ἄγγελος, Anghelos: emozioni di una Terra

di Dangerina15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Di notte ***
Capitolo 3: *** 2. Tutto ha inizio ***
Capitolo 4: *** 3. Anghelos ***
Capitolo 5: *** 4. Profondo Specchio ***
Capitolo 6: *** 5. L'alba di un nuovo giorno ***
Capitolo 7: *** 6. Solitudine ***
Capitolo 8: *** 7. Nel silenzio di una riva ***
Capitolo 9: *** 8. L'oscurità dell'emozione ***
Capitolo 10: *** 9. La valle delle anime d'ombra ***
Capitolo 11: *** 10. Rivelazione ***
Capitolo 12: *** 11. L'ultima notte ***
Capitolo 13: *** 12. Un nuovo inizio ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 
E‘ questo ciò che si sente: un immenso turbinio di sensazioni, percezioni, visioni. Se esistessero le giuste parole, non sarebbe necessario scrivere nulla, la poesia non avrebbe senso di esistere. Invece c’è e percuote l’animo come un tamburo, nella speranza che essa si risvegli e travolga l’anima con la sua accecante luce che, come sotto un incantesimo, dona alla mano la forza di muovere quella penna che lascerà impressa, nero su bianco, pensieri e parole…forse memorie.
La memoria: cosa ci rende davvero consapevoli di ciò che sentiamo o vediamo? Cosa ci permette ancora di sorprenderci, di lasciarci senza fiato dinnanzi al mondo in cui viviamo? I ricordi sono come degli scrigni, delle casseforti dorate in un mondo di grigia superficialità; è come una macchina del tempo, un meccanismo capace di fermare il presente e portarti indietro, a momenti e attimi che sono stati, una pagina scritta e indelebile della storia di tutti coloro che erano presenti in quello stralcio di vita. La via della vita è una lunga strada sempre dritta che punto al suo Nord e l’arrivo non può essere deciso. Si può scegliere, invece, il modo in cui arrivarci; ed è proprio durante questo viaggio che, a volte, capita di potersi girare indietro ad osservare ciò che è stato, forse bello o forse no, ma ogni sguardo verso l’inizio porta con sé una perla preziosa per il futuro.
Parole, sensazioni, immagini…il cuore respira la bellezza!
Ho visto cose che trascendono il mondo.
Ho sentito parole e voci provenire dal vento e dall’acqua.
La Terra mi ha parlata attraverso il suo canto soave e ammaliante; mi ha lasciata alla guida di qualcuno che ha risvegliato i miei sentimenti più nascosti, addormentati nei meandri di una spenta e superficiale normalità.
E’ tutto chiuso in una memoria che resterà impressa nelle pagine di un quaderno, per tutti coloro che avranno la forza e la volontà di abbandonarsi ad essa.
 

 
 

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Capitolo 2
*** 1. Di notte ***


Di notte

Una notte come molte altre per tanti uomini che si riposano dopo una lunga giornata di lavoro, per le donne che mettono a letto i loro piccoli, cullandoli e lasciandoli riposare tra le dolci braccia di Morfeo.
Ma non per me.
In questa notte l’aria che respiro ha con sé qualcosa di diverso; forse perché è vero che ogni terra trasuda gli odori ed i profumi della sua storia.
Non saprei dire come o quando ho messo piede su questo suolo; sembra come essere svegli dentro un sogno. Non ricordo nulla se non ciò che ora si palesa ai miei occhi: sono seduta su una sedia di velluto rosso, come se richiamasse l’idea regale di un trono e dinnanzi a me un abbraccio di benvenuto fatto d’acqua, il lungo fiume che rende viva ogni cosa che bagna con il suo fluido nettare.
E’ notte, fa freddo.
C’è silenzio attorno a me: posso avvertire in lontananza il vento che muove leggermente le piccole onde che si creano sul fiume, un odore forte pervade la mia testa inebriandomi di un sapore millenario. Immaginare è un bel modo per fare una fotografia mentale dei luoghi che vivono nel tuo cuore secondo quell’idea che forse altri, attraverso libri e racconti, hanno realizzato per te.
Cosa ci faccio qui?
Come sono arrivata in questa terra?
Terra…forse tu puoi darmi delle risposte: io ti guardo ma d’impatto non ti riconosco; in realtà credo di non conoscerti affatto. Mi guardo attorno, nella nebbia confusa dei miei silenti pensieri: qui le strade, le case, persino gli elementi della natura sembrano diversi. Tuttavia, c’è qualcosa che mi affascina, che mi attrae come un magnete verso di loro, ma non so dire cosa. Avverto qualcosa di insolito, una strana sensazione di rapimento, nel cuore e nell’anima. Lo sento in me, scorrermi nelle vene, qualcosa che sembra mi stia…parlando.
Sei tu, Terra d’Oriente?
Mi stai parlando per la prima volta…
Non ti capisco, in realtà non credo di ascoltarti con attenzione. Tu parli una lingua incomprensibile, non posso capire ciò che vuoi dirmi!
Sono sola, come in una bolla. Sono arrivata qui senza avere alcuna idea su cosa tu voglia da me, Terra.
Sono arrivata come da una lunga scalata, durata per buona parte della mia vita.
Sono arrivata incapace di rendermi conto di cosa tua sia capace di donare.
Cosa vuol dire, in fondo, lasciarsi andare al viaggio? Hanno ragione tutti coloro che sono tornati liberi, diversi. Vuoi donarmi anche tu, Terra, un paio d’ali? Forse hai visto in me la paura di cambiare o forse la voglia di volare verso nuove idee; è una contraddizione illogica ma efficace.
Sento, dentro di me, qualcosa che sembra ripetere “Prendile”. “Insegnami” ti rispondo, “prendimi per mano e insegnami a volare con te”.
Mi desto da tutto ciò quando il verso di un piccolo gufo sulla cima di un albero risuona nella notte. Mi rendo conto che tutto quello che sento non è una fantasia e non è frutto di un sogno ad occhi aperti. Sorrido tra me e rimango ad osservare il nero blu delle acque del fiume in cui una bianca luna piena si specchia nel suo argenteo bagliore. Quante sorprese hai ancora in serbo per me, Terra d’Oriente? Hai deciso di prendere il mio cuore, svuotarlo delle inutilità di una vita quotidiana e di riempirlo con la bellezza che gli occhi catturano, con i suoni che le orecchie percepiscono, con gli odori e i sapori che restano impressi come stampe su fogli di carta bianca, con il contatto con ciò che tu e coloro che, con te, sei secoli, hanno contribuito a rendere magica questa notte in cui, dopo tanto pensare, finalmente la mia anima si trova faccia a faccia con la tua.
 

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Capitolo 3
*** 2. Tutto ha inizio ***


 

TUTTO HA INIZIO


Un sottile alito di vento si poggia sulla mia guancia e il cinguettio degli uccellini fa capolinea alle mie orecchie, flebile ma continuo.
Mi sveglio.
Gli occhi impastati sono ancora annebbiati dal lieto sonno che li ha cullati. Ho la sensazione di aver attraversato l’oceano a nuoto; la stanchezza delle ossa risuona chiara come una campana, eppure in un primo opaco momento avverto che c’è qualcosa di diverso. Ho dei ricordi vaghi di una notte ma credo che sia solo frutto della mia immaginazione. O forse no.
Le immagini che i miei occhi proiettano sono le stesse che pensavo di aver soltanto rappresentato nella mia mente: il lungo fiume che brilla alla luce del sole sembra fatto di cristallo. Mi rendo conto solo adesso di dove sono e mi guardo attorno incredula.
Come ho fatto ad arrivare fino a qui? E se fossi ancora inconsapevolmente rapita dentro i meandri illusori di un sogno da cui non riesco a svegliarmi? No, è impossibile, è tutto così vero, reale.
Qualcosa attira la mia attenzione: una voce lontana, come quella di un ricordo. I secondi passano e lei diventa sempre più chiara, le orecchie si abituano a quel suono. Mi avvicino alla finestra e rimango lì, lasciandomi invadere da quella melodia di parole.
Cantano…pregano, forse.
Sembra un eco che risuona nella città ancora dormiente ma che lentamente si approccia ad un nuovo giorno, dando il suo benvenuto a coloro che abbracciano quel coro così profondamente pieno di significato, ma anche a coloro che per la prima volta aprono la mente a questa nuova parola, come me.
Il sole è già sorto da qualche ora; il lungo fiume funge da specchio e riflette i raggi dell’astro luminoso, irradiando con il suo calore le barche, la gente, la vita attorno a quella fertile terra d’acqua.
Esco; non ho nulla con me, solo la voglia di scoprire cosa mi attende in quel mondo fatto di sabbie e di sogni. Quello che vedo non ha eguali: c’è una distesa di pietra in fondo alla strada, disposte in maniera non casuale, piuttosto ordinate secondo un criterio architettonico preciso, come se emergesse dalle viscere della terra. Non so ancora dove mi trovo, so solo che intorno a me c’è una piana di luce che investe tutto ciò che tocca, trasformando gli oscuri colori della notte in brillanti e calde tonalità di rosso e giallo fuoco. Sono avvolta dalle pietre e dalla “lux”, come la chiamavano i latini.
Lux…o Terra, è così che chiamerò questo luogo.
Lux è come una madre: ti accoglie nel suo grembo, allattandoti con la storia e la bellezza di ciò che di più caro possiede. La storia sgorga dalle profondità di un’anima artistica, gli occhi vorrebbero poter contenere tutto in uno sguardo, come se il mondo potesse essere rimpicciolito, ma non è così. Il passato è un indelebile presente, marchiato a fuoco in ogni parte di questa terra, come un tatuaggio. Sono sopraffatta da ciò, Terra mia; hai cominciato a regalarmi emozioni molto presto. Come farai a guidarmi in questo mare di bellezza?
Fa caldo e il sole cuoce sulla pelle bianca.
Non so dove andare, né cosa cercare. Mi sento sola e sperduta, non vedo altre anime al di fuori della mia. Volto lo sguardo all’orizzonte, verso quella vastità di pietre e, come fosse un’apparizione, scorgo un’ombra; c’è qualcuno che si avvicina verso di me a passo lento. Sembra un uomo, dal volto sereno e sorridente.
Sei tu, Terra? O lo hai mandato tu a me, come un novello Virgilio che prende il suo Dante per mano? Sono sicura che vuoi farmi esplorare il tuo ventre attraverso un tuo messaggero.
Ho trovato.
Lo chiamerò Anghelos, si…il messaggero della Terra; due entità che viaggiano unite.
Si avvicina a passo lento ed io non posso fare a meno di notarne l’aspetto alto e possente. Si ferma dinnanzi a me; il suo sguardo, seppur dagli occhi placidi e sereni, mi incute timore ma quell’istante svanisce quando ne scorgo la sicurezza di cui ho bisogno nel profondo abisso delle sue pupille. Anghelos mi da la mano e mi chiede di seguirlo, proprio come hai fatto tu.
Accetto; i suoi occhi sono profondi, hanno il tuo riflesso ed è per questo che mi fido di lui.
Sono pronta. Portami lì, dove vola il mio cuore.”


 

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Capitolo 4
*** 3. Anghelos ***


ANGHELOS


 
Il sole si è fatto cocente in una giornata piena di luce; non ci sono nuvole in cielo, tutto è cristallino. Posso ascoltare la voce degli uccelli che si chiamano tra le linee dell’orizzonte, magari nella speranza di attraversare insieme quello sterminato spazio d’infinito. Non c’è luogo attorno a me che non mi desti meraviglia o stupore; ogni cosa è cambiata, qualunque immagine avessi avuto in testa scompare come in una nuvola di fumo. Mi immergo in un mondo che non mi appartiene, che mi è sconosciuto.
C’è Anghelos lì, davanti a me. Lui non parla; nel suo mondo, fatto di assenze di parole e suoni, ce n’è un altro imperscrutabile, un’Atlantide dell’anima. Ad un tratto Anghelos si volta,  mi guarda e sorride, allunga la mano ancora una volta, afferrando la mia.
«Dove mi porti?» domando flebile.
Anghelos non risponde, si limita a portarmi con sé verso l’ignoto.
Non so quanta strada hanno percorso le mie gambe, poiché lo seguo silente, ponendomi mille domande su dove abbia deciso di condurmi il messaggero e, soprattutto, quale sia il senso del mio viaggio.
C’è  uno strano portale di pietra all’orizzonte: posso distinguere due muri alti come palazzi e un corridoio in mezzo a loro; ci sono delle possenti colonne e, man mano che mi avvicino, vedo colossi di pietra scolpita che, come bravi padroni di casa, mi accolgono sorridenti e vigorosi nel loro maestoso regno di simboli e immagini incise. Il viaggio comincia da una colossale fortezza sacra. Anghelos ora è dietro di me, le sue mani poggiate alle mie spalle; ne avverto come un senso di protezione.
Non ho timori, o Terra d’Oriente. Hai scelto Anghelos perché mi guidasse ed io mi fido di lui, senza alcun freno.
Le sue mani mi guidano tra le immagini che a stento le parole possono racchiudere. Ad ogni passo, il mio cuore scoppia per la bellezza che dagli occhi riempie ogni angolo dell’organo pulsante. Mi volto per chiedergli quale sia questo luogo così carico di magia. Lui sorride: è la prima volta che lo osservo davvero e in lui posso scorgere davvero il senso della quiete e della serenità.
«E’ il tempio della valle.»
Sono le sue uniche parole.
La sua voce mi rimbomba in testa: è come percepire la dolcezza di un bacio e la carezza di una madre. Rimango immersa per un attimo dentro quel sussurro, come rapita da un incantesimo. Poi nuovamente la grandezza delle pietre e della storia. Ogni passo fatto è come affondare il piede in tremila anni di vita.
Terra, gli uomini di oggi con te sono crudeli, ma c’è qualcuno che ti ha lasciato talmente tanta bellezza da dimostrarti amore per l’eternità.
Mi siedo sulla calda sabbia che avvolge questo spettacolo di pietra e rimango a contemplare la mastodontica casa che cattura completamente la mia vista: una sacra abitazione, intimo rifugio dell’ignoto, l’infinitamente grande e me, l’infinitamente piccolo.
C’è Anghelos seduto accanto a me; anche lui osserva e ascolta.
C’è della magia in queste rocce, o Terra. Insegnami a parlare con te. Ho bisogno di sapere cosa hai da dirmi. Che cosa vuoi tu da me?  Ho bisogno di risposte alle mie innumerevoli, forse indecifrabili domande.
Conducimi ad esse.
Fallo ed io ti seguirò.

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Capitolo 5
*** 4. Profondo Specchio ***


PROFONDO SPECCHIO

 

Mi sono posta molte domande nella mia vita, chiedendomi sempre la stessa cosa: chi sono io in realtà? Molte di quelle domande ruotano sempre attorno alla stessa risposta, alle stesse identiche due parole che continuo a ripetermi da tutta la vita, almeno fin da quando ne ho memoria: sono diversa. Non ho risposto al quesito iniziale, forse non ho voluto mai farlo perché so già qual è la verità ed essa è che neanche io so chi sono. “Diversa” è una delle caratteristiche che, tuttavia, mi contraddistingue: sono diversa, si, ed è per questo che il mondo non mi capisce? O sono io ad avere un problema col mondo e, dunque, non riesco a capirne i suoi giochi, i suoi intrecci e i suoi enigmi. Immagino di giocare con mille bolle di sapone, come quando si è bambini. Ma mi accorgo di essere io stessa dentro una di quelle bolle. Mi guardo riflessa negli occhi della gente: mi guardano, mi sorridono, mi abbracciano, mi parlano…ma non riescono a leggermi dentro. C’è un muro, un vallo di Adriano tra la “me” delle profondità di un mondo che non ha nome né colore, e “me” che si presenta alla vita. Ho voglia di urlare, di strappare pagine bianche piene di scarabocchi che negli anni si sono accumulate. Ho sbagliato una, dieci, cento volte! Cancellare con un colpo di spugna sarebbe giusto oppure no, chi può saperlo. L’anima grida suoni indistinti che giungono al cuore come getti d’acqua che, sotto forma di geyser, esplodono in superficie, concedendo alla mano la forza necessaria per scrivere una memoria.
Mi vedo riflessa: un’immagine perfetta del mio viso si specchia nelle acque del tuo fiume, o Terra. Mi guardo allo specchio di un corso d’acqua che ha visto molti farlo prima di me. Mi specchio e mi osservo; mi torna alla mente quella domanda “chi sono io?”, ma questa volta non ho barriere a difendermi. Mi sento nuda davanti a te, o Terra. Non ho protezione, non voglio averne! Forse è in te che posso trovare risposta alla mia domanda.
 Cammino senza vedere quale strada stia percorrendo; mi accorgo di aver effettivamente cambiato luogo solo quando respiro la brezza fresca dell’acqua ad un passo dai miei piedi.
«Chi sono io?» sussurro tra me.
Anghelos è lì, dietro di me; sento i suoi passi che si avvicinano. Mi volto e il suo tacito mondo è lì con me. Anghelos si avvicina all’acqua e si specchia, come faccio io. Poi, d’un tratto, mi prende per mano e mi avvicina a sé, mostrando così i nostri due riflessi, l’uno accanto all’altro.
«Chi sia tu, chi sono io, nessuno può realmente dirlo» dice.
 La sua voce è dolce, leggera come un canto.
«La vita che viviamo ci porta davanti alla stessa domanda e noi ne cambiamo sempre la risposta.»
Torna a fissare l’acqua.
«Come le nostre immagini.»
Tira un sassolino ed esso rimbalza sulla superficie, costringendo l’acqua a muoversi, crepandosi con piccole onde in superficie.
«I nostri occhi vedono l’anima diversa ad ogni nuovo attimo,» riprende, «essa cambia ogni volta: si riempie, si svuota, si trasforma. Guarda...»
Anghelos indica la mia immagine sull’acqua, adesso tornata normale.
«Sarà sempre diverso; guarda la Terra.»
Anghelos mi stringe la mano, poi si gira, guardandomi negli occhi.
«C’è uno specchio nei tuoi occhi. Un profondo specchio d’acqua su cui riflettersi.»
Anghelos mi lascia la mano, si siede e rimane a fissare il sole che tramonta.
Mi siedo di fianco a lui, in silenzio; mai nessuno aveva finora superato il mio vallo di Adriano. Mai nessuno si era davvero specchiato dentro di me.

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Capitolo 6
*** 5. L'alba di un nuovo giorno ***


L'ALBA DI UN NUOVO GIORNO


Non mi è mai successo finora di poter librare la mia anima lontano da questa terra. Ogni cosa qui è diversa, persino il fiore che sboccia sul ciglio della strada, l’odore delle spezie che, già dal primo spuntare dei raggi luminosi della stella solare, pervade le narici, trasformando anche i colori della mia immaginaria tela di percezioni. Mi sento circondata da ciò che non è contaminato dalla mano dell’uomo, da ciò che c’era, che c’è e che ci sarà con o senza la creatura creata da Dio.
Posso toccare, percepire, capire, vedere, sentire, immaginare.
Una mano mi sfiora leggermente la spalla: è Anghelos che mi sorride.
«Guarda…» mi dice.
Non fa in tempo a terminare la sua frase che i miei occhi hanno già anticipato il suo gesto. Il mio viso si contrare in un’espressione che, ormai, è diventata consueta: sorrido, come non ho mai fatto fino ad ora. Quello spettacolo di luci che sommerge interamente la mia vista è come un regalo, o Terra. Non finirò mai di esserti grata per questo.
Il cielo è tinto di un rosso scarlatto che sovrasta il buio nero della notte che, fino a qualche minuto prima, dominava incontrastato il cielo nella sua immensa e indefinita forma. Un soffio di vento sposta lentamente dei banchi di nuvole che fanno come da cornice ad un naturale quadro dipinto con i colori del mondo. Il sole sta nascendo dalle viscere della terra che, come una madre, ogni giorno partorisce il figlio di luce e calore; una sfera di fuoco che dona bellezza e illumina ciò che la circonda.
Non ha rivali, il sole; nulla che gli vieti di innalzarsi alto, di stagliarsi potente, come una meteora, nella sfera celeste del mattino. Lo spettacolo della natura non ha eguali: ti trascina in un vortice e non puoi liberartene. Diventa come una droga, più ne hai e più vuoi averne.
Rimango lì, a fissare il nascere di un nuovo giorno, non so per quanto tempo ma sembra che tutto abbia perso senso dinnanzi a ciò. C’è Anghelos lì con me; la sua tacita presenza mi ricorda che siamo entrambi lì perché c’è un motivo. In quella atmosfera statica, mi soffermo a riflettere, forse per la prima volta, sulla misteriosa figura che, non solo come maestro, guida i miei passi e le mie emozioni.
 E’ un’anima complessa, Anghelos; questo mi affascina. Il suo mondo è sconosciuto ai miei occhi, tuttavia c’è qualcosa che grida dentro di lui e che mi chiama a gran voce. C’è una sorta di legame invisibile che mi tiene ancorata a lui, ma non so di che natura sia; c’è empatia tra noi, ma non ci sono parole a sufficienza che lo dimostrino. C’è un mondo inesplorato nell’anima di questo messaggero, proprio come colei che lo ha mandato a me. Terra, voi siete come diamanti dalla dura copertura che celano il contenuto più prezioso all’interno; io voglio leggerlo, apprenderlo, capirlo. Mi avvicino ad Anghelos che fissa il sole e si perde con lo sguardo nel roseo orizzonte dell’alba.
«Che cosa provi in questo momento?» domando. Lui non risponde in un primo momento, si limita a sorridere. I suoi occhi distolgono lo sguardo da me e tornano a perdersi negli spazi azzurri del cielo. Assecondo quel silenzio che mi turba in qualche modo; forse considera la mia domanda avventata e curiosa. Seguo la linea del suo sguardo e mi ritrovo a fissare lo stesso punto perso nel vuoto orizzonte del mondo.
«Pace.» sussurra dopo un lungo silenzio.
Mi volto nuovamente a guardarlo; la sorpresa si legge chiara nell’espressione del mio volto, eppure non riesco a controllarla.
«Perché mi fai vivere tutto questo?» chiedo ancora. Lui so volta e mi guarda negli occhi.
«C’è un’anima diversa dentro di te, devi imparare a sorgere come il sole.»
«A quale scopo?» ribatto.
«Può essere la strada che può condurti alla tua verità.»
Anghelos mi stringe la mano e mi porta con sé, sperduti tra le sabbie del deserto.
Mi perdo; sento di potermi fidare ancora una volta. L’istinto non sbaglia, è la miglior guida ai nostri passi.
Le sabbie fredde del mattino ci fanno strada verso quella che, per Anghelos, è la strada forse…la mia strada verso la verità.

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Capitolo 7
*** 6. Solitudine ***


SOLITUDINE

La pace non ha forma definita, non ha colore, non ha età, non ha nulla di tangibile. La pace si vive, si cattura come un respiro e si diffonde dentro il cuore e nell’anima. Essa riverbera negli occhi: chi guarda la pace nei suoi di occhi, può capirne i segreti nascosti, le magie millenarie che si celano alle comunità cieche e disinteressate. E’ così che probabilmente mi sento qui, in questo mare di sabbia che si perde nella linea dell’orizzonte, proseguendo la sua strada fino ai confini del mondo, credo.
C’è Anghelos accanto a me.
Camminiamo da un tempo oramai indefinito ma non avvero la fatica né la voglia di tornare indietro. Continua a tenermi per mano; mi vengono in mente mille pensieri: forse ha paura che io possa perdermi e non riuscire più a seguirlo, portandolo al fallimento del suo compito, oppure crede che in questo modo io possa fidarmi di lui, più di quanto non faccia già, o forse perché vuol farmi sentire la sua presenza, purché tacita il più delle volte. Vuole guidarmi con le sue sole forze ad una meta per me sconosciuta. Non so quale sia il motivo, eppure mi fa sentire bene, come se fossi sempre sotto una campana di vetro e nulla può accadermi. E’ forse questa la vera missione di Anghelos? Proteggermi e farmi scoprire nuovi mondi? Dovrei chiederglielo una volta.
D’un tratto il suo passo si arresta; si volta a guardarmi e mi indica il cielo: è come diviso da una linea immaginaria, separando il giorno da una parte, con il suo splendente cerchio di luce, e dall’altra la notte, con quello strano mezzo sorriso bianco che da millenni noi uomini chiamiamo Luna: due entità così distinte che condividono lo stesso cielo, senza mai toccarsi, tuttavia estremamente vicini. Forse è a questa immagine che Michelangelo si ispirò per ritrarre il famoso dipinto nella Cappella Sistina, la Creazione di Adamo, che ha in sé questa eterna e immutabile dicotomia naturale.
Mi sento come al confine tra la luce e il buio; cosa sono, in fondo, le anime degli esseri umani se non un continuo equilibrio tra ciò che è giorno e ciò che è notte?
Il sole comincia lentamente a levarsi, pervadendo e irradiando lo spazio attorno a sé, cancellando gli ultimi tratti di oscurità che resistono ancora nel cielo. Anghelos mi lascia la mano dopo così tanto tempo che avverto quasi freddo. Si allontana da me di qualche passo; lo fisso incuriosita. Ogni suo gesto o movimento è per me misterioso e sarà per questo che ne osservo ogni piccolo dettaglio. Respira a fondo, Anghelos, si nutre di quell’aria incontaminata e solitaria, si siede sulla nuda sabbia e si volta: capisco con lo sguardo che devo raggiungerlo. Mi siedo di fianco a lui e tra noi si instaura un lungo silenzio, vuoto di parole ma carico di sensazioni, di emozioni. La sabbia è calda ed accogliente; è la prima volta che non ho voglia di proferire parola, poiché ognuna di esse muore tra le labbra serrate. Sono rapita da tutta questa bellezza che mi circonda, mi ritrovo immersa in una bolla ma senza averne paura. Per un attimo dimentico la presenza di Anghelos e la mia mente si affolla di pensieri ed immagini: quale senso ha avuto la vita fino ad ora, come possiamo vivere noi senza farci invadere il cuore dal mondo che ci dona la bellezza, come posso essere io la stessa di prima dopo tutto questo? Una lacrima scende sulla mia guancia, incontrollata; il cuore non ce la fa a contenere tutto questo. Anghelos si gira e per un attimo ho come la sensazione che capisce come mi sento, cosa stia provando. Lui sa leggermi dentro, anche se non traspare dall’espressione del suo viso; lui sa tutto, ha compreso perfettamente la mia anima, ne sono certa! Ma non ho la prova chiara di ciò…
Anghelos è il mio enigma.
Avvicina la mano alla mia guancia e asciuga quella lacrima solitaria. Gli sorrido ancora; poi mi avvicino e poggio il viso alla sua spalla.
Mi addormento.
Anghelos rimane lì, a contemplare immobile il quadro di colori che ci circonda.
Mi addormento, con nel cuore la consapevolezza di aver provato, almeno per un istante, la pace.

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Capitolo 8
*** 7. Nel silenzio di una riva ***


NEL SILENZIO DI UNA RIVA

 

Morfeo mi ha catturata per un lungo tempo, stringendomi tra le sue braccia, cullandomi nel silenzio della sabbia.
Apro gli occhi e mi accorgo che il paesaggio è cambiato attorno a me: dove prima vi era una lunga distesa di calda terra deserta, adesso vedo l’acqua, uno specchio trasparente reale e non un miraggio. Mi sento confusa, non riesco a focalizzare come sia potuto avvenire questo cambiamento senza che mi accorgessi di nulla. Poi d’un tratto mi ricordo di Anghelos: deve essere stato lui a portarmi via da lì, conducendomi verso nuovi luoghi. Mi volto ma Anghelos non c’è; mi alzo in piedi e mi guardo intorno ma non riesco ad individuarlo.
Per un attimo un brivido di paura mi percorre la schiena: e se fosse andato via? Magari si è stancato di accompagnarmi oppure fin ora non sono stata in grado di capire cosa ha cercato di mostrarmi.
Mi sento in colpa.
Mi siedo: sono sulla riva dell’acqua, di questa enorme conchiglia piena del limpido e cristallino scorrere del fiume. Sono sola, a fare i conti con me stessa. Un turbinio di emozioni mi attraversano, gli occhi vagano nell’osservare il sole che, lentamente, termina la sua lunga vita giornaliera per lasciare spazio alle tenebre che, a prima vista, sono illuminate da piccole stelle appese come dipinti in una parete. Il cielo ha un colore diverso da quello che ho visto fino a questo momento: sembra come una meteora esplosa, dove un fascio di luce è accerchiato dall’avanzare dei colori freddi della notte. Osservo l’acqua dinnanzi a me: è scura lei, non riflette la luce; è cupa, come me. Continuo a fissarla come ipnotizzata da lei, si muove lentamente e sinuosamente mentre il suono che provocano le piccole onde che la agitano mi trasmette apparente calma. Mi avvicino a quella silente e solitaria riva e immergo la mano, per poter entrare in contatto con l’essenza di questo elemento.
Terra, è così tanto tempo che non sento la tua voce, che non riesco a parlarti…
So che ci sei, che accompagni i nostri passi…è bella questa riva, sai? Mi sembra di essere trasportata in un Monet dalle mille sfumature di tonalità ma mi sento sola. E’ la prima volta che avverto questa sensazione; sono avvolta in te ma non sono tua, una parte di me non c’è. Dov’è Anghelos? Lo hai mandato tu a me, no? Perché te lo sei ripreso lasciandomi sola, in un luogo che non conosco, che non riesce a farsi comprendere fino in fondo?
Parlami, ti prego.
A volte mi sembra di star parlando da sola…
Afferro un pugno di sabbia e la lascio scivolare tra le dita, seguendo il suo leggero volo in aria. Vorrei saper volare così, essere libera di credere, di vedere, di sognare, di amare, vorrei tante cose, vorrei…
Il mio sguardo ricade sulla distesa d’acqua dinnanzi a me. D’un tratto noto un’ombra lontana, in piedi dentro il fiume: si muove, come se stesse gettando addosso a se dell’acqua; a prima vista sembra una creatura mistica, immaginaria.
Ma non lo è.
Mi accorgo che è Anghelos, perso tra le onde della sua Terra, della sua essenza. La sua figura è come un’ombra lontana.
E’ questo che volevi dirmi, Terra? Siamo soli in questa silente riva, in compagnia delle nostre anime. Ma non siamo veramente soli, se solo sappiamo guardare al di là delle sponde e ci immergiamo nella tua bellezza.
Sorrido e rimango ad osservare Anghelos che, lentamente, si avvicina. Quando riesco a vederlo chiaramente, gli faccio un cenno con l amano e lui allunga, come al solito, la sua verso di me, segno che è ora di seguirlo. Mi alzo e, un passo dopo l’altro, godendo di ogni piccola brezza che il mio corpo capta, mi immergo tra le acque, lasciandomi avvolgere da esse.
Anghelos è lì con me, mi osserva e sorride.
Mi abbandono alla leggerezza del fiume, come fossi una bambina tra le braccia della madre. Mi faccio sfiorare dall’acqua in ogni punto del mio corpo come una purificazione da tutte le emozioni negative che, poco prima, avevano invaso il mio cuore. Riemergo dopo un lungo e indeterminato tempo: il mio corpo è interamente bagnato, i capelli accanto al viso si allungano, gocciolanti, lungo le spalle. Guardo Anghelos e scorgo sul suo viso quel solito sorriso sereno; stavolta però c’è qualcosa in più dentro quell’espressione, i suoi occhi sono più attenti e penetrano i miei.
«Sei bella, Afrodite» mi dice.
Afrodite…è così che mi vede lui? Il mio nome tra le sue labbra si trasforma in “Afrodite”…
«Sei nata dalle acque, sei nata dalla bellezza per essere la Bellezza.»
Sorrido: ai suoi occhi sono e sarò Afrodite.
Lo guardo negli occhi e gli allungo la mano; per la prima volta è lui a seguire me. Lo porto alla riva e, nel nostro magico silenzio, restiamo a contemplare lo splendido spettacolo della riva silente tra le acque.

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Capitolo 9
*** 8. L'oscurità dell'emozione ***


L'oscurità dell'emozione

 
In questa terra il giorno e la notte si scambiano vicendevolmente il passo, come un unico filo indissolubile che collega la luce alle tenebre. Una nave che viaggia tra le sponde luminose di un lago azzurro, trapunto di soffici batuffoli di soffi bianchi, che giunge nelle misteriose acque nere con, alle spalle, una parete di stelle e la grande Luna che sorride al viaggiatore.
Come fossero trascorse più ore da quelle che realmente percepisco, mi ritrovo a brancolare nella notte; mi sembra di essere sempre avvolta in una continua ed irreale aria, come fosse tutto evanescente ed etereo. Al mio tocco gli oggetti, le persone, i luoghi potrebbero dissolversi come polvere al vento e invece no, sono lì davanti ai miei ingenui occhi di sognatrice. Anghelos è lì, dinnanzi a me, che prosegue il suo cammino senza voltarsi; lo osservo attentamente, come al mio solito: questa volta, però, c’è un’aurea diversa intorno a lui, cupa, distante, fredda. Non mi era mai capitato di avvertire una così gelida sensazione di distacco. Anche il suo passo è veloce: non si guarda indietro, è incurante di dove sia, se lo segua o addirittura e sia provata da quel lungo viaggio che, da ore ormai, appare senza meta. Fin ora la sua presenza mi ha sempre dato certezze, ma adesso sembra un lontano ricordo…
Cerco di stargli dietro ma più aumento la velocità del mio passo e più lui si allontana da me. Siamo in un lungo corridoio sotterraneo, stretto e buio; l’aria è rarefatta, mi sento mancare il fiato, forse perché la stanchezza della corsa comincia a pesare sul mio corpo. Non riesco a capire dove mi trovo, mi guardo attorno ma tutto è uguale: pareti su pareti che mi accerchiano e mi stringono in una morsa d’acciaio e pietra.
Ho paura.
Flebile la mia voce che pronuncia il suo nome, un vuoto sussurro che si perde nell’immenso spazio ch ci separa.
«Anghelos!» continuo a ripetere sempre più forte ma mi rendo conto presto che ogni sforzo compiuto è vano.
“Non abbandonarmi, ti prego…”, questo pensiero fisso batte forte nella mia testa.
Ad un tratto mi ritrovo dinnanzi ad una scala, ripida e buia. In cima c’è una porta di luce; sono attratta da lei poiché è l’unico respiro di speranza dopo tanto buio. Accanto alla porta c’è Anghelos che mi osserva ha uno sguardo severo.
«Perché non mi hai ascoltata?» gli chiedo con le lacrime agli occhi. Lui non risponde, si limita a fissarmi immobile, come fosse una colonna. Mi inquieta: ha trasformato quel luogo in una sorta di tribunale, come se fossi la colpevole di un omicidio che non ho commesso.
«Diamine, rispondimi almeno per una volta!»
Faccio per salire un gradino di quella stretta scala ma Anghelos si piazza davanti a me come fosse un muro, impedendomi di compiere ulteriori passi.
«Non sei pronta.»
Una sentenza senza giri di parole la sua.
«Non sono pronta per cosa?» rispondo perplessa.
«Come puoi pretendere di salire qui, quando non hai ancora compreso il suo linguaggio?!»
«Di cosa stai parlando, Anghelos, che cosa ti succede?»
Spuntano le lacrime dai miei occhi, scorrendo una dopo l’altra.
«Sei così ingenua, Afrodite…»
«Perché mi dici tutto questo? Non riesco a capirti.»
«Sei nata dalla bellezza, ma di certo non dall’arguzia! Non è ancora il tuo momento.»
Anghelos continua a riempirmi la testa con questa frase, come fosse un assordante ritornello.
Non è ancora il tuo momento.
La mia mente è confusa.
Non è ancora il tuo momento.
Ho l’anima in preda a mille emozioni diverse.
Non è ancora il tuo momento.
La sento lacerarsi.
Non è ancora il tuo momento.
Non ce la faccio più, è dilaniante!
Non è ancora il tuo momento.
Basta, basta!
 

 
 
 
  

Apro gli occhi di soprassalto.
Mi alzo a sedere come una molla in carica da troppo tempo: ho la fronte sudata, le mani fredde e il cuore che batte impazzito. Il respiro è affannoso, la vista annebbiata.
Dove sono? Cosa è accaduto?
Riesco a calmarmi lentamente. Mi guardo intorno: è notte, ma non vedo nulla attorno a me, né scale né pareti. C’è ancora il fiume dove, poco prima, ho immerso il mio corpo assieme ad Anghelos…
Con un brivido lo cerco con lo sguardo, ma questa volta è , accanto a me: dorme serenamente, cullato dalla brezza notturna. Un incubo…il mio era soltanto un brutto incubo! Un sogno che ti lascia dei segni. Mi alzo turbata, lascio Anghelos al suo tranquillo riposo e mi allontano, passeggiando sulla riva. Che strano sogno, quante domande senza risposta, quanti dubbi che rimangono in testa. “Non sono pronta…” mi ripeto: per cosa? Quale linguaggio non mi è ancora chiaro? Cosa c’era dietro quella porta di luce, perché Anghelos era così freddo e severo con me? Ho la testa affollata e confusa, non riesco a pensare lucidamente. Mi fermo in un punto indefinito e osservo l’orizzonte, posando i miei occhi su una montagna dove, a prima vista, il mondo sembra nascondersi dietro le sue possenti spalle. Ha una forma piramidale, come volesse toccare il cielo con un dito di terra. La fisso incuriosita e affascinata e non mi accorgo che, alle mie spalle, si avvicina una figura silenziosa; lo avverto solo quando le sue mani si posano delicatamente sulle mie spalle.
«Stai bene?» mi chiede con un sussurro.
Continuo a guardare l’orizzonte, percependo solo la piacevole sensazione di protezione che le sue mani mi trasmettono.
«Non lo so,» rispondo, «ho fatto un sogno…per la verità era più un incubo.»
«E hai paura?» mi domanda.
«Si, ma anche no…non lo so, sono così confusa. La cosa peggiore è che tu…» ma arresto le parole prima di pronunciarne il resto.
Anghelos mi gira a sé e mi guarda negli occhi, mi sorride, come sempre e mi accarezza la guancia; ho come l’impressione che lui sappia cosa sto per dirgli e per questo sembra anticipare le mie intenzioni.
«Il tuo sogno non è semplicemente un fantasia o un’invenzione. Stai cambiando, dentro di te. La tua anima percepisce qualcosa di diverso, di grande, di profondo. Ti stai preparando ad accogliere qualcosa di nuovo, ma al momento non sei ancora pronta per farlo.»
Quelle parole mi gelano il sangue: nel mio incubo è stato proprio Anghelos a pronunciarle.
«Non voglio che tu vada via.» dico alla fine, tutto d’un fiato.
«Non ho alcuna intenzione di farlo. Sono qui perché tu sei qui, Afrodite. La mia presenza è dettata dalla tua anima: ho il compito di accompagnarti, proteggerti e guidarti in questo viaggio. Io sono un messaggero, colui che porta il messaggio, colui che guida alla verità. Io sono qui con te, sempre.»
Sorrido e continuo a guardarlo. Lui si avvicina e mi bacia la fronte, trasmettendomi pace e placando ogni mio tumulto interiore.
«La montagna che guardavo prima…» e la indico.
«E’ la valle delle anime d’ombra.» risponde Anghelos.
«Voglio andarci. Puoi portarmi lì?»
Anghelos sorride, mi allunga la mano e comincia a camminare.
La scala indica un cambiamento, per cui sono convinta che se il mio sguardo si è posato lì, allora la valle delle anime d’ombra è il primo gradino sui cui salire.
 

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Capitolo 10
*** 9. La valle delle anime d'ombra ***


La valle delle anime d'ombra

 
I passi si susseguono uno dietro l’altro per un lungo tempo, eppure non mi rendo conto del tempo che soccre, né di quanta strada abbiamo già lasciato alle nostre spalle. La mia mente è ora focalizzata solo su due mete: la valle che ho visto dalle sponde della silente riva e la cime di quella misteriosa scala, dove capeggia la luce. In mezzo ad essi c’è Anghelos, avvolto nel suo tacito compito di messaggero ma, in egual modo, così umano. E’ sempre un passo avanti a me anche se, adesso, sembra che la distanza che, all’inizio di questo surreale viaggio di scoperta ci separava con un solco difficile da valicare, ora stia lentamente prosciugandosi, lasciandoci il passaggio libero di poter essere attraversato. Mentre camminiamo, osservo la terra che calpesco: ha un colore grigio, diverso da ciò che ho visto e percepito altrove. Il paesaggio che era stato per giorni traboccante di luce, di colore, di pace e benessere, adesso diventa sempre più pallido, spento, stranamente silenzioso; anche il silenzio è diverso qui, non come la quiete trasmessa dalla Terra, dalla madre che ci accoglie nel suo grembo, ma un silenzio rituale, qualcosa di eterno, come la morte. Anche l’aria che respiro mi appare diversa: tutti quegli odori di spezie e alberi profumati si perdono dentro una conca rocciosa che abbraccia uno squarcio di vita che non è più…
Non riconosco nulla di ciò che mi circonda, nemmeno me stessa poiché tutte le emozioni, persino le più oscure e recondite, sembrano essere vecchie e dimenticate. Mi sembra di aver attraversato un portale, una via di collegamento tra mondi paralleli. Un leggero soffio di vento mi sposta i capelli dal viso; un sussurro, una speranza di vita in una vasta landa di sacra aridità. Non c’è altro se non roccia, terra grigia di ciottoli e varchi, ovunque, sotto la terra e tra le montagne, persino sulla cima di una rupe.
Anghelos si ferma e si volta a guardarmi; si avvicina e indica sopra una delle vette montane che ci sovrastano.
«Che cosa vedi?» mi chiede.
Seguo la traiettoria visiva e immaginaria proiettata da Anghelos: una distesa di roccia impenetrabile si palesa a me e ovunque io volga lo sguardo, la montagna è l’unico paesaggio che mi circonda. Per un attimo non rispondo, non saprei cosa dire: di sicuro descrivere ciò che è evidente agli occhi di qualunque essere vivente non credo sia la risposta che Anghelos si aspetti da me.
«Non osservare ciò che è: osserva ciò che senti.»
Ancora una volta il messaggero anticipa i miei pensieri come un veggente. E’ ormai chiaro che c’è una grande empatia tra me e la sua profonda e complessa anima, ma ancora mille interrogativi affollano la mia testa. Torno a concentrarmi su ciò che mi ha appena detto, per cui osservo ancora ciò che vedo in questo grande spazio solo che, questa volta, apro le porte dell’anima, lasciandomi invadere dalle sensazioni che quella valle silenziosa mi provoca: sento il suono del silenzio, impercettibile come una sottile nota di violino proveniente da un eco lontano, ma qui è diverso perché, paradossalmente, è piacevole all’ascolto e questa sensazione, mescolata al respiro profondo dell’aria della terra, mi suscitano calma e quiete. Sposto lo sguardo in alto, verso il cielo, per evadere dalle mura di pietra che ci avvolgono e, per il prima volta, vedo il Sole diverso da ciò che ho sempre visto: è vicino, grande e maestoso che sorge dalle gole della montagna come un gigante che si risveglia dal suo profondo sonno; la sua luce è immensa, inebriante ed invade tutto lo spazio che si manifesta di fronte a lei, facendo da padrona ad una valle di anima per ricordare che anche nel buio più profondo, la luce è sempre lì, a pochi passi da ognuno.
«Le anime che dormono qui, in realtà, compiono un lungo cammino, un viaggio…».
Anghelos si è seduto sulla terra grigia e osserva il sole, attratto da questo magnete naturale. Le sue parole mi invitano a sedermi di fianco a lui, in silenzio.
«E’ una strada che non possiamo vedere o sentire con i nostri sensi mortali; è qualcosa di più alto, una sorta di premio per aver vinto il buio e le tenebre della morte.».
Rimango ad ascoltarlo, cullata dalla quiete sei miei sensi.
«Il Sole è la fine di quel viaggio: quando le anime sono pure dall’oscurità e dalle tenebre che avvolgevano i loro cuori, allora rinascono chiare e lucenti, inglobate nel bagliore di questa meravigliosa sfera di luce e bellezza.».
Rifletto su ogni parola che Anghelos pronuncia ed è come se tutto combaciasse col sogno che ha attanagliato la mia mente: le scale, la luce, Anghelos stesso!
 Mi chiedo se ciò che sto facendo sia anch’esso un viaggio dell’anima.
«Posso farti una domanda?» chiedo al mio mentore dopo un lungo silenzio. Anghelos annuisce.
«Cosa sono tutte quelle aperture nella roccia?»
«E’ lì che riposano le anime d’ombra.»
Nel mio sogno c’è un lungo corridoio, buio e stretto.
«Voglio entrarci. Ho bisogno di risposte e questo luogo credo contenga la chiave a tutte le mie domande.»
Anghelos sorride; sembra che i suoi occhi brillino di una luce diversa…o forse sono io che ho cambiato qualcosa dentro di me.
«Potrai farlo, ma prima devi riposare un po'.»
Lo guardo stupita; Anghelos non mi ha mai chiesto di riposare, anzi, la sua voglia di guidarmi è stata più forte della volontà di fermarsi.
Lui si avvicina a me, mi abbraccia stringendomi forte e lascia che mi poggi alla sua spalla, accoccolata tra le sue braccia; è una sensazione piacevole, come tutte quelle che mi suscita ogni volta che sono vicino a lui. Posso addirittura sentire il suo respiro…
«Perché ho bisogno di riposo?»
«Perché dovrai entrare dentro l’oscurità della valle.»
«Lo so questo, ma non capisco ancora…»
Un breve silenzio.
«Dovrai farlo senza di me.».
 
 

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Capitolo 11
*** 10. Rivelazione ***


 

Rivelazione


E’ la prima volta che mi inoltro in luoghi sconosciuti senza Anghelos e questo mi intimorisce. Mi rendo conto solo adesso di essere ad un punto di svolta nel mio viaggio; entrando nei bui meandri della Terra, molte cose cambieranno. Sono consapevole che è giunto il momento di comprendere a fondo i motivi di questo percorso che mi ha portata qui ed ora, dinnanzi a questo ingresso, ai piedi di queste scale che conducono nel mondo senza sole, dei sospiri silenziosi, nel mondo in cui la morte ha più senso della vita stessa. Anghelos ha la sua mano poggiata alla mia spalla e la stringe leggermente. Questa volta la paura dell’ignoto non va a sopraffare il mio cuore, perché sento un’energia nuova che mi spinge verso la scoperta e la conoscenza. Mi volto a guardare Anghelos un’ultima volta.
«Andrà tutto bene,» mi dice lui, accennando un sorriso, «sei nata dalla bellezza, Afrodite. Laggiù ci sono le risposte alle domande che ti poni. Non aver timore di scoprire, ascolta la Madre che ti parla attraverso noi messaggeri.»
Sorrido alle sue parole che mi infondono coraggio e sicurezza. Poggio la mano sopra la sua e comincio a scendere i gradini che, come una strada, mi trasportano nelle viscere della valle delle anime d’ombra…
Un corridoio lungo e buio si palesa ai miei occhi; tutto è ancora più silente. Mi guardo intorno ma la luce è fioca e difficilmente si riesce a vedere ad un passo più in là: piccoli aliti di vento provengono dall’ingresso e, man mano che il mio cammino prosegue, essi sembrano trasformarsi in sussurri di voci, suoni indecifrabili all’orecchio umano ma, allo stesso tempo, così attraenti da essere quasi un incantesimo, come una musica di flauto. Mi pare di sentire pronunciare una parola, simile ad un nome: A…fro…Afrodite!
Sono intrappolata da quelle strane voci di sirena come un naufrago: mi entrano nella testa e mi costringono a seguirle, ammaliata da un suono etereo ed evanescente. Cammino senza una meta, senza pensare al fatto che non so dove stia andando né cosa stia davvero cercando. Continuano a chiamarmi, a sibilare insistentemente “Afrodite”, “Afrodite”.
Il suono si arresta; sembra caduto in un burrone.
Sono di nuovo sola, questa volta però il buio si è dissolto, lasciando il posto alla luce soffusa delle lampade.
Ora posso vedere, toccare…stupirmi.
Ciò che mi circonda è un’esplosione di vita e di morte. Tutto intorno a me ci sono uomini e donne, dipinti sulle pareti millenarie: colori dai toni sacri che adornano le figure, una volta stellata che ricopre interamente il soffitto di quel luogo cristallizzato nel tempo; camminando, posso avvertire il mio respiro e il suono dei miei passi ma la vista si perde tra le bellezze di un passato che vive ancora, nella Terra dove si riposa nell’eternità di un silenzio. Allungo la mano e tocco le vesti di un uomo, le braccia nude e muscolose, il collo fiero, il viso sereno e concentrato. Accanto vi sono due figure, sembrano un uomo e una donna: la donna ha la sua mano poggiata sulla spalla dell’uomo, così come Anghelos, da sempre, ha fatto con me.
Sono loro i messaggeri a cui devo rivolgere le mie domande?
Anghelos non è con me per potermi aiutare…
O Terra, dimmelo tu cosa devo fare! Ho bisogno di capire molte cose, ho bisogno di sapere cosa stai cercando di dirmi, cosa vuoi che faccia affinchè tutto mi sia chiaro!
Un altro alito di vento mi oltrepassa l’orecchio. Mi volto e dinnanzi a me c’è una figura femminile che tiene le sue  vesti tra le mani; dietro di lei un uomo che sembra cospargerla di profumi ed unguenti, dall’altra vi è un’altra donna che tiene dei fiori.
Un’altra volta quella voce.
“Afrodite”
Mi volto nuovamente e nella parete dinnanzi vi è una barca con una figura antropomorfa: vi sono diversi uomini davanti e dietro di essa, come fossero nell’atto di trasportarla verso un lago pieno d’acqua. In fondo alla scena un uomo si immerge, al cospetto di un altro essere antropomorfo, all’interno delle acque di quel lago.
La voce.
“Afrodite”
Alzo la testa; la voce mi porta ad osservare quelle piccole stelle dipinte, dormienti da millenni in quella coperta blu come il mare.
La mia mente, per un attimo, non capisce il perché…poi d’un tratto ogni cosa sembra combaciare, incastrandosi perfettamente insieme.
Terra, tu sei la madre di tutti noi che abitiamo il tuo corpo e ci saziamo dei frutti che ci doni: farò in modo che ogni uomo sappia chi è e che cosa deve fare affinché la sua vita abbia davvero senso.
Adesso so qual è lo scopo del mio viaggio.
Adesso ho capito: Anghelos mi ha portata alla scoperta della tua voce, Terra, nascosta negli angoli puri di queste lande, ancora così libere ed incontaminate dalla modernità distruttrice dei suoi abitanti umani. Il mio viaggio è rappresentato in quel sogno: la scala ripida che conduce al Sole, alla purificazione da tutte le false credenze e dagli orpelli con cui l’uomo convive nella sua vita quotidiana. La porta di luce è l’apoteosi da raggiungere, con la consapevolezza di chi siamo stati e di cosa saremo.
Adesso so qual è il mio compito, il perché del mio viaggio dell’anima.
Non sento più la tua voce, O Terra, ma non ho bisogno di percepirla con le orecchie: il mio cuore è colmo delle tue parole.
Ritorno lentamente alle scale che riportano alla luce del sole e, in cima, respiro a pieni polmoni l’aria di quel silenzio così vitale. Anghelos è ancora lì, dove l’ho lasciato quando ho cominciato la rivelazione della Terra. Rimango in silenzio dinnanzi a lui per un lungo tempo; nessuno di noi proferisce parola ma i miei occhi brillano di una luce diversa, perché mi sento piena di significato, nuova e rinata e Anghelos questo lo sta, non ha bisogno di parole.
«La Madre mi ha parlata…» inizio sorridendo.
Lui sorride a sua volta e mi accarezza la guancia con dolcezza.
«Adesso sei pronta.» risponde fiero.
«Conducimi al Tempio Sacro.»
«Lo farò, mia regina Afrodite.»
Rimango in silenzio, stupita: mi ha chiamata Regina.
«Andremo al tramonto del Sole, così che tu possa essere pronta all’alba di domani.»
Siamo pronti: l’ultimo viaggio stava per raggiungere la sua meta finale.

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Capitolo 12
*** 11. L'ultima notte ***


L'ultima notte

 
Quella che sto percorrendo è l’ultima via prima della fine del grande viaggio; molte delle domande che mi assillavano la mente hanno avuto finalmente la risposta che cercavano e la mia anima è più leggera, sollevata. Ciò nonostante non basta a togliermi quella sensazione di pietra sul cuore: da quando i messaggeri mi hanno illuminata sul senso di questo percorso, gli occhi vedono con altri occhi, attraverso nuove sensazioni e ciò che le mani toccano, adesso, hanno volti e percezioni familiari, nulla più di sconosciuto ed estraneo, ma non basta. Sento il peso di qualcosa di indefinito alla mia mente, ma chiaro nel linguaggio segreto dell’anima. C’è qualcosa di irrisolto ancora da decifrare? Cosa non ho ancora compreso appieno? Questo pensiero mi rende silenziosa lunga la strada ed Anghelos, che ormai cammina a passo lento di fianco a me, so che lo avrà notato. Ma lui è tacito, ferma il suo sguardo tra gli argentei colori del cielo che pian piano diventano sempre più caldi, trasformando il blu del candore celeste nelle rosse fiamme di un sole che abbandona la sua casa terrena, lasciando spazio al bianco sorriso della luna. Il suo non proferire parola non mi è più estraneo, forse lo ritengo addirittura normale.
La strada dinnanzi a noi è lunga e rettilinea, come sprofondasse nella barriera dell’orizzonte che, in lontananza, si specchia nel lago dei nostri occhi, inebriati dalla bellezza di quell’infinito quadro di colori; il rumore dei sassolini sotto i nostri passi incornicia il grande silenzio che domina tra me e il mio mentore. Poco fa mi ha chiamata “regina Afrodite”: sapevo che Afrodite è il nome con cui mi chiama ogni qual volta si rivolge a me, ma l’appellativo di “regina” ammetto che mi risulta nuovo ed inaspettato, persino romantico. Immersa tra questi pensieri, non mi accorgo che, nascosta tra le dune di sabbia, è celato un porticato di colonne così alte da poter toccare gli dei. La sua grandezza mi spaventa: anche se lo vedo in lontananza, posso già scorgere le imponenti statue che sorvegliano l’ingresso fatto di mattoni e di fatica umana. I piloni dell’ingresso si innalzano quasi minacciosi, come se volessero intrappolare ogni cosa che vi sia all’interno; le colonne sono sormontate da alcuni capitelli decorati a motivi floreali diversi rispetto a quelli che ho trovato nel tempio della Valle. Gli occhi si bagnano della bellezza di queste pietre e sorrido velatamente: so che cosa accadrà in quel luogo ma, allo stesso tempo, ne avverto una certa paura; affrontare quell’ultimo passo vorrebbe dire mettere fine a questo viaggio introspettivo e profondo, abbandonare i luoghi della libertà e della pace, vorrebbe dire essere costretta ad abbandonare Anghelos. Questo pensiero blocca i miei passi, i piedi improvvisamente pesano più del piombo; Anghelos si volta, fermandosi qualche metro più avanti.
«Sei stanca?» mi chiede con la sua flebile voce.
Faccio cenno negativo con la testa, senza pronunciare alcuna parola; non riesco. Anghelos si avvicina a me, sorridendo:
«Entreremo al Tempio della Sabbia poco prima dell’alba. Adesso sta calando la notte, devi riposare.».
«Va bene…» rispondo accennando un lieve sorriso. Il contrasto tra il giorno e la notte è qualcosa che si ripercuote in tutta la natura, nel mondo in cui viviamo, in ogni luogo e tempo. E’ un riverbero esterno ma si trasforma in una vibrazione interna: l’oscurità del buio annebbia il mio cuore che sembrava risplendere di una luce nuova, almeno fino a qualche ora fa. Mi tengo lontana da Anghelos, rimasto decine di metri da me per accendere un piccolo fuoco. Rimango seduta sulla riva di un lago artificiale, creato ai piedi di quella piccola montagna che accoglie il Tempio. Cerco di imprimere le mie orme sulla sabbia, ma lei dimentica in fretta e, con un soffio di vento, cancella ogni ricordo o memoria di chi, fino a poco tempo prima, aveva cercato di portare con sé la traccia della sua presenza. Sono inquieta e ne sono consapevole; sono ore che rifletto a tutto ciò che è accaduto e, a dirla tutta, non so nemmeno quanto tempo sia trascorso da quando mi sono addentrata nella terra delle trasformazioni. Prendo un po' di sabbia, stringendola nel pugno, e poi la lascio andare, trasportata da un leggero venticello che culla questa notte, l’ultimo crepuscolo di libertà. Mi volto per cercare Anghelos ma non ne ho bisogno perché, senza che me ne accorgessi, è già qui, seduto di fianco a me: ha tra le mani un mucchietto di sabbia.
«L’anima di un uomo è come un pugno di sabbia: è in trappola dentro un corpo, una prigione di carne ma se la lasci andare…»
Apre la mano e, ancora una volta, la sabbia vola via.
«Lei si disperde lontano, tra le infinità del cielo e del mondo.»
Lo ascolto rapita, ma il mio cuore torna ad essere pesante, così come lo avevo sentito poche ore fa. La voce di Anghelos lo ha risvegliato dal suo sonno inquieto.
«Che cosa succederà dopo?» interrompo di netto il suo filosofico discorso, lasciando che mi osservi con una punta di curiosità sul suo volto.
«Intendo dopo la purificazione…» riprendo, cercando di spiegarmi meglio.
Lui sospira e fissa una stella, la più luminosa tra le altre.
«Torneremo all’inizio. Ognuno di noi ha un compito da svolgere e dobbiamo portarlo a compimento.»
«Cosa vuol dire questo?», rispondo, «Tu…sparirai?»
«Chi può dirlo, nessuno di noi conosce il futuro.» ribatte Anghelos, «Ma se tu andrai via, sarà probabile che lo faccia anch’io.»
Cade il silenzio tra noi; il cuore è una pietra di Sisifo. Ecco qual è il pesante tarlo che continua a beccarmi l’anima come un uccello affamato: Anghelos è la causa ma anche l’ancora di salvezza. La sua presenza mi offre quella pace che poche volte ricordo di aver mai provato: è come se fosse una parte di me immersa in un altro corpo; con lui sono libera di poter vedere il mondo con gli occhi puri di un bambino e, inoltre, è la prima volta che qualcuno capisce davvero i miei silenzi e le parole non dette. Con Anghelos ho ritrovato la parte più profonda del mio essere e adesso sto bene. Non voglio perdere questa condizione, non voglio tornare indietro, non com’ero quando ho iniziato questo viaggio!
Allungo lentamente la mano e la poggio sulla sua, per sentire il calore di un contatto. Anghelos resta lì, immobile; avverto un leggero fremito sulle sue dita. Lo sento sospirare e non posso fare a meno di guardarlo: per la prima volta noto sul suo viso un bagliore, una sottile striscia di chiarore, come fosse uno specchio d’acqua, una lacrima sta scivolando sul suo viso silente ed intensa. Sorrido debolmente; questo viaggio deve aver cambiato entrambi nel profondo dei nostri cuori.
«Non sarà facile dirti addio…» comincio con un nodo alla gola, «Insomma, tu mi hai insegnato a vedere il mondo con gli occhi della Terra, mi hai donato la libertà e la pace, mi hai permesso di scoprire l’essenza del cuore…»
Lui sorride e sospira nuovamente.
«Mancherai anche a me, Afrodite.»
La voce flebile e tremante. Mi stringe la mano, che è ancora poggiata alla sua.
«Ma sappiamo entrambi che il tuo compito è un altro. Sei pronta, adesso, hai lavorato tanto per giungere qui, non puoi fermarti in cima alla scalata.»
Si volta velocemente, come per nascondere un’altra lacrima che gli scivola giù, sulla gota. Il mio istinto ha il sopravvento, cancellando ogni briciolo di controllo e raziocinio: mi avvicino a lui, afferrando tra le dita delle mani il suo viso e lo costringo a sprofondare i suoi occhi nei miei.
Eccola, la vedo, la lacrima furtiva.
Questa volta non può scappare.
«Vieni con me. Il mondo sarebbe un posto migliore se tu potessi insegnare a tutti il linguaggio della Terra!»
Lui sorride ma non lo lascio controbattere.
«Pensa: insieme potremmo far vedere ciò che realmente è il mondo, la vita! Non sono certa di riuscire nel compito che mi è stato assegnato, ma se tu fossi con me, tutto sarebbe diverso, io…sarei diversa!»
Ancora un breve silenzio si frappone tra noi; la lacrima sulla guancia di Anghelos è ancora lì, ma il suo sorriso la trasforma in una piccola scintilla luminosa. La sua mano si poggia sul mio viso e io chiudo gli occhi.
«Tu non sei il mondo, Afrodite. Il viaggio che hai affrontato, le cose che hai visto e sentito non sono capitate per caso: il tuo cuore brilla di una luce diversa, capace di catturare le piccole sfumature che non vengono percepite dalla gente comune. Hai avuto modo di sentire la voce della Terra che ti ha parlato, lei ti ha scelta perché la tua anima può accogliere il suo complesso e misterioso linguaggio e codificarlo al mondo che vive lontano da tutto questo, lontano dall’essenza, lontano da noi. Tu sei come me e nel mondo c’è bisogno di qualcuno come te, qui…c’è bisogno di qualcuno come me.»
La sua carezza si fa ancora più dolce.
«Tu sai che è così, che è giusto così.»
Il mio cuore non regge le sue parole: mi alzo di scatto, asciugando le lacrime che scorrono copiose, Anghelos mi segue e mi abbraccia, tenendomi stretta a sé.
Piango.
Non voglio abbandonarlo, dirgli addio. Ma ha ragione, non siamo fatti per rimanere rilegati in uno stesso luogo: abbiamo il dovere di portare a casa ciò che la Terra ci ha consegnato.
Rimaniamo così per un lungo tempo: la notte sopra di noi ci accompagna col bagliore delle sue stelle. Alzo lo sguardo e incrocio il suo, specchiando le nostre anime sofferenti ma consapevoli. C’è forza dentro di noi, più di quanto io stessa abbia mai avuto. Ad un tratto le sue mani scivolano via dalle mie spalle, distaccandosi. Lo vedo armeggiare per cercare qualcosa:
«Voglio che tu abbia questo.»
Tiene tra le mani un piccolo scarabeo blu; la pietra di cui è composto brilla alla luce lunare. Anghelos afferra una cordicella che ha con sé e lega lo scarabeo ad essa, si avvicina nuovamente a me lega al collo la pietra azzurro cielo. Non appena termina, prendo l’oggetto tra le mani e sorrido.
«Adesso potrò venire con te.» sussurra sorridendo, «Ti proteggerà, Afrodite. Se avrai bisogno di me, io sarò qui.» conclude, stringendo a sua volta la mano che contiene lo scarabeo. Sorrido e piango allo stesso tempo; mi avvicino a lui e, lentamente, gli sfioro le labbra con un dolce bacio: sembra di toccare l’aria della sera, intrisa di malinconica dolcezza e velata sofferenza; è l’unico modo che ho per donargli una parte di me. Mi allontano da lui e tocco le sue labbra con la punta delle dita.
«Se vorrai trovarmi qui con te, io sarò lì.» rispondo e sorrido.
Ci sediamo nuovamente e restiamo a guardare le stelle sopra di noi, aspettando che l’alba giunga per completare ciò che insieme abbiamo iniziato.

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Capitolo 13
*** 12. Un nuovo inizio ***


Un nuovo inizio


Un leggero calore sul viso mi desta da quel sonno in cui sono sprofondata; un piccolo e flebile raggio di sole segna che giunto il momento di compiere il definitivo passo.
Terra, so che puoi sentirmi: ogni mossa è stata compiuta, ogni momento vissuto. Il tuo complesso groviglio di significati nascosti mi hanno condotta alla scoperta, improvvisa e inaspettata, di un nuovo senso del tutto. Ricordi quando ti ho sentita la per la prima volta? Hai scelto di condurmi in un luogo magico, Lux, immobile nel tempo; qui la clessidra non batte i secondi con i suoi granelli di sabbia, ma rimane lì ferma, a osservare distaccata il passaggio di coloro che approdano qui per ritrovarsi, alla fine, immersi nelle tue eteree acque di conoscenza. Così mi sento adesso, pronta per poter lasciare queste terre fatte di sabbia e di sapori d’Oriente per intraprendere il nuovo grande cammino verso le Terre conosciute, ma ignare di questa vitale essenza.
Strofino gli occhi, ancora impastati dal sonno, e scorgo Anghelos: è ancora cullato dai suoi sogni. Mi rendo conto che è stato al mio fianco tutta la notte, come un guardiano. Lui mi protegge ed io faccio lo stesso. Stringo nella mano lo scarabeo blu e sorrido; mi alzo e guardo alto in cielo, sospirando: sento tutta la forza crescere dentro di me, come un moderno Ercole, potrei sostenere un masso gigantesco se fosse necessario, ma non è quello che mi aspetta. Non è una prova ciò che mi attende all’interno del Tempio, ma una liberazione. Pianto gli occhi sulla colossale architettura alle mie spalle: si erge in quel punto da millenni, eppure nessuna calamità naturale o artificiale ne è riuscita a scalfire le solide strutture che la compongono. Qui, in questi luoghi, tutto è rimasto all’essenza, ogni cosa è protetta solo dalla teca di cristallo dell’eterno; il tempo, a volte così tiranno e distruttore, si ritrae impotente dinnanzi a ciò.
«E’ il momento…».
Una voce giunge alle mie orecchie, destandomi da quei pensieri: Anghelos è in piedi dietro di me, lo sguardo fiero come quello di un leone ma velato da un leggero pizzico di malinconia.
«Andiamo.», gli rispondo.
Cammina ad un passo da me, Anghelos, la sua andatura non è più svelta e frettolosa come prima: adesso è pacato e costante, come volesse lasciare traccia di sé in questi luoghi o forse per rallentare il tempo del percorso che ci condurrà all’interno del Tempio. Percorriamo un lungo viale in salita, scalando le dune di sabbia che circondano ogni lato del luogo sacro. A mano a mano che le colonne del porticato si fanno sempre più grandi alla vista, crescendo di altezza ad ogni passo che compiamo, in cima alla rampa si apre, in tutto il suo imponente splendore, l’ingresso del Tempio, affiancato da due enormi statue di falco che proteggono la loro inviolata casa. Anghelos si ferma dinnanzi all’ingresso buio, voltandosi verso di me.
«Devi entrare tu per prima.»
La sua mano accenna un segno di entrata verso quell’oscurità che mi incutono timore.
«Ma dove devo andare?», rispondo, «Cosa devo fare?»
«Lasciati guidare e andrai dove lei vorrà condurti.».
Anghelos mi sorride e, in questo modo, riesce a calmare i miei timori. Afferro la sua mano, la stringo forte alla mia ricambiando il sorriso con uno più debole ma carico d’intensità. Così come era accaduto dalla valle delle anime d’ombra, mi avvio nell’oscurità che mi circonda.
Grandi pareti marchiate da segni, simboli ed immagini si presentano ad ogni angolo in cui il mio sguardo si posa. Questa volta però non sono sola, poiché Anghelos è con me, seppur ad una evidente distanza, ma in questo luogo mi sento racchiusa in una bolla, tutto mi appare così rallentato, persino il mio respiro e i battiti del cuore che sembravano scoppiarmi nel petto, adesso sono lenti e costanti. C’è un silenzio rituale tra quelle mura, come se ogni cosa stesse tornando al suo posto.
D’un tratto avverto qualcosa che mi sembra…familiare, tanto da riconoscerne i tratti sonori.
La voce.
Quella stessa inafferrabile voce che ho sentito nelle viscere della Valle. Ormai la conosco, mi fido di lei, so che la Terra mi sta parlando e vuole che la segua. Lo faccio senza indugiare, ne seguo il percorso ignorando la meta da raggiungere, non accorgendomi di quanti corridoi o scale stia percorrendo; sono solo concentrata a seguirti, o Terra, ovunque tu voglia condurmi!
Segni, immagini dipinte, simboli si alternano ancora alla mia vista, nella corsa che incede senza sosta: muri di pietra e colonne si affacciano all’improvviso, come germogliate dal sottosuolo e dalla pietra. Dimentico Anghelos; non so se mi stia seguendo o sia rimasto all’ingresso, fatto sta che l’unica cosa che attira la mia attenzione è scoprire dove quella voce vuole condurmi.
Poi il silenzio, come la rottura di un vetro che, cadendo, va in frantumi.
Ciò che ho visto in sogno, adesso è lì dinnanzi a me: c’è una scala stretta tra due ripide pareti di pietra e, in cima ad essa, un fascio di luce apre lo squarcio nelle tenebre del Tempio. Lo riconosco, ogni punto mi è familiare; mi sembra di essere nuovamente dentro quel sogno, ma questa volta è reale e nulla può impedirmi di arrivare fino alla sommità. Ho l’adrenalina che mi scorre nelle vene, l’euforia senza freni inibitori che mi grida a gran voce di correre fin lassù, senza fermarmi. Faccio il primo passo ma improvvisamente mi blocco: ho paura? Non capisco perché il mio incedere è dubbioso, di cosa ho ancora timore?
Una mano si poggia alla mia spalla.
«Sei pronta.»
Questa volta Anghelos non ha intenzione di ostacolarmi.
Sorrido.
Cancello dalla mente i ricordi di quel nero sogno e smetto di indugiare.
Un passo per volta, gradino dopo gradino, percorro la salita che mi conduce all’inebriante luce sfolgorante. La vedo avvicinarsi sempre di più; sono abbagliata, come se stessi assistendo ad un’apparizione, ma non mi fermo. Avvero una leggera brezza che mi sfiora i capelli, c’è un profumo dolce e, contemporaneamente, forte; sembra incenso.
Un altro passo.
La luce si fa sempre più forte e accecante, tanto da costringermi a mettere le mani davanti agli occhi per ripararmene.
Un passo ancora.
Sono vicina, non lo riesco a vedere ma posso sentirlo: l’aria dinnanzi a me si è fatta più fresca, l’incenso sembra essere adesso mescolato con profumi e olio.
Guardo a terra: i gradini sono terminati. C’è, dinnanzi a me, solo il bagliore luminoso.
Faccio due, tre passi; sento di attraversarlo come un portale che conduce in una dimensione parallela. C’è un momento in cui il mio corpo è leggero, come una piuma. Che strana sensazione! Più che di libertà, avverto un senso di…sollievo.
In un attimo tutto svanisce: non sento più gli occhi bruciare, né l’aria fresca che accarezza il viso; è rimasto solo l’incenso, forte ed intenso. Apro gli occhi con cautela, per evitare di appannare la vista ed improvvisamente, dinnanzi a me, lo vedo: il grande lago, che si estende ben oltre le mie capacità visive. Dietro di esso, un sole rosso che si affaccia alla Terra, nascendo con la lentezza di un astro della sua portata.
Sono incapace di parlare e di muovermi, lo stupore mi impedisce ogni azione volontaria. C’è spazio solo per meravigliarsi di cotanta bellezza che solo la Terra può regalare ai suoi abitanti.
Sento nuovamente un soffice calore alle mie spalle: Anghelos è dietro di me, continuando inesorabile a proteggermi e guidarmi.
«Cosa devo fare?» gli chiedo con un filo di voce, senza distaccare lo sguardo, riempitosi di luce e bellezza.
«Devi nascere di nuovo, insieme al Sole. Il tuo viaggio nelle tenebre si è concluso, adesso devi liberarti di tutto ciò che quella oscurità ti ha lasciata per far entrare la luce nel tuo cuore, nel tuo corpo e nella tua anima.»
Avanziamo in silenzio fino alle sponde del lago.
«Queste sono le acque del fiume sacro. Sono in pochi hanno avuto l’onore di potervisi immergere in un atto di purificazione.» riprende Anghelos, ponendosi dinnanzi a me: ha, tra le mani, due piccoli cumoli di sale che, lentamente, cosparge a terra attorno a me, facendone cadere pochi granelli per volta.
«Il sale per purificare il luogo dove tutto avviene.»
In seguito, immerge le mani in una ciotola piena di olio profumato e, come fosse un sacerdote, strofina le sue mani sulle parti nude del mio corpo: sul collo, sul viso, sulle braccia, lasciandomi impregnata di essenze profumate, rare e preziose. Poi afferra la ciotola in cui sta bruciando l’incenso, spegne con un soffio la candela e prende della cenere depositatasi sul fondo del recipiente: le sue dita formano una sottile striscia di cenere sulla mia fronte e all’altezza della gota.
«Olio, profumo ed incenso, per purificare il corpo impuro.»
Ho il cuore che batte impazzito, non riesco a capire l’emozione che mi trapana dal cuore, un misto tra estasi e terrore; Anghelos sta compiendo su di me un rito antico di millenni, ho paura di portarne il peso ma ne sono altrettanto onorata.
Terra, ascoltami: dammi la forza di procedere, riempimi della tua indomabile energia, fammi credere che tutto ciò che ho vissuto, ho sentito e ho visto siano il mio punto d’appoggio. Fammi sentire la tua voce.
Mi hai ascoltata.
L’avverto di nuovo: la voce eterea.
Sento crescere in me il coraggio: sono davvero pronta per iniziare la mia missione.
«Adesso, l’ultimo passaggio da compiere: la purificazione del cuore e dell’anima.»
Anghelos mi prende la mano e, con lentezza, mi conduce verso una piccola scala che si immerge dentro le acque del lago sacro.
«Lasciati rapire dalle sue acque e rinasci insieme all’astro luminoso, che sorge ogni giorno dall’oscurità.»
Anghelos si allontana, ponendosi in disparte.
Rimango sola, con, nel cuore, la spinta necessaria a farmi compiere l’ultimo grande passo.
Un piede davanti all’altro: avanzo come in un corte nuziale.
Sento l’acqua che bagna le caviglie, salendo fino alle ginocchia: è fredda come la neve; le mani tremano ma non mi fermo.
L’acqua sale ancora, fino al bacino: sento i muscoli contrarsi per la tensione e la temperatura, ma non demordo.
Ancora un altro passo e l’acqua raggiunge il torace: sento le mani perdere sensibilità, i piedi indolenziti per il freddo, ma devo farcela, andare fino in fondo.
L’acqua sale e raggiunge le spalle: sto tremando, ho le gambe rigide, perdo forza.
Mi volto a guardare Anghelos, con occhi colmi di paura: e se non dovessi farcela?
Uno suo cenno, piccolo e impercettibile, mi da quella forza necessaria per compiere l’impresa: ora l’acqua mi ricopre totalmente.
Rivedo nella mia mente ogni attimo vissuto durante il viaggio, ogni singola emozione e sensazione; ne ricordo quasi tutti i dettagli, impressi a fuoco nella mia memoria.
Trattengo il respiro.
Mi immergo.
Il freddo dell’acqua mi entra nelle ossa, distruggendo le mie naturali difese. Mi sembra di toccare il vuoto dell’infinito. Avverto una sensazione di leggerezza, di pace, una quiete nuova. C’è silenzio attorno a me: sono nella bolla, nel cuore della Terra. Il mio corpo non ha barriere, è invaso in ogni parte da quella atmosfera, da quelle sensazioni.
Vorrei rimanere qui per sempre.
E’ il momento di tornare in superficie.
Un grande respiro accoglie il mio ritorno alla vita e una luce perforante abbaglia la mia vista: il Sole è sorto.
«Benvenuta nel mondo, Regina Afrodite.»
Il sussurro di Anghelos fa capolinea alle mie orecchie come una melodia nuova, limpida.
Mi sento diversa, carica di significato, di nuove emozioni. La mia anima risponde a nuovi richiami e il cuore ne gioisce.
Esco dal lago sacro come Afrodite nacque dalle acque.
Il Sole è alto in cielo, il suo calore mi riscalda completamente. Anghelos sorride, porgendomi un mantello per asciugarmi.
Restiamo in silenzio per un lungo tempo.
«Stai bene?», sussurra dopo un breve sospiro.
«Adesso si.», rispondo, «Non sono mai stata così bene in tutta la mia vita…grazie alla Terra e a te.»
Anghelos accenna un riso amaro.
Mi volto a guardarlo e gli sorrido dolcemente.
«Devi farmi una promessa.»
«Quale?»
Esito per un momento.
«Che ci rivedremo.»
Allungo la mano come per stringerla. Anghelos mi guarda negli occhi, poi si alza.
«Vieni,» dice, senza alcuna inflessione emotiva nella voce, «ti accompagno alla barca.»
Lo vedo allontanarsi da me; abbasso il braccio che non ha più forza. La delusione sul mio viso è palese e non posso nasconderla; una lacrima scivola sulla guancia. Con la testa bassa e senza proferire parola, lo seguo fino all’uscita del Tempio delle Sabbie, dove sembra che ad attendermi ci sia una barca: lei mi riporterà a casa.
«E’ il momento, Afrodite. Devi andare: per te, adesso, comincia una nuova vita, un nuovo inizio.»
«Anghelos io…» ma non faccio in tempo a finire che mi sento tirare per un braccio e, come fosse un incanto, sento le labbra di Anghelos sprofondare sulle mie; è un contatto inaspettato, che concentra in sé mille emozioni.
Mi abbandono ad esso, senza pormi domande.
E’ un tempo indefinito quello che trascorriamo immersi in quell’attimo; nessuno dei due vuole lasciare la presa per primo.
Quando sento, infine, il suo viso allontanarsi dal mio, i suoi occhi si perdono nei miei.
«Te lo prometto, Afrodite: ci rivedremo.»
Il suo sorriso pervade ogni cellula del mio corpo. Non rispondo, mi limito a stringere la sua mano nella mia e a ricambiare il suo sorriso.
La barca lascia la riva con me a bordo.
Anghelos è a terra e guarda verso la nostra direzione; continuo a tenere gli occhi piantati su di lui, che diventa sempre più piccolo e distante, fino a sparire nella curva dell’orizzonte.
Mi volto in direzione del Sole, ormai sorto. Mi dirigo alla prua della barca e resto lì, con lo scarabeo blu stretto nel pugno della mia mano, a contemplare per l’ultima volta quella Terra che, come figlia prescelta, mi ha accolta a sé.
Resto lì, nel mio silenzio, lasciando che il fiume mi conduca oltre la linea dell’orizzonte, bagnata dalla luce di un nuovo Sole, finché la barca si perde ai confini del mondo che separa l’Oggi dal Domani.

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

Non correre.
Aspetta.
Voltati da questa parte.
Perché, mi chiedi?
Resta lì, ascolta;
Lo senti?
Se presti l’orecchio, puoi sentire la Terra che ti parla.
Ha una lingua universale lei; le parole di un cuore pulsante fatto di essenza. Dalla Terra, dall’acqua, dal cielo, esse giungono dolci a chi è disposto ad incontrarle.
Stai lì, tra di loro e non muoverti.
Lasciati invadere l’anima dal profumo del mondo, dal colore di una sabbia che nasce dalla montagna, dal canto soave della Natura che si sveglia alle prima luci di un caldo sole africano.
Il cuore si svuota delle oppressioni di una vita fatta di orpelli e pesanti costrizioni; essa si riempie di bellezza, di amore e di pace.
Sai cos’è la pace?
L’abbraccio di quella Terra che hai dimenticato e che ti scalda con ciò che di più materno possiede.
Anche se continui a trattarla come un nemico da abbattere, lei ti manderò un messaggero, un Anghelos, che ti aprirà gli occhi su ciò che davvero vuol dire la frase “respira la tua vita”.
Sentirai anche tu sulla spalla la protezione di Anghelos; è una traccia indelebile.
Stai lì, immobile.
Sai cosa dice la Terra?
“Amami, come io amo te”.
 
Afrodite

 

Volevo fare un ringraziamento generale a tutti coloro che hanno seguito questo racconto introspettivo, un viaggio alla ricerca di noi stessi e delle profondità della Terra e della sua voce, che ci ricorda sempre di essere suoi figli.
Grazie a chi, commentando, mi ha suscitato spunti di riflessione.
Se volete lasciare qualche commento, è sempre ben accetto. I feedback sono linfa vitale per chi scrive.
Il mio augurio più grande è che ognuno di voi possa trovare un messaggero, un Anghelos nella sua vita, affinchè ogni nuovo giorno sia come un'avventura sempre diversa, alla scoperta di noi e del mondo.
Vi ringrazio dal profondo del cuore.
A presto
A.

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