Al contrario di masayachan (/viewuser.php?uid=8510)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** opportunismo ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Fiducia. ***
Capitolo 4: *** Il gioco della redenzione. ***
Capitolo 5: *** L'altro Atem ***
Capitolo 6: *** Saremo sempre amici, giusto? ***
Capitolo 7: *** Scusami. ***
Capitolo 8: *** La scelta. ***
Capitolo 1 *** opportunismo ***
Ovviamente credo che non ci sia
niente di meglio di YGO così com'è. La mia intenzione
non è stravolgere l'opera di Takahashi che va benissimo,
volevo solo provare a trasformare il protagonista in Atem.
Praticamente in questa fic tutto è il contrario di tutto. Atem
è Yugi e Yugi è Atem. Yugi era un ragazzo emarginato
mentre Atem popolare. Yugi cercava degli amici mentre Atem gli
allontana.
Mi è venuto in mente di
scrivere questa fic perchè ho sempre pensato che Atem avesse
un rapporto totalmente diverso rispetto ad Aibo con i suoi amici. Lui
è davvero se stesso solo quando è con Yugi, ma trovo
che con gli altri faccia fatica a lasciarsi andare e a fidarsi.
Se vi piace, la continuerò
volentieri.
Era arrivata la bella stagione da un
po' a Domino city. Quel giorno gli studenti della prima B avevano
deciso di passare l'intervallo in cortile. Una sfida a basket, maschi
contro femmine era davvero l'ideale. -Hey Atem, non startene
tutto solo, perchè non vieni a giocare a basket con
noi?- Disse uno dei ragazzi facendo roteare il pallone fra le
mani. A quelle parole le ragazze dell'intera classe si voltarono
eccitate verso il banco del loro idolo: capelli punk di ben tre
colori, pelle bronzea , sguardo penetrante, fisico forte e slanciato;
l'uomo perfetto agli occhi della maggior parte delle studentesse del
liceo di Domino. Lui alzò gli occhi verso colui che lo
aveva distratto dai suoi pensieri rispondendo con un semplice:-No, ti
ringrazio.- Si sentì un leggero mormorio dispiaciuto da
parte del pubblico femminile, che deluse, uscirono una ad una
dall'aula. Atem sospirò, allentandosi il collare borchiato
con le dita . Era sempre così; i suoi compagni cercavano
perennemente di metterlo in mezzo alle loro cose. Tutti gli stavano
attorno, maschi e femmine, persino i senpai. Atem odiava quegli
assurdi approcci per comprare la sua amicizia. Si chiedeva se sarebbe
stata la stessa cosa se invece che essere belloccio, bravo negli
studi e negli sport, fosse stato un ragazzino mediocre. Probabilmente
nessuno lo avrebbe considerato. La sensazione che aveva era che
tutti coloro che desideravano ardentemente la sua amicizia o le sue
attenzioni lo facessero solo per la sua esteriorità. Era
sempre stato così, dal primo giorno che si era trasferito in
Giappone con la sua famiglia, ormai cinque anni prima. Quando
abitava in Egitto le cose erano diverse; le persone erano più
semplici, ma meno corrotte e meschine. Nessuno faceva il carino
solo per copiare i suoi compiti o per cercare di accaparrarsi un
appuntamento galante. In Giappone erano tutti opportunisti. Non
una sola persona aveva cercato di andare oltre il suo aspetto fisico
o la sua pagella, nemmeno una! Per questo Atem aveva deciso di non
concedere la sua amicizia a nessuno, perchè sapeva, non
sarebbe mai stata una vera amicizia come quella con Mahad, Seth, o
Mana, i suoi amici d'infanzia. Con i nuovi compagni si limitava a
rispondere educatamente e a rispettare le loro usanze; niente di più,
niente di meno. Sbuffò sonoramente aprendo la cartella per
poi estrarne un cofanetto dorato. conteneva un vecchio puzzle che
suo nonno gli aveva regalato da bambino, quando erano ancora in
Egitto. Ormai erano passati una decina d'anni da quando Atem aveva
iniziato a cercare di costruirlo, ma niente da fare. Quel dannato
aggeggio non voleva saperne di venire assemblato. Se non altro era un
buon passatempo. Lui adorava i giochi, di qualsiasi tipo, e se
doveva essere onesto, l'unica cosa bella che era riuscito a trovare
nel suo nuovo paese era che se ne potevano trovare di tutti i
gusti. -Atem-kun...-Una voce femminile lo aveva chiamato attirando
la sua attenzione. Mazaki Anzu era davanti a lui, in piedi, gli
sorrideva. -Ah, Mazaki...non eri andata a giocare a basket?-
Chiese lui atono mentre la ragazza prendeva una sedia sedendoglisi
difronte. Appoggiò un gomito sul tavolo:sembrava alquanto
irritata:-Bah! I ragazzi sono solo dei luridi maniaci. Ci hanno
invitato a giocare solo per spiarci sotto le gonne!- Atem
sorrise. Mazaki era una ragazza un po' particolare, lo doveva
ammettere. Tutto sommato era simpatica e non era il tipo che pensava
solo ai cosmetici o ai capelli. Aveva un temperamento forte e anche
lei nell'istituto riscuoteva un notevole successo. Qualcuno diceva
che Mazaki Anzu era la sua controparte femminile essendo carina,
atletica e intelligente. Ma aveva una pecca. -Cos'è
questo?-Chiese lei indicando lo scrigno:- Ci sono incisi dei
geroglifici...sbaglio?-Continuò dopo essersi avvicinata
all'oggetto per esaminarlo con più attenzione. -Sì,
è molto antico, ha circa tremila anni. Me l'ha regalato mio
nonno da piccolo...- Aprì il coperchio:-contiene un puzzle
millenario.- Anzu rimase leggermente spiazzata dal contenuto e
prese uno dei pezzi fra le dita: non aveva mai visto nulla di così
scintillante in vita sua:-Wow! Che bei riflessi dorati!- “Bah,
chissà perchè le donne devono emozionarsi così
tanto nel vedere qualcosa che luccica.”Pensò Atem. -A
dire il vero, non so ancora come diventerà....è da
quando sono bambino che provo ad assemblarlo. Onestamente credo che
sia impossibile metterlo assieme. Probabilmente sono solo un mucchio
di pezzi senza senso...però mio nonno dice che se questo coso
viene costruito può esaudire qualsiasi desiderio- E lui
sapeva bene cosa desiderare: tornare in Egitto. -Un desiderio?-
Anzu, alzando lo sguardo, aveva incrociato quello di Atem ed era
visibilmente arrossita. Ecco, questa era la sua pecca. Era
palesemente infatuata di lui, proprio come tutte le altre. Non
sopportava di non poter guardare in faccia una ragazza senza farla
arrossire o mettere in imbarazzo. E poi per cosa? Perchè era
simpatico, antipatico, generoso o egoista? No, solo perchè era
bello, a quanto pare. Nessuna di loro lo conosceva, nessuna lo
capiva. A dire la verità, nessuna si sforzava di farlo. Quale
altro motivo avrebbero potuto avere per essere cotte di lui se non
per l'aspetto fisico? Che poi cosa aveva di speciale ? Il così
detto “fascino esotico”? Non capiva queste giapponesi. In
Egitto non era mai successo di essere così popolare! Sentì
improvvisamente un braccio circondargli il collo:-Atem! Ti stavamo
giusto cercando! Non è che ci passeresti i compiti di
matematica?- Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto lo avevano braccato
alle spalle. Quei due erano i peggiori esemplari di tutta la
scuola e gli stavano appiccicati come ventose. Irritante. Molto
irritante. Avevano la fama di essere due a cui piaceva tormentare
quelli più deboli...bulletti da due soldi, insomma. Ciò
nonostante gli avevano spesso chiesto di uscire assieme, ma lui,
aveva sempre gentilmente rifiutato l'offerta. -Jonouchi! Non
sarebbe ora che te li facessi da solo i compiti? Smettila di
esasperare la gente!- Disse Anzu guardandolo in modo molto poco
amichevole. -Ma che vuoi Mazaki? Sempre a metterti in mezzo !- Le
sbraitò contro Jonouchi. -E poi Atem è nostro amico!
Non puoi capire la solidarietà maschile, tu!- Continuò
Honda. Dio...esistevano sciacalli peggiori di quelli? -scusate...-
li interruppe Atem: -ho delle cose da fare...ne parleremo più
tardi.-Raccolse le sue cose velocemente e uscì dall'aula
lasciando i tre perplessi. Jonouchi sbuffò
amareggiato. Ogni tentativo di fare amicizia con quel ragazzo era
totalmente inutile. Atem era gentile con tutti, dava una mano
quando poteva. Durante le lezioni si poteva sempre contare su di lui,
ma fuori dal rapporto “compagni di scuola” era del tutto
inavvicinabile. Nonostante gli innumerevoli fan, oramai c'erano un
sacco di persone che lo consideravano strano. Andava d'accordo con
tutti, ma non era amico di nessuno. Mentre era assorto nei suoi
pensieri, un luccichio per terra attirò la sua attenzione. Si
chinò a raccogliere l'oggetto non identificato:-Che caspita è
questa roba?- Anzu si sporse verso di lui notando l' oggetto con
inciso sopra uno strano occhio dorato:-Ah! È un pezzo del
puzzle che stava costruendo Atem! Deve essergli caduto! Devi
riportarglielo ! Per lui è una cosa molto importante.- il
ragazzo se lo mise in tasca: glielo avrebbe dato più tardi.
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
Salve a tutti. Sono passati
secoli dall'ultima volta che ho postato, vero? In realtà,
questo capitolo ce l'ho pronto da diversi mesi, ma non l'avevo mai
messo perchè incerta sul come proseguire questa storia. In
verità, lo sono ancora...infatti in questo capitolo non
succede nulla in particolare. Lol.(in pratica, l'ho solo sistemato)
In tutto questo tempo me ne sono
capitate di tutti i colori, è proprio un momento nero in ogni
ambito. Per non parlare che il mio cuoricino è in mille pezzi
e non riesce a guarire. Ho pensato che magari, riprendendo a
fangirleggiare avrei potuto distrarmi da certi pensieri...
Ringrazio tutti coloro che hanno
letto lo scorso capitolo e che mi hanno incoraggiata e spero di aver
migliorato il mio stile. Per consigli, idee, suggerimenti o
critiche...sono qui =).
Buona lettura.
Atem uscì in corridoio
allontanandosi di qualche metro dalla sua aula.
Si affacciò a una delle grandi
finestre che davano sul cortile facendo un ampio respiro. L'aria del
Giappone era così diversa da quella di casa sua.
Ricordava ancora quando sua madre lo
portava al mercato. Quando abitava in Egitto non aveva mai dato molta
importanza alla cosa, gli sembrava del tutto normale andare là,
circondato da persone con gli abiti tipici del posto: svolazzanti
tuniche bianche e turbanti che volteggiavano tra le bancarelle piene
di spezie e tessuti, e poi...l'odore forte d' incenso e datteri che
gli penetrava nei polmoni...
Adesso, a ripensarci, quel luogo doveva
essere l'eden.
-Muran-kun!Muran-kun!-
Atem si voltò. Un ragazzo
correva agitando le braccia verso di lui.
- Sei Atem Muran-kun della prima B,
vero?- Disse questo con un sorriso da orecchio ad orecchio dopo
averlo raggiunto.
Atem annuì soltanto.
Lo sconosciuto gli porse un volantino
mettendoglielo quasi forzatamente in mano:-Muran-kun! Ti prego,
iscriviti al club di atletica! Ieri ti ho visto a ginnastica e...sei
grandioso! Stiamo cercando nuovi iscritti e...-
-Sono davvero spiacente, ma non posso
iscrivermi ad alcun club. Ti ringrazio per l'offerta- Replicò
Atem senza lasciare il tempo all'altro di finire la frase e
smorzandogli così l'entusiasmo.
Il ragazzo lo guardò
sconsolato:-D'accordo, ma se ci ripensi...noi ti aspettiamo
Muran-kun!-
Non era certo la prima volta che i vari
rappresentanti dei club scolastici lo prendevano di mira. Aveva avuto
richieste dal club di kendo, karate, basket, pallavolo, football,
baseball, calcio...e alcune ragazze gli avevano proposto persino
quello del tè!
A dire il vero, se ci fosse stato un
club su un qualche gioco di logica avrebbe potuto farci anche un
pensierino, ma non avrebbe potuto comunque farne parte.
Il pomeriggio doveva andare a casa il
prima possibile per aiutare suo nonno Shimon in negozio.
I suoi avevano sempre avuto un grande
interesse per i giochi, che peraltro, gli avevano trasmesso fin da
bambino.
Per loro era una vera e propria
passione a trecentosessanta gradi. Amavano conoscerne le origini, la
provenienza, il significato, le regole, e ovviamente, giocarci.
In particolare erano interessati ai
giochi praticati dalle antiche civiltà. Andavano letteralmente
pazzi nello scoprire i vari passatempi degli Egizi, Romani, Maya e
via dicendo.
Suo nonno Shimon aveva sempre
desiderato aprire un negozio di giocattoli per poter condividere la
sua passione con i ragazzini, oltre che le sue conoscenze.
Ma l'Egitto non faceva al caso suo.
Diceva di voler andare in un posto dove
le persone avessero mentalità più aperte, dove poteva
far riscoprire il piacere della semplicità laddove si era
schiavi della tecnologia. E così, si erano trasferiti tutti in
Giappone.
Il piano del nonno non era andato
proprio a buon fine:le vendite dei suoi giochi da tavolo, carte, e
pezzi storici come il bao o il seneth, attiravano più i
collezionisti che i ragazzini.
Le vendite non erano esattamente alle
stelle, quindi, non potendosi permettere un commesso, toccava ad Atem
dare una mano.
Probabilmente, se non fosse stato per
il lavoro dei suoi genitori al museo della città, il negozio
sarebbe dovuto chiudere da un pezzo.
Se fossero rimasti in Egitto sarebbe
andato tutto bene, e invece...
Si strinse nelle spalle.
Oramai era andata così, non
poteva farci nulla.
Diede una veloce occhiata ai suoi
compagni di classe giocare in giardino, poi si allontanò dalla
finestra per continuare a percorrere il corridoio vuoto.
Davanti a sé apparse la figura
di un ragazzo-armadio che camminava nella direzione opposta alla
sua.
Atem fece una smorfia: “
Dannazione! Ci mancava solo Ushio!” Pensò mettendosi le
mani in tasca con fare seccato.
-Oh! Muran-kun! L'idolo delle folle!
Quale onore!- Esclamò questo salutandolo con la mano.
-Buon giorno, Ushio-sama- Rispose Atem
desiderando con tutto se stesso che la conversazione finisse lì.
Ushio era forse la persona che più
detestava. Si autoproclamava “ la legge”, “colui
che mantiene l'ordine scolastico”, ma sapeva perfettamente che
in realtà non era altro che un bullo della peggior specie.
Gli si fermò davanti e Atem, dai
suoi centosessantacinque centimetri, si sentì infinitamente
piccolo al cospetto di un uomo alto almeno due metri.
-Muran-kun, era un po' che volevo
parlare con te, finalmente abbiamo l'occasione di scambiare un paio di
parole in tranquillità.-
Ok, le sue speranze erano
definitivamente andate in fumo. Sperava almeno che non gliela tirasse
troppo per le lunghe:-C'è qualche problema?- Chiese.
Ushio fece spallucce, mentre sul viso
faceva capolino uno strano sorrisetto:-Dipende. Sai, ho notato che ci
sono due individui che ti importunano spesso e volentieri. Parlo di
Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto, presente?-
“In effetti...” fu tentato
di rispondergli Atem. Ma Ushio non era certo il tipo con cui
lasciarsi andare a certe considerazioni; non si poteva mai sapere
dove volesse andare a parare:-Cosa intendi dire, Ushio-sama?-.
-Bè...mi stavo chiedendo se tu
avessi bisogno di protezione. Sai, con certi bulletti in giro, un
bravo ragazzo come te può sempre contare sulla mia presenza,
chiaramente.-
Atem sorrise ironico. C'erano delle
volte in cui tutta la buona educazione del mondo non bastava per
trattenersi:-Davvero, Ushio-sama? Sei gentile, ma forse le prime
persone che dovrebbero venire sorvegliate sono proprio i
sorveglianti.-
L'enorme ragazzo spalancò
incredulo gli occhi davanti a tanta sfrontatezza nei suoi
riguardi:-Stai forse cercando di insinuare qualcosa, Muran?- Il suo
tono di voce era tutto tranne che rassicurante.
Atem si rimproverò mentalmente
da solo mordendosi la lingua. Come aveva potuto lasciarsi andare in
quel modo? Doveva evitare ogni tipo di coinvolgimento con quella
persona.
-Nulla. Ora, se vuoi scusarmi, devo
proprio andare...buona giornata, Ushio-sama.- Così dicendo si
allontanò proseguendo il tragitto del corridoio per poi
scendere dalle scale.
Jonouchi rigirò nella tasca il
pezzo di puzzle che aveva ritrovato per terra sghignazzando tra sé
e sé.
Quel gingillo poteva essere
un'occasione d'oro per lui.
Ormai le lezioni erano finite, ma
decise che il momento di restituire l'oggetto non era ancora giunto.
Honda gli aveva detto che il suo piano
era alquanto subdolo, ma lui non era d'accordo.
Se quel puzzle era davvero importante
per Atem, voleva aspettare che questo si accorgesse di averlo perso,
così una volta riconsegnato al proprietario, in cambio avrebbe
ricevuto la sua gratitudine, e stima, forse.
Diventare amico di Atem era uno dei
suoi più grandi obbiettivi. Spesso i suoi compagni di classe
si chiedevano perché un tipo come lui stesse sempre
appiccicato ad uno degli studenti migliori del liceo, ma questo, solo
lui e Honda lo sapevano.
Jonouchi e Honda stavano già per
uscire dall'aula quando una presa ferrea li bloccò dal
colletto dell'uniforme.
-Dove credete di andare, voi due? Oggi
è il vostro turno, dovete portare fuori la spazzatura.-
A Mazaki Anzu non sfuggiva proprio
nulla, eh? I due ragazzi rotearono gli occhi.
Potevano forse disobbedire a quella
pazza ?
-D'accordo, Mazaki.- Sbuffò
Jonouchi caricandosi uno dei sacchetti neri sulle spalle.
Dopodiché, i due si avviarono
verso il retro del cortile con i loro carichi.
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Capitolo 3 *** Fiducia. ***
Salve a tutti. Eccomi tornata,
inaspettatamente senza aspettare un anno fra un capitolo e l'altro.
Asd. (Ups, ho cazziato qualche verbo, credo di aver sistemato adesso. Chiedo scusa a chi ha letto finora)Innanzitutto, grazie a tutti per essere stati gentili con me e
per le parole di conforto. Sto cercando di venirne fuori come meglio
posso.
Venendo al capitolo...è
abbastanza lungo per i miei standard, devo dire. Forse è la
prima volta che riesco a scrivere un capitolo di quasi cinque pagine!
È stato davvero, ma davvero difficile cercare di creare una
situazione simile a quella del manga, adattarla ad Atem e alle
condizioni che avevo creato in precedenza per lui. Spero davvero di
non averlo reso OOC, ma mi sono basata sul fatto che, fra Atem e
Yugi, non è decisamente il primo quello altruista e fiducioso
verso il prossimo. So che Atem ha anche un forte senso di giustizia,
ma non ci avrebbe pensato due volte a far uccidere Kaiba per il
proprio tornaconto, se così si può dire.
Insomma, Atem è un
personaggio complicato, mi auguro di aver reso discretamente l'idea.
Al prossimo capitolo =)
Finalmente anche quella giornata era
finita. Le lezioni erano terminate e aveva sistemato tutte le sue
faccende, quindi, ora poteva tranquillamente tornarsene a casa.
Il momento in cui suonava l'ultima
campanella era quello preferito da ogni studente; per Atem, invece,
un vero e proprio motivo per tirare un sospiro di sollievo.
Il solo pensiero di stare lontano da
quei giapponesi falsi e opportunisti per qualche ora, lo rendeva
felice.
Ormai, aveva ben capito con che gente
aveva a che fare. Il Giappone, peraltro, era una nazione decisamente
razzista. Ricordava bene le difficoltà dei suoi genitori e del
nonno nell'avere la cittadinanza, nell'aprire il negozio, nel trovare
lavoro...solo che la gente del posto, nascondeva il proprio
disprezzo verso il prossimo dietro ad un sorriso .
Era anche vero il fatto che, i
giapponesi, venivano incredibilmente attratti dal fascino esotico, e
questo, lo aveva scoperto a sue spese.
Fece giusto in tempo ad oltrepassare il
cortile che le speranze di potersene tornare a casa felice e beato
svanirono. Per la seconda volta nello stesso giorno,
quell'energumeno di Ushio gli si piazzò davanti bloccandogli
la strada.
“Che diamine vuole, ancora?”
Pensò toccandosi una tempia e cercando di convincersi a
rimanere calmo.
-Muran-kun, ti aspettavo.-Esordì
Ushio posandogli una mano sulla spalla, neanche fossero amiconi.
-C'è qualcosa che ti devo
mostrare, seguimi.-
L'egiziano lo guardò seccato:-
Ushio-sama...qualsiasi cosa sia può aspettare. Ho molta fretta
e...-
La stretta della mano del
ragazzo-armadio si fece improvvisamente più forte, diventando
una piccola morsa.
Atem gemette. A quel punto, si rese
conto che la sua non era affatto una richiesta, bensì un
ordine.
-D'accordo...- Sibilò mentre
l'altro mollava la presa.
Ushio iniziò a camminare in
direzione del retro dell'edificio.
Che diamine aveva in mente quello
scimmione? Che se la fosse presa per come gli aveva risposto durante
l'incontro della pausa pranzo? Sapeva benissimo che non c'era da
fidarsi, con buona probabilità aveva tutta l'intenzione di
alzare le mani su di lui. Per quanto Atem non fosse esattamente un
ragazzo gracilino, pensare di avere la meglio su un tipo del genere,
alto e pesante quasi il doppio di lui, suonava come un'impresa
pressoché impossibile.
L'unica soluzione che gli veniva in
mente per evitarsi una scazzottata era, per quanto poco coraggiosa,
la fuga a gambe levate.
Ushio gli camminava davanti facendo
strada, quindi, gli dava le spalle. Con il giusto scatto non sarebbe
stato poi così difficile filarsela, e anche con buone
probabilità di non venire raggiunto, peraltro.
D'altra parte...si rese conto che
frequentavano entrambi la stessa scuola. Se davvero aveva scatenato
l'ira di quel teppista, sarebbe potuto scappare quel giorno, ma
venire comunque braccato quello seguente o quello dopo ancora.
Insomma, tanto valeva affrontare le
cose da vero uomo, a questo punto.
-Ecco fatto, Muran-kun- Disse Ushio
fermandosi dopo aver oltrepassato l'angolo che formava il retro dello
stabile: -Goditi lo spettacolo. Ora non dovrai più
preoccuparti di questi due.-
Atem si bloccò di colpo
spalancando gli occhi, incredulo.
Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto
giacevano ansimanti e pieni di lividi contro la parete.
Gli occhi gonfi, il sangue che colava
dal naso e dalla bocca; avevano il respiro affannoso, mentre per
terra erano circondati da immondizia e alcuni sacchetti di nylon
rotti .
Rimase letteralmente senza parole
davanti a quello spettacolo agghiacciante.
-Cos'è quella faccia, Muran? Ti
davano fastidio, no? Te lo avevo detto che potevi contare sulla mia
protezione, giusto?- Sogghignò Ushio con un tono ironico e al
tempo stesso terribilmente compiaciuto per il proprio operato.
Jonouchi non poteva credere alle sue
orecchie.
Quel ragazzo così gentile, così
tranquillo ed educato con tutti...quel ragazzo con cui lui voleva
tanto stringere amicizia, aveva davvero chiesto ad Ushio di far loro
del male?
Si passò la manica dell'uniforme
sul viso, pulendosi dal sangue che gli riempiva la bocca:- È...è
davvero così che stanno le cose? Sei stato tu? Non ti credevo
capace di una cosa simile. Sarai contento, adesso... Io e Honda
volevamo solo...-
Atem lo zittì. L'espressione del
suo viso si era tramutata in qualcosa tra lo sconvolto e il
profondamente indignato: - Che cosa? Io non ho chiesto proprio un bel
niente a nessuno! Che razza di gioco è questo? Volete
mettermi in mezzo alle vostre faccende da teppisti, per caso? A quale
scopo? Volete farmi avere dei guai? Per quel che mi riguarda potete
prendervi a botte finché vi pare, ma io non voglio saperne
niente! Non mi interessate né voi né i vostri sadici
giochini!-
Ansimò. Aveva gridato contro
tutti i presenti. Era la prima volta che si lasciava andare così
in pubblico.
D'altronde era una situazione assurda.
Tre teppisti che davano a lui la responsabilità della loro
patetica rissa? La cosa puzzava, specie perché se Ushio ce
l'aveva con lui per come gli aveva risposto, per quale motivo
picchiare quei due? Si erano forse messi tutti d'accordo per tramare
qualcosa alle sue spalle?
-Ah, è così, eh?- Ushio
lo afferrò dal colletto alzandolo di peso da terra, come a
volerlo portare alla sua altezza.
-Sappi che invece sarà meglio
che la cosa cominci ad interessarti. Per questo lavoretto mi devi
duecentomila yen! Io non lavoro gratis.-
Atem era allibito. Quell'individuo
spregevole aveva fatto in modo di renderlo forzatamente un suo
debitore, anche se lui, non gli aveva mai chiesto nulla! Era quella
la sua vendetta? Inoltre, quella stretta al collo gli stava impedendo
di respirare, e il suo divincolarsi risultava essere completamente
inutile contro quel colosso. Ringhiò guardandolo con odio
negli occhi: -Io non ti darò proprio un bel niente!
Bastardo!-
-Ne sei sicuro, Muran?- Proseguì
l'altro mollando di colpo la presa e lasciandolo cadere violentemente
al suolo: - Allora guarda bene quei due pezzenti, perché in
caso di mancato pagamento, è proprio la fine che farai anche
tu!- Tirò fuori un coltello dal taschino della giacca:- O
anche peggio, chissà.-
A quel punto, Ushio girò i
tacchi andandosene per la sua strada come se nulla fosse successo.
Atem, ancora accasciato, lanciò
con tutta la sua forza un pugno al terreno, sollevando così
una nuvola di polvere intorno a sé: - Bastardo! Bastardo!
Dannato bastardo!-
Non poteva fare niente. Era più
grande e più forte di lui, non c'era altra soluzione che
pagarlo. Sì, ma dove li avrebbe potuti trovare duecentomila
yen? Avrebbe dovuto dirlo in casa e far preoccupare tutti? Non era
giusto! Lui non aveva alcuna colpa, non c'entrava nulla in quella
faccenda.
Jonouchi e Honda lo fissarono, inermi.
Il primo cercò di prendere
parola: - S...senti, A...
-Zitto!- Ringhiò Atem alzandosi
in piedi di colpo .- Io non ho mai detto ad Ushio di picchiarvi! Quel
che vi è successo è solo colpa vostra! Siete dei
prepotenti e degli opportunisti! Non fate che prendervi gioco delle
altre persone, maltrattandole o cercandole solo se avete bisogno di
qualcosa! Siete pessimi, e quello che è successo non è
altro che una conseguenza delle vostre azioni! Potevate ben evitare
di starmi sempre addosso!-
Cadde il silenzio.
I loro sguardi erano fissi su quello
del ragazzo, ma né Jonouchi né Honda ebbero il coraggio
di aprir bocca.
Dunque...era questo quello che pensava
veramente.
Atem si buttò sul letto
coprendosi la testa col cuscino.
Duecentomila yen...come diavolo avrebbe
potuto fare per recuperarli senza creare problemi ai suoi?
Non si sarebbe mai immaginato di finire
immischiato in una faccenda simile. Aveva sempre cercato di farsi i
fatti suoi, di evitare ogni coinvolgimento...e adesso...non sapeva
proprio come venirne fuori.
Se non avesse pagato, Ushio non si
sarebbe di certo limitato a tirargli qualche ceffone. Senza dubbio,
gli avrebbe reso la vita impossibile per il resto della sua
permanenza al liceo, se non peggio.
Accidenti, non poteva limitarsi a
prenderlo a pugni e tanti saluti?
All'improvviso, gli comparve davanti
l'immagine dei suoi due compagni di classe a terra e ricoperti di
lividi: dopo aver gridato loro contro, se ne era andato via correndo,
lasciandoli lì. A pensarci adesso...forse non avrebbe dovuto
farlo.
Erano davvero ridotti male, e...
Scosse la testa. No, figuriamoci. Era
anche colpa loro se si era cacciato in quella situazione, ma
soprattutto, non avevano nulla da spartire con lui, se non ulteriori
guai. Non erano nemmeno suoi amici! E poi, chissà quante volte
saranno stati malmenati. Certa gente ha la pellaccia dura, è
risaputo.
Sospirò mestamente mettendosi
seduto alla scrivania. Dalla cartella, tirò fuori il suo
prezioso cofanetto dorato, e quasi senza rendersene conto, si mise ad
assemblare i pezzi del puzzle.
-Ma che diavolo sto facendo? In una
situazione simile mi metto a giocare con...-
Si bloccò.
Era strano. Molto strano.
Quella sera, ogni elemento sembrava
incastrarsi con estrema facilità. Uno tirava l'altro.
Qualsiasi pezzo prendesse fra le mani,
trovava subito il suo posto fra gli altri.
-I...incredibile...- Una scossa lo
attraversò per tutto il corpo.
Tutti i pensieri di pochi minuti prima
sparirono in un istante, sostituiti da una sensazione di strana
eccitazione.
Ogni volta che aggiungeva un tassello,
il battito del cuore sembrava aumentare vertiginosamente.
-Si è incastrato...sì,
anche questo...-
Gli occhi gli scintillarono come quelli
di un bambino il giorno di Natale. Fra le sue mani, il puzzle che per
quasi dieci anni aveva cercato di montare, era finalmente ad un passo
dall'essere risolto.
Era un grosso pendaglio a forma di
piramide rovesciata. Atem non sapeva se mettersi a ballare per la
gioia o a ringraziare gli dei.
Dopotutto, quella, non era stata una
giornata poi così terribile!
Ora, mancava solo l'ultimo pezzo,
quello centrale.
L'occhio di Ujat.
Mise la mano all'interno del cofanetto
facendola vagare alla ricerca della tessera mancante: niente.
Sentì un brivido freddo lungo la
schiena. Si affrettò a guardarci dentro, confermando così
la spaventosa realtà.
-N...non c'è...- Guardò
sotto la scrivania:-Non c'è!-
Panico.
Scrutò il pavimento millimetro
per millimetro, ogni angolo, ogni possibile fessura; mise sottosopra
il letto, rovesciò la cartella di scuola, guardò in
ogni cassetto e in ogni armadio.
Niente.
-Non c'è...non c'è
più...- Senza quel pezzo, il puzzle, il suo gioco, non
sarebbe mai potuto essere risolto. Mai più.
E assieme al puzzle, anche i suoi
sogni.
Con i gomiti appoggiati al piano della
scrivania, nascose la testa fra le mani, mentre le lacrime gli
scendevano prepotentemente dagli occhi.
Si rimangiò tutto: quella era
ufficialmente la giornata più brutta della sua vita.
-Atem, posso entrare?-
la voce del nonno Shimon fece capolino
riportandolo alla realtà.
Si asciugò gli occhi
velocemente: non voleva farlo preoccupare.
-Sì, entra pure, nonno.- Disse
cercando di non far sembrare la propria voce rotta dal pianto.
Non appena la porta si aprì,
l'attenzione del vecchio, da bravo appassionato di giochi, si portò
subito sul puzzle apparentemente ultimato.
-Non ci posso credere! Hai completato
il puzzle che ti ho regalato!-
Il ragazzo sorrise mestamente,
chinando il capo. Prese l'oggetto fra le mani, mostrandogli il vuoto
centrale dovuto al pezzo mancante.
-No, non ho potuto completarlo...-
-Fa' vedere!- Shimon lo afferrò
scrutandolo attentamente:-Atem, per tutti questi anni hai riposto
tutte le tue speranze in questo puzzle...devi continuare a credere in
lui!-
-Sì ma...-
Il nonno frugò nella tasca dei
pantaloni e ne estrasse qualcosa:-Il tuo sogno verrà
realizzato, Atem.-
-N...nonno!!!-
Non poteva essere vero. Suo nonno
teneva in mano proprio quell'ultimo tassello che aveva dato ormai per
disperso.
Improvvisamente, gli sembrò di
sentirsi molto più leggero.
-Dove l'hai trovato?-
-Eh? Non l'ho trovato io!- Rispose
Shimon con aria sorpresa.
-E' stato un ragazzo a portarmelo,
giusto poco fa.-
-Che cosa? Che ragazzo?-
Il vecchio si portò un dito alle
labbra guardando verso l'alto con fare pensieroso:-Mh, era un ragazzo
biondo, conciato piuttosto male, devo dire. Ah! Mi ha detto anche di
riferirti qualcosa! Tipo …“ha detto che non è
stato lui, gli credo, ho fiducia.” E poi si è scusato.
Non so a che si riferisse, onestamente.-
In realtà mentiva. Jonouchi gli
aveva raccontato tutto e, data la circostanza, il mattino seguente,
Shimon, avrebbe messo i soldi nella cartella del nipote.
Atem, invece, in quel momento si sentì
un emerito, enorme, viscido verme.
Non aveva minimamente cercato di
impedire ad Ushio di pestarlo, aveva detto che non gli importava di
lui e lo aveva anche offeso ed incolpato del proprio male. Inoltre,
se ne era andato senza nemmeno soccorrerlo.
Jonouchi, nonostante questo...diceva di
avere fiducia in lui? Di credergli? E gli aveva persino riportato
fino a casa il pezzo del puzzle che aveva perso! Perché?
Che motivo aveva per farlo? Che
motivo...?
“ Stupido.” pensò.
Era così preso nel vedere il
male in tutti, dalle proprie paranoie e nella sua diffidenza verso il
prossimo, che aveva quasi dimenticato che non sempre la gente agisce
per ottenere qualcosa in cambio.
Che, a volte, le persone possono essere
sincere, anche se non si è in Egitto.
Shimon sorrise, come ad aver
compreso:-Ora vado a letto, Atem. Buona notte.-
Gli passò una mano fra i capelli
e uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé.
Il ragazzo prese fra le dita l'ultimo
pezzo del suo puzzle, fissandolo triste.
Di sicuro, se mai fosse sopravvissuto
alle ire di Ushio, sarebbe dovuto andare a fare due chiacchiere con
Jonouchi...
Sospirò. Almeno, ora il puzzle
poteva essere completato.
Con la mano tremante, scosso da mille
emozioni, inserì l'elemento mancante laddove era rimasto lo
spazio vuoto.
Ushio scavalcò il cancello della
scuola con una certa agilità, per essere un uomo di quella
stazza.
Si guardò intorno. Non si
sarebbe di certo mai aspettato che Atem gli chiedesse di incontrarlo
a scuola, nel cuore della notte. Chissà cosa voleva.
Non lo vedeva da nessuna parte, però.
Che non fosse ancora arrivato?
Si mise ad aggirarsi per il cortile,
alla ricerca del ragazzo.
-Sono qui.-
Una voce fece capolino alle sue
spalle, all'improvviso.
Ushio si lasciò sfuggire un
piccolo grido per lo spavento. Si voltò di scatto.
E lo vide.
Non poteva credere ai propri occhi.
-M...Muran?-
davanti a sé...bé...sì,
c'era Atem, ma avrebbe potuto giurare qualsiasi cosa che non fosse
affatto il solito Atem.
Due occhioni viola, dolci e sereni , lo
fissavano dal basso con aria innocente. E poi...il sorriso. Sembrava
quello di un bambino.
Ecco, in generale, gli sembrava più
infantile rispetto alla norma, e decisamente più radioso.
Quell' Atem (che non sembrava Atem),
inclinò la testa di lato socchiudendo gli occhi e mostrando un
sorriso ancora più luminoso, se possibile.
-Vuoi giocare con me?-
curiouswoman91
: Ciao! Bè, in questo caso, mi sento davvero onorata di essere
stata la tua eccezione! Spero davvero allora, che questo capitolo sia
all'altezza delle tue aspettative e quindi, di un altro commento XD
Grazie mille. Aspetto l'alba con ansia.
Soe
Mame : Ciao, Soe=). Come forse avrai visto, ho
seguito il tuo consiglio e sistemato quella frase, in effetti suonava
molto meglio! Non so se con questo capitolo io abbia combinato
qualcosa di buono, onestamente. ^^'' Me lo auguro. Se non altro
scriverlo mi ha aiutato a non pensare ai miei problemi. Un bacione e
al prossimo capitolo della tua bellissima fic!
AliceWonderland
: Grazie per la recensione! Ti dirò, Atem(come anche Seto)
per me è sempre stato un personaggio difficile da gestire,
infatti sono preoccupata di essere andata completamente OOC .-.Spero
tu l'abbia gradito. Un saluto e a presto<3.
Tayr
Soranance : Ebbene sì, sono tornata. Non molto
in forma, ma sono tornata. Felice tu abbia gradito la sorpresa. Lol.
Come ho scritto sopra ad Alice, fatico molto a scrivere su Atem. Non
sono neanche molto sicura di aver intrapreso la strada migliore, in
questa storia. A proposito...io aspetto ormai da un bel po' di tempo
il terzo capitolo di “ Fa' ciò che vuoi”! Sigh,
quanto dovrò attendere ancora?ç_ç Grazie
dell'incoraggiamento. Un bacio.
|
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Capitolo 4 *** Il gioco della redenzione. ***
Ehm...non so neanche con quale
faccia presentarmi, quanti anni sono passati dall'ultimo
aggiornamento? QUATTRO. Ehm. Sì. Credo che dei vecchi lettori
non ci sarà più nessuno all'ascolto, al limite
risponderò alle vostre recensioni per farvi avere la notifica,
sperando di non disturbarvi. Boh, sono senza scuse, ma ci son voluti
quattro anni per farmi trovare una soluzione per questo capitolo e
non sono neanche sicura che funzioni, temo sia molto confusionario e
potrebbe avere senso solo nei miei trip mentali. Credo che la fic
potrebbe anche finire così, vedrò se ci sarà
responso anche se dubito. Spero che l'attesa sia valsa la pena.
Ushio non poteva credere ai suoi occhi.
Atem era davanti a lui con un sorriso
bello e beato, come se nulla fosse accaduto, come se non ci fosse
nulla di cui preoccuparsi.
E poi quel “ Vuoi giocare con
me?” cosa voleva dire? Era uno scherzo, forse? Si stava
burlando di lui o cosa?
Per non parlare di quell'improbabile
pendaglio a forma di piramide che aveva al collo.
-Muran! Di che gioco stai parlando?
Pff, sei ridicolo. Il topo che propone al gatto di giocare, cosa mi
tocca sentire. Non pensi che sia rischioso? Potresti finire mangiato.
-
Atem sorrise. Un sorriso anche più
sereno di prima, se possibile: - Hai ragione, Ushio-sama. Tuttavia,
vorrei rischiare. Anzi, ti faccio una proposta: se tu dovessi vincere
questo gioco, sono disposto a darti il doppio dei soldi che hai
richiesto...-
Ushio lo interruppe divertito:-
Interessante, davvero. Se invece dovessi perdere io, immagino che tu
voglia essere lasciato in pace, giusto?-
Il più piccolo scosse il capo:-
No.-
- No?!?-
-No, voglio solo che tu capisca quello
che stai facendo, che stai sbagliando. Vorrei che tu smettessi di
fare quello che fai ai ragazzi di questa scuola.-
Ushio rimase un attimo in silenzio
fissandolo incredulo:- Cioè, fammi capire...TU...tu vuoi che
io, in caso di perdita...mi redima?-
Atem annuì.
L'altro scoppiò in una grossa,
grassa risata di scherno. Oddio, basta, quel ragazzino si era bevuto
il cervello. Doveva essersi fumato qualcosa di strano, oppure
boh...disturbi di personalità? Ma chi cavolo era quel pazzo?
- No, davvero...AHAHAHAH! Fammi capire,
giustiziere della notte. Come pensi di fare a convertirmi? No,
cioè...pensi che basti un gioco e io, improvvisamente, mi
metta a fare il carino con tutti? E poi dimmi, sei così sicuro
di vincere? Quello che dici non ha senso, Muran!- Disse Ushio.
-Se tu fossi di parola, dovresti. Come
io ti darò il doppio dei soldi se dovessi perdere. In ogni
caso, io mi fido di te. – Rispose Atem.
COSA? Cosa aveva appena detto quel
nanetto? Si fidava di lui? Oh, sì, questa era proprio bella!
La cosa che più lo lasciava stranito era che quell'improbabile
Atem lo continuasse a fissare con quella fastidiosa espressione
tranquilla sul viso.
Assurdo, era una candid camera o cosa?
Era una situazione talmente ridicola
che rifiutare l'offerta del piccoletto sarebbe stato un delitto.
Sembrava troppo, troppo convinto.
Muran era famoso per essere molto bravo
nei giochi, ma in fondo che importava? Se anche quel microbo avesse
avuto la meglio su di lui, di certo non se la sarebbe cavata con una
stretta di mano e un sorriso. Un pugno in faccia e gliel' avrebbe
fatta passare lui la voglia di fare queste stronzate. Altro che
redimere e redimere! Però era davvero troppo curioso di sapere
dove volesse andare a parare con questa storia. Così, giusto
per farsi una risata.
-D'accordo, Muran, ci sto! Dimmi, quale
gioco hai intenzione di propormi?-
Atem cominciò a frugare in una
tasca e ne estrasse due dadi.
- Io e te abbiamo conformazioni fisiche
molto differenti, Ushio. Quindi ho pensato ad un gioco che non
potesse in qualche modo avvantaggiare uno dei due. Voglio che sia il
caso a decretare il vincitore.- Disse. Dopodiché, con il piede
tracciò una “X” sul terreno sabbioso del giardino
scolastico:- Questo sarà il nostro punto di arrivo.- Poi,
sotto lo sguardo perplesso di Ushio, cominciò ad allontanarsi
dal simbolo appena tracciato e, ad ogni passo, sempre con il piede,
ne tracciò degli altri.
- Si può sapere cosa diavolo
stai facendo, Muran?- Chiese Ushio leggermente stranito.
-E' semplice.- Rispose Atem:- Queste
sono le unità di misura di ogni passo. Come ho detto prima,
nessuno di noi due dovrà assere avvantaggiato. Ora ti spiego.-
Si fermò dopo essersi allontanato di diversi metri dalla “X”
e aver lasciato un bel numero di segnetti dietro di lui. Incise un'
ultima riga più lunga delle altre :- Questa, invece, è
la partenza.-
Alzò lo sguardo verso il suo
interlocutore:- Il gioco è molto semplice. Come ti ho già
detto sarà la sorte a decretare il vincitore. Tieni.- Lanciò
ad Ushio uno dei due dadi e questo lo afferrò al volo.
- Dall'arrivo ci sono in totale cento
passi. Ogni passo corrisponde ad una delle tacche che ho tracciato. A
turno tireremo il dado e i passi che faremo saranno corrispondenti al
numero che uscirà. In poche parole, il vincitore sarà
chi arriva per primo alla “X”. Semplice, no?- Concluse
sorridendo.
Ushio ghignò. A parte quella
fastidiosissima espressione che Muran aveva in volto, (mai vista
prima, peraltro) sembrava davvero essersi fumato il cervello. Ma che
razza di gioco era? Neanche i ragazzini delle elementari!
- D'accodo, Muran. Inizio io, ti
dispiace?-
Si mise sul punto di partenza,
dopodiché lascio cadere il dado a terra. Questo rotolò
su sé stesso un paio di volte e si fermò sul numero
cinque:- Cinque...non è male, come inizio!-
L'energumeno avanzò di cinque
passi e poi si voltò verso il rivale:- Prego, è il tuo
turno.-
Atem lanciò il dado a sua volta
facendo uscire il numero quattro. Avanzò rimanendo indietro di
una tacca rispetto all'altro.
Ushio rise:- Abbiamo appena cominciato
e sei già in svantaggio. Sei proprio uno sfigato!-
Rilanciò il dado. Se gli fossero
capitati dei numeri alti per un altro paio di turni, probabilmente
avrebbe già potuto considerarsi vincitore.
Uscì un altro cinque e avanzò
di altrettante tacche. Bé, non male.
Fu il turno di Atem che ottenne un sei.
Avanzò e si ritrovò allo stesso punto dello sfidante.
- Ti ho raggiunto.-
Gli occhi viola del ragazzino
scrutavano spalancati quelli di Ushio che, incrociando il suo
sguardo, provò un brivido. Era lì, con gli occhi
sbarrati. Ora non sorrideva più, si limitava solo a fissarlo
con quelle iridi enormi.
Scosse il capo e lanciò per la
terza volta il dado. Dopo qualche giro si fermò sulla facciata
del quattro. Deglutì. Stranamente la fiducia in se stesso non
era più ai livelli di prima. Con un numero così basso,
Muran lo poteva superare tranquillamente. Però...perché
provava quel senso di inquietudine? Era solo uno stupido giochino e
in qualsiasi modo si fosse svolto, alla fine avrebbe vinto lui.
E infatti, quello che stava temendo
avvenne. L'altro fece un bel sei e lo superò di ben due
tacche.
Ushio era dietro di lui, gli fissava le
spalle dall'alto. Sentiva una strana atmosfera.
Il cuore prese a battergli più
forte improvvisamente. Ma che stava succedendo?
Chiuse gli occhi, fece un bel respiro.
Doveva calmarsi, non c'era nulla di cui preoccuparsi. Era solo un
gioco innocente per bambini, che motivo c'era di agitarsi così?
-È brutto sentirsi in
svantaggio, vero?-
Ushio spalancò gli occhi:-
COSA?-
La visione che si ritrovò
davanti lo fece rabbrividire: Atem, enorme, lo sormontava di qualche
metro. Dall'alto lo fissava con due spaventosi, enormi occhi rossi.
Intorno a sé la visuale era confusa e sfocata.
Sentì il cuore pompare sempre
più veloce. Non riusciva a muovere nemmeno un muscolo e la
voce gli morì in gola. L'unica cosa che gli riusciva era
perdersi in quei terrificanti occhi rossi.
-Ushio? Ushio?- Lo chiamò Atem.
Questo scosse la testa, tornando in sé.
Si accasciò un attimo su se stesso, tossendo: gli era mancato
il fiato. La terribile visione sparì e davanti a lui, con
l'espressione preoccupata, c'era solo Atem.
Questo cercò di avvicinarglisi
porgendogli la mano:- Tutto bene?-
Ushio lo spinse via:- Cosa...cosa
diavolo era quello???-
Atem attese un attimo prima di
rispondere.
-È brutto sentirsi così,
non è vero? Mi dispiace.-
L'altro scattò:- Così?
Così come? Ti dispiace? Che razza di trucchetto hai usato,
dannato nano bastardo!?-
- Tu fai questo alle persone tutti i
giorni, sai? È brutto sentirsi inermi, indifesi. Avere la
paura che ti invade il corpo, non poter reagire. Non avere alcuna via
d'uscita.-
Ushio lo prese dal colletto, alzandolo
di forza da terra:- Cosa diavolo stai blaterando? Cosa mi hai fatto?-
Disse.
- Io non ti ho fatto nulla.- Rispose
Atem con voce dispiaciuta:- Purtroppo hai fatto tutto da solo. Tu non
hai mai giocato ad armi pari con nessuno. Sei sempre stato al di
sopra di tutto e di tutti, hai dettato legge in questa scuola con la
violenza, la prepotenza. È facile così, non è
vero? Avere la meglio sugli altri disseminando terrore. Nessuno può
difendersi contro di te perché sei più grande, più
grosso, più cattivo. Nessuno ti può fermare. Ma ora hai
paura, non è così? Se ti affidi al caso, la tua
supremazia non serve a nulla. Non puoi convincere i dadi a darti un
numero più alto del mio con la forza. Quindi ora ti senti
spaventato, indifeso. Non c'è mai stato qualcuno al tuo
livello, non sai come reagire, ti senti una vittima. Proprio come una
delle TUE vittime. Ma il caso va ben oltre. Non puoi nulla contro di
lui.-
Ushio era fuori di sé. Il viso
grondava di sudore, l'espressione contorta nella rabbia più
totale. Strinse la presa:- Dimmi...cosa...mi...COSA MI HAI FATTO???-
Gridò
Atem annaspò per la stretta al
collo:- Questo è il gioco della redenzione...proverai sulla
tua pelle il male che hai fatto agli altri. Ogni volta che ti
prenderà la paura di essere sconfitto, i tuoi demoni si
risveglieranno e proverai ciò che provano le tue vittime.-
- I...i miei demoni?-
-Sì...i tuoi sensi di colpa
riaffioreranno, fino ad inghiottirti, se non aprirai il tuo cuore.
Devi affrontarli per poterlo fare e...-
Ushio lasciò cadere Atem per
terra con un tonfo. Questa era proprio bella. Sensi di colpa? Lui NON
aveva mai avuto sensi di colpa. :- Sei ridicolo, Muran! Di quali
sensi di colpa stai parlando?-
- Non esistono persone completamente
cattive! È ...è un buon segno...avere i sensi di colpa
implica che c'è un pentimento- Rispose quasi timidamente
Atem. Quello STRANO Atem.
Ma chi cavolo era? Da dove era sbucato?
Più lo vedeva, più lo ascoltava meno gli sembrava il
solito Muran.
-Tu sei pazzo.- Sibilò. Lo
lasciò cadere a terra con un tonfo.
-Tu sei davvero...davvero pazzo! I
sensi di colpa? Il fato? La paura? Ma ti rendi conto delle stronzate
che dici? No? Dovresti!-
-Ushio, ti prego, ascoltami...-
-No, “ti prego” un cazzo!
Mi hai stufato, stronzetto! Ora basta con questa pagliacciata, mi
sorprendo di essere stato persino al gioco.-
Ushio lanciò il suo dado in
fronte ad Atem con forza, facendolo gemere.
-Sai che ti dico, Muran? Basta con
questo teatrino dei miei coglioni. Volevo farmi una risata, ma io con
i pazzi non ci parlo.-
Oltrepassò Atem e con un calcio
fece sollevare il terreno, cancellando molte delle tacche tracciate
dall'altro ragazzo in precedenza:- Ecco, guarda cosa me ne faccio del
tuo gioco del cazzo! Fanculo il destino! E ora...dammi tutti i soldi
che hai e chiudiamola qui, piccolo figlio di puttana!-
Atem rimase immobile, per terra, a
fissare il gigantesco ragazzo davanti a lui ansimante e con gli occhi
fuori di sé. Spaventato.
Il suo sguardo si fece triste:- Oh,
Ushio...hai davvero così tanta paura di essere onesto con te
stesso? Ti avevo offerto la mia fiducia, non rispettando le regole
del gioco l'hai tradita.-
Un occhio.
Un terzo occhio si illuminò
sulla fronte di Atem.-Accettare i propri errori, capire i propri
limiti, ripagare la fiducia degli altri è il primo passo verso
il cambiamento, ma tu non vuoi, dimmi perché? Tu non sei
così.-
Ushio tremò: cosa diavolo era
quella cosa? CHI diavolo era? Improvvisamente si sentì
immobilizzato, intorno tutto diventò bianco, un bianco
accecante, che faceva male, che ti penetrava nell'anima, che ti entra
dentro. Non aveva mai visto così tanta luce.
Davanti a sé solo quel...mostro
che lo fissava con occhi tristi e...e...cos'erano quelle? Cos'erano
quelle cose che scintillavano nei suoi occhi? Potevano essere
davvero...lacrime?
Perché piangeva?
Sentì come uno strano pizzicore
alla mano, la guardò e un grido gli morì in gola: la
luce stava inghiottendo il suo corpo, stava svanendo lentamente,
stava perdendo consistenza. Alzò lo sguardo colmo di panico
verso Atem. Per questo piangeva? Piangeva per lui?
-La luce inghiottirà le ombre,
Ushio...dimostra loro che non sei un'ombra, ti prego...- Singhiozzò
Atem.
Tutto questo era assurdo,
indescrivibile. Sì, provava paura, era sperduto, era una
vittima, come le sue vittime. Era così che si sentivano?
Immobilizzate? Annientate? Umiliate? Perchè il suo aguzzino
piangeva? Perché non si sentiva importante, superiore come
faceva lui?
Perché lui si sentiva così,
giusto?
Quelle lacrime continuavano a sgorgare
ininterrottamente, seguite da singhiozzi, sembrava che quel ragazzino
lo volesse salvare, che si sentisse lui stesso inerme di fronte a
tutto quel bianco. Piangeva, e quelle lacrime entrarono nel cuore di
Ushio come fendenti, aveva visto tante lacrime in vita sua, ma era
lui a causarle, non erano mai per lui.
Le sue labbra si schiusero e uscirono
delle flebili parole:- A...A volte...io penso di non poter fare altro
per farmi notare, non ho nessun' altra dote. Ho la forza, ho la mia
statura, la gente mi ha sempre temuto e io...ne ho approfittato.
Nessuno ha mai visto altro in me, solo il bambino più grande
degli altri, il ragazzone che può mettere tutti sotto perché
nessuno può competere. Se io non avessi questo corpo...chi
sarei? Nessuno mi avrebbe mai notato, nessuno ha mai guardato oltre
queste enormi spalle che mi ritrovo! Nessuno! Io non ho voluto essere
così, ma che altro modo avrei?-
Il suo corpo si faceva sempre più
trasparente, Ushio cominciò a divincolarsi in preda al
terrore. Si inginocchiò a terra tenendosi la testa fra le
mani, il viso contorto in una smorfia di paura che ormai gli era
entrata nelle viscere.
-“Ushio è forte...Ushio ci
proteggerà, se stai con lui puoi avere tutto, perché
lui può avere tutto! Stiamo con lui per comodità
oppure...oppure scappiamo, Ushio ci fa paura!” E' questo che la
gente dice, è questo che si aspettano da me! È questo
che vogliono vedere e io glielo do perché mi fa sentire bene,
mi fa sentire speciale, ammirato, temuto...io...così posso
avere tutto, la fama, i soldi, il rispetto, ma...-
Sentì qualcosa di caldo
bagnargli il viso. Non poteva essere vero...lui...stava...stava
piangendo? Alzò lo sguardo annebbiato verso la figura davanti
a sé, era lì, immobile e in silenzio, con gli occhi
tristi e lucidi, con quello strano occhio che luccicava sulla sua
fronte.
Ushio singhiozzò, ormai era
quasi diventato trasparente:- Nessuno vuole davvero stare con
me...nessuno...anche chi dice di essere mio amico. Se non mi comporto
in questo modo... io non sono nulla, sarei una persona come tante, un
fallito...chi starebbe con un fallito?-
Una mano si porse davanti al suo viso,
come a voler essere afferrata.
-Ushio, sei vittima di te stesso, ti
sei preso un ruolo che non ti apparteneva per comodità, per
non sforzarti ad ottenere quello che desideri con le tue forze, per
paura di un vero confronto con le persone e di non essere accettato.
Non si possono sempre prendere scorciatoie, a volte i vantaggi si
possono tramutare in svantaggi, per questo sei così
terribilmente solo.-
Ushio scoppiò in sonori
singhiozzi perdendosi in quegli enormi occhi gentili che lo
fissavano.
-Ma nulla è perduto, tu non sei
fatto di sole tenebre. Accetta chi sei, non nasconderlo, mostra a
tutti chi sei davvero, mostra a tutti che Ushio può giocare ad
armi pari e non teme di farlo. Guardati dentro e mostralo agli altri,
abbi fiducia in loro, abbi fiducia in te, ti capiranno.-
Le persone lo avevano sempre temuto
per il suo aspetto ed era vero, fin da piccolo ne aveva approfittato.
Aveva capito che così avrebbe sempre ottenuto ciò che
voleva, tranne che del vero affetto. Ma andava bene, era la cosa più
facile da fare, si era convinto che quello fosse il vero se stesso,
quello che non chiede mai e non scende mai a compromessi, quello
forte che non ha mai paura. Gli piaceva, sì, lo credeva,
trarre vantaggio dalla sofferenza degli altri era semplice, ma quanta
sofferenza gli portava a sua volta? Quanti sensi di colpa per essere
stato così vigliacco si erano accumulati? Così
vigliacco da non voler mai davvero uscire allo scoperto,
nascondendosi dietro i propri muscoli. Aveva sempre incolpato gli
altri per non aver cercato di capirlo, ma lui che aveva mai fatto
oltre che il prepotente? Fino a quel momento non se ne era davvero
reso conto.
La sua paura l'aveva inghiottito fino a
trasformarlo in un'ombra e solo ora vedeva in faccia la realtà.
Lui gli aveva letto nell'anima.
Si affrettò ad afferrare la mano
di Atem, avido lo strinse a sé, come un bambino sperduto con
la madre gli cinse la vita, piangendo. Sentì una mano
accarezzargli i capelli, come per rassicurarlo:-Ushio, il tuo corpo è
tornato normale, guarda.-
Era vero, si guardò le mani,
prima una e poi l'altra, non era più trasparente, aveva
ripreso consistenza e la luce intorno a sé cominciava a
diradarsi sollevandogli la vista.
-Sono felice che tu abbia vinto questo
gioco, Ushio.-
-Eh? Ma io non ho...-
Improvvisamente tutto sparì, era
di nuovo nel cortile della scuola, ma Atem non era più lì.
Accasciò a terra, le lacrime continuavano a scendere impetuose
dai suoi occhi, cosa gli era successo? Era stato un sogno? Eppure si
sentiva strano, leggero, leggero come il suo corpo non era mai stato
e mai sarà, leggero dentro, come se un peso fosse volato via.
Come se quell'Ushio grosso e pesante se ne fosse andato per dare
spazio a quel ragazzo con sogni, speranze e sentimenti che non
rivedeva più dai tempi della prima scazzottata, quando si
accorse che la forza fisica gli avrebbe aperto tutte le strade. Quasi
tutte.
Quella notte rimase lì a
piangere, non tornò a casa, ripensò alle persone che
aveva fatto soffrire, a chi lo aveva abbandonato per questo suo
comportamento, a chi aveva abbandonato lui e chi aveva tradito.
Basta far del male, basta farsi del
male. Lui non era “l'energumeno”, non era “l'armadio
a tre ante”, lui era Ushio. Le lacrime uscivano, così
come i suoi peccati.
Quella mattina Atem si diresse a scuola
più tardi del solito, si sentiva stanco, come se non fosse
riuscito a dormire, eppure era certo di essere crollato subito dopo
aver completato il puzzle.
Già, il puzzle, lo indossava al
collo con una certa fierezza, nonostante la pacchianeria
dell'oggetto. Era finito, era completato, dopo così tanti anni
non gli sembrava vero, eppure non riusciva ad essere felice. Ushio lo
aspettava al varco e...Jonouchi, bè, lui probabilmente
meritava le sue scuse. Insomma, si prospettava una pessima giornata.
Se il puzzle esaudisse davvero i
desideri, se solo non fosse solo uno stupido sogno per bambini
creduloni, allora...
-ATEM!- Una voce familiare fece
capolino facendolo rabbrividire. Ecco, per l'appunto. Si voltò
e vide Jonouchi correre con la faccia paonazza verso di lui:-Atem,
eccoti, ti ho cercato ovunque!-
Benissimo, e ora che voleva? Le sue
scuse? Bé, sì, aveva intenzione di fargliele
effettivamente, ma da dove cominciare? Non era molto bravo in queste
cose, come lo doveva affrontare? Con che faccia dopo quello che era
successo?
-Jonouchi-kun, io...-
-Non so cosa tu abbia fatto...- Lo
interruppe l'altro:- Ma...Ushio stamattina è venuto da me,
aveva una faccia che...boh, sembrava avesse pianto per ore, assurdo!
Vabbè, dicevo...è venuto da me e da Honda e si è
scusato davanti a tutti, si sarà inchinato, non so, almeno
dieci volte! Sta chiedendo scusa a tipo tutta la scuola!-
Era agitatissimo, gesticolava come un
matto, parlava velocemente e Atem faceva fatica a stargli dietro:-
Ok, ok...fermo, non ho capito cosa c'entro io, però!-
Jonouchi prese fiato:- Come cosa
c'entri? Ushio mi ha detto che avete parlato e altre cose strane,
insomma, sembrava confuso e...non ho capito, però qualsiasi
cosa tu gli abbia detto, io...grazie, grazie di cuore! Lo sapevo che
le cose che hai detto ieri non le pensavi veramente, sapevo che non
eri così!” Sorrise.
Atem era basito. Ma che stava dicendo?
Lui non aveva mai parlato con Ushio, ci doveva essere un errore! E
poi...perché Jonouchi lo ringraziava, di cosa? Erano tutti
impazziti? E dire che era lui che doveva scusarsi.
-Io veramente non...-
Decise di sorvolare, questa faccenda
gli sembrava una cosa da fuori di testa, forse Ushio lo aveva
semplicemente sognato, ma in fondo che importava? Alla fine si era
risolto tutto, no? Anche se non aveva capito come:-
Jonouchi-kun...io...volevo, bé, volevo ringraziarti per avermi
riportato il pezzo che avevo perduto.- Disse Atem indicando il
pendaglio che portava al collo.
-Oh! Quello, bé, ti apparteneva,
lo sanno tutti quanto ci tieni a quell'aggeggio. Certo che ne è
uscito un coso davvero strano, ma vedo che finalmente l'hai
completato!-
Atem si sentì persino in
imbarazzo davanti a tanta onestà:- Io...sì, per me
questo puzzle è davvero importante. Credo di dovermi
sdebitare. Dimmi, cosa posso fare? Se vuoi posso offrirti qualcosa,
ehm...- Si grattò la guancia nervosamente.
Jonouchi rise di fronte a quell' Atem,
di solito così impassibile, nervoso ed impacciato:- Non c'è
alcun bisogno di sdebitarsi, e poi...quello che hai fatto con Ushio
vale davvero molto, per me.- Ancora. Lui non aveva fatto nulla con
Ushio!
-Continuo a non capire, sinceramente,
ma se c'è qualcosa che posso fare...-
-Bè, in questo caso...- Ghignò
Jonouchi:- C'è qualcosa che vorrei da te, però non è
una cosa che si può comprare, né che si può
vedere...- Sorrise sotto gli occhi confusi di Atem:- E' l'amicizia!
Credi di poter frequentare un ragazzaccio come me?-
Se solo il giorno prima davanti ad una
proposta simile se ne sarebbe andato lasciandolo lì con delle
frasi di circostanza per levarselo di torno, oggi l'offerta di
Jonouchi lo faceva sentire sollevato, in qualche modo.
Atem abbozzò un sorriso, timido,
ma sincero:- Credo di poterci provare.-
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Capitolo 5 *** L'altro Atem ***
FERMI TUTTI! Cos'è questo, un
aggiornamento? Ma siamo matti? Sono passati tipo quattro giorni, se
ci sarà una calamità naturale, Masaya bella, sappi che
sarà per colpa tua! Sì, sì, sì, lo so,
sto aggiornando e non è passata neanche una settimana, roba da
non credere, ma udite, udite QUESTA STORIA FINIRA'. Sì, è
ufficiale, non faccio promesse da marinaio sulle tempistiche (entro
l'anno, dai), ma ce l'ho già stampata in mente, quindi lettori
di vecchia data (e benvenuti new entry), se siete in ascolto, questa
storia avrà un finale!
In questo capitolo non succede nulla
di WOWOWOW, ma sentivo il bisogno di scriverlo per giustificare
quello precedente. Dovete sapere che la prima parte del capitolo
quattro fu iniziata nel 2012, mentre la seconda fu scritta poco prima
di postare la storia, nella mia mente il tutto aveva pure un senso,
ma...s'era spezzato e, secondo me, il risultato non funziona anche se
alcuni di voi mi hanno rincuorata su questo fatto. In ogni caso
questo credo lo completi, o quantomeno completi i miei trip mentali
sulla vicenda. P.s. Non sono mai stata in Giappone, quindi tutti i
riferimenti poco piacevoli ad una parte della cultura nipponica mi
sono stati raccontati da persone che ci hanno vissuto, prendeteli
con le pinze perché non so se siano effettivamente veri, ma
ehi, è una fic!
*Ah “Gaijin” significa
“straniero” in modo dispregiativo.
P.P.S. Se vi piace commentate, dai
(pure la ficcina su Mokuba che a me piace tanto, non mi ignorate che
sono carichissima tutta per voi):(
In quei giorni Atem si sentiva davvero
turbato, non che di solito non lo fosse, in effetti, ma da qualche
tempo a questa parte erano successe un sacco di cose strane. Troppo
strane.
Da quando aveva costruito il puzzle del
millennio gli capitava di avere dei vuoti di memoria, gli sembrava
quasi di dormire, di non essere cosciente, eppure proprio in quei
momenti i suoi amici gli dicevano di averlo visto, visto mentre
faceva...cose.
Sì, erano accadute un sacco di
cose strane, forse perché aveva cominciato a frequentare
Jonouchi, Honda e Anzu, forse per pura casualità, ma sembrava
che finire nei guai fosse diventato il suo nuovo passatempo. Un
odiosissimo passatempo!
Era successo anche da Burger World
quando un evaso di prigione aveva preso Anzu (che lavorava come
cameriera) in ostaggio, per esempio. Ovviamente lui era lì
assieme a Jonouchi, neanche a farlo apposta. Vedendo la ragazza
bendata e con una pistola puntata alla tempia si sentì...arrabbiato,
preoccupato. Provò odio verso quella persona che stava
mettendo a repentaglio la vita di tutti i presenti.
Il tipo si era rivolto a lui:-Tu,
gaijin* capisci il giapponese, vero? Portami dell'alcol e del
tabacco, in questa vita da recluso in prigione mi hanno portato via
tutti i vizi, ma ora che sono libero posso finalmente ricominciare!-
Atem, con calma, si era diretto al
bancone per farseli consegnare da una povera cassiera terrorizzata
e... aveva sorriso: un'idea gli era balenata nella testa, un'idea che
lo fece sentire stranamente eccitato. Senza farsi vedere aveva
allentato il tappo della bottiglia, bastava avvicinarsi, versargli
l'alcol addosso e poi...zac! Doveva solo essere pronto con
l'accendino. Aveva paura, certo, ma una persona del genere meritava
solo di fare quella fine e lui non avrebbe esitato a fargliela fare.
Ma poi Anzu aveva gridato:-No, Atem!
Vattene, scappa!- e l'evaso l'aveva picchiata ordinandole di stare
zitta. Di cosa successe poi... non aveva il benché minimo
ricordo.
Gli avevano riferito di aver sfidato ad
un gioco quell'uomo e che questo, dopo, si fosse messo a piangere,
consegnandosi da solo alla polizia e dicendosi pentito di tutto.
Al suo “risveglio” tutti si
stavano complimentando con lui per il suo coraggio, Anzu lo aveva
abbracciato in lacrime (invadendo i suoi spazi, e lui ci teneva MOLTO
ai suoi spazi) dicendosi davvero toccata dalle sue parole, che non lo
faceva una persona così sensibile, ma...quali parole?
E questo fu solo uno dei casi strani
avvenuti di recente, dopo Ushio era capitato di avere problemi con
altri compagni di scuola, problemi con lui o con uno dei suoi nuovi
amici. Quelle erano persone pessime, dovevano sparire dalla faccia
della terra, scarti della società che, senza un apparente
motivo, gli si presentavano davanti ringraziandolo per avergli fatto
aprire gli occhi.
Si stava facendo una strana reputazione
a scuola e sinceramente la cosa, se da una parte lo infastidiva,
dall'altra era quasi piacevole. Vedere le persone interessarsi a lui
per qualcosa che non fossero i suoi voti o la sua pelle abbronzata
non era male, dopotutto. Era strano che la gente gli si avvicinasse
per scoprire un lato del suo carattere che...che però non era
il suo. Chi stava apprezzando quella gente?
L'evaso al Burger World, Ushio, il
bulletto della sola giochi, i vari teppistelli della scuola, lui non
avrebbe mai lontanamente pensato di parlargli, quella gente meritava
solo di morire e lui voleva starne ben alla larga. Non diciamo
sciocchezze, pensò Atem, la gente non cambia, un bastardo
resta pur sempre un bastardo e fosse stato per lui quelle persone
avrebbero dovuto subire le peggio punizioni.
Ma a parte questo, davvero non capiva
cosa gli stava accadendo e la cosa lo preoccupava non poco, tanto da
perderci il sonno.
-Ehi, Atem, non che sia particolarmente
strana la cosa, ma...oggi sei persino più pensieroso del
solito, e ce ne vuole!- Esclamò Jonouchi cercando di
riportarlo sulla terra agitandogli una mano davanti alla faccia.
Atem, Jonouchi e Honda stavano
pranzando seduti sulla terrazza della scuola, erano ormai diverse
settimane che si frequentavano e, doveva ammettere il ragazzo, la
cosa non gli dispiaceva poi tanto.
Certo, tutti si chiedevano come uno
come lui, bravo, belloccio e...pure buono, da quello che si diceva di
recente, potesse stare con quei tipi dalla pessima reputazione e un
po' se lo chiedeva pure lui. Non avevano molto da spartire quei tre,
ma...si era sbagliato sul loro conto e il suo errore li aveva
coinvolti in quel casino con Ushio. E sì, era stata colpa sua,
della sua diffidenza, del suo egoismo. Cosa fosse accaduto per far
avvicinare quell'improbabile trio rimaneva un mistero per Atem,
faceva parte di quei vuoti di memoria che si ripetevano sempre più
spesso e ancora non aveva trovato il coraggio di parlarne con
nessuno. Anche se si trovava bene in compagnia di quei ragazzi,
faceva fatica a lasciarsi troppo andare, era più forte di lui.
-Scusa, Jonouchi, è che mi sento
un po' strano in questi giorni- Rispose sorridendo, il solito sorriso
di circostanza.
Honda e Jonouchi sospirarono. Ah,
quanta strada doveva ancora fare il loro nuovo amico.
-Quando la finirai con quei sorrisetti
finti?-Sbottò Honda addentando il proprio panino.
-Già, meno sorrisetti e più
fatti, non hai ancora capito che se c'è qualcosa che ti
preoccupa puoi parlarne con noi? Siamo i tuoi amici.- Proseguì
Jonouchi con un'espressione spazientita sul viso.
Atem arrossì mettendo il
broncio, più per il fatto di essersi sentito toccato che per
altro, anche se in fondo...lo avevano capito. Non fu una brutta
sensazione.
A quel punto, però, una domanda
gli sorse quasi spontanea. In realtà se lo era sempre chiesto,
ma quello gli sembrò il momento migliore per levarsi il dubbio
e, forse, mettersi il cuore in pace su quei due:- Se davvero possiamo
dirci tutto, c'è una cosa che vorrei tanto sapere...-
I ragazzi lo guardarono
dubbiosi:-Spharah.- Farfugliò Honda ancora intento a
masticare.
Atem prese parola:-Bé, in
questo istituto in un modo o nell'altro sono piuttosto popolare, ma
come forse vi sarete resi conto la cosa mi crea parecchio disturbo, a
me non piace avere tutte queste persone intorno...-
-Sì...- Lo interruppe Jonouchi:-
Ce ne eravamo accorti, con noi sei sempre stato gelido.- Disse quasi
per rinfacciarglielo, seppur in tono amichevole.
-Uhm- Mugolò Atem sentendosi un
po' offeso dall'uscita del compagno:-Bè, mi sono sempre
chiesto perché voi due in particolare foste così
insistenti nel voler fare amicizia con me, invadenti, direi.-
Replicò alla frecciatina, senza risparmiarsi.
I due ragazzi guardarono Atem, poi si
guardarono a loro volta un po' stupiti per quella bizzarra domanda.
Honda si lasciò sfuggire un sorrisetto:-Lasciatelo dire,
amico, sei davvero prevenuto con le persone.-
-Prevenuto?- Protestò Atem,
scaldandosi:-Ma vi siete accorti in che razza di mondo vivete? Io
vengo da fuori e sappiate che là non è così! Da
me la stima per una persona non si basa solo sul suo rendimento
scolastico, per dire! Mi dispiace dirvelo, ma qui è tutta
apparenza, ipocrisia, la gente s'attacca alla popolarità
propria o degli altri, qui si vive di etichette, la vostra vita viene
decisa dai voti che prendete fin dall'asilo, da questo si decreta il
vostro futuro! Un futuro da probabile impiegato in un ufficio che
lavora fino alle dieci di sera per tornarsene a casa tardi e
frustrato! Ma vi sembra possibile? La vostra facciata, avete solo
questo, questo e quello che la gente pensa di voi! Sono cose che vi
accompagneranno fino alla morte e non sarete mai, MAI voi stessi,
nessuno vi apprezzerà per quello che siete! Perché mi
dovrei fidare di persone così?-
Si morse le labbra, era stato troppo
duro? Troppo schietto?
All'improvviso ebbe un déjà
vu. Chi altro aveva detto quelle cose? Era sicuro di aver parlato di
questo con qualcuno, qualcuno che stava piangendo...ma chi? Era
qualcuno che...che soffriva per una condizione alla fine non troppo
diversa dalla sua, che si ara adattato a vivere con una maschera per
convenienza, per paura, per non essere schiacciato da quella società
fatta di finzione, finendo così su una cattiva strada. Ma chi
era?
I due amici lo fissarono in silenzio,
era ufficiale: Atem non aveva una gran buona opinione del Giappone e
dei giapponesi. In fondo lui era straniero e per gli stranieri non
era una vita tutta rose e fiori, anche solo il permesso di poter
rimanere sul suolo nipponico non era facile da ottenere.
Probabilmente quel ragazzo venuto da tanto lontano aveva dato tutto
se stesso, tutto l'impegno che poteva per non essere definito
“gaijin”. C'era riuscito, sì, ma ora ne sentiva il
peso.
-Hai ragione.- Ruppe il silenzio
Jonouchi:-Hai perfettamente ragione:- Continuò incrociando le
braccia al petto, serio:-E sai...ti sei risposto da solo, è
per questo che noi volevamo essere tuoi amici.-
-C...come?- Chiese Atem con tono
contrariato. Forse... c'era rimasto male?
-Non mi fraintendere.- Lo calmò
subito il biondino:- Quello che dici io e Honda lo viviamo sulla
nostra pelle tutti i giorni, cosa credi? Guardaci, non abbiamo certo
una buona reputazione, la maggior parte della gente ci evita...-
-E anche tu.- Concluse la frase Honda,
più tagliente di una lama.
Atem rimase immobile. Che dire? Touchè.
Davvero, quelle parole lo avevano completamente lasciato senza alcuna
possibilità di replicare. In quel momento se ne rese conto:
stava criticando un sistema alla quale lui stesso aveva preso parte.
Aveva sempre evitato quei ragazzi a detta di tutti poco
raccomandabili e lui ci aveva creduto, li aveva persino accusati di
essersi meritati le botte, frutto delle loro cattive azioni; anche
loro avevano fatto parte della sua lista di individui irrecuperabili
che, secondo lui, meritavano il peggio, ma poi... poi aveva scoperto
che si sbagliava su tutto, erano le persone migliori incontrate
finora in quel paese.
“Stupido”, si disse. Se in
quel momento avesse potuto, probabilmente sarebbe sprofondato per la
vergogna.
-Io alle medie ero un teppista.- Disse
mestamente Jonouchi:- Ho avuto dei problemi in famiglia, mio padre
soffre tutt'ora d'alcolismo, ma è come dici tu, qui queste
cose non si possono dire, qui tutto deve sembrare perfetto e
allora...allora ti senti schiacciato e l'unico modo che hai per
sentirti in qualche modo accettato da qualcuno... è quello di
finire con certa gente a fare certe cose.-
Atem si sentì fremere. Ancora
quello strano déjà vu.
-Ad un certo punto non sai davvero come
uscirne, sai? La gente comincia a guardarti male ed è
difficile cambiare la loro opinione, possono passare gli anni, ma tu
resterai per sempre qualcuno da evitare, un fallito.- Sorrise,
Jonouchi. Un sorriso triste, amaro, di chi aveva sofferto molto. Si
voltò verso Honda, incrociando il suo sguardo e trovandoci
approvazione. Questa volta quello sulle sue labbra fu un sorriso
vero, un sorriso che significava “grazie”:- Ma poi...poi
incontri qualcuno che ti dà fiducia, qualcuno che sa vedere
oltre, e allora capisci che le persone non sono tutte uguali, che non
sei da solo, che puoi cambiare, a volta basta solo avere un po' di
fiducia negli altri.- Honda annuì ricambiando il sorriso
dell'amico.
-Sai, Atem- Proseguì:- Alla fine
tu hai una buona reputazione, ma capiamo quello che provi, è
dura convivere con un mondo che ha delle aspettative su di te,
aspettative che non puoi deludere, essere circondati da chi vuole
approfittarsene, da chi aspetta solo un tuo passo falso. A maggior
ragione, io che le aspettative le ho deluse per davvero, so quanto
sia dura non venir mai giudicati per quello che si è, se Honda
non mi avesse aiutato quella volta, io... probabilmente ora
sarei...-
-Saresti come Ushio.- Concluse
l'egiziano.
E lo sarebbe diventato anche lui.
Atem sentì un tuffo al cuore.
Per le parole di Jonouchi, ma anche perché, da qualche parte
nella sua testa, lui...lui aveva ricordato. Ricordi che non erano
suoi, di qualcosa che non aveva vissuto in prima persona, ricordi che
non gli appartenevano.
Ricordò Ushio in ginocchio che
piangeva disperato, inghiottito dalle proprie paure, dai propri
peccati, da un mondo che lo aveva spinto a fare cose che il suo vero
se stesso non avrebbe mai fatto. Ma come Honda aveva aiutato
Jonouchi, Jonouchi stava cercando di aiutare lui. Qualcun altro
invece aveva aiutato Ushio.
“Un altro Atem”, pensò,
con un brivido di terrore. Poteva davvero essere possibile? No, era
impazzito, ma a che pensava?
Prese fra le mani il puzzle millenario
che portava al collo, lo fissò, era spaventato da una parte,
incuriosito dall'altra, da un'altra ancora...sollevato. Cosa
nascondeva quell'oggetto? Tutto era cominciato da quando era riuscito
a completarlo, però...
Alzò gli occhi fissando
intensamente quelli degli amici davanti a lui, in silenzio, come se
la sua risposta li avesse in qualche modo confusi. Se era lì
con loro, se si stava lasciando aiutare da quelle due persone, quei
due amici, probabilmente doveva dire grazie al puzzle.
Il suo sogno era quello di ritornarsene
in Egitto, ma in fondo, ci sono molti modi per sentirsi a casa.
Atem sorrise, per davvero questa
volta:- Sapete, forse questo aggeggio i desideri li esaudisce
veramente, anche se a modo suo.-
-Eh?- Esclamarono all'unisono i due
ragazzi, straniti.
-Noi saremmo pure ipocriti, ma voi
egiziani non siete mica tanto normali.- Scherzò Honda con aria
di finta sufficienza.
-Già, e poi che gusto negli
accessori, come dire...discutibile...-Disse Jonouchi con una smorfia
disgustata indicando il puzzle millenario.
Atem, forse per la prima volta, emise
qualcosa di molto simile ad una piccola risata, cosa che riempì
d'orgoglio i suoi compagni.
Forse, finalmente, qualcosa si stava
muovendo, ma la strada era ancora lunga.
-Ehi, voi tre! Che bel quadretto!-
Disse ironica una voce femminile.
Anzu fece capolino sulla terrazza con
un sorrisetto divertito. Le faceva piacere vedere Atem finalmente in
compagnia di qualcuno, fino a poco tempo prima se ne stava sempre da
solo. Voleva stare solo.
-Oh, guardate chi c'è! Mazaki la
stalker! La solita maniaca sessuale, non può far a meno di
seguire Atem ovunque! Non lo vedi che questa è una riunione
solo per veri uomini? Via di qui, moretta!- Inveì Jonouchi
con aria minacciosa.
-Uhmf, già, una ragazza non può
certo entrare a far parte delle vostre preziose cerchie omoerotiche,
scusate tanto, tolgo il disturbo.- Replicò lei tranquillamente
gustandosi la faccia del ragazzo che assumeva la tipica espressione
dell'orgoglio maschile ferito.
-Piuttosto...- Continuò Anzu:-
Vi conviene scendere, fra un po' inizia la riunione per il festival
scolastico e non pensate di potermi sfuggire, lavativi! Toccherà
anche a voi tre fare qualcosa, cari miei.-
-Oh, ma sentitela!- Grugnì
Honda.
-Tsè, fa' poco la furbetta, ora
arriviamo, non ci stressare!- Jonouchi si rivolse ad Atem con un
sorriso:-Andiamo?-
-Certo.- Rispose l'altro alzandosi e
dirigendosi verso le scale seguendo a ruota i compagni.
Anzu rimase lì un attimo, li
guardò girarle le spalle e andarsene. Guardò Atem, per
la precisione.
Quella volta...quella volta da Burger
world cosa era successo, esattamente?
Ci aveva pensato a lungo, quella voce
le continuava a rimbombare nella testa, quella voce...non era di
Atem.
Quando lo aveva raccontato ad Honda e
Jono l'avevano presa per pazza, Jonouchi peraltro era presente e le
aveva confermato che quello che l'aveva salvata era stato Atem, chi
altro sennò? Dissero che l'agitazione probabilmente le aveva
fatto dei brutti scherzi, ma lei era certa che non fosse così.
Conosceva bene la voce di Atem e
conosceva abbastanza bene Atem per poter affermare che quelle parole
lui non le avrebbe mai dette.
Era successo qualcosa di strano, ne era
sicura. Atem aveva sfidato l'evaso ad un gioco, aveva rovesciato
degli stuzzicadenti sul tavolo: il vincitore sarebbe stato chi per
primo fosse riuscito a recuperare quello colorato senza far muovere
gli altri sparsi tutt'intorno. Ad un certo punto colui che la stava
tenendo in ostaggio aveva cominciato a delirare, a piangere, sempre
di più, ad ogni stecchetto recuperato la disperazione
aumentava.
Poi sentì quella voce dal tono
dolce, infantile, quasi affettuoso...sinceramente preoccupato per
quell'uomo che stava buttando via la propria vita. Anzu ricordava
perfettamente quelle strane parole:” La luce inghiottirà
le ombre, dimostra che non sei una di loro, ti prego.” No,
quello non era Atem, era “un altro Atem”.
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Capitolo 6 *** Saremo sempre amici, giusto? ***
Argh, nuovo capitolo...Il TERZO
nuovo capitolo da quando ho ripreso ad aggiornare. Non credo di
essere riuscita a renderlo come dico io, ma si entra nel vivo della
storia. Come sempre gestire Atem è un casino, ho scelto di
riprendere l'episodio di Hirutani perché penso dia una svolta
importante alla storia, il prossimo sarà molto violento, non
so come ne verrò fuori. Grazie a tutti quelli che stanno
seguendo questa storia, quelli di vecchia data e le new entry. I
commenti mi fanno super super piacere, fatemi sapere cosa ne pensate.
C'era qualcosa di nuovo nella vita di
Atem, qualcosa che lo stava poco a poco cambiando.
Andare a scuola aveva preso tutto un
altro significato, ora era...era persino divertente. Honda, Anzu e
Jonouchi ogni giorno gli offrivano sorrisi sinceri e lui...lui
cominciava a sentirsi a casa con quelle persone, non lo avrebbe mai
creduto possibile.
Eppure ancora non si poteva dire
sereno, un po' perché si rendeva conto che il suo fosse un
muro davvero troppo spesso per poter essere abbattuto con qualche
sorriso, un po' perché non aveva ancora trovato la causa dei
suoi continui mancamenti e perdite di memoria. Quando accadeva
succedeva qualcosa, qualcosa che odiava: tutte quelle persone
schifose, tutti quei bulli e prepotenti, quelle persone che
meritavano solo di essere punite...cambiavano, o così si
presumeva, grazie a lui. La gente intorno a sé gli dava meriti
che non aveva, lo stava apprezzando, etichettando come qualcuno da
stimare sempre di più, ma lui non era così. Se
all'inizio la situazione gli era sembrata curiosa, ora stava
diventando insopportabile e cominciava a sentirsi inferiore
rispetto...rispetto a quella cosa che ancora non conosceva.
Però...i ricordi di quella scena
lo torturavano, quello che era successo quella notte con Ushio,
quella memoria che non gli apparteneva, i sentimenti di quel ragazzo
che non erano troppo diversi dai suoi, che non erano troppo diversi
da quelli di Jonouchi. C'era qualcosa in lui che lo riusciva a
capire, anzi, QUALCUNO in lui. Sì, qualcuno che gli stava
gridando: “Stai sbagliando tutto”, ma ancora non si
sentiva pronto ad ascoltarlo, ad accettarlo o semplicemente ad
affrontarlo. Aveva paura, si rese conto Atem.
-Atem!- La voce di Anzu fece capolino
fra i suoi pensieri. Seduto al proprio banco alzò il capo
per incrociare il suo sguardo:-Yo, Anzu.- Rispose con un cenno.
Lei prese una sedia e gli si sedette
accanto:-Mattiniero come sempre e pensieroso come sempre, vedo-
Scherzò la ragazza. Lui poggiò la guancia sul palmo
della propria mano con fare un po' scocciato:-Jonouchi-kun dice che
sembro un musone, per questo.- Anzu rise:-Sembri?- Atem la guardò
storto:- Ah ah, simpatica.-
-Piuttosto...- Cambiò discorso
l'amica:-E' stato divertente il festival scolastico. Ancora non ti
avevo ringraziato per aver convinto Inogashira a lasciarci lo stand,
non so come tu abbia fatto, non sembrava troppo incline alle
discussioni l'ultima volta che ci ho parlato...-
Atem scattò:-Come? Inogashira?
Chi è? Il tizio che voleva buttarci giù lo stand per
piazzarci quello della sua classe al grido di “Questo è
il nostro territorio”? Quello?- Anzu parve confusa, il suo
interlocutore sembrava sinceramente sorpreso dalla notizia:-Sì,
lui...mi ha detto che avete parlato e che...- Si bloccò, lo
sguardo di Atem sembrava...tra lo sconvolto, il confuso e il
terrorizzato.
-Io...io non ho mai parlato con quel
tizio...- Disse quasi in un bisbiglio l'egiziano.
Anzu si guardò intorno, cosa
doveva rispondere? Il ragazzo sembrava davvero scombussolato. Le
tornò subito alla mente l'episodio al Burger World: che la sua
ipotesi fosse corretta? C'era qualcuno che si spacciava per Atem,
forse? C'era davvero un “altro Atem”? Quella voce, quella
voce che non riusciva a dimenticare, dolce e affettuosa...a chi
apparteneva?
Si era creata un'atmosfera pesante fra
i due, nessuno sapeva cosa dire, ma una domanda accomunò le
loro menti: tutti quei casi di pentimenti avvenivano per mano di chi,
esattamente?
-AAAAH! Eccola, sempre all'attacco!
Mazaki, scollati dal nostro Atem!-
Anzu inarcò un sopracciglio
portando lo sguardo ai due ragazzi appena entrati in classe-Buon
giorno anche a te, Jonouchi! Honda!- Aveva la faccia irritata, ma in
realtà il loro arrivo l'aveva salvata da un bel impiccio, si
sentì davvero sollevata.
Atem sorrise nel vedere i due
amici:-Buon giorno, ragazzi.-
Le lezioni erano terminate, Atem si era
dovuto fermare a scuola per il turno di pulizia e...dannazione,
pioveva. E di brutto, per capirsi.
Rimase fermo all'entrata contemplando
il cielo grigio e, clichè dei clichè, naturalmente lui
non si era portato l'ombrello. Sospirò, sperò almeno
che la fiera dei luoghi comuni si concludesse con qualcuno, qualcuno
di gradito, che passasse di lì con un ombrello per
accompagnarlo fino a casa: proprio non gli andava di inzupparsi
tutto e non poteva restare lì ad aspettare che smettesse per
chissà quanto tempo, aveva promesso al nonno di aiutarlo in
negozio quel giorno.
-Ehi, moro, serve un passaggio?-
Oh, neanche a farlo apposta! Atem si
voltò e vide Jonouchi avvicinarglisi con un ombrello in
mano:-Jonouchi-kun, che ci fai ancora qui?-
-Mi sono fermato a dare una mano per
sistemare le cose del festival....- Aprì l'ombrello,
imbarazzato: pareva cadere a pezzi, le stecche erano tutte storte e i
lembi del telo sembravano voler saltare via da un momento all'altro:-
Sì, ehm...- Arrossì:- Avevo solo questo a casa, se va
bene lo stesso...-
Atem gli si avvicinò, mettendosi
sotto all'ombrello con l'amico:- Andrà benissimo.-
Camminarono un po', Jonouchi stava
parlando dell'ultimo DVD porno che gli aveva prestato Honda dicendosi
davvero deluso, non capiva come si potessero mettere delle censure in
film fatti apposta per guardare impudicizie. Atem invece era
leggermente imbarazzato, non che a lui certe cose non interessassero,
anzi, ma...non gli era mai capitato di parlarne con tanta leggerezza
in mezzo alla strada, si sentiva un po' a disagio. Però era
una cosa che apprezzava davvero molto di Jonouchi, quella sua
boccaccia larga senza filtri lo rendeva una persona limpida e
sincera, a volte fin troppo, ma piacevole. -Davvero nulla di che, ma
se ti va di dare un'occhiata chiedo ad Honda se te lo posso passare.-
Bofonchiò Il biondino. Atem ghignò con un velo di
rossore sulle guance:- Non hai internet, eh Jonouchi-kun? Se ti
interessa qualcosa senza censure posso provvedere...-
Jonouchi lo fissò quasi
sconvolto:- Hai capito qui il nostro Atem! Fa tanto il disinteressato,
il superiore e poi...sei un porcello come tutti, eh? Con tutte le
ragazze che ti vengono dietro e che ignori puntualmente cominciavo a
pensare che fossi asessuato!- Rise:-Ovviamente accetto la tua gentile
proposta:- Concluse tossicchiando con nonchalance.
-Ehi, sono un ragazzo anche io!-
Protestò Atem con una timida, ma sincera risatina.
Jonochi lo guardò con uno
sguardo tra l'intenerito e il soddisfatto:- Sono felice, sai?-
-Uhm, per quale motivo?-
-Bé...- Mormorò il
ragazzo dai capelli biondi, forse un po' imbarazzato:- Stai pian
piano imparando a sorridere, per un periodo ho pensato fosse
impossibile. Forse devo ringraziare Ushio, forse il tuo puzzle...non
lo so. Ti vedevo sempre così triste, così schivo con
tutti. Sapevo cosa provavi, ma non sapevo come riuscire ad
avvicinarmi per dirtelo. Sono felice che tu abbia deciso di darmi la
tua fiducia. Stai cambiando molto, quello che hai fatto con Ushio,
col il tizio da Burger World e ho saputo anche con Inogashira l'altro
giorno...-
Atem, sinceramente toccato fino ad un
attimo prima, a sentire quell'ultima frase si irrigidì:-Jonouchi-kun,
io...io...- Voleva parlargliene, voleva essere onesto, ma come? Lo
avrebbe preso per pazzo? Se avesse scoperto la verità avrebbe
perso la sua amicizia? Gli sarebbe dispiaciuto troppo, si era
affezionato a quel ragazzo giocherellone e un po' buzzurro, quel
chiacchierone dal cuore d'oro. Con lui stava cominciando quasi a
sentirsi a suo agio, a sentirsi più libero perché... lo
capiva, anzi, Jonouchi aveva avuto esperienze ben peggiori della sua,
ma la sua forza d'animo era davvero invidiabile e voleva esserne
contagiato.
Decise di rimanere sul vago, per
sicurezza. Sospirò sotto gli occhi dell'amico che attendeva
pazientemente il seguito di quella frase troncata sul nascere:
-Io...in questo periodo...non mi sento più me stesso, ma non
nel senso che intendi tu. C'è qualcosa...dentro di me. Una
parte di me, credo...tutti pensano che sia la mia parte migliore,
ma...non sono io, io non sono così.-
Jonouchi lo ascoltò in silenzio,
rimasero così per un po', camminando sotto lo scroscio della
pioggia battente.
-Atem è Atem. Qualsiasi cosa tu
faccia, qualunque Atem tu sia, noi saremo sempre amici, non temere.-
Mormorò Jonochi col viso serio. Aveva deciso di non indagare,
sarebbe stato l'amico a parlargliene più approfonditamente, se
lo avesse voluto.
Atem sorrise, non disse nulla e
proseguirono la loro camminata verso casa.
Aveva trovato davvero un amico
speciale.
Il giorno seguente Jonouchi non venne a
scuola.
Honda nel vedere l'amico assente sembrò
un po' preoccupato:-Jonouchi non ha mai mancato una lezione, MAI!
Davvero strano!-
Atem guardò il banco vuoto
dell'amico: che portandolo a casa sotto la pioggia si fosse preso un
raffreddore?
-Dovremmo chiamarlo?- Chiese Anzu poco
convinta:-Magari è successo qualcosa.-
Honda agitò la mano scacciando i
cattivi pensieri:-Mannò, Atem ha detto che ieri hanno
camminato sotto la pioggia, magari è solo raffreddato,
aspettiamo domani.-
-Dovremmo andare a casa sua per
portargli gli appunti, però.- Esordì Atem da bravo
studente diligente.
-Lascia perdere.-Tagliò corto
l'amico.-Sono stato a casa sua qualche volta, vive con suo padre
e...fidati che non vorrebbe conoscerti.-
-D'accordo.- Concluse mestamente il
ragazzo egiziano.
Già, era solo un giorno,
dopotutto. Non c'era motivo di preoccuparsi, capitava a tutti di
ammalarsi, no?
Sì, ma Jonouchi non venne né
il giorno dopo né quello dopo ancora.
Gli amici provarono a chiamarlo al
cellulare più volte, ma lui non rispose, mai. A quel punto
si sentirono in diritto di preoccuparsi e anche tanto: non solo non
si presentava a scuola da tre giorni, ma sembrava svanito nel nulla.
Atem era seriamente in ansia, non
voleva darlo a vedere, ma la preoccupazione gli contorceva le
budella, doveva assolutamente andare a cercarlo, quel giorno stesso.
Honda sbuffò:-Ragazzi, io non so
che dire... oggi vado a casa sua.-
-Veniamo con te, mi sembra ovvio!-
Esclamò Anzu convinta.
-Suo padre ha problemi d'alcolismo,
Mazaki, potresti vedere cose...bé, non troppo piacevoli.- Cercò
di persuaderla il ragazzo.
-Non mi importa!- Continuò
lei:-Se a Jonouchi è successo qualcosa...io... dobbiamo
assolutamente intervenire! Sai anche tu che non è normale che
manchi così tanto da scuola!-
Atem li guardava stando zitto, ma Anzu
aveva ragione, non gli importava dei familiari di Jonouchi, dovevano
assolutamente scoprire cosa fosse successo al loro amico, lui era
stato l'ultimo a vederlo e non riusciva ad immaginare cosa potesse
essere accaduto dopo essersi salutati.
-Vieni con noi, vero Atem?- gli chiese
la ragazza, un filo d'ansia nella sua voce.
Lui annuì: l'avrebbe ritrovato,
costi quel che costi.
Finita la scuola Honda li condusse
davanti al condominio di Jonouchi:-Abita al terzo piano.-Disse:-Sono
stato qui due o tre volte, Jonouchi non invita mai nessuno, il perché
ve l'ho già spiegato...-
Atem e Anzu deglutirono, certo che il
loro amico aveva davvero una pessima situazione familiare!
Salirono le scale ed arrivarono davanti
alla porta con su scritto, vicino al campanello, “Jonouchi”;
il tre si guardarono dubbiosi:-Chi suona?- Chiese Anzu.-Bé, è
Honda-kun quello di casa qui, no?- Rispose Atem con le braccia
conserte fissando l'amico di sottecchi. Honda grugnì facendosi
avanti:- Ok, ok, siete davvero simpatici, ho capito!- Col dito
tremante premette il campanello: “DLIN DLON” si sentì,
poi il nulla.
Rimasero immobili ad aspettare una
risposta per qualche minuto, ma niente.
-Che non ci sia nessuno?- Ruppe il
silenzio Anzu.
Honda posò la mano sulla
maniglia:-Ehi, la porta sembra aperta...-
-Non vorrai mica entrare senza permesso
in casa d'altri, vero?- Protestò stizzita la ragazza, ma
l'amico aveva già aperto uno spiraglio:-Sssh, so che non si
fa, ma...- Non fece in tempo a finire la frase che un colpo
violento, seguito da un rumore di vetri rotti, si infranse contro
la porta accompagnato da un grido agghiacciante:-KATSUYA, SEI TU???
TE NE SEI STATO A ZONZO PER TUTTI QUESTI GIORNI, RAGAZZACCIO!-
Il trio sussultò sbrigandosi a
chiudere la porta alle loro spalle e ad allontanarsi il più
possibile da quel posto, scappando precipitosamente giù dalle
scale:-SCUSI IL DISTURBO!!!!-
I tre annasparono:-Bè, almeno
ora sappiamo che non torna a casa da giorni...non che sia una buona
cosa...- Esclamò Honda con una smorfia poco convinta sul viso.
Atem sentì una stretta al petto,
Jonouchi era sparito da giorni, non era rincasato e... con un padre
così, non sapeva se doveva sentirsi sollevato o ancora peggio.
Dov'era finito, dove si era cacciato? Non poteva sparire così,
non poteva!
-Dovremmo cercarlo...- Disse Honda,
convinto.
-Sì!- Lo assecondò Anzu.
-Ma dove? Dove può essere
andato?- Li interruppe Atem con un velo di panico negli occhi e nella
voce. Honda gli posò una mano sulla spalla, per
rassicurarlo:-Tranquillo, setacceremo anche tutta la città se
ce ne fosse bisogno, ma lo ritroveremo!-
Corsero per ogni vicolo di Domino,
chiamarono il suo nome fino a non avere più voce,
perlustrarono ogni singolo angolo: nulla. Di lui non c'era traccia. I
ragazzi si sentirono demoralizzati, sconfitti, preoccupati. Non
avrebbero dovuto aspettare così tanto, chissà cosa gli
era successo in quei tre giorni, chissà dov'era finito:-Forse
dovremmo chiamare la polizia.-Propose Anzu con un'espressione triste
sul viso: -Se non lo facciamo noi... suo padre temo non lo farà
mai...-
Ma proprio in quel momento dei rumori
strani attirarono la loro attenzione: degli schiamazzi, per
l'esattezza.
Un gruppo di liceali stava
accerchiando un altro ragazzo, minacciandolo e strattonandolo con
forza. Honda ebbe un brivido: -Riconosco quell'uniforme, sono quelli
del liceo Rintama, è gentaglia, meglio star loro alla larga,
andiamocene.-
-NO!- Gridò Atem. Con l'indice
alzato indicò uno dei ragazzi del gruppetto:-J...E' JONOUCHI!-
Jonouchi era lì, fissava i suoi
compagni picchiare quel ragazzino, immobile, senza fare nulla. Perché
era lì? Cosa ci faceva con quella gente?
Honda e Anzu sussultarono:-Che ci fa
con quegli sbandati?-
Atem senza pensarci corse verso di
lui:-Jonouchi!- Lo chiamò, facendolo voltare.
Occhi impassibili gli si posarono
addosso.
L' egiziano ringhiò:-Che fai con
questa gente? Perché non vieni più a scuola?-
Un ragazzo con un grosso berretto, gli
occhiali è una sigaretta in bocca posò una mano sulla
spalla di Jonouchi:- Quel tizio sta parlando di noi? Jonouchi,
conosci quel gaijin?-
Silenzio.
-No. Mai visto. Non esco con i gaijin.-
Fu la risposta. Fredda. Crudele. Diretta.
Atem sentì il mondo crollargli
addosso, un senso di vuoto aprirglisi dentro come una
voragine:-Jo...Jonouchi-kun...-
In quel momento fece capolino un altro
ragazzo, alto, muscoloso, portava i capelli raccolti in un codino:-
Ah ah, Jonouchi, se non avessi scelto di frequentare il liceo Domino
non dovresti portarti dietro gente...COSI'. Mi vergogno per te, quel
negro dovrebbe tornarsene da dove è venuto. Saresti dovuto
venire con noi al Rintama.-
Honda si sentì ghiacciare il
sangue nelle vene: conosceva quel ragazzo, era Hirutani, il capo di
teppisti della vecchia banda che frequentava Jonouchi alle medie.
Atem si morse le labbra, così
forte da farle quasi sanguinare, non voleva credere alle parole del
suo amico, lui non poteva pensare davvero quelle cose:-JONOUCHI!
TORNA A CASA!- Il suo fu un ordine, non una richiesta e non un
invito. Il suo viso era contorto in un'espressione di pura rabbia. Di
odio, di delusione.
Il ragazzo col cappello si rivolse ad
Hirutani:-Quel gaijin ha stufato, Jonouchi ha detto di non
conoscerlo, che facciamo?- Di scatto, senza che l'altro nemmeno gli
rispondesse, si avvicinò ad Atem scagliandogli un pugno sul
viso con tutta la sua forza.
-ATEM!!!- Gridarono Honda e Anzu
portandosi le mani alla bocca, scioccati.
Atem barcollò, quasi perdendo
l'equilibrio, un rigolo di sangue gli uscì dal naso mentre i
suoi due amici accorrevano da lui, preoccupati: -Atem, stai bene?-
Chiese Anzu chinandosi e poggiandogli una mano sulla schiena. Quando
il ragazzo alzò lo sguardo, vide due occhi rossi, indemoniati,
il viso sfigurato da un'espressione diabolica, tanto che la ragazza
per poco non si fece scappare un grido.
-Tu...- Ansimò Atem:-TU!- Fece
per saltare addosso al tipo col berretto con tutta la sua ferocia, ma
la presa ferrea e repentina di Honda lo bloccò, circondandogli
la vita con le braccia:- Atem, fermo! Calmati!-
-Jonouchi sta con noi, negro, fattene
una ragione!- Ridacchiò Hirutani prima di andarsene tenendo
Jonouchi sottobraccio.
Atem si divincolò dalla stretta
di Honda con tutta la sua forza cercando invano di liberarsi:-
JONOUCHI! JONOUCHI! TORNA QUI, BASTARDO! JONOUCHI! SEI UN BASTARDO
JONOUCHI! BASTARDO! BASTARDO! MI ERO FIDATO DI TE! MI ERO FIDATO!-
Sì, si era fidato di lui ed ecco
il risultato. Jonouchi lo aveva tradito, aveva lasciato che lo
offendessero e lo picchiassero senza muovere un muscolo.
Atem guardò quello che credeva suo amico allontanarsi, sempre
di più, senza nemmeno voltarsi, senza degnarlo di uno sguardo.
-JONOUCHIIIIIIIII!!!!- Lo chiamò
ancora una volta con tutta la voce che aveva in gola.
La risposta fu solo l'indifferenza.
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Capitolo 7 *** Scusami. ***
Allora: Sono in crisi. Ahaha, cioè,
la storia ce l'ho in mente, eh! Il problema sono i giochi, non so
cosa diavolo far fare a Yugi! Quindi...si accettano consigli o questa
cosa rischia di bloccarsi...ANCORA. E l'ultima volta la pausa è
durata quattro anni. Ho dovuto tagliare a metà il capitolo
perché non so davvero come togliermi l'impiccio del gioco
della redenzione :/ Come sempre Atem mi fa dannare, ma ci trovo un
certo gusto ad usare Ushio come una specie di filo conduttore per le
sue turbe. Ah, sì, il racconto di Honda è una mia auto-citazione, è un riassulto di una mia fic chiamata "l'inizio di un nuovo anno" e che reputo una delle mie ff migliori Boh, fatemi sapere. A presto (spero!)
Atem
aveva il fiatone, non riusciva a calmarsi, il suo corpo tremava di
rabbia e la sua faccia pulsava dal dolore per il pugno ricevuto.
Anzu e Honda lo fecero sedere su una
panchina quasi di forza, sembrava sotto shock.
-Atem...prendi il mio fazzoletto, ti
esce sangue.- Pigolò intimorita la ragazza indicandogli il
naso, ma lui parve non sentirla nemmeno.
-Smettila di comportarti così,
non risolverai nulla, calmati!- Lo intimò Honda cercando di
scuoterlo:-Ehi, ascoltami bene, io conosco Jonouchi da una vita, come
forse già sai è stato un teppista in passato, il
ragazzo col codino si chiama Hirutani ed era il capo della sua
vecchia banda...- Questa ultima frase sembrò risvegliare
l'attenzione di Atem:-Hirutani?-
-Sì.- Rispose mestamente Honda
sedendoglisi vicino:- Jonouchi è sempre stato un ragazzo in
gamba, ma ad un certo punto della sua vita, però, finì
con quelle compagnie e io...io lo seguii. Lo stimavo molto, un po' lo
invidiavo, sinceramente. Era sempre forte, tutti lo temevano, ma non
se la prendeva mai con i più deboli. Poi mi resi conto che
quello che stavamo facendo era sbagliato, mi resi conto che Jonouchi
valeva molto più di questo, che io valevo di più. Mia
sorella rimase incinta e pensai che...che non sarei stato un buon
esempio per quel bambino che stava per nascere, pensai che sarei
dovuto cambiare, e Jonouchi con me. Gli dissi che doveva lasciare la
banda, che quello non era il modo giusto per affrontare i suoi
problemi e io gli avrei dato una mano a superarli. Così
andammo da Hirutani, lui e i suoi compagni ci pestarono fino quasi ad
ucciderci, ma...dissero a Jonouchi di non farsi più vedere
e...per me fu un sollievo tale che quasi non sentii più il
dolore dovuto alle botte. Quel giorno...bé, quel giorno
cominciò la nostra nuova vita.-
Atem e Anzu rimasero immobili ad
ascoltare le parole dell'amico: la ragazza sinceramente toccata da
quella storia di amicizia così forte, il ragazzo invece
sembrava perplesso:-A quanto pare la tua è stata fatica
sprecata, Honda-kun.- Sibilò Atem con la voce davvero piena di
rabbia.
-Cosa?-
-Le persone non cambiano, è
proprio vero. Non capisco, perché non sei arrabbiato? Perché
non lo odi? Dopo quello che avete passato...lui...lui è
tornato da quell'Hirutani. Davvero un bel ringraziamento, non c'è
che dire! Ha tradito la tua fiducia, ha tradito la mia! Ci ha
mentito, l'hai visto anche tu!- Le parole di Atem erano colme di
delusione e rancore. Quella persona che gli aveva offerto la sua
amicizia col cuore in mano, amicizia che aveva deciso di accettare
con non poca fatica, si era rivelato un bugiardo. L'aveva chiamato
“gaijin”, aveva lasciato che i suoi compagni lo
picchiassero senza muovere un dito, senza battere ciglio, che doveva
pensare? Si era sbagliato: un teppista resta sempre un teppista.
Honda ringhiò:- Se non ti
avessero già conciato per le feste, un pugno in faccia te lo
darei volentieri io, Atem! Sei davvero un cretino!-
Atem spalancò gli occhi,
incredulo:- Che cosa? Io sarei un cretino?- Scattò in piedi.
-Sì!- Annuì Honda
alzandosi a sua volta per fronteggiarlo:-Come puoi pensare che non ci
sia niente sotto al suo comportamento di oggi? Non hai idea di quanto
Jonouchi tenga a te! Era sempre dispiaciuto quando ti vedeva solo e
diffidente verso tutti, voleva davvero conoscere il “vero
Atem”. Quando siete diventati amici era al settimo cielo,
diceva di aver visto qualcosa di nuovo nei tuoi occhi! Pensi davvero
che lui farebbe una cosa del genere ad un suo amico senza motivo?
Jonouchi non è cambiato, non è mai cambiato! Lui è
sempre stato una persona buona, si era cacciato nei guai, sì,
ma ha combattuto per uscirne. La mia domanda è, piuttosto: Tu
sei cambiato, Atem? Perché se c'era qualcuno che doveva
cambiare, scusami, ma quello non era Jonouchi!-
Atem rimase immobile, senza sapere cosa
dire. Quell'ultima frase lo trafisse come un coltello piantato nel
cuore.
-Credevo di sì.- Proseguì
Honda:-Ma dopo quello che hai detto, non ne sono più molto
sicuro. Riesci così bene a vedere il marcio nelle persone, non
è vero? Vedi tenebre ovunque, ma la luce, quella la vedi mai,
Atem? In te stesso la vedi?-
La luce...lui l'aveva mai vista?
Prepotentemente gli riapparse davanti agli occhi l'immagine di Ushio.
Strinse forte il puzzle al suo petto:
no, lui non l'aveva mai vista, ma...”l'altro” sì.
Era “l'altro” la sua parte di luce? E lui, lui che
cos'era? Cosa c'era nel suo animo?
Anzu intervenne:- Honda, smettila. Atem
è solo molto scosso, non mi sembra il caso di usare parole
così forti nei suoi confronti! Lo stai dipingendo come una
persona malvagia e sai benissimo che non è così! Ti sei
scordato che mi ha salvata da Burger World?-
Ma forse quello non era lui, pensò
la ragazza. Erano realmente troppo forti quelle parole?
Honda sputò a terra,
visibilmente irritato:- Atem! Ti dimostrerò che ti sbagli
e...spero che quando te ne renderai conto, allora cambierai per
davvero. Jonouchi è scemo, ma in fondo è sempre lui e
lui è una persona fantastica!- Girò le spalle ai due
amici:- Seguitemi!- Ordinò.
JZ bar, fu quello il luogo in cui Honda
li portò. Un bar che d'accogliente doveva avere ben poco, a
vederlo così dall'esterno, almeno: scritte sui muri,
sporcizia, vetri di bottiglie rotte disseminati un po' ovunque lungo
il vicolo. Esisteva davvero un posto del genere a Domino?
I tre amici si accostarono dietro a un
angolo, di vedetta:- Questo si può dire sia una sorta di
quartier generale per Hirutani, se non ha perso le vecchie abitudini
sarà certamente qui dentro.- Disse Honda.
Anzu deglutì guardandosi
intorno:- Mannaggia a Jonouchi, guardate dove ci ha cacciato! Oh, ma
appena rinsavisce mi sentirà, quel cretino.-
Atem rimase zitto, pensieroso.
Ad un tratto un ragazzo uscì dal
bar e Honda scattò:-Ecco, lo sapevo, è uno della banda
di Hirutani!- Si voltò verso i suoi amici:-Aspettatemi qui,
vado a scambiarci due chiacchiere.- Sghignazzò.
Non è pericoloso?- Chiese Anzu,
preoccupata.
-Pff, ne posso affrontare fino a tre
alla volta!- Rispose orgoglioso l'amico. Si diresse verso il ragazzo,
seguendolo:-Ehi, tu!- Lo chiamò. Il tipo si voltò e si
irrigidì-Ma tu sei...- Non fece in tempo a finire la frase che
Honda lo trascinò per il colletto in un vicolo, seguito a
ruota da Anzu e Atem.
-Voglio sapere perché Jonouchi
gira con quelli del Rintama, forza, ti ascolto!-
Il ragazzo della banda di Hirutani era
stato sollevato per aria, borbottò:-Io...io non ne so nulla,
davvero!-
La presa di Honda si fece più
forte:- AVANTI, SVUOTA IL SACCO!-
-AAAH! O...ok! C...come vuoi!- Rispose
l'altro cominciando a temere per la propria incolumità:-Hirutani
vuole ampliare il campo d'azione della banda, ma per farlo gli serve
gente nuova, gente forte e così...ha chiesto a Jonouchi di
tornare con noi. Jonouchi però non ha accettato subito, ma
Hirutani è furbo, lo ha minacciato, gli ha detto che se non
fosse tornato con noi l'avrebbe fatta pagare ai suoi amici del liceo
Domino!-
Honda si voltò verso Atem con
quel sorrisetto trionfante da “te lo avevo detto”,
facendo sentire l'egiziano davvero uno schifo. Aveva dubitato
del...del suo migliore amico, ancora, lo aveva fatto ancora e senza
pensarci sopra troppo. Gli aveva nuovamente attribuito la
responsabilità delle sue azioni, come quella volta con Ushio,
e per l'ennesima volta si era sbagliato. Si morse le labbra:-Entriamo
in questo maledetto bar, ora!- Gridò.
Honda mollò il ragazzo facendolo
cadere rovinosamente a terra:- Voi due aspettate qui, entro
io.- -No!- Protestò l'egiziano:-Vengo con te!-
-Sei davvero sicuro di volerti
immischiare con “gentaglia” come noi? Con dei teppisti
come noi?- Replicò l'altro con un malcelato astio nella voce.
Non sopportava che Atem avesse dubitato in questo modo di Jonouchi,
non dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
Il ragazzo dalla carnagione scura ebbe
una stretta al cuore:-Mi dispiace, Honda-kun...avevi ragione, sono un
cretino.-
Scesero assieme le scale, il bar si
trovava in un piano sotterraneo, Honda spalancò la porta con
un calcio ben assestato, anche se un po' teatrale, forse:-JONOUCHI!-
Lo chiamò. Atem si guardò intorno, perse un battito:
All'interno non c'era nessuno, l'ambiente era disordinato, sedie
rovesciate, bicchieri rotti, sembrava ci fosse appena stata una
rissa. Qualcosa però attirò la sua
attenzione:-Honda-kun, guarda!- Indicò dietro al bancone degli
alcolici: era il ragazzo col berretto che lo aveva picchiato poco
prima, steso a terra, esanime.
Honda gli si scagliò accanto
alzandolo dal pavimento:-Ehi! Svegliati!- Ma il ragazzo era svenuto, il
sangue gli colava dal naso e aveva entrambi gli occhi pesti:-Nulla, è
fuso! Chissà dove se ne sono andati tutti!?-
I due ragazzi risalirono, nel mentre
fuori si era messo a piovere:-Allora? Dov'è Jonouchi?- Chiese
Anzu andandogli incontro.
-Non lo so.- Rispose Honda:-Visto lo
stato del bar devono essersene date di santa ragione, ma all'interno
non c'era nessuno. Che facciamo, ora?
-Separiamoci!- Propose la ragazza:-
Dobbiamo trovarlo in fretta!-
-Giusto!- Concluse Atem.
-Se lo trovate chiamatemi subito, non
tentate nulla contro quella gente!.-Quasi ordinò il più
alto:-Soprattutto tu, Atem...non farti prendere dalla rabbia.- Quelle
parole fecero sussultare l'egiziano. Che intendeva dire?
-Andiamo!-
Poco prima in quel bar accadde il
finimondo per davvero. Hirutani se ne stava seduto con le
braccia appoggiate al bancone, vicino a lui il ragazzo col cappello. Jonouchi
era su un divanetto, lo sguardo corrucciato, i piedi su un
tavolino adagiato davanti a lui.
-Sono davvero contento di riaverti qui,
Jonouchi- Esclamò Hirutani accendendosi l'ennesima sigaretta.
-Già- Proseguì il tipo
col berretto:-Ora siamo pronti per ampliare il nostro territorio. Da
dove cominciamo?-
Lo sguardo furibondo di Jonouchi si
posò su quest'ultimo. Quello stronzo aveva picchiato Atem, la
scena continuava a scorrergli davanti agli occhi, non riusciva a
smettere di pensarci. Non osava neanche immaginare quanto potesse
essere deluso il suo amico, aveva lasciato che lo picchiassero senza
fare nulla, lo aveva chiamato “gaijin”, lo avevano
chiamato “negro”. Aveva visto i suoi occhi iniettati di
rabbia, aveva visto in lui qualcosa che...qualcosa di strano.
Tenebre?
Fatto sta che lo aveva ignorato
facendolo soffrire, questo era certo, ma cosa poteva farci?
Se non fosse tornato nella banda,
Hirutani e compagni avrebbero fatto del male ai suoi amici, non aveva
altra scelta. E Honda? Aveva tradito anche lui, però...sapeva
che l'amico l'avrebbe capito, poteva dire lo stesso di Atem?
-Ehi, che hai da guardare, parla!- lo
incitò lo scagnozzo sentendosi osservato.
Jonouchi ringhiò: Aveva
picchiato Atem, quel verme aveva alzato le mani su Atem.
-Già.- Si alzò in piedi:-
Non posso fartela passare liscia.-
-Cos...?-
Un pugno, talmente forte da farlo
cadere a terra, si infranse sul muso del ragazzo col berretto.
-NON SOPPORTO CHE SI FACCIA DEL MALE AI
MIEI AMICI!-
Hirutani gli lanciò un'occhiata
di fuoco mente il compagno collassava ai suoi piedi per il colpo
ricevuto:-Mi fa piacere vedere nei tuoi occhi lo sguardo di un tempo,
Jonouchi.- Affermò con voce calma:- Ma non tollero che si
cambi fazione.- Si rivolse gli altri ragazzi della banda:-Prendetelo,
gli serve una lezione.-
Jonouchi si trovò circondato da
almeno cinque energumeni. Lui era forte, ma la differenza numerica
non era esattamente a suo vantaggio, difatti le sue difese si
rivelarono completamente inutili, pochi istanti dopo venne
immobilizzato da tre di loro che gli si scagliarono sopra con tutto
il peso.
Hirutani rise:- Portiamolo via, ci
serve un posto tranquillo per infliggergli la giusta punizione.-
Atem correva, correva e correva. La
pioggia si infrangeva gelida su di lui, colpendolo violentemente come
piccoli aghi battenti. “Dove sei, Jonouchi? Dove sei?” Si
sentiva malissimo, era il peggior amico di sempre. Sì,
aveva sentito la propria fiducia tradita, ma a quel punto, si chiese,
se era arrivato a dubitare di Jonouchi così facilmente...era
sicuro di essersi davvero mai fidato di lui? Jonouchi tornando con
Hirutani lo aveva protetto, ancora una volta si era dimostrato un
amico migliore di quanto lui potesse mai essere. Jonouchi stava
mandando a rotoli la sua vita, dopo tanta fatica per recuperarla,
purché quei teppisti lasciassero in pace i suoi amici. Atem
una cosa del genere l'avrebbe mai fatta? Si odiò da solo nel
momento in cui si auto-rispose “NO”.
Honda aveva ragione, doveva cambiare,
doveva migliorare, altrimenti...che sarebbe successo? Avrebbe perso i
suoi amici, avrebbe perso Jonouchi?
Si bloccò. Aveva il fiatone,
aveva paura. Guardò il suo puzzle: “Sei tu la risposta?
Sei tu che mi salverai?” Andiamo, stava davvero parlando con un
oggetto con tanta convinzione?
Chiuse gli occhi: “ Ti prego
puzzle, se c'è davvero qualcuno dentro di te, se davvero mi
vuoi salvare...dimmi dove si trova Jonouchi!”
Sentì un calore avvolgerlo e
davanti ai suoi occhi comparvero delle immagini: un vecchio capanno
abbandonato, Jonouchi legato, appeso per le braccia con un gancio al
soffitto, la banda di Hirutani lo circondava con in mano un taser.
Atem spalancò gli occhi
terrorizzato, tossì: lo stavano torturando con la scossa
elettrica! Come osavano quei maledetti bastardi?
Si guardò intorno, diluviava,
era tutto bagnato e...uno strano sorrisetto gli increspò le
labbra. Doveva raggiungerli, e poi...avevano un taser e con tutta
quell'acqua, se non avessero fatto attenzione, ci sarebbero rimasti
tutti secchi. Bastava solo attirarli all'esterno, farli inzuppare per
bene e infine...
“NO!” Una voce interruppe i
suoi pensieri.
Una voce?
Atem si guardò in giro, chi
aveva parlato? Non c'era nessuno.
-Chi c'è?- Chiese, titubante.
Una scossa gli pervase le membra, si
sentì mancare, chiuse gli occhi. Stava succedendo. Ancora.
Due enormi iridi scarlatte si aprirono,
due polle dallo sguardo dolce.
Le sue mani accarezzarono delicatamente
il puzzle:-Scusami...-
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Capitolo 8 *** La scelta. ***
Fermi tutti! Avevo detto che prima
dei quattro anni l'avrei aggiornata e infatti ne è passato
meno di uno! Che brava, eh? Il fatto è che questa fic mi porta
via il sangue, è difficile da raccontare e la narrazione non è
il mio forte, credo io. È che io so come voglio finirla, ma
sto male al pensiero di come dovrò riadattare certi passaggi
del manga, tra cui l'incontro con Bakura e Kaiba!
Vi prego quindi di non risparmiarvi
con i consigli, in modo da portare questa benedetta fic alla sua
conclusione! Un bacio!
Un calcio, poi un pugno e un altro
ancora; prima sul viso, poi sullo stomaco, poi sulle coste. Un'altra
scossa gli pervase freneticamente le membra per lunghi, interminabili
secondi. Jonouchi era stato appeso per le braccia ad un gancio attaccato al soffitto, aveva la faccia ricoperta di sangue ed ecchimosi,
la vista annebbiata, riusciva giusto ad intravedere quella faccia da
schiaffi di Hirutani gioire per le sue sofferenze, compiaciuto. Che
intenzioni avevano? Volevano ucciderlo? Bé, di questo passo ce
l'avrebbero fatta senza troppi problemi.
Uno della banda gli si stava
avvicinando nuovamente col taser puntato, per quanto avrebbe
resistito a quelle scosse? Strizzò gli occhi aspettando inerme
di essere nuovamente torturato e si chiese se questa volta per lui
sarebbe stata definitivamente l'ultima e, forse, quasi lo sperava.
-Fe...fermatevi!-
una voce spezzò quella strana
atmosfera, si fece avanti timida fra i rumori delle sadiche risate
dei teppisti, tra la foschia e l'odore di sangue misto a pioggia che
invadeva l'aria e faceva pizzicare le narici, portando con sé
il silenzio.
Jonouchi aprì lentamente e a
fatica gli occhi pesti e gonfi, dovette concentrarsi parecchio per
poter mettere a fuoco quella figura che era appena entrata nel suo
campo visivo: un ragazzino. Già, sembrava proprio un
ragazzino.
Sì, un ragazzino era entrato
nel capanno attirando l'attenzione di tutti i presenti: capelli punk,
pelle abbronzata, quello strano pendaglio a forma di piramide più
grosso di lui al collo. Jonouchi lo avrebbe riconosciuto tra mille e
più persone:-A...Atem?-
Eppure non ne era così
convinto, erano le botte ad averlo scombussolato o...in lui c'era
qualcosa di diverso?
Quell' Atem se ne stava lì, gli
occhi grandi, quelle polle viola che si posavano su ogni cosa
avevano un'aria più...come dire? Spaesata! Più
intimorita del solito, nulla a che vedere con le stilettate che Atem
poteva lanciarti con gli occhi.
-Guardate.- Rise Hirutani voltandosi
verso il nuovo arrivato:-E' tornato il gaijin!-
Atem deglutì, stringeva forte al
petto uno strano pacchetto rettangolare:-Vi prego- esordì:-
lasciate stare Jonouchi-kun- Mugolò poi con voce pateticamente
flebile e supplichevole. Hirutani gli si avvicinò chinandosi
su di lui, lo sovrastò e gli sembrò persino più piccolo
rispetto a quando lo aveva incontrato la prima volta:-Ah sì? E
perché dovremmo? Perché ce lo chiedi tu, negretto?-
-Un gioco.- Rispose Atem porgendogli il
pacchettino stretto stretto nelle piccole mani:-Se vinco voglio che
liberi Jonouchi e che tu la smetta di fare il teppista.-
Hirutani, colto dalla sorpresa,
strabuzzò gli occhi mentre, alle sue spalle, i suoi compagni
scoppiarono di rimando in una fragorosa risata, come se avessero
appena udito la barzelletta più divertente mai raccontata.
Anche Jonouchi rimase basito: Atem era
impazzito? Credeva davvero di poter persuadere
quell'energumeno...GIOCANDO? Un ricordo si presentò
prepotentemente nella sua mente come un lampo improvviso. Anche
Ushio, quella volta, quando era venuto a scusarsi con lui aveva
parlato di un gioco e...Anzu! Già, Anzu glielo aveva detto!
Al Burger World lui non aveva assistito da vicino perché si
era nascosto dall'altra parte della stanza, ma anche lei gli aveva
accennato qualcosa di simile, qualcosa riguardante un gioco e...e
sì, gli aveva anche detto che quell'Atem che l'aveva salvata
non sembrava affatto Atem. Non ci aveva mai dato peso, credeva che
Anzu fosse semplicemente scossa, che in quel momento non fosse stata
pienamente in sé a causa della paura, sarebbe stato
comprensibile, molto più logico rispetto all'esistenza di un
“altro Atem”, ma...e se invece avesse avuto ragione?
Poteva davvero esserci un Atem non Atem in grado di redimere i
malvagi sfidandoli a dei giochi?
Hirutani afferrò il pacchetto,
lo rigirò tra le mani esaminandolo attentamente, poi lo aprì
e trattenne a stento una risata quando vide il contenuto: pezzi,
pezzi ovunque. Un puzzle? Un puzzle completamente bianco. Davvero?
-Io e te abbiamo conformazioni fisiche
diverse, in più sono nettamente in minoranza, l'unico modo che
abbiamo per giocare ad armi pari è affidarci al caso.- Disse
Atem, spiegando timidamente le sue motivazioni.
Jonouchi sentì le budella già
abbastanza provate dalle botte rivoltarsi, non poteva assistere un
minuto di più a quella scena! Atem era un ragazzo per bene,
pulito, non aveva nulla a che vedere con gente come Hirtani, gente
come lui! Non doveva essere lì, non avrebbe sopportato di
vederlo mentre si faceva ammazzare senza poter fare nulla,
imprigionato e malconcio com'era, era completamente impossibile
proteggere quel ragazzo che, mio Dio, sembrava aver perso
completamente il senno: -Atem! Ti prego, vattene via!- gridò
col poco fiato che gli rimaneva in corpo cercando di divincolarsi
dalla salda presa alle braccia che lo costringeva sospeso per aria.
Come poteva pensare di presentarsi
davanti ad una banda di teppisti con un gioco da tavolo in mano e
pretendere di essere pure preso sul serio? Come pretendeva di poterne
uscirne illeso? Atem non era uno stupido, tutt'altro, perché
si comportava in questo modo?
-Dovresti dar retta al tuo amichetto,
ragazzino.- Sogghignò Hirutani sentendosi persino in
imbarazzo davanti a tanta ingenuità da parte di quel piccolo
egiziano.
-No.- Fu la risposta di Atem, secca. I
suoi occhi erano fissi e spalancati su quelli del più grande,
forse intimoriti, ma indubbiamente decisi e e privi di titubanza. No,
non avrebbe cambiato idea e, Hirutani ancora non lo poteva sapere,
ma nessuno può sottrarsi al gioco della luce.
Rimasero per un attimo a fissarsi,
studiarsi, senza proferire parola e da lontano Jonouchi pregava
affinché quel silenzio non venisse spezzato da qualcosa che
mai avrebbe voluto vedere infrangersi su un amico.
-Molto bene.- Concluse Hirutani
facendosi scrocchiare le nocche della mano destra:-Ma vedi...- Si
stiracchiò poi il collo, sul viso fece capolino un sorrisetto
divertito:- Io preferisco altri tipi di giochi.- ed era chiaro a
quali giochi stesse alludendo, certamente includevano un divertimento
a senso unico.
Prese la carica, fece per aggredirlo,
ma a pochi centimetri dal viso dell'altro qualcosa lo bloccò
con uno scatto improvviso, come se la sua mano, chiusa a pugno,
fosse andata a sbattere contro un muro invisibile. Vide apparire un
occhio, uno strano occhio brillò sulla fronte di quel
ragazzino, un occhio che emanava una luce intensa, tanto che il più
grande dovette coprirsi per non restare accecato. Quando si guardò
intorno non c'era più niente, tutto era bianco, bianco come i
tasselli di quello strano puzzle. Intorno il nulla, come se tutto
fosse stato risucchiato via da quella luce intensa. I suoi compagni
erano tutti svenuti a terra, solo Jonouchi era rimasto sveglio,
ancora appeso per aria si guardava intorno con lo sguardo incredulo,
spaesato. che cosa diavolo era successo? Sia lui che Hirutani non
potevano credere ai loro occhi, era come se la luce avesse
inghiottito tutto:-Cosa cazzo...?-
-Questo è un gioco della
redenzione- Disse Atem poggiando delicatamente il giocattolo a
terra:- le ombre non esistono se non esiste la luce, solo così
le potrai affrontare faccia a faccia.-
-Le mie ombre?- Chiese Hirutani,
sinceramente spiazzato dalla situazione piuttosto, come dire,
inusuale.
Atem si sedette incrociando le gambe,
posizionandosi di fronte alla scatola:-Sì, ora siamo solo noi,
non puoi prevaricare su di me anche se sei più forte. Siamo
io, te e i tuoi demoni.-
Il ragazzo ascoltò con
attenzione le parole del piccoletto e a guardarlo sembrava
stranamente calmo, la cosa pareva non preoccuparlo particolarmente,
anzi, era persino incuriosito:-Mi sembra che tu stia vaneggiando
moccioso, ma da quel che ho capito per uscire da tutto questo
biancore oltremondo fastidioso devo batterti a quel gioco per
bambini, giusto?- si sedette di fronte ad Atem, imitandolo :- Ebbene,
cominciamo, che devo fare?-
Jonouchi strabuzzò lo sguardo,
nel vedere Hirutani così docile cominciò quasi a
credere di avere le allucinazioni per davvero. Oppure di essere
morto, sì, forse tutte quelle scosse lo avevano spedito
all'altro mondo, ecco il perché di quella luce bianca, ma
perché lì con lui c'erano anche quei due? Era un sogno?
Era svenuto? Un'allucinazione collettiva?
Atem sorrise, un sorriso così
tenero e fanciullesco che mai si era visto su quel viso, prima:- Tu
sei una persona distruttiva, distruggi te stesso e chi ti sta
intorno, ma ora è il momento di ricostruire la tua vita. Devi
guardare cosa sei diventato, Hirutani.-
Hirutani fece una morfia seriamente
infastidita da quell'affermazione, ma che diamine stava blaterando
quel nanerottolo? Credeva forse di essere il suo psicanalista?-
Perché il puzzle è bianco?- chiese mantenendo un tono
completamente tranquillo.
-In modo che tu possa rivedere su
questi tasselli i tuoi peccati.- rispose l'altro altrettanto
serenamente.
Bè, tutto questo era piuttosto
surreale, ma...suonava divertente. Hirutani sorrise, non sapeva cosa
stesse succedendo, cosa fosse lo strano occhio sulla fronte del
ragazzino, cosa fosse quella strana atmosfera, quello strano gioco,
le parole senza senso che uscivano dalla sua bocca, ma nel suo animo
non c'era alcuna titubanza, si sentiva perfettamente a suo agio in
quel luogo. La luce era accecante, sembrava quasi volerlo
inghiottire, sembrava prepotente, sembrava volesse entrargli dentro,
eppure...eppure non gli dava alcun fastidio. Tanto non l'avrebbe
lasciata entrare.
-Devo completarlo per vincere?- chiese,
curioso.
Atem prese un primo tassello dal
mucchio, mostrandoglielo:- Questa è una sfida personale, solo
tu puoi uscirne vincitore o vinto. Quando finirai di completarlo
tutto questo sparirà e tu sarai libero di fare la tua scelta,
su di te e su Jonouchi.- il ragazzino sorrise, quel sorriso puro e
vero che Jonouchi non aveva mai visto su quelle labbra:- ma prima
lascia che la luce ti conduca. Nessuna persona è veramente
cattiva, devi solo lasciarti andare!-
Hirutani gli strappò via il
primo pezzo dalle mani, evidentemente scocciato, ma impaziente: tutte
quelle parole prive di senso erano fastidiose, anzi, odiose e Dio,
odiava quella calma nella sua voce, odiava quei due occhi enormi
fermi lì a fissarlo con tanta intensità e insistenza.
Quel ragazzino sembrava avere la pretesa di volergli guardare dentro,
di giudicarlo ma, rise, non glielo avrebbe permesso. Nessuno poteva
intromettersi nella sua vita, nemmeno quello psicopatico dal sorriso
angelico che si era presentato davanti improvvisandosi giustiziere.
Lui era Hirutani, lui comandava su quella zona, nel suo liceo, nella
sua banda. Lui aveva deciso che Jonouchi gli apparteneva e così
sarebbe stato. Nessuno poteva dirgli di no, nessuno restava indenne
al suo passaggio e chi osava sfidarlo, chi osava disobbedire era
destinato a venir distrutto. Già, faceva ridere, lui di solito
distruggeva, distruggeva tutto e tutti, non ricostruiva.
Inerme nella sua posizione, Jonouchi
osservava la scena cercando di captare le loro parole: non avrebbe
mai pensato che un giorno si sarebbe sentito come una sorta di premio
in palio. Un premio piuttosto malconcio, in verità, ma tant'è.
Vide Hirutani prendere un tassello, unirlo ad un altro e un altro
ancora, le sue mani vagare nella scatola alla ricerca di quello
successivo, estrarre un pezzo, provare a collegarlo agli altri,
rigirarlo sui suoi lati, imprecare, sbagliare, riprovare e poi da
capo. Jonouchi sospirò, esanime. Era senza forze, sì,
era imprigionato, stanco, immobile, la bocca piena di
sangue, ma anche abbastanza lucido per capire che era tutto reale, assurdamente e spaventosamente reale e a confermarlo c'era il rumore assordante del proprio cuore che pompava frenetico contro il suo petto.
La luce che aveva inglobato tutto
sembrava muoversi intorno ad Atem, intorno ad Hirutani, sembrava
voler entrare in lui, come a cercare qualcosa all'interno di quel
ragazzo. Cosa voleva fare? Dove voleva arrivare?
Atem aveva parlato di redenzione,
quindi...redimerlo? Farlo diventare una persona buona? Hirutani? Era
davvero possibile? “nessuna persona è veramente
cattiva” aveva detto, ma davvero? Ma soprattutto Atem avrebbe
mai detto una cosa simile? Jonouchi scosse la testa negativamente:
no, era impossibile. Voleva bene a quel ragazzo proveniente
dall'Egitto, era felice di essere riuscito a conquistare la sua
fiducia almeno un po', aveva avuto modo di conoscerlo e proprio
perché gli era stata data questa possibilità non v'era
alcun dubbio sull'ovvia conclusione: non era Atem, non lo era neanche
vagamente. Sì, gli somigliava, quello era il suo corpo, ma non
era il suo amico, lui. Quel suo amico diffidente, quel suo amico
composto che ha tanta difficoltà a lasciarsi andare, quel
ragazzo un pizzico egoista. E bé, era anche piuttosto certo
che Atem non fosse in grado di farsi spuntare occhi luminosi sulla
fronte, far entrare la gente in strane dimensioni di bianco cosmico o
cose del genere. Atem e nessun altro essere umano al mondo,
probabilmente.
Quindi chi diavolo era quel...quel...?
Jonouchi cercò di aguzzare la
vista oltrepassando le spalle di Hirutani: il puzzle stava piano
piano prendendo forma e...stava accadendo qualcosa di strano. Poté
giurare di vedere i tasselli prendere colore, passare dal bianco
candido ad un tono che si faceva gradualmente sempre più
scuro. Cercò allora lo sguardo di Atem e si sorprese quando vi
trovò preoccupazione. Perché? Cosa stava accadendo
davvero? Le cose non stavano procedendo come voleva?
Dall'altro lato Hirutani prese un
pezzo, lo girò su se stesso un paio di volte, poi trovò
la sua collocazione. Rise, ormai il puzzle era a metà. Questo
assurdo gioco a breve sarebbe finito. Non capiva come tutto questo
fosse possibile, come lui si fosse ritrovato a giocare con quel
ragazzino, a stare alle sue regole, avrebbe potuto alzarsi e spezzare
quel corpicino con una mossa, eppure...eppure non lo aveva fatto, non
voleva. Sì, così era più divertente, c'era
qualcosa che lo intrigava. Forse l'idea di distruggere qualcosa di
soprannaturale, di piegare le regole alle SUE regole; forse la
soddisfazione di dimostrare che nulla poteva fermarlo, che era forte,
che era un leader, che anche la magia doveva arrendersi a lui.
Dimostrare ad Atem che si sbagliava su tutto: lui non aveva demoni,
lui era IL demone.
Posizionò l'ennesimo pezzo al
suo posto accompagnato dal rumore di un clack. Istintivamente scattò
all'indietro nel realizzarlo: il puzzle stava diventando nero. Nel
momento in cui ne prese coscienza si sentì invaso da
qualcosa, qualcosa di non identificabile, di mai provato, una
piacevole sensazione di calore, una scossa che partiva dalla punta
delle dita e finiva su quella dei capelli. La sua vista fu
improvvisamente come oscurata. Si guardò intorno, sembrava
essere finito in un altro luogo, ancora diverso da quello di prima, però
cieco, buio e si sentì spaesato. Eppure...era sereno.
L'oscurità lo faceva sentire tranquillo, molto di più
rispetto alla luce che prima lo stava accecando. Dove era finito,
adesso?
Si alzò in piedi e girò
su se stesso cercando di orientarsi, ma nulla, era tutto nero. :-E
adesso...dove cazzo...? Che diavolo stai combinando, negro?- disse,
ma non ricevette alcuna risposta.
Mosse le mani intorno a sé, come
a voler cercare qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che potesse
riconoscere, che potesse fargli capire come doveva muoversi, cosa
doveva fare. Ecco, sì, dopo diversi tentativi in cui le sue
mani avevano vagato a vuoto, la sua pelle aveva percepito un lieve
contatto, un contatto leggero, sfiorato appena con la punta dei
polpastrelli. Allora si spinse in avanti ancora un po', curioso, per
afferrare quella cosa e la sentì avvicinarglisi. Gli si
appoggiò con la mano e mosse le dita un istante, giusto
quell'istante necessario per capire di cosa si trattasse, fino a
quando non ebbe più dubbi: una persona.
Una persona, quindi doveva essere Atem?
Perché aveva oscurato tutto? Che aveva intenzione di fare?
Senza alcun tipo di timore, allora, gli
afferrò le spalle saldamente tra le mani,
scuotendolo:-Tu...che cazzo stai...?-
E in quel momento una piccola luce si
accese illuminando il volto dell'altro.
La voce gli morì in gola quando,
tra quel gioco di luci ed ombre, poté riconoscere se stesso.
Un se stesso dagli occhi vacui, dalle
labbra socchiuse, un se stesso che lo guardava dall'alto come in uno
stato di trance apparente. Hirutani deglutì una grossa boccata d'aria e
a quella visione indietreggiò di qualche passo, lasciando
cautamente la presa. Per la prima volta da quando si era trovato in
quella situazione Hirutani vacillò e quella sensazione che
stava provando, ammise, assomigliava terribilmente alla paura.
Rimase un istante in silenzio a
scrutare quella persona che tanto gli somigliava . A ben guardarlo
sembrava un po' più giovane di lui, forse di uno o due anni.
Hirutani lo osservò meglio: sì, l'altro se stesso
indossava la divisa delle medie.
-Cosa...? Cosa cazzo sei tu?- riuscì
a biascicare prima che l'altro Hirutani facesse un passo verso di
lui, poi un altro e un altro ancora. Piano, come la loro andatura,
Hirutani vide le ombre intorno diradarsi, il paesaggio circostante
diventava gradualmente più nitido, sembrava stesse prendendo
le forme di un edificio e altre sagome spuntarono dal terreno
assumendo progressivamente sembianze simili a quelle umane. Tremò
per un momento quando, in uno sprizzo di lucidità, riconobbe
il retro della sua vecchia scuola, riconobbe i visi dei compagni
della sua stessa banda, il viso di Jonouchi. Hirutani era al centro
e tutti lo stavano circondando formando un semicerchio intorno a
lui, si avvicinavano, si avvicinavano sempre di più e il
ragazzo si accorse che non poteva indietreggiare più di
quanto non avesse già fatto, non poteva più scappare da
nessuna parte e lo capì nel momento in cui, alle sue spalle,
si sentì bloccato dalla superficie di un freddo muro di
cemento.
Gli altri si stringevano sempre di più
attorno al suo corpo, Hirutani appoggiò le mani contro la
parete come a cercarne protezione, un appoggio: dove aveva già
visto quella scena?
All'improvviso sentì qualcosa
riempirgli i polmoni, come un palloncino che si stava gonfiando,
ancora e ancora, qualcosa che sembrava volesse fargli esplodere il
torace con una forza prepotente, qualcosa che sembrava voler salire e
uscire dalla sua gola. Allora assecondò questo bisogno e aprì
la bocca, come a voler gridare, come a voler cercare di far defluire
quel qualcosa e quel qualcosa uscì, uscì davvero,
liberandolo:- SMETTETELA PER FAVORE, NON HO SOLDI CON ME!-
Hirutani si portò le mani alle
labbra, le tappò, sconvolto: quella non era la sua voce! E
perché aveva detto quella cosa? Cosa stava succedendo? Alzò
lo sguardo e vi trovò quello sardonico degli altri ragazzi,
dell'altro se stesso, e tutto gli fu improvvisamente chiaro.
Ricordava quel momento, ricordava quando alle medie, per la prima
volta, aveva deciso di prendere di mira un ragazzino di buona
famiglia per guadagnarci qualche soldo, ricordava di come aveva
coinvolto Jonouchi e gli altri promettendogli denaro. Soprattutto
Jonouchi, un ragazzo dall'incredibile forza fisica che avrebbe reso
la sua banda invincibile, con lui al suo fianco avrebbe in poco
tempo imposto la sua supremazia ovunque e sarebbe stato temuto da
tutti. Un bravo ragazzo, Jonouchi, ma chiunque sapeva anche quanto
avesse bisogno di soldi, della sua situazione familiare, della
sorella cagionevole di salute; tutti sapevano come sarebbe stato
facile farlo cedere, era una facile preda, per lui.
Non fece quasi in tempo a realizzare
questo ultimo pensiero quando vide l'altro se stesso alzare il
braccio e scagliarsi con ferocia contro di lui. Gli lanciò un pugno in pieno viso
facendolo cadere rovinosamente a terra.
Hirutani ansimò, spalancò
le labbra cercando di riempirsi i polmoni di grandi boccate d'aria,
come se fosse rimasto in apnea per chissà quanto tempo. Forse,
in effetti, così era stato davvero. Aprì gli occhi, si guardò
intorno e realizzò di essere ancora seduto nello stesso
posto, davanti a sé il puzzle come lo aveva lasciato e, anche
Atem, era fermo nella medesima posizione di prima. Aveva avuto
un'allucinazione? Si toccò titubante la guancia che era stata
colpita, formicolava, ma non faceva poi così male.
-Cosa è successo?- chiese
rivolgendo al suo sfidante uno sguardo confuso.
-Il tuo puzzle sta diventando nero,
significa che il tuo animo è oscuro, più diventerà
oscuro più dovrai affrontare te stesso.- rispose Atem, sul
viso un'espressione triste.
Per un attimo Hirutani, così
pacato fino a poco prima, vacillò. Dopotutto era umano e la
sua psiche non era abituata a vivere certe situazioni, ma ormai aveva
capito, sì, quello era tutto un gioco psicologico, quel
ragazzino stava cercando di suggestionarlo con i suoi trucchetti.
Aprì la bocca per parlare e si
accorse di avere la gola terribilmente secca e provata:-Che cosa?
Significa che avrò altre visioni simili a questa? Che cos'era quello?
-
-Hirutani, eri tu, eri tu il giorno in
cui hai deciso per la prima volta di diventare quello che sei.-
Atem indicò il puzzle:-Il puzzle
ti dà la possibilità di rivivere sulla tua stessa pelle
i tuoi peccati, ti farà rivivere tutto quello che hai fatto
agli altri, ma...- si interruppe un istante assottigliando i grandi
occhi in un'espressione quasi supplichevole:-Hirutani puoi fermare
tutto questo! Puoi vincere questo gioco!- Concluse.
-Come?-
-Fa' tornare il puzzle bianco, usa i
tasselli per ricostruire te stesso, affronta il vecchio Hirutani e
sconfiggilo!- la voce di Atem era carica di speranza, sul suo volto
un sorriso sincero, la mano chiusa a pugno vicino al cuore.
Hirutani lo guardò e rimase in
silenzio per tutto il tempo necessario per riflettere su quelle
parole, rimase in silenzio anche dopo, immobile a fissare e studiare
il suo interlocutore. Poi sorrise, abbassò il capo, prese un
tassello e ne cercò la giusta sistemazione.
Quella reazione spiazzò Atem,
non riusciva davvero a capire! Perché Hirutani non aveva nulla
da dire? Perché non sembrava spaventato dalla sua visione?
Perché non era minimamente turbato? Perché non
esitava? Alzò gli occhi alla ricerca della sua luce e la vide
volteggiare sulle loro teste. Era strano, pensò Atem, la luce
sembrava in difficoltà, sembrava tentare disperatamente di farsi notare da Hirutani, sembrava che lui la stesse ignorando.
Riposizionò preoccupato lo
sguardo sul ragazzo, era nuovamente in stato di trance: stava avendo
un'altra visione. Eppure, notò Atem riportando gli occhi sul
puzzle, questo continuava a diventare inesorabilmente nero.
-È impossibile...-l'affermazione
gli scivolò dalle labbra come un gemito strozzato. Perché
Hirutani non stava affrontando i suoi demoni? Perché sembrava
non risentirne? Perché ora il suo viso stava sorridendo? Tutti
capiscono i loro errori una volta che li vivono sulla loro pelle. Era
brutto, era crudele, Atem lo sapeva, non avrebbe voluto fare questo,
ma come poteva condurli alla luce se prima non attraversavano le
ombre? Come poteva offrirgli la sua mano se questi non sapevano di
averne bisogno?
Vide Hirutani riprendersi e continuare
a completare il suo gioco imperterrito e Atem rabbrividì quando osservò
l'ennesimo pezzo diventare nero. E poi ancora, ancora e ancora, si
alternavano stati di trance e lucentezza, dove Hirutani
proseguiva il suo cammino color della pece.
No, non doveva andare così!
Perché con lui non stava funzionando? Più aggiungeva
pezzi più il puzzle assumeva la tinta dell'oscurità. Non poteva
permetterlo, non poteva! Ne valeva della vita di tutti, sua, di
Hirutani, di Jonouchi! Sentì il panico salire, poteva davvero
essere? Stava davvero perdendo? Stava perdendo contro Hirutani?
Di scatto si spinse in avanti
afferrando la mano dell'altro che si accingeva intrepida ad inserire
l'ultimo, nerissimo tassello:-NO! FERMO!-
Le lacrime si formarono nei suoi grossi
occhi viola, scendendo giù per le guance e scivolando ancora
più giù, infrangendosi sul puzzle completamente
annerito sotto di lui:-Hirutani, no...per favore, ripensaci...quello che hai
visto, che hai provato, tu non...-
Hirutani sorrise, un sorriso
stranamente dolce che, sorpreso, fece sorridere l'altro ragazzo di
rimando, nella speranza di poterlo interpretare come un buon segno da parte sua.
-Oh, Atem, il tuo animo è così
buono...-
L'egiziano prese tra le mani quella di
Hirutani che ancora stringeva fra le dita l'ultimo pezzo:- Anche tu,
Hirutani! Anche tu puoi! Devi solo sforzarti di capire!-
-Oh, ma io capisco, capisco eccome-
continuò il ragazzo:- e ti ringrazio, grazie per avermi fatto
rivivere il mio passato, è stato illuminante, davvero.-
-Hirutani...- Atem deglutì nel
vedere quel sorriso diventare sempre più tagliente, sempre più
scuro e spaventoso. E dire che per un attimo si era illuso che...
-Sì, ti ringrazio, è
stato così...intenso. E vedi, quasi non ricordavo come ero
arrivato fino a qui, ma tu mi hai rinfrescato la memoria.- una luce
strana brillò negli occhi di Hirutani, una luce inquietante,
una luce che non dovrebbe essere ancora lì. Una luce non luce.
Da lontano Jonouchi si sforzava di
sentire cosa si stessero dicendo. Hirutani era girato di spalle, ma
il viso dell'altro Atem lo poteva vedere chiaramente e stava
piangendo e parlava da sé. Sentì il cuore stringersi in una morsa nel vedere
quegli occhi cristallini bagnarsi di lacrime e odiò con tutte
le forze che gli rimanevano il fatto di non poter fare nulla, nulla di
utile. Non sapeva cosa stava accadendo, non capiva, ma le cose non si
stavano mettendo bene, questo era certo. Cercò di
divincolarsi, di allentare la presa che lo imprigionava, ma nulla,
quei bastardi lo avevano legato troppo bene e lui era troppo stanco
per provare seriamente a liberarsi. In quell'istante vide qualcosa di
strano, qualcosa di diverso, qualcosa muoversi intorno ad Hirutani.
Sì, sembrava quasi che la luce intorno a lui stesse iniziando a
sciogliersi, colare come neve al sole, come cera a contatto col fuoco
e...era spaventoso! Così spaventoso da togliere il fiato, da
irrigidire le membra impedendo ai muscoli di dare retta all'istinto e
scappare.
-A...Atem! Atem!- cercò di
chiamarlo, si divincolò ancora e ancora, ma era tutto inutile.
Lui era lì, con lui, ma era inutile. Poteva, doveva guardare e basta. Aspettare
e basta.
-Sai, è stato bello, è
stato grandioso!- Riprese a parlare Hirutani:-ho potuto vedermi
dall'esterno, vedere come sono diventato forte, potente. Oh, sì!
È stato fantastico poter provare sulla mia pelle la paura
delle mie vittime, vedere quanto sono in grado di incutere timore! Il
mio potere...il mio potere è incredibile!-
Il ragazzo con un gesto secco si liberò
dalla presa di Atem, riprendendo possesso della sua mano che
stringeva ancora saldamente l'ultimo elemento del puzzle. La alzò
verso il cielo, quasi in segno di vittoria.
Gli occhi di Atem si spalancarono, le
lacrime non volevano più smettere di scendere copiose dai suoi
occhi: perché? Perché stava succedendo? Nessuno è
completamente cattivo, giusto? Giusto? Nessuno può essere
immune al potere della luce!
-Hirutani, no!- cercò di
dissuaderlo in un ultimo inutile e disperato tentativo:- vuoi davvero
vivere così? Vuoi davvero continuare a fare del male a tutti?
A fare del male a te? Vuoi vivere una vita fatta di ombra? Pensaci,
Hirutani! Non è la soluzione! Non è in questo modo che
otterrai quello che vuoi! Guarda Jonouchi, guarda i tuoi compagni...-
e li indicò svenuti a terra, indicò l'amico senza forze
appeso per le braccia al soffitto:-vuoi continuare a distruggere ogni
cosa al tuo passaggio? Vuoi continuare a distruggerti? Vuoi davvero
perdere la tua anima per sempre?-
Con un definitivo e veloce movimento
Hirutani posizionò l'ultimo tassello al suo posto.
-No Hirutani!-
il puzzle si illuminò di luce
nera e poi esplose con violenza, disseminandosi ovunque per il
capanno. La luce che prima regnava sovrana iniziò lentamente a
farsi meno intensa, sempre di meno, sempre di meno, fino a quando non
scomparve del tutto lasciando che la realtà tornasse a
circondarli al suo posto.
Dove prima era stato appoggiato il
puzzle ora vi era il segno di un'esplosione, come se vi fosse
scoppiata una bomba e il fumo che ne fuoriusciva invadeva i loro
sensi entrandogli in gola, bruciandogli gli occhi.
Hirutani tossì appena, era
fastidioso, ma si sentiva in gran forma, come mai prima d'ora. Aveva
sconfitto la luce, aveva sconfitto la magia, tutto questo lo fece
sentire pieno di sé e inarrestabile. Fece leva sulle braccia
alzandosi in piedi. Guardò dall'alto della sua posizione
l'altro ragazzo ancora seduto a terra, sconvolto, immobile,
piangente. Le braccia ricadevano lungo il suo corpo, le mani
abbandonate sul cemento freddo, senza forza, senza il coraggio di
reagire e, in fondo, che altro avrebbe potuto fare?
Il fumo copriva il viso di Hirutani,
ma i suoi occhi indemoniati sembravano penetrarlo, sembravano
tagliare qualsiasi cosa come lame affilate ed invincibili. Sorrise,
un sorriso trionfante, un sorriso malvagio, un sorriso che non
sarebbe mai cambiato. Hirutani aveva fatto la sua scelta.
- Ho vinto!-
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