Se tu sempre giurerai di amarmi..

di Kastania
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre vite allo spechio ***
Capitolo 2: *** Una soluzione drastica ***
Capitolo 3: *** Un angelo all'Inferno ***
Capitolo 4: *** Don Giovanni all'Inferno ***
Capitolo 5: *** Sogni infranti ***
Capitolo 6: *** Perdono e vendetta ***
Capitolo 7: *** L'avvenire è nel passato ***
Capitolo 8: *** Scherzi della musica ***
Capitolo 9: *** Pioggia di sangue ***
Capitolo 10: *** il volto dell'Angelo ***
Capitolo 11: *** Un muro da abbattere ***
Capitolo 12: *** Una vita nuova ***
Capitolo 13: *** Rivelazioni inaspettate ***
Capitolo 14: *** Il vero coraggio ***
Capitolo 15: *** Una situazione difficile ***
Capitolo 16: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Tre vite allo spechio ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

“Una volta credevo che essere amato

senza amare fosse un piacere straordinario.

Ora ho imparato quanto sia penoso

un amore che viene offerto

senza che lo si possa ricambiare.”

Herman Hesse,Aforisma 5

Christine fissava distrattamente fuori dal finestrino della carrozza che la stava riportando al piccolo appartamento che divideva con Meg e Madame Giry.

Dopo quei terribili accadimenti all’Opera, tre anni prima,Madame Giry aveva ritenuto più prudente stabilirsi al di fuori dell’edificio,anche dopo la sua completa ristrutturazione. Sapeva bene quanto quel luogo fosse intriso di tristi ricordi per tutti loro,e in special modo per Christine.

Per mesi era stata in ansia per la salute cagionevole della ragazza,che si era accompagnata ad una forte depressione. Con le sue cure,l’affetto fraterno di Meg e la sollecita presenza del Visconte de Chagny,lentamente la ragazza era tornata alla vita.

Ma continuava a conservare sul viso un’ombra di tristezza e preoccupazione che non aveva mai mostrato in precedenza.

Christine sospirò.

I primi mesi dopo il rogo dell’Opera faceva molta fatica ad arrivare alla fine della giornata senza sentirsi sul punto di svenire. Non trovava alcun conforto dentro di sé,né vedeva alcuna via d’uscita da quel tunnel di tristezza. Non riusciva a mettere a fuoco i ricordi piacevoli,né i momenti di allegria e spensieratezza. Tutto le sembrava così lontano e inafferrabile..

Qualsiasi contatto le dava i brividi,e ovunque volgesse lo sguardo,vedeva il suo Erik.

Quel giorno aveva dovuto trovare il coraggio di affrontare il fidanzato,e di annunciargli la sua decisione di rompere il loro legame. Erano mesi che ci pensava,ma era sempre stata frenata dalla paura di farlo soffrire.

Era molto affezionata al suo caro amico d’infanzia,e a lungo aveva pensato di esserne davvero innamorata. Perfino dopo quanto accaduto quella terribile notte… ma mentre le settimane e i mesi passavano,le diventava sempre più evidente la sua inadeguatezza,di fronte all’amore puro e appassionato che lui provava nei suoi confronti. Prolungare l’inganno non avrebbe che intensificato il dolore,al momento inevitabile della separazione.

Pensò a quanto dolore aveva inflitto alle persone che amava. Non se ne era resa conto,non c’era stata intenzione da parte sua,ma questo non la sollevava dalla responsabilità di essere fautrice di tanta sofferenza.

Si sentiva svuotata,consapevole che non sarebbe mai più riuscita ad amare nessuno,non come aveva amato...ma che importanza aveva ormai? Il suo amore,compreso troppo tardi,era morto insieme a lui.

Le uniche persone per cui provava ancora affetto erano proprio Raoul, Meg e Madame Giry.

Per questo doveva allontanarsi da loro,prima che il destino la rendesse ancora una volta carnefice.

Sorrise fra sé e sé,la prima volta da mesi.

Era la prima volta nella sua vita che non provava alcun tipo di paura.

Se nutriamo odio verso qualcuno,

è perchè odiamo in lui

qualcosa che è in noi.

Quel che non è in noi

non riesce a darci emozioni.

Herman Hesse,Aforisma 4

Raoul era sprofondato in una delle poltrone del suo studio. Si sentiva ancora stordito.

Durante gli ultimi tre anni,non gli era pesata la vita di sacrifici che aveva intrapreso per stare accanto alla sua fidanzata,per aiutarla ad uscire dalla sua sofferenza. Non aveva mai pensato ai disagi che aveva subito,ma a tutti i problemi che aveva dovuto affrontare lei,anche a causa sua. L’ultimo inverno era stato durissimo per lui,aveva anche temuto di perderla. Ora quasi non ricordava quell’angoscia,ma sentiva una forte nostalgia per quel periodo,anche se non era stato dei più rosei.

Christine era piombata inaspettatamente lì a casa sua,solo pochi minuti prima.

Lui aveva sorriso,felice della visita inaspettata,ma immediatamente l’espressione seria e compunta del viso di lei lo aveva raggelato.

In fretta,e senza lasciargli tempo di replicare,gli aveva comunicato la sua decisione di lasciarlo.

Naturalmente ne era desolata,ma non poteva continuare a fingere.

“Non ho intenzione di sposarti,Raoul. Mi dispiace causarti tanti problemi…sei stato anche troppo buono con me,senza che me lo meritassi. Ma mentirei se ti dicessi di essere pronta al matrimonio. Anzi,penso che non lo sarò mai. Ho scoperto un lato di me che non pensavo di possedere,e devo imparare a convincerci prima di potermi legare a qualcuno. Ti voglio bene Raoul,ma non credo che tu saresti felice con me.” Gli girava intorno,le braccia dietro la schiena,come a constatare e sottolineare quello che gli stava dicendo. “Credimi,sarà meglio per entrambi se non ci vedremo più..per un po’,almeno. Sarai sempre uno dei miei migliori amici,delle poche persone a cui mi sento legata.”Gli aveva sorriso timidamente,per poi aggrottare le sopracciglia. “Ma per un po’…evitiamo di vederci,te ne prego. Perdonami!”

…ed era corsa via,senza neppure voltarsi indietro,lasciandolo impietrito e scioccato.

Quando era riuscito a scuotersi da quello stato di torpore,lei era già risalita in carrozza e svanita nella nebbia di quel pomeriggio invernale.

Lentamente si alzò,e andò all’armadietto dei liquori per versarsi un cordiale. Ne aveva bisogno. Con mano tremante sollevò il bicchiere ed ingoiò qualche sorso,appoggiandosi al muro e chiudendo gli occhi.

La presenza di Christine era ancora nell’aria intorno a lui.

La sua presenza..non era nell’aria. Era dentro di lui.

Ma certo,pensò amaramente. Io non sono né potrò mai essere lui! Non potevo competere con quel mostro quando era in vita,quando lei poteva scorgerne i bestiali difetti…ora che è morto è diventato una specie di mito,un vero Angelo del Paradiso!

La sua naturale pacatezza scomparve,mentre scagliava il calice contro la parete opposta,frantumandolo in mille pezzi.

“Christine,come puoi farmi questo?”singhiozzò.

“Come puoi,dopo tutto quello che ho fatto per te…come puoi ignorare e respingere il mio amore! Come puoi rifiutare di diventare mia moglie!”

I gemiti esplosero in grida di rabbia disumana.

E’tutta colpa di quel mostro…anche da morto continua a perseguitarci con la sua infame presenza…Ti

maledico Erik,ti maledico ovunque tu sia!”

Aveva amato,

ed attraverso l'amore aveva trovato se stesso.

La maggior parte degli uomini

ama invece per perdersi.

Herman Hesse,Aforisma 3

Il Fantasma dell’Opera era morto,in quella notte spaventosa di tre anni prima.

La banda dei linciatori ne aveva portato le prove,la sua maschera bianca e un brandello di camicia trovata sulla riva del lago.

L’infame,probabilmente fuggendo,doveva essere annegato nelle acque sotterranee.


Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
È a casa? Per la strada?
Al lavoro? In piedi? Sdraiata?
Forse sta alzando il braccio?
Amor mio
come appare in quel movimento
il polso bianco e rotondo!
Che sta facendo adesso
adesso, in questo momento?
Un gattino sulle ginocchia
lei lo accarezza.
O forse sta camminando
ecco il piede che avanza.
Oh i tuoi piedi che mi son cari
che mi camminano sull’anima
che illuminano i miei giorni bui!
A che pensa?
A me? o forse... chi sa
ai fagioli che non si cuociono.
O forse si domanda
perché tanti sono infelici
sulla terra.
Che sta facendo adesso
Adesso, in questo momento?


Nazim Hikmet, Che sta facendo adesso


Il Fantasma dell’Opera era morto quella notte. Ma non era morto l’uomo dietro quella maschera.

Erik era riuscito a nascondersi ai nemici grazie alla sua completa conoscenza dei sotterranei dell’Opera. Quando le acque si erano calmate,con l’aiuto di Madame Giry era riuscito a uscire dalle rovine della costruzione,e a rifugiarsi fuori città. Lì aveva trovato una specie di casale,abbandonato da anni,e ne aveva fatto il suo dominio. Usciva raramente,e passava le giornate a contemplare il cielo e ad ascoltare la sua scatola musicale,la scimmietta che suonava la Masquerade.Non aveva potuto portare con sé il suo amato organo,e soffriva di quella mancanza di musica.

Ma più di tutto soffriva al pensiero di Christine e Raoul,sicuramente già sposati,felici,magari in attesa di un figlio…o forse ne avevano già avuto uno? Quelle riflessioni lo lasciavano sempre agonizzante e abbattuto.

Le uniche persone che vedeva,di quando in quando,erano Madame (ma sempre più di rado,per la verità) e il Persiano,che nonostante i terribili avvenimenti di quella notte gli era rimasto amico.

Anzi,era grazie a lui se aveva ancora una qualche valvola di sfogo.

Nadir lo aveva infatti convinto a riprendere a disegnare progetti,prima solo per tenersi occupato,e poi era ritornato all’antico mestiere. Era sempre stato un architetto geniale ed ardito..perchè non esserlo ancora?

Nadir si occupava delle relazioni con i clienti,e lui passava ore perso fra i suoi schizzi.

Questo gli permetteva di tenere la mente occupata,distaccata dal dolore.

Gli dava la forza di andare avanti.

Ogni tanto le parlava,nella stanza vuota,come se lei potesse udirlo.

“Sai Christine?La vita senza di te è incredibilmente difficile. La nostalgia si trasforma in un dolore fisico che mi tormenta dalle prime ore del mattino fino all’ultimo minuto della giornata. La mia unica consolazione in questi giorni è pensare che tu sei al sicuro,che stai bene e che tuo marito veglia su di te al mio posto.”

Il suo carattere era mutato.

Un tempo il rancore lo avrebbe colmato di una rabbia omicida,di una furia cieca ed incontrollabile.

Ora invece la rassegnazione era l’unico lascito della profonda disperazione che lo aveva tormentato.

Solo di quando in quando la rabbia lo sopraffaceva,quando pensava alla “coppia felice”…ma immediatamente si dominava. Era stato lui a permettere quell’unione.

Aveva lasciato libera Christine,e lei aveva scelto il ragazzo. Non poteva biasimarla per questo. Chi,al suo posto,avrebbe preferito un mostro al principe azzurro? No,no,lei non ne aveva colpa.

E neppure il ragazzo,che l’amava a tal punto da aver rischiato la vita pur di salvarla.

Nessuno aveva colpa degli eventi di quella notte…nessuno aveva parte nella trama beffarda del suo destino,che lo perseguitava sin dalla nascita.

Ora finalmente,grazie all’amore che era nato in lui grazie a quel bellissimo Angelo,era in grado di accettare il proprio futuro di solitudine senza provare odio e rancore per chi era più felice di lui.

Lei gli aveva cambiato la vita,anche se non l’avrebbe mai saputo.

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Capitolo 2
*** Una soluzione drastica ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 2: UNA SOLUZIONE DRASTICA

 

L'anima si sceglie il proprio compagno

Poi chiude la porta

così che la maggioranza divina

non possa più turbarla

Impassibile vede i cocchi che si fermano

laggiù al cancello

Impassibile vede un Re inginocchiarsi

alla sua soglia

Io so che tra tantissimi

L'anima ne scelse uno

Per poi sigillare come fossero pietra

le valve della sua attenzione.

                                                                 Emily Dickinson

 

 

“Raoul,pensavo di essere stata chiara.”

 

L’indomani mattina,dopo una lunga notte di tormento e riflessione, il Visconte de Chagny si era recato a casa di Christine. A quell’ora non vi erano né Meg né Madame Giry,impegnate nelle prove del nuovo balletto.

Lui lo sapeva bene,ed era andato appositamente a quell’ora,per non aver intromissioni di alcun tipo fra lui e Christine.

 

L’aveva supplicata di ripensarci,di non giungere a soluzioni affrettate.

Era disposto ad aspettare fino a che lei non si fosse sentita pronta,non voleva forzare i tempi.

Comprendeva benissimo il suo bisogno di solitudine, il suo senso di colpa,pur ingiustificato,per la morte del Fantasma…ma era pronto ad accettare tutto,a perdonare tutto.

 

Purchè lei non lo lasciasse…

 

Christine lo guardò con occhi velati di commozione e tristezza.

 

Dio,come avrebbe potuto fargli capire che non era una questione di tempo?

Che con il trascorrere dei mesi le cose non sarebbero affatto migliorate?

Era così disperato,così accorato nelle sue suppliche…

Era solo al mondo anche lui,ora,dopo la morte del fratello Philippe.

 

Un’altra morte che grava sulla mia coscienza,pensò lei con un brivido.

 

“Raoul,non so davvero come altro dirtelo. Devi lasciarmi andare. Mi dimenticherai presto,e troverai una sposa degna di te,della tua casata..e soprattutto del tuo amore. Io non sono quella donna,e non potrei mai diventarlo. Mi dispiace di averti illuso,del resto,spero mi crederai,ero totalmente in buona fede. Ma non riuscirei a fingere per una vita intera.”

 

Il ragazzo chinò il capo,e serrò i pugni per la rabbia.

“E’a causa sua vero? Non ha nulla a che fare con me e te.”

 

Lei impallidì vistosamente. “Non capisco a cosa ti riferisci. Non ti amo abbastanza da sposarti,tutto qui.”

 

“Sai benissimo a chi mi riferisco. Da morto ha ottenuto ciò che non ha ottenuto in vita…è riuscito ad averti tutta per sé.”  Lo sguardo di Raoul era carico di rancore.

 

“Andiamo Raoul,non essere ridicolo. Non centra nulla in questa storia. Vorresti davvero essere legato per l’eternità ad una persona che non ti ama con tutto il suo cuore?”

 

Lui fece un sorriso amaro. “Vedi?Ogni tua parola conferma i miei sospetti. Il motivo per cui non riusciresti a votarmi totalmente il tuo cuore…è che pensi ancora a lui. E’come se fossi stata sepolta anche tu,laggiù nei sotterranei,insieme a quello sporco assassino..a quella bestia immonda..a quel..”

 

“Raoul!Adesso basta!” Gli occhi di Christine scintillarono di indignazione.

“Devo pregarti di andartene. La tua presenza qui non è più opportuna.”

 

Il ragazzo si inchinò compunto,e fece per andarsene. Ma raggiunta la porta si voltò,e la fissò con uno sguardo ferito e insieme determinato che lei non gli aveva mai visto.

“Non è finita Christine. Non può essere finita così. Le nostre strade si rincontreranno,vedrai. Ed io sarò sempre accanto a te,che tu lo voglia o no…e presto o tardi capirai di amarmi ancora!”

 

Quando fu uscito,la ragazza si accasciò su una sedia.

 

Non pensava che lui sarebbe stato così insistente.

Ora aveva l’angosciante sensazione che non sarebbe mai riuscita a recidere del tutto quel rapporto.

 

Lui l’avrebbe tormentata ogni giorno,ne era certa,finchè lei non avesse acconsentito a quelle nozze. L’avrebbe convinta in un momento di solitudine,di ripensamento,di disperazione…e così facendo avrebbe dannato entrambi,per sempre.

Sentiva una gran voglia di piangere,ma se lo impedì.

 

Le disavventure passate le avevano donato una forza d’animo che non credeva di possedere,era stato l’ultimo regalo del suo Angelo.

L’aveva trasformata da bambina viziata in donna matura,e non lo avrebbe mai saputo..o forse sì.

Sorrise debolmente. Gli angeli dal Paradiso possono vedere tutto,e sicuramente lui,insieme a suo padre,la vegliava da lassù,e l’avrebbe sempre protetta.

 

 

“Bambina mia,che succede? Ritornando ho visto la carrozza del Visconte allontanarsi..non gli avevi già parlato? E’ venuto qui per cercare di farti cambiare idea?” la voce di Madame Giry,appena entrata in casa,la strappò ai suoi pensieri.

Non era possibile nascondere nulla alla sua madre adottiva;la perspicacia della donna sembrava senza limiti.

 Si alzò e le andò incontro,cercando di mascherare la sua angoscia. 

“Sì,è stato qui…voleva soltanto parlarmi,non è accaduto nulla.”

 

Madame Giry inarcò sarcasticamente un sopracciglio.

“Un uomo rifiutato non si accontenta mai di parlare e basta. E lo smacco gli pare tanto più umiliante quanto più alta è la sua posizione in società.  Certo il Visconte è ben consapevole delle chiacchiere che ci saranno su questa rottura di fidanzamento..e i nobili non gradiscono mai le chiacchiere.”

Come sempre la donna era andata dritta al punto.

 

Non si era ancora perdonata l’aiuto offerto al Visconte,la notte della catastrofe.

Non si era resa conto di cosa stesse facendo,aveva pensato di agire soltanto nell’interesse di Christine,che amava come fosse figlia sua.

Troppo tardi aveva compreso l’enormità del suo errore,troppo tardi aveva compreso l’intensità di quell’amore a prima vista impossibile.

Tutto era già perduto.

 

Aveva ottenuto un inaspettato perdono da parte di Erik.

 

Qualche giorno dopo la tragedia,sfruttando la conoscenza di alcuni passaggi segreti,era penetrata nei sotterranei abbandonati dagli agenti della Gendarmerie, e aveva trovato Erik,seduto al suo organo,che suonava una triste composizione.

Un requiem per il suo amore perduto,probabilmente.

 

“Madame”l’aveva salutata lui senza voltarsi né smettere di suonare. “Siete riuscita nel vostro intento. A quest’ora i due ragazzi saranno già stati davanti al prete,a giurarsi eterno amore.”

 

Lei era impallidita. Dunque lui aveva compreso quale ruolo avesse avuto nella vicenda,Raoul non avrebbe mai trovato la strada da solo. La rabbia di lui sarebbe stata incontenibile.

In quel momento le riuscì solo di pensare fugacemente a Meg,alla sua adorata bambina...

Ma poi si accorse che lui non sembrava avere intenzione di farle alcun male.

 

Si era voltato verso di lei,e sul viso non mostrava alcuna rabbia assassina,alcuna furia vendicativa.

Solo un’incommensurabile tristezza,che rendeva il suo volto ancora più patetico.

“Non temete,non sono in collera con voi. Avete agito per il meglio..nell’interesse di Christine. Anche io l’ho fatto. Non sono fuggiti,li ho lasciati andare. Per la prima volta nella vita ho amato,e ho compreso che non potevo limitare la sua libertà,non potevo condannarla a vivere nel mio inferno. Quell’Angelo si merita il

Paradiso.”

 

Madame Giry si era sentita sconcertata da quelle parole.

 

Quello davanti a lei non era l’Erik che aveva sempre conosciuto,i cui sentimenti violenti e le cui passioni esasperate l’avevano sempre atterrita e ridotta all’obbedienza. Davanti a lei stava un uomo diverso, pacato, rassegnato,composto nel suo dolore.

 

“Madame,mi trovo costretto a chiedervi un favore. Desidero abbandonare questo posto,e ricominciare una vita fuori da questo teatro che si è rivelato una trappola e una maledizione.”

 

Lei aveva spalancato gli occhi per l’incredulità.

Erik non avrebbe mai lasciato la sua Opera…almeno,non l’Erik che conosceva.

Era inquieta,non sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi dallo straniero che le stava davanti.

 

Naturalmente aveva accettato di aiutarlo,più per placare i propri demoni che per altro.

Era convinta che non sarebbe stato in bene per lui esporsi al mondo,specialmente dopo il disastro che aveva combinato. Era ricercato dalla polizia,e chiunque lo avesse visto avrebbe compreso immediatamente la sua identità.

Non esistono molti uomini mascherati a Parigi,pensò amaramente.

 

Tutto era andato per il meglio.

 

Una volta sistematosi nel vecchio casale,durante la sua ultima visita,con espressione distante e meditabonda,senza guardarla negli occhi,lui le aveva domandato:”Avete notizie di Christine?”

 

La donna,raccogliendo tutta la sua freddezza,aveva mentito.

“Non la vedo dal giorno successivo a…a quanto è accaduto. Mi ha detto che lei e Raoul sarebbero partiti la sera stessa per una lontana proprietà di lui,nel nord del paese. Immagino che si siano sposati,a quest’ora…”

 

Non gli aveva mentito per crudeltà. Lui sembrava aver accettato la perdita della ragazza,a che scopo tormentarlo con il racconto della sua malattia, della depressione in cui era sprofondata?

Anzi,forse questo lo avrebbe fatto ritornare sulle sue decisioni, e avrebbe portato a nuovi spargimenti di sangue,nuovo dolore,nuovi problemi insomma.

 

“Ma certo..”assentì lui,e poi la guardò,con un’espressione estremamente severa.

“A parte voi e Nadir,tutti pensano che sia morto,vero?”

 

Madame Giry annuì. “Sì,perfino mia figlia. Meno la gente sa,e meglio sarà per te.”

 

“Vi chiedo una sola promessa: non fate mai sapere a Christine che sono ancora in vita. Desidero non vederla mai più,non voglio che lei soffra ancora a causa mia.”

La donna aveva solennemente annuito.

Non le sarebbe stato difficile,promise.

In ogni caso i suoi rapporti con Christine in futuro sarebbero stati così sporadici..

“Ovviamente,ora che è una Viscontessa,non potrà più frequentare con leggerezza l’ambiente del palcoscenico.” Lui aveva soltanto annuito,mestamente.

 

 

 

“Madame,non so davvero cosa fare!”

 

 La voce angosciata di Christine strappò Madame Giry ai suoi ricordi. Le prese le mani gelate fra le sue. “Bambina,non c’è che un modo”le disse con voce rassicurante.

“Dovrai lasciare Parigi,senza far sapere a nessuno i tuoi spostamenti…eccetto me,è chiaro. Per me mentire e sembrare assolutamente all’oscuro di tutto non sarà un problema.”Inarcò un sopracciglio,con una smorfia sarcastica. “Ti aiuto a fare i bagagli,se vuoi. Potresti andare nel Sud, ho dei parenti di mio marito laggiù. Vivono a Marsiglia. Là potresti imbarcarti per qualunque posto desidererai. Scrivo subito una lettera per mia cognata. Non appena la leggerà ti accoglierà in casa sua. E intanto potrai schiarirti le idee,e decidere cosa vuoi fare con il resto della tua vita. Fra qualche tempo potrai tornare a Parigi,quando tutto sarà dimenticato,quando anche il Visconte si sarà dato pace. Sei così giovane,e piena di talento…Se usi il tuo buonsenso e la tua intelligenza,tutto si sistemerà,vedrai.”

 

Christine la fissava ad occhi spalancati.

“No io..no,non posso…lasciare Parigi..lasciare voi e Meg…lasciare..”

“E’ morto Christine”disse duramente Madame. “Restare qui a soffrire,ad essere tormentata dalle pressioni del Visconte,non lo farebbe tornare in vita. Non puoi negarti la libertà di vivere,Christine. Non ne hai il diritto. E’Dio a decidere chi deve vivere e chi deve morire.”

 

La ragazza sospirò.

“Avete ragione,Madame. Come sempre. Sentirò molto la vostra mancanza.”

La donna sorrise,protendendosi per abbracciarla.

“Non è un addio,Christine. E’solo un arrivederci.”

 

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Capitolo 3
*** Un angelo all'Inferno ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 3: UN ANGELO ALL’INFERNO


La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

                                                                      Nazim Hikmet,Alla vita

 

 

Erik camminava a passo svelto verso la casa di Nadir.

 

Negli ultimi tempi aveva iniziato a recarsi in città di quando in quando,perlomeno quando la sua presenza era indispensabile…era un modo per non sprofondare nella pazzia della semiclausura che si era imposto. All’Opera era sempre stato nascosto nell’ombra,ma circondato da centinaia di persone,ignare della sua presenza,ma rumorose e piene di vita..talvolta il silenzio sembrava penetrargli nel cuore e nella mente come la lama di un coltello,e allora sentiva il disperato bisogno di un contatto umano.. un bisogno che non ho mai avuto, riflettè, prima che quell’Angelo entrasse nella mia vita..

 

Il Persiano si era dimenticato di recarsi al casale per ritirare l’ultimo progetto di Erik,e quest’ultimo infastidito aveva deciso di portarglielo di persona. Dopo tutto non faceva così freddo,quella notte..ed aveva una gran voglia di vedere la città immersa nello scintillante tramestio notturno,tipico della vita parigina.

 

Aveva fatto in fretta,il tempo di scendere da cavallo e di bussare alla porta di Nadir,che già addormentato e in evidente stato di confusione aveva preso in mano il progetto,senza chiedergli cosa fosse,e perché lui si trovasse in città a quell’ora. La sua indolenza orientale ogni tanto lo irritava ogni oltre dire.

 

Dio,quest’uomo alle volte si comporta come uno stupido!pensò rabbiosamente.

 

Eppure un attimo dopo si pentì di quella riflessione.

Nadir gli aveva salvato la vita,un tempo,e gli era rimasto amico,nonostante avesse quasi tentato di ucciderlo… quante altre persone lo avrebbero fatto?

 

Mentre si affrettava verso casa,si accorse di trovarsi nel quartiere in cui era andata a vivere Madame Giry.

A quell’ora sicuramente lei e la figlia stavano dormendo…non avrebbe osato disturbarle,sebbene da parecchio tempo non vedesse la sua protettrice.

Sembrava che lei lo volesse evitare,e lui non riusciva a capirne la ragione..

 

“Ehi voi!”

 

Quelle parole lo fecero rabbrividire. Possibile che qualcuno lo avesse riconosciuto? 

Fece finta di nulla. Forse quella voce non si stava rivolgendo a lui,anche se..

..la strada era deserta a quell’ora.

 

“Dico a VOI…io vi conosco!”

 

Erik si voltò di scatto,per incontrare lo sguardo di una giovane donna,una prostituta presumibilmente, a giudicare dai suoi modi e dall’aspetto.

Era piccola di statura,gli arrivava appena alle spalle. Aveva un aspetto misero e denutrito,era sporca e lacera. Era molto giovane,non poteva avere più di vent’anni.

Istintivamente Erik avvertì un senso di pietà,orrore e preoccupazione davanti a quel mucchietto d’ossa.

Chi diavolo era?

Come se gli avesse letto nelle mente,la ragazza scoppiò a ridere,in modo volgare.

“Lo sapevo che non mi avreste riconosciuta! Come potreste…sono molto cambiata dall’ultima volta che mi avete vista. Il mio nome è Catherine Renard. Ora vi ricordate?”

 

Erik sussultò.

Erano anni che non sentiva pronunciare il nome dei Renard.

 

Jules Renard…il suo primo socio in affari lì a Parigi,subito dopo la sua fuga dalla Persia.. ricordava bene quell’uomo. Gli era stato sempre fedele,aveva svolto con scrupolo il suo lavoro.

Era stato quasi un amico.

 

Ma prima che scoppiasse la guerra con i Prussiani,sua moglie –una donna avida e ottusa,capace soltanto di sfornare bambini a ripetizione – lo aveva cacciato in malo modo.

Era successo per caso…una bambina era caduta dalle scale,in sua presenza,e Madame Renard lo aveva accusato di essere lui,con il suo mostruoso aspetto,la causa di quella disgrazia.

Per la volta ennesima il mondo degli uomini lo aveva allontanato,e lui se ne era andato da quella casa con il cuore stretto,dopo aver lasciato all’ormai ex socio una somma sufficiente a curare la bambina.

 

La bambina..  un angioletto biondo che giaceva a terra,in una pozza di sangue..  una profonda ferita sulla tempia sinistra…

 

..la donna davanti a lui aveva una cicatrice all’altezza della tempia sinistra.

 

“La bambina..la bambina caduta dalle scale…”mormorò,come trasognato.

 Di nuovo la ragazza rise in modo sguaiato.

“Sì,proprio io! Non mi sorprende davvero che non mi abbiate riconosciuto..ma io riconoscerei la vostra maschera anche all’Inferno.”

Le ultime parole non furono dette con rabbia o minaccia,ma con una sorta di amara tristezza.

“Tu..come..i tuoi genitori?” riuscì soltanto a dire.

“La mamma è morta di parto,e papà si è ammalato ed è morto di consunzione solo qualche mese più tardi.

I miei fratelli e le mie sorelle più grandi sono partiti tutti,ognuno in cerca di fortuna.

Io sono stata messa all’orfanatrofio,quando la sorella che mi aveva preso con sé è morta di tisi.

Da lì alla strada il passo è stato breve. Sono disperata monsieur…mi ricordo bene di voi e della vostra generosità. Se non fosse stato per il vostro aiuto,quella notte sarei morta…chissà,forse sarebbe stato meglio così…Ma non voglio parlare di questo. Ho osato disturbarvi perché mi serve aiuto,non per me ma per un’altra persona..seguitemi!”

La ragazza gli voltò le spalle,infilandosi in un vicolo.

 

Erik la seguì,esitante. Non era del tutto certo che la ragazza non lo stesse attirando in un agguato per ripulirgli la borsa,ma in quel caso avrebbe ben saputo come difendersi.

Aveva giurato di non usarlo mai più,ma il micidiale Laccio del Punjab era al sicuro nella tasca del suo mantello.

Nonostante la mancanza di esercizio,non avrebbe fallito.

 

Ma la ragazza non aveva cattive intenzioni.

 

Lo condusse ad una stanza misera,nel retro di una bettola,che divideva evidentemente con altre compagne di lavoro. L’ambiente era sudicio e puzzolente.

Gli fece cenno di accomodarsi su una sedia sgangherata,e fu solo allora che lui si accorse che non erano soli nella stanza.

 

In un angolino,nascosta e impaurita,stava una bambina.

Doveva avere circa tre anni,forse di più ma era difficile dedurlo vista la costituzione esile,era sporca e avvolta in pochi stracci. I lunghi capelli biondi le cadevano arruffati sulle spalle,ed era scalza.

In un attimo,Erik notò la somiglianza fra le due.

“Lei è mia figlia…Angelique. Un angelo in questo inferno…”

 

Angelique.

Il nome perfetto per un bambina così bella.

 

Lui si sporse verso la piccola,ma lei scappò via,nell’altro angolo.

“Non vi badate monsieur,non lo fa per cattiveria. Penso che sia un po’scema. Non parla neppure...

Certo,se fossi nata e cresciuta in un posti simile forse non vorrei parlare nemmeno io.

Come vi dicevo,sono disperata. Non trovo lavoro e per mangiare devo..arrangiarmi come posso.

Non posso neppure contare su suo padre,è stato ucciso.”Tirò su con il naso,evidentemente addolorata da quel ricordo.  “Il padrone della stanza ci sbatterà per strada molto presto,sono in arretrato con i pagamenti. Vi ho visto così ben vestito e ho pensato..ho pensato che eravate un uomo buono una volta…e che forse lo siete ancora..”

Le ultime parole di Catherine si persero nei suoi singhiozzi.

 

Erik si sentì stringere il cuore.

Quella ragazza aveva pressappoco l’età della sua Christine,eppure che vita d’inferno aveva già vissuto!

 

“Non vi dovrete più preoccupare. Verrete con me. Vi troverò una sistemazione, ed un lavoro. Vostra figlia non dovrà più vergognarsi di sua madre.”

La ragazza alzò gli occhi cerchiati su di lui,con uno sguardo speranzoso.

Lui si affrettò a chiarire.

“Non voglio nulla in cambio...Voglio soltanto aiutarvi. Non voglio che tua figlia debba conoscere il tuo stesso destino,capisci?”

Catherine sorrise mestamente,annuendo.

“Su,sbrigati. Lasceremo questo posto immediatamente.”

 

Come arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona azione in un mondo malvagio.   

                                          William Shakespeare

 

Madame Giry non stava dormendo.

Tra le mani reggeva una lettera di Christine.

 

Tutto era andato come avevano progettato.

Christine era come svanita nel nulla,neppure Meg era stata messa a parte del progetto: la ragazza era troppo ingenua,avrebbe potuto tradirsi.

 

Christine aveva raggiunto i suoi parenti,nei dintorni di Marsiglia,e si era trovata bene presso di loro.

Aveva maturato l’idea di imbarcarsi alla volta dell’Italia,la patria del bel canto. Là avrebbe potuto facilmente trovare impiego in un qualunque teatro dell’Opera,anche sotto falso nome se necessario.

Nessuno l’avrebbe mai più rintracciata,e sarebbe tornata a Parigi solo quando lo avesse voluto..

 

…o SE lo avesse voluto.

 

Madame Giry sperava infatti che la ragazza riuscisse a cominciare una nuova esistenza,un’esistenza felice,e che avrebbe quindi deciso di tagliare i ponti con il passato.

Oh,certo,le sarebbe mancata infinitamente quella figliola…ma del resto,non dobbiamo forse sacrificarci per il bene di coloro che amiamo?

Perfino Erik lo aveva fatto..

 

Quando udì bussare alla porta,le si mozzò il respiro. Meg quella sera era rimasta a dormire con le amiche al dormitorio del Teatro. Che le fosse accaduto qualcosa?

Tremante,si precipitò ad aprire.

 

Sulla soglia vide Erik,e dietro di lui una ragazzina scheletrita e sporca,chiaramente una donna di malaffare,che reggeva al petto una bambina addormentata.

“Madame,ho di nuovo bisogno del vostro aiuto.”

Erik le espose molto brevemente la situazione.

Non le disse chi fosse la ragazza,né perché lui la volesse aiutare.

Le chiese soltanto di aiutarla a ripulirsi e a rimettersi in forze,e di trovarle qualcosa di decente da indossare. “Non c’è bisogno di qualche donna delle pulizie o sartina,al teatro? La ragazza è capace,e volenterosa…Qualunque occupazione andrebbe bene.”

Madame Giry lo fissava perplessa.

Naturalmente avrebbe aiutato quella creatura e sua figlia…ma non capiva come mai Erik avesse sposato quella nuova causa.

 

Possibile che…no,non poteva essere.

 

Si erano visti di rado negli ultimi tre anni,ma lui non le avrebbe certo nascosto di avere una donna. Eppure..quella ragazza era così disperata da non aver avuto paura di lui?

 

Forse quella bambina…no,non doveva pensarci. Non poteva essere.

E se invece fosse stato così,sarebbe stato solo un bene. Sarebbe la prova che ha dimenticato Christine,concluse.

 

Dopo che la ragazza e la bambina ebbero mangiato voracemente la cena frugale che Madame Giry aveva messo insieme alla bell’e meglio,la padrona di casa le condusse alla camera che era stata di Christine. Aiutò Catherine a preparare il letto e poi uscì. Chiuse la porta,lasciandole riposare.

Fu allora,che tornando verso il salottino,fu fulminata da un pensiero.

 

Nella fretta di andare ad aprire la porta, aveva lasciato la lettera di Christine sulla credenza del corridoio.

 

Quella lettera che Erik stava rigirando nervosamente fra le mani.

 

 

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Capitolo 4
*** Don Giovanni all'Inferno ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 4: DON GIOVANNI ALL'INFERNO

 

..Quando Don Giovanni discese verso l'onda sotterranea, ed ebbe pagato l'obolo a Caronte, un triste mendicante, l'occhio fiero come Antistene, s'impadronì dei remi con braccio fiero e vendicatore. ...

                                                                                                                          Charles Baudelaire

 

 

 

“Come avete potuto nascondermi una cosa simile?” La voce di lui vibrava per la rabbia.

 

Madame Giry cercò di non perdere il controllo. Doveva stare molto attenta.

“Non capisco Erik..cosa intendi? E poi,da quando ti sei messo a spiare la corrispondenza privata di una signora?”

“Non cercate di cambiare argomento..riconoscerei questa calligrafia fra mille. E questa lettera non proviene dal nord,ma da Marsiglia..se non sbagli un tempo mi diceste di avere dei parenti,laggiù. Allora,madame? Non avete nulla da dirmi?”

Madame Giry deglutì.

“Se hai letto la lettera sai tutto ciò che devi sapere. Sì,è vero, sono ancora in contatto con Christine. Lo sai quanto fossimo legate,noi due. Non ha sposato Raoul,questo lo avrai capito. La verità è che ancora troppo sconvolta dai fatti di tre anni fa. E poi lei ti crede morto,e tu mi hai pregato di non dirle la verità. Ho solo obbedito ad un tuo ordine.”

“Ma non capite? Io vi ho chiesto di mentirle proprio perché pensavo fosse sposata… Perché pensavo che mi avesse dimenticato!!”

 La collera inaspriva il suo tono,ed improvvisamente agli occhi di Madame Giry apparve come l’Erik dei tempi passati,passionale e violento.

La furia era accesa come una fiamma dentro di lui.

“Lei ti ha dimenticato,Erik…o se non l’ha ancora fatto,lo farà presto.” Madame Giry gli rivolse un’occhiata eloquente.  “Tu non l’hai lasciata libera solo perché il Visconte l’amava..l’hai lasciata libera di scegliere la propria vita. Lasciaglielo fare in fondo,per il suo bene. La ragazza sta provando a spiccare il volo,non tarparle le ali proprio adesso.”

 

Erik si appoggiò al muro per non perdere l’equilibrio.

Intorno a lui,la stanza iniziava a vorticare furiosamente.

Sbattè le palpebre per riprendersi.

Doveva vederla,sì,doveva vederla ancora una volta…

Guardò gelidamente Madame Giry.

 

“Vi affido Catherine ed Angelique durante la mia assenza. Al mio ritorno saprò ricompensarvi per il vostro aiuto.”

Madame lo guardò con occhi sbarrati.

“Erik,non intenderai andare da lei? Non arriverai mai in tempo! La nave salpa fra tre giorni..”

“DEVO arrivare in tempo!”

E dopo quella frase,pronunciata con risolutezza, Erik si avvolse nel mantello e uscì.

 

Salì a cavallo e lo spronò al galoppo.

Doveva assolutamente raggiungere Marsiglia il prima possibile. Doveva rivedere la sua Christine.

Saperla libera,saperla sola,in viaggio verso il mondo sconosciuto lo colmava di una disperazione che credeva di aver sopito,e che invece scopriva ardere come il fuoco sotto la cenere.

Pensava di averla scordata,di aver sigillato le emozione del suo cuore in una specie di Vaso di Pandora.

Ora quel vaso era stato spalancato,e nulla sembrava poter frenare la furia che lo aveva invaso.

 

Madame Giry sospirò,guardandolo allontanarsi nella notte,appoggiata alla finestra.

In mano teneva la lettera di Christine che aveva scatenato quel putiferio.

La rilesse.

 

Carissima Madame,

come vi ho già detto nella mia ultima lettera,i vostri parenti mi hanno accolto come se fossi stata vostra figlia.

Sono persone di buon cuore e cordiali,ma non  intendo  gravare troppo a lungo su di loro.

Ho deciso,come avevamo progettato prima della mia partenza,di imbarcarmi alla volta dell’Italia. Mio padre aveva degli amici al Conservatorio di Milano,forse quelle conoscenze potranno aiutarmi a trovare un alloggio ed un impiego.

 In ogni caso i miei risparmi basteranno,per qualche tempo,non sto conducendo certo una vita dispendiosa.

Pochi giorni fa stavo passeggiando in un giardino pubblico,quando ho notato una cosa sconcertante.

Nonostante la temperatura ancora rigida,nell’angolo di parco dove solitamente mi siedo a leggere o ricamare era fiorito un cespuglio di magnifiche rose rosse. Non sono riuscita a trattenere le lacrime.

Mi è sembrato un segno divino. Il mio Angelo è lassù in Cielo,e questo è stato il suo modo di farmi percepire la sua presenza,il suo amore per me.

Sono certa che mi proteggerà anche in questa nuova avventura. Non mi sento più sola adesso.

Come sta la cara Meg? Sono così addolorata di non averla potuta salutare…spero che non mi odi,per questo.

Forse un giorno potrete raccontarle la verità…o sarò io a farlo.

So che non potrò stare per sempre lontano da Parigi,da voi..e dall’Opera. Quel posto mi attira a sé come una sirena. Sapeste quante notti mi sveglio con la sensazione di essere in quei sotterranei,nella casa sul lago!

Ma purtroppo sono soltanto sogni,fantasie di una mente malata di nostalgia.

E Raoul? Sta bene anche lui? Spero che mi abbia perdonata,il povero caro Raoul…sono certa che presto sentirò annunciare le sue nozze con una qualche nobildonna.

Solo allora riuscirò a liberarmi dei rimorsi che mi affliggono ancora.

La mia nave partirà giovedì 21.. Vorrei tanto che voi e Meg foste qui!

Ma agiterò comunque il fazzoletto in direzione della banchina,immaginandovi in mezzo alla folla.

Non so quando potrò nuovamente scrivermi.

Per i primi mesi immagino che viaggiando su e giù per la penisola italiana non avrò un recapito fisso..ma vi darò mie notizie il prima possibile,ve lo giuro.

E nel frattempo non preoccupatevi.

Il mio amato Angelo non mi abbandona mai.

Con affetto,

Christine

 

Madame Giry sospirò di nuovo.

Dio protegga quella bambina,pensò.

Dal mondo..e dal suo amato Angelo.

 

 

Il capriccio di un attimo

mi ha rubato il futuro,

messo insieme a casaccio.

Voglio rifabbricarmelo più bello,

come l'ho sempre pensato.

Ricostruirlo su terreno solido

(le mie intenzioni).

Risollevarlo su colonne altissime

(i miei ideali).

Riaprirvi il passaggio segreto

dell'anima mia.

Rialzargli la torre scoscesa

della mia solitudine.

                                                    Edith Sodergran,Il mio futuro

 

 

Christine non andò a dormire,quel mercoledì notte.

 

Aveva affittato una stanza nella pensione sopra la locanda del porto,e alla finestra spiava il via vai di viaggiatori.  Vedeva i marinai,uomini induriti da una vita di fatica e privazioni,annegare la loro disperata solitudine in un boccale di liquore o sui fianchi di una donna di passaggio.

Vedeva le mogli dei marinai che dovevano ancora sbarcare,sedute ansiosamente sul molo,circondate spesso da bambini schiamazzanti e dall’aspetto patito.

Vedeva i sorrisi dei viaggiatori che trovavano qualcuno ad attenderli,e la smorfia sconsolata di coloro che invece si scoprivano soli.

 

Improvvisamente sentì il cuore pesante.

Si immaginò sola,in una terra straniera,di cui sapeva a malapena la lingua.

Pensò alla sua terra natia,la Svezia,e desiderò potervi tornare.

Ma là non conosceva proprio nessuno,mentre in Italia gli amici del padre l’avrebbero senz’altro aiutata.

E poi doveva iniziare una vita nuova,non ripercorrere vecchi sentieri.

Suo padre,quando si erano trasferiti in Francia,si era trovato nella stessa situazione.

Senza conoscenze,senza parlare una parola di francese,praticamente senza un soldo..

 

Ma lui aveva almeno me,pensò amaramente. Io non ho nessuno.

 

Mentre rifletteva su questo,sistemò le valigie accanto alla porta.

Una delle due borse si aprì d’improvviso,e ne cadde fuori il suo breviario.

Un regalo di suo padre,il giorno della sua Comunione.

E,dentro quel libro,una rosa rossa essiccata,ancora avvolta in un nastro di seta nera…

 

Non dirò più che sono sola. Sorrise. I miei due angeli non mi abbandoneranno,ora ne sono davvero sicura.

 

 

Io sono l’unica il cui destino

lingua non indaga, occhio non piange;

non ho mai causato un cupo pensiero,

né un sorriso di gioia, da quando sono nata.

Tra piaceri segreti e lacrime segrete,

questa mutevole vita mi è sfuggita,

dopo diciott’anni ancora così solitaria

come nel giorno della mia nascita.

E vi furono tempi che non posso nascondere,

tempi in cui tutto ciò era terribile,

quando la mia triste anima perse il suo orgoglio

e desiderò qualcuno che l’amasse.

Ma ciò apparteneva ai primi ardori

di sentimenti poi repressi dal dolore;

e sono morti da così lungo tempo

che stento a credere siano mai esistiti.

Prima si dissolse la speranza giovanile,

poi svanì l’arcobaleno della fantasia;

infine l’esperienza mi insegnò che mai

crebbe in un cuore mortale la verità.

Era già amaro pensare che l’umanità

fosse insincera, sterile, servile;

ma peggio fu fidarmi della mia mente

e trovarvi la stessa corruzione.

                                                                 Emily Bronte

 

 

 

Erik era esausto.

 

Da due giorni galoppava senza sosta verso il sud,battendo strade secondarie per poter viaggiare anche durante il giorno senza paura della Gendarmerie.

Non poteva farsi arrestare,non adesso.

Per tre anni aveva vissuto nella totale indifferenza. Sapeva quale sarebbe stato il suo destino se lo avessero catturato. Per gli assassini c’era la ghigliottina.

Ma in fondo l’idea non lo aveva mai spaventato.

La vita era un bene di cui non aveva più intenzione di godere,che differenza c’era fra il morire giustiziato e il morire lentamente,giorno dopo giorno,nel pensiero di aver perduto l’amore di una vita?

 

 

 

Per anni Erik aveva creduto di essere ormai immune all’amore,o meglio,al bisogno di essere amato.

 Fino a che all’Opera Populaire non era arrivata quella bambina svedese,spaventata e sola al mondo. Immediatamente aveva provato affetto per quella creatura,abbandonata. Aveva desiderato lenire la sua solitudine,colmare il vuoto lasciato dalla morte del padre,e al contempo educare la sua voce, così bella..

E pian piano quell’affetto fraterno si era trasformato in un sentimento più forte,più sincero.

Si era reso conto,con sgomento,di amarla.

 

Da allora aveva passato mesi di angoscia,a nascondersi nel buio,senza farsi mai vedere da lei.

Sapeva che avrebbe provato orrore davanti a lui,chi mai non lo aveva provato?

Perfino i pochi amici che aveva avuto nella vita,quando lo avevano visto senza la maschera,non avevano potuto mascherare l’orrore.

Perfino il Daroga,abituato a vedere mostruosità di ogni tipo,era trasalito. Come poteva non farlo una fanciulla innocente?

 

Poi finalmente aveva trovato il coraggio di rivelarsi a lei,quella notte in cui l’aveva portata nei sotterranei e aveva cantato la melodia che aveva composto per lei…  Credeva di averla conquistata. Forse era stato così,almeno in quel periodo.

 

 Ma poi era arrivato quel damerino da strapazzo,con i suoi modi gentili,le storie della loro infanzia insieme e quella sua dannata bellezza…come lo aveva odiato!

In un batter d’occhio i due erano fidanzati,e lui era scivolato nel baratro della pazzia,e aveva ucciso molte persone coinvolte anche solo marginalmente in questa storia.

Avrei dovuto uccidere me stesso,la bestia che c’è in me,concluse.

 

Ma ora era cambiato,provava rimorso per quello che aveva commesso in passato,un sentimento che prima non aveva mai sperimentato.

Era uno dei miracoli che Christine aveva compiuto in lui.

La sua preziosa,piccola Christine.

Innocente e fiduciosa com’era,chissà cosa le sarebbe successo,sola al mondo.

Rabbrividì. Doveva assolutamente fermarla.

Spronò il cavallo,con rinnovato vigore.

 

 

Madame Giry continuava a sentirsi inquieta.

 

Aveva preso sotto la sua ala protettrice la giovane Catherine,e in quei due giorni aveva fatto del suo meglio per cancellare dal viso della ragazza anni di abusi e patimenti.

Nessuno avrebbe mai dato un lavoro ad una ragazza di strada,nel teatro,oppure,peggio,avrebbero cercato di approfittarsi di lei. Non poteva farle correre un simile rischio.

Perciò l’aveva istruita su come comportarsi,su cosa raccontare e cosa nascondere del suo passato.

Le aveva lavato e acconciato i capelli,le aveva trovato un abito di Meg della sua misura,sufficientemente decoroso.

 

Sua figlia era rimasta stupita nel trovare quelle estranee in casa,al suo ritorno,ma la madre l’aveva liquidata raccontandole che erano lontane cugine.

Ovviamente Meg non vi aveva creduto. Ma non aveva avuto il coraggio di proseguire nell’interrogatorio,vista l’espressione severa di sua madre. 

Dopo tutto la ragazza aveva la sua età,e nonostante una strana espressione da animale in trappola,era abbastanza simpatica,quando superava una specie di timidezza che la rendeva piuttosto taciturna.

E la bambina!! Che angioletto!! Assomigliava molto alla sorella maggiore,ma i suoi lineamenti fini e delicati erano totalmente privi di espressione.

 

Non era una bambina normale,questo è certo.

Aveva fatto a malapena un sorriso, quando Meg le aveva offerto la sua vecchia bambola.

All’inizio era sembrata diffidente,poi aveva abbracciato il giocattolo e non se ne era più separata.

Meg ne era rimasta quasi commossa. Quella bambina non doveva mai aver avuto un giocattolo in vita sua…

 

Madame Giry osservava tutto,e taceva.

Al suo ritorno Erik le avrebbe dovuto dare molte spiegazioni.

 

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Capitolo 5
*** Sogni infranti ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 5: SOGNI INFRANTI

Non so perché io mi strugga per te ancora,

Arda di risolcare il tuo flutto incostante;

Udrà lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte,

Il tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue...

                                                                         William Henry Davies, Sogni marinari

 

 

Erik arrivò al porto troppo tardi.

Una folla di parenti e curiosi affollava la banchina,e lui vinse la paura di essere riconosciuto da qualcuno,e si mescolò a loro. La nave era appena partita.

Il cuore pesava come un macigno,e la sua testa ribolliva di rabbia.

Se quella sciocca di Madame Giry non lo avesse tenuto all’oscuro di tutto..non avrebbe mai permesso a Christine di fare una cosa tanto stupida!

L’avrebbe legata al letto,se necessario,ma non l’avrebbe mai lasciata partire tutta sola per un altro paese!

Perché Madame Giry glielo aveva permesso?

Quella donna non era una sprovveduta,doveva aver avuto i suoi motivi,certo…ma questo non cambiava la realtà delle cose.

Aguzzando la vista la scorse,sul ponte.

Una figurina minuta,tutta vestita di nero,che sventolava un fazzolettino bianco,agitato dalla brezza marina. Esattamente come aveva descritto nella lettera…

La mia Christine… pensò,mentre una fitta di dolore gli crivellava il petto.

Ora l’ho davvero perduta per sempre. Non tornerà mai più da me.

Non saprà mai che sono ancora vivo…che la amo ancora.

Voltò le spalle al mare che aveva appena rubato il suo bene più prezioso,e fece il possibile per reprimere le lacrime. Non gli riuscì.

 Mentre risaliva a cavallo,quelle piccole gocce,distillato del suo dolore,gli bagnavano il viso e la maschera, trasformandosi in cristalli ghiacciati nell’aria gelida del mattino.

 

Nadir era preoccupato.

Non avendo avuto notizie di Erik da qualche giorno,aveva vinto il suo proverbiale riserbo orientale ed era andato a bussare alla porta di Madame Giry.

Gli aveva aperto la figlia,assai stupita di vederlo.

Lo aveva fatto accomodare,ed era andata a chiamare la madre.

L’uomo si era avvicinato al caminetto acceso. Era gelato fino al midollo,non si sarebbe mai abituato al clima francese,così diverso dal calore avvolgente delle terre di Persia…

Sorrise,ripensando al suo paese solatio,la cui bellezza naturale annegava nella barbarie del suo governo.

“Cosa siete venuto a fare qui? Siete forse impazzito?”

La voce tagliente di Madame Giry riecheggiò alle sue spalle. La donna sembrava stupita e seccata.

“Perdonatemi Madame…non avevo intenzione di recarvi disturbo”spiegò l’uomo,confuso.

“Da qualche giorno Erik non si è più fatto vivo,e pensavo che forse era venuto da voi..temo che gli sia accaduto qualcosa di male..”

La donna sospirò forte,come per scacciare un senso di malore.

 “Sì,in effetti sono accadute molte cose negli ultimi giorni..cose strane. Sedete,prego.”

L’uomo si accomodò. Lei gli narrò succintamente gli ultimi eventi.

Nadir scosse la testa. “Quasi non mi sembra vero. Sembrava averla dimenticata…”

“A volte il fuoco brucia a lungo,sotto la cenere”sentenziò Madame.

“Ma ditemi monsieur Nadir,voi non sapete nulla di una giovane di nome Catherine,e di sua figlia Angelique?”

“Assolutamente no…sono le due persone che Erik vi ha chiesto di ospitare?”

“Sì…e non sono riuscita a capire in quale rapporto siano con lui. Per un momento ho perfino pensato che.. che..” Il Persiano sorrise ironicamente prima che lei potesse terminare la frase.

“Qualsiasi cosa abbiate pensato,madame,vi state sbagliando. Erik non ha avuto alcuna donna in questi tre anni. E di questo sono assolutamente sicuro. E’vero,mi sono ingannato credendo che avesse scordato l’affetto per quella ragazzina..ma non mi sbaglio su questo punto. Ho frequentato spesso sia lui che la sua casa. E su entrambi non ho mai visto quell’ombra di gioia che una presenza femminile dà spontaneamente.”

Madame Girì annuì,riflettendo. Se quanto affermava quell’uomo era vero,allora da dove spuntavano quell’infelice ragazza e la sua bambina?

La loro pacata discussione fu interrotta da un grido di terrore.

“Oddio,la mia Meg!”gridò angosciata madame Giry.

Entrambi si precipitarono in corridoio,e videro Meg,in stato di profonda alterazione,schiacciata contro la parete opposta alla porta,tremante e con le lacrime agli occhi.

Davanti a loro stava Erik,sporco, sudato e scarmigliato come se fosse appena uscito dall’Inferno.

“Immagino che la ragazza non si aspettasse una mia visita…”commentò sarcastico,mentre Madame cercava inutilmente di calmare la figlia.

“Tessete troppi inganni e raccontate bugie con troppa facilità, Madame. Perfino a vostra figlia,a quanto pare.”

 

Circa un’ora dopo,messa a letto Meg,ancora sconvolta e febbricitante,Madame Giry entrò in cucina,dove l’attendevano Erik,il Persiano e Catherine,che aveva appena lasciato la piccola Angelique nell’altra stanza,intenta a giocare.

Il viso di Erik denunciava tutta la stanchezza e l’angoscia che lo attanagliavano.

“L’ho persa per un soffio..se solo fossi partito poche ore prima…se solo voi mi aveste detto la verità..”

Aveva gli occhi cerchiati e iniettati di sangue,come se avesse pianto a lungo.

Madame Giry ebbe pietà di lui,per l’ennesima volta.

Nondimeno,doveva sapere la verità su quella ragazza.

“Di questo discuteremo più tardi. Ora mi devi dire in quali rapporti sei con questa ragazza. Esigo di sapere se quella…è tua figlia!”

Erik alzò lo sguardo,sorpreso. Anche la ragazza parve sobbalzare a quell’accusa.

“Non ho idea di come abbiate potuto pensare una cosa simile…e che possiate parlarne in un momento come questo,per giunta.”

Madame Giry si rilassò. Il Persiano aveva ragione.

Erik,con tono di voce distante, le spiegò brevemente la storia dei suoi rapporti con il padre della ragazza,anni prima. “Ed è per questo che desidero aiutarle. Nient’altro.. Ora Madame,se non siete disposta a fare la vostra parte,ditelo chiaramente,e me ne occuperò io,a modo mio.”

“No,non è necessario”obiettò la donna. “Non sarebbe opportuno per lei venire a vivere da te,attirerebbe troppa attenzione,e sai bene che la polizia ti sta ancora cercando. Rimarrà qui fino a quando lo vorrà. E da lunedì inizierà a lavorare al teatro come aiuto - costumista. Ho già parlato con gli impresari.”

Catherine sorrise,grata e meravigliata.

Probabilmente in vita sua nessuno le ha mostrato della gentilezza disinteressata,concluse Madame.

Meg si affacciò alla porta della cucina,pallidissima,e sedette accanto alla madre,non avendo quasi il coraggio di incontrare lo sguardo del Fantasma,come seguitava a chiamarlo.

Pensava fosse morto,ne era certa anzi…era stata proprio lei a trovare la sua maschera a terra,là nei sotterranei.

E invece lui era vivo…forse era anche coinvolto nella scomparsa della sua amica Christine!!!

“Lei dov’è?Cosa le avete fatto?Dov’è la mia amica?” la preoccupazione vinse la sua naturale timidezza.

Erik fece una smorfia grottesca e addolorata.

 “Non dovrei essere io a risponderti. Tua madre ha sempre conosciuto gli spostamenti di Christine,e a quanto pare non ne ha messo a parte neppure te..”

La ragazza alzò i suoi occhioni blu verso la madre…quell’uomo stava mentendo…maman non le avrebbe mai fatto una cosa simile.

Ma la madre abbassò gli occhi,e quel solo,semplice gesto la convinse della sua colpevolezza.

L’aveva lasciata piangere e disperarsi per la scomparsa di Christine senza una parola…

“E ora,cara bambina,la tua  amica sarà già approdata sulla costa italiana. E’partita da Marsiglia tre giorni fa.”

Meg si irrigidì.

Italia…Marsiglia

...un ricordo le venne alla mente e le fece correre un brivido nella schiena.

Si alzò e si diresse al piccolo scrittoio.

Chiese ad Erik,con voce piatta: “Qual’era il nome della nave su cui si è imbarcata?” 

Erik corrugò la fronte,cercando di ricordare. “Mi pare… LA BEATRICE…”

Meg lasciò cadere a terra il giornale del giorno prima,che aveva preso in mano. Là,sulla prima pagine,a lettere cubitali,stava scritto:

 

TRAGICO INCIDENTE NELLE ACQUE FRANCESI. LA BEATRICE AFFONDA AL LARGO DELLA COSTA POCO DOPO ESSERE SALPATA. FINORA NESSUN SUPERSTITE.

 

Erik fissò a lungo quelle lettere stampate,finchè non iniziarono a ballare nella sua mente confusa.

Christine era morta..annegata…per colpa sua..sì,era senza dubbio colpa sua.

Se quella notte non l’avesse lasciata andare, la ragazza sarebbe stata sua moglie a quest’ora.

Avrebbero avuto una famiglia…

Ma chi cerchi di ingannare? Lo beffò una vocina interiore. Si sarebbe tolta la vita piuttosto di essere tua sposa!!!

Ma se l’altro giorno fossi arrivato in tempo,l’avrei convinta a tornare a Parigi…

Povero idiota,lei si sarebbe messa ad urlare per lo spavento e avrebbe attirato l’attenzione di tutte le guardie del porto.

A quest’ora saresti già un pendaglio da forca…

Inghiottì le lacrime,alzandosi.

Madame Giry cercò di fermarlo,disse qualcosa,anche il Persiano stava parlando…

Meg piangeva di un pianto isterico che lo irritava ancora di più,mentre Catherine si era rannicchiata in un angolo,muta davanti a quella scena di cui non poteva comprendere il significato.

Lui non sentiva più nulla.

Solo un vago ronzio di sottofondo.

Non si rese neppure conto di cavalcare verso casa.

Gli sembrava di essere stato trasformato in un blocco di ghiaccio,da quella notizia che rifiutava di assimilare…

 

Christine è morta…..

 

Christine è morta…

 

Christine è morta….

 

In quel momento un’altra persona era rinchiusa da ore ed ore nella propria biblioteca,fissando l’elenco delle vittime del naufragio.

Un uomo che per due giorni aveva rifiutato cibo e sonno,e che continuava a bere,sperando così di obliare il proprio dolore..il proprio senso di colpa…

Quell’uomo era il Visconte de Chagny.

 

Nelle ultime settimane la preoccupazione lo aveva quasi fatto uscire di senno,ed ora questo..

 

Ogni mattina,al risveglio,si chiedeva come avrebbe fatto ad affrontare un’altra giornata,come avrebbe potuto arrivare a sera.

Aveva cercato in un primo tempo di immergersi nella vita mondana,come prima della partenza di Christine. Non aveva funzionato,e quasi subito vi aveva rinunciato completamente.

 

Lei era l’ultima persona nei suoi pensieri,prima che si addormentasse. Lei occupava sempre più la sua mente..

“Christine..hai messo il tuo cuore al posto del mio,lo sai?” aveva sussurrato una notte,con le lacrime agli occhi per la nostalgia di lei.

 

Ora tutto quel rimpianto era mutato in collera. Ma non verso la ragazza e la sua fuga avventata.

 

“Maledetto Fantasma…sei riuscito anche a ucciderla!! Christine…perché mi hai abbandonato? Perché sei morta? Perché hai dovuto fuggire lontano da me??”

I suoi lamenti sconnessi si mescolavano alle lacrime e agli accessi di collera con cui i servi avevano imparato a fare i conti. Non c’era modo di calmarlo,quando era di quell’umore.

Il Visconte de Chagny stava diventando pazzo,ne avevano concluso.

 

Madame Giry era pallida ed esausta.

Non aveva certo potuto immaginare,nel suo piano scaltro e perfetto, un evento inaspettato ed improbabile come un naufragio. Si trattava di un viaggio così breve…

Per la prima volta da lungo tempo,quella granitica donna pianse tutte le sue lacrime.

Era lei la vera assassina di Christine,la ragazza non avrebbe mai pensato di abbandonare il paese,neppure per sfuggire al Visconte.

Dio me la farà pagare,pensò amaramente. Anche se in buona fede,ho commesso troppo male su questa terra.

 

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Capitolo 6
*** Perdono e vendetta ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 6:  PERDONO E VENDETTA

 

Malattia e Morte fanno cenere del fuoco che per noi due arse. Di quei grandi occhi così fervidi, così teneri, di quella bocca in cui il mio cuore annegò,

di quei baci possenti come un balsamo, di quei moti più vivi che raggi, cosa resta? Terribile, anima mia! Null'altro che lo schizzo sbiadito, a matite di tre colori,

che, come me muore in solitudine e che il Tempo, vegliardo ingiurioso, ogni giorno struscia con la sua ala ruvida...

Nero assassino della Vita e dell'Arte, tu non ucciderai mai nella mia memoria colei che fu per me gloria e gioia.

                                                                                                 Il ritratto,Charles Baudelaire

 

 

Tornato alla sua nuova casa,Erik sprofondò per parecchi giorni in una specie di sogno,o di incubo forse.

 Sognava di esserle vicino,molto vicino,di tenderle invano la mano e di vederla annegare fra i flutti…

Vedeva il suo bellissimo viso stravolto dall’agonia,e ogni volta si risvegliava terrorizzato,per scoprire che la realtà non era diversa da quelle immagini di incubo.

Poche salme erano state ritrovate,gli aveva raccontato Nadir.

La gran parte di esse giaceva ancora nel fondale marino,e forse non sarebbe mai stata restituita da quelle capricciose maree…

Non avrebbe avuto neppure una tomba su cui piangerla.

Il dolore era penetrato tanto profondamente in lui da piegarne la volontà.

Si sentiva debole e insicuro come mai prima di allora.

Se non si uccise,nella nera disperazione di quei giorni,fu solo merito di una persona.

Della piccola Angelique.

La bambina,nel suo eloquente silenzio,aveva supplicato Nadir di portarla con sé,quando era andato a trovarlo,in campagna. Sembrava come concentrata su un pensiero.

Quando erano entrati in casa,Erik non l’aveva neppure notata,mentre si nascondeva dietro le lunghe gambe del Persiano.

Poi,come un topolino,aveva timidamente fatto capolino,accennandogli un triste sorriso.

“Cosa ci fa lei qui?” disse Erik bruscamente.

“Ha insistito tanto per venire qui…penso che tu le mancassi.”

“Sì,certo..” lo irrise amaramente.

In quel momento sentì la manina della bimba tirargli la manica.

Gli stava porgendo la bambola,il prezioso giocattolo da cui non si separava mai.

Erik la fissava,senza capire. Angelique,come spazientita,sbuffò,e gliela porse di nuovo.

“Vuoi che la prenda io? L’hai portata per regalarla ..a me?”

Felice di essere stata compresa la bambina annuì e sorrise.

Poi si fece seria,e indicò la metà del viso coperta dalla maschera.

“Vorresti questa in cambio? Non posso dartela,davvero..”fece una smorfia.”Non verresti mai più a trovarmi,temo,se lo facessi. Però..posso darti qualcosa in cambio.”

La bambina annuì eccitata,non aveva più quell’aria sparuta e infelice del loro primo incontro.

Lui lasciò un attimo la stanza. Nadir era piuttosto perplesso.

Erik ci sapeva fare con i bambini,ricordava il rapporto speciale che si era instaurato fra lui e suo figlio Reza. Eppure…quando guardava quella bambina,lo faceva con un affetto diverso,più profondo.

Probabilmente il suo senso paterno era maturato nel corso degli anni.. era doloroso pensare che un uomo così non avrebbe mai avuto figli propri.

Erik ritornò,con una mano stretta a pugno. L’aprì proprio davanti al viso della bambina,e Nadir riconobbe immediatamente l’oggetto.

Legato ad una semplice cordicella,stava l’anello di fidanzamento di Miss Daee,che la ragazza gli aveva lasciato come ricordo,quella notte spaventosa.

Il Persiano sgranò gli occhi. Ora,proprio ora, non avrebbe conservato quel prezioso ricordo?

Lo avrebbe donato ad una bambina che conosceva appena,e che non poteva neppure immaginare il valore,sia economico che sentimentale,di quel dono?

“Ora Angelique ascoltami bene..questo sarà il nostro patto.”Il tono di Erik si era addolcito,mentre parlava.  

“Io terrò la tua bambola qui,e tu ci giocherai quando vorrai,ogni volta che verrai a trovarmi. Tu indosserai questo anello come un ciondolo,e  non lo racconterai a nessuno.. E finchè entrambi conserveremo il dono dell’altro,faremo del nostro meglio per non essere tristi. Me lo prometti?”

La bambina annuì con serietà,come se fosse un’adulta..e poi lo abbracciò,d’impeto.

Erik rimase immobile,quasi turbato da quel naturale gesto di affetto,a lui così poco familiare.

L’abbracciò a sua volta,e poi si voltò verso Nadir,con fare indifferente.

“Allora,quale progetto dobbiamo preparare questa settimana? Desidero rimettermi subito al lavoro.”

“Erik…prima di parlare di lavoro,lascia che ti chieda una cosa. Credi sia saggio privarti anche dell’ultimo ricordo di Chistine,ora che lei…insomma,non te ne pentirai?”

Lui gli rispose senza neppure voltarsi.

“No Daroga,ne sono certo. Non ho bisogno di quell’anello per ricordarmi di lei.”

Chiuse gli occhi,pensando a quel sonetto di Shakespeare,il 122, che un tempo le aveva letto,durante una di quelle lunghe notti dietro lo specchio del suo camerino…diceva pressappoco così…

 

Il dono tuo, il quaderno, e' dentro la mia mente

scritto tutto in memoria imperitura,

che assai piu' durera' di quelle vuote pagine,

oltre ogni termine, fino all'eternita'.

O almeno fino a che la mente e il cuore

avranno da natura la facolta' di esistere,

finche' al labile oblio non daran la lor parte

di te, il tuo ricordo non potra' cancellarsi;

quei miseri appunti non potrebbero tanto contenere

ne' mi occorre un registro per segnare il tuo amore;

per questo ho osato dar via il tuo quaderno,

fidando invece in quello che meglio ti riceve.

Il tenere un qualcosa che serva a ricordarti

equivarrebbe a ammettere ch'io so dimenticarti.

 

“No Daroga”ripetè con rafforzata convinzione. “Non mi serve nessun ricordo di lei.”

 

Nel frattempo, anche Raoul affrontava il dolore,a modo suo.

Non potendo recarsi alla tomba della sua ex fidanzata,dal momento che il suo corpo non era stato neppure ritrovato,aveva deciso di costruirle un mausoleo,accanto alla cappella della sua famiglia.

Dopo tutto in società non era ancora giunta la notizia dello scioglimento del loro legame…e quindi avrebbero compreso tutti il suo desiderio di onorare il ricordo della ragazza che stava per diventare sua moglie.

Aveva già preso accordi con un architetto, e presto l’opera sarebbe stata eseguita.

Avrebbe avuto un luogo dove piangerla,dove perdersi nei ricordi del passato,nei loro ricordi felici.

Non si sarebbe mai sposato con un’altra,gli sarebbe sembrato di infangare il ricordo di quell’amore purissimo.

Sospirò,mentre la carrozza si fermava davanti all’Opera.

Si era reso conto di non possedere un ritratto di Christine da incorniciare nel mausoleo.

I posteri avrebbero dovuto conoscere la sua grande,delicata bellezza…

Si ricordava di aver visto un ritratto meraviglioso appeso in uno dei corridoio del backstage.

Era stato dipinto alcuni anni prima,la sera del debutto di Christine.

Sembrava un angelo quella sera,mentre esibiva la sua voce pura e ricca,vestita da capo a piedi di un sontuoso vestito bianco… Lo aveva stregato. 

Così aveva pensato di reclamare quel ritratto.

Era uno dei più munifici patroni del teatro,non avrebbero potuto negarglielo. E così era stato infatti.

Gli impresari,monsieur Andre e monsieur Firmin,si erano profusi in una lunga serie di condoglianze,che lui aveva a malapena ascoltato. Per loro la morte di Christine era solo la perdita di una capace soprano,di una voce che, se avesse accettato di esibirsi nuovamente,avrebbe fatto registrare un tutto esaurito.

Che individui gretti e meschini,pensò. Reprimendo il suo disgusto,si affrettò a congedarsi.

 

Mentre stava per uscire,si fermò ad ascoltare le chiacchiere delle “topoline”,le ballerine più giovani.

Gli sfuggì un sorriso triste,mentre rivedeva Christine,mentre muoveva i primi passi nel mondo della danza.

Ma poi qualcosa catturò la sua attenzione.

“Cosa dici Jeannette? Non può essere vero! Lo sanno tutti che è morto!”

“E’vero,da tre anni a questa parte non ci sono stati più né morti né incidenti!”

“Eppure è così,vi dico! Marie mi ha detto di aver sentito da Lisette che Meg è a stata assente tutto questo tempo dalle prove perché…lo ha visto,e le è quasi preso un colpo! E poi,subito dopo,è arrivata la notizia della morte di Christine Daae…non può essere una coincidenza,vi pare??”

“Ma quella ragazza è morta annegata in un naufragio… come può essere coinvolto il fantasma?”

La ragazza di nome Jeannette fece una smorfia. “So vede che voi non eravate qui,tre anni. Io c’ero,e ho visto tutto. Quell’uomo..quella cosa,è capace di ogni malvagità!”

“Svelte,svelte!Sta arrivando Madame Giry! Non vuole che si parli di questo,lo sapete!”

Le ragazze si dispersero velocemente in ogni direzione.

 

Raoul si era appoggiato al muro,tremando come un indemoniato.

Il dipinto gli era quasi caduto dalle mani,e ora sembrava irridere la sua amara sorpresa.

Il Fantasma è vivo.

Il Fantasma è tornato.

Il Fantasma è responsabile della morte di Christine…

 

Questa volta quel bastardo morirà,concluse gelidamente Raoul.

 

 

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Capitolo 7
*** L'avvenire è nel passato ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 7:  L’AVVENIRE E’ NEL PASSATO

 

You think that I can't live without your love

You'll see,

You think I can't go on another day.

You think I have nothing

Without you by my side,

You'll see

Somehow, some way

You think that I can never laugh again

You'll see,

You think that you destroyed my faith in love.

You think after all you've done

I'll never find my way back home,

You'll see

Somehow, someday

All by myself

I don't need anyone at all

I know I'll survive

I know I'll stay alive,

All on my own

I don't need anyone this time

It will be mine

No one can take it from me

You'll see

You think that you are strong, but you are weak

You'll see,

It takes more strength to cry, admit defeat.

I have truth on my side,

You only have deceit

You'll see, somehow, someday

                                                                         Madonna, You’ll see

 

 

Christine prese un profondo respiro,e sorrise fra sé e sé.

Chissà cosa avrebbero pensato i suoi amici,quando avessero saputo cosa le accaduto!

In realtà non sapeva quando li avrebbe informati.

Sicuramente Madame Giry si sarebbe preoccupata,e non voleva causarle altri problemi.

E poi,se avesse mantenuto una corrispondenza troppo fitta,Meg avrebbe potuto intercettare le sue lettere. Prima o poi si sarebbe fatta sfuggire qualcosa,e Raoul si sarebbe messo immediatamente sulle sue tracce.

E non poteva rischiare…

Quella notte passata sopra la taverna del porto l’aveva fatta riflettere a lungo.

E aveva deciso di cambiare i suoi piani.

Quel viaggio,in pratica,lo aveva deciso Madame Giry,non era stata un’idea sua.

E la cosa che più desiderava,quello che in quella lunga notte aveva promesso ai suoi due angeli custodi,era di iniziare da zero la vita che LEI desiderava vivere.

 

Così,invece di imbarcarsi per l’Italia,era tornata dai parenti di Madame Giry, e aveva espresso loro la decisione di rimanere a vivere nei dintorni. Erano stati felici di aiutarla a trovare un impiego.

Grazie alla sua educazione accademica e al talento musicale era stata assunta come istitutrice presso una famiglia benestante. Si era subito trovata a suo agio nella casa di Patrice Verneuil,un professore universitario,vedovo,e dei suoi due bambini, Adrienne e Charlotte. Erano due piccole pesti,ma le si erano immediatamente affezioanti,ed erano allievi capaci e diligenti. E il professore la trattava con rispetto e deferenza,rispettando la sua reticenza a parlare del passato.

L’uomo era abbastanza esperto del mondo per capire quando era opportuno tacere,e quella ragazza aveva subito suscitato in lui un’innata simpatia.

Questo,tuttavia,non gli aveva impedito di continuare,di quando in quando,a farle domande personali.

Il loro rapporto era quasi confidenziale,ormai,e sentiva che la ragazza aveva un peso sulla coscienza,un dolore,forse un rimorso..le avrebbe fatto bene potersi sfogare.

Ma la giovane istitutrice sembrava essersi trincerata dietro un muro di ostinato silenzio.

 

“Mi dica,mademoiselle Christine…ho notato che non le arrivano mai missive qui. Forse,non ha ancora comunicato ai suoi parenti il suo attuale indirizzo?”

Avevano appena finito di cenare,e si erano spostati in biblioteca.

I due bambini facevano chiasso,in attesa dell’ora di andare a letto.

Lui stava leggendo il giornale,e di quando in quando sollevava lo sguardo per spiare la giovane.

Sembrava completamente assorta nella lettura del proprio breviario,ma dopo un po’ il professore si rese conto che non stava leggendo. Stava fissando un fiore essiccato,piegato fra le pagine,e il suo viso denotava un’insondabile tristezza. 

La ragazza si scosse d’improvviso al suono della sua voce,come se fosse persa in chissà quali riflessioni.

Gli sorrise. “Oh no,monsieur.. non l’ho fatto. Non ho parenti,solo pochi amici a Parigi..ma per il momento non desidero che sappiano dove mi trovo.”

“Sono pronto a giurare che tutta questa segretezza è dovuta ad un corteggiatore insistente…ehehe,non vi può essere altra ragione!” Un’ombra di imbarazzato rossore si diffuse sulle guance della fanciulla.

Dunque aveva colto nel segno. “E perché mai una fanciulla in età da marito è dovuta sfuggire ad un possibile buon partito? Egli era forse…un poco di buono?”

La ragazza sbarrò gli occhi. “Oh no,ve lo assicuro monsieur. Egli è un uomo nobile e buono..non c’è motivo di dubitare della sua integrità.”

“E allora?proprio non riesco a capirvi…se ci fosse ancora qui la mia povera Adéle! Si sentiva la patrona delle giovani unioni. Vi avrebbe senz’altro fatta ritornare sulle vostre decisioni. Dopo tutto,se amate quel giovanotto…” Di nuovo notò quella profonda tristezza.

Dunque non lo amava…ma allora di chi era quel fiore che fissava con tanta intensità?

“Si è fatto molto tardi,Monsieur. Porto a letto i bambini e mi ritiro anch’io,con il vostro permesso.”

Il professore annuì.”Ma certo. Buonanotte mia cara bambina.”

 

Rimasto solo,continuò a riflettere su quel mistero.

Aveva sentito cantare la sua nuova istitutrice. La sua voce non era comune,sembrava aver ricevuto un’educazione estremamente accurata. L’educazione di una vera soprano…

E perché mai una giovane con un tale promettente futuro,con uno spasimante pronto a impalmarla, doveva nascondersi agli amici e condurre una vita tanto umile e nascosta?

Una donna abituata alle luci del palcoscenico,che decide di trovarsi un modesto seppur dignitoso impiego..

C’è sotto un mistero,questo è certo.

Aggiustandosi gli occhialini sul naso,prima di reimmergersi nella lettura, decise che avrebbe indagato la questione.

 

“Meg!” la voce di Madame Giry era fredda e arrabbiata.

Meg deglutì. Sua madre non le aveva mai parlato così.

“Si può sapere cosa sei andata a dire in giro? Tutto il teatro parla del ritorno del Fantasma! Lo collegano anche alla morte di Christine..come hai potuto comportarti con tanta leggerezza, stupida bambina!”

Stava per colpirla, quando la piccola Angelique le si parò innanzi,come a volerla difendere.

Fissò Madame con uno sguardo accusatorio,e per un attimo la donna fu costretta a riflettere.

Certo,se lei non avesse tenuto nascosto tutto alla figlia,forse quel pasticcio non sarebbe accaduto..

Si stupì di non averci pensato prima.

Era come se quella bambina,con i silenzi e quegli sguardi profondi,riuscisse a penetrare nelle profondità delle menti umane,costringendole a riflettere.

“La piccola ha più senno di me.”sospirò Madame. “Ti chiedo perdono Meg.Il tuo comportamento è dipeso interamente dal mio.” Si voltò e fece per andarsene,ma Meg la fermò.

“Mamma…non riesco a smettere di pensare a Christine. Se Raoul non avesse insistito nel volerla sposare,non sarebbe mai partita. Non sarebbe..mai..”

“Lo so bambina. Ma non è colpa di nessuno.”

Bugiarda. E’colpa tua. Se non le avessi messo in testa l’idea di partire, Christine non lo avrebbe mai fatto.

“Anche Erik sta soffrendo molto,ma cerca di dominarsi. Dobbiamo farlo anche noi.Non si può tornare indietro”

 

Quella sera Catherine e Madame Giry uscirono insieme dal teatro,finito il lavoro.

Meg sarebbe rimasta a dormire con le compagne,e le due donne si incamminarono lentamente verso casa.

Non si accorsero della carrozza con lo stemma dei de Chagny,parcheggiata all’imboccatura di Rue Scribe,né del suo occupante.

Raoul aveva deciso di spiare i loro spostamenti,certo di arrivare prima o poi al nascondiglio di Erik.

L’entrata ai sotterranei dell’Opera era stata sigillata mesi prima,perciò era fuori discussione che quel diavolo fosse tornato là sotto. Doveva essersi nascosto da qualche parte,comunque. Era ricercato,certo non poteva andarsene tranquillamente in giro alla luce del sole.

E quando lo avesse trovato…fece un ghigno crudele.

Quel mostro avrebbe scontato tutti i suoi peccati.

 

Trascorsero alcuni mesi.

 

Christine era soddisfatta della sua nuova vita,adorava i bambini e  il calore di quella città del sud,così diversa da Parigi. Marsiglia era senza dubbio provinciale rispetto alla frenetica capitale,ma aveva un’atmosfera gioiosa e vitale che aveva travolto e conquistato la giovane.

Aveva anche iniziato un corso di pittura,materia che non l’aveva mai attratta prima,e che ora invece l’appassionava moltissimo.

 Sentiva raramente la nostalgia di casa,e quando ciò accadeva si rifugiava in quello che aveva ribattezzato “il roseto dell’Angelo”,il luogo dove era fiorito in pieno inverno quel cespuglio di rose vermiglie. 

In quel luogo ritrovava la pace,e poteva pensare al suo amore perduto senza lacrime né sofferenza. Sedeva per ore,nei suoi giorni liberi,a disegnare in quel giardino.

Un unico soggetto: il viso di un uomo,di profilo,circondato dal buio…

 

Un giorno si rese conto che il professore l’aveva seguita.

L’uomo le si sedette accanto,e fissando un punto indeterminato all’orizzonte,le disse: “Mademoiselle…dobbiamo parlare. So tutto di voi. So chi siete,insomma.”

Christine impallidì.

“Non capisco,monsieur Verneuil..se non siete soddisfatto del mio lavoro,non ha importanza. Me ne andrò oggi stesso.” Si alzò,ma l’uomo le afferrò il braccio.

“Non così in fretta mademoiselle. O forse dovrei chiamarvi Diva…so che siete stata una stella del bel canto,una delle protagoniste dell’Opera Populaire di Parigi. Cosa vi ha spinto dunque qui al sud,a mescolarvi alla gente comune?” Christine continuò a tacere,tenendo gli occhi bassi.

“Ragazza mia,deve esservi successo qualcosa di terribile per reagire in questo modo. Ascoltatemi. Mi avete detto di essere orfana,e di aver sofferto molto per l’assenza di vostro padre. Io credo di avere pressappoco la sua età. Provate a raccontarmi tutto.Forse insieme troveremo una soluzione.”

Christine esitò. Non voleva coinvolgere quell’uomo nei suoi problemi. Non voleva neppure permettere che il passato le piombasse sulle spalle.

Eppure….gli occhi di quell’uomo erano sinceri,gentili. Erano davvero simili a quelli di suo padre.

Sospirò,ed annuì. Glielo avrebbe raccontato,ed era pronta ad andarsene.

Sicuramente non avrebbe più voluto accanto ai suoi bambini,una donna come lei.

 

Terminato il racconto,Christine tacque. L’uomo sembrava sconvolto.

Certo,si era aspettato qualche scandalo dietro quella fuga precipitosa..ma non di tale entità!

In effetti aveva letto sui giornali dell’incendio che aveva distrutto l’Opera Populaire di Parigi,qualche anno prima,e di una strana storia riguardante una specie di Fantasma che aveva rapito la primadonna in pieno spettacolo. Ma ovviamente non vi aveva dato credito: pettegolezzi per spaventare le signore e vendere più copie! E invece…istintivamente credeva alla ragazza,non la riteneva in grado di elaborare una tale menzogna.

Prese a pulire i propri occhiali con attenzione,se li infilò e poi si alzò.

“Bene,mia cara. Sarai sempre ben accetta in casa nostra,dal momento che non sei certamente responsabile delle disgrazie che ti sono accadute. In ogni caso…se accetti un consiglio paterno,fai ritorno a Parigi per qualche tempo. Sistema i conflitti davanti ai quali sei fuggita,e se vorrai,torna da noi. Qui non ti mancherà mai una casa,e l’affetto di una famiglia. Ma la scelta spetta unicamente a te.”

 

La lasciò sola. La ragazza non riuscì a trattenere le lacrime,questa volta.

Il professore non aveva tutti i torti. Nell’ansia di iniziare la sua nuova vita,non aveva concluso nel migliore dei modi quella vecchia. Aveva rinunciato ai suoi amici. Aveva rinunciato alla sua promettente carriera di cantante d’opera. Aveva anche abbandonato il conforto di poter far visita al padre,sepolto al cimitero dei Santi Innocenti. E perché lo aveva fatto? Per paura delle pressioni di Raoul?

No,quella era stata una scusa,un’occasione che aveva colto al volo..

 

Qualcosa in lei si era spezzato,dopo quella confessione.

La fittizia serenità dietro la quale si era nascosta era incrinata irrimediabilmente.

Solo Parigi le avrebbe restituito l’anima..

E la pace.

 

Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
e mi chiude la gola
Senza nessuna ragione sobbalzo ad un tratto
lasciando a mezzo lo scritto
senza nessuna ragione nella hall di un albergo
sogno in piedi
senza nessuna ragione l'albero sul marciapiede
mi batte in fronte
senza nessuna ragione un lupo urla alla luna
iroso infelice affamato
senza nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi
sull'altalena del giardino
senza nessuna ragione vedo come sarò nella tomba
senza nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa
senza nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia
come se non dovesse finire mai più
e ogni volta sei tu
che sali dalle acque.

                                                                       Nazim  Hikmet,Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me

 

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Capitolo 8
*** Scherzi della musica ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 8: SCHERZI DELLA MUSICA

 

Vederla è un dipinto

sentirla è una musica

conoscerla un'intemperanza

innocente come giugno

non conoscerla una tristezza

averla come amica un calore

vicino come se il sole

ti brillasse nella mano 

                                                               Emily Dickinson Vederla è un dipinto 

 

 

“Angelique,dovresti dormire un po’adesso. Devo lavorare,non ho tempo per giocare con te.”

Erik era veramente esausto.

Erano molte notti che non riusciva a riposare bene,che si svegliava in preda agli incubi più tremendi..o meglio,in preda ad un unico incubo che si proponeva nelle più svariate forme.

Christine chiedeva il suo aiuto,era in pericolo,e lui non la vedeva,non la sentiva..fino a che era troppo tardi. Fino a che il viso di lei non gli appariva esangue,gli occhi vitrei,la bocca aperta.

Era prevedibile che di giorno non riuscisse a concentrarsi sul proprio lavoro.

Per di più, gli toccava badare alla piccola quando la madre e le Giry erano al lavoro,a teatro.

Là nessuno conosceva il passato di Catherine,e se avesse portato la bimba con sé la loro forte somiglianza l’avrebbe tradita. Erano quasi una goccia d’acqua,eppure Erik intravedeva qualcosa,nei tratti di quella bambina…non aveva osato interrogare Catherine,con la vita che aveva subito forse non sarebbe stata nemmeno in grado di sapere con certezza l’identità del padre.

 

La ragazza in quei  pochi mesi era rifiorita.

Aveva perso quella magrezza spettrale che la rendeva così sgraziata, e poteva sembrare una qualsiasi ragazza della sua età,se non fosse stato per il velo di malinconia che le rattristava lo sguardo.

Ad ogni modo si era gettata a capofitto nel lavoro,decisa a ripagare la generosità di Madame Giry.

Non appena avesse risparmiato abbastanza,le aveva promesso,avrebbe cercato un nuovo domicilio.

Madame aveva sorriso piena di tristezza,aveva preso in braccio Angelique e le aveva detto:

”Mia cara Catherine, recentemente è come se avessi perso una figlia. La presenza qui di voi due mi aiuta a superare quel senso di vuoto.”

 

La bambina quel pomeriggio sembrava determinata a fargli perdere la pazienza.

Correva instancabile qui e là, sollevava i fogli dei progetti,mescolandoli alla rinfusa,inseguiva un gattino trovato nel cortile…

Ad un tratto ad Erik venne un’idea.

Azionò la scatola musicale,e mentre le note riempivano l’aria la bambina si bloccò,ammaliata,e gli si sedette accanto. Quando la musica cessò,la bambina sgranò gli occhi.

“Ti è piaciuta vero? L’ho costruita io. Un tempo ho costruito mille oggetti come questo,anche più belli. C’è stato un tempo in cui vivevo per la musica,e in cui non ero solo..”

 Angelique gli mise una manina sulla spalla.

 Quella bambina ogni tanto sembrava un’adulta,tanto sensato era il suo modo di comportarsi.

“Sai Angelique? Ho deciso di farti un regalo oggi. Ti porterò a vedere il Teatro dove lavora la tua mamma. No,non devi preoccuparti. Lei non ci vedrà,conosco molti passaggi segreti in quel teatro.”

Le sorrise. “Ti porterò nei sotterranei,nel mio regno della Musica. Ti mostrerò un mondo meraviglioso,che ho rivelato soltanto ad un’altra persona.L’importante è che non ci facciamo sentire…ma questo non è un problema per noi,non è vero?”

La bambina sorrideva,saltellando felice. Erik le sorrise a sua volta,e uscì per sellare il cavallo.

 

Non c'è belva tanto feroce che non abbia un briciolo di pietà. Ma io non ne ho alcuno, quindi non sono una belva.

                William Shakespeare

“Monsieur le Vicomte,ho le informazioni che mi avevate richiesto.”

 

Raoul guardò accigliato l’uomo davanti a sé,un investigatore privato che gli era stato caldamente raccomandato da un amico. L’uomo sembrava piuttosto energico e sicuro di sé,e cosa assai più importante,sembrava disposto a qualunque cosa per denaro.

Viviamo in tempi davvero corrotti…riflettè il ragazzo fra sé e sé. Ma al momento quella situazione tornava a suo vantaggio.

“Ditemi dunque,monsieur Favre.” Fece del suo meglio per mantenere il tono freddo e distaccato.

“Ho trovato quell’uomo. Non è stato difficile,mi è bastato tenere sotto controllo la casa di quell’uomo orientale. L’uomo mascherato va da lui circa due volte la settimana,in piena notte,e seguirlo non è stato semplice. Quel diavolo mi è quasi sfuggito,sa come far perdere le sue tracce. E’come se si sentisse braccato… è un ricercato per caso?”

“Questo non è affar vostro,monsieur. Sapete dove abita?”

“Sì,in una specie di casale nella periferia parigina,non lontano dalla casa di quelle donne che mi avevate chiesto di controllare. Ogni tanto una delle due si reca al casale,la sera,e ne torna insieme ad una bambina piccola.”

“Chissà chi saranno…beh,non ci riguarda. Hai capito bene cosa devi fare,vero?”

“Monsieur…”l’uomo sorrise nervosamente. “Ho avuto i miei guai con la polizia,in passato. Ma non dubitate..al mio posto agirà una persona che ha la mia più totale fiducia. Attendiamo solo il vostro ordine.”

Raoul estrasse dal cassetto della scrivania un sacchettino pieno di denaro.

“Questo è il prezzo pattuito,più un extra…perché sia chiaro,io e te non ci siamo mai visti,né parlati.”

L’uomo sorrise,mentre soppesava la borsa fra le mani,avidamente.

“Siete molto generoso,Monsieur le Vicomte. Quando desiderate che entriamo in azione?”

Raoul sorrise crudelmente. “Stasera stessa.”

La morte di Christine meritava una vendetta tempestiva.

 

Erik e Angelique avevano passato il pomeriggio all’Opera.

Attraverso i molteplici passaggi segreti e trabocchetti che la Gendarmerie non aveva trovato, l’aveva portata in tutti i meandri di quel grandioso teatro.

Infine, con uno sguardo di sommo disprezzo ai sigilli spezzati che la polizia aveva posto sull’ingresso principale ai sotterranei,l’aveva condotta nel suo regno oltre il lago.

La barca che usava di solito era sparita…probabilmente l’aveva rubata qualche intruso che era penetrato nel suo covo. Rabbrividì. Chissà in che stato avevano ridotto la sua amata casa…si rifiutò di pensarci.

Ma,quando arrivò circa a metà traversata,notò che la sua vecchia barca era stata tratta in secca.

Com’era possibile? Chi l’aveva usata non avrebbe potuto tornare indietro,senza quel mezzo..  L’acqua era gelida in ogni periodo dell’anno, l’intruso sarebbe morto affogato in pochi minuti…

Strinse con forza il remo.

Se qualcuno avesse minacciato la sua vita o quella della bambina,avrebbe trovato pane per i propri denti.

 

Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me

non dico che fosse come la mia ombra

mi stava accanto anche nel buio

non dico che fosse come le mie mani e i miei piedi

quando si dorme si perdono le mani e i piedi

io non perdevo la nostalgia nemmeno durante il sonno

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me

non dico che fosse fame o sete o desiderio

del fresco nell'afa o del caldo nel gelo

era qualcosa che non può giungere a sazietà

non era gioia o tristezza non era legata

alle città alle nuvole alle canzoni ai ricordi

era in me e fuori di me.

durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me

e del viaggio non mi resta nulla se non quella nostalgia.

 

                                                    Nazim  Hikmet, Durante tutto il viaggio la nostalgia non si è separata da me

 

 

Christine era eccitata come una bambina.

Non si era accorta,immersa nelle deliziosa atmosfera romantica del sud, di quanto le fosse mancata quell’aria raffinata e mondana che solo Parigi possedeva.

 

Era arrivata solo da poche ore,ma il suo blocco era già pieno di schizzi. Lo aveva promesso ad Adrienne e Charlotte: i due bambini non erano mai stati nella capitale,e così aveva giurato loro di dipingere tutte le vedute più belle della città e regalargliele. Un giorno,aveva aggiunto,se vostro padre lo permetterà,vi porterò con me.

 

Monsieur Verneuil era rattristato della sua partenza,ma sapeva di aver fatto bene a consigliare alla giovane un ritorno a casa. Solo così avrebbe capito se quella vita a Marsiglia,con loro,era ciò che desiderava davvero.

 

Così, eccola di nuovo a Parigi…

 

Dopo essere stata a deporre un fiore sulla tomba del padre,aveva deciso di compiere un altro pellegrinaggio. Avrebbe visitato i sotterranei dell’Opera,per omaggiare il suo Angelo,e il luogo che,anche se per pochissimo  tempo,li aveva visti felici insieme.

 

Una volta là era stata a lungo indecisa sul da farsi.

La polizia aveva sigillato l’accesso di Rue Scribe, l’unico che lei conosceva a sufficienza da inoltrarvisi.

Si sarebbe persa senz’altro,seguendo uno degli altri passaggi,e non poteva rischiare.

Nessuno verrebbe più a salvarmi,pensò tristemente,ora che lui non c’è più.

Si era guardata intorno,per accertarsi che nessuno la stesse osservando. Il vicolo era deserto.

In fretta aveva reciso i sigilli e si era introdotta nel passaggio.

Si era fatta strada nel buio,fidandosi dei suoi ricordi. Ed essi non l’avevano tradita:in una decina di minuti aveva raggiunto la riva del lago,e aveva spinto la barca in acqua.

Quanto è pesante questo remo…riflettè fra sé e sé. Si sorprese della grande facilità che lui aveva posseduto nel remare. Sembrava farlo senza sforzo…e invece per lei era così maledettamente difficile!

 

Quando era arrivata sull’altra sponda,si sentiva totalmente esausta.

Ma la vista di quel luogo l’aveva rinfrancata.

 

Quante volte in quei tre anni era tornata con la mente a quelle stanze,a quel profumo di umido che impregnava l’aria,a quella luce fioca che filtrava dai livelli superiori.

Si avvicinò con reverenza all’organo a canne,lo strumento che lui suonava con tanta abilità.

Ne sfiorò i tasti,coperti dalla polvere del tempo,socchiudendo gli occhi.

 

Quante volte lui aveva lungamente suonato per lei…per farla esercitare nel canto,per cullarla nel sonno..semplicemente per intrattenerla nelle lunghe serate passate insieme.

Non ho dato a quei momenti il giusto valore,riflettè. Li davo per scontati,e davo per scontato anche lui. Credevo che ci sarebbe sempre stato per me…oh Dio,pensavo che avrebbe continuato a rimanermi accanto anche dopo quella notte terribile.

 

Quella notte…come aveva potuto comportarsi da sciocca in quel modo?

Come aveva potuto lasciare che lui la affidasse a Raoul,proprio quando lei aveva deciso..aveva capito di amarlo davvero. Era stata tutta colpa sua!

Se fosse rimasta con lui sarebbero fuggiti insieme,e i linciatori non lo avrebbero trovato.

Non lo avrebbero ucciso.

Una lacrima si fece lentamente strada lungo la sua guancia. Era un’assassina.

Il suo tradimento era stata la condanna a morte del suo Angelo.

 

Sospirò,e proseguì nella sua visita. Giunse dinanzi all’enorme letto a forma di Cigno.

Lo sfiorò con una mano.

Ricordava la sera in cui lui le si era mostrato per la prima volta.. lei era svenuta per la forte emozione,dopo aver visto il vestito da sposa che le aveva preparato.

L’aveva messa a letto,cantandole una dolce nenia,una specie di ninna nanna. 

 

All’inizio pensava che ad avvicinarli fossero state la compassione,la tenerezza,l’amicizia che condividevano.

 

Ma quella notte maledetta,prima sul palcoscenico e poi nel suo covo,aveva avvertito un immenso desiderio,un soffocante bisogno di lui,che non era riuscita a spiegarsi,forse perché non c’era proprio nulla da spiegare.

Lo amava.

Di nuovo lasciò sgorgare le lacrime.

Era stanca per il viaggio, e per le emozioni di quel giorno.. si distese un attimo sul letto.

Avrebbe riposato,soltanto un minuto…

 

Si svegliò di soprassalto,udendo un rumore poco distante.

Possibile che qualcuno l’avesse vista..e seguita?

Cosa avrebbe fatto se si fosse trattato di un malvivente,di un ladro.. Cercò di pensare il più in fretta possibile. Si ricordava della presenza di una spada,nel covo di Erik..ma chissà dov’era!

E poi,sarebbe stata in grado di usare efficacemente un’arma?

Devi pensare Christine,pensare…maledizione!

 

Poi,d’improvviso,ogni pensiero morì sul nascere.

 

 Davanti a lei stava il suo Angelo,immobile.

La zona dove era sdraiata Christine era quasi in ombra,mentre lui stava in piena luce.

Lei lo fissò,e nel momento in cui guardò il suo viso,sentì qualcosa muoversi dentro di lei…qualcosa di impercettibile,forse,ma di reale. Era come se il cuore pompasse sangue il doppio del normale, inondando tutto il corpo con una forza dirompente.

Battè le palpebre,ed il respiro si accelerò.

Quell’immagine sembrava galleggiare nell’aria,alla luce tremula delle torce accese..

 

La sua possente figura avvolta come di consueto in un lungo mantello nero,il viso diviso a metà dalla scintillante maschera bianca. Era tutto così dolorosamente familiare..

Sto ancora sognando,pensò mentre le lacrime salivano a pungerle gli occhi. In questo luogo lo sento ancora tanto vicino da riuscire a vederlo. Erik,come vorrei che tu fossi davvero qui…Come vorrei non aver rovinato per sempre le nostre vite,nella sconsiderata decisione di un attimo!

Poi spalancò gli occhi.

Nella sua visione c’era qualcosa che non quadrava.

 

Dietro al suo angelo c’era una bambina.

 

Erik fissò sbigottito il suo vecchio letto a forma di cigno.

 

Ricordava la sera in cui si era finalmente mostrato a Christine.

Lei era giovane,così giovane..

Sin dal primo istante lo aveva stregato,con quella smorfia leggermente imbronciata..la smorfia di una bambina sulle labbra di una donna. Le lunghe ciglia scure che incorniciavano due occhi di un verde scuro e sereno,che lo avevano fissato per qualche istante pieni di stupore,ma come se in qualche modo osservassero una persona conosciuta. Come se avessero potuto parlare,i suoi occhi gli avevano detto “Angelo,perché ci hai messo tanto?E’così tanto che ti aspetto!”

 

Dopo essere discesi nel suo regno,la ragazza era svenuta,per l’emozione, o forse per il terrore,pensò amaramente. Lui l’aveva deposta in quel letto,perché rinvenisse…le aveva teneramente sfiorato una guancia,completamente rapito dalla bellezza innocente di quel viso perfetto.

Sospirò. Il suo dolore era rinnovato dai ricordi che quel luogo suscitava in lui.

 

Maledizione,la vedeva di nuovo davanti a sé,sdraiata e addormentata.

Anche se il suo viso sembrava aver perduto quella tranquillità di un tempo,e pareva piuttosto segnato e triste…

 

Ricordò l’ultimo loro incontro.

Quella notte,in cui lei lo aveva baciato.

Le labbra di lei erano giovani,piene,morbide come le aveva sempre immaginate.

Lo aveva baciato con una tale passione,un tale trasporto..lui ne era rimasto quasi stordito.

 

Non ci vedeva bene,in quella semioscurità,e d’altronde non aveva creduto di vederla fin troppe volte?

Non riusciva a liberarsi da quella persecuzione.

Chiuse gli occhi. Quella visione gli dava soltanto il tormento.

 

Poi sentì una manina tirargli la manica.

Guardò in basso,e vide il visino serio di Angelique, pervaso da una strana espressione di curiosità.

La piccola fece grandi cenni in direzione del letto.

Com’era possibile…che la vedesse anche lei?

Rialzò lo sguardo,mentre la sua visione iniziò a destarsi..

La sua visione aprì gli occhi,occhi grandi e scuri come quelli della sua Christine…

 

Oggi in questa notte calda

dolce come il profumo di fiori esotici,

svegliati ad una vita che scotta.

La mia nostalgia ed il mio amore

e' tutta la mia fortuna e sfortuna

e' scritta come una muta canzone

nel tuo sguardo oscuro da fiaba.

E' la mia nostalgia ed il mio amore,

sfuggito al mondo e ad ogni suo rumore,

si e' costruito nei tuoi occhi oscuri

un segreto trono da re.

                                                                    Hermann Hesse

 

“Erik..”

 

Doveva essere per forza un sogno…o meglio,un incubo.

Presto si sarebbe destata davvero e avrebbe pianto lacrime amare nello scoprirsi sola,in quel sotterraneo.

 

Eppure…lui non le sembrava uguale a tre anni prima, uguale a quella sera in cui l’aveva visto per l’ultima volta. Era più magro,segnato.

Il lato visibile della fronte mostrava una ruga profonda,frutto del tempo e delle preoccupazioni.

Il suo sguardo sembrava di fuoco…

Possibile che…

 

D’un tratto,la visione parlò,cadendo in ginocchio.

 

Erik scosse la testa e sbattè le palpebre più volte.

La sto immaginando,pensò. Ho immaginato così a lungo il suo aspetto,il suono della sua voce,..è un’apparizione,ora chiuderò gli occhi e svanirà..come sempre. Battè le palpebre,ancora e ancora.

Cercò di scacciare la lunga ombra della sua vita senza di lei,ma lei rimase sempre lì,con i suoi occhi lucenti e le labbra rosee.

“Dio,perché mi tormenti ancora? Perché me la mostri come se fosse viva? Non ti sei accanito abbastanza su di me?”  Il tono angosciato della sua voce non ne modificava il timbro melodioso che aveva sempre posseduto.

 

Christine spalancò gli occhi,assaporando il suono di quella voce squisita.

Anche questo era frutto del sogno?

Staccò gli occhi dal suo angelo,per guardare la bambina.

La piccola stava avanzando verso di lei. Si fermò solo a pochi passi e le sorrise.

Christine si trovò a sorridere debolmente in risposta.

D’un tratto le gambe iniziarono a tremarle,e per poco non ricadde a terra.

Erik…poteva essere vivo? 

 

Nessuno aveva mai ritrovato il cadavere… nessuno lo aveva mai visto davvero morto…

 

Prese un respiro profondo,e a piccoli passi, sentendo la testa girare, si avvicinò alla figura inginocchiata a terra,da cui provenivano strazianti singhiozzi.

Gli posò la mano sulla spalla…poteva sentire il suo calore.

I sogni non hanno alcuna consistenza,mentre poteva sentire i muscoli dell’uomo sotto le sue dita,sotto il serico tessuto che stava sfiorando.

Il cuore le balzò nel petto.

Si guardarono a lungo,senza proferire parola,mentre nei loro occhi colmi di sofferenza e di rimpianto scorrevano minuti,ore,mesi e anni.

La falce del dolore aveva straziato e affilato i loro volti.

 

 “Erik…” la sua voce era un gemito.

Non riusciva a parlare,non fu in grado di trovare nemmeno una parola,nemmeno una,sebbene nella sua mente avesse urlato,pianto,inveito contro il destino avverso,avesse sofferto,e persa nel suo dolore,fosse stata in collera,si fosse sentita persa.

Mentre stringeva la spalla di Erik,non riusciva a trovare neppure una parola per salutarlo.

Gemiti,sì.

Singhiozzi afflitti,sì.

Non un silenzio assoluto,ma nessuna parola.

 

L’uomo alzò il viso rigato di lacrime verso di lei,spalancando gli occhi.

“Christine…sei proprio tu?”

Non riuscì nemmeno a finire la frase.

La ragazza crollò svenuta a terra.

 

Tu guardi le stelle, stella mia, ed io vorrei essere il cielo per guardare te con mille occhi.

                                                                                                                      Platone

 

 

Quando Christine riaprì gli occhi,era di nuovo stesa sul letto,e sopra di lei vide il visino intento di quella bambina. La piccola,notando che si stava risvegliando,scese dal letto e corse verso..

…verso Erik.

Era proprio lui. Il suo Angelo era vivo!

E mentre il suo sguardo si posava su di lei,vide i suoi occhi spalancarsi,colmi di gioia.

 

“Christine!sei viva!” In un lampo le fu accanto.

“Oh,Christine..”le baciò le dita,tremando.  Lei si portò le mani tremanti al viso.

“Erik…ti credevo morto..” Era sul punto di piangere.

Erik le sfiorò una guancia. “Ti prego Christine,no…”

Accanto a lui,attraverso le labbra che si schiusero appena,il volto coperto dalle mani,Christine respirò profondamente e cercò di calmarsi. Prese le mani di lui e le strinse.

Erano forti e scure come se le ricordava. Erano reali.

Erik gemette a quel contatto.

“Erik..sei davvero tu? Prima che mi commuova,dimmi che sei davvero tu!”

Lui inarcò un sopracciglio. “Prima,Christine?” Le sorrise ed annuì. “Sì,sono io.”

 

Lei sollevò lo sguardo,e vide che lui non la stava guardando.

Teneva gli occhi chiusi,mentre le stringeva ancora le mani.

“Perché tieni gli occhi chiusi,perché non mi guardi?” gli chiese,improvvisamente a disagio.

“Perché ho paura…ho molta paura che tu sia solo un sogno. Molto realistico,ma un sogno.”

La sua voce era un roco sussurro.

“Anche io ho paura,Angelo. Ti prego,guardami. Ho molto bisogno dei tuoi occhi su di me.”

Lui aprì gli occhi, mentre una lacrima gli scorreva sulla guancia.

Smisero per un attimo di parlare,entrambi prostrati dal dolore e dall’incredulità.

 

Poi,d’impeto,Erik la abbracciò.

Lei rimase immobile in quel solido abbraccio.

Lui sospirò. Non poteva stringerla abbastanza,respirare abbastanza il suo profumo.

Aveva sempre adorato quel suo inconfondibile profumo di donna-bambina,un profumo di sapone,di sole,di zucchero caramellato.

Christine giaceva fra le sue braccia,con gli occhi chiusi,e respirava a stento. Solo il cuore pulsava,come impazzito. Giaceva fra le sue braccia immobile,confortata,sollevata,timorosa…sua.

Erik avvertì tutte quelle sensazioni,dentro di lei e dentro sé stesso,e desiderò disperatamente potersi chinare su di lei,poterle baciare.. Per lo sforzo di rimanere composto si morse il labbro fino a farselo sanguinare.

 

“La nave che hai preso…è naufragata…tu..come hai fatto a sopravvivere?”

Christine sorrise incredula. “E’vero….l’ho saputo dai giornali. Immagino che sia stata una scelta saggia non salirvi e restare a Marsiglia,allora…Erik,ma tu come sei sopravvissuto a quella notte?  Pensavo che fossi morto! Tutti lo dicevano.. e invece se qui.” Gli prese la mano e se la portò alla guancia.

Lui si ritrasse. “Sono stato io a volere così. Non desideravo che tu tornassi da me per pietà.”

Il suo tono d’improvviso era quasi crudele,distaccato. Come se parlasse con noncuranza di una faccenda secondaria.

Christine rimase confusa davanti a questo gesto di freddezza.

“Io non sarei tornata per pietà,Erik, te lo giuro..

Ho lasciato Raoul. L’ho lasciato anche se pensavo che tu fossi morto. Questo non prova che non era lui l’uomo che amavo?”

Erik sospirò. “Questo non prova neppure che tu amassi me,Christine. Ma non è questo il punto. L’importante è che tu sia sana e salva,ho sofferto così tanto nel crederti morta. Ora che so che sei viva,ho tutta la felicità che posso desiderare.”

Le sorrise. “Sarà meglio andare,se ti senti bene. Ti accompagnerò da Madame Giry. Questo non è certo posto per te.” Si volse verso la bambina. “Angelique,torneremo un altro giorno ad esplorare i sotterranei. Si è fatto molto tardi.”

La piccola mostrò una punta di delusione,ma continuò a tacere.

Che strana bambina,pensò Christine. Cosa ci fa con lui?

 

E poi,eccolo lì.

Brillante sotto la luce delle torce accese,al collo della piccola,il suo anello.

Spalancò gli occhi,incredula ed addolorata.

 

 Il suo angelo l’aveva tradita.

 

Nascosto nel buio,lo scagnozzo di Favre era impaziente.

Erano ore che attendeva il ritorno della sua vittima,ma di lui nessuna traccia.

Si scolò un altro sorso dalla fiaschetta che portava alla cintura.

Non devo esagerare, sogghignò fra sé e sé. O potrei mancare il mio bersaglio…riflettè,accarezzando la lama del coltellaccio che portava alla cintura.

 

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Capitolo 9
*** Pioggia di sangue ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 9 : PIOGGIA DI SANGUE

 

Forse i miei anni migliori se ne sono andati…

Ma non voglio tornare indietro.

Non con il fuoco che mi brucia dentro adesso.

                                                                         Samuel Beckett

 

Non possiamo sapere cosa ci potrà accadere nello strano intreccio della vita. Noi però possiamo decidere cosa deve accadere dentro di noi, come possiamo affrontare le cose, e quale decisione prendere, e in fin dei conti è ciò che veramente conta.

                                                                         J.F.Newton

 

 

Erik seguì a cavallo la carrozza che aveva noleggiato Christine.

Lasciò che la bambina salisse con lei,l’aria della notte si era fatta abbastanza fredda,e non voleva correre il rischio che la piccola si ammalasse.

 

Giorno dopo giorno,si scopriva sempre più affezionato ad Angelique. L’orrore che aveva patito la piccola gli rammentava dolorosamente la propria infanzia,devastata dalla crudeltà che lo aveva circondato,che lo aveva fatto diventare un assassino,un demonio dell’Inferno..

 

No,promise a sé stesso. La piccola avrebbe avuto un’esistenza felice, d’ora in poi. Sarebbe andata a scuola,avrebbe avuto una casa,dei giocattoli,bei vestiti.. e la totale dedizione di sua madre.

Nonostante la sua condizione di miseria, Catherine non aveva pensato per un solo istante di abbandonare la sua creatura. Era molto più di quanto facessero certe madri,molto più di quanto avesse fatto perfino la sua,ricordò con amarezza.

 

Christine contemplava la piccola Angelique,che si era addormentata subito,sdraiata fra i cuscini della vettura. Era così bella.. Inghiottì a fatica. Chi poteva essere sua madre?

Era curiosa di vedere la nuova donna di Erik…da una parte. Per altri versi temeva quel momento.

 

Sapeva quanta sofferenza le avrebbe provocato trovarsi faccia a faccia con la donna che aveva saputo dare ad Erik ciò che lei gli aveva crudelmente negato: l’amore e la felicità di una famiglia,il conforto si sentirsi appartenere al genere umano.

 

Ricacciò indietro le lacrime che minacciavano di scendere.

Non voleva che lui vedesse la sua sofferenza.

 

Era stato felice di rivederla,di scoprire che la notizia della sua morte era sbagliata…ma si era mostrato freddo con lei,come se fossero stati solo vecchi amici.. peggio…conoscenti.

 

Cos’altro poteva aspettarsi?

 

Lo aveva abbandonato per sposare un altro.. non poteva certo pensare seriamente che lui rimanesse solo per tutta la vita!

Aveva trovato una compagna che aveva saputo davvero guardare oltre il suo aspetto,nelle profondità della sua anima. Era felice per lui.

Anche se questo le provocava un dolore immenso,aveva almeno la consolazione di saperlo amato e felice.

 

Giunsero a casa di Madame Giry.

 

Christine si sentiva molto delusa dalla sua madre adottiva.

Sapeva che Erik era vivo,e glielo aveva taciuto. Sapeva della sua nuova vita,e non vi aveva mai accennato. L’aveva sempre tenuta all’oscuro di tutto,certamente pensava che Erik non sarebbe stato lo sposo ideale per lei,che sarebbe stata più felice insieme al Visconte de Chagny…o forse pensava esattamente il contrario? Pensava che era LEI a non essere degna di Erik…sì,non c’era altra spiegazione.

Ricordava bene le sue insistenze affinché lasciasse Parigi il prima possibile..aveva creduto che lo facesse per sottrarla alle pressioni di Raoul.

E invece voleva evitare che lei venisse in contatto con Erik e la sua famiglia…

Questo pensiero la tormentava.

 

Quando Madame spalancò la porta,aveva un’espressione preoccupata,che si tramutò in un pallore cadaverico alla vista della ragazza.

Christine dovette sostenerla,perché la granitica Madame per poco non cascò in terra.

 

Poco dopo,pochi sorsi d’acqua l’aiutarono a recuperare le forze necessarie per ascoltare il racconto delle peripezie della ragazza. L’abbracciò con forza,come se da un momento potesse svanire di nuovo.

Poi fece un debole sorriso e si rivolse ad Erik.

“Non avete incontrato Catherine,venendo qui? E’uscita circa un’ora fa per venire a prendere la piccola…e non è ancora tornata.”

 

Erik scosse la testa. “Veniamo direttamente dal Teatro,ero sceso nei sotterranei per mostrarli ad Angelique.. Vi affido la bambina Madame. Certamente Catherine sarà qui a minuti. Forse è andata a bere qualcosa con qualche amica..”

 

Madame Giry annuì contrita. La giovane era quasi riuscita a liberarsi dal giogo dell’alcolismo,ma di quando in quando vi ricadeva.

Era un vizio duro da abbandonare dopo anni di assuefazione.

 

“Io me ne vado a casa. Buona sera,signore.”

 

Christine lo fissò stupita. Come mai la bambina rimaneva lì? E perché la madre era andata a cercarla a casa..di Erik? Non vivevano insieme…come era possibile?

 

 Madame Giry colse il suo sguardo,e nascose a stento un sorriso sornione.

Dunque Christine era stata ingannata,proprio come lo era stata lei.

Era singolare come per entrambe quell’idea non fosse stravagante.

La gran parte della gente,riflettè,avrebbe giudicato inammissibile che un uomo,un mostro,come lui potesse davvero farsi una famiglia.

Per loro due invece era un’ipotesi assolutamente plausibile.

 

Erik uscì di casa senza voltarsi. La sua freddezza era come una lama che attraversava il petto di Christine.

 

“Non è come credi,bambina mia.”

La ragazza arrossì, vergognandosi di ciò che non era riuscita a celare all’occhio vigile di Madame.

 

Era ancora adirata con la donna per averle nascosto la verità… ma rinunciò ad un attacco diretto.

Non era facile intrappolare Madame Giry,lei lo sapeva bene. Avrebbe trovato senz’altro un paio di ottimi ragionamenti a cui appellarsi per mostrare la sensatezza delle proprie ragioni.

 

“Anche io sono caduta nel tuo stesso errore,cara. Ma quella bambina non è sua figlia,e la ragazza di cui stavamo parlando è solo la figlia sfortunata di un suo vecchio socio.”

 

Le guance di Christine si tinsero di una più intensa tonalità di porpora. 

Sollievo,felicità, incredulità…mille emozioni turbinarono rapidamente in lei.

“Quante bugie che dite,voi adulti…continuo a sentirmi come una bambina. Una sciocca bambina…”

 

Prima che potesse continuare,qualcuno bussò alla porta,una familiare sequenza di tre colpetti in rapida successione. Madame sorrise.

“Sarà meglio che vada io ad aprire. La nostra Meg ha già avuto anche troppe emozioni forti,nelle ultime settimane.”

 

 

 

Erik cavalcò al galoppo fino a casa,la gola stretta da una morsa di gelo.

 

Non riusciva a comprendere le proprie contrastanti emozioni.

Nel momento in cui aveva realizzato che quello non si trattava di un sogno,che Dio non si stava prendendo gioco di lui,che anzi gli stava offrendo una seconda opportunità di vivere il suo amore…

Il cuore gli era quasi scoppiato nel petto! Starle vicino gli aveva quasi fatto girare la testa..  

 

Ma poi,lentamente,dolorosamente,la ragione aveva avvelenato ogni gioia albergasse in lui.

La sua dolcissima Christine era viva,certo…ma se era tornata a Parigi non poteva esserci che una ragione.

 

Una soltanto.

 

Gli aveva raccontato di aver vissuto a Marsiglia,come istitutrice di due magnifici bambini.

Gli aveva raccontato che il padre dei suoi alunni,un professore,le si era affezionato come a una figlia…aveva ritrovato in lui la figura paterna che da tempo le mancava.

Si era innamorata del clima e del paesaggio del sud,così diverso da quello gelido di Parigi.

Perché mai avrebbe dovuto tornare sui suoi passi,ritornare a Parigi…se non per il Visconte?

 

La sua bocca si contorse in un ghigno crudele.

Era l’ultima beffa del fato,l’ultima di una serie immemorabile.

 

Smontò e legò il proprio cavallo nel cortile dietro casa.

Ma mentre avanzava verso la soglia,si irrigidì.

La porta era aperta,e nel terreno ancora fangoso per le recenti piogge,che avevano vessato la città nei giorni precedenti, vide delle orme confuse.

Orme recenti.

Ed erano orme pesanti,maschili..non appartenevano sicuramente a quel delicato,esile esserino di Catherine.

Infilò la mano sotto il mantello,ed estrasse il Laccio del Punjab.

La mente correva febbrilmente.

Non poteva trattarsi di ladri capitati lì per caso,la costruzione sembrava abbandonata,ed era di aspetto misero..

Trattenendo il fiato,aprì bruscamente la pesante porta di legno.

Ciò che vide gli gelò il sangue nelle vene.

Catherine giaceva a terra,in un lago di sangue.

Era stata accoltellata più volte,alla schiena,con una rabbia fredda e meticolosa.

Era stata evidentemente colta alle spalle,mentre attendeva il ritorno suo e della bambina.

La sua non era stata una morte immediata,ma lenta e agonizzante,come poteva vedere dall’impressionante quantità di sangue che accendeva il pavimento di bagliori vermigli e sinistri.

 

Si precipitò accanto al cadavere,lo sollevò per provare invano a rianimarlo.

Ma non ci fu nulla da fare. La vita aveva abbandonato quella giovane donna già da diverse ore.

 

Erik rimase a terra,inginocchiato in quel sangue,cullando avanti e dietro quel corpicino come se fosse inebetito. Aveva ucciso a sangue freddo decine di persone,ma era la prima volta che si trovava a contemplare razionalmente,ed emotivamente,gli effetti della furia omicida altrui.

 

La sua antica,primitiva rabbia si riaffacciò al suo spirito,facendogli ribollire il sangue e colmandolo di una sete infinita di vendetta. Chiunque avesse avuto quel peso sulla coscienza,si sarebbe trovato molto presto a fare i conti con il tribunale di Dio,non con quello degli uomini.

Non c’è giustizia in questo mondo,forse vi sarà nell’altro.

 

Si alzò,e prese in braccio il cadavere. Lo portò fuori,nel vasto appezzamento che si stendeva verso la campagna.

 

Scavò una tomba,mentre la pioggia ricominciava a cadere fitta. Quand’ebbe finito,seppellì la giovane madre, unendole le mani sul petto ed infilandole fra le dita un vecchio rosario che aveva trovato in casa.

Con la forza della disperazione coprì la tomba di terra.

 

“Avevo giurato di non uccidere mai più, Catherine. Ora rompo la mia promessa,qui sulla tua tomba. E Dio mi è testimone,non mi darò pace fino a che non avrò ucciso quel bastardo.”

 

 

Sappiamo quel che siamo ma non quello che potremmo essere.

                                                                              William Shakespeare

 

Il Visconte de Chagny sedeva nella propria biblioteca,il suo rifugio preferito negli ultimi tempi.

 

Immerso nel quieto silenzio avvolgente di quella stanza poteva pensare alla sua Christine senza essere disturbato. Aveva fatto dipingere una copia del ritratto preso al teatro,e lo aveva appeso sopra al focolare. Passava ore a rimirare il viso della sua amata,a rifuggire l’idea del suo abbandono,e della sua morte.

 

Aveva creato,nella sua mente,una sorta di isola felice,dove lui e Christine si amavano,si erano sposati,e la loro unione era stata già benedetta dall’arrivo di due magnifici bambini.

Ogni sera,con l’aiuto di una bottiglia di liquore, alimentava questa sua ossessione.

 

Ed era stata proprio quell’ossessione ad obbligarlo a vendicarsi della morte di Christine..ad ordinare l’assassinio di quel demone sputato dall’Inferno.

 

A quell’ora il sicario avrebbe già dovuto aver svolto il proprio compito. Sorrise fra sé e sé.

Questo non gli avrebbe reso l’amore di Christine,ma lo colmava comunque di non poca soddisfazione.

Con un unico omicidio aveva vendicato la morte del fratello Philippe e di moltissime altre vittime della furia malefica del mostro.       

L’eccesso di alcool lo fece crollare addormentato nella poltrona.  

 

Ad un tratto fu svegliato da un sordo bussare alla porta-finestra che si affacciava sul giardino.

Istintivamente afferrò la pistola da duello appesa sopra il camino e si avvicinò ai vetri.

Nonostante la fitta pioggia che cadeva, riconobbe immediatamente i lineamenti volgari e untuosi di Favre.

 

“Ehi monsieur le Vicomte…mettete giù quell’arnese!qualcuno potrebbe farsi male!”

 

L’uomo era chiaramente ubriaco.

Del resto neppure Raoul si sentiva troppo lucido, gli effetti benefici del brandy erano ora sfociati in un terribile,sordo pulsare nella sua testa.

 

L’uomo barcollando si avvicinò al fuoco,e tese le mani per scaldarsi.

“Avete visto che tempaccio da lupi,monsieur? Sembra che l’inferno sia sceso sulla terra,questa sera…”

Si voltò a guardarlo.

“Perdonate l’ora e l’intrusione,ma non volevo che i vostri servi mi vedessero entrare. E’ più prudente.”

Raoul annuì. L’uomo,rassicurato,proseguì.

 

 “Vedete,ci sono stati dei problemi. Oh no,non del genere che pensate. Il vostro amico è morto,di questo sono sicuro.Ma il sicario,ancora lordo di sangue,si è presentato a casa mia,coltello in pugno,minacciando di sgozzarmi come un maiale se non triplicavo il prezzo pattuito,e minacciando anche di denunciare voi come mandante. Cos’altro potevo fare? Approfittando di un momento di distrazione,dopo aver finto di accettare le sue condizioni,gli ho tagliato la gola. Capirete però che questo mi è costato un notevole disturbo…ho dovuto occuparmi del corpo..non potevo certo gettarlo semplicemente fuori dalla finestra come se fosse stato un gatto morto!” rise di gusto a quella che probabilmente considerava una battuta. “Qualcuno potrebbe aver sentito,o avermi visto mentre lo buttavo nella Senna…insomma, avete compreso ciò che vi chiedo,non è vero?”

 

“Molto bene,Favre. Mi state ricattando.”

Il tono di Raoul era passato da sbigottito a gelido. Quell’uomo gli ispirava soltanto disgusto.

 

“Ricattando? Monsieur,che parole grosse usate! Soltanto,pensavo che la vostra immensa ricchezza vi potrebbe consentire,diciamo..un po’ più di generosità. Sono sicuro che i giornali pagherebbero più bene per un titolone simile…Rampollo di nobile casata commissiona l’efferato omicidio di un uomo mascherato!” Rise di nuovo.

 

“Immagino abbiate ragione,Favre. Accomodatevi. Vado a prendere ciò che vi spetta.”

 

L’uomo sedette soddisfatto accanto al fuoco,versandosi un generoso bicchiere di liquore.

Era così assorbito dalla sua avidità da non avvertire il ritorno di Raoul,che con un movimento fulmineo gli fu alle spalle,e gli trapassò la gola da parte a parte con il tagliacarte che aveva preso sulla scrivania.

L’uomo,con un gorgoglio rivoltante,si accasciò a terra.

 

Per alcuni istanti Raoul contemplò le proprie mani,macchiate dal sangue dell’uomo a cui aveva appena tolto la vita. Poi,inaspettatamente,gli venne voglia di ridere.

Era così facile uccidere,dunque?

Aveva appena commesso un peccato mortale,..ma allora cos’era quella strana sensazione di onnipotenza che gli fluiva benefica nelle vene?

 

Rapidamente avvolse l’uomo in una tenda della libreria,e lo infilò nella vecchia cassapanca che giaceva,vuota e tarlata,in un angolo della stanza. Un vecchio mobile del tempo di suo padre,pensò con rammarico,chiudendola con il lucchetto.

 

L’indomani avrebbe ordinato ai servi di darle fuoco,con qualche altro mobile inutilizzato della cantina. Nessuno avrebbe più trovato quel cadavere,nessuno lo avrebbe mai potuto collegare all’assassinio di Erik. Sorrise con rammarico. Gli dispiaceva aver ordinato l’esecuzione del suo nemico.

 

Quanto piacere avrebbe provato ad ucciderlo con le proprie mani,ora che aveva scoperto di esserne capace…

 

Era debole, ed io ero forte allora -

cosi' lascio' ch'io la guidassi a e entrare -

Ero debole, lui era forte allora

e nella casa mi lascia condurre.

Non lontano - la porta era vicina -

non era buio - poiche' c'era lui -

nessun rumore, perche' non parlava-

e questo è quanto m'importo' sapere.

Busso' il giorno - dovevamo lasciarci -

di noi nessuno era il piu' forte - ora -

Egli lotto' - e anch'io lottai -

e non facemmo nulla - tuttavia!

                                                                                      Emily Dickinson

 

 

Dopo aver riabbracciato l’incredula ed entusiasta amica d’infanzia,Christine aveva parlato a lungo con Madame Giry. Si erano reciprocamente messe al corrente degli ultimi eventi,e in particolare Christine aveva insistito per conoscere i dettagli dell’arrivo di Catherine in quella casa.

 

Si tranquillizzò al pensiero che fra lei ed Erik non vi fosse nulla.

Questo le infuse nuova forza,nuova determinazione nelle vene.

Lui non l’aveva tradita,forse non l’aveva neppure esclusa dal proprio cuore.

Doveva solo riconquistarlo….e in un modo o nell’altro ci sarebbe riuscita.

 

Madame Giry era stata piuttosto minacciosa nell’intimarle di non lasciare la casa per nessun motivo.

“Mi chiedo davvero cosa ti sia passato per la testa..andare all’Opera! Introdurti nei sotterranei!! Ci pensi se qualcuno ti avesse vista!? Tutti pensano che tu sia morta annegata in quel naufragio,..e forse è meglio così. Non hai idea di cosa mi ha fatto passare il Visconte,quando sei sparita. Immagino che non abbia creduto alla mia storiella di una tua fuga notturna. In ogni modo,mi ha letteralmente perseguitata,…fino a che quella notizia è apparsa sui quotidiani. Da allora si è chiuso in una specie di clausura volontaria..ha fatto costruire un mausoleo in tua memoria,accanto alla cappella della sua famiglia. Esce di casa solo per recarsi lì. Temo che il povero ragazzo sia stato risucchiato da un dolore che non riesce a dominare…ma in ogni caso non gli farebbe bene sapere che si è trattato di  un errore,che sei viva. Lo spingerebbe di nuovo a corteggiarti con insistenza…e se non è ciò che vuoi” disse inarcando le sopracciglia con curiosità”farai bene a non farti vedere in giro. Al più presto immagino ritornerai al tuo lavoro di Marsiglia,no?”

 

Christine distolse lo sguardo.

“Non so più che cosa voglio,Madame. Questa mattina ero decisa a compiere una specie di pellegrinaggio nel mio passato,pensando che potesse essere utile per liberarmi dei ricordi troppo dolorosi. Ora invece…vorrei chiudere gli occhi e poter tornare a quella notte. Agirei del tutto diversamente.”

 

Madame Giry le aveva accarezzato maternamente una guancia.

“Lo so bene,piccola mia. Anche io lo farei. Ma non ci è concesso rivivere il passato..dobbiamo solo non commettere gli stessi errori in futuro.”

 

Le due donne erano state interrotte dal fragoroso bussare alla porta. Era quasi mattina,chi poteva essere?

Con cautela Madame aveva guardato nello spioncino,e aveva aperto,riconoscendo Erik.

 

Prima che potesse domandargli la causa di quella visita improvvisa,lui era entrato come un ciclone in casa,afferrandola per le braccia e scuotendola con energia.

Alle sue spalle, Nadir, insolitamente pallido.

 

“State tutte bene? Non è venuto nessuno qui?”

 

Madame scosse il capo,allontanandosi istintivamente da lui.

Sembrava una furia,il viso arrossato per la cavalcata, i capelli ed il mantello fradici di pioggia,le mani gelide e sporche di sangue e terra,gli occhi rabbiosi e scintillanti sotto la maschera.

 

 Christine sentì il cuore in gola.

Era accaduta certo qualche disgrazia.

 

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Capitolo 10
*** il volto dell'Angelo ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 10: il volto dell’Angelo

 

Gli angeli ancora risplendono, anche se è caduto quello più splendente.

                                                                                                                        William Shakespeare

 

Non ci é permesso scegliere la cornice del nostro destino. Ma ciò che vi mettiamo dentro é nostro.

                                                                                                                  Dag Hammarskjold

 

 

 

Continuando a rigirarsi fra i cuscini,Christine ripensò agli eventi tragici di quella sera.

 

Meg,accanto a lei,si era già addormentata da un pezzo.

Avevano dovuto arrangiarsi in quel modo,perché nella stanza che in precedenza aveva ospitato Christine,e che dopo era stata della povera Catherine e di sua figlia, dormiva ora Erik.

Madame Giry aveva portato la piccola a dormire con lei.

 

Nadir era rimasto di guardia in fondo alle scale.

I due uomini avevano deciso di fare la guardia a turno,per i giorni a venire,al piccolo appartamento,temendo che l’assassino potesse in qualche modo minacciare le occupanti della casa.

 

Quella notte per prudenza Nadir avrebbe fatto la guardia all’esterno della casa.

Dopodichè avrebbero spartito i ruoli:durante il giorno Nadir le avrebbe accompagnate al teatro,e durante la notte sarebbe ritornato a casa,lasciando Erik a vegliare sulle loro sorti.

 

“Hanno ucciso Catherine a casa mia” aveva detto Erik,la voce strozzata dalla collera.

“L’obiettivo ero certamente io,è stata colpita per errore. Ma chi mi vuole morto non è andato a denunciarmi alla polizia…e questo è molto strano. Ho avuto molti nemici in passato,ma al momento non saprei proprio chi mi stia dando la caccia,considerato che quasi tutta Parigi mi crede bruciato nel rogo dell’Opera.  Ad ogni modo potreste essere in pericolo anche voi. Non posso rischiare anche la vostra vita. D’ora in avanti,fino a che non avrò scovato questo maledetto pazzo,io e Nadir ci alterneremo nello scortarvi e nel fare la guardia alla casa.”

 

La luce dell’alba filtrava dalle tende.

Christine si alzò lentamente dal letto. Non aveva dormito un solo istante.

 

Scivolò nel corridoio,silenziosamente. Dormivano tutti profondamente,provati dalle emozioni della notte precedente.

 

Entrò nella camera dove stava riposando Erik,e rimase lungamente sulla soglia a fissarlo. Dormiva con indosso la maschera bianca,ma era il suo stesso  viso ad essere trasfigurato in una maschera di dolore e rimorso.

Senza dubbio accusava sé stesso della morte orribile di Catherine.

 

Le provocava un’enorme sofferenza vederlo ridotto in quello stato.

Si avvicinò e con movimenti pacati,per non svegliarlo,gli sfilò la pallida maschera.

Rimase a fissare quella carne orribilmente sfigurata,con tenerezza.

 

Alzò una mano per accarezzarlo,ma si fermò.

Sempre in silenzio tornò in camera,prese il blocco e la scatola dei colori e tornò in camera.

Sedette sulla poltroncina di fronte al letto e iniziò a disegnare.

 

 

Se ho soltanto lui, se lui solo è il mio bene,

se il mio cuore non dimentica mai

fino alla tomba la sua fedeltà:

nulla so del dolore,

non sento che devoto amore e gioia.

Se ho soltanto lui,lieto il mondo abbandono,

seguo fedele, col bastone

da pellegrino, il mio signore;

senza rimpianti per le larghe, chiare

strade affollate lascio andare gli altri.

Se ho soltanto lui,mi addormento felice,

sarà per me in eterno

dolce conforto l'onda del suo cuore

che con stretta soave

tutto può penetrare e intenerire.

                                                                Novalis

 

 

Rimirò soddisfatta il suo lavoro.

 

Era passata almeno un’ora,a giudicare dai luminosi raggi del sole che danzavano per la stanza.

La notte di tempesta aveva lasciato il passo a una tiepida mattina primaverile.

 

Christine si alzò e sbirciò attraverso le tende. La vita nella strada si stava lentamente ridestando,i garzoni dei fornai viaggiavano già con il cesto sulla testa,le fioraie componevano mazzolini di fiori di campo e gli strilloni si affrettavano a pubblicizzare l’edizione del mattino. Una giornata come tante,insomma.

 

Ma quel giorno avrebbero dovuto spiegare alla piccola Angelique che sua madre non le sarebbe mai più stata accanto.Che non ci sarebbe più stato nessuno a confortarla,amarla,viziarla..

Christine sospirò,ripensando alla perdita di entrambi i suoi genitori. Aveva circa l’età della piccola quando era morta sua madre,ma almeno aveva avuto suo padre accanto a lei..anche se per troppo poco tempo. Decisamente si sentiva stringere il cuore al pensiero del dolore della bambina…al pensiero del riaccendersi del proprio dolore.

 

Si avvicinò di nuovo al letto,e questa volta non seppe trattenersi.

 

Tese una mano verso quel viso che tanto l’aveva spaventata in passato,e che tanto ora la attraeva a sé.

Ma prima che riuscisse a sfiorargli la guancia,con movimento fulmineo Erik era balzato in piedi,afferrandole il polso e gettandola riversa sul letto. La guardò ad occhi sbarrati.

“Tu..tu cosa ci fai qui?Perchè mi hai tolto la maschera!”

 

Christine ansimava per lo spavento. “Io..io ero solo entrata..a vedere se..se stavi bene..”

 

Lui le lasciò il polso,con un movimento brusco,come se la pelle di lei scottasse.

“Vattene! Madame non sarebbe contenta di sapere che sei tutta sola qui con me…e nemmeno il tuo prezioso Raoul,non è vero?”concluse con tono sarcastico.

 

Christine lo guardò con rimprovero. “Erik,perché mi tratti così? Io non..”

 

“Erik!Adesso mi chiami Erik…ma quante volte con lui mi hai chiamato cosa,bestia..mostro! Adesso è troppo tardi per cancellare quelle parole! È troppo tardi per cancellare il passato,mi capisci?”

 

La sua rabbia la spaventò. Il giorno precedente le era sembrato freddo..ma ora aveva davanti una specie di indemoniato.

“Perché mi parli in questo modo?”replicò Christine balzando in piedi. “Non hai nessun diritto di essere in collera con me.”

 

“No,TU non ne hai nessun diritto!Christine,stiamo sprecando fiato. Io ho tutto il diritto di essere arrabbiato. Ma nonostante tutto sono anche troppo felice che tu sia viva,troppo felice di averti rivisto.”

 

Christine rispose lentamente.

“Anche io sono felice di vederti,di sapere che sei vivo. Mi riesce difficile credere altrettanto di te,visto il muro che hai alzato fra noi due.” Non ci fu risposta.

 

Poi Erik la guardò con sfida e rancore. “Non hai scritto una parola per tutti quei mesi! Madame e Meg erano distrutte quanto me..Forse loro sono riuscite a perdonarti,ma io no! Ho passato mesi senza sapere con certezza se eri viva o morta,perché tu non ti sei degnata di prendere in mano una maledetta penna!”

 

“Come potevo scriverti mie notizie,se pensavo fossi morto da tre anni! Sei stato tu a chiedere a Madame di tacere…non avrei mai lasciato Parigi se avessi saputo che eri vivo!”

Christine era furiosa adesso. Non poteva subire in silenzio le accuse di lui.

Il suo comportamento era stato sbagliato forse…ma era stato il prodotto diretto delle menzogne di lui.

 

Lui avanzò minaccioso,e lei fece istintivamente un passo indietro. “Cosa c’è Christine? Ti soffoco?Ti sto troppo vicino?”Si piegò sul suo viso.”Ti spavento?”

 

“Sì,sì,sì!”le urlò in faccia lei.

 

“Lo so,lo so…Sono un mostro! Per questo ero troppo orribile per meritare il tuo amore! Così diverso da quel fantoccio..ma immagino che sia lui l’uomo giusto per te. Ha rischiato anche la vita pur di salvarti!”fece un ghignò sardonico. “Non so cosa mi è successo quella sera..avrei dovuto impiccarlo in ogni caso,che tu mi accettassi oppure no. Ma come ho già detto,il passato è passato.”

 

“Come puoi dirmi queste cose! Non sai neppure immaginare quanto ho sofferto nel crederti morto!”

 

“Non ho mai detto che tu non abbia provato pietà per me.” Il tono era amaro ora.

 

“Pietà?Pietà,maledizione?!”

 

Erik incrociò le braccia,in un gesto stanco.

“Esatto. Compassione.  Pensi che non ricordi? “Mesta creatura lontana..quale esistenza è la tua…” avevi ragione,ovviamente.” Sembrava rassegnato.

 

“Sai che ti dico?” Christine stava quasi per scagliarsi contro di lui. “La pietà è anche troppo per te. E’il prezzo che devi pagare per vivere la tua vita di menzogne! Non ti piace,vero?”

 

“No,la detesto”replicò lui con astio,senza indietreggiare di un centimetro.

 

“E visto che sai bene quanto la detesti,perché sei venuta qui,stamattina? Per continuare a torturarmi?”

 

Lei gli indicò la seggiola.

Lui si avvicinò ad essa,e così facendo vide il blocco degli schizzi.

 

“Sei venuta a immortalare per sempre l’orrore del mio viso sulla carta?! Ecco perché mi hai tolto la maschera..Ti avverto,nessuno crederà che il ritratto sia veritiero. Nessuno che non abbia visto con i suoi occhi la devastazione del mio viso! Passerai per bugiarda,mia cara.”

 

Christine lo guardò con sfida.

“Guarda pure il ritratto,è un tuo diritto. Anzi,avevo intenzione di regalartelo. Ho disegnato semplicemente ciò che vedo ogni volta che ti guardo.”

 

Con aria sprezzante Erik aprì il blocco all’ultima pagina…

 

Il mio occhio s'è fatto pittore ed ha tracciato

L'immagine tua bella sul quadro del mio cuore;

il mio corpo è cornice in cui è racchiusa,

Prospettica, eccellente arte pittorica,

Ché attraverso il pittore devi vederne l'arte

Per trovar dove sia la tua autentica immagine dipinta,

Custodita nella bottega del mio seno,

Che ha gli occhi tuoi per vetri alle finestre.

Vedi ora come gli occhi si aiutino a vicenda:

I miei hanno tracciato la tua figura e i tuoi

Son finestre al mio seno, per cui il Sole

Gode affacciarsi ad ammirare te.

Però all'arte dell'occhio manca la miglior grazia:

Ritrae quello che vede, ma non conosce il cuore.

 

                                          William Shakespeare, Sonetto 24

 

Vide il volto di un uomo.

 

Due occhi di un azzurro intenso che scivolava inesorabile verso il verde dell’Oceano,pensosi e mobili come nuvole in un cielo in tempesta.

Una massa di capelli neri come la pece,scomposti e morbidamente arruffati.

La bocca socchiusa in una specie di sorriso triste.

La metà sinistra del viso era assolutamente normale a quella di qualunque altro essere umano…ma la metà destra era molto,molto diversa.

 

Un intreccio di verdi germogli e rosei boccioli copriva le appena accennate deformità della carne,in un magico effetto di colori. Sembrava così bello,sereno,in pace con il mondo e sé stesso. Era una visione strabiliante.

 

Era un volto di Paradiso..un volto d’Angelo.

 

Sentì le lacrime pungergli dolorosamente gli occhi. Lei lo vedeva davvero così?

Non poteva cedere alla commozione..non doveva… lei lo aveva già ferito in passato…

 

Sentì la mano di lei sulla propria.

 

Alzò gli occhi e la vide piangere sommessamente. Non erano lacrime di dolore,né di rimpianto. Sembravano lacrime di gioia,di speranza…di tenerezza. Non resistette all’impulso,e la sollevò fra le braccia.

Come sembrava minuta e leggera,stretta nel suo abbraccio. Affondò il viso nella massa indomita dei suoi capelli,e sussurrò con un filo di voce “Perdonami,amore mio…perdonami..”

 

“Shhh”lo rimproverò dolcemente lei. “Non dire nulla. Stringimi soltanto. Ora che ti ho ritrovato,non ti lascerò mai più andare. E’ una minaccia!”scherzò.

 

Lui si staccò per guardarla negli occhi. “Spero soltanto che sia una promessa.”

 

Lei annuì,seria ad un tratto.

“Avremo tempo per spiegazioni e giuramenti. Prima c’è una cosa che devo assolutamente fare,una cosa molto importante. Una cosa a cui penso da tre anni ormai.”

 

Lui la guardò stupito. “Che cos..”

Non potè finire la frase,perché le labbra di Christine avevano coperto le sue.

 

Le loro labbra erano quattro rose su uno stelo,e nell’estate della loro bellezza si baciarono.

                                                                                       William Shakespeare

 

Per qualche secondo si chiese se stesse sognando. Forse era morto,dopo tutto,e se ne rendeva conto soltanto in quel momento,tramite quella strana scossa che lo pervadeva…

Poi avvertì la meravigliosa sensazione che solo un’altra volta nella vita gli era stato concesso provare.

Quella notte. Come sembrava lontana…

 

Fu un bacio tenero,quasi infantile.

La ragazza si staccò da lui e lo guardò dritto negli occhi. Avvertì quasi un senso di dolore al petto,di costrizione sovrumana e incontrastabile.

 

Solo una volta aveva visto gli occhi di Christine accesi di quella luce speciale,di quello scintillio provocante e al tempo stesso sincero : durante il loro duetto,sulle note del Don Giovanni Trionfante.

 

Christine era stata quasi trasfigurata da quella musica e dai successi avvenimenti che essa aveva provocato,e in una notte aveva abbandonato l’innocente mondo dell’infanzia per diventare una donna.

 

Era stato lui a mettere in moto quella catena di eventi,non quel ragazzino con cui lei era fuggita.

 

D’un tratto il ricordo di quell’abbandono crudele lo sopraffece. Non sarebbe cambiato nulla.

Prima o poi lei si sarebbe resa conto di provare ancora orrore per lui,e lo avrebbe abbandonato di nuovo.

 

“Non lo farò.” Era come se gli avesse letto nel pensiero.

La ragazza gli prese le mani fra le sue. Il suo viso era estremamente sereno,tranquillo..

Lo stava guardando come si guarda l’uomo di cui si è innamorate,non con il ribrezzo che si prova davanti a un mostro,ad un carnefice.

 

Questa volta fu lui a baciarla,e il bacio perse la sua precedente tenerezza,per acquisire disperazione,urgenza e avidità. Sembravano due leoni famelici,entrambi completamente dimentichi dell’ambiente esterno e concentrati totalmente sul loro fiero posto,quasi lottando l’uno contro l’altra in un assalto disperato.

 

Questa volta,quando si staccarono,entrambi ansimavano per la mancanza di ossigeno.

Il loro abbraccio era forte e serrato come quello del naufrago che si aggrappa ad una tavola di legno per sopravvivere in mezzo ai flutti e alla tempesta che incombe priva di clemenza su di lui.

 

In quel momento la porta della stanza si spalancò,ed entrò Nadir.

 

Erik si voltò a guardarlo,seccato per quell’intrusione. L’uomo,rendendosi conto della gaffe commessa nell’entrare senza annunciarsi,abbassò gli occhi,arrossendo vistosamente e cominciando a balbettare frasi incoerenti,”Mademoiselle…perdonatemi..io pensavo..ero sicuro…il mio turno è terminato e ho pensato di..”

 

Christine si sciolse dall’abbraccio di Erik e si avvicinò al Persiano.

Gli battè amichevolmente la mano sulla spalla.

“Nadir,non vi dovete scusare. Del resto è molto tardi,andrò in cucina a preparare la colazione. Voi dovete parlare di cose molto più importanti.”

 

Si voltò verso Erik,un luminoso sorriso sulle labbra.

“Noi due abbiamo tutta la vita per riprendere il discorso di questa mattina.” Uscì rapidamente dalla stanza.

 

Nadir fissò Erik ad occhi spalancati.

In vita sua,non ricordava di averlo mai visto sorridere come in quel momento.

 

“Perdonate davvero questa mia intrusione…ma questa notte,mentre montavo di guardia, riflettevo su quanto è accaduto ieri notte. Mi è venuto un sospetto,ecco..anche se ovviamente non ne ho prove.. Insomma, l’unico nemico qui a Parigi che voi” deglutì a fatica “non abbiate già ucciso…è il Visconte de Chagny.”

 

Erik quasi gli scoppiò a ridere in faccia.

“Sei impazzito per caso? Quel bamboccio non ha mai fatto male ad una mosca in vita sua.”

 

Nadir lo guardò con espressione stupita. Non si aspettava una simile reazione di noncuranza.

“Erik,provate a pensarci. Nella vita di ogni uomo c’è un momento in cui il desiderio di vendetta può soffocare ogni sano principio instillato in noi. Perché per il Visconte dovrebbe essere diverso.. Suo fratello è morto”distolse lo sguardo,imbarazzato,sapendo benissimo che era stato lui ad ucciderlo” e la sua fidanzata prima lo lascia e poi muore tragicamente. Al posto suo la maggioranza degli uomini si sarebbe tramutata in una furia…”

 

“Appunto,la maggioranza degli uomini, daroga. Ma non Raoul de Chagny.” Il tono era fermo e deciso,privo di ogni dubbio. Lasciava intendere che il discorso,per lui,era chiuso.

Erik aveva voltato le spalle all’amico,e ora fissava fuori dalla finestra.

No,non riusciva proprio a vedere quel ragazzo dietro a tutta quella brutta faccenda.

 

“Non lo conosci molto bene,Erik. Quella notte…ho visto una tale determinazione,un tale odio nei suoi occhi..”

Nadir rammentava l’ostinata lotta del Visconte de Chagny per salvare Mademoiselle Daae…il povero,sciocco giovane si era convinto che la sua fidanzata fosse stata rapita contro la sua stessa volontà da un orrido mostro,una sorta di orco delle fiabe occidentali. E,Allah mi perdoni,riflettè, io l’ho aiutato. A quel tempo ero convinto che Erik non fosse in grado di amare.

 

“Quella notte eri d’accordo con lui ad uccidermi,Nadir. Fossi in te non toccherei più questo tasto in futuro.”

Il tono di Erik ad un tratto si era fatto gelido e sprezzante.

 

Nadir rabbrividì.  Era certo che non gli avrebbe fatto del male,ma al contempo non poteva evitare di provare un insano terrore. Dietro l’apparenza civile e quieta si celava la mente diabolica che lo aveva reso carnefice a Mazenderan…il più feroce assassino che la storia della Persia avesse mai conosciuto.

Non gli conveniva davvero provocarlo.

 

“Adesso muoviamoci. Bisogna parlare ad Angelique. Lo farò io,dopo che tu sarai uscito con Meg e Madame. Le accompagnerai al teatro e rimarrai là con loro fino a sera. Lo farei io se potessi,ma se qualcuno mi vedesse sarebbe esporle ad un pericolo maggiore. Io rimarrò qui con Christine e con la piccola.”

 

La vita, per essere piena e reale, deve contenere la preoccupazione del passato e dell'avvenire in ogni attimo del fuggevole presente; il lavoro quotidiano deve essere compiuto per la gloria dei trapassati e per il benessere dei posteri.

                                                                  Joseph Conrad

 

 

Erik cercò di usare tutto il tatto possibile nell’informare la bambina.

 

Ovviamente non le raccontò la verità,le disse soltanto che la mamma non sarebbe più potuta tornare da lei per molto tempo,e che l’aveva affidata a lui e Madame Giry,perché ne avessero cura.

Le disse che non doveva essere triste,che la mamma non avrebbe voluto vederla piangere.

 

La piccola lo guardò,gli occhi già pieni di lacrime,senza dire come di consueto una parola.

Sedette in un angolo del salottino e non ci fu più verso di smuoverla.

Fissava nel vuoto davanti a sé,dondolandosi piano,come se loro neppure esistessero.

 

Dopo un po’ Erik uscì dalla stanza. Non riusciva ad assistere impotente a quello spettacolo straziante. Aveva tentato invano molte volte di far uscire la bambina da quel tunnel di indifferenza,ma non vi era riuscito, né con lusinghe né alzando la voce. Non sapeva più cosa fare…dannazione! Quella situazione gli stava decisamente facendo perdere la pazienza…

Uscì a prendere una boccata d’aria sul pianerottolo,e quando rientrò vide che Christine aveva abbandonato la poltrona su cui era rimasta seduta pensosamente per tutto il tempo, e si era rannicchiata a terra accanto alla piccola,che non si era spostata di un centimetro. Non guardava altro che il vuoto.

 

“Sai Angelique? Anche il mio papà e la mia mamma sono andati dove è andata la tua.”

La bambina non diede segno d’aver udito. Christine proseguì.

 

“Prima o poi tutti i papà e le mamme ci vanno. Anche il papà di Meg,e il papà e la mamma di Madame,di Erik,di Nadir…tutti vanno in quel posto prima o poi. Siamo solo di passaggio in questo brutto mondo terreno. Quello è un posto bellissimo sai? Non si può neppure sognare la sua bellezza.Però non ci possiamo andare tutti insieme. I nostri genitori ci vanno prima di noi, per prepararci il viaggio…non vogliono rischiare che non ci sia posto anche per noi,capisci? Anche io ho sofferto tanto,quando il mio papà ci è andato. Non capivo perché mi avesse lasciata qui,alle cure di Madame Giry. Non ci eravamo mai separati prima di allora,proprio come te e la tua mamma. Continuavo a chiedermi perché non mi avesse portato con sé. Avrei fatto la brava,non lo avrei seccato con i miei capricci. Glielo avrei promesso.” Sospirò,e finalmente la bambina la guardò in viso.

 

“Eh sì,ero arrabbiata e delusa proprio come te. Ma sai  come sono riuscita a scacciare la malinconia?” Angelique scosse piano la testa,evidentemente incuriosita dalle parole della ragazza.

 

“Grazie all’aiuto di un angelo..o almeno,pensavo che fosse un angelo. Invece era Erik. Buffo no? Non credevo che fosse un essere umano,la prima volta che l’ho sentito cantare. Lui è stato come un fratello maggiore per me,e lo sarà certo anche per te. Non ti lascerà mai sola. E poi…vorresti anche me come sorella maggiore? Non ho mai avuto una sorellina,e mi piacerebbe tanto che fossi tu. Sei la bambina più dolce che abbia mai conosciuto. Ogni volta che ti mancherà la mamma..cercherò di fare del mio meglio perché tu non soffra.”

 

La bambina si alzò e le buttò le braccia al collo,piangendo contro la sua spalla,e gemendo per il dolore. La sua situazione le sembrava triste,ora,ma meno disperata.

Christine la prese in braccio e la portò nella sua stanza. Piangere e sfogarsi le avrebbe fatto senz’altro bene.

 

Erik era stupefatto.

Non aveva mai pensato a Christine in quel modo.

L’aveva sempre vista come una bambina da proteggere e coccolare,non come una donna abbastanza forte e determinata da offrire il suo aiuto agli altri.

 

E invece eccola lì,materna e sicura di sé,a consolare quella bambina dopo che lui aveva provato invano per ore..

 

Decisamente le sorprese non erano ancora finite.

 

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Capitolo 11
*** Un muro da abbattere ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 11: Un muro da abbattere

 

In my hands
A legacy of memories
I can hear you say my name
I can almost see your smile
Feel the warmth of your embrace
But there is nothing but silence now
Around the one I loved
Is this our farewell?
Sweet darling you worry too much, my child
See the sadness in your eyes
You are not alone in life
Although you might think that you are
Never thought
This day would come so soon
We had no time to say goodbye
How can the world just carry on?
I feel so lost when you are not by my side
But there's nothing but silence now
Around the one I loved
Is this our farewell?
So sorry your world is tumbling down
I will watch you through these nights
Rest your head and go to sleep
Because my child, this not our farewell.
This is not our farewell

                                                            Within Temptations,Our Farewell

 

Erano passati alcuni giorni.

 

Erik e Christine non avevano più avuto occasione di parlare. Non da soli,almeno.

 

Nonostante la tenerezza che suscitava in lui l’attaccamento quasi materno di Christine ad Angelique, il comportamento generale della ragazza non faceva che irritarlo.

 

Si arrabbiava con lei per ogni piccolezza.

La sua nuova forza d’animo nell’affrontare le difficoltà lo innervosiva,e non sapeva spiegarsi bene il perché.

 

Non riusciva a capire come potesse essere così tranquilla…O come potesse sembrarlo,perlomeno.

 

Cominciò a covare una gelosia morbosa per lei,di una tale intensità che lui stesso si stupiva del sentimento d’odio che provava alle volte verso tutti gli occupanti della casa,tranne la bambina ovviamente.

Non sopportava di vederla sorridere a qualcun altro,parlare,scherzare.

Vederla stretta in un abbraccio fuggevole di Meg, vedere la mano di Madame Giry sulla sua spalla o un inchino rispettoso di Nadir quando la ragazza usciva dalla stanza… lo mandava totalmente fuori di sé.

Avrebbe voluto gridare, battere i pugni contro il muro,fracassare qualche mobile..ma doveva trattenersi.

 

Gli capitava spesso di infuriarsi,ma non riusciva a restare in collera con lei per più di cinque minuti.

 

Non si saziava mai di guardarla,di starle vicino,anche se faceva il possibile perché non si notasse.

Provava un costante sentimento di tenerezza e di desiderio nei suoi confronti,che aveva bisogno di nutrire più volte al giorno,e che contrastava nettamente con l’indifferenza che fingeva. Veniva pervaso quasi da un dolore fisico quando lei si allontanava per svolgere qualche faccenda.

La risolutezza che celava la sua naturale timidezza,quella dolcezza quasi opprimente e la sua vulnerabilità gli laceravano il cuore, rendendolo per la prima volta in vita sua vulnerabile.

Non aspirava ad altro che a stringerla a sé,a sfiorarla,a sentirla sussurrare il suo nome.

Ma si nascondeva dietro un’alta barriera di finta e fredda indifferenza. Per il bene di entrambi.

 

 

Vorrei dirti le parole più vere, ma non oso, per paura che tu rida. Ecco perchè mento, dicendo il contrario di quello che penso. Rendo assurdo il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso.

                                                                                                                                          Tagore

 

Le prove all’Opera erano state momentaneamente sospese per dei lavori,ed affidando le donne alla sorveglianza di Nadir,Erik aveva trascorso quei giorni nei bassifondi della città,che conosceva assai bene.

Passava il tempo soprattutto nelle taverne,sapendo bene quante confidenze si lasciano sfuggire gli ubriachi…confidenze anche riguardo agli omicidi commessi. Sperava di avere un colpo di fortuna. E poi lì nessuno avrebbe badato a lui. C’erano personaggi anche più inquietanti ed orribili.

 

Era palese che chi voleva ucciderlo aveva commissionato l’omicidio ad un sicario.

Nessuno che lo conoscesse di persona lo avrebbe mai confuso con una donna minuta come era stata Catherine. La differenza fra loro non avrebbe potuto essere maggiore.

 

Purtroppo,non riuscì a ricavare molto dalla sua indagine.

 

Sentì solo delle storie su un certo Pierre,un delinquente della peggior specie,un sicario da poco prezzo, pressoché sempre ubriaco,che era stato trovato nella Senna con la gola tagliata,e di un certo Favre,una specie di investigatore privato,radiato dalla polizia anni prima per corruzione nelle indagini,che era misteriosamente sparito proprio nello stesso periodo. Stando a sentire la voce del popolo, assai probabilmente l’uomo era fuggito dopo aver sgozzato il suo scagnozzo,forse per non spartirsi l’eventuale bottino o ricompensa.

 

In ogni caso,era una storia che non lo riguardava.

 

 

Il Visconte de Chagny si sentiva irrequieto come un leone in gabbia. Continuava a percorrere a grandi passi il suo studio,indeciso sul da farsi.

 

Erano giorni che non usciva di casa,e cominciava a subire gli effetti di quella cattività forzata.

Decise infine che un po’di aria fresca non avrebbe potuto che fargli bene. Lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee,e ad allontanare gli spaventosi flashback dell’omicidio che aveva commesso. Il sangue era stato ripulito, il cadavere era già cenere…ma dentro di lui qualcosa si era irrimediabilmente spezzato.

 

Avrebbe fatto un giro in carrozza,e poi sarebbe passato come di consueto al cimitero,a far visita al mausoleo di Christine e alla tomba di suo padre.

 

Non si dimenticava mai di deporre un fiore sulla tomba di Gustave Daae.

Ricordava quanta sollecita dedizione avesse Christine nel mantenere sempre pulita e in ordine la tomba paterna, e gli sembrava giusto perpetuare quel gesto in sua memoria…soprattutto quel giorno. Un piccolo gesto di altruismo per mondare la propria coscienza ormai dannata…

 

Afferrò frettolosamente il mantello e chiamò un servitore,orinandogli di preparare la carrozza.

 

Che hai, che abbiamo,che ci accade?

Ahi il nostro amore è una corda dura

che ci lega ferendoci

e se vogliamo uscire dalla nostra ferita,separarci,

ci stringe un nuovo nodo e ci condanna

a dissanguarci e a bruciarsi insieme.

Che hai? Ti guardo

e nulla trovo in te se non due occhi

come tutti gli occhi, una bocca

perduta tra mille bocche che baciai, più belle,

un corpo uguale a quelli che scivolarono

sotto il mio corpo senza lasciar memoria.

E come andavi vuota per il mondo

quale una giara color di frumento,

senz'aria, senza suono, senza sostanza!

Invano cercai in te

profondità per le mie braccia

che scavano, senza posa, sotto la terra:

sotto la tua pelle, sotto i tuoi occhi,nulla,

sotto il tuo duplice petto sollevato,

appena una corrente d'ordine cristallino

che non sa perché corre cantando.

Perché, perché, perché,

amore mio, perché?

                                            Pablo Neruda

 

 

“Ti ho detto di no! Non continuare ad insistere,tanto non cambierò idea!”

 

La voce di Erik riecheggiò rabbiosa nel piccolo appartamento,costringendo Madame Giry e Meg ad affacciarsi preoccupate e sorprese in corridoio. Che cosa diamine stava succedendo?

 

“Maledizione Erik,non voltarmi le spalle mentre ti sto parlando!Non t’azzardare!” Christine sembrava una vera furia. Era totalmente preda della propria rabbia,che le rendeva la voce anche più squillante del solito.

 

Lui gridò di nuovo,esasperato e in preda all’ira.

“Accidenti! Cosa ti costa darmi ascolto almeno una volta? Ti pesa troppo per una volta,una soltanto,fare quello che ti chiedo?” Le strinse il braccio e la bloccò contro il muro.

 

“Non hai diritto di decidere al posto mio! Ho deciso di farlo e lo farò,con o senza il tuo dannato permesso! Per quel che me ne importa!”

Il tono di Christine non era mai stato così energico ed adirato,mentre si  dibatteva per liberarsi dalla sua possente stretta.

 

Madame Giry sorrise divertita,di sottecchi. Ora che la ragazza era finalmente cresciuta,avrebbe dato il suo bel filo da torcere ad Erik…era la prima volta che qualcuno osava mettere in discussione un suo ordine perentorio!

 

Erik guardò Christine,infuriata,le mani sui fianchi.

La ragazza sembrava davvero determinata a comportarsi come una sciocca.

Cercò di dominare la propria collera e di parlare con pazienza.

 

“Ti ho già spiegato perché non voglio che tu vada al cimitero dei Santi Innocenti.  Capisco che desideri far visita a tuo padre,ma qualcuno potrebbe riconoscerti. Il posto è sempre molto frequentato. Nessuno sa che sei viva,e mi sembra più prudente che continuino a pensarlo. Se la persona che mi vuole morto sapesse che tu…insomma,potrebbe pensare di fare del male anche a te. Per colpire indirettamente me.”

Concluse in fretta,rifiutandosi di pensare realmente all’eventualità che qualcuno la aggredisse.

 

Il tono di Christine si addolcì.

“Capisco che tu sia preoccupato per me,ma so badare a me stessa. Non sono una totale sprovveduta. Oggi è l’anniversario della sua morte,è molto importante per me poter deporre almeno un fiore sulla sua tomba.”

 

Erik ruggì,al limite della propria pazienza.“Ti ho detto di no! E’ troppo pericoloso!”

 

“E allora prova ad impedirmelo!”

La ragazza con un moto di stizza afferrò il mantello e se lo infilò,correndo verso la porta.

 

Fu Madame Giry a frapporsi fra lei e l’uscita.

“Christine,Erik ha ragione. Se qualcuno ti vedesse.. non devi correre questo rischio inutile.”

Christine la fissò ad occhi sgranati,sentendosi doppiamente tradita.

 

Erik le mise una mano sulla spalla. La sua voce non era più adirata.

“Se per te va bene.. andrò io a portare i fiori a tuo padre,e a recitargli un requiem. Farò attenzione.”

 

Lei annuì,rassegnata. Cos’altro poteva fare?

Poteva sfidare Erik,ma due persone contro cui lottare erano decisamente troppe.

 

Raoul avanzò lentamente nel viottolo del cimitero,un mazzo di crisantemi fra le braccia. Era l’anniversario di morte del padre di Christine,e aveva intenzione di recitargli un requiem. Christine..se fosse stata viva, lo avrebbe fatto di sicuro.

 

Quanto tempo era passato dal periodo felice del suo fidanzamento con Christine!

 

Quando la accompagnava ogni domenica,dopo la Messa,a far visita alla tomba paterna…sembrava passato un secolo,invece di pochi mesi.

Sospirò. Quel tempo felice non sarebbe mai più tornato. Doveva imparare a farsene una ragione.

 

D’un tratto,svoltando un angolo,gli si gelò il sangue nelle vene.

Accanto alla tomba di Gustave Daee,stava un uomo.

 

Alto,imponente,ammantato di nero…

..con una maschera bianca a celargli metà del volto. Aveva deposto alcuni fiori sulla lapide di marmo, e sembrava intento a recitare una preghiera. Si segnò rapidamente,e scomparì in uno dei viali laterali, frettolosamente, guardandosi attentamente intorno.

 

Raoul si sentì mancare l’ossigeno. La testa iniziò a girargli vorticosamente.

 

Quel dannato sicario non aveva portato a termine la sua missione,prima di finire nella Senna.

 

Storse la bocca in un ghigno crudele,mentre ritornava a grandi passi verso la carrozza.

“Avrò la soddisfazione di torcerti il collo con le mie mani,schifoso bastardo!”

 

Erik tornò a casa,ed entrò sbattendo la porta con noncuranza.

 

Immediatamente Christine si affacciò dalla camera di Angelique,facendogli grandi cenni di far piano.

La piccola aveva appena preso sonno,dopo una notte di incubi terribili. Non aveva ovviamente ancora superato la perdita della madre,nonostante tutti i loro sforzi di restituirle un po’di serenità.

 

Entrambi si diressero in salotto. Sedettero ai due estremi della stanza,l’uno più imbarazzato dell’altra. La situazione non era facile da affrontare.

 

Christine gli spiegò che Madame e Meg,scortate da Nadir,erano uscite per assistere alla messa solenne della cattedrale. Non sarebbero tornate che fra un paio d’ore. Aveva insistito affinché lasciassero Angelique a casa con lei. Non le sembrava saggio trascinare una bambina evidentemente provata in una chiesa affollata. E poi,avrebbero attirato molto di più l’attenzione..nessuno avrebbe potuto evitare di ammirare quell’angioletto di incredibile bellezza. Già la presenza del Persiano avrebbe destato curiosità..meglio non correre inutili rischi.

 

Lui rimase in silenzio per un po’,prima di chiedere come stesse la bambina.

 

“Non ha dormito per quasi tutta la notte. Ha pianto,smaniato.. ora ho provato a farle bere un po’ di latte caldo con il miele,e a rimetterla a letto. Sembra finalmente aver trovato un po’di pace.”

 

Terminata quella conversazione,fra loro ripiombò un silenzio inquietante.

 

 

Su questa terra possiamo amare solo col tormento e solo per mezzo del tormento.

                                                                                                                                      DOSTOEVSKIJ

 

“Erik..posso farti una domanda?”

 

Improvvisamente la flebile voce di Christine aveva recuperato quel tono infantile e privo di malizia che aveva un tempo,e aveva squarciato quella cappa soffocante di silenzio che li avvolgeva.

 

“Ma certo..dimmi pure.” Cercò di mostrarsi sicuro di sé.

 

“Perché hai dato il mio..il nostro anello ad Angelique? Non sono arrabbiata,sia chiaro…però vorrei saperne il motivo.” Christine avanzò fino al divano e gli sedette accanto.

 

Erik chiuse gli occhi. Non era preparato a quella domanda.

“Christine..pensavo che tu fossi morta. Ogni giorno in cui avessi preso in mano quel tuo ricordo mi sarei sentito straziato dal dolore. Ho pensato che fosse meglio regalarlo ad Angelique…lei mi ricorda moltissimo te,quando eri più piccola. Ha il tuo stesso sguardo spalancato sul mondo,la tua stessa meraviglia nell’espressione del viso. Sarebbe stato una specie di anticipo sulla sua dote.”

 

Christine sentì gli occhi colmarsi di lacrime. Erik aveva un cuore così gentile sotto quella scorza di durezza e cinismo ad oltranza…

Lui le asciugò teneramente il viso. “Amore mio..non voglio vederti piangere..”

 

Lei fece un mezzo sorriso.

“Non piango per qualcosa che ho perduto. Ma per qualcosa che ho appena ritrovato.”

Detto questo non gli diede il tempo di replicare,e lo baciò con passione,le mani perse fra i suoi capelli.

 

Immersa nella tua bellezza

vedo spiegata la vita

e la soluzione dell'enigma oscuro

svelata.

Immersa nella tua bellezza

voglio pregare.

Il mondo e' santo

perche' tu esisti.

Senza respiro per chiarezza

annegata nella luce,

volevo morire vicina a te,

immersa nella tua bellezza.

                                         Karin Boye

 

 

 

Lui la sollevò e la abbracciò stretta. I loro corpi si avvinghiarono l’uno all’altro mentre continuavano a baciarsi.

 

“Oh Dio Christine,quanto mi sei mancata…”sussurrò lui con voce roca.

 

“Anche tu”rispose lei accarezzandogli la schiena. “Infinitamente”.

Era così bello sfiorargli la schiena,le spalle,le braccia robuste,le mani delicate.

 

Lui la strinse a sé,mentre le sue labbra diventavano sempre più esigenti,e le sue mani più insistenti. 

 

Se devi amarmi, per null'altro sia

se non che per amore; non dire mai:

"L'amo per il sorriso, per lo sguardo,

la gentilezza del parlare, il modo

di pensare conforme al mio,

che mi rese sereno un giorno". Queste

son tutte cose che posson mutare,

Amato, in se' o per te, e un amore

cosi' sorto potrebbe poi morire.

E non amarmi per pieta' di lacrime

che bagnino il mio volto. Puo' scordare

il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,

e perderti. Soltanto per amore

amami - e sempre, per l'eternita'.

                                          Elizabeth Barrett Browning

 

 

Lei non riusciva a tenere gli occhi aperti per l’emozione che la schiacciava,sebbene non volesse perdersi un secondo di lui,di quella sua espressione indefinibile e meravigliosa.  

 

Il bacio si fece sempre più profondo,sempre di più,fino a perderli entrambi. Si staccarono ansimanti.

 

Lei lo fissò,i suoi profondi occhi ardenti,la bocca umida e socchiusa. 

Lui le premette le labbra sulla gola,e sentì i suoi battiti impazziti.

Anche il suo cuore era in tumulto,Christine poteva sentirlo battere irregolarmente sotto la sua mano.

 

Come ti amo? Lascia che ti annoveri i modi.

Ti amo fino agli estremi di profondità,

di altura e di estensione che l’anima mia

può raggiungere, quando al di là del corporeo

tocco i confini dell’Essere e della Grazia Ideale.

Ti amo entro la sfera delle necessità quotidiane,

alla luce del giorno e al lume di candela.

Ti amo liberamente, come gli uomini che lottano per la Giustizia;

Ti amo con la stessa purezza con cui essi

rifuggono dalla lode;

Ti amo con la passione delle trascorse sofferenze

e quella che fanciulla mettevo nella fede;

Ti amo con quell’amore che credevo aver smarrito

coi miei santi perduti, - ti amo col respiro,

i sorrisi, le lacrime dell’intera mia vita! - e,

se Dio vuole, ancor meglio t’amerò dopo la morte.

                                                     Elizabeth Barrett Browining

 

“Christine..io..devo andare”.

 

Fece per alzarsi,ma lei glielo impedì,aggrappandosi al suo braccio con tutta la forza che possedeva.

“Non lasciarmi..”sembrava quasi supplicarlo.

 

“Non posso..io non so se riuscirei a controllarmi..”

 

Lei gli sorrise. “Non ti ho chiesto di farlo.”

 

Erik spalancò gli occhi. Possibile che lei.. In ogni caso non poteva farlo.

 

Per fortuna in quel momento la bambina si risvegliò dal breve sonno e cominciò a piangere, probabilmente terrorizzata per qualche nuovo incubo appena vissuto.

 

Lui le baciò le mani,stringendole teneramente fra le sue.

“Angelique ha più buonsenso di entrambi noi. Su,andiamo da lei ora.”

 

Quella notte,mentre la casa era immersa nel buio e nel silenzio,Christine scivolò fuori dalla propria stanza.

Entrò nella stanza di Erik,e si coricò di fianco a lui.

 

Erik,che già dormiva, spalancò gli occhi,e provò a protestare.

 

Lei gli mise un dito sulle labbra,per farlo tacere.

“Ti prego Erik..lasciami stendere qui.” Posò il capo sul petto nudo di lui,e sentì il battito veloce ed irregolare del suo cuore. Lui l’abbracciò e coprì entrambi con il lenzuolo.

 

“Christine..”sospirò.”Adoro sentire i tuoi capelli su di me..ma non puoi rimanere qui.”

 

Le baciò una tempia. “E’una cosa da irresponsabili. Io..”

 

“Shh…va tutto bene..” Gli baciò il petto e chiuse gli occhi. Giacere fra le sue braccia le dava un immenso conforto. Lui le accarezzava piano la testa. “Mi piace”mormorò lei.

 

Passarono minuti. Minuti o..forse solo pochi secondi,pochi brevissimi istanti lunghi ai loro cuori come un’intera eternità.

 

“Christine,stai dormendo?”

“No” rispose lei. Si guardarono negli occhi e sorrisero.

 

Lei si avvicinò per baciarlo,ma lui scosse la testa. “No. Tieni lontane le tue labbra,se vuoi che rimanga calmo.” Lei sorrise a quell’ammissione,e gli baciò una spalla. Si accarezzarono a lungo.

 

“Erik..sono così felice..”

“Anche io lo sono,ma Christine..”

“Non mi importa di cosa pensino gli altri” sussurrò lei. “Questa notte dormirò qui con te. E continuerò a farlo finchè tu mi vorrai accanto a te.”

“Allora per sempre,Angelo” le rispose lui,abbracciandola con forza ed attirandola a sé.

 

Non c’era più bisogno di parole. Christine ebbe sensazione che un incendio la divorasse.

 

Mi farà sua con violenza e con dolcezza,ebbe solo il tempo di pensare,consumerà le sue forze e le mie finchè entrambi non riusciremo a liberarci dai dolorosi rimorsi.

 

 

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Capitolo 12
*** Una vita nuova ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 12: Una vita nuova

 

È l'ora in cui s'ode tra i rami

La nota acuta dell'usignolo;

È l'ora in cui i voti degli amanti

Sembrano dolci in ogni parola sussurrata

E i venti miti e le acque vicine

Sono musica all'orecchio solitario.

Lieve rugiada ha bagnato ogni fiore

E in cielo sono spuntate le stelle

E c'è sull'onda un azzurro più profondo

E nei Cieli quella tenebra chiara,

Dolcemente oscura e oscuramente pura,

Che segue al declino del giorno mentre

Sotto la luna il crepuscolo si perde.

                                                          Lord Byron

 

Amore guarda non con gli occhi ma con l'anima.

                                                                        William Shakespeare

 

La mattina nascente li sorprese ancora abbracciati.

 

Erik non riusciva a credere a ciò che era accaduto.

La sua Christine era venuta a lui,spontaneamente…senza alcuna costrizione.

 

Ora dormiva,raggomitolata nel calore delle sue braccia,sul viso l’espressione soddisfatta e felice di una gattina. Lui le carezzò piano i capelli.

Mio Dio,come lo spiegherò a Madame? Ci farà una sfuriata terribile…

 

Anche tu stai pensando a tutte le scuse che dovremo inventare?” La vocina di lei lo sorprese,strappandolo alle sue riflessioni.

 

“Buongiorno amore mio…”le baciò teneramente la fronte. “Sì,effettivamente stavo proprio pensando…alla faccia che farà Madame Giry quando si accorgerà che il tuo letto è vuoto. Forse sarebbe più prudente se tu tornassi di là adesso che tutti stanno ancora dormendo,e..”

 

“No”lo interruppe lei con decisione. “Ho fatto la mia scelta. E non ne sono pentita,né me ne vergogno. Non mi interessa cosa mi diranno..”

 

Lui le baciò la bocca con tale passione,con tale amore che Christine sentì divampare ancora una volta il desiderio irrefrenabile dentro di sé.

“Christine..perchè sei così bella?perchè?è una specie di incantesimo in cui sono ormai intrappolato.”

 

Lei si schermì. “In questo momento devo essere un vero straccio!Non ho quasi dormito!”

Gli passò pigramente un dito sul profilo della mascella.”Tu sei bello,amore mio. La creatura più bella che abbia mai visto. La più perfetta.”

 

La abbracciò più stretta. “Sei un dono di Dio. Lui ti ha mandata per ridarmi la fede in un mondo che avevo imparato solo a temere ed odiare con ferocia e crudeltà.”

Intrecciò una mano con la sua. “Sei un miracolo,lo sai vero?” Si fermò. “Lui ti ha mandata per redimermi,per confortarmi,per guarirmi dalla mia aberrante solitudine,malattia mortale..”

 

Lei scosse energicamente la testa,e gli chiuse la bocca,sigillandogli le labbra con un bacio.

Lui le sorrise,e la avvolse di nuovo stretta nel suo abbraccio.

 

Dopo un po’ le disse:”Va tutto bene,amore mio?” 

Lei non rispose. Ascoltava la melodiosa cadenza della voce del suo Angelo.

 

“Christine..” Con le dita descriveva dei piccoli cerchi sul suo viso,sulla gola,sulla schiena.

“Hai la pelle di una bambina,lo sai? E capelli di seta…e il respiro delicato di un uccellino..sei assolutamente divina.La mia piccola dea del canto.”

Lei lo ascoltava,felice,senza muovere la testa dal petto di lui.

 

“Per favore,perdonami Christine” le disse ad un tratto Erik con le lacrime agli occhi,e la mascella serrata.

“Per aver ferito il tuo cuore perfetto con la mia maschera di indifferenza. Per averti mentito,prima ed ora.

Nel mio cuore non c’è mai stato nessuno oltre te,non ti è mai stato indifferente,neppure per un solo momento. Non meritavi nulla di quanto hai passato,di quello che hai dovuto subire anche a causa mia. 

Non puoi neppure immaginare quanto mi sia costato guardarti andare via con lui,quella notte. Quanto abbia sofferto,come una bestia condotta al macello. Non potevo fare altrimenti,per il tuo bene.. ma mi è sembrato di morire,di esserne lacerato.”

 

“Sono io che dovrei chiederti perdono per il male che ti ho fatto con il mio comportamento leggero,infantile, egoista. Ma entrambi abbiamo scontato le nostre colpe. Lasciamoci il passato alle spalle amore mio,ti prego. L’importante è che ci siamo ritrovati. Era il nostro destino.”

 

Si tennero stretti l’uno all’altra in un abbraccio che era più di un contatto fisico.

Era come se,in uno stato di trance e di completo abbandono reciproco,i loro corpi si fossero fusi al calore di una fiamma inestinguibile,e ormai fossero diventati un unico organismo.

 

 Lui sospirò. “Hai ragione. Ma,in ogni caso, qualunque cosa ci diranno gli altri,hanno ragione. Ci siamo comportati come due pazzi incoscienti. Ed ora mi resta soltanto una cosa da fare.”

 

Lei lo guardò,incuriosita. “Di cosa parli?”

 

Lui le sorrise,divertito dalla sua ingenuità. “Mi sembra abbastanza chiaro. Dovrò comprare un altro anello.. e sposarti! O vuoi diventare una concubina persiana?” Accolse con sollievo lo scherzoso pugno che lei gli assestò nello stomaco.

 

Nelle mie braccia tutta nuda

la città la sera e tu

il tuo chiarore l’odore dei tuoi capelli

si riflettono sul mio viso.

Di chi è questo cuore che batte

più forte delle voci e dell’ansito?

è tuo è della città è della notte

o forse è il mio cuore che batte forte?

Dove finisce la notte

dove comincia la città?

dove finisce la città dove cominci tu?

dove comincio e finisco io stesso?

                                                        Nazim  Hikmet

 

 

Quando si decisero ad alzarsi ed entrarono in cucina,li attendeva lo sguardo implacabile e severo di Madame.

 

Nadir era già uscito per accompagnare Meg alla matineè.

La donna aveva preparato la colazione alla piccola Angelique,e le stava intrecciando i lunghi capelli biondi. Non disse una parola,il suo sguardo eloquente non aveva bisogno di commentare a voce.

 

Erik e Christine si guardarono di sottecchi,pervasi entrambi da una gran voglia di ridere,anziché dalla paura.

Il loro legame era diventato più saldo che mai nel solo volgere di quella notte.

 

“Non vedo cosa vi diverta tanto. Non lo vedo davvero!!! Erik,da te non si sa mai cosa aspettarsi. Ma tu Christine..mi aspettavo un po’ di buonsenso e di contegno almeno da te!”

Madame Giry aveva fatto del suo meglio per trattenere la propria rabbia e disapprovazione,ma non era riuscita a tacere a lungo. Come avevano potuto agire in modo tanto avventato e sconsiderato, senza tener conto delle conseguenze? Eppure non erano più due bambini!

 

Erik congiunse le mani davanti a sé,come a rivolgerle una preghiera silenziosa ed accorata. Un gesto quasi teatrale,leggermente beffardo ed artificioso.

“Madame Giry,temo che ormai non vi resti altro da fare che perdonarci. Come si dice, è inutile piangere sul latte già versato. In ogni caso,spero che nonostante la vostra riprovazione accettiate di essere la testimone di Christine,alle nostre nozze..Lei lo desidererebbe tanto.”

 

Lo sguardo della donna si illuminò d’improvviso,ed una luce entusiasta le fece brillare gli occhi.

 

“Avete davvero deciso di sposarvi? Oh ragazzi miei,è una notizia fantastica! Io..questa non me la aspettavo davvero!” Sembrava commossa.

 

Erik le rivolse un’occhiata ora quasi indignata. Credeva davvero che si sarebbe divertito con Christine senza pensare di sposarla? Quella donna e i suoi ottusi comportamenti..non l’avrebbe mai capita,ne era certo!

 

La piccola si era nascosta dietro alla gonna di Christine,abbarbicandosi a lei come un piccolo koala.

“E naturalmente”disse la ragazza prendendola in braccio “la nostra Angelique ci farà da damigella,non è vero tesoro mio? E verrà a vivere con noi,se lo vorrai..”

 

Il sorriso di Madame si affievolì di colpo,come se il castello in aria di cui stavano parlando fosse del tutto irrealizzabile nella realtà.

“Come farete dopo? Dove andrete? Non potete rimanere a lungo a Parigi…”

 

Erik sospirò. Era conscio anche lui delle difficoltà che si sarebbero presentate ad ostacolare il loro cammino. “Ho pensato anche a questo,stanotte. Non ne ho ancora discusso con Christine,ma credo che sarà d’accordo con me… certo,non sarà facile per me imparare lo svedese,però prometto di fare del mio meglio..”

 

Sorrise compiaciuto,quasi deliziato nel vedere gli occhi della ragazza sgranarsi ed accendersi di una luce nuova, per la sorpresa completamente inaspettata di una simile soluzione.

 

Madame annuì compunta.”Sì,la reputo una scelta saggia. Più lontani sarete e meno il passato potrà tornare a perseguitarvi.Dio solo sa se ve lo meritate.”

 

 

Il Signore ascolta le preghiere di coloro che chiedono di dimenticare l'odio. Ma è sordo a chi vuole sfuggire all'amore.

                                                         Paulo Coelho

 

Raoul de Chagny attendeva da ore,in carrozza. L’impazienza lo divorava.

 

Aveva visto uscire il Persiano (“Quel traditore!”) e Meg Giry,da quasi due ore ormai.

Quindi,riflettè,in casa avrebbero dovuto esserci solo Madame Giry.. e lui. Il mostro.

 

Una fitta di eccitazione lo percorse,mentre impugnava la pistola sotto il mantello,accarezzandone l’impugnatura lucida e liscia,quasi con voluttà.

Aveva scelto quell’arma perché non poteva rischiare che lui reagisse. Quella bestia era estremamente abile con la spada e con quel dannato cappio orientale,era in grado di uccidere un uomo prima ancora che quest’ultimo se ne rendesse conto. Sorrise gelidamente. Ma non avrebbe potuto nulla contro l’acciaio delle pallottole.

 

Finalmente giunse il momento che attendeva da tanto,troppo tempo ormai.

La posata figura di Madame,avvolta nel suo mantello blu scuro,uscì dal portone,guardandosi furtivamente intorno prima di imboccare la strada che conduceva al teatro.

 

E’ora di agire,si disse il Visconte. Fra pochi minuti tutto sarà finito.

 

“Erik…Poco fa dicevi sul serio?Mi riporterai davvero a casa?”

 

La voce di Christine era poco più di un sussurro.

Non riusciva a credere che lui sarebbe stato davvero disposto a riportarla in Svezia,la terra dove era nata,dove era ancora sepolta sua madre… Le sembrava un sogno,una fantasia irrealizzabile. Non aveva mai seriamente pensato di fare ritorno a casa. La sua casa,la sua famiglia..pensava che non sarebbe più riuscita ad abbandonare la Francia,il proprio lavoro,i propri affetti. Ma tutto questo era prima. Prima di Erik.  Ora al suo fianco nulla sembrava impossibile o irrealizzabile. Ogni sogno poteva diventare realtà.

 

Lui la guardò seriamente. “Christine,dovresti sapere che mantengo le mie promesse.”

 

Lei lo abbracciò. “Hai ragione,come ho potuto dubitare per un attimo che non dicessi sul serio? !Quella indecisa fra noi sono sempre stata io!”rise argentina,ma poi ritrovò un tono più serio.

“Perlomeno,fino ad ora. Ma non ho più alcun dubbio. Ti sposerò non appena ci sarà possibile mettere il naso fuori di qui.” Un’ombra di tristezza le oscurò il viso. “Mi dispiace solo di non poter più vedere il professor Verneuil e i bambini..mi ero davvero affezionata molto a loro..sono stati la mia famiglia negli ultimi mesi..”

 

Lui le sollevò il mento,guardandola dritta negli occhi.

“E chi dice che non li rivedrai? Dopo tutto,tutti gli sposi hanno diritto ad un viaggio di nozze…perfino quelli in fuga come noi! Marsiglia non è lontana.. E quando ci saremo stabiliti in Svezia, potrai invitarli a farci visita,d’estate. Abbiamo così pochi amici…dobbiamo cercare di mantenere un rapporto con loro,non ti pare?

E poi sono ansioso di ringraziare questo professore..”sospirò.“Se non fosse stato per lui forse tu non saresti mai ritornata a Parigi,e io sarei ancora qui a piangere la tua tragica morte.”

 

Il sorriso di Christine svanì. “A quanto pare Raoul lo sta ancora facendo…”

 

Erik si scostò bruscamente. Lei si accorse di aver commesso una gaffe.

“Erik,non intendevo…mi dispiace di averlo nominato. E’ solo che…vorrei non aver ferito i suoi sentimenti. Non vorrei aver ferito i sentimenti di nessuno.”

 

“I sentimenti di nessuno..a parte i miei” obiettò lui caustico.

 

“Non è vero. Soprattutto non voglio ferire tuoi.”

 

“Cosa diavolo intendi dire?” Le strinse un braccio. “In un modo o nell’altro dovrà darsi pace.. se tu sei davvero determinata a rimanere insieme a me. A sposarmi.”

 

Christine si morse il labbro prima di rispondere.

“Erik,non fare il bambino!Lo sai,lo avevo lasciato prima ancora di sapere che tu eri vivo…non lo amavo. Ma questo non mi impedisce di volergli bene…era il mio migliore amico un tempo. Ed ora è solo al mondo. Tu più di ogni altro dovresti sapere cosa si prova ad essere soli al mondo,a perdere l’affetto delle persone che ami..”

 

Lui le rispose con un tono triste ma intriso di amarezza.

“Credimi,lo so bene. Ma ho vissuto per anni in una condizione ben peggiore della sua senza che nessuno provasse la benché minima simpatia per le mie disgrazie. La benché minima pietà. Non sono adirato con te,ma ti prego non chiedermi di avere compassione di lui!!”

 

Lei sospirò rassegnata. “Se io fossi veramente forte,saprei affrontarti meglio. Il fatto è che io..non sono forte,mi sento indifesa davanti a te. Ho paura di vedere la verità,di vedere il tuo dolore,tutto ciò che hai passato nella vita,tutto ciò che ti ha indelebilmente marchiato. Ho paura che tu possa dirmi addio da un momento all’altro,che tu mi abbandoni perché pensi che io non sia in grado di capirti, di capire la tua insicurezza e la tua sofferenza. E’una paura con la quale dovrò imparare a convivere d’ora in poi,suppongo.”

 

Lui la fissò negli occhi,con estrema serietà e con un pizzico di preoccupazione.

“E’una paura che non dovrà affliggerti mai più. A patto che tu d’ora in poi ti fidi ciecamente di me. Sempre.”

 

“Lo farò..ma ora”sorrise lei “l’unica cosa che voglio è che mi abbracci!”

Rimasero stretti per un attimo così,in silenzio. Poi si sentì bussare alla porta.

 

“Oh,Madame deve aver dimenticato di nuovo questi!”cinguettò allegra Christine,afferrando il paio di mezzi guanti della donna da una mensola e correndo alla porta.

 

Non appena ebbe aperto l’uscio,si trovò una pistola puntata alla fronte.. e al di là della canna,lo sguardo smarrito di Raoul de Chagny che la fissava come se stesse vedendo un vero fantasma.

 

“Cosa diavolo…Christine…”

 

Tutto quello che succede accade perché deve e se tu osservi con attenzione, vedrai che é proprio così.

                                                                                                        Marco Aurelio

 

Per un attimo la mano del Visconte tremò,stringendo la pistola,davanti a quella che pensava essere un’allucinazione. Molto realistica,ma un’allucinazione.

 

Christine è morta,morta,morta..

Continuava febbrilmente a ripeterselo,ma lei era sempre lì,davanti a lui,ad occhi spalancati.

 

“Christine?Chi è?” riconobbe immediatamente quella melodiosa,crudele voce che proveniva dall’altra stanza. Fossero trascorsi cent’anni,non avrebbe scordato quella dannata voce.

 

Sempre puntando la pistola contro la tempia della ragazza,la spinse davanti a sé,come a farsene scudo,sussurrandole sinistro all’orecchio.

“Ma che gradita sorpresa Christine…dunque anche la notizia della tua morte era falsa? Avete un’abitudine molto seccante in comune, tu e il tuo prezioso Angelo della Musica..sembrate non aver nessuna voglia di abbandonare questo mondo. E siete sempre avviluppati da una tela inestricabile di menzogne.”

 

Entrò nella stanza antistante,dove Erik attendeva voltato di spalle il ritorno di Christine. Stava guardando distrattamente fuori dalla finestra…

 

“Buon giorno,amico mio. Stavo appunto dicendo alla nostra Christine come cocciutamente sembriate sfuggire sempre alla morte. Non è carino da parte vostra…soprattutto non da parte tua.”

 

Ad Erik gelò il sangue nelle vene vedendo Christine presa in ostaggio a quel modo…dal Visconte de Chagny.

 

Maledì la sua dannata sicurezza di sé…aveva sottovalutato i  leciti e saggi dubbi di Nadir,ed ora si trovavano a pagarne le conseguenze.

 

E quel che era peggio…le stava pagando proprio la sua Christine.

 

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Capitolo 13
*** Rivelazioni inaspettate ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 13: rivelazioni inaspettate

 

Non ti angosciare più per quello che hai commesso
le rose hanno spine e fango le argentee fonti;
nuvole ed eclissi oscurano luna e sole
e nel più bel germoglio s'asconde orrido verme.
Ognuno di noi sbaglia ed anch'io m'inganno
giustificando le tue offese con analogie
umiliando me stesso per mitigar le tue mancanze,
scusando le tue colpe più di quanto sia l'offesa:
poiché porto attenuanti ai peccati dei tuoi sensi,
la tua parte avversa diventa tuo avvocato -
ed inizia contro me stesso un regolar processo:
tale è la lotta interna fra il mio amore e l'odio,
che fatalmente anch'io mi devo render complice
di quel caro ladro che inclemente mi deruba.

                                                                William Shakespeare,sonetto 35

 

“Ho commesso già due volte l’errore di credere che fossi morto…non lo farò una terza.”

 

Il tono di Raoul era perentorio mentre lo sfidava apertamente. Diede una spinta energica a Christine,sempre tenendola sotto mira.

“Togli il cordone delle tende,e legalo. Ben stretto.”

 

La ragazza non si mosse. Lui le afferrò un braccio.

“Non hai sentito? Ti ho dato un ordine!”

 

Lei alzò gli occhi supplicanti verso Erik,e lui annuì impercettibilmente.

Si lasciò legare senza opporre la minima resistenza.

Non voleva che quel folle le facesse alcun male. Era certo di essere il suo solo bersaglio. Non aveva motivo di desiderare la morte della donna che una volta amava…che forse amava ancora.

 

“Come ci si sente,per una volta,ad ed essere una vittima? Come ci si sente,privi della sensazione di essere onnipotenti,eh,mostro?” Lo beffava crudelmente.

Dopo essersi assicurato che i nodi fossero ben stretti,aveva spinto Christine in un angolo,intimandole di non muoversi. Sembrava del tutto fuori di sé.

 

La ragazza era pallidissima,ma stranamente risoluta. Non piangeva,non implorava. Non sembrava essere la sua Christine,la sua piccola dolce amica… era come se fosse solo una sua copia.

Lo fissava con un misto di rimprovero e compassione che lo innervosiva notevolmente.

 

Erik non rispondeva alle sue provocazioni. Anche questo lo innervosiva.

Aveva programmato quella scena nei minimi dettagli,negli ultimi giorni. Un folle piano di vendetta.

Lo voleva vedere ribellarsi,voleva insultarlo fino a piegare il suo orgoglio,voleva che lui lo supplicasse di risparmiargli la vita per umiliarlo…prima di ucciderlo.

Non aveva alcuna intenzione di risparmiarlo. Per nessuna ragione al mondo.

 

La sua vita era stata perfetta fino a che si era incrociata con quella del famigerato Fantasma dell’Opera.

Voleva fargli provare indicibile dolore prima di eliminarlo. Voleva piegare la sua volontà ferrea e crudele.

 

E invece quello gli stava davanti a capo chino,senza fiatare. Alzava solo di quando in quando lo sguardo per controllare che Christine stesse bene,una pena infinita negli occhi. Preoccupazione,dolore,angoscia.. gli stava infliggendo tutte queste pene,ma non per sé stesso. Sembrava interessato solo a quanto accadeva a Christine.

 

Sentì una fitta di dolore.

Christine non era morta in quel naufragio,benedetto il Cielo…ma non era ritornata da lui,neppure per rassicurarlo. Perché? Perché si era comportata in un modo tanto crudele con lui,che l’aveva sempre amata, rispettata e protetta?

 

Era volata dritta nelle braccia di quel feroce assassino,di quel mostro sanguinario.

Questa era la ragazza che aveva lungamente amato,venerato,idolatrato??

Una pazza fanatica senza dubbio!

 

Nonostante il disgusto,l’offesa per quell’abbandonò continuava a possederlo,ingigantendo la sua collera.

 

Che tu abbia lei non è tutto il mio tormento
eppur si sa che l'ho teneramente amata;
ma che lei abbia te è quanto più m'accora,
una sconfitta in amore che mi brucia dentro.
Amabili colpevoli, così voglio scusarvi:
tu ami lei perchè ben sai ch'io l'amo;
e così per amor mio ella pure m'inganna
lasciando che il mio amico l'ami per amor mio.
Se perdo te, tal perdita è per lei un vantaggio
e se perdo lei, è il mio amico a trovar tal perdita:
entrambi vi trovate ed io vi perdo tutti e due
e voi, per amor mio, m'infliggete questa croce.
Ma eccone la gioia: lui ed io siamo una sol cosa:
o dolce inganno, ella dunque ama me soltanto

                                                                                           William Shakespeare,Sonetto 42

 

 

Era così sprofondato nella pianificazione della sua vendetta da non rendersi conto della porta che si spalancava alle sue spalle. Un grido angosciato lacerò l’aria.

 

Il grido di una bambina terrorizzata.

 

Sulla soglia stava una bambina bionda,con il viso stravolto dalla preoccupazione.

Incurante della pistola nella mano dell’uomo,si slanciò verso Christine e seppellì il viso contro il suo ventre.

 

Raoul rimase interdetto alcuni secondi.

Aveva già visto quella bambina,ne era certo.

Ma dove? Non riusciva a rammentarsene…

 

Poi mise a fuoco un ricordo. La giovane stracciona che si era presentata alla villa qualche mese prima..aveva una bambina in braccio. Quella bambina.

 

Riconobbe il delicato profilo,il piccolo neo scuro sul sopracciglio,quell’espressione grave,così insolita in una bambina della sua età. La madre,poco più di una ragazzina,gli aveva chiesto aiuto,dicendo che quella era la figlia di suo fratello.

 

Raoul aveva sorriso tristemente.

Suo fratello era stato un impenitente dongiovanni,questo non poteva negarlo.

Ma non c’era modo di sapere se la bambina fosse davvero figlia sua,e non aveva intenzione di diventare lo zimbello di tutte le donne di malaffare di Parigi che desiderassero un vitalizio per i loro figli bastardi.  

 

Anche se doveva ammettere che la somiglianza della piccola al fratello era notevole…

Forse dopo tutto,nelle vene di quella bambina scorreva davvero il sangue dei de Chagny.

 

Si avvicinò alla bambina e la strappò all’abbraccio di Christine,che protestò invano.

“Lasciala stare,è solo una bambina!”

 

Lui le rivolse un’occhiata gelida,e trascinò la bambina recalcitrante in piena luce.

 

Si accorse con stizza che al collo portava l’anello che aveva regalato a Christine per il loro fidanzamento,e che la ragazza gli aveva raccontato di aver perso nel trambusto di quella notte.

Un’altra bugia.

 

Sì,non c’era dubbio ora che la guardava bene in viso.

Era il ritratto del defunto fratello…il fratello che gli era stato strappato dal micidiale Laccio di quell’animale. Chissà quanti altri bambini sfortunati pativano una vita di stenti per colpa di uomini di poca moralità come suo fratello.. scacciò quel pensiero e si concentrò di nuovo sulla situazione.

 

La bambina sembrava guardarlo con rimprovero,sempre senza dire una parola.

Si chiese se per caso fosse muta.

Sogghignò fra sé e sè. Ora sapeva come far soffrire quel dannato.

 

“Sai,è davvero una strana coincidenza. Io e questa piccina ci siamo già visti. Sua madre,una donnaccia  della peggior specie,è venuta a strisciare ai miei piedi qualche mese fa,giurandomi che questa bambina era figlia di mio fratello Philippe,che lui lo sapeva,e che fino a che era stato in vita aveva mantenuto entrambe. Sapevo che mio fratello era uno stravagante e un donnaiolo,ma non immaginavo fino a questo punto. Beh,suppongo che ora dovrò occuparmi io di questa bambina,d’ora in poi. Starà meglio con me che con una bestia come te. Non so come possa sopportare la sua vista senza morirne..dimmi,ti ha mai visto senza la maschera?!”

 

“Non ti riguarda”replicò Erik asciutto.  “Ma se ti interessa,cercando di uccidere me hai fatto assassinare sua madre. Era venuta da me per riprendersi la figlia. E il tuo dannato sicario l’ha pugnalata senza alcuna pietà.”

 

Raoul impallidì. Non ne sapeva nulla,ovviamente..ma si riprese in fretta.

“Sembra che entrambi siamo colpevoli allo stesso modo verso questa creatura. Io le ho fatto uccidere la madre stando a ciò che racconti.. ma tu le hai assassinato il padre! Te ne sei forse già scordato? Lo credo, tanti sono i morti che ti pesano sulla coscienza..non puoi certo ricordarti di tutti coloro a cui hai strappato la vita dal petto! Non comportarti dunque come se fossi un santo,perché non sei altro che un demonio vomitato dall’Inferno!”

Deglutì,tentando di calmarsi. Si sentiva ardere di rabbia vendicativa.

 

Poi si rivolse alla piccola,ingentilendo il proprio tono. “Come ti chiami? Non devi aver paura di me.”

 

Silenzio.

 

“Non parla.”lo avvertì Christine. “Non ha mai detto una parola in vita sua,ce lo ha raccontato sua madre prima..”ed esitò. “Si chiama Angelique.”

 

“Angelique…Era il nome di nostra madre.” D’improvviso il tono si era fatto triste. Era stata senza dubbio un’idea del defunto fratello. Non aveva davvero più dubbi.

 

La bambina continuava a guardarlo con espressione accigliata.

Si sentiva quasi in imbarazzo,colpevole davanti a quello sguardo innocente e implacabilmente giudice allo stesso tempo.

“Sì ho deciso..me ne prenderò cura io. Non appena mi sarò sbarazzato di te,ovviamente.”

 

Christine sbiancò.

Erik invece non sembrò perdere la calma,come se avesse accettato passivamente quel destino.

“Promettimi soltanto che non farai del male a lei ed alla bambina. Non mi interessa altro.”

Raoul fece una smorfia crudele. “La bambina ovviamente verrà a vivere con me. E’ una de Chagny,e come tale deve essere allevata. Per quanto riguarda Christine..non temere,non la toccherò nemmeno con un dito. Non ho alcuna intenzione di prendermi i tuoi scarti,mostro. Se lei ha preferito te.. beh,avrà il tuo cadavere su cui piangere. Non è molto “rise in modo agghiacciante”ma io non avevo nemmeno quello! Christine,come hai potuto,come? Credevo di impazzire per il dolore nel saperti morta! E tu non hai fatto nulla,assolutamente nulla maledizione!”

 

Lei alzò su di lui due occhi melanconici e rassegnati.

“Raoul,dimmi la verità. Hai sofferto più quando ti ho lasciato o quando hai pensato fossi morta?

Sono certa che nel momento in cui hai pensato che ero annegata,dentro di te hai tirato un sospiro di sollievo. Non era umiliante come l’essere stato lasciato,non è vero?”

Si alzò lentamente  in piedi e si avvicinò a lui,a piccoli passi.

“Era una storia per cui la gente ti avrebbe mostrato simpatia,anziché compassione. Il povero,fedele innamorato la cui fidanzata è perita tragicamente in circostanze da eroina tragica…ben diverso dall’idiota che si è fatto mollare,e da una semplice ballerina di fila per giunta!”

 

“Taci!Tu non sai niente! Non hai idea di quanto io abbia sofferto,non puoi capire!”gridò lui ferito.

Le sue guance erano avvampate sotto quell’accusa…che aveva colpito,anche se solo parzialmente, nel segno.

 

“No,questa volta non mi farai tacere! Lo sai benissimo che il nostro rapporto non avrebbe mai funzionato..lo hai capito da solo,nei mesi della mia malattia. Non ti amavo Raoul!E anche tu non mi amavi..avevi tenerezza e dedizione per me,e non dimenticherò mai come mi sei stato accanto in quel periodo in cui desideravo solo morire. Ma è stato proprio quel tempo trascorso insieme ad aprirmi gli occhi. Non sarei mai stata capace di provare altro che affetto e gratitudine per te. E non è una base sufficiente su cui fondare una famiglia Raoul! Preferivo passare la vita da sola piuttosto che diventare tua moglie e rovinare entrambi! Come puoi volerti vendicare su di lui? Soltanto perché io lo amo..”

 

Raoul la schiaffeggiò. “Non voglio sentirti parlare di queste sciocchezze! Tu non lo ami,deve averti ammaliata in qualche modo,con le sue arti perverse…ma tu non puoi amarlo! Non puoi! Non puoi amare una bestia simile,un mostro ed un assassino senza sentimenti! Non puoi essere innamorata di lui invece che di me!” Christine,premendosi una mano sulla guancia arrossata per lo schiaffo,lo guardò allibita.

Nonostante la sua furia irrefrenabile e violenta, Raoul stava piangendo.

 

“Tu non capisci,Christine. Avevo una vita felice prima di rincontrarti. Avevo un fratello che mi adorava…

Poi lui lo ha ucciso,e per poco non ha ucciso anche me. Pensavo che ne fosse valsa la pena,comunque:tu avevi accettato di sposarmi,per me nient’altro contava,e poi credevo che lui fosse morto! E invece…tu mi hai lasciato Christine,e quando ho pensato che fossi morta ho creduto che fosse stata una specie di punizione divina. Mi era stato negato tutto quello che avevo amato. Ma quando l’ho visto,vivo…”

 

Si avvicinò ad Erik e lo colpi con forza uno,due,tre volte sul viso,con il calcio della pistola. Non un grido sfuggì alle sue labbra,ma il sangue schizzò copiosamente,imbrattandogli la camicia e la maschera di riflessi purpurei. Christine aprì la bocca per urlare,ma il dolore straziante non le permise di emettere alcun suono.

Riusciva solo a fissare gli occhi sbarrati in quelli di lui, sofferenti eppure rivolti di lei in una muta preghiera.. sembrava ancora essere soltanto preoccupato per lei!

 

Un’unica parola risuonò nella stanza.

Il tono con cui era pronunciata era carico di angoscia e dolore.

 

“Pa-pà…”

 

Erik sembrò quasi tremare a quella parola inaspettata.

 

Non aveva mai pensato in vita sua che un bambino potesse affezionarglisi a tal punto.. non lo aveva mai osato sperare. Neppure il rapporto che aveva avuto con Reza,il figlio del Daroga,poteva essere in qualche modo paragonabile a quell’affetto che lo univa ad Angelique.

Ed ora,nel momento della felicità più assoluta,nel quale sembrava aver finalmente conquistato l’amore di una donna e di una famiglia, tutto questo gli veniva crudelmente strappato per l’ennesima,ultima volta.

La sua vita era stata solo una mostruosa e continua illusione.. ora perlomeno,tutto sarebbe finito.

 

Christine spalancò gli occhi per la sorpresa.

 

Angelique sapeva parlare dunque…lo aveva appena fatto! E aveva chiamato Erik..papà..

La commozione le stava velando gli occhi,così si morse le nocche sbiancate della mano per rimanere il più possibile lucida. Doveva esserci un modo per uscire da quella situazione,per salvare la vita di Erik…doveva esserci! E lei doveva assolutamente trovarlo!

 

Raoul  fissò la bambina con odio,come se l’avesse sentita bestemmiare.

Poi riprese il  suo racconto carico di odio e risentimento.

 

“Un giorno,mentre andavo a far visita al tuo mausoleo…l’ho rivisto. Stavo impazzendo. Da quel momento non sono più riuscito a pensare ad altro che ad ucciderlo. Ed ora è riuscito ad incantare non solo la donna che amavo ma anche la figlia di mio fratello,l’unica parente che mi resta al mondo.Farò in modo che la sua morte sia lenta e dolorosa,farò in modo che paghi per tutto il male che ha commesso su questa terra! Ed ora niente e nessuno mi fermerà.” Concluse caricando l’arma.

 

“Ne sei sicuro?”riecheggiò una voce alle sue spalle.

 

 

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Capitolo 14
*** Il vero coraggio ***


CAPITOLO 14: il vero coraggio

CAPITOLO 14: il vero coraggio

 

 

Nessuno ti dimostra più amicizia di un amico nel bisogno.

                                                              Plauto

 

L'uomo ha bisogno di qualcuno che gli voglia bene. Basta una persona sola, purché gli voglia bene davvero, e non sto parlando di grandi scene madri.

                                                                  Leo Buscaglia

 

“Avete scordato per caso qualcosa,madame Giry?” Il tono del ragazzo era velenoso e pungente.

 

“Effettivamente sì,monsieur le Vicomte. I miei guanti…e il mio buonsenso. Dovevo pensare che dietro tutto questo c’era il vostro insaziabile rancore. Sono stata davvero stupida,e non è da me.Vi devo pregare di uscire da questa casa,ora.La vostra presenza non è assolutamente gradita.”

 Madame avanzò,tendendo le braccia ad Angelique,che ora sembrava terrorizzata.

 

“Fermatevi!” Raoul alzò la canna della pistola,ma la donna sembrava non curarsene,mentre continuava ad avvicinarsi a lui.

 

“Andiamo,Visconte,mettete via quel giocattolo. Potreste farvi del male.”

 

Raoul sparò un colpo in aria. Il suono echeggiò possente nell’aria,e fece cadere dell’intonaco dal soffitto.

 

Madame impallidì,ma quello fu l’unico segno del suo spavento.

La bambina si era rifugiata terrorizzata dietro di lei. La donna fermò a guardarlo,le mani sui fianchi in un atteggiamento materno e severo nello stesso tempo.

“Raoul…” Era la prima volta che lo chiamava con il suo nome di battesimo.

 

“Raoul,perché vuoi commettere a tutti i costi una sciocchezza? Lascia in pace Christine. E’stata un’idea mia che non venisse a trovarti,una volta tornata sana e salva a Parigi.Pensavo che ti fossi rassegnato alla sua perdita,e che il rivederla ti avrebbe fatto soltanto del male. Mi sbagliavo solo a metà.. Ora sei tu che vuoi fare del male agli altri. Ma questo non ti riporterà tuo fratello,né una perduta o illusoria felicità.” Inarcò un sopracciglio,con fare meditabondo. “Ho sentito cosa dicevi riguardo alla bambina. Non vedo perché dovresti occupartene ora,visto che ne hai avuto così poca considerazione in precedenza. La bambina resterà qui con me,..con noi.”

 

“Maledizione Madame Giry,andatevene!Portate in salvo Christine e Angelique!”tuonò Erik.

 

Raoul non vi badò,e le rise in faccia. “Credete davvero di potermi dare ordini? Non sono una delle ragazzine del vostro stupido balletto! Dopo che avrò finito qui,porterò via la bambina con me. Crescerà come figlia di mio fratello Philippe,come una de Chagny. E fareste meglio a non cercare di ostacolarmi. Non c’è nulla che possiate fare,del resto.”

 

Madame obiettò con un sorriso amaro. “Volete davvero che questa bambina sia fiera di portare il vostro nome? Allora non macchiate un nome onorato con del sangue inutile.”

 

Le agitò contro la pistola. “Non vi illudiate di fermarmi questa volta. Ancora non so come mai mi abbiate aiutato quella notte,vista la vostra grande amicizia nei confronti di questo assassino. Ma da allora non avete fatto altro che ostacolare il mio rapporto con Christine. Oh,non temete. Non sono qui per strisciare per l’ennesima volta ai suoi piedi,come un cane. Non la desidero più. Sono qui solo per compiere la mia vendetta.”

 

Madame sospirò. “Raoul,perché ti ostini a comportarti in questo modo? Dopo che lo avrai ucciso,cosa cambierà nella tua vita?”

 

Raoul le sorrise gelidamente. “Avrò la soddisfazione di aver ripulito la terra da parte della sua feccia.”

Si voltò e avanzò lentamente verso Erik,che lo stava guardando con sfida.

 

Madame Giry, sempre mantenendo il suo sangue freddo,gli si slanciò contro,senza mostrare alcuna paura.

 

La donna ovviamente non possedeva la forza fisica del Visconte,ma lottò coraggiosamente,con le unghie e con i denti,per salvare la vita dei suoi protetti. Fu una lotta silenziosa e concitata.

C’era qualcosa di tragico,macabro eppure commovente in quella scena. Sembrava una chioccia disposta a tutto pur di salvare i suoi pulcini.

Un tentativo disperato della Vita di opporsi alla follia portatrice di Morte.

 

Poi,d’un tratto,lo sparo.

 

Madame si accasciò a terra,ad occhi sbarrati,premendosi una mano sulla spalla da cui zampillava un fiotto di sangue. Il suo viso si era fatto in un attimo mortalmente pallido.

La stanza riecheggiò delle grida di Angelique e di Christine.

 

Raoul la guardò scioccato. Non aveva intenzione di fare del male a quella donna.

Un moto di nausea gli riempì la bocca di saliva amara. La testa cominciò a pulsargli…no,non era la stessa cosa uccidere da ubriachi un vile ricattatore e ferire a morte una donna che lo conosceva da anni,una onesta e proba madre di famiglia..

Il rimorso gli attanagliò il cuore come una morsa.

 

Maledizione,se solo questa vecchia sciocca non si fosse messa in mezzo…

 

Preso nei suoi pensieri,mentre si chinava a tastarle il polso per sentire se era ancora viva,non si accorse del pesante attizzatoio d’ottone che gli si stava abbattendo sulla testa.

 

 

 Il Visconte cadde pesantemente a terra riverso.

 

Alle sue spalle, Christine gemette,con occhi fiammeggianti,scagliando l’attizzatoio con violenza in un canto della stanza.

 

Un tempo non avrei mai avuto il fegato necessario a fare una cosa simile,riflettè,chinandosi sul corpo di madame. Nonostante il suo corsetto e la sua camicia si fossero inzuppati di sangue in pochi secondi,la donna non era morta. Aprì gli occhi.

 

“Christine…”parlava con appena un filo di voce. “Vi ho fatto tanto male in passato..anche se non volevo..”prese un pesante respiro. “Promettimi che..vi prenderete cura di Meg…lei non deve pagare a causa mia..”

 

Christine le sorrise tremante,sollevandola.

“Non dite sciocchezze Madame Giry. Al più presto sarete di nuovo in piedi,a sgridarci tutti per il nostro comportamento sconsiderato! Ve lo giuro..non aprirò mai più la porta prima di essermi assicurata di guardare chi è dallo spioncino!” La donna fece un mezzo,debole sorriso a quella battuta.

 

Christine stracciò l’orlo della propria gonna e le tamponò la ferita. Non sembrava troppo profonda, sebbene non fosse esperta giudicò che la pallottola l’avesse colta solo di striscio.

 

Adagiò Madame sulla poltrona e corse a slegare Erik,che sembrava troppo scioccato per poter parlare. Si chinò anche lui su Madame,ed esaminò le condizioni della ferita. Sospirò di sollievo.

 

“Madame,non dovete temere. Non morirete per così poco…”scherzò”non una roccia come voi! Siete stata molto coraggiosa poco fa.. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza. Christine…”

 

Si alzò ed abbracciò con forza la ragazza,che era ancora scossa da tremiti incontrollabili,il viso rivolto al corpo che giaceva sul pavimento,in un lago di sangue.

 

“Temo..temo di averlo ucciso Erik!Oh Dio,come ho potuto farlo!”

 

Lui le afferrò le spalle e la scosse. “Christine,ascoltami,non avevi scelta. Non credo sia morto,in ogni caso. Il tuo colpo non può essere stato così forte. Ora portami bende pulite ed un catino d’acqua. In camera mia devo avere una polvere antibiotica..vado a cercarla. La scioglierai nell’acqua e mi aiuterai a medicare Madame. Non possiamo portarla all’ospedale,ci farebbero troppe domande. Ora sbrighiamoci.”

 

Mentre Christine usciva, si volse verso il corpo del Visconte. Provò l’irrefrenabile desiderio di estrarre il proprio micidiale Laccio. Lo estrasse si tasca,lo strinse con forza fra le mani. Si inginocchiò accanto all’uomo,tese il laccio…pochi secondi e tutto sarebbe finito,per sempre… Catherine sarebbe stata vendicata, e nessuno lo avrebbe più minacciato di strappargli Christine o Angelique…

 

Si fermò,il laccio a mezz’aria e un’espressione feroce sul viso. Incontrò lo sguardo innocente e sbigottito di Angelique. Lo stesso sguardo che gli avrebbe rivolto Christine,se lo avesse visto compiere quell’infamia. Uccidere a sangue freddo un uomo indifeso,incosciente…no,non poteva farlo. E al diavolo anche la vendetta! Non poteva tradire i suoi più cari affetti per la sua assurda e sconsiderata sete di sangue.

Velocemente fece sparire il laccio,mentre Christine tornava trafelata nella sala con tutto ciò che le aveva chiesto di portare.

 

Circa mezz’ora dopo Madame era stata medicata e portata a letto.

Le aveva somministrato della morfina perché dormisse,ed era ritornato in salotto.

 

Christine nel frattempo aveva legato saldamente Raoul,alla stessa sedia su cui un’ora prima Erik si era sentito prossimo alla tomba. Il ragazzo non era morto,e neppure ferito in modo troppo serio. Probabilmente gli sarebbe rimasto solo un mal di testa,come souvenir della giornata. Gli aveva parzialmente tamponato e ripulito la ferita. Nonostante tutto ciò che era accaduto,non riusciva ad odiarlo.

Si sentiva in parte responsabile per le sue azioni scellerate. Era stata lei la vera causa di tutto. Ancora una volta,aveva sparso morte ed orrore attorno a sé.

 

Erik rientrò nella sala e vide Christine,che  sedeva sul divano,cullando fra le braccia Angelique. La piccola  si era finalmente calmata.

La ragazza gli sorrise debolmente,lo sguardo distante.

Erik prese in braccio la bambina,che gli si rannicchiò contro,posando la testina sulla sua spalla e chiudendo gli occhi,in una parvenza di pace.

 

“Come faremo Erik?” il tono di voce di Christine era privo di emozioni. Sembrava parlare di una cosa lontana..

 

“Non lo so”ammise lui. “Non appena si sveglierà inizierà probabilmente a strillare come un maiale sgozzato.. Non possiamo tenerlo qui. E lasciarlo andare equivarrebbe a firmare la nostra condanna a morte. Ci inseguirà fino in capo al mondo,ne sono certo ormai.”

 

Christine lo guardò disperata. “Cos’altro possiamo fare allora? Devi fuggire…devi andartene immediatamente. Se io accetto di rimanere con lui…potrebbe accantonare i suoi propositi di vendetta. Raoul non è cattivo,io conosco il suo cuore meglio di chiunque altro. Se si è comportato così è perché il dolore e la solitudine hanno preso il sopravvento su di lui. Anche tu..” arrossì,e non riuscì a terminare la frase.

 

“Sì,anche io ho commesso molti gesti scellerati in passato. Non pagherò mai abbastanza per quello che ho fatto,e Dio mi è testimone non ho intenzione di commettere un’altra volta un delitto. Neppure per vendicare Catherine. Non posso ucciderlo, se è la soluzione a cui pensavi,e se lui prima o poi riuscirà a vendicarsi su di me..non sarà altro che la punizione per i miei peccati. Ma tu…”

 

Sollevò su di lei occhi lucidi e disperati. “Ho accettato una volta di perderti,ora non potrei. Non sopravvivrei alla consapevolezza che ti sei venduta a lui soltanto per salvarmi la vita. No. Morirò,se devo, e tu rimarrai con Madame, ed insieme vi prenderete cura della piccola. Non lasciargliela portare via,Christine. Promettimelo.”

 

Gli occhi di Christine lo fissarono,colmi di autentico orrore. “Non ti prometterò nulla de genere. Sei pazzo se credi che ti lasci morire senza provare ad impedirlo con ogni mezzo.”

 

Lui posò con delicatezza la bambina sul divano. La piccola sembrava semi-addormentata,probabilmente per le emozioni forti della mattinata.

 

Prese il viso di Christine fra le mani e lo contemplò a lungo,come rapito dalla dolcezza dei suoi tratti.

Una ridda di gemiti si levò dall’angolo della stanza.

Erik sospirò. Il Visconte si era svegliato.

 

 

Raoul aveva la vista offuscata.

Si sentiva il viso caldo e appiccicoso,e quando provò a sollevare una mano,scoprì di non potersi muovere. Era legato,legato alla sedia su cui poco prima aveva inchiodato il suo nemico.

Non sono stato abbastanza svelto,dovevo finirlo subito,si rammaricò.

Non avrei dovuto perdere tempo…cos’era successo?

Non ricordava lucidamente…ah sì,aveva ferito accidentalmente Madame Giry…sarà morta?si chiese.

Non la vedeva da nessuna parte….

 

Spalancò gli occhi nel vedere le due figure abbracciate accanto a lui.

Christine… le lacrime gli sgorgarono dagli occhi senza che potesse far nulla per fermarle.

L’aveva persa,per sempre.

 

Fu solo in quel momento che realizzò di aver desiderato quella vendetta per potersi concentrare sull’odio… non era altro che un espediente per smettere di soffrire.

 

Christine si era sbagliata.

Può anche darsi che una piccola parte di lui avesse sofferto di orgoglio ferito,quando lei l’aveva lasciato,ma la realtà è che aveva provato un dolore,una sensazione di vuoto,una solitudine che lo aveva trafitto come una lancia.

Provare odio per il Fantasma era stato un mezzo per accantonare quel dolore.

 

Li guardò,insieme. Quando aveva scoperto l’esistenza del Fantasma ed il suo legame con Christine, anni prima,aveva pensato immediatamente a loro come ad una coppia bizzarra. Impossibile.

Solo nelle favole per bambini la Bella poteva amare la Bestia,non nella realtà.

 

Una fugace occhiata all’abbraccio di quei due,e non ebbe più alcun dubbio.

Gemette,rassegnato.

 

Doveva lasciarli andare…la sua vita era spezzata,e non avrebbe mai potuto perdonare al Fantasma i suoi delitti. Non poteva perdonargli di aver ucciso il suo unico fratello.

Ma se amava Christine,e solo Dio sapeva quanto,doveva sacrificarsi per lei.

Perfino quella bestia ne era stata capace,tre anni prima… Lui avrebbe dovuto fare altrettanto.

 

Una lacrima gli rigò la guancia sporca di sangue.

L’unica differenza era la completa consapevolezza che lei non sarebbe mai più tornata a cercarlo,come aveva fatto con Erik. Non lo amava abbastanza per compiere quel cammino sulle tracce della memoria..

Si schiarì il più possibile la voce.

 

“Perdonami,Christine.”

 

La ragazza si sciolse dall’abbraccio di Erik e gli andò accanto.

Si inginocchiò di fianco a lui e gli scostò i capelli dal viso,anch’essi incrostati di sangue e appiccicati alla fronte.

“Raoul..non è necessario che mi chiedi scusa. Non è solo a me che hai fatto del male…e lo sai,non sono mai stata brava nel portare rancore.”

 

Lui alzò lo sguardo su di lei,pieno di angoscia e rimorso. “Madame Giry..l’ho..”

 

“No,non temere..starà bene. Certo poteva accadere qualcosa di molto più grave. Come hai potuto fare una cosa simile,entrare qui armato,minacciarci tutti a quel modo..hai anche terrorizzato Angelique…tua nipote”si corresse. “Non so come ho potuto non notare la somiglianza fra loro…immagino che certe volte la nostra vista si diverta ad ingannarci. Poco fa sono rimasta terrorizzata nel vederti…ed ora invece sei solo il mio dolce,caro Raoul. L’uomo più gentile che abbia mai conosciuto. Immagino cosa tu abbia passato negli ultimi mesi,e credimi sono addolorata di aver fatto la mia parte nelle tue sofferenze.”

Lo guardava con occhi pieni di sincera afflizione.

 

Lui ne rimase stravolto,e per l’ennesima volta conquistato. Non poteva resistere a quegli occhi.

“Hai ragione,Christine. Ho agito come un pazzo,e sono estremamente sollevato nel sapere che Madame Giry non è in pericolo.. Non dovete temere. Non cercherò più di farvi del male,Dio sa che ne ho commesso abbastanza. Vorrei poter tenere con me la piccola”disse,mentre gli occhi di Christine si stringevano per l’improvvisa paura del distacco “ma ho deciso di rinunciare anche a questo. La piccola vi è affezionata..anche troppo,per certi versi” aggiunse guardando Erik con espressione lugubre.

 

Poi ritornò a concentrarsi su Christine. “Sono certo che te ne occuperai nel migliore dei modi. Ho visto come le sei affezionata. Non potrebbe provare che orrore nel vivere con me,dopo aver visto il mio comportamento di oggi. Spero soltanto che crescendo possa perdonarmi e riavvicinarsi a me..”

 

“Ma certo! Potrai vedere Angelique ogni volta che lo vorrai,e sono certa che non avrà più paura di te,quando avrà conosciuti il vero Raoul de Chagny. Un uomo buono.”

Gli accarezzò piano la guancia,e Raoul si sentì mancare sotto il tocco delicato di lei. Com’era difficile fare ciò che andava fatto…

 

Erik fissava la scena,senza dire una parola. Non si fidava dell’improvviso pentimento di Raoul de Chagny.

E’ facile essere docili remissivi e pieni di rimorsi quando si è legati come salami,riflettè amaramente.

 

Ma cosa sarebbe successo quando lo avessero liberato?

 

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Capitolo 15
*** Una situazione difficile ***


CAPITOLO 1: TRE VITE ALLO SPECCHIO

CAPITOLO 15: una situazione difficile

 

Erik continuava a dubitare della conversione di Raoul,ma dovette cedere alla buona fede di Christine.

 

La ragazza lo sciolse dai lacci,e lo aiutò a ripulirsi la ferita e a medicarla.

 

Erik non li perdeva di vista un attimo, girando loro intorno,a distanza,come un leone intorno alla preda.

La gelosia si era risvegliata in lui come una fiamma inestinguibile,non sapeva come dominarsi.

Lasciava qualche secondo la stanza soltanto per sincerarsi delle condizioni di salute di Madame,seguito dalla piccola che sembrava non fidarsi di quell’uomo…sembrava non voler assolutamente  rimanere sola con lo zio.

Dopotutto non riusciva a provare rancore per Erik anche dopo aver scoperto che aveva ucciso il suo padre naturale..dopo tutto non lo aveva mai conosciuto. Ma quell’uomo gli aveva portato via la sua mamma…

Dopo quell’angosciata parola,papà,che le era sfuggita in quell’istante terribile, la piccola era di nuovo trincerata nel suo mutismo,ma Erik era fiducioso.

Se aveva parlato una volta,lo avrebbe fatto ancora. L’avrebbe aiutata lui,con pazienza e dedizione..

 

Raoul de Chagny apparve sulla soglia della stanza di Madame.

Gettò un’occhiata preoccupata al letto dove giaceva la donna,e sembrò improvvisamente pallido e fragile. Com’era diverso dall’uomo che qualche ora prima li teneva in scacco,dominato da furia e cieca vendetta…

 

“Mi occuperò io di lei,questa sera stessa andrò a cercare il miglior medico disponibile. In un modo o nell’altro dovrò ottenere il suo perdono,anche se non lo meriterei. Penso che in ogni caso sia più prudente che voi ve ne andiate il prima possibile. Gli spari di oggi avranno allarmato qualcuno…qualche vicino potrebbe aver avvisato la polizia. Potrebbero venire in questa casa,fare domande nel quartiere..andatevene. Giuro di non ostacolarvi più.”

 

Guardò Erik negli occhi,un misto di rassegnazione e preoccupazione.

“Occupati di lei..so che non dovrei rammentartelo. Sono certo che la saprai rendere felice.”

 

Erik deglutì. L’impegno di quella promessa lo terrorizzava,ma lo rendeva anche felice.

 

Attesero il ritorno di Nadir e di Meg.

La ragazza ebbe una crisi isterica nel vedere la madre ferita in quel modo,e si scagliò con tutte le sue forze contro il Visconte,percuotendogli il petto e gridando come un’indemoniata.

Lui rimase passivo sotto quei colpi,senza reagire,senza neppure provare a fermarla.

Gli graffiò il viso a sangue,con ferocia, prima che Christine riuscisse a fermarla,serrandole le braccia dietro la schiena,tentando di calmarla con la forza e con le parole.

 

Quando finalmente esausta si accasciò a terra,come inebetita e priva di volontà, Christine la rassicurò sulla reale condizione di salute della madre.

 

Raoul si affrettò a chiarire quanto accaduto,con tono vergognoso e imbarazzato.

Si sarebbe preso cura di Madame,specificò,visto che la colpa di quanto era accaduto era sua,e sua soltanto. L’avrebbe fatta trasportare alla villa,se fosse stato necessario,e anche Meg avrebbe potuto trasferirvisi per stare accanto alla madre.

 

Christine rimase di sasso nel vedere la fermezza con cui l’amica rifiutò la generosa offerta del Visconte.

Con una grazia quasi regale,che contrastava con il suo abbigliamento modesto,con i capelli scompigliati e con l’espressione fiera del viso così giovane, disse soltanto:”Mia madre non ha bisogno di lussi per guarire. Ha bisogno soltanto di me e di un buon dottore. Ed entrambe le cose”aggiunse con disprezzo”non devono essere inquinate dal vostro denaro.”

 

Raoul abbassò gli occhi,pieno di vergogna. Perfino quella ragazzina aveva più onore di lui. Si inchinò velocemente alle due ragazze,ed uscì.

 

Nadir,visibilmente sconvolto dal racconto che aveva appena udito,sussurrò all’orecchio di Erik “Lo lasci andare così? Pensi davvero di poterti fidare di lui?”

 

“No,”mormorò Erik rassegnato. “Ma Christine è troppo legata a lui. Non posso fargli del male,l’ho promesso. In ogni caso quel ragazzo nasconde ancora qualcosa. Credimi, Daroga, non è finita qui.”

 

   Sarai completamente in pace con il tuo nemico solo quando morirete entrambi.

                                                                         Kahil Gibran

 

 

 

L’indomani stesso Christine ed Erik si sposarono.

 

Non fu la cerimonia sontuosa e fiabesca che Christine aveva sempre immaginato. Sin da quando era piccola,aveva sempre sognato un matrimonio da favola,in una cattedrale sontuosa,con fiori a profusione e un abito favoloso e romantico.

Aveva sempre sognato di sposare un Principe Azzurro.

 

Nulla aderì a quell’innocente fantasia infantile.

 

La cerimonia si svolse in una piccola parrocchia fuori Parigi,nelle prime ore del mattino. Testimoni furono soltanto Nadir e Meg,in sostituzione di sua madre.

 

 Madame Giry era addolorata di dover mancare,ma il dottore le aveva ordinato assoluto riposo,e la donna aveva obbedito. Aveva abbracciato i suoi protetti,e prima che Christine uscisse le aveva fatto cenno di aprire un cassetto. Dentro,la ragazza vi aveva trovato due sottili fedi d’oro.

 

“Sono le fedi con cui mi sono sposata. Il padre di Meg è morto ormai da tanti anni,e non ho mai più avuto cuore di indossare quell’anello. Ma il nostro è stato un matrimonio felice,per quanto sia durato troppo poco..” Sospirò,afflitta dal ricordo del marito,morto a solo un anno dalle nozze.

“Spero che vi portino fortuna. Non ho altro da regalarvi,purtroppo. Ma non c’è nessuno che meriti la felicità più di voi.”

 

Christine era commossa dalla sua generosità. L’abbraccio un’ultima volta.

La donna la strinse forte a sé,gemendo per il dolore che le procurava la  spalla ferita,e le sussurrò soltanto “Sii felice,bambina mia. Lo meriti.”

 

 

Il matrimonio non fu fastoso né festeggiato in pompa magna,ma nel momento del sì Christine si voltò e incontrò gli occhi emozionati eppur sereni di Erik. In quegli occhi lesse amore,speranza,fiducia..ma anche una velata malinconia,e un pizzico di paura. Temeva ancora che lo lasciasse?

 

Il parroco,Padre Christophe li guardò con serietà.

“A volte ho l’impressione che in questi tempi così difficili,i miei poteri siano limitati dall’assenza di Dio nelle vite peccaminose degli uomini. Ma Dio è ancora presente nella mia chiesa,e vedo che lo è in voi due,figlioli.

La vostra unione è voluta da Dio,per la vostra reciproca gioia,per l’aiuto ed il conforto che darete l’uno all’altra nella buona e nella cattiva sorte. E quando lui vorrà,perché cresciate nel modo migliore i figli che il cielo vorrà donarvi. Siete pronti ad impegnarvi l’uno con l’altra?”

 

“Lo siamo”risposero all’unisono,sorridendosi nervosamente.

 

“Il vincolo del matrimonio è stato stabilito da Dio al momento della Creazione.Coloro che Dio ha unito,nessun uomo potrà separare.”

Tacque,e poi chiese”Avete gli anelli?”

 

“Li abbiamo”rispose Christine raggiante,porgendoglieli.

 

“Dio misericordioso” continuò il prete,”guarda con benevolenza quest’uomo e questa donna che vivono nel mondo per  cui tuo figlio ha dato la vita. Fa’che la loro unione sia un segno dell’amore di Cristo per l’umanità corrotta dal peccato.Difendi quest’uomo e questa donna da ogni nemico. Fa’che il loro amore reciproco sia un pegno nei loro cuori,un mantello sulle loro spalle,un sostegno fra le loro mani.  Benedici il loro lavoro,il loro sonno e la veglia,le gioie e i dolori,la vita e la morte.”

 

Christine si accorse che una lacrima di gioia le stava solcando il viso.

Erik si voltò verso di lei,e le sorrise,sereno e felice.

 

Le loro voci furono squillanti nel pronunciare il sì.

 

Non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.

                                             Antoine-Marie-Roger de Saint Exupery

 

 

Sui gradini della chiesa la sollevò da terra e la fece volteggiare,mentre si baciavano in estasi.

Nadir e Meg batterono loro le mani,felici. La luce fioca del mattino iniziava a schiarirsi con i primi raggi del sole. Christine gli baciò teneramente la guancia.

In quel momento per lei Erik era più bello del sole che stava sorgendo.

 

Si affrettarono verso casa per salutare Madame e per caricare i loro bagagli.

 

Mentre Erik si affrettava qua e là per casa, Christine si affacciò alla finestra,e contemplò per un’ultima volta il paesaggio dei tetti di Parigi. Appena sfiorati da un pallido sole,sembravano darle il loro addio.

 

Fu straziante il momento della separazione dai loro amici. Lacrime e raccomandazioni si sprecarono.

 

Christine si fece ovviamente promettere che sarebbero andati a trovarli il prima possibile,non appena Madame si fosse sentita meglio. Si sentiva così in colpa nell’abbandonarla proprio in quel momento di necessità..dopo tutto quello che aveva fatto per lei..

 

Madame l’aveva guardata con un’espressione fintamente severa.

“Io sto benissimo,nonostante tutti vi affanniate ad affermare il contrario. E voi dovete iniziare la vostra nuova vita…ne avete veramente bisogno.”

 

La piccola Angelique era immensamente triste nel separarsi da quella donna così forte ed autoritaria,ma così tenera e gentile. Strinse forte la mano di Christine,mentre si allontanarono in carrozza dal primo posto che la piccola aveva considerato casa sua.

 

Non poterono avere la loro luna di miele a Marsiglia,vista la loro necessità di allontanarsi dalla Francia quanto prima. Ma Christine aveva scritto al Professor Verneuil la sera precedente,spiegandogli nel modo più chiaro possibile i turbinosi eventi delle ultime settimane,ringraziandolo infinitamente per i buoni consigli,e pregandolo di dare un bacio alle sue “piccole pesti”che le mancavano tanto. Non appena si fossero stabiliti in Svezia,aveva aggiunto,gli avrebbe comunicato il nuovo indirizzo,nella speranza di una sua visita estiva.

 

Prima di partire consegnò la lettera a Meg,pregandola di imbucarla al posto suo,visto che erano già in ritardo. Dovevano partire immediatamente per raggiungere in tempo la nave che li attendeva,in un porto del Nord.

 

Meg prese la missiva,e consegnò a Christine un mazzo di fiori che era arrivato quella  stessa mattina.

 

Un mazzo di non-ti-scordar-di-me.

Era del Visconte, Christine lo indovinò dal sigillo sulla busta che accompagnava i fiori.

Dunque Raoul aveva pensato anche al suo bouquet,riflettè tristemente.

 

Prese i fiori e li sistemò in camera di Madame,facendo scivolare la busta in tasca.

Non voleva che Erik lo sapesse,quella storia lo aveva già provato abbastanza.

 

 

Le rose si sono svegliate di buon mattino per fiorire e sono fiorite per invecchiare.
In un bocciolo hanno trovato la vita e la morte.

                                Pedro Calderon de la Barca

 

Quella sera stessa si fermarono in una piccola locanda sulla strada.

 

Era molto tardi,ed Erik era già addormentato. La cingeva possessivamente a sé anche nel sonno, e per la prima volta nella sua vita aveva un’espressione rilassata. In pace con il mondo.

Non aveva più bisogno di lottare, di odiare la vita e l’umanità: ora l’aveva tutta per sé.

Ora aveva davvero tutto ciò che desiderava.

 

Anche la piccola dormiva,nel suo lettino ai piedi del loro letto.

 

Christine fissava suo marito,nella semioscurità,sentendo il proprio cuore scoppiare di tenerezza.

 

Poi,un pensiero amaro si fece strada dentro di lei.

Pensò a Raoul,a quanto aveva sofferto anche lui a causa del suo comportamento infantile e sconsiderato. Inghiottì la voglia di compiangerlo,e piano si sottrasse alle braccia di Erik.

Frugò le tasche del proprio vestito e trovò il biglietto che aveva accompagnato i fiori.

La tentazione di gettarlo via era stata forte,ma non ci era riuscita.

L’intestazione diceva soltanto “Alla mia piccola Lottie”.

Sospirando,stracciò il sigillo e ne estrasse la lettera.

 

Mia piccola Lottie,

quanto tempo è passato dall’ultima volta che ti ho chiamato così? Non lo ricordo più neppure io. Rammento solo il tuo viso, sorridente e imbarazzato per l’accenno a quel ricordo della nostra infanzia.

Ma non siamo più bambini,piccola Lottie. Tu sei diventata una splendida giovane donna,ed è giunto il momento che io mi comporti da uomo,per la prima volta in vita mia.

Non posso implorare il tuo amore per sempre,un amore che chiaramente hai deciso di riservare ad un’altra persona.

Sono certo che a dispetto di ciò che possa pensare io o chiunque altro,quell’uomo deve avere delle qualità. Deve essere buono. Altrimenti non avresti mai potuto innamorartene,e difenderlo con tanta forza.

 

Questa sera anche io festeggerò le tue nozze. Ho già deciso.

 

Andrò sul tetto dell’Opera Populaire. Rammenti Christine? Il nostro primo bacio,la sera in cui hai accettato di sposarmi.

Il ricordo mi sembra così irreale che ogni tanto mi chiedo se non sia stato tutto un sogno.

Appena tornato a casa,ieri pomeriggio,mi sono affrettato a sistemare ogni cosa. A Madame Giry ho concesso un vitalizio, mi pare che se lo meriti. Con il suo gesto coraggioso mi ha mostrato cos’è la vera amicizia.

Alla piccola Angelique ho lasciato ogni altro mio bene. E’lei l’unica erede della nostra casata,e spero che tu sappia parlarle di me come di un uomo,e non come del mostro che d’ora in poi popolerà i suoi incubi. Sono certo che saprai farlo.

 

Posso vedere i tuoi occhi sbarrati,mentre leggi queste ultime righe. Sì Christine,ho deciso di uccidermi,questa sera stessa.

Precipiterò dal tetto di quel teatro che è stato l’inizio della nostra avventura,e che ora ne sarà la fine. Della mia,almeno.

 

Conosco troppo bene la debolezza del mio carattere,e l’odio che porto in fondo al cuore per quello che adesso è tuo marito.

In un momento di rancore,di gelosia,di ubriachezza potrei sentire di nuovo dentro di me quell’insano desiderio di uccidere. Le mie mani si sono già sporcate di sangue,non voglio più che accada.

 

Non piangere Christine. Interpreta il mio gesto come il regalo di nozze che vi offro.

Ti amerò per sempre,mia piccola,dolcissima Lottie. Non dimenticarmi mai.

Raoul

 

 

Christine stava tremando,i singhiozzi e le lacrime la scuotevano violentemente.

 

Quasi non si accorse di Erik alle sue spalle. Dopo aver  tentato più volte di scuoterla e calmarla,l’uomo raccolse dal pavimento il foglietto che vi era caduto.

Sollevò lo sguardo su di lei,stravolto da quella notizia.

 

Non aveva compreso la strana luce negli occhi del Visconte, si era convinto che stesse meditando qualche altro piano per far loro del male,certo non poteva immaginare che…

 

Non trovò nulla da dire. Potè solo abbracciare sua moglie in silenzio,finchè lei non si fu calmata.

La loro nuova vita era iniziata solo da poche ore,e già un uomo pesava loro sulla coscienza.

Erik si chiese con amarezza,finirà mai tutto questo?

 

Non può piovere per sempre. (da "Il corvo")

 

Quando giunsero,due settimane dopo,in vista delle coste svedesi, Christine aveva accettato il suo dolore.

O perlomeno lo aveva mascherato. Inghiottito nei profondi recessi della sua anima,a lungo provata dal dolore.

 

Non le sembrava giusto soffrire a quel modo davanti ad Erik.

Non voleva che fraintendesse il lutto per il suo amico,per il suo  quasi-fratello, con un qualche rimpianto per le scelte compiute. Lei non aveva alcun dubbio.

 

Si strinse forte a lui e alla bambina,mentre la sua terra natia la salutava, immersa nel sole del mattino, scompigliandole i capelli con una brezza fresca che profumava di casa.

 

La tua virtù è la mia sicurezza.

E allora non è notte se ti guardo in volto, e perciò non mi par di andar nel buio,

e nel bosco non manco compagnia.

Perchè per me tu sei l'intero mondo.

E come posso dire di esser sola se tutto il mondo è qui che mi contempla?

                                                                               William Shakespeare

 

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Capitolo 16
*** Epilogo ***


Epilogo

EPILOGO

 

Trascorsero molti anni. La vita di Erik e Christine non fu perfetta,ma si avvicinò all’ideale di perfezione che entrambi avevano sperato.

 

Appena un anno dopo il loro matrimonio,ebbero il loro primo figlio. Christine,spossata,teneva fra le braccia quel tenero fagottino,senza aver la forza di dire una  sola parola.

Erik aveva guardato entrambi,con le lacrime agli occhi,stringendo le manine di Angelique,anche lei eccitatissima per l’arrivo del “fratellino”.

 

“Come lo chiamerai mamma?” le aveva chiesto sorridendo.

Da mesi ormai la piccola parlava normalmente.

 

Non solo, ma Erik con infinita pazienza le stava insegnando a cantare,e la bambina aveva rivelato un talento a dir poco eccezionale. Presto avrebbe eclissato anche la bravura di Christine,ma alla donna questo non importava,anzi ne era felice.

 

Aveva rinunciato,con grande dispiacere di Erik,al sogno di una carriera da diva.

Aveva lasciato la musica a suo marito,che in Svezia aveva ricominciato a comporre,guadagnandosi in breve una grande fama,e si era dedicata all’ultima sua passione,la pittura.

Aveva aperto una piccola galleria,e i suoi quadri solari e profumati di Francia erano molto apprezzati dai nobili del Nord.

 

Prima che potesse rispondere alla domanda di Angelique,Erik le strinse teneramente una mano.

“Penso che dovremmo chiamarlo Raoul.”

 

Christine spalancò gli occhi per la sorpresa. Non avrebbe mai osato chiedere una cosa simile al marito, nonostante in quei lunghi mesi di gravidanza ci avesse pensato spesso.

Le sarebbe sembrato di fargli un torto..e in vece lui,da quell’uomo generoso e amabile che era,aveva indovinato i suoi pensieri e l’aveva esaudita.

Il sorriso che gli fece lo ripagò di ogni amarezza del passato.

 

Il tempo passò.

 

Ebbero anche una figlia,qualche anno più tardi,e la decisione di Erik di chiamarla Madeleine sancì il suo completo perdono per un passato che lo aveva crudelmente vessato.

 

Il giorno del loro venticinquesimo anniversario di nozze,lui si presentò a casa con un mazzo di splendide rose rosse, legate con un nastro di seta nera. Lei aveva gli occhi lucidi per la commozione,mentre lo baciava.

 

“Sei bellissima.” Le sussurrò lui in quell’abbraccio.

Lei gli diede un pugno scherzoso sul petto. “Sei un bugiardo!Forse lo ero un tempo..ora il mio viso è pieno di rughe,e lo sai benissimo!”

Lui le prese il viso fra le mani,esaminandolo con serietà. “Può essere..ma lo sai che senza occhiali non vedo più nulla no?”le sorrise,burlandola.

 

Quando quaranta inverni assedieranno la tua fronte

e profonde trincee solcheranno il campo della tua bellezza,

l'orgoglioso manto della gioventù, ora ammirato,

sarà a brandelli, tenuto in nessun conto.

Allora, se richiesto dove la tua bellezza giace,

dove il tesoro dei tuoi gagliardi giorni,

rispondere ch'essi s'adagiano infossati nei tuoi occhi

per te vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto.

Quanta più lode meriterebbe la tua bellezza,

se tu potessi replicare: "Questo mio bel bambino

pareggia il conto e fa perdonare il passare degli anni",

dando prova che la sua bellezza da te fu data.

Sarebbe questo un sentirsi giovane quando sei vecchio,

mirare il tuo sangue caldo quand'esso nelle tue vene e' freddo.

                                                                              William Shakespeare

 

 

Erik morì pochi giorni dopo,serenamente,nel suo letto,circondato dalla famiglia che amava.

 

Era molto più vecchio di lei,e la vita travagliata che aveva dovuto affrontare gli aveva minato irrimediabilmente il corpo e lo spirito.

 

Christine,con l’aiuto dei figli,ormai adulti,volle far seppellire il marito in terra francese.

A Parigi,per la precisione.

Voleva che nello stesso suolo consacrato riposassero insieme i tre uomini della sua vita.

E voleva essere sepolta lì anche lei,quando ne fosse venuto il momento.

 

A Parigi,si stabilì con Angelique in quella che era stata la residenza de Chagny.

La ragazza non aveva mai accettato di portare il nome dei suoi veri familiari,ma era diventata comunque padrona dei loro immensi possedimenti. Non se ne era mai curata,e aveva ceduto la gran parte della sua fortuna a orfanotrofi ed altri pii istituti. Aveva conosciuto una vita troppo dura per dimenticarsi di chi non aveva avuto la sua stessa fortuna.

 

I  figli di Erik e Christine erano entrambi sposati,ormai,e lei si ritrovava sola.

 

Raoul aveva sposato una ragazza svedese,ed era rimasto a vivere in quella terra.

Madeleine invece aveva da poco sposato il suo più caro amico d’infanzia, Adrienne Verneuil.

 

I figli del professore erano venuti a far loro visita ogni estate,sin dalla loro infanzia,e Christine aveva notato subito il legame speciale che aveva unito quei due.

Aveva sorriso,immaginandosi cosa sarebbe accaduto non appena i due bambini fossero diventati adulti..e ovviamente ci aveva azzeccato.

Ora vivevano a Marsiglia,con il loro primogenito, appena nato.

 

Solo Angelique le era rimasta accanto.

La ragazza,diventata una splendida donna,era una delle soprano più apprezzate d’Europa,circondata da uno stuolo di ammiratori,eppure sembrava non aver alcun desiderio di sposarsi.

Cambierà idea,rifletteva Christine,quando troverà il suo Angelo.


Madame Giry era morta già da diversi anni,e Meg aveva preso il suo posto di insegnante al Balletto dell’Opera Populaire. Neppure lei si era sposata,ed era diventata una donna energica e volitiva come sua madre.

Christine era  rimasta la sua migliore amica,nonostante i lunghi anni lontani.

A volte bastava loro un solo sguardo per rammentare i lunghi emozionanti anni passati all’Opera,e tutti gli eventi straordinari a cui avevano assistito. Nessuno d’altronde le avrebbe credute,se avessero narrato la loro storia.

Christine spirò serenamente nel sonno,una notte di qualche anno dopo.

 

I suoi cari la fecero seppellire accanto all’amato marito,con questa epigrafe.

 

Dove andrò io voglio ci sia tu

Angelo,nient’altro chiedo più…

 

 

 

 

 

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