Frammenti

di Me91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno ***
Capitolo 2: *** Amnesia ***
Capitolo 3: *** Ricordi sfuggenti ***
Capitolo 4: *** Alla ricerca di Ai ***
Capitolo 5: *** Nel loro covo ***
Capitolo 6: *** Verso la verità ***
Capitolo 7: *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 1 - ***
Capitolo 8: *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 2 - ***
Capitolo 9: *** La fuga ***
Capitolo 10: *** Morti e feriti ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il ritorno ***


La storia è completamente frutto della mia fantasia. Se per caso dovesse, involontariamente, assomigliare ad un'altra presente in questo o in un altro sito, avvertitemi che provvederò a controllare e rimediare. Grazie! ^^

Frammenti

 
Il ritorno

15:30

TOC TOC
Il signor Masashi, senza alzare lo sguardo dalla pratica che stava firmando, sbuffò:
«Sì? Chi è?»
La porta si aprì e vi si affacciò una domestica con un vassoio in mano.
«Il suo spuntino, signore.»
Masashi alzò gli occhi dal documento e mostrò un piccolo sorriso, dicendo:
«Finalmente! Avevo una fame...»
La cameriera si avvicinò e posò il vassoio sul tavolo, poi si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.
L’uomo scostò la pratica, afferrò il libro che aveva iniziato a leggere il giorno prima e lo aprì alla pagina dove era arrivato. Prese poi il bicchiere posato sul vassoio e bevve un sorso d’acqua. Afferrò infine il panino alle verdure, proprio come piaceva a lui, che gli aveva portato la cameriera, e addentò un bel boccone, proseguendo la lettura del suo libro. 
 

17:23 

«Guarda Ran! E’ un costume bellissimo!» strillò Sonoko, eccitata, appiccicandosi alla vetrina del negozio «E tu che ne dici, Kazuha? Non credi che mi doni?»
«Mi sembra fantastico!» concordò Kazuha, estasiata, affiancandosi subito a Sonoko.
Ran, invece, incrociò le braccia, storse un po’ le labbra con disappunto e, ad una certa distanza dalla vetrina, commentò:
«Io lo trovo orribile.»
«Ma che dici?!» esclamarono insieme le due ragazze, voltandosi di scatto a guardarla «E’ stupendo!»
L’espressione di disappunto sul volto di Ran si accentuò, quando ribatté:
«Non so se avete notato le due mele rosse sul seno...»
«Certo che sì!» esclamarono quelle.
«E quei due occhi di gatto sulla parte posteriore delle mutande...» insistette Ran.
Sonoko e Kazuha annuirono, affascinate.
Questo per Ran fu troppo ed affermò:
«Insomma, è davvero orribile!»
Sonoko scosse la testa e sospirò, portandosi le mani ai fianchi:
«Eh, Ran... certo che hai dei gusti difficili! Per fortuna ho Kazuha con me!» e sorrise all’amica con la coda di cavallo.
Kazuha, ridacchiando, commentò:
«Peccato il prezzo!»
«Oh, bazzecole.» fece Sonoko con un gesto di noncuranza della mano.
Ran alzò un sopracciglio e le fece notare:
«Non tutti hanno il tuo patrimonio, Sonoko.»
«Anche questo è vero!» rise quest’ultima.
Kazuha lanciò uno sguardo all’orologio e sbuffò, scocciata:
«Ancora non è arrivato!»
Sonoko e Ran si voltarono a guardarla, e la Mori chiese:
«Stai parlando di Heiji?»
«E di chi se no?» ridacchiò Sonoko in un sussurro.
Kazuha non sentì quest’ultimo commento e, annuendo con il capo, sempre spazientita, rispose:
«Già, proprio lui. Mi aveva promesso che sarebbe arrivato alle cinque... e ora sono le cinque e mezzo!»
«Cosa ti importa, dai!» cercò di risollevarla Sonoko con un gran sorriso «Vorrà dire che ci godremo questo pomeriggio di shopping tra sole donne!»
Kazuha annuì, anche se ancora un po’ delusa.
«In ogni modo, trovo strano che Heiji venga a fare shopping con te...» intervenne Ran, con lo sguardo volto al cielo, pensierosa «Shinichi, visto che si annoia sempre quando lo porto a fare spese con me, si inventa sempre una delle sue scuse per non venire...»
«Dovresti parlare al passato, Ran.» si intromise Sonoko, con una mano al fianco e un dito davanti a sé, indicando l’amica «E’ praticamente una vita che Shinichi non si fa vivo.»
«Ah, non me lo ricordare...» sbuffò Ran, seccata.
Kazuha alzò le spalle, dicendo:
«Sono certa che ha i suoi buon motivi.»
«Lo spero per lui!» ribatté Ran, incrociando le braccia.
«Su, dai, pensiamo ad altro adesso!» esclamò Sonoko con la sua grinta «Proseguiamo lo shopping!»
«Oh, sì!» approvò Kazuha, allegra.
«D’accordo.» sospirò Ran, malinconica, con ancora Shinichi in mente.
Ripresero a camminare per l’affollato marciapiede, chiacchierando, quando Kazuha esclamò, indicando un’auto che stava per ripartire da un parcheggio sul lato della carreggiata:
«Ma quella non è la macchina di tuo padre, Ran?»
La ragazza si girò immediatamente a guardare, confermando:
«Oh, sì, è papà! Ma che cavolo fa qui in centro?»
Le tre amiche corsero subito verso la macchina, ancora ferma al parcheggio per via del gran traffico.
Ran si affacciò al finestrino aperto dello sportello del passeggero, ed esclamò con voce squillante:
«Papà! Ma che fai qui?!»
Kogoro, tutto concentrato ad aspettare il suo turno per passare tra tutto quel traffico e impegnato a lanciare qualche imprecazione rabbiosa in direzione di qualche automobilista a suo dire “incapace nella guida”, sobbalzò, spaventato, e si girò verso la figlia.
«Ran! Ma che...?»
«Rispondi prima tu alla mia domanda!» lo zittì la ragazza «Mi stavi spiando? Mi seguivi, per caso? Non vieni mai in centro!»
«Ma che spiando?! Seguendo?!» gridò Kogoro, innervosito «Un mio cliente si è ammalato e non è potuto passare all’ufficio per pagare... per questo sono venuto qui in centro: per andarlo a trovare!»
«Oh...» fece Ran, imbarazzata «Scusami...»
«E tu che fai qui, invece?» domandò Kogoro, sospettoso.
Ran tornò ad accigliarsi e sbottò:
«Papà! Lo sapevo che non mi stavi ascoltando oggi a pranzo! Uff... sono qui con Sonoko e Kazuha per fare un po’ di spese.»
«Ehilà, detective Mori!» salutò radiosa Sonoko alle spalle di Ran, e Kazuha fece un segno di saluto con la mano.
“Ti pareva che non era venuta a fare spese?” pensò ironicamente Kogoro, storcendo le labbra, poi si rivolse a Kazuha:
«C’è anche Heiji con te? Sei la sua ragazza, no? State sempre appiccicati...»
Kazuha arrossì da capo a piedi e Ran rimbeccò il padre:
«Papà! Ma che modi sono?»
«Ma che ho fatto?» fece Kogoro, con voce stridula.
Prima che Ran potesse rispondere, due volanti della polizia sbucarono da dietro un angolo a sirene spiegate, superarono il parcheggio dove era fermo Kogoro, e si andarono a fermare davanti una bella casa poco più avanti.
Kogoro, incuriosito, si affacciò dal finestrino.
L’ispettore Megure stava scendendo in quel momento da una delle auto, seguito da Takagi e altri due agenti, e altri quattro dell’altra volante.
«Io vado a vedere.» decise Kogoro, spegnendo la macchina.
Ran guardò in direzione dei poliziotti che stavano entrando nella casa.
«Chissà cos’è accaduto?» si chiese Kazuha, sorpresa.
«Quella è la casa di Masashi Ikara... è un uomo d’affari amico della mia famiglia.» informò Sonoko, portandosi una mano al mento, pensierosa «E’ un brav’uomo... non capisco cosa sia potuto accadere...»
«Uhm... andrò a controllare.» annuì Kogoro seriamente e si avviò per il marciapiede.
«Credo dovremmo andare a vedere, che ne pensate? Potrebbe essere qualcosa di grave...» propose Ran e le altre due annuirono.
Seguirono Kogoro fin davanti la casa.
«Mi scusi, agente...» il detective interrogò il poliziotto che sorvegliava la porta d’entrata «Sono il detective Kogoro Mori.»
«Buon pomeriggio, detective.» salutò il poliziotto con ammirazione «Posso esserle utile?»
«Mi saprebbe dire che cos’è accaduto qui? Questa non è la casa di Masashi Ikara?»
«Un brutto fatto, detective.» l’agente abbassò di un po’ il tono della voce «Il signor Masashi è morto.»
«Che cosa?» strillò Sonoko, portandosi una mano alla bocca.
«Che fatto orribile...» commentò Kogoro cupamente «Posso entrare?»
«Certamente, detective Mori.» il poliziotto si scostò per farlo passare.
Kogoro si voltò verso la figlia e le sue amiche, tutte quante sorprese dalla notizia, e disse:
«Entrate con me. Se si è trattato di un omicidio, l’assassino potrebbe essere ancora nei paraggi... non mi fido a lasciarvi qui in giro.»
«Va bene.» annuì Ran e lei e le altre due entrarono dietro il detective.
Salirono delle scale e si avvicinarono ad uno studio, davanti al quale si erano riuniti diversi servitori, i poliziotti, due donne in lacrime e tre uomini ben vestiti.
Megure stava interrogando uno dei tre, un bel ragazzo sui trent’anni da folti capelli neri.
«Come le ho già detto ispettore, non ho idea di cosa sia accaduto.
» insistette il giovane visibilmente sconvolto «Quando ho bussato, non ho udito nessuna risposta. Ho aperto quindi la porta e ho trovato mio padre così come è adesso.» e indicò all’interno dello studio.
Kogoro e le tre ragazze avevano la visuale coperta dai servitori ed erano troppo distanti dalla porta per riuscire a scorgere qualcosa.
Megure annuì e continuò:
«Uh uhm... Capisco, signor Masashi, ma poi? Cosa ha fatto?»
Il giovane ragazzo affondò una mano tra i morbidi capelli scuri e, con lo sguardo perso nel vuoto, riprese:
«Mi sono avvicinato alla scrivania e ho posato due dita sul collo di mio padre... verificando che non c’era battito.»
«E poi?» chiese ancora Megure «Ha toccato qualcosa? Spostato qualche oggetto?»
«No, ispettore. Non ho toccato nulla.» rispose il giovane «E poco dopo questa orribile scoperta, Isaki è entrata nello studio e ha lanciato un urlo appena visto mio padre.»
«Sì...» singhiozzò una ragazza appena maggiorenne, con i capelli biondi legati in un’alta coda, gli occhi azzurri lucidi di lacrime e un accento straniero «Io... mi sono spaventata e...» scoppiò di nuovo a piangere, abbracciata all’altra donna di quarant’anni, con gli occhi pieni di lacrime a sua volta.
«E lei in che modo è imparentata alla vittima?» domandò Megure, rivolto alla ragazza bionda.
«Lei è Isaki Kourami.» rispose la donna quarantenne, a posto della giovane ragazza in lacrime «E’ fidanzata con mio nipote, Huya Fouka.» e con il capo indicò un ragazzo di vent’anni, con lo sguardo basso e un’espressione triste dipinta sul volto. Non era un ragazzo bellissimo e sicuramente sfigurava a fianco di Isaki, una bella giovane la quale madre era una famosa attrice americana biondissima.
Megure annuì ancora, mentre Takagi, silenzioso in un angolo, continuava a prendere appunti seriamente.
«Mentre lei dovrebbe essere la signora Masashi, se non sbaglio.» disse l’ispettore, parlando alla donna quarantenne.
Lei annuì:
«Proprio così, ispettore. Ikara era mio marito.» anche lei era una bella donna, dal fisico asciutto, un volto fresco nonostante l’età e da bei capelli castani.
«Infine, lei, signore, chi è?» domandò Megure, rivolgendosi ad un uomo distinto, di forse sessant’anni, con capelli grigi e baffi.
«Sono il fratello di Ikara. Mashito Masashi.» rispose l’uomo con voce profonda.
«Hai segnato tutto Takagi?» chiese Megure.
«Certo, ispettore.» rispose prontamente Takagi.
«Bene e... tu che ci fai qui, Kogoro?» solo in quel momento Megure si accorse della presenza del detective, che stava ascoltando in silenzio.
«Salve, ispettore.» salutò Kogoro, avvicinandosi «Per caso mi trovavo qui in centro, quando ho visto le vostre volanti fermarsi qui... e ho saputo la terribile notizia.»
«Un brutto fatto, già...» concordò Megure «Il signor Masashi era un uomo d’affari molto ricco e rispettato. Mi chiedo chi possa essere l’artefice di questo delitto.»
«Siamo certi sia un omicidio? Era un uomo di cinquant’anni e aveva problemi di cuore, ho saputo. Non è che...» provò il detective, ma l’ispettore lo fermò:
«Vieni a vedere tu stesso.»
Prima che i due potessero muoversi, la signora Masashi chiese:
«Lei non è per caso il famoso detective Kogoro Mori?»
«In persona, signora!» rispose subito Kogoro, pavoneggiandosi.
«La prego, detective!» intervenne il figlio dell’uomo ucciso «Scopra chi ha ucciso mio padre!»
«Lei devi essere il figlio del signor Masashi, non è così?» domandò Kogoro.
«Mi chiamo Yuichi Masashi, detective.» si presentò il giovane «Ci aiuti!»
«Nessun problema, ragazzo!» sorrise Kogoro, entrando nell’ufficio con Megure.
Ran e le sue amiche rimasero invece lontane, non tenendoci particolarmente a vedere un morto.
La scena faceva rabbrividire.
Il signor Masashi era appoggiato scompostamente allo schienale della sedia; gli occhi sgranati e vacui; la bocca spalancata con un po’ di bava che aveva inumidito i baffi. Una mano stringeva ancora convulsamente un bracciolo della sedia, mentre l’altro braccio era a penzoloni.
Kogoro si avvicinò e studiò ad una certa distanza il cadavere, intorno al quale stavano trafficando tre uomini della scientifica giunti precedentemente.
Osservò la scrivania. Su un vassoio d’argento era posato un bicchiere d’acqua mezzo vuoto; accanto era posato un panino alle verdure, a cui l’uomo aveva dato tre grandi morsi; c’era anche un libro apparentemente nuovo, aperto a circa metà, pericolosamente vicino al bordo della scrivania e con una pagina un po’ stropicciata; documenti in pila e un po’ di penne.
«Dunque, ispettore? La causa del decesso?» chiese Kogoro con fare professionale.
«E’ morto avvelenato.» rispose Megure «Con del cianuro.»
Kogoro annusò un po’ vicino il cadavere.
«Già, percepisco un certo odore di mandorle: segno caratteristico del cianuro.»
Poi il detective diede una veloce occhiata ai vari fascicoli e documenti posati sul tavolo, sfogliandone distrattamente qualcuno.
«Come mai quasi tutti gli angoli di questi fogli sono stropicciati?» domandò Kogoro, notando il fatto.
«Non saprei...» confessò Megure.
«E’ per via dell’abitudine di mio fratello.» intervenne noncurante il signor Mashito Masashi, affacciandosi nello studio «Si leccava le dita per riuscire a sfogliare meglio la pagina. Ma così facendo rovinava tutti i documenti.»
«Non sapevo di questa sua abitudine, nonostante fossi sua moglie.» commentò la signora Masashi, sorpresa.
«Nemmeno io ne sapevo nulla.» confessò il figlio della signora.
«Voi non lavorate tutti i giorni con lui. Al contrario di me.» spiegò con calma il signor Masashi «E sapete che adora leggere i suoi libri chiuso qui dentro. Per questo non lo avete mai visto.»
Kogoro annuì, ringraziando l’uomo per la spiegazione.
«Ispettore, analizziamo subito i vari oggetti.» annunciò in quel momento un uomo della scientifica «Abbiamo gli strumenti qui con noi.»
«D’accordo.» annuì Megure, poi si rivolse a Kogoro:
«Noi usciamo. Cerchiamo di ricostruire che cosa possa essere accaduto.»
I due uscirono insieme nel corridoio e Megure esordì ad alta voce:
«Bene, signori. Possiamo accomodarci di sotto? Adesso dovrò interrogare tutte le persone che hanno visto il signor Masashi nelle ultime ore.»
Gli altri accondiscesero e la signora Masashi, chinando un po’ il capo, propose:
«Potremmo andare nel salotto. E’ abbastanza grande per accogliere tutti.»
«Per me va bene.» concordò l’ispettore.
Mentre quella ventina di persone, tra domestici, parenti e un paio di poliziotti, si dirigeva di sotto, le tre ragazze si avvicinarono all’ispettore e al detective.
«Papà... noi cosa facciamo?» domandò Ran.
«Se l’ispettore è d’accordo, verrete in salotto con noi.» disse Kogoro, poi spiegò ad un confuso Megure:
«Avevo detto loro di seguirmi caso mai l’assassino si fosse fatto vivo qui nei paraggi e le avesse aggredite...»
«Beh, non credo che sia armato... e forse è ancora qui in questa casa.» rispose Megure, poi alzò le spalle «In ogni modo, non credo daranno fastidio se rimarranno qui.»
«Vorrei proprio scoprire chi ha così orribilmente ucciso il signor Masashi... era amico della mia famiglia...» mormorò Sonoko.
«E sono certa che con il suo aiuto, detective Kogoro, scoveremo immediatamente l’assassino!» aggiunse Kazuha con convinzione «Lei è bravo quasi quanto Heiji.»
Kogoro fece una smorfia infastidita.
Quasi?” si ripeté con disappunto.
Un giovane ragazzo con un berretto in testa, mischiato tra i domestici che stavano per scendere le scale, aveva udito anche quest’ultima affermazione e, con un piccolo sorriso divertito, decise di scendere anche lui di sotto senza ancora farsi vedere.
Una volta in salotto, Megure si schiarì la voce e iniziò a parlare chiaramente:
«Chi può si segga, per favore, almeno ci sarà meno caos.»
I parenti si sistemarono, tre sul divano, uno in poltrona, e un altro su una delle sedie del bel tavolo. Anche qualche domestico, tra i più anziani, fu fatto sedere sulle sedie. Altri rimasero in piedi vicino la porta chiusa del salotto, accanto i poliziotti. Tra loro si trovavano anche Ran, Sonoko e Kazuha.
«Bene.» continuò Megure, affiancandosi a Kogoro circa al centro del salotto «Secondo il medico legale, l’ora del delitto si può collocare nel lasso di tempo tra le 15 e le 16...»
«Alle 15 non può essere, ispettore.» intervenne timidamente una giovane domestica «Sono passata nello studio del signor Masashi alle 15 e 30 per portargli il suo spuntino pomeridiano... come ogni giorno.»
«E lui era vivo, suppongo.» disse Kogoro.
La domestica annuì:
«Certo, stava firmando dei documenti.»
«Le ha detto qualcosa?» chiese Megure.
La ragazza scosse il capo e rispose:
«Niente. Mi ha solamente confessato di aver fame e io, dopo aver lasciato il vassoio sulla scrivania, me ne sono subito andata.»
«Tutto chiaro.» annuì Megure, poi controllò che Takagi stesse scrivendo tutto, verificando che effettivamente il giovane stava appuntando tutto quanto sul suo taccuino.
«Mentre voi, signori, quand’è stata l’ultima volta che lo avete visto?» chiese poi l’ispettore, interrogando i parenti.
«Io quest’oggi a pranzo, come mio figlio.» rispose per prima la signora Masashi «Poi mio marito si è chiuso nello studio verso le 13 e... non l’ho più visto.» gli occhi le ritornarono lucidi di lacrime.
Il figlio, Yuichi, aggiunse con tristezza:
«Finché io non sono entrato nello studio.»
«E perché era andato da suo padre?» domandò Kogoro.
Yuichi abbassò lo sguardo e, con un piccolo sorriso, ma gli occhi amareggiati, ammise:
«Sono proprietario di una azienda affiliata a quella di mio padre... Oggi ho portato a termine un affare molto importante, firmando il contratto con il magnate di un’altra azienda... Ero andato a dare la buona notizia a mio padre. Mi elogia sempre quando porto bene a termine un compito a me assegnato... mi manca già...»
«Deve essere stato terribile, allora, trovarlo in quello stato...»
«Lei non s’immagina, detective...» mormorò il giovane per risposta.
Megure decise di continuare ad interrogare gli altri parenti e chiese alla signorina Isaki:
«Quando lo ha visto l’ultima volta?»
«Ieri sera, ispettore.» rispose Isaki, con ancora le guance umide «Lo conosco solamente da qualche mese, in realtà... Non sono originaria del Giappone, mio padre è nativo di Tokio, ma si è trasferito a New York da alcuni anni. Lì ha incontrato mia madre, Margareth Amstrong, e si sono sposati...»
«Lei è la figlia di Margareth Amstrong?!» esclamò Kogoro, eccitato «Ma è una delle mie attrici preferite! Ecco, infatti ora se la osservo meglio noto una vera somiglianza con sua madre... oh, siete entrambe bellissime!»
Isaki arrossì completamente, lusingata, mentre Kogoro continuava:
«Il mio film preferito di sua madre è sicuramente “Io, lei e lui”... oppure mi è piaciuto molto “Una rosa rossa nella neve” o anche...»
Megure tossicchiò con un’espressione di rimprovero e Kogoro tacque immediatamente, ricomponendosi e affermando con serietà:
«Continui pure, signorina.»
«Oh, sì...» riprese Isaki, tornando triste «Mi trovavo qui a Tokio per le riprese di un nuovo film di mia madre, circa un anno fa... ed è così che ho incontrato Huya Fouka. Ieri sera abbiamo dato l’annuncio del nostro fidanzamento alla famiglia... c’erano anche i miei genitori qui a cena, ieri... eravamo così felici... ed ero così affezionata al signor Masashi... era un uomo straordinario...» ricominciò silenziosamente a piangere.
Megure si voltò verso Huya che, seduto a fianco di Isaki sul divano, le cingeva dolcemente le spalle, e gli domandò:
«Mentre lei, signor Fouka, è il nipote del signor Masashi, se non sbaglio... e... quando l’ha visto l’ultima volta?»
«Sono il figlio del fratello della signora Masashi, ispettore.» spiegò il giovane, con una bella voce «E... ho visto mio zio per l’ultima volta ieri sera, signore.»
«Uhm...» fece Megure, poi voltò lo sguardo verso il signor Masashi, seduto sulla poltrona, domandando:
«E infine lei, signore...?»
«Sta mattina.» rispose sbrigativo il signor Mashito «Al lavoro. Sono il suo socio... ex socio.»
«Immagino che ora l’azienda passerà in sua proprietà.» notò Kogoro.
«In parte.» fu la risposta dell’uomo.
«Spiegatemi una cosa, signori.» riprese l’ispettore Megure «Il corpo è stato ritrovato alle 17 e 20, e alle 17 e 30 noi della polizia siamo giunti qui. Avete detto che molti di voi non vedevano il signor Masashi, e che quindi non si trovavano qui in questa casa, da ieri o sta mattina... come mai, invece, vi trovo tutti qui, ora?»
«Beh, io e mio figlio abitiamo in questa casa.» rispose subito la signora Masashi.
«E infatti siamo stati gli ultimi a vedere mio padre.» concluse Yuichi.
«Io e Isaki siamo arrivati alle 17.» disse Huya «Isaki voleva invitare la signora Masashi ad andare a fare shopping con lei e sua madre, visto che oggi è sabato ed è una bella giornata. Mentre io l’ho solamente accompagnata, poi sarei tornato a casa mia.»
«Io sono giunto qui alle 16 e 45.» disse invece Mashito «Per sbaglio, Ikara, questa mattina, aveva preso con sé un fascicolo sbagliato. Me ne ero accorto dopo che se n’era andato, perciò ero qui per riconsegnarglielo. Ce l’ho ancora nella borsa.»
«E non è andato nel suo studio?» chiese Megure.
«No, sono rimasto fino le 17 e 20 qui nel salotto con Yuichi.» rispose Mashito, indicando con il capo il ragazzo.
«Sì, abbiamo discusso del contratto che avevo appena firmato.» spiegò Yuichi «Poi gli ho detto di attendere, quando sono salito a chiamare mio padre...»
In quel momento qualcuno bussò alla porta del salotto.
«La scientifica, ispettore.» verificò un poliziotto vicino la porta.
«Arrivo.» annunciò Megure e chiamò anche Kogoro.
Insieme si avviarono alla porta e uscirono nel corridoio fuori, chiudendosela alle spalle.
Rientrarono poco dopo. Sembravano entrambi pensierosi.
«Suvvia, non nascondeteci nulla!» esclamò la signora Masashi «Avete scoperto chi ha ucciso mio marito?»
«Purtroppo ancora no, signora.» rispose l’ispettore «Ma la scientifica ha trovato tracce di cianuro su diversi oggetti... Innanzitutto sul dito medio del signor Masashi, che è stato da poco portato via dal coroner... Poi ci sono tracce del veleno anche sul bicchiere, il panino alle verdure e sulle pagine del libro che stava leggendo.»
«Ora basterà solamente scoprire chi è l’assassino...» intervenne Yuichi, impaziente.
«Oh, problema risolto.»
Tutti i presenti si voltarono verso Kogoro che, dritto e fiero, aveva incrociato le braccia ed esibiva un sorriso soddisfatto.
Anche qualcun altro, nella sala, sorrise, con il volto semicoperto dal cappello. Ma il suo era un sorriso davvero divertito.
«Detective! Ha scoperto chi è l’assassino?» chiese subito Isaki, sorpresa «Così presto?»
«Eh, eh... già!» annuì Kogoro con sicurezza «Nulla di più semplice.»
«Forza, Kogoro, non tenerci sulle spine, allora.» lo incitò Megure, anche se ancora un po’ dubbioso.
«Ebbene, signori...» esordì con enfasi il detective «Il colpevole è...»
Il braccio di Kogoro iniziò ad alzarsi lentamente, mentre il suo dito indice si estendeva.
Infine, con grinta, puntò il dito verso la sua destra e dichiarò a gran voce:
«La domestica!»
«Come?!» strillò la giovane cameriera, portandosi le mani alla bocca, mentre era puntata dal dito del detective e dallo sguardo di tutti.
«Com’è possibile?» fecero Yuichi e Isaki in contemporanea.
«Rebecca?» esclamò con sorpresa la signora Masashi «Ma è una così brava ragazza...»
«Magari all’apparenza, signora!» continuò Kogoro con tono fiero, poi tornò ad indicare la ragazza ed esclamò:
«Confessi! Il panino che hai portato al signor Masashi era avvelenato, non è così?! Il signor Masashi ha dato un bel morso al panino, poi, sentendosi come soffocare, ha bevuto un sorso d’acqua... e infine ha toccato le pagine del libro che aveva aperto sulla scrivania, prima di morire avvelenato! Confessi!»
«Ma... ma io...» balbettò la domestica, sentendosi svenire.
Si alzò un gran brusio nella sala.
«Sei certo di ciò che dici, Kogoro?» domandò Megure, preoccupato.
«Ah, ah! Certo che sì!» ribadì il detective.
«Wow, Ran... tuo padre ha già risolto il caso!» si stupì Kazuha.
Ran storse le labbra.
«Uhm... eppure mi sembra che ci sia qualcosa che non va...» commentò.
«Suvvia, Ran.» la zittì Sonoko scuotendo il capo «Il detective è tuo padre, non tu!»
Kogoro continuò a ridere, soddisfatto di aver risolto il caso.
Ma all’improvviso, tra tutto quel vociare, si levò più alta una voce che, con un tono leggermente sarcastico, commentò:
«Davvero un’ottima teoria, detective Mori...»
Tutti si zittirono, voltandosi a guardare un giovane, con un cappello in testa, un giubbotto leggero, un paio di jeans e le mani in tasca, avanzare tranquillamente verso il centro della sala, concludendo:
«... Peccato sia errata.»
Kazuha, che non riusciva a vedere molto bene, si chiese in un sussurro:
«Che sia Heiji?»
«Non riesco a vedere...» confessò Sonoko, mentre Ran, come lei, cercava di sporgersi un po’ di più per guardare.
Kogoro si accigliò e sbottò:
«Ma davvero?! E chi sei tu per dirlo, eh?»
Il giovane sorrise cordialmente e si portò una mano al cappello.
«Strano non si ricordi di me, detective.» commentò.
Ran riuscì finalmente a vedere. Sgranò gli occhi dallo stupore.
Il ragazzo si tolse il berretto e, continuando a sorridere, si presentò:
«Sono Shinichi Kudo.»

Continua...

Rieccomi qui nella sezione "Detective Conan". ^^ Dopo la prima storia che avevo scritto su questo Anime/Manga, ne avevo iniziata subito una seconda che però non riuscivo mai a portare avanti... Ma ora la buona notizia: la storia l'ho appena conclusa. :D Mi manca solamente l'epilogo, ma ho pronti ben 10 capitoli. Spero che vi piaccia... ^^

Questo periodo sono un po' fissata con le "perdite di memoria" (ho scritto una storia simile in "Dragon Ball" e la sto pubblicando in questi giorni)... XD
Volevo avvertire che questo "omicidio iniziale" non c'entra nulla con tutta la vicenda. E' solo un modo per introdurre la storia, ovvero un'entrata in scena d'effetto per Shinichi. Perciò non preoccupatevi se non ci capirete molto con i nomi; non li dovrete "imparare"! XD In fondo sono nomi giapponesi, se sono un po' "difficili" non è certo per colpa mia. ^^' Comunque ora faccio uno schemino per spiegare meglio le varie parentele che ho descritto (magari vi siete persi qualche figlio o nipote... ^^'):
Il morto si chiama Ikara Masashi. Sua moglie verrà semplicemente chiamata "signora Masashi". Loro figlio è Yuichi Masashi di trent'anni. Il fratello dell'uomo morto si chiama Mashito Masashi, di sessant'anni. Il nipote della vittima (ovvero figlio del fratello della signora Masashi) è Huya Fouka, di vent'anni, fidanzato con Isaki, di diciotto anni, la ragazza bionda figlia dell'americana e di un giapponese.
La storia vera e propria inizierà dal prossimo capitolo. Spero comunque di non avervi annoiato in questo.
Auguro a chi mi seguirà... una buona lettura. ^^

Prossimo aggiornamento Mercoledì 15.

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Capitolo 2
*** Amnesia ***


Amnesia

«Sono Shinichi Kudo.»
Dapprima scese il silenzio totale nella sala, tra un miscuglio di sguardi sorpresi, increduli e confusi.
Poi si alzò un mormorio, curioso e stupito, via via sempre più forte.
«Shi... Shinichi Kudo?» ripeté Kogoro a bocca aperta «Ma ma ma ma... com’è possibile?!»
Shinichi sorrise di nuovo, alzando le spalle con un’aria un po’ da superiore.
«Eh, detective Mori... che le devo dire? Dove c’è un delitto, io ci sono sempre.» affermò con naturalezza il ragazzo.
L’ispettore Megure, ancora incredulo, chiese:
«Quando sei arrivato in città? Sono settimane che manchi, Shinichi!»
«Settimane?» Shinichi gli rivolse uno sguardo davvero sorpreso «Come?»
Prima che l’ispettore potesse dire qualsiasi cosa, Huya esclamò colpito:
«Ma io ho sentito parlare di te! Non sei per caso quel geniale giovane diciassettenne che risolve tutti i casi che si trova davanti?»
«Ecco...» fece Shinichi, in imbarazzo, portandosi una mano dietro la nuca.
«Non intendi mica il brillante figlio del grande scrittore di romanzi Yusaku Kudo?» domandò interessata la signora Masashi.
«Proprio io, sì.» confermò Shinichi, ancora un po’ rosso di imbarazzo per tutti quei complimenti.
Gli occhi della signora Masashi brillarono di ammirazione, quando disse:
«Oh, mio marito era un grande fan di tuo padre, sai? Pian piano mi sono appassionata anch’io ai suoi bellissimi romanzi... La serie del Night Baron è fantastica!»
«Eh, eh... lo riferirò a mio padre, allora.» sorrise il ragazzo.
Megure decise di prendere in mano la situazione, anche considerando il fatto che Kogoro, ancora incredulo e stupito, stava continuando a fissare con occhi sgranati il giovane Kudo. L’ispettore si schiarì quindi la voce e chiese:
«Shinichi, dunque... hai risolto il caso?»
«Oh!» Shinichi si riscosse e tornò a mostrare il suo sorriso sicuro «Certamente.»
Sonoko strizzò di nuovo gli occhi, li strofinò forte con le mani e tornò a guardare. Sì, non c’erano dubbi: quello era Shinichi. Senza staccargli lo sguardo di dosso, sussurrò all’amica:
«Ran, è incredibile, ma... è davvero lui!»
«Dunque è lui il famoso Shinichi Kudo?» fece Kazuha, osservandolo «Uhm... assomiglia un po’ ad Heiji, non trovate?»
Ran non rispose a nessuna delle due. Il suo sguardo era puntato sul giovane ragazzo, la bocca un po’ aperta e il corpo leggermente tremante. Certo che era lui, Shinichi. I folti capelli castani, i brillanti occhi di quell’azzurro intenso e il giovane viso di cui lei, Ran, si era follemente innamorata... Eppure era semplicemente impossibile che fosse lui. Che fosse tornato. Che fosse in quel momento... senza che prima fosse andato a salutarla.
“Shinichi...” fu il pensiero di Ran, mentre gli occhi le si velavano di calde lacrime.
Shinichi portò di nuovo le mani in tasca e, con fare sicuro, iniziò a parlare:
«Come dicevo, il colpevole non può essere la cameriera.»
Mentre la suddetta domestica tirava un sospiro di sollievo, Kogoro tornò in sé e, offeso e accigliato, sbottò:
«Sentiamo! E perché no?»
Shinichi gli sorrise e spiegò:
«Perché il cianuro non si trovava nel panino.»
«E dove, allora?» chiese subito Megure.
«Ispettore» il ragazzo si rivolse a lui «per favore ripeta dove, esattamente, la scientifica ha rilevato le tracce del veleno.»
«Ah, sì.» l’ispettore afferrò un foglio che gli era stato consegnato dagli uomini della scientifica e lesse:
«Pochi residui sulla parte superiore del panino alle verdure; sull’esterno del bicchiere pieno d’acqua; sul polpastrello del dito medio della mano destra del signor Masashi; e, infine, sul margine bianco a destra di cinque pagine del libro che stava leggendo.»
Shinichi annuì e continuò:
«Insomma è chiaro che la domestica non è l’assassina.»
«Ma come fai ad esserne certo, eh?» insistette Kogoro, fermamente convinto della sua teoria.
Shinichi spiegò con calma:
«Se non sbaglio, il signor Masashi ha dato ben tre morsi al suo panino. Il cianuro agisce in fretta; se davvero era contenuto nel cibo allora il signor Masashi sarebbe morto al primo morso.»
Kogoro storse le labbra, dovendo ammettere che il moccioso aveva ragione.
Shinichi non si fermò:
«Inoltre non vi sembra strano che il veleno fosse solo sul polpastrello del dito medio della mano destra della vittima?»
Il ragazzo abbassò lo sguardo, sorridendo con soddisfazione, e proseguì:
«Posso affermare con certezza ciò che ha fatto il signor Masashi in quella stanza tra le 15 e 30 e le 16.»
Calò un silenzio carico di curiosità e tensione, che fu spezzato solo dopo un po’ dalla voce sicura di Shinichi:
«Il signor Masashi, dopo che la domestica si è allontanata, ha afferrato il suo libro, aprendolo alla pagina dov’era arrivato. Ha preso poi il suo bicchiere d’acqua e ha bevuto un bel sorso. Dopo di che ha addentato il suo panino, affamato, dandogli tre morsi. Infine ha iniziato a leggere e, dopo aver letto la prima pagina... è morto.»
«Come fai ad essere certo che è andata così?» chiese subito Yuichi, il figlio del signor Masashi «Sembra tu fossi presente...»
«Beh, una volta che si è capito com’è morto, è semplice ricostruire tutta la dinamica dei fatti.» affermò tranquillamente Shinichi.
«E come è morto?» domandò allora Isaki, in attesa come gli altri.
Mentre tutti lo fissavano interessati, Shinichi, senza abbandonare il suo sorriso, si portò lentamente la mano destra alla bocca e... si leccò il polpastrello del dito medio.
I più sembrarono capire e trattennero il fiato, stupiti.
«Come?!» esclamarono Kogoro e Megure in contemporanea.
Shinichi non badò a loro, bensì volse con calma lo sguardo verso di lui, il colpevole.
Il signor Mashito Masashi ricambiò lo sguardo, tranquillamente, con gli occhi vuoti e inespressivi.
«Lei, signor Masashi, era l’unico a conoscere il vizio di suo fratello. Lo ha detto lei stesso.» disse Shinichi, senza alcuna esitazione «Il cianuro impresso sui lati delle pagine del libro è stato letale per suo fratello, quando... ha voltato pagina.»
Tornò il silenzio nella sala, mentre gli occhi di tutti erano puntati su un distaccato e freddo Mashito Masashi, seduto comodamente sulla poltrona.
Dopo qualche istante, inaspettatamente, sul viso del signor Masashi si incurvò un piccolo sorriso amaro.
«Brutto vizio, quello di mio fratello, già.» commentò Mashito «Penso abbia rovinato praticamente tutti i documenti dell’azienda, per non parlare dei suoi libri, per voltare le pagine inumidendosi il dito medio.» fece una breve pausa, per poi riprendere con calma:
«In ogni modo, meritava di morire.»
«Ma che cosa stai dicendo?!» strillò la signora Masashi, in lacrime, alzandosi di scatto in piedi, mentre Isaki, al suo fianco, tornava a piangere a sua volta, orripilata dalle parole di quell’uomo. Huya la strinse più forte a sé.
«Sei un pazzo!» continuò la signora Masashi, disperata «Mio marito era un uomo gentile, sempre pronto a dare una mano a chiunque. Non aveva mai alzato le mani su di me e su nostro figlio, né tanto meno ci aveva mai rivolto una parola di rimprovero. Era stimato e amato da tutti... come hai potuto ammazzarlo così?!»
«Era perfetto, hai ragione tu.» approvò Mashito con voce vuota «Hai perfettamente ragione. Lui era un brav’uomo, sempre pronto a dare una mano a chi ne aveva bisogno. Eccelleva a scuola, quando era giovane, e aveva un ottimo fiuto per gli affari, grazie al quale ha costruito il suo grande impero finanziario. Era completo. Mentre io... non ero nulla.» pronunciò le ultime parole abbassando il tono della voce e distogliendo lo sguardo.
«Per invidia, quindi?» scattò Yuichi, balzando in piedi immediatamente; il movimento brusco fece cadere la sedia su cui prima era seduto.
«Solo per invidia hai freddamente ucciso mio padre?» ripeté Yuichi, stringendo con forza i pugni.
Il signor Masashi, senza guardarlo, disse:
«Invidia è una parola grossa... beh, forse ero un po’ invidioso, può darsi... Ma non è stato per quello...»
Voltò lentamente lo sguardo verso di lei; uno sguardo freddo e sofferente allo stesso tempo.
E Isaki, colpita in pieno da quello sguardo, si sentì raggelare.
«In realtà è per colpa sua.» concluse Mashito.
Shinichi alzò un sopracciglio, un po’ sorpreso.
“Non avevo intuito anche questo, in effetti.” si ritrovò a pensare.
«Che stai dicendo?» chiese subito la signora Masashi, mentre il viso della bionda ragazza si trasfigurava in un’espressione di profonda angoscia e dolore «Che cosa c’entra Isaki, adesso?»
«E’ solo pazzo!» sentenziò Yuichi, irato.
«Isaki, che sta dicendo?» domandò invece Huya, confuso.
La ragazza si morse un labbro, senza riuscire a rispondere.
Si diffuse un certo bisbigliare per il salotto; erano tutti troppo curiosi di sapere.
Kogoro e Megure, a loro volta, erano davvero interessati.
«Di che cosa sta parlando, signor Masashi?» gli chiese l’ispettore «Che cosa c’entra la signorina Kourami con l’omicidio?»
Shinichi si aprì in un piccolo sorriso perspicace e disse:
«Ispettore, immagino che il signor Masashi intenda che suo fratello si era innamorato della signorina Kourami. Non è così?»
L’intera sala sembrò come trattenere il fiato, stupita, mentre il signor Mashito Masashi continuò, impassibile, a fissare attendo Isaki che, leggermente tremante, abbassò lo sguardo.
Huya, sorpreso quanto gli altri, non riusciva affatto ad accettare una simile notizia, quindi avvicinò un po’ di più il viso a quello della bella ragazza seduta al suo fianco, sussurrandole:
«Isaki... non dirmi che...»
«E’ vero.» mormorò la giovane, sempre tenendo lo sguardo basso.
La signora Masashi, tramante, chiese:
«E quindi... tu lo sapevi?»
Isaki annuì con il capo e rispose:
«Fu proprio lui, Ikara, a dirmelo... un paio di settimane fa.»
La signora Masashi aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi non vi riuscì e si voltò appena di lato, incrociando le braccia e portandosi la mano destra sulle labbra tirate, con gli occhi lucidi puntati altrove.
Yuichi, del tutto impreparato anche a questa notizia, si sentì quasi svenire, perciò si rimise pesantemente seduto sulla sedia che aveva fatto precedentemente cadere, ma che un diligente servitore aveva rialzato. Solo dopo qualche secondo riuscì a dire:
«Non mi sembra possibile.»
«Invece è così.» ribadì a mezza voce la giovane, torcendosi le mani.
Huya, al suo fianco, con uno sguardo smarrito, le domandò istintivamente:
«Ma tu non lo amavi... vero?»
Isaki si morse con forza il labbro inferiore, mentre gli occhi le si velavano nuovamente.
Il silenzio in cui rimase, fu come una conferma per il ragazzo al suo fianco che, ferito, allontanò lentamente il braccio che ancora cingeva la vita di Isaki. A lei uscì un singhiozzo, percependo il movimento.
D’improvviso, inaspettatamente, il signor Masashi, comodo sulla sua poltrona, iniziò a ridacchiare.
L’attenzione tornò di nuovo su di lui che disse, sarcastico:
«E certo che lo amava! Amava i suoi soldi, ecco cosa!»
«Taci!» gridò Isaki, singhiozzando, volgendogli uno sguardo carico d’odio «Tu non sai com’è andata! Non lo sai!»
«Sì, invece, che lo so!» la zittì lui con grinta «Fu proprio mio fratello a raccontarmi tutto, sai? E me lo raccontò dopo la vostra prima, e a quanto pare unica, notte di amore!»
Isaki si sentì letteralmente morire, colta da un profondo gelo.
Si alzò brusio incredulo e sorpreso; alla signora Masashi uscì un gemito sofferente, ma non si voltò a guardare i suoi parenti; Yuichi serrò le dita sui braccioli della sedia su cui si trovava, non sapendo cosa pensare; e Huya, confuso e stupito, abbassò lo sguardo, stringendo con forza le mani sulle ginocchia.
«Sorpresa che io lo sappia, non è così?» riprese il signor Masashi, con una punta di malignità «Ma sai, mio fratello si sentiva in colpa. Terribilmente. Tre giorni fa è venuto da me, confessandomi quanto accaduto. Ti amava, Isaki... ma credo che, forse, amasse di più sua moglie.» alzò lo sguardo verso la signora Masashi che sussultò leggermente. Tornò poi a concentrarsi su Isaki, con un’espressione diversa e un tono di voce più basso:
«E così non era più l’uomo perfetto di sempre. Aveva una pecca, adesso. Una pecca chiamata Isaki Kourami.»
La ragazza si coprì il volto con le mani, piangendo disperata.
Mashito continuò:
«Eppure, Isaki, ieri sera hai dato l’annuncio del tuo fidanzamento con Huya, nonostante tutto quello che era accaduto... credo che Ikara ci sia rimasto male...»
«No, non è così...» singhiozzò Isaki «Io glielo avevo detto... due giorni fa io... gli avevo detto che non poteva funzionare, che non poteva andare così perché lui amava ancora sua moglie e io... io amavo troppo Huya...» abbassò lentamente le mani, volgendo uno sguardo intimidito al ragazzo al suo fianco, che ancora stava fissando silenziosamente il pavimento «E questo è vero. Ho sbagliato, io... io mi sono accorta troppo tardi che ti amavo così tanto che non potevo perderti. Per questo ti ho chiesto di fare ieri sera l’annuncio del nostro fidanzamento, perché... perché volevo dimenticare e amarti solamente.»
«Magari tu puoi dimenticare, ma noi non possiamo.» intervenne Yuichi con una nota di rabbia nella voce «Mio padre ha tradito mia madre per te. E tu hai tradito mio cugino... come possiamo dimenticare, adesso?»
«Io...» Isaki non sapeva più cosa dire.
Il signor Masashi scoppiò invece a ridere, per poi esclamare:
«Hanno ragione, Isaki! Hai deluso tutti. Non dovresti nemmeno parlare! Una sgualdrinella come te dovrebbe solo tacere!»
Fu un attimo.
Huya si alzò all’improvviso dal divano e colpì forte con un pugno al viso il signor Masashi, facendolo cadere a terra sul bel tappeto.
«Ehi, si calmi!» esclamò Megure, mentre quattro poliziotti intervenivano: due per tenere Huya, pronto a colpire di nuovo; e due per far alzare il signor Masashi, con un labbro sanguinante, e mettergli intanto le manette.
Isaki guardava stupita e senza capire Huya, ansimante, trattenuto a forza dai due agenti. Il ragazzo affermò con rabbia:
«Mi ha tradito, è vero, ma sento queste sue parole sincere. Lei mi ama e la amo anch’io; per questo non permetto a nessuno di darle della sgualdrina!»
Huya sembrò calmarsi, allora i due agenti lo lasciarono.
Isaki non perse altro tempo e saltò su per abbracciarlo forte. Lui ricambiò l’abbraccio con affetto.
«Ti amo... grazie...» pianse lei.
Megure si avvicinò invece al signor Masashi, che aveva chinato il capo con uno sguardo triste rivolto in basso.
«Insomma, perché ha ucciso suo fratello?» chiese l’ispettore.
«Il fatto è, ispettore...» mormorò Mashito, alzando lo sguardo verso Isaki, per poi concludere in un sussurro «... che anch’io la amo.»
Isaki e Huya, ancora abbracciati, si voltarono a guardarlo; cosa che fecero anche tutti gli altri.
Mashito proseguì con un amaro sorriso:
«Fin dal primo giorno che Huya l’ha presentata alla famiglia. Un amore segreto, nascosto, che, Isaki non temere, non te lo avrei mai rivelato...» riabbassò lo sguardo «Ma quando ho saputo che anche Ikara ti amava... che ti aveva portato a letto... beh, io non ci ho visto più. Ti amavo troppo per farti del male, perciò ne ho fatto a lui. L’ho ucciso io ispettore... per amore.»
Calò di nuovo il silenzio.
Shinichi, con uno sguardo serio, si immaginò quanto quell’uomo dovesse amare la giovane Isaki, per arrivare ad uccidere suo fratello... chissà, magari, se avesse potuto, si sarebbe sbarazzato volentieri anche di Huya, giusto per avere la ragazza solo per sé.
“L’amore è una brutta bestia.” fu il pensiero di Shinichi, mentre Mashito Masashi veniva portato alla centrale di polizia e la folla usciva dal salotto.
Isaki iniziò a scusarsi con gli altri famigliari e, dopo un lungo e silenzioso sguardo, la signora Masashi decise di abbracciarla, perdonandola.
Shinichi fu riscosso da Megure, che gli si avvicinò e disse:
«E’ stato un piacere, Shinichi. Alla prossima!»
«Ci conto, ispettore.» sorrise il ragazzo, allegro.
Megure si allontanò e Kogoro, con uno sguardo omicida, si rivolse immediatamente al giovane, dicendo:
«Ma da dove sbuchi, tu, eh?»
«Eh, eh!» fece Shinichi, in imbarazzo, un po’ intimidito dallo sguardo di fuoco del detective «Io... ero nei paraggi e...»
«Shinichi! Non posso credere che sia proprio tu!»
Il ragazzo sobbalzò e si voltò indietro per vedere chi fosse stato a parlare.
Sonoko, con le mani ai fianchi, lo stava osservando con sospetto.
«Ah, Sonoko, sei tu!» esclamò il giovane, colto di sorpresa «Ma... che fai qui? E... oh!» notò in quel momento anche Kazuha e Ran, in particolare, avvicinarsi. Allora abbassò la voce, con uno strano tono:
«E c’è pure Ran...»
«Ciao, Shinichi, io sono Kazuha... una amica di Heiji Hattori.» si presentò la ragazza con un sorriso.
«Di Heiji Hattori?» ripeté vagamente Shinichi, con gli occhi però puntati su Ran, che ancora non gli rivolgeva lo sguardo e aveva un’espressione lontana sul volto.
Kazuha annuì e ricontrollò l’orologio, sbuffando:
«A proposito, ricordatemi di ucciderlo la prossima volta che lo vedo... ancora non è qui e sono le sei, ormai!»
«Magari sarà arrivato, ma visto che siamo qui non ci ha ancora trovate.» le propose Sonoko.
«Oh, può darsi...»
Shinichi intanto si era avvicinato a Ran, approfittando della confusione della stanza, mostrando un sorriso il più possibile rilassato.
«Ehilà, Ran!»
«Ciao, Shinichi.» salutò lei senza alcuna emozione.
Il ragazzo alzò un sopracciglio, senza capire.
«Ran, cos’hai?» chiese spontaneamente.
«Tornando a noi, Shinichi...» li interruppe Sonoko, intromettendosi all’improvviso «Come mai sono mesi che non ti fai vivo, eh?»
Shinichi alzò anche l’altro sopracciglio, davvero stupito.
«Come... mesi?» fece, senza capire.
«Mesi, sì, mesi!» ripeté Sonoko con grinta «Non ti vediamo da un pezzo!»
«Ah...» mormorò lui, confuso.
In quel momento un giovane ragazzo, vestito di jeans, felpa e giubbetto, proruppe nella stanza e, dopo essersi guardato attorno assiduamente, lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi in un chiaro segno di delusione, chinò di colpo il capo e mormorò, come depresso:
«Accidenti... sono arrivato troppo tardi... il caso è già stato risolto!»
Kazuha lo riconobbe immediatamente e, con un cipiglio arrabbiato, avanzò a grandi passi verso di lui, esordendo:
«Heiji Hattori! Ben arrivato!»
Heiji si rizzò immediatamente, arretrando intimorito da quel tono, e balbettò:
«Ka... Kazuha! Ma... ma... ma che fai qui?»
«Ti aspettavo, cosa se no?!» sbottò lei, incrociando le braccia «Sei in ritardo come al solito!»
«Mi dispiace!» sorrise lui a mo’ di scusa, ancora in imbarazzo «Ho avuto da fare e... chi ha risolto il caso, comunque?» domandò subito, curioso.
«Heiji! Possibile che non pensi ad altro?»
«Che vuol dire?»
«Oh, lascia stare!» fece lei, poi con il capo indicò Shinichi che ancora, con Ran e Sonoko, stava assistendo alla scena tra i due «E’ stato lui.» spiegò Kazuha.
Heiji sgranò letteralmente gli occhi, senza parole.
«Shi... Shinichi Kudo?!» farfugliò, incredulo.
«In persona.» annuì Shinichi.
Heiji si avvicinò immediatamente e, dopo aver sorriso a Sonoko e Ran per salutarle, afferrò il braccio di un sorpreso Shinichi e lo trascinò da parte, in un angolo.
«Dobbiamo parlare, noi due.» gli bisbigliò Heiji, ancora stupito.
Kazuha si avvicinò a Ran e Sonoko con le braccia incrociate, sbottando:
«Insomma, ma che gli prende oggi?»
«Più che altro ancora non riesco a credere che quello sia Shinichi.» commentò invece Sonoko, poi si voltò verso Ran, chiedendole:
«Ma tu sapevi che sarebbe tornato in città?»
Ran, che ancora aveva lo sguardo, vuoto, puntato su Heiji e Shinichi che si stavano allontanando, mormorò un secco «No.» e allora Sonoko e Kazuha capirono che forse era meglio non dire altro, per il momento.
Heiji lasciò Shinichi in un angolo del salotto abbastanza appartato e si sbrigò subito a sussurrare:
«Ma che cavolo ti è accaduto?»
Shinichi lo guardò senza capire, confessando:
«Non so di che cosa tu stia parlando.»
«Ma come?!» fece Heiji, dandogli un’occhiata da capo a piedi «Ma guardati! Sei grande!»
«Ho la tua età, credo...» rispose allora l’altro, più confuso di prima «E poi... ci conosciamo?»
Heiji divenne serio all’improvviso e, lanciando uno sguardo grave al ragazzo, gli domandò:
«Tu non sai chi sono?»
«So il tuo nome.» rispose Shinichi, iniziando ad insospettirsi «Sei Heiji Hattori, il giovane detective di Osaka. Ma mi sembra di non aver avuto ancora l’occasione di poter scambiare due chiacchiere con te, no?»
Heiji rimase in silenzio qualche istante, poi pronunciò con serietà:
«Conan Doyle e Rampo Edogawa.» fece una piccola pausa, durante la quale Shinichi continuò a fissarlo attento e in silenzio. E infine Heiji domandò:
«Il nome Conan Edogawa ti dice nulla?»
Altro silenzio.
Poi Shinichi parlò:
«Non so chi sia.»

Continua...

Ecco qua il secondo capitolo! ^^ Ora entriamo davvero nel vivo della storia... -_^

Ora i ringraziamenti per le recensioni:

Sweetgirl91: Ehilà! Dopo DB ti risento pure qui! XD Prenditela comoda, mica devi leggere tutto di fuga per forza! X°°D Poi questi capitoli di Conan sono molto più lunghi dell'altra storia, quindi... Tornando a parlare di questa fic (Cattiva! Sei una traditrice! E così te la fai con Shinichi e company, eh? Ma come osi tradire il Principe dei Saiyan! L'uomo più figo del pianeta! è_é nd Vegeta, spuntato da chissà dove) (Ma tu sbuchi fuori ovunque??? Taci, scimmione! Shinichi è molto più carino di te! Ti supera pure Heiji! nd io) (Loro saranno solo carini, ma io ho fascino! nd Vegeta, sicuro di sé) (Già, fascino... al pari di un gorilla! XD nd io) (Vegeta scappa via piangendo) Dicevamo? Ah, sì... tornando alla storia di Conan... Eh, eh, dai che c'eri quasi con l'assassino! XD Va bé, era una vicenda un po' particolare... All'inizio pensavo di scriverla tutta diversa questa storia, poi ho cambiato idea, ma questi primi capitoli mi piacevano, quindi ho fatto un porchetto! XD Ran già non sembra molto contenta, se hai notato... Poveretta, lui la ignora! ç_ç Sono così carini insieme... Beh, niente, ci vediamo dopo (ETUSAIDOVEEPERCHÈ... basta sa ste frasi! X°°D)! Ciao!

Ringrazio anche tutti coloro che hanno solamente letto. E siete tantissimi! ^//^
Un grazie anche a sexy_eclipse che ha aggiunto la storia alle Seguite. -_^ 

Il prossimo aggiornamento sarà Lunedì 20 - il compleanno della mia cagnolina! ** - perché parto in vacanza. Ciao! ^^

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Capitolo 3
*** Ricordi sfuggenti ***


Ricordi sfuggenti

Heiji fissò intensamente Shinichi con la fronte corrucciata, e alla fine affermò con serietà:
«Dobbiamo parlare, Shinichi. E’ molto importante.»
«Se mi aiuterai a fare chiarezza su alcuni fatti, verrò con te.» gli rispose l’altro con lo stesso tono.
Heiji annuì, dicendo:
«Spero ti sarò d’aiuto.» 

«Vi riporto a casa?»
«Credo sia meglio, sì.»
Kogoro annuì alla risposta di sua figlia e disse ancora:
«Aspettate solo altri cinque minuti, devo parlare un attimo con l’ispettore Megure.»
«D’accordo.» fece Ran, con lo sguardo perso nel vuoto.
Kogoro, ancora un po’ irritato per quanto avvenuto prima... o meglio, particolarmente seccato per il ritorno di quel Kudo, si allontanò dalle tre ragazze.
Invece, Heiji e Shinichi si avvicinarono, entrambi con uno sguardo cupo e serio.
«Noi dobbiamo andare.» annunciò il giovane di Osaka con gravità.
«Che significa?» sbottò Kazuha, scocciata «Andare dove?»
«Ti spiegherò poi, Kazuha...» rispose vago Heiji.
«Voi uomini siete tutti uguali: fate tardi agli appuntamenti e ve ne andate presto con una scusa.» sentenziò Sonoko, con l’aria di una che “la sa lunga”.
Ran continuava ostinatamente a rimanere in silenzio, con uno sguardo perso.
Shinichi voleva a tutti costi scoprire cosa la turbava.
«Arrivo subito, va bene?» sussurrò ad Heiji, poi afferrò delicatamente la mano di Ran che sussultò al contatto.
«Possiamo parlare un secondo?» chiese Shinichi, intanto la trascinò dolcemente lontano dagli altri.
«Aspetta!» bisbigliò Heiji, preoccupato che l’amico potesse combinare qualche disastro «Shinichi!»
«Ma lasciali stare, no?» fece Sonoko, con un sorrisino «Sono tanto carini quando stanno insieme!»
Heiji si grattò il capo, pensando:
“Non so quanto saranno carini sta volta...”
«Va tutto bene?» domandò Shinichi, lasciando la mano di Ran.
Lei non gli rivolse lo sguardo, ma mormorò:
«E me lo chiedi?»
Il ragazzo era veramente confuso.
Divenne serio, ripensando a quel detective di Osaka. C’era qualcosa che non andava... Sonoko e Ran sembravano credere che lui non si facesse vivo da mesi, quando in realtà, ne era sicuro, non le vedeva dal giorno prima a scuola!
“Che cos’è accaduto?” si chiese, senza riuscire a trovare una risposta nella sua mente confusa. Era come se mancasse qualcosa, se ci fosse qualcosa che non riuscisse a ricordare.
“Ma cosa?” si interrogò, spremendosi le meningi.
«Con che coraggio...» sussurrò Ran all’improvviso, con gli occhi bassi.
Lui tornò a guardarla intensamente e lei proseguì:
«Con che coraggio ora vieni a parlare con me?»
Shinichi rimase senza parole.
«Ran, non capisco che...»
«Sei proprio uno stupido, Shinichi!» esclamò la ragazza, rivolgendogli uno sguardo lucido pieno di rabbia.
Poi si voltò di scatto e avanzò a passi decisi verso Sonoko e Kazuha.
«Andiamo, forza.» fece Ran, dirigendosi da suo padre.
Le altre due annuirono e, dopo aver salutato velocemente Heiji (Kazuha anche con uno sguardo di rimprovero), la raggiunsero.
Heiji si girò verso Shinichi, che si stava avvicinando lentamente, senza parole.
«Hai combinato un vero casino, Shinichi.» gli fece notare il ragazzo «Forza, vieni, andiamo via.»
Shinichi si limitò ad annuire, non sapendo proprio cosa dire. 

I due giovani ragazzi riuscirono a prendere al volo un autobus, si sistemarono su due posti vuoti vicini e rimasero in silenzio alcuni istanti, senza che i loro sguardi si incontrassero.
Shinichi, di fianco il finestrino, aveva lo sguardo perso fuori, soprappensiero.
Heiji, al contrario, aveva gli occhi puntati su l’amico, a sua volta con mille pensieri in testa.
Dopo un po’, mentre l’autobus si fermava ad un semaforo, Shinichi si decise a parlare, senza però distogliere la sua attenzione dai passanti sulla strada.
«Che cosa succede? Perché mi sento così... confuso?»
Heiji divenne tremendamente serio, quando rispose:
«Non ne ho idea.»
Shinichi, allora, si voltò a guardarlo, interrogandolo ancora:
«In che modo puoi aiutarmi, allora?»
«Posso dirti chi sei. Aiutarti a ricordare.» disse Heiji con convinzione.
Shinichi gli lanciò uno sguardo poco fiducioso.
Heiji non si arrese e chiese:
«Allora... l’ultima cosa che ricordi?»
L’altro ragazzo si portò una mano al mento, alzò i suoi intensi occhi azzurri al tettino dell’autobus, che intanto era ripartito, e affermò:
«Uhm... non ne sono sicuro, ma... credo di ricordare che, dopo la scuola, ieri, sono tornato a casa. Mi ricordo di aver parlato con Ran, promettendole che saremo usciti una sera... e poi niente, sono tornato a casa e, anche se non ne sono pienamente convinto, direi di essere andato a dormire subito... Sta mattina mi sono risvegliato nel mio letto. A casa mia. Ed oggi, essendo un giorno festivo, sono uscito a fare quattro passi...»
Heiji scosse il capo e Shinichi tornò a concentrare l’attenzione su di lui, che disse:
«Non ci siamo. Possibile che tu non ricordi Conan? L’Organizzazione?»
Shinichi, per tutta risposta, gli rivolse uno sguardo confuso.
Heiji non si perse d’animo e riprovò:
«Degli uomini vestiti completamente di nero, una sera, diversi mesi fa, direi, quando sei uscito al Luna Park con Ran, ti hanno fatto ingoiare un farmaco, l’APTX, che ti ha fatto rimpicciolire, riducendoti ad un bambino di soli sette anni...»
«Frena, frena!» lo interruppe l’altro, alquanto sconcertato.
Heiji si immaginò che probabilmente era rimasto scioccato sentendo dire che, mediante un farmaco, degli uomini sconosciuti lo avevano ridotto ad un bambino... ma... si sbagliava.
«Io al Luna Park con Ran?» fece Shinichi, stupefatto «E quando mai sarei uscito con lei?» divenne rosso d’imbarazzo «E come fai a saperlo tu, soprattutto?»
Heiji, esasperato, si passò una mano sul viso e poi esclamò con serietà:
«Non so se hai capito, Shinichi, ma ti ho detto che degli uomini in nero ti hanno fatto rimpicciolire con un farmaco! Non credi sia più importante questa notizia che qualsiasi altra cosa, in questo momento?»
Anche Shinichi, allora, tornò serio, commentando:
«In effetti, se quel che dici è vero... ma io non ricordo nulla.»
«Non ricordi che quando quegli uomini hanno scoperto che in realtà ti eri semplicemente trasformato in un moccioso, invece di morire come volevano che accadesse, hanno cercato anche di ammazzarti?»
Shinichi, dopo qualche istante di silenzio, scosse appena il capo in segno di negazione.
«Ok...» sospirò Heiji, con una mano tra i capelli, cercando di pensare ad una soluzione.
«In ogni modo, come fai a sapere tutte queste cose di me?» domandò allora Shinichi, un po’ dubbioso «Sempre che siano vere, chiaro.»
«Perché me l’hai dette tu!» esclamò Heiji, come se la cosa fosse ovvia «Ci conosciamo da diverso tempo, ormai... solo io e pochi altri sappiamo della tua vera identità di quando eri Conan. E Ran, naturalmente, non sa nulla.»
«Che vuol dire? Mi trasformo in un moccioso e non lo dico a Ran?» la cosa a Shinichi sembrava impossibile «E se davvero ero con lei al Luna Park, mi avrà visto, no?»
«No, non ti ha visto.»
«E allora perché non le ho detto nulla?» insistette Shinichi, iniziando a pensare che quel ragazzo gli stesse mentendo.
«Per proteggerla, Shinichi!»
Il tono duro e teso con cui Heiji aveva pronunciato quelle parole, fece incupire Shinichi.
«Proteggerla...?» mormorò, cupo.
Heiji annuì con gravità, spiegando:
«Volevi evitare di metterla in mezzo. Avrebbero potuto provare ad uccidere anche lei.»
Shinichi lo fissò a lungo negli occhi, in modo intenso, poi si voltò lentamente verso il finestrino, portandosi una mano alla testa e affermando:
«Tutto questo non può essere vero. Io non ricordo nulla...»
«Devi riuscirci, Shinichi.» lo spronò Heiji in un sussurro «Provaci.»
«Ma io non...» abbassò gli occhi.
«Non ricordi quanto hai cercato quegli uomini in nero?» tentò ancora Heiji «Hai seguito Kogoro nelle sue indagini, e mentre i casi venivano risolti, pian piano tu riuscivi a saperne di più sull’Organizzazione...»
«Ah, questo non può essere.» sorrise amaramente Shinichi «Devo ancora vederlo Kogoro risolvere un caso.»
«In effetti eri tu a risolverli, ma in realtà tutti credono che sia stato Kogoro. Tu eri solo un moccioso, no?» spiegò il giovane di Osaka.
Shinichi storse un po’ le labbra, pensieroso.
“Ma come è possibile?” si chiese.
«Non ricordi le invenzioni che il dottor Agasa aveva preparato per te?» insistette Heiji «Me ne avevi parlato vagamente... tipo scarpe potenziate, palloni auto-gonfianti...»
Shinichi non disse ancora nulla.
Heiji si spremette le meningi, non sapendo che altro dire.
«E quella banda di mocciosi? Com’è che li chiamavi? I “giovani detective”?»
Ancora silenzio.
«Quella volta che Ran ha quasi scoperto chi eri in realtà? Come sei riuscito a farle credere il contrario? ... Ai?» chiese in un ultimo tentativo disperato.
Shinichi sembrò come riscuotersi.
«Ripeti?»
Heiji alzò un sopracciglio.
«Ricordi Ai?» ripeté, sperando in bene.
Gli occhi di Shinichi sembravano come brillare. Li abbassò, ma erano leggermente tremanti, come il resto del corpo.
«Anche detta Sherry, da quelli dell’Organizzazione.» precisò il detective di Osaka.
Dopo qualche istante di teso silenzio, Shinichi mormorò:
«Mi ricordo di lei.»
«Davvero?» domandò subito Heiji, sorpreso «E cosa ricordi?»
Shinichi aggrottò la fronte.
«E’ tutto così... confuso, in realtà. Non...»
Un improvviso ricordo lo investì. 

Gli occhi intensi di lei, lucidi di lacrime.
«Shinichi...»
 
Come riuscire a distogliere lo sguardo da quegli occhi così sinceri e limpidi?
«Mi... dispiace... Ai...»
 

«Ai...» sussurrò Shinichi, tremendamente preoccupato e con gli occhi leggermente velati di lacrime «Le è accaduto qualcosa.»
«Come?» fece Heiji, senza capire.
L’autobus si fermò.
Shinichi si alzò subito in piedi, passò davanti ad un incredulo Heiji e si diresse verso l’uscita dell’autobus.
«Ehi... ehi! Aspettami!» esclamò il giovane di Osaka, alzandosi e inseguendolo.
Heiji scese dall’autobus e corse dietro Shinichi che camminava a passi decisi per il marciapiede.
«Che significa che le è accaduto qualcosa?» fece il giovane, ancora sorpreso.
Shinichi scosse il capo, dicendo:
«Non lo so... è... come un ricordo lontano...»
Heiji si grattò il capo, pensando.
«Uhm... magari è grazie ad un suo antidoto, come accaduto un’altra volta, che sei tornato grande.»
Shinichi si voltò di colpo a guardarlo, chiedendo:
«Perciò non è la prima volta che ritorno alla mia vera età?»
«No... è già accaduto altre due volte, se non sbaglio.» rispose Heiji.
Shinichi si portò una mano in tasca e l’altra al mento, pensieroso. Dopo un po’ disse:
«Ammetto di avere un vago ricordo anche di questo. Mi sembra che...» si interruppe, pensieroso. 

«Magari sta volta andrà meglio, Shinichi.»
Lui le lanciò uno sguardo poco convinto, ma lei continuò a sostenere quell’aria sicura di sempre.
«Uhm, non saprei, Ai... quanto tempo credi durerà, sta volta, l’effetto?»
Ai si portò un dito alle labbra e alzò gli occhi in alto, riflettendo.
«Direi...»
 

«... Un po’ più della volta scorsa.» mormorò Shinichi, mentre quel lontano ricordo sfumava via proprio come era giunto.
Heiji gli rivolse uno sguardo confuso. Shinichi se ne accorse e spiegò:
«E’ stata Ai a farmi tornare grande, sì. Ma nemmeno lei aveva idea di quanto durerà l’effetto.»
«Accidenti, questo è un bel problema.» constatò Heiji, incrociando le braccia «Inoltre ancora non ricordi come tu abbia fatto a perdere la memoria, vero? Ne tanto meno dove tu sia stato in queste ultime ore, immagino.»
Shinichi, per tutta risposta, scosse il capo sconsolato.
Heiji sospirò e disse:
«D’accordo. Vieni.» si avviò per il marciapiede.
«Dove vai?» domandò l’altro, sorpreso.
Heiji si voltò a guardarlo e rispose sicuro:
«A “casa” di Ai.» 

Il dottor Agasa stava sonnecchiando sul divano.
Erano giorni, ormai, che la notte non riusciva a chiudere occhio.
Era preoccupato. Molto preoccupato.
Ai e Conan erano spariti.
Si rigirò tra la leggera coperta che aveva sopra; tremendamente in ansia.
In quel momento la porta suonò con grinta, facendolo sobbalzare e cadere dal divano.
Si tirò subito in piedi, esclamando con una forte speranza in petto:
«Sono loro!»
Corse alla porta e aprì. Si trovò Heiji davanti.
Il dottor Agasa si aggiustò un po’ gli occhiali e fece, stupito:
«Se non sbaglio, tu sei Heiji Hattori... il detective di Osaka.»
«E lei deve essere il dottor Agasa, no?» rispose Heiji, poi continuò:
«In ogni modo, non sono solo.»
Shinichi si fece avanti e salutò il dottore con un caldo sorriso, anche se, in realtà, in febbrile attesa di sapere altro su ciò che non ricordava. Non aveva idea, infatti, che la “casa di Ai”, fosse in realtà quella del dottor Agasa.
Quest’ultimo, alla vista di Shinichi, sgranò gli occhi, senza parole.
«Shi... Shi... Shinichi?» balbettò Agasa «Ma... come...?»
«Dottor Agasa, lui...» iniziò Heiji, ma fu interrotto da Shinichi che disse con gravità:
«Io non ricordo più nulla.»
«Ecco, appunto questo.» commentò Heiji, annuendo.
Al dottor Agasa ci volle ancora qualche minuto prima di riprendersi, ma poi si riscosse, invitandoli ad entrare:
«Venite dentro, svelti.»
Si misero tutti e tre seduti sui divanetti.
Il dottor Agasa non perse tempo e domandò subito:
«Come è possibile, Shinichi? Fino a cinque/sei giorni fa eri un bambino alto poco più di un metro e venti...»
Shinichi incrociò le braccia e appoggiò stancamente la schiena al divanetto, commentando:
«E il bello è che io non ricordo nulla di quanto mi state dicendo. A parte...»
«A parte?» chiese subito Agasa.
«A parte Ai.» rispose Shinichi, sospirando preoccupato «E sento che lei è in pericolo.»
Agasa rimase a fissarlo intensamente, in silenzio, preoccupato quanto lui.
Heiji, allora, decise di intervenire:
«Dottore, se siamo venuti qui è per chiederle aiuto. Ai abitava qui con lei, no? Dov’è ora?»
Agasa abbassò lentamente lo sguardo e mormorò con un velo di tristezza:
«E’ questo il punto. Non lo so.»
«Come?» esclamò Heiji, stupito.
Shinichi si fece attento e il dottore iniziò a spiegare:
«Circa sei giorni fa, Ai divenne strana. Era agitata e dal suo sguardo sembrava spaventata a morte. Le chiesi cosa fosse accaduto, ma mi rispose che voleva assolutamente parlare con te, Shinichi.» il dottore guardò il ragazzo negli occhi, che però non disse nulla «Ti ha telefonato e tu sei venuto qui, circa un’ora dopo. Avete parlato a lungo, da soli, in una stanza appartata, e quando siete usciti lei sembrava un po’ più calma.»
«Dopo di che?» chiese allora Shinichi, desideroso di sapere.
E Agasa rispose con voce tremante:
«Siete usciti insieme, dicendomi che... dovevate verificare una cosa.»
Heiji, colpito dal racconto, lo esortò a parlare:
«E sarebbe?»
«Non ne ho idea.» rispose Agasa, spiacente «Hanno detto che mi avrebbero spiegato tutto in seguito. Hanno anche cercato di rassicurarmi, dicendomi di non preoccuparmi se sarebbero mancati per un po’ di tempo... e mi hanno chiesto di... coprirli, caso mai, Ran, ad esempio, fosse venuta a cercare Conan... certo non immaginavo sareste stati via così tanto, ma io ho tenuto il gioco come mi era stato chiesto.»
«E perché Ran sarebbe dovuta venire a cercarmi?» domandò Shinichi, senza capire.
«Perché abitavi da lei... non te l’ho... detto?» gli rispose Heiji, cauto.
Shinichi gli lanciò uno sguardo incredulo. Poi lo distolse, particolarmente scioccato, cercando però di non darlo a vedere, e mormorò:
«Abitavo da Ran? Ah...»
«Comunque, ora è più importante scoprire dove si trova Ai. E che cosa è accaduto in questi cinque giorni.» commentò Heiji seriamente.
«Innanzitutto, sarebbe utile cercare di scoprire dove doveva andare Ai con Shinichi...» aggiunse il dottore, lanciando uno sguardo a quest’ultimo.
«Io... io non ricordo...» mormorò lui, abbassando gli occhi.
Invece, in quel istante, delle immagini gli ritornarono in mente; dapprima confuse, poi sempre più nitide. 

Conan si chiuse la porta della stanza alle spalle e osservò Ai, che si abbracciava le gambe rannicchiata su di una sedia.
Lui si avvicinò cauto e si mise seduto sulla sedia di fronte a lei.
«Cosa succede, Ai?» le chiese, preoccupato. Al telefono aveva una voce davvero terrorizzata.
«Dobbiamo andare via, Shinichi...» sussurrò Ai, con gli occhi velati di lacrime «Dobbiamo andarcene. Adesso!»
«Perché?» domandò lui, senza capire.
«E’ qui, Shinichi... è qui...» lei gli lanciò uno sguardo di puro terrore «L’Organizzazione ci ha trovati.»

Continua...

E anche il terzo capitolo è andato. ^^
La fic non sarà mai statica, bensì molto dinamica: in ogni capitolo ci saranno nuove scoperte, colpi di scena e sarà ricca di azione. Dieci capitoli ben concentrati, insomma! -_^

Ma passiamo ai ringraziamenti, ora:

Sweetgirl91: Mi piace un bel po' inventarmi casi e omicidi! XD Chissà, magari da grande dovrei fare la serial killer! X°D O la scrittrice di romanzi gialli. - Questo è un po' meno cruento ^^ - Comunque la ragazza bionda l'ho pensata bella al pari di Nicole Kidman o Angelina Jolie (insomma, una di quelle tipe che al primo sguardo i maschi si eccitano subito! XD). Tornando a Shinichi... E' stato in grado di peggiorare maggiormente la situazione! XP Solo lui, guarda... <.< Vabbé, poretto, non si ricorda una pippa! X°P In quanto a Heiji... Sì, sì, sarà presente per tutta la storia. ^^ Piace parecchio anche a me! ^0^ Infatti, se hai notato, lo inserisco sempre tra i protagonisti delle storie di Conan. ^^ Va bé, concludo qui... Devo andare a preparare il pranzo! E... hai visto? Oggi ho aggiornato prima! ^^ Ti mando una mail! Ciao!

sexy_eclipse: Immaginavo fosse un po' ingarbugliato l'omicidio che ho descritto! XD Non so... quando scrivo le parole mi escono da sole e quindi inizialmente non so mai di cosa voglio parlare - in questo caso, non sapevo come far avvenire l'omicidio -, poi, scrivendo, le idee mi iniziano a venire da sole, e quindi le scrivo. ^^ Perciò capisco se qualcuno a volte si può perdere nei miei ragionamenti contorti... Sono del parere che sia più facile "capire" gli omicidi se li si vede in tv o li si legge nel manga - poter vedere le facce dei personaggi semplifica molto le cose, immagino ^^ -... Va bé, lasciando perdere questi discorsi... Sono contenta che la storia ti piaccia. :D Spero di non deluderti! ^^ Ciao!

Liz Shelley: Grazie millissime dei complimenti! ^///^ Ho visto che hai aggiunto la storia anche alle Preferite... ^//^ Il capitolo ti è piaciuto? Come vedi, pian piano Shinichi inizia a ricordare qualcosa... Chissà che è successo ad Ai... ;P Alla prossima, ciao! ^^

RoeGrazie anche a te dei complimenti! ^//^ Davvero non sopporti Ran? XD Beh, allora alcuni aspetti di questa fic ti piaceranno e altri no... XP Non ti dico altro, o ti rovino la sorpresa! ^^ Mentre Heiji... sì, è vero, ancora non si ricorda dell'amicizia con lui! ^^' Piano piano rimembrerà tutto, comunque. -_^ Grazie della fiducia mettendo la fic nelle Seguite... nella speranza di non deluderti, ti saluto! ;) Ciao!

Mommika: Davvero la trovi così scritta bene? *//* Grazie! ^^ Adoro il manga di Conan, effettivamente... Per questo è per me un grande onore sapere che mi sono "ambientata" bene nelle atmosfere di questo manga. ^^ Spero che il capitolo ti sia piaciuto! Ciao!

Un grazie anche a tutti coloro che hanno solamente letto e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.

Prossimo aggiornamento Mercoledì 22. ^^

 

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Capitolo 4
*** Alla ricerca di Ai ***


Volevo puntualizzare una cosa: quando nei ricordi parlo di "Shinichi", intendo Shinichi grande. Mentre, con "Conan", intendo Shinichi piccolo. Spero sia chiaro! ^^

Alla ricerca di Ai

«Che significa l’Organizzazione ci ha trovati?» fece Heiji, sorpreso.
«Io non lo so!» Shinichi si portò le mani alla testa, scompigliandosi i capelli e strizzando gli occhi cercando di ricordare qualcosa di più, ma senza successo «Non lo so! E’ come se ci fosse un enorme buco nella mia memoria, che ogni tanto viene riempito con un nuovo piccolo ricordo... non ci capisco più nulla!»
«Adesso calmati, Shinichi.» gli ordinò il dottor Agasa, alzandosi in piedi «Se vogliamo aiutare Ai dobbiamo scoprire dove si trova, giusto? E visto che tu non ricordi nulla, dovremmo tornare ai vecchi metodi.»
Shinichi lo guardò seriamente.
Heiji, non avendo capito, chiese:
«Ovvero?»
Il dottor Agasa indicò tutti e due con un dito, dicendo:
«Siete entrambi detective, giusto? Quindi datevi da fare: indagate e scoprite dov’è Ai.»
Heiji sorrise sicuro, battendosi un pugno sul palmo della mano e affermò:
«Unendo le nostre forze ce la faremo.»
Shinichi non disse nulla. Si alzò semplicemente in piedi con uno sguardo truce e si voltò verso la stanza di Ai.
«Andiamo lì.» decise e si avviò alla camera.
«Aspettami, Shinichi!» esclamò Heiji, sbrigandosi a seguirlo.
Il dottor Agasa sospirò, preoccupato per la sorte della ragazza, e andò anche lui con loro.
La stanza era in ordine, come sempre. Mai un libro fuori posto, mai il letto disfatto. Appunto per questo un foglio spiegazzato sulla scrivania attirò l’attenzione di Shinichi.
Il ragazzo lo prese in mano, dispiegandolo.
«Che cos’è?» domandò subito Heiji, avvicinandosi all’amico per poter vedere.
Si trattava dell’elenco degli orari degli autobus.
Shinichi aggrottò la fronte, pensieroso.
“Forse...” pensò, confuso.
 

«Starai più tranquilla se andassimo a verificare?»
Ai lo guardò con occhi pieni di paura e mormorò con voce leggermente tremante:
«Non voglio andare, Shinichi...»
Lui annuì, capendola, e disse:
«D’accordo. Andrò solo io.» e prese l’elenco degli orari degli autobus che la ragazza teneva su un ripiano.
«No!»
Ai lo disse con una grande forza e convinzione che quasi Shinichi si spaventò. Lei abbassò gli occhi frementi e sussurrò:
«E’ troppo pericoloso.»
Allora Shinichi posò l’elenco sul tavolo e afferrò con dolcezza le mani di lei. Ai gli rivolse uno sguardo lucido di lacrime. Shinichi le parlò con decisione e delicatezza allo stesso tempo:
«Ascoltami: ti prometto che non ci accadrà nulla. Hai sempre paura ad andare in giro, e ti capisco, per questo ti spaventa qualsiasi persona sospetta. Quindi si tratta solo di verificare se c’era davvero un membro dell’Organizzazione dove sei andata sta mattina con il dottor Agasa. Insieme faremo presto.»
«Credi che io abbia delle paranoie, dunque?» il tono della ragazza era un po’ punto; quasi si sentiva una stupida, ma allo stesso tempo era arrabbiata con Shinichi che sembrava non volerle credere.
Lui la fissò con intensità, serio, per poi dire:
«Ammetto di avere paura anch’io, Ai.»
Lei lo comprese e si sentì in parte sollevata. Shinichi sospirò, teso, commentando:
«In questo non sarai mai sola: l’Organizzazione spaventa anche me.»
Scese il silenzio per qualche istante, poi il ragazzo concluse:
«Andiamo insieme, Ai, ci farà sentire meglio entrambi se constateremo che ti sei sbagliata.»
«E se non mi fossi sbagliata?» la domanda le uscì spontanea.
Calò di nuovo un silenzio cupo.
Shinichi abbassò un po’ lo sguardo e mormorò:
«Allora ti chiederò scusa.»
Lei non disse nulla per un po’, poi si alzò in piedi, affermando:
«Andiamo.»
 

«... magari non c’entra nulla, non trovi Shinichi?»
Shinichi si riscosse, voltandosi a guardare Heiji. Questi capì che non lo aveva ascoltato e ripeté con calma:
«Dicevo che è solo un elenco di autobus che magari Ai utilizzava spesso. Probabilmente non c’entra nulla.»
Shinichi tornò pensieroso a guardare il foglio e disse:
«Io invece credo il contrario.»
«Come?» fece Heji senza capire.
Shinichi si voltò verso il dottor Agasa, rimasto sulla soglia della camera, e gli chiese:
«Dove sei andato con Ai cinque/sei giorni fa, di mattina?»
Heiji, non sapendo di cosa l’amico stesse parlando, si voltò a guardare Agasa, curioso.
«La mattina...?» ripeté lo scienziato, sorpreso, poi rispose subito:
«Oh, siamo stati al porto... Dovevo comprare del pesce.»
«Al porto?» chiese Shinichi, abbassando di colpo lo sguardo corrucciato, colto, sta volta, da un’improvvisa fitta di dolore alla testa. 

«Puzza di pesce, qua, eh?»
«Se non l’avessi notato, Shinichi, a due passi c’è il mare. E proprio di fronte a noi, il bancone del pesce.»
Lui si voltò a guardarla, ridacchiando, e disse:
«Dai su, sciogliti un po’... finora non è successo niente. E non abbiamo visto nessuno, soprattutto.»
Ai si guardò intorno preoccupata e mormorò:
«Ho una strana sensazione...»
Shinichi si rifece serio e le chiese:
«Dove l’hai vista?»
Lei, lo sguardo tremante, indicò con un cenno del capo un vicolo in penombra tra due magazzini scuri e imponenti.
«Lì.» rispose Ai «La donna vestita di nero si trovava lì.»
Shinichi alzò gli occhi al cielo di quel pieno pomeriggio, poi tornò a guardare il vicolo, pensieroso.
«Allora andiamo a vedere.» decise il ragazzo, convinto.
Ai annuì debolmente con il capo e si avviò con lui verso i due magazzini. 

«Ehi, Shinichi, stai male?» si preoccupò subito Agasa.
Shinichi si era infatti come sentito svenire, perciò era indietreggiato di colpo e aveva appoggiato d’istinto la mano destra alla scrivania al suo fianco per non cadere, mentre con l’altra si reggeva il capo dolorante. Pian piano, comunque, il dolore stava svanendo.
«Ora va un po’ meglio...» sussurrò, socchiudendo gli occhi mentre si massaggiava la testa.
«Cosa ti è successo?» gli chiese Heji.
«Un nuovo ricordo.» rispose Shinichi, guardandoli «Dove ero al porto con Ai, alla ricerca di una donna vestita di nero.»
Heiji e Agasa spalancarono gli occhi, stupiti.
«E poi, quasi contemporaneamente, un dolore lancinante sopra la tempia destra.» concluse il ragazzo, raddrizzandosi.
Agasa intervenne subito, dicendo:
«Siediti, ti do un’occhiata.»
Shinichi non se lo fece ripetere e si mise seduto sulla sedia vicino a lui. Lo scienziato gli spostò i capelli per controllare, poi commentò storcendo le labbra:
«Qui hai un brutto taglio, Shinichi, che fortunatamente si sta rimarginando...»
«Un taglio?» ripeté il ragazzo, confuso.
Heiji si mostrò preoccupato, quando gli domandò:
«Per caso, ti fa male qualche altra parte del corpo?»
«Come?» fece Shinichi, senza capire «E perché?»
Anche Agasa capì cosa intendeva Heiji, perciò disse, scuro in volto:
«Shinichi... per quanto ne sappiamo, ovvero molto poco, potrebbe esserti accaduta qualsiasi cosa. Potresti essere stato rapito...»
Heiji annuì, serio.
«Rapito...» Shinichi abbassò lo sguardo, corrucciato «Non capisco... continuo a non capirci niente di tutta questa storia assurda...»
«Ma ti senti bene, oppure no?» chiese di nuovo Heiji.
Shinichi rialzò gli occhi su di lui e rispose lentamente:
«Beh... Ammetto di sentire un po’ di male ai fianchi e alla schiena... ma non ci ho fatto troppo caso sta mattina, quando mi sono alzato, immaginando che avessi semplicemente dormito scomodo... La cosa che mi ha davvero sorpreso, invece, è che quando mi sono svegliato avevo una fame da lupi.» si massaggiò vagamente la pancia «Accidenti, era come se non mangiassi da giorni... Essendo ora di pranzo, sono andato al piccolo ristorante vicino casa; penso si siano sorpresi di quanto ho mangiato.»
Heiji e il dottor Agasa si lanciarono degli sguardi tesi, poi lo scienziato si rivolse di nuovo a Shinichi:
«Potresti toglierti la maglia e alzarti in piedi?»
Lui li guardò per un attimo con un sopracciglio alzato, poi si tirò su in piedi, si tolse il cappello, che posò sulla scrivania, poi il giubbetto, che posò sopra il cappello, e infine si sfilò la felpa, strizzando lievemente gli occhi e dovendo ammettere che, in effetti, certi movimenti gli procuravano proprio delle brutte fitte di dolore.
Rimase in canottiera.
«Levati anche quella.» gli chiese Agasa.
Shinichi abbassò lo sguardo sulla canottiera e se la osservò, prendendone il bordo inferiore con le mani, per poi commentare cupamente:
«Ora che ci penso... questa non è mia.»
«In che senso?» chiese Heiji, sorpreso.
«Non so... Mi sono svegliato in boxer e canottiera questa mattina, ma effettivamente questa non è mia... non ne ho mai avuta una così.» spiegò Shinichi, sempre più confuso.
Alzò poi lo sguardo su gli altri due, trovandoli allarmati a guardarlo, così si decise di togliersela e rimanere, quindi, a torso nudo.
«Accidenti, Shinichi...» fece il dottor Agasa, adombrato «Che ti hanno fatto?»
Shinichi, con uno sguardo cupo puntato sul suo ventre, senza dire nulla avvicinò lentamente una mano e la posò su un esteso livido violaceo proprio sotto l’ombellico, che si estendeva verso il fianco sinistro, poi si massaggiò delicatamente la pelle scurita.
Heiji, incupito quanto lui, gli andò vicino e prese ad esaminarlo con l’aiuto del dottor Agasa. Shinichi rimase immobile con lo sguardo perso del vuoto, un braccio lungo il fianco e una mano ancora sulla contusione.
Heiji storse le labbra, notando un altro livido esteso al fianco sinistro e diversi lungo la schiena, poi affermò con un sospiro:
«Amico, davvero, mi dispiace...»
Shinichi non rispose. Andò a prendere la felpa, decidendo di non mettersi di nuovo quella canottiera non sua, e se la infilò. Poi si mise seduto con calma sulla sedia, fissando il pavimento.
Lo scienziato e il ragazzo di Osaka tornarono davanti a lui a guardarlo. Dopo qualche istante, Agasa gli chiese:
«Ricordi qualcos’altro, adesso?»
Shinichi attese un paio di secondi, poi scosse appena il capo in segno di negazione.
Lo scienziato sospirò, dispiaciuto per lui e preoccupato per Ai.
«Dobbiamo trovarla...» mormorò ad un tratto Shinichi, scuro «Non oso pensare che cosa le abbiano fatto...»
«Partiamo subito, allora.» asserì Heiji, deciso.
Shinichi alzò gli occhi su di lui e annuì con forza con il capo. 

I due scesero dall’autobus, che ripartì subito dopo.
L’odore dell’acqua salmastra e la puzza del pesce li investì, mentre via via andava a farsi sempre più scuro.
Heiji diede un’occhiata all’orologio, dicendo poi:
«Sono le sette e quaranta.» rialzò gli occhi sull’amico «Forse sarebbe troppo pericoloso muoverci con il buio...»
«Tutt’altro.» affermò Shinichi, deciso «Il buio ci favorirà.»
Il porto si stava svuotando. Gli ultimi lavoratori si allontanarono, stiracchiandosi stanchi, e salpò anche l’ultima nave da carico.
Shinichi avanzava senza esitazione, come se sapesse dentro di sé dove andare, benché quel posto sembrava non essergli molto famigliare.
Heiji gli era alle spalle.
Ancora qualche passo, poi il primo si fermò di colpo, guardando davanti a sé.
«Ci siamo.» dichiarò il giovane, indicando con il capo un vicolo scuro tra due magazzini.
Heiji lo vide e commentò:
«Non so quanto sia saggio muoverci là senza nemmeno un po’ di luce...»
Shinichi storse le labbra, dovendo ammettere che in quel caso aveva ragione.
«Beh, allora forse potremmo...» si interruppe all’improvviso, notando un uomo vestito di scuro apparire da dietro un angolo e, senza essersi accorto di loro, sparire proprio in quel vicolo per nulla illuminato.
Shinichi ebbe un tuffo al cuore.
L’uomo aveva un camminata lievemente claudicante ed era alto e magro, ma, per quanto poteva notare dal cappotto lungo di pelle nera che indossava, era anche muscoloso.
Lo stesso che... 

Shinichi fu gettato violentemente contro una cassa di legno vuota; frantumandola.
Scivolò quindi sul freddo e sporco pavimento, rimanendo lì, faccia a terra, ansimante e dolente.
Riaprì di un po’ gli occhi, sentendo nuovi passi, irregolari, e riuscì così a scorgere le gambe di un uomo, all’apparenza alto e muscoloso, ma un po’ zoppicante. Alzò un po’ di più lo sguardo, e si raggelò, notando l’uomo, dal viso allungato e di mezza età con un’espressione impassibile, tenere tra le mani un piede di porco. Se lo sbatteva con calma su un palmo, in movimenti lenti, avvicinandosi sempre di più.
Shinichi provò ad alzarsi, appoggiando le mani a terra, ma uno dei due uomini che prima lo avevano gettato contro la cassa, si avvicinò e gli assestò un calcio ad una gamba, facendogli soffocare un gemito a fatica. Posò una mano sulla coscia, tornato di nuovo completamente sdraiato a terra, strizzando un po’ gli occhi per il male.
Intanto, l’uomo zoppicante gli era giunto davanti.
Shinichi rialzò ancora le palpebre, appena, quanto bastava per poter vedere l’uomo alzare il piede di porco e abbassarlo violentemente contro il suo fianco.
Esplose quindi il dolore, forte e intenso; questa volta il gemito gli uscì chiaro e sofferto, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime e per istinto andava a rannicchiarsi su se stesso, cercando di proteggersi in qualche modo con le braccia.
L’uomo alzò ancora l’asta, e colpì di nuovo.
Ancora dolore, misto alle risate dei due uomini rimasti semplicemente a guardare. 

Shinichi arretrò di un po’, colto dalla nausea, come se provasse ancora dolore come in quel momento, nel suo ricordo.
Heiji fu pronto a sostenerlo e insieme si nascosero dietro un container rosso al loro fianco.
«Ehi, che ti prende?» si preoccupò subito il giovane di Osaka.
Shinichi si appoggiò con la schiena contro il container, respirando pesantemente con lo sguardo fisso a terra.
«Sembra come tu abbia visto un fantasma...» commentò Heiji.
Shinichi rialzò gli occhi e disse:
«Ci sei andato vicino.»
Riprendendosi a poco a poco, si affacciò da dietro il container per sbirciare.
«Ho visto l’uomo che mi ha colpito.» spiegò all’amico «E’ andato in quel vicolo.»
Heiji si mise a guardare con lui, facendo notare:
«Non credi, allora, sia meglio non muoverci in quella direzione?»
«Passare di là potrebbe essere l’unico modo per trovare Ai.» ribatté l’altro, fissando ancora il vicolo «Perciò...»
«Perciò niente.» Heiji sospirò «Andremo contro un pericolo mortale, immagino, ma... in fondo hai ragione. Muoviamoci.»
Shinichi annuì e, insieme, si mossero furtivi fino a giungere lungo la parete di uno dei magazzini ai fianchi della stradina buia.
Fu di nuovo Shinichi ad affacciarsi appena, attento.
Era tutto buio.
«Non vedo niente.» bisbigliò.
«Senti qualcosa?» chiese allora l’altro.
Shinichi rimase in ascolto, poi scosse il capo.
«Non c’è nessuno qui.»
«Proviamo ad andare a vedere.» propose Heiji.
Si staccarono con cautela dal muro e si immersero nel buio.
Il vicolo sembrava davvero deserto. Era un semplice e spoglio lungo corridoio, che pian piano si immergeva sempre più nel buio, così tanto che non si scorgeva la fine.
Avanzarono lentamente, cercando di fare meno rumore possibile. In ogni modo, però, i loro passi rimbalzavano contro le strette pareti, come amplificandosi dieci volte di più. Probabilmente era solo una loro impressione, visto che erano tesi e a tratti incerti su quello che stavano facendo.
“Già, ma che sto facendo?” si chiese Shinichi, deglutendo “Forse sto andando incontro a gente che mi ha quasi ammazzato... solo un pazzo lo farebbe.”
Gli occhi intensi di Ai tornarono a riempirgli la mente.
Rilassò appena i muscoli, pensando:
“Sarò pazzo, sì, ma sarei un assassino se la lasciassi in mano loro.”
Ad un certo punto, in fondo alla via, scorsero una debole luce tremolante, color arancio, proveniente da un piccolo lampione appeso al muro destro del vicolo.
Shinichi e Heiji continuarono a camminare, poi, giunti in prossimità del lampioncino, e quindi della fine del vicolo, si acquattarono dietro un paio di casse di legno, in silenzio.
Il vicolo terminava in uno spiazzo di cemento circondato da magazzini bui e sicuramente abbandonati, notando i vetri rotti delle finestre e alcune porte sfondate. Lo spiazzo era appena illuminato da quella poca luce proveniente dal lampioncino, e dalla luna, comparsa da poco in quella fresca serata.
Non c’era un’anima in giro.
Shinichi osservò attentamente il piccolo piazzale ingombro di casse, imballaggi di ogni genere e resti di bancali. Poi si soffermò sul magazzino più grande proprio di fronte al vicolo.
Il suo cuore prese ad accelerare, sempre più forte, mentre un altro ricordo lo investiva. 

«Credo siano là dentro...» bisbigliò Conan, osservando attento il magazzino di fronte a loro, sbirciando appena da dietro la cassa dove si erano nascosti.
Ai, al suo fianco, prese a tremare più forte di prima e sussurrò con voce evidentemente spaventata:
«Shinichi... andiamo via...»
Lui tornò ad accucciarsi meglio e la guardò intensamente.
Lei aveva lo sguardo fremente puntato al suolo e si stringeva le braccia intorno al corpo, continuando a tremare.
«Dovrei fare qualche indagine...» mormorò Conan, serio «Se quegli individui fanno davvero parte dell’Organizzazione, vorrei scoprire qualcosa di più. Perciò io rimango, ma tu... tu vai via.»
«Vieni anche tu, Shinichi!» sussurrò Ai, allarmata, voltandosi a guardarlo e afferrandogli un braccio con forza «Ti farai ammazzare restando qui!» gli occhi le divennero lucidi di lacrime.
«Ai, ti prego, ascolta...» iniziò Conan, però fu costretto ad interrompersi bruscamente e alzare lo sguardo, mentre sentiva il cuore stringersi in una ferrea morsa di terrore.
Ai, tremando ancor di più, si voltò di scatto indietro per guardare e si raggelò all’istante, cadendo seduta a terra di fianco l’altro bambino.
Davanti a loro c’erano una donna magra, dai lunghi capelli biondi e lisci, e un uomo particolarmente robusto. Indossavano entrambi abiti neri; sul capo portavano un cappello, di tipo borsalino, del medesimo colore; e degli occhiali scuri coprivano i loro occhi. In vita avevano entrambi una cintura a cui allacciata c’era una pistola.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui...» esordì la donna, con un tono sarcastico e una voce lievemente acuta e fastidiosa.
«Due mocciosi?» fece l’uomo con tono neutro.
«Ma no...» disse la donna e indicò con il capo Ai, che la stava fissando con uno sguardo pieno di terrore «Lei la conosco... Come, non vedi? E’
Sherry.» si aprì in un piccolo sorriso compiaciuto.
L’uomo increspò appena la fronte.
«E’ vero...» ammise.
Conan serrò i denti, colto da un brivido lungo la schiena.
“Accidenti...”  

Shinichi scivolò seduto a terra e si voltò per poter appoggiare la schiena alla cassa, mentre riprendeva il fiato.
Heiji, preoccupato, si voltò a guardarlo, rimanendo accucciato al suo fianco.
«Tutto ok?» chiese il giovane di Osaka in un sussurro.
Shinichi gli rivolse uno sguardo allarmato, bisbigliando:
«Mi sono ricordato dell’altro. Credo che Ai sia davvero in mano a questa Organizzazione... e che si trovi dentro uno dei magazzini davanti a noi.»
Heiji alzò le sopracciglia, sorpreso, e sbirciò in direzione dei suddetti magazzini, per poi tornare a guardare l’amico, che gli spiegò brevemente ciò che aveva ricordato.
«Ma se è davvero così, cosa possiamo fare?» domandò a mezza voce «Quei tizi sono dei pazzi pericolosi! ... Non possiamo nemmeno essere davvero certi che Ai... sia davvero viva.» aggiunse l’ultima frase con evidente preoccupazione nella voce.
«Lei deve essere viva.» sussurrò Shinichi, deciso «Non credi che, se hanno lasciato andare me, è perché era lei che gli interessava? Perché avrebbero dovuto ucciderla?»
«Chi ti assicura che ti abbiano lasciato andare?» gli chiese allora Heiji, sempre parlando piano «E se fossi scappato tu? E se lei non ce l’abbia fatta? ... So che è orribile pensare a queste cose, ma Shinichi, ragiona... Sono degli assassini. Credo sia un miracolo che tu sia ancora vivo.»
Shinichi si morse un labbro, dovendo ammettere che Heiji non aveva tutti i torti.
Ma come poteva arrendersi in quel modo? Pensare che Ai fosse stata uccisa... era troppo difficile. Avrebbe dovuto salvarla a tutti i costi; sì, perché in qualche modo era certo che lei era ancora viva.
«Ci sono delle cose che non tornano.» iniziò a dire allora Shinichi, serio «Perché non ricordo più nulla? E perché Ai mi ha fatto diventare grande? E perché, soprattutto, questi tipi sono ancora qui?»
Heiji si corrucciò lievemente, pensieroso.
«Se davvero hanno ucciso Ai, non credi sarebbero dovuti scappare?» continuò Shinichi «Perché rimanere ancora qui e rischiare di venire scoperti? No... credo di sapere cosa è accaduto.» strinse un po’ i pugni, frustrato «Ci hanno rapiti, poi, per qualche motivo e in qualche modo, mi hanno cancellato i ricordi e mi hanno lasciato andare, tenendosi Ai.»
«Aspetta, come hanno fatto a cancellarti la memoria?» gli chiese Heiji, ancora scettico.
Shinichi si portò una mano al mento.
«Questo non lo so...» confessò.
«Ehi, un momento!» capì Heiji «Ai è una scienziata... magari è stata lei a creare un farmaco di un qualche tipo per farti perdere una parte di memoria.»
«Ai era una scienziata?» ripeté Shinichi, sorpreso «Questo non me lo ricordavo... E credi che in pochi giorni sia stata in grado di preparare un farmaco del genere?»
«Magari l’aveva già preparato quando faceva parte dell’Organizzazione... chissà quante cose aveva fatto per loro...» ragionò Heiji.
«Ma... fammi capire: Ai faceva parte di questa Organizzazione?» si stupì l’altro.
«Non ti ricordi?» gli chiese Heiji, incredulo.
Shinichi scosse appena il capo.
«Beh, ora non ne fa più parte.» spiegò il giovane di Osaka «Per questo la stanno cercando.»
«Ah...»
Heiji allora disse:
«Comunque trovo strano il fatto che ti abbiano lasciato andare. Perché non ucciderti direttamente? Se davvero volevano solamente Ai, e questo è plausibile, allora non avrebbero dovuto avere problemi a fare fuori te... In fondo eri un “elemento” scomodo anche tu, perché sai troppe cose sull’Organizzazione. Invece ti hanno lasciato vivo, semplicemente senza ricordi. Non ha senso...»
«E’ vero...» dovette ammettere Shinichi, meditabondo.
Rimase in silenzio qualche secondo, poi iniziò a dire lentamente:
«Beh, finora c’è una cosa che abbiamo dato per scontato, ma forse non avremmo dovuto farlo...»
Heiji alzò un sopracciglio, confuso.
«E cioè?»
Shinichi alzò gli occhi per guardarlo e rispose:
«Che a rapirci è stata l’Organizzazione.»
Heiji aprì un po’ la bocca, sorpreso. E Shinichi proseguì:
«Se davvero mi davano la caccia per farmi fuori e riprendersi Ai, allora perché a me non è capitato nulla? E’ vero, potrebbe darsi che sono scappato, ma da quanto mi ricordo hanno avuto diverse occasioni di farmi fuori... C’è sicuramente qualcosa che non torna. E poi quello di Ai era un sospetto, non sono certo sicuro che fossero davvero membri di questa strana Organizzazione...»
«Però erano tutti vestiti di nero e conoscono Ai.» fece notare l’altro.
«Sì, ma c’è un’altra ipotesi da valutare...» commentò Shinichi, cupo.
«Ovvero?» domandò Heiji, incuriosito.
Shinichi tirò leggermente le labbra, pensieroso. E allora disse:
«Per conoscere Ai, e il nome che usava una volta, dovevano essere sicuramente membri dell’Organizzazione... almeno un tempo.»
«Stai dicendo che forse...» fece Heiji, sorpreso.
Shinichi annuì e concluse:
«Forse ora non ne fanno più parte, per questo mi hanno liberato... e intendono utilizzare Ai solamente per i loro scopi. Qualunque questi siano.»

Continua...

Oggi faccio una cosa veloce che vado di fretta! ^^' Passo subito ai ringraziamenti:

Liz Shelley: Mi riempi sempre di complimenti! *//* Sei troppo gentile! ^//^ Sono contenta che la storia continui a piacerti... Ho fatto in modo che non ci si "annoi" mai, ma certo non so se ci sono sempre riuscita. Io ci provo, poi... -_^ Si inizia a scoprire qualcosa di più su ciò che è accaduto ad Ai... Però ancora non è nulla di certo, come hai potuto leggere. Vedrai! ;P Ciao!

Mommika: Ai è il tuo personaggio preferito? Oh, bene! Si parlerà quasi esclusivamente di lei per una gran parte della fic! XD Anche a me piace molto, comunque. ^^ Lo trovo intrigante e poi lei è molto bella. E sono del parere che provi davvero qualcosa per Shinichi, quindi... Sì, mi piace. ;) Mi piace parecchio anche Heiji. E' carino e simpatico e non posso fare a meno di inserirlo nelle mie fic su Conan. ^^ Davvero oggi esce un file importante per capire la storia in Giappone? Wow, che onore! ** Mi piacerebbe leggere tutto il manga di Conan... ho solo i primi due volumi! ç_ç Uffi... Va bé, ciao! -_^

Sweetgirl91: Ti scrivo veloce, se no faccio tardi a venire da te! XD Ti piacciono tanto i ricordi di Shinichi, eh? Beh, in questo capitolo ne hai avuta un'overdose! X°°°D Piacciono parecchio anche a me! ** E il bello è che non sapevo proprio cosa scrivere... Nel senso; mica avevo ancora deciso che cosa poteva essere accaduto ad Ai e Conan! E intanto scrivevo sti ricordi qua e là... Alla fine, però, quando Shinichi si ricorda tutto, dovevo far coincidere la storia... E pensavo: "Ecco, adesso non mi ci dice più niente e faccio un casino!" e invece tutto è andato al proprio posto, come un puzzle! Mi meraviglio di me... sono un genio! >.> Modestamente... XD Per quanto riguarda la scena romantica con Ran... Eh sì, ammetto che la sto scrivendo ora nell'epilogo. ^^' Sta venendo più lungo di quanto mi aspettavo... Tipo lungo come uno di questi capitoli. Però va bene lo stesso, no? XP Basta, vado a farmi la doccia!!!! Ciao, a tra poco TUSAIDOVEEPERCHÈ! XD

Ringrazio anche chi ha letto solamente e chi ha aggiunto la storia tra le Preferite e le Seguite.

Prossimo aggiornamento Venerdì 24. ^^

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Capitolo 5
*** Nel loro covo ***


Nel loro covo

«Cosa facciamo adesso, Shinichi?» sussurrò Heiji, preoccupato «Non abbiamo la minima idea verso chi stiamo andando incontro... a parte che sono dei criminali, forse assassini.»
«Dobbiamo perlustrare il magazzino.» rispose risoluto l’altro, sbirciando da dietro la cassa in direzione dell’edificio buio «Ai potrebbe essere là.»
«Ma siamo soli!» gli fece notare Heiji «E disarmati! Mentre non sappiamo quanti siano loro, né conosciamo il posto, né possiamo immaginarci appieno di cosa siano capaci pur di scappare o portare a termine i loro piani.»
Shinichi storse le labbra, a corto di idee.
«Se solo ricordassi qualcosa di più...» mormorò tra sé e sé.
Heiji annuì e sospirò:
«Questo sarebbe d’aiuto, già...»
«Potremmo almeno cercare di avvicinarci qualche passo in più.» propose allora Shinichi e indicò con il capo un altro mucchio di casse poco più avanti, dove avrebbero avuto una visuale migliore della facciata del magazzino.
«Non credi sia troppo rischioso?» domandò il giovane di Osaka, poco convinto.
«Visualizzare meglio il posto potrebbe aiutarmi a ricordare.» insistette Shinichi in un sussurro «Sto facendo progressi...»
Heiji rifletté qualche istante, poi sospirò e accettò la proposta.
Shinichi, con cautela, uscì fuori dal nascondiglio, cercando di fare meno rumore possibile, e, rannicchiato, raggiunse a passo svelto il mucchio di casse a cui aveva mirato.
Heiji si diede un’altra occhiata intorno e poi lo seguì silenzioso, portandosi al suo fianco.
Poi, insieme, alzarono di un po’ il capo per guardare.
La porta principale del magazzino, con due battenti in acciaio, era lievemente ammaccata, segno forse di una forzatura per aprirla, ma comunque ora chiusa. C’erano due grandi finestroni sulla faccia, uno dei quali aveva il vetro frantumato. All’interno era tutto buio.
«Sembra non esserci nessuno...» mormorò Shinichi, poi, istintivamente, fece come per uscire dal nascondiglio e andare a dare meglio un’occhiata, ma Heiji lo afferrò con forza alla manica del giubbotto, costringendolo ad accucciarsi di nuovo al suo fianco.
«Brutta idea, la tua, Shinichi!» inveì Heiji a mezza voce «Vuoi farti ammazzare, per caso? Ti è già andata bene una volta; non sfidare la sorte!»
«Avanti, Heiji, non...» iniziò Shinichi per protesta, ma fu costretto a fermasi di colpo, raggelando.
«Giù!» bisgliò subito, posando una mano sul capo del giovane di Osaka e spingendolo giù insieme al suo.
«Che ti prende?» sussurrò Heiji, sorpreso, guardandolo.
Shinichi gli rivolse uno sguardo teso.
«C’è qualcuno.» rispose in un soffio, parlando il più piano possibile.
Heiji spalancò gli occhi dalla sorpresa, poi tornò concentrato, sbirciando appena con un occhio da dietro una cassa, per guardare.
Un uomo corpulento, vestito di nero, con un cappello, un paio di occhiali, e una pistola alla cinta, ben visibile dal lungo cappotto di pelle slacciato, era appena uscito dalla porta spalancata di un magazzino più piccolo sulla sinistra e ora stava camminando con le mani in tasca, tranquillamente ma vigile, davanti la facciata dell’edificio più grande; forse facendo la guardia.
Non si era accorto dei due.
«Accidenti, che si fa adesso?» bisbigliò Heiji, studiando la situazione «Se proviamo ad andarcene si accorgerà di noi!»
Shinichi puntò attentamente lo sguardo sulla porta aperta da cui era spuntato l’uomo, che aveva riconosciuto come il compagno della donna che aveva scoperto lui e Ai lì davanti.
«Quel tipo è uscito da lì...» ragionò il ragazzo, continuando a fissare l’entrata «Potremmo provare ad entrare...»
Heiji gli afferrò il davanti del giubbotto e lo tirò verso di sé, costringendolo così a guardarlo in faccia, per poi sussurrare con foga:
«Ma sei impazzito? Come pensi di fare, eh? Quel tizio è armato e ha decisamente un’aria che non mi piace! Pensa piuttosto come potremmo fare per scappare senza essere scoperti.»
«Non possiamo andarcene così...» provò a dire l’altro, ma Heiji lo interruppe, affermando:
«Capisco che sei preoccupato per Ai e che vorresti salvarla, ma da soli non possiamo fare niente. Torniamo indietro, avvertiamo la polizia.»
Shinichi gli lanciò uno sguardo serio e deciso, dicendo:
«A quanto mi ricordo, non ti sei mai tirato indietro davanti un caso... Non vorresti risolvere tutta questa faccenda da solo? Mi pare di ricordare che hai un orgoglio invidiabile e un grande ego...»
«Non mi piace certo rischiare la pelle, però.» ribadì Heiji, alzando un sopracciglio «Da una parte siamo così simili, io e te. Ammetto che questo mistero incuriosisce parecchio anche me, ma devi ammettere che il rischio è troppo grosso. Siamo disorganizzati; ci moviamo alla cieca, senza un piano... e, sinceramente, non mi piace nemmeno un po’ agire in questo modo. Non rientra nel mio stile.»
«La vita è anche improvvisazione.» fece notare Shinichi, convinto.
«Anche la morte può avvenire all’improvviso.» ribatté Heiji, serio «Ma direi che in questo caso ce la stiamo proprio cercando.»
«Vorresti scappare, quindi?» chiese subito l’altro, increspando di un po’ la fronte.
«No, intendo ritirarmi per il momento e preparare un piano d’azione. Dovremmo fare così.» rispose il giovane di Osaka «Dovremmo studiare bene la situazione, prima di fare mosse avventate. Non sappiamo bene in quanti sono, né dove si trovano precisamente, nemmeno dove tengono Ai. Non credi abbiamo bisogno di organizzarci un po’ meglio?»
«Come facciamo a studiare la situazione, senza indagare? Ed entrare nel magazzino potrebbe...»
«Entrare nel magazzino significherà andare incontro a chissà quali tipi di pericoli!» lo fermò Heiji «Cerca di ragionare... Non essere troppo impulsivo; ne va della tua, della nostra, vita.»
Shinichi abbassò lo sguardo e Heiji gli lasciò la giacca.
“Effettivamente ha ragione... sono troppo impulsivo...” si rese conto Shinichi, pensieroso “Però, più ripenso Ai e più...”
Di nuovo gli occhi intensi, carichi di lacrime, di lei, riempirono la sua mente.
“Maledizione!” imprecò Shinichi tra sé e sé, stringendo i denti dalla rabbia.
L’uomo corpulento che stava passeggiando poco distante da loro, si fermò per abbassarsi ad allacciare una scarpa.
«Credo sia questo il momento che stavamo cercando.» sussurrò Heiji, sbirciando da dietro la cassa e riscuotendo così l’altro dai suoi pensieri «Ora, con molta cautela, arretriamo fino alle casse dove eravamo nascosti prima, poi ce la filiamo in silenzio, ok?» si voltò a guardare l’amico, cercando un cenno d’intesa.
Shinichi tirò appena le labbra, poi si arrese, annuendo con il capo.
Heiji allora, rimanendo accucciato, si voltò e prese ad avanzare silenziosamente verso il loro precedente nascondiglio. Shinichi lo seguì subito, ma, per sbaglio, mise il piede sopra una piccola tavola di legno spezzata e annerita dal tempo, che scricchiolò sinistramente sotto il suo peso. I due ragazzi si irrigidirono immediatamente, guardandosi, mentre l’uomo di guardia si tirò subito in piedi, volgendo l’attenzione al punto dove si trovavano i due, ancora però abbastanza nascosti, e chiese a voce alta:
«Chi c’è?»
I due detective ritornarono indietro in un lampo, appiattendo di nuovo la schiena contro le casse alle loro spalle, sudando freddo.
L’uomo in nero mosse un passo per andare a vedere, ma in quel momento un grosso gatto tigrato saltò fuori da dietro una cassa, passando di corsa davanti l’energumeno e sparendo presto nel vicolo buio.
L’uomo storse un po’ le labbra, seccato.
«Gattaccio.» sibilò, tornando tranquillamente a passeggiare avanti e indietro, di fronte la porta del grande magazzino.
I due ragazzi poterono tornare a respirare.
Heiji si voltò come una furia verso l’altro, bisbigliando:
«L’hai fatto apposta, non è così?!»
«Già, non vedevo l’ora di farmi piantare un proiettile in testa.» ribatté Shinichi, aggrottando le sopracciglia «Non l’ho fatto apposta; non sono certo così stupido.»
«Su questo ho qualche dubbio, visto che sono diversi minuti che ti stai scervellando cercando di trovare il modo migliore per farci uccidere.» sbottò Heiji.
«Non esagerare, adesso.» sospirò Shinichi, scocciato.
«Non esager...?» Heiji si tappò la bocca con una mano, rendendosi conto troppo tardi di aver alzato troppo la voce.
L’uomo in nero tornò a girarsi immediatamente verso il loro nascondiglio, chiedendo di nuovo:
«Chi c’è? Fatti vedere!» prese ad avanzare in direzione delle casse, portando la mano all’impugnatura della pistola.
«Bravissimo, complimenti!» bisbigliò Shinichi «Chi sarebbe lo stupido, eh? Io?»
«Stai zitto e vedi di scappare!» esclamò Heiji spingendolo alla sua destra, notando l’uomo farsi sempre più vicino.
Shinichi allora si alzò in piedi, scappando a destra, con Heiji alle spalle.
L’uomo in nero li vide e quindi tirò fuori la pistola, munita di silenziatore, e sparò un paio di colpi nella loro direzione.
I due si abbassarono per istinto, senza però fermarsi; i proiettili finirono uno contro una cassa vicino a loro, e l’altro in un barile di plastica blu a pochi centimetri da Heiji.
«Questo ci fa fuori!» si allarmò quest’ultimo.
Shinichi allora gli afferrò una manica e prese a correre in direzione della porta aperta da cui era uscito inizialmente l’uomo in nero.
«Andiamo lì dentro!» decise Shinichi, evitando di un soffio un ennesimo proiettile.
«Bene, così andiamo incontro a morte certa!» ironizzò Heiji, cercando di liberarsi dalla presa dell’altro, continuando però a correre.
«E’ il nostro unico rifugio!» insistette Shinichi.
«Chi ti dice che gli amici di questo tizio non siano lì ad aspettarci?» fece scettico Heiji, mentre un proiettile passava sibilando vicino la sua guancia, facendolo quindi sobbalzare dallo spavento.
«Fidati di me!» rispose Shinichi, entrando dentro il magazzino alla sua sinistra.
Il loro inseguitore giunse alla porta pochi istanti dopo e si immerse a sua volta nel buio dell’edificio, afferrando la pistola con entrambe le mani e tenendola tesa davanti a sé.
I due ragazzi, senza fiato, rimasero immobili, seduti a terra con la schiena appiattita contro degli scatoloni, in un angolo particolarmente buio del magazzino. Attraverso una piccola fessura tra le scatole, osservavano l’uomo in nero camminare lentamente con la pistola puntata davanti a sé; proprio a pochi passi da loro. Erano entrambi tesi come una corda di violino.
Shinichi si guardò intorno in fretta, mentre l’uomo iniziava a scansare in malo modo, con i piedi, delle scatole vuote e alcuni pezzi di polistirolo che gli intralciavano il cammino, senza mai abbassare l’arma.
«Forza, uscite fuori!» intimò l’uomo, ruvido «Mi sono stancato di giocare a nascondino. Fatevi vedere!»
«Col cavolo.» sussurrò spontaneamente Heiji, parlando quasi tra sé e sé, madido di sudore freddo.
«Heiji, di là.» propose Shinichi, indicando una porta socchiusa alla loro sinistra.
«Dovremo uscire allo scoperto per raggiungerla...» notò l’amico, storcendo le labbra.
«Hai idee migliori?» gli chiese allora Shinichi, alzando un sopracciglio.
Heiji lanciò un fugace sguardo a loro inseguitore, che ora stava controllando dietro ogni pila di casse o scatoloni, quindi, tornando a guardare l’amico, sospirò:
«Effettivamente no...» vide l’uomo in nero dirigersi proprio nella loro direzione, sta volta, quindi aggiunse subito, spingendo Shinichi verso sinistra e alzandosi in piedi:
«Corri!»
Scapparono insieme verso la porta, mentre l’uomo in nero sparava verso di loro un paio di colpi.
Shinichi si gettò a palmi aperti contro la porta, spalancandola di colpo e proseguendo a correre, ma Heiji, dietro di lui, dopo un ennesimo colpo dell’uomo, si lasciò sfuggire un gemito a stento soffocato, andandosi ad afferrare subito con la mano sinistra l’avambraccio destro.
«Heiji!» esclamò Shinichi, voltandosi a guardarlo.
«Non è niente; un colpo di striscio.» lo rassicurò l’altro «Continua a correre!»
Shinichi si rivoltò in avanti, proseguendo ancora per il corridoio buio.
L’uomo in nero oltrepassò la porta in quell’istante e provò a sparare ancora; mancandoli.
Poco più avanti il corridoio terminava con una porta chiusa, che Shinichi provò invano ad aprire. Però, ai lati, si trovavano altre due porte. Shinichi si diresse verso quella a sinistra, Heiji a destra; erano entrambe aperte.
«Separiamoci!» suggerì Heiji.
«E’ meglio di no!» ribatté Shinichi.
«Avremo più probabilità!» insistette Heiji e sparì oltre la porta a destra.
«Aspetta!» lo chiamò Shinichi, ma un colpo sparato dal loro inseguitore sempre più vicino lo costrinse ad arretrare di scatto nella stanza in cui si affacciava la porta che aveva aperto, sul lato sinistro del corridoio. D’istinto, chiuse la porta e, notando la chiave nella fessura, la girò. L’uomo in nero, giunto in quel momento, provò per un attimo a girare la maniglia più volte, con rabbia, poi rinunciò e decise di correre nella direzione in cui era scappato Heiji.
Shinichi, senza fiato, appoggiò le mani sulle ginocchia, ansimando, dandosi intanto un’occhiata in giro.
Si trovava in una grande stanza del magazzino, con altre casse, pezzi di polistirolo, scatoloni e scaffali, silenziosa e buia.
“Dannato Heiji, se mi avessi seguito qui, insieme avremmo avuto migliori possibilità di fuga.” lanciò uno sguardo alla porta davanti a sé “Dove sei ora?”
Si raddrizzò, tornando a respirare regolarmente, poi afferrò la chiave, con l’intenzione di andare a cercare l’amico, quando udì delle voci e una porta sul fondo della grande stanza fu aperta di malagrazia, andando a sbattere contro la parete con un forte suono metallico che rimbombò tutt’intorno.
«Ma cosa diavolo era quel frastuono? Perché Jil si è messo a sparare, dannazione!»
«Quel buono a nulla avrà fatto entrare un estraneo, come minimo!»
«Spero per il suo bene che l’abbia ammazzato, allora.»
Shinichi si gettò immediatamente dietro uno scaffale, poi, sbirciando attraverso delle scatole, guardò in direzione dei due uomini che si stavano avvicinando alla porta da cui lui era entrato.
Uno dei due era quel tipo che zoppicava, del quale Shinichi aveva proprio un ricordo poco piacevole, mentre l’altro era più giovane, di bel aspetto, con capelli chiari legati in un piccolo codino.
Shinichi aggrottò la fronte.

Wim
Il giovane con il codino si chiamava Wim. Shinichi ne era certo.
In quell’attimo, il detective fu colpito da una terribile fitta alla testa, proprio mentre i due uomini passavano davanti il suo nascondiglio. Si portò le mani alle tempie e strizzò forte gli occhi, mordendosi un labbro per non lasciarsi sfuggire qualche gemito che lo avrebbe fatto scoprire. 

«Faglielo bere tutto, Wim. Fino all’ultima goccia.» ordinò la bionda, ridacchiando.
«Certo.» rispose il giovane con il codino, avvicinandosi.
Shinichi era inginocchiato a terra, con il fiato un po’ corto, le mani legate dietro la schiena e il busto e il capo chini in avanti. Dietro di lui si trovavano l’uomo zoppicante e l’altro robusto.
Wim gli si fermò davanti e gli afferrò con forza i capelli, alzandogli così la testa. Il detective tirò il volto in un’espressione di dolore, soffocando un gemito.
«Muoviti, bevi.» sbottò Wim, avvicinando una piccola ampolla alle labbra del ragazzo, che si ostinò a tenerle serrate.
Il giovane con il codino, seccato, strinse più forte la presa sui capelli del detective, ripetendo duramente:
«Ti ho detto di bere.»
Shinichi socchiuse gli occhi per il dolore, ma non dischiuse le labbra.
La bionda ridacchiò ancora, malignamente, e disse:
«Che tipo cocciuto, eh?» senza perdere il sorriso di scherno, si spostò un po’ di lato, mostrando Ai legata ad una sedia alle sue spalle; Ai adulta, tremante e con gli occhi lucidi.
Il detective le rivolse subito lo sguardo, preoccupato.
La donna estrasse la pistola e la puntò verso Ai e aggiunse, con uno sguardo furbo e il solito sorriso sul volto:
«Ma ora, giovanotto, basta fare i capricci.» caricò la pistola con un gesto secco.
«Aspetta!» esclamò istintivamente Shinichi, allarmato, con una voce un po’ roca e il respiro affannoso.
«Dunque?» fece la donna, alzando un sopracciglio, senza però cambiare oltre l’espressione sul viso.
Shinichi rimase a guardarla ancora un attimo, increspando di un po’ la fronte, poi rivolse lo sguardo ad Ai, che era tornata a piangere con gli occhi chiusi e il corpo tremante, infine fissò gli occhi sulla boccetta di vetro davanti la sua faccia, contenente un liquido verdastro.
«D’accordo. Bevo.» mormorò, arrendendosi e abbassando lo sguardo al suolo.
«Bene.» sibilò Wim, alzandogli di scatto la testa un po’ di più e avvicinandogli l’ampolla alle labbra.
Shinichi strizzò gli occhi per il male e contemporaneamente aprì di poco la bocca.
Il giovane lo costrinse a bere tutto il liquido, di un sapore disgustoso, poi lasciò di colpo la presa tra i capelli di Shinichi, che quindi cadde a terra, squilibrato.
Lentamente, non avvertendo particolare dolore, si sentì cadere in uno stato di profondo torpore. La vista iniziò ad annebbiarsi; presto non riuscì più a distinguere nemmeno la forma delle scarpe degli uomini e della donna intorno a lui e, infine, si addormentò del tutto. 

“Pare che la testa voglia scoppiarmi...” Shinichi imprecò mentalmente, andando a posare un ginocchio a terra in silenzio, massaggiandosi intanto le tempie. Il dolore si stava affievolendo.
I due uomini erano giunti alla porta. Uno dei due girò la chiave e aprì, poi entrambi uscirono per andare a controllare.
Shinichi si rialzò lentamente in piedi, poi lanciò istintivamente uno sguardo verso la porta da cui i due erano venuti.
“Non sono più di quattro, tutti insieme.” ragionò, fissando la porta spalancata “Nei miei ricordi sono solo quell’uomo robusto che sta rincorrendo Heiji, il giovane con il codino, l’uomo zoppicante e la donna... Presumibilmente là si trova solo quest’ultima, ancora.”
Corrucciò di un po’ la fronte.
“E Ai, probabilmente.”
Deciso, si mosse in direzione della porta aperta, facendo meno rumore possibile e rimanendo nascosto.
“Forse è stato proprio quel liquido che ho bevuto a farmi perdere la memoria...” cauto, si portò di fianco la porta aperta “E magari l’ha preparato proprio Ai.”
Si affacciò.
C’erano delle scale, appena illuminate da una piccola lampadina nuda pendente dal soffitto basso. In fondo si notava l’inizio di uno squallido corridoio.
Shinichi prese un bel respiro e si mise a scendere. 

Heiji, invece, era decisamente in trappola.
Dopo aver attraversato diverse stanze, enormi e piene di roba, era giunto infine in una senza uscita.
Si era rannicchiato tra dei vecchi macchinari, che al buio nemmeno si riusciva a distinguerli bene, e si teneva forte l’avambraccio, con la maglia e la mano completamente sporchi di sangue.
“Maledizione, sono fregato...” imprecò, serrando i denti e osservando, teso, l’uomo in nero setacciare ansimante tutta la stanza.
«Ormai sei in trappola!» esclamò l’uomo, irritato «Giuro che ti faccio fuori, appena ti trovo!»
“Perfetto.” Heiji storse le labbra, cercando intanto con lo sguardo una via di fuga.
In quel momento, due uomini entrarono nella stanza di corsa.
L’inseguitore del detective, sentito dei rumori, si voltò subito verso la porta, pronto a sparare, ma Wim, il giovane con il codino, fu pronto a fermarlo, inveendo:
«Fermati, idiota, siamo noi!»
«Ah... scusami, Wim.» l’uomo abbassò quindi l’arma.
«Jil, che diamine stai combinando?» sbottò l’uomo zoppicante, scontroso.
«Sono entrati due ragazzi.» rispose subito Jil, sputando a terra «Uno è scappato, ma, guardandolo di sfuggita, mi è parso proprio lo stesso ragazzo che avevamo catturato qualche giorno fa.»
«Cosa?» fecero insieme gli altri due uomini.
«Non è possibile, il siero avrebbe dovuto cancellargli i ricordi!» esclamò Wim, sorpreso «Quella ragazza aveva detto che...»
«Magari ci ha preso in giro.» intervenne l’uomo zoppicante, scuro in volto «Non dovremmo fidarci così tanto di lei.»
Heiji aggrottò di un po’ le sopracciglia.
“Parlano di Ai, sono sicuro.” capì “Allora io e Shinichi avevamo visto giusto... è stata proprio Ai a far perdere la memoria a Shinichi. Ma perché?”
«Sono d’accordo con te, Rok.» annuì Jil.
“Jil, Rok, Wim... tutti nomi in codice, non c’è dubbio.” ragionò Heiji, serio “Ma quali saranno i loro piani? Davvero l’Organizzazione non c’entra niente?”
«Ma l’altro tipo che fine ha fatto, allora?» chiese Wim, guardandosi intorno.
«E’ qui, da qualche parte...» rispose Jil, tornando ad alzare l’arma «Nascosto come un topo in trappola...»
Heiji deglutì, strisciando intanto di lato, con l’intenzione di girare a largo ed uscire dalla porta da cui proveniva.
Anche Wim e Rok estrassero le pistole e quest’ultimo aggiunse:
«Vedete di non farlo fuori; se era con l’altro giovane, che è scappato, il capo vorrà interrogarlo per vedere che cosa sa e per scoprire chi è.»
«Già, si occuperà lei di lui.» concordò Wim, poi i tre si divisero in silenzio.
Heiji corrugò un po’ la fronte.
“Quindi è la donna il capo. Sarà quella che ha incontrato Shinichi...”
Il ragazzo passò da una cassa all’altra, dietro vari scaffali e macchinari, nel silenzio totale. Poi, protetto da un vecchio muletto arrugginito, diede un’occhiata alla stanza, per verificare in che punto si trovassero i suoi inseguitori.
Vide Rok perlustrare il lato opposto al suo nascondiglio, invece Jil controllava sotto degli scaffali vicino alla porta. Mentre di Wim sembrava non esserci traccia.
«Dove sei, dannazione...?» mormorò tra sé e sé il detective, non riuscendo a vederlo.
Uno scricchiolio di suola di scarpe alle sue spalle lo fece raggelare.
«Cerchi qualcuno?» ridacchiò una voce molto vicina.
Heiji fece per voltarsi a guardare, ma il giovane dietro di lui gli puntò la fredda pistola alla testa, intimandogli:
«Mettiti in ginocchio con le mani bene in vista.»
Heiji obbedì lentamente, inginocchiandosi con le mani in alto.
«Sono disarmato.» disse il detective, voltando leggermente gli occhi indietro verso il giovane.
«L’ho notato.» sorrise Wim, poi chiamò:
«Ehi, venite, l’ho trovato!»
Gli altri due si avvicinarono in fretta e gli si fermarono davanti.
«Finalmente, ragazzino. Mi hai dato filo da torcere, ma ora è finita per te.» sibilò Jil, duro.
«Non hai una bella mira, effettivamente.» rispose a tono Heiji «A parte un graffietto, hai sprecato un caricatore per nulla.»
Jil, irato, lo colpì allo zigomo destro con un pugno, facendolo finire di lato a terra.
«Io ti...!» ringhiò l’uomo robusto, ma Rok, dietro di lui, gli bloccò le braccia, esclamando:
«Ehi, vedi di calmarti!»
«Già, e tu frena la lingua, ragazzino.» aggiunse Wim, afferrando Heiji di spalle per la giacca e facendolo di nuovo mettere in ginocchio, continuando a tenerlo sotto tiro.
Jil si tranquillizzò, sistemandosi meglio il cappotto e sbottando:
«Ti è andata bene, sta volta.»
Heiji, con un rivolo di sangue che gli scendeva lungo la guancia, gli lanciò uno sguardo duro, quasi di sfida, ma non disse nulla.
«Forza, portiamolo da Stella.» disse Rok, avviandosi verso la porta.
«Sì.» fece Wim e costrinse Heiji a mettersi in piedi, tirandolo su per il giubbetto.
Poi, aiutato da Jil, gli legarono strette le mani dietro la schiena con dei lacci di plastica e lo spinsero in direzione della porta; Wim gli puntava ancora la pistola alla schiena e Jil chiudeva la fila.
“Accidenti, Shinichi...” Heiji storse le labbra, iniziando a preoccuparsi “In che casino mi hai coinvolto?”  

Terminate le scale, Shinichi aguzzò la vista per riuscire a scorgere cosa vi fosse in fondo allo scuro e stretto corridoio.
Sembrava esserci una porta.
Si avvicinò con cautela e, una volta di fronte la porta, posò un orecchio sul legno. Dall’altra parte non proveniva alcun suono.
“Magari non c’è nessuno...” ipotizzò, abbassando intanto la maniglia.
Aprì di un poco e sbirciò dentro.
Intravide una stanzetta con un tavolo al centro, su cui pendeva un vecchio lampadario di ferro arrugginito. La luce era accesa, così non fu difficile notare anche tre porte sui lati della stanza; due erano aperte. Dietro una poté vedere che si trovava un piccolo bagno sporco, mentre l’altra porta era poco più che socchiusa, comunque riuscì a scorgere una scrivania con un computer spento al di là di essa.
“Adesso entro.” decise, risoluto, e varcò l’uscio.
In silenzio, attraversò questa piccola stanza, passando accanto al tavolo con cinque sedie, che però non gli era famigliare. Lanciò uno sguardo indeciso verso l’unica porta chiusa della stanza, poi però decise di concentrarsi in quella socchiusa. Si affacciò appena, riuscendo ora a vedere bene cosa c’era al di là. La stanza era una sorta di laboratorio, piccolo e dal pavimento e le pareti sporche, con un paio di banconi con sopra un sacco di provette, un microscopio, e strani liquidi; una scrivania con il computer si trovava di lato alla porta e vicino c’era un vecchio frigorifero ronzante. Però non c’era nessuno, anche se la luce era accesa. Shinichi quindi entrò, assicurandosi di socchiudere di nuovo la porta, e si diede meglio un’occhiata in giro. Al contrario di prima, quel laboratorio in qualche modo se lo ricordava.
Si incupì, immaginando che Ai avesse lavorato in quel posto, poi notò una porta di ferro, arrugginita, dietro un bancone. Si irrigidì. Se la ricordava bene quella porta.
Si avvicinò lentamente, teso, e posò quindi la mano sulla maniglia.
Poi l’aprì.
La porta cigolò un po’, girando su i suoi vecchi cardini, ma il giovane non se ne curò.
Infatti raggelò, osservando lo squallido e sporco piccolo corridoio davanti a lui, poco illuminato da una lampadina a stento funzionante appesa sul soffitto, simile a quella sulle scale.
In fondo a destra si trovava una vecchia porta con una piccola finestrella di vetro in alto.
Il cuore di Shinichi accelerò. Sapeva bene cosa si trovava oltre quella porta.
Si avvicinò lentamente, come in trance, e, infine, si fermò davanti la porta.
Notò la chiave nella fessura.
Senza aspettare oltre, girò la chiave e aprì la porta con una mano.
Questa cigolò sinistramente, più della porta di ferro aperta prima, e mostrò al giovane una piccola e umida stanza, circa grande come la sua camera da letto a casa del detective Mori. Non c’era nessuna finestra e l’aria là dentro era fresca; la stanza era appena illuminata dalla luce proveniente dal corridoio. E lì, in un angolo, rannicchiata su se stessa e forse addormentata, si trovava lei; Ai. Indossava un maglione beige troppo grande, dei pantaloni strappati e sbiaditi e un paio di scarpe da tennis consunte.
Shinichi spalancò gli occhi e, senza più esitare, corse verso di lei.
«Ai! Sono io, Ai! Svegliati!»
Le si inginocchiò accanto, tirandola delicatamente su.
Ai, nel suo aspetto da donna, addormentata e sporca, sembrava ancora una bambina indifesa tra le braccia di Shinichi, che continuava ancora a chiamarla.
Lei, allora, strizzò di un po’ gli occhi e infine alzò le palpebre, rivolgendogli uno sguardo dapprima molto confuso, poi sorpreso.
«Shi... Shinichi?» la sua voce era roca, forse stanca, e sapeva di lacrime.
«Ai...» mormorò lui, sollevato che stesse bene.
«Oh cielo, Shinichi!» esclamò Ai, abbracciandolo forte e scoppiando a piangere «Ho avuto così tanta paura che ti fosse capitato qualcosa! Come potevo fidarmi appieno delle loro parole? Come potevo davvero essere certa che non ti avessero ucciso?»
«Calmati, adesso... non c’è tempo.» le disse Shinichi, preoccupato.
Ai gli rivolse uno sguardo sorpreso e chiese:
«Ma come hai fatto ad entrare? E quegli uomini? Sei venuto con la polizia? Ma soprattutto... Non ha funzionato il siero che ti ho dato? Pensavo avessi perduto la memoria... effettivamente non ne ero così sicura, perché era un siero ancora da testare e quindi non sapevo se avrebbe funzionato...»
«Per un po’ ha funzionato.» rispose lui «Però ora, pian piano, sto recuperando la memoria.»
«Capisco...» mormorò Ai.
«Poi mi racconterai tutto, ma ora dobbiamo scappare. Se quelli ci trovano qui...»
«Aspetta, sei venuto da solo?» lo interruppe Ai, allarmata.
«Beh... non proprio...» Shinichi storse di un po’ le labbra «Fino a poco fa c’era Heiji con me, ma ora non ho idea di dove sia...»
«Oddio, Shinichi, ti farai ammazzare!» Ai prese a tremare «Devi andartene... svelto!»
«Ce ne andremo insieme!» affermò Shinichi, risoluto «Ti porterò io, non temere; ci salveremo! Non ti lascio qui!»
«Oh, ma che scena romantica...»
I due si pietrificarono e si voltarono subito a guardare in direzione della porta.
Lì si trovava la bionda, con una pistola puntata verso di loro e il suo solito sorriso di scherno.

«Ben ritrovato... Shinichi.» aggiunse, come divertita.

Continua...

Hanno ritrovato Ai! ** (Ah, se non fosse chiaro: anche Ai è adulta, proprio come Shinichi è tornato ad essere un liceale. -_^ Più avanti saprete perché! ^^) ... ^^ Spero che il capitolo vi sia piaciuto. A me invece dispiace constatare che ho già pubblicato metà fic... ç_ç Finirà presto! Appena altri sei aggiornamenti! Eh... L'importante è che sia venuta bene, no? ^^

Passiamo ai ringraziamenti:

Sweetgirl91: Oggi che aggiorno (prima avevo scritto: aggi che oggiorno! XD) prima di pranzo, tu non ci sei! XD (Eri in lambretta? Ho sentito un rumore sospetto! XD Ma mi sa di più che eri con tua madre...) Vabbé, lasciamo stare... Tornando alla storia; dopo che hai lasciato la rece, mi sono resa conto di non aver inserito una frase prima del titolo dello scorso capitolo! Infatti, leggendo che tu mi chiedevi: "Nei ricordi di Shinichi con Ai, a volte lui è Shinichi, a volte Conan...", mi sono ricordata! Ecco la frase che ho aggiunto - non se l'hai già letta da sola -: "Volevo puntualizzare una cosa: quando nei ricordi parlo di 'Shinichi', intendo Shinichi grande. Mentre, con 'Conan', intendo Shinichi piccolo". Era per distunguere, perché nei ricordi non sempre Shinichi è grande, a volte è un moccioso di sette anni, quindi... Lo spiegherò meglio anche tra un paio di capitoli, in cui ci sarà una specie di lungo flash-back... Va bé, vedrai da te! Comunque sì; a volte non sempre i ricordi seguono la "linea temporale"; ovvero, se Shinichi si ricorda di una cosa perché vede un determinato oggetto o riconosce una certa persona, riaffiorerà proprio quel ricordo, anche se è successo dopo di un'altra cosa che magari gli tornerà in mente più tardi... Quindi ti immagini che pure Shinichi è un po' confuso; ha un enorme buco nella memoria che non sa proprio come riuscire a riempire! XD Me l'hanno detto tutti che Heiji sembrava un po' "tonto" nel capitolo scorso - magari sembrerà così anche qui -! X°°°D Ma il fatto è che penso sempre che Shinichi sia superiore a lui di intelligenza, per questo nelle cose ci arriva un po' prima. Ma anche Heiji ci arriva subito dopo! E più avanti si "sveglia" un po' di più. -_^ Ti saluto! Ciao!

Liz Shelley: Come vedi, Ai l'ha trovata, finalmente! ^^ Però il capitolo non è finito molto bene... -.-''' Heiji e Shinichi avranno parecchio da fare per salvarsi la pelle, sta volta! -_^ Molti mi hanno detto che vorrebbero leggere un bel finale Shinichi-Ai... La trovo affascinante anch'io come coppia, ma preferisco Ran! ^^ In ogni modo, chissà che cos'è accaduto... ;) Ora che mi ci fai pensare, mi piacerebbe scrivere una storia "Shinichi-Heiji-Kaito". ** Mi hai dato una bella idea! ;D Alla prossima, ciao!

FlyingEagle: Ciao, nuova lettrice! ^^ Sono contentissima che la storia ti piaccia e grazie mille per i complimenti! ^//^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo... Shinichi ha trovato Ai, alla fine. Che succederà ora? ;) Ciao!

Roe: Ai è stata ritrovata, ma la faccenda non è finita molto bene! XD Mentre Heiji... E' vero, pare perda un po' colpi; ma volevo solamente accentuare che Shinichi è un po' più rapido di lui nel dedurre le cose. ^^ Alla fine, però, ci arriva subito anche Heiji. -_^ E poi, in questo capitolo, ha fatto la parte di quello con la testa a posto, al contrario di Shinichi che è un po' troppo impulsivo. <.< Mentre, se vuoi sapere di più su "chi è questa gente che ha rapito Ai"; non temere! Presto avrai novità. ;) Ciao! ^^

Mommika: I ricordi pare che piacciono a tutti! ^//^ Anche a me, sia chiaro. XD Anche in questo capitolo non sono mancati! -_^ Davvero dici che mi verrebbe bene una ShinichixAi? E' vero, Ran mi piace di più, ma trovo affascinante anche Ai e la coppia "lei-Shinichi". Ma chissà che cos'è accaduto, tra le altre cose, che ancora Shinichi non ricorda...? -_^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo! Ci sentiamo alla prossima e... un abbraccio anche a te! ;) 

Grazie anche a chi ha letto solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.

Prossimo aggiornamento Lunedì 27. ^^

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Capitolo 6
*** Verso la verità ***


Verso la verità

Shinichi si piazzò istintivamente davanti Ai con le braccia semiaperte, mentre la ragazza dietro di lui era finita seduta a terra con la schiena contro la parete; stava tremando, spaventata.
«Tu...» fece il ragazzo, guardando confuso la bionda dritta davanti a lui, poi corrugò un po’ la fronte, serio «... Mi ricordo di te.»
«Bene, bene, Shinichi...» sorrise la donna, sicura di sé con l’arma ancora puntata in avanti «Sempre a fare l’eroe, eh?» indicò con il capo, forse divertita, Ai dietro di lui.
Shinichi non rispose, indurendo l’espressione del volto.
«Ammetto di essere sorpresa di ritrovarti qui...» riprese la donna, alzando un sopracciglio «Pensavo non avessi più alcun ricordo di questo posto, in testa. Forse ho sbagliato a fidarmi...» tornò con lo sguardo su Ai, che si rannicchiò su se stessa, abbracciandosi le gambe con le lacrime agli occhi.
«Per un po’ è stato così.» disse allora Shinichi, cauto «Però l’effetto ha durato molto poco.»
«Mi pare di capire che ancora non ti è tornata del tutto la memoria, no?» chiese allora la bionda, tornando a guardarlo.
Lui non rispose.
Lei sorrise, avendo capito, e continuò:
«Beh, mi dispiace, ma non credo avrai tempo per rimembrare.» caricò la pistola con un gesto secco e preciso.
Shinichi sgranò gli occhi, mentre il cuore gli accelerava, e d’istinto fece un passo indietro.
«No!» strillò allora Ai, alzandosi di scatto e portandosi davanti il ragazzo; spinse quindi Shinichi contro la parete e rimase di fronte a lui, a braccia aperte, guardando con aria di sfida, ma gli occhi lucidi, la donna davanti a lei.
«Ai, cosa...?» provò a dire Shinichi, preoccupato, staccando la schiena dal muro e afferrando un braccio della ragazza davanti a lui.
Ai sembrò quasi ignorarlo e si rivolse invece all’altra, con una voce ricca di disperazione:
«Dovrai ammazzare anche me, se vuoi sparargli!»
La bionda la fissò ancora qualche istante con un’aria seria e composta, mentre Shinichi alzava le sopracciglia per la sorpresa, poi la donna cambiò la sua espressione, aprendosi lentamente in un sorriso furbo e dicendo:
«Non avevo certo intenzione di sparargli. Se la polizia dovesse mai ritrovare il suo corpo, con delle indagini potrebbe risalire alla mia pistola, analizzando il proiettile... No, no, non intendo correre il rischio. Non temere, Sherry...» le si avvicinò lentamente, e Ai, confusa, arretrò di un po’ «... Avevo in mente un’altra maniera per eliminarlo.» alle ultime parole alzò di un po’ il tono e, giunta ormai davanti ad una spaventata Ai, mosse di scatto la mano con la pistola verso la sua testa, colpendola al viso con la canna dell’arma; Ai cadde a terra, ferita e stordita.
«Fermati!» esclamò impulsivamente Shinichi, gettandosi contro la bionda che, con un’incredibile agilità, schivò rapidamente di lato e lo colpì forte alla tempia con l’impugnatura della pistola.
Il detective finì a terra con la vista annebbiata e un forte dolore alla testa; incapace di reagire.
La bionda si sistemò meglio il cappello sul capo, poi raddrizzò gli occhiali, per nulla turbata o affaticata, infine, con calma, risistemò la pistola nel fodero e andò ad afferrare Shinichi per i piedi, girandolo supino.
Il ragazzo gemette appena, stordito e poco vigile, e non riuscì a divincolarsi, quasi nemmeno a muoversi per il colpo alla testa appena ricevuto. Un po’ di sangue gli colava vicino l’occhio, sull’orecchio e fino a terra, e la testa sembrava volesse scoppiargli.
«Non riesco a capire, ragazzo, se tu sia molto stupido o troppo ingenuo.» esordì con calma la bionda, iniziando a trascinarlo lentamente verso la porta, tenendolo per le caviglie «Inizio a pensare che tu sia entrambe le cose. Non saresti dovuto tornare. Sono certa che, per quanti pochi ricordi ti sono riaffiorati in testa finora, avevi capito da solo che questo era un posto pericoloso. Ma sei tornato lo stesso... e per chi, poi?» alzò gli occhi verso Ai, che pian piano si stava riprendendo «Per lei? Tieni così tanto a lei?» tornò a guardare il detective, che a stento riusciva a tenere appena gli occhi socchiusi «Sono commossa, davvero. Quasi mi dispiace che tu non sia riuscito a portarla in salvo...»
La bionda varcò la porta e trascinò quindi Shinichi poco oltre l’uscio, lasciandogli poi le gambe per andare a chiudere a chiave. Afferrò la maniglia, tirando la porta verso di sé, proprio mentre Ai riusciva a mettersi faticosamente seduta con una mano premuta su una guancia un po’ gonfia e arrossata.
«Vedi di riposare, Sherry, hai del lavoro da concludere, ricordi?» affermò gelidamente la donna, chiudendo la porta.
Ai balzò in piedi di colpo e, piangendo, si gettò contro la porta, provando ad abbassare la maniglia più volte; ma la bionda aveva già chiuso a chiave. Allora Ai iniziò a sbattere i pugni con disperazione contro la finestrella in resistente plexiglas sull’uscio, osservando la bionda riavvicinarsi con calma al detective steso a terra.
«Shinichi! Shinichi! No!» gridò più volte Ai, piangendo.
La donna in nero, tranquilla, si riabbassò intanto ad afferrare le caviglie del ragazzo che provò, emettendo qualche verso confuso, a muoversi, o ad alzarsi, ma il suo corpo reagiva appena e lui credeva di impazzire con il dolore al capo.
La bionda si rialzò e continuò a trascinarlo come un peso morto sul lurido pavimento del piccolo corridoio.
Uscirono poi nel laboratorio e lei, con una spallata, chiuse la porta di ferro arrugginito, attutendo definitivamente le urla di Ai.
«Molto bene, ora possiamo andare.» annunciò tranquillamente la bionda, trascinando Shinichi attraverso il laboratorio, facendolo sbattere con il corpo un paio di volte contro una gamba di un tavolo o uno sgabello.
«La... lasciami...» riuscì a mormorare Shinichi, allungando con fatica un braccio e aggrappandosi con poca forza al gambo della scrivania con sopra il computer che si trovava vicino la porta del laboratorio.
La donna sospirò, come annoiata, e lasciò cadere le gambe del detective.
«Non so se ti è chiaro... forse mi sono espressa male.» si avvicinò al braccio, guardando con una strana espressione il volto del ragazzo.
I tacchi degli stivali neri che toccavano il suolo producevano un suono terribile alle orecchie del detective, non facendo altro che amplificare il suo mal di testa.
La donna si fermò, sta volta indurendo l’espressione del viso, e sibilò:
«Qui sono io quella che dà gli ordini.»
Premette con forza un piede sull’avambraccio del ragazzo, che urlò e lasciò quindi la presa.
La bionda spostò il piede e si preparò a dire qualcosa, quando la porta della stanza adiacente il laboratorio, quella da cui era giunto Shinichi precedentemente dopo aver sceso le scale, si aprì all’improvviso.      
Il primo a varcare l’uscio fu Rok che, non accorgendosi immediatamente del suo capo nel laboratorio, si voltò quindi indietro, inveendo:
«Muoviti, entra.»
Fu poi il turno di Heiji, ancora legato, spinto in avanti dentro la stanza da Wim, dietro di lui a distanza ravvicinata. Infine entrò Jil, che chiuse la porta.
«Che cosa significa? Chi è questo tizio?» chiese in quel momento la bionda, con un tono poco amichevole.
Gli uomini si accorsero quindi di lei e allora Rok si sbrigò a spiegare:
«Stella, questo qua si è intrufolato nel magazzino insieme ad un compagno.»
«Mi hanno dato qualche problema, ma almeno uno lo abbiamo preso.» aggiunse Jil, a mo’ di scusa.
«Già, peccato che l’altro che ti è sfuggito sia proprio quel giovane che avevamo catturato qualche giorno fa.» intervenne Rok, accigliato.
«E poi, se non fosse stato per me, avresti perso pure questo qui.» concluse Wim con un moto d’orgoglio, indicando con il capo Heiji, il quale era intento a fissare la bionda con un’espressione torva.
Stella sospirò, esasperata, e si spostò di lato per indicare Shinichi steso a terra sul fianco con il respiro un po’ pesante.
«Se non fosse stato per me, questo qui non l’avremmo più trovato.» affermò la donna, riferendosi al detective a terra.
«Shinichi!» esclamò Heiji, preoccupato, e Wim, innervosito, lo spinse verso una sedia, costringendolo a sedersi.
Intanto Jil e Rok si avvicinarono a Shinichi, alzandolo su tenendolo da sotto le ascelle. Il ragazzo stava lentamente tornando lucido, mentre il sangue alla tempia sembrava non uscire più.
Stella si voltò verso Wim e Heiji, dicendo:
«Perché mai lui non lo avete ammazzato?»
Fu proprio Wim a rispondere:
«Pensavamo che volevi occupartene tu... In fondo, non sapevamo che eri riuscita a fermare l’altro ragazzo, perciò magari volevi sapere da questo perché erano tornati qui... A quanto pare, quel Shinichi ricomincia a ricordare...»
«Questo l’ho notato da sola.» asserì Stella, poi rimase ad osservare Heiji, che la guardava duramente.
«Che espressione contrariata, ragazzo...» sorrise la bionda, come divertita «Magari sì, mi farò quattro chiacchiere con te, per verificare quanto sai. Poi decideremo che fare.»
Heiji aggrottò un po’ le sopracciglia.
“La situazione non mi piace...” gli venne pensato, alzando gli occhi sull’amico sorretto in piedi dai due energumeni “Che ne sarà ora di Shinichi?”
La donna si voltò verso Jil e Rok, dichiarando:
«Di lui non so più che farmene; è solo un peso.» indicò con il capo Shinichi «Ricordate il piano 3B? Bene, sbarazzatevi di lui.»
«Subito.» disse Jil, mentre Rok si limitò ad annuire con il capo.
«Cosa?!» fece Heiji, scattando in piedi «Fermatevi! Non toccatelo, chiaro?! Non provate a...!»
«Ti avevo detto di tenere a freno la lingua, ricordi?» sibilò Wim, costringendolo in ginocchio puntandogli la pistola alla testa.
«Wim, portalo di là. Adesso arrivo.» gli disse Stella, freddamente.
«D’accordo.» annuì il giovane con il codino, facendo alzare Heiji e portandolo verso l’unica porta ancora chiusa della stanza, dietro la quale Shinichi non aveva controllato cosa ci fosse.
«Aspettate! Non potete! Fermi!» continuava ad urlare Heiji «Shinichi!» aggiunse, mentre Wim lo spingeva oltre la porta e se la chiudeva alle spalle.
Shinichi provò un po’ a divincolarsi, ma i due lo tenevano saldamente e quindi gli fu impossibile muoversi in alcun modo.
Stella quindi ordinò ai due:
«Portatelo via, forza.»
Jil e Rok si avviarono alla porta e uscirono con Shinichi, prendendo a salire le scale terminato il corridoio.
La bionda, invece, si aggiustò meglio gli occhiali sul viso e, tranquillamente, andò nella stanza in cui era stato portato Heiji.
Questa stanza era spoglia; non c’era niente, se non che un tavolo al centro con un’unica sedia. Lì era stato fatto sedere Heiji ed era stato legato bene alla sedia stessa.
Unica fonte di luce era una lampada da tavolo, con collo snodabile; appena entrata, Stella si preoccupò bene di allungare il collo della lampada e alzare la lampadina in modo che illuminasse solo, e in modo abbaiante, il volto di Heiji, lasciando il resto della stanza in penombra.
Heiji strizzò un po’ gli occhi, infastidito dalla luce diretta verso la sua faccia, e la donna si andò ad appoggiare al muro con la schiena, a braccia incrociate, proprio accanto a Wim, in piedi a sua volta con una spalla contro il muro e un’espressione compiaciuta sul volto.
«Dov’è Shinichi? Che gli avete fatto?» chiese subito Heiji, infervorato e con un accento di rabbia.
«Non devi più preoccuparti per lui. Starà bene, vedrai...» sorrise la donna «Inoltre, presto lo raggiungerai, probabilmente.»
«Lo avete ucciso?» Heiji si mostrò allarmato.
La bionda alzò le spalle, dicendo con noncuranza:
«No, ancora no... Prima bisogna preparare tutto.»
«“Tutto” cosa?» insistette il ragazzo, per nulla tranquillizzato.
«Adesso basta.» sbottò la donna, andando a posare i palmi sul tavolo, mettendosi così proprio davanti al giovane di Osaka, che le rivolse uno sguardo contrariato «Qui sono io quella che fa le domande. E ora iniziamo.»
Heiji alzò un sopracciglio.
«E cosa vuoi sapere da me?» chiese con un’aria quasi di sfida.
«Perché ti trovavi in questo molo, a quest’ora? Sapevi di noi?» esordì quindi Stella, seria e professionale «Magari te ne aveva parlato proprio il tuo amico?»
«Può darsi.» rispose il ragazzo, appositamente vago e con un’espressione scura in faccia.
«Chi sei, come ti chiami?» domandò allora lei.
«Non sono tenuto a farvelo sapere.» dichiarò il detective, risoluto.
«Penso tu non abbia capito bene come stanno le cose.» ringhiò allora Wim, innervosito, scattando verso Heiji. Afferrò il ragazzo per i capelli e gli puntò la pistola ad una tempia, scandendo con ira:
«Noi ti facciamo le domande, e tu rispondi.»
Heiji, dolorante per la presa stretta sul suo capo, serrò i denti e strizzò di un po’ gli occhi, cercando di spostare la testa di lato, per evitare istintivamente il contatto freddo con l’arma premuta sulla sua pelle.
Stella, sempre composta e con un piccolo sorriso enigmatico sul volto, tornò a parlare con calma:
«Allora, ripeto la domanda: qual è il tuo nome?»
Il ragazzo rimase a fissarla in silenzio, mordendosi un labbro nell’indecisione, ma Wim, impaziente, spinse di più l’arma verso di lui, intimandogli:
«Rispondi o no?»
«Heiji.» disse il giovane, distogliendo lo sguardo.
La donna chiese ancora:
«Di dove sei? Hai uno strano accento che non riesco ad identificare...»
Heiji esitò un attimo, poi rispose:
«Vengo da Osaka.»
Stella rimase silenziosa qualche istante, poi fece un cenno a Wim, che capì al volo. Questi si mise a frugare nelle tasche del giovane e infine, in una tasca interna al giubbetto, trovò il portafoglio. Wim lo consegnò al suo capo.
Heiji osservò la donna aprire il portafoglio ed estrarre la sua carta di identità.
«Heiji Hattori, di Osaka.» lesse la bionda «Vedo che non stai mentendo.»
Posò il portamonete sul tavolo e tornò a guardare il ragazzo, con un’espressione tranquilla.
«Allora, Heiji, inizia a dirmi tutto quello che sai su di noi, su questo luogo, e così potremo decidere che farcene di te.» lo guardò furbamente «Magari potremmo anche lasciarti andare...»
“Sì, certo...” pensò subito Heiji, storcendo le labbra.
«Allora?» lo incitò Wim, facendo pressione sulla sua pelle.
«Non credo mi lascerete andare...» iniziò Heiji, cupo.
«E perché mai?» chiese la bionda, fingendosi ingenua.
Heiji fece mente locale su quanto aveva discusso con Shinichi prima di entrare nel magazzino, dopo di che riprese a parlare con calma:
«Voi siete, o magari eravate, membri di un’organizzazione criminale tra i quali più affluenti membri c’è un tizio di nome Gin, se non ricordo male.»
Wim lanciò uno sguardo a Stella, mettendosi in allerta, ma quest’ultima non mutò la sua espressione seria e attenta e rimase in silenzio, come invitando il giovane di Osaka a proseguire.
Heiji, dopo una breve pausa, continuò:
«Avete rapito Ai, detta Sherry, perché ne faceva parte a sua volta. Era una scienziata... E se come penso, e come pensa Shinichi, voi non fate più parte di questa organizzazione, il rapimento di Sherry vuol dire una cosa sola... Avete dei piani, dei vostri piani, e lei vi serve per realizzarli.»
Quando il ragazzo ebbe terminato, la bionda abbassò lo sguardo sul tavolo e storse un po’ le labbra, mostrando un’espressione forse dispiaciuta.
«Ahimé, giovane Heiji...» sospirò, tornando a guardarlo «Temo proprio tu abbia ragione...»
Heiji rabbrividì, sudando freddo.
Stella ridusse gli occhi a due fessure, quando sussurrò:
«Non possiamo lasciarti andare.»
La bionda si rivolse al compagno, ordinandogli:
«Stordiscilo.»
Prima che Heiji potesse reagire in qualsiasi modo, Wim alzò la pistola e lo colpì alla testa, nel punto giusto, con l’impugnatura dell’arma.
E per Heiji fu subito tutto nero. 

«Dove mi state portando?» riuscì a chiedere Shinichi, ancora un po’ intontito.
I due uomini lo trasportavano tenendolo da sotto le ascelle; gli strisciavano i piedi a terra, non riusciva infatti a camminare bene non trovando l’equilibrio.
«Lo scoprirai da solo tra poco.» borbottò Jil senza aggiungere altro.
«Dove...?» Shinichi alzò di più le palpebre, mentre la vista gli tornava lentamente un po’ più nitida.
Stavano uscendo dal magazzino.
L’aria fresca colpì il suo viso, donandogli un po’ più di lucidità.
I tre si diressero per un vicolo buio e isolato, passando tra un muro e l’altro di due capannoni carichi di merce.
Sboccarono nel grande piazzale del molo; non c’era nessuno.
«Qual era, Rok?» chiese a quel punto Jil, vagando con lo sguardo tra le varie navi ormeggiate.
«E’ quella.» rispose l’altro, indicando con il capo una barca medio-grande, poco distante da loro.
Si diressero verso di quella, mentre Shinichi, confuso, chiedeva:
«Una barca? Cosa significa?»
Arrivati al piccolo ponticello di legno che serviva da passerella per salire sulla barca, Jil, con un ghigno in faccia, rispose al detective:
«Sarà un bel botto, sì...»
Shinichi sgranò gli occhi, spaventato e sorpreso, e allora prese ad agitarsi, cercando di liberarsi da quei due energumeni.
«Lasciatemi andare! Cosa avete in mente? Lasciatemi!» prese ad urlare, divincolandosi.
«Maledetto moccioso, fermati!» ringhiò Rok, trattenendolo, poi si rivolse al compagno:
«E tu che aspetti? Muoviti!»
«Sì!» annuì Jil e lasciò la presa sul ragazzo, che fu saldamente bloccato dalle robuste braccia di Rok. Poi Jil frugò in tasca e ne estrasse una boccetta di cloroformio, con cui imbevette un fazzoletto di stoffa.
«No! No!» esclamò più volte Shinichi, ma Jil gli tappò la bocca, premendogli contro il fazzoletto.
Shinichi, pian piano, prese a calmarsi, sentendosi invadere da un torpore profondo.
Rok, che ancora teneva stretto il ragazzo, il quale aveva il fiato pesante e si stava lentamente addormentando, sbottò ruvidamente:
«Meglio che dormi, fidati, saltare in aria non è esattamente un’esperienza piacevole.»
Shinichi non riuscì nemmeno a reagire o dire niente. Jil allontanò il fazzoletto dal suo viso e lui cadde profondamente addormentato. 

Fu un terribile mal di testa, che nemmeno il sonno in cui era caduto riusciva ad affievolire, a risvegliare Shinichi.
Aprì lentamente gli occhi, sentendosi scoppiare il capo dal dolore. La vista era completamente annebbiata, perciò riabbassò le palpebre.
Pian piano, riacquistò coscienza del suo corpo, avvertendo innanzitutto un dolore al petto, via via crescente. E il dolore faceva a tratti tremare un po’ il suo corpo e gli toglieva il fiato. Stava sudando.
“Ma che diavolo...?” si chiese “La testa mi scoppia già da un po’, ma ora queste strane fitte al petto... perché mi sono in qualche modo familiari?”
Non ebbe tempo di interrogarsi ancora. Percepì infatti di essere legato.
Aprì nuovamente gli occhi, mettendo a fuoco lentamente.
Si trovava al buio, forse in una cabina. Percepiva con chiarezza di stare ondeggiando lievemente e udiva il ronzio di un motore; allora era sulla barca, e si stava muovendo.
Sentì di avere le mani legate dietro la schiena e riuscì a distinguere delle corde strette intorno a lui che lo tenevano legato contro qualcosa di morbido e caldo.
Voltò di scatto la testa indietro, procurandosi un piccolo capogiro, e così lo vide: c’era Heiji immobilizzato dietro di lui. Si trovavano schiena contro schiena, e Heiji era ancora svenuto, con il capo chino sul petto.
Shinichi tornò a guardare davanti a sé, nel buio, e prese a chiamare l’amico con una voce un po’ roca per via della fatica che faceva anche solo a respirare:
«Heiji... Heiji... svegliati...» tossì e fu colpito da un’ennesima fitta al petto, al cuore, che gli tolse il fiato.
Ansimando, strizzò un po’ gli occhi, con il dolore alla testa che aumentava.
“Non resisto più...”
Sudava ancora, ma allo stesso tempo sentiva forse di avere freddo.
«Heiji...» provò di nuovo, ma la sua voce era troppo lieve.
Un’altra fitta al capo.
Serrò gli occhi, accecato dal dolore, e in quel momento un ricordo, nitido e violento, invase la sua mente. 

Un uomo vestito di nero, con lunghi capelli, gli alzò il capo, costringendolo a inghiottire una strana pasticca.
«Vediamo se questo nuovo farmaco funziona davvero.» mormorò l’uomo, lasciando poi il capo di Shinichi, che tornò del tutto straiato a terra. 

Poi, ancora... 

Ran, china su di lui, lo guardava con un’aria gentile.
«Piccolino, come ti chiami?»
«Ecco, io...» farfugliò Shinichi, guardandosi intorno.
Lo sguardo gli cadde su un libro dello scaffale dietro di lui. Lesse: “Conan Doyle”.
«Ecco, mi chiamo...» riprese, a disagio «Mi chiamo... Conan...» fece vagare ancora lo sguardo e lo puntò su un altro romanzo, di un autore diverso: “Rampo Edogawa
.
«... Conan Edogawa!» concluse il ragazzo, mostrando un sorriso e sperando di essere stato convincente. 

E ancora ricordi su ricordi... 

«Shinichi, dovrai andare a vivere con Kogoro; stando in un ufficio da detective potrai scoprire qualcosa di più sugli “uomini in nero”.» dichiarò il dottor Agasa, deciso.
«Dovrei andare ad abitare da quello lì?» ripeté Conan, poco convinto «Ma è una schiappa come detective; cosa mai potrò scoprire stando con lui?»
«Dovrai farlo, invece.» insistette il dottore, serio «E mi raccomando; non rivelare a nessuno la tua vera identità... nemmeno a Ran. Potrebbe rischiare la vita.»
Conan storse le labbra, lanciando uno sguardo a Ran, in piedi pochi passi dietro di lui.
 

«Allora ci chiameremo...» iniziò Genta, poi, insieme agli altri, tranne Conan, concluse:
«“Squadra dei giovani detective”!»
Conan sospirò, esasperato.
“Guarda te in che guaio mi sono cacciato!” gli venne pensato. 

«Il farmaco che ti ha rimpicciolito...» esordì Ai, con uno sguardo misto tra il serio e il malinconico «L’ho fatto io.»
Conan sgranò gli occhi, stupito.
«Tu?» ripeté, incredulo.
Ai annuì con il capo, dicendo:
«Facevo parte dell’Organizzazione; ero una loro scienziata.» 

«Io mi fido di te, Ai.» Conan le fece l’occhiolino, sorridente.
Lei, sorpresa, rimase con la bocca lievemente aperta per un po’, poi si aprì in un piccolo sorriso a sua volta.
«Grazie.» mormorò, grata. 

«Ai...» sussurrò Shinichi nel buio, riaprendo pian piano gli occhi.
Il respiro era ancora pesante, Heiji non si era svegliato, ma lui incominciava a ricordare tutto. Ecco perché la testa gli faceva così male; man mano che ricordava il dolore al capo si affievoliva. Ora non vedeva l’ora di conoscere tutta la verità.
Mentre il petto gli doleva moltissimo, ora. Per il momento, però, non se ne curò; richiuse gli occhi, investito da nuovi ricordi.
Finché non giunse a quel giorno. 

«E’ qui, Shinichi... è qui...» Ai gli lanciò uno sguardo di puro terrore «L’Organizzazione ci ha trovati.»

Cotinua...

Sempre meglio, eh? XD Comunque ora seguiranno due capitoli, che in realtà in principio era uno solo - essendo molto lungo l'ho diviso nella "prima" e "seconda" parte -, in cui si scoprirà che cosa è accaduto - è un lungo flash back di Shinichi -. ;D

Passiamo ai ringraziamenti:

Sweetgirl91:
Ho visto ora la mail, dopo ti rispondo! Sono infatti andata a mangiare... penso starai pranzando anche tu, no? Parlando della storia... Mi piace incasinare sempre di più le cose! XD Infatti, l'hai potuto notare da sola! Questi tipi non vedono l'ora di sbarazzarsi di Shinichi e Heiji... Nei prossimi due capitoli spiego meglio perché decidono di farli fuori facendoli saltare in aria, anziché sparare. ^^ Che bello! (Io non mi diverto tanto... -_-' nd Shinichi) (Non dirlo a me... <_< nd Heiji) (Su con la vita, ragazzi! ^__^ nd io) Dici che non devo far uccidere Heiji? Ah, già, perché ti ricorderai pure nell'altra fic di Conan che avevo tendenze a far uccidere Heiji, vero? Hi, hi, hi, sarà perché mi diverto! X°°D (Io non lo trovo divertente! è///é nd Heiji, furioso e spaventato a morte) Comunque... alla fine gli voglio troppo bene. ;) Proprio come Shinichi e Ai... ^^ (Meno male... nd Shinichie e Ai, traendo un sospiro di sollievo) Chissà cos'è accaduto... Shinichi sta per ricordare tutto! Ci saranno diverse sorprese in arrivo - ma più che altro no nel prossimo capitolo, ma in quello dopo ancora -. -_^ Ti saluto, che ieri ho registrato i Cesaroni e quindi mi piaceva vedere almeno una puntata. ^^ Ciao!

Liz Shelley: Già, sono tutti incasinati! XD E in questo capitolo non è che sia andata meglio... X°°P Shinichi è stato strappato dalle braccia di Shiho, effettivamente... Quindi ti dispiacerà! ^^' - Dispiace anche a me, comunque... ç_ç Alla fine li trovo pure io abbastanza carini insieme - Così parti per andare in vacanza, eh? Brava! ^^ Io la mia l'ho già fatta e la prossima sarà ormai a settembre! ç_ç Uffi, uffi... Vabbé, resisterò! XD Divertiti, mi raccomando! ^^ Ciao!

Mommika: Eh già; ho voluto un po' accentuare quanto fossero diversi i caratteri dei due... Alla fine, Shinichi mi pare sempre un po' più spericolato di Heiji in tutte le cose che fa - ad esempio, se usava un po' più di cautela, magari avrebbe potuto evitare di immischiarsi con l'Organizzazione! ^^' -... Ma in fondo non sono poi così tanto sicura: a volte Heiji non ha molto freno in queste cose! XD Infatti, in questo capitolo, l'abbiamo potuto notare. ;P Ti piacciono i nomi in codice... soprattutto "Wim"? XD Inizialmente volevo chiamarli con nomi di alcolici - come tutti, nell'Organizzazione -, ma poi ho pensato che in fondo era meglio di no... Come per sottolineare che prima di entrare nell'Organizzazione comunque avevano già dei nomi in codice, che si sono poi tenuti - nel prossimo capitolo si saprà di più su di loro ;) -. E per le future scene "Shinichi-Shiho" non dovrai aspettare ancora... ormai ci siamo! ;D Vedrai da te! Ciao! ^^

FlyingEagle: Sono davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto così tanto! ^_^ Spero non disdegnerai nemmeno questo! -_^ Ormai siamo giunti ai capitoli più importanti della fic; presto si saprà che cosa è accaduto a Shinichi e Shiho! ** Mah, chissà se scriverò altre storie su Conan... se mi verrà l'ispirazione, puoi contarci. -_^ Mi piace molto scriverle, sai? Mi diverto! ^^ Per questo sono felice vedere che faccio divertire e svagare anche chi le legge. :D Ci sentiamo! ^^

Roe: Uhm... è vero, che strana coincidenza! E' stato Shinichi a trovare Shiho, no Heiji... chissà perché! XD Comunque sì: Ai è adulta. Tra poco sapremo anche perché - nel prossimo capitolo -. ;) Stella ha un carattere tutto particolare, che verrà accentuato nei prossimi capitoli. Ha proprio la stoffa del capo, insomma! E infatti non va molto a genio a Shinichi e Ai... Per quanto riguarda la "fine" che faranno i vari antagonisti... Ci ho pensato a lungo su come far terminare la storia, e ora ho trovato un fine a dir poco "perfetta"! ** (Bah, sentila... quante arie che si dà... <.< nd tutti) (^^' nd io) Grazie mille dei complimenti e spero che il capitolo ti sia piaciuto. -_^ Ciao!

Un grazie anche a chi ha letto solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Preferite e Seguite.

Prossimo aggiornamento Mercoledì 29. ^^

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Capitolo 7
*** Nei ricordi di Shinichi - Parte 1 - ***


Capitolo 7
Nei ricordi di Shinichi - Parte 1 -

«Credo siano là dentro...» bisbigliò Conan, osservando attento il magazzino di fronte a loro, sbirciando appena da dietro la cassa dove si erano nascosti.
Ai, al suo fianco, prese a tremare più forte di prima e sussurrò con voce evidentemente spaventata:
«Shinichi... andiamo via...»
Lui tornò ad accucciarsi meglio e la guardò intensamente.
Lei aveva lo sguardo fremente puntato al suolo e si stringeva le braccia intorno al corpo, continuando a tremare.
«Dovrei fare qualche indagine...» mormorò Conan, serio «Se quegli individui fanno davvero parte dell’Organizzazione, vorrei scoprire qualcosa di più. Perciò io rimango, ma tu... tu vai via.»
«Vieni anche tu, Shinichi!» sussurrò Ai, allarmata, voltandosi a guardarlo e afferrandogli un braccio con forza «Ti farai ammazzare restando qui!» gli occhi le divennero lucidi di lacrime.
«Ai, ti prego, ascolta...» iniziò Conan, però fu costretto ad interrompersi bruscamente e alzare lo sguardo, mentre sentiva il cuore stringersi in una ferrea morsa di terrore.
Ai, tremando ancor di più, si voltò di scatto indietro per guardare e si raggelò all’istante, cadendo seduta a terra di fianco l’altro bambino.
Davanti a loro c’erano una donna magra, dai lunghi capelli biondi e lisci, e un uomo particolarmente robusto. Indossavano entrambi abiti neri; sul capo portavano un cappello, di tipo borsalino, del medesimo colore; e degli occhiali scuri coprivano i loro occhi. In vita avevano entrambi una cintura a cui allacciata c’era una pistola.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui...» esordì la donna, con un tono sarcastico e una voce lievemente acuta e fastidiosa.
«Due mocciosi?» fece l’uomo con tono neutro.
«Ma no...» disse la donna e indicò con il capo Ai, che la stava fissando con uno sguardo pieno di terrore «Lei la conosco... Come, non vedi? E’ Sherry.» si aprì in un piccolo sorriso compiaciuto.
L’uomo increspò appena la fronte.
«E’ vero...» ammise.
Conan serrò i denti, colto da un brivido lungo la schiena.
“Accidenti...” 

«Forza, entrate.» ordinò l’uomo robusto, aprendo la porta e spingendo in avanti i due bambini.
«Un po’ di gentilezza, Jil, in fondo sono solo due piccoli indifesi...» sorrise la bionda dietro di lui.
Jil si voltò a guardarla, mostrando un piccolo sorriso a sua volta.
«Come vuoi, Stella.»
Conan e Ai si ritrovarono in una stanza con tre porte chiuse e con al centro un tavolo e cinque sedie.
Un giovane di bell’aspetto con capelli chiari e codino aveva posato cappello e occhiali scuri sul tavolo e ora stava sonnecchiando con le braccia incrociate e il corpo appoggiato allo schienale della sedia su cui si trovava.
«Sveglia, Wim, abbiamo ospiti.» lo chiamò Jil, posizionandosi dietro Conan e Ai.
Il giovane si ridestò con uno sbadiglio e rivolse quindi i suoi occhi scuri verso i due bambini.
«Due mocciosi? Ma che significa?» chiese con una smorfia contrariata.
«Anche tu non la riconosci?» fece Stella, con il suo sorriso sul volto, e indicò con il capo Ai «E’ sicuramente lei.»
Wim osservò meglio la ragazza, poi, con un fischio sommesso di sorpresa, esclamò:
«Non ci posso credere! Sherry!»
«Smettetela di chiamarmi in quel modo.» mormorò istintivamente Ai, con un’espressione scura sul volto.
«Ah, già... tu te ne sei andata dall’organizzazione, no?» ricordò la bionda, con aria di scherno «Sei scappata a gambe levate.»
«Come voi, d’altronde.» aggiunse Ai, sempre seria.
Conan la guardò sorpreso.
«Eh, già, purtroppo i nostri piani non coincidevano con quelli del resto della banda.» sospirò Wim, tranquillo, rimettendosi il cappello sul capo e afferrando gli occhiali «Chi fa da sé, fa per tre.» specificò, mettendosi anche quelli.
«Solo dettagli, questi, Sherry, non credi?» disse allora Stella, alzando le spalle «Quel che conta davvero è ciò che ti stiamo per chiedere.»
«Non vi dirò niente, né farò niente per voi, sia ben chiaro.» puntualizzò Ai in un moto di coraggio.
«Ai!» le sussurrò Conan, preoccupato.
«Coraggiosa la mocciosa.» ridacchiò Jil.
Stella mostrò un sorriso divertito e asserì:
«Questo sarà tutto da vedere.»
«Dell’altro moccioso che ce ne facciamo?» chiese allora Wim, indicando con il capo Conan «Lo eliminiamo?»
Conan fu percorso da un brivido, mentre Ai, allarmata, esclamava d’istinto:
«No!»
Stella allora scoppiò a ridere, come divertendosi un mondo, e affermò:
«No, perché mai dovremmo ucciderlo? E’ solo un bambino... Non so nemmeno perché è qui con lei. No, lui ci serve.» lanciò uno sguardo a Conan, poi ad Ai, che evitava di guardarla «E’ la nostra moneta di scambio.» aggiunse la bionda.
«Giusto.» sorrise Wim.
«Bene, Jil, accompagnali nella loro camera.» disse quindi Stella, facendosi da parte.
«Subito.» rispose quello e li spinse alle spalle, dirigendosi verso una delle porte chiuse. L’aprì; dietro di essa c’era un laboratorio.
«Rok che fine ha fatto?» chiese la bionda, alzando un sopracciglio.
«E’ andato al bagno.» rispose Wim, indicando con il pollice una porta chiusa.
Jil fece percorrere ai due bambini il laboratorio, poi, dopo aver aperto una porta di ferro arrugginito, li condusse per un corridoio poco illuminato e infine in una stanza chiusa a chiave. La porta aveva una piccola finestrella in plexiglas in alto, sicuramente impossibile da sfondare a mani nude.
L’energumeno li spinse dentro la piccola stanza umida, poi richiuse a chiave la porta, allontanandosi.
Quando ebbe chiuso anche la porta di ferro, Ai, portandosi le mani al capo, si lasciò cadere seduta a terra, strisciando la schiena contro un muro sporco.
Conan, rimasto fermo vicino la porta, aveva un’espressione cupa sul volto e lo sguardo puntato al suolo.
«Ai...» mormorò lui ad un tratto.
Ai non alzò lo sguardo, perso nel vuoto.
«... Scusami.» concluse Conan, dolente, fissando ancora a terra.
La ragazza alzò di scatto gli occhi verso di lui, sentendoli velati di lacrime.

«E se non mi fossi sbagliata?»
«Allora ti chiederò scusa.»

«Shinichi, io...» iniziò Ai, con voce leggermente tremante.
«No, davvero.» insistette lui, voltandosi a guardarla con gravità «Guarda in cosa ti ho coinvolto! Rischiamo grosso, qui...»
«La colpa è anche mia; dovevo impedirti di venire.» disse allora Ai, stringendo la presa tra i suoi capelli e abbassando lo sguardo «Quella gente non scherza.»
«Mi pare di capire che tu li conosci...» Conan la guardò intensamente «Cosa sai di loro?»
«I loro nomi sono in codice, ma non conosco quelli veri.» iniziò Ai, sospirando e tornando a guardare l’altro «Facevano parte delle “punte” dell’Organizzazione. Oltre ad essere killer dal sangue freddo, si occupavano anche di esplosivi e Stella era un’abile spia.»
«Sembra essere proprio lei il capo.» intervenne Conan.
«Tra i quattro è sicuramente la più temibile.» annuì Ai.
«Perché si sono allontanati dall’Organizzazione? Ne hai un’idea?»
«Non so di preciso quali siano i loro scopi...» storse le labbra, a disagio «Ma sicuramente non promettono nulla di buono.»
Conan si portò una mano al mento, ragionando.
«Parlami meglio di ognuno di loro.» le chiese allora.
Ai alzò gli occhi al soffitto, riflettendo, e iniziò a dire:
«Dunque... Partiamo da Jil, quello robusto che ci ha condotti qua... Ricordo che veniva spedito spesso in missione da solo, forse come spia. I suoi compiti non erano mai ben chiari a tutti gli altri; “cose segrete”, ci diceva lui, “affari che non vi riguardano”. In ogni modo, non mi è mai parso così brillante; è più uno che riceve gli ordini e li esegue, ecco.
Poi c’è Wim... Lui è bravo con gli esplosivi, ma veniva spesso utilizzato per interrogatori oppure veniva mandato ad intimidire le vittime; ci sa fare, dopo un suo ultimatum nessuno provava più a ribattere o a non obbedire. E’ sicuramente un po’ troppo impulsivo e irascibile, perciò è meglio non scherzarci troppo.»
«Di “Rok” che mi dici?» le domandò allora Conan, ricordando il nome citato dalla bionda.
«Non so molto di lui, ma è sicuramente un tipo che eviteresti volentieri... Scorbutico e rude, direi, con cui nessuno voleva avere mai molto a che fare.»
«E la bionda?»
«Stella? Beh, ha sempre avuto un carattere particolare... Egoista e indipendente, e soprattutto poco incline a obbedire agli ordini. Non credo le sia mai piaciuto stare ai comandi di qualcuno.» indurì l’espressione del viso «Si capisce subito perché abbia preso lei le redini di questa banda; il piano è suo.»
«Qualunque questo sia.» mormorò Conan, poi tornò a guardare Ai, azzardando:
«Credo però che il bersaglio sia proprio tu. Gli servi per qualcosa; è questo probabilmente il loro piano.»
«Vogliono me? Solo me?» ripeté Ai «Credevo piuttosto mi avessero puntata perché mi avevano riconosciuto.»
«No, penso che ti stavano seguendo.» Conan mostrò un’espressione cupa «Credo abbiano fatto delle loro ricerche e siano riusciti a trovarti. Mirano a te, a quanto pare. Perché sei una scienziata e hai creato, finora, farmaci a dir poco prodigiosi.»
«Ecco perché del laboratorio...» capì l’altra, sorpresa «Vogliono che crei un farmaco nuovo per loro?»
«Non so dirlo con precisione; ma può darsi.» il detective si avvicinò alla porta e si mise a “studiarla” nei minimi dettagli con un’aria seria.
«Che fai?» gli chiese Ai, non capendo le sue intenzioni.
«Non vorrai rimanere ancora qui...» Conan si voltò a guardarla.
«Perché, hai un piano di fuga?» domandò lei, stupita.
«Può darsi.» il ragazzo si mise una mano in tasca e ne estrasse un piccolo contenitore trasparente, con all’interno due pillole bianche.
«Ma quelle...» fece lei, incredula «Le hai portate con te?»
«Da quando me l’hai date l’ho sempre dimenticate in questa tasca del giubbetto.» spiegò Conan, alzando le spalle «E direi che non è stato affatto un male.»
Gli tornò in mente il momento in cui Ai gli aveva dato quel contenitore, qualche giorno fa.

«Tieni.» disse lei porgendogli un piccolo cilindro di plastica trasparente contenente un paio di pillole bianche.
«E che cosa sono?» chiese Conan, afferrando il contenitore.
«Indovina.» fece Ai, sospirando con fare esasperato.
«Non mi dirai che hai provato una nuova formula per farci tornare ai nostri veri aspetti...» capì il detective, sorpreso «Credevo tu fossi in alto mare. L’ultima prova non è andata troppo bene...» ripensò con amarezza a quando aveva portato Ran al ristorante, finalmente nel suo aspetto da liceale, e non era riuscito a concludere niente, visto che era tornato bambino poco dopo.

«Magari sta volta andrà meglio, Shinichi.»
Lui le lanciò uno sguardo poco convinto, ma lei continuò a sostenere quell’aria sicura di sempre.
«Uhm, non saprei, Ai... quanto tempo credi durerà, sta volta, l’effetto?»
Ai si portò un dito alle labbra e alzò gli occhi in alto, riflettendo.
«Direi...» storse un po’ le labbra, pensierosa «Beh...
Un po’ più della volta scorsa.» concluse con una tranquilla alzata di spalle.
«Ah...» fece Conan, per nulla rassicurato.
«Hai intenzione di usarle ora?» gli chiese Ai, confusa «A che scopo?»
«Ho un’idea... ma sarà rischioso.» Conan esitò un attimo, poi tornò a guardare negli occhi la ragazza, con uno sguardo intenso «Devo chiederti di fidarti di me; ti porterò fuori da qui.»
Ai trattenne un attimo il respiro, poi provò a dire d’un fiato:
«Shinichi, ma...» si interruppe, mordendosi un labbro. Rasserenò di colpo i tratti del viso e, con calma, affermò:
«Io mi fido di te, Shinichi. Mi fiderò sempre.»
«Grazie.» sorrise lui, d’istinto, poi le si avvicinò, aprendo intanto il contenitore.
«Bene, prendi.» le porse la pasticca.
Ai l’afferrò e poi lo guardò in attesa di spiegazioni.
«Allora...» iniziò Conan, serio «Prenderemo la pillola, così torneremo grandi. Purtroppo in questo aspetto siamo troppo vulnerabili; credimi, sarà meglio tornare nel nostro vero corpo. Dopo di che, quando qualcuno di quei quattro ci verrà a prendere per qualche motivo, io sparerò il mio ago anestetizzante; addormentandolo. Gli prenderemo la pistola e, o usando lui come ostaggio, oppure scappando armati, ce ne andremo.»
«Il tuo piano fa un po’ acqua...» intervenne Ai spontaneamente «Innanzitutto; che abiti ci metteremo una volta che torneremo nei nostri veri aspetti? Questi vestiti sono per dei bambini.» si indicò gli abiti.
«Li prenderemo dal nostro “prigioniero”.» rispose allora Conan.
«L’idea dell’ostaggio è impensabile; sarebbe solo un peso portarci dietro il corpo di qualcuno che dorme.» fece notare la ragazza.
«Allora niente ostaggio.» concordò Conan, annuendo con il capo.
«Dovresti sparare per poter scappare; non ci lasceranno certo andar via come se nulla fosse...» insistette Ai, preoccupata.
Conan non disse nulla per un po’, fissandola negli occhi con un’espressione decisa.
Ai sembrò percepire qualcosa, allora mormorò:
«Ma tu sai già come fare...»
«Se davvero vogliono te...» iniziò il detective, serio «Certo non ti spareranno mai. E vorranno evitare che ti accada qualcosa.»
La ragazza increspò di un poco la fronte.
«Sono io... il tuo ostaggio?» capì.
«Diciamo che sei il “lasciapassare” per entrambi.» confermò Conan.
Scese un attimo il silenzio tra i due, poi spezzato dal ragazzo, che disse con l’aria seria di prima:
«Non intendo agire, però, se tu non sei d’accordo.»
Ai ci rifletté ancora un istante, poi rialzò di scatto gli occhi sull’altro e asserì con decisione:
«Voglio andarmene da qui tanto quanto te. E sono pronta a tutto.» si portò la pasticca alle labbra, poi la inghiottì.
Conan annuì e, avvicinandosi alla bocca la pillola, disse:
«Bene, allora non perdiamo altro tempo.» e la mangiò anche lui.
Già dopo qualche minuto i due iniziarono a stare male, in contemporanea.
Caddero a terra entrambi, sudando; i loro corpi erano scossi da violenti fremiti e i due stringevano forte i denti per cercare di non urlare.
Si agitarono a terra per un po’, mentre le loro membra mutavano, allungandosi, e i loro lineamenti cambiavano.
I vestiti, troppo stretti e piccoli, iniziarono a strapparsi, allora si spogliarono, rimanendo in canottiera e mutande.
Infine, terminata la trasformazione, rimasero entrambi a terra, con gli occhi chiusi; sfiniti. 

«Stella, il laboratorio è pronto; abbiamo portato tutto quello che serviva.» annunciò Wim, entrando nella stanza con il tavolo e le sedie al centro.
La bionda era seduta e stava sorseggiando del vino; un piccolo lusso che si erano permessi in quei giorni di ricerche e nuovi piani d’azione da studiare.
Sulle labbra della donna si delineò un piccolo sorriso.
Posò il bicchiere sul tavolo, si rimise gli occhiali scuri, coprendo quegli occhi di un azzurro intenso, e si sistemò il cappello sul capo.
«Molto bene.» disse, alzandosi in piedi «Jil, vai a prenderli.»
Jil, accanto a Wim, annuì e si diresse verso la cella, proprio mentre Rok giungeva nella stanza.
«Fuori tutto tranquillo.» disse quest’ultimo.
«Bene; Wim, dagli il cambio.» ordinò Stella.
Wim annuì e uscì.
Jil raggiunse con calma la porta di ferro e l’aprì, percorse poi il piccolo corridoio e girò la chiave della porta in fondo.
Appoggiò poi la mano sulla maniglia e tirò verso di sé l’uscio, che si aprì cigolando in maniera sinistra.
«Bene, ti stavamo aspettando.» sorrise Shinichi, in piedi di fronte a lui con l’orologio davanti il viso.
«Ma che...?» fece Jil, stupito di trovarsi davanti un ragazzo anziché il bambino, ma non fece in tempo a dire altro; l’ago anestetizzante lo colpì al collo, nonostante avesse provato a schivare il colpo. Iniziò a barcollare, sentendosi svenire.
«Vieni, aiutami!» disse Shinichi, correndo a sorreggerlo e portandolo dentro la cella.
«Sì!» rispose Ai, affiancandolo e aiutandolo a posare l’uomo a terra.
Il detective lo controllò velocemente, notando che era profondamente addormentato, poi si soffermò sul punto in cui l’aveva punto con l’ago. Storse le labbra con disappunto, dicendo:
«Purtroppo l’ho colpito solo di striscio; si era spostato all’ultimo momento.»
«Allora vediamo di fare in fretta, prima che si svegli.» lo incitò Ai, rabbrividendo «Qui si muore di freddo!»
«Sì, tieni.» Shinichi le porse il cappotto nero dell’uomo «Copriti bene con questo.»
Ai lo indossò e iniziò ad allacciarselo, mentre Shinichi sfilava i pantaloni scuri di Jil e il maglioncino di cotone nero, per poi indossarli.
«Sei pronta?» le chiese il ragazzo, allacciandosi la cinta.
«Diciamo di sì...» rispose vaga Ai.
Shinichi alzò gli occhi per guardarla; lei, un po’ in imbarazzo, distolse lo sguardo. Il cappotto la copriva interamente fino le ginocchia, comunque non si trovava certo a suo agio così.
«Dai che stai bene.» cercò di scherzare lui, per alleviare un po’ la tensione.
«Sì, come te.» rispose lei di rimando.
Shinichi si osservò il maglione troppo grande, la cinta che aveva dovuto stringere al massimo, poi i pantaloni troppo lunghi.
«Va bene, lasciamo stare...» sospirò, poi afferrò le scarpe dell’uomo «Dai, mettile tu.»
«Sono troppo grandi per noi; sarebbero solo d’intralcio.» rifiutò Ai.
«D’accordo.» Shinichi le lanciò in un angolo, diede poi un’ultima occhiata all’uomo svenuto, ora in boxer e canottiera, e tornò a guardare seriamente la ragazza «Allora iniziamo.»
Il detective si abbassò a prendere l’arma dell’uomo, poi si raddrizzò.
«La sai usare?» chiese Ai, insicura.
«Non proprio...» rispose Shinichi, osservando la pistola «Ma ero andato, una volta, a fare un paio di tiri al poligono... Mi inventerò qualcosa.»
«Io la so usare.» affermò la ragazza tranquillamente.
«Lo so.» Shinichi si aprì in un piccolo sorriso storto «Ma tu sei l’ostaggio, ricordi?»
Ai sospirò e annuì con il capo. Shinichi allora le si avvicinò, le afferrò un braccio e puntò la pistola alla sua schiena, per poi dire:
«Ora vai avanti; camminerai di fronte a me.»
«Va bene.» accettò Ai, e avanzò verso la porta. 

Stella udì dei passi nel laboratorio mediante la porta aperta. Si stiracchiò pigramente e, voltandosi verso la porta del laboratorio, commentò con aria annoiata e contrariata:
«Era ora, Jil...»
«Già.» concordò Rok, seduto su una sedia accanto a lei.
«Jil non è qui.» annunciò Shinichi duramente, entrando nella stanza con Ai.
Stella corrugò un po’ la fronte, sorpresa e confusa, mentre Rok alzò un sopracciglio, incredulo.
«Che cosa significa?» chiese la bionda, poi lanciò uno sguardo ad Ai «Sherry... Sei tornata te stessa?»
«Proprio così.» annuì Ai, ruvida.
La bionda tornò a guardare il detective, chiedendo con stupore:
«E tu chi saresti? ... Non mi dirai il bambino di prima!»
«Con il farmaco di Ai siamo tornati ai nostri veri aspetti.» spiegò Shinichi, rimanendo serio.
«Ho capito...» Rok tirò le labbra con disappunto «Tu sei il ragazzino che si è fatto scappare Gin e i suoi...»
«Ah, sì, mi ricordo.» Stella si aprì in un piccolo sorriso «Guarda un po’; ti sei alleata proprio con lui, Sherry?»
«Questo non è il momento di discutere.» Shinichi prese in mano le redini della situazione «Sono armato e intendo andarmene con Ai; non provate a spararci.»
«Perché, se no cosa succede?» chiese subito Rok, irritato, balzando in piedi e portando una mano all’impugnatura della sua pistola.
Prima che il detective potesse parlare, Stella, con un piccolo sorriso di sadico divertimento, posò una mano sul braccio di Rok, dicendo con calma:
«Potresti colpire Sherry...»
Rok si corrucciò, avendo capito.
Shinichi annuì e asserì:
«Esattamente; se tenete a lei vi consiglio di non aprire il fuoco. Non esiterò ad usarla come scudo.»
Stella allargò il suo sorriso.
«Ma davvero?» fece, con un tono di scherno.
Velocissima, la bionda estrasse la sua pistola, caricandola, e la alzò contro i due ragazzi.
Anche Shinichi fu rapido; mentre Ai spalancava gli occhi, sorpresa e spaventata, il ragazzo spostò la pistola da dietro la schiena della scienziata e la portò a contatto con la tempia della ragazza, poi piazzò Ai proprio davanti a lui, tenendosi dietro come se lei fosse uno scudo.
Pure Rok, nel frattempo, aveva puntato la pistola contro i due; pronto a sparare.
«Volete davvero premere il grilletto?» li sfidò Shinichi, con una voce stranamente decisa e dura «Volete spararle?» premette di più la pistola contro la tempia di Ai, la quale, ancora davanti il detective, aveva i battiti del cuore accelerati e iniziava leggermente a tramare; in tensione.
Stella e Rok rimasero congelati nelle loro posizioni qualche altro istante; in silenzio e con un’espressione concentrata. Poi, inaspettatamente, la bionda abbassò con calma l’arma, ordinando con un tono tranquillo:
«Abbassa la pistola, Rok.»
L’uomo lanciò un ultimo sguardo truce ai due ragazzi, poi obbedì agli ordini.
«Bene.» commentò Shinichi, ancora serio e concentrato.
«Sul serio, ragazzo, non credevo tu fossi così determinato...» confessò Stella, rimanendo calma e posando l’arma sul tavolo «Ecco, va bene così?»
«Ora non muovetevi.» ordinò Shinichi, iniziando ad arretrare verso la porta d’uscita.
Giunto lì davanti, con la mano libera cercò la maniglia e l’abbassò, aprendo così l’uscio.
«Non provate a seguirci.» dispose ancora il detective.
Stella alzò un attimo le mani, con fare innocente, e confermò:
«Non ci muoveremo da qui.»
Shinichi le lanciò uno sguardo poco convinto, uscì e richiuse la porta.
Stella si voltò subito verso Rok, dicendogli con un’aria contrariata:
«Chiama Wim, svelto; quei due non se ne vanno da qui così.»
«Certo.» Rok afferrò il telefono, componendo un numero.
«Io vado a vedere che diavolo sta combinando quell’idiota di Jil.» sibilò la bionda, irritata, dirigendosi a passi svelti verso la cella.
Trovò lì l’uomo, spogliato e addormentato.
Storse le labbra con disappunto, disgustata, e assestò un bel calcio al fianco di Jil, esclamando:
«Svegliati, stupido! Guarda cos’hai combinato!»
Jil si risvegliò immediatamente, balzando seduto.
«I miei abiti?» chiese con un’aria confusa, guardandosi intorno.
«Mettiti subito qualcosa addosso e raggiungici di sopra; quei due sono scappati.» disse Stella, allontanandosi.

Continua...

Il prossimo capitolo, come avevo detto, sarà il continuo di questo. -_^

Passiamo ora velocemente ai ringraziamenti:

lady cat: Ciao, nuova lettrice! ^^ Sono contenta davvero che la storia ti piaccia! ^//^ Grazie dei complimenti! Vedo che siamo d'accordo su una cosa: Detective Conan è anche per me uno dei migliori manga che abbia mai letto - ne ho letti pochi volumi, però, purtroppo... più che altro seguo l'Anime ^^' -. In questo capitolo hai invece potuto sapere di più sugli uomini che hanno rapito Shinichi e Ai... quindi una volta facevano parte dell'Organizzazione. Effettivamente, la mia idea iniziale - come avevo spiegato una volta ad un'altra recensistrice - era di scrivere i loro nomi come i nomi di alcolici (me li ero già preparati), ma poi ho avuto l'idea che magari potevo far sì che erano dei professionisti che lavoravano in proprio prima di entrare nell'Organizzazione, e quindi avevano già dei nomi in codice... Tutto qui, ecco. ^^' Ed era anche un po' per confondere le acque finché non si sapeva di più. -_^ Ottima osservazione, comunque! ;) Per quanto riguarda la domanda "è una Shinichi-Ai"... si saprà di più in seguito. -_^ Ma ti preannuncio che a me Ran piace come "ragazza di Shinichi". ;) Alla prossima, ciao!

Sweetgirl91: E' tardi un bel po': mi devo preparare per uscire! ^^''' Va bé, faccio subito... In questo capitolo hai saputo di più, hai visto? Presto si conosceranno tutti i dettagli - nel prossimo capitolo -, compreso i piani di questi tipi. -_^ Comunque tutti stanno correndo percoli mortali! ^^'''' Sì, mi piace farli soffrire! XD Shinichi e Heiji (si scrive così -_^) trovanno sudare non poco per riuscire a farcela, sta volta. E non è che ne usciranno incolumi! ^^' Per sapere di più ti lascio leggere il prossimo capitolo o ti rovino la sorpresa! XD Ora devo proprio andare, ciao!

FlyingEagle: Oh, pure io sono sempre occupata, ti capisco! ^^' Tipo ora sono proprio di fretta! Perciò scusa anche tu se non ti faccio una risposta lunghissima! ^^'' Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, ma per sapere che fine faranno Heiji e Shinichi dovrai attendere ancora un po'... per ora ti ho lasciato parte dei ricordi del nostro amico detective. -_^ Grazie mille dei complimenti! *///* Sei troppo gentile! ^//^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo... Ciao! ^^

Un grazie anche a chi ha letto solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.

Prossimo aggiornamento Venerdì 31. ^^

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Capitolo 8
*** Nei ricordi di Shinichi - Parte 2 - ***


Nei ricordi di Shinichi - Parte 2 -

Ai, davanti il detective, corse in cima alle scale, poi scappò nel buio del magazzino, con il ragazzo alle spalle.
Shinichi si portò avanti, affiancandola, e le disse con un tono dispiaciuto:
«Scusami... Forse sono stato...»
«Hai fatto quello che c’era da fare.» sentenziò Ai, guardandolo con comprensione «Io sto bene, davvero.»
Shinichi annuì e le afferrò una mano, dicendo:
«Ti porto fuori da qui.»
Ai mostrò un piccolo sorriso.
Il ragazzo accelerò, mettendosi davanti a lei e tenendole sempre la mano.
Percorsa la prima stanza e un corridoio, si trovarono nell’ultima stanza del magazzino e puntarono così verso la porta aperta.
«Ci siamo!» annunciò il detective, uscendo per primo.
Ai fu subito dietro di lui.
L’aria fresca dell’alba investì in pieno i due, ma la piacevole sensazione durò poco. Infatti, appena uscito, Shinichi fu spinto violentemente a terra, finendo tra dei barili vuoti di plastica.
«Shinichi!» esclamò Ai, fermandosi di colpo sull’uscio.
Davanti a lei si trovava Wim che, con un’espressione accigliata, le disse duramente:
«Ora fai come ti dico e non ti accadrà nulla.»
Ma Ai, terrorizzata, corse d’istinto dentro il magazzino, senza guardare dove si stava dirigendo, così che, dopo qualche passo, si ritrovò contro Stella, che l’afferrò forte e la gettò a terra.
Ai finì seduta con le mani sul pavimento, senza fiato. Alzò gli occhi, spaventata, e andò così ad incontrare lo sguardo di un azzurro gelido della bionda che, quando le era andata addosso, aveva perso gli occhiali a terra. La donna afferrò la pistola e ordinò ad Ai di alzarsi. La scienziata, tremante, obbedì lentamente. Stella le afferrò un braccio con forza, sussurrandole all’orecchio con un tono di sadico divertimento:
«Da qui non te ne vai.»
Intanto fuori, Wim si avvicinò al detective che si stava faticosamente mettendo seduto. Shinichi diede un’occhiata a terra, ma non trovò la pistola; persa nella poca luce di quel primo mattino e tra i barili rovesciati.
«Vieni!» ordinò Wim, afferrandolo da dietro la schiena per la maglia e costringendolo ad alzarsi, poi gli puntò l’arma alle spalle «E non fare scherzi.»
Shinichi, un po’ ansimante, si lasciò condurre di nuovo dentro il magazzino, suo malgrado.
Wim si avvicinò con lui a Stella che, con un sorriso divertito, si rivolse al detective:
«Bel tentativo, davvero... L’effetto sorpresa; il farmaco che vi ha fatto tornare grandi; il piano pensato abbastanza bene... Ma non siamo così stupidi. Come potevate pensare di riuscire a fregarci così facilmente?»
«Ci eravamo quasi riusciti, in realtà.» uscì spontaneamente a Shinichi, corrucciandosi.
La bionda alzò le spalle, dicendo:
«Beh, quasi...» si voltò indietro, verso Jil, vestito con abiti nuovi, che stava venendo di corsa, annunciando:
«Ora viene anche Rok.»
«Bene.» sorrise Stella e tornò a guardare il detective «Io porto dentro Sherry. Voi, invece» guardò Wim e Jil, giunto al fianco del primo «fate in modo da far capire bene a questo ragazzino» rivolse di nuovo lo sguardo a Shinichi «che con noi non si scherza.»
Il detective deglutì istintivamente, mentre Stella si allontanava con Ai che gridava il nome del ragazzo, e Wim e Jil si aprivano in sorrisi d’intesa.
Wim mosse con forza il braccio alla sua sinistra, gettando così Shinichi violentemente contro una cassa di legno vuota; frantumandola.
Il detective scivolò quindi sul freddo e sporco pavimento, rimanendo lì, faccia a terra, ansimante e dolente.
Riaprì di un po’ gli occhi, sentendo nuovi passi, irregolari, e riuscì così a scorgere le gambe di un uomo, all’apparenza alto e muscoloso, ma un po’ zoppicante. Alzò un po’ di più lo sguardo, e si raggelò, notando Rok, dal viso allungato e di mezza età con un’espressione impassibile, tenere tra le mani un piede di porco. Se lo sbatteva con calma su un palmo, in movimenti lenti, avvicinandosi sempre di più.
Shinichi provò ad alzarsi, appoggiando le mani a terra, ma Jil si avvicinò e gli assestò un calcio ad una gamba, facendogli soffocare un gemito a fatica. Posò una mano sulla coscia, tornato di nuovo completamente sdraiato a terra, strizzando un po’ gli occhi per il male.
Intanto, Rok gli era giunto davanti.
Shinichi rialzò ancora le palpebre, appena, quanto bastava per poter vedere l’uomo alzare il piede di porco e abbassarlo violentemente contro il suo fianco.
Esplose quindi il dolore, forte e intenso; questa volta il gemito gli uscì chiaro e sofferto, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime e per istinto andava a rannicchiarsi su se stesso, cercando di proteggersi in qualche modo con le braccia.
L’uomo alzò ancora l’asta, e colpì di nuovo.
Ancora dolore, misto alle risate dei due uomini rimasti semplicemente a guardare. 

Jil aprì la porta della cella e fece scivolare Shinichi di malagrazia da sopra la sua spalla muscolosa fino terra, dentro la stanza umida. Il ragazzo finì sul pavimento con un gemito soffocato e rimase immobile.
«Shinichi!» Ai, dapprima in un angolo, corse subito da lui, inginocchiandosi al suo fianco; le erano stati dati dei vestiti “nuovi”, comunque rovinati e troppo grandi per lei.
Jil se ne andò ridacchiando e richiuse a chiave.
«Shinichi! Shinichi!» continuò a chiamarlo la ragazza, in ansia, girandolo supino e afferrandogli una mano.
Il detective aveva il respiro pesante e, ogni volta che inspirava un po’ più profondamente, strizzava forte gli occhi già chiusi, tirando anche le labbra per il dolore.
«Shinichi... parlami... Shinichi...» Ai aveva le lacrime agli occhi, immaginandosi cosa gli avessero fatto; era rimasto con quegli uomini per diversi minuti, forse anche Stella era andata a guardare.
Shinichi aprì lentamente gli occhi, rivolgendole uno sguardo sfinito.
«Mi... dispiace... Ai...» rantolò il ragazzo con voce roca.
«Ma che stai dicendo?» esclamò la scienziata, mentre le lacrime le rigavano le guance.
«Non ti ho... portata... in salvo...» spiegò Shinichi, dolente, tra un respiro e l’altro.
Ai tirò un po’ le labbra, guardandolo intensamente.
«Tu e le tue morali eroiche...» mormorò la ragazza, con un tono dolce «Sempre pronto ad aiutare gli altri, anche a dispetto della tua incolumità. Sei straordinario, Shinichi.»
«Ma che dici?» tossì un po’, contraendo il volto per il dolore, poi tornò a guardare Ai con aria dispiaciuta «Non sono riuscito... a concludere... niente. Non ci sarà... un’altra... occasione.»
«Se in cambio di avere un’altra occasione dovessi vederti ridurre di nuovo in questo stato...» Ai fece una pausa, mentre gli occhi le brillavano di nuove lacrime «Allora preferirei morire qui.»
Shinichi corrugò un po’ la fronte, dichiarando con serietà e convinzione:
«Non lo... permetterei... mai.»
Il cuore di Ai accelerò i battiti. Le lacrime si fermarono e lei socchiuse gli occhi, continuando a guardare il volto del detective. Poi, lentamente e istintivamente, Ai avvicinò il viso a quello del ragazzo che rimase immobile, socchiudendo gli occhi a sua volta e guardandola.
«Grazie.» sussurrò Ai, dolcemente, quando ormai il suo viso era a pochi centimetri da quello dell’altro.
Poi, le labbra della ragazza raggiunsero quelle di lui; Ai lo baciò intensamente per qualche secondo, poi rialzò pian piano il capo. Shinichi corrugò un po’ la fronte, forse confuso, forse sorpreso, e aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei lo interruppe, mormorando:
«So bene che non mi ami, Shinichi. Non importa... questo bacio è stato lo stesso bellissimo.»
Lui non rispose, non sapendo cosa dire.
Ai si sdraiò al suo fianco, stanca a sua volta, e si addormentò quasi subito, rannicchiandosi su se stessa.
Shinichi rimase a guardarla qualche altro istante, pensieroso, poi sospirò e rivolse lo sguardo al soffitto. Nonostante il dolore, riuscì ad addormentarsi subito anche lui. 

«Che ne facciamo del ragazzo?» chiese ad un certo punto Wim, dopo che ebbe finito di mangiare la sua porzione.
Rok storse le labbra con disappunto, affermando:
«Fosse stato per me, quel moccioso sarebbe già bello che morto.»
«Non essere avventato, Rok.» lo riprese Stella, tranquilla, posando sul tavolo il bicchiere di vino che stava sorseggiando «Non vogliamo dare troppo nell’occhio, no? Spargere cadaveri in giro non è certo una buona idea in questo momento...»
«Certo non possiamo nemmeno tenercelo qui ancora per molto.» fece notare Wim, pensieroso «Qualcuno potrebbe venirlo a cercare... Se non hanno già iniziato a farlo.»
«Anche questo è vero.» concordò la bionda, appoggiando i gomiti sul tavolo e intrecciando le dita delle mani, riflettendo.
«Potremmo chiedere a quella scienziata di pensare a qualcosa.» propose Jil, alzando le spalle «Che so... qualche diavoleria di qualche tipo.»
Stella lo guardò, incuriosita.
«Uhm... non è una cattiva idea.» dovette ammettere.
«Cosa mai potrebbe inventarsi quella?» chiese allora Rok, contrario «Un modo per fargli dimenticare tutto quello che gli è capitato?»
Stella alzò le sopracciglia, asserendo con un sorriso:
«Effettivamente sarebbe perfetto.»
«Ma andiamo; chi mai potrebbe creare un farmaco in grado di cancellare la memoria della gente?» fece Wim, scettico.
«Sherry.» rispose risoluta la bionda, alzandosi in piedi e andando ad afferrare una valigetta posta in un angolo.
Tornò alla sedia e sparse il contenuto della ventiquattrore sul tavolo, trovando ciò che stava cercando.
«Tra i progetti e gli appunti che siamo riusciti a sottrarre al vecchio laboratorio di Sherry, c’era anche questo.» porse agli altri una cartellina di plastica trasparente, con all’interno fogli scritti a mano, formule chimiche e calcoli.
«E’ davvero un farmaco per cancellare la memoria!» esclamò Jil, incredulo.
«Sherry è un genio in questo campo...» dovette ammettere Wim.
«Ma da quanto è scritto qui il farmaco è incompleto.» notò Rok.
«Lo so bene, ma in ogni modo è l’unica cosa che abbiamo.» ribatté la donna, sicura «Faremo lavorare Sherry su questo progetto; le ci vorranno pochi giorni. Poi lasceremo il ragazzo a casa sua, come se nulla fosse accaduto.»
«Certo, e quando gli chiederanno dove è stato in questi giorni? E dove è Sherry?» insistette Rok, poco convinto.
«Semplicemente, lui non lo saprà.» dichiarò Stella, tranquillamente «Non riusciranno a scoprirci. E alla fine abbiamo comunque il nostro piano di fuga e il secondo rifugio dove andare... Andrà tutto bene.»
Gli altri tre si guardarono, poi tornarono a rivolgere lo sguardo a Stella, senza dire nulla.
La bionda capì dai loro occhi che si erano convinti. Bene, era ora di iniziare. 

L’apertura cigolante della porta svegliò entrambi.
Ai, in tensione, si tirò subito a sedere, volgendo lo sguardo all’uscio, mentre Shinichi riuscì solo ad aprire stancamente gli occhi per vedere chi fosse entrato.
«Direi che ti sei riposata abbastanza, Sherry.» esordì Wim, entrando tranquillamente nella stanza «C’è una cosa che ora devi fare.»
Raggiunse la ragazza e le afferrò un braccio, costringendola ad alzarsi.
«Non farò nulla per voi, chiaro?!» esclamò Ai, cercando di liberarsi dalla presa.
Shinichi riuscì faticosamente a tirarsi su, seduto, puntellandosi sul gomito destro, però poi si fermò all’improvviso, trovandosi la canna di una pistola a pochi centimetri dal viso.
«Prova a rifiutarti, Sherry, e lui non lo vedrai mai più.» dichiarò freddamente Wim, continuando a puntare l’arma contro Shinichi e tenendo saldo il braccio della ragazza.
Lei si morse un labbro, fremendo, e non disse nulla.
Shinichi si corrucciò, ma tacque a sua volta.
«Così è meglio.» sentenziò il giovane dal codino e iniziò ad arretrare verso la porta, tenendo il braccio di Ai e mantenendo sotto tiro Shinichi.
Giunto alla porta, Wim abbassò l’arma e uscì. Prima di chiudere annunciò ad entrambi:
«Per un po’, Sherry, ti terremo in un’altra stanza. Lui sta bene anche da solo, qui.» lanciò uno sguardo al detective.
«Cosa?» fece istintivamente Shinichi, preoccupato per lei.
«Non temere, ragazzino, non le faremo niente...» sorrise Wim, poi tornò serio, sibilando:
«Tu pensa piuttosto a te stesso. Un passo falso e poi vedremo se avrai più occasione di fare l’eroe... da morti, poco si combina.»
Ai lanciò uno sguardo preoccupato a Shinichi, che si limitò ad aggrottare di un po’ le sopracciglia, tacendo. Wim infine chiuse la porta a chiave e si allontanò con la scienziata.
Shinichi tirò le labbra amaramente, sentendosi proprio finito in trappola, e arretrò a fatica fino il muro alle sue spalle, strisciando a terra da seduto con l’aiuto delle mani.
Giunto alla parete vi appoggiò la schiena, ansimando un po’, e si portò subito una mano al fianco che gli doleva di più, strizzando gli occhi. Alzò con cautela il maglioncino nero, così grande per lui, e sbirciò il suo ventre e fianco. Notò estesi lividi sulla pelle, formatisi nelle ore precedenti. Distolse lo sguardo e riabbassò la maglia, appoggiando anche la testa al muro e tornando a posare delicatamente la mano sul fianco. Con uno sguardo stanco perso nel vuoto, iniziò a pensare alla sua vita, a tutto quello che gli era capitato fino a quel momento... All’Organizzazione; ai casi risolti con Kogoro - anzi, al posto di Kogoro -; alla squadra dei “Giovani Detective”; a Heiji e a tutti i pericoli corsi. Ma soprattutto pensò a lei, a Ran. Socchiudendo le palpebre, ripensò anche al bacio con Ai. No, non aveva sentito niente. Questo perché non l’amava; perché nel suo cuore c’era solo Ran.
“Oh, Ran...” sospirò “Mentre Ai mi baciava, io pensavo solo a te. E lei lo ha capito, lo so... Perdonami, Ran... il mio bacio sarà solo per te. Te lo giuro.”
Sospirò ancora e si addormentò.  

«Come? Non potete chiedermi una cosa simile... Il progetto è incompleto: potrei creare un veleno; ammazzando Shinichi!» esclamò Ai, agitata, seduta con braccia e mani libere, ma busto e gambe legati alla sedia su cui stava, munita, in basso, di piccole rotelline per spostarsi nel laboratorio.
«Un’ottima ragione per dare il meglio di te e cercare di non fare errori.» rispose prontamente Stella, facendo spallucce con un piccolo sorriso furbo «In ogni modo, preferisci farlo tornare sano e salvo a casa, senza i ricordi di qualche mesetto, oppure vuoi assistere qui alla sua morte?»
Ai abbassò lo sguardo e non rispose.
«Bene, vedo che ti sei decisa.» sorrise la bionda e indicò poi il tavolo davanti la scienziata, pieno di provette e sostanze chimiche «Hai tutto il necessario. Quanto credi ti ci vorrà?»
«Forse... quattro o cinque giorni.» rispose Ai, facendo vagare lo sguardo tra gli oggetti sul tavolo «Devo studiare di nuovo tutto il progetto, non lo ricordo.»
«Quattro/cinque giorni può andare.» accettò Stella, tranquilla.
«Non sono un po’ troppi?» intervenne a quel punto Wim, in piedi alle spalle della bionda insieme a Jil e Rok «Abbiamo anche i nostri, di progetti, non possiamo stare dietro così tanto ad un ragazzino inutile...»
«Quel “ragazzino inutile”, come lo chiami tu, se riuscisse a scappare da qui, potrebbe far saltare tutti i nostri programmi.» ribatté Stella, voltandosi a guardarlo «Preferisco neutralizzarlo prima di iniziare. Lasciare in giro il suo cadavere non è certamente la cosa migliore, ma non possiamo escludere del tutto questa possibilità, alla fine...» lanciò uno sguardo Ai «Se mai il farmaco dovesse non funzionare, eliminarlo sarà quello che faremo.»
«Ma cosa volete da me, si può sapere?» chiese a quel punto Ai.
Stella la guardò con uno sguardo intenso.
«Credevo l’avessi capito...» confessò la bionda, alzando un sopracciglio.
«Tu ci servi, Sherry.» affermò Jil, sorridendo furbamente «Grazie a te faremo un sacco di soldi.»
«Cosa?» si sorprese Ai.
«L’Organizzazione non ci ha mai offerto una simile occasione.» aggiunse Rok, con la sua solita espressione scura.
«E di obbedire ai loro ordini ci eravamo stancati.» concluse Wim, alzando le spalle.
«Noi siamo dei liberi professionisti, ingaggiati dall’Organizzazione per le nostre qualità.» spiegò Stella, appoggiandosi con una mano al tavolo, togliendosi gli occhiali e rivolgendo i suoi freddi occhi verso la scienziata «Qualità che hanno un prezzo particolarmente alto, che i nostri “capi” non riuscivano a comprendere a fondo. Perciò ci siamo allontanati, decidendo di metterci “in proprio”, insieme. L’idea iniziale è sempre stata una, comunque: rapire te, Sherry.»
«Me?» Ai non capiva dove volesse arrivare.
«Sei un genio nel tuo campo, con un sacco di progetti interessanti.» la bionda indicò con il capo la cartellina di plastica trasparente sul tavolo «Rubarli non è stato così difficile... Il fatto è che lo abbiamo fatto quando già tu te n’eri già andata. Sparita, dicevano... Ma con le nostre ricerche siamo riusciti a rintracciarti. Non è stato molto facile; certo non potevamo immaginare di trovarti... in quello stato. Una bambina, insomma... Geniale, per scappare ti sei trasformata in una mocciosa.»
«E’ stato un caso.» ribatté Ai, storcendo le labbra «Quello che avevo creato doveva essere un veleno in grado di uccidere istantaneamente senza lasciare tracce... L’azione di apoptosi poi ha fatto sì che le mie cellule mutassero, portandomi ad uno stato fisico precedente, una bambina di sette anni, senza però che il mio cervello subisse qualche danno. Ma tutto ciò non era previsto. Poteva accadere, forse, ma era una minima probabilità.»
«Un’ipotesi che si è avverata.» insistette la bionda, risoluta «Anche i tuoi genitori hanno lavorato una vita su quella sostanza, ma solo tu sei stata in grado di svilupparla in quel modo così avanzato... E tutti gli altri tuoi progetti abbozzati sono davvero geniali; sai a quanto potremmo vendere il farmaco in grado di far perdere la memoria così istantaneamente e radicalmente? Se tu riuscissi a svilupparlo, il siero potrebbe anche cancellare totalmente i ricordi di una persona in maniera irreversibile; potrebbe essere utile per eliminare personaggi scomodi senza ammazzarli. Oppure, riuscire a migliorare la stessa Apotoxina potrebbe fruttarci un sacco di soldi; la venderemo prima di quelli dell’Organizzazione, che ancora hanno il progetto incompleto.»
«Non potrei mai riuscirci così; tutto il mio lavoro è salvato sull’hardisk del computer che avevo quando mi trovavo nell’Organizzazione.» affermò la scienziata.
«Naturalmente ci siamo preoccupati di fare una copia di tutto quello che c’era al suo interno e di trasferirlo qui.» Stella indicò con tranquillità il computer alle sue spalle.
Ai corrugò un po’ la fronte.
“Accidenti, hanno pensato a tutto...”
«Sei già stata fortunata una volta, Ai, riuscendo a sfuggire a Gin ingerendo il tuo stesso veleno...» disse a quel punto Stella, guardandola intensamente «Quando lo siamo venuti a sapere, siamo rimasti di stucco. Farla a Gin non è certo da tutti... E’ molto infuriato con te; ti sta cercando per farti fuori.»
Ai tirò un po’ le labbra, ricordandosi come aveva rischiato la vita.
«In ogni modo, noi non faremo il suo stesso errore.» l’avvertì la bionda, con un’aria seria «Sarai sorvegliata costantemente, giorno e notte, e non ti permetteremo di andartene o ingerire qualsiasi sostanza. Ricordati; un passo falso, e il tuo amico muore. Un altro, e muori anche tu.»
Ai non disse nulla.
Non c’era nulla da dire. 

Shinichi finì di bere l’acqua contenuta nella bottiglietta di plastica. Si asciugò poi le labbra con una manica e fece cadere la bottiglia accanto il piatto di carta, dove prima si trovavano un po’ di pane e formaggio. Appoggiò la schiena al muro, rimanendo seduto, e si massaggiò la pancia che brontolava per la fame. Ogni tanto sembravano ricordarsi di lui, lasciandogli un po’ di cibo, ma, in ogni modo, se mangiava qualcosa una volta al giorno già voleva dire tanto. Sospirò, affamato e stanco, rendendosi conto che quello era il quinto giorno che si trovava lì. Non sapeva dire se fosse mattina, o notte; aveva perso da qualche parte il suo orologio, forse si era pure rotto.
Ed era preoccupato per Ai. Tremendamente preoccupato.
“Che le sarà successo? Cosa vogliono da lei?” storse le labbra, pensieroso “Probabilmente... Vogliono sfruttare qualche farmaco da lei creato, forse la stessa Apotoxina, per rivenderlo e farci un sacco di soldi. Beh, non trovo altra spiegazione.”
I suoi pensieri furono interrotti all’improvviso.
La porta di aprì, inaspettatamente, e apparve Jin sulla soglia.
Shinichi si irrigidì. Ogni volta che passavano nella cella non sapeva mai cosa aspettarsi; o lo conducevano al bagno - fortunatamente almeno due volte al giorno -, o gli lasciavano un po’ di cibo e acqua - entrambi quasi mai -. Ma ora la “visita” sapeva di diverso.
«Alzati.» ordinò Jil, facendosi avanti con la pistola in mano.
Shinichi esitò un secondo, poi obbedì lentamente, soffrendo un po’ per qualche fitta al fianco e alla schiena, per via degli ematomi che però, pian piano, stavano ora sparendo.
Jil gli si avvicinò e gli afferrò un braccio, conducendolo fuori, puntandogli l’arma alla schiena.
Giunsero nel laboratorio che, come ogni volta che Shinichi ci passava, era vuoto.
“Portano sempre Ai da un’altra parte, prima che passi io... così che non possiamo vederci.” capì, corrucciandosi.
L’uomo in nero lo portò nella stanza con il tavolo e le sedie.
Lì si trovavano Wim, Rok e Stella, tutti seduti a discutere tranquillamente.
«Oh, eccoti qui, Shinichi.» sorrise la bionda, con il suo solito tono di scherno «Abbiamo una sorpresa per te.»
Wim si alzò in piedi e andò ad aprire la porta del bagno. Entrò e ne uscì fuori con un accappatoio e degli abiti tutti neri - maglia, pantaloni e scarpe, più canottiera e boxer bianchi-.
«I vestiti sono un mio cambio; penso ti andranno bene.» spiegò il giovane con il codino e appoggiò di nuovo il tutto sul coperchio abbassato del water «Sono puliti e l’accappatoio è nuovo; lavati bene, mi raccomando.»
«Dovrei farmi... una doccia?» chiese sorpreso Shinichi.
«Proprio così; puzzi.» annuì Stella, per poi ridacchiare, come divertita.
Shinichi increspò un po’ la fronte.
«Cosa avete in mente?» domandò con un’espressione scura.
«Lo saprai più tardi.» tagliò corto la donna e indicò il bagno «Ora ti aspetta la tua doccia.»
Jil lo spinse verso il bagno e lo mandò dentro.
«Appena hai finito, faccelo sapere.» gli spiegò Jil, afferrando la maniglia della porta «Non metterci troppo.» chiuse a chiave.
Shinichi rimase fermo qualche istante davanti la porta appena chiusa, non sapendo cosa pensare.
Lanciò uno sguardo alla cabina della doccia, stranamente pulita; in quel posto, era la polvere e lo sporco a regnare. Guardò un attimo anche gli abiti puliti sul water, poi, d’istinto, si annusò sotto un’ascella.
“Beh, la bionda non ha poi tutti i torti...” dovette ammettere, arricciando il naso e abbassando il braccio.
Non c’erano specchi, ne possibili “armi”; cosa che aveva già notato in precedenza, nelle sue passate “visite” al bagno. Quindi immaginò che la cosa migliore fosse obbedire agli ordini.
“Chissà cosa vorranno fare...” si chiese, spogliandosi “Ho un brutto presentimento...”
Non rimase completamente nudo, nel caso fosse entrato qualcuno all’improvviso; si tenne le strette mutande da bambino che stranamente ancora gli stavano, forse grazie ai suoi fianchi non troppo larghi e al tessuto elastico. Entrò quindi nella doccia e aprì l’acqua.
“E’ gelida!” rabbrividì.
Si fece una doccia fredda, lavandosi bene con la piccola saponetta che si esaurì appena finito il bagno, quindi uscì fuori.
Si avvolse subito nell’accappatoio, con la pelle d’oca per il freddo. Si asciugò in fretta, non volendo far innervosire troppo i suoi rapitori, quindi iniziò a vestirsi; per prima cosa cambiò le mutande con i boxer, poi indossò gli altri abiti e le scarpe. Aveva i piedi doloranti, dopo tutti quei giorni a girare scalzo con solo calzetti bucati della taglia di un bambino di sette anni - fortunatamente erano molto lunghi e in qualche modo era riuscito ad aggiustarseli ai piedi -.
Si passò un asciugamano tra i capelli in fretta e, lasciandoli comunque un po’ umidi, si avvicinò alla porta, annunciando con tono neutro:
«Ho finito.»
Sentì qualcuno avvicinarsi, borbottando:
«Finalmente.»
Intanto si diede un’altra occhiata agli abiti che gli calzavano a pennello; aveva lo stesso fisico di Wim.
Fu Jil ad aprire e lo afferrò ad un braccio, facendolo uscire.
«Voltati verso la parete.» gli ordinò poi, perentorio.
Shinichi tirò un po’ le labbra e obbedì, girandosi con il volto verso il muro.
Jil gli afferrò entrambe le braccia e gli legò le mani dietro la schiena con dei lacci di plastica.
“Brutto segno...” pensò il ragazzo, a disagio.
L’uomo lo prese poi per una spalla e lo condusse al laboratorio.
Si trovavano tutti lì. E c’era anche Ai, legata braccia e gambe ad una sedia.
«Ai... stai bene?» chiese subito Shinichi, spontaneamente.
«Taci.» sibilò Jil, spingendolo in avanti.
Shinichi andò a sbattere con il fianco contro la scrivania con il computer, senza cadere. Però così esplose nuovamente il dolore, avendo sbattuto proprio nel punto in cui si trovava l’ematoma, che gli smorzò il fiato.
Rok si avvicinò subito a Jil e si mise dietro il ragazzo; poi entrambi lo tennero fermo, in piedi, afferrandogli ognuno un braccio.
Ai si mostrò preoccupata per Shinichi, ma non disse nulla.
«Vedo che ora sei pronto...» constatò Stella, guardando il detective «Molto bene. Direi che ormai siamo ai saluti.»
Il battito di Shinichi prese ad accelerare. Era davvero finita, allora.
«Speriamo funzioni...» intervenne Wim, ancora un po’ scettico, afferrando da sopra un bancone un’ampolla con un liquido verdastro all’interno.
Il detective deglutì.
«Mi ammazzate con un veleno?» domandò a mezza voce «Perché no un proiettile in testa?»
«Frena, frena, ragazzo!» sorrise la bionda «Se andrà tutto bene, qui ora non morirà nessuno.»
Shinichi aggrottò un po’ le sopracciglia.
«Non capisco... che cos’è quel liquido, allora?» chiese ancora, confuso.
«Abbiamo intenzione di liberarti.» spiegò Stella, incrociando le braccia e appoggiandosi con un fianco ad un bancone, coprendo però così Ai dalla vista del detective.
«Liberarmi?» Shinichi ci capiva sempre meno.
«Esattamente.» annuì la donna.
«Ma certo non possiamo permetterti di andare in giro a spettegolare... no, niente affatto.» aggiunse Wim, serio.
«Infatti; intendiamo lasciarti andare, ma senza ricordi.» la bionda indicò con il capo il liquido nell’ampolla in mano a Wim.
A quel punto Shinichi capì.
«Quel siero cancellerà la mia memoria?» chiese, incredulo «Non ricorderò più nulla di questi giorni?»
«Anche qualcosa in più...» lo corresse Stella, tranquillamente «Probabilmente, qualche mese di vuoto totale
«Cosa?» esclamò spontaneamente Shinichi «Non intendo bere una cosa simile!»
«Che moccioso fastidioso.» ringhiò Rok, spazientito, assestando un pugno allo stomaco del ragazzo; togliendogli il respiro.
Shinichi si curvò su se stesso, tossendo.
Jil e Rok lo fecero inginocchiare a terra e gli lasciarono le braccia.
Stella si mise a ridacchiare e disse:
«Suvvia, Shinichi: ti lasciamo in vita, cosa vuoi di più? Ti risveglierai nel tuo letto - abbiamo individuato la tua bella villa - e ti sveglierai come se nulla fosse. Essendoti lavato per bene ti sembrerà che non sia successo niente. E quando infine ti accorgerai di qualche strana ferita o livido, semplicemente non ti saprai dare una risposta; alla fine, l’importante è essere vivi, no? Non lo trovi straordinario?»
Shinichi tossì ancora e prese ad ansimare.
«Faglielo bere tutto, Wim. Fino all’ultima goccia.» ordinò allora la bionda, ridacchiando ancora.
«Certo.» rispose il giovane con il codino, avvicinandosi.
Wim si fermò davanti al ragazzo e gli afferrò con forza i capelli, alzandogli così la testa. Il detective tirò il volto in un’espressione di dolore, soffocando un gemito.
«Muoviti, bevi.» sbottò Wim, avvicinando la piccola ampolla alle labbra del ragazzo, che si ostinò a tenerle serrate.
Il giovane con il codino, seccato, strinse più forte la presa sui capelli del detective, ripetendo duramente:
«Ti ho detto di bere.»
Shinichi socchiuse gli occhi per il dolore, ma non dischiuse le labbra.
La bionda ridacchiò ancora, malignamente, e disse:
«Che tipo cocciuto, eh?» senza perdere il sorriso di scherno, si spostò un po’ di lato, mostrando Ai alle sue spalle; la scienziata ora tremava e aveva gli occhi lucidi.
Il detective le rivolse subito lo sguardo, preoccupato.
La donna estrasse la pistola e la puntò verso Ai e aggiunse, con uno sguardo furbo e il solito sorriso sul volto:
«Ma ora, giovanotto, basta fare i capricci.» caricò la pistola con un gesto secco.
«Aspetta!» esclamò istintivamente Shinichi, allarmato, con una voce un po’ roca e il respiro affannoso.
«Dunque?» fece la donna, alzando un sopracciglio, senza però cambiare oltre l’espressione sul viso.
Shinichi rimase a guardarla ancora un attimo, increspando di un po’ la fronte, poi rivolse lo sguardo ad Ai, che era tornata a piangere con gli occhi chiusi e il corpo tremante, infine fissò gli occhi sulla boccetta di vetro davanti la sua faccia, contenente il liquido verdastro.
«D’accordo. Bevo.» mormorò, arrendendosi e abbassando lo sguardo al suolo.
«Bene.» sibilò Wim, alzandogli di scatto la testa un po’ di più e avvicinandogli l’ampolla alle labbra.
Shinichi strizzò gli occhi per il male e contemporaneamente aprì di poco la bocca.
Il giovane lo costrinse a bere tutto il liquido, di un sapore disgustoso, poi lasciò di colpo la presa tra i capelli di Shinichi, che quindi cadde a terra, squilibrato.
Lentamente, non avvertendo particolare dolore, si sentì cadere in uno stato di profondo torpore. 
La vista iniziò ad annebbiarsi; presto non riuscì più a distinguere nemmeno la forma delle scarpe degli uomini e della donna intorno a lui e, infine, si addormentò del tutto.

Continua...

E il flash-back finisce qua. -_^ Piaciuto il colpo di scena? ^^ Perdonatemi se vi ho delusi, ma io sono più una "ShinichixRan" che una "ShinichixShiho"... ^^' Va bé, la storia comunque va avanti! ;)

AVVISO ai lettori: A causa di impegni, questo lunedì e mercoledì non potrò aggiornare. Quindi, il prossimo aggiornamento sarà Venerdì 7. ^^

Passiamo ora ai ringraziamenti:

Sweetgirl91: E così hai visto come si è evoluta la faccenda! E non è andata affatto bene, come già si supponeva... ^^' Ma Shinichi è proprio bravo a cacciarsi nei guai! XD Qui hai saputo tutto ciò che c'era da sapere sui piani di quei tipi loschi... Che pian piano, però, iniziano ad andare in rotoli, vedi? Comunque sia, come avrai già capito, cosa succederà a Shinichi e Heiji si saprà solo nel prossimo capitolo. Questo è già stato bello lungo da solo, effettivamente. ^^' Parlando di tonti (XD) ti sorprenderà vedere come riusciranno a cavarsela su quella barca. X°°°D E' vero, più ci penso più credo siano davvero lenti in questa fic! X°°°D Alla fine, hanno più culo che altro. XP Ti mando una mail, ciao!

Mommika: Figurati, a volte capita anche a me di leggere in ritardo le storie perché me ne dimentico! XD Ti è piaciuta quella parte, quindi, nello scorso capitolo? Sono contenta che Ai ti sembri proprio Ai. ^^ Ci tengo tanto a farli abbastanza somiglianti ai veri personaggi, così la storia sarà più realistica. ^^ Questo capitolo ti è piaciuto? Ai era "abbastanza lei"? In effetti non sapevo bene come "farla reagire" in questi casi... ^^' Fammi sapere, ciao!

Roe: Ehilà, amica di mail! ^^ So che ora te la stai spassando in vacanza, eh? ;P E brava: tu ne vai via e mi lasci qui a crepare di caldo? ç_ç Voglio una vacanza anch'io!!!!!! Uffi... Almeno mandami le foto, come mi hai detto! ;) In ogni modo; capita anche a me, a volte, non recensire per distrazione. -_^ Ma non ti preoccupare: mica mi offendo! ^^ Mi stai simpatica, in fondo. ;) Qui hai potuto vedere come si conclude la loro avventura. Però ancora deve succedere dell'altro! -_^ Che altro ti posso dire, a parte: ci sentiamo al tuo ritorno! ^^ (Ti mando una e-mail al più presto ^^) Ciao!

Harmonia: Grazie mille per i complimenti! ** Mi fa molto piacere sapere che la storia ti piace. ^^ In questo capitolo hai potuto sapere tutto ciò che è accaduto... Ma ora Shinichi ed Heiji dovranno salvarsi da un pericolo terribile! ^^' Si saprà tutto nel prossimo capitolo. -_^ In quanto al paring di questa fic... Ho già ammesso di essere una sostenitrice delle "Shinichi&Ran"... quindi diciamo poche sorprese sul paring! XD Spero non ti dispiaccia... ^^' (Non conosco le tue preferenze) In quanto agli aggiornamenti costanti... guarda caso proprio ora ne salterò due! XD Però poi riprenderò subito ad aggiornare. -_^ Ciao! ^^

Un grazie anche a chi ha solamente letto e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.

Come ho detto sopra: prossimo aggiornamento Venerdì 7. ^^

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Capitolo 9
*** La fuga ***


La fuga

“Ora è tutto chiaro...”
Shinichi riaprì lentamente gli occhi, con di nuovo tutti i ricordi in mente.
E finalmente, il dolore alla testa era svanito.
Trasse un respiro di sollievo; un sollievo che durò molto poco.
«Acc...» strizzò forte un occhio, colpito da una fitta al petto.
Il cuore prese a battergli più forte e dolorosamente e il corpo iniziò a tremargli di più.
Sudava e quasi gli mancava il respiro.
«Ma che diamine...?» si chiese, animando, con la sempre più netta sensazione di aver già provato una sofferenza simile, in passato «Ma quando?» questo non gli venne in mente.
Girò allora gli occhi indietro, stringendo un po’ i denti per resistere al dolore, e, notando l’amico ancora addormentato, ricominciò a chiamarlo con il fiato corto:
«Heiji? ... Heiji, insomma... quanto pensi di... dormire... ancora?»
L’altro non rispose.
«Dannazione, Heiji!» Shinichi mosse di scatto la testa indietro, facendola sbattere forte contro il capo dell’altro detective.
«Ahi...» fece Shinichi, dolorante.
Heiji, invece, svegliato improvvisamente dal colpo, strizzò un attimo gli occhi, poi alzò le palpebre.
«Che cavolo...?» chiese, guardandosi intorno confuso.
«Era ora...» poi Shinichi tossì, scosso da un’altra fitta al petto.
Heiji voltò immediatamente il capo indietro, esclamando con stupore:
«Shinichi! Ma che succede? Dove ci troviamo?»
«Ci hanno messi... su una... barca...» ansimò l’altro, con il volto tirato in un’espressione di sofferenza «Credo... che tra un po’... salteremo... in aria...»
«Che?!» fece Heiji, sbiancando, poi si accorse che l’amico non stava per niente bene.
«Shinichi, che ti è successo? Sei ferito?» si preoccupò subito.
«No... io non...» Shinichi serrò i denti e gli occhi per il dolore «Non... capisco che cosa...»
In quel momento, gli venne in mente.
Riaprì di scatto gli occhi, sorpreso.
“Ora lo so che sta accadendo...” realizzò.
«Accidenti, dobbiamo liberarci!» Heiji iniziò ad agitarsi, cercando di allentare le corde che gli tenevano le mani legate dietro e il corpo immobilizzato a quello dell’altro detective «Non ci riesco, dannazione...!»
«Heiji...» lo chiamò debolmente Shinichi, scosso da fitte sempre più forti «Io...»
«Cosa?» chiese Heiji, non capendo.
Shinichi socchiuse gli occhi, mormorando:
«Sto tornando piccolo...»
Heiji spalancò gli occhi, incredulo.
In quell’istante, il corpo tremante di Shinichi iniziò a rimpicciolirsi sempre di più, finendo per “navigare” in quei vestiti ora troppo grandi.
«Shinichi!» esclamò sorpreso il ragazzo di Osaka.
L’altro si alzò in piedi, un po’ a fatica con quei abiti e scarpe “enormi”, e, liberatosi delle corde che ormai gli andavano larghe, si voltò verso Heiji. Poi, con una smorfia un po’ contrariata sul volto, borbottò:
«Vorrai dire: Conan
Heij, ora libero dalla stretta con l’amico, riuscì a voltarsi del tutto, guardandolo stupito.
«Ti sei ridotto, effettivamente.» constatò, non capendo «Come mai?»
«In effetti l’azione dell’antidoto di Ai non era certo permanente... purtroppo...» rispose Conan, sospirando e iniziando a slegare l’amico.
«Suvvia, grazie alla tua trasformazione ora siamo liberi.» ribatté Heiji, alzandosi in piedi e massaggiandosi i polsi doloranti.
«Sì, va bene, lasciamo stare...» Conan diede un’occhiata fuori da un oblò, notando che si trovavano in mare aperto e ancora si stavano muovendo «Credo dovremmo andare...»
«Giusto, la bomba!» si ricordò Heiji all’improvviso e, afferrato il bambino sotto braccio, corse subito fuori dalla cabina, ritrovandosi sul ponte.
Nel buio iniziò a guardarsi intorno, non riuscendo però a vedere l’ordigno.
«Ma che fai? Lasciami!» si lamentò Conan, dimenandosi.
«Ti porto in salvo, moccioso.» gli sorrise Heiji e afferrò una scatolina di plastica, posta vicino il bordo della barca. Dopo di che, con Conan in una mano e la scatola nell’altra, si tuffò in mare.
Riemerse pochi istanti dopo e lasciò il bambino, che riprese fiato a sua volta.
«Presto, nuotiamo lontani da qui!» lo incitò Heiji, iniziando a nuotare.
Conan gli andò subito dietro.
Dopo qualche metro a nuoto, ci fu l’esplosione.
La barca saltò in aria, distruggendosi completamente e lasciando solo un ammasso di rottami e pezzi di legno in fiamme.
Heiji e Conan, ansimanti, rimasero a fissare le fiamme qualche altro secondo, rendendosi conto di essere stati fortunati. Poi Heiji afferrò la scatolina e l’apri; ne fuoriuscì immediatamente un gommone di salvataggio già gonfio.
I due vi salirono e il giovane di Osaka afferrò una pratica tavola di legno dall’acqua, che usò come remo.
«Ora torniamo a riva.» decise Heiji, remando.
«Sì; Ai è ancora con quei tipi.» annuì Conan, appoggiandosi stancamente con la schiena contro il bordo del gommone.
«Non vorrai farti quasi ammazzare di nuovo, spero!» esclamò Heiji, guardandolo storto «Sta volta ci è mancato davvero poco, Shinichi...»
«Non ti preoccupare.» lo rassicurò l’altro «Sta volta ho un piano.»
«E sarebbe?»
«Sareb...» Conan si fermò all’improvviso, portandosi di scatto la mano al petto.
Una fitta come prima, fortissima. E ora un’altra.
Gemendo, il bambino finì straiato, prendendo a tremare.
«Ehi, che ti prende?» si preoccupò Heiji, smettendo un attimo di remare e avvicinandosi all’amico. Rimase sorpreso, notando il corpo del bambino allungarsi nuovamente, per tornare quello di un liceale.
«Ma che...?» fece Heiji, senza parole.
Shinichi si mise lentamente seduto e si diede poi un’occhiata; sorpreso quanto l’altro.
«Non capisco che cosa sia potuto accadere...» ammise, incredulo «Pensavo di essere tornato definitivamente Conan anche sta volta, e invece? Sono di nuovo al mio vero aspetto...» alzò improvvisamente gli occhi su Heiji «Aspetta! Mi pare di ricordare che...»

«Direi...» Ai storse un po’ le labbra, pensierosa «Beh... Un po’ più della volta scorsa.» concluse con una tranquilla alzata di spalle.
«Ah...» fece Conan, per nulla rassicurato.
«Beh, sicuramente non sono riuscita ancora a trovare l’antidoto decisivo, ma questa volta ci sarà una piccola possibilità che accada qualcosa di particolare.» riprese Ai, portandosi una mano al mento.
«Ovvero?» chiese subito l’altro, incuriosito.
«Non solo l’effetto dell’antidoto durerà più a lungo; può anche darsi che il corpo possa mutare in continuazione, ad un certo punto, tra lo stadio di “bambino di 7 anni” e quello di “ragazzo liceale”, o, nel mio caso, di “scienziata adulta”. Insomma, come un tira e molla tra le due “identità”. Per un po’ di tempo.»
«E perché mai dovrebbe accadere questo?»
«Non lo so.» Ai alzò di nuovo le spalle «Ma secondo alcuni calcoli, c’è la possibilità che avvenga questo tipo di fenomeno. Penso che, una volta che riuscirò a rimediare anche a questo problema, avrò trovato l’antidoto definitivo.»

«Un “tira e molla tra le due identità”?» ripeté Heiji, stupito «Che strano effetto...»
«Già...» concordò Shinichi, grattandosi il capo «E che fastidio, soprattutto... riuscirò mai a liberarmi di “Conan”? Accidenti, mi sono stancato di seguire Kogoro in tutti i suoi casi e risolverli al posto suo... L’unica consolazione è stare con Ran: cucina che è una meraviglia e certo la sua compagnia non è male...» gli venne istintivo sorridere.
«Non fai altro che ripeterlo.» commentò Heiji, sospirando, poi si illuminò all’improvviso, esclamando:
«Ehi, aspetta un attimo! Non mi dirai che ti ricordi tutte queste cose?»
«Oh, sì, credo mi sia tornata tutta la memoria.» sorrise Shinichi, appoggiandosi al bordo del gommone e afferrando a sua volta un asse di legno dall’acqua «Finalmente l’effetto del siero che mi hanno dato è finito.»
«Di che parli?» lo interrogò l’altro, confuso.
«Ora ti racconto tutto.» esordì Shinichi, riprendendo intanto a remare con Heiji. 

«Dunque, Shinichi? Che pensi di fare ora?» chiese Heiji in un sussurro sbirciando appena da dietro le casse dove erano rannicchiati lui e l’amico.
Shinichi corrugò un po’ la fronte, osservando attento Wim, dritto e vigile, appostato di lato alla porta del magazzino.
«Seguiamo il piano, chiaro.» sentenziò il giovane, deciso.
Heiji storse un po’ le labbra, guardandolo.
«Shinichi, il tuo piano fa un po’ acqua.»
«Ma no, perché? E’ perfetto.» lo zittì l’altro.
«Ah, certo.» sospirò il detective d’Osaka «Quindi spiegami come possiamo “neutralizzare la guardia”.»
«Io farò da esca e tu lo stordirai.» sentenziò Shinichi, risoluto.
«Ma sei pazzo?!» bisbigliò Heiji «Vuoi proprio farti ammazzare, allora! Non credo sarai un bel figurino con un proiettile in testa!»
«Devo andare lì dentro, Heiji!» insistette Shinichi con un’aria decisa «Devo andare per forza!»
«Non voglio che tu rischi così la vita.» affermò l’altro, seriamente.
«Ma piantala... andrà tutto bene.» lo zittì l’amico, muovendosi di lato con l’intenzione di iniziare il piano, ma Heiji gli afferrò forte un braccio, trattenendolo.
«A volte sei davvero troppo imprudente, Shinichi.» disse il giovane, con un’aria scura «Quello appena ti vede ti fa fuori.»
«E’ rischioso, lo ammetto, ma non possiamo andare via ora.» Shinichi aveva ancora un’aria convinta in volto «Non abbandonerò mai Ai in questo modo.»
Heiji si incupì un po’. Dopo una breve pausa, domandò, guardando fisso l’altro negli occhi:
«Shinichi... Cosa rappresenta Ai per te?»
Il ragazzo rimase un attimo spiazzato alla domanda, poi si riprese subito, dicendo:
«Ma cosa stai dicendo? E’ un’amica.»
«E’ davvero solo un’amica?» insistette il giovane di Osaka «Mi pare tu sia troppo attaccato a lei...»
«E a me pare che tu ti faccia troppe paranoie.» dichiarò duramente Shinichi, per chiudere lì la questione «Ai è una mia amica e io non abbandono gli amici, chiaro? Se tu hai troppa paura per continuare, allora vattene pure. Ti capisco, non temere, non voglio che tu rischi così la vita stando con me.»
Rimasero in silenzio a fissarsi negli occhi con entrambi un’aria seria. Poi all’improvviso Heiji lasciò la presa al braccio dell’altro e, con un’aria tranquilla, affermò:
«Nemmeno io abbandono gli amici. Non ti lascio qui solo, Shinichi, non ti preoccupare.»
Shinichi si aprì in un piccolo sorriso grato.
«Grazie.» sussurrò e, più piano che poté, si mosse nella semioscurità tra casse e barili, avvicinandosi a Wim.
Heiji lo osservò allontanarsi, pensieroso.
“Ti sei innamorato di Ai, Shinichi?” si chiese a quel punto.
Shinichi, silenzioso, raggiunse infine una cassa abbastanza vicino a Wim, che ancora non si era accorto della sua presenza. Il giovane detective appoggiò la schiena contro il legno marcio, traendo dei profondi respiri. Sentiva il cuore in gola e stava sudando freddo.
“Calmati adesso, chiaro?” si impose mentalmente, regolarizzando il respiro.
Non poteva negare di aver paura, certo; quel tipo era armato e con propositi non certo molto buoni.
Lanciò uno sguardo in direzione del giovane biondo che, con aria seria, si guardava intorno con gli occhi, rimanendo immobile.
In quel momento si udirono in lontananza delle sirene sempre più vicine; altre sirene, visto che Shinichi e Heiji le avevano già udite altre prima. Si stavano sicuramente dirigendo, anche a bordo di barche, verso i pochi resti dell’imbarcazione su cui si trovavano precedentemente i due detective.
Wim rimase impassibile, sicuro che lì non li avrebbero trovati. Per il momento, almeno.
E a quel punto Shinichi decise di agire.
Wim sospirò appena, abbastanza stanco. Ormai non dormiva quasi per niente e tutto quel loro piano perfetto, doveva notare, in fondo faceva acqua in diversi punti. Sherry era sempre abbastanza restia ad obbedire senza fare storie, e ora? Ora che le avevano ammazzato l’amico, come si sarebbe comportata? Wim storse le labbra, infastidito. Basta, se non avrebbe voluto più obbedire, lui avrebbe mandato al diavolo tutto, piano e compagni compresi, e avrebbe fatto di testa sua. Perché se Sherry non voleva obbedire, per quale ragione avrebbero dovuto tenerla ancora viva? Al diavolo tutto il piano. Si sarebbe messo in proprio, a costruire ordigni per i terroristi. Si guadagna abbastanza bene in quel campo...
Un rumore alla sua destra lo mise subito in allerta. Portò immediatamente la mano alla pistola e si voltò in quella direzione, attento.
«Chi c’è?» chiese bruscamente, con un’aria concentrata in volto.
Nella semioscurità non riusciva a vedere bene; effettivamente il piazzale era appena illuminato dall’incerta luce arancio del lampione sul muro.
Una breve risata a mezza voce e poi apparve Shinichi da dietro il suo nascondiglio, con un’aria tranquilla in volto.
«Ehilà, Wim.» salutò il detective, alzando un mano e sfoggiando un sorriso calmo.
Wim alzò un sopracciglio, più che sorpreso.
«Tu?» fece, stringendo forte la presa sull’impugnatura dell’arma ancora nel fodero «Dovresti essere bello che morto! Tu e l’altro ragazzino...»
«Infatti sono un fantasma.» rispose Shinichi alzando le spalle con naturalezza «Prova a colpirmi, vedrai che non ci riesci.»
Wim mostrò i denti, furioso, e, estraendo la pistola, ringhiò:
«Maledetto moccioso, te lo do io il fantasma!»
Prima che potesse sparare, Shinichi si gettò di corsa dietro la cassa, così che il colpo della pistola con il silenziatore lo mancò in pieno.
Wim partì subito a rincorrerlo e si affacciò dietro la cassa di legno.
Shinichi era sparito.
«Dove ti nascondi, eh?» esclamò il giovane con il codino, avanzando con la pistola davanti a sé.
«Te l’ho detto... sono un fantasma.» ripeté Shinichi, senza farsi vedere «Quando voglio, divento invisibile...»
«Ti ci faccio diventare io uno spirito; conficcandoti un proiettile in fronte!» inveì Wim, seccato, dando un calcio ad un contenitore di plastica vuoto a terra e continuando a cercare il detective tra le casse.
«Provaci.» lo sfidò allora Shinichi, apparendo improvvisamente da dietro una pila di barili di ferro e fermandosi, dritto e sicuro, a qualche metro dall’altro.
Wim lo vide subito; si voltò verso di lui, tendendo la pistola ed aprendosi in un piccolo sorriso.
«Stupido.» sibilò con soddisfazione, mirando alla testa del detective.
«Non quanto te.» ribatté Heiji, spuntando alle spalle del giovane con il codino e colpendolo forte in testa con un piccolo tubo d’acciaio.
Wim, gemendo, finì subito a terra; la pistola scivolò al suolo fino ai piedi di Shinichi, che la fermò con un piede.
Heiji si inginocchiò vicino il giovane sdraiato a terra e lo voltò supino. Wim era svenuto, con però una bella chiazza di sangue che gli sporcava i capelli chiari.
«Adesso lo leghiamo per bene e lo lasciamo qui. Meglio anche imbavagliarlo.» affermò Shinichi, avvicinandosi con la pistola in mano.
Heiji si girò a guardarlo con un’espressione torva.
«Sei un incosciente, lo sai questo?» sbottò il ragazzo d’Osaka.
«Sei stato provvidenziale, Heiji.» sorrise Shinichi «E io volevo solo divertirmi un po’.»
«Mi hanno sempre insegnato che con la morte non si scherza.» dichiarò Heiji, afferrando intanto Wim da sotto le ascelle per trascinarlo in un angolo del piazzale.
Shinichi infilò l’arma tra i pantaloni e la cintura e sospirò, dicendo:
«Per questo voglio salvare Ai. Quelli l’ammazzano se non fa ciò che le dicono.»
Heiji annuì con il capo, appoggiando Wim alla parete di uno dei magazzini.
«Lo so, lo so, lo hai già detto.»
Dopo aver ben legato il giovane con delle corde trovate tra tutta quella roba e avergli tappato la bocca con un pezzo di stoffa ricavato dalla manica della maglia di Heiji, i due detective avanzarono verso il magazzino, per poi affacciarsi dalla porta e sbirciare l’interno buio.
«Strano che ancora non sia giunto nessuno...» commentò Shinichi, corrucciandosi «Eppure credo che lo sparo si sia sentito bene.»
«Magari ci aspettano dentro.» sospirò Heiji, alquanto stressato «Mi sai dire come facciamo a vederli al buio?»
Shinichi si voltò a guardarlo con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Hai perfettamente ragione, Heiji.» annuì il ragazzo.
Heiji alzò un sopracciglio, dicendo:
«Vuoi azionare il generatore per far accendere tutte le luci e così scovarli?»
«Proprio così.» dichiarò Shinichi, entrando nel magazzino.
«E va bene, cerchiamolo...» fece l’altro, seguendolo.
Trovata senza difficoltà la leva del generatore principale di energia, Shinichi si voltò verso l’amico, dicendo:
«Ho un piano per mettere fuori gioco Jil e Rok. Sei pronto?»
Heiji annuì, confermando:
«Ormai ci siamo dentro fino al collo, perciò...»
«Bene.» e Shinichi abbassò la leva. 

«L’avete sentito anche voi lo sparo?» chiese Jil ad un tratto, alzando istintivamente gli occhi verso l’alto.
Lui, Rok e Stella si trovavano nella stanza con il tavolo e stavano discutendo sul da farsi.
Stella si fece seria, dicendo:
«Certo che l’ho sentito.»
«Perché Wim ha sparato, allora?» domandò Jil, non capendo «Che sia giunta la polizia?»
«L’accordo era che se giungeva la polizia doveva inviarci un segnare alla ricetrasmittente.» ribatté Stella «No, dev’esserci qualcuno... O c’era; magari Wim l’ha seccato.»
«Penso che siano quei mocciosi.» disse a quel punto Rok, torvo.
«Ma che dici!» esclamò Jil, scettico «Hai visto e sentito anche tu il botto, no?»
«Ho un presentimento.» insistette l’altro.
«Aspettiamo e vediamo. Wim dovrebbe farcela anche da solo.» affermò la bionda, appoggiandosi tranquillamente allo schienale della sedia.
«Ne sei certa?» chiese Jil, poco convinto «Quei due mi sembrano dei tipi proprio coriacei... Sempre che siano loro.»
«Sciocchezze.» lo zittì la donna.
Tornarono poi a discutere di Sherry e dei loro piani. Probabilmente ora dovevano per forza modificarli un po’, immaginando che la ragazza avrebbe preferito morire, a questo punto, anziché obbedire.
Dopo qualche minuto, però, si accese all’improvviso la luce del laboratorio e quella del bagno, in contemporanea.
I tre si alzarono in piedi, sorpresi.
«Qualcuno ha azionato il generatore.» capì Stella, corrugando la fronte.
«Secondo le modifiche che aveva apportato Wim, anche se era spento quaggiù la luce ci sarebbe stata lo stesso...» ricordò Jil «Chiunque l’abbia azionato, ora ha acceso praticamente tutte le luci dell’edificio!»
«Maledizione, così ci faremo scoprire facilmente.» ringhiò Rok, stringendo i pugni.
«Cosa fate ancora qui? Muovetevi ad andare a controllare!» ordinò Stella, aggrottando le sopracciglia.
I due non se lo fecero ripetere e corsero quindi di sopra.
Stella tirò un po’ le labbra.
“Qualcosa mi dice che sono davvero quei due ragazzini...” pensò con rabbia, poi si rilassò di colpo “In ogni modo, non mi fregheranno.” 

«Accidenti, qua è tutto acceso...» constatò Jil, mentre avanzavano in una stanza del magazzino completamente illuminata.
Rok si diede un’occhiata intorno, lanciando sguardi in direzione dei vari scaffali della stanza, e affermò:
«Beh, in ogni modo, noi siamo avvantaggiati. Conosciamo bene questo posto e ora che c’è luce è pure meglio.»
«Su questo non posso darti torto...» annuì Jil.
In allerta, continuarono a camminare con in mano le pistole.
Il posto era silenzioso; sembrava non esserci nessuno. Quando, all’improvviso, un ombra rapida in fondo alla stanza.
«Andiamo!» esclamò Jil, partendo di corsa con Rok dietro di lui un po’ più lentamente a causa della sua gamba.
Uscirono dalla stanza ed entrarono in altra.
Jil notò nuovamente l’ombra più avanti, quindi si sbrigò in quella direzione, passando tra due scaffali alti diversi metri e carichi di roba. Rok lo seguì più in fretta che poté.
Proprio mentre i due passavano per lì, Heiji, nascosto in alto su uno degli scaffali, buttò giù una scatola contenente dei pezzi per un macchinario di plastica e ferro, che cadde proprio contro Jil. L’uomo cadde a terra, andando a sbattere con forza il capo sul pavimento, per poi non muoversi più.
Heiji fu pronto a lanciare la seconda scatola contro Rok, ma questi, più agile del previsto, fece un balzo indietro e sparò in direzione del giovane di Osaka.
«Cavolo!» esclamò Heiji, schivando il proiettile di un soffio, ma sbilanciandosi e cadendo con un urlo all’indietro, andando a finire contro degli scatoloni vuoti, a terra.
Rok si mosse in quella direzione, con l’intento di andare dietro lo scaffale per ucciderlo, ma Shinichi fu più rapido; comparendo come dal nulla, balzò contro l’uomo, cadendo insieme a lui verso uno scaffale. A Rok sfuggì la pistola di mano e colpì con la schiena lo scaffale, che cadde indietro al suolo. Anche Shinichi e l’uomo in nero finirono a terra.
Rok si sbrigò a spostare il detective da sopra di sé, sbattendogli la schiena a terra e portandosi in ginocchio sopra di lui. L’uomo caricò un pugno e colpì con forza il detective al viso. Shinichi provò a spingerlo via, ma non ci riuscì. Rok allungò la mano sul collo del ragazzo, iniziandolo a stringerlo con rabbia. Il giovane si aggrappò con disperazione alle braccia dell’uomo robusto, che era troppo forte per lui, quindi non riuscì ad allontanarlo. Iniziava a mancargli il fiato, quando Heiji apparve all’improvviso alle spalle di Rok, gli cinse le braccia intorno la vita e lo allontanò dall’amico, barcollando un po’ indietro.
Shinichi poté tornare a respirare e si mise quindi seduto, portandosi una mano al collo per massaggiarlo. Alzando poi gli occhi, vide Heiji essere sbattuto con forza contro uno strano macchinario, per poi finire a terra, dolorante. Rok, con il volto paonazzo dalla rabbia e dalla fatica, esclamò con il fiato un po’ corto:
«Maledetti ragazzini, vi ammazzo!»
Si lanciò in direzione di Heiji, brandendo un’asta di legno trovata a terra.
I battiti del cuore di Shinichi presero ad accelerare; gli sembrò di rivivere l’esperienza passata, quando Rok si era avvicinato a lui con quell’asta di ferro. Non poteva permettere che a Heiji accadesse la stessa cosa; quell’uomo l’avrebbe ucciso!
Heiji provò ad alzarsi, ma non ci sarebbe mai riuscito in tempo; Rok era ormai a pochi passi. L’uomo in nero si preparò ad abbassare l’arma con ira, quando scoppiò uno sparo.
Heiji, ansimante, rimase con gli occhi fissi sul corpo dell’uomo in nero, congelato nella sua posizione, con in volto un’espressione di sofferenza. Pian piano, sul suo ventre, andò ad espandersi una larga macchia di sangue, man mano sempre più grande. Infine Rok cadde a terra di lato, rimanendo immobile.
Heiji alzò quindi gli occhi in direzione di Shinichi, vedendolo ancora seduto a terra con la pistola - quella che avevano preso a Wim - in mano, come se fosse pronto per sparare. Però il proiettile non veniva da quell’arma; quando Shinichi stava per premere il grilletto per salvare l’amico, infatti, qualcun l’altro l’aveva fatto prima di lui.
I due detective si voltarono subito verso l’entrata della stanza e lì videro Stella, seria, con la pistola ancora puntata in avanti, verso il punto in cui prima si trovava Rok. La bionda teneva saldamente il braccio di Ai, che si trovava quindi al suo fianco un po’ tremante.
«Cosa...?» fece Heiji, incredulo, mentre Shinichi esclamò con preoccupazione nella voce:
«Ai!»
«Bene bene... Guarda un po’. Non dovevate essere saltati in aria, voi due?» esordì Stella, con un tono serio, andando ora a puntare la pistola contro la schiena della scienziata.
Shinichi fece per alzarsi, ma la donna lo bloccò, dicendo:
«Fai un altro movimento e Sherry fa la stessa fine del mio uomo.»
Il giovane si morse un labbro, rimanendo fermo.
«Cos’è, pensavate di farmela?» continuò Stella, dura «Credevate di riuscire a fregare me? Avete fatto male i vostri conti.»
«Perché hai fatto fuori il tuo uomo?» chiese a quel punto Heiji, non capendo, rimanendo a sua volta seduto a terra.
La bionda si aprì in un piccolo sorriso di soddisfazione, per poi affermare:
«Questi stupidi... Non avevano affatto capito che li stavo solamente sfruttando. Tutti e tre. Credete davvero che m’importi qualcosa di loro? Erano diventati solamente una palla al piede. Fin dall’inizio il mio obbiettivo era di farli fuori comunque, alla fine. Quindi...» proseguì poi con un tono glaciale:
«Sinceramente, non m’interessa affatto nemmeno della vostra, di vita. Perciò ora, ragazzo, dammi quell’arma.» indicò con un cenno la pistola in mano a Shinichi.
Shinichi esitò un attimo, poi posò l’arma sul pavimento e la spinse verso la bionda. La pistola scivolò a terra e raggiunse la donna, che prima la fermò con un piede, poi la calciò parecchio lontano da loro, facendone perdere le tracce sotto a qualche macchinario della stanza.
Stella iniziò a dirigersi con calma verso l’uscita del magazzino, con Ai sotto tiro.
«Credo sia ora di utilizzare il piano di fuga che avevamo preparato...» annunciò la donna, sorridendo furbamente «Voi non muovetevi; presto sarà tutto finito.»
Shinichi si morse ancora un labbro, a disagio. Quelle parole proprio non gli piacevano.
Stella raggiunse l’uscita e la varcò. Poco prima di chiudere la porta, affermò con tono beffardo:
«Le esplosioni mi sono sempre piaciute, per questo ho chiesto a Wim di unirsi a noi.»
Ridendo divertita, chiuse a chiave la porta, mentre Ai, allarmata, iniziava a gridare il nome di Shinichi.
I due detective si alzarono in piedi, entrambi doloranti, e si avvicinarono di corsa all’uscita. Provarono ad aprire, ma niente.
La bionda, appena fuori, afferrò un piccolo telecomando da una tasca e premette il pulsante. Poi, ridacchiando con soddisfazione, si allontanò a passi svelti con Ai, che provava a divincolarsi senza successo. Passarono accanto Wim, ancora svenuto e legato, e Stella lo ignorò volutamente.
“Stupido idiota che sei Wim... del tuo corpo non rimarrà che cenere, rimanendo lì.” pensò sorridendo.
Intanto, dentro il magazzino dove si trovavano i due detective, si udì un forte “bip” e poi altri successivi, più piano; sembrava fosse stato azionato un meccanismo con timer.
«Questa ci vuole far saltare in aria!» capì Heiji, guardandosi intorno e cercando di individuare da dove provenissero quei suoni; però il magazzino era grande e il suono rimbombava tutt’intorno, rendendo impossibile identificare la posizione dell’ordigno.
«Andiamo via, svelto!» esclamò Shinichi, partendo di corsa verso il fondo della stanza.
Heiji lo seguì subito, stringendo un po’ i denti per i dolori alla schiena e al fianco di quando era caduto dallo scaffale ed era stato sbattuto contro il macchinario.
«Dove vuoi passare?» chiese allora il giovane di Osaka, non venendogli in mente nessuna via di fuga.
«L’unica finestra che ho visto si trova in una stanza in fondo l’edificio!» spiegò Shinichi, avendo scorto la finestra di sfuggita durante la sua prima fuga dai rapitori.
Uscirono dalla stanza e ne percorsero subito un’altra. Passarono per un corridoio, poi per un altro adiacente, e raggiunsero infine la suddetta stanza, con la porta spalancata. La finestra era grande e aveva i vetri oscurati.
I due ragazzi corsero in quella direzione e saltarono contro la vetrata proteggendosi il capo con le braccia; il vetro si ruppe con un suono cristallino e i due finirono di fuori, rotolando a terra. Mentre cercavano di rialzarsi in fretta per potersi allontanare, notando che si trovavano sul molo dietro il magazzino, l’edificio esplose di un colpo.
I due vennero scaraventati in avanti dall’onda d’urto, finendo contro delle vecchie reti da pesca e delle casse piene di pesce.
Si alzò poi il fuoco, alto, che divorò ciò che restava del magazzino e dei dintorni.
Stella, non molto distante, continuò a camminare con calma, senza voltarsi a guardare tutta quella distruzione alle sue spalle, mentre Ai, che era costretta a camminarle al fianco, aveva il volto girato indietro verso l’edificio in fiamme e le lacrime agli occhi.
«Shinichi...» mormorò sofferente la scienziata.
«Fattene una ragione, Sherry.» affermò con calma Stella, per nulla turbata «Ormai è morto.»
«Shinichi!» urlò allora Ai con disperazione e il suo urlo si perse infine nel buio, inghiottito dal rombo del fuoco e dalle sirene della polizia in avvicinamento.

Continua...

Eccomi tornata! ^^

Scusatemi, ma in questi giorni sono stata impegnatissima con la scuola guida... E ora che è tutto finito (:D) ne approfitto per fare i complimenti a me stessa (XD) e a Sweetgirl91 per aver superato l'esame di guida!!! :DDD      EVVIVA LE NEO-PATENTATE!!!! ^____^

Ora mi ricopongo... XP
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo (ç_ç), poi ci sarà l'epilogo e la fic terminerà (T_T)... Me triste! ç///ç

Approfitto di questo spazio per fare gli auguri a Roe! Auguri, auguri, auguri!!!! :D

Passiamo ora ai ringraziamenti:

Sweetgirl91: Hai visto? L'avviso c'è anche qui! XD Basta, dopo ti scrivo una mail... Hai potuto leggere come sono riusciti a scappare dalla barca, ma adesso sono in un altro bel guaio! ^^'' Non possono farne a meno: si cacciano sempre nei guai! XD Riguardo il bacio del capitolo scorso... ^^' Non ho saputo resistere! XP In fondo insieme ce li vedo un po' bene, ma Ran... un po' mi fa pena; lei, che ancora lo aspetta. ** Ah, nel prossimo capitolo apparirà per un attimo... Ma non sarà del tutto una bella cosa! ^^''' Riguardo ad una storia "Conan-Heiji-Ai-Giovani Detective"... sarebbe carino! Ma sarabbe veramente un bel casino! XD Ci penserò su! XP Uffi... un altro capitolo, poi l'epilogo e la fic finirà. ç_ç Ci sentiamo dopo per mail, ciao!

EroSennin425: Ciao nuova/o lettrice/lettore! ^^ Mi fa piacere che la storia ti piaccia e che la trovi scritta bene! ^///^ Preferiamo paring diversi? Allora tu sei per le "Shinichi&Ai"? Già, io voto di più Ran... ma non nego che come coppia (Shinichi e Ai) potrebbe stare bene. -_^  Grazie mille dei complimenti! ^^ Ciao!

Roe: Ehilà! ^^ Ancora auguri! Te l'ho fatti quasi ovunque... mi manca ancora la tua fic! XD Però dopo pranzo; devo andare o mi si raffredda il piatto! ^^'' (ah, è vero... c'è la mozzarella da mangiare, e quella è già fredda! X°°°°D) Ti rispondo la mail più tardi, o domani, se dopo non faccio in tempo (nel pomeriggio devo uscire...); comunque presto! ^^ Immaginavo ti sarebbe piaciuto il capitolo scorso! XP Come ti ho detto, un po' ce li vedo bene quei due insieme... Perciò non ho potuto fare a meno di scrivere del bacio! XP In questo hai visto? Heiji e Shinichi sono di nuovo nei guai! ^^''' Il povero Heiji si è fatto un po' male... ç_ç Mi ha dispiaciuto anche a me quando l'ho scritto, sai? Ma se non si faceva niente non era realistico... ^^' Va bé, ci sentiamo poi! -_^ Ciaoooo! ^^

Un grazie anche a chi ha letto solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.

Prossimo aggiornamento Lunedì 10. ^^

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Capitolo 10
*** Morti e feriti ***


Morti e feriti

“Accidenti, sono tremendamente preoccupato...”
Erano ore, ormai, che il professor Agasa girava intorno nella stanza, con mille pensieri in testa.
“Che fine hanno fatto quei due?” si chiese per l’ennesima volta, lanciando uno sguardo ad una sveglia digitale.
Le 22 e 30.
«Cavolo, Shinichi, almeno potevi telefonare per dirmi come va!» si arrabbiò, parecchio in ansia.
In quel momento lo squillo del telefono lo fece sobbalzare.
«Saranno Heiji e Shinichi!» sperò, correndo ad afferrare la cornetta ed attivare la comunicazione.
«Si può sapere dove diavolo siete?!» esclamò, agitato «E che cos’è successo? Allora?»
«Ehm... Professore? Sono io, Ran.» annunciò la voce dall’altro capo del telefono.
Agasa sobbalzò, sbrigandosi a dire in imbarazzo:
«Oh, cielo! Ran, scusami! Pensavo fosse qualcun altro...»
«Sì, sì... l’ho notato.» ridacchiò un attimo la ragazza, poi tornò a chiedere:
«Ho chiamato per sapere di Conan... Come sta? Me lo puoi passare?»
«Come? Conan?» il professore iniziò a sudare freddo «Perché... perché vuoi parlare con lui?»
«Ormai è una settimana che è lì con te, professore, e non ho mai avuto modo di sentire come sta oppure farmi raccontare come sta passando questi giorni... si sta divertendo? Sei sicuro che non sia un peso, professore?»
«Ma sì, Ran, te l’ho detto!» rise Agasa, a disagio «E’ un vero angioletto! E ora... ora sta dormendo, purtroppo, per questo non posso passartelo... Sai com’è... i bambini...» rimase sul vago, non sapendo che altro dire.
«Capisco... Beh, allora vorrà dire che passerò domani a trovarlo.»
«No!» esclamò Agasa, allarmato.
Ran rimase ammutolita, spaventata dagli strani modi dell’altro.
E il professore si sbrigò subito a rimediare, dicendo la prima cosa che gli venne in mente:
«No... sai, domani non c’è! Shinichi gli ha promesso di portarlo a fare un giro al parco! Eh, eh... Sono grandi amici!»
«Ah... Shinichi.» fece Ran con uno strano tono.
Agasa si diede un colpo sulla fronte, maledicendosi per la propria stupidità. Perché aveva fatto il nome di Shinichi? Non era mai un buon argomento da trattare con quella ragazza...
«Shinichi è passato da te?» chiese Ran inaspettatamente, con un tono piatto.
Il professore si riscosse e rispose con cautela:
«Beh... sì... Pochi minuti, per salutare...»
«Ah.» si limitò a dire la ragazza.
«Non temere, Ran, sono certo che domani ti farà una visitina...» disse il professore, cercando di salvare la situazione.
“Già, sempre che sia ancora vivo...” gli venne da pensare istintivamente.
«Sinceramente non m’interessa.» la risposta della ragazza lo fece stupire.
«Ran... Avete litigato, per caso?» chiese Agasa «Cos’è accaduto tra voi due? Eravate ottimi amici.»
«Il fatto è, professore, che Shinichi... Shinichi non è bravo a stringere buone relazioni con le altre persone.» iniziò a dire Ran, con un tono stranamente calmo e neutro «E’ troppo egoista. Credo non abbia capito che la base fondamentale di ogni amicizia è la fiducia reciproca. Ma non ce l’ho con lui; credo semplicemente che non sia in grado di capire. Lui vive solamente nel suo mondo fatto di romanzi gialli e omicidi; non penso abbia tempo per imparare veramente a vivere un vita reale. E’ rimasto bambino, ecco. Perciò non si preoccupi, professore... io...» fece una pausa, poi riprese con lo stesso tono distaccato «A me non interessa.»
Ad Agasa venne da sospirare.
“Poverina...” pensò “E povero Shinichi, che non sa che casino ha involontariamente causato. Eh... Ran... se tu davvero sapessi cosa prova lui per te...”
«Scusami  per il disturbo, professore.» disse Ran «Magari richiamo domani all’ora di pranzo.»
«Oh... sì, sì... D’accordo.» rispose Agasa, sperando di trovare una soluzione per domani.
Ran riagganciò.
Il professore sospirò sonoramente e si lasciò cadere seduto sul divano.
«Ma guarda te...» commentò, accendendo intanto il televisore su un canale a caso.
Apparvero delle immagini di un edificio in fiamme sul molo.
«... Ancora ignote, quindi, le dinamiche dell’incidente. Secondo alcune voci, si pensa possa essere opera di terroristi, ma questa ipotesi non è stata ancora confermata.» stava dicendo un inviato a bordo di un elicottero che stava rumorosamente sorvolando la zona.
«Ehi, aspetta un po’!» fece Agasa, alzando il volume con preoccupazione «Ma è successo al porto! E’ lì che sono andati Shinichi e Heiji!»
Si portò le mani tra i capelli, osservando ancora l’immagini del grande magazzino lambito dalle fiamme, mentre il giornalista proseguiva:
«Forse sono gli stessi responsabili dell’esplosione che meno di un’ora fa ha fatto saltare in aria un’imbarcazione al largo delle nostre coste. Ancora nessun ferito o vittima accertata.»
«Oh mio Dio! Ragazzi!» esclamò il professore, balzando in piedi «Non ditemi che siete morti!» 

Ran sospirò, posando il telefono e avviandosi in camera sua, passando accanto al padre che russava, completamente ubriaco, seduto scompostamente sul divano.
La ragazza, giunta in camera, si mise supina sul letto, fissando pensierosa il soffitto.
Sospirò di nuovo, con un’aria malinconica. Poi però scosse forte il capo, tornando impassibile e affermando ad alta voce:
«Non m’interessa più. Shinichi non m’interessa più.»
Rimase in silenzio a guardare in su, poi si mise di fianco, portando una mano sotto il cuscino e giocherellando con una ciocca di capelli con l’altra.
Fissando il vuoto, le venne da chiedersi:
«Chissà dov’è adesso... Magari è tornato a casa sua...»
Storse un po’ le labbra, infastidita.
«O magari ora si sta divertendo con gli amici.» sbottò. 

La polizia era a circa cinque minuti dal magazzino esploso. Il suono delle sirene si faceva sempre più vicino.
Il fumo riempiva l’aria, togliendo il respiro. Come un manto, ricopriva gran parte del molo e si alzava fino il cielo nero.
Tossendo, Shinichi riuscì faticosamente a spostare alcuni pezzi di legno e qualche pesce puzzolente da sopra di sé, per poi mettersi seduto. Si portò una mano alla bocca, tossendo ancora per via del fumo che aveva inalato. Era ricoperto di cenere nera e aveva qualche graffio sul viso; anche i vestiti si erano rovinati. Scosse un po’ la testa per riprendere lucidità; della cenere cadde a terra dai suoi capelli arruffati. Si voltò poi indietro, cercando con lo sguardo l’amico.
«Heiji?» poi tossì di nuovo «Heiji? Stai bene?»
Non riusciva a vedere un granché a causa della fuliggine e del calore del fuoco a pochi metri che gli facevano lacrimare gli occhi.
Poi sentì dei colpi di tosse e infine anche Heiji riuscì a riemergere tra i frammenti di quelle casse di pesce.
«Caspita che puzza...» commentò il giovane di Osaka, poi tossì per la mancanza di aria fresca.
«Allontaniamoci.» decise Shinichi, riuscendo a mettersi in piedi. Offrì poi una mano all’amico, che si alzò con più fatica.
«Non sto molto bene...» confessò Heiji, portandosi una mano sulla schiena e contraendo il viso in una smorfia di dolore «Ho male un po’ ovunque.»
«Coraggio, ti porto io.» si offrì l’amico, cingendolo con un braccio.
Heiji, sorreggendosi a Shinichi, si allontanò con lui da quell’inferno.
Passarono lungo il molo, finché non raggiunsero un punto riparato dove riprendere bene fiato.
La polizia giunse in quel momento, con i vigili del fuoco che iniziarono il loro lavoro, mentre i poliziotti si davano da fare con la perquisizione.
Shinichi lanciò uno sguardo a Heiji, appoggiato ad un muro di spalle con il respiro un po’ pesante, poi si lasciò scappare un piccolo sorriso, dicendo:
«Ti dona quell’acconciatura.» alludendo ai capelli in disordine dell’amico.
Heiji lo guardò storto, commentando:
«Senti chi parla.»
Shinichi tornò serio e si diede un’occhiata intorno.
«Non dovremmo farci trovare dalla polizia... Ci sarebbero troppe cose da spiegare e... Finiremo solamente nei guai, ecco.» ragionò il detective, portandosi una mano al mento. Poi aggiunse, incupendosi:
«Inoltre devo trovare Ai... Forse siamo ancora in tempo.»
«Non siamo nella condizione di fare niente.» gli fece notare Heiji «Non sappiamo nemmeno dove sia andata quella bionda...» si interruppe, guardando davanti a sé.
Anche Shinichi si voltò a guardare.
A parecchi metri di distanza, Stella stava facendo sciogliere ad Ai gli ormeggi di un rapido motoscafo, tenendola sotto tiro che la sua arma.
«Intende scappare per via mare prima che la polizia blocchi tutta la zona!» capì Shinichi, muovendosi d’istinto in quella direzione.
Heiji lo fermò, esclamando:
«Aspetta! Cosa vuoi fare?»
L’altro si voltò verso di lui, con un’aria decisa.
«Heiji... prendi.» si mise una mano in tasca e gli tirò un oggetto.
L’amico lo prese al volo, confuso. Era un cellulare e sembrava funzionasse ancora.
«E’ un regalo del dottor Agasa...» spiegò Shinichi «Resistente all’acqua e praticamente indistruttibile.»
«Cosa vuoi che ci faccia? Avverto la polizia?» chiese Heiji, capendoci sempre meno.
Shinichi lo guardò con un’espressione cupa, dicendo:
«Chiama Agasa. Chiedigli di venirti a prendere in fondo al molo... Dirigiti lì, intanto; la polizia è troppo occupata a controllare i dintorni del magazzino per accerchiare del tutto il porto. Da laggiù potrai andartene indisturbato.»
«Frena, frena!» fece Heiji, stupito «E tu che diamine vorresti fare?»
L’amico abbassò lievemente lo sguardo.
«Questa è davvero la mia ultima occasione.» mormorò «Vado da Ai.»
«Shinichi, è una follia!» esclamò Heiji, allarmato, ma l’altro, ignorandolo, partì di corsa verso Stella e la scienziata «Aspetta!»
Heiji provò a seguirlo, ma non riusciva a correre, tremendamente indolenzito.
«Maledizione!» ringhiò a denti stretti, camminando più velocemente possibile.

«Ora sali.» ordinò Stella, indicando con un gesto il motoscafo.
Ai, che non aveva smesso un momento di piangere, obbedì lentamente, non riuscendo nemmeno a reagire da quant’era sconvolta.
Stella la seguì, impassibile.
«Qui.» la bionda afferrò la scienziata per una spalla e la fece sedere su un sedile, poi entrò nella piccola cabina per azionare il motore.
In quel momento, arrivò Shinichi. Il ragazzo si nascose, chinandosi basso, e si preparò a salire.
Ai alzò gli occhi in quella direzione e lo vide; involontariamente le uscì un singulto di felicità.
«Shini...» si interruppe subito, portandosi una mano alla bocca.
Il detective le fece segno di non parlare, mentre saliva sul motoscafo.
«Insomma, Sherry, piantala.» sospirò Stella, infastidita, inserendo le chiavi.
Shinichi si avvicinò furtivamente, ma andò a sbattere con il piede contro una piccola scatola di legno e quindi si fermò di colpo.
Stella, sentito il rumore e immaginando fosse Ai, si voltò indietro, dicendo:
«Ma che...?» si zittì, visto Shinichi, ed alzò velocemente la pistola contro di lui «Fermo lì!»
Shinichi si immobilizzò.
La bionda corrugò la fronte, alquanto irritata.
«Accidenti, ragazzino... Sei parecchio fastidioso.» commentò, avanzando verso di lui «Si può sapere quanto diavolo è dura la tua pellaccia? Non sei ancora morto?»
«Libera Ai, Stella.» le disse Shinichi, risoluto, mentre la scienziata, ancora seduta, si morse un labbro, preoccupata.
La bionda si lasciò andare ad una breve risata.
«Ah!» fece «Non credo tu sia nella posizione di dettar regole.» si rifece seria, raggiungendolo e afferrandogli un braccio, costringendolo così a voltarsi. Lo spinse quindi giù dal motoscafo e il ragazzo cadde a terra in ginocchio, ferendosi. Stella si posizionò sul bordo dell’imbarcazione, puntandogli contro l’arma, e dichiarò con un’aria gelida:
«Ti ammazzo qui, ora, così sono certa che non rispunterai una nuova volta.»
Shinichi si voltò indietro a guardarla, mentre la bionda si preparava a premere il grilletto; ma non fece in tempo. Ai, dietro di lei, si alzò di scatto e, con un urlo, la spinse giù dall’imbarcazione, facendola finire a terra, di fianco, sul cemento del molo. Shinichi si rialzò subito e le prese la pistola, per poi puntagliela contro.
Stella, lievemente affannata per il dolore della caduta, guardò prima Ai, ancora sopra il motoscafo, poi girò lo sguardo impassibile verso Shinichi ad un metro da lei con l’arma in mano.
«Beh? Che aspetti?» gli chiese la bionda freddamente «Perché non mi ammazzi? Hai paura?»
Shinichi tirò un po’ le labbra, esitante, mirando ancora contro la donna.
«Shinichi...» mormorò Ai, guardandolo.
Lui abbassò lentamente la pistola, rilassando i tratti del volto.
«Hai paura davvero, allora.» commentò Stella, dura.
«Già.» rispose Shinichi, gettando con calma la pistola in mare «Ho paura di diventare come te.»
Stella storse le labbra, torva, poi chiese bruscamente:
«Quindi cosa vuoi fare ora? Chiamare la polizia che sta setacciando questo porto? Mi fai arrestare? Con quale accusa? Non hai prove contro di me... Sono appena saltate in aria.» sorrise furbamente.
Shinichi si corrucciò, pensando a qualcosa da dire, quando notò i fari di una macchina farsi vicini.
Ai allora sussultò, dicendo allarmata:
«Shinichi! Shinichi... nascondiamoci!»
Lui alzò gli occhi verso la scienziata, non capendo.
«Cosa?» chiese, confuso, mentre anche Stella voltava il capo per vedere chi si stesse avvicinando. Non sembrava una macchina della polizia...
Ai, ora veramente spaventata, corse dentro la cabina per nascondersi. Shinichi, preoccupato, le andò dietro.
«Ehi, Ai, aspetta!»
Una volta che l’ebbe raggiunta nella cabina, lei si sbrigò subito a chiudere la porta e a tirarlo giù, facendolo accucciare di fianco a lei. Stava tremando.
«Che cos’hai?» le domandò.
«Ssst!» Ai prese a tremare ancor di più «Ho... ho una brutta sensazione...» sussurrò «Dobbiamo... dobbiamo rimanere nascosti...»
Shinichi, sorpreso, alzò un po’ la testa per poter sbirciare dal finestrino della cabina.
«Attento!» bisbigliò Ai.
«Do solo un’occhiata...» la rassicurò lui, osservando con attenzione la macchina grigia metallizzata che si era appena fermata a qualche metro dal loro motoscafo.
Stella, ancora seduta a terra, si alzò lentamente, fissando con un’aria scura l’automobile.
Dall’auto, infine, scesero due uomini.
Shinichi si sentì raggelare.
«Gin e Vodka...» mormorò il ragazzo, e i battiti del suo cuore presero ad accelerare.
«Lo immaginavo...» Ai si portò le mani sui capelli, terrorizzata quanto Shinichi.  
Stella era rimasta immobile, con un’aria impassibile. Anche Gin e Vodka non si erano mossi, rimanendo vicino la macchina.
«Guarda un po’ chi si rivede...» commentò la bionda, glaciale.
«Come ti va, Stella?» esordì Gin, tranquillamente «E’ un bel pezzo che non ci vediamo...»
Lei rimase in silenzio qualche istante, poi domandò con calma:
«Come avete fatto a trovarmi?»
«E’ da un po’ che siamo sulle tue tracce.» rispose Vodka.
«E quando abbiamo sentito di questa strana esplosione...» continuò Gin «Non so... E’ stata come un’intuizione. Qualcosa mi diceva che dietro di tutto c’eri tu e così siamo venuti a controllare. Direi che ho buon fiuto per queste cose.»
«Già. Ottimo.» disse la bionda, neutra.
Dopo una breve pausa, Gin le domandò con noncuranza:
«Sai per cosa siamo venuti qui?»
Lei non mutò affatto la sua espressione, quando rispose con calma:
«Naturalmente. Non sono stupida.»
«Bene. Sarà tutto più semplice, allora.» affermò Gin. Dopo di che estrasse la pistola e sparò.
Stella fu colpita in pieno petto e, con un gemito soffocato di dolore, cadde all’indietro, finendo così in mare. Il suo corpo senza vita prese ad affondare nell’acqua scura.
Shinichi deglutì a fatica la gran quantità di saliva che aveva in bocca.
“Dannazione...” pensò, spaventato.
Poi Gin e Vodka si girarono in direzione del motoscafo.
Shinichi si sbrigò ad abbassarsi, tremando un po’, e Ai gli afferrò forte un braccio, terrorizzata a morte.
«Andiamo a vedere.» decise Gin, avanzando verso l’imbarcazione.
Vodka gli andò dietro.
Quando salirono sul motoscafo, Shinichi si sentì letteralmente il cuore in gola.
“Andate via, andate via, andate via...” si ripeté più volte, chiudendo con forza gli occhi e sudando freddo quanto Ai.
Gin allungò la mano verso la maniglia della cabina, pronto ad aprire la porta.
Si udirono delle voci sempre più vicine e un elicottero sorvolò la zona proprio in quell’attimo, illuminando i dintorni, poi si voltò, pronto a tornare indietro e fare luce su tutte le barche ormeggiate.
«Accidenti... la polizia.» sbottò Vodka, alzando gli occhi al cielo.
Gin abbassò la mano, allontanandola dalla maniglia, e alzò gli occhi a sua volta.
«Andiamocene, prima che ci scoprano.» disse con calma.
Vodka annuì e si allontanò. Gin osservò per un ultimo istante la porta chiusa della cabina, poi se ne andò a sua volta.
Senza correre, la macchina attraversò il molo e si allontanò nel buio, indisturbata.
Shinichi poté tornare finalmente a respirare.
«Credo proprio di essere morta dalla paura...» confessò Ai, riprendendosi.
Shinichi allora si voltò a guardarla, sorridendole dolcemente.
Anche la ragazza alzò gli occhi su di lui, sorridendo a sua volta.
«Grazie di tutto.» disse Ai, con le lacrime agli occhi per la felicità.
«Non ti avrei mai abbandonata... Te l’avevo promesso.» annuì Shinichi.
Lei sorrise ancor di più e lo abbracciò con affetto.
«Shinichi...» mormorò dopo un po’, fissando il vuoto e continuando ad abbracciarlo.
«Sì?» lui voltò appena gli occhi verso di lei, senza muoversi.
«... Ricordi tutto?» chiese Ai.
Shinichi girò lo sguardo, puntandolo al pavimento. Sapeva bene a cosa stava alludendo.
«Sì.» rispose.
Lei non disse nulla per un po’, poi sussurrò con un’aria pensierosa:
«Ti prego... Non pensarci più. So bene quanto tieni a Ran e non voglio certo sostituirmi a lei.»
Il cuore del detective prese a battere più forte al pensiero di Ran.
«Ai, io...» provò a dire, ma lei si staccò dall’abbraccio per guardarlo in faccia con un’espressione serena.
«Va tutto bene. Davvero.» lo rassicurò.
Lui non seppe che dire.
A quel punto, sentirono una macchina fermarsi lì vicino. Per un attimo si allarmarono, temendo che fossero tornati Gin e Vodka, ma poi udirono delle voci famigliari.
«Shinichi! Ai! Dove siete?»
«Ehi, Shinichi, rispondi, insomma!»
Shinichi si alzò in piedi, rallegrato.
«Ma questi sono il dottor Agasa e Heiji!» capì.
Con Ai uscì fuori dalla cabina. Il dottore e Heiji li stavano chiamando sul molo.
«Siamo qui!» annunciò Ai, salutando con una mano per farsi vedere.
Fu il dottore a scorgerla per prima.
«Heiji, guarda! Eccoli!» indicò Agasa, felice.
Heiji si voltò verso i due che si stavano avvicinando e tirò quindi istintivamente un sospiro di sollievo.
«Ehilà, Heiji!» esclamò Shinichi, appena giunto «Quindi hai chiamato il professore! Bene, così potremo andarcene insieme.»
Appena l’amico gli fu abbastanza vicino, Heiji si mosse in avanti con uno scatto fulmineo, nonostante i muscoli doloranti e lividi, e afferrò Shinichi per la maglia, per poi rivolgergli uno sguardo accigliato.
«Tu sei pazzo, Shinichi!» inveii il giovane di Osaka «Credevo proprio non saremo mai riusciti a raggiungerti in tempo! Quando ho visto che non riuscivo a correre ho capito che non ti avrei mai raggiunto... per questo ho chiamato il professore. Ma credimi; ho davvero pensato che tu fossi morto.»
«Suvvia, non mi è capitato nulla.» lo calmò Shinichi, staccandogli la presa.
«Dov’è quella donna?» chiese Heiji, preoccupato.
Shinichi divenne serio e per Ai fu lo stesso. Fu proprio lei a rispondere:
«E’ morta.»
«Oddio, Shinichi, l’hai ammazzata tu?» domandò subito Agasa, allarmato «O magari tu, Ai?»
«E come, soprattutto?» aggiunse Heiji, senza parole.
«Non siamo stati noi.» li rassicurò il detective, poi disse subito:
«Vi spiegheremo tutto; non preoccupativi. Ma non qui; andiamocene.»
Agasa annuì, salendo in macchina e mettendo in moto.
Ai salì subito dopo e Shinichi aiutò Heiji ad entrare nell’abitacolo, prima di sedersi a sua volta.
Infine, il dottor Agasa si allontanò in fretta, proprio mentre i poliziotti finivano di setacciare anche quella parte di molo e l’elicottero passava per l’ultima volta lì sopra. 

«Dunque è così che è andata...» sospirò il dottor Agasa, tra il preoccupato e il sollevato, dopo aver ascoltato l’intera storia.
«Infatti.» annuì Shinichi, appena finito di lavarsi e cambiarsi, strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano e sedendosi intanto sul divano.
Accanto a lui si trovavano già Heiji e Ai; entrambi avevano fatto la doccia e avevano anche loro i capelli ancora umidi. Ai stava medicando i graffi del giovane di Osaka, fasciando le ferite più brutte e spalmando pomate sui lividi.
«Ahi!» esclamò Heiji, appena la scienziata posò la mano sull’ematoma sulla sua schiena.
«Tranquillizzati, Heiji, ora ti massaggio delicatamente la zona per spandere la pomata...» gli disse dolcemente la ragazza, iniziando il massaggio.
«Così va meglio...» si rilassò lui, provando un po’ di sollievo dal dolore.
«Ai, dovresti mangiare qualcosa! Sei diventata così magra...» notò Agasa.
«Dopo, professore. Ora finisco di medicare Heiji, poi tocca a Shinichi.» Ai sorrise in direzione di quest’ultimo, che arrossì.
«Ma io sto bene...» sdrammatizzò, anche se in realtà qualche livido faceva male anche a lui.
Agasa sorrise e aggiunse:
«Certo che sei molto bella, Ai, nel tuo vero aspetto di donna...»
Ora fu il turno della ragazza di arrossire.
«Gr... Grazie.» balbettò, in imbarazzo.
«Quanto dureranno ancora gli effetti del tuo farmaco?» chiese a quel punto Heiji.
Anche Shinichi si fece attento.
«Beh... probabilmente ancora solo per poche ore.» sospirò lei «Ormai è parecchio che siamo così.»
«E a te non è mai capitato di tornare piccola anche solo per un attimo?» le domandò Shinichi.
Ai scosse il capo.
«No, mai effettivamente.»
Shinichi andò ad appoggiare la schiena contro lo schienale del divano. Sospirò.
«Spero solo che duri abbastanza...»
Gli altri lo guardarono con un’aria incuriosita e Heiji lo interrogò:
«“Abbastanza” per cosa?»
L’amico lanciò istintivamente un fugace sguardo in direzione di Ai, poi tornò a fissare il pavimento, confessando:
«Vorrei solo... incontrare Ran.»
Heiji non disse nulla, capendo. Anche Ai non parlò, continuando a massaggiare la pomata sugli ematomi del giovane. In fondo, sapeva bene di non poter essere all’altezza di quella ragazza. Se da una parte questo le faceva rabbia e tristezza, dall’altra era così dispiaciuta per Shinichi che amava Ran davvero tanto.
“E’ un amore così vero, contro il quale io non potrò mai competere.” si rese conto.
Agasa sospirò un attimo, poi iniziò a dire con un tono dispiaciuto:
«Shinichi... vedi... Prima ha telefonato Ran.»
Lui alzò immediatamente gli occhi verso il professore, che continuò:
«E... beh... Mi è sembrata molto triste, in realtà, quando mi parlava di te.»
«Le ha parlato... di me?» mormorò Shinichi, incupendosi un po’ «Che cosa ha detto?»
«Beh... Lei...» Agasa cercò le parole giuste «Lei sente molto la tua mancanza. Nonostante il tono freddo e distaccato che mostrava, sono certo che stia soffrendo enormemente.»
Il ragazzo storse un po’ le labbra.
«E’ colpa mia.» Shinichi abbassò lo sguardo «E’ perché non ricordavo niente e quindi mi comportavo come se nulla fosse. Come se in realtà non l’avessi abbandonata... Sono stato uno stupido; ogni volta che ci sentivamo per telefono le promettevo che, appena sarei “ partito per tornare in città”, lei sarebbe stata la prima a saperlo. E invece è rimasta delusa, perché così non è stato.»
«Ma non è stata colpa tua in fondo, no?» gli fece notare Heiji.
«Io...» fece l’altro, stringendo un po’ i pugni.
«Vedrai che si sistemerà tutto.» lo rassicurò Ai con un’aria tranquilla.
Shinichi alzò sorpreso lo sguardo per guardarla.
«Ti basterà parlarle.» gli spiegò lei «E chiarirti. Vedrai che andrà bene.»
«Ma non posso certo dirle la verità.» disse Shinichi, un po’ scuro in volto, pensando anche al bacio che gli aveva dato la scienziata - un segreto tra loro due, di cui né Heiji né Agasa sapevano nulla -.
Anche lei sembrò pensare alla stessa cosa. Mutò appena l’espressione del viso, ma questa rimase comunque dolce quando disse:
«Non c’è bisogno di raccontarle tutto. Sarebbe troppo rischioso. Ricorda che tu lo fai per lei.» fece una pausa, poi riprese con naturalezza:
«Esprimile piuttosto i tuoi sentimenti. Sono sicura che ti perdonerà, se sarai sincero.»
Lui rimase a guardarla in silenzio ancora un poco, poi annuì appena con il capo, decidendo:

«E va bene. Farò così.»

Continua...

Scusate il ritardo nel postare il capitolo, ma oggi la linea di Internet qui da me va e viene, quindi è praticamente un miracolo se sono riuscita a pubblicare! ^^'

Mi spiace, ma oggi sono impegnatissima, tra i lavori di casa e qualche imprevisto, perciò devo andare subito, quindi non riesco a rispondere alle recensioni, per sta volta... Lo farò nel prossimo capitolo, come sempre, non temete! -_^ Scusatemi ancora! ^^''

Mercoledì 12 sarò fuori tutto il giorno, quindi il prossimo capitolo sarà postato Venerdì 14. Spero non vi dispiaccia! ^^''' In oltre il prossimo sarà l'ultimo: l'epilogo! T_T Me è disperata... questa storia è durata poco! ç_ç

In ogni modo ringrazio tutti coloro che hanno recensito (**) e chi ha letto solamente lo scorso capitolo.

Un bacione, a Venerdì 14! ^^

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Epilogo

«... Nessuna traccia, quindi. La causa e gli artefici dell’esplosione rimangono ancora ignoti. In attesa di notizie, il telegiornale finisce qui. Al prossimo aggiornamento. Arrivederci.»
Mentre partiva la sigla di chiusura del telegiornale delle 11, Kogoro spense il televisore e commentò:
«Cavolo, chissà cosa è accaduto lì al molo, ieri sera... E’ un vero mistero.»
«Dovresti andare ad indagare...» fece Ran con un tono piatto, continuando a mescolare lentamente il brodo sul fornello.
«Scherzi? Il grande detective Kogoro Mori non si abbassa ad andare ad indagare su casi così banali! Ah, ah!» si pompò lui, prendendo a ridacchiare.
Ran sospirò, decidendo di ignorarlo, poi però esclamò subito, ricordandosi una cosa:
«Papà! Mi sono dimenticata di andare a ritirare i panni in lavanderia! Puoi andarci tu? Sono pronti da ieri sera!»
Kogoro storse le labbra, sbottando:
«Ma non ne ho voglia...»
La figlia gli lanciò uno sguardo omicida, sibilando a denti stretti:
«Papà, la lavanderia...»
«Ok, ok!» obbedì lui, balzando in piedi, intimorito dai modi della ragazza.
Appena il detective fu uscito, Ran si ritrovò a sospirare di nuovo.
Con uno sguardo perso e un’aria malinconica, spense il fornello e si lasciò cadere seduta su una sedia.
Un altro sospiro.
“Ma dove sei, Shinichi?” fu il suo triste pensiero. 

Shinichi riaprì gli occhi lentamente.
La luce che filtrava tra le tende tirate lo infastidì non poco; così si voltò dall’altra parte, riabbassando le palpebre.
Era terribilmente stanco.
Aprendo un occhio sbirciò l’ora dalla sveglia sul comodino.
Le 11 e 32.
Tornò a chiudere l’occhio, accucciandosi tra le coperte.
Sembrava non dormisse da secoli; quella notte non si era mai svegliato.
Udì un mezzo sospiro nella stanza, così riaprì un occhio per guardare.
Heiji, sdraiato su un letto vicino a lui e ancora addormentato, si stava voltando supino. Nonostante dormisse, il movimento dei muscoli intorpiditi gli procurava un po’ di dolore, facendolo respirare un po’ più pesantemente. Appena si fu sistemato, però, il respiro tornò regolare e calmo.
“Scusami se ti ho coinvolto, amico...” pensò Shinichi, girandosi supino a sua volta e iniziando a stiracchiarsi, anche lui un po’ dolorosamente.
Era ora di alzarsi, nonostante si sentisse così stanco; doveva andare da Ran.
Si mise seduto sul letto con decisione e abbassò lo sguardo per vedere dove avesse messo le pantofole che gli aveva prestato il dottor Agasa. In quel momento, una terribile fitta al petto gli smorzò il fiato e fu così costretto a chinarsi in avanti, piegandosi su se stesso con una mano al petto. Strinse convulsamente la maglia pulita che aveva addosso e serrò l’altra mano a pugno, strizzando le coperte sul letto.
Pian piano, il dolore passò.
Tornò quindi a respirare, anche se affannosamente.
“Così non va, dannazione...”
Si alzò in piedi e si mise le scarpe. Poi si diresse al bagno.
Si diede uno sguardo allo specchio. Effettivamente il viso era un po’ smunto e l’espressione stanca e provata; inoltre la guancia dove l’aveva colpito Rok era un po’ gonfia e aveva qualche graffio qua e là su collo e volto. Per non parlare dei lividi sul corpo e le varie ferite.
«Perfetto; e questo come lo spiego a Ran? ... Soprattutto appena sarò tornato di nuovo “Conan”?» si chiese, storcendo le labbra.
Decidendo di pensare a qualcosa per strada, andò in cucina.
Lì trovò il dottor Agasa che stava preparando qualcosa da mangiare.
«Ehi, Shinichi, sveglio anche tu?» lo salutò.
«Devo andare... Credo proprio che la trasformazione avverrà tra non molto.» spiegò Shinichi, mettendosi il giubbetto.
«Già, anche Ai l’ho sentita un po’ gemere ogni tanto, questa notte...» annuì Agasa, dispiaciuto «Però, poverina; era così stanca che credo non si sia mai svegliata. Ancora dorme profondamente in camera sua.»
«Ed è ancora grande?» chiese subito il ragazzo.
«Sì, sì.» lo rassicurò il professore.
«Bene.» Shinichi afferrò una brioche, mangiandola in un boccone «Ora devo pensare a qualcosa da dire a Ran... Dovrei spiegarle anche perché sono ridotto così... E perché lo sono anche Heiji e Ai - caso mai li vedesse -. Ma, in particolare, perché Conan è in questo stato.»
«Beh, potresti dirle che siete caduti in un fosso...» ridacchiò Agasa per sdrammatizzare.
«Un fosso?» ripeté il ragazzo, senza capire.
«Oh, non te l’ho detto?» fece l’altro «A Ran avevo detto che eravate andati a fare un giretto al parco... tu e Conan, intendo. Potresti dire che ci sei andato anche con Heiji e Ai e siete caduti in un fossato, ferendovi con dei rovi...»
Shinichi si aprì in un sorriso.
«Sei un genio!»
«Modestamente...» Agasa gli fece l’occhiolino. 

Ran era ancora sdraiata sul suo letto a leggere una rivista. Era ormai mezzogiorno e suo padre non era ancora arrivato.
“Quando torna mi sente.” sentenziò mentalmente, scocciata.
Probabilmente Kogoro si era fermato per strada a sbirciare qualche bella ragazza in minigonna che passeggiava per il marciapiede.
La ragazza sbuffò, immaginandoselo.
In quel momento qualcuno suonò al citofono.
«Guarda te; non solo fa tardi, pretende pure che gli apra io! Ma se ha le chiavi...» brontolando, si avviò al citofono per rispondere.
«Chi è? Sei tu, papà?» chiese con un tono un po’ seccato.
«No... Sono Shinichi.» rispose un po’ cauto l’ospite.
Ran si pietrificò e non riuscì a dire niente.
Dopo qualche secondo di silenzio, Shinichi domandò:
«Ran? ... Ti va di fare quattro passi? Andiamo al parco qui vicino...»
«N...» le parole le morirono in gola e lei rimase silenziosa, con uno sguardo perso.
«Ti aspetto quaggiù, ok?» disse infine il ragazzo.
Ran, senza rispondere, andò lentamente a riagganciare la cornetta del citofono. Poi si appoggiò di spalle al muro, fissando il pavimento con un’aria pensierosa.
“Shinichi è qui...” realizzò, poi tornò incerta “Ma che devo fare io?”
Intanto Shinichi, giù in strada, sospirando, si mise le mani in tasca e si accostò al muro con una spalla, aspettando la ragazza di fianco il portone chiuso.
“Dai, Ran, scendi...” strizzò un po’ un occhio, infastidito da un’ennesima lieve fitta al petto, segno che non gli rimaneva così tanto e presto sarebbe tornato ad essere un moccioso.
Dopo un paio di minuti, il portone si aprì ed apparve la ragazza.
Shinichi si sbrigò a raddrizzarsi, mentre lei chiudeva la porta e poi si voltava a guardarlo.
Lui sorrise per saluto, mentre lei, fino a quel momento con un’espressione persa e impassibile sul volto, si allarmò, notando i graffi, i cerotti e la guancia un po’ arrossata.
«Ma che hai combinato?» chiese subito, mostrandosi preoccupata.
«Eh, niente, niente...!» si sbrigò a dire lui con un mezzo sorriso imbarazzato «Sai, sta mattina ero al parco con Conan, Heiji e Ai e... beh... siamo caduti in un fosso!»
«Come?» fece Ran, senza parole.
«Sì, passeggiavamo lì accanto e il terreno ha franato... portandoci giù!» spiegò velocemente Shinichi, sperando di averla convinta.
«Ah...» fece Ran, poi, lentamente, tornò ad essere impassibile come prima «Andiamo?» chiese infine con un tono piatto.
Shinichi, decidendo di agire cautamente, annuì con il capo e insieme, quindi, si avviarono per il marciapiede, lui con le mani in tasca e lei intrecciate dietro la schiena; entrambi silenziosi. Il ragazzo lanciava ogni tanto uno sguardo verso Ran, senza parlare, mentre lei guardava fisso davanti a sé, verso l’entrata del parco che stavano per raggiungere.
Shinichi tornò a guardare avanti e represse a fatica un sospiro teso.
“Cosa le dico, ora?” si chiese, disperato, in pieno imbarazzo. 


Intanto, dal dottor Agasa...
 

Furono dei gemiti provenienti dalla stanza adiacente a svegliare Heiji.
Aprì di un poco gli occhi, infastidito dalla luce che filtrava attraverso le tende tirate, e trasse un profondo respiro per rilassare i muscoli tesi e indolenziti.
“Accidenti che male...” si lamentò mentalmente, storcendo un po’ le labbra “Quanto ci metteranno a passare queste contusioni?”
I gemiti si intensificarono e Heiji riuscì così a distinguere la voce di Ai e del dottor Agasa.
«Ai! Ai... fai dei profondi respiri... ecco... così...»
«Non... non ce la... faccio...» annaspò la ragazza «Mi... mi manca il fiato!»
Heiji si corrucciò un po’, iniziando a preoccuparsi.
Si mise a sedere con parecchia fatica e scese quindi poi dal letto.
«Ai!» ripeté il dottore, allarmato.
Heiji aprì la porta della stanza della ragazza e chiese:
«Qualcosa non va?»
In quel momento Ai gemette ancora, stringendosi con forza la maglia al petto. I suoi capelli erano tutti arruffati e lei stava visibilmente sudando.
«Che succede?» domandò Heiji, avvicinandosi.
«Sto... sto per...» ansimò Ai, poi, dopo un altro gemito, si sbilanciò troppo da una parte del letto e cadde così a terra con sopra la coperta.
«Oh!» fece il dottor Agasa, aggirando il letto per aiutarla ad alzarsi.
Heiji si affacciò, incuriosito.
I gemiti erano terminati e sentiva chiaramente la ragazza tornare a respirare con regolarità e calma.
«Ti sei fatta male? Ai?» la chiamò il dottor Agasa, scansando le coperte.
«Oh...» rimase di stucco, appena riuscì a scostare del tutto le coperte da sopra di lei.
«Cavolo...» commentò Heiji, storcendo le labbra.
«Eh già... E’ un bel problema.» annuì Ai, alzandosi lentamente in piedi, un po’ a fatica tra quei panni che ora le stavano troppo larghi «Per Shinichi.» concluse, sospirando e osservando nello specchio dell’armadio il suo aspetto da bambina. 

«Ci sediamo?» propose Shinichi, indicando con un cenno una panchina all’ombra di un albero.
Ran annuì appena con il capo e si avviò alla panchina.
Senza aggiungere altro si misero entrambi seduti ad una certa distanza l’uno dall’altro.
Lei si fissava le scarpe bianche, giocherellando con il bordo della gonna blu; l’espressione sempre pensierosa e distante.
Lui, con le mani sulle ginocchia, fissava il cielo limpido, lanciandole ogni tanto un’occhiata, in difficoltà; da dove doveva iniziare? Che le doveva dire? Non era molto pratico con quel tipo di cose...
Una fitta al petto gli fece d’improvviso contrarre il volto in un’espressione di sofferenza. Abbassò il capo, socchiudendo appena gli occhi, respirando un po’ più pesantemente e portandosi lentamente una mano al petto, per non far allarmare Ran. Riuscì a resistere da emettere qualsiasi gemito, ma non poté evitare di iniziare ad ansimare un poco, dolorante.
Ran voltò il capo verso di lui e si mostrò un po’ preoccupata.
«Stai male?» gli chiese d’istinto.
«Come?» fece Shinichi, raddrizzandosi «No, figurati.» le sorrise, ma un’ennesima fitta al petto mutò il suo sorriso in una smorfia di dolore.
Shinichi represse un gemito e si strinse forte la maglia al livello del petto, prendendo a sudare, sempre con il respiro pesante.
«Non stai affatto bene!» insistette Ran, allungando una mano e posandola delicatamente su un braccio del ragazzo.
«No, davvero, Ran... è solo un po’ di mal di stomaco.» la rassicurò lui, sempre sudando e ansimando un poco.
«Mal di stomaco?» ripeté lei, poco convinta.
«Ma sì... non sai quanto ho mangiato! Eh, eh... ahi...» si morse la lingua per non urlare, piegandosi su se stesso e tenendosi ancora la maglia con forza, mentre era scosso da un’altra fitta.
La ragazza storse un po’ le labbra, ancora preoccupata.
«Vuoi che ti prenda un digestivo?» gli propose.
Lui scosse il capo e si rimise dritto, calmandosi. Il dolore aveva un po’ allentato la presa e così poteva tornare a respirare normalmente.
Ran, notando che stava meglio, ritirò lentamente la mano, tornando a fissarsi le scarpe con un’aria cupa. Shinichi, che aveva chiuso gli occhi, stava regolarizzando il respiro.
“Dai, calmati, calmati... cerca di resistere ancora un po’, Shinichi...” si impose mentalmente il ragazzo “E ora... ora è meglio agire in fretta, prima che peggiori.”
Riaprì gli occhi e voltò lo sguardo a Ran, pronto.
«Ran, senti...» esordì con un tono calmo e dolce «Io devo...»
«No, Shinichi.» lo interruppe lei, senza ancora guardarlo «Fai parlare me ora.»
Lui alzò un po’ un sopracciglio e, senza riflettere, disse:
«Sì, d’accordo.»
Lei alzò gli occhi su di lui, mostrandoli lievemente velati di lacrime, e affermò con tono fermo e secco:
«Io ti odio, Shinichi. Ti odio con tutta me stessa.»
Lui rimase totalmente spiazzato a queste parole. 

«Ehi, Ran, sono tornato! E ho una fame...!» annunciò Kogoro, entrando in casa con un’aria allegra. Sbirciare quelle belle pupe in minigonna e vestitini aderenti gli aveva proprio giovato.
«Ehi, ci sei?» chiese ancora, perdendo il sorriso e dandosi uno sguardo in giro.
Di sua figlia nessuna traccia.
«Ecco, e ti pareva!» si lamentò, lasciando su una sedia i vestiti imbustati, appena ritirati dalla lavanderia.
Andò in cucina e sbirciò dentro una pentola.
«Accidenti, la zuppa è fredda! Devo scaldarla e io muoio di fame!» brontolò, accendendo i fornelli «Ma dove diamine è andata quella ragazza?»
Il suono del citofono lo fece sobbalzare.
«Sarà lei!» sperò, andando a rispondere.
«Sì, chi è?» chiese.
«Salve, detective Kogoro... Sono Heiji.»
«Heiji!» si stupì Kogoro «Devi dirmi qualcosa? Ti apro? Hai un nuovo caso?»
«No, io cercavo Shinichi... E’ lì?»
Kogoro storse le labbra, infastidito da quel nome.
«No, non è qui.» sbottò.
«Ah... Ma c’è Ran?»
«Effettivamente, non c’è nemmeno Ran...» in quel momento Kogoro capì «Accidenti! Non sarà andata con quel tipo lì?!»
«Ma no, si figuri! Ehm... Io vado, eh? Si rilassi detective... Sua figlia tornerà presto a casa! Alla prossima!»
«Aspetta! Tu sai qualcosa, non è vero? Ehi!» sbraitò Kogoro, ma nessuno rispose.
Riagganciò il citofono di malagrazia, sbuffando:
«Poi Ran mi sente!» e andò in cucina a prepararsi il pranzo.
Invece, in strada, Heiji sospirò e Ai, al suo fianco, gli chiese:
«Hai qualche idea di dove possa essere andato Shinichi?»
«No, nessuna.» confessò Heiji, in pensiero «Ma sarebbe meglio trovarlo al più presto... dobbiamo fare in modo che non si trasformi davanti a Ran...»
«Sono sicura che appena si sentirà davvero male, ovvero quando sarà ora della trasformazione, si andrà a nascondere. Non è stupido.» lo rassicurò Ai, certa.
«Ma noi dovremmo essere pronti lì a portarlo via.» insistette Heiji «Meglio che Ran, subito dopo che Shinichi sparisce, non si ritrovi lì Conan. Potrebbe intuire qualcosa... già ha qualche sospetto, sai...»
«Uhm...» Ai non aggiunse altro, guardandosi intorno, poi notò il cartello che indicava il parco lì vicino e propose:
«Può darsi che siano al parco, non trovi?»
«Buona idea!» approvò Heiji «Andiamo!» si avviò in quella direzione.
Ai lo seguì, pensierosa.
Non sapeva nemmeno lei bene perché aveva deciso di andare con lui, a cercare di salvare la relazione tra Shinichi e Ran... Forse... forse semplicemente perché era giusto così. 

«Ran...» provò a dire Shinichi, ancora incredulo da tanta spontaneità, ma lei non lo fece continuare, proseguendo a dire con un tono un po’ più acceso e gli occhi sempre lucidi:
«Prima sparisci dalla circolazione per mesi. Poi non ti fai quasi mai sentire, anche se sai quanto mi preoccupo per te... Dopo mi dici che quando saresti tornato io sarei stata la prima a saperlo... E invece? Invece che fai, Shinichi?» strinse i pugni e alzò un po’ la voce «Ti ripresenti qui come se nulla fosse! E pretendi che io non mi arrabbi per questo? Sei uno stupido egoista, incapace di capire le situazioni; un insensibile maschilista; un menefreghista senza cuore; lo scemo più grande che abbia mai incontrato; un ipocrita; un falso e pure bugiardo! Un vero cretino che non è in grado di capire quali sono i miei veri sentimenti!» iniziò a scenderle le lacrime, copiosamente «Non ti importa niente di me! E questo mi avrebbe fatto meno male se tu me lo avessi detto fin dall’inizio. E invece no! Mi hai illusa, mi hai mentito, e io ci sono cascata come una stupida. E ti odio, Shinichi, ti odio con tutto il cuore, perché mi hai fatto soffrire in una maniera che nemmeno immagini!»
Ran prese a singhiozzare, voltandosi di scatto dall’altra parte e portandosi le mani sul volto, come per nascondere tutte quelle lacrime che le rigavano gli occhi.
Shinichi, invece, rimase immobile nella posizione in cui si trovava, con la bocca leggermente aperta dallo stupore, e il cuore stretto in una morsa di doloroso rimorso.
“Ran... io ti ho fatto tutto questo?” si chiese, abbassando lo sguardo e incupendosi “Io che volevo solamente proteggerti... Io che volevo solo il tuo bene...”
«E poi, sai che ti dico?» riprese la ragazza con una voce poco ferma, senza guardarlo.
Shinichi alzò gli occhi, aspettando che parlasse.
Ran si girò di colpo verso di lui e sbottò tra le lacrime:
«Se avevi trovato un’altra bastava dirlo prima!»
Il bacio che si erano scambiati lui e Ai gli ritornò improvvisamente in mente.
«Come hai...?» chiese d’impulso, scioccato.
Ran lanciò un gemito disperato, vedendosi confermate tutte le sue supposizioni, e si alzò quindi in piedi, scappando via di corsa per un viale alberato del parco.
«Ehi, Ran, aspetta!» esclamò Shinichi, ignorando del tutto il dolore per l’imminente trasformazione e correndole dietro.
“Sei uno stupido! Stupido!” si ripeté più volte Shinichi, rendendosi conto che Ran non poteva sapere di lui e Ai perché non l’aveva detto a nessuno. Magari la ragazza si era fatta una mezza idea - le solite paranoie delle donne -, ma così le aveva praticamente confessato tutto! “Uno stupido idiota! Ecco quel che sono!”
Più avanti il viale finiva sulle rive recintate di uno stagno con dei cigni immacolati, perciò Ran fu costretta a fermarsi e Shinichi riuscì a raggiungerla.
«Ran, ti prego, ascoltami...» lui provò ad afferrarle una mano, ma lei si ritrasse.
«Vattene via, Shinichi!» pianse, dandogli le spalle «Torna da quell’altra
«Non c’è nessun’altra!» ribatté lui, con il tono più sincero che poté.
«Non ti credo!» insistette Ran.
«E invece ti prego di credermi, Ran!» Shinichi le afferrò un braccio con non troppa forza.
Lei sussultò un po’ al contatto, quindi si voltò a guardarlo e disse:
«E allora giuramelo. Guardami negli occhi e giura.»
Shinichi mostrò un’espressione seria e decisa e, guardandola in faccia, scandì:
«Non c’è un’altra ragazza, Ran. Credimi.»
Lì vicino a loro, tra i cespugli, si erano nascosti Heiji e Ai che, dopo averli individuati, avevano deciso di tenerli d’occhio.
«Che scena romantica...» ironizzò Heiji in un sussurro, sentendosi però anche in imbarazzo ad assistere a certe cose.
La scienziata, invece, non disse nulla. Con un’espressione impassibile, continuò a guardare Shinichi. Solo lui. E le parole che il detective aveva appena pronunciato le rimbombavano in testa.

Non c’è un’altra.
“E come potrebbe esserci?” fu il piatto pensiero di Ai “Tu non hai occhi che per lei...” lanciò uno sguardo a Ran e percepì chiaramente di essere invidiosa.
“Ran, Shinichi è un ragazzo fantastico... non sai che cosa rischi di perdere.” pensò ancora Ai.
Ran guardò ancora un po’ Shinichi negli occhi, poi abbassò lo sguardo e mormorò:
«Però, prima...»
«Ran, come potrei amare una ragazza... che non sia tu?» le chiese dolcemente lui, mostrandole un piccolo sorriso.
Lei arrossì di colpo e tornò a guardarlo.
«Come hai... detto?» farfugliò, divenendo sempre più rossa.
Lui avvicinò lentamente il viso, socchiudendo gli occhi, e sussurrò:
«Ti chiedo perdono di tutto, Ran. Ma se sto via di casa per così tanto tempo e non ci sentiamo per lunghi periodi... E’ solo per proteggerti.»
«Non capisco...» confessò lei, abbassando a sua volta, d’istinto, il tono della voce e guardandolo con aria confusa e un po’ sognante. Lui era così vicino al suo viso che poteva percepire il fiato caldo sulla sua pelle e forse poteva anche sentire i suoi battiti... sì, sì li sentiva bene. E gli occhi di lui erano così belli e sinceri... Anche Ran socchiuse i suoi, mentre lui le rispondeva, sempre in un mezzo sussurro:
«E’ inevitabile che io mi faccia dei nemici, per via... del lavoro che faccio. Quindi devi capire che non è sicuro farmi vedere troppo in giro o... sentirmi troppo con le persone a cui tengo di più. Per questo mi tengo un po’... distante.»
«Ti sei messo nei guai?» mormorò Ran con un tono preoccupato «Oh, Shinichi... ti prego, non rischiare troppo! Non vorrei che...» gli occhi le tornarono lucidi.
«Ran, non ti preoccupare, non sono così tanto in pericolo.» la rassicurò lui, sorridendole dolcemente «Semplicemente, non voglio metterti in mezzo. Per questo ti chiedo di avere ancora un altro po’ di pazienza. Vedrai, riuscirò a risolvere questo importante caso su cui sto lavorando e tornerà tutto come prima.»
«Me lo prometti?»
«Promesso.»
«Accidenti, se parlano così piano non riesco a capire niente.» si lamentò Heiji, storcendo le labbra e cercando di sentire qualcosa; senza risultato.
«Forse non dovremmo sbirciare; è un momento intimo.» gli fece notare tranquillamente Ai, alzando un sopracciglio.
«Ma dai!» ridacchiò Heiji «E’ interessante, invece!»
Ai non disse nulla; si limitò a scuotere il capo con fare esasperato.
«In ogni modo, Shinichi...» riprese a parlare Ran, socchiudendo di nuovo gli occhi e rimanendo con il viso vicino a quello di lui «Cos’è che hai detto prima?»
«Prima quando?» Shinichi fece finta di non capire.
«Hai capito benissimo.» gli sorrise lei.
Anche Shinichi sorrise e mormorò teneramente:
«Intendi quando ho detto che non potrei mai amare nessuna ragazza che non sia tu?»
«Proprio quello, sì.» sussurrò Ran, facendosi ancora un po’ più vicina.
Shinichi la guardò negli occhi, perdendosi in quello sguardo intenso che così tanto desiderava.
«E tu, Ran?» fece lui con un’aria furba «Cosa pensi di me?»
«Cosa penso di te?» ripeté lei con fare complice, portando le sue labbra a sfiorare quelle del ragazzo «Uhm... non saprei...»
Le labbra finirono per incontrarsi, vogliose le une dalle altre.
Ran andò ad abbracciare delicatamente la vita di Shinichi, che invece affondò le mani tra i lunghi e morbidi capelli di lei, continuando a baciarla.
«E bravo Shinichi...» ridacchiò Heiji, come divertito dalla scena.
Ai, al suo fianco, aveva invece distolto lo sguardo. Quanto avrebbe voluto essere lei a posto di Ran... Il suo bacio con Shinichi non era stato per niente simile a quello. Ora si vedeva che il ragazzo era davvero innamorato della donna che stava baciando. Mente con lei... Ai sapeva che lui non aveva provato nulla. Sospirò, cercando di non pensarci ancora.
Shinichi e Ran allontanarono un po’ i visi per tornare a guardarsi negli occhi.
Sorridevano entrambi.
Rimasero così, in silenzio, per lunghi istanti, semplicemente a guardarsi negli occhi. Però furono comunque dei bellissimi secondi, dove riuscirono a dirsi un sacco di cose senza nemmeno aver bisogno di parlare.
Ma quel momento magico fu improvvisamente spezzato da un fitto dolore al petto, che costrinse Shinichi a chinarsi di un po’ in avanti, gemendo e serrando i denti.
«Shinichi!» si allarmò Ran.
«Ecco, ci siamo.» capì Heiji, serio, preparandosi con Ai.
«Ran... devo... devo andare...» ansimò Shinichi, arretrando e poi gemendo ancora per un’altra fitta acuta.
«Aspetta, ma...» la ragazza fu fermata da Shinichi che, sforzandosi di sorriderle, disse:
«Aspettami, Ran. Aspettami e abbi fiducia; tornerò presto.»
Lei esitò un attimo, poi annuì con il capo.
«Ho capito, ma ora stai...» provò a dire di nuovo Ran, ma Shinichi, sofferente, la interruppe di nuovo, rassicurandola:
«Va tutto bene, davvero! E’ solo quel mal di pancia e... ahi...» ancora un’altra fitta «Devo andare!» un po’ barcollante, si gettò tra gli alberi e cespugli, sperando di trovare un posto dove nascondersi e trasformarsi.
«Shinichi, dove vai?» Ran provò a rincorrerlo, ma lo aveva perso di vista tra gli alberi.
Sospirò, un po’ delusa, un po’ sognante ripensando al bacio di poco fa. Si aprì poi in un sorriso.
«Ti aspetterò, Shinichi.» decise.
Intanto il ragazzo era caduto tra dei cespugli e si contorceva a terra per il dolore.
«Ehi, amico, siamo qui!» annunciò Heiji, individuandolo e inginocchiandosi al suo fianco.
«Maledi...zione...» imprecò Shinichi, sudando e tremando «E’ adesso...»
Ai annuì, e infatti il corpo del detective iniziò a rimpicciolire sempre di più, finendo per navigare tra i vestiti.
Finì tutto abbastanza in fretta. Alla fine Heiji, sorridendo, affermò:
«Però sei stato un grande con Ran.» e gli fece l’occhiolino.
«Cosa?!» esclamò il piccolo Conan con la sua voce da bambino, mettendosi di scatto seduto e divenendo tutto rosso «Ci... ci avete visto?»
«Heiji ti ha visto.» puntualizzò Ai, calma, indicando il ragazzo al suo fianco.
«Sei proprio un Don Giovanni! Cadono tutte ai tuoi piedi!» Heiji tornò a ridacchiare.
Conan arrossì ancor di più e, aggrappandosi alla felpa dell’amico, iniziò a scuoterlo, esclamando:
«Fatti gli affari tuoi! Perché ci hai spiati, eh? Chi è che ti ha dato il permesso? Accidenti a te!» 

«Su, rallegrati, Shinichi... presto o tardi riuscirò a completare l’antidoto. Sto facendo progressi.» affermò Ai, stiracchiandosi stancamente sdraiata com’era sul letto.
«Spero più presto che tardi.» borbottò Conan, sdraiato a sua volta sul letto di Ai, in fondo, con le mani intrecciate dietro la testa e lo sguardo rivolto al soffitto.
«Ma come? Pensavo ti piacesse essere un moccioso... non passi più tempo con Ran, in questo modo?» lo prese in giro Heiji, che stava sorseggiando un succo di frutta seduto comodamente sulla poltroncina della camera della scienziata.
Conan, avvampando, esclamò subito:
«Piantala!»
Suonò il campanello lì a casa del dottor Agasa.
«Eccomi!» annunciò lo scienziato, andando ad aprire.
«Chissà chi è...» chiese Ai, girando gli occhi verso la porta chiusa della sua camera.
«Salve... Posso esserle utile?» sentirono dire dal dottore al suo ospite.
«Sì, effettivamente. Lei deve essere il dottor Agasa, non è così?» rispose una voce di ragazza.
Heiji si corrucciò un po’, domandandosi:
«Uhm... perché questa voce mi è famigliare?»

«Sì, sì infatti.» disse Agasa «E lei è...?»
«Mi chiamo Kazuha. Cercavo Heiji; Ran mi ha detto che dovrei trovarlo qui.»
Heiji sputò tutto il succo che aveva in bocca e si irrigidì, agitandosi:
«Oh, cavolo! Kazuha! Non l’ho chiamata, né le ho detto dove ero andato a finire... Accidenti, sarà furiosa!»
«Suvvia, Heiji...» sorrise di scherno Conan, voltandosi a guardarlo, contento di aver trovato un’occasione buona per vendicarsi delle prese in giro dell’amico «Non vedevi l’ora di vederla, no?»
«Oh, Heiji? Sì, è di qua.» affermò Agasa e si sentirono poi dei passi in direzione della stanza di Ai.
«Devo nascondermi, accidenti!» esclamò Heiji, alzandosi in piedi di scatto per poi reprimere un gemito per i dolori. Fu costretto a fermarsi e portarsi una mano sulla schiena; il volto contratto in un’espressione sofferente.
«Ahi... cavolo...» si lamentò, dirigendosi lentamente verso l’armadio, con l’idea di chiudersi dentro per non farsi trovare.
Ma non fece in tempo: come una furia, Kazuha aprì infatti di scatto la porta della camera, dicendo a gran voce:
«Heiji Hattori! Noi due dobbiamo parlare!»
«Oh, Kazuha...» sorrise cautamente Heiji, allontanando la mano dall’anta dell’armadio e portandosela sulla nuca in una posizione d’imbarazzo «Ma che sorpresa trovarti qui...»
«Bando alle ciance, Heiji...» esordì la ragazza, avanzando a passi decisi verso di lui, con Agasa che la guardava sorpreso, Conan che se la rideva sotto i baffi e Ai che osservava la scena per nulla turbata o incuriosita.
Kazuha si fermò davanti al ragazzo con le mani ai fianchi e un’espressione poco raccomandabile.
Lo scrutò da capo a piedi, per poi dire con grinta:
«Prima mi lasci sola senza spiegazioni; poi vengo a sapere che hai dormito qui senza dirmi niente e che, per di più, sta mattina sei caduto, con Conan, Shinichi e Ai, facendoti pure male. Mi sai dire che devo fare con te? Possibile tu sia un simile irresponsabile?»
«Kazuha, senti...» provò a dire Heiji, a disagio, ma lei lo interruppe:
«Non provare a trovare scuse, adesso! E’ meglio che ti prepari, piuttosto, che sta sera abbiamo il treno per Osaka.»
«Sì... ho capito.» sospirò il detective, arrendendosi.
«Potete rimanere qui, finché non dovete partire.» propose il dottor Agasa.
«Oh, grazie.» gli sorrise Kazuha con un’aria gentile «Anche perché tra poco ci raggiunge Ran, quindi...»
«Come?!» Conan, divenendo del tutto rosso, balzò giù dal letto, esterrefatto «Ran viene qui? Adesso?»
«Ma dai, Conan... non sei felice?» lo derise Heiji, per vendetta.
Il bambino avvampò maggiormente, mentre Kazuha lanciava uno sguardo irritato ad Heiji, dicendo:
«Tu fai poco lo spiritoso, che poi facciamo i conti.»
«Calmati, Kazuha...» cercò di tranquillizzarla lui, spaventato dalle minacce della ragazza «Le espressioni arrabbiate non ti si addicono...»
«Mi stai dicendo che sono brutta?!» esclamò la ragazza, furiosa.
«Ma non è vero! Non l’ho mai detto!» si scusò subito Heiji, arretrando e chiedendosi perché mai le femmine dovessero prendersela sempre per ogni cosa ed esagerare in tutto.
Conan stava preparando una frecciatina da lanciare all’amico, ridacchiando, quando qualcuno entrò dalla porta aperta di casa, annunciando:
«Dottor Agasa? Si può? Sono Ran.»
«Gasp!» si irrigidì il bambino, fumante da quanto era rosso e bollente di imbarazzo.
«Ciao, Ran.» salutarono in coro Agasa, sorridente; Heiji, ridacchiando divertito; Kazuha, con tono amichevole; e Ai, piatta, senza guardarla.
«Oh, ci siete tutti, eh?» commentò Ran, sorridendo mentre entrava nella camera di Ai, poi si rivolse a Conan con un’aria gentile e allegra:
«Conan! E’ un pezzo che non ci si vede, eh?»
«G... Già...» farfugliò Conan, abbassando di scatto lo sguardo, rosso come non mai.
«Oh, sì, un sacco di tempo...» sbuffò Heiji, trattenendo a stento le risate.
Il bambino lo fulminò con uno sguardo di sottecchi.
Ran si chinò davanti a Conan, osservando i suoi graffi e fasciature sulle braccia. Storse un po’ le labbra, dicendo:
«Ti sei fatto proprio un bel volo...»
«Oh... sì... tutta colpa di Heiji!» disse in fretta Conan, con un sorriso innocente «Imbranato com’è, è scivolato; trascinandoci tutti giù!» si mise a ridere.
Ora fu il turno di Heiji di sentirsi in imbarazzo.
«Davvero?» si sorprese Ran.
«Ma non mi dire...» commentò Kazuha, lanciando uno sguardo di rimprovero ad Heiji.
«Eh... eh...» fece quest’ultimo, non sapendo che dire.
«Beh, l’importante è che state bene, no?» sorrise Ran, alzandosi in piedi, poi, arrossendo leggermente, chiese un po’ timida:
«Qualcuno di voi sa per caso che fine... ha fatto... Shinichi?»
Conan si sbrigò subito a dire, distogliendo lo sguardo, agitato:
«Stava male! E’ dovuto andare via!»
«Oh... infatti diceva di aver mal di pancia...» annuì Ran, visibilmente delusa.
«Già, già... una brutta colite.» sospirò Heiji con un’aria seria, ma sotto sotto si stava divertendo un mondo «E’ stato sempre al bagno, poverino... Certo che poteva tenere almeno la finestra aperta. C’era una puzza... Ahi!»
Conan gli aveva appena pestato con forza il piede, completamente rosso in faccia per la vergogna.
«Conan!» lo rimproverò Ran, intanto non sapeva se ridere o provare pietà per ciò che Heiji diceva fosse accaduto a Shinichi.
«Moccioso, vedi di fare il bravo...» Heiji, con un sorriso sghembo, lo colpì con un pugno sul capo.
«Ahia!» si lamentò Conan, portandosi le mani sopra la testa.
«Heiji, insomma! E’ solo un bambino!» Kazuha lo spinse un po’ da una parte, accigliata, colpendogli proprio una parte del corpo che gli doleva maggiormente.
«Ahi! Kazuha, stai attenta!»
«Oh cielo, Heiji, scusami!»
«Non sei affatto aggraziata.»
«Heiji! Sta volta ti ammazzo!»
«Ahi! Ahi! Basta! Smettila! Ahia!» 

«Buon viaggio, ragazzi. Tornate a trovarci, mi raccomando!» li salutò Ran, sorridente.
«Vi aspetto anch’io.» aggiunse Agasa, salutando con una mano.
«Contateci; torneremo presto.» sorrise Kazuha, uscendo di casa.
«Alla prossima.» salutò Heiji, seguendola.
«Ciao.» disse Conan, mentre Ai rimase in silenzio.
Agasa richiuse la porta.
«Vado un attimo al bagno, poi andiamo a casa.» annunciò Ran, allontanandosi.
«Ok.» fece Conan, stiracchiandosi un po’.
Era sera, quindi era meglio rientrare.
Agasa si diresse in cucina, così che Conan e Ai rimasero soli vicino la porta di casa.
Scese uno strano silenzio tra loro due.
Conan alzò gli occhi su di lei, che puntualmente evitava il suo sguardo.
Il ragazzo continuò a fissarla silenziosamente ancora un po’.
“Come sei bella, Ai...” si ritrovò a pensare.
Si corrucciò un po’, ripensando a ciò che era successo tra loro due.
Da quanto lei provava qualcosa per lui? Perché non se n’era mai accorto? Era cambiato qualcosa tra di loro, adesso? ... Sì, certo. Non era nemmeno sicuro del tutto che sarebbero riusciti sempre a guardarsi negli occhi, da quel momento in po’...
Ma, inaspettatamente, Ai gli rivolse lo sguardo.
Era rilassata, con la sua espressione intensa e pensierosa di sempre; pareva proprio quella di prima.
«Shinichi...» si interruppe un istante, fissandolo negli occhi.
Poi riprese con lo stesso tono calmo e caldo:
«Sono contenta di averti conosciuto.»
Conan rimase un attimo spiazzato.
Ma che cavolo di frase era, quella?! Che diamine stava dicendo, Ai?
Conan tornò serio e esordì:
«Ai, ascoltami. Mi dispiace. Davvero, mi dispiace tanto per questa situazione che si è venuta a creare. Non me l’aspettavo e... non so come...» avrebbe voluto dire “rimediare”, ma cambiò idea all’ultimo «... comportarmi. E’ inutile mentirti, e, forse, c’eri già arrivata da te... Io non ti a...»
Ai gli posò due dita, l’indice e il medio, sulle labbra, fermandolo.
Era rimasta tranquilla e rilassata come prima. Conan si sentì un po’ a disagio.
«Va tutto bene, Shinichi...» mormorò lei, socchiudendo appena gli occhi «Promettimi solo una cosa, per favore...»
Conan si fece attento, senza dire nulla.
Ai allontanò le dita dalle sue labbra e concluse:
«Non lasciarmi mai sola.»
Rimasero a guardarsi, in silenzio, di nuovo.
«D’accordo.» disse semplicemente lui.
Ai si aprì in un sorriso leggero, che sparì quasi subito, poco abituata com’era a sorridere spesso.
«Ehi, Conan, sei pronto?»
Lui si voltò verso Ran che lo stava raggiungendo. Annuì con il capo.
«Allora andiamo.» Ran aprì la porta e salutò:
«Ciao Ai.»
Lei fece un cenno con il capo.
Ran alzò la voce per farsi sentire:
«Arrivederci, dottor Agasa!»
«Arrivederci!» aggiunse Conan.
«Ciao, ragazzi!» salutò Agasa dalla cucina.
Ran uscì e Conan lanciò un ultimo sguardo ad Ai, che lo stava guardando.
«Ciao...» mormorò Conan, sorridendole.
Lei sorrise di nuovo.
«Ciao.»
E il bambino uscì.

«Conan, dopo mi racconti tutto quello che hai fatto in questi giorni, intesi?»
Conan annuì e Ran gli sorrise, continuando a camminare al suo fianco sul marciapiede poco affollato, vista la tarda ora.
La ragazza sospirò, guardando in alto il cielo stellato.
«Oh, Shinichi...» mormorò sognante «Non sai quanto è stato bello, Conan...»
Lui avvampò.
«Da... davvero?» farfugliò in imbarazzo.
Ran annuì con il capo e si volse a guardarlo, con un’aria allegra:
«Sono così felice!»
E si mise a canticchiare, guardando davanti a sé.
Conan sorrise un po’ a sua volta, guardandola.
“Sono felice anch’io, Ran...”

Fine

E' finita! T_T Disperazione... Mi è piaciuto tantissimo scrivere questa storia e, anzi, sono meravigliata di me stessa! O.O Non pensavo di riuscire davvero a scrivere una seconda fic su Conan... ^^ Che bello! :D

Sono contenta anche di aver riscosso così tanto successo, nonostante le mie aspettative. ^^ Ringrazio di cuore quindi tutti (ma proprio tutti tutti) quelli che mi hanno seguita. -_^ In particolare chi ha aggiunto la storia alle Preferite:

1 Deidaraforever;
2 EroSennin425;
3 Fabioxxx;
4 Liz Shelley;
5 Mommika;
6 naruto_shippuden;
7 ninny;
8 Shingo_Chan;
9 shinichikudo;
10 Sweetgirl91.

Chi l'ha aggiunta alle Seguite:

1 Black Panther;
2 Blynrite;
3 chariss;
4 FlyingEagle;
5 Harmonia;
6 kamura86;
7 lady cat;
8 Roe;
9 sexy_eclipse;
10 shinichikudo.

E anche chi ha recensito - una o più volte - la storia. ^^

Ora i ringraziamenti dell'ultimo capitolo:

Sweetgirl91: Oggi ho aggiornato prestissimo, vedi? Ma se noti anche l'ora in cui ti ho mandato la mail... capirai che mi sono svegliata presto e non sapevo che fare, sta mattina! XD Uffi, la storia è finita. ç_ç Mi dispiace tanto, perché mi ero proprio affezionata a questa seconda fic su Conan... Anche se la prima mi è piaciuta ugualmente. ^^ Tu ne scriverai mai una? ** Anzi, quand'è che torni a scrivere e basta? XD L'epilogo non poteva non essere a sfondo romantico! XP (A parte per quanto riguarda Heiji e Kazuha... X°°D) Non c'è niente da fare: Shinichi e Ran ce li vedo troppo bene insieme! ^^ Anche se Ai mi fa un po' pena... ^^'' Porella! :P Ci sentiamo per mail, ciao!

Roe: Ti è piaciuto l'epilogo? :P Ad Heiji non è andata molto bene! XD Nemmeno ad Ai, se è per questo! ^^'' Immagino che le scene Shinichi&Ran non siano state del tutto di tuo gradimento... XP Ma che ci posso fare; fin dall'inizio questa fic doveva finire così! ;P Non sai quanto ho penato, invece, per trovare una "fine degna" da far fare a Stella & Co. ^^'' Non sapevo che fare! Farli arrestare era troppo banale - e poco fattibile ^^' -, ma per farli morire... non sapevo come! ^^'' (Che sadica che sono! XP) Niente, ci sentiamo presto per e-mail! ** Ciao!!!!

Liz Shelley: Sai che se non riscrivevi la rece nell'ultimo capitolo, non mi sarei mai accorta che avevi lasciato un commento? XP Sono proprio distratta! ^^'' Mi spiace se ti ho delusa, visto che la coppia che preferisci non è "ShinichixRan", ma appunto io sono di più per questa coppia! -_^ Anche se non mi dispiace leggere le "ShinichixShiho" che ammetto sono molto affascinanti. ** Grazie mille dei complimenti che mi fai sempre (^//^) e sono contenta che la fine dello scorso capitolo ti sia piaciuta... Non sapevo proprio come "far fuori" Stella! ^^'' Fortuna Gin e Vodka! XP Tanto erano già sulle sue tracce, visto che se n'era andata dall'Organizzazione con gli altri... ^^ Adori Kaito, ho notato! XD Mah, ci penserò sulla fic su di loro... ma non posso garantire nulla! ^^'' Magari alla prossima, allora! -_^ Ciao!

Un ultimo ringraziamento va anche a chi ha letto solamente l'intera fic, senza mai "farsi" sentire... Spero di non avervi annoiato o deluso! ^^'

Un bacione enorme dalla vostra Me91 ^^ e... forse alla prossima, ciao! :D

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