Frammenti di Me91 (/viewuser.php?uid=25338)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ritorno ***
Capitolo 2: *** Amnesia ***
Capitolo 3: *** Ricordi sfuggenti ***
Capitolo 4: *** Alla ricerca di Ai ***
Capitolo 5: *** Nel loro covo ***
Capitolo 6: *** Verso la verità ***
Capitolo 7: *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 1 - ***
Capitolo 8: *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 2 - ***
Capitolo 9: *** La fuga ***
Capitolo 10: *** Morti e feriti ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Il ritorno ***
La storia è completamente frutto della
mia fantasia. Se per caso dovesse, involontariamente, assomigliare ad
un'altra presente in questo o in un altro sito, avvertitemi che
provvederò a controllare e rimediare. Grazie! ^^
Frammenti
Il
ritorno
15:30
TOC
TOC
Il
signor Masashi, senza alzare lo sguardo dalla pratica che stava
firmando,
sbuffò:
«Sì?
Chi è?»
La
porta si aprì e vi si affacciò una domestica con
un vassoio in mano.
«Il
suo spuntino, signore.»
Masashi
alzò gli occhi dal documento e mostrò un piccolo
sorriso, dicendo:
«Finalmente!
Avevo una fame...»
La
cameriera si avvicinò e posò il vassoio sul
tavolo, poi si allontanò,
chiudendosi la porta alle spalle.
L’uomo
scostò la pratica, afferrò il libro che aveva
iniziato a leggere il giorno
prima e lo aprì alla pagina dove era arrivato. Prese poi il
bicchiere posato
sul vassoio e bevve un sorso d’acqua. Afferrò
infine il panino alle verdure,
proprio come piaceva a lui, che gli aveva portato la cameriera, e
addentò un
bel boccone, proseguendo la lettura del suo libro.
17:23
«Guarda
Ran! E’ un costume bellissimo!» strillò
Sonoko, eccitata, appiccicandosi alla
vetrina del negozio «E tu che ne dici, Kazuha? Non credi che
mi doni?»
«Mi
sembra fantastico!» concordò Kazuha, estasiata,
affiancandosi subito a Sonoko.
Ran,
invece, incrociò le braccia, storse un po’ le
labbra con disappunto e, ad una
certa distanza dalla vetrina, commentò:
«Io
lo trovo orribile.»
«Ma
che dici?!» esclamarono insieme le due ragazze, voltandosi di
scatto a
guardarla «E’ stupendo!»
L’espressione
di disappunto sul volto di Ran si accentuò, quando
ribatté:
«Non
so se avete notato le due mele rosse sul seno...»
«Certo
che sì!» esclamarono quelle.
«E
quei due occhi di gatto sulla parte posteriore delle
mutande...» insistette
Ran.
Sonoko
e Kazuha annuirono, affascinate.
Questo
per Ran fu troppo ed affermò:
«Insomma,
è davvero orribile!»
Sonoko
scosse la testa e sospirò, portandosi le mani ai fianchi:
«Eh,
Ran... certo che hai dei gusti difficili! Per fortuna ho Kazuha con
me!» e
sorrise all’amica con la coda di cavallo.
Kazuha,
ridacchiando, commentò:
«Peccato
il prezzo!»
«Oh,
bazzecole.» fece Sonoko con un gesto di noncuranza della mano.
Ran
alzò un sopracciglio e le fece notare:
«Non
tutti hanno il tuo patrimonio, Sonoko.»
«Anche
questo è vero!» rise quest’ultima.
Kazuha
lanciò uno sguardo all’orologio e
sbuffò, scocciata:
«Ancora
non è arrivato!»
Sonoko
e Ran si voltarono a guardarla, e la Mori chiese:
«Stai
parlando di Heiji?»
«E
di chi se no?» ridacchiò Sonoko in un sussurro.
Kazuha
non sentì quest’ultimo commento e, annuendo con il
capo, sempre spazientita,
rispose:
«Già,
proprio lui. Mi aveva promesso che sarebbe arrivato alle cinque... e
ora sono
le cinque e mezzo!»
«Cosa
ti importa, dai!» cercò di risollevarla Sonoko con
un gran sorriso «Vorrà dire
che ci godremo questo pomeriggio di shopping tra sole donne!»
Kazuha
annuì, anche se ancora un po’ delusa.
«In
ogni modo, trovo strano che Heiji venga a fare shopping con
te...» intervenne
Ran, con lo sguardo volto al cielo, pensierosa «Shinichi,
visto che si annoia
sempre quando lo porto a fare spese con me, si inventa sempre una delle
sue
scuse per non venire...»
«Dovresti
parlare al passato, Ran.» si intromise Sonoko, con una mano
al fianco e un dito
davanti a sé, indicando l’amica
«E’ praticamente una vita che Shinichi non si
fa vivo.»
«Ah,
non me lo ricordare...» sbuffò Ran, seccata.
Kazuha
alzò le spalle, dicendo:
«Sono
certa che ha i suoi buon motivi.»
«Lo
spero per lui!» ribatté Ran, incrociando le
braccia.
«Su,
dai, pensiamo ad altro adesso!» esclamò Sonoko con
la sua grinta «Proseguiamo
lo shopping!»
«Oh,
sì!» approvò Kazuha, allegra.
«D’accordo.»
sospirò Ran, malinconica, con ancora Shinichi in mente.
Ripresero
a camminare per l’affollato marciapiede, chiacchierando,
quando Kazuha esclamò,
indicando un’auto che stava per ripartire da un parcheggio
sul lato della
carreggiata:
«Ma
quella non è la macchina di tuo padre, Ran?»
La
ragazza si girò immediatamente a guardare, confermando:
«Oh,
sì, è papà! Ma che cavolo fa qui in
centro?»
Le
tre amiche corsero subito verso la macchina, ancora ferma al parcheggio
per via
del gran traffico.
Ran
si affacciò al finestrino aperto dello sportello del
passeggero, ed esclamò con
voce squillante:
«Papà!
Ma che fai qui?!»
Kogoro,
tutto concentrato ad aspettare il suo turno per passare tra tutto quel
traffico
e impegnato a lanciare qualche imprecazione rabbiosa in direzione di
qualche
automobilista a suo dire “incapace nella guida”,
sobbalzò, spaventato, e si
girò verso la figlia.
«Ran!
Ma che...?»
«Rispondi
prima tu alla mia domanda!» lo zittì la ragazza
«Mi stavi spiando? Mi seguivi,
per caso? Non vieni mai in centro!»
«Ma
che spiando?! Seguendo?!» gridò Kogoro,
innervosito «Un mio cliente si è
ammalato e non è potuto passare all’ufficio per
pagare... per questo sono
venuto qui in centro: per andarlo a trovare!»
«Oh...»
fece Ran, imbarazzata «Scusami...»
«E
tu che fai qui, invece?» domandò Kogoro,
sospettoso.
Ran
tornò ad accigliarsi e sbottò:
«Papà!
Lo sapevo che non mi stavi ascoltando oggi a pranzo! Uff... sono qui
con Sonoko
e Kazuha per fare un po’ di spese.»
«Ehilà,
detective Mori!» salutò radiosa Sonoko alle spalle
di Ran, e Kazuha fece un
segno di saluto con la mano.
“Ti
pareva che non era venuta a fare spese?” pensò
ironicamente Kogoro, storcendo
le labbra, poi si rivolse a Kazuha:
«C’è
anche Heiji con te? Sei la sua ragazza, no? State sempre
appiccicati...»
Kazuha
arrossì da capo a piedi e Ran rimbeccò il padre:
«Papà!
Ma che modi sono?»
«Ma
che ho fatto?» fece Kogoro, con voce stridula.
Prima
che Ran potesse rispondere, due volanti della polizia sbucarono da
dietro un
angolo a sirene spiegate, superarono il parcheggio dove era fermo
Kogoro, e si
andarono a fermare davanti una bella casa poco più avanti.
Kogoro,
incuriosito, si affacciò dal finestrino.
L’ispettore
Megure stava scendendo in quel momento da una delle auto, seguito da
Takagi e
altri due agenti, e altri quattro dell’altra volante.
«Io
vado a vedere.» decise Kogoro, spegnendo la macchina.
Ran
guardò in direzione dei poliziotti che stavano entrando
nella casa.
«Chissà
cos’è accaduto?» si chiese Kazuha,
sorpresa.
«Quella
è la casa di Masashi Ikara... è un uomo
d’affari amico della mia famiglia.»
informò Sonoko, portandosi una mano al mento, pensierosa
«E’ un brav’uomo...
non capisco cosa sia potuto accadere...»
«Uhm...
andrò a controllare.» annuì Kogoro
seriamente e si avviò per il marciapiede.
«Credo
dovremmo andare a vedere, che ne pensate? Potrebbe essere qualcosa di
grave...»
propose Ran e le altre due annuirono.
Seguirono
Kogoro fin davanti la casa.
«Mi
scusi, agente...» il detective interrogò il
poliziotto che sorvegliava la porta
d’entrata «Sono il detective Kogoro Mori.»
«Buon
pomeriggio, detective.» salutò il poliziotto con
ammirazione «Posso esserle
utile?»
«Mi
saprebbe dire che cos’è accaduto qui? Questa non
è la casa di Masashi Ikara?»
«Un
brutto fatto, detective.» l’agente
abbassò di un po’ il tono della voce «Il
signor Masashi è morto.»
«Che
cosa?» strillò Sonoko, portandosi una mano alla
bocca.
«Che
fatto orribile...» commentò Kogoro cupamente
«Posso entrare?»
«Certamente,
detective Mori.» il poliziotto si scostò per farlo
passare.
Kogoro
si voltò verso la figlia e le sue amiche, tutte quante
sorprese dalla notizia,
e disse:
«Entrate
con me. Se si è trattato di un omicidio,
l’assassino potrebbe essere ancora nei
paraggi... non mi fido a lasciarvi qui in giro.»
«Va
bene.» annuì Ran e lei e le altre due entrarono
dietro il detective.
Salirono
delle scale e si avvicinarono ad uno studio, davanti al quale si erano
riuniti
diversi servitori, i poliziotti, due donne in lacrime e tre uomini ben
vestiti.
Megure
stava interrogando uno dei tre, un bel ragazzo sui trent’anni
da folti capelli
neri.
«Come
le ho già detto ispettore, non ho idea di cosa sia accaduto.» insistette il giovane
visibilmente sconvolto
«Quando ho bussato, non ho udito nessuna risposta. Ho aperto
quindi la porta e
ho trovato mio padre così come è
adesso.» e indicò all’interno dello
studio.
Kogoro e le tre ragazze avevano
la visuale coperta dai servitori ed erano troppo distanti dalla porta
per
riuscire a scorgere qualcosa.
Megure annuì e continuò:
«Uh uhm... Capisco, signor Masashi, ma poi? Cosa ha
fatto?»
Il giovane ragazzo affondò una
mano tra i morbidi capelli scuri e, con lo sguardo perso nel vuoto,
riprese:
«Mi sono avvicinato alla
scrivania e ho posato due dita sul collo di mio padre... verificando
che non
c’era battito.»
«E poi?» chiese ancora Megure
«Ha toccato qualcosa? Spostato qualche oggetto?»
«No, ispettore. Non ho toccato
nulla.» rispose il giovane «E poco dopo questa
orribile scoperta, Isaki è
entrata nello studio e ha lanciato un urlo appena visto mio
padre.»
«Sì...» singhiozzò una
ragazza
appena maggiorenne, con i capelli biondi legati in un’alta
coda, gli occhi azzurri
lucidi di lacrime e un accento straniero «Io... mi sono
spaventata e...»
scoppiò di nuovo a piangere, abbracciata all’altra
donna di quarant’anni, con
gli occhi pieni di lacrime a sua volta.
«E lei in che modo è
imparentata alla vittima?» domandò Megure, rivolto
alla ragazza bionda.
«Lei è Isaki Kourami.» rispose
la donna quarantenne, a posto della giovane ragazza in lacrime
«E’ fidanzata
con mio nipote, Huya Fouka.» e con il capo indicò
un ragazzo di vent’anni, con
lo sguardo basso e un’espressione triste dipinta sul volto.
Non era un ragazzo
bellissimo e sicuramente sfigurava a fianco di Isaki, una bella giovane
la
quale madre era una famosa attrice americana biondissima.
Megure annuì ancora, mentre
Takagi, silenzioso in un angolo, continuava a prendere appunti
seriamente.
«Mentre lei dovrebbe essere la
signora Masashi, se non sbaglio.» disse
l’ispettore, parlando alla donna
quarantenne.
Lei annuì:
«Proprio così, ispettore. Ikara
era mio marito.» anche lei era una bella donna, dal fisico
asciutto, un volto
fresco nonostante l’età e da bei capelli castani.
«Infine, lei, signore, chi è?»
domandò Megure, rivolgendosi ad un uomo distinto, di forse
sessant’anni, con
capelli grigi e baffi.
«Sono il fratello di Ikara.
Mashito Masashi.» rispose l’uomo con voce profonda.
«Hai segnato tutto Takagi?»
chiese Megure.
«Certo, ispettore.» rispose
prontamente Takagi.
«Bene e... tu che ci fai qui, Kogoro?»
solo in quel momento Megure si accorse della presenza del detective,
che stava
ascoltando in silenzio.
«Salve, ispettore.» salutò
Kogoro, avvicinandosi «Per caso mi trovavo qui in centro,
quando ho visto le
vostre volanti fermarsi qui... e ho saputo la terribile
notizia.»
«Un brutto fatto, già...»
concordò Megure «Il signor Masashi era un uomo
d’affari molto ricco e rispettato.
Mi chiedo chi possa essere l’artefice di questo
delitto.»
«Siamo certi sia un omicidio?
Era un uomo di cinquant’anni e aveva problemi di cuore, ho
saputo. Non è
che...» provò il detective, ma
l’ispettore lo fermò:
«Vieni a vedere tu stesso.»
Prima che i due potessero
muoversi, la signora Masashi chiese:
«Lei non è per caso il famoso
detective Kogoro Mori?»
«In persona, signora!» rispose subito
Kogoro, pavoneggiandosi.
«La prego, detective!»
intervenne il figlio dell’uomo ucciso «Scopra chi
ha ucciso mio padre!»
«Lei devi essere il figlio del
signor Masashi, non è così?»
domandò Kogoro.
«Mi chiamo Yuichi Masashi,
detective.» si presentò il giovane «Ci
aiuti!»
«Nessun problema, ragazzo!»
sorrise Kogoro, entrando nell’ufficio con Megure.
Ran e le sue amiche rimasero
invece lontane, non tenendoci particolarmente a vedere un morto.
La scena faceva rabbrividire.
Il signor Masashi era
appoggiato scompostamente allo schienale della sedia; gli occhi
sgranati e
vacui; la bocca spalancata con un po’ di bava che aveva
inumidito i baffi. Una
mano stringeva ancora convulsamente un bracciolo della sedia, mentre
l’altro
braccio era a penzoloni.
Kogoro si avvicinò e studiò ad
una certa distanza il cadavere, intorno al quale stavano trafficando
tre uomini
della scientifica giunti precedentemente.
Osservò la scrivania. Su un
vassoio d’argento era posato un bicchiere d’acqua
mezzo vuoto; accanto era
posato un panino alle verdure, a cui l’uomo aveva dato tre
grandi morsi; c’era
anche un libro apparentemente nuovo, aperto a circa metà,
pericolosamente
vicino al bordo della scrivania e con una pagina un po’
stropicciata; documenti
in pila e un po’ di penne.
«Dunque, ispettore? La causa
del decesso?» chiese Kogoro con fare professionale.
«E’ morto avvelenato.» rispose
Megure «Con del cianuro.»
Kogoro annusò un po’ vicino il
cadavere.
«Già, percepisco un certo odore
di mandorle: segno caratteristico del cianuro.»
Poi il detective diede una
veloce occhiata ai vari fascicoli e documenti posati sul tavolo,
sfogliandone
distrattamente qualcuno.
«Come mai quasi tutti gli
angoli di questi fogli sono stropicciati?» domandò
Kogoro, notando il fatto.
«Non saprei...» confessò
Megure.
«E’ per via dell’abitudine di
mio fratello.» intervenne noncurante il signor Mashito
Masashi, affacciandosi nello
studio «Si leccava le dita per riuscire a sfogliare meglio la
pagina. Ma così
facendo rovinava tutti i documenti.»
«Non sapevo di questa sua
abitudine, nonostante fossi sua moglie.» commentò
la signora Masashi, sorpresa.
«Nemmeno io ne sapevo nulla.»
confessò il figlio della signora.
«Voi non lavorate tutti i
giorni con lui. Al contrario di me.» spiegò con
calma il signor Masashi «E
sapete che adora leggere i suoi libri chiuso qui dentro. Per questo non
lo
avete mai visto.»
Kogoro annuì, ringraziando l’uomo
per la spiegazione.
«Ispettore, analizziamo subito
i vari oggetti.» annunciò in quel momento un uomo
della scientifica «Abbiamo
gli strumenti qui con noi.»
«D’accordo.» annuì Megure, poi
si rivolse a Kogoro:
«Noi usciamo. Cerchiamo di
ricostruire che cosa possa essere accaduto.»
I due uscirono insieme nel
corridoio e Megure esordì ad alta voce:
«Bene, signori. Possiamo
accomodarci di sotto? Adesso dovrò interrogare tutte le
persone che hanno visto
il signor Masashi nelle ultime ore.»
Gli altri accondiscesero e la
signora Masashi, chinando un po’ il capo, propose:
«Potremmo andare nel salotto.
E’ abbastanza grande per accogliere tutti.»
«Per me va bene.» concordò
l’ispettore.
Mentre quella ventina di
persone, tra domestici, parenti e un paio di poliziotti, si dirigeva di
sotto,
le tre ragazze si avvicinarono all’ispettore e al detective.
«Papà... noi cosa facciamo?»
domandò Ran.
«Se l’ispettore è d’accordo,
verrete in salotto con noi.» disse Kogoro, poi
spiegò ad un confuso Megure:
«Avevo detto loro di seguirmi
caso mai l’assassino si fosse fatto vivo qui nei paraggi e le
avesse aggredite...»
«Beh, non credo che sia
armato... e forse è ancora qui in questa casa.»
rispose Megure, poi alzò le
spalle «In ogni modo, non credo daranno fastidio se
rimarranno qui.»
«Vorrei proprio scoprire chi ha
così orribilmente ucciso il signor Masashi... era amico
della mia famiglia...»
mormorò Sonoko.
«E sono certa che con il suo
aiuto, detective Kogoro, scoveremo immediatamente
l’assassino!» aggiunse Kazuha
con convinzione «Lei è bravo quasi
quanto Heiji.»
Kogoro fece una smorfia
infastidita.
“Quasi?” si
ripeté con disappunto.
Un giovane ragazzo con un
berretto in testa, mischiato tra i domestici che stavano per scendere
le scale,
aveva udito anche quest’ultima affermazione e, con un piccolo
sorriso
divertito, decise di scendere anche lui di sotto senza ancora farsi
vedere.
Una volta in salotto, Megure si
schiarì la voce e iniziò a parlare chiaramente:
«Chi può si segga, per favore,
almeno ci sarà meno caos.»
I parenti si sistemarono, tre
sul divano, uno in poltrona, e un altro su una delle sedie del bel
tavolo.
Anche qualche domestico, tra i più anziani, fu fatto sedere
sulle sedie. Altri
rimasero in piedi vicino la porta chiusa del salotto, accanto i
poliziotti. Tra
loro si trovavano anche Ran, Sonoko e Kazuha.
«Bene.» continuò Megure,
affiancandosi a Kogoro circa al centro del salotto «Secondo
il medico legale,
l’ora del delitto si può collocare nel lasso di
tempo tra le 15 e le 16...»
«Alle 15 non può essere,
ispettore.» intervenne timidamente una giovane domestica
«Sono passata nello
studio del signor Masashi alle 15 e 30 per portargli il suo spuntino
pomeridiano... come ogni giorno.»
«E lui era vivo, suppongo.»
disse Kogoro.
La domestica annuì:
«Certo, stava firmando dei
documenti.»
«Le ha detto qualcosa?» chiese
Megure.
La ragazza scosse il capo e
rispose:
«Niente. Mi ha solamente
confessato di aver fame e io, dopo aver lasciato il vassoio sulla
scrivania, me
ne sono subito andata.»
«Tutto chiaro.» annuì Megure,
poi controllò che Takagi stesse scrivendo tutto, verificando
che effettivamente
il giovane stava appuntando tutto quanto sul suo taccuino.
«Mentre voi, signori, quand’è
stata l’ultima volta che lo avete visto?» chiese
poi l’ispettore, interrogando
i parenti.
«Io quest’oggi a pranzo, come
mio figlio.» rispose per prima la signora Masashi
«Poi mio marito si è chiuso
nello studio verso le 13 e... non l’ho più
visto.» gli occhi le ritornarono
lucidi di lacrime.
Il figlio, Yuichi, aggiunse con
tristezza:
«Finché io non sono entrato
nello studio.»
«E perché era andato da suo
padre?» domandò Kogoro.
Yuichi abbassò lo sguardo e,
con un piccolo sorriso, ma gli occhi amareggiati, ammise:
«Sono proprietario di una
azienda affiliata a quella di mio padre... Oggi ho portato a termine un
affare
molto importante, firmando il contratto con il magnate di
un’altra azienda...
Ero andato a dare la buona notizia a mio padre. Mi elogia sempre quando
porto
bene a termine un compito a me assegnato... mi manca
già...»
«Deve essere stato terribile,
allora, trovarlo in quello stato...»
«Lei non s’immagina,
detective...» mormorò il giovane per risposta.
Megure decise di continuare ad
interrogare gli altri parenti e chiese alla signorina Isaki:
«Quando lo ha visto l’ultima
volta?»
«Ieri sera, ispettore.» rispose
Isaki, con ancora le guance umide «Lo conosco solamente da
qualche mese, in
realtà... Non sono originaria del Giappone, mio padre
è nativo di Tokio, ma si
è trasferito a New York da alcuni anni. Lì ha
incontrato mia madre, Margareth Amstrong,
e si sono sposati...»
«Lei è la figlia di Margareth
Amstrong?!» esclamò Kogoro, eccitato «Ma
è una delle mie attrici preferite!
Ecco, infatti ora se la osservo meglio noto una vera somiglianza con
sua
madre... oh, siete entrambe bellissime!»
Isaki arrossì completamente,
lusingata, mentre Kogoro continuava:
«Il mio film preferito di sua
madre è sicuramente “Io, lei e lui”...
oppure mi è piaciuto molto “Una rosa
rossa nella neve” o anche...»
Megure tossicchiò con
un’espressione di rimprovero e Kogoro tacque immediatamente,
ricomponendosi e
affermando con serietà:
«Continui pure, signorina.»
«Oh, sì...» riprese Isaki,
tornando triste «Mi trovavo qui a Tokio per le riprese di un
nuovo film di mia
madre, circa un anno fa... ed è così che ho
incontrato Huya Fouka. Ieri sera
abbiamo dato l’annuncio del nostro fidanzamento alla
famiglia... c’erano anche
i miei genitori qui a cena, ieri... eravamo così felici...
ed ero così
affezionata al signor Masashi... era un uomo
straordinario...» ricominciò
silenziosamente a piangere.
Megure si voltò verso Huya che,
seduto a fianco di Isaki sul divano, le cingeva dolcemente le spalle, e
gli
domandò:
«Mentre lei, signor Fouka, è il
nipote del signor Masashi, se non sbaglio... e... quando l’ha
visto l’ultima
volta?»
«Sono il figlio del fratello
della signora Masashi, ispettore.» spiegò il
giovane, con una bella voce «E...
ho visto mio zio per l’ultima volta ieri sera,
signore.»
«Uhm...» fece Megure, poi voltò
lo sguardo verso il signor Masashi, seduto sulla poltrona, domandando:
«E infine lei, signore...?»
«Sta mattina.» rispose
sbrigativo il signor Mashito «Al lavoro. Sono il suo socio...
ex socio.»
«Immagino che ora l’azienda
passerà in sua proprietà.»
notò Kogoro.
«In parte.» fu la risposta
dell’uomo.
«Spiegatemi una cosa, signori.»
riprese l’ispettore Megure «Il corpo è
stato ritrovato alle 17 e 20, e alle 17
e 30 noi della polizia siamo giunti qui. Avete detto che molti di voi
non
vedevano il signor Masashi, e che quindi non si trovavano qui in questa
casa,
da ieri o sta mattina... come mai, invece, vi trovo tutti qui,
ora?»
«Beh, io e mio figlio abitiamo
in questa casa.» rispose subito la signora Masashi.
«E infatti siamo stati gli
ultimi a vedere mio padre.» concluse Yuichi.
«Io e Isaki siamo arrivati alle
17.» disse Huya «Isaki voleva invitare la signora
Masashi ad andare a fare
shopping con lei e sua madre, visto che oggi è sabato ed
è una bella giornata.
Mentre io l’ho solamente accompagnata, poi sarei tornato a
casa mia.»
«Io sono giunto qui alle 16 e
45.» disse invece Mashito «Per sbaglio, Ikara,
questa mattina, aveva preso con
sé un fascicolo sbagliato. Me ne ero accorto dopo che se
n’era andato, perciò
ero qui per riconsegnarglielo. Ce l’ho ancora nella
borsa.»
«E non è andato nel suo
studio?» chiese Megure.
«No, sono rimasto fino le 17 e
20 qui nel salotto con Yuichi.» rispose Mashito, indicando
con il capo il
ragazzo.
«Sì, abbiamo discusso del
contratto che avevo appena firmato.» spiegò Yuichi
«Poi gli ho detto di
attendere, quando sono salito a chiamare mio padre...»
In quel momento qualcuno bussò
alla porta del salotto.
«La scientifica, ispettore.»
verificò un poliziotto vicino la porta.
«Arrivo.» annunciò Megure e
chiamò anche Kogoro.
Insieme si avviarono alla porta
e uscirono nel corridoio fuori, chiudendosela alle spalle.
Rientrarono poco dopo.
Sembravano entrambi pensierosi.
«Suvvia, non nascondeteci
nulla!» esclamò la signora Masashi
«Avete scoperto chi ha ucciso mio marito?»
«Purtroppo ancora no, signora.»
rispose l’ispettore «Ma la scientifica ha trovato
tracce di cianuro su diversi
oggetti... Innanzitutto sul dito medio del signor Masashi, che
è stato da poco
portato via dal coroner... Poi ci sono tracce del veleno anche sul
bicchiere,
il panino alle verdure e sulle pagine del libro che stava
leggendo.»
«Ora basterà solamente scoprire
chi è l’assassino...» intervenne Yuichi,
impaziente.
«Oh, problema risolto.»
Tutti i presenti si voltarono
verso Kogoro che, dritto e fiero, aveva incrociato le braccia ed
esibiva un
sorriso soddisfatto.
Anche qualcun altro, nella
sala, sorrise, con il volto semicoperto dal cappello. Ma il suo era un
sorriso
davvero divertito.
«Detective! Ha scoperto chi è
l’assassino?» chiese subito Isaki, sorpresa
«Così presto?»
«Eh, eh... già!» annuì Kogoro
con sicurezza «Nulla di più semplice.»
«Forza, Kogoro, non tenerci
sulle spine, allora.» lo incitò Megure, anche se
ancora un po’ dubbioso.
«Ebbene, signori...» esordì con
enfasi il detective «Il colpevole è...»
Il braccio di Kogoro iniziò ad
alzarsi lentamente, mentre il suo dito indice si estendeva.
Infine, con grinta, puntò il
dito verso la sua destra e dichiarò a gran voce:
«La domestica!»
«Come?!» strillò la giovane
cameriera, portandosi le mani alla bocca, mentre era puntata dal dito
del
detective e dallo sguardo di tutti.
«Com’è possibile?» fecero
Yuichi
e Isaki in contemporanea.
«Rebecca?» esclamò con sorpresa
la signora Masashi «Ma è una così brava
ragazza...»
«Magari all’apparenza,
signora!» continuò Kogoro con tono fiero, poi
tornò ad indicare la ragazza ed
esclamò:
«Confessi! Il panino che hai
portato al signor Masashi era avvelenato, non è
così?! Il signor Masashi ha
dato un bel morso al panino, poi, sentendosi come soffocare, ha bevuto
un sorso
d’acqua... e infine ha toccato le pagine del libro che aveva
aperto sulla
scrivania, prima di morire avvelenato! Confessi!»
«Ma... ma io...» balbettò la
domestica, sentendosi svenire.
Si alzò un gran brusio nella
sala.
«Sei certo di ciò che dici,
Kogoro?» domandò Megure, preoccupato.
«Ah, ah! Certo che sì!»
ribadì
il detective.
«Wow, Ran... tuo padre ha già
risolto il caso!» si stupì Kazuha.
Ran storse le labbra.
«Uhm... eppure mi sembra che ci
sia qualcosa che non va...» commentò.
«Suvvia, Ran.» la zittì Sonoko
scuotendo il capo «Il detective è tuo padre, non
tu!»
Kogoro continuò a ridere, soddisfatto
di aver risolto il caso.
Ma all’improvviso, tra tutto
quel vociare, si levò più alta una voce che, con
un tono leggermente
sarcastico, commentò:
«Davvero un’ottima teoria,
detective Mori...»
Tutti si zittirono, voltandosi
a guardare un giovane, con un cappello in testa, un giubbotto leggero,
un paio
di jeans e le mani in tasca, avanzare tranquillamente verso il centro
della
sala, concludendo:
«... Peccato sia errata.»
Kazuha, che non riusciva a
vedere molto bene, si chiese in un sussurro:
«Che sia Heiji?»
«Non riesco a vedere...»
confessò Sonoko, mentre Ran, come lei, cercava di sporgersi
un po’ di più per
guardare.
Kogoro si accigliò e sbottò:
«Ma davvero?! E chi sei tu per
dirlo, eh?»
Il giovane sorrise cordialmente
e si portò una mano al cappello.
«Strano non si ricordi di me,
detective.» commentò.
Ran riuscì finalmente a vedere.
Sgranò gli occhi dallo stupore.
Il ragazzo si tolse il berretto
e, continuando a sorridere, si presentò:
«Sono Shinichi Kudo.»
Continua...
Rieccomi qui nella sezione "Detective Conan". ^^ Dopo la prima storia
che avevo scritto su questo Anime/Manga, ne avevo iniziata subito una
seconda che però non riuscivo mai a portare avanti... Ma ora
la buona notizia: la storia l'ho appena conclusa. :D Mi manca solamente
l'epilogo, ma ho pronti ben 10 capitoli. Spero che vi piaccia... ^^
Questo periodo sono un po' fissata con le "perdite di memoria" (ho
scritto una storia simile in "Dragon Ball" e la sto pubblicando in
questi giorni)... XD
Volevo avvertire che questo "omicidio iniziale" non c'entra nulla con
tutta la vicenda. E' solo un modo
per introdurre la storia, ovvero un'entrata in scena d'effetto per
Shinichi. Perciò non preoccupatevi se non ci
capirete molto con i nomi; non li dovrete "imparare"! XD In fondo sono
nomi giapponesi, se sono un po' "difficili" non è certo per
colpa mia. ^^' Comunque ora faccio uno schemino
per spiegare meglio le varie parentele che ho descritto (magari vi
siete persi qualche figlio o nipote... ^^'):
Il morto si chiama Ikara Masashi. Sua moglie verrà
semplicemente chiamata "signora Masashi". Loro figlio è
Yuichi Masashi di trent'anni. Il fratello dell'uomo morto si chiama
Mashito Masashi, di sessant'anni. Il nipote della vittima (ovvero
figlio del fratello della signora Masashi) è Huya Fouka, di
vent'anni, fidanzato con Isaki, di diciotto anni, la ragazza bionda
figlia dell'americana e di un giapponese.
La storia vera e propria inizierà dal prossimo capitolo.
Spero comunque di non avervi annoiato in questo.
Auguro a chi mi seguirà... una buona lettura. ^^
Prossimo
aggiornamento Mercoledì
15.
|
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Capitolo 2 *** Amnesia ***
Amnesia
«Sono Shinichi
Kudo.»
Dapprima scese il silenzio
totale nella sala, tra un miscuglio di sguardi sorpresi, increduli e
confusi.
Poi si alzò un mormorio,
curioso e stupito, via via sempre più forte.
«Shi... Shinichi Kudo?» ripeté
Kogoro a bocca aperta «Ma ma ma ma...
com’è possibile?!»
Shinichi sorrise di nuovo,
alzando le spalle con un’aria un po’ da superiore.
«Eh, detective Mori... che le
devo dire? Dove c’è un delitto, io ci sono
sempre.» affermò con naturalezza il
ragazzo.
L’ispettore Megure, ancora
incredulo, chiese:
«Quando sei arrivato in città?
Sono settimane che manchi, Shinichi!»
«Settimane?» Shinichi gli
rivolse uno sguardo davvero sorpreso «Come?»
Prima che l’ispettore potesse
dire qualsiasi cosa, Huya esclamò colpito:
«Ma io ho sentito parlare di
te! Non sei per caso quel geniale giovane diciassettenne che risolve
tutti i
casi che si trova davanti?»
«Ecco...» fece Shinichi, in
imbarazzo, portandosi una mano dietro la nuca.
«Non intendi mica il brillante
figlio del grande scrittore di romanzi Yusaku Kudo?»
domandò interessata la
signora Masashi.
«Proprio io, sì.» confermò
Shinichi, ancora un po’ rosso di imbarazzo per tutti quei
complimenti.
Gli occhi della signora Masashi
brillarono di ammirazione, quando disse:
«Oh, mio marito era un grande
fan di tuo padre, sai? Pian piano mi sono appassionata
anch’io ai suoi
bellissimi romanzi... La serie del Night
Baron è fantastica!»
«Eh, eh... lo riferirò a mio
padre, allora.» sorrise il ragazzo.
Megure decise di prendere in
mano la situazione, anche considerando il fatto che Kogoro, ancora
incredulo e
stupito, stava continuando a fissare con occhi sgranati il giovane
Kudo.
L’ispettore si schiarì quindi la voce e chiese:
«Shinichi, dunque... hai
risolto il caso?»
«Oh!» Shinichi si riscosse e
tornò a mostrare il suo sorriso sicuro
«Certamente.»
Sonoko strizzò di nuovo gli
occhi, li strofinò forte con le mani e tornò a
guardare. Sì, non c’erano dubbi:
quello era Shinichi. Senza staccargli lo sguardo di dosso,
sussurrò all’amica:
«Ran, è incredibile, ma... è
davvero lui!»
«Dunque è lui il famoso
Shinichi Kudo?» fece Kazuha, osservandolo «Uhm...
assomiglia un po’ ad Heiji,
non trovate?»
Ran non rispose a nessuna delle
due. Il suo sguardo era puntato sul giovane ragazzo, la bocca un
po’ aperta e il
corpo leggermente tremante. Certo che era lui, Shinichi. I folti
capelli
castani, i brillanti occhi di quell’azzurro intenso e il
giovane viso di cui
lei, Ran, si era follemente innamorata... Eppure era semplicemente
impossibile
che fosse lui. Che fosse tornato. Che fosse lì
in quel momento... senza che prima fosse andato a salutarla.
“Shinichi...” fu il pensiero di
Ran, mentre gli occhi le si velavano di calde lacrime.
Shinichi portò di nuovo le mani
in tasca e, con fare sicuro, iniziò a parlare:
«Come dicevo, il colpevole non
può essere la cameriera.»
Mentre la suddetta domestica
tirava un sospiro di sollievo, Kogoro tornò in sé
e, offeso e accigliato,
sbottò:
«Sentiamo! E perché no?»
Shinichi gli sorrise e spiegò:
«Perché il cianuro non si
trovava nel panino.»
«E dove, allora?» chiese subito
Megure.
«Ispettore» il ragazzo si
rivolse a lui «per favore ripeta dove, esattamente,
la scientifica ha rilevato le tracce del veleno.»
«Ah, sì.» l’ispettore
afferrò
un foglio che gli era stato consegnato dagli uomini della scientifica e
lesse:
«Pochi residui sulla parte
superiore del panino alle verdure; sull’esterno del bicchiere
pieno d’acqua;
sul polpastrello del dito medio della mano destra del signor Masashi;
e,
infine, sul margine bianco a destra di cinque pagine del libro che
stava
leggendo.»
Shinichi annuì e continuò:
«Insomma è chiaro che la
domestica non è l’assassina.»
«Ma come fai ad esserne certo,
eh?» insistette Kogoro, fermamente convinto della sua teoria.
Shinichi spiegò con calma:
«Se non sbaglio, il signor Masashi
ha dato ben tre morsi al suo panino. Il cianuro agisce in fretta; se
davvero
era contenuto nel cibo allora il signor Masashi sarebbe morto al primo
morso.»
Kogoro storse le labbra,
dovendo ammettere che il moccioso
aveva ragione.
Shinichi non si fermò:
«Inoltre non vi sembra strano
che il veleno fosse solo sul polpastrello
del dito medio della mano destra
della vittima?»
Il ragazzo abbassò lo sguardo,
sorridendo con soddisfazione, e proseguì:
«Posso affermare con certezza
ciò che ha fatto il signor Masashi in quella stanza tra le
15 e 30 e le 16.»
Calò un silenzio carico di
curiosità e tensione, che fu spezzato solo dopo un
po’ dalla voce sicura di
Shinichi:
«Il signor Masashi, dopo che la
domestica si è allontanata, ha afferrato il suo libro,
aprendolo alla pagina
dov’era arrivato. Ha preso poi il suo bicchiere
d’acqua e ha bevuto un bel
sorso. Dopo di che ha addentato il suo panino, affamato, dandogli tre
morsi.
Infine ha iniziato a leggere e, dopo aver letto la prima pagina...
è morto.»
«Come fai ad essere certo che è
andata così?» chiese subito Yuichi, il figlio del
signor Masashi «Sembra tu
fossi presente...»
«Beh, una volta che si è capito
com’è morto, è semplice ricostruire
tutta la dinamica dei fatti.» affermò
tranquillamente Shinichi.
«E come è morto?» domandò
allora Isaki, in attesa come gli altri.
Mentre tutti lo fissavano
interessati, Shinichi, senza abbandonare il suo sorriso, si
portò lentamente la
mano destra alla bocca e... si leccò il polpastrello del
dito medio.
I più sembrarono capire e
trattennero il fiato, stupiti.
«Come?!» esclamarono Kogoro e
Megure in contemporanea.
Shinichi non badò a loro, bensì
volse con calma lo sguardo verso di lui, il colpevole.
Il signor Mashito Masashi
ricambiò lo sguardo, tranquillamente, con gli occhi vuoti e
inespressivi.
«Lei, signor Masashi, era
l’unico a conoscere il vizio di suo fratello. Lo ha detto lei
stesso.» disse
Shinichi, senza alcuna esitazione «Il cianuro impresso sui
lati delle pagine
del libro è stato letale per suo fratello, quando... ha
voltato pagina.»
Tornò il silenzio nella sala,
mentre gli occhi di tutti erano puntati su un distaccato e freddo
Mashito Masashi,
seduto comodamente sulla poltrona.
Dopo qualche istante,
inaspettatamente, sul viso del signor Masashi si incurvò un
piccolo sorriso
amaro.
«Brutto vizio, quello di mio
fratello, già.» commentò Mashito
«Penso abbia rovinato praticamente tutti i
documenti dell’azienda, per non parlare dei suoi libri, per
voltare le pagine
inumidendosi il dito medio.» fece una breve pausa, per poi
riprendere con
calma:
«In ogni modo, meritava di
morire.»
«Ma che cosa stai dicendo?!»
strillò la signora Masashi, in lacrime, alzandosi di scatto
in piedi, mentre
Isaki, al suo fianco, tornava a piangere a sua volta, orripilata dalle
parole
di quell’uomo. Huya la strinse più forte a
sé.
«Sei un pazzo!» continuò la
signora Masashi, disperata «Mio marito era un uomo gentile,
sempre pronto a
dare una mano a chiunque. Non aveva mai alzato le mani su di me e su
nostro
figlio, né tanto meno ci aveva mai rivolto una parola di
rimprovero. Era stimato
e amato da tutti... come hai potuto ammazzarlo
così?!»
«Era perfetto, hai ragione tu.»
approvò Mashito con voce vuota «Hai perfettamente
ragione. Lui era un
brav’uomo, sempre pronto a dare una mano a chi ne aveva
bisogno. Eccelleva a
scuola, quando era giovane, e aveva un ottimo fiuto per gli affari,
grazie al
quale ha costruito il suo grande impero finanziario. Era completo.
Mentre io...
non ero nulla.» pronunciò le ultime parole
abbassando il tono della voce e
distogliendo lo sguardo.
«Per invidia, quindi?» scattò Yuichi,
balzando in piedi immediatamente; il movimento brusco fece cadere la
sedia su
cui prima era seduto.
«Solo per invidia hai
freddamente ucciso mio padre?» ripeté Yuichi,
stringendo con forza i pugni.
Il signor Masashi, senza
guardarlo, disse:
«Invidia è una parola grossa...
beh, forse ero un po’ invidioso, può darsi... Ma
non è stato per quello...»
Voltò lentamente lo sguardo
verso di lei; uno sguardo freddo e sofferente allo stesso tempo.
E Isaki, colpita in pieno da
quello sguardo, si sentì raggelare.
«In realtà è per colpa sua.»
concluse Mashito.
Shinichi alzò un sopracciglio,
un po’ sorpreso.
“Non avevo intuito anche
questo, in effetti.” si ritrovò a pensare.
«Che stai dicendo?» chiese
subito la signora Masashi, mentre il viso della bionda ragazza si
trasfigurava
in un’espressione di profonda angoscia e dolore
«Che cosa c’entra Isaki,
adesso?»
«E’ solo pazzo!» sentenziò
Yuichi,
irato.
«Isaki, che sta dicendo?»
domandò invece Huya, confuso.
La ragazza si morse un labbro,
senza riuscire a rispondere.
Si diffuse un certo bisbigliare
per il salotto; erano tutti troppo curiosi di sapere.
Kogoro e Megure, a loro volta,
erano davvero interessati.
«Di che cosa sta parlando,
signor Masashi?» gli chiese l’ispettore
«Che cosa c’entra la signorina Kourami
con l’omicidio?»
Shinichi si aprì in un piccolo
sorriso perspicace e disse:
«Ispettore, immagino che il
signor Masashi intenda che suo fratello si era innamorato della
signorina
Kourami. Non è così?»
L’intera sala sembrò come
trattenere il fiato, stupita, mentre il signor Mashito Masashi
continuò,
impassibile, a fissare attendo Isaki che, leggermente tremante,
abbassò lo
sguardo.
Huya, sorpreso quanto gli
altri, non riusciva affatto ad accettare una simile notizia, quindi
avvicinò un
po’ di più il viso a quello della bella ragazza
seduta al suo fianco,
sussurrandole:
«Isaki... non dirmi che...»
«E’ vero.» mormorò la giovane,
sempre tenendo lo sguardo basso.
La signora Masashi, tramante,
chiese:
«E quindi... tu lo sapevi?»
Isaki annuì con il capo e
rispose:
«Fu proprio lui, Ikara, a
dirmelo... un paio di settimane fa.»
La signora Masashi aprì la
bocca come per dire qualcosa, ma poi non vi riuscì e si
voltò appena di lato,
incrociando le braccia e portandosi la mano destra sulle labbra tirate,
con gli
occhi lucidi puntati altrove.
Yuichi, del tutto impreparato
anche a questa notizia, si sentì quasi svenire,
perciò si rimise pesantemente
seduto sulla sedia che aveva fatto precedentemente cadere, ma che un
diligente
servitore aveva rialzato. Solo dopo qualche secondo riuscì a
dire:
«Non mi sembra possibile.»
«Invece è così.»
ribadì a mezza
voce la giovane, torcendosi le mani.
Huya, al suo fianco, con uno
sguardo smarrito, le domandò istintivamente:
«Ma tu non lo amavi... vero?»
Isaki si morse con forza il
labbro inferiore, mentre gli occhi le si velavano nuovamente.
Il silenzio in cui rimase, fu
come una conferma per il ragazzo al suo fianco che, ferito,
allontanò
lentamente il braccio che ancora cingeva la vita di Isaki. A lei
uscì un
singhiozzo, percependo il movimento.
D’improvviso, inaspettatamente,
il signor Masashi, comodo sulla sua poltrona, iniziò a
ridacchiare.
L’attenzione tornò di nuovo su
di lui che disse, sarcastico:
«E certo che lo amava! Amava i
suoi soldi, ecco cosa!»
«Taci!» gridò Isaki, singhiozzando,
volgendogli uno sguardo carico d’odio «Tu non sai
com’è andata! Non lo sai!»
«Sì, invece, che lo so!» la
zittì lui con grinta «Fu proprio mio fratello a
raccontarmi tutto, sai? E me lo
raccontò dopo la vostra prima, e a quanto pare unica, notte di amore!»
Isaki si sentì letteralmente
morire, colta da un profondo gelo.
Si alzò brusio incredulo e
sorpreso; alla signora Masashi uscì un gemito sofferente, ma
non si voltò a
guardare i suoi parenti; Yuichi serrò le dita sui braccioli
della sedia su cui
si trovava, non sapendo cosa pensare; e Huya, confuso e stupito,
abbassò lo
sguardo, stringendo con forza le mani sulle ginocchia.
«Sorpresa che io lo sappia, non
è così?» riprese il signor Masashi, con
una punta di malignità «Ma sai, mio
fratello si sentiva in colpa. Terribilmente. Tre giorni fa è
venuto da me,
confessandomi quanto accaduto. Ti amava, Isaki... ma credo che, forse,
amasse
di più sua moglie.» alzò lo sguardo
verso la signora Masashi che sussultò
leggermente. Tornò poi a concentrarsi su Isaki, con
un’espressione diversa e un
tono di voce più basso:
«E così non era più l’uomo
perfetto di sempre. Aveva una pecca, adesso. Una pecca chiamata Isaki
Kourami.»
La ragazza si coprì il volto
con le mani, piangendo disperata.
Mashito continuò:
«Eppure, Isaki, ieri sera hai
dato l’annuncio del tuo fidanzamento con Huya, nonostante
tutto quello che era
accaduto... credo che Ikara ci sia rimasto male...»
«No, non è così...»
singhiozzò
Isaki «Io glielo avevo detto... due giorni fa io... gli avevo
detto che non
poteva funzionare, che non poteva andare così
perché lui amava ancora sua
moglie e io... io amavo troppo Huya...» abbassò
lentamente le mani, volgendo
uno sguardo intimidito al ragazzo al suo fianco, che ancora stava
fissando
silenziosamente il pavimento «E questo è vero. Ho
sbagliato, io... io mi sono
accorta troppo tardi che ti amavo così tanto che non potevo
perderti. Per
questo ti ho chiesto di fare ieri sera l’annuncio del nostro
fidanzamento,
perché... perché volevo dimenticare e amarti
solamente.»
«Magari tu puoi dimenticare, ma
noi non possiamo.» intervenne Yuichi con una nota di rabbia
nella voce «Mio
padre ha tradito mia madre per te. E tu hai tradito mio cugino... come
possiamo
dimenticare, adesso?»
«Io...» Isaki non sapeva più
cosa dire.
Il signor Masashi scoppiò
invece a ridere, per poi esclamare:
«Hanno ragione, Isaki! Hai
deluso tutti. Non dovresti nemmeno parlare! Una sgualdrinella come te
dovrebbe
solo tacere!»
Fu un attimo.
Huya si alzò all’improvviso dal
divano e colpì forte con un pugno al viso il signor Masashi,
facendolo cadere a
terra sul bel tappeto.
«Ehi, si calmi!» esclamò
Megure, mentre quattro poliziotti intervenivano: due per tenere Huya,
pronto a
colpire di nuovo; e due per far alzare il signor Masashi, con un labbro
sanguinante,
e mettergli intanto le manette.
Isaki guardava stupita e senza
capire Huya, ansimante, trattenuto a forza dai due agenti. Il ragazzo
affermò
con rabbia:
«Mi ha tradito, è vero, ma
sento queste sue parole sincere. Lei mi ama e la amo anch’io;
per questo non
permetto a nessuno di darle della sgualdrina!»
Huya sembrò calmarsi, allora i
due agenti lo lasciarono.
Isaki non perse altro tempo e
saltò su per abbracciarlo forte. Lui ricambiò
l’abbraccio con affetto.
«Ti amo... grazie...» pianse
lei.
Megure si avvicinò invece al
signor Masashi, che aveva chinato il capo con uno sguardo triste
rivolto in
basso.
«Insomma, perché ha ucciso suo
fratello?» chiese l’ispettore.
«Il fatto è, ispettore...»
mormorò Mashito, alzando lo sguardo verso Isaki, per poi
concludere in un
sussurro «... che anch’io la amo.»
Isaki e Huya, ancora
abbracciati, si voltarono a guardarlo; cosa che fecero anche tutti gli
altri.
Mashito proseguì con un amaro
sorriso:
«Fin dal primo giorno che Huya
l’ha presentata alla famiglia. Un amore segreto, nascosto,
che, Isaki non
temere, non te lo avrei mai rivelato...» riabbassò
lo sguardo «Ma quando ho
saputo che anche Ikara ti amava... che ti aveva portato a letto... beh,
io non
ci ho visto più. Ti amavo troppo per farti del male,
perciò ne ho fatto a lui.
L’ho ucciso io ispettore... per amore.»
Calò di nuovo il silenzio.
Shinichi, con uno sguardo
serio, si immaginò quanto quell’uomo dovesse amare
la giovane Isaki, per
arrivare ad uccidere suo fratello... chissà, magari, se
avesse potuto, si
sarebbe sbarazzato volentieri anche di Huya, giusto per avere la
ragazza solo
per sé.
“L’amore è una brutta bestia.”
fu il pensiero di Shinichi, mentre Mashito Masashi veniva portato alla
centrale
di polizia e la folla usciva dal salotto.
Isaki iniziò a scusarsi con gli
altri famigliari e, dopo un lungo e silenzioso sguardo, la signora
Masashi
decise di abbracciarla, perdonandola.
Shinichi fu riscosso da Megure,
che gli si avvicinò e disse:
«E’ stato un piacere, Shinichi.
Alla prossima!»
«Ci conto, ispettore.» sorrise
il ragazzo, allegro.
Megure si allontanò e Kogoro,
con uno sguardo omicida, si rivolse immediatamente al giovane, dicendo:
«Ma da dove sbuchi, tu, eh?»
«Eh, eh!» fece Shinichi, in
imbarazzo, un po’ intimidito dallo sguardo di fuoco del
detective «Io... ero
nei paraggi e...»
«Shinichi! Non posso credere
che sia proprio tu!»
Il ragazzo sobbalzò e si voltò
indietro per vedere chi fosse stato a parlare.
Sonoko, con le mani ai fianchi,
lo stava osservando con sospetto.
«Ah, Sonoko, sei tu!» esclamò
il giovane, colto di sorpresa «Ma... che fai qui? E...
oh!» notò in quel
momento anche Kazuha e Ran, in particolare, avvicinarsi. Allora
abbassò la
voce, con uno strano tono:
«E c’è pure Ran...»
«Ciao, Shinichi, io sono
Kazuha... una amica di Heiji Hattori.» si presentò
la ragazza con un sorriso.
«Di Heiji Hattori?» ripeté
vagamente Shinichi, con gli occhi però puntati su Ran, che
ancora non gli rivolgeva lo sguardo e aveva un’espressione
lontana sul volto.
Kazuha annuì e ricontrollò
l’orologio, sbuffando:
«A proposito, ricordatemi di
ucciderlo la prossima volta che lo vedo... ancora non è qui
e sono le sei,
ormai!»
«Magari sarà arrivato, ma visto
che siamo qui non ci ha ancora trovate.» le propose Sonoko.
«Oh, può darsi...»
Shinichi intanto si era
avvicinato a Ran, approfittando della confusione della stanza,
mostrando un
sorriso il più possibile rilassato.
«Ehilà, Ran!»
«Ciao, Shinichi.» salutò lei
senza alcuna emozione.
Il ragazzo alzò un
sopracciglio, senza capire.
«Ran, cos’hai?» chiese
spontaneamente.
«Tornando a noi, Shinichi...»
li interruppe Sonoko, intromettendosi all’improvviso
«Come mai sono mesi che non ti fai vivo, eh?»
Shinichi alzò anche l’altro
sopracciglio, davvero stupito.
«Come... mesi?»
fece, senza capire.
«Mesi, sì, mesi!» ripeté
Sonoko
con grinta «Non ti vediamo da un pezzo!»
«Ah...» mormorò lui, confuso.
In quel momento un giovane
ragazzo, vestito di jeans, felpa e giubbetto, proruppe nella stanza e,
dopo
essersi guardato attorno assiduamente, lasciò ricadere le
braccia lungo i
fianchi in un chiaro segno di delusione, chinò di colpo il
capo e mormorò, come
depresso:
«Accidenti... sono arrivato
troppo tardi... il caso è già stato
risolto!»
Kazuha lo riconobbe
immediatamente e, con un cipiglio arrabbiato, avanzò a
grandi passi verso di
lui, esordendo:
«Heiji Hattori! Ben arrivato!»
Heiji si rizzò immediatamente,
arretrando intimorito da quel tono, e balbettò:
«Ka... Kazuha! Ma... ma... ma
che fai qui?»
«Ti aspettavo, cosa se no?!»
sbottò lei, incrociando le braccia «Sei in ritardo
come al solito!»
«Mi dispiace!» sorrise lui a
mo’ di scusa, ancora in imbarazzo «Ho avuto da fare
e... chi ha risolto il
caso, comunque?» domandò subito, curioso.
«Heiji! Possibile che non pensi
ad altro?»
«Che vuol dire?»
«Oh, lascia stare!» fece lei,
poi con il capo indicò Shinichi che ancora, con Ran e
Sonoko, stava assistendo
alla scena tra i due «E’ stato lui.»
spiegò Kazuha.
Heiji sgranò letteralmente gli
occhi, senza parole.
«Shi... Shinichi Kudo?!»
farfugliò, incredulo.
«In persona.» annuì Shinichi.
Heiji si avvicinò
immediatamente e, dopo aver sorriso a Sonoko e Ran per salutarle,
afferrò il
braccio di un sorpreso Shinichi e lo trascinò da parte, in
un angolo.
«Dobbiamo parlare, noi due.»
gli bisbigliò Heiji, ancora stupito.
Kazuha si avvicinò a Ran e
Sonoko con le braccia incrociate, sbottando:
«Insomma, ma che gli prende
oggi?»
«Più che altro ancora non
riesco a credere che quello sia Shinichi.»
commentò invece Sonoko, poi si voltò
verso Ran, chiedendole:
«Ma tu sapevi che sarebbe
tornato in città?»
Ran, che ancora aveva lo
sguardo, vuoto, puntato su Heiji e Shinichi che si stavano
allontanando,
mormorò un secco «No.» e allora Sonoko e
Kazuha capirono che forse era meglio
non dire altro, per il momento.
Heiji lasciò Shinichi in un
angolo del salotto abbastanza appartato e si sbrigò subito a
sussurrare:
«Ma che cavolo ti è accaduto?»
Shinichi lo guardò senza
capire, confessando:
«Non so di che cosa tu stia
parlando.»
«Ma come?!» fece Heiji,
dandogli un’occhiata da capo a piedi «Ma guardati!
Sei grande!»
«Ho la tua età, credo...»
rispose allora l’altro, più confuso di prima
«E poi... ci conosciamo?»
Heiji divenne serio
all’improvviso e, lanciando uno sguardo grave al ragazzo, gli
domandò:
«Tu non sai chi sono?»
«So il tuo nome.» rispose
Shinichi, iniziando ad insospettirsi «Sei Heiji Hattori, il
giovane detective
di Osaka. Ma mi sembra di non aver avuto ancora l’occasione
di poter scambiare
due chiacchiere con te, no?»
Heiji rimase in silenzio
qualche istante, poi pronunciò con serietà:
«Conan Doyle e Rampo Edogawa.»
fece una piccola pausa, durante la quale Shinichi continuò a
fissarlo attento e
in silenzio. E infine Heiji domandò:
«Il nome Conan Edogawa ti dice
nulla?»
Altro silenzio.
Poi Shinichi parlò:
«Non so chi sia.»
Continua...
Ecco qua il secondo capitolo! ^^
Ora entriamo davvero nel vivo della storia... -_^
Ora i ringraziamenti per le
recensioni:
Sweetgirl91:
Ehilà! Dopo DB ti risento pure qui! XD
Prenditela comoda, mica devi leggere tutto di fuga per forza!
X°°D Poi questi capitoli di Conan sono molto
più lunghi dell'altra storia, quindi... Tornando a parlare
di questa fic (Cattiva! Sei una traditrice! E così te la fai con Shinichi e
company, eh? Ma come osi tradire il Principe dei Saiyan! L'uomo
più figo del pianeta! è_é nd Vegeta,
spuntato da chissà dove) (Ma tu sbuchi fuori ovunque???
Taci, scimmione! Shinichi è molto più carino di
te! Ti supera pure Heiji! nd io) (Loro saranno solo carini, ma io
ho fascino! nd Vegeta, sicuro di sé) (Già,
fascino... al pari di un gorilla! XD nd io) (Vegeta scappa via piangendo)
Dicevamo? Ah, sì... tornando alla storia di Conan... Eh, eh,
dai che c'eri quasi con l'assassino! XD Va bé, era una
vicenda un po' particolare... All'inizio pensavo di scriverla tutta
diversa questa storia, poi ho cambiato idea, ma questi primi capitoli
mi piacevano, quindi ho fatto un porchetto! XD Ran già non
sembra molto contenta, se hai notato... Poveretta, lui la ignora!
ç_ç Sono così carini insieme... Beh,
niente, ci vediamo dopo (ETUSAIDOVEEPERCHÈ... basta sa ste
frasi! X°°D)! Ciao!
Ringrazio anche tutti coloro che
hanno solamente letto. E siete tantissimi! ^//^
Un grazie anche a sexy_eclipse
che ha aggiunto la storia alle Seguite. -_^
Il prossimo aggiornamento
sarà Lunedì
20 - il compleanno della mia cagnolina! ** -
perché parto in vacanza. Ciao! ^^
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Capitolo 3 *** Ricordi sfuggenti ***
Ricordi sfuggenti
Heiji fissò intensamente
Shinichi con la fronte corrucciata, e alla fine affermò con
serietà:
«Dobbiamo parlare, Shinichi. E’
molto importante.»
«Se mi aiuterai a fare
chiarezza su alcuni fatti, verrò con te.» gli
rispose l’altro con lo stesso
tono.
Heiji annuì, dicendo:
«Spero ti sarò d’aiuto.»
«Vi
riporto a casa?»
«Credo sia meglio, sì.»
Kogoro annuì alla risposta di
sua figlia e disse ancora:
«Aspettate solo altri cinque
minuti, devo parlare un attimo con l’ispettore
Megure.»
«D’accordo.» fece Ran, con lo
sguardo perso nel vuoto.
Kogoro, ancora un po’ irritato
per quanto avvenuto prima... o meglio, particolarmente
seccato per il ritorno di quel Kudo, si allontanò
dalle tre ragazze.
Invece, Heiji e Shinichi si
avvicinarono, entrambi con uno sguardo cupo e serio.
«Noi dobbiamo andare.» annunciò
il giovane di Osaka con gravità.
«Che significa?» sbottò Kazuha,
scocciata «Andare dove?»
«Ti spiegherò poi, Kazuha...»
rispose vago Heiji.
«Voi uomini siete tutti uguali:
fate tardi agli appuntamenti e ve ne andate presto con una
scusa.» sentenziò
Sonoko, con l’aria di una che “la sa
lunga”.
Ran continuava ostinatamente a
rimanere in silenzio, con uno sguardo perso.
Shinichi voleva a tutti costi
scoprire cosa la turbava.
«Arrivo subito, va bene?»
sussurrò ad Heiji, poi afferrò delicatamente la
mano di Ran che sussultò al
contatto.
«Possiamo parlare un secondo?»
chiese Shinichi, intanto la trascinò dolcemente lontano
dagli altri.
«Aspetta!» bisbigliò Heiji,
preoccupato che l’amico potesse combinare qualche disastro
«Shinichi!»
«Ma lasciali stare, no?» fece
Sonoko, con un sorrisino «Sono tanto carini quando stanno
insieme!»
Heiji si grattò il capo,
pensando:
“Non so quanto saranno carini
sta volta...”
«Va tutto bene?» domandò
Shinichi, lasciando la mano di Ran.
Lei non gli rivolse lo sguardo,
ma mormorò:
«E me lo chiedi?»
Il ragazzo era veramente
confuso.
Divenne serio, ripensando a
quel detective di Osaka. C’era qualcosa che non andava...
Sonoko e Ran
sembravano credere che lui non si facesse vivo da mesi, quando in
realtà, ne
era sicuro, non le vedeva dal giorno prima a scuola!
“Che cos’è accaduto?” si
chiese, senza riuscire a trovare una risposta nella sua mente confusa.
Era come
se mancasse qualcosa, se ci fosse qualcosa
che non riuscisse a ricordare.
“Ma cosa?” si interrogò,
spremendosi le meningi.
«Con che coraggio...» sussurrò
Ran all’improvviso, con gli occhi bassi.
Lui tornò a guardarla
intensamente e lei proseguì:
«Con che coraggio ora vieni a
parlare con me?»
Shinichi rimase senza parole.
«Ran, non capisco che...»
«Sei proprio uno stupido,
Shinichi!» esclamò la ragazza, rivolgendogli uno
sguardo lucido pieno di
rabbia.
Poi si voltò di scatto e avanzò
a passi decisi verso Sonoko e Kazuha.
«Andiamo, forza.» fece Ran,
dirigendosi da suo padre.
Le altre due annuirono e, dopo
aver salutato velocemente Heiji (Kazuha anche con uno sguardo di
rimprovero),
la raggiunsero.
Heiji si girò verso Shinichi,
che si stava avvicinando lentamente, senza parole.
«Hai combinato un vero casino,
Shinichi.» gli fece notare il ragazzo «Forza,
vieni, andiamo via.»
Shinichi si limitò ad annuire,
non sapendo proprio cosa dire.
I
due giovani ragazzi
riuscirono a prendere al volo un autobus, si sistemarono su due posti
vuoti
vicini e rimasero in silenzio alcuni istanti, senza che i loro sguardi
si
incontrassero.
Shinichi, di fianco il
finestrino, aveva lo sguardo perso fuori, soprappensiero.
Heiji, al contrario, aveva gli
occhi puntati su l’amico, a sua volta con mille pensieri in
testa.
Dopo un po’, mentre l’autobus
si fermava ad un semaforo, Shinichi si decise a parlare, senza
però distogliere
la sua attenzione dai passanti sulla strada.
«Che cosa succede? Perché mi
sento così... confuso?»
Heiji divenne tremendamente
serio, quando rispose:
«Non ne ho idea.»
Shinichi, allora, si voltò a
guardarlo, interrogandolo ancora:
«In che modo puoi aiutarmi,
allora?»
«Posso dirti chi sei. Aiutarti
a ricordare.» disse Heiji con convinzione.
Shinichi gli lanciò uno sguardo
poco fiducioso.
Heiji non si arrese e chiese:
«Allora... l’ultima cosa che
ricordi?»
L’altro ragazzo si portò una
mano al mento, alzò i suoi intensi occhi azzurri al tettino
dell’autobus, che
intanto era ripartito, e affermò:
«Uhm... non ne sono sicuro,
ma... credo di ricordare che, dopo la scuola, ieri, sono tornato a
casa. Mi
ricordo di aver parlato con Ran, promettendole che saremo usciti una
sera... e
poi niente, sono tornato a casa e, anche se non ne sono pienamente
convinto,
direi di essere andato a dormire subito... Sta mattina mi sono
risvegliato nel
mio letto. A casa mia. Ed oggi, essendo un giorno festivo, sono uscito
a fare
quattro passi...»
Heiji scosse il capo e Shinichi
tornò a concentrare l’attenzione su di lui, che
disse:
«Non ci siamo. Possibile che tu
non ricordi Conan? L’Organizzazione?»
Shinichi, per tutta risposta,
gli rivolse uno sguardo confuso.
Heiji non si perse d’animo e
riprovò:
«Degli uomini vestiti
completamente di nero, una sera, diversi mesi fa, direi, quando sei
uscito al
Luna Park con Ran, ti hanno fatto ingoiare un farmaco,
l’APTX, che ti ha fatto
rimpicciolire, riducendoti ad un bambino di soli sette
anni...»
«Frena, frena!» lo interruppe
l’altro, alquanto sconcertato.
Heiji si immaginò che
probabilmente era rimasto scioccato sentendo dire che, mediante un
farmaco,
degli uomini sconosciuti lo avevano ridotto ad un bambino... ma... si
sbagliava.
«Io al Luna Park con Ran?» fece
Shinichi, stupefatto «E quando mai sarei uscito con
lei?» divenne rosso
d’imbarazzo «E come fai a saperlo tu,
soprattutto?»
Heiji, esasperato, si passò una
mano sul viso e poi esclamò con serietà:
«Non so se hai capito,
Shinichi, ma ti ho detto che degli uomini in nero ti hanno fatto
rimpicciolire
con un farmaco! Non credi sia più importante questa notizia
che qualsiasi altra
cosa, in questo momento?»
Anche Shinichi, allora, tornò
serio, commentando:
«In effetti, se quel che dici è
vero... ma io non ricordo nulla.»
«Non ricordi che quando quegli
uomini hanno scoperto che in realtà ti eri semplicemente
trasformato in un
moccioso, invece di morire come volevano che accadesse, hanno cercato
anche di
ammazzarti?»
Shinichi, dopo qualche istante
di silenzio, scosse appena il capo in segno di negazione.
«Ok...» sospirò Heiji, con una
mano tra i capelli, cercando di pensare ad una soluzione.
«In ogni modo, come fai a
sapere tutte queste cose di me?» domandò allora
Shinichi, un po’ dubbioso «Sempre che siano vere,
chiaro.»
«Perché me l’hai dette tu!»
esclamò Heiji, come se la cosa fosse ovvia «Ci
conosciamo da diverso tempo,
ormai... solo io e pochi altri sappiamo della tua vera
identità di quando eri Conan.
E Ran, naturalmente, non sa
nulla.»
«Che vuol dire? Mi trasformo in
un moccioso e non lo dico a Ran?» la cosa a Shinichi sembrava
impossibile «E se
davvero ero con lei al Luna Park, mi avrà visto,
no?»
«No, non ti ha visto.»
«E allora perché non le ho
detto nulla?» insistette Shinichi, iniziando a pensare che
quel ragazzo gli
stesse mentendo.
«Per proteggerla, Shinichi!»
Il tono duro e teso con cui
Heiji aveva pronunciato quelle parole, fece incupire Shinichi.
«Proteggerla...?» mormorò,
cupo.
Heiji annuì con gravità,
spiegando:
«Volevi evitare di metterla in
mezzo. Avrebbero potuto provare ad uccidere anche lei.»
Shinichi lo fissò a lungo negli
occhi, in modo intenso, poi si voltò lentamente verso il
finestrino, portandosi
una mano alla testa e affermando:
«Tutto questo non può essere
vero. Io non ricordo nulla...»
«Devi riuscirci, Shinichi.» lo
spronò Heiji in un sussurro «Provaci.»
«Ma io non...» abbassò gli
occhi.
«Non ricordi quanto hai cercato
quegli uomini in nero?» tentò ancora Heiji
«Hai seguito Kogoro nelle sue
indagini, e mentre i casi venivano risolti, pian piano tu riuscivi a
saperne di
più sull’Organizzazione...»
«Ah, questo non può essere.»
sorrise amaramente Shinichi «Devo ancora vederlo Kogoro
risolvere un caso.»
«In effetti eri tu a
risolverli, ma in realtà tutti credono che sia stato Kogoro.
Tu eri solo un
moccioso, no?» spiegò il giovane di Osaka.
Shinichi storse un po’ le
labbra, pensieroso.
“Ma come è possibile?” si
chiese.
«Non ricordi le invenzioni che
il dottor Agasa aveva preparato per te?» insistette Heiji
«Me ne avevi parlato
vagamente... tipo scarpe potenziate, palloni
auto-gonfianti...»
Shinichi non disse ancora
nulla.
Heiji si spremette le meningi,
non sapendo che altro dire.
«E quella banda di mocciosi?
Com’è che li chiamavi? I “giovani
detective”?»
Ancora silenzio.
«Quella volta che Ran ha quasi
scoperto chi eri in realtà? Come sei riuscito a farle
credere il contrario? ...
Ai?» chiese in un ultimo tentativo disperato.
Shinichi sembrò come
riscuotersi.
«Ripeti?»
Heiji alzò un sopracciglio.
«Ricordi Ai?» ripeté, sperando
in bene.
Gli occhi di Shinichi
sembravano come brillare. Li abbassò, ma erano leggermente
tremanti, come il
resto del corpo.
«Anche detta Sherry, da quelli
dell’Organizzazione.» precisò il
detective di Osaka.
Dopo qualche istante di teso
silenzio, Shinichi mormorò:
«Mi ricordo di lei.»
«Davvero?» domandò subito
Heiji, sorpreso «E cosa ricordi?»
Shinichi aggrottò la fronte.
«E’ tutto così... confuso, in
realtà. Non...»
Un improvviso ricordo lo
investì.
Gli occhi intensi di lei, lucidi di
lacrime.
«Shinichi...»
Come
riuscire a distogliere lo sguardo da quegli
occhi così sinceri e limpidi?
«Mi... dispiace... Ai...»
«Ai...»
sussurrò Shinichi,
tremendamente preoccupato e con gli occhi leggermente velati di lacrime
«Le è
accaduto qualcosa.»
«Come?» fece Heiji, senza
capire.
L’autobus si fermò.
Shinichi si alzò subito in
piedi, passò davanti ad un incredulo Heiji e si diresse
verso l’uscita
dell’autobus.
«Ehi... ehi! Aspettami!»
esclamò il giovane di Osaka, alzandosi e inseguendolo.
Heiji scese dall’autobus e
corse dietro Shinichi che camminava a passi decisi per il marciapiede.
«Che significa che le è
accaduto qualcosa?» fece il giovane, ancora sorpreso.
Shinichi scosse il capo,
dicendo:
«Non lo so... è... come un
ricordo lontano...»
Heiji si grattò il capo,
pensando.
«Uhm... magari è grazie ad un
suo antidoto, come accaduto un’altra volta, che sei tornato
grande.»
Shinichi si voltò di colpo a
guardarlo, chiedendo:
«Perciò non è la prima volta
che ritorno alla mia vera età?»
«No... è già accaduto altre due
volte, se non sbaglio.» rispose Heiji.
Shinichi si portò una mano in
tasca e l’altra al mento, pensieroso. Dopo un po’
disse:
«Ammetto di avere un vago
ricordo anche di questo. Mi sembra che...» si interruppe,
pensieroso.
«Magari sta volta
andrà meglio, Shinichi.»
Lui le lanciò uno sguardo poco convinto, ma lei
continuò a sostenere quell’aria sicura di sempre.
«Uhm, non saprei, Ai... quanto tempo credi durerà,
sta volta, l’effetto?»
Ai si portò un dito alle labbra e alzò gli occhi
in
alto, riflettendo.
«Direi...»
«...
Un po’ più della volta
scorsa.» mormorò Shinichi, mentre quel lontano
ricordo sfumava via proprio come
era giunto.
Heiji gli rivolse uno sguardo
confuso. Shinichi se ne accorse e spiegò:
«E’ stata Ai a farmi tornare grande,
sì. Ma nemmeno lei aveva idea di quanto durerà
l’effetto.»
«Accidenti, questo è un bel
problema.» constatò Heiji, incrociando le braccia
«Inoltre ancora non ricordi
come tu abbia fatto a perdere la memoria, vero? Ne tanto meno dove tu
sia stato
in queste ultime ore, immagino.»
Shinichi, per tutta risposta,
scosse il capo sconsolato.
Heiji sospirò e disse:
«D’accordo. Vieni.» si avviò
per il marciapiede.
«Dove vai?» domandò l’altro,
sorpreso.
Heiji si voltò a guardarlo e
rispose sicuro:
«A “casa” di Ai.»
Il
dottor Agasa stava
sonnecchiando sul divano.
Erano giorni, ormai, che la
notte non riusciva a chiudere occhio.
Era preoccupato. Molto
preoccupato.
Ai e Conan erano spariti.
Si rigirò tra la leggera
coperta che aveva sopra; tremendamente in ansia.
In quel momento la porta suonò
con grinta, facendolo sobbalzare e cadere dal divano.
Si tirò subito in piedi,
esclamando con una forte speranza in petto:
«Sono loro!»
Corse alla porta e aprì. Si
trovò Heiji davanti.
Il dottor Agasa si aggiustò un
po’ gli occhiali e fece, stupito:
«Se non sbaglio, tu sei Heiji
Hattori... il detective di Osaka.»
«E lei deve essere il dottor
Agasa, no?» rispose Heiji, poi continuò:
«In ogni modo, non sono solo.»
Shinichi si fece avanti e
salutò il dottore con un caldo sorriso, anche se, in
realtà, in febbrile attesa
di sapere altro su ciò che non ricordava. Non aveva idea,
infatti, che la “casa
di Ai”, fosse in realtà quella del dottor Agasa.
Quest’ultimo, alla vista di
Shinichi, sgranò gli occhi, senza parole.
«Shi... Shi... Shinichi?»
balbettò Agasa «Ma... come...?»
«Dottor Agasa, lui...» iniziò
Heiji, ma fu interrotto da Shinichi che disse con gravità:
«Io non ricordo più nulla.»
«Ecco, appunto questo.»
commentò Heiji, annuendo.
Al dottor Agasa ci volle ancora
qualche minuto prima di riprendersi, ma poi si riscosse, invitandoli ad
entrare:
«Venite dentro, svelti.»
Si misero tutti e tre seduti
sui divanetti.
Il dottor Agasa non perse tempo
e domandò subito:
«Come è possibile, Shinichi?
Fino a cinque/sei giorni fa eri un bambino alto poco più di
un metro e
venti...»
Shinichi incrociò le braccia e
appoggiò stancamente la schiena al divanetto, commentando:
«E il bello è che io non
ricordo nulla di quanto mi state dicendo. A parte...»
«A parte?» chiese subito Agasa.
«A parte Ai.» rispose Shinichi,
sospirando preoccupato «E sento che lei è in
pericolo.»
Agasa rimase a fissarlo
intensamente, in silenzio, preoccupato quanto lui.
Heiji, allora, decise di
intervenire:
«Dottore, se siamo venuti qui è
per chiederle aiuto. Ai abitava qui con lei, no?
Dov’è ora?»
Agasa abbassò lentamente lo
sguardo e mormorò con un velo di tristezza:
«E’ questo il punto. Non lo
so.»
«Come?» esclamò
Heiji, stupito.
Shinichi si fece attento e il
dottore iniziò a spiegare:
«Circa sei giorni fa, Ai divenne
strana. Era agitata e dal suo sguardo sembrava spaventata a morte. Le
chiesi
cosa fosse accaduto, ma mi rispose che voleva assolutamente parlare con
te,
Shinichi.» il dottore guardò il ragazzo negli
occhi, che però non disse nulla «Ti
ha telefonato e tu sei venuto qui, circa un’ora dopo. Avete
parlato a lungo, da
soli, in una stanza appartata, e quando siete usciti lei sembrava un
po’ più
calma.»
«Dopo di che?» chiese allora
Shinichi, desideroso di sapere.
E Agasa rispose con voce
tremante:
«Siete usciti insieme,
dicendomi che... dovevate verificare una cosa.»
Heiji, colpito dal racconto, lo
esortò a parlare:
«E sarebbe?»
«Non ne ho idea.» rispose
Agasa, spiacente «Hanno detto che mi avrebbero spiegato tutto
in seguito. Hanno
anche cercato di rassicurarmi, dicendomi di non preoccuparmi se
sarebbero
mancati per un po’ di tempo... e mi hanno chiesto di...
coprirli, caso mai,
Ran, ad esempio, fosse venuta a cercare Conan... certo non immaginavo
sareste
stati via così tanto, ma io ho tenuto il gioco come mi era
stato chiesto.»
«E perché Ran sarebbe dovuta
venire a cercarmi?» domandò Shinichi, senza capire.
«Perché abitavi da lei... non
te l’ho... detto?» gli rispose Heiji, cauto.
Shinichi gli lanciò uno sguardo
incredulo. Poi lo distolse, particolarmente scioccato, cercando
però di non
darlo a vedere, e mormorò:
«Abitavo da Ran? Ah...»
«Comunque, ora è più importante
scoprire dove si trova Ai. E che cosa è accaduto in questi
cinque giorni.»
commentò Heiji seriamente.
«Innanzitutto, sarebbe utile
cercare di scoprire dove doveva andare Ai con Shinichi...»
aggiunse il dottore,
lanciando uno sguardo a quest’ultimo.
«Io... io non ricordo...»
mormorò lui, abbassando gli occhi.
Invece, in quel istante, delle
immagini gli ritornarono in mente; dapprima confuse, poi sempre
più nitide.
Conan si chiuse la porta della
stanza alle spalle e
osservò Ai, che si abbracciava le gambe rannicchiata su di
una sedia.
Lui si avvicinò cauto e si mise seduto sulla sedia
di fronte a lei.
«Cosa succede, Ai?» le chiese, preoccupato. Al
telefono
aveva una voce davvero terrorizzata.
«Dobbiamo andare via, Shinichi...»
sussurrò Ai, con
gli occhi velati di lacrime «Dobbiamo andarcene.
Adesso!»
«Perché?» domandò lui, senza
capire.
«E’ qui, Shinichi... è qui...»
lei gli lanciò uno
sguardo di puro terrore «L’Organizzazione ci ha
trovati.»
Continua...
E anche il terzo capitolo
è andato. ^^
La fic non sarà mai statica, bensì molto
dinamica: in ogni capitolo ci saranno
nuove scoperte, colpi di scena e sarà
ricca di azione. Dieci capitoli ben
concentrati, insomma! -_^
Ma passiamo ai ringraziamenti,
ora:
Sweetgirl91: Mi
piace un bel po' inventarmi casi e omicidi! XD Chissà,
magari da grande dovrei fare la serial
killer! X°D O la scrittrice di romanzi gialli. -
Questo è un po' meno cruento ^^ - Comunque la ragazza bionda
l'ho pensata bella al pari di Nicole Kidman o Angelina Jolie (insomma,
una di quelle tipe che al primo sguardo i maschi si eccitano subito!
XD). Tornando a Shinichi... E' stato in grado di peggiorare
maggiormente la situazione! XP Solo lui, guarda... <.<
Vabbé, poretto, non si ricorda una pippa! X°P In
quanto a Heiji... Sì, sì, sarà
presente per tutta la storia. ^^ Piace parecchio anche a me! ^0^
Infatti, se hai notato, lo inserisco sempre tra i protagonisti delle
storie di Conan. ^^ Va bé, concludo qui... Devo andare a
preparare il pranzo! E... hai visto? Oggi ho aggiornato prima! ^^ Ti
mando una mail! Ciao!
sexy_eclipse:
Immaginavo fosse un po' ingarbugliato l'omicidio che ho descritto! XD
Non so... quando scrivo le parole mi escono da sole e quindi
inizialmente non so mai di cosa voglio parlare - in questo caso, non
sapevo come far avvenire l'omicidio -, poi, scrivendo, le idee mi
iniziano a venire da sole, e quindi le scrivo. ^^ Perciò
capisco se qualcuno a volte si può perdere nei miei
ragionamenti contorti... Sono del parere che sia più facile
"capire" gli omicidi se li si vede in tv o li si legge nel manga -
poter vedere le facce
dei personaggi semplifica molto le cose, immagino ^^ -... Va
bé, lasciando perdere questi discorsi... Sono contenta che
la storia ti piaccia. :D Spero di non deluderti! ^^ Ciao!
Liz Shelley: Grazie
millissime dei complimenti! ^///^ Ho visto che hai aggiunto la storia
anche alle Preferite... ^//^ Il capitolo ti è piaciuto? Come
vedi, pian piano Shinichi inizia a ricordare qualcosa...
Chissà che è successo ad Ai... ;P Alla prossima,
ciao! ^^
Roe: Grazie
anche a te dei complimenti! ^//^ Davvero non sopporti Ran? XD Beh,
allora alcuni aspetti di questa fic ti piaceranno e altri no... XP Non
ti dico altro, o ti rovino la sorpresa! ^^ Mentre Heiji...
sì, è vero, ancora non si ricorda dell'amicizia
con lui! ^^' Piano piano rimembrerà tutto, comunque. -_^
Grazie della fiducia mettendo la fic nelle Seguite... nella speranza di
non deluderti, ti saluto! ;) Ciao!
Mommika: Davvero
la trovi così scritta bene? *//* Grazie! ^^ Adoro il manga
di Conan, effettivamente... Per questo è per me un grande onore sapere
che mi sono "ambientata" bene nelle atmosfere di questo manga. ^^ Spero
che il capitolo ti sia piaciuto! Ciao!
Un grazie anche a tutti coloro
che hanno solamente letto e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e
Preferite.
Prossimo aggiornamento Mercoledì
22. ^^
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Capitolo 4 *** Alla ricerca di Ai ***
Volevo puntualizzare una cosa: quando nei ricordi parlo di "Shinichi", intendo Shinichi grande. Mentre, con "Conan", intendo Shinichi piccolo. Spero sia chiaro! ^^
Alla ricerca di Ai
«Che
significa l’Organizzazione ci ha
trovati?» fece
Heiji, sorpreso.
«Io non lo so!» Shinichi si
portò le mani alla testa, scompigliandosi i capelli e
strizzando gli occhi
cercando di ricordare qualcosa di più, ma senza successo
«Non lo so! E’ come se
ci fosse un enorme buco nella mia memoria, che ogni tanto viene
riempito con un
nuovo piccolo ricordo... non ci capisco più nulla!»
«Adesso calmati, Shinichi.» gli
ordinò il dottor Agasa, alzandosi in piedi «Se
vogliamo aiutare Ai dobbiamo
scoprire dove si trova, giusto? E visto che tu non ricordi nulla,
dovremmo
tornare ai vecchi metodi.»
Shinichi lo guardò seriamente.
Heiji, non avendo capito,
chiese:
«Ovvero?»
Il dottor Agasa indicò tutti e
due con un dito, dicendo:
«Siete entrambi detective,
giusto? Quindi datevi da fare: indagate e scoprite
dov’è Ai.»
Heiji sorrise sicuro,
battendosi un pugno sul palmo della mano e affermò:
«Unendo le nostre forze ce la
faremo.»
Shinichi non disse nulla. Si
alzò semplicemente in piedi con uno sguardo truce e si
voltò verso la stanza di
Ai.
«Andiamo lì.» decise e si
avviò
alla camera.
«Aspettami, Shinichi!» esclamò
Heiji, sbrigandosi a seguirlo.
Il dottor Agasa sospirò,
preoccupato per la sorte della ragazza, e andò anche lui con
loro.
La stanza era in ordine, come
sempre. Mai un libro fuori posto, mai il letto disfatto. Appunto per
questo un
foglio spiegazzato sulla scrivania attirò
l’attenzione di Shinichi.
Il ragazzo lo prese in mano,
dispiegandolo.
«Che cos’è?»
domandò subito
Heiji, avvicinandosi all’amico per poter vedere.
Si trattava dell’elenco degli
orari degli autobus.
Shinichi aggrottò la fronte,
pensieroso.
“Forse...” pensò, confuso.
«Starai più
tranquilla se andassimo a verificare?»
Ai lo guardò con occhi pieni di paura e mormorò
con
voce leggermente tremante:
«Non voglio andare, Shinichi...»
Lui annuì, capendola, e disse:
«D’accordo. Andrò solo io.» e
prese l’elenco degli
orari degli autobus che la ragazza teneva su un ripiano.
«No!»
Ai lo disse con una grande forza e convinzione che
quasi Shinichi si spaventò. Lei abbassò gli occhi
frementi e sussurrò:
«E’ troppo pericoloso.»
Allora Shinichi posò l’elenco sul tavolo e
afferrò
con dolcezza le mani di lei. Ai gli rivolse uno sguardo lucido di
lacrime.
Shinichi le parlò con decisione e delicatezza allo stesso
tempo:
«Ascoltami: ti prometto che non ci accadrà nulla.
Hai
sempre paura ad andare in giro, e ti capisco, per questo ti spaventa
qualsiasi
persona sospetta. Quindi si tratta solo di verificare se
c’era davvero un membro dell’Organizzazione dove
sei andata sta mattina con il dottor Agasa.
Insieme faremo presto.»
«Credi che io abbia delle paranoie, dunque?» il
tono
della ragazza era un po’ punto; quasi si sentiva una stupida,
ma allo stesso
tempo era arrabbiata con Shinichi che sembrava non volerle credere.
Lui la fissò con intensità, serio, per poi dire:
«Ammetto di avere paura anch’io, Ai.»
Lei lo comprese e si sentì in parte sollevata.
Shinichi sospirò, teso, commentando:
«In questo non sarai mai sola: l’Organizzazione
spaventa anche me.»
Scese il silenzio per qualche istante, poi il
ragazzo concluse:
«Andiamo insieme, Ai, ci farà sentire meglio
entrambi se constateremo che ti sei sbagliata.»
«E se non mi fossi sbagliata?» la domanda le
uscì
spontanea.
Calò di nuovo un silenzio cupo.
Shinichi abbassò un po’ lo sguardo e
mormorò:
«Allora ti chiederò scusa.»
Lei non disse nulla per un po’, poi si alzò in
piedi, affermando:
«Andiamo.»
«...
magari non c’entra nulla,
non trovi Shinichi?»
Shinichi si riscosse,
voltandosi a guardare Heiji. Questi capì che non lo aveva
ascoltato e ripeté
con calma:
«Dicevo che è solo un elenco di
autobus che magari Ai utilizzava spesso. Probabilmente non
c’entra nulla.»
Shinichi tornò pensieroso a
guardare il foglio e disse:
«Io invece credo il contrario.»
«Come?» fece Heji senza capire.
Shinichi si voltò verso il
dottor Agasa, rimasto sulla soglia della camera, e gli chiese:
«Dove sei andato con Ai cinque/sei
giorni fa, di mattina?»
Heiji, non sapendo di cosa
l’amico stesse parlando, si voltò a guardare
Agasa, curioso.
«La mattina...?» ripeté lo scienziato,
sorpreso, poi rispose subito:
«Oh, siamo stati al porto...
Dovevo comprare del pesce.»
«Al porto?» chiese Shinichi,
abbassando di colpo lo sguardo corrucciato, colto, sta volta, da
un’improvvisa
fitta di dolore alla testa.
«Puzza di pesce, qua,
eh?»
«Se non l’avessi notato, Shinichi, a due passi
c’è
il mare. E proprio di fronte a noi, il bancone del pesce.»
Lui si voltò a guardarla, ridacchiando, e disse:
«Dai su, sciogliti un po’... finora non
è successo
niente. E non abbiamo visto nessuno, soprattutto.»
Ai si guardò intorno preoccupata e mormorò:
«Ho una strana sensazione...»
Shinichi si rifece serio e le chiese:
«Dove l’hai vista?»
Lei, lo sguardo tremante, indicò con un cenno del
capo un vicolo in penombra tra due magazzini scuri e imponenti.
«Lì.» rispose Ai «La donna
vestita di nero si
trovava lì.»
Shinichi alzò gli occhi al cielo di quel pieno
pomeriggio, poi tornò a guardare il vicolo, pensieroso.
«Allora andiamo a vedere.» decise il ragazzo,
convinto.
Ai annuì debolmente con il capo e si avviò con
lui
verso i due magazzini.
«Ehi,
Shinichi, stai male?» si
preoccupò subito Agasa.
Shinichi si era infatti come
sentito svenire, perciò era indietreggiato di colpo e aveva
appoggiato
d’istinto la mano destra alla scrivania al suo fianco per non
cadere, mentre
con l’altra si reggeva il capo dolorante. Pian piano,
comunque, il dolore stava
svanendo.
«Ora va un po’ meglio...»
sussurrò, socchiudendo gli occhi mentre si massaggiava la
testa.
«Cosa ti è successo?» gli
chiese Heji.
«Un nuovo ricordo.» rispose
Shinichi, guardandoli «Dove ero al porto con Ai, alla ricerca
di una donna vestita di nero.»
Heiji e Agasa spalancarono gli
occhi, stupiti.
«E poi, quasi
contemporaneamente, un dolore lancinante sopra la tempia
destra.» concluse il
ragazzo, raddrizzandosi.
Agasa intervenne subito,
dicendo:
«Siediti, ti do un’occhiata.»
Shinichi non se lo fece
ripetere e si mise seduto sulla sedia vicino a lui. Lo scienziato gli
spostò i
capelli per controllare, poi commentò storcendo le labbra:
«Qui hai un brutto taglio,
Shinichi, che fortunatamente si sta rimarginando...»
«Un taglio?» ripeté il ragazzo,
confuso.
Heiji si mostrò preoccupato,
quando gli domandò:
«Per caso, ti fa male qualche
altra parte del corpo?»
«Come?» fece Shinichi, senza
capire «E perché?»
Anche Agasa capì cosa intendeva
Heiji, perciò disse, scuro in volto:
«Shinichi... per quanto ne
sappiamo, ovvero molto poco, potrebbe esserti accaduta qualsiasi cosa.
Potresti
essere stato rapito...»
Heiji annuì, serio.
«Rapito...» Shinichi abbassò lo
sguardo, corrucciato «Non capisco... continuo a non capirci
niente di tutta
questa storia assurda...»
«Ma ti senti bene, oppure no?»
chiese di nuovo Heiji.
Shinichi rialzò gli occhi su di
lui e rispose lentamente:
«Beh... Ammetto di sentire un
po’ di male ai fianchi e alla schiena... ma non ci ho fatto
troppo caso sta
mattina, quando mi sono alzato, immaginando che avessi semplicemente
dormito
scomodo... La cosa che mi ha davvero sorpreso, invece, è che
quando mi sono
svegliato avevo una fame da lupi.» si massaggiò
vagamente la pancia «Accidenti,
era come se non mangiassi da giorni... Essendo ora di pranzo, sono
andato al piccolo
ristorante vicino casa; penso si siano sorpresi di quanto ho
mangiato.»
Heiji e il dottor Agasa si
lanciarono degli sguardi tesi, poi lo scienziato si rivolse di nuovo a
Shinichi:
«Potresti toglierti la maglia e
alzarti in piedi?»
Lui li guardò per un attimo con
un sopracciglio alzato, poi si tirò su in piedi, si tolse il
cappello, che posò
sulla scrivania, poi il giubbetto, che posò sopra il
cappello, e infine si
sfilò la felpa, strizzando lievemente gli occhi e dovendo
ammettere che, in
effetti, certi movimenti gli procuravano proprio delle brutte fitte di
dolore.
Rimase in canottiera.
«Levati anche quella.» gli
chiese Agasa.
Shinichi abbassò lo sguardo
sulla canottiera e se la osservò, prendendone il bordo
inferiore con le mani,
per poi commentare cupamente:
«Ora che ci penso... questa non
è mia.»
«In che senso?» chiese Heiji,
sorpreso.
«Non so... Mi sono svegliato in
boxer e canottiera questa mattina, ma effettivamente questa non
è mia... non ne
ho mai avuta una così.» spiegò
Shinichi, sempre più confuso.
Alzò poi lo sguardo su gli
altri due, trovandoli allarmati a guardarlo, così si decise
di togliersela e
rimanere, quindi, a torso nudo.
«Accidenti, Shinichi...» fece
il dottor Agasa, adombrato «Che ti hanno fatto?»
Shinichi, con uno sguardo cupo
puntato sul suo ventre, senza dire nulla avvicinò lentamente
una mano e la posò
su un esteso livido violaceo proprio sotto l’ombellico, che
si estendeva verso
il fianco sinistro, poi si massaggiò delicatamente la pelle
scurita.
Heiji, incupito quanto lui, gli
andò vicino e prese ad esaminarlo con l’aiuto del
dottor Agasa. Shinichi rimase
immobile con lo sguardo perso del vuoto, un braccio lungo il fianco e
una mano
ancora sulla contusione.
Heiji storse le labbra, notando
un altro livido esteso al fianco sinistro e diversi lungo la schiena,
poi
affermò con un sospiro:
«Amico, davvero, mi
dispiace...»
Shinichi non rispose. Andò a
prendere la felpa, decidendo di non mettersi di nuovo quella canottiera
non
sua, e se la infilò. Poi si mise seduto con calma sulla
sedia, fissando il
pavimento.
Lo scienziato e il ragazzo di
Osaka tornarono davanti a lui a guardarlo. Dopo qualche istante, Agasa
gli
chiese:
«Ricordi qualcos’altro,
adesso?»
Shinichi attese un paio di
secondi, poi scosse appena il capo in segno di negazione.
Lo scienziato sospirò,
dispiaciuto per lui e preoccupato per Ai.
«Dobbiamo trovarla...» mormorò
ad un tratto Shinichi, scuro «Non oso pensare che cosa le
abbiano fatto...»
«Partiamo subito, allora.»
asserì Heiji, deciso.
Shinichi alzò gli occhi su di
lui e annuì con forza con il capo.
I
due scesero dall’autobus, che
ripartì subito dopo.
L’odore dell’acqua salmastra e
la puzza del pesce li investì, mentre via via andava a farsi
sempre più scuro.
Heiji diede un’occhiata
all’orologio, dicendo poi:
«Sono le sette e quaranta.»
rialzò gli occhi sull’amico «Forse
sarebbe troppo pericoloso muoverci con il
buio...»
«Tutt’altro.» affermò
Shinichi,
deciso «Il buio ci favorirà.»
Il porto si stava svuotando.
Gli ultimi lavoratori si allontanarono, stiracchiandosi stanchi, e
salpò anche
l’ultima nave da carico.
Shinichi avanzava senza
esitazione, come se sapesse dentro di sé dove andare,
benché quel posto
sembrava non essergli molto famigliare.
Heiji gli era alle spalle.
Ancora qualche passo, poi il
primo si fermò di colpo, guardando davanti a sé.
«Ci siamo.» dichiarò il giovane,
indicando con il capo un vicolo scuro tra due magazzini.
Heiji lo vide e commentò:
«Non so quanto sia saggio
muoverci là senza nemmeno un po’ di
luce...»
Shinichi storse le labbra,
dovendo ammettere che in quel caso aveva ragione.
«Beh, allora forse potremmo...»
si interruppe all’improvviso, notando un uomo vestito di
scuro apparire da
dietro un angolo e, senza essersi accorto di loro, sparire proprio in
quel
vicolo per nulla illuminato.
Shinichi ebbe un tuffo al
cuore.
L’uomo aveva un camminata lievemente
claudicante ed era alto e magro, ma, per quanto poteva notare dal
cappotto
lungo di pelle nera che indossava, era anche muscoloso.
Lo stesso che...
Shinichi fu gettato violentemente
contro una cassa
di legno vuota; frantumandola.
Scivolò quindi sul freddo e sporco pavimento,
rimanendo lì, faccia a terra, ansimante e dolente.
Riaprì di un po’ gli occhi, sentendo nuovi passi,
irregolari, e riuscì così a scorgere le gambe di
un uomo, all’apparenza alto e
muscoloso, ma un po’ zoppicante. Alzò un
po’ di più lo sguardo, e si raggelò,
notando l’uomo, dal viso allungato e di mezza età
con un’espressione
impassibile, tenere tra le mani un piede di porco. Se lo sbatteva con
calma su
un palmo, in movimenti lenti, avvicinandosi sempre di più.
Shinichi provò ad alzarsi, appoggiando le mani a
terra, ma uno dei due uomini che prima lo avevano gettato contro la
cassa, si
avvicinò e gli assestò un calcio ad una gamba,
facendogli soffocare un gemito a
fatica. Posò una mano sulla coscia, tornato di nuovo
completamente sdraiato a
terra, strizzando un po’ gli occhi per il male.
Intanto, l’uomo zoppicante gli era giunto davanti.
Shinichi rialzò ancora le palpebre, appena, quanto
bastava per poter vedere l’uomo alzare il piede di porco e
abbassarlo
violentemente contro il suo fianco.
Esplose quindi il dolore, forte e intenso; questa
volta il gemito gli uscì chiaro e sofferto, mentre gli occhi
gli si riempivano
di lacrime e per istinto andava a rannicchiarsi su se stesso, cercando
di
proteggersi in qualche modo con le braccia.
L’uomo alzò ancora l’asta, e
colpì di nuovo.
Ancora dolore, misto alle risate dei due uomini
rimasti semplicemente a guardare.
Shinichi
arretrò di un po’,
colto dalla nausea, come se provasse ancora dolore come in quel
momento, nel
suo ricordo.
Heiji fu pronto a sostenerlo e
insieme si nascosero dietro un container rosso al loro fianco.
«Ehi, che ti prende?» si
preoccupò subito il giovane di Osaka.
Shinichi si appoggiò con la
schiena contro il container, respirando pesantemente con lo sguardo
fisso a terra.
«Sembra come tu abbia visto un
fantasma...» commentò Heiji.
Shinichi rialzò gli occhi e
disse:
«Ci sei andato vicino.»
Riprendendosi a poco a poco, si
affacciò da dietro il container per sbirciare.
«Ho visto l’uomo che mi ha
colpito.» spiegò all’amico
«E’ andato in quel vicolo.»
Heiji si mise a guardare con
lui, facendo notare:
«Non credi, allora, sia meglio
non muoverci in quella direzione?»
«Passare di là potrebbe essere
l’unico modo per trovare Ai.» ribatté
l’altro, fissando ancora il vicolo
«Perciò...»
«Perciò niente.» Heiji
sospirò
«Andremo contro un pericolo mortale, immagino, ma... in fondo
hai ragione.
Muoviamoci.»
Shinichi annuì e, insieme, si
mossero furtivi fino a giungere lungo la parete di uno dei magazzini ai
fianchi
della stradina buia.
Fu di nuovo Shinichi ad
affacciarsi appena, attento.
Era tutto buio.
«Non vedo niente.» bisbigliò.
«Senti qualcosa?» chiese allora
l’altro.
Shinichi rimase in ascolto, poi
scosse il capo.
«Non c’è nessuno qui.»
«Proviamo ad andare a vedere.»
propose Heiji.
Si staccarono con cautela dal
muro e si immersero nel buio.
Il vicolo sembrava davvero
deserto. Era un semplice e spoglio lungo corridoio, che pian piano si
immergeva
sempre più nel buio, così tanto che non si
scorgeva la fine.
Avanzarono lentamente, cercando
di fare meno rumore possibile. In ogni modo, però, i loro
passi rimbalzavano
contro le strette pareti, come amplificandosi dieci volte di
più. Probabilmente
era solo una loro impressione, visto che erano tesi e a tratti incerti
su
quello che stavano facendo.
“Già, ma che sto facendo?” si
chiese Shinichi, deglutendo “Forse sto andando incontro a
gente che mi ha quasi
ammazzato... solo un pazzo lo farebbe.”
Gli occhi intensi di Ai
tornarono a riempirgli la mente.
Rilassò appena i muscoli,
pensando:
“Sarò pazzo, sì, ma sarei un
assassino se la lasciassi in mano loro.”
Ad un certo punto, in fondo
alla via, scorsero una debole luce tremolante, color arancio,
proveniente da un
piccolo lampione appeso al muro destro del vicolo.
Shinichi e Heiji continuarono a
camminare, poi, giunti in prossimità del lampioncino, e
quindi della fine del
vicolo, si acquattarono dietro un paio di casse di legno, in silenzio.
Il vicolo terminava in uno
spiazzo di cemento circondato da magazzini bui e sicuramente
abbandonati,
notando i vetri rotti delle finestre e alcune porte sfondate. Lo
spiazzo era
appena illuminato da quella poca luce proveniente dal lampioncino, e
dalla
luna, comparsa da poco in quella fresca serata.
Non c’era un’anima in giro.
Shinichi osservò attentamente
il piccolo piazzale ingombro di casse, imballaggi di ogni genere e
resti di bancali. Poi si soffermò sul magazzino
più grande proprio di fronte al vicolo.
Il suo cuore prese ad
accelerare, sempre più forte, mentre un altro ricordo lo
investiva.
«Credo siano
là dentro...» bisbigliò Conan,
osservando attento il magazzino di fronte a loro, sbirciando appena da
dietro
la cassa dove si erano nascosti.
Ai, al suo fianco, prese a tremare più forte di
prima e sussurrò con voce evidentemente spaventata:
«Shinichi... andiamo via...»
Lui tornò ad accucciarsi meglio e la guardò
intensamente.
Lei aveva lo sguardo fremente puntato al suolo e si
stringeva le braccia intorno al corpo, continuando a tremare.
«Dovrei fare qualche indagine...»
mormorò Conan,
serio «Se quegli individui fanno davvero parte
dell’Organizzazione, vorrei
scoprire qualcosa di più. Perciò io rimango, ma
tu... tu vai via.»
«Vieni anche tu, Shinichi!» sussurrò Ai,
allarmata,
voltandosi a guardarlo e afferrandogli un braccio con forza
«Ti farai ammazzare
restando qui!» gli occhi le divennero lucidi di lacrime.
«Ai, ti prego, ascolta...» iniziò Conan,
però fu
costretto ad interrompersi bruscamente e alzare lo sguardo, mentre
sentiva il
cuore stringersi in una ferrea morsa di terrore.
Ai, tremando ancor di più, si voltò di scatto
indietro per guardare e si raggelò all’istante,
cadendo seduta a terra di
fianco l’altro bambino.
Davanti a loro c’erano una donna magra, dai lunghi
capelli biondi e lisci, e un uomo particolarmente robusto. Indossavano
entrambi
abiti neri; sul capo portavano un cappello, di tipo borsalino, del
medesimo
colore; e degli occhiali scuri coprivano i loro occhi. In vita avevano
entrambi
una cintura a cui allacciata c’era una pistola.
«Guarda un po’ chi abbiamo qui...»
esordì la donna,
con un tono sarcastico e una voce lievemente acuta e fastidiosa.
«Due mocciosi?» fece l’uomo con tono
neutro.
«Ma no...» disse la donna e indicò con
il capo Ai,
che la stava fissando con uno sguardo pieno di terrore «Lei
la conosco... Come,
non vedi? E’ Sherry.»
si aprì in un piccolo sorriso compiaciuto.
L’uomo
increspò appena la fronte.
«E’ vero...» ammise.
Conan serrò i denti, colto da un brivido lungo la
schiena.
“Accidenti...”
Shinichi
scivolò seduto a terra
e si voltò per poter appoggiare la schiena alla cassa,
mentre riprendeva il
fiato.
Heiji, preoccupato, si voltò a
guardarlo, rimanendo accucciato al suo fianco.
«Tutto ok?» chiese il giovane
di Osaka in un sussurro.
Shinichi gli rivolse uno
sguardo allarmato, bisbigliando:
«Mi sono ricordato dell’altro.
Credo che Ai sia davvero in mano a questa Organizzazione... e che si
trovi
dentro uno dei magazzini davanti a noi.»
Heiji alzò le sopracciglia,
sorpreso, e sbirciò in direzione dei suddetti magazzini, per
poi tornare a
guardare l’amico, che gli spiegò brevemente
ciò che aveva ricordato.
«Ma se è davvero così, cosa
possiamo fare?» domandò a mezza voce
«Quei tizi sono dei pazzi pericolosi! ...
Non possiamo nemmeno essere davvero certi che Ai... sia davvero
viva.» aggiunse
l’ultima frase con evidente preoccupazione nella voce.
«Lei deve essere
viva.» sussurrò Shinichi, deciso «Non
credi che, se
hanno lasciato andare me, è perché era lei che
gli interessava? Perché avrebbero
dovuto ucciderla?»
«Chi ti assicura che ti abbiano
lasciato andare?» gli chiese allora Heiji, sempre parlando
piano «E se fossi
scappato tu? E se lei non ce l’abbia fatta? ... So che
è orribile pensare a
queste cose, ma Shinichi, ragiona... Sono degli assassini. Credo sia un
miracolo che tu sia ancora vivo.»
Shinichi si morse un labbro,
dovendo ammettere che Heiji non aveva tutti i torti.
Ma come poteva arrendersi in
quel modo? Pensare che Ai fosse stata uccisa... era troppo difficile.
Avrebbe
dovuto salvarla a tutti i costi; sì, perché in
qualche modo era certo che lei
era ancora viva.
«Ci sono delle cose che non
tornano.» iniziò a dire allora Shinichi, serio
«Perché non ricordo più nulla? E
perché Ai mi ha fatto diventare grande? E perché,
soprattutto, questi tipi sono
ancora qui?»
Heiji si corrucciò lievemente,
pensieroso.
«Se davvero hanno ucciso Ai,
non credi sarebbero dovuti scappare?» continuò
Shinichi «Perché rimanere ancora
qui e rischiare di venire scoperti? No... credo di sapere cosa
è accaduto.»
strinse un po’ i pugni, frustrato «Ci hanno rapiti,
poi, per qualche motivo e in
qualche modo, mi hanno cancellato i ricordi e mi hanno lasciato andare,
tenendosi Ai.»
«Aspetta, come hanno fatto a
cancellarti la memoria?» gli chiese Heiji, ancora scettico.
Shinichi si portò una mano al
mento.
«Questo non lo so...» confessò.
«Ehi, un momento!» capì Heiji
«Ai è una scienziata... magari è stata
lei a creare un farmaco di un qualche
tipo per farti perdere una parte di memoria.»
«Ai era una scienziata?» ripeté
Shinichi, sorpreso «Questo non me lo ricordavo... E credi che
in pochi giorni
sia stata in grado di preparare un farmaco del genere?»
«Magari l’aveva già preparato
quando faceva parte dell’Organizzazione... chissà
quante cose aveva fatto per
loro...» ragionò Heiji.
«Ma... fammi capire: Ai faceva
parte di questa Organizzazione?» si stupì
l’altro.
«Non ti ricordi?» gli chiese
Heiji, incredulo.
Shinichi scosse appena il capo.
«Beh, ora non ne fa più parte.»
spiegò il giovane di Osaka «Per questo la stanno
cercando.»
«Ah...»
Heiji allora disse:
«Comunque trovo strano il fatto
che ti abbiano lasciato andare.
Perché non ucciderti direttamente? Se davvero volevano
solamente Ai, e questo è
plausibile, allora non avrebbero dovuto avere problemi a fare fuori
te... In
fondo eri un “elemento” scomodo anche tu,
perché sai troppe cose
sull’Organizzazione. Invece ti hanno lasciato vivo,
semplicemente senza
ricordi. Non ha senso...»
«E’ vero...» dovette ammettere
Shinichi, meditabondo.
Rimase in silenzio qualche
secondo, poi iniziò a dire lentamente:
«Beh, finora c’è una cosa che
abbiamo dato per scontato, ma forse non avremmo dovuto
farlo...»
Heiji alzò un sopracciglio,
confuso.
«E cioè?»
Shinichi alzò gli occhi per
guardarlo e rispose:
«Che a rapirci è stata
l’Organizzazione.»
Heiji aprì un po’ la bocca,
sorpreso. E Shinichi proseguì:
«Se davvero mi davano la caccia
per farmi fuori e riprendersi Ai, allora perché a me non
è capitato nulla? E’
vero, potrebbe darsi che sono scappato, ma da quanto mi ricordo hanno
avuto
diverse occasioni di farmi fuori... C’è
sicuramente qualcosa che non torna. E
poi quello di Ai era un sospetto, non sono certo sicuro che fossero
davvero
membri di questa strana Organizzazione...»
«Però erano tutti vestiti di
nero e conoscono Ai.» fece notare l’altro.
«Sì, ma c’è
un’altra ipotesi da
valutare...» commentò Shinichi, cupo.
«Ovvero?» domandò Heiji,
incuriosito.
Shinichi tirò leggermente le
labbra, pensieroso. E allora disse:
«Per conoscere Ai, e il nome
che usava una volta, dovevano essere sicuramente membri
dell’Organizzazione...
almeno un tempo.»
«Stai dicendo che forse...»
fece Heiji, sorpreso.
Shinichi annuì e concluse:
«Forse ora non ne fanno più
parte, per questo mi hanno liberato... e intendono utilizzare Ai
solamente per
i loro scopi. Qualunque questi siano.»
Continua...
Oggi faccio una cosa veloce che
vado di fretta! ^^' Passo subito ai ringraziamenti:
Liz Shelley:
Mi riempi sempre di complimenti! *//* Sei troppo gentile!
^//^ Sono contenta che la storia continui a piacerti... Ho fatto in
modo che non ci si "annoi" mai, ma certo non so se ci sono sempre
riuscita. Io ci provo, poi... -_^ Si inizia a scoprire qualcosa di
più su ciò che è accaduto ad Ai...
Però ancora non è nulla di certo, come hai potuto
leggere. Vedrai! ;P Ciao!
Mommika: Ai
è il tuo personaggio preferito? Oh, bene! Si
parlerà quasi esclusivamente di lei per una gran parte della
fic! XD Anche a me piace molto, comunque. ^^ Lo trovo intrigante e poi
lei è molto bella. E sono del parere che provi davvero
qualcosa per Shinichi, quindi... Sì, mi piace. ;) Mi piace
parecchio anche Heiji. E' carino e simpatico e non posso fare a meno di
inserirlo nelle mie fic su Conan. ^^ Davvero oggi esce un file
importante per capire la storia in Giappone? Wow, che onore! ** Mi
piacerebbe leggere tutto il manga di Conan... ho solo i primi due
volumi! ç_ç Uffi... Va bé, ciao! -_^
Sweetgirl91:
Ti scrivo veloce, se no faccio tardi a venire da te! XD Ti piacciono
tanto i ricordi di Shinichi, eh? Beh, in questo capitolo ne hai avuta
un'overdose!
X°°°D Piacciono parecchio anche a me! ** E il
bello è che non sapevo proprio cosa scrivere... Nel senso;
mica avevo ancora deciso che cosa poteva essere accaduto ad Ai e Conan!
E intanto scrivevo sti ricordi qua e là... Alla fine,
però, quando Shinichi si ricorda tutto, dovevo far coincidere
la storia... E pensavo: "Ecco, adesso non mi ci dice più
niente e faccio un casino!" e invece tutto è andato al
proprio posto, come un puzzle! Mi meraviglio di me... sono un genio!
>.> Modestamente... XD Per quanto riguarda la scena romantica con Ran...
Eh sì, ammetto che la sto scrivendo ora nell'epilogo. ^^'
Sta venendo più lungo di quanto mi aspettavo... Tipo lungo
come uno di questi capitoli. Però va bene lo stesso, no? XP
Basta, vado a farmi la doccia!!!! Ciao, a tra poco
TUSAIDOVEEPERCHÈ! XD
Ringrazio anche chi ha letto
solamente e chi ha aggiunto la storia tra le Preferite e le Seguite.
Prossimo aggiornamento
Venerdì 24. ^^
|
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Capitolo 5 *** Nel loro covo ***
Nel loro covo
«Cosa facciamo adesso,
Shinichi?» sussurrò Heiji, preoccupato
«Non abbiamo la minima idea verso chi
stiamo andando incontro... a parte che sono dei criminali, forse
assassini.»
«Dobbiamo perlustrare il
magazzino.» rispose risoluto l’altro, sbirciando da
dietro la cassa in
direzione dell’edificio buio «Ai potrebbe essere
là.»
«Ma siamo soli!» gli fece
notare Heiji «E disarmati! Mentre non sappiamo quanti siano
loro, né conosciamo
il posto, né possiamo immaginarci appieno di cosa siano
capaci pur di scappare
o portare a termine i loro piani.»
Shinichi storse le labbra, a
corto di idee.
«Se solo ricordassi qualcosa di
più...» mormorò tra sé e
sé.
Heiji annuì e sospirò:
«Questo sarebbe d’aiuto,
già...»
«Potremmo almeno cercare di
avvicinarci qualche passo in più.» propose allora
Shinichi e indicò con il capo
un altro mucchio di casse poco più avanti, dove avrebbero
avuto una visuale
migliore della facciata del magazzino.
«Non credi sia troppo
rischioso?» domandò il giovane di Osaka, poco
convinto.
«Visualizzare meglio il posto
potrebbe aiutarmi a ricordare.» insistette Shinichi in un
sussurro «Sto facendo
progressi...»
Heiji rifletté qualche istante,
poi sospirò e accettò la proposta.
Shinichi, con cautela, uscì
fuori dal nascondiglio, cercando di fare meno rumore possibile, e,
rannicchiato, raggiunse a passo svelto il mucchio di casse a cui aveva
mirato.
Heiji si diede un’altra
occhiata intorno e poi lo seguì silenzioso, portandosi al
suo fianco.
Poi, insieme, alzarono di un
po’ il capo per guardare.
La porta principale del
magazzino, con due battenti in acciaio, era lievemente ammaccata, segno
forse
di una forzatura per aprirla, ma comunque ora chiusa. C’erano
due grandi
finestroni sulla faccia, uno dei quali aveva il vetro frantumato.
All’interno
era tutto buio.
«Sembra non esserci nessuno...»
mormorò Shinichi, poi, istintivamente, fece come per uscire
dal nascondiglio e
andare a dare meglio un’occhiata, ma Heiji lo
afferrò con forza alla manica del
giubbotto, costringendolo ad accucciarsi di nuovo al suo fianco.
«Brutta idea, la tua,
Shinichi!» inveì Heiji a mezza voce
«Vuoi farti ammazzare, per caso? Ti è
già
andata bene una volta; non sfidare la sorte!»
«Avanti, Heiji, non...» iniziò
Shinichi per protesta, ma fu costretto a fermasi di colpo, raggelando.
«Giù!» bisgliò subito,
posando
una mano sul capo del giovane di Osaka e spingendolo giù
insieme al suo.
«Che ti prende?» sussurrò
Heiji, sorpreso, guardandolo.
Shinichi gli rivolse uno
sguardo teso.
«C’è qualcuno.» rispose in un
soffio, parlando il più piano possibile.
Heiji spalancò gli occhi dalla
sorpresa, poi tornò concentrato, sbirciando appena con un
occhio da dietro una
cassa, per guardare.
Un uomo corpulento, vestito di
nero, con un cappello, un paio di occhiali, e una pistola alla cinta,
ben
visibile dal lungo cappotto di pelle slacciato, era appena uscito dalla
porta
spalancata di un magazzino più piccolo sulla sinistra e ora
stava camminando
con le mani in tasca, tranquillamente ma vigile, davanti la facciata
dell’edificio
più grande; forse facendo la guardia.
Non si era accorto dei due.
«Accidenti, che si fa adesso?»
bisbigliò Heiji, studiando la situazione «Se
proviamo ad andarcene si accorgerà
di noi!»
Shinichi puntò attentamente lo
sguardo sulla porta aperta da cui era spuntato l’uomo, che
aveva riconosciuto
come il compagno della donna che aveva scoperto lui e Ai lì
davanti.
«Quel tipo è uscito da lì...»
ragionò il ragazzo, continuando a fissare
l’entrata «Potremmo provare ad
entrare...»
Heiji gli afferrò il davanti
del giubbotto e lo tirò verso di sé,
costringendolo così a guardarlo in faccia,
per poi sussurrare con foga:
«Ma sei impazzito? Come pensi
di fare, eh? Quel tizio è armato e ha decisamente
un’aria che non mi piace!
Pensa piuttosto come potremmo fare per scappare senza essere
scoperti.»
«Non possiamo andarcene
così...» provò a dire
l’altro, ma Heiji lo interruppe, affermando:
«Capisco che sei preoccupato
per Ai e che vorresti salvarla, ma da soli non possiamo fare niente.
Torniamo
indietro, avvertiamo la polizia.»
Shinichi gli lanciò uno sguardo
serio e deciso, dicendo:
«A quanto mi ricordo, non ti
sei mai tirato indietro davanti un caso... Non vorresti risolvere tutta
questa
faccenda da solo? Mi pare di ricordare che hai un orgoglio invidiabile
e un
grande ego...»
«Non mi piace certo rischiare
la pelle, però.» ribadì Heiji, alzando
un sopracciglio «Da una parte siamo così
simili, io e te. Ammetto che questo mistero incuriosisce parecchio
anche me, ma
devi ammettere che il rischio è troppo grosso. Siamo
disorganizzati; ci moviamo
alla cieca, senza un piano... e, sinceramente, non mi piace nemmeno un
po’
agire in questo modo. Non rientra nel mio stile.»
«La vita è anche
improvvisazione.» fece notare Shinichi, convinto.
«Anche la morte può avvenire
all’improvviso.»
ribatté Heiji, serio
«Ma direi che in questo caso ce la stiamo proprio
cercando.»
«Vorresti scappare, quindi?»
chiese subito l’altro, increspando di un po’ la
fronte.
«No, intendo ritirarmi
per il momento e preparare un
piano d’azione. Dovremmo fare così.»
rispose il giovane di Osaka «Dovremmo
studiare bene la situazione, prima di fare mosse avventate. Non
sappiamo bene
in quanti sono, né dove si trovano precisamente, nemmeno
dove tengono Ai. Non
credi abbiamo bisogno di organizzarci un po’
meglio?»
«Come facciamo a studiare la
situazione, senza indagare?
Ed entrare nel magazzino potrebbe...»
«Entrare nel magazzino
significherà andare incontro a chissà quali tipi
di pericoli!» lo fermò Heiji
«Cerca di ragionare... Non essere troppo impulsivo; ne va
della tua, della nostra,
vita.»
Shinichi abbassò lo sguardo e
Heiji gli lasciò la giacca.
“Effettivamente ha ragione...
sono troppo impulsivo...” si rese conto Shinichi, pensieroso
“Però, più ripenso
Ai e più...”
Di nuovo gli occhi intensi,
carichi di lacrime, di lei,
riempirono la sua mente.
“Maledizione!” imprecò Shinichi
tra sé e sé, stringendo i denti dalla rabbia.
L’uomo corpulento che stava
passeggiando poco distante da loro, si fermò per abbassarsi
ad allacciare una
scarpa.
«Credo sia questo il momento
che stavamo cercando.» sussurrò Heiji, sbirciando
da dietro la cassa e
riscuotendo così l’altro dai suoi pensieri
«Ora, con molta cautela, arretriamo
fino alle casse dove eravamo nascosti prima, poi ce la filiamo in
silenzio,
ok?» si voltò a guardare l’amico,
cercando un cenno d’intesa.
Shinichi tirò appena le labbra,
poi si arrese, annuendo con il capo.
Heiji allora, rimanendo
accucciato, si voltò e prese ad avanzare silenziosamente
verso il loro
precedente nascondiglio. Shinichi lo seguì subito, ma, per
sbaglio, mise il
piede sopra una piccola tavola di legno spezzata e annerita dal tempo,
che
scricchiolò sinistramente sotto il suo peso. I due ragazzi
si irrigidirono
immediatamente, guardandosi, mentre l’uomo di guardia si
tirò subito in piedi,
volgendo l’attenzione al punto dove si trovavano i due,
ancora però abbastanza
nascosti, e chiese a voce alta:
«Chi c’è?»
I due detective ritornarono
indietro in un lampo, appiattendo di nuovo la schiena contro le casse
alle loro
spalle, sudando freddo.
L’uomo in nero mosse un passo
per andare a vedere, ma in quel momento un grosso gatto tigrato
saltò fuori da
dietro una cassa, passando di corsa davanti l’energumeno e
sparendo presto nel
vicolo buio.
L’uomo storse un po’ le labbra,
seccato.
«Gattaccio.» sibilò, tornando
tranquillamente a passeggiare avanti e indietro, di fronte la porta del
grande
magazzino.
I due ragazzi poterono tornare
a respirare.
Heiji si voltò come una furia
verso l’altro, bisbigliando:
«L’hai fatto apposta, non è
così?!»
«Già, non vedevo l’ora di farmi
piantare un proiettile in testa.» ribatté
Shinichi, aggrottando le sopracciglia
«Non l’ho fatto apposta; non sono certo
così stupido.»
«Su questo ho qualche dubbio,
visto che sono diversi minuti che ti stai scervellando cercando di
trovare il
modo migliore per farci uccidere.» sbottò Heiji.
«Non esagerare, adesso.»
sospirò Shinichi, scocciato.
«Non esager...?» Heiji si tappò
la bocca con una mano, rendendosi conto troppo tardi di aver alzato
troppo la
voce.
L’uomo in nero tornò a girarsi
immediatamente verso il loro nascondiglio, chiedendo di nuovo:
«Chi c’è? Fatti vedere!» prese
ad avanzare in direzione delle casse, portando la mano
all’impugnatura della
pistola.
«Bravissimo, complimenti!»
bisbigliò Shinichi «Chi sarebbe lo stupido, eh?
Io?»
«Stai zitto e vedi di
scappare!» esclamò Heiji spingendolo alla sua
destra, notando l’uomo farsi
sempre più vicino.
Shinichi allora si alzò in
piedi, scappando a destra, con Heiji alle spalle.
L’uomo in nero li vide e quindi
tirò fuori la pistola, munita di silenziatore, e
sparò un paio di colpi nella
loro direzione.
I due si abbassarono per istinto,
senza però fermarsi; i proiettili finirono uno contro una
cassa vicino a loro,
e l’altro in un barile di plastica blu a pochi centimetri da
Heiji.
«Questo ci fa fuori!» si
allarmò quest’ultimo.
Shinichi allora gli afferrò una
manica e prese a correre in direzione della porta aperta da cui era
uscito
inizialmente l’uomo in nero.
«Andiamo lì dentro!» decise
Shinichi, evitando di un soffio un ennesimo proiettile.
«Bene, così andiamo incontro a
morte certa!» ironizzò Heiji, cercando di
liberarsi dalla presa dell’altro, continuando però
a correre.
«E’ il nostro unico rifugio!»
insistette Shinichi.
«Chi ti dice che gli amici di
questo tizio non siano lì ad aspettarci?» fece
scettico Heiji, mentre un
proiettile passava sibilando vicino la sua guancia, facendolo quindi
sobbalzare
dallo spavento.
«Fidati di me!» rispose
Shinichi, entrando dentro il magazzino alla sua sinistra.
Il loro inseguitore giunse alla
porta pochi istanti dopo e si immerse a sua volta nel buio
dell’edificio,
afferrando la pistola con entrambe le mani e tenendola tesa davanti a
sé.
I due ragazzi, senza fiato,
rimasero immobili, seduti a terra con la schiena appiattita contro
degli
scatoloni, in un angolo particolarmente buio del magazzino. Attraverso
una
piccola fessura tra le scatole, osservavano l’uomo in nero
camminare lentamente
con la pistola puntata davanti a sé; proprio a pochi passi
da loro. Erano
entrambi tesi come una corda di violino.
Shinichi si guardò intorno in
fretta, mentre l’uomo iniziava a scansare in malo modo, con i
piedi, delle
scatole vuote e alcuni pezzi di polistirolo che gli intralciavano il
cammino,
senza mai abbassare l’arma.
«Forza, uscite fuori!» intimò
l’uomo, ruvido «Mi sono stancato di giocare a
nascondino. Fatevi vedere!»
«Col cavolo.» sussurrò
spontaneamente Heiji, parlando quasi tra sé e sé,
madido di sudore freddo.
«Heiji, di là.» propose
Shinichi, indicando una porta socchiusa alla loro sinistra.
«Dovremo uscire allo scoperto
per raggiungerla...» notò l’amico,
storcendo le labbra.
«Hai idee migliori?» gli chiese
allora Shinichi, alzando un sopracciglio.
Heiji lanciò un fugace sguardo
a loro inseguitore, che ora stava controllando dietro ogni pila di
casse o
scatoloni, quindi, tornando a guardare l’amico,
sospirò:
«Effettivamente no...» vide
l’uomo in nero dirigersi proprio nella loro direzione, sta
volta, quindi
aggiunse subito, spingendo Shinichi verso sinistra e alzandosi in piedi:
«Corri!»
Scapparono insieme verso la
porta, mentre l’uomo in nero sparava verso di loro un paio di
colpi.
Shinichi si gettò a palmi
aperti contro la porta, spalancandola di colpo e proseguendo a correre,
ma
Heiji, dietro di lui, dopo un ennesimo colpo dell’uomo, si
lasciò sfuggire un
gemito a stento soffocato, andandosi ad afferrare subito con la mano
sinistra
l’avambraccio destro.
«Heiji!» esclamò Shinichi,
voltandosi a guardarlo.
«Non è niente; un colpo di
striscio.» lo rassicurò l’altro
«Continua a correre!»
Shinichi si rivoltò in avanti,
proseguendo ancora per il corridoio buio.
L’uomo in nero oltrepassò la
porta in quell’istante e provò a sparare ancora;
mancandoli.
Poco più avanti il corridoio
terminava con una porta chiusa, che Shinichi provò invano ad
aprire. Però, ai
lati, si trovavano altre due porte. Shinichi si diresse verso quella a
sinistra, Heiji a destra; erano entrambe aperte.
«Separiamoci!» suggerì Heiji.
«E’ meglio di no!» ribatté
Shinichi.
«Avremo più probabilità!»
insistette Heiji e sparì oltre la porta a destra.
«Aspetta!» lo chiamò Shinichi,
ma un colpo sparato dal loro inseguitore sempre più vicino
lo costrinse ad
arretrare di scatto nella stanza in cui si affacciava la porta che
aveva
aperto, sul lato sinistro del corridoio. D’istinto, chiuse la
porta e, notando
la chiave nella fessura, la girò. L’uomo in nero,
giunto in quel momento, provò
per un attimo a girare la maniglia più volte, con rabbia,
poi rinunciò e decise
di correre nella direzione in cui era scappato Heiji.
Shinichi, senza fiato, appoggiò
le mani sulle ginocchia, ansimando, dandosi intanto
un’occhiata in giro.
Si trovava in una grande stanza
del magazzino, con altre casse, pezzi di polistirolo, scatoloni e
scaffali,
silenziosa e buia.
“Dannato Heiji, se mi avessi
seguito qui, insieme avremmo avuto migliori possibilità di
fuga.” lanciò uno
sguardo alla porta davanti a sé “Dove sei
ora?”
Si raddrizzò, tornando a
respirare regolarmente, poi afferrò la chiave, con
l’intenzione di andare a
cercare l’amico, quando udì delle voci e una porta
sul fondo della grande
stanza fu aperta di malagrazia, andando a sbattere contro la parete con
un
forte suono metallico che rimbombò tutt’intorno.
«Ma cosa diavolo era quel
frastuono? Perché Jil si è messo a sparare,
dannazione!»
«Quel buono a nulla avrà fatto
entrare un estraneo, come minimo!»
«Spero per il suo bene che
l’abbia ammazzato, allora.»
Shinichi si gettò immediatamente
dietro uno scaffale, poi, sbirciando attraverso delle scatole,
guardò in
direzione dei due uomini che si stavano avvicinando alla porta da cui
lui era
entrato.
Uno dei due era quel tipo che
zoppicava, del quale Shinichi aveva proprio un ricordo poco piacevole,
mentre
l’altro era più giovane, di bel aspetto, con
capelli chiari legati in un
piccolo codino.
Shinichi aggrottò la fronte.
Wim
Il giovane con il codino si
chiamava Wim. Shinichi ne era certo.
In quell’attimo, il detective
fu colpito da una terribile fitta alla testa, proprio mentre i due
uomini
passavano davanti il suo nascondiglio. Si portò le mani alle
tempie e strizzò
forte gli occhi, mordendosi un labbro per non lasciarsi sfuggire
qualche gemito
che lo avrebbe fatto scoprire.
«Faglielo bere tutto,
Wim. Fino all’ultima goccia.»
ordinò la bionda, ridacchiando.
«Certo.» rispose il giovane con il codino,
avvicinandosi.
Shinichi era inginocchiato a terra, con il fiato un
po’ corto, le mani legate dietro la schiena e il busto e il
capo chini in
avanti. Dietro di lui si trovavano l’uomo zoppicante e
l’altro robusto.
Wim gli si fermò davanti e gli afferrò con forza
i
capelli, alzandogli così la testa. Il detective
tirò il volto in un’espressione
di dolore, soffocando un gemito.
«Muoviti, bevi.» sbottò Wim, avvicinando
una piccola
ampolla alle labbra del ragazzo, che si ostinò a tenerle
serrate.
Il giovane con il codino, seccato, strinse più forte
la presa sui capelli del detective, ripetendo duramente:
«Ti ho detto di bere.»
Shinichi socchiuse gli occhi per il dolore, ma non
dischiuse le labbra.
La bionda ridacchiò ancora, malignamente, e disse:
«Che tipo cocciuto, eh?» senza perdere il sorriso
di
scherno, si spostò un po’ di lato, mostrando Ai
legata ad una sedia alle sue
spalle; Ai adulta, tremante e con gli occhi lucidi.
Il detective le rivolse subito lo sguardo,
preoccupato.
La donna estrasse la pistola e la puntò verso Ai e
aggiunse, con uno sguardo furbo e il solito sorriso sul volto:
«Ma ora, giovanotto, basta fare i capricci.»
caricò
la pistola con un gesto secco.
«Aspetta!» esclamò istintivamente
Shinichi,
allarmato, con una voce un po’ roca e il respiro affannoso.
«Dunque?» fece la donna, alzando un sopracciglio,
senza però cambiare oltre l’espressione sul viso.
Shinichi rimase a guardarla ancora un attimo,
increspando di un po’ la fronte, poi rivolse lo sguardo ad
Ai, che era tornata
a piangere con gli occhi chiusi e il corpo tremante, infine
fissò gli occhi
sulla boccetta di vetro davanti la sua faccia, contenente un liquido
verdastro.
«D’accordo. Bevo.» mormorò,
arrendendosi e
abbassando lo sguardo al suolo.
«Bene.» sibilò Wim, alzandogli di scatto
la testa un
po’ di più e avvicinandogli l’ampolla
alle labbra.
Shinichi strizzò gli occhi per il male e
contemporaneamente aprì di poco la bocca.
Il giovane lo costrinse a bere tutto il liquido, di
un sapore disgustoso, poi lasciò di colpo la presa tra i
capelli di Shinichi,
che quindi cadde a terra, squilibrato.
Lentamente, non avvertendo particolare dolore, si
sentì cadere in uno stato di profondo torpore. La vista
iniziò ad annebbiarsi;
presto non riuscì più a distinguere nemmeno la
forma delle scarpe degli uomini
e della donna intorno a lui e, infine, si addormentò del
tutto.
“Pare
che la testa voglia
scoppiarmi...” Shinichi imprecò mentalmente,
andando a posare un ginocchio a
terra in silenzio, massaggiandosi intanto le tempie. Il dolore si stava
affievolendo.
I due uomini erano giunti alla
porta. Uno dei due girò la chiave e aprì, poi
entrambi uscirono per andare a
controllare.
Shinichi si rialzò lentamente
in piedi, poi lanciò istintivamente uno sguardo verso la
porta da cui i due
erano venuti.
“Non sono più di quattro, tutti
insieme.” ragionò, fissando la porta spalancata
“Nei miei ricordi sono solo
quell’uomo robusto che sta rincorrendo Heiji, il giovane con
il codino, l’uomo
zoppicante e la donna... Presumibilmente là si trova solo
quest’ultima,
ancora.”
Corrucciò di un po’ la fronte.
“E Ai, probabilmente.”
Deciso, si mosse in direzione
della porta aperta, facendo meno rumore possibile e rimanendo nascosto.
“Forse è stato proprio quel
liquido che ho bevuto a farmi perdere la memoria...” cauto,
si portò di fianco
la porta aperta “E magari l’ha preparato proprio
Ai.”
Si affacciò.
C’erano delle scale, appena
illuminate da una piccola lampadina nuda pendente dal soffitto basso.
In fondo
si notava l’inizio di uno squallido corridoio.
Shinichi prese un bel respiro e
si mise a scendere.
Heiji,
invece, era decisamente
in trappola.
Dopo aver attraversato diverse
stanze, enormi e piene di roba, era giunto infine in una senza uscita.
Si era rannicchiato tra dei
vecchi macchinari, che al buio nemmeno si riusciva a distinguerli bene,
e si
teneva forte l’avambraccio, con la maglia e la mano
completamente sporchi di
sangue.
“Maledizione, sono fregato...” imprecò,
serrando i denti e osservando, teso, l’uomo in nero
setacciare ansimante tutta
la stanza.
«Ormai sei in trappola!»
esclamò l’uomo, irritato «Giuro che ti
faccio fuori, appena ti trovo!»
“Perfetto.” Heiji storse le
labbra, cercando intanto con lo sguardo una via di fuga.
In quel momento, due uomini
entrarono nella stanza di corsa.
L’inseguitore del detective,
sentito dei rumori, si voltò subito verso la porta, pronto a
sparare, ma Wim,
il giovane con il codino, fu pronto a fermarlo, inveendo:
«Fermati, idiota, siamo noi!»
«Ah... scusami, Wim.» l’uomo
abbassò quindi l’arma.
«Jil, che diamine stai
combinando?» sbottò l’uomo zoppicante,
scontroso.
«Sono entrati due ragazzi.»
rispose subito Jil, sputando a terra «Uno è
scappato, ma, guardandolo di sfuggita,
mi è parso proprio lo stesso ragazzo che avevamo catturato
qualche giorno fa.»
«Cosa?» fecero insieme gli
altri due uomini.
«Non è possibile, il siero
avrebbe dovuto cancellargli i ricordi!» esclamò
Wim, sorpreso «Quella ragazza
aveva detto che...»
«Magari ci ha preso in giro.»
intervenne l’uomo zoppicante, scuro in volto «Non
dovremmo fidarci così tanto
di lei.»
Heiji aggrottò di un po’ le
sopracciglia.
“Parlano di Ai, sono sicuro.”
capì “Allora io e Shinichi avevamo visto giusto...
è stata proprio Ai a far
perdere la memoria a Shinichi. Ma perché?”
«Sono d’accordo con te, Rok.»
annuì Jil.
“Jil, Rok, Wim... tutti nomi in
codice, non c’è dubbio.”
ragionò Heiji, serio “Ma quali saranno i loro
piani?
Davvero l’Organizzazione non c’entra
niente?”
«Ma l’altro tipo che fine ha
fatto, allora?» chiese Wim, guardandosi intorno.
«E’ qui, da qualche parte...»
rispose Jil, tornando ad alzare l’arma «Nascosto
come un topo in trappola...»
Heiji deglutì, strisciando
intanto di lato, con l’intenzione di girare a largo ed uscire
dalla porta da
cui proveniva.
Anche Wim e Rok estrassero le
pistole e quest’ultimo aggiunse:
«Vedete di non farlo fuori; se
era con l’altro giovane, che è scappato, il capo
vorrà interrogarlo per vedere
che cosa sa e per scoprire chi è.»
«Già, si occuperà lei di
lui.»
concordò Wim, poi i tre si divisero in silenzio.
Heiji corrugò un po’ la fronte.
“Quindi è la donna il capo.
Sarà quella che ha incontrato Shinichi...”
Il ragazzo passò da una cassa
all’altra, dietro vari scaffali e macchinari, nel silenzio
totale. Poi,
protetto da un vecchio muletto arrugginito, diede un’occhiata
alla stanza, per
verificare in che punto si trovassero i suoi inseguitori.
Vide Rok perlustrare il lato
opposto al suo nascondiglio, invece Jil controllava sotto degli
scaffali vicino
alla porta. Mentre di Wim sembrava non esserci traccia.
«Dove sei, dannazione...?»
mormorò tra sé e sé il detective, non
riuscendo a vederlo.
Uno scricchiolio di suola di
scarpe alle sue spalle lo fece raggelare.
«Cerchi qualcuno?» ridacchiò
una voce molto vicina.
Heiji fece per voltarsi a
guardare, ma il giovane dietro di lui gli puntò la fredda
pistola alla testa,
intimandogli:
«Mettiti in ginocchio con le
mani bene in vista.»
Heiji obbedì lentamente,
inginocchiandosi con le mani in alto.
«Sono disarmato.» disse il
detective, voltando leggermente gli occhi indietro verso il giovane.
«L’ho notato.» sorrise Wim, poi
chiamò:
«Ehi, venite, l’ho trovato!»
Gli altri due si avvicinarono
in fretta e gli si fermarono davanti.
«Finalmente, ragazzino. Mi hai
dato filo da torcere, ma ora è finita per te.»
sibilò Jil, duro.
«Non hai una bella mira,
effettivamente.» rispose a tono Heiji «A parte un
graffietto, hai sprecato un
caricatore per nulla.»
Jil, irato, lo colpì allo zigomo
destro con un pugno, facendolo finire di lato a terra.
«Io ti...!» ringhiò l’uomo
robusto, ma Rok, dietro di lui, gli bloccò le braccia,
esclamando:
«Ehi, vedi di calmarti!»
«Già, e tu frena la lingua,
ragazzino.» aggiunse Wim, afferrando Heiji di spalle per la
giacca e facendolo
di nuovo mettere in ginocchio, continuando a tenerlo sotto tiro.
Jil si tranquillizzò,
sistemandosi meglio il cappotto e sbottando:
«Ti è andata bene, sta volta.»
Heiji, con un rivolo di sangue che
gli scendeva lungo la guancia, gli lanciò uno sguardo duro,
quasi di sfida, ma
non disse nulla.
«Forza, portiamolo da Stella.»
disse Rok, avviandosi verso la porta.
«Sì.» fece Wim e costrinse
Heiji a mettersi in piedi, tirandolo su per il giubbetto.
Poi, aiutato da Jil, gli
legarono strette le mani dietro la schiena con dei lacci di plastica e
lo
spinsero in direzione della porta; Wim gli puntava ancora la pistola
alla
schiena e Jil chiudeva la fila.
“Accidenti, Shinichi...” Heiji
storse le labbra, iniziando a preoccuparsi “In che casino mi
hai coinvolto?”
Terminate
le scale, Shinichi
aguzzò la vista per riuscire a scorgere cosa vi fosse in
fondo allo scuro e
stretto corridoio.
Sembrava esserci una porta.
Si avvicinò con cautela e, una
volta di fronte la porta, posò un orecchio sul legno.
Dall’altra parte non
proveniva alcun suono.
“Magari non c’è nessuno...”
ipotizzò,
abbassando intanto la maniglia.
Aprì di un poco e sbirciò
dentro.
Intravide una stanzetta con un
tavolo al centro, su cui pendeva un vecchio lampadario di ferro
arrugginito. La
luce era accesa, così non fu difficile notare anche tre
porte sui lati della
stanza; due erano aperte. Dietro una poté vedere che si
trovava un piccolo
bagno sporco, mentre l’altra porta era poco più
che socchiusa, comunque riuscì
a scorgere una scrivania con un computer spento al di là di
essa.
“Adesso entro.” decise,
risoluto, e varcò l’uscio.
In silenzio, attraversò questa
piccola stanza, passando accanto al tavolo con cinque sedie, che
però non gli
era famigliare. Lanciò uno sguardo indeciso verso
l’unica porta chiusa della stanza,
poi però decise di concentrarsi in quella socchiusa. Si
affacciò appena,
riuscendo ora a vedere bene cosa c’era al di là.
La stanza era una sorta di
laboratorio, piccolo e dal pavimento e le pareti sporche, con un paio
di
banconi con sopra un sacco di provette, un microscopio, e strani
liquidi; una
scrivania con il computer si trovava di lato alla porta e vicino
c’era un
vecchio frigorifero ronzante. Però non c’era
nessuno, anche se la luce era
accesa. Shinichi quindi entrò, assicurandosi di socchiudere
di nuovo la porta,
e si diede meglio un’occhiata in giro. Al contrario di prima,
quel laboratorio
in qualche modo se lo ricordava.
Si incupì, immaginando che Ai
avesse lavorato in quel posto, poi notò una porta di ferro,
arrugginita, dietro
un bancone. Si irrigidì. Se la ricordava bene quella porta.
Si avvicinò lentamente, teso, e
posò quindi la mano sulla maniglia.
Poi l’aprì.
La porta cigolò un po’, girando
su i suoi vecchi cardini, ma il giovane non se ne curò.
Infatti raggelò, osservando lo
squallido e sporco piccolo corridoio davanti a lui, poco illuminato da
una
lampadina a stento funzionante appesa sul soffitto, simile a quella
sulle
scale.
In fondo a destra si trovava
una vecchia porta con una piccola finestrella di vetro in alto.
Il cuore di Shinichi accelerò.
Sapeva bene cosa si trovava oltre quella porta.
Si avvicinò lentamente, come in
trance, e, infine, si fermò davanti la porta.
Notò la chiave nella fessura.
Senza aspettare oltre, girò la
chiave e aprì la porta con una mano.
Questa cigolò sinistramente,
più della porta di ferro aperta prima, e mostrò
al giovane una piccola e umida
stanza, circa grande come la sua camera da letto a casa del detective
Mori. Non
c’era nessuna finestra e l’aria là
dentro era fresca; la stanza era appena
illuminata dalla luce proveniente dal corridoio. E lì, in un
angolo,
rannicchiata su se stessa e forse addormentata, si trovava lei; Ai.
Indossava
un maglione beige troppo grande, dei pantaloni strappati e sbiaditi e
un paio
di scarpe da tennis consunte.
Shinichi spalancò gli occhi e,
senza più esitare, corse verso di lei.
«Ai! Sono io, Ai! Svegliati!»
Le si inginocchiò accanto,
tirandola delicatamente su.
Ai, nel suo aspetto da donna,
addormentata e sporca, sembrava ancora una bambina indifesa tra le
braccia di Shinichi,
che continuava ancora a chiamarla.
Lei, allora, strizzò di un po’
gli occhi e infine alzò le palpebre, rivolgendogli uno
sguardo dapprima molto
confuso, poi sorpreso.
«Shi... Shinichi?» la sua voce
era roca, forse stanca, e sapeva di lacrime.
«Ai...» mormorò lui, sollevato
che stesse bene.
«Oh cielo, Shinichi!» esclamò
Ai, abbracciandolo forte e scoppiando a piangere «Ho avuto
così tanta paura che
ti fosse capitato qualcosa! Come potevo fidarmi appieno delle loro
parole? Come
potevo davvero essere certa che non ti avessero ucciso?»
«Calmati, adesso... non c’è
tempo.» le disse Shinichi, preoccupato.
Ai gli rivolse uno sguardo
sorpreso e chiese:
«Ma come hai fatto ad entrare?
E quegli uomini? Sei venuto con la polizia? Ma soprattutto... Non ha
funzionato
il siero che ti ho dato? Pensavo avessi perduto la memoria...
effettivamente
non ne ero così sicura, perché era un siero
ancora da testare e quindi non
sapevo se avrebbe funzionato...»
«Per un po’ ha funzionato.»
rispose lui «Però ora, pian piano, sto recuperando
la memoria.»
«Capisco...» mormorò Ai.
«Poi mi racconterai tutto, ma
ora dobbiamo scappare. Se quelli ci trovano qui...»
«Aspetta, sei venuto da solo?»
lo interruppe Ai, allarmata.
«Beh... non proprio...»
Shinichi storse di un po’ le labbra «Fino a poco fa
c’era Heiji con me, ma ora
non ho idea di dove sia...»
«Oddio, Shinichi, ti farai
ammazzare!» Ai prese a tremare «Devi andartene...
svelto!»
«Ce ne andremo insieme!»
affermò Shinichi, risoluto «Ti porterò
io, non temere; ci salveremo! Non ti lascio
qui!»
«Oh, ma che scena romantica...»
I due si pietrificarono e si
voltarono subito a guardare in direzione della porta.
Lì si trovava la bionda, con
una pistola puntata verso di loro e il suo solito sorriso di scherno.
«Ben ritrovato... Shinichi.»
aggiunse, come divertita.
Continua...
Hanno ritrovato Ai! ** (Ah, se non fosse chiaro: anche Ai è adulta, proprio come Shinichi è tornato ad essere un liceale. -_^ Più avanti saprete perché! ^^) ... ^^
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. A me invece dispiace constatare
che ho già pubblicato metà fic...
ç_ç Finirà presto! Appena altri sei
aggiornamenti! Eh... L'importante è che sia venuta bene, no?
^^
Passiamo ai ringraziamenti:
Sweetgirl91:
Oggi che aggiorno (prima avevo scritto: aggi che oggiorno!
XD) prima di pranzo, tu non ci sei! XD (Eri in lambretta? Ho sentito un
rumore sospetto! XD Ma mi sa di più che eri con tua
madre...) Vabbé, lasciamo stare... Tornando alla storia;
dopo che hai lasciato la rece, mi sono resa conto di non aver inserito
una frase prima del titolo dello scorso capitolo! Infatti, leggendo che
tu mi chiedevi: "Nei ricordi di Shinichi con Ai, a volte lui
è Shinichi, a volte Conan...", mi sono ricordata! Ecco la
frase che ho aggiunto - non se l'hai già letta da sola -:
"Volevo puntualizzare una cosa: quando nei ricordi parlo di 'Shinichi',
intendo Shinichi grande.
Mentre, con 'Conan', intendo Shinichi piccolo". Era per
distunguere, perché nei ricordi non sempre Shinichi
è grande, a volte è un moccioso di sette anni,
quindi... Lo spiegherò meglio anche tra un paio di capitoli,
in cui ci sarà una specie di lungo flash-back... Va
bé, vedrai da te! Comunque sì; a volte non sempre
i ricordi seguono la "linea temporale"; ovvero, se Shinichi si ricorda
di una cosa perché vede un determinato oggetto o riconosce
una certa persona, riaffiorerà proprio quel ricordo, anche
se è successo dopo di un'altra cosa che magari gli
tornerà in mente più tardi... Quindi ti immagini
che pure Shinichi è un po' confuso; ha un enorme buco nella
memoria che non sa proprio come riuscire a riempire! XD Me l'hanno
detto tutti che Heiji sembrava un po' "tonto" nel capitolo scorso -
magari sembrerà così anche qui -!
X°°°D Ma il fatto è che penso sempre
che Shinichi sia superiore a lui di intelligenza, per questo nelle cose
ci arriva un po' prima. Ma anche Heiji ci arriva subito dopo! E
più avanti si "sveglia" un po' di più. -_^ Ti
saluto! Ciao!
Liz Shelley:
Come vedi, Ai l'ha trovata, finalmente! ^^ Però il capitolo
non è finito molto bene... -.-''' Heiji e Shinichi avranno
parecchio da fare per salvarsi la pelle, sta volta! -_^ Molti mi hanno
detto che vorrebbero leggere un bel finale Shinichi-Ai... La trovo
affascinante anch'io come coppia, ma preferisco Ran! ^^ In ogni modo,
chissà che cos'è accaduto... ;) Ora che mi ci fai
pensare, mi piacerebbe scrivere una storia "Shinichi-Heiji-Kaito". **
Mi hai dato una bella idea! ;D Alla prossima, ciao!
FlyingEagle:
Ciao, nuova lettrice! ^^ Sono contentissima che la storia ti piaccia e
grazie mille per i complimenti! ^//^ Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo... Shinichi ha trovato Ai, alla fine. Che succederà
ora? ;) Ciao!
Roe:
Ai è stata ritrovata, ma la faccenda non è finita
molto bene! XD Mentre Heiji... E' vero, pare perda un po' colpi; ma
volevo solamente accentuare che Shinichi è un po'
più rapido di lui nel dedurre le cose. ^^ Alla fine,
però, ci arriva subito anche Heiji. -_^ E poi, in questo
capitolo, ha fatto la parte di quello con la testa a posto, al
contrario di Shinichi che è un po' troppo impulsivo.
<.< Mentre, se vuoi sapere di più su "chi
è questa gente che ha rapito Ai"; non temere! Presto avrai
novità. ;) Ciao! ^^
Mommika: I
ricordi pare che piacciono a tutti! ^//^ Anche a me, sia chiaro. XD
Anche in questo capitolo non sono mancati! -_^ Davvero dici che mi
verrebbe bene una ShinichixAi? E' vero, Ran mi piace di più,
ma trovo affascinante anche Ai e la coppia "lei-Shinichi". Ma
chissà che cos'è accaduto, tra le altre cose, che
ancora Shinichi non ricorda...? -_^ Spero ti sia piaciuto anche questo
capitolo! Ci sentiamo alla prossima e... un abbraccio anche
a te! ;)
Grazie anche a chi ha letto
solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.
Prossimo
aggiornamento Lunedì 27. ^^
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Capitolo 6 *** Verso la verità ***
Verso
la verità
Shinichi
si piazzò
istintivamente davanti Ai con le braccia semiaperte, mentre la ragazza
dietro
di lui era finita seduta a terra con la schiena contro la parete; stava
tremando, spaventata.
«Tu...» fece il ragazzo,
guardando confuso la bionda dritta davanti a lui, poi
corrugò un po’ la fronte,
serio «... Mi ricordo di te.»
«Bene, bene, Shinichi...»
sorrise la donna, sicura di sé con l’arma ancora
puntata in avanti «Sempre a
fare l’eroe, eh?» indicò con il capo,
forse divertita, Ai dietro di lui.
Shinichi non rispose, indurendo
l’espressione del volto.
«Ammetto di essere sorpresa di
ritrovarti qui...» riprese la donna, alzando un sopracciglio
«Pensavo non
avessi più alcun ricordo di questo posto, in testa. Forse ho
sbagliato a
fidarmi...» tornò con lo sguardo su Ai, che si
rannicchiò su se stessa,
abbracciandosi le gambe con le lacrime agli occhi.
«Per un po’ è stato
così.»
disse allora Shinichi, cauto «Però
l’effetto ha durato molto poco.»
«Mi pare di capire che ancora
non ti è tornata del tutto la memoria, no?» chiese
allora la bionda, tornando a
guardarlo.
Lui non rispose.
Lei sorrise, avendo capito, e
continuò:
«Beh, mi dispiace, ma non credo
avrai tempo per rimembrare.» caricò la pistola con
un gesto secco e preciso.
Shinichi sgranò gli occhi,
mentre il cuore gli accelerava, e d’istinto fece un passo
indietro.
«No!» strillò allora Ai,
alzandosi di scatto e portandosi davanti il ragazzo; spinse quindi
Shinichi
contro la parete e rimase di fronte a lui, a braccia aperte, guardando
con aria
di sfida, ma gli occhi lucidi, la donna davanti a lei.
«Ai, cosa...?» provò a dire
Shinichi, preoccupato, staccando la schiena dal muro e afferrando un
braccio
della ragazza davanti a lui.
Ai sembrò quasi ignorarlo e si rivolse
invece all’altra, con una voce ricca di disperazione:
«Dovrai ammazzare anche me, se
vuoi sparargli!»
La bionda la fissò ancora
qualche istante con un’aria seria e composta, mentre Shinichi
alzava le
sopracciglia per la sorpresa, poi la donna cambiò la sua
espressione, aprendosi
lentamente in un sorriso furbo e dicendo:
«Non avevo certo intenzione di
sparargli. Se la polizia dovesse mai ritrovare il suo corpo, con delle
indagini
potrebbe risalire alla mia pistola, analizzando il proiettile... No,
no, non
intendo correre il rischio. Non temere, Sherry...»
le si avvicinò lentamente, e Ai, confusa, arretrò
di un po’ «... Avevo in mente
un’altra maniera per eliminarlo.» alle ultime
parole alzò di un po’ il tono e,
giunta ormai davanti ad una spaventata Ai, mosse di scatto la mano con
la
pistola verso la sua testa, colpendola al viso con la canna
dell’arma; Ai cadde
a terra, ferita e stordita.
«Fermati!» esclamò
impulsivamente Shinichi, gettandosi contro la bionda che, con
un’incredibile
agilità, schivò rapidamente di lato e lo
colpì forte alla tempia con
l’impugnatura della pistola.
Il detective finì a terra con
la vista annebbiata e un forte dolore alla testa; incapace di reagire.
La bionda si sistemò meglio il
cappello sul capo, poi raddrizzò gli occhiali, per nulla
turbata o affaticata, infine,
con calma, risistemò la pistola nel fodero e andò
ad afferrare Shinichi per i
piedi, girandolo supino.
Il ragazzo gemette appena,
stordito e poco vigile, e non riuscì a divincolarsi, quasi
nemmeno a muoversi per il colpo alla testa appena ricevuto. Un
po’ di sangue gli colava vicino
l’occhio, sull’orecchio e fino a terra, e la testa
sembrava volesse
scoppiargli.
«Non riesco a capire, ragazzo,
se tu sia molto stupido o troppo ingenuo.» esordì
con calma la bionda, iniziando
a trascinarlo lentamente verso la porta, tenendolo per le caviglie
«Inizio a
pensare che tu sia entrambe le cose. Non saresti dovuto tornare. Sono
certa
che, per quanti pochi ricordi ti sono riaffiorati in testa finora,
avevi capito
da solo che questo era un posto pericoloso. Ma sei tornato lo stesso...
e per
chi, poi?» alzò gli occhi verso Ai, che pian piano
si stava riprendendo «Per
lei? Tieni così tanto a lei?» tornò a
guardare il detective, che a stento
riusciva a tenere appena gli occhi socchiusi «Sono commossa,
davvero. Quasi mi
dispiace che tu non sia riuscito a portarla in salvo...»
La bionda varcò la porta e
trascinò quindi Shinichi poco oltre l’uscio,
lasciandogli poi le gambe per
andare a chiudere a chiave. Afferrò la maniglia, tirando la
porta verso di sé,
proprio mentre Ai riusciva a mettersi faticosamente seduta con una mano
premuta
su una guancia un po’ gonfia e arrossata.
«Vedi di riposare, Sherry, hai
del lavoro da concludere, ricordi?» affermò
gelidamente la donna, chiudendo la
porta.
Ai balzò in piedi di colpo e,
piangendo, si gettò contro la porta, provando ad abbassare
la maniglia più
volte; ma la bionda aveva già chiuso a chiave. Allora Ai
iniziò a sbattere i
pugni con disperazione contro la finestrella in resistente plexiglas
sull’uscio,
osservando la bionda riavvicinarsi con calma al detective steso a terra.
«Shinichi! Shinichi! No!» gridò
più volte Ai, piangendo.
La donna in nero, tranquilla,
si riabbassò intanto ad afferrare le caviglie del ragazzo
che provò, emettendo
qualche verso confuso, a muoversi, o ad alzarsi, ma il suo corpo
reagiva appena
e lui credeva di impazzire con il dolore al capo.
La bionda si rialzò e continuò
a trascinarlo come un peso morto sul lurido pavimento del piccolo
corridoio.
Uscirono poi nel laboratorio e
lei, con una spallata, chiuse la porta di ferro arrugginito, attutendo
definitivamente le urla di Ai.
«Molto bene, ora possiamo
andare.» annunciò tranquillamente la bionda,
trascinando Shinichi attraverso il
laboratorio, facendolo sbattere con il corpo un paio di volte contro
una gamba
di un tavolo o uno sgabello.
«La... lasciami...» riuscì a
mormorare Shinichi, allungando con fatica un braccio e aggrappandosi
con poca
forza al gambo della scrivania con sopra il computer che si trovava
vicino la
porta del laboratorio.
La donna sospirò, come
annoiata, e lasciò cadere le gambe del detective.
«Non so se ti è chiaro... forse
mi sono espressa male.» si avvicinò al braccio,
guardando con una strana
espressione il volto del ragazzo.
I tacchi degli stivali neri che
toccavano il suolo producevano un suono terribile alle orecchie del
detective,
non facendo altro che amplificare il suo mal di testa.
La donna si fermò, sta volta
indurendo l’espressione del viso, e sibilò:
«Qui sono io quella che dà gli
ordini.»
Premette con forza un piede
sull’avambraccio del ragazzo, che urlò e
lasciò quindi la presa.
La bionda spostò il piede e si
preparò a dire qualcosa, quando la porta della stanza
adiacente il laboratorio,
quella da cui era giunto Shinichi precedentemente dopo aver sceso le
scale, si
aprì all’improvviso.
Il primo a varcare l’uscio fu
Rok che, non accorgendosi immediatamente del suo capo nel laboratorio,
si voltò
quindi indietro, inveendo:
«Muoviti, entra.»
Fu poi il turno di Heiji,
ancora legato, spinto in avanti dentro la stanza da Wim, dietro di lui
a
distanza ravvicinata. Infine entrò Jil, che chiuse la porta.
«Che cosa significa? Chi è
questo tizio?» chiese in quel momento la bionda, con un tono
poco amichevole.
Gli uomini si accorsero quindi
di lei e allora Rok si sbrigò a spiegare:
«Stella, questo qua si è
intrufolato nel magazzino insieme ad un compagno.»
«Mi hanno dato qualche
problema, ma almeno uno lo abbiamo preso.» aggiunse Jil, a
mo’ di scusa.
«Già, peccato che l’altro che
ti è sfuggito sia proprio quel giovane che avevamo catturato
qualche giorno
fa.» intervenne Rok, accigliato.
«E poi, se non fosse stato per
me, avresti perso pure questo qui.» concluse Wim con un moto
d’orgoglio,
indicando con il capo Heiji, il quale era intento a fissare la bionda
con
un’espressione torva.
Stella sospirò, esasperata, e
si spostò di lato per indicare Shinichi steso a terra sul
fianco con il respiro
un po’ pesante.
«Se non fosse stato per me,
questo qui non l’avremmo più trovato.»
affermò la donna, riferendosi al detective
a terra.
«Shinichi!» esclamò Heiji,
preoccupato, e Wim, innervosito, lo spinse verso una sedia,
costringendolo a
sedersi.
Intanto Jil e Rok si
avvicinarono a Shinichi, alzandolo su tenendolo da sotto le ascelle. Il
ragazzo
stava lentamente tornando lucido, mentre il sangue alla tempia sembrava
non
uscire più.
Stella si voltò verso Wim e
Heiji, dicendo:
«Perché mai lui non lo avete
ammazzato?»
Fu proprio Wim a rispondere:
«Pensavamo che volevi
occupartene tu... In fondo, non sapevamo che eri riuscita a fermare
l’altro
ragazzo, perciò magari volevi sapere da questo
perché erano tornati qui... A
quanto pare, quel Shinichi ricomincia a ricordare...»
«Questo l’ho notato da sola.»
asserì Stella, poi rimase ad osservare Heiji, che la
guardava duramente.
«Che espressione contrariata,
ragazzo...» sorrise la bionda, come divertita
«Magari sì, mi farò quattro
chiacchiere con te, per verificare quanto sai. Poi decideremo che
fare.»
Heiji aggrottò un po’ le
sopracciglia.
“La situazione non mi piace...”
gli venne pensato, alzando gli occhi sull’amico sorretto in
piedi dai due
energumeni “Che ne sarà ora di Shinichi?”
La donna si voltò verso Jil e
Rok, dichiarando:
«Di lui non so più che farmene;
è solo un peso.» indicò con il capo
Shinichi «Ricordate il piano 3B? Bene,
sbarazzatevi di lui.»
«Subito.» disse Jil, mentre Rok
si limitò ad annuire con il capo.
«Cosa?!» fece Heiji, scattando
in piedi «Fermatevi! Non toccatelo, chiaro?! Non provate
a...!»
«Ti avevo detto di tenere a
freno la lingua, ricordi?» sibilò Wim,
costringendolo in ginocchio puntandogli
la pistola alla testa.
«Wim, portalo di là. Adesso
arrivo.» gli disse Stella, freddamente.
«D’accordo.» annuì il giovane
con il codino, facendo alzare Heiji e portandolo verso
l’unica porta ancora
chiusa della stanza, dietro la quale Shinichi non aveva controllato
cosa ci
fosse.
«Aspettate! Non potete! Fermi!»
continuava ad urlare Heiji «Shinichi!» aggiunse,
mentre Wim lo spingeva oltre
la porta e se la chiudeva alle spalle.
Shinichi provò un po’ a
divincolarsi, ma i due lo tenevano saldamente e quindi gli fu
impossibile
muoversi in alcun modo.
Stella quindi ordinò ai due:
«Portatelo via, forza.»
Jil e Rok si avviarono alla
porta e uscirono con Shinichi, prendendo a salire le scale terminato il
corridoio.
La bionda, invece, si aggiustò
meglio gli occhiali sul viso e, tranquillamente, andò nella
stanza in cui era
stato portato Heiji.
Questa stanza era spoglia; non
c’era niente, se non che un tavolo al centro con
un’unica sedia. Lì era stato
fatto sedere Heiji ed era stato legato bene alla sedia stessa.
Unica fonte di luce era una
lampada da tavolo, con collo snodabile; appena entrata, Stella si
preoccupò
bene di allungare il collo della lampada e alzare la lampadina in modo
che
illuminasse solo, e in modo abbaiante, il volto di Heiji, lasciando il
resto
della stanza in penombra.
Heiji strizzò un po’ gli occhi,
infastidito dalla luce diretta verso la sua faccia, e la donna si
andò ad
appoggiare al muro con la schiena, a braccia incrociate, proprio
accanto a Wim,
in piedi a sua volta con una spalla contro il muro e
un’espressione compiaciuta
sul volto.
«Dov’è Shinichi? Che gli avete
fatto?» chiese subito Heiji, infervorato e con un accento di
rabbia.
«Non devi più preoccuparti per lui.
Starà bene, vedrai...» sorrise la donna
«Inoltre, presto lo raggiungerai,
probabilmente.»
«Lo avete ucciso?» Heiji si
mostrò allarmato.
La bionda alzò le spalle,
dicendo con noncuranza:
«No, ancora no... Prima bisogna
preparare tutto.»
«“Tutto” cosa?» insistette il
ragazzo, per nulla tranquillizzato.
«Adesso basta.» sbottò la
donna, andando a posare i palmi sul tavolo, mettendosi così
proprio davanti al giovane di Osaka, che le rivolse uno sguardo
contrariato «Qui sono io quella
che fa le domande. E ora iniziamo.»
Heiji alzò un sopracciglio.
«E cosa vuoi sapere da me?»
chiese con un’aria quasi di sfida.
«Perché ti trovavi in questo
molo, a quest’ora? Sapevi di noi?»
esordì quindi Stella, seria e professionale
«Magari te ne aveva parlato proprio il tuo amico?»
«Può darsi.» rispose il
ragazzo, appositamente vago e con un’espressione scura in
faccia.
«Chi sei, come ti chiami?»
domandò allora lei.
«Non sono tenuto a farvelo
sapere.» dichiarò il detective, risoluto.
«Penso tu non abbia capito bene
come stanno le cose.» ringhiò allora Wim,
innervosito, scattando verso Heiji.
Afferrò il ragazzo per i capelli e gli puntò la
pistola ad una tempia,
scandendo con ira:
«Noi ti facciamo le domande, e
tu rispondi.»
Heiji, dolorante per la presa
stretta sul suo capo, serrò i denti e strizzò di
un po’ gli occhi, cercando di
spostare la testa di lato, per evitare istintivamente il contatto
freddo con
l’arma premuta sulla sua pelle.
Stella, sempre composta e con
un piccolo sorriso enigmatico sul volto, tornò a parlare con
calma:
«Allora, ripeto la domanda:
qual è il tuo nome?»
Il ragazzo rimase a fissarla in
silenzio, mordendosi un labbro nell’indecisione, ma Wim,
impaziente, spinse di
più l’arma verso di lui, intimandogli:
«Rispondi o no?»
«Heiji.» disse il giovane,
distogliendo lo sguardo.
La donna chiese ancora:
«Di dove sei? Hai uno strano
accento che non riesco ad identificare...»
Heiji esitò un attimo, poi
rispose:
«Vengo da Osaka.»
Stella rimase silenziosa
qualche istante, poi fece un cenno a Wim, che capì al volo.
Questi si mise a
frugare nelle tasche del giovane e infine, in una tasca interna al
giubbetto,
trovò il portafoglio. Wim lo consegnò al suo capo.
Heiji osservò la donna aprire
il portafoglio ed estrarre la sua carta di identità.
«Heiji Hattori, di Osaka.»
lesse la bionda «Vedo che non stai mentendo.»
Posò il portamonete sul tavolo
e tornò a guardare il ragazzo, con un’espressione
tranquilla.
«Allora, Heiji, inizia a dirmi
tutto quello che sai su di noi, su questo luogo, e così
potremo decidere che
farcene di te.» lo guardò furbamente
«Magari potremmo anche lasciarti
andare...»
“Sì, certo...” pensò subito
Heiji, storcendo le labbra.
«Allora?» lo incitò Wim,
facendo pressione sulla sua pelle.
«Non credo mi lascerete
andare...» iniziò Heiji, cupo.
«E perché mai?» chiese la
bionda, fingendosi ingenua.
Heiji fece mente locale su
quanto aveva discusso con Shinichi prima di entrare nel magazzino, dopo
di che
riprese a parlare con calma:
«Voi siete, o magari eravate,
membri di un’organizzazione
criminale tra i quali più affluenti membri
c’è un tizio di nome Gin, se non
ricordo male.»
Wim lanciò uno sguardo a
Stella, mettendosi in allerta, ma quest’ultima non
mutò la sua espressione
seria e attenta e rimase in silenzio, come invitando il giovane di
Osaka a
proseguire.
Heiji, dopo una breve pausa,
continuò:
«Avete rapito Ai, detta Sherry,
perché ne faceva parte a sua
volta. Era una scienziata... E se come penso, e come pensa Shinichi,
voi non
fate più parte di questa organizzazione, il rapimento di
Sherry vuol dire una
cosa sola... Avete dei piani, dei vostri piani, e lei vi serve per
realizzarli.»
Quando il ragazzo ebbe
terminato, la bionda abbassò lo sguardo sul tavolo e storse
un po’ le labbra,
mostrando un’espressione forse dispiaciuta.
«Ahimé, giovane Heiji...»
sospirò, tornando a guardarlo «Temo proprio tu
abbia ragione...»
Heiji rabbrividì, sudando
freddo.
Stella ridusse gli occhi a due
fessure, quando sussurrò:
«Non possiamo lasciarti
andare.»
La bionda si rivolse al
compagno, ordinandogli:
«Stordiscilo.»
Prima che Heiji potesse reagire
in qualsiasi modo, Wim alzò la pistola e lo colpì
alla testa, nel punto giusto,
con l’impugnatura dell’arma.
E per Heiji fu subito tutto
nero.
«Dove
mi state portando?»
riuscì a chiedere Shinichi, ancora un po’
intontito.
I due uomini lo trasportavano
tenendolo da sotto le ascelle; gli strisciavano i piedi a terra, non
riusciva
infatti a camminare bene non trovando l’equilibrio.
«Lo scoprirai da solo tra
poco.» borbottò Jil senza aggiungere altro.
«Dove...?» Shinichi alzò di
più
le palpebre, mentre la vista gli tornava lentamente un po’
più nitida.
Stavano uscendo dal magazzino.
L’aria fresca colpì il suo
viso, donandogli un po’ più di lucidità.
I tre si diressero per un
vicolo buio e isolato, passando tra un muro e l’altro di due
capannoni carichi
di merce.
Sboccarono nel grande piazzale
del molo; non c’era nessuno.
«Qual era, Rok?» chiese a quel
punto Jil, vagando con lo sguardo tra le varie navi ormeggiate.
«E’ quella.» rispose l’altro,
indicando con il capo una barca medio-grande, poco distante da loro.
Si diressero verso di quella,
mentre Shinichi, confuso, chiedeva:
«Una barca? Cosa significa?»
Arrivati al piccolo ponticello
di legno che serviva da passerella per salire sulla barca, Jil, con un
ghigno
in faccia, rispose al detective:
«Sarà un bel botto, sì...»
Shinichi sgranò gli occhi,
spaventato e sorpreso, e allora prese ad agitarsi, cercando di
liberarsi da
quei due energumeni.
«Lasciatemi andare! Cosa avete
in mente? Lasciatemi!» prese ad urlare, divincolandosi.
«Maledetto moccioso, fermati!»
ringhiò Rok, trattenendolo, poi si rivolse al compagno:
«E tu che aspetti? Muoviti!»
«Sì!» annuì Jil e
lasciò la
presa sul ragazzo, che fu saldamente bloccato dalle robuste braccia di
Rok. Poi
Jil frugò in tasca e ne estrasse una boccetta di
cloroformio, con cui imbevette
un fazzoletto di stoffa.
«No! No!» esclamò più volte
Shinichi, ma Jil gli tappò la bocca, premendogli contro il
fazzoletto.
Shinichi, pian piano, prese a
calmarsi, sentendosi invadere da un torpore profondo.
Rok, che ancora teneva stretto
il ragazzo, il quale aveva il fiato pesante e si stava lentamente
addormentando, sbottò ruvidamente:
«Meglio che dormi, fidati,
saltare in aria non è esattamente un’esperienza
piacevole.»
Shinichi non riuscì nemmeno a
reagire o dire niente. Jil allontanò il fazzoletto dal suo
viso e lui cadde
profondamente addormentato.
Fu
un terribile mal di testa,
che nemmeno il sonno in cui era caduto riusciva ad affievolire, a
risvegliare
Shinichi.
Aprì lentamente gli occhi,
sentendosi scoppiare il capo dal dolore. La vista era completamente
annebbiata,
perciò riabbassò le palpebre.
Pian piano, riacquistò
coscienza del suo corpo, avvertendo innanzitutto un dolore al petto,
via via
crescente. E il dolore faceva a tratti tremare un po’ il suo
corpo e gli
toglieva il fiato. Stava sudando.
“Ma che diavolo...?” si chiese
“La testa mi scoppia già da un po’, ma
ora queste strane fitte al petto...
perché mi sono in qualche modo familiari?”
Non ebbe tempo di interrogarsi
ancora. Percepì infatti di essere legato.
Aprì nuovamente gli occhi,
mettendo a fuoco lentamente.
Si trovava al buio, forse in
una cabina. Percepiva con chiarezza di stare ondeggiando lievemente e
udiva il
ronzio di un motore; allora era sulla barca, e si stava muovendo.
Sentì di avere le mani legate
dietro la schiena e riuscì a distinguere delle corde strette
intorno a lui che
lo tenevano legato contro qualcosa di morbido e caldo.
Voltò di scatto la testa
indietro, procurandosi un piccolo capogiro, e così lo vide:
c’era Heiji
immobilizzato dietro di lui. Si trovavano schiena contro schiena, e
Heiji era
ancora svenuto, con il capo chino sul petto.
Shinichi tornò a guardare
davanti a sé, nel buio, e prese a chiamare l’amico
con una voce un po’ roca per
via della fatica che faceva anche solo a respirare:
«Heiji... Heiji...
svegliati...» tossì e fu colpito da
un’ennesima fitta al petto, al cuore, che
gli tolse il fiato.
Ansimando, strizzò un po’ gli
occhi, con il dolore alla testa che aumentava.
“Non resisto più...”
Sudava ancora, ma allo stesso
tempo sentiva forse di avere freddo.
«Heiji...» provò di nuovo, ma
la sua voce era troppo lieve.
Un’altra fitta al capo.
Serrò gli occhi, accecato dal
dolore, e in quel momento un ricordo, nitido e violento, invase la sua
mente.
Un
uomo vestito di nero, con lunghi capelli, gli
alzò il capo, costringendolo a inghiottire una strana
pasticca.
«Vediamo se questo nuovo farmaco funziona davvero.»
mormorò l’uomo, lasciando poi il capo di Shinichi,
che tornò del tutto straiato
a terra.
Poi,
ancora...
Ran,
china su di lui, lo guardava con un’aria
gentile.
«Piccolino, come ti chiami?»
«Ecco, io...» farfugliò Shinichi,
guardandosi
intorno.
Lo sguardo gli cadde su un libro dello scaffale
dietro di lui. Lesse: “Conan Doyle”.
«Ecco, mi chiamo...» riprese, a disagio
«Mi
chiamo... Conan...» fece vagare ancora lo sguardo e lo
puntò su un altro
romanzo, di un autore diverso: “Rampo Edogawa”.
«...
Conan Edogawa!» concluse il ragazzo, mostrando
un sorriso e sperando di essere stato convincente.
E
ancora ricordi su ricordi...
«Shinichi,
dovrai andare a vivere con Kogoro; stando
in un ufficio da detective potrai scoprire qualcosa di più
sugli “uomini in
nero”.» dichiarò il dottor Agasa, deciso.
«Dovrei andare ad abitare da quello lì?»
ripeté
Conan, poco convinto «Ma è una schiappa come
detective; cosa mai potrò scoprire
stando con lui?»
«Dovrai farlo, invece.» insistette il dottore,
serio
«E mi raccomando; non rivelare a nessuno la tua vera
identità... nemmeno a Ran.
Potrebbe rischiare la vita.»
Conan storse le labbra, lanciando uno sguardo a Ran,
in piedi pochi passi dietro di lui.
«Allora
ci chiameremo...» iniziò Genta, poi, insieme
agli altri, tranne Conan, concluse:
«“Squadra dei giovani
detective”!»
Conan sospirò, esasperato.
“Guarda te in che guaio mi sono cacciato!” gli
venne
pensato.
«Il
farmaco che ti ha rimpicciolito...» esordì Ai,
con uno sguardo misto tra il serio e il malinconico
«L’ho fatto io.»
Conan sgranò gli occhi, stupito.
«Tu?» ripeté, incredulo.
Ai annuì con il capo, dicendo:
«Facevo parte dell’Organizzazione; ero una loro
scienziata.»
«Io
mi fido di te, Ai.» Conan le fece l’occhiolino,
sorridente.
Lei, sorpresa, rimase con la bocca lievemente aperta
per un po’, poi si aprì in un piccolo sorriso a
sua volta.
«Grazie.» mormorò, grata.
«Ai...»
sussurrò Shinichi nel
buio, riaprendo pian piano gli occhi.
Il respiro era ancora pesante,
Heiji non si era svegliato, ma lui incominciava a ricordare tutto. Ecco
perché
la testa gli faceva così male; man mano che ricordava il
dolore al capo si
affievoliva. Ora non vedeva l’ora di conoscere tutta la
verità.
Mentre il petto gli doleva
moltissimo, ora. Per il momento, però, non se ne
curò; richiuse gli occhi,
investito da nuovi ricordi.
Finché non giunse a quel
giorno.
«E’
qui, Shinichi... è qui...» Ai gli
lanciò uno
sguardo di puro terrore «L’Organizzazione ci ha
trovati.»
Cotinua...
Sempre meglio, eh? XD Comunque ora seguiranno due capitoli, che in
realtà in principio era uno solo - essendo molto lungo l'ho
diviso nella "prima" e "seconda" parte -, in cui si scoprirà
che cosa è accaduto - è un lungo flash back di
Shinichi -. ;D
Passiamo ai ringraziamenti:
Sweetgirl91:
Ho visto ora la mail, dopo ti rispondo! Sono infatti andata a
mangiare... penso starai pranzando anche tu, no? Parlando della
storia... Mi piace incasinare sempre di più le cose! XD
Infatti, l'hai potuto notare da sola! Questi tipi non vedono l'ora di
sbarazzarsi di Shinichi e Heiji... Nei prossimi due capitoli spiego
meglio perché decidono di farli fuori facendoli saltare in
aria, anziché sparare. ^^ Che bello! (Io non mi diverto
tanto... -_-' nd Shinichi) (Non dirlo a me... <_< nd
Heiji) (Su con la vita, ragazzi! ^__^ nd io) Dici che non devo far
uccidere Heiji? Ah, già, perché ti ricorderai
pure nell'altra fic di Conan che avevo tendenze a far uccidere Heiji,
vero? Hi, hi, hi, sarà perché mi diverto!
X°°D (Io non lo trovo divertente!
è///é nd Heiji, furioso e spaventato a morte)
Comunque... alla fine gli voglio troppo bene. ;) Proprio come Shinichi
e Ai... ^^ (Meno male... nd Shinichie e Ai, traendo un sospiro di
sollievo) Chissà cos'è accaduto... Shinichi sta
per ricordare tutto! Ci saranno diverse sorprese in arrivo - ma
più che altro no nel prossimo capitolo, ma in quello dopo
ancora -. -_^ Ti saluto, che ieri ho registrato i Cesaroni e quindi mi
piaceva vedere almeno una puntata. ^^ Ciao!
Liz Shelley: Già,
sono tutti incasinati! XD E in questo capitolo non è che sia
andata meglio... X°°P Shinichi è stato
strappato dalle braccia di Shiho, effettivamente... Quindi ti
dispiacerà! ^^' - Dispiace anche a me, comunque...
ç_ç Alla fine li trovo pure io abbastanza carini
insieme - Così parti per andare in vacanza, eh? Brava! ^^ Io
la mia l'ho già fatta e la prossima sarà ormai a
settembre! ç_ç Uffi, uffi... Vabbé,
resisterò! XD Divertiti, mi raccomando! ^^ Ciao!
Mommika:
Eh già; ho voluto un po' accentuare quanto fossero diversi i
caratteri dei due... Alla fine, Shinichi mi pare sempre un po'
più spericolato di Heiji in tutte le cose che fa - ad
esempio, se usava un po' più di cautela, magari avrebbe
potuto evitare di immischiarsi con l'Organizzazione! ^^' -... Ma in
fondo non sono poi così tanto sicura: a volte Heiji non ha
molto freno in queste cose! XD Infatti, in questo capitolo, l'abbiamo
potuto notare. ;P Ti piacciono i nomi in codice... soprattutto "Wim"?
XD Inizialmente volevo chiamarli con nomi di alcolici - come tutti,
nell'Organizzazione -, ma poi ho pensato che in fondo era meglio di
no... Come per sottolineare che prima di entrare nell'Organizzazione
comunque avevano già dei nomi in codice, che si sono poi
tenuti - nel prossimo capitolo si saprà di più su
di loro ;) -. E per le future scene "Shinichi-Shiho" non dovrai
aspettare ancora... ormai ci siamo! ;D Vedrai da te! Ciao! ^^
FlyingEagle:
Sono davvero contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto
così tanto! ^_^ Spero non disdegnerai nemmeno questo! -_^
Ormai siamo giunti ai capitoli più importanti della fic;
presto si saprà che cosa è accaduto a Shinichi e
Shiho! ** Mah, chissà se scriverò altre storie su
Conan... se mi verrà l'ispirazione, puoi contarci. -_^ Mi
piace molto scriverle, sai? Mi diverto! ^^ Per questo sono felice
vedere che faccio divertire e svagare anche chi le legge. :D Ci
sentiamo! ^^
Roe:
Uhm... è vero, che strana coincidenza! E' stato Shinichi a
trovare Shiho, no Heiji... chissà perché! XD
Comunque sì: Ai è adulta. Tra poco sapremo anche
perché - nel prossimo capitolo -. ;) Stella ha un carattere
tutto particolare, che verrà accentuato nei prossimi
capitoli. Ha proprio la stoffa del capo, insomma! E infatti non va
molto a genio a Shinichi e Ai... Per quanto riguarda la "fine" che
faranno i vari antagonisti... Ci ho pensato a lungo su come far
terminare la storia, e ora ho trovato un fine a dir poco "perfetta"! **
(Bah, sentila... quante arie che si dà... <.<
nd tutti) (^^' nd io) Grazie mille dei complimenti e spero che il
capitolo ti sia piaciuto. -_^ Ciao!
Un grazie anche a chi ha
letto solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Preferite e Seguite.
Prossimo
aggiornamento Mercoledì 29. ^^
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Capitolo 7 *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 1 - ***
Capitolo 7
Nei ricordi di Shinichi - Parte
1 -
«Credo siano
là dentro...»
bisbigliò Conan, osservando attento il magazzino di fronte a
loro, sbirciando
appena da dietro la cassa dove si erano nascosti.
Ai, al suo fianco, prese a
tremare più forte di prima e sussurrò con voce
evidentemente spaventata:
«Shinichi... andiamo via...»
Lui tornò ad accucciarsi meglio
e la guardò intensamente.
Lei aveva lo sguardo fremente
puntato al suolo e si stringeva le braccia intorno al corpo,
continuando a
tremare.
«Dovrei fare qualche
indagine...» mormorò Conan, serio «Se
quegli individui fanno davvero parte
dell’Organizzazione, vorrei scoprire qualcosa di
più. Perciò io rimango, ma
tu... tu vai via.»
«Vieni anche tu, Shinichi!»
sussurrò Ai, allarmata, voltandosi a guardarlo e
afferrandogli un braccio con
forza «Ti farai ammazzare restando qui!» gli occhi
le divennero lucidi di
lacrime.
«Ai, ti prego, ascolta...»
iniziò Conan, però fu costretto ad interrompersi
bruscamente e alzare lo
sguardo, mentre sentiva il cuore stringersi in una ferrea morsa di
terrore.
Ai, tremando ancor di più, si
voltò di scatto indietro per guardare e si
raggelò all’istante, cadendo seduta
a terra di fianco l’altro bambino.
Davanti a loro c’erano una
donna magra, dai lunghi capelli biondi e lisci, e un uomo
particolarmente
robusto. Indossavano entrambi abiti neri; sul capo portavano un
cappello, di
tipo borsalino, del medesimo colore; e degli occhiali scuri coprivano i
loro
occhi. In vita avevano entrambi una cintura a cui allacciata
c’era una pistola.
«Guarda un po’ chi abbiamo
qui...» esordì la donna, con un tono sarcastico e
una voce lievemente acuta e
fastidiosa.
«Due mocciosi?» fece l’uomo con
tono neutro.
«Ma no...» disse la donna e
indicò con il capo Ai, che la stava fissando con uno sguardo
pieno di terrore
«Lei la conosco... Come, non vedi? E’ Sherry.»
si aprì in un piccolo sorriso compiaciuto.
L’uomo increspò appena la
fronte.
«E’ vero...» ammise.
Conan serrò i denti, colto da
un brivido lungo la schiena.
“Accidenti...”
«Forza,
entrate.» ordinò l’uomo
robusto, aprendo la porta e spingendo in avanti i due bambini.
«Un po’ di gentilezza, Jil, in
fondo sono solo due piccoli indifesi...» sorrise la bionda
dietro di lui.
Jil si voltò a guardarla,
mostrando un piccolo sorriso a sua volta.
«Come vuoi, Stella.»
Conan e Ai si ritrovarono in
una stanza con tre porte chiuse e con al centro un tavolo e cinque
sedie.
Un giovane di bell’aspetto con
capelli chiari e codino aveva posato cappello e occhiali scuri sul
tavolo e ora
stava sonnecchiando con le braccia incrociate e il corpo appoggiato
allo
schienale della sedia su cui si trovava.
«Sveglia, Wim, abbiamo ospiti.»
lo chiamò Jil, posizionandosi dietro Conan e Ai.
Il giovane si ridestò con uno
sbadiglio e rivolse quindi i suoi occhi scuri verso i due bambini.
«Due mocciosi? Ma che
significa?» chiese con una smorfia contrariata.
«Anche tu non la riconosci?»
fece Stella, con il suo sorriso sul volto, e indicò con il
capo Ai «E’
sicuramente lei.»
Wim osservò meglio la ragazza,
poi, con un fischio sommesso di sorpresa, esclamò:
«Non ci posso credere! Sherry!»
«Smettetela di chiamarmi in
quel modo.» mormorò istintivamente Ai, con
un’espressione scura sul volto.
«Ah, già... tu te ne sei andata
dall’organizzazione, no?» ricordò la
bionda, con aria di scherno «Sei scappata
a gambe levate.»
«Come voi, d’altronde.»
aggiunse Ai, sempre seria.
Conan la guardò sorpreso.
«Eh, già, purtroppo i nostri
piani non coincidevano con quelli del resto della banda.»
sospirò Wim,
tranquillo, rimettendosi il cappello sul capo e afferrando gli occhiali
«Chi fa
da sé, fa per tre.» specificò,
mettendosi anche quelli.
«Solo dettagli, questi, Sherry,
non credi?» disse allora Stella, alzando le spalle
«Quel che conta davvero è
ciò che ti stiamo per chiedere.»
«Non vi dirò niente, né farò
niente
per voi, sia ben chiaro.» puntualizzò Ai in un
moto di coraggio.
«Ai!» le sussurrò Conan,
preoccupato.
«Coraggiosa la mocciosa.»
ridacchiò Jil.
Stella mostrò un sorriso
divertito e asserì:
«Questo sarà tutto da vedere.»
«Dell’altro moccioso che ce ne
facciamo?» chiese allora Wim, indicando con il capo Conan
«Lo eliminiamo?»
Conan fu percorso da un
brivido, mentre Ai, allarmata, esclamava d’istinto:
«No!»
Stella allora scoppiò a ridere,
come divertendosi un mondo, e affermò:
«No, perché mai dovremmo ucciderlo?
E’ solo un bambino... Non so nemmeno perché
è qui con lei. No, lui ci serve.»
lanciò uno sguardo a Conan, poi ad Ai, che evitava di
guardarla «E’ la nostra
moneta di scambio.» aggiunse la bionda.
«Giusto.» sorrise Wim.
«Bene, Jil, accompagnali nella
loro camera.» disse
quindi Stella,
facendosi da parte.
«Subito.» rispose quello e li
spinse alle spalle, dirigendosi verso una delle porte chiuse.
L’aprì; dietro di
essa c’era un laboratorio.
«Rok che fine ha fatto?» chiese
la bionda, alzando un sopracciglio.
«E’ andato al bagno.» rispose
Wim, indicando con il pollice una porta chiusa.
Jil fece percorrere ai due
bambini il laboratorio, poi, dopo aver aperto una porta di ferro
arrugginito,
li condusse per un corridoio poco illuminato e infine in una stanza
chiusa a
chiave. La porta aveva una piccola finestrella in plexiglas in alto,
sicuramente impossibile da sfondare a mani nude.
L’energumeno li spinse dentro
la piccola stanza umida, poi richiuse a chiave la porta, allontanandosi.
Quando ebbe chiuso anche la
porta di ferro, Ai, portandosi le mani al capo, si lasciò
cadere seduta a
terra, strisciando la schiena contro un muro sporco.
Conan, rimasto fermo vicino la
porta, aveva un’espressione cupa sul volto e lo sguardo
puntato al suolo.
«Ai...» mormorò lui ad un
tratto.
Ai non alzò lo sguardo, perso
nel vuoto.
«... Scusami.» concluse Conan,
dolente, fissando ancora a terra.
La ragazza alzò di scatto gli
occhi verso di lui, sentendoli velati di lacrime.
«E
se non mi fossi sbagliata?»
«Allora ti chiederò scusa.»
«Shinichi,
io...» iniziò Ai,
con voce leggermente tremante.
«No, davvero.» insistette lui,
voltandosi a guardarla con gravità «Guarda in cosa
ti ho coinvolto! Rischiamo
grosso, qui...»
«La colpa è anche mia; dovevo
impedirti di venire.» disse allora Ai, stringendo la presa
tra i suoi capelli e
abbassando lo sguardo «Quella gente non scherza.»
«Mi pare di capire che tu li
conosci...» Conan la guardò intensamente
«Cosa sai di loro?»
«I loro nomi sono in codice, ma
non conosco quelli veri.» iniziò Ai, sospirando e
tornando a guardare l’altro
«Facevano parte delle “punte”
dell’Organizzazione. Oltre ad essere killer dal
sangue freddo, si occupavano anche di esplosivi e Stella era
un’abile spia.»
«Sembra essere proprio lei il
capo.» intervenne Conan.
«Tra i quattro è sicuramente la
più temibile.» annuì Ai.
«Perché si sono allontanati
dall’Organizzazione? Ne hai un’idea?»
«Non so di preciso quali siano
i loro scopi...» storse le labbra, a disagio «Ma
sicuramente non promettono
nulla di buono.»
Conan si portò una mano al
mento, ragionando.
«Parlami meglio di ognuno di
loro.» le chiese allora.
Ai alzò gli occhi al soffitto, riflettendo,
e iniziò a dire:
«Dunque... Partiamo da Jil,
quello robusto che ci ha condotti qua... Ricordo che veniva spedito
spesso in
missione da solo, forse come spia. I suoi compiti non erano mai ben
chiari a
tutti gli altri; “cose segrete”, ci diceva lui,
“affari che non vi riguardano”.
In ogni modo, non mi è mai parso così brillante;
è più uno che riceve gli
ordini e li esegue, ecco.
Poi c’è Wim... Lui è bravo con
gli esplosivi, ma veniva spesso utilizzato per interrogatori oppure
veniva
mandato ad intimidire le vittime; ci sa fare, dopo un suo ultimatum
nessuno
provava più a ribattere o a non obbedire. E’
sicuramente un po’ troppo
impulsivo e irascibile, perciò è meglio non
scherzarci troppo.»
«Di “Rok” che mi dici?» le
domandò allora Conan, ricordando il nome citato dalla bionda.
«Non so molto di lui, ma è
sicuramente un tipo che eviteresti volentieri... Scorbutico e rude,
direi, con
cui nessuno voleva avere mai molto a che fare.»
«E la bionda?»
«Stella? Beh, ha sempre avuto
un carattere particolare... Egoista e indipendente, e soprattutto poco
incline
a obbedire agli ordini. Non credo le sia mai piaciuto stare ai comandi
di
qualcuno.» indurì l’espressione del viso
«Si capisce subito perché abbia preso
lei le redini di questa banda; il piano è suo.»
«Qualunque questo sia.» mormorò
Conan, poi tornò a guardare Ai, azzardando:
«Credo però che il bersaglio
sia proprio tu. Gli servi per qualcosa; è questo
probabilmente il loro piano.»
«Vogliono me? Solo me?» ripeté
Ai «Credevo piuttosto mi avessero puntata perché
mi avevano riconosciuto.»
«No, penso che ti stavano
seguendo.» Conan mostrò un’espressione
cupa «Credo abbiano fatto delle loro
ricerche e siano riusciti a trovarti. Mirano a te, a quanto pare.
Perché sei
una scienziata e hai creato, finora, farmaci a dir poco
prodigiosi.»
«Ecco perché del
laboratorio...» capì l’altra, sorpresa
«Vogliono che crei un farmaco nuovo per
loro?»
«Non so dirlo con precisione;
ma può darsi.» il detective si avvicinò
alla porta e si mise a “studiarla” nei
minimi dettagli con un’aria seria.
«Che fai?» gli chiese Ai, non
capendo le sue intenzioni.
«Non vorrai rimanere ancora
qui...» Conan si voltò a guardarla.
«Perché, hai un piano di fuga?»
domandò lei, stupita.
«Può darsi.» il ragazzo si mise
una mano in tasca e ne estrasse un piccolo contenitore trasparente, con
all’interno due pillole bianche.
«Ma quelle...» fece lei,
incredula «Le hai portate con te?»
«Da quando me l’hai date l’ho
sempre dimenticate in questa tasca del giubbetto.»
spiegò Conan, alzando le
spalle «E direi che non è stato affatto un
male.»
Gli tornò in mente il momento
in cui Ai gli aveva dato quel contenitore, qualche giorno fa.
«Tieni.»
disse lei porgendogli un piccolo cilindro
di plastica trasparente contenente un paio di pillole bianche.
«E che cosa sono?» chiese Conan, afferrando il
contenitore.
«Indovina.» fece Ai, sospirando con fare esasperato.
«Non mi dirai che hai provato una nuova formula per
farci tornare ai nostri veri aspetti...» capì il
detective, sorpreso «Credevo
tu fossi in alto mare. L’ultima prova non è andata
troppo bene...» ripensò con
amarezza a quando aveva portato Ran al ristorante, finalmente nel suo
aspetto
da liceale, e non era riuscito a concludere niente, visto che era
tornato
bambino poco dopo.
«Magari
sta volta andrà meglio, Shinichi.»
Lui le lanciò uno sguardo poco convinto, ma lei
continuò a sostenere quell’aria sicura di sempre.
«Uhm, non saprei, Ai... quanto tempo credi durerà,
sta volta, l’effetto?»
Ai si portò un dito alle labbra e alzò gli occhi
in
alto, riflettendo.
«Direi...» storse un po’ le labbra,
pensierosa
«Beh... Un
po’ più della volta scorsa.» concluse
con una tranquilla alzata di
spalle.
«Ah...»
fece Conan, per nulla rassicurato.
«Hai intenzione
di usarle ora?»
gli chiese Ai, confusa «A che scopo?»
«Ho un’idea... ma sarà
rischioso.»
Conan esitò un attimo, poi tornò a guardare negli
occhi la ragazza, con uno
sguardo intenso «Devo chiederti di fidarti di me; ti
porterò fuori da qui.»
Ai trattenne un attimo il
respiro, poi provò a dire d’un fiato:
«Shinichi, ma...» si
interruppe, mordendosi un labbro. Rasserenò di colpo i
tratti del viso e, con
calma, affermò:
«Io mi fido di te, Shinichi. Mi
fiderò sempre.»
«Grazie.» sorrise lui,
d’istinto, poi le si avvicinò, aprendo intanto il
contenitore.
«Bene, prendi.» le porse la
pasticca.
Ai l’afferrò e poi lo guardò in
attesa di spiegazioni.
«Allora...» iniziò Conan, serio
«Prenderemo la pillola, così torneremo grandi.
Purtroppo in questo aspetto
siamo troppo vulnerabili; credimi, sarà meglio tornare nel
nostro vero corpo.
Dopo di che, quando qualcuno di quei quattro ci verrà a
prendere per qualche
motivo, io sparerò il mio ago anestetizzante;
addormentandolo. Gli prenderemo
la pistola e, o usando lui come ostaggio, oppure scappando armati, ce
ne
andremo.»
«Il tuo piano fa un po’
acqua...» intervenne Ai spontaneamente
«Innanzitutto; che abiti ci metteremo
una volta che torneremo nei nostri veri aspetti? Questi vestiti sono
per dei
bambini.» si indicò gli abiti.
«Li prenderemo dal nostro
“prigioniero”.» rispose allora Conan.
«L’idea dell’ostaggio è
impensabile; sarebbe solo un peso portarci dietro il corpo di qualcuno
che
dorme.» fece notare la ragazza.
«Allora niente ostaggio.»
concordò Conan, annuendo con il capo.
«Dovresti sparare per poter
scappare; non ci lasceranno certo andar via come se nulla
fosse...» insistette Ai, preoccupata.
Conan non disse nulla per un
po’, fissandola negli occhi con un’espressione
decisa.
Ai sembrò percepire qualcosa,
allora mormorò:
«Ma tu sai già come fare...»
«Se davvero vogliono te...»
iniziò il detective, serio «Certo non ti
spareranno mai. E vorranno evitare che
ti accada qualcosa.»
La ragazza increspò di un poco
la fronte.
«Sono io... il tuo ostaggio?»
capì.
«Diciamo che sei il
“lasciapassare” per entrambi.»
confermò Conan.
Scese un attimo il silenzio tra
i due, poi spezzato dal ragazzo, che disse con l’aria seria
di prima:
«Non intendo agire, però, se tu
non sei d’accordo.»
Ai ci rifletté ancora un
istante, poi rialzò di scatto gli occhi sull’altro
e asserì con decisione:
«Voglio andarmene da qui tanto
quanto te. E sono pronta a tutto.» si portò la
pasticca alle labbra, poi la
inghiottì.
Conan annuì e, avvicinandosi
alla bocca la pillola, disse:
«Bene, allora non perdiamo
altro tempo.» e la mangiò anche lui.
Già dopo qualche minuto i due
iniziarono a stare male, in contemporanea.
Caddero a terra entrambi,
sudando; i loro corpi erano scossi da violenti fremiti e i due
stringevano
forte i denti per cercare di non urlare.
Si agitarono a terra per un
po’, mentre le loro membra mutavano, allungandosi, e i loro
lineamenti
cambiavano.
I vestiti, troppo stretti e
piccoli, iniziarono a strapparsi, allora si spogliarono, rimanendo in
canottiera e mutande.
Infine, terminata la
trasformazione, rimasero entrambi a terra, con gli occhi chiusi;
sfiniti.
«Stella,
il laboratorio è
pronto; abbiamo portato tutto quello che serviva.»
annunciò Wim, entrando nella
stanza con il tavolo e le sedie al centro.
La bionda era seduta e stava
sorseggiando del vino; un piccolo lusso che si erano permessi in quei
giorni di
ricerche e nuovi piani d’azione da studiare.
Sulle labbra della donna si
delineò un piccolo sorriso.
Posò il bicchiere sul tavolo,
si rimise gli occhiali scuri, coprendo quegli occhi di un azzurro
intenso, e si
sistemò il cappello sul capo.
«Molto bene.» disse, alzandosi
in piedi «Jil, vai a prenderli.»
Jil, accanto a Wim, annuì e si
diresse verso la cella, proprio mentre Rok giungeva nella stanza.
«Fuori tutto tranquillo.» disse
quest’ultimo.
«Bene; Wim, dagli il cambio.»
ordinò Stella.
Wim annuì e uscì.
Jil raggiunse con calma la
porta di ferro e l’aprì, percorse poi il piccolo
corridoio e girò la chiave
della porta in fondo.
Appoggiò poi la mano sulla maniglia
e tirò verso di sé l’uscio, che si
aprì cigolando in maniera sinistra.
«Bene, ti stavamo aspettando.»
sorrise Shinichi, in piedi di fronte a lui con l’orologio
davanti il viso.
«Ma che...?» fece Jil, stupito
di trovarsi davanti un ragazzo anziché il bambino, ma non
fece in tempo a dire
altro; l’ago anestetizzante lo colpì al collo,
nonostante avesse provato a
schivare il colpo. Iniziò a barcollare, sentendosi svenire.
«Vieni, aiutami!» disse
Shinichi, correndo a sorreggerlo e portandolo dentro la cella.
«Sì!» rispose Ai, affiancandolo
e aiutandolo a posare l’uomo a terra.
Il detective lo controllò
velocemente, notando che era profondamente addormentato, poi si
soffermò sul
punto in cui l’aveva punto con l’ago. Storse le
labbra con disappunto, dicendo:
«Purtroppo l’ho colpito solo di
striscio; si era spostato all’ultimo momento.»
«Allora vediamo di fare in
fretta, prima che si svegli.» lo incitò Ai,
rabbrividendo «Qui si muore di
freddo!»
«Sì, tieni.» Shinichi le porse
il cappotto nero dell’uomo «Copriti bene con
questo.»
Ai lo indossò e iniziò ad
allacciarselo, mentre Shinichi sfilava i pantaloni scuri di Jil e il
maglioncino di cotone nero, per poi indossarli.
«Sei pronta?» le chiese il
ragazzo, allacciandosi la cinta.
«Diciamo di sì...» rispose vaga
Ai.
Shinichi alzò gli occhi per
guardarla; lei, un po’ in imbarazzo, distolse lo sguardo. Il
cappotto la
copriva interamente fino le ginocchia, comunque non si trovava certo a
suo agio
così.
«Dai che stai bene.» cercò di
scherzare lui, per alleviare un po’ la tensione.
«Sì, come te.» rispose lei di
rimando.
Shinichi si osservò il maglione
troppo grande, la cinta che aveva dovuto stringere al massimo, poi i
pantaloni
troppo lunghi.
«Va bene, lasciamo stare...»
sospirò, poi afferrò le scarpe
dell’uomo «Dai, mettile tu.»
«Sono troppo grandi per noi;
sarebbero solo d’intralcio.» rifiutò Ai.
«D’accordo.» Shinichi le
lanciò
in un angolo, diede poi un’ultima occhiata all’uomo
svenuto, ora in boxer e
canottiera, e tornò a guardare seriamente la ragazza
«Allora iniziamo.»
Il detective si abbassò a
prendere l’arma dell’uomo, poi si
raddrizzò.
«La sai usare?» chiese Ai,
insicura.
«Non proprio...» rispose
Shinichi, osservando la pistola «Ma ero andato, una volta, a
fare un paio di
tiri al poligono... Mi inventerò qualcosa.»
«Io la so usare.» affermò la
ragazza tranquillamente.
«Lo so.» Shinichi si aprì in un
piccolo sorriso storto «Ma tu sei l’ostaggio,
ricordi?»
Ai sospirò e annuì con il capo.
Shinichi allora le si avvicinò, le afferrò un
braccio e puntò la pistola alla sua
schiena, per poi dire:
«Ora vai avanti; camminerai di
fronte a me.»
«Va bene.» accettò Ai, e
avanzò
verso la porta.
Stella
udì dei passi nel
laboratorio mediante la porta aperta. Si stiracchiò
pigramente e, voltandosi
verso la porta del laboratorio, commentò con aria annoiata e
contrariata:
«Era ora, Jil...»
«Già.» concordò Rok, seduto
su
una sedia accanto a lei.
«Jil non è qui.» annunciò
Shinichi duramente, entrando nella stanza con Ai.
Stella corrugò un po’ la
fronte, sorpresa e confusa, mentre Rok alzò un sopracciglio,
incredulo.
«Che cosa significa?» chiese la
bionda, poi lanciò uno sguardo ad Ai «Sherry...
Sei tornata te stessa?»
«Proprio così.» annuì Ai,
ruvida.
La bionda tornò a guardare il
detective, chiedendo con stupore:
«E tu chi saresti? ... Non mi
dirai il bambino di prima!»
«Con il farmaco di Ai siamo
tornati ai nostri veri aspetti.» spiegò Shinichi,
rimanendo serio.
«Ho capito...» Rok tirò le
labbra con disappunto «Tu sei il ragazzino che si
è fatto scappare Gin e i
suoi...»
«Ah, sì, mi ricordo.» Stella si
aprì in un piccolo sorriso «Guarda un
po’; ti sei alleata proprio con lui,
Sherry?»
«Questo non è il momento di
discutere.» Shinichi prese in mano le redini della situazione
«Sono armato e
intendo andarmene con Ai; non provate a spararci.»
«Perché, se no cosa succede?»
chiese subito Rok, irritato, balzando in piedi e portando una mano
all’impugnatura della sua pistola.
Prima che il detective potesse
parlare, Stella, con un piccolo sorriso di sadico divertimento,
posò una mano
sul braccio di Rok, dicendo con calma:
«Potresti colpire Sherry...»
Rok si corrucciò, avendo
capito.
Shinichi annuì e asserì:
«Esattamente; se tenete a lei
vi consiglio di non aprire il fuoco. Non esiterò ad usarla
come scudo.»
Stella allargò il suo sorriso.
«Ma davvero?» fece, con un tono
di scherno.
Velocissima, la bionda estrasse
la sua pistola, caricandola, e la alzò contro i due ragazzi.
Anche Shinichi fu rapido;
mentre Ai spalancava gli occhi, sorpresa e spaventata, il ragazzo
spostò la
pistola da dietro la schiena della scienziata e la portò a
contatto con la
tempia della ragazza, poi piazzò Ai proprio davanti a lui,
tenendosi dietro
come se lei fosse uno scudo.
Pure Rok, nel frattempo, aveva
puntato la pistola contro i due; pronto a sparare.
«Volete davvero premere il
grilletto?» li sfidò Shinichi, con una voce
stranamente decisa e dura «Volete
spararle?» premette di più la pistola contro la
tempia di Ai, la quale, ancora
davanti il detective, aveva i battiti del cuore accelerati e iniziava
leggermente a tramare; in tensione.
Stella e Rok rimasero congelati
nelle loro posizioni qualche altro istante; in silenzio e con
un’espressione
concentrata. Poi, inaspettatamente, la bionda abbassò con
calma l’arma,
ordinando con un tono tranquillo:
«Abbassa la pistola, Rok.»
L’uomo lanciò un ultimo sguardo
truce ai due ragazzi, poi obbedì agli ordini.
«Bene.» commentò Shinichi,
ancora serio e concentrato.
«Sul serio, ragazzo, non
credevo tu fossi così determinato...»
confessò Stella, rimanendo calma e
posando l’arma sul tavolo «Ecco, va bene
così?»
«Ora non muovetevi.» ordinò
Shinichi, iniziando ad arretrare verso la porta d’uscita.
Giunto lì davanti, con la mano
libera cercò la maniglia e l’abbassò,
aprendo così l’uscio.
«Non provate a seguirci.»
dispose ancora il detective.
Stella alzò un attimo le mani,
con fare innocente, e confermò:
«Non ci muoveremo da qui.»
Shinichi le lanciò uno sguardo
poco convinto, uscì e richiuse la porta.
Stella si voltò subito verso
Rok, dicendogli con un’aria contrariata:
«Chiama Wim, svelto; quei due
non se ne vanno da qui così.»
«Certo.» Rok afferrò il
telefono, componendo un numero.
«Io vado a vedere che diavolo
sta combinando quell’idiota di Jil.»
sibilò la bionda, irritata, dirigendosi a
passi svelti verso la cella.
Trovò lì l’uomo, spogliato e
addormentato.
Storse le labbra con
disappunto, disgustata, e assestò un bel calcio al fianco di
Jil, esclamando:
«Svegliati, stupido! Guarda
cos’hai combinato!»
Jil si risvegliò
immediatamente, balzando seduto.
«I miei abiti?» chiese con
un’aria confusa, guardandosi intorno.
«Mettiti subito qualcosa
addosso e raggiungici di sopra; quei due sono scappati.»
disse Stella,
allontanandosi.
Continua...
Il prossimo capitolo, come avevo
detto, sarà il continuo di questo. -_^
Passiamo ora velocemente ai
ringraziamenti:
lady cat:
Ciao, nuova lettrice! ^^ Sono contenta davvero che la storia ti
piaccia! ^//^ Grazie dei complimenti! Vedo che siamo d'accordo su una
cosa: Detective Conan è anche per me uno dei migliori manga
che abbia mai letto - ne ho letti pochi volumi, però,
purtroppo... più che altro seguo l'Anime ^^' -. In questo
capitolo hai invece potuto sapere di più sugli uomini che
hanno rapito Shinichi e Ai... quindi una volta facevano parte
dell'Organizzazione. Effettivamente, la mia idea iniziale - come avevo
spiegato una volta ad un'altra recensistrice - era di scrivere i loro
nomi come i nomi di alcolici (me li ero già preparati), ma
poi ho avuto l'idea che magari potevo far sì che erano dei
professionisti che lavoravano in proprio prima di entrare
nell'Organizzazione, e quindi avevano già dei nomi in
codice... Tutto qui, ecco. ^^' Ed era anche un po' per confondere le
acque finché non si sapeva di più. -_^ Ottima
osservazione, comunque! ;) Per quanto riguarda la domanda "è
una Shinichi-Ai"... si saprà di più in seguito.
-_^ Ma ti preannuncio che a me Ran piace come "ragazza di Shinichi". ;)
Alla prossima, ciao!
Sweetgirl91:
E' tardi un bel po': mi devo preparare per uscire! ^^''' Va
bé, faccio subito... In questo capitolo hai saputo di
più, hai visto? Presto si conosceranno tutti i dettagli -
nel prossimo capitolo -, compreso i piani di questi tipi. -_^ Comunque
tutti stanno correndo percoli mortali! ^^'''' Sì, mi piace
farli soffrire! XD Shinichi e Heiji (si scrive così -_^)
trovanno sudare non poco per riuscire a farcela, sta volta. E non
è che ne usciranno incolumi! ^^' Per sapere di
più ti lascio leggere il prossimo capitolo o ti rovino la
sorpresa! XD Ora devo proprio andare, ciao!
FlyingEagle:
Oh, pure io sono sempre occupata, ti capisco! ^^' Tipo ora sono proprio
di fretta! Perciò scusa anche tu se non ti faccio una
risposta lunghissima! ^^'' Sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto, ma per sapere che fine faranno Heiji e Shinichi dovrai
attendere ancora un po'... per ora ti ho lasciato parte dei ricordi del
nostro amico detective. -_^ Grazie mille dei complimenti! *///* Sei
troppo gentile! ^//^ Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo...
Ciao! ^^
Un grazie anche a chi ha letto
solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.
Prossimo
aggiornamento Venerdì 31. ^^
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Capitolo 8 *** Nei ricordi di Shinichi - Parte 2 - ***
Nei
ricordi di Shinichi - Parte
2 -
Ai,
davanti il detective, corse
in cima alle scale, poi scappò nel buio del magazzino, con
il ragazzo alle
spalle.
Shinichi si portò avanti,
affiancandola, e le disse con un tono dispiaciuto:
«Scusami... Forse sono
stato...»
«Hai fatto quello che c’era da
fare.» sentenziò Ai, guardandolo con comprensione
«Io sto bene, davvero.»
Shinichi annuì e le afferrò una
mano, dicendo:
«Ti porto fuori da qui.»
Ai mostrò un piccolo sorriso.
Il ragazzo accelerò, mettendosi
davanti a lei e tenendole sempre la mano.
Percorsa la prima stanza e un
corridoio, si trovarono nell’ultima stanza del magazzino e
puntarono così verso
la porta aperta.
«Ci siamo!» annunciò il
detective, uscendo per primo.
Ai fu subito dietro di lui.
L’aria fresca dell’alba investì
in pieno i due, ma la piacevole sensazione durò poco.
Infatti, appena uscito,
Shinichi fu spinto violentemente a terra, finendo tra dei barili vuoti
di
plastica.
«Shinichi!» esclamò Ai,
fermandosi di colpo sull’uscio.
Davanti a lei si trovava Wim
che, con un’espressione accigliata, le disse duramente:
«Ora fai come ti dico e non ti
accadrà nulla.»
Ma Ai, terrorizzata, corse
d’istinto dentro il magazzino, senza guardare dove si stava
dirigendo, così
che, dopo qualche passo, si ritrovò contro Stella, che
l’afferrò forte e la
gettò a terra.
Ai finì seduta con le mani sul
pavimento, senza fiato. Alzò gli occhi, spaventata, e
andò così ad incontrare
lo sguardo di un azzurro gelido della bionda che, quando le era andata
addosso,
aveva perso gli occhiali a terra. La donna afferrò la
pistola e ordinò ad Ai di
alzarsi. La scienziata, tremante, obbedì lentamente. Stella
le afferrò un
braccio con forza, sussurrandole all’orecchio con un tono di
sadico
divertimento:
«Da qui non te ne vai.»
Intanto fuori, Wim si avvicinò
al detective che si stava faticosamente mettendo seduto. Shinichi diede
un’occhiata a terra, ma non trovò la pistola;
persa nella poca luce di quel
primo mattino e tra i barili rovesciati.
«Vieni!» ordinò Wim,
afferrandolo da dietro la schiena per la maglia e costringendolo ad
alzarsi,
poi gli puntò l’arma alle spalle «E non
fare scherzi.»
Shinichi, un po’ ansimante, si
lasciò condurre di nuovo dentro il magazzino, suo malgrado.
Wim si avvicinò con lui a
Stella che, con un sorriso divertito, si rivolse al detective:
«Bel tentativo, davvero...
L’effetto sorpresa; il farmaco che vi ha fatto tornare
grandi; il piano pensato
abbastanza bene... Ma non siamo così stupidi. Come potevate
pensare di riuscire
a fregarci così facilmente?»
«Ci eravamo quasi riusciti, in
realtà.» uscì spontaneamente a
Shinichi, corrucciandosi.
La bionda alzò le spalle,
dicendo:
«Beh, quasi...»
si voltò indietro, verso Jil, vestito con abiti nuovi,
che stava venendo di corsa, annunciando:
«Ora viene anche Rok.»
«Bene.» sorrise Stella e tornò
a guardare il detective «Io porto dentro Sherry. Voi,
invece» guardò Wim e Jil,
giunto al fianco del primo «fate in modo da far capire bene a
questo ragazzino»
rivolse di nuovo lo sguardo a Shinichi «che con noi non si
scherza.»
Il detective deglutì
istintivamente, mentre Stella si allontanava con Ai che gridava il nome
del
ragazzo, e Wim e Jil si aprivano in sorrisi d’intesa.
Wim mosse con forza il braccio
alla sua sinistra, gettando così Shinichi violentemente
contro una cassa di
legno vuota; frantumandola.
Il detective scivolò quindi sul
freddo e sporco pavimento, rimanendo lì, faccia a terra,
ansimante e dolente.
Riaprì di un po’ gli occhi,
sentendo nuovi passi, irregolari, e riuscì così a
scorgere le gambe di un uomo,
all’apparenza alto e muscoloso, ma un po’
zoppicante. Alzò un po’ di più lo
sguardo, e si raggelò, notando Rok, dal viso allungato e di
mezza età con
un’espressione impassibile, tenere tra le mani un piede di
porco. Se lo
sbatteva con calma su un palmo, in movimenti lenti, avvicinandosi
sempre di
più.
Shinichi provò ad alzarsi,
appoggiando le mani a terra, ma Jil si avvicinò e gli
assestò un calcio ad una
gamba, facendogli soffocare un gemito a fatica. Posò una
mano sulla coscia,
tornato di nuovo completamente sdraiato a terra, strizzando un
po’ gli occhi
per il male.
Intanto, Rok gli era giunto
davanti.
Shinichi rialzò ancora le
palpebre, appena, quanto bastava per poter vedere l’uomo
alzare il piede di
porco e abbassarlo violentemente contro il suo fianco.
Esplose quindi il dolore, forte
e intenso; questa volta il gemito gli uscì chiaro e
sofferto, mentre gli occhi
gli si riempivano di lacrime e per istinto andava a rannicchiarsi su se
stesso,
cercando di proteggersi in qualche modo con le braccia.
L’uomo alzò ancora l’asta, e
colpì di nuovo.
Ancora dolore, misto alle
risate dei due uomini rimasti semplicemente a guardare.
Jil
aprì la porta della cella e
fece scivolare Shinichi di malagrazia da sopra la sua spalla muscolosa
fino
terra, dentro la stanza umida. Il ragazzo finì sul pavimento
con un gemito
soffocato e rimase immobile.
«Shinichi!» Ai, dapprima in un
angolo, corse subito da lui, inginocchiandosi al suo fianco; le erano
stati
dati dei vestiti “nuovi”, comunque rovinati e
troppo grandi per lei.
Jil se ne andò ridacchiando e
richiuse a chiave.
«Shinichi! Shinichi!» continuò
a chiamarlo la ragazza, in ansia, girandolo supino e afferrandogli una
mano.
Il detective aveva il respiro
pesante e, ogni volta che inspirava un po’ più
profondamente, strizzava forte
gli occhi già chiusi, tirando anche le labbra per il dolore.
«Shinichi... parlami...
Shinichi...» Ai aveva le lacrime agli occhi, immaginandosi
cosa gli avessero
fatto; era rimasto con quegli uomini per diversi minuti, forse anche
Stella era
andata a guardare.
Shinichi aprì lentamente gli
occhi, rivolgendole uno sguardo sfinito.
«Mi... dispiace... Ai...» rantolò
il ragazzo con voce roca.
«Ma che stai dicendo?» esclamò
la scienziata, mentre le lacrime le rigavano le guance.
«Non ti ho... portata... in
salvo...» spiegò Shinichi, dolente, tra un respiro
e l’altro.
Ai tirò un po’ le labbra,
guardandolo intensamente.
«Tu e le tue morali eroiche...»
mormorò la ragazza, con un tono dolce «Sempre
pronto ad aiutare gli altri,
anche a dispetto della tua incolumità. Sei straordinario,
Shinichi.»
«Ma che dici?» tossì un po’,
contraendo il volto per il dolore, poi tornò a guardare Ai
con aria dispiaciuta
«Non sono riuscito... a concludere... niente. Non ci
sarà... un’altra...
occasione.»
«Se in cambio di avere un’altra
occasione dovessi vederti ridurre di nuovo in questo
stato...» Ai fece una
pausa, mentre gli occhi le brillavano di nuove lacrime
«Allora preferirei
morire qui.»
Shinichi corrugò un po’ la
fronte, dichiarando con serietà e convinzione:
«Non lo... permetterei... mai.»
Il cuore di Ai accelerò i
battiti. Le lacrime si fermarono e lei socchiuse gli occhi, continuando
a
guardare il volto del detective. Poi, lentamente e istintivamente, Ai
avvicinò
il viso a quello del ragazzo che rimase immobile, socchiudendo gli
occhi a sua
volta e guardandola.
«Grazie.» sussurrò Ai,
dolcemente, quando ormai il suo viso era a pochi centimetri da quello
dell’altro.
Poi, le labbra della ragazza
raggiunsero quelle di lui; Ai lo baciò intensamente per
qualche secondo, poi
rialzò pian piano il capo. Shinichi corrugò un
po’ la fronte, forse confuso,
forse sorpreso, e aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei lo
interruppe,
mormorando:
«So bene che non mi ami,
Shinichi. Non importa... questo bacio è stato lo stesso
bellissimo.»
Lui non rispose, non sapendo
cosa dire.
Ai si sdraiò al suo fianco,
stanca a sua volta, e si addormentò quasi subito,
rannicchiandosi su se stessa.
Shinichi rimase a guardarla
qualche altro istante, pensieroso, poi sospirò e rivolse lo
sguardo al
soffitto. Nonostante il dolore, riuscì ad addormentarsi
subito anche lui.
«Che
ne facciamo del ragazzo?»
chiese ad un certo punto Wim, dopo che ebbe finito di mangiare la sua
porzione.
Rok storse le labbra con
disappunto, affermando:
«Fosse stato per me, quel
moccioso sarebbe già bello che morto.»
«Non essere avventato, Rok.» lo
riprese Stella, tranquilla, posando sul tavolo il bicchiere di vino che
stava
sorseggiando «Non vogliamo dare troppo nell’occhio,
no? Spargere cadaveri in
giro non è certo una buona idea in questo
momento...»
«Certo non possiamo nemmeno
tenercelo qui ancora per molto.» fece notare Wim, pensieroso
«Qualcuno potrebbe
venirlo a cercare... Se non hanno già iniziato a
farlo.»
«Anche questo è vero.»
concordò
la bionda, appoggiando i gomiti sul tavolo e intrecciando le dita delle
mani,
riflettendo.
«Potremmo chiedere a quella
scienziata di pensare a qualcosa.» propose Jil, alzando le
spalle «Che so...
qualche diavoleria di qualche tipo.»
Stella lo guardò, incuriosita.
«Uhm... non è una cattiva
idea.» dovette ammettere.
«Cosa mai potrebbe inventarsi
quella?» chiese allora Rok, contrario «Un modo per
fargli dimenticare tutto
quello che gli è capitato?»
Stella alzò le sopracciglia,
asserendo con un sorriso:
«Effettivamente sarebbe
perfetto.»
«Ma andiamo; chi mai potrebbe
creare un farmaco in grado di cancellare la memoria della
gente?» fece Wim,
scettico.
«Sherry.» rispose risoluta la
bionda, alzandosi in piedi e andando ad afferrare una valigetta posta
in un
angolo.
Tornò alla sedia e sparse il
contenuto della ventiquattrore sul tavolo, trovando ciò che
stava cercando.
«Tra i progetti e gli appunti
che siamo riusciti a sottrarre al vecchio laboratorio di Sherry,
c’era anche
questo.» porse agli altri una cartellina di plastica
trasparente, con
all’interno fogli scritti a mano, formule chimiche e calcoli.
«E’ davvero un farmaco per
cancellare la memoria!» esclamò Jil, incredulo.
«Sherry è un genio in questo
campo...» dovette ammettere Wim.
«Ma da quanto è scritto qui il
farmaco è incompleto.» notò Rok.
«Lo so bene, ma in ogni modo è
l’unica cosa che abbiamo.» ribatté la
donna, sicura «Faremo lavorare Sherry su
questo progetto; le ci vorranno pochi giorni. Poi lasceremo il ragazzo
a casa
sua, come se nulla fosse accaduto.»
«Certo, e quando gli
chiederanno dove è stato in questi giorni? E dove
è Sherry?» insistette Rok,
poco convinto.
«Semplicemente, lui non lo
saprà.» dichiarò Stella,
tranquillamente «Non riusciranno a scoprirci. E alla
fine abbiamo comunque il nostro piano di fuga e il secondo rifugio dove
andare... Andrà tutto bene.»
Gli altri tre si guardarono,
poi tornarono a rivolgere lo sguardo a Stella, senza dire nulla.
La bionda capì dai loro occhi
che si erano convinti. Bene, era ora di iniziare.
L’apertura
cigolante della
porta svegliò entrambi.
Ai, in tensione, si tirò subito
a sedere, volgendo lo sguardo all’uscio, mentre Shinichi
riuscì solo ad aprire
stancamente gli occhi per vedere chi fosse entrato.
«Direi che ti sei riposata
abbastanza, Sherry.» esordì Wim, entrando
tranquillamente nella stanza «C’è una
cosa che ora devi fare.»
Raggiunse la ragazza e le
afferrò un braccio, costringendola ad alzarsi.
«Non farò nulla per voi,
chiaro?!» esclamò Ai, cercando di liberarsi dalla
presa.
Shinichi riuscì faticosamente a
tirarsi su, seduto, puntellandosi sul gomito destro, però
poi si fermò
all’improvviso, trovandosi la canna di una pistola a pochi
centimetri dal viso.
«Prova a rifiutarti, Sherry, e
lui non lo vedrai mai più.» dichiarò
freddamente Wim, continuando a puntare
l’arma contro Shinichi e tenendo saldo il braccio della
ragazza.
Lei si morse un labbro,
fremendo, e non disse nulla.
Shinichi si corrucciò, ma
tacque a sua volta.
«Così è meglio.»
sentenziò il
giovane dal codino e iniziò ad arretrare verso la porta,
tenendo il braccio di
Ai e mantenendo sotto tiro Shinichi.
Giunto alla porta, Wim abbassò
l’arma e uscì. Prima di chiudere
annunciò ad entrambi:
«Per un po’, Sherry, ti terremo
in un’altra stanza. Lui sta bene anche da solo,
qui.» lanciò uno sguardo al detective.
«Cosa?» fece istintivamente
Shinichi, preoccupato per lei.
«Non temere, ragazzino, non le
faremo niente...» sorrise Wim, poi tornò serio,
sibilando:
«Tu pensa piuttosto a te
stesso. Un passo falso e poi vedremo se avrai più occasione
di fare l’eroe...
da morti, poco si combina.»
Ai lanciò uno sguardo
preoccupato a Shinichi, che si limitò ad aggrottare di un
po’ le sopracciglia,
tacendo. Wim infine chiuse la porta a
chiave e si allontanò con la scienziata.
Shinichi tirò le labbra
amaramente, sentendosi proprio finito in trappola, e arretrò
a fatica fino il
muro alle sue spalle, strisciando a terra da seduto con
l’aiuto delle mani.
Giunto alla parete vi appoggiò
la schiena, ansimando un po’, e si portò subito
una mano al fianco che gli
doleva di più, strizzando gli occhi. Alzò con
cautela il maglioncino nero, così
grande per lui, e sbirciò il suo ventre e fianco.
Notò estesi lividi sulla
pelle, formatisi nelle ore precedenti. Distolse lo sguardo e
riabbassò la
maglia, appoggiando anche la testa al muro e tornando a posare
delicatamente la
mano sul fianco. Con uno sguardo stanco perso nel vuoto,
iniziò a pensare alla
sua vita, a tutto quello che gli era capitato fino a quel momento...
All’Organizzazione; ai casi risolti con Kogoro - anzi, al posto di Kogoro -; alla squadra dei
“Giovani Detective”; a Heiji
e a tutti i pericoli corsi. Ma soprattutto pensò a lei, a
Ran. Socchiudendo le
palpebre, ripensò anche al bacio con Ai. No, non aveva
sentito niente. Questo
perché non l’amava; perché nel suo
cuore c’era solo Ran.
“Oh, Ran...” sospirò “Mentre
Ai
mi baciava, io pensavo solo a te. E lei lo ha capito, lo so...
Perdonami,
Ran... il mio bacio sarà solo per te. Te lo giuro.”
Sospirò ancora e si addormentò.
«Come?
Non potete chiedermi una
cosa simile... Il progetto è incompleto: potrei creare un
veleno; ammazzando
Shinichi!» esclamò Ai, agitata, seduta con braccia
e mani libere, ma busto e
gambe legati alla sedia su cui stava, munita, in basso, di piccole
rotelline
per spostarsi nel laboratorio.
«Un’ottima ragione per dare il
meglio di te e cercare di non fare errori.» rispose
prontamente Stella, facendo
spallucce con un piccolo sorriso furbo «In ogni modo,
preferisci farlo tornare
sano e salvo a casa, senza i ricordi di qualche mesetto, oppure vuoi
assistere
qui alla sua morte?»
Ai abbassò lo sguardo e non
rispose.
«Bene, vedo che ti sei decisa.»
sorrise la bionda e indicò poi il tavolo davanti la
scienziata, pieno di provette
e sostanze chimiche «Hai tutto il necessario. Quanto credi ti
ci vorrà?»
«Forse... quattro o cinque
giorni.» rispose Ai, facendo vagare lo sguardo tra gli
oggetti sul tavolo «Devo
studiare di nuovo tutto il progetto, non lo ricordo.»
«Quattro/cinque giorni può
andare.» accettò Stella, tranquilla.
«Non sono un po’ troppi?»
intervenne a quel punto Wim, in piedi alle spalle della bionda insieme
a Jil e
Rok «Abbiamo anche i nostri, di progetti, non possiamo stare
dietro così tanto
ad un ragazzino inutile...»
«Quel “ragazzino inutile”, come
lo chiami tu, se riuscisse a scappare da qui, potrebbe far saltare
tutti i
nostri programmi.» ribatté Stella, voltandosi a
guardarlo «Preferisco
neutralizzarlo prima di iniziare. Lasciare in giro il suo cadavere non
è certamente
la cosa migliore, ma non possiamo escludere del tutto questa
possibilità, alla
fine...» lanciò uno sguardo Ai «Se mai
il farmaco dovesse non funzionare,
eliminarlo sarà quello che faremo.»
«Ma cosa volete da me, si può
sapere?» chiese a quel punto Ai.
Stella la guardò con uno
sguardo intenso.
«Credevo l’avessi capito...»
confessò la bionda, alzando un sopracciglio.
«Tu ci servi, Sherry.» affermò
Jil, sorridendo furbamente «Grazie a te faremo un sacco di
soldi.»
«Cosa?» si sorprese Ai.
«L’Organizzazione non ci ha mai
offerto una simile occasione.» aggiunse Rok, con la sua
solita espressione
scura.
«E di obbedire ai loro ordini
ci eravamo stancati.» concluse Wim, alzando le spalle.
«Noi siamo dei liberi
professionisti, ingaggiati dall’Organizzazione per le nostre
qualità.» spiegò
Stella, appoggiandosi con una mano al tavolo, togliendosi gli occhiali
e
rivolgendo i suoi freddi occhi verso la scienziata
«Qualità che hanno un prezzo
particolarmente alto, che i nostri “capi” non
riuscivano a comprendere a fondo.
Perciò ci siamo allontanati, decidendo di metterci
“in proprio”, insieme.
L’idea iniziale è sempre stata una, comunque:
rapire te, Sherry.»
«Me?» Ai non capiva dove
volesse arrivare.
«Sei un genio nel tuo campo,
con un sacco di progetti interessanti.» la bionda
indicò con il capo la
cartellina di plastica trasparente sul tavolo «Rubarli non
è stato così
difficile... Il fatto è che lo abbiamo fatto quando
già tu te n’eri già andata.
Sparita, dicevano... Ma con le nostre ricerche siamo riusciti a
rintracciarti.
Non è stato molto facile; certo non potevamo immaginare di
trovarti... in
quello stato. Una bambina, insomma... Geniale, per scappare ti sei
trasformata
in una mocciosa.»
«E’ stato un caso.» ribatté
Ai,
storcendo le labbra «Quello che avevo creato doveva essere un
veleno in grado
di uccidere istantaneamente senza lasciare tracce... L’azione
di apoptosi poi
ha fatto sì che le mie cellule mutassero, portandomi ad uno
stato fisico
precedente, una bambina di sette anni, senza però che il mio
cervello subisse
qualche danno. Ma tutto ciò non era previsto. Poteva
accadere, forse, ma era
una minima probabilità.»
«Un’ipotesi che si è
avverata.»
insistette la bionda, risoluta «Anche i tuoi genitori hanno
lavorato una vita
su quella sostanza, ma solo tu sei stata in grado di svilupparla in
quel modo
così avanzato... E tutti gli altri tuoi progetti abbozzati
sono davvero
geniali; sai a quanto potremmo vendere il farmaco in grado di far
perdere la
memoria così istantaneamente e radicalmente? Se tu riuscissi
a svilupparlo, il
siero potrebbe anche cancellare totalmente i ricordi di una persona in
maniera
irreversibile; potrebbe essere utile per eliminare personaggi scomodi
senza
ammazzarli. Oppure, riuscire a migliorare la stessa Apotoxina
potrebbe fruttarci un sacco di soldi; la venderemo prima
di quelli dell’Organizzazione, che ancora hanno il progetto
incompleto.»
«Non potrei mai riuscirci così;
tutto il mio lavoro è salvato sull’hardisk del
computer che avevo quando mi
trovavo nell’Organizzazione.» affermò la
scienziata.
«Naturalmente ci siamo
preoccupati di fare una copia di tutto quello che c’era al
suo interno e di
trasferirlo qui.» Stella indicò con
tranquillità il computer alle sue spalle.
Ai corrugò un po’ la fronte.
“Accidenti, hanno pensato a
tutto...”
«Sei già stata fortunata una
volta, Ai, riuscendo a sfuggire a Gin ingerendo il tuo stesso
veleno...» disse
a quel punto Stella, guardandola intensamente «Quando lo
siamo venuti a sapere,
siamo rimasti di stucco. Farla a Gin non è certo da tutti...
E’ molto infuriato
con te; ti sta cercando per farti fuori.»
Ai tirò un po’ le labbra,
ricordandosi come aveva rischiato la vita.
«In ogni modo, noi non faremo
il suo stesso errore.» l’avvertì la
bionda, con un’aria seria «Sarai
sorvegliata costantemente, giorno e notte, e non ti permetteremo di
andartene o
ingerire qualsiasi sostanza. Ricordati; un passo falso, e il tuo amico
muore.
Un altro, e muori anche tu.»
Ai non disse nulla.
Non c’era nulla da dire.
Shinichi
finì di bere l’acqua
contenuta nella bottiglietta di plastica. Si asciugò poi le
labbra con una
manica e fece cadere la bottiglia accanto il piatto di carta, dove
prima si
trovavano un po’ di pane e formaggio. Appoggiò la
schiena al muro, rimanendo seduto,
e si massaggiò la pancia che brontolava per la fame. Ogni
tanto sembravano
ricordarsi di lui, lasciandogli un po’ di cibo, ma, in ogni
modo, se mangiava
qualcosa una volta al giorno già voleva dire tanto.
Sospirò, affamato e stanco,
rendendosi conto che quello era il quinto giorno che si trovava
lì. Non sapeva
dire se fosse mattina, o notte; aveva perso da qualche parte il suo
orologio,
forse si era pure rotto.
Ed era preoccupato per Ai.
Tremendamente preoccupato.
“Che le sarà successo? Cosa
vogliono da lei?” storse le labbra, pensieroso
“Probabilmente... Vogliono
sfruttare qualche farmaco da lei creato, forse la stessa Apotoxina,
per rivenderlo e farci un sacco di soldi. Beh, non trovo
altra spiegazione.”
I suoi pensieri furono
interrotti all’improvviso.
La porta di aprì,
inaspettatamente, e apparve Jin sulla soglia.
Shinichi si irrigidì. Ogni
volta che passavano nella cella non sapeva mai cosa aspettarsi; o lo
conducevano al bagno - fortunatamente almeno due volte al giorno -, o
gli
lasciavano un po’ di cibo e acqua - entrambi quasi mai -. Ma
ora la “visita”
sapeva di diverso.
«Alzati.» ordinò Jil, facendosi
avanti con la pistola in mano.
Shinichi esitò un secondo, poi
obbedì lentamente, soffrendo un po’ per qualche
fitta al fianco e alla schiena,
per via degli ematomi che però, pian piano, stavano ora
sparendo.
Jil gli si avvicinò e gli
afferrò un braccio, conducendolo fuori, puntandogli
l’arma alla schiena.
Giunsero nel laboratorio che,
come ogni volta che Shinichi ci passava, era vuoto.
“Portano sempre Ai da un’altra
parte, prima che passi io... così che non possiamo
vederci.” capì,
corrucciandosi.
L’uomo in nero lo portò nella
stanza con il tavolo e le sedie.
Lì si trovavano Wim, Rok e
Stella, tutti seduti a discutere tranquillamente.
«Oh, eccoti qui, Shinichi.»
sorrise la bionda, con il suo solito tono di scherno «Abbiamo
una sorpresa per
te.»
Wim si alzò in piedi e andò ad
aprire la porta del bagno. Entrò e ne uscì fuori
con un accappatoio e degli
abiti tutti neri - maglia, pantaloni e scarpe, più
canottiera e boxer bianchi-.
«I vestiti sono un mio cambio;
penso ti andranno bene.» spiegò il giovane con il
codino e appoggiò di nuovo il
tutto sul coperchio abbassato del water «Sono puliti e
l’accappatoio è nuovo;
lavati bene, mi raccomando.»
«Dovrei farmi... una doccia?»
chiese sorpreso Shinichi.
«Proprio così; puzzi.» annuì
Stella, per poi ridacchiare, come divertita.
Shinichi increspò un po’ la
fronte.
«Cosa avete in mente?» domandò
con un’espressione scura.
«Lo saprai più tardi.» tagliò
corto la donna e indicò il bagno «Ora ti aspetta
la tua doccia.»
Jil lo spinse verso il bagno e
lo mandò dentro.
«Appena hai finito, faccelo
sapere.» gli spiegò Jil, afferrando la maniglia
della porta «Non metterci
troppo.» chiuse a chiave.
Shinichi rimase fermo qualche
istante davanti la porta appena chiusa, non sapendo cosa pensare.
Lanciò uno sguardo alla cabina
della doccia, stranamente pulita; in quel posto, era la polvere e lo
sporco a
regnare. Guardò un attimo anche gli abiti puliti sul water,
poi, d’istinto, si
annusò sotto un’ascella.
“Beh, la bionda non ha poi tutti
i torti...” dovette ammettere, arricciando il naso e
abbassando il braccio.
Non c’erano specchi, ne
possibili “armi”; cosa che aveva già
notato in precedenza, nelle sue passate
“visite” al bagno. Quindi immaginò che
la cosa migliore fosse obbedire agli
ordini.
“Chissà cosa vorranno fare...”
si chiese, spogliandosi “Ho un brutto
presentimento...”
Non rimase completamente nudo,
nel caso fosse entrato qualcuno all’improvviso; si tenne le
strette mutande da
bambino che stranamente ancora gli stavano, forse grazie ai suoi
fianchi non
troppo larghi e al tessuto elastico. Entrò quindi nella
doccia e aprì l’acqua.
“E’ gelida!” rabbrividì.
Si fece una doccia fredda,
lavandosi bene con la piccola saponetta che si esaurì appena
finito il bagno,
quindi uscì fuori.
Si avvolse subito
nell’accappatoio, con la pelle d’oca per il freddo.
Si asciugò in fretta, non
volendo far innervosire troppo i suoi rapitori, quindi
iniziò a vestirsi; per
prima cosa cambiò le mutande con i boxer, poi
indossò gli altri abiti e le
scarpe. Aveva i piedi doloranti, dopo tutti quei giorni a girare scalzo
con
solo calzetti bucati della taglia di un bambino di sette anni -
fortunatamente
erano molto lunghi e in qualche modo era riuscito ad aggiustarseli ai
piedi -.
Si passò un asciugamano tra i capelli
in fretta e, lasciandoli comunque un po’ umidi, si
avvicinò alla porta,
annunciando con tono neutro:
«Ho finito.»
Sentì qualcuno avvicinarsi,
borbottando:
«Finalmente.»
Intanto si diede un’altra
occhiata agli abiti che gli calzavano a pennello; aveva lo stesso
fisico di
Wim.
Fu Jil ad aprire e lo afferrò
ad un braccio, facendolo uscire.
«Voltati verso la parete.» gli
ordinò poi, perentorio.
Shinichi tirò un po’ le labbra
e obbedì, girandosi con il volto verso il muro.
Jil gli afferrò entrambe le braccia
e gli legò le mani dietro la schiena con dei lacci di
plastica.
“Brutto segno...” pensò il
ragazzo, a disagio.
L’uomo lo prese poi per una
spalla e lo condusse al laboratorio.
Si trovavano tutti lì. E c’era
anche Ai, legata braccia e gambe ad una sedia.
«Ai... stai bene?» chiese
subito Shinichi, spontaneamente.
«Taci.» sibilò Jil, spingendolo
in avanti.
Shinichi andò a sbattere con il
fianco contro la scrivania con il computer, senza cadere.
Però così esplose
nuovamente il dolore, avendo sbattuto proprio nel punto in cui si
trovava
l’ematoma, che gli smorzò il fiato.
Rok si avvicinò subito a Jil e
si mise dietro il ragazzo; poi entrambi lo tennero fermo, in piedi,
afferrandogli ognuno un braccio.
Ai si mostrò preoccupata per
Shinichi, ma non disse nulla.
«Vedo che ora sei pronto...»
constatò Stella, guardando il detective «Molto
bene. Direi che ormai siamo ai
saluti.»
Il battito di Shinichi prese ad
accelerare. Era davvero finita, allora.
«Speriamo funzioni...»
intervenne Wim, ancora un po’ scettico, afferrando da sopra
un bancone
un’ampolla con un liquido verdastro all’interno.
Il detective deglutì.
«Mi ammazzate con un veleno?»
domandò a mezza voce «Perché no un
proiettile in testa?»
«Frena, frena, ragazzo!»
sorrise la bionda «Se andrà tutto bene, qui ora
non morirà nessuno.»
Shinichi aggrottò un po’ le
sopracciglia.
«Non capisco... che cos’è quel
liquido, allora?» chiese ancora, confuso.
«Abbiamo intenzione di
liberarti.» spiegò Stella, incrociando le braccia
e appoggiandosi con un fianco
ad un bancone, coprendo però così Ai dalla vista
del detective.
«Liberarmi?» Shinichi ci capiva
sempre meno.
«Esattamente.» annuì la donna.
«Ma certo non possiamo
permetterti di andare in giro a spettegolare... no, niente
affatto.» aggiunse
Wim, serio.
«Infatti; intendiamo lasciarti
andare, ma senza ricordi.» la bionda indicò con il
capo il liquido nell’ampolla
in mano a Wim.
A quel punto Shinichi capì.
«Quel siero cancellerà la mia
memoria?» chiese, incredulo «Non
ricorderò più nulla di questi giorni?»
«Anche qualcosa in più...» lo
corresse Stella, tranquillamente «Probabilmente, qualche mese
di vuoto totale.»
«Cosa?» esclamò spontaneamente
Shinichi «Non intendo bere una cosa simile!»
«Che moccioso fastidioso.»
ringhiò Rok, spazientito, assestando un pugno allo stomaco
del ragazzo;
togliendogli il respiro.
Shinichi si curvò su se stesso,
tossendo.
Jil e Rok lo fecero
inginocchiare a terra e gli lasciarono le braccia.
Stella si mise a ridacchiare e
disse:
«Suvvia, Shinichi: ti lasciamo
in vita, cosa vuoi di più? Ti risveglierai nel tuo letto -
abbiamo individuato
la tua bella villa - e ti sveglierai come se nulla fosse. Essendoti
lavato per
bene ti sembrerà che non sia successo niente. E quando
infine ti accorgerai di
qualche strana ferita o livido, semplicemente non ti saprai dare una
risposta;
alla fine, l’importante è essere vivi, no? Non lo
trovi straordinario?»
Shinichi tossì ancora e prese
ad ansimare.
«Faglielo bere tutto, Wim. Fino
all’ultima goccia.» ordinò allora la
bionda, ridacchiando ancora.
«Certo.» rispose il giovane con
il codino, avvicinandosi.
Wim si fermò davanti al ragazzo
e gli afferrò con forza i capelli, alzandogli
così la testa. Il detective tirò
il volto in un’espressione di dolore, soffocando un gemito.
«Muoviti, bevi.» sbottò Wim,
avvicinando la piccola ampolla alle labbra del ragazzo, che si
ostinò a tenerle
serrate.
Il giovane con il codino,
seccato, strinse più forte la presa sui capelli del
detective, ripetendo
duramente:
«Ti ho detto di bere.»
Shinichi socchiuse gli occhi
per il dolore, ma non dischiuse le labbra.
La bionda ridacchiò ancora,
malignamente, e disse:
«Che tipo cocciuto, eh?» senza
perdere il sorriso di scherno, si spostò un po’ di
lato, mostrando Ai alle sue
spalle; la scienziata ora tremava e aveva gli occhi lucidi.
Il detective le rivolse subito
lo sguardo, preoccupato.
La donna estrasse la pistola e
la puntò verso Ai e aggiunse, con uno sguardo furbo e il
solito sorriso sul
volto:
«Ma ora, giovanotto, basta fare
i capricci.» caricò la pistola con un gesto secco.
«Aspetta!» esclamò
istintivamente Shinichi, allarmato, con una voce un po’ roca
e il respiro
affannoso.
«Dunque?» fece la donna,
alzando un sopracciglio, senza però cambiare oltre
l’espressione sul viso.
Shinichi rimase a guardarla
ancora un attimo, increspando di un po’ la fronte, poi
rivolse lo sguardo ad
Ai, che era tornata a piangere con gli occhi chiusi e il corpo
tremante, infine
fissò gli occhi sulla boccetta di vetro davanti la sua
faccia, contenente il
liquido verdastro.
«D’accordo. Bevo.» mormorò,
arrendendosi e abbassando lo sguardo al suolo.
«Bene.» sibilò Wim, alzandogli
di scatto la testa un po’ di più e avvicinandogli
l’ampolla alle labbra.
Shinichi strizzò gli occhi per
il male e contemporaneamente aprì di poco la bocca.
Il giovane lo costrinse a bere
tutto il liquido, di un sapore disgustoso, poi lasciò di
colpo la presa tra i
capelli di Shinichi, che quindi cadde a terra, squilibrato.Lentamente,
non avvertendo
particolare dolore, si sentì cadere in uno stato di profondo
torpore.
La vista
iniziò ad annebbiarsi; presto non riuscì
più a distinguere nemmeno la forma
delle scarpe degli uomini e della donna intorno a lui e, infine, si
addormentò
del tutto.
Continua...
E il flash-back finisce qua. -_^
Piaciuto il colpo di
scena? ^^ Perdonatemi se vi ho delusi, ma io sono
più una "ShinichixRan" che una "ShinichixShiho"... ^^' Va
bé, la storia comunque va avanti! ;)
AVVISO ai lettori:
A causa di impegni, questo lunedì e mercoledì non
potrò aggiornare. Quindi, il prossimo
aggiornamento sarà Venerdì
7. ^^
Passiamo ora ai ringraziamenti:
Sweetgirl91:
E così hai visto come si è evoluta la
faccenda! E non è andata affatto bene, come già
si supponeva... ^^' Ma Shinichi è proprio bravo a cacciarsi
nei guai! XD Qui hai saputo tutto ciò che c'era da sapere
sui piani di quei tipi loschi... Che pian piano, però,
iniziano ad andare in rotoli, vedi? Comunque sia, come avrai
già capito, cosa succederà a Shinichi e Heiji si
saprà solo nel prossimo capitolo. Questo è
già stato bello lungo da solo, effettivamente. ^^' Parlando
di tonti
(XD) ti sorprenderà vedere come riusciranno a cavarsela su
quella barca. X°°°D E' vero, più ci
penso più credo siano davvero lenti in questa fic!
X°°°D Alla fine, hanno più culo che altro.
XP Ti mando una mail, ciao!
Mommika:
Figurati, a volte capita anche a me di leggere in ritardo le storie
perché me ne dimentico! XD Ti è piaciuta quella parte,
quindi, nello scorso capitolo? Sono contenta che Ai ti sembri proprio Ai. ^^ Ci
tengo tanto a farli abbastanza somiglianti ai veri personaggi,
così la storia sarà più realistica. ^^
Questo capitolo ti è piaciuto? Ai era "abbastanza lei"? In effetti
non sapevo bene come "farla reagire" in questi casi... ^^' Fammi
sapere, ciao!
Roe:
Ehilà, amica di mail! ^^ So che ora te la stai spassando in
vacanza, eh? ;P E brava: tu ne vai via e mi lasci qui a crepare di
caldo? ç_ç Voglio una vacanza anch'io!!!!!!
Uffi... Almeno mandami le foto, come mi hai detto! ;) In ogni modo;
capita anche a me, a volte, non recensire per distrazione. -_^ Ma non
ti preoccupare: mica mi offendo! ^^ Mi stai simpatica, in fondo. ;) Qui
hai potuto vedere come si conclude la loro avventura. Però
ancora deve succedere dell'altro! -_^ Che altro ti posso dire, a parte:
ci sentiamo al tuo ritorno! ^^ (Ti mando una e-mail al più
presto ^^) Ciao!
Harmonia:
Grazie mille per i complimenti! ** Mi fa molto piacere sapere che la
storia ti piace. ^^ In questo capitolo hai potuto sapere tutto
ciò che è accaduto... Ma ora Shinichi ed Heiji
dovranno salvarsi da un pericolo terribile! ^^' Si saprà
tutto nel prossimo capitolo. -_^ In quanto al paring di questa fic...
Ho già ammesso di essere una sostenitrice delle
"Shinichi&Ran"... quindi diciamo poche sorprese sul paring! XD
Spero non ti dispiaccia... ^^' (Non conosco le tue preferenze) In
quanto agli aggiornamenti costanti... guarda caso proprio ora ne
salterò due! XD Però poi riprenderò
subito ad aggiornare. -_^ Ciao! ^^
Un grazie anche a chi ha
solamente letto e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.
Come ho detto sopra: prossimo
aggiornamento Venerdì 7. ^^
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Capitolo 9 *** La fuga ***
La fuga
“Ora è tutto
chiaro...”
Shinichi riaprì lentamente gli
occhi, con di nuovo tutti i ricordi in mente.
E finalmente, il dolore alla
testa era svanito.
Trasse un respiro di sollievo;
un sollievo che durò molto poco.
«Acc...» strizzò forte un
occhio, colpito da una fitta al petto.
Il cuore prese a battergli più
forte e dolorosamente e il corpo iniziò a tremargli di
più.
Sudava e quasi gli mancava il
respiro.
«Ma che diamine...?» si chiese,
animando, con la sempre più netta sensazione di aver
già provato una sofferenza
simile, in passato «Ma quando?» questo non gli
venne in mente.
Girò allora gli occhi indietro,
stringendo un po’ i denti per resistere al dolore, e, notando
l’amico ancora
addormentato, ricominciò a chiamarlo con il fiato corto:
«Heiji? ... Heiji, insomma...
quanto pensi di... dormire... ancora?»
L’altro non rispose.
«Dannazione, Heiji!» Shinichi
mosse di scatto la testa indietro, facendola sbattere forte contro il
capo
dell’altro detective.
«Ahi...» fece Shinichi,
dolorante.
Heiji, invece, svegliato
improvvisamente dal colpo, strizzò un attimo gli occhi, poi
alzò le palpebre.
«Che cavolo...?» chiese,
guardandosi intorno confuso.
«Era ora...» poi Shinichi
tossì, scosso da un’altra fitta al petto.
Heiji voltò immediatamente il
capo indietro, esclamando con stupore:
«Shinichi! Ma che succede? Dove
ci troviamo?»
«Ci hanno messi... su una...
barca...» ansimò l’altro, con il volto
tirato in un’espressione di sofferenza
«Credo... che tra un po’... salteremo... in
aria...»
«Che?!» fece Heiji, sbiancando,
poi si accorse che l’amico non stava per niente bene.
«Shinichi, che ti è successo?
Sei ferito?» si preoccupò subito.
«No... io non...» Shinichi
serrò i denti e gli occhi per il dolore «Non...
capisco che cosa...»
In quel momento, gli venne in
mente.
Riaprì di scatto gli occhi, sorpreso.
“Ora lo so che sta
accadendo...” realizzò.
«Accidenti, dobbiamo
liberarci!» Heiji iniziò ad agitarsi, cercando di
allentare le corde che gli
tenevano le mani legate dietro e il corpo immobilizzato a quello
dell’altro
detective «Non ci riesco, dannazione...!»
«Heiji...» lo chiamò debolmente
Shinichi, scosso da fitte sempre più forti
«Io...»
«Cosa?» chiese Heiji, non
capendo.
Shinichi socchiuse gli occhi,
mormorando:
«Sto tornando piccolo...»
Heiji spalancò gli occhi, incredulo.
In quell’istante, il corpo
tremante di Shinichi iniziò a rimpicciolirsi sempre di
più, finendo per
“navigare” in quei vestiti ora troppo grandi.
«Shinichi!» esclamò sorpreso il
ragazzo di Osaka.
L’altro si alzò in piedi, un
po’ a fatica con quei abiti e scarpe
“enormi”, e, liberatosi delle corde che
ormai gli andavano larghe, si voltò verso Heiji. Poi, con
una smorfia un po’
contrariata sul volto, borbottò:
«Vorrai dire: Conan.»
Heij, ora libero dalla stretta
con l’amico, riuscì a voltarsi del tutto,
guardandolo stupito.
«Ti sei ridotto,
effettivamente.» constatò, non capendo
«Come mai?»
«In effetti l’azione
dell’antidoto di Ai non era certo permanente...
purtroppo...» rispose Conan,
sospirando e iniziando a slegare l’amico.
«Suvvia, grazie alla tua
trasformazione ora siamo liberi.» ribatté Heiji,
alzandosi in piedi e
massaggiandosi i polsi doloranti.
«Sì, va bene, lasciamo
stare...» Conan diede un’occhiata fuori da un
oblò, notando che si trovavano in
mare aperto e ancora si stavano muovendo «Credo dovremmo
andare...»
«Giusto, la bomba!» si ricordò
Heiji all’improvviso e, afferrato il bambino sotto braccio,
corse subito fuori
dalla cabina, ritrovandosi sul ponte.
Nel buio iniziò a guardarsi
intorno, non riuscendo però a vedere l’ordigno.
«Ma che fai? Lasciami!» si
lamentò Conan, dimenandosi.
«Ti porto in salvo, moccioso.»
gli sorrise Heiji e afferrò una scatolina di plastica, posta
vicino il bordo
della barca. Dopo di che, con Conan in una mano e la scatola
nell’altra, si
tuffò in mare.
Riemerse pochi istanti dopo e
lasciò il bambino, che riprese fiato a sua volta.
«Presto, nuotiamo lontani da qui!»
lo incitò Heiji, iniziando a nuotare.
Conan gli andò subito dietro.
Dopo qualche metro a nuoto, ci
fu l’esplosione.
La barca saltò in aria,
distruggendosi completamente e lasciando solo un ammasso di rottami e
pezzi di
legno in fiamme.
Heiji e Conan, ansimanti,
rimasero a fissare le fiamme qualche altro secondo, rendendosi conto di
essere
stati fortunati. Poi Heiji afferrò la scatolina e
l’apri; ne fuoriuscì
immediatamente un gommone di salvataggio già gonfio.
I due vi salirono e il giovane
di Osaka afferrò una pratica tavola di legno
dall’acqua, che usò come remo.
«Ora torniamo a riva.» decise
Heiji, remando.
«Sì; Ai è ancora con quei
tipi.» annuì Conan, appoggiandosi stancamente con
la schiena contro il bordo
del gommone.
«Non vorrai farti quasi ammazzare
di nuovo, spero!» esclamò Heiji, guardandolo
storto «Sta volta ci è mancato
davvero poco, Shinichi...»
«Non ti preoccupare.» lo
rassicurò l’altro «Sta volta ho un
piano.»
«E sarebbe?»
«Sareb...» Conan si fermò
all’improvviso, portandosi di scatto la mano al petto.
Una fitta come prima,
fortissima. E ora un’altra.
Gemendo, il bambino finì
straiato, prendendo a tremare.
«Ehi, che ti prende?» si
preoccupò Heiji, smettendo un attimo di remare e
avvicinandosi all’amico.
Rimase sorpreso, notando il corpo del bambino allungarsi nuovamente,
per
tornare quello di un liceale.
«Ma che...?» fece Heiji, senza
parole.
Shinichi si mise lentamente
seduto e si diede poi un’occhiata; sorpreso quanto
l’altro.
«Non capisco che cosa sia
potuto accadere...» ammise, incredulo «Pensavo di
essere tornato
definitivamente Conan anche sta volta, e invece? Sono di nuovo al mio
vero
aspetto...» alzò improvvisamente gli occhi su
Heiji «Aspetta! Mi pare di
ricordare che...»
«Direi...»
Ai storse un po’ le labbra, pensierosa
«Beh... Un
po’ più della volta scorsa.» concluse
con una tranquilla alzata di
spalle.
«Ah...»
fece Conan, per nulla rassicurato.
«Beh, sicuramente non sono riuscita ancora a trovare
l’antidoto decisivo, ma questa volta ci sarà una
piccola possibilità che accada
qualcosa di particolare.» riprese Ai, portandosi una mano al
mento.
«Ovvero?» chiese subito l’altro,
incuriosito.
«Non solo l’effetto dell’antidoto
durerà più a
lungo; può anche darsi che il corpo possa mutare in
continuazione, ad un certo
punto, tra lo stadio di “bambino di 7 anni” e
quello di “ragazzo liceale”, o,
nel mio caso, di “scienziata adulta”. Insomma, come
un tira e molla tra le due
“identità”. Per un po’ di
tempo.»
«E perché mai dovrebbe accadere questo?»
«Non lo so.» Ai alzò di nuovo le spalle
«Ma secondo
alcuni calcoli, c’è la possibilità che
avvenga questo tipo di fenomeno. Penso
che, una volta che riuscirò a rimediare anche a questo
problema, avrò trovato
l’antidoto definitivo.»
«Un “tira e molla tra le due
identità”?» ripeté Heiji,
stupito «Che strano effetto...»
«Già...» concordò Shinichi,
grattandosi il capo «E che fastidio, soprattutto...
riuscirò mai a liberarmi di
“Conan”? Accidenti, mi sono stancato di seguire
Kogoro in tutti i suoi casi e
risolverli al posto suo... L’unica consolazione è
stare con Ran: cucina che è
una meraviglia e certo la sua compagnia non è
male...» gli venne istintivo
sorridere.
«Non fai altro che ripeterlo.»
commentò Heiji, sospirando, poi si illuminò
all’improvviso, esclamando:
«Ehi, aspetta un attimo! Non mi
dirai che ti ricordi tutte queste cose?»
«Oh, sì, credo mi sia tornata
tutta la memoria.» sorrise Shinichi, appoggiandosi al bordo
del gommone e
afferrando a sua volta un asse di legno dall’acqua
«Finalmente l’effetto del
siero che mi hanno dato è finito.»
«Di che parli?» lo interrogò
l’altro, confuso.
«Ora ti racconto tutto.» esordì
Shinichi, riprendendo intanto a remare con Heiji.
«Dunque,
Shinichi? Che pensi di fare ora?» chiese Heiji in un sussurro
sbirciando appena
da dietro le casse dove erano rannicchiati lui e l’amico.
Shinichi
corrugò un po’ la fronte, osservando attento Wim,
dritto e vigile, appostato di
lato alla porta del magazzino.
«Seguiamo
il piano, chiaro.» sentenziò il giovane, deciso.
Heiji
storse un po’ le labbra, guardandolo.
«Shinichi,
il tuo piano fa un po’ acqua.»
«Ma
no, perché? E’ perfetto.» lo
zittì l’altro.
«Ah,
certo.» sospirò il detective d’Osaka
«Quindi spiegami come possiamo
“neutralizzare la guardia”.»
«Io farò da esca e tu lo
stordirai.» sentenziò Shinichi, risoluto.
«Ma sei pazzo?!» bisbigliò
Heiji «Vuoi proprio farti ammazzare, allora! Non credo sarai
un bel figurino
con un proiettile in testa!»
«Devo andare lì dentro, Heiji!»
insistette Shinichi con un’aria decisa «Devo andare
per forza!»
«Non voglio che tu rischi così
la vita.» affermò l’altro, seriamente.
«Ma piantala... andrà tutto
bene.» lo zittì l’amico, muovendosi di
lato con l’intenzione di iniziare il
piano, ma Heiji gli afferrò forte un braccio, trattenendolo.
«A volte sei davvero troppo
imprudente, Shinichi.» disse il giovane, con
un’aria scura «Quello appena ti
vede ti fa fuori.»
«E’ rischioso, lo ammetto, ma
non possiamo andare via ora.» Shinichi aveva ancora
un’aria convinta in volto
«Non abbandonerò mai Ai in questo modo.»
Heiji si incupì un po’. Dopo
una breve pausa, domandò, guardando fisso l’altro
negli occhi:
«Shinichi... Cosa rappresenta
Ai per te?»
Il ragazzo rimase un attimo
spiazzato alla domanda, poi si riprese subito, dicendo:
«Ma cosa stai dicendo? E’
un’amica.»
«E’ davvero solo
un’amica?» insistette il giovane di
Osaka «Mi pare tu sia troppo attaccato a lei...»
«E a me pare che tu ti faccia
troppe paranoie.» dichiarò duramente Shinichi, per
chiudere lì la questione «Ai
è una mia amica e io non abbandono gli amici, chiaro? Se tu
hai troppa paura
per continuare, allora vattene pure. Ti capisco, non temere, non voglio
che tu
rischi così la vita stando con me.»
Rimasero in silenzio a fissarsi
negli occhi con entrambi un’aria seria. Poi
all’improvviso Heiji lasciò la
presa al braccio dell’altro e, con un’aria
tranquilla, affermò:
«Nemmeno io abbandono gli
amici. Non ti lascio qui solo, Shinichi, non ti preoccupare.»
Shinichi si aprì in un piccolo
sorriso grato.
«Grazie.» sussurrò e, più
piano
che poté, si mosse nella semioscurità tra casse e
barili, avvicinandosi a Wim.
Heiji lo osservò allontanarsi,
pensieroso.
“Ti
sei innamorato di Ai, Shinichi?” si chiese a quel punto.
Shinichi, silenzioso, raggiunse
infine una cassa abbastanza vicino a Wim, che ancora non si era accorto
della
sua presenza. Il giovane detective appoggiò la schiena
contro il legno marcio,
traendo dei profondi respiri. Sentiva il cuore in gola e stava sudando
freddo.
“Calmati adesso, chiaro?” si
impose mentalmente, regolarizzando il respiro.
Non poteva negare di aver
paura, certo; quel tipo era armato e con propositi non certo molto
buoni.
Lanciò uno sguardo in direzione
del giovane biondo che, con aria seria, si guardava intorno con gli
occhi,
rimanendo immobile.
In quel momento si udirono in
lontananza delle sirene sempre più vicine; altre sirene,
visto che Shinichi e
Heiji le avevano già udite altre prima. Si stavano
sicuramente dirigendo, anche
a bordo di barche, verso i pochi resti dell’imbarcazione su
cui si trovavano
precedentemente i due detective.
Wim rimase impassibile, sicuro
che lì non li avrebbero trovati. Per il momento, almeno.
E a quel punto Shinichi decise
di agire.
Wim sospirò appena, abbastanza
stanco. Ormai non dormiva quasi per niente e tutto quel loro piano perfetto, doveva notare, in fondo
faceva acqua in diversi punti. Sherry era sempre abbastanza restia ad
obbedire
senza fare storie, e ora? Ora che le avevano ammazzato
l’amico, come si sarebbe
comportata? Wim storse le labbra, infastidito. Basta, se non avrebbe
voluto più
obbedire, lui avrebbe mandato al diavolo tutto, piano e compagni
compresi, e
avrebbe fatto di testa sua. Perché se Sherry non voleva
obbedire, per quale
ragione avrebbero dovuto tenerla ancora viva? Al diavolo tutto il
piano. Si
sarebbe messo in proprio, a costruire ordigni per i terroristi. Si
guadagna
abbastanza bene in quel campo...
Un rumore alla sua destra lo
mise subito in allerta. Portò immediatamente la mano alla
pistola e si voltò in
quella direzione, attento.
«Chi c’è?» chiese bruscamente,
con un’aria concentrata in volto.
Nella semioscurità non riusciva
a vedere bene; effettivamente il piazzale era appena illuminato
dall’incerta
luce arancio del lampione sul muro.
Una breve risata a mezza voce e
poi apparve Shinichi da dietro il suo nascondiglio, con
un’aria tranquilla in
volto.
«Ehilà, Wim.» salutò il
detective,
alzando un mano e sfoggiando un sorriso calmo.
Wim alzò un sopracciglio, più
che sorpreso.
«Tu?» fece, stringendo forte la
presa sull’impugnatura dell’arma ancora nel fodero
«Dovresti essere bello che
morto! Tu e l’altro ragazzino...»
«Infatti sono un fantasma.»
rispose Shinichi alzando le spalle con naturalezza «Prova a
colpirmi, vedrai
che non ci riesci.»
Wim mostrò i denti, furioso, e,
estraendo la pistola, ringhiò:
«Maledetto moccioso, te lo do
io il fantasma!»
Prima che potesse sparare,
Shinichi si gettò di corsa dietro la cassa, così
che il colpo della pistola con
il silenziatore lo mancò in pieno.
Wim partì subito a rincorrerlo
e si affacciò dietro la cassa di legno.
Shinichi era sparito.
«Dove ti nascondi, eh?» esclamò
il giovane con il codino, avanzando con la pistola davanti a
sé.
«Te l’ho detto... sono un
fantasma.» ripeté Shinichi, senza farsi vedere
«Quando voglio, divento
invisibile...»
«Ti ci faccio diventare io uno
spirito; conficcandoti un proiettile in fronte!»
inveì Wim, seccato, dando un
calcio ad un contenitore di plastica vuoto a terra e continuando a
cercare il
detective tra le casse.
«Provaci.» lo sfidò allora
Shinichi, apparendo improvvisamente da dietro una pila di barili di
ferro e
fermandosi, dritto e sicuro, a qualche metro dall’altro.
Wim lo vide subito; si voltò
verso di lui, tendendo la pistola ed aprendosi in un piccolo sorriso.
«Stupido.» sibilò con
soddisfazione, mirando alla testa del detective.
«Non quanto te.» ribatté Heiji,
spuntando alle spalle del giovane con il codino e colpendolo forte in
testa con
un piccolo tubo d’acciaio.
Wim, gemendo, finì subito a
terra; la pistola scivolò al suolo fino ai piedi di
Shinichi, che la fermò con
un piede.
Heiji si inginocchiò vicino il
giovane sdraiato a terra e lo voltò supino. Wim era svenuto,
con però una bella
chiazza di sangue che gli sporcava i capelli chiari.
«Adesso lo leghiamo per bene e
lo lasciamo qui. Meglio anche imbavagliarlo.»
affermò Shinichi, avvicinandosi
con la pistola in mano.
Heiji si girò a guardarlo con un’espressione
torva.
«Sei un incosciente, lo sai
questo?» sbottò il ragazzo d’Osaka.
«Sei stato provvidenziale,
Heiji.» sorrise Shinichi «E io volevo solo
divertirmi un po’.»
«Mi hanno sempre insegnato che
con la morte non si scherza.» dichiarò Heiji,
afferrando intanto Wim da sotto
le ascelle per trascinarlo in un angolo del piazzale.
Shinichi infilò l’arma tra i
pantaloni e la cintura e sospirò, dicendo:
«Per questo voglio salvare Ai.
Quelli l’ammazzano se non fa ciò che le
dicono.»
Heiji annuì con il capo, appoggiando Wim alla parete di uno
dei magazzini.
«Lo so, lo so, lo hai già
detto.»
Dopo aver ben legato il giovane
con delle corde trovate tra tutta quella roba e avergli tappato la
bocca con un
pezzo di stoffa ricavato dalla manica della maglia di Heiji, i due
detective
avanzarono verso il magazzino, per poi affacciarsi dalla porta e
sbirciare
l’interno buio.
«Strano che ancora non sia
giunto nessuno...» commentò Shinichi,
corrucciandosi «Eppure credo che lo sparo
si sia sentito bene.»
«Magari ci aspettano dentro.»
sospirò Heiji, alquanto stressato «Mi sai dire
come facciamo a vederli al
buio?»
Shinichi si voltò a guardarlo
con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Hai perfettamente ragione,
Heiji.» annuì il ragazzo.
Heiji alzò un sopracciglio,
dicendo:
«Vuoi azionare il generatore
per far accendere tutte le luci e così scovarli?»
«Proprio così.» dichiarò
Shinichi, entrando nel magazzino.
«E va bene, cerchiamolo...»
fece l’altro, seguendolo.
Trovata senza difficoltà la
leva del generatore principale di energia, Shinichi si voltò
verso l’amico,
dicendo:
«Ho un piano per mettere fuori
gioco Jil e Rok. Sei pronto?»
Heiji annuì, confermando:
«Ormai ci siamo dentro fino al
collo, perciò...»
«Bene.» e Shinichi abbassò la
leva.
«L’avete
sentito anche voi lo
sparo?» chiese Jil ad un tratto, alzando istintivamente gli
occhi verso l’alto.
Lui, Rok e Stella si trovavano
nella stanza con il tavolo e stavano discutendo sul da farsi.
Stella si fece seria, dicendo:
«Certo che l’ho sentito.»
«Perché Wim ha sparato,
allora?» domandò Jil, non capendo «Che
sia giunta la polizia?»
«L’accordo era che se giungeva
la polizia doveva inviarci un segnare alla ricetrasmittente.»
ribatté Stella
«No, dev’esserci qualcuno... O c’era;
magari Wim l’ha seccato.»
«Penso che siano quei mocciosi.»
disse a quel punto Rok, torvo.
«Ma che dici!» esclamò Jil,
scettico «Hai visto e sentito anche tu il botto,
no?»
«Ho un presentimento.»
insistette l’altro.
«Aspettiamo e vediamo. Wim
dovrebbe farcela anche da solo.» affermò la
bionda, appoggiandosi tranquillamente
allo schienale della sedia.
«Ne sei certa?» chiese Jil,
poco convinto «Quei due mi sembrano dei tipi proprio
coriacei... Sempre che
siano loro.»
«Sciocchezze.» lo zittì la
donna.
Tornarono poi a discutere di
Sherry e dei loro piani. Probabilmente ora dovevano per forza
modificarli un
po’, immaginando che la ragazza avrebbe preferito morire, a
questo punto,
anziché obbedire.
Dopo qualche minuto, però, si
accese all’improvviso la luce del laboratorio e quella del
bagno, in
contemporanea.
I tre si alzarono in piedi,
sorpresi.
«Qualcuno ha azionato il
generatore.» capì Stella, corrugando la fronte.
«Secondo le modifiche che aveva
apportato Wim, anche se era spento quaggiù la luce ci
sarebbe stata lo stesso...» ricordò Jil
«Chiunque l’abbia azionato, ora ha acceso
praticamente
tutte le luci dell’edificio!»
«Maledizione, così ci faremo
scoprire facilmente.» ringhiò Rok, stringendo i
pugni.
«Cosa fate ancora qui?
Muovetevi ad andare a controllare!» ordinò Stella,
aggrottando le sopracciglia.
I due non se lo fecero ripetere
e corsero quindi di sopra.
Stella tirò un po’ le labbra.
“Qualcosa mi dice che sono
davvero quei due ragazzini...” pensò con rabbia,
poi si rilassò di colpo “In
ogni modo, non mi fregheranno.”
«Accidenti,
qua è tutto
acceso...» constatò Jil, mentre avanzavano in una
stanza del magazzino
completamente illuminata.
Rok si diede un’occhiata
intorno, lanciando sguardi in direzione dei vari scaffali della stanza,
e
affermò:
«Beh, in ogni modo, noi siamo
avvantaggiati. Conosciamo bene questo posto e ora che
c’è luce è pure meglio.»
«Su questo non posso darti
torto...» annuì Jil.
In allerta, continuarono a
camminare con in mano le pistole.
Il posto era silenzioso;
sembrava non esserci nessuno. Quando, all’improvviso, un
ombra rapida in fondo
alla stanza.
«Andiamo!» esclamò Jil,
partendo di corsa con Rok dietro di lui un po’ più
lentamente a causa della sua
gamba.
Uscirono dalla stanza ed
entrarono in altra.
Jil notò nuovamente l’ombra più
avanti, quindi si sbrigò in quella direzione, passando tra
due scaffali alti
diversi metri e carichi di roba. Rok lo seguì più
in fretta che poté.
Proprio mentre i due passavano
per lì, Heiji, nascosto in alto su uno degli scaffali,
buttò giù una scatola
contenente dei pezzi per un macchinario di plastica e ferro, che cadde
proprio
contro Jil. L’uomo cadde a terra, andando a sbattere con
forza il capo sul
pavimento, per poi non muoversi più.
Heiji fu pronto a lanciare la
seconda scatola contro Rok, ma questi, più agile del
previsto, fece un balzo
indietro e sparò in direzione del giovane di Osaka.
«Cavolo!» esclamò Heiji,
schivando il proiettile di un soffio, ma sbilanciandosi e cadendo con
un urlo
all’indietro, andando a finire contro degli scatoloni vuoti,
a terra.
Rok si mosse in quella
direzione, con l’intento di andare dietro lo scaffale per
ucciderlo, ma
Shinichi fu più rapido; comparendo come dal nulla,
balzò contro l’uomo, cadendo
insieme a lui verso uno scaffale. A Rok sfuggì la pistola di
mano e colpì con
la schiena lo scaffale, che cadde indietro al suolo. Anche Shinichi e
l’uomo in
nero finirono a terra.
Rok si sbrigò a spostare il
detective da sopra di sé, sbattendogli la schiena a terra e
portandosi in
ginocchio sopra di lui. L’uomo caricò un pugno e
colpì con forza il detective
al viso. Shinichi provò a spingerlo via, ma non ci
riuscì. Rok allungò la mano
sul collo del ragazzo, iniziandolo a stringerlo con rabbia. Il giovane
si
aggrappò con disperazione alle braccia dell’uomo
robusto, che era troppo forte
per lui, quindi non riuscì ad allontanarlo. Iniziava a
mancargli il fiato,
quando Heiji apparve all’improvviso alle spalle di Rok, gli
cinse le braccia
intorno la vita e lo allontanò dall’amico,
barcollando un po’ indietro.
Shinichi poté tornare a
respirare e si mise quindi seduto, portandosi una mano al collo per
massaggiarlo. Alzando poi gli occhi, vide Heiji essere sbattuto con
forza
contro uno strano macchinario, per poi finire a terra, dolorante. Rok,
con il
volto paonazzo dalla rabbia e dalla fatica, esclamò con il
fiato un po’ corto:
«Maledetti ragazzini, vi
ammazzo!»
Si lanciò in direzione di
Heiji, brandendo un’asta di legno trovata a terra.
I battiti del cuore di Shinichi
presero ad accelerare; gli sembrò di rivivere
l’esperienza passata, quando Rok
si era avvicinato a lui con quell’asta di ferro. Non poteva
permettere che a
Heiji accadesse la stessa cosa; quell’uomo
l’avrebbe ucciso!
Heiji provò ad alzarsi, ma non
ci sarebbe mai riuscito in tempo; Rok era ormai a pochi passi.
L’uomo in nero
si preparò ad abbassare l’arma con ira, quando
scoppiò uno sparo.
Heiji, ansimante, rimase con
gli occhi fissi sul corpo dell’uomo in nero, congelato nella
sua posizione, con
in volto un’espressione di sofferenza. Pian piano, sul suo
ventre, andò ad
espandersi una larga macchia di sangue, man mano sempre più
grande. Infine Rok
cadde a terra di lato, rimanendo immobile.
Heiji alzò quindi gli occhi in
direzione di Shinichi, vedendolo ancora seduto a terra con la pistola -
quella
che avevano preso a Wim - in mano, come se fosse pronto per sparare.
Però il
proiettile non veniva da quell’arma; quando Shinichi stava
per premere il
grilletto per salvare l’amico, infatti, qualcun
l’altro l’aveva fatto prima di
lui.
I due detective si voltarono
subito verso l’entrata della stanza e lì videro
Stella, seria, con la pistola ancora
puntata in avanti, verso il punto in cui prima si trovava Rok. La
bionda teneva
saldamente il braccio di Ai, che si trovava quindi al suo fianco un
po’
tremante.
«Cosa...?» fece Heiji,
incredulo, mentre Shinichi esclamò con preoccupazione nella
voce:
«Ai!»
«Bene bene... Guarda un po’.
Non dovevate essere saltati in aria, voi due?»
esordì Stella, con un tono
serio, andando ora a puntare la pistola contro la schiena della
scienziata.
Shinichi fece per alzarsi, ma
la donna lo bloccò, dicendo:
«Fai un altro movimento e
Sherry fa la stessa fine del mio uomo.»
Il giovane si morse un labbro,
rimanendo fermo.
«Cos’è, pensavate di farmela?»
continuò Stella, dura «Credevate di riuscire a
fregare me? Avete fatto male i
vostri conti.»
«Perché hai fatto fuori il tuo
uomo?» chiese a quel punto Heiji, non capendo, rimanendo a
sua volta seduto a
terra.
La bionda si aprì in un piccolo
sorriso di soddisfazione, per poi affermare:
«Questi stupidi... Non avevano
affatto capito che li stavo solamente sfruttando. Tutti e tre. Credete
davvero
che m’importi qualcosa di loro? Erano diventati solamente una
palla al piede.
Fin dall’inizio il mio obbiettivo era di farli fuori
comunque, alla fine.
Quindi...» proseguì poi con un tono glaciale:
«Sinceramente, non m’interessa
affatto nemmeno della vostra, di vita. Perciò ora, ragazzo,
dammi quell’arma.»
indicò con un cenno la pistola in mano a Shinichi.
Shinichi esitò un attimo, poi
posò l’arma sul pavimento e la spinse verso la
bionda. La pistola scivolò a
terra e raggiunse la donna, che prima la fermò con un piede,
poi la calciò
parecchio lontano da loro, facendone perdere le tracce sotto a qualche
macchinario della stanza.
Stella iniziò a dirigersi con
calma verso l’uscita del magazzino, con Ai sotto tiro.
«Credo sia ora di utilizzare il
piano di fuga che avevamo preparato...» annunciò
la donna, sorridendo furbamente «Voi non muovetevi; presto
sarà tutto finito.»
Shinichi si morse ancora un
labbro, a disagio. Quelle parole proprio non gli piacevano.
Stella raggiunse l’uscita e la
varcò. Poco prima di chiudere la porta, affermò
con tono beffardo:
«Le esplosioni mi sono sempre
piaciute, per questo ho chiesto a Wim di unirsi a noi.»
Ridendo divertita, chiuse a
chiave la porta, mentre Ai, allarmata, iniziava a gridare il nome di
Shinichi.
I due detective si alzarono in
piedi, entrambi doloranti, e si avvicinarono di corsa
all’uscita. Provarono ad
aprire, ma niente.
La bionda, appena fuori,
afferrò un piccolo telecomando da una tasca e premette il
pulsante. Poi,
ridacchiando con soddisfazione, si allontanò a passi svelti
con Ai, che provava
a divincolarsi senza successo. Passarono accanto Wim, ancora svenuto e
legato,
e Stella lo ignorò volutamente.
“Stupido idiota che sei Wim...
del tuo corpo non rimarrà che cenere, rimanendo
lì.” pensò sorridendo.
Intanto, dentro il magazzino
dove si trovavano i due detective, si udì un forte
“bip” e poi altri
successivi, più piano; sembrava fosse stato azionato un
meccanismo con timer.
«Questa ci vuole far saltare in
aria!» capì Heiji, guardandosi intorno e cercando
di individuare da dove
provenissero quei suoni; però il magazzino era grande e il
suono rimbombava
tutt’intorno, rendendo impossibile identificare la posizione
dell’ordigno.
«Andiamo via, svelto!» esclamò
Shinichi, partendo di corsa verso il fondo della stanza.
Heiji lo seguì subito,
stringendo un po’ i denti per i dolori alla schiena e al
fianco di quando era
caduto dallo scaffale ed era stato sbattuto contro il macchinario.
«Dove vuoi passare?» chiese
allora il giovane di Osaka, non venendogli in mente nessuna via di fuga.
«L’unica finestra che ho visto
si trova in una stanza in fondo l’edificio!»
spiegò Shinichi, avendo scorto la
finestra di sfuggita durante la sua prima fuga dai rapitori.
Uscirono dalla stanza e ne
percorsero subito un’altra. Passarono per un corridoio, poi
per un altro
adiacente, e raggiunsero infine la suddetta stanza, con la porta
spalancata. La
finestra era grande e aveva i vetri oscurati.
I due ragazzi corsero in quella
direzione e saltarono contro la vetrata proteggendosi il capo con le
braccia;
il vetro si ruppe con un suono cristallino e i due finirono di fuori,
rotolando
a terra. Mentre cercavano di rialzarsi in fretta per potersi
allontanare,
notando che si trovavano sul molo dietro il magazzino,
l’edificio esplose di un
colpo.
I due vennero scaraventati in
avanti dall’onda d’urto, finendo contro delle
vecchie reti da pesca e delle
casse piene di pesce.
Si alzò poi il fuoco, alto, che
divorò ciò che restava del magazzino e dei
dintorni.
Stella, non molto distante,
continuò a camminare con calma, senza voltarsi a guardare
tutta quella
distruzione alle sue spalle, mentre Ai, che era costretta a camminarle
al
fianco, aveva il volto girato indietro verso l’edificio in
fiamme e le lacrime
agli occhi.
«Shinichi...» mormorò sofferente
la scienziata.
«Fattene una ragione, Sherry.»
affermò con calma Stella, per nulla turbata «Ormai
è morto.»
«Shinichi!» urlò allora Ai con
disperazione e il suo urlo si perse infine nel buio, inghiottito dal
rombo del
fuoco e dalle sirene della polizia in avvicinamento.
Continua...
Eccomi tornata! ^^
Scusatemi, ma in questi giorni sono
stata
impegnatissima con la scuola guida... E ora che
è tutto finito
(:D) ne approfitto per fare i complimenti a me stessa (XD) e a Sweetgirl91 per aver superato l'esame di
guida!!!
:DDD EVVIVA LE
NEO-PATENTATE!!!!
^____^
Ora
mi ricopongo... XP
Il prossimo sarà l'ultimo capitolo
(ç_ç), poi ci sarà l'epilogo e la fic
terminerà (T_T)... Me triste! ç///ç
Approfitto
di questo spazio per fare gli auguri
a Roe!
Auguri, auguri, auguri!!!! :D
Passiamo
ora ai ringraziamenti:
Sweetgirl91:
Hai visto? L'avviso c'è anche qui! XD Basta, dopo ti scrivo
una mail... Hai potuto leggere come sono riusciti a scappare dalla
barca, ma adesso sono in un altro bel guaio! ^^'' Non possono farne a
meno: si cacciano sempre nei guai! XD Riguardo il bacio del capitolo
scorso... ^^' Non ho saputo resistere! XP In fondo insieme ce li vedo
un po' bene, ma Ran... un po' mi fa pena; lei, che ancora lo aspetta.
** Ah, nel prossimo capitolo apparirà per un attimo... Ma
non sarà del tutto una bella cosa! ^^''' Riguardo ad una
storia "Conan-Heiji-Ai-Giovani Detective"... sarebbe carino! Ma sarabbe
veramente un bel casino! XD Ci penserò su! XP Uffi... un
altro capitolo, poi l'epilogo e la fic finirà.
ç_ç Ci sentiamo dopo per mail, ciao!
EroSennin425:
Ciao nuova/o lettrice/lettore! ^^ Mi fa piacere che la storia ti
piaccia e che la trovi scritta bene! ^///^ Preferiamo paring diversi?
Allora tu sei per le "Shinichi&Ai"? Già, io voto di
più Ran... ma non nego che come coppia (Shinichi e Ai)
potrebbe stare bene. -_^ Grazie mille dei complimenti! ^^
Ciao!
Roe:
Ehilà! ^^ Ancora auguri! Te l'ho fatti quasi ovunque... mi
manca ancora la tua fic! XD Però dopo pranzo; devo andare o
mi si raffredda il piatto! ^^'' (ah, è vero...
c'è la mozzarella da mangiare, e quella è già
fredda! X°°°°D) Ti rispondo la mail
più tardi, o domani, se dopo non faccio in tempo (nel
pomeriggio devo uscire...); comunque presto! ^^ Immaginavo ti sarebbe
piaciuto il capitolo scorso! XP Come ti ho detto, un po' ce li vedo
bene quei due insieme... Perciò non ho potuto fare a meno di
scrivere del bacio! XP In questo hai visto? Heiji e Shinichi sono di
nuovo nei guai! ^^''' Il povero Heiji si è fatto un po'
male... ç_ç Mi ha dispiaciuto anche a me quando
l'ho scritto, sai? Ma se non si faceva niente non era realistico... ^^'
Va bé, ci sentiamo poi! -_^ Ciaoooo! ^^
Un grazie anche a chi ha letto
solamente e a chi ha aggiunto la storia alle Seguite e Preferite.
Prossimo
aggiornamento Lunedì 10. ^^
|
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Capitolo 10 *** Morti e feriti ***
Morti e feriti
“Accidenti, sono
tremendamente
preoccupato...”
Erano ore, ormai, che il
professor Agasa girava intorno nella stanza, con mille pensieri in
testa.
“Che fine hanno fatto quei
due?” si chiese per l’ennesima volta, lanciando uno
sguardo ad una sveglia
digitale.
Le 22 e 30.
«Cavolo, Shinichi, almeno
potevi telefonare per dirmi come va!» si arrabbiò,
parecchio in ansia.
In quel momento lo squillo del
telefono lo fece sobbalzare.
«Saranno Heiji e Shinichi!»
sperò, correndo ad afferrare la cornetta ed attivare la
comunicazione.
«Si può sapere dove diavolo
siete?!» esclamò, agitato «E che
cos’è successo? Allora?»
«Ehm... Professore? Sono io, Ran.»
annunciò la voce dall’altro capo
del telefono.
Agasa sobbalzò, sbrigandosi a
dire in imbarazzo:
«Oh, cielo! Ran, scusami!
Pensavo fosse qualcun altro...»
«Sì, sì...
l’ho notato.» ridacchiò un
attimo la ragazza, poi tornò a
chiedere:
«Ho chiamato per sapere di Conan...
Come sta? Me lo puoi passare?»
«Come? Conan?» il professore
iniziò a sudare freddo «Perché...
perché vuoi parlare con lui?»
«Ormai è una settimana
che è lì con te, professore, e non ho mai avuto
modo di sentire come sta oppure farmi raccontare come sta passando
questi
giorni... si sta divertendo? Sei sicuro che non sia un peso, professore?»
«Ma sì, Ran, te l’ho detto!»
rise Agasa, a disagio «E’ un vero angioletto! E
ora... ora sta dormendo,
purtroppo, per questo non posso passartelo... Sai
com’è... i bambini...» rimase
sul vago, non sapendo che altro dire.
«Capisco... Beh, allora
vorrà dire che passerò domani a trovarlo.»
«No!» esclamò Agasa, allarmato.
Ran rimase ammutolita,
spaventata dagli strani modi dell’altro.
E il professore si sbrigò
subito a rimediare, dicendo la prima cosa che gli venne in mente:
«No... sai, domani non c’è!
Shinichi gli ha promesso di portarlo a fare un giro al parco! Eh, eh...
Sono
grandi amici!»
«Ah... Shinichi.»
fece Ran con uno strano tono.
Agasa si diede un colpo sulla
fronte, maledicendosi per la propria stupidità.
Perché aveva fatto il nome di Shinichi?
Non era mai un buon argomento da trattare con quella ragazza...
«Shinichi è passato da te?»
chiese Ran inaspettatamente, con un tono
piatto.
Il professore si riscosse e
rispose con cautela:
«Beh... sì... Pochi minuti, per
salutare...»
«Ah.» si
limitò a dire la ragazza.
«Non temere, Ran, sono certo
che domani ti farà una visitina...» disse il
professore, cercando di salvare la
situazione.
“Già, sempre che sia ancora
vivo...” gli venne da pensare istintivamente.
«Sinceramente non
m’interessa.» la risposta della ragazza
lo fece
stupire.
«Ran... Avete litigato, per
caso?» chiese Agasa «Cos’è
accaduto tra voi due? Eravate ottimi amici.»
«Il fatto è, professore,
che Shinichi... Shinichi non è bravo a
stringere buone relazioni con le altre persone.»
iniziò a dire Ran, con un
tono stranamente calmo e neutro «E’
troppo egoista. Credo non abbia capito che la base fondamentale di ogni
amicizia è la fiducia reciproca. Ma non ce l’ho
con lui; credo semplicemente
che non sia in grado di capire. Lui vive solamente nel suo mondo fatto
di
romanzi gialli e omicidi; non penso abbia tempo per imparare veramente
a vivere
un vita reale. E’ rimasto bambino, ecco.
Perciò non si preoccupi,
professore... io...» fece una pausa, poi riprese
con lo stesso tono distaccato
«A me non interessa.»
Ad Agasa venne da sospirare.
“Poverina...” pensò “E povero
Shinichi, che non sa che casino ha involontariamente causato. Eh...
Ran... se
tu davvero sapessi cosa prova lui per te...”
«Scusami per
il disturbo,
professore.» disse Ran «Magari
richiamo domani all’ora di pranzo.»
«Oh... sì, sì...
D’accordo.»
rispose Agasa, sperando di trovare una soluzione per domani.
Ran riagganciò.
Il professore sospirò
sonoramente e si lasciò cadere seduto sul divano.
«Ma guarda te...» commentò, accendendo
intanto il televisore su un canale a caso.
Apparvero delle immagini di un
edificio in fiamme sul molo.
«... Ancora ignote, quindi, le
dinamiche dell’incidente. Secondo alcune
voci, si pensa possa essere opera di terroristi, ma questa ipotesi non
è stata
ancora confermata.» stava dicendo un inviato a
bordo di un elicottero che
stava rumorosamente sorvolando la zona.
«Ehi, aspetta un po’!» fece
Agasa, alzando il volume con preoccupazione «Ma è
successo al porto! E’ lì che
sono andati Shinichi e Heiji!»
Si portò le mani tra i capelli,
osservando ancora l’immagini del grande magazzino lambito
dalle fiamme, mentre
il giornalista proseguiva:
«Forse sono gli stessi responsabili
dell’esplosione che meno di un’ora
fa ha fatto saltare in aria un’imbarcazione al largo delle
nostre coste. Ancora
nessun ferito o vittima accertata.»
«Oh mio Dio! Ragazzi!» esclamò
il professore, balzando in piedi «Non ditemi che siete
morti!»
Ran
sospirò, posando il
telefono e avviandosi in camera sua, passando accanto al padre che
russava,
completamente ubriaco, seduto scompostamente sul divano.
La ragazza, giunta in camera,
si mise supina sul letto, fissando pensierosa il soffitto.
Sospirò di nuovo, con un’aria
malinconica. Poi però scosse forte il capo, tornando
impassibile e affermando
ad alta voce:
«Non m’interessa più. Shinichi
non m’interessa più.»
Rimase in silenzio a guardare
in su, poi si mise di fianco, portando una mano sotto il cuscino e
giocherellando con una ciocca di capelli con l’altra.
Fissando il vuoto, le venne da
chiedersi:
«Chissà dov’è adesso...
Magari
è tornato a casa sua...»
Storse un po’ le labbra,
infastidita.
«O magari ora si sta divertendo
con gli amici.» sbottò.
La
polizia era a circa cinque
minuti dal magazzino esploso. Il suono delle sirene si faceva sempre
più vicino.
Il fumo riempiva l’aria,
togliendo il respiro. Come un manto, ricopriva gran parte del molo e si
alzava
fino il cielo nero.
Tossendo, Shinichi riuscì
faticosamente a spostare alcuni pezzi di legno e qualche pesce
puzzolente da
sopra di sé, per poi mettersi seduto. Si portò
una mano alla bocca, tossendo
ancora per via del fumo che aveva inalato. Era ricoperto di cenere nera
e aveva
qualche graffio sul viso; anche i vestiti si erano rovinati. Scosse un
po’ la
testa per riprendere lucidità; della cenere cadde a terra
dai suoi capelli
arruffati. Si voltò poi indietro, cercando con lo sguardo
l’amico.
«Heiji?» poi tossì di nuovo
«Heiji? Stai bene?»
Non riusciva a vedere un granché
a causa della fuliggine e del calore del fuoco a pochi metri che gli
facevano
lacrimare gli occhi.
Poi sentì dei colpi di tosse e
infine anche Heiji riuscì a riemergere tra i frammenti di
quelle casse di
pesce.
«Caspita che puzza...» commentò
il giovane di Osaka, poi tossì per la mancanza di aria
fresca.
«Allontaniamoci.» decise
Shinichi, riuscendo a mettersi in piedi. Offrì poi una mano
all’amico, che si
alzò con più fatica.
«Non sto molto bene...»
confessò Heiji, portandosi una mano sulla schiena e
contraendo il viso in una
smorfia di dolore «Ho male un po’
ovunque.»
«Coraggio, ti porto io.» si
offrì l’amico, cingendolo con un braccio.
Heiji, sorreggendosi a
Shinichi, si allontanò con lui da quell’inferno.
Passarono lungo il molo, finché
non raggiunsero un punto riparato dove riprendere bene fiato.
La polizia giunse in quel
momento, con i vigili del fuoco che iniziarono il loro lavoro, mentre i
poliziotti si davano da fare con la perquisizione.
Shinichi lanciò uno sguardo a
Heiji, appoggiato ad un muro di spalle con il respiro un po’
pesante, poi si
lasciò scappare un piccolo sorriso, dicendo:
«Ti dona quell’acconciatura.»
alludendo ai capelli in disordine dell’amico.
Heiji lo guardò storto,
commentando:
«Senti chi parla.»
Shinichi tornò serio e si diede
un’occhiata intorno.
«Non dovremmo farci trovare
dalla polizia... Ci sarebbero troppe cose da spiegare e... Finiremo
solamente
nei guai, ecco.» ragionò il detective, portandosi
una mano al mento. Poi
aggiunse, incupendosi:
«Inoltre devo trovare Ai...
Forse siamo ancora in tempo.»
«Non siamo nella condizione di
fare niente.» gli fece notare Heiji «Non sappiamo
nemmeno dove sia andata
quella bionda...» si interruppe, guardando davanti a
sé.
Anche Shinichi si voltò a
guardare.
A parecchi metri di distanza,
Stella stava facendo sciogliere ad Ai gli ormeggi di un rapido
motoscafo,
tenendola sotto tiro che la sua arma.
«Intende scappare per via mare
prima che la polizia blocchi tutta la zona!» capì
Shinichi, muovendosi
d’istinto in quella direzione.
Heiji lo fermò, esclamando:
«Aspetta! Cosa vuoi fare?»
L’altro si voltò verso di lui,
con un’aria decisa.
«Heiji... prendi.» si mise una
mano in tasca e gli tirò un oggetto.
L’amico lo prese al volo,
confuso. Era un cellulare e sembrava funzionasse ancora.
«E’ un regalo del dottor
Agasa...» spiegò Shinichi «Resistente
all’acqua e praticamente
indistruttibile.»
«Cosa vuoi che ci faccia?
Avverto la polizia?» chiese Heiji, capendoci sempre meno.
Shinichi lo guardò con
un’espressione cupa, dicendo:
«Chiama Agasa. Chiedigli di
venirti a prendere in fondo al molo... Dirigiti lì, intanto;
la polizia è
troppo occupata a controllare i dintorni del magazzino per accerchiare
del
tutto il porto. Da laggiù potrai andartene
indisturbato.»
«Frena, frena!» fece Heiji,
stupito «E tu che diamine vorresti fare?»
L’amico abbassò lievemente lo
sguardo.
«Questa è davvero la mia ultima
occasione.» mormorò «Vado da
Ai.»
«Shinichi, è una follia!»
esclamò Heiji, allarmato, ma l’altro, ignorandolo,
partì di corsa verso Stella
e la scienziata «Aspetta!»
Heiji provò a seguirlo, ma non
riusciva a correre, tremendamente indolenzito.
«Maledizione!» ringhiò a denti
stretti, camminando più velocemente possibile.
«Ora sali.» ordinò Stella, indicando con
un gesto il motoscafo.
Ai, che non aveva smesso un
momento di piangere, obbedì lentamente, non riuscendo
nemmeno a reagire da
quant’era sconvolta.
Stella la seguì, impassibile.
«Qui.» la bionda afferrò la
scienziata per una spalla e la fece sedere su un sedile, poi
entrò nella
piccola cabina per azionare il motore.
In quel momento, arrivò
Shinichi. Il ragazzo si nascose, chinandosi basso, e si
preparò a salire.
Ai alzò gli occhi in quella
direzione e lo vide; involontariamente le uscì un singulto
di felicità.
«Shini...» si interruppe
subito, portandosi una mano alla bocca.
Il detective le fece segno di
non parlare, mentre saliva sul motoscafo.
«Insomma, Sherry, piantala.»
sospirò Stella, infastidita, inserendo le chiavi.
Shinichi si avvicinò
furtivamente, ma andò a sbattere con il piede contro una
piccola scatola di
legno e quindi si fermò di colpo.
Stella, sentito il rumore e
immaginando fosse Ai, si voltò indietro, dicendo:
«Ma che...?» si zittì, visto
Shinichi, ed alzò velocemente la pistola contro di lui
«Fermo lì!»
Shinichi si immobilizzò.
La bionda corrugò la fronte,
alquanto irritata.
«Accidenti, ragazzino... Sei
parecchio fastidioso.» commentò, avanzando verso
di lui «Si può sapere quanto
diavolo è dura la tua pellaccia? Non sei ancora
morto?»
«Libera Ai, Stella.» le disse
Shinichi, risoluto, mentre la scienziata, ancora seduta, si morse un
labbro,
preoccupata.
La bionda si lasciò andare ad
una breve risata.
«Ah!» fece «Non credo tu sia
nella posizione di dettar regole.» si rifece seria,
raggiungendolo e
afferrandogli un braccio, costringendolo così a voltarsi. Lo
spinse quindi giù
dal motoscafo e il ragazzo cadde a terra in ginocchio, ferendosi.
Stella si
posizionò sul bordo dell’imbarcazione, puntandogli
contro l’arma, e dichiarò
con un’aria gelida:
«Ti ammazzo qui, ora, così sono
certa che non rispunterai una nuova volta.»
Shinichi si voltò indietro a
guardarla, mentre la bionda si preparava a premere il grilletto; ma non
fece in
tempo. Ai, dietro di lei, si alzò di scatto e, con un urlo,
la spinse giù
dall’imbarcazione, facendola finire a terra, di fianco, sul
cemento del molo.
Shinichi si rialzò subito e le prese la pistola, per poi
puntagliela contro.
Stella, lievemente affannata
per il dolore della caduta, guardò prima Ai, ancora sopra il
motoscafo, poi
girò lo sguardo impassibile verso Shinichi ad un metro da
lei con l’arma in
mano.
«Beh? Che aspetti?» gli chiese
la bionda freddamente «Perché non mi ammazzi? Hai
paura?»
Shinichi tirò un po’ le labbra,
esitante, mirando ancora contro la donna.
«Shinichi...» mormorò Ai,
guardandolo.
Lui abbassò lentamente la
pistola, rilassando i tratti del volto.
«Hai paura davvero, allora.»
commentò Stella, dura.
«Già.» rispose Shinichi,
gettando con calma la pistola in mare «Ho paura di diventare
come te.»
Stella storse le labbra, torva,
poi chiese bruscamente:
«Quindi cosa vuoi fare ora?
Chiamare la polizia che sta setacciando questo porto? Mi fai arrestare?
Con
quale accusa? Non hai prove contro di me... Sono appena saltate in
aria.»
sorrise furbamente.
Shinichi si corrucciò, pensando
a qualcosa da dire, quando notò i fari di una macchina farsi
vicini.
Ai allora sussultò, dicendo allarmata:
«Shinichi! Shinichi...
nascondiamoci!»
Lui alzò gli occhi verso la
scienziata, non capendo.
«Cosa?» chiese, confuso, mentre
anche Stella voltava il capo per vedere chi si stesse avvicinando. Non
sembrava
una macchina della polizia...
Ai, ora veramente spaventata,
corse dentro la cabina per nascondersi. Shinichi, preoccupato, le
andò dietro.
«Ehi, Ai, aspetta!»
Una volta che l’ebbe raggiunta
nella cabina, lei si sbrigò subito a chiudere la porta e a
tirarlo giù,
facendolo accucciare di fianco a lei. Stava tremando.
«Che cos’hai?» le domandò.
«Ssst!» Ai prese a tremare
ancor di più «Ho... ho una brutta
sensazione...» sussurrò «Dobbiamo...
dobbiamo
rimanere nascosti...»
Shinichi, sorpreso, alzò un po’
la testa per poter sbirciare dal finestrino della cabina.
«Attento!» bisbigliò Ai.
«Do solo un’occhiata...» la
rassicurò lui, osservando con attenzione la macchina grigia
metallizzata che si
era appena fermata a qualche metro dal loro motoscafo.
Stella, ancora seduta a terra,
si alzò lentamente, fissando con un’aria scura
l’automobile.
Dall’auto, infine, scesero due
uomini.
Shinichi si sentì raggelare.
«Gin e Vodka...» mormorò il
ragazzo, e i battiti del suo cuore presero ad accelerare.
«Lo immaginavo...» Ai si portò
le mani sui capelli, terrorizzata quanto Shinichi.
Stella era rimasta immobile,
con un’aria impassibile. Anche Gin e Vodka non si erano
mossi, rimanendo vicino
la macchina.
«Guarda un po’ chi si rivede...»
commentò la bionda, glaciale.
«Come ti va, Stella?» esordì
Gin, tranquillamente «E’ un bel pezzo che non ci
vediamo...»
Lei rimase in silenzio qualche
istante, poi domandò con calma:
«Come avete fatto a trovarmi?»
«E’ da un po’ che siamo sulle
tue tracce.» rispose Vodka.
«E quando abbiamo sentito di
questa strana
esplosione...» continuò
Gin «Non so... E’ stata come un’intuizione.
Qualcosa mi diceva che dietro di tutto c’eri tu e
così siamo venuti a
controllare. Direi che ho buon fiuto per queste cose.»
«Già. Ottimo.» disse la bionda,
neutra.
Dopo una breve pausa, Gin le
domandò con noncuranza:
«Sai per cosa siamo venuti
qui?»
Lei non mutò affatto la sua
espressione, quando rispose con calma:
«Naturalmente. Non sono
stupida.»
«Bene. Sarà tutto più semplice,
allora.» affermò Gin. Dopo di che estrasse la
pistola e sparò.
Stella fu colpita in pieno
petto e, con un gemito soffocato di dolore, cadde
all’indietro, finendo così in
mare. Il suo corpo senza vita prese ad affondare nell’acqua
scura.
Shinichi deglutì a fatica la
gran quantità di saliva che aveva in bocca.
“Dannazione...” pensò,
spaventato.
Poi Gin e Vodka si girarono in
direzione del motoscafo.
Shinichi si sbrigò ad
abbassarsi, tremando un po’, e Ai gli afferrò
forte un braccio, terrorizzata a
morte.
«Andiamo a vedere.» decise Gin,
avanzando verso l’imbarcazione.
Vodka gli andò dietro.
Quando salirono sul motoscafo,
Shinichi si sentì letteralmente il cuore in gola.
“Andate via, andate via, andate
via...” si ripeté più volte, chiudendo
con forza gli occhi e sudando freddo quanto Ai.
Gin allungò la mano verso la
maniglia della cabina, pronto ad aprire la porta.
Si udirono delle voci sempre
più vicine e un elicottero sorvolò la zona
proprio in quell’attimo, illuminando
i dintorni, poi si voltò, pronto a tornare indietro e fare
luce su tutte le
barche ormeggiate.
«Accidenti... la polizia.»
sbottò Vodka, alzando gli occhi al cielo.
Gin abbassò la mano,
allontanandola dalla maniglia, e alzò gli occhi a sua volta.
«Andiamocene, prima che ci
scoprano.» disse con calma.
Vodka annuì e si allontanò. Gin
osservò per un ultimo istante la porta chiusa della cabina,
poi se ne andò a sua volta.
Senza correre, la macchina
attraversò il molo e si allontanò nel buio,
indisturbata.
Shinichi poté tornare
finalmente a respirare.
«Credo proprio di essere morta
dalla paura...» confessò Ai, riprendendosi.
Shinichi allora si voltò a
guardarla, sorridendole dolcemente.
Anche la ragazza alzò gli occhi
su di lui, sorridendo a sua volta.
«Grazie di tutto.» disse Ai,
con le lacrime agli occhi per la felicità.
«Non ti avrei mai
abbandonata... Te l’avevo promesso.»
annuì Shinichi.
Lei sorrise ancor di più e lo
abbracciò con affetto.
«Shinichi...» mormorò dopo un
po’, fissando il vuoto e continuando ad abbracciarlo.
«Sì?» lui voltò appena gli
occhi verso di lei, senza muoversi.
«... Ricordi tutto?» chiese Ai.
Shinichi girò lo sguardo,
puntandolo al pavimento. Sapeva bene a cosa stava alludendo.
«Sì.» rispose.
Lei non disse nulla per un po’,
poi sussurrò con un’aria pensierosa:
«Ti prego... Non pensarci più.
So bene quanto tieni a Ran e non voglio certo sostituirmi a
lei.»
Il cuore del detective prese a
battere più forte al pensiero di Ran.
«Ai, io...» provò a dire, ma
lei si staccò dall’abbraccio per guardarlo in
faccia con un’espressione serena.
«Va tutto bene. Davvero.» lo
rassicurò.
Lui non seppe che dire.
A quel punto, sentirono una
macchina fermarsi lì vicino. Per un attimo si allarmarono,
temendo che fossero
tornati Gin e Vodka, ma poi udirono delle voci famigliari.
«Shinichi! Ai! Dove siete?»
«Ehi, Shinichi, rispondi,
insomma!»
Shinichi si alzò in piedi,
rallegrato.
«Ma questi sono il dottor Agasa
e Heiji!» capì.
Con Ai uscì fuori dalla cabina.
Il dottore e Heiji li stavano chiamando sul molo.
«Siamo qui!» annunciò Ai,
salutando con una mano per farsi vedere.
Fu il dottore a scorgerla per
prima.
«Heiji, guarda! Eccoli!» indicò
Agasa, felice.
Heiji si voltò verso i due che
si stavano avvicinando e tirò quindi istintivamente un
sospiro di sollievo.
«Ehilà, Heiji!» esclamò
Shinichi, appena giunto «Quindi hai chiamato il professore!
Bene, così potremo
andarcene insieme.»
Appena l’amico gli fu
abbastanza vicino, Heiji si mosse in avanti con uno scatto fulmineo,
nonostante
i muscoli doloranti e lividi, e afferrò Shinichi per la
maglia, per poi
rivolgergli uno sguardo accigliato.
«Tu sei pazzo, Shinichi!»
inveii il giovane di Osaka «Credevo proprio non saremo mai
riusciti a
raggiungerti in tempo! Quando ho visto che non riuscivo a correre ho
capito che
non ti avrei mai raggiunto... per questo ho chiamato il professore. Ma
credimi;
ho davvero pensato che tu fossi morto.»
«Suvvia, non mi è capitato
nulla.» lo calmò Shinichi, staccandogli la presa.
«Dov’è quella donna?» chiese
Heiji, preoccupato.
Shinichi divenne serio e per Ai
fu lo stesso. Fu proprio lei a rispondere:
«E’ morta.»
«Oddio, Shinichi, l’hai
ammazzata tu?» domandò subito Agasa, allarmato
«O magari tu, Ai?»
«E come, soprattutto?» aggiunse
Heiji, senza parole.
«Non siamo stati noi.» li
rassicurò il detective, poi disse subito:
«Vi spiegheremo tutto; non
preoccupativi. Ma non qui; andiamocene.»
Agasa annuì, salendo in
macchina e mettendo in moto.
Ai salì subito dopo e Shinichi
aiutò Heiji ad entrare nell’abitacolo, prima di
sedersi a sua volta.
Infine, il dottor Agasa si
allontanò in fretta, proprio mentre i poliziotti finivano di
setacciare anche
quella parte di molo e l’elicottero passava per
l’ultima volta lì sopra.
«Dunque
è così che è andata...»
sospirò il dottor Agasa, tra il preoccupato e il sollevato,
dopo aver ascoltato
l’intera storia.
«Infatti.» annuì Shinichi,
appena finito di lavarsi e cambiarsi, strofinandosi i capelli bagnati
con un
asciugamano e sedendosi intanto sul divano.
Accanto a lui si trovavano già
Heiji e Ai; entrambi avevano fatto la doccia e avevano anche loro i
capelli
ancora umidi. Ai stava medicando i graffi del giovane di Osaka,
fasciando le
ferite più brutte e spalmando pomate sui lividi.
«Ahi!» esclamò Heiji, appena la
scienziata posò la mano sull’ematoma sulla sua
schiena.
«Tranquillizzati, Heiji, ora ti
massaggio delicatamente la zona per spandere la pomata...»
gli disse dolcemente
la ragazza, iniziando il massaggio.
«Così va meglio...» si
rilassò
lui, provando un po’ di sollievo dal dolore.
«Ai, dovresti mangiare
qualcosa! Sei diventata così magra...»
notò Agasa.
«Dopo, professore. Ora finisco
di medicare Heiji, poi tocca a Shinichi.» Ai sorrise in
direzione di
quest’ultimo, che arrossì.
«Ma io sto bene...»
sdrammatizzò, anche se in realtà qualche livido
faceva male anche a lui.
Agasa sorrise e aggiunse:
«Certo che sei molto bella, Ai,
nel tuo vero aspetto di donna...»
Ora fu il turno della ragazza
di arrossire.
«Gr... Grazie.» balbettò, in
imbarazzo.
«Quanto dureranno ancora gli
effetti del tuo farmaco?» chiese a quel punto Heiji.
Anche Shinichi si fece attento.
«Beh... probabilmente ancora
solo per poche ore.» sospirò lei «Ormai
è parecchio che siamo così.»
«E a te non è mai capitato di
tornare piccola anche solo per un attimo?» le
domandò Shinichi.
Ai scosse il capo.
«No, mai effettivamente.»
Shinichi andò ad appoggiare la
schiena contro lo schienale del divano. Sospirò.
«Spero solo che duri abbastanza...»
Gli altri lo guardarono con
un’aria incuriosita e Heiji lo interrogò:
«“Abbastanza” per cosa?»
L’amico lanciò istintivamente
un fugace sguardo in direzione di Ai, poi tornò a fissare il
pavimento, confessando:
«Vorrei solo... incontrare
Ran.»
Heiji non disse nulla, capendo.
Anche Ai non parlò, continuando a massaggiare la pomata
sugli ematomi del
giovane. In fondo, sapeva bene di non poter essere
all’altezza di quella
ragazza. Se da una parte questo le faceva rabbia e tristezza,
dall’altra era
così dispiaciuta per Shinichi che amava Ran davvero tanto.
“E’ un amore così vero, contro
il quale io non potrò mai competere.” si rese
conto.
Agasa sospirò un attimo, poi
iniziò a dire con un tono dispiaciuto:
«Shinichi... vedi... Prima ha
telefonato Ran.»
Lui alzò immediatamente gli
occhi verso il professore, che continuò:
«E... beh... Mi è sembrata
molto triste, in realtà, quando mi parlava di te.»
«Le ha parlato... di me?»
mormorò Shinichi, incupendosi un po’
«Che cosa ha detto?»
«Beh... Lei...» Agasa cercò le
parole giuste «Lei sente molto la tua mancanza. Nonostante il
tono freddo e
distaccato che mostrava, sono certo che stia soffrendo
enormemente.»
Il ragazzo storse un po’ le
labbra.
«E’ colpa mia.» Shinichi
abbassò lo sguardo «E’ perché
non ricordavo niente e quindi mi comportavo come
se nulla fosse. Come se in realtà non l’avessi
abbandonata... Sono stato uno
stupido; ogni volta che ci sentivamo per telefono le promettevo che,
appena
sarei “ partito per tornare in città”,
lei sarebbe stata la prima a saperlo. E
invece è rimasta delusa, perché così
non è stato.»
«Ma non è stata colpa tua in
fondo, no?» gli fece notare Heiji.
«Io...» fece l’altro,
stringendo un po’ i pugni.
«Vedrai che si sistemerà
tutto.» lo rassicurò Ai con un’aria
tranquilla.
Shinichi alzò sorpreso lo
sguardo per guardarla.
«Ti basterà parlarle.» gli
spiegò lei «E chiarirti. Vedrai che
andrà bene.»
«Ma non posso certo dirle la
verità.» disse Shinichi, un po’ scuro in
volto, pensando anche al bacio che gli
aveva dato la scienziata - un segreto tra loro due, di cui
né Heiji né Agasa
sapevano nulla -.
Anche lei sembrò pensare alla
stessa cosa. Mutò appena l’espressione del viso,
ma questa rimase comunque
dolce quando disse:
«Non c’è bisogno di raccontarle
tutto. Sarebbe troppo rischioso. Ricorda che tu lo fai per
lei.» fece una
pausa, poi riprese con naturalezza:
«Esprimile piuttosto i tuoi
sentimenti. Sono sicura che ti perdonerà, se sarai
sincero.»
Lui rimase a guardarla in
silenzio ancora un poco, poi annuì appena con il capo,
decidendo:
«E va bene. Farò così.»
Continua...
Scusate il ritardo nel postare il
capitolo, ma oggi la linea di Internet qui da me va e viene, quindi
è praticamente un miracolo se sono riuscita a pubblicare! ^^'
Mi spiace, ma oggi sono
impegnatissima, tra i lavori di casa e qualche imprevisto,
perciò devo andare subito, quindi non riesco a rispondere
alle recensioni, per sta volta... Lo farò nel prossimo
capitolo, come sempre, non temete! -_^ Scusatemi ancora! ^^''
Mercoledì
12
sarò fuori tutto il giorno, quindi il prossimo capitolo
sarà postato Venerdì
14. Spero non vi dispiaccia! ^^''' In oltre il prossimo
sarà l'ultimo: l'epilogo!
T_T Me
è disperata... questa storia è durata poco!
ç_ç
In ogni modo ringrazio tutti coloro che
hanno recensito (**) e chi ha letto solamente lo scorso capitolo.
Un bacione, a Venerdì
14! ^^
|
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Capitolo 11 *** Epilogo ***
Epilogo
«...
Nessuna traccia, quindi. La causa e gli
artefici dell’esplosione rimangono ancora ignoti. In attesa
di notizie, il
telegiornale finisce qui. Al prossimo aggiornamento.
Arrivederci.»
Mentre partiva la sigla di
chiusura del telegiornale delle 11, Kogoro spense il televisore e
commentò:
«Cavolo, chissà cosa è accaduto
lì al molo, ieri sera... E’ un vero
mistero.»
«Dovresti andare ad
indagare...» fece Ran con un tono piatto, continuando a
mescolare lentamente il
brodo sul fornello.
«Scherzi? Il grande detective
Kogoro Mori non si abbassa ad andare ad indagare su casi
così banali! Ah, ah!»
si pompò lui, prendendo a ridacchiare.
Ran sospirò, decidendo di
ignorarlo, poi però esclamò subito, ricordandosi
una cosa:
«Papà! Mi sono dimenticata di
andare a ritirare i panni in lavanderia! Puoi andarci tu? Sono pronti
da ieri
sera!»
Kogoro storse le labbra,
sbottando:
«Ma non ne ho voglia...»
La figlia gli lanciò uno
sguardo omicida, sibilando a denti stretti:
«Papà, la lavanderia...»
«Ok, ok!» obbedì lui, balzando
in piedi, intimorito dai modi della ragazza.
Appena il detective fu uscito,
Ran si ritrovò a sospirare di nuovo.
Con uno sguardo perso e un’aria
malinconica, spense il fornello e si lasciò cadere seduta su
una sedia.
Un altro sospiro.
“Ma dove sei, Shinichi?” fu il
suo triste pensiero.
Shinichi
riaprì gli occhi
lentamente.
La luce che filtrava tra le
tende tirate lo infastidì non poco; così si
voltò dall’altra parte,
riabbassando le palpebre.
Era terribilmente stanco.
Aprendo un occhio sbirciò l’ora
dalla sveglia sul comodino.
Le 11 e 32.
Tornò a chiudere l’occhio,
accucciandosi tra le coperte.
Sembrava non dormisse da
secoli; quella notte non si era mai svegliato.
Udì un mezzo sospiro nella
stanza, così riaprì un occhio per guardare.
Heiji, sdraiato su un letto
vicino a lui e ancora addormentato, si stava voltando supino.
Nonostante dormisse, il movimento dei muscoli intorpiditi gli procurava
un po’ di dolore,
facendolo respirare un po’ più pesantemente.
Appena si fu sistemato, però, il
respiro tornò regolare e calmo.
“Scusami se ti ho coinvolto,
amico...” pensò Shinichi, girandosi supino a sua
volta e iniziando a
stiracchiarsi, anche lui un po’ dolorosamente.
Era ora di alzarsi, nonostante
si sentisse così stanco; doveva andare da Ran.
Si mise seduto sul letto con
decisione e abbassò lo sguardo per vedere dove avesse messo
le pantofole che
gli aveva prestato il dottor Agasa. In quel momento, una terribile
fitta al
petto gli smorzò il fiato e fu così costretto a
chinarsi in avanti, piegandosi
su se stesso con una mano al petto. Strinse convulsamente la maglia
pulita che
aveva addosso e serrò l’altra mano a pugno,
strizzando le coperte sul letto.
Pian piano, il dolore passò.
Tornò quindi a respirare, anche
se affannosamente.
“Così non va, dannazione...”
Si alzò in piedi e si mise le
scarpe. Poi si diresse al bagno.
Si diede uno sguardo allo
specchio. Effettivamente il viso era un po’ smunto e
l’espressione stanca e
provata; inoltre la guancia dove l’aveva colpito Rok era un
po’ gonfia e aveva
qualche graffio qua e là su collo e volto. Per non parlare
dei lividi sul corpo
e le varie ferite.
«Perfetto; e questo come lo
spiego a Ran? ... Soprattutto appena sarò tornato di nuovo
“Conan”?» si chiese,
storcendo le labbra.
Decidendo di pensare a qualcosa
per strada, andò in cucina.
Lì trovò il dottor Agasa che
stava preparando qualcosa da mangiare.
«Ehi, Shinichi, sveglio anche
tu?» lo salutò.
«Devo andare... Credo proprio
che la trasformazione avverrà tra non molto.»
spiegò Shinichi, mettendosi il
giubbetto.
«Già, anche Ai l’ho sentita un
po’ gemere ogni tanto, questa notte...»
annuì Agasa, dispiaciuto «Però,
poverina; era così stanca che credo non si sia mai
svegliata. Ancora dorme
profondamente in camera sua.»
«Ed è ancora grande?»
chiese subito il ragazzo.
«Sì, sì.» lo
rassicurò il
professore.
«Bene.» Shinichi afferrò una
brioche, mangiandola in un boccone «Ora devo pensare a
qualcosa da dire a
Ran... Dovrei spiegarle anche perché sono ridotto
così... E perché lo sono
anche Heiji e Ai - caso mai li vedesse -. Ma, in particolare,
perché Conan
è in questo stato.»
«Beh, potresti dirle che siete
caduti in un fosso...» ridacchiò Agasa per
sdrammatizzare.
«Un fosso?» ripeté il ragazzo,
senza capire.
«Oh, non te l’ho detto?» fece
l’altro «A Ran avevo detto che eravate andati a
fare un giretto al parco... tu
e Conan, intendo. Potresti dire che
ci sei andato anche con Heiji e Ai e siete caduti in un fossato,
ferendovi con
dei rovi...»
Shinichi si aprì in un sorriso.
«Sei un genio!»
«Modestamente...» Agasa gli
fece l’occhiolino.
Ran
era ancora sdraiata sul suo letto a leggere una rivista. Era ormai
mezzogiorno
e suo padre non era ancora arrivato.
“Quando
torna mi sente.” sentenziò mentalmente, scocciata.
Probabilmente
Kogoro si era fermato per strada a sbirciare qualche bella ragazza in
minigonna
che passeggiava per il marciapiede.
La
ragazza sbuffò, immaginandoselo.
In
quel momento qualcuno suonò al citofono.
«Guarda
te; non solo fa tardi, pretende pure che gli apra io! Ma se ha le
chiavi...» brontolando,
si avviò al citofono per rispondere.
«Chi
è? Sei tu, papà?» chiese con un tono un
po’ seccato.
«No... Sono Shinichi.»
rispose un po’
cauto l’ospite.
Ran
si pietrificò e non riuscì a dire niente.
Dopo
qualche secondo di silenzio, Shinichi domandò:
«Ran? ... Ti va di fare quattro
passi?
Andiamo al parco qui vicino...»
«N...»
le parole le morirono in gola e lei rimase silenziosa, con uno sguardo
perso.
«Ti aspetto quaggiù, ok?»
disse infine il
ragazzo.
Ran,
senza rispondere, andò lentamente a riagganciare la cornetta
del citofono. Poi
si appoggiò di spalle al muro, fissando il pavimento con
un’aria pensierosa.
“Shinichi
è qui...” realizzò, poi
tornò incerta “Ma che devo fare io?”
Intanto
Shinichi, giù in strada, sospirando, si mise le mani in
tasca e si accostò al
muro con una spalla, aspettando la ragazza di fianco il portone chiuso.
“Dai,
Ran, scendi...” strizzò un po’ un
occhio, infastidito da un’ennesima lieve
fitta al petto, segno che non gli rimaneva così tanto e
presto sarebbe tornato
ad essere un moccioso.
Dopo
un paio di minuti, il portone si aprì ed apparve la ragazza.
Shinichi
si sbrigò a raddrizzarsi, mentre lei chiudeva la porta e poi
si voltava a
guardarlo.
Lui
sorrise per saluto, mentre lei, fino a quel momento con
un’espressione persa e impassibile
sul volto, si allarmò, notando i graffi, i cerotti e la
guancia un po’
arrossata.
«Ma
che hai combinato?» chiese subito, mostrandosi preoccupata.
«Eh,
niente, niente...!» si sbrigò a dire lui con un
mezzo sorriso imbarazzato «Sai,
sta mattina ero al parco con Conan, Heiji e Ai e... beh... siamo caduti
in un
fosso!»
«Come?»
fece Ran, senza parole.
«Sì,
passeggiavamo lì accanto e il terreno ha franato...
portandoci giù!» spiegò
velocemente Shinichi, sperando di averla convinta.
«Ah...» fece Ran, poi,
lentamente, tornò ad essere impassibile come prima
«Andiamo?» chiese infine con
un tono piatto.
Shinichi, decidendo di agire
cautamente, annuì con il capo e insieme, quindi, si
avviarono per il
marciapiede, lui con le mani in tasca e lei intrecciate dietro la
schiena;
entrambi silenziosi. Il ragazzo lanciava ogni tanto uno sguardo verso
Ran,
senza parlare, mentre lei guardava fisso davanti a sé, verso
l’entrata del
parco che stavano per raggiungere.
Shinichi tornò a guardare
avanti e represse a fatica un sospiro teso.
“Cosa le dico, ora?” si chiese,
disperato, in pieno imbarazzo.
Intanto, dal dottor Agasa...
Furono
dei gemiti provenienti
dalla stanza adiacente a svegliare Heiji.
Aprì di un poco gli occhi,
infastidito dalla luce che filtrava attraverso le tende tirate, e
trasse un
profondo respiro per rilassare i muscoli tesi e indolenziti.
“Accidenti che male...” si
lamentò mentalmente, storcendo un po’ le labbra
“Quanto ci metteranno a passare
queste contusioni?”
I gemiti si intensificarono e
Heiji riuscì così a distinguere la voce di Ai e
del dottor Agasa.
«Ai! Ai... fai dei profondi
respiri... ecco... così...»
«Non... non ce la... faccio...»
annaspò la ragazza «Mi... mi manca il
fiato!»
Heiji si corrucciò un po’,
iniziando a preoccuparsi.
Si mise a sedere con parecchia
fatica e scese quindi poi dal letto.
«Ai!» ripeté il dottore,
allarmato.
Heiji aprì la porta della
stanza della ragazza e chiese:
«Qualcosa non va?»
In quel momento Ai gemette
ancora, stringendosi con forza la maglia al petto. I suoi capelli erano
tutti
arruffati e lei stava visibilmente sudando.
«Che succede?» domandò Heiji,
avvicinandosi.
«Sto... sto per...» ansimò Ai,
poi, dopo un altro gemito, si sbilanciò troppo da una parte
del letto e cadde
così a terra con sopra la coperta.
«Oh!» fece il dottor Agasa,
aggirando il letto per aiutarla ad alzarsi.
Heiji si affacciò, incuriosito.
I gemiti erano terminati e
sentiva chiaramente la ragazza tornare a respirare con
regolarità e calma.
«Ti sei fatta male? Ai?» la
chiamò il dottor Agasa, scansando le coperte.
«Oh...» rimase di stucco,
appena riuscì a scostare del tutto le coperte da sopra di
lei.
«Cavolo...» commentò Heiji,
storcendo le labbra.
«Eh già... E’ un bel
problema.»
annuì Ai, alzandosi lentamente in piedi, un po’ a
fatica tra quei panni che ora
le stavano troppo larghi «Per Shinichi.» concluse,
sospirando e osservando
nello specchio dell’armadio il suo aspetto da bambina.
«Ci
sediamo?» propose Shinichi,
indicando con un cenno una panchina all’ombra di un albero.
Ran annuì appena con il capo e
si avviò alla panchina.
Senza aggiungere altro si
misero entrambi seduti ad una certa distanza l’uno
dall’altro.
Lei si fissava le scarpe
bianche, giocherellando con il bordo della gonna blu;
l’espressione sempre pensierosa e distante.
Lui, con le mani sulle
ginocchia, fissava il cielo limpido, lanciandole ogni tanto
un’occhiata, in
difficoltà; da dove doveva iniziare? Che le doveva dire? Non
era molto pratico
con quel tipo di cose...
Una fitta al petto gli fece
d’improvviso contrarre il volto in un’espressione
di sofferenza. Abbassò il
capo, socchiudendo appena gli occhi, respirando un po’
più pesantemente e
portandosi lentamente una mano al petto, per non far allarmare Ran.
Riuscì a
resistere da emettere qualsiasi gemito, ma non poté evitare
di iniziare ad
ansimare un poco, dolorante.
Ran voltò il capo verso di lui
e si mostrò un po’ preoccupata.
«Stai male?» gli chiese
d’istinto.
«Come?» fece Shinichi,
raddrizzandosi «No, figurati.» le sorrise, ma
un’ennesima fitta al petto mutò
il suo sorriso in una smorfia di dolore.
Shinichi represse un gemito e
si strinse forte la maglia al livello del petto, prendendo a sudare,
sempre con
il respiro pesante.
«Non stai affatto bene!»
insistette Ran, allungando una mano e posandola delicatamente su un
braccio del
ragazzo.
«No, davvero, Ran... è solo un
po’ di mal di stomaco.» la rassicurò
lui, sempre sudando e ansimando un poco.
«Mal di stomaco?» ripeté lei,
poco convinta.
«Ma sì... non sai quanto ho
mangiato! Eh, eh... ahi...» si morse la lingua per non
urlare, piegandosi su se
stesso e tenendosi ancora la maglia con forza, mentre era scosso da
un’altra
fitta.
La ragazza storse un po’ le
labbra, ancora preoccupata.
«Vuoi che ti prenda un
digestivo?» gli propose.
Lui scosse il capo e si rimise
dritto, calmandosi. Il dolore aveva un po’ allentato la presa
e così poteva
tornare a respirare normalmente.
Ran, notando che stava meglio,
ritirò lentamente la mano, tornando a fissarsi le scarpe con
un’aria cupa. Shinichi, che aveva
chiuso gli
occhi, stava regolarizzando il respiro.
“Dai, calmati, calmati... cerca
di resistere ancora un po’, Shinichi...” si impose
mentalmente il ragazzo “E
ora... ora è meglio agire in fretta, prima che
peggiori.”
Riaprì gli occhi e voltò lo
sguardo a Ran, pronto.
«Ran, senti...» esordì con un
tono calmo e dolce «Io devo...»
«No, Shinichi.» lo interruppe
lei, senza ancora guardarlo «Fai parlare me ora.»
Lui alzò un po’ un sopracciglio
e, senza riflettere, disse:
«Sì, d’accordo.»
Lei alzò gli occhi su di lui,
mostrandoli lievemente velati di lacrime, e affermò con tono
fermo e secco:
«Io ti odio, Shinichi. Ti odio
con tutta me stessa.»
Lui rimase totalmente spiazzato
a queste parole.
«Ehi,
Ran, sono tornato! E ho
una fame...!» annunciò Kogoro, entrando in casa
con un’aria allegra. Sbirciare quelle
belle pupe in minigonna e vestitini aderenti gli aveva proprio giovato.
«Ehi, ci sei?» chiese ancora,
perdendo il sorriso e dandosi uno sguardo in giro.
Di sua figlia nessuna traccia.
«Ecco, e ti pareva!» si
lamentò, lasciando su una sedia i vestiti imbustati, appena
ritirati dalla
lavanderia.
Andò in cucina e sbirciò dentro
una pentola.
«Accidenti, la zuppa è fredda!
Devo scaldarla e io muoio di fame!» brontolò,
accendendo i fornelli «Ma dove
diamine è andata quella ragazza?»
Il suono del citofono lo fece
sobbalzare.
«Sarà lei!» sperò, andando a
rispondere.
«Sì, chi è?» chiese.
«Salve, detective Kogoro... Sono
Heiji.»
«Heiji!» si stupì Kogoro «Devi
dirmi qualcosa? Ti apro? Hai un nuovo caso?»
«No, io cercavo Shinichi...
E’ lì?»
Kogoro storse le labbra,
infastidito da quel nome.
«No, non è qui.» sbottò.
«Ah... Ma c’è
Ran?»
«Effettivamente, non c’è
nemmeno Ran...» in quel momento Kogoro capì
«Accidenti! Non sarà andata con
quel tipo lì?!»
«Ma no, si figuri! Ehm... Io vado,
eh? Si rilassi detective... Sua
figlia tornerà presto a casa! Alla prossima!»
«Aspetta! Tu sai qualcosa, non
è vero? Ehi!» sbraitò Kogoro, ma
nessuno rispose.
Riagganciò il citofono di
malagrazia, sbuffando:
«Poi Ran mi sente!» e andò in
cucina a prepararsi il pranzo.
Invece, in strada, Heiji
sospirò e Ai, al suo fianco, gli chiese:
«Hai qualche idea di dove possa
essere andato Shinichi?»
«No, nessuna.» confessò Heiji,
in pensiero «Ma sarebbe meglio trovarlo al più
presto... dobbiamo fare in modo
che non si trasformi davanti a Ran...»
«Sono sicura che appena si
sentirà davvero male, ovvero quando sarà ora
della trasformazione, si andrà a nascondere. Non
è stupido.» lo rassicurò
Ai, certa.
«Ma noi dovremmo essere pronti
lì a portarlo via.» insistette Heiji
«Meglio che Ran, subito dopo che Shinichi
sparisce, non si ritrovi lì Conan. Potrebbe intuire
qualcosa... già ha qualche
sospetto, sai...»
«Uhm...» Ai non aggiunse altro,
guardandosi intorno, poi notò il cartello che indicava il
parco lì vicino e
propose:
«Può darsi che siano al parco,
non trovi?»
«Buona idea!» approvò Heiji
«Andiamo!» si avviò in quella direzione.
Ai lo seguì, pensierosa.
Non sapeva nemmeno lei bene
perché aveva deciso di andare con lui, a cercare di salvare
la relazione tra Shinichi e Ran...
Forse...
forse semplicemente perché era
giusto
così.
«Ran...»
provò a dire Shinichi,
ancora incredulo da tanta spontaneità, ma lei non lo fece
continuare, proseguendo
a dire con un tono un po’ più acceso e gli occhi
sempre lucidi:
«Prima sparisci dalla
circolazione per mesi. Poi non ti fai quasi mai sentire, anche se sai
quanto mi
preoccupo per te... Dopo mi dici che quando saresti tornato io sarei
stata la
prima a saperlo... E invece? Invece che fai, Shinichi?»
strinse i pugni e alzò un
po’ la voce «Ti ripresenti qui come se nulla fosse!
E pretendi che io non mi
arrabbi per questo? Sei uno stupido egoista, incapace di capire le
situazioni;
un insensibile maschilista; un menefreghista senza cuore; lo scemo
più grande
che abbia mai incontrato; un ipocrita; un falso e pure bugiardo! Un
vero
cretino che non è in grado di capire quali sono i miei veri
sentimenti!» iniziò
a scenderle le lacrime, copiosamente «Non ti importa niente
di me! E questo mi
avrebbe fatto meno male se tu me lo avessi detto fin
dall’inizio. E invece no!
Mi hai illusa, mi hai mentito, e io ci sono cascata come una stupida. E
ti
odio, Shinichi, ti odio con tutto il cuore, perché mi hai
fatto soffrire in una
maniera che nemmeno immagini!»
Ran prese a singhiozzare,
voltandosi di scatto dall’altra parte e portandosi le mani
sul volto, come per
nascondere tutte quelle lacrime che le rigavano gli occhi.
Shinichi, invece, rimase
immobile nella posizione in cui si trovava, con la bocca leggermente
aperta
dallo stupore, e il cuore stretto in una morsa di doloroso rimorso.
“Ran... io ti ho fatto tutto
questo?” si chiese, abbassando lo sguardo e incupendosi
“Io che volevo solamente proteggerti... Io che volevo solo il
tuo bene...”
«E poi, sai che ti dico?»
riprese la ragazza con una voce poco ferma, senza guardarlo.
Shinichi alzò gli occhi,
aspettando che parlasse.
Ran si girò di colpo verso di
lui e sbottò tra le lacrime:
«Se avevi trovato un’altra
bastava dirlo prima!»
Il bacio che si erano scambiati
lui e Ai gli ritornò improvvisamente in mente.
«Come hai...?» chiese
d’impulso, scioccato.
Ran lanciò un gemito disperato,
vedendosi confermate tutte le sue supposizioni, e si alzò
quindi in piedi,
scappando via di corsa per un viale alberato del parco.
«Ehi, Ran, aspetta!» esclamò
Shinichi, ignorando del tutto il dolore per l’imminente
trasformazione e
correndole dietro.
“Sei uno stupido! Stupido!” si
ripeté più volte Shinichi, rendendosi conto che
Ran non poteva sapere di lui e Ai
perché non l’aveva detto a nessuno.
Magari la ragazza si era fatta una mezza idea - le solite paranoie
delle donne
-, ma così le aveva praticamente confessato tutto!
“Uno stupido idiota! Ecco
quel che sono!”
Più avanti il viale finiva
sulle rive recintate di uno stagno con dei cigni immacolati,
perciò Ran fu
costretta a fermarsi e Shinichi riuscì a raggiungerla.
«Ran, ti prego, ascoltami...»
lui provò ad afferrarle una mano, ma lei si ritrasse.
«Vattene via, Shinichi!»
pianse, dandogli le spalle «Torna da quell’altra.»
«Non c’è
nessun’altra!» ribatté
lui, con il tono più sincero che poté.
«Non ti credo!» insistette Ran.
«E invece ti prego di credermi,
Ran!» Shinichi le afferrò un braccio con non
troppa forza.
Lei sussultò un po’ al
contatto, quindi si voltò a guardarlo e disse:
«E allora giuramelo. Guardami
negli occhi e giura.»
Shinichi mostrò un’espressione
seria e decisa e, guardandola in faccia, scandì:
«Non c’è un’altra ragazza,
Ran.
Credimi.»
Lì vicino a loro, tra i cespugli, si erano nascosti Heiji e
Ai che, dopo averli
individuati, avevano deciso di tenerli d’occhio.
«Che scena romantica...»
ironizzò Heiji in un sussurro, sentendosi però
anche in imbarazzo ad assistere
a certe cose.
La scienziata, invece, non
disse nulla. Con un’espressione impassibile,
continuò a guardare Shinichi. Solo
lui. E le parole che il detective aveva appena pronunciato le
rimbombavano in
testa.
Non
c’è un’altra.
“E come potrebbe esserci?” fu
il piatto pensiero di Ai “Tu non hai occhi che per
lei...” lanciò uno sguardo a
Ran e percepì chiaramente di essere invidiosa.
“Ran, Shinichi è un ragazzo
fantastico... non sai che cosa rischi di perdere.”
pensò ancora Ai.
Ran guardò ancora un po’
Shinichi negli occhi, poi abbassò lo sguardo e
mormorò:
«Però, prima...»
«Ran, come potrei amare una ragazza... che non sia
tu?» le chiese dolcemente
lui, mostrandole un piccolo sorriso.
Lei arrossì di colpo e tornò a
guardarlo.
«Come hai... detto?» farfugliò,
divenendo sempre più rossa.
Lui avvicinò lentamente il viso, socchiudendo gli occhi, e
sussurrò:
«Ti chiedo perdono di tutto,
Ran. Ma se sto via di casa per così tanto tempo e non ci
sentiamo per lunghi
periodi... E’ solo per proteggerti.»
«Non capisco...» confessò lei,
abbassando a sua volta, d’istinto, il tono della voce e
guardandolo con aria
confusa e un po’ sognante. Lui era così vicino al
suo viso che poteva percepire
il fiato caldo sulla sua pelle e forse poteva anche sentire i suoi
battiti...
sì, sì li sentiva bene. E gli occhi di lui erano
così belli e sinceri... Anche
Ran socchiuse i suoi, mentre lui le rispondeva, sempre in un mezzo
sussurro:
«E’ inevitabile che io mi
faccia dei nemici, per via... del lavoro
che faccio. Quindi devi capire che non è sicuro farmi vedere
troppo in giro
o... sentirmi troppo con le persone a cui tengo di più. Per
questo mi tengo un
po’... distante.»
«Ti sei messo nei guai?»
mormorò Ran con un tono preoccupato «Oh,
Shinichi... ti prego, non rischiare
troppo! Non vorrei che...» gli occhi le tornarono lucidi.
«Ran, non ti preoccupare, non
sono così tanto in
pericolo.» la
rassicurò lui, sorridendole dolcemente
«Semplicemente, non voglio metterti in
mezzo. Per questo ti chiedo di avere ancora un altro po’ di
pazienza. Vedrai,
riuscirò a risolvere questo importante caso su cui sto
lavorando e tornerà
tutto come prima.»
«Me lo prometti?»
«Promesso.»
«Accidenti, se parlano così
piano non riesco a capire niente.» si lamentò
Heiji, storcendo le labbra e cercando di sentire qualcosa; senza
risultato.
«Forse non dovremmo sbirciare;
è un momento intimo.» gli fece notare
tranquillamente Ai, alzando un
sopracciglio.
«Ma dai!» ridacchiò Heiji
«E’
interessante, invece!»
Ai non disse nulla; si limitò a
scuotere il capo con fare esasperato.
«In ogni modo, Shinichi...»
riprese a parlare Ran, socchiudendo di nuovo gli occhi e rimanendo con
il viso
vicino a quello di lui «Cos’è che hai
detto prima?»
«Prima quando?» Shinichi fece
finta di non capire.
«Hai capito benissimo.» gli
sorrise lei.
Anche Shinichi sorrise e
mormorò teneramente:
«Intendi quando ho detto che
non potrei mai amare nessuna ragazza che non sia tu?»
«Proprio quello, sì.»
sussurrò
Ran, facendosi ancora un po’ più vicina.
Shinichi la guardò negli occhi,
perdendosi in quello sguardo intenso che così tanto
desiderava.
«E tu, Ran?» fece lui con
un’aria furba «Cosa pensi di me?»
«Cosa penso di te?» ripeté lei
con fare complice, portando le sue labbra a sfiorare quelle del ragazzo
«Uhm...
non saprei...»
Le labbra finirono per
incontrarsi, vogliose le une dalle altre.
Ran andò ad abbracciare
delicatamente la vita di Shinichi, che invece affondò le
mani tra i lunghi e
morbidi capelli di lei, continuando a baciarla.
«E bravo Shinichi...» ridacchiò
Heiji, come divertito dalla scena.
Ai, al suo fianco, aveva invece
distolto lo sguardo. Quanto avrebbe voluto essere lei a posto di Ran...
Il suo
bacio con Shinichi non era stato per niente simile a quello. Ora si
vedeva che
il ragazzo era davvero innamorato della donna che stava baciando. Mente
con
lei... Ai sapeva che lui non aveva provato nulla. Sospirò,
cercando di non
pensarci ancora.
Shinichi e Ran allontanarono un
po’ i visi per tornare a guardarsi negli occhi.
Sorridevano entrambi.
Rimasero così, in silenzio, per
lunghi istanti, semplicemente a guardarsi negli occhi. Però
furono comunque dei
bellissimi secondi, dove riuscirono a dirsi un sacco di cose senza
nemmeno aver
bisogno di parlare.
Ma quel momento magico fu
improvvisamente spezzato da un fitto dolore al petto, che costrinse
Shinichi a
chinarsi di un po’ in avanti, gemendo e serrando i denti.
«Shinichi!» si allarmò Ran.
«Ecco, ci siamo.» capì Heiji,
serio, preparandosi con Ai.
«Ran... devo... devo andare...»
ansimò Shinichi, arretrando e poi gemendo ancora per
un’altra fitta acuta.
«Aspetta, ma...» la ragazza fu
fermata da Shinichi che, sforzandosi di sorriderle, disse:
«Aspettami, Ran. Aspettami e
abbi fiducia; tornerò presto.»
Lei esitò un attimo, poi annuì
con il capo.
«Ho capito, ma ora stai...»
provò a dire di nuovo Ran, ma Shinichi, sofferente, la
interruppe di nuovo,
rassicurandola:
«Va tutto bene, davvero! E’
solo quel mal di pancia e... ahi...» ancora
un’altra fitta «Devo andare!» un
po’ barcollante, si gettò tra gli alberi e
cespugli, sperando di trovare un
posto dove nascondersi e trasformarsi.
«Shinichi, dove vai?» Ran provò
a rincorrerlo, ma lo aveva perso di vista tra gli alberi.
Sospirò, un po’ delusa, un po’
sognante ripensando al bacio di poco fa. Si aprì poi in un
sorriso.
«Ti aspetterò, Shinichi.»
decise.
Intanto il ragazzo era caduto
tra dei cespugli e si contorceva a terra per il dolore.
«Ehi, amico, siamo qui!»
annunciò Heiji, individuandolo e inginocchiandosi al suo
fianco.
«Maledi...zione...» imprecò
Shinichi, sudando e tremando «E’
adesso...»
Ai annuì, e infatti il corpo
del detective iniziò a rimpicciolire sempre di
più, finendo per navigare
tra i vestiti.
Finì tutto abbastanza in
fretta. Alla fine Heiji, sorridendo, affermò:
«Però sei stato un grande con
Ran.» e gli fece l’occhiolino.
«Cosa?!» esclamò il piccolo
Conan con la sua voce da bambino, mettendosi di scatto seduto e
divenendo tutto
rosso «Ci... ci avete visto?»
«Heiji ti ha visto.»
puntualizzò Ai, calma, indicando il ragazzo al suo fianco.
«Sei proprio un Don Giovanni!
Cadono tutte ai tuoi piedi!» Heiji tornò a
ridacchiare.
Conan arrossì ancor di più e,
aggrappandosi alla felpa dell’amico, iniziò a
scuoterlo, esclamando:
«Fatti gli affari tuoi! Perché
ci hai spiati, eh? Chi è che ti ha dato il permesso?
Accidenti a te!»
«Su,
rallegrati, Shinichi...
presto o tardi riuscirò a completare l’antidoto.
Sto facendo progressi.»
affermò Ai, stiracchiandosi stancamente sdraiata
com’era sul letto.
«Spero più presto
che tardi.»
borbottò Conan, sdraiato a sua volta sul letto di Ai, in
fondo, con le mani
intrecciate dietro la testa e lo sguardo rivolto al soffitto.
«Ma come? Pensavo ti piacesse
essere un moccioso... non passi più tempo con Ran, in questo
modo?» lo prese in
giro Heiji, che stava sorseggiando un succo di frutta seduto
comodamente sulla
poltroncina della camera della scienziata.
Conan, avvampando, esclamò
subito:
«Piantala!»
Suonò il campanello lì a casa
del dottor Agasa.
«Eccomi!» annunciò lo
scienziato, andando ad aprire.
«Chissà chi è...» chiese Ai,
girando gli occhi verso la porta chiusa della sua camera.
«Salve... Posso esserle utile?»
sentirono dire dal dottore al suo ospite.
«Sì, effettivamente. Lei deve
essere il dottor Agasa, non è così?»
rispose una voce di ragazza.
Heiji si corrucciò un po’,
domandandosi:
«Uhm... perché questa voce mi è
famigliare?»
«Sì,
sì infatti.» disse Agasa
«E lei è...?»
«Mi chiamo Kazuha. Cercavo
Heiji; Ran mi ha detto che dovrei trovarlo qui.»
Heiji sputò tutto il succo che
aveva in bocca e si irrigidì, agitandosi:
«Oh, cavolo! Kazuha! Non l’ho
chiamata, né le ho detto dove ero andato a finire...
Accidenti, sarà furiosa!»
«Suvvia, Heiji...» sorrise di
scherno Conan, voltandosi a guardarlo, contento di aver trovato
un’occasione
buona per vendicarsi delle prese in giro dell’amico
«Non vedevi l’ora di
vederla, no?»
«Oh, Heiji? Sì, è di qua.»
affermò Agasa e si sentirono poi dei passi in direzione
della stanza di Ai.
«Devo nascondermi, accidenti!»
esclamò Heiji, alzandosi in piedi di scatto per poi
reprimere un gemito per i
dolori. Fu costretto a fermarsi e portarsi una mano sulla schiena; il
volto
contratto in un’espressione sofferente.
«Ahi... cavolo...» si lamentò,
dirigendosi lentamente verso l’armadio, con l’idea
di chiudersi dentro per non
farsi trovare.
Ma non fece in tempo: come una
furia, Kazuha aprì infatti di scatto la porta della camera,
dicendo a gran
voce:
«Heiji Hattori! Noi due
dobbiamo parlare!»
«Oh, Kazuha...» sorrise
cautamente Heiji, allontanando la mano dall’anta
dell’armadio e portandosela
sulla nuca in una posizione d’imbarazzo «Ma che
sorpresa trovarti qui...»
«Bando alle ciance, Heiji...»
esordì la ragazza, avanzando a passi decisi verso di lui,
con Agasa che la
guardava sorpreso, Conan che se la rideva sotto i baffi e Ai che
osservava la
scena per nulla turbata o incuriosita.
Kazuha si fermò davanti al
ragazzo con le mani ai fianchi e un’espressione poco
raccomandabile.
Lo scrutò da capo a piedi, per
poi dire con grinta:
«Prima mi lasci sola senza
spiegazioni; poi vengo a sapere che hai dormito qui senza dirmi niente
e che,
per di più, sta mattina sei caduto, con Conan, Shinichi e
Ai, facendoti pure
male. Mi sai dire che devo fare con te? Possibile tu sia un simile
irresponsabile?»
«Kazuha, senti...» provò a dire
Heiji, a disagio, ma lei lo interruppe:
«Non provare a trovare scuse,
adesso! E’ meglio che ti prepari, piuttosto, che sta sera
abbiamo il treno per
Osaka.»
«Sì... ho capito.» sospirò il
detective, arrendendosi.
«Potete rimanere qui, finché
non dovete partire.» propose il dottor Agasa.
«Oh, grazie.» gli sorrise
Kazuha con un’aria gentile «Anche perché
tra poco ci raggiunge Ran, quindi...»
«Come?!» Conan, divenendo del
tutto rosso, balzò giù dal letto, esterrefatto
«Ran viene qui? Adesso?»
«Ma dai, Conan... non sei
felice?» lo derise Heiji, per vendetta.
Il bambino avvampò
maggiormente, mentre Kazuha lanciava uno sguardo irritato ad Heiji,
dicendo:
«Tu fai poco lo spiritoso, che
poi facciamo i conti.»
«Calmati, Kazuha...» cercò di
tranquillizzarla lui, spaventato dalle minacce della ragazza
«Le espressioni
arrabbiate non ti si addicono...»
«Mi stai dicendo che sono
brutta?!» esclamò la ragazza, furiosa.
«Ma non è vero! Non l’ho mai
detto!» si scusò subito Heiji, arretrando e
chiedendosi perché mai le femmine
dovessero prendersela sempre per ogni cosa ed esagerare in tutto.
Conan stava preparando una
frecciatina da lanciare all’amico, ridacchiando, quando
qualcuno entrò dalla
porta aperta di casa, annunciando:
«Dottor Agasa? Si può? Sono
Ran.»
«Gasp!» si irrigidì il bambino,
fumante da quanto era rosso e bollente di imbarazzo.
«Ciao, Ran.» salutarono in coro
Agasa, sorridente; Heiji, ridacchiando divertito; Kazuha, con tono
amichevole;
e Ai, piatta, senza guardarla.
«Oh, ci siete tutti, eh?»
commentò Ran, sorridendo mentre entrava nella camera di Ai,
poi si rivolse a
Conan con un’aria gentile e allegra:
«Conan! E’ un pezzo che non ci
si vede, eh?»
«G... Già...» farfugliò
Conan,
abbassando di scatto lo sguardo, rosso come non mai.
«Oh, sì, un sacco di tempo...»
sbuffò Heiji, trattenendo a stento le risate.
Il bambino lo fulminò con uno
sguardo di sottecchi.
Ran si chinò davanti a Conan,
osservando i suoi graffi e fasciature sulle braccia. Storse un
po’ le labbra,
dicendo:
«Ti sei fatto proprio un bel
volo...»
«Oh... sì... tutta colpa di
Heiji!» disse in fretta Conan, con un sorriso innocente
«Imbranato com’è, è
scivolato; trascinandoci tutti giù!» si mise a
ridere.
Ora fu il turno di Heiji di
sentirsi in imbarazzo.
«Davvero?» si sorprese Ran.
«Ma non mi dire...» commentò
Kazuha, lanciando uno sguardo di rimprovero ad Heiji.
«Eh... eh...» fece
quest’ultimo, non sapendo che dire.
«Beh, l’importante è che state
bene, no?» sorrise Ran, alzandosi in piedi, poi, arrossendo
leggermente, chiese
un po’ timida:
«Qualcuno di voi sa per caso
che fine... ha fatto... Shinichi?»
Conan si sbrigò subito a dire,
distogliendo lo sguardo, agitato:
«Stava male! E’ dovuto andare
via!»
«Oh... infatti diceva di aver
mal di pancia...» annuì Ran, visibilmente delusa.
«Già, già... una brutta
colite.»
sospirò Heiji con un’aria seria, ma sotto sotto si
stava divertendo un mondo
«E’ stato sempre al bagno, poverino... Certo che
poteva tenere almeno la
finestra aperta. C’era una puzza... Ahi!»
Conan gli aveva appena pestato
con forza il piede, completamente rosso in faccia per la vergogna.
«Conan!» lo rimproverò Ran,
intanto non sapeva se ridere o provare pietà per
ciò che Heiji diceva fosse
accaduto a Shinichi.
«Moccioso, vedi di fare il
bravo...» Heiji, con un sorriso sghembo, lo colpì
con un pugno sul capo.
«Ahia!» si lamentò Conan, portandosi
le mani sopra la testa.
«Heiji, insomma! E’ solo un
bambino!» Kazuha lo spinse un po’ da una parte,
accigliata, colpendogli proprio
una parte del corpo che gli doleva maggiormente.
«Ahi! Kazuha, stai attenta!»
«Oh cielo, Heiji, scusami!»
«Non sei affatto aggraziata.»
«Heiji! Sta volta ti ammazzo!»
«Ahi! Ahi! Basta! Smettila!
Ahia!»
«Buon
viaggio, ragazzi. Tornate
a trovarci, mi raccomando!» li salutò Ran,
sorridente.
«Vi aspetto anch’io.» aggiunse
Agasa, salutando con una mano.
«Contateci; torneremo presto.»
sorrise Kazuha, uscendo di casa.
«Alla prossima.» salutò Heiji,
seguendola.
«Ciao.» disse Conan, mentre Ai
rimase in silenzio.
Agasa richiuse la porta.
«Vado un attimo al bagno, poi
andiamo a casa.» annunciò Ran, allontanandosi.
«Ok.» fece Conan,
stiracchiandosi un po’.
Era sera, quindi era meglio
rientrare.
Agasa si diresse in cucina,
così che Conan e Ai rimasero soli vicino la porta di casa.
Scese uno strano silenzio tra
loro due.
Conan alzò gli occhi su di lei,
che puntualmente evitava il suo sguardo.
Il ragazzo continuò a fissarla
silenziosamente ancora un po’.
“Come sei bella, Ai...” si
ritrovò a pensare.
Si corrucciò un po’, ripensando
a ciò che era successo tra loro due.
Da quanto lei provava qualcosa
per lui? Perché non se n’era mai accorto? Era
cambiato qualcosa tra di loro,
adesso? ... Sì, certo. Non era nemmeno sicuro del tutto che
sarebbero riusciti
sempre a guardarsi negli occhi, da quel momento in po’...
Ma, inaspettatamente, Ai gli
rivolse lo sguardo.
Era rilassata, con la sua espressione
intensa e pensierosa di sempre; pareva proprio quella di prima.
«Shinichi...» si interruppe un
istante, fissandolo negli occhi.
Poi riprese con lo stesso tono
calmo e caldo:
«Sono contenta di averti
conosciuto.»
Conan rimase un attimo
spiazzato.
Ma che cavolo di frase era,
quella?! Che diamine stava dicendo, Ai?
Conan tornò serio e esordì:
«Ai, ascoltami. Mi dispiace.
Davvero, mi dispiace tanto per questa situazione che si è
venuta a creare. Non
me l’aspettavo e... non so come...» avrebbe voluto
dire “rimediare”,
ma cambiò idea all’ultimo «... comportarmi. E’ inutile
mentirti, e, forse, c’eri già arrivata da
te... Io non ti a...»
Ai gli posò due dita, l’indice
e il medio, sulle labbra, fermandolo.
Era rimasta tranquilla e
rilassata come prima. Conan si sentì un po’ a
disagio.
«Va tutto bene, Shinichi...»
mormorò lei, socchiudendo appena gli occhi
«Promettimi solo una cosa, per
favore...»
Conan si fece attento, senza
dire nulla.
Ai allontanò le dita dalle sue
labbra e concluse:
«Non lasciarmi mai sola.»
Rimasero a guardarsi, in
silenzio, di nuovo.
«D’accordo.» disse
semplicemente lui.
Ai si aprì in un sorriso
leggero, che sparì quasi subito, poco abituata
com’era a sorridere spesso.
«Ehi, Conan, sei pronto?»
Lui si voltò verso Ran che lo
stava raggiungendo. Annuì con il capo.
«Allora andiamo.» Ran aprì la
porta e salutò:
«Ciao Ai.»
Lei fece un cenno con il capo.
Ran alzò la voce per farsi
sentire:
«Arrivederci, dottor Agasa!»
«Arrivederci!» aggiunse Conan.
«Ciao, ragazzi!» salutò Agasa
dalla cucina.
Ran uscì e Conan lanciò un
ultimo sguardo ad Ai, che lo stava guardando.
«Ciao...» mormorò Conan,
sorridendole.
Lei sorrise di nuovo.
«Ciao.»
E il bambino uscì.
«Conan,
dopo mi racconti tutto
quello che hai fatto in questi giorni, intesi?»
Conan annuì e Ran gli sorrise,
continuando a camminare al suo fianco sul marciapiede poco affollato,
vista la
tarda ora.
La ragazza sospirò, guardando
in alto il cielo stellato.
«Oh, Shinichi...» mormorò
sognante «Non sai quanto è stato bello,
Conan...»
Lui avvampò.
«Da... davvero?» farfugliò in
imbarazzo.
Ran annuì con il capo e si
volse a guardarlo, con un’aria allegra:
«Sono così felice!»
E si mise a canticchiare,
guardando davanti a sé.
Conan sorrise un po’ a sua
volta, guardandola.
“Sono felice anch’io, Ran...”
Fine
E' finita! T_T Disperazione... Mi
è piaciuto tantissimo scrivere questa storia e, anzi, sono
meravigliata di me stessa! O.O Non pensavo di riuscire davvero a
scrivere una seconda fic su Conan... ^^ Che bello! :D
Sono contenta anche di aver
riscosso così tanto successo, nonostante le mie aspettative.
^^ Ringrazio di cuore quindi tutti
(ma proprio tutti tutti)
quelli che mi hanno seguita. -_^ In particolare chi ha aggiunto la storia
alle Preferite:
1 Deidaraforever;
2 EroSennin425;
3 Fabioxxx;
4 Liz Shelley;
5 Mommika;
6 naruto_shippuden;
7 ninny;
8 Shingo_Chan;
9 shinichikudo;
10 Sweetgirl91.
Chi l'ha aggiunta alle Seguite:
1 Black Panther;
2 Blynrite;
3 chariss;
4 FlyingEagle;
5 Harmonia;
6 kamura86;
7 lady cat;
8 Roe;
9 sexy_eclipse;
10 shinichikudo.
E anche chi ha recensito - una o
più volte - la storia. ^^
Ora i ringraziamenti dell'ultimo
capitolo:
Sweetgirl91:
Oggi ho aggiornato prestissimo, vedi? Ma se noti anche l'ora in cui ti
ho mandato la mail... capirai che mi sono svegliata presto e non sapevo
che fare, sta mattina! XD Uffi, la storia è finita.
ç_ç Mi dispiace tanto, perché mi ero
proprio affezionata a questa seconda fic su Conan... Anche se la prima
mi è piaciuta ugualmente. ^^ Tu ne scriverai mai una? **
Anzi, quand'è che torni a scrivere e basta? XD L'epilogo non
poteva non essere a sfondo romantico! XP (A parte per quanto riguarda
Heiji e Kazuha... X°°D) Non c'è niente da
fare: Shinichi e Ran ce li vedo troppo bene insieme! ^^ Anche se Ai mi
fa un po' pena... ^^'' Porella! :P Ci sentiamo per mail, ciao!
Roe: Ti
è piaciuto l'epilogo? :P Ad Heiji non è andata
molto bene! XD Nemmeno ad Ai, se è per questo! ^^'' Immagino
che le scene Shinichi&Ran non siano state del tutto di tuo
gradimento... XP Ma che ci posso fare; fin dall'inizio questa fic
doveva finire così! ;P Non sai quanto ho penato, invece, per
trovare una "fine degna" da far fare a Stella & Co. ^^'' Non
sapevo che fare! Farli arrestare era troppo banale - e poco fattibile
^^' -, ma per farli morire... non sapevo come! ^^'' (Che sadica che
sono! XP) Niente, ci sentiamo presto per e-mail! ** Ciao!!!!
Liz Shelley: Sai
che se non riscrivevi la rece nell'ultimo capitolo, non mi sarei mai
accorta che avevi lasciato un commento? XP Sono proprio distratta! ^^''
Mi spiace se ti ho delusa, visto che la coppia che preferisci non
è "ShinichixRan", ma appunto io sono di più per
questa coppia! -_^ Anche se non mi dispiace leggere le "ShinichixShiho"
che ammetto sono molto affascinanti. ** Grazie mille dei complimenti
che mi fai sempre (^//^) e sono contenta che la fine dello scorso
capitolo ti sia piaciuta... Non sapevo proprio come "far fuori" Stella!
^^'' Fortuna Gin e Vodka! XP Tanto erano già sulle sue
tracce, visto che se n'era andata dall'Organizzazione con gli altri...
^^ Adori Kaito, ho notato! XD Mah, ci penserò sulla fic su
di loro... ma non posso garantire nulla! ^^'' Magari alla prossima,
allora! -_^ Ciao!
Un ultimo ringraziamento va anche
a chi ha letto solamente l'intera fic, senza mai "farsi" sentire...
Spero di non avervi annoiato o deluso! ^^'
Un bacione enorme dalla
vostra Me91
^^ e... forse alla prossima, ciao! :D
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