Al contrario

di masayachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** opportunismo ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Fiducia. ***
Capitolo 4: *** Il gioco della redenzione. ***
Capitolo 5: *** L'altro Atem ***
Capitolo 6: *** Saremo sempre amici, giusto? ***
Capitolo 7: *** Scusami. ***
Capitolo 8: *** La scelta. ***



Capitolo 1
*** opportunismo ***


Ovviamente credo che non ci sia niente di meglio di YGO così com'è. La mia intenzione non è stravolgere l'opera di Takahashi che va benissimo, volevo solo provare a trasformare il protagonista in Atem. Praticamente in questa fic tutto è il contrario di tutto. Atem è Yugi e Yugi è Atem. Yugi era un ragazzo emarginato mentre Atem popolare. Yugi cercava degli amici mentre Atem gli allontana.

Mi è venuto in mente di scrivere questa fic perchè ho sempre pensato che Atem avesse un rapporto totalmente diverso rispetto ad Aibo con i suoi amici. Lui è davvero se stesso solo quando è con Yugi, ma trovo che con gli altri faccia fatica a lasciarsi andare e a fidarsi.

Se vi piace, la continuerò volentieri.



Era arrivata la bella stagione da un po' a Domino city. Quel giorno gli studenti della prima B avevano deciso di passare l'intervallo in cortile. Una sfida a basket, maschi contro femmine era davvero l'ideale.
-Hey Atem, non startene tutto solo, perchè non vieni a giocare a basket con noi?-
Disse uno dei ragazzi facendo roteare il pallone fra le mani.
A quelle parole le ragazze dell'intera classe si voltarono eccitate verso il banco del loro idolo: capelli punk di ben tre colori, pelle bronzea , sguardo penetrante, fisico forte e slanciato; l'uomo perfetto agli occhi della maggior parte delle studentesse del liceo di Domino.
Lui alzò gli occhi verso colui che lo aveva distratto dai suoi pensieri rispondendo con un semplice:-No, ti ringrazio.-
Si sentì un leggero mormorio dispiaciuto da parte del pubblico femminile, che deluse, uscirono una ad una dall'aula.
Atem sospirò, allentandosi il collare borchiato con le dita .
Era sempre così; i suoi compagni cercavano perennemente di metterlo in mezzo alle loro cose. Tutti gli stavano attorno, maschi e femmine, persino i senpai.
Atem odiava quegli assurdi approcci per comprare la sua amicizia. Si chiedeva se sarebbe stata la stessa cosa se invece che essere belloccio, bravo negli studi e negli sport, fosse stato un ragazzino mediocre. Probabilmente nessuno lo avrebbe considerato.
La sensazione che aveva era che tutti coloro che desideravano ardentemente la sua amicizia o le sue attenzioni lo facessero solo per la sua esteriorità.
Era sempre stato così, dal primo giorno che si era trasferito in Giappone con la sua famiglia, ormai cinque anni prima.
Quando abitava in Egitto le cose erano diverse; le persone erano più semplici, ma meno corrotte e meschine.
Nessuno faceva il carino solo per copiare i suoi compiti o per cercare di accaparrarsi un appuntamento galante. In Giappone erano tutti opportunisti.
Non una sola persona aveva cercato di andare oltre il suo aspetto fisico o la sua pagella, nemmeno una!
Per questo Atem aveva deciso di non concedere la sua amicizia a nessuno, perchè sapeva, non sarebbe mai stata una vera amicizia come quella con Mahad, Seth, o Mana, i suoi amici d'infanzia.
Con i nuovi compagni si limitava a rispondere educatamente e a rispettare le loro usanze; niente di più, niente di meno.
Sbuffò sonoramente aprendo la cartella per poi estrarne un cofanetto dorato.
conteneva un vecchio puzzle che suo nonno gli aveva regalato da bambino, quando erano ancora in Egitto. Ormai erano passati una decina d'anni da quando Atem aveva iniziato a cercare di costruirlo, ma niente da fare.
Quel dannato aggeggio non voleva saperne di venire assemblato. Se non altro era un buon passatempo.
Lui adorava i giochi, di qualsiasi tipo, e se doveva essere onesto, l'unica cosa bella che era riuscito a trovare nel suo nuovo paese era che se ne potevano trovare di tutti i gusti.
-Atem-kun...-Una voce femminile lo aveva chiamato attirando la sua attenzione.
Mazaki Anzu era davanti a lui, in piedi, gli sorrideva.
-Ah, Mazaki...non eri andata a giocare a basket?- Chiese lui atono mentre la ragazza prendeva una sedia sedendoglisi difronte.
Appoggiò un gomito sul tavolo:sembrava alquanto irritata:-Bah! I ragazzi sono solo dei luridi maniaci. Ci hanno invitato a giocare solo per spiarci sotto le gonne!-
Atem sorrise.
Mazaki era una ragazza un po' particolare, lo doveva ammettere. Tutto sommato era simpatica e non era il tipo che pensava solo ai cosmetici o ai capelli. Aveva un temperamento forte e anche lei nell'istituto riscuoteva un notevole successo.
Qualcuno diceva che Mazaki Anzu era la sua controparte femminile essendo carina, atletica e intelligente.
Ma aveva una pecca.
-Cos'è questo?-Chiese lei indicando lo scrigno:- Ci sono incisi dei geroglifici...sbaglio?-Continuò dopo essersi avvicinata all'oggetto per esaminarlo con più attenzione.
-Sì, è molto antico, ha circa tremila anni. Me l'ha regalato mio nonno da piccolo...- Aprì il coperchio:-contiene un puzzle millenario.-
Anzu rimase leggermente spiazzata dal contenuto e prese uno dei pezzi fra le dita: non aveva mai visto nulla di così scintillante in vita sua:-Wow! Che bei riflessi dorati!-
“Bah, chissà perchè le donne devono emozionarsi così tanto nel vedere qualcosa che luccica.”Pensò Atem.
-A dire il vero, non so ancora come diventerà....è da quando sono bambino che provo ad assemblarlo. Onestamente credo che sia impossibile metterlo assieme. Probabilmente sono solo un mucchio di pezzi senza senso...però mio nonno dice che se questo coso viene costruito può esaudire qualsiasi desiderio-
E lui sapeva bene cosa desiderare: tornare in Egitto.
-Un desiderio?- Anzu, alzando lo sguardo, aveva incrociato quello di Atem ed era visibilmente arrossita.
Ecco, questa era la sua pecca.
Era palesemente infatuata di lui, proprio come tutte le altre.
Non sopportava di non poter guardare in faccia una ragazza senza farla arrossire o mettere in imbarazzo. E poi per cosa? Perchè era simpatico, antipatico, generoso o egoista? No, solo perchè era bello, a quanto pare.
Nessuna di loro lo conosceva, nessuna lo capiva. A dire la verità, nessuna si sforzava di farlo.
Quale altro motivo avrebbero potuto avere per essere cotte di lui se non per l'aspetto fisico? Che poi cosa aveva di speciale ? Il così detto “fascino esotico”? Non capiva queste giapponesi. In Egitto non era mai successo di essere così popolare!
Sentì improvvisamente un braccio circondargli il collo:-Atem! Ti stavamo giusto cercando! Non è che ci passeresti i compiti di matematica?-
Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto lo avevano braccato alle spalle.
Quei due erano i peggiori esemplari di tutta la scuola e gli stavano appiccicati come ventose. Irritante. Molto irritante.
Avevano la fama di essere due a cui piaceva tormentare quelli più deboli...bulletti da due soldi, insomma.
Ciò nonostante gli avevano spesso chiesto di uscire assieme, ma lui, aveva sempre gentilmente rifiutato l'offerta.
-Jonouchi! Non sarebbe ora che te li facessi da solo i compiti? Smettila di esasperare la gente!- Disse Anzu guardandolo in modo molto poco amichevole.
-Ma che vuoi Mazaki? Sempre a metterti in mezzo !- Le sbraitò contro Jonouchi.
-E poi Atem è nostro amico! Non puoi capire la solidarietà maschile, tu!- Continuò Honda.
Dio...esistevano sciacalli peggiori di quelli?
-scusate...- li interruppe Atem: -ho delle cose da fare...ne parleremo più tardi.-Raccolse le sue cose velocemente e uscì dall'aula lasciando i tre perplessi.
Jonouchi sbuffò amareggiato.
Ogni tentativo di fare amicizia con quel ragazzo era totalmente inutile.
Atem era gentile con tutti, dava una mano quando poteva. Durante le lezioni si poteva sempre contare su di lui, ma fuori dal rapporto “compagni di scuola” era del tutto inavvicinabile.
Nonostante gli innumerevoli fan, oramai c'erano un sacco di persone che lo consideravano strano.
Andava d'accordo con tutti, ma non era amico di nessuno.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, un luccichio per terra attirò la sua attenzione.
Si chinò a raccogliere l'oggetto non identificato:-Che caspita è questa roba?-
Anzu si sporse verso di lui notando l' oggetto con inciso sopra uno strano occhio dorato:-Ah! È un pezzo del puzzle che stava costruendo Atem! Deve essergli caduto! Devi riportarglielo ! Per lui è una cosa molto importante.-
il ragazzo se lo mise in tasca: glielo avrebbe dato più tardi.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Salve a tutti. Sono passati secoli dall'ultima volta che ho postato, vero? In realtà, questo capitolo ce l'ho pronto da diversi mesi, ma non l'avevo mai messo perchè incerta sul come proseguire questa storia. In verità, lo sono ancora...infatti in questo capitolo non succede nulla in particolare. Lol.(in pratica, l'ho solo sistemato)

In tutto questo tempo me ne sono capitate di tutti i colori, è proprio un momento nero in ogni ambito. Per non parlare che il mio cuoricino è in mille pezzi e non riesce a guarire. Ho pensato che magari, riprendendo a fangirleggiare avrei potuto distrarmi da certi pensieri...

Ringrazio tutti coloro che hanno letto lo scorso capitolo e che mi hanno incoraggiata e spero di aver migliorato il mio stile. Per consigli, idee, suggerimenti o critiche...sono qui =).

Buona lettura.




Atem uscì in corridoio allontanandosi di qualche metro dalla sua aula.

Si affacciò a una delle grandi finestre che davano sul cortile facendo un ampio respiro. L'aria del Giappone era così diversa da quella di casa sua.

Ricordava ancora quando sua madre lo portava al mercato. Quando abitava in Egitto non aveva mai dato molta importanza alla cosa, gli sembrava del tutto normale andare là, circondato da persone con gli abiti tipici del posto: svolazzanti tuniche bianche e turbanti che volteggiavano tra le bancarelle piene di spezie e tessuti, e poi...l'odore forte d' incenso e datteri che gli penetrava nei polmoni...

Adesso, a ripensarci, quel luogo doveva essere l'eden.

-Muran-kun!Muran-kun!-

Atem si voltò. Un ragazzo correva agitando le braccia verso di lui.

- Sei Atem Muran-kun della prima B, vero?- Disse questo con un sorriso da orecchio ad orecchio dopo averlo raggiunto.

Atem annuì soltanto.

Lo sconosciuto gli porse un volantino mettendoglielo quasi forzatamente in mano:-Muran-kun! Ti prego, iscriviti al club di atletica! Ieri ti ho visto a ginnastica e...sei grandioso! Stiamo cercando nuovi iscritti e...-

-Sono davvero spiacente, ma non posso iscrivermi ad alcun club. Ti ringrazio per l'offerta- Replicò Atem senza lasciare il tempo all'altro di finire la frase e smorzandogli così l'entusiasmo.

Il ragazzo lo guardò sconsolato:-D'accordo, ma se ci ripensi...noi ti aspettiamo Muran-kun!-

Non era certo la prima volta che i vari rappresentanti dei club scolastici lo prendevano di mira. Aveva avuto richieste dal club di kendo, karate, basket, pallavolo, football, baseball, calcio...e alcune ragazze gli avevano proposto persino quello del tè!

A dire il vero, se ci fosse stato un club su un qualche gioco di logica avrebbe potuto farci anche un pensierino, ma non avrebbe potuto comunque farne parte.

Il pomeriggio doveva andare a casa il prima possibile per aiutare suo nonno Shimon in negozio.

I suoi avevano sempre avuto un grande interesse per i giochi, che peraltro, gli avevano trasmesso fin da bambino.

Per loro era una vera e propria passione a trecentosessanta gradi. Amavano conoscerne le origini, la provenienza, il significato, le regole, e ovviamente, giocarci.

In particolare erano interessati ai giochi praticati dalle antiche civiltà. Andavano letteralmente pazzi nello scoprire i vari passatempi degli Egizi, Romani, Maya e via dicendo.

Suo nonno Shimon aveva sempre desiderato aprire un negozio di giocattoli per poter condividere la sua passione con i ragazzini, oltre che le sue conoscenze.

Ma l'Egitto non faceva al caso suo.

Diceva di voler andare in un posto dove le persone avessero mentalità più aperte, dove poteva far riscoprire il piacere della semplicità laddove si era schiavi della tecnologia. E così, si erano trasferiti tutti in Giappone.

Il piano del nonno non era andato proprio a buon fine:le vendite dei suoi giochi da tavolo, carte, e pezzi storici come il bao o il seneth, attiravano più i collezionisti che i ragazzini.

Le vendite non erano esattamente alle stelle, quindi, non potendosi permettere un commesso, toccava ad Atem dare una mano.

Probabilmente, se non fosse stato per il lavoro dei suoi genitori al museo della città, il negozio sarebbe dovuto chiudere da un pezzo.

Se fossero rimasti in Egitto sarebbe andato tutto bene, e invece...

Si strinse nelle spalle.

Oramai era andata così, non poteva farci nulla.

Diede una veloce occhiata ai suoi compagni di classe giocare in giardino, poi si allontanò dalla finestra per continuare a percorrere il corridoio vuoto.

Davanti a sé apparse la figura di un ragazzo-armadio che camminava nella direzione opposta alla sua.

Atem fece una smorfia: “ Dannazione! Ci mancava solo Ushio!” Pensò mettendosi le mani in tasca con fare seccato.

-Oh! Muran-kun! L'idolo delle folle! Quale onore!- Esclamò questo salutandolo con la mano.

-Buon giorno, Ushio-sama- Rispose Atem desiderando con tutto se stesso che la conversazione finisse lì.

Ushio era forse la persona che più detestava. Si autoproclamava “ la legge”, “colui che mantiene l'ordine scolastico”, ma sapeva perfettamente che in realtà non era altro che un bullo della peggior specie.

Gli si fermò davanti e Atem, dai suoi centosessantacinque centimetri, si sentì infinitamente piccolo al cospetto di un uomo alto almeno due metri.

-Muran-kun, era un po' che volevo parlare con te, finalmente abbiamo l'occasione di scambiare un paio di parole in tranquillità.-

Ok, le sue speranze erano definitivamente andate in fumo. Sperava almeno che non gliela tirasse troppo per le lunghe:-C'è qualche problema?- Chiese.

Ushio fece spallucce, mentre sul viso faceva capolino uno strano sorrisetto:-Dipende. Sai, ho notato che ci sono due individui che ti importunano spesso e volentieri. Parlo di Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto, presente?-

“In effetti...” fu tentato di rispondergli Atem. Ma Ushio non era certo il tipo con cui lasciarsi andare a certe considerazioni; non si poteva mai sapere dove volesse andare a parare:-Cosa intendi dire, Ushio-sama?-.

-Bè...mi stavo chiedendo se tu avessi bisogno di protezione. Sai, con certi bulletti in giro, un bravo ragazzo come te può sempre contare sulla mia presenza, chiaramente.-

Atem sorrise ironico. C'erano delle volte in cui tutta la buona educazione del mondo non bastava per trattenersi:-Davvero, Ushio-sama? Sei gentile, ma forse le prime persone che dovrebbero venire sorvegliate sono proprio i sorveglianti.-

L'enorme ragazzo spalancò incredulo gli occhi davanti a tanta sfrontatezza nei suoi riguardi:-Stai forse cercando di insinuare qualcosa, Muran?- Il suo tono di voce era tutto tranne che rassicurante.

Atem si rimproverò mentalmente da solo mordendosi la lingua. Come aveva potuto lasciarsi andare in quel modo? Doveva evitare ogni tipo di coinvolgimento con quella persona.

-Nulla. Ora, se vuoi scusarmi, devo proprio andare...buona giornata, Ushio-sama.- Così dicendo si allontanò proseguendo il tragitto del corridoio per poi scendere dalle scale.




Jonouchi rigirò nella tasca il pezzo di puzzle che aveva ritrovato per terra sghignazzando tra sé e sé.

Quel gingillo poteva essere un'occasione d'oro per lui.

Ormai le lezioni erano finite, ma decise che il momento di restituire l'oggetto non era ancora giunto.

Honda gli aveva detto che il suo piano era alquanto subdolo, ma lui non era d'accordo.

Se quel puzzle era davvero importante per Atem, voleva aspettare che questo si accorgesse di averlo perso, così una volta riconsegnato al proprietario, in cambio avrebbe ricevuto la sua gratitudine, e stima, forse.

Diventare amico di Atem era uno dei suoi più grandi obbiettivi. Spesso i suoi compagni di classe si chiedevano perché un tipo come lui stesse sempre appiccicato ad uno degli studenti migliori del liceo, ma questo, solo lui e Honda lo sapevano.

Jonouchi e Honda stavano già per uscire dall'aula quando una presa ferrea li bloccò dal colletto dell'uniforme.

-Dove credete di andare, voi due? Oggi è il vostro turno, dovete portare fuori la spazzatura.-

A Mazaki Anzu non sfuggiva proprio nulla, eh? I due ragazzi rotearono gli occhi.

Potevano forse disobbedire a quella pazza ?

-D'accordo, Mazaki.- Sbuffò Jonouchi caricandosi uno dei sacchetti neri sulle spalle.

Dopodiché, i due si avviarono verso il retro del cortile con i loro carichi.






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Capitolo 3
*** Fiducia. ***


Salve a tutti. Eccomi tornata, inaspettatamente senza aspettare un anno fra un capitolo e l'altro. Asd. (Ups, ho cazziato qualche verbo, credo di aver sistemato adesso. Chiedo scusa a chi ha letto finora)Innanzitutto, grazie a tutti per essere stati gentili con me e per le parole di conforto. Sto cercando di venirne fuori come meglio posso.

Venendo al capitolo...è abbastanza lungo per i miei standard, devo dire. Forse è la prima volta che riesco a scrivere un capitolo di quasi cinque pagine! È stato davvero, ma davvero difficile cercare di creare una situazione simile a quella del manga, adattarla ad Atem e alle condizioni che avevo creato in precedenza per lui. Spero davvero di non averlo reso OOC, ma mi sono basata sul fatto che, fra Atem e Yugi, non è decisamente il primo quello altruista e fiducioso verso il prossimo. So che Atem ha anche un forte senso di giustizia, ma non ci avrebbe pensato due volte a far uccidere Kaiba per il proprio tornaconto, se così si può dire.

Insomma, Atem è un personaggio complicato, mi auguro di aver reso discretamente l'idea.

Al prossimo capitolo =)



Finalmente anche quella giornata era finita. Le lezioni erano terminate e aveva sistemato tutte le sue faccende, quindi, ora poteva tranquillamente tornarsene a casa.

Il momento in cui suonava l'ultima campanella era quello preferito da ogni studente; per Atem, invece, un vero e proprio motivo per tirare un sospiro di sollievo.

Il solo pensiero di stare lontano da quei giapponesi falsi e opportunisti per qualche ora, lo rendeva felice.

Ormai, aveva ben capito con che gente aveva a che fare. Il Giappone, peraltro, era una nazione decisamente razzista. Ricordava bene le difficoltà dei suoi genitori e del nonno nell'avere la cittadinanza, nell'aprire il negozio, nel trovare lavoro...solo che la gente del posto, nascondeva il proprio disprezzo verso il prossimo dietro ad un sorriso .

Era anche vero il fatto che, i giapponesi, venivano incredibilmente attratti dal fascino esotico, e questo, lo aveva scoperto a sue spese.

Fece giusto in tempo ad oltrepassare il cortile che le speranze di potersene tornare a casa felice e beato svanirono. Per la seconda volta nello stesso giorno, quell'energumeno di Ushio gli si piazzò davanti bloccandogli la strada.

“Che diamine vuole, ancora?” Pensò toccandosi una tempia e cercando di convincersi a rimanere calmo.

-Muran-kun, ti aspettavo.-Esordì Ushio posandogli una mano sulla spalla, neanche fossero amiconi.

-C'è qualcosa che ti devo mostrare, seguimi.-

L'egiziano lo guardò seccato:- Ushio-sama...qualsiasi cosa sia può aspettare. Ho molta fretta e...-

La stretta della mano del ragazzo-armadio si fece improvvisamente più forte, diventando una piccola morsa.

Atem gemette. A quel punto, si rese conto che la sua non era affatto una richiesta, bensì un ordine.

-D'accordo...- Sibilò mentre l'altro mollava la presa.

Ushio iniziò a camminare in direzione del retro dell'edificio.

Che diamine aveva in mente quello scimmione? Che se la fosse presa per come gli aveva risposto durante l'incontro della pausa pranzo? Sapeva benissimo che non c'era da fidarsi, con buona probabilità aveva tutta l'intenzione di alzare le mani su di lui. Per quanto Atem non fosse esattamente un ragazzo gracilino, pensare di avere la meglio su un tipo del genere, alto e pesante quasi il doppio di lui, suonava come un'impresa pressoché impossibile.

L'unica soluzione che gli veniva in mente per evitarsi una scazzottata era, per quanto poco coraggiosa, la fuga a gambe levate.

Ushio gli camminava davanti facendo strada, quindi, gli dava le spalle. Con il giusto scatto non sarebbe stato poi così difficile filarsela, e anche con buone probabilità di non venire raggiunto, peraltro.

D'altra parte...si rese conto che frequentavano entrambi la stessa scuola. Se davvero aveva scatenato l'ira di quel teppista, sarebbe potuto scappare quel giorno, ma venire comunque braccato quello seguente o quello dopo ancora.

Insomma, tanto valeva affrontare le cose da vero uomo, a questo punto.

-Ecco fatto, Muran-kun- Disse Ushio fermandosi dopo aver oltrepassato l'angolo che formava il retro dello stabile: -Goditi lo spettacolo. Ora non dovrai più preoccuparti di questi due.-

Atem si bloccò di colpo spalancando gli occhi, incredulo.

Jonouchi Katsuya e Honda Hiroto giacevano ansimanti e pieni di lividi contro la parete.

Gli occhi gonfi, il sangue che colava dal naso e dalla bocca; avevano il respiro affannoso, mentre per terra erano circondati da immondizia e alcuni sacchetti di nylon rotti .

Rimase letteralmente senza parole davanti a quello spettacolo agghiacciante.

-Cos'è quella faccia, Muran? Ti davano fastidio, no? Te lo avevo detto che potevi contare sulla mia protezione, giusto?- Sogghignò Ushio con un tono ironico e al tempo stesso terribilmente compiaciuto per il proprio operato.

Jonouchi non poteva credere alle sue orecchie.

Quel ragazzo così gentile, così tranquillo ed educato con tutti...quel ragazzo con cui lui voleva tanto stringere amicizia, aveva davvero chiesto ad Ushio di far loro del male?

Si passò la manica dell'uniforme sul viso, pulendosi dal sangue che gli riempiva la bocca:- È...è davvero così che stanno le cose? Sei stato tu? Non ti credevo capace di una cosa simile. Sarai contento, adesso... Io e Honda volevamo solo...-

Atem lo zittì. L'espressione del suo viso si era tramutata in qualcosa tra lo sconvolto e il profondamente indignato: - Che cosa? Io non ho chiesto proprio un bel niente a nessuno! Che razza di gioco è questo? Volete mettermi in mezzo alle vostre faccende da teppisti, per caso? A quale scopo? Volete farmi avere dei guai? Per quel che mi riguarda potete prendervi a botte finché vi pare, ma io non voglio saperne niente! Non mi interessate né voi né i vostri sadici giochini!-

Ansimò. Aveva gridato contro tutti i presenti. Era la prima volta che si lasciava andare così in pubblico.

D'altronde era una situazione assurda. Tre teppisti che davano a lui la responsabilità della loro patetica rissa? La cosa puzzava, specie perché se Ushio ce l'aveva con lui per come gli aveva risposto, per quale motivo picchiare quei due? Si erano forse messi tutti d'accordo per tramare qualcosa alle sue spalle?

-Ah, è così, eh?- Ushio lo afferrò dal colletto alzandolo di peso da terra, come a volerlo portare alla sua altezza.

-Sappi che invece sarà meglio che la cosa cominci ad interessarti. Per questo lavoretto mi devi duecentomila yen! Io non lavoro gratis.-

Atem era allibito. Quell'individuo spregevole aveva fatto in modo di renderlo forzatamente un suo debitore, anche se lui, non gli aveva mai chiesto nulla! Era quella la sua vendetta? Inoltre, quella stretta al collo gli stava impedendo di respirare, e il suo divincolarsi risultava essere completamente inutile contro quel colosso. Ringhiò guardandolo con odio negli occhi: -Io non ti darò proprio un bel niente! Bastardo!-

-Ne sei sicuro, Muran?- Proseguì l'altro mollando di colpo la presa e lasciandolo cadere violentemente al suolo: - Allora guarda bene quei due pezzenti, perché in caso di mancato pagamento, è proprio la fine che farai anche tu!- Tirò fuori un coltello dal taschino della giacca:- O anche peggio, chissà.-

A quel punto, Ushio girò i tacchi andandosene per la sua strada come se nulla fosse successo.

Atem, ancora accasciato, lanciò con tutta la sua forza un pugno al terreno, sollevando così una nuvola di polvere intorno a sé: - Bastardo! Bastardo! Dannato bastardo!-

Non poteva fare niente. Era più grande e più forte di lui, non c'era altra soluzione che pagarlo. Sì, ma dove li avrebbe potuti trovare duecentomila yen? Avrebbe dovuto dirlo in casa e far preoccupare tutti? Non era giusto! Lui non aveva alcuna colpa, non c'entrava nulla in quella faccenda.

Jonouchi e Honda lo fissarono, inermi.

Il primo cercò di prendere parola: - S...senti, A...

-Zitto!- Ringhiò Atem alzandosi in piedi di colpo .- Io non ho mai detto ad Ushio di picchiarvi! Quel che vi è successo è solo colpa vostra! Siete dei prepotenti e degli opportunisti! Non fate che prendervi gioco delle altre persone, maltrattandole o cercandole solo se avete bisogno di qualcosa! Siete pessimi, e quello che è successo non è altro che una conseguenza delle vostre azioni! Potevate ben evitare di starmi sempre addosso!-

Cadde il silenzio.

I loro sguardi erano fissi su quello del ragazzo, ma né Jonouchi né Honda ebbero il coraggio di aprir bocca.

Dunque...era questo quello che pensava veramente.




Atem si buttò sul letto coprendosi la testa col cuscino.

Duecentomila yen...come diavolo avrebbe potuto fare per recuperarli senza creare problemi ai suoi?

Non si sarebbe mai immaginato di finire immischiato in una faccenda simile. Aveva sempre cercato di farsi i fatti suoi, di evitare ogni coinvolgimento...e adesso...non sapeva proprio come venirne fuori.

Se non avesse pagato, Ushio non si sarebbe di certo limitato a tirargli qualche ceffone. Senza dubbio, gli avrebbe reso la vita impossibile per il resto della sua permanenza al liceo, se non peggio.

Accidenti, non poteva limitarsi a prenderlo a pugni e tanti saluti?

All'improvviso, gli comparve davanti l'immagine dei suoi due compagni di classe a terra e ricoperti di lividi: dopo aver gridato loro contro, se ne era andato via correndo, lasciandoli lì. A pensarci adesso...forse non avrebbe dovuto farlo.

Erano davvero ridotti male, e...

Scosse la testa. No, figuriamoci. Era anche colpa loro se si era cacciato in quella situazione, ma soprattutto, non avevano nulla da spartire con lui, se non ulteriori guai. Non erano nemmeno suoi amici! E poi, chissà quante volte saranno stati malmenati. Certa gente ha la pellaccia dura, è risaputo.

Sospirò mestamente mettendosi seduto alla scrivania. Dalla cartella, tirò fuori il suo prezioso cofanetto dorato, e quasi senza rendersene conto, si mise ad assemblare i pezzi del puzzle.

-Ma che diavolo sto facendo? In una situazione simile mi metto a giocare con...-

Si bloccò.

Era strano. Molto strano.

Quella sera, ogni elemento sembrava incastrarsi con estrema facilità. Uno tirava l'altro.

Qualsiasi pezzo prendesse fra le mani, trovava subito il suo posto fra gli altri.

-I...incredibile...- Una scossa lo attraversò per tutto il corpo.

Tutti i pensieri di pochi minuti prima sparirono in un istante, sostituiti da una sensazione di strana eccitazione.

Ogni volta che aggiungeva un tassello, il battito del cuore sembrava aumentare vertiginosamente.

-Si è incastrato...sì, anche questo...-

Gli occhi gli scintillarono come quelli di un bambino il giorno di Natale. Fra le sue mani, il puzzle che per quasi dieci anni aveva cercato di montare, era finalmente ad un passo dall'essere risolto.

Era un grosso pendaglio a forma di piramide rovesciata. Atem non sapeva se mettersi a ballare per la gioia o a ringraziare gli dei.

Dopotutto, quella, non era stata una giornata poi così terribile!

Ora, mancava solo l'ultimo pezzo, quello centrale.

L'occhio di Ujat.

Mise la mano all'interno del cofanetto facendola vagare alla ricerca della tessera mancante: niente.

Sentì un brivido freddo lungo la schiena. Si affrettò a guardarci dentro, confermando così la spaventosa realtà.

-N...non c'è...- Guardò sotto la scrivania:-Non c'è!-

Panico.

Scrutò il pavimento millimetro per millimetro, ogni angolo, ogni possibile fessura; mise sottosopra il letto, rovesciò la cartella di scuola, guardò in ogni cassetto e in ogni armadio.

Niente.

-Non c'è...non c'è più...- Senza quel pezzo, il puzzle, il suo gioco, non sarebbe mai potuto essere risolto. Mai più.

E assieme al puzzle, anche i suoi sogni.

Con i gomiti appoggiati al piano della scrivania, nascose la testa fra le mani, mentre le lacrime gli scendevano prepotentemente dagli occhi.

Si rimangiò tutto: quella era ufficialmente la giornata più brutta della sua vita.

-Atem, posso entrare?-

la voce del nonno Shimon fece capolino riportandolo alla realtà.

Si asciugò gli occhi velocemente: non voleva farlo preoccupare.

-Sì, entra pure, nonno.- Disse cercando di non far sembrare la propria voce rotta dal pianto.

Non appena la porta si aprì, l'attenzione del vecchio, da bravo appassionato di giochi, si portò subito sul puzzle apparentemente ultimato.

-Non ci posso credere! Hai completato il puzzle che ti ho regalato!-

Il ragazzo sorrise mestamente, chinando il capo. Prese l'oggetto fra le mani, mostrandogli il vuoto centrale dovuto al pezzo mancante.

-No, non ho potuto completarlo...-

-Fa' vedere!- Shimon lo afferrò scrutandolo attentamente:-Atem, per tutti questi anni hai riposto tutte le tue speranze in questo puzzle...devi continuare a credere in lui!-

-Sì ma...-

Il nonno frugò nella tasca dei pantaloni e ne estrasse qualcosa:-Il tuo sogno verrà realizzato, Atem.-

-N...nonno!!!-

Non poteva essere vero. Suo nonno teneva in mano proprio quell'ultimo tassello che aveva dato ormai per disperso.

Improvvisamente, gli sembrò di sentirsi molto più leggero.

-Dove l'hai trovato?-

-Eh? Non l'ho trovato io!- Rispose Shimon con aria sorpresa.

-E' stato un ragazzo a portarmelo, giusto poco fa.-

-Che cosa? Che ragazzo?-

Il vecchio si portò un dito alle labbra guardando verso l'alto con fare pensieroso:-Mh, era un ragazzo biondo, conciato piuttosto male, devo dire. Ah! Mi ha detto anche di riferirti qualcosa! Tipo …“ha detto che non è stato lui, gli credo, ho fiducia.” E poi si è scusato. Non so a che si riferisse, onestamente.-

In realtà mentiva. Jonouchi gli aveva raccontato tutto e, data la circostanza, il mattino seguente, Shimon, avrebbe messo i soldi nella cartella del nipote.

Atem, invece, in quel momento si sentì un emerito, enorme, viscido verme.

Non aveva minimamente cercato di impedire ad Ushio di pestarlo, aveva detto che non gli importava di lui e lo aveva anche offeso ed incolpato del proprio male. Inoltre, se ne era andato senza nemmeno soccorrerlo.

Jonouchi, nonostante questo...diceva di avere fiducia in lui? Di credergli? E gli aveva persino riportato fino a casa il pezzo del puzzle che aveva perso! Perché?

Che motivo aveva per farlo? Che motivo...?

“ Stupido.” pensò.

Era così preso nel vedere il male in tutti, dalle proprie paranoie e nella sua diffidenza verso il prossimo, che aveva quasi dimenticato che non sempre la gente agisce per ottenere qualcosa in cambio.

Che, a volte, le persone possono essere sincere, anche se non si è in Egitto.

Shimon sorrise, come ad aver compreso:-Ora vado a letto, Atem. Buona notte.-

Gli passò una mano fra i capelli e uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé.

Il ragazzo prese fra le dita l'ultimo pezzo del suo puzzle, fissandolo triste.

Di sicuro, se mai fosse sopravvissuto alle ire di Ushio, sarebbe dovuto andare a fare due chiacchiere con Jonouchi...

Sospirò. Almeno, ora il puzzle poteva essere completato.

Con la mano tremante, scosso da mille emozioni, inserì l'elemento mancante laddove era rimasto lo spazio vuoto.




Ushio scavalcò il cancello della scuola con una certa agilità, per essere un uomo di quella stazza.

Si guardò intorno. Non si sarebbe di certo mai aspettato che Atem gli chiedesse di incontrarlo a scuola, nel cuore della notte. Chissà cosa voleva.

Non lo vedeva da nessuna parte, però. Che non fosse ancora arrivato?

Si mise ad aggirarsi per il cortile, alla ricerca del ragazzo.

-Sono qui.-

Una voce fece capolino alle sue spalle, all'improvviso.

Ushio si lasciò sfuggire un piccolo grido per lo spavento. Si voltò di scatto.

E lo vide.

Non poteva credere ai propri occhi.

-M...Muran?-

davanti a sé...bé...sì, c'era Atem, ma avrebbe potuto giurare qualsiasi cosa che non fosse affatto il solito Atem.

Due occhioni viola, dolci e sereni , lo fissavano dal basso con aria innocente. E poi...il sorriso. Sembrava quello di un bambino.

Ecco, in generale, gli sembrava più infantile rispetto alla norma, e decisamente più radioso.

Quell' Atem (che non sembrava Atem), inclinò la testa di lato socchiudendo gli occhi e mostrando un sorriso ancora più luminoso, se possibile.

-Vuoi giocare con me?-



 curiouswoman91 : Ciao! Bè, in questo caso, mi sento davvero onorata di essere stata la tua eccezione! Spero davvero allora, che questo capitolo sia all'altezza delle tue aspettative e quindi, di un altro commento XD Grazie mille. Aspetto l'alba con ansia.


Soe Mame : Ciao, Soe=). Come forse avrai visto, ho seguito il tuo consiglio e sistemato quella frase, in effetti suonava molto meglio! Non so se con questo capitolo io abbia combinato qualcosa di buono, onestamente. ^^'' Me lo auguro. Se non altro scriverlo mi ha aiutato a non pensare ai miei problemi. Un bacione e al prossimo capitolo della tua bellissima fic!


 AliceWonderland : Grazie per la recensione! Ti dirò, Atem(come anche Seto) per me è sempre stato un personaggio difficile da gestire, infatti sono preoccupata di essere andata completamente OOC .-.Spero tu l'abbia gradito. Un saluto e a presto<3.



Tayr Soranance : Ebbene sì, sono tornata. Non molto in forma, ma sono tornata. Felice tu abbia gradito la sorpresa. Lol. Come ho scritto sopra ad Alice, fatico molto a scrivere su Atem. Non sono neanche molto sicura di aver intrapreso la strada migliore, in questa storia. A proposito...io aspetto ormai da un bel po' di tempo il terzo capitolo di “ Fa' ciò che vuoi”! Sigh, quanto dovrò attendere ancora?ç_ç Grazie dell'incoraggiamento. Un bacio.






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Capitolo 4
*** Il gioco della redenzione. ***


Ehm...non so neanche con quale faccia presentarmi, quanti anni sono passati dall'ultimo aggiornamento? QUATTRO. Ehm. Sì. Credo che dei vecchi lettori non ci sarà più nessuno all'ascolto, al limite risponderò alle vostre recensioni per farvi avere la notifica, sperando di non disturbarvi. Boh, sono senza scuse, ma ci son voluti quattro anni per farmi trovare una soluzione per questo capitolo e non sono neanche sicura che funzioni, temo sia molto confusionario e potrebbe avere senso solo nei miei trip mentali. Credo che la fic potrebbe anche finire così, vedrò se ci sarà responso anche se dubito. Spero che l'attesa sia valsa la pena.



Ushio non poteva credere ai suoi occhi.

Atem era davanti a lui con un sorriso bello e beato, come se nulla fosse accaduto, come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi.

E poi quel “ Vuoi giocare con me?” cosa voleva dire? Era uno scherzo, forse? Si stava burlando di lui o cosa?

Per non parlare di quell'improbabile pendaglio a forma di piramide che aveva al collo.

-Muran! Di che gioco stai parlando? Pff, sei ridicolo. Il topo che propone al gatto di giocare, cosa mi tocca sentire. Non pensi che sia rischioso? Potresti finire mangiato. -

Atem sorrise. Un sorriso anche più sereno di prima, se possibile: - Hai ragione, Ushio-sama. Tuttavia, vorrei rischiare. Anzi, ti faccio una proposta: se tu dovessi vincere questo gioco, sono disposto a darti il doppio dei soldi che hai richiesto...-

Ushio lo interruppe divertito:- Interessante, davvero. Se invece dovessi perdere io, immagino che tu voglia essere lasciato in pace, giusto?-

Il più piccolo scosse il capo:- No.-

- No?!?-

-No, voglio solo che tu capisca quello che stai facendo, che stai sbagliando. Vorrei che tu smettessi di fare quello che fai ai ragazzi di questa scuola.-

Ushio rimase un attimo in silenzio fissandolo incredulo:- Cioè, fammi capire...TU...tu vuoi che io, in caso di perdita...mi redima?-

Atem annuì.

L'altro scoppiò in una grossa, grassa risata di scherno. Oddio, basta, quel ragazzino si era bevuto il cervello. Doveva essersi fumato qualcosa di strano, oppure boh...disturbi di personalità? Ma chi cavolo era quel pazzo?

- No, davvero...AHAHAHAH! Fammi capire, giustiziere della notte. Come pensi di fare a convertirmi? No, cioè...pensi che basti un gioco e io, improvvisamente, mi metta a fare il carino con tutti? E poi dimmi, sei così sicuro di vincere? Quello che dici non ha senso, Muran!- Disse Ushio.

-Se tu fossi di parola, dovresti. Come io ti darò il doppio dei soldi se dovessi perdere. In ogni caso, io mi fido di te. – Rispose Atem.

COSA? Cosa aveva appena detto quel nanetto? Si fidava di lui? Oh, sì, questa era proprio bella! La cosa che più lo lasciava stranito era che quell'improbabile Atem lo continuasse a fissare con quella fastidiosa espressione tranquilla sul viso.

Assurdo, era una candid camera o cosa?

Era una situazione talmente ridicola che rifiutare l'offerta del piccoletto sarebbe stato un delitto. Sembrava troppo, troppo convinto.

Muran era famoso per essere molto bravo nei giochi, ma in fondo che importava? Se anche quel microbo avesse avuto la meglio su di lui, di certo non se la sarebbe cavata con una stretta di mano e un sorriso. Un pugno in faccia e gliel' avrebbe fatta passare lui la voglia di fare queste stronzate. Altro che redimere e redimere! Però era davvero troppo curioso di sapere dove volesse andare a parare con questa storia. Così, giusto per farsi una risata.

-D'accordo, Muran, ci sto! Dimmi, quale gioco hai intenzione di propormi?-

Atem cominciò a frugare in una tasca e ne estrasse due dadi.

- Io e te abbiamo conformazioni fisiche molto differenti, Ushio. Quindi ho pensato ad un gioco che non potesse in qualche modo avvantaggiare uno dei due. Voglio che sia il caso a decretare il vincitore.- Disse. Dopodiché, con il piede tracciò una “X” sul terreno sabbioso del giardino scolastico:- Questo sarà il nostro punto di arrivo.- Poi, sotto lo sguardo perplesso di Ushio, cominciò ad allontanarsi dal simbolo appena tracciato e, ad ogni passo, sempre con il piede, ne tracciò degli altri.

- Si può sapere cosa diavolo stai facendo, Muran?- Chiese Ushio leggermente stranito.

-E' semplice.- Rispose Atem:- Queste sono le unità di misura di ogni passo. Come ho detto prima, nessuno di noi due dovrà assere avvantaggiato. Ora ti spiego.- Si fermò dopo essersi allontanato di diversi metri dalla “X” e aver lasciato un bel numero di segnetti dietro di lui. Incise un' ultima riga più lunga delle altre :- Questa, invece, è la partenza.-

Alzò lo sguardo verso il suo interlocutore:- Il gioco è molto semplice. Come ti ho già detto sarà la sorte a decretare il vincitore. Tieni.- Lanciò ad Ushio uno dei due dadi e questo lo afferrò al volo.

- Dall'arrivo ci sono in totale cento passi. Ogni passo corrisponde ad una delle tacche che ho tracciato. A turno tireremo il dado e i passi che faremo saranno corrispondenti al numero che uscirà. In poche parole, il vincitore sarà chi arriva per primo alla “X”. Semplice, no?- Concluse sorridendo.

Ushio ghignò. A parte quella fastidiosissima espressione che Muran aveva in volto, (mai vista prima, peraltro) sembrava davvero essersi fumato il cervello. Ma che razza di gioco era? Neanche i ragazzini delle elementari!

- D'accodo, Muran. Inizio io, ti dispiace?-

Si mise sul punto di partenza, dopodiché lascio cadere il dado a terra. Questo rotolò su sé stesso un paio di volte e si fermò sul numero cinque:- Cinque...non è male, come inizio!-

L'energumeno avanzò di cinque passi e poi si voltò verso il rivale:- Prego, è il tuo turno.-

Atem lanciò il dado a sua volta facendo uscire il numero quattro. Avanzò rimanendo indietro di una tacca rispetto all'altro.

Ushio rise:- Abbiamo appena cominciato e sei già in svantaggio. Sei proprio uno sfigato!-

Rilanciò il dado. Se gli fossero capitati dei numeri alti per un altro paio di turni, probabilmente avrebbe già potuto considerarsi vincitore.

Uscì un altro cinque e avanzò di altrettante tacche. Bé, non male.

Fu il turno di Atem che ottenne un sei. Avanzò e si ritrovò allo stesso punto dello sfidante.

- Ti ho raggiunto.-

Gli occhi viola del ragazzino scrutavano spalancati quelli di Ushio che, incrociando il suo sguardo, provò un brivido. Era lì, con gli occhi sbarrati. Ora non sorrideva più, si limitava solo a fissarlo con quelle iridi enormi.

Scosse il capo e lanciò per la terza volta il dado. Dopo qualche giro si fermò sulla facciata del quattro. Deglutì. Stranamente la fiducia in se stesso non era più ai livelli di prima. Con un numero così basso, Muran lo poteva superare tranquillamente. Però...perché provava quel senso di inquietudine? Era solo uno stupido giochino e in qualsiasi modo si fosse svolto, alla fine avrebbe vinto lui.

E infatti, quello che stava temendo avvenne. L'altro fece un bel sei e lo superò di ben due tacche.

Ushio era dietro di lui, gli fissava le spalle dall'alto. Sentiva una strana atmosfera.

Il cuore prese a battergli più forte improvvisamente. Ma che stava succedendo?

Chiuse gli occhi, fece un bel respiro. Doveva calmarsi, non c'era nulla di cui preoccuparsi. Era solo un gioco innocente per bambini, che motivo c'era di agitarsi così?


-È brutto sentirsi in svantaggio, vero?-


Ushio spalancò gli occhi:- COSA?-

La visione che si ritrovò davanti lo fece rabbrividire: Atem, enorme, lo sormontava di qualche metro. Dall'alto lo fissava con due spaventosi, enormi occhi rossi. Intorno a sé la visuale era confusa e sfocata.

Sentì il cuore pompare sempre più veloce. Non riusciva a muovere nemmeno un muscolo e la voce gli morì in gola. L'unica cosa che gli riusciva era perdersi in quei terrificanti occhi rossi.

-Ushio? Ushio?- Lo chiamò Atem.

Questo scosse la testa, tornando in sé. Si accasciò un attimo su se stesso, tossendo: gli era mancato il fiato. La terribile visione sparì e davanti a lui, con l'espressione preoccupata, c'era solo Atem.

Questo cercò di avvicinarglisi porgendogli la mano:- Tutto bene?-

Ushio lo spinse via:- Cosa...cosa diavolo era quello???-

Atem attese un attimo prima di rispondere.

-È brutto sentirsi così, non è vero? Mi dispiace.-

L'altro scattò:- Così? Così come? Ti dispiace? Che razza di trucchetto hai usato, dannato nano bastardo!?-

- Tu fai questo alle persone tutti i giorni, sai? È brutto sentirsi inermi, indifesi. Avere la paura che ti invade il corpo, non poter reagire. Non avere alcuna via d'uscita.-

Ushio lo prese dal colletto, alzandolo di forza da terra:- Cosa diavolo stai blaterando? Cosa mi hai fatto?- Disse.

- Io non ti ho fatto nulla.- Rispose Atem con voce dispiaciuta:- Purtroppo hai fatto tutto da solo. Tu non hai mai giocato ad armi pari con nessuno. Sei sempre stato al di sopra di tutto e di tutti, hai dettato legge in questa scuola con la violenza, la prepotenza. È facile così, non è vero? Avere la meglio sugli altri disseminando terrore. Nessuno può difendersi contro di te perché sei più grande, più grosso, più cattivo. Nessuno ti può fermare. Ma ora hai paura, non è così? Se ti affidi al caso, la tua supremazia non serve a nulla. Non puoi convincere i dadi a darti un numero più alto del mio con la forza. Quindi ora ti senti spaventato, indifeso. Non c'è mai stato qualcuno al tuo livello, non sai come reagire, ti senti una vittima. Proprio come una delle TUE vittime. Ma il caso va ben oltre. Non puoi nulla contro di lui.-

Ushio era fuori di sé. Il viso grondava di sudore, l'espressione contorta nella rabbia più totale. Strinse la presa:- Dimmi...cosa...mi...COSA MI HAI FATTO???- Gridò

Atem annaspò per la stretta al collo:- Questo è il gioco della redenzione...proverai sulla tua pelle il male che hai fatto agli altri. Ogni volta che ti prenderà la paura di essere sconfitto, i tuoi demoni si risveglieranno e proverai ciò che provano le tue vittime.-

- I...i miei demoni?-

-Sì...i tuoi sensi di colpa riaffioreranno, fino ad inghiottirti, se non aprirai il tuo cuore. Devi affrontarli per poterlo fare e...-

Ushio lasciò cadere Atem per terra con un tonfo. Questa era proprio bella. Sensi di colpa? Lui NON aveva mai avuto sensi di colpa. :- Sei ridicolo, Muran! Di quali sensi di colpa stai parlando?-

- Non esistono persone completamente cattive! È ...è un buon segno...avere i sensi di colpa implica che c'è un pentimento- Rispose quasi timidamente Atem. Quello STRANO Atem.

Ma chi cavolo era? Da dove era sbucato? Più lo vedeva, più lo ascoltava meno gli sembrava il solito Muran.

-Tu sei pazzo.- Sibilò.
Lo lasciò cadere a terra con un tonfo.

-Tu sei davvero...davvero pazzo! I sensi di colpa? Il fato? La paura? Ma ti rendi conto delle stronzate che dici? No? Dovresti!-

-Ushio, ti prego, ascoltami...-

-No, “ti prego” un cazzo! Mi hai stufato, stronzetto! Ora basta con questa pagliacciata, mi sorprendo di essere stato persino al gioco.-

Ushio lanciò il suo dado in fronte ad Atem con forza, facendolo gemere.

-Sai che ti dico, Muran? Basta con questo teatrino dei miei coglioni. Volevo farmi una risata, ma io con i pazzi non ci parlo.-

Oltrepassò Atem e con un calcio fece sollevare il terreno, cancellando molte delle tacche tracciate dall'altro ragazzo in precedenza:- Ecco, guarda cosa me ne faccio del tuo gioco del cazzo! Fanculo il destino! E ora...dammi tutti i soldi che hai e chiudiamola qui, piccolo figlio di puttana!-

Atem rimase immobile, per terra, a fissare il gigantesco ragazzo davanti a lui ansimante e con gli occhi fuori di sé. Spaventato.

Il suo sguardo si fece triste:- Oh, Ushio...hai davvero così tanta paura di essere onesto con te stesso? Ti avevo offerto la mia fiducia, non rispettando le regole del gioco l'hai tradita.-

Un occhio.

Un terzo occhio si illuminò sulla fronte di Atem.-Accettare i propri errori, capire i propri limiti, ripagare la fiducia degli altri è il primo passo verso il cambiamento, ma tu non vuoi, dimmi perché? Tu non sei così.-

Ushio tremò: cosa diavolo era quella cosa? CHI diavolo era? Improvvisamente si sentì immobilizzato, intorno tutto diventò bianco, un bianco accecante, che faceva male, che ti penetrava nell'anima, che ti entra dentro. Non aveva mai visto così tanta luce.

Davanti a sé solo quel...mostro che lo fissava con occhi tristi e...e...cos'erano quelle? Cos'erano quelle cose che scintillavano nei suoi occhi? Potevano essere davvero...lacrime?

Perché piangeva?

Sentì come uno strano pizzicore alla mano, la guardò e un grido gli morì in gola: la luce stava inghiottendo il suo corpo, stava svanendo lentamente, stava perdendo consistenza. Alzò lo sguardo colmo di panico verso Atem. Per questo piangeva? Piangeva per lui?

-La luce inghiottirà le ombre, Ushio...dimostra loro che non sei un'ombra, ti prego...- Singhiozzò Atem.

Tutto questo era assurdo, indescrivibile. Sì, provava paura, era sperduto, era una vittima, come le sue vittime. Era così che si sentivano? Immobilizzate? Annientate? Umiliate? Perchè il suo aguzzino piangeva? Perché non si sentiva importante, superiore come faceva lui?

Perché lui si sentiva così, giusto?

Quelle lacrime continuavano a sgorgare ininterrottamente, seguite da singhiozzi, sembrava che quel ragazzino lo volesse salvare, che si sentisse lui stesso inerme di fronte a tutto quel bianco. Piangeva, e quelle lacrime entrarono nel cuore di Ushio come fendenti, aveva visto tante lacrime in vita sua, ma era lui a causarle, non erano mai per lui.

Le sue labbra si schiusero e uscirono delle flebili parole:- A...A volte...io penso di non poter fare altro per farmi notare, non ho nessun' altra dote. Ho la forza, ho la mia statura, la gente mi ha sempre temuto e io...ne ho approfittato. Nessuno ha mai visto altro in me, solo il bambino più grande degli altri, il ragazzone che può mettere tutti sotto perché nessuno può competere. Se io non avessi questo corpo...chi sarei? Nessuno mi avrebbe mai notato, nessuno ha mai guardato oltre queste enormi spalle che mi ritrovo! Nessuno! Io non ho voluto essere così, ma che altro modo avrei?-

Il suo corpo si faceva sempre più trasparente, Ushio cominciò a divincolarsi in preda al terrore. Si inginocchiò a terra tenendosi la testa fra le mani, il viso contorto in una smorfia di paura che ormai gli era entrata nelle viscere.

-“Ushio è forte...Ushio ci proteggerà, se stai con lui puoi avere tutto, perché lui può avere tutto! Stiamo con lui per comodità oppure...oppure scappiamo, Ushio ci fa paura!” E' questo che la gente dice, è questo che si aspettano da me! È questo che vogliono vedere e io glielo do perché mi fa sentire bene, mi fa sentire speciale, ammirato, temuto...io...così posso avere tutto, la fama, i soldi, il rispetto, ma...-

Sentì qualcosa di caldo bagnargli il viso. Non poteva essere vero...lui...stava...stava piangendo? Alzò lo sguardo annebbiato verso la figura davanti a sé, era lì, immobile e in silenzio, con gli occhi tristi e lucidi, con quello strano occhio che luccicava sulla sua fronte.

Ushio singhiozzò, ormai era quasi diventato trasparente:- Nessuno vuole davvero stare con me...nessuno...anche chi dice di essere mio amico. Se non mi comporto in questo modo... io non sono nulla, sarei una persona come tante, un fallito...chi starebbe con un fallito?-

Una mano si porse davanti al suo viso, come a voler essere afferrata.

-Ushio, sei vittima di te stesso, ti sei preso un ruolo che non ti apparteneva per comodità, per non sforzarti ad ottenere quello che desideri con le tue forze, per paura di un vero confronto con le persone e di non essere accettato. Non si possono sempre prendere scorciatoie, a volte i vantaggi si possono tramutare in svantaggi, per questo sei così terribilmente solo.-

Ushio scoppiò in sonori singhiozzi perdendosi in quegli enormi occhi gentili che lo fissavano.

-Ma nulla è perduto, tu non sei fatto di sole tenebre. Accetta chi sei, non nasconderlo, mostra a tutti chi sei davvero, mostra a tutti che Ushio può giocare ad armi pari e non teme di farlo. Guardati dentro e mostralo agli altri, abbi fiducia in loro, abbi fiducia in te, ti capiranno.-

Le persone lo avevano sempre temuto per il suo aspetto ed era vero, fin da piccolo ne aveva approfittato. Aveva capito che così avrebbe sempre ottenuto ciò che voleva, tranne che del vero affetto. Ma andava bene, era la cosa più facile da fare, si era convinto che quello fosse il vero se stesso, quello che non chiede mai e non scende mai a compromessi, quello forte che non ha mai paura. Gli piaceva, sì, lo credeva, trarre vantaggio dalla sofferenza degli altri era semplice, ma quanta sofferenza gli portava a sua volta? Quanti sensi di colpa per essere stato così vigliacco si erano accumulati? Così vigliacco da non voler mai davvero uscire allo scoperto, nascondendosi dietro i propri muscoli. Aveva sempre incolpato gli altri per non aver cercato di capirlo, ma lui che aveva mai fatto oltre che il prepotente? Fino a quel momento non se ne era davvero reso conto.

La sua paura l'aveva inghiottito fino a trasformarlo in un'ombra e solo ora vedeva in faccia la realtà. Lui gli aveva letto nell'anima.

Si affrettò ad afferrare la mano di Atem, avido lo strinse a sé, come un bambino sperduto con la madre gli cinse la vita, piangendo. Sentì una mano accarezzargli i capelli, come per rassicurarlo:-Ushio, il tuo corpo è tornato normale, guarda.-

Era vero, si guardò le mani, prima una e poi l'altra, non era più trasparente, aveva ripreso consistenza e la luce intorno a sé cominciava a diradarsi sollevandogli la vista.

-Sono felice che tu abbia vinto questo gioco, Ushio.-

-Eh? Ma io non ho...-

Improvvisamente tutto sparì, era di nuovo nel cortile della scuola, ma Atem non era più lì. Accasciò a terra, le lacrime continuavano a scendere impetuose dai suoi occhi, cosa gli era successo? Era stato un sogno? Eppure si sentiva strano, leggero, leggero come il suo corpo non era mai stato e mai sarà, leggero dentro, come se un peso fosse volato via. Come se quell'Ushio grosso e pesante se ne fosse andato per dare spazio a quel ragazzo con sogni, speranze e sentimenti che non rivedeva più dai tempi della prima scazzottata, quando si accorse che la forza fisica gli avrebbe aperto tutte le strade. Quasi tutte.

Quella notte rimase lì a piangere, non tornò a casa, ripensò alle persone che aveva fatto soffrire, a chi lo aveva abbandonato per questo suo comportamento, a chi aveva abbandonato lui e chi aveva tradito.

Basta far del male, basta farsi del male. Lui non era “l'energumeno”, non era “l'armadio a tre ante”, lui era Ushio.
Le lacrime uscivano, così come i suoi peccati.


Quella mattina Atem si diresse a scuola più tardi del solito, si sentiva stanco, come se non fosse riuscito a dormire, eppure era certo di essere crollato subito dopo aver completato il puzzle.

Già, il puzzle, lo indossava al collo con una certa fierezza, nonostante la pacchianeria dell'oggetto. Era finito, era completato, dopo così tanti anni non gli sembrava vero, eppure non riusciva ad essere felice. Ushio lo aspettava al varco e...Jonouchi, bè, lui probabilmente meritava le sue scuse. Insomma, si prospettava una pessima giornata.

Se il puzzle esaudisse davvero i desideri, se solo non fosse solo uno stupido sogno per bambini creduloni, allora...

-ATEM!- Una voce familiare fece capolino facendolo rabbrividire. Ecco, per l'appunto. Si voltò e vide Jonouchi correre con la faccia paonazza verso di lui:-Atem, eccoti, ti ho cercato ovunque!-

Benissimo, e ora che voleva? Le sue scuse? Bé, sì, aveva intenzione di fargliele effettivamente, ma da dove cominciare? Non era molto bravo in queste cose, come lo doveva affrontare? Con che faccia dopo quello che era successo?

-Jonouchi-kun, io...-

-Non so cosa tu abbia fatto...- Lo interruppe l'altro:- Ma...Ushio stamattina è venuto da me, aveva una faccia che...boh, sembrava avesse pianto per ore, assurdo! Vabbè, dicevo...è venuto da me e da Honda e si è scusato davanti a tutti, si sarà inchinato, non so, almeno dieci volte! Sta chiedendo scusa a tipo tutta la scuola!-

Era agitatissimo, gesticolava come un matto, parlava velocemente e Atem faceva fatica a stargli dietro:- Ok, ok...fermo, non ho capito cosa c'entro io, però!-

Jonouchi prese fiato:- Come cosa c'entri? Ushio mi ha detto che avete parlato e altre cose strane, insomma, sembrava confuso e...non ho capito, però qualsiasi cosa tu gli abbia detto, io...grazie, grazie di cuore! Lo sapevo che le cose che hai detto ieri non le pensavi veramente, sapevo che non eri così!” Sorrise.

Atem era basito. Ma che stava dicendo? Lui non aveva mai parlato con Ushio, ci doveva essere un errore! E poi...perché Jonouchi lo ringraziava, di cosa? Erano tutti impazziti? E dire che era lui che doveva scusarsi.

-Io veramente non...-

Decise di sorvolare, questa faccenda gli sembrava una cosa da fuori di testa, forse Ushio lo aveva semplicemente sognato, ma in fondo che importava? Alla fine si era risolto tutto, no? Anche se non aveva capito come:- Jonouchi-kun...io...volevo, bé, volevo ringraziarti per avermi riportato il pezzo che avevo perduto.- Disse Atem indicando il pendaglio che portava al collo.

-Oh! Quello, bé, ti apparteneva, lo sanno tutti quanto ci tieni a quell'aggeggio. Certo che ne è uscito un coso davvero strano, ma vedo che finalmente l'hai completato!-

Atem si sentì persino in imbarazzo davanti a tanta onestà:- Io...sì, per me questo puzzle è davvero importante. Credo di dovermi sdebitare. Dimmi, cosa posso fare? Se vuoi posso offrirti qualcosa, ehm...- Si grattò la guancia nervosamente.

Jonouchi rise di fronte a quell' Atem, di solito così impassibile, nervoso ed impacciato:- Non c'è alcun bisogno di sdebitarsi, e poi...quello che hai fatto con Ushio vale davvero molto, per me.-
Ancora. Lui non aveva fatto nulla con Ushio!

-Continuo a non capire, sinceramente, ma se c'è qualcosa che posso fare...-

-Bè, in questo caso...- Ghignò Jonouchi:- C'è qualcosa che vorrei da te, però non è una cosa che si può comprare, né che si può vedere...- Sorrise sotto gli occhi confusi di Atem:- E' l'amicizia! Credi di poter frequentare un ragazzaccio come me?-

Se solo il giorno prima davanti ad una proposta simile se ne sarebbe andato lasciandolo lì con delle frasi di circostanza per levarselo di torno, oggi l'offerta di Jonouchi lo faceva sentire sollevato, in qualche modo.

Atem abbozzò un sorriso, timido, ma sincero:- Credo di poterci provare.-


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Capitolo 5
*** L'altro Atem ***


FERMI TUTTI! Cos'è questo, un aggiornamento? Ma siamo matti? Sono passati tipo quattro giorni, se ci sarà una calamità naturale, Masaya bella, sappi che sarà per colpa tua!
Sì, sì, sì, lo so, sto aggiornando e non è passata neanche una settimana, roba da non credere, ma udite, udite QUESTA STORIA FINIRA'. Sì, è ufficiale, non faccio promesse da marinaio sulle tempistiche (entro l'anno, dai), ma ce l'ho già stampata in mente, quindi lettori di vecchia data (e benvenuti new entry), se siete in ascolto, questa storia avrà un finale!

In questo capitolo non succede nulla di WOWOWOW, ma sentivo il bisogno di scriverlo per giustificare quello precedente. Dovete sapere che la prima parte del capitolo quattro fu iniziata nel 2012, mentre la seconda fu scritta poco prima di postare la storia, nella mia mente il tutto aveva pure un senso, ma...s'era spezzato e, secondo me, il risultato non funziona anche se alcuni di voi mi hanno rincuorata su questo fatto. In ogni caso questo credo lo completi, o quantomeno completi i miei trip mentali sulla vicenda.
P.s. Non sono mai stata in Giappone, quindi tutti i riferimenti poco piacevoli ad una parte della cultura nipponica mi sono stati raccontati da persone che ci hanno vissuto, prendeteli con le pinze perché non so se siano effettivamente veri, ma ehi, è una fic!

*Ah “Gaijin” significa “straniero” in modo dispregiativo.

P.P.S. Se vi piace commentate, dai (pure la ficcina su Mokuba che a me piace tanto, non mi ignorate che sono carichissima tutta per voi):(




In quei giorni Atem si sentiva davvero turbato, non che di solito non lo fosse, in effetti, ma da qualche tempo a questa parte erano successe un sacco di cose strane. Troppo strane.

Da quando aveva costruito il puzzle del millennio gli capitava di avere dei vuoti di memoria, gli sembrava quasi di dormire, di non essere cosciente, eppure proprio in quei momenti i suoi amici gli dicevano di averlo visto, visto mentre faceva...cose.

Sì, erano accadute un sacco di cose strane, forse perché aveva cominciato a frequentare Jonouchi, Honda e Anzu, forse per pura casualità, ma sembrava che finire nei guai fosse diventato il suo nuovo passatempo. Un odiosissimo passatempo!

Era successo anche da Burger World quando un evaso di prigione aveva preso Anzu (che lavorava come cameriera) in ostaggio, per esempio. Ovviamente lui era lì assieme a Jonouchi, neanche a farlo apposta. Vedendo la ragazza bendata e con una pistola puntata alla tempia si sentì...arrabbiato, preoccupato. Provò odio verso quella persona che stava mettendo a repentaglio la vita di tutti i presenti.

Il tipo si era rivolto a lui:-Tu, gaijin* capisci il giapponese, vero? Portami dell'alcol e del tabacco, in questa vita da recluso in prigione mi hanno portato via tutti i vizi, ma ora che sono libero posso finalmente ricominciare!-

Atem, con calma, si era diretto al bancone per farseli consegnare da una povera cassiera terrorizzata e... aveva sorriso: un'idea gli era balenata nella testa, un'idea che lo fece sentire stranamente eccitato. Senza farsi vedere aveva allentato il tappo della bottiglia, bastava avvicinarsi, versargli l'alcol addosso e poi...zac! Doveva solo essere pronto con l'accendino. Aveva paura, certo, ma una persona del genere meritava solo di fare quella fine e lui non avrebbe esitato a fargliela fare.

Ma poi Anzu aveva gridato:-No, Atem! Vattene, scappa!- e l'evaso l'aveva picchiata ordinandole di stare zitta. Di cosa successe poi... non aveva il benché minimo ricordo.

Gli avevano riferito di aver sfidato ad un gioco quell'uomo e che questo, dopo, si fosse messo a piangere, consegnandosi da solo alla polizia e dicendosi pentito di tutto.

Al suo “risveglio” tutti si stavano complimentando con lui per il suo coraggio, Anzu lo aveva abbracciato in lacrime (invadendo i suoi spazi, e lui ci teneva MOLTO ai suoi spazi) dicendosi davvero toccata dalle sue parole, che non lo faceva una persona così sensibile, ma...quali parole?

E questo fu solo uno dei casi strani avvenuti di recente, dopo Ushio era capitato di avere problemi con altri compagni di scuola, problemi con lui o con uno dei suoi nuovi amici. Quelle erano persone pessime, dovevano sparire dalla faccia della terra, scarti della società che, senza un apparente motivo, gli si presentavano davanti ringraziandolo per avergli fatto aprire gli occhi.

Si stava facendo una strana reputazione a scuola e sinceramente la cosa, se da una parte lo infastidiva, dall'altra era quasi piacevole. Vedere le persone interessarsi a lui per qualcosa che non fossero i suoi voti o la sua pelle abbronzata non era male, dopotutto. Era strano che la gente gli si avvicinasse per scoprire un lato del suo carattere che...che però non era il suo. Chi stava apprezzando quella gente?

L'evaso al Burger World, Ushio, il bulletto della sola giochi, i vari teppistelli della scuola, lui non avrebbe mai lontanamente pensato di parlargli, quella gente meritava solo di morire e lui voleva starne ben alla larga. Non diciamo sciocchezze, pensò Atem, la gente non cambia, un bastardo resta pur sempre un bastardo e fosse stato per lui quelle persone avrebbero dovuto subire le peggio punizioni.

Ma a parte questo, davvero non capiva cosa gli stava accadendo e la cosa lo preoccupava non poco, tanto da perderci il sonno.

-Ehi, Atem, non che sia particolarmente strana la cosa, ma...oggi sei persino più pensieroso del solito, e ce ne vuole!- Esclamò Jonouchi cercando di riportarlo sulla terra agitandogli una mano davanti alla faccia.

Atem, Jonouchi e Honda stavano pranzando seduti sulla terrazza della scuola, erano ormai diverse settimane che si frequentavano e, doveva ammettere il ragazzo, la cosa non gli dispiaceva poi tanto.

Certo, tutti si chiedevano come uno come lui, bravo, belloccio e...pure buono, da quello che si diceva di recente, potesse stare con quei tipi dalla pessima reputazione e un po' se lo chiedeva pure lui. Non avevano molto da spartire quei tre, ma...si era sbagliato sul loro conto e il suo errore li aveva coinvolti in quel casino con Ushio. E sì, era stata colpa sua, della sua diffidenza, del suo egoismo. Cosa fosse accaduto per far avvicinare quell'improbabile trio rimaneva un mistero per Atem, faceva parte di quei vuoti di memoria che si ripetevano sempre più spesso e ancora non aveva trovato il coraggio di parlarne con nessuno. Anche se si trovava bene in compagnia di quei ragazzi, faceva fatica a lasciarsi troppo andare, era più forte di lui.

-Scusa, Jonouchi, è che mi sento un po' strano in questi giorni- Rispose sorridendo, il solito sorriso di circostanza.

Honda e Jonouchi sospirarono. Ah, quanta strada doveva ancora fare il loro nuovo amico.

-Quando la finirai con quei sorrisetti finti?-Sbottò Honda addentando il proprio panino.

-Già, meno sorrisetti e più fatti, non hai ancora capito che se c'è qualcosa che ti preoccupa puoi parlarne con noi? Siamo i tuoi amici.- Proseguì Jonouchi con un'espressione spazientita sul viso.

Atem arrossì mettendo il broncio, più per il fatto di essersi sentito toccato che per altro, anche se in fondo...lo avevano capito. Non fu una brutta sensazione.

A quel punto, però, una domanda gli sorse quasi spontanea. In realtà se lo era sempre chiesto, ma quello gli sembrò il momento migliore per levarsi il dubbio e, forse, mettersi il cuore in pace su quei due:- Se davvero possiamo dirci tutto, c'è una cosa che vorrei tanto sapere...-

I ragazzi lo guardarono dubbiosi:-Spharah.- Farfugliò Honda ancora intento a masticare.

Atem prese parola:-Bé, in questo istituto in un modo o nell'altro sono piuttosto popolare, ma come forse vi sarete resi conto la cosa mi crea parecchio disturbo, a me non piace avere tutte queste persone intorno...-

-Sì...- Lo interruppe Jonouchi:- Ce ne eravamo accorti, con noi sei sempre stato gelido.- Disse quasi per rinfacciarglielo, seppur in tono amichevole.

-Uhm- Mugolò Atem sentendosi un po' offeso dall'uscita del compagno:-Bè, mi sono sempre chiesto perché voi due in particolare foste così insistenti nel voler fare amicizia con me, invadenti, direi.- Replicò alla frecciatina, senza risparmiarsi.

I due ragazzi guardarono Atem, poi si guardarono a loro volta un po' stupiti per quella bizzarra domanda. Honda si lasciò sfuggire un sorrisetto:-Lasciatelo dire, amico, sei davvero prevenuto con le persone.-

-Prevenuto?- Protestò Atem, scaldandosi:-Ma vi siete accorti in che razza di mondo vivete? Io vengo da fuori e sappiate che là non è così! Da me la stima per una persona non si basa solo sul suo rendimento scolastico, per dire! Mi dispiace dirvelo, ma qui è tutta apparenza, ipocrisia, la gente s'attacca alla popolarità propria o degli altri, qui si vive di etichette, la vostra vita viene decisa dai voti che prendete fin dall'asilo, da questo si decreta il vostro futuro! Un futuro da probabile impiegato in un ufficio che lavora fino alle dieci di sera per tornarsene a casa tardi e frustrato! Ma vi sembra possibile? La vostra facciata, avete solo questo, questo e quello che la gente pensa di voi! Sono cose che vi accompagneranno fino alla morte e non sarete mai, MAI voi stessi, nessuno vi apprezzerà per quello che siete! Perché mi dovrei fidare di persone così?-

Si morse le labbra, era stato troppo duro? Troppo schietto?

All'improvviso ebbe un déjà vu. Chi altro aveva detto quelle cose? Era sicuro di aver parlato di questo con qualcuno, qualcuno che stava piangendo...ma chi? Era qualcuno che...che soffriva per una condizione alla fine non troppo diversa dalla sua, che si ara adattato a vivere con una maschera per convenienza, per paura, per non essere schiacciato da quella società fatta di finzione, finendo così su una cattiva strada. Ma chi era?

I due amici lo fissarono in silenzio, era ufficiale: Atem non aveva una gran buona opinione del Giappone e dei giapponesi. In fondo lui era straniero e per gli stranieri non era una vita tutta rose e fiori, anche solo il permesso di poter rimanere sul suolo nipponico non era facile da ottenere. Probabilmente quel ragazzo venuto da tanto lontano aveva dato tutto se stesso, tutto l'impegno che poteva per non essere definito “gaijin”. C'era riuscito, sì, ma ora ne sentiva il peso.

-Hai ragione.- Ruppe il silenzio Jonouchi:-Hai perfettamente ragione:- Continuò incrociando le braccia al petto, serio:-E sai...ti sei risposto da solo, è per questo che noi volevamo essere tuoi amici.-

-C...come?- Chiese Atem con tono contrariato. Forse... c'era rimasto male?

-Non mi fraintendere.- Lo calmò subito il biondino:- Quello che dici io e Honda lo viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni, cosa credi? Guardaci, non abbiamo certo una buona reputazione, la maggior parte della gente ci evita...-

-E anche tu.- Concluse la frase Honda, più tagliente di una lama.

Atem rimase immobile. Che dire? Touchè. Davvero, quelle parole lo avevano completamente lasciato senza alcuna possibilità di replicare. In quel momento se ne rese conto: stava criticando un sistema alla quale lui stesso aveva preso parte. Aveva sempre evitato quei ragazzi a detta di tutti poco raccomandabili e lui ci aveva creduto, li aveva persino accusati di essersi meritati le botte, frutto delle loro cattive azioni; anche loro avevano fatto parte della sua lista di individui irrecuperabili che, secondo lui, meritavano il peggio, ma poi... poi aveva scoperto che si sbagliava su tutto, erano le persone migliori incontrate finora in quel paese.

“Stupido”, si disse. Se in quel momento avesse potuto, probabilmente sarebbe sprofondato per la vergogna.

-Io alle medie ero un teppista.- Disse mestamente Jonouchi:- Ho avuto dei problemi in famiglia, mio padre soffre tutt'ora d'alcolismo, ma è come dici tu, qui queste cose non si possono dire, qui tutto deve sembrare perfetto e allora...allora ti senti schiacciato e l'unico modo che hai per sentirti in qualche modo accettato da qualcuno... è quello di finire con certa gente a fare certe cose.-

Atem si sentì fremere. Ancora quello strano déjà vu.

-Ad un certo punto non sai davvero come uscirne, sai? La gente comincia a guardarti male ed è difficile cambiare la loro opinione, possono passare gli anni, ma tu resterai per sempre qualcuno da evitare, un fallito.- Sorrise, Jonouchi. Un sorriso triste, amaro, di chi aveva sofferto molto. Si voltò verso Honda, incrociando il suo sguardo e trovandoci approvazione. Questa volta quello sulle sue labbra fu un sorriso vero, un sorriso che significava “grazie”:- Ma poi...poi incontri qualcuno che ti dà fiducia, qualcuno che sa vedere oltre, e allora capisci che le persone non sono tutte uguali, che non sei da solo, che puoi cambiare, a volta basta solo avere un po' di fiducia negli altri.- Honda annuì ricambiando il sorriso dell'amico.

-Sai, Atem- Proseguì:- Alla fine tu hai una buona reputazione, ma capiamo quello che provi, è dura convivere con un mondo che ha delle aspettative su di te, aspettative che non puoi deludere, essere circondati da chi vuole approfittarsene, da chi aspetta solo un tuo passo falso. A maggior ragione, io che le aspettative le ho deluse per davvero, so quanto sia dura non venir mai giudicati per quello che si è, se Honda non mi avesse aiutato quella volta, io... probabilmente ora sarei...-

-Saresti come Ushio.- Concluse l'egiziano.

E lo sarebbe diventato anche lui.

Atem sentì un tuffo al cuore. Per le parole di Jonouchi, ma anche perché, da qualche parte nella sua testa, lui...lui aveva ricordato. Ricordi che non erano suoi, di qualcosa che non aveva vissuto in prima persona, ricordi che non gli appartenevano.

Ricordò Ushio in ginocchio che piangeva disperato, inghiottito dalle proprie paure, dai propri peccati, da un mondo che lo aveva spinto a fare cose che il suo vero se stesso non avrebbe mai fatto. Ma come Honda aveva aiutato Jonouchi, Jonouchi stava cercando di aiutare lui. Qualcun altro invece aveva aiutato Ushio.

“Un altro Atem”, pensò, con un brivido di terrore. Poteva davvero essere possibile? No, era impazzito, ma a che pensava?

Prese fra le mani il puzzle millenario che portava al collo, lo fissò, era spaventato da una parte, incuriosito dall'altra, da un'altra ancora...sollevato. Cosa nascondeva quell'oggetto? Tutto era cominciato da quando era riuscito a completarlo, però...

Alzò gli occhi fissando intensamente quelli degli amici davanti a lui, in silenzio, come se la sua risposta li avesse in qualche modo confusi. Se era lì con loro, se si stava lasciando aiutare da quelle due persone, quei due amici, probabilmente doveva dire grazie al puzzle.

Il suo sogno era quello di ritornarsene in Egitto, ma in fondo, ci sono molti modi per sentirsi a casa.

Atem sorrise, per davvero questa volta:- Sapete, forse questo aggeggio i desideri li esaudisce veramente, anche se a modo suo.-

-Eh?- Esclamarono all'unisono i due ragazzi, straniti.

-Noi saremmo pure ipocriti, ma voi egiziani non siete mica tanto normali.- Scherzò Honda con aria di finta sufficienza.

-Già, e poi che gusto negli accessori, come dire...discutibile...-Disse Jonouchi con una smorfia disgustata indicando il puzzle millenario.

Atem, forse per la prima volta, emise qualcosa di molto simile ad una piccola risata, cosa che riempì d'orgoglio i suoi compagni.

Forse, finalmente, qualcosa si stava muovendo, ma la strada era ancora lunga.

-Ehi, voi tre! Che bel quadretto!- Disse ironica una voce femminile.

Anzu fece capolino sulla terrazza con un sorrisetto divertito. Le faceva piacere vedere Atem finalmente in compagnia di qualcuno, fino a poco tempo prima se ne stava sempre da solo. Voleva stare solo.

-Oh, guardate chi c'è! Mazaki la stalker! La solita maniaca sessuale, non può far a meno di seguire Atem ovunque! Non lo vedi che questa è una riunione solo per veri uomini? Via di qui, moretta!- Inveì Jonouchi con aria minacciosa.

-Uhmf, già, una ragazza non può certo entrare a far parte delle vostre preziose cerchie omoerotiche, scusate tanto, tolgo il disturbo.- Replicò lei tranquillamente gustandosi la faccia del ragazzo che assumeva la tipica espressione dell'orgoglio maschile ferito.

-Piuttosto...- Continuò Anzu:- Vi conviene scendere, fra un po' inizia la riunione per il festival scolastico e non pensate di potermi sfuggire, lavativi! Toccherà anche a voi tre fare qualcosa, cari miei.-

-Oh, ma sentitela!- Grugnì Honda.

-Tsè, fa' poco la furbetta, ora arriviamo, non ci stressare!- Jonouchi si rivolse ad Atem con un sorriso:-Andiamo?-

-Certo.- Rispose l'altro alzandosi e dirigendosi verso le scale seguendo a ruota i compagni.

Anzu rimase lì un attimo, li guardò girarle le spalle e andarsene. Guardò Atem, per la precisione.

Quella volta...quella volta da Burger world cosa era successo, esattamente?

Ci aveva pensato a lungo, quella voce le continuava a rimbombare nella testa, quella voce...non era di Atem.

Quando lo aveva raccontato ad Honda e Jono l'avevano presa per pazza, Jonouchi peraltro era presente e le aveva confermato che quello che l'aveva salvata era stato Atem, chi altro sennò? Dissero che l'agitazione probabilmente le aveva fatto dei brutti scherzi, ma lei era certa che non fosse così.

Conosceva bene la voce di Atem e conosceva abbastanza bene Atem per poter affermare che quelle parole lui non le avrebbe mai dette.

Era successo qualcosa di strano, ne era sicura. Atem aveva sfidato l'evaso ad un gioco, aveva rovesciato degli stuzzicadenti sul tavolo: il vincitore sarebbe stato chi per primo fosse riuscito a recuperare quello colorato senza far muovere gli altri sparsi tutt'intorno. Ad un certo punto colui che la stava tenendo in ostaggio aveva cominciato a delirare, a piangere, sempre di più, ad ogni stecchetto recuperato la disperazione aumentava.

Poi sentì quella voce dal tono dolce, infantile, quasi affettuoso...sinceramente preoccupato per quell'uomo che stava buttando via la propria vita. Anzu ricordava perfettamente quelle strane parole:” La luce inghiottirà le ombre, dimostra che non sei una di loro, ti prego.”
No, quello non era Atem, era “un altro Atem”.

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Capitolo 6
*** Saremo sempre amici, giusto? ***


Argh, nuovo capitolo...Il TERZO nuovo capitolo da quando ho ripreso ad aggiornare. Non credo di essere riuscita a renderlo come dico io, ma si entra nel vivo della storia. Come sempre gestire Atem è un casino, ho scelto di riprendere l'episodio di Hirutani perché penso dia una svolta importante alla storia, il prossimo sarà molto violento, non so come ne verrò fuori. Grazie a tutti quelli che stanno seguendo questa storia, quelli di vecchia data e le new entry. I commenti mi fanno super super piacere, fatemi sapere cosa ne pensate.



C'era qualcosa di nuovo nella vita di Atem, qualcosa che lo stava poco a poco cambiando.

Andare a scuola aveva preso tutto un altro significato, ora era...era persino divertente. Honda, Anzu e Jonouchi ogni giorno gli offrivano sorrisi sinceri e lui...lui cominciava a sentirsi a casa con quelle persone, non lo avrebbe mai creduto possibile.

Eppure ancora non si poteva dire sereno, un po' perché si rendeva conto che il suo fosse un muro davvero troppo spesso per poter essere abbattuto con qualche sorriso, un po' perché non aveva ancora trovato la causa dei suoi continui mancamenti e perdite di memoria. Quando accadeva succedeva qualcosa, qualcosa che odiava: tutte quelle persone schifose, tutti quei bulli e prepotenti, quelle persone che meritavano solo di essere punite...cambiavano, o così si presumeva, grazie a lui. La gente intorno a sé gli dava meriti che non aveva, lo stava apprezzando, etichettando come qualcuno da stimare sempre di più, ma lui non era così. Se all'inizio la situazione gli era sembrata curiosa, ora stava diventando insopportabile e cominciava a sentirsi inferiore rispetto...rispetto a quella cosa che ancora non conosceva.

Però...i ricordi di quella scena lo torturavano, quello che era successo quella notte con Ushio, quella memoria che non gli apparteneva, i sentimenti di quel ragazzo che non erano troppo diversi dai suoi, che non erano troppo diversi da quelli di Jonouchi. C'era qualcosa in lui che lo riusciva a capire, anzi, QUALCUNO in lui. Sì, qualcuno che gli stava gridando: “Stai sbagliando tutto”, ma ancora non si sentiva pronto ad ascoltarlo, ad accettarlo o semplicemente ad affrontarlo. Aveva paura, si rese conto Atem.

-Atem!- La voce di Anzu fece capolino fra i suoi pensieri. Seduto al proprio banco alzò il capo per incrociare il suo sguardo:-Yo, Anzu.- Rispose con un cenno.

Lei prese una sedia e gli si sedette accanto:-Mattiniero come sempre e pensieroso come sempre, vedo- Scherzò la ragazza. Lui poggiò la guancia sul palmo della propria mano con fare un po' scocciato:-Jonouchi-kun dice che sembro un musone, per questo.- Anzu rise:-Sembri?- Atem la guardò storto:- Ah ah, simpatica.-

-Piuttosto...- Cambiò discorso l'amica:-E' stato divertente il festival scolastico. Ancora non ti avevo ringraziato per aver convinto Inogashira a lasciarci lo stand, non so come tu abbia fatto, non sembrava troppo incline alle discussioni l'ultima volta che ci ho parlato...-

Atem scattò:-Come? Inogashira? Chi è? Il tizio che voleva buttarci giù lo stand per piazzarci quello della sua classe al grido di “Questo è il nostro territorio”? Quello?- Anzu parve confusa, il suo interlocutore sembrava sinceramente sorpreso dalla notizia:-Sì, lui...mi ha detto che avete parlato e che...- Si bloccò, lo sguardo di Atem sembrava...tra lo sconvolto, il confuso e il terrorizzato.

-Io...io non ho mai parlato con quel tizio...- Disse quasi in un bisbiglio l'egiziano.

Anzu si guardò intorno, cosa doveva rispondere? Il ragazzo sembrava davvero scombussolato. Le tornò subito alla mente l'episodio al Burger World: che la sua ipotesi fosse corretta? C'era qualcuno che si spacciava per Atem, forse? C'era davvero un “altro Atem”? Quella voce, quella voce che non riusciva a dimenticare, dolce e affettuosa...a chi apparteneva?

Si era creata un'atmosfera pesante fra i due, nessuno sapeva cosa dire, ma una domanda accomunò le loro menti: tutti quei casi di pentimenti avvenivano per mano di chi, esattamente?

-AAAAH! Eccola, sempre all'attacco! Mazaki, scollati dal nostro Atem!-

Anzu inarcò un sopracciglio portando lo sguardo ai due ragazzi appena entrati in classe-Buon giorno anche a te, Jonouchi! Honda!- Aveva la faccia irritata, ma in realtà il loro arrivo l'aveva salvata da un bel impiccio, si sentì davvero sollevata.

Atem sorrise nel vedere i due amici:-Buon giorno, ragazzi.-



Le lezioni erano terminate, Atem si era dovuto fermare a scuola per il turno di pulizia e...dannazione, pioveva. E di brutto, per capirsi.

Rimase fermo all'entrata contemplando il cielo grigio e, clichè dei clichè, naturalmente lui non si era portato l'ombrello. Sospirò, sperò almeno che la fiera dei luoghi comuni si concludesse con qualcuno, qualcuno di gradito, che passasse di lì con un ombrello per accompagnarlo fino a casa: proprio non gli andava di inzupparsi tutto e non poteva restare lì ad aspettare che smettesse per chissà quanto tempo, aveva promesso al nonno di aiutarlo in negozio quel giorno.

-Ehi, moro, serve un passaggio?-

Oh, neanche a farlo apposta! Atem si voltò e vide Jonouchi avvicinarglisi con un ombrello in mano:-Jonouchi-kun, che ci fai ancora qui?-

-Mi sono fermato a dare una mano per sistemare le cose del festival....- Aprì l'ombrello, imbarazzato: pareva cadere a pezzi, le stecche erano tutte storte e i lembi del telo sembravano voler saltare via da un momento all'altro:- Sì, ehm...- Arrossì:- Avevo solo questo a casa, se va bene lo stesso...-

Atem gli si avvicinò, mettendosi sotto all'ombrello con l'amico:- Andrà benissimo.-

Camminarono un po', Jonouchi stava parlando dell'ultimo DVD porno che gli aveva prestato Honda dicendosi davvero deluso, non capiva come si potessero mettere delle censure in film fatti apposta per guardare impudicizie. Atem invece era leggermente imbarazzato, non che a lui certe cose non interessassero, anzi, ma...non gli era mai capitato di parlarne con tanta leggerezza in mezzo alla strada, si sentiva un po' a disagio. Però era una cosa che apprezzava davvero molto di Jonouchi, quella sua boccaccia larga senza filtri lo rendeva una persona limpida e sincera, a volte fin troppo, ma piacevole. -Davvero nulla di che, ma se ti va di dare un'occhiata chiedo ad Honda se te lo posso passare.- Bofonchiò Il biondino. Atem ghignò con un velo di rossore sulle guance:- Non hai internet, eh Jonouchi-kun? Se ti interessa qualcosa senza censure posso provvedere...-

Jonouchi lo fissò quasi sconvolto:- Hai capito qui il nostro Atem! Fa tanto il disinteressato, il superiore e poi...sei un porcello come tutti, eh? Con tutte le ragazze che ti vengono dietro e che ignori puntualmente cominciavo a pensare che fossi asessuato!- Rise:-Ovviamente accetto la tua gentile proposta:- Concluse tossicchiando con nonchalance.

-Ehi, sono un ragazzo anche io!- Protestò Atem con una timida, ma sincera risatina.

Jonochi lo guardò con uno sguardo tra l'intenerito e il soddisfatto:- Sono felice, sai?-

-Uhm, per quale motivo?-

-Bé...- Mormorò il ragazzo dai capelli biondi, forse un po' imbarazzato:- Stai pian piano imparando a sorridere, per un periodo ho pensato fosse impossibile. Forse devo ringraziare Ushio, forse il tuo puzzle...non lo so. Ti vedevo sempre così triste, così schivo con tutti. Sapevo cosa provavi, ma non sapevo come riuscire ad avvicinarmi per dirtelo. Sono felice che tu abbia deciso di darmi la tua fiducia. Stai cambiando molto, quello che hai fatto con Ushio, col il tizio da Burger World e ho saputo anche con Inogashira l'altro giorno...-

Atem, sinceramente toccato fino ad un attimo prima, a sentire quell'ultima frase si irrigidì:-Jonouchi-kun, io...io...- Voleva parlargliene, voleva essere onesto, ma come? Lo avrebbe preso per pazzo? Se avesse scoperto la verità avrebbe perso la sua amicizia? Gli sarebbe dispiaciuto troppo, si era affezionato a quel ragazzo giocherellone e un po' buzzurro, quel chiacchierone dal cuore d'oro. Con lui stava cominciando quasi a sentirsi a suo agio, a sentirsi più libero perché... lo capiva, anzi, Jonouchi aveva avuto esperienze ben peggiori della sua, ma la sua forza d'animo era davvero invidiabile e voleva esserne contagiato.

Decise di rimanere sul vago, per sicurezza. Sospirò sotto gli occhi dell'amico che attendeva pazientemente il seguito di quella frase troncata sul nascere: -Io...in questo periodo...non mi sento più me stesso, ma non nel senso che intendi tu. C'è qualcosa...dentro di me. Una parte di me, credo...tutti pensano che sia la mia parte migliore, ma...non sono io, io non sono così.-

Jonouchi lo ascoltò in silenzio, rimasero così per un po', camminando sotto lo scroscio della pioggia battente.

-Atem è Atem. Qualsiasi cosa tu faccia, qualunque Atem tu sia, noi saremo sempre amici, non temere.- Mormorò Jonochi col viso serio. Aveva deciso di non indagare, sarebbe stato l'amico a parlargliene più approfonditamente, se lo avesse voluto.

Atem sorrise, non disse nulla e proseguirono la loro camminata verso casa.

Aveva trovato davvero un amico speciale.





Il giorno seguente Jonouchi non venne a scuola.

Honda nel vedere l'amico assente sembrò un po' preoccupato:-Jonouchi non ha mai mancato una lezione, MAI! Davvero strano!-

Atem guardò il banco vuoto dell'amico: che portandolo a casa sotto la pioggia si fosse preso un raffreddore?

-Dovremmo chiamarlo?- Chiese Anzu poco convinta:-Magari è successo qualcosa.-

Honda agitò la mano scacciando i cattivi pensieri:-Mannò, Atem ha detto che ieri hanno camminato sotto la pioggia, magari è solo raffreddato, aspettiamo domani.-

-Dovremmo andare a casa sua per portargli gli appunti, però.- Esordì Atem da bravo studente diligente.

-Lascia perdere.-Tagliò corto l'amico.-Sono stato a casa sua qualche volta, vive con suo padre e...fidati che non vorrebbe conoscerti.-

-D'accordo.- Concluse mestamente il ragazzo egiziano.

Già, era solo un giorno, dopotutto. Non c'era motivo di preoccuparsi, capitava a tutti di ammalarsi, no?

Sì, ma Jonouchi non venne né il giorno dopo né quello dopo ancora.

Gli amici provarono a chiamarlo al cellulare più volte, ma lui non rispose, mai. A quel punto si sentirono in diritto di preoccuparsi e anche tanto: non solo non si presentava a scuola da tre giorni, ma sembrava svanito nel nulla.

Atem era seriamente in ansia, non voleva darlo a vedere, ma la preoccupazione gli contorceva le budella, doveva assolutamente andare a cercarlo, quel giorno stesso.

Honda sbuffò:-Ragazzi, io non so che dire... oggi vado a casa sua.-

-Veniamo con te, mi sembra ovvio!- Esclamò Anzu convinta.

-Suo padre ha problemi d'alcolismo, Mazaki, potresti vedere cose...bé, non troppo piacevoli.- Cercò di persuaderla il ragazzo.

-Non mi importa!- Continuò lei:-Se a Jonouchi è successo qualcosa...io... dobbiamo assolutamente intervenire! Sai anche tu che non è normale che manchi così tanto da scuola!-

Atem li guardava stando zitto, ma Anzu aveva ragione, non gli importava dei familiari di Jonouchi, dovevano assolutamente scoprire cosa fosse successo al loro amico, lui era stato l'ultimo a vederlo e non riusciva ad immaginare cosa potesse essere accaduto dopo essersi salutati.

-Vieni con noi, vero Atem?- gli chiese la ragazza, un filo d'ansia nella sua voce.

Lui annuì: l'avrebbe ritrovato, costi quel che costi.

Finita la scuola Honda li condusse davanti al condominio di Jonouchi:-Abita al terzo piano.-Disse:-Sono stato qui due o tre volte, Jonouchi non invita mai nessuno, il perché ve l'ho già spiegato...-

Atem e Anzu deglutirono, certo che il loro amico aveva davvero una pessima situazione familiare!

Salirono le scale ed arrivarono davanti alla porta con su scritto, vicino al campanello, “Jonouchi”; il tre si guardarono dubbiosi:-Chi suona?- Chiese Anzu.-Bé, è Honda-kun quello di casa qui, no?- Rispose Atem con le braccia conserte fissando l'amico di sottecchi. Honda grugnì facendosi avanti:- Ok, ok, siete davvero simpatici, ho capito!- Col dito tremante premette il campanello: “DLIN DLON” si sentì, poi il nulla.

Rimasero immobili ad aspettare una risposta per qualche minuto, ma niente.

-Che non ci sia nessuno?- Ruppe il silenzio Anzu.

Honda posò la mano sulla maniglia:-Ehi, la porta sembra aperta...-

-Non vorrai mica entrare senza permesso in casa d'altri, vero?- Protestò stizzita la ragazza, ma l'amico aveva già aperto uno spiraglio:-Sssh, so che non si fa, ma...- Non fece in tempo a finire la frase che un colpo violento, seguito da un rumore di vetri rotti, si infranse contro la porta accompagnato da un grido agghiacciante:-KATSUYA, SEI TU??? TE NE SEI STATO A ZONZO PER TUTTI QUESTI GIORNI, RAGAZZACCIO!-

Il trio sussultò sbrigandosi a chiudere la porta alle loro spalle e ad allontanarsi il più possibile da quel posto, scappando precipitosamente giù dalle scale:-SCUSI IL DISTURBO!!!!-

I tre annasparono:-Bè, almeno ora sappiamo che non torna a casa da giorni...non che sia una buona cosa...- Esclamò Honda con una smorfia poco convinta sul viso.

Atem sentì una stretta al petto, Jonouchi era sparito da giorni, non era rincasato e... con un padre così, non sapeva se doveva sentirsi sollevato o ancora peggio. Dov'era finito, dove si era cacciato? Non poteva sparire così, non poteva!

-Dovremmo cercarlo...- Disse Honda, convinto.

-Sì!- Lo assecondò Anzu.

-Ma dove? Dove può essere andato?- Li interruppe Atem con un velo di panico negli occhi e nella voce. Honda gli posò una mano sulla spalla, per rassicurarlo:-Tranquillo, setacceremo anche tutta la città se ce ne fosse bisogno, ma lo ritroveremo!-

Corsero per ogni vicolo di Domino, chiamarono il suo nome fino a non avere più voce, perlustrarono ogni singolo angolo: nulla. Di lui non c'era traccia. I ragazzi si sentirono demoralizzati, sconfitti, preoccupati. Non avrebbero dovuto aspettare così tanto, chissà cosa gli era successo in quei tre giorni, chissà dov'era finito:-Forse dovremmo chiamare la polizia.-Propose Anzu con un'espressione triste sul viso: -Se non lo facciamo noi... suo padre temo non lo farà mai...-

Ma proprio in quel momento dei rumori strani attirarono la loro attenzione: degli schiamazzi, per l'esattezza.

Un gruppo di liceali stava accerchiando un altro ragazzo, minacciandolo e strattonandolo con forza. Honda ebbe un brivido: -Riconosco quell'uniforme, sono quelli del liceo Rintama, è gentaglia, meglio star loro alla larga, andiamocene.-

-NO!- Gridò Atem. Con l'indice alzato indicò uno dei ragazzi del gruppetto:-J...E' JONOUCHI!-

Jonouchi era lì, fissava i suoi compagni picchiare quel ragazzino, immobile, senza fare nulla. Perché era lì? Cosa ci faceva con quella gente?

Honda e Anzu sussultarono:-Che ci fa con quegli sbandati?-

Atem senza pensarci corse verso di lui:-Jonouchi!- Lo chiamò, facendolo voltare.

Occhi impassibili gli si posarono addosso.

L' egiziano ringhiò:-Che fai con questa gente? Perché non vieni più a scuola?-

Un ragazzo con un grosso berretto, gli occhiali è una sigaretta in bocca posò una mano sulla spalla di Jonouchi:- Quel tizio sta parlando di noi? Jonouchi, conosci quel gaijin?-

Silenzio.

-No. Mai visto. Non esco con i gaijin.- Fu la risposta. Fredda. Crudele. Diretta.

Atem sentì il mondo crollargli addosso, un senso di vuoto aprirglisi dentro come una voragine:-Jo...Jonouchi-kun...-

In quel momento fece capolino un altro ragazzo, alto, muscoloso, portava i capelli raccolti in un codino:- Ah ah, Jonouchi, se non avessi scelto di frequentare il liceo Domino non dovresti portarti dietro gente...COSI'. Mi vergogno per te, quel negro dovrebbe tornarsene da dove è venuto. Saresti dovuto venire con noi al Rintama.-

Honda si sentì ghiacciare il sangue nelle vene: conosceva quel ragazzo, era Hirutani, il capo di teppisti della vecchia banda che frequentava Jonouchi alle medie.

Atem si morse le labbra, così forte da farle quasi sanguinare, non voleva credere alle parole del suo amico, lui non poteva pensare davvero quelle cose:-JONOUCHI! TORNA A CASA!- Il suo fu un ordine, non una richiesta e non un invito. Il suo viso era contorto in un'espressione di pura rabbia. Di odio, di delusione.

Il ragazzo col cappello si rivolse ad Hirutani:-Quel gaijin ha stufato, Jonouchi ha detto di non conoscerlo, che facciamo?- Di scatto, senza che l'altro nemmeno gli rispondesse, si avvicinò ad Atem scagliandogli un pugno sul viso con tutta la sua forza.

-ATEM!!!- Gridarono Honda e Anzu portandosi le mani alla bocca, scioccati.

Atem barcollò, quasi perdendo l'equilibrio, un rigolo di sangue gli uscì dal naso mentre i suoi due amici accorrevano da lui, preoccupati: -Atem, stai bene?- Chiese Anzu chinandosi e poggiandogli una mano sulla schiena. Quando il ragazzo alzò lo sguardo, vide due occhi rossi, indemoniati, il viso sfigurato da un'espressione diabolica, tanto che la ragazza per poco non si fece scappare un grido.

-Tu...- Ansimò Atem:-TU!- Fece per saltare addosso al tipo col berretto con tutta la sua ferocia, ma la presa ferrea e repentina di Honda lo bloccò, circondandogli la vita con le braccia:- Atem, fermo! Calmati!-

-Jonouchi sta con noi, negro, fattene una ragione!- Ridacchiò Hirutani prima di andarsene tenendo Jonouchi sottobraccio.

Atem si divincolò dalla stretta di Honda con tutta la sua forza cercando invano di liberarsi:- JONOUCHI! JONOUCHI! TORNA QUI, BASTARDO! JONOUCHI! SEI UN BASTARDO JONOUCHI! BASTARDO! BASTARDO! MI ERO FIDATO DI TE! MI ERO FIDATO!-

Sì, si era fidato di lui ed ecco il risultato. Jonouchi lo aveva tradito, aveva lasciato che lo offendessero e lo picchiassero senza muovere un muscolo.

Atem guardò quello che credeva suo amico allontanarsi, sempre di più, senza nemmeno voltarsi, senza degnarlo di uno sguardo.

-JONOUCHIIIIIIIII!!!!- Lo chiamò ancora una volta con tutta la voce che aveva in gola.

La risposta fu solo l'indifferenza.


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Capitolo 7
*** Scusami. ***


Allora: Sono in crisi. Ahaha, cioè, la storia ce l'ho in mente, eh! Il problema sono i giochi, non so cosa diavolo far fare a Yugi! Quindi...si accettano consigli o questa cosa rischia di bloccarsi...ANCORA. E l'ultima volta la pausa è durata quattro anni. Ho dovuto tagliare a metà il capitolo perché non so davvero come togliermi l'impiccio del gioco della redenzione :/ Come sempre Atem mi fa dannare, ma ci trovo un certo gusto ad usare Ushio come una specie di filo conduttore per le sue turbe. Ah, sì, il racconto di Honda è una mia auto-citazione, è un riassulto di una mia fic chiamata "l'inizio di un nuovo anno" e che reputo una delle mie ff migliori
Boh, fatemi sapere. A presto (spero!)



Atem aveva il fiatone, non riusciva a calmarsi, il suo corpo tremava di rabbia e la sua faccia pulsava dal dolore per il pugno ricevuto.

Anzu e Honda lo fecero sedere su una panchina quasi di forza, sembrava sotto shock.

-Atem...prendi il mio fazzoletto, ti esce sangue.- Pigolò intimorita la ragazza indicandogli il naso, ma lui parve non sentirla nemmeno.

-Smettila di comportarti così, non risolverai nulla, calmati!- Lo intimò Honda cercando di scuoterlo:-Ehi, ascoltami bene, io conosco Jonouchi da una vita, come forse già sai è stato un teppista in passato, il ragazzo col codino si chiama Hirutani ed era il capo della sua vecchia banda...- Questa ultima frase sembrò risvegliare l'attenzione di Atem:-Hirutani?-

-Sì.- Rispose mestamente Honda sedendoglisi vicino:- Jonouchi è sempre stato un ragazzo in gamba, ma ad un certo punto della sua vita, però, finì con quelle compagnie e io...io lo seguii. Lo stimavo molto, un po' lo invidiavo, sinceramente. Era sempre forte, tutti lo temevano, ma non se la prendeva mai con i più deboli. Poi mi resi conto che quello che stavamo facendo era sbagliato, mi resi conto che Jonouchi valeva molto più di questo, che io valevo di più. Mia sorella rimase incinta e pensai che...che non sarei stato un buon esempio per quel bambino che stava per nascere, pensai che sarei dovuto cambiare, e Jonouchi con me. Gli dissi che doveva lasciare la banda, che quello non era il modo giusto per affrontare i suoi problemi e io gli avrei dato una mano a superarli. Così andammo da Hirutani, lui e i suoi compagni ci pestarono fino quasi ad ucciderci, ma...dissero a Jonouchi di non farsi più vedere e...per me fu un sollievo tale che quasi non sentii più il dolore dovuto alle botte. Quel giorno...bé, quel giorno cominciò la nostra nuova vita.-

Atem e Anzu rimasero immobili ad ascoltare le parole dell'amico: la ragazza sinceramente toccata da quella storia di amicizia così forte, il ragazzo invece sembrava perplesso:-A quanto pare la tua è stata fatica sprecata, Honda-kun.- Sibilò Atem con la voce davvero piena di rabbia.

-Cosa?-

-Le persone non cambiano, è proprio vero. Non capisco, perché non sei arrabbiato? Perché non lo odi? Dopo quello che avete passato...lui...lui è tornato da quell'Hirutani. Davvero un bel ringraziamento, non c'è che dire! Ha tradito la tua fiducia, ha tradito la mia! Ci ha mentito, l'hai visto anche tu!- Le parole di Atem erano colme di delusione e rancore. Quella persona che gli aveva offerto la sua amicizia col cuore in mano, amicizia che aveva deciso di accettare con non poca fatica, si era rivelato un bugiardo. L'aveva chiamato “gaijin”, aveva lasciato che i suoi compagni lo picchiassero senza muovere un dito, senza battere ciglio, che doveva pensare? Si era sbagliato: un teppista resta sempre un teppista.

Honda ringhiò:- Se non ti avessero già conciato per le feste, un pugno in faccia te lo darei volentieri io, Atem! Sei davvero un cretino!-

Atem spalancò gli occhi, incredulo:- Che cosa? Io sarei un cretino?- Scattò in piedi.

-Sì!- Annuì Honda alzandosi a sua volta per fronteggiarlo:-Come puoi pensare che non ci sia niente sotto al suo comportamento di oggi? Non hai idea di quanto Jonouchi tenga a te! Era sempre dispiaciuto quando ti vedeva solo e diffidente verso tutti, voleva davvero conoscere il “vero Atem”. Quando siete diventati amici era al settimo cielo, diceva di aver visto qualcosa di nuovo nei tuoi occhi! Pensi davvero che lui farebbe una cosa del genere ad un suo amico senza motivo? Jonouchi non è cambiato, non è mai cambiato! Lui è sempre stato una persona buona, si era cacciato nei guai, sì, ma ha combattuto per uscirne. La mia domanda è, piuttosto: Tu sei cambiato, Atem? Perché se c'era qualcuno che doveva cambiare, scusami, ma quello non era Jonouchi!-

Atem rimase immobile, senza sapere cosa dire. Quell'ultima frase lo trafisse come un coltello piantato nel cuore.

-Credevo di sì.- Proseguì Honda:-Ma dopo quello che hai detto, non ne sono più molto sicuro. Riesci così bene a vedere il marcio nelle persone, non è vero? Vedi tenebre ovunque, ma la luce, quella la vedi mai, Atem? In te stesso la vedi?-

La luce...lui l'aveva mai vista? Prepotentemente gli riapparse davanti agli occhi l'immagine di Ushio.

Strinse forte il puzzle al suo petto: no, lui non l'aveva mai vista, ma...”l'altro” sì. Era “l'altro” la sua parte di luce? E lui, lui che cos'era? Cosa c'era nel suo animo?

Anzu intervenne:- Honda, smettila. Atem è solo molto scosso, non mi sembra il caso di usare parole così forti nei suoi confronti! Lo stai dipingendo come una persona malvagia e sai benissimo che non è così! Ti sei scordato che mi ha salvata da Burger World?-

Ma forse quello non era lui, pensò la ragazza. Erano realmente troppo forti quelle parole?

Honda sputò a terra, visibilmente irritato:- Atem! Ti dimostrerò che ti sbagli e...spero che quando te ne renderai conto, allora cambierai per davvero. Jonouchi è scemo, ma in fondo è sempre lui e lui è una persona fantastica!- Girò le spalle ai due amici:- Seguitemi!- Ordinò.


JZ bar, fu quello il luogo in cui Honda li portò. Un bar che d'accogliente doveva avere ben poco, a vederlo così dall'esterno, almeno: scritte sui muri, sporcizia, vetri di bottiglie rotte disseminati un po' ovunque lungo il vicolo. Esisteva davvero un posto del genere a Domino?

I tre amici si accostarono dietro a un angolo, di vedetta:- Questo si può dire sia una sorta di quartier generale per Hirutani, se non ha perso le vecchie abitudini sarà certamente qui dentro.- Disse Honda.

Anzu deglutì guardandosi intorno:- Mannaggia a Jonouchi, guardate dove ci ha cacciato! Oh, ma appena rinsavisce mi sentirà, quel cretino.-

Atem rimase zitto, pensieroso.

Ad un tratto un ragazzo uscì dal bar e Honda scattò:-Ecco, lo sapevo, è uno della banda di Hirutani!- Si voltò verso i suoi amici:-Aspettatemi qui, vado a scambiarci due chiacchiere.- Sghignazzò.

Non è pericoloso?- Chiese Anzu, preoccupata.

-Pff, ne posso affrontare fino a tre alla volta!- Rispose orgoglioso l'amico. Si diresse verso il ragazzo, seguendolo:-Ehi, tu!- Lo chiamò. Il tipo si voltò e si irrigidì-Ma tu sei...- Non fece in tempo a finire la frase che Honda lo trascinò per il colletto in un vicolo, seguito a ruota da Anzu e Atem.

-Voglio sapere perché Jonouchi gira con quelli del Rintama, forza, ti ascolto!-

Il ragazzo della banda di Hirutani era stato sollevato per aria, borbottò:-Io...io non ne so nulla, davvero!-

La presa di Honda si fece più forte:- AVANTI, SVUOTA IL SACCO!-

-AAAH! O...ok! C...come vuoi!- Rispose l'altro cominciando a temere per la propria incolumità:-Hirutani vuole ampliare il campo d'azione della banda, ma per farlo gli serve gente nuova, gente forte e così...ha chiesto a Jonouchi di tornare con noi. Jonouchi però non ha accettato subito, ma Hirutani è furbo, lo ha minacciato, gli ha detto che se non fosse tornato con noi l'avrebbe fatta pagare ai suoi amici del liceo Domino!-

Honda si voltò verso Atem con quel sorrisetto trionfante da “te lo avevo detto”, facendo sentire l'egiziano davvero uno schifo. Aveva dubitato del...del suo migliore amico, ancora, lo aveva fatto ancora e senza pensarci sopra troppo. Gli aveva nuovamente attribuito la responsabilità delle sue azioni, come quella volta con Ushio, e per l'ennesima volta si era sbagliato. Si morse le labbra:-Entriamo in questo maledetto bar, ora!- Gridò.

Honda mollò il ragazzo facendolo cadere rovinosamente a terra:- Voi due aspettate qui, entro io.-
-No!- Protestò l'egiziano:-Vengo con te!-

-Sei davvero sicuro di volerti immischiare con “gentaglia” come noi? Con dei teppisti come noi?- Replicò l'altro con un malcelato astio nella voce. Non sopportava che Atem avesse dubitato in questo modo di Jonouchi, non dopo tutto quello che aveva fatto per lui.

Il ragazzo dalla carnagione scura ebbe una stretta al cuore:-Mi dispiace, Honda-kun...avevi ragione, sono un cretino.-

Scesero assieme le scale, il bar si trovava in un piano sotterraneo, Honda spalancò la porta con un calcio ben assestato, anche se un po' teatrale, forse:-JONOUCHI!- Lo chiamò. Atem si guardò intorno, perse un battito: All'interno non c'era nessuno, l'ambiente era disordinato, sedie rovesciate, bicchieri rotti, sembrava ci fosse appena stata una rissa. Qualcosa però attirò la sua attenzione:-Honda-kun, guarda!- Indicò dietro al bancone degli alcolici: era il ragazzo col berretto che lo aveva picchiato poco prima, steso a terra, esanime.

Honda gli si scagliò accanto alzandolo dal pavimento:-Ehi! Svegliati!- Ma il ragazzo era svenuto, il sangue gli colava dal naso e aveva entrambi gli occhi pesti:-Nulla, è fuso! Chissà dove se ne sono andati tutti!?-

I due ragazzi risalirono, nel mentre fuori si era messo a piovere:-Allora? Dov'è Jonouchi?- Chiese Anzu andandogli incontro.

-Non lo so.- Rispose Honda:-Visto lo stato del bar devono essersene date di santa ragione, ma all'interno non c'era nessuno. Che facciamo, ora?

-Separiamoci!- Propose la ragazza:- Dobbiamo trovarlo in fretta!-

-Giusto!- Concluse Atem.

-Se lo trovate chiamatemi subito, non tentate nulla contro quella gente!.-Quasi ordinò il più alto:-Soprattutto tu, Atem...non farti prendere dalla rabbia.- Quelle parole fecero sussultare l'egiziano. Che intendeva dire?

-Andiamo!-



Poco prima in quel bar accadde il finimondo per davvero. Hirutani se ne stava seduto con le braccia appoggiate al bancone, vicino a lui il ragazzo col cappello.
Jonouchi era su un divanetto, lo sguardo corrucciato, i piedi su un tavolino adagiato davanti a lui.

-Sono davvero contento di riaverti qui, Jonouchi- Esclamò Hirutani accendendosi l'ennesima sigaretta.

-Già- Proseguì il tipo col berretto:-Ora siamo pronti per ampliare il nostro territorio. Da dove cominciamo?-

Lo sguardo furibondo di Jonouchi si posò su quest'ultimo. Quello stronzo aveva picchiato Atem, la scena continuava a scorrergli davanti agli occhi, non riusciva a smettere di pensarci. Non osava neanche immaginare quanto potesse essere deluso il suo amico, aveva lasciato che lo picchiassero senza fare nulla, lo aveva chiamato “gaijin”, lo avevano chiamato “negro”. Aveva visto i suoi occhi iniettati di rabbia, aveva visto in lui qualcosa che...qualcosa di strano. Tenebre?

Fatto sta che lo aveva ignorato facendolo soffrire, questo era certo, ma cosa poteva farci?

Se non fosse tornato nella banda, Hirutani e compagni avrebbero fatto del male ai suoi amici, non aveva altra scelta. E Honda? Aveva tradito anche lui, però...sapeva che l'amico l'avrebbe capito, poteva dire lo stesso di Atem?

-Ehi, che hai da guardare, parla!- lo incitò lo scagnozzo sentendosi osservato.

Jonouchi ringhiò: Aveva picchiato Atem, quel verme aveva alzato le mani su Atem.

-Già.- Si alzò in piedi:- Non posso fartela passare liscia.-

-Cos...?-

Un pugno, talmente forte da farlo cadere a terra, si infranse sul muso del ragazzo col berretto.

-NON SOPPORTO CHE SI FACCIA DEL MALE AI MIEI AMICI!-

Hirutani gli lanciò un'occhiata di fuoco mente il compagno collassava ai suoi piedi per il colpo ricevuto:-Mi fa piacere vedere nei tuoi occhi lo sguardo di un tempo, Jonouchi.- Affermò con voce calma:- Ma non tollero che si cambi fazione.- Si rivolse gli altri ragazzi della banda:-Prendetelo, gli serve una lezione.-

Jonouchi si trovò circondato da almeno cinque energumeni. Lui era forte, ma la differenza numerica non era esattamente a suo vantaggio, difatti le sue difese si rivelarono completamente inutili, pochi istanti dopo venne immobilizzato da tre di loro che gli si scagliarono sopra con tutto il peso.

Hirutani rise:- Portiamolo via, ci serve un posto tranquillo per infliggergli la giusta punizione.-



Atem correva, correva e correva. La pioggia si infrangeva gelida su di lui, colpendolo violentemente come piccoli aghi battenti. “Dove sei, Jonouchi? Dove sei?” Si sentiva malissimo, era il peggior amico di sempre. Sì, aveva sentito la propria fiducia tradita, ma a quel punto, si chiese, se era arrivato a dubitare di Jonouchi così facilmente...era sicuro di essersi davvero mai fidato di lui? Jonouchi tornando con Hirutani lo aveva protetto, ancora una volta si era dimostrato un amico migliore di quanto lui potesse mai essere. Jonouchi stava mandando a rotoli la sua vita, dopo tanta fatica per recuperarla, purché quei teppisti lasciassero in pace i suoi amici. Atem una cosa del genere l'avrebbe mai fatta? Si odiò da solo nel momento in cui si auto-rispose “NO”.

Honda aveva ragione, doveva cambiare, doveva migliorare, altrimenti...che sarebbe successo? Avrebbe perso i suoi amici, avrebbe perso Jonouchi?

Si bloccò. Aveva il fiatone, aveva paura. Guardò il suo puzzle: “Sei tu la risposta? Sei tu che mi salverai?” Andiamo, stava davvero parlando con un oggetto con tanta convinzione?

Chiuse gli occhi: “ Ti prego puzzle, se c'è davvero qualcuno dentro di te, se davvero mi vuoi salvare...dimmi dove si trova Jonouchi!”

Sentì un calore avvolgerlo e davanti ai suoi occhi comparvero delle immagini: un vecchio capanno abbandonato, Jonouchi legato, appeso per le braccia con un gancio al soffitto, la banda di Hirutani lo circondava con in mano un taser.

Atem spalancò gli occhi terrorizzato, tossì: lo stavano torturando con la scossa elettrica! Come osavano quei maledetti bastardi?

Si guardò intorno, diluviava, era tutto bagnato e...uno strano sorrisetto gli increspò le labbra. Doveva raggiungerli, e poi...avevano un taser e con tutta quell'acqua, se non avessero fatto attenzione, ci sarebbero rimasti tutti secchi. Bastava solo attirarli all'esterno, farli inzuppare per bene e infine...

“NO!” Una voce interruppe i suoi pensieri.

Una voce?

Atem si guardò in giro, chi aveva parlato? Non c'era nessuno.

-Chi c'è?- Chiese, titubante.

Una scossa gli pervase le membra, si sentì mancare, chiuse gli occhi. Stava succedendo. Ancora.

Due enormi iridi scarlatte si aprirono, due polle dallo sguardo dolce.

Le sue mani accarezzarono delicatamente il puzzle:-Scusami...-

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Capitolo 8
*** La scelta. ***


Fermi tutti! Avevo detto che prima dei quattro anni l'avrei aggiornata e infatti ne è passato meno di uno! Che brava, eh? Il fatto è che questa fic mi porta via il sangue, è difficile da raccontare e la narrazione non è il mio forte, credo io. È che io so come voglio finirla, ma sto male al pensiero di come dovrò riadattare certi passaggi del manga, tra cui l'incontro con Bakura e Kaiba!

Vi prego quindi di non risparmiarvi con i consigli, in modo da portare questa benedetta fic alla sua conclusione! Un bacio!


Un calcio, poi un pugno e un altro ancora; prima sul viso, poi sullo stomaco, poi sulle coste. Un'altra scossa gli pervase freneticamente le membra per lunghi, interminabili secondi. Jonouchi era stato appeso per le braccia ad un gancio attaccato al soffitto, aveva la faccia ricoperta di sangue ed ecchimosi, la vista annebbiata, riusciva giusto ad intravedere quella faccia da schiaffi di Hirutani gioire per le sue sofferenze, compiaciuto. Che intenzioni avevano? Volevano ucciderlo? Bé, di questo passo ce l'avrebbero fatta senza troppi problemi.

Uno della banda gli si stava avvicinando nuovamente col taser puntato, per quanto avrebbe resistito a quelle scosse? Strizzò gli occhi aspettando inerme di essere nuovamente torturato e si chiese se questa volta per lui sarebbe stata definitivamente l'ultima e, forse, quasi lo sperava.

-Fe...fermatevi!-

una voce spezzò quella strana atmosfera, si fece avanti timida fra i rumori delle sadiche risate dei teppisti, tra la foschia e l'odore di sangue misto a pioggia che invadeva l'aria e faceva pizzicare le narici, portando con sé il silenzio.

Jonouchi aprì lentamente e a fatica gli occhi pesti e gonfi, dovette concentrarsi parecchio per poter mettere a fuoco quella figura che era appena entrata nel suo campo visivo: un ragazzino. Già, sembrava proprio un ragazzino.

Sì, un ragazzino era entrato nel capanno attirando l'attenzione di tutti i presenti: capelli punk, pelle abbronzata, quello strano pendaglio a forma di piramide più grosso di lui al collo. Jonouchi lo avrebbe riconosciuto tra mille e più persone:-A...Atem?-

Eppure non ne era così convinto, erano le botte ad averlo scombussolato o...in lui c'era qualcosa di diverso?

Quell' Atem se ne stava lì, gli occhi grandi, quelle polle viola che si posavano su ogni cosa avevano un'aria più...come dire? Spaesata! Più intimorita del solito, nulla a che vedere con le stilettate che Atem poteva lanciarti con gli occhi.

-Guardate.- Rise Hirutani voltandosi verso il nuovo arrivato:-E' tornato il gaijin!-

Atem deglutì, stringeva forte al petto uno strano pacchetto rettangolare:-Vi prego- esordì:- lasciate stare Jonouchi-kun- Mugolò poi con voce pateticamente flebile e supplichevole. Hirutani gli si avvicinò chinandosi su di lui, lo sovrastò e gli sembrò persino più piccolo rispetto a quando lo aveva incontrato la prima volta:-Ah sì? E perché dovremmo? Perché ce lo chiedi tu, negretto?-

-Un gioco.- Rispose Atem porgendogli il pacchettino stretto stretto nelle piccole mani:-Se vinco voglio che liberi Jonouchi e che tu la smetta di fare il teppista.-

Hirutani, colto dalla sorpresa, strabuzzò gli occhi mentre, alle sue spalle, i suoi compagni scoppiarono di rimando in una fragorosa risata, come se avessero appena udito la barzelletta più divertente mai raccontata.

Anche Jonouchi rimase basito: Atem era impazzito? Credeva davvero di poter persuadere quell'energumeno...GIOCANDO? Un ricordo si presentò prepotentemente nella sua mente come un lampo improvviso. Anche Ushio, quella volta, quando era venuto a scusarsi con lui aveva parlato di un gioco e...Anzu! Già, Anzu glielo aveva detto! Al Burger World lui non aveva assistito da vicino perché si era nascosto dall'altra parte della stanza, ma anche lei gli aveva accennato qualcosa di simile, qualcosa riguardante un gioco e...e sì, gli aveva anche detto che quell'Atem che l'aveva salvata non sembrava affatto Atem. Non ci aveva mai dato peso, credeva che Anzu fosse semplicemente scossa, che in quel momento non fosse stata pienamente in sé a causa della paura, sarebbe stato comprensibile, molto più logico rispetto all'esistenza di un “altro Atem”, ma...e se invece avesse avuto ragione? Poteva davvero esserci un Atem non Atem in grado di redimere i malvagi sfidandoli a dei giochi?

Hirutani afferrò il pacchetto, lo rigirò tra le mani esaminandolo attentamente, poi lo aprì e trattenne a stento una risata quando vide il contenuto: pezzi, pezzi ovunque. Un puzzle? Un puzzle completamente bianco. Davvero?

-Io e te abbiamo conformazioni fisiche diverse, in più sono nettamente in minoranza, l'unico modo che abbiamo per giocare ad armi pari è affidarci al caso.- Disse Atem, spiegando timidamente le sue motivazioni.

Jonouchi sentì le budella già abbastanza provate dalle botte rivoltarsi, non poteva assistere un minuto di più a quella scena! Atem era un ragazzo per bene, pulito, non aveva nulla a che vedere con gente come Hirtani, gente come lui! Non doveva essere lì, non avrebbe sopportato di vederlo mentre si faceva ammazzare senza poter fare nulla, imprigionato e malconcio com'era, era completamente impossibile proteggere quel ragazzo che, mio Dio, sembrava aver perso completamente il senno: -Atem! Ti prego, vattene via!- gridò col poco fiato che gli rimaneva in corpo cercando di divincolarsi dalla salda presa alle braccia che lo costringeva sospeso per aria.

Come poteva pensare di presentarsi davanti ad una banda di teppisti con un gioco da tavolo in mano e pretendere di essere pure preso sul serio? Come pretendeva di poterne uscirne illeso? Atem non era uno stupido, tutt'altro, perché si comportava in questo modo?

-Dovresti dar retta al tuo amichetto, ragazzino.- Sogghignò Hirutani sentendosi persino in imbarazzo davanti a tanta ingenuità da parte di quel piccolo egiziano.

-No.- Fu la risposta di Atem, secca. I suoi occhi erano fissi e spalancati su quelli del più grande, forse intimoriti, ma indubbiamente decisi e e privi di titubanza. No, non avrebbe cambiato idea e, Hirutani ancora non lo poteva sapere, ma nessuno può sottrarsi al gioco della luce.

Rimasero per un attimo a fissarsi, studiarsi, senza proferire parola e da lontano Jonouchi pregava affinché quel silenzio non venisse spezzato da qualcosa che mai avrebbe voluto vedere infrangersi su un amico.

-Molto bene.- Concluse Hirutani facendosi scrocchiare le nocche della mano destra:-Ma vedi...- Si stiracchiò poi il collo, sul viso fece capolino un sorrisetto divertito:- Io preferisco altri tipi di giochi.- ed era chiaro a quali giochi stesse alludendo, certamente includevano un divertimento a senso unico.

Prese la carica, fece per aggredirlo, ma a pochi centimetri dal viso dell'altro qualcosa lo bloccò con uno scatto improvviso, come se la sua mano, chiusa a pugno, fosse andata a sbattere contro un muro invisibile. Vide apparire un occhio, uno strano occhio brillò sulla fronte di quel ragazzino, un occhio che emanava una luce intensa, tanto che il più grande dovette coprirsi per non restare accecato. Quando si guardò intorno non c'era più niente, tutto era bianco, bianco come i tasselli di quello strano puzzle. Intorno il nulla, come se tutto fosse stato risucchiato via da quella luce intensa. I suoi compagni erano tutti svenuti a terra, solo Jonouchi era rimasto sveglio, ancora appeso per aria si guardava intorno con lo sguardo incredulo, spaesato. che cosa diavolo era successo? Sia lui che Hirutani non potevano credere ai loro occhi, era come se la luce avesse inghiottito tutto:-Cosa cazzo...?-

-Questo è un gioco della redenzione- Disse Atem poggiando delicatamente il giocattolo a terra:- le ombre non esistono se non esiste la luce, solo così le potrai affrontare faccia a faccia.-

-Le mie ombre?- Chiese Hirutani, sinceramente spiazzato dalla situazione piuttosto, come dire, inusuale.

Atem si sedette incrociando le gambe, posizionandosi di fronte alla scatola:-Sì, ora siamo solo noi, non puoi prevaricare su di me anche se sei più forte. Siamo io, te e i tuoi demoni.-

Il ragazzo ascoltò con attenzione le parole del piccoletto e a guardarlo sembrava stranamente calmo, la cosa pareva non preoccuparlo particolarmente, anzi, era persino incuriosito:-Mi sembra che tu stia vaneggiando moccioso, ma da quel che ho capito per uscire da tutto questo biancore oltremondo fastidioso devo batterti a quel gioco per bambini, giusto?- si sedette di fronte ad Atem, imitandolo :- Ebbene, cominciamo, che devo fare?-

Jonouchi strabuzzò lo sguardo, nel vedere Hirutani così docile cominciò quasi a credere di avere le allucinazioni per davvero. Oppure di essere morto, sì, forse tutte quelle scosse lo avevano spedito all'altro mondo, ecco il perché di quella luce bianca, ma perché lì con lui c'erano anche quei due? Era un sogno? Era svenuto? Un'allucinazione collettiva?

Atem sorrise, un sorriso così tenero e fanciullesco che mai si era visto su quel viso, prima:- Tu sei una persona distruttiva, distruggi te stesso e chi ti sta intorno, ma ora è il momento di ricostruire la tua vita. Devi guardare cosa sei diventato, Hirutani.-

Hirutani fece una morfia seriamente infastidita da quell'affermazione, ma che diamine stava blaterando quel nanerottolo? Credeva forse di essere il suo psicanalista?- Perché il puzzle è bianco?- chiese mantenendo un tono completamente tranquillo.

-In modo che tu possa rivedere su questi tasselli i tuoi peccati.- rispose l'altro altrettanto serenamente.

Bè, tutto questo era piuttosto surreale, ma...suonava divertente. Hirutani sorrise, non sapeva cosa stesse succedendo, cosa fosse lo strano occhio sulla fronte del ragazzino, cosa fosse quella strana atmosfera, quello strano gioco, le parole senza senso che uscivano dalla sua bocca, ma nel suo animo non c'era alcuna titubanza, si sentiva perfettamente a suo agio in quel luogo. La luce era accecante, sembrava quasi volerlo inghiottire, sembrava prepotente, sembrava volesse entrargli dentro, eppure...eppure non gli dava alcun fastidio. Tanto non l'avrebbe lasciata entrare.

-Devo completarlo per vincere?- chiese, curioso.

Atem prese un primo tassello dal mucchio, mostrandoglielo:- Questa è una sfida personale, solo tu puoi uscirne vincitore o vinto. Quando finirai di completarlo tutto questo sparirà e tu sarai libero di fare la tua scelta, su di te e su Jonouchi.- il ragazzino sorrise, quel sorriso puro e vero che Jonouchi non aveva mai visto su quelle labbra:- ma prima lascia che la luce ti conduca. Nessuna persona è veramente cattiva, devi solo lasciarti andare!-

Hirutani gli strappò via il primo pezzo dalle mani, evidentemente scocciato, ma impaziente: tutte quelle parole prive di senso erano fastidiose, anzi, odiose e Dio, odiava quella calma nella sua voce, odiava quei due occhi enormi fermi lì a fissarlo con tanta intensità e insistenza. Quel ragazzino sembrava avere la pretesa di volergli guardare dentro, di giudicarlo ma, rise, non glielo avrebbe permesso. Nessuno poteva intromettersi nella sua vita, nemmeno quello psicopatico dal sorriso angelico che si era presentato davanti improvvisandosi giustiziere. Lui era Hirutani, lui comandava su quella zona, nel suo liceo, nella sua banda. Lui aveva deciso che Jonouchi gli apparteneva e così sarebbe stato. Nessuno poteva dirgli di no, nessuno restava indenne al suo passaggio e chi osava sfidarlo, chi osava disobbedire era destinato a venir distrutto. Già, faceva ridere, lui di solito distruggeva, distruggeva tutto e tutti, non ricostruiva.

Inerme nella sua posizione, Jonouchi osservava la scena cercando di captare le loro parole: non avrebbe mai pensato che un giorno si sarebbe sentito come una sorta di premio in palio. Un premio piuttosto malconcio, in verità, ma tant'è. Vide Hirutani prendere un tassello, unirlo ad un altro e un altro ancora, le sue mani vagare nella scatola alla ricerca di quello successivo, estrarre un pezzo, provare a collegarlo agli altri, rigirarlo sui suoi lati, imprecare, sbagliare, riprovare e poi da capo. Jonouchi sospirò, esanime. Era senza forze, sì, era imprigionato, stanco, immobile, la bocca piena di sangue, ma anche abbastanza lucido per capire che era tutto reale, assurdamente e spaventosamente reale e a confermarlo c'era il rumore assordante del proprio cuore che pompava frenetico contro il suo petto.

La luce che aveva inglobato tutto sembrava muoversi intorno ad Atem, intorno ad Hirutani, sembrava voler entrare in lui, come a cercare qualcosa all'interno di quel ragazzo. Cosa voleva fare? Dove voleva arrivare?

Atem aveva parlato di redenzione, quindi...redimerlo? Farlo diventare una persona buona? Hirutani? Era davvero possibile? “nessuna persona è veramente cattiva” aveva detto, ma davvero? Ma soprattutto Atem avrebbe mai detto una cosa simile? Jonouchi scosse la testa negativamente: no, era impossibile. Voleva bene a quel ragazzo proveniente dall'Egitto, era felice di essere riuscito a conquistare la sua fiducia almeno un po', aveva avuto modo di conoscerlo e proprio perché gli era stata data questa possibilità non v'era alcun dubbio sull'ovvia conclusione: non era Atem, non lo era neanche vagamente. Sì, gli somigliava, quello era il suo corpo, ma non era il suo amico, lui. Quel suo amico diffidente, quel suo amico composto che ha tanta difficoltà a lasciarsi andare, quel ragazzo un pizzico egoista. E bé, era anche piuttosto certo che Atem non fosse in grado di farsi spuntare occhi luminosi sulla fronte, far entrare la gente in strane dimensioni di bianco cosmico o cose del genere. Atem e nessun altro essere umano al mondo, probabilmente.

Quindi chi diavolo era quel...quel...?

Jonouchi cercò di aguzzare la vista oltrepassando le spalle di Hirutani: il puzzle stava piano piano prendendo forma e...stava accadendo qualcosa di strano. Poté giurare di vedere i tasselli prendere colore, passare dal bianco candido ad un tono che si faceva gradualmente sempre più scuro. Cercò allora lo sguardo di Atem e si sorprese quando vi trovò preoccupazione. Perché? Cosa stava accadendo davvero? Le cose non stavano procedendo come voleva?

Dall'altro lato Hirutani prese un pezzo, lo girò su se stesso un paio di volte, poi trovò la sua collocazione. Rise, ormai il puzzle era a metà. Questo assurdo gioco a breve sarebbe finito. Non capiva come tutto questo fosse possibile, come lui si fosse ritrovato a giocare con quel ragazzino, a stare alle sue regole, avrebbe potuto alzarsi e spezzare quel corpicino con una mossa, eppure...eppure non lo aveva fatto, non voleva. Sì, così era più divertente, c'era qualcosa che lo intrigava. Forse l'idea di distruggere qualcosa di soprannaturale, di piegare le regole alle SUE regole; forse la soddisfazione di dimostrare che nulla poteva fermarlo, che era forte, che era un leader, che anche la magia doveva arrendersi a lui. Dimostrare ad Atem che si sbagliava su tutto: lui non aveva demoni, lui era IL demone.

Posizionò l'ennesimo pezzo al suo posto accompagnato dal rumore di un clack. Istintivamente scattò all'indietro nel realizzarlo: il puzzle stava diventando nero. Nel momento in cui ne prese coscienza si sentì invaso da qualcosa, qualcosa di non identificabile, di mai provato, una piacevole sensazione di calore, una scossa che partiva dalla punta delle dita e finiva su quella dei capelli. La sua vista fu improvvisamente come oscurata. Si guardò intorno, sembrava essere finito in un altro luogo, ancora diverso da quello di prima, però cieco, buio e si sentì spaesato. Eppure...era sereno. L'oscurità lo faceva sentire tranquillo, molto di più rispetto alla luce che prima lo stava accecando. Dove era finito, adesso?

Si alzò in piedi e girò su se stesso cercando di orientarsi, ma nulla, era tutto nero. :-E adesso...dove cazzo...? Che diavolo stai combinando, negro?- disse, ma non ricevette alcuna risposta.

Mosse le mani intorno a sé, come a voler cercare qualcosa a cui aggrapparsi, qualcosa che potesse riconoscere, che potesse fargli capire come doveva muoversi, cosa doveva fare. Ecco, sì, dopo diversi tentativi in cui le sue mani avevano vagato a vuoto, la sua pelle aveva percepito un lieve contatto, un contatto leggero, sfiorato appena con la punta dei polpastrelli. Allora si spinse in avanti ancora un po', curioso, per afferrare quella cosa e la sentì avvicinarglisi. Gli si appoggiò con la mano e mosse le dita un istante, giusto quell'istante necessario per capire di cosa si trattasse, fino a quando non ebbe più dubbi: una persona.

Una persona, quindi doveva essere Atem? Perché aveva oscurato tutto? Che aveva intenzione di fare?

Senza alcun tipo di timore, allora, gli afferrò le spalle saldamente tra le mani, scuotendolo:-Tu...che cazzo stai...?-

E in quel momento una piccola luce si accese illuminando il volto dell'altro.

La voce gli morì in gola quando, tra quel gioco di luci ed ombre, poté riconoscere se stesso.

Un se stesso dagli occhi vacui, dalle labbra socchiuse, un se stesso che lo guardava dall'alto come in uno stato di trance apparente. Hirutani deglutì una grossa boccata d'aria e a quella visione indietreggiò di qualche passo, lasciando cautamente la presa. Per la prima volta da quando si era trovato in quella situazione Hirutani vacillò e quella sensazione che stava provando, ammise, assomigliava terribilmente alla paura.

Rimase un istante in silenzio a scrutare quella persona che tanto gli somigliava . A ben guardarlo sembrava un po' più giovane di lui, forse di uno o due anni. Hirutani lo osservò meglio: sì, l'altro se stesso indossava la divisa delle medie.

-Cosa...? Cosa cazzo sei tu?- riuscì a biascicare prima che l'altro Hirutani facesse un passo verso di lui, poi un altro e un altro ancora. Piano, come la loro andatura, Hirutani vide le ombre intorno diradarsi, il paesaggio circostante diventava gradualmente più nitido, sembrava stesse prendendo le forme di un edificio e altre sagome spuntarono dal terreno assumendo progressivamente sembianze simili a quelle umane. Tremò per un momento quando, in uno sprizzo di lucidità, riconobbe il retro della sua vecchia scuola, riconobbe i visi dei compagni della sua stessa banda, il viso di Jonouchi. Hirutani era al centro e tutti lo stavano circondando formando un semicerchio intorno a lui, si avvicinavano, si avvicinavano sempre di più e il ragazzo si accorse che non poteva indietreggiare più di quanto non avesse già fatto, non poteva più scappare da nessuna parte e lo capì nel momento in cui, alle sue spalle, si sentì bloccato dalla superficie di un freddo muro di cemento.

Gli altri si stringevano sempre di più attorno al suo corpo, Hirutani appoggiò le mani contro la parete come a cercarne protezione, un appoggio: dove aveva già visto quella scena?

All'improvviso sentì qualcosa riempirgli i polmoni, come un palloncino che si stava gonfiando, ancora e ancora, qualcosa che sembrava volesse fargli esplodere il torace con una forza prepotente, qualcosa che sembrava voler salire e uscire dalla sua gola. Allora assecondò questo bisogno e aprì la bocca, come a voler gridare, come a voler cercare di far defluire quel qualcosa e quel qualcosa uscì, uscì davvero, liberandolo:- SMETTETELA PER FAVORE, NON HO SOLDI CON ME!-

Hirutani si portò le mani alle labbra, le tappò, sconvolto: quella non era la sua voce! E perché aveva detto quella cosa? Cosa stava succedendo? Alzò lo sguardo e vi trovò quello sardonico degli altri ragazzi, dell'altro se stesso, e tutto gli fu improvvisamente chiaro. Ricordava quel momento, ricordava quando alle medie, per la prima volta, aveva deciso di prendere di mira un ragazzino di buona famiglia per guadagnarci qualche soldo, ricordava di come aveva coinvolto Jonouchi e gli altri promettendogli denaro. Soprattutto Jonouchi, un ragazzo dall'incredibile forza fisica che avrebbe reso la sua banda invincibile, con lui al suo fianco avrebbe in poco tempo imposto la sua supremazia ovunque e sarebbe stato temuto da tutti. Un bravo ragazzo, Jonouchi, ma chiunque sapeva anche quanto avesse bisogno di soldi, della sua situazione familiare, della sorella cagionevole di salute; tutti sapevano come sarebbe stato facile farlo cedere, era una facile preda, per lui.

Non fece quasi in tempo a realizzare questo ultimo pensiero quando vide l'altro se stesso alzare il braccio e scagliarsi con ferocia contro di lui. Gli lanciò un pugno in pieno viso facendolo cadere rovinosamente a terra.

Hirutani ansimò, spalancò le labbra cercando di riempirsi i polmoni di grandi boccate d'aria, come se fosse rimasto in apnea per chissà quanto tempo. Forse, in effetti, così era stato davvero. Aprì gli occhi, si guardò intorno e realizzò di essere ancora seduto nello stesso posto, davanti a sé il puzzle come lo aveva lasciato e, anche Atem, era fermo nella medesima posizione di prima. Aveva avuto un'allucinazione? Si toccò titubante la guancia che era stata colpita, formicolava, ma non faceva poi così male.

-Cosa è successo?- chiese rivolgendo al suo sfidante uno sguardo confuso.

-Il tuo puzzle sta diventando nero, significa che il tuo animo è oscuro, più diventerà oscuro più dovrai affrontare te stesso.- rispose Atem, sul viso un'espressione triste.

Per un attimo Hirutani, così pacato fino a poco prima, vacillò. Dopotutto era umano e la sua psiche non era abituata a vivere certe situazioni, ma ormai aveva capito, sì, quello era tutto un gioco psicologico, quel ragazzino stava cercando di suggestionarlo con i suoi trucchetti.

Aprì la bocca per parlare e si accorse di avere la gola terribilmente secca e provata:-Che cosa? Significa che avrò altre visioni simili a questa? Che cos'era quello? -

-Hirutani, eri tu, eri tu il giorno in cui hai deciso per la prima volta di diventare quello che sei.-

Atem indicò il puzzle:-Il puzzle ti dà la possibilità di rivivere sulla tua stessa pelle i tuoi peccati, ti farà rivivere tutto quello che hai fatto agli altri, ma...- si interruppe un istante assottigliando i grandi occhi in un'espressione quasi supplichevole:-Hirutani puoi fermare tutto questo! Puoi vincere questo gioco!- Concluse.

-Come?-

-Fa' tornare il puzzle bianco, usa i tasselli per ricostruire te stesso, affronta il vecchio Hirutani e sconfiggilo!- la voce di Atem era carica di speranza, sul suo volto un sorriso sincero, la mano chiusa a pugno vicino al cuore.

Hirutani lo guardò e rimase in silenzio per tutto il tempo necessario per riflettere su quelle parole, rimase in silenzio anche dopo, immobile a fissare e studiare il suo interlocutore. Poi sorrise, abbassò il capo, prese un tassello e ne cercò la giusta sistemazione.

Quella reazione spiazzò Atem, non riusciva davvero a capire! Perché Hirutani non aveva nulla da dire? Perché non sembrava spaventato dalla sua visione? Perché non era minimamente turbato? Perché non esitava? Alzò gli occhi alla ricerca della sua luce e la vide volteggiare sulle loro teste. Era strano, pensò Atem, la luce sembrava in difficoltà, sembrava tentare disperatamente di farsi notare da Hirutani, sembrava che lui la stesse ignorando.

Riposizionò preoccupato lo sguardo sul ragazzo, era nuovamente in stato di trance: stava avendo un'altra visione. Eppure, notò Atem riportando gli occhi sul puzzle, questo continuava a diventare inesorabilmente nero.

-È impossibile...-l'affermazione gli scivolò dalle labbra come un gemito strozzato. Perché Hirutani non stava affrontando i suoi demoni? Perché sembrava non risentirne? Perché ora il suo viso stava sorridendo? Tutti capiscono i loro errori una volta che li vivono sulla loro pelle. Era brutto, era crudele, Atem lo sapeva, non avrebbe voluto fare questo, ma come poteva condurli alla luce se prima non attraversavano le ombre? Come poteva offrirgli la sua mano se questi non sapevano di averne bisogno?

Vide Hirutani riprendersi e continuare a completare il suo gioco imperterrito e Atem rabbrividì quando osservò l'ennesimo pezzo diventare nero. E poi ancora, ancora e ancora, si alternavano stati di trance e lucentezza, dove Hirutani proseguiva il suo cammino color della pece.

No, non doveva andare così! Perché con lui non stava funzionando? Più aggiungeva pezzi più il puzzle assumeva la tinta dell'oscurità. Non poteva permetterlo, non poteva! Ne valeva della vita di tutti, sua, di Hirutani, di Jonouchi! Sentì il panico salire, poteva davvero essere? Stava davvero perdendo? Stava perdendo contro Hirutani?

Di scatto si spinse in avanti afferrando la mano dell'altro che si accingeva intrepida ad inserire l'ultimo, nerissimo tassello:-NO! FERMO!-

Le lacrime si formarono nei suoi grossi occhi viola, scendendo giù per le guance e scivolando ancora più giù, infrangendosi sul puzzle completamente annerito sotto di lui:-Hirutani, no...per favore, ripensaci...quello che hai visto, che hai provato, tu non...-

Hirutani sorrise, un sorriso stranamente dolce che, sorpreso, fece sorridere l'altro ragazzo di rimando, nella speranza di poterlo interpretare come un buon segno da parte sua.

-Oh, Atem, il tuo animo è così buono...-

L'egiziano prese tra le mani quella di Hirutani che ancora stringeva fra le dita l'ultimo pezzo:- Anche tu, Hirutani! Anche tu puoi! Devi solo sforzarti di capire!-

-Oh, ma io capisco, capisco eccome- continuò il ragazzo:- e ti ringrazio, grazie per avermi fatto rivivere il mio passato, è stato illuminante, davvero.-

-Hirutani...- Atem deglutì nel vedere quel sorriso diventare sempre più tagliente, sempre più scuro e spaventoso. E dire che per un attimo si era illuso che...

-Sì, ti ringrazio, è stato così...intenso. E vedi, quasi non ricordavo come ero arrivato fino a qui, ma tu mi hai rinfrescato la memoria.- una luce strana brillò negli occhi di Hirutani, una luce inquietante, una luce che non dovrebbe essere ancora lì. Una luce non luce.

Da lontano Jonouchi si sforzava di sentire cosa si stessero dicendo. Hirutani era girato di spalle, ma il viso dell'altro Atem lo poteva vedere chiaramente e stava piangendo e parlava da sé. Sentì il cuore stringersi in una morsa nel vedere quegli occhi cristallini bagnarsi di lacrime e odiò con tutte le forze che gli rimanevano il fatto di non poter fare nulla, nulla di utile. Non sapeva cosa stava accadendo, non capiva, ma le cose non si stavano mettendo bene, questo era certo. Cercò di divincolarsi, di allentare la presa che lo imprigionava, ma nulla, quei bastardi lo avevano legato troppo bene e lui era troppo stanco per provare seriamente a liberarsi. In quell'istante vide qualcosa di strano, qualcosa di diverso, qualcosa muoversi intorno ad Hirutani. Sì, sembrava quasi che la luce intorno a lui stesse iniziando a sciogliersi, colare come neve al sole, come cera a contatto col fuoco e...era spaventoso! Così spaventoso da togliere il fiato, da irrigidire le membra impedendo ai muscoli di dare retta all'istinto e scappare.

-A...Atem! Atem!- cercò di chiamarlo, si divincolò ancora e ancora, ma era tutto inutile. Lui era lì, con lui, ma era inutile. Poteva, doveva guardare e basta. Aspettare e basta.

-Sai, è stato bello, è stato grandioso!- Riprese a parlare Hirutani:-ho potuto vedermi dall'esterno, vedere come sono diventato forte, potente. Oh, sì! È stato fantastico poter provare sulla mia pelle la paura delle mie vittime, vedere quanto sono in grado di incutere timore! Il mio potere...il mio potere è incredibile!-

Il ragazzo con un gesto secco si liberò dalla presa di Atem, riprendendo possesso della sua mano che stringeva ancora saldamente l'ultimo elemento del puzzle. La alzò verso il cielo, quasi in segno di vittoria.

Gli occhi di Atem si spalancarono, le lacrime non volevano più smettere di scendere copiose dai suoi occhi: perché? Perché stava succedendo? Nessuno è completamente cattivo, giusto? Giusto? Nessuno può essere immune al potere della luce!

-Hirutani, no!- cercò di dissuaderlo in un ultimo inutile e disperato tentativo:- vuoi davvero vivere così? Vuoi davvero continuare a fare del male a tutti? A fare del male a te? Vuoi vivere una vita fatta di ombra? Pensaci, Hirutani! Non è la soluzione! Non è in questo modo che otterrai quello che vuoi! Guarda Jonouchi, guarda i tuoi compagni...- e li indicò svenuti a terra, indicò l'amico senza forze appeso per le braccia al soffitto:-vuoi continuare a distruggere ogni cosa al tuo passaggio? Vuoi continuare a distruggerti? Vuoi davvero perdere la tua anima per sempre?-

Con un definitivo e veloce movimento Hirutani posizionò l'ultimo tassello al suo posto.

-No Hirutani!-

il puzzle si illuminò di luce nera e poi esplose con violenza, disseminandosi ovunque per il capanno. La luce che prima regnava sovrana iniziò lentamente a farsi meno intensa, sempre di meno, sempre di meno, fino a quando non scomparve del tutto lasciando che la realtà tornasse a circondarli al suo posto.

Dove prima era stato appoggiato il puzzle ora vi era il segno di un'esplosione, come se vi fosse scoppiata una bomba e il fumo che ne fuoriusciva invadeva i loro sensi entrandogli in gola, bruciandogli gli occhi.

Hirutani tossì appena, era fastidioso, ma si sentiva in gran forma, come mai prima d'ora. Aveva sconfitto la luce, aveva sconfitto la magia, tutto questo lo fece sentire pieno di sé e inarrestabile. Fece leva sulle braccia alzandosi in piedi. Guardò dall'alto della sua posizione l'altro ragazzo ancora seduto a terra, sconvolto, immobile, piangente. Le braccia ricadevano lungo il suo corpo, le mani abbandonate sul cemento freddo, senza forza, senza il coraggio di reagire e, in fondo, che altro avrebbe potuto fare?

Il fumo copriva il viso di Hirutani, ma i suoi occhi indemoniati sembravano penetrarlo, sembravano tagliare qualsiasi cosa come lame affilate ed invincibili. Sorrise, un sorriso trionfante, un sorriso malvagio, un sorriso che non sarebbe mai cambiato. Hirutani aveva fatto la sua scelta.

- Ho vinto!-












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