Sei nell'anima

di LadyLisaLaurie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Le mattine sono sempre un po’ noiose quando sei un vampiro in cerca di quel qualcosa di avventuroso che le scuota. Lei continua a camminare per la sua bella casa a specchi.
Ha appena posato il libro sul tavolo, con quelle sue candide mani marmoree, vellutate, profumano di rosa e quei capelli, i suoi morbidi capelli che scivolano delicati sulle spalle e le accarezzano. Saprà mai quanto è bella? Saprà mai di essere così meravigliosa nella sua unicità?
Probabilmente glielo ripeteranno tutti sempre, ma non sanno essere sinceri, non sanno descrivere la bellezza che traspare dai suoi occhi, quando ti guarda assente, probabilmente rapita dalle parole della sua mente.
Lei lo ama, come tutti. Ohh lui è così perfetto: sguardo intrigante, abbigliamento impeccabile, nessuno saprebbe resistergli. Tutti lo ammirano e nessuno lo odia. O quasi nessuno. Forse c’è qualcuno, uno soltanto, che vorrebbe vederlo soffrire e perire, perché lui non ha diritto di toccarla, di vederla, di amarla.

Amore… se fosse capace di amarla, non sarebbe così crudele con lei. Se sapesse davvero apprezzare la rosa che è tra le sue mani, il giardiniere non la strapperebbe per rivenderla. Invece lui è così, l’abbandona per il “lavoro”, che lavoro è mai quello poi, salvare vite umane. E perché?
Perché vuol sentirsi migliore, migliore del mostro che in realtà è? E lei per questo lo ama, perché è umano nella sua forma demoniaca. Perché lui sa provare delle sensazioni.
E lei lo rispetta, perché quando sfiora il suo corpo è sempre delicato, quel meraviglioso corpo delicato, soffice, morbido. No, non può aver di lei alcun rispetto, se così fosse non la violerebbe mai. Se così fosse, quando le toglie i vestiti, quando fa l’amore con lei, quando inquina la sua persona con quelle labbra sudicie di parole troppo forbite per una persona reale… non la lascerebbe andare così se sapesse davvero il valore inestimabile che ha al suo fianco.

Lui non la ama, e lei ama lui. Possibile che non lo veda che quando lui la tocca è rozzo e indelicato?
Lei non può essere sua… Lei è mia.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Correndo da una stanza all’altra, Esme si affrettava a sbrigarsi. Edward e i ragazzi sarebbero tornati presto da scuola e com’era ormai da diverse settimane Bella sarebbe stata con loro. Da qualche giorno, Esme si era cimentata nella cucina, sfiniva le papille gustative di Bella con commensali di proporzioni esagerate, che lei si convinceva sempre a finire per non essere maleducata. Ogni giorno la sorprendeva con piatti sempre più strani e particolari che magari a Bella non piacevano, ma apprezzava lo sforzo di Esme per farla sentire a suo agio.
“Siamo tornati” disse Edward entrando dalla porta
“Fermi!” Esme uscì dalla cucina bloccandoli con un cucchiaio di legno “Il pranzo non è ancora pronto. Ciao Bella” le sorrise dolcemente e Bella ricambiò con un gesto della mano.
Edward si avvicinò ad Esme e le sussurrò nell’orecchio “Resti sempre la mia preferita!”. Aveva letto nei suoi pensieri lo “shock” della mano di Bella intrecciata alla sua. Esme adorava Bella, perché aveva portato alla vita il suo amato Edward, ciononostante ancora faticava ad abituarsi a piccole effusioni d’amore che senza accorgersi anche lei aveva nei confronti di Carlisle.
“Che buon profumino! Che la mia consorte cucini ancora per Bella?” Carlisle entrò dalla porta in quell’istante “Vorrei quasi essere umano per assaggiare. Cucina bene Bella?”
“Egregiamente. Mia madre non saprebbe sfamarmi meglio di così…”
“Andare… via via via… fermo tu! Mi devi un bacio” spinse via i ragazzi curiosi, ma attirò Carlisle a sé per il bacio del buongiorno “Stai prendendo la cattiva abitudine di non salutarmi più. Consorte cattivo…”
“Porrò rimedio quanto prima al mio sgarbo, amore
“Quanto odio sentire i pensieri in questi momenti!” Edward era bloccato sulle scale
“Cosa dicono?”
“Fidati Bella è meglio non saperli, ringrazia di non poterli sentire” disse Alice.

“Posso aiutarti?” Carlisle si offrì di aiutare Esme a cucinare
“Sì..” lo trascinò dentro la cucina afferrando il suo pullover in un pugno “Puoi pelare le patate” gli diede un coltello in mano.
Dopo una mezz’oretta i ragazzi scesero di nuovo in cucina, Bella essendo appunto umana avvertiva la fame dal gorgoglio del suo stomaco.
“Vedo a che punto sono!” disse Edward, tornando subito dopo “Direi a niente, pizza?”
Tutti curiosi si affacciarono, trovando il pranzo esattamente dov’era prima probabilmente: una patata mezza sbucciata su un cartone e le mani di Carlisle intorno alla vita di Esme.
“Si sta facendo perdonare il mancato bacio?” chiese Bella
“Quello e molto altro” disse Edward, schifato dai pensieri di entrambi.
“Edward, ti ricrederai anche tu quando sarai come me” Carlisle staccò le labbra da quelle di Esme
“Vecchio e solitario?” chiese Emmett
Carlisle tacque per un istante e riprese il suo discorso con Edward “Innamorato di una donna meravigliosa. A giudicare dalla situazione direi che ci sei dentro fino al collo, ragazzo”.
Alla fine si unirono tutti nella cucina per velocizzare i tempi, Bella compresa, alla quale venne assegnato il compito di tagliare i pomodori per l’insalata. Esme sapeva che a lei piacevano molto.
Mentre li tagliava stava proprio vicino ad Esme, che ogni tanto le sorrideva, contenta di quella scenetta familiare e senza accorgersene si tagliò leggermente. Esme improvvisamente prese uno strofinaccio, lo mise sulla sua mano e la portò fuori dalla cucina.
“Esme cosa..”
“Cose da donne..” disse affrettando il passo. Bella non capiva.
Quando furono nel salone da sole, Esme tolse lo strofinaccio dalla mano di Bella che vide il sangue. “Non è prudente perdere sangue in casa di vampiri, Bella. Devi fare molta attenzione!”
“Io non.. come hai fatto?”
“Il profumo… il sangue umano ha un profumo delizioso..” la portò in bagno dove prese un cerotto
“Credevo che queste cose fossero da Carlisle”
“Essere la moglie di un medico ti insegna a mettere i cerotti” sorrise Esme
“Perché avete i cerotti in casa?”
“Beh ecco…” senza distogliere lo sguardo dal suo taglio aprì l’armadietto così che bella poté vedere la schiera di medicinali “Edward ci ha detto quanto tu sia distratta”
“Grazie!” disse Bella sentendosi un po’ stupida
“Ecco fatto.. ora è tutto apposto” disse Esme dando un bacio al dito di Bella. Per un istante si fece trasportare da quel profumo “Vai Bella!” le ordinò chiudendo gli occhi
“Esme stai…”
“VAI!!!” era la prima volta che guardava nei suoi occhi e li vide gialli, per la prima volta capì di aver scatenato il vampiro che era in lei.
Quando Esme rientrò in cucina, Bella chinò la testa sentendosi dispiaciuta per quella situazione. Edward le aveva raccontato di quanto Esme fosse ligia sulla sua natura demoniaca, di quanto non sopportasse perdere il controllo.
“Va tutto bene Bella!” le sussurrò sfiorandole il braccio con la sua fredda mano.
“Qualcosa non va?” disse Edward, ben conscio di cosa stesse accadendo, giacchè lo leggeva nella mente di Esme
“Bella non ha apprezzato l’ultimo quadro che ho dipinto e si sente erroneamente colpevole di questo”
“Hai criticato un suo quadro e sei ancora viva? Esme ti vuole davvero molto bene, Bella” disse Emmett, provocando una risata generale.

“Oh Esme, dimenticavo” Bella tirò fuori dalla tasca un volantino di un mercatino dell’usato “Domani pioverà!” proseguì
“Ohhh… ma è stupendo! Grazie del pensiero Bella, mi accompagni amore?” i suoi occhi si illuminarono come una bambina davanti una vetrina di dolciumi.
“Tesoro sono a lavoro…” Esme si spense, ma poi si rivolse ad Edward
“Caccia!” rispose lui indicando anche gli altri. L’entusiasmo di Esme si spense all’istante.
“Posso… posso accompagnartici io se vuoi” si fece avanti Bella. Rimasero tutti scioccati, era la prima volta che Bella usciva senza la “protezione” di Edward “Non c’è scuola la domenica, e con Edward a caccia ho tanto tempo libero di domande da dover occupare”
“Quindi tu accompagni Esme nel suo divertimento e la riempi di domande per il tuo?” chiese Edward
“Sì!” rispose Bella
“Puoi farlo Esme?”
“Rispondere a tante domande e passare del tempo con Bella? Senza alcun problema” sorrise Esme.
“Grazie! Sei la migliore!” disse improvvisamente Edward dando un bacio sulla guancia alla madre.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II ***


L’inconfondibile profumo di gelsomino della sua pelle. I morbidi capelli appena scostati dal vento, insolente. Come osa schiaffeggiare le sue gote meravigliose? Quella seta viola che aderisce al suo corpo perfetto, e accarezza la sua intimità, se potessi…

“Buongiorno Bella, mattinata di pioggia. Hai portato l’ombrello?” Esme scese dalla sua auto fiammante lasciando Charlie a bocca aperta. Dalla prima volta che erano arrivati a Forks, i Cullen non avevano mai fatto molte scampagnate in città. Tutti conoscevano i ragazzi e il dottor Cullen, quasi nessuno immaginava il volto della signora Cullen.
Bella guardò Esme sorpresa, era la prima volta che la vedeva al volante di una macchina, e si chiese anche a cosa le servisse l’ombrello dato che Edward le aveva raccontato che gli agenti atmosferici non li scalfivano minimamente. Immaginò che fosse tutto parte della commedia.
“Charlie questa è…”
“La signora Cullen io… molto… molto…” Charlie balbettava davanti alla bellezza di Esme
“Ho le mani un po’ fredde, con questo tempo incerto” disse lei porgendogli la mano. Si era trovata un’ottima scusa.
“E così porta Bella a fare un giro di antiquariato”
“No tutt’altro è Bella che si è offerta di accompagnare me. Una ragazza veramente squisita, signor Swan”
“Oh Charlie la prego. Io non… devo ammetterlo signora Cullen, non ricordavo che fosse così bella”
“Papà…” Bella si sentì imbarazzata dall’affermazione
“Oh non preoccuparti Bella, a dir la verità il Capo… Charlie non è il primo a dirmelo. La prego mi chiami Esme, queste formalità di parole mi fanno sentire così vecchia…” sorrise
“Spero che il dottor Cullen non me ne voglia a male per questo complimento sfacciato”
“Sono certa di no! Sei pronta Bella?”
“Sì, pronta! Ciao papà!”
“Fai attenzione… non rompere niente. Esme è stato un vero piacere, spero di poter avere più tempo la prossima volta”
“Papàààà…” Bella entrò in macchina squadrando il padre prima di partire “Io.. mi spiace per mio padre..”
“Tranquilla Bella, per loro siamo così. Incredibilmente belli… tuo padre è stato molto gentile al contrario, sentissi cosa dicevano di Rosalie quando siamo arrivati…”
“L’immagino…”

Se tutti sapessero che tra di loro cammina una dea, si inchinerebbero al suo cospetto e l’adorerebbero nella sua misericordiosa grazia. Lei che gli permette di osservarla impunemente.

“Ti piace l’arte Bella?”
“Non sono molto brava. Da piccola ho provato a disegnare i miei genitori ma… sembravano più due mucche in un combattimento”
Esme sorrise sommessamente “Quando ero una… ragazza, volevo fare l’insegnante. Ma poi….”
“E’ arrivato Carlisle?”
“No… la mia famiglia era molto conservatrice. Loro credevano che una ragazza di buona famiglia avrebbe dovuto sposarsi, avere dei figli…”
“Posso chiederti una cosa?”
“Certamente”
“E’ un po’… personale”
“Sono pronta a tutto!” nel frattempo si destreggiavano qui e là tra antichi mobili e pregiate stoffe di raso. Bella aveva rischiato di inciampare due o tre volte, ma Esme l’aveva prontamente “salvata”.
“Com’è essere la moglie di chi ti ha…?”
“Lui mi ha scelto. Non scegliamo compagni passeggeri. Sono per l’eternità. Carlisle mi ha scelto per esser la sua eternità”
“Rimpiangi mai la tua umanità?”
“Affatto! Sono stata sola tutta la vita. Ho incontrato il mio angelo con la morte”
“Io non…”
“Chiedi Bella…”
“Edward mi ha raccontato la tua storia… quella di tutti in realtà. Di Rosalie e Jasper e il poco che sa di Alice…” si affrettava a sottolineare che ne sapesse di tutti, puntando al mascherare che Edward aveva spifferato la sua storia. “Lui mi ha… detto di tuo figlio…”
“Non aveva neanche un nome… ho sofferto molto Bella. Il mio unico male è forse il fatto che ne soffrirò per sempre, ma Carlisle ha costruito per me la mia favola. Ho quello che i miei genitori hanno sempre voluto per me, ironicamente. Un marito, una casa, sei figli…”
“Sono… cinque…” Bella si trovò confusa nel contare
“Sei parte integrante della famiglia adesso Bella” Esme le sorrise mettendo un braccio intorno alle sue spalle e Bella si nascose vergognata nei suoi stessi capelli.
Esme con lei era sempre stata dolce e amorevole, proprio come una madre, e sentire quelle parole le faceva prendere sempre più coscienza del fatto che effettivamente era anche lei una Cullen, magari non per sangue, ma ne faceva ormai parte e la cosa la rendeva maledettamente felice.
Il resto della mattinata passò così, guardando cose in giro, comprando oggetti vari per la casa e Bella inondava Esme di domande sui vampiri, su come vengono “creati”, come fanno ad esser vegetariani, come possono controllarsi.
“E’ sorprendente!”
“Cosa?”
“Tu sei qui in mezzo a tutti questi… umani! Ti… ti confondi tra di loro. Lo fate tutti. Siete incredibilmente belli eppure siete… umani”
“Non siamo più belli di quanto non lo sia tu o chiunque altro Bella”
“Charlie pensa il contrario…”
“Oh beh… io…”
“Lui dice che Carlisle è un ruba cuori. In ospedale sembra che le infermiere abbiano difficoltà di concentrazione quando passa lui… che scemo!” Bella sorrise delle affermazioni del padre, non notando che la cosa infastidiva un po’ Esme. Si sentì quasi gelosa, non del fatto che lo guardassero con quegli occhi, ma del fatto che lo potessero vedere, sicuramente più di quanto poteva lei. Gli anni con Carlisle erano diventati sempre più lunghi, non tanto per l’eternità, quanto per la sua assenza. I pochi attimi che avevano per sé, erano sempre attimi di famiglia, per il resto lei aveva la sua casa e lui il suo lavoro. Per qualche istante le sembrò di rivivere scene già viste, un passato che avrebbe voluto scrollarsi di dosso: la solitudine!
“Sì immagino che… colpisca particolarmente la sua presenza!” disse per spezzare quel silenzio.
“Vuoi?”
“Non mangio Bella lo sai!”
“Facevo la parte!” sorrise indicando un gruppo di ragazzi che le osservava alla tavola calda

Finito il pranzo tornarono a girare per il mercatino, sembrava che Esme avrebbe potuto vivere l’eternità lì senza mai annoiarsi. Bella leggeva nei suoi occhi la passione quando scovava qualche raro oggetto per la sua casa dei sogni.
“Ora faccio io una domanda a te!” proruppe Esme
“Sì!”
“Com’è l’adolescenza?”
“Complicata…” rispose Bella di getto
“Mmm… mi serve qualche informazione in più!” sorrisero entrambe
“E’ difficile. Sembra che non hai problemi ma non è vero”
“Problemi con Edward?” guardò la faccia sconvolta di Bella “Oh scusa sono sua madre, non ne parliamo!”
“Lui è…”
“Solitario! Perdonalo Bella è stato solo per molto tempo, tu sei il suo primo raggio di sole nella tempesta. Lo hai sconvolto, hai sconvolto tutti noi…”
“Rosalie per certo..”
“Rosalie è invidiosa delle attenzioni che ti riserviamo Bella, le passerà. Come le è passata con Alice. È come…”
“Un’adolescente?”
“Esattamente! Ne ho viste molte così…”
“Anche io!” disse con un’aria da persona esperta
“Eppure tu sei totalmente diversa Bella Swan…”
“Sono mia madre…”
“Come?”
“Mia madre è l’adolescente e io la madre…”
“Accidenti, e tuo padre?”
“Charlie è… Charlie!” Esme sorrise “Siamo molto simili, riservati. Sempre per conto nostro!”
“Come Edward! Prima che tu arrivassi abbiamo temuto molte volte che sparisse per non tornare più. Ho avuto il cuore in trepidazione, per quanto possibile, a questo pensiero!”
“Tu hai mai pensato a come sarebbe stata la tua vita diversamente da questa?” Bella riprese fiato con le domande
“Una morte suppongo. Se Carlisle non mi avesse trasformato sarei certamente morta. Le mie condizioni non erano delle migliori quando mi hanno trovato” ancora una volta i pronti riflessi di Esme, evitarono a Bella di inciampare in un prestigioso tappeto tibetano, con il suo caffè in mano.
“Deve essere stato molto doloroso prendere quella decisione…”
“Carlisle è contrario a ferire chiunque che sia umano o no. È un buon padre per i nostri figli e un ottimo compagno. Ci ha insegnato molto dalla sua esperienza. Edward ed Alice sono molto simili a lui… riflessivi, comprensivi e razionali. Sono quelli dai quali si è sentito più entusiasta dei suoi insegnamenti”
“Vi hanno mai dato motivo di delusione?”
“Mai… per quanto Edward ritenga di sì. Sai quando ti ha visto la prima volta è andato via…”
“…in Alaska. Si me lo ha detto!”
Esme sorrise “Sì. È tornato, pensando che fossi delusa dalla sua decisione, gli mancava la sua famiglia. Anche se penso che in realtà non potesse star lontano da te, per quanto dica che…”
“Bella!!” in lontananza una voce richiamò Bella. Si voltarono entrambe e dietro a loro c’erano i compagni di scuola di Bella: Jessica, Mike, Angela ed Eric.
“Ehi…”
“E allora i tuoi impegni familiari erano questi?” disse Jessica salutandola
“Ragazzi questa è…”
“La moglie del dottor Cullen…” proruppe Angela con la bocca spalancata
“La madre dei Cullen?” disse Mike senza pensare alle sue parole pronunciate ad alta voce. Jessica gli diede uno spintone, gelosa dalla sua bocca spalancata.
Bella sorrise di quella scena, ma subito si riprese quando vide Esme tirare un respiro profondo e chiudere gli occhi
“Io… mi gira un po’ la testa e… scusami Bella! Scusate…” non aggiunse altro e scappò nella direzione opposta.
“Sarà mica incinta? Dopo cinque figli…” disse Eric. Bella rimase ad osservarla, ma Jessica entrò nei suoi pensieri con il suo solito sproloquiare senza freni. Diceva qualcosa di una festa o forse era un compito, Bella non le prestava molta attenzione.

Esme si vergognò di sé stessa, della sua mancata capacità di fronteggiare una tale situazione. Aveva fatto tanti sforzi negli anni ad abituarsi al profumo umano, quel sangue che pulsava nelle loro vene emanando un profumo così singolarmente fantastico. Ma mai si era ritrovata in un gruppo così tornito di profumi e ormoni in circolo, era troppo anche per una “vegetariana” come lei, esperta ed addestrata.
Le parve quasi di sentire una lacrima di delusione scivolare dal suo occhio, fino alle sue guance.
“Spero che un acquisto possa tirarla su. Una bella signora come lei non può starsene qui in disparte a piangere” un uomo si palesò al suo fianco “Permette? Harold”
Dapprima Esme si fece pensierosa, credeva di conoscere tutti o quasi tutti nella dimenticata Forks, invece non era così “Esme”  si fece timorosa a stringergli la mano, troppo presa dai pensieri per poter pensare di spiegare il perché della sua freddezza. “Sono… la moglie del dottor Cullen” aggiunse subito come per marcare il territorio.
“Questo dottor Cullen deve essere molto fortunato, mi dicono che siate la donna più bella della cittadina” le strappò un sorriso. Per quanto non fosse estranea ai complimenti, questo in particolare le fece piacere, era da molto tempo che non riceveva un complimento così spontaneo da un perfetto estraneo. “E’ tutto il giorno che la osservo, lei gira  con quella… ragazza. La sua amica… ha visitato ogni stand ad eccezione del mio, laggiù in fondo. Le ho forse dato una cattiva impressione?”
“Oh io.. non… ci mancherebbe, assolutamente” si trovò disorientata. Avevano girato il mercatino diverse volte, ma forse troppo presa dalle sue chiacchiere, non aveva notato il piccolo stand di quadri in fondo alla strada. Il gentiluomo al suo fianco l’aiutò ad alzarsi, le parlò di un importantissimo quadro che voleva mostrarle, anzi regalarle perché nessun altro compratore sarebbe mai stato tanto attratto da un Monet, con quella luce negli occhi quando le nominò Soleil Levant.
“Esme…” urlò Bella facendosi strada tra la gente per raggiungerla
“A presto bella Esme, a molto presto…” disse Harold svanendo senza permettere ad Esme di replicare.
“Esme stai…”
“Bella?”
“Ho il fiatone… ho corso per cercarti e sono inciampata un paio di volte…” Esme guardò i suoi jeans strappati sulle ginocchia e si mise a ridere
Dolce Bella… andiamo a casa!”
“Io… se preferisci torno a casa sola, se… hai bisogno di starmi lontano…” improvvisamente Bella si fece cupa e colpevole
“Assolutamente no!” le sorrise con un calore che solo lei sapeva sprigionare dal suo corpo freddo “Chissà che ti succede se ti lascio sola. Edward non me lo perdonerebbe mai!” Esme sorrise ancora e prendendola sotto braccio ripresero la strada verso la macchina. Bella si voltò un istante per vedere che un uomo singolare le stava osservando ininterrottamente. Non seppe distinguere bene i suoi tratti, ma era certa che guardasse proprio loro due.

In macchina Bella cercò un pretesto per rompere il silenzio.
“Ehi Esme che… che hai fatto quando sei andata via?”
“Non devi fingere di interessartene per parlare Bella, è tutto ok!”
“No io…” si fece ancora cupa
“Ho comprato un quadro, o me l’hanno regalato, non ho capito bene. Uno strano tipo… Harold se non sbaglio. Sì Harold!”
“E dov’è?”
“O lui.. ehm… mi sa che voleva solo provarci con me!”
“Eh sì!” risero entrambe.

Arrivate a casa di Bella, Esme trovò Edward e Carlisle ad aspettare insieme a Charlie, il quale molto gentilmente, si apprestò ad aprirle la portiera  quando si fermarono.
“Grazie!”
“Io… ecco…” Charlie si sentì piccolissimo guardando Carlisle risplendere come un dio greco.
“Che succede?” chiese Bella
“Nulla, Charlie era un po’ preoccupato perché non riusciva a rintracciarti, manchi da tutto il giorno Bella” disse Carlisle con la sua solita voce pacata e soffice.
“Colpa mia, l’ho rapita nel mondo artistico. Mi dispiace veramente tanto Charlie, avrei dovuto insistere perché avvisasse”
“Non c’è problema Esm… signora Cullen!” Charlie si sentì ancora più piccolo
Edward rise sommessamente.
Si salutarono con una stretta di mano e Carlisle aprì la portiera ad Esme come poco prima aveva fatto Charlie “Edward verrà dopo!” disse e avvicinandosi al finestrino verso la moglie “Sembra che tu abbia fatto colpo, cara!”
“Girano strane voci anche su di te, caro!” rispose lei e sfrecciò via verso casa.
Edward li salutò e ancora ridendo sussurrò a Bella “Non puoi immaginare cosa pensa tuo padre di Esme”. Anche Bella non riuscì a trattenere una piccola risata.


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Capitolo 4
*** CAPITOLO III ***


Il giorno dopo, nella mensa del liceo di Forks.

“Allora Bella, com’è andata la giornata con Esme ieri?”
“Oh bene… senza intoppi. Ne sono uscita sana e salva”
“Sì Esme mi ha detto di tappeti e mobili vari…”
“Accidenti, credevo di esser sfuggita per una volta!” sorrisero entrambi.
Da lontano Jessica e gli altri si avvicinarono sedendosi al tavolo, con somma sorpresa di Bella.
“Ehi Cullen, come sta tua madre? Pronto per un altro fratello? Certo sarete in tanti” Mike diede una pacca sulla spalla ad Edward come fanno gli amici
“Di che cosa parla?” chiese Edward a Bella.
“Ehhh niente. Scusate ragazzi…” Bella trascinò via Edward portandolo fuori “Non è successo niente, Esme è solo… ha avuto un piccolo incidente con i loro profumi, tutto qui!”
“Carlisle lo sa?” improvvisamente Edward divenne serio
“Tu leggi nella mente non io! Non lo so… non credo. Ma non è nulla di grave no?”
“Non lo so!”
“Succederà qualcosa ad Esme? Cavolo è tutta colpa mia… lo sapevo!”
Edward si disse confuso “Perché sarebbe colpa tua?”
“Perché… beh io… le ho detto che l’avrei accompagnata, se mi fossi stata zitta!” Edward scoppiò a ridere
“Sta tranquilla Bella, Esme non subirà alcuna tortura, ma è bene che Carlisle lo sappia, lui sicuramente saprà aiutarla a controllarsi”
“Ah proposito di controllo, tu mi devi dire qualcosa… Charlie e i suoi pensieri peccaminosi!”
“Ohh Bella è meglio che tu non li sappia, potresti cambiare opinione su tuo padre”
“Edward è un uomo come tutti, lo so che hanno certi pensieri!”
“Beh ecco lui… vorrebbe baciare la sua pelle candida” disse guardando nel vuoto
“Tutto qui? E’ questo il pensiero impuro?”
“Sotto la sua maglietta…”
“Ah…”
“E la gonna…”
“Ok basta Edward…”
“E anche…”
“Edward basta!!! E’ mio padre e… tua madre non voglio saperlo!” Bella si voltò ma Edward non si diede per vinto
“Non vuoi proprio saperlo?”
“No!”
“D’accordo, lo terrò per i miei fratelli!”
“Cosa? Sei? Matto?... non puoi raccontarglielo. Edward dimmi che non lo farai ti prego!”
“Ci penserò su…”
“Edward… Edward…” Bella lo inseguì per tutto il corridoio, supplicandolo di non farne parola con nessuno.

Esme come ogni mattina, quando i ragazzi uscivano, faceva il giro della casa a riassettare libri sparsi, quadri storti, fiori secchi. Il suo solito tram tram.
Entrò in cucina dove Carlisle leggeva il giornale locale. “Caccia interessante ieri!” disse senza distogliere lo sguardo
“Mmm si. Quel cerbiatto mi è rimasto un po’ sullo stomaco”
“Non parlavo di quella caccia!” disse lui abbassando il giornale
“Ohhh parli di umani. Parliamo del Capo Swan.. di Charlie” Esme si divertiva a stuzzicarlo. Capitava raramente che Carlisle si dimostrasse così coinvolto nella sua vita.
“Vi date del tu…”
“Carlisle… saltiamo questa parte. Sei geloso… senza motivo. Anche se volessi avremmo difficoltà di affinità visto che lui è umano e io una vampira”
“Anche se volessi? Perché per caso puoi volere?”
“Ho detto anche se… non che io voglia” andò vicino a lui e si sedette sulle sue ginocchia “Non temere caro, tu sei la mia eternità e nessun altro. Charlie non ha nessun interesse per me!” strofinò il suo naso contro quello di lui e poi gli diede un bacio, appassionato, sentito, desiderato. Per la prima volta, da quando erano a Forks,  sentiva davvero di essere la moglie di Carlisle per fatti e non solo per parole.
Squillò il telefono e giacché entrambi sapevano che era lì per pura forma perché da mesi nessuno chiamava, si allarmarono pensando fosse uno dei ragazzi. Esme corse a rispondere
“Pronto?”
*Esme? Sono Harold…* Esme si sorprese di quella telefonata
“Ha…Harold che sorpresa”
“Harold?” Carlisle fece capolino dalla cucina sentendo quel nome
*Io… chiamavo per sapere cosa aveva deciso per il quadro. Quando posso portarglielo?*
“Oh ma io… Harold lei è molto gentile ma non posso accettare un regalo così, non senza pagare il giusto compenso per un valore del genere, la prego”
*Non sia mai, era un regalo e come promesso glielo farò recapitare*
“Io… non so davvero come ringraziarla, io.. posso venire a prenderlo alla sua bottega in giornata, sperando che il tempo regga” una pessima bugia. La verità è che dal modo in cui Carlisle aveva domandato della persona, Esme aveva già percepito la burrasca. Far venire un perfetto estraneo che le regalava una cosa di cui Carlisle indubbiamente conosceva l’inestimabile valore, sarebbe stato troppo rischioso.
*Allora in giornata passerò da lei per consegnarlo di persona. A presto Esme*
“No io…” mise giù prima che potesse dire nulla
“Harold? Prima Charlie, ora Harold… devo mancarti tanto se ti circondi di così tante amicizie maschili”
“L’ho incontrato ieri e mi ha… fatto un regalo. Un quadro… dice che verrà a portarlo in giornata potremmo aspettarlo insieme. È una persona davvero a modo e gentile…” Esme si sentì minuscola di fronte a quello sguardo
“Vado a lavoro!” sentenziò Carlisle riprendendo il controllo
“Ma… dovevi stare a casa oggi!” disse Esme sommessamente
“Invece vado a lavoro, ci sarà sicuramente bisogno di aiuto, con tutti questi ragazzi scellerati, l’alcohol e gli animali che girano nei boschi e i turisti…” Carlisle aprì la porta e si trovò davanti Charlie.
“Spero di non disturbare…” disse sommessamente
“Bella non è qui Capo Swan…”
“L’immaginavo, ecco io… cercavo…ehm” si schiarì la voce “sua… sua… la sua signora”
“Si accomodi!” Carlisle improvvisamente sembrò cambiare di nuovo, il vecchio gentile Carlisle di sempre
“Charlie, che bella sorpresa!” Esme si finse deliziata da quella sorpresa. Sapeva perfettamente che non era il momento adatto, ma da brava padrona di casa qual era, non poteva certo riversare il suo malessere su un ospite.
“Ecco io… non volevo disturbare così presto… le ho… le ho portato questi… per… ringraziarla…del tempo trascorso con Bella” Charlie si sentiva molto imbarazzato, sicuramente anche per la presenza di Carlisle che immaginava fosse in ospedale a quell’ora.
“Io purtroppo devo lasciarvi il lavoro mi chiama! Capo Swan è sempre un piacere…” gli strinse la mano senza curarsi del fatto che la sua fosse sempre fredda.
“La prego si accomodi, posso offrirle qualcosa?”
“Oh no grazie io… io… ero solo passato per… i fiori… e… ringraziarla per il tempo trascorso con Bella”
Esme sorrise. D’un tratto si rese conto che la gelosia di Carlisle era più che fondata. Charlie balbettava come un ragazzino alla sua prima cotta “E’ stato un vero piacere per me Charlie, Bella è una ragazza meravigliosa e sono felice di poter passare del tempo con lei. Io me ne sto qui sola tutto il giorno. Un po’ di compagnia mi fa sempre piacere…” era come sempre impeccabile nella sua gentilezza. Decisa ma delicata, sicura e sempre riservata.
“Bella è… è sempre stata una ragazza particolare” Charlie iniziava a prendere confidenza “Non pensavo neanche che potesse interessarsi ai ragazzi… è cresciuta tanto!” il suo tono si fece un po’ amareggiato
“Non lo dica a me. Ne ho cinque già cresciuti!” sorrise Esme riportandogli un pizzico di buon umore.
“Beh ecco io… io devo andare… così… ecco le ho portato quei fiori… per ringr… arrivederci Esme, spero di vederla più spesso in città e quando vuole da noi è sempre la benvenuta”
“Lei  è troppo gentile Charlie… naturalmente lei e Bella siete più che benvenuti in casa nostra” lo accompagnò alla porta
“Sarebbe così scortese domandarle se una volta posso invitarla per un caffè?” sembrò quasi sfrontato
“Oh… io non bevo caffè…”
“Oh… ma beh due chiacchiere le disdegnerebbe?” a questa non sapeva come declinare dopo ciò che gli aveva detto prima
“Ma certo… due chiacchiere sono sempre ben accette! A presto Charlie…”
“A presto Esme!” le prese la mano e la baciò.

Esme pensò che in qualche modo avrebbe dovuto dire a Carlisle di quell’invito, ma non seppe come. Quando arrivò il crepuscolo e i ragazzi erano a casa davanti alla tv, decise di affrontare il suo grande spauracchio. Da quando era tornato dal lavoro non si erano detti una parola. Bussò alla porta del suo studio, per la prima volta lo disturbò durante la lettura.
“Posso?” chiese sommessamente
“Naturalmente!” Carlisle poggiò le carte che aveva in mano e la guardò
“Ecco io… volevo dirti che oggi il Capo Swan mi ha…”
“Invitato ad uscire e baciato la mano?”
“Come lo sai?”
“Alice.. e Edward ha sentito dei pensieri quando riaccompagnava Bella”
“Beh avrebbero dovuto parlarne con me non con…”
“E’ un bene che io lo abbia saputo forse e cos’è questa storia che hai perso il controllo a quel mercatino? Esme cosa c’è che non va? Parlami…”

“Guai in vista” al piano di sotto Edward aguzzò l’udito mentale
“Litigio?” chiese Alice
“Mi sa che l’abbiamo fatta grossa questa volta” rispose Edward

“Io… non ho niente… è solo…”
“Cosa?”
“Ho avuto paura di perdere il controllo perché non mi sono mai trovata in quella situazione e credevo di poter fare del male anche a Bella e… Edward, lui non me l’avrebbe mai perdonato. E io… io ho perso il controllo… ho provato un’irrefrenabile voglia di sangue umano e… mi odio per questo” abbassò la testa e si mise le mani sul volto come se dovesse coprire le lacrime. Carlisle l’abbracciò e le diede dei baci sulla testa. “Edward ha sentito!” disse Esme “Mi ucciderà adesso!”
“Ma no che non ha sentito!”
“Tuo figlio è un impiccione!”
“Ah adesso è mio figlio?” rispose lui sorridendole
“Sì, quando è cattivo è tuo figlio!”
“Come sempre! Sei più calma? O chiamo Jasper?” le diede un bacio sul nasino
“Mi basti tu per calmarmi! Carlisle io ti amo ma… ho bisogno di sentirmi più… donna?”
“E un non caffè con Charlie ti aiuterà? O quadri in regalo?”
“In parte.. mi fa sentire desiderata!”
“Ma io ti desidero, sempre. La mattina, il pomeriggio, la sera, la notte… ogni istante che non sei con me ti desidero ed è proprio quello che mi fa andare avanti in ospedale, con tutti quei profumi e il sangue umano…”

“Oddio che schifo!” disse Edward
“Penso di averlo quasi visto con te!” rispose Alice
“Secondo me Esme vi fa a fettine e vi serve come pasto per Bella” ribatté Emmett
“Esme non ci farebbe mai nulla… non lo avrebbe fatto neanche a Bella” rispose Edward
“Scommettiamo?” Emmett lo sfidò
“Eh sia!” si strinsero la mano con uno schiocco così forte che riecheggiò per la casa

“Alice Edward di là!” Esme scese le scale e richiamò le due spie seguita da Carlisle. Anche gli altri tre seguirono incuriositi. “Non è il fatto che glielo abbiate detto a disturbarmi, ma che non lo abbiate detto prima a me! Questo è offensivo e mancate di rispetto alla mia autorità di madre…”
“Esme noi..”
“Edward!!” sentenziò “Io sono vostra madre e se avete qualcosa da dire a Carlisle esigo che la diciate anche a me. Siamo una famiglia e facciamo le cose insieme, non singolarmente”
“Carlisle spiegale che…”
“Edward ha ragione. Esme si è sentita ferita dal vostro smacco e credo che voi le dobbiate delle scuse perché…” si fermò quando il campanello della portà trillò.
Edward corse velocemente ad aprire, forse per sfuggire alla ramanzina “Capo Swan, Bella? È successo qualcosa?”
“Ecco Charlie… ha insistito per accompagnarmi!”
“Non mi piace che Bella guidi quando è buio, i territori non sono sicuri finché non avremo catturato quegli animali e tu ragazzo dovresti avere più premura di… Esme buo…buonasera!” si bloccò immediatamente quando vide Esme comparire nella stanza.
“Charlie, ancora un piacere. Prego accomodatevi!” Carlisle fece gli onori di casa.
“Grazie io… la partita!” Charlie fu attirato dal rumore della tv e si sedette sul divano
“Starà lì per un po’” disse Bella “E’… sicuro?”
“Sì. Alice porta Jasper di sopra…” Alice obbedì. Già la presenza di Bella inibiva molto Jasper, addirittura due umani lo avrebbero torturato.

“Cosa fai?”
“Preparo da bere per il nostro ospite!” rispose Esme
“Il nostro… è veramente assurdo…”
“Oh andiamo non l’ho invitato io”
“Gli hai aperto la nostra casa con i tuoi… modi di fare sempre gentili. È cotto di te Esme…”
“Non posso cacciarlo a calci fuori, è il padre di Bella e Bella fa parte della famiglia, lo hai detto anche tu…”
“E quindi anche lui?” la voce di Carlisle aumentò
“Abbassa la voce…”
“Non hai risposto alla mia domanda…”
Esme esitò per un attimo “Sì, anche lui fa parte della famiglia!”
“Perfetto!” uscì dalla stanza e si diresse verso la porta
“Va via Carlisle? Non guarda la partita con noi?” Carlisle strinse un pugno
“No mi dispiace, lo sport non mi interessa” uscì di casa.
Esme guardò Edward e i suoi pensieri furono più eloquenti di mille parole, porto da bere a Charlie e con il suo solito sorriso mascherò tutta la preoccupazione di quei momenti. Carlisle era fuori, furioso. Probabilmente era andato a caccia, per la prima volta senza di lei, ed Esme temeva che quella sarebbe stata solo la prima di molte altre volte.

Per tutto il tempo Esme trattenne sul volto un finto sorriso che nascondeva una costante e martoriante ansia.
Ogni tanto lanciava qualche occhiata ad Edward, sperando che potesse dirle qualche pensiero di Carlisle, ma ogni volta restava delusa dallo scuotere della sua testa. Aveva persino trascinato Alice obbligandola a concentrarsi, procurando ovviamente l’effetto contrario a quello sortito. Del resto Carlisle conosceva i suoi figli ed era forse il solo ad essere in grado di eludere la barriera protettiva di Edward ed Alice.
D’improvviso le cadde il vassoio che aveva tra le mani, mandando in frantumi il bicchiere che vi era sopra. Si girarono tutti di scatto, quando Edward correndo velocemente prese Esme prima che potesse cadere. Sembrava quasi svenuta.

Lì lontano nella foresta, un uomo solitario se ne andava scrutando la notte. Non serviva la Luna ad illuminarlo, bastava la sua aura luminosa a far luce sul suo cammino. Ma ben presto quel cammino lo abbandonò quando come per una magia si accasciò al terreno, come svenuto.

È pericoloso. Queste parole attraversarono la mente di Edward come un fulmine.
Esme riaprì gli occhi trovando Charlie a cercare di scaldarle le mani, distesa sul divano “Fatela respirare!” diceva lui ed Esme si ricordò che era umana. “Come si sente Esme?” le chiese poi
“Meglio, grazie!” Esme si mise a sedere
“Ci vorrebbe dell’acqua” guardò Edward
“Sono certa che… sta già bene, papà!” Bella cercò di reggere il gioco
“Sto davvero bene Charlie, grazie. Io adesso…” si alzò “Devo… devo andare a cercare mio marito!”
“Non è prudente che lei vada sola Esme, lasci che l’accompagni!” Charlie non dimostrava volerla lasciare andare con facilità. Le stringeva ancora la mano.
“Io… grazie ma…”
“Esme non andrà da nessuna parte” Edward la guardò perentorio “A volte mia madre dimentica i pericoli del buio, capo Swan. Sono certo che Carlisle è in ospedale, possiamo anche chiamarlo se questo la farà stare meglio, ma non si preoccupi avremo noi cura di lei”
Charlie dovette appurare, a malincuore, che Edward aveva ragione. Carlisle era certamente in ospedale, magari per un’emergenza, ed Esme era solo una moglie molto apprensiva. Si convinse che fosse meglio lasciare questa questione di famiglia, alla famiglia in senso più stretto, ringraziò per la serata e andò via con Bella, la quale poco prima di andare via sussurrò ad Esme parole di conforto, immaginando quanto fosse spaventata.
“Esme promettimi che non farai nulla” Edward osservava la macchina della polizia svanire nel buio del loro viale
“Ho sentito qualcosa…” gli disse lei
“Anche io… Carlisle ha detto che è pericoloso. Non andare…” Esme lo guardò infastidita. Ancora una volta aveva sentito qualcosa e non le aveva detto nulla. Ma Edward si fece perdonare subito quello smacco dandole un bacio sulla guancia. Diede ferree istruzioni ad Alice, di concentrarsi a scovare Carlisle e di informarlo, lui sarebbe stato come ogni notte a casa di Bella.

“Vado solo in cucina, vuoi impedirmi anche questo?” Emmett faceva lo scimmione di guardia, mentre Jasper cercava di aiutare Alice a concentrarsi sulle sue visioni.
“E’ assurdo…” proruppe Rosalie “Noi stiamo qui a fare da balia ad Esme mentre Edward dorme con la sua Bella e Carlisle probabilmente è in ospedale. Ci sono miliardi di motivi per i quali qualcuno dovrebbe dire è pericoloso, ma Edward ha deciso che è stato Carlisle… è assurdo!” salì per le scale svanendo al piano di sopra
“Vi dispiace!!” Alice cercava di concentrarsi “Dov’è Esme?” guardò verso Emmett e si accorse che Esme non era più accanto a lui.
“Merda!” disse Emmett guardando la porta sul retro della cucina spalancata “E’ scappata!”

Esme corse per tutto il giardino posteriore fino al viale dell’entrata principale.
“Ti troveranno comunque!” Rosalie comparve dal portico. Esme si sentì sconfitta in partenza “Se non li depisto altrove. Corri!” non seppe bene perché lo stesse facendo, ma sentì in sé il bisogno di ringraziarla e sorriderle e poi svanire di nuovo.
“Rose, piccola l’hai vista?”
“E’ andata di là… bisogna chiamare Edward solo lui può raggiungerla!” rispose lei indicando il punto esattamente opposto dove era svanita Esme.
Correva più veloce che poteva, cercando di non fermarsi ad ascoltare, certa che ogni secondo sprecato sarebbe stato un netto vantaggio per Edward.
“Non avresti potuto farne a meno” finalmente lo trovò, in quella radura dispersa, le dava le spalle.
“Il tuo profumo è inconfondibile per me!”
Carlisle sussultò per un attimo “Avevo detto ad Edward di non farti venire”
“Sono una ribelle lo sai…” aveva quasi paura. La voce di Carlisle non era la stessa pacata e soffice di sempre. Era roca, rude. Al di fuori della caccia non lo aveva mai visto come un vampiro.
Fece un passo avanti e poi un altro e un altro ancora, finché non gli fu vicino. Sentì il suo respiro pesante sulla fronte, vibrare attraverso le sue ciglia. Non sapeva se stringerlo o cercare i suoi occhi. Si lasciò cullare dall’istinto e fece scivolare le braccia intorno alla sua vita, sperando di sentire un abbraccio ricambiato e così fu. Ma Carlisle non mutò mai la sua forma. Esme lo sentì ruggire: temeva che la rabbia fosse incontrollabile in lui. “Stai dietro di me!” le disse. Dal buio della foresta avanzò lentamente una figura.
Quando fu più vicino Esme sussultò alla vista “Harold?!” lo sentì anche lei, quella ventata di odore marcio e lugubre che giungeva dall’uomo. Si accorse solo allora che non era un umano che aveva cercato di avvicinarla, ma un vampiro. Carlisle teneva un braccio a coprire Esme.
“Questi territori sono già occupati da me e dalla mia famiglia, è meglio che ne cerchi di altri dove razziare e depredare”
“Credo che mi tratterrò ancora un po’, ci sono molte cose interessanti in queste terre che vorrei poterne gioire ancora” era sicuro di sé, deciso e sorrideva
“Non c’è nulla qui di tuo interesse, farai meglio ad andare!”
“Altrimenti?” con un movimento quasi impercettibile si spostò alle spalle di Esme e la tirò per un braccio verso di sé “L’inconfondibile profumo di gelsomino della sua pelle…” odorò i capelli di Esme che stava pietrificata “Delizioso…”
Carlisle ruggì con un’eco profonda. Si lanciò contro di lui senza pensarci due volte. Ruggiva e lanciava schiaffi all’aria, come per intimorirlo. “Scappa!” le urlò voltandosi. Più ruggiva, più il vampiro si divertiva ed eccitava, ridendo forte. Evitava ogni suo colpo e rideva. Poi scattava veloce da una parte all’altra, e una di queste corse verso Esme, bloccandola e usandola come scudo. Carlisle sferrò uno schiaffo che era mirato alla giugulare, ma si bloccò quando si accorse che la sua mano avrebbe ferito la sua Esme.
“Lasciala!” gli intimò.

Alice si riarse come colpita da un fulmine “Edward… Carlisle… Esme… sono nel bosco… qualcuno combatte, ci sono rumori e ruggiti…” Edward non se lo fece ripetere due volte, scattò fuori dalla porta correndo verso il bosco. Durante tutta la corsa pensò alle parole di Alice e cercò di concentrarsi a cercare dei pensieri. Ne percepì molti che non erano di suo interesse, ma tra le tante urla una attirò la sua attenzione, urlava il nome di Carlisle. Quando arrivò nel punto del bosco, era ormai troppo tardi: Carlisle era inginocchiato sul terreno con una mano allo stomaco ed Edward vide del sangue ma non capì se fosse di un animale. Cercò Esme in vano “Dov’è?” urlò a Carlisle…
“Presa… lui l’ha presa…” Carlisle tossì
Edward puntò lo sguardo lontano. Arrivarono anche gli altri che si apprestarono ad aiutare Carlisle. Lei è mia fu tutto ciò che riuscì a sentire in lontananza, prima che il silenzio del bosco avviluppasse la sua mente.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO IV ***


“Sto bene! Sto bene!” Carlisle urlò ai figli che lo accerchiavano per aiutarlo. Per un vampiro la ripresa dalle ferite è molto veloce, in poco si rialza e tutto è come se niente fosse stato.
“Chi è?” chiese Emmett
“Harold!”
Edward ebbe un sussulto. Il nome non gli era nuovo, gli diceva qualcosa, lo aveva già sentito, ma non ricordava dove.
Alice chiuse gli occhi di improvviso e poi li spalancò fissando un albero “La scogliera… corre veloce…” si zittì per un istante e poi come ripresa dal come guardò Carlisle “La Push!”.
Tornarono velocemente a casa, per prendere le macchine e andare a La Push. Carlisle ricordava bene il patto stretto con la tribù della riserva e se uno solo dei Freddi avesse varcato il confine, non ci sarebbe stata più alcuna tregua e la tribù avrebbe avuto il compito di sterminare i trasgressori. Nella sua mente si confusero le immagini. Il suo obiettivo principale era salvare Esme prima che la tribù di La Push potesse vedere che i confini erano stati oltrepassati: per la salvezza della sua famiglia, ma soprattutto per quella della sua sposa.

“Devo andare da Bella!” Edward fece per uscire
“Edward la tua famiglia ora ha bisogno di te!” Carlisle lo fermò con una mano sulla spalla
“Lei fa parte della famiglia Carlisle, può aiutarci!” gli rispose
“Facendosi ammazzare? Sono d’accordo…” ribatté Rosalie
“Bella è l’ultima ad aver passato più tempo con Esme, è lei che mi ha parlato di questo Harold. Forse può aiutarci…”
“Va a prenderla…” Carlisle lo lasciò andare
“A cosa può esserci utile un’umana se abbiamo Alice che…”
“ROSALIE!” Carlisle urlò senza voltarsi verso di lei “Che tu lo voglia o meno, Bella fa parte di questa famiglia e se anche un piccolo ricordo può aiutarci a capire come ragiona questo vampiro allora ben venga… Esme deve ritornare con noi al più presto…” prese le chiavi di una macchina e sussurrò abbastanza però che potessero sentirlo “O sarà la fine per tutti!”

“Non possiamo stare qui, questi territori sono parte del confine della riserva indiana. A noi non è permesso entrare…” Esme cercò di spiegare ad Harold del patto, ma egli non volle sentire.
“Un cagnolino non mi fa paura..” la guardò estasiato “Woof, woof…”
Stavano seduti sotto un albero e Harold bloccava ad Esme i movimenti “Sei disgustoso…” disse lei
“Tu invece hai un profumo da perdere i sensi” si avvicinò al suo volto cercando di baciarla ed Esme strinse gli occhi e piegò la testa di lato. Harold le forzò il movimento della testa, stringendo il suo mento in una mano e portandola al pari con il suo viso “Non opporti, sarebbe inutile!”
Stampò le sue labbra su quelle di lei, iniziando a baciarla. Esme sentiva il ripudiante sapore di quelle labbra fameliche nella sua bocca, e avrebbe voluto urlare, sperando che qualcuno la sentisse. Cercò di allontanarlo con le braccia, ma non ci riuscì: l’aveva immobilizzata per i polsi e Harold era il doppio di lei, una sua mano valeva quanto due di Esme insieme. Provò a muovere le gambe, ma Harold la bloccò subito sedendosi su di lei. Iniziò ad odorarle i capelli “Sei così delicata…” fece scivolare la mano sul suo collo, fino al petto ed iniziò a tracciare cerchi immaginari. Fece scivolare la lingua lungo le venature del suo petto marmoreo “Puah… hai il suo sapore addosso! Adesso poniamo rimedio”. Nella mente di Esme tutto si rifece vivo un’altra volta: la violenza di suo marito, l’abuso, l’incredibile sensazione di impotenza difronte ad essa. Harold la stava violando, e come allora Esme non riusciva a reagire.

“Bella dì quello che hai visto…” Edward aveva portato Bella a casa Cullen. La osservavano tutti come se fosse il Santone con tutte le verità che cercavano.
“Io non ho visto molto, c’era tanta gente ma mi sembrava che ci fosse un uomo a fissarci..”
“Com’era?” Edward incalzava con le domande
“Non lo so, strano… non… non me lo ricordo…”
“Sforzati Bella” fu Carlisle ad insistere
“Lui.. non l’ho visto bene, era alto… molto alto… è tutto quello che ricordo…” si sentiva frustrata dal non poter aiutare di più, ma il fatto era che non lo aveva quasi visto, tutto ciò che sapeva è che era alto.
“Esme.. ti ha parlato di lui? Bella sforzati!” Carlisle la strinse e la scosse facendole male. Edward si fece sfuggire un ruggito sommesso e Carlisle lasciò la presa “Scusami Bella… ci serve tutto quello che sai!”
Bella era un po’ intimorita “Lui… lui le ha detto che le avrebbe regalato un quadro, un…” cerco di ricordare il nome “Monet… sì era Monet…”
“Quale quadro? Ricordi?” per Carlisle la domanda sembrò di vitale importanza, al contrario gli altri la giudicarono inutile.
“Esme me ne ha parlato… me lo ha descritto io non lo conoscevo…” cercò di ricordare la descrizione di Esme “Un’ombra solitaria in barca, naviga fino al confine del Sole… c’era un’alba… mi ha parlato dell’alba nel quadro e… non ricordo altro!” ancora si sentì affranta.
Carlisle sembrò afferrare qualcosa dalla sua descrizione, qualcosa di fondamentale “Soleil levant” disse “E’ il quadro preferito di Esme, ma questo lo sappiamo solo io e…” si fermò di getto quando Alice ebbe un’altra visione e urlò il nome di Carlisle. Le si fece vicino e Alice temeva di dirgli quelle parole, le sussurrò appena intimorita “La sta violentando” e spaventata dalle scene che aveva visto nella sua mente.
Il corpo di Carlisle rispose ad istinto: con un pugno ruppe il tavolino di cristallo che stava a pochi passi da lui e con voce roca e pacata si rivolse ad Edward “Porta via Bella!” e senza esitare aggiunse “Al confine!”.
Nel tempo che Edward portò Bella a casa, Carlisle cercò di farsi dire da Alice qualcosa. Per quanto gli avessero detto di aspettare il ritorno di Edward, Carlisle montò sul suo Mercedes nero e sfrecciò verso La Push.

La forza bruta di Harold aveva completamente immobilizzato Esme: stava distesa sotto quell’albero e non pensava a niente. Le parve quasi di sentire dolore, lo stesso che secoli prima, da umana, aveva provato quando Charles l’aveva spinta contro il muro e stretto il collo fino a quasi farle perdere il respiro.
Mentre Harold tracciava con la bocca e le mani il suo corpo, lo tastava, lo assaporava, Esme si lasciò immobile ed inerme, paralizzata dai ricordi, con il pensiero che questa volta nessuno l’avrebbe più salvata, perché lei era già morta, molto prima del volo dalla scogliera… lei era morta, nell’istante in cui l’aveva toccata. Sentì un moto quando la mano di Harold andò oltre la sua gonna, spostandola più su e scoprendo la gamba. Era il suo punto limite. Sentì ruggire in lontananza, ma era diverso dal solito ruggito al quale era abituata e si faceva sempre più vicino. Nell’istante in cui Harold stava perpetrando la violenza, Esme fu destata dalla paralisi, quando si accorse che il ruggito era più vicino di quanto sembrasse: un enorme lupo a pelo scuro e lungo, salto addosso al vampiro scaraventandolo dall’altra parte. L’animale si voltò verso Esme, la quale lesse nei suoi occhi orrore e rabbia, ma poi li fissò più attentamente e riconobbe la persona nascosta dietro il mostro: l’ultima volta che lo aveva visto era un ragazzino, della tribù di La Push. Lo aveva incontrato una delle prime volte che si erano trasferiti a Forks e il ragazzino era caduto dalla sua bicicletta sbucciandosi le ginocchia. Esme in macchina lo aveva visto e si era fermata ad aiutarlo. Quello stesso ragazzino che allora era rimasto inorridito dalla freddezza delle sue mani, oggi era un grande lupo che le stava salvando la vita.
Scattò verso la foresta per correre via e quando raggiunse il punto di luce più ampio si fermò di colpo, sentendo il guaito del lupo dietro di lei.
“Non puoi scappare, dolcezza. Sono più veloce di te” alle spalle di Esme c’era Harold, perfettamente in forma senza neanche un graffio. Esme ipotizzò che nella lotta avesse avuto la meglio sul piccolo lupo e si spiegò il guaito lancinante che aveva udito, di fronte a lei la distesa marina si estendeva su una scogliera lunghissima che terminava all’orizzonte con le nuvole. “E’ ironico che tu sia finita proprio qui, davanti una scogliera. Ancora una volta a decidere cosa fare!”. Aveva detto ancora una volta, quindi lui sapeva dell’umana Esme e sapeva che la sua vita da vampiro era iniziata quando l’umana si era gettata da una scogliera. Esme non seppe cosa dire, rimase pietrificata ancora una volta. Sentì le forze mancarle e il passato avvilupparla di nuovo, quando nella sua precedente vita aveva esitato sul ciglio della scogliera per trovare la forza di morire. “Non preoccuparti bambina…” Harold si spostò velocemente alle sue spalle e ancora una volta inalò il suo profumo “Non ti farò male!” le strinse il braccio dietro la schiena e spinse la testa indietro, costringendola a baciarlo.
Ancora una volta sentì lo squallore della sua bocca sporcarla con quel nauseabondo odore fetido, e le sue mani che insudiciavano i suoi candidi vestiti. A mano a mano sentiva quel profumo così singolare, che lei tanto amava, il profumo del suo Carlisle, svanire nel nulla insieme alla sua anima.


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Capitolo 6
*** CAPITOLO V ***


In quel paesaggio che aveva rimirato così tante volte aleggiavano solo pensieri di rabbia. Carlisle correva sulla sua Mercedes e ignorò anche i segnali di fermarsi dei due poliziotti all’entrata di La Push. Li superò correndo, era troppo rischioso fermarsi e perdere del tempo, anche se ciò significava che certamente la tribù avrebbe saputo dello scioglimento del patto.
Aveva paura di sé stesso: infrangere i limiti di velocità, non fermarsi ai richiami delle forze dell’ordine, trasgredire ad un patto da lui stesso sigillato, ma soprattutto avere certi pensieri. Dolorosi, forti e di morte.
Quante volte si era domandato se ogni sua scelta fosse dettata dalla ragione e non dall’egoismo: egoismo di avere un compagno con Edward, egoismo del desiderare una compagna, quella compagna con Esme. Li aveva condannati ad un’esistenza che lui stesso non aveva chiesto, una colpa che credeva di aver espiato facendo del bene, ma come espiare quando in pericolo c’era quella compagna che aveva condannato a fuggire, alla quale non poteva dare la gioia della gravidanza che avrebbe tanto voluto, quella compagna che in silenzio lo guardava uscire quando andava a lavoro e con lo stesso silenzio si stringeva tra le sue braccia e gli diceva quanto lo amava. Non era il perdono di Esme che temeva… ma il suo stesso di averla messa in quel pericolo, che non avrebbe mai dimenticato.

Se Carlisle avesse potuto leggere i suoi pensieri come faceva lui, Edward gli avrebbe urlato di non porsi neanche il problema. Era stato un compagno e poi un padre eccezionale, e sapeva per certo che Esme non aveva il minimo rimpianto per quella vita che gli aveva regalato, fatta di amore e sogni, come gli diceva sempre lei in “segreto”. Non poteva vederlo in volto, correvano fianco a fianco troppo velocemente, ma Edward era certo che quei pensieri gli logorassero le espressioni facciali molto spesso. Se tutti i pensieri che sentiva in quel momento fossero stati come quelli di Carlisle si sarebbe detto sollevato da ciò, ma purtroppo il più vicino che sentiva erano parole di disperazione e dolore, e provenivano dalla mente di sua madre. Erano vicini. Ebbe come un sussulto quando percepì un pensiero molto più intenso dei precedenti Lei è mia. Lo sentì netto, come una saetta che colpì i suoi occhi arrivando ai nervi: Edward si fece strada tra gli alberi con una singolare ed agile velocità, il suo unico obiettivo era massacrare il vampiro che stava violentando Esme. Ogni cosa di buono che poteva dire di avere, erano frutto dell’amore che gli aveva dato, come una madre devota. Per quanto loro fossero i freddi, Esme gli aveva saputo donare solo calore con la sua presenza nella sua nuova vita nella famiglia Cullen.

“Vicino la scogliera…” Alice dava indicazioni ad Edward perché corresse nella giusta direzione ma si bloccò di colpo quando vide le intenzioni di Harold
“Cosa?” le urlò Rosalie.
Alice si riprese dalla trance e la guardò con occhi di dispiacere “Le ha strappato il corpetto del vestito” le disse. Rosalie ebbe un sussulto e ruppe il vetro del finestrino della gip, proprio accanto ad Alice. Jasper accelerò il moto dell’auto e Emmett con un ruggito saltò dall’auto in corsa, correndo appresso ad Edward e saltando su qualche albero proprio come lo chiamava Rose, uno scimmione.

La rabbia si presentava sotto varie forme, ma in ognuno dei Cullen era forte e urlava. Ma non solo nei loro animi ribolliva. Una piccola umana se ne stava seduta ad osservare il suo piatto senza fingere neanche di prenderne un boccone. Bella Swan faceva girare i cavoli nel suo piatto, e faceva un rumore con la forchetta che in quel silenzio suonò assordante.
“Bells…” Charlie cercò di attirare la sua attenzione “Bells cos’hai?”
“Eh?”
“E’ tutto il giorno che non sei nel nostro mondo. Hai litigato con Edward?”
“Per favore Charlie”
“Bella sono tuo padre, almeno potresti chiamarmi papà”
“Ok, per favore Papà!”
“Mangia qualcosa Bella!”
“Non ho fame!” si alzò portando via il suo piatto
“Bella, dimmi cos’hai, non ti lascerò uscire dalla stanza!” per la prima volta si fece autoritario. Bella esitò per qualche istante “Una persona alla quale tengo è nei guai!”
Charlie scattò dalla sedia e questa volta le parlò più in veste ufficiale che come padre “Qualche tua compagna di scuola?”
“No!”
“E’ Edward? Bella… ti ha fatto qualcosa?” le strinse le braccia
“No, no smettila. Non è Edward sta bene… Papà… non posso dirti nulla ho… promesso…”
“Bella se scopro cosa succede sarai nei guai…”
“Ho promesso a Carlisle che non avrei detto nulla io…” si pentì subito dopo delle sue parole. Si era tradita e aveva tradito la fiducia dei Cullen.
“Esme… è successo qualcosa ad Esme, Bella parla!” questa volta lo urlò. Bella fu costretta a dire la verità e anche di questo si pentì perché non solo stava mettendo a rischio il segreto dei Cullen, ma anche la vita di suo padre, che prese il suo fucile e si precipitò fuori della porta quando sentirono un ruggito risuonare nel bosco. Bella sapeva a chi apparteneva.

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VI ***


“Lasciala o parola mia ti stacco la testa a morsi!” Edward scattò davanti ad Harold ed Esme. Era pietrificata: Harold le stringeva il collo con una mano, mentre con l’altra le imprigionava i polsi.
Edward lo fissava con gli occhi iniettati di sangue, mentre Emmett già ruggiva pronto per lo scontro. Carlisle era arrivato poco dopo Emmett e guardava Esme intrappolata in quella morsa maligna.
“Non è carino? Sono venuti tutti a salvarti… una bella famigliola…” Harold indietreggiò e si rivolse a Carlisle “Cosa succederebbe se la portassi con me, fin giù di questo dirupo?” gli urlò
“Non lo farai mai… siamo più di te, non ci vorrà nulla ad accerchiarti”
“Deciso e sicuro… è questo che ti piace di lui?” si rivolse ad Esme che sembrava inorridita e spaventata allo stesso tempo. Annusò il profumo dei suoi capelli e le leccò la guancia.
Carlisle ruggì forte.
“Umani…” urlò Alice, ebbe la visione di esseri umani che si avvicinavano ai territori di caccia dei boschi, esattamente dov’erano loro. Edward approfittò della distrazione di tutti e saltò addosso ad Harold, spingendolo oltre la soglia della scogliera, ma non cadde. Emmett prontamente lo afferrò per un braccio, scaraventandolo dalla parte opposta contro un albero.
Carlisle si lanciò a prendere Esme prima che potesse scivolare e cadere. La prese tra le braccia, come un casquet che concludeva il giro di pista.
“Carlisle come…” Esme era esterrefatta ma al tempo stesso felice di quel salvataggio, come in un film, il suo principe azzurro era corso sul suo cavallo per salvarla.
“Il tuo profumo è inconfondibile per me!” per pochi istanti, eterni ed interminabili si fissarono negli occhi. Nulla di ciò che c’era intorno aveva una qualche influenza. Per quanto Esme sapesse che nel suo salvataggio erano implicati tutti, solo in quegli occhi si sentiva grata di vedere riflessi i suoi.
Il ruggito di Emmett li destò dal loro incanto.
“No!” urlò Carlisle “Portate via Esme…”
“Carlisle ma…”
“Edward… è la mia battaglia! Va figliolo…” gli posò una mano sulla spalla e si avvicinò al suo orecchio “Non stare in ascolto figlio mio…”

Carlisle svanì tra gli alberi insieme ad Harold. Gli avevano legato i polsi con una corda, ben consci che sarebbe servito davvero a poco, ma era meglio di niente.
“Che scena toccante…” disse Harold mentre camminavano “Papino che manda via la sua famigliola…”
Carlisle non reagì “Sarebbe stato interessante confrontarmi con loro” ancora nulla “Quella che urlava era davvero un bel bocconcino” d’improvviso si fermarono. Carlisle non si voltò, sapeva che erano tutte provocazioni, cercava un pretesto perché lasciasse quella corda, così da potersi liberare.
Arrivarono in una grande radura, poco vicino alle montagne: Carlisle lo spinse con le spalle al muro.
“Ahaha ehi grande uomo, vuoi forse picchiarmi? Sono più veloce di te…” vide che ancora Carlisle manteneva il suo contegno “La tua signora lo sa bene quanto sono veloce…” lo sentì finalmente ruggire come voleva, era il suo tasto dolente. Carlisle lo prese per la giacca spingendolo con violenza contro le rocce che iniziarono a sgretolarsi. “Ehehe questo è il gioco pesante che mi piace”.
Harold capì che da Carlisle non avrebbe cavato una parola, ma del resto non era suo interesse intavolare un discorso, ciò che cercava era l’azione e in Esme aveva trovato la via diretta per ciò. Carlisle lo lasciò, non era intenzionato a battersi, non era nel suo stile, ma Harold non demorse.
“E’ come l’ho sempre ricordata… lo stesso profumo sensuale… la stessa pelle delicata… il suo collo sembrava che pulsasse davvero… quando l’ho sfiorato, quando ho sentito il profumo dei suoi meravigliosi capelli morbidi…” Carlisle gli voltava le spalle e stringeva il pugno forte per controllarsi.
Harold era proprio alle sue spalle e gli sussurrava nell’orecchio “Avresti dovuto sentire la vibrazione quando ho sfiorato le sue cosce e…”
“Hai perso quell’unica occasione per tacere…” si voltò di scatto, con gli occhi iniettati di rabbia e la mano che prima chiudeva a pugno ora stringeva il collo di Harold e lo spingeva contro quelle rocce che stavano cedendo ad ogni pressione sempre più violenta.
Harold forse aveva contato nelle sue capacità di prevedere la mossa dell’avversario, nei suoi secoli da vampiro, non era mai stato catturato nella morsa così come Carlisle nei suoi trecento, si era sempre rifiutato di arrivare al punto di combattimento. Per temperamento era un vampiro saggio e “pacifista”, ma quelle parole entrarono come lame nella sua testa: Esme, la sua Esme, trattata come uno scarto o una prostituta.
“Adesso ti senti anche tu così vero? Catturato dai pensieri di odio…” Harold attirò la sua attenzione
“Cosa intendi?”
“Tu sai bene chi sono io…”
“Sì!”
“E’ per questo che non sai uccidermi… lo avresti già fatto altrimenti..” Carlisle ripercorse indietro il suo ricordo.

“Mia figlia… mia figlia è caduta dottore”
“Ora vediamo signora, non tema”
Mi fulminò con lo sguardo, quei bellissimi occhi così indifesi e doloranti, mi rapirono completamente. Quanto fu difficile concentrarmi sulla sua gamba. Era rotta e appena la sfiorai ebbe l’impulso di ritrarla e il dolore divenne agonizzante in lei. Avrei voluto stringerla e rassicurarla che tutto sarebbe andato per il meglio, ma non avrei potuto. Il mio corpo non riscaldava neanche i miei pensieri.
Le fasciai la ferita, cercando di rassicurarla con le mie parole, era così incredibilmente bella. Quel suo dolore mi dava delle vibrazioni che non avrei mai immaginato di poter provare come vampiro. L’odore della sua pelle mi fece perdere il controllo di me stesso. Nessuna creatura umana aveva mai avuto un tale potere su di me, fui spaventato dal mio stesso essere. Temevo di non poterle resistere.

“Impossibile dimenticarlo vero?” Carlisle gli strinse di nuovo la mano intorno al collo cercando di ritornare al suo pensiero.

Quando terminai con lei corsi nel mio studio e chiusi la porta alle mie spalle. Dovevo smorzare quella sensazione, l’incredibile sensazione di piacere che il suo profumo aveva scatenato.
Sentii un fruscio dietro la finestra, guardai ma non c’era nessuno. Eppure ero certo di cosa avevo sentito, i miei sensi erano maggiorati da quando ero un vampiro. Era come se qualcuno mi stesse spiando, ma non ne capivo il motivo.
Cercai di togliermi dalla testa quella ragazza, mi ero votato al ‘vegetarianismo’ non le avrei mai fatto del male, il mio compito era curare chi soffriva non causargli ulteriore sofferenza. Non fu difficile quanto pensassi “dimenticarmi” di lei, per quanto le notti e i giorni in cui il lavoro non era il mio hobby, la mia mente vagava alla ricerca di quegli occhi.
Non avrei mai pensato che 10 anni dopo avrebbe sconvolto il mio mondo. Arrivò in ospedale, in fin di vita. C’era un uomo accanto a lei, alto, bruno, carnagione chiarissima. Lo riconobbi subito: un vampiro!

“Allora sai che sono sempre stato con lei!”
“Tu l’amavi vero?” chiese Carlisle
“Ne avevo fatto la mia compagna di vita…”
“E io te l’ho portata via..” nel suo tono c’era quasi rammarico. Sapeva che Harold l’aveva amata, forse non quanto lui, ma aveva scelto di farne la sua compagna e Carlisle, sfidando ogni legge e regola del suo mondo, gliel’aveva sottratta. Anche tra i vampiri esisteva un ordine gerarchico da rispettare, come i comandamenti divini, non era possibile desiderare la compagna di un altro e Carlisle sapeva che Harold aveva scelto Esme, eppure…

“Non è un buon posto questo per cercare il tuo cibo” gli ringhiai appena perché fosse chiaro chi era il capo del territorio. Non mi disse nulla e svanì lasciando la giovane alle mie cure. La riconobbi subito: il meraviglioso angelo che avevo sognato per dieci anni da quel primo incontro, giaceva su un lettino in fin di vita e io potevo fare solo una cosa. Era troppo debole per sentirmi, decisi io per lei. Le misi una mano sulle morbide labbra, rovinate dai segni di una caduta mortale e la morsi sul collo. Quando il veleno sarebbe entrato in circolo avrebbe potuto gridare. Era ciò che mi aspettavo eppure… non accadde. Lei si strinse al mio corpo, assecondò il mio bacio mortale, e le sue mani strinsero le mie spalle prima delicatamente e poi con forza, pian piano che il veleno entrava in circolo. Era nata… una creatura, una come me… una come mio figlio… eppure lei era la più bella di tutte.

Era come se Harold leggesse i pensieri di Carlisle, i suoi ricordi, perché in realtà il ricordo era unico, uguale per entrambi, lo leggeva nei suoi occhi.
“Tu hai voluto dimenticare, te lo sei imposto… perché sai qual è la legge per chi non rispetta le regole… la tua punizione…”
“Una morte in solitudine, tormentato dal suono dei suoi silenzi…”
“Tu hai avuto molto più di quanto meritassi, lo hai rubato. Per ogni essere vivente che hai preso, c’era qualcun altro al suo posto…”
“Ma Esme lei…” cercava giustificazioni al suo agire
“Lei era mia… tu me l’hai rubata…”
Carlisle ruggì verso Harold “L’ho salvata dal suo destino, dal tuo destino. Le ho dato il rispetto di una vita di amore, di una famiglia. L’ho amata e sarà così per sempre…”
“Non avrai un per sempre… sono venuto a riprendermi il mio. A darti il ben servito… a prendermi la mia Esme”. Carlisle mise da parte il dottor Cullen, quello comprensivo, ragionevole che voleva sempre mettere in pace tutto e tutti. Lo mise da parte per la sua natura più nascosta, quella che aveva combattuto per secoli: la rabbia assunse un colore giallastro nei suoi occhi, risplendendo al buio del crepuscolo che si faceva avanti. Le sue fauci si spalancarono in un sonoro ruggito, che dall’altra parte della foresta udirono tutti, e gli umani credettero si trattasse di un orso molto grosso. Tra di loro c’era chi sapeva la vera natura di quel ruggito, ma preferì tacere.
Si avventò su Harold, che sperava di poter essere tanto veloce da sfuggirgli, ma così non fu. Gli saltò addosso atterrandolo, con le ginocchia sul suo petto…
Non aveva mai assaggiato il sangue di un suo simile. Il primo istinto fu di sputarlo, come se il veleno potesse entrare nel suo corpo, ma la foga di sfinirlo non gli diede tregua. Carlisle sapeva che il suo pentimento sarebbe durato in eterno, ma come aveva fatto in passato, proteggeva ancora la sua famiglia, o forse, molto più egoisticamente, il suo amore. Per Esme avrebbe ucciso un’intera specie di umani e vampiri, pur di averla sempre al suo fianco.
Scivolò accanto al corpo “esanime” del suo avversario, lo squarcio alla gola era ancora visibile, sembrava il morso di un animale selvatico. La razionalità entrò di nuovo in circolo nei suoi pensieri e mentre il sangue colava dalla sua bocca, iniziò a soffocare i singhiozzi di un pianto inesistente, ma che il suo cuore e il suo respiro, fermi ormai da secoli, percepivano come molto pressante. Sapeva che un gruppo di uomini sarebbe andato a cercare, sapeva che Edward probabilmente aveva sentito i loro pensieri, o che Alice avesse visto qualcosa, ma confidava nella loro riservatezza a tacere tutto quello. Ma ancora di più, sapeva che avrebbero trovato il corpo del giovane lupo morto e che la colpa sarebbe ricaduta sui Freddi. Dovevano di nuovo trasferirsi, salvare la famiglia. Si mise a pensare, attese che qualcuno inciampasse nei suoi pensieri per aiutarlo a capire, qualcuno come il dottor Cullen


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Capitolo 8
*** CAPITOLO VII ***


“Non sei esattamente il Cullen che aspettavo” senza voltarsi Carlisle riconobbe i passi alle sue spalle
“Aspettavi Edward?”
“Come lo sai?”
“Sono tua moglie, riconoscimi qualche merito!” Esme si sedette accanto a lui
“E quella?” Carlisle diede una rapida occhiata alla coperta che avvolgeva il minuto corpo di Esme
“Charlie… ha insistito perché mi riscaldassi ero così gelida…”
“E’ un brav’uomo!”
“Lo so… tu sei quello geloso però non io…. Il tuo incredibile fascino non lo ha coinvolto minimamente!” Carlisle abbozzò un sorriso al sarcasmo della moglie. Se ne stava lì con i piedi penzoloni dalla scogliera, a sentire lo scrosciare delle onde contro la barriera di roccia. Il vento stava cambiando e si preparava un altro temporale.
“Vorresti mai tornare indietro?” le chiese d’improvviso
“Dove?”
“Quando eri umana, avresti preferito…?”
“Morire? No!”
Sembravano entrambi assenti, assorti dai loro stessi pensieri, l’uno accanto all’altra, vicinissimi, eppure distanti. Fissavano il sole che scendeva oltre l’orizzonte di quella lunga barriera marina. Il freddo era pungente, ma nulla confrontato a quello dei loro corpi, eppure le loro anime erano calde, di quel calore reciproco che si scambiavano. Gli umani lo chiamavano Amore.
“Ci pensi spesso?”
“Quasi ogni giorno!” Carlisle quasi si vergognava di quella sua affermazione “Penso sempre che ho condannato tutti voi, e per cosa? Egoismo… non sapevo stare da solo, eppure avrei dovuto. È ciò che merita uno come me…”
“Perché come sei tu scusa? Cos’hai di diverso da me?” Esme riportò l’attenzione del marito ai suoi occhi, sfiorandogli appena il mento. Carlisle socchiuse gli occhi a quel tocco, sentì di nuovo il profumo della sua Esme avvolgerlo “Il mio cuore non batte come il tuo, ma la mia anima è pura come la tua. Non uccidiamo nessuno noi… siamo una coppia sposata come tante altre. Solo un po’ più pallidi…” cercò di sdrammatizzare.
“Io… io ho ucciso…”
“Lo so… l’ho visto! Gli umani la chiamano legittima difesa…”
“Io ho ucciso Harold molto prima di poco fa… l’ho ucciso nel momento in cui ti ha guardato. Perché tu sei mia, Esme… e solo mia” si strinse nel suo abbraccio come se dovesse piangere.
“E di chi altro, amore mio? Di chi altro?” sussurrò appena queste parole, seguite subito dopo da una dolce ninna nanna, con un movimento ondulatorio.
“Cosa ho fatto alla mia famiglia?” le chiese Carlisle
“Ci hai salvato tutti. Hai salvato Edward da una morte atroce e senza amore. Gli hai dato una casa, un’educazione… una madre… hai dato a me la possibilità di avere tutto ciò che desideravo. Un marito, una famiglia… tonnellate di quadri da appendere per casa…eheh… potrei chiedere di più?”
“Il respiro… un battito cardiaco…” rispose di getto
“Non li avrei avuti comunque… ero già morta e tu lo sai… pensi che sarei sopravvissuta al dolore di una vita storpia senza mio figlio?” cercava di rassicurarlo in ogni suo dubbio, come era stato tante altre volte, quando la coscienza umana di Carlisle si impossessava della sua anima, scacciando la razionalità. Esme era sempre lì, pronta a stringergli la mano e rassicurarlo.
“Io non posso darti nessun figlio…”
“E io non lo voglio… ho già i figli che avrei voluto. Ho Edward, lui… lui è il mio bambino, e rimarrà tale per sempre! Non voglio altro…”
“Avrei potuto… avresti potuto avere una vita migliore. Con Harold forse…”
“Con Harold nulla. La mia vita è con te… è iniziata con te Carlisle, quando hai stretto la mia mano in quell’ospedale e poi mi hai giurato amore eterno sotto quegli oleandri. È questa la sola vita che vorrei… insieme a te!” si guardarono negli occhi, innamorati come la prima volta e sarebbe stato così per sempre. Sarebbero rimasti sempre Esme e Carlisle, due sposi novelli per i quali la vita era un tumulto di emozioni e profumi che avrebbero affrontato sempre fianco a fianco.

“Posso farti una domanda?”
“Sì!”
“Sei mai stato innamorato… prima di me?”
“Da umano?”
“Sì!”
“Mai! Ho conosciuto l’amore quando ti ho incontrato in ospedale quel giorno che eri caduta dall’albero… ho percepito il tuo profumo, rifletteva la tua anima e il tuo nobile cuore. Lo sentivo battere a distanza sai? Allora ho scoperto il significato della parola Amore, allora ho capito che eri tu la mia compagna. Edward ne fu anche un po’ geloso…”
Esme sorrise “E perché?”
“Sperava di potersi scegliere lui la mamma!”
“E’ rimasto deluso dalla tua scelta?”
Carlisle temporeggiò qualche istante “Edward non ricorda nulla dei suoi genitori… nulla di sua madre. Perché nessuno dei suoi ricordi sarebbe paragonabile al sentimento che prova per te! Sei tu l’unica madre che lui riconosca, e questo mi fa piacere. Ho temuto all’inizio che una sua ‘ribellione’ avrebbe minato l’equilibrio della nostra famiglia!”
Esme non ebbe coraggio di interrompere le sue parole: sentir parlare Carlisle era come una dolce melodia per lei, avrebbe potuto ascoltarlo in silenzio ed estasiata intere ore, senza mai fermarsi. La sua calda e soave voce, la incantava. Si strinse nel suo abbraccio, poggiando la testa nell’incavo tra la spalla e il collo. Le loro gambe pendevano ancora dalla scogliera, muovendosi intrecciate altalenando avanti e indietro. Le loro mani iniziarono a giocare intrecciandosi e Carlisle si rese conto che Esme stava annusando il suo profumo.
“Ti amo, Esme! Ti amo!” lei non rispose. Si allungò dandogli un rapido e dolce bacio, sfiorò appena le sue labbra. Nonostante sapessero il pericolo che correvano a stare fermi oltre il loro confine, restarono così fino all’arrivo del buio, quando ormai solo il rumore della notte poteva sentirsi. Abbracciati ed uniti, l’uno nell’anima dell’altra.

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