Insieme

di birdylove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uniti ***
Capitolo 2: *** I dadi ***



Capitolo 1
*** Uniti ***


Thorn uscì dallo specchio. Ofelia ancora non ci poteva credere; nonostante le sue mani prive di dita era riuscita a trascinarlo fuori. L'aveva salvato proprio come lui aveva appena fatto con lei evitando che si avverasse la visione che entrambi avevano avuto di lei zuppa di sangue e morente. Non si girò a guardare chi l'avesse aiutata, quello poteva aspettare. Si buttò invece su Thorn, facendolo cadere, dato che non aveva più l'armatura alla gamba e rischiando così far rientrare entrambi nello specchio. Nemmeno lui riusciva a credere ai propri occhi, ma strinse subito Ofelia come se fosse la cosa più naturale del mondo, l'unica che importasse. E lo era davvero. Rimasero abbracciati per un tempo che parve loro interminabile. Ofelia, tra le lacrime, non pensava più alle dita perdute, bastava la presenza di Thorn a farla sentire completa, anche se non lo sarebbe mai più stata davvero. Thorn non sentiva male alla gamba rotta anche se questa era in una posizione assurda sul pavimento; aveva ritrovato l'unica cura di cui avesse mai avuto bisogno, sua moglie. Dopo un po' si riscossero sentendo delle voci intorno a loro, erano Elisabeth, Renard, Gaela, Berenilde, la zia Roseline e tutti i parenti di Ofelia che l'avevano aiutata a tirare fuori Thorn dallo specchio. L'avevano aiutata a salvare quel marito che gran parte di loro non aveva mai apprezzato per i suoi modi bruschi, autoritari e anche un po' maleducati. Lo avevano fatto perché le volevano bene e lei non li aveva mai apprezzati così tanto. Fece per alzarsi quando Thorn le trattenne una mano, o almeno quello che ne restava; invece di scoppiare a piangere lo guardó dritto negli occhi metallici, profondi come laghi d'argento. Gli sorrise. Era stato il sacrificio necessario per ripristinare l'equilibrio tra i due mondi, per permettere a milioni di persone di essere vive, lì e ora. Non le dispiaceva, in fondo, quelle dita e il potere che esse avevano avuto le avevano permesso di arrivare dove si trovava, di conoscere Thorn, di innamorarsene e finalmente di vivere insieme il resto della loro vita. - Con te al mio fianco non sarò mai incompleta, gli sussurrò. Lui sgranó gli occhi, capendo a quello che aveva rinunciato quella piccola donna così corragiosa, la amava così tanto. Un po' di più anche. Cercò di alzarsi anche lui ma ovviamente non ci riuscì, gli vennero perciò in soccorso Renard, il padre di Ofelia e Archibald, con suo disappunto, anche se, dovette ammetterlo, sembrava messo peggio di lui. Quando fu in piedi grazie all'aiuto dei tre uomini, si accorse dello sguardo di Berenilde su di sé, non l'aveva mai vista così prima. La zia mise subito giù Vittoria che guardava Thorn con un'intensità davvero particolare per una bambina della sua età, gli andò vicino e gli accarezzò il viso con affetto materno. Per la prima volta, così pensò Thorn, lesse sul suo volto la paura e il sollievo che ha una madre di fronte ad un figlio sopravvissuto ad una disgrazia. In fondo Thorn chi altri era se non suo figlio? Il momento fu interrotto dal prozio di Ofelia che, non credendo ai propri occhi nel vedere come l'adorata nipote guardava quel marito tanto indesiderato, si schiarì la voce e disse: - Forse dovremmo affrettarci in clinica per far curare quella gamba. In effetti, quando il dolore si ricordò di lui, Thorn fu sul punto di svenire. Solo la presenza di Ofelia lì accanto a lui glielo impediva. Dal canto suo, lei avrebbe voluto stringergli la mano, ma dato che non poteva ci pensò la sciarpa ad insinuarsi tra le lunghe dita ossute di lui che la strinse come se fosse stata la carne stessa di Ofelia.

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Capitolo 2
*** I dadi ***


Ofelia si stava osservando nello specchio del bagno. Aveva dormito appena solo qualche ora da quando li avevano portati nella clinica per curare le loro ferite: la gamba di Thorn e la sua spalla slogata. Per le sue mani non c'era niente da fare, le dita non ci sarebbero più state e nessuna protesi, per quanto ben fatta, sarebbe mai stata in grado di rimpiazzarle. Adesso però la sua mente era tutta presa da qualcos'altro. Voleva andare a trovare Thorn, ma non sapeva dove lo avevano messo. Non dovette comunque aspettare molto, pochi istanti dopo qualcuno bussò alla porta della sua camera, andò ad aprire. Thorn le stava davanti in sedia a rotelle, più pallido del solito, col viso tirato, ma con gli occhi più attenti che gli avesse mai visto.
«Dobbiamo parlare noi due» .
Ofelia si spostò dall'entrata e lo lasciò passare. Gli avevano ingessato la gamba ferita, forse stavolta sarebbe guarita meglio. Si guardarono negli occhi per un po' senza dire niente, finalmente erano alla stessa altezza, lui seduto e lei in piedi. Thorn la scrutava per capire come stesse, i suoi occhiali erano di un rosa leggero che piano piano si stava intensificando. Chissà a cosa stava pensando? Ofelia cercava di capire se poteva avvicinarglisi, aveva un disperato bisogno di stargli vicino. Anche un po' di più. Non riusciva a credere di averlo quasi perso per sempre per colpa dell'Altro, ma invece era lì, sano e salvo. O quasi. Ofelia decise che non avrebbe atteso oltre quando le braccia di Thorn la avvolsero senza avvertire. Avrebbe voluto stringerlo anche lei, accarezzare la sua ampia schiena, sentire i rilievi delle vertebre con le dita, ma non poteva. Ci pensò la sciarpa ad unirli ancora di più nell'abbraccio, tanto che li fece quasi soffocare. Quando si staccarono, Thorn le prese una mano tra le sue.
«Le tue dita..».
«Non so come sia successo», disse Ofelia, «suppongo fosse il sacrificio necessario per salvarci. Non mi pento di nulla» .
Thorn le baciò entrambi i palmi, guardandola con quegli occhi infuocati ma imperscrutabili: «Hai restituito i dadi al mondo. E a me. Il mio destino è nelle tue mani».
A quel punto Ofelia non resse più. Scoppiò in un pianto disperato. Aveva provato troppe emozioni in così poco tempo... Thorn la accolse sulle proprie ginocchia e cercò di consolarla in qualche modo. Non doveva fare molto, in fondo. Doveva solo esserci. E lui c'era. C'era sempre stato per lei dal primo giorno in cui l'aveva conosciuta e ci sarebbe sempre stato. Quella donna meravigliosa di appena un metro e cinquanta aveva salvato il mondo dalla distruzione, aveva tirato fuori lui dal mondo di mezzo, gli aveva reso la sua vita, la sua vita con lei soprattutto. Adesso dovevano solo decidere come trascorrerla.
Ofelia non provava rabbia, era solo sopraffatta dalle emozioni. Era stata una lettrice tutta la vita e questo l'aveva condotta fino a suo marito, prima indesiderato e poi amato come nessun altro. Non poteva più sfruttare il suo potere per periziare gli oggetti, ma forse avrebbe potuto inventarsi qualcos'altro, in fondo aveva altri talenti. Forse questo indicava la fine di un periodo e l'inizio di una nuova vita. Con Thorn. Era questo l'importante.
Thorn non sapeva come comportarsi, non era abituato a consolare le persone, perciò si limitò a stringere a sé Ofelia come aveva fatto quando gli aveva rivelato che non poteva avere figli. Lì per lì si era sentito sollevato, non gli piacevano i bambini, o meglio, non sapeva come comportarsi con loro. Erano così imprevedibili, ma anche Ofelia lo era e la amava anche per questo. Subito dopo però, vedendo la reazione che aveva avuto Ofelia, aveva capito quanto lei in realtà ci tenesse. Era passata dal non voler avere nessun tipo di rapporto con lui a piangere disperatamente perché non avrebbero mai potuto concepire un figlio loro. Lui ancora non ci credeva. Non sapeva se sarebbe mai stato in grado di fare il padre non avendone mai avuto uno. Tuttavia, l'idea di non poterlo mai sapere lo addolorava nel profondo. Soprattutto il fatto che Ofelia ne soffrisse così tanto. Lo faceva bruciare dentro il fatto che lei desiderasse un figlio da lui. Nonostante il suo status di bastardo. Nonostante il suo essere burbero, chiuso, in apparenza misantropo. Ma lei lo amava davvero e conosceva l'uomo che si nascondeva dietro la maschera di indifferenza che si era creato.
«Se servisse a salvarti, lo rifarei altre mille volte. Tu avresti accettato di molto peggio», disse Ofelia che si era quasi calmata.
«Lo so», disse Thorn con un tono che, come sempre, non lasciava trasparire la tempesta che aveva dentro.

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