei libri che non dovevo leggere erano sugli scaffali più alti" - replicò Harry - "Non ha detto che tutti i libri che non dovevo leggere si trovavano sugli scaffali più alti. Del resto, non ho cercato di aprire a forza nessun libro che non si aprisse di suo".

Il suo tono di voce non era dei più rispettosi, ma Piton gli lanciò solo un'occhiata e gli fece cenno di scendere. "Il pranzo è pronto, quindi vieni". Si bloccò quando vide il mucchio di libri sul tavolo. "Signor Potter, che cos'è tutto questo?"

"Stavo facendo una ricerca" - Harry scese con calma la cala a chiocciola, sperando che Piton non si acorgesse che stava mentendo - "Un compito di trasfigurazione, per scuola".

"Ovviamente" - rispose Piton - "Mi aspetto che tu rimetta tutto a posto alla fine della giornata. Gli elfi non sono qui per sistemare il tuo disordine. E se osi sgualcire una sola pagina..."

"Che cosa farà?" Lo sfidò Harry, sentendosi stupidamente audace. "Mi torturerà con braci ardenti?"
"Oh, Potter, non userei mai qualcosa di così banale e ordinario; non quando ho un intero sotterraneo pieno di strumenti che ti farebbero strillare per settimane". Piton uscì rapidamente dalla biblioteca. Harry sbattè le palpebre, non sapendo se il professore stava scherzando o no. Accidenti a quell'espressione indecifrabile.

"Muoviti, Potter!" Gli ordinò Piton voltandosi verso di lui mentre attraversava il corridoio, e Harry si affrettò a raggiungerlo.

Non aveva trovato altre informazioni interessanti riguardo alla Collana di Timord o su altre poternti Giratempo. La maggior parte dei libri facevano riferimento alle Giratempo in generale, ma non dicevano niente di quelle che non appartenevano al Ministero. Harry era sicuro che quel libro rosso, "Tornare indietro nel passato: la storia dei viaggi nel tempo", avesse qualche informazione che lo avrebbe aiutato. Avrebbe cercato di prenderlo più tardi.

Si sedettero agli stessi posti che avevano occupato a colazione. I due elfi arrivarono portando due piatti diversi, come quella mattina. Piton aveva un'abbondante insalata con ogni sorta di leccornia: pollo, bacon, formaggio, salsa, verdure tagliate; il tutto insieme a cracker e zuppa do pomodoro. Harry guardò il suo piatto. Aveva una grossa scodella di zuppa bianca e un panino. Assaggiò la zuppa: patate con appena un po' di sale, ma piuttosto insipida. E non c'era burro sul panino.

"Che cos'è questo?" Chiese Harry. Piton si girò lentamente a guardarlo. "Chiedo scusa, Potter, ti stai lamentando del tuo pranzo?"
"Perchè non possiamo avere la stessa cosa?" Harry indicò i piatti.
"Non avevi detto questa mattina, che il cibo è sempre cibo, dopo un po' tutto diventa uguale?" Piton prese un boccone di insalata.
"Si, ma..."
"Allora non voglio sentire nessuna lamentela". Piton ricominciò a mangiare come se Harry non avesse parlato.
Harry mescolò sospettosamente la zuppa con il cucchiaio. "Cosa ha messo nella zuppa?"

Piton sbuffò, ma si voltò verso l'elfa che aspettava ansiosamente accanto al tavolo. "Minnonty, per favore, porta via la mia zuppa di pomodoro e portami la stessa zuppa di patate che ha il signor Potter". "Si, signore!" Gracchiò l'elfa, mentre prendeva la scodella di Piton per poi scomparire. Un momento dopo, riapparse con un'altra scodella piena di zuppa bianca, che sistemò davanti a Piton, accanto all'insalata .

"Soddisfatto?" Chiese a Harry.
"No, intendevo..." Harry si interruppe. C'era qualcosa che non andava. Iniziò a mangiare la zuppa, guardando Piton con attenzione. Ma il professore non lasciava trapelare alcuna emozione sul suo volto, mentre mangiava.

Dopo poco che mangiava la zuppa, Harry si sentì pieno. Avrebbe dovuto essere affamato, specialmente dopo una colazione così semplice; ma riusciva solo a mescolare la zuppa con il cucchiaio, lentamente, avanti e indietro. Sentiva gli occhi di Piton su di sè, ma non gli disse nulla.

L'orologio segnò l'una quando lasciarono la sala da pranzo. Harry era in attesa, sperando che Piton volesse dargli qualche spiegazione.

"Seguimi, Potter". Piton si avviò di sopra.

Harry lo seguì, lanciando occhiate ai ritratti che lo fissavano. Un avecchia donna scosse il capo quando Harry le passò davanti. "Non mi piace il suo aspetto, Severus" - disse al professore - "Puoi ripulirlo quanto ti pare, ma porterà sempre guai".
"Per favore, dimmi qualcosa che non so", sbottò Piton al ritratto. Harry fissò il dipinto, poi le mostrò la lingua. La vecchia donna parve scioccata, e agitò un dito ammonitore verso di lui.

Piton condusse Harry nella camera in cui aveva passato la notte.
"Siediti sul letto, Potter". Piton prese la borsa nera.
Harry alzò gli occhi al cielo. "Non sono malato, sto bene". "Adesso, Potter!" Ordinò Piton, il volto severo.

Un Harry imbronciato si sedette sul letto. "Sto benissimo. A scuola, lei non si interessa mai di sapere se sto bene o no. E Madama Chips si preoccupa troppo. Va bene, ogni tanto finisco in infermeria... A tutti capita, prima o poi. Silente dice che Hogwarts può essere pericolosa..."

Piton gli infilò il termometro in bocca, interrompendo le sue proteste. Poi il professore estrasse l'orologio da tasca e iniziò a prendergli le pulsazioni. Harry alzò di nuovo gli occhi. Non era necessario. Piton faceva tutto questo apposta per farlo sentire a disagio. Faceva deliberatamente queste cose per farlo arrabbiare e innervosire.

"Vede?" Disse Harry quando Piton riprese il termometro. "Sto bene". "38". Piton rimise il termometro nella valigetta.

"Oh. Beh, a pranzo ho mangiato la zuppa. Mi rende la bocca più calda di quello che è di solito. Madama Chips ci misura la temperatura sempre prima di mangiare, non dopo. Fra un'ora o due, mi sarà passato".

Piton sembrò esitare un attimo, poi si tese verso Harry e gli pose una mano sulla fronte. Harry riuscì a trattenersi dall'indietreggiare. Non voleva che Piton lo toccasse, non dopo quello che aveva fatto a Sirius.
"Sei caldo", commentò Piton.
Harry si tirò indietro. "E' perchè le sue mani sono fredde per il fatto che sta seduto nei sotterranei così a lungo", sbottò.

Si aspettava che Piton lo brontolasse per ciò che aveva detto, ma sul volto del professore passò uno sguardo strano. Per un momento, Harry pensò di vedere negli occhi dell'uomo qualcosa simile alla preoccupazione. Ma l'espressione svanì in fretta, e Piton disse: "La smetti di chiacchierare, Potter? Saresti capace di far impazzire qualcuno. Piantala, e bevi questo". Gli passò una fiala, più grande di quella che gli aveva dato al mattino.

"Ma non sto male", obiettò Harry, rabbrividendo all'idea della pozione. "Non mi fa neanche male la cicatrice. E quella roba che mi ha dato stamattina non mi ha fatto alcun effetto".

"Potter!" Lo avvertì Piton.

Con un grugnito, Harry inghiottì l'orribile pozione, rabbrividendo al gusto terrificante. Aveva voglia di sciacquarsi la bocca per liberarsi da quel saporaccio.

"Adesso, stenditi e riposati un po'", disse Piton, riprendendo la fiala vuota.
Era il colpo finale. "Starà scherzando" - Harry lo guardò male - "Non sono un bambino piccolo. Può darmi cibo insipido, e tenermi chiuso in biblioteca, e usare incantesimi di pulizia mattutina; ma non mi costringerà a fare un sonnellino!"

Harry fece per scendere dal letto, ma Piton lo colpì con una fattura incatenante. Harry sentì i suoi arti diventare rigidi, e i muscoli smettere di rispondere. cadde all'indietro sul letto, e si trovò a fissare il soffitto. Poteva sbattere le palpebre e muovere gli occhi, ma non riusciva a muovere nessun altro muscolo.

"Finalmente, un po' di pace". Piton rimise la bacchetta in tasca e si avvicinò al letto. "Proprio come tuo padre, sempre a fare domande e a comportarsi come se fossi il padrone del mondo e di tutto ciò che vi abita".
Harry potè solo lanciargli un'occhiataccia quando Piton comparve nel suo campo visivo. Disperato, cercò di ricordarsi se c'erano contro-fatture che annullassero quelle incatenanti. Non gli veniva in mente nulla, e non aveva la bacchetta, non era mai stato molto bravo con gli incantesimi non verbali; ma avrebbe dovuto diventarlo perchè non poteva muovere la bocca e...

"Calmati", Piton interruppe il flusso dei pensieri di Harry.
"Probabilmente sei l'unica persona capace di farsi venire un attacco di panico mentre si trova sotto l'effetto di una fattura incatenante".

Harry vide la mano di Piton che si tendeva verso di lui, poi sentì le sue mani sulle spalle, che lo giravano lentamente su un fianco. Piton sistemò un cuscino sotto la testa di Harry; poi sollevò i suoi piedi sul letto e iniziò a slegargli le scarpe.
Harry si concentrò sul respiro. Non aveva controllo neanche su quello, il suo corpo continuava a prendere aria e a espellerla in automatico. Ma doveva concentrarsi su qualcos'altro che non fosse Piton, così vicino e pericoloso. Harry sentì che le scarpe gli venivano sfilate, e una morbida coperta gli venne stesa addosso fino alla vita.
Piton piegò le braccia di Harry e gliele sistemò sotto il mento, nella posizione in cui aveva visto dormire il ragazzo la sera prima. Harry cercò di parlare con gli occhi, di urlare in silenzio a Piton di lasciarlo andare, o se ne sarebbe pentito più tardi. Ma il rpofessore si limitò a tirare su la coperta fino alle spalle e a fare un passo indietro.

"Ti avverto, Potter, non accetterò le tue provocazioni, non in casa mia. Sono perfattamente in grado di avere a che fare con marmocchi viziati; quindi farai meglio a comportarti bene o non troverai piacevole la tua permanenza qui. Adesso, cerca di dormire un po', e questo pomeriggio ti lascerò fare una passeggiata nei giardini prima di cena. Puoi rimanere a fissare il soffitto se ti va di tenere il broncio, oppure puoi rilassarti e farti un piacevole sonnellino. In ogni modo, rimarrai steso qui per le prossime ore". Piton prese la bacchetta e la scosse leggermente verso la finestra. Le tende si chiusero, tagliando fuori la luce e lasciando la stanza al buio, eccezion fatta per la luce proveniente dal corridoio.

Con il solito svolazzare di veste, Piton uscì dalla camera, e Harry sentì la porta chiudersi piano. Se avesse sbattuto la porta così forte da far tremare le pareti, Harry si sarebbe sentito meglio. Ma il fatto di averla chiusa dolcemente rese Harry ancora più furioso; e tutto quello che voleva era prendere la valigetta nera e sbatterla sulla testa di Piton. E poi prendere il termometro e ficcarglielo giù per la gola, a quel brutto dannato pipistrello!

Harry sentì gli occhi riempirsi le lacrime, e sbattè le palpebre furiosamente. Non voleva che Piton tornasse e vedesse il Bambino Sopravvissuto che piangeva. I commenti che Piton avrebbe fatto, sospirando all'idea che il mondo magico avrebbe dovuto essere salvato da un bebè piagnucolone - Harry non sarebbe stato in grado di controllarsi. Odiava Piton con ogni singola piccola emozione che aveva dentro di sè, lo odiava per come lo chiamava e perchè era una persona cattiva e malvagia, che si divertiva a veder soffrire gli altri.

Una vocetta dentro di sè gli stava dicendo che non era del tutto vero. Piton non lo aveva preso in giro la notte precedente, quando piangeva dopo essere stato punito. E a Piton non piaceva sempre veder la gente soffrire, o non lo avrebbe fermato mentre stava cadendo in biblioteca. E lo aveva lasciato stare lì, invece di rimandarlo dai Dursley.

Sì, Harry avrebbe messo il broncio, se avesse potuto muovere la bocca. Stare lì era davvero divertente: era bello essere comandato e controllato in continuazione.

Chiuse gli occhi, non per dormire, ma perchè tanto la stanza era così buia che non faceva differenza se li teneva aperti o chiusi. Sarebbe rimasto steso lì in attesa che la fattura incatenante svanisse. E più tardi nel pomeriggio, quando Piton lo avrebbe fatto uscire in giardino, avrebbe cercato un modo per scappare.

E non era malato: non importava quello che diceva Piton. Harry aveva avuto la febbre anche da piccolo, si ricordava quei tremiti freddi alle braccia e alle gambe quando si raggomitolava per dormire. Non si sentiva così adesso. E non era neanche stanco. Lo avrebbe detto a Piton quando lo avrebbe liberato, prima di tirargli in testa la valigetta nera.

Harry sentì le palpebre chiuse divenire più pesanti, e i suoi pensieri arrabbiati iniziavano a svanire. Che importava, adesso? Avrebbe dato una lezione a Piton una volta o l'altra, ma per il momento stare steso lì, in una calda e tranquilla stanza senza alcuna preoccupazione... era così... bello...

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Piton aprì piano la porta e entrò nella stanza. Si aspettava di trovare il marmocchio che lo fissava, gli occhi fissi e rabbiosi. Invece, Piton vide il ragazzo sonoramente addormentato sulla schiena, la coperta avvolta al corpo come un bozzolo. La fattura incatenante che gli aveva fatto era una di quelle che svaniscono automaticamente al momento in cui la persona si addormenta.
Dalla posizione delle braccia e delle gambe di Potter, era immerso in un sonno profondo.

Piton strinse le labbra. Era stato via solo dieci minuti. Se tutto fosse stato a posto, se non ci fosse stato niente di strano, allora Potter avrebbe dovuto essere sveglio e ancora sotto effetto della fattura, pronto a protestare che non aveva bisogno di un riposino. E la febbre era aumentata.

Piton uscì dalla camera e chiuse la porta un po' più forte. Si mise in ascolto con attenzione, sperando che Potter si svegliasse e iniziasse a far casino. Silenzio assoluto.

Brutto segno. Piton si diresse in fretta giù per le scale fino al suo laboratorio.

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Harry si voltò e sbadigliò. Si sentiva piacevolmente assonnato e molto riposato. Gli sembrava di essere stato agitato per qualcosa, ma al momento non riusciva a ricordare con esattezza. Rimase a fissare il soffitto, cercando di pensare a cosa doveva fare. Poi, ricordò tutto.

Si sedette e gettò la coperta di lato. Come aveva osato Piton? Che razza di giochini mentali stava facendo quell'idiota?

Harry si rimise le scarpe, le annodò, e andò verso la porta. Uscendo, gettò un'occhiata all'orologio sul camino. Le 15:35, lesse. Harry si bloccò per un attimo. Aveva dormito per due ore e mezzo? Non poteva essere normale, non si era neanche sentito stanco. L'otrologio probabilmente lo prendeva in giro, come ogni altra cosa in quella dannata casa.

Incontrò Piton in fondo alle scale.

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Capitolo 4
*** Ancora più caldo ***



Bene, stavolta ho aggiornato prima. Stiamo per scoprire qualcosa di più sulla strana malattia di Harry. Scommetto che alla fine del capitolo mi chiederete di aggiornare al più presto, visto come finisce in sospeso ;) Vi ringrazio sempre per l'assiduità con cui leggete (e commentate). Sono contenta di vedere che questa storia così carina è adeguatamente apprezzata.
Per Mezzosecolo: no, l'autrice è americana; studia alla Georgia University.
Non vi trattenfgo oltre: divertitevi!
Starliam


"Ti sei alzato", notò Piton tranquillamente.
"Brillante osservazione", rispose Harry. Si sentiva sempre irritato e di malumore dopo un pisolino pomeridiano. Una parte di lui voleva strisciare nuovamente a letto, l'altra parte voleva colpire Piton in faccia.

Il professore sollevò appena un sopracciglio. "Bene, siamo scontrosi questo pomeriggio. Ti andrebbe qualcosa da mangiare, oppure una passeggiata; o devo rispedirti a letto finchè non avrai imparato a comportarti civilmente?"

Harry si imbronciò, ma rispose: "Voglio andare fuori".

"E' fresco fuori, e sembra che stia per piovere" - Piton condusse Harry in un guardaroba, dove gli tese un mantello verde con la fodera color crema - "Tienilo sempre addosso".

Colori Serpeverde: fantastico. Harry si infilò controvoglia il mantello sulle spalle e chiuse la fibbia, che (sorpresa, sorpresa) era a forma di serpente. "Che ne è stato del mio mantello?" ricordò improvvisamente.

"Questo sarà abbastanza caldo", Piton aprì la porta laterale.
"No, il mantello invis... l'altro mantello", Harry si corresse appena in tempo.
"L'ho messo via, per il momento".
"Non è suo, e qui non siamo a Hogwarts, dove può confiscare le cose degli studenti" - protestò Harry, sentendo le guance arrossarsi di rabbia - "E' mio, mio padre l'ha lasciato a me!"

Le labbra di Piton si contorsero in un ghigno, al ricordo del padre del ragazzo che gli stava davanti. Harry sapeva che Piton stava assaporando il fatto di avere l'unico figlio di James Potter a Snapdragon, completamente alla sua mercè. Harry non poteva contrastare il professore di pozioni, non dal momento che era molto più grande di lui; e lui non aveva la bacchetta.

"Non discutere con me, Potter", disse Piton in tono aspro. "Questa casa può sembrare inoffensiva, ma ci sono alcune stanze che non aspettano altro che ingoiarti tutto intero. Non voglio che tu ti aggiri invisibile e non rintracciabile, finendo intrappolato da qualche parte per settimane".
"Ma..."
"So che stai per dire che non lo farai, e che prometterai di non mettertelo; ma al primo segno di qualche problema, ti infilerai quel mantello e andrai in caccia di guai; e io dovrò letteralmente distruggere la casa per trovarti. No, non puoi avere il tuo mantello".

Harry sbuffò, frustrato: ma riusciva a vedere la logica nel ragionamento di Piton, anche se non era disposto ad ammetterlo. Il Mantello dell'Invisibilità era una tentazione, anche con le più nobili intenzioni di non usarlo. Non voleva finire intrappolato in qualche angolo della casa, invisibile e impotente.

"Bene, almeno posso avere la mia bacchetta?"
"Non vedo a cosa ti serva", Piton incrociò le braccia. "Sei minorenne: non puoi usarla fino all'inizio dell'anno scolastico. L'ultima cosa che voglio è il Ministero della Magia che ti manda un'altra lettera e ti trascina a un'altra udienza".

"Ma se la casa mi attacca..."

"La casa ti attaccherà solo se mostrerai di avere cattive intenzioni. Finchè te ne stai lontano dai guai e fai quello che ti viene detto, non avrai problemi con Snapdragon Manor".

Questa spiegazione non era molto confortante, visto che Harry aveva in programma di perlustrare ogni centimetro dell'abitazione in cerca di giratempo, ma non osò dirlo a Piton.

"Adesso, in giardino". Piton aprì la porta, permettendo alla calda luce di Giugno di penetrare nel buio guardaroba. "Puoi gironzolare fin dove ti pare, ma non cercare di arrampicarti sul muro".

Piton chiuse la porta dopo che Harry fu uscito nell'ampio giardino. C'erano aiuole che sembravano estendersi per miglia. Harry riconobbe alcune delle piante grazie alle lezioni di Erbologia. Diversi grossi alberi erano ai lati dei viali, e a un centinaio di metri c'era una panchina.

Harry passeggiò un po', ma si sentì presto stanco. Appena raggiunse la panchina, vi si sedette e rimase a gaurdare le piante. Forse era ancora assonnato dal pisolino. Tanto per cominciare non capiva perchè Piton glielo avesse fatto fare: un altro modo che aveva indovinato per tormentarlo.

Un'ape svolazzava fra i fiori; Harry la guardò alzarsi e abbassarsi sui petali, succhiando il nettare. Cercò di ricordare se erano le api che pungevano e morivano o se si trattava delle vespe. Non che gli importasse.

Il giardino si estendeva molto lontano, al di là della panchina. Harry si chiese se a un certo punto terminava oppure curvava dietro la casa. Si voltò a guardarla. Era buia e scura, dominando il giardino come un guardiano dall'aspetto malaticcio. Diversamente dalla casa degli Weasley, Snapdragon Manor sembrava costruita in una sola volta, un enorme agglomerato di torri, tende e finestre vuote.

Harry guardò su, verso l'alto muro dietro la panchina. Era sicuramente in grado di arrampicarvisi sopra: era alto all'incirca sette piedi, fatto di pietre grezze che offrivano un gran numero di appigli per le mani e appoggi per i piedi. Ma per adesso, si appoggiò pigramente contro il bracciolo della panchina, per riposarsi un po'. Magari si fosse portato dietro un libro. Non si considerava un gran lettore: lo era Hermione e la sua memoria di ferro. Harry si era chiesto più volte se la sua amica avesse una memoria fotografica, si ricordava così facilmente tutto quello che leggeva. Non era giusto...

Sentì qualcosa di duro contro il fianco, e Harry mise la mano nella tasca del mantello. Ci trovò un piccolo libro, non più grande della sua mano, con le paole "Gordon nel giardino" scritte sulla copertina. Harry considerò di rimetterlo in tasca ma, naturalmente, la curiosità lo vinse; e aprì il libro.

Le pagine erano piccole, ma i caratteri erano grandi abbastanza. Era un'altra storia di fantasia, su un principe e una principessa che viveano in un giardino e cercavano di uscirne per vedere il resto del mondo; ma erano sorvegliati da uno spaventoso mostro a due teste.

Il libro all'inizio non aveva più di 20 pagine; ma come Harry ne voltava una, un'altra appariva alla fine. Ma non gli dava la possibilità di arrivare fino alla fine per poi tornare all'inizio. Ovviamente, era il tipo di libri che costringevano coloro a cui piaceva saltare pagine ad andare dritti in fondo.

Si stava facendo buio, quandi finì la storia. Vide la porta laterale aprirsi e sentì un insistente: "Potter, vieni dentro!"

Mentre Harry tornava verso casa, non potè fare a meno di pensare che tutto quello che aveva fatto quel giorno era dormire, mangiare cibo insipido e leggere storie fantastiche. Eppure, mentre si toglieva il mantello e seguiva Piton nel lavatoio, si trovò a sperare che il professore lo avrebbe lasciato andare a dormire presto quella sera: il pensiero del letto caldo e dei cuscini soffici era molto confortante. Era ridicolo: neanche i bambini dormivano così tanto.

"Bene, quali guai hai trovato in giardino?" Piton fece partire l'acqua calda dal rubinetto di ferro e passò a Harry una saponetta marroncina.
Harry bagnò le mani nell'acqua calda, godendosi la sensazione di freschezza che gli dava il sapone unita al calore. "Non ho fatto niente. Ho solo letto il libro che ho trovato nella tasca, lì sulla panchina".

Piton sembrò esitante per qualche secondo, poi fece cenno a Harry di sbrigarsi. Lanciò a Harry un asciugamano per asciugarsi le mani.

Quella sera per cena, Piton aveva salmone con burro e limone, verdure fresche, riso condito, pudding, e vino rosso. Harry invece aveva una scodella di riso bianco scondito e un piatto di crackers salati con un bicchiere d'acqua. Dopo un'occhiata al suo cibo domando: "A che gioco sta giocando? Cosa c'è che non va con me?"

"Signor Potter, per elencare tutto quello che non va con te ci vorrebbe fino all'inizio dell'anno scolastico. Perchè non ci lasciamo questa eccitante lista per più tardi? Mangia la tua cena e basta".

"Sto bene", Harry aveva dei problemi a parlare con calma. C'era davvero qualcosa che non andava con lui, e Piton lo sapeva. Harry si mise una mano in tasca alla ricerca della sua bacchetta, prima di ricordare che Piton gliel'aveva presa. Forse poteva fare della magia senza bacchetta. Dopotutto, l'aveva già fatta con successo altre volte; per esempio quando aveva gonfiato zia Marge e quell'incidente allo zoo con il serpente anni prima. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi. "Legilimens", mormorò; concentrandosi a fondo.

In realtà non si aspettava di vedere qualcosa: dopotutto Piton era molto abile in Occlumanzia. Ma il professore doveva aver allentato la guardia un po' perchè Harry improvvisamente vide un tavolo pieno di pozioni e ingredienti, molti dei quali gli erano sconosciuti. Le mani di Piton stavano lavorando con furia. continuava a guardare in un grande libro aperto vicino a un pezzo di qualcosa che appariva morto e viscido. Harry cercò di vedere il libro da vicino...

Poi si sentì spingere all'indietro, contro lo schienale della sedia. Piton era in piedi, la bacchetta puntata contro Harry. "Cosa pensavi di fare, Potter?" ruggì.

"Niente, stavo solo..."
"Stavi usando la Legilimanzia su di me! Senza il mio permesso e senza dirmelo, hai deciso di invadere i miei pensieri per vedere cosa potevi trovare!"
"Lei non me lo diceva"- protestò Harry - "Ho pensato che forse c'era davvero qualcosa che non andava con me e..."
"Così hai deciso che ne sapevi più di me, e hai deciso di scoprirlo a tutti i costi!" - tuonò Piton - "Cosa ti avevo detto riguardo al curiosare nei miei affari personali?"
"Di non farlo, ma..."

Harry si interruppe quando Piton lo afferrò per un braccio e lo tirò su dalla sedia. Harry si trovò chinato sul tavolo, il naso che quasi toccava la tovaglia color crema. Una forte mano lo teneva giù prememdo sulla schiena, e subito Harry sentì una sferzata di fuoco sul fondoschiena. Sibilò acutamente. Questo faceva più male della mano di Piton la notte prima. Un altro colpo: Harry sobbalzò e si rese conto che Piton stava usando la sua bacchetta per sculacciare sonoramente il fondoschiena del suo agitato ospite. Non poteva succedere di nuovo, non così presto dopo la prima volta.

"Basta!" Riuscì a gridare Harry fra un sobbalzo e l'altro. "Prometto che non OW! Lo farò più. AH! Piton, andiamo!"

"Sono il Professor Piton per te!" Brontolò il professore, senza impietosirsi neanche un po'. Premette un po' di più sulla schiena di Harry per tenerlo fermo e gli lasciò andare un altro po' di colpi. "Ormai dovresti aver capito che quando le persone ti tengono nascosto qualcosa, probabilmente è per il tuo bene. Ma no, tu insisti nel voler scoprire tutto. La conoscenza può essere molto, molto pericolosa per la tua salute; potresti essere ucciso per il fatto di sapere troppo e troppo presto. Quindi, quando io dico 'stai fuori dai miei affari', intendo sia fisici che mentali".

"Lo farò, lo farò" , si lamentò Harry.
"Dico sul serio, Potter; farai meglio a darmi ascolto, o ti troverai in questa posizione di nuovo".

Piton gli dette un ultimo, forte colpo e poi lo spinse di nuovo sulla sua sedia. Harry strinse i denti nel cadere sulla dura sedia, sulla quale pochi minuti fa si era sentito comodo e a suo agio. Non era giusto. Aveva il diritto di sapere le cose che lo riguardavano, e se aveva qualcosa che non andava. L'intero maledetto mondo magico era così pieno di segreti complotti. Il bruciore al sedere gli disse che era meglio non dividere questa opinione con il professore di pozioni.

Piton si sedette con calma, come se non fosse successo nulla. "Mangia Potter. Non farmelo ripetere di nuovo".

Ricacciando indietro le lacrime, Harry guardò il suo cibo. Per essere onesto (cosa che odiava essere in quel preciso momento), era sorpreso che Piton avesse interrotto la sculacciata così presto. Il professore gli aveva dato appena una dozzina di buoni colpi. Rispetto alla sculacciata infinita della notte precedente, Piton ci era andato leggero; non era il tipo che ripeteva a Harry cosa fare o cosa non fare per due volte.

Era sicuramente perchè Piton sapeva che Harry aveva qualcosa che non andava. Ci era andato leggero con lui perchè era malato, o in fin di vita, o maledetto, o...

"Potter, se devo dirti un'altra volta di mangiare, ti darò un'altra dose di quella disciplina di cui sembri avere un disperato bisogno", lo minacciò Piton.

Harry respirò a fondo e prese la forchetta. Il riso era caldo e leggermente salato, ma gli rimaneva bloccato in gola, e Harry aveva dei problemi a inghiottirlo. Ne prese un altro paio di bocconi prima di mettere giù la forchetta, frustrato.

"Almeno bevi tutta l'acqua", Piton indicò con la testa il bicchiere.

L'acqua non era fredda, solo a temperatura ambiente; ma Harry iniziò a berla con difficoltà, pregando di non scoppiare in lacrime. Si sentiva bruciare gli occhi, ma rifiutava l'idea di piangere di nuovo davanti a Piton.

La cena continuò in silenzio, e Harry cercò di non agitarsi troppo, sul suo sedere in fiamme. Due sculacciate in due giorni... Neanche i bambini più turbolenti venivano sculacciati tanto spesso. Harry aveva sperato che quella della sera prima fosse stato solo uno sfogo, qualcosa che Piton doveva fare prima di poter stare con lui senza problemi. A Harry non era piaciuto neanche un po', ma emotivamente era stato un bene aver buttato tutto fuori con un bel pianto. Ma aveva sperato che quel tipo di punizioni fosse un caso, qualcosa che non sarebbe stato usato di nuovo. Si era aspettato che Piton lo minacciasse di sculacciarlo di nuovo; solo per tenerlo in riga, ma non che lo facesse veramente...

Harry si spostò un po', chiedendosi perchè la sedia doveva essere così maledettamente dura. Aveva sbagliato a usare la Legilimanzia su Piton. Lui almeno lo avvertiva prima di invadere la sua mente, e lo aveva fatto solo durante le loro lezioni di Occlumanzia; non lo aveva fatto quando stava seduto a un tavolo, solo perchè era un ficcanaso. E se avesse visto qualcosa di orribile?

Piton era stato un Mangiamorte, era stato a molti incontri con Voldemort, aveva fatto cose cattive e terribili ad altre persone, era stato pronto a morire per un ideale sbagliato. E che gli piacesse o meno, c'erano molte cose che Harry non conosceva del mondo magico. Aveva l'impressione che ogni anno scoprisse sempre di più quanto era ignorante, dopo essere cresciuto come un babbano per undici anni. Odiava ammetterlo, ma Piton probabilmente aveva più conoscenza del pericolo di quanta ne avrebbe mai avuta lui.

"Qualunque cosa tu stia pensando, Potter" - Piton interruppe bruscamente i suoi pensieri - "Non mi aspetto che cambi il tuo comportamento. Puoi stare seduto lì quanto ti pare a tenere il broncio, ma finchè starai sotto il mio tetto, mi obbedirai".

Con le guance di un rosso ancora più acceso, Harry distolse lo sguardo.
Quella notte Harry andò a letto con molte meno storie della sera prima. Appena entrò in bagno con attenzione, armato di un pigiama e di una spazzola di legno, non accedde niente di insolito. Tutto gli oggetti per la pulizia rimasero ai loro posti, e Harry si lavò i denti senza altri aiuti.

Piton stava cercando qualcosa nella sua borsa nera, quando Harry rientrò. Il ragazzo roteò gli occhi, ma entrò nel letto e aprì la bocca per il termometro.

"A quant'è?" chiese pochi minuti dopo, quando Piton riprese il termometro.
"38.4", rispose Piton.
Harry scosse le spalle. "Quindi forse ho preso un'infreddatura o una leggera influenza. Tutti si ammalano".
"Quand'è stata l'ultima volta che ti sei ammalato?" chiese Piton, prendendo una fiala ancora più grande di pozione.

Harry cercò di pensare. Era stato un po' di tempo prima. Si era mai ammalato ad Hogwarts?
"Succede" - insistè, ma con meno decisione - "E come sa che non sia un effetto collaterale di quella schifosa pozione? A volte, gli effetti collaterali delle medicine sono peggio della malattia stessa, come dicono in televisione".

"E a volte" - ghignò Piton - "Tu mostri di sapere meno cose sulle pozioni di quante ne ritenessi possibile. Una volta per tutte, le medicine e le pozioni sono due cose diverse".

"Mi lasci dormire stanotte senza prendere la pozione", lo blandì Harry, fissando con disgusto la mistura. Gli sarebbero serviti almeno cinque sorsi per finirla tutta.
Piton aprì la bocca per dire qualcosa; ma esitò e ordinò: "Prendila, Potter, e smetti di farmi buttare via il tempo".
Harry portò la fiala alla bocca e cerchè di berla il più in fretta possibile. Imprecò fra sè e sè, era sempre più cattiva ogni volta che la prendeva. Se continuava così, alla fine della settimana avrebbe ingoiato galloni di robaccia. La rese a Piton con una smorfia e si voltò nel letto, tirandosi le coperte addosso. Voleva solo che Piton se ne andasse, così avrebbe potuto stare steso immerso nell'oscurità e nella preoccupazione.

"Questa tua auto-commiserazione è così piacevole" - osservò Piton mentre abbassava le luci - "Ti stai comportando come il marmocchio viziato che ho sempre pensato che fossi, desideroso di avere il mondo ai suoi piedi, pronto a soddisfare ogni tua richiesta".

"Oh, stia zitto!" Sbottò Harry.

Si aspettava che Piton gli desse una pacca sul suo già dolorante sedere per la sua insolenza, ma il professore di Pozioni spense l'ultima luce prima di rispondere: "Educazione, signor Potter. Dubito che tu voglia un altro assaggio della mia mano o della bacchetta così presto. Domani scriverai un tema su come rispettare e obbedire a una persona più grande. Trenta centimetri, con una lista delle punizioni adatte per la mancanza di rispetto e la disobbedienza. Essendo un saputello così arrogante, sono sicuro che conoscerai un sacco di punizioni adatte per chi non riesce a stare in riga".

Harry brontolò a denti stretti, ma non disse niente. Piton era il più malvagio, il più basso, il più crudele, il più cattivo, il peggiore uomo che avesse mai camminato sulla faccia della terra. Anche Voldemort era propenso per una veloce tortura e una rapida morte, non per questo lento tormento prolungato che gli stava logorando i nervi.

"Adesso dormi, e non uscire dal letto fino a domattina", ordinò Piton.

Harry sentì Piton muoversi nella stanza ancora per qualche minuto, ma il ragazzo si rifiutò di dirgli altro. Si accontentava di stare al buio e odiare il professore.

Era nel dormiveglia, sentendosi come peso morto, quando qualcosa lo voltò sulla schiena. Harry poteva sentire delle parole, qualcosa simile a un incantesimo, ma erano incomprensibili e non avevano senso. Stava sognando, sognava qualcosa di totalmente ridicolo. Harry si voltò nuovamente su un fianco e sprofondò nel sonno.

La mattina dopo, riuscì a malapena ad aprire gli occhi, da quanto erano pesanti. "Piton", sussurrò.
Il professore fu al suo fianco in un attimo, con un asciugamano bagnato in mano.
"Buongiorno, signor Potter. No, non alzarti. Oggi rimarrai a letto ancora un po'". Sistemò la pezza bagnata sulla fronte di Harry e prese la borsa nera che Harry ormai odiava.

Harry deglutì, cercando di calmare il panico, nonostante si sentisse annebbiato.
"Per favore, cos'ho che non va? Prometto che starò qui, buono e tranquillo, se me lo dice".

Piton aggrottò la fronte, poi prese il termometro. "D'accordo, apri la bocca". Harry prese il termometro, e Piton gli prese il polso per sentire le pulsazioni. "Avevi mai viaggiato con la Metropolvere, prima?"

"Shì, divershe volte", rispose Harry, sempre con il termometro in bocca.
"Bene, mio padre pensava che fosse un modo di spostarsi ridicolo. Saltare fuori dai camini della gente, senza alcun rispetto della proprietà privata, diceva. Non permise mai a nessuno di noi di spostarsi così da questa casa".

"Ma cossa sc'entra..."

"Tranquillo, Potter, lo hai promesso".
Piton si accertò che il termometro fosse sotto la lingua di Harry prima di continuare.
"Circa venti anni fa, mio padre fece scollegare questa casa della Metropolvere. Disse che chi voleva parlare con noi poteva Materializzarsi davanti alla porta e bussare. Comunque, due anni fa, visto che era ormai morto da cinque anni, ho fatto ricollegare alla Metropolvere uno dei camini di questa casa".

"Sì" - annuì Harry, facendo attenzione a tenere il termometro in bocca - "E' cossì che shono arrivato".

"No, il camino collegato alla Metropolvere è quello nel mio studio, cinque porte più in basso. Il camino dal quale sei arrivato non è collegato alla Metropolvere; non è collegato a niente. Non è mai stato usato da quando mio padre l'ha chiuso".
Gli occhi di Harry si spalancarono: "Ma come..."

"E' questa la domanda, Potter. Se qualcuno cercasse di usarlo, immagino che verrebbe risputato nel camino dal quale è partito. Ma conosco una sola persona che è riuscita a passare di là da quando è stato chiuso. Sono sicuro che puoi immaginare di chi si tratta".

Gli occhi di Harry si splancarono ancora di più. "Voldemort? E' shtato qui? Ma shignifica.."

Piton prese il termometro, ma Harry lo precedette: "39", lesse, guardando Piton nervosamente. "E' piuttosto alta, non è vero? Dovrei avere i brividi e... e..."

"Ti senti qualcos'altro, oltre alla stanchezza?" Chiese Piton, prendendogli il termometro.
"No, no, mi sento solo come se avessi fatto una lunga corsa o un duro allenamento di Quidditch, e tutto quello che voglio è raggomitolarmi nel letto e dormire. Ma non ho nient'altro, niente". Harry cercò di respirare con calma, ma il panico si faceva rapidamente strada nei suoi sensi.

"Chiederò agli elfi di portarti qualcosa da bere" - Piton spinse Harry contro il cuscino - "Per adesso, la cosa migliore che puoi fare è stare qui e riposare".

"Ma cosa vuol dire?" Harry si morse le labbra nervosamente. "Voldemort ha maledetto il camino? Se non è collegato, come ho fatto ad arrivarci? Perchè non sono capitato nel suo studio?"

"Perchè il mio studio è nella lista come Studio del Professor Piton, non come Snapdragon Manor. E non penso che il Signore Oscuro abbia posto una maledizione sul camino: lo ha utilizzato una volta sola sedici anni fa. Lasceremo che tutto passi da solo. Ora, mi avevi promesso che se ti avessi detto la verità saresti rimasto 'buono e tranquillo'? Mostrami la pretesa tutta Grifondoro di mantenere le proprie promesse, e rilassati".

Era facile per Piton dirlo, pensò Harry con rabbia mentre si stendeva sul cuscino e cercava di digerire tutte le informazioni che aveva ricevuto. Era spaventoso pensare che poteva essere stato maledetto da Voldemort non intenzionalmente. O era stato il camino a maledirlo? Harry non aveva mai sentito parlare del signor Piton, ma visto lo sguardo cupo, quasi amaro che il professore aveva quando parlava di suo padre, Harry poteva immaginare che quell'uomo sarebbe stato capace di mettere una maledizione sul camino.

Harry era certo di non essersi riaddormentato; ma la prossima cosa che sentì fu una mano dietro la nuca e l'orlo di un bicchiere che veniva spinto contro le sue labbra. Era quell'orribile pozione, ma il bicchiere spingeva con insistenza la sua bocca.

"Bevi, Potter". La voce di Piton proveniva come da una nebbia profonda. "Coraggio, ancora un po'. Quasi finito".

La mano lo lasciò ricadere con delicatezza sul cuscino, e Harry si riaddormentò immediatamente. La volta successiva che si svegliò, sapeva che stava per accadere qualcosa di brutto. Il suo intero corpo era attraversato da un formicolio, piccoli aghi di eccitazione che lo solleticavano ovunque. Cercò di respirare con calma, ma qualcosa percorreva il suo corpo, aguzzandogli i sensi e facendogli battere il cuore con forza.

Piton era seduto in un angolo della stanza, passandosi lentamente un dito sulle labbra sottili. Guardava Harry con un'intensità che lo fece spaventare. Il professore sbattè le palpebre appena una volta, mentre i suoi occhi percorrevano tutto il corpo di Harry, alla ricerca di qualcosa.

Harry lo odiava. Odiava essere l'oggetto di interesse che le persone fissavano, odiava i sussurri che lo accompagnavano dovunque anbdasse, odiava essere diverso dai suoi amici, odiava tutto ciò che faceva parte dell'essere il dannato Ragazzo Sopravvissuto, odiava essere bloccato là con Piton per chissà quanto. Si sentiva arrabbiato, furioso oltre ogni ragionevole limite.

Tutto il corpo era diventato caldo. Lanciò via le coperte e rimase in pigiama. Quel giorno sarebbe stato orribile. Non gli era permesso alzarsi, e quando lo avrebbe fatto, Piton gli avrebbe fatto scrivere quello stupido tema.

"Ti odio!" urlò improvvisamente a Piton. "Ti odio davvero!"

Piton si alzò lentamente in piedi, e Harry per un attimo temette di prendersi un'altra dolorosa punizione dal severo professore. Ma subito dopo a Harry non importò più: avrebbe accolto con gioia qualunque cosa gli impedisse di sentirsi così debole e impotente.

"Potter", disse Piton con voce roca, gli occhi spalancati.

Harry seguì la direzione del suo sguardo. Per poco non urlò, quando vide una fiamma accesa sul suo stomaco, proprio sopra l'ombelico. Senza avvertimenti, il petto di Harry prese fuoco. Il suo intero corpo fu sommerso dalle fiamme, ogni parte di lui si era trasformata in un attimo in un frenetico inferno.

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Capitolo 5
*** Stai bruciando! ***


Eccoci qua con un nuovo capitolo! Capiamo che cosa sta succedendo a Harry e si gettano le basi per il continuo dell'estate...
Divertitevi!
Starliam



"Sto bruciando!" Urlò Harry. "Piton, sto bruciando!"
"Lo vedo, signor Potter", annuì Piton pensosamente, come se stesse osservando una pozione che si era rovinata senza motivo.

"Piton, ho tutto il corpo in fiamme!"
"Non muoverti, Potter. Rimani a letto. Come ti senti?"
"Come mi sento?" Harry si sentì impazzire mentre fissava il professore ad occhi spalancati. "Sto bruciando!"
"Se stessi davvero bruciando, adesso staresti urlando di dolore. Invece no, sei solo in preda al panico. Come ti senti?"
"Uh-uh- caldo". Harry teneva gli occhi fissi sul proprio corpo avvolto da fiamme arancioni e scoppiettanti.
"Caldo come se avessi toccato una pentola bollente? Come se fossi entrato in una stanza molto calda? O come se ti fossi scottato al sole? Dormito con troppe coperte?"
"La scottatura... la scottatura solare!" Si lamentò Harry. "La pelle è calda e prude, e fa quasi male, ma non molto, ma sto bruciando. Sto bruciando!"
"Se si potesse vincere un premio per il comento più insensato ripetuto all'infinito; lo avresti tu, Potter" - sogghignò Piton - "Proprio quando comincio a pensare che tu non possa essere più stupido, scopro nuove vette di idiozia che non ritenevo possibili".

Harry lo guardò male. "Io non sono stupido. Lei è stupido".
"Che risposta brillante" - ghignò di nuovo Piton - "Mi sarei aspettato di meglio da un bambino di quattro anni".

"E' cattivo, sgradevole, crudele e maligno" - sbottò Harry - "Non piace a nessuno, nessuno vuole stare con lei, mai! E tutti noi odiamo i suoi vestiti e i suoi capelli. E... ed è un professore orribile!"
"Colpiscimi dove fa più male: le mi abilità professionali", lo scimmiottò Piton.
"Sì" - ringhiò Harry - "In cinque anni non ho imparato una sola cosa da lei! Tutte quelle ore in quegli sporchi sotterranei, che spreco di tempo! E quando diventerò re del mondo magico o qualunque cosa lei crede che io voglia diventare, la prima cosa che abolirò sono le maledette pozioni! Chiunque provi a insegnare o a preparare pozioni si prende un biglietto di sola andate per Azkaban!"

Sembrava che Piton stesse cercando di non ridacchiare, cosa che fece arrabbiare Harry ancora di più.

"Sì, e lei finirà ad Azkaban appena potrò uscire da questo letto e da questa odiosa casa! Non mi arrenderò finchè non la rinchiuderanno per sempre, stupido idiota!"
"Signor Potter" - la voce di Piton era irritabilmente tranquilla- "Non stai bruciando più".

Harry guardò in basso. Il fuoco era scomparso, e stava stesosul letto in pigiama come se non fosse successo nulla. La stanza era silenziosa e tranquilla, dopo il crepitio delle fiamme.

"Che è successo?" Chiese Harry con voce spaventata e sorpresa.
"Esattamente quello che pensavo sarebbe successo"- disse Piton con calma - "O almeno una delle due cose. Sapevo che avresti bruciato via il maleficio preso dal camino, oppure saresti morto".
"Queste erano le opzioni?" strillò Harry.
"Non sei morto: dovresti esserne contento. Non preoccuparti di ringraziarmi per non averti lasciato bruciare fino alla morte".

Harry lo guardò stupito.

"La pozione, Potter! Davvero, a volte mi chiedo come hai fatto a sopravvivere con così poca intelligenza. Se il Signore Oscuro sapesse che idiota è il suo avversario..."
"Quindi la pozione mi ha impedito di bruciare?" lo interruppe Harry, rifiutando di sentirsi dare dello stupido di nuovo.
"In realtà no, ha velocizzato il processo. Sapevo che avvresti preso fuoco, perchè è quello che successe anche al Signore Oscuro dopo essere passato di lì. Comunque, gli ci volle un'intera settimana prima di inziare a bruciare, e non fu piacevole stare ad aspettare. Non potevo sopportare l'idea di avere a che fare con te e i tuoi lamenti per un tale periodo; così ho preparato una pozione che avrebbe sveltito il processo proteggendo i tuoi organi vitali. Così, quando hai preso fuoco, hai bruciato via il maleficio senza danneggiarti. Diventavi via via sempre più stanco perchè la pozione stava velocizzando le cose, e il tuo corpo cercava di resistere".

Harry lo fissò con incertezza, prima di rispondere: "Beh... beh, avrebbe dovuto dirmelo."
"E avere a che fare con te preoccupato dall'idea di prendere fuoco per due giorni? Ti ho visto prima di ogni prova del Torneo Tremaghi: non dai il tuo meglio quando sei sotto pressione. Semri sempre sul punto di saltar fuori dai pantaloni. La preoccupazione e l'agitazione ti spingono a cacciarti nei guai, come ho notato molte volte".

Il tono da genitore di Piton spinse Harry a incrociare le braccia e a guardarlo male. Odiava il modo in cui Piton lo descriveva infantile e impulsivo, come un bambino di quattro anni che non riesce a star fermo per un secondo senza combinare guai.

"E per la tua mancanza di rispetto..."
"Ero in fiamme" - protestò Harry, guardandolo allarmato - "Qualunque cosa uno dica mentre sta bruciando non conta".

Piton sembrò fare un cenno con la mano, e Harry si chiese se fra un attimo si sarebbe trovato sulle ginocchia del professore, punito per aver minacciato di farlo finire ad Azkaban.

"Fai in modo che non risucceda", lo ammonì Piton.

Harry si morse la lingua prima di rispondere: "Cosa? La mancanza di rispetto o il prendere fuoco?" Non c'era bisogno di mettere alla prova la propria fortuna.

"Perfetto", Piton prese di nuovo la borsa nera; ma questa volta ne estrasse una pozione verde, "bevi questa e cerca di tornare a dormire". "Ancora dormire?" Harry era incredulo, mentre inghiottiva la pozione. Non era troppo male, un misto di menta e zenzero. "Non ho fatto altro che dormire da quando sono qui".

"Potter, hai preso fuoco pochi minuti fa. Voglio che tu stia calmo finchè non sarò certo che ti sei ripreso del tutto. Quindi, stenditi sul cuscino e stai tranquillo".
Quando Harry gli lanciò un'occhiataccia, Piton sollevò un sopracciglio: "Posso sempre schiantarti, se pensi che possa aiutarti ad ascoltarmi di più".

"Ma sono stanco di stare a letto". Harry sapeva che stava diventando lagnoso, ma sentiva che le sue lamentele erano giustificate. Era strano che qualcuno che non fosse Madama Chips si preoccupasse per la sua salute. La sua confusione aumentò quando Piton sprimacciò i cuscini prima di spingerci contro Harry e di sentirgli la fronte con la mano. Harry sentì una strana sensazione allo stomaco. Dunque era così che ci si sentiva, ad avere un genitore che si occupa di te quando stai male? Piton poteva essere... no era malvagio, crudele e cattivo, sicuramente non adatto a fare il genitore.

"Non sei caldo", annunciò Severus con un tono di voce che implicava che Harry aveva, finalmente, fatto qualcosa di giusto. "La febbre è andata via. Cerca di rilassarti un po', non pensare a niente: dormi e basta. Verrò stasera più tardi a stirarti i muscoli per evitare che ti irrigidisca troppo".

"Sì, sulla ruota della tortura", mormorò Harry, mentre si girava su un fianco.
"Come vuoi, signor Potter". Piton chinò ironicamente la testa prima di chiudere di nuovo le tende e di lasciare la stanza.


Harry rimase steso al buio, cercando di addormentarsi, ma era ancora troppo scioccato da quello che era successo. Aveva preso fuoco. Sicuramente, non era una bella cosa. E Piton lo aveva saputo per tutto il tempo, probabilmente pensando Mmmm, il Ragazzo Sopravvissuto sta per morire o per diventare un rogo umano? In ogni modo, farò in modo di divertirmi a vederlo soffrire! Brutto cattivo.

Eppure, era stato un po' di sollievo avere qualcuno che si occupava di lui e si preoccupava del suo benessere. Harry iniziò mentalmente a contare le persone che si erano occupate di lui. I Dursley: beh, non erano molto amorevoli, ma avevano fatto in modo che arrivasse agli undici anni senza morire di fame, quindi qualcosa dovevano contare. La McGranitt: ma lei si doveva prendere cura di tutti i membri della sua casa, e lui era uno dei tanti. Silente: anche se Harry a volte si chiedeva se il vecchio mago tenesse a lui solo perchè era destinato a salvare il mondo magico, e dopo l'anno scorso in cui era stato così freddo e distante...

Harry tirò su con il naso improvvisamente, gli occhi che bruciavano. Passò subito all'altra persona. Hagrid: si, Hagrid era qualcuno che si occupava di lui. Un po' rude, sicuramente non una persona affidabile, ma Harry si poteva fidare di lui finchè il guardiacaccia non si circondava di animali pericolosi. E poi c'era Lupin, che gli aveva insegnato a difendersi dai Dissennatori; anche se più avanti il professore si era trasformato in un lupo mannaro e aveva cercato di mangiarsi Harry, ma non era davvero colpa sua. E gli Weasley: anche se avevano sette figli e fin troppi problemi. E alla fine Sirius...

Harry deglutì con fatica. Sirius gli aveva chiesto di andare a vivere con lui, una volta che la sua posizione fosse stata chiarita; ma Harry non poteva dimenticare come il suo padrino era stato distratto e... e scostante per tutto il tempo in cui lui era stato a Grimmauld Place. No, un attimo: Sirius era impegnato e Harry passava il tempo a pulire, cosa che, gli venne in mente, era stata una gran perdita di tempo. Harry si era trovato tante volte ad affrontare il male solo per venire rinchiuso a casa dei suoi zii e poi trasformato in un elfo domestico? Era ingiusto, era davvero ingiusto che Sirius avesse lasciato a soffrire da solo il suo unico figlioccio.

Stringendo la coperta, Harry aspettò che salisse la rabbia. A volte, gli piaceva quel sentimento: gli dava qualcosa di cui occuparsi invece di farlo sentire vuoto. Ma non venne nessuna rabbia. Invece, un senso di impotenza si accumulò alla tristezza, e Harry si trovò a piangere.

"Sei un bambino"! Gli urlava la sua mente, ma le sue emozioni non ascoltavano. La sua faccia si contraeva dolorosamente, e gli occhi gli bruciavano, e le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance. Non si era mai sentito così miserabile e angosciato in tutta la sua vita.
Calmati, calmati! lo pregava la sua parte razionale, ma riusciva ad asoltarla. A nessuno importava di lui, era totalmente solo, nessuno lo avrebbe mai amato, chi mai avrebbe potuto? Era una persona orribile, un ragazzo orrido che tutti odiavano.

E' così, gli diceva quella voce. Sei impazzito. Hai appena vinto un biglietto di prima classe per il San Mungo. Stanza 543: il signor Harry James Potter, ricoverato per pianto isterico ed eccessivo. Se volete vedere il signor Potter, siete pregati di avvicinarvi alla finestra, dalla quale potete vedere che sta ancora piangendo. Sono passati quattro mesi, e dobbiamo mantenerlo idratato o piangerà fino a morire per mancanza di liquidi.

Harry si mise a sedere sul letto, si abbracciò le ginocchia, e seppellì il volto nell'incavo del braccio destro. Sentiva le lacrime inzuppare la manica del pigiama, e il suo intero corpo era squassato dai singhiozzi. Gli tornò in mente un libro babbano in cui una ragazza si era gonfiata, aveva iniziato a piangere, poi si era ristretta ed era quasi annegata nel mare delle sue stesse lacrime. Harry sperò che capitasse anche a lui, così l'avrebbe fatta finita una volta per tutte. A nessuno importava di lui comunque. Per poco non si soffocò con la forza dei suoi lamenti.

"Pensavo di averti detto di non pensare a niente e di metterti a dormire!" Una voce dura risuonò dalla porta.

Harry alzò lo sguardo, e atraverso la nebbia causata dalle lacrime vide una figura nera avvicinarsi a lui. Forse era un Dissennatore che gli avrebbe succhiato l'anima; cosa che non era granchè per il Dissennatore, perchè Harry era una persona orribile, patetica, deprimente e miserabile.

Harry sentì una mano prenderlo per la nuca, e poi un fazzoletto che si asciugava le lacrime, con più forza di quella che Harry avrebbe gradito.

"Soffia", ordinò Piton, piazzando il fazzoletto sul naso di Harry. Harry lo fece, e Piton lo pulì bruscamente.

"Che-che cosa mi sta succedendo?" pianse Harry, completamente abbattuto. Fece istericamente cenno alle lacrime che continuavano a scorrergli copiose sulle guance.

"Porprio quello che mi aspettavo", disse Piton, ancora sciugandogli le lacrime in modo professionale, come se fosse abituato ad asiugare lacrime di ragazzi tutti i giorni. "La pozione che ti ho fato lavora più velocemente con le emozioni. Mentre stavi bruciando ti ho fatto arrabbiare, in modo che bruciassi più in fretta. Comunque, molta della tua rabbia è stata spazzata via con le fiamme, lasciandoti vulnerabile e turbato. Speravo che ti addormentassi prima di avere un crollo nervoso, ma non è stato così". Sospirò rassegnato.

Questa informazione non riuscì a sollevare il morale a Harry; anzi, fece sentire Harry più miserabile che mai. Era solo un piccolo ragazzino in un grande mondo spaventoso, dove tutti volevano fargli del male; e non riusciva a proteggersi in alcun modo.

"Ora, Potter" - Piton lo spinse di nuovo sul cuscino - "Perchè non provi a pensare a qualcosa di... felice". Piton sembrò avere dei problemi con l'ultima parola.
Harry sbattè le palpebre. "Tipo?"Come poteva pensare a qualcosa di piacevole con Piton in piedi vicino a lui e le sue emozioni che correvano incontrollabili?

Piton roteò gli occhi. "Andiamo, Potter, ci deve essere qualcosa che ti fa sentire bene, che ti diverte".
"Vo-volare", Harry tirò su con il naso, cercando di fermare le lacrime che continuavano a scendere.

Per un attimo, sembrò che Piton stesse per fare qualche commento pungente, ma si limitò a deglutire e a dire: "Perfetto, ti piace volare. Alcune persone non sono brave a farlo, ma tu sì; niente di strano considerato tuo pa- ma no, ti piace volare. Immagino che tu intenda a Quidditch".

Harry annuì, mordendosi il labbro per soffocare un singhiozzo. "S... si, ma anche altre volte. Mi rilassa. Sei lassù, in alto, e tutto sembra così piccolo. Se è piccolo, non può essere un grande problema".
"Interessante prospettiva. Che altro ti piace?"

Harry ci pensò su. Voleva continuare a piangere, ma non riusciva a peiangere e pensare contemporaneamente. "Mi piace passare del tempo con Ron e Hermione, mi piace stare a parlare con loro di sera nella sala comune, quando non siamo in classe e non abbiamo intorno troppe persone".

"Bene, sembra divertente". Piton aveva dei problemi anche con quella parola. "Quindi, volare e stare con gli amici. Carino. Penso che ti piacciano anche quelle Cioccorane che saltellano in giro e sono di una noia mortale".
"Mi piacciono i dolci magici", annuì Harry. Le lacrime avaveano msmesso di cadere, ma si sentiva ancora solo e vuoto.
Piton mise la mano nella tasca della veste, ma Harry non lo vide estrarre niente. Il professore strofinò velocemnte una mano contro l'altra prima di chiedere: "Adesso, parliamo delle cose che non ti piacciono, ma per le quali sei contento quando avvengono".
"Uh?" fece Harry, confuso.
"Come studiare per una materia che non ti piace, ma sei contento quando ottieni in bel voto".
Harry annuì di nuovo: "A volte, mi piace dover lavorare per ottenere qualcosa. Se ottieni tutto facilmente, non c'è soddisfazione".

Harry sentì qualcosa di caldo che premeva sulla sua mano fredda. Per un attimo, ebbe l'impulso di tirarsi indietro, ma il calore si diffuse rapidamente sulla sua mano e lungo il braccio. Gli piacque la sensazione di calma che ne ricevette, e strinse più forte la cosa calda.

"Ti piace leggere", continuò Piton; ignaro delle nuove sensazioni di Harry.

"Si, ma non come a Hermione. Lei ricorda tutto, e legge più in fretta di me". Harry prese in una mano l'oggetto caldo. Ne osservò l'aspetto, prima di prenderla fra le mani. Sì, pelle che ricopriva muscoli e ossa. "Non per niente è la so-tutto-io", osservò Piton.

Harry inarcò le sopracciglia mentre tracciava con il dito il persorso della vena sull'oggetto che teneva in mano. "Mi ha aiutato in un sacco di lezioni. E' strano: non si sarebbe mai detto che siamo nella stessa barca, nessuno di noi sapeva nulla di magia prima di arrivare ad Hogwarts. Eppure lei sa tutto. Ron no, e spesso litigano, ma poi fanno sempre pace."

"Davvero?"

Sentendosi davvero rilassato, Harry voltò la mano dall'altra parte e ne guardò le unghie. Erano corte e pulite, ma leggermente macchiate per le pozioni. Come fai a togliere le pozioni dalle mani? Erano come le pitture sulle uova di Pasqua, che scompaiono dopo un po'?

"Certo che lo fanno" - decise Harry dopo un po' - "Perchè erano di nuovo amici quando ho lasciato la scuola. I litigi sono stupidi la maggior parte delle volte, lo sa? Insulti l'altra persona e lanci oggetti, ma alla fine vi ritrovate sempre amici".

"Che filosofo, oggi", commentò Piton.

Harry avvicinò la mano alla sua: l'altra era più grande. Harry cercò di allungare le dita più che potè, ma ma non raggiungevano i polpastrelli dalla mano del professore.

"Sono così piccolo", si lamentò il ragazzo.
"Non c'è niente di strano. Di solito i ragazzi crescono più tardi", disse Piton, senza alcuna traccia di emozione nella voce.

"Spero di diventare più alto". Harry sistemò la mano sul suo petto, godendosi la sensazione di calore che gli dava. Iniziava a sentirsi stanco, anche se sapeva che avrebbe dovuto essere irritato per qualcosa. Per quale motivo era stato così triste? Beh, non importava per adesso. Sbadigliò. Piton era ancora accanto a lui.

"Chiudi gli occhi e continua a parlare" - chiese il professore - "Io ascolterò le tue chiacchiere inutili".

"Chiacchiere inutili", ripetè Harry con gli occhi mezzi chiusi. "Chicchiere inutili, chicchiere futili... Ehi, fanno rima. Chiacchiere futili, chiacchiere rutili, chiacchiere..."

E si addormentò, un vago sorriso sulle labbra.

Piton si trattenne dal roteare gli occhi di nuovo. tolse la mano dal petto di Harry, sperando che tutta la pozione calmante fosse entrata in contatto con la mano del ragazzo. Il ragazzo doveva essere davvero addolorato, per non capire che stava tenendo la mano del professore più odiato, mentre blaterava sciocchezze sui suoi amici. Stupido ragazzo.
Piton tirò su le coperte, attento a non svegliare il marmocchio e a iniziare un'altra sessione di lacrime e singhiozzi. Con Potter, se non era una cosa era un'altra. Doveva sempre causare problemi, stare alla ricerca di guai continuamente?

Piton strinse le labbra. Una perfetta estate rovinata. Stava aspettando con ansia quei due mesi di pace e tranquillità, fatti di lunghe giornate passate a leggere e a prepapare pozioni in tutta tranquillità, senza ragazzini intorno a disturbarlo. E ora Potter, in assoluto l'ultima persona con la quale avrebbe voluto passare le vacanze, era stato lasciato nelle sue mani.
Tutti i professori con i quali si era messo in contatto erano stati d'accordo che Potter dovesse rimanere dove si trovava, e Silente (vecchiaccio di ristrette vedute) lo aveva invitato a vedere il buono della situazione.

"Davvero, Severus" - aveva detto il volto di Silente comparso nel camino dell'ufficio di Piton - "Con la tua conoscenza del maleficio di Snapdragon Manor, Harry è al sicuro nelle tue mani, più di quanto sarebbe con chiunque altro. Tornerò fra qualche giorno per vedere come te la stai cavando. E' un'ottima occasione per conoscere il ragazzo. Dopo tutto quello che gli è successo, penso che tu sia la persona più adatta..."

Piton aveva chiuso la conversazione e il camino.

E adesso era costretto alla presenza di un angosciato, turbato, disobbediente Potter, la sui sola presenza minacciava guai per tutta l'estate.

Piton sbuffò. Avrebbe dovuto lasciare che il ragazzo piangesse fino ad addormentarsi.

Harry si agitò nel sonno e mormorò qualcosa di incoerente. Piton gli sentì di nuovo la fronte e le guance. Erano fresche: nessuna traccia di febbre. Bene, era una benedizione in un torrente di disgrazie. Sul serio, Potter non lasciava mai nulla a metà.

Una volta assicuratosi che il marmocchio non si sarebbe svegliato, Piton lasciò la stanza e scese nel suo studio. Amava i muri marrone scuro, gli scaffali ordinati con file di libri, e la spaziosa scrivania sulla quale poteva progettare nuove posioni senza essere disturbato. Era il suo conforto, il suo rifugio dal mondo; e amava trascorrerci le ore, tutto solo, in compagnia di un forte drink e una piacevole lettura. Qui, gli sarebbe stato facile ignorare il fatto di avere un irritante ospite addormentato al piano di sopra, senza alcun posto dove andare. Piton avrebbe potuto seppellirsi in un libro e trascorrere la sera in tranquillità, visto che Potter avrebbe probabilmente dormito fino al mattino.

Invece, Piton prese una pergamena e una penna incantata, alla quale fece un cenno con la testa. La penna schizzò in aria e atterrò sulla pergamena, scrivendo le parole Tabella oraria di Potter. Forse era un po' troppo rigida. Le perole sparirono e vennero sostituite da Tabella giornaliera di Harry Potter. Sembrava meno severa, anche se Silente avrebbe preferito Tabella suggerita per il Prezioso Harry Potter, non da prendere troppo seriamente ma aperta a ogni cambiamento, o simili sciocchezze.

Piton si appoggiò allo schienale della sedia, fermandosi a riflettere. Potter aveva bisogno di qualcosa di costruttivo: non c'erano dubbi a riguardo, ma se avesse tenuto il ragazzo troppo rigidamente, Piton era certo di dover sopportare lamenti, sospiri, e lacrime; in perfetta compagnia con crisi isteriche e patetici bronci. Si, l'equilibrio era importante.

Trentacinque minuti dopo, Piton rilesse la tabella completata.

7:00 - Sveglia, bagno, vestirsi, mettere in ordine 8:00 - Colazione
8:30 - Passeggiata in giardino (altri esercizi?)
10:30 - Studio tranquillo in biblioteca
12:30 - Pranzo
13:00 - Giochi in giardino (magari volo sotto stretta sorveglianza?)
15:00 - Riposo o lettura a letto
16:30 - Tempo libero, purchè non si faccia confusione
18:30 - Cena
7:30 - Studio o lettura
21:00 - Preparazione per la notte
22:00 - Luci spente

Una graziosa, ordinata tabella accurata e precisa. Potter non avrebbe resistito un giorno solo. Per l'ora di pranzo, avrebbe rotto le scatole con il bisogno di esplorare la casa, arrampicarsi sul muro di pietra, saltare su e giù dalle scale, e urlare con quella voce acuta che faeva venire a Piton la coglia di mozzargli la lingua. Riusciva a immaginare lo sguardo indignato del marmocchio nel trovarsi le giornate organizzate. Riposare a letto? E' impazzito. E non andrò a letto alle dieci. Non inizio mai le mie passeggiate notturne prima dell'una o le due. Studiare? E' estate!

Forse poteva usare alcuni incentivi, per spingere Potter a comportarsi bene. Ragazzo, se non segui alla lettera ciò che ti dico, non uscirai dalla tua stanza per un mese e brucerò la tua scopa. No, troppo duro. Potter sarebbe scoppiato in lacrime in un attimo. Harry caro, segui la tua tabellina, e ci saranno sorbetti al limone, e caramelle, e lecca lecca per il nostro dolce ragazzo. Piton pensò che avrebbe vomitato. Ora, Potter, so che sei abituato a poltrire durante tutta l'estate; ma ti farò seguire una precisa tabella, così non butterai via le tue giornate. E' un buon modo per iniziare, e se saranno necessari dei cambiamenti, aggiusterò la tabella come reputerò necessario. Il tuo dovere è quello di seguirla al meglio, senza lamentarti o discutere. Dico sul serio.
Sì, questo era il tono giusto da usare con il ragazzo.

E non è che gli stesse chiedendo molto. Del resto, Potter avrebbe probabilmente fatto le stesse cose anche senza tabella, ma doveva fare in modo di organizzare le cose, senza lasciare a Potter troppo tempo libero per cacciarsi nei guai.

Ovviamente, Potter avrebbe commesso degli sbagli. Coma le McGranitt, Silente e ogni altro dannato professore in quella scuola gli ricordava, i ragazzi sbagliano, a dispetto della ferma opposizione di Piton all'indulgenza. Forse ci doveva essere un po' di libertà per respirare, in estate. Un controllo troppo severo, avrebbe potuto portare a conseguenze negative. Ma pensava che Potter sarebbe sopravvissuto senza problemi.
Controllo ed equilibrio erano le cose di cui aveva bisogno. Del resto, Potter era un essere umano (sì, Piton ammetteva che il Ragazzo-Che-Continuava-A-Sopravvivere-E-A-Causare-Problemi fosse umano, dopotutto). E non poteva aspettarsi che fosse perfetto. Conoscendo Potter, era sicuro che fosse abituato a saltare i pasti per volare; ad andare a letto tardi, e a fare confusione in genere. Ma la disobbedienza palese non poteva essere tollerata. Potter aveva bisogno di guida e disciplina. Fra i suoi inutili zii e l'indulgente padrino, Potter non aveva mai avuto un po' di regolarità nela sua vita, nessuno sul quale fare affidamento nelle buone e nelle cattive circostanze, nessuno a tenerlo in riga e a controllare che non si ficcasse in troppi guai.

Tutto ciò significava che Piton avrebbe dovuto essere quella persona.
Il professore di Pozioni fece una smorfia, pensando che avrebbe preferito insegnare a una classe intera di Neville Paciock piuttosto che diventare la dannata roccia stabile di Potter. Davvero non c'era nessun altro che volesse quel ruolo? Proprio nessuno?

E per quanto riguardava le punizioni? Doveva continuare a minacciare il ragazzo di sculacciarlo? Un periodo chiuso in camera sua? Prenderlo per le orecchie? Niente cena, subito a letto? Forse cose più creative, come non parlargli per un giorno interno o appenderlo al soffito a testa in giù? Più che altro, Piton doveva trovare il giusto equilibrio anche nelle punizioni; differenziando il castigo in base a quello che Potter aveva fatto di sbagliato.

Piton sbuffò di nuovo mentre si appoggiava di nuovo alla sedia. Sarebbe stata un'estate davvero lunga.

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Capitolo 6
*** Custodia ***


Prima di tutto devo chiedere scusa. Non è stato bello essere sparita per tanto tempo, e adesso che le acque sono più calme, prometto di recuperare il tempo perso.
Mi dispiace KIA, spero che ti possa piacere questo nuovo capitolo, e spero di riuscire a mettere il prossimo al più presto. Di certo non ci metterò così tanto. Intanto, il sequel della storia procede, spero di ottenere il permesso per tradurre anche quello, una volta che questa sarà finita.
Enjoy!
Starliam




Harry guardava il campo giù in basso, dall'alto della sua scopa, con il vento che gli scompigliava i capelli. Vide qualcuno in basso, che lo salutava con la mano. Senza pensarci un attimo, Harry tornò verso terra più in fretta che potè. Di solito, riusciva a rallentare all'ultimo momento; ma adesso stava andando troppo in fretta, e la terra si avvicinava sempre di più.
"Umph!" Harry sbattè in terra e ruzzolò alcune volte, prima di fermarsi, con braccia e gambe scomposte insieme alla scopa. "Ow", esclamò sedendosi.
"E questo che cos'era?" udì una risatina dietro di sè. "Devi smetterla di essere così goffo, figliolo, o ti romperai il collo. Già tua madre pensa che il Quidditch sia troppo pericoloso".

Harry sentì delle forti mani che lo prendevano e lo rimettevano in piedi. Harry si voltò, e si trovò a fissare il ridente volto di suo padre, James. I capelli scuri dell'uomo erano scompigliati dal vento, e Harry non potè trattenersi dal sorridere a sua volta, sapendo che anche i suoi capelli erano così spettinati.
"Papà, cosa ci fai qui? Sei venuto a scuola nel bel mezzo del semestre?" "Solo a controllare che fosse tutto a posto". James pose un braccio sulla spalla di suo figlio e se lo strinse al petto in maniera giocosa.

"Dal momento che sei mio figlio, mi aspetto che tu finisca in ogni sorta di guai".
"Parli come Piton", ribattè Harry, per prenderlo in giro. James gli dette un piccolo schiaffetto sul dietro della testa. "Non insultare tuo padre!"
Harry sorrise di nuovo. Camminarono in silenzio per qualche istante, godendosi la calda luce del sole. Harry iniziò a sentirsi intorpidito per la caduta e si strofinò un braccio.
"Che c'è?" chiese James, preoccupato.
"Sono un po' indolenzito dall'allenamento" - Harry alzò le spalle - "Niente di serio, sono solo un po' dolorante".
Avevano raggiunto una delle tende per gli esercizi, e James lo spinse dentro.

"Perfetto, figliolo, siediti e fammi vedere le braccia".
James aiutò Harry a togliersi le protezioni dalle braccia.
Appena Harry si sedette James iniziò a massaggiare il braccio di suo figlio, stirandolo dalla spalla, finchè Harry sospirò di sollievo quando iniziò a sentire l'indolenzimento che se ne andava.
Poi James iniziò con l'altro braccio, dicendo:
"Non sono sicuro che mi piaccia il modo con cui hai preso il boccino nell'ultima partita. Devi smetterla di lasciarti distrarre dagli altri giocatori, e mantenere tutta l'attenzione sulla ricerca del boccino. E' compito degli altri giocatori fare in modo che niente di colpisca. Bella ripresa su quel tuffo, comunque. L'intera platea tratteneva il respiro".

Harry cercò di rispondere, ma non sembrava in grado di parlare. La tenda si stava facendo sempre più scura, e non era più seduto su una sedia, ma stava sdraiato su una specie di materasso. James continuava a stirargli i muscoli, muovendosi sulle caviglie e sulle ginocchia di Harry, massaggiando e stirando. Harry stava molto bene, ma non riusciva ad aprire gli occhi o a tentare di muoversi. In una pigra nebbia, stava steso lì mentre James gli stendeva le gambe da una parte e gli stirava la schiena, prima di tirargli di nuovo le braccia. Infine, James gli sistemò addosso le coperte, e Harry si girò su un lato, sentendosi comodo e caldo.
"Grazie papà", mormorò, prima di scivolare di nuovo nel sonno profondo.

Piton si bloccò, e guardò il ragazzo addormentato. Come lo aveva appena chiamato? Potter di sicuro doveva essere perso in qualche patetico sogno in cui suo padre si prendeva cura di lui.
Il ragazzo non si era svegliato, mentre Piton gli stirava i muscoli, ed era proprio ciò che il professore voleva. In primo luogo, non avrebbe mai voluto toccare il figlio di James Potter; ma non poteva sopportare l'idea di dover ascoltare, il giorno dopo, i continui lamenti del ragazzo sul fatto che si sentiva indolenzito. Si, Potter stava sicuramente sognando: il ragazzo non si sarebbe mai azzardato a chiamarlo in quello spregevole modo, giusto?
Beh, con un po' di fortuna, il ragazzo il giorno dopo non se lo sarebbe ricordato. Niente di tutto questo.


-------


Il mattino dopo Harry fu svegliato dalla luce che entrava dalla finestra. Per alcuni istanti, sbattè le palpebre confuso, chiedendosi dove si trovasse. Si sentiva bene, molto meglio di quanto si fosse sentito negli ultimi tempi. I ricordi degli ultimi giorni erano confusi, e cercò di schiarirsi le idee. Era stato molto stanco e...

E... aveva preso fuoco? Sembrava una cosa stupida, ma si ricordava di essersi trovato in fiamme e di aver urlato contro Piton, ma lui lo aveva aiutato comunque. Poi Harry si era sentito triste, o turbato... non ricordava bene.
La cosa più vivida che ricordava era il sogno con suo padre. Aveva voglia di timettersi di nuovo a dormire, per sentire di nuovo la voce di James, per rivivere il modo in cui lo aveva abbracciato, e in cui aveva cercato di farlo star meglio.

"Signor Potter", una vocetta lo chiamò ad altezza-pavimento. Harry guardò giù dall'alto letto, e vide un elfo domestico che lo fissava.
"Signor Potter" - ripetè l'elfo - "Padron Piton chiede che lei faccia un bagno e si prepari subito a scendere per la colazione. Io sono qui per accertarmi che obbedisca".
Harry si accigliò, ma scese dal letto. Era troppo chiedere di tornare al suo sogno.
"Digli che scenderò il prima possibile. Ma il bagno... non mi attaccherà, vero? Perchè se è così non ho intenzione di entrarci, e puoi dirlo a Padron Piton".

L'elfo sembrò spaventato da come Harry aveva preso l'iniziativa, ma annuì: "No, il bagno non attaccherà assolutamente il signor Potter. Ci entrerà, si?"

Harry entrò in bagno con cautela. Afferrò la larga spazzola per capelli di legno e la impugnò come una mazza da cricket. Se qualcosa si fosse appena mosso, sarebbe stato in grado di distruggerlo. Ma non c'era nulla che sembrasse fuori posto; e Harry si voltò verso il rubinetto e iniziò a spogliarsi, tenendo la spazzola in una mano, in caso di guai. Una volta nella vasca, Harry tenne d'occhio la saponetta e e la spazzola da bagno mentre prendeva la spugna. Non si mosse niente, e finalmente potè rilassarsi nell'acqua calda. Venti minuti dopo, vestito con ciò che aveva trovato disposto sul letto rifatto (e non attaccato dal bagno), Harry si passò una mano fra i capelli nel tentativo di abbassarli. Il taglio di capelli che aveva ricevuto due giorni prima li aiutava a tenerli in ordine, ma stavano sempre schizzati all'insù.
Harry corse verso la sala da pranzo, ignorando i ritratti che gli gridavano di non correre e di darsi una pettinata. Piton era già seduto a tavola, e si accigliò quando vide Harry entrare.
"Signor Potter, non è permesso correre dentro casa. La prossima volta entrerai con calma. Per favore, siediti: la tua colazione si raffredda".
Harry fu contento di vedere che aveva davanti toast, uova, marmellata di lamponi e una grossa scodella di porridge. Non aveva realizzato quanto fosse affamato finchè non prese il primo boccone, e si gettò sul cibo con gusto.
"Potter!" Piton schioccò le dita con rabbia.
Harry alzò lo sguardo e disse, masticando un boccone di uovo: "Che c'è?"
"Nessuno ti ha insegnato le buone maniere?" - ringhiò Piton - "Non parlare con la bocca piena! Siediti diritto, il tovagliolo in grembo, prendi bocconi piccoli e mangia lentamente".
Harry gli dette un'occhiataccia. "Ho fame, e quando siamo a scuola non ha mai criticato il mio modo di mangiare".
"A scuola, sei circondato da centinaia di altri studenti. Dal tavolo dei professori non ti vedevo così bene".
"Eppure, stava sempre a sogghignare da lassù, e a lanciarmi occhiate cattive", brontolò Harry.
Gli occhi di Piton si strinsero, e agitò la bacchetta verso Harry. Dal nulla apparvero corde di velluto che si avvolsero attorno alle braccia e alle spalle del ragazzo, legandolo allo schienale della sedia. Harry cercò di tendersi verso il tavolo, ma le corde lo tennero stretto.
"Forse questo ti aiuterà a stare seduto dritto con la schiena", puntualizzò Piton, mentre tornata alla sua tazza di thè.
Harry cercò di prendere la forchetta. I polpastrelli la toccavano appena, ma non riusciva a prenderla. Piton sospirò e agitò nuovamente la bacchetta, spingendo la sedia di Harry più vicina al tavolo. Era difficile mangiare con le spalle legate, ma Harry riuscì a non far cadere neanche un po' di cibo.
Una volta che ebbe finito di mangiare, Piton fece scomparire le corde, e Harry bevve una tazza di thè in libertà.
"Ora, Potter", Piton prese un pacco di carte e guardò severamente Harry, "gli affari".
"Affari?", ripetè Harry, confuso.
"Sì, un gufo mi ha portato questi stamattina. Sono i documenti per la custodia temporanea che devo firmare; mi renderanno il tuo guardiano per il resto dell'estate".
A Harry andò il thè di traverso, e iniziò a tossire. Piton roteò gli occhi, mentre Harry si tossiva violentemente in una mano.
"Custodia? (coff) Ma (coff) perchè lei?"
"Non so che cosa pensi di sapere del mondo reale, Potter, ma immagino che tra i tuoi parenti e la scuola, tu abbia un'idea davvero minuscola di come funzionano le cose. Puoi pensare di essere maturo, ma non diventerai maggiorenne per un anno ancora; e le leggi magiche dispongono che tutti i maghi minorenni debbano vivere sotto la supervisione di un guardiano. Hai abbandonato la casa di tua zia e tuo zio, dunque non puoi considerarli come guardiani. Comunque, non posso avere la tua custodia senza la tua firma. Per i maghi sopra i tredici anni di età, la legge chiede che il ragazzo acconsenta a cambiare tutore".
"E che ne è dell'emancipazione?" chiese Harry. "Una volta ho letto qualcosa su dei ragazzi che possono essere considerati adulti se sono in grado di badare a se stessi".
Piton aprì la bocca per rispondere, ma poi scosse la testa. "No, Potter, non mi degnerò neanche di risponderti".
"Tre anni fa, ho lasciato la casa dei miei zii e sono rimasto a Diagon Alley fino all'inizio dell'anno scolastico", protestò ancora Harry.
"Quello era un caso particolare. Il Ministero della Magia ha dovuto fare ogni sorta di eccezioni perchè pensava che tu fossi più al sicuro a Diagon Alley, con un prigioniero evaso fuori controllo. L'anno prima, avevano trasferito la custodia temporanea agli Weasley. Davvero, hai dato più lavoro al Ministro in questi cinque anni di quello che hanno mai fatto in vita loro. D'altra parte, in entrambi i casi l'estate era quasi finita, e adesso è appena iniziata. Hai due scelte, adesso. Puoi firmare questo documento dando a me la custodia temporanea, oppure puoi tornare dai tuoi zii".

Harry lo guardò sospettosamente. "Perchè lei vuole la mia custodia? Io dò il mio consenso, e lei magari mi rinchiude da qualche parte o mi usa come cavia per qualche esperimento. Silente che ha detto?"
"E' stato proprio lui a suggerirlo", rispose Piton calmo. "E' impegnato con l'Ordine della Fenice, e vuole essere certo che tu sia al sicuro finchè non inizierà la scuola".
"E stare con lei significa essere al sicuro?" ribattè Harry, facendo il verso a Piton e al tono freddo che usava. "Perchè Silente non mi lega e non mi consegna a Voldemort, tanto per fare prima? Perchè non portarmi a un incontro di Mangiamorte, così che loro possano farla finita con me senza problemi? Lui pensa che stare con lei, il diabolico Mangiamorte trasformato in professore di Pozioni trasformato in spia, sia la scelta migliore per me..."

Piton puntò la bacchetta a Harry. Silencio.
Harry si trovò senza più voce: la bocca era aperta, e cercava di urlare; ma non ne usciva alcun suono.
"Ah" - Piton sorrise soddisfatto - "Un po' di pace. Adesso Potter, ho intenzione di dirti cosa succederà con me durante quest'estate in cui rimarrai qui. Qualche obiezione? No, immagino di no".
Se gli sguardi avessero potuto uccidere, Piton sarebbe caduto nella sua tazza di thè, morto all'istante sotto lo sguardo furioso di Harry.
"Tu puoi considerarti adulto, ma sono qui per dirti che non accetterò impudenze o insolenze da parte tua. Hai due scelte: rimanere qui o tornare dai tuoi zii, e urlare non cambierà il fatto che non puoi fare nient'altro. Sono tutto tranne che eccitato all'idea di averti come ospite estivo, ma non mi aspetto che nessuno cerchi di venire incontro ai miei desideri. Sei libero di leggere il contratto, se vuoi, ma ti informo che si limita a stabilire che io sarà il tuo tutore fino al primo di Settembre, e che sono responsabile del tuo benessere, della tua salute fisica, del tuo stato mentale (o quello che ne è rimasto), e di tutto ciò che possa rivelarsi necessario".

Harry cercò di parlare prima di ricordarsi che non poteva. Alzò una mano alla gola, e Piton sospirò.
"Va bene, ma se inizi a urlare, non parlerai per il resto della giornata. Finite Incantium.

Harry si schiarì rumorosamente la gola. "Se io firmo questo contratto, che succederà una volta a scuola? Voglio dire, chi è che avrà la custodia quando sarò lì?"
"Come è sempre stato, la scuola agisce in loco parentis, al posto dei genitori, per il periodo in cui sei al suo interno. Quando seremo al primo Settembre, questo contratto sarà scaduto e senza valore".

Harry dette una scorsa ai documenti, ma erano quasi del tutto scritti in gergo legale; che lui riusciva a malapena a leggere, figuriamoci a capire. Deglutì con fatica. "Se io accetto, che succede? Come faccio a sapere che non farà qualcosa di crudele e subdolo, come consegnarmi ai Malfoy o rinchiudermi in un sotterraneo da qualche parte?"
"Potter, se avessi davvero voluto farti del male, lo avrei fatto cinque anni fa; e mi sarei risparmiato tutto questo tempo passato a insegnarti e a sopportare le tue chiacchiere sciocche. Se volessi vederti ucciso, mi limiterei ad aprire la porta principale e ti lascerei saltellare fuori senza problemi, indifeso e non accompagnato. Un Mangiamorte ti troverebbe in pochi minuti, il Signore Oscuro ti ucciderebbe lentamente e ricompenserebbe il Mangiamorte per la tua cattura; e io potrei tornare alla mia colazione senza altre interruzioni. E' quello che vuoi?"

"No, ma lei è..." Harry si interruppe, incapace di trovare le parole giuste.
"Probabilmente sì, ma non hai altra scelta che i tuoi zii".
"L'estate qui sarà come sono stati gli ultimi giorni?"
Harry rivolse a Piton uno sguardo indagatore.
Il professore annuì. "Sì, ma spero senza le fiamme e il dramma pieno di lacrime. Ho stilato una tabella che dovrai seguire, ma la guarderemo dopo che avrai firmato".
"Una tabella?" Harry era sospettoso.
"Una cosa dopo l'altra. Firmi o no? Ho del lavoro da fare". Piton gli tese una penna.
Harry vedeva l'inchiostro sulla punta. Doveva firmare? Non voleva tornare dai Dursley: non avrebbe mai fatto progressi con loro. Voleva trovare quelle Giratempo o la Collana di Timord. Ma Piton come tutore?
Harry sentì una brutta sensazione allo stomaco. Chi sapeva che potere avrebbe potuto avere Piton una volta suo tutore? Senza nessuno intorno a fermarlo, Piton avrebbe potuto fare qualunque cosa: tutto quello che voleva, visto che Harry era indifeso, senza bacchetta.
Comunque, se Harry avesse trovato una Giratempo o la Collana di Timord, avrebbe cambiato la storia degli ultimi due anni. Una volta tornato indietro, il contratto non sarebbe esistito. Avrebbe potuto andare a vivere con Sirius da qualche parte e cancellare tutta l'estate.
Harry prese la penna e ne appoggiò la punta sul foglio. Si bloccò all'improvviso e fissò Piton. "Ma se cerco di scappare o lei si infuria? Non voglio..."
"Potter, firma il contratto e basta", Piton indicò con impazienza il documento. "Potremo passare tutto il giorno a chiederci 'e se'. A meno che non succeda niente di troppo strano o fuori dall'ordinario, sono sicuro che all'inizio della scuola sarai vivo e vegeto".
"Quanto sicuro?" chiese Harry, ancora indeciso.
"84%", rispose Piton senza esitazione.

Non era molto confortante, ma Harry pensò che fosse il massimo che poteva ottenere. Guardò in fondo al contratto. C'erano due righe. Sulla prima c'era scritto Severus Augustus Piton. Prendendo un profondo respiro, Harry scrisse Harry James Potter sulla seconda riga.
Piton toccò i documenti con la bacchetta, e i fogli scomparvero.
"Non dovevano esserci i testimoni?" Azzardò Harry, che ricordava di aver visto un film babbano che conteneva alcuni aspetti legali.
"No, entrambe le firme hanno la magia al loro interno".
Piton prese un altro foglio sul tavolo.
"Quindi è fatta?" chiese Harry piano. "Sono bloccato per il resto dell'estate qui con lei. Che succede se esco dalla porta e lascio la proprietà?"
"Che vengo a riprenderti e ti riporto indietro tenendoti per i capelli", rispose distrattamente Piton, mentre guardava il nuovo foglio.
"No, volevo dire dal punto di vista magico".
"Niente, almeno finchè non metterò le barriere intorno alla casa e ai giardini".
"E a quel punto che cosa succederà?" insistè Harry.
"Potter, smettila di fare tante domande. Perchè, come... sei peggio di un bambino".
Harry sbuffò e si appoggiò con la schiena alla sedia, incrociando le braccia. Un terribile pensiero gli attraversò la mente: adesso che Piton era il suo tutore poteva costringere Harry a obbedire a quello che gli diceva con la magia. Poteva semplicemente dire "Comportati bene" e Harry non avrebbe potuto comportarsi male. Come la versione di Cenerentola che Harry aveva letto anni prima, in cui la ragazza doveva obbedire a tutto ciò che le veniva detto.

Piton sospirò. "Qualunque cosa tu pensi, ti assicuro che così male come te lo immagini. Ora, guarda questo foglio".
Harry guardò deliberatamente da un'altra parte per qualche secondo, giusto per accertarsi se avesse ancora una volontà propria. Non successe niente: si sentiva come al solito, così dette un'occhiata al foglio e lesse 7:00 Sveglia, bagno, vestirsi, rimettere in ordine - 8:00 Colazione - 8:30 Passeggiata...

"Che razza di tabella è?" chiese Harry. "Vuole che studi e legga e vada a letto alle dieci tutti i giorni? E' estate!"
"Sono perfettamente cosciente della stagione in cui ci troviamo", iniziò calmo Piton, ma Harry lo interruppe.
"No, non sono d'accordo. Devo seguire una tabella tutto l'anno quando sono a scuola".
"Tabella che riesci a infrangere numerose volte".
"Agisco in base al suono della campanella per nove mesi" - insistè Harry - "Vai in classe, vai a mangiare, vai a letto, vai in punizione. Non seguirò questa scheda."
"Potter, quest'argomento non è oggetto di dibattito".
"So già che cosa succederà" - sbottò Harry - "Io non sarò in grado di seguire alla perfezione quella tabella, e lei mi prenderà in giro tutta l'estate, dicendo che non sono in grado di obbedire alle regole proprio come mio padre, e che non riesce a credere di avere a che fare con uno studente tanto disprezzabile. Quindi dico di no adesso".
Harry rimase seduto, a braccia incrociate, in collera. Non avrebbe permesso a Piton di spadroneggiarlo per tutta l'estate, per poi tornare a scuola e doverlo sopportare anche lì.
Gli occhi di Severus brillavano minacciosi. "Potter" - disse severamente - "mi hai urlato contro tutta la mattina, e ne ho abbastanza del tuo comportamento. Prenditi un periodo di riflessione, e vai in piedi in quell'angolo finchè non ti sarai calmato".
Harry impallidì mentre fissava Piton a bocca aperta. Il professore non diceva sul serio.
"Ora, Potter!" Ordinò Piton. "Metti il naso in quell'angolo finchè non ti dirò di tornare. Vai, non farmelo dire di nuovo, o ti porterai dietro un sedere in fiamme".
Furioso, Harry spinse indietro la sedia e si alzò. Camminò rumorosamente verso un angolo della stanza e vi si mise in piedi, ribollendo di rabbia e borbottando: "Brutto, malvagio..."
"Non parlare mentre sei confinato nell'angolo", ordinò Piton. "Non ho intenzione di avere a che fare con crisi di ribellione adolescenziale per tutta l'estate. Quindi, per settembre avrai imparato a controllarti, dovesse essere l'ultima cosa che faccio. Ora stai lì per un po' e pensa a come controllarti".
Harry non voleva fare nient'altro che tornare di corsa al tavolo e dare un pugno sul naso di Piton. Respirando a denti stretti, Harry strinse le mani a pugno, fissando con rabbia il legno marrone del muro. Non avrebbe potuto sopportare tutto questo per le prossime sette settimane.

Sette settimane? Davvero così tanto? Erano quarantanove giorni, quarantanove giorni bloccato con Piton e quella dannata tabella. Il professore l'avrebbe pagata.

Venti minuti più tardi, Harry era annoiato come mai lo era stato in vita sua. Si sentiva le gambe stanche a forza di stare in piedi senza muoversi.
Morto di noia: suonava bene. Harry cercava con tutte le sue forze di rimanere arrabbiato con Piton, ma il tempo passato a Snapdragon Manor sembrava aver lavato via il suo odio per lui. Harry non sentiva più una rabbia incontrollabile verso il professore di Pozioni. Invece, Piton lo aveva fatto sentire un bambino capriccioso che aveva bisogno di essere controllato e accudito, del quale non ci si poteva fidare a lasciarlo solo. Il fatto che Harry al momento fosse confinato in un angolo non lo aiutava a sentirsi meglio.
Era pronto per tornare al tavolo e dimostrare a Piton che poteva comportarsi da adulto.

Sentiva che Piton prendeva una seconda tazza di thè. Uno degli elfi domestici venne a sparecchiare il tavolo. "Padron Piton, sono venuta a riordinare la tavola". Harry sentì la vocetta dell'elfa. "Lei e il signor Potter avete finito?"
"Sì, prendi i piatti, ma lascia il servizio per il thè", ordinò Piton.
"Il signor Potter ha bisogno di qualcosa?" chiese timidamente l'elfa.
"Il signor Potter rimarrà nell'angolo finchè non imparerà a comportarsi come si deve", rispose Piton. "E conoscendo il nostro giovane ospite, Passerà lì un sacco di tempo".
Piton sogghignò quando vide Harry quasi pestare i piedi. "Sì, Nabby, penso che sia una buona idea incidere il nome del signor Potter su quell'angolo, in modo che sappia che è il suo posto quando si comporta male".
"No, non lo è!" Insistè Harry, sempre con la faccia rivolta al muro. Si aspettava che Piton gli ordinasse di calmarsi o dicesse a Nabby di iniziare a incidere, perchè Potter avrebbe vissuto in quell'angolo per le prossime sette settimane. Invece, tutto quello che Piton disse fu:
"Sei pronto a comportarti come si conviene alla tua età, o hai bisogno di un altro po' di tempo lì?"
Harry si voltò e tornò a tavola. "Mi comporterò come si conviene alla mia età, anche se non voglio seguire una tabella".
"Farai bene ad occuparti dei tuoi studi. Il sesto anno è piuttosto difficile, e non c'è motivo per cui tu non possa iniziarlo già preparato".
"Ma Hermione..."
"La signorina Granger ha del talento a ricordarsi i libri, ma non c'è ragione che ti impedisca di imparare altrettanto. Mentre lei leggeva o studiava di notte, sono convinto che tu eri in giro a fare sciocchezze con il signor Weasley o un altro dei tuoi amici sempliciotti. Non vedo perchè tu non possa tornare a scuola preparato come la signorina Granger. Forse allora sarai capace di rispondere a qualche domanda, in classe; invece di fingere di essere invisibile".

Piton aveva ragione, ma Harry preferiva stare a sedere tenendo il broncio, piuttosto che ammettere che il Professore di Pozioni sapesse di cosa parlava.

"Per quanto riguarda i pasti e l'ora di andare a letto, ti aspetti davvero di crescere e diventare più alto finchè scarti il cibo sano, ti riempi di zucchero, e non ti riposi mai? Ti ho visto sbadigliare in classe diverse volte nell'anno passato, e una volta ti sei quasi addormentato. Ho ragione?"

"Beh, a volte non riesco a dormire la notte" - mormorò Harry - "E mangio quando ho fame, e tutti a scuola mangiano dolci senza che i professori li rimproverino".
"Chi dice che non rimprovero gli altri studenti quando mangiano troppi dolci?" chiese Piton, alzando un sopracciglio. "Se dipendesse da me, non ci sarebbero neanche gite a Hogsmeade. E senza troppi zuccheri, ti adatterai presto a dormire a un'ora ragionevole e ad alzarti presto. Potrebbe anche aiutare il tuo malumore. Per quanto riguarda la tabella, ne metterò una copia nella tua stanza e una in biblioteca. Ti aiuterà a memorizzarla, rendendoti più facile seguirla. A pranzo parleremo più approfonditamente delle conseguenze della disobbedienza, e poi potrai iniziare il compito che ti ho assegnato l'altro giorno. Adesso, vedo che sono quasi le nove, e dovresti essere fuori a camminare. Muoviti!"

In qualche modo, Harry si trovò avvolto nel mantello verde e spedito in giardino prima che potesse obiettare.

"Cammina lungo il sentiero", disse Piton, indicando il camminamento di ghiaia. "Compie un giro intorno alla casa. Anche se cammini lentamente, tornerai qui in tempo per studiare, alle dieci e mezza. Rimani sul sentiero di ghiaia".

Piton tornò dentro e sbattè la porta. Harry rimase a fissare sbalordito la porta chiusa. Tre giorni in casa di Piton, ed era stato sculacciato due volte, aveva preso fuoco, si era trovato con un nuovo tutore, era stato messo sotto una rigida tabella giornaliera, ed era rimasto in piedi in un angolo per mezz'ora. E adesso doveva ancora scrivere quello stupido compito. Incredibile.

Nonostante tutti i suoi commenti sarcastici sul fatto di essere scocciato dagli studenti e da Harry in particolare, Piton era una persona molto alla mano. Harry era certo che Piton gli si sarebbe avvicinato in maniera personale, senza lasciarsi sfuggire nulla. Questo preoccupava e tranquillizzava Harry al tempo stesso: il pensiero che qualcuno poteva essere buono e cattivo, pronto a distribuire in ogni momento regole e sarcasmo, senza mai lasciare a Harry dubbi su come il suo comportamento era visto da Piton e su come il professore aveva in programma di occuparsene.

A circa un centinaio di piedi più avanti nel giardino, un sentiero scuro si dipartiva da quello di ghiaia e continuava nella foresta, girando a destra mentre il sentiero di ghiaia conduceva a sinistra.
Harry si voltò indietro a fissare la casa, e poi di nuovo a osservare i due sentieri. Per girare intorno alla casa, avrebbe dovuto seguire quello più scuro. D'altra parte, il sentiero di ghiaia terminava davanti a una mangiatoia per uccelli. Forse se Piton fosse uscito qualche volta dal suo laboratorio di Pozioni, sarebbe stato in grado di orientarsi anche nella sua proprietà, pensò Harry malignamente mentre si incamminava lungo il sentiero scuro.
Harry sogghignò al pensiero di Piton che si aggirava perso e senza direzione nella sua stessa proprietà, chiedendosi come tornare a casa. Poi si rabbuiò, mentre il suo pensiero tornava alla conversazione avuta al tavolo della colazione.

Si sentiva le farfalle nello stomaco mentre camminava, oltrepassando il giardino ordinato per continuare nella foresta. Come si sarebbe sentito alla fine dell'estate, se avesse seguito la tabella di Piton?
Sicuro? Pronto a partecipare alle lezioni come faceva Hermione? Poteva immaginare la faccia della sua amica, mentre alzava la mano per primo per rispondere a una domanda e guadagnava punti per Grifondoro perchè aveva risposto bene. Quando lei si sarebbe voltata a guardarlo stupita, lui avrebbe detto: "Che c'è? Oh, sì, ho studiato un po' quest'estate, non molto, sai". E Ron avrebbe ghignato, perchè finalmente qualcuno sapeva di più sui libri di Hermione.

E cosa avrebbe pensato Ron, di Piton come tutore? Harry poteva immaginare l'espressione piena di orrore e disgusto di Ron, e poi di opprimente pietà. "Poveraccio", avrebbe scosso la testa Ron, "sembra che facciano di tutto per farti impazzire. Tutta l'estate con quell'idiota unto di Piton? Silente vuole che tu abbia un crollo nervoso?"

Avrebbe dovuto scrivere a Ron. Sicuramente a Piton non importava che Harry si scambiasse lettere con i suoi amici, finchè non progettava di scappare. Avrebbe dovuto chiedergli il permesso, ma riusciva a immaginare la risposta di Piton: "Vuoi scrivere ai tuoi amici? Pensi davvero che siano capaci di leggere le tue lettere e di risponderti? Mi deludi".
Però, Piton glielo avrebbe lasciato fare, giusto? Non avrebbe lasciato che Harry trascorresse tutta l'estate senza parlare con i suoi amici. I Dursley lo avrebbero fatto, ma Piton non era malvagio come loro: aveva aiutato Harry con la storia del maleficio, i Dursley lo avrebbero solo chiuso in camera. Forse, se glielo avesse chiesto con educazione e rispetto. Le parole del professore erano sempre acide, ma probabilmente sarebbe stato d'accordo, anche se riluttante in qualche modo.

Ma no, prima le Giratempo. Harry aveva dei piani prioritari, che non includevano studiare tutta l'estate e scrivere agli amici. Diventava sempre più difficile concentrarsi in quella che era la sua intenzione iniziale. Piton doveva aver messo qualcosa nel suo cibo.

Il sentiero sembrava andare avanti per sempre, dopo una curva ne seguiva subito un'altra. Dopo un po' Harry si chiese se doveva tornare indietro o se era più rapido continuare ad avanzare.
Dopo aver raggiunto la cima di una collina e aver notato che il sentiro la scendeva, per poi salire su un'altra collina ancora, Harry ci rinunciò e si sedette sotto un albero. Appoggiò la schiena al tronco e le mani sulle ginocchia piegate. Era ancora stanco dal trauma dei giorni precedenti. Perchè Piton gli aveva fatto fare una camminata così lunga quando ancora non era guarito completamente? Non doveva immaginarsi, Piton, che si sentiva ancora stanco? O forse sperava che Harry sarebbe collassato mentre camminava?

Harry quasi sbuffò, nel fare questi pensieri. Si stava forse chiedendo perchè Piton non si affannasse intorno al delicato stato di salute del suo pupillo? Lo stesso professore che si divertiva nel vedere Harry soffire e agitarsi in classe, felice di vederlo sbucciare qualcosa di viscido e disgustoso per ore?
Ma era stato bello quando, il giorno prima, Piton si era comportato in modo preoccupato, ma sicuro che avrebbe aiutato Harry. E la sensazione della mano dell'uomo sulla sua fronte, e mentre gli sentiva le pulsazioni - toccava Harry e non arretrava in preda al disgusto. Non erano molte le persone che volevano contatti fisici con lui, come se fosse stato pericolosamente contagioso o sul punto di esplodere. Anche Madama Chips faceva le sue visite in fretta e con minor contatto fisico possibile.

All'ombra dell'albero, Harry chiuse gli occhi e cercò di ricordare il suo sogno. Gli piaceva il modo in cui James gli aveva messo il braccio sulle spalle, tirandoselo contro in maniera rude, certo che Harry potesse sopportare un po' di rudezza. Alcuni padri erano molto fisici con i propri figli: abbracci, lotte, leggeri pugni sulle spalle, gli scompigliavano i capelli o gli facevano il solletico finchè i figli chiedevano pietà. Harry aveva visto questi genitori con i propri figli: li abbracciavano, li coccolavano quando piangevano, ridevano, parlavano di sciocchezzuole, gli compravano dolci, e minacciavano di punirli se non si comportavano bene.
Lui non avrebbe avuto niente del genere, pensò Harry, aprendo gli occhi e strappando distrattamente un filo d'erba. Non avrebbe mai avuto una madre che gli sistemava le coperte la sera o un padre che lo rimproverava per il suo comportamento o si complimentava con lui per i suoi voti.
Harry aveva sperato che crescendo non gli sarebbe importato di essere un orfano - che non gli sarebbe importato di essere solo, perchè gli adulti dovevano essere in grado di stare in piedi da soli senza bisogno di aiuto. Da una parte si sentiva stupido e infantile per il desiderio di avere dei genitori: molti ragazzi della sua età volevano allontanarsi dalle famiglie e vivere da soli. Di solito, Harry si convinceva che stava meglio senza genitori che lo coccolavano e si occupavano di lui, considerato che non gli piaceva quando erano i professori a farlo. Ma sapeva che ora più che mai, voleva una famiglia. Invece aveva dei freddi zii e un irascibile professore di Pozioni come tutore temporaneo.

Un ramoscello si spezzò, e Harry alzò gli occhi. Il suo cuore iniziò a battere all'impazzata mentre vedeva l'irascibile professore di Pozioni marciare su per la collina, la sua veste nera che svolazzava minacciosa. L'espressione sul suo volto rendeva sicura una sola cosa: Piton non era per nulla contento del suo pupillo.
Harry si alzò in piedi. Doveva correre incontro a Piton o aspettare che arrivasse da lui? Andare o rimanere, andare o rimanere?
Harry fece un mezzo passo avanti e poi cambiò idea. Non c'era ragione di andare incontro alla furia.

Mentre Piton si avvicinava, Harry vide che il mago aveva una copia della tabella in una mano, e la bacchetta stretta nell'altra. Non prometteva bene, proprio per niente.

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Capitolo 7
*** Discussione sulla disobbedienza ***




Ecco un nuovo capitolo!
Divertitevi!
Starliam


Piton marciò in cima alla collina e rimase a fissare il suo nuovo pupillo, esprimendo una furia che non poteva essere descritta a parole. Harry si ritrasse, chiedendosi se doveva correre via. Era molto stanco, ma pensava che sarebbe comunque riuscito a seminare Piton se ci avesse provato con abbastanza forza. D’altra parte, Harry sotto il mantello indossava pantaloni lunghi e una maglietta larga; mentre Piton aveva la sua veste fluttuante.

Harry fece per voltarsi, e Piton urlò a gran voce: “Potter, se fai anche solo un passo indietro, ti trasformo in un albero e ti lasciò lì fino a che compi vent’anni!”

Harry si voltò verso di lui con riluttanza. Non credeva sul serio che Piton lo avrebbe lasciato lì per i successivi quattro anni; ma non aveva alcun dubbio sul fatto che il suo severo insegnante di Pozioni gli avrebbe lanciato una fattura. Se Piton intendesse trasformare Harry in un albero, o semplicemente intrappolarlo in un albero, il ragazzo non aveva voglia di scoprirlo.

“Che ore sono?” chiese Piton.
“Non lo so, signore”, scrollò le spalle Harry. “Non ho un orologio”.
“E non ti è venuto in mente di chiederne uno, adesso che stai seguendo una tabella?”
“No, ma lei non me l’ha dato,” protestò Harry.
“Pensavo che tu fossi abbastanza responsabile da riconoscere i tuoi bisogni senza che io sia costretto a occuparmi di ogni minima cosa. Vedo che stavo dolorosamente sbagliando”.

Harry incrociò le braccia e si chiese che cosa sarebbe successo se avesse afferrato la bacchetta di Piton e avesse trasformato lui in un albero.

“Prima che tu uscissi, ti avevo detto di rimanere sul sentiero grigio. Mi hai sentito?”
“Sì, ma sembrava che finisse davanti a quella cosa per far mangiare gli uccelli”, Harry indicò un punto col dito.

Piton quasi roteò gli occhi. “Se l’avessi oltrepassata, avresti visto che il sentiero forma una curva a gomito sulla sinistra, subito dopo la mangiatoia. Il sentiero grigio compie un giro di circa mezzo miglio intorno alla casa e ai giardini. Questo più scuro, invece, entra nei terreni dietro la casa. Riposta comunque all’abitazione, ma il giro che compie è lungo sedici miglia. Tu hai camminato per più di quattro miglia – non hai pensato che stavi camminando da molto tempo e che avresti già dovuto raggiungere la casa da un po’?”

Era così ingiusto; Harry avrebbe voluto gridare dalla frustrazione. Piton stava facendo giochini mentali con lui, di nuovo. Faceva in modo che Harry si trovasse sempre a sbagliare: Piton lo faceva apposta, per essere sicuro che Harry si sentisse a disagio, impacciato e infelice il più possibile, e Piton si godeva ogni secondo della sua miseria.

“C’è un altro sentiero più scuro che si diparte da questo, più avanti,” aggiunse Piton. “Se lo avessi preso, saresti finito a Malfoy Manor!”
Harry sbattè le palpebre. “Abita accanto a Malfoy Manor?” “Se per accanto tu intendi a 14 miglia di distanza, allora si, ci abito accanto”, sbottò Piton. “E la prossima volta che ti dico qualcosa sulla casa o sui confini, ascoltami! Sono le undici passate, e ti sei perso metà del tempo dedicato allo studio”. Piton ripose la tabella nella tasca della veste e mise via la bacchetta. Prese Harry per le spalle e se lo tirò vicino. “Stai fermo”.

Harry voleva arretrare; non gli piaceva quella vicinanza, ma la presa di Piton era implacabile. Entrambi si smaterializzarono con un crack.

A Harry non piaceva neanche questa sensazione: era peggiore che viaggiare via Passaporta, improvvisa e forte con una sensazione di essere strattonato che aveva fatto sobbalzare ogni muscolo del suo corpo. Piton lo lasciò andare non appena arrivarono, e Harry cadde all’indietro sul terreno soffice con un umph. Si guardò intorno; erano nel giardino principale, la casa era lontana solo qualche centinaio di piedi. Piton si chinò e tirò su Harry tenendolo per un braccio. Una volta assicuratosi che il ragazzo fosse saldo sui piedi, Piton lo afferrò per un orecchio e iniziò a trascinarlo verso l’abitazione.

“Ow! Ma io pensavo che l’altro sentiero si fosse interrotto,” protestò Harry, affrettando il passo per evitare che Piton gli strappasse del tutto l’orecchio. “Sapevi esattamente cosa ho detto,” Piton continuava a camminare, la sua presa come una morsa intorno all’orecchio di Harry. “Ma tu pensavi di saperne di più, così hai deciso di scegliere la strada ignorando le mie direttive. Un comportamento tipicamente Potter: pensa di saperne più di chiunque altro. Pensavo avessimo già affrontato questo argomento, ma ovviamente il messaggio non è arrivato a destinazione”.

“No, no,” replicò Harry in fretta, il suo tono di voce perfettamente rispettoso. “Ero confuso, tutto qui – non pensavo che lei stesse sbagliando. Prometto che la prossima volta rimarrò sul sentiero grigio, anche se penso che non porti da nessuna parte”.

Raggiunsero la porta, e Piton gli lasciò l’orecchio. Harry ebbe appena il tempo di strofinarselo prima che Piton lo afferrasse per la spalla e lo spingesse in biblioteca.

“Non un’altra parola da parte tua, Potter”, ordinò il professore di Pozioni. “Siediti alla scrivania e inizia a scrivere quel compito. Sarà meglio che non senta neanche un pigolio fino all’ora di pranzo, o vedrai…”
Piton lo fissò minaccioso e uscì con passo altero, chiudendosi con forza la porta dietro di sé.

Harry si sedette tremando alla piccola scrivania, e prese la pergamena e una penna. C’era mancato poco, troppo poco. Doveva sopravvivere se voleva riportare indietro Sirius e Cedric, e irritare Piton non gli sarebbe servito. Fai quello che ti dice, pensò Harry mentre srotolava la pergamena e vi sistemava sopra a un’estremità la boccetta dell’inchiostro, per impedirle di arrotolarsi di nuovo. Fai quello che dice, e quando si sarà abituato a te, vattene da qui.

Come al solito quando si trovava a guardare un foglio di pergamena bianco, non riusciva a farsi venire in mente niente da scrivere. Lo infastidiva, a scuola, quando si preparavano a scrivere e Hermione iniziava a buttare giù quello che le veniva in mente con foga, come se potessero strapparle il foglio dalle dita. Iniziava a scrivere, e poteva ignorare chiunque nella stanza, mentre scriveva e scriveva; e tornava indietro a cambiare una parola e a riconsiderare la conclusione, tutto con una espressione intensa sul volto. Harry cercava di mantenere l’attenzione, mentre sedeva accanto a lei, ma veniva sempre distratto da Ron che giocherellava con i libri o da Dean Thomas che parlava dell’ultima partita di Quidditch. A quel punto Harry desiderava unirsi e chiedere del Cercatore di Corvonero o del Battitore di Tassorosso. E la cosa successiva di cui si rendeva conto, era che si era fatto troppo tardi e i prefetti mandavano tutti a dormire.

Ma qui era diverso. Nessuna distrazione nella libreria silenziosa, nessuno con cui parlare, niente che lo disturbava. E non aveva assolutamente niente da dire.

“Come mostrare il dovuto rispetto e obbedienza ai più grandi”. Almeno, pensava che fosse questo il compito. O almeno abbastanza simile, sperava. Rispetto, il dovuto rispetto. Come quella canzone babbana: R – E – S – P – E – C – T, just a little bit, just a little bit.

Canticchiò la canzone fra sé e sé mentre buttava giù qualche parola. E se avesse iniziato a cantarla davanti a Piton? Il professore avrebbe pensato che era impazzito. R – E – S – P – E –

No, concentrati! Non cantare, scrivi!

Harry guardò il foglio per vedere cosa aveva scritto. Il rispetto e l’obbedienza sono necessari se… Se cosa? Se vuoi essere miserabile ventiquattro ore al giorno? Se non vuoi divertirti ed essere annoiato fino ad impazzire? … Se si vuole diventare rispettosi della legge (sì, o Mangiamorte), dei rispettabili (o acidi) maghi o streghe (o odiati professori).

Ecco, una frase. Un’ intera frase che occupava una riga. Aveva ancora due piedi, undici pollici da fare. Cercò di pensare a tutte quelle ramanzine che la McGranitt gli aveva dato a proposito di seguire le regole e stare a posto. Ne aveva dimenticate una buona parte, più intento a fantasticare sull’imminente partita di Quidditch che a prestare attenzione ai suoi rimproveri. Forse qualcosa sull’ascoltare poteva starci, nel compito: qualcosa sul fatto di stare attenti quando gli adulti parlano?

Harry aveva appena scritto mezzo piede di pergamena quando sentì un piccolo crack, e un’ elfa domestica si materializzò davanti alla scrivania.
“Sì?” chiese Harry. Era ormai preso dalla scrittura, e non gli piaceva essere interrotto.
“Padron Piton chiede che il signor Potter venga a pranzo”, squittì l’elfa domestica.
“Come? Non può essere già l’ora”, obiettò Harry. “Ho appena iniziato”.
“Padron Piton chiede anche che il signor Potter porti con sé il suo compito”, continuò l’elfa come se non avesse sentito Harry.
“Ma non ho ancora finito. Ho avuto appena un’ora. Devo fare ancora due piedi e mezzo”.
L’elfa sembrò nervosa e incerta. Finalmente, gli disse: “Il signor Potter dirà questo a Padron Piton a pranzo, e Padron Piton se la vedrà con lui”.
“Grande”, Harry ripose la penna nella boccetta dell’inchiostro e seguì l’elfa domestica nella sala da pranzo.

Piton era già seduto a tavola, che leggeva accuratamente alcune lettere. Alzò lo sguardo mentre Harry si avvicinava al tavolo. “Dov’è il tuo tema?”
“Non l’ho finito. Non mi ha dato abbastanza tempo. Non scrivo molto in fretta”.
“Tu non fai diverse cose molto in fretta, signor Potter”, commentò asciutto Piton. “Perché dovrei essere sorpreso che scrivere sia una di queste? Smettila di tenere il broncio, e siediti.

Un orologio d’oro era accanto al piatto di Harry. Piton annuì indicandolo. “Forse quello ti aiuterà a tenere conto del tempo, Potter, anche se ne dubito. Cerca di non perderlo o di non romperlo durante la prima ora, ci riesci?”

Il pranzo era buono, e Harry prestò una speciale attenzione alle maniere. Tovagliolo in grembo, postura diritta, nessuna sciatteria che Piton potesse criticare. Il bicchiere di fronte a lui conteneva un liquido rosso scuro, che Harry pensò potesse essere vino o succo di mirtillo. Lo assaggiò, sicuro che Piton non gli avrebbe mai dato del vino. Era simile al mirtillo, ma sembrava più lampone mischiato con mela e un altro sapore che Harry non riconosceva. Qualcosa di aspro, eppure dolce; con un retrogusto di mora, forse?

Harry alzò la testa di scatto. “Ha messo una pozione qua dentro?” chiese.
Era un comportamento in perfetto stile Piton, dare pozioni alle persone quando meno se lo aspettavano. Specialmente dopo quella conversazione al quarto anno, quando Piton aveva promesso che avrebbe messo il Veritaserum nel succo di zucca di Harry.
“Per favore, Potter”, sospirò Piton. “Se avessi voluto che tu prendessi una pozione, te l’avrei data in una fiala e mi sarei divertito a vederti inghiottirla. Molte pozioni perdono l’efficacia, se mescolate con altre bevande. La miscela di frutti che ti stai godendo renderebbe inutile la più semplice pozione”.

Harry scosse piano il bicchiere, guardando il succo che colpiva l’orlo. “Perché non può aggiungere un po’ di sapore alle pozioni? Perché devono essere così cattive?”

Piton sospirò, mentre appoggiava il suo bicchiere.

“So che probabilmente ce lo ha detto centinaia di volte in classe” - aggiunse Harry, immaginando correttamente i pensieri di Piton - “ma lo chiedo di nuovo”.
“Come ho cercato di dirvi il primo giorno di lezione” - Piton assunse l’espressione da predica che aveva di solito quando insegnava lezione a un branco di idioti - “le pozioni sono sostanze delicate, instabili. Non è come preparare dei biscotti, dove anche se si aggiunge un po’ troppo burro o non abbastanza farina, il risultato è buono comunque. Non puoi iniziare a mischiare gli ingredienti e sperare che facciano l’effetto che dovrebbero. Se aggiungi un ventesimo di un cucchiaino di troppo, l’intera pozione può essere rovinata”.

Harry aprì la bocca per obiettare, per insistere che le pozioni non possono essere così particolari, ma Piton scosse la testa.

“D’accordo, Potter, fai finta che stai volando dritto verso il Boccino. Un po’ più veloce, e lo prenderai nei prossimi venti piedi. Improvvisamente, il Boccino vira due pollici a destra. Se non cambi direzione verso la piccola canaglia, la perderai nei prossimi venti piedi. Le pozioni sono la stessa cosa. Capito?”

“Beh, se le pozioni sono così difficili da fare bene, perché si arrabbia quando in classe sbagliamo? “ chiese Harry, un po’ bruscamente. “Incolpa noi perché non riusciamo a farle, e ha appena detto che è quasi impossibile non sbagliarle”.

Piton appoggiò la forchetta con un sonoro “clinck”. “Potter, quanti anni hai?”
Harry arrossì. Non voleva fare questi giochini. “Lo sa quanti anni…”
“Rispondi alla domanda”.
“Va bene, compirò sedici anni fra tre settimane”.
“E” – continuò Piton senza alcuna espressione – “da quanti anni stai frequentando Hogwarts?”
“Da cinque, ma non capisco…”
“E in questi cinque anni, per quanti di essi hai frequentato Pozioni?”
“Per tutti e cinque, ma…”
“Quindi hai partecipato a circa trecento lezioni di Pozioni? Più o meno?”

Erano davvero così tante? Harry si fece rapidamente la somma a mente. Almeno due volte a settimana, per nove mesi all’anno, per cinque anni.
“Penso sia giusto”, ammise.
“E in queste lezioni, quante volte ti sei presentato in classe dopo aver letto ciò che vi era stato assegnato?”

Harry poteva sentire le guance farsi più rosse. “Uh…” “Ogni lezione?” Piton gli gettò uno sguardo indagatore che fece agitare Harry sulla sedia. “Una volta a settimana?” Harry distolse lo sguardo, contorcendosi sulla sedia. “Una volta al mese? Una volta ogni due mesi? Oh, aventi, Potter, menti se devi! Ti sei mai preparato per le mie lezioni?”
“Sì, sono certo di aver studiato almeno quattro diverse volte”, insistette Harry.

Il silenzio di Piton risuonò minaccioso nella sala da pranzo, e gli organi interni di Harry continuavano a contorcersi nervosamente. Harry evitò di incontrare lo sguardo penetrante di Piton continuando a fissare il tavolo, mentre il silenzio si prolungava.

“Ero impegnato”. Harry finalmente ruppe il silenzio. “Ho le altre lezioni e…”
“E il Quidditch, e l’andare in giro con gli amici a fare sciocchezze, e i vagabondaggi notturni”, si accigliò l’insegnante. “So che la signorina Granger partecipa a ogni lezione preparata, eppure riesce a assistere alle partite di Quidditch e a passare il tempo con gli amici. Tu passi nove mesi dell’anno dove? Al parco di divertimenti di Hogwarts? All'asilo infantile di Hogwarts? No alla scuola di Hogwarts”.

Harry si imbronciò e spinse via il piatto quasi vuoto.

“E per quanto riguarda fare bene le pozioni, pensi davvero di poter saltellare in un laboratorio e iniziare a buttare ingredienti insieme e fare qualcosa di buono, senza pratica, senza conoscenza della materia? E’ un miracolo che voi ragazzi non abbiate fatto saltare in aria la mia classe. Se potessi fare a modo mio, nessuno sotto i quindici anni dovrebbe essere ammesso in un laboratorio di Pozioni. Finchè non capite quanto possono essere pericolose certe sostanze, non dovreste commetterci sciocchezze”.

“Mi spiace di averlo chiesto”, ribattè Harry. “La prossima volta che ho una domanda, cercherò direttamente la risposta senza ascoltare una predica di dieci minuti”.
“Sei impossibile”, Piton scosse la testa, tornando al suo pranzo. “Io offro un po’ di critica costruttiva…”
“Costruttiva?” Harry quasi urlò. “Non c’è niente di costruttivo in questo. Lei fa la lista di tutto quello che sbaglio, sapendo che non posso fare niente perché sono nella sua casa con le sue regole”.
“Cosa credi che voglia da te il prossimo anno? Hmm, Potter?” “Che studi di più e che la smetta di fare sciocchezze”, mormorò Harry.
“E se lo farai, potrò pensare che hai modificato il tuo biasimevole comportamento grazie alla mia predica. Quindi, qualcosa di buono ne sarà venuto”.

Harry si appoggiò alla sedia, sconfitto. Quell’uomo aveva una maledetta risposta per tutto. D’altra parte, non voleva che Piton avesse ragione. Gli piaceva quando diventava offensivo solo per essere odioso. Era più facile disprezzarlo.

“Se finisco il mio compito questo pomeriggio, posso girare un po’ per la casa più tardi, durante il tempo libero?” chiese Harry, dopo qualche minuto di silenzio.
“Vuoi iniziare a esplorare?” Piton alzò un sopracciglio, facendo capire che pensava a un’altra parola.
“No, non voglio curiosare”, insistette Harry. “Solo guardare un po’ in giro. Di solito lo faccio ad Hogwarts, per vedere i quadri e le diverse stanze. Non sono mai stato in un’altra casa di maghi, a parte quella degli Weasley, oh, e la casa di Sirius”. Un’ombra passò sul volto di Harry, e Piton rispose in fretta: “Va bene, puoi guardarti intorno; ma ho due regole. Primo, rimani fra il primo e il secondo piano. Non curiosare nei sotterranei e o nelle torri. Due, se una porta è chiusa significa che non ci devi entrare. Capito?”

Harry voleva protestare. Aveva in mente di perlustrare ogni angolo dell’abitazione fino a che non avesse trovato la sua bacchetta e il suo mantello, ma non era il caso di dirlo a Piton. Il professore lo avrebbe probabilmente rinchiuso nella sua stanza, se avesse avuto il sospetto di ciò che il suo giovane pupillo aveva in mente.

“Sì, signore”, annuì Harry.

“Adesso che abbiamo finito di discutere su pozioni e esplorazioni, forse ti piacerebbe riaffrontare l’argomento della tua tabella. Immagino che non ci saranno più sfuriate da parte tua, a meno che tu non voglia familiarizzare ancora di più con l’angolo?”
“No”, Harry guardò male il professore, ma non disse altro. “Bravo ragazzo. Ho guardato la tabella un’ultima volta, e sono giunto alla conclusione che non c’è niente da cambiare. Spero che tu abbia raggiunto la stessa conclusione. Se non è così, posso sempre aggiungere più studio e mettere più presto l’ora di andare a letto”. “Va bene così com’è”, lo rassicurò Harry. Avrebbe voluto che semplicemente, l’insegnante gli consegnasse la tabella dicendogli: “Ecco, questa è la scheda. Arrangiati, Potter”. Tutto questo discuterne infastidiva Harry più della tabella stessa.
Le discussioni sulle cose rendevano Piton più umano, e Harry preferiva che rimanesse il cattivo, malvagio pipistrello che era sempre stato.

“Ho pensato alle conseguenze della disobbedienza”, continuò Piton, ignaro dei pensieri di Harry. “Adesso, idealmente, mi piacerebbe pensare che non ci sia bisogno di punizioni perché non disobbedirai mai; ma entrambi sappiamo che è un pensiero sciocco”.

Era così difficile non mettere il broncio. Harry poteva sentire il suo labbro inferiore che desiderava sporgersi in un rabbioso, muto broncio; ma strinse forte le labbra per resistere alla tentazione. Non avrebbe dato quella soddisfazione a Piton.

“Ora, che tu ci creda o no”, Piton prese un sorso di thè, “io penso che ci siano diversi gradi di disobbedienza. Per primo, c’è l’ignoranza: il semplice fatto di non conoscere una regola. Per quello l’unica conseguenza sarà il fatto che ti metterò al corrente della regola in questione, sperando che tu la segua in futuro. Il secondo è composto dagli errori di tutti i giorni: piccole cose che potrebbero diventare problemi se non corrette subito. Per quelle non ci sarà altro che una predica. Poi, vengono gli atteggiamenti e le parolacce. Sono incluse le imprecazioni, atteggiamenti ribelli, e il tuo passatempo preferito: tenere il broncio. In base al grado del tuo cattivo comportamento, potrò darti un po’ di tempo da passare nell’angolo o mandarti in camera tua. Imprecare, comunque, ti farà avere la bocca lavata col sapone. Quarto, c’è la vera e propria disobbedienza. Ti viene detto di non fare una cosa, e tu fai l’opposto, sapendo perfettamente che stai disobbedendo. Per questo otterrai la punizione peggiore. Hai qualche domanda?”

Sì, avrebbe voluto gridare Harry, qual è la punizione peggiore? Ma aveva come la sensazione di sapere esattamente quale sarebbe stata. Scosse la testa, dicendo: “No, signore; ma se ne avessi, posso chiederle più tardi?”

“Molto bene”, acconsentì Piton, “ma le regole si applicano da questo momento in poi. Se ti pesco di nuovo a disobbedirmi o a ignorare le mie parole…”

Se Harry fosse riuscito nel suo intento, Piton non lo avrebbe pescato mai più a far niente. Alla prima occasione che avrebbe avuto, Harry sarebbe stato fuori di lì.

“Allora, se hai finito, perché non vai nella tua stanza a lavorare al tuo tema?” Piton indicò con la testa la porta.

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Fra finire il compito, leggere un po’ di un vecchio libro di Storia della Magia, e la cena, Harry non ebbe affatto tempo di esplorare l’abitazione. Era sul suo letto a sistemare il tocco finale al suo tema, quando Piton entrò nella sua stanza.

“E’ un quarto alle dieci, Potter”, annunciò il professore. “Di certo, avrai finito il compito, adesso”. Harry gli tese il foglio senza una parola. Sperò che Piton lo avrebbe preso per leggerlo più tardi, ma ovviamente, l’insegnante preferiva leggerlo mentre stava in piedi al centro della stanza.
Harry si agitò, sentendosi in imbarazzo. Poteva andarsene, o doveva rimanere attento mentre Piton leggeva? Era davvero ingiusto: probabilmente, nessuno in tutto il mondo doveva scrivere dei tempi come punizione durante l’estate. Brutto, sporco…

“Signor Potter?” il tono di Piton era severo.
“Sì, signore?” Harry scattò in piedi.
“Credevo di aver anche chiesto una lista di punizioni appropriate, nell’argomento del compito”.
Harry era pronto. “Sì, signore; ma ne abbiamo discusso a pranzo, quindi ho pensato che avessimo già affrontato quell’argomento. Comunque” – si affrettò prima che Piton potesse mostrarsi in disaccordo – “sarei felice di ripetere le sue esatte parole per dimostrare che a pranzo stavo ascoltando, che è appunto uno dei temi affrontati nel compito”.

“Per quanto mi piacerebbe che ti trasformassi in pappagallo”, lo scimmiottò Piton, “non sarà necessario. Domani ti interrogherò a voce. Spero che se ti faccio tenere a mente le conseguenze delle tue azioni, ti farà da deterrente dal commetterle. Preparati per andare a letto”. “Ma non sono stanco,” si lamentò Harry, saltando a sedere sul letto, “Non vado mai a dormire alle dieci”. Si aspettava che Piton gli ricordasse che appena ventiquattro ore prima aveva preso fuoco e che probabilmente aveva bisogno di riposo, ma Piton si limitò a sbottare: “Potter, a letto! Adesso!”

Era strano trascinarsi verso il bagno per prepararsi, tornare indietro e infilarsi nel letto con Piton che stava in piedi a guardare come una statua di pietra. Era la quarta notte che Harry trascorreva a Snapdragon Manor, ma le altre notti era stato distratto dalle proprie emozioni o dalla temperatura che continuava a salire. Adesso, Harry non si sentiva angosciato né malato, ma piccolo e infantile, come un bambino che sta per essere coperto per la notte. Era disturbante stare sdraiato sui cuscini e tirarsi su le coperte mentre Piton faceva un incantesimo ai suoi vestiti sporchi mandandoli in una cesta lì vicino. A questo punto, Harry pensava che avrebbe dovuto abbracciare un orsacchiotto e succhiarsi il pollice, aspettando una ninna nanna che lo avrebbe accompagnato nel sonno. Dubitava che Piton lo avrebbe accontentato.

“Bene”, Piton incrociò le braccia. “Mentre discutevamo i termini della tua custodia, il Preside mi ha fatto promettere di parlare con te dei tuoi… dei tuoi sentimenti”. La parola sembrò bloccarsi nella gola di Piton per un istante, come se l’insegnante non ne gradisse il gusto. “Anche se penso di aver visto abbastanza delle tue emozioni per almeno tre vite, porterò a termine la mia promessa. Come ti senti stasera?”

Il tono era così duro che Harry sbattè le palpebre per un attimo prima di rispondere, “Oh, sto bene, immagino”. “Ti senti triste, infelice, arrabbiato, o alterato in qualunque altro modo?” sbottò Piton, trattenendosi appena dall’alzare gli occhi al cielo.
“Eh… non veramente”, Harry non era sicuro se avrebbe dovuto guardare l’uomo o qualcos’altro. Non era abituato a rispondere a questo tipo di domande, né Piton sembrava abituato a porle.
“Allora, ne posso dedurre che per adesso sei calmo e dovresti addormentarti senza problemi?” continuò Piton, le braccia ancora incrociate.
“Certo”, azzardò Harry. Non sarebbe andato in esplorazione stanotte. Avrebbe dovuto aspettare fino al mattino. “Allora buonanotte, Potter. Se ti becco fuori dal letto, pagherai sia per aver ignorato le regole, che per aver mentito”. Con queste confortanti parole, Piton uscì in fretta dalla stanza e chiuse la porta dietro di sé.

Harry rimase a fissare il soffitto scuro. Stava diventando davvero strano, dover rimanere in quel posto. Piton che fingeva di interessarsi a cosa provava? Davvero un territorio mai battuto. Tutte queste regole, e le restrizioni, e le conseguenze… a questo punto avrebbe dovuto rispondere a un fischio, come quei bambini di sette anni nei film in cui tutti cantano periodicamente.

In parte desiderando che Piton non tornasse cattivo come prima, e in parte sperando che il professore di Pozioni saltasse in un lago e annegasse, Harry si stese più giù nel letto. Più tardi, credette di aver sentito la porta che si apriva, ed era sicuro di aver aperto gli occhi e aver visto Piton in piedi accanto al suo letto che gli sistemava le coperte sulle spalle; ma Harry era sicuro di aver sognato. Chiuse gli occhi nuovamente, sperando di scivolare nel sogno dell’altra sera, con James che gli parlava del volo.


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La mattina seguente, Harry rimase sul sentiero di ghiaia e scoprì che invece di una stancante scarpinata su e giù per le colline, quel sentiero attraversava dei bei giardini, con molti posti dove sedersi e godersi la vista. A differenza del sentiero scuro, quello di ghiaia sembrava incantato; Harry era certo che la casa fosse dietro di sé, ma quando si fermava davanti a un arco di pietra, la casa era davanti. Più in là, una cascata finiva in un laghetto, ed Harry si tese sull’acqua increspata per scorgere i pesci arancioni e argentati che nuotavano intorno alle aiuole dei gigli. In un angolo, un cespuglio di rose rosse si arrampicava su un alto muro, arrivando in alto, sempre più in alto verso il cielo azzurro.

Più avanti, la ghiaia del sentiero si trasformava in pietre rotonde. Quando Harry si fermò davanti alla prima pietra, piccoli schizzi d’acqua gli arrivarono addosso da un lato del sentiero. Si fermò fuori dalla loro traiettoria, solo per vedere altri schizzi venire verso di lui. A quanto sembrava, dovevi evitare di essere colpito dall’acqua scartando e schivando e abbassandosi bruscamente. Anche se Harry pensava che si trattasse di un gioco molto semplice, non potè impedirsi di giocare per qualche momento. L’acqua aera ingannevole, comunque, e Harry venne colpito in faccia più volte di quante fosse disposto ad ammetterne.

Cento piedi più avanti, Harry vide una piccola barca legata a una piattaforma. Il laghetto diventava un lago più grande, e Harry poteva vedere alcune anatre grigie che schiamazzavano sull’altra sponda. Forse Piton lo avrebbe lasciato andare fin là remando, e Harry avrebbe potuto dare da mangiare alla anatre. Per adesso, si divertì a lanciare dei sassi piatti sulla superficie dell’acqua mentre diverse tartarughe lo osservavano, per nulla impressionate.

Anche se Harry odiava ammetterlo, il sentiero di ghiaia era molto più divertente di quello scuro! Se volevi una scarpinata di tre ore, allora dovevi prendere quello scuro che attraversava i boschi. Ma se desideravi una passeggiata mattutina, per divertirsi all’aria aperta, allora dovevi rimanere su quello di ghiaia!


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Harry camminava in punta di piedi lungo i corridoi. Era durante il suo tempo libero nel pomeriggio, ma gli sembrava strano esplorare la casa senza Piton. I ritratti lo fissavano, silenziosi ma pieni di disappunto, e Harry era sicuro di averne sentito uno che diceva: “Che aspetto furtivo, quello!”

Molte delle porte al piano superiore erano aperte, e Harry sbirciò all’interno, ma non entrò nelle stanze. Piton non avrebbe lasciato in bella vista le cose che aveva nascosto al suo pupillo.
Harry aveva seguito i corridoi, e aveva visto le stanze da letto principali e il soggiorno. Due stanze di un’ala erano chiuse; ma immaginò che fosse la camera di Piton e il guardaroba. Anche se Piton avrebbe potuto nascondere il suo mantello e la sua bacchetta nella sua stanza, Harry sapeva che sarebbe sgattaiolato lì solo come ultima possibilità. In qualche modo, curiosare nella camera da letto di Piton sembrava peggio ancora che curiosare nel suo pensatoio.

Al piano inferiore era tutta un’altra cosa. La maggior parte delle porte erano chiuse, e Harry provò a girare la maniglia di tutte quante. Erano tutte chiuse a chiave: a quanto sembrava Piton non si fidava del fatto che avrebbe obbedito alle regole, il che non era un sospetto del tutto errato da parte sua, tutto considerato. L’ultima porta chiusa alla fine del corridoio si aprì, e Harry vi sbirciò dentro con impazienza.

Era buio, ma poteva distinguere degli scaffali allineati lungo le pareti. Harry aprì del tutto la porta per vedere meglio. Era un magazzino di pozioni: centinaia di bottiglie, di tutte le forme, grandezze e colori. Alcune avevano un’etichetta, altre no. Alcune assomigliavano alle spezie per cucinare, altre a cose che Harry non voleva guardare per una seconda volta. La stanza odorava di polvere, ma sembrava pulita e ben tenuta. Una mezza dozzina di calderoni puliti erano in fila su un tavolo di legno. Utensili per tagliare, sminuzzare e mescolare erano allineati sempre sullo stesso tavolo.

Era proprio così che doveva essere il magazzino privato di Piton, pulito e efficiente, pronto ad essere utilizzato correttamente. Harry pensò alle sue cose disordinate,di solito gettate lungo la stanza o ammucchiate in un baule aperto. Come la biblioteca, Piton amava l’ordine, per quanto riguardava le sue cose. Nessuna scelta a caso, nessuna incuria: tutto al posto giusto.

Harry stava per andarsene, quando notò una macchia di colore su un angolo dello scaffale più alto. A una più attenta ispezione, vide che era una specie di tessuto piegato. Colori luccicanti, angoli pendenti: era il suo Mantello dell’Invisibilità! Lo aveva trovato.
Fremendo per l’eccitazione, Harry si guardò intorno, alla ricerca di una scala. Lo scaffale in cima era almeno quattro piedi al di fuori della sua portata, e anche se Piton era più alto, Harry sapeva che neanche lui sarebbe arrivato allo scaffale senza aiuto. Ma non vedeva nessuna scala, neanche una di quelle piccole, con uno scalino o due. C’era un piccolo sgabello lì vicino, e Harry lo prese con rabbia.

Una volta in piedi sullo sgabello, si sporse per raggiungere lo scaffale più alto. I suoi polpastrelli non lo sfioravano neanche. Gettandosi un’occhiata dietro la spalla, Harry prese una veloce decisione. Aveva bisogno del mantello, ed era suo, e Piton probabilmente non si sarebbe neanche accorto che non c’era più.

Harry appoggiò il piedi sullo scaffale più alto dopo lo sgabello, e si tirò su. Con la mano destra, afferrò il mantello e lo tirò via dallo scaffale.

Un attimo dopo, realizzò con disappunto che il suo mantello non era il suo mantello. Era all’incirca della stessa taglia, ma i colori e la forma erano diversi. Lo rimise a posto in fretta e si sporse per scendere dallo scaffale. Avrebbe rimesso lo sgabello a posto e avrebbe richiuso la porta, e Piton non avrebbe mai saputo che era stato lì.

Qualcosa scricchiolò sonoramente. Harry guardò ansiosamente verso la porta. Non c’era nessuno. Lo scricchiolio risuonò di nuovo, e guardò gli scaffali. Proprio a livello dei suoi occhi, poteva vedere una vite che penetrava più in profondità nel legno. Strano.

Poi si accorse che lo scaffale si stava staccando dal muro, e le viti scricchiolavano mentre venivano tirate all’interno del legno. Una bottiglia con l’etichetta occhi di rospo scivolò dallo scaffale e cadde sul pavimento con un crash. Harry guardò giù, in tempo per vedere rotondi, viscidi occhi mischiati a pezzi di vetro che si sparpagliavano sul pavimento.

Poi si sentì cadere in avanti, mentre tutti gli scaffali e l’asse che li teneva al muro iniziarono a cadere. Harry saltò giù dallo scaffale, mancando lo sgabello di appena un pollice, e corse verso la porta come per salvarsi la vita. Fece appena in tempo, mentre gli scaffali e il loro contenuto precipitavano sul pavimento.
Harry si lanciò nel corridoio, al suono dei vetri infranti e dell’acqua che si rovesciava dai contenitori.
Poi sentì una forte esplosione che lacerava l’aria. La porta dietro di lui venne scardinata, e lui si coprì le orecchie. Per un istante, il silenzio rimase nell’aria, insieme al forte odore dello zolfo e della formaldeide. E poi Harry sentì gli altri scaffali che si staccavano dal muro. Il legno precipitava al suolo come centinaia di alberi durante una frana: il vetro continuava a rompersi, e Harry ne vedeva delle schegge spargersi sul pavimento del corridoio.

Poi tutto fu di nuovo tranquillo, ad eccezione del liquido che gocciolava dalle bottiglie infrante.

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Capitolo 8
*** Pulizia ***



Ecco qua il nuovo capitolo. Termina in un modo che credo vi lasceràa curiosi di sapere al più presto come continua... cercherò di accontentarvi al più presto!
Lilica: il seguito si chiama "A time and place to learn".
Divertitevi!
Starliam



Harry rimase immobile per alcuni terribili secondi, sentendo il suo cuore che pulsava con forza nelle orecchie. Era morto.

Piton lo avrebbe ucciso. Piton lo avrebbe fatto a pezzi. Dimentica di aver guardato nel suo Pensatoio, di aver rubato nel suo magazzino privato a Hogwarts, ed essere stato irrispettoso durante le lezioni; dimentica di essere piombato in casa sua; dimentica il fatto di aver ignorato le istruzioni di Piton – dimentica tutto. Questa era la cosa peggiore che Harry potesse fare, a parte bruciare l’intera casa. Dopo che Piton avrebbe finito con lui, affrontare Voldemort sarebbe stato come un picnic pomeridiano.

I ritratti stavano tutti parlando tra di loro con fervore, e Harry sapeva che era solo questione di tempo prima che Piton arrivasse lungo il corridoio con il mantello svolazzante e domandasse cosa fosse successo. Harry sentì un rumore di passi all’estremità del corridoio. E perse del tutto la calma. Corse verso l’altro lato del corridoio, ignorando le urla dei ritratti che lo invitavano a rimanere dov’era in modo che il padrone potesse vedersela con lui.

Col cuore che batteva forte, Harry si infilò in una porta aperta. Era il salotto in cui era arrivato dal camino maledetto. Oh, adesso quella maledizione era niente, in confronto a quello che avrebbe fatto Piton.

Se avesse potuto trovare un po’ di Polvere Volante, Harry avrebbe potuto provare ad andarsene dalla casa. Non per sempre, solo quanto bastava perché Piton si calmasse e si rendesse conto che il suo invadente ospite non voleva distruggere il suo laboratorio di Pozioni.
Harry iniziò a cercare fra le varie scatole e i vasi sullo scaffale sopra il camino. Nessuno aveva usato il camino come collegamento alla Metropolvere da anni, ma Harry era troppo sconvolto per pensare razionalmente.

“Harry James Potter!” La voce di Piton risuonò nel corridoio. “Dove sei? Esci fuori in questo istante!”
“E’ andato nel salotto”, intervenne un ritratto in suo aiuto.
Nel pieno del suo terrore, l’unico pensiero coerente di Harry fu che avrebbe fatto a pezzi quel ritratto, se fosse sopravvissuto alla furia di Piton.
“Grazie”, la voce piena di rabbia di Piton si avvicinava sempre di più.

Harry sentì il panico scorrere in tutto il corpo, e non riusciva a ricordare un’altra occasione in cui si era sentito così terrorizzato. Anche la battaglia al Ministero della Magia impallidiva, al confronto. Fece l’unica cosa che gli sembrava appropriata in un’occasione come questa: si nascose. Più tardi, avrebbe potuto ammettere che era stata una cosa sciocca, infantile; ma al momento sembrava l’unica opzione. Strisciò dietro al divano e si accovacciò dietro di esso, appoggiato al muro, avvolgendo le braccia alle gambe e attendendo impaurito.

Sì, per adesso era nascosto. Forse poteva restare nascosto per i prossimi giorni. Snapdragon Manor era grande, ed era sicuro che sarebbe riuscito a trovare dozzine di posti dove nascondersi, quando avesse sentito Piton avvicinarsi. Harry aveva imparato a nascondersi da Dudley per dieci anni; non sarebbe stato molto diverso, a parte il fatto che Piton gli avrebbe lanciato una fattura mentre Dudley si divertiva a prenderlo a cazzotti.

Dei passi arrabbiati risuonarono nel salotto. Harry cercò di rimanere zitto e immobile, respirando così piano che forse Piton non l’avrebbe sentito. Non muoverti, non agitarti, rimani tranquillo. “So che sei qui, Potter”, il tono di Piton era acuminato come un chiodo e freddo come il ghiaccio. “I ritratti hanno detto che sei venuto da questa parte, e non c’è uscita da questa stanza. Esci da qualunque posto tu ti stia nascondendo, e intendo dire adesso”.

Piton aveva mai detto qualcosa che non intendesse? Harry avrebbe dovuto chiedergli perché insisteva a finire ogni discorso affermando che intendeva quello che diceva. Ammesso, ovvio, che fosse vissuto abbastanza da farlo.

“Potter, sono serio”, il tono di voce di Piton prese una sfumatura omicida. “Conterò fino a tre, e farai meglio a saltare fuori, o vedrai, ti troverai in punizione con me ogni sera per tutto l’anno scolastico. Uno – punizione per tre ore ogni sera. Due - vedrò se è possibile farti stare in punizione in ogni ora libera che potrai avere. Tr-

“D’accordo”- Harry saltò fuori dal suo nascondiglio - “Sono qui, ma è stato un incidente, lo giuro. Io non... ow!”

Piton aveva teso il braccio e aveva afferrato Harry per un orecchio. Il professore era livido, più arrabbiato di quanto Harry lo avesse mai visto prima, compresa quella volta al terzo anno in cui Black era stato liberato insieme a Fierobecco.

“Ti farò alcune semplici domande,” disse Piton con voce di seta, facendo correre dei brividi lungo la schiena di Harry. “Se mi rispondi sinceramente, potrei anche lasciarti vivere fino a domattina. Quando prima sei passato lungo il corridoio, la porta era aperta?”

“No,” Harry si trovò ad appoggiarsi alla mano di Piton per alleggerire la pressione all’orecchio, “ma non era chiusa a chiave”.
“Hai sentito che cosa ho detto, riguardo alle porte che sono chiuse?” la voce di Piton era diventata ancora più melliflua.
“S…sì, ma…”
“E, Potter,” la voce di Piton era ormai ridotta a un sussurro, “hai capito che cosa intendevo quando ho detto di non entrare nelle stanze le cui porte sono chiuse?”
“Sì”. Harry stava diventando rosso, le sue guance erano rosa di vergogna.
“Quindi tu hai aperto la porta e sei entrato, sapendo perfettamente che non avresti dovuto entrare. Hai deciso che era divertente iniziare a giocare con le pozioni, mescolando insieme le cose per vedere cosa succedeva?”
“No, ho visto il mantello sullo scaffale in cima…” Harry si bloccò improvvisamente, realizzando che si era perduto con le proprie mani.
Una luce furiosa brillò negli occhi di Piton. “Quindi, sei andato a cercare il tuo mantello, non è così? Hai deciso di trovarlo, a dispetto dei miei avvertimenti che non ne avresti avuto bisogno. Era sullo scaffale più alto. Hai cercato di arrampicarti sugli scaffali per prenderlo?”
“Sì, ma l’ho rimesso subito a posto, appena ho visto che non era il mio. Poi gli scaffali hanno iniziato a cadere dalla parete. Sono saltato giù e sono corso verso la porta, e tutto è esploso”. “Quindi non solo mi hai disobbedito di nuovo, ma ti sei messo in pericolo perché, di nuovo, tu ne sai più di me. Stai iniziando a vederci uno schema, Potter?”

Harry distolse lo sguardo. La sensazione di disagio allo stomaco si stava facendo sempre più grande.

“Hai una vaga idea di quanto tempo abbia impiegato per mettere insieme quel magazzino?” continuò Piton, stringendo le dita e facendo trasalire Harry dal dolore. “Hai una vaga idea di quanto mi sia costato? Per fortuna, ho un’altra piccola riserva accanto al mio laboratori al piano di sotto; ma tengo dozzine di fiale e bottiglie di valore quassù. Gli ingredienti per fare la pozione che ti ho dato per impedirti di bruciare la notte scorsa venivano da questo magazzino”.

“Mi dispiace!” gridò Harry. Si sentiva malissimo, come se avesse avuto un cratere dentro lo stomaco che non poteva essere riempito, e diventava sempre più rosso, e forse Piton lo avrebbe ucciso, così non si sarebbe più sentito così male. Aveva rovinato tutto: ogni volta che qualcuno cercava di aiutarlo, Harry riusciva a rovinare tutto.

Piton non provò dispiacere per lui. “Credimi, Potter, stai per avere la punizione peggiore che avresti mai potuto immaginare. Sapevi cosa ti ho detto, ma hai continuato a fare di testa tua, ignorando i miei ordini. Questo rientra nella piena disobbedienza. Non ti ho parlato dei diversi tipi di disobbedienza perché mi piaceva sentirmi parlare, l’ho fatto perché avresti pensato alle tue azioni e alle conseguenze che hanno, e non mi avresti disobbedito! Ma poiché insisti a comportarti come un bambino, ti tratterò come se lo fossi. Per i prossimi due giorni, quarantotto ore complete, non ti allontanerai dalla mia vista. Visto che non ci si può fidare a lasciarti solo, io rimarrò con te e starò a vedere come ti comporti. Starai seduto con me nel mio laboratorio di Pozioni mentre lavoro, verrai nel mio studio quando scriverò le lettere, e la notte dormirai sul divano nella mia camera. Alla fine dei due giorni, se penserò che puoi stare di nuovo per conto tuo, sarai libero di tornare alla tua tabella con alcune restrizioni. Altrimenti, rimarrai accanto a me fino all’inizio della scuola”.

La bocca di Harry si spalancò, ma non riuscì a emettere alcun suono.

“In più, per la prossima settimana andrai a letto alle otto e farai dei lavori di casa per dimostrarmi quanto sei dispiaciuto. Se sento qualunque lamentela piagnisteo, aumenterò la punizione. E poi mi accompagnerai a Diagon Alley per rimpiazzare gli ingredienti che hai distrutto. Per farla brave, sarai il più bravo, servizievole e considerato che puoi, o sarai un Potter davvero infelice”.

Harry annuì, cercando di sembrare più contrito e miserabile possibile. Si sentiva male: era stato stupido e sconsiderato distruggere il laboratorio di Piton. Harry si ricordò di quanto si era sentito turbato, quando al secondo anno qualcuno aveva frugato il suo dormitorio alla ricerca del diario di Riddle. Era stata Ginny ed era posseduta, ma Harry ricordava quanto lo aveva fatto arrabbiare il fatto che qualcuno avesse messo le mani fra le sue cose, del tutto indifferente ai suoi sentimenti e ai suoi interessi. Non era stata una bella sensazione, e Piton probabilmente si sentiva ancora più frustrato, dal momento che aveva bisogno del magazzino per il suo lavoro, sia come professore che come spia.

“Mi dispiace, davvero”, insisté Harry. “Prometto che in futuro la ascolterò, sono serio”.
“Lo vedremo,” ringhiò Piton. “Oh, e un’altra cosa”. Spinse Harry verso il divano e si sedette, prima di tirarselo sulle ginocchia.

“Oh, no!” protestò Harry, pieno di paura e di vergogna. Aveva dimenticato che era lo stesso divano sul quale Piton lo aveva punito la prima volta. Perché aveva scelto quella stanza per nascondersi? Se si fosse nascosto da qualunque altra parte, a Piton forse non sarebbe tornato in mente quanto Harry odiasse essere punito in quel modo.
Accio Riga” disse Piton, con un certo piacere vendicativo nella voce.

Harry incrociò le braccia arrabbiato, non una cosa semplice da fare quando stai steso sulle ginocchia di qualcuno. Che Piton lo punisse era una cosa, ma Harry sapeva che se si fosse voltato a guardarlo, il professore avrebbe avuto in volto un sogghigno deliziato, contento di avere una scusa per colpire di nuovo il suo pupillo.

Non è giusto, disse una vocina dentro Harry. Hai distrutto il suo magazzino di pozioni, e sei sorpreso che voglia darti qualche sculacciata?
Sì, ma userà una riga invece della mano, e non dovrebbe sembrare così soddisfatto quando mi punisce. E’ l’unica persona oltre a Gazza e alla Umbridge che si diverte a fare del male, assaporando la punizione come il bastardo sadico che è.
Gli hai disobbedito, ribatté la vocina. Hai sentito cosa aveva detto, e hai fatto l’opposto. Ti avevo avvertito di non entrare, ma tu l’hai fatto. E se il mantello sullo scaffale fosse stato il tuo, si sarebbe accorto che era scomparso, e sarebbe venuto a cercarti. Qui non siamo a Hogwarts, dove puoi dare la colpa ad altri studenti: siete solo voi due.

Va bene, ma comunque, non dovrebbe essere così contento. Potrebbe apparire almeno un po’ dispiaciuto dal fatto che deve sculacciarmi di nuovo, dal momento che non volevo causare tutto questo.

Oh, piantala, replicò la voce. Hai distrutto una parte della sua casa. Ti meriti ogni momento della punizione che ha in serbo per te. Infatti, dovrebbe usare una cintura ora, non una sottile riga. Così, quando inizia, accetta la tua punizione come un uomo.

Tutti questi pensieri gli passarono per la mente in pochi secondi, ma Harry ebbe appena il tempo di rassegnarsi al suo destino prima che Piton abbassasse la riga con un “crack”.
Harry trattenne il respiro e si rese conto che la sua coscienza aveva sbagliato su due punti. Prima di tutto, la riga non era sottile proprio per nulla. Harry non poteva vederla, ma era come una spessa asse di legno che veniva sbattuta sul suo sedere indifeso. Secondo, non c’era alcuna possibilità che potesse prendere il tutto come un uomo, dal momento che il secondo e il terzo colpo gli fecero bruciare gli occhi e riusciva a malapena a trattenersi dal voltarsi per cercare di proteggersi.

“Pensavo che fossi davvero troppo grande per questo tipo di punizione”, disse Piton fra una sculacciata e l’altra. “Dopo tutto, stai per compiere sedici anni, e questa è una punizione più adatta a un bambino di otto o nove anni. Comunque, sembra farti effetto più di ogni altra cosa”.
Harry cercò di non piangere, era troppo grande per piangere, e non voleva rinforzare l’opinione di Piton che fosse una punizione appropriata. Ma Piton faceva sul serio, e alla decima sculacciata, Harry iniziò a sentire delle lacrime che iniziavano a uscire. Alla ventesima, a Harry non importava più della sua dignità o dell’orgoglio, gli importava solo di quando Piton avrebbe smesso.

“Va bene, va bene”, si lamentò Harry, contorcendosi pietosamente per cercare di evitare la riga. “Giuro che non ow! disobbedirò ancora. Lo giuro, giuro che starò buono!”

“Oh, promesse, promesse”, lo canzonò Piton, senza fermarsi un attimo. “Nel momento in cui vedi un’opportunità, parti senza pensare, dimenticando ogni regola, preoccupandoti solo di fare quello che vuoi in quel momento. Ma quando vieni scoperto, ecco le lacrime e gli occhioni da cucciolo triste. Ora, smettila di agitarti, e lasciami finire. Confermo, gli unici momenti in cui ti comporti bene sono dopo che ti ho sculacciato a dovere. Dovrei farlo tutte le mattine, per essere sicuro che tu non mi dia preoccupazioni per il resto della giornata.”

“No!” Harry sembrava disperato. “Non lo faccia! Per favore, mi comporterò bene, deve credermi.” Le lacrime gli scorrevano liberamente sulle guance, e non si preoccupava neanche di spazzarle via. “Non devo fare niente del genere”, rispose Piton. “Mi fermerò quando penserò che hai capito il messaggio, disobbediente, arrogante, orribile piccolo moccioso.”

Quattro sculaccioni dopo, e Harry finalmente si spezzò, la sua risoluzione si fece in pezzi, e iniziò a piangere disperatamente. Anche dopo che Piton gli ebbe dato un ultimo bruciante colpo sui suoi pantaloni, ed ebbe messo via la riga, Harry non fece nessun tentativo di muoversi, ma rimase lì, in lacrime e pieno di rimorsi. Si aspettava che Piton lo tirasse su e lo mettesse a sedere sul divano per un’altra ramanzina. O peggio, che lo mandasse a mettere il naso nell’angolo e lo lasciasse lì per un lungo periodo di tempo, a pensare su come migliorare il proprio comportamento. O che gli urlasse di andarsene dalla stanza, in modo da non vederlo più.

Ma Piton non fece nessuna di queste cose.

Scosse la testa, commentando: “Davvero, Potter, porti più guai di quelli che vali”. Ma mentre parlava aiutò Harry a mettersi in piedi, una mano ferma su entrambe le braccia perché non cadesse.

Pieno di rimorso, Harry rimase in piedi, le lacrime che scorrevano ancora, e sentendosi come un ragazzino punito a dovere. Per qualche ragione sconosciuta, desiderava essere accanto a qualcuno, chiunque, pur di non sentirsi solo nella sua miseria. Odiava la sensazione di solitudine, più forte che mai da quando Sirius era morto.

“Avanti, Potter, calmati,” disse Piton, piuttosto severamente; ma mentre parlava, pose una mano sulla spalla di Harry e la strinse per confortarlo.

Più tardi Harry sarebbe arrossito e avrebbe distolto lo sguardo, ripensando a quello che fece subito dopo. Era stato davvero così immaturo, così infantile… se Ron lo avesse scoperto, Harry non sarebbe mai più riuscito a guardarlo negli occhi. Ma lì nel salotto, Harry abbandonò ogni pensiero logico: strinse entrambe le mani attorno al polso di Piton e appoggiò la testa sull’avambraccio del professore. Era così bello sentirsi vicini a qualcuno, senza più la sensazione di essere completamente perso e solo al mondo.

Piton per poco non si scansò al contatto del ragazzo, ma poi sospirò profondamente. “Su, su”, disse, a disagio; dando a Harry delle pacche sulla schiena, “smettila di agitarti così. E sono ancora estremamente arrabbiato con te. Avanti, sei davvero troppo grande per piangere così”.

Harry si scostò, la sensazione di conforto ormai scomparsa. “Prima, mi dice che mi comporto in maniera infantile e devo essere punito come un bambino, e adesso sono troppo grande? Si metta d’accordo con se stesso!”

Piton lo afferrò per la nuca, lo voltò di lato e gli affibbiò due forti sculacciate sul sedere. “Non tenere quel tono con me, ragazzo; o ti troverai di nuovo sulle mie ginocchia finché non avrai imparato un po’ di rispetto. Ora andiamo a vedere se possiamo salvare qualcosa del magazzino”.

Resistendo all’impulso di massaggiarsi il posteriore che bruciava,un Harry riluttante venne spinto nuovamente sul luogo del disastro. Per fortuna le sue lacrime si erano fermate, ma si sentiva sempre imbarazzato per il fatto di essere arrivato a tanto; come un bambino di due anni stanco, affamato e bisognoso di un pisolino che scoppia a piangere. Se Piton lo avesse raccontato a qualcuno… beh, Harry non era certo di cosa avrebbe potuto fare, ma sapeva che non sarebbe stato contento con Piton.

“Non capisco perché non possa usare la magia per rimettere tutto com’era prima”, tentò Harry, stando attendo a mantenere il suo tono di voce molto rispettoso. “Non può, per esempio, invertire il processo e riparare il vetro e far volare nuovamente le pozioni sugli scaffali? Ho visto Hermione riaccomodarmi gli occhiali, dopo che si erano rotti”.

“Non è così semplice”, ringhiò Piton, sempre spingendo Harry per la nuca. “Potrei accomodare una bottiglia, sempre che l’ingrediente all’interno non sia stato agitato troppo. Ma una volta che un ingrediente si mescola con altri, non si può annullare la mistura. Diventa una trasformazione chimica, non fisica.”
“Ma perché non…”

“No, non si può”, insisté Piton. “Non è come sciogliere del ghiaccio e poi farlo congelare nuovamente. Sarebbe come cuocere la carne e poi farla tornare cruda. La magia non può cambiare tutte le leggi della fisica, non importa quanti marmocchi fastidiosi lo vorrebbero. E aggiungici le componenti chimiche infiammabili che prendono fuoco quando la fiala si rompe e vengono agitate…”

Harry sentì stringersi la
mano sulla sua nuca.
“Potter”, Piton era tornato al suo sussurro omicida, “farai meglio a pregare che io trovi un ingrediente salvabile in quel disastro, o non potrai sederti per una settimana”.

Avvicinandosi alla porta, l’odore si fece terribile, e Harry cercò di non respirarlo. Il magazzino era nel disastro più completo: scaffali distrutti sul pavimento, vetri ridotti a schegge taglienti, cose orripilanti immerse in poltiglia viscida, e melma marrone che filtrava dal vetro e dal legno; e fumi puzzolenti rimasti a mezz’aria in lente, spesse nubi. Harry si sbatté una mano sulla bocca, sperando di non vomitare.
“Guarda, guarda!” disse Piton con voce dura.
Harry stava cercando di non farlo.

“Non fai mai niente a metà, vero?” Piton scavalcò ciò che rimaneva della porta, per osservare meglio il disastro. “fegati di pipistrello andati, ali di libellula distrutte… hai rotto la mia unica boccetta di polvere di corno di unicorno! Hai una vaga idea di quanto sia stato difficile procurarmela? Servirà metà del patrimonio dei tuoi genitori per rimpiazzare tutto, spero che tu sia contento”. Oh, questo era inatteso. Harry abbassò le spalle, sentendosi disperato. I soldi che I suoi genitori avevano guadagnato, risparmiato e messo via per il futuro, sarebbero stati spesi per rimpiazzare il magazzino delle pozioni del rivale di suo padre. Forse era giustizia poetica… in qualche modo.

“Niente, niente”, Piton sollevò uno scaffale e vi guardò sotto. “Rovinato, schiacciato, esploso… ah-ha! Una bottiglia di uova di drago in salamoia, intatta”. Levitò la bottiglia ancora intera fuori dalla stanza, nel corridoio.

Harry non sapeva se doveva offrirsi di aiutare o rimanere lì dove si trovava. Qualunque cosa avesse fatto, Piton gli avrebbe probabilmente urlato contro. Harry si accigliò, e si stropicciò velocemente il posteriore dolorante, mentre Piton stava frugando fra quelle che sembravano dita di maiale e cuori di drago macinati. Harry voleva arrabbiarsi, rimanere infuriato; ma il fatto era che Piton lo aveva lasciato vivere, per il momento. E Harry aveva imparato a essere grato delle piccole cose.

“Va bene”, Piton finalmente si alzò e si passò una mano fra i capelli neri. “Di un magazzino che conteneva 768 ingredienti perfettamente buoni, ho trovato quattro bottiglie ancora utilizzabili. Questo significa che devo trovare 764 nuovi ingredienti per settembre. E io che pensavo di passare un’estate tranquilla”.

“Ho detto che mi dispiace,” protestò Harry. “E non mi sono lamentato delle mie punizioni, di nessuna”.

“Perché se lo avessi fatto, avrei usato la tua lingua come sostituzione di qualche ingrediente”, sbottò Piton. “Bene, basta stare lì come un completo idiota. Andiamo giù a prendere i guanti protettivi; così puoi iniziare a pulire tutto mentre io scrivo le lettere per i nuovi ingredienti. Muoviti!”

Piton fu bravo (o cattivo, a seconda dei punti di vista) a mantenere le sue parole. Per due ore, mentre Harry puliva, Piton rimase seduto davanti alla porta, sfogliando cataloghi di ingredienti per le pozioni, e segnando quelli che gli occorrevano. Harry cercava di lavorare in fretta, con le mani coperte da spessi guanti di cuoio e con un asciugamano incantato che gli copriva naso e bocca, per permettergli di respirare; ma il lavoro sembrava protrarsi per sempre.

La cosa che lo faceva più infuriare era la consapevolezza che Piton avrebbe potuto pulire tutto con un semplice movimento della bacchetta, se avesse voluto.

In realtà, Harry stesso avrebbe potuto pulire con un movimento della sua bacchetta; se il pipistrello troppo cresciuto glielo avesse permesso, invece di essere costretto in quel noioso lavoro di pulizia manuale per ore.

“Hai saltato una macchia”, Piton indicò con la sua bacchetta l’angolo più lontano, senza alzare lo sguardo.
Harry raddrizzò la schiena, passandosi il braccio sulla fronte sudata e abbassandosi l’asciugamano dalla bocca. “Il pavimento è macchiato in diversi punti. Cosa devo usare per pulirlo?”
“La tua lingua”, Piton continuò a non alzare gli occhi dal catalogo.
“Molto divertente”, ribatté Harry.
“Bene, ho uno spazzolino da denti che dopo potrai usare per strofinare tutto il pavimento”, commentò Piton.
“Probabilmente sarà più utile qui che sui suoi denti”.
Piton alzò lo sguardo. “Che hai detto?”
“Niente, sto pulendo”, Harry tornò rabbiosamente al lavoro.

Quando la stanza fu abbastanza pulita, tutto ciò che era rotto era stato buttato nella spazzatura, e il pavimento era libero (anche se bisognoso di una buona strofinata), andarono a cena. A Harry facevano male le spalle per aver tirato su tutti gli scaffali rotti, e la schiena gli doleva per essere stato chino tanto a lungo. Anche il sedere gli faceva male in modo incredibile, mentre cercava di sedersi senza agitarsi e senza mostrare il suo disagio. Poteva vedere Piton che cercava di non sogghignare, cosa che fece arrabbiare Harry il doppio.

Il momento peggiore di tutti fu quando Piton annunciò che era ora di andare a letto. Harry seguì cupamente Piton su per le scale, e oltre la porta della camera da letto principale. La stanza di Piton era stranamente comune e non degna di nota: colori scuri e piacevoli, costoso mogano con accenni di ferro scuro, una camera molto mascolina. Piton tese a Harry un pigiama e gli indicò il bagno. Un lungo bagno caldo era proprio quello che ci voleva per alleviare l’indolenzimento.

Harry si diresse in bagno, ma quando si voltò, vide Piton in piedi sulla soglia, le braccia incrociate e un’espressione rassegnata in volto.

“Ehi, mi devo spogliare, qui!” obiettò Harry.

“Ho detto che non lascerai la mia vista per due giorni”, replicò Piton con calma. “Per quello che ne so, potresti provare a allagare il bagno per vedere se puoi trasformarlo in una piscina coperta”.

“Non mi spoglierò con lei che guarda”, affermò Harry, incrociando anche lui le braccia.

“Oh, non fare il bambino, Potter. Hai fatto la doccia con altri ragazzi prima d’ora, e sono il Capocasa Serpeverde da anni. Non è che non ho mai visto un ragazzo nudo, prima; e tanto per tranquillizzarti, preferisco qualcosa di più femminile e adulto. Una donna piena di fascino, non un marmocchio mezzo cresciuto con problemi di comportamento”.

“Non l’ho mai vista interessata alle donne”, disse Harry sospettosamente; ma mentre parlava si tolse la maglia.
“A Hogwarts? Dove le uniche femmine sono studentesse minorenni e professoresse sposate o vecchie zitelle? Hai ragione, Potter, come puoi esserti perso il fatto che trovo le donne attraenti quando sono circondato da tali appropriati esempi?
Harry si stava togliendo le scarpe e i calzini, ma si fermò per un momento. “E Tonks? Non è né troppo giovane né troppo vecchia, ma lei non ne è mai sembrato interessato”.
“Proprio quello di cui ho bisogno, una mezza cartuccia di strega con i capelli che cambiano colore e la chiacchiera svelta. Fatti il bagno e smettila di infastidirmi con le tue domande”.
Harry era già nell’acqua calda e saponosa, che sfregava una spugna su una saponetta, quando si arrischiò a chiedere: “Ai Mangiamorte è permesso sposarsi?”
Piton, che adesso stava appoggiato all’architrave pieno di noia, guardò il suo pupillo pieno di sapone. “Prego?”
“Sì, insomma, ci si può sposare una volta diventati Mangiamorte?” So che Lucius Malfoy lo è, e anche Bellatrix, e sono entrambi sposati; ma pensavo che fossero diventati Mangiamorte dopo essersi sposati. Voglio dire, gli va bene che i suoi seguaci amino qualcun altro oltre a lui?”
“Non saprei”, rispose brevemente Piton. “Nessuno alle riunioni ha mai menzionato i matrimoni. E non pronunciare il nome di Bellatrix in questa casa”.
Harry sbatté le palpebre. “Non le piace Bellatrix? Pensavo…”
“Ho detto di non parlare di lei”, ordinò Piton, con voce dura. Gli occhi scuri lampeggiavano di furia, e Harry poteva vedere che Piton stringeva le mani a pugno al di sotto delle maniche della veste. “Basta parlare. Inizia a strofinare, e lavati quei capelli sporchi che ti ritrovi”.
Era un’eccellente opportunità per dire a Piton che si sarebbe dovuto lavare i suoi, di capelli; ma Harry annuì in silenzio e prese lo shampoo.

Trenta minuti dopo, Harry era nel suo nuovo letto appena fatto: un largo divano con un soffice cuscino, con coperte e lenzuola avvolte strettamente intorno a sé. Il suo corpo era stanco per la dura giornata di lavoro, ma la sua mente continuava a correre, impedendogli di lasciarsi andare al riposo. Perché Piton odiava Bellatrix? Aveva ucciso una delle persone che Piton odiava di più. E Piton gli avrebbe davvero permesso di andare a Diagon Alley pre prendere altre pozioni? E cos’era quel discorso che a Piton piacevano le donne? Non che Harry pensasse che al professore piacessero gli uomini o cose del genere: a essere sincero, non gli piaceva pensare che Piton potesse essere un tipo romantico a prescindere. Cercò di immaginarsi Piton corteggiare qualche donna nei sotterranei, dicendole che era bellissima mentre schiacciava scarafaggi per qualche orrida pozione.

“Per qualunque cosa tu stia sghignazzando”, disse Piton dalla scrivani dall’altra parte della stanza, “falla finita, e dormi”.

“E’ troppo presto per dormire”, si lamentò Harry, girandosi nel divano. Gli sembrava strano stare steso sul divano, cercando di addormentarsi mentre Piton lavorava alla sua scrivania. Ancora più strano era il fatto che Harry non trovava la cosa così sconcertante. Aveva fatto una cosa terribile ed era stato duramente punito, ma invece di stare lì a ribollire e a tramare vendetta, Harry un senso di sicurezza e di calore interno. Avrebbe dovuto essere arrabbiato; ma ciò gli avrebbe richiesto un mucchio di energia, ed era più divertente cercare di immaginare cosa sarebbe accaduto nelle prossime settimane che congiurare contro Piton, cosa che gli avrebbe creato ancora più problemi.

“Come ti senti?” chiese Piton, tenendo il segno di un grosso libro con il pollice.
“Dolorante”, brontolò Harry, cercando di trovare una posizione comoda sul divano.
Piton si alzò, e camminò fino a un largo guardaroba. Ci guardò dentro finché non trovò una bottiglietta tappata. Prese un grande cucchiaio e andò accanto al divano. “Tieni, prendi questa”, Piton versò una grande quantità di densa pozione scura sul cucchiaio, e lo tese a Harry.

“E’ schifosa, e non sono malato, sono solo indolenzito per aver pulito”, disse Harry categoricamente. Era ridicolo rifiutare, tanto sapeva che Piton gli avrebbe fatto prendere la pozione comunque, ma Harry non voleva fare tutto ciò che il professore diceva, solo perché era il suo guardiano. Il professore era un totale accentratore di controllo, assetato di potere come i vampiri sono assetati di sangue. Una volta che Harry fosse stato al gioco, Piton gli avrebbe succhiato via ogni rimanenza di vita autonoma.

“Immobilus”. Piton aveva preso la bacchetta con la mano libera, e Harry cadde all’indietro sul cuscino con un thud. Piton mise il cucchiaio sul tavolo e prese la bottiglia. “Penso che tu abbia bisogno di una dose maggiore di questa deliziosa medicina, per aiutarti a tenere a freno la lingua”. Piton iniziò a versare la pozione nella bocca aperta di Harry, e gli occhi di Harry si spalancarono all’orrendo sapore. Davvero, ogni pozione sembrava peggio della precedente, fatta apposta per torturarlo con il sapore orrendo. E adesso stava per soffocare, perché non riusciva a inghiottire sotto quell’incantesimo, e non poteva neanche dirlo a Piton, anche se dubitava che al professore sarebbe importato se il suo pupillo soffocava, purché lo facesse in silenzio.

Dopo aver versato nella bocca di Harry quella che sembrava mezza bottiglia di pozione, Piton tappò la boccetta e si tese verso Harry per chiudergli la bocca. Un po’ della medicina colò di lato da un angolo della sua bocca, ma Piton lo spazzò via con un fazzoletto pulito. “Perfetto, Potter, inghiottisci. I tuoi riflessi naturali funzionano ancora. Inghiottisci la pozione e poi puoi dormire”.

Harry cercò, cercò davvero, ma non riusciva a far scendere quella roba schifosa. Piton sospirò (era sempre a sbuffare e soffiare in quella casa, sempre a sospirare per qualcosa, pensò Harry furiosamente). Comunque, gli occhi di Harry si spalancarono ancora di più, quando sentì delle fredde dita che gli accarezzavano la gola, e Piton che lo incitava: “Dai, Potter, puoi farcela. Inghiottisci. Ecco, bravo ragazzo”.

L’orribile pozione scese lungo la gola di Harry, lasciando un disgustoso saporaccio.

“Dal momento che non riesci ad obbedirmi nelle piccole cose” – Piton adesso era più severo – “Estendo il tuo periodo sotto la mia sorveglianza a tre giorni. In più…” Piton si interruppe all’improvviso, e il suo volto impallidì di dolore per un momento.

Harry provò una fitta di paura, ma non poteva muoversi, né dare voce alla sua preoccupazione.

La mano destra di Piton afferrò il polso sinistro, dove sotto la lunga manica della veste nera Harry sapeva che il Marchio Nero era impresso sulla sua pelle. Voldemort stava chiamando i suoi Mangiamorte a riunirsi.
Piton si ricompose, di nuovo calmo e risoluto. “Devo andare via per un po’. Per fortuna, per te è ora di dormire, quindi non devo preoccuparmi di cosa combini. Chiudi gli occhi e dormi, e io sarò tornato fra qualche ora”.
Harry cercò di parlare, di urlare, ma tutto quello che riuscì a fare su un basso suono gutturale. Cercò di parlare con gli occhi, ma l’ultima volta non aveva funzionato, e non si aspettava sul serio che funzionasse adesso.
“Potter, starò bene, per tuo dispiacere, ne sono certo”, disse Piton seccamente. Sistemò le coperte sulle spalle di Harry e spense le candele. “Il Signore Oscuro ultimamente non ha ucciso nessuno dei suoi seguaci: sono già troppo pochi, e ha bisogno di ogni singola persona viva e fedele. Adesso, rilassati e non ti preoccupare. Tornerò prima di mattina, altrimenti, gli elfi domestici si occuperanno di te”.

Harry fece di nuovo quel suono gutturale, pregando che Piton lo lasciasse parlare.

“Potter, non c’è niente che tu possa dire per convincermi a restare, o, come forse probabilmente preferiresti, per lasciarti venire con me. Rimarrai su quel divano perché sei in punizione. Buonanotte”.

Piton si smaterializzò con un forte crack, lasciando Harry tutto solo nella stanza buia. Harry fissò il soffitto, sbattendo velocemente le palpebre. Si rifiutava di piangere, non gli importava quello che Piton gli aveva fatto; ma la sensazione di bruciore agli angoli degli occhi era più forte della sua volontà di non mettersi a piangere.

Era solo l’intera realtà della faccenda che lo sopraffaceva. A volte Voldemort e la profezia sembravano un sogno lontano, qualcosa di cui preoccuparsi in futuro. Ma qui, a casa di Piton, era realtà. Piton era stato convocato a una riunione di Mangiamorte, e conoscendo la passione di Voldemort per fare del male, c’era una buona probabilità che il professore venisse torturato. E se veniva torturato fino al punto di fargli rivelare la vera località in cui si trovava Harry? E se i Mangiamorte fossero entrati a Snapdragon Manor quella notte, mentre Harry stava disteso sul divano, senza possibilità di difendersi? Riusciva a immaginare le spaventose maschere scivolare verso il suo letto, che si tendevano verso di lui con un freddo sorriso al di sotto.

Harry strinse gli occhi, cercando di scacciare l’immagine. Piton era più forte di quello che pensava: non avrebbe permesso che Harry rimanesse a casa sua, senza assicurarsi della sua sicurezza. E se Piton non avesse rivelato dove si trovava Harry e Voldemort lo avesse torturato fino a farlo impazzire, come i Paciock? Sarebbe stato portato al San Mungo, a passare il resto dei suoi giorni in una inerte pazzia, mormorando fra sé come i genitori di Neville.
E Harry ne sarebbe stato responsabile, come era responsabile per tutto il resto. Non era abbastanza che avesse rovinato la casa di Piton e la sua estate, adesso era certo che lo avrebbe anche fatto soffrire fisicamente.

Harry sentiva che la pozione iniziava a fare effetto; si sentiva già meno dolorante e più comodo, e il suo fisico voleva scivolare in un piacevole sonno. Ma si sforzò di mantenere gli occhi aperti. Non avrebbe dormito finché Piton non fosse tornato, non finché Piton fosse di nuovo nella sua camera, vivo e tutto intero.

Sarebbe stata una lunga notte per entrambi.

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Capitolo 9
*** Pensieri sul futuro ***



Grazie ValeLovegood, PiccolaVero e Iaco.
Grazie per tutte le recensioni che mi lasciate, e grazie anche a tutti gli altri!
Starliam



La notte diventava sempre più scura. Le candele bruciavano lentamente, e ognuna lasciava la stanza un po’ più buia, via via che si spegneva.

Harry sapeva che avrebbe dovuto dormire, ma si sforzava di tenere gli occhi aperti. L’incantesimo immobilizzante non svaniva in fretta; Harry sentì l’orologio nell’ingresso suonare le due, e aveva ripreso il controllo delle sole braccia. Si era assopito una volta o due, ma si era riscosso subito, determinato a non dormire. La pozione che Piton gli aveva dato non lo faceva dormire, ma aiutava a diminuire l’indolenzimento nei muscoli.

La prima luce dell’alba entrava già dalle finestre, quando Harry riuscì a muovere di nuovo tutto il corpo. Si sedette e spinse via le coperte. Non sarebbe rimasto lì a far nulla per sempre, preoccupandosi che Piton fosse vivo o ridotto a pezzi in una riunione di Mangiamorte; Harry sarebbe andato a cercarlo.

La porta della camera si spalancò, e Harry sospirò di sollievo nel vedere Piton che entrava. Il sollievo svanì nell’istante in cui Harry vide il volto pallido del professore, più bianco del solito e segnato dal dolore. Piton riusciva a malapena a camminare, si trascinò verso il letto spazioso con evidente fatica.

“Che cosa le ha fatto?” Harry scese dal divano.

“Potter, non così forte, per favore”, Piton iniziò dolorosamente a togliersi la veste nera. “Fra poco starò bene”. Si sfilò la tunica, facendo smorfie di dolore, e rimase in piedi accanto al letto con addosso i pantaloni neri e la camicia bianca. Sembrava sul punto di dire qualcosa di freddo e forse sgradevole, ma abbandonò l’idea.

Harry guardò ansiosamente mentre Piton saliva sul letto e si appoggiava lentamente ai cuscini. Non aveva mai visto Piton dopo un incontro con i Mangiamorte, e non importava quanto avesse immaginato le orribili sofferenze patite per mano di Voldemort, non era preparato per la realtà della tortura.

“Potter”, disse Piton, senza muoversi. “Potresti andare all’armadietto e portarmi la piccola bottiglia verde sullo scaffale in alto?”

Piton gli chiedeva una cosa gentilmente? Doveva stare davvero male. Harry si affrettò all’armadietto. Per fortuna, c’era solo una bottiglia verde sullo scaffale in alto, e la portò immediatamente a Piton.

Il professore si sedette appena, prese la bottiglia, e inghiottì l’intera pozione in diversi sorsi. Piton appoggiò la bottiglia sul comodino e tornò a stendersi sui cuscini, chiudendo nuovamente gli occhi.
“Bene, Potter, riposerò qui per un po’”.
“Me ne vado”, Harry iniziò a voltarsi.
“No!” con gli occhi ancora chiusi, Piton puntò un dito ammonitore verso in direzione di Harry. “Non devi lasciare la mia vista per altri due giorni. Vestiti, e gli elfi domestici possono portarti la colazione, poi puoi sederti in quell’angolo e leggere in silenzio.
“Va bene!” la preoccupazione di Harry si trasformò rapidamente in fastidio, mentre si avviava verso il bagno. “Mi ero scordato che i vampiri devono dormire durante il giorno”.
“Ti ho sentito”, lo ammonì Piton dal letto.

Il professore non si mosse per le ore successive. Dopo aver fatto colazione, Harry pensò di restare a guardarlo dormire, solo per essere sicuro che non morisse mentre stava steso lì. Ma dal momento che non sapeva distinguere se qualcuno era morto, tranne dal petto che si alzava e abbassava, decise di mettersi a leggere in un angolo e sbirciare Piton di tanto in tanto.

La stanza era calda e silenziosa mentre la mattinata passava. La nottata passata a vigilare aveva reso Harry molto assonnato. Si stese nella comoda poltrona, appoggiando entrambe le gambe su un bracciolo e stendendosi contro l’altro bracciolo della poltrona. Chiuse gli occhi per un momento, e il pesante libro scivolò sempre più in basso sul suo petto.

“Potter!” una voce insistente risuonò, e Harry sentì qualcosa picchiare leggermente contro le sue ginocchia.
“Vada via”, mormorò Harry, tenendo gli occhi chiusi.
“Potter, sono quasi le quattro del pomeriggio. Non riuscirò mai a farti dormire stanotte se non ti svegli adesso”.
“Mi lasci in pace”, borbottò Harry, ma si sedette e si stropicciò gli occhi stanchi. Piton era in piedi di fronte a lui. Il professore sembrava stare molto meglio, i segni del dolore erano spariti dal suo volto, e indossava nuovamente la veste nera.
Ma non era contento.
“Avresti dovuto dormire la notte scorsa. Davvero, questa ostinazione deve finire. Quando dico ‘dormi’, intendo che devi dormire, e non stare sveglio tutta la notte. La prossima volta che andrò da qualche parte durate la notte, ti darò una pozione per farti dormire”.

Harry avrebbe voluto guardarlo male, ma era davvero troppo assonnato per pensare di fare qualunque altra cosa che non fosse aggomitolarsi e rimettersi a dormire. Piton, senza cuore come sempre, lo afferrò per un braccio e lo tirò in piedi, fuori dalla poltrona.
“Hai ancora il pavimento del magazzino da strofinare, e poi voglio che tu scriva per cinquecento volte non disobbedirò di nuovo al mio guardiano per nessuna ragione”.
“Awwww”, Harry iniziò a lamentarsi, ma Piton lo bloccò con uno sguardo minaccioso.
“Facciamo seicento?”
“Va bene, strofinerò e scriverò”, Harry seguì Piton nel corridoio.

Seguirono diverse ore passate a strofinare, durante le quali Harry rimase in ginocchio con le mani sul pavimento, mentre Piton rimase intorno a lui a criticarlo, finché Harry desiderò ficcare lo spazzolino in gola al professore di Pozioni. Non riusciva a credere che Piton gli avesse fatto usare per davvero uno spazzolino da denti.

“Potrei fare molto più in fretta se mi lasciasse usare una normale spazzola per pulire”, protestò Harry, tornando per la terza volta sullo stesso punto, in cui qualcosa di disgustoso era penetrato nelle righe del pavimento di legno.
“Voglio che ci impieghi molto tempo”, ribatté Piton, sogghignando. “Ti aiuta a tenerti occupato e fuori da guai. Un Potter con troppo tempo libero si caccia nei guai, prima o poi”.
Harry resistette a malapena all’impulso di lanciare lo spazzolino contro Piton. “Ah-ha, molto divertente. Non ha qualche lavoro importante da fare per l’Ordine?”
“Ho già fatto la mia parte partecipando alla riunione dei Mangiamorte. Adesso, mi divertirò un po’ guardandoti soffrire. Un po’ più forte, non riuscirai mai a pulire il pavimento muovendo lo spazzolino in quel modo”.

Harry mormorò qualcosa che fu contento che Piton non poté sentire.

“Sei il tipo di persona che ha bisogno di qualcosa a impegnargli il tempo”, continuò Piton, apparentemente contento di avere un ascoltatore obbligato. “Ho pensato spesso che questo sia il vero motivo per cui finisci in così tanti guai quando sei a scuola: troppe ore senza controllo. Alcune persone trovano attività costruttive da svolgere nel tempo libero, ma ovviamente tu e tuo padre non avete mai fatto un buon uso del tempo libero”.
“Io non vado in giro a infastidire le persone perché sono annoiato”, sbottò Harry. “Cerco di non dare fastidio a nessuno, tranne a Malfoy, e questo perché è sempre lui a iniziare. E lei non avrebbe dovuto lasciare che la trattassero così”.
Piton abbassò lo sguardo verso Harry. “Prego?”
“Era intelligente – avrebbe dovuto trovare un modo per rispondere”. Insisté Harry, attaccando il pavimento con rinnovata energia. “Voglio dire, Malfoy trova centinaia di modi per rendermi miserabile, e lei è più intelligente di quanto lui potrà mai essere. Perché non ha lanciato un maleficio a mio padre per farlo diventare un rospo, o per farlo parlare come un troll? Non sarebbe piaciuto a nessuno, in quel modo. Avrebbe potuto mettersi d’accordo con mia mamma, e voi due insieme avreste potuto batterli”.
“Avresti voluto che iniziassimo una guerra?” l’ombra di un sorriso comparve sulle labbra di Piton.
“Beh, è iniziata comunque. Avrebbe potuto rispondere, invece di limitarsi a prenderle. Io non lascio che Malfoy abbia la meglio su di me tutte le volte, ed è più difficile, perché Tiger e Goyle mi picchierebbero fino a lasciarmi senza sensi, se pensassero che sto tentando qualcosa. Sirius e Lupin hanno mai tentato di picchiarla?”
“No, e rimani concentrato sulla pulizia” rispose Piton, ma non sembrava troppo severo.
“Mi piacerebbe battere Malfoy per una volta”, Harry si gustò l’idea. “Moody una volta lo ha trasformato in un furetto e lo ha mandato a sbattere per terra. Beh, in realtà era Barty Crouch Junior, ma ricordo ancora lo sguardo terrorizzato che aveva appena prima di essere trasformato. Ovviamente, la McGranitt lo ha obbligato a farlo ritornare come prima, ma eravamo tutti d’accordo che stava meglio come furetto”.
“E’ piuttosto malvagio da parte tua, Potter”, disapprovò Piton. “Dov’è la tua nobiltà d’animo Grifondoro?”
“Tutto cambia quando si tratta di Malfoy”.
“Capisco. E immagina che fra quindici o vent’anni, il giovane signor Malfoy abbia un figlio. Quali sarebbero i tuoi sentimenti verso di lui?”
“Sta scherzando? Ogni figlio di Malfoy sarebbe malvagio, probabilmente con lo stesso carattere antipatico e i capelli biondi…” Harry si interruppe, quando l’impatto di ciò che aveva detto lo colpì. Era vero; probabilmente avrebbe odiato ogni figlio o parente di Draco Malfoy, anche prima di incontrarlo. Harry sentì che le orecchie gli diventavano rosse, e abbassò la testa, strofinando tanto forte da far saltar via le setole.
“Basta così, per adesso”, la voce di Piton era bassa e calma. “Andiamo a lavarci e poi a cenare”.

Harry lasciò cadere lo spazzolino nel secchio di acqua sporca e si alzò. La schiena gli faceva male per essere stato tanto tempo chinato a terra, e aveva le ginocchia doloranti, e sapeva che Piton gli avrebbe fatto ingoiare di nuovo quella schifosa pozione della sera precedente. Quante pozioni aveva bevuto da quando era arrivato a Snapdragon Manor? Abbastanza per tutta la vita.

La cena era buona e calda, e Harry iniziò a mangiare avidamente, ma rallentò prima che Piton potesse riprenderlo.

“Quando andremo a Diagon Alley”, disse Piton casualmente, “possiamo, già che ci siamo, procurarci i tuoi libri di scuola. In questo modo non dovremo tornarci, e tu avrai il resto dell’estate per studiare le tue lezioni per l’autunno”.
“Fantastico”, brontolò Harry. “Un anno intero dedicato alla scuola. La gente non sarà in grado di distinguere fra me e Hermione”.
“Il sesto anno è molto importante”, insisté Piton. “Più avanti sarai contento di aver dedicato tempo e fatica allo studio, mentre tutti gli altri poltrivano”.

Harry scrollò le spalle, vedendo un certo senso nel discorso di Piton, ma rifiutandosi di ammetterlo.

“Hai mai pensato a quello che potresti fare nel resto della tua vita?” chiese Piton in tono casuale mentre iniziava a mangiare. “Dopo che avrai finito Hogwarts?”
La testa di Harry si alzò di scatto. “Cosa… voglio dire, immagino che combatterò Volde… sa, la profezia?”
“Sì, ma dopo quello. Immagina di sconfiggerlo, con lui avresti finito; o immagina che non attacchi per trent’anni. Cosa farai nel frattempo?”
Harry non ci aveva mai pensato prima. “Oh, beh, credo di voler diventare Auror”.
Piton scosse la testa. “No, non diventerai Auror”.
La gola di Harry si strinse, ma cercò di mantenere un espressione neutra. “Sì, so che lei sa che non ho avuto un GUFO abbastanza alto per poter accedere al MAGO necessario per diventare Auror”. “No, non si tratta di quello, Potter. Ci sono anche modi di aggirare le regole, quando si tratta del MAGO. Sto parlando di te: non hai la giusta personalità e il carattere per diventare Auror”.

Harry si sentì salire la rabbia, ma cercò di restare calmo. “Invece sì! I miei genitori erano Auror, e ha sempre detto che sono come mio padre.”

“Per quanto riguarda l’orgoglio e l’arroganza, forse”, ribatté Piton. “Sei troppo impaziente e impulsivo per essere un Auror. Gli Auror stanno sotto copertura e calmi al lavoro: tu avresti una crisi di nervi, o ti lasceresti prendere dalla gloria e dal potere, combattendo tutto ciò che si para sulla tua strada facendo abbastanza confusione da svegliare i morti. Hai successo, di solito perché trovi persone ignare e ottieni l’elemento sorpresa per volgere la situazione a tuo favore. Lavorare da Auror significa operazioni segrete e lavoro nascosto, qualcosa che tu odieresti già dalla prima settimana. No, dopo un po’ odieresti essere un Auror”.
“Che cosa pensa che dovrei fare?” chiese Harry, sentendosi sminuito. “E non dica nulla perché farei casino qualunque cosa faccia. Sia onesto”.
“Penso che saresti un ottimo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure”, Piton prese un sorso di vino.

Questo era inatteso, e Harry poté solo rimanere con lo sguardo fisso, a bocca aperta e un’espressione incredula.
“E’ una cosa così incredibile per cui devi rimanere a fissarmi come una trota?” chiese Piton.
Harry chiuse la bocca. “No, ma lei pensa che io sarei un bravo insegnante? Non ho abbastanza pazienza per essere un Auror, e pensa che potrei avere a che fare con gli studenti e rimanere a Hogwarts per sempre?”
“Ovviamente, insegnare non è così noioso come lo fai sembrare, o non avresti iniziato a tenere le tue lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure quando la Umbridge si è dimostrata incompetente”. “Lei lo sapeva?” esclamò Harry.
“Per favore! Tutti i professori sapevano delle vostre esercitazioni, tranne la Umbridge, che non sapeva nulla sul comportamento dei ragazzi. Credimi, se avessi iniziato a esercitarti in Pozioni al di fuori delle lezioni, lo avrei saputo”.
“Ma l’insegnante?” disse Harry, prima che Piton iniziasse a fargli la predica sul fatto di studiare di più e giocare di meno. “Non so se riuscirei a essere un buon professore”.
“Perché no? Hai fatto in modo che gli altri studenti ti ascoltassero, e conoscevi quello di cui parlavi. Gli studenti riconoscono l’incompetenza in un professore molto in fretta”.
“Immagino che sia per questo che non la ascoltiamo durante le lezioni”, disse Harry, piuttosto maliziosamente. Era un’occasione troppo buona per lasciarsela scappare, e non fu sorpreso quando Piton gli diede uno schiaffetto dietro la testa, ma non gli fece male come Harry si aspettava. “Comportati bene”, ordinò Piton, “o ti siederai scomodo in classe per tutto l’anno”.
“Non può punire un collega insegnante”, disse Harry superbamente.
“Ora, non ho mai detto che dovresti insegnare a Hogwarts”, obiettò Piton. “Ci sono altre scuole dove faresti un buon lavoro e saresti centinaia di miglia lontano da me e dal mio magazzino di pozioni”.

Harry sorrise astutamente. “No, penso che sarebbe divertente insegnare a Hogwarts. Ci pensi, io e lei, seduti accanto durante i pasti, che alle riunioni dello staff litighiamo su chi debba avere il campo per gli allenamenti di Quidditch. Ci incroceremo nei corridoio, io annuirò e dirò ‘Severus’, lei risponderà ‘Harry’, e poi continueremo per le nostre strade diverse, sapendo che ci incontreremo ancora, ogni giorno, per il resto delle nostre vite”.
Piton sembrò aver ingoiato una pozione orribile. “Ripensandoci, penso che il programma di addestramento Auror sia il posto giusto per te. O ancora meglio, cerca di farti uccidere durante la guerra”.

Harry non poté impedirsi di sogghignare mentre finiva la sua cena. Il suo stomaco si annodava ancora, al pensiero della sua carriera futura. Essere un Auror era davvero una scelta così sbagliata per lui? La McGranitt aveva detto che lo avrebbe aiutato, ma lo aveva fatto solo per spuntarla sulla Umbridge? Doveva fare il professore? Una volta che Voldemort fosse stato sconfitto, avrebbe avuto ancora un senso insegnare Difesa Contro le Arti Oscure, in modo che nessuno provasse a diventare il nuovo Signore Oscuro. Si immaginava in piedi di fronte alla classe, con addosso una veste nera, e un ragazzino del primo anno che alzava la mano e diceva esitante: “Professor Potter, può rispiegarci come si comportano i Dissennatori, per favore?”

“Prima che tu scivoli in un sogno a occhi aperti dove senza dubbio sei il re dell’universo”, disse seccamente Piton, “ti ricordo che hai ancora delle frasi da scrivere, stasera. Ne voglio metà per stasera e l’altra metà per domani sera. Domani, subito dopo colazione, andremo a Diagon Alley”.

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Alle otto in punto, Harry era steso sul divano con una mano dolorante, fissando l’alto soffitto a cupola mentre Piton lavorava su alcune carte. Harry non era stanco, ma non disse nulla per paura che Piton gli facesse prendere una pozione per farlo dormire. Si sentiva ancora colpevole quando pensava alla distruzione del magazzino di pozioni. Provò una sensazione di disagio alla bocca dello stomaco, e cercò di pensare a qualcos’altro.

“Smettila di agitarti, e dormi”, gli ordinò Piton.
“Che cosa succede alle riunioni dei Mangiamorte?” Harry si girò su un fianco, in modo da vedere Piton in faccia. “c’è qualche programma o le persone vengono torturate a caso?”
“Non sono affari tuoi. Dormi”.
“No, davvero”, insisté Harry, tirandosi su e appoggiandosi a un gomito. “Che cosa succede? Ci sono solo Mangiamorte o è permessa la partecipazione anche a chi vuole diventare Mangiamorte? E’ come un club nel quale si può entrare, o è come essere nella mafia?”
“Non te lo dirò”, sbottò Piton.
“Perché no?”
“Perché ti spaventerebbe”.

Harry sbuffò indignato, ma Piton scosse la testa. “No, Potter, so che pensi di aver visto un sacco di violenza e sofferenza in questi ultimi anni ad Hogwarts, ma è solo un assaggio di quello che succede realmente intorno al Signore Oscuro. Sei troppo giovane e troppo ingenuo per poter sopportare la conoscenza del male puro. Riguardo alla profezia sei nervoso e suscettibile già così, se ti dicessi gli orrori che ti attendono, non dormiresti più, e io non avrei più un attimo di pace”.

“Ma non saperlo mi fa preoccupare ancora di più”, obiettò Harry. “Ero preoccupato per la prima prova del Torneo Tremaghi, ma una volta saputo cosa avrei dovuto affrontare, mi sono sentito meglio e ho potuto prepararmi”.
“Puoi discutere con me quanto ti pare, ma non ti dirò nulla”, Piton era risoluto.

Harry pensò di mettere il broncio, ma i suoi pensieri scivolarono verso un’altra direzione. “Perché tutti i maghi e le streghe dalla parte del bene non si mettono insieme, vanno a un raduno di Mangiamorte e la fanno finita così?”
“Potter”, Piton iniziò a sbuffare, ma Harry continuò.
“No, sono serio. Ci mettiamo tutti d’accordo e ci riuniamo, bacchette e armi pronte: lei ci guida al raduno, prendiamo Voldemort di sorpresa, e lo sconfiggiamo. Forse potrei nascondermi fino all’ultimo momento, e poi ucciderlo prima che qualcuno mi veda, e sarebbe tutto finito. Catturiamo tutti i Mangiamorte, li mandiamo ad Azkaban, facciamo degli incantesimi in modo che nessuno possa mai farli uscire, e tutto è sistemato. Un attacco diretto, senza spiare o intrufolarsi, senza preoccuparsi di quando potrebbe attaccare, solo lotta diretta”.
“Beh, tanto per cominciare, il Signore Oscuro ha sistemato sensori e altre protezioni magiche per essere avvertito se qualcuno che non sia un Mangiamorte si avvicina a meno di tre miglia da lui. In più, ai nostri raduni effettua degli incantesimi su se stesso perché non possa essere ferito. Questi incantesimi sono fatti di Magia Nera, e io sarei morto prima ancora di essere riuscito ad annullarne uno”.

“Oh”, Harry si sentì un po’ stupido. “Comunque, dovremmo fare qualcosa. Dovremmo programmare una difesa”.

“Potter”, Piton sembrava molto stanco. “Cosa pensi che sia l’Ordine della Fenice? Un club che organizza thè per discutere di libri e altre sciocchezze simili? Stiamo lavorando molto duramente, e so che vuoi fare la tua parte, ma per adesso la tua parte è dormire e lasciarmi lavorare, dal momento che sono un membro dell’Ordine della Fenice”.
“Presunto membro”, mormorò Harry, sapendo che sarebbe stato punito se non si fosse zittito al più presto. Tentò un’ultima volta. “Ci saranno altri raduni di Mangiamorte finché starò qui?”

Piton si tese per prendere la bacchetta.

“Voglio solo dire”, disse Harry in fretta, “io non voglio che lei debba andare a altre riunioni. Non potevo sapere se le era successo qualcosa, e non potevo scendere dal divano, e i Mangiamorte avrebbero potuto entrare in casa, e io non avrei potuto muovermi”.
“Tu non correvi alcun pericolo. Al minimo segno di qualche problema, i miei elfi domestici avevano l’ordine di portarti immediatamente da Silente. Ho sistemato altre protezioni, in modo che nessuno sappia che tu sei qui. Per quello che tutti sanno, tu sei a casa dei tuoi zii, che nessuno sa dove si trovi”.
“Ron mi ha trovato, al secondo anno”, ribatté Harry. “Lui sapeva dove stavo”.
“Il signor Weasley senior sapeva dove ti trovavi,” corresse Piton. “E probabilmente lo ha detto ai suoi figli inavvertitamente, cosa che non è stata molto saggia da parte del signor Weasley”.

“Posso scrivere a Ron e Hermione?” Harry passò al suo secondo pensiero. “A loro piacerebbe sapere dove sto. Non dirò loro dove mi trovo esattamente, solo che sono al sicuro. Speravo di vederli qualche volta, quest’estate. Hermione saprà tutto delle sue materie per l’autunno, e probabilmente ha ottenuto dei GUFO perfetti. Ron si sentirà stupido perché non c’è possibilità che abbia ottenuto un punteggio alto come lei, anche se di solito non litigano per faccende che riguardano la scuola. E’ riguardo a tutto il resto che litigano, urlano e rifiutano di parlarsi per giorni. Mi piacerebbe avere un anno tranquillo, per una volta, così potrei…”

Phttt! Senza nessun avvertimento, Harry cadde indietro sul cuscino, gli occhi e la bocca chiusi. Iniziò a respirare aritmicamente e profondamente.

Piton ripose la bacchetta, il fumo di un forte incantesimo sonnifero aleggiava ancora nell’aria. Avrebbe tenuto calmo il marmocchio per un po’, abbastanza perché Piton completasse un po’ di lavoro.

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Harry cercò di sembrare freddo e distaccato, mentre aspettava sulla porta che Piton fosse pronto. Harry era già stato a Diagon Alley prima di allora, ci aveva passato diverse settimane prima di iniziare il terzo anno; ma ogni volta si sentiva eccitato all’idea di tornarci. Amava i negozi, specialmente quelli nuovi, con articoli magici che non aveva mai visto prima. Il negozio di scherzi di Fred e Gorge doveva essere davvero bello, e Harry sperava di poter sgattaiolare via per darci un’occhiata mentre Piton litigava sui prezzi degli ingredienti.

Ovviamente, conoscendo Piton, avrebbe probabilmente tenuto Harry accanto a sé per tutto il tempo, bloccato in qualche buio, minuscolo negozio, pieno di contenitori di oggetti che avrebbero fatto venire a Harry voglia di imbavagliarsi.

E se Piton fosse stato davvero occupato, Harry aveva in programma di sgattaiolare in qualche negozio più buio, e di cercare Giratempo illegali. Sì, sapeva che non avrebbe dovuto, e sì, sapeva che Piton si sarebbe infuriato se lo avesse scoperto, e Harry sarebbe stato fortunato se fosse riuscito a sedersi per il resto dell’anno; ma aveva un piano! Harry aveva un piano, e si sarebbe attenuto a quel piano, e Piton non lo avrebbe ostacolato.
“Sei pronto?” Piton entrò nella stanza, tenendo in mano un corto bastone da passeggio e un grosso anello di metallo con delle chiavi appese.
“Sì”, Harry agganciò la fibbia a forma di serpente della sua veste, “l’ho aspettata per un anno”. “Non essere insolente con me, Potter”, lo ammonì Piton. “Abbiamo una lunga giornata davanti, e non la inizieremo con le tue sfacciataggini”.
“Ma possiamo iniziare con i suoi commenti sarcastici?” brontolò Harry.

Piton gli dette due pacche con la bacchetta sulla testa. “E ne avrai altre se ti sento ancora”.

“Come andiamo a Diagon Alley?” chiese Harry, resistendo all’impulso di strofinarsi la testa. Non voleva vedere Piton sogghignare ancora. “Possiamo volare?”
“No, troppo pericoloso”. Una volta fuori si fermarono, e Piton chiuse la porta con la chiave.
“Perché non usa la sua bacchetta?” Harry sbatteva le palpebre per la luce del sole.
“Non tutta la magia è fatta con una bacchetta”, replicò Piton. “Chiudendo questa porta con la chiave, non può essere aperta da nessuno tranne me. In questo modo non devo preoccuparmi di tornare in una casa piena di Dissennatori”.

L’immagine di Snapdragon Manor piena di neri Dissennatori fluttuanti era agghiacciante, anche nel caldo sole estivo. Harry cercò di scrollarsela via. “Quindi, se non andiamo con le scope, possiamo Materializzarci là?”
“Non fuori dalla proprietà, sei ancora minorenne”, Piton mise il largo anello con le chiavi in tasca e ne estrasse un anello più piccolo con sole due chiavi attaccate.
“Va bene, allora il treno” Harry stava esaurendo le alternative. Stavano camminando accanto alla casa, lungo sentiero ciottoli con ai bordi corti arbusti.
“No, useremo il metodo Babbano vecchia maniera”.
“A piedi? Siamo così vicini a Londra?”
“No, in macchina”, Piton indicò una berlina nera davanti a loro.
La bocca di Harry si spalancò. “Prendiamo una macchina?”
“Sì, immagino che tu ci sia già stato sopra” Piton si diresse verso il lato del guidatore.
“Ma una macchina… una macchina Babbana”, protestò Harry. “Lei è un mago”.
“Non significa che non possa utilizzare i vantaggi della tecnologia Babbana quando lo desidero. E’ stato più facile e meno costoso noleggiare questa macchina che procurarmi una Passaporta”.
“Posso guidare?” chiese Harry. Non sarebbe stato bello come volare su una scopa, ma poteva comunque divertirsi un po’.

Piton scoppiò in una breve risata. “Oh, l’infallibile umorismo dei Potter. Avevo dimenticato quanto sapete essere divertenti. Sedile del passeggero o sedile posteriore?”
“Bene”, Harry si sedette sul sedile del passeggero e chiuse lo sportello. Piton si sistemò al posto di guida. Harry si allacciò la cintura di sicurezza,e Piton fece lo stesso.
Piton stava armeggiando con le chiavi, e Harry gli scoccò un’occhiata preoccupata.
“Lei sa come si guida, vero?”
“Sì, Potter, so come si guida. Ho letto il manuale delle istruzioni la notte scorsa”.
Piton premette un bottone e il finestrino dal suo lato si abbassò. “Vedi? E qui” – premette un altro pulsante e le sicure di tutte le portiere si abbassarono – “chiusura di sicurezza per bambini. Sono l’unico che può sbloccarle. E devi girare il volante nella direzione in cui vuoi andare. Ecco, andiamo”.

Piton inserì la chiave e accese il motore.

Sto per morire, fu l’unico pensiero di Harry, mentre si appoggiava allo schienale e stringeva forte il bracciolo.

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Capitolo 10
*** Una giornata a Diagon Alley ***




Prima di tutto, grazie a tutti per i complimenti. Mi fa molto piacere che apprezziate il mio modo di tradurre, e anch'io sono molto soddisfatta: credo di essere riuscita bene a rendere lo spirito della storia e lo stile dell'autrice.
Grazie davvero a tutti!
Starliam




Harry si chiese se doveva dire qualcosa, magari gridare a Piton di non fare lo sciocco, di uscire dalla macchina mentre erano entrambi ancora vivi.

Piton mise la macchina in moto: era un’azione automatica, e Harry vedeva il piede dell’uomo sul pedale, pronto a sollevarsi. Harry ebbe il fugace pensiero che avrebbe dovuto essere riconoscente che la macchina non aveva il cambio manuale, ma si chiese se una macchina con il cambio a mano avrebbe portato una morte più veloce, più pulita.

“La Metropolvere!” urlò Harry improvvisamente. “Possiamo usare la Metropolvere!”
“Troppo rischioso”, rispose Piton, il piede ancora sul freno. “Non sono del tutto certo di cosa potrebbe succedere se tu usassi quello aperto nel mio studio, visto il tuo recente incidente. D’altra parte, con la tua fortuna, finiresti per uscire da un camino diverso dal mio. Andremo in macchina, quindi sta’ seduto”.

Piton sollevò il piede dal pedale del freno e schiacciò l’acceleratore. La macchina partì di scatto, le ruote che slittavano sul selciato. Piton sembrava imperturbabile, ma Harry riusciva appena a respirare, mentre si dirigevano sempre più veloci verso la strada. Davanti a loro c’era una curva. Vi si stavano avvicinando molto velocemente, e Piton non svoltava, e c’era un grosso albero proprio di fronte a loro. Se Piton non avesse girato il volante, la macchina si sarebbe schiantata dritta contro l’albero.

L’albero era sempre più vicino, e loro non svoltavano. Harry scoprì che non riusciva a dire nulla per protestare: la sua bocca era del tutto secca. Fece l’unica cosa che in quel momento riusciva a fare: chiuse gli occhi e si aggrappò ai braccio del sedile più forte che poteva. Era uno strano modo di morire, pensava una parte del suo cervello. Aveva sempre dato per scontato che sarebbe finito ucciso da Voldemort o morto di vecchiaia, una delle due. Schiantarsi contro un albero, in una macchina guidata da un mago arrogante che aveva letto il manuale d’istruzioni poche ore prima – non era mai stato nei suoi piani.

Pochi secondi, ormai, e si sarebbero schiantati. Un secondo…

Ma non ci fu nessuno schianto: niente vetri che si frantumavano, niente lamiere accartocciate. Era successo così in fretta che era già morto?

Harry aprì un occhio, guardingo. Erano sulla strada oltre la curva, ancora sul selciato, a una velocità sostenuta, ma niente di pericoloso. Si guardò intorno: Piton stava decisamente sogghignando.

“Oh, caro, caro Potter”, lo prese in giro il professore di Pozioni, “così ingenuo e credulone. Quando incontrerai il Signore Oscuro, probabilmente ti dirà che la guerra è stata tutto un gioco, che non ha fatto niente intenzionalmente, e tu gli crederai; abbastanza a lungo da permettergli di ucciderti”. “Cosa?” chiese Harry.
“Pensavi davvero che fossi così stupido da guidare un macchina per la prima volta con te come passeggero, fino a Londra senza sapere come si guida?”
“Ha già guidato una macchina, prima?”
“Ma certo. All’incirca quindici anni fa, proprio fuori Hogwarts, ma non è qualcosa che si dimentica facilmente. Ho semplicemente amato le facce che hai fatto, tutto tirato e agitato, le nocche bianche mentre ti tenevi aggrappato come se ne andasse della tua vita. Piuttosto divertente”.
Harry aggrottò la fronte. “Brutto idiota”, mormorò, con il cuore che batteva ancora all’impazzata nel petto, anche se cercava di non farlo vedere.
“Il linguaggio, signor Potter”, disse Piton, anche se non sembrava troppo infastidito. “Ma cercherò di non spaventarti di nuovo”.
“Non ero spaventato”, affermò Harry, togliendo le mani dai braccioli e lasciandosi ricadere all’indietro sul sedile, con quello che sperava fosse un atteggiamento incurante. “Sapevo che non mi avrebbe ucciso, perché poi avrebbe dovuto risponderne a Silente”.
Piton dette un colpo di volante improvviso che scosse tutta la macchina, e Harry sobbalzò.

“Le mie scuse”, disse Piton leggermente. “Non volevo agitare i tuoi delicati nervi”.

“Ah-ha”, sbottò Harry. Si appoggiò allo schienale e si mise a guardare dal finestrino i campi e gli alberi lungo la strada. Era piacevolmente caldo all’interno dell’auto, e Harry si sentiva stanco: sarebbe stato delizioso assopirsi alla luce del sole che entrava dal finestrino. Ma era del tutto sveglio, e per tutta l’ora successiva si divertì a guardare il vento che agitava gli alberi e a fissare il lato della strada che scorreva, visto che andavano davvero veloci.

“Sei molto tranquillo”, osservò Piton, mentre guidava la macchina verso una autostrada segnalata da un cartello che diceva ‘Londra: 27 miglia’. “O stai tenendo il broncio, o stai complottando qualche nuovo guaio”.
“Io non complotto niente”, disse Harry, abbandonando i propri pensieri. “Le cose mi succedono, e io cerco di combatterle, e poi tutti danno la colpa a me perché sono andato a cercarmi dei guai”.“Bugiardo”, disse Piton, continuando a guardare la strada.
“Ehi!” protestò Harry.
“Stai mentendo”, insisté Piton. “Tu vai in cerca di guai, ammettilo!”
“Va bene”, Harry incrociò le braccia al di sopra della cintura di sicurezza. “Lei pensa sempre di saperne meglio di me, e deve sempre avere ragione; quindi non discuterò neanche”.
“Davvero, Potter”, Piton scosse la testa in beffarda incredulità. “Questa è la cosa più intelligente che hai mai detto in cinque anni”.

Era un insulto, ma Harry scoprì che non gli importava che Piton si prendesse gioco di lui.

“Grazie”, rispose con calma. “Ovviamente, sto ancora aspettando che lei faccia un singolo commento intelligente, ma ho ancora due anni di scuola, quindi terrò le dita incrociate”.

La pacca che ricevette sulla spalla non cancellò completamente il ghigno di Harry, e il ragazzo sogghignò ancora di più dal momento che Piton non aveva una battuta pronta per rispondergli.

Londra era affollata e brulicava di traffico e di persone che camminavano, ed Harry trovò strano il fatto che non dovessero fermarsi neanche una volta a un semaforo o a un attraversamento pedonale. La luce dei semafori era rossa, ma nel momento in cui la macchina raggiungeva il semaforo, scattava il verde. Quando raggiunsero la strada su cui si trovava l’entrata di Diagon Alley, Harry non vide neanche un parcheggio libero. Eppure, nel momento in cui arrivarono all’entrata, c’era un largo posto macchina proprio di fronte, come se stesse aspettando loro.

“E’ legale?” chiese Harry mentre si slacciava la cintura di sicurezza.

“Non è illegale”, rispose Piton, parcheggiando e spegnendo la macchina. “Del resto, la macchina è incantata per portarci qua il più velocemente possibile”. Harry si bloccò con la mano sulla maniglia. “Cosa? E’ una macchina incantata? Il Ministero lo sa?” “Sì, l’ho noleggiata da loro”, rispose Piton, scendendo dalla macchina.
Harry scese in fretta, chiudendo la portiera. “Ma io pensavo che queste cose fossero illegali. Il papà di Ron ha avuto dei problemi al nostro secondo anno…”
“Il signor Weasley aveva incantato una macchina per volare e non aveva cercato di registrarla da nessuna parte, ma l’aveva tenuta a casa per uso privato”, rispose Piton severamente. “Sono due cose diverse. Sbrigati, non ho tutto il giorno”.

Harry si bloccò improvvisamente. “Aspetti! Cosa facciamo con il mio aspetto?”
Piton sospirò e sembrò addolorato. “Mi dispiace, Potter, prima o poi sapevo che ti saresti reso conto esattamente quanto sei orribile, ma è davvero più colpa dei tuoi genitori che tua”.
“No, non quello”, ringhiò Harry. “Voglio dire, le persone non mi riconosceranno? E non vorranno sapere che cosa ci faccio insieme a lei?”
“Guarda qui”, Piton indicò un finestrino oscurato.
Harry vi si piazzò davanti trattenne il respiro. “Che cosa mi ha fatto?”

Il ragazzo che gli restituiva lo sguardo non era Harry Potter. Questo ragazzo aveva capelli lunghi di un castano più chiaro, Il naso era più lungo e più dritto, e gli occhi avevano sfumature più blu che verdi. Harry si voltò a guardare Piton, che sembrava divertito.

“Quand’è che mi ha cambiato? Non voglio essere così!”
“Rilassati, Potter”, Piton iniziò a camminare. “E’ un semplice incantesimo di alterazione in superficie che sparirà alla fine del giorno. Te l’ho fatto quando ti ho colpito in testa con la mia bacchetta per la tua impertinenza.
“Avrebbe potuto dirmelo, e no, non avrei discusso con lei”, aggiunse Harry, immaginando correttamente quello che Piton avrebbe potuto dire. “Capisco che non posso girare per strada con lei con il mio aspetto. Ma non ho sentito il cambiamento. Perché queste trasformazioni sono così sottili e l’incantesimo così semplice quando la Pozione Polisucco è così difficile da fare e causa dolore quando la si beve?”
“Perché la Pozione Polisucco ti trasforma nella persona che devi imitare, dandoti il suo intero corpo e tutti gli aspetti fisici. Questo incantesimo altera solo alcune caratteristiche del tuo volto. Se qualcuno ti guardasse attentamente, potrebbe capire che assomigli più al signor Potter di chiunque altro, ma nessuno ti osserverà con tanta attenzione. Per adesso, il tuo nome è Henry, e se qualcuno te lo chiede, sei mio nipote che è venuto da me per l’estate”.
“Suo nipote?” fece una smorfia Harry. “Io non voglio essere imparentato con lei”.
“In più”, continuò Piton, come se non avesse sentito Harry, “sei una specie di combina guai, e la mia cara sorella, senza più pazienza e senza sapere cosa fare con te; così ti ha mandato da zio Piton per un po’ di disciplina”.
Harry roteò gli occhi. A quel punto erano arrivati all’entrata, e Piton iniziò a premere i mattoni per farli entrare.

“Non girovagare”, lo avvertì Piton mentre il muro spariva, e Diagon Alley appariva di fronte a loro. “Stammi vicino, e se ti chiamo Henry, farai bene ad arrivare di corsa. Causa qualche problema, e mi troverò un angolino libero da qualche parte per occuparmi di te. Capito?”
“Sì, zio Piton”, rispose Harry, piuttosto maliziosamente.

C’erano davvero poche persone a Diagon Alley; le strade erano praticamente vuote. Harry si chiese se fosse troppo presto per fare shopping, o se le recenti notizie sul ritorno di Voldemort avevano spaventato tutti. Harry si diresse automaticamente verso la Gringott’s, evitando un carretto che pubblicizzava fiori finti che producevano un arcobaleno su cui si poteva camminare. Arrivi a uno ruscello, non ti vuoi bagnare i piedi, metti un fiore per terra da un lato del corso d’acqua, e il fiore proietterà un arcobaleno oltre il ruscello, per permetterti di attraversarlo. Harry si chiese cosa avrebbe detto Piton se avesse voluto comprarne uno. Probabilmente avrebbe detto a Harry di saltare il ruscello o di cercare un ponte. Conoscendo Piton, probabilmente gli avrebbe anche detto di saltare dal ponte una volta averlo trovato.

“Dove stai andando?” Piton afferrò Harry per il braccio e lo tirò indietro.
“Uh?” Harry saltò fuori dai sue pensieri sugli arcobaleni. “Sto andando alla banca. Sa, per prendere i soldi per pagare per le pozioni?”

Piton esitò, poi disse: “Beh, non preoccuparti per i soldi, per adesso. Ho scritto a diversi negozi dicendo loro che il mio giovane ospite ha distrutto il mio magazzino, e mi hanno detto che poiché sono un buon cliente mi faranno avere i nuovi ingredienti a un prezzo molto basso. Comunque non avranno tutto quello che mi serve, così dovrò coltivare alcune piante nei miei giardini; e tu ti occuperai di loro per il resto dell’estate”.

Harry sbatté le palpebre, fissando Piton. Il professore intendeva dire che non aveva in programma di prendere i soldi di Harry?

“Non essere così grato”, brontolò Piton, camminando verso un piccolo negozio all’angolo. “Non lo faccio per essere gentile. Non volevo spendere tutta la tua fortuna di famiglia e poi trovarti fra qualche anno a bussare alla mia porta, e a lamentarti che sei senza un soldo. Smettila di bighellonare, e seguimi!”

Il primo negozio di Pozioni era buio e scuro, in confronto al sole splendente; e gli occhi di Harry ebbero bisogno di qualche secondo per abituarsi. Una volta che poté vedere normalmente, desiderò essere nuovamente cieco. Non solo, sui numerosi scaffali c’erano bottiglie, contenitori e fiale piene di viscide cose oscure; ma c’erano anche barili di cose non ancora morte. Cose nere scivolose che si agitavano in una botte, non serpenti, non rane, non vermi; una combinazione di tutti e tre, con rotondi occhi fissi. Harry si ficcò le mani in tasca, non volendo toccare niente.

Piton stava già parlando con l’uomo dietro il bancone, un mago rinsecchito con metà denti mancanti e un naso a uncino. “Sì”, disse Piton con voce stanca, “il giovane Henry ha deciso di giocare con le pozioni nel mio magazzino del primo piano ed è riuscito a distruggerlo. Sono riuscito a salvare solo quei pochi ingredienti che ho indicato nella lettera”.
L’uomo dietro il bancone posò i suoi brutti occhi su Harry. “Capisco”, gracchiò l’uomo. “Spero che il nipotino Henry abbia ricevuto la giusta punizione per una tale cattiveria”.
“Mi, creda, l’ha ricevuta” disse seccamente Piton, e Harry cercò di non arrossire. “Ora, potrei dare un’occhiata alle cose che mi ha messo da parte?”

Entrambi gli uomini andarono nel retro, discutendo di pozioni. Harry non si lasciò scappare l’occasione e corse fuori dal negozio; si immaginò di avere all’incirca quindici minuti prima che Piton si accorgesse che era sparito. Voltò nella strada e continuò a correre più veloce che poteva fino a raggiungere l’inizio di Notturn Alley. Il viale sembrò diventare più scuro, i negozi aveva un aspetto minaccioso e pericoloso, e Harry sentì un brivido di ansia scorrergli addosso. Deglutendo, si diresse verso Magie Sinister, il negozio nel quale era accidentalmente finito con la Metropolvere nell’estate prima del secondo anno.

Il negozio era all’incirca lo stesso, pieno di oggetti di Magia Oscura, Ma Harry scoprì che non si sentiva così spaventato come quattro anni prima. Ansimando, corse al bancone, al quale sedeva il signor Sinister, con un’aria depressa.
“Mi scusi”, disse Harry tutto d’un fiato, “ha delle Giratempo?”
“Giratempo?” l’uomo lo fissò. “Non, non le abbiamo. Il Ministero le ha confiscate anni fa. E considerata l’attenzione con cui ci osservano di questi tempi, sarò fortunato se riuscirò a tenere aperto un altro mese. Raid ogni pochi giorni, le famiglie vendono tutti i loro averi di famiglia per evitare sospetti, nessuno compra più niente.
“Sì” - interruppe Harry - “è terribile. E un oggetto chiamato la Collana di Timord? Lo conosce?”
“Ma certo”, il signor Sinister osservò guardingo Harry. “Che cosa vuoi ottenere con un oggetto come quello?”
“Ho commesso un errore tempo fa, e devo sistemarlo”.
“Che tipo di errore?”
Harry si fece venire in mente la bugia perfetta. “Ehm, ho tradito la mia ragazza, e lei ha rotto con me. E adesso la rivoglio indietro, così voglio tornare indietro nel tempo per cambiare quello che ho fatto”.

Il signor Sinister ebbe una breve risata. “Oh, voi ragazzi. Beh, mi spiace, ma non ho la Collana di Timord. Ho un braccialetto che potrebbe fare dimenticare alla signorina in questione quello che hai fatto, o un anello che la porterà a tollerarti quanto basta perché tu possa riconquistarla”. “No, va bene così”. Harry si allontanò dal bancone. Obbedendo a un’intuizione improvvisa, si voltò di nuovo e chiese: “Non sa dove potrebbe essere, vero?”
“Ma certo che lo so”, rispose il signor Sinister. “In questo momento, è nelle mani di Lucius Malfoy a Malfoy Manor”.

Harry sentì piccoli brividi corrergli lungo la spina dorsale. “Malfoy Manor?”
“Sì, ma non farti venire in mente di rubarla al signor Malfoy”, lo avvertì il signor Sinister. “Ti ucciderà prima che tu riesca a superare la porta d’ingresso”.
“Grazie”, rispose Harry, prima di correre verso la porta. Mentre si affrettava a uscire da Notturn Alley, pensò furiosamente a cosa aveva appena saputo. La Collana era alla porta accanto, a Malfoy Manor. Era più di una coincidenza: era quasi fato, destino, in qualunque modo si volesse chiamarlo. Non era tutto perduto, poteva ancora correggere i suoi sbagli.

Piton stava osservando dozzine di ingredienti quando Harry sgattaiolò nuovamente nel negozio. Il professore non sollevò lo sguardo, mentre diceva all’uomo dietro il bancone: “Va bene, li prendo tutti. Li metta nella mia macchina qua di fronte”.
“Sarà fatto, signore”, l’uomo iniziò a impacchettare gli ingredienti.
“Andiamo, Henry”, fece cenno Piton a Harry, ed entrambi andarono verso la porta. Una volta fuori, Piton afferrò Harry per la nuca in una forte stretta.
“Ow!” esclamò Harry, ma senza tentare di liberarsi.
“Pensavo di averti detto di starmi accanto”, lo rimproverò Piton. “Intendevo ‘stai vicino a me’ e non ‘corri liberamente per strada’. Hai intenzione di ascoltarmi, o devo estendere la tua punizione di non poter lasciare la mia vista per un giorno in più?”
“No, signore, mi dispiace,” si scusò Harry. “Io.. io volevo solo vedere… uh, il nuovo negozio di scherzi di Fred e Gorge. Non pensavo che volesse andarci…”
“E avevi ragione”, tagliò corto Piton. Il professore estrasse la bacchetta e la puntò verso Harry. “Svuota le tasche”.
“Cosa?” Harry non aveva niente in tasca, ma non capiva la richiesta.
“Non voglio che tu compri quei dolci o qualunque cosa facciano che ti trasforma in uccello, in un ratto o in qualcosa di ugualmente rivoltante. Non porterai quelle caramelle in casa mia, quindi svuota le tasche adesso”.
Harry voltò immediatamente le tasche da una parte e dall’altra. “Vede? Nulla”.
Piton non sembrava soddisfatto. Harry si sentì esasperato.
“Guardi, a meno che non voglia spogliarmi qui, deve credere che non inizierò a farle degli scherzi. Non sono Fred e Gorge, e non ho dodici anni, quindi si fidi di me”.
L’espressione accigliata non lasciò il volto di Piton, ma lasciò la nuca di Harry e iniziò a camminare verso il prossimo negozio.

“Un altro negozio, e poi possiamo fermarci per il pranzo. Poi andremo a cercare i tuoi libri di scuola. E se mi trasformo in qualcosa mentre tu sei a Snapdragon Manor, farai meglio a trovarti a cento miglia di distanza quando mi ritrasformo, o non sopravviverai tanto a lungo da pentirtene”.

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Al momento in cui entrarono in macchina, il sedile posteriore era pieno di pacchetti di pozioni, libri e sacchetti di erbe essiccate. Harry si sentiva pieno per la cena che Piton gli aveva fatto mangiare: un sacco di cibo, considerato che era ancora pieno dal pranzo. In più, Harry era stanco per essere stato tanto tempo in piedi: qualcuno doveva mettere un po’ di sedie in quei negozi. Harry si appoggiò al sedile, mentre Piton avviava la macchina.

“Devo iniziare studiare domani?” chiese Harry, cercando di non sembrare lamentoso. “Voglio avere il tempo di fare altre cose”.
“Per esempio?”
“Non lo so. Voglio volare sulla mia scopa e magari mandare una lettera a Ron e Hermione. Oh, no!” Harry si tirò su di scatto, la cintura gli premette sulla spalla. “Dov’è Edvige? Non l’ho vista per tutta la settimana. L’ultima volta che l’ho vista è quando l’ho mandata con una lettera alla Tana, e poi me ne sono andato. E’ tornata dai Dursley? Probabilmente l’avranno uccisa, ormai”.
“Rilassati”, rispose con calma Piton. “La tua civetta è nella guferia nella torre più alta di Snapdragon Manor. Anche se probabilmente non sarà contenta che tu ti sia dimenticato di lei fino ad ora”.
“Mi dispiace”, rispose Harry. “Ero troppo occupato a prendere fuoco e a farmi sculacciare per pensare alla mia civetta”.

Piton si limitò a sogghignare, ma Harry si sentì ancora peggio per aver ignorato Edvige. Avrebbe iniziato a beccargli le dita e a volargli intorno alla testa becchettandolo per punirlo. Harry si lasciò ricadere sul sedile, non poteva fare niente, adesso.

Una volta fuori dalla città, il sole stava tramontando, e Harry si sentiva molto assonnato. Mentre i suoi occhi si chiudevano, notò che il suo riflesso era tornato alla solita immagine: capelli scuri, naso corto, occhi verdi.

“La prossima volta che cambia la mia faccia, mi avverta”, mormorò Harry. Non ci fu risposta, solo il rombo del motore.

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Erano le dieci passate quando Harry si affrettò in camera di Piton e si mise a frugare alla ricerca del pigiama, prima di entrare nel bagno. Pasti abbondanti, dormire tutto il giorno, poltrire qua e là: quando in autunno avrebbe ricominciato gli allenamenti di Quidditch non sarebbe riuscito a stare sulla scopa. Poteva vedersi mentre rotolava giù dalla scopa per farsi un sonnellino sull’erba.

L’indomani, avrebbe fatto qualcosa per cui valeva la pena perdere un po’ di tempo: ci doveva essere un modo per entrare a Malfoy Manor. Gli venne all’improvviso un’idea brillante, e smise di lavarsi i denti per osservarsi allo specchio. Poteva fare la Pozione Polisucco per diventare Draco. Era nella casa di un Professore di Pozioni, tutti gli ingredienti erano a portata di mano, ce la poteva fare! Ma no, gli sarebbe servito un mese per prepararla, e dove avrebbe trovato un pezzo di Draco?

Beh, allora forse un incantesimo come quello che Piton aveva usato quel giorno? Qualcosa di temporaneo e facile, doveva solo entrare a Malfoy Manor e trovare quella Collana.

Harry si sciacquò la bocca e si asciugò le mani con l’asciugamano. Entrò nel letto improvvisato sul divano e continuò a pensare al suo piano.

Poteva osservare Malfoy Manor per qualche giorno, cercando di capire quand’era che rimaneva vuota. Poi sarebbe entrato: e se ci fossero stati degli elfi domestici di guardia alla porta? Forse con il suo Mantello dell’Invisibilità… ma no, non poteva mettersi a cercarlo di nuovo. Piton sarebbe stato capace di incatenarlo alla sedia, se lo avesse scoperto a curiosare così poco tempo dopo essere stato messo in punizione. Ma ci doveva essere un modo. Le cose si stavano mettendo troppo in suo favore, perché fossero coincidenze. Aveva solo bisogno di pensarci, di studiare il tutto con attenzione…

Piton entrò in camera quando l’orologio segnava le dieci e mezzo. Si era quasi aspettato di dover dare la caccia al suo pupillo per metterlo a letto, e si sorprese nel vedere il Bambino Che Era Sopravvissuto Per Tormentarlo mezzo addormentato.

Era snervante vedere il marmocchio dormire: sembrava così piccolo e innocente, quello che gli mancava era stringere un orsacchiotto, e Piton sarebbe stato così nauseato dall’immagine della dolcezza e dell’innocenza che non sarebbe più riuscito a guardare il ragazzo.

Almeno, era tranquillo. C’era ancora una bella fetta dell’estate da passare, e il marmocchio stava diventando anche troppo bravo a rispondere ai commenti maligni che gli faceva Piton. Se continuava così, il ragazzo sarebbe tornato a Hogwarts con abbastanza battute acute da esasperare ogni professore della scuola.

Con un’ultima occhiata per accertarsi che Potter dormisse, Piton diminuì la luce delle candele. Non c’era motivo di rischiare di svegliarlo di nuovo.

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Doveva solo arrivare alle quattro. Era l’ora in cui la sua punizione era iniziata, tre giorni prima, e sarebbe terminata alle quattro in punto. Non aveva fatto niente che spingesse Piton ad allungare la punizione, e Harry se ne stava seduto molto tranquillo, scrivendo le frasi che avrebbe dovuto finire la sera prima. Anche se odiava ammetterlo, Piton era stato molto gentile, ultimamente. La sera prima Harry era molto stanco, appena uscito dalla macchina, ma si era aspettato che Piton gli ordinasse di prendere penna e pergamena e di iniziare a scrivere. Invece, gli aveva lasciato prendere una tazza di cioccolata calda prima di insistere che andasse a letto. Quindi, tutto quello che Harry doveva fare era comportarsi bene per le prossime sei ore, fino alle quattro. Sei ore: era un sacco di tempo, per cacciarsi nei guai.

Harry si mosse sulla sedia scomoda, e con il braccio urtò la boccetta dell’inchiostro, spargendolo tutto sulle frasi che aveva scritto. Piton, che stava leggendo la posta, sospirò.
“Potter…”
“Queste contano”, insisté Harry. “Lei mi ha visto che le scrivevo. Erano un centinaio di righe, non voglio scriverle di nuovo”.
“Se avessi voluto farle, non sarebbe stata una punizione”, commentò Piton. “Prendi un nuovo foglio, e scrivane ancora cinquanta; poi potrai iniziare a guardare i tuoi libri di scuola. Ho preparato uno schema di studio per te…”

Harry si lamentò rumorosamente.

“E tu ti atterrai allo schema”, continuò Piton in tono severo.
“Non voglio studiare”, brontolò Harry. “Sono stanco di studiare. La mia punizione finisce questo pomeriggio, e ho fatto tutto quello che mi ha detto: voglio andare a volare”.

Anche Harry arrossì per quanto sembrava lamentoso, e sapeva che Piton stava pensando: “scontroso marmocchio”. Ma Harry pensava di essere stato molto buono, tutto considerato, e non era che lui avesse desiderato vivere con Piton…

“Va bene”, brontolò Piton, “se non devi fare altro che infastidirmi, questo pomeriggio puoi andare a volare, dopo un’ora in cui strapperai le erbacce in giardino. Ma ci sono delle regole su dove e quando puoi volare, e se non le segui alla lettera, segherò quella scopa a metà”.

E Piton lo avrebbe fatto, certo – lo stupido idiota. Ma Harry sapeva che ci avrebbe pensato due volte prima di fare qualcosa che avrebbe messo in pericolo la scopa che gli aveva dato Sirius. Comunque, realizzò Harry mentre ricominciava a scrivere le frasi, avrebbe fatto qualunque cosa per riportare indietro il suo padrino. Avrebbe dovuto esserci Sirius, seduto sulla grande poltrona, a leggere la posta. Avrebbe dovuto essere Sirius a criticarlo e a dirgli cosa fare. E se ce ne fosse stato bisogno (anche se Harry non lo credeva probabile), avrebbe dovuto essere Sirius a punirlo; non un pipistrello troppo cresciuto di professore di Pozioni dalla mano troppo pesante.

Harry si sentì crescere dentro una rinnovata determinazione. Avrebbe salvato Sirius. E Piton non avrebbe mai saputo cosa lo aveva colpito.

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Capitolo 11
*** Strappando le erbacce nel passato ***



Rieccomi con un nuovo capitolo!
Grazie a tutti per le recensioni.
Sì, Appletree, mi piacerebbe tradurla, se l'autrice mi darà il permesso.
Divertitevi!



Il sole del pomeriggio era caldo sulla schiena di Harry, mentre si chinava danti a una fila di piante di rosmarino e iniziava a strappare le erbacce attorno alle piante. Si era tolto il mantello un’ora prima, e non aveva intenzione di rimetterselo, non importava quello che avrebbe detto Piton. Il professore sarebbe stato capace di fargli indossare il mantello con quel caldo, per poi lamentarsi che il suo pupillo era un idiota senza speranza, una volta che Harry avrebbe preso un colpo di sole. Se lo immaginava: Piton era felice solo quanto puntava l’attenzione sulle colpe degli altri, specialmente quelle di Harry.

Una brezza soffiò nel giardino, scompigliando i capelli di Harry e facendo tremolare le piante. Le sue mani erano sporche di terra, e i pantaloni erano impiastricciati di fango sulle ginocchia. Eh, beh, se Piton non gli dava dei vestiti adatti al giardinaggio, non era colpa sua.

“Hai saltato un punto”, disse una voce dietro di lui.

Harry voltò la testa dietro la spalla e vide Piton che lo osservava lavorare, con le braccia incrociate e l’espressione severa mentre sorvegliava il lavoro del suo pupillo.
“Non ho ancora finito”, protestò Harry, ricominciando a strappare le erbacce. “Ci tornerò sopra dopo”.
“Sei qua fuori da due ore, e sei andato avanti solo di tre piedi. Le stai strappando usando i denti, o ti diverti a procedere a passo di lumaca?”

Il sarcasmo derisorio nella voce di Piton fece venire a Harry la voglia di lanciargli una zolla di terra.

“Ci arrivo, la smetta di urlarmi contro”, ringhiò Harry, tirando un’erbaccia particolarmente resistente. Si rifiutava di venire via, rimanendo ostinatamente ancorata alla terra. La prese con entrambe le mani e tirò con tutta la sua forza. La terra finalmente la lasciò andare, e l’erbaccia venne via, tirandosi dietro una delle piante di rosmarino. Harry si passò una mano sul volto, lasciando una scia di sporco e aspettando il commento aspro di Piton riguardo a piccoli marmocchi che insistevano a rovinare giardini e a causare più problemi di quelli che valessero.

“Piano, Potter”, disse gentilmente Piton. “Alcune erbacce non vengono via la prima volta che le tiri, e devi fare attenzione per non strappare le altre piante”.

Harry sbuffò, lanciando l’erbaccia sul mucchio doveva aveva buttato le altre, mucchio che era diventato sempre più grande con il trascorrere del pomeriggio. “Sarebbe molto più facile con una bacchetta. Potrei farlo in pochi minuti, e poi dedicarmi a qualcos’altro invece di frugare nella terra. Fa caldo e sto sudando, e non ne sto facendo abbastanza, e niente sembra andare bene”.

“Il duro lavoro fortifica il carattere”, rispose Piton in tono da predica mentre si voltava. “Qualcosa da cui puoi ottenere grossi benefici. Il lungo, duro lavoro è quello che ti serve, più di qualunque altra cosa. E da buon tutore, ho in programma di far fronte a questa necessità più spesso che posso”.

Harry non riuscì a trattenersi. Lanciò una zolla di terra a Piton. La terra colpì la veste di Piton, ma cadde senza lasciare tracce. Piton si voltò lentamente a fronteggiare Harry.
“Signor Potter, mi hai appena lanciato della terra perché insistevo a dire la verità?”
Harry si accigliò e prese un’altra erbaccia, rifiutandosi di dare a Piton la soddisfazione di una risposta. Poi si trovò a sfrecciare in aria, oltre le aiuole, e cadde nel lago con uno splash.Un momento più tardi, il suo sedere sbatté sul fondo del lago, l’acqua fredda che gli arrivava alle spalle. Trattenendo il respiro per lo shock dell’acqua fredda dopo il calore del sole, iniziò ad agitarsi per alzarsi, alghe e rami si avvolgevano alle sue braccia e gli facevano perdere l’equilibrio.

Quando finalmente Harry riuscì a mettersi in piedi, si voltò nell’acqua alta fino al ginocchio per vedere Piton in piedi sull’orlo del lago, che sogghignava.

“Cielo, Potter, un bagno così all’inizio della stagione? Non potresti prima cambiarti nell’abbigliamento adatto? E avrei apprezzato se mi avessi chiesto il permesso”.
“Ah-ha, è così dannatamente divertente”, Harry saltò fuori dall’acqua, facendo cadere gocce d’acqua mentre si muoveva. “Grazie mille per avermi gettato nel lago. Ora, non posso più strappare le erbacce”.

Piton si limitò a sollevare un sopracciglio con aria interrogativa.

“Andiamo”, protestò Harry, resistendo all’impulso si saltare addosso a Piton e strangolarlo. “Sono zuppo. Non posso lavorare così. Ho freddo, anche”.
“Allora mettiti il mantello”, consigliò Piton con l’atteggiamento freddo e controllato che Harry odiava. “Quello dovrebbe scaldarti”.
“Brutto idiota”, mormorò Harry mentre si avviava verso l’aiuola.
“Penso che qualcuno abbia bisogno di un sonnellino”, osservò Piton. “e di farsi lavare la bocca con il sapone prima di cena. Ho una nuova saponetta che entrerebbe alla perfezione dentro la tua bocca, lavanda e respiro di neonato, mai usata prima”.
Harry si fermò, facendo un profondo respiro per calmarsi. Arrabbiarsi non lo avrebbe aiutato, in quel momento. “Mi dispiace per averla chiamata in quel modo. E non avrei dovuto lanciarle la terra. Per favore, non mi lavi la bocca con il sapone”.

Sapeva che Piton non lo avrebbe ascoltato: il professore faceva quello che voleva senza preoccuparsi delle richieste di Harry. Era il modo in cui si comportava: deciso a dimostrare che non si faceva impressionare da niente di quello che faceva il Bambino Sopravvissuto. Niente di ciò che Harry diceva poteva fare la differenza; anche quando si comportava al meglio che poteva, Piton trovava sempre qualcosa da criticare, qualche piccolo dettaglio insignificante che Harry aveva dimenticato.

“Raccogli il mantello”, ordinò Piton. “Entra in casa e di sopra a cambiarti. Questo pomeriggio puoi studiare in biblioteca fino all’ora di cena. Ma se ti sento dire un’altra parolaccia, ti troverai con la bocca lavata e in piedi nell’angolo per un’ora”.

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Una volta in biblioteca, Harry si mise al lavoro sul suo piano. Iniziò a scrivere una lista di cose che doveva fare prima di entrare a Malfoy Manor. Avrebbe dovuto sapere il layout della casa, dove era più facile che fossero nascosti oggetti di valore o illegali. In più, avrebbe avuto bisogno di una lista delle persone o delle creature che vivevano in quella casa. L’ultima volta che Harry ne aveva sentito parlare, Lucius era ancora in prigione ad Azkaban; ma c’era una possibilità che il malvagio Mangiamorte fosse scappato. Narcissa probabilmente era lì, mantenendo un basso profilo dopo la disgrazia capitata al marito. E per Draco… beh, poteva essere ovunque: in viaggio, in visita a malevoli parenti o amici, alle riunioni dei Mangiamorte; o semplicemente a bighellonare per la casa come un principino viziato.

E i Malfoy probabilmente avevano diversi elfi domestici. Considerato che Piton ne aveva due, Harry non sarebbe stato sorpreso se i Malfoy ne avessero quattro o cinque, dopo aver perso Dobby.

Dobby? Dov’era? Forse poteva parlare a Harry della casa. Dobby avrebbe saputo tutto dei Malfoy, anche se non lavorava per loro da tre anni. Se Harry avesse potuto trovare Dobby e farsi dare qualche informazione, Harry sarebbe stato a buon punto nel progetto di trovare quella stupida Collana. Ma conoscendo il comportamento degli elfi domestici, Harry sarebbe stato riluttante a dire qualunque cosa, e quasi sicuramente sarebbe finito a colpirsi con gli spessi libri della biblioteca prima di dire qualcosa di interessante. Harry avrebbe dovuto ingannarlo in qualche modo, se fosse riuscito a scoprire dove stava la piccola creatura. L’ultima cosa che sapeva, era che Dobby e Winky erano in servizio a Hogwarts, nelle cucine del castello.
Per far avere un messaggio a Dobby, Harry avrebbe dovuto mandargli un gufo. Per fare questo, avrebbe dovuto chiedere il permesso a Piton e poi cercare di convincere Edvige a consegnare la lettera. Quando quella mattina aveva visitato la guferia, Edvige gli era volata intorno arrabbiata e lo aveva beccato molto forte intorno alle orecchie. Eppure, affrontare un uccello arrabbiato sarebbe stato più facile che cercare di convincere Piton a fargli mandare delle lettere.

Harry gemette, immaginando il fuoco di fila di domande che Piton gli avrebbe rivolto. Perché vuoi spedire delle lettere? Cosa devi dire che non possa aspettare l’inizio della scuola? Vuoi mandare delle lettere solo al signor Weasley e alla signorina Granger, giusto? Perché avresti bisogno di mandarne una a Hogwarts? Un elfo domestico? Potter, smettila si scocciarmi e inizia con i tuoi lavori di giardinaggio prima che ti faccia volare nel lago di nuovo.

Una conversazione davvero produttiva. Forse Harry poteva mandare fuori Edvige con una lettera senza dirlo a Piton? No, il professore sicuramente aveva qualche tipo di protezione intorno alla casa che non lasciavano entrare o uscire nessun animale senza che lui lo sapesse.

Harry appoggiò la testa sul tavolo, frustrato. Era stanco di cercare di anticipare e mettere nel sacco Piton. Il professore di Pozioni sembrava essere ovunque, sembrava vedere tutto, e rimaneva a un passo di distanza da Harry per tutto il tempo. Era questo che significava, avere un genitore?

Harry non avrebbe mai pensato che i genitori potessero essere così furbi.

Non che pensasse che tutti i genitori fossero stupidi. Ma prendi a esempio il papà e la mamma di Ron. I loro sette figli erano sempre nei guai o a fare scherzi o a complottare disastri, e il signore e la signora Weasley li scoprivano solo la metà delle volte. E i genitori di altri studenti non avevano idea di cosa succedeva a Hogwarts finché non era troppo tardi o finché il Ministero non faceva luce. I genitori erano così ciechi, così presi dai loro problemi che si perdevano completamente quello che accadeva intorno a loro, finché non accadeva un disastro.

Ma Piton… Harry si agitò, a disagio. Piton sarebbe stato il peggior genitore che si potesse avere. Non sarebbe stato possibile fare niente, con lui intorno. Aveva una strana capacità di immaginare correttamente cosa stavi per fare, e non esitava a punire quando sentiva che ce n’era il bisogno. Piton ti avrebbe messo in riga, non avrebbe accettato nessuna risposta, e avrebbe fatto del suo meglio per essere certo che tu sapessi che lui sapeva cosa facevi in ogni momento.

Certo, poteva essere una buona cosa. Harry disegnò soprappensiero schizzi di Boccini sui lati della pagina, mentre lasciava vagare i pensieri. Dopo un anno in cui nessuno aveva creduto che Voldemort era tornato, e in cui si era dovuto impegnare per nascondere gli incontri dell’ES, in cui aveva dovuto avere a che fare con la Umbridge e le sue idee perverse; lo faceva sentire bene il fatto di avere un adulto che lo prendeva sul serio. Era la cosa bella (forse l’unica cosa bella) di Piton: era onesto. Non nascondeva i suoi sentimenti, non c’era bisogno di ripensare a quello che Piton intendeva o non intendeva, non si doveva preoccupare del fatto che Piton potesse abbandonarlo o cambiasse atteggiamento da un momento all’altro. No, Piton diceva quello che intendeva dire, intendeva quello che diceva, e Potter avrebbe fatto meglio ad ascoltarlo o ne avrebbe affrontato le conseguenze.

Dopo anni in cui aveva avuto a che fare con adulti dalla doppia faccia e con codardi, era bello dipendere da una persona che sarebbe rimasta la stessa nel buono e nel brutto, senza mai cambiare.

“Potter!” la voce severa di Piton risuonò nella biblioteca. “Che stai facendo? Sei stato qui quasi un’ora, e tutto quello che hai fatto è scarabocchiare Boccini su una pagina? E’ per questo che non andrai a volare oggi: quando mi avrai mostrato che sei in grado di svolgere un compito senza che io debba starti con il fiato sul collo, allora mi fiderò abbastanza da lasciarti da solo. E’ ora di cena, e stasera starai seduto nel mio studio così che possa tenere d’occhio il tuo lavoro”.

Sì, pensò Harry mentre si alzava in piedi, chiudendo il foglio nel primo cassetto della scrivania, quello era proprio Piton. Non cambiava mai, era sempre il solito malvagio, brontolone, irritante padrone di schiavi che era da quando Harry lo aveva conosciuto. Solo regole, punizioni, e un sacco di commenti sarcastici. Che fortunato che era, a dover passare l’estate con lui.

“Posso spedire alcune lettere domani?” chiese Harry mentre si abbottonava i bottoni del pigiama prima di entrare a letto.

Piton per poco non alzò gli occhi al cielo, ma disse a denti stretti: “Va bene, ma ci darò un’occhiata prima che tu le spedisca. Non voglio che tu mandi alla Gazzetta del Profeta una preghiera per essere salvato da un professore di Pozioni - vampiro e poi trovarmi con folle di streghe e maghi arrabbiati che picchiano alla mia porta”.
“Non mando ai giornali lettere come quelle”, obiettò Harry. “L’unica cosa che abbia mai rilasciato ai giornali è stata quell’intervista con Rita Skeeter, e solo perché dovevo fermare la Umbridge. Le altre scemenze, come quell’articolo che lei lesse in classe, erano informazioni rubate e non vere”. “Davvero?” Piton non sembrava convinto. “Quindi non avevi un interesse per la signorina Chang durante il Torneo Tremaghi?”
“Per lo più non è vero”, si corresse Harry, cercando di nascondere a Piton le guance rosse.
Piton sbuffò, ma si limitò a indicare il letto. “Sotto le coperte, e prendi la pozione”.
“Nella mia prossima intervista, dirò che sono stato drogato per tutta l’estate”, Harry fece una smorfia prendendo da Piton la boccetta di fanghiglia marrone.
“E’ una miscela di vitamine e sali minerali per mantenerti forte e in salute, non una Pozione sonnifera”.
“Ugh”, Harry la inghiottì e passò in fretta la boccetta vuota a Piton. “E’ orribile. Perché deve essere così cattiva? I Babbani danno ai loro figli vitamine sotto forma di colorate o sciroppo dolce. E no, non voglio caramelle o sciroppo, quindi può risparmiarsi i suoi commenti sprezzanti”.
“Siamo permalosi oggi”, Piton non poté impedirsi di sorridere appena. “Ti va di dirmi come mai sei di umore così scontroso, o preferisci tenere il broncio mentre sei a letto?”
“Non sto tenendo il broncio, e non sono scontroso”, insisté Harry, lasciandosi ricadere all’indietro sui cuscini. “Sono bloccato qui per tutta l’estate con lei che mi urla contro, e dovrei esserne felice?” “Saresti più felice con i tuoi zii?”

Harry si tirò su appoggiandosi a un gomito e fissò Piton. “Vuole sapere dei miei zii? Vuole sapere com’è stato crescere là, essere il più giovane e il più piccolo e avere tutti che se la prendevano con me?”
“Per favore, Potter”, Piton spinse una sedia e si sedette accanto al letto, come se stesse per ascoltare qualcosa di molto interessante, “dimmi della tua vita familiare, così che io possa saperne di più su te e sulla tua vita”.

“Non era la vita fatta di coccole e vizi che lei pensa”, dichiarò Harry. “Non mi è mai stato dato tutto quello che volevo, a nessuno importava di me, e io odiavo vivere lì. I miei genitori erano morti, e la sorella di mia mamma mi ha preso con lei solo perché erano l’unica famiglia che mi era rimasta. Mio zio mi odiava, odiava tutto quello che dicevo, facevo o pensavo, e solo perché ero diverso da lui. Mi chiamava mostro, e con un sacco di altri nomi cattivi. Mio cugino era più grosso e forte di me, e lui e suoi amici di davano la caccia per picchiarmi. Dovevo vivere in un sottoscala e indossare i vestiti di mio cugino, che erano sempre troppo grandi; e mi facevano fare tutti i lavori di casa, senza lasciarmi giocare con nessuno della mia età”.

Harry respirò a fondo. Aspettò per qualche reazione da parte di Piton. Una parte di lui sperava che Piton si sarebbe arrabbiato per quell’ingiustizia, e minacciasse di trasformare i Dursley in orsi selvatici per il resto delle loro miserabili vite. Un’altra parte di Harry sperava che Piton si sentisse così male per il modo in cui era stato trattato, da lasciare a Harry più margine e tempo libero, perché potesse fare quello che voleva nel resto dell’estate, dal momento che aveva vissuto un’infanzia così terribile.

Ma il volto di Piton rimase impassibile, e rispose, in tono perfettamente neutro: “Hai finito Potter, o c’è dell’altro?”
“Sì, c’è dell’altro”, Harry si mise a sedere, indignato. “Non mi facevano mai regali, neanche per il mio compleanno. O se mi facevano dei regali per Natale, era un calzino o una gruccia per abiti. E non mi parlavano mai dei miei genitori, non mi dicevano neanche come erano. Ho dovuto immaginarmi che aspetto avessero, finché non ho avuto una loro foto. E mio zio minacciava sempre di rinchiudermi per tutta la vita: una volta mi hanno tenuto rinchiuso per l’estate, e Ron e i suoi fratelli hanno dovuto venire a salvarmi. Mia zia mi faceva sempre lavorare, mentre mio cugino stava seduto e non faceva niente, come una grossa lumaca. E mi chiudevano nel sottoscala quando ero ‘cattivo’, per insegnarmi una lezione.
“Ed eri cattivo spesso?” chiese con calma Piton.
Harry arrossì e distolse lo sguardo. “Non è questo il punto. Erano terribili con me, e lei non ci vede niente di sbagliato nel modo in cui mi trattavano. Probabilmente avrebbe voluto che fossero stati ancora peggiori”.
“Non avrei voluto niente del genere”, Piton era quasi severo, gli occhi neri fissi su Harry. “A volte, le persone hanno un’infanzia orribile e spaventosa; ma crescono per avere una vita felice da adulti. Tu da bambino eri maltrattato…”
“Orribilmente maltrattato, affamato e rinchiuso”, interruppe Harry.
“Ma adesso sei l’eroe del mondo magico”, continuò Piton, ignorando l’interruzione. “Chi dice che le cose non si siano pareggiate da sole? Una spiacevole infanzia, fama da giovane? Cosa c’è che non va?”

Harry si guardò intorno pazzamente, incredulo di non sapersi difendere meglio di così. “Non è… non è così! Non ho una vita facile adesso - un nemico cerca di uccidermi, i Mangiamorte mi danno la caccia, i professori cercano di ferirmi. Com’è che si è pareggiato?”
“Preferiresti essere bloccato dai tuoi zii, sempre chiuso nel sottoscala e con addosso vestiti sformati?”
“No!”
“Allora le circostanze devono essere migliorate in qualche modo, o vorresti tornare indietro. Quindi ti deve piacere essere il salvatore perseguitato destinato a cose più grandi che il nulla in un sottoscala. Poiché hai scelto una vista di fama e riconoscimento, sei responsabile del tuo comportamento da eroe”.
“Io non ho scelto niente di tutto questo”, insisté Harry, del tutto sorpreso. Non aveva idea di come Piton lo avesse condotto a questa conclusione.

“Ma hai scelto di combattere il Signore Oscuro, salvare gli altri e sconfiggere il male che ha flagellato la comunità magica per così tanto tempo. Se insisti a essere l’eroe, perché devi sorprenderti se le persone si aspettano più responsabilità e autocontrollo da parte tua che da parte di chiunque altro? Non puoi avere la gloria senza il peso della responsabilità. Avrai grandezza e distinzione, ma le persone si aspetteranno più da te che dai tuoi amici. Ora, basta lamentarsi della tua infanzia o del tuo status di eroe, per stasera”, disse Piton. Si alzò e spinse nuovamente la sedia contro il miro.

“No, no. Lei… lei sta rivoltando tutto, protestò Harry, sconvolto e confuso. “Io so che la mia infanzia è stata… lo so! Non è stata bella. Erano cattivi, e crudeli, e Dudley aveva due televisori e biciclette che distruggeva, mentre io non ho mai avuto nulla a parte un gelato allo zoo e non sono un eroe… aspetti, mi faccia ricominciare di nuovo e dirlo nella maniera giusta. Allora vedrà”.
“E’ troppo tardi, è ora di dormire”, Piton spinse Harry di nuovo sui cuscini e gli stese le coperte sulle spalle. “Silenzio, adesso. Farai meglio a rimanere a letto, o ti sposterò di nuovo nella mia stanza a dormire sul divano”.

Harry avrebbe voluto discutere ancora, pronto a chiarire esattamente quanto era stata terribile la vita dai Dursley e come lo avessero trattato come un cane e lo avessero fatto sentire di nessun valore. Ma era stanco, e non c’era utilità nel discutere con Piton quando il professore si trovava nel suo stato d’animo tirannico. D’altra parte, il letto era soffice e comodo; specialmente dopo tre notti su quello stretto divano.

Avrebbe aspettato fino alla mattina dopo per far cambiare idea a Piton.

“Sta sbagliando”, sussurrò Harry, mentre si girava su un fianco e chiudeva gli occhi.
“Ne sono certo”, rispose Piton severamente mentre abbassava la fiamma dell’ultima candela, avvolgendo la stanza nelle tenebre.
“Ma per stanotte, dovremo fidarci del fatto che so di cosa parlo. Smettila di preoccuparti, e dormi”.

Harry annuì e scivolò nel sonno. Per tutta la notte, sognò di lanciare zolle di terra al suo sottoscala, e di stare seduto nell’acqua a discutere con i rami della sua infanzia e della crudeltà dei Dursley. Ma stava mischiando i fatti, e a un certo punto sognò che zio Vernon era un gelato che Dudley cercava di mangiare mentre distruggeva la TV. Harry disse agli arbusti nell’acqua che non voleva essere un eroe, ma loro risero e strisciarono via come serpenti.

Harry si svegliò nella notte per trovarsi circondato dall’oscurità nera come la pece. Pensò di aver sentito una mano confortante sulla sua spalla, ma nel momento in cui era abbastanza sveglio da cercare di toccarla, la mano non c’era più. Convinto di stare ancora sognando, Harry si lasciò cadere di nuovo sul cuscino e si addormentò immediatamente.

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La mattina seguente, dopo essersi vestito, Harry decise che avrebbe finito la discussione con Piton sulle difficoltà della sua infanzia, e l’avrebbe vinta una volta per tutte. Piton doveva perdere, almeno per una volta; non poteva continuare per il resto della sua vita a vincere battaglie contro un quindicenne senza mai perdere. Non era giusto, ed era arrivato il momento di un pareggio. Harry aveva dalla sua parte i fatti – freddi, duri, innegabili fatti – e Piton aveva solo l’arguzia necessaria a confondere l’avversario e a creare disordine nella discussione. Questo non lo avrebbe salvato più, e avrebbe saputo che Harry aveva ragione, anche se il ragazzo fosse morto nel tentativo.

Vestito e armato di ricordi con cui difendersi, Harry scese al piano di sotto, quasi saltando nella sala da pranzo. Piton era seduto al tavolo, che leggeva attentamente il giornale. Harry sorrise, prendendo di mira il suo avversario, e si sedette di fronte a lui per affrontarlo.

Senza neanche sollevare lo sguardo dal quotidiano, Piton indicò il lato opposto della stanza. “Vai nel tuo angolo”.
“Cosa?” Harry era offeso. “Non ho ancora fatto niente!”

Piton gli dedicò uno sguardo pungente. “Ti sentivo correre e saltare per tutta la rampa di scale come un’ora di Ippogrifi. Stai cercando un litigio, e sei già troppo agitato, considerato che sono solo le otto del mattino. Quindi, vai in piedi nel tuo angolo per venti minuti, e pensa a quello che vuoi dire. Non voglio iniziare la giornata litigando con te, e non voglio che tu rimanga di umore irritato. Vai a mettere il naso nell’angolo finché ti sarai calmato”.

Harry ebbe un’espressione omicida per un momento, e pensò davvero che avrebbe dovuto dare un pugno a Piton e strappargli il giornale dalle mani, o sarebbe esploso. Invece, inghiottì la rabbia (quasi soffocandosi per lo sforzo) e si diresse all’angolo, pestando i piedi sul pavimento a ogni passo.

Una volta all’angolo, rimase lì in piedi, a fissare i due muri bianchi mormorando qualcosa di molto poco lusinghiero nei confronti del professore di Pozioni.

“Non pensare che non ti laverei la bocca con il sapone, dopo che avrai lasciato l’angolo”, gli ricordò freddamente Piton, prendendo un una focaccina dal cesto e il vasetto della marmellata. “Sarà meglio che non senta una sola parola da parte tua, o saprò che non stai pensando al tuo comportamento”.

Harry chiuse gli occhi e immaginò di trasformare Piton in un ratto, e di fargli dare la caccia da Grattastinchi lungo i corridoi di Hogwarts. Poteva sentire gli squittii convulsi mentre Piton il Ratto correva per salvarsi la vita.

In un modo o nell’altro, l’avrebbe pagata.

Anche se era solo la seconda volta che finiva nell’angolo, Harry iniziava a vederci emergere uno scopo. Per i primi minuti era livido, pronto a sbranare Piton a mani nude. Poi iniziò a riflettere che se avesse cercato di comportarsi bene, Piton non avrebbe dovuto punirlo di nuovo, quindi sarebbe stato saggio obbedire al proprio guardiano e non iniziare una guerra. Piton era più grande e più forte, era casa sua e aveva una bacchetta; quindi Harry era piuttosto impotente per poter rispondere.

Dopo quindici minuti in cui era rimasto lì in piedi, Harry era così annoiato che sarebbe stato d’accordo con qualunque cosa pur di andare via dall’angolo. Le gambe si stavano stancando, le spalle gli facevano male, aveva fame e voleva sedersi, invece di stare lì a fissare quegli stupidi muri. Quando avrebbe avuto una casa tutta sua, avrebbe fatto le stanze circolari; così, se qualcuno gli avesse detto di andare nell’angolo, avrebbe potuto rispondere: “Non posso, perché non ce ne sono!” Ovviamente, Piton allora gli avrebbe detto di mettersi davanti al muro circolare e stare zitto.

Beh, Piton non sarebbe stato invitato in casa di Harry, mai. Harry avrebbe messo delle protezioni per fare entrare tutti tranne Piton, e Piton poteva stare fuori, tutto solo, al freddo e senza amici, mentre Harry avrebbe fatto festa all’interno.

“Hai finito di tenere il broncio?” chiese Piton dal tavolo, in un tono di conversazione, come se stessero parlando del tempo. Prese un sorso di tè, come se non gli importasse se il signor Potter decideva di lasciare l’angolo o no.
“Sì”, Harry si staccò immediatamente dall’angolo e andò a tavola. “Non sono arrabbiato e non sto tenendo il broncio, sono solo affamato”.

Piton annuì per indicare a Harry di sedersi, e il ragazzo iniziò a mangiare in fretta, nel caso che Piton cambiasse idea e lo mandasse di nuovo nell’angolo perché riflettesse ancora. Per il momento, non gli interessava seriamente finire la discussione: Harry avrebbe sempre potuto discutere con Piton più tardi, su chi avesse ragione e chi invece fosse un cretino totale.

“Ci sono due lettere per te, che sono arrivate stamattina”, Piton indicò due buste sigillate accanto al piatto di Harry. “Una è dal più giovane dei signori Weasley, l’altra dalla signorina Granger. Le stavi aspettando?”
Harry scosse la testa mentre prendeva le lettere. La busta di Hermione era pulita e liscia, e la sua calligrafia sembrava perfetta sullo sfondo color crema. La busta di Ron era leggermente spiegazzata su un lato, e aveva scritto “Potter” con una sola T.

Eppure, Harry sorrise mentre le apriva entrambe, pronto a leggere le voci di due amici molto stretti. Non aveva dubbi che Piton in seguito avrebbe trovato il modo di leggere le lettere, ma per adesso tutto quello che voleva era sentire delle voci familiari in un mondo di incertezze.

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Capitolo 12
*** Beffa ***




Eccomi qua di nuovo!
Scusate per la lunghissima attesa... a volte capita.
Divertitevi!
Starliam



La lettera di Hermione era proprio come lei: onesta, diretta, e risuonante di buone intenzioni. Chiedeva della salute di Harry, se si godeva l’estate, e aveva già iniziato a leggere i libri di scuola? “Perché davvero, Harry, il sesto anno è uno dei più duri, e dovrai fare del tuo meglio per mostrarti all’altezza dell’addestramento Auror che so che inizierai appena finita Hogwarts. Nel mio tempo libero, ho preparato una scaletta di come dovremo studiare in autunno. E’ molto dettagliata, e se la seguiremo strenuamente, otterremo sette ore di studio in più ogni settimana, così potremo eccellere nelle nostre materie. Sto pensando di cercare di farci entrare un’altra materia o due”.

E così continuava per due pagine. Harry ripiegò cupamente la sua lettera, pensando a tutto il lavoro che avrebbero dovuto fare per il prossimo anno. Se Hermione avesse saputo che lui stava da Piton, dopo l’iniziale esclamazione di sorpresa avrebbe fatto presente il vantaggio di stare con un professore, e l’enorme quantità di cose che Harry avrebbe potuto imparare se solo si fosse applicato. Per Hermione stare con un professore era un sogno che si avverava, la cosa migliore che le poteva accadere durante le vacanze estive.

Nella sua lettera Ron iniziava a lamentarsi del tempo e brontolava della vita alla Tana senza Fred e Gorge. La sua lettera era corta, una pagina appena, ma Harry non poté evitare di sorridere mentre leggeva la grafia disordinata. Il bravo, vecchio Ron: sempre a lamentarsi, a piagnucolare e a tenere il broncio, ma sempre un amico leale. Harry riusciva a immagina l’espressione orripilata di Ron quando gli avrebbe detto che viveva con Piton. Ron gli avrebbe dimostrato la maggiore solidarietà, avrebbe capito i sentimenti di Harry sul fatto di stare con lo sgradevole professore di Pozioni. Almeno, a volte Harry si sentiva così. Successivamente, non odiava più Piton come prima, anche se non gli piaceva molto... beh, era molto confuso.

“Qualcosa di interessante dai tuoi più grandi fan?” chiese Piton mentre gli versava una tazza di tè. “Non sono miei fan” rispose Harry, prendendo il tè. “E mi scrivono delle loro vacanze, nessun avvenimento particolare, tranne Hermione che studia abbastanza per dieci persone. Come sanno che sono qui?”
“Tutte le lettere inviate via gufo verso casa tua vengono dirottate qui” replicò Piton. “Fa parte delle tue difese a casa dei tuoi zii e a casa mia. Qualunque cosa gli spedirai apparirà inviata da Privet Drive”.

Harry annuì soprappensiero. Gli sembrava giusto. ripose entrambe le lettere nelle loro buste. Piton stava leggendo il giornale, e sembrava di umore abbastanza decente, così Harry si arrischiò: “Il mio compleanno è fra tre settimane”.
“Sì, il 31 luglio, giusto?” rispose Piton, anche se il suo sguardo sembra leggermente sospettoso. “Compirò sedici anni, sa” Harry cercò di apparire casuale e annoiato, come se non fosse una gran cosa. “Stavo pensando che forse, sa, se le va bene, potrei vedere Ron e Hermione per un po’, quel giorno?”
“Vuoi una festa di compleanno?” chiese bruscamente Piton.
“Non deve vederla così” Harry appoggiò la forchetta con un click. “Molte persone fanno qualcosa per il compleanno, specialmente i ragazzi. Non penso di dovermi giustificare se voglio vedere i miei amici il giorno del mio compleanno. Solo perché è troppo vecchio per apprezzare i compleanni...” “Non c’è bisogno di insultare” lo interruppe Piton. “Ti arrabbi e passi ad offendere più in fretta di chiunque altro. Non tutto quello che ti dico è una critica. Se vuoi festeggiare il tuo compleanno, lo capisco. Puoi invitare Hermione e Ron per la giornata, e farò i necessari aggiustamenti. Comunque, se non ti comporti bene da qui ad allora, mi riservo la possibilità di cambiare idea”.
“Si aspetta che io sia perfetto per due settimane?” protestò Harry. “Io mi comporto come vuole lei, oppure non li lascia venire? E’ un ricatto”.
“No, è coercizione” rispose Piton. “E per cominciare, potresti aiutarmi a rifornire il laboratorio di Pozioni con gli ingredienti che abbiamo comprato ieri”.
“Vuole che la aiuti?” Harry sollevò lo sguardo, sorpreso. “Pensavo che, dopo quello che è successo, non avrebbe mai voluto che guardassi le pozioni di nuovo, figuriamoci toccarle”.
“Quello che è successo è stato un incidente, un incidente evitabile, ma so che non avevi intenzione di distruggere il mio laboratorio” rispose con calma Piton.
“Ma lei mi ha sc-punito comunque” obiettò Harry.
“Ti ho punito perché mi hai disobbedito. Se avessi scoperto che eri entrato nel magazzino senza danneggiare niente, ti avrei punito comunque”.
“Non così severamente” mormorò Harry, ma pensò che non fosse saggio insistere su quel punto. “Posso scrivere a Ron e Hermione? Gli ho promesso che lo avrei fatto, e non voglio che Ron rubi un’altra macchina volante per venire a vedere come sto”.
“Non potrei essere più d’accordo” disse asciutto Piton. “Scrivi pure ai tuoi amici, ma in nessuna circostanza puoi dirgli dove sei. Non voglio che si sparga la notizia che sei qui, e dovermi svegliare per trovare un’orda di Mangiamorte che colpisce la mia porta”.
“E non vuole rovinarsi la reputazione da cattivo Professore di Pozioni” aggiunse Harry a bassa voce mentre iniziava a mangiare la colazione.

Piton sentì, ma si limitò ad accigliarsi. “Fammi dare un’occhiata a quelle lettere, prima di spedirle. Prometto che terrò per me qualunque pena da teenager tenete come segreto, per quanto tragici e biasimevoli siano”.
“Io ho dei problemi seri” insisté Harry. “Sono più gravi di cose sciocche come l’acne o la paura di sembrare stupidi in classe. Ho dei problemi seri. Davvero, una profezia mi pende sulla testa, e le persone tentato di uccidermi”.
“Quindi non ti preoccupi di trovarti una ragazza?” Piton osservò il suo protetto con uno sguardo indagatore.

Harry si agitò, odiando il fatto che stava diventando rosa. “Beh, non è la mia preoccupazione principale, ma sì, a volte ci penso. Tutti lo fanno, quindi può smettere di sogghignare”.
“Potter e la sua lotta per trovare il vero amore: riesco a vedere i titoloni. Faremo le audizioni per trovare la signorina adatta a vincere il cuore del nostro famoso eroe. Le vedo già adesso: giovani signorine disposte in fila fin dove l’occhio può vedere”.
“Basta” Harry faceva del suo meglio per non diventare ancora più rosso. Non gli dava fastidio quando erano i suoi amici a prenderlo in giro sulle ragazze, ma gli sguardi consapevoli di Piton gli facevano venir voglia di nascondere la faccia. Il professore sembrava sapere troppo di quello che Harry aveva in testa, perché lui si sentisse a suo agio. E se Piton avesse scoperto del suo goffo bacio con Cho? L’idiota non lo avrebbe più lasciato in pace.
“Qualunque cosa tu stia pensando deve essere interessante, perché ti ha fatto diventare rosso come un pomodoro” osservò Piton. “Se i tuoi pensieri sono così indecenti, ti consiglio di tenerli per te, o li troverai nuovamente sui giornali”.
“Posso mandare una lettera a Hogwarts?” disse Harry all’improvviso, desiderando disperatamente cambiare argomento.
“No” rispose Piton con durezza. “Qualunque cosa vuoi dire a Silente, puoi dirla a me, e io passerò l’informazione a lui. E’ molto impegnato, e non lascerò che sprechi il suo tempo con le tue lagne”.
“No, non a lui. C’è un elfo domestico che lavora lì, l’ho liberato dai Malfoy. E’ nelle cucine, ma mi fa piacere andare a trovarlo ogni tanto. Vorrà avere mie notizie, quindi posso mandargli un biglietto?”
“Purché lo veda prima che tu lo mandi” annuì Piton. “E non farti venire l’idea di liberare i miei elfi domestici. Ne ho bisogno per far andare avanti la casa, e mi sembra di essere un padrone molto giusto”.

Harry mangiò in silenzio per qualche minuto. Piton sembrava sempre di buonumore. Non gli avrebbe fatto male provare a chiedere.
“Se stamattina la aiuto, posso andare a volare oggi pomeriggio? Prometto di rimanere all’interno delle protezioni”.

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Verso le due del pomeriggio, Harry portò la scopa sul sentiero di ghiaia e osservò il cielo. Era nuvoloso, ma il sole faceva capolino da alcune nuvole, e il vento era caldo e forte. Condizioni perfette per volare.
Harry salì sulla scopa e scalciò per darsi lo slancio. Erano passate diverse settimane dall’ultima volta in cui aveva cavalcato una scopa; in effetti, non ne aveva cavalcata una dalla morte di Sirius. Si staccò da terra e salì rapidamente verso il cielo. Amava vedere la terra sotto di lui. Volava sempre più in alto. Nulla di ciò che era sulla terra aveva importanza: era libero di librarsi nei cieli, salire fino a toccare le nuvole.

Una volta che fu abbastanza in alto, volò sulle cime degli alberi, sfiorando i rami più alti. La distesa di alberi continuava, finché Harry fu certo di aver percorso dei chilometri. A un certo punto, gli alberi cessavano improvvisamente, e si apriva una radura spaziosa, che portava a un enorme maniero. Era una casa scura che incombeva come un fantasma, con archi gotici e finestre vuote che sembravano osservare minacciosamente. Harry fece rallentare la scopa, mentre raggiungeva gli ultimi alberi. La proprietà era molto tranquilla, e non vedeva nessuno.
Appena raggiunse gli ultimi alberi, sentì la barriera. Era un sottile formicolio che lo percorreva come corrente elettrica, e un lieve scampanellio gli riempì le orecchie. Harry voltò la scopa, e il formicolio e lo scampanellio cessarono improvvisamente. Si avvicinò di nuovo alla barriera, lentamente. Spingendosi leggermente più avanti di prima. Il formicolio divenne una scossa decisa, e lo scampanellio si fece acuto.

Harry arretrò e tornò a volare verso Snapdragon Manor.

Almeno adesso sapeva dove era Malfoy Manor e come raggiungerla. Ma non aveva senso irrompere nella barriera finché non sarebbe stato pronto a entrare nella casa. E per quello, doveva parlare con Dobby.

Il vento soffiava molto forte, mentre Harry tornava indietro, ma il sole era caldo sul suo volto. Sarebbe stato bello fare un tuffo nel lago. Piton aveva detto che il centro del lago era profondo circa venti piedi. Harry si chiese se fosse pieno di strane creature come il lago di Hogwarts. Non era ancora sicuro di come si era sentito con quelle sirene che nuotavano sotto la superficie.

Più tardi avrebbe scritto le lettere. Voleva scrivere a Ron e Hermione e vedere se potevano passare insieme il giorno del suo compleanno. Ovviamente, sarebbe stata solo fortuna avere intorno Piton come un gigantesco pipistrello durante il suo compleanno. Piton che impediva di cantare “Buon compleanno” (“un’attività senza alcuno scopo”), Piton che costringeva Harry a restituire tutti i regali (“Non hai bisogno di regali, sei già abbastanza viziato”), Piton che toglieva a Harry la sua fetta di torta (“Niente zucchero, per te, Potter, o rimbalzerai contro i muri”). E tutti sarebbero tornati a casa presto, impazienti di allontanarsi dall’uomo che rovinava le feste di compleanno.

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Piton stava sistemando l’ultimo degli ingredienti per le pozioni sullo scaffale più alto, quando sentì suonare l’allarme nel suo studio. Era un suono basso, che significava che le barriere venivano messe alla prova. Piton lo ignorò: probabilmente Potter ci era finito contro per sbaglio. Poi l’allarme suonò di nuovo, questa volta con un forte rimbombo, come se un bambino di due anni stesse sbattendo delle pentole una contro l’altra.
Piton appoggiò pesantemente sullo scaffale un barattolo di alluci di troll imbalsamati e si diresse nel suo studio. Quando vi arrivò, l’allarme aveva smesso di suonare, ma questo non gli impedì di guardare la miniatura della proprietà. Alla fine degli alberi, accanto alla proprietà dei Malfoy, si era accesa una piccola luce gialla. Non era una luce rossa: quella avrebbe significato che Potter era uscito dalla proprietà.

Piton andò rabbiosamente alla finestra e la aprì. Sapeva che avrebbe dovuto sistemare una protezione più resistente. Silente aveva suggerito la barriera più debole, ricordando a Piton che a Harry non piaceva sentirsi prigioniero. Se Piton avesse avuto possibilità di scelta, avrebbe preparato una protezione che avrebbe risputato Potter direttamente nel suo studio, nel momento esatto in cui il marmocchio la attraversava. E Piton se la sarebbe vista con lui in quell’istante.

Una macchia di colore passò davanti alla finestra, e Piton arretrò, rischiando per poco di essere colpito. Rimase a osservare mentre la dannazione della sua esistenza volava sopra al lago. Con il vento che gli scompigliava i capelli e la luce del sole che gli illuminava il volto, Potter sembrava proprio suo padre.
La stessa incoscienza a bordo della scopa, lo stesso modo di volare sciolto, sempre come se si trovasse in cima al mondo mentre si destreggiava. Sarebbe stato un miracolo se Potter e la sua scopa fossero sopravvissuti all’estate.

E adesso il ragazzo cercava di stare in piedi su quella dannata scopa. Potter era in piedi sulla scopa con le braccia tese per bilanciarsi. Accidenti a lui!
Piton si Smaterializzò all’esterno, ma sapeva che era troppo tardi. Il ragazzo era ormai troppo lontano. E in quel momento cadde dalla scopa.
Stava cadendo, cadendo sempre più veloce. E Piton sapeva che non sarebbe riuscito a afferrarlo in tempo.
Ma Potter non sembrava preoccupato. Si rigirò in aria, e mezzo secondo più tardi cadde nel lago, mandando in aria un alto schizzo d’acqua. Piton non aveva avuto neanche il tempo di trattenere il fiato, che Harry già emergeva in superficie, sorridendo e togliendosi l’acqua dagli occhi mentre si muoveva nel lago.

Harry ovviamente non aveva visto Piton, mentre tendeva la mano in aria e afferrava la scopa, che stava sospesa sulla superficie del lago. Harry era tornato sulla scopa e si stava preparando a un altro volo quando Piton urlò: “Potter, torna qui in questo istante!”
Leggermente sgonfiato, Harry volò sul giardino e scese, trotterellando ubbidiente al fianco di Piton. “Che cos’era quello?”
“Quello cosa?” Harry cercò di mostrarsi innocente.
“Sai fin troppo bene cosa. Ti ho per caso detto che potevi nuotare? Ti ho detto che potevi fare giochetti nell’acqua?”
“Non ha neanche detto che non potevo farli” replicò Harry, sentendosi come un bambino piccolo colto mentre faceva una marachella. “E mi sono buttato nel mezzo, dove era abbastanza profondo”. “Come potevi essere certo che non ci fosse un blocco di sabbia proprio lì, pronto a spaccarti l’osso del collo?”
“Sono caduto di piedi”.
“Allora a romperti le gambe! E stavi mettendo alla prova le barriere accanto a Malfoy Manor.”
“Non le ho oltrepassate” protestò Harry, passandosi una mano nei capelli e facendoli stare diritti. “Tu stai lontano da Malfoy Manor” ordinò Piton. “Non vuoi sapere cosa accade lì. Vai nella tua stanza e mettiti degli abiti asciutti. E quando scendi, porta con te un pettine. Ti sistemerò quei capelli una volta per tutte!”

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“Ow!” si lamentò Harry, cercando di allontanarsi. “Mi fa male”.
“Se stessi fermo, non ti farebbe così male” replicò Piton.
“Mi sta portando via lo scalpo” si lamentò Harry, desiderando alzarsi dalla sedia rigida e scomoda.
“I miei capelli stanno bene, li lasci in pace”.
“Ho detto stai fermo” si accigliò Piton, mentre strattonava il pettine fra i capelli neri.
“Mi ha tagliato i capelli. Non è colpa mia se stanno ritti in tutte le direzioni. Li lasci stare e basta”.
Piton mise una mano sulla testa di Harry e appiattì i capelli. Ma appena tolse la mano, i capelli schizzarono su di nuovo. “Smettetela di lottare contro di me: starete giù, in un modo o nell’ altro”.
“Sono i miei capelli. Perché non si preoccupa dei suoi?”
“Perché devo preoccuparmi dei tuoi” sbottò Piton, attaccando nuovamente i capelli di Harry con il pettine. “L’eroe del mondo magico non dovrebbe camminare impettito come se fosse appena rotolato fuori dal letto senza preoccuparsi di pettinarsi”.
“Oh, andiamo” Harry incrociò le braccia, cercando di non trasalire mentre i denti del pettine rastrellavano nuovamente la sua testa. “Lei non vuole che assomigli a mio padre. Non che la incolpi di questo, ma sono suo figlio, quindi è normale che gli assomigli un po’ – owww!”
“Se non riesco a farli stare per bene, ti raserò la testa” minacciò Piton, come se questo servisse a far stare giù i capelli di Harry. “Oppure preparerò una pozione che ti farà stare i capelli così piatti che sembreranno incollati alla testa”.
“Che fortuna” borbottò Harry. Si chiese cosa sarebbe successo se avesse provato a sistemare i capelli di Piton o a raderli. Probabilmente ancora un periodo da passare nell’angolo. Almeno Piton non aveva portato avanti la promessa di quella mattina di lavargli la bocca con il sapone.
Piton immerse un’altra volta il pettine nell’acqua e cercò un’ultima volta di appiattire i capelli di Harry con l’acqua. Completamente inzuppati, i capelli rimasero piatti per qualche secondo, ma piccoli gruppi schizzarono subito su con aria inquisitoria, come se non potessero sopportare di stare fermi e tranquilli.
“I tuoi capelli sono come te” brontolò Piton, profondamente seccato.
“I miei capelli sono me” ribatté Harry. “Ma se la rende felice, cercherò di avere pensieri obbedienti per vedere se aiuta”.
“Proverò di nuovo stasera” rinunciò finalmente Piton, per il momento. “Forse se ci dormi sopra una volta che sono piatti, resteranno così”.
Harry non ebbe il coraggio di dire a Piton che era più probabile che lui venisse eletto il professore più attraente di Hogwarts.
“Vai a scrivere le tue lettere” lo indirizzò Piton. “Poi inizia a leggere il primo capitolo del libro di Trasfigurazione. Ho in programma di farti delle domande su quello che hai letto, alla fine della settimana. Guarderò quelle lettere a cena”.

Harry scrisse prima la lettera per Ron. Parlò di Quidditch, dei libri che stava leggendo e delle speranze che aveva per il prossimo anno di scuola. Praticamente di tutto tranne ciò di cui Harry avrebbe davvero voluto parlare: il fatto che viveva con Piton. Forse ci sarebbe stato un modo di mettere l’informazione in codice, come un anagramma o qualcosa di simile. No, conoscendo Ron, non ci sarebbe arrivato, mentre Piton sicuramente sì; e avrebbe iniziato a inveire contro gli stupidi Grifondoro che non riescono a seguire semplici istruzioni su come scrivere una lettera.

La lettera di Hermione fu più facile; Harry parlò più che altro di libri e studi. Si chiese cosa sarebbe successo se le avesse detto di essere giunto alla conclusione che i compiti e la scuola erano una gran perdita di tempo. Probabilmente gli avrebbe inviato una Strillettera. Gli mancava: sarebbe sicuramente stata capace di memorizzare il primo capitolo del libro di Trasfigurazione e di non tirarsi indietro all’idea di essere interrogata da Piton.

Appena Harry ebbe firmato la lettera per Hermione e preso un nuovo foglio per quella di Dobby, trasalì all’idea di essere interrogato da Piton sui suoi studi.

Harry ricordava cosa leggeva (quando si prendeva il disturbo di leggerlo), ma non sarebbe mai riuscito a sputare fuori le parole abbastanza in fretta da soddisfare Piton. E gli sguardi minacciosi del professore, e i suoi movimenti improvvisi non aiutavano Harry a pensare meglio.

Comunque, finché riusciva a rispondere più in fretta di Neville, si sentiva tranquillo. Piton trasformava Neville in un nervoso, tremolante ammasso di gelatina; e Harry vedeva la paura nei suoi occhi, ogni volta che si avvicinavano all’aula di Pozioni. Harry si ripropose mentalmente di chiedere di questo a Piton, più tardi.
Prendendo la penna, rifletté su cosa scrivere a Dobby. Doveva essere qualcosa capace di allertare il piccolo elfo domestico, ma allo stesso tempo senza insospettire Piton.


Caro Dobby,

spero che ti stia godendo la tua estate a Hogwarts. Mi piacerebbe sapere se hai fatto nuovi cappelli o se hai aiutato Winky a sentirsi un po’ meglio. Non vedo l’ora di tornare a scuola. Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa, ti prego di scrivermi. Mi piace avere tue notizie. Se hai bisogno di contattarmi, per favore chiedi a Silente.

Buona fortuna nelle cucine,

Harry


Era quasi sicuramente la peggior lettera mai scritta. Anche Harry si lamentò mentre la rileggeva. Ma avrebbe passato l’ispezione di Piton, e Dobby avrebbe parlato a Silente, e Silente, con un po’ di fortuna, gli avrebbe detto dove si trovava Harry. Ovviamente, Piton sarebbe stato tutt’altro che felice, quando lo avrebbe scoperto; ma forse Harry avrebbe potuto dire a Dobby di incontrarsi in un angolo nascosto della foresta, dove Piton non poteva trovarli.

Fortunatamente, Piton non disse nulla sul contenuto delle lettere, quando le controllò durante la cena, anche se le sue sopracciglia erano sollevate in un’espressione interrogativa. “Le manderò via questa sera” promise Piton. “O se ti piace andare fino a Guferia, puoi farlo tu”.
“Andrò a trovare Edvige” si offrì Harry.
“Se cambi qualcosa nelle lettere, lo saprò” avvertì Piton.
“Per caso succede mai qualcosa che lei non viene a sapere?” brontolò Harry. Sapeva che questi commenti lo avrebbero messo nei guai una volta o l’altra, ma si sentiva meglio dopo averli detti. Era meglio che tenersi tutto dentro e sentirsi sul punto di esplodere.
“Non di solito. No, Potter, mangia quelle verdure nel piatto. Devi mantenerti in salute”.
“Devo prendere le pozioni di vitamine e mangiare verdure?” Harry piantò la forchetta con rabbia in una verdura. “Mi fa mangiare tutto quello che odio”.
“Sì, Potter, in quale altro modo potrei divertirmi? Se ti sento lamentarti di nuovo, mangerai solo verdure per le prossime tre cene”.

Harry mangiò le verdure senza altri commenti, anche se scoccava a Piton diversi sguardi rabbiosi mentre lo faceva.
Quando la cena stava per terminare, e Piton si godeva un bicchiere di brandy mentre Harry ripuliva la ciotola del dolce, il ragazzo chiese: “Perché non le piace Neville?”
Piton lo guardò oltre l’orlo del bicchiere e bevve un sorso prima di rispondere: “in Pozioni è addirittura peggio di te. Non studia. E continua a far saltare in aria le cose”.
“E’ nervoso” precisò Harry. “Lei continua a spaventarlo. Se lei fosse più gentile, non farebbe così tanti sbagli”.
“E se non controllassi affatto la mia classe, andremmo avanti splendidamente” replicò Piton.
“Ma Neville passa dei brutti momenti” insisté Harry. “Sa che cosa è successo ai suoi genitori, e deve vivere con quella terribile nonna severa, e...”
“Sì, so tutto di Neville” Piton sbatté sul tavolo il bicchiere. “E devo dire che sono disgustato dal suo comportamento da vigliacco”.
“Come?” chiese Harry, sbalordito.
“E’ il figlio di Alice Paciock! Dovrebbe avere dentro di sé molto più buonsenso e più fuoco, al posto di quel suo muoversi furtivamente negli angoli, spaventato da chiunque”.
“I suoi genitori sono stati torturati fino alla pazzia” protestò Harry. “vivono al quinto piano del San Mungo”.
“Ogni figlio di Alice Paciock dovrebbe agire con più spirito e atteggiamento di sfida” Piton era irremovibile. “Se l’avessi conosciuta prima, avresti visto il fuoco dentro quella donna: Lily poteva avere la bellezza, ma Alice era inestinguibile. Era viva, raggiante di vita e vivacità. E poi Bellatrix ha osato...” Piton si interruppe, e quando parlò di nuovo, la sua voce era dura. “Porta le tue lettere alla Guferia. Verrò su più tardi per accertarmi che tu sia a letto alle dieci e mezzo”.

Piton si alzò e uscì dalla stanza, lasciando Harry con il cucchiaio in mano e una ciotola del dolce vuota, totalmente sconcertato. Che era successo? Cosa significava? C’era stato qualcosa fra Alice Paciock e Piton? Era impensabile, inimmaginabile: eppure avrebbe spiegato molto.

Harry prese le lettere, ma mentre saliva le scale che portavano alla Guferia, si trovò a desiderare di avere avuto il coraggio di chiedere a Piton ulteriori spiegazioni. Quell’uomo era così dannatamente schivo, non sopportava che le persone curiosassero fra i suoi affari. Non che Harry gliene facesse una colpa, ma trovava terribilmente frustrante non riuscire mai ad avere una risposta diretta. Tutti avevano il proprio punto di vista su ciò che era accaduto in passato. Ora più che mai, Harry avrebbe voluto che i suoi genitori fossero vivi, che gli dicessero cosa pensare. Sarebbe stato così facile se ci fossero stati loro a dirgli cose come “Beh, io la vedo così”, o “A me sembra che” e via dicendo. I ragazzi di solito seguono principalmente le idee dei genitori, e Harry avrebbe apprezzato molto sapere cosa pensare e, di conseguenza, come rispondere.

Edvige lo aveva perdonato; dopo un ultima beccata di rimprovero sulla testa, si calmò e lasciò che Harry la accarezzasse per un po’. Amava sentire le sue soffici piume sotto al sua mano, e il modo in cui lo guardava con i grandi occhi limpidi, come se comprendesse tutti i suoi problemi.
Dopo aver consegnato le lettere a tre gufi diversi, Harry tornò nella sua stanza per leggere un po’. Si rilassò sul letto, steso sullo stomaco, con le scarpe che dondolavano pigramente in aria, e lesse finché sentì l’orologio battere le dieci. Allora si alzò e andò in bagno a prepararsi per la notte.

Quando uscì, Piton lo stava aspettando.
“Cielo” il professore scosse la testa simulando meraviglia, “guarda chi segue la tabella con tanta attenzione. Stai semplicemente facendo il bravo ragazzo, o devo sospettare che tu abbia in mente qualcosa?”
“Molto divertente” disse Harry, mentre entrava a letto. Effettivamente era piacevole andare a letto a un’ora ragionevole, invece di stare sveglio fino a tardi per sgattaiolare in cucina a cercare cibo perché era affamato. E ora che seguiva una tabella, si sentiva piuttosto stanco, alle dieci e mezzo. “Come ti senti?” gli chiese Piton, mentre versava una dose di pozione di vitamine.
“Bene” Harry bevve l’orribile cosa con una smorfia. “Mi fanno male le braccia per aver sollevato tutte quelle scatole e bottiglie per un’ora, ma starò bene”.
“Intendevo emotivamente, anche se penso che una buona notte di sonno aiuterà le tue braccia”.
“Va bene anche in quel senso” Harry si stese sul soffice cuscino. “Non sono il bambinetto emotivo che tutti pensano”.
“Certo” Piton spense le luci. “Beh, buonanotte, allora”.
“Notte, Piton” Harry si voltò su un fianco, abbracciando il cuscino vicino alla testa. Dormiva profondamente, quando un forte pop lo svegliò di soprassalto. Sedendosi, afferrò gli occhiali per vedere cosa stava succedendo.

Dobby era in piedi in fondo al suo letto, con un’espressione preoccupata nei grandi occhi.

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Capitolo 13
*** Parlando con Dobby ***


E questo è il tredicesimo capitolo.

Cercherò di aggiornare il più frequentemente possibile, ma vi prego di essere comprensivi.

Nel frattempo, godetevi questa storia, che aspetta da tempo di essere conclusa.

Io farò del mio meglio.

Buona lettura

Allison91


P.S.: Per la traduzione, ho deciso di attenermi il più possibile al testo inglese, ma per alcune parti ho deciso di usare frasi e modi di dire più simili all'italiano.



Harry sbatté le palpebre con incertezza all'indirizzo dell'elfo domestico che stava ai piedi del letto con un'espressione per lo più servizievole. Harry accese la lampada accanto al suo letto, diffondendo una luce opaca nella stanza.


<< Dobby? Sei venuto...ma non pensavo avresti fatto così in fretta. Come hai fatto ad oltrepassare le barriere e sapere dov'ero e - >>


<< Harry Potter liberato Dobby.>> Dobby saltellò sul bordo del letto, la sua pila di cappelli che quasi gli scivolava dalla testa. Raddrizzò i cappelli e si avvicinò furtivamente ad Harry. << Harry Potter lo ha liberato, così Dobby può trovare Harry Potter ovunque lui sia. Dobby ha ricevuto la lettera, Harry Potter sembrava preoccupato e bisognoso d'aiuto, e Dobby è in pensiero. Dobby è venuto per far sentire Harry Potter meglio. Ma,>> l'elfo domestico guardò in giro per la stanza con aria curiosa << perché Harry Potter è nella casa del signor Piton?>>


<< Sei già stato qui?>> Harry si spinse sul cuscino, totalmente sveglio.


Dobby assunse un'aria solenne. << Si, si, Padron – er, il signor Malfoy una volta ha portato Dobby a Snapdragon Manor. Il signor Piton non ha permesso al signor Malfoy di buttare Dobby giù dalle scale.>>


<< Beh, io sono bloccato con Piton tutta l'estate.>> spiegò Harry << è il mio guardiano temporaneo, o qualcosa del genere. Dobby, devi aiutarmi. >>


Dobby sembrò confuso. << Il signor Piton è cattivo con Harry Potter? Il signor Piton dovrebbe essere gentile con Harry Potter. Il signor Piton ha salvato Harry Potter così tante volte a scuola e Dobby sta pensando che - >>


<< Si, si, Piton si è comportato bene.>> si affrettò a dire Harry << Voglio sapere di Malfoy Manor.>>


Un pallore chiaro salì rapidamente sulla faccia dell'elfo domestico, e lui scosse categoricamente la testa. << No, Harry Potter non ha nessun motivo per sapere di Malfoy Manor. Harry Potter deve essere felice a Snapdragon Manor per l'estate, e non andare mai a Malfoy Manor.>>


<< Ma - >> Harry esitò. Pensava di aver sentito dei passi nel corridoio << Dobby, svelto, sparisci! Non farti vedere. Manderò Piton via, ma ho bisogno di parlare con te, e lui non deve sapere che sei qui. Sarebbe molto – imbarazzante per me se ti trovasse.>>


Dobby continuava a sembrare confuso, ma fece un cenno del capo, e con uno schiocco delle sue dita nodose, sparì. Appena in tempo, perché la porta si aprì, e Piton entrò. Harry era rimasto seduto e quindi non aveva avuto il tempo di sdraiarsi e fingere di essere addormentato. Al suo fianco la luce era già accesa.


<< Qualcuno è passato attraverso le barriere.>> disse Piton a denti stretti, la bacchetta tenuta saldamente in una mano. << Chi è stato?>>


Harry serrò le labbra, infastidito. Non gli importava di essere interrogato, ma era il modo in cui Piton l'aveva chiesto che gli dava ai nervi. Non “ Oh, Potter, ho sentito qualcuno o qualcosa rompere le protezioni, tu ne sai niente?” e neppure “ Le barriere si sono infrante, e ho bisogno di sapere se hai visto o sentito qualcosa.” No, Piton presupponeva automaticamente che se qualcosa andava male, era colpa di Harry. Non importava cosa era successo, Potter era da biasimare.


<< Non ne so nulla.>> rispose Harry, calmo.


<< Non mentirmi.>> fece Piton seccato, facendo qualche passo verso il letto. << Qualsiasi cosa fosse è entrata nella tua stanza. Tutti gli allarmi puntano qui, e adesso tu me lo dirai. >>


<< Controlli la stanza. >> replicò Harry agitando una mano in direzione della camera. << Qui non c'è nessuno. Nemmeno i miei amici di scuola o il mio fan club. >>


<< Potter, questo non è uno scherzo .>> Piton era molto serio << Possiamo essere entrambi in pericolo. Ho bisogno di sapere chi è stato, e ho bisogno di saperlo adesso. >>


Harry sapeva che sarebbe stato cocciuto e infantile, e avrebbe dovuto dirlo a Piton perché quella era la sua casa, ma continuò!


<< Non lo so. >> Harry incrociò le braccia.


<< Perché la luce è accesa?>> Piton accennò alla lampada.


<< Non riuscivo a dormire. Stavo leggendo. >> rispose Harry.


<< Non vedo nessun libro. >> Piton si guardò attorno, i suoi occhi attenti non tralasciavano nulla.


<< Stavo per andare a cercarne uno. >> Harry evitò lo sguardo di Piton.


<< Potter, questa è la tua ultima possibilità per dirmi chi è entrato qui. Dimmelo ora, e ti risparmierò la sofferenza. >>


<< Non ne so nulla. >> insisté Harry. Se tutto andava bene, avrebbe potuto parlare a Dobby durante la notte e rispedirlo a casa prima di mattina. Piton non sarebbe mai stato il più furbo, e Harry poteva programmare la sua prossima mossa.


<< Molto bene. >> Piton spense la luce e riluttante si diresse verso la porta.


Harry tirò un sospiro di sollievo, aveva evitato il disastro.


<< Oh, e Potter, >> Piton si voltò, la sua mano sulla maniglia della porta << se scopro che mi hai mentito dopo che ti ho dato quattro possibilità di dire la verità, ti abbasserò i pantaloni e ti sculaccerò con il mio righello fino a che non riuscirai a sederti per due giorni. Buona notte. >>


Piton sbatté la porta dietro di lui in una maniera che presagiva una minaccia, e Harry deglutì. Andava male, molto male. Parte di lui voleva correre dietro Severus e confessargli l'intera faccenda. Se l'avesse detto a Piton, sicuramente l'uomo non l'avrebbe punito, o almeno non così duramente come aveva minacciato. Ma un'altra parte di Harry resisteva a dire la verità. Piton stava sempre a girare attorno alla nobiltà e all'onore grifondoro, ridendo del loro valore. Chissà se a Piton sarebbe piaciuto il lato serpeverde del Ragazzo – che – è – sopravvissuto. D'altra parte, eri nei guai solo una volta che venivi scoperto, e Harry non aveva nessuna intenzione di farsi scoprire.


Aspettò all'incirca dieci minuti, solo per essere sicuro, e poi sussurrò, << Dobby, ritorna. >>


L'elfo domestico riapparve, sembrava davvero preoccupato << Dobby stava guardando, e Dobby molto preoccupato. Harry Potter mentito al signor Piton, e il signor Piton promesso di punire Harry Potter se mente. A Dobby piacerebbe aiutare, ma non può fermare il signor Piton, non se il signor Piton è il guardiano di Harry Potter. >>


Beh, questo si che era fantastico. Dobby poteva rovinare la cena dei Dursley se voleva, ma non poteva trattenere un infuriato professore di pozioni dallo sculacciare l'eroe del mondo magico. Proprio fantastico.


<< Dobby, ho bisogno che tu mi dica di Malfoy Manor. >> disse Harry frettolosamente << Hanno una cosa chiamata collana di Timord, laggiù? >>


<< Si, si, ma Dobby non vuole parlare di Malfoy Manor, >> squittì l'elfo domestico << Dobby sarebbe contento di parlare di Hogwarts. Winky sta migliorando, e Silente pensa ad Harry Potter, e l'intera cucina sta preparando nuove delizie per l'anno scolastico. Un budino alto quanto Harry Potter, con datteri e noci e cosparso di caramelle - >>


<< In che parte della casa è la collana? >> lo interruppe Harry.


Dobby scosse la testa << No, no, Dobby non può dire. Dobby mai dice nulla della casa. Dobby cattivo a pensare ai suoi padroni... >>


All'improvviso, l'elfo domestico saltò giù dal letto e prese a correre verso la parete, battendo il suo tozzo naso e la fronte ancora e ancora. I cappelli volarono da tutte le parti, e stava strillando e facendo abbastanza rumore da spingere Piton a tornare di corsa dentro la stanza.


<< Fermati!>> Harry balzò fuori dal letto ed afferrò una delle ossute braccia di Dobby. Lanciò l'elfo domestico sul letto e gli strinse una mano sulla bocca << Calmati, o Piton verrà e sarà arrabbiato. Se non puoi dirmi dov'è nascosta la collana, puoi parlarmi della struttura del posto? Ad esempio com'è fatta la villa, e dove sono le stanze, e dove nascondono cose che dovrebbero essere nascoste? Ron ha detto che hanno fatto delle incursioni laggiù. >>


<< Si. >> Dobby indossò un'espressione miserabile << C'erano cose orribili. Il padrone si sarebbe arrabbiato così tanto, e Dobby avrebbe dovuto punirsi ancora e ancora. Una volta Dobby ha dovuto - >> l'elfo domestico fu scosso da un brivido e si nascose la larga faccia fra le mani << No, no, no, Dobby non parla del padrone o della famiglia. Dobby non deve, non deve. >>


<< Dobby, Lucius Malfoy è in prigione. >> ricordò Harry all'elfo << Non può farti del male da lì. >>


<< Padron Malfoy ha molti amici. >> Dobby si accovacciò dietro al letto finché Harry non poté vedere solo i suoi tondi, scintillanti occhi. << Molti amici che punirebbero...ucciderebbero Dobby per aver parlato del padrone. E la padrona è ancora alla villa con il padroncino. >>


Stava diventando più dura di quanto Harry avesse previsto. Dobby non si sarebbe privato di un'informazione volentieri, ed Harry sapeva che ci sarebbe voluto un bel po' prima che lui potesse ottenere qualcosa dal volubile elfo domestico. Avrebbe dovuto convincere Dobby a restare per un po' e piano piano cavargli fuori le informazioni. << Dobby, >> Harry provò a suonare casuale << Mi stavo chiedendo se ti piacerebbe restare qui per un po' di giorni. Dovrai tenerti fuori di vista, e restare nascosto, ma mi piacerebbe un po' di compagnia. Mi sento solo qui – solo Piton ed io. >>


Gli dispiaceva per la bugia. Ma Harry era solo, e sarebbe stato bello avere qualcuno con cui parlare che non lo sgridava o lo richiamava ogni secondo del giorno.


L'elfo domestico fece un grande inchino. << A Dobby piacerebbe restare, ma solo per un giorno. Dobby pensa che Harry Potter dovrebbe dire al signor Piton che Dobby rimane, ma Dobby capisce come Harry Potter si sente. Dobby se ne starà calmo e resterà nascosto. Dobby riapparirà la mattina, perché Harry Potter ha bisogno di dormire. Buona notte. >>


L'elfo domestico scomparve con un piccolo POP, ed Harry tornò ad appoggiarsi al cuscino, mentre ascoltava i dolci rumori del vento fuori e il rado scricchiolare della casa. Avrebbe dovuto ottenere le informazioni dall'elfo domestico e poi mandarlo via prima di tentare l'opera a Malfoy Manor. Dobby probabilmente l'avrebbe detto a Piton piuttosto di permettere a Harry Potter di andare incontro all'orrore di Malfoy Manor.


Harry cercò di assumere una posizione confortevole nel letto. Il materasso era soffice, le coperte calde, e il cuscino sotto la sua testa morbido, ma nel suo stomaco sentiva un inquieto sfarfallare. Negli ultimi pochi giorni, aveva fatto un mucchio di cose che non avrebbe dovuto. Non aveva contato cose come provare a leggere i pensieri di Piton o buttare all'aria il magazzino degli ingredienti. Era già stato punito per quelle, e almeno nella sua testa, una punizione cancellava il crimine per quelle che importavano. Ma adesso stava cercando di aprirsi una via per Malfoy Manor,

mentendo su quando era stato a Diagon Alley, testando le barriere vicino a Malfoy Manor dal momento che sapeva benissimo che presto o tardi le avrebbe attraversate, facendo sì che Dobby arrivasse a Snapdragon Manor, mentendo ripetutamente sul fatto che Dobby era lì, programmando di nascondere Dobby per il giorno seguente, e infine provando ad imbrogliare Dobby perché gli desse informazioni sui Malfoy. Era una lista lunga. Se Piton avesse scoperto anche solo una di quelle cose, Harry sarebbe stato nei guai. E sapeva bene cosa voleva dire...


Harry provò a non pensarci. La sua era una missione, una caccia per trovare quello di cui aveva bisogno e sistemare le cose. Le sue intenzioni erano perfettamente oneste: che importava se i mezzi di cui si serviva erano un pochino loschi? Alla fine, tutti quanti sarebbero stati grati per quello che aveva fatto: Sirius sarebbe tornato, i Diggory avrebbero riavuto il loro figlio, e Piton non avrebbe dovuto sprecare tutta l'estate con il figlio del suo rivale che costantemente continuava a comportarsi male.


Ad ogni modo, Harry stava tentando sempre più di convincersi della rettitudine delle sue azioni. Questa volta, tornò sopra al suo ben intenzionato agire quattro volte prima che la sua coscienza gli permettesse di acquietarsi per la notte. Naufragò in un sonno agitato dove era intrappolato in un labirinto di Malfoy Manor, cercando di trovare Dobby e fuggendo da Piton che sfoderava la sua bacchetta mentre un centinaio di righelli si agitavano sopra di lui minacciosamente, pronti a saggiare Harry.


A colazione Piton non menzionò l'incidente della sera prima, ma bastò la sola indifferenza dell'uomo a rendere Harry ancora più nervoso. Cinque anni di scuola avevano insegnato ad Harry che Piton raramente perdeva un occasione per rinfacciare ad Harry la sua pessima condotta, e quando Piton non disse niente neanche mentre cominciavano a mangiare, la preoccupazione di Harry crebbe ulteriormente. Voleva dire qualcosa al riguardo, ma dire qualcosa per far si che Piton si ricordasse lo avrebbe fatto apparire colpevole, e come poteva dire qualsiasi cosa senza mentire ancora?

Dopo tutto, doveva accettarlo – più bugie diceva più era probabile che Piton lo scoprisse. Tuttavia, era davvero terribile sedere là e mangiare con quel silenzio gelido.


<< Mi piacerebbe che tu ti attenessi al programma oggi. >> commentò Piton fra i bocconi di uovo << So che alcuni giorni te ne sei allontanato, ma oggi farai bene a rispettarlo, dal momento che io sarò assente per la maggior parte del giorno. >>


<< Dove sta andando? >> chiese immediatamente Harry.

<< Ho un po' di faccende da sbrigare. >> Piton prese un altro pezzo di toast.


<< No, davvero. >> insistette Harry << Dove sta andando? È un'altra riunione dei mangiamorte? Pensavo che quelle ci fossero solo la notte. >>


<< Potter, è maleducazione chiedere a qualcuno dove sta andando più di una volta. >> Piton disapprovò la mancanza di maniere di Harry << Se non ho risposto subito, sarebbe accorto da parte tua considerare che o non posso o non voglio dirtelo. >>


<< Se io annunciassi che non ci sarò tutto il giorno, lei vorrebbe sapere dove sto andando. >> puntualizzò Harry << Perché dovrebbe essere sbagliato per me chiederglielo? >>


<< Io sono il guardiano, tu sei sotto la mia protezione. È mia la responsabilità, e il tuo unico compito è quello di provare a sopravvivere quest'estate meglio che puoi. Finora, non c'è stato giorno in cui tu non mi abbia seccato e non ti sia impegnato a fare più danni di quanto avessi ritenuto possibile. Mangia la tua colazione, e sta calmo, o strapperai le erbacce dal giardino anche questo pomeriggio. >>


Harry fu sul punto di dire che strappare le erbacce non era sulla tabella, ma si fermò appena in tempo. Non c'era motivo di aggiungere il parlare troppo alla sua lista di colpe. Era sorpreso di sentirsi così. In fin dei conti, aveva mentito e girovagato furtivamente per Hogwarts tutto l'ultimo anno, anticipando ogni mossa della Umbridge. Ma lei aveva cercato di rendere la sua vita un inferno e Piton, anche, ma Harry si sentiva in colpa per aver mentito a Piton mentre per lo più era soddisfatto di aver imbrogliato la Umbridge.


<< Non le chiederò dove sta andando, >> acconsentì Harry << ma tornerà tardi, giusto? E non è una riunione dei mangiamorte? Mi dica solo che non è una riunione dei mangiamorte. >>


<< E se non lo facessi? >> un accenno di sorriso compiaciuto si disegnò attorno alle labbra di Piton.


<< Allora ci penserai tutto il giorno, e lei sa cosa succede quando penso troppo... >>


il ghigno quasi diventò un sorriso, ma all'ultimo Piton si riprese e si costrinse a guardarlo in cagnesco << Se stai provando a ricattarmi, ti chiuderò nella tua stanza e potrai pensare a quello che ti pare. Ma solo per tranquillizzare il tuo cervello, non è una riunione dei mangiamorte. >>


Harry non gli credeva del tutto. Desiderò che le maniche di Piton fossero un pochino più corte così avrebbe dato un'occhiata al marchio nero e visto se emetteva luce. Ma Harry non riuscì a trovare nessuna scusa per afferrare la manica di Piton e strappargliela, quindi continuò a mangiare.


Dopo colazione, nonostante fosse previsto che se ne stesse fuori in giardino a camminare di buona lena, Harry si fermò nella sala d'ingresso, aspettando di vedere Piton che se ne andava. Harry giocherellò con il suo mantello verde sebbene fosse troppo caldo per un mantello, e finse di avere dei problemi con le chiusure. Erano ormai le nove quando Piton attraversò l'ingresso a grandi passi, una larga, cartella di cuoio nella mano.


<< Potter, che stai facendo? Esci fuori e comincia a camminare. Hai bisogno di un po' di esercizio così stanotte non ti agiterai. >>


<< Non riuscivo ad allacciare il mantello. >> disse Harry, poi sussultò interiormente. Ancora un'altra bugia. Di questo passo, forse sarebbe stato meglio non contarle. Alla fine dell'estate, avrebbe avuto la parola Bugiardo tatuata sulla faccia, come Marietta Edgecombe aveva la parola Spia quando aveva tradito l'ES.


<< Sciocchezze, fa troppo caldo per un mantello. Ti prenderai un colpo di sole e starai male. Sta alla larga dal sole – sei troppo pallido e ti brucerai. >>


<< Io non sono pallido. >> Harry ripose il mantello e seguì Piton fuori << Mi fa sembrare una pappa molle o un qualche invalido striminzito. Io sto bene – volo e gioco a Quidditch, nel caso lei non lo sapesse. >>


<< Qualcuno che ancora continua a finire ricoverato in ospedale e sviene quando vede Dissennatori. >>


<< Non è giusto! Lei sa quello che mi fanno. >> Harry sentì le sue guance diventare rosse, e si chiese se apparivano scarlatte perché era tanto pallido, come diceva Piton.


<< Calmati. L'intera scuola sa quello che ti fanno. Tutto quel cadere e svenire, l'ennesimo tentativo di richiamare l'attenzione da parte del nostre eroe. >>


<< Parla il brutto insegnante di pozioni che sembra un Dissennatore. >> era una risposta idiota, ed Harry neppure era sicuro di cosa che volesse dire, ma non poteva lasciare che Piton pensasse che lui era svenuto solo per attirare l'attenzione.


<< La cosa più interessante, >> continuò Piton, chiudendo la fibbia della cartella << era il fatto che per te il molliccio si trasformava in un Dissennatore. Ero sicuro che sarebbe diventato l'Oscuro Signore. Non mi sarei mai sognato che sarebbe stato un Dissennatore a spaventare il nostro eroe. >>


<< Che c'è? Dopo tutte quelle tremende lezioni di pozioni, pensava che il molliccio si sarebbe trasformato in lei? >> si schernì Harry.


Gli occhi di Piton si assottigliarono, e Harry sapeva che stava pensando alla volta in cui il molliccio di Neville si era trasformato in Piton e alla fine l'aveva sconfitto facendogli indossare i vestiti di sua nonna.


Harry pensò all'enorme cappello che il molliccio – Piton aveva indossato, e sorrise sornione prima di riuscire a fermarsi.


<< Comincia a camminare, Potter, o ti getterò nel lago, >> minacciò Piton << e sarà meglio che ti comporti bene, o scoprirai che i Dissennatori sono l'ultima delle tue preoccupazioni. Gli elfi domestici hanno l'ordine di dissuaderti nel caso tu faccia qualcosa di stupido o pericoloso, e mi aspetto che tu segua la tua tabella. >>


<< Si, maestà. >> Harry ebbe la tentazione di esibirsi in un falso inchino, ma si accontentò di accennare con la testa a Piton.


Piton si mostrava in tutto e per tutto un rigoroso, apprensivo guardiano, e a dispetto del suo tono sarcastico, Harry non poté evitare di sentirsi come un ragazzino sotto lo sguardo vigile di Piton. Poi ci fu un sonoro CRAK, e Piton scomparve. Harry si guardò intorno, ma sapeva che era inutile. Piton si era smaterializzato, e poteva essere da qualsiasi parte adesso. Harry aveva sperato che l'uomo se ne andasse su di una scopa o con la macchina incantata, così avrebbe potuto capire se stava andando in un posto magico o no. Ma sapeva che a Piton non piaceva molto volare, e la macchina incantata era già stata restituita.


Bene, Piton avrebbe dovuto soltanto aver cura di sé. Purché non fosse a una riunione dei mangiamorte, andava bene tutto. Ma se Voldemort avesse organizzato una riunione privata, soltanto loro due? Tecnicamente, non si sarebbe trattato di una riunione dei mangiamorte. Solo loro due, così Voldemort poteva avere un po' di tempo per fare pratica e perfezionare le sue tecniche di tortura.


Sentì la calda luce solare improvvisamente fredda e minacciosa, ed Harry si sforzò di camminare verso il lago, lontano dalla casa. Piton era un adulto e sapeva badare a se stesso. Harry provò a non ricordare quanto debole e stanco forse parso Piton mentre l'altra notte si trascinava, quell'orribile luce negli occhi che parlava di dolore e sofferenza.


<< Dobby? >> chiamò Harry sottovoce. L'elfo domestico l'avrebbe tenuto occupato per un po'. << Dobby riesci a sentirmi? >>


Si udì un fruscio, e Dobby saltò fuori, togliendo foglie e rametti dai suoi numerosi cappelli. << Buon giorno, Harry Potter. Dobby visto Harry Potter uscire, e Dobby seguito, perché sa che Harry Potter vuole compagnia. Harry Potter è buono ad essere preoccupato per il signor Piton, ma Harry Potter è buono con tutti. >>


<< Non con tutti. >> Harry sedette su una larga roccia vicino al lago e raccolse da terra alcune pietre. Le gettò a casaccio nell'acqua, guardando le increspature mentre diceva con tono molto casuale, << Qualche volta non sono molto gentile con mio cugino, perché fingo di stare per maledirlo così lui corre via. E non sono gentile con – er, Tiger e Goyle. E di sicuro non sono gentile con Draco Malfoy. >>


Harry voleva vedere come Dobby avrebbe preso la menzione del suo ultimo padroncino, ma non osò guardare l'elfo domestico per paura di tradirsi.

<< Si, Draco ed io non siamo amici, ma ogni tanto vorrei che lo fossimo. Pensavo che forse quest'estate sarebbe stata una buona occasione per rimediare. Passa l'estate a casa, oppure fanno un viaggio o una cosa come quella che i Weasley hanno fatto una volta? >>


<< Loro viaggiano, si, >> rispose Dobby con voce riluttante << ma con il signor Malfoy in prigione, Dobby ha sentito che la padrona e il padroncino resteranno a casa. Alla padrona piacciono i suoi amici, ma Dobby sente che non va più da loro. >>


<< Scommetto che alla signora Malfoy piace molto vestirsi. >> Harry prese una pietra piatta e la lanciò. Rimbalzò sull'acqua tre volte, e Dobby esultò.


<< Si, si, Harry Potter ci sa fare con le pietre. La padrona – no, la signora Malfoy si veste sempre a festa. Dobby ha bruciato i suoi vestiti una sera e - >> l'elfo domestico tremò, intrecciando le braccia al suo piccolo corpo.


<< Scommetto che ha un sacco di gioielli. >> Harry si chinò a cercare un altro sasso << Io ho alcune foto di mia madre, ma lei non ha mai portato molti gioielli. >>


<< La signora Malfoy ne indossa tanti, tantissimi! >> Dobby allargò le braccia tentando di far vedere quanti gioielli avesse la donna << E quando qualcuno chiede, lei manda Dobby a prendere tutti i gioielli. Oro, e diamanti, e anelli, e perle – e Dobby indossa solo uno straccio strappato mentre fa vedere tutte le scatole. La signora è molto orgogliosa delle sue cose, molto orgogliosa. >>


Harry aprì la bocca per fare una domanda, poi pensò fosse meglio tacere. Non c'era ancora nessun motivo per allarmare Dobby. Invece, porse una pietra piatta all'elfo domestico e fece un segno verso l'acqua. << Forza, Dobby. Spara il tuo colpo migliore. >>


L'elfo domestico lanciò la pietra verso il lago, e questa piombò nell'acqua con un sonoro SPLASH.

Harry ghignò. << Bel tentativo, ma devi fare in modo che la roccia rimanga in superficie. >>


In qualche modo Dobby si tenne alla larga dai due elfi domestici di Piton, e circa verso le tre, accompagnò Harry nella sua stanza dove era previsto che riposasse. Harry ancora non era sicuro su cosa implicasse il “riposo”. Non era stanco, ed era troppo grande per schiacciare un pisolino. Piton diceva che aveva bisogno di un po' di tranquillità, ma Harry non riteneva di essere così esuberante il resto del tempo e era sempre attento fare un gran baccano con le scarpe mentre andava a “riposare”.

All'inizio si stiracchiava nel letto e leggeva qualsiasi libro avesse sotto mano. Sorprendentemente, Piton aveva un vasto assortimento di libri, e nonostante Harry preferisse di gran lunga racconti d'avventura, aveva trovato alcuni libri da leggere niente male. Il libro rosso posto in alto che aveva provato a prendere giorni prima era sparito, ma Harry aveva guardato nei vari ripiani sperando di trovarlo infilato da qualche parte.


Ad ogni modo, quel giorno non aveva letto, ma si era seduto sul bordo del suo letto e aveva parlato con Dobby. L'elfo domestico conosceva la maggior parte dei segreti di Hogwarts, ed Harry ascoltava meravigliato mentre Dobby raccontava aneddoti con protagonisti studenti e professori. A dispetto del suo look severo, la professoressa McGrannit sembrava essere una grande amante dei fiori rosa e nelle sue stanze si trovavano più dipinti di rose e tulipani di quanti Dobby avesse mai visto. Ernie MacMillan ogni settimana scriveva a sua madre lunghe lettere eccessivamente sdolcinate, e una volta Calì si era tinta i capelli di un orribile viola mentre stava provando ad arricciarli.


A Harry piacevano quelle storie, e non poteva evitare di pensare che sarebbe stato fantastico tornare a scuola armato di pettegolezzi sulle altre persone. Era così stanco del fatto che tutti gli altri sapessero così tanto sulla sua vita. Odiava quando gli studenti o gli insegnanti avevano poco tatto per qualcosa che riguardava lui e che era importante, come se Harry fosse stato un esemplare raro che doveva essere studiato ed esaminato in classe.


Harry per un attimo pensò di provare ad ottenere altre informazioni da Dobby, ma dubitava che l'elfo domestico potesse o volesse dirgli qualcos'altro di utile. A quel punto l'unica cosa che l'avrebbe aiutato sarebbe stata una mappa di Malfoy Manor, ed Harry non credeva che Dobby avrebbe disegnato una pianta per lui. Avrebbe dovuto farcela da solo.


Avendo esaurito le storie da raccontare, Dobby si alzò dal letto. << Harry Potter pensa che i racconti di Dobby siano divertenti, ma Harry Potter ancora non ha visto gli altri trucchi di Dobby. >>


<< Che tipo di trucchi? >> chiese Harry.


Dobby produsse una manciata di luminose sfere rosse dalle sue orecchie fine e cominciò a fare il giocoliere. Harry poteva sentire le sfere che sfioravano le mani ossute di Dobby, ma era convinto che nessuno potesse far girare sei palle così velocemente. Le sfere formarono un cerchio rosso dai contorni sfuocati nell'aria, girando ancora più veloce. Poi una figura apparve nel cerchio prodotto dalle sfere che giravano: era Harry che volava su una scopa. Harry osservò affascinato il suo doppio svolazzare di qua e di là. Era come guardare un film sospeso a mezz'aria.


Poi Dobby fece cadere le sfere. Queste colpirono il pavimento pesantemente, rimbalzando una o due volte prima di rotolare via. Harry sobbalzò, riportato bruscamente al presente. Vide che Dobby guardava qualcosa, e Harry si voltò nella direzione in cui l'elfo domestico stava scrutando.


Fu allora che il mondo si fermò. Il tempo rallentò, mentre l'unica cosa che si muoveva erano le rumorose pulsazioni del cuore di Harry nel suo petto.


Sulla porta stava un Piton molto stralunato, molto scontento, e molto severo che guardava in direzione di Harry e Dobby.


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