Seasons di Cida (/viewuser.php?uid=22415)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio ***
Capitolo 2: *** Inverno ***
Capitolo 3: *** Primavera ***
Capitolo 4: *** Estate - Apertura ***
Capitolo 5: *** Estate - Intermezzo ***
Capitolo 6: *** Estate - Finale ? ***
Capitolo 7: *** Inverno - Ritornello ***
Capitolo 8: *** Estate - Finale ***
Capitolo 9: *** Autunno - Minuetto ***
Capitolo 10: *** Autunno - Into the Unknown ***
Capitolo 1 *** Preludio ***
Capitolo
1
Preludio
La vita, o meglio,
la non vita del nuovo Spirito dell'Inverno era
cominciata in maniera davvero strana. Risvegliarsi improvvisamente, sul
fondo
di un lago ghiacciato, era stato un inizio col botto: scoprire come il
freddo
non potesse intaccare il suo corpo era stato esaltante, per non parlare
del
totale controllo che sapeva esercitare su ogni elemento legato al
ghiaccio ed
al gelo… volare, poi, era il massimo.
Quell’euforia
iniziale,
però, era scemata quando la sua mente si era accorta di non
conoscere
nient'altro di se stessa all'infuori del nome: Jack Frost. Il panico
l'aveva
colto e, così, aveva iniziato a volare scomposto, sbattendo
contro i rami degli
alberi e con l'animo in preda all'angoscia.
Arrivato al
villaggio più
vicino cercò spiegazione, cercò conforto ma,
ahilui, nessuno riusciva a vederlo
e ciò non fece altro che aumentare la sua disperazione.
Arrabbiato, gridò alla
luna tutto il suo risentimento ma nulla successe e, alla fine, non gli
restò
che calmarsi.
A quel punto
una brezza
leggera gli scompigliò i capelli candidi, riempiendoli di
riflessi d'argento:
fu allora che capì. Lui era l'Inverno, il signore dei
ghiacci. Al suo comando
l'acqua si trasformava in cristalli, alberi e specie animali dormivano
al suo
passaggio, la neve obbediva ad ogni suo capriccio: portare l'Inverno
nel mondo
era il suo compito e l'avrebbe svolto, era rinato per quello.
Anno dopo
anno, però, il
buio e il gelo erano diventati tetri compagni, le persone attorno a lui
erano
tristi, rassegnate mentre aspettavano con brama l'arrivo della
Primavera e della
bella stagione. Frustrato dall'ennesimo commento negativo nei suoi
confronti,
fece scivolare su di una lastra gelata i colpevoli di tali male parole
e li
ricoprì entrambi con un cumulo di neve caduto da un grosso
albero lì accanto.
Quello che ne seguì, incredibilmente, risultò
qualcosa di meraviglioso: anziché
arrabbiarsi ed imprecare, le persone cominciarono a ridere e nei loro
sguardi
brillò la scintilla del divertimento. La battaglia a palla
di neve che ne seguì
fu per lui una fonte di gioia tale che continuò a sorriderne
per giorni. Finalmente
era completo, ogni suo compito gli era chiaro: doveva, sì,
portare l’Inverno ma
anche aiutare le persone ad affrontarlo. Eppure perché
continuava a sentire
quel fastidioso vuoto nel petto? Ogni schiamazzo, ogni Natale erano
palliativi
di mera durata. Litigare con Tara, giocare con Sue e discorrere con
Barry aiutava,
certo, ma lavorando in momenti diversi dell'anno difficilmente
riuscivano ad
essere tutti insieme. Sentire incessantemente un bisogno, senza essere
in grado
di dargli un nome, era per lui fonte di estremo disagio.
Così
gli anni passavano e
niente di tutto questo cambiava, finché non si
ritrovò finalmente nella
stagione sbagliata in quello che sarebbe diventato il posto giusto.
Adorava i paesi
nordici, anche d'Estate poteva combinare qualche guaio
senza allarmare troppo gli umani, fare arrabbiare Tara Heat, Spirito
dell’Estate, era una delle cose che gli dava più
soddisfazione.
Arrivato ad
Arendelle,
però, il paesaggio che trovò lo
scombussolò non poco «Chi diavolo mi ha rubato
il lavoro?» borbottò ad alta voce, come era potuto
succedere?
Volò
sospinto dal vento
gelido, tremendamente fuori stagione, fino a ritrovarsi nel paese ai
piedi del
castello reale: le persone, totalmente impreparate ad un clima
così rigido,
battevano i denti per il freddo cercando di farsi caldo invano, dandosi
pacche
sulle braccia nude. Fra di loro sibilava la paura, stregoneria, sentì
dire da alcuni sottovoce, la regina era scappata. In quel momento,
quella che
doveva essere la principessa coprì il suo leggero abito da
ballo con un
mantello pesante, lasciò un belloccio in carica e, spronando
la sua
cavalcatura, si avventurò verso il bosco.
Svolazzò ancora per un po' fra la
gente, senza osar fare nessuno dei suoi scherzi, quelle persone in
difficoltà
lo facevano stare male. Impotente, lui lo alimentava l'Inverno non
poteva
fermarlo, si rincuorò un poco quando cominciarono ad
organizzarsi, recuperando
vestiti caldi e coperte dagli armadi e la legna per i camini.
«Perché
la regina Elsa ci
ha fatto questo?» piagnucolò un bimbo tremante
abbracciato alla madre.
«Non
lo so, piccolo mio» gli rispose la donna tenendolo stretto
«Non lo so
davvero»
La regina
era l'artefice di
tutto? Jack era incredulo: un'umana con la capacità di
scatenare un cambiamento
climatico del genere? Impossibile... ed incredibilmente esaltante! In
un attimo
fu di nuovo sulle ali del vento, l'avrebbe trovata, eccome se l'avrebbe
fatto.
Fischiò estasiato guardando dall'alto l'imponente castello
di ghiaccio
che sovrastava la montagna «Ma è a dir poco
pazzesco!» constatò, volando tra le
guglie e le torri pieno di meraviglia, non aveva mai visto una cosa del
genere.
Continuò ad esplorare ogni angolo della costruzione
finché, improvvisamente,
non si bloccò: proprio in quel momento la regina
uscì sulla terrazza, sul suo
vestito scintillavano infiniti cristalli di ghiaccio e i suoi capelli
biondi,
legati in una morbida treccia, s'accendevano d'oro sotto i raggi del
sole al
tramonto. Anche senza vedere il suo viso, ne era rimasto totalmente
affascinato. Incapace di frenare la sua curiosità, si
sospinse di lato quel
tanto che bastava per poterla vedere in volto: era giovane ed era
bellissima.
Il suo sguardo era fiero, sicuro di sé e del controllo che
aveva sulle sue
capacità. Eppure, guardandola meglio, qualcosa increspava la
sua maschera, un
barlume negli occhi, quella riga agli angoli della bocca... Un impulso
che non
avvertiva da tempo lo costrinse ad aprire le labbra per lo stupore: se
solo
avesse abbassato la quota quel tanto che bastava, sarebbe entrato nel
suo campo
visivo e... e lei non l'avrebbe visto, esattamente come tutti gli
altri. Quella
convinzione trasformò la sua espressione in rammarico,
facendolo sbuffare con
stizza. Doveva fare qualcosa, non poteva restare con le mani in mano...
sì, ma
che cosa?
«Scordatelo,
stupido di un
Frost» lo riprese una voce sprezzante alle sue spalle.
Lui si
voltò e incontrò lo
sguardo ardente di una giovane ragazza dal fisico scattante,
leggermente
androgino «Tara» constatò «A
cosa devo l'onore della tua visita?» le chiese con
una faccia da schiaffi.
L'altra si
passò una mano
fra i corti capelli rossi «Ero già pronta a
prenderti a calci nel sedere,
perché ritenevo che questa volta avessi davvero esagerato,
invece cosa scopro?
Non posso farti proprio niente perché non sei stato tu ma
quella biondina
scintillante laggiù!» disse irritata, puntandola
con il suo bastone ondulato di
cedro rosso «Già è una rottura portare
l'Estate qui al Nord: e il sole non
troppo forte, e poca afa, e l’acqua non troppo calda... ci
mancava pure questa
che s'improvvisa regina dei ghiacci» si lamentò
salendo di tono sul finale «E,
come se non bastasse, non mi è permesso sistemare tutto
perché non posso
interferire con ciò che gli umani combinano» si
voltò nuovamente verso di lui
«E neanche tu puoi» lo avvertì
puntandogli il bastone al petto «Hai capito,
Jack Frost?»
Lo spirito
dell'Inverno
alzò le mani «Ho capito, ho capito. Sei sempre la
solita rompiscatole»
Gli occhi
dorati di Tara
scintillarono di rabbia «Queste sono...»
«Le
regole, lo so» completò
per lei la frase.
L'altra si
rilassò «Devo
tornare al mio compito, ho già perso anche troppo
tempo» lo guardò dandogli un
ultimo muto avvertimento «Ci vediamo Frost»
Jack la
salutò con un gesto
della mano prima di essere accarezzato da un refolo di aria calda che
la
sospinse verso la sua prossima meta. Ripensò alle sue
parole, guardò la luna
appena sorta nel cielo, poi ancora Elsa con i suoi occhi tristi
mascherati di
sicurezza e quelle regole gli parvero per la prima volta maledettamente
sbagliate.
Se ne andò.
Così
altri anni passarono, anni in cui Jack Frost continuò a fare
il suo
dovere senza mai dimenticarsi degli occhi della regina di Arendelle. A
onor del
vero si concesse del tempo, ogni qualvolta toccasse
all’Inverno arrivare su
quelle terre, per guardarla da lontano: la vide crescere, maturare,
prendere
consapevolezza di sé e del dono che aveva ricevuto. L'amore
che aveva per la
sorella era immenso, adorava il suo regno e i suoi sudditi. Quando era
diventata zia, poi, era stata radiosa eppure, in fondo al suo sguardo,
ancora
quell'ombra non se n'era andata.
L'ennesimo
solstizio era
arrivato, di lì a poco avrebbe dovuto trasformare quella
limpida serata
d'Autunno in una gloriosa giornata invernale. Arendelle era in festa,
come ogni
anno, e il palazzo letteralmente scintillava nell'oscurità
della notte. Ospiti
da ogni dove vi avevano preso parte e la serata era stata grandiosa.
Jack
s'impose di non pensare a lei, doveva togliersela dalla testa ma poi,
quando
tutto fu finito, da una delle grandi finestre della sala da ballo la
vide
prendere posto ad un tavolino e lasciarsi andare ad un momento di
relax. Rimase
per un attimo rapito dai suoi gesti, poi, sentendosi di troppo in un
momento
così intimo, decise di allontanarsi ma la stizza con cui lei
fece apparire e
sparire un cristallo di ghiaccio, smosse qualcosa dentro di lui: al
diavolo le
regole, al diavolo tutto, se doveva cadere sarebbe caduto, di sicuro ne
sarebbe
valsa la pena.
Così
lasciò che una folata
di vento gelido aprisse la finestra alle sue spalle e
l'aspettò seduto sul
cornicione del balcone perché sapeva che sarebbe uscita. Di
fatti, un attimo
dopo, la sovrana era a pochi passi da lui rapita dal cielo stellato.
Era giunto
il momento di
giocarsi tutto «Ad una regina non dovrebbe essere permesso di
andarsene da una
festa senza aver fatto almeno un ballo»
Lei si
voltò allarmata «Chi
siete voi?»
Nonostante
il sospetto
nella sua voce, quella domanda riempì di gioia il suo petto,
così tanto che
sulle sue labbra si dipinse un sorriso: lo aveva visto.
Grazie per essere giunti alla fine di questo Preludio che fa da introduzione a quella che sarà la vera storia.
Come da presentazione, questa fanfiction non tiene conto degli avvenimenti di Frozen 2 che, purtroppo, non sono ancora riuscita a vedere.
Due parole per contestualizzare il mondo in cui tutto questo si svolge: la storia si svolge nel mondo di Frozen, circa una decina d'anni dopo gli avvenimenti del primo film ma possiamo dire che sia un universo alternativo dove dimora anche Jack Frost che non è una Leggenda ma semplicemente lo Spirito dell'Inverno e, assieme ad altri tre spiriti, si occupa di portare le stagioni nel mondo. Qui Jack è diventanto spirito ad un'età maggiore, sui trent'anni ed è praticamente coeateno - a livello di aspetto - di Elsa.
Inutile dire che mi piacerebbe molto ricevere un vostro parere ed ogni recensione sarà ben accetta.
Per chi vuole vedere come procederà la serata fra i due, vi lascio un bonus track: Ballo d'Inverno.
Cida
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Capitolo 2 *** Inverno ***
Capitolo 2
Inverno
«Allora,
sei pronta?» sussurrò Anna
nell’oscurità che le regalava la
porta chiusa davanti a sé, una mano già sulla
maniglia.
Una piccola
testolina dalle
treccine bionde annuì decisa, troppo concentrata per
proferire parola alcuna:
si era alzata così preso per soprendere sua zia, non avrebbe
mandato tutto a
monte con una parola di troppo.
«Allora?
Quand’è che si
entra?» proruppe garrulo il pupazzo di neve alle loro spalle
«Freja, dobbiamo
augurare un grandissimo buon compleanno alla nostra Elsa!»
«Olaf!»
sbottò arrabbiata
la bambina sullo stesso tono dell’altro «Se gridi
così si sveglierà!»
«E
addio effetto sorpresa…» sospirò la
principessa alzando gli occhi al cielo
«Coraggio… andate!» li invitò
aprendo la porta, scatenando così un uragano di
urla e risate che, con la forza di una mandria di renne impazzite, si
schiantò
sul letto della regina.
«Oddio
è morta» Anna si
portò le mani alla bocca e, incurante del pericolo, si
lanciò sul letto della
sorella in mezzo ai vari “Tanti auguri a te”
strillati e cantati dalla figlia
in compagnia del suo fidato compare di disastri «Elsa,
rispondimi ti prego!» la
cercò preoccupata, lanciando coperte e guanciali
«Respira! Elsa?»
Fu
l’ultima cosa che disse
prima di essere abbattuta dal fuoco incrociato di cuscini impazziti: il
grande
baldacchino era vuoto, dove diavolo era finita?
La regina
inspirò a pieni polmoni l’aria gelida del primo
mattino,
mentre la luce dell’alba innondava il cielo di colori
spettacolari. Data la
bellezza che l’aveva accolta al suo risveglio, al di fuori
della sua finestra,
e l’ottimo umore in cui si sentiva aveva deciso di concedersi
una passeggiata
nella neve immacolata dei giardini del castello, un ottimo modo per
iniziare il
giorno del suo compleanno.
Nessuno si
era ancora
azzardato ad uscire quel mattino: sapeva che la sorella stava tramando
qualcosa
con i servitori e la gente del paese, ma solo le orme di piccoli
animali erano
visibili sul manto candido, di conseguenza, il posto prescelto per la
festa
doveva essere un altro. Si mosse un altro po’ e, con un
sorriso, alzò un
braccio andando a sfiorare con le dita dei cristalli di ghiaccio che
scendevano
dalle fronde di un albero lì di fianco: un pettirosso le
sfrecciò accanto,
posandosi poco più avanti sulla neve fresca, così
leggero che neanche
sprofondò. Il piccolo girò appena la testa,
regalandole uno sguardo curioso
accompagnato da un sonoro cinguettio, poi rispiccò il volo
sparendo dalla sua
vista in un battito di ciglia.
Il campanile
scandì coi
suoi rintocchi l’inizio di una nuova ora, non aveva
più molto tempo: di lì a
poco, Anna si sarebbe scaraventata nella sua stanza, probabilmente con
Freja e
Olaf al seguito, cercando di soffocarla letteralmente di auguri,
abbracci e
amore. Al solo pensiero, represse una risata divertita e si
girò per rientrare
ma un fruscio, al limite del suo campo visivo, catturò la
sua attenzione: un
coniglietto bianco saltellava felice poco distante, se non si fosse
mosso così
rapidamente sarebbe stato impossibile notarlo, identico
com’era al panorama
circostante, come se fosse fatto di neve stessa, sembrava quasi stesse
fluttuando nell’aria… Aspetta, cosa? Non era
un’impressione, stava fluttuando
per davvero! Com’era possibile?
Proprio in
quel momento, il
piccolo incrociò il suo sguardo e, dopo un leggero fremito
di naso, scartò di
lato e scomparve dietro ad una siepe.
Troppo
incuriosita si
dimenticò dell’orario, della sorella e del suo
stesso compleanno, si mise
all’inseguimento: quel coniglio era magico e, a qualsiasi
costo, avrebbe
scoperto chi condivideva con lei questo dono.
Il principe
imprecò dopo che, per l’ennesima volta, la mano
semicongelata perse la presa, minacciando di regalargli una caduta di
svariati
metri che gli avrebbe fatto rischiare l’osso del collo. Una
nuvola di vapore
accompagnò il grugnito che uscì dalla sua bocca,
nel tentativo di tornare in
posizione stabile: ci riuscì.
Il freddo
stava aumentando
e i vestiti caldi, con cui era equipaggiato, cominciavano a non essere
più
impermeabili al freddo e l’umido iniziava ad entrargli nelle
ossa. Al diavolo
il Nord, al diavolo il freddo. Si ritrovò a chiedersi se, al
suo ritorno,
avrebbe ritrovato il cavallo lasciato impastoiato molto più
sotto: sarebbe
scappato per salvarsi la vita o l’avrebbe trovato assopito
nel sonno eterno del
congelamento? Si augurò che la copertura che gli aveva
lasciato sarebbe stata
sufficiente a tenerlo al caldo sino al suo ritorno,
l’impossibilità di tornare
in tempi brevi al suo accampamento avrebbe segnato anche la sua fine.
Digrignò
i denti e riprese la scalata: più su, sempre più
su.
Al diavolo i
suoi fratelli,
sarebbe stato il primo ad offrire a suo padre la vendetta perfetta.
Aveva
studiato per mesi, trascurandosi così come la sua barba
incolta testimoniava
ma, alla fine, aveva trovato la risposta ai suoi desideri. Curioso che,
ancora
una volta, la sua ambizione lo avesse portato a Nord,
l’odiato Nord, ma questa
volta non avrebbe arrecato disonore alla sua famiglia, avrebbe ottenuto
il
riscatto: lui era stato la causa, sarebbe stato anche la soluzione.
Arendelle,
la sua regina e la sua principessa l’avrebbero pagata cara.
Uno scrocchio
sinistro sotto al suo piede gli gelò il sangue nelle vene:
riuscì appena in
tempo a sgranare gli occhi che, sotto di lui, il terreno cedette, dando
inizio
ad una caduta rovinosa. A nulla valsero i tentativi disperati di
aggrapparsi,
precipitò finché, con un tonfo sordo, non
toccò il fondo e tutto fu buio.
Il coniglio di neve
terminò la sua corsa, la
regina lo raggiunse poco dopo costretta, da un leggero affanno, a
piegarsi
sulle ginocchia per riprendere fiato. Rialzò lo sguardo e
trovò il magico
animale accanto ad un paio di piedi nudi che posavano tranquilli sul
terreno
spoglio e gelato: un uomo, dagli occhi di ghiaccio e dai capelli
d’argento, se
ne stava lì con i suoi calzoni strappati e una leggera
camicia blu a coprirlo
dal freddo del mattino. Aveva un lungo bastone stretto nel pugno, con
un gesto
del braccio, lo innalzò in aria e il piccolo mammifero lo
aggirò più volte
volando fin sulla cima ricurva, fermandosi a pochi centimetri dal viso
dello
sconosciuto: lui gli regalò un sorriso e una carezza e, dopo
un paio di moine in
risposta, l’animale scomparve in una miriade di piccoli
cristalli.
Elsa
inarcò le sopracciglia stupita «Chi siete
voi?»
lo vide sorridere nuovamente, questa volta nella sua direzione, in un
modo che
le risultò stranamente familiare.
Lui
portò la mano libera al ventre, omaggiandola con
un formale inchino «Jack Frost, al suo servizio
maestà»
«Voi
siete come me?» volle sapere lei senza altri
preamboli «Avete anche voi la magia»
L’uomo
sorrise ancora per la sua impazienza «No e
sì» le rispose confondendola
«Anche se la vostra era più
un’affermazione che una domanda, la risposta è
“Sì”, ho la magia ma
“No”, non sono come voi: io sono lo Spirito
dell’Inverno
e, anno dopo anno, servo il vostro regno e tutto il resto del mondo con
questo»
concluse allargando le braccia.
«Voi
siete l’Inverno?» ripeté
l’altra incredula.
«Possiamo
dire anche così» confermò divertito
«La
domanda vera è: chi siete voi?»
La donna non
comprese «Io sono Elsa, regina di Arendelle»
«Grazie
tante» sbuffò Jack ironico, si alzò in
volo
per potersi sedere sul ramo di un albero accanto a lei
«Quello che intendevo è:
il fatto che lo Spirito dell’Inverno abbia la magia non
stupisce nessuno, mentre
una giovane regina, di natura umana, diciamo che dovrebbe suscitare non
poco
scalpore»
«Ciò
che dite potrebbe essere vero, se non fosse che
qui tutti conoscono me ma nessuno ha mai visto né sentito
parlare dello Spirito
dell’Inverno» gli rispose a tono decidendo di stare
al gioco, stranamente
divertita dai suoi punzecchiamenti.
A quelle
parole, però, il viso di lui si rabbuiò per
un attimo per riaccendersi subito dopo della precedente espressione
irriverente
«Eppure vivete gli effetti del mio lavoro tutti gli
anni» la sfidò e, con uno
slancio, lasciò la sua seduta per atterrarle vicino
«e non mi avete mai visto
perché, di norma, la gente comune non dovrebbe riuscirci. A
quanto pare, però,
voi non siete comune» concluse, incurvandosi leggermente per
incontrare i suoi
occhi.
Quella
vicinanza la mise a disagio «Non lo so perché
sono così» confessò, ritraendosi un
poco «So solo che ci sono nata»
«Non
dovete preoccuparvi» la rassicurò lui,
fraintendendo il motivo del suo turbamento «Il vostro
è un dono, non dovreste
vergognarvene»
«Oh,
questo finalmente l’ho capito» fece presente la
regina con un sorriso «La magia fa parte di me, non devo
averne paura» e, per
dimostrarlo, creò un cristallo di ghiaccio, lanciandolo in
aria dove esplose in
un’infinità di scintille lucenti.
Riportò, quindi, l’attenzione sullo spirito
che aveva di fronte e trovò il suo viso acceso dallo stupore
e una sincera
ammirazione. Si ritrovò a domandarsi il perché
«Siete così felice per i miei
poteri o perché, finalmente, potete parlare con
qualcuno?»
Lui
riabbassò lo sguardo su di lei, sgranando gli
occhi «Certo che siete diretta» commentò
scoppiando a ridere, sorprendendola
«Sì, sono felice, per entrambi i motivi a dir la
verità: trovo le vostre
capacità incredibili, non ho mai visto niente del genere in
centinaia di anni
e, sì, sono contento di poter parlare con qualcuno che non
siano i soliti tre
amici di sempre»
Elsa
arrossì: non l’aveva solo pensato,
l’aveva detto davvero… maledetto
fattore Anna. Cercò di riprendersi «Avete degli
amici?»
«Beh,
sì» le rispose come se la cosa fosse palese
«Le
stagioni non sono, forse, quattro?»
In effetti,
aveva perfettamente senso.
Jack
portò la sua attenzione verso il castello «Temo
che per me sia giunta l’ora di andare, ho del lavoro da
portare avanti:
l’Inverno è appena cominciato»
La regina si
ritrovò dispiaciuta: avrebbe voluto
chiedergli ancora tante cose, a partire dal perché le
risultasse vagamente
familiare ma, prima che potesse aprire bocca, lui continuò
«Pensate possa farvi
piacere se tornassi a trovarvi qualche volta?»
«Mi
farebbe piacere, sì» confermò con un
po’ troppa rapidità.
Lo Spirito
dell’Inverno le sorrise divertito, poi
allungò una mano verso il suo orecchio e una splendida rosa
di ghiaccio apparve
fra i suoi biondi capelli «Buon compleanno, Regina di
Arendelle» e, con una
folata di vento gelido, scomparve.
«Elsa!»
urlò la sorella da lontano «Finalmente ti ho
trovato» esultò, raggiungendola con grandi falcate
«Buon compleanno!» le disse
stritolandola in un abbraccio, staccandosi subito dopo per puntarle
contro un
dito ammonitore «Ero già pronta a tirarti le
orecchie nel caso ti avessi
trovato a preparare qualche editto o roba del
genere…»
«Mettere
mano alle mie funzioni di regina, oggi?» la
interruppe l’altra «Come se qualcuno fosse disposto
a farmi fare qualcosa»
concluse divertita.
«E
lo credo bene» confermò Anna «Comunque
non sei
stata molto corretta a venirtene all’alba a bighellonare per
i giardini coperti
di neve: Freja e Olaf ci tenevano tanto a darti il loro regalo per
primi»
«Freja
e Olaf?» chiese ironica la bionda, inarcando un
sopracciglio.
La
principessa roteò gli occhi al cielo
«Mmm… e va
bene, anche io! Bella quella rosa»
«Grazie…»
Elsa sorrise «Dove sono adesso?»
«Ehm…»
sudò freddo la minore «Temo stiando finendo di
distruggerti la camera»
«Cooosa?»
Il principe
riaprì gli occhi, avvertendo
immediatamente un forte dolore alla testa. Si portò una mano
alla tempia per
ritrovarsi il guanto sporco di sangue. Sbuffò e una fitta
lancinante gli
attraversò il petto: fantastico, qualche costola
doveva essersi rotta o,
quantomeno, incrinata. Trovò le braccia e le gambe dolenti
ma non allarmanti,
così provò ad alzarsi ma una scarica di dolore
gli spezzò il fiato, solo con la
forza della determinazione riuscì a girarsi su un fianco e a
portarsi in
ginocchio. La luce entrava flebile dal buco che testimoniava la sua
caduta,
svariati metri sopra di lui: era dentro ad una grotta, poteva sentire
sciabordare l’acqua poco più avanti. Strinse i
denti e si portò verso la fonte
di quel rumore «Finalmente!» sospirò di
soddisfazione.
Al centro
della polla d’acqua dinnanzi a lui, alimentata
dal gocciolio di numerose stalattiti, c’era quello che stava
cercando. Quella
maledetta famiglia reale avrebbe ricevuto la lezione che meritava,
così come la
stupida gente di Arendelle: nessuno avrebbe amato quella strega di
ghiaccio mai
più.
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Capitolo 3 *** Primavera ***
Capitolo 3
Primavera
«Jack! Basta, Jack!» gridò una ragazzina
dall’aspetto
di una tredicenne dai lunghi capelli castani e dagli occhi verdi come
le foglie
appena nate «Lasciami andare!» continuò,
cercando di liberarsi dalle braccia
che la tenevano stretta.
«Non
ci penso nemmeno» rispose lo Spirito dell’Inverno
«Non rovinerai tutti questi
mesi di duro lavoro»
L’altra
cercò di colpirlo con il suo bastone ricoperto di edera ma
senza successo «Devo
farlo, non può essere inverno per sempre»
«No,
la primavera non arriverà mia dolce Sue Bloom, non dopo il
mio incredibile attacco
del solletico ghiacciato» la minacciò con un
ghigno malvagio.
«No,
il solletico, no!» protestò la più
piccola per scoppiare, subito dopo, a ridere
senza ritegno.
«Perché ogni anno dev’essere la stessa
storia?» sbuffò Tara Heat infastidita,
guardandoli da lontano.
«Sei
troppo severa, mia cara» la riprese bonariamente un signore
di mezza età lì
vicino a lei, lisciandosi i baffi «Sue è la
più giovane di noi, Jack cerca di
non farla sentire troppo sola»
Lo Spirito dell’Estate portò gli occhi al cielo
«Sarà la più giovane ma, di sicuro, non
la più immatura…»
«Non è colpa mia se tu sei vecchia
dentro…» arrivò
lesto l’immaturo in questione, trascinandosi dietro
l’altra con la punta
ricurva del suo bastone «Sarà meglio la tua
ginnastica mattutina, pomeridiana e
serale»
Lei gonfiò le guance irritata «Bisogna stare in
forma, essere attivi, non possiamo lasciarci
andare…» ma guardando i suoi
compari, quasi si morse la lingua «Senza offesa,
Barry»
L’uomo dai capelli brizzolati guardò dapprima Tara
e il suo fisico scattante, poi quello asciutto di Jack e la magrezza
quasi
assoluta di Sue, infine portò lo sguardo sulla sua pancia
rotonda e alzò le
spalle «Non importa»
Lo Spirito dell’Inverno allungò una mano e, senza
troppi complimenti, mollò uno scappellotto alla sua
controparte stagionale «Una
campionessa di tatto…»
Tara s’infiammò, proprio come il suo cognome
suggeriva «Io ti uccido!»
«Ah!» la bloccò prontamente lui,
puntandole il
bastone contro il naso «Potrei stare qui a discutere sul
fatto che sono già
morto tanto tempo fa e che, quindi, non puoi uccidermi di nuovo oppure
potrei
dire che, essendo ognuno di noi uno spirito, nessuno può
“lasciarsi andare”, dato
che non mangiamo» la punzecchiò «Ma
questo non è il momento» si voltò verso
l’altro uomo, porgendogli la mano «Buon lavoro,
amico mio»
Barry Chestnut la prese con calore «Grazie, a
presto» e, una volta battuto a terra il suo corto bastone da
passeggio di
nocciolo, scomparve in una nube di foglie rosse e gialle.
«E buon lavoro anche a te, piccola principessa» si
rivolse,
quindi, a Sue «Mi raccomando, non trattare troppo male il mio
operato»
La ragazzina gli regalò un grosso sorriso «Non ti
preoccupare Jack, sarà una Primavera meravigliosa»
e se ne andò in una cascata
di petali bianchi.
«Frost!» un’ondata di calore intenso lo
travolse
«Adesso ti sciolgo!»
«Oh, cavolo»
Olaf inspirò a
fondo l’aria frizzante del mattino dal suo nasone di carota
«Lo senti, Freja?»
chiese alla sua piccola compagna di giochi «Questo
è profumo di primavera!»
Due treccine bionde ondeggiarono placide
all’annuire della testolina della loro proprietaria
«Sì, al giardino presto!
Bisogna dare il buongiorno a tutti gli animali che si sono
risvegliati!» si
sistemò con cura la piccola sacca che aveva a tracolla
«Abbiamo anche un sacco
di provviste, saranno affamati!» agguantò rapida
la mano di legno del suo degno
compare e affermò decisa «Andiamo!»
Elsa sorrise bonaria, scrutandoli dall’alto della
balconata a cui era poggiata, sua nipote e il pupazzo che aveva creato
con la
magia erano due fiumi in piena impossibili da contenere ma avevano
decisamente
ragione: la primavera era nell’aria. La neve cominciava a
sciogliersi rivelando
sotto le sue coltri vivida erba verde, gli uccellini cantavano gioiosi
e il
sole cominciava ad essere più caldo. La giornata era
splendida e si stava
benissimo, l’inverno era terminato… Avrebbe
più rivisto Jack Frost?
Come
promesso, lo spirito era tornato qualche
volta a farle visita ma sempre per poco tempo, in quanto sospettava che
lui
aspettasse di trovarla sola, il che avveniva piuttosto raramente fra le
sue
mansioni di regina e i momenti che passava con la sua famiglia. Non
aveva ben
capito perché, a dir la verità, considerando che
nessun altro potesse vederlo…
che lo facesse per evitarle di farla passare per pazza a parlare col
nulla? In
effetti questo era plausibile. Passare il tempo con lui era piacevole,
la
faceva sentire rilassata: ancora non si era fatta un’idea
precisa di che tipo
fosse ma aveva cominciato a riconoscere i suoi interventi anche senza
vederlo
direttamente, in quei piccoli “incidenti” di ogni
giorno che aiutavano le
persone a superare la giornata con il sorriso o bambini sconosciuti a
far
partire battaglie di palle di neve come se fossero sempre stati grandi
amici.
Chissà…
«A cosa stai pensando?» l’arrivo di Anna
bloccò
le sue riflessioni.
La regina si rivolse alla sorella con un sorriso
«Niente di particolare, all’inverno che finisce e
alla primavera che comincia…»
le spiegò senza effettivamente mentire, non le aveva ancora
rivelato di quegli
incontri, aveva la netta sensazione che la principessa avrebbe
cominciato a
fare chissà quali viaggi mentali in merito «Ho
visto Freja e Olaf, erano pronti
a sfamare ogni animale uscito dal letargo»
«Oh cielo, e chi li ferma quei due?»
sospirò
l’altra «Sarebbero capaci di mettersi a sfamare
anche gli orsi ma,
fortuntatemente, non ce ne sono nel giardino del castello…
altrimenti li
sfamerebbero con loro stessi» sgranò gli occhi
«Oddio non ci sono orsi nel
giardino del castello, vero?»
A proposito di viaggi mentali… «No, non ci
sono…»
la rassicurò la maggiore, trattenendo una risata.
Anna tirò un sospiro di sollievo «Meno male.
Ascolta, fra poco Kristoff ci porterà tutti a vedere le
grandi cascate che sono
iniziate con lo scioglimento della neve. Vieni assieme a noi?»
Elsa scosse la testa «Mi farebbe davvero piacere
ma sai che non posso, abbiamo da organizzare la festa di fine inverno
per il
paese e la riapertura della pesca. Senza contare che, a breve,
cominceranno ad
arrivare i messi dei paesi vicini e io dovrò organizzare le
partenze dei
nostri…» sbuffò.
«Sai che potresti delegare, vero?»
assottigliò gli
occhi la minore, che non condivideva per niente la mole di lavoro di
cui la
sorella si faceva carico.
«Lo so ma non voglio» affermò risoluta
l’altra.
«Ho capito…» farla ragionare, a volte,
era
davvero impossibile: alzava quel muro e superarlo non era
più fattibile «Non
staremo via a lungo, appena torno vengo a darti una mano. Non accetto
un no
come risposta!» bloccò le sue proteste sul
nascere, prendendole le mani con le
sue «A dopo» le posò un lieve bacio
sulla guancia per saluto e si allontanò.
Hans chiuse con
cura l’ultimo bottone dell’alta uniforme che aveva
indossato per l’occasione,
sporse leggermente il mento verso lo specchio che aveva di fronte e vi
passò
sopra un mano, pelo e contropelo: la rasatura era fresca e perfetta.
Non c’era
cosa alcuna che non andasse, era pronto per partire; perciò,
girata la maniglia
della porta della sua stanza, uscì.
«Padre» disse una volta giunto al cospetto del
sovrano delle Isole del Sud, intento a fornire gli ultimi ordini in
previsione
della partenza. Stava giusto intimando di usare estrema cautela nel
trattare
quello che doveva essere il regalo di riconciliazione per la regina di
Arendelle, non doveva rompersi per nessun motivo: né prima,
né dopo, né durante
il viaggio.
«Che c’è, figliolo?» gli
rispose leggermente
infastidito dall’interruzione, senza degnarlo di uno sguardo
vero e proprio.
«Sono pronto a salpare» lo informò con
tutta la
sicurezza di cui era capace.
«Salpare? E per dove, di grazia?» volle sapere il
genitore, inquadrandolo
realmente solo in quel momento «Tu non tornerai a
Nord»
«Ma padre…» protestò
l’altro «Sono stato io a
trovare questa soluzione, io a recuperare l’oggetto che ci
permetterà di avere
la nostra rivincita»
«E non sarai tu a metterla in atto»
tagliò corto
re Friederik che, con il figlio condivideva gli occhi verdi e i capelli
castani
ma non il fisico che a lui conferiva una mole imponente «Ho
sempre riposto
grandi speranze in te, Hans. La voglia di rivalsa sui tuoi fratelli ha
temprato
il tuo carattere e acceso la tua ambizione. Infatti, quando hai tentato
di
impadronirti del regno di Agnar, eliminandone in maniera
così astuta le figlie,
sono stato fiero. Alla fine, però, tu e
quell’idiota di Weselton non siete
stati in grado di avere successo, facendovi fregare da due ragazzine e
un
montanaro. Per non interrompere i rapporti con il regno ed evitare un
brusco
crollo della nostra economia, sono stato costretto a trasformare mio
figlio, un
principe, in uno spalatore di letame!»
Il tredicesimo figlio in questione gonfiò il
petto «E’ per questo che dovete mandare me, devo
riscattare il mio nome ed il
vostro, padre!»
Per la prima volta lo sguardo del sovrano si
rilassò «La tua sete di vendetta offusca la tua
mente: né la regina, né la
principessa accetterebbero di buon grado un’offerta di pace
fatta da te, non
dopo quello che hai fatto. Nemmeno mandare uno dei tuoi fratelli
sarebbe
sufficiente, per questo andrò io: la più alta
carica delle Isole del Sud andrà
a chiedere perdono per le tue malefatte e, se il tuo piano
andrà a buon fine,
il tuo nome sarà riabilitato e avrai il regno che
meriti»
Posato ad un
grande masso, Kristoff pizzicava placido le corde del suo mandolino,
mentre a
labbra chiuse ne accompagnava la melodia con un leggero mugolio. A
fianco a
lui, il suo fidato compare Sven brucava tranquillo la tenera erba
appena nata
mentre, poco più avanti, sua moglie, sua figlia e
l’innarestabile pupazzo di
neve guardavano estasiati le cascate che si erano formate al primo
sciogliersi
della neve. Lo sciabordio dell’acqua unito allo scintillio di
colori, quando
questa veniva attraversata dalla luce del sole, donavano al paesaggio
un
aspetto incantato. In compagnia della sua famiglia e accerchiato dalla
meraviglia della natura, il tagliatore di ghiaccio non avrebbe potuto
essere
più felice e rilassato.
Per questo non udì subito il ritmico avvicinarsi
di due paia di zoccoli ed anche il primo
«Principe!» gridato come richiamo non
attirò la sua attenzione.
Il secondo superò la barriera del suo
estraniamento ma decise di ignorarlo comunque, dopo tutto era un
principe
quello che cercavano, non certo lui.
La cavalcatura in arrivo si fermò e un lieve
fruscio fu testimone di un uomo che scese di sella e di due stivali che
toccavano il terreno, poi un colpo di tosse «Principe
Kristoff!»
Il biondo trasecolò così tanto che, quasi, fece
volare il suo strumento «Principe Krist… Oh,
certo, sono io!» realizzò,
finalmente, sotto lo sguardo perplesso di colui che aveva di fronte: un
messo
reale.
Prima ancora che i due potessero scambiare le
prime parole, Freja proruppe fra loro battendo teatralmente i denti e
imitando
alla perfezione le movenze di un non morto «Guarda
papà, anche io ho la testa
congelata, come Olaf!» disse, scoppiando in una risata
argentina.
Anna le sorrise bonaria, raggiungendoli «Te
l’avevo detto che, se l’avessi bevuta,
l’acqua sarebbe stata davvero fredda.
Oh…» fece, poi, vedendo che il marito non era solo
«Abbiamo visite»
L’uomo in uniforme, vedendola, si portò
sull’attenti e la salutò con un inchino formale
«Principessa…»
«Che cosa vi porta qui?» gli chiese lei gentile.
«Ho una lettera per la regina, vostra sorella, ma
dato che siete qui e il luogo di provenienza, ho pensato fosse meglio
fargliela
avere tramite voi, temo sia di una certa importanza» e, con
un altro inchino,
porse loro un incartamento con entrambe le mani.
Kristoff lo prese «Perché, da dove
arriva?» e,
mentre i suoi occhi e quelli della sua consorte si sgranavano davanti
al rosso
sigillo in ceralacca di un grifone fra le lettere I e S, il messo
rispose
«Dalle Isole del Sud»
Elsa
tamburellava irritata le dita sul cornicione del piccolo terrazzo del
suo
studio: la conversazione avuta poco prima con Anna e Kristoff
l’aveva lasciata
interdetta, che diavolo voleva da loro il re delle Isole del Sud?
Il tagliatore
di ghiaccio, che al solo pensiero di Hans ancora diventava di pessimo
umore,
non era riuscito molto a mascherare il suo nervosismo. La sorella,
nonostante
l’evidente stupore, aveva cercato di essere più
conciliante: era vero che, dopo
la punizione esemplare del principe, i rapporti fra i regni avevano
continuato
ad esistere ma, ovviamente, non erano più nei toni sereni
precedenti al
tentativo di usurpazione. Per cui perché non avrebbe potuto
essere realmente un
tentativo di riappacificazione come scritto nella lettera?
Logicamente
aveva senso ma l’ultimo dei suoi figli aveva dimostrato di
essere freddo e
spietato dopo aver recitato così bene la parte di una
persona premurosa,
preoccupata, innamorata… Non si sentiva di abbandonarsi
completamente ai timori
del cognato ma nemmeno avrebbe abbassato la guardia, no davvero.
Un leggero
bussare di legno sul muro lì accanto bloccò i
ticchettii nervosi della sua
mano, voltandosi alla sua sinistra trovò lo Spirito
dell’Inverno in piedi sul
cornicione «Buon pomeriggio» lo salutò
con un leggero sorriso «Non ero sicura
che vi avrei rivisto»
Lui si sedette
senza troppi complimenti «Buon pomeriggio a voi»
ricambiò divertito «Per via
della Primavera? Diciamo che ho un pochino più di tempo
libero, nonostante ci
sia sempre qualche ricaduta da portare avanti» e,
così dicendo, mosse il
braccio libero facendo partire una folata di vento gelido che
investì un povero
fattorino lì sotto, il quale starnutì
violentemente rischiando di far cadere
tutto ciò che aveva in mano, per il gran divertimento di
alcuni bimbi lì a
fianco.
«Siete
tremendo» lo rimproverò la regina, incrociando le
braccia ma senza riuscire a
tenere un’espressione del tutto seria.
«Perché non
ammettete la verità?» le chiese Jack con la sua
solita aria irriverente «Sono
divertente»
«Non credo che
quel povero ragazzo la pensi allo stesso modo»
Lo spirito
sventolò una mano con noncuranza «Non si
ammalerà, non temete. Comunque dubito
fortemente sia solo la preoccupazione per il vostro valletto a darvi
un’aria così
cupa: quali pensieri vi turbano a questo modo?»
Elsa sospirò
«I soliti pensieri da regina: il re delle Isole del Sud ha in
programma diverse
visite formali qui al Nord e all’inizio dell’Estate
sarà il nostro turno»
L’altro
fischiò «Addirittura il sovrano in persona. Avete
paura di scatenare un
incidente diplomatico nel caso doveste rifiutare l’invito a
sposare uno dei
suoi numerosi figli?»
«Chi vi dice
che rifiuterei?» gli rispose seria, alzando un sopracciglio:
l’espressione di
lui fu talmente chiara che lei fu certa, nel caso avesse avuto di
fronte un
essere umano, sarebbe arrossito violentemente, represse a stento un
sorriso di
soddisfazione «Comunque solo il fatto di venirmi a proporre
una cosa del genere
scatenerebbe un incidente diplomatico»
«In
che senso?» cercò di ricomporsi lui,
sinceramente incuriosito.
La bionda si stupì «Quindi non sapete proprio
tutto di tutti…» lo vide scuotere la testa in
segno di diniego «Per farla
breve, l’ultimo figlio, Hans, venne ad Arendelle per la mia
incoronazione nel
periodo in cui, sì, insomma, congelai tutto il
regno…» spiegò con un leggero
imbarazzo «Prima cercò di sposare mia sorella e
poi, quando veramente lei aveva
bisogno del suo aiuto, la lasciò a morire e cercò
di uccidere anche me»
concluse, sapientemente glissando sul perché sua sorella
fosse in pericolo di
vita.
«Quando si dice un ragazzo d’oro»
commentò Jack
con una smorfia «Vostra sorella non si sarà fatta
irretire dalla proposta di
matrimonio, spero»
«Non tocchiamo questo tasto, per favore…»
«Oddio, lo fece!» esclamò lui,
scoppiando a
ridere subito dopo.
«Non prendete in giro mia sorella: era giovane e
molto sola… noi non… non passavamo molto tempo
assieme allora, non ne passavamo
affatto»
Il riso sul volto dello spirito si trasformò in
un sorriso bonario «Non la sto prendendo in giro, vostra
sorella semplicemente
sognava il vero amore… che poi, mi pare, abbia
trovato… anche se non nel
principe che si aspettava»
«Sì…»
A quel punto, lui scese rapido dal cornicione e
le si avvicinò, guardandola negli occhi «E voi,
invece, cos’è che sognate?»
Presa in contropiede, Elsa non riuscì ad evitare
di arrossire leggermente «Io…»
«Vostrà maesta, scusate
l’intrusione…» la chiamò
un valletto sull’uscio della porta dello studio, catturandone
l’attenzione
«Sono arrivati i collaboratori per l’organizzazione
della festa di fine
inverno, attendono vostre istruzioni»
La regina si rigirò verso Jack dispiaciuta, ma
quello scosse la testa «Non temete, andate pure, avremo modo
di vederci ancora»
e, prima che lei potesse rispondergli così da passare per
strana agli occhi
dell’uomo che la stava aspettando, se ne andò.
Insomma, eccoci qui alla fine del capitolo tre.
Prendo un angolino di questo spazio per ringraziare evil 65 per aver speso un po' del suo tempo a lasciarmi le sue impressioni, mi ha fatto davvero piacere. Come promesso, anche le altre stagioni sono state presentate.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e chiunque vorrà lasciarmi le sue impressioni sarà ben accetto :)
Anche questa volta vi lascio un piccolo bonus track in attesa del prossimo capitolo: Di somme e palle di neve.
Alla prossima
Cida
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Capitolo 4 *** Estate - Apertura ***
Capitolo 4
Estate
- Apertura
Il castello era in fermento: il giorno, dell’attesa quanto
temuta visita
del sovrano delle Isole del Sud, era giunto. Il re si sarebbe
presentato con
una piccola corte ma con nessuno dei suoi figli, di sicuro per evitare
il
riesumarsi di vecchi ricordi, per questo motivo tutto doveva essere
perfetto:
sebbene non fosse un ospite propriamente gradito, non sarebbe stata
Arendelle a
recare la prima offesa.
Tutti erano indaffarati:
domestici a preparare camere, sistemare le sale da pranzo e da ballo;
cuochi a
progettare pranzi e cene indimenticabili; suonatori provavano ancora e
ancora i
pezzi che avrebbero esibito nei giorni successivi; ogni mobile, ogni
candelabro
e ogni armatura era stato spolverato e lucidato a dovere.
In tutto questo via vai,
però, c'era chi non trovava modo di mettere in atto nessuna
delle sue idee, le
quali venivano prontamente bloccate sul nascere da un "Principessina,
avremo ospiti importanti e bla bla bla..." cosicché Freja si
ritrovava
imbronciata ed annoiata sul bordo della fontana davanti al grosso
portone
d'ingresso.
«Uffaaa…»
sbuffò, inarcando la schiena e dondolando i piedi
per aria «Olaf, che cosa
facciamo?»
Il
pupazzo di neve stiracchiò i legnetti che formavano le sue
braccia, seduto sul
pavimento poco sotto di lei «Non lo so, qui ci impediscono di
fare tutto…»
rispose leggermente piccato «Non ci lasciano neanche
aiutare…» concluse,
trovando un deciso segno affermativo della testolina
dell’altra, peccato
che il loro concetto di aiuto fosse molto
più vicino a quello di guaio
che non al suo vero significato.
La piccola
rimuginò, con una smorfia sulle labbra, sulle parole del suo
compagno di
martirio ma, improvvisamente, scattò in piedi «Hai
ragione, non possiamo fare
niente qui! Perché non andiamo a trovare i troll?»
«I
troll?» la imitò subito quello
«E’ un’idea splendida!» un
lampo di ragione,
però, lo fece rabbuiare «Granpapà sta
molto lontano, i tuoi genitori non
saranno contenti se ci allontaneremo così tanto»
Freja
gli prese una mano «Mamma e papà sono troppo
impegnati con le cose da grandi…
Portiamo Sven con noi, così non si arrabbieranno»
Come se
la presenza della renna fosse chiaro sinonimo di sicurezza, Olaf
s’illuminò
«Andiamo, saremo già di ritorno prima che si
accorgano che siamo andati via»
«Questo
colletto è troppo stretto»
borbottò Kristoff davanti allo specchio mentre,
per l’ennesima volta, l’ultimo bottone della
camicia saltava fuori dalla sua
asola.
Anna
rassetò un poco il vestito che avrebbe dovuto indossare
quella sera e, con un
sorriso, raggiunse il marito «Non è il colletto
troppo stretto, sono i bottoni
troppo piccoli per le tue mani» e, con un rapido gesto
sapiente, completò
l’ardua impresa «Visto?»
Il
biondo sbuffò «Non mi abituerò mai a
questo. Guardami...» enfatizzò, allargando
le braccia «Sembro un damerino»
«Non
sembri un damerino» cercò di tranquillizzarlo
l'altra, scotendo leggermente il
capo «Metti questa» gli disse, porgendogli la
giacca.
Lui
obbedì con una leggera smorfia, lei fece finta di non
vederlo: gli sistemò il
bavero e prese la croce ornamentale da applicare al colletto
«Ecco... che ne
pensi?» gli chiese, facendolo voltare nuovamente verso lo
specchio e sbirciandolo
da dietro ad una spalla.
«Vuoi
davvero saperlo?»
«Credo
di no» gli rispose con una mezza risata «Vieni
qui» lo invitò a sedersi sul
letto al suo fianco «A parte il tuo noto astio per gli abiti
di rappresentanza,
qual è il vero problema?»
Kristoff
sorrise bonario, intenerito dal fatto che sua moglie sapesse leggergli
dentro
come nessun altro «Non so se potrò incontrare il
padre di quel farabutto di
Hans, ho paura di non riuscire a controllarmi e di causare,
così, chissà quale
incidente diplomatico...»
Anna
gli passò una carezza sul viso «Non sarai
costretto ad incontrarlo se non vuoi,
certo, sarebbe meglio in quanto tu sei mio marito e, di conseguenza,
Principe
di Arendelle... ma, sono sicura: Elsa non avrebbe nulla in contrario al
riguardo»
«Io non
capisco davvero come fai...» gli fece presente il biondo,
portandosi una mano
alla testa.
«Che
intendi?» chiese l'altra non capendo.
«Io ti
confido un mio timore, tu mi trovi una soluzione per non doverlo
affrontare e,
come per magia, io trovo il coraggio di farlo: non vi
metterò in imbarazzo, non
mancherò al ricevimento e prometto solennemente di non
tirargli un pugno sul
muso»
«Tu non
devi fare questo per noi, devi farlo solo se lo vuoi»
cercò di rimarcare il
concetto, non voleva davvero si sentisse costretto ad affrontare una
cosa che
non volesse «Comunque, è decisamente un peccato
che tu ti senta un damerino in
queste vesti perché io ti trovo estremamente
interessante» gli fece presente,
spingendolo in posizione supina sul materasso.
L'uomo
le sorrise malizioso «Così non rovineremo l'alta
uniforme?»
«Ne
abbiamo un'altra di riserva» tagliò corto quella
e, in un attimo, fu su di lui.
La
carovana del re delle Isole del Sud si spingeva senza fretta verso la
sua meta,
Arendelle era ormai sempre più vicina: quella sera stessa la
recita avrebbe
dovuto cominciare.
Friederik
scrutò il paesaggio fuori dal finestrino della sua carrozza,
così diverso da
quello del suo paese. Se solo si fosse sporto un poco avrebbe visto il
contenuto
manipolo di guardie di fronte a lui, sui loro maestosi cavalli bianchi.
Il
numero esiguo era necessario per non far avvertire alcun tipo di
minaccia, solo
una piccola scorta personale per ogni evenienza, mentre al suo seguito
aveva una
discreto numero di cortigiani, ospiti che avrebbero potuto facilmente
rivelarsi
ostaggi in caso di tensioni, altro segno che quella era proprio
l'ultima cosa
che le Isole del Sud volessero.
Così
era, infatti, il re non aveva intenzione di creare alcuna rottura con
la
famiglia reale, ci avrebbe pensato la regina stessa a decretare la
propria
distruzione: lui avrebbe solo fatto la prima mossa, mossa che nessuno
avrebbe
potuto mai ricondurre alla sua persona. Per questo riportò
la sua attenzione
all'interno della carrozza in cui viaggiava da solo e posò
la mano sul piccolo
forziere ben legato sul sedile al suo fianco dove
all’interno, fra soffici
cuscini, vi era riposto un minuto pacchetto: un dono apparentemente
innoquo,
splendido nella sua semplicità, tanto bello quanto letale.
Il
testone di Sven ciondolava rilassato al ritmo della canzocina che Freja
e Olaf
canticchiavano allegramente, comodamente seduti sulla sua groppa.
Viaggiavano
ormai da un bel po', il villaggio dei troll era sempre più
vicino e la gola,
che si stendeva di fronte a loro, ne era testimonianza.
Il
pupazzo di neve smise improvvisamente di cantare e, battendole
leggermente il
braccio ligneo su una spalla, invitò la sua piccola amica a
fare altrettanto «Sssh,
Freja, ora dobbiamo stare attenti, questo posto è molto
pericoloso: potrebbe
scatenarsi una frana da un momento all'altro»
La
bimba annuì decisa, mimando con un manina una bocca cucita
mentre la renna
entrava, cauta ma decisa, in quello stretto corridoio roccioso.
Il
tempo sembrava essersi fermato, la fine pareva sempre troppo lontana ma
il
villaggio dei troll doveva rimanere nascosto agli occhi degli umani,
per questo
non era raggiungibile così facilmente.
La
responsabilità di Sven era alta, se fosse successo qualcosa
alla figlia, il suo
amico Kristoff non gliel'avrebbe mai perdonato, ma perché si
era lasciato
coinvolgere in quell'assurda avventura? Pensò sbuffando, poi
si ricordò di chi
altro fosse con lei e, quindi, si ricordò completamente del
motivo della sua
scelta. Avrebbe vegliato lui sul loro tesoro.
L'uscita
era ormai vicina quando, improvvisamente, un nutrito gruppo di
cinghialini
imboccò la gola in senso contrario: tenerissimi con la loro
andatura
trotterellante e le loro striscioline nere nel manto dorato.
Olaf
riuscì a bloccare, per un pelo, il grido di giubilo che
già stava per uscire
dalla bocca della bambina. Approfittando del momento, Sven
cercò di tirare
dritto mentre i piccoli passavano allegri fra i suoi zoccoli ma,
purtoppo, un
così nutrito gruppo di cuccioli non poteva che essere
accompagnato da
un'attenta madre, per niente contenta di vedere degli estranei
così vicini ai
suoi amori: con un potente grugnito si lanciò su di loro
alla carica. La renna
si trovò costretta ad una brusca virata e, come se le
vibrazioni
dell'inseguimento non fossero abbastanza per la precaria
stabilità della gola,
le urla di terrore della bimba e del pupazzo di neve furono il colpo di
grazia.
Dapprima, a cascare furono piccoli ciottoli che divennero via, via
sempre più
grossi fino a diventare una vera e propria cascata di massi. Sven fece
del suo
meglio per schivarli e correre il più velocemente possibile
verso l'ingresso da
cui erano venuti, una vera e propria gara contro il tempo che
riuscì per un
soffio: bloccò con una grossa scivolata la sua andatura,
causando il volo di
Olaf nella boscaglia lì davanti, sotto allo sguardo
perplesso della
cinghialessa e dei suoi cinghialini felicemente in salvo. Alla renna,
però,
bastò meno di un secondo per capire di aver perso dalla
groppa la sua
padroncina: nel panico tornò indietro e si mise subito a
scavare con gli
zoccoli nelle rocce, Olaf prontamente al fianco, ma le pietre erano
troppe. Un urlo
squarciò nuovamente il cielo
«Frejaaaaaaaaa!»
Era
davvero buio là sotto, sentiva dolore dappertutto e avrebbe
voluto piangere
tanto, chiamare la sua mamma, farsi rincuorare dalle sue dolci braccia
e quelle
forti del papà, faceva anche così freddo
là sotto. Il naso cominciò a
pizzicarle ma prima che le lacrime potessero cominciare a scorrere
senza più
freni, una piccola luce azzurrognola le mostrò un tenero
coniglietto bianco.
Stupita e distratta tirò su il moccio, per poi sgranare
definitivamente gli
occhi alla vista di una persona, dapprima nascosta
dall'oscurità, nella grotta
con lei «E tu chi sei?»
L 'uomo
risultò stupito quanto lei «Mi puoi
vedere?»
«Sì che
ti vedo» rispose candidamente la bimba, causandogli una
risata liberatoria.
«Sono
Jack Frost, lo Spirito dell' Inverno. Di solito adoro i guai, ma devo
dire che
questa volta l'avete combinata davvero grossa» vedendo
l'insorgere di nuove
lacrime, si affrettò a continuare «Fortunatamente
ero nei paraggi e sono
riuscito a crearti una bolla di neve per
proteggerti»
«Una
bolla di neve? Come la zia El... Ho capito chi sei!»
s’illuminò improvvisamente
la piccola «Eri tu a giocare con lei nel suo studio, ho visto
la tua mano sulla
finestra!»
«Mi
avevi visto anche in quella occasione? Fantastico!»
«Cosa
c' è di strano?»
«Devi
sapere, piccola, che fin'ora solo tua zia è riuscita a
vedermi... di solito gli
spiriti sono invisibili, no?»
«Solo
se non ci credi» gli rispose lei candidamente
«Sembra
proprio tu abbia ragione» confermò felice, poi si
mise in ascolto «A quanto
pare siamo molto sotto, i tuoi amici non riusciranno a liberarci. Come
ti senti
adesso?»
Freja
annuì, il dolore e lo spavento spariti «Bene, ho
solo un pò freddo»
Lo
Spirito dell'Inverno imprecò fra sé, era davvero
poco vestita per poter
resistere a lungo alla temperatura interna della sua bolla ma
scioglierla avrebbe
significato condannarla sotto alle macerie. Non poteva neanche
stringerla perchè,
con il suo corpo gelido, avrebbe solo peggiorato la situazione: doveva
chiamare
aiuto e doveva farlo subito. Con un cenno del capo richiamò
il coniglio di
neve, non ci fu bisogno di parole, quello annuì e scomparve
nell'oscurità.
«Non preoccuparti, Bunny andrà a chiamare tua zia
e presto potrai scaldarti
alla luce del sole» vedendo l’insorgere di uno
sbadiglio, si affrettò ad
aggiungere «Perché, intanto, io e te non giochiamo
a qualcosa?» l’entusiasmo
con cui Freja accolse la sua proposta lo rincuorò, non
rimaneva che sperare il
messaggio raggiungesse al più presto il destinatario.
Elsa,
in preda all’angoscia, ricevette l’ennesima
risposta negativa in merito alla
presenza di sua nipote: Freja sembrava essersi volatilizzata nel nulla.
La contemporanea
assenza di Olaf e Sven aveva mitigato la paura ma, visto il lungo tempo
passato
senza avere loro notizie, la situazione cominciava ad essere
preoccupante.
Anna
aveva messo a soqquadro ogni angolo del castello, mentre Kristoff si
era
precipitato al villaggio, avevano chiesto l’aiuto di guardie
e servitori ma a
niente era servito.
La
regina tornò in giardino, avrebbero potuto saltare fuori in
qualsiasi momento
quegli incoscienti, ma non fu loro che trovò «Ciao
Bunny, purtroppo non è un buon
momento»
Il
piccolo coniglio ignorò il suo tentativo di liquidarlo,
anzi, le morse l’abito
e tirò «Non posso vedere Jack, stiamo cercando
Freja, non si trova da nessuna
parte»
Proprio
in quel momento arrivò di corsa la principessa
«Niente, è come se si fossero
volatilizzati» esalò sull’orlo delle
lacrime.
La
creatura di neve sbattè le zampone a terra, irritata. Anna
la notò «Elsa, non
mi sembra il momento di perdersi in magie»
«Non
l’ho creato io» confessò la regina,
strano, non l’aveva mai visto così
indisposto… senza contare che Jack non sembrava essere nei
paraggi «Tu sai
dov’è, non è vero?»
capì, trovando risposta affermativa.
La
sorella non aveva tempo di meravigliarsi «Portaci da
lei!»
Bunny
si librò nell’aria facendo del suo meglio per far
capire alle due donne che non
sarebbe stato un viaggio veloce, incredibilmente loro intuirono al volo
«Ai
cavalli, presto» incitò la più giovane.
Di
corsa, al fianco dell’altra, Elsa si sentì in
dovere di chiedere «Vuoi avvisare
Kristoff?»
Anna
negò con la testa «E’ al villaggio, ci
vorrebbe troppo tempo. Prima andiamo,
prima torneremo da lui a tranquillizzarlo» lanciò
un’occhiata al coniglio
davanti a loro che, ancora, non aveva smesso di fare strani balletti
«Ma credo
che avremo bisogno dell’aiuto
di
qualcuno di forte»
La
regina tirò la bocca di lato, decisa «A quello
lascia che ci pensi io»
Jack
passò rapidamente una mano sul volto della bimba ranicchiata
sul terreno, ormai
incapace di resistere alla stanchezza dell’ipotermia
«Parlami piccola, non ti
addormentare» ma in risposta ottenne solo un leggero mugolio.
Non aveva mai
odiato così tanto, come in quel momento, il fatto di essere
lo Spirito
dell’Inverno, se solo ci fosse stata Tara lì con
lui… ma certo, Tara! Poco
importava se ciò significava farle scoprire ogni cosa, lei
avrebbe di sicuro
potuto scaldarla appena fuori di lì. Si concentrò
e le inviò la sua richiesta
d’aiuto. Certo, lo Spirito dell’Estate era incline
alla rabbia e ligio al
dovere ma Jack lo sapeva: non avrebbe permesso, mai e poi mai, che una
bambina potesse
perdere la vita in quel modo.
Rumori
cominciarono ad arrivare dall’esterno e l’estrema
pressione che opprimeva la
sua cupola si allentò. I suoi occhi scintillarono, li
chiuse: la bolla di neve
cominciò a tremare e, nello stesso istante in cui li
riaprì, scoppiò.
Avvertito
il cambiamento nell’ammasso di neve che, evidentemente,
proteggeva Freja, Elsa
si lanciò sulla sorella, intimando a Olaf, Sven e al gigante
Marshmellow di
fare altrettanto. Un attimo dopo, quella esplose, spazzando via in un
colpo le
ultime pietre rimaste. Opera di Jack senza ombra di dubbio.
Rialzato
il capo lo trovò accovacciato, senza esserle troppo vicino,
al corpicino della
nipote sdraiato sul terreno, la sua aria era greve
«No!»
Ma il
suo sussurro venne completamente sovrastato dall’urlo
incontrollato di Anna che
si precipitò ad abbracciare la figlia: era gelida.
«Tesoro
mio» disse fra i singhiozzi, cercando di darle tutto il
calore di cui fosse
capace «Elsa, è quasi congelata»
La
regina fu subito al suo fianco, si tolse il mantello ma non
riuscì neanche a
poggiarlo sulla nipote che una folata di torpore invase tutte e tre: un
profondo chiarore si fece largo su di loro, quando questo
sparì, Freja aveva
ripreso calore. Aprì gli occhi «Mamma!»
esclamò, prima di scoppiare in un
pianto a dirotto, rifugiandosi fra le sue braccia.
Elsa
tirò un sospiro di sollievo.
«Mi
spiace» esalò contrito lo Spirito
dell’Inverno «Non ho potuto tenerla al
caldo»
Lei
sorrise, la preoccupazione finalmente svanita «Se non fossi
intervenuto con la
tua magia non avrebbe avuto scampo sotto alle macerie e, immagino, tu
abbia
chiesto aiuto alla tua amica Estate per questo, giusto?» lo
incoraggiò, posando
una mano sul suo avambraccio.
«Io vi
uccido!» la voce alterata della principessa bloccò
ogni possibile risposta dell’altro,
infuriata come non mai con il pupazzo di neve e la renna, lanciatisi in
un
abbraccio di gruppo della bambina finalmente in salvo.
«Non
arrabbiarti con loro, mamma» cercò di rabbonirla
la piccola «E’ stata una mia
idea quella di venire a trovare Granpapà, loro mi hanno solo
accompagnato. Sto
bene, Jack mi ha salvato»
«Jack?» chiese l’altra non capendo.
«Sì,
mamma» le confermò Freja «E’
qui vicino a zia Elsa, sono amici»
Anna
sgranò gli occhi, a fianco della sorella non c’era
proprio nessuno, cominciò a
temere seriamente che la figlia potesse aver preso un preoccupante
colpo in
testa durante la caduta, tant’è che le
palpò la testolina bionda per sicurezza.
«Non mi
vede» constatò mesto lo spirito.
La
regina aumentò la stretta sul suo braccio, reindirizzando la
sua attenzione
altrove «Ma loro sì»
Il trio
composto da Olaf, Sven e Marshmellow, infatti, lo stava guardando pieno
di
meraviglia: a chi era fatto di magia e chi di magia ne era attorniato,
in
aggiunta al tipico sesto senso animale, era bastato distogliere un
attimo
l’attenzione dalla loro giovane amica per notarlo subito.
La
minore delle sorelle, però, era ancora smarrita
«Si può sapere perché siete a bocca
aperta voi tre?» poi, si girò verso la maggiore,
trovandola in una strana
posizione «E tu…»
«Uffaaa!»
proruppe la bambina, saltando in piedi «Zio Marsh
è un gigante di neve, Olaf è
un pupazzo di neve parlante» spiegò, schiacciando
le gote paffute del suo amico
«Zia Elsa fa continuamente magie. Perché non credi
allo Spirito dell’Inverno?»
«Lo
Spirito dell’Inverno?» ci ragionò su la
principessa, sbattendo gli occhi «Colui
che porta l’Inverno?» chiese, trovando conferma
nello sguardo acceso della
figlia. Tornò a guardare il trio di fianco a lei, poi, si
voltò nuovamente e,
finalmente, lo vide. Lo squadrò da capo a fondo,
lì vicino alla sorella, di cui
notò lo sguardo e la mano stretta sul suo braccio
«Oh, cavolo!»
Come
sempre, grazie per essere giunti fino a qui.
Ancora una volta colgo
l'occasione di ringraziare chi legge e chi ha la bontà di
lasciarmi una sua impressione su questa storia.
evil65, come vedi,
ho seguito il tuo consiglio :)
Insomma, la vista di
Jack non è più prerogativa solo di Elsa. Ho
voluto mantenere il concetto che c'è ne "Le 5 Leggende",
ossia, lo vedi se ci credi :) Spero di non aver deluso con
questa scelta un po' banale.
Un'ultima piccola precisazione: quando Freja dice a Jack di averlo già visto, si riferisce alla mia precedente shot "Di somme e palle di neve".
Alla prossima
Cida
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