Sei nell'anima di LadyLisaLaurie (/viewuser.php?uid=49599)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Le mattine sono sempre un
po’ noiose quando sei un vampiro
in cerca di quel qualcosa di
avventuroso che le scuota. Lei continua a camminare per la sua bella
casa a
specchi.
Ha appena posato il libro sul tavolo, con quelle sue candide mani
marmoree,
vellutate, profumano di rosa e quei capelli, i suoi morbidi capelli che
scivolano delicati sulle spalle e le accarezzano. Saprà mai
quanto è bella?
Saprà mai di essere così meravigliosa nella sua
unicità?
Probabilmente glielo ripeteranno tutti sempre, ma non sanno essere
sinceri, non
sanno descrivere la bellezza che traspare dai suoi occhi, quando ti
guarda
assente, probabilmente rapita dalle parole della sua mente.
Lei lo ama, come tutti. Ohh lui è così perfetto:
sguardo intrigante,
abbigliamento impeccabile, nessuno saprebbe resistergli. Tutti lo
ammirano e
nessuno lo odia. O quasi nessuno. Forse c’è
qualcuno, uno soltanto, che
vorrebbe vederlo soffrire e perire, perché lui non ha
diritto di toccarla, di
vederla, di amarla.
Amore… se fosse capace di
amarla, non sarebbe così crudele
con lei. Se sapesse davvero apprezzare la rosa che è tra le
sue mani, il
giardiniere non la strapperebbe per rivenderla. Invece lui è
così, l’abbandona
per il “lavoro”, che lavoro è mai quello
poi, salvare vite umane. E perché?
Perché vuol sentirsi migliore, migliore del mostro che in
realtà è? E lei per
questo lo ama, perché è umano nella sua forma
demoniaca. Perché lui sa provare
delle sensazioni.
E lei lo rispetta, perché quando sfiora il suo corpo
è sempre delicato, quel
meraviglioso corpo delicato, soffice, morbido. No, non può
aver di lei alcun
rispetto, se così fosse non la violerebbe mai. Se
così fosse, quando le toglie
i vestiti, quando fa l’amore con lei, quando inquina la sua
persona con quelle
labbra sudicie di parole troppo forbite per una persona
reale… non la
lascerebbe andare così se sapesse davvero
il valore inestimabile che ha al suo fianco.
Lui non la ama, e lei ama lui.
Possibile che non lo veda che
quando lui la tocca è rozzo e indelicato?
Lei non può essere sua… Lei è mia.
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Capitolo 2 *** Capitolo I ***
Correndo da una stanza
all’altra, Esme si affrettava a
sbrigarsi. Edward e i ragazzi sarebbero tornati presto da scuola e
com’era
ormai da diverse settimane Bella sarebbe stata con loro. Da qualche
giorno,
Esme si era cimentata nella cucina, sfiniva le papille gustative di
Bella con
commensali di proporzioni esagerate, che lei si convinceva sempre a
finire per
non essere maleducata. Ogni giorno la sorprendeva con piatti sempre
più strani
e particolari che magari a Bella non piacevano, ma apprezzava lo sforzo
di Esme
per farla sentire a suo agio.
“Siamo tornati” disse Edward entrando dalla porta
“Fermi!” Esme uscì dalla cucina
bloccandoli con un cucchiaio di legno “Il
pranzo non è ancora pronto. Ciao Bella” le sorrise
dolcemente e Bella ricambiò
con un gesto della mano.
Edward si avvicinò ad Esme e le sussurrò
nell’orecchio “Resti sempre la mia
preferita!”. Aveva letto nei suoi pensieri lo
“shock” della mano di Bella
intrecciata alla sua. Esme adorava Bella, perché aveva
portato alla vita il suo
amato Edward, ciononostante ancora faticava ad abituarsi a piccole
effusioni
d’amore che senza accorgersi anche lei aveva nei confronti di
Carlisle.
“Che buon profumino! Che la mia consorte cucini ancora per
Bella?” Carlisle
entrò dalla porta in quell’istante
“Vorrei quasi essere umano per assaggiare.
Cucina bene Bella?”
“Egregiamente. Mia madre non saprebbe sfamarmi meglio di
così…”
“Andare… via via via… fermo tu! Mi devi
un bacio” spinse via i ragazzi curiosi,
ma attirò Carlisle a sé per il bacio del
buongiorno “Stai prendendo la cattiva
abitudine di non salutarmi più. Consorte
cattivo…”
“Porrò rimedio quanto prima al mio sgarbo, amore”
“Quanto odio sentire i pensieri in questi momenti!”
Edward era bloccato sulle
scale
“Cosa dicono?”
“Fidati Bella è meglio non saperli, ringrazia di
non poterli sentire” disse
Alice.
“Posso aiutarti?”
Carlisle si offrì di aiutare Esme a
cucinare
“Sì..” lo trascinò dentro la
cucina afferrando il suo pullover in un pugno
“Puoi pelare le patate” gli diede un coltello in
mano.
Dopo una mezz’oretta i ragazzi scesero di nuovo in cucina,
Bella essendo
appunto umana avvertiva la fame dal gorgoglio del suo stomaco.
“Vedo a che punto sono!” disse Edward, tornando
subito dopo “Direi a niente,
pizza?”
Tutti curiosi si affacciarono, trovando il pranzo esattamente
dov’era prima
probabilmente: una patata mezza sbucciata su un cartone e le mani di
Carlisle
intorno alla vita di Esme.
“Si sta facendo perdonare il mancato bacio?” chiese
Bella
“Quello e molto altro” disse Edward, schifato
dai pensieri di entrambi.
“Edward, ti ricrederai anche tu quando sarai come
me” Carlisle staccò le labbra
da quelle di Esme
“Vecchio e solitario?” chiese Emmett
Carlisle tacque per un istante e riprese il suo discorso con Edward
“Innamorato
di una donna meravigliosa. A giudicare dalla situazione direi che ci
sei dentro
fino al collo, ragazzo”.
Alla fine si unirono tutti nella cucina per velocizzare i tempi, Bella
compresa, alla quale venne assegnato il compito di tagliare i pomodori
per
l’insalata. Esme sapeva che a lei piacevano molto.
Mentre li tagliava stava proprio vicino ad Esme, che ogni tanto le
sorrideva,
contenta di quella scenetta familiare e senza accorgersene si
tagliò
leggermente. Esme improvvisamente prese uno strofinaccio, lo mise sulla
sua
mano e la portò fuori dalla cucina.
“Esme cosa..”
“Cose da donne..” disse affrettando il passo. Bella
non capiva.
Quando furono nel salone da sole, Esme tolse lo strofinaccio dalla mano
di
Bella che vide il sangue. “Non è prudente perdere
sangue in casa di vampiri,
Bella. Devi fare molta attenzione!”
“Io non.. come hai fatto?”
“Il profumo… il sangue umano ha un profumo delizioso..”
la portò in bagno dove prese un cerotto
“Credevo che queste cose fossero da Carlisle”
“Essere la moglie di un medico ti insegna a mettere i
cerotti” sorrise Esme
“Perché avete i cerotti in casa?”
“Beh ecco…” senza distogliere lo sguardo
dal suo taglio aprì l’armadietto così
che bella poté vedere la schiera di medicinali
“Edward ci ha detto quanto tu
sia distratta”
“Grazie!” disse Bella sentendosi un po’
stupida
“Ecco fatto.. ora è tutto apposto” disse
Esme dando un bacio al dito di Bella.
Per un istante si fece trasportare da quel profumo “Vai
Bella!” le ordinò
chiudendo gli occhi
“Esme stai…”
“VAI!!!” era la prima volta che guardava nei suoi
occhi e li vide gialli, per
la prima volta capì di aver scatenato il vampiro che era in
lei.
Quando Esme rientrò in cucina, Bella chinò la
testa sentendosi dispiaciuta per
quella situazione. Edward le aveva raccontato di quanto Esme fosse
ligia sulla
sua natura demoniaca, di quanto non sopportasse perdere il controllo.
“Va tutto bene Bella!” le sussurrò
sfiorandole il braccio con la sua fredda
mano.
“Qualcosa non va?” disse Edward, ben conscio di
cosa stesse accadendo, giacchè
lo leggeva nella mente di Esme
“Bella non ha apprezzato l’ultimo quadro che ho
dipinto e si sente erroneamente
colpevole di questo”
“Hai criticato un suo quadro e sei ancora viva? Esme ti vuole
davvero molto
bene, Bella” disse Emmett, provocando una risata generale.
“Oh Esme,
dimenticavo” Bella tirò fuori dalla tasca un
volantino di un mercatino dell’usato “Domani
pioverà!” proseguì
“Ohhh… ma è stupendo! Grazie del
pensiero Bella, mi accompagni amore?” i suoi
occhi si illuminarono come una bambina davanti una vetrina di dolciumi.
“Tesoro sono a lavoro…” Esme si spense,
ma poi si rivolse ad Edward
“Caccia!” rispose lui indicando anche gli altri.
L’entusiasmo di Esme si spense
all’istante.
“Posso… posso accompagnartici io se
vuoi” si fece avanti Bella. Rimasero tutti
scioccati, era la prima volta che Bella usciva senza la
“protezione” di Edward
“Non c’è scuola la domenica, e con
Edward a caccia ho tanto tempo libero di
domande da dover occupare”
“Quindi tu accompagni Esme nel suo divertimento e la riempi
di domande per il
tuo?” chiese Edward
“Sì!” rispose Bella
“Puoi farlo Esme?”
“Rispondere a tante domande e passare del tempo con Bella?
Senza alcun
problema” sorrise Esme.
“Grazie! Sei la migliore!” disse improvvisamente
Edward dando un bacio sulla
guancia alla madre.
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Capitolo 3 *** CAPITOLO II ***
L’inconfondibile profumo di
gelsomino della sua pelle. I
morbidi capelli appena scostati dal vento, insolente. Come osa schiaffeggiare le sue gote meravigliose?
Quella seta viola che aderisce al suo corpo perfetto, e accarezza la
sua
intimità, se potessi…
“Buongiorno Bella,
mattinata di pioggia. Hai portato
l’ombrello?” Esme scese dalla sua auto fiammante
lasciando Charlie a bocca
aperta. Dalla prima volta che erano arrivati a Forks, i Cullen non
avevano mai
fatto molte scampagnate in città. Tutti conoscevano i
ragazzi e il dottor
Cullen, quasi nessuno immaginava il volto della signora Cullen.
Bella guardò Esme sorpresa, era la prima volta che la vedeva
al volante di una
macchina, e si chiese anche a cosa le servisse l’ombrello
dato che Edward le
aveva raccontato che gli agenti atmosferici non li scalfivano
minimamente.
Immaginò che fosse tutto parte della commedia.
“Charlie questa è…”
“La signora Cullen io… molto…
molto…” Charlie balbettava davanti alla bellezza
di Esme
“Ho le mani un po’ fredde, con questo tempo
incerto” disse lei porgendogli la
mano. Si era trovata un’ottima scusa.
“E così porta Bella a fare un giro di
antiquariato”
“No tutt’altro è Bella che si
è offerta di accompagnare me. Una ragazza
veramente squisita, signor
Swan”
“Oh Charlie la prego. Io non… devo ammetterlo
signora Cullen, non ricordavo che
fosse così bella”
“Papà…” Bella si
sentì imbarazzata dall’affermazione
“Oh non preoccuparti Bella, a dir la verità il
Capo… Charlie non è il primo a
dirmelo. La prego mi chiami Esme, queste formalità di parole
mi fanno sentire
così vecchia…”
sorrise
“Spero che il dottor Cullen non me ne voglia a male per
questo complimento
sfacciato”
“Sono certa di no! Sei pronta Bella?”
“Sì, pronta! Ciao papà!”
“Fai attenzione… non rompere niente. Esme
è stato un vero piacere, spero di
poter avere più tempo la prossima volta”
“Papàààà…”
Bella entrò in macchina squadrando il padre prima di partire
“Io..
mi spiace per mio padre..”
“Tranquilla Bella, per loro siamo così.
Incredibilmente belli… tuo padre è
stato molto gentile al contrario, sentissi cosa dicevano di Rosalie
quando
siamo arrivati…”
“L’immagino…”
Se tutti sapessero che tra di loro
cammina una dea, si inchinerebbero
al suo cospetto e
l’adorerebbero nella sua misericordiosa grazia. Lei che gli
permette di osservarla
impunemente.
“Ti piace l’arte
Bella?”
“Non sono molto brava. Da piccola ho provato a disegnare i
miei genitori ma…
sembravano più due mucche in un combattimento”
Esme sorrise sommessamente “Quando ero una…
ragazza, volevo fare l’insegnante.
Ma poi….”
“E’ arrivato Carlisle?”
“No… la mia famiglia era molto conservatrice. Loro
credevano che una ragazza di
buona famiglia avrebbe dovuto sposarsi, avere dei
figli…”
“Posso chiederti una cosa?”
“Certamente”
“E’ un po’…
personale”
“Sono pronta a tutto!” nel frattempo si
destreggiavano qui e là tra antichi
mobili e pregiate stoffe di raso. Bella aveva rischiato di inciampare
due o tre
volte, ma Esme l’aveva prontamente
“salvata”.
“Com’è essere la moglie di chi ti
ha…?”
“Lui mi ha scelto. Non scegliamo compagni passeggeri. Sono
per l’eternità.
Carlisle mi ha scelto per esser la sua eternità”
“Rimpiangi mai la tua umanità?”
“Affatto! Sono stata sola tutta la vita. Ho incontrato il mio
angelo con la
morte”
“Io non…”
“Chiedi Bella…”
“Edward mi ha raccontato la tua storia… quella di
tutti in realtà. Di Rosalie e
Jasper e il poco che sa di Alice…” si affrettava a
sottolineare che ne sapesse
di tutti, puntando al mascherare che Edward aveva spifferato
la sua storia. “Lui mi ha… detto di tuo
figlio…”
“Non aveva neanche un nome… ho sofferto molto
Bella. Il mio unico male è forse
il fatto che ne soffrirò per sempre, ma Carlisle ha
costruito per me la mia
favola. Ho quello che i miei genitori hanno sempre voluto per me,
ironicamente.
Un marito, una casa, sei figli…”
“Sono… cinque…” Bella si
trovò confusa nel contare
“Sei parte integrante della famiglia adesso Bella”
Esme le sorrise mettendo un
braccio intorno alle sue spalle e Bella si nascose vergognata nei suoi
stessi
capelli.
Esme con lei era sempre stata dolce e amorevole, proprio come una
madre, e
sentire quelle parole le faceva prendere sempre più
coscienza del fatto che
effettivamente era anche lei una Cullen, magari non per sangue, ma ne
faceva
ormai parte e la cosa la rendeva maledettamente
felice.
Il resto della mattinata passò così, guardando
cose in giro, comprando oggetti
vari per la casa e Bella inondava Esme di domande sui vampiri, su come
vengono
“creati”, come fanno ad esser vegetariani, come
possono controllarsi.
“E’ sorprendente!”
“Cosa?”
“Tu sei qui in mezzo a tutti questi… umani!
Ti… ti confondi tra di loro. Lo
fate tutti. Siete incredibilmente belli eppure siete…
umani”
“Non siamo più belli di quanto non lo sia tu o
chiunque altro Bella”
“Charlie pensa il contrario…”
“Oh beh… io…”
“Lui dice che Carlisle è un ruba cuori. In
ospedale sembra che le infermiere
abbiano difficoltà di concentrazione quando passa
lui… che scemo!” Bella
sorrise delle affermazioni del padre, non notando che la cosa
infastidiva un
po’ Esme. Si sentì quasi gelosa, non del fatto che
lo guardassero con quegli
occhi, ma del fatto che lo potessero vedere, sicuramente più
di quanto poteva
lei. Gli anni con Carlisle erano diventati sempre più
lunghi, non tanto per
l’eternità, quanto per la sua assenza. I pochi
attimi che avevano per sé, erano
sempre attimi di famiglia, per il resto lei aveva la sua casa e lui il
suo
lavoro. Per qualche istante le sembrò di rivivere scene
già viste, un passato
che avrebbe voluto scrollarsi di dosso: la solitudine!
“Sì immagino che… colpisca
particolarmente la sua presenza!” disse per spezzare
quel silenzio.
“Vuoi?”
“Non mangio Bella lo sai!”
“Facevo la parte!” sorrise indicando un gruppo di
ragazzi che le osservava alla
tavola calda
Finito il pranzo tornarono a girare
per il mercatino,
sembrava che Esme avrebbe potuto vivere l’eternità
lì senza mai annoiarsi.
Bella leggeva nei suoi occhi la passione quando scovava qualche raro
oggetto
per la sua casa dei sogni.
“Ora faccio io una domanda a te!” proruppe Esme
“Sì!”
“Com’è
l’adolescenza?”
“Complicata…” rispose Bella di getto
“Mmm… mi serve qualche informazione in
più!” sorrisero entrambe
“E’ difficile. Sembra che non hai problemi ma non
è vero”
“Problemi con Edward?” guardò la faccia
sconvolta di Bella “Oh scusa sono sua
madre, non ne parliamo!”
“Lui è…”
“Solitario! Perdonalo Bella è stato solo per molto
tempo, tu sei il suo primo
raggio di sole nella tempesta. Lo hai sconvolto, hai sconvolto tutti
noi…”
“Rosalie per certo..”
“Rosalie è invidiosa delle attenzioni che ti
riserviamo Bella, le passerà. Come
le è passata con Alice. È
come…”
“Un’adolescente?”
“Esattamente! Ne ho viste molte
così…”
“Anche io!” disse con un’aria da persona
esperta
“Eppure tu sei totalmente diversa Bella
Swan…”
“Sono mia madre…”
“Come?”
“Mia madre è l’adolescente e io la
madre…”
“Accidenti, e tuo padre?”
“Charlie è… Charlie!” Esme
sorrise “Siamo molto simili, riservati. Sempre per
conto nostro!”
“Come Edward! Prima che tu arrivassi abbiamo temuto molte
volte che sparisse
per non tornare più. Ho avuto il cuore in trepidazione, per
quanto possibile, a
questo pensiero!”
“Tu hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita
diversamente da questa?”
Bella riprese fiato con le domande
“Una morte suppongo. Se Carlisle non mi avesse trasformato
sarei certamente
morta. Le mie condizioni non erano delle migliori quando mi hanno
trovato”
ancora una volta i pronti riflessi di Esme, evitarono a Bella di
inciampare in
un prestigioso tappeto tibetano, con il suo caffè in mano.
“Deve essere stato molto doloroso prendere quella
decisione…”
“Carlisle è contrario a ferire chiunque che sia
umano o no. È un buon padre per
i nostri figli e un ottimo compagno. Ci ha insegnato molto dalla sua
esperienza. Edward ed Alice sono molto simili a lui…
riflessivi, comprensivi e
razionali. Sono quelli dai quali si è sentito più
entusiasta dei suoi
insegnamenti”
“Vi hanno mai dato motivo di delusione?”
“Mai… per quanto Edward ritenga di sì.
Sai quando ti ha visto la prima volta è
andato via…”
“…in Alaska. Si me lo ha detto!”
Esme sorrise “Sì. È tornato, pensando
che fossi delusa dalla sua decisione, gli
mancava la sua famiglia. Anche se
penso che in realtà non potesse star lontano da te, per
quanto dica che…”
“Bella!!” in lontananza una voce
richiamò Bella. Si voltarono entrambe e dietro
a loro c’erano i compagni di scuola di Bella: Jessica, Mike,
Angela ed Eric.
“Ehi…”
“E allora i tuoi impegni familiari erano questi?”
disse Jessica salutandola
“Ragazzi questa è…”
“La moglie del dottor Cullen…” proruppe
Angela con la bocca spalancata
“La madre dei Cullen?” disse Mike senza pensare
alle sue parole pronunciate ad
alta voce. Jessica gli diede uno spintone, gelosa dalla sua bocca
spalancata.
Bella sorrise di quella scena, ma subito si riprese quando vide Esme
tirare un
respiro profondo e chiudere gli occhi
“Io… mi gira un po’ la testa
e… scusami Bella! Scusate…” non
aggiunse altro e
scappò nella direzione opposta.
“Sarà mica incinta? Dopo cinque
figli…” disse Eric. Bella rimase ad osservarla,
ma Jessica entrò nei suoi pensieri con il suo solito
sproloquiare senza freni.
Diceva qualcosa di una festa o forse era un compito, Bella non le
prestava
molta attenzione.
Esme si vergognò di
sé stessa, della sua mancata capacità di
fronteggiare una tale situazione. Aveva fatto tanti sforzi negli anni
ad
abituarsi al profumo umano, quel sangue che pulsava nelle loro vene
emanando un
profumo così singolarmente fantastico. Ma mai si era
ritrovata in un gruppo
così tornito di profumi e ormoni in circolo, era troppo
anche per una
“vegetariana” come lei, esperta ed addestrata.
Le parve quasi di sentire una lacrima di delusione scivolare dal suo
occhio,
fino alle sue guance.
“Spero che un acquisto possa tirarla su. Una bella signora
come lei non può
starsene qui in disparte a piangere” un uomo si
palesò al suo fianco “Permette?
Harold”
Dapprima Esme si fece pensierosa, credeva di conoscere tutti o quasi
tutti
nella dimenticata Forks, invece non era così
“Esme” si
fece timorosa a stringergli la mano,
troppo presa dai pensieri per poter pensare di spiegare il
perché della sua
freddezza. “Sono… la moglie del dottor
Cullen” aggiunse subito come per marcare
il territorio.
“Questo dottor Cullen deve essere molto fortunato, mi dicono
che siate la donna
più bella della cittadina” le strappò
un sorriso. Per quanto non fosse estranea
ai complimenti, questo in particolare le fece piacere, era da molto
tempo che
non riceveva un complimento così spontaneo da un perfetto
estraneo. “E’ tutto
il giorno che la osservo, lei gira
con
quella… ragazza. La sua amica… ha visitato ogni
stand ad eccezione del mio,
laggiù in fondo. Le ho forse dato una cattiva
impressione?”
“Oh io.. non… ci mancherebbe,
assolutamente” si trovò disorientata. Avevano
girato il mercatino diverse volte, ma forse troppo presa dalle sue
chiacchiere,
non aveva notato il piccolo stand di quadri in fondo alla strada. Il
gentiluomo
al suo fianco l’aiutò ad alzarsi, le
parlò di un importantissimo quadro che
voleva mostrarle, anzi regalarle perché nessun altro
compratore sarebbe mai
stato tanto attratto da un Monet, con quella luce negli occhi quando le
nominò Soleil Levant.
“Esme…” urlò Bella facendosi
strada tra la gente per raggiungerla
“A presto bella Esme, a
molto presto…”
disse Harold svanendo senza permettere ad Esme di replicare.
“Esme stai…”
“Bella?”
“Ho il fiatone… ho corso per cercarti e sono
inciampata un paio di volte…” Esme
guardò i suoi jeans strappati sulle ginocchia e si mise a
ridere
“Dolce Bella…
andiamo a casa!”
“Io… se preferisci torno a casa sola,
se… hai bisogno di starmi lontano…”
improvvisamente Bella si fece cupa e colpevole
“Assolutamente no!” le sorrise con un calore che
solo lei sapeva sprigionare
dal suo corpo freddo “Chissà che ti succede se ti
lascio sola. Edward non me lo
perdonerebbe mai!” Esme sorrise ancora e prendendola sotto
braccio ripresero la
strada verso la macchina. Bella si voltò un istante per
vedere che un uomo singolare le
stava osservando
ininterrottamente. Non seppe distinguere bene i suoi tratti, ma era
certa che
guardasse proprio loro due.
In macchina Bella cercò un
pretesto per rompere il silenzio.
“Ehi Esme che… che hai fatto quando sei andata
via?”
“Non devi fingere di interessartene per parlare Bella,
è tutto ok!”
“No io…” si fece ancora cupa
“Ho comprato un quadro, o me l’hanno regalato, non
ho capito bene. Uno strano
tipo… Harold se non sbaglio. Sì Harold!”
“E dov’è?”
“O lui.. ehm… mi sa che voleva solo provarci con
me!”
“Eh sì!” risero entrambe.
Arrivate a casa di Bella, Esme
trovò Edward e Carlisle ad
aspettare insieme a Charlie, il quale molto gentilmente, si
apprestò ad aprirle
la portiera quando
si fermarono.
“Grazie!”
“Io… ecco…” Charlie si
sentì piccolissimo guardando Carlisle risplendere come
un dio greco.
“Che succede?” chiese Bella
“Nulla, Charlie era un po’ preoccupato
perché non riusciva a rintracciarti,
manchi da tutto il giorno Bella” disse Carlisle con la sua
solita voce pacata e
soffice.
“Colpa mia, l’ho rapita nel mondo artistico. Mi
dispiace veramente tanto
Charlie, avrei dovuto insistere perché avvisasse”
“Non c’è problema Esm…
signora Cullen!” Charlie si sentì ancora
più piccolo
Edward rise sommessamente.
Si salutarono con una stretta di mano e Carlisle aprì la
portiera ad Esme come
poco prima aveva fatto Charlie “Edward verrà
dopo!” disse e avvicinandosi al
finestrino verso la moglie “Sembra che tu abbia fatto colpo,
cara!”
“Girano strane voci anche su di te, caro!” rispose
lei e sfrecciò via verso
casa.
Edward li salutò e ancora ridendo sussurrò a
Bella “Non puoi immaginare cosa
pensa tuo padre di Esme”. Anche Bella non riuscì a
trattenere una piccola
risata.
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Capitolo 4 *** CAPITOLO III ***
Il giorno
dopo, nella
mensa del liceo di Forks.
“Allora Bella,
com’è andata la giornata con Esme ieri?”
“Oh bene… senza intoppi. Ne sono uscita sana e
salva”
“Sì Esme mi ha detto di tappeti e mobili
vari…”
“Accidenti, credevo di esser sfuggita per una
volta!” sorrisero entrambi.
Da lontano Jessica e gli altri si avvicinarono sedendosi al tavolo, con
somma
sorpresa di Bella.
“Ehi Cullen, come sta tua madre? Pronto per un altro
fratello? Certo sarete in
tanti” Mike diede una pacca sulla spalla ad Edward come fanno
gli amici
“Di che cosa parla?” chiese Edward a Bella.
“Ehhh niente. Scusate ragazzi…” Bella
trascinò via Edward portandolo fuori “Non
è successo niente, Esme è solo… ha
avuto un piccolo incidente con i loro
profumi, tutto qui!”
“Carlisle lo sa?” improvvisamente Edward divenne
serio
“Tu leggi nella mente non io! Non lo so… non
credo. Ma non è nulla di grave
no?”
“Non lo so!”
“Succederà qualcosa ad Esme? Cavolo è
tutta colpa mia… lo sapevo!”
Edward si disse confuso “Perché sarebbe colpa
tua?”
“Perché… beh io… le ho detto
che l’avrei accompagnata, se mi fossi stata
zitta!” Edward scoppiò a ridere
“Sta tranquilla Bella, Esme non subirà alcuna
tortura, ma è bene che Carlisle
lo sappia, lui sicuramente saprà aiutarla a
controllarsi”
“Ah proposito di controllo, tu mi devi dire
qualcosa… Charlie e i suoi pensieri
peccaminosi!”
“Ohh Bella è meglio che tu non li sappia, potresti
cambiare opinione su tuo
padre”
“Edward è un uomo come tutti, lo so che hanno
certi pensieri!”
“Beh ecco lui… vorrebbe baciare la sua pelle
candida” disse guardando nel vuoto
“Tutto qui? E’ questo il pensiero impuro?”
“Sotto la sua maglietta…”
“Ah…”
“E la gonna…”
“Ok basta Edward…”
“E anche…”
“Edward basta!!! E’ mio padre e… tua
madre non voglio saperlo!” Bella si voltò
ma Edward non si diede per vinto
“Non vuoi proprio saperlo?”
“No!”
“D’accordo, lo terrò per i miei
fratelli!”
“Cosa? Sei? Matto?... non puoi raccontarglielo. Edward dimmi
che non lo farai
ti prego!”
“Ci penserò su…”
“Edward… Edward…” Bella lo
inseguì per tutto il corridoio, supplicandolo di non
farne parola con nessuno.
Esme come ogni mattina, quando i
ragazzi uscivano, faceva il
giro della casa a riassettare libri sparsi, quadri storti, fiori
secchi. Il suo
solito tram tram.
Entrò in cucina dove Carlisle leggeva il giornale locale.
“Caccia interessante
ieri!” disse senza distogliere lo sguardo
“Mmm si. Quel cerbiatto mi è rimasto un
po’ sullo stomaco”
“Non parlavo di quella caccia!” disse lui
abbassando il giornale
“Ohhh parli di umani. Parliamo del Capo Swan.. di
Charlie” Esme si divertiva a
stuzzicarlo. Capitava raramente che Carlisle si dimostrasse
così coinvolto
nella sua vita.
“Vi date del tu…”
“Carlisle… saltiamo questa parte. Sei
geloso… senza motivo. Anche se volessi
avremmo difficoltà di affinità visto che lui
è umano e io una vampira”
“Anche se volessi? Perché per caso puoi
volere?”
“Ho detto anche se… non che io voglia”
andò vicino a lui e si sedette sulle sue
ginocchia “Non temere caro, tu sei la mia eternità
e nessun altro. Charlie non
ha nessun interesse per me!” strofinò il suo naso
contro quello di lui e poi
gli diede un bacio, appassionato, sentito, desiderato. Per la prima
volta, da
quando erano a Forks, sentiva
davvero di
essere la moglie di Carlisle per fatti e non solo per parole.
Squillò il telefono e giacché entrambi sapevano
che era lì per pura forma
perché da mesi nessuno chiamava, si allarmarono pensando
fosse uno dei ragazzi.
Esme corse a rispondere
“Pronto?”
*Esme? Sono Harold…* Esme si sorprese di quella telefonata
“Ha…Harold che sorpresa”
“Harold?” Carlisle fece capolino dalla cucina
sentendo quel nome
*Io… chiamavo per sapere cosa aveva deciso per il quadro.
Quando posso
portarglielo?*
“Oh ma io… Harold lei è molto gentile
ma non posso accettare un regalo così,
non senza pagare il giusto compenso per un valore del genere, la
prego”
*Non sia mai, era un regalo e come promesso glielo farò
recapitare*
“Io… non so davvero come ringraziarla, io.. posso
venire a prenderlo alla sua
bottega in giornata, sperando che il tempo regga” una pessima
bugia. La verità
è che dal modo in cui Carlisle aveva domandato della
persona, Esme aveva già
percepito la burrasca. Far venire un perfetto estraneo che le regalava
una cosa
di cui Carlisle indubbiamente conosceva l’inestimabile
valore, sarebbe stato
troppo rischioso.
*Allora in giornata passerò da lei per consegnarlo di
persona. A presto Esme*
“No io…” mise giù prima che
potesse dire nulla
“Harold? Prima Charlie, ora Harold… devo mancarti
tanto se ti circondi di così
tante amicizie maschili”
“L’ho incontrato ieri e mi ha… fatto un
regalo. Un quadro… dice che verrà a
portarlo in giornata potremmo aspettarlo insieme. È una
persona davvero a modo
e gentile…” Esme si sentì minuscola di
fronte a quello sguardo
“Vado a lavoro!” sentenziò Carlisle
riprendendo il controllo
“Ma… dovevi stare a casa oggi!” disse
Esme sommessamente
“Invece vado a lavoro, ci sarà sicuramente bisogno
di aiuto, con tutti questi
ragazzi scellerati, l’alcohol e gli animali che girano nei
boschi e i turisti…”
Carlisle aprì la porta e si trovò davanti Charlie.
“Spero di non disturbare…” disse
sommessamente
“Bella non è qui Capo Swan…”
“L’immaginavo, ecco io…
cercavo…ehm” si schiarì la voce
“sua… sua… la sua
signora”
“Si accomodi!” Carlisle improvvisamente
sembrò cambiare di nuovo, il vecchio
gentile Carlisle di sempre
“Charlie, che bella sorpresa!” Esme si finse
deliziata da quella sorpresa.
Sapeva perfettamente che non era il momento adatto, ma da brava padrona
di casa
qual era, non poteva certo riversare il suo malessere
su un ospite.
“Ecco io… non volevo disturbare così
presto… le ho… le ho portato questi…
per…
ringraziarla…del tempo trascorso con Bella”
Charlie si sentiva molto
imbarazzato, sicuramente anche per la presenza di Carlisle che
immaginava fosse
in ospedale a quell’ora.
“Io purtroppo devo lasciarvi il lavoro mi chiama! Capo Swan
è sempre un
piacere…” gli strinse la mano senza curarsi del
fatto che la sua fosse sempre
fredda.
“La prego si accomodi, posso offrirle qualcosa?”
“Oh no grazie io… io… ero solo passato
per… i fiori… e… ringraziarla per il
tempo trascorso con Bella”
Esme sorrise. D’un tratto si rese conto che la gelosia di
Carlisle era più che
fondata. Charlie balbettava come un ragazzino alla sua prima cotta
“E’ stato un
vero piacere per me Charlie, Bella è una ragazza
meravigliosa e sono felice di
poter passare del tempo con lei. Io me ne sto qui sola tutto il giorno.
Un po’
di compagnia mi fa sempre piacere…” era come
sempre impeccabile nella sua
gentilezza. Decisa ma delicata, sicura e sempre riservata.
“Bella è… è sempre stata una
ragazza particolare” Charlie iniziava a prendere
confidenza “Non pensavo neanche che potesse interessarsi ai
ragazzi… è
cresciuta tanto!” il suo tono si fece un po’
amareggiato
“Non lo dica a me. Ne ho cinque già
cresciuti!” sorrise Esme riportandogli un
pizzico di buon umore.
“Beh ecco io… io devo andare…
così… ecco le ho portato quei fiori…
per ringr…
arrivederci Esme, spero di vederla più spesso in
città e quando vuole da noi è
sempre la benvenuta”
“Lei è
troppo gentile Charlie…
naturalmente lei e Bella siete più che benvenuti in casa
nostra” lo accompagnò
alla porta
“Sarebbe così scortese domandarle se una volta
posso invitarla per un caffè?”
sembrò quasi sfrontato
“Oh… io non bevo
caffè…”
“Oh… ma beh due chiacchiere le
disdegnerebbe?” a questa non sapeva come
declinare dopo ciò che gli aveva detto prima
“Ma certo… due chiacchiere sono sempre ben
accette! A presto Charlie…”
“A presto Esme!” le prese la mano e la
baciò.
Esme pensò che in qualche
modo avrebbe dovuto dire a
Carlisle di quell’invito, ma non seppe come. Quando
arrivò il crepuscolo e i
ragazzi erano a casa davanti alla tv, decise di affrontare il suo
grande
spauracchio. Da quando era tornato dal lavoro non si erano detti una
parola.
Bussò alla porta del suo studio, per la prima volta lo
disturbò durante la
lettura.
“Posso?” chiese sommessamente
“Naturalmente!” Carlisle poggiò le carte
che aveva in mano e la guardò
“Ecco io… volevo dirti che oggi il Capo Swan mi
ha…”
“Invitato ad uscire e baciato la mano?”
“Come lo sai?”
“Alice.. e Edward ha sentito dei pensieri quando
riaccompagnava Bella”
“Beh avrebbero dovuto parlarne con me non
con…”
“E’ un bene che io lo abbia saputo forse e
cos’è questa storia che hai perso il
controllo a quel mercatino? Esme cosa c’è che non
va? Parlami…”
“Guai in vista”
al piano di sotto Edward aguzzò l’udito
mentale
“Litigio?” chiese Alice
“Mi sa che l’abbiamo fatta grossa questa
volta” rispose Edward
“Io… non ho
niente… è solo…”
“Cosa?”
“Ho avuto paura di perdere il controllo perché non
mi sono mai trovata in
quella situazione e credevo di poter fare del male anche a Bella
e… Edward, lui
non me l’avrebbe mai perdonato. E io… io ho perso
il controllo… ho provato
un’irrefrenabile voglia di sangue umano e… mi odio
per questo” abbassò la testa
e si mise le mani sul volto come se dovesse coprire le lacrime.
Carlisle
l’abbracciò e le diede dei baci sulla testa.
“Edward ha sentito!” disse Esme
“Mi ucciderà adesso!”
“Ma no che non ha sentito!”
“Tuo figlio è un impiccione!”
“Ah adesso è mio figlio?” rispose lui
sorridendole
“Sì, quando è cattivo è tuo
figlio!”
“Come sempre! Sei più calma? O chiamo
Jasper?” le diede un bacio sul nasino
“Mi basti tu per calmarmi! Carlisle io ti amo ma…
ho bisogno di sentirmi più…
donna?”
“E un non caffè con Charlie ti aiuterà?
O quadri in regalo?”
“In parte.. mi fa sentire desiderata!”
“Ma io ti desidero, sempre. La mattina, il pomeriggio, la
sera, la notte… ogni
istante che non sei con me ti desidero ed è proprio quello
che mi fa andare
avanti in ospedale, con tutti quei profumi e il sangue
umano…”
“Oddio che
schifo!” disse Edward
“Penso di averlo quasi visto con te!” rispose Alice
“Secondo me Esme vi fa a fettine e vi serve come pasto per
Bella” ribatté
Emmett
“Esme non ci farebbe mai nulla… non lo avrebbe
fatto neanche a Bella” rispose
Edward
“Scommettiamo?” Emmett lo sfidò
“Eh sia!” si strinsero la mano con uno schiocco
così forte che riecheggiò per
la casa
“Alice Edward di
là!” Esme scese le scale e richiamò le
due spie seguita da Carlisle.
Anche gli
altri tre seguirono incuriositi. “Non è il fatto
che glielo abbiate detto a disturbarmi,
ma che non lo abbiate detto prima a me! Questo è offensivo e
mancate di
rispetto alla mia autorità di madre…”
“Esme noi..”
“Edward!!” sentenziò “Io sono
vostra madre e se avete qualcosa da dire a
Carlisle esigo che la diciate anche a me. Siamo una famiglia e facciamo
le cose
insieme, non singolarmente”
“Carlisle spiegale che…”
“Edward ha ragione. Esme si è sentita ferita dal
vostro smacco e credo che voi
le dobbiate delle scuse perché…” si
fermò quando il campanello della portà
trillò.
Edward corse velocemente ad aprire, forse per sfuggire alla ramanzina
“Capo
Swan, Bella? È successo qualcosa?”
“Ecco Charlie… ha insistito per
accompagnarmi!”
“Non mi piace che Bella guidi quando è buio, i
territori non sono sicuri finché
non avremo catturato quegli animali e tu ragazzo dovresti avere
più premura di…
Esme buo…buonasera!” si bloccò
immediatamente quando vide Esme comparire nella
stanza.
“Charlie, ancora un piacere. Prego accomodatevi!”
Carlisle fece gli onori di
casa.
“Grazie io… la partita!” Charlie fu
attirato dal rumore della tv e si sedette
sul divano
“Starà lì per un
po’” disse Bella
“E’… sicuro?”
“Sì. Alice porta Jasper di
sopra…” Alice obbedì. Già la
presenza di Bella
inibiva molto Jasper, addirittura due umani lo avrebbero torturato.
“Cosa fai?”
“Preparo da bere per il nostro ospite!” rispose Esme
“Il nostro… è veramente
assurdo…”
“Oh andiamo non l’ho invitato io”
“Gli hai aperto la nostra casa con i tuoi… modi di
fare sempre gentili. È cotto
di te Esme…”
“Non posso cacciarlo a calci fuori, è il padre di
Bella e Bella fa parte della
famiglia, lo hai detto anche tu…”
“E quindi anche lui?” la voce di Carlisle
aumentò
“Abbassa la voce…”
“Non hai risposto alla mia domanda…”
Esme esitò per un attimo “Sì, anche lui
fa parte della famiglia!”
“Perfetto!” uscì dalla stanza e si
diresse verso la porta
“Va via Carlisle? Non guarda la partita con noi?”
Carlisle strinse un pugno
“No mi dispiace, lo sport non mi interessa”
uscì di casa.
Esme guardò Edward e i suoi pensieri furono più
eloquenti di mille parole, porto
da bere a Charlie e con il suo solito sorriso mascherò tutta
la preoccupazione
di quei momenti. Carlisle era fuori, furioso. Probabilmente era andato
a
caccia, per la prima volta senza di lei, ed Esme temeva che quella
sarebbe
stata solo la prima di molte altre volte.
Per tutto il tempo Esme trattenne sul
volto un finto sorriso
che nascondeva una costante e martoriante ansia.
Ogni tanto lanciava qualche occhiata ad Edward, sperando che potesse
dirle
qualche pensiero di Carlisle, ma ogni volta restava delusa dallo
scuotere della
sua testa. Aveva persino trascinato Alice obbligandola a concentrarsi,
procurando ovviamente l’effetto contrario a quello sortito.
Del resto Carlisle
conosceva i suoi figli ed era forse il solo ad essere in grado di
eludere la barriera
protettiva di Edward ed Alice.
D’improvviso le cadde il vassoio che aveva tra le mani,
mandando in frantumi il
bicchiere che vi era sopra. Si girarono tutti di scatto, quando Edward
correndo
velocemente prese Esme prima che potesse cadere. Sembrava quasi svenuta.
Lì lontano nella foresta,
un uomo solitario se ne andava
scrutando la notte. Non serviva la Luna ad illuminarlo, bastava la sua
aura
luminosa a far luce sul suo cammino. Ma ben presto quel cammino lo
abbandonò
quando come per una magia si accasciò al terreno, come
svenuto.
È
pericoloso.
Queste parole attraversarono la mente di Edward come un fulmine.
Esme riaprì gli occhi trovando Charlie a cercare di
scaldarle le mani, distesa
sul divano “Fatela respirare!” diceva lui ed Esme
si ricordò che era umana.
“Come si sente Esme?” le chiese poi
“Meglio, grazie!” Esme si mise a sedere
“Ci vorrebbe dell’acqua”
guardò Edward
“Sono certa che… sta già bene,
papà!” Bella cercò di reggere il gioco
“Sto davvero bene Charlie, grazie. Io
adesso…” si alzò
“Devo… devo andare a
cercare mio marito!”
“Non è prudente che lei vada sola Esme, lasci che
l’accompagni!” Charlie non
dimostrava volerla lasciare andare con facilità. Le
stringeva ancora la mano.
“Io… grazie ma…”
“Esme non andrà da nessuna parte” Edward
la guardò perentorio “A volte mia
madre dimentica i pericoli del buio, capo Swan. Sono certo che Carlisle
è in
ospedale, possiamo anche chiamarlo se questo la farà stare
meglio, ma non si
preoccupi avremo noi cura di lei”
Charlie dovette appurare, a malincuore, che Edward aveva ragione.
Carlisle era
certamente in ospedale, magari per un’emergenza, ed Esme era
solo una moglie
molto apprensiva. Si convinse che fosse meglio lasciare questa
questione di
famiglia, alla famiglia in senso più stretto,
ringraziò per la serata e andò
via con Bella, la quale poco prima di andare via sussurrò ad
Esme parole di
conforto, immaginando quanto fosse spaventata.
“Esme promettimi che non farai nulla” Edward
osservava la macchina della
polizia svanire nel buio del loro viale
“Ho sentito qualcosa…” gli disse lei
“Anche io… Carlisle ha detto che è
pericoloso. Non andare…” Esme lo guardò
infastidita. Ancora una volta aveva sentito qualcosa e non le aveva
detto
nulla. Ma Edward si fece perdonare subito quello smacco dandole un
bacio sulla
guancia. Diede ferree istruzioni ad Alice, di concentrarsi a scovare
Carlisle e
di informarlo, lui sarebbe stato come ogni notte a casa di Bella.
“Vado solo in cucina, vuoi
impedirmi anche questo?” Emmett
faceva lo scimmione di guardia, mentre Jasper cercava di aiutare Alice
a
concentrarsi sulle sue visioni.
“E’ assurdo…” proruppe Rosalie
“Noi stiamo qui a fare da balia ad Esme mentre
Edward dorme con la sua Bella e
Carlisle probabilmente è in ospedale. Ci sono miliardi di
motivi per i quali
qualcuno dovrebbe dire è pericoloso,
ma Edward ha deciso che è stato Carlisle…
è assurdo!” salì per le scale
svanendo al piano di sopra
“Vi dispiace!!” Alice cercava di concentrarsi
“Dov’è Esme?”
guardò verso Emmett
e si accorse che Esme non era più accanto a lui.
“Merda!” disse Emmett guardando la porta sul retro
della cucina spalancata “E’
scappata!”
Esme corse per tutto il giardino
posteriore fino al viale
dell’entrata principale.
“Ti troveranno comunque!” Rosalie comparve dal
portico. Esme si sentì sconfitta
in partenza “Se non li depisto altrove. Corri!” non
seppe bene perché lo stesse
facendo, ma sentì in sé il bisogno di
ringraziarla e sorriderle e poi svanire
di nuovo.
“Rose, piccola l’hai vista?”
“E’ andata di là… bisogna
chiamare Edward solo lui può raggiungerla!”
rispose
lei indicando il punto esattamente opposto dove era svanita Esme.
Correva più veloce che poteva, cercando di non fermarsi ad
ascoltare, certa che
ogni secondo sprecato sarebbe stato un netto vantaggio per Edward.
“Non avresti potuto farne a meno” finalmente lo
trovò, in quella radura
dispersa, le dava le spalle.
“Il tuo profumo è inconfondibile per me!”
Carlisle sussultò per un attimo “Avevo detto ad
Edward di non farti venire”
“Sono una ribelle lo sai…” aveva quasi
paura. La voce di Carlisle non era la
stessa pacata e soffice di sempre. Era roca, rude. Al di fuori della
caccia non
lo aveva mai visto come un vampiro.
Fece un passo avanti e poi un altro e un altro ancora,
finché non gli fu
vicino. Sentì il suo respiro pesante sulla fronte, vibrare
attraverso le sue
ciglia. Non sapeva se stringerlo o cercare i suoi occhi. Si
lasciò cullare
dall’istinto e fece scivolare le braccia intorno alla sua
vita, sperando di
sentire un abbraccio ricambiato e così fu. Ma Carlisle non
mutò mai la sua
forma. Esme lo sentì ruggire: temeva che la rabbia fosse
incontrollabile in
lui. “Stai dietro di me!” le disse. Dal buio della
foresta avanzò lentamente
una figura.
Quando fu più vicino Esme sussultò alla vista
“Harold?!” lo sentì anche lei,
quella ventata di odore marcio e lugubre che giungeva
dall’uomo. Si accorse
solo allora che non era un umano che aveva cercato di avvicinarla, ma
un
vampiro. Carlisle teneva un braccio a coprire Esme.
“Questi territori sono già occupati da me e dalla
mia famiglia, è meglio che ne
cerchi di altri dove razziare e depredare”
“Credo che mi tratterrò ancora un po’,
ci sono molte cose interessanti in
queste terre che vorrei poterne gioire ancora” era sicuro di
sé, deciso e
sorrideva
“Non c’è nulla qui di tuo interesse,
farai meglio ad andare!”
“Altrimenti?” con un movimento quasi impercettibile
si spostò alle spalle di
Esme e la tirò per un braccio verso di sé
“L’inconfondibile profumo di
gelsomino della sua pelle…” odorò i
capelli di Esme che stava pietrificata “Delizioso…”
Carlisle ruggì con un’eco profonda. Si
lanciò contro di lui senza pensarci due
volte. Ruggiva e lanciava schiaffi all’aria, come per
intimorirlo. “Scappa!” le
urlò voltandosi. Più ruggiva, più il
vampiro si divertiva ed eccitava, ridendo
forte. Evitava ogni suo colpo e rideva. Poi scattava veloce da una
parte
all’altra, e una di queste corse verso Esme, bloccandola e
usandola come scudo.
Carlisle sferrò uno schiaffo che era mirato alla giugulare,
ma si bloccò quando
si accorse che la sua mano avrebbe ferito la sua
Esme.
“Lasciala!” gli intimò.
Alice si riarse come colpita da un
fulmine “Edward…
Carlisle… Esme… sono nel bosco…
qualcuno combatte, ci sono rumori e ruggiti…”
Edward non se lo fece ripetere due volte, scattò fuori dalla
porta correndo
verso il bosco. Durante tutta la corsa pensò alle parole di
Alice e cercò di
concentrarsi a cercare dei pensieri. Ne percepì molti che
non erano di suo
interesse, ma tra le tante urla una attirò la sua
attenzione, urlava il nome di
Carlisle. Quando arrivò
nel punto del
bosco, era ormai troppo tardi: Carlisle era inginocchiato sul terreno
con una
mano allo stomaco ed Edward vide del sangue ma non capì se
fosse di un animale.
Cercò Esme in vano
“Dov’è?” urlò a
Carlisle…
“Presa… lui l’ha
presa…” Carlisle tossì
Edward puntò lo sguardo lontano. Arrivarono anche gli altri
che si apprestarono
ad aiutare Carlisle. Lei è mia
fu
tutto ciò che riuscì a sentire in lontananza,
prima che il silenzio del bosco
avviluppasse la sua mente.
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Capitolo 5 *** CAPITOLO IV ***
“Sto bene! Sto
bene!” Carlisle urlò ai figli
che lo accerchiavano per aiutarlo. Per un vampiro la ripresa
dalle ferite è molto veloce, in poco si rialza e tutto
è come se niente fosse
stato.
“Chi è?” chiese Emmett
“Harold!”
Edward ebbe un sussulto. Il nome non gli era nuovo, gli diceva
qualcosa, lo aveva
già sentito, ma non ricordava dove.
Alice chiuse gli occhi di improvviso e poi li spalancò
fissando un albero “La
scogliera… corre veloce…” si
zittì per un istante e poi come ripresa dal come
guardò Carlisle “La Push!”.
Tornarono velocemente a casa, per prendere le macchine e andare a La
Push.
Carlisle ricordava bene il patto
stretto con la tribù della riserva e se uno solo dei Freddi avesse varcato il confine, non ci
sarebbe stata più alcuna
tregua e la tribù avrebbe avuto il compito di sterminare i
trasgressori. Nella
sua mente si confusero le immagini. Il suo obiettivo principale era
salvare
Esme prima che la tribù di La Push potesse vedere che i
confini erano stati
oltrepassati: per la salvezza della sua famiglia, ma soprattutto per
quella
della sua sposa.
“Devo andare da
Bella!” Edward fece per uscire
“Edward la tua famiglia ora ha bisogno di te!”
Carlisle lo fermò con una mano
sulla spalla
“Lei fa parte della famiglia Carlisle, può
aiutarci!” gli rispose
“Facendosi ammazzare? Sono
d’accordo…” ribatté Rosalie
“Bella è l’ultima ad aver passato
più tempo con Esme, è lei che mi ha parlato
di questo Harold. Forse può aiutarci…”
“Va a prenderla…” Carlisle lo
lasciò andare
“A cosa può esserci utile un’umana se
abbiamo Alice che…”
“ROSALIE!” Carlisle urlò senza voltarsi
verso di lei “Che tu lo voglia o meno,
Bella fa parte di questa famiglia e se anche un piccolo ricordo
può aiutarci a
capire come ragiona questo vampiro allora ben venga… Esme
deve ritornare con
noi al più presto…” prese le chiavi di
una macchina e sussurrò abbastanza però
che potessero sentirlo “O sarà la fine per
tutti!”
“Non possiamo stare qui,
questi territori sono parte del
confine della riserva indiana. A noi non è permesso
entrare…” Esme cercò di
spiegare ad Harold del patto, ma egli non volle sentire.
“Un cagnolino non mi fa paura..” la
guardò estasiato “Woof,
woof…”
Stavano seduti sotto un albero e Harold bloccava ad Esme i movimenti
“Sei
disgustoso…” disse lei
“Tu invece hai un profumo da perdere i sensi” si
avvicinò al suo volto cercando
di baciarla ed Esme strinse gli occhi e piegò la testa di
lato. Harold le forzò
il movimento della testa, stringendo il suo mento in una mano e
portandola al
pari con il suo viso “Non opporti, sarebbe inutile!”
Stampò le sue labbra su quelle di lei, iniziando a baciarla.
Esme sentiva il
ripudiante sapore di quelle labbra fameliche nella sua bocca, e avrebbe
voluto
urlare, sperando che qualcuno la sentisse. Cercò di
allontanarlo con le
braccia, ma non ci riuscì: l’aveva immobilizzata
per i polsi e Harold era il
doppio di lei, una sua mano valeva quanto due di Esme insieme.
Provò a muovere
le gambe, ma Harold la bloccò subito sedendosi su di lei.
Iniziò ad odorarle i
capelli “Sei così delicata…”
fece
scivolare la mano sul suo collo, fino al petto ed iniziò a
tracciare cerchi
immaginari. Fece scivolare la lingua lungo le venature del suo petto
marmoreo “Puah…
hai il suo sapore addosso! Adesso
poniamo rimedio”. Nella mente di Esme tutto si rifece vivo
un’altra volta: la
violenza di suo marito, l’abuso, l’incredibile
sensazione di impotenza difronte
ad essa. Harold la stava violando, e come allora Esme non riusciva a reagire.
“Bella dì quello
che hai visto…” Edward aveva portato Bella
a casa Cullen. La osservavano tutti come se fosse il Santone con tutte
le verità
che cercavano.
“Io non ho visto molto, c’era tanta gente ma mi
sembrava che ci fosse un uomo a
fissarci..”
“Com’era?” Edward incalzava con le domande
“Non lo so, strano… non… non me lo
ricordo…”
“Sforzati Bella” fu Carlisle ad insistere
“Lui.. non l’ho visto bene, era alto…
molto alto… è tutto quello che
ricordo…”
si sentiva frustrata dal non poter aiutare di più, ma il
fatto era che non lo
aveva quasi visto, tutto ciò che sapeva è che era
alto.
“Esme.. ti ha parlato di lui? Bella sforzati!”
Carlisle la strinse e la scosse
facendole male. Edward si fece sfuggire un ruggito sommesso e Carlisle
lasciò
la presa “Scusami Bella… ci serve tutto quello che
sai!”
Bella era un po’ intimorita “Lui… lui le
ha detto che le avrebbe regalato un
quadro, un…” cerco di ricordare il nome
“Monet… sì era
Monet…”
“Quale quadro? Ricordi?” per Carlisle la domanda
sembrò di vitale importanza,
al contrario gli altri la giudicarono inutile.
“Esme me ne ha parlato… me lo ha descritto io non
lo conoscevo…” cercò di
ricordare la descrizione di Esme “Un’ombra
solitaria in barca, naviga fino al
confine del Sole… c’era
un’alba… mi ha parlato dell’alba nel
quadro e… non
ricordo altro!” ancora si sentì affranta.
Carlisle sembrò afferrare qualcosa dalla sua descrizione,
qualcosa di fondamentale
“Soleil levant”
disse “E’ il quadro
preferito di Esme, ma questo lo sappiamo solo io
e…” si fermò di getto quando
Alice ebbe un’altra visione e urlò il nome di
Carlisle. Le si fece vicino e
Alice temeva di dirgli quelle parole, le sussurrò appena
intimorita “La sta
violentando” e spaventata dalle scene che aveva visto nella
sua mente.
Il corpo di Carlisle rispose ad istinto: con un pugno ruppe il tavolino
di
cristallo che stava a pochi passi da lui e con voce roca e pacata si
rivolse ad
Edward “Porta via Bella!” e senza esitare aggiunse
“Al confine!”.
Nel tempo che Edward portò Bella a casa, Carlisle
cercò di farsi dire da Alice
qualcosa. Per quanto gli avessero detto di aspettare il ritorno di
Edward,
Carlisle montò sul suo Mercedes nero e sfrecciò
verso La Push.
La forza bruta di Harold aveva
completamente immobilizzato
Esme: stava distesa sotto quell’albero e non pensava a
niente. Le parve quasi
di sentire dolore, lo stesso che secoli prima, da umana,
aveva provato quando Charles l’aveva spinta contro il muro e
stretto il collo fino a quasi farle perdere il respiro.
Mentre Harold tracciava con la bocca e le mani il suo corpo, lo
tastava, lo
assaporava, Esme si lasciò immobile ed inerme, paralizzata
dai ricordi, con il
pensiero che questa volta nessuno l’avrebbe più
salvata, perché lei era già
morta, molto prima del volo dalla scogliera… lei era morta,
nell’istante in cui
l’aveva toccata. Sentì un moto quando la mano di
Harold andò oltre la sua
gonna, spostandola più su e scoprendo la gamba. Era il suo
punto limite. Sentì
ruggire in lontananza, ma era diverso dal solito ruggito al quale era
abituata
e si faceva sempre più vicino. Nell’istante in cui
Harold stava perpetrando la
violenza, Esme fu destata dalla paralisi, quando si accorse che il
ruggito era
più vicino di quanto sembrasse: un enorme lupo a pelo scuro
e lungo, salto
addosso al vampiro scaraventandolo dall’altra parte.
L’animale si voltò verso
Esme, la quale lesse nei suoi occhi orrore e rabbia, ma poi li
fissò più
attentamente e riconobbe la persona nascosta dietro il mostro:
l’ultima volta
che lo aveva visto era un ragazzino, della tribù di La Push.
Lo aveva
incontrato una delle prime volte che si erano trasferiti a Forks e il
ragazzino
era caduto dalla sua bicicletta sbucciandosi le ginocchia. Esme in
macchina lo
aveva visto e si era fermata ad aiutarlo. Quello stesso ragazzino che
allora
era rimasto inorridito dalla freddezza delle sue mani, oggi era un
grande lupo
che le stava salvando la vita.
Scattò verso la foresta per correre via e quando raggiunse
il punto di luce più
ampio si fermò di colpo, sentendo il guaito del lupo dietro
di lei.
“Non puoi scappare, dolcezza.
Sono
più veloce di te” alle spalle di Esme
c’era Harold, perfettamente in forma
senza neanche un graffio. Esme ipotizzò che nella lotta
avesse avuto la meglio
sul piccolo lupo e si spiegò il guaito lancinante che aveva
udito, di fronte a
lei la distesa marina si estendeva su una scogliera lunghissima che
terminava
all’orizzonte con le nuvole. “E’ ironico
che tu sia finita proprio qui, davanti
una scogliera. Ancora una volta a decidere cosa fare!”. Aveva
detto ancora una volta, quindi lui
sapeva
dell’umana Esme e sapeva che la sua vita da vampiro era
iniziata quando l’umana
si era gettata da una scogliera. Esme non seppe cosa dire, rimase
pietrificata
ancora una volta. Sentì le forze mancarle e il passato
avvilupparla di nuovo,
quando nella sua precedente vita aveva esitato sul ciglio della
scogliera per
trovare la forza di morire. “Non preoccuparti
bambina…” Harold si spostò velocemente
alle sue spalle e ancora una volta inalò il suo profumo
“Non ti farò male!” le
strinse il braccio dietro la schiena e spinse la testa indietro,
costringendola
a baciarlo.
Ancora una volta sentì lo squallore della sua bocca
sporcarla con quel nauseabondo
odore fetido, e le sue mani che insudiciavano i suoi candidi vestiti. A
mano a
mano sentiva quel profumo così singolare, che lei tanto
amava, il profumo del suo Carlisle,
svanire nel nulla insieme
alla sua anima.
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Capitolo 6 *** CAPITOLO V ***
In quel paesaggio che aveva rimirato
così tante volte
aleggiavano solo pensieri di rabbia. Carlisle correva sulla sua
Mercedes e
ignorò anche i segnali di fermarsi dei due poliziotti
all’entrata di La Push.
Li superò correndo, era troppo rischioso fermarsi e perdere
del tempo, anche se
ciò significava che certamente la tribù avrebbe
saputo dello scioglimento del
patto.
Aveva paura di sé stesso: infrangere i limiti di
velocità, non fermarsi ai
richiami delle forze dell’ordine, trasgredire ad un patto da
lui stesso
sigillato, ma soprattutto avere certi pensieri.
Dolorosi, forti e di morte.
Quante volte si era domandato se ogni sua scelta fosse dettata dalla
ragione e
non dall’egoismo: egoismo di avere un compagno con Edward,
egoismo del
desiderare una compagna, quella
compagna con Esme. Li aveva condannati ad un’esistenza che
lui stesso non aveva
chiesto, una colpa che credeva di aver espiato facendo del bene, ma
come
espiare quando in pericolo c’era quella compagna che aveva
condannato a
fuggire, alla quale non poteva dare la gioia della gravidanza che
avrebbe tanto
voluto, quella compagna che in silenzio lo guardava uscire quando
andava a
lavoro e con lo stesso silenzio si stringeva tra le sue braccia e gli
diceva
quanto lo amava. Non era il perdono di Esme che temeva… ma
il suo stesso di averla messa in
quel
pericolo, che non avrebbe mai dimenticato.
Se Carlisle avesse potuto leggere i
suoi pensieri come
faceva lui, Edward gli avrebbe urlato di non porsi neanche il problema.
Era
stato un compagno e poi un padre eccezionale, e sapeva per certo che
Esme non
aveva il minimo rimpianto per quella vita che gli aveva regalato, fatta
di
amore e sogni, come gli diceva
sempre
lei in “segreto”. Non poteva vederlo in volto,
correvano fianco a fianco troppo
velocemente, ma Edward era certo che quei pensieri gli logorassero le
espressioni facciali molto spesso. Se tutti i pensieri che sentiva in
quel
momento fossero stati come quelli di Carlisle si sarebbe detto
sollevato da
ciò, ma purtroppo il più vicino che sentiva erano
parole di disperazione e dolore,
e provenivano dalla mente di sua madre.
Erano vicini. Ebbe come un sussulto quando percepì un
pensiero molto più
intenso dei precedenti Lei è mia. Lo sentì netto,
come una saetta che colpì i
suoi occhi arrivando ai nervi: Edward si fece strada tra gli alberi con
una
singolare ed agile velocità, il suo unico obiettivo era massacrare il vampiro che stava
violentando Esme. Ogni cosa di
buono che poteva dire di avere, erano frutto dell’amore che
gli aveva dato,
come una madre devota. Per quanto loro fossero i freddi,
Esme gli aveva saputo donare solo calore con la sua
presenza nella sua nuova vita nella famiglia Cullen.
“Vicino la
scogliera…” Alice dava indicazioni ad Edward
perché corresse nella giusta direzione ma si
bloccò di colpo quando vide le
intenzioni di Harold
“Cosa?” le urlò Rosalie.
Alice si riprese dalla trance e la
guardò con occhi di dispiacere “Le ha strappato il
corpetto del vestito” le
disse. Rosalie ebbe un sussulto e ruppe il vetro del finestrino della
gip,
proprio accanto ad Alice. Jasper accelerò il moto
dell’auto e Emmett con un
ruggito saltò dall’auto in corsa, correndo
appresso ad Edward e saltando su
qualche albero proprio come lo chiamava Rose, uno scimmione.
La rabbia si presentava sotto varie
forme, ma in ognuno dei
Cullen era forte e urlava. Ma non solo nei loro animi ribolliva. Una
piccola
umana se ne stava seduta ad osservare il suo piatto senza fingere
neanche di
prenderne un boccone. Bella Swan faceva girare i cavoli nel suo piatto,
e
faceva un rumore con la forchetta che in quel silenzio suonò
assordante.
“Bells…” Charlie cercò di
attirare la sua attenzione “Bells
cos’hai?”
“Eh?”
“E’ tutto il giorno che non sei nel nostro mondo.
Hai litigato con Edward?”
“Per favore Charlie”
“Bella sono tuo padre, almeno potresti chiamarmi
papà”
“Ok, per favore Papà!”
“Mangia qualcosa Bella!”
“Non ho fame!” si alzò portando via il
suo piatto
“Bella, dimmi cos’hai, non ti lascerò
uscire dalla stanza!” per la prima volta
si fece autoritario. Bella esitò per qualche istante
“Una persona alla quale
tengo è nei guai!”
Charlie scattò dalla sedia e questa volta le
parlò più in veste ufficiale che
come padre “Qualche tua compagna di scuola?”
“No!”
“E’ Edward? Bella… ti ha fatto
qualcosa?” le strinse le braccia
“No, no smettila. Non è Edward sta
bene… Papà… non posso dirti nulla
ho…
promesso…”
“Bella se scopro cosa succede sarai nei
guai…”
“Ho promesso a Carlisle che non avrei detto nulla
io…” si pentì subito dopo
delle sue parole. Si era tradita e aveva tradito la fiducia dei Cullen.
“Esme… è successo qualcosa ad Esme,
Bella parla!” questa volta lo urlò. Bella
fu costretta a dire la verità e anche di questo si
pentì perché non solo stava
mettendo a rischio il segreto dei Cullen, ma anche la vita di suo
padre, che
prese il suo fucile e si precipitò fuori della porta quando
sentirono un
ruggito risuonare nel bosco. Bella sapeva a chi apparteneva.
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Capitolo 7 *** CAPITOLO VI ***
“Lasciala o parola mia ti
stacco la testa a morsi!” Edward
scattò davanti ad Harold ed Esme. Era pietrificata: Harold
le stringeva il
collo con una mano, mentre con l’altra le imprigionava i
polsi.
Edward lo fissava con gli occhi iniettati di sangue, mentre Emmett
già ruggiva
pronto per lo scontro. Carlisle era arrivato poco dopo Emmett e
guardava Esme
intrappolata in quella morsa maligna.
“Non è carino? Sono venuti tutti a
salvarti… una bella famigliola…” Harold
indietreggiò e si rivolse a Carlisle “Cosa
succederebbe se la portassi con me,
fin giù di questo dirupo?” gli urlò
“Non lo farai mai… siamo più di te, non
ci vorrà nulla ad accerchiarti”
“Deciso e sicuro… è questo che ti piace
di lui?” si rivolse ad Esme che
sembrava inorridita e spaventata allo stesso tempo. Annusò
il profumo dei suoi
capelli e le leccò la guancia.
Carlisle ruggì forte.
“Umani…” urlò Alice, ebbe la
visione di esseri umani che si avvicinavano ai
territori di caccia dei boschi, esattamente dov’erano loro.
Edward approfittò
della distrazione di tutti e saltò addosso ad Harold,
spingendolo oltre la
soglia della scogliera, ma non cadde. Emmett prontamente lo
afferrò per un
braccio, scaraventandolo dalla parte opposta contro un albero.
Carlisle si lanciò a prendere Esme prima che potesse
scivolare e cadere. La
prese tra le braccia, come un casquet
che concludeva il giro di pista.
“Carlisle come…” Esme era esterrefatta
ma al tempo stesso felice di quel
salvataggio, come in un film, il suo principe azzurro era corso sul suo
cavallo
per salvarla.
“Il tuo profumo è inconfondibile per
me!” per pochi istanti, eterni ed
interminabili si fissarono negli occhi. Nulla di ciò che
c’era intorno aveva
una qualche influenza. Per quanto Esme sapesse che nel suo salvataggio
erano
implicati tutti, solo in quegli occhi si sentiva grata di vedere
riflessi i
suoi.
Il ruggito di Emmett li destò dal loro incanto.
“No!” urlò Carlisle “Portate
via Esme…”
“Carlisle ma…”
“Edward… è la mia battaglia! Va figliolo…”
gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò al
suo orecchio “Non stare in
ascolto figlio mio…”
Carlisle svanì tra gli
alberi insieme ad Harold. Gli avevano
legato i polsi con una corda, ben consci che sarebbe servito davvero a
poco, ma
era meglio di niente.
“Che scena toccante…” disse Harold
mentre camminavano “Papino che manda via la
sua famigliola…”
Carlisle non reagì “Sarebbe stato interessante
confrontarmi con loro” ancora
nulla “Quella che urlava era davvero un bel
bocconcino” d’improvviso si
fermarono. Carlisle non si voltò, sapeva che erano tutte
provocazioni, cercava
un pretesto perché lasciasse quella corda, così
da potersi liberare.
Arrivarono in una grande radura, poco vicino alle montagne: Carlisle lo
spinse
con le spalle al muro.
“Ahaha ehi grande uomo, vuoi forse picchiarmi? Sono
più veloce di te…” vide che
ancora Carlisle manteneva il suo contegno “La tua signora lo
sa bene quanto
sono veloce…” lo sentì finalmente
ruggire come voleva, era il suo tasto
dolente. Carlisle lo prese per la giacca spingendolo con violenza
contro le
rocce che iniziarono a sgretolarsi. “Ehehe questo
è il gioco pesante che mi
piace”.
Harold capì che da Carlisle non avrebbe cavato una parola,
ma del resto non era
suo interesse intavolare un discorso, ciò che cercava era
l’azione e in Esme
aveva trovato la via diretta per ciò. Carlisle lo
lasciò, non era intenzionato
a battersi, non era nel suo stile, ma Harold non demorse.
“E’ come l’ho sempre
ricordata… lo stesso profumo sensuale… la stessa
pelle
delicata… il suo collo sembrava che pulsasse
davvero… quando l’ho sfiorato,
quando ho sentito il profumo dei suoi meravigliosi capelli
morbidi…” Carlisle
gli voltava le spalle e stringeva il pugno forte per controllarsi.
Harold era proprio alle sue spalle e gli sussurrava
nell’orecchio “Avresti
dovuto sentire la vibrazione quando ho sfiorato le sue cosce
e…”
“Hai perso quell’unica occasione per
tacere…” si voltò di scatto, con gli
occhi
iniettati di rabbia e la mano che prima chiudeva a pugno ora stringeva
il collo
di Harold e lo spingeva contro quelle rocce che stavano cedendo ad ogni
pressione sempre più violenta.
Harold forse aveva contato nelle sue capacità di prevedere
la mossa
dell’avversario, nei suoi secoli da vampiro, non era mai
stato catturato nella
morsa così come Carlisle nei suoi trecento, si era sempre
rifiutato di arrivare
al punto di combattimento. Per temperamento era un vampiro saggio e
“pacifista”, ma quelle parole entrarono come lame
nella sua testa: Esme, la sua
Esme, trattata come uno scarto o
una
prostituta.
“Adesso ti senti anche tu così vero? Catturato dai
pensieri di odio…” Harold
attirò la sua attenzione
“Cosa intendi?”
“Tu sai bene chi sono io…”
“Sì!”
“E’ per questo che non sai uccidermi… lo
avresti già fatto altrimenti..”
Carlisle ripercorse indietro il suo ricordo.
“Mia
figlia… mia
figlia è caduta dottore”
“Ora vediamo signora, non tema”
Mi fulminò con lo sguardo, quei bellissimi occhi
così indifesi e doloranti, mi
rapirono completamente. Quanto fu difficile concentrarmi sulla sua
gamba. Era
rotta e appena la sfiorai ebbe l’impulso di ritrarla e il
dolore divenne
agonizzante in lei. Avrei voluto stringerla e rassicurarla che tutto
sarebbe
andato per il meglio, ma non avrei potuto. Il mio corpo non riscaldava
neanche
i miei pensieri.
Le fasciai la ferita, cercando di rassicurarla con le mie parole, era
così
incredibilmente bella. Quel suo dolore mi dava delle vibrazioni che non
avrei
mai immaginato di poter provare come vampiro. L’odore della
sua pelle mi fece
perdere il controllo di me stesso. Nessuna creatura umana aveva mai
avuto un
tale potere su di me, fui spaventato dal mio stesso essere. Temevo di
non
poterle resistere.
“Impossibile dimenticarlo
vero?” Carlisle gli strinse di
nuovo la mano intorno al collo cercando di ritornare al suo pensiero.
Quando
terminai con
lei corsi nel mio studio e chiusi la porta alle mie spalle. Dovevo
smorzare
quella sensazione, l’incredibile sensazione di piacere che il
suo profumo aveva
scatenato.
Sentii un fruscio dietro la finestra, guardai ma non c’era
nessuno. Eppure ero
certo di cosa avevo sentito, i miei sensi erano maggiorati da quando
ero un
vampiro. Era come se qualcuno mi stesse spiando, ma non ne capivo il
motivo.
Cercai di togliermi dalla testa quella ragazza, mi ero votato al
‘vegetarianismo’ non le avrei mai fatto del male,
il mio compito era curare chi
soffriva non causargli ulteriore sofferenza. Non fu difficile quanto
pensassi
“dimenticarmi” di lei, per quanto le notti e i
giorni in cui il lavoro non era il
mio hobby, la mia mente vagava alla ricerca di quegli occhi.
Non avrei mai pensato che 10 anni dopo avrebbe sconvolto il mio mondo.
Arrivò
in ospedale, in fin di vita. C’era un uomo accanto a lei,
alto, bruno,
carnagione chiarissima. Lo riconobbi subito: un vampiro!
“Allora sai che sono sempre
stato con lei!”
“Tu l’amavi vero?” chiese Carlisle
“Ne avevo fatto la mia compagna di vita…”
“E io te l’ho portata via..” nel suo tono
c’era quasi rammarico. Sapeva che
Harold l’aveva amata, forse non quanto lui, ma aveva scelto
di farne la sua
compagna e Carlisle, sfidando ogni legge e regola del suo
mondo, gliel’aveva sottratta. Anche tra i vampiri esisteva un
ordine gerarchico da rispettare, come i comandamenti divini, non era
possibile
desiderare la compagna di un altro e Carlisle sapeva che Harold aveva
scelto
Esme, eppure…
“Non
è un buon posto
questo per cercare il tuo cibo” gli ringhiai appena
perché fosse chiaro chi era
il capo del territorio. Non mi disse nulla e svanì lasciando
la giovane alle
mie cure. La riconobbi subito: il meraviglioso angelo che avevo sognato
per
dieci anni da quel primo incontro, giaceva su un lettino in fin di vita
e io
potevo fare solo una cosa. Era troppo debole per sentirmi, decisi io
per lei.
Le misi una mano sulle morbide labbra, rovinate dai segni di una caduta
mortale
e la morsi sul collo. Quando il veleno sarebbe entrato in circolo
avrebbe
potuto gridare. Era ciò che mi aspettavo eppure…
non accadde. Lei si strinse al
mio corpo, assecondò il mio bacio mortale, e le sue mani
strinsero le mie
spalle prima delicatamente e poi con forza, pian piano che il veleno
entrava in
circolo. Era nata… una creatura, una come me… una
come mio figlio… eppure lei
era la più bella di tutte.
Era come se Harold leggesse i
pensieri di Carlisle, i suoi
ricordi, perché in realtà il ricordo era unico,
uguale per entrambi, lo leggeva
nei suoi occhi.
“Tu hai voluto dimenticare, te lo sei imposto…
perché sai qual è la legge per
chi non rispetta le regole… la tua
punizione…”
“Una morte in solitudine, tormentato dal suono dei suoi
silenzi…”
“Tu hai avuto molto più di quanto meritassi, lo
hai rubato. Per ogni essere
vivente che hai preso, c’era qualcun altro al suo
posto…”
“Ma Esme lei…” cercava giustificazioni
al suo agire
“Lei era mia… tu me l’hai
rubata…”
Carlisle ruggì verso Harold “L’ho
salvata dal suo destino, dal tuo destino. Le
ho dato il rispetto di una vita di amore, di una famiglia.
L’ho amata e sarà
così per sempre…”
“Non avrai un per sempre… sono venuto a
riprendermi il mio. A darti il ben
servito… a prendermi la mia Esme”. Carlisle mise
da parte il dottor Cullen,
quello comprensivo, ragionevole che voleva sempre mettere in pace tutto
e
tutti. Lo mise da parte per la sua natura più nascosta,
quella che aveva
combattuto per secoli: la rabbia assunse un colore giallastro nei suoi
occhi,
risplendendo al buio del crepuscolo che si faceva avanti. Le sue fauci
si
spalancarono in un sonoro ruggito, che dall’altra parte della
foresta udirono
tutti, e gli umani credettero si trattasse di un orso molto grosso. Tra
di loro
c’era chi sapeva la vera natura di quel ruggito, ma
preferì tacere.
Si avventò su Harold, che sperava di poter essere tanto
veloce da sfuggirgli,
ma così non fu. Gli saltò addosso atterrandolo,
con le ginocchia sul suo petto…
Non aveva mai assaggiato il sangue
di
un suo simile. Il primo istinto fu di sputarlo, come se il veleno
potesse
entrare nel suo corpo, ma la foga di sfinirlo non gli diede tregua.
Carlisle
sapeva che il suo pentimento sarebbe durato in eterno, ma come aveva
fatto in
passato, proteggeva ancora la sua famiglia, o forse, molto
più egoisticamente,
il suo amore. Per Esme avrebbe ucciso un’intera specie di
umani e vampiri, pur
di averla sempre al suo fianco.
Scivolò accanto al corpo “esanime” del
suo avversario, lo squarcio alla gola
era ancora visibile, sembrava il morso di un animale selvatico. La
razionalità
entrò di nuovo in circolo nei suoi pensieri e mentre il
sangue colava dalla sua
bocca, iniziò a soffocare i singhiozzi di un pianto
inesistente, ma che il suo
cuore e il suo respiro, fermi ormai da secoli, percepivano come molto
pressante. Sapeva che un gruppo di uomini sarebbe andato a cercare,
sapeva che
Edward probabilmente aveva sentito i loro pensieri, o che Alice avesse
visto
qualcosa, ma confidava nella loro riservatezza a tacere tutto quello.
Ma ancora
di più, sapeva che avrebbero trovato il corpo del giovane
lupo morto e che la
colpa sarebbe ricaduta sui Freddi.
Dovevano di nuovo trasferirsi, salvare la famiglia. Si mise a pensare,
attese
che qualcuno inciampasse nei suoi pensieri per aiutarlo a capire,
qualcuno come
il dottor Cullen…
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Capitolo 8 *** CAPITOLO VII ***
“Non sei esattamente il
Cullen che aspettavo” senza voltarsi
Carlisle riconobbe i passi alle sue spalle
“Aspettavi Edward?”
“Come lo sai?”
“Sono tua moglie, riconoscimi qualche merito!” Esme
si sedette accanto a lui
“E quella?” Carlisle diede una rapida occhiata alla
coperta che avvolgeva il
minuto corpo di Esme
“Charlie… ha insistito perché mi
riscaldassi ero così gelida…”
“E’ un brav’uomo!”
“Lo so… tu sei quello geloso però non
io…. Il tuo incredibile fascino non lo ha
coinvolto minimamente!” Carlisle abbozzò un
sorriso al sarcasmo della moglie.
Se ne stava lì con i piedi penzoloni dalla scogliera, a
sentire lo scrosciare
delle onde contro la barriera di roccia. Il vento stava cambiando e si
preparava un altro temporale.
“Vorresti mai tornare indietro?” le chiese
d’improvviso
“Dove?”
“Quando eri umana, avresti preferito…?”
“Morire? No!”
Sembravano entrambi assenti, assorti dai loro stessi pensieri,
l’uno accanto
all’altra, vicinissimi, eppure distanti. Fissavano il sole
che scendeva oltre
l’orizzonte di quella lunga barriera marina. Il freddo era
pungente, ma nulla
confrontato a quello dei loro corpi, eppure le loro anime erano calde,
di quel
calore reciproco che si scambiavano. Gli umani lo chiamavano Amore.
“Ci pensi spesso?”
“Quasi ogni giorno!” Carlisle quasi si vergognava
di quella sua affermazione
“Penso sempre che ho condannato tutti voi, e per cosa?
Egoismo… non sapevo
stare da solo, eppure avrei dovuto. È ciò che
merita uno come me…”
“Perché come sei tu scusa? Cos’hai di
diverso da me?” Esme riportò
l’attenzione
del marito ai suoi occhi, sfiorandogli appena il mento. Carlisle
socchiuse gli
occhi a quel tocco, sentì di nuovo il profumo della sua Esme
avvolgerlo “Il mio
cuore non batte come il tuo, ma la mia anima è pura come la
tua. Non uccidiamo
nessuno noi… siamo una coppia sposata come tante altre. Solo
un po’ più
pallidi…” cercò di sdrammatizzare.
“Io… io ho ucciso…”
“Lo so… l’ho visto! Gli umani la
chiamano legittima difesa…”
“Io ho ucciso Harold molto prima di poco fa…
l’ho ucciso nel momento in cui ti
ha guardato. Perché tu sei mia,
Esme…
e solo mia” si strinse nel suo abbraccio come se dovesse
piangere.
“E di chi altro, amore mio? Di chi altro?”
sussurrò appena queste parole,
seguite subito dopo da una dolce ninna nanna, con un movimento
ondulatorio.
“Cosa ho fatto alla mia famiglia?” le chiese
Carlisle
“Ci hai salvato tutti. Hai salvato Edward da una morte atroce
e senza amore.
Gli hai dato una casa, un’educazione… una
madre… hai dato a me la possibilità
di avere tutto ciò che desideravo. Un marito, una
famiglia… tonnellate di
quadri da appendere per casa…eheh… potrei
chiedere di più?”
“Il respiro… un battito
cardiaco…” rispose di getto
“Non li avrei avuti comunque… ero già
morta e tu lo sai… pensi che sarei
sopravvissuta al dolore di una vita storpia senza mio
figlio?” cercava di
rassicurarlo in ogni suo dubbio, come era stato tante altre volte,
quando la
coscienza umana di Carlisle si impossessava della sua anima, scacciando
la
razionalità. Esme era sempre lì, pronta a
stringergli la mano e rassicurarlo.
“Io non posso darti nessun figlio…”
“E io non lo voglio… ho già i figli che
avrei voluto. Ho Edward, lui… lui è il
mio bambino, e rimarrà tale per sempre! Non voglio
altro…”
“Avrei potuto… avresti potuto avere una vita
migliore. Con Harold forse…”
“Con Harold nulla. La mia vita è con
te… è iniziata con te Carlisle, quando hai
stretto la mia mano in quell’ospedale e poi mi hai giurato
amore eterno sotto
quegli oleandri. È questa la sola vita che
vorrei… insieme a te!” si guardarono
negli occhi, innamorati come la prima volta e sarebbe stato
così per sempre.
Sarebbero rimasti sempre Esme e Carlisle, due sposi novelli per i quali
la vita
era un tumulto di emozioni e profumi che avrebbero affrontato sempre
fianco a
fianco.
“Posso farti una
domanda?”
“Sì!”
“Sei mai stato innamorato… prima di me?”
“Da umano?”
“Sì!”
“Mai! Ho conosciuto l’amore quando ti ho incontrato
in ospedale quel giorno che
eri caduta dall’albero… ho percepito il tuo
profumo, rifletteva la tua anima e
il tuo nobile cuore. Lo sentivo battere a distanza sai? Allora ho
scoperto il
significato della parola Amore, allora ho capito che eri tu la mia
compagna.
Edward ne fu anche un po’ geloso…”
Esme sorrise “E perché?”
“Sperava di potersi scegliere lui la mamma!”
“E’ rimasto deluso dalla tua scelta?”
Carlisle temporeggiò qualche istante “Edward non
ricorda nulla dei suoi
genitori… nulla di sua madre. Perché nessuno dei
suoi ricordi sarebbe
paragonabile al sentimento che prova per te! Sei tu l’unica
madre che lui
riconosca, e questo mi fa piacere. Ho temuto all’inizio che
una sua
‘ribellione’ avrebbe minato l’equilibrio
della nostra famiglia!”
Esme non ebbe coraggio di interrompere le sue parole: sentir parlare
Carlisle
era come una dolce melodia per lei, avrebbe potuto ascoltarlo in
silenzio ed
estasiata intere ore, senza mai fermarsi. La sua calda e soave voce, la
incantava. Si strinse nel suo abbraccio, poggiando la testa
nell’incavo tra la
spalla e il collo. Le loro gambe pendevano ancora dalla scogliera,
muovendosi
intrecciate altalenando avanti e indietro. Le loro mani iniziarono a
giocare
intrecciandosi e Carlisle si rese conto che Esme stava annusando il suo
profumo.
“Ti amo, Esme! Ti amo!” lei non rispose. Si
allungò dandogli un rapido e dolce
bacio, sfiorò appena le sue labbra. Nonostante sapessero il
pericolo che
correvano a stare fermi oltre il loro confine, restarono
così fino all’arrivo
del buio, quando ormai solo il rumore della notte poteva sentirsi.
Abbracciati
ed uniti, l’uno nell’anima
dell’altra.
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