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Christine
fissava distrattamente fuori dal finestrino della carrozza che la stava
riportando al piccolo appartamento che divideva con Meg e Madame Giry.
Dopo
quei terribili accadimenti all’Opera, tre anni prima,Madame Giry aveva ritenuto
più prudente stabilirsi al di fuori dell’edificio,anche dopo la sua completa
ristrutturazione. Sapeva bene quanto quel luogo fosse intriso di tristi ricordi
per tutti loro,e in special modo per Christine.
Per
mesi era stata in ansia per la salute cagionevole della ragazza,che si era
accompagnata ad una forte depressione. Con le sue cure,l’affetto fraterno di
Meg e la sollecita presenza del Visconte de Chagny,lentamente la ragazza era
tornata alla vita.
Ma
continuava a conservare sul viso un’ombra di tristezza e preoccupazione che non
aveva mai mostrato in precedenza.
Christine
sospirò.
I
primi mesi dopo il rogo dell’Opera faceva molta fatica ad arrivare alla fine
della giornata senza sentirsi sul punto di svenire. Non trovava alcun conforto
dentro di sé,né vedeva alcuna via d’uscita da quel tunnel di tristezza. Non
riusciva a mettere a fuoco i ricordi piacevoli,né i momenti di allegria e
spensieratezza. Tutto le sembrava così lontano e inafferrabile..
Qualsiasi
contatto le dava i brividi,e ovunque volgesse lo sguardo,vedeva il suo Erik.
Quel giorno aveva dovuto trovare il coraggio
di affrontare il fidanzato,e di annunciargli la sua decisione di rompere il
loro legame. Erano mesi che ci pensava,ma era sempre stata frenata dalla paura
di farlo soffrire.
Era
molto affezionata al suo caro amico d’infanzia,e a lungo aveva pensato di
esserne davvero innamorata. Perfino dopo quanto accaduto quella terribile
notte… ma mentre le settimane e i mesi passavano,le diventava sempre più evidente
la sua inadeguatezza,di fronte all’amore puro e appassionato che lui provava
nei suoi confronti.Prolungare
l’inganno non avrebbe che intensificato il dolore,al momento inevitabile della
separazione.
Pensò
a quanto dolore aveva inflitto alle persone che amava. Non se ne era resa
conto,non c’era stata intenzione da parte sua,ma questo non la sollevava dalla
responsabilità di essere fautrice di tanta sofferenza.
Si
sentiva svuotata,consapevole che non sarebbe mai più riuscita ad amare
nessuno,non come aveva amato...ma che importanza aveva ormai? Il suo
amore,compreso troppo tardi,era morto insieme a lui.
Le uniche persone per cui provava ancora affetto
erano proprio Raoul, Meg e Madame Giry.
Per questo doveva allontanarsi da loro,prima che
il destino la rendesse ancora una volta carnefice.
Sorrise fra sé e sé,la prima volta da mesi.
Era la prima volta nella sua vita che non
provava alcun tipo di paura.
Se
nutriamo odio verso qualcuno,
è perchè
odiamo in lui
qualcosa
che è in noi.
Quel che
non è in noi
non riesce
a darci emozioni.
Herman Hesse,Aforisma 4
Raoul
era sprofondato in una delle poltrone del suo studio. Si sentiva ancora
stordito.
Durante
gli ultimi tre anni,non gli era pesata la vita di sacrifici che aveva
intrapreso per stare accanto alla sua fidanzata,per aiutarla ad uscire dalla
sua sofferenza. Non aveva mai pensato ai disagi che aveva subito,ma a tutti i
problemi che aveva dovuto affrontare lei,anche a causa sua.L’ultimo inverno era stato durissimo per
lui,aveva anche temuto di perderla. Ora quasi non ricordava quell’angoscia,ma
sentiva una forte nostalgia per quel periodo,anche se non era stato dei più
rosei.
Christine
era piombata inaspettatamente lì a casa sua,solo pochi minuti prima.
Lui
aveva sorriso,felice della visita inaspettata,ma immediatamente l’espressione
seria e compunta del viso di lei lo aveva raggelato.
In
fretta,e senza lasciargli tempo di replicare,gli aveva comunicato la sua
decisione di lasciarlo.
Naturalmente
ne era desolata,ma non poteva continuare a fingere.
“Non
ho intenzione di sposarti,Raoul. Mi dispiace causarti tanti problemi…sei stato
anche troppo buono con me,senza che me lo meritassi. Ma mentirei se ti dicessi
di essere pronta al matrimonio. Anzi,penso che non lo sarò mai. Ho scoperto un
lato di me che non pensavo di possedere,e devo imparare a convincerci prima di
potermi legare a qualcuno. Ti voglio bene Raoul,ma non credo che tu saresti
felice con me.” Gli girava intorno,le braccia dietro la schiena,come a
constatare e sottolineare quello che gli stava dicendo. “Credimi,sarà meglio
per entrambi se non ci vedremo più..per un po’,almeno. Sarai sempre uno dei
miei migliori amici,delle poche persone a cui mi sento legata.”Gli aveva
sorriso timidamente,per poi aggrottare le sopracciglia. “Ma per un po’…evitiamo
di vederci,te ne prego. Perdonami!”
…ed
era corsa via,senza neppure voltarsi indietro,lasciandolo impietrito e
scioccato.
Quando era riuscito a scuotersi da quello
stato di torpore,lei era già risalita in carrozza e svanita nella nebbia di
quel pomeriggio invernale.
Lentamente si alzò,e andò all’armadietto dei
liquori per versarsi un cordiale. Ne aveva bisogno. Con mano tremante sollevò
il bicchiere ed ingoiò qualche sorso,appoggiandosi al muro e chiudendo gli
occhi.
La presenza di Christine era ancora nell’aria
intorno a lui.
La sua presenza..non era nell’aria. Era dentro
di lui.
Ma certo,pensò amaramente. Io non sono né potrò mai essere lui!Non potevo competere con quel mostro quando
era in vita,quando lei poteva scorgerne i bestiali difetti…ora che è morto è
diventato una specie di mito,un vero Angelo del Paradiso!
La sua naturale pacatezza scomparve,mentre
scagliava il calice contro la parete opposta,frantumandolo in mille pezzi.
“Christine,come puoi farmi questo?”singhiozzò.
“Come puoi,dopo tutto quello che ho fatto per
te…come puoi ignorare e respingere il mio amore! Come puoi rifiutare di
diventare mia moglie!”
I gemiti esplosero in grida di rabbia disumana.
”
E’tutta colpa di quel mostro…anche da morto
continua a perseguitarci con la sua infame presenza…Ti
maledico Erik,ti maledico ovunque tu sia!”
Aveva
amato,
ed
attraverso l'amore aveva trovato se stesso.
La maggior
parte degli uomini
ama invece
per perdersi.
Herman Hesse,Aforisma 3
Il
Fantasma dell’Opera era morto,in quella notte spaventosa di tre anni prima.
La
banda dei linciatori ne aveva portato le prove,la sua maschera bianca e un
brandello di camicia trovata sulla riva del lago.
L’infame,probabilmente
fuggendo,doveva essere annegato nelle acque sotterranee.
Che sta facendo adesso adesso,
in questo momento? È
a casa? Per la strada? Al
lavoro? In piedi? Sdraiata? Forse
sta alzando il braccio? Amor
mio come
appare in quel movimento il
polso bianco e rotondo! Che
sta facendo adesso adesso,
in questo momento? Un
gattino sulle ginocchia lei
lo accarezza. O
forse sta camminando ecco
il piede che avanza. Oh
i tuoi piedi che mi son cari che
mi camminano sull’anima che
illuminano i miei giorni bui! A
che pensa? A
me? o forse... chi sa ai
fagioli che non si cuociono. O
forse si domanda perché
tanti sono infelici sulla
terra. Che
sta facendo adesso Adesso,
in questo momento?
Nazim Hikmet,
Che sta facendo adesso
Il
Fantasma dell’Opera era morto quella notte. Ma non era morto l’uomo dietro
quella maschera.
Erik
era riuscito a nascondersi ai nemici grazie alla sua completa conoscenza dei
sotterranei dell’Opera. Quando le acque si erano calmate,con l’aiuto di Madame
Giry era riuscito a uscire dalle rovine della costruzione,e a rifugiarsi fuori
città. Lì aveva trovato una specie di casale,abbandonato da anni,e ne aveva
fatto il suo dominio. Usciva raramente,e passava le giornate a contemplare il
cielo e ad ascoltare la sua scatola musicale,la scimmietta che suonava la Masquerade.Non aveva potuto portare con
sé il suo amato organo,e soffriva di quella mancanza di musica.
Ma
più di tutto soffriva al pensiero di Christine e Raoul,sicuramente già
sposati,felici,magari in attesa di un figlio…o forse ne avevano già avuto uno?
Quelle riflessioni lo lasciavano sempre agonizzante e abbattuto.
Le
uniche persone che vedeva,di quando in quando,erano Madame (ma sempre più di rado,per
la verità) e il Persiano,che nonostante i terribili avvenimenti di quella notte
gli era rimasto amico.
Anzi,era
grazie a lui se aveva ancora una qualche valvola di sfogo.
Nadir
lo aveva infatti convinto a riprendere a disegnare progetti,prima solo per
tenersi occupato,e poi era ritornato all’antico mestiere. Era sempre stato un
architetto geniale ed ardito..perchè non esserlo ancora?
Nadir
si occupava delle relazioni con i clienti,e lui passava ore perso fra i suoi
schizzi.
Questo
gli permetteva di tenere la mente occupata,distaccata dal dolore.
Gli
dava la forza di andare avanti.
Ogni
tanto le parlava,nella stanza vuota,come se lei potesse udirlo.
“Sai
Christine?La vita senza di te è incredibilmente difficile. La nostalgia si
trasforma in un dolore fisico che mi tormenta dalle prime ore del mattino fino
all’ultimo minuto della giornata. La mia unica consolazione in questi giorni è
pensare che tu sei al sicuro,che stai bene e che tuo marito veglia su di te al
mio posto.”
Il
suo carattere era mutato.
Un
tempo il rancore lo avrebbe colmato di una rabbia omicida,di una furia cieca ed
incontrollabile.
Ora
invece la rassegnazione era l’unico lascito della profonda disperazione che lo
aveva tormentato.
Solo
di quando in quando la rabbia lo sopraffaceva,quando pensava alla “coppia
felice”…ma immediatamente si dominava. Era stato lui a permettere quell’unione.
Aveva
lasciato libera Christine,e lei aveva scelto il ragazzo. Non poteva biasimarla
per questo. Chi,al suo posto,avrebbe preferito un mostro al principe azzurro?
No,no,lei non ne aveva colpa.
E
neppure il ragazzo,che l’amava a tal punto da aver rischiato la vita pur di
salvarla.
Nessuno
aveva colpa degli eventi di quella notte…nessuno aveva parte nella trama
beffarda del suo destino,che lo perseguitava sin dalla nascita.
Ora
finalmente,grazie all’amore che era nato in lui grazie a quel bellissimo
Angelo,era in grado di accettare il proprio futuro di solitudine senza provare
odio e rancore per chi era più felice di lui.
Lei
gli aveva cambiato la vita,anche se non l’avrebbe mai saputo.
L’indomani
mattina,dopo una lunga notte di tormento e riflessione, il Visconte de Chagny
si era recato a casa di Christine. A quell’ora non vi erano né Meg né Madame
Giry,impegnate nelle prove del nuovo balletto.
Lui
lo sapeva bene,ed era andato appositamente a quell’ora,per non aver
intromissioni di alcun tipo fra lui e Christine.
L’aveva
supplicata di ripensarci,di non giungere a soluzioni affrettate.
Era
disposto ad aspettare fino a che lei non si fosse sentita pronta,non voleva
forzare i tempi.
Comprendeva
benissimo il suo bisogno di solitudine, il suo senso di colpa,pur
ingiustificato,per la morte del Fantasma…ma era pronto ad accettare tutto,a
perdonare tutto.
Purchè
lei non lo lasciasse…
Christine
lo guardò con occhi velati di commozione e tristezza.
Dio,come
avrebbe potuto fargli capire che non era una questione di tempo?
Che
con il trascorrere dei mesi le cose non sarebbero affatto migliorate?
Era
così disperato,così accorato nelle sue suppliche…
Era
solo al mondo anche lui,ora,dopo la morte del fratello Philippe.
Un’altra morte che grava
sulla mia coscienza,pensò
lei con un brivido.
“Raoul,non
so davvero come altro dirtelo. Devi lasciarmi andare. Mi dimenticherai presto,e
troverai una sposa degna di te,della tua casata..e soprattutto del tuo amore.
Io non sono quella donna,e non potrei mai diventarlo. Mi dispiace di averti
illuso,del resto,spero mi crederai,ero totalmente in buona fede. Ma non
riuscirei a fingere per una vita intera.”
Il
ragazzo chinò il capo,e serrò i pugni per la rabbia.
“E’a
causa sua vero? Non ha nulla a che fare con me e te.”
Lei
impallidì vistosamente. “Non capisco a cosa ti riferisci. Non ti amo abbastanza
da sposarti,tutto qui.”
“Sai
benissimo a chi mi riferisco. Da morto ha ottenuto ciò che non ha ottenuto in
vita…è riuscito ad averti tutta per sé.”Lo sguardo di Raoul era carico di rancore.
“Andiamo
Raoul,non essere ridicolo. Non centra nulla in questa storia. Vorresti davvero
essere legato per l’eternità ad una persona che non ti ama con tutto il suo
cuore?”
Lui
fece un sorriso amaro. “Vedi?Ogni tua parola conferma i miei sospetti. Il
motivo per cui non riusciresti a votarmi totalmente il tuo cuore…è che pensi
ancora a lui. E’come se fossi stata sepolta anche tu,laggiù nei
sotterranei,insieme a quello sporco assassino..a quella bestia immonda..a
quel..”
“Raoul!Adesso
basta!” Gli occhi di Christine scintillarono di indignazione.
“Devo
pregarti di andartene. La tua presenza qui non è più opportuna.”
Il
ragazzo si inchinò compunto,e fece per andarsene. Ma raggiunta la porta si
voltò,e la fissò con uno sguardo ferito e insieme determinato che lei non gli
aveva mai visto.
“Non
è finita Christine. Non può essere finita così. Le nostre strade si
rincontreranno,vedrai. Ed io sarò sempre accanto a te,che tu lo voglia o no…e
presto o tardi capirai di amarmi ancora!”
Quando
fu uscito,la ragazza si accasciò su una sedia.
Non
pensava che lui sarebbe stato così insistente.
Ora
aveva l’angosciante sensazione che non sarebbe mai riuscita a recidere del
tutto quel rapporto.
Lui
l’avrebbe tormentata ogni giorno,ne era certa,finchè lei non avesse
acconsentito a quelle nozze. L’avrebbe convinta in un momento di solitudine,di
ripensamento,di disperazione…e così
facendo avrebbe dannato entrambi,per sempre.
Sentiva
una gran voglia di piangere,ma se lo impedì.
Le
disavventure passate le avevano donato una forza d’animo che non credeva di
possedere,era stato l’ultimo regalo del suo Angelo.
L’aveva
trasformata da bambina viziata in donna matura,e non lo avrebbe mai saputo..o
forse sì.
Sorrise
debolmente. Gli angeli dal Paradiso possono vedere tutto,e sicuramente
lui,insieme a suo padre,la vegliava da lassù,e l’avrebbe sempre protetta.
“Bambina
mia,che succede? Ritornando ho visto la carrozza del Visconte allontanarsi..non
gli avevi già parlato? E’ venuto qui per cercare di farti cambiare idea?” la
voce di Madame Giry,appena entrata in casa,la strappò ai suoi pensieri.
Non
era possibile nascondere nulla alla sua madre adottiva;la perspicacia della
donna sembrava senza limiti.
Si alzò e le andò incontro,cercando di
mascherare la sua angoscia.
“Sì,è
stato qui…voleva soltanto parlarmi,non è accaduto nulla.”
Madame
Giry inarcò sarcasticamente un sopracciglio.
“Un
uomo rifiutato non si accontenta mai di parlare e basta. E lo smacco gli pare
tanto più umiliante quanto più alta è la sua posizione in società.Certo il Visconte è ben consapevole delle
chiacchiere che ci saranno su questa rottura di fidanzamento..e i nobili non
gradiscono mai le chiacchiere.”
Come
sempre la donna era andata dritta al punto.
Non
si era ancora perdonata l’aiuto offerto al Visconte,la notte della catastrofe.
Non
si era resa conto di cosa stesse facendo,aveva pensato di agire soltanto
nell’interesse di Christine,che amava come fosse figlia sua.
Troppo
tardi aveva compreso l’enormità del suo errore,troppo tardi aveva compreso
l’intensità di quell’amore a prima vista impossibile.
Tutto
era già perduto.
Aveva
ottenuto un inaspettato perdono da parte di Erik.
Qualche
giorno dopo la tragedia,sfruttando la conoscenza di alcuni passaggi segreti,era
penetrata nei sotterranei abbandonati dagli agenti della Gendarmerie, e aveva
trovato Erik,seduto al suo organo,che suonava una triste composizione.
Un
requiem per il suo amore perduto,probabilmente.
“Madame”l’aveva
salutata lui senza voltarsi né smettere di suonare. “Siete riuscita nel vostro
intento. A quest’ora i due ragazzi saranno già stati davanti al prete,a
giurarsi eterno amore.”
Lei
era impallidita. Dunque lui aveva compreso quale ruolo avesse avuto nella
vicenda,Raoul non avrebbe mai trovato la strada da solo. La rabbia di lui
sarebbe stata incontenibile.
In
quel momento le riuscì solo di pensare fugacemente a Meg,alla sua adorata
bambina...
Ma
poi si accorse che lui non sembrava avere intenzione di farle alcun male.
Si
era voltato verso di lei,e sul viso non mostrava alcuna rabbia assassina,alcuna
furia vendicativa.
Solo
un’incommensurabile tristezza,che rendeva il suo volto ancora più patetico.
“Non
temete,non sono in collera con voi. Avete agito per il meglio..nell’interesse
di Christine. Anche io l’ho fatto. Non sono fuggiti,li ho lasciati andare. Per
la prima volta nella vita ho amato,e ho compreso che non potevo limitare la sua
libertà,non potevo condannarla a vivere nel mio inferno. Quell’Angelo si merita
il
Paradiso.”
Madame
Giry si era sentita sconcertata da quelle parole.
Quello
davanti a lei non era l’Erik che aveva sempre conosciuto,i cui sentimenti
violenti e le cui passioni esasperate l’avevano sempre atterrita e ridotta
all’obbedienza. Davanti a lei stava un uomo diverso, pacato, rassegnato,composto
nel suo dolore.
“Madame,mi
trovo costretto a chiedervi un favore. Desidero abbandonare questo posto,e
ricominciare una vita fuori da questo teatro che si è rivelato una trappola e
una maledizione.”
Lei
aveva spalancato gli occhi per l’incredulità.
Erik
non avrebbe mai lasciato la sua Opera…almeno,non l’Erik che conosceva.
Era
inquieta,non sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi dallo straniero che le stava
davanti.
Naturalmente
aveva accettato di aiutarlo,più per placare i propri demoni che per altro.
Era
convinta che non sarebbe stato in bene per lui esporsi al mondo,specialmente
dopo il disastro che aveva combinato. Era ricercato dalla polizia,e chiunque lo
avesse visto avrebbe compreso immediatamente la sua identità.
Non esistono molti
uomini mascherati a Parigi,pensò amaramente.
Tutto
era andato per il meglio.
Una
volta sistematosi nel vecchio casale,durante la sua ultima visita,con
espressione distante e meditabonda,senza guardarla negli occhi,lui le aveva
domandato:”Avete notizie di Christine?”
La
donna,raccogliendo tutta la sua freddezza,aveva mentito.
“Non
la vedo dal giorno successivo a…a quanto è accaduto. Mi ha detto che lei e
Raoul sarebbero partiti la sera stessa per una lontana proprietà di lui,nel
nord del paese. Immagino che si siano sposati,a quest’ora…”
Non
gli aveva mentito per crudeltà. Lui sembrava aver accettato la perdita della
ragazza,a che scopo tormentarlo con il racconto della sua malattia, della
depressione in cui era sprofondata?
Anzi,forse
questo lo avrebbe fatto ritornare sulle sue decisioni, e avrebbe portato a
nuovi spargimenti di sangue,nuovo dolore,nuovi problemi insomma.
“Ma
certo..”assentì lui,e poi la guardò,con un’espressione estremamente severa.
“A
parte voi e Nadir,tutti pensano che sia morto,vero?”
Madame
Giry annuì. “Sì,perfino mia figlia. Meno la gente sa,e meglio sarà per te.”
“Vi
chiedo una sola promessa: non fate mai sapere a Christine che sono ancora in
vita. Desidero non vederla mai più,non voglio che lei soffra ancora a causa
mia.”
La
donna aveva solennemente annuito.
Non
le sarebbe stato difficile,promise.
In
ogni caso i suoi rapporti con Christine in futuro sarebbero stati così
sporadici..
“Ovviamente,ora
che è una Viscontessa,non potrà più frequentare con leggerezza l’ambiente del
palcoscenico.” Lui aveva soltanto annuito,mestamente.
“Madame,non
so davvero cosa fare!”
La voce angosciata di Christine strappò
Madame Giry ai suoi ricordi. Le prese le mani gelate fra le sue. “Bambina,non
c’è che un modo”le disse con voce rassicurante.
“Dovrai
lasciare Parigi,senza far sapere a nessuno i tuoi spostamenti…eccetto me,è
chiaro. Per me mentire e sembrare assolutamente all’oscuro di tutto non sarà un
problema.”Inarcò un sopracciglio,con una smorfia sarcastica. “Ti aiuto a fare i
bagagli,se vuoi. Potresti andare nel Sud, ho dei parenti di mio marito laggiù.
Vivono a Marsiglia. Là potresti imbarcarti per qualunque posto desidererai. Scrivo
subito una lettera per mia cognata. Non appena la leggerà ti accoglierà in casa
sua. E intanto potrai schiarirti le idee,e decidere cosa vuoi fare con il resto
della tua vita. Fra qualche tempo potrai tornare a Parigi,quando tutto sarà
dimenticato,quando anche il Visconte si sarà dato pace. Sei così giovane,e
piena di talento…Se usi il tuo buonsenso e la tua intelligenza,tutto si
sistemerà,vedrai.”
Christine
la fissava ad occhi spalancati.
“No
io..no,non posso…lasciare Parigi..lasciare voi e Meg…lasciare..”
“E’
morto Christine”disse duramente Madame. “Restare qui a soffrire,ad essere
tormentata dalle pressioni del Visconte,non lo farebbe tornare in vita. Non
puoi negarti la libertà di vivere,Christine. Non ne hai il diritto. E’Dio a
decidere chi deve vivere e chi deve morire.”
La
ragazza sospirò.
“Avete
ragione,Madame. Come sempre. Sentirò molto la vostra mancanza.”
La
donna sorrise,protendendosi per abbracciarla.
“Non
è un addio,Christine. E’solo un arrivederci.”
La vita non è uno scherzo. Prendila
sul serio come
fa lo scoiattolo, ad esempio, senza
aspettarti nulla dal
di fuori o nell'al di là. Non
avrai altro da fare che vivere. La
vita non é uno scherzo. Prendila
sul serio ma
sul serio a tal punto che
messo contro un muro, ad esempio, le mani legate, o
dentro un laboratorio col
camice bianco e grandi occhiali, tu
muoia affinché vivano gli uomini gli
uomini di cui non conoscerai la faccia, e
morrai sapendo che
nulla é più bello, più vero della vita. Prendila
sul serio ma
sul serio a tal punto che
a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non
perché restino ai tuoi figli ma
perché non crederai alla morte pur
temendola, e
la vita peserà di più sulla bilancia.
Nazim Hikmet,Alla vita
Erik camminava a passo svelto verso la casa di Nadir.
Negli ultimi tempi aveva iniziato a recarsi in città di
quando in quando,perlomeno quando la sua presenza era indispensabile…era un modo
per non sprofondare nella pazzia della semiclausura che si era imposto.
All’Opera era sempre stato nascosto nell’ombra,ma circondato da centinaia di
persone,ignare della sua presenza,ma rumorose e piene di vita..talvolta il
silenzio sembrava penetrargli nel cuore e nella mente come la lama di un
coltello,e allora sentiva il disperato bisogno di un contatto umano.. un
bisogno che non ho mai avuto, riflettè, prima che quell’Angelo entrasse nella
mia vita..
Il Persiano si era dimenticato di recarsi al casale per
ritirare l’ultimo progetto di Erik,e quest’ultimo infastidito aveva deciso di
portarglielo di persona. Dopo tutto non faceva così freddo,quella notte..ed
aveva una gran voglia di vedere la città immersa nello scintillante tramestio
notturno,tipico della vita parigina.
Aveva fatto in fretta,il tempo di scendere da cavallo e di
bussare alla porta di Nadir,che già addormentato e in evidente stato di
confusione aveva preso in mano il progetto,senza chiedergli cosa fosse,e perché
lui si trovasse in città a quell’ora. La sua indolenza orientale ogni tanto lo
irritava ogni oltre dire.
Dio,quest’uomo alle
volte si comporta come uno stupido!pensò rabbiosamente.
Eppure un attimo dopo si pentì di quella riflessione.
Nadir gli aveva salvato la vita,un tempo,e gli era rimasto
amico,nonostante avesse quasi tentato di ucciderlo… quante altre persone lo
avrebbero fatto?
Mentre si affrettava verso casa,si accorse di trovarsi nel
quartiere in cui era andata a vivere Madame Giry.
A quell’ora sicuramente lei e la figlia stavano dormendo…non
avrebbe osato disturbarle,sebbene da parecchio tempo non vedesse la sua
protettrice.
Sembrava che lei lo volesse evitare,e lui non riusciva a
capirne la ragione..
“Ehi voi!”
Quelle parole lo fecero rabbrividire. Possibile che qualcuno
lo avesse riconosciuto?
Fece finta di nulla. Forse quella voce non si stava
rivolgendo a lui,anche se..
..la strada era deserta a quell’ora.
“Dico a VOI…io vi conosco!”
Erik si voltò di scatto,per incontrare lo sguardo di una
giovane donna,una prostituta presumibilmente, a giudicare dai suoi modi e
dall’aspetto.
Era piccola di statura,gli arrivava appena alle spalle.
Aveva un aspetto misero e denutrito,era sporca e lacera. Era molto giovane,non
poteva avere più di vent’anni.
Istintivamente Erik avvertì un senso di pietà,orrore e
preoccupazione davanti a quel mucchietto d’ossa.
Chi diavolo era?
Come se gli avesse letto nelle mente,la ragazza scoppiò a
ridere,in modo volgare.
“Lo sapevo che non mi avreste riconosciuta! Come
potreste…sono molto cambiata dall’ultima volta che mi avete vista. Il mio nome
è Catherine Renard. Ora vi ricordate?”
Erik sussultò.
Erano anni che non sentiva pronunciare il nome dei Renard.
Jules Renard…il suo primo socio in affari lì a Parigi,subito
dopo la sua fuga dalla Persia.. ricordava bene quell’uomo. Gli era stato sempre
fedele,aveva svolto con scrupolo il suo lavoro.
Era stato quasi un amico.
Ma prima che scoppiasse la guerra con i Prussiani,sua moglie
–una donna avida e ottusa,capace soltanto di sfornare bambini a ripetizione –
lo aveva cacciato in malo modo.
Era successo per caso…una bambina era caduta dalle scale,in
sua presenza,e Madame Renard lo aveva accusato di essere lui,con il suo
mostruoso aspetto,la causa di quella disgrazia.
Per la volta ennesima il mondo degli uomini lo aveva
allontanato,e lui se ne era andato da quella casa con il cuore stretto,dopo
aver lasciato all’ormai ex socio una somma sufficiente a curare la bambina.
La bambina..un
angioletto biondo che giaceva a terra,in una pozza di sangue..una profonda ferita sulla tempia sinistra…
..la donna davanti a lui aveva una cicatrice all’altezza
della tempia sinistra.
“La bambina..la bambina caduta dalle scale…”mormorò,come
trasognato.
Di nuovo la ragazza
rise in modo sguaiato.
“Sì,proprio io! Non mi sorprende davvero che non mi abbiate
riconosciuto..ma io riconoscerei la vostra maschera anche all’Inferno.”
Le ultime parole non furono dette con rabbia o minaccia,ma
con una sorta di amara tristezza.
“Tu..come..i tuoi genitori?” riuscì soltanto a dire.
“La mamma è morta di parto,e papà si è ammalato ed è morto
di consunzione solo qualche mese più tardi.
I miei fratelli e le mie sorelle più grandi sono partiti
tutti,ognuno in cerca di fortuna.
Io sono stata messa all’orfanatrofio,quando la sorella che
mi aveva preso con sé è morta di tisi.
Da lì alla strada il passo è stato breve. Sono disperata
monsieur…mi ricordo bene di voi e della vostra generosità. Se non fosse stato
per il vostro aiuto,quella notte sarei morta…chissà,forse sarebbe stato meglio
così…Ma non voglio parlare di questo. Ho osato disturbarvi perché mi serve
aiuto,non per me ma per un’altra persona..seguitemi!”
La ragazza gli voltò le spalle,infilandosi in un vicolo.
Erik la seguì,esitante. Non era del tutto certo che la
ragazza non lo stesse attirando in un agguato per ripulirgli la borsa,ma in
quel caso avrebbe ben saputo come difendersi.
Aveva giurato di non usarlo mai più,ma il micidiale Laccio
del Punjab era al sicuro nella tasca del suo mantello.
Nonostante la mancanza di esercizio,non avrebbe fallito.
Ma la ragazza non aveva cattive intenzioni.
Lo condusse ad una stanza misera,nel retro di una
bettola,che divideva evidentemente con altre compagne di lavoro. L’ambiente era
sudicio e puzzolente.
Gli fece cenno di accomodarsi su una sedia sgangherata,e fu
solo allora che lui si accorse che non erano soli nella stanza.
In un angolino,nascosta e impaurita,stava una bambina.
Doveva avere circa tre anni,forse di più ma era difficile
dedurlo vista la costituzione esile,era sporca e avvolta in pochi stracci. I
lunghi capelli biondi le cadevano arruffati sulle spalle,ed era scalza.
In un attimo,Erik notò la somiglianza fra le due.
“Lei è mia figlia…Angelique. Un angelo in questo inferno…”
Angelique.
Il nome perfetto per un
bambina così bella.
Lui si sporse verso la piccola,ma lei scappò via,nell’altro
angolo.
“Non vi badate monsieur,non lo fa per cattiveria. Penso che
sia un po’scema. Non parla neppure...
Certo,se fossi nata e cresciuta in un posti simile forse non
vorrei parlare nemmeno io.
Come vi dicevo,sono disperata. Non trovo lavoro e per
mangiare devo..arrangiarmi come posso.
Non posso neppure contare su suo padre,è stato ucciso.”Tirò
su con il naso,evidentemente addolorata da quel ricordo. “Il padrone della stanza ci sbatterà per
strada molto presto,sono in arretrato con i pagamenti. Vi ho visto così ben
vestito e ho pensato..ho pensato che eravate un uomo buono una volta…e che
forse lo siete ancora..”
Le ultime parole di Catherine si persero nei suoi
singhiozzi.
Erik si sentì stringere il cuore.
Quella ragazza aveva pressappoco l’età della sua
Christine,eppure che vita d’inferno aveva già vissuto!
“Non vi dovrete più preoccupare. Verrete con me. Vi troverò
una sistemazione, ed un lavoro. Vostra figlia non dovrà più vergognarsi di sua
madre.”
La ragazza alzò gli occhi cerchiati su di lui,con uno
sguardo speranzoso.
Lui si affrettò a chiarire.
“Non voglio nulla in cambio...Voglio soltanto aiutarvi. Non
voglio che tua figlia debba conoscere il tuo stesso destino,capisci?”
Catherine sorrise mestamente,annuendo.
“Su,sbrigati. Lasceremo questo posto immediatamente.”
Come
arrivano lontano i raggi di quella piccola candela: così splende una buona
azione in un mondo malvagio.
William Shakespeare
Madame Giry non stava dormendo.
Tra le mani reggeva una lettera di Christine.
Tutto era andato come avevano progettato.
Christine era come svanita nel nulla,neppure Meg era stata
messa a parte del progetto: la ragazza era troppo ingenua,avrebbe potuto
tradirsi.
Christine aveva raggiunto i suoi parenti,nei dintorni di
Marsiglia,e si era trovata bene presso di loro.
Aveva maturato l’idea di imbarcarsi alla volta
dell’Italia,la patria del bel canto. Là avrebbe potuto facilmente trovare
impiego in un qualunque teatro dell’Opera,anche sotto falso nome se necessario.
Nessuno l’avrebbe mai più rintracciata,e sarebbe tornata a
Parigi solo quando lo avesse voluto..
…o SE lo avesse voluto.
Madame Giry sperava infatti che la ragazza riuscisse a
cominciare una nuova esistenza,un’esistenza felice,e che avrebbe quindi deciso
di tagliare i ponti con il passato.
Oh,certo,le sarebbe mancata infinitamente quella figliola…ma
del resto,non dobbiamo forse sacrificarci per il bene di coloro che amiamo?
Perfino Erik lo aveva fatto..
Quando udì bussare alla porta,le si mozzò il respiro. Meg
quella sera era rimasta a dormire con le amiche al dormitorio del Teatro. Che
le fosse accaduto qualcosa?
Tremante,si precipitò ad aprire.
Sulla soglia vide Erik,e dietro di lui una ragazzina
scheletrita e sporca,chiaramente una donna di malaffare,che reggeva al petto
una bambina addormentata.
“Madame,ho di nuovo bisogno del vostro aiuto.”
Erik le espose molto brevemente la situazione.
Non le disse chi fosse la ragazza,né perché lui la volesse
aiutare.
Le chiese soltanto di aiutarla a ripulirsi e a rimettersi in
forze,e di trovarle qualcosa di decente da indossare. “Non c’è bisogno di
qualche donna delle pulizie o sartina,al teatro? La ragazza è capace,e
volenterosa…Qualunque occupazione andrebbe bene.”
Madame Giry lo fissava perplessa.
Naturalmente avrebbe aiutato quella creatura e sua figlia…ma
non capiva come mai Erik avesse sposato quella nuova causa.
Possibile che…no,non
poteva essere.
Si erano visti di rado negli ultimi tre anni,ma lui non le
avrebbe certo nascosto di avere una donna. Eppure..quella ragazza era così
disperata da non aver avuto paura di lui?
Forse quella bambina…no,non
doveva pensarci. Non poteva essere.
E se invece fosse stato così,sarebbe stato solo un bene. Sarebbe la prova che ha dimenticato
Christine,concluse.
Dopo che la ragazza e la bambina ebbero mangiato voracemente
la cena frugale che Madame Giry aveva messo insieme alla bell’e meglio,la
padrona di casa le condusse alla camera che era stata di Christine. Aiutò
Catherine a preparare il letto e poi uscì. Chiuse la porta,lasciandole
riposare.
Fu allora,che tornando verso il salottino,fu fulminata da un
pensiero.
Nella fretta di andare ad aprire la porta, aveva lasciato la
lettera di Christine sulla credenza del corridoio.
Quella lettera che Erik stava rigirando nervosamente fra le
mani.
..Quando Don Giovanni discese verso l'onda sotterranea, ed
ebbe pagato l'obolo a Caronte, un triste mendicante, l'occhio fiero come
Antistene, s'impadronì dei remi con braccio fiero e vendicatore. ...
Charles Baudelaire
“Come avete potuto nascondermi una cosa simile?” La voce di
lui vibrava per la rabbia.
Madame Giry cercò di non perdere il controllo. Doveva stare
molto attenta.
“Non capisco Erik..cosa intendi? E poi,da quando ti sei
messo a spiare la corrispondenza privata di una signora?”
“Non cercate di cambiare argomento..riconoscerei questa
calligrafia fra mille. E questa lettera non proviene dal nord,ma da
Marsiglia..se non sbagli un tempo mi diceste di avere dei parenti,laggiù.
Allora,madame? Non avete nulla da dirmi?”
Madame Giry deglutì.
“Se hai letto la lettera sai tutto ciò che devi sapere. Sì,è
vero, sono ancora in contatto con Christine. Lo sai quanto fossimo legate,noi
due. Non ha sposato Raoul,questo lo avrai capito. La verità è che ancora troppo
sconvolta dai fatti di tre anni fa. E poi lei ti crede morto,e tu mi hai
pregato di non dirle la verità. Ho solo obbedito ad un tuo ordine.”
“Ma non capite? Io vi ho chiesto di mentirle proprio perché
pensavo fosse sposata… Perché pensavo che mi avesse dimenticato!!”
La collera inaspriva
il suo tono,ed improvvisamente agli occhi di Madame Giry apparve come l’Erik
dei tempi passati,passionale e violento.
La furia era accesa come una fiamma dentro di lui.
“Lei ti ha dimenticato,Erik…o se non l’ha ancora fatto,lo
farà presto.” Madame Giry gli rivolse un’occhiata eloquente. “Tu non l’hai lasciata libera solo perché il
Visconte l’amava..l’hai lasciata libera di scegliere la propria vita.
Lasciaglielo fare in fondo,per il suo bene. La ragazza sta provando a spiccare
il volo,non tarparle le ali proprio adesso.”
Erik si appoggiò al muro per non perdere l’equilibrio.
Intorno a lui,la stanza iniziava a vorticare furiosamente.
Sbattè le palpebre per riprendersi.
Doveva vederla,sì,doveva vederla ancora una volta…
Guardò gelidamente Madame Giry.
“Vi affido Catherine ed Angelique durante la mia assenza. Al
mio ritorno saprò ricompensarvi per il vostro aiuto.”
Madame lo guardò con occhi sbarrati.
“Erik,non intenderai andare da lei? Non arriverai mai in
tempo! La nave salpa fra tre giorni..”
“DEVO arrivare in tempo!”
E dopo quella frase,pronunciata con risolutezza, Erik si
avvolse nel mantello e uscì.
Salì a cavallo e lo spronò al galoppo.
Doveva assolutamente raggiungere Marsiglia il prima
possibile. Doveva rivedere la sua Christine.
Saperla libera,saperla sola,in viaggio verso il mondo
sconosciuto lo colmava di una disperazione che credeva di aver sopito,e che
invece scopriva ardere come il fuoco sotto la cenere.
Pensava di averla scordata,di aver sigillato le emozione del
suo cuore in una specie di Vaso di Pandora.
Ora quel vaso era stato spalancato,e nulla sembrava poter
frenare la furia che lo aveva invaso.
Madame Giry sospirò,guardandolo allontanarsi nella
notte,appoggiata alla finestra.
In mano teneva la lettera di Christine che aveva scatenato
quel putiferio.
La rilesse.
Carissima Madame,
come vi ho già detto
nella mia ultima lettera,i vostri parenti mi hanno accolto come se fossi stata
vostra figlia.
Sono persone di buon
cuore e cordiali,ma nonintendogravare troppo a lungo su di loro.
Ho deciso,come avevamo
progettato prima della mia partenza,di imbarcarmi alla volta dell’Italia. Mio
padre aveva degli amici al Conservatorio di Milano,forse quelle conoscenze
potranno aiutarmi a trovare un alloggio ed un impiego.
In ogni caso i miei risparmi basteranno,per
qualche tempo,non sto conducendo certo una vita dispendiosa.
Pochi giorni fa stavo
passeggiando in un giardino pubblico,quando ho notato una cosa sconcertante.
Nonostante la
temperatura ancora rigida,nell’angolo di parco dove solitamente mi siedo a
leggere o ricamare era fiorito un cespuglio di magnifiche rose rosse. Non sono
riuscita a trattenere le lacrime.
Mi è sembrato un segno
divino. Il mio Angelo è lassù in Cielo,e questo è stato il suo modo di farmi
percepire la sua presenza,il suo amore per me.
Sono certa che mi
proteggerà anche in questa nuova avventura. Non mi sento più sola adesso.
Come sta la cara Meg?
Sono così addolorata di non averla potuta salutare…spero che non mi odi,per
questo.
Forse un giorno potrete
raccontarle la verità…o sarò io a farlo.
So che non potrò stare
per sempre lontano da Parigi,da voi..e dall’Opera. Quel posto mi attira a sé
come una sirena. Sapeste quante notti mi sveglio con la sensazione di essere in
quei sotterranei,nella casa sul lago!
Ma purtroppo sono
soltanto sogni,fantasie di una mente malata di nostalgia.
E Raoul? Sta bene anche
lui? Spero che mi abbia perdonata,il povero caro Raoul…sono certa che presto
sentirò annunciare le sue nozze con una qualche nobildonna.
Solo allora riuscirò a
liberarmi dei rimorsi che mi affliggono ancora.
La mia nave partirà
giovedì 21.. Vorrei tanto che voi e Meg foste qui!
Ma agiterò comunque il
fazzoletto in direzione della banchina,immaginandovi in mezzo alla folla.
Non so quando potrò
nuovamente scrivermi.
Per i primi mesi
immagino che viaggiando su e giù per la penisola italiana non avrò un recapito
fisso..ma vi darò mie notizie il prima possibile,ve lo giuro.
E nel frattempo non
preoccupatevi.
Il mio amato Angelo non
mi abbandona mai.
Con affetto,
Christine
Madame Giry sospirò di nuovo.
Dio protegga quella
bambina,pensò.
Dal mondo..e dal suo
amato Angelo.
Il capriccio di un attimo
mi ha rubato il futuro,
messo insieme a casaccio.
Voglio rifabbricarmelo più bello,
come l'ho sempre pensato.
Ricostruirlo su terreno solido
(le mie intenzioni).
Risollevarlo su colonne altissime
(i miei ideali).
Riaprirvi il passaggio segreto
dell'anima mia.
Rialzargli la torre scoscesa
della mia solitudine.
Edith
Sodergran,Il mio futuro
Christine non andò a dormire,quel mercoledì notte.
Aveva affittato una stanza nella pensione sopra la locanda
del porto,e alla finestra spiava il via vai di viaggiatori.Vedeva i marinai,uomini induriti da una vita
di fatica e privazioni,annegare la loro disperata solitudine in un boccale di
liquore o sui fianchi di una donna di passaggio.
Vedeva le mogli dei marinai che dovevano ancora sbarcare,sedute
ansiosamente sul molo,circondate spesso da bambini schiamazzanti e dall’aspetto
patito.
Vedeva i sorrisi dei viaggiatori che trovavano qualcuno ad
attenderli,e la smorfia sconsolata di coloro che invece si scoprivano soli.
Improvvisamente sentì il cuore pesante.
Si immaginò sola,in una terra straniera,di cui sapeva a
malapena la lingua.
Pensò alla sua terra natia,la Svezia,e desiderò potervi
tornare.
Ma là non conosceva proprio nessuno,mentre in Italia gli
amici del padre l’avrebbero senz’altro aiutata.
E poi doveva iniziare una vita nuova,non ripercorrere vecchi
sentieri.
Suo padre,quando si erano trasferiti in Francia,si era
trovato nella stessa situazione.
Senza conoscenze,senza parlare una parola di
francese,praticamente senza un soldo..
Ma lui aveva almeno me,pensò
amaramente. Io non ho nessuno.
Mentre rifletteva su questo,sistemò le valigie accanto alla
porta.
Una delle due borse si aprì d’improvviso,e ne cadde fuori il
suo breviario.
Un regalo di suo padre,il giorno della sua Comunione.
E,dentro quel libro,una rosa rossa essiccata,ancora avvolta
in un nastro di seta nera…
Non dirò più che sono sola.
Sorrise. I miei due angeli non mi
abbandoneranno,ora ne sono davvero sicura.
Io
sono l’unica il cui destino
lingua
non indaga, occhio non piange;
non
ho mai causato un cupo pensiero,
né
un sorriso di gioia, da quando sono nata.
Tra
piaceri segreti e lacrime segrete,
questa
mutevole vita mi è sfuggita,
dopo
diciott’anni ancora così solitaria
come
nel giorno della mia nascita.
E
vi furono tempi che non posso nascondere,
tempi
in cui tutto ciò era terribile,
quando
la mia triste anima perse il suo orgoglio
e
desiderò qualcuno che l’amasse.
Ma
ciò apparteneva ai primi ardori
di
sentimenti poi repressi dal dolore;
e
sono morti da così lungo tempo
che
stento a credere siano mai esistiti.
Prima
si dissolse la speranza giovanile,
poi
svanì l’arcobaleno della fantasia;
infine
l’esperienza mi insegnò che mai
crebbe
in un cuore mortale la verità.
Era
già amaro pensare che l’umanità
fosse
insincera, sterile, servile;
ma
peggio fu fidarmi della mia mente
e
trovarvi la stessa corruzione.
Emily Bronte
Erik era esausto.
Da due giorni galoppava senza sosta verso il sud,battendo strade
secondarie per poter viaggiare anche durante il giorno senza paura della
Gendarmerie.
Non poteva farsi arrestare,non adesso.
Per tre anni aveva vissuto nella totale indifferenza. Sapeva quale
sarebbe stato il suo destino se lo avessero catturato. Per gli assassini c’era
la ghigliottina.
Ma in fondo l’idea non lo aveva mai spaventato.
La vita era un bene di cui non aveva più intenzione di godere,che
differenza c’era fra il morire giustiziato e il morire lentamente,giorno dopo
giorno,nel pensiero di aver perduto l’amore di una vita?
Per anni Erik aveva creduto di essere ormai immune all’amore,o
meglio,al bisogno di essere amato.
Fino a che all’Opera
Populaire non era arrivata quella bambina svedese,spaventata e sola al mondo.
Immediatamente aveva provato affetto per quella creatura,abbandonata. Aveva
desiderato lenire la sua solitudine,colmare il vuoto lasciato dalla morte del
padre,e al contempo educare la sua voce, così bella..
E pian piano quell’affetto fraterno si era trasformato in un
sentimento più forte,più sincero.
Si era reso conto,con sgomento,di amarla.
Da allora aveva passato mesi di angoscia,a nascondersi nel
buio,senza farsi mai vedere da lei.
Sapeva che avrebbe provato orrore davanti a lui,chi mai non lo
aveva provato?
Perfino i pochi amici che aveva avuto nella vita,quando lo avevano
visto senza la maschera,non avevano potuto mascherare l’orrore.
Perfino il Daroga,abituato a vedere mostruosità di ogni tipo,era
trasalito. Come poteva non farlo una fanciulla innocente?
Poi finalmente aveva trovato il coraggio di rivelarsi a lei,quella
notte in cui l’aveva portata nei sotterranei e aveva cantato la melodia che
aveva composto per lei…Credeva di
averla conquistata. Forse era stato così,almeno in quel periodo.
Ma poi era arrivato quel
damerino da strapazzo,con i suoi modi gentili,le storie della loro infanzia
insieme e quella sua dannata bellezza…come lo aveva odiato!
In un batter d’occhio i due erano fidanzati,e lui era scivolato
nel baratro della pazzia,e aveva ucciso molte persone coinvolte anche solo
marginalmente in questa storia.
Avrei dovuto
uccidere me stesso,la bestia che c’è in me,concluse.
Ma ora era cambiato,provava rimorso
per quello che aveva commesso in passato,un sentimento che prima non aveva mai
sperimentato.
Era uno dei miracoli che Christine
aveva compiuto in lui.
La sua preziosa,piccola Christine.
Innocente e fiduciosa com’era,chissà
cosa le sarebbe successo,sola al mondo.
Rabbrividì. Doveva assolutamente
fermarla.
Spronò il cavallo,con rinnovato
vigore.
Madame Giry continuava a sentirsi inquieta.
Aveva preso sotto la sua ala protettrice la giovane Catherine,e in
quei due giorni aveva fatto del suo meglio per cancellare dal viso della
ragazza anni di abusi e patimenti.
Nessuno avrebbe mai dato un lavoro ad una ragazza di strada,nel
teatro,oppure,peggio,avrebbero cercato di approfittarsi di lei. Non poteva
farle correre un simile rischio.
Perciò l’aveva istruita su come comportarsi,su cosa raccontare e
cosa nascondere del suo passato.
Le aveva lavato e acconciato i capelli,le aveva trovato un abito di
Meg della sua misura,sufficientemente decoroso.
Sua figlia era rimasta stupita nel trovare quelle estranee in
casa,al suo ritorno,ma la madre l’aveva liquidata raccontandole che erano
lontane cugine.
Ovviamente Meg non vi aveva creduto. Ma non aveva avuto il
coraggio di proseguire nell’interrogatorio,vista l’espressione severa di sua
madre.
Dopo tutto la ragazza aveva la sua età,e nonostante una strana
espressione da animale in trappola,era abbastanza simpatica,quando superava una
specie di timidezza che la rendeva piuttosto taciturna.
E la bambina!! Che angioletto!! Assomigliava molto alla sorella
maggiore,ma i suoi lineamenti fini e delicati erano totalmente privi di
espressione.
Non era una bambina normale,questo è certo.
Aveva fatto a malapena un sorriso, quando Meg le aveva offerto la
sua vecchia bambola.
All’inizio era sembrata diffidente,poi aveva abbracciato il
giocattolo e non se ne era più separata.
Meg ne era rimasta quasi commossa. Quella bambina non doveva mai
aver avuto un giocattolo in vita sua…
Madame Giry osservava tutto,e taceva.
Al suo ritorno Erik le avrebbe dovuto dare molte spiegazioni.
Udrà
lo sciacquio delle onde sotto il mio letto di morte,
Il
tuo sale è racchiuso per sempre nel mio sangue...
William Henry Davies, Sogni marinari
Erik arrivò al porto troppo tardi.
Una folla di parenti e curiosi affollava la banchina,e lui vinse
la paura di essere riconosciuto da qualcuno,e si mescolò a loro. La nave era
appena partita.
Il cuore pesava come un macigno,e la sua testa ribolliva di
rabbia.
Se quella sciocca di Madame Giry non lo avesse tenuto all’oscuro
di tutto..non avrebbe mai permesso a Christine di fare una cosa tanto stupida!
L’avrebbe legata al letto,se necessario,ma non l’avrebbe mai
lasciata partire tutta sola per un altro paese!
Perché Madame Giry glielo aveva permesso?
Quella donna non era una sprovveduta,doveva aver avuto i suoi
motivi,certo…ma questo non cambiava la realtà delle cose.
Aguzzando la vista la scorse,sul ponte.
Una figurina minuta,tutta vestita di nero,che sventolava un
fazzolettino bianco,agitato dalla brezza marina. Esattamente come aveva
descritto nella lettera…
La mia
Christine… pensò,mentre una fitta di dolore gli crivellava il petto.
Ora l’ho
davvero perduta per sempre. Non tornerà mai più da me.
Non saprà
mai che sono ancora vivo…che la amo ancora.
Voltò le spalle al mare che aveva
appena rubato il suo bene più prezioso,e fece il possibile per reprimere le
lacrime. Non gli riuscì.
Mentre risaliva a cavallo,quelle piccole gocce,distillato del suo
dolore,gli bagnavano il viso e la maschera, trasformandosi in cristalli
ghiacciati nell’aria gelida del mattino.
Nadir era preoccupato.
Non avendo avuto notizie di Erik da qualche giorno,aveva vinto il
suo proverbiale riserbo orientale ed era andato a bussare alla porta di Madame
Giry.
Gli aveva aperto la figlia,assai stupita di vederlo.
Lo aveva fatto accomodare,ed era andata a chiamare la madre.
L’uomo si era avvicinato al caminetto acceso. Era gelato fino al
midollo,non si sarebbe mai abituato al clima francese,così diverso dal calore
avvolgente delle terre di Persia…
Sorrise,ripensando al suo paese solatio,la cui bellezza naturale
annegava nella barbarie del suo governo.
“Cosa siete venuto a fare qui? Siete forse impazzito?”
La voce tagliente di Madame Giry riecheggiò alle sue spalle. La
donna sembrava stupita e seccata.
“Perdonatemi Madame…non avevo intenzione di recarvi
disturbo”spiegò l’uomo,confuso.
“Da qualche giorno Erik non si è più fatto vivo,e pensavo che
forse era venuto da voi..temo che gli sia accaduto qualcosa di male..”
La donna sospirò forte,come per scacciare un senso di malore.
“Sì,in effetti sono
accadute molte cose negli ultimi giorni..cose strane. Sedete,prego.”
L’uomo si accomodò. Lei gli narrò succintamente gli ultimi eventi.
Nadir scosse la testa. “Quasi non mi sembra vero. Sembrava averla
dimenticata…”
“A volte il fuoco brucia a lungo,sotto la cenere”sentenziò Madame.
“Ma ditemi monsieur Nadir,voi non sapete nulla di una giovane di
nome Catherine,e di sua figlia Angelique?”
“Assolutamente no…sono le due persone che Erik vi ha chiesto di
ospitare?”
“Sì…e non sono riuscita a capire in quale rapporto siano con lui.
Per un momento ho perfino pensato che.. che..” Il Persiano sorrise ironicamente
prima che lei potesse terminare la frase.
“Qualsiasi cosa abbiate pensato,madame,vi state sbagliando. Erik
non ha avuto alcuna donna in questi tre anni. E di questo sono assolutamente
sicuro. E’vero,mi sono ingannato credendo che avesse scordato l’affetto per
quella ragazzina..ma non mi sbaglio su questo punto. Ho frequentato spesso sia
lui che la sua casa. E su entrambi non ho mai visto quell’ombra di gioia che
una presenza femminile dà spontaneamente.”
Madame Girì annuì,riflettendo. Se quanto affermava quell’uomo era
vero,allora da dove spuntavano quell’infelice ragazza e la sua bambina?
La loro pacata discussione fu
interrotta da un grido di terrore.
“Oddio,la mia Meg!”gridò angosciata
madame Giry.
Entrambi si precipitarono in
corridoio,e videro Meg,in stato di profonda alterazione,schiacciata contro la
parete opposta alla porta,tremante e con le lacrime agli occhi.
Davanti a loro stava Erik,sporco,
sudato e scarmigliato come se fosse appena uscito dall’Inferno.
“Immagino che la ragazza non si
aspettasse una mia visita…”commentò sarcastico,mentre Madame cercava
inutilmente di calmare la figlia.
“Tessete troppi inganni e raccontate
bugie con troppa facilità, Madame. Perfino a vostra figlia,a quanto pare.”
Circa un’ora dopo,messa a letto Meg,ancora sconvolta e
febbricitante,Madame Giry entrò in cucina,dove l’attendevano Erik,il Persiano e
Catherine,che aveva appena lasciato la piccola Angelique nell’altra
stanza,intenta a giocare.
Il viso di Erik denunciava tutta la stanchezza e l’angoscia che lo
attanagliavano.
“L’ho persa per un soffio..se solo fossi partito poche ore
prima…se solo voi mi aveste detto la verità..”
Aveva gli occhi cerchiati e iniettati di sangue,come se avesse
pianto a lungo.
Madame Giry ebbe pietà di lui,per l’ennesima volta.
Nondimeno,doveva sapere la verità su quella ragazza.
“Di questo discuteremo più tardi. Ora mi devi dire in quali
rapporti sei con questa ragazza. Esigo di sapere se quella…è tua figlia!”
Erik alzò lo sguardo,sorpreso. Anche la ragazza parve sobbalzare a
quell’accusa.
“Non ho idea di come abbiate potuto pensare una cosa simile…e che
possiate parlarne in un momento come questo,per giunta.”
Madame Giry si rilassò. Il Persiano aveva ragione.
Erik,con tono di voce distante, le spiegò brevemente la storia dei
suoi rapporti con il padre della ragazza,anni prima. “Ed è per questo che
desidero aiutarle. Nient’altro.. Ora Madame,se non siete disposta a fare la
vostra parte,ditelo chiaramente,e me ne occuperò io,a modo mio.”
“No,non è necessario”obiettò la donna. “Non sarebbe opportuno per
lei venire a vivere da te,attirerebbe troppa attenzione,e sai bene che la
polizia ti sta ancora cercando. Rimarrà qui fino a quando lo vorrà. E da lunedì
inizierà a lavorare al teatro come aiuto - costumista. Ho già parlato con gli
impresari.”
Catherine sorrise,grata e meravigliata.
Probabilmente
in vita sua nessuno le ha mostrato della gentilezza disinteressata,concluse
Madame.
Meg si affacciò alla porta della cucina,pallidissima,e sedette
accanto alla madre,non avendo quasi il coraggio di incontrare lo sguardo del
Fantasma,come seguitava a chiamarlo.
Pensava fosse morto,ne era certa anzi…era stata proprio lei a
trovare la sua maschera a terra,là nei sotterranei.
E invece lui era vivo…forse era anche coinvolto nella scomparsa
della sua amica Christine!!!
“Lei dov’è?Cosa le avete fatto?Dov’è la mia amica?” la preoccupazione
vinse la sua naturale timidezza.
Erik fece una smorfia grottesca e addolorata.
“Non dovrei essere io a
risponderti. Tua madre ha sempre conosciuto gli spostamenti di Christine,e a
quanto pare non ne ha messo a parte neppure te..”
La ragazza alzò i suoi occhioni blu verso la madre…quell’uomo
stava mentendo…maman non le avrebbe mai fatto una cosa simile.
Ma la madre abbassò gli occhi,e quel solo,semplice gesto la
convinse della sua colpevolezza.
L’aveva lasciata piangere e disperarsi per la scomparsa di
Christine senza una parola…
“E ora,cara bambina,la tua amica sarà già approdata sulla costa italiana. E’partita da
Marsiglia tre giorni fa.”
Meg si irrigidì.
Italia…Marsiglia…
...un ricordo le venne alla mente e le fece correre un brivido
nella schiena.
Si alzò e si diresse al piccolo scrittoio.
Chiese ad Erik,con voce piatta: “Qual’era il nome della nave su
cui si è imbarcata?”
Erik corrugò la fronte,cercando di ricordare. “Mi pare… LA
BEATRICE…”
Meg lasciò cadere a terra il giornale del giorno prima,che aveva
preso in mano. Là,sulla prima pagine,a lettere cubitali,stava scritto:
TRAGICO
INCIDENTE NELLE ACQUE FRANCESI. LA BEATRICE AFFONDA AL LARGO DELLA COSTA POCO
DOPO ESSERE SALPATA. FINORA NESSUN SUPERSTITE.
Erik fissò a lungo quelle lettere stampate,finchè non iniziarono a
ballare nella sua mente confusa.
Christine era morta..annegata…per
colpa sua..sì,era senza dubbio colpa sua.
Se quella notte non l’avesse lasciata andare, la ragazza sarebbe
stata sua moglie a quest’ora.
Avrebbero avuto una famiglia…
Ma chi
cerchi di ingannare? Lo beffò una vocina interiore. Si sarebbe tolta la vita piuttosto di essere tua sposa!!!
Ma se
l’altro giorno fossi arrivato in tempo,l’avrei convinta a tornare a Parigi…
Povero
idiota,lei si sarebbe messa ad urlare per lo spavento e avrebbe attirato
l’attenzione di tutte le guardie del porto.
A quest’ora
saresti già un pendaglio da forca…
Inghiottì le lacrime,alzandosi.
Madame Giry cercò di fermarlo,disse qualcosa,anche il Persiano
stava parlando…
Meg piangeva di un pianto isterico che lo irritava ancora di
più,mentre Catherine si era rannicchiata in un angolo,muta davanti a quella
scena di cui non poteva comprendere il significato.
Lui non sentiva più nulla.
Solo un vago ronzio di sottofondo.
Non si rese neppure conto di cavalcare verso casa.
Gli sembrava di essere stato trasformato in un blocco di
ghiaccio,da quella notizia che rifiutava di assimilare…
Christine è
morta…..
Christine è
morta…
Christine
è morta….
In quel momento un’altra persona era rinchiusa da ore ed ore nella
propria biblioteca,fissando l’elenco delle vittime del naufragio.
Un uomo che per due giorni aveva rifiutato cibo e sonno,e che
continuava a bere,sperando così di obliare il proprio dolore..il proprio senso
di colpa…
Quell’uomo era il Visconte de Chagny.
Nelle ultime settimane la preoccupazione lo aveva quasi fatto
uscire di senno,ed ora questo..
Ogni mattina,al risveglio,si chiedeva come avrebbe fatto ad
affrontare un’altra giornata,come avrebbe potuto arrivare a sera.
Aveva cercato in un primo tempo di immergersi nella vita
mondana,come prima della partenza di Christine. Non aveva funzionato,e quasi
subito vi aveva rinunciato completamente.
Lei era l’ultima persona nei suoi pensieri,prima che si
addormentasse. Lei occupava sempre più la sua mente..
“Christine..hai messo il tuo cuore al posto del mio,lo sai?” aveva
sussurrato una notte,con le lacrime agli occhi per la nostalgia di lei.
Ora tutto quel rimpianto era mutato in collera. Ma non verso la
ragazza e la sua fuga avventata.
“Maledetto Fantasma…sei riuscito
anche a ucciderla!! Christine…perché mi hai abbandonato? Perché sei morta?
Perché hai dovuto fuggire lontano da me??”
I suoi lamenti sconnessi si
mescolavano alle lacrime e agli accessi di collera con cui i servi avevano
imparato a fare i conti. Non c’era modo di calmarlo,quando era di quell’umore.
Il Visconte de Chagny stava
diventando pazzo,ne avevano concluso.
Madame Giry era pallida ed esausta.
Non aveva certo potuto immaginare,nel suo piano scaltro e perfetto,
un evento inaspettato ed improbabile come un naufragio. Si trattava di un
viaggio così breve…
Per la prima volta da lungo tempo,quella granitica donna pianse
tutte le sue lacrime.
Era lei la vera assassina di Christine,la ragazza non avrebbe mai
pensato di abbandonare il paese,neppure per sfuggire al Visconte.
Dio me la
farà pagare,pensò amaramente. Anche se
in buona fede,ho commesso troppo male su questa terra.
Malattia
e Morte fanno cenere del fuoco che per noi due arse. Di quei grandi occhi così
fervidi, così teneri, di quella bocca in cui il mio cuore annegò,
di
quei baci possenti come un balsamo, di quei moti più vivi che raggi, cosa
resta? Terribile, anima mia! Null'altro che lo schizzo sbiadito, a matite di tre
colori,
che,
come me muore in solitudine e che il Tempo, vegliardo ingiurioso, ogni giorno
struscia con la sua ala ruvida...
Nero
assassino della Vita e dell'Arte, tu non ucciderai mai nella mia memoria colei
che fu per me gloria e gioia.
Il
ritratto,Charles Baudelaire
Tornato alla sua nuova casa,Erik sprofondò per parecchi giorni in
una specie di sogno,o di incubo forse.
Sognava di esserle
vicino,molto vicino,di tenderle invano la mano e di vederla annegare fra i
flutti…
Vedeva il suo bellissimo viso stravolto dall’agonia,e ogni volta
si risvegliava terrorizzato,per scoprire che la realtà non era diversa da
quelle immagini di incubo.
Poche salme erano state ritrovate,gli aveva raccontato Nadir.
La gran parte di esse giaceva ancora nel fondale marino,e forse
non sarebbe mai stata restituita da quelle capricciose maree…
Non avrebbe avuto neppure una tomba su cui piangerla.
Il dolore era penetrato tanto profondamente in lui da piegarne la
volontà.
Si sentiva debole e insicuro come mai prima di allora.
Se non si uccise,nella nera disperazione di quei giorni,fu solo
merito di una persona.
Della piccola Angelique.
La bambina,nel suo eloquente silenzio,aveva supplicato Nadir di
portarla con sé,quando era andato a trovarlo,in campagna. Sembrava come
concentrata su un pensiero.
Quando erano entrati in casa,Erik non l’aveva neppure
notata,mentre si nascondeva dietro le lunghe gambe del Persiano.
Poi,come un topolino,aveva timidamente fatto
capolino,accennandogli un triste sorriso.
“Cosa ci fa lei qui?” disse Erik bruscamente.
“Ha insistito tanto per venire qui…penso che tu le mancassi.”
“Sì,certo..” lo irrise amaramente.
In quel momento sentì la manina della bimba tirargli la manica.
Gli stava porgendo la bambola,il prezioso giocattolo da cui non si
separava mai.
Erik la fissava,senza capire. Angelique,come spazientita,sbuffò,e
gliela porse di nuovo.
“Vuoi che la prenda io? L’hai portata per regalarla ..a me?”
Felice di essere stata compresa la bambina annuì e sorrise.
Poi si fece seria,e indicò la metà del viso coperta dalla
maschera.
“Vorresti questa in cambio? Non posso dartela,davvero..”fece una
smorfia.”Non verresti mai più a trovarmi,temo,se lo facessi. Però..posso darti
qualcosa in cambio.”
La bambina annuì eccitata,non aveva più quell’aria sparuta e
infelice del loro primo incontro.
Lui lasciò un attimo la stanza. Nadir era piuttosto perplesso.
Erik ci sapeva fare con i bambini,ricordava il rapporto speciale
che si era instaurato fra lui e suo figlio Reza. Eppure…quando guardava quella
bambina,lo faceva con un affetto diverso,più profondo.
Probabilmente il suo senso paterno era maturato nel corso degli
anni.. era doloroso pensare che un uomo così non avrebbe mai avuto figli
propri.
Erik ritornò,con una mano stretta a pugno. L’aprì proprio davanti
al viso della bambina,e Nadir riconobbe immediatamente l’oggetto.
Legato ad una semplice cordicella,stava l’anello di fidanzamento
di Miss Daee,che la ragazza gli aveva lasciato come ricordo,quella notte
spaventosa.
Il Persiano sgranò gli occhi. Ora,proprio ora, non avrebbe
conservato quel prezioso ricordo?
Lo avrebbe donato ad una bambina che conosceva appena,e che non
poteva neppure immaginare il valore,sia economico che sentimentale,di quel
dono?
“Ora Angelique ascoltami bene..questo sarà il nostro patto.”Il
tono di Erik si era addolcito,mentre parlava.
“Io terrò la tua bambola qui,e tu ci giocherai quando vorrai,ogni
volta che verrai a trovarmi. Tu indosserai questo anello come un
ciondolo,enon lo racconterai a nessuno..
E finchè entrambi conserveremo il dono dell’altro,faremo del nostro meglio per
non essere tristi. Me lo prometti?”
La bambina annuì con serietà,come se fosse un’adulta..e poi lo abbracciò,d’impeto.
Erik rimase immobile,quasi turbato da quel naturale gesto di
affetto,a lui così poco familiare.
L’abbracciò a sua volta,e poi si voltò verso Nadir,con fare
indifferente.
“Allora,quale progetto dobbiamo preparare questa settimana? Desidero
rimettermi subito al lavoro.”
“Erik…prima di parlare di lavoro,lascia che ti chieda una cosa.
Credi sia saggio privarti anche dell’ultimo ricordo di Chistine,ora che
lei…insomma,non te ne pentirai?”
Lui gli rispose senza neppure voltarsi.
“No Daroga,ne sono certo. Non ho bisogno di quell’anello per
ricordarmi di lei.”
Chiuse gli occhi,pensando a quel sonetto di Shakespeare,il 122,
che un tempo le aveva letto,durante una di quelle lunghe notti dietro lo
specchio del suo camerino…diceva pressappoco così…
Il
dono tuo, il quaderno, e' dentro la mia mente
scritto
tutto in memoria imperitura,
che
assai piu' durera' di quelle vuote pagine,
oltre
ogni termine, fino all'eternita'.
O
almeno fino a che la mente e il cuore
avranno
da natura la facolta' di esistere,
finche'
al labile oblio non daran la lor parte
di
te, il tuo ricordo non potra' cancellarsi;
quei
miseri appunti non potrebbero tanto contenere
ne'
mi occorre un registro per segnare il tuo amore;
per
questo ho osato dar via il tuo quaderno,
fidando
invece in quello che meglio ti riceve.
Il
tenere un qualcosa che serva a ricordarti
equivarrebbe
a ammettere ch'io so dimenticarti.
“No Daroga”ripetè con rafforzata
convinzione. “Non mi serve nessun ricordo di lei.”
Nel frattempo, anche Raoul affrontava il dolore,a modo suo.
Non potendo recarsi alla tomba della sua ex fidanzata,dal momento
che il suo corpo non era stato neppure ritrovato,aveva deciso di costruirle un
mausoleo,accanto alla cappella della sua famiglia.
Dopo tutto in società non era ancora giunta la notizia dello
scioglimento del loro legame…e quindi avrebbero compreso tutti il suo desiderio
di onorare il ricordo della ragazza che stava per diventare sua moglie.
Aveva già preso accordi con un architetto, e presto l’opera
sarebbe stata eseguita.
Avrebbe avuto un luogo dove piangerla,dove perdersi nei ricordi
del passato,nei loro ricordi felici.
Non si sarebbe mai sposato con un’altra,gli sarebbe sembrato di
infangare il ricordo di quell’amore purissimo.
Sospirò,mentre la carrozza si fermava davanti all’Opera.
Si era reso conto di non possedere un ritratto di Christine da
incorniciare nel mausoleo.
I posteri avrebbero dovuto conoscere la sua grande,delicata
bellezza…
Si ricordava di aver visto un ritratto meraviglioso appeso in uno
dei corridoio del backstage.
Era stato dipinto alcuni anni prima,la sera del debutto di
Christine.
Sembrava un angelo quella sera,mentre esibiva la sua voce pura e
ricca,vestita da capo a piedi di un sontuoso vestito bianco… Lo aveva
stregato.
Così aveva pensato di reclamare quel ritratto.
Era uno dei più munifici patroni del teatro,non avrebbero potuto
negarglielo. E così era stato infatti.
Gli impresari,monsieur Andre e monsieur Firmin,si erano profusi in
una lunga serie di condoglianze,che lui aveva a malapena ascoltato. Per loro la
morte di Christine era solo la perdita di una capace soprano,di una voce che, se
avesse accettato di esibirsi nuovamente,avrebbe fatto registrare un tutto
esaurito.
Che
individui gretti e meschini,pensò. Reprimendo il suo disgusto,si
affrettò a congedarsi.
Mentre stava per uscire,si fermò ad ascoltare le chiacchiere delle
“topoline”,le ballerine più giovani.
Gli sfuggì un sorriso triste,mentre rivedeva Christine,mentre
muoveva i primi passi nel mondo della danza.
Ma poi qualcosa catturò la sua attenzione.
“Cosa dici Jeannette? Non può essere vero! Lo sanno tutti che è
morto!”
“E’vero,da tre anni a questa parte non ci sono stati più né morti
né incidenti!”
“Eppure è così,vi dico! Marie mi ha detto di aver sentito da
Lisette che Meg è a stata assente tutto questo tempo dalle prove perché…lo ha
visto,e le è quasi preso un colpo! E poi,subito dopo,è arrivata la notizia
della morte di Christine Daae…non può essere una coincidenza,vi pare??”
“Ma quella ragazza è morta annegata in un naufragio… come può
essere coinvolto il fantasma?”
La ragazza di nome Jeannette fece una smorfia. “So vede che voi
non eravate qui,tre anni. Io c’ero,e ho visto tutto. Quell’uomo..quella cosa,è
capace di ogni malvagità!”
“Svelte,svelte!Sta arrivando Madame Giry! Non vuole che si parli
di questo,lo sapete!”
Le ragazze si dispersero velocemente in ogni direzione.
Raoul si era appoggiato al muro,tremando come un indemoniato.
Il dipinto gli era quasi caduto dalle mani,e ora sembrava irridere
la sua amara sorpresa.
Il Fantasma è vivo.
Il Fantasma è tornato.
Il Fantasma è responsabile della morte di Christine…
Questa volta quel bastardo morirà,concluse gelidamente Raoul.
Christine prese un profondo respiro,e sorrise fra sé e sé.
Chissà cosa avrebbero pensato i suoi amici,quando avessero saputo
cosa le accaduto!
In realtà non sapeva quando li avrebbe informati.
Sicuramente Madame Giry si sarebbe preoccupata,e non voleva
causarle altri problemi.
E poi,se avesse mantenuto una corrispondenza troppo fitta,Meg
avrebbe potuto intercettare le sue lettere. Prima o poi si sarebbe fatta
sfuggire qualcosa,e Raoul si sarebbe messo immediatamente sulle sue tracce.
E non poteva rischiare…
Quella notte passata sopra la taverna del porto l’aveva fatta
riflettere a lungo.
E aveva deciso di cambiare i suoi piani.
Quel viaggio,in pratica,lo aveva deciso Madame Giry,non era stata
un’idea sua.
E la cosa che più desiderava,quello che in quella lunga notte
aveva promesso ai suoi due angeli custodi,era di iniziare da zero la vita che
LEI desiderava vivere.
Così,invece di imbarcarsi per l’Italia,era tornata dai parenti di
Madame Giry, e aveva espresso loro la decisione di rimanere a vivere nei
dintorni. Erano stati felici di aiutarla a trovare un impiego.
Grazie alla sua educazione accademica e al talento musicale era
stata assunta come istitutrice presso una famiglia benestante. Si era subito
trovata a suo agio nella casa di Patrice Verneuil,un professore
universitario,vedovo,e dei suoi due bambini, Adrienne e Charlotte. Erano due
piccole pesti,ma le si erano immediatamente affezioanti,ed erano allievi capaci
e diligenti. E il professore la trattava con rispetto e deferenza,rispettando
la sua reticenza a parlare del passato.
L’uomo era abbastanza esperto del mondo per capire quando era
opportuno tacere,e quella ragazza aveva subito suscitato in lui un’innata
simpatia.
Questo,tuttavia,non gli aveva impedito di continuare,di quando in
quando,a farle domande personali.
Il loro rapporto era quasi confidenziale,ormai,e sentiva che la
ragazza aveva un peso sulla coscienza,un dolore,forse un rimorso..le avrebbe
fatto bene potersi sfogare.
Ma la giovane istitutrice sembrava essersi trincerata dietro un
muro di ostinato silenzio.
“Mi dica,mademoiselle Christine…ho notato che non le arrivano mai
missive qui. Forse,non ha ancora comunicato ai suoi parenti il suo attuale
indirizzo?”
Avevano appena finito di cenare,e si erano spostati in biblioteca.
I due bambini facevano chiasso,in attesa dell’ora di andare a
letto.
Lui stava leggendo il giornale,e di quando in quando sollevava lo
sguardo per spiare la giovane.
Sembrava completamente assorta nella lettura del proprio
breviario,ma dopo un po’ il professore si rese conto che non stava leggendo.
Stava fissando un fiore essiccato,piegato fra le pagine,e il suo viso denotava
un’insondabile tristezza.
La ragazza si scosse d’improvviso al suono della sua voce,come se
fosse persa in chissà quali riflessioni.
Gli sorrise. “Oh no,monsieur.. non l’ho fatto. Non ho parenti,solo
pochi amici a Parigi..ma per il momento non desidero che sappiano dove mi
trovo.”
“Sono pronto a giurare che tutta questa segretezza è dovuta ad un
corteggiatore insistente…ehehe,non vi può essere altra ragione!” Un’ombra di
imbarazzato rossore si diffuse sulle guance della fanciulla.
Dunque aveva colto nel segno. “E perché mai una fanciulla in età
da marito è dovuta sfuggire ad un possibile buon partito? Egli era forse…un
poco di buono?”
La ragazza sbarrò gli occhi. “Oh no,ve lo assicuro monsieur. Egli
è un uomo nobile e buono..non c’è motivo di dubitare della sua integrità.”
“E allora?proprio non riesco a capirvi…se ci fosse ancora qui la
mia povera Adéle! Si sentiva la patrona delle giovani unioni. Vi avrebbe
senz’altro fatta ritornare sulle vostre decisioni. Dopo tutto,se amate quel
giovanotto…” Di nuovo notò quella profonda tristezza.
Dunque non lo amava…ma allora di chi era quel fiore che fissava
con tanta intensità?
“Si è fatto molto tardi,Monsieur. Porto a letto i bambini e mi
ritiro anch’io,con il vostro permesso.”
Il professore annuì.”Ma certo. Buonanotte mia cara bambina.”
Rimasto solo,continuò a riflettere su quel mistero.
Aveva sentito cantare la sua nuova istitutrice. La sua voce non
era comune,sembrava aver ricevuto un’educazione estremamente accurata.
L’educazione di una vera soprano…
E perché mai una giovane con un tale promettente futuro,con uno
spasimante pronto a impalmarla, doveva nascondersi agli amici e condurre una
vita tanto umile e nascosta?
Una donna abituata alle luci del palcoscenico,che decide di
trovarsi un modesto seppur dignitoso impiego..
C’è
sotto un mistero,questo è certo.
Aggiustandosi gli occhialini sul
naso,prima di reimmergersi nella lettura, decise che avrebbe indagato la
questione.
“Meg!” la voce di Madame Giry era fredda e arrabbiata.
Meg deglutì. Sua madre non le aveva mai parlato così.
“Si può sapere cosa sei andata a dire in giro? Tutto il teatro
parla del ritorno del Fantasma! Lo collegano anche alla morte di
Christine..come hai potuto comportarti con tanta leggerezza, stupida bambina!”
Stava per colpirla, quando la piccola Angelique le si parò
innanzi,come a volerla difendere.
Fissò Madame con uno sguardo accusatorio,e per un attimo la donna
fu costretta a riflettere.
Certo,se lei non avesse tenuto nascosto tutto alla figlia,forse
quel pasticcio non sarebbe accaduto..
Si stupì di non averci pensato prima.
Era come se quella bambina,con i silenzi e quegli sguardi
profondi,riuscisse a penetrare nelle profondità delle menti
umane,costringendole a riflettere.
“La piccola ha più senno di me.”sospirò Madame. “Ti chiedo perdono
Meg.Il tuo comportamento è dipeso interamente dal mio.” Si voltò e fece per andarsene,ma
Meg la fermò.
“Mamma…non riesco a smettere di pensare a Christine. Se Raoul non
avesse insistito nel volerla sposare,non sarebbe mai partita. Non
sarebbe..mai..”
“Lo so bambina. Ma non è colpa di
nessuno.”
Bugiarda.
E’colpa tua. Se non le avessi messo in testa l’idea di partire, Christine non
lo avrebbe mai fatto.
“Anche Erik sta soffrendo molto,ma
cerca di dominarsi. Dobbiamo farlo anche noi.Non si può tornare indietro”
Quella sera Catherine e Madame Giry uscirono insieme dal
teatro,finito il lavoro.
Meg sarebbe rimasta a dormire con le compagne,e le due donne si
incamminarono lentamente verso casa.
Non si accorsero della carrozza con lo stemma dei de
Chagny,parcheggiata all’imboccatura di Rue Scribe,né del suo occupante.
Raoul aveva deciso di spiare i loro
spostamenti,certo di arrivare prima o poi al nascondiglio di Erik.
L’entrata ai sotterranei dell’Opera
era stata sigillata mesi prima,perciò era fuori discussione che quel diavolo
fosse tornato là sotto. Doveva essersi nascosto da qualche parte,comunque. Era
ricercato,certo non poteva andarsene tranquillamente in giro alla luce del
sole.
E quando lo avesse trovato…fece un
ghigno crudele.
Quel mostro avrebbe scontato tutti i
suoi peccati.
Trascorsero alcuni mesi.
Christine era soddisfatta della sua
nuova vita,adorava i bambini eil
calore di quella città del sud,così diversa da Parigi. Marsiglia era senza
dubbio provinciale rispetto alla frenetica capitale,ma aveva un’atmosfera
gioiosa e vitale che aveva travolto e conquistato la giovane.
Aveva anche iniziato un corso di
pittura,materia che non l’aveva mai attratta prima,e che ora invece
l’appassionava moltissimo.
Sentiva raramente la nostalgia di casa,e quando ciò accadeva si
rifugiava in quello che aveva ribattezzato “il roseto dell’Angelo”,il luogo
dove era fiorito in pieno inverno quel cespuglio di rose vermiglie.
In quel luogo ritrovava la pace,e
poteva pensare al suo amore perduto senza lacrime né sofferenza. Sedeva per
ore,nei suoi giorni liberi,a disegnare in quel giardino.
Un unico soggetto: il viso di un
uomo,di profilo,circondato dal buio…
Un giorno si rese conto che il
professore l’aveva seguita.
L’uomo le si sedette accanto,e
fissando un punto indeterminato all’orizzonte,le disse: “Mademoiselle…dobbiamo
parlare. So tutto di voi. So chi siete,insomma.”
Christine impallidì.
“Non capisco,monsieur Verneuil..se
non siete soddisfatto del mio lavoro,non ha importanza. Me ne andrò oggi
stesso.” Si alzò,ma l’uomo le afferrò il braccio.
“Non così in fretta mademoiselle. O
forse dovrei chiamarvi Diva…so che siete stata una stella del bel canto,una
delle protagoniste dell’Opera Populaire di Parigi. Cosa vi ha spinto dunque qui
al sud,a mescolarvi alla gente comune?” Christine continuò a tacere,tenendo gli
occhi bassi.
“Ragazza mia,deve esservi successo
qualcosa di terribile per reagire in questo modo. Ascoltatemi. Mi avete detto
di essere orfana,e di aver sofferto molto per l’assenza di vostro padre. Io
credo di avere pressappoco la sua età. Provate a raccontarmi tutto.Forse insieme
troveremo una soluzione.”
Christine esitò. Non voleva
coinvolgere quell’uomo nei suoi problemi. Non voleva neppure permettere che il
passato le piombasse sulle spalle.
Eppure….gli occhi di quell’uomo
erano sinceri,gentili. Erano davvero simili a quelli di suo padre.
Sospirò,ed annuì. Glielo avrebbe
raccontato,ed era pronta ad andarsene.
Sicuramente non avrebbe più voluto
accanto ai suoi bambini,una donna come lei.
Terminato il racconto,Christine
tacque. L’uomo sembrava sconvolto.
Certo,si era aspettato qualche
scandalo dietro quella fuga precipitosa..ma non di tale entità!
In effetti aveva letto sui giornali
dell’incendio che aveva distrutto l’Opera Populaire di Parigi,qualche anno
prima,e di una strana storia riguardante una specie di Fantasma che aveva
rapito la primadonna in pieno spettacolo. Ma ovviamente non vi aveva dato
credito: pettegolezzi per spaventare le signore e vendere più copie! E
invece…istintivamente credeva alla ragazza,non la riteneva in grado di
elaborare una tale menzogna.
Prese a pulire i propri occhiali con
attenzione,se li infilò e poi si alzò.
“Bene,mia cara. Sarai sempre ben
accetta in casa nostra,dal momento che non sei certamente responsabile delle
disgrazie che ti sono accadute. In ogni caso…se accetti un consiglio paterno,fai
ritorno a Parigi per qualche tempo. Sistema i conflitti davanti ai quali sei
fuggita,e se vorrai,torna da noi. Qui non ti mancherà mai una casa,e l’affetto
di una famiglia. Ma la scelta spetta unicamente a te.”
La lasciò sola. La ragazza non
riuscì a trattenere le lacrime,questa volta.
Il professore non aveva tutti i
torti. Nell’ansia di iniziare la sua nuova vita,non aveva concluso nel migliore
dei modi quella vecchia. Aveva rinunciato ai suoi amici. Aveva rinunciato alla
sua promettente carriera di cantante d’opera. Aveva anche abbandonato il
conforto di poter far visita al padre,sepolto al cimitero dei Santi Innocenti.
E perché lo aveva fatto? Per paura delle pressioni di Raoul?
No,quella era stata una
scusa,un’occasione che aveva colto al volo..
Qualcosa in lei si era spezzato,dopo
quella confessione.
La fittizia serenità dietro la quale
si era nascosta era incrinata irrimediabilmente.
Solo Parigi le avrebbe restituito
l’anima..
E la pace.
Senza nessuna ragione
qualcosa si rompe in me e
mi chiude la gola Senza
nessuna ragione sobbalzo ad un tratto lasciando
a mezzo lo scritto senza
nessuna ragione nella hall di un albergo sogno
in piedi senza
nessuna ragione l'albero sul marciapiede mi
batte in fronte senza
nessuna ragione un lupo urla alla luna iroso
infelice affamato senza
nessuna ragione le stelle scendono a dondolarsi sull'altalena
del giardino senza
nessuna ragione vedo come sarò nella tomba senza
nessuna ragione nebbia e sole nella mia testa senza
nessuna ragione mi attacco al giorno che inizia come
se non dovesse finire mai più e
ogni volta sei tu che
sali dalle acque.
Nazim
Hikmet,Senza nessuna ragione qualcosa si rompe in me
“Angelique,dovresti dormire un
po’adesso. Devo lavorare,non ho tempo per giocare con te.”
Erik era veramente esausto.
Erano molte notti che non riusciva a
riposare bene,che si svegliava in preda agli incubi più tremendi..o meglio,in
preda ad un unico incubo che si proponeva nelle più svariate forme.
Christine chiedeva il suo aiuto,era
in pericolo,e lui non la vedeva,non la sentiva..fino a che era troppo tardi.
Fino a che il viso di lei non gli appariva esangue,gli occhi vitrei,la bocca
aperta.
Era prevedibile che di giorno non
riuscisse a concentrarsi sul proprio lavoro.
Per di più, gli toccava badare alla
piccola quando la madre e le Giry erano al lavoro,a teatro.
Là nessuno conosceva il passato di
Catherine,e se avesse portato la bimba con sé la loro forte somiglianza
l’avrebbe tradita. Erano quasi una goccia d’acqua,eppure Erik intravedeva
qualcosa,nei tratti di quella bambina…non aveva osato interrogare Catherine,con
la vita che aveva subito forse non sarebbe stata nemmeno in grado di sapere con
certezza l’identità del padre.
La ragazza in queipochi mesi era rifiorita.
Aveva perso quella magrezza
spettrale che la rendeva così sgraziata, e poteva sembrare una qualsiasi
ragazza della sua età,se non fosse stato per il velo di malinconia che le
rattristava lo sguardo.
Ad ogni modo si era gettata a
capofitto nel lavoro,decisa a ripagare la generosità di Madame Giry.
Non appena avesse risparmiato
abbastanza,le aveva promesso,avrebbe cercato un nuovo domicilio.
Madame aveva sorriso piena di
tristezza,aveva preso in braccio Angelique e le aveva detto:
”Mia cara Catherine, recentemente è
come se avessi perso una figlia. La presenza qui di voi due mi aiuta a superare
quel senso di vuoto.”
La bambina quel pomeriggio sembrava
determinata a fargli perdere la pazienza.
Correva instancabile qui e là,
sollevava i fogli dei progetti,mescolandoli alla rinfusa,inseguiva un gattino
trovato nel cortile…
Ad un tratto ad Erik venne un’idea.
Azionò la scatola musicale,e mentre le
note riempivano l’aria la bambina si bloccò,ammaliata,e gli si sedette accanto.
Quando la musica cessò,la bambina sgranò gli occhi.
“Ti è piaciuta vero? L’ho costruita
io. Un tempo ho costruito mille oggetti come questo,anche più belli. C’è stato
un tempo in cui vivevo per la musica,e in cui non ero solo..”
Angelique gli mise una manina sulla spalla.
Quella bambina ogni tanto sembrava un’adulta,tanto sensato era il
suo modo di comportarsi.
“Sai Angelique? Ho deciso di farti
un regalo oggi. Ti porterò a vedere il Teatro dove lavora la tua mamma. No,non
devi preoccuparti. Lei non ci vedrà,conosco molti passaggi segreti in quel
teatro.”
Le sorrise. “Ti porterò nei
sotterranei,nel mio regno della Musica. Ti mostrerò un mondo meraviglioso,che
ho rivelato soltanto ad un’altra persona.L’importante è che non ci facciamo
sentire…ma questo non è un problema per noi,non è vero?”
La bambina sorrideva,saltellando
felice. Erik le sorrise a sua volta,e uscì per sellare il cavallo.
Non c'è
belva tanto feroce che non abbia un briciolo di pietà. Ma io non ne ho alcuno,
quindi non sono una belva.
William Shakespeare
“Monsieur le
Vicomte,ho le informazioni che mi avevate richiesto.”
Raoul guardò
accigliato l’uomo davanti a sé,un investigatore privato che gli era stato
caldamente raccomandato da un amico. L’uomo sembrava piuttosto energico e
sicuro di sé,e cosa assai più importante,sembrava disposto a qualunque cosa per
denaro.
Viviamo in tempi davvero corrotti…riflettè il
ragazzo fra sé e sé. Ma al momento quella situazione tornava a suo vantaggio.
“Ditemi
dunque,monsieur Favre.” Fece del suo meglio per mantenere il tono freddo e
distaccato.
“Ho trovato
quell’uomo. Non è stato difficile,mi è bastato tenere sotto controllo la casa
di quell’uomo orientale. L’uomo mascherato va da lui circa due volte la
settimana,in piena notte,e seguirlo non è stato semplice. Quel diavolo mi è
quasi sfuggito,sa come far perdere le sue tracce. E’come se si sentisse
braccato… è un ricercato per caso?”
“Questo non
è affar vostro,monsieur. Sapete dove abita?”
“Sì,in una
specie di casale nella periferia parigina,non lontano dalla casa di quelle
donne che mi avevate chiesto di controllare. Ogni tanto una delle due si reca
al casale,la sera,e ne torna insieme ad una bambina piccola.”
“Chissà chi
saranno…beh,non ci riguarda. Hai capito bene cosa devi fare,vero?”
“Monsieur…”l’uomo
sorrise nervosamente. “Ho avuto i miei guai con la polizia,in passato. Ma non
dubitate..al mio posto agirà una persona che ha la mia più totale fiducia. Attendiamo
solo il vostro ordine.”
Raoul
estrasse dal cassetto della scrivania un sacchettino pieno di denaro.
“Questo è il
prezzo pattuito,più un extra…perché sia chiaro,io e te non ci siamo mai
visti,né parlati.”
L’uomo
sorrise,mentre soppesava la borsa fra le mani,avidamente.
“Siete molto
generoso,Monsieur le Vicomte. Quando desiderate che entriamo in azione?”
Raoul
sorrise crudelmente. “Stasera stessa.”
La morte di
Christine meritava una vendetta tempestiva.
Erik e Angelique avevano passato il
pomeriggio all’Opera.
Attraverso i molteplici passaggi
segreti e trabocchetti che la Gendarmerie non aveva trovato, l’aveva portata in
tutti i meandri di quel grandioso teatro.
Infine, con uno sguardo di sommo
disprezzo ai sigilli spezzati che la polizia aveva posto sull’ingresso
principale ai sotterranei,l’aveva condotta nel suo regno oltre il lago.
La barca che usava di solito era
sparita…probabilmente l’aveva rubata qualche intruso che era penetrato nel suo
covo. Rabbrividì. Chissà in che stato avevano ridotto la sua amata casa…si
rifiutò di pensarci.
Ma,quando arrivò circa a metà
traversata,notò che la sua vecchia barca era stata tratta in secca.
Com’era possibile? Chi l’aveva usata
non avrebbe potuto tornare indietro,senza quel mezzo..L’acqua era gelida in ogni periodo
dell’anno, l’intruso sarebbe morto affogato in pochi minuti…
Strinse con forza il remo.
Se qualcuno avesse minacciato la sua
vita o quella della bambina,avrebbe trovato pane per i propri denti.
Durante tutto il viaggio la
nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse come la mia ombra
mi stava accanto anche nel buio
non dico che fosse come le mie mani
e i miei piedi
quando si dorme si perdono le mani e
i piedi
io non perdevo la nostalgia nemmeno
durante il sonno
durante tutto il viaggio la
nostalgia non si è separata da me
non dico che fosse fame o sete o
desiderio
del fresco nell'afa o del caldo nel
gelo
era qualcosa che non può giungere a
sazietà
non era gioia o tristezza non era
legata
alle città alle nuvole alle canzoni
ai ricordi
era in me e fuori di me.
durante tutto il viaggio la
nostalgia non si è separata da me
e del viaggio non mi resta nulla se
non quella nostalgia.
NazimHikmet, Durante tutto il viaggio la
nostalgia non si è separata da me
Christine era eccitata come una
bambina.
Non si era accorta,immersa nelle
deliziosa atmosfera romantica del sud, di quanto le fosse mancata quell’aria
raffinata e mondana che solo Parigi possedeva.
Era arrivata solo da poche ore,ma il
suo blocco era già pieno di schizzi. Lo aveva promesso ad Adrienne e Charlotte:
i due bambini non erano mai stati nella capitale,e così aveva giurato loro di
dipingere tutte le vedute più belle della città e regalargliele. Un giorno,aveva
aggiunto,se vostro padre lo permetterà,vi porterò con me.
Monsieur Verneuil era rattristato
della sua partenza,ma sapeva di aver fatto bene a consigliare alla giovane un
ritorno a casa. Solo così avrebbe capito se quella vita a Marsiglia,con
loro,era ciò che desiderava davvero.
Così, eccola di nuovo a Parigi…
Dopo essere stata a deporre un fiore
sulla tomba del padre,aveva deciso di compiere un altro pellegrinaggio. Avrebbe
visitato i sotterranei dell’Opera,per omaggiare il suo Angelo,e il luogo che,anche
se per pochissimotempo,li aveva visti
felici insieme.
Una volta là era stata a lungo
indecisa sul da farsi.
La polizia aveva sigillato l’accesso
di Rue Scribe, l’unico che lei conosceva a sufficienza da inoltrarvisi.
Si sarebbe persa senz’altro,seguendo
uno degli altri passaggi,e non poteva rischiare.
Nessuno
verrebbe più a salvarmi,pensò tristemente,ora che lui non c’è più.
Si era guardata intorno,per
accertarsi che nessuno la stesse osservando. Il vicolo era deserto.
In fretta aveva reciso i sigilli e
si era introdotta nel passaggio.
Si era fatta strada nel
buio,fidandosi dei suoi ricordi. Ed essi non l’avevano tradita:in una decina di
minuti aveva raggiunto la riva del lago,e aveva spinto la barca in acqua.
Quanto
è pesante questo remo…riflettè fra sé e sé. Si sorprese della grande
facilità che lui aveva posseduto nel remare. Sembrava farlo senza sforzo…e
invece per lei era così maledettamente difficile!
Quando era arrivata sull’altra
sponda,si sentiva totalmente esausta.
Ma la vista di quel luogo l’aveva
rinfrancata.
Quante volte in quei tre anni era
tornata con la mente a quelle stanze,a quel profumo di umido che impregnava
l’aria,a quella luce fioca che filtrava dai livelli superiori.
Si avvicinò con reverenza all’organo
a canne,lo strumento che lui suonava con tanta abilità.
Ne sfiorò i tasti,coperti dalla
polvere del tempo,socchiudendo gli occhi.
Quante volte lui aveva lungamente
suonato per lei…per farla esercitare nel canto,per cullarla nel
sonno..semplicemente per intrattenerla nelle lunghe serate passate insieme.
Non
ho dato a quei momenti il giusto valore,riflettè. Li davo per scontati,e davo per scontato anche lui. Credevo che ci
sarebbe sempre stato per me…oh Dio,pensavo che avrebbe continuato a rimanermi
accanto anche dopo quella notte terribile.
Quella notte…come aveva potuto
comportarsi da sciocca in quel modo?
Come aveva potuto lasciare che lui
la affidasse a Raoul,proprio quando lei aveva deciso..aveva capito di amarlo
davvero. Era stata tutta colpa sua!
Se fosse rimasta con lui sarebbero
fuggiti insieme,e i linciatori non lo avrebbero trovato.
Non lo avrebbero ucciso.
Una lacrima si fece lentamente
strada lungo la sua guancia. Era un’assassina.
Il suo tradimento era stata la
condanna a morte del suo Angelo.
Sospirò,e proseguì nella sua visita.
Giunse dinanzi all’enorme letto a forma di Cigno.
Lo sfiorò con una mano.
Ricordava la sera in cui lui le si
era mostrato per la prima volta.. lei era svenuta per la forte emozione,dopo
aver visto il vestito da sposa che le aveva preparato.
L’aveva messa a letto,cantandole una
dolce nenia,una specie di ninna nanna.
All’inizio pensava che ad
avvicinarli fossero state la compassione,la tenerezza,l’amicizia che
condividevano.
Ma quella notte maledetta,prima sul
palcoscenico e poi nel suo covo,aveva avvertito un immenso desiderio,un
soffocante bisogno di lui,che non era riuscita a spiegarsi,forse perché non
c’era proprio nulla da spiegare.
Lo amava.
Di nuovo lasciò sgorgare le lacrime.
Era stanca per il viaggio, e per le
emozioni di quel giorno.. si distese un attimo sul letto.
Avrebbe riposato,soltanto un minuto…
Si svegliò
di soprassalto,udendo un rumore poco distante.
Possibile
che qualcuno l’avesse vista..e seguita?
Cosa avrebbe
fatto se si fosse trattato di un malvivente,di un ladro.. Cercò di pensare il
più in fretta possibile. Si ricordava della presenza di una spada,nel covo di
Erik..ma chissà dov’era!
E
poi,sarebbe stata in grado di usare efficacemente un’arma?
Devi pensare Christine,pensare…maledizione!
Poi,d’improvviso,ogni
pensiero morì sul nascere.
Davanti a lei stava il suo Angelo,immobile.
La zona dove
era sdraiata Christine era quasi in ombra,mentre lui stava in piena luce.
Lei lo
fissò,e nel momento in cui guardò il suo viso,sentì qualcosa muoversi dentro di
lei…qualcosa di impercettibile,forse,ma di reale. Era come se il cuore pompasse
sangue il doppio del normale, inondando tutto il corpo con una forza
dirompente.
Battè le
palpebre,ed il respiro si accelerò.
Quell’immagine
sembrava galleggiare nell’aria,alla luce tremula delle torce accese..
La sua
possente figura avvolta come di consueto in un lungo mantello nero,il viso
diviso a metà dalla scintillante maschera bianca. Era tutto così dolorosamente
familiare..
Sto ancora sognando,pensò mentre
le lacrime salivano a pungerle gli occhi. In
questo luogo lo sento ancora tanto vicino da riuscire a vederlo. Erik,come
vorrei che tu fossi davvero qui…Come vorrei non aver rovinato per sempre le
nostre vite,nella sconsiderata decisione di un attimo!
Poi spalancò
gli occhi.
Nella sua
visione c’era qualcosa che non quadrava.
Dietro al
suo angelo c’era una bambina.
Erik fissò sbigottito il suo vecchio
letto a forma di cigno.
Ricordava la sera in cui si era
finalmente mostrato a Christine.
Lei era giovane,così giovane..
Sin dal primo istante lo aveva
stregato,con quella smorfia leggermente imbronciata..la smorfia di una bambina
sulle labbra di una donna. Le lunghe ciglia scure che incorniciavano due occhi
di un verde scuro e sereno,che lo avevano fissato per qualche istante pieni di
stupore,ma come se in qualche modo osservassero una persona conosciuta. Come se
avessero potuto parlare,i suoi occhi gli avevano detto “Angelo,perché ci hai
messo tanto?E’così tanto che ti aspetto!”
Dopo essere discesi nel suo regno,la
ragazza era svenuta,per l’emozione, o
forse per il terrore,pensò amaramente. Lui l’aveva deposta in quel
letto,perché rinvenisse…le aveva teneramente sfiorato una guancia,completamente
rapito dalla bellezza innocente di quel viso perfetto.
Sospirò. Il suo dolore era rinnovato
dai ricordi che quel luogo suscitava in lui.
Maledizione,la vedeva di nuovo
davanti a sé,sdraiata e addormentata.
Anche se il suo viso sembrava aver
perduto quella tranquillità di un tempo,e pareva piuttosto segnato e triste…
Ricordò l’ultimo loro incontro.
Quella notte,in cui lei lo aveva
baciato.
Le labbra di lei erano
giovani,piene,morbide come le aveva sempre immaginate.
Lo aveva baciato con una tale
passione,un tale trasporto..lui ne era rimasto quasi stordito.
Non ci vedeva bene,in quella
semioscurità,e d’altronde non aveva creduto di vederla fin troppe volte?
Non riusciva a liberarsi da quella
persecuzione.
Chiuse gli occhi. Quella visione gli
dava soltanto il tormento.
Poi sentì una manina tirargli la manica.
Guardò in basso,e vide il visino
serio di Angelique, pervaso da una strana espressione di curiosità.
La piccola fece grandi cenni in
direzione del letto.
Com’era possibile…che la vedesse
anche lei?
Rialzò lo sguardo,mentre la sua
visione iniziò a destarsi..
La sua visione aprì gli occhi,occhi
grandi e scuri come quelli della sua Christine…
Oggi in questa notte calda
dolce come il profumo di fiori
esotici,
svegliati ad una vita che scotta.
La mia nostalgia ed il mio amore
e' tutta la mia fortuna e sfortuna
e' scritta come una muta canzone
nel tuo sguardo oscuro da fiaba.
E' la mia nostalgia ed il mio amore,
sfuggito al mondo e ad ogni suo
rumore,
si e' costruito nei tuoi occhi
oscuri
un segreto trono da re.
Hermann Hesse
“Erik..”
Doveva
essere per forza un sogno…o meglio,un incubo.
Presto si
sarebbe destata davvero e avrebbe pianto lacrime amare nello scoprirsi sola,in
quel sotterraneo.
Eppure…lui
non le sembrava uguale a tre anni prima, uguale a quella sera in cui l’aveva
visto per l’ultima volta. Era più magro,segnato.
Il lato visibile
della fronte mostrava una ruga profonda,frutto del tempo e delle
preoccupazioni.
Il suo
sguardo sembrava di fuoco…
Possibile che…
D’un
tratto,la visione parlò,cadendo in ginocchio.
Erik scosse
la testa e sbattè le palpebre più volte.
La sto immaginando,pensò. Ho immaginato così a lungo il suo aspetto,il
suono della sua voce,..è un’apparizione,ora chiuderò gli occhi e svanirà..come
sempre. Battè le palpebre,ancora e ancora.
Cercò di
scacciare la lunga ombra della sua vita senza di lei,ma lei rimase sempre
lì,con i suoi occhi lucenti e le labbra rosee.
“Dio,perché
mi tormenti ancora? Perché me la mostri come se fosse viva? Non ti sei accanito
abbastanza su di me?” Il tono
angosciato della sua voce non ne modificava il timbro melodioso che aveva
sempre posseduto.
Christine
spalancò gli occhi,assaporando il suono di quella voce squisita.
Anche questo era frutto del sogno?
Staccò gli
occhi dal suo angelo,per guardare la bambina.
La piccola
stava avanzando verso di lei. Si fermò solo a pochi passi e le sorrise.
Christine si
trovò a sorridere debolmente in risposta.
D’un tratto
le gambe iniziarono a tremarle,e per poco non ricadde a terra.
Erik…poteva essere vivo?
Nessuno
aveva mai ritrovato il cadavere… nessuno lo aveva mai visto davvero morto…
Prese un
respiro profondo,e a piccoli passi, sentendo la testa girare, si avvicinò alla
figura inginocchiata a terra,da cui provenivano strazianti singhiozzi.
Gli posò la
mano sulla spalla…poteva sentire il suo calore.
I sogni non
hanno alcuna consistenza,mentre poteva sentire i muscoli dell’uomo sotto le sue
dita,sotto il serico tessuto che stava sfiorando.
Il cuore le
balzò nel petto.
Si
guardarono a lungo,senza proferire parola,mentre nei loro occhi colmi di
sofferenza e di rimpianto scorrevano minuti,ore,mesi e anni.
La falce del
dolore aveva straziato e affilato i loro volti.
“Erik…” la sua voce era un gemito.
Non riusciva
a parlare,non fu in grado di trovare nemmeno una parola,nemmeno una,sebbene
nella sua mente avesse urlato,pianto,inveito contro il destino avverso,avesse
sofferto,e persa nel suo dolore,fosse stata in collera,si fosse sentita persa.
Mentre
stringeva la spalla di Erik,non riusciva a trovare neppure una parola per
salutarlo.
Gemiti,sì.
Singhiozzi
afflitti,sì.
Non un
silenzio assoluto,ma nessuna parola.
L’uomo alzò
il viso rigato di lacrime verso di lei,spalancando gli occhi.
“Christine…sei
proprio tu?”
Non riuscì
nemmeno a finire la frase.
La ragazza
crollò svenuta a terra.
Tu guardi le
stelle, stella mia, ed io vorrei essere il cielo per guardare te con mille
occhi.
Platone
Quando
Christine riaprì gli occhi,era di nuovo stesa sul letto,e sopra di lei vide il
visino intento di quella bambina. La piccola,notando che si stava
risvegliando,scese dal letto e corse verso..
…verso Erik.
Era proprio
lui. Il suo Angelo era vivo!
E mentre il
suo sguardo si posava su di lei,vide i suoi occhi spalancarsi,colmi di gioia.
“Christine!sei
viva!” In un lampo le fu accanto.
“Oh,Christine..”le
baciò le dita,tremando.Lei si portò le
mani tremanti al viso.
“Erik…ti
credevo morto..” Era sul punto di piangere.
Erik le
sfiorò una guancia. “Ti prego Christine,no…”
Accanto a
lui,attraverso le labbra che si schiusero appena,il volto coperto dalle
mani,Christine respirò profondamente e cercò di calmarsi. Prese le mani di lui
e le strinse.
Erano forti
e scure come se le ricordava. Erano reali.
Erik gemette
a quel contatto.
“Erik..sei
davvero tu? Prima che mi commuova,dimmi che sei davvero tu!”
Lui inarcò
un sopracciglio. “Prima,Christine?” Le sorrise ed annuì. “Sì,sono io.”
Lei sollevò
lo sguardo,e vide che lui non la stava guardando.
Teneva gli
occhi chiusi,mentre le stringeva ancora le mani.
“Perché
tieni gli occhi chiusi,perché non mi guardi?” gli chiese,improvvisamente a
disagio.
“Perché ho
paura…ho molta paura che tu sia solo un sogno. Molto realistico,ma un sogno.”
La sua voce
era un roco sussurro.
“Anche io ho
paura,Angelo. Ti prego,guardami. Ho molto bisogno dei tuoi occhi su di me.”
Lui aprì gli
occhi, mentre una lacrima gli scorreva sulla guancia.
Smisero per
un attimo di parlare,entrambi prostrati dal dolore e dall’incredulità.
Poi,d’impeto,Erik
la abbracciò.
Lei rimase
immobile in quel solido abbraccio.
Lui sospirò.
Non poteva stringerla abbastanza,respirare abbastanza il suo profumo.
Aveva sempre
adorato quel suo inconfondibile profumo di donna-bambina,un profumo di
sapone,di sole,di zucchero caramellato.
Christine
giaceva fra le sue braccia,con gli occhi chiusi,e respirava a stento. Solo il
cuore pulsava,come impazzito. Giaceva fra le sue braccia
immobile,confortata,sollevata,timorosa…sua.
Erik avvertì
tutte quelle sensazioni,dentro di lei e dentro sé stesso,e desiderò
disperatamente potersi chinare su di lei,poterle baciare.. Per lo sforzo di
rimanere composto si morse il labbro fino a farselo sanguinare.
“La nave che
hai preso…è naufragata…tu..come hai fatto a sopravvivere?”
Christine
sorrise incredula. “E’vero….l’ho saputo dai giornali. Immagino che sia stata
una scelta saggia non salirvi e restare a Marsiglia,allora…Erik,ma tu come sei
sopravvissuto a quella notte?Pensavo
che fossi morto! Tutti lo dicevano.. e invece se qui.” Gli prese la mano e se
la portò alla guancia.
Lui si
ritrasse. “Sono stato io a volere così. Non desideravo che tu tornassi da me
per pietà.”
Il suo tono
d’improvviso era quasi crudele,distaccato. Come se parlasse con noncuranza di
una faccenda secondaria.
Christine
rimase confusa davanti a questo gesto di freddezza.
“Io non
sarei tornata per pietà,Erik, te lo giuro..
Ho lasciato
Raoul. L’ho lasciato anche se pensavo che tu fossi morto. Questo non prova che
non era lui l’uomo che amavo?”
Erik
sospirò. “Questo non prova neppure che tu amassi me,Christine. Ma non è questo
il punto. L’importante è che tu sia sana e salva,ho sofferto così tanto nel
crederti morta. Ora che so che sei viva,ho tutta la felicità che posso
desiderare.”
Le sorrise.
“Sarà meglio andare,se ti senti bene. Ti accompagnerò da Madame Giry. Questo
non è certo posto per te.” Si volse verso la bambina. “Angelique,torneremo un
altro giorno ad esplorare i sotterranei. Si è fatto molto tardi.”
La piccola
mostrò una punta di delusione,ma continuò a tacere.
Che strana bambina,pensò
Christine. Cosa ci fa con lui?
E poi,eccolo
lì.
Brillante
sotto la luce delle torce accese,al collo della piccola,il suo anello.
Spalancò gli
occhi,incredula ed addolorata.
Il suo angelo l’aveva tradita.
Nascosto nel buio,lo scagnozzo di
Favre era impaziente.
Erano ore che attendeva il ritorno
della sua vittima,ma di lui nessuna traccia.
Si scolò un altro sorso dalla
fiaschetta che portava alla cintura.
Non
devo esagerare, sogghignò fra sé e sé. O
potrei mancare il mio bersaglio…riflettè,accarezzando la lama del
coltellaccio che portava alla cintura.
Non possiamo sapere cosa ci potrà
accadere nello strano intreccio della vita. Noi però possiamo decidere cosa
deve accadere dentro di noi, come possiamo affrontare le cose, e quale
decisione prendere, e in fin dei conti è ciò che veramente conta.
J.F.Newton
Erik seguì a cavallo la carrozza che
aveva noleggiato Christine.
Lasciò che la bambina salisse con
lei,l’aria della notte si era fatta abbastanza fredda,e non voleva correre il
rischio che la piccola si ammalasse.
Giorno dopo giorno,si scopriva
sempre più affezionato ad Angelique. L’orrore che aveva patito la piccola gli
rammentava dolorosamente la propria infanzia,devastata dalla crudeltà che lo
aveva circondato,che lo aveva fatto diventare un assassino,un demonio
dell’Inferno..
No,promise a sé
stesso. La piccola avrebbe avuto un’esistenza felice, d’ora in poi. Sarebbe
andata a scuola,avrebbe avuto una casa,dei giocattoli,bei vestiti.. e la totale
dedizione di sua madre.
Nonostante la sua condizione di
miseria, Catherine non aveva pensato per un solo istante di abbandonare la sua
creatura. Era molto più di quanto facessero certe madri,molto più di quanto
avesse fatto perfino la sua,ricordò con amarezza.
Christine contemplava la piccola
Angelique,che si era addormentata subito,sdraiata fra i cuscini della vettura.
Era così bella.. Inghiottì a fatica. Chi poteva essere sua madre?
Era curiosa di vedere la nuova donna
di Erik…da una parte. Per altri versi temeva quel momento.
Sapeva quanta sofferenza le avrebbe
provocato trovarsi faccia a faccia con la donna che aveva saputo dare ad Erik
ciò che lei gli aveva crudelmente negato: l’amore e la felicità di una
famiglia,il conforto si sentirsi appartenere al genere umano.
Ricacciò indietro le lacrime che
minacciavano di scendere.
Non voleva che lui vedesse la sua
sofferenza.
Era stato felice di rivederla,di
scoprire che la notizia della sua morte era sbagliata…ma si era mostrato freddo
con lei,come se fossero stati solo vecchi amici.. peggio…conoscenti.
Cos’altro poteva aspettarsi?
Lo aveva abbandonato per sposare un
altro.. non poteva certo pensare seriamente che lui rimanesse solo per tutta la
vita!
Aveva trovato una compagna che aveva
saputo davvero guardare oltre il suo aspetto,nelle profondità della sua anima.
Era felice per lui.
Anche se questo le provocava un
dolore immenso,aveva almeno la consolazione di saperlo amato e felice.
Giunsero a casa di Madame Giry.
Christine si sentiva molto delusa
dalla sua madre adottiva.
Sapeva che Erik era vivo,e glielo
aveva taciuto. Sapeva della sua nuova vita,e non vi aveva mai accennato.
L’aveva sempre tenuta all’oscuro di tutto,certamente pensava che Erik non
sarebbe stato lo sposo ideale per lei,che sarebbe stata più felice insieme al
Visconte de Chagny…o forse pensava esattamente il contrario? Pensava che era
LEI a non essere degna di Erik…sì,non c’era altra spiegazione.
Ricordava bene le sue insistenze
affinché lasciasse Parigi il prima possibile..aveva creduto che lo facesse per
sottrarla alle pressioni di Raoul.
E invece voleva evitare che lei
venisse in contatto con Erik e la sua famiglia…
Questo pensiero la tormentava.
Quando Madame spalancò la
porta,aveva un’espressione preoccupata,che si tramutò in un pallore cadaverico
alla vista della ragazza.
Christine dovette sostenerla,perché
la granitica Madame per poco non cascò in terra.
Poco dopo,pochi sorsi d’acqua
l’aiutarono a recuperare le forze necessarie per ascoltare il racconto delle
peripezie della ragazza. L’abbracciò con forza,come se da un momento potesse
svanire di nuovo.
Poi fece un debole sorriso e si
rivolse ad Erik.
“Non avete incontrato
Catherine,venendo qui? E’uscita circa un’ora fa per venire a prendere la
piccola…e non è ancora tornata.”
Erik scosse la testa. “Veniamo
direttamente dal Teatro,ero sceso nei sotterranei per mostrarli ad Angelique..
Vi affido la bambina Madame. Certamente Catherine sarà qui a minuti. Forse è
andata a bere qualcosa con qualche amica..”
Madame Giry annuì contrita. La
giovane era quasi riuscita a liberarsi dal giogo dell’alcolismo,ma di quando in
quando vi ricadeva.
Era un vizio duro da abbandonare
dopo anni di assuefazione.
“Io me ne vado a casa. Buona
sera,signore.”
Christine lo fissò stupita. Come mai
la bambina rimaneva lì? E perché la madre era andata a cercarla a casa..di
Erik? Non vivevano insieme…come era possibile?
Madame Giry colse il suo sguardo,e nascose a stento un sorriso
sornione.
Dunque Christine era stata
ingannata,proprio come lo era stata lei.
Era singolare come per entrambe
quell’idea non fosse stravagante.
La gran parte della
gente,riflettè,avrebbe giudicato inammissibile che un uomo,un mostro,come lui
potesse davvero farsi una famiglia.
Per loro due invece era un’ipotesi
assolutamente plausibile.
Erik uscì di casa senza voltarsi. La
sua freddezza era come una lama che attraversava il petto di Christine.
“Non è come credi,bambina mia.”
La ragazza arrossì, vergognandosi di
ciò che non era riuscita a celare all’occhio vigile di Madame.
Era ancora adirata con la donna per
averle nascosto la verità… ma rinunciò ad un attacco diretto.
Non era facile intrappolare Madame
Giry,lei lo sapeva bene. Avrebbe trovato senz’altro un paio di ottimi
ragionamenti a cui appellarsi per mostrare la sensatezza delle proprie ragioni.
“Anche io sono caduta nel tuo stesso
errore,cara. Ma quella bambina non è sua figlia,e la ragazza di cui stavamo
parlando è solo la figlia sfortunata di un suo vecchio socio.”
Le guance di Christine si tinsero di
una più intensa tonalità di porpora.
Sollievo,felicità, incredulità…mille
emozioni turbinarono rapidamente in lei.
“Quante bugie che dite,voi
adulti…continuo a sentirmi come una bambina. Una sciocca bambina…”
Prima che potesse continuare,qualcuno
bussò alla porta,una familiare sequenza di tre colpetti in rapida successione.
Madame sorrise.
“Sarà meglio che vada io ad aprire.
La nostra Meg ha già avuto anche troppe emozioni forti,nelle ultime settimane.”
Erik cavalcò
al galoppo fino a casa,la gola stretta da una morsa di gelo.
Non riusciva
a comprendere le proprie contrastanti emozioni.
Nel momento
in cui aveva realizzato che quello non si trattava di un sogno,che Dio non si
stava prendendo gioco di lui,che anzi gli stava offrendo una seconda
opportunità di vivere il suo amore…
Il cuore gli
era quasi scoppiato nel petto! Starle vicino gli aveva quasi fatto girare la
testa..
Ma
poi,lentamente,dolorosamente,la ragione aveva avvelenato ogni gioia albergasse
in lui.
La sua
dolcissima Christine era viva,certo…ma se era tornata a Parigi non poteva
esserci che una ragione.
Una soltanto.
Gli aveva
raccontato di aver vissuto a Marsiglia,come istitutrice di due magnifici
bambini.
Gli aveva
raccontato che il padre dei suoi alunni,un professore,le si era affezionato
come a una figlia…aveva ritrovato in lui la figura paterna che da tempo le
mancava.
Si era
innamorata del clima e del paesaggio del sud,così diverso da quello gelido di
Parigi.
Perché mai avrebbe dovuto tornare sui suoi
passi,ritornare a Parigi…se non per il Visconte?
La sua bocca
si contorse in un ghigno crudele.
Era l’ultima
beffa del fato,l’ultima di una serie immemorabile.
Smontò e
legò il proprio cavallo nel cortile dietro casa.
Ma mentre
avanzava verso la soglia,si irrigidì.
La porta era
aperta,e nel terreno ancora fangoso per le recenti piogge,che avevano vessato la
città nei giorni precedenti, vide delle orme confuse.
Orme recenti.
Ed erano
orme pesanti,maschili..non appartenevano sicuramente a quel delicato,esile
esserino di Catherine.
Infilò la
mano sotto il mantello,ed estrasse il Laccio del Punjab.
La mente
correva febbrilmente.
Non poteva
trattarsi di ladri capitati lì per caso,la costruzione sembrava abbandonata,ed
era di aspetto misero..
Trattenendo
il fiato,aprì bruscamente la pesante porta di legno.
Ciò che vide
gli gelò il sangue nelle vene.
Catherine
giaceva a terra,in un lago di sangue.
Era stata
accoltellata più volte,alla schiena,con una rabbia fredda e meticolosa.
Era stata
evidentemente colta alle spalle,mentre attendeva il ritorno suo e della
bambina.
La sua non
era stata una morte immediata,ma lenta e agonizzante,come poteva vedere
dall’impressionante quantità di sangue che accendeva il pavimento di bagliori
vermigli e sinistri.
Si precipitò
accanto al cadavere,lo sollevò per provare invano a rianimarlo.
Ma non ci fu
nulla da fare. La vita aveva abbandonato quella giovane donna già da diverse
ore.
Erik rimase
a terra,inginocchiato in quel sangue,cullando avanti e dietro quel corpicino
come se fosse inebetito. Aveva ucciso a sangue freddo decine di persone,ma era
la prima volta che si trovava a contemplare razionalmente,ed emotivamente,gli
effetti della furia omicida altrui.
La sua
antica,primitiva rabbia si riaffacciò al suo spirito,facendogli ribollire il
sangue e colmandolo di una sete infinita di vendetta. Chiunque avesse avuto
quel peso sulla coscienza,si sarebbe trovato molto presto a fare i conti con il
tribunale di Dio,non con quello degli uomini.
Non c’è
giustizia in questo mondo,forse vi sarà nell’altro.
Si alzò,e
prese in braccio il cadavere. Lo portò fuori,nel vasto appezzamento che si
stendeva verso la campagna.
Scavò una
tomba,mentre la pioggia ricominciava a cadere fitta. Quand’ebbe finito,seppellì
la giovane madre, unendole le mani sul petto ed infilandole fra le dita un
vecchio rosario che aveva trovato in casa.
Con la forza
della disperazione coprì la tomba di terra.
“Avevo giurato
di non uccidere mai più, Catherine. Ora rompo la mia promessa,qui sulla tua
tomba. E Dio mi è testimone,non mi darò pace fino a che non avrò ucciso quel
bastardo.”
Sappiamo
quel che siamo ma non quello che potremmo essere.
William Shakespeare
Il Visconte
de Chagny sedeva nella propria biblioteca,il suo rifugio preferito negli ultimi
tempi.
Immerso nel
quieto silenzio avvolgente di quella stanza poteva pensare alla sua Christine
senza essere disturbato. Aveva fatto dipingere una copia del ritratto preso al
teatro,e lo aveva appeso sopra al focolare. Passava ore a rimirare il viso
della sua amata,a rifuggire l’idea del suo abbandono,e della sua morte.
Aveva
creato,nella sua mente,una sorta di isola felice,dove lui e Christine si
amavano,si erano sposati,e la loro unione era stata già benedetta dall’arrivo
di due magnifici bambini.
Ogni
sera,con l’aiuto di una bottiglia di liquore, alimentava questa sua ossessione.
Ed era stata
proprio quell’ossessione ad obbligarlo a vendicarsi della morte di
Christine..ad ordinare l’assassinio di quel demone sputato dall’Inferno.
A quell’ora
il sicario avrebbe già dovuto aver svolto il proprio compito. Sorrise fra sé e
sé.
Questo non
gli avrebbe reso l’amore di Christine,ma lo colmava comunque di non poca
soddisfazione.
Con un unico
omicidio aveva vendicato la morte del fratello Philippe e di moltissime altre
vittime della furia malefica del mostro.
L’eccesso di
alcool lo fece crollare addormentato nella poltrona.
Ad un tratto
fu svegliato da un sordo bussare alla porta-finestra che si affacciava sul
giardino.
Istintivamente
afferrò la pistola da duello appesa sopra il camino e si avvicinò ai vetri.
Nonostante
la fitta pioggia che cadeva, riconobbe immediatamente i lineamenti volgari e
untuosi di Favre.
“Ehi
monsieur le Vicomte…mettete giù quell’arnese!qualcuno potrebbe farsi male!”
L’uomo era
chiaramente ubriaco.
Del resto
neppure Raoul si sentiva troppo lucido, gli effetti benefici del brandy erano
ora sfociati in un terribile,sordo pulsare nella sua testa.
L’uomo
barcollando si avvicinò al fuoco,e tese le mani per scaldarsi.
“Avete visto
che tempaccio da lupi,monsieur? Sembra che l’inferno sia sceso sulla
terra,questa sera…”
Si voltò a
guardarlo.
“Perdonate
l’ora e l’intrusione,ma non volevo che i vostri servi mi vedessero entrare. E’
più prudente.”
Raoul annuì.
L’uomo,rassicurato,proseguì.
“Vedete,ci sono stati dei problemi. Oh no,non
del genere che pensate. Il vostro amico è morto,di questo sono sicuro.Ma il
sicario,ancora lordo di sangue,si è presentato a casa mia,coltello in
pugno,minacciando di sgozzarmi come un maiale se non triplicavo il prezzo
pattuito,e minacciando anche di denunciare voi come mandante. Cos’altro potevo
fare? Approfittando di un momento di distrazione,dopo aver finto di accettare
le sue condizioni,gli ho tagliato la gola. Capirete però che questo mi è
costato un notevole disturbo…ho dovuto occuparmi del corpo..non potevo certo
gettarlo semplicemente fuori dalla finestra come se fosse stato un gatto
morto!” rise di gusto a quella che probabilmente considerava una battuta.
“Qualcuno potrebbe aver sentito,o avermi visto mentre lo buttavo nella
Senna…insomma, avete compreso ciò che vi chiedo,non è vero?”
“Molto
bene,Favre. Mi state ricattando.”
Il tono di
Raoul era passato da sbigottito a gelido. Quell’uomo gli ispirava soltanto
disgusto.
“Ricattando?
Monsieur,che parole grosse usate! Soltanto,pensavo che la vostra immensa
ricchezza vi potrebbe consentire,diciamo..un po’ più di generosità. Sono sicuro
che i giornali pagherebbero più bene per un titolone simile…Rampollo di nobile
casata commissiona l’efferato omicidio di un uomo mascherato!” Rise di nuovo.
“Immagino
abbiate ragione,Favre. Accomodatevi. Vado a prendere ciò che vi spetta.”
L’uomo
sedette soddisfatto accanto al fuoco,versandosi un generoso bicchiere di
liquore.
Era così
assorbito dalla sua avidità da non avvertire il ritorno di Raoul,che con un
movimento fulmineo gli fu alle spalle,e gli trapassò la gola da parte a parte
con il tagliacarte che aveva preso sulla scrivania.
L’uomo,con
un gorgoglio rivoltante,si accasciò a terra.
Per alcuni
istanti Raoul contemplò le proprie mani,macchiate dal sangue dell’uomo a cui
aveva appena tolto la vita. Poi,inaspettatamente,gli venne voglia di ridere.
Era così
facile uccidere,dunque?
Aveva appena
commesso un peccato mortale,..ma allora cos’era quella strana sensazione di
onnipotenza che gli fluiva benefica nelle vene?
Rapidamente
avvolse l’uomo in una tenda della libreria,e lo infilò nella vecchia cassapanca
che giaceva,vuota e tarlata,in un angolo della stanza. Un vecchio mobile del
tempo di suo padre,pensò con rammarico,chiudendola con il lucchetto.
L’indomani
avrebbe ordinato ai servi di darle fuoco,con qualche altro mobile inutilizzato
della cantina. Nessuno avrebbe più trovato quel cadavere,nessuno lo avrebbe mai
potuto collegare all’assassinio di Erik. Sorrise con rammarico. Gli dispiaceva
aver ordinato l’esecuzione del suo nemico.
Quanto
piacere avrebbe provato ad ucciderlo con le proprie mani,ora che aveva scoperto
di esserne capace…
Era debole, ed io ero forte allora -
cosi' lascio' ch'io la guidassi a e
entrare -
Ero debole, lui era forte allora
e nella casa mi lascia condurre.
Non lontano - la porta era vicina -
non era buio - poiche' c'era lui -
nessun rumore, perche' non parlava-
e questo è quanto m'importo' sapere.
Busso' il giorno - dovevamo
lasciarci -
di noi nessuno era il piu' forte -
ora -
Egli lotto' - e anch'io lottai -
e non facemmo nulla - tuttavia!
Emily Dickinson
Dopo aver riabbracciato l’incredula
ed entusiasta amica d’infanzia,Christine aveva parlato a lungo con Madame Giry.
Si erano reciprocamente messe al corrente degli ultimi eventi,e in particolare
Christine aveva insistito per conoscere i dettagli dell’arrivo di Catherine in
quella casa.
Si tranquillizzò al pensiero che fra
lei ed Erik non vi fosse nulla.
Questo le infuse nuova forza,nuova
determinazione nelle vene.
Lui non l’aveva tradita,forse non
l’aveva neppure esclusa dal proprio cuore.
Doveva solo riconquistarlo….e in un
modo o nell’altro ci sarebbe riuscita.
Madame Giry era stata piuttosto
minacciosa nell’intimarle di non lasciare la casa per nessun motivo.
“Mi chiedo davvero cosa ti sia
passato per la testa..andare all’Opera! Introdurti nei sotterranei!! Ci pensi
se qualcuno ti avesse vista!? Tutti pensano che tu sia morta annegata in quel
naufragio,..e forse è meglio così. Non hai idea di cosa mi ha fatto passare il
Visconte,quando sei sparita. Immagino che non abbia creduto alla mia storiella
di una tua fuga notturna. In ogni modo,mi ha letteralmente perseguitata,…fino a
che quella notizia è apparsa sui quotidiani. Da allora si è chiuso in una
specie di clausura volontaria..ha fatto costruire un mausoleo in tua
memoria,accanto alla cappella della sua famiglia. Esce di casa solo per recarsi
lì. Temo che il povero ragazzo sia stato risucchiato da un dolore che non
riesce a dominare…ma in ogni caso non gli farebbe bene sapere che si è trattato
diun errore,che sei viva. Lo
spingerebbe di nuovo a corteggiarti con insistenza…e se non è ciò che vuoi” disse
inarcando le sopracciglia con curiosità”farai bene a non farti vedere in giro.
Al più presto immagino ritornerai al tuo lavoro di Marsiglia,no?”
Christine distolse lo sguardo.
“Non so più che cosa voglio,Madame.
Questa mattina ero decisa a compiere una specie di pellegrinaggio nel mio
passato,pensando che potesse essere utile per liberarmi dei ricordi troppo
dolorosi. Ora invece…vorrei chiudere gli occhi e poter tornare a quella notte.
Agirei del tutto diversamente.”
Madame Giry le aveva accarezzato maternamente
una guancia.
“Lo so bene,piccola mia. Anche io lo
farei. Ma non ci è concesso rivivere il passato..dobbiamo solo non commettere
gli stessi errori in futuro.”
Le due donne erano state interrotte
dal fragoroso bussare alla porta. Era quasi mattina,chi poteva essere?
Con cautela Madame aveva guardato
nello spioncino,e aveva aperto,riconoscendo Erik.
Prima che potesse domandargli la
causa di quella visita improvvisa,lui era entrato come un ciclone in
casa,afferrandola per le braccia e scuotendola con energia.
Alle sue spalle, Nadir,
insolitamente pallido.
“State tutte bene? Non è venuto
nessuno qui?”
Madame scosse il capo,allontanandosi
istintivamente da lui.
Sembrava una furia,il viso arrossato
per la cavalcata, i capelli ed il mantello fradici di pioggia,le mani gelide e
sporche di sangue e terra,gli occhi rabbiosi e scintillanti sotto la maschera.
Gli angeli ancora risplendono, anche
se è caduto quello più splendente.
William Shakespeare
Non ci é permesso scegliere la
cornice del nostro destino. Ma ciò che vi mettiamo dentro é nostro.
Dag Hammarskjold
Continuando a rigirarsi fra i
cuscini,Christine ripensò agli eventi tragici di quella sera.
Meg,accanto a lei,si era già
addormentata da un pezzo.
Avevano dovuto arrangiarsi in quel
modo,perché nella stanza che in precedenza aveva ospitato Christine,e che dopo
era stata della povera Catherine e di sua figlia, dormiva ora Erik.
Madame Giry aveva portato la piccola
a dormire con lei.
Nadir era rimasto di guardia in
fondo alle scale.
I due uomini avevano deciso di fare
la guardia a turno,per i giorni a venire,al piccolo appartamento,temendo che
l’assassino potesse in qualche modo minacciare le occupanti della casa.
Quella notte per prudenza Nadir
avrebbe fatto la guardia all’esterno della casa.
Dopodichè avrebbero spartito i
ruoli:durante il giorno Nadir le avrebbe accompagnate al teatro,e durante la
notte sarebbe ritornato a casa,lasciando Erik a vegliare sulle loro sorti.
“Hanno ucciso Catherine a casa mia”
aveva detto Erik,la voce strozzata dalla collera.
“L’obiettivo ero certamente io,è
stata colpita per errore. Ma chi mi vuole morto non è andato a denunciarmi alla
polizia…e questo è molto strano. Ho avuto molti nemici in passato,ma al momento
non saprei proprio chi mi stia dando la caccia,considerato che quasi tutta
Parigi mi crede bruciato nel rogo dell’Opera.Ad ogni modo potreste essere in pericolo anche voi. Non posso rischiare
anche la vostra vita. D’ora in avanti,fino a che non avrò scovato questo
maledetto pazzo,io e Nadir ci alterneremo nello scortarvi e nel fare la guardia
alla casa.”
La luce dell’alba filtrava dalle
tende.
Christine si alzò lentamente dal
letto. Non aveva dormito un solo istante.
Scivolò nel
corridoio,silenziosamente. Dormivano tutti profondamente,provati dalle emozioni
della notte precedente.
Entrò nella camera dove stava
riposando Erik,e rimase lungamente sulla soglia a fissarlo. Dormiva con indosso
la maschera bianca,ma era il suo stesso viso ad essere trasfigurato in una maschera di dolore e rimorso.
Senza dubbio accusava sé stesso
della morte orribile di Catherine.
Le provocava un’enorme sofferenza
vederlo ridotto in quello stato.
Si avvicinò e con movimenti
pacati,per non svegliarlo,gli sfilò la pallida maschera.
Rimase a fissare quella carne
orribilmente sfigurata,con tenerezza.
Alzò una mano per accarezzarlo,ma si
fermò.
Sempre in silenzio tornò in
camera,prese il blocco e la scatola dei colori e tornò in camera.
Sedette sulla poltroncina di fronte
al letto e iniziò a disegnare.
Se ho soltanto lui, se lui solo è il
mio bene,
se il mio cuore non dimentica mai
fino alla tomba la sua fedeltà:
nulla so del dolore,
non sento che devoto amore e gioia.
Se ho soltanto lui,lieto il mondo
abbandono,
seguo fedele, col bastone
da pellegrino, il mio signore;
senza rimpianti per le larghe,
chiare
strade affollate lascio andare gli
altri.
Se ho soltanto lui,mi addormento
felice,
sarà per me in eterno
dolce conforto l'onda del suo cuore
che con stretta soave
tutto può penetrare e intenerire.
Novalis
Rimirò soddisfatta il suo lavoro.
Era passata almeno un’ora,a
giudicare dai luminosi raggi del sole che danzavano per la stanza.
La notte di tempesta aveva lasciato
il passo a una tiepida mattina primaverile.
Christine si alzò e sbirciò
attraverso le tende. La vita nella strada si stava lentamente ridestando,i
garzoni dei fornai viaggiavano già con il cesto sulla testa,le fioraie
componevano mazzolini di fiori di campo e gli strilloni si affrettavano a
pubblicizzare l’edizione del mattino. Una giornata come tante,insomma.
Ma quel giorno avrebbero dovuto
spiegare alla piccola Angelique che sua madre non le sarebbe mai più stata
accanto.Che non ci sarebbe più stato nessuno a confortarla,amarla,viziarla..
Christine sospirò,ripensando alla
perdita di entrambi i suoi genitori. Aveva circa l’età della piccola quando era
morta sua madre,ma almeno aveva avuto suo padre accanto a lei..anche se per
troppo poco tempo. Decisamente si sentiva stringere il cuore al pensiero del
dolore della bambina…al pensiero del riaccendersi del proprio dolore.
Si avvicinò di nuovo al letto,e
questa volta non seppe trattenersi.
Tese una mano verso quel viso che
tanto l’aveva spaventata in passato,e che tanto ora la attraeva a sé.
Ma prima che riuscisse a sfiorargli
la guancia,con movimento fulmineo Erik era balzato in piedi,afferrandole il polso
e gettandola riversa sul letto. La guardò ad occhi sbarrati.
“Tu..tu cosa ci fai qui?Perchè mi
hai tolto la maschera!”
Christine ansimava per lo spavento.
“Io..io ero solo entrata..a vedere se..se stavi bene..”
Lui le lasciò il polso,con un
movimento brusco,come se la pelle di lei scottasse.
“Vattene! Madame non sarebbe
contenta di sapere che sei tutta sola qui con me…e nemmeno il tuo prezioso
Raoul,non è vero?”concluse con tono sarcastico.
Christine lo guardò con rimprovero.
“Erik,perché mi tratti così? Io non..”
“Erik!Adesso mi chiami Erik…ma
quante volte con lui mi hai chiamato cosa,bestia..mostro! Adesso è troppo tardi
per cancellare quelle parole! È troppo tardi per cancellare il passato,mi
capisci?”
La sua rabbia la spaventò. Il giorno
precedente le era sembrato freddo..ma ora aveva davanti una specie di
indemoniato.
“Perché mi parli in questo
modo?”replicò Christine balzando in piedi. “Non hai nessun diritto di essere in
collera con me.”
“No,TU non ne hai nessun
diritto!Christine,stiamo sprecando fiato. Io ho tutto il diritto di essere
arrabbiato. Ma nonostante tutto sono anche troppo felice che tu sia viva,troppo
felice di averti rivisto.”
Christine rispose lentamente.
“Anche io sono felice di vederti,di
sapere che sei vivo. Mi riesce difficile credere altrettanto di te,visto il
muro che hai alzato fra noi due.” Non ci fu risposta.
Poi Erik la guardò con sfida e
rancore. “Non hai scritto una parola per tutti quei mesi! Madame e Meg erano
distrutte quanto me..Forse loro sono riuscite a perdonarti,ma io no! Ho passato
mesi senza sapere con certezza se eri viva o morta,perché tu non ti sei degnata
di prendere in mano una maledetta penna!”
“Come potevo scriverti mie
notizie,se pensavo fossi morto da tre anni! Sei stato tu a chiedere a Madame di
tacere…non avrei mai lasciato Parigi se avessi saputo che eri vivo!”
Christine era furiosa adesso. Non
poteva subire in silenzio le accuse di lui.
Il suo comportamento era stato
sbagliato forse…ma era stato il prodotto diretto delle menzogne di lui.
Lui avanzò minaccioso,e lei fece
istintivamente un passo indietro. “Cosa c’è Christine? Ti soffoco?Ti sto troppo
vicino?”Si piegò sul suo viso.”Ti spavento?”
“Sì,sì,sì!”le urlò in faccia lei.
“Lo so,lo so…Sono un mostro! Per
questo ero troppo orribile per meritare il tuo amore! Così diverso da quel
fantoccio..ma immagino che sia lui l’uomo giusto per te. Ha rischiato anche la
vita pur di salvarti!”fece un ghignò sardonico. “Non so cosa mi è successo
quella sera..avrei dovuto impiccarlo in ogni caso,che tu mi accettassi oppure
no. Ma come ho già detto,il passato è passato.”
“Come puoi dirmi queste cose! Non
sai neppure immaginare quanto ho sofferto nel crederti morto!”
“Non ho mai detto che tu non abbia
provato pietà per me.” Il tono era amaro ora.
“Pietà?Pietà,maledizione?!”
Erik incrociò le braccia,in un gesto
stanco.
“Esatto. Compassione.Pensi che non ricordi? “Mesta creatura lontana..quale esistenza è la tua…” avevi
ragione,ovviamente.” Sembrava rassegnato.
“Sai che ti dico?” Christine stava
quasi per scagliarsi contro di lui. “La pietà è anche troppo per te. E’il
prezzo che devi pagare per vivere la tua vita di menzogne! Non ti piace,vero?”
“No,la detesto”replicò lui con
astio,senza indietreggiare di un centimetro.
“E visto che sai bene quanto la
detesti,perché sei venuta qui,stamattina? Per continuare a torturarmi?”
Lei gli indicò la seggiola.
Lui si avvicinò ad essa,e così
facendo vide il blocco degli schizzi.
“Sei venuta a immortalare per sempre
l’orrore del mio viso sulla carta?! Ecco perché mi hai tolto la maschera..Ti
avverto,nessuno crederà che il ritratto sia veritiero. Nessuno che non abbia
visto con i suoi occhi la devastazione del mio viso! Passerai per bugiarda,mia
cara.”
Christine lo guardò con sfida.
“Guarda pure il ritratto,è un tuo
diritto. Anzi,avevo intenzione di regalartelo. Ho disegnato semplicemente ciò
che vedo ogni volta che ti guardo.”
Con aria sprezzante Erik aprì il
blocco all’ultima pagina…
Il mio occhio s'è fatto pittore ed
ha tracciato
L'immagine tua bella sul quadro del
mio cuore;
il mio corpo è cornice in cui è
racchiusa,
Prospettica, eccellente arte
pittorica,
Ché attraverso il pittore devi
vederne l'arte
Per trovar dove sia la tua autentica
immagine dipinta,
Custodita nella bottega del mio
seno,
Che ha gli occhi tuoi per vetri alle
finestre.
Vedi ora come gli occhi si aiutino a
vicenda:
I miei hanno tracciato la tua figura
e i tuoi
Son finestre al mio seno, per cui il
Sole
Gode affacciarsi ad ammirare te.
Però all'arte dell'occhio manca la
miglior grazia:
Ritrae quello che vede, ma non
conosce il cuore.
William Shakespeare, Sonetto
24
Vide il volto di un uomo.
Due occhi di un azzurro intenso che
scivolava inesorabile verso il verde dell’Oceano,pensosi e mobili come nuvole
in un cielo in tempesta.
Una massa di capelli neri come la
pece,scomposti e morbidamente arruffati.
La bocca socchiusa in una specie di
sorriso triste.
La metà sinistra del viso era
assolutamente normale a quella di qualunque altro essere umano…ma la metà
destra era molto,molto diversa.
Un intreccio di verdi germogli e
rosei boccioli copriva le appena accennate deformità della carne,in un magico
effetto di colori. Sembrava così bello,sereno,in pace con il mondo e sé stesso.
Era una visione strabiliante.
Era un volto di Paradiso..un volto
d’Angelo.
Sentì le lacrime pungergli
dolorosamente gli occhi. Lei lo vedeva davvero così?
Non poteva cedere alla
commozione..non doveva… lei lo aveva già ferito in passato…
Sentì la mano di lei sulla propria.
Alzò gli occhi e la vide piangere
sommessamente. Non erano lacrime di dolore,né di rimpianto. Sembravano lacrime
di gioia,di speranza…di tenerezza. Non resistette all’impulso,e la sollevò fra
le braccia.
Come sembrava minuta e
leggera,stretta nel suo abbraccio. Affondò il viso nella massa indomita dei
suoi capelli,e sussurrò con un filo di voce “Perdonami,amore mio…perdonami..”
“Shhh”lo rimproverò dolcemente lei.
“Non dire nulla. Stringimi soltanto. Ora che ti ho ritrovato,non ti lascerò mai
più andare. E’ una minaccia!”scherzò.
Lui si staccò per guardarla negli
occhi. “Spero soltanto che sia una promessa.”
Lei annuì,seria ad un tratto.
“Avremo tempo per spiegazioni e
giuramenti. Prima c’è una cosa che devo assolutamente fare,una cosa molto
importante. Una cosa a cui penso da tre anni ormai.”
Lui la guardò stupito. “Che cos..”
Non potè finire la frase,perché le
labbra di Christine avevano coperto le sue.
Le loro labbra erano quattro rose su
uno stelo,e nell’estate della loro bellezza si baciarono.
William
Shakespeare
Per qualche secondo si chiese se
stesse sognando. Forse era morto,dopo tutto,e se ne rendeva conto soltanto in
quel momento,tramite quella strana scossa che lo pervadeva…
Poi avvertì la meravigliosa
sensazione che solo un’altra volta nella vita gli era stato concesso provare.
Quella notte. Come sembrava lontana…
Fu un bacio tenero,quasi infantile.
La ragazza si staccò da lui e lo
guardò dritto negli occhi. Avvertì quasi un senso di dolore al petto,di
costrizione sovrumana e incontrastabile.
Solo una volta aveva visto gli occhi
di Christine accesi di quella luce speciale,di quello scintillio provocante e
al tempo stesso sincero : durante il loro duetto,sulle note del Don Giovanni
Trionfante.
Christine era stata quasi
trasfigurata da quella musica e dai successi avvenimenti che essa aveva
provocato,e in una notte aveva abbandonato l’innocente mondo dell’infanzia per
diventare una donna.
Era stato lui a mettere in moto
quella catena di eventi,non quel ragazzino con cui lei era fuggita.
D’un tratto il ricordo di
quell’abbandono crudele lo sopraffece. Non sarebbe cambiato nulla.
Prima o poi lei si sarebbe resa
conto di provare ancora orrore per lui,e lo avrebbe abbandonato di nuovo.
“Non lo farò.” Era come se gli
avesse letto nel pensiero.
La ragazza gli prese le mani fra le
sue. Il suo viso era estremamente sereno,tranquillo..
Lo stava guardando come si guarda
l’uomo di cui si è innamorate,non con il ribrezzo che si prova davanti a un
mostro,ad un carnefice.
Questa volta fu lui a baciarla,e il
bacio perse la sua precedente tenerezza,per acquisire disperazione,urgenza e
avidità. Sembravano due leoni famelici,entrambi completamente dimentichi
dell’ambiente esterno e concentrati totalmente sul loro fiero posto,quasi
lottando l’uno contro l’altra in un assalto disperato.
Questa volta,quando si
staccarono,entrambi ansimavano per la mancanza di ossigeno.
Il loro abbraccio era forte e
serrato come quello del naufrago che si aggrappa ad una tavola di legno per
sopravvivere in mezzo ai flutti e alla tempesta che incombe priva di clemenza
su di lui.
In quel momento la porta della
stanza si spalancò,ed entrò Nadir.
Erik si voltò a guardarlo,seccato
per quell’intrusione. L’uomo,rendendosi conto della gaffe commessa nell’entrare
senza annunciarsi,abbassò gli occhi,arrossendo vistosamente e cominciando a
balbettare frasi incoerenti,”Mademoiselle…perdonatemi..io pensavo..ero
sicuro…il mio turno è terminato e ho pensato di..”
Christine si sciolse dall’abbraccio
di Erik e si avvicinò al Persiano.
Gli battè amichevolmente la mano
sulla spalla.
“Nadir,non vi dovete scusare. Del
resto è molto tardi,andrò in cucina a preparare la colazione. Voi dovete
parlare di cose molto più importanti.”
Si voltò verso Erik,un luminoso
sorriso sulle labbra.
“Noi due abbiamo tutta la vita per
riprendere il discorso di questa mattina.” Uscì rapidamente dalla stanza.
Nadir fissò Erik ad occhi
spalancati.
In vita sua,non ricordava di averlo
mai visto sorridere come in quel momento.
“Perdonate davvero questa mia
intrusione…ma questa notte,mentre montavo di guardia, riflettevo su quanto è
accaduto ieri notte. Mi è venuto un sospetto,ecco..anche se ovviamente non ne
ho prove.. Insomma, l’unico nemico qui a Parigi che voi” deglutì a fatica “non
abbiate già ucciso…è il Visconte de Chagny.”
Erik quasi gli scoppiò a ridere in
faccia.
“Sei impazzito per caso? Quel
bamboccio non ha mai fatto male ad una mosca in vita sua.”
Nadir lo guardò con espressione
stupita. Non si aspettava una simile reazione di noncuranza.
“Erik,provate a pensarci. Nella vita
di ogni uomo c’è un momento in cui il desiderio di vendetta può soffocare ogni
sano principio instillato in noi. Perché per il Visconte dovrebbe essere diverso..
Suo fratello è morto”distolse lo sguardo,imbarazzato,sapendo benissimo che era
stato lui ad ucciderlo” e la sua fidanzata prima lo lascia e poi muore
tragicamente. Al posto suo la maggioranza degli uomini si sarebbe tramutata in
una furia…”
“Appunto,la maggioranza degli
uomini, daroga. Ma non Raoul de Chagny.” Il tono era fermo e deciso,privo di
ogni dubbio. Lasciava intendere che il discorso,per lui,era chiuso.
Erik aveva voltato le spalle
all’amico,e ora fissava fuori dalla finestra.
No,non riusciva proprio a vedere
quel ragazzo dietro a tutta quella brutta faccenda.
“Non lo conosci molto bene,Erik.
Quella notte…ho visto una tale determinazione,un tale odio nei suoi occhi..”
Nadir rammentava l’ostinata lotta
del Visconte de Chagny per salvare Mademoiselle Daae…il povero,sciocco giovane
si era convinto che la sua fidanzata fosse stata rapita contro la sua stessa
volontà da un orrido mostro,una sorta di orco delle fiabe occidentali. E,Allah
mi perdoni,riflettè, io l’ho aiutato. A quel tempo ero convinto che Erik non
fosse in grado di amare.
“Quella notte eri d’accordo con lui
ad uccidermi,Nadir. Fossi in te non toccherei più questo tasto in futuro.”
Il tono di Erik ad un tratto si era
fatto gelido e sprezzante.
Nadir rabbrividì. Era certo che non gli avrebbe fatto del
male,ma al contempo non poteva evitare di provare un insano terrore. Dietro
l’apparenza civile e quieta si celava la mente diabolica che lo aveva reso
carnefice a Mazenderan…il più feroce assassino che la storia della Persia
avesse mai conosciuto.
Non gli conveniva davvero
provocarlo.
“Adesso muoviamoci. Bisogna parlare
ad Angelique. Lo farò io,dopo che tu sarai uscito con Meg e Madame. Le
accompagnerai al teatro e rimarrai là con loro fino a sera. Lo farei io se
potessi,ma se qualcuno mi vedesse sarebbe esporle ad un pericolo maggiore. Io
rimarrò qui con Christine e con la piccola.”
La vita, per
essere piena e reale, deve contenere la preoccupazione del passato e
dell'avvenire in ogni attimo del fuggevole presente; il lavoro quotidiano deve
essere compiuto per la gloria dei trapassati e per il benessere dei posteri.
Joseph Conrad
Erik cercò
di usare tutto il tatto possibile nell’informare la bambina.
Ovviamente
non le raccontò la verità,le disse soltanto che la mamma non sarebbe più potuta
tornare da lei per molto tempo,e che l’aveva affidata a lui e Madame
Giry,perché ne avessero cura.
Le disse che
non doveva essere triste,che la mamma non avrebbe voluto vederla piangere.
La piccola
lo guardò,gli occhi già pieni di lacrime,senza dire come di consueto una
parola.
Sedette in
un angolo del salottino e non ci fu più verso di smuoverla.
Fissava nel
vuoto davanti a sé,dondolandosi piano,come se loro neppure esistessero.
Dopo un po’
Erik uscì dalla stanza. Non riusciva ad assistere impotente a quello spettacolo
straziante. Aveva tentato invano molte volte di far uscire la bambina da quel
tunnel di indifferenza,ma non vi era riuscito, né con lusinghe né alzando la voce.
Non sapeva più cosa fare…dannazione! Quella situazione gli stava decisamente
facendo perdere la pazienza…
Uscì a
prendere una boccata d’aria sul pianerottolo,e quando rientrò vide che
Christine aveva abbandonato la poltrona su cui era rimasta seduta pensosamente
per tutto il tempo, e si era rannicchiata a terra accanto alla piccola,che non
si era spostata di un centimetro. Non guardava altro che il vuoto.
“Sai
Angelique? Anche il mio papà e la mia mamma sono andati dove è andata la tua.”
La bambina
non diede segno d’aver udito. Christine proseguì.
“Prima o poi
tutti i papà e le mamme ci vanno. Anche il papà di Meg,e il papà e la mamma di
Madame,di Erik,di Nadir…tutti vanno in quel posto prima o poi. Siamo solo di
passaggio in questo brutto mondo terreno. Quello è un posto bellissimo sai? Non
si può neppure sognare la sua bellezza.Però non ci possiamo andare tutti
insieme. I nostri genitori ci vanno prima di noi, per prepararci il viaggio…non
vogliono rischiare che non ci sia posto anche per noi,capisci? Anche io ho
sofferto tanto,quando il mio papà ci è andato. Non capivo perché mi avesse
lasciata qui,alle cure di Madame Giry. Non ci eravamo mai separati prima di
allora,proprio come te e la tua mamma. Continuavo a chiedermi perché non mi
avesse portato con sé. Avrei fatto la brava,non lo avrei seccato con i miei
capricci. Glielo avrei promesso.” Sospirò,e finalmente la bambina la guardò in
viso.
“Eh sì,ero
arrabbiata e delusa proprio come te. Ma saicome sono riuscita a scacciare la malinconia?” Angelique scosse piano la
testa,evidentemente incuriosita dalle parole della ragazza.
“Grazie
all’aiuto di un angelo..o almeno,pensavo che fosse un angelo. Invece era Erik. Buffo
no? Non credevo che fosse un essere umano,la prima volta che l’ho sentito
cantare. Lui è stato come un fratello maggiore per me,e lo sarà certo anche per
te. Non ti lascerà mai sola. E poi…vorresti anche me come sorella maggiore? Non
ho mai avuto una sorellina,e mi piacerebbe tanto che fossi tu. Sei la bambina
più dolce che abbia mai conosciuto. Ogni volta che ti mancherà la
mamma..cercherò di fare del mio meglio perché tu non soffra.”
La bambina
si alzò e le buttò le braccia al collo,piangendo contro la sua spalla,e gemendo
per il dolore. La sua situazione le sembrava triste,ora,ma meno disperata.
Christine la
prese in braccio e la portò nella sua stanza. Piangere e sfogarsi le avrebbe
fatto senz’altro bene.
Erik era
stupefatto.
Non aveva
mai pensato a Christine in quel modo.
L’aveva
sempre vista come una bambina da proteggere e coccolare,non come una donna
abbastanza forte e determinata da offrire il suo aiuto agli altri.
E invece
eccola lì,materna e sicura di sé,a consolare quella bambina dopo che lui aveva
provato invano per ore..
In my hands A legacy of memories I can hear you say my name I can almost see your smile Feel the warmth of your embrace But there is nothing but silence now Around the one I loved Is this our farewell? Sweet darling you worry too much, my child See the sadness in your eyes You are not alone in life Although you might think that you are Never thought This day would come so soon We had no time to say goodbye How can the world just carry on? I feel so lost when you are not by my side But there's nothing but silence now Around the one I loved Is this our farewell? So sorry your world is tumbling down I will watch you through these nights Rest your head and go to sleep Because my child, this not our farewell. This is not our farewell
Within
Temptations,Our Farewell
Erano passati alcuni giorni.
Erik e Christine non avevano più
avuto occasione di parlare. Non da soli,almeno.
Nonostante la tenerezza che
suscitava in lui l’attaccamento quasi materno di Christine ad Angelique, il
comportamento generale della ragazza non faceva che irritarlo.
Si arrabbiava con lei per ogni
piccolezza.
La sua nuova forza d’animo
nell’affrontare le difficoltà lo innervosiva,e non sapeva spiegarsi bene il
perché.
Non riusciva a capire come potesse
essere così tranquilla…O come potesse sembrarlo,perlomeno.
Cominciò a covare una gelosia
morbosa per lei,di una tale intensità che lui stesso si stupiva del sentimento d’odio
che provava alle volte verso tutti gli occupanti della casa,tranne la bambina
ovviamente.
Non sopportava di vederla sorridere
a qualcun altro,parlare,scherzare.
Vederla stretta in un abbraccio
fuggevole di Meg, vedere la mano di Madame Giry sulla sua spalla o un inchino
rispettoso di Nadir quando la ragazza usciva dalla stanza… lo mandava
totalmente fuori di sé.
Avrebbe voluto gridare, battere i
pugni contro il muro,fracassare qualche mobile..ma doveva trattenersi.
Gli capitava spesso di infuriarsi,ma
non riusciva a restare in collera con lei per più di cinque minuti.
Non si saziava mai di guardarla,di
starle vicino,anche se faceva il possibile perché non si notasse.
Provava un costante sentimento di
tenerezza e di desiderio nei suoi confronti,che aveva bisogno di nutrire più
volte al giorno,e che contrastava nettamente con l’indifferenza che fingeva.
Veniva pervaso quasi da un dolore fisico quando lei si allontanava per svolgere
qualche faccenda.
La risolutezza che celava la sua
naturale timidezza,quella dolcezza quasi opprimente e la sua vulnerabilità gli
laceravano il cuore, rendendolo per la prima volta in vita sua vulnerabile.
Non aspirava ad altro che a
stringerla a sé,a sfiorarla,a sentirla sussurrare il suo nome.
Ma si nascondeva dietro un’alta
barriera di finta e fredda indifferenza. Per il bene di entrambi.
Vorrei dirti le parole più vere, ma
non oso, per paura che tu rida. Ecco perchè mento, dicendo il contrario di
quello che penso. Rendo assurdo il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso.
Tagore
Le prove all’Opera erano state
momentaneamente sospese per dei lavori,ed affidando le donne alla sorveglianza
di Nadir,Erik aveva trascorso quei giorni nei bassifondi della città,che
conosceva assai bene.
Passava il tempo soprattutto nelle
taverne,sapendo bene quante confidenze si lasciano sfuggire gli
ubriachi…confidenze anche riguardo agli omicidi commessi. Sperava di avere un
colpo di fortuna. E poi lì nessuno avrebbe badato a lui. C’erano personaggi
anche più inquietanti ed orribili.
Era palese che chi voleva ucciderlo
aveva commissionato l’omicidio ad un sicario.
Nessuno che lo conoscesse di persona
lo avrebbe mai confuso con una donna minuta come era stata Catherine. La
differenza fra loro non avrebbe potuto essere maggiore.
Purtroppo,non riuscì a ricavare
molto dalla sua indagine.
Sentì solo delle storie su un certo
Pierre,un delinquente della peggior specie,un sicario da poco prezzo, pressoché
sempre ubriaco,che era stato trovato nella Senna con la gola tagliata,e di un
certo Favre,una specie di investigatore privato,radiato dalla polizia anni
prima per corruzione nelle indagini,che era misteriosamente sparito proprio
nello stesso periodo. Stando a sentire la voce del popolo, assai probabilmente
l’uomo era fuggito dopo aver sgozzato il suo scagnozzo,forse per non spartirsi
l’eventuale bottino o ricompensa.
In ogni caso,era una storia che non
lo riguardava.
Il Visconte de Chagny si sentiva
irrequieto come un leone in gabbia. Continuava a percorrere a grandi passi il
suo studio,indeciso sul da farsi.
Erano giorni che non usciva di
casa,e cominciava a subire gli effetti di quella cattività forzata.
Decise infine che un po’di aria
fresca non avrebbe potuto che fargli bene. Lo avrebbe aiutato a schiarirsi le
idee,e ad allontanare gli spaventosi flashback dell’omicidio che aveva
commesso. Il sangue era stato ripulito, il cadavere era già cenere…ma dentro di
lui qualcosa si era irrimediabilmente spezzato.
Avrebbe fatto un giro in carrozza,e
poi sarebbe passato come di consueto al cimitero,a far visita al mausoleo di
Christine e alla tomba di suo padre.
Non si dimenticava mai di deporre un
fiore sulla tomba di Gustave Daae.
Ricordava quanta sollecita dedizione
avesse Christine nel mantenere sempre pulita e in ordine la tomba paterna, e
gli sembrava giusto perpetuare quel gesto in sua memoria…soprattutto quel
giorno. Un piccolo gesto di altruismo per mondare la propria coscienza ormai
dannata…
Afferrò frettolosamente il mantello
e chiamò un servitore,orinandogli di preparare la carrozza.
Che hai, che abbiamo,che ci accade?
Ahi il nostro amore è una corda dura
che ci lega ferendoci
e se vogliamo uscire dalla nostra
ferita,separarci,
ci stringe un nuovo nodo e ci
condanna
a dissanguarci e a bruciarsi
insieme.
Che hai? Ti guardo
e nulla trovo in te se non due occhi
come tutti gli occhi, una bocca
perduta tra mille bocche che baciai,
più belle,
un corpo uguale a quelli che
scivolarono
sotto il mio corpo senza lasciar
memoria.
E come andavi vuota per il mondo
quale una giara color di frumento,
senz'aria, senza suono, senza
sostanza!
Invano cercai in te
profondità per le mie braccia
che scavano, senza posa, sotto la
terra:
sotto la tua pelle, sotto i tuoi
occhi,nulla,
sotto il tuo duplice petto
sollevato,
appena una corrente d'ordine
cristallino
che non sa perché corre cantando.
Perché, perché, perché,
amore mio, perché?
Pablo Neruda
“Ti ho detto di no! Non continuare
ad insistere,tanto non cambierò idea!”
La voce di Erik riecheggiò rabbiosa
nel piccolo appartamento,costringendo Madame Giry e Meg ad affacciarsi preoccupate
e sorprese in corridoio. Che cosa diamine stava succedendo?
“Maledizione Erik,non voltarmi le
spalle mentre ti sto parlando!Non t’azzardare!” Christine sembrava una vera
furia. Era totalmente preda della propria rabbia,che le rendeva la voce anche
più squillante del solito.
Lui gridò di nuovo,esasperato e in
preda all’ira.
“Accidenti! Cosa ti costa darmi
ascolto almeno una volta? Ti pesa troppo per una volta,una soltanto,fare quello
che ti chiedo?” Le strinse il braccio e la bloccò contro il muro.
“Non hai diritto di decidere al
posto mio! Ho deciso di farlo e lo farò,con o senza il tuo dannato permesso!
Per quel che me ne importa!”
Il tono di Christine non era mai
stato così energico ed adirato,mentre si dibatteva per liberarsi dalla sua possente stretta.
Madame Giry sorrise divertita,di
sottecchi. Ora che la ragazza era finalmente cresciuta,avrebbe dato il suo bel
filo da torcere ad Erik…era la prima volta che qualcuno osava mettere in
discussione un suo ordine perentorio!
Erik guardò Christine,infuriata,le
mani sui fianchi.
La ragazza sembrava davvero
determinata a comportarsi come una sciocca.
Cercò di dominare la propria collera
e di parlare con pazienza.
“Ti ho già spiegato perché non
voglio che tu vada al cimitero dei Santi Innocenti. Capisco che desideri far visita a tuo padre,ma qualcuno potrebbe
riconoscerti. Il posto è sempre molto frequentato. Nessuno sa che sei viva,e mi
sembra più prudente che continuino a pensarlo. Se la persona che mi vuole morto
sapesse che tu…insomma,potrebbe pensare di fare del male anche a te. Per colpire
indirettamente me.”
Concluse in fretta,rifiutandosi di
pensare realmente all’eventualità che qualcuno la aggredisse.
Il tono di Christine si addolcì.
“Capisco che tu sia preoccupato per
me,ma so badare a me stessa. Non sono una totale sprovveduta. Oggi è
l’anniversario della sua morte,è molto importante per me poter deporre almeno
un fiore sulla sua tomba.”
Erik ruggì,al limite della propria
pazienza.“Ti ho detto di no! E’ troppo pericoloso!”
“E allora prova ad impedirmelo!”
La ragazza con un moto di stizza
afferrò il mantello e se lo infilò,correndo verso la porta.
Fu Madame Giry a frapporsi fra lei e
l’uscita.
“Christine,Erik ha ragione. Se
qualcuno ti vedesse.. non devi correre questo rischio inutile.”
Christine la fissò ad occhi
sgranati,sentendosi doppiamente tradita.
Erik le mise una mano sulla spalla.
La sua voce non era più adirata.
“Se per te va bene.. andrò io a
portare i fiori a tuo padre,e a recitargli un requiem. Farò attenzione.”
Lei annuì,rassegnata. Cos’altro
poteva fare?
Poteva sfidare Erik,ma due persone
contro cui lottare erano decisamente troppe.
Raoul avanzò
lentamente nel viottolo del cimitero,un mazzo di crisantemi fra le braccia. Era
l’anniversario di morte del padre di Christine,e aveva intenzione di recitargli
un requiem. Christine..se fosse stata viva, lo avrebbe fatto di sicuro.
Quanto tempo
era passato dal periodo felice del suo fidanzamento con Christine!
Quando la
accompagnava ogni domenica,dopo la Messa,a far visita alla tomba
paterna…sembrava passato un secolo,invece di pochi mesi.
Sospirò.
Quel tempo felice non sarebbe mai più tornato. Doveva imparare a farsene una
ragione.
D’un
tratto,svoltando un angolo,gli si gelò il sangue nelle vene.
Accanto alla
tomba di Gustave Daee,stava un uomo.
Alto,imponente,ammantato
di nero…
..con una
maschera bianca a celargli metà del volto. Aveva deposto alcuni fiori sulla
lapide di marmo, e sembrava intento a recitare una preghiera. Si segnò
rapidamente,e scomparì in uno dei viali laterali, frettolosamente, guardandosi
attentamente intorno.
Raoul si
sentì mancare l’ossigeno. La testa iniziò a girargli vorticosamente.
Quel dannato
sicario non aveva portato a termine la sua missione,prima di finire nella
Senna.
Storse la
bocca in un ghigno crudele,mentre ritornava a grandi passi verso la carrozza.
“Avrò la
soddisfazione di torcerti il collo con le mie mani,schifoso bastardo!”
Erik tornò a casa,ed entrò sbattendo
la porta con noncuranza.
Immediatamente Christine si affacciò
dalla camera di Angelique,facendogli grandi cenni di far piano.
La piccola aveva appena preso
sonno,dopo una notte di incubi terribili. Non aveva ovviamente ancora superato
la perdita della madre,nonostante tutti i loro sforzi di restituirle un po’di
serenità.
Entrambi si diressero in salotto. Sedettero
ai due estremi della stanza,l’uno più imbarazzato dell’altra. La situazione non
era facile da affrontare.
Christine gli spiegò che Madame e
Meg,scortate da Nadir,erano uscite per assistere alla messa solenne della
cattedrale. Non sarebbero tornate che fra un paio d’ore. Aveva insistito
affinché lasciassero Angelique a casa con lei. Non le sembrava saggio
trascinare una bambina evidentemente provata in una chiesa affollata. E
poi,avrebbero attirato molto di più l’attenzione..nessuno avrebbe potuto evitare
di ammirare quell’angioletto di incredibile bellezza. Già la presenza del
Persiano avrebbe destato curiosità..meglio non correre inutili rischi.
Lui rimase in silenzio per un
po’,prima di chiedere come stesse la bambina.
“Non ha dormito per quasi tutta la
notte. Ha pianto,smaniato.. ora ho provato a farle bere un po’ di latte caldo
con il miele,e a rimetterla a letto. Sembra finalmente aver trovato un po’di
pace.”
Terminata quella conversazione,fra
loro ripiombò un silenzio inquietante.
Su questa terra possiamo amare solo
col tormento e solo per mezzo del tormento.
DOSTOEVSKIJ
“Erik..posso farti una domanda?”
Improvvisamente la flebile voce di
Christine aveva recuperato quel tono infantile e privo di malizia che aveva un
tempo,e aveva squarciato quella cappa soffocante di silenzio che li avvolgeva.
“Ma certo..dimmi pure.” Cercò di
mostrarsi sicuro di sé.
“Perché hai dato il mio..il nostro
anello ad Angelique? Non sono arrabbiata,sia chiaro…però vorrei saperne il
motivo.” Christine avanzò fino al divano e gli sedette accanto.
Erik chiuse gli occhi. Non era
preparato a quella domanda.
“Christine..pensavo che tu fossi
morta. Ogni giorno in cui avessi preso in mano quel tuo ricordo mi sarei
sentito straziato dal dolore. Ho pensato che fosse meglio regalarlo ad
Angelique…lei mi ricorda moltissimo te,quando eri più piccola. Ha il tuo stesso
sguardo spalancato sul mondo,la tua stessa meraviglia nell’espressione del
viso. Sarebbe stato una specie di anticipo sulla sua dote.”
Christine sentì gli occhi colmarsi
di lacrime. Erik aveva un cuore così gentile sotto quella scorza di durezza e
cinismo ad oltranza…
Lui le asciugò teneramente il viso.
“Amore mio..non voglio vederti piangere..”
Lei fece un mezzo sorriso.
“Non piango per qualcosa che ho
perduto. Ma per qualcosa che ho appena ritrovato.”
Detto questo non gli diede il tempo
di replicare,e lo baciò con passione,le mani perse fra i suoi capelli.
Immersa nella tua bellezza
vedo spiegata la vita
e la soluzione dell'enigma oscuro
svelata.
Immersa nella tua bellezza
voglio pregare.
Il mondo e' santo
perche' tu esisti.
Senza respiro per chiarezza
annegata nella luce,
volevo morire vicina a te,
immersa nella tua bellezza.
Karin Boye
Lui la sollevò e la abbracciò
stretta. I loro corpi si avvinghiarono l’uno all’altro mentre continuavano a
baciarsi.
“Oh Dio Christine,quanto mi sei
mancata…”sussurrò lui con voce roca.
“Anche tu”rispose lei
accarezzandogli la schiena. “Infinitamente”.
Era così bello sfiorargli la
schiena,le spalle,le braccia robuste,le mani delicate.
Lui la strinse a sé,mentre le sue
labbra diventavano sempre più esigenti,e le sue mani più insistenti.
Se devi amarmi, per null'altro sia
se non che per amore; non dire mai:
"L'amo per il sorriso, per lo
sguardo,
la gentilezza del parlare, il modo
di pensare conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno".
Queste
son tutte cose che posson mutare,
Amato, in se' o per te, e un amore
cosi' sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pieta' di lacrime
che bagnino il mio volto. Puo'
scordare
il pianto chi ebbe a lungo il tuo
conforto,
e perderti. Soltanto per amore
amami - e sempre, per l'eternita'.
Elizabeth Barrett
Browning
Lei non riusciva a tenere gli occhi
aperti per l’emozione che la schiacciava,sebbene non volesse perdersi un
secondo di lui,di quella sua espressione indefinibile e meravigliosa.
Il bacio si fece sempre più
profondo,sempre di più,fino a perderli entrambi. Si staccarono ansimanti.
Lei lo fissò,i suoi profondi occhi
ardenti,la bocca umida e socchiusa.
Lui le premette le labbra sulla
gola,e sentì i suoi battiti impazziti.
Anche il suo cuore era in
tumulto,Christine poteva sentirlo battere irregolarmente sotto la sua mano.
Come ti amo? Lascia che ti annoveri
i modi.
Ti amo fino agli estremi di
profondità,
di altura e di estensione che
l’anima mia
può raggiungere, quando al di là del
corporeo
tocco i confini dell’Essere e della
Grazia Ideale.
Ti amo entro la sfera delle
necessità quotidiane,
alla luce del giorno e al lume di
candela.
Ti amo liberamente, come gli uomini
che lottano per la Giustizia;
Ti amo con la stessa purezza con cui
essi
rifuggono dalla lode;
Ti amo con la passione delle
trascorse sofferenze
e quella che fanciulla mettevo nella
fede;
Ti amo con quell’amore che credevo
aver smarrito
coi miei santi perduti, - ti amo col
respiro,
i sorrisi, le lacrime dell’intera
mia vita! - e,
se Dio vuole, ancor meglio t’amerò
dopo la morte.
Elizabeth
Barrett Browining
“Christine..io..devo andare”.
Fece per alzarsi,ma lei glielo
impedì,aggrappandosi al suo braccio con tutta la forza che possedeva.
“Non lasciarmi..”sembrava quasi
supplicarlo.
“Non posso..io non so se riuscirei a
controllarmi..”
Lei gli sorrise. “Non ti ho chiesto
di farlo.”
Erik spalancò gli occhi. Possibile che lei.. In ogni caso non
poteva farlo.
Per fortuna in quel momento la
bambina si risvegliò dal breve sonno e cominciò a piangere, probabilmente
terrorizzata per qualche nuovo incubo appena vissuto.
Lui le baciò le mani,stringendole
teneramente fra le sue.
“Angelique ha più buonsenso di
entrambi noi. Su,andiamo da lei ora.”
Quella
notte,mentre la casa era immersa nel buio e nel silenzio,Christine scivolò
fuori dalla propria stanza.
Entrò nella
stanza di Erik,e si coricò di fianco a lui.
Erik,che già
dormiva, spalancò gli occhi,e provò a protestare.
Lei gli mise
un dito sulle labbra,per farlo tacere.
“Ti prego
Erik..lasciami stendere qui.” Posò il capo sul petto nudo di lui,e sentì il
battito veloce ed irregolare del suo cuore. Lui l’abbracciò e coprì entrambi
con il lenzuolo.
“Christine..”sospirò.”Adoro
sentire i tuoi capelli su di me..ma non puoi rimanere qui.”
Le baciò una
tempia. “E’una cosa da irresponsabili. Io..”
“Shh…va
tutto bene..” Gli baciò il petto e chiuse gli occhi. Giacere fra le sue braccia
le dava un immenso conforto. Lui le accarezzava piano la testa. “Mi
piace”mormorò lei.
Passarono
minuti. Minuti o..forse solo pochi secondi,pochi brevissimi istanti lunghi ai
loro cuori come un’intera eternità.
“Christine,stai
dormendo?”
“No” rispose
lei. Si guardarono negli occhi e sorrisero.
Lei si
avvicinò per baciarlo,ma lui scosse la testa. “No. Tieni lontane le tue
labbra,se vuoi che rimanga calmo.” Lei sorrise a quell’ammissione,e gli baciò
una spalla. Si accarezzarono a lungo.
“Erik..sono
così felice..”
“Anche io lo
sono,ma Christine..”
“Non mi
importa di cosa pensino gli altri” sussurrò lei. “Questa notte dormirò qui con
te. E continuerò a farlo finchè tu mi vorrai accanto a te.”
“Allora per
sempre,Angelo” le rispose lui,abbracciandola con forza ed attirandola a sé.
Non c’era
più bisogno di parole. Christine ebbe sensazione che un incendio la divorasse.
Mi farà sua con violenza e con dolcezza,ebbe solo
il tempo di pensare,consumerà le sue
forze e le mie finchè entrambi non riusciremo a liberarci dai dolorosi rimorsi.
La mattina nascente li sorprese
ancora abbracciati.
Erik non riusciva a credere a ciò
che era accaduto.
La sua Christine era venuta a
lui,spontaneamente…senza alcuna costrizione.
Ora dormiva,raggomitolata nel calore
delle sue braccia,sul viso l’espressione soddisfatta e felice di una gattina.
Lui le carezzò piano i capelli.
Mio
Dio,come lo spiegherò a Madame? Ci farà una sfuriata terribile…
”Anche tu
stai pensando a tutte le scuse che dovremo inventare?” La vocina di lei lo
sorprese,strappandolo alle sue riflessioni.
“Buongiorno amore mio…”le baciò
teneramente la fronte. “Sì,effettivamente stavo proprio pensando…alla faccia
che farà Madame Giry quando si accorgerà che il tuo letto è vuoto. Forse
sarebbe più prudente se tu tornassi di là adesso che tutti stanno ancora
dormendo,e..”
“No”lo interruppe lei con decisione.
“Ho fatto la mia scelta. E non ne sono pentita,né me ne vergogno. Non mi
interessa cosa mi diranno..”
Lui le baciò la bocca con tale
passione,con tale amore che Christine sentì divampare ancora una volta il
desiderio irrefrenabile dentro di sé.
“Christine..perchè sei così
bella?perchè?è una specie di incantesimo in cui sono ormai intrappolato.”
Lei si schermì. “In questo momento
devo essere un vero straccio!Non ho quasi dormito!”
Gli passò pigramente un dito sul
profilo della mascella.”Tu sei bello,amore mio. La creatura più bella che abbia
mai visto. La più perfetta.”
La abbracciò più stretta. “Sei un
dono di Dio. Lui ti ha mandata per ridarmi la fede in un mondo che avevo
imparato solo a temere ed odiare con ferocia e crudeltà.”
Intrecciò una mano con la sua. “Sei
un miracolo,lo sai vero?” Si fermò. “Lui ti ha mandata per redimermi,per
confortarmi,per guarirmi dalla mia aberrante solitudine,malattia mortale..”
Lei scosse energicamente la testa,e
gli chiuse la bocca,sigillandogli le labbra con un bacio.
Lui le sorrise,e la avvolse di nuovo
stretta nel suo abbraccio.
Dopo un po’ le disse:”Va tutto
bene,amore mio?”
Lei non rispose. Ascoltava la melodiosa
cadenza della voce del suo Angelo.
“Christine..” Con le dita descriveva
dei piccoli cerchi sul suo viso,sulla gola,sulla schiena.
“Hai la pelle di una bambina,lo sai?
E capelli di seta…e il respiro delicato di un uccellino..sei assolutamente
divina.La mia piccola dea del canto.”
Lei lo ascoltava,felice,senza muovere
la testa dal petto di lui.
“Per favore,perdonami Christine” le disse
ad un tratto Erik con le lacrime agli occhi,e la mascella serrata.
“Per aver ferito il tuo cuore
perfetto con la mia maschera di indifferenza. Per averti mentito,prima ed ora.
Nel mio cuore non c’è mai stato
nessuno oltre te,non ti è mai stato indifferente,neppure per un solo momento. Non
meritavi nulla di quanto hai passato,di quello che hai dovuto subire anche a
causa mia.
Non puoi neppure immaginare quanto
mi sia costato guardarti andare via con lui,quella notte. Quanto abbia
sofferto,come una bestia condotta al macello. Non potevo fare altrimenti,per il
tuo bene.. ma mi è sembrato di morire,di esserne lacerato.”
“Sono io che dovrei chiederti
perdono per il male che ti ho fatto con il mio comportamento leggero,infantile,
egoista. Ma entrambi abbiamo scontato le nostre colpe. Lasciamoci il passato
alle spalle amore mio,ti prego. L’importante è che ci siamo ritrovati. Era il
nostro destino.”
Si tennero stretti l’uno all’altra
in un abbraccio che era più di un contatto fisico.
Era come se,in uno stato di trance e
di completo abbandono reciproco,i loro corpi si fossero fusi al calore di una
fiamma inestinguibile,e ormai fossero diventati un unico organismo.
Lui sospirò. “Hai ragione. Ma,in ogni caso, qualunque cosa ci
diranno gli altri,hanno ragione. Ci siamo comportati come due pazzi
incoscienti. Ed ora mi resta soltanto una cosa da fare.”
Lei lo guardò,incuriosita. “Di cosa
parli?”
Lui le sorrise,divertito dalla sua
ingenuità. “Mi sembra abbastanza chiaro. Dovrò comprare un altro anello.. e
sposarti! O vuoi diventare una concubina persiana?” Accolse con sollievo lo
scherzoso pugno che lei gli assestò nello stomaco.
Nelle mie braccia tutta nuda
la città la sera e tu
il tuo chiarore l’odore dei tuoi
capelli
si riflettono sul mio viso.
Di chi è questo cuore che batte
più forte delle voci e dell’ansito?
è tuo è della città è della notte
o forse è il mio cuore che batte
forte?
Dove finisce la notte
dove comincia la città?
dove finisce la città dove cominci
tu?
dove comincio e finisco io stesso?
NazimHikmet
Quando si decisero ad alzarsi ed
entrarono in cucina,li attendeva lo sguardo implacabile e severo di Madame.
Nadir era già uscito per
accompagnare Meg alla matineè.
La donna aveva preparato la
colazione alla piccola Angelique,e le stava intrecciando i lunghi capelli
biondi. Non disse una parola,il suo sguardo eloquente non aveva bisogno di
commentare a voce.
Erik e Christine si guardarono di
sottecchi,pervasi entrambi da una gran voglia di ridere,anziché dalla paura.
Il loro legame era diventato più
saldo che mai nel solo volgere di quella notte.
“Non vedo cosa vi diverta tanto. Non
lo vedo davvero!!! Erik,da te non si sa mai cosa aspettarsi. Ma tu
Christine..mi aspettavo un po’ di buonsenso e di contegno almeno da te!”
Madame Giry aveva fatto del suo
meglio per trattenere la propria rabbia e disapprovazione,ma non era riuscita a
tacere a lungo. Come avevano potuto agire in modo tanto avventato e
sconsiderato, senza tener conto delle conseguenze? Eppure non erano più due
bambini!
Erik congiunse le mani davanti a
sé,come a rivolgerle una preghiera silenziosa ed accorata. Un gesto quasi
teatrale,leggermente beffardo ed artificioso.
“Madame Giry,temo che ormai non vi
resti altro da fare che perdonarci. Come si dice, è inutile piangere sul latte
già versato. In ogni caso,spero che nonostante la vostra riprovazione accettiate
di essere la testimone di Christine,alle nostre nozze..Lei lo desidererebbe
tanto.”
Lo sguardo della donna si illuminò
d’improvviso,ed una luce entusiasta le fece brillare gli occhi.
“Avete davvero deciso di sposarvi?
Oh ragazzi miei,è una notizia fantastica! Io..questa non me la aspettavo
davvero!” Sembrava commossa.
Erik le rivolse un’occhiata ora
quasi indignata. Credeva davvero che si sarebbe divertito con Christine senza
pensare di sposarla? Quella donna e i suoi ottusi comportamenti..non l’avrebbe
mai capita,ne era certo!
La piccola si era nascosta dietro
alla gonna di Christine,abbarbicandosi a lei come un piccolo koala.
“E naturalmente”disse la ragazza
prendendola in braccio “la nostra Angelique ci farà da damigella,non è vero
tesoro mio? E verrà a vivere con noi,se lo vorrai..”
Il sorriso di Madame si affievolì di
colpo,come se il castello in aria di cui stavano parlando fosse del tutto
irrealizzabile nella realtà.
“Come farete dopo? Dove andrete? Non
potete rimanere a lungo a Parigi…”
Erik sospirò. Era conscio anche lui
delle difficoltà che si sarebbero presentate ad ostacolare il loro cammino. “Ho
pensato anche a questo,stanotte. Non ne ho ancora discusso con Christine,ma
credo che sarà d’accordo con me… certo,non sarà facile per me imparare lo
svedese,però prometto di fare del mio meglio..”
Sorrise compiaciuto,quasi deliziato
nel vedere gli occhi della ragazza sgranarsi ed accendersi di una luce nuova,
per la sorpresa completamente inaspettata di una simile soluzione.
Madame annuì compunta.”Sì,la reputo
una scelta saggia. Più lontani sarete e meno il passato potrà tornare a
perseguitarvi.Dio solo sa se ve lo meritate.”
Il Signore
ascolta le preghiere di coloro che chiedono di dimenticare l'odio. Ma è sordo a
chi vuole sfuggire all'amore.
Paulo Coelho
Raoul de
Chagny attendeva da ore,in carrozza. L’impazienza lo divorava.
Aveva visto
uscire il Persiano (“Quel traditore!”) e Meg Giry,da quasi due ore ormai.
Quindi,riflettè,in
casa avrebbero dovuto esserci solo Madame Giry.. e lui. Il mostro.
Una fitta di
eccitazione lo percorse,mentre impugnava la pistola sotto il
mantello,accarezzandone l’impugnatura lucida e liscia,quasi con voluttà.
Aveva scelto
quell’arma perché non poteva rischiare che lui reagisse. Quella bestia era estremamente
abile con la spada e con quel dannato cappio orientale,era in grado di uccidere
un uomo prima ancora che quest’ultimo se ne rendesse conto. Sorrise
gelidamente. Ma non avrebbe potuto nulla contro l’acciaio delle pallottole.
Finalmente giunse
il momento che attendeva da tanto,troppo tempo ormai.
La posata
figura di Madame,avvolta nel suo mantello blu scuro,uscì dal
portone,guardandosi furtivamente intorno prima di imboccare la strada che
conduceva al teatro.
E’ora di
agire,si disse il Visconte. Fra pochi minuti tutto sarà finito.
“Erik…Poco fa dicevi sul serio?Mi
riporterai davvero a casa?”
La voce di Christine era poco più di
un sussurro.
Non riusciva a credere che lui
sarebbe stato davvero disposto a riportarla in Svezia,la terra dove era nata,dove
era ancora sepolta sua madre… Le sembrava un sogno,una fantasia irrealizzabile.
Non aveva mai seriamente pensato di fare ritorno a casa. La sua casa,la sua
famiglia..pensava che non sarebbe più riuscita ad abbandonare la Francia,il
proprio lavoro,i propri affetti. Ma tutto questo era prima. Prima di Erik.Ora al suo fianco nulla sembrava impossibile
o irrealizzabile. Ogni sogno poteva diventare realtà.
Lui la guardò seriamente.
“Christine,dovresti sapere che mantengo le mie promesse.”
Lei lo abbracciò. “Hai ragione,come
ho potuto dubitare per un attimo che non dicessi sul serio? !Quella indecisa
fra noi sono sempre stata io!”rise argentina,ma poi ritrovò un tono più serio.
“Perlomeno,fino ad ora. Ma non ho
più alcun dubbio. Ti sposerò non appena ci sarà possibile mettere il naso fuori
di qui.” Un’ombra di tristezza le oscurò il viso. “Mi dispiace solo di non
poter più vedere il professor Verneuil e i bambini..mi ero davvero affezionata
molto a loro..sono stati la mia famiglia negli ultimi mesi..”
Lui le sollevò il mento,guardandola
dritta negli occhi.
“E chi dice che non li rivedrai? Dopo
tutto,tutti gli sposi hanno diritto ad un viaggio di nozze…perfino quelli in
fuga come noi! Marsiglia non è lontana.. E quando ci saremo stabiliti in
Svezia, potrai invitarli a farci visita,d’estate. Abbiamo così pochi amici…dobbiamo
cercare di mantenere un rapporto con loro,non ti pare?
E poi sono ansioso di ringraziare
questo professore..”sospirò.“Se non fosse stato per lui forse tu non saresti
mai ritornata a Parigi,e io sarei ancora qui a piangere la tua tragica morte.”
Il sorriso di Christine svanì. “A
quanto pare Raoul lo sta ancora facendo…”
Erik si scostò bruscamente. Lei si
accorse di aver commesso una gaffe.
“Erik,non intendevo…mi dispiace di
averlo nominato. E’ solo che…vorrei non aver ferito i suoi sentimenti. Non
vorrei aver ferito i sentimenti di nessuno.”
“I sentimenti di nessuno..a parte i
miei” obiettò lui caustico.
“Non è vero. Soprattutto non voglio ferire tuoi.”
“Cosa diavolo intendi dire?” Le
strinse un braccio. “In un modo o nell’altro dovrà darsi pace.. se tu sei
davvero determinata a rimanere insieme a me. A sposarmi.”
Christine si morse il labbro prima
di rispondere.
“Erik,non fare il bambino!Lo sai,lo
avevo lasciato prima ancora di sapere che tu eri vivo…non lo amavo. Ma questo
non mi impedisce di volergli bene…era il mio migliore amico un tempo. Ed ora è
solo al mondo. Tu più di ogni altro dovresti sapere cosa si prova ad essere
soli al mondo,a perdere l’affetto delle persone che ami..”
Lui le rispose con un tono triste ma
intriso di amarezza.
“Credimi,lo so bene. Ma ho vissuto
per anni in una condizione ben peggiore della sua senza che nessuno provasse la
benché minima simpatia per le mie disgrazie. La benché minima pietà. Non sono
adirato con te,ma ti prego non chiedermi di avere compassione di lui!!”
Lei sospirò rassegnata. “Se io fossi
veramente forte,saprei affrontarti meglio. Il fatto è che io..non sono forte,mi
sento indifesa davanti a te. Ho paura di vedere la verità,di vedere il tuo
dolore,tutto ciò che hai passato nella vita,tutto ciò che ti ha indelebilmente
marchiato. Ho paura che tu possa dirmi addio da un momento all’altro,che tu mi
abbandoni perché pensi che io non sia in grado di capirti, di capire la tua
insicurezza e la tua sofferenza. E’una paura con la quale dovrò imparare a
convivere d’ora in poi,suppongo.”
Lui la fissò negli occhi,con estrema
serietà e con un pizzico di preoccupazione.
“E’una paura che non dovrà
affliggerti mai più. A patto che tu d’ora in poi ti fidi ciecamente di me.
Sempre.”
“Lo farò..ma ora”sorrise lei “l’unica
cosa che voglio è che mi abbracci!”
Rimasero stretti per un attimo
così,in silenzio. Poi si sentì bussare alla porta.
“Oh,Madame deve aver dimenticato di
nuovo questi!”cinguettò allegra Christine,afferrando il paio di mezzi guanti della
donna da una mensola e correndo alla porta.
Non appena ebbe aperto l’uscio,si
trovò una pistola puntata alla fronte.. e al di là della canna,lo sguardo
smarrito di Raoul de Chagny che la fissava come se stesse vedendo un vero
fantasma.
“Cosa diavolo…Christine…”
Tutto quello che succede accade
perché deve e se tu osservi con attenzione, vedrai che é proprio così.
Marco Aurelio
Per un attimo la mano del Visconte
tremò,stringendo la pistola,davanti a quella che pensava essere
un’allucinazione. Molto realistica,ma un’allucinazione.
Christine
è morta,morta,morta..
Continuava febbrilmente a ripeterselo,ma
lei era sempre lì,davanti a lui,ad occhi spalancati.
“Christine?Chi è?” riconobbe
immediatamente quella melodiosa,crudele voce che proveniva dall’altra stanza.
Fossero trascorsi cent’anni,non avrebbe scordato quella dannata voce.
Sempre puntando la pistola contro la
tempia della ragazza,la spinse davanti a sé,come a farsene scudo,sussurrandole
sinistro all’orecchio.
“Ma che gradita sorpresa
Christine…dunque anche la notizia della tua morte era falsa? Avete un’abitudine
molto seccante in comune, tu e il tuo prezioso Angelo della Musica..sembrate
non aver nessuna voglia di abbandonare questo mondo. E siete sempre avviluppati
da una tela inestricabile di menzogne.”
Entrò nella stanza antistante,dove
Erik attendeva voltato di spalle il ritorno di Christine. Stava guardando
distrattamente fuori dalla finestra…
“Buon giorno,amico mio. Stavo
appunto dicendo alla nostra Christine come cocciutamente sembriate sfuggire
sempre alla morte. Non è carino da parte vostra…soprattutto non da parte tua.”
Ad Erik gelò il sangue nelle vene
vedendo Christine presa in ostaggio a quel modo…dal Visconte de Chagny.
Maledì la sua dannata sicurezza di
sé…aveva sottovalutato i leciti e saggi
dubbi di Nadir,ed ora si trovavano a pagarne le conseguenze.
E quel che era peggio…le stava
pagando proprio la sua Christine.
Non ti angosciare più
per quello che hai commesso le
rose hanno spine e fango le argentee fonti; nuvole
ed eclissi oscurano luna e sole e
nel più bel germoglio s'asconde orrido verme. Ognuno
di noi sbaglia ed anch'io m'inganno giustificando
le tue offese con analogie umiliando
me stesso per mitigar le tue mancanze, scusando
le tue colpe più di quanto sia l'offesa: poiché
porto attenuanti ai peccati dei tuoi sensi, la
tua parte avversa diventa tuo avvocato - ed
inizia contro me stesso un regolar processo: tale
è la lotta interna fra il mio amore e l'odio, che
fatalmente anch'io mi devo render complice di
quel caro ladro che inclemente mi deruba.
William Shakespeare,sonetto 35
“Ho commesso già due volte l’errore
di credere che fossi morto…non lo farò una terza.”
Il tono di Raoul era perentorio
mentre lo sfidava apertamente. Diede una spinta energica a Christine,sempre
tenendola sotto mira.
“Togli il cordone delle tende,e
legalo. Ben stretto.”
La ragazza non si mosse. Lui le
afferrò un braccio.
“Non hai sentito? Ti ho dato un
ordine!”
Lei alzò gli occhi supplicanti verso
Erik,e lui annuì impercettibilmente.
Si lasciò legare senza opporre la
minima resistenza.
Non voleva che quel folle le facesse
alcun male. Era certo di essere il suo solo bersaglio. Non aveva motivo di
desiderare la morte della donna che una volta amava…che forse amava ancora.
“Come ci si sente,per una volta,ad
ed essere una vittima? Come ci si sente,privi della sensazione di essere
onnipotenti,eh,mostro?” Lo beffava crudelmente.
Dopo essersi assicurato che i nodi
fossero ben stretti,aveva spinto Christine in un angolo,intimandole di non
muoversi. Sembrava del tutto fuori di sé.
La ragazza era pallidissima,ma
stranamente risoluta. Non piangeva,non implorava. Non sembrava essere la sua
Christine,la sua piccola dolce amica… era come se fosse solo una sua copia.
Lo fissava con un misto di rimprovero
e compassione che lo innervosiva notevolmente.
Erik non rispondeva alle sue
provocazioni. Anche questo lo innervosiva.
Aveva programmato quella scena nei
minimi dettagli,negli ultimi giorni. Un folle piano di vendetta.
Lo voleva vedere ribellarsi,voleva
insultarlo fino a piegare il suo orgoglio,voleva che lui lo supplicasse di
risparmiargli la vita per umiliarlo…prima di ucciderlo.
Non aveva alcuna intenzione di
risparmiarlo. Per nessuna ragione al mondo.
La sua vita era stata perfetta fino
a che si era incrociata con quella del famigerato Fantasma dell’Opera.
Voleva fargli provare indicibile
dolore prima di eliminarlo. Voleva piegare la sua volontà ferrea e crudele.
E invece quello gli stava davanti a
capo chino,senza fiatare. Alzava solo di quando in quando lo sguardo per
controllare che Christine stesse bene,una pena infinita negli occhi. Preoccupazione,dolore,angoscia..
gli stava infliggendo tutte queste pene,ma non per sé stesso. Sembrava
interessato solo a quanto accadeva a Christine.
Sentì una fitta di dolore.
Christine non era morta in quel
naufragio,benedetto il Cielo…ma non era ritornata da lui,neppure per
rassicurarlo. Perché? Perché si era comportata in un modo tanto crudele con
lui,che l’aveva sempre amata, rispettata e protetta?
Era volata dritta nelle braccia di
quel feroce assassino,di quel mostro sanguinario.
Questa era la ragazza che aveva
lungamente amato,venerato,idolatrato??
Una pazza fanatica senza dubbio!
Nonostante il disgusto,l’offesa per
quell’abbandonò continuava a possederlo,ingigantendo la sua collera.
Che tu abbia lei non è
tutto il mio tormento eppur
si sa che l'ho teneramente amata; ma
che lei abbia te è quanto più m'accora, una
sconfitta in amore che mi brucia dentro. Amabili
colpevoli, così voglio scusarvi: tu
ami lei perchè ben sai ch'io l'amo; e
così per amor mio ella pure m'inganna lasciando
che il mio amico l'ami per amor mio. Se
perdo te, tal perdita è per lei un vantaggio e
se perdo lei, è il mio amico a trovar tal perdita: entrambi
vi trovate ed io vi perdo tutti e due e
voi, per amor mio, m'infliggete questa croce. Ma
eccone la gioia: lui ed io siamo una sol cosa: o
dolce inganno, ella dunque ama me soltanto
William Shakespeare,Sonetto 42
Era così sprofondato nella
pianificazione della sua vendetta da non rendersi conto della porta che si
spalancava alle sue spalle. Un grido angosciato lacerò l’aria.
Il grido di una bambina terrorizzata.
Sulla soglia stava una bambina
bionda,con il viso stravolto dalla preoccupazione.
Incurante della pistola nella mano
dell’uomo,si slanciò verso Christine e seppellì il viso contro il suo ventre.
Raoul rimase interdetto alcuni
secondi.
Aveva già visto quella bambina,ne
era certo.
Ma dove? Non riusciva a
rammentarsene…
Poi mise a fuoco un ricordo. La
giovane stracciona che si era presentata alla villa qualche mese prima..aveva
una bambina in braccio. Quella bambina.
Riconobbe il delicato profilo,il
piccolo neo scuro sul sopracciglio,quell’espressione grave,così insolita in una
bambina della sua età. La madre,poco più di una ragazzina,gli aveva chiesto
aiuto,dicendo che quella era la figlia di suo fratello.
Raoul aveva sorriso tristemente.
Suo fratello era stato un impenitente
dongiovanni,questo non poteva negarlo.
Ma non c’era modo di sapere se la
bambina fosse davvero figlia sua,e non aveva intenzione di diventare lo
zimbello di tutte le donne di malaffare di Parigi che desiderassero un
vitalizio per i loro figli bastardi.
Anche se doveva ammettere che la
somiglianza della piccola al fratello era notevole…
Forse dopo tutto,nelle vene di
quella bambina scorreva davvero il sangue dei de Chagny.
Si avvicinò alla bambina e la
strappò all’abbraccio di Christine,che protestò invano.
“Lasciala stare,è solo una bambina!”
Lui le rivolse un’occhiata gelida,e
trascinò la bambina recalcitrante in piena luce.
Si accorse con stizza che al collo
portava l’anello che aveva regalato a Christine per il loro fidanzamento,e che
la ragazza gli aveva raccontato di aver perso nel trambusto di quella notte.
Un’altra
bugia.
Sì,non c’era dubbio ora che la
guardava bene in viso.
Era il ritratto del defunto
fratello…il fratello che gli era stato strappato dal micidiale Laccio di
quell’animale. Chissà quanti altri bambini sfortunati pativano una vita di
stenti per colpa di uomini di poca moralità come suo fratello.. scacciò quel
pensiero e si concentrò di nuovo sulla situazione.
La bambina sembrava guardarlo con
rimprovero,sempre senza dire una parola.
Si chiese se per caso fosse muta.
Sogghignò fra sé e sè. Ora sapeva
come far soffrire quel dannato.
“Sai,è davvero una strana
coincidenza. Io e questa piccina ci siamo già visti. Sua madre,una donnaccia della peggior specie,è venuta a strisciare ai
miei piedi qualche mese fa,giurandomi che questa bambina era figlia di mio
fratello Philippe,che lui lo sapeva,e che fino a che era stato in vita aveva
mantenuto entrambe. Sapevo che mio fratello era uno stravagante e un donnaiolo,ma
non immaginavo fino a questo punto. Beh,suppongo che ora dovrò occuparmi io di
questa bambina,d’ora in poi. Starà meglio con me che con una bestia come te.
Non so come possa sopportare la sua vista senza morirne..dimmi,ti ha mai visto
senza la maschera?!”
“Non ti riguarda”replicò Erik
asciutto. “Ma se ti interessa,cercando
di uccidere me hai fatto assassinare sua madre. Era venuta da me per
riprendersi la figlia. E il tuo dannato sicario l’ha pugnalata senza alcuna
pietà.”
Raoul impallidì. Non ne sapeva
nulla,ovviamente..ma si riprese in fretta.
“Sembra che entrambi siamo colpevoli
allo stesso modo verso questa creatura. Io le ho fatto uccidere la madre stando
a ciò che racconti.. ma tu le hai assassinato il padre! Te ne sei forse già
scordato? Lo credo, tanti sono i morti che ti pesano sulla coscienza..non puoi
certo ricordarti di tutti coloro a cui hai strappato la vita dal petto! Non
comportarti dunque come se fossi un santo,perché non sei altro che un demonio
vomitato dall’Inferno!”
Deglutì,tentando di calmarsi. Si
sentiva ardere di rabbia vendicativa.
Poi si rivolse alla piccola,ingentilendo
il proprio tono. “Come ti chiami? Non devi aver paura di me.”
Silenzio.
“Non parla.”lo avvertì Christine.
“Non ha mai detto una parola in vita sua,ce lo ha raccontato sua madre
prima..”ed esitò. “Si chiama Angelique.”
“Angelique…Era il nome di nostra madre.”
D’improvviso il tono si era fatto triste. Era stata senza dubbio un’idea del
defunto fratello. Non aveva davvero più dubbi.
La bambina continuava a guardarlo
con espressione accigliata.
Si sentiva quasi in
imbarazzo,colpevole davanti a quello sguardo innocente e implacabilmente giudice
allo stesso tempo.
“Sì ho deciso..me ne prenderò cura
io. Non appena mi sarò sbarazzato di te,ovviamente.”
Christine sbiancò.
Erik invece non sembrò perdere la
calma,come se avesse accettato passivamente quel destino.
“Promettimi soltanto che non farai
del male a lei ed alla bambina. Non mi interessa altro.”
Raoul fece una smorfia crudele. “La
bambina ovviamente verrà a vivere con me. E’ una de Chagny,e come tale deve
essere allevata. Per quanto riguarda Christine..non temere,non la toccherò
nemmeno con un dito. Non ho alcuna intenzione di prendermi i tuoi
scarti,mostro. Se lei ha preferito te.. beh,avrà il tuo cadavere su cui
piangere. Non è molto “rise in modo agghiacciante”ma io non avevo nemmeno
quello! Christine,come hai potuto,come? Credevo di impazzire per il dolore nel
saperti morta! E tu non hai fatto nulla,assolutamente nulla maledizione!”
Lei alzò su di lui due occhi melanconici
e rassegnati.
“Raoul,dimmi la verità. Hai sofferto
più quando ti ho lasciato o quando hai pensato fossi morta?
Sono certa che nel momento in cui
hai pensato che ero annegata,dentro di te hai tirato un sospiro di sollievo.
Non era umiliante come l’essere stato lasciato,non è vero?”
Si alzò lentamente in piedi e si avvicinò a lui,a piccoli passi.
“Era una storia per cui la gente ti
avrebbe mostrato simpatia,anziché compassione. Il povero,fedele innamorato la
cui fidanzata è perita tragicamente in circostanze da eroina tragica…ben
diverso dall’idiota che si è fatto mollare,e da una semplice ballerina di fila per
giunta!”
“Taci!Tu non sai niente! Non hai
idea di quanto io abbia sofferto,non puoi capire!”gridò lui ferito.
Le sue guance erano avvampate sotto
quell’accusa…che aveva colpito,anche se solo parzialmente, nel segno.
“No,questa volta non mi farai
tacere! Lo sai benissimo che il nostro rapporto non avrebbe mai funzionato..lo
hai capito da solo,nei mesi della mia malattia. Non ti amavo Raoul!E anche tu
non mi amavi..avevi tenerezza e dedizione per me,e non dimenticherò mai come mi
sei stato accanto in quel periodo in cui desideravo solo morire. Ma è stato
proprio quel tempo trascorso insieme ad aprirmi gli occhi. Non sarei mai stata
capace di provare altro che affetto e gratitudine per te. E non è una base
sufficiente su cui fondare una famiglia Raoul! Preferivo passare la vita da
sola piuttosto che diventare tua moglie e rovinare entrambi! Come puoi volerti
vendicare su di lui? Soltanto perché io lo amo..”
Raoul la schiaffeggiò. “Non voglio
sentirti parlare di queste sciocchezze! Tu non lo ami,deve averti ammaliata in
qualche modo,con le sue arti perverse…ma tu non puoi amarlo! Non puoi! Non puoi
amare una bestia simile,un mostro ed un assassino senza sentimenti! Non puoi
essere innamorata di lui invece che di me!” Christine,premendosi una mano sulla
guancia arrossata per lo schiaffo,lo guardò allibita.
Nonostante la sua furia
irrefrenabile e violenta, Raoul stava piangendo.
“Tu non capisci,Christine. Avevo una
vita felice prima di rincontrarti. Avevo un fratello che mi adorava…
Poi lui lo ha ucciso,e per poco non
ha ucciso anche me. Pensavo che ne fosse valsa la pena,comunque:tu avevi
accettato di sposarmi,per me nient’altro contava,e poi credevo che lui fosse
morto! E invece…tu mi hai lasciato Christine,e quando ho pensato che fossi
morta ho creduto che fosse stata una specie di punizione divina. Mi era stato
negato tutto quello che avevo amato. Ma quando l’ho visto,vivo…”
Si avvicinò ad Erik e lo colpi con
forza uno,due,tre volte sul viso,con il calcio della pistola. Non un grido
sfuggì alle sue labbra,ma il sangue schizzò copiosamente,imbrattandogli la
camicia e la maschera di riflessi purpurei. Christine aprì la bocca per
urlare,ma il dolore straziante non le permise di emettere alcun suono.
Riusciva solo a fissare gli occhi
sbarrati in quelli di lui, sofferenti eppure rivolti di lei in una muta
preghiera.. sembrava ancora essere soltanto preoccupato per lei!
Un’unica parola risuonò nella stanza.
Il tono con cui era pronunciata era
carico di angoscia e dolore.
“Pa-pà…”
Erik sembrò quasi tremare a quella
parola inaspettata.
Non aveva mai pensato in vita sua
che un bambino potesse affezionarglisi a tal punto.. non lo aveva mai osato
sperare. Neppure il rapporto che aveva avuto con Reza,il figlio del
Daroga,poteva essere in qualche modo paragonabile a quell’affetto che lo univa
ad Angelique.
Ed ora,nel momento della felicità
più assoluta,nel quale sembrava aver finalmente conquistato l’amore di una
donna e di una famiglia, tutto questo gli veniva crudelmente strappato per l’ennesima,ultima
volta.
La sua vita era stata solo una
mostruosa e continua illusione.. ora perlomeno,tutto sarebbe finito.
Christine spalancò gli occhi per la
sorpresa.
Angelique sapeva parlare dunque…lo
aveva appena fatto! E aveva chiamato Erik..papà..
La commozione le stava velando gli
occhi,così si morse le nocche sbiancate della mano per rimanere il più
possibile lucida. Doveva esserci un modo per uscire da quella situazione,per
salvare la vita di Erik…doveva esserci! E lei doveva assolutamente trovarlo!
Raoul fissò la bambina con odio,come se l’avesse sentita bestemmiare.
Poi riprese il suo racconto carico di odio e risentimento.
“Un giorno,mentre andavo a far
visita al tuo mausoleo…l’ho rivisto. Stavo impazzendo. Da quel momento non sono
più riuscito a pensare ad altro che ad ucciderlo. Ed ora è riuscito ad
incantare non solo la donna che amavo ma anche la figlia di mio
fratello,l’unica parente che mi resta al mondo.Farò in modo che la sua morte
sia lenta e dolorosa,farò in modo che paghi per tutto il male che ha commesso
su questa terra! Ed ora niente e nessuno mi fermerà.” Concluse caricando
l’arma.
“Ne sei sicuro?”riecheggiò una voce
alle sue spalle.
Nessuno ti dimostra più amicizia di
un amico nel bisogno.
Plauto
L'uomo ha
bisogno di qualcuno che gli voglia bene. Basta una persona sola, purché gli
voglia bene davvero, e non sto parlando di grandi scene madri.
Leo Buscaglia
“Avete scordato
per caso qualcosa,madame Giry?” Il tono del ragazzo era velenoso e pungente.
“Effettivamente
sì,monsieur le Vicomte. I miei guanti…e il mio buonsenso. Dovevo pensare che
dietro tutto questo c’era il vostro insaziabile rancore. Sono stata davvero
stupida,e non è da me.Vi devo pregare di uscire da questa casa,ora.La vostra
presenza non è assolutamente gradita.”
Madame avanzò,tendendo le braccia ad
Angelique,che ora sembrava terrorizzata.
“Fermatevi!”
Raoul alzò la canna della pistola,ma la donna sembrava non curarsene,mentre
continuava ad avvicinarsi a lui.
“Andiamo,Visconte,mettete
via quel giocattolo. Potreste farvi del male.”
Raoul sparò
un colpo in aria. Il suono echeggiò possente nell’aria,e fece cadere
dell’intonaco dal soffitto.
Madame
impallidì,ma quello fu l’unico segno del suo spavento.
La bambina
si era rifugiata terrorizzata dietro di lei. La donna fermò a guardarlo,le mani
sui fianchi in un atteggiamento materno e severo nello stesso tempo.
“Raoul…” Era
la prima volta che lo chiamava con il suo nome di battesimo.
“Raoul,perché
vuoi commettere a tutti i costi una sciocchezza? Lascia in pace Christine.
E’stata un’idea mia che non venisse a trovarti,una volta tornata sana e salva a
Parigi.Pensavo che ti fossi rassegnato alla sua perdita,e che il rivederla ti
avrebbe fatto soltanto del male. Mi sbagliavo solo a metà.. Ora sei tu che vuoi
fare del male agli altri. Ma questo non ti riporterà tuo fratello,né una
perduta o illusoria felicità.” Inarcò un sopracciglio,con fare meditabondo. “Ho
sentito cosa dicevi riguardo alla bambina. Non vedo perché dovresti occupartene
ora,visto che ne hai avuto così poca considerazione in precedenza. La bambina
resterà qui con me,..con noi.”
“Maledizione
Madame Giry,andatevene!Portate in salvo Christine e Angelique!”tuonò Erik.
Raoul non vi
badò,e le rise in faccia. “Credete davvero di potermi dare ordini? Non sono una
delle ragazzine del vostro stupido balletto! Dopo che avrò finito qui,porterò
via la bambina con me. Crescerà come figlia di mio fratello Philippe,come una
de Chagny. E fareste meglio a non cercare di ostacolarmi. Non c’è nulla che
possiate fare,del resto.”
Madame
obiettò con un sorriso amaro. “Volete davvero che questa bambina sia fiera di
portare il vostro nome? Allora non macchiate un nome onorato con del sangue
inutile.”
Le agitò contro
la pistola. “Non vi illudiate di fermarmi questa volta. Ancora non so come mai
mi abbiate aiutato quella notte,vista la vostra grande amicizia nei confronti
di questo assassino. Ma da allora non avete fatto altro che ostacolare il mio
rapporto con Christine. Oh,non temete. Non sono qui per strisciare per l’ennesima
volta ai suoi piedi,come un cane. Non la desidero più. Sono qui solo per
compiere la mia vendetta.”
Madame
sospirò. “Raoul,perché ti ostini a comportarti in questo modo? Dopo che lo
avrai ucciso,cosa cambierà nella tua vita?”
Raoul le
sorrise gelidamente. “Avrò la soddisfazione di aver ripulito la terra da parte
della sua feccia.”
Si voltò e
avanzò lentamente verso Erik,che lo stava guardando con sfida.
Madame Giry,
sempre mantenendo il suo sangue freddo,gli si slanciò contro,senza mostrare
alcuna paura.
La donna
ovviamente non possedeva la forza fisica del Visconte,ma lottò
coraggiosamente,con le unghie e con i denti,per salvare la vita dei suoi
protetti. Fu una lotta silenziosa e concitata.
C’era
qualcosa di tragico,macabro eppure commovente in quella scena. Sembrava una
chioccia disposta a tutto pur di salvare i suoi pulcini.
Un tentativo
disperato della Vita di opporsi alla follia portatrice di Morte.
Poi,d’un
tratto,lo sparo.
Madame si
accasciò a terra,ad occhi sbarrati,premendosi una mano sulla spalla da cui
zampillava un fiotto di sangue. Il suo viso si era fatto in un attimo
mortalmente pallido.
La stanza
riecheggiò delle grida di Angelique e di Christine.
Raoul la
guardò scioccato. Non aveva intenzione di fare del male a quella donna.
Un moto di
nausea gli riempì la bocca di saliva amara. La testa cominciò a pulsargli…no,non
era la stessa cosa uccidere da ubriachi un vile ricattatore e ferire a morte una
donna che lo conosceva da anni,una onesta e proba madre di famiglia..
Il rimorso
gli attanagliò il cuore come una morsa.
Maledizione,se solo questa vecchia sciocca non
si fosse messa in mezzo…
Preso nei
suoi pensieri,mentre si chinava a tastarle il polso per sentire se era ancora
viva,non si accorse del pesante attizzatoio d’ottone che gli si stava
abbattendo sulla testa.
Il Visconte cadde pesantemente a terra
riverso.
Alle sue
spalle, Christine gemette,con occhi fiammeggianti,scagliando l’attizzatoio con
violenza in un canto della stanza.
Un tempo non
avrei mai avuto il fegato necessario a fare una cosa simile,riflettè,chinandosi
sul corpo di madame. Nonostante il suo corsetto e la sua camicia si fossero
inzuppati di sangue in pochi secondi,la donna non era morta. Aprì gli occhi.
“Christine…”parlava
con appena un filo di voce. “Vi ho fatto tanto male in passato..anche se non
volevo..”prese un pesante respiro. “Promettimi che..vi prenderete cura di
Meg…lei non deve pagare a causa mia..”
Christine le
sorrise tremante,sollevandola.
“Non dite
sciocchezze Madame Giry. Al più presto sarete di nuovo in piedi,a sgridarci
tutti per il nostro comportamento sconsiderato! Ve lo giuro..non aprirò mai più
la porta prima di essermi assicurata di guardare chi è dallo spioncino!” La
donna fece un mezzo,debole sorriso a quella battuta.
Christine stracciò
l’orlo della propria gonna e le tamponò la ferita. Non sembrava troppo
profonda, sebbene non fosse esperta giudicò che la pallottola l’avesse colta solo
di striscio.
Adagiò
Madame sulla poltrona e corse a slegare Erik,che sembrava troppo scioccato per
poter parlare. Si chinò anche lui su Madame,ed esaminò le condizioni della
ferita. Sospirò di sollievo.
“Madame,non
dovete temere. Non morirete per così poco…”scherzò”non una roccia come voi!
Siete stata molto coraggiosa poco fa.. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza.
Christine…”
Si alzò ed
abbracciò con forza la ragazza,che era ancora scossa da tremiti
incontrollabili,il viso rivolto al corpo che giaceva sul pavimento,in un lago
di sangue.
“Temo..temo
di averlo ucciso Erik!Oh Dio,come ho potuto farlo!”
Lui le
afferrò le spalle e la scosse. “Christine,ascoltami,non avevi scelta. Non credo
sia morto,in ogni caso. Il tuo colpo non può essere stato così forte. Ora
portami bende pulite ed un catino d’acqua. In camera mia devo avere una polvere
antibiotica..vado a cercarla. La scioglierai nell’acqua e mi aiuterai a
medicare Madame. Non possiamo portarla all’ospedale,ci farebbero troppe
domande. Ora sbrighiamoci.”
Mentre
Christine usciva, si volse verso il corpo del Visconte. Provò l’irrefrenabile
desiderio di estrarre il proprio micidiale Laccio. Lo estrasse si tasca,lo
strinse con forza fra le mani. Si inginocchiò accanto all’uomo,tese il
laccio…pochi secondi e tutto sarebbe finito,per sempre… Catherine sarebbe stata
vendicata, e nessuno lo avrebbe più minacciato di strappargli Christine o
Angelique…
Si fermò,il
laccio a mezz’aria e un’espressione feroce sul viso. Incontrò lo sguardo
innocente e sbigottito di Angelique. Lo stesso sguardo che gli avrebbe rivolto
Christine,se lo avesse visto compiere quell’infamia. Uccidere a sangue freddo
un uomo indifeso,incosciente…no,non poteva farlo. E al diavolo anche la
vendetta! Non poteva tradire i suoi più cari affetti per la sua assurda e
sconsiderata sete di sangue.
Velocemente
fece sparire il laccio,mentre Christine tornava trafelata nella sala con tutto
ciò che le aveva chiesto di portare.
Circa
mezz’ora dopo Madame era stata medicata e portata a letto.
Le aveva
somministrato della morfina perché dormisse,ed era ritornato in salotto.
Christine
nel frattempo aveva legato saldamente Raoul,alla stessa sedia su cui un’ora
prima Erik si era sentito prossimo alla tomba. Il ragazzo non era morto,e
neppure ferito in modo troppo serio. Probabilmente gli sarebbe rimasto solo un
mal di testa,come souvenir della giornata. Gli aveva parzialmente tamponato e
ripulito la ferita. Nonostante tutto ciò che era accaduto,non riusciva ad
odiarlo.
Si sentiva
in parte responsabile per le sue azioni scellerate. Era stata lei la vera causa
di tutto. Ancora una volta,aveva sparso morte ed orrore attorno a sé.
Erik rientrò
nella sala e vide Christine,che sedeva
sul divano,cullando fra le braccia Angelique. La piccola si era finalmente calmata.
La ragazza
gli sorrise debolmente,lo sguardo distante.
Erik prese
in braccio la bambina,che gli si rannicchiò contro,posando la testina sulla sua
spalla e chiudendo gli occhi,in una parvenza di pace.
“Come faremo
Erik?” il tono di voce di Christine era privo di emozioni. Sembrava parlare di
una cosa lontana..
“Non lo
so”ammise lui. “Non appena si sveglierà inizierà probabilmente a strillare come
un maiale sgozzato.. Non possiamo tenerlo qui. E lasciarlo andare equivarrebbe
a firmare la nostra condanna a morte. Ci inseguirà fino in capo al mondo,ne
sono certo ormai.”
Christine lo
guardò disperata. “Cos’altro possiamo fare allora? Devi fuggire…devi andartene
immediatamente. Se io accetto di rimanere con lui…potrebbe accantonare i suoi
propositi di vendetta. Raoul non è cattivo,io conosco il suo cuore meglio di
chiunque altro. Se si è comportato così è perché il dolore e la solitudine
hanno preso il sopravvento su di lui. Anche tu..” arrossì,e non riuscì a
terminare la frase.
“Sì,anche io
ho commesso molti gesti scellerati in passato. Non pagherò mai abbastanza per
quello che ho fatto,e Dio mi è testimone non ho intenzione di commettere
un’altra volta un delitto. Neppure per vendicare Catherine. Non posso
ucciderlo, se è la soluzione a cui pensavi,e se lui prima o poi riuscirà a
vendicarsi su di me..non sarà altro che la punizione per i miei peccati. Ma
tu…”
Sollevò su
di lei occhi lucidi e disperati. “Ho accettato una volta di perderti,ora non
potrei. Non sopravvivrei alla consapevolezza che ti sei venduta a lui soltanto
per salvarmi la vita. No. Morirò,se devo, e tu rimarrai con Madame, ed insieme
vi prenderete cura della piccola. Non lasciargliela portare via,Christine.
Promettimelo.”
Gli occhi di
Christine lo fissarono,colmi di autentico orrore. “Non ti prometterò nulla de
genere. Sei pazzo se credi che ti lasci morire senza provare ad impedirlo con
ogni mezzo.”
Lui posò con
delicatezza la bambina sul divano. La piccola sembrava
semi-addormentata,probabilmente per le emozioni forti della mattinata.
Prese il
viso di Christine fra le mani e lo contemplò a lungo,come rapito dalla dolcezza
dei suoi tratti.
Una ridda di
gemiti si levò dall’angolo della stanza.
Erik
sospirò. Il Visconte si era svegliato.
Raoul aveva
la vista offuscata.
Si sentiva
il viso caldo e appiccicoso,e quando provò a sollevare una mano,scoprì di non
potersi muovere. Era legato,legato alla sedia su cui poco prima aveva
inchiodato il suo nemico.
Non sono
stato abbastanza svelto,dovevo finirlo subito,si rammaricò.
Non avrei
dovuto perdere tempo…cos’era successo?
Non
ricordava lucidamente…ah sì,aveva ferito accidentalmente Madame Giry…sarà
morta?si chiese.
Non la
vedeva da nessuna parte….
Spalancò gli
occhi nel vedere le due figure abbracciate accanto a lui.
Christine…
le lacrime gli sgorgarono dagli occhi senza che potesse far nulla per fermarle.
L’aveva
persa,per sempre.
Fu solo in
quel momento che realizzò di aver desiderato quella vendetta per potersi
concentrare sull’odio… non era altro che un espediente per smettere di
soffrire.
Christine si
era sbagliata.
Può anche
darsi che una piccola parte di lui avesse sofferto di orgoglio ferito,quando
lei l’aveva lasciato,ma la realtà è che aveva provato un dolore,una sensazione
di vuoto,una solitudine che lo aveva trafitto come una lancia.
Provare odio
per il Fantasma era stato un mezzo per accantonare quel dolore.
Li
guardò,insieme. Quando aveva scoperto l’esistenza del Fantasma ed il suo legame
con Christine, anni prima,aveva pensato immediatamente a loro come ad una
coppia bizzarra. Impossibile.
Solo nelle
favole per bambini la Bella poteva amare la Bestia,non nella realtà.
Una fugace
occhiata all’abbraccio di quei due,e non ebbe più alcun dubbio.
Gemette,rassegnato.
Doveva
lasciarli andare…la sua vita era spezzata,e non avrebbe mai potuto perdonare al
Fantasma i suoi delitti. Non poteva perdonargli di aver ucciso il suo unico
fratello.
Ma se amava
Christine,e solo Dio sapeva quanto,doveva sacrificarsi per lei.
Perfino
quella bestia ne era stata capace,tre anni prima… Lui avrebbe dovuto fare
altrettanto.
Una lacrima
gli rigò la guancia sporca di sangue.
L’unica
differenza era la completa consapevolezza che lei non sarebbe mai più tornata a
cercarlo,come aveva fatto con Erik. Non lo amava abbastanza per compiere quel
cammino sulle tracce della memoria..
Si schiarì
il più possibile la voce.
“Perdonami,Christine.”
La ragazza
si sciolse dall’abbraccio di Erik e gli andò accanto.
Si
inginocchiò di fianco a lui e gli scostò i capelli dal viso,anch’essi
incrostati di sangue e appiccicati alla fronte.
“Raoul..non
è necessario che mi chiedi scusa. Non è solo a me che hai fatto del male…e lo
sai,non sono mai stata brava nel portare rancore.”
Lui alzò lo
sguardo su di lei,pieno di angoscia e rimorso. “Madame Giry..l’ho..”
“No,non
temere..starà bene. Certo poteva accadere qualcosa di molto più grave. Come hai
potuto fare una cosa simile,entrare qui armato,minacciarci tutti a quel
modo..hai anche terrorizzato Angelique…tua nipote”si corresse. “Non so come ho
potuto non notare la somiglianza fra loro…immagino che certe volte la nostra
vista si diverta ad ingannarci. Poco fa sono rimasta terrorizzata nel
vederti…ed ora invece sei solo il mio dolce,caro Raoul. L’uomo più gentile che
abbia mai conosciuto. Immagino cosa tu abbia passato negli ultimi mesi,e
credimi sono addolorata di aver fatto la mia parte nelle tue sofferenze.”
Lo guardava
con occhi pieni di sincera afflizione.
Lui ne
rimase stravolto,e per l’ennesima volta conquistato. Non poteva resistere a
quegli occhi.
“Hai
ragione,Christine. Ho agito come un pazzo,e sono estremamente sollevato nel
sapere che Madame Giry non è in pericolo.. Non dovete temere. Non cercherò più
di farvi del male,Dio sa che ne ho commesso abbastanza. Vorrei poter tenere con
me la piccola”disse,mentre gli occhi di Christine si stringevano per
l’improvvisa paura del distacco “ma ho deciso di rinunciare anche a questo. La
piccola vi è affezionata..anche troppo,per certi versi” aggiunse guardando Erik
con espressione lugubre.
Poi ritornò
a concentrarsi su Christine. “Sono certo che te ne occuperai nel migliore dei
modi. Ho visto come le sei affezionata. Non potrebbe provare che orrore nel
vivere con me,dopo aver visto il mio comportamento di oggi. Spero soltanto che
crescendo possa perdonarmi e riavvicinarsi a me..”
“Ma certo!
Potrai vedere Angelique ogni volta che lo vorrai,e sono certa che non avrà più
paura di te,quando avrà conosciuti il vero Raoul de Chagny. Un uomo buono.”
Gli
accarezzò piano la guancia,e Raoul si sentì mancare sotto il tocco delicato di
lei. Com’era difficile fare ciò che andava fatto…
Erik fissava
la scena,senza dire una parola. Non si fidava dell’improvviso pentimento di
Raoul de Chagny.
E’ facile
essere docili remissivi e pieni di rimorsi quando si è legati come
salami,riflettè amaramente.
Ma cosa
sarebbe successo quando lo avessero liberato?
Erik
continuava a dubitare della conversione di Raoul,ma dovette cedere alla buona
fede di Christine.
La ragazza
lo sciolse dai lacci,e lo aiutò a ripulirsi la ferita e a medicarla.
Erik non li
perdeva di vista un attimo, girando loro intorno,a distanza,come un leone
intorno alla preda.
La gelosia
si era risvegliata in lui come una fiamma inestinguibile,non sapeva come
dominarsi.
Lasciava
qualche secondo la stanza soltanto per sincerarsi delle condizioni di salute di
Madame,seguito dalla piccola che sembrava non fidarsi di quell’uomo…sembrava
non voler assolutamente rimanere sola
con lo zio.
Dopotutto
non riusciva a provare rancore per Erik anche dopo aver scoperto che aveva
ucciso il suo padre naturale..dopo tutto non lo aveva mai conosciuto. Ma
quell’uomo gli aveva portato via la sua mamma…
Dopo
quell’angosciata parola,papà,che le era sfuggita in quell’istante terribile, la
piccola era di nuovo trincerata nel suo mutismo,ma Erik era fiducioso.
Se aveva
parlato una volta,lo avrebbe fatto ancora. L’avrebbe aiutata lui,con pazienza e
dedizione..
Raoul de
Chagny apparve sulla soglia della stanza di Madame.
Gettò
un’occhiata preoccupata al letto dove giaceva la donna,e sembrò improvvisamente
pallido e fragile. Com’era diverso dall’uomo che qualche ora prima li teneva in
scacco,dominato da furia e cieca vendetta…
“Mi occuperò
io di lei,questa sera stessa andrò a cercare il miglior medico disponibile. In
un modo o nell’altro dovrò ottenere il suo perdono,anche se non lo meriterei.
Penso che in ogni caso sia più prudente che voi ve ne andiate il prima
possibile. Gli spari di oggi avranno allarmato qualcuno…qualche vicino potrebbe
aver avvisato la polizia. Potrebbero venire in questa casa,fare domande nel
quartiere..andatevene. Giuro di non ostacolarvi più.”
Guardò Erik
negli occhi,un misto di rassegnazione e preoccupazione.
“Occupati di
lei..so che non dovrei rammentartelo. Sono certo che la saprai rendere felice.”
Erik
deglutì. L’impegno di quella promessa lo terrorizzava,ma lo rendeva anche
felice.
Attesero il
ritorno di Nadir e di Meg.
La ragazza
ebbe una crisi isterica nel vedere la madre ferita in quel modo,e si scagliò
con tutte le sue forze contro il Visconte,percuotendogli il petto e gridando
come un’indemoniata.
Lui rimase
passivo sotto quei colpi,senza reagire,senza neppure provare a fermarla.
Gli graffiò
il viso a sangue,con ferocia, prima che Christine riuscisse a
fermarla,serrandole le braccia dietro la schiena,tentando di calmarla con la
forza e con le parole.
Quando
finalmente esausta si accasciò a terra,come inebetita e priva di volontà,
Christine la rassicurò sulla reale condizione di salute della madre.
Raoul si
affrettò a chiarire quanto accaduto,con tono vergognoso e imbarazzato.
Si sarebbe
preso cura di Madame,specificò,visto che la colpa di quanto era accaduto era
sua,e sua soltanto. L’avrebbe fatta trasportare alla villa,se fosse stato
necessario,e anche Meg avrebbe potuto trasferirvisi per stare accanto alla
madre.
Christine
rimase di sasso nel vedere la fermezza con cui l’amica rifiutò la generosa
offerta del Visconte.
Con una
grazia quasi regale,che contrastava con il suo abbigliamento modesto,con i
capelli scompigliati e con l’espressione fiera del viso così giovane, disse
soltanto:”Mia madre non ha bisogno di lussi per guarire. Ha bisogno soltanto di
me e di un buon dottore. Ed entrambe le cose”aggiunse con disprezzo”non devono
essere inquinate dal vostro denaro.”
Raoul
abbassò gli occhi,pieno di vergogna. Perfino quella ragazzina aveva più onore
di lui. Si inchinò velocemente alle due ragazze,ed uscì.
Nadir,visibilmente
sconvolto dal racconto che aveva appena udito,sussurrò all’orecchio di Erik “Lo
lasci andare così? Pensi davvero di poterti fidare di lui?”
“No,”mormorò
Erik rassegnato. “Ma Christine è troppo legata a lui. Non posso fargli del
male,l’ho promesso. In ogni caso quel ragazzo nasconde ancora qualcosa.
Credimi, Daroga, non è finita qui.”
Sarai completamente in pace con il tuo
nemico solo quando morirete entrambi.
Kahil
Gibran
L’indomani
stesso Christine ed Erik si sposarono.
Non fu la
cerimonia sontuosa e fiabesca che Christine aveva sempre immaginato. Sin da
quando era piccola,aveva sempre sognato un matrimonio da favola,in una
cattedrale sontuosa,con fiori a profusione e un abito favoloso e romantico.
Aveva sempre
sognato di sposare un Principe Azzurro.
Nulla aderì
a quell’innocente fantasia infantile.
La cerimonia
si svolse in una piccola parrocchia fuori Parigi,nelle prime ore del mattino.
Testimoni furono soltanto Nadir e Meg,in sostituzione di sua madre.
Madame Giry era addolorata di dover
mancare,ma il dottore le aveva ordinato assoluto riposo,e la donna aveva
obbedito. Aveva abbracciato i suoi protetti,e prima che Christine uscisse le
aveva fatto cenno di aprire un cassetto. Dentro,la ragazza vi aveva trovato due
sottili fedi d’oro.
“Sono le
fedi con cui mi sono sposata. Il padre di Meg è morto ormai da tanti anni,e non
ho mai più avuto cuore di indossare quell’anello. Ma il nostro è stato un
matrimonio felice,per quanto sia durato troppo poco..” Sospirò,afflitta dal
ricordo del marito,morto a solo un anno dalle nozze.
“Spero che
vi portino fortuna. Non ho altro da regalarvi,purtroppo. Ma non c’è nessuno che
meriti la felicità più di voi.”
Christine
era commossa dalla sua generosità. L’abbraccio un’ultima volta.
La donna la
strinse forte a sé,gemendo per il dolore che le procurava la spalla ferita,e le sussurrò soltanto “Sii
felice,bambina mia. Lo meriti.”
Il
matrimonio non fu fastoso né festeggiato in pompa magna,ma nel momento del sì
Christine si voltò e incontrò gli occhi emozionati eppur sereni di Erik. In
quegli occhi lesse amore,speranza,fiducia..ma anche una velata malinconia,e un
pizzico di paura. Temeva ancora che lo lasciasse?
Il
parroco,Padre Christophe li guardò con serietà.
“A volte ho
l’impressione che in questi tempi così difficili,i miei poteri siano limitati
dall’assenza di Dio nelle vite peccaminose degli uomini. Ma Dio è ancora
presente nella mia chiesa,e vedo che lo è in voi due,figlioli.
La vostra
unione è voluta da Dio,per la vostra reciproca gioia,per l’aiuto ed il conforto
che darete l’uno all’altra nella buona e nella cattiva sorte. E quando lui
vorrà,perché cresciate nel modo migliore i figli che il cielo vorrà donarvi.
Siete pronti ad impegnarvi l’uno con l’altra?”
“Dio
misericordioso” continuò il prete,”guarda con benevolenza quest’uomo e questa
donna che vivono nel mondo percui tuo
figlio ha dato la vita. Fa’che la loro unione sia un segno dell’amore di Cristo
per l’umanità corrotta dal peccato.Difendi quest’uomo e questa donna da ogni
nemico. Fa’che il loro amore reciproco sia un pegno nei loro cuori,un mantello
sulle loro spalle,un sostegno fra le loro mani.Benedici il loro lavoro,il loro sonno e la veglia,le gioie e i
dolori,la vita e la morte.”
Christine si
accorse che una lacrima di gioia le stava solcando il viso.
Erik si
voltò verso di lei,e le sorrise,sereno e felice.
Le loro voci
furono squillanti nel pronunciare il sì.
Non si vede
bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine-Marie-Roger de Saint Exupery
Sui gradini
della chiesa la sollevò da terra e la fece volteggiare,mentre si baciavano in
estasi.
Nadir e Meg
batterono loro le mani,felici. La luce fioca del mattino iniziava a schiarirsi
con i primi raggi del sole. Christine gli baciò teneramente la guancia.
In quel
momento per lei Erik era più bello del sole che stava sorgendo.
Si
affrettarono verso casa per salutare Madame e per caricare i loro bagagli.
Mentre Erik
si affrettava qua e là per casa, Christine si affacciò alla finestra,e
contemplò per un’ultima volta il paesaggio dei tetti di Parigi. Appena sfiorati
da un pallido sole,sembravano darle il loro addio.
Fu
straziante il momento della separazione dai loro amici. Lacrime e
raccomandazioni si sprecarono.
Christine si
fece ovviamente promettere che sarebbero andati a trovarli il prima
possibile,non appena Madame si fosse sentita meglio. Si sentiva così in colpa
nell’abbandonarla proprio in quel momento di necessità..dopo tutto quello che
aveva fatto per lei..
Madame
l’aveva guardata con un’espressione fintamente severa.
“Io sto
benissimo,nonostante tutti vi affanniate ad affermare il contrario. E voi
dovete iniziare la vostra nuova vita…ne avete veramente bisogno.”
La piccola
Angelique era immensamente triste nel separarsi da quella donna così forte ed
autoritaria,ma così tenera e gentile. Strinse forte la mano di Christine,mentre
si allontanarono in carrozza dal primo posto che la piccola aveva considerato
casa sua.
Non poterono
avere la loro luna di miele a Marsiglia,vista la loro necessità di allontanarsi
dalla Francia quanto prima. Ma Christine aveva scritto al Professor Verneuil la
sera precedente,spiegandogli nel modo più chiaro possibile i turbinosi eventi
delle ultime settimane,ringraziandolo infinitamente per i buoni consigli,e
pregandolo di dare un bacio alle sue “piccole pesti”che le mancavano tanto. Non
appena si fossero stabiliti in Svezia,aveva aggiunto,gli avrebbe comunicato il
nuovo indirizzo,nella speranza di una sua visita estiva.
Prima di
partire consegnò la lettera a Meg,pregandola di imbucarla al posto suo,visto
che erano già in ritardo. Dovevano partire immediatamente per raggiungere in
tempo la nave che li attendeva,in un porto del Nord.
Meg prese la
missiva,e consegnò a Christine un mazzo di fiori che era arrivato quella stessa mattina.
Un mazzo di
non-ti-scordar-di-me.
Era del
Visconte, Christine lo indovinò dal sigillo sulla busta che accompagnava i
fiori.
Dunque Raoul
aveva pensato anche al suo bouquet,riflettè tristemente.
Prese i
fiori e li sistemò in camera di Madame,facendo scivolare la busta in tasca.
Non voleva
che Erik lo sapesse,quella storia lo aveva già provato abbastanza.
Le rose si
sono svegliate di buon mattino per fiorire e sono fiorite per invecchiare.
In un bocciolo hanno trovato la vita e la morte.
Pedro Calderon de la Barca
Quella sera
stessa si fermarono in una piccola locanda sulla strada.
Era molto
tardi,ed Erik era già addormentato. La cingeva possessivamente a sé anche nel
sonno, e per la prima volta nella sua vita aveva un’espressione rilassata. In
pace con il mondo.
Non aveva
più bisogno di lottare, di odiare la vita e l’umanità: ora l’aveva tutta per
sé.
Ora aveva
davvero tutto ciò che desiderava.
Anche la
piccola dormiva,nel suo lettino ai piedi del loro letto.
Christine
fissava suo marito,nella semioscurità,sentendo il proprio cuore scoppiare di
tenerezza.
Poi,un
pensiero amaro si fece strada dentro di lei.
Pensò a
Raoul,a quanto aveva sofferto anche lui a causa del suo comportamento infantile
e sconsiderato. Inghiottì la voglia di compiangerlo,e piano si sottrasse alle
braccia di Erik.
Frugò le
tasche del proprio vestito e trovò il biglietto che aveva accompagnato i fiori.
La
tentazione di gettarlo via era stata forte,ma non ci era riuscita.
L’intestazione
diceva soltanto “Alla mia piccola Lottie”.
Sospirando,stracciò
il sigillo e ne estrasse la lettera.
Mia piccola Lottie,
quanto tempo è passato dall’ultima volta che ti
ho chiamato così? Non lo ricordo più neppure io. Rammento solo il tuo viso,
sorridente e imbarazzato per l’accenno a quel ricordo della nostra infanzia.
Ma non siamo più bambini,piccola Lottie. Tu sei
diventata una splendida giovane donna,ed è giunto il momento che io mi comporti
da uomo,per la prima volta in vita mia.
Non posso implorare il tuo amore per sempre,un
amore che chiaramente hai deciso di riservare ad un’altra persona.
Sono certo che a dispetto di ciò che possa
pensare io o chiunque altro,quell’uomo deve avere delle qualità. Deve essere
buono. Altrimenti non avresti mai potuto innamorartene,e difenderlo con tanta
forza.
Questa sera anche io festeggerò le tue nozze. Ho
già deciso.
Andrò sul tetto dell’Opera Populaire. Rammenti
Christine? Il nostro primo bacio,la sera in cui hai accettato di sposarmi.
Il ricordo mi sembra così irreale che ogni tanto
mi chiedo se non sia stato tutto un sogno.
Appena tornato a casa,ieri pomeriggio,mi sono
affrettato a sistemare ogni cosa. A Madame Giry ho concesso un vitalizio, mi
pare che se lo meriti. Con il suo gesto coraggioso mi ha mostrato cos’è la vera
amicizia.
Alla piccola Angelique ho lasciato ogni altro
mio bene. E’lei l’unica erede della nostra casata,e spero che tu sappia
parlarle di me come di un uomo,e non come del mostro che d’ora in poi popolerà
i suoi incubi. Sono certo che saprai farlo.
Posso vedere i tuoi occhi sbarrati,mentre leggi
queste ultime righe. Sì Christine,ho deciso di uccidermi,questa sera stessa.
Precipiterò dal tetto di quel teatro che è stato
l’inizio della nostra avventura,e che ora ne sarà la fine. Della mia,almeno.
Conosco troppo bene la debolezza del mio
carattere,e l’odio che porto in fondo al cuore per quello che adesso è tuo
marito.
In un momento di rancore,di gelosia,di
ubriachezza potrei sentire di nuovo dentro di me quell’insano desiderio di
uccidere. Le mie mani si sono già sporcate di sangue,non voglio più che accada.
Non piangere Christine. Interpreta il mio gesto
come il regalo di nozze che vi offro.
Ti amerò per sempre,mia piccola,dolcissima
Lottie. Non dimenticarmi mai.
Raoul
Christine
stava tremando,i singhiozzi e le lacrime la scuotevano violentemente.
Quasi non si
accorse di Erik alle sue spalle. Dopo avertentato più volte di scuoterla e calmarla,l’uomo raccolse dal pavimento
il foglietto che vi era caduto.
Sollevò lo
sguardo su di lei,stravolto da quella notizia.
Non aveva
compreso la strana luce negli occhi del Visconte, si era convinto che stesse
meditando qualche altro piano per far loro del male,certo non poteva immaginare
che…
Non trovò
nulla da dire. Potè solo abbracciare sua moglie in silenzio,finchè lei non si
fu calmata.
La loro
nuova vita era iniziata solo da poche ore,e già un uomo pesava loro sulla
coscienza.
Erik si
chiese con amarezza,finirà mai tutto questo?
Non può
piovere per sempre. (da "Il corvo")
Quando
giunsero,due settimane dopo,in vista delle coste svedesi, Christine aveva
accettato il suo dolore.
O perlomeno
lo aveva mascherato. Inghiottito nei profondi recessi della sua anima,a lungo
provata dal dolore.
Non le
sembrava giusto soffrire a quel modo davanti ad Erik.
Non voleva
che fraintendesse il lutto per il suo amico,per il suoquasi-fratello, con un qualche rimpianto per
le scelte compiute. Lei non aveva alcun dubbio.
Si strinse
forte a lui e alla bambina,mentre la sua terra natia la salutava, immersa nel
sole del mattino, scompigliandole i capelli con una brezza fresca che profumava
di casa.
La tua virtù
è la mia sicurezza.
E allora non
è notte se ti guardo in volto, e perciò non mi par di andar nel buio,
e nel bosco
non manco compagnia.
Perchè per
me tu sei l'intero mondo.
E come posso
dire di esser sola se tutto il mondo è qui che mi contempla?
Trascorsero
molti anni. La vita di Erik e Christine non fu perfetta,ma si avvicinò
all’ideale di perfezione che entrambi avevano sperato.
Appena un
anno dopo il loro matrimonio,ebbero il loro primo figlio.
Christine,spossata,teneva fra le braccia quel tenero fagottino,senza aver la
forza di dire una sola parola.
Erik aveva
guardato entrambi,con le lacrime agli occhi,stringendo le manine di
Angelique,anche lei eccitatissima per l’arrivo del “fratellino”.
“Come lo
chiamerai mamma?” le aveva chiesto sorridendo.
Da mesi
ormai la piccola parlava normalmente.
Non solo, ma
Erik con infinita pazienza le stava insegnando a cantare,e la bambina aveva
rivelato un talento a dir poco eccezionale. Presto avrebbe eclissato anche la
bravura di Christine,ma alla donna questo non importava,anzi ne era felice.
Aveva
rinunciato,con grande dispiacere di Erik,al sogno di una carriera da diva.
Aveva
lasciato la musica a suo marito,che in Svezia aveva ricominciato a
comporre,guadagnandosi in breve una grande fama,e si era dedicata all’ultima
sua passione,la pittura.
Aveva aperto
una piccola galleria,e i suoi quadri solari e profumati di Francia erano molto
apprezzati dai nobili del Nord.
Prima che
potesse rispondere alla domanda di Angelique,Erik le strinse teneramente una
mano.
“Penso che
dovremmo chiamarlo Raoul.”
Christine
spalancò gli occhi per la sorpresa. Non avrebbe mai osato chiedere una cosa
simile al marito, nonostante in quei lunghi mesi di gravidanza ci avesse
pensato spesso.
Le sarebbe
sembrato di fargli un torto..e in vece lui,da quell’uomo generoso e amabile che
era,aveva indovinato i suoi pensieri e l’aveva esaudita.
Il sorriso
che gli fece lo ripagò di ogni amarezza del passato.
Il tempo
passò.
Ebbero anche
una figlia,qualche anno più tardi,e la decisione di Erik di chiamarla Madeleine
sancì il suo completo perdono per un passato che lo aveva crudelmente vessato.
Il giorno
del loro venticinquesimo anniversario di nozze,lui si presentò a casa con un
mazzo di splendide rose rosse, legate con un nastro di seta nera. Lei aveva gli
occhi lucidi per la commozione,mentre lo baciava.
“Sei
bellissima.” Le sussurrò lui in quell’abbraccio.
Lei gli
diede un pugno scherzoso sul petto. “Sei un bugiardo!Forse lo ero un tempo..ora
il mio viso è pieno di rughe,e lo sai benissimo!”
Lui le prese
il viso fra le mani,esaminandolo con serietà. “Può essere..ma lo sai che senza
occhiali non vedo più nulla no?”le sorrise,burlandola.
Quando
quaranta inverni assedieranno la tua fronte
e profonde
trincee solcheranno il campo della tua bellezza,
l'orgoglioso
manto della gioventù, ora ammirato,
sarà a
brandelli, tenuto in nessun conto.
Allora, se
richiesto dove la tua bellezza giace,
dove il
tesoro dei tuoi gagliardi giorni,
rispondere
ch'essi s'adagiano infossati nei tuoi occhi
per te
vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto.
Quanta più
lode meriterebbe la tua bellezza,
se tu
potessi replicare: "Questo mio bel bambino
pareggia il
conto e fa perdonare il passare degli anni",
dando prova
che la sua bellezza da te fu data.
Sarebbe
questo un sentirsi giovane quando sei vecchio,
mirare il
tuo sangue caldo quand'esso nelle tue vene e' freddo.
William Shakespeare
Erik morì
pochi giorni dopo,serenamente,nel suo letto,circondato dalla famiglia che
amava.
Era molto
più vecchio di lei,e la vita travagliata che aveva dovuto affrontare gli aveva
minato irrimediabilmente il corpo e lo spirito.
Christine,con
l’aiuto dei figli,ormai adulti,volle far seppellire il marito in terra
francese.
A Parigi,per
la precisione.
Voleva che
nello stesso suolo consacrato riposassero insieme i tre uomini della sua vita.
E voleva
essere sepolta lì anche lei,quando ne fosse venuto il momento.
A Parigi,si
stabilì con Angelique in quella che era stata la residenza de Chagny.
La ragazza
non aveva mai accettato di portare il nome dei suoi veri familiari,ma era
diventata comunque padrona dei loro immensi possedimenti. Non se ne era mai
curata,e aveva ceduto la gran parte della sua fortuna a orfanotrofi ed altri
pii istituti. Aveva conosciuto una vita troppo dura per dimenticarsi di chi non
aveva avuto la sua stessa fortuna.
I figli di Erik e Christine erano entrambi
sposati,ormai,e lei si ritrovava sola.
Raoul aveva
sposato una ragazza svedese,ed era rimasto a vivere in quella terra.
Madeleine
invece aveva da poco sposato il suo più caro amico d’infanzia, Adrienne
Verneuil.
I figli del
professore erano venuti a far loro visita ogni estate,sin dalla loro infanzia,e
Christine aveva notato subito il legame speciale che aveva unito quei due.
Aveva
sorriso,immaginandosi cosa sarebbe accaduto non appena i due bambini fossero
diventati adulti..e ovviamente ci aveva azzeccato.
Ora vivevano
a Marsiglia,con il loro primogenito, appena nato.
Solo
Angelique le era rimasta accanto.
La ragazza,diventata
una splendida donna,era una delle soprano più apprezzate d’Europa,circondata da
uno stuolo di ammiratori,eppure sembrava non aver alcun desiderio di sposarsi.
Cambierà
idea,rifletteva Christine,quando troverà il suo Angelo.
Madame Giry era morta già da diversi anni,e Meg aveva preso il suo posto di
insegnante al Balletto dell’Opera Populaire. Neppure lei si era sposata,ed era
diventata una donna energica e volitiva come sua madre.
Christine
erarimasta la sua migliore
amica,nonostante i lunghi anni lontani.
A volte
bastava loro un solo sguardo per rammentare i lunghi emozionanti anni passati
all’Opera,e tutti gli eventi straordinari a cui avevano assistito. Nessuno
d’altronde le avrebbe credute,se avessero narrato la loro storia.
Christine spirò
serenamente nel sonno,una notte di qualche anno dopo.
I suoi cari
la fecero seppellire accanto all’amato marito,con questa epigrafe.