Girl of Darkness di Nephertiti (/viewuser.php?uid=829904)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Party Preparations - ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Celebrations - ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Odaiba - ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Sudden Surprises - ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Accidents - ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares - ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Dangerous golden eyes - ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Unexpected events - ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Investigations - ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Tension - ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Never too easy - ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Semblance of a truce - ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Fear - ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - The Predators - ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Running Away - ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Roots - ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - The Lady - ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - First Blood Race - ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Weak Spot (part one) - ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Weak Spot (part two) - ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Too many Lies - ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Weird Feelings - ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Complicated - ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Affairs of the Heart - ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Training - ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - Painfull Melody - ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Getting ready for the Battle - ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - The Ancient Book - ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - The Final Battle - ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Girl of Darkness - ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - In the End - ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - The Real King - ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - Fixing everything... - ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - ... Or mostly everything - ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Truth Time - ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 - Deep Blue Eyes - ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - I will always love you - ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - The one who has always stayed - ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - Party Preparations - ***
GIRL
OF DARKNESS
Capitolo
1 -Party preparations -
I
preparativi erano durati più del previsto e c’era
la remota possibilità che
Mitsuko rientrasse da un momento all’altro.
La
ragazza dai capelli biondi si affrettò ad appendere
l’ultimo palloncino e
asciugò il sudore dalla fronte.
“Non
ne sarà contenta.”
Yuki
sbuffò, sentendo Subaru Sakamaki ripetere quella frase per
la sesta volta.
Era
una persona molto paziente, lei, ma quel vampiro dagli occhi rossi
metteva a
dura prova la sua calma.
Neppure
Ayato e i suoi sprazzi di egocentrismo la esasperavano tanto.
“Si
che lo sarà!”, ribatté convinta.
Il
vampiro, d’altro canto, rimase fermo nella sua convinzione.
Era
sicuro al cento per cento che Mitsuko non avrebbe apprezzato quella
festa a
sorpresa.
Aveva
detto esplicitamente che non voleva celebrare il suo compleanno.
Dopo
la morte di Raito si era chiusa in sé stessa e, cosa ancor
peggiore,
trascorreva la maggior parte del tempo dai Mukami, motivo per il quale
lui era
costantemente di pessimo umore.
Più
del solito, almeno.
Di
certo Shu non era d’aiuto.
L’accompagnava
sempre ben volentieri nella “casa del nemico”,
anzi, a volte era proprio lui a
suggerirlo.
Inizialmente
Subaru aveva pensato che volesse proteggerla e tenere
d’occhio lui stesso il
comportamento dei Mukami.
Ma
non si sarebbe disturbato ad accompagnarla tante volte, senza un valido
motivo.
Per
essere uno che spendeva la sua esistenza a dormire, o poltrire
più in generale,
sicuramente aveva una buona ragione per scollare il suo posteriore dal
divano.
Una
voce lo riportò alla realtà, Yuki
tossicchiò un paio di volte per richiamare
l’attenzione del “vampiro bisbetico”.
“Hai
parlato con gli altri?”
Subaru
roteò gli occhi al cielo ed annuì: non era
incline a quel genere di cose, ne’ lo
erano i suoi fratelli.
Ma
stranamente avevano accettato.
Sembrava
che ogni Sakamaki volesse dare il proprio contributo, pur di
risollevare il
morale di Mitsuko.
Del
tutto surreale, considerato che si erano preoccupati sempre e solo dei
loro
interessi personali.
Tutti
avevano sofferto per la morte di Raito, certo, ma Mitsuko era quella
che ne
aveva risentito maggiormente e, forse, il suo dolore era diventato
contagioso.
Come
ci fosse stata un’infezione a circolare nel suo sangue e,
morso dopo morso, ogni
Sakamaki ne aveva assorbito un po’.
Per
quel motivo, dieci minuti più tardi, tutti i vampiri si
raccolsero nell’atrio
principale, Yuki compresa, ed attesero l’arrivo di Mitsuko.
Shu
era stato precedente informato, così l’aveva
scortata dai Mukami per un po’,
giusto il tempo di allestire il salone per la festa.
In
fondo, la ragazza compiva 18 anni e, con tutto quello che aveva
passato, Yuki
aveva deciso di regalarle un po’ di sano divertimento.
“Uffa
ma quanto ci vuole?”, esclamò un impaziente Ayato.
“Sarà
qui a momenti, vedrai.”, lo rassicurò la biondina,
carezzandogli una spalla.
Il
gesto servì ad acquietare il suo animo.
“Chiaramente
Shu non conosce il termine puntualità.”
Commentò
Reiji, dopo una veloce occhiata all’orologio.
Kanato
sgattaiolò vicino al buffet, cosciente che avrebbe trovato
dei gustosi dolci.
E
Yuki lo notò con la coda dell’occhio, tuttavia
l’espressione inquietante del
vampiro la fece desistere dal rimproverarlo, mentre addentava un muffin
al
cioccolato.
“Lascia
quel dolcetto, Kanato.”, a riprenderlo fu il maggiore dei
fratelli.
Subaru
si limitò a schioccare la lingua.
“Ohy!
– esordì Ayato, intuendo cosa fosse accaduto
– perché lui può assaggiarli ed io
no?”
“Infatti
non può.”
Lo
rassicurò Yuki, ma il rosso stava già avanzando
verso l’altro.
Kanato
posò il muffin morso con sguardo colpevole.
“Teddy
mi ha chiesto se erano buoni.”, tentò di
giustificarsi, ma stava palesemente
improvvisando.
“Non
tirare in mezzo il peluche!” sbraitò Ayato, mentre
Yuki provava a tenerlo fermo
per un braccio.
Subaru
sbatté un pugno sul muro.
“Fate
silenzio! Mitsuko sta per arrivare!”
Ayato
lanciò un’ultima occhiataccia a Kanato e fece
dietro-front, mentre l’altro
prese a parlottare con il suo orsacchiotto sottovoce.
Reiji
scosse il capo: i suoi fratellastri erano proprio un caso perso.
***
Io,
Kou e Yuma ci guardavamo in silenzio.
I
nostri sguardi si intrecciavano e si scioglievano, ci chiedevamo chi
avrebbe
fatto la prima mossa.
Avevo
le mani sudate e di certo le avrebbero avute anche loro, se fossero
stati
umani, tuttavia le avevano ferme e asciutte, pronte a scattare.
“Non
ti sforzare troppo m-neko-chan, non
puoi competere con noi.”
Annunciò
Kou con la sua voce cristallina, che strideva con quel sorriso malefico
che si
ritrovava.
“Noi
otteniamo sempre quello che vogliamo.”, aggiunse Yuma,
terribilmente serio.
Guardai
prima un Mukami e poi l’altro.
“È
vero, non posso competere con voi, ma chi dei due sarà
più veloce?”
Osservai
i loro volti compiaciuta, intuendo che la mia tattica aveva funzionato:
avevo
instillato il seme del dubbio nei due vampiri, che adesso si scrutavano
attentamente, soppesando chi fra i due sarebbe stato più
veloce.
Si
mossero entrambi, contemporaneamente, e si afferrarono le mani, per
tenersi
fermi a vicenda, così ne approfittai per fare la mia mossa.
Agguantai
l’ultimo gamberetto fritto e lo sventolai trionfante.
“Ha!
L’ho preso!”
I
due Mukami, intuito l’inganno, reagirono in modi differenti:
Kou mi fissò
colpito: neppure il suo occhio magico
aveva scoperto le mie vere intenzioni, mentre Yuma sbatté un
pugno sul tavolo,
facendo vibrare il vassoio, in precedenza ricco di tempura
ed ora lindo e pinto.
“Ci
hai fregati!” si lamentò il gigante.
Gongolai
per un po’, mentre Azusa, al mio fianco, se la rideva di
gusto.
Con
il suo dosato entusiasmo, certo.
Donai
l’ultimo gamberetto proprio a lui.
“Tutta
questa fatica per darlo ad Azusa?” esclamò Kou,
ancora non abituato alla
gentilezza fine a sé stessa.
“Ma
è chiaro, noi ne abbiamo mangiati più di
lui.”, risposi tranquillamente.
Azusa
mi ringraziò con occhi luccicanti e mangiò il
gamberetto in un sol boccone.
“È
ora di tornare.”, mormorò una voce impastata dal
sonno alle mie spalle.
“La
bella addormentata si è svegliata.”,
commentò Yuma seccato.
Shu
aprì un occhio e lo fissò incuriosito.
“La
bella cosa?”,
domandò svogliato.
Evidentemente
nessuno aveva letto le fiabe della buonanotte ai Sakamaki.
“Tsk
lascia stare.”
Scossi
il capo e sorrisi.
Il
biondo non aveva ancora trovato il coraggio di parlare con Yuma, e
così si
limitava ad accompagnarmi da loro, sperando che la sua presenza
riportasse alla
memoria qualche ricordo.
Tuttavia
non era servito a molto.
Quanto
meno Ruki aveva aiutato il fratello a ricordare parte del suo passato,
quando
viveva in un villaggio e si chiamava Edgar.
Shu
si alzò controvoglia dal divano ed io lo imitai.
“Andiamo
via prima?” chiesi insospettita.
Solitamente
ci trattenevamo fino a sera.
Era
molto più piacevole pranzare dai Mukami e trascorrere con
loro i pomeriggi
afosi di agosto.
Ben
presto sarebbe iniziata nuovamente la scuola e avrei avuto ben poco
tempo per
stare in loro compagnia.
E
poi la magione dei Sakamaki era fin troppo… silenziosa.
“Già
Shu-san, perché non vi intrattenete un altro
po’?”, volle sapere Kou e giurai
di aver visto il suo occhio nascosto brillare innaturalmente.
“Non
ti sforzare troppo ad usare quel coso
su di me.”, affermò l’altro, con uno
sbadiglio.
Di
certo era piuttosto difficile capire cosa si celasse dietro
quell’espressione
perennemente assonnata.
Azusa
salutò il Sakamaki con un cenno della mano, senza esser
ricambiato, così io mi
apprestai ad abbracciarlo.
Lo
sentii irrigidirsi, come al solito, il che mi lasciava sempre perplessa.
Quando
credeva che non ci saremmo più rivisti, mi aveva abbracciata
di sua spontanea
volontà.
Probabilmente
aveva bisogno dei suoi spazi, avendo avuto sempre un’idea
distorta di affetto.
Così
mi staccai quasi subito.
“E
Ruki?”
Realizzai
improvvisamente che il maggiore dei Mukami era scomparso da un
po’ di tempo.
“Sta
lavando i piatti.”, dichiarò Kou ed io mi infuriai.
Aveva
detto che non li avrebbe lavati solo per tenermi buona, mentre io lo
facevo ben
volentieri, per ripagarlo dei pranzi che preparava tutti i giorni.
“Ora mi
sente.”
“Mitsuko
dobbiamo andare.”, mi fece presente Shu, ma io lo bloccai con
un dito.
M’incamminai
in cucina e Ruki sussultò: lo avevo beccato in flagrante,
con un piatto in una
mano e uno straccio nell’altra.
Lo
fissai a braccia incrociate e perfino il suo sguardo impassibile
sembrò
vacillare.
“Ti
avevo detto che li avrei lavati io!”, gli rimproverai.
Il
vampiro riprese ad asciugare il piatto con noncuranza.
“Non
era necessario.”
“Si
invece! – replicai – mi permetti di pranzare qui
tutti i giorni e questo è il
minimo che possa fare per sdebitarmi.”
Ruki
posò il piatto sul tavolo e si asciugò le mani.
“Se
non ti avessi voluta qui, ti avrei già mandato
via.”
Sebbene
la frase non era stata così gentile, capii che la mia
presenza non era un
disturbo. Un po’ mi rasserenò.
“Per
questa volta passo, ma domani li lavo io. – annunciai decisa
– e non accetto un
no, a costo di legarti su una sedia.”
Doveva
sembrare una minaccia, ma suonò più come una
frase ironica, considerata la sua
forza sovrannaturale.
Tant’è
che Ruki mi osservò con un sopracciglio inarcato.
“Ora
vado.”, annunciai, cercando di mantenere la mia aria da dura.
Il
vampiro annuì incerto e sentii il suo sguardo addosso
finché non tornai nel
salone.
ANGOLO
AUTRICE
Ebbene
gente, credevate di esservi liberati di me, e invece eccomi di nuovo
qui!
Questa
fan fiction è diventata molto più di
ciò che avevo pianificato inizialmente,
quindi siamo giunti a quella che sarà la
“serie” finale!
Vorrei
iniziare con un bentrovati a tutti
coloro che hanno seguito la mia fan fiction dall’inizio e un benvenuti a coloro che si trovano qui
per la prima volta!
Come
ho anticipato nell'introduzione, dovrete recuperare “Girl of
Light” e “Girl of Life”
per poter comprendere la trama!
Come
avrete notato, la storia non sarà più raccontata
unicamente in prima persona
dal punto di vista di Mitsuko, fungerò da narratore
onnisciente e quindi ci
saranno scene scritte con la terza persona.
Questo
è funzionale alla trama che ho in mente, ed essendo
l’ultima serie, voglio che
vi godiate ogni piccola sfaccettatura.
Spero
sarete numerosi come sempre, sono emotivamente legata alle avventure di
Mitsuko
e dei nostri vampirelli.
Questa
resta una delle mie fan fiction migliori (sia tra quelle pubblicate
qui, sia
tra le bozze che conservo in diversi quaderni) credo di essere
migliorata nel
tempo, ed è un vero piacere poter scrivere ora, con quale
competenza in più. Spero
di poter migliorare ancora, anche grazie ai vostri consigli, e quindi
mi auguro
di ricevere presto vostri giudizi riguardo la trama, la storia ed
eventuali
errori grammaticali.
Cercherò
di aggiornare una volta a settimana.
Detto
questo, vi saluto, lasciandovi delle immagini della nostra Mitsuko,
ormai
cresciuta!
Nephy_
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Celebrations - ***
Capitolo
2 - Celebrations -
Una
volta giunta a villa Sakamaki, ruotai il capo verso Shu, per
svegliarlo, ma questo era già scomparso: decisamente strano
per lui, che solitamente restava qualche minuto a sonnecchiare nella
limousine.
Scesi dalla vettura ed entrai in casa: era tutto fin troppo silenzioso.
Non che ultimamente ci fosse stata una gran baldoria, ma notavo sempre
qualche Sakamaki in giro per la magione.
E poi, nonostante il sole pomeridiano, la villa era particolarmente
buia.
“Ma dove viviamo, in una grotta?”
Commentai fra me e me, ma in fondo cosa c’era da aspettarsi
da una dimora abitata da vampiri?
Chiusi il portone alle mie spalle e accesi la luce dell’atrio.
Di
colpo vidi qualcosa arrivarmi addosso: impulsivamente mi parai con un
braccio e cacciai un urletto: quando socchiusi gli occhi, osservai il
pavimento e mi resi conto che si trattava di coriandoli.
“AUGURI!”
Alzai lo sguardo e Yuki mi si fiondò al collo.
Presa alla sprovvista, persi l’equilibrio e quasi caddi
all’indietro, inciampando su un piccolo ramoscello comparso
dal nulla.
Non avevo dimenticato il mio compleanno, tuttavia avevo già
ricevuto i suoi auguri per messaggio e mi ero anche scusata per non
aver organizzato nulla, non essendo dell’umore adatto per
festeggiare.
Dovevo ancora elaborare un
lutto.
Invece
mi ritrovavo con la mia amica appesa al collo e, incredibilmente, i
Sakamaki al completo alle sue spalle, con tanto di palloncini e vassoi
ricolmi di dolci.
“Yuki?” mormorai
con un’espressione smarrita.
Non mi aspettavo una festa a sorpresa, ma questo spiegava tutto quel
mistero da parte dei vampiri negli ultimi giorni.
“Il diciottesimo compleanno non si festeggia tutti i giorni e
così ho organizzato qualcosa per te!”
annunciò la bionda, con quel suo sorriso gentile.
Ricambiai l’abbraccio.
“Non ti saresti dovuta disturbare… ma grazie
davvero.”
Quando
ci staccammo, lanciai un’occhiata agli altri e mi sfuggii un
piccolo sorriso: erano tutti a disagio, non sapevano bene come
comportarsi.
Tutti tranne Shu, che già dormiva sul sofà.
“Come li hai convinti?” volli sapere.
Coinvolgerli in questa cosa non
doveva essere stato facile.
“Ho chiesto una mano a Subaru.”
L’informazione mi lasciò di stucco: recentemente
l’umore del vampiro era notevolmente precipitato, avevo
associato questa sua aurea oscura alla perdita del fratellastro.
Eppure si era messo a disposizione per aiutare Yuki.
Mi
avvicinai ai Sakamaki e, a turno, mi diedero gli auguri.
Il primo ad avvicinarsi fu Ayato, che gridò un
“auguri Tavoletta”, accompagnato da delle
imbarazzanti pacche sulla spalla, poi fu il turno di Reiji, che si
limitò a stringermi la mano.
Seguì Kanato, che si giustificò immediatamente
per aver morso un muffin, dicendo che era stato Teddy a spingerlo a
farlo.
Lo rassicurai che adesso poteva mangiarne a volontà e il
vampiro spiritato si
avventò subito sul piccolo buffet.
Infine fu la volta di Subaru.
Mi
venne incontro con un’espressione infastidita.
Probabilmente aveva organizzato quest’evento controvoglia.
“Auguri.”
Si avvicinò, come a volermi baciare sulla guancia, ma poi
rimase dov’era.
Mi
sentii un po’ a disagio, ma lo ringraziai come nulla fosse.
Avevamo già chiarito la questione
“sentimenti” e non avevo intenzione di ritornare
sull’argomento, non nel prossimo futuro.
Dopo
aver ricevuto gli auguri di tutti i Sakamaki, Yuki mi
trascinò al tavolo imbandito e mi costrinse ad assaggiare un
po’ di tutto.
Solitamente,
dopo un triste evento, le persone tendono a dimagrire.
Io, invece, avevo guadagnato qualche chilo e adesso potevo vantare un
peso adatto ad una diciottenne.
Non ero più piatta come
diceva Ayato.
Sicuramente avevano contribuito alla causa gli abbondanti pranzi,
preparati in casa Mukami.
E in generale avevo capito che, se volevo continuare a donare il mio
sangue, dovevo impegnarmi di più per restare in forze.
“Era
tutto buonissimo!” mi complimentai con Yuki.
“E non finisce qui – commentò la bionda
– sarà meglio che trovi qualcosa da indossare,
perché stasera usciamo!”
La guardai decisamente sorpresa: non ero dell’umore adatto
per uscire, ma lei aveva messo tanta dedizione ad organizzare questa
giornata.
“Non so… dovrei chiedere a Reiji.”
Annunciai,
lanciando un’occhiata al vampiro, che ovviamente sorseggiava
una tazza di tè.
Ma questo guardò altrove, con nonchalance.
“È d’accordo, a patto che rientriamo per
le undici, Nicole ci raggiungerà!”
“Non so che dire… - dichiarai con un sorriso
stampato in faccia – … grazie Yuki.”
La mia amica mi abbracciò di nuovo.
“Te lo meriti.”
Sciolse l’abbraccio.
“Ma adesso bando alle ciance, andiamo in camera
tua!”
Annuii e ci avviammo su per le scale.
Mi
resi conto solo successivamente che Ayato ci stava seguendo, mentre
trangugiava quantità inverosimili di Takoyaki.
Entrammo tutti e tre nella mia stanza e sia il vampiro che Yuki si
accomodarono sul letto.
“Adesso prova qualche vestito e facci vedere!”, mi
incoraggiò la bionda.
Iniziai
a frugare nell’armadio, non facevo shopping da tempo immemore
e, l’ultima volta che avevo messo piede in un centro
commerciale, ero stata sequestrata da quattro vampiri.
Tuttavia ero felice che fosse accaduto.
Forse avrei dovuto comunicare anche a loro che oggi era il mio
compleanno, ma non avevo intenzione di festeggiare e tanto meno
immaginavo che avrei ricevuto questa sorpresa da Yuki.
Pensando
ai Mukami, mi tornò in mente che conservavo un abito
nell’armadio.
Estrassi
il vestito a fiori che riservavo per questo giorno, quello che mi aveva
regalato Kou, convinta che non avrei avuto l’occasione di
indossarlo.
Andai in bagno per cambiarmi: non che mi vergognassi di Yuki, piuttosto
del rosso seduto al suo fianco.
Adesso,
con qualche chilo in più, il vestito mi calzava
perfettamente.
Quando uscii dal bagno, la mia amica proruppe con uno
“wow”.
Ayato continuò a mangiare le polpette di polpo, indisturbato.
“Come
sto?”
“Ti sta a pennello!”, annunciò
Yuki.
E così il suo sguardo ricadde per un brevissimo istante sul
suo outfit: indossava un semplice paio di jeans e una t-shirt.
“Sai, credo di avere qualcosa anche per te!”,
dichiarai, frugando nel cassetto.
“Oh ma non devi preoccuparti!”, mi
rassicurò lei con tono gentile.
Tuttavia la misi a tacere con un gesto della mano: lei mi aveva aiutata
tanto, era il minimo che potessi fare per ricambiare.
Finalmente,
tirai fuori un abito che ricordavo di aver portato da casa: era un
vestito abbastanza semplice, a quadri bianchi e celesti, che di certo
avrebbe messo in risalto il colore degli occhi di Yuki.
“Provalo!” le dissi.
Giurai di aver notato uno sguardo incuriosito da parte del vampiro.
La
mia amica impiegò pochi minuti a cambiarsi e, come avevo
immaginato, l’abito aderiva perfettamente alle sue forme.
Tamburellai le dita sulla guancia e capii cosa mancava: avvolsi una
fascia bianca intorno alla sua vita.
“Ecco fatto, stai benissimo!”
Yuki mormorò un timido grazie e i suoi occhi corsero ad
Ayato che, effettivamente, la stava osservando.
“E
tu che ne pensi?” gli domandai, cogliendolo di sorpresa.
“Si non è male.”, confessò.
Era sempre divertente vedere il grande Ayato
Sakamaki in imbarazzo come una scolaretta.
“Sistemiamo i capelli e potremo uscire!”
Yuki annuì e mi aiutò a legare la mia chioma
indomabile in uno chignon.
UNA
YUKI CRESCIUTA
L'ABITO DI MITSUKO
L'ABITO DI YUKI
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Odaiba - ***
Capitolo
3 -
Odaiba -
Io
e Yuki ci avviammo giù per le scale, nei nostri abiti
eleganti, lasciandoci
dietro una scia di profumo e sempre seguite dal vampiro dai capelli
rossi.
“Se
pensi che verrai con noi, ti sbagli.”
Annunciai,
proseguendo attraverso il salone d’ingresso.
“Eh?”
esclamò Ayato.
“Hai
sentito benissimo.”
Raccolsi
la mia borsetta gettata sul divano e Yuki prese la sua, mentre il
vampiro ci si
parava davanti.
“Perché
non posso venire?”, si lagnò.
“È
una serata fra donne.”
“Non
vorrete privarvi della mia presenza?”
Lo
disse come se avessimo dovuto considerarlo un onore.
Scossi
il capo, era pur sempre il solito Ayato.
Sorprendentemente,
fu Yuki ad intervenire.
“Magari
possiamo fare un’altra sera.”
“Magari
voi due da soli.”, commentai a voce bassa, ben conscia che il
vampiro potesse
sentirmi.
Come
previsto, mi lanciò un’occhiata incerta.
La
strada per insegnargli a corteggiare una ragazza, come una persona
normale, era
piuttosto lunga.
Tuttavia
avevamo raggiunto un punto di svolta.
Lui
non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva elaborato i suoi sentimenti : era
attratto
da Yuki e non solo per il profumo che emanava il suo sangue.
In
fondo non l’aveva mai morsa, eppure gli piaceva trascorrere
del tempo in sua
compagnia.
“Allora
vi concederò il favore di trascorrere un’altra
serata in mia presenza.”,
annunciò arrendevole.
Io
e la mia amica lo salutammo.
Reiji
si raccomandò di fare attenzione e di non tardare,
altrimenti sarebbe stata
l’ultima uscita che avrei fatto.
Avrei
voluto ricordargli che avevo compiuto diciotto anni e che oramai avevo
tutto il
diritto di rientrare all’orario che preferivo, ma avrei
sfruttato questo
“jolly” in un’altra occasione.
Il
maggiordomo ci accompagnò alla limousine e Yuki rimase
qualche istante a
contemplare la vettura, con la bocca spalancata.
Sorrisi,
immaginando che anche io dovevo aver reagito allo stesso modo, la prima
volta che
l’avevo vista.
Prima
che potessi salire a bordo, la mia amica diede disposizioni
all’autista per
raggiungere il posto misterioso.
“Non
sarà una discoteca?”, la schernii, accomodandomi
sul sedile in pelle, ma sapevo
bene che non era il tipo di ragazza che frequentava questi luoghi.
“Certo
che no, vedrai!”
I
finestrini della limousine erano oscurati, quindi avrei scoperto
dov’eravamo
dirette soltanto una volta giunte sul luogo.
Osservai
Yuki per un istante, mentre poggiava il capo sul sedile, immersa nei
suoi
pensieri, e realizzai quanto fosse cambiata nel giro di pochi mesi.
Per
l’occasione aveva piastrato i suoi boccoli biondi, che erano
visibilmente
cresciuti, due trecce le incorniciavano il viso e cadevano morbide fino
al
seno. il suo volto fanciullesco aveva tratti più maturi.
Ripensai
a quanto avesse fatto per me, non sapevo se sarei mai riuscita a
sdebitarmi
completamente.
Mi
beccò a guardarla di sottecchi e mi sorrise, con quella sua
espressione dolce.
Pensai
che, per quanto il mondo avesse infierito con spiacevoli avvenimenti,
per
quanto la vita fosse stata ingiusta, valeva ancora la pena lottare.
Per
tutte quelle persone che lo avevano fatto prima di me. E per quelle che
avevano
creduto in me.
Con
quella consapevolezza scesi dalla vettura, ormai giunte a destinazione.
Yuki
mi aveva legato un foulard dietro la nuca, per coprirmi gli occhi.
Mi
lasciai guidare per qualche metro.
“Attenta
ai gradini!”
Esclamò
ed io quasi inciampai su quei scalini sbucati dal nulla.
Poi
sentii i piedi sprofondare in qualcosa di morbido e granuloso, intuii
immediatamente dove ci trovassimo.
“Eccoci
qua!” mi sfilò la benda e sorrisi.
“Mi
hai sempre detto che ami trascorrere del tempo in spiaggia…
e così ho pensato
non c’era posto migliore per festeggiare!” mi disse
Yuki.
Si
trattava della spiaggia di Odaiba1,
un’isola artificiale che
ospitava diversi intrattenimenti, era una baia formata da un lungo
appezzamento
di sabbia, ben diversa da quelle che visitavo con i Sakamaki,
decisamente più
isolate.
Il
quartiere di Odaiba era sempre popolato: anche se il sole era prossimo
a
tramontare, molte persone stavano ancora sguazzando
nell’acqua.
Altre,
invece, si accingevano a visitare i centri commerciali nelle vicinanze,
oppure
decidevano di salire sulla ruota panoramica Daikanransha.
“Mi
hai resa davvero felice!” annunciai.
L’abbracciai,
venendo immediatamente ricambiata, e m’imposi che avrei fatto
di tutto per
renderla felice, anche se questo avesse comportato cercare di cambiare
un
egocentrico come Ayato.
Una
volta sciolto l’abbraccio, entrambe ci togliemmo le scarpe,
per stare più
comode sulla sabbia.
“Natalie
è in ritardo come al solito!”, commentò
Yuki.
Le
dissi che non era un problema, era già tutto perfetto.
Camminammo
un po’ sul bagno asciuga, catturando l’attenzione
di diversi ragazzi, uno in
particolare osservava con interesse la mia amica.
“Sembra
che tu abbia fatto colpo!” annunciai, indicando un giovane
dai capelli castani
a qualche metro di distanza.
La
mia amica guardò l’interessato, che, colto di
sorpresa, distolse lo sguardo.
Lei
arrossì visibilmente, chinando il capo.
“Magari
ho qualcosa sulla faccia.”
Le
rifilai una piccola gomitata.
“Dovresti
stimarti di più.”
Il
mio telefono squillò all’improvviso, lo tirai
fuori dalla borsetta.
“Mitsuko
dove siete?”
Sentii
la voce di una Natalie ansante dall’altra parte della linea.
“Siamo
sulla spiaggia, sulla parte destra del bagno asciuga.”
“Vi
vedo! Scusate il ritardo sono stata trattenuta…”,
dichiarò, sebbene io non l’avessi
ancora adocchiata.
“Ti
aspettiamo!” risposi, mentre chiudevo la chiamata .
Io
e Yuki aspettammo che la nostra amica arrivasse, mi domandai come mai
avesse
specificato di essere stata trattenuta.
E
lo capii quando la vidi comparire con affianco un biondo a me familiare.
“Kou?”
esclamai sbalordita.
Natalie
mi venne incontro, indossava un abito nero con la gonna svolazzante,
aveva
legato i capelli in una coda e, nel complesso, appariva casual ma
elegante.
“Ho
tentato di dissuaderlo, ma voleva venire a tutti i costi.”
“Non
potevo perdermi il tuo compleanno m-neko-chan.”,
affermò Kou con un sorriso.
“Come
facevi a...”
“Per
quanto il tuo amico sia privo di emozioni, non è facile
nascondermi le cose.”
Mi
interruppe il vampiro e capii che si riferiva a Shu.
Evidentemente
il suo “occhio magico” aveva funzionato anche sul
Sakamaki, così aveva indagato,
scoperto che avevo compiuto diciotto anni e le mie amiche avevano
organizzato questa
festa.
A
sorprendermi era il fatto che si fosse rivolto a Natalie per avere
maggiori
informazioni.
Quando
erano diventati così… intimi?
Una
piccola parte di me li vedeva già fidanzati,
chissà se il mio sesto senso
c’aveva visto giusto.
Natalie
si intromise nella conversazione.
“Ad
ogni modo auguri!”, mi abbracciò con vigore ed io
ricambiai.
“Grazie
mille ragazze… sono davvero contenta di avervi
qui.”
Ci
separammo e, dopo aver indossato nuovamente le scarpe, ci avviammo nel
centro
commerciale per mangiare un boccone.
“Bel
vestito.”, mi disse Kou.
“Qualcuno ha detto che mi donava!”, replicai.
“Quel
qualcuno dev’essere proprio un ragazzo intelligente e che ha
buon gusto.”
Mi
fece un occhiolino ed io risi sommessamente.
Poi
lo sguardo del vampiro si posò su Natalie.
“Tranquilla
brunetta, anche tu stai
bene.”
La
mia amica, sentendosi chiamata in causa, sfoderò
un’espressione altezzosa.
“Non
te l’ho chiesto e onestamente non m’interessa il
tuo parere.”
Mi
scambiai uno sguardo complice con Yuki, tutto quell’attrito,
tra i due,
rivelava della passione repressa.
“Non
hai bisogno di chiederlo, è evidente che ti
interessa.”, rimbeccò il biondo.
E
prima che Natalie potesse controbattere, entrammo nel primo ristorante
disponibile.
Odaiba1:
Odaiba (a
volte conosciuta come Daiba e a
volte
come città teleporto di Tokyo) è
una grande isola
artificiale nella baia
di
Tokyo, in Giappone.
ABITO DI NATALIE
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Sudden Surprises - ***
Capitolo
4 -
Sudden surprises -
All’interno
il locale era piuttosto affollato, ma trovammo comunque un tavolo per
quattro.
Alcune
ragazze si avvicinarono a Kou, per chiedergli un autografo o una foto,
che lui
dispensò ben volentieri, suscitando l’irritazione
di Natalie.
Probabilmente
nutriva un sadico piacere nel fare arrabbiare la mia amica.
Il
cameriere venne a prendere ben presto le ordinazioni.
E,
mentre chiedevo una bistecca ben cotta, ricordai di non aver
più visitato quel
pub vicino al parco, dove un gruppo di jazzisti si era esibito dal vivo.
Di
certo avrei recuperato.
Quel
giorno avevo raggiunto una serenità che non provavo da tempo.
“Sai
avresti dovuto avvisarci.”, esordì
all’improvviso Kou.
“A
mia discolpa, posso dire che non avevo intenzione di
festeggiare.”, rimbeccai,
mentre mandavo giù un sorso d’acqua.
“Ruki
non ne sarà felice.”
Mi
sorpresi: come mai, fra tutti i Mukami, aveva citato proprio lui?
“Dubito
che Ruki si interessi a certe… frivolezze.
”Kou
rubò un pezzo di pane dal cesto al centro tavola e lo
addentò, sorridendo enigmatico.
“Non
se sono frivolezze che ti
riguardano,
m-neko-chan.”
Rischiai
di strozzarmi con l’acqua che stavo bevendo e aspettai che
aggiungesse altro,
ma Kou ruotò il busto verso Natalie, lasciando me in sospeso.
Il
mio sguardo corse a Yuki, tuttavia anche lei sembrava assente.
E
potei immaginare cosa le stesse passando per la testa.
O
meglio, chi.
Ad
ogni modo, Ruki aveva sempre avuto un atteggiamento ambiguo nei miei
confronti,
ma da qui a dire che aveva un debole per me, non lo avrei mai
sospettato.
Tuttavia,
ero certa che non avrei ottenuto altre informazioni dal fratello,
dunque non
avrei potuto sciogliere quei dubbi.
Il
cameriere ci servì la cena e iniziammo a mangiare, con il
vampiro che si
divertiva a tormentare Natalie per non aver toccato pane.
“Se
non sei allergica, perché non lo mangi? È buono,
sai.”
“Non
mi piace.”
L’occhio
dell’altro scintillò sotto il ciuffo biondo.
“Evitare
pane non ti aiuterà a dimagrire. Dovrai fare di
più per smaltire qualche chilo.”
Mi
sbattei una mano sulla fronte, avvertendo il forte impulso di
schiaffeggiarlo,
e vidi la faccia della mia amica incupirsi.
Yuki
osservava la scena a disagio.
“Kou-”,
iniziai a dire, per rimproverargli la mancanza di tatto.
Tralasciando
il fatto che la mia amica fosse solo poco più robusta di me
e Yuki, Natalie
aveva tutto il diritto di scegliere cosa mangiare e cosa no.
“Decido
io per me stessa, grazie.”, mi interruppe Natalie, piccata.
Ma
era evidente che le parole di lui l’avessero ferita.
Gli
rifilai un calcio sotto il tavolo e il vampiro intuì
l’errore.
“Con
questo non voglio dire che sei grassa, ti stavo solo dando dei
consigli.”
La
castana parve rasserenarsi, pur restando sulla difensiva.
“Non
te lo ha chiesto nessuno.”, dichiarò, incrociando
le braccia al petto.
Kou
ignorò la sua frase.
“Anzi,
trovo che sia molto più allettante
una ragazza in carne.”
Natalie
quasi cadde dalla sedia per il modo in cui Kou aveva pronunciato allettante, mentre io rischiai di
soffocare nuovamente con l’acqua, sicura che
quell’aggettivo sostituisse
“gustosa da mordere.”
“Qui
è tutto così buono, non credete?”
Yuki
tentò di sviare il discorso ed io le diedi man forte.
“Decisamente,
ma devo portarvi in un pub nei pressi del parco Ueno. –,
annunciai, cogliendo
l’occasione per parlare di quel bel posto – fanno
un’ottima carne alla brace e i
giovedì sera si esibisce un gruppo jazz.”
“Sembra
interessante!”, commentò Natalie.
Vidi
Kou trafficare con il suo telefono, ma non ci prestai troppa attenzione.
Una
volta finito di mangiare, tra una chiacchiera e l’altra,
pagai io la cena.
Erano
soldi dei Sakamaki, ma Reiji non avrebbe fatto storie.
Li
consumavo solo quando si trattava di cibo, avevo comprato raramente
qualche
indumento.
E
le mie amiche avevano fatto tanto per me, era il minimo per sdebitarmi.
Tornammo
sulla spiaggia, il sole era ormai scomparso ed erano state accese le
luci del
Rainbow Bridge che, come indica anche il nome, adesso brillava dei
colori
dell’arcobaleno.
“Che
ne dite di salire sulla ruota panoramica?”, propose Yuki con
occhi sognanti.
Accettai
immediatamente, ma Natalie esitò.
“Non
amo le altezze, io vi aspetterò giù.”
Tuttavia
Kou emise un verso scocciato.
“Eh?
Non fare la guasta feste.”
Le
afferrò un polso e la trascinò verso la giostra,
ignorando le sue lamentele.
“Non
la forzare.”, mi raccomandai.
Il
vampiro mi rassicurò che era tutto sotto controllo.
Io
e Yuki salimmo sulla ruota con un certo entusiasmo, quando la cabina
salì in
alto, ci appiccammo ai finestrini per ammirare il paesaggio sottostante.
Il
quartiere di Odaiba si snodava sotto di noi, ricco di luci e colori,
mentre le
persone rimpicciolivano a vista d’occhio.
Eravamo
a 115 metri e, nonostante quel vuoto sottostante, mi sentii rilassata e
leggera.
Lontana
dalla tristezza che mi portavo dietro, come una pesante catena legata
al piede
da trascinare con me, ovunque andassi.
Ma
una volta tornate giù, quella sensazione di quiete scomparve.
Ero
molto riconoscente nei confronti delle mie due amiche, sarei dovuta
essere
grata per aver ricevuto delle così belle persone nella mia
vita.
Così
come ero stata fortunata a ricevere Takeshi come padre adottivo.
Nonostante
tutta la storia con la Chiesa, mi era sempre stato vicino, mi aveva
difesa e
amata come fossi davvero sua figlia.
Avevo
ricevuto la sua chiamata, quella mattina, mi aveva augurato buon
compleanno.
In
più, aveva fatto recapitare un mazzo di fiori alla villa con
un biglietto, dove
si scusava di non esser venuto di persona, ma sfortunatamente
c’erano ancora faccende
da sbrigare, riguardanti la Chiesa e i cacciatori.
Sarei
dovuta essere grata per tutto quello che avevo, avrei dovuto ignorare
le
sofferenze passate: tutto si era sistemato per il meglio…
Quasi tutto.
E
quel quasi mi uccideva.
“È
stato terrificante!”
A
riportarmi alla realtà fu la voce di Natalie.
Kou,
al suo fianco, ridacchiava sotto i baffi.
“Quante
storie per qualche metro d’altezza!”
“Centoquindici!”,
puntualizzò la mia amica.
Tutti
e quattro ci riunimmo sulla spiaggia, decisamente più
sgombra rispetto a
qualche ora prima.
Togliemmo
le scarpe e Natalie estrasse dalla borsa un enorme telo mare su cui
sederci.
Il
vampiro dai capelli biondi, invece, preferì accomodarsi
sulla sabbia.
Un
gruppo di ragazze, che passavano di lì, riconobbero
l’idol e lui si offrì per
scattare qualche foto con loro, tenendo sempre d’occhio la
reazione di Natalie.
Ma
questa sembrò ignorarlo e si rivolse a me.
“Sakura
avrebbe voluto esserci.”
“Lo
so! – risposi – abbiamo parlato al cellulare questa
mattina, sembra che se la
stia spassando a Kyoto dai suoi zii e mi fa molto piacere.”
Certamente
ero dispiaciuta di non poter trascorrere il giorno del mio diciottesimo
con
tutte e tre le mie amiche, ma erano state sempre presenti, sebbene mi
conoscessero da così poco tempo.
Quando
il gruppo di fanciulle urlanti si allontanò da Kou, restammo
in silenzio per
qualche minuto ad osservare il mare.
***
La
spiaggia si era quasi del tutto svuotata, i visitatori si erano ormai
riversati
all’interno del centro commerciale, altri erano in coda per
salire sulla ruota
panoramica.
All’improvviso
mi sentii sollevare di peso e cacciai un urletto, ma fu tutto
così rapido che,
senza sapere come, mi ritrovai in acqua.
Alzai
lo sguardo per vedere dardeggiare su di me uno Yuma a braccia
incrociate.
Fortuna
che l’acqua, baciata dal sole tutto il giorno, era calda.
“Ehi
baka, quando avevi intenzione di
dirci che è il tuo compleanno, oggi?”,
domandò il vampiro stizzito.
Mi
misi in piedi, lanciando un’occhiataccia a Kou, ancora seduto
sulla sabbia, che
sorrideva colpevole.
Le
mie due amiche si avvicinarono, osservando le gocce d’acqua
che ancora
scorrevano sul mio vestito.
“Ma
dico, sei impazzito?”, sbraitai.
Ero
molto affezionata a quell’abito ed era stato proprio Kou a
comprarmelo, avrebbe
dovuto impedire al fratello di gettarmi in mare.
“È
stata una mia idea.”
Con
stupore, dietro il corpo imponente di Yuma, scorsi Ruki, con il suo
solito
sguardo impassibile.
“Che
vi è saltato in mente?”, chiesi, avviandomi fuori
dall’acqua.
“Una
piccola punizione.”
Yuki
mi corse incontro con il telo mare che aveva portato Natalie e me lo
avvolse
intorno alle spalle.
La
ringraziai e mi rivolsi a Ruki.
“È
così importante il mio compleanno?”, domandai,
cogliendolo di sorpresa.
Se
provava qualcosa nei miei confronti, certamente la risposta lo avrebbe
tradito.
Il
vampiro sembrava decisamente in difficoltà.
Sentivo
Natalie discutere con Kou per aver fatto la spia.
Ma
Ruki non osava rispondere e fu Yuma a prendere la parola, dandomi un
buffetto
sulla testa.
“Ma
certo, baka!”
Da
una parte mi sentii sollevata…
Se
Ruki avesse risposto che si, era importante per lui, avrei avuto la
conferma
dei miei sospetti: sarei stata certa che aveva un debole per me e,
onestamente,
non avrei saputo come reagire, dopo quello che era successo.
In
fondo, anche Subaru aveva un’evidente cotta nei miei
confronti, ma lo avevo
sempre respinto.
Perché
prima avevo occhi solo per il fratellastro e adesso, che non
c’era più, non
riuscivo a immaginarmi con nessun’altro.
Tornai
alla realtà, ricordando che, invece, Yuma aveva
esplicitamente detto che il mio
compleanno era rilevante.
Tuttavia,
ero certa che il suo fosse più un affetto fraterno, come
quello che si prova
verso una sorella più piccola.
Lo
abbracciai di slancio, sentendolo irrigidirsi sotto il mio tocco.
“O-ohi,
baka, che fai?”
“Ti
ringrazio… e ti bagno!”
Yuma
realizzò in quel momento che io ero ancora grondante e mi
sollevò di nuovo,
caricandomi in spalla.
“Vuoi
la guerra?”
Yuki
rise davanti quella scena, mentre io lo supplicavo di mettermi
giù.
Alla
fine acconsentì alle mie preghiere e tutti quanti tornammo a
sedere sulla
sabbia, io presentai le mie amiche ai Mukami.
“Se
mi dovesse venire una bronchite sarà colpa vostra!”
Kou
scosse le spalle.
“Il
diciottesimo si festeggia solo una volta, nella vita.”
“O
almeno per alcuni.”, aggiunse Yuma col suo sorriso arrogante.
Gli
rifilai una gomitata: Natalie non conosceva la loro vera natura.
Ma
probabilmente non stava prestando troppa attenzione al gigante,
era più concentrata su un certo idol.
“E
Azusa?”, m’informai.
“Non
ama uscire in mezzo alla gente.”, mi spiegò Ruki.
Assentii
col capo: era un vampiro, certo, ma estremamente sensibile e
problematico.
“Ti
fa gli auguri.”, aggiunse.
“Domani
potrà farlo di persona.”
Ormai
era routine quotidiana pranzare a villa Mukami, lo davo per scontato, e
nessuno
di loro sembrava infastidito.
Neanche
se con me c’era Shu.
D’altronde,
spendeva tutto il tempo a poltrire sul sofà, pensai con un
sorriso.
“Kou
canta per noi!” esclamò Yuki.
In
fondo, restava pur sempre una sua fan.
Il
biondo le regalò un sorriso.
Non
seppi definire se fosse un sorriso costruito o sincero, era molto bravo
a
fingere.
Tuttavia,
non esitò un istante, si mise in piedi e indicò
Natalie.
“Questa
canzone la dedico ad una mia fan speciale.”
La
castana gli riservò un’espressione disgustata ,
mentre io e Yuki scoppiavamo a
ridere.
Il
suo debole per Kou era talmente ovvio.
“Ecco,
ci risiamo.”, borbottò Yuma, ricevendo
un’occhiata complice da Ruki.
Quasi
certamente Kou trascorreva molte ore a cantare, dentro casa, e i due
fratelli
non ne dovevano essere molto entusiasti.
Ma
quando iniziò a farlo, tutti rimasero in silenzio ad
ascoltare, perfino Natalie
mutò espressione, e da irritazione passò a
meraviglia.
Non
si aspettava che fosse così bravo.
Quando
finì, sia noi che una coppia alle nostre spalle, applaudimmo
all’unisono.
“Perché
non canti tu, Mitsu-chan?”, mi esortò Yuki.
Spalancai
gli occhi e scossi il capo, ma Natalie l’appoggiò.
“Si,
non essere timida! Sei certamente più brava di
lui!”
Indicò
distrattamente Kou che, anziché adirarsi, le sorrise.
“Oh
no no!” cercai di tirarmi indietro, ma il vampiro dai capelli
biondi e perfino
Yuma mi spronarono a farlo.
Ruki
rimase ad osservare, visibilmente incuriosito.
“Alzati
su!”
Kou
mi spinse in piedi, con la sua forza innaturale
e lo fulminai con lo sguardo.
Ringraziai
il cielo che fossero le dieci passate e la spiaggia fosse quasi deserta.
Inspirai
a fondo, per scaricare la tensione, cantai la prima canzone che mi
venne in
mente.
Sperai
di essere intonata, poiché non vedevo reazioni da parte
degli altri, ma quando
terminai, tutti si complimentarono con me.
“Ignoravo
questo tuo talento – esclamò Kou, forse
sinceramente stupito – potrei valutare
una collaborazione con te!”
Tornai
a sedere e gli rivolsi un sorriso.
“Troppo
buono, non sono così brava!”, replicai un
po’ in imbarazzo.
Ruki
mi osservava in silenzio, non seppi dire cosa gli passava per la testa.
Yuma
mi diede un piccolo pugno sulla spalla che, sebbene volesse essere
amichevole,
mi fece storcere il naso e borbottare un “ahi”.
“Non
essere modesta, baka!”
Il
telefono squillò di colpo, facendomi sussultare.
“Dove
sei? –, la voce di Reiji mi fece sbuffare. – Ho
già mandato il maggiordomo a
recuperarti, sono quasi le undici.”
Sembrava
uno di quei padri apprensivi, che controllano che la propria figlia
rientri
all’orario concordato.
“Sto
per tornare, tranquillo.”
Così
riattaccai la telefonata.
“Devo
andare.”, annunciai a malincuore.
Stavo
così bene in compagnia delle mie amiche e dei Mukami.
Non
che non fossi felice a villa Sakamaki, ero affezionata ai cinque
vampiri che
l’abitavano, ma non potevo fare a meno di sentire una morsa
invisibile nel
petto, quando percorrevo i corridoi della magione.
“Allora
ci vediamo domani, m-neko-chan.”,
Kou
richiamò la mia attenzione.
Yuma
ci salutò con un cenno del capo e si allontanò,
tenendo le mani incrociate
dietro la nuca.
“A
domani.”, mi disse Ruki e salutò le mie amiche,
prima di seguire il fratello.
Kou
eseguì un baciamano con Yuki e, successivamente, con
Natalie, tenendo le labbra
posate sulla mano della castana per qualche secondo in più.
Notai
il rossore sulle guance di lei ed io e Yuki ci scambiammo
un’occhiata complice.
Natalie
fu costretta a schiarirsi la voce e sottrarre la mano, Kou la
fissò divertito.
Quando
fu il mio turno, il vampiro dai capelli biondi mi abbracciò.
“Buonanotte
Mitsuko.“, sussurrò, e, dopo un’ultima
occhiata a Natalie, seguì i due
fratelli.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Accidents - ***
Capitolo
5 -
Accidents -
“Posso
riaccompagnarvi a casa, se volete!”, proposi alle mie due
amiche, mentre ci
avviavamo fuori dalla spiaggia di Odaiba.
“Mio
padre è venuto a prenderci, stavo per proporti lo
stesso!”, annunciò Yuki.
Riuscii
a intravedere una limousine, a qualche metro di distanza.
“Ti
ringrazio, ma a quanto pare Reiji ha già mandato qualcuno a
prelevarmi!”
Natalie
rimase ad osservare la vettura con la bocca spalancata.
“Prima
o poi devo farci un giro.”
Sorrisi.
“Quando
vuoi!”
Io
e le due ragazze ci congedammo, con la promessa di rivederci presto, e
le
ringraziai ancora una volta per la magnifica giornata che avevano
organizzato.
Controllai
che fossero al sicuro, nell’automobile del padre di Yuki, poi
mi avvicinai alla
limousine nera, riconoscendo l’anziano maggiordomo di casa
Sakamaki.
“Buonasera
George.”
Lui
non mi degnò d’attenzione, mentre chiudevo lo
sportello del veicolo.
Quand’ero
da sola, preferivo sedermi accanto al conducente, restare nella cabina
posteriore della limousine, con nessuno a farmi compagnia, mi metteva i
brividi.
Non
che il maggiordomo fosse meno inquietante: parlava poco e sembrava gli
avessero
dipinto un’unica espressione facciale ma, vivendo coi
Sakamaki, ero abituata a
qualsiasi tipo di stranezza.
La
limousine sfrecciò nel silenzio della notte, lungo le strade
di Tokyo, non più
così affollate.
All’improvviso,
a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada
e, man
mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi
resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio
fianco,
pareva ignorare la sua presenza.
Urlai
a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il
piede nel freno: la
limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere
contro il finestrino.
Un’auto
dietro di noi ci tamponò.
Quando
sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo
non v’era
traccia.
Tuttavia,
ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma
svanisse nel nulla,
erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
Ricordavano
vagamente quelli di Karl Heinz e mi convinsi che era stato lui a
giocare con la
mia mente.
Il
maggiordomo mi rivolse un’occhiataccia, sebbene non
proferì parola.
“Mi
dispiace… -, tentai di giustificarmi, mentre
l’auto alle nostre spalle suonava insistentemente
il clacson – ero sicura ci fosse qualcuno in mezzo alla
strada.”
“Deve
farsi curare le ferite.”, annunciò George.
Quindi
ero ferita?
Sussultai
quando un uomo bussò al mio finestrino, sembrava piuttosto
furioso.
Abbassai
il vetro.
“Che
vi salta in mente? Frenare in quel modo! Io vi denuncio!”
Il
maggiordomo rispose al mio posto.
“Ho
memorizzato la sua targa, verrà presto risarcito, ora la
signorina qui accanto
ha bisogno di cure.”
Era
la prima volta che sentivo parlare George per più di un
secondo.
“Cosa
credi che mi importi? Voi non andate da nessuna parte, non prima che
arrivi la
polizia!”
“Signorina
Mitsuko, sollevi il finestrino.”, ordinò George,
mentre lo fissavo confusa.
“Adesso.”,
aggiunse con tono perentorio e così obbedii.
La
limousine partì nuovamente, lasciandosi alle spalle
l’uomo che voleva
denunciarci.
“Ma
George – mormorai, mentre sfrecciavamo via – non
credo sia legale.”
“Ho
il compito di occuparmi di lei per prima e poi tutto il
resto.”
Effettivamente,
sentivo il lato destro del viso pizzicare, lì dove avevo
sbattuto contro il
vetro del finestrino.
I
miei occhi ricaddero sulle gambe e mi sorpresi nel notare un ramoscello.
Non
ricordavo di averlo visto prima e tanto meno sapevo come fosse finito
lì.
Lo
raccolsi e lo rigirai tra le mani.
Non
ebbi il tempo di pormi altre domande, poiché eravamo giunti
a villa Sakamaki.
***
George
mi costrinse a restare seduta, nonostante le mie lamentele, e venne ad
aprirmi personalmente lo sportello,
cosa che accadeva molto raramente: disponevo di entrambe le mani, non
avevo
bisogno di qualcuno che aprisse la portiera per me.
Scesi
dalla vettura e, scortata dal maggiordomo, entrai nella villa.
George
si avviò immediatamente nello studio di Reiji, conscio che
fosse lui il
“capo-famiglia” a cui avrebbe dovuto raccontare
dell’incidente.
Attesi
in salotto, cercando lo specchio più vicino.
Mi
sorpresi nel notare un livido all’altezza dello zigomo:
dovevo aver sbattuto
con violenza.
“Cosa
è successo?”
Sobbalzai,
al suono della voce di Reiji, speravo non fosse troppo arrabbiato, non
volevo
rovinare quella bella giornata.
“George non
te lo ha raccontato?”
“Voglio
sentirlo da te.”, annunciò il vampiro,
sistemandosi gli occhiali sul naso e
osservando il mio zigomo destro.
“Credevo
di aver visto un uomo in mezzo alla strada, gli ho chiesto di
frenare.”
“Un
uomo?”
Valutai
se fosse una buona idea confessare la somiglianza con Karl Heinz.
In
fondo, non avevo più motivo di mentire ai Sakamaki, Reiji
stesso aveva deciso
di rinnegare suo padre, dopo la morte di…
“Somigliava
a Karl Heinz.”, dichiarai.
Lo
sguardo del vampiro si fece più duro.
“È
la prima volta che succede?”
Ripensai
alla notte in cui avevamo celebrato il funerale, ma quella poteva
essere semplicemente
un’allucinazione dovuta al forte stress.
“Si
è la prima volta.”
“Siedi
in salotto.”
Annuii
e camminai fino al salone, uno dei divani era occupato da uno Shu
addormentato,
così mi accomodai su quello di fronte.
Massaggiai
la parte lesa, ma non appena feci un po’ di pressione,
strinsi i denti per il
dolore.
“Che
diavolo ti è successo, Tavoletta?”,
domandò un Ayato comparso dal nulla,
sedendosi al mio fianco.
Di
colpo il suo sguardo si adombrò, mentre mi annusava i
vestiti.
“Sei
stata con i Mukami!”, sbraitò, sollevandomi il
mento e controllando che non
avessi morsi freschi.
“Te
l’hanno fatto loro?”
“No,
Ayato!” provai a dire.
“Che
le hanno fatto i Mukami?”
Subaru,
comparso alle mie spalle, mi osservò il volto e notai il suo
trasformarsi in
una maschera d’ira.
“Io
li ammazzo.”, sentenziò l’albino.
Balzai
in piedi, esasperata.
“Non
sono stati i Mukami!-, esclamai, - è stato un maledetto
finestrino!”
I
due vampiri mi fissarono interrogativi.
“Stavo
tornando a casa, quando ho pensato di vedere un uomo in mezzo alla
strada. Ho
chiesto a George di frenare e quella frenata improvvisa gli ha fatto
perdere il
controllo della limousine.”
Pronunciai
quella frase tutta d’un fiato, non volevo creare scompiglio
tra le due famiglie
di vampiri, non adesso che avevano imparato a tollerarsi a vicenda.
“Ma
hai l’odore dei Mukami addosso.”,
insisté Ayato.
Roteai
gli occhi al cielo, pronta a subire la furia di Oree-sama.
“Mi
hanno fatto… una sorpresa, poco prima che andassi
via.”
Tralasciai
il dettaglio di essere stata gettata in acqua da Yuma e di aver cenato
assieme
a Kou.
Subaru
schioccò la lingua, in dissenso.
“Ah?
Perché io non sono potuto venire e loro si?”, si
lamentò Ayato.
Me
lo aspettavo.
“Non
è colpa mia, non li avevo invitati.”
“Quindi
quel Kou ha veramente qualche dono
speciale.”, biascicò Shu alle nostre spalle.
“Così
pare.”, commentai.
Reiji
entrò nel salotto, con del ghiaccio avvolto intorno ad uno
strofinaccio.
Me
lo posizionò sulla guancia e soffocai un gemito.
Sentii
lo zigomo bruciare, ma pian piano mi abituai alla sensazione del
ghiaccio sul
viso.
“Mitsuko
ha detto che l’uomo assomigliava a Karl Heinz.”,
annunciò Reiji.
L’espressione
irata di Subaru tramutò in preoccupazione.
“Sei
sicura?”
“Non
è che a Tokyo ci siano molti uomini che se ne vanno in giro
con i capelli
bianchi, lunghi fino alla schiena.”
Un
mezzo sorriso curvò le labbra di Shu.
“Cosa
vuole ancora?”, borbottò Ayato, dimenticando la
storia dei Mukami.
Ero
lieta di notare l’irritazione che i Sakamaki riservavano al
proprio padre.
“Dobbiamo
parlare.”, annunciò Reiji, e mi resi conto che era
rivolto a Shu.
Mi
ritrovai con il ghiaccio in mano, i due fratelli erano scomparsi.
Oh
fantastico,
riflettei hanno ricominciato a
nascondermi le cose.
Tuttavia,
anche Ayato e Subaru erano stati tagliati fuori dalla conversazione.
Stizzita,
mollai il ghiaccio sul tavolino di legno e mi incamminai verso la mia
stanza.
Mi
ero fidata di Reiji e com’ero stata ripagata?
Mi
tenevano fuori dai loro discorsi.
Sapevo
di contare qualcosa per i vampiri, ma non capivo perché non
volessero
condividere con me le informazioni importanti.
D’altronde,
ero io nel mirino di Karl Heinz.
Avevo
il diritto di sapere.
Non
era un mistero il suo desiderio di “creare una nuova
razza”, probabilmente
ancora si aspettava che scegliessi un Adamo.
E
dire che avevo anche accettato quella proposta, ma non era stato
abbastanza:
lui aveva aizzato la Chiesa contro di me e dunque, a causa sua, avevo
perso l’unico
Adamo che avrei scelto.
Per
cui non sarei più scesa a patti con lui.
Dopo
aver indossato il pigiama, ovvero una t-shirt ed un paio di
pantaloncini, mi
abbandonai mollemente sul letto.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente! Scusate per l’immenso ritardo
nell’aggiornare, non dipende assolutamente
dalla storia, ma ci sono molti cambiamenti in corso nella mia vita, in
questo
periodo, comunque sappiate che ho intenzione di concludere questa
storia, è la
mia prima storia e ci sono molto affezionata, quindi non temete.
Grazie
mille a coloro che hanno inserito la ff nelle
preferite/seguite/ricordate e
anche i lettori silenzioso, invito tutti a lasciare un commento, ci
tengo a
sapere cosa ne pensate, o se ci sono eventuali errori.
A
presto, promesso, Nephy_
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares - ***
Capitolo
6 - Night
Talks and Nightmares -
Il
letto si abbassò sotto il peso di un corpo.
Faticavo
a prendere sonno, quindi me ne accorsi immediatamente.
Sapevo
di chi si trattava: non era la prima volta che io e Shu dormivamo
assieme.
Probabilmente
la questione “Yuma” ci aveva unito,
perché trascorrevamo molto più tempo
insieme.
Ma
non era un mistero che avessi un legame particolare
con lui, avevamo una sorta di tacito accordo, secondo il quale
l’uno non
avrebbe mentito all’altro, e se in passato era accaduto, ero
certa che adesso
potevo fidarmi.
Quindi
gli chiesi cosa si erano detti, lui e Reiji, per assicurarmi che fosse
ancora
degno di fiducia.
“Niente
di importante.”, eclissò.
Ruotai
il busto, trovandomi il vampiro di fronte, con gli occhi chiusi ed
un’espressione serena sul viso.
“Non
credi mi riguardi?”, domandai.
“No.”
La
sua risposta secca m’irritò e feci una cosa
decisamente pericolosa: gli sfilai
una cuffietta.
Il
vampiro dai capelli biondi mi bloccò il polso e mi
fissò severo.
“Ho
la tua attenzione adesso?”, chiesi, ma Shu mi
strappò dalle mani l’auricolare.
“Non
farlo mai più.”
Era
decisamente una minaccia.
Infilò
la cuffietta e chiuse gli occhi.
Tornai
a dargli le spalle, certa che non avrei chiuso occhio: ero stufa di
sentirmi
costantemente in balìa degli eventi, senza sapere come
potermi comportare,
accompagnata da uno stato d’angoscia perenne.
Ne
avevo passate fin troppe, non avrei retto l’ennesimo colpo.
Ero
stata portata con l’inganno dai Sakamaki, ero stata morsa,
maltrattata, avevo
rischiato di morire a causa di una vampira psicopatica.
Ero
stata nuovamente rapita, poi minacciata e quasi uccisa dai Cacciatori.
In
più avevo perso…
Non
riuscivo a pronunciare il suo nome
neppure nei miei pensieri, faceva ancora troppo male.
Provai
a ricacciare indietro le lacrime, Shu era ancora accanto a me e,
nonostante
sembrasse già nel mondo dei sogni, ero sicura che mi avrebbe
sentita piangere:
non volevo che mi credesse debole, non volevo che nessuno di loro
vedesse la
mia parte fragile.
Lo
avevo permesso solo a Subaru e a Ruki, ma con loro era diverso.
“Pensiamo
che Karl Heinz non rinuncerà al suo progetto di creare una
nuova razza. -,
annunciò Shu all’improvviso –
probabilmente voleva spaventarti, oggi.”
Tornai
a guardare il vampiro al mio fianco.
“Beh,
non c’è riuscito.”
Mi
ero spaventata solo perché temevo avremmo investito un uomo
innocente, sbucato
dal nulla, se fossi stata certa che si era trattato di Karl Heinz,
avrei
chiesto a George di accelerare.
“Ma
ci proverà di nuovo, - continuò Shu, socchiudendo
gli occhi – non rinuncerà mai
al progetto che porta avanti da secoli.”
“Tu
sì che sai come rassicurare le persone.”,
dichiarai.
Un
mezzo sorriso increspò le labbra del biondo.
“Mitsuko,
ricordi la nostra conversazione, sulle scale?”
Riportai
alla memoria il dialogo che avevamo avuto tempo addietro, immaginai si
riferisse al fatto che, per loro, ero molto più di una
semplice sacca di sangue
ambulante.
“Lo
ricordo.”
“Penso
che sia sufficiente allora.”
Shu
chiuse gli occhi, sebbene avrei voluto replicare che no, non era
abbastanza.
Sapevo
bene che i Sakamaki mi avrebbero difesa, se il loro padre avesse
provato ad
uccidermi.
D’altro
canto, se avesse voluto, Karl Heinz avrebbe potuto togliermi la vita
quella
sera stessa, mentre rientravo dalla spiaggia: nessuno dei suoi figli a
difendermi, solo un maggiordomo anziano a scortarmi.
Anziano,
ma con i riflessi rapidi e
scattanti di un giovane sedicenne,
pensai fra me e me.
Probabilmente
Karl Heinz aveva altri piani in mente.
Mi
imposi di non pensarci per le restanti sette ore, avevo bisogno di
riposare.
“Shu?”,
chiamai invece.
Il
vampiro brontolò qualcosa, certamente esasperato dal mio
continuo blaterare.
“Ogni
tanto potresti parlare con Yuma, sai?”
L’altro
rimase in silenzio.
“Non
penserai che possa ricordarsi di te, guardandoti dormire per ore sul
suo
divano.”
“Cosa
dovrei dirgli?”, borbottò.
Ci
pensai su qualche istante, non poteva di certo esordire con “ehy Yuma, ti ricordi di me? Eravamo migliori
amici finché mio fratello ha appiccato un incendio nel tuo
villaggio!”.
“Immagino
qualcosa di semplice, potreste parlare del tempo, forse?”
Shu
aprì solo un occhio, per osservarmi, e inarcò un
sopracciglio, come a voler
dire “fai sul serio?”.
Capii
che forse non era un granché come argomento, decisi che
avrei improvvisato
io stessa al momento.
“Dormi
Mitsuko.”, ordinò con tono perentorio.
Chiusi
gli occhi e un piccolo sorriso affiorò sul mio volto: mi
sentivo già più
serena.
***
“Bitch-chan.”
Quella voce… la conosco.
“Bitch-chaan!”
Mi guardo intorno, il buio sommerge
ogni cosa, non ho la più pallida idea da dove provenga la
voce, ma devo trovarla
a tutti i costi.
Corro alla cieca, tutto ciò che
riesco a distinguere è il mio corpo, come una torcia
nell’oscurità.
E
poi lo vedo.
Sosta in piedi a qualche metro di
distanza.
È la luce in quel tunnel buio e
spaventoso.
Lo raggiungo a passo svelto,
indossa il solito cappello alla Michael Jackson e l’uniforme
della scuola.
Gli sfioro il braccio, si volta.
“Finalmente
Bitch-chan.”
Le sue iridi smeraldine si posano
su di me, mi rivolge la solita occhiata maliziosa, mentre mi afferra
per i
fianchi e mi tira a sé.
Lo abbraccio, non posso credere di
poterlo stringere nuovamente.
Ma
lui mi solleva il mento e mi
bacia.
Le mie mani salgono sulle spalle e
gli avvolgono il collo, eppure c’è qualcosa di
strano in quel bacio.
Non è
come il primo bacio che ci siamo
scambiati, è come se fosse un’altra persona a
baciarmi.
Apro gli occhi, per controllare che
sia lui, e mi allontano bruscamente: i suoi occhi sono completamente
neri e del
sangue gli macchia le labbra.
Mi porto le dita sulla bocca e un
liquido le bagna: osservo con orrore indice e medio, sporchi del mio
sangue.
“Bitch-chan…”, sussurra lui, con
una voce che non gli appartiene, poi si avventa su di me e il buio
avvolge ogni
cosa.
***
Balzai
sul letto, urlando con quanto fiato avevo in gola.
La
paura mi scuoteva il corpo, avevo la bocca asciutta:
d’istinto mi portai una
mano sulle labbra, per controllare che non stessi sanguinando realmente.
Quando
realizzai che era stato solo un sogno, tirai un sospiro di sollievo.
Sembrava
così reale…
Impiegai
qualche minuto per calmarmi, il cuore batteva all’impazzata.
Notai
che Shu non era più nel letto.
Mentre
facevo vagare lo sguardo nella camera semi-buia, una figura
nell’ombra mi causò
un secondo infarto.
Gridai,
lanciando la prima cosa che mi trovai tra le mani:
l’abat-jour si infranse
contro il muro e Subaru la evitò per un soffio.
“Sei
impazzita?”, commentò, guardando i pezzi di
porcellana ai suoi piedi.
“E
tu vuoi farmi venire un colpo?”
Ero
sicura che la convivenza con quei vampiri mi avrebbe portato ad avere
un
infarto precoce.
L’albino
grugnì qualcosa, iniziando a raccogliere i cocci della
lampada, sparpagliati
sul pavimento.
Mi
avvicinai, per aiutarlo, e nel farlo inciampai su un piccolo rametto ai
miei
piedi.
“Si
può sapere che ti è preso?”
Ignorai
quel dettaglio, avvicinandomi al vampiro.
“Mi
hai spaventata, non ti avevo visto! Dovreste imparare a bussare. - ,
colpii il
pavimento con un pugno, simulando il bussare sulle porte –
hai presente?”
“Non
mi riferivo a quando hai tentato di ammazzarmi. Perché
urlavi nel sonno?”
Rimasi
con un pezzo di porcellana sospeso fra le dita.
“Oh…
mi hai sentita.”
“Tutti
ti hanno sentita.”
Arrossii
per l’imbarazzo.
“Ho
avuto un incubo.”
Depositammo
i frammenti dell’abat-jour sul mio comodino, e pensai che
Reiji non ne sarebbe
stato contento.
“Vuoi…
parlarne?”
Riportare
il sogno alla memoria non mi sembrava una buona idea, scossi il capo.
“È
a causa di mio padre? Se è per lui-”
“Non
è per lui – lo interruppi – non ho
sognato lui.”
Subaru
mi osservò, probabilmente aspettando che aggiungessi altre
informazioni, ma non
volevo nominare il defunto fratellastro, non volevo dirgli come, nel
sogno,
aveva tentato di azzannarmi.
Per
fortuna, o sfortuna, mi resi conto che lo sguardo color rubino del
vampiro era
fisso sulla mia mano e realizzai di essermi tagliata, poiché
del sangue
fuoriusciva dal palmo.
I
miei occhi corsero a Subaru, che, lo capii immediatamente, faticava a
mantenere
il controllo.
Non
mi mordeva da parecchi giorni, come se volesse punirsi per qualcosa.
O
forse perché avevo perso il ragazzo che amavo.
Mi
strappò un lembo della maglietta che indossavo e sussultai,
ma usò la stoffa
per avvolgere la ferita.
“Devi
disinfettarla.”, annunciò con tono incolore.
Assentii,
mentre lui si avviava fuori dalla stanza.
Abitare
in quella villa doveva avermi bruciato tutti i neuroni,
perché lo fermai.
“Subaru!
–, srotolai il bendaggio improvvisato e allungai la mano
verso di lui – puoi
farlo.”
Ero
certa che l’altro avesse capito a cosa mi riferissi.
Lo
vidi esitare un istante e stringere le mani in un pugno, come se stesse
combattendo contro sé stesso.
Poi
mi fu addosso.
Mi
sentii circondare la vita con un braccio, mentre con l’altra
mano mi afferrava
il polso.
Lo
addentò con forza e soffocai un gemito.
Brava,
te le vai pure a cercare!
Rimproverò
la voce della mia coscienza.
D’altronde,
non trovavo giusto che rinnegasse la sua natura perché ero
in lutto.
I
suoi fratelli continuavano ad attingere dal mio sangue indisturbati, un
morso
in più o in meno non avrebbe fatto la differenza.
E
a Subaru cedevo ben volentieri il mio sangue.
Tuttavia
non accennava a fermarsi, le zanne bruciavano sulla pelle, e se avesse
continuato così, avrei perso tutte le energie.
“S-
subaru…”, mormorai, mi iniziava a girare la testa.
Il
vampiro sollevò i suoi occhi rosso cremisi ed
incrociò i miei.
Si
decise ad estrarre i canini e leccò i buchi che mi aveva
procurato, poi passò
al taglio che avevo sul palmo della mano.
Nonostante
ciò, non ritrasse il braccio intorno alla mia vita, ma
continuò ad osservarmi
in silenzio, e immaginai cosa gli passasse per la testa.
Non
lo respinsi, probabilmente perché volevo dimenticare
quell’orribile sensazione che
mi aveva lasciato l’incubo avuto e, tra le sue braccia, mi
sentivo al sicuro.
Non
dissi nulla, semplicemente lo fissai di rimando.
Ma
lui si allontanò repentinamente.
Borbottò
delle scuse e scomparve nel nulla.
Meglio
così, forse…
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 - Dangerous golden eyes - ***
Capitolo
7 - Dangerous
golden eyes -
Scesi
nella cucina, piuttosto silenziosa, ma in fondo erano appena le dieci e
i
Sakamaki restavano chiusi nelle proprie stanze per la maggior parte
della
mattinata.
Decisi
di mangiare latte e biscotti, mentre pensavo a cosa indossare per
andare dai
Mukami.
Mi
tornò in mente il pub nei pressi del parco Ueno, forse
avremmo potuto pranzare
lì. Ricordavo che il venerdì, a pranzo, quel
gruppo di jazzisti replicava lo
spettacolo della sera precedente.
Così
scrissi a Kou per proporgli l’idea.
Ero
certa che lui avrebbe accettato di buon grado, senza aver bisogno di un
preavviso, ma bisognava convincere il
“capo-famiglia” ed io non ero brava nel
dissuadere Ruki.
Terminai
la colazione e, come previsto, ricevetti per risposta un “sembra divertente, andiamoci!”.
Gli
feci notare che c’era la possibilità di ricevere
un no da parte di Ruki, ma Kou
mi rassicurò che lo avrebbe convinto.
Piena
di entusiasmo, invitai anche le mie amiche a pranzare con noi.
Salii
in camera e frugai nell’armadio, in cerca di qualche outfit
interessante.
Tirai
fuori un vestito nero a quadri, con un piccolo spacco sul lato sinistro.
Feci
una doccia veloce, poi controllai il cellulare: sfortunatamente Yuki
era già
impegnata, ma Natalie aveva accettato, pur sapendo che i Mukami
sarebbero stati
presenti.
Un
sorriso diabolico mi arricciò le labbra: prima di rientrare
a scuola, lei e Kou
sarebbero diventati amici. E magari qualcosa in
più…
In
realtà, non sapevo se fosse una buona idea assecondare la
loro attrazione.
Non
ero sicura che Kou fosse il ragazzo adatto a Natalie, se lei avesse mai
deciso
di frequentarlo.
E
anche se Kou sarebbe potuto diventare un “bravo
ragazzo”, cosa di cui dubitavo,
sarebbe comunque rimasto un piccolo problema di fondo: lui è
un vampiro.
Scacciai
tutti quei pensieri, ripromettendomi che non avrei fatto nulla per
avvicinarli,
ma neppure per separarli.
Se
Kou avesse ferito la mia amica, ci avrei pensato io a sistemarlo.
Così
come mi stavo occupando della questione
“Yuki/Ayato”.
Ci
accordammo di trovarci al parco alle undici.
Uscii
dalla camera e mi precipitai in quella di Shu: in
quell’istante ricordai che
sarebbe stato lui ad accompagnarmi dai Mukami e che, forse,
l’idea di mangiare
fuori, in un locale gremito di persone, non lo avrebbe fatto felice.
Bussai
alla sua porta, in qualche modo l’avrei convinto.
Nessuna
risposta.
Bussai
nuovamente, in modo impaziente, non mi avrebbe sorpreso scoprire che
Shu dormiva
ancora.
Ma
una risata femminile mi spinse ad entrare: con orrore notai Shu
accovacciato
contro il muro, con un braccio e la camicia sporchi di sangue, e di
nuovo
sentii una risata elegante: i miei occhi corsero all’angolo
opposto della
stanza, dove sostava una donna dai lunghi capelli biondi, raccolti in
due
codini.
Indossava
un abito raffinato, quasi ottocentesco, di colore nero, lungo fino alle
ginocchia.
Il
suo sguardo incrociò il mio, le sue iridi dorate brillarono,
mentre sorrideva
malvagiamente.
“Mitsuko,
va’ via.”, mi intimò Shu, mentre si
lanciava sulla donna.
Lei
scartò a sinistra, evitando il colpo, e sferrò un
calcio nell’addome di Shu,
spedendolo a terra.
“Mi
aspettavo di più da un Sakamaki.”,
commentò, mentre si preparava ad affondare
le unghie affilate nel suo petto.
Razionalmente,
la prima cosa da fare sarebbe stato chiamare gli altri, ma in quel
momento,
l’unico pensiero che riuscii a formulare fu quello di
impedirle di ferire il
vampiro: con un balzo mi lanciai su di lei ed entrambe finimmo sul
pavimento.
Ma
l’altra si riprese velocemente, mi afferrò per il
collo, sollevandomi da terra
come fossi una piuma.
Quando
sorrise, compresi da dove proveniva la sua forza sovrannaturale: era
una
vampira.
Mi
lanciò a qualche metro di distanza, l’impatto col
pavimento fu doloroso, la
schiena faceva male a tal punto che stentavo a muovermi.
Vidi
la bionda avanzare verso Shu, che aveva gli occhi chiusi e non
accennava a
muoversi.
Qualcosa
scattò dentro di me: non avrei perso un altro Sakamaki.
Sollevai
una mano, desiderando con tutta me stessa di poter fare qualcosa per
fermarla: fu
in quel momento che un piccolo ramoscello iniziò a
strisciare sul pavimento e si
attorcigliò intorno alla caviglia della sconosciuta, che,
colta di sorpresa, la
ritrasse.
Ma
la radice continuò a salire, si arrampicò su per
il suo corpo, intrappolandole
i polsi e poi avvolgendola interamente.
Lei
emise un verso di stizza e usò la sua forza per liberarsi da
quella “gabbia di
legno”, riuscendo a spezzare i rami.
Osservai
la scena incredula, alternando lo sguardo dalla vampira alla mia mano,
quasi
del tutto sicura che fossi io l’artefice di quello strano
evento.
Tuttavia
la sconosciuta era ormai libera, ma non rivolse la sua attenzione a
Shu, bensì
guardò me dritto negli occhi, e sorrise per
l’ennesima volta, compiaciuta.
“Sei
pronta.”, annunciò enigmatica.
Mosse
alcuni passi nella mia direzione, e provai a rimettermi in piedi per
fuggire, ma
il dolore alla schiena mi costrinse a restare sdraiata.
Si
chinò verso di me, come a volermi afferrare, ma
sollevò il capo all’improvviso,
gettando un’occhiata fuori dalla stanza.
“Dannazione.”,
fu l’ultima cosa che disse, prima di sparire nel nulla.
***
Stare
tra le braccia di Subaru mi causava sentimenti contrastanti: la sua
pelle era
piuttosto fredda, eppure, accoccolata al suo petto, sentivo un calore
espandersi in tutto il corpo.
“Davvero
Subaru, posso camminare.”
Il
vampiro mi lanciò un’occhiata severa,
probabilmente perché il mio precedente
tentativo di rimettermi in piedi era fallito miseramente.
Venni
adagiata sul divano del salotto e una smorfia mi increspò le
labbra: ero ancora
indolenzita per l’impatto col pavimento.
Reiji
si accomodò di fronte a me.
“Ripetimi
cos’è accaduto.”
“Come
sta Shu?”, domandai.
L’avevo
visto rimettersi in piedi, ma era ancora pieno di cicatrici e
barcollante,
quella psicopatica lo aveva conciato proprio male.
“Si
riprenderà. –, tagliò corto il vampiro
occhialuto – dunque?”
Subaru
si posizionò alle mie spalle, scrutando il mio corpo,
probabilmente in cerca di
qualche ferita. O morso.
Ma
non ne avevo alcuna. A parte la schiena a pezzi.
“Sono
entrata nella stanza di Shu e l’ho trovato sanguinante,
mentre quella rideva.”
Reiji
si portò due dita sulla tempia e la massaggiò:
“Come diavolo si è lasciato
picchiare così.”
“Era
molto forte. -, mi sentii in dovere di specificare – sembrava
allenata per combattere.”
“E
tu non hai idea di chi possa essere?”
Scossi
il capo.
“Pensavo
che Shu la conoscesse, magari qualche ex molto arrabbiata.”
“Nessuna
ex arrabbiata.”, dichiarò uno Shu comparso dal
nulla.
“Shu!”
Balzai
a sedere, tuttavia la mano decisa di Subaru mi costrinse a restare
stesa.
Il
primogenito era ancora un po’
“ammaccato”, con qualche taglio qua e
là, ma la
maggior parte delle ferite era guarita e aveva cambiato la camicia
sporca di
sangue con una nuova.
“Come
sta?”, domandò.
“Ha
sbattuto sul pavimento, ma non riporta alcun livido.”,
rispose Subaru.
Shu
parve sorpreso.
Effettivamente,
l’ultima volta che ero stata scaraventata così da
Isabelle, ero coperta di
lividi e mi ci era voluta una settimana per rimettermi completamente.
Mentre
adesso non riportavo neanche un graffio e sentivo di poter camminare
normalmente.
“Come
ti ha ridotto così?”, domandò Reiji.
“Mi
ha colto di sorpresa.”
Probabilmente
Shu poltriva come al solito, e questo doveva essere stato uno
svantaggio, fosse
stato sveglio e attento, si sarebbe accorto dell’intrusione.
Reiji
sospirò.
“Comunque
sia, dobbiamo scoprire la sua identità e cosa
voleva.”
“Potrebbe
avere a che fare con nostro… con Karl Heinz.”,
commentò Subaru.
Shu
concordò con lui, tuttavia, sentii che mancava qualcosa.
“Sembrava
più intenzionata a uccidere Shu – replicai, - non
ha prestato molta attenzione
a me, se non quando-”
Ripensai
a quello che era accaduto: quei ramoscelli spuntati dal nulla, che
l’avevano
intrappolata per un breve istante.
“Quando?”,
mi esortò Reiji.
Mi
fidavo dei Sakamaki, ma era ancora troppo presto per annunciare
qualcosa di
così eclatante.
Prima
avrei dovuto fare luce sulla questione per conto mio.
“Quando
le ho impedito di ucciderlo.”
Ero
sicura che lui fosse privo di coscienza e non avesse notato quella
sorta di… magia.
Reiji
annuì.
“Dobbiamo
fare attenzione – annunciò infine – non
mi sorprenderebbe scoprire che Karl
Heinz voglia toglierci di mezzo.”
L’idea
mi fece rabbrividire: era capace di tanto?
Non
si era fatto scrupoli ad aizzare i Cacciatori, certo, ma mandare una
specie di vampira
mercenaria per far fuori i propri figli…
Mi
convinsi che era opera di qualcun altro, anch’egli
intenzionato a sbarazzarsi
dei Sakamaki, ma conscio delle mie capacità.
D’altronde
la vampira dagli occhi dorati aveva esordito con un “sei
pronta”, dopo la
vicenda con i rami.
Cosa
mi stava succedendo?
VAMPIRA
MISTERIOSA DAI CAPELLI BIONDI
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 - Unexpected events - ***
Capitolo
8 - Unexpected
events -
Il
parco Ueno era chiassoso, pullulava di gente e tutti erano intenti a
svolgere
un’attività ben precisa: chi correva, desideroso
di perdere qualche chilo di
troppo; chi sedeva sotto un albero, per cercare un riparo dal caldo
estivo; chi
si limitava a passeggiare con il proprio compagno, e qualche bambino
rincorreva
l’amico del cuore.
Kou
rimase ad osservare proprio un gruppo di tre fanciulli, intenti a far
volare un
aquilone.
L’oggetto
continuava a incartarsi nel suo stesso filo, e faticava a prendere il
volo.
Si
avvicinò a uno dei bambini, e questo lo fissò
timoroso.
Kou
gli sorrise e si propose di aiutarli.
Così,
il bambino che possedeva l’aquilone, più impavido,
si presentò a Kou, dicendo
di chiamarsi Toma, e gli porse il giocattolo rivestito di carta.
Il
vampiro sistemò il filo attorcigliato e aspettò
la giusta folata di vento,
ringraziando i suoi sensi super sviluppati: l’aquilone si
librò nell’aria,
spiccando il volo.
I
tre bambini esultarono gioiosi, Kou restituì il filo a Toma,
che lo ringraziò,
pieno di entusiasmo, poi corse via insieme ai suoi amici.
“Quindi
sai anche essere gentile.”, disse una voce femminile
all’improvviso.
Si
voltò, trovandosi davanti una Natalie sorridente.
Era
la prima volta che la vedeva sorridere così, lo sorprese una
strana fitta nel
petto, ma non ci badò troppo.
“Un
Idol deve godere di una buona reputazione.”
Il
sorriso di Natalie si affievolì, mentre roteava gli occhi al
cielo.
“Credevo
di essere in ritardo, ma pare ci siamo solo noi.”,
commentò la ragazza,
guardandosi intorno.
“I
miei fratelli devono essere qui nei dintorni. Azusa voleva un
gelato.”
“Non
credo di averlo mai incontrato.”
Kou
ritenne più saggio mettere Natalie in guardia su quanto
Azusa riuscisse ad
essere… particolare.
“Da
bambino è stato vittima di bullismo, possiamo dire.
– spiegò – questo l’ha un
po’ traumatizzato.”
Natalie
parve sinceramente dispiaciuta.
“Farò
del mio meglio per metterlo a suo agio.”
Kou
le rivolse un piccolo sorriso, poi qualcos’altro
richiamò la sua attenzione, un
istinto che credeva di poter tenere
sotto controllo.
I
suoi occhi percorsero la figura di Natalie, ed eccolo lì, il
motivo del richiamo: sulla gamba
sinistra, la
ragazza aveva un piccolo taglio, una ferita minuscola ed insignificante.
Eppure
non aveva mai bramato così tanto il sangue di qualcuno.
Sentì
i canini allungarsi e impiegò tutto il suo autocontrollo per
non saltarle
addosso.
“Sei
ferita-”, riuscì a mormorare.
Natalie
seguì lo sguardo del biondo, notando il taglietto sulla sua
coscia.
“Oh
tutta colpa del rasoio di mia sorella. -, commentò lei
– ma non è nulla, sto
bene.”, lo rassicurò.
Nuovamente
gli sorrise, il pensiero che lui si fosse preoccupato le donava una
piacevole
sensazione nel petto.
Fortunatamente,
il sorriso di Natalie servì ad acquietare l’animo
di Kou.
“Oh
ecco i tuoi fratelli!”, esclamò lei, salutando il
trio che si avvicinava.
Azusa
gustava il suo cono con entusiasmo, come fosse il dono più
bello che la vita
avrebbe potuto fargli.
“Natalie,
ti presento Azusa.”
Il
vampiro smise di leccare il proprio gelato e puntò i suoi
occhi spenti sulla ragazza, che
senza
esitazione gli porse la mano.
Tuttavia
Azusa non fece altrettanto e Natalie dovette ritrarla, pensando a un
altro modo
per approcciare il ragazzo.
“Qual
è il tuo gusto preferito?”, domandò,
indicando il gelato.
“Vaniglia.”,
annunciò Azusa in un mormorio.
“Il
mio è-”
“Il
gusto alla pera.”, l’anticipò Kou,
lasciandola di stucco.
Come
faceva a ricordarlo?
Ruki
si rivolse al fratello.
“E
Mitsuko?”
“La
tua ragazza non è ancora
arrivata.”
Yuma
trattenne un ghigno, mentre Natalie sollevò lo sguardo su
Ruki, incuriosita
dalla frase di Kou, nello specifico quel “la
tua ragazza”.
Che
Ruki avesse un debole per la sua amica?
Il
fratello maggiore lanciò un’occhiataccia al biondo.
“Probabilmente
quell’idiota si è addormentato –,
annunciò Yuma – e le sta facendo fare
tardi.”
Proprio
in quel momento, il cellulare di Natalie iniziò a suonare.
“Oh
è lei!”, esclamò, richiamando
l’attenzione di tutti i Mukami.
“Ciao!
Noi siamo qui... – la ragazza assunse
un’espressione preoccupata – …vuoi che
venga?”
Ruki
cercò di origliare la conversazione.
“Capisco,
non preoccuparti! Se hai bisogno chiama.”
Una
volta chiusa la telefonata, la ragazza spiegò che Mitsuko
non sarebbe potuta
venire per via dell’influenza.
Diceva
di sentirsi poco bene, e tutto ciò di cui aveva bisogno era
un po’ di riposo.
“Si
scusava con tutti.”, concluse Natalie.
Ruki,
Kou e Yuma si scambiarono un’occhiata complice, ben consci
che ci fosse
qualcosa sotto, qualcosa che Mitsuko voleva tener nascosto, altrimenti
non
avrebbe mai rinunciato all’uscita, sarebbe venuta anche con
l’influenza, pur di
trascorrere del tempo con loro e soprattutto con la sua amica.
“Allora
torniamo a casa.”, decretò quindi Ruki.
Natalie
sembrò dispiaciuta.
“Voi
andate, vi raggiungo dopo. -, commentò Kou. –
accompagno la brunetta a casa.”
Sentendosi
chiamare in causa, la ragazza lo rassicurò che se la sarebbe
cavata benissimo
da sola, tuttavia il vampiro la ignorò bellamente, salutando
i suoi fratelli.
Natalie
fece lo stesso e insieme a Kou si avviarono verso la metro.
Camminarono
per qualche istante in silenzio, lei scrutava il ragazzo di sottecchi:
il sole
metteva in risalto la sua pelle chiara, quasi bianca; indossava un paio
di
pantaloni neri e una semplice camicia, con le maniche arrotolate fino
ai
gomiti.
Dovette
ammettere a sé stessa che era attraente, capiva come mai
tante ragazze cadevano
ai suoi piedi.
E
oltretutto, aveva davvero una bella voce, come aveva avuto modo di
constatare
sulla spiaggia di Odaiba.
Kou
si voltò a guardarla e le rivolse un piccolo sorriso.
Stranamente
non avevano ancora avuto un battibecco e questo quasi la metteva a
disagio.
Forse
disprezzarlo era un buon modo per tenere a bada
quell’attrazione per lui, che
cercava di reprimere.
Una
coppia di ragazze si parò davanti al biondo e, dal modo in
cui trattenevano
l’entusiasmo, dovevano aver riconosciuto l’Idol,
infatti gli chiesero un
autografo, che Kou dispensò volentieri, ma si
stupì nel notare che Natalie non
aveva fatto una piega.
Quando invece,
solitamente, assumeva un’espressione seccata.
Le
due ragazze la fissarono incuriosite.
“È
la tua ragazza?”, volle sapere quella dai capelli rossi.
Natalie
sgranò gli occhi, sicura di essere arrossita, e Kou
ridacchiò.
“Non vuole essere nemmeno mia amica. – rispose
ironico, – buona giornata
ragazze.”
Le
superò, afferrando la mano di Natalie e trascinandola con
sé.
Questa
non ebbe neppure la forza di ribattere, ne’ di liberarsi
della presa di Kou,
ancora troppo in imbarazzo.
Perché
quella domanda l’aveva mandata in crisi?
La
risposta arrivò quando Kou lasciò la sua mano,
ormai giunti alla fermata della
metro: per un istante aveva immaginato come sarebbe stato essere la sua
fidanzata.
E
ciò che la sconvolgeva, era l’aver realizzato che
l’idea non le dispiaceva
affatto.
Per
quel motivo, Natalie decise che avrebbe proseguito per conto suo.
“Da
qui posso continuare da sola.- , affermò – sono un
paio di fermate e, una volta
uscita dalla metro, casa mia si trova a pochi passi.”
“D’accordo
brunetta, se preferisci, ci salutiamo qui.”
“Grazie
per avermi accompagnato.”
Kou
accennò un mezzo sorriso e le si avvicinò
pericolosamente.
“In
questo mondo, imparerai che non si fa nulla, senza ottenere qualcosa in
cambio.”
Le
sussurrò vicino all’orecchio.
“Quindi
non era per la mia compagnia, ma perché vuoi qualcosa in
cambio!”
Natalie
impiegò tutte le sue energie per non balbettare, era
abbastanza furiosa da
riuscire ad ignorare i pochi centimetri che li dividevano.
“La
tua compagnia è proprio ciò che ho avuto in
cambio. –, spiegò invece Kou –
sempre che tu non voglia darmi qualcos’altro.”
Non
attese una risposta, le fece l’occhiolino e andò
via, sapendo che lei non
gli avrebbe dato nient’altro.
Ma,
col tempo, lui se lo sarebbe preso.
***
Ruki,
Yuma ed Azusa erano ormai giunti al punto in cui era parcheggiata la
loro
limousine.
Tuttavia
Ruki non seguì i due fratelli all’interno della
vettura.
“Sappiamo
entrambi che è successo qualcosa a villa Sakamaki.”
Yuma
annuì.
“Sarà
meglio che vada a dare un’occhiata.”
Azusa,
che aveva terminato il suo gelato, rivolse la sua attenzione al
fratello.
“Posso
venire a trovare Mitsuko?”
Il
maggiore dei Mukami scosse il capo.
“Non
siamo ben accetti in quella magione, è bene che vada solo
uno di noi.”
“E
perché proprio tu?”, si intromise Yuma, con un
sorriso strafottente, già
conoscendo il motivo.
“Perché
sono il capo famiglia.”, si assicurò di
specificare Ruki.
“Potresti
salutare Mitsuko per me?”
Ruki
annuì, un piccolo sorriso a curvargli le labbra:
“Certo Azusa, lo farò.”
Così
i due fratelli si avviarono verso casa, mentre Ruki cercò un
posto isolato per
potersi teletrasportare.
Avrebbe
scoperto cos’era successo a Mitsuko con o senza il consenso
dei Sakamaki.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 - Investigations - ***
Capitolo
9 -
Investigations -
Disdire
l’uscita non era stato facile.
Ero
così entusiasta di poter mangiare fuori, in compagnia della
mia amica e dei
Mukami, una parvenza di normalità, nella mia vita caotica.
E
invece avevo dovuto rinunciarci.
Non
perché non mi fossi rimessa, dopo l’incidente con
la vampira dagli occhi
dorati.
Sentivo,
anzi, di essere in pieno possesso delle mie forze.
Ma
dovevamo far chiarezza sull’intera vicenda.
Reiji
e Shu si erano messi a indagare sui vampiri presenti nella zona, ma
dubitavano
che a Tokyo ce ne fossero altri, Mukami a parte.
Probabilmente
le loro ricerche si sarebbero estese oltre Tokyo.
Subaru
aveva informato Ayato e Kanato di quello che era successo, considerato
che il
primo era in cucina a mangiare Takoyaki, mentre il secondo era stato
impegnato
con le sue bambole di cera.
Ancora
non mi ero abituata a quell’idea, ogni volta mi faceva
rabbrividire.
E
poi… io dovevo risolvere un’altra questione.
Motivo
per il quale era quasi un’ora che tenevo il braccio
sollevato: tentavo
disperatamente di far comparire nuovamente qualcosa, ma sembrava uno
sforzo
inutile.
Che
mi fossi immaginata tutto?
Mi
accomodai sul letto, abbassando il braccio, che formicolava per essere
rimasto
tanto tempo sospeso a mezz’aria.
Non
potevo essermi immaginata tutto, la vampira ne era stata testimone.
Chiusi
gli occhi e inspirai a fondo.
Quando
li aprii nuovamente, focalizzai la mia attenzione sul palmo della mano.
“Avanti, fa’ che succeda
qualcosa.”, pensai
fra me e me.
Una
piantina crebbe all’improvviso, dal centro della mia mano,
crebbe fino a
sbocciare in una bellissima rosa.
La
presi con l’altra mano, e me la rigirai tra le dita,
sbigottita.
Dunque
non era solo il legno, il mio forte.
Cos’altro
ero in grado di fare?
Com’era
possibile che fossi in possesso di tali poteri?
Per
un istante il panico prese il sopravvento, faticavo a respirare, ogni
certezza
stava svanendo nuovamente.
Forse
era legato alla mia discendenza, eppure non avevo sentito alcuna storia
a
riguardo.
Non
ero certa di poter affrontare anche questo, la mia vita era
già abbastanza
movimentata.
Del
baccano dal piano di sotto richiamò la mia attenzione:
mollai la rosa sul letto
e provai a ricompormi, poi scesi per controllare cosa stava succedendo.
Riconobbi
la voce di Ayato e…
“Ruki?”
Il
Mukami sobbalzò appena, sentendo chiamare il suo nome.
Mi
ritrovai Ayato accanto, mi afferrò per le spalle e mi fece
ruotare su me
stessa, ignorando le mie lamentele.
“Come
vedi la mia Tavoletta sta
bene.”
Pose
enfasi sul “mia” e giurai di aver visto Ruki
storcere il naso.
“Allora
perché non è potuta venire?”
Non
avrei voluto allarmare Ruki, ma sarebbe stato inutile nascondergli
quello che
era successo, magari i Mukami avrebbero potuto dare una mano.
Mi
liberai della presa di Ayato e mi avvicinai all’altro.
“Una
vampira ha aggredito Shu.”
Ruki
sembrò sinceramente stupito: “Una
vampira?”
“Alta,
bionda, occhi color oro, unghie affilate.”, descrissi
brevemente.
“Che
voleva da vostro fratello?”
Ayato
scrollò le spalle.
“Non
ne abbiamo idea, - risposi, - non sappiamo chi sia.”
Ruki
parve rifletterci su un momento.
“Potrebbe
essere legata a quell’uomo.”
Tutti
erano giunti a questa conclusione, eppure continuavo ad avere questa
sorta di presentimento: qualcosa mi
diceva che
Karl Heinz non era coinvolto in questa storia.
Mi
domandai se lui fosse a conoscenza delle mie capacità.
“Lo
pensiamo anche noi.”
Reiji
comparve all’improvviso nel salotto, seguito da Shu.
Ruki
osservò il maggiore dei Sakamaki, notando ciò che
restava delle sue ferite.
“Qui
a Tokyo, siamo gli unici vampiri presenti. Quindi, per condurre altre
ricerche,
ci sposteremo.”
Lanciai
un’occhiata a Shu: temevo per la loro incolumità,
non volevo che si cacciassero
nei guai a causa mia.
Lui
ricambiò con uno sguardo imperturbabile, dimenticavo che
nulla riuscisse a
scalfire il vampiro, come se qualsiasi cosa, oltre al suo poltrire con
le
cuffie nelle orecchie, fosse irrilevante.
“Ayato
– chiamò Reiji – tu e Subaru
sorveglierete a turno la casa, mentre saremo via.”
Ayato
acconsentì immediatamente.
Ruki
soppesò la situazione, prima di parlare.
“Potremmo…
dare una mano.”
A
rispondergli a tono, con un secco no, fu il vampiro dai capelli rossi,
ma Shu
decise di intervenire.
“Credo
che sia una buona idea. – annunciò, ignorando il
dissenso del fratellastro –
Quella vampira potrebbe tornare e, mentre noi combattiamo seguendo
l’istinto,
lei è addestrata. Potrebbe anche portare con sé
qualcun altro, addestrato in
egual modo, e voi sareste in svantaggio.”
Reiji
convenne che era necessario unire le forze delle due famiglie, per
quanto
restìo.
“Tu
e i tuoi fratelli… - il vampiro occhialuto si prese del
tempo per continuare,
quello che stava per dire doveva costargli fatica. – Voi
potrete venire a stare
qui, durante la nostra assenza.”
Ayato
spalancò la bocca, incredulo, e poi, dopo aver borbottato
qualcosa, svanì nel
nulla.
Ruki
stesso rimase sbalordito da tale proposta ma, dopo una rapida occhiata
nella
mia direzione, accettò.
“Comunicherò
la situazione ai miei fratelli, stasera ci trasferiremo.”,
annunciò.
Shu
gli fece un cenno col capo.
“Ti
saluta Azusa.”, mi comunicò il Mukami, prima di
scomparire.
Sorrisi,
anche se non avevo avuto modo di ricambiare, ma sarebbero venuti presto
nella
villa, avrei potuto parlarci di persona.
Mi
avvicinai quindi ai due Sakamaki.
“Quanto
starete via?”
“Massimo
un paio d’ore.”, rispose Reiji, sistemando gli
occhiali sul naso.
“Fate
attenzione.”, mi raccomandai, decisamente preoccupata.
Shu
mi diede due colpetti sulla testa, compresi che era il suo modo per
rassicurarmi.
“Mitsuko,
affido a te questa villa, sei certamente più adatta dei miei
fratellastri per
prendertene cura.”
La
frase pronunciata da Reiji quasi mi commosse, non credevo che avrebbe
mai messo
da parte il suo orgoglio e confessato che una semplice umana avrebbe
potuto
sostituirlo, nel ruolo di capo-famiglia.
Ripensai
a com’ero trattata inizialmente, quand’ero una mera
Sposa Sacrificale e il mio
unico scopo era offrire il mio sangue.
Mentre
ora mi veniva affidato il compito di occuparmi della casa.
Un
nodo in gola mi impedì di rispondere, così mi
limitai a sorridere.
Reiji
interpretò quel sorriso come un “mi
prenderò cura della magione e degli altri”,
e si avviò nel suo studio,
probabilmente per preparare ciò che occorreva durante il
viaggio.
“Potresti
comprare un cellulare, così ci terremmo in
contatto.”
Shu
inarcò un sopracciglio, suo tipico quando valutava le mie
frasi bizzarre o
ridicole.
“Saremo
presto di ritorno.”
Nonostante
quella promessa implicita, non mi piaceva l’idea che dessero
la caccia ad una
vampira sanguinaria, ma almeno sarebbero stati insieme.
Era
anche un ottimo modo per mettere da parte le loro divergenze passate, o
almeno
lo speravo.
“Vado
ad informare Subaru, non credo la prenderà bene.”,
annunciai.
Shu
mi lanciò un’occhiata: “Credo di
no.”
Ed
entrambi sapevamo bene che non era per una questione
d’orgoglio, come lo era
per Ayato, piuttosto perché tra l’albino e uno in
particolare dei Mukami si era
creata una sorta di rivalità.
Mi
avviai nel roseto e Shu si abbandonò su un divano: quanto
invidiavo la sua
spensieratezza.
***
Nella
serra ricolma di rose, non c’era traccia di Subaru.
Mi
domandai dove altro potesse essere, avevo controllato nella sua stanza
e
nuovamente nel salotto, per assicurarmi che non fosse andato
lì mentre ero nel
roseto.
Mi
arresi e decisi di tornare nella mia camera, e fu proprio lì
che trovai Subaru:
sostava in piedi, con in mano la rosa che io stessa avevo creato.
Si
voltò quando avvertì i miei passi, seppur
silenziosi.
“È
una delle mie?”, domandò dubbioso.
Assomigliava
in tutto e per tutto alle sue rose rosse ma, in qualche modo, si era
reso conto
che non proveniva dal suo roseto, quindi mentire sarebbe stato
controproducente.
“No.”
Parve
sorpreso, probabilmente avrebbe voluto chiedere dove l’avevo
colta.
O
chi me l’aveva regalata.
Ma
non disse nulla e la posò sul letto, lì dove
giaceva in precedenza.
“Devo
dirti una cosa.”, annunciai, cercando le parole giuste per
evitare che
lasciasse l’ennesima crepa nel muro.
“Lo
so, i Mukami verranno a stare qui.”
“Ayato
te l’ha detto.”, dedussi.
L’albino
si accomodò sul mio letto, rigirandosi tra le dita la chiave
che portava appesa
al collo.
Mi
ero sempre chiesta quale lucchetto o serratura aprisse, Subaru non me
ne aveva
mai parlato.
“Pensava
l’avrei supportato nell’opporci.”
Presi
posto accanto a lui.
“E
lo supporti?”
Mi
guardò negli occhi per un istante.
“No.
No, credo sia la scelta giusta.”
Da
quando Subaru era diventato più ragionevole di Ayato?
“Ma
non ti aspettare che andremo troppo d’accordo.”,
aggiunse.
Sorrisi:
“Ne sono consapevole.”
Il
vampiro tenne gli occhi fissi sul pavimento.
Era
un mistero cosa gli passasse per la testa, al momento: non ero cieca
alle sue
attenzioni, notavo i suoi sguardi; sapevo bene che gli piacevo con la
stessa
intensità del giorno in cui, nel roseto, aveva confessato di
tenere a me, e
voleva che scappassi dalla villa solo per smettere di bere il mio
sangue.
Tuttavia
c’era qualcosa che lo frenava, e non si trattava
più di semplice imbarazzo, era
qualcosa di più grande.
Potevo
intuire di cosa si trattasse, sebbene l’argomento fosse una
sorta di tabù, tanto che
non riuscivo neppure a
pronunciare il suo nome.
Forse
sarebbe stato più facile lasciarlo andare, se non avesse
capito di amarmi in
punto di morte.
Quel
pensiero egoistico mi fece trasalire, ma cosa andavo a pensare?
Subaru
parve notare il mio animo inquieto, o probabilmente gli occhi umidi,
che
lottavano per ricacciare indietro le lacrime, così
allungò la sua mano verso la
mia, incerto.
Quando
le sue dita gelide mi sfiorarono, mi decisi a sollevare lo sguardo.
Le
sue iridi cremisi mi scrutavano attentamente, probabilmente aspettava
solo un
piccolo gesto, un consenso, che io
non riuscivo a dargli.
La
sua espressione indecifrabile mutò in una più
severa.
“I
Mukami sono qui.”
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 - Tension - ***
Capitolo
10 -
Tension -
Mentire
a Mitsuko non era stato affatto semplice, per quanto Shu si sforzasse
di
pensare che era la cosa giusta da fare, per il suo bene, odiava non
poter
essere sincero con lei e non l’aveva neppure salutata
un’ultima volta, prima di
andar via.
Ma
se avesse rivelato le sue vere intenzioni, lei non lo avrebbe mai
lasciato
partire.
Reiji
sedeva di fronte a lui, nella limousine, teneva le braccia incrociate e
gli
occhi puntati sul finestrino; Shu non seppe definire se guardasse il
paesaggio
esterno o semplicemente il vetro opaco.
Perfino
la musica classica nelle sue orecchie non riusciva a donargli la solita
quiete
interiore: aveva gli occhi chiusi, ma riposare era impensabile, al
momento.
“Credi
sia una buona idea?”, domandò al fratello minore.
Reiji
non spostò lo sguardo dal finestrino, ma sistemò
meglio gli occhiali che
indossava.
“Dobbiamo
cominciare da qualche parte.”
Shu
aprì solo un occhio, per osservare il fratello.
La
sua iride blu come l’oceano riluceva, quando i pali della
luce esterni
illuminavano l’interno della vettura.
Un
mezzo sorriso gli arricciò le labbra, prima che riuscisse a
impedirlo.
“Cosa?”,
domandò Reiji, cogliendo quel piccolo dettaglio.
“Non so se ho
più timore dell’incontro che
avremo a breve, o di Mitsuko se dovesse venirlo a sapere.”,
Confessò
Shu, provocando il divertimento anche del fratello.
Era
la prima volta, dopo quelli che sembravano secoli, che i due Sakamaki
si
sorridevano l’un l’altro, genuinamente.
“Se
posso permettermi, sembra che la signorina Yoshida abbia un
temperamento…
irruente.”, commentò George dal posto di guida.
“Ed
è così.”, ammise Reiji.
La
vettura parcheggiò davanti un imponente edificio, ricco di
finestre e statue di
pietra, dallo stile ottocentesco.
Reiji
e Shu raggiunsero il portone d’ingresso e, dopo un paio di
colpi sul legno
bianco, una donna, vestita con un completo da cameriera, li
invitò ad entrare.
I
due proseguirono nell’ampia sala, dove numerosi divani rosso
scuro si
accostavano ad un ampio camino, al momento spento.
La
domestica offrì loro del tè, per ingannare
l’attesa, ma entrambi rifiutarono.
“Il
signor Tougo vi riceverà a breve.”,
così dicendo, la donna sparì in qualche
stanza nelle vicinanze.
I
due Sakamaki attesero in silenzio, lanciando occhiate circospette in
giro.
Poi
una voce maschile.
“Figli
miei.”
Karl
Heinz fece il suo ingresso nel salone, con le braccia aperte e uno dei
suoi
falsi sorrisi stampato in faccia.
***
“Siete
in anticipo.”, borbottò Subaru.
Ritrovarmi
tre Mukami dentro la villa dei Sakamaki mi provocava una strana
sensazione, ma
non del tutto negativa.
Per
qualche motivo Kou mancava all’appello, probabilmente ci
avrebbe raggiunti in
seguito.
Temevo
comunque che, prima o poi, i membri delle due famiglie si sarebbero
azzuffati,
ma in cuor mio speravo che questa fosse l’occasione giusta
per farli
riconciliare definitivamente.
Si
dice che non tutto il male viene per nuocere e, se è un modo
dire, significa
che qualcuno lo ha constato in prima persona.
Sperai
di essere fortunata come quel qualcuno, almeno per una volta.
Il
primo a rompere il ghiaccio fu Azusa che, incurante della presenza di
Subaru,
mi venne incontro con un pacchetto.
Ruki
e Yuma restarono in disparte, ma il maggiore dei Mukami continuava a
gettare
occhiate nella direzione di Subaru, sicuramente ricordava bene il loro
precedente scontro.
“Scusa
se non sono venuto al tuo compleanno.”, annunciò
in un mormorio.
Gli
sorrisi: “Non preoccuparti Azusa.”
“Però
ti ho portato un regalo.”
Mi
porse il pacco, avvolto da una carta regalo blu scuro e con un piccolo
fiocco lilla
al centro.
“Grazie,
non dovevi!”
“Ti
ho… offeso?”, domandò lui insicuro.
Scossi
il capo con vigore e avrei voluto abbracciarlo, se non avesse avuto una
sorta
di fobia per le dimostrazioni d’affetto.
“Al
contrario, sono contentissima!”
Sollevai
il coperchio della scatola e strabuzzai gli occhi, riconoscendo uno dei
pugnali
che Azusa conservava nella sua stanza.
Aveva
il manico rosso, con dei ghirigori intagliati nel legno e la lama
argentea
riluceva pericolosamente.
Sembrava
molto affilato.
Tuttavia
non avevo intenzione di ferire i sentimenti del vampiro, apprezzavo il
pensiero, e non mi sarei di certo aspettata un cucciolo di cane, o un
profumo,
come regalo da parte sua.
“È
davvero molto bello!”
Incrociai
lo sguardo di Yuma, mi fissava con un cipiglio, ovviamente sapeva che
non mi
aspettavo quel genere di regalo, ma avrebbe dovuto conoscermi
abbastanza bene
da sapere che qualsiasi cosa sarebbe stata gradita: non era
l’oggetto in sé, di
cui mi importava, ma il gesto.
Tant’è
che Azusa mi donò il miglior sorriso che poteva sfoderare:
quindi curvò appena
le labbra e arrossì lievemente.
Subaru
probabilmente condivideva lo stesso pensiero di Yuma, ma dimenticava,
forse,
che lui stesso mi aveva donato un coltello, in passato, sebbene fosse
per un
motivo preciso: vale a dire disfarmi di lui e dei suoi fratelli.
Scossi
il capo a quell’idea, parevano trascorsi anni da quel giorno,
invece si trattava
solo di poco tempo fa, ed erano cambiate così tante cose in
un paio di mesi.
Io
ero cambiata.
Un
brivido mi percorse la schiena, mentre ripensavo a ciò che
ero in grado di
fare, quella strana magia che
scorreva dentro le mie vene.
Come
avrei dovuto comportarmi?
Desideravo
chiedere consiglio a qualcuno, e mi fidavo dei Sakamaki tanto quanto
dei
Mukami, ma come avrebbero potuto aiutarmi loro?
Abbassai
lo sguardo sulle mie mani, che ancora stringevano il regalo: stavano
tremando.
Tornai a guardare i presenti e notai che Ruki mi fissava: doveva aver
notato
qualcosa.
Mi
schiarii la voce.
“Questa
sera potremmo cenare insieme.”
Quella
parola mi ricordò che avevo saltato il pranzo e il mio
stomaco iniziò a
brontolare.
Sperai
che nessuno lo avesse sentito.
Subaru
mi osservò contrariato, non doveva essere entusiasta di
quella proposta.
“Ah?
Noi e loro?”, chiese
Yuma, come se
avessi pronunciato la peggiore delle eresie.
“Oree-sama
non mangerà mai allo
stesso tavolo in
cui siedono anche loro.”, annunciò un Ayato
sbucato dal nulla.
Al
suo fianco sostava Kanato, i suoi occhi non sembravano vitrei,
come al solito, ma erano adombrati dalla rabbia: non era
propriamente contento di avere quei tre in casa.
Ma,
in particolare, continuava a gettare occhiatacce in direzione di Azusa,
tuttavia quest’ultimo pareva non curarsene affatto.
“Io
credevo… credevo che avremmo potuto…”
“Scordatelo
tavoletta.”, proferì Ayato a denti stretti.
Poi
si rivolse ai Mukami.
“E
voi resterete qui.”
Lo
guardai stizzita, non poteva mica costringerli a restare seduti nel
salotto
fino al ritorno di Reiji e di Shu.
“E
perché dovremmo prendere ordini da te?”, si
lamentò Yuma, avanzando verso il
rosso.
“Perché
sono io a dare ordini in questa casa!”
Ayato
andò incontro a Yuma, entrambi furiosi.
Kanato
sorrideva senza allegria, pregustando la lotta che sarebbe avvenuta a
breve,
Ruotai
il busto, verso Subaru, ma sembrava essere scomparso nel nulla.
Quella
costatazione mi rattristò, speravo di poter contare su di
lui per tenere a bada
i fratelli.
Così
cercai lo sguardo di Ruki, che ricambiò immediatamente.
“Per
favore fermali!”
Seppur
apparentemente riluttante, il maggiore posò una mano sul
braccio del fratello,
provando a trattenerlo, così io feci lo stesso con Ayato.
“Stanne
fuori.”, strattonò il braccio, liberandosi
facilmente della mia presa.
Yuma
si ribellò al fratello, insistendo sul “dare una
lezione al viziatello”.
Ma
Ruki riuscì a convincerlo a desistere, così
provai un approccio diverso con
Ayato.
“Stasera
preparerò dei Takoyaki.”
Il
rosso girò di poco il capo, per guardarmi.
Bene,
avevo la sua attenzione.
“E
anche dei biscotti.”, aggiunsi, lanciando
un’occhiata a Kanato.
Ottimo,
avevo anche la sua attenzione.
“Chiunque
vorrà, potrà venire a mangiarli, ma non voglio
litigi. – dichiarai con un tono
severo – altrimenti nessuno avrà nulla.”
Trascorse
qualche secondo prima che Ayato sbuffasse, conscio che avevo il
coltello dalla
parte del manico.
Roteò
gli occhi, prima di parlare.
“Mi
aspetto dozzine di Takoyaki stasera, tavoletta, vedi di fare un buon
lavoro.”,
e così dicendo girò sui tacchi.
Kanato
strinse a sé Teddy, non aveva più alcun sorriso
stampato in faccia, e si
smaterializzò senza spiccar parola.
Tornai
a guardare i Mukami, Yuma
schioccò la lingua.
“Avrei
potuto sistemare quell’idiota.”,
annunciò, rivolgendosi al fratello.
“Non
ne dubito.”, rispose Ruki e vidi i due scambiarsi un mezzo
sorriso.
“Ragazzi
non siete costretti a restare qui, potete girare nella villa, o
all’esterno.”
Reiji
aveva lasciato a me il comando, non era Ayato a impartire ordini, e
avrei
trattato i Mukami con rispetto, poiché erano stati sempre
gentili quando avevo
pranzato nella loro villa.
“Cercate
solo di non bisticciare con i
Sakamaki, per favore.”
Yuma
non sembrava disposto a lasciar correre, ma alla fine annuì
seccato.
Azusa
mi guardò con i suoi occhi grandi e spenti,
ma sapevo che lui sarebbe stato l’ultimo ad attaccar briga.
Ruki
mi assicurò che, per non mancarmi di rispetto, avrebbe
evitato ogni battibecco.
Quell’affermazione,
per qualche motivo, mi fece arrossire.
“Dov’è
Kou?”, domandai.
Yuma
sfoderò un sorrisetto malizioso, al che sollevai un
sopracciglio, incuriosita.
“Ci
raggiungerà a breve.”, tagliò corto
Ruki.
Ma
mi stavano – evidentemente – nascondendo qualcosa.
Non
indagai oltre per il momento.
“Potete
accomodarvi qui, sistemo questo in camera – sollevai il pacco
di Azusa – e
torno immediatamente.”
I
tre assecondarono il mio volere, prendendo posto sui divani,
così mi incamminai
nella mia stanza, sperando che nessuno di loro si cacciasse nei guai
nel
frattempo.
KARL HEINZ/TOUGO SAKAMAKI
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 - Never too easy - ***
Capitolo
11 - Never
too easy -
Aprii
il cassetto e sistemai con cura il coltello che mi aveva regalato
Azusa,
posizionandolo accanto a quello di Subaru.
Mi
tornò in mente quando me lo aveva donato.
Desiderava
che lo uccidessi.
Ma
già allora non sarei stata in grado di compiere un atto
così terribile, sebbene
lo avessi usato per minacciare quel Cacciatore, Lee.
Quel
giorno, per un brevissimo istante, l’idea di togliergli la
vita mi aveva
solcato la mente.
Ero
così arrabbiata,
così piena di odio:
volevo fargliela pagare, perché mi
aveva portato via il ragazzo di cui ero innamorata.
Non
che lo avesse ucciso lui ma, indirettamente, era come se lo avesse
fatto,
perché aveva istigato i suoi compagni ad attaccare, e quindi
lo ritenevo responsabile
della sua morte.
Insieme
al caro Karl Heinz.
Richiusi
con un colpo secco il comodino e notai che sulla superficie, dove
ancora
giaceva l’abat-jour ridotta in pezzi, c’erano delle
gocce d’acqua: mi toccai il
viso, non mi ero neppure accorta di stare piangendo.
Tirai
su con il naso e provai ad asciugare le lacrime.
Una
mano sul fianco mi fece sobbalzare: credevo si trattasse di Subaru, ma
quando
mi voltai, incontrai un paio di iridi grigie e, apparentemente, prive
di
emozioni.
Ruki
piegò il capo da un lato, osservando meglio il mio viso.
Provai
a fuggire dal suo sguardo, chinando la testa, ma lui mi costrinse a
sollevarla,
poggiando due dita sotto il mento.
“Che
succede?”
Che
succede…
bella domanda.
Non
vedevo Takeshi da giorni, una psicopatica aveva tentato di uccidere
Shu, avevo
quei poteri, di cui non conoscevo la provenienza, ne’ se
fossero un pericolo
per me e per gli altri.
E
mi mancava… mi mancava…
“Quando
diventerà più facile?”, domandai
sommessamente.
“Cosa?”
“Tutto.
La vita.”
Ruki
fece scorrere le dita dal mento alla guancia, provocandomi un brivido
lungo la
schiena.
“Temo
mai.”
Sospirai,
ma ne ero consapevole, in fondo.
“Ma
non è per questo che vale la pena viverla? –
continuò il vampiro – se fosse
semplice, sarebbe una vita vuota e priva di significato.”
Scossi
il capo, mentre lui teneva la mano fissa sulla mia guancia.
“Le
difficoltà che dobbiamo affrontare ci mettono a dura prova,
è vero, ma ci fanno
sentire vivi.”
Detto
da un vampiro, un non-morto, sembrava quasi paradossale, ma dovetti
concordare
con lui.
Non
potremmo mai godere delle cose belle che ci capitano nella vita, se non
conoscessimo il dolore e la sofferenza, se non conoscessimo quanto
questa vita
può essere tanto misera, delle volte.
E
diventare così meravigliosa, nello sguardo gioioso di un
bambino; nella leggera
brezza fresca, durante una giornata troppo calda; o nel calore di un
abbraccio.
Mi
decisi a guardare Ruki negli occhi, le lacrime avevano smesso di
scendere.
Lui
si chinò sul mio collo e, inconsciamente, indietreggiai,
scontrandomi con il
comodino alle mie spalle.
Lo
vidi esitare e ritirare la mano dal mio viso.
Tuttavia
mi sporsi verso di lui: restava pur sempre un vampiro e, proprio come
Subaru,
era uno dei pochi che meritava veramente di bere il mio sangue.
“P-
puoi farlo.”, sussurrai, mentre mi dava le spalle.
La
scena era così familiare.
Ruki
ruotò il busto, un sorriso amaro
sul
viso.
Si
avvicinò nuovamente, afferrandomi per i fianchi e
stringendomi a sé.
Sussultai,
mentre il cuore pompava veloce nel petto: lui era pur sempre un ragazzo
–un bel
ragazzo – ed eravamo troppo vicini
per impedirmi di arrossire.
“Sai
che non è il tuo sangue ciò che voglio.”
Deglutii
a fatica.
“Allora
cosa?”, domandai con voce tremante.
“Sai
bene cosa.”
Certo
che lo sapevo.
Non
ero ingenua e tanto meno stupida, e lui aveva reso tutto fin troppo
chiaro,
oramai.
Si
abbassò nuovamente sul mio volto, eravamo decisamente troppo
vicini, e avrei
voluto allontanarlo, poiché sapevo di aver donato il mio
cuore già a qualcun
altro.
Ma
quel qualcun altro era così lontano e irraggiungibile.
Mi
sentivo tanto sola senza di lui,
nonostante fossi circondata da persone che tenevano a me.
Ma
nessuno di loro riusciva a colmare quel tipo
di solitudine.
Se
non… eccetto forse per…
Ruki
mi baciò senza chiedere alcun consenso.
Subaru
è stato più rispettoso.
Suggerì
una vocina.
Ma
Ruki sa quel che vuole e non ha
esitato a prenderselo.
Replicò
un’altra.
Le
labbra del vampiro, premute contro le mie, scacciarono entrambe le voci.
La
sua mano tornò a posarsi sulla mia guancia: il suo corpo non
era così freddo
come quello di Subaru, probabilmente perché era un vampiro
solo per metà.
Ma
sentivo che era sbagliato.
Lui
si staccò di colpo, lasciandomi confusa e barcollante.
“Disturbo?”,
la voce di Kou trasudava derisione.
Derisione
certamente rivolta a Ruki, che aveva cercato di sviare i sospetti del
fratello,
ma adesso ci aveva colti sul fatto.
“Finalmente
ti sei degnato a venire.”, rispose Ruki, provando ad usare un
tono di
rimprovero, per distrarlo da ciò che aveva visto,
probabilmente.
Kou
osservò il fratello con un sorriso di scherno, poi riprese
la conversazione.
“Sono
venuto qui con qualcuno che è solito fare tardi.”
Spalancai
gli occhi: “Hai portato qui Natalie?”
“Hai
detto che stavi male ed era preoccupata.”
Avrei
voluto schiaffeggiarmi: odiavo dire bugie, e soprattutto odiavo dire
bugie alle
mie amiche, suscitando anche la loro preoccupazione.
Almeno
con Yuki non avevo bisogno di mentire.
Non
su tutto.
“E
l’hai lasciata di sotto da sola?”
“Certo
che no, sta con Yuma ed Azusa.”
“Azusa?!”,
ripetei con voce stridula,
precipitandomi al piano di sotto.
Fu
un sollievo vedere che la mia amica sorrideva cordialmente al vampiro
ricoperto
di bende, e scoprire che lui non aveva ancora iniziato a infilzarsi con
qualche
oggetto contundente.
Forse
Yuma lo aveva tenuto d’occhio.
Natalie
mi intravide dietro le spalle di Azusa e scattò in piedi,
venendomi incontro.
“Mitsuko
come stai?”, volle sapere, carezzandomi una spalla.
“Molto
meglio – le sorrisi, - mi dispiace se ti ho fatta
preoccupare.”
“Oh
l’importante è che tu stia bene!”
Quanto
avrei voluto dirle tutta la verità.
Indicai
il Mukami.
“Hai
già conosciuto il fratello di Kou?”
Natalie
lanciò un’occhiata nella loro direzione e
annuì.
“A
dir la verità l’ho incontrato oggi al parco,
mentre ti aspettavamo.”
“Oh
capisco.”
Risposi,
prima di accorgermi, con la coda dell’occhio, che Azusa aveva
iniziato a
srotolare una delle sue bende.
La
mia bocca minacciò di spalancarsi, mentre il vampiro
sembrava parlare con una delle sue
cicatrici.
Cercai
di mandare un segnale a Yuma, indicando suo fratello con piccoli cenni
della
testa, temendo di essere vista da Natalie, ma era già troppo
tardi.
La
mia amica si voltò e notò quello che stava
facendo Azusa.
“Ecco
lui-”, iniziai a dire, ma la mia amica mi interruppe con
un’occhiata
apprensiva.
“Kou
mi ha detto delle sue… problematiche.”
Non
sapevo cosa le avesse raccontato Kou esattamente,
ma non sembrava troppo scioccata, per cui doveva conoscere solo una
parte del
racconto.
Meglio
così.
Poi
un sorriso affiorò sulle mie labbra e non riuscii a
trattenermi.
“Hai
legato molto con Kou, vedo.”
Per
la prima volta da quando la conoscevo, vidi Natalie arrossire.
Sentii
un braccio avvolgermi le spalle e sussultai, mi ci volle poco per
riconoscere
il biondo al mio fianco.
“Si
io e la brunetta abbiamo legato molto.”
Natalie
forzò un’espressione seccata.
“Non
direi che abbiamo legato così tanto. –
rimbeccò – ma direi che, magari, col
tempo, potremmo diventare amici.”
A
Kou sfuggì una risatina.
“Ma
certo, amici come lo sono Ruki e Mitsuko.”
Rischiai
di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre deglutivo a vuoto:
ciò che era
successo qualche minuto prima mi tornò
–prepotentemente- alla memoria.
Yuma
lanciò un’occhiata al fratello, incuriosito,
chissà che i due non sparlassero
di noi alle nostre spalle.
“Sai
Natalie, io dovrei preparare la cena, ma puoi farmi compagnia, se ne
hai voglia.”,
dichiarai, mentre mi liberavo del braccio di Kou.
“Assolutamente, ti do una mano!”
Le
sorrisi riconoscente e mi rivolsi ai Mukami.
“Ragazzi
fate i bravi, vi chiamerò quando è
pronto.”
“E
da quando non ci comportiamo bene?”, replicò Yuma.
Lo
fissai con un cipiglio: avevo un elenco infinito delle volte in cui
“non
avevano fatto i bravi”, a partire dal loro tentativo
-riuscito- nel rapirmi.
Azusa
era ancora intento a contemplare le sue cicatrici, mentre Kou sorrideva
divertito.
I
miei occhi incontrarono per un breve istante quelli di Ruki e un lieve
rossore
tinse le mie guance, così afferrai la mano della mia amica,
per trascinarla in
cucina.
Nel
farlo ci scontrammo con Ayato, che notò Natalie.
“E
lei che ci fa qui? –, domandò piccato –
non hai nemmeno chiesto il consenso di
Oree-sama!”, mi rimbrottò.
Da
quando Shu e Reiji erano partiti, Ayato continuava ad essere
più irritante del
solito, ma era dovuto sicuramente alla presenza dei Mukami.
“Oh,
Ayato, cercavo proprio te. –, risposi invece – che
ne dici di chiamare Yuki e
invitarla a stare da noi?”
Il
suo sguardo accigliato vacillò, lasciando il posto ad
un’espressione meno
infastidita.
“Yuki?”
Sollevai
le sopracciglia: “Si, la ricordi ancora, vero?”
“Ma
certo.”, sbottò, punto sul vivo.
Nascosi
un sorrisetto trionfante.
“Bene,
allora fammi sapere se verrà, noi dobbiamo preparare la
cena.”
Natalie
fece un mezzo sorriso ad Ayato e proseguimmo per la cucina.
***
Shu
osservava suo padre con quella che potrebbe definirsi un’aria
di sufficienza,
tuttavia ricordava bene il giorno in cui aveva seppellito Raito a causa
sua.
Erano
figli di madri diverse, ma Raito restava pur sempre suo fratello, e
vedere
Mitsuko soffrire atrocemente per quella perdita, aveva incrementato il
suo
astio.
Reiji
mantenne la sua compostezza, spalle dritte, capelli perfettamente in
ordine e
occhiali posti precisamente a metà del cavallo del naso.
Ma
Shu lo conosceva bene e poteva percepire
la tensione che aleggiava nell’aria.
Karl
Heinz poteva vantare l’eleganza e la bellezza tipiche dei
vampiri antichi e la mente subdola
di un
politico.
D’altronde
era quello il ruolo che ricopriva in società.
Prese
posto su uno dei divani intorno al camino e invitò i propri
figli a fare lo
stesso.
Reiji
sedette composto, posando i palmi delle mani sulle cosce, mentre Shu si
stravaccò
su un altro sofà, incurante delle buone maniere.
La
domestica che li aveva fatti entrare apparve all’improvviso,
portando con sé un
vassoio, contenente una bottiglia di quello che aveva l’aria
di essere vino e
un paio di calici.
“Volete
favorire?”, domandò Karl Heinz, facendosi versare
del liquido rosso nel
bicchiere.
I
due Sakamaki arricciarono il naso, mentre l’odore della
bevanda raggiungeva le
loro narici: non si trattava affatto di vino.
“No.”,
fu la risposta secca di Shu e Reiji imitò il fratello,
accompagnando il rifiuto
con un educato “grazie”.
Il
padre scrollò le spalle, facendo portare via la bottiglia e
iniziando a
sorseggiare il sangue di
chissà quale
povero sventurato.
Il
suo viso affilato si distese in un’espressione compiaciuta.
Non
sporcò nemmeno un millimetro della sua bocca col liquido
scarlatto, quando
terminò, si rivolse ai propri figli.
“Cosa
vi porta qui? Non ero onorato della
vostra presenza da tanti anni.”
“Come
se ti importi.”, commentò Shu, ignorando
l’occhiataccia del fratello.
Se
Reiji voleva portar rispetto a quel mostro,
che aveva ricordato, improvvisamente, di essere loro padre, lui non
avrebbe
fatto lo stesso.
“Ma
certo che mi importa – replicò Karl Heinz
– mi importa di tutti i
miei figli.”
Shu
balzò in piedi, furioso come accadeva raramente, conscio che
Raito si stesse
rigirando nella tomba.
Karl
Heinz sorrise maligno, osservando il suo primogenito dardeggiare su di
lui.
“Shu,
torna a sedere, cortesemente.”, proferì Reiji.
Sapeva
che suo padre aspettava solo una scusa per potersi liberare di un altro
dei
suoi figli, considerati tutti esperimenti mal riusciti.
E
anche Shu ne era consapevole, perché torno al suo posto,
alzando il volume
della musica nelle orecchie.
“Due
settimane fa, i Cacciatori sono venuti a farci visita.”
“Oh,
ma davvero?”, domandò Karl Heinz, fingendosi
sorpreso.
“Vuoi
che Mitsuko scelga un Adamo, giusto?”
L’uomo
dai lunghi capelli bianchi osservò il figlio, senza
confermare o smentire
quell’ipotesi.
“Se
è così, lo farà presto.”
Shu
guardò il fratello: stava palesemente mentendo, entrambi
sapevano bene che
Mitsuko avrebbe scelto Raito, se fosse stato ancora in vita.
Mentre
ora era troppo distrutta dal dolore per poter anche solo pensare
a qualcun altro.
Ma
probabilmente era una menzogna necessaria.
Karl
Heinz parve infatti interessato alla questione, i suoi occhi dorati
brillarono
innaturalmente.
“Cosa
ti fa pensare che voglia ancora trovare un Adamo per Mitsuko?”
Reiji
mantenne un atteggiamento impassibile.
“Non
avresti mandato una vampira in casa nostra, altrimenti.”
“Una
vampira? –, Karl Heinz posò il calice di vetro sul
tavolino davanti a sé, e
iniziò a far scorrere un dito sul bordo –
perché mai dovrei mandare una
vampira?”
Un
sorriso privo di allegria comparve sulle labbra di Shu: “Per
farci fuori e
avere Mitsuko.”
Karl
Heinz interruppe il movimento della mano e rise senza scomporsi troppo.
“Ho
perso interesse nella ragazza, quando ho realizzato che non avrei
ottenuto ciò
che desideravo da lei.”
I
due Sakamaki lo osservarono scettici.
“Avrete
notato che, nonostante abbia tentato con voi e con i Mukami, nessuno ha
avvertito
un cambiamento. Nessun Adamo.”
Karl
Heinz si mise in piedi, raccogliendo il bicchiere dal tavolo.
“Dopotutto,
era sua madre ad essere una discendente di Eva, non lei. Potete fare
ciò che vi
aggrada con Mitsuko, non mi interessa.”
La
domestica comparve nuovamente, per riempire il calice del suo padrone,
ma
questo le afferrò il polso, impedendole di adempiere al suo
compito.
“Se
questo è tutto, vi farò accompagnare
all’uscita. – annunciò Karl Heinz, prima
di esporre il braccio della cameriera – sempre che non vi
vogliate fermare per
uno… spuntino.”
La
domestica tremava dalla paura, gli occhi pieni di lacrime, ma aveva
un’espressione imperturbabile e distaccata. Non doveva essere
la prima volta,
per lei.
Shu
impiegò tutta la sua forza di volontà per
trattenersi.
Era
pur sempre un vampiro purosangue, e la sete
non cessava mai, poteva avvertire
il
sangue caldo che scorreva nelle vene di quella giovane donna, ma non
avrebbe
accettato mai più nulla da quell’uomo subdolo e
calcolatore.
E
poi, sapeva che Mitsuko non avrebbe approvato, e la sua opinione aveva
molta
influenza su di lui, ormai.
Rifiutò
con fermezza e così Reiji.
Forse
l’opinione di Mitsuko contava anche per lui, dopotutto.
Un
uomo anziano si materializzò al loro fianco e
invitò i due a seguirlo fuori.
Karl
Heinz fece un ultimo cenno col capo, ricambiato unicamente da Reiji,
prima di
addentare con foga la propria domestica.
Con
le urla di quella giovane donna nelle orecchie, i Sakamaki lasciarono
la villa
del padre.
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 - Semblance of a truce - ***
Capitolo
12 –
Semblance of a truce -
“D’accordo,
ci siamo!”
Io
e Natalie uscimmo dalla cucina per portare a tavola gli ultimi due
vassoi, uno
contenente Takoyaki e l’altro della tempura.
I
Mukami si erano già raccolti intorno al tavolo, ma non vi
era traccia dei
Sakamaki.
A
capotavola sedeva Ruki, così mi accomodai dalla parte
opposta, cercando di
evitare il suo sguardo, ancora troppo in imbarazzo per rivolgergli la
parola.
Natalie
si accomodò al mio fianco e, involontariamente, si
trovò Kou alla sua sinistra.
Le
sorrideva malizioso.
Azusa,
seduto di fronte a me, rimase fermo a contemplare il vassoio ricolmo di
gamberetti fritti, con un’espressione trasognata, ma Yuma e
Kou ci si
avventarono prima che riuscisse anche solo ad annusarli.
Schiaffeggiai
la mano di Yuma e feci un cenno a Natalie, così che
schiaffeggiasse a sua volta
quella di Kou.
I
due ci fissarono contrariati.
“Non
siate maleducati, stiamo aspettando una mia amica.”
Yuma
imprecò sottovoce, mentre Kou alzava le mani in segno di
resa e tornava al suo
posto.
Mi
domandai se Ayato avesse avuto il coraggio di invitare Yuki, tuttavia
avrei
atteso ancora qualche minuto.
Una
figura si materializzò nella sala da pranzo, mi sorpresi
nello scorgere Subaru
camminare a passo deciso verso di noi e prendere posto al mio fianco.
Si
limitò a salutare Natalie con un cenno del capo, ignorando
bellamente i Mukami,
ma seppi che stava facendo del suo meglio per mantenere la calma e
assecondare
il mio desiderio di cenare tutti assieme.
Notai
lo sguardo pieno d’astio che rivolse a Ruki, mentre lui
rimaneva indifferente
alla sua occhiataccia, e continuava a fissare me, probabilmente in
cerca di
qualche reazione.
Fortunatamente,
ad interrompere quell’imbarazzante silenzio, fu la voce di
Ayato.
“Non
avrete iniziato senza di me?”, proruppe.
Riuscii
a scorgere Yuki alle sue spalle e le andai incontro per salutarla.
“Grazie
per l’invito.”, mi disse lei, dopo esserci
scambiate un abbraccio.
Natalie la salutò con la mano.
“Natalie
e Kou vicini?”, domandò sommessamente.
Le
rivolsi un sorriso furbesco.
“Giuro
che non c’entro nulla.”
Tornai
a sedere e anche Yuki si accomodò accanto ad Ayato.
Per
fortuna, accanto al rosso, sedeva Azusa, che era il più
mansueto fra i Mukami e
non c’era pericolo che i due potessero bisticciare.
“Possiamo
cominciare!”, annunciai e me ne pentii amaramente.
Fu
il caos: Ayato si gettò sul vassoio dei Takoyaki, mentre Kou
e Yuma svuotavano
quello contenente la tempura.
Ruki
rimbrottò il Sakamaki per non aver lasciato neppure una
polpetta di polipo a
noi altri, mentre Azusa tentava di rubare almeno un gamberetto dai
fratelli.
Io,
Natalie e Yuki ci guardammo esasperate.
Natalie
mormorò “uomini”,
prima di scuotere
il capo e servirsi l’unico pasto intatto, ovvero quello delle
verdure fritte.
Yuki
la imitò, mentre io mi rivolgevo ai due Mukami, che si
litigavano i gamberetti.
“Avete
intenzione di lasciare qualcosa a vostro fratello o no?”,
domandai con tono
infervorato.
I
due parvero ricordare solo in quel momento la presenza di Azusa e, con
aria
colpevole, gli donarono gli ultimi gamberetti rimasti.
Sistemata
una questione, passai alla successiva.
“Ayato
non essere ingordo.”
Il
rosso aveva la bocca piena di Takoyaki e borbottò un
“che c’è?”
a malapena comprensibile.
“Su,
lascia il vassoio di Takoyaki, ne hai mangiati abbastanza.”
“Questa
è casa mia, perché dovrei condividere-”
I
suoi occhi verdi ricaddero sulla figura di Yuki, che mangiava in
silenzio le
sue verdure.
Non
terminò la frase e, sbuffando, mollò il vassoio
al centro del tavolo.
Ruki
assaggiò quindi le polpette fritte e della verdura.
Dei
gamberetti scivolarono nel mio piatto.
“Non
hai toccato cibo, baka.”
Sorrisi
riconoscente a Yuma, mentre addentavo il pesce.
Poi
mi tornò in mente il vampiro che sedeva al mio fianco: anche
Subaru non aveva
mangiato nulla.
Allungai
una mano verso il suo piatto, per riempirlo con qualcosa, ma lui mi
bloccò il
polso.
“Non
ho appetito.”, sentenziò in modo burbero.
“Allora
perché sei qui?”
L’albino
mi fissò di rimando, sforzandosi di tirar fuori le parole.
“Perché
sapevo ti avrebbe fatto piacere.”
Rimasi
con un gamberetto sospeso a mezz’aria.
Se
Ruki rendeva piuttosto chiaro l’interesse che aveva nei miei
confronti, Subaru
faticava a parlarne apertamente, ma cercava di dimostrarlo con i gesti,
ed era
sempre una sorpresa scoprire quanto si impegnasse a rendermi felice,
nel suo
piccolo.
Involontariamente,
il mio sguardo corse al maggiore dei Mukami, che ovviamente ci stava
osservando.
Ignoravo
se, ad una tale distanza, riuscisse ad origliare la conversazione, ma
non era un
mistero che Subaru avesse un debole per me, ed io fossi particolarmente
legata a lui.
Quando
l’albino comprese cosa, o meglio chi,
stavo guardando, i suoi occhi si adombrarono.
Schioccò
la lingua e si alzò da tavola.
“Subaru-”,
sussurrai, ma lui era già svanito nel nulla.
Quella
situazione mi metteva a disagio: non volevo ferire i sentimenti di
nessuno,
eppure non ero riuscita ad evitare che i due vampiri si affezionassero
a me più
di quanto avrei voluto.
Non
potevo ignorare il fatto che entrambi suscitassero in me un qualche
effetto:
non mi erano indifferenti, ma al momento non potevo giudicare
razionalmente
chi, fra i due, sentissi più vicino.
Oltretutto,
sentivo ancora la sua mancanza, e
quel
vuoto mi tormentava notte e giorno.
Forse
avrei potuto pensare con più lucidità, se lui
non fosse morto.
Ma
se lui non fosse morto, non mi
sarei
trovata in questa situazione.
Tra
tutti, avrei scelto sempre e solo lui.
Un
nodo in gola mi impedì di mandar giù un altro
boccone.
Cercai
di distrarmi, controllando quello che accadeva intorno a me.
Azusa
e Yuma sembravano mangiare indisturbati, completamente assorti dal
cibo, mentre
Yuki ed Ayato chiacchieravano tranquillamente.
Rimasi
a bocca aperta quando lui le offrì un Takoyaki, un sorriso
genuino affiorò
sulle mie labbra.
Tuttavia,
anche se la mia amica conosceva la vera identità del rosso,
come avrebbero
potuto stare insieme?
Lei
era una semplice adolescente, che prima o poi sarebbe cresciuta, ed
invecchiata, proprio come me e Natalie.
A
proposito di Natalie, la sentii ridacchiare di gusto, e così
mi voltai per
guardarla.
Mi
sorpresi nello scoprire che era merito di Kou, se lei stava ridendo,
doveva
averle detto qualcosa di divertente, e nuovamente la mia bocca
minacciò di
spalancarsi: quando avevano smesso di battibeccare ed erano entrati
così tanto
in sintonia?
Forse
non avrei dovuto lasciare le mie due amiche affezionarsi tanto ai
vampiri, non
avrebbe potuto funzionare tra loro.
Ma non mi ero preoccupata di questo dettaglio quando lui era ancora in
vita.
Forse sei invidiosa perché loro
sono felici e tu no?
Suggerì
una vocina maligna nella mia testa.
La
scacciai immediatamente, non poteva essere così.
Ricordai
che mancava un vampiro all’appello: Kanato non aveva messo
piede nella sala da
pranzo, probabilmente era il più restio a mangiare assieme
ai Mukami.
Mi
alzai da tavola, nessuno parve notarlo, eccetto Ruki forse, ed andai in
cucina
per prendere il vassoio con i biscotti, che pianificavo di portare come
dessert.
Ne
tolsi alcuni per metterli da parte e portai a tavola il vassoio.
“Oggi
hai superato te stessa M-neko-chan.”, sussultai, era tempo
che Kou non mi
chiamava così.
E,
seppur voleva essere un appellativo amichevole, mi rammentò
di quando ero stata
rapita, del piano di Karl Heinz, dello scontro coi
Cacciatori…
Mi
costrinsi a sorridere lievemente, poi recuperai i biscotti messi da
parte e mi
avviai nella stanza di Kanato, sperando di passare inosservata.
***
La
limousine nera sfrecciava nelle strade ormai buie, fuori Tokyo, dove i
grattacieli erano sempre più sporadici, e lasciavano il
posto a distese verdi.
“D’accordo
ci incontreremo lì.”
Reiji
chiuse la chiamata e ripose il telefono nella tasca.
Shu
gli lanciò un’occhiata di sbieco.
“Pensi
di poterti fidare di lei?”
Il
fratello incrociò le braccia al petto.
“Quale
altra scelta abbiamo?”
Effettivamente,
non avevano nessun’altra pista da seguire, dopo
l’incontro con Karl Heinz.
“Credi
a ciò che ha detto nostro padre?”,
domandò quindi il vampiro dagli occhi
azzurri.
“Di
lui non mi fido affatto, ma sembrava sinceramente stupito quando ho
nominato la
vampira che ti ha aggredito.”
Shu
annuì e tornò ad osservare fuori dal finestrino.
“Dovrei…
- Reiji si schiarì la voce, per richiamare
l’attenzione del fratello, – dovrei
parlarti di una cosa.”
Shu
sollevò lo sguardo, interessato.
In
realtà, poteva immaginare il discorso in cui suo fratello
voleva addentrarsi,
ma quella questione andava risolta una volta per tutte, non era giusto
che
Mitsuko si occupasse di quella faccenda al posto di Reiji.
“Quando
eravamo bambini, nostra madre si aspettava un certo comportamento, da
parte
nostra, e che avessimo una certa istruzione. Dovevamo essere i
migliori, tra i
figli di Karl Heinz. Per questo cercavo sempre di fare del mio meglio
per
compiacerla. –, iniziò col dire Reiji. –
Ma in qualche modo, nonostante mi
impegnassi ad essere il figlio perfetto che desiderava, tu restavi il
suo
preferito. E senza neppure impegnarti più di
tanto… Su questo concorderai con
me.”
Shu
annuì: non poteva negare l’evidenza, suo madre
aveva sempre avuto un debole per
lui.
Per
quanto fosse severa ed avesse alte aspettative nei loro confronti, per
lui
chiudeva sempre un occhio, soprattutto quando sgattaiolava via da villa
Sakamaki per andare a giocare nel villaggio di Yuma.
“Ti
odiavo per questo.”
Reiji
ruppe quel silenzio che si era creato: probabilmente ammetterlo gli
costava
fatica.
“Tu potevi frequentare degli insulsi umani,
mentre io non facevo altro che studiare tutto il giorno.”
“Forse
avresti dovuto prendere esempio da me.”, lo
canzonò il fratello.
Reiji
gli rivolse un sorriso amaro.
“Immagino
di si, ma non è questo il punto. Un
giorno…”
Il
vampiro con gli occhiali sospirò e tentò una
seconda volta.
“Così
un giorno…”
Niente.
Le
parole continuavano a morirgli in gola: fino a quel momento non si era
fatto
scrupoli a convivere con quel segreto, ma dopo aver ottenuto un
briciolo di
complicità –e fiducia–
dal fratello,
non poteva confessare di avergli strappato via l’unico
migliore amico che
avesse mai avuto.
“Un
giorno hai distrutto il villaggio di Edgar.”,
completò la frase Shu, lasciando
l’altro sbalordito.
Per
un breve istante le sue iridi magenta si spalancarono, ma poi
capì.
“Mitsuko
te ne ha parlato.”
“Dovresti
ringraziarla, è il motivo per cui non ti ho staccato la
testa. Non ancora.”
Reiji
sollevò un sopracciglio.
“Vuoi
forse sfidarmi a duello?”, lo prese in giro.
La
vettura rallentò nei pressi di un bosco, che pullulava di
alberi alti più di
dieci metri.
“Impugnare
una spada non è nel mio stile.”,
commentò Shu con un mezzo sorriso.
“Preferisci
venire direttamente alle mani? Credevo che nostra madre ci avesse
educato
meglio.”
“Con
te ci è riuscita
–, puntualizzò Shu –
e sono certo ne sarebbe orgogliosa.”
Non
c’era sarcasmo nelle sue parole, e pensare che sua madre
sarebbe stata fiera di
lui, donò a Reiji quella gratificante sensazione che non
aveva mai provato da
bambino.
“Grazie.”,
mormorò serio.
Poi
i due scesero dalla limousine.
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 - Fear - ***
Capitolo
13 - Fear
-
Malauguratamente,
Kanato non era nella sua camera da letto, e potevo immaginare dove
altro
potesse trovarsi.
Tuttavia,
l’idea di scendere in quella stanza terrificante, dove
conservava le sue
bambole di cera, non mi elettrizzava.
Ripensandoci,
avrei fatto meglio a tornare nella sala da pranzo, dove avevo
abbandonato le
mie due amiche, in balìa di cinque vampiri, potenzialmente
pericolosi.
A
dir la verità, l’unico che stentava a mantenere il
proprio autocontrollo era Ayato,
ma sapevo bene che non avrebbe torto un capello a Yuki.
Questo
non escludeva che avrebbe potuto optare per Natalie, ma con Kou nei
dintorni,
dubitavo fortemente che avrebbe potuto anche solo annusare
il sangue della brunetta.
In
fondo la situazione era sotto controllo, e non avevo la minima
intenzione di
ritrovarmi faccia a faccia con Ruki, o con Subaru, o, peggio ancora,
con
entrambi.
Mi
armai di coraggio e scesi le scale, facendomi strada nel corridoio
semi-buio e
finalmente giunsi a destinazione.
Valutai
l’opzione di bussare, ma sentii una risata isterica provenire
da dietro la
porta socchiusa, così sbirciai all’interno e,
deglutendo a vuoto, notai Kanato
in fondo alla stanza, mentre faceva a pezzi – letteralmente
–, una delle sue
bambole.
Dimenticavo
che, per quanto mi fossi integrata nella famiglia e conoscessi bene le stranezze dei Sakamaki, i loro gesti
restavano sempre terribilmente inquietanti.
Soprattutto
quando riguardavano Kanato.
Mi
tremarono le mani e rischiai di far cadere i biscotti.
Li
recuperai per un soffio e decisi che il vampiro li avrebbe potuti
mangiare in
un altro momento, per conto suo, non avevo intenzione di disturbare il
suo
attimo di pura follia.
Feci
dietro front, pronta a schizzare su per le scale, quando una voce
chiamò il mio
nome.
Ruotai
il busto e il piatto quasi mi scivolò nuovamente dalle mani:
Kanato si era
materializzato di fronte a me, così vicino, così
pericoloso…
Stringeva
Teddy al petto, ma il suo sguardo era particolarmente febbricitante.
“Ero
venuta a portarti questi.”, mi affrettai a dire.
Kanato
posò gli occhi sui biscotti e poi mi guardò
nuovamente.
“Seguimi.”
Avrei
voluto lasciargli i biscotti e scappare a gambe levate, ma rischiavo
solo di
peggiorare la situazione, così lo seguii
all’interno della stanza.
Il
tipico odore di cera e di qualcos’altro
mi fece storcere il naso.
Passammo
accanto la bambola di cera, a cui aveva strappato gli arti e sfigurato
il viso.
Rabbrividii.
Lo
osservai, mentre adagiava l’orsacchiotto sul pavimento, poi
mi venne incontro,
ed ebbi l’impulso di indietreggiare, ma si limitò
a strapparmi il piatto dalle
mani e si mise a trangugiare i biscotti.
“Io
e Teddy non vogliamo quelli dentro
casa. Quando andranno via?”
“Non
appena Shu e Reiji torneranno.”, lo rassicurai.
Per
un istante mi tornò in mente che i due erano lontani da
alcune ore, ormai, e
non avere la minima idea di dove fossero mi agitava.
D’altronde
erano in grado di cavarsela da soli, si trattava pur sempre di vampiri,
creature sovrannaturali e potenti.
Almeno
finché quella bionda non ha
pestato Shu.
Ricordò
la vocina della mia coscienza.
Ero
così assorta dai miei pensieri, che notai troppo tardi lo
sguardo di Kanato,
fisso su di me.
Aveva
finito tutti i biscotti e abbandonato il piatto sul pavimento.
“Quelli non devono
morderti! –, esclamò
all’improvviso, facendomi sussultare appena. – Non
possono rovinare la mia
bambola più bella.”
Ecco,
ci risiamo con la storia
delle bambole,
pensai fra me e me, mentre studiavo
una via di fuga.
“Oh
guarda, Teddy è caduto, poverino.”
Decisi
di distrarlo, alludendo al peluche per terra, l’ultima volta
aveva funzionato.
Ma
stavolta il vampiro sembrò ignorare le mie parole, avanzando
verso di me, con
quello sguardo spaventoso.
“Prima
o poi… -, sussurrò, mentre un sorriso poco
rassicurante si faceva strada sul
suo volto, – prima o poi anche tu farai parte della mia
collezione.”
Molto
poi,
riflettei, suggerirei mai.
Kanato
si avventò di colpo su di me: affondò i canini
nel mio collo ed io trattenni un
urlo di dolore.
Avevo
constatato che i vampiri potevano rendere un morso più o
meno doloroso.
Non
sapevo se dipendesse dall’intensità con cui
mordevano, o da qualche loro abilità
specifica.
Tuttavia
i morsi di Kanato facevano male: diamine i suoi canini bruciavano sulla
pelle!
Ovviamente
iniziavo a sentire le gambe farsi deboli, stava succhiando troppo
sangue,
troppo velocemente.
E
con una violenza inaudita: stava squarciando la carne.
“Ugh…
Kanato...”, provai a spostarlo con una mano, ma ero troppo
debole anche solo
per accarezzarlo.
“Basta.
-, mormorai. – mi gira… la
testa…”
Il
vampiro non si curò delle mie lamentele.
“BASTA!”,
sbottai, in preda ad una forza sconosciuta, che sentivo scorrere nelle
vene:
delle liane sbucarono dal pavimento, afferrando i polsi del vampiro,
una si
attorcigliò intorno alla sua gola, e Kanato venne trascinato
indietro.
Sgranai
gli occhi, mentre le liane avvolgevano il suo corpo e gli impedivano
qualsiasi
movimento.
Nonostante
lui urlasse in preda alla rabbia e cercasse di divincolarsi, scalciando
e
rotolando, le liane non smettevano di stringersi sempre più
attorno al suo
corpo.
Seppi
che dovevo fare qualcosa.
Comandai
alle piante di svanire, ma queste sembravano sorde ai miei comandi.
Kanato
scalpitava, con gli occhi che parevano uscirgli dalle orbite: era
furioso, sì,
ma anche spaventato.
Così
come lo ero io.
Inspirai
a fondo e mi concentrai il più possibile.
Basta
così, basta così...
Pregai
nella mia mente, focalizzandomi sulle liane.
Finalmente
si districarono, ritirandosi man mano, fino a svanire nel nulla.
Mi
lasciai cadere in ginocchio: Kanato aveva gli occhi chiusi e non
muoveva un
muscolo.
Mi
avvicinai a lui, tremante, come potevo assicurarmi se fosse ancora
vivo?
I
vampiri non hanno bisogno di respirare.
Ma
forse hanno un cuore che palpita nel petto.
Senza
pensarci due volte, mi accovacciai sul suo petto, ma nulla, non
c’era alcun
suono all’interno della cassa toracica.
Mi
portai una mano alla bocca.
Non
potevo averlo… ucciso.
“Mitsuko.”
Sobbalzai.
Kou
era in piedi alle mie spalle.
“Io…
io non volevo ucciderlo.”, sussurrai, la voce incrinata dal
pianto imminente.
Kou
si avvicinò, accovacciandosi al mio fianco cautamente.
“No!
–, quasi urlai, balzando in piedi e indietreggiando, per
mantenere una distanza
di sicurezza. – Non voglio farti del
male…”
“Sei
stata tu a creare quelle cose?”
Le
lacrime mi offuscavano la vista, mentre continuavo a lanciare occhiate
al corpo
esanime di Kanato.
“Mitsuko,
va tutto bene, devi solo aiutarmi a capire.”
“Sì
–, confessai, - sono stata io.”
Il
vampiro era visibilmente confuso, ma doveva sapere, grazie al suo
occhio
magico, che non stavo mentendo.
Il
che tramutò la sua confusione in… Preoccupazione?
Paura?
Comprensibile,
anche io ero terrorizzata.
Si
mise in piedi, provando nuovamente ad approcciarmi, mentre teneva una
mano
davanti a sé.
Come
a proteggersi,
disse una vocina nella mia testa: gli facevo davvero paura?
“È
la prima volta che succede?”
Scossi
il capo, le lacrime mi bagnavano il viso.
“Da
quanto tempo?”
“Un
paio di giorni.”, dichiarai.
“Com’è
possibile?”
“Non
lo so! -, gridai esasperata. – Credi che avrei fatto del male
a Kanato,
altrimenti?”
Il
pensiero di averlo ucciso mi causava una serie infinita di pugnalate
nel petto.
Kou
era a pochi passi da me, aveva abbassato la mano e alternava lo sguardo
tra me
e il vampiro steso sul pavimento.
All’ennesimo
passo del biondo, indietreggiai bruscamente.
“Non
ti avvicinare!”, tuonai.
“Non
mi farai del male. Sei l’ultima persona al mondo che sarebbe
capace di ferire
qualcuno.”
“Ma
io l’ho ucciso.”, sbraitai, più verso me
stessa che verso Kou: sentivo che
l’ossigeno non giungeva correttamente ai polmoni.
Più
osservavo Kanato, più mi mancava l’aria.
Poi
un movimento impercettibile delle dita.
Mi
inginocchiai al suo fianco, un barlume di speranza.
“Kanato,
puoi sentirmi?
Kou
mi imitò.
Il
vampiro dai capelli viola socchiuse gli occhi e mi sfuggii un
singhiozzo di
sollievo.
“Grazie
a Dio…”, mormorai.
Kanato
mi fissò interrogativo, quando provò a mettersi
in piedi, una smorfia di dolore
gli percorse il viso.
“Non…
non riesco ad alzarmi.”, esalò, tentando
nuovamente e fallendo.
Kou
diede una rapida occhiata al Sakamaki.
“Non
posso alzarmi, mi fa male tutto!”, gridò Kanato
isterico.
“Credo
abbia le ossa spezzate.”, comunicò il Mukami.
Rimasi
a bocca aperta, fin troppo sbigottita per parlare.
Gli
ho spezzato le ossa?
“Ma
è un vampiro purosangue, guarirà a breve.
–, mi rassicurò Kou. – Forse
è il
caso che lo porti in camera sua.”
“Non
toccarmi! –, sibilò Kanato. – E
dov’è il mio Teddy?”
Raccolsi
quel benedetto peluche da terra e glielo consegnai.
Il
vampiro strinse l’orsacchiotto a sé.
“Tu!
–, strillò poi, puntando un dito contro di me,
– volevi uccidermi! Anche Teddy
lo ha visto!”
Scossi
il capo, non era mia intenzione, credevo di poter controllare i miei
poteri,
invece avevano agito da soli, credendomi in pericolo.
Mi
sentii comunque colpevole.
“No,
io non volevo!”, provai a dire, ma Kanato continuava ad
urlarmi contro di
andare via e io continuavo a piangere disperata.
“Andate
via entrambi!”
Kou
mi prese per un braccio.
“È
meglio andare.”
“No,
non posso lasciarlo così.”, protestai, mentre il
biondo mi trascinava fuori.
“Manderò
qui suo fratello, tu sei troppo scossa. E non mi sembra che con lui si
possa
ragionare.”
Provai
a liberarmi dalla presa, ma non c’era verso che potessi
sgusciare via dalla sua
mano, chiusa attorno al mio polso come una tenaglia di ferro.
“Non
posso affrontare le mie amiche, ora!”
“Natalie
è dovuta correre a casa, suo padre non si è
sentito bene. Yuki l’ha
accompagnata, ti fanno le loro scuse.”
Assimilai
l’informazione.
Loro
erano sempre al mio fianco, mentre la mia vita era sempre fin troppo
incasinata
affinché io potessi fare lo stesso.
Le
lacrime non smettevano di scendere.
Lanciai
un’ultima occhiata a Kanato, non lo avevo mai visto così delirante.
Ma,
dopotutto, anch’io lo ero.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente, ho deciso di
aggiornare in “anticipo”, poiché domani
sarà il mio compleanno e sono sicura
che non avrò tempo di farlo, meglio approfittarne ora che ho
tempo a
disposizione, prima di procrastinare ulteriormente XD
Ne approfitto per
ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia, chi
l’ha inserita
nelle preferite/ricordate/seguite e in particolare SeiraBrizzi.
Vi invito a lasciare un
commento, un giudizio o anche una critica, tutto è ben
accetto.
Un saluto, Nephy_
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 - The Predators - ***
Capitolo
14 - The
Predators -
Nikko1
era particolarmente silenziosa.
Reiji
e Shu giunsero dinanzi un ponte rosso vermiglio, ignorando
l’insegna che
recitava chiaramente “chiuso”, e scavalcarono il
piccolo cancello all’entrata
con un balzo.
Proseguirono
sul ponte Shinkyo, guardandosi
attorno con sospetto.
Lì
sarebbe dovuto avvenire l’incontro, ma di lei
non c’era traccia.
Camminarono
ancora per qualche metro, poi una figura comparve dalla parte opposta
del
ponte, divenendo man mano sempre più visibile: si trattava
di una ragazza dai
lunghi capelli lisci.
Reiji
ricordava fossero neri, ma ora, sotto il chiarore della luna,
sembravano
assumere sfumature di blu.
I
suoi occhi, rossi come il sangue, scrutarono i due Sakamaki.
Indossava
una camicia nera ma trasparente, sotto la quale era ben evidente il
reggiseno;
la gonna, rossa come i suoi occhi, era corta e si apriva ogni qual
volta che la
vampira muoveva un passo,
considerati
i due spacchi laterali.
Senza
esitazione, dimezzò la distanza che li divideva e avvolse le
sue braccia snelle
intorno al collo di Reiji, depositandogli un bacio passionale sulle
labbra.
Shu
osservò la scena con un cipiglio: immaginava che il fratello
l’avrebbe respinta
con decisione, invece rimase inerme, rendendo il tutto ancora
più inaspettato.
Quando
la ragazza si staccò, Reiji lanciò una rapida
occhiata in direzione del biondo,
curioso di conoscere la sua espressione.
Riuscì
a trattenere a stenti un sorriso, quando notò
l’aria attonita dell’altro.
“Quanto
tempo Rei. –,
esordì la vampira –
immagino non sia una visita di piacere.”
“Rei?”
Ripeté
Shu, quasi offeso, poiché Reiji non permetteva neppure a
lui, suo fratello, di attribuirgli
strani
nomignoli.
Ma
Reiji trascurò quel dettaglio, concentrando la sua
attenzione sulla ragazza.
“Sono
spiacente, Edith, non lo è.”
La
vampira gli sorrise: “Speravo che avremmo potuto commemorare
i vecchi tempi.”
Reiji
parve in difficoltà, forse per la prima volta nella sua
vita, imbarazzato.
Shu
si schiarii la voce, Edith notò solo in quel momento la
presenza dell’altro.
“E
lui sarebbe?”
“Shu
Sakamaki.”, si presentò.
“Oh
uno dei tuoi tanti fratellastri.”
“No,
noi siamo fratelli di sangue.”, rivelò Reiji,
beccandosi un’occhiataccia da
entrambi.
“Non
mi avevi detto di avere un fratello.”
“Ora
lo sai –, tagliò corto il vampiro –
abbiamo bisogno di informazioni riguardo
una vampira.”
“Immagino
sia una Predatrice2.”
“Sospettiamo
di sì -, intervenne Shu – la sua
abilità nella lotta superava di gran lunga la
mia.”
“Aveva
i capelli biondi e gli occhi dorati.”, aggiunse Reiji.
Edith
poggiò le braccia sulla ringhiera del ponte, ridacchiando.
“È
abbastanza vaga come descrizione.”
Effettivamente
erano poche informazioni, ma nessuno dei due Sakamaki aveva la
più pallida idea
del perché una Predatrice avesse fatto irruzione nella loro
casa.
Ciò
che sapevano per certo, era che qualcuno l’aveva assoldata
per ucciderli, o
quantomeno per fare fuori Shu.
Era
con lui che se l’era presa, dopotutto.
Se
l’avessero trovata, forse avrebbero potuto scoprire chi l’aveva ingaggiata.
“Indossava
un abito in stile ottocentesco. –, ricordò Shu
– interamente nero, la gonna
ricca di balze.”
Edith
rimase qualche istante con lo sguardo fisso davanti a sé,
assorta, poi si voltò
a guardarli.
“Credo
di sapere di chi si tratti.”
I
due Sakamaki attesero impazienti.
“Si
fa chiamare “La Dama”,
è famosa tra i
Predatori, porta sempre a termine
l’incarico che le viene assegnato.”
Shu
corrugò le sopracciglia: se il suo incarico fosse stato
quello di toglierlo di
mezzo, con lui non c’era riuscita, ma probabilmente era
merito di Mitsuko: se
lei non fosse entrata a farle perdere tempo, lui probabilmente sarebbe
morto.
Questo
significava che avrebbe continuato a dargli la caccia?
“Dove
possiamo trovarla?”, domandò Reiji.
“Oh
sarà lei a trovarvi di nuovo.”,
annunciò Edith, confermando i sospetti di Shu:
quella bionda non si sarebbe arresa facilmente.
“Solitamente
chi è che vi assume?”
Edith
parve rifletterci.
“Di
solito si tratta di persone che non vogliono sporcare le proprie mani,
e ricorrono
ai Predatori.”
A
quella notizia, Reiji scartò definitivamente suo padre dalla
lista degli
indiziati: Karl Heinz era il re dei
vampiri, non aveva bisogno di ricorrere a vampiri mercenari
per faccende
simili, aveva già i suoi “seguaci”,
pronti a servirlo.
Ma
di chi altro avrebbe potuto trattarsi?
“Oppure
di qualcuno che vuole restare nell’ombra e non rivelare la
sua identità.”,
osservò Shu.
Edith
raccolse la sua lunga chioma di capelli da un lato e guardò
di sbieco il biondo.
“Si,
è un’opzione.”
I
due fratelli si scambiarono un’occhiata, decidendo il da
farsi.
“Per
il momento, credo sia opportuno tornare a casa -, affermò
Reiji – in modo tale
che, se questa “dama” si farà viva,
saremo in grado di catturarla tutti
insieme.”
Shu
concordò.
Così
si congedarono con la Predatrice.
Ma
Edith si avvicinò a Reiji, con fare cospiratore, parlando a
bassa voce, ben
conscia che Shu potesse sentirla ugualmente.
“Spero
che il prossimo incontro sarà una visita puramente di piacere.”
E
senza attendere una risposta, depositò un lungo bacio sulla
guancia del
vampiro, prima di girare sui tacchi e mescolarsi col buio della notte.
***
“E
così hai questi… poteri
da alcuni
giorni e non riesci a controllarli.”
Feci
di sì col capo, mentre Ruki ricapitolava la faccenda.
“E
non hai la più pallida idea del perché tu ce li
abbia.”
Assentii
nuovamente.
I
Mukami erano raccolti intorno a me, insieme a Subaru.
Ayato
non aveva avuto il tempo di ascoltare tutta la vicenda,
perché Kou l’aveva
mandato ad assistere il fratello.
Io
sedevo sul divano, completamente immobile, incapace di parlare, con gli
occhi
rossi e gonfi per il pianto, che era cessato per lasciare il posto al nulla più totale.
“Cosa
puoi fare esattamente?”,
continuò il
maggiore dei Mukami.
Aprii
la bocca, ma le parole mi morirono sulle labbra: ciò che
più mi terrorizzava,
era non sapere affatto cosa fossi in grado di fare.
Credevo
che il tutto si limitasse a piccoli fiori e gabbie di rami poco
efficaci.
Ma
avevo spezzato le ossa di Kanato
con
quelle liane.
“Credi
che sia dovuto alla tua discendenza con Eva?”
Lo
fissai senza parlare, Ruki mi interrogava come se conoscessi tutte le
risposte.
Lo
vidi avvicinarsi e scuotermi per le spalle.
“Se
non dici nulla non posso aiutarti! –, mi
rimproverò. – Da cosa credi dipendano
questi poteri?”
“Non
lo so! –, esclamai spazientita – Non ne ho idea, lo
capisci?”
Subaru
intervenne, poggiando una mano sul braccio del Mukami.
“L’hai
sentita? Lasciala in pace ora.”
Notai
il volto di Yuma incupirsi e Kou poggiargli una mano sulla spalla.
Ruki
si scrollò di dosso la mano dell’albino,
lanciandogli un’occhiata poco
rassicurante.
“Sto
provando ad aiutarla, a differenza tua.”
“Anche
io voglio aiutarla, ma non in questo modo.”
I
due si fissarono rabbiosi, come due gatti pronti ad azzuffarsi.
Prima
che scoppiassi nuovamente in lacrime, una mano si strinse timidamente attorno la mia: voltai il capo per incontrare gli occhi spenti, ma al contempo gentili, di Azusa.
Intrecciai
le sue dita con le mie e poggiai il capo sulla sua spalla.
Azusa
non era di certo il vampiro più affettuoso, tra i presenti,
ma non mi sarei
potuta comportare allo stesso modo con nessun’altro: non
potevo scegliere ne’
Ruki, ne’ Subaru.
Mentre
con Kou e Yuma non avrei provato la stessa tenerezza che riusciva a
trasmettermi il minore dei Mukami.
“Voglio
andare nella mia stanza.”, annunciai, scattando in piedi.
“Ma
dobbiamo capire- ”
“Lo
faremo. – interruppi Ruki – Ma domani. Ho bisogno
di riposare.”
Senza
aspettare il suo consenso, mi avviai su per le scale, ignorando lo
sguardo
inquisitore di Kou e quello di Yuma.
Con
la coda dell’occhio, potei scorgere Subaru venirmi dietro, così mi
bloccai sul
penultimo gradino.
“Devo
stare da sola, Subaru.”
I
suoi occhi rossi mi scrutarono per qualche istante, poi, con un piccolo
cenno
del capo, scese nuovamente la rampa di scale.
Mi
chiusi dentro la camera da letto, desiderando di avvolgermi tra le
lenzuola e
svanire per sempre.
Ero
stanca.
Tuttavia,
prima di rifugiarmi nel letto, presi il cellulare e contattai Natalie,
per
avere notizie da suo padre.
Fortunatamente
stava bene, si era trattato di una forma lieve di coliche renali,
niente che
tanti litri d’acqua non avrebbero potuto risolvere.
Mi
scusai per essere scomparsa, ma lei mi rassicurò: disse di
non preoccuparmi,
che si era divertita e, se ce ne fosse stata l’occasione,
avrebbe ripetuto
volentieri la serata, in futuro.
Scrissi
anche a Yuki, per scusarmi, e anche lei mi ripeté di non
preoccuparmi.
Quasi
mi sentivo in colpa per avere quelle due splendide amiche, nella mia
vita.
Ma,
oltre a Takeshi, la vita non mi aveva mai donato molto, anzi, mi aveva
tolto.
La
mia vera madre mi era stata portata via.
La
normalità, la serenità mi erano state strappate
via.
Raito
mi era stato portato via…
Calde
lacrime mi bagnarono le guance per l’ennesima volta.
Piansi
disperata, ma non mi rifugiai nel letto, come avevo progettato, corsi
invece
fuori dalla stanza, sperando di non incontrare nessuno lungo il
tragitto.
Mi
precipitai fuori dalla villa, andando a nascondermi nel roseto: non
c’era ombra
di Subaru e ne fui sollevata.
Avevo
bisogno di stare da sola con me stessa.
Mi
rannicchiai sul pavimento freddo, portando le ginocchia al petto e
abbracciandole.
Piansi
a lungo.
“Ti
ho trovata Bitch-chan,”
Poi
quella voce.
La
sua voce.
Nikko1:
Villagio giapponese vicino Tokyo, dove è presente un lungo
ponte rosso (ponte
Shinkyo)
Predatrice2:
Ho deciso di creare una sorta di gilda, dove vampiri addestrati a
combattere
mettono a disposizione le loro capacità in cambio di denaro,
possiamo definirli
mercenari, ma il loro nome specifico è
“Predatori”.
EDITH
|
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 - Running Away - ***
Capitolo
15 -
Running Away -
Spalancai
gli occhi, ma rimasi rannicchiata su me stessa, incapace di muovere un
muscolo.
Non
poteva essere lì.
Non
poteva essere lui.
Doveva
trattarsi di un sogno.
Le
sue dita mi sfiorarono un braccio: i suoi polpastrelli sulla pelle
erano fin
troppo reali.
Forse
avevo completamente perso la testa, ma non m’importava.
Anche
se si fosse trattato di un’allucinazione, avevo bisogno di
lui in quel momento.
Mi
alzai lentamente e mi voltai con estrema calma.
Quasi
stramazzai al suolo, nel trovarmi davanti il vampiro dai capelli rossi.
Stranamente
non indossava il suo tipicp cappello, ma non ci badai troppo: sentivo
le gambe molli e
le mani tremare, tanta era l’emozione nel vederlo in piedi,
di fronte a me.
“Sei…
sei vivo.”, sussurrai, allungando una mano sul suo viso per
testare che fosse
reale.
Il
contatto con la pelle fredda mi diede i brividi: non era affatto un
sogno, ne’
il frutto della mia immaginazione.
Ma
nonostante questo, c’era qualcosa, in lui, una strana luce
nei suoi occhi.
Non
erano il solito verde smeraldo, vi erano diverse sfumature dorate a
riempire
l’iride.
Quando
mi artigliò i fianchi, sussultai.
Mi
strinse a sé e calò le sue labbra in un battito
di ciglia.
Non
opposi troppa resistenza, mi abbandonai presto al suo bacio.
Sentivo
che c’era qualcosa di sbagliato, sentivo che non avrei dovuto
farlo.
Non
c’era passione, in quel bacio, era come baciare un robot che
sapeva muovere le
labbra, ma che non trasmetteva alcun tipo di emozione.
Eppure
avevo bisogno di stare tra le sue braccia.
A
richiamare la mia attenzione, furono le zanne del vampiro, che
addentarono le
labbra, facendomi sanguinare.
Lui
continuò a leccare e a baciare la mia bocca, mentre
assaggiavo il mio stesso
sangue.
Poi
proseguì sul collo, mordendo e leccando anche lì.
E
mentre la testa continuava ad urlare di fermarmi, il corpo non le dava
ascolto,
io restavo inerme, mentre venivo privata del mio sangue… e
dei miei vestiti.
Avevo
notato come il vampiro mi avesse sollevato la gonna, insinuando una
mano sul
mio fondoschiena, stringendo talmente forte da graffiarmi.
Di
colpo una sensazione.
Non
era più la mia voce a gridare “fermati”,
nella mia testa, bensì una voce
maschile e ignota.
“Osserva
bene.”, ripeteva.
Puntai
lo sguardo sul vampiro dai capelli rossi e notai che il suo viso era
cambiato:
i suoi lineamenti erano più maturi, gli occhi non erano
affatto verdi ma
dorati.
Ed
io ero ricoperta di sangue e per metà svestita:
c’era qualcosa di profondamente
sbagliato.
Mi
allontanai bruscamente.
“Tu
non sei Raito.”
“Bitch-chan…”,
provò di nuovo ad avvicinarsi, ma indietreggiai, sistemando
il vestito che
indossavo.
“Raito
è morto. –, affermai e la voce si
incrinò appena. – E il Raito che amavo, non mi
avrebbe più chiamata sgualdrina,
se
fosse stato ancora in vita.”
L’altro
abbozzò un sorriso, un sorriso agghiacciante, degno di
Kanato.
Poi
la sua figura mutò completamente: i capelli si allungarono,
tingendosi di un
candido bianco, sfumato di rosa alle punte; le iridi divennero simili a
due
biglie d’oro, e la divisa scolastica lasciò il
posto ad un completo elegante,
adornato da un bavero bianco.
Deglutii
a fatica, poi la collera prese il sopravvento.
“Tu!
Sei un assassino e un pervertito!”
“Suvvia,
Mitsuko, dove sono le tue buone maniere?”, esordì
Karl Heinz.
Per
un secondo valutai l’opzione di soffocarlo a mani nude, ma
era una lotta persa
in partenza.
“Non
hai rispetto neppure per tuo figlio, lo hai usato per arrivare a me!
Quel sogno…
Era tutta una strategia!”, continuai.
Come
avevo potuto credere che Raito fosse vivo?
Come
avevo potuto lasciare che quel maniaco mi
toccasse in quel modo?
I
suoi morsi ancora bruciavano sulla cute: ero piuttosto debole, ma avrei
comunque tentato la fuga, sperando di incappare in qualche Sakamaki o
in
qualche Mukami.
Dov’erano
i miei poteri quando ne avevo bisogno?
“Ho
dovuto adottare una strategia per approcciarti più da
vicino.”
“Che
diavolo vuoi da me?”
Karl
Heinz mosse qualche passo nella mia direzione: lanciai
un’occhiata alle mie
spalle, pronta a scappare fuori dal roseto.
“Come
sai, ho un progetto. –, annunciò, girandomi
intorno come un predatore. – E
fin’ora tutti i miei figli, compresi quelli adottati,
si sono rivelati inutili.”
Quindi
perseguiva ancora il suo progetto per creare una nuova razza.
“E
probabilmente non sono l’unico che ha degli interessi nei
tuoi confronti. –,
dichiarò enigmatico, fermandosi davanti a me. –
Considerata la vampira che ha
fatto irruzione nella villa.”
Aggrottai
le sopracciglia: come poteva sapere?
“Oh
Shu e Reiji non te lo hanno detto? Sono venuti a farmi
visita.”
Il
mio cuore perse un battito.
Perché
mai Shu non avrebbe dovuto dirmelo? Avrei potuto capire il fratello
minore, ma
lui?
Pensavo
non ci fossero più segreti tra di noi.
Io
avevo omesso la questione “poteri”, ma avevo un
motivo ben preciso.
Perché
Shu non avrebbe dovuto rivelarmi le loro vere intenzioni?
“Mia
cara Mitsuko, continui ad illuderti di essere parte della famiglia. Ma
sei e
resterai sempre una Sposa Sacrificale, per loro.”
Quelle
parole mi colpirono come uno schiaffo, ma scossi il capo con vigore:
Karl Heinz
era astuto e subdolo, sapeva esattamente dove colpire.
Tuttavia,
sapevo bene di essere molto più di una mera Sposa
Sacrificale, sia per i
Sakamaki che per i Mukami.
“Tu
non conosci l’affetto, ne’ l’amore
–, risposi con decisione. - E i tuoi figli mi
vogliono bene, più di quanto ne abbiano mai voluto a
te.”
Notai
un brevissimo tentennamento da parte del vampiro, la sua maschera
affabile e
imperturbabile aveva vacillato per un secondo.
Ma
si ricompose in fretta, facendosi più serio.
“Inganna pure te stessa, con queste parole. Adesso, per
quanto piacevole possa
essere, non sono qui per conversare.”
Sentendo
quella frase, mi preparai a scappare.
“Allora
cosa vuoi?”
Di
nuovo quel sorriso folle sul suo volto.
“Voglio
che tu dia alla luce la mia nuova
razza di vampiri.”
Non
elaborai immediatamente il significato della frase, poi sgranai gli
occhi:
aveva tentato con i suoi figli, ma adesso non avrebbe atteso oltre, si
sarebbe
occupato personalmente della nuova progenie, e intuii subito in che
modo.
Scattai
fuori dal roseto, certa che mi avrebbe riacciuffato in un baleno,
tuttavia
sentii la sua risata alle mie spalle.
“Corri
pure Mitsuko. Non hai più scampo.”
Mi
affrettai a raggiungere la villa, ma lungo il viale per rientrare, mi
scontrai
con due corvi, che mi vennero incontro, brandendo i loro artigli: mi
piegai per
evitarli, e questi planarono di fronte a me.
Esitai
prima di continuare, i corvi stavano mutando forma: i loro artigli si
allungarono, mentre le piume svanivano, lasciando il posto a due
ragazzi con
gli occhi
interamente neri e la carnagione olivastra.1
I
loro canini erano affilati come quelli dei vampiri, ma lunghi fino al
mento.
Tremai:
che razza di creature erano quelle?
Si
avvicinarono con un sorriso orribile stampato in faccia.
Indietreggiai,
sperando che i miei poteri si manifestassero, considerato il pericolo
imminente.
Ma
per quanto tentassi di fare qualcosa, qualsiasi cosa, niente mi
riusciva:
nessun ramoscello, nessuna liana, neppure una misera rosa.
Ruotai
il busto, intenzionata a correre nella direzione opposta alla loro, ma
mi
paralizzai, trovandomi di fronte la bionda che aveva aggredito Shu: mi
sentii
in trappola.
Non
c’era traccia ne’ dei Sakamaki ne’ dei
Mukami.
“Sta’
giù!”, ordinò inaspettatamente la
vampira.
L’istinto
mi suggerì di seguire il comando, così mi
accovacciai sul terreno.
La
bionda lanciò due coltelli, che si conficcarono precisamente
nel petto delle
creature.
“Vieni!”,
gridò poi, allungando una mano.
Osservai
le creature sfilarsi gradualmente i pugnali dal petto, apparentemente
tranquilli, nonostante del sangue scuro sgorgasse dalle ferite in mezzo
al
torace.
Cercai
con lo sguardo qualche vampiro familiare, ma non c’era
nessuno nei dintorni.
“Non
vuoi scoprire da dove provengono i tuoi poteri?”
Sobbalzai.
Lei
sapeva.
“Come-“
“Non
c’è tempo. -, rimbeccò. –
Forza andiamo!”
Me
ne sarei pentita, non avevo alcun dubbio, tenendo conto delle
precedenti
esperienze.
Ma
io dovevo
sapere.
E
se avesse voluto uccidermi, di certo non mi avrebbe difesa da quei due.
Le
corsi incontro e le afferrai la mano, in quel modo ci teletrasportammo.
***
“Di
sicuro non è stato nostro padre a mandare quella
predatrice.”, commentò Reiji,
per spezzare quel silenzio imbarazzante che si era creato nella
limousine.
“No,
lui avrebbe mandato i suoi uccellacci.”
Trascorse
qualche istante, poi Shu riprese la parola.
“E
quindi tu ed Edith-“
“Preferirei
non parlarne.”, tagliò corto il fratello.
Il
biondo sorrise impercettibilmente, volgendo lo sguardo
all’esterno.
Il
cielo iniziava a tingersi di un lieve arancione, il che stava a
simboleggiare
l’arrivo dell’alba.
Erano
stati via parecchio tempo, ed erano anni che Shu non restava sveglio
tanto a
lungo.
Si
disse che, una volta giunti a casa, sarebbe sgattaiolato nella stanza
di
Mitsuko, avrebbe ignorato il suo blaterale e avrebbero dormito assieme,
proprio
come facevano
da bambini.
Anche
se lei sembrava non ricordarlo.
Ma
quando raggiunsero la villa, i due Sakamaki intuirono immediatamente
che
qualcosa non andava.
Non
appena scesi dalla limousine, le urla di Subaru e Ruki giunsero al loro
udito
super-sviluppato: provenivano dal giardino posteriore.
Shu
si materializzò nella serra con le rose, ma oltre al
fratello e al Mukami, vi
erano due Ghoul1
con mani
e piedi legati, la faccia sanguinante.
“Che
significa?”, domandò Reiji, anch’egli
comparso nel roseto.
“Significa
che il vostro lurido padre ha
rapito
Mitsuko. –, commentò Yuma a qualche metro di
distanza. – E ha mandato loro per
prenderla, anche se non vogliono parlare.”
Shu
sgranò gli occhi e serrò le mani a pugno.
Solitamente
era Subaru a perdere le staffe, ma ne aveva abbastanza di Karl Heinz e
dei suoi
trucchetti, stavolta avrebbe messo fine alla sua vita personalmente.
“Andiamo
a riprenderla allora.”
“Credevo
fossi più intelligente di questo qui.”, lo
interruppe Ruki, alludendo a Subaru.
L’albino
emise un grugnito, contemplando vari modi per disfarsi del Mukami.
“Non
possiamo fare irruzione nella villa di tuo padre, sai che è
potente.”
Shu
lo ignorò, scambiandosi un’occhiata col
fratellastro: sapeva che, se avesse
deciso di far visita a Karl Heinz, lui gli avrebbe dato man forte.
Ma
una mano si posò sulla sua spalla.
Reiji
lo guardava con un cipiglio severo.
“Sai
che ha ragione.”
Certo
che aveva ragione.
Karl
Heinz aveva vissuto per secoli, i suoi poteri erano cresciuti,
così anche le
sue conoscenze, il che lo rendeva ancor più pericoloso.
Non
era un caso che fosse diventato il “Re dei Vampiri”.
“E
poi c’è qualcosa che dovreste sapere su
Mitsuko.”, aggiunse Ruki, suscitando la
curiosità dei Sakamaki appena arrivati.
“Entriamo.”
“E
questi due?”, volle sapere Yuma.
“Se
non vogliono parlare, te ne puoi disfare.”
Solitamente
Ruki non condivideva la crudeltà dei Sakamaki, ma in quel
momento, sapendo
Mitsuko nelle mani di Karl Heinz, avrebbe risposto proprio come Reiji.
Yuma
afferrò i due Ghoul per il colletto, trascinandoli fuori
dalla serra.
“Sarò
di ritorno tra qualche minuto.”
Ruki
annuì, mentre seguiva i Sakamaki dentro la villa.
Ghoul1:
Nell’universo dei Diabolik Lovers, le razze dei demoni si
dividono in due
categorie: Demoni Superiori(che
comprendono i vampiri) e Demoni Inferiori (di cui fanno parte i Ghoul).
Anche
i Ghoul si nutrono di sangue e sono più forti e veloci
rispetto agli esseri
umani, non conosco il loro reale aspetto e ho deciso di inventarlo.
La
questione Demoni Superiori/inferiori verrà approfondita
più in là.
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 - Roots - ***
Capitolo
16 -
Roots -
Quando
riaprii gli occhi, non c’era traccia della bionda che mi
aveva portato via da
villa Sakamaki.
Mi
guardai intorno: mi trovavo in una campagna, circondata dal nulla, solo
immensi
prati verdi e qualche albero qua e là.
Il
sole stava sorgendo all’orizzonte, scacciava le tenebre della
notte e donava
nuove sfumature al firmamento.
Non
ero certa di trovarmi ancora a Tokyo.
Sentii
uno scrosciare distante e così seguii quel rumore, scorgendo
un piccolo
ruscello, nascosto da alcuni arbusti.
Proseguii
con lo sguardo e notai che, al di là di quel rivolo
d’acqua, si ergeva una
modesta casetta, ma aveva l’aria di essere
un’abitazione abbandonata, poiché
delle erbacce crescevano intorno ad essa, e la porta di legno era di un
marrone
ormai sbiadito dal tempo; mentre le finestre, completamente serrate,
erano
macchiate da muschio verdastro.
Nonostante
questo, quella dimora mi parve familiare ed ebbi l’impulso di
avvicinarmi.
Ma attesi: perché la vampira aveva deciso di portarmi
lì, in quel posto
sconosciuto e, per qualche motivo, anche familiare?
Sfortunatamente
per poter rispondere a quei dubbi avevo un’unica scelta.
Scavalcai
qualche cespuglio e, per attraversare il ruscello, approfittai dei
massi che
sbucavano dal rigagnolo d’acqua, prestando attenzione a
non scivolare.
Non
che quel fiumiciattolo fosse profondo, ma non avevo intenzione di
bagnarmi il
vestito che avevo scelto con tanta cura.
Sebbene,
al momento, fosse già macchiato dal sangue che mi era
colato, mentre Karl Heinz
mi mordeva ovunque.
Quel
bastardo…
Finalmente
mi avvicinai alla casa e, di colpo, giurai di aver visto me da bambina
correre
intorno alla dimora.
Strizzai
gli occhi, doveva essersi trattato di un’allucinazione, o
forse aveva ancora a
che fare con il padre dei Sakamaki?
Possibile
fosse tutto un suo piano?
Qualcosa
mi diceva che lui non aveva nulla a che vedere con la situazione in cui
mi
ritrovavo.
E
quella constatazione mi diede i brividi: questo stava a significare
che, con
tutto probabilità, c’era qualcun altro che aveva
degli interessi nei miei
confronti.
Girai
il pomello della porta di ingresso e questa si spalancò.
Grandioso,
ma non devo entrarci per
forza.
Presi
un respiro profondo e scossi il capo: non era più il momento
per scappare.
Avevo
guardato in faccia la morte così tante volte che, se si
fosse presentata,
l’avrei accolta dignitosamente.
Mi
addentrai nella casa e storsi il naso: doveva essere rimasta chiusa
molto a
lungo, se puzzava in quel modo.
Il
pavimento di legno scricchiolava sotto i miei passi, il salone
d’ingresso era
avvolto dal buio, così scansai una tendina impolverata ed
aprii la finestra.
Osservai
il salotto ristretto, ora che la luce del sole inondava la camera, e
passai un
dito sul divano collocato di fronte ad un camino: era ricoperto da
strati e
strati di polvere, così come i mobili.
Continuai
nella stanza accanto, che si rivelò essere una cucina, anche
questa dalle
dimensioni ridotte, composta semplicemente da un tavolo quadrato, due
sedie, e
l’angolo cottura.
Accanto
ai fornelli un piccolo spazio vuoto: seppi con certezza che
lì si trovava un frigo,
e la cosa mi turbò, poiché non lo avevo intuito,
io lo ricordavo.
Alla
sinistra della cucina, una scala a chiocciola portava ad un piano
superiore.
Un
brivido mi percorse la schiena, come fosse una mano fredda ad
accarezzarla.
Iniziai
a salire i gradini, facendo attenzione a non cadere.
Sbucai
in una camera da letto, qui la finestra era già aperta, e
potei osservare la
stanza: le lenzuola bordeaux erano sfatte e polverose;
l’armadio aveva le ante
aperte e numerose ragnatele al suo interno.
Avvicinandomi,
notai che dietro esso si nascondeva una culla, avvolta in un telo
bianco: il
cuore iniziò a battere innaturalmente, le orecchie mi
fischiavano.
Mossi
alcuni passi incerti e sollevai il telo: il pulviscolo
galleggiò nell’aria per
qualche istante, colpito da un raggio di sole.
Una
copertina giaceva arrotolata all’interno della culla: la
presi, intimorita da quello
che avrei potuto scoprire.
In
fondo, il mio incoscio già lo intuiva.
La
rigirai tra le dita e deglutii a vuoto, leggendo il nome cucito sulla
piccola
coperta.
Ellen.
Era
casa mia, quella.
Mi
strinsi la copertina al petto.
Io
ero nata lì.
Valanghe
di ricordi mi riempirono la testa: io e la mamma che ci rincorrevamo
nel
giardino; lei che mi preparava torte al cioccolato ed io che provavo ad
imitarla, combinando solo dei pasticci.
Ma
d’altronde ero una bambina.
Ricordai
le storie che mi leggeva, prima che andassimo a dormire, storie di
cavalieri e
principesse.
E
poi un uomo.
Ma
per quanto mi sforzassi di ricordare il suo volto, questo sfuggiva
dalla
memoria.
“Ellen.”
Sussultai
e la copertina mi scivolò dalle dita.
Rimasi
pietrificata, al suono di una voce maschile.
Quella
voce che mi aveva parlato, quando Karl Heinz si era finto Raito.
Mi
voltai lentamente, titubante.
Un
giovane adulto sostava in piedi dinanzi a me, aveva lunghi capelli
bianchi e
lisci, sfumati di un color magenta.
I
suoi occhi erano dorati, simili a quelli di Karl Heinz, e tuttavia
diversi.
Anche
perché le sue pupille erano più sottili del
normale, quasi feline.
Indossava
un completo scuro e una sciarpa nera, con alcune linee bianche e
simmetriche.
“Chi
sei?”, fu tutto ciò che riuscii a domandare.
“Carla
Tsukinami.”
Il
nome non mi dava alcuna indicazione utile ma, nel profondo, sapevo
benissimo
chi fosse.
E
quando parlò, confermò i miei sospetti.
“Sono
tuo padre.”
***
Sakamaki
e Mukami al completo erano seduti nel salone principale.
Il
silenzio regnava da qualche minuto ormai.
Shu
e Reiji avevano saputo delle capacità sovrannaturali di
Mitsuko, ma ancora non
riuscivano a credere che lei fosse in grado di fare certe
cose.
Tuttavia,
un Kanato ancora un po’ indolenzito e furente, seduto sul
divano, ne era la
prova.
E
in più, Kou aveva assistito alla scena coi suoi occhi, non
aveva motivo di
mentire al riguardo.
La
maggior parte di loro pensava che Karl Heinz l’avesse rapita
proprio per
questo.
Ma
ad una cerchia ristretta, che comprendeva Ruki, Reiji e Shu, i conti
non
tornavano.
Perché
assoldare i Mukami, se il suo scopo era sempre stato averla tutta per
sé?
Perché
mandare i Cacciatori ad ucciderla?
Perché
assoldare una Predatrice e non usare immediatamente il suo esercito di
Ghoul?
Troppe
domande senza risposta.
“Propongo
di andare a prendere a calci in culo nostro padre.”,
esclamò Ayato, rompendo il
silenzio.
Reiji
inarcò un sopracciglio, indignato più per il
linguaggio colorito che per la
proposta in sé.
Subaru
l’appoggiò e, sorprendentemente, anche Yuma.
“Perché
andare a salvarla? Io e Teddy non la vogliamo qui!”,
protestò Kanato.
“Perché
siamo suoi amici.”, inaspettatamente fu Azusa a rispondere.
“Lei
mi ha fatto del male!”, strillò Kanato, prossimo
ad una crisi isterica.
“Questo
significa che ti vuole bene.”
Il
vampiro col peluche rimase interdetto.
Ruki
scosse il capo.
“No
Azusa, ne abbiamo già parlato, non è con la
violenza che si dimostra affetto.”
“Oh…”,
si limitò a mormorare il fratello.
“Ma
questo non significa che Mitsuko sia cattiva.”
“Mi
ha quasi ucciso!”, controbatté Kanato, nuovamente
furioso.
Ayato
gli tirò un colpetto sulla spalla e ignorò il suo
sguardo omicida.
“Non
ti sei fatto niente, siamo vampiri.”
“Quindi
andiamo a dare una lezione a quello stronzo.”, intervenne
Yuma.
Shu
guardò Reiji, inizialmente avrebbe accettato senza esitare,
ma era annebbiato
dalla rabbia: non poteva sopportare l’idea di Mitsuko nelle
mani di quell’essere
spietato.
Ricordava
come l’avevano trattata loro inizialmente, ma il loro sadismo
era niente, se
paragonato a quello di Karl Heinz.
Tuttavia,
adesso che era più lucido, sapeva perfettamente che sarebbe
stato un suicidio
tentare di salvare Mitsuko senza un piano.
“Nostro
padre ha un esercito a disposizione. –, iniziò a
spiegare, – siamo forti ma
decisamente pochi rispetto ai suoi.”
“Ha
ragione.”, dichiarò Ruki.
I volti altrui parvero rabbuiarsi.
“E
allora? Lasceremo Mitsuko sua prigioniera?”, volle sapere
Subaru, decisamente
alterato.
“Certo
che no. –, rispose il maggiore dei Sakamaki, – ma
non dobbiamo andare lì
impreparati.”
Reiji
parve riflettere qualche istante, aveva avuto un’idea, ma
ancora non aveva
deciso se fosse saggia o meno.
“Forse
potremmo chiedere aiuto ai Cacciatori.”
Ayato e Yuma protestarono in coro, nessuno dei due si sarebbe rivolto a
quegli
esseri senza scrupoli.
“Hanno
tentato di uccidere Mitsuko e ci sono riusciti con Raito.”,
gli ricordò Subaru.
“Però
potremmo sempre chiedere aiuto a Takeshi Yoshida.”,
s’intromise Ruki.
Reiji
annuì.
“Potrebbe
tornare utile, farebbe di tutto pur di salvare la figlia.”
E
così Ruki si offrì per parlare con il padre
adottivo di Mitsuko.
Proprio
mentre si preparava ad uscire, dei rumori esterni catturarono la sua
attenzione.
Qualcuno
bussò alla porta e fu il maggiore dei Sakamaki ad aprire.
“Edith?”,
domandò Shu perplesso, trovandosi davanti la vampira con cui
avevano parlato
qualche ora prima.
Aveva
il labbro spaccato e dei lividi sul corpo.
Reiji
affiancò il fratello.
“Che
ti è successo?”
“Oh,
sto bene Rei, dovresti vedere com’è conciata l’altra.”
Così
dicendo, afferrò qualcosa al suo fianco.
Puro
stupore si dipinse nel volto dei presenti, quando trascinò
ai suoi piedi la
vampira bionda che aveva attaccato Shu.
Anche
lei era coperta di lividi ed aveva il vestito lacerato, sembrava priva
di sensi.
“Quando
l’ho vista, ho pensato che avreste voluto parlare con
lei.”
PADRE DI MITSUKO
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 - The Lady - ***
Capitolo
17 - The
Lady -
Con
un sonoro schiaffo, Edith svegliò la vampira dai lunghi
capelli biondi.
Yuma
si era occupato di legarla su una sedia, mentre Reiji le aveva fatto
ingoiare
un veleno che attenuasse le sue abilità, così da
impedirle di smaterializzarsi.
La
Dama aprì gli occhi e, quando realizzò di essere
in trappola, cominciò a dimenarsi,
ma le catene dovevano essere state progettate per intrappolare i
vampiri,
poiché non riuscì a spezzarle e tanto meno a
divincolarsi da esse.
Tentò
di teletrasportarsi, ma invano, e quindi si lasciò sfuggire
un verso frustrato.
Si
guardò intorno, era accerchiata da ben dieci vampiri, ma
quattro di loro non
erano purosangue, a giudicare
dall’odore che emanavano.
In
mezzo ad essi riconobbe il Sakamaki che aveva provato a fare fuori.
E,
al suo fianco, la Predatrice che l’aveva aggredita senza
un’apparente
motivazione.
Adesso
comprendeva perché lo avesse fatto.
“Ti
ricordi di me, vero?”, domandò Shu, avvicinandosi.
La
vampira bionda sorrise sprezzante, ma non parlò.
Edith
artigliò la sua spalla con le unghia, spingendole dentro la
carne e
strappandole un gemito.
Il
maggiore dei Sakamaki intuì perché lei e Reiji
fossero così intimi.
A
parte Kanato, che sembrava assorto dalla conversazione con il suo
peluche; ed
Azusa, impegnato a srotolare e fasciare nuovamente le sue cicatrici,
tutti gli
altri attendevano impazienti che la bionda rivelasse delle informazioni
utili.
“Allora?”,
la esortò Shu.
“Certo
che mi ricordo, combatti come una femminuccia.”
Yuma
soffocò una risata, guadagnandosi un’occhiataccia
dal Sakamaki.
“Chi
sei?”
“Credevo
che la vostra amichetta, qui, mi conoscesse.”
“Qual
è il tuo vero nome? E chi ti ha assoldata?”
La
bionda rimase in silenzio, così Edith roteò gli
occhi e mosse le dita dentro la
sua spalla, facendola gridare dal dolore.
“Conosco
mille altri modi per torturarti –, minacciò la
mora. – Ti lascerò guarire e
ricomincerò da capo.”
Ruki
e Kou si scambiarono uno sguardo complice, sorpresi che
quell’inaspettata
alleata fosse sadica tanto quanto i Sakamaki, se non di più.
Sebbene
loro non potessero definirsi propriamente dei santi.
“Ho
tutto il giorno.”, asserì l’altra con un
tono beffardo.
Edith
sogghignò.
“Anche
io.”, estrasse le unghia insanguinate, lacerando un lembo di
pelle, poi le
ficcò dall’altro lato.
La
Dama trattenne un lamento, il sorriso di scherno sul suo volto era
scomparso.
“E
lei dovrebbe essere?”, domandò Ayato, mentre
osservava Edith torturare l’altra
vampira.
Reiji
si schiarì la voce.
“Una
Predatrice che conoscevo.”
“Una
sua ex.”, precisò Shu.
Improvvisamente
tutti avevano gli occhi puntati su Reiji, che avrebbe preferito
sprofondare,
piuttosto che subire quelle occhiate curiose.
Dannazione
a te, Shu,
pensò.
Un
grido li distrasse, Edith stava facendo a brandelli la schiena della
vampira.
Ruki
sospirò: non condivideva la tortura per puro piacere, non da
quando l’aveva
subita sulla sua stessa pelle, quand’era un bambino, e le sue
cicatrici ancora
bruciavano al solo pensiero.
E
poi non avevano tempo da perdere
Si
avvicinò alle due Predatrici, chiedendo ad Edith di fermarsi
per un istante.
“Ascolta
–, cominciò a dire Ruki. – La ragazza
che hai rapito è una persona importante
per noi.”
Kou
lo fissò con un sopracciglio inarcato, stupito dal fatto che
suo fratello lo
avesse detto ad alta voce.
“E
faremo di tutto per ritrovarla. Ti tortureremo per ore e, se non
parlerai, ti
uccideremo.”
A
Kanato sfuggì una risata.
“Perché
la troveremo con o senza il tuo aiuto.”
La
Dama curvò gli angoli delle labbra, di nuovo quel sorriso
derisorio.
“Lui è troppo forte per
voi.”
“Non
temiamo Karl Heinz.”, la interruppe Yuma.
La
Dama incontrò gli occhi dorati del Mukami.
“Non
ho dubbi, bel fusto, ma non si
tratta
di Karl Heinz.”
Ruki,
Reiji e Shu lo sospettavano, in fondo, tuttavia gli altri rimasero a
bocca
aperta: quindi qualcun altro era interessato a Mitsuko.
Shu
poggiò le mani sui braccioli della sedia, inchiodando la
vampira sul posto.
“Allora
chi?”
“Non
parlo dei miei clienti, specialmente di uno come lui. Potrete anche
uccidermi,
ma ho un’etica.”
Il
sangue colava copiosamente dalle sue spalle, macchiando il suo corpetto
nero,
ma manteneva uno sguardo fiero, pieno di orgoglio.
“Ehi,
tu –, Shu indicò Kou. – Vieni a fare
quella cosa con l’occhio magico.”
Il
Mukami si avvicinò, tenendo le braccia incrociate dietro la
testa ed esaminando
la vampira sulla sedia.
“Non
funziona così.”
“Con
me lo hai fatto.”
A
Kou scappò un mezzo sorriso.
“Era
fin troppo evidente che nascondessi qualcosa. Posso dire che lei,
fin’ora, ha
sempre detto la verità.”
“Ascoltate,
lui non ha intenzione di ucciderla.” , s’intromise
la bionda.
Shu
guardò il Mukami.
“Sta
dicendo la verità.”
Il
maggiore dei Sakamaki tornò dai suoi fratelli e i Mukami si
unirono a loro.
“Quindi
che si fa?”, volle sapere Yuma.
“Credo
che dovremmo avvisare il padre di Mitsuko. –,
dichiarò Ruki. – Potrebbe darci
una mano per capire chi l’ha rapita.”
Reiji
concordò con lui: Takeshi Yoshida avrebbe fatto di tutto pur
di salvare la
figlia, era certo che non avrebbe coinvolto la Chiesa nella faccenda,
per
evitare di creare altro scompiglio. Ci si poteva fidare.
“Dovreste
andare tu e Subaru.”, affermò il vampiro con gli
occhiali.
Subaru,
sentendosi chiamare in causa, lanciò un’occhiata
tagliente al fratello: se
avesse potuto ferirlo con un semplice sguardo l’avrebbe fatto.
“Posso
andare da solo.”
Reiji
osservò il fratellastro con un sopracciglio inarcato.
“Preferisco
che qualcuno tenga a bada il tuo carattere irascibile.”
“Io
non sono irascibile!”, sbottò l’albino,
mordendosi la lingua subito dopo.
“Io
sono d’accordo. –, esclamò Ruki,
stranamente. – Il mio unico obiettivo è
ritrovare Mitsuko.”
Subaru
avrebbe voluto tirargli un pugno ben assestato sul viso: il Mukami
faceva di
tutto per screditarlo, come se solo a lui importasse
l’incolumità di Mitsuko.
“E
sia, andiamo.”, esalò a denti stretti.
I
due lasciarono la villa.
Kanato
doveva essersi smaterializzato, probabilmente non nutriva alcun
interesse nel
ritrovare la ragazza.
“Che
facciamo con questa qui?”, chiese quindi Yuma.
“Credo
che per il momento sia meglio trattenerla da noi, potrebbe scappare e
mettere in
guardia chi l’ha assoldata.”, spiegò
Reiji.
Il
vampiro dagli occhi ambrati si offrì per tenerla
d’occhio.
Shu
incaricò Ayato di avvisare Yuki: la scomparsa
dell’amica l’avrebbe allarmata,
avrebbe potuto sospettare che le fosse capitato qualcosa, anche a causa
loro.
In
fondo conosceva la loro vera identità.
E
avrebbe potuto fare qualcosa di stupido, come contattare la polizia.
“Io
mi occuperò della brunetta. –, si propose Kou,
– e troverò una scusa credibile,
non temete.”
Yuma
osservò il fratello, scuotendo il capo, sia lui che Ruki
condividevano lo
stesso problema: avevano perso la testa per un’umana, e
questo non avrebbe
portato a nulla di buono.
Ma
erano suoi fratelli, e tutto ciò che desiderava era la loro
felicità, anche se
non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Anche
Ayato e Kou lasciarono la villa.
Restavano
Reiji, Shu ed Edith.
Il
primo decise che avrebbe preparato un altro veleno, per tenere la Dama
sedata
ed impedirle di scappare.
“Io
andrò a cercare Mitsuko, da qualche parte dovremo
iniziare.”, annunciò Shu.
Suo
fratello fece un cenno col capo verso Yuma, e Shu intuì il
messaggio implicito:
avrebbe potuto approfittare della calma generale per parlare con il
Mukami, ma
non era il momento adatto, la sua priorità era trovare
Mitsuko.
“D’accordo.”,
si limitò a rispondere Reiji, avviandosi nel suo studio.
Notò
con la coda dell’occhio che Edith lo stava seguendo, ma non
disse nulla, ne’
tentò di fermarla.
“Posso
venire anch’io a cercare Mitsuko?”
Quasi
si erano dimenticati di Azusa, seduto su un divano, che doveva aver
ascoltato
in silenzio la conversazione.
“È
meglio se resti qui.”, ribatté Yuma.
“Ma voglio
aiutare…”, protestò con voce
flebile il fratello.
“Può
venire.”, intervenne Shu.
Yuma
dimezzò la distanza che li separava e parlò a
bassa voce, sperando che Azusa
non li sentisse.
“Non
sa mica combattere, idiota!”
Shu
trattenne un sorriso, era proprio così che ricordava Edgar:
sgarbato, rude, ma
dall’animo gentile.
“Lo
so bene, lo proteggerò, se necessario. Ma se resta qui,
senza far nulla, si
sentirà inutile.”
Yuma
si stupì, ascoltando quella frase, non credeva che un
Sakamaki si sarebbe
offerto per difendere un Mukami.
“Dovrei
fidarmi? La tipa lì, dice che combatti come una
femminuccia.”
La
Dama ridacchiò.
Shu
lo fissò truce: “Mi ha colto alla
sprovvista.”
“Lo
credo bene.”, commentò, ripensando a come dormiva
profondamente nel loro
salotto.
Il
maggiore dei Sakamaki piegò il capo, come a guardarlo da
un’altra angolazione,
come se cercasse dei dettagli sul suo viso.
Cosa
che, effettivamente, Shu stava facendo, tentava di vedere, in quei
lineamenti
maturi, dei tratti che ricordassero il suo amico d’infanzia.
“E
tu, te la caverai da solo?”
Yuma
rise sprezzante.
“Certo
che sì, non mi farò cogliere alla
sprovvista.”
“Ottimo
–, concluse Shu, lievemente piccato per la frecciatina.
– Andiamo ragazzino.”
Azusa
balzò in piedi, colto da un rinnovato entusiasmo, e i due
uscirono dalla villa.
***
“Sembra
che siamo rimasti io e te, bel fusto.”
Yuma
sollevò lo sguardo, posandolo sulla figura a qualche metro
di distanza.
La
vampira dai capelli biondi lo osservava con un mezzo sorriso.
“Esatto,
quindi vedi di comportarti bene.”
Gli
tornò in mente il dialogo che aveva avuto con Shu:
c’era qualcosa che lo
tormentava, una strana sensazione nel petto, quando ripensava al
Sakamaki
biondo, e non solo perché aveva permesso ad Azusa di andare
con lui.
Era
come se gli sfuggisse un particolare, tanto piccolo
quanto importante.
“E
così tu e i tuoi fratelli siete gli ibridi
assoldati da Karl Heinz.”
La
Dama richiamò l’attenzione dell’altro.
“Ibridi?”
“Non
siete dei veri vampiri, sento la puzza
delle tue origini umane.”
Yuma
strinse la mano in un pugno, scattando in piedi.
“Vedi
di non farmi incazzare –, la minacciò. –
Almeno io non mi faccio dare ordini da
altri.”
La
Dama aggrottò le sopracciglia.
“Oh
no, sei solo un burattino di Karl Heinz.”
Yuma
si avvicinò a lei con fare intimidatorio, le
afferrò la gola con una mano.
“Quale
parte di non farmi incazzare, non
ti
è chiara?”
“Che
c’è, la verità è difficile
da accettare?”
Il
vampiro le rivolse un’occhiataccia, ma la lasciò
andare.
“Non
hai idea di cosa noi… di quello che ci è
capitato. – , sussurrò per un istante.
– Karl Heinz ci ha salvati. Avevamo un debito con
lui.”
La
vampira ascoltò con attenzione: aveva in mente un piano per
guadagnare tempo e
liberarsi delle catene che le bloccavano mani e piedi, ma lo spilungone l’aveva incuriosita.
“E
l’avete saldato?”
Yuma
scosse il capo, afflitto, ripensando che no, non avevano potuto
ripagare quel
debito.
Ma
Karl Heinz aveva tentato di uccidere Mitsuko, non gli dovevano
più nulla, lui
stesso li aveva congedati.
“Eppure
collaborate con i suoi figli per ritrovare quell’umana, senza
sapere perché sia
tanto speciale.”
Yuma
capì che quella bionda sapeva molto più di
ciò che aveva rivelato: che fosse a
conoscenza dei poteri di Mitsuko?
Ma
sapeva anche che non avrebbe parlato, sarebbe stato inutile torturarla
nuovamente per altre informazioni.
Di
certo era professionale nel suo
lavoro.
“Non
so perché hai rapito Mitsuko, ma sapevo già
quanto fosse speciale.”, ammise
Yuma.
Fortunatamente
nessun’altro era presente, altrimenti non lo avrebbe mai
confessato.
“Perché
dispensa sangue gratuitamente?”
La
Dama si sorprese del suo stesso tono di voce, così irritato.
Si
trovò a pensare che nessuno aveva mai parlato di lei in quel
modo.
“Perché
riesce sempre a vedere il buono, nelle persone.”
La
frase di Yuma aleggiò nella stanza, dov’era calato
un silenzio quasi religioso.
“Evidentemente
non sa quanto può essere crudele questo mondo.”
Il
vampiro dagli occhi ambrati dissentì con un cenno del capo.
“Lo
sa fin troppo bene.”
Ripensò
alle bugie con cui era stata cresciuta, a quello che doveva aver
passato dopo
essere diventata una Sposa Sacrificale, a quando lui e suoi fratelli
l’avevano
rapita e morsa ancora e ancora.
Per
la prima volta realizzò quanto fosse dura la vita di Mitsuko.
La
Dama, d’altro canto, si sorprese nel constatare quanto quel
vampiro fosse
veramente affezionato a quell’insulsa umana.
Come tutti gli altri, in fondo.
Lei
era a conoscenza dei suoi poteri e quello era l’unico
dettaglio che la rendeva
“speciale” ai suoi occhi, per il resto la
considerava una creatura debole come
i suoi simili.
Non
era particolarmente attraente, ne’ troppo sveglia: aveva
tentato di battersi
con lei senza usare le sue capacità sovrannaturali.
L’aveva
vista piangere nella serra ed insultare il Re dei vampiri, quindi non
riusciva
neppure a controllare le sue emozioni.
Tuttavia
era stata torturata a causa sua, e tutti si erano mobilitati per
trovarla.
Si
sentì una stupida, perché invidiava
quell’umana.
Lei,
una delle Predatrici più forti, che invidiava una ragazzina
così fragile.
Aveva
temporeggiato abbastanza: era riuscita a liberare le caviglie e il
mezzo-vampiro sembrava assorto nei suoi pensieri.
Approfittò
della situazione per scattare in piedi, così
colpì Yuma con la sedia su cui era
legata e lui, colto di sorpresa, finì sul pavimento.
Con
la sedia ridotta in pezzi, la Dama riuscì a liberare anche i
polsi e si chinò
sul vampiro dolorante, che tentava di rimettersi in piedi: si
posizionò a
cavalcioni su di lui, impedendogli qualsiasi movimento.
“Grazie
per la chiacchierata, bel fusto.”,
fece scorrere una mano sui suoi jeans e Yuma provò a
divincolarsi, ma invano.
Raggiunse
l’interno coscia con le dita e lui si chiese che intenzioni
avesse, finché la
bionda infilò una mano nella sua tasca.
“Interessante.”,
gli sorrise e, dopo un fugace bacio sulle labbra, corse fuori dalla
villa.
Yuma
impiegò qualche secondo per riprendersi, provando vergogna
per la sua reazione
da “adolescente in preda agli ormoni”, quando lei
lo aveva toccato e baciato.
Poi
realizzò cos’era realmente accaduto e
grugnì furioso: quella stronza
gli aveva rubato le zollette di
zucchero.
THE
LADY
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 - First Blood Race - ***
Capitolo
18 - First
Blood race -
“Tu
non sei mio padre.”
Avrei
voluto usare un tono più sicuro, meno esitante, tuttavia
quella frase uscì in
un sussurro.
“È
così, invece. –, obiettò Carla.
– Non mi sorprende che tu non ne abbia
memoria. Sono stato io a cancellare i tuoi ricordi, e così
ho
fatto con tua madre.”
Mi
sforzai di cercare tra i ricordi, ma il suo viso continuava a restare
un’incognita.
E
tanto meno notavo qualche somiglianza nei tratti del suo volto.
Lo
vidi avvicinarsi e sollevare una mano: d’istinto
indietreggiai.
“Non
è mia intenzione farti del male.”, mi
rassicurò.
Ma
non mi fidavo affatto di quell’uomo.
Mi
posò due dita sulla fronte ed ebbi l’impulso di
scansare il capo, tuttavia un
calore si irradiò da esse e rimasi inerme, mentre delle
immagini scorrevano
veloci davanti ai miei occhi.
Il
mio respiro si fece affannoso: mi trovavo ancora nella camera da letto,
ma la
stanza era libera dalle ragnatele e le pareti sembravano appena
verniciate di
un tenue arancio.
In
un angolo, in piedi vicino al letto, sostava l’uomo che
diceva di essere il mio
vero padre.
E
poi c’era la mamma, con un neonato fra le braccia.
Continuava
a fare dei versi buffi e il bebè rideva.
Sentii
un nodo alla gola.
La
scena cambiò: non ero più fra le braccia della
mamma, ma scorrazzavo per la
camera.
Mi domandai quanti anni avessi, probabilmente uno o due, considerati i
movimenti scoordinati e le mie parole senza un filo logico.
La
mamma era entrata nella stanza come una furia.
“Perché
ti importa tanto di lui? –, aveva domandato. –
Quell’uomo è pericoloso!”
Carla
era dietro di lei, lo sguardo perso nel vuoto, come se fosse sordo alle
sue
parole.
“Non
permetterò che prenda il mio posto. Sono io il vero re.”
Aggrottai
le sopracciglia, a cosa si riferiva?
Carla
era tornato a guardare fuori dalla finestra e la mamma lo aveva
abbracciato da
dietro.
Lui
si era voltato, apparentemente impassibile, e lei gli aveva depositato
un bacio
sulle labbra.
“Sono
solo preoccupata per te e per Ellen. Potrebbe venire a
cercarla.”
“Non
lo farà, mi libererò di lui una volta per
tutte.”
Mi
sentii strattonare, come se qualcuno mi avesse legato con una corda e
tirato
per qualche metro.
La
camera da letto era tornata ad essere tetra e decadente.
“Ricordi
ora?”
“Lei
sapeva.”, constatai.
“Sì, tua madre sapeva di Karl Heinz, sono
stato io a dirglielo –, rispose Carla, ristabilendo una certa
distanza tra noi. – Il suo piano era quello di concepire con
lei un figlio. Mettere al mondo una
nuova razza di vampiri.”
“Ma
lei aveva già avuto me.”
Quindi
Carla conosceva la leggenda di Adamo ed Eva, ed aveva perfino messo in
guardia
mia madre.
Ma
cosa aveva a che fare lui con tutto questo?
“Esatto.
Ma Karl Heinz ignorava che tu fossi mia
figlia. Per questo ho dovuto cancellare i vostri ricordi, sarebbe stato
un
rischio.”
Mi
chiesi chi fosse veramente quell’uomo
e perché essere sua figlia avrebbe comportato delle
conseguenze.
“Io
sono uno dei Primi Fondatori della razza demoniaca.1”
Improvvisamente
respirare era diventato impossibile.
“Noi
Fondatori racchiudiamo tutte le
caratteristiche delle razze dei Demoni Superiori. –,
spiegò Carla – Vampiri, Vibora,
Lupi e Adler.”
Cercai
di assimilare ogni informazione, ma erano troppe e tutte insieme, mi
dovetti
sedere sul letto per evitare di stramazzare al suolo.
Ma
Carla non se ne curò, continuando a parlare.
“Tra
noi Fondatori c’è sempre stato
dell’attrito, ci siamo uccisi a vicenda e Karl
Heinz ne ha approfittato, conquistando il mondo dei Demoni e divenendo
il re
dei vampiri. Ma quel posto spetta a noi Fondatori di diritto, e al
momento, io
sono l’unico in vita.”
“Ma
cosa c’entra tutto questo con me?”
Carla
attese qualche istante prima di continuare, lanciò
un’occhiata alla culla e
notai i suoi occhi dorati scintillare innaturalmente.
“Tua
madre era una discendente di Eva e ha scelto me come suo
Adamo.”
Dopo
quell’affermazione, anche io osservai la culla con occhi
sbarrati, intuendo
come avrebbe proseguito il discorso.
“Tu
non sei solo una discendente di Eva. Tu sei la primogenita di una nuova
razza
di vampiri.”
Non
dissi nulla.
Mi
limitai a balzare in piedi, sconcertata, e corsi via da quella casa.
Scesi
rapidamente la scala a chiocciola, rischiando di inciampare e rompermi
l’osso
del collo, ma quello sarebbe stato l’ultimo
dei miei problemi.
Aprii
la porta con una forza tale che andò a sbattere contro la
parete e i muri
vibrarono.
Uscii
nel giardino e caddi in ginocchio, come se mi avessero prosciugato di
tutte le
mie forze.
Carla
Tsukinami si materializzò dinanzi a me, da bravo vampiro.
“Immaginavo
che la cosa non ti avrebbe reso entusiasta.”
“Entusiasta?
– ripetei, la voce stridula – Io sono terrorizzata!
Ho scoperto di essere la
figlia di un demone antico e far parte della nuova razza che Karl Heinz
tenta
di creare disperatamente da anni!”
Iniziai
a scuotere il capo, doveva esserci un errore.
“Io
non sono una vampira.”
“E
non lo diventerai.”
La
notizia non mi bastò a consolarmi.
“Ma,
col tempo, avrai la forza e la resistenza dei vampiri. –,
annunciò Carla, – e in
più avrai dei poteri speciali.”
Osservai
le mie mani: quindi c’era un motivo se potevo fare quelle
cose.
C’era
un motivo se avevo quasi ammazzato Kanato.
“E
da quanto mi ha riferito La Dama, puoi controllare un elemento
naturale, la
Terra.”
Mi
chiesi chi fosse quella “dama” di cui aveva
parlato, non mi ero resa conto
di essere seguita.
Una
lampadina si accese all’improvviso e tornai in piedi,
puntando un dito contro
il demone.
“Quella
vampira dai capelli biondi! L’hai mandata tu!”
Carla
annuì, senza nemmeno provare a giustificarsi.
“Le
ho chiesto di stimolare i tuoi
poteri.”
In
quell’istante capii perché aveva provato ad
uccidere Shu: voleva testare le mie
capacità, spingermi ad usare i poteri per proteggere
qualcuno a me caro.
Tant’è
che aveva esordito con un “sei pronta”, dopo aver
scoperto cos’ero in grado di
fare.
“Quella
psicopatica ha quasi ucciso un mio amico!”
“I
figli di Karl Heinz sono tuoi amici?”,
s’informò Carla, evidentemente scettico.
In
effetti, ero affezionata a dei vampiri che si nutrivano regolarmente
del mio
sangue, ma il nostro rapporto era ben più complesso ormai:
né lui, né Karl
Heinz avrebbero potuto dissuadermi, sapevo di far parte della famiglia,
di
avere uno stretto legame con ognuno di loro.
Tralasciando
Kanato.
Lui
probabilmente mi odiava, ma mi sarei fatta perdonare in qualche modo.
“Non
mi aspetto che tu capisca. –, annunciai, prima che mi
sorgesse spontanea una
domanda. – Effettivamente, dov’eri quando Karl
Heinz ha rapito me e la mamma?”
“Durante
l’ultimo scontro, Karl Heinz mi ha intrappolato nel Mondo dei Demoni, poiché lui
ne è diventato il re.”
“Però
la mamma ti aveva messo in guardia. –, protestai. –
E hai scelto di non darle
ascolto.”
“La
mia priorità era Karl Heinz. Ho scelto tua madre per
sottrarla a lui, –
dichiarò Carla, – lei si è
innamorata di me.”
“Ma
tu no.”, appurai.
Dovevo
aver preso dalla mamma il difetto di amare persone che sono incapaci di
amare.
“Portarla
via a Karl Heinz era tutto ciò che mi interessava. E la sua
discendenza sarebbe
stato un punto a mio vantaggio. Nient’altro.”
Provai
profonda costernazione dinanzi quelle parole, così gelide e
prive di emozioni:
era evidente che la mamma fosse innamorata di Carla, adesso che i
ricordi
iniziavano a riaffiorare nella mente, potevo riconoscere quegli occhi
pieni
d’amore con cui lo osservava: era lo stesso modo in cui io
guardavo Raito.
Ma
Carla l’aveva solo manipolata per raggiungere il suo scopo.
“Ci
hai abbandonate!”, sbottai.
“Non
avrei potuto fare altrimenti, ero in trappola nel Mondo dei Demoni. Ma
appena ne ho
avuto l’occasione sono fuggito.”
Indietreggiai:
quello poteva essere il mio padre biologico, ma non l’avrei
mai considerato il
mio vero padre.
“Sei
qui per i miei poteri, non per me!”
Feci
dietro-front, avviandomi verso la casa, ma Carla si
materializzò davanti a me,
quasi seccato.
“Tu
non riesci a comprendere. Grazie ai tuoi poteri potremo sconfiggere
Karl
Heinz.”
“Non
sono la sua pedina e non sarò la tua.”
In
quell’istante vidi lo sguardo di Carla adombrarsi, e seppi
che nessuno dei
Sakamaki mi aveva mai fatto tanta paura.
Mi
afferrò il collo, e mi si mozzò il respiro in
gola.
Chinò
il capo per guardarmi dritto negli occhi, alcune delle sue ciocche mi
sfiorarono il
viso.
“Io
sono l’unico che può aiutarti a controllare i tuoi
poteri.”
Provai
a spiccar parola, ma la mancanza di ossigeno non mi aiutava, vedevo
l’ambiente
intorno a me vorticare troppo velocemente.
Annaspai
in cerca d’aria.
“Tu
sei un mostro, proprio come lui…” –
Riuscii a mormorare, con un tono appena
udibile, – hai lasciato… che la
uccidesse.”
Carla
mollò la presa, ed io finii sul terreno.
Rimasi
a tossire per qualche minuto, gli occhi bruciavano perché mi
aveva strangolato,
certo, ma anche per le lacrime di rabbia che cercavo di trattenere.
“Io…
-, attese un istante prima di continuare, come se stesse cercando le
parole giuste. – Io rispettavo Natsumi. Se fossi
stato presente, l’avrei difesa.”
“Ma
tu non c’eri!”, avrei voluto urlarglielo contro, ma
la voce era fin troppo roca per farlo, anche solo parlare mi procurava
un fastidioso bruciore.
Tutta
quell’ira scatenò qualcosa dentro di me, fissai il
terreno e delle liane
sbucarono da esso, crebbero numerose intorno a me, divenendo man mano
più
affilate.
Mi
sollevai in ginocchio e, con una sola occhiata, le indirizzai verso
Carla.
Quest’ultimo
scattò a destra, per evitare di finire infilzato, ma le
liane seguirono i suoi
movimenti.
Altre
si avvinghiarono intorno le sue caviglie, per ostacolarlo, ma lui si
liberò di
esse e schivò quelle acuminate.
Emisi
un verso di stizza: una serie di sassi, grossi come palle da bowling,
si sollevarono
dal suolo, puntando il vampiro.
Glieli
scagliai contro e pensai che fossero fin troppi affinché
riuscisse ad evitarli
tutti, ma Carla levò una mano ed un’ombra scura
strisciò sul terreno, prima di
innalzarsi come un muro: i sassi l’attraversarono e si
ridussero in cenere nel
farlo.
“Si,
ho delle abilità anche io.”
Ancor
più furente, se possibile, strinsi le mani in un pugno e
toccai il pavimento:
una moltitudine di rami appuntiti spuntò sotto i piedi del
vampiro: divennero
sempre più numerosi ed alti.
Carla
li evitò, teletrasportandosi in diversi punti del giardino,
ma non lo persi
d’occhio nemmeno per un istante e continuai a sollevare
tralci di legno
appuntiti, finché uno gli ferì di striscio il
braccio.
Esultai
internamente.
Il
vampiro mi fissò minaccioso e mutò forma: divenne
un’aquila dagli occhi dorati,
planò su di me e quando atterrò era di nuovo
nella sua forma originale.
Cercai
di creare qualcosa per allontanarlo, ma lui fu più veloce:
ficcò i suoi canini
nel mio collo e morse con foga.
Strillai
per il dolore, cadendo all’indietro.
Carla
si staccò quasi immediatamente.
“Guarda
cosa sei in grado di fare.”, disse, indicando la
ramificazione che avevo
creato.
Provai
a scollarmelo di dosso, ma invano.
Una
liana si mosse sul terreno alle sue spalle, prima di sollevarsi, pronta
a
perforargli il petto, ma con un solo gesto della mano, Carla
creò nuovamente
l’ombra scura di prima, che spazzò via la liana e
tutti i rami acuminati che
avevo modellato.
Per
un brevissimo istante strizzò gli occhi e serrò
la mascella, come se quel gesto
lo avesse indebolito.
Ma
si riprese rapidamente.
“Non
vuoi vendicare la morte di Natsumi?”
“Non
osare. Non pronunciare il suo nome.”
“Sai
bene che Karl Heinz merita di morire.”
Sì,
ne ero consapevole: Karl Heinz meritava di morire, ma non per mano mia.
“Non
diventerò un’assassina.”
Carla
roteò gli occhi, probabilmente esasperato.
“Sarò
io stesso ad ucciderlo, ma ho bisogno del tuo aiuto.”
Lo
fissai dritto nei suoi occhi dorati.
Non
dovevo nulla a quell’uomo, lui mi aveva abbandonata e aveva
permesso che la
mamma venisse uccisa, per inseguire le sue manie di potere.
Tuttavia,
Karl Heinz era il vero colpevole della morte di mia madre, in fondo.
Aveva
manipolato me e i suoi figli.
Aveva
provocato la morte di Raito…
E
anche se avessi rifiutato la proposta di Carla, non mi sarei liberata
del padre
dei Sakamaki.
Quindi
stavo veramente considerando di scendere a patti con lui?
Avevo
bisogno di tempo per pensare: da quel momento in poi, seppi che avrei
dovuto mentire
a lui e anche ai Sakamaki.
Ma
se Carla poteva davvero insegnarmi a controllare i miei poteri, valeva
la pena
tentare.
Il
ricordo di come avevo quasi ucciso Kanato era ancora fresco nella mia
mente.
“D’accordo,
mi aiuterai a gestire questa cosa
che
mi scorre nelle vene. Ed io ti aiuterò a spodestare Karl
Heinz. A patto che
possa tornare a casa e avvisare gli altri.”
Carla
si mise in piedi, il labbro ancora sporco del mio sangue.
Mi
porse una mano, per rimettermi in piedi, o forse per suggellare il
nostro
“patto”, ma non l’afferrai.
Mi
tirai in piedi per conto mio, seppur dolorante.
“Non
puoi tornare, i tuoi amici non
appoggeranno la tua decisione.”
Mi
pulii il vestito, sporco di terriccio.
“Credo
che vogliano Karl Heinz morto tanto quanto lo vuoi tu. -, annunciai.
– Ma non gli
parlerò del nostro accordo.”
Carla
inarcò un sopracciglio, incuriosito.
“Dirò
loro solo che sei il mio vero padre, che vorrei passare del tempo con
te e che
mi aiuterai con i poteri.”
Il
vampiro accennò un piccolo sorriso, il primo da quando
l’avevo incontrato.
“Se
non ci saranno interferenze col mio piano, posso accettarlo.”
Mi
porse la mano, probabilmente per smaterializzarci.
“Ma
se proverai a tradirmi...”
“Anche
io voglio liberarmi di lui. Una volta per tutte.”
Carla
fece un cenno col capo, compiaciuto, ed io afferrai la sua mano.
Primi
Fondatori della razza demoniaca (o più semplicemente
Fondatori/Antenati):
Questa informazione è tratta dal videogioco, spero quindi di
aver tradotto
correttamente “First Blood Race”.
I
Fondatori sono coloro che hanno creato la linea di sangue dei demoni,
Carla
Tsukinami è uno di loro.
La
Razza Demoniaca si divide in Demoni Superiori: quindi
Vampiri(pipistrelli),
Vibora(serpenti), Licantropi(Lupi) e Adler(aquile).
I
Demoni inferiori sono i Ghoul e altre razze di cui non conosciamo il
nome.
Piccole
note autrice:
In
quanto Demone Fondatore, Carla Tsukinami racchiude tutte le
caratteristiche
base dei Demoni Superiori.
Il
potere di controllare “l’ombra”,
l’ho inventato, anche perché nel videogioco
Carla non utilizza quasi mai i suoi poteri, ma di certo ha altre
capacità,
oltre a quella di trasformarsi in un pipistrello, un’aquila,
un serpente e così
via.
Nel
videogioco è stato realmente intrappolato nel mondo dei
Demoni, ma il modo in
cui Karl Heinz è diventato il re dei vampiri l’ho
immaginato per conto mio.
Spero
di non essere stata troppo prolissa, ma ci tengo a darvi informazioni
riguardo
la trama reale e alcune curiosità che magari non conoscevate
(e che ho scoperto
anche io con delle ricerche)
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 - Weak Spot (part one) - ***
Capitolo
19 - Weak
spot (part one) -
Ayato
avrebbe voluto prendersi a schiaffi: sostava davanti quel cancello da
più di
mezz’ora, ma ancora non aveva avuto il coraggio di suonare.
Si
era detto che aveva visitato quella casa troppe volte negli ultimi
giorni, che
aveva dedicato troppo tempo ad una semplice umana.
Umana
che non aveva morso, neppure una volta.
Decise
di tornare alla villa, avrebbe mentito, dicendo ai suoi fratelli di
aver
parlato con Yuki.
Poco
prima che riuscisse ad andar via, qualcosa gli toccò una
gamba.
Si
chiese quale astuto nemico fosse
riuscito ad avvicinarlo di soppiatto, ma quando abbassò lo
sguardo, si rese
conto che si trattava di un gatto dal pelo grigio.
“Ah?
Che vuoi bestiaccia?”, domandò, mentre il micio
continuava a strusciarsi sul
suo piede.
Il
vampiro lo ritrasse, indietreggiando di qualche passo, ma il gatto gli
si
avvicinò miagolando.
“Come
osi rivolgerti così ad Oree-sama!”,
inveì contro l’animale.
“Mimì?
Mimì dove sei?”
Ayato
riconobbe il suono di quella voce e valutò per un istante
l’idea di teletrasportarsi
via, ma rimase fermo dov’era, con il micio che faceva le fusa
ai suoi piedi.
Yuki
comparve dietro il cancello e il suo viso si illuminò,
quando vide il gatto in
compagnia del ragazzo dai capelli rossi.
“Oh,
Ayato hai trovato Mimì.”
È
più lui che ha trovato me,
avrebbe voluto replicare il vampiro, ma si limitò a
scrollare le spalle.
La
biondina superò il cancello e si chinò per
afferrare il suo animale domestico.
“Sembra
che tu gli piaccia.”
Ayato
non rispose immediatamente, troppo preso dal sorriso
dell’altra, poi si
riscosse dai suoi pensieri.
“È
ovvio, io piaccio a tutti.”
Yuki
ridacchiò lievemente, mentre il gatto strofinava il muso
sulla sua spalla.
“Vuoi
entrare?”
“No,
sono qui per parlarti.”
Il
cuore della ragazza si fermò per un istante: era forse
giunto il momento in cui
lui si sarebbe dichiarato?
Scioccamente
diede una rapida occhiata ai suoi indumenti, ricordò di
essere ancora in
pigiama ed arrossì bruscamente, dandosi della stupida per
essere uscita a
cercare il suo gatto in pantaloncini e canotta.
Avrebbe
preferito indossare qualcosa di più indicato per
l’occasione, ma non c’era tempo,
tutto ciò che le importava era ascoltare quello che Ayato
aveva da dirle.
“C-
certo, dimmi pure.”, balbettò.
“Si
tratta di Mitsuko.”
L’espressione
gioiosa di Yuki si spense.
Ed
Ayato lo notò, chiedendosi come mai il suo umore fosse
cambiato così
repentinamente.
Ma
la ragazza scosse il capo: se si trattava di Mitsuko, allora doveva
essere
qualcosa di serio, non c’era tempo per i suoi drammi amorosi.
“Le
è successo qualcosa?”
“Qualcuno
l’ha rapita.”
Yuki
sgranò i suoi occhi blu.
“Chi
potrebbe mai…?”
“Non
lo sappiamo, –, l’anticipò il vampiro.
– Ma stiamo facendo il possibile per
ritrovarla.”
L’altra
rimase a fissare un punto indefinito, lo sguardo preoccupato: la sua
amica non
aveva mai un attimo di serenità.
Sembrava
che il mondo si fosse accanito contro di lei, nonostante Mitsuko fosse
una
delle persone più gentili che avesse mai conosciuto.
Mimì,
che era ancora fra le braccia della biondina, iniziò a
muoversi irritato,
probabilmente stufo di essere ignorato o di non poter camminare
liberamente e,
nonostante gli sforzi di Yuki per calmarlo, decise di graffiarle il
braccio,
così da sfuggire alla presa.
Yuki
fu costretta a lasciarlo andare e realizzò che le unghie del
gatto le avevano
procurato diversi tagli, uno dei quali iniziava a sanguinare.
“Mimì
sei davvero dispettoso!”, urlò al gatto, che si
inoltrava nel giardino della
casa.
Ma
quando tornò a guardare Ayato, si rese conto che i suoi
occhi verdi le
fissavano con intensità il braccio ed i canini iniziavano a
spuntar fuori dalle
labbra.
Yuki
deglutì, non lo aveva mai visto per ciò che era
veramente e adesso ne era
spaventata.
Non
sapeva se Ayato le avrebbe fatto del male, il suo cuore le diceva di
no, ma la
sua parte razionale le fece presente che si trattava pur sempre di un
vampiro,
un vampiro in carne ed ossa.
Ayato,
d’altro canto, continuava ad osservare quei graffi: poteva
sentire l’odore del
sangue, che scorreva nelle vene della giovane ragazza, ed era un
richiamo così
forte, che stentava a controllarsi.
Una
parte di lui insisteva affinché la mordesse, in fondo era
nella sua natura e
aveva resistito anche fin troppo.
Ma
c’era una piccolissima parte che sapeva bene a cosa avrebbe
portato bere il suo
sangue: Yuki non avrebbe mai più voluto vederlo e Mitsuko lo
avrebbe ucciso,
cosa che adesso poteva fare letteralmente,
grazie ai suoi nuovi poteri.
Tuttavia
non riusciva a contrastare la sua natura e più cercava di
trattenersi più il
suo corpo si muoveva in automatico, avvicinandosi sempre più
alla ragazza.
In
più, una vocina nella testa gli ripeteva che non
c’era nulla di male nel
morderla e anzi, lei avrebbe dovuto sentirsi onorata.
“Ayato…”,
mormorò Yuki, ritrovandosi il vampiro a pochi centimetri dal
suo volto.
Ma
lui sembrò non sentirla, la vista annebbiata dal desiderio
di sangue.
“Ti
prego Ayato, non farlo.”
Il
vampiro le afferrò il braccio e lei sussultò per
il gesto inconsulto.
Tutto
il suo corpo tremava, non c’era modo di fermare la paura
crescente.
Nonostante
questo, Yuki non si mosse: si dichiarava infatuata del ragazzo,
tuttavia non
avrebbe mai potuto proclamare il suo amore, se non avesse conosciuto
tutte le
sue sfaccettature.
Sapeva
bene che sarebbe stata una relazione impossibile, la loro, e forse
vedere il
“lato oscuro” di Ayato sarebbe servito a farle
passare quella che credeva una
semplice cotta adolescenziale.
Il
vampiro le sfiorò il braccio con le labbra, procurandole dei
brividi, e Yuki
non seppe definire se fosse paura o altro.
Lui
di certo poteva vedere il terrore negli occhi di lei, e questo gli
donava una
sensazione piacevole: sapere di incutere tanto timore lo aveva sempre
compiaciuto, ed era assurdo che fino a quel momento si fosse imposto di
non
morderla.
L’istinto
prevalse sulla ragione, i suoi canini bucarono la carne della bionda,
che
strabuzzò gli occhi per il dolore.
Ayato
socchiuse i suoi, beandosi di quel liquido caldo che gli era esploso in
bocca,
era zuccherato proprio come aveva immaginato, non si sarebbe aspettato
altrimenti da una ragazza dolce come Yuki.
Quest’ultima
aveva la bocca spalancata, fin troppo sbigottita e dolorante per
parlare.
Questo
era ciò che Mitsuko viveva tutti i giorni, come poteva
sopportarlo?
“Basta
ti prego...”, sussurrò, venendo bellamente
ignorata.
I
canini le bruciavano sulla pelle e avvertiva il sangue fluire
velocemente nel
punto in cui Ayato la stava mordendo, si sentiva debole e delusa.
Credeva
forse che lui avrebbe potuto negare la sua vera natura? Che, per amor
suo, non
le avrebbe succhiato nemmeno una goccia di sangue?
Doveva
immaginare che prima o poi sarebbe accaduto.
E
Ayato non era famoso di certo per il suo autocontrollo,
tant’è che sentiva il
corpo della biondina infiacchirsi gradualmente, così gli
venne spontaneo
avvolgerle i fianchi con un braccio, per impedirle di cadere.
Seppe
che lei era allo stremo delle sue forze, quando pronunciò
delle parole
sconnesse e le sue guance persero colore.
Ritrasse
i canini e leccò i buchi che le aveva procurato: lei
aggrottò le sopracciglia, probabilmente
domandosi cosa significasse quel gesto.
Magari
glielo avrebbe spiegato in un altro momento.
Leccò
anche i tagli che le aveva procurato quella bestiaccia.
Poi
sistemò un braccio intorno al suo collo ed uno intorno alla
sua vita, per
sollevarla.
In
quel modo si teletrasportò nella stanza di lei, adagiandola
sul letto.
Notò
che tremava come una foglia, nonostante la temperatura esterna fosse
piuttosto
calda, per cui la coprì col lenzuolo.
Yuki
lo guardava, ma era come se non lo vedesse realmente, troppo affaticata
e
scossa per pensare lucidamente.
Ayato
avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa.
Non
aveva mai provato rimorso nel succhiare il sangue di qualche umano,
Mitsuko
stessa non era un’eccezione, seppur avesse condiviso
l’infanzia con lei e
trascorso insieme gli ultimi due mesi.
Allora
perché si sentiva così colpevole
per
aver morso Yuki?
“La
nostra saliva può curare le ferite –,
esordì infine. – Non resterà traccia
del
morso o dei graffi sul tuo braccio.”
Yuki
assorbì l’informazione con
un’espressione indecifrabile, poi si girò nel
letto,
dando le spalle al vampiro, e si coprì meglio col lenzuolo.
Ayato
la fissò qualche istante e poi si smaterializzò.
***
Reiji
aveva notato Edith seguirlo nella stanza, tuttavia non aveva posto
domande
quando lei si era chiusa la porta alle spalle.
Lui
aveva iniziato a lavorare sul nuovo veleno da somministrare alla
Predatrice dai
capelli biondi ed Edith aveva preso posto sulla sua scrivania,
incurante
dell’occhiataccia che il vampiro le aveva rivolto.
“Sai,
un grazie non guasterebbe.”, esclamò lei,
richiamando su di sé l’attenzione del
vampiro.
Reiji
continuò a pestare delle erbe, mentre la osservava con un
cipiglio.
“Ho
portato qui la Dama, ti pare poco?”
“Non
ci ha dato alcuna informazione utile.”
La
Predatrice dai capelli neri sbuffò.
“Pretendi
sempre troppo dagli altri.”, annunciò, scendendo
dalla scrivania con un balzo aggraziato.
Il
vampiro versò le erbe in una ciotola con del liquido scuro.
“Mia
madre pretendeva tanto da me.”
Quasi
si morse la lingua per quella confessione, ma Edith gli aveva sempre
fatto
quest’effetto.
“E
ti ha trasformato nel figlio perfetto che desiderava, ma non puoi
aspettarti
che gli altri siano perfetti quanto te.”
La
vampira fu improvvisamente alle sue spalle, Reiji smise di mescolare il
contenuto della ciotola e ruotò il busto, trovandosi faccia
a faccia con lei.
“Hai
affinato le tue tecniche di tortura?”
Edith
sorrise, conscia che Reiji odiasse parlare apertamente dei suoi
sentimenti, e
doveva solo essere grata se, ogni tanto, si faceva sfuggire qualcosa
con lei.
“Oh
beh, un vampiro quattr’occhi mi ha insegnato qualche
trucchetto.”
Reiji
si sistemò gli occhiali sul naso.
“Dev’essere
un vampiro interessante.”
“Eh
già, finge di essere un bravo ragazzo, tutto regole ed
etichetta, ma sotto
sotto è piuttosto… libertino.
-,
replicò Edith. – Che poi è la parte di
lui che preferisco.”
Così
dicendo, circondò con le braccia il collo del vampiro.
Senza
Shu nei dintorni, anche Reiji si decise a stringere la vampira a sua
volta.
Lei
gli sfilò gli occhiali.
“Molto
meglio.”, affermò.
In
fondo li indossava per pura estetica, perché gli donavano un
tocco in più da
intellettuale, e non perché ne avesse realmente bisogno.
Lo
baciò con passione e Reiji ricambiò, incapace di
resisterle.
E
mentre le loro lingue si scontravano, ricordò
perché aveva deciso di
allontanarla, anni prima: lei lo rendeva vulnerabile.
E
lui, che aveva vissuto sempre con un atteggiamento rigido, con la
responsabilità di essere il
“capo-famiglia” e anche il migliore fra i Sakamaki,
non poteva abbandonarsi a certe frivolezze.
Tuttavia,
non avrebbe rinunciato a quel momento.
Dubitava
che ce ne sarebbero stati altri e in quell’istante voleva
solo goderne appieno.
La
sua mano scivolò sulla coscia della vampira, mentre lei gli
sbottonava la
camicia.
Finché
un tonfo catturò la loro attenzione.
Seppur
riluttanti, si separarono, Reiji inforcò gli occhiali e
chiuse velocemente i
bottoni aperti.
Poi
si affacciò nel salotto, trovando Yuma sul pavimento e la
sedia dov’era legata
la Dama ridotta in pezzi.
I
due vampiri si fissarono: era evidente lo sguardo di rimprovero di
Reiji e
quello stizzito del Mukami.
Il
primo sapeva che la Dama era allenata a combattere, ma non credeva che
quel
gigante buono a nulla
l’avrebbe
lasciata scappare così facilmente.
“Non
dirmelo.”
Edith
fece capolino dietro la porta dello studio e si spiaccicò
una mano sul viso.
“È
scappata.”
“Avevo
chiesto di non dirmelo.”
Yuma
si rimise in piedi, cocente per la rabbia, ma anche
l’imbarazzo.
“Sarà
il caso che vada a cercarla.”, esclamò Edith.
Reiji
annuì.
“Io
mi occuperò del veleno, nel frattempo.”
I
due si congedarono e il vampiro dai capelli viola avrebbe voluto dirle
di fare
attenzione, ma sapeva bene che lei se la sarebbe cavata egregiamente da
sola.
Quando
il Mukami es il Sakamaki rimasero da soli, nessuno dei due
spiccò parola: Yuma
prese posto su uno dei divani e Reiji fece per tornare nel suo studio.
Ma
qualcuno bussò alla porta: i due si scambiarono
un’occhiata, consapevoli che
nessuno dei loro fratelli avrebbe bussato prima di entrare, il portone
di legno
si spalancò cigolando e i vampiri si prepararono ad
attaccare, invece rimasero
stupiti nel vedere Mitsuko entrare nella villa.
Yuma
fu accanto a lei in un baleno.
“Ma
dove ti eri cacciata?”
Mitsuko
chiuse il portone alle sue spalle: sembrava sconvolta.
“Io…
–, si schiarì la voce. – Io ho
incontrato mio padre. Il mio vero padre.”
Reiji
inarcò un sopracciglio.
“Ma
vorrei parlarne con tutti.”
Il
Sakamaki fece un cenno col capo.
“Yuma,
va’ a chiamare Subaru e Ruki, saranno già alla
Cattedrale, dai Cacciatori.”
Mitsuko
sussultò.
“Hanno
solo informato tuo padre, non temere, la Chiesa non sa nulla.”
Yuma
assentì e scomparve.
“Io
andrò a cercare Shu e Azusa. –, aggiunse Reiji.
– Erano usciti a cercarti.”
Mitsuko
fu lieta di sapere che i due vampiri fossero insieme, sebbene fosse una
coppia
bizzarra ed improbabile.
Ripensandoci,
la vera coppia improbabile era quella formata da Ruki e Subaru.
Quand’erano
diventati amici per la pelle?
Comunque,
l’idea che tutti si fossero mobilitati per lei, le
scaldò il cuore.
Prese
posto su un divano e Reiji lasciò la villa.
Ora
era completamente da sola e avrebbe dovuto pensare a come camuffare la verità.
Voleva
imparare a controllare i suoi poteri, quegli incontri con Carla le
sarebbero
tornati utili, ma non aveva intenzione di assecondarlo nella sua
battaglia contro
Karl Heinz.
Avrebbe
dovuto fingere con Mukami e Sakamaki.
Le
tornò in mente, però, che con un Mukami non
avrebbe potuto fingere: Kou avrebbe
usato il suo occhio magico per scoprire la verità.
Probabilmente
un complice le poteva far comodo.
Avrebbe
preferito confidarsi con Shu, ma lui non era stato sincero con lei, per
l’ennesima volta, e comunque non aveva altra scelta.
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 - Weak Spot (part two) - ***
Capitolo
20 - Weak
spot (part two) -
Natalie
uscì dal bagno, avvolta in un accappatoio e con i capelli
ancora umidi sulle
spalle.
Entrò
nella sua stanza, spalancando l’armadio e iniziando a frugare
tra i suoi
indumenti: afferrava un vestito, lo fissava per qualche istante, e poi
lo lanciava
sul letto alle sue spalle.
Continuò
così per più di dieci minuti, finché
le sfuggì un verso stizzito e si abbandonò
sul materasso.
Quando
si era svegliata, aveva trovato un messaggio da parte di Kou, che la
invitava a
fare una passeggiata nel parco.
Ignorava
come avesse avuto il suo numero, sospettava ci fosse lo zampino di
Mitsuko o,
forse, perfino di Yuki.
Ma
non sapeva se definirlo propriamente un appuntamento.
“Lui
non ti piace nemmeno.”, mormorò fra sé
e sé.
Ma
si trattava di una bugia: sapeva, in cuor suo, che era attratta dal
ragazzo più
di quanto le piacesse ammettere, semplicemente non poteva confessarlo
ad alta
voce.
Lui
era arrogante e pieno di sé.
Eppure…
Scosse
il capo ed afferrò il primo abito che le capitò
sotto mano, un semplice vestito
lungo, senza bretelle e dalla gonna svolazzante, di colore nero.
Sfilò
l’accappatoio e lo lanciò sul pavimento,
appuntando mentalmente di metterlo in
lavatrice prima di uscire.
Indossò
la biancheria e poi l’abito, prima di tornare al bagno per
asciugare i capelli.
All’esterno,
un ramo dell’albero che si ergeva vicino alla finestra della
stanza, si piegò
sotto il peso di un corpo.
Kou
era abituato a vedere ragazze svestite, aveva avuto tante donne, nude
nel suo
letto, anche grazie alla sua fama.
Eppure
quando Natalie si era liberata dell’asciugamano, non aveva
potuto fare a meno
di voltare il capo, di guardare altrove, ovunque,
ma non all’interno di quella camera.
Si
sentiva già colpevole
perché la stava
osservando a sua insaputa.
Sarebbe
stato così semplice, per lui, fare irruzione nella stanza e
prendere ciò che
bramava.
Ma
non poteva.
Natalie
era la migliore amica di Mitsuko e, se l’avesse morsa,
Mitsuko non l’avrebbe
mai perdonato.
Sospirò
pesantemente.
Non
era solo quello il motivo per il quale non avrebbe mai fatto del male a
Natalie.
Saltò
giù dall’albero, atterrando perfettamente sui
piedi: presto avrebbe dovuto incontrare
la brunetta alla metro, la decisione più saggia era di
aspettarla lì.
Finché
il suo cellulare cominciò a squillare.
“Pronto?”
“Kou…”
Il
vampiro dai capelli biondi aggrottò le sopracciglia.
“Mitsuko?”
“Ho
bisogno di parlarti.”
“Dove
sei? Stai bene?
Dall’altro
lato della cornetta, Mitsuko rispose che sì, stava bene ed
era tornata a casa.
Kou
ne fu sollevato.
“Devi
venire immediatamente, prima che arrivino gli altri.”
Il
vampiro avrebbe voluto chiederle altre informazioni, ma la ragazza
chiuse la
telefonata.
Seppe
di non avere altra scelta.
Lanciò
un’ultima occhiata alla finestra di Natalie e poi si
smaterializzò.
***
Ruki
e Subaru non si erano rivolti la parola per tutto il tragitto, avevano
preferito prendere la limousine dei Mukami per non allarmare la Chiesa
con la
loro presenza.
Infatti,
non avevano destato sospetti, quando la vettura aveva parcheggiato nel
vialetto
dove si ergeva una cattedrale, che in realtà fungeva da
copertura per la base
dei Cacciatori.
La
cattedrale era stata costruita probabilmente nel tredicesimo secolo, e
richiamava
molto lo stile gotico, poiché aveva una facciata slanciata,
ricca di vetrate e sculture
ad alto rilievo.
I
due vampiri si avvicinarono all’edificio, venendo subito
accolti da un prete,
basso e grassottello, che gli impedì di entrare nel luogo.
“Cosa
siete venuti a fare nella casa del Signore, voi creature
immonde?”, domandò con
tono inquisitorio.
Subaru
digrignò i denti, già irritato da
quell’atteggiamento, ma Ruki lo precedette.
“Siamo
qui per Takeshi Yoshida.”
“E
cosa volete da lui?”
“Niente
che ti riguardi.”, intervenne l’albino, infastidito.
“Se
non me lo direte, non potrò lasciarvi passare.”
Subaru
scattò in avanti, pronto a scaraventarlo a qualche metro di
distanza, ma Ruki
lo trattenne per un polso.
L’albino
si liberò rapidamente dalla presa, fulminando
l’altro con lo sguardo, un
messaggio implicito per non farlo mai più.
Un
uomo comparve alle spalle del prete, all’interno della
chiesa, un uomo che
indossava gli indumenti dei Cacciatori e con un naso aquilino.
Ci
mancava solo lui,
pensò Subaru al limite della pazienza.
“Cosa
vogliono?”, domandò il signor Lee, scrutandoli
attentamente: aveva ancora una
cicatrice sul collo, lì dove Mitsuko aveva usato il suo
pugnale per
minacciarlo.
“Vorrebbero
parlare con Yoshida.”
“Falli
entrare.”
Tutti
e tre guardarono Lee con stupore.
Il
prete scosse il capo, restio: “Ma non è
saggio-“
“Ho
detto, falli entrare.”
Così
i vampiri poterono procedere all’interno della cattedrale e
venne chiesto loro
di attendere l’arrivo di Takeshi.
Il
prete si avviò nella canonica, non senza aver rifilato
un’ultima occhiataccia
ai due.
Takeshi
sbucò dal nulla, dopo aver attraversato chissà
quale passaggio segreto, e si
guardò intorno con fare circospetto.
“Non
qui.”, si limitò a dire, facendo un segno col capo
verso l’uscita.
I
vampiri lo seguirono all’esterno in silenzio.
Quando
furono fuori dalla cattedrale, il Cacciatore lanciò occhiate
furtive
nell’ambiente circostante.
“Qualcosa
non va?”, domandò Ruki, notando il suo
comportamento.
“Dopo
gli ultimi avvenimenti, la Chiesa ha deciso di tenermi
d’occhio. –, spiegò
Takeshi – ovunque vada, un altro Cacciatore ha il compito di
scortarmi.
Nonostante Lee abbia detto che non siete una minaccia, il Cardinale1 non
è troppo convinto.”
Subaru
schioccò la lingua: quindi lo scontro di qualche settimana
prima e la perdita
di Raito erano stati vani.
“Dunque
quello che ci diremo non va condiviso con la Chiesa.”,
chiarì Ruki.
“Ovviamente.
Cos’è successo a mia figlia? Non risponde ai miei
messaggi da ore.”
“È
stata rapita.”, annunciò il Mukami a bruciapelo.
Subaru
scosse il capo: e lui sarebbe dovuto essere quello bravo con le parole?
Takeshi
spalancò gli occhi.
“Quando?
E chi è stato?”, era evidente la preoccupazione
nella voce dell’uomo.
“Sappiamo
con certezza che non si tratta di Karl Heinz, sebbene sospetto abbia
altri
piani.”
“Ma
allora chi?”
“Non
lo sappiamo ancora.”
Takeshi
camminò avanti e indietro, inquieto.
“È
stata mandata una Predatrice per rapirla. –, aggiunse Ruki.
– L’abbiamo
catturata e interrogata, ma non ci ha rivelato alcuna informazione.
Comunque
dice che, chi l’ha rapita, non vuole farle del
male.”
Il
Cacciatore parve scettico.
“Stento
a crederci. E poi chi si rivolgerebbe ad una Predatrice per un compito
simile?
I Predatori sono assoldati unicamente per uccidere
il loro obiettivo.”
Ruki
espose la sua tesi: solo qualcuno che desiderava restare
nell’ombra avrebbe
agito in quel modo.
Takeshi
si trovò d’accordo.
“Qual
era il nome della Predatrice?”
“Si
fa chiamare la Dama.”
“Farò
delle ricerche.”, annunciò l’uomo,
incamminandosi verso la cattedrale.
Subaru
lo chiamò.
“C’è
dell’altro.”, disse.
Ruki
scosse il capo: forse non era il caso di dare altri pensieri al
Cacciatore.
“Ma
lui deve sapere.”, grugnì l’albino: era
stufo di quel mezzo-vampiro che pensava
di poter dare ordini.
“Cosa
dovrei sapere?”
“Mitsuko
ha sviluppato dei… poteri.”
Takeshi
lo fissò sbigottito.
“Poteri…?”
“Non
sappiamo cosa sia in grado di fare, ma ieri sera ha quasi ucciso
Kanato,
creando delle specie di liane.”
L’uomo
indietreggiò, come a voler scappare da quella notizia.
“Non
è possibile, Mitsuko è una ragazza come tutte le
altre e non farebbe del male a
una mosca.”
“È
vero –, commentò Ruki. – Lo ha fatto per
difendersi, non sa controllarli.”
“Voi
ne siete sicuri?”
“Sicurissimi.”,
annunciarono i due vampiri all’unisono, vergognandosi subito
dopo.
“Forse
chi l’ha rapita sa che… Che ha queste
capacità e ne vuole approfittare.”
“È
una possibilità.”, ammise Ruki.
Un
silenzio teso calò fra i tre, finché uno Yuma
comparso alle loro spalle li fece
sobbalzare.
“Mitsuko
è tornata a casa.”
Takeshi
scansò gli altri due vampiri per raggiungere il terzo.
“E
come sta? È ferita?”
Yuma
scosse il capo.
“Sta
bene, sembra solo sconvolta. Ha… ritrovato il suo vero
padre, pare ci fosse lui
dietro il rapimento.”
Puro
stupore si dipinse sul volto degli altri.
“E
chi sarebbe?”, volle sapere Ruki.
“Non
lo ha detto, vorrebbe che fossimo tutti presenti. – Yuma
guardò il Cacciatore.
– Dovresti venire anche tu.”
Takeshi
serrò la mascella, in difficoltà, gettando
un’occhiata alle sue spalle, verso
la cattedrale.
“Non
posso… se dovessero scoprire che Mitsuko ha dei poteri,
sarebbe in grave
pericolo, ma confido che torniate ad aggiornarmi, possibilmente con
lei.”
Ruki
annuì.
“Le
diremo come stanno le cose e capirà.”
Ma
il volto di Takeshi era una maschera di dolore: non poter essere al
fianco di
sua figlia lo distruggeva, lei aveva bisogno di lui, ma lui non era
lì: si
sentì frustato come quando l’aveva dovuta mandare
nella villa dei Sakamaki come
Sposa Sacrificale.
Doveva
sentirsi sola e spaventata.
Ma fortunatamente le cose erano cambiate da quel giorno, uno dei
Sakamaki aveva persino
sacrificato la sua vita per salvarla: lanciò
un’occhiata ai vampiri dinanzi a
sé e pensò, con un pizzico di sollievo, che
Mitsuko non era poi così sola.
“Potete
dirle che le voglio bene e che mi manca?”
I
vampiri annuirono.
Lui
rientrò nella cattedrale e loro tornarono nella limousine.
CARDINALE1:
figura che sta al di sopra di tutti i Cacciatori e si occupa delle
faccende
riguardanti le creature sovrannaturali. È presente un
Cardinale diverso per
ogni nazione.
|
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 - Too many Lies - ***
Capitolo
21 - Too
many lies -
Sedevo
ancora sul divano, rigirandomi il cellulare tra le mani, piuttosto
agitata,
mentre aspettavo l’arrivo di Kou.
Temevo
che qualche altro Mukami o Sakamaki sarebbe sbucato nel salotto ed io
avrei
dovuto confessare la verità a tutti quanti.
Poi
uno spostamento d’aria alle mie spalle: balzai in piedi e mi
rasserenai
nell’incrociare lo sguardo perplesso di Kou.
“Adesso
ti spiegherò tutto –, annunciai, andandogli
incontro. – Ma non interrompermi,
non abbiamo molto tempo.”
Il
vampiro assentì.
Così
iniziai a raccontare.
“Sono
stata rapita da quella bionda per volere di mio padre. Il mio vero
padre.”
Kou
non nascose la sua meraviglia.
“Il
suo nome è Carla Tsukinami ed è-”
“Uno
dei primi Fondatori della razza demoniaca.”, mi
anticipò l’altro, visibilmente
sconcertato.
Doveva
aver visto che non si trattava di
una
bugia.
Dunque
Carla non mi aveva mentito su questo.
“Mia
madre lo scelse come Adamo.”
Almeno
su questo avevo ragione, sarei dovuta essere io a scegliere un Adamo.
“Ed
io faccio parte della nuova razza che Karl Heinz vorrebbe
creare.”
Kou
mi osservò per qualche secondo.
“I
tuoi poteri derivano da questo.”
“Esattamente
–, risposi. – E Carla mi insegnerà a
controllarli. A patto che io lo aiuti ad
uccidere Karl Heinz.”
Mi
presi del tempo per continuare, potevo notare l’espressione
sbalordita
dell’altro.
“Non
ho alcuna intenzione di uccidere Karl Heinz, sebbene lo meriterebbe. Ma
ho detto
a Carla che lo farò, purché mi aiuti con
questi… poteri.”
Kou
elaborò le informazioni.
“Non
puoi fidarti di un demone, è pericoloso.”
“Se
avesse voluto uccidermi l’avrebbe già fatto.
–, rimbeccai – mentirò agli altri,
dicendo che voglio trascorrere del tempo con lui.”
“E
io dovrei coprirti?”
“Se
ti avessi mentito, tu lo avresti scoperto.”
“E
ti avrei impedito di vederlo. Cosa che farò.”
Mi
torturai le mani, sperando che non arrivasse nessuno in quel momento.
“Ma
io devo imparare a controllarmi.”
“Troveremo
un’altra soluzione.”, annunciò Kou, non
l’avevo mai visto così deciso.
“E
quale? Non esiste nessuno che sia come me. Solo Carla può
aiutarmi!”
Il
vampiro mi diede le spalle.
“Dei
Sakamaki non mi importa, ma non chiedermi di fingere con i miei
fratelli.”
“Se
non confermi la mia versione, gli altri non si fideranno a lasciarmi
andare con
lui.”
“Ti
impediranno di vederlo in ogni caso.”
Emisi
un verso di stizza e girai intorno al vampiro, per fronteggiarlo.
“Hai
visto cosa può succedere se perdo il controllo! –,
quasi urlai. – Stavo per
uccidere Kanato, io devo, devo,
imparare a gestirli!”
Kou
abbassò lo sguardo su di me.
“Ti
prego…”, mormorai con un filo di voce.
“Dì
la verità Mitsuko, loro capiranno.”
Non
ebbi il tempo di ribattere, Ayato era comparso nella stanza.
“O-ohy!”,
esclamò, comparendo al mio fianco.
Mi
scrutò da capo a piedi.
“Tavoletta,
dove diavolo eri finita?”
“Te
lo dirò quando tutti gli altri saranno qui.”, mi
limitai a dire.
Ayato
sembrava confortato nel rivedermi, tuttavia c’era qualcosa,
nel suo sguardo,
come se si portasse dietro un peso.
“Dove
sei stato?”
Alla
mia domanda parve trasalire.
“Ho
informato Yuki della tua scomparsa.”
Ottimo,
quindi avrei dovuto mentire anche alla mia amica adesso.
“Lei
stava bene?”
Ayato
tentennò.
Lo
fissai interrogativa, ma stavolta a distrarmi fu l’arrivo di
Yuma, seguito da
Ruki e Subaru.
I
due mi guardavano come se avessero visto un fantasma, per cui mi
incamminai
nella loro direzione.
Era
una gioia rivederli, ma esitai a pochi metri di distanza: come avrei
dovuto
salutarli? Con un abbraccio? E chi avrei scelto per primo?
Quando
si trattava di quei due, tutto diventava più complicato.
Poi
una voce alle mie spalle.
“Mitsuko.”
Mi
voltai e sollevai lo sguardo, prima di incrociare il volto preoccupato
di Shu.
D’impulso
lo abbracciai, venendo ricambiata dopo qualche secondo.
Ero
delusa per come si era comportato, certo, ma al momento mi aveva tirato
fuori
da una situazione imbarazzante e avevo proprio bisogno di abbracciare
qualcuno:
avevo bisogno di calore umano.
Sebbene
Shu non emanasse propriamente calore,
per ovvie ragioni.
Lo
sguardo pungente dei presenti, davanti quel gesto inaspettato, mi
costrinse a
sciogliere l’abbraccio.
Mi
sentii sfiorare la spalla con una mano e sorrisi ad Azusa.
Reiji
incrociò le braccia al petto e chiamò il mio
nome: esigeva delle spiegazioni.
Mi
schiarii la voce, cercando le parole giuste.
“Il
mio rapimento è stato architettato dal mio vero padre, Carla
Tsukinami.”
Tutti,
tranne Kou che ne era già a conoscenza, rimasero sbigottiti.
“Non
aveva alcuna intenzione di farmi del male, voleva solo
conoscermi.”
“E
i Ghoul?”, domandò Yuma.
“Se
ti riferisci a quei cosi che si
sono
trasformati, loro li ha mandati Karl Heinz. Vuole ancora creare una
nuova
razza, quel che non sa è che…”
“Che?”,
mi incitò Ruki.
“Io
faccio parte di quella razza. Mia madre era una discendente di Eva e ha
scelto
Carla Tsukinami come Adamo.”
Se
pensavo di averli impressionati, rivelando
l’identità del mio vero padre, ora i
loro volti sembravano ancora più increduli.
“Questo
è il motivo per cui ho questi… poteri.”
“Quindi
Karl Heinz non lo sa?”, domandò Reiji.
“No.
Sempre che tu e Shu non andiate a raccontarglielo.”
I
due fratelli trasalirono appena, confermando i miei sospetti: erano
veramente
stati da quell’uomo e lo avevano tenuto nascosto.
Shu
abbassò lo sguardo e poi lo sollevò nuovamente,
come in cerca di una
giustificazione, ma non avevo tempo per chiarire.
“Siamo
dalla stessa parte -, ribatté Reiji. – Dovresti
saperlo.”
In
realtà, non riuscivo mai a fidarmi di loro, non
completamente, seppure lo
desiderassi con tutta me stessa.
“Dovresti
informare tuo padre.” -, si intromise Ruki. –
Sarebbe voluto venire, ma ha dei
problemi con la Chiesa.”
Quella
notizia si aggiungeva alla lista infinta di pensieri che mi
tormentavano e che,
ne ero sicura, mi avrebbero privato del sonno quella notte e tutte le
notti a
venire.
“Gli
manchi.”, aggiunse Subaru.
La
mia corazza di pietra, indossata per il momento, vacillò:
anche lui mi mancava
tantissimo.
“Potremmo
andare da lui più tardi.”
Guardai
l’orologio: erano le undici del mattino, ma avevo
già concordato con Carla che
sarei stata con lui, durante il pomeriggio, mentre al momento ero
troppo stanca
per affrontare anche Takeshi, avevo bisogno di un briciolo di
serenità e
solitudine per schiarirmi i pensieri ed elaborare ciò che mi
era successo.
“No,
non oggi. Ho intenzione di passare del tempo con Carla, lui mi
insegnerà a
controllare i miei poteri.”
“Vuoi
trascorrere del tempo con uno che ha mandato una Predatrice a picchiare
la
bella addormentata qui affianco?”, domandò Yuma.
Intuii
si riferisse alla vampira dai capelli biondi.
“È
stata quella vampira a decidere di attaccare, l’unico compito
che Carla le
aveva affidato era quello di prendere me.”, mentii
spudoratamente e i miei
occhi corsero a Kou, che ovviamente mi stava fissando.
Reiji
scosse il capo.
“Se
vuole conoscerti meglio
può farlo
qui.”
Ovviamente
non era affatto uno stupido, sospettava ci fosse dell’altro
sotto e
probabilmente non avevo convinto neppure gli altri.
“Se
avessi dei sospetti non andrei da lui, ma sono sicura di potermi
fidare. -,
tornai a guardare Kou e lo indicai – lui può
confermare.”
Attesi
in silenzio, il vampiro non sembrava affatto incline a confermare,
d’altronde
il suo motto era sempre stato “non si fa nulla, senza
ottenere qualcosa in
cambio”, era sciocco illudermi che mi avrebbe coperto,
andando perfino contro i
suoi fratelli.
“Si,
Mitsuko sta dicendo la verità:”
Osservai
Kou sbalordita: ero convinta che alla fine avrebbe smentito la mia
versione dei
fatti e mi avrebbe obbligata a dire la verità.
Ma
mi aveva dato fiducia e più ci pensavo, più
l’idea di mentire agli altri mi
corrodeva l’animo.
Ero
stanca delle menzogne.
Mi
ero ripromessa di essere sincera con loro, anche se loro non lo erano
con me, non
del tutto.
“No,
non è vero.”
Ignorai
l’occhiata interrogativa che mi rivolse Kou.
“Sa
che è una bugia, gli ho chiesto io di mentire.”
Ignorai
anche le occhiate diffidenti e confuse che mi stavano rivolgendo i
vampiri
presenti.
“Carla
vuole il mio aiuto per uccidere Karl Heinz. Io ho finto di accettare,
perché,
in cambio, lui mi aiuterà ad usare i miei poteri.”
Subaru
aprì bocca per parlare, visibilmente in disaccordo con la
mia decisione, ma
Ruki fu più veloce.
“Si
tratta di un demone sanguinario e subdolo, come puoi credergli? Vuole
solo il
tuo aiuto per uccidere Karl Heinz e prendere il suo posto come Re dei
Vampiri.”
Ovviamente
avevo valutato anche quell’opzione.
Carla
non si era presentato a Villa Sakamaki con un mazzo di fiori, per
annunciare la
nostra parentela, ne’ mi aveva portato al parco per prendere
un gelato.
D’altronde
non potevo aspettarmi un padre ordinario,
rimaneva pur sempre un demone; ma assoldare una predatrice,
così l’aveva
chiamata Yuma, per stimolare i miei poteri, dimostrava quanto fosse
legato alla
causa e poco ai miei sentimenti.
Che
altro aspettarsi da un essere che aveva finto di amare mia madre, solo
per raggiungere
i suoi scopi?
Lei
era stata una sciocca ad innamorarsi di lui.
Eppure
c’era qualcosa, qualcosa che non avrei saputo spiegare a
parole, che mi
permetteva di dargli fiducia.
Una
strana sensazione, per nulla spiacevole, che scaturiva quando qualche
ricordo
della mia primissima infanzia tornava alla memoria, ed era tutto
ciò a cui
potevo aggrapparmi.
“So
quello che faccio.”
Ricevetti
diversi sguardi che parevano urlare “non lo sai
affatto”.
“Non
posso rischiare di far del male a qualcuno di voi, se ripenso quello
che ho
fatto a Kanato…”
Scossi
il capo e continuai.
“Devo
vederlo da sola, non mi accadrà nulla. – passai in
rassegna i volti dei
presenti – dovete fidarvi di me.”
Dubitavo
fortemente che lo avrebbero fatto, considerati i precedenti, ma fu
proprio Shu
a sorprendermi.
“Mi
fido.”
Gli
fui riconoscente, tuttavia non riuscivo a mandar giù il
fatto che mi avesse
mentito, per cui quella era solo una piccola vittoria.
Ma
Reiji lo seguì a ruota.
Forse
il tempo che avevano trascorso insieme era servito a qualcosa.
Così
Subaru si unì ai fratelli e di conseguenza Ruki, e seppi che
anche il resto dei
Mukami mi avrebbe supportato in quella folle scelta.
Ayato
pareva assorto da altri pensieri, ma si riscosse quando vide tutti gli
altri
osservarlo interrogativi.
“Certo,
vale anche per me.”
In
un altro contesto, probabilmente mi sarei commossa nel vederli tutti
schierati
dalla mia parte.
Avrei
voluto esprimere la mia riconoscenza per essersi mobilitati subito, pur
di
ritrovarmi, a differenza dell’ultima volta, quando tutti
seguivano rigidamente
gli ordini di Karl Heinz.
Avrei
voluto chiarire immediatamente con Shu, perché era
l’unico con cui riuscivo a
condividere ogni pensiero mi passasse per la testa, l’unico
con cui condividevo
un legame speciale, avrei voluto
chiedere ad Ayato cosa lo preoccupasse tanto da non cercare
perennemente di
essere al centro dell’attenzione.
Avrei
voluto parlare con Kanato, sperando di farmi perdonare per il male che
–involontariamente- gli avevo causato.
E
soprattutto, avrei voluto sistemare le cose con Ruki e Subaru, senza
dovermi
sentire a disagio ogni qualvolta loro erano nei dintorni.
Ma
tutto ciò che riuscii a fare, fu sorridere debolmente ed
avviarmi nella mia
stanza.
Credevo
che qualcuno mi avrebbe seguito per avere altre spiegazioni, farmi
domande, o
semplicemente per mordermi, restavo pur sempre la loro Sposa
Sacrificale.
Nessuno
mi venne dietro.
E
fui grata anche per questo.
ANGOLO
AUTRICE
Volevo
iniziare ringraziando tutti coloro che hanno inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate, a volte mi limito ad aggiornare per
questioni di
tempo, ma mi accorgo di voi e vi ringrazio con tutto il cuore per
esservi
appassionati alla storia tanto da segnarla, mi farebbe piacere avere un
vostro
parere comunque!
Un
immenso, enorme ringraziamento a SeiraBrizzi che spende sempre delle
belle
parole per questa storiella.
Detto
questo vi spoilero che stiamo giungendo nella parte clou della
fanfiction e
restano all’incirca dieci episodi, quindi fate questo ultimo
sforzo e restate
con me fino alla fine!
A
presto, Nephy_
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 - Weird Feelings - ***
Capitolo
22 -
Weird feelings -
Quando
mi svegliai, a giudicare dalle sfumature che aveva assunto la mia
stanza,
doveva essere all'incirca mezzogiorno.
Il
mio sguardo vagò un po' per la stanza, finché mi
accorsi di non essere da sola in quel
letto.
E capii immediatamente che si trattava di Shu.
Chi
altri sarebbe sgattaiolato nel mio letto senza strapparmi un morso, ma
solo per
il piacere di dormire in mia compagnia?
Nonostante
mi fosse mancata questa specie di rituale, non lo avevo ancora
perdonato per
avermi mentito.
Balzai
giù dal letto, senza degnarlo d’attenzione, e
presi dei vestiti puliti: dovevo
liberarmi dell’abito che indossavo, sporco e malconcio a
causa delle mille avventure
che avevo dovuto affrontare in un solo giorno.
“Quindi
non mi rivolgi nemmeno la parola?”
“Non
voglio parlare con te, al momento.”, annunciai con una
scrollata di spalle,
entrando nel bagno.
Chiusi
la porta, senza neanche disturbarmi a bloccare la serratura: sapevo
bene,
ormai, che nessuno chiedeva il permesso per entrare.
Chiudere
la porta, almeno, mi dava una parvenza di privacy.
Mi
liberai dell’abito malandato, mentre l’acqua
riempiva la vasca, e, con solo
l’intimo addosso, osservai la mia immagine riflessa nello
specchio.
Fortunatamente
avevo ricominciato a mangiare regolarmente, altrimenti tutto quello
stress, per
non parlare di tutto il sangue perso, mi avrebbero ridotta ad uno
stuzzicadenti
ambulante.
I
morsi di Karl Heinz erano ancora ben evidenti sul collo e sul petto,
mentre
quello di Carla pareva scomparso.
Possibile
che si fosse scomodato a curarlo con la sua saliva
“magica”?
La
mia pausa di riflessione venne interrotta da una presenza alle mie
spalle.
Posai
gli occhi sulla figura che era comparsa accanto a me nello specchio.
Trovai
del tutto normale provare imbarazzo quando Shu mi squadrò da
capo a piedi.
Sapevo
di provare del semplice affetto nei suoi confronti, ma ero semi-nuda, e
mi
sentivo completamente esposta.
“Quale
parte di non voglio parlare con te
non è chiara?”
“Sono
qui per fare un bagno.”
Shu
chiuse il rubinetto, l’acqua aveva raggiunto il bordo della
vasca.
“L’ho
preparato per me, sai?”
L’altro
non rispose, ma iniziò a sbottonare la camicia che indossava.
Al
terzo bottone, mi convinsi che il gene della perversione faceva decisamente parte del loro DNA, e mi
voltai a raccogliere i vestiti puliti, pronta ad uscire dal bagno,
tuttavia Shu
me lo impedì, trattenendomi per un braccio. Senza sapere
come, mi ritrovai
nella vasca, a cavalcioni su di lui.
L’acqua
bagnava i nostri abiti, o meglio, quelli del vampiro, considerato che
io
indossavo solo il reggiseno ed un paio di mutandine.
“Dico,
sei impazzito?”
Il
rossore sulle mie guance tradì il mio tono di voce, che
avrebbe voluto essere più
severo.
Feci
leva sul bordo della vasca con le mani, per diminuire il contatto
fisico col
vampiro.
“Cos’è,
hai nostalgia dei vecchi tempi?”
In
passato era capitato che Shu si infilasse nella vasca mentre facevo il
bagno,
per mordermi, ma in quell’istante la sua aria taciturna mi
metteva a disagio.
“Se
ti avessi detto dove stavamo andando me lo avresti impedito, o
ti
saresti infuriata.”, si decise a confessare.
Aprii
la bocca per ribattere, ma prima ci riflettei un momento.
“Beh,
forse mi sarei opposta, ma alla fine vi avrei lasciato andare.
Perché io mi
fido.”
Posi
enfasi sull’ultima frase, per sottolineare il fatto che io
supportavo le loro
scelte, per quanto insensate potessero sembrare.
“E
io mi sono fidato di te.”
Alludeva
di certo alla questione “Carla Tsukinami”.
La
verità era che non aveva avuto scelta: nessuno dei Sakamaki
o dei Mukami
l’aveva.
Io
ero maggiorenne, si trattava della mia vita privata e in più
possedevo dei poteri,
innumerevoli fattori per cui nessuno avrebbe potuto impedirmi di vedere
Carla.
“Stasera
non conta, valuterò in futuro.”
Shu
abbassò per un momento le palpebre.
“Come
sei fastidiosa.”
“Oh
ecco, mi mancavano i tuoi complimenti.”
Il
vampiro aprì gli occhi e li fece scorrere lungo il collo,
fino alla clavicola.
Seppi
che mi avrebbe morso da un momento all’altro.
Sollevò
una mano, l’acqua si increspò per il gesto, e le
sue dita umide finirono sulle
cicatrici che non si erano rimarginate del tutto.
Le
massaggiò piano e mi venne spontaneo deglutire a vuoto.
“È
stato tuo padre.”, ci tenni a specificare.
“Lo
immaginavo.”
Continuò
ad accarezzare quei buchi, mentre il cuore pompava veloce nel petto,
così
decisi di mettere fine a quella strana
situazione.
“Non
guariranno con un po’ d’acqua.”
“Hai
ragione.”
Notai
che il vampiro aveva cominciato ad avvicinarsi e le mie gambe
sfioravano le
sue.
Cercai
un modo per sdrammatizzare.
“La
fine del mondo è vicina, un Sakamaki che mi dà
ragione!”
Ma
quello mi ignorò bellamente, posando le sue
labbra sulla pelle e
iniziando a leccare le mie ferite.
Sapevo
perfettamente che era un metodo per accelerare il processo di
guarigione ed
evitare che mi rimanessero brutte cicatrici: la maggior parte dei
vampiri, Shu
compreso, utilizzava spesso quel metodo per non lasciare traccia dei
propri
morsi, in modo tale da non destare sospetti.
Ma
perché occuparsi di morsi che non era stato lui a
procurarmi?
E
perché, all’improvviso, la cosa mi faceva
arrossire e battere il cuore nel
petto più velocemente del normale?
Lui,
d’altronde, non accennava a fermarsi, ma ero certa che non
fosse necessario
tutto quel tempo per “curarmi”.
Mi
sentii profondamente in colpa, permettevo a Subaru di avvicinarsi
sempre di più
a me e avevo perfino lasciato che Ruki mi baciasse, mentre adesso la
bocca di
Shu mi percorreva il collo.
Non
che fossi fidanzata con nessuno dei due, ma sicuramente dovevo far
chiarezza
nella mia testa e capire che diavolo stava succedendo lì
dentro.
Per
quel motivo decisi di porre fine a quella situazione ambigua e mi
ritrassi,
fissando il vampiro con un’espressione smarrita, che lui
stranamente ricambiava.
Non
avevo mai visto i suoi occhi azzurri tanto vivi,
tenendo conto che passava ore ed ore a dormire e aveva perennemente
quell’aria
assonnata, anche quando era sveglio.
Era
come se mi vedesse per la prima volta.
Sentii
la sua mano posizionarsi sulla mia schiena e sussultai, avvertii le sue
dita
risalire lungo la spina dorsale, muoversi lente ed incerte, fino a
giungere
sulla nuca.
La
mano fece una lieve pressione su essa, ma avrei potuto oppormi.
Il
paragone venne spontaneo: a differenza di Subaru, il suo messaggio era
piuttosto chiaro: voleva che mi avvicinassi al suo viso, ma, al
contempo, non
aveva intenzione di forzarmi, cosa che invece aveva fatto Ruki.
Lottai
con tutta me stessa per recuperare lucidità e scappare a
gambe levate; ma più
tentavo di impedirlo, più il mio corpo si muoveva come un
automa, sporgendosi
verso il vampiro.
E
lui, a sua volta, dimezzava quella distanza.
Un
rumore ci colse alla sprovvista, qualcuno aveva bussato alla porta.
Mi
immobilizzai e così anche Shu, che comunque mantenne i suoi
occhi agganciati ai miei.
“Ohy
Tavoletta, devo parlarti.”
Sorprendentemente,
per la prima volta da quando vivevo in quella villa, Ayato si era
degnato a
bussare prima di irrompere nel bagno e ne fui immensamente grata.
Se
fosse entrato di colpo, e ci avesse trovato in quella posizione equivoca, non avrei saputo cosa dire e
tanto meno come comportarmi.
D’altro
canto, qualcosa doveva turbarlo nel profondo se aveva rispettato la mia
privacy e chiedeva il mio aiuto.
“Arrivo,
dammi un minuto.”, gridai, senza staccare gli occhi da Shu.
Potevo
percepire la stoffa dei suoi pantaloni sulle cosce, il suo petto saldo
contro
il mio, che invece si alzava e abbassava con rapidità.
“Devo
andare.”, riuscii a dire.
Shu
fece un cenno col capo, che non seppi interpretare, ma lo presi come un
consenso, quindi mi sollevai e uscii dalla vasca, mentre
l’acqua scorreva sul
mio corpo inquieto.
Sentivo
le gambe deboli e non solo per la posizione in cui ero stata per tempo
prolungato, piuttosto a causa di quello che era appena accaduto.
E
per quello che stava per accadere.
Scacciai
quel pensiero.
Il
tempo di afferrare l’accappatoio e del vampiro dai capelli
biondi non c’era più
traccia.
Chiusi
gli occhi e feci alcuni respiri profondi prima di asciugarmi e
rivestirmi.
***
Quando
uscii dal bagno, Ayato sedeva sul bordo del mio materasso e teneva il
capo
chino, a guardarlo così, poteva sembrare perfino un
agnellino indifeso.
Mi
domandai come mai si fosse ridotto così, il grande
oree-sama.
“Che
succede?
Mi
appoggiai al muro, scrutando attentamente la sua espressione, non
l’avevo mai
visto così.
“Sono
stato da Yuki.”, si decise infine a parlare.
“Questo
lo so già, adesso anche lei è a conoscenza del
mio rapimento…”
Il
vampiro dai capelli rossi annuì ed io appuntai mentalmente
di doverla chiamare
al più presto.
Ero
così dispiaciuta di averla coinvolta in tutta questa storia.
Io
non avevo avuto scelta, ma lei avrebbe potuto tirarsene fuori, scappare
a gambe
levate, e invece era rimasta.
“E
vederla ti ha scombussolato?”, lo stuzzicai.
Sapevo
che non avrebbe negato, ne’ si sarebbe infuriato, come aveva
fatto le volte
precedenti, non poteva più negare i suoi sentimenti per la
biondina.
“Sì.”
Aggrottai
le sopracciglia, non pensavo l’avrebbe ammesso ad alta voce.
“Ma
non ho saputo resistere.”
Ancor
più confusa, lo fissai con aria interrogativa, chiedendomi
cosa intendesse con
quell’affermazione.
Poi
una lampadina, un pensiero iniziò a strisciare nella mia
mente e un’aurea
oscura mi avvolse.
“Non
dirmi che…”
Sperai
che rispondesse un no secco, invece rimase in silenzio.
Così
parlai ancora.
“Non
dirmi che l’hai morsa!”
Il
silenzio.
Poi
una liana sbucata dal nulla si avvolse intorno al suo collo: Ayato si
decise a
sollevare lo sguardo e provò a liberarsene.
“Ohy-”,
si lamentò.
Ma
ero troppo furiosa per sentirlo: come aveva potuto morderla?
Yuki
ne aveva già passate tante a causa mia e adesso lui le aveva
fatto del male.
Rischiavo
di perdere la mia migliore amica, forse per sempre!
“Mitsuko!”,
gridò Ayato.
Se
avessi stretto ancora un po’, probabilmente gli avrei
spezzato l’osso del
collo.
Spaventata
dall’idea, ritrassi immediatamente la liana con un gesto
della mano, ma
continuai ad osservarlo imbestialita.
Ayato
aveva una striscia rossa che gli percorreva la gola, lì dove
avevo usato i miei
poteri: se avesse avuto bisogno di respirare, di certo sarebbe morto
soffocato.
Avevo
paura di ciò che ero in grado di fare, certo, ma quello che
mi spaventava
maggiormente era la sensazione di onnipotenza che provavo nel sapere di
poter
spezzare una vita tanto facilmente, soprattutto se si trattava di
quella dei
vampiri, che finora avevo sempre considerato esseri intoccabili.
“Dopo
che l’hai morsa che è successo? Come ha
reagito?”
Guardai
l’orario, dovevo correre da lei, ma presto Carla sarebbe
venuto a “sequestrarmi”
per il mio addestramento.
“L’ho
portata nella sua camera, non parlava.”
Mi
massaggiai le tempie: una ragazza così dolce ed innocente
come Yuki… Doveva
essere stato uno shock per lei.
“Devi sistemare le cose!”
“Ah?”
Ayato
non sembrava entusiasta dell’idea, ma volente o nolente
avrebbe dovuto
rimediare.
“Mi
hai sentito bene, devi farti perdonare! E sperare che Yuki voglia
ancora
parlare con me. O per te saranno guai!”
Ayato
mi inchiodò al muro.
“Stai
minacciando il grande oree-sama?”
In
un impeto di rabbia, lo spinsi via, facendo leva sul suo petto, e
–
inaspettatamente – Ayato fu costretto a indietreggiare.
Osservai
le mie mani: dunque ero anche più forte, ora?
Sollevai
lo sguardo, incrociando quello sbigottito del vampiro, e mi mostrai
decisa.
“Sì,
è proprio quello che sto facendo.”
Ayato
schioccò la lingua in dissenso e si smaterializzò.
Una
scarica di adrenalina mi costrinse a sorridere: non avrei subito
più alcun
sopruso, adesso potevo difendermi da sola.
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 - Complicated - ***
Capitolo
23 -
Complicated -
Kou
osservava lo schermo del cellulare illuminarsi e poi spegnersi ormai da
qualche
minuto.
Aveva
ricevuto svariate telefonate da parte di Natalie, e la cosa non avrebbe
dovuto
sorprenderlo, considerato che le aveva dato buca senza neppure
avvisarla.
Solitamente
non gli pesava affatto ignorare i messaggi delle sue fan, quindi
perché sentiva
quel peso nel petto all’idea di trascurare la brunetta?
Rivolse
la sua attenzione ai fratelli: Yuma camminava inquieto, avanti e
indietro, in
attesa che il demone facesse la sua
comparsa per prelevare Mitsuko, e quasi sicuramente Ruki era inquieto
tanto
quanto lui, ma si limitava a fissare un punto nel vuoto.
I
Sakamaki avevano lasciato il salone da un pezzo, tutti presi dalle loro
faccende, come nulla fosse, perfino quell’albino che si
dichiarava preoccupato
per Mitsuko era scomparso.
A
riscuoterlo dai suoi pensieri fu l’ennesima chiamata che
ricevette da Natalie.
Azusa,
al suo fianco, lo guardò incuriosito.
“Perché
non rispondi, Kou-kun?”, domandò col suo tono di
voce flebile.
Il vampiro dai capelli biondi avrebbe voluto dare una motivazione
valida, ma
non riuscì a trovarne una.
Così
decise di accettare la chiamata.
“Dove
diavolo sei finito?”, tuonò Natalie
dall’altra parte della cornetta.
“Ho
avuto un imprevisto.”, si giustificò Kou, senza
scomporsi troppo.
“E
non avresti potuto avvisarmi?”
Il
tono della giovane era piuttosto irritato.
“Lo
sto facendo ora.”
Seguì
qualche istante di silenzio, il vampiro si sarebbe aspettato una serie
di
insulti da parte della ragazza, cosa che l’avrebbe divertito,
in altre
circostanze, ma lei non aggiunse altro e si limitò a
chiudere la chiamata,
lasciandolo di stucco.
Perché
aveva reagito in quel modo?
Kou
notò che Azusa ancora lo fissava interessato.
Forse
avrebbe potuto avvisarla, pensò il vampiro tra sé
e sé.
Decise
che sarebbe andato da lei, per parlarle, senza indagare troppo sul
perché
sentisse quel bisogno.
“Devo
andare.”, annunciò, richiamando
l’attenzione degli altri due.
Ruki
assentì con un cenno del capo, troppo preso dai suoi
pensieri, mentre Yuma
arrestò il suo camminare irrequieto.
“E
dove vai?”, borbottò, senza ricevere alcuna
risposta.
Kou
diede un affettuoso colpetto sulla testa di Azusa e scomparve nel nulla.
Ruki
si mise in piedi e si avviò su per le scale.
Yuma
intuì facilmente dove si stesse dirigendo il fratellastro e,
in quel modo, capì
anche dov’era diretto Kou: entrambi avevano perso la ragione
e avevano preso
una sbandata per due umane.
O
meglio, Mitsuko non era poi del tutto umana,
ma la brunetta che interessava a Kou sì.
Scosse
il capo e prese posto accanto ad Azusa, che aveva lo sguardo smarrito,
certamente scombussolato da tutta quella serie di avvenimenti. Per lo
meno era
l’unico che non aveva perso il senno.
Dopo
una rapida occhiata alle sue bende, Yuma sospirò,
rimangiandosi l’ultima
constatazione fatta.
Se
avesse avuto una zolletta di zucchero l’avrebbe mangiata
volentieri: si disse
che se avesse incontrato nuovamente quella predatrice,
gliel’avrebbe fatta
pagare cara per avergli rubato i suoi cubetti zuccherati.
***
Sedevo
sul letto, agitata per via dell’incontro che ci sarebbe stato
a breve.
Mi
domandai come avrebbero reagito gli altri al cospetto di uno dei Primi
Fondatori della razza demoniaca, o come lui si sarebbe posto nei loro
confronti.
Ne
approfittai per scrivere un messaggio a mio padre per informarlo che
stavo bene,
mi chiesi se fosse a conoscenza dei miei poteri.
Aggiunsi
che gli avrei spiegato personalmente cosa stava accadendo e gli avrei
fornito delucidazioni
sul mio vero padre il prima possibile, ma anche che non doveva
preoccuparsi:
lui restava sempre il padre che mi aveva cresciuto, e presto ci saremmo
incontrati dal vivo, per riabbracciarci.
Mandai
il messaggio e tornai a stendermi sul letto, con la testa che ronzava
per via
dei numerosi timori che l’affollavano.
Poi
un ricordo spiccò tra gli altri: io nella vasca, seduta a
cavalcioni sopra Shu,
stavamo per baciarci… Il
mio stomaco
si contorse all’idea.
“Mitsuko.”
Sussultai,
sentendo la voce di Ruki fare irruzione nei miei pensieri, mi tirai in
piedi di
scatto, trovandomi il vampiro di fronte.
E
quasi impallidii, ripensando alle immagini che stavo ripercorrendo
mentalmente
qualche secondo prima.
“C’è
altro che dobbiamo sapere?”
Feci
un cenno di dissenso col capo.
Il
vampiro, invece, fece un passo in avanti.
“Sei
sicura di voler incontrare Carla Tsukinami?”
“Sì.”
“Non
sei costretta, se non vuoi. Troveremo comunque una soluzione per i tuoi
poteri.”
Mi
tornò in mente quello che avevo fatto a Kanato e a come
avevo reagito quando
Ayato aveva confessato di aver morso Yuki.
Non
potevo permettere che fossero i poteri a controllarmi.
“Sono
sicura, quando sarà tutto finito, non vedrò mai
più Carla Tsukinami.”
Ruki
parve rasserenato dalle mie parole.
Poi
inclinò di poco il capo, come a studiarmi meglio e capii che
lui sapeva.
Sapeva
che c’era dell’altro,
probabilmente
non poteva immaginare che fosse legato alle mie questioni sentimentali.
“C’è
altro che devo sapere?”
Provai
a mostrarmi sicura, mentre scuotevo nuovamente il capo, ma stavolta
tentennai
appena.
Ruki
si avvicinò ulteriormente ed io deglutii a vuoto: non volevo
ferire i suoi
sentimenti, anche perché io stessa dovevo fare chiarezza
dentro di me, ma non
potevo lasciare che le cose si spingessero oltre, senza aver messo in
ordine la
confusione nella mia testa.
Il
vampiro si chinò sul mio viso e fece per baciarmi, ma io
voltai il capo per
sfuggirgli.
Quando
tornai a guardarlo, lui aveva fatto qualche passo indietro.
“Capisco.”,
commentò.
Non
seppi dire cosa gli stava passando per la testa, aveva
un’espressione
imperturbabile come al solito, ma sentii che quel rifiuto
l’aveva profondamente
ferito.
“Ruki…
io…”
“Non
devi giustificarti. –, tagliò corto –
starò al mio posto.”
Il
suo tono seccato mi fece alterare: lui non aveva mai parlato
apertamente dei
sentimenti che nutriva nei miei confronti, anche se li aveva resi noti
attraverso alcuni gesti, ma come poteva aspettarsi che ricambiassi in
questa
situazione ambigua che si era creata fra di noi, senza averne mai
parlato?
Lui
e Subaru erano molto simili in questo.
“Non
ti sei mai chiesto cosa ne pensassi io! –, replicai stizzita.
– Mi hai baciata
senza un preavviso, senza neppure sapere se fossi
d’accordo!”
“Evidentemente
non sei d’accordo –,
rimbeccò lui. – Avrei
forse dovuto chiedere il permesso?”
In
effetti, Shu aveva chiesto il permesso in un certo senso, ma
cos’avrei fatto se
mi avesse baciata all’improvviso? L’avrei respinto?
L’avrei
rimproverato per questo, forse?
E
se l’avesse fatto Subaru, come avrei reagito?
Sentivo
la testa esplodermi, ma non avrei ceduto.
“Magari
avresti potuto chiedere il mio parere! E quando è arrivato
Kou ti sei
allontanato, come a volerti nascondere!”
Ruki
strinse le mani in un pugno, era raro vederlo così alterato.
“Come
devo rendere più esplicito il fatto che mi piaci,
Mitsuko?”
Rimasi
a fissarlo inerme, come se mi avessero gettato una secchiata
d’acqua fredda
addosso.
Adesso
avevo ottenuto la sua confessione e questo complicava ancor di
più le cose: mi
sarei voluta prendere a schiaffi.
“Ora
sto chiedendo il tuo parere.”
Deglutii
a vuoto, le parole che avevo usato mi si stavano ritorcendo contro.
Il
vampiro si avvicinò nuovamente.
“Qual
è il tuo parere, sto aspettando.”
Ma
non riuscivo a rispondergli, perché fondamentalmente non
sapevo neanch’io cosa stava
succedendo nella mia testa, ultimamente.
“Non
è me che vuoi, vero?”
Avrei
voluto smentire la sua tesi, perché mi piaceva stare in sua
compagnia, e lo
trovavo molto attraente, ma non potevo neppure dichiararmi perdutamente
innamorata
di lui.
Ruki
si abbandonò a un momento di sconforto, vidi un velo di
tristezza adombrargli
lo sguardo e mi odiai per averlo ferito.
Mi
diede le spalle.
“Ruki…”,
mormorai, allungando una mano verso di lui, ma non mi diede il tempo di
aggiungere altro e svanì nel nulla.
Cercai
di ricacciare indietro le lacrime.
Ne
sfuggì una.
***
La
Dama sistemò il vestito che indossava, prima di fare il suo
ingresso nel salone
di villa Sakamaki: notò con piacere che il bel
fusto era lì, accanto ad un altro vampiro.
Yuma
avvertì immediatamente la sua presenza e si
fiondò su di lei che, colta alla sprovvista,
si ritrovò inchiodata al muro da quel gigante: la superava
di un paio di
centimetri, ed aveva una forza sopra la media per essere un vampiro
solo a
metà.
“Credo
tu abbia qualcosa di mio.”
La
vampira dai boccoli biondi sorrise, scoprendo i canini affilati.
“Oh
già, quelle zollette di zucchero erano deliziose.”
Yuma
perse le staffe e puntò alla testa: stavolta le avrebbe
staccato quel visetto
attraente dal collo.
Ma
lei fu più rapida nel divincolarsi dalla presa e gli
tirò un pugno in pieno
viso, prima di calciare il suo addome e spedirlo a qualche metro di
distanza.
“Tutto
bene Yuma-kun?”, domandò Azusa, incerto
sull’intervenire o meno.
Il
fratellastro si pulì un rivolo di sangue, che gli colava dal
labbro inferiore.
“Si,
Azusa, resta seduto, è tutto sotto controllo.”
La
Dama trovò quasi tenero
l’istinto di
protezione del bel fusto nei confronti dell’altro vampiro.
Inarcò
un sopracciglio, aspettando una mossa dell’avversario e, come
previsto, Yuma si
lanciò su di lei.
Con
un balzo lo evitò e gli saltò addosso,
aggrappandosi alle spalle.
Con
un braccio provò a soffocarlo, ma Yuma
l’afferrò per il polso e la strattonò
talmente forte da staccarsela di dosso e mandarla a sbattere contro il
muro.
Approfittando
del colpo, le artigliò il collo e la sollevò di
qualche centimetro.
Lei
posò entrambe le mani su quella di Yuma, provando a
liberarsi.
“E
io che ti avevo portato delle caramelle per farmi
perdonare.”, esclamò
inaspettatamente la Dama.
Yuma
la fissò interrogativo, ma senza mollare la presa.
“Puoi
controllare tu sesso, le ho sotto il vestito.”
Il
vampiro provò a tenere a bada le fantasie che
l’affermazione della vampira aveva
scatenato, non si sarebbe lasciato abbindolare come l’ultima
volta.
“Prendile
tu stessa.”, la incitò, stringendo ancora un
po’ sul collo.
La
Dama roteò gli occhi al cielo.
“Siamo
sempre noi donne a dover prendere l’iniziativa, non ci sono
più gli uomini di
una volta.”, lo schernì, prima di sollevare
lentamente il vestito.
Yuma
provò a tenere gli occhi ambrati fissi in quelli di lei, ma
la “curiosità” ebbe
il sopravvento e finì ad ammirare le gambe lunghe e toniche
della vampira.
Intorno
alla coscia aveva una piccola cintura, sul lato sinistro vi era un
pugnale
dall’aspetto affilato, nella destra una piccola tasca, dalla
quale estrasse
delle caramelle incartate.
Gliele
porse, mentre la gonna tornava a coprire le gambe.
Yuma
le prese cautamente e lei approfittò di quella piccola
distrazione per
ficcargli lo stivale che indossava nel basso ventre.
Il
vampiro grugnì ed allentò la presa,
così la Dama riuscì a liberarsi dalla stretta
e a storcergli un braccio, quello che teneva le caramelle nella mano,
infatti
quelle ricaddero sul pavimento.
Lui
fece per contrattaccare, ma delle liane si avvolsero intorno ai suoi
polsi e anche
intorno a quelli della Predatrice, entrambi vennero trascinati contro
il muro e
“ammanettati” contro esso.
“Avete
finito?”; domandò una Mitsuko spuntata dal nulla,
Azusa era al suo fianco,
doveva esserci il suo zampino.
Entrambi
si liberarono delle catene erbacee.
“Sono
venuta a prenderti.”, annunciò la Dama.
Mitsuko
fece un cenno col capo.
“Avvisa
gli altri per favore.”, disse, rivolta a Yuma.
Salutò
Azusa e gli chiese di tenere d’occhio il fratellastro.
Yuma
ignorò la frecciatina, troppo preso a lanciare occhiate
furtive alla vampira al
suo fianco.
Quella
tipa lo faceva proprio incazzare,
eppure…
Mitsuko
si avvicinò alla Dama, pronta a smaterializzarsi.
“Allora
ci si vede bel fusto.”
“Il
mio nome è Yuma.”, rimbeccò il vampiro.
“Oh
ma a me non interessa.”, gli fece un occhiolino e scomparve
nel nulla, portando
Mitsuko con sé.
Yuma
imprecò più volte, poi notò le
caramelle che erano ancora sul pavimento.
Le
raccolse e prese posto accanto ad Azusa: il fratellastro le osservava
con occhi
luccicanti, così gliele donò e lui fu ben lieto
di mangiarle.
Per
qualche motivo, un mezzo sorriso increspò le labbra del
vampiro dagli occhi
ambrati.
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 - Affairs of the Heart - ***
Capitolo
24 - Affairs
of the Heart -
Ayato
proprio non riusciva ad entrare nella stanza di Yuki, si limitava ad
osservarla
dall’esterno, spiando attraverso la finestra: non era
più sul letto, dove
l’aveva lasciata, ma sedeva alla scrivania e continuava a
sfogliare le pagine
di un libro, probabilmente si trattava di qualche compito scolastico.
Ma
Mitsuko era stata chiara: doveva chiarire con la biondina e, nel
profondo,
anche lui voleva rimediare.
Prese
coraggio e si teletrasportò nella stanza: comparve di fronte
a Yuki
all’improvviso, facendola quasi cadere dalla sedia per lo
spavento.
La
ragazza balzò in piedi e, d’istinto,
indietreggiò di qualche passo.
Ayato
rimase immobile sul posto e i suoi occhi percorsero rapidamente il
corpo di
lei, per assicurarsi che non vi fosse traccia dei suoi canini sulla
pelle
chiara della ragazza.
Anche
se avrebbe voluto marchiarla definitivamente, per rendere chiaro a
tutti che
lei gli apparteneva.
“Le persone non ti appartengono, Ayato.”
Le
parole di Mitsuko gli tornarono prepotentemente alla memoria.
“Volevo…
parlarti.”, riuscì infine ad esclamare.
Yuki
rimase ad osservarlo in silenzio, non sembrava arrabbiata, ma neppure
incline a
rivolgergli la parola.
Probabilmente
era solo intimorita, Ayato sapeva
bene che mordere un umano portava a questo e lo aveva sempre trovato
appagante:
l’idea di essere temuto, il terrore negli occhi della sua
vittima, erano una
droga a cui non sapeva resistere.
Ma
vedere quel terrore negli occhi azzurri della fanciulla gli causava una
sensazione spiacevole.
“Come
stai?”
Yuki
si schiarii la voce, prima di rispondere: “Bene.”
“Io
non… Io volevo dirti-”
Ayato
imprecò mentalmente, perché gli risultava
così difficile scusarsi?
Yuki
inspirò a fondo e si avvicinò al vampiro.
“Non
devi scusarti Ayato-kun.”
L’altro
rimase sbalordito da quell’affermazione.
“Sono
sicura che hai fatto del tuo meglio per impedirlo, ma è la
tua natura. –, gli
sorrise. – Mi hai perfino aiutato a guarire.”
Il
vampiro era più che sorpreso nel sentire Yuki
così calma e decisa.
Pensava
che lei non avrebbe più voluto vederlo, invece lo aveva
perdonato e perfino
giustificato.
Per
qualche strano motivo, quel comportamento lo spinse ad avvicinarsi a
sua volta
alla ragazza.
“Quindi
non hai paura?”
Yuki
deglutì a fatica, ma cercò di non scomporsi,
sebbene nella sua testa una vocina
le gridasse di scappar via.
Nonostante
ciò aveva avuto tempo per rifletterci e, per quanto il morso
fosse stato
doloroso e terrificante, Ayato continuava a piacerle nello stesso modo.
“Sì,
ho paura, ma so che non mi faresti mai del male.”
Ayato
pensò che, se Mitsuko fosse stata presente, di certo avrebbe
smentito quella
tesi: lui sapeva far male davvero.
“Ma
io mi nutro di sangue, potrei farti del male in qualsiasi
momento.”, rimbeccò
infatti.
La
sua intenzione era di farsi perdonare e non voleva mordere nuovamente
la
ragazza, tuttavia era curioso di sapere quanto poteva sopportare Yuki,
pur di
stare in sua compagnia.
Così
le afferrò i fianchi e l’avvicinò a
sé, alternando lo sguardo dal viso di lei
al collo.
Poteva
sentire il suo cuore palpitare forte nel petto e il sangue scorrere
più
velocemente nelle vene, era un richiamo molto invitante.
Più
invitante perfino del sangue di Mitsuko.
Quella
constatazione lo lasciò di sasso, ma finse indifferenza,
mentre valutava la
reazione della ragazza.
“Lo
so. – mormorò Yuki con voce tremante. –
Ma mi sta bene, se sei tu a farlo.”
Dopo
quella frase, Ayato non seppe trattenersi, e la morse sul collo con
foga.
La
ragazza cacciò un lamento e dovette aggrapparsi alle spalle
del vampiro per non
cadere.
Quest’ultimo
allentò il morso, cercando di essere più delicato,
ma un’altra sensazione si fece strada nel suo
stomaco… e nel basso ventre.
Succhiare
il sangue gli aveva sempre provocato una sensazione inebriante, ma
realizzò che,
in quel momento, non era solo il sangue ad eccitarlo, bensì
il corpo stesso di
Yuki, così fragile tra le sue braccia.
Se
l’avesse stretta ancora un po’, avrebbe potuto
romperla, come fosse una bambola
di porcellana.
Lei
indossava un paio di pantaloncini e una canotta, e lui aveva avuto a
che fare
con donne molto più sexy e sfacciate, senza provare alcuna
attrazione nei loro
confronti.
Ma
in quel momento bramava Yuki con tutto sé stesso.
Si
staccò dal suo collo, rimediando ai buchi che le aveva
procurato e,
contemporaneamente, insinuò una mano sotto la sua canotta.
Yuki
rabbrividì, sentendo le dita gelide del vampiro sul suo
addome, e arrossì
quando raggiunse il reggiseno.
“A-aspetta!”,
squittì, poggiando una mano sul braccio del vampiro.
Ayato
sollevò il capo, domandandosi perché lo avesse
fermato.
“T-tu
mi piaci Ayato. –, balbettò lei. – Ma
vorrei… fare le cose con calma.”
Il
vampiro sfilò la mano da sotto la maglietta, capendo che lei
non era d’accordo,
tuttavia non capì cosa intendesse con “fare le
cose con calma”.
“Se
ti piaccio, perché dovremmo aspettare?”
Yuki
assunse numerose sfumature di rosso, possibile che non ci arrivasse da
solo?
“Sono
sicura avrai avuto tante donne, ma tu per me sei il primo.”
Ayato
aggrottò le sopracciglia, dunque Yuki non aveva avuto altri
ragazzi?
Eppure
era una ragazza molto bella, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi
color
oceano.
“Mi
piacerebbe frequentarti, prima.”
“Frequentarmi?”
“Sai,
andare a prendere un caffè insieme, vedere un film al
cinema!”
Yuki
si domandò come funzionasse nel mondo dei vampiri.
Ayato
parve rifletterci su qualche istante, poi annuì.
“Voi
umani avete uno strano modo per corteggiare.”
D’altronde,
il vampiro aveva un unico esempio di corteggiamento, vale a dire quello
di suo
padre, Karl Heinz, che aveva sposato delle donne solo per ricevere dei
figli da
loro.
“Ti
andrebbe di prendere un caffè?”,
domandò quindi Yuki.
“Non
mi piace il caffè.”
Di
certo Ayato aveva dei tratti in comune con i suoi fratelli, tipo
disprezzare il
caffè come faceva Kanato.
“Che
ne pensi dei dorayaki1?”
“Mi
piacciono.”
Yuki
sorrise dolcemente e gli chiese di aspettare un momento, per
permetterle di
cambiarsi.
Ayato
la osservò correre in bagno e un piccolo sorriso gli
curvò le labbra.
***
Natalie
calpestò i gradini di casa sua con rabbia: aveva aspettato
che Kou si
presentasse al parco per più di un’ora,
l’aveva anche chiamato più volte e,
quando si era degnato a risponderle, l’unica motivazione che
le aveva dato era
stata quella di avere un impegno, ma non si era scomodato ad avvisarla
per
tempo.
L’aveva
lasciata da sola, ad aspettarlo per ore, e aveva usato anche un tono di
sufficienza.
Una
volta dentro la sua abitazione, la madre di Natalie le
domandò cosa fosse
accaduto, ma lei la liquidò con un
“niente” e preferì correre in camera
sua,
per chiudersi lì dentro.
Come
aveva potuto dare fiducia a quell’idiota pieno di
sé?
Era
un cantante famoso, desiderato, ovviamente non aveva tempo da perdere
con una
ragazza comune, che probabilmente non considerava all’altezza
dei suoi standard.
Ricacciò
indietro le lacrime: quand’era più piccola aveva
già pianto abbastanza a causa
di quei bulli che la prendevano in giro per il suo peso,
così aveva trovato un
suo equilibrio, sia fisico che mentale, e si era ripromessa che nessuno
l’avrebbe fatta sentire inferiore.
Mai
più.
Scosse
il capo e singhiozzò.
Si
illudeva che il comportamento del ragazzo non la scalfisse minimamente,
invece
si era presa una sbandata per uno stronzo.
A
riscuoterla da quei pensieri fu un rumore sulla finestra.
Un
ticchettio.
Voltò
il capo e quasi le sfuggì un urlo nel trovarsi Kou sul
balcone, che bussava
alla sua finestra.
Provò
a darsi un tono, mentre si avvicinava al balcone e scostava le tende,
per
nascondere la presenza del biondo: ignorava come fosse arrivato fin
lì, ma non
aveva intenzione di aprirgli.
Tornò
a sedere sul letto, mentre il ragazzo all’esterno
ricominciava a bussare sul
vetro.
Infilò
le cuffie per non sentirlo.
Prima
di far partire una canzone, sentì la voce di Kou gridarle
che avrebbe rotto la
finestra.
Per
un momento ne fu turbata, ma era certa che non dicesse sul serio.
Nonostante
la musica, Natalie sentì un colpo alle sue spalle: stava
seriamente
considerando di fare irruzione in casa sua?
Scattò
in piedi: sua madre sarebbe andata su tutte le furie se avesse
danneggiato,
anche solo in parte, la finestra.
Scostò
le tende e vide che il ragazzo era pronto a sferrare un altro pungo.
Sollevò
il vetro.
“Lo
sai che è violazione di domicilio? Potrei
denunciarti!”
Kou
ignorò bellamente le sue parole e, con un balzo,
entrò nella stanza.
“Non
male la cameretta, ma tutti quei peluche… –,
indicò il piccolo sofà di fronte
al letto. – Anche no.”
Natalie
si trattenne dallo schiaffeggiarlo seduta stante.
“Sono
ricordi d’infanzia!”, sentì in dovere di
giustificarsi, dandosi della stupida
per averlo fatto.
Kou
continuò a girovagare un po’ per la stanza,
sinceramente curioso di vedere come
fosse sistemata, poi si accomodò sul letto, incurante dello
sguardo omicida di
Natalie.
Lei
si posizionò davanti a lui con le braccia incrociate.
“Cosa
vuoi?”
“Forse
oggi non sono stato molto gentile.”, ammise Kou.
Sapeva
che, se voleva chiarire con Natalie, avrebbe dovuto prenderla con le
buone.
“Già,
forse.”,
replicò lei, visibilmente
irritata.
Il
vampiro la guardò meglio in viso: aveva gli occhi gonfi.
“Hai
pianto?”
“Certo
che no!”, rimbeccò Natalie, punta sul vivo.
Ma
Kou non ebbe bisogno di usare il suo occhio magico per capire che stava
mentendo.
“Te
l’ho detto avevo un impegno.”
“Avresti
potuto avvisarmi!”
Kou
seppe che non aveva alcuna scusa per quello, non poteva certo ammettere
che
averle dato buca gli pesava sulla coscienza, in più, per non
confessarlo
neppure a se stesso, aveva preferito ignorare le sue chiamate, come se
Natalie
contasse meno di zero, per lui.
Ma
era una menzogna bella e buona.
“Eppure
eccomi qua.”, le fece notare.
Natalie
aprì bocca per controbattere, ma non disse nulla.
Inizialmente.
In
fondo, constatare che lui si fosse scomodato per venire fino a casa sua
le
donava una certa soddisfazione.
Ma
non poteva fargliela passare liscia: se le sue fan gli permettevano di
comportarsi in quel modo strafottente, lei non lo avrebbe permesso: non
era una
sua fan e non aveva intenzione di sottostare ai suoi
“capricci”.
“Avresti
potuto pensarci prima.”
Kou
roteò gli occhi al cielo.
“Capisco,
non mi perdonerai senza che io faccia qualcosa in cambio, quindi cosa
vuoi che
faccia?”
Natalie
ci rifletté su un istante, ma in realtà non
c’era qualcosa di concreto che lui
potesse fare per riconquistare la sua fiducia, al momento.
“Potresti
avvisarmi quando hai un impegno.”
Kou
si mise in piedi.
“Tutto
qui?”, domandò con un sorriso sbieco.
“Vuoi
corrompermi con dei soldi o cosa?”
Kou
rise: “Sì, se lo desideri, di certo non mi
mancano.”
Natalie
scosse il capo, quel ragazzo sapeva essere davvero cinico.
“O
magari delle rose, dei cioccolatini, non sono il genere di cose che
piacciono a
voi ragazze?”
La
giovane dai capelli castani era distratta dalla poca distanza che li
divideva,
ma provò comunque a rispondergli a tono.
“Non
mi piacciono queste cose, puoi dimostrare in altro modo che hai un
interesse
nei miei confronti.”
Kou
rimase sorpreso, solitamente le ragazze umane, e anche quelle
non-umane, si
lasciavano comprare con oggetti futili, come fiori o gioielli.
E
questo lato di Natalie lo colpì.
“E
chi ha detto che sono interessato a te?”, la
stuzzicò.
Natalie
non colse il sarcasmo e si sentì ferita nel profondo nello
scoprire che lui non
era attratto da lei.
Ma
cercò di non rivelare la sua delusione.
“Allora
perché sei ancora qui?”, domandò
infervorata, dandogli le spalle e indicando la
finestra: un invito ad andarsene.
Tuttavia
Kou la ruotò per i fianchi, tirandola a sé con
una forza inaudita.
Natalie
si scontrò contro il suo petto muscoloso e
sollevò lo sguardo: non si aspettava
quel gesto.
Ma
lui non le diede modo di parlare e la baciò di slancio.
Desiderava
farlo da tempo immemore, quella fantasia aleggiava da settimane nella
sua mente.
Per
quanto la considerasse una semplice ed insignificante umana, si sentiva
attratto
da lei più del dovuto e non aveva intenzione di perdere
altro tempo.
Natalie,
d’altro canto, avrebbe voluto fingere indignazione e
respingere il biondo con
un sonoro schiaffo, ma si limitò a restare di sasso, mentre
l’altro univa le
loro labbra e insinuava, senza troppe cerimonie, la lingua nella sua
bocca.
La
ragazza gli morse il labbro, piccata: lui le stava letteralmente
rubando un
bacio, ma quel gesto servì solo ad accenderlo
maggiormente, ricambiò il morso e Natalie
strabuzzò gli occhi quando sentì il
labbro inferiore sanguinare.
Poi
Kou leccò il taglio che le aveva procurato e lei
indietreggiò inorridita, si
decise quindi a tirargli uno schiaffo poco convinto.
Il
ragazzo non fece una piega, come se lei gli avesse fatto una carezza.
“Esci
fuori da casa mia!”, gli sbraitò contro.
Kou
la guardò per qualche istante, poi si decise a scavalcare la
finestra e, dopo
averle fatto un occhiolino, scomparve fra gli alberi.
Natalie
osservò il punto in cui Kou era -misteriosamente- svanito
nel nulla e strinse
le mani in un pugno: come aveva potuto lasciare che la baciasse in quel
modo?
Il solo pensiero di come l’aveva stretta e di come le sue
labbra avevano assaggiato
le sue, le provocava scosse elettriche per tutto il corpo.
Perché
non gliel’aveva impedito?
Ma la vera domanda che assillava Natalie, e che lei avrebbe voluto
ignorare,
era perché quel bacio le fosse piaciuto tanto.
DORAYAKI1:
Il
dorayaki è
un tipo di dolce giapponese composto da due pancake, formati a partire
dalla
kasutera, e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra
ricavata
dai fagioli azuki.
ANGOLO
AUTRICE
Salve
gente!
Inizio ringraziando tutti coloro che stanno
seguendo la storia, silenziosamente e non, chi l’ha inserita
nelle
preferite/ricordate/seguite.
In questo capitolo vediamo come il rapporto
tra Ayato/Yuki e Natalie/Kou sta evolvendo, mi farebbe piacere sapere
che ne
pensate, se le ship sono di vostro gradimento o meno, comunque lo
ritenevo un
passaggio necessario, ora che conosciamo sempre meglio le amiche della
nostra
protagonista.
Detto questo vi saluto, a presto,
Nephy_
|
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 - Training - ***
Capitolo
25 –
Training -
La
Dama mi aveva mollato in un campo aperto, apparentemente lontano
chilometri da
qualsiasi forma di vita, solo distese infinite di verde, con qualche
collinetta
all’orizzonte, non avevo la più pallida idea di
dove mi trovassi.
Attesi
l’arrivo di Carla, ma non venne nessuno per diversi minuti.
Poi
un ringhio alle mie spalle.
Mi
voltai appena in tempo per vedere una coppia di lupi dal manto bianco
saltarmi
addosso, mi buttai sulla destra per schivarli, ma uno riuscì
ad azzannarmi una
gamba.
Cacciai
un urlo, mentre provavo a liberarmi.
Il
secondo lupo, quello più grosso, si avvicinò
minaccioso e si avventò sul collo:
mi parai con un braccio e sentii le zanne dell’animale
conficcarsi nella carne,
simili ai canini affilati dei vampiri, ma molto più spesse.
Provai
ad usare i miei poteri, ma non accadde nulla, nonostante ordinassi alle
piante
nei dintorni di venire in mio soccorso.
Il
lupo più grande lasciò il braccio e mi
fissò: il suo sguardo sembrava quasi umano.
Di
colpo mutò forma: le zampe si allungarono e assunse una
posizione eretta, dei
capelli crebbero lungo la schiena e il pelo lasciò il posto
alla pelle.
Degli
abiti scuri lo avvolsero: Carla poteva anche trasformarsi in un lupo.
Quello
che mi addentava la gamba svanì nel nulla.
Sanguinante,
tentai invano di rimettermi in piedi.
Il
vampiro dai capelli bianchi si chinò appena su di me,
facendo scorrere due dita
sulla gamba martoriata, una sorta di ombra nera l’avvolse e
un pizzicore
fastidioso mi fece digrignare i denti, quando l’ombra
svanì, tutto ciò che
rimaneva della ferita era una lunga cicatrice scura.
Ripeté
la stessa operazione sul braccio senza spiccar parola, così
anche io rimasi in
silenzio.
“La
paura inibisce i tuoi poteri.”, annunciò Carla.
Eppure
mi trovai in disaccordo.
“Mentre
uno dei Sakamaki mi mordeva, delle liane lo hanno stritolato.”
L’altro
rimase in silenzio, probabilmente per valutare la situazione.
“Se
non erro li hai usati anche quando temevi che la Dama avrebbe ucciso
uno dei
Sakamaki.”
Ricordai la paura che avevo provato, temendo di perdere Shu.
“Quindi
devi avere una motivazione affinché funzioni.”
Concluse Carla.
Effettivamente,
quando Kanato mi aveva quasi uccisa, succhiando il mio sangue, tutto lo
stress
accumulato quel giorno si era riversato su di lui.
Mentre
quando avevo temuto che la Dama potesse uccidere Shu, avevo agito
d’istinto per
proteggerlo.
Così
come avevo tentato di uccidere Carla, sapendo che aveva abbandonato me
e la
mamma.
La
vampira con l’abito ottocentesco comparve alle mie spalle.
“Voglio
che tu pensi a lei come a Karl Heinz.”, mi disse Carla,
afferrandomi per i
fianchi e facendomi voltare nella direzione della Dama.
“Lei
è Karl Heinz.”
Provai
a concentrarmi su di lei, come fosse quell’uomo, e provai a
fare qualcosa, tipo
lanciarle contro un sasso o infilzarla con qualche legnetto, ma
sospirai: la
mia fantasia non era di grande aiuto.
“Karl
Heinz è proprio lì –,
insisté Carla, – l’uomo che ti ha
manipolato, torturato,
strappandoti da tua madre.”
Ascoltando
quelle parole, le dita iniziarono a formicolare: l’odio e il
rancore accumulati
vennero fuori come un fiume in piena.
“Te
l’ha portata via, l’ha fatta a pezzi e non
c’è nulla che tu possa fare per
riportarla indietro.”
Per
un istante guardai Carla di sottecchi, c’era qualcosa di
strano nella sua voce,
mentre pronunciava quelle parole.
“Per
colpa sua, non potrai mai più rivedere gli occhi dolci di
Natsumi, o il suo
sorriso gentile.”
Un
fremito mi percorse, puntai una mano contro la Dama e aprii il palmo:
una serie
di liane strisciò ai lati del mio corpo: la vampira dovette
smaterializzarsi
per evitarle e me la ritrovai di fronte, ma quando sollevò
la mano per ferirmi,
riuscii a evitare le sue unghie affilate con una velocità
inaudita, una
velocità che non mi apparteneva.
Mossi
la mia mano e le liane cambiarono direzione, la Dama provò
ad evitarle
nuovamente, ma mentre mi correva incontro, altre liane sbucarono dal
terreno,
bloccandola per le caviglie e facendole perdere l’equilibrio.
Stesa
al suolo e con un’espressione rabbiosa in volto, la vampira
spezzò le corde che
la trattenevano, tuttavia le impedii di rimettersi in piedi, avvolgendo
il suo
intero
corpo con robuste radici: a villa Sakamaki era riuscita a fuggire, ma
stavolta quella gabbia di legno era troppo spessa perfino per lei.
Le
liane si unirono alle radici e iniziarono a stritolarla.
Ma
non ero in grado di fermarmi, pur sapendo che rischiavo di ucciderla
come avevo
fatto con Kanato.
Tuttavia
le parole di Carla avevano sortito l’effetto desiderato.
Tutto
ciò che riuscivo a immaginare, era di poter strangolare Karl
Heinz in quel
modo.
Notai
la Dama annaspare, graffiare il legno in cui era intrappolata, e mi
domandai
perché non tentasse almeno di smaterializzarsi.
Un’ombra
scura si abbatté su quella sorta di gabbia, spazzando via
ciò che avevo creato.
Abbassai
il braccio e capii che era stato Carla.
“Spero
riserverai lo stesso trattamento a Karl Heinz, quando lo
incontreremo.”
Mi
resi conto che la vampira dai capelli biondi sembrava priva di sensi:
mi portai
una mano sulle labbra.
Quando
lasciavo che i miei poteri prendessero il controllo, guidati da rabbia,
o
paura, non c’era verso che riuscissi a controllarli.
Mi
chinai al suo fianco, scuotendola per le spalle.
Aveva
cercato di uccidere Shu, ma stava solo eseguendo degli ordini, e io non
avevo
il diritto di decidere della sua vita.
Sperai
con tutta me stessa che non fosse morta.
Alzai
lo sguardo, incrociando quello impassibile di Carla.
“È…
è morta?”, mi tremò la voce.
“È
irrilevante. –, rispose con una scrollata di spalle il
vampiro dai capelli
bianchi. – Ho visto di cosa sei capace, era il mio unico
scopo.”
Sussultai,
come poteva essere così insensibile?
Era
forse una prerogativa di tutti i vampiri non provare sentimenti?
Ripensai
alle ultime vicissitudini, e pensai che non poteva essere una loro
caratteristica, molti di loro provavano delle emozioni che,
semplicemente, non
sapevano come gestire.
Tornai
a concentrare la mia attenzione sulla vampira stesa sul terreno,
tirandole un
paio di schiaffetti sul viso.
Avrei
potuto provare con un massaggio cardiaco, ma dubitavo che servisse a
qualcosa:
il suo cuore aveva smesso di battere da tempo.
“Avanti.”,
mormorai tirandole l’ennesimo schiaffetto.
Carla
osservava la scena con un’espressione indecifrabile, non
seppi dire se fosse
più incuriosito o annoiato.
“Non
puoi essere morta.”
Proprio
mentre mi accingevo a tirarle un altro schiaffo, la sua mano
scattò sul mio
polso.
“Se
mi tiri ancora uno schiaffo ti stacco la mano.”
“Oh.”
Tirai
un sospiro di sollievo, era ancora viva. E anche un tantino arrabbiata,
ma non
ci diedi peso.
Mi
sollevai dal terreno: “Voglio tornare a casa.”
“Ma
non abbiamo finito.”
“Ti
sto aiutando, come hai chiesto, ma ho i miei tempi.”
In
realtà, ne avevo abbastanza di quei poteri, se avessi potuto
ignorarli lo avrei
fatto volentieri.
Ne
avevo abbastanza di Karl Heinz, di vampiri e manie di potere.
Non
ricevendo alcuna risposta, mi incamminai verso la Dama, che si
rimetteva in
piedi goffamente.
Dovevo
averla ridotta male se aveva perso tutta la sua grazia.
E
soprattutto le avevo strappato parte del suo vestito, apparentemente
molto
costoso.
Carla
mi afferrò un braccio e trattenni un lamento, la sua presa
era ferrea e quasi
dolorosa.
“Non
abbiamo tempo Mitsuko, dobbiamo approfittarne ora che Karl Heinz non
conosce il
nostro piano, o il nostro grado di parentela, e quindi ignora le tue
capacità.”
Mi
divincolai dalla stretta; in condizioni normali probabilmente non ci
sarei
riuscita, ma più passavano i giorni, più sentivo
di star cambiando: ero sempre
più forte e
sempre più veloce.
“Sconfiggeremo
Karl Heinz, hai la mia parola. Devi fidarti, come io ho fatto con
te.”
Carla
mi fissò a lungo, notai qualcosa sul suo viso, un piccolo
tentennamento in
quello sguardo impassibile.
“E
sia. Ci vedremo domani.”
Quello
strano cipiglio era già scomparso mentre pronunciava quelle
parole.
Raggiunsi
la Dama.
“Riportami
a casa.”
Questa
lanciò un’occhiata verso il vampiro e, solo dopo
un suo consenso, mi afferrò il
polso, così ci teletrasportammo.
ANGOLO
AUTRICE
Mi
scuso per la lunghissima assenza ma in
questi giorni di caldo opprimente sono stata piuttosto impegnata,
oltretutto
questo capitolo è indegnamente corto, quindi chiedo perdono
ma è il massimo che
sono riuscita a fare, tant’è che lo considero un
capitolo un po’… “meh”.
Ma prometto di recuperare con il prossimo,
cercherò di aggiornare il prima possibile, massimo una
settimana.
Intanto un caloroso grazie ai nuovi arrivati
che hanno inserito la mia storia tra le preferite e le ricordate, e a
tutti
coloro che seguono la fanfiction. Chiunque volesse lasciare un piccolo
parere,
sarà molto apprezzato!
In più, spero che, ovunque vi troviate, non
stiate sudando pietosamente come io in questo momento.
Un saluto, Nephy_
|
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Capitolo 26 *** Capitolo 26 - Painfull Melody - ***
Capitolo
26 -
Painfull melody -
Quando
io e la Dama ci materializzammo nel salone, Yuma scattò
subito sull’attenti, ma
lo persuasi a non attaccar briga, lei mi aveva solo riaccompagnata.
“A
tal proposito -, esclamai, rivolgendomi alla vampira. – Come
mai non sei
riuscita a teletrasportarti mentre eri… intrappolate nelle
mie piante diciamo.”
“Non
ne ho idea, solitamente l’unica cosa che trattiene i vampiri
dallo
smaterializzarsi è il metallo, o qualche veleno specifico,
che il tuo amico
occhialuto sembra conoscere.*”
Intuii
si riferisse a Reiji.
“Quindi
è possibile che quelle liane magiche impediscano a noi
vampiri di fuggire, a
meno che non riusciamo a spezzarle.”
Tenni
a mente quell’informazione, sarebbe stato di grande aiuto nel
momento in cui
avrei dovuto catturare Karl Heinz.
O
almeno lo speravo.
“Allora
ci rivediamo domani, nessun rancore per oggi, giusto?”,
dissi, porgendo la mano
alla vampira.
La
Dama roteò gli occhi al cielo.
“Nessun
rancore.”, rispose, senza tuttavia ricambiare.
Lanciò
un’ultima occhiata in direzione di Yuma, poi svanì
nel nulla.
Mi
avvicinai al Mukami.
“Dove
sono gli altri?”
“Azusa
è in giardino, l’albino lo sta tenendo
d’occhio.”
Sorrisi,
pensando a Subaru che si era offerto di fare da balìa al
minore dei Mukami.
“Non
vedo Ruki da ore.”
Iniziai
ad avvertire un senso di colpa crescente: dovevo averlo ferito sul
serio.
“Mentre
Kou, sospetto sia dalla brunetta.”, concluse Yuma.
Quindi
anche Kou si era preso una sbandata per Natalie, io e Yuki ci avevamo
visto
giusto.
Yuki…
Sperai
che Ayato fosse riuscito a farsi perdonare e che lei volesse ancora
essere mia
amica.
Mi
ero ripromessa di parlare con diverse persone, dopo
l’allenamento con Carla, ma
non riuscire a controllare i miei poteri mi tormentava.
Mi
avviai su per le scale.
Mentre
percorrevo i corridoi senza una meta, una camera in particolare
richiamò la mia
attenzione.
Non
mettevo piede nella stanza col piano da settimane, più
precisamente da quando
Raito era morto.
Decisa
a proseguire per la mia strada, superai quella stanza, ma seppi che
prima o poi
avrei dovuto affrontare la questione.
Così
tornai indietro.
Il
sole stava tramontando, e la camera aveva assunto diverse sfumature di
arancione.
Mi
tornò in mente la prima volta che avevo visto Raito suonare
lo strumento, era
così aggraziato nei movimenti, così assorto dalla
musica.
L’avevo
trovato bellissimo.
Accarezzai
i tasti del pianoforte, sui quali si era accumulato un sottile strato
di
polvere.
Nessuno
lo aveva più utilizzato.
Inspirai
a fondo e mi accomodai sullo sgabello.
Provai
a suonare qualche nota, ma queste risultavano fuori tempo, non riuscivo
a
muovere le dita sui tasti.
Mi
convinsi di non saperlo più suonare.
Ma
si trattava di una bugia: semplicemente le mie mani rifiutavano di
muoversi,
perché suonare avrebbe riportato alla memoria ricordi di cui
avevo nostalgia,
ricordi che avrei voluto dimenticare, perché riviverli, con
la consapevolezza che
non sarebbero tornati, mi faceva troppo male.
Scossi
il capo: erano cari ricordi che avrei dovuto custodire, non scordare, e
mi
imposi di muovere le dita, le feci scorrere rapidamente, nonostante le
lacrime
pungessero negli occhi.
Alla
fine la malinconia ebbe la meglio e, dopo un attimo di esitazione,
ritrassi le
mani, incapace di continuare, sommersa da quella valanga di emozioni
che la
melodia mi aveva provocato.
Poi
una presenza improvvisa al mio fianco.
La
melodia riprese a suonare, riecheggiò nella stanza: quando
ruotai il capo, Shu
non mi degnò di uno sguardo ma continuò a suonare.
E
così ricominciai anche io, seguendo i suoi movimenti.
Non
credevo sapesse suonare il piano, ma avrei dovuto immaginarlo
considerato il
suo amore smisurato per la musica.
Quando
la melodia finì, non osai sollevare lo sguardo, avevo
certamente gli occhi
gonfi ed arrossati per il pianto, ma non fu quello ad impedirmi di
guardare
Shu, piuttosto il ricordo di ciò che era accaduto fra noi
qualche ora prima, e
la consapevolezza che Raito era ancora troppo presente nei miei
pensieri.
Non
avrei potuto ricominciare con nessun’altro.
E
non avrei mai smesso di domandarmi come sarebbe potuta andare, quando
lui aveva
finalmente capito di amarmi.
Scoppiai
a piangere, incurante che Shu fosse ancora al mio fianco.
Inaspettatamente,
un suo braccio avvolse le mie spalle e mi tirò a
sé.
Chiusi
gli occhi e mi accoccolai al suo petto.
Aveva
un buon profumo.
Mi
circondò anche con l’altro braccio, tenendomi
ancor più stretta.
Piansi
a lungo, tanto che la camicia del vampiro, su cui ero poggiata, si fece
umida a
causa delle lacrime che scendevano senza tregua.
“Ho
paura…”, mormorai con voce roca.
“Ho
paura di questi poteri che non posso controllare.”
Sentii
la mano del vampiro accarezzarmi i capelli.
“Ho
paura di non superare mai la morte di Raito.”
Il
silenzio aleggiò per qualche secondo, interrotto solo dai
miei singhiozzi.
“Lo
so. –, proferì Shu. – Ma non sei da
sola.”
Finalmente
alzai gli occhi umidi verso il vampiro.
“Sei
stata coraggiosa finora. Sin da quando hai messo piede in questa
villa.”
Avrei
voluto replicare che non ero affatto coraggiosa, ma Shu non me ne diede
il
tempo e continuò a parlare.
“Hai
tenuto testa a noi, ai Mukami, ai Cacciatori e a Karl Heinz
stesso.”
Non
aveva tutti i torti.
“Va
bene avere paura.”
Shu
smise di accarezzarmi i capelli e mi fissò dritto negli
occhi.
“Anche
esseri immortali come noi vampiri hanno paura. Io
ho paura.”
Aggrottai
le sopracciglia: credevo che Shu non avesse alcun tipo di emozione.
Trascorreva
la maggior parte del tempo a sonnecchiare, sembrava che nulla potesse
scalfirlo, mentre ora veniva a confessarmi di aver paura.
Stentavo
a crederci, eppure era fin troppo serio per mentire su una cosa del
genere; oltretutto,
sapevo che non mi avrebbe più raccontato bugie.
Era
il nostro tacito accordo.
“Di
cosa hai paura?”, domandai.
Dovevo
sapere, scoprire una sua debolezza mi avrebbe aiutata a riacquistare
coraggio.
Shu
continuò a guardarmi, in un modo che mi fece arrossire
inspiegabilmente.
“Io…”
“Si?”,
lo incitai.
“Io
ho paura di…”
“Di
cosa?”, lo spronai, ma con un tono flebile, il viso del
vampiro era sempre più
vicino.
“Mitsuko!”
Qualcuno
chiamò il mio nome dal piano di sotto.
Avrei
voluto ignorare quella voce perché la mia testa
impiegò qualche secondo per
associarla alla voce di Takeshi.
“Devi
andare.”, fu Shu a scuotermi da quella sorta di trance in cui
ero caduta.
Annuii
e sciolsi il nostro abbraccio.
Mi
pulii le guance umide con il dorso della mano e gettai
un’ultima occhiata a
Shu, prima di avviarmi giù per le scale.
Non
potei sentire la sua voce che mormorava: “Ho paura di
perderti.”
*
PICCOLA NOTA: Non so in quali condizioni i vampiri riescano
effettivamente a
teletrasportarsi da un posto all’altro, ma nella mia storia
ho deciso che gli è
impossibile se legati da catene di metallo e veleni specifici che
indeboliscono
i loro poteri.
(Come
quello che Reiji ha rifilato alla Dama quand’era stata
catturata).
Aggiungo
che non possono smaterializzarsi in punti troppo lontani o luoghi che
non
conoscono, ecco perché Reiji e Shu son dovuti ricorrere alla
limousine per
raggiungere la casa di Karl Heinz.
ANGOLO
AUTRICE
So
di aver promesso un aggiornamento
immediato ma sono stata davvero super impegnata, mi scuso lo stesso
perché
voglio continuare (e concludere) al più presto questa
fanfiction, non perché mi
sia stancata delle loro vicende, anzi, al pensiero che presto
concluderemo
questa storia mi viene un’immensa malinconia, tuttavia
è giusto che le loro
avventure giungano a un termine.
Prometto
di aggiornare presto, a presto,
Nephy_
|
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Capitolo 27 *** Capitolo 27 - Getting ready for the Battle - ***
Capitolo
27 - Getting
ready for the Battle -
Con
orrore riuscii a intravedere Takeshi sul divano: aveva diversi lividi
in viso e
la tuta da Cacciatore semi-strappata.
“Papà!”,
urlai, andandogli incontro.
Lui
fece per mettersi in piedi, ma digrignò i denti nel farlo.
Reiji
sbucò dal suo studio con un bicchiere, conteneva un liquido
scuro.
“Che
gli è successo?”, domandai in preda al panico.
Mi
accovacciai al suo fianco e gli presi la mano.
“I
Cacciatori. Sanno dei tuoi poteri, Lee ha origliato la conversazione
che ho
avuto con i tuoi amici.”
Reiji
porse la bevanda a Takeshi.
“Ti
aiuterà con le ferite.”, spiegò.
L’uomo
sorseggiò quel miscuglio, non senza aver fatto qualche
smorfia.
Vedere
Takeshi ridotto in quello stato mi fece infuriare, quel Lee non aveva
ancora imparato
la lezione, dopo l’ultima volta.
In
quel momento fui grata di avere dei poteri, li avrei usati per fare a
pezzi
quel bastardo.
“Mi
hanno torturato per ottenere altre informazioni, ma sono riuscito a
fuggire.”,
aggiunse Takeshi, tossendo violentemente.
Strinsi
la sua mano, preoccupata.
“Verranno
di nuovo, più numerosi, non riuscirete a contrastarli
stavolta.”
Il
mio sguardo si fece più duro.
“E
invece ci riusciremo.”, annunciai con decisione.
Takeshi
non aveva idea di cosa fossi in grado di fare, né conosceva
la vera identità
del mio padre biologico: anche Carla aveva delle capacità
sovrannaturali che
avrebbero contribuito a sconfiggere i Cacciatori.
Una
volta per tutte.
“Non
so quali siano i tuoi poteri, ma non permetterò che mia
figlia rischi la propria
vita.”, sussurrò Takeshi, ormai allo stremo delle
forze.
“E
che dovrei fare? – sbottai irata, lasciando la sua mano, -
dovrei lasciare che
vengano ad ucciderci e guardare inerme? No, non di nuovo.”
Sentii
lo sguardo di Reiji addosso, doveva essere sorpreso da tanta audacia.
“Potresti
scappare-”
“Non
lascerò i Mukami e i Sakamaki.”, lo interruppi.
“E
allora dovreste scappare tutti!”
“Non
fuggirò.”
“Dannata
cocciutaggine.”, sbraitò Takeshi.
Mi
chinai su di lui e presi nuovamente la sua mano.
“Non
ci lasceranno mai in pace, è l’unico
modo.”
“Potremmo
provare a parlare con il Cardinale.”, propose Reiji.
Lo
osservai incuriosita.
“Il
Cardinale Williams non ci darà ascolto.”,
controbatté Takeshi.
“Scusate,
chi sarebbe?”
“Colui
che è a capo dei Cacciatori presenti qui in Giappone.
–, dichiarò mio padre, –
ma Lee lo avrà già informato riguardo Mitsuko, lo
avrà convinto che è un
pericolo.”
“E
se riuscissimo a dimostrare che non è una
minaccia?”, domandò qualcuno alle
nostre spalle, riconobbi immediatamente la voce di Ruki.
“E
come pensi di fare?”, volle sapere Reiji, evidentemente
scettico.
“Quando
Karl Heinz ci parlava della leggenda di Adamo ed Eva, faceva
riferimento ad un
libro antichissimo –, iniziò a raccontare il
Mukami, – sono sicuro che lì ci
sia scritto tutto ciò che dobbiamo sapere sulla leggenda e
sui poteri di
Mitsuko.”
Mentre
parlava, mi resi conto che non guardava nella mia direzione.
“E
perché non l’hai detto subito?”,
domandò il maggiore dei Sakamaki.
“Perché
quel libro si trova nel suo ufficio nel Palazzo Nazionale della
Dieta.*”
“Quindi
dovremmo infilarci nel parlamento?”, domandai.
Ruki
si decise a guardarmi ed annuì.
“È
fuori discussione. –, sentenziò Reiji,
controllando le ferite di Takeshi. – È sorvegliato
dalle sue guardie.”
Ci
riflettei su per qualche istante.
“Forse
vale la pena tentare.”
Non
desideravo ci fossero altri spargimenti di sangue, non avrei potuto
sopportare
di perdere qualcun altro.
In
più, avevo i miei poteri per affrontare le guardie di Karl
Heinz.
“Ma
dobbiamo essere pronti, se non dovessimo convincere il
Cardinale.”, annunciai,
rivolgendomi a Reiji.
“Stavolta
non ci troveranno impreparati.”, mi rassicurò.
“Mitsuko
è troppo pericoloso, quando inizierai a pensare alla tua
incolumità?”, mi
rimproverò Takeshi.
Gli
depositai un bacio sulla fronte.
“Non
temere, posso badare a me stessa.”
“L’accompagnerò
io.”, si intromise Ruki.
Gli
rivolsi un sorriso riconoscente, ma il vampiro rimase impassibile.
Come
biasimarlo.
“Fallo
riposare. –, ordinai a Reiji – e avvisa gli
altri.”
La
situazione doveva essere proprio grave, perché il maggiore
dei Sakamaki
acconsentì senza troppe storie.
***
Reiji
aveva portato Takeshi nella stanza di Mitsuko, per guarire aveva
bisogno di
riposo e, nonostante qualche lamentela, alla fine il Cacciatore aveva
dovuto
obbedire.
Una
volta da solo nel salotto, Reiji aveva chiesto a George, il
maggiordomo, di
chiamare a raccolta Sakamaki e Mukami presenti nella villa.
Successivamente
aveva preso il suo cellulare e, dopo aver fissato per qualche istante
lo
schermo, si era deciso a comporre un numero.
“Edith,
ho bisogno del tuo aiuto.”
***
Ayato
aveva mangiato una quantità indefinita di pancakes, ma aveva
avuto il buon
senso di pagare per sé e per Yuki.
Dopodiché
i due avevano deciso di fare una passeggiata nel parco.
George
comparve all’improvviso, causando un piccolo infarto a Yuki.
“Signorino,
Reiji richiede la sua presenza.”
Il
rosso sbuffò scocciato.
“Che
vuole adesso?”
“Riguarda
la signorina Mitsuko.”
Sentendo
citare la sua amica, Yuki sgranò gli occhi.
“Ci
sono novità? L’avete trovata?”
Il
vampiro dai capelli rossi si grattò la nuca goffamente.
“Veramente
Mitsuko era già tornata a casa da un
po’.”
“E perché non l’hai detto
subito?”
“Uhm…
mi è sfuggito.”
Il
maggiordomo osservò la scena con un’espressione
impassibile ma, sotto sotto,
era quasi divertito: vedere una semplice umana rimbrottare Ayato
Sakamaki lo
stupiva.
“Ti
spiegherò dopo.”, tagliò corto Ayato.
“Vengo
con te, voglio vederla! Devo parlare con lei.”
Il
vampiro scosse il capo, con l’intenzione di rifiutare la
richiesta, ma
guardando gli occhi dolci, e al contempo decisi, di Yuki, non seppe
rifiutare.
E
così tutti e tre si avviarono alla limousine.
***
“Grazie
Edith, conto su di te.”, concluse Reiji, chiudendo la
chiamata.
Non
ebbe bisogno di voltarsi per sapere che suo fratello era steso sul
divano alle
sue spalle.
“Dov’è
Mitsuko?”, domandò Shu.
L’altro
si schiarì la voce, conscio che il fratello non avrebbe
gradito la risposta.
“Dov’è?”,
ripeté il biondo.
Un
fruscio indicò a Reiji che il biondo era in piedi e
più vicino.
Si
decise a voltarsi.
“Lei
e Ruki hanno deciso di fare un salto nell’ufficio di Tougo
Sakamaki.”
Shu
strinse le mani in un pugno, ma prima che potesse parlare, qualcuno lo
precedette.
“Che
diavolo è andata a fare lì? –,
ruggì Subaru, seguito da Azusa. – Come hai
potuto lasciarla andare?”
Un
pugno contro il muro.
Reiji
si massaggiò le tempie.
“Come
sai, nessuno può fermare Mitsuko quando si mette
un’idea in testa.”
“È
vero. –, si sentì in dovere di aggiungere Kou,
appena giunto nel salone assieme
a Yuma. – Sappiamo bene quanto la nostra m-neko-chan
sia testarda.”
“Perché
è andata lì?”, volle sapere Shu.
Ma
Reiji aspettò l’arrivo di Ayato prima di spiegare
ogni cosa.
Si
sorprese nel vedere l’umana dai capelli biondi al suo fianco.
“Che
c’è?”, domandò Ayato, notando
i volti incuriositi che si alternavano tra lui e
Yuki.
“Ho
chiesto io di venire. –, dichiarò Yuki, un
po’ intimorita da quegli sguardi
curiosi. – Voglio sapere che sta succedendo alla mia migliore
amica.”
Reiji
sospirò, quella casa, ormai, era un via vai di gente.
“E
sia. – cominciò a dire, – Ruki sostiene
che esista un libro antico, dove è
spiegata ogni cosa: la leggenda di Adamo ed Eva, la creazione della
nuova
razza, l’origine dei poteri di Mitsuko e tutto il resto. Se
riuscissero a
portarlo al cardinale Williams, i Cacciatori capirebbero che lei non
è una
minaccia, e non manderebbero un esercito a ucciderci.”
“Fammi
indovinare –, lo interruppe Kou, – un esercito di
Cacciatori sta venendo qui
perché sanno dei poteri di Mitsuko.”
Reiji
annuì.
“Lee
ha origliato la vostra conversazione –, annunciò,
rivolgendosi a Subaru. –
Takeshi è di sopra, l’hanno torturato per
estorcere informazioni.”
Yuki
si portò una mano sulla bocca, sconcertata da quelle notizie.
Aveva
appreso che Mitsuko aveva dei poteri, che la Chiesa stava cercando di
ucciderla
per questo e il suo padre adottivo era stato torturato.
Sentiva
il cuore pompare velocemente nel petto, troppe cose da reggere in un
giorno
solo, si domandò come Mitsuko riuscisse a gestire tutto
senza impazzire.
Ayato
notò il pallore sul viso della biondina e le fu accanto.
“Sarà
meglio portarti a casa.”
Ma
Yuki scosse il capo.
“Non
abbandonerò la mia amica, io resto qui.”
La
bocca del vampiro dai capelli rossi minacciò di spalancarsi,
Yuki non era così fragile
come pensava.
Ai
due si avvicinò il maggiore dei Sakamaki.
“Mitsuko
non vorrebbe che rischiassi la tua vita, non ha bisogno di perdere
qualcun
altro.”
“Le
starò accanto, ma non mi perderà.”
“Ci
penserò io a tenerla al sicuro.”,
affermò Ayato, lasciando sia Yuki che Shu di
stucco.
“E
ora preparatevi, se Mitsuko e Ruki dovessero fallire, ci attende una
battaglia.”, esclamò Reiji, richiamando a
sé l’attenzione di tutti.
“Spero
tu abbia un piano B. –, commentò Yuma. –
Ho la sensazione che saranno guai seri
stavolta.”
Le
labbra di Reiji si arricciarono in un piccolo sorriso.
“Ovviamente
ho già messo a punto un piano B.”
*Palazzo Nazionale della Dieta: sede del
paramento Giapponese, si trova a Tokyo, precisamente nel quartiere di Nagatacho.
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Capitolo 28 *** Capitolo 28 - The Ancient Book - ***
Capitolo
28 - The
Ancient Book -
Io
e Ruki non ci eravamo scambiati una parola, mentre raggiungevamo Nagatacho.
Solo
quando ci trovammo di fronte l’imponente palazzo, il vampiro
si decise a
parlare.
“Non
dovrebbe esserci nessuno, è già sera e i
parlamentari dovrebbero essere andati
via. Ma potremmo imbatterci in qualche guardia o, peggio, qualche
Ghoul.”
Ricordai
con una smorfia quegli esseri che mi avevano attaccata, dopo
l’incontro con
Karl Heinz, doveva trattarsi di loro.
“Seguimi
senza fare rumore e tieni gli occhi aperti.”
Annuii,
deglutendo a fatica.
Sapevo
di avere dei poteri straordinari, ma sapevo anche che, delle volte, non
funzionavano come avrei voluto.
Cercai
di calmarmi, mentre percorrevamo il viale che conduceva
all’ingresso del palazzo,
costeggiato da arbusti curati e alberi dalle folte chiome.
Quella
sera la temperatura sembrava essere precipitata.
Nonostante
settembre fosse appena giunto, il clima freddo annunciava
l’arrivo precoce
dell’autunno.
O
forse era solo la paura a giocarmi brutti scherzi.
Superammo
le alte colonne e, inaspettatamente, Ruki mi avvolse con le sue braccia.
“Adesso
ci materializzeremo all’interno.”
“D’accordo.”
“Poi
cercheremo la sua stanza.”
E
così ci ritrovammo all’interno del palazzo, dove
regnava il buio.
“Non
vedo niente.”, sussurrai.
Sentii
un respiro caldo vicino l’orecchio.
“Tienimi
la mano, ti condurrò io.”, mormorò Ruki.
Sentii
le sue dita intrecciarsi alle mie e sobbalzai appena, prima di seguirlo
nell’oscurità.
Evidentemente
i vampiri dovevano essere dotati anche di una vista ad infrarossi o
qualcosa di
simile.
Di
colpo venni strattonata verso sinistra.
“Ruki
ma che-”
La
sua mano mi tappò la bocca e riuscii a scorgere una luce in
fondo al salone,
doveva trattarsi di un guardiano notturno: attraversò un
corridoio,
controllando le stanze con la sua torcia, e man mano si fece sempre
più
lontano, fino a sparire.
Io
e Ruki riprendemmo a muoverci silenziosamente.
Avvertii
il cigolio di una porta, poi il vampiro scoccò la lingua.
“Non
è questo.”
Ci
spostammo alla stanza successiva, ma capii che non era neanche quella,
poiché
Ruki mi trascinò nuovamente fuori.
“Eppure
sono questi gli uffici dei Consiglieri.”
Alla
sesta porta, quando avevo quasi perso le speranze, Ruki mi
strattonò
all’interno e chiuse a chiave la porta dietro di noi.
Poi
accese la luce.
“È
questo.”, mi comunicò.
Gettai
un’occhiata all’ufficio, non era grande e pomposo
come me lo sarei aspettato,
ma piuttosto piccolo.
Tuttavia,
una libreria considerevole si ergeva lungo tutta la stanza.
Delle
ante di vetro sigillavano gli scaffali.
“Dovremmo
cercare la chiave per aprirla.”, annunciai, mentre mi mettevo
a frugare
nell’unica scrivania presente nella stanza.
Il
suono del vetro in frantumi mi fece sussultare.
La
mano di Ruki sanguinava, ma lui sembrò non farci caso,
mentre frugava tra i
libri.
Mi
avvicinai a lui, osservando la mano ricolma di tagli e schegge.
“Sei impazzito?”
“Non
abbiamo tempo per cercare la chiave.”, disse semplicemente.
“Com’è
fatto questo libro?”
“Ha
una rilegatura verde smeraldo in pelle, è pesante.”
Lo
aiutai nella ricerca, ma non riuscimmo a trovare il libro che ci
serviva.
Così
Ruki dovette rompere il vetro successivo.
Notai
una smorfia di dolore sul suo viso, seppur fugace, e pensai che stava
facendo
tutto questo per aiutarmi.
Mi
sentii terribilmente in colpa, io non meritavo il suo aiuto, credevo di
avergli
spezzato il cuore e che non mi avrebbe più rivolto la
parola.
Invece
stava facendo di tutto pur di proteggermi.
Rimasi
a contemplare un punto impreciso della libreria, consumata dal senso di
colpa,
ma in quel modo notai che uno scaffale aveva una forma differente
rispetto agli
altri.
“Apri
questa vetrina.”
Ruki
mi osservò dubbioso.
“Fallo
per favore.”
L’ennesimo
vetro finì in frantumi.
“Appena
torneremo a casa devi farti medicare.”, annunciai, prima di
gettare a terra
tutti i libri presenti nello scaffale e tastare il fondo.
Trascorsero
svariati secondi e mi dissi di aver visto troppi film di spionaggio, ma
poi
toccai una piccola incavatura nel legno.
Ci
infilai il dito e riuscii a sollevare lo scaffale.
“Un
doppio fondo.”, constatò Ruki, colpito.
Nascosi
il mio volto soddisfatto.
E
così estrassi un libro dalla rilegatura verde, proprio come
lo aveva descritto
Ruki.
Aprii
la prima pagina, vi era disegnato un albero, con delle mele appese ai
suoi rami.
Sotto
vi era scritto “Adamo ed Eva.”
Non
ebbi il tempo di proseguire la lettura, poiché la porta si
spalancò di colpo.
Il
guardiano notturno ci puntò la torcia contro.
Provai
a pensare ad una scusa plausibile, per giustificare la nostra presenza,
ma Ruki
si parò davanti a me, mentre il guardiano mutava aspetto e
diveniva un Ghoul.
Si
scagliò su di noi e Ruki mi spinse indietro, facendomi
sbattere contro la
libreria.
Cercò
di tenere a bada il Ghoul con un calcio ben assestato che lo
spedì a qualche metro
di distanza, ma altre due creature giunsero nella stanza e si
avventarono sul
Mukami.
Lui
riuscì ad afferrarne uno per la gola, ma l’altro
affondò i canini lunghi e
affilati nel suo addome, strappandogli un gemito di dolore.
Seppi
che dovevo far qualcosa.
Ma
ovviamente i miei poteri avevano deciso di fare cilecca proprio in quel
momento.
Inspirai
a fondo, non potevo lasciare che facessero del male a Ruki, non lo
avrei
permesso.
Sollevai
le mani e le mie fidate liane si mossero sul pavimento, strisciarono
verso i
Ghoul, afferrando le loro caviglie.
Portai
le braccia in alto e le liane trascinarono le due creature in direzioni
opposte, facendole cozzare contro il muro.
Intrappolai
lì i due Ghoul, altre liane si strinsero intorno ad essi,
che tentavano invano
di liberarsi.
Mi
rivolsi a Ruki, mezzo rannicchiato sul pavimento e ricoperto di sangue.
“Forza,
dobbiamo andare.”
Mi
portai il suo braccio intorno alle spalle, e lo aiutai a rimettersi in
piedi,
cosa che gli costò fatica.
Recuperai
il libro e ci avviammo fuori dalla stanza, mentre i due Ghoul appesi al
muro
sembravano morti, tuttavia non indagai oltre.
Il
terzo giaceva ancora sul pavimento, nel punto in cui lo aveva spedito
Ruki con
un calcio.
Gli
girammo attorno, ma all’improvviso si riscosse, afferrandomi
per una caviglia.
Strattonai
il piede con una forza tale da liberarmi dalla presa.
Ma
il Ghoul era di nuovo in piedi.
“Tieniti
forte.”, ordinò Ruki.
Il
pavimento si sciolse sotto i nostri piedi, seppi che ci eravamo
teletrasportati.
***
Quando
aprii gli occhi, avvertii qualcosa di morbido solleticarmi la guancia.
Distesi
le dita e capii si trattava di fili d’erba.
Un
brusio di voci mi riscosse, mi sentii sollevare di peso e riconobbi le
braccia
che mi avevano soccorso.
“Subaru?”
Ricevetti
un grugnito in risposta, il che confermò i miei sospetti.
Poi
spalancai gli occhi, muovendomi irrequieta fra le braccia del vampiro.
“Dov’è
Ruki?”
L’ultima
volta che l’avevo visto era sporco di sangue e indebolito.
E
teletrasportarci doveva averlo sfiancato.
“Se
ne sta occupando Yuma.”, mi spiegò Subaru, senza
riuscire a controllare il suo
tono inasprito.
Avrebbe
dovuto immaginare la mia preoccupazione, mi sarei comportata allo
stesso modo
con qualsiasi altro vampiro a me caro.
Una
mano sfiorò delicatamente la mia.
Ruotai
il capo a destra, meravigliandomi nell’incontrare il viso di
Yuki.
“Come
stai?”, domandò con un tono apprensivo.
“Che
ci fai qui?”
Lei
mi accarezzò il dorso della mano.
“Sono
qui per starti accanto.”
Gli
occhi mi si riempirono di lacrime, mentre entravamo nella villa.
Subaru
mi adagiò sul divano e Yuki prese posto al mio fianco.
“Sto
bene, grazie.”, mormorai.
Notai
Ayato in un angolo della stanza, osservava Yuki con uno sguardo diverso, questo stava a significare che
qualcosa era cambiato tra loro.
“Il
libro! Lo tenevo stretto fra le mani,
dov’è?”, esclamai.
Neanche
conclusi la frase che qualcuno me lo porse.
Kou
era poggiato sullo schienale del divano.
“Dovresti
leggerlo per bene.”
Mi
misi a sedere e rigirai il libro fra le mani, non ero sicura di voler
conoscere
il suo contenuto, ma dovevo.
“Dove
sono gli altri?”, domandai.
Kou
mi spiegò che Yuma si stava prendendo cura di Ruki, e
certamente Azusa era con
loro, mentre Reiji e Shu stavano mettendo a punto un piano per
fronteggiare i
Cacciatori.
Reiji
sembrava essersi rivolto ad una certa Edith, una Predatrice come la
Dama, ma
dalla nostra parte.
Dunque
mi restava solo una cosa da fare: conoscere la verità.
Così
iniziai a leggere.
Le
prime pagine trattavano della leggenda di Adamo ed Eva, anche il libro
confermava che i due fossero vampiri originariamente, ma Eva, dopo aver
mangiato la mela, venne punita e trasformata in un’umana.
Parlava
anche del Mondo dei Demoni, creato dai Primi Fondatori della razza
demoniaca, dove
convivevano tutte le creature sovrannaturali: lupi mannari, vampiri,
vibora e
ghoul.
Un
mondo parallelo, al quale solo il Re dei Demoni può
accedervi e solo lui decide
chi può entrarvi o uscirne.
Quindi
Carla Tsukinami non aveva mentito sull’essere stato
imprigionato lì da Karl
Heinz.
Nonostante
questo, aveva trovato un modo per fuggire.
Continuai
a sfogliare le pagine avidamente, sotto l’occhio attento dei
presenti.
E
finalmente lessi: “La nuova Razza.”
Il
libro spiegava che, se mai una discendente di Eva avesse trovato il suo
Adamo,
la maledizione iniziale sarebbe stata annullata: lei avrebbe acquisito
alcune
caratteristiche del suo Adamo, come forza, resistenza, o una veloce
guarigione,
mentre lui sarebbe divenuto un essere umano, come la sua Eva.
Questo
passaggio mi lasciò di stucco: Carla Tsukinami non mi
sembrava affatto un
essere umano.
Tuttavia
avrei risolto in seguito la questione, al momento dovevo concentrarmi
su ciò
che stavo apprendendo dal libro, il quale faceva riferimento anche alla
mia
condizione.
Spiegava
che l’unione di Adamo ed Eva avrebbe dato alla luce una nuova
razza, una razza
superiore perfino a quella dei Primi Fondatori, poiché la
progenie avrebbe
posseduto la loro forza e invulnerabilità, ma anche dei
poteri aggiuntivi,
legati ai quattro elementi.
Terra,
acqua, aria e fuoco.
Probabilmente
il mio potere era legato alla terra.
Una
piccola nota, però, specificava che Adamo ed Eva avrebbero
dovuto amarsi in
egual modo.
Altrimenti
l’Adamo in questione non sarebbe divenuto un umano ed Eva non
avrebbe dato vita
ad una nuova razza.
Chiusi
per un momento il libro, in balia delle informazioni acquisite, avevo
un
groviglio di pensieri nella testa, un groviglio che più
tentavo di sbrogliare,
più questo diveniva caotico.
“Che
succede Mitsuko, cos’hai letto?”,
domandò Yuki, doveva aver notato la mia
espressione crucciata.
Poi
un’esplosione.
Kou
ed Ayato si materializzarono accanto alle finestre: non ebbi il tempo
di
chiedere cosa fosse stato, che il vampiro dai capelli rossi aveva
già afferrato
Yuki per le spalle.
“La
porterò nella tua stanza, da Yoshida.”
Non
attese una risposta, li vidi scomparire in un secondo.
“Che
sta succedendo?”
Kou
manteneva un’espressione rilassata, ma seppi che qualcosa lo
turbava.
“I
Cacciatori sono qui fuori, hanno buttato giù il cancello e
stanno entrando.”
In
un lampo nel salone comparvero Shu e Reiji.
“Vai
in un posto sicuro.”, mi ordinò il vampiro con gli
occhiali.
“Non
ci penso nemmeno.”, rimbeccai.
“Sai
che rischi la vita rimanendo qui.”, mi rimbrottò
Subaru, comparso assieme ad
Ayato.
“Qui
sei d’intralcio, tavoletta.”
Dal
palmo della mia mano si modellò un filo d’erba che
divenne sempre più lungo e
dall’aspetto affilato, come fosse un pugnale, questa era una
novità anche per
me.
“Non
vado da nessuna parte.”
Qualcuno
mi diede un paio di buffetti sulla testa.
“Sei
proprio testarda.”, esclamò Yuma.
Durante
l’ultima battaglia mi ero tirata indietro, poiché
troppo vulnerabile, ma
stavolta non sarei rimasta a guardare.
“Dov’è
Azusa?”
“Starà
con Ruki, non si è ancora rimesso completamente.”
“E
Kanato?”, in effetti non vedevo da tempo il vampiro con
l’orsacchiotto.
“Io
e Teddy siamo qui.”
Come
se mi avesse sentito pronunciare il suo nome, Kanato era comparso alle
mie
spalle.
“E
faremo a pezzi chi proverà a farti del male.”
Un
largo sorriso mi comparve sul volto, dunque avevamo ristabilito una
tregua.
Mi
scambiai un’occhiata con i presenti, stringendo con forza il
pugnale che avevo
creato.
“Allora
andiamo a fargli il culo.”
PICCOLE
NOTE: Nelle ricerche sono riuscita a trovare solo un’immagine
dell’esterno del
palazzo nazionale, quindi la descrizione dell’interno
dell’edificio è un po’
improvvisato (motivo per il quale Ruki e Mitsuko si muovono al buio).
ANGOLO
AUTRICE:
So
di aver pubblicato solo ieri, ma anziché
fare promesse e non riuscire a mantenerle, ho pensato di provare a
pubblicare
direttamente e per fortuna sono riuscita a sfornare questo capitolo,
spero
quindi di farmi perdonare, almeno un pochino.
Fatemi
sapere cosa ne pensate, un grazie a tutti coloro che stanno seguendo la
storia.
Un
abbraccio, Nephy_
|
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Capitolo 29 *** Capitolo 29 - The Final Battle - ***
Capitolo
29 - The Final Battle -
Una
volta usciti all’esterno, mi resi conto che eravamo
decisamente in svantaggio
numerico.
Stavolta
vi erano dozzine e dozzine di Cacciatori, non seppi definire il numero
preciso,
le loro tute nere si confondevano bene
nell’oscurità.
Erano
armati fino ai denti e a guidarli ovviamente c’era Lee.
Ciò
che mi sorprese, fu intravedere al suo fianco un uomo anziano, vestito
con un
abbigliamento molto caratteristico: intuii si trattasse del Cardinale
Williams,
ma seppi che Lee non ci avrebbe lasciato avvicinare a lui.
Non
ci fu alcun discorso: qualcuno urlò
“attaccate” e la prima dozzina di
Cacciatori iniziò a correre nella nostra direzione, alcuni
scoccarono frecce e
altri colpi di pistola.
Avendo
anche io dei riflessi più scattanti, riuscii ad evitare
frecce e pallottole,
mentre sul terreno crescevano liane pronte ad afferrare i Cacciatori,
ma altri
guerrieri si aggiunsero: erano troppi per poterli catturare in un solo
colpo.
Sakamaki
e Mukami erano già in posizione d’attacco.
“Ehi!”,
una voce femminile distrasse tutti.
Una
giovane donna, dalla chioma corvina, si era materializzata a qualche
metro di
distanza dalla villa, indossava un paio di pantaloni attillati, rosso
fuoco
come i suoi occhi.
“Possiamo
unirci alla festa?”, domandò e, al suo fianco,
comparve un gruppo di quelli che
sembravano essere vampiri.
“Sono
dalla nostra parte, vero?”, chiesi.
Shu
mi lanciò un’occhiata.
“È
la fidanzata di Reiji.”
Il
fratello si massaggiò il dorso del naso: “Non
è la mia fidanzata.”
Probabilmente
si trattava di quella Predatrice di cui avevano parlato, Edith, e
fortunatamente
aveva portato i rinforzi.
Lei
e i suoi compagni si avventarono su alcuni Cacciatori e, spronati da
quel
piccolo vantaggio guadagnato, Sakamaki e Mukami fecero lo stesso.
Ma
sapevo che non avremmo potuto vincere la battaglia senza qualche
perdita, i Cacciatori
erano troppo numerosi.
Mentre
mi occupavo di metterne qualcuno al tappeto, inchiodandoli con i mei
rami, uno
spintone mi fece perdere l’equilibrio e cadere: non ebbi il
tempo di alzare lo
sguardo che la punta di uno stivale si ficcò nel mio stomaco.
Una
violenta tosse mi fece vibrare il petto.
“È
la tua fine lurida ragazzina.”
Riconobbi
la voce del signor Lee e tentai di infilzarlo con il pugnale che avevo
in mano,
ma lui mi schiacciò il polso con un piede, facendomi gemere
di dolore.
Mi
puntò una pistola contro.
Poi
una mano gli trapassò l’addome.
Lee
abbassò lo sguardo, rendendosi conto dello squarcio che
aveva nello stomaco,
dal quale colava molto sangue.
Il
mio “salvatore” si rivelò essere Carla
Tsukinami, che estrasse la mano dal corpo
esanime del Cacciatore e me la porse.
“Sembra
che il nostro allenamento sia stato vano.”
Rifiutai
la sua mano insanguinata con una smorfia di disgusto e mi tirai su a
fatica.
Fortunatamente
impiegavo meno tempo a risanare ferite e lividi.
“Sto
facendo del mio meglio –, replicai piccata, – e
poi, con il tuo aiuto li
sconfiggeremo.”
Carla
mi osservò impassibile.
“Non
vi aiuterò. Mi interessa solo che tu rimanga in
vita.”
Le
sue parole mi ferirono.
Quindi
era proprio come Karl Heinz: non gli importava di me, ero solo una
pedina per
sconfiggere il suo rivale.
Mi avrebbe usata, proprio come aveva usato la mamma.
“Allora
puoi andartene, perché io resterò qui e
combatterò al fianco della mia
famiglia.”
“Loro
non sono la tua famiglia, l’unica vera famiglia che ti rimane
sono io.”
Strinsi
le mani in un pugno.
“Infatti
è colpa tua se la mamma non c’è
più. Hai preferito perseguire il tuo scopo, non
l’hai protetta!”
Trattenni
le lacrime mentre parlavo.
“L’hai
abbandonata e io non farò lo stesso. Tu non amavi Natsumi,
ma io amo tutti loro,
seppur in modo diverso. –, indicai i vampiri che lottavano
sparsi nel giardino.
– E non li abbandonerò.”
Carla
scoccò la lingua, prima di afferrarmi per un braccio.
Seppi
che ci saremmo smaterializzati e, con uno strattone, mi liberai della
presa,
lasciando il demone di stucco.
Mosse
dei passi verso di me, sicuramente deciso a trascinarmi via con la
forza, ma
gli puntai contro il coltello che avevo creato.
“Vattene.”
Notai
i suoi occhi adombrarsi, poi svanì nel nulla.
Cercai
di reprimere la delusione crescente, cosa potevo aspettarmi da un
demone privo
di sentimenti?
Controllai
la situazione circostante.
Yuma
stava aiutando Kou con tre Cacciatori, che lo avevano accerchiato;
Reiji e Shu
sembravano cavarsela egregiamente nel mettere al tappeto un cacciatore
dopo
l’altro.
Scorsi
anche quella Predatrice dai capelli blu scuro, si muoveva veloce e in
modo
aggraziato: un Cacciatore le si parò davanti e, con un
balzo, gli staccò la
testa.
Il mio
sguardo ricadde su Kanato, notai che
aveva appena pugnalato il petto di un Cacciatore, ma un altro lo aveva
puntato
con un fucile.
“Kanato!”,
urlai, correndo nella sua direzione.
Un
Subaru sbucato dal nulla deviò il colpo del Cacciatore,
strappandogli il fucile
di mano.
Poi
lo usò per colpirlo in testa, spedendolo a terra.
Kanato
mi rivolse uno strano sorriso, Subaru mi fece un cenno con la testa, ed
entrambi tornammo nella mischia.
Ma
non avremmo resistito a lungo, qualche compagno di Edith era
già stato
ammazzato, non potevo rischiare di perdere uno dei miei.
Il
Cardiale era protetto da una ventina di Cacciatori, ma era
l’unico che avrebbe
potuto mettere fine a questa lotta insensata.
Gli
corsi incontro, qualche guerriero tentò di braccarmi, ma li
schivai abilmente,
iniziavo a prendere dimestichezza con le mie nuove capacità.
Il
Cardinale Williams diede l’ordine e i Cacciatori che gli
facevano da guardia si
scagliarono su di me: mossi le mani a destra e sinistra, da esse si
sprigionarono numerosi aghi di legno appuntiti e si ficcarono sulle
gambe dei
Cacciatori.
Non
era mia intenzione ucciderli, ma dovevo pur rallentarli.
Li
intrappolai con gabbie resistenti.
E
mi trovai davanti il Cardinale Williams.
Estrasse
una spada dalla sua tunica, ma non gli diedi modo di muoversi, una
liana gliela
strappò di mano e gli bloccò i polsi.
“Mi
ascolti, non voglio che sia versato altro sangue.”
L’uomo
corrugò la fronte, evidentemente sorpreso.
“Non
ho alcuna intenzione di fare del male a lei o ai suoi uomini.”
“Eppure
avete ucciso i miei guerrieri, e tu possiedi doti che una ragazza umana
non
dovrebbe avere, discendente di Eva.”, la sua voce era calma e
profonda.
“Il
mio nome è Mitsuko e la mia unica colpa è stata
affezionarmi ai quei vampiri,
che stanno lottando per difendermi.”
Il
Cardinale Williams guardò oltre le mie spalle.
“Ho
dei poteri, è vero, ma non ho intenzione di assecondare il
volere di Karl Heinz.
Non voglio sottomettere il genere umano o nulla di simile. Voglio solo
pace per
noi e per i Sakamaki.”
L’uomo
mi scrutò attentamente e osservò i Cacciatori che
si dimenavano ai suoi piedi,
intrappolati nelle mie piante.
“Esiste
un libro che parla di Adamo ed Eva e di ciò che
sono.”
“Il
Libro Antico.”, esclamò il Cardinale.
Dunque
lo conosceva.
“Potrà
averlo e constatare lei stesso che non sono una minaccia, ho solo dei
poteri
che non ho intenzione di usare contro di voi.”
“E
contro chi allora?”
“Contro
coloro che mettono a rischio la mia famiglia.”
Per
cui Karl Heinz era incluso, ma non ritenni necessario specificarlo.
A
dimostrazione di ciò che avevo appena affermato, liberai il
Cardinale.
Si
massaggiò i polsi e continuò ad osservarmi.
“Sei
una ragazza singolare, Mitsuko Yoshida. Definisci i tuoi carnefici
come famiglia.”
I
suoi occhi si assottigliarono.
“Eppure,
loro ti rispettano, ti seguono e combattono per te.”
Quasi
mi commossi, quando constatai che le parole del Cardinale erano
un’assoluta
verità.
“Questo
è il patto. – Iniziò a dire
l’anziano, – ti occuperai di tenere a bada i
Sakamaki e i Mukami. Se li reputerò una minaccia per la
comunità, sarai tu a
risponderne.”
Allungai
una mano verso il Cardinale per sigillare il patto.
“E
mi darai il Libro Antico, così che venga custodito nella
Cattedrale, a cui
appartiene.”
Tenni
la mano sospesa a mezz’aria.
Avevo
già letto gran parte del suo contenuto, conoscevo
ciò che mi serviva sapere.
Williams
strinse la mia mano, poi si rivolse ai Cacciatori.
“Basta
così. Gettate le armi.”
Reiji
cercò il mio sguardo e, dopo un cenno da parte mia, lui e
gli altri smisero di combattere,
mentre i Cacciatori riposero le armi.
Tirai
un sospiro di sollievo, era finita.
Poi
una voce.
Una
voce maschile, divenuta per me ormai insopportabile.
“Ma
che scena commovente.”, esclamò Karl Heinz.
***
Il
padre dei Sakamaki sostava in piedi dinanzi a me, una decina di metri a
dividerci.
Il
Cardinale Williams lo scrutò con diffidenza.
“Signor
Sakamaki, le informazioni che ci ha dato si sono rivelate solo
parzialmente
veritiere.”
Il
vampiro dai capelli bianchi sorrise, scoprendo i suoi canini affilati.
“Dunque
la nostra Mitsuko ha davvero dei poteri.”
“Ma
non è pericolosa come affermava. Abbiamo stretto un accordo,
la sua presenza
non è necessaria qui.”, dichiarò il
Cardinale, venendo bellamente ignorato.
Gli
occhi ambrati del vampiro erano inchiodati sulla mia figura, mi
osservavano con
uno strano luccichio.
D’altronde,
io ero la personificazione dello scopo della sua esistenza.
Rappresentavo
la nuova razza.
“Si
sbaglia, Cardinale Williams, è la sua presenza a non essere
necessaria, qui. Io
sono venuto a prendere ciò che mi appartiene.”
Improvvisamente
Sakamaki e Mukami si materializzarono al mio fianco, lasciando Karl
Heinz
lievemente stupito.
Probabilmente
solo in quel momento comprendeva quanto i suoi figli, biologici o
adottati, tenessero a me.
“Sciocchi.
Non avete alcuna possibilità contro di me.”
E
così dicendo, alle spalle di Karl Heinz comparvero centinaia
di Ghoul, con le
zanne in bella mostra e terribili ghigni stampati in faccia.
Erano
perfino più numerosi dei Cacciatori.
“Cosa
potete voi, contro il mio esercito? –, ci
sbeffeggiò Karl Heinz, – siete soli.”
“Non
sono da soli.”, rimbeccò il Cardinale Williams.
Fece
un cenno con la mano e i Cacciatori si schierarono al nostro fianco.
Edith
e i suoi ci raggiunsero, Reiji le rivolse un’occhiata
riconoscente e lei
ricambiò con un sorriso.
Che
Shu avesse ragione sul definirla la fidanzata del fratello?
Avrei
indagato più tardi, ero certa che, unendo le forze, saremmo
riusciti a
sconfiggere Karl Heinz, anche se i suoi Ghoul erano sempre in
maggioranza,
rispetto a noi.
Un
ululato squarciò il silenzio.
Un
branco di lupi sbucò dal bosco, alla nostra sinistra,
capeggiato dalla Dama.
Riconobbi
uno dei lupi, quegli occhi dorati appartenevano ad un’unica
persona.
Carla
Tsukinami non mi aveva abbandonato.
Quella
consapevolezza mi diede la carica giusta per lottare ancora, con tutte
le mie
forze.
Karl
Heinz sembrava sinceramente sbalordito, non si aspettava di vedere
Carla
Tsukinami, lo credeva intrappolato nel mondo dei Demoni.
Poi
mi guardò di colpo, con gli occhi spalancati, capendo come
stessero
effettivamente le cose.
Doveva
aver intuito il nostro legame di parentela.
Puro
odio sfigurò il suo volto e perse tutta la compostezza che
lo
caratterizzava.
Il
suo “rivale” era riuscito nell’intento di
creare una nuova razza, mentre lui
non ne era stato in grado.
“È
ora di mettere fine alla sua tirannia!”, urlai, rivolgendomi
ai presenti.
“Karl
Heinz non manipolerà mai più nessuno di
noi.”
Pronunciai
questa frase per spronare i suoi figli.
“E
non sarà più un pericolo per la nostra
comunità.”
Il
Cardinale Williams assentì.
Guardai
il mio vero padre dritto negli occhi: “Gli sarà
strappato il titolo di Re,
poiché non gli appartiene.”
Carla
ululò in risposta.
E
così iniziò la battaglia decisiva.
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Capitolo 30 *** Capitolo 30 - Girl of Darkness - ***
Capitolo
30 - Girl of Darkness -
Yuki
aveva avuto modo di chiacchierare con il padre adottivo di Mitsuko.
Purtroppo
le sue ferite non erano completamente rimarginate e quindi aveva dovuto
insistere per farlo rimanere al letto, altrimenti si sarebbe lanciato
nella
battaglia, pur di aiutare sua figlia.
Era
evidente che ci tenesse a lei, ma in quelle condizioni avrebbe solo
rischiato
di perdere la vita e Mitsuko non glielo avrebbe mai perdonato.
Solo
così Takeshi Yoshida si era convinto a restare a letto,
nonostante le
esplosioni all’esterno.
Sfortunatamente,
la finestra della camera di Mitsuko affacciava sul retro della villa,
dove vi
era la serra con le rose, quindi Yuki non aveva la più
pallida idea di cosa
stesse accadendo lì fuori, ma sperò con tutta
sé stessa che nessuno dei suoi
amici finisse ferito, o peggio…
Il
solo pensiero le procurava un nodo in gola, che le impediva di
respirare.
Un
tonfo improvviso vicino la stanza la riscosse dai suoi pensieri:
Takeshi aveva
già impugnato la sua pistola.
“Nasconditi.”,
le ordinò l’uomo, mettendosi in piedi con un certo
sforzo.
Yuki
provò a contestare, ma lui non glielo permise e la
rassicurò che sarebbe andato
tutto bene.
Così
la ragazza scelse il bagno come nascondiglio più adeguato.
Takeshi
chiuse la porta e Yuki lo sentì allontanarsi.
Rimase
con l’orecchio poggiato sulla porta in legno, attenta a
captare qualsiasi
rumore.
Poi
un botto improvviso: distinse un lamento di Yoshida e degli spari.
Sussultò,
tenendosi una mano stretta sul petto, il terrore aveva preso il
controllo del
suo corpo e non riusciva a muovere un muscolo.
La
porta si spalancò e lei cacciò un urlo, ma
provò sollievo quando vide Takeshi.
Tuttavia, un nuovo taglio spiccava sul suo braccio.
“Sei
ferito.”
“Non
è niente. –, tagliò corto, –
ma qui non siamo più al sicuro.”
Così
Yuki seguì l’uomo fuori dalla stanza e si
imbatterono in qualcuno.
Takeshi
avrebbe nuovamente fatto fuoco, se Yuki non avesse riconosciuto il
volto di uno
dei Mukami.
“Ruki?”
L’uomo
abbassò l’arma, mentre il vampiro annuiva.
“È
troppo pericoloso qui.”, annunciò.
Anche
lui sembrava non avere una bella cera.
“Io
e Azusa vi accompagneremo nella nostra limousine, è
parcheggiata nel retro
della villa, vi porterà al sicuro.”
Un
altro ragazzo fece capolino dietro Ruki.
Yuki
non aveva mai incontrato l’ultimo membro dei Mukami, la prima
impressione che
ebbe di lui fu come trovarsi davanti ad un bambino indifeso e
malinconico, i
suoi occhi color lavanda sembravano così tristi.
“Io
resterò qui con Mitsuko.”, sentenziò
Takeshi.
Il
vampiro lo squadrò da capo a piedi.
“Non
sei nelle condizioni adatte per combattere.”
L’uomo
avrebbe voluto replicare, ma il succhiasangue
non aveva tutti i torti.
Così
tutti e quattro percorsero le scale, avviandosi nella serra con le
rose, per
raggiungere la limousine.
Ma
un gruppo di Ghoul ostacolò il loro cammino.
Ruki
si occupò di uno di loro, avventandosi sul suo collo per
staccarglielo, mentre
Takeshi sparò agli altri tre, e riuscì anche a
farne fuori uno.
Azusa
tentò di imitare il fratellastro, ma venne sbalzato a
qualche metro di
distanza.
Ruki
gli fu affianco in un lampo, prima che il Ghoul potesse portare a
termine ciò
che aveva iniziato, e lo bloccò per le braccia.
Takeshi
gli sparò un colpo dritto in testa.
Tuttavia,
entrambi avevano dimenticato la presenza del quarto Ghoul: Yuki era
stesa sul
pavimento e sanguinante, un liquido scarlatto le macchiava la
maglietta, l’essere
infernale aveva affondato i suoi artigli nel petto della ragazza, ma
qualcuno allontanò il Ghoul da lei e gli mozzò la
testa.
Yuki
stramazzò al suolo e Ayato l’afferrò
prima che toccasse il terreno, tenendola
stretta al suo petto.
“A-
Ayato…”, sussurrò lei.
Il
suo corpo tremava convulsamente.
Ruki
non aveva mai visto Ayato così spaventato.
Si
assicurò che Azusa stesse bene e fortunatamente era
così.
Quindi
gli ordinò di portare nella limousine Yoshida, conscio che
l’amica di Mitsuko
non aveva alcuna speranza di sopravvivere.
Takeshi,
che aveva precedentemente accettato di andar via senza troppe storie,
intuendo
che non erano solo i Cacciatori ad aver attaccato sua figlia, ma anche
quelle
creature infernali, si oppose alla stretta di Ruki e si
lanciò verso la
battaglia, ma il vampiro lo tramortì con un colpo sulla
nuca, spedendolo a
terra, privo di sensi.
Forse
Mitsuko non avrebbe approvato quel metodo per tenerlo buono, ma era
l’unico
modo per impedire che finisse ammazzato.
Azusa
sfruttò la sua forza sovrannaturale per caricarlo nella
limousine.
Ayato,
intanto, teneva Yuki fra le sue braccia, e poteva notare i suoi occhi
dolci
perdere lentamente vitalità.
“Biondina.
– Si sorprese del suo tono di voce, così flebile,
– ohi, non andartene. Non hai
il mio permesso.”
“Ho
paura Ayato… –. Yuki tossicchiò appena,
– non lasciarmi.”
“Non
ti lascio, ti proibisco di morire.”
Nonostante
fosse terrorizzata, Yuki sorrise dinanzi quell’imperioso
comando.
“Allora
non lo farò.”, rispose, ma chiuse comunque gli
occhi.
Ayato
la scosse per le spalle.
“Ohi.”
Ruki
si chinò al suo fianco.
“Non credo
che tu possa fare qualcosa per-”
Il
Mukami non poté concludere la frase, perché
l’altro lo spinse via.
“Fa’
silenzio! Sono io a decidere per lei.”
“Le persone non ti appartengono.”,
la
frase di Mitsuko gli tornò in mente ed Ayato
digrignò i denti, furibondo,
perché lei aveva sempre avuto ragione.
Yuki
non gli apparteneva, non poteva decidere della sua vita, e adesso era
costretto
a guardare inerme mentre si spegneva lentamente.
Ruki
scosse il capo, non aveva tempo da perdere con uno sciocco testardo,
doveva raggiungere
Mitsuko, e in fretta, poco importava se non aveva recuperato del tutto
le forze.
Lui
avrebbe combattuto al suo fianco.
Si
teletrasportò via.
“Ho
freddo…”
Ayato
rimase a cullare Yuki tra le sue braccia e, in un ultimo disperato
tentativo di
salvarla, si morse il braccio: il sangue iniziò a traboccare
dal suo polso.
Lo
spinse vicino le labbra schiuse della ragazza e lo fece colare nella
sua bocca.
Yuki
tossì nuovamente, stavolta per il sangue che stava
ingerendo, ma non ebbe
neppure la forza di chiedere spiegazioni, si limitò a
deglutire.
Poi
il suo capo ricadde mollemente sulla spalla di Ayato.
Il
vampiro dai capelli rossi la osservò speranzoso, ma non
ricevette alcun cenno
da parte sua.
Se
n’era andata.
***
Infilzavo
un Ghoul con una delle mie liane quando avvertii una strana sensazione.
Un
tremito del suolo, una folata di vento, come se il mio elemento stesse
cercando
di comunicarmi qualcosa.
Controllai
che non ci fosse alcun Ghoul nelle vicinanze, prima di inginocchiarmi e
posare
le mani sul terreno. Fu un gesto spontaneo.
Inspirai
a fondo e sentii la natura scorrere sulla punta delle dita, potevo percepire i passi delle persone a me
care: anche senza guardare, io riuscivo a vederli.
Fui
grata perché tutti stavano bene.
Ma
avvertivo anche delle vibrazioni negative, arrivavano a ondate, da
lontano.
Come
se mi stessi muovendo nei dintorni, cercai quella fonte di
negatività, e mi
ritrovai nel roseto di Subaru.
Fu
come se i fiori mi parlassero.
Morte.
Questo
era tutto ciò che riuscivo a percepire.
La
linfa vitale di qualcuno che aveva abbandonato il suo corpo e che
scorreva ora
nel terreno, come fosse ormai parte della natura.
Poiché
nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
Mi
mancò il fiato e una brutta sensazione si
impossessò di me.
Sentii
una mano posarsi sulla mia spalla e il contatto si ruppe.
Sollevai
lo sguardo, incrociando gli occhi grigi di Ruki.
“Che
è successo?”
Lui
strinse le labbra, come a decidere se confessare tutto o meno.
Il
mio brutto presentimento si intensificò.
“Ruki.”,
lo esortai.
“La
tua amica…”
Bastò
che pronunciasse quelle tre parole e sentii il mondo crollarmi addosso.
Iniziai
a scuotere il capo con vigore: no, non poteva essere successo.
Non
di nuovo.
“Lei
è…”
“No.”
Ruki
rimase in silenzio, ma continuare a interromperlo non avrebbe cambiato
ciò che
era successo.
“No,
no, no!”
Il
terreno iniziò a vibrare innaturalmente.
“NO!”
La
rabbia esplose come un fiume in piena.
Battei
i pugni sul terreno più e più volte: una scossa,
simile a quella di un
terremoto si diramò dalla mia figura, propagandosi per tutto
il giardino,
divenuto un campo di battaglia.
Potei
notare alcune occhiate sconcertate e altre incuriosite, ma ero troppo
sconvolta
per darci peso.
Serrai
la mascella, fissando Karl Heinz con uno sguardo pieno d’odio.
Il
temibile Re dei vampiri si era tenuto a debita distanza.
Mi
rivolse un sorriso di scherno, quella fu la scintilla che mi fece
perdere ogni
briciolo di razionalità e umanità.
Volevo
lui e tutti i suoi tirapiedi morti all’istante.
Nel
modo più cruento che potesse esistere.
Urlai,
accovacciandomi sul terreno.
Non
Yuki, non lei…
Qualcosa
si spezzò dentro di me.
Avevo
provato ad essere buona, avevo impiegato tutte le mie energie
affinché “il
bene” potesse prevalere.
Avevo
combattuto per dimostrare ai vampiri che essere buoni ripagava sempre.
Ovunque
ci fosse stato buio, io avevo
portato
la luce.
Dov’era
morte, io avevo portato vita.
Avevo
insegnato a Sakamaki e a Mukami il rispetto, la gentilezza,
l’affetto…
E
cos’avevo ricavato da tutto questo?
Loro
non erano poi così diversi.
Non
avevo riportato in vita la mia vera madre.
Non
avevo riportato in vita Raito.
E
non avrei riportato in vita Yuki.
Il
sole sbucava timidamente dietro i monti, l’alba segnava
l’inizio di un nuovo
giorno e l’inizio di una nuova me.
Nessun
raggio di sole venne a illuminarmi, com’era stato
quand’ero bambina.
Rimasi
avvolta nell’oscurità, anche quando mi sollevai e
camminai verso Karl Heinz.
Un
paio di Ghoul mi vennero incontro, Ruki si mosse alle mie spalle, con
l’intenzione di proteggermi, ma mi bastò un cenno
della mano: numerose piante crebbero
e ridussero in brandelli i Ghoul che avevano tentato di avvicinarsi e
tutti
quelli che mi approcciarono lungo il cammino.
Mantenni
il mio sguardo agganciato a quello di Karl Heinz e anche lui non fu da
meno, mentre
sfilava il pesante mantello nero, poggiato sulle sue spalle.
Ricadde
ai suoi piedi e piegò il capo, come a studiarmi da
un’altra angolazione.
Fiero
e irritato al contempo.
La
leggenda di Adamo ed Eva era reale, aveva avuto ragione fin
dall’inizio, ora poteva
ammirare la creatura che avrebbe voluto dare egli stesso alla luce,
tuttavia
Carla Tsukinami lo aveva anticipato.
Doveva
essere quella consapevolezza a deturpare il suo volto, rendendolo quasi
grottesco.
Non
riusciva più a indossare quella maschera da uomo altero e
distaccato che aveva
solitamente.
Quando
ci trovammo faccia a faccia, non proferii parola ma passai subito
all’azione,
modellando centinaia di liane ai lati di Karl Heinz, per intrappolarlo.
Ma
lui le schivò con facilità, prima di spazzarle
vie con un gesto della mano.
Aggrottai
le sopracciglia, ma capii che doveva avere dei poteri simili a quelli
di Carla.
Così
cambiai strategia, scagliando una raffica di pietre affilate contro il
vampiro,
ma lui si era già materializzato alle mie spalle.
I
mie sensi erano stati veloci a captarlo, ma non abbastanza per evitare
il
calcio che mi sferrò sulla schiena.
Sentii
uno scricchiolio inquietante quando provai a muovermi.
“Patetica.”,
commentò Karl Heinz con un perfido sorriso.
Con
una fatica immensa tornai in piedi, ancor più furiosa se
possibile.
Spunzoni
di legno sbucarono dal suolo, cogliendo l’altro di sorpresa,
ma tutto ciò che
riuscii a fare fu strappargli un pezzo di camicia.
Karl
Heinz scoccò la lingua, in segno di dissenso, e si
avventò su di me.
Riuscii
ad evitarlo per un soffio, ma quel brusco spostamento mi
causò dolori
allucinanti alla spina dorsale.
Temevo
mi avesse rotto qualche osso.
“Dunque
ho sprecato solo tempo –, esclamò Karl Heinz,
scansando un ciuffo dal viso. –
Sei così debole.”
Grugnii
in risposta e mi scagliai contro di lui, ignorando il dolore lancinante
alla
schiena.
Lui
mi catturò fra le sue braccia, impedendomi qualsiasi
movimento.
Mi
abbandonai a un grugnito frustrato.
Lui
sembrava un bambino al parco giochi, nei suoi occhi cattivi riuscivo a
leggervi
una punta di divertimento.
Mi
strinse maggiormente, mozzandomi il respiro.
Se
avesse stretto ancora un po’, non avrei resistito a lungo.
“Che
delusione sei stata, mia cara Mitsuko.”
All’improvviso
mollò la presa, ruggendo di dolore.
Notai
un lupo attaccato alla sua gamba, mentre mi accasciavo al suolo.
Il
vampiro se ne liberò con un calcio e il lupo bianco si
dissolse.
Il
morso dell’animale sulla gamba di Karl Heinz si
rimarginò molto rapidamente, ma
i pantaloni rimasero laceri.
Un
tocco caldo sulla spalla e ogni dolore nel mio corpo svanì.
Sollevai
lo sguardo e Carla mi aiutò ad alzarmi.
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Capitolo 31 *** Capitolo 31 - In the End - ***
Capitolo
31 - In
the End -
“Guarda,
guarda.”, commentò Karl Heinz, con un tono ilare
forzato.
“Papà
e figlia finalmente riuniti.”
“Non
grazie a te.”, rispose Carla con tono glaciale.
“Come
potevo sapere che la cara Mitsuko fosse tua figlia? -,
domandò Karl con
innocenza – Natsumi lo ha sempre tenuto ben nascosto.
Nonostante io sia stato
molto… persuasivo.”
La
rabbia prese nuovamente il sopravvento: delle liane si lanciarono sulla
figura
del vampiro dai capelli lunghi, ma Karl Heinz le distrusse, quasi con
fare
annoiato.
“E
poi, non ti sei goduto il soggiorno nel mondo dei demoni?”
“Sei
il Re solo perché hai cancellato la memoria degli abitanti,
laggiù, e non
ricordano più chi siano i veri fondatori di tutte le razze
esistenti. –,
annunciò Carla, - ma la tua morte porrà rimedio a
questo.”
I
due si corsero incontro e avviarono uno scontro corpo a corpo in vari
punti del
giardino, spingendosi verso il bosco.
Non
riuscivo neppure a seguirli con lo sguardo, tanto erano rapidi.
Volevo
aiutare Carla, non sarei venuta meno a quella promessa.
E
ora che non c’era più Yuki, il desiderio di
uccidere Karl Heinz con le mie
stesse mani era cresciuto inestimabilmente.
Il
problema era trovare il modo per farlo.
Poi
un’idea: io potevo creare un contatto con la natura, con il
mio elemento, solo
così avrei potuto intrappolare Karl Heinz.
Toccai
il suolo e impiegai ogni singola cellula del mio corpo per concentrarmi.
Avevo
bisogno di isolarmi da tutto il resto, come avevo fatto poco prima, ma
la
rabbia mi offuscava la mente.
Trassi
un lungo sospiro, poi affondai le unghia nella terra.
La
sentii come scuotersi, come se avesse riconosciuto il mio tocco.
Prestai
attenzione solo ai due vampiri che lottavano a qualche metro di
distanza,
rincorsi i loro corpi che si inoltravano nel bosco, le fronde degli
alberi
oscillarono: erano dalla mia parte.
Le
radici vennero fuori dal pavimento e si attorcigliarono intorno a Karl
Heinz,
incarcerandolo nella loro gabbia nodosa.
Il
suo primo tentativo fu sicuramente teletrasportarsi, ma riuscii a
scorgere il
suo disappunto nel non riuscirci.
Colpì
il legno, ma questo non si scheggiò neppure.
Non
seppi spiegarlo, pensavo si trattasse di semplici radici, appartenenti
agli
aceri intorno alla villa, tuttavia sembravano resistenti perfino alla
sua
magia.
Carla
curvò le labbra in un piccolo sorriso compiaciuto nella mia
direzione.
Mi
sentii quasi orgogliosa quando lo raggiunsi.
Irritato,
Karl Heinz posò entrambe le mani sulle sbarre e il fuoco
divampò di colpo, iniziando
a incenerire le radici.
Carla
provò a spegnere il fuoco con le sue ombre scure e io feci
crescere altre liane
per imprigionare i polsi di Karl Heinz.
Ma
un’esplosione mi costrinse a chiudere gli occhi e a ripararmi
con un braccio il
viso, vedendo schegge di legno infuocate schizzare in ogni dove.
Quando
li riaprii, mi scontrai con qualcosa di duro.
Il
corpo di Carla mi sovrastava, mi sorpresi nel ritrovarmi tra le sue
braccia, ma
quando si staccò, notai un enorme pezzo di legno ficcato nel
suo petto.
Rimasi
ad osservare quella scena per qualche istante, prima di elaborare
ciò che era accaduto:
mi aveva fatto da scudo col suo corpo.
Ma
perché?
Ero
solo una sua pedina, non mi aveva mai considerato veramente sua figlia,
né mi
aveva mai fatta sentire tale.
Crollò
ai miei piedi, mentre Karl Heinz, alle sue spalle, si puliva di dosso
qualche
strato di cenere.
Mi
chinai su Carla.
“Era
questo il tuo brillante piano per sconfiggerlo?”, domandai
infastidita.
Ma
quel fastidio nascondeva dispiacere.
Avevo
visto troppe persone a me care morire.
Ne
avevo abbastanza.
L’idea
di aver perso Yuki mi faceva contorcere le viscere, ma tutto
ciò che mi
impediva di crollare, era il desiderio di fare a pezzi Karl Heinz.
Posai
una mano sul terreno e un muro di pietra si innalzò intorno
a noi, era alto
svariati metri, questo ci avrebbe fatto guadagnare tempo.
“Io…
amavo Natsumi.”, esclamò Carla Tsukinami.
Sussultai
e inaspettatamente mi vennero le lacrime agli occhi.
“Ma
amare Natsumi mi stava facendo diventare umano e sono fuggito.
–, mi confessò.
– Karl Heinz non mi avrebbe imprigionato nel mondo dei demoni
se fossi stato in
pieno possesso dei miei poteri.”
Un
colpo contro il muro, le pareti di pietra vibrarono, ma non cedette.
“Se
fossi tornato, sarei stato vulnerabile, non avrei potuto difendervi,
Quindi tutto
ciò che potei fare fu cancellare la vostra memoria e tenermi
a distanza.”
Mi
sfuggii un singhiozzo inaspettato.
Stentavo
a credere alle sue parole, ma da quel poco che avevo visto, un demone
di razza
superiore come lui non si sarebbe mai abbassato a confessare una cosa
simile.
Il
suo scopo non era aizzarmi contro Karl Heinz, in
quell’istante, ma farmi capire
perché ci aveva lasciate.
“Credevo
che noi creature sovrannaturali non fossimo in grado di amare, questo
finché non
ho conosciuto tua madre.”
Un
piccolo spasmo lo attraversò.
Poggiai
una mano sulla scheggia che teneva conficcata in mezzo al petto, ma lui
mi
bloccò il polso.
“Toglierla
accelererà solo la mia morte, sono ancora troppo vulnerabile
per guarire ferite
di questa portata.”
Non
seppi dire perché adesso fossi tanto rattristata dalla sua
perdita.
Forse
perché mi aveva mostrato un lato di sé che non
conoscevo, il suo lato umano,
quello che era affezionato a me e alla mamma.
“Karl
Heinz ha fallito nel suo intento, poiché non amava Natsumi,
altrimenti
qualsiasi vampiro o demone potrebbe dare alla luce una nuova
razza.”
Quell’informazione
mi lasciò di sasso.
Ma
non ebbi il tempo di assimilare tutto ciò che mi aveva
rivelato: il muro che avevo
eretto crollò.
“Perdonami
Mitsuko, non sono riuscito a salvare tua madre. E neanche a
proteggerti.”,
oramai Carla faticava a parlare.
Karl
Heinz si stava avvicinando.
“Vendicherò
Natsumi, te lo prometto. Resta in vita.”, gli ordinai, mentre
mi rimettevo in
piedi.
“Punta
al cuore, non solo alla testa.”, mi suggerì Carla,
prima di chiudere gli occhi.
Ora
restavamo solo io e Karl Heinz, era la resa dei conti finale.
***
Karl
Heinz si lanciò su di me, ma stavolta riuscii ad anticipare
la sua mossa e a schivarlo.
Con
un’espressione meravigliata, sicuramente dovuta al fatto che
mi aveva mancato,
il vampiro tentò una seconda volta ad afferrarmi per la
gola, ma artigliai il
suo polso e lo scaraventai a qualche metro di distanza, stupendomi io
stessa di
quella forza straordinaria.
Karl
Heinz atterrò in piedi, in modo elegante, rivolgendomi
tuttavia uno sguardo
esterrefatto.
Probabilmente
si domandava come avessi potuto competere coi suoi riflessi scattanti,
e con la
sua forza, ma era ciò che mi domandavo anch’io.
Quel
tenergli testa, però, mi donò una scarica di
adrenalina, così mi gettai su di
lui, impavida: miravo alla testa, poiché avevo constatato
che, per uccidere definitivamente
una creatura sovrannaturale, la si doveva privare di quella parte del
corpo,
non avendo più un cuore palpitante in mezzo al petto.
Eppure
Carla aveva detto “punta al cuore”.
Karl
catturò la mia mano e la portò dietro la schiena,
spezzandomi il braccio.
Mugolai
di dolore, ma non mi deconcentrai.
Il
vampiro era troppo preso dallo storcermi il braccio, e imprigionarmi
col suo
corpo, per rendersi conto delle liane che strisciavano ai suoi piedi.
Si
avvolsero intorno alle sue gambe e si arrampicarono su per la schiena.
Fu
costretto a mollare la presa per potersi liberare, ma la sua magia non
funzionò
e io ne approfittai per calciare con rabbia il suo stomaco.
Karl
Heinz barcollò indietro, venendo avvolto dalle mie liane.
Poi
le fiamme divamparono sulle sue mani, una lingua di fuoco mi
ustionò la gamba
sinistra, risalendo lungo tutto il braccio.
Con
un arto superiore ustionato ed uno rotto, continuai ad avvolgere Karl
Heinz con
le liane, dalle quali fuoriuscirono aghi acuminati che gli trapassarono
la
pelle.
Il
vampiro ruggì furibondo e si sbarazzò delle mie
piante.
Mi
sentii sollevare di peso: una forza invisibile mi fece sbattere contro
il
terreno, la vista si offuscò per il colpo, mentre il corpo
non accennava a
muoversi, troppo indolenzito.
Quella
forza invisibile continuò a gravare sulle mie spalle ed io
annaspai in cerca
d’aria, era come se mi schiacciasse i polmoni.
Mossi
le dita e un masso di pietra enorme volò verso Karl Heinz,
ma lo distrusse
prontamente con i suoi poteri.
Approfittai
di quella distrazione e, con le ultime forze che mi restavano, sfiorai
il
suolo.
Lasciai
che il legame che avevo con la Terra fluisse liberamente, stavo
accogliendo
quelli che erano i miei poteri, conscia di poterli dominare, non mi
sarei più
trattenuta col timore di ferire qualcuno di innocente.
Karl
Heinz non era innocente e meritava di morire.
Il
suolo tremò ancora una volta.
Il
“re dei vampiri” camminò nella mia
direzione, tutto ciò che riuscivo a vedere
erano le sue scarpe nere ed i suoi pantaloni laceri.
“Tutto
qui quello che sai fare, Mitsuko?”
Le
scosse si intensificarono, mentre Karl mi afferrava per la gola e mi
trascinava
in piedi.
Non
mi ribellai, sebbene stentassi a respirare.
“Sei
solo un altro inutile esperimento e morirai da sola.”
Sorrisi
sprezzante, mentre il mio viso perdeva gradualmente colore.
L’ossigeno
aveva smesso di circolare, ma ebbi comunque la forza di rispondergli.
“Ma
tu verrai con me.”
Una
liana appuntita si sollevò alla sua sinistra, Karl Heinz
utilizzò la mano libera
per bloccarla, prima che riuscisse ad infilzarlo, il che lo fece
sorridere
compiaciuto.
Non
aveva notato, però, la seconda liana alla sua destra, che
scattò rapida, approfittando
della sua distrazione, e gli perforò il petto.
Gli
sfuggì un gemito, mentre mi liberavo della sua presa.
Strappò
la liana conficcata nel torace con un lamento.
Sarebbe
dovuto morire, com’era possibile fosse ancora in vita?
Eppure
avevo puntato al cuore.
Poi
capii.
Numerosi
spunzoni di legno lo allontanarono da me, mentre altre liane
comparivano dietro
di lui.
Evitò
le radici appuntite e distrusse, con la sua magia, la moltitudine di
sassi che
gli stavo scagliando addosso.
Nonostante
questo cadde nella mia trappola, finendo nel groviglio di liane alle
sue spalle,
che si strinsero attorno a lui.
Fece
per liberarsene, ma gli venne impedito di compiere anche il
più piccolo
movimento, era completamente imprigionato e l’unica cosa che
rimase scoperta furono
i suoi occhi, ricolmi d’ira.
Le
liane iniziarono a cedere, seppi che si sarebbe liberato da un momento
all’altro, così sollevai un braccio e attesi
qualche istante, finché un oggetto
volò nella mia mano.
Karl
era di nuovo libero, schiumante di rabbia.
Si
lanciò su di me e mi ritrovai stesa al suolo, il suo corpo
premuto contro il
mio.
Aveva
gli occhi di fuori e la bocca contratta, la mano pronta a strapparmi il
cuore
dal petto.
Ma
capì che qualcosa non andava.
Il
suo sorriso trionfante si affievolì, e corrugò la
fronte, mentre lo sguardo
scendeva ad osservare il petto.
Ed
io rigirai il pugnale di Subaru nel suo torace, assicurandomi di
avergli
trapassato per bene il cuore.
Karl
Heinz boccheggiò e ricadde al mio fianco, con il pugnale
ancora incastrato
nella carne.
Mi
tirai in piedi ed estrassi la lama insanguinata.
Dopotutto,
quell’arma poteva veramente uccidere i vampiri.
Vidi
la mano pallida di Karl Heinz sporgersi verso di me.
“Questo
è per Natsumi. E per Raito. E per Yuki.”, gli
sputai con rabbia, scansando la
sua mano.
“Ellen
non farlo, in fondo ti ho cresciuta…”,
mormorò.
“Va’
all’inferno.”
Una
pianta affilata gli tranciò la testa.
|
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Capitolo 32 *** Capitolo 32 - The Real King - ***
Capitolo
32 - The
Real King -
Ayato
stringeva ancora tra le braccia Yuki, incapace di lasciarla andare,
come a
voler assecondare il suo ultimo desiderio, prima di morire.
“Non
lasciarmi.”
Per
quel motivo la teneva con sé, cercava di donarle calore,
sebbene la sua pelle
fosse fredda come il ghiaccio e quella di lei stesse progressivamente
diventando gelida.
Sentì
il terreno tremare.
E
non gli servì essere presente per capire che Mitsuko sapeva.
Solo
adesso comprendeva come doveva essersi sentita lei, dopo aver perso
Raito.
Era
suo fratello e, per quanto ci fosse affezionato, sarebbe stata
un’ipocrisia affermare
che il loro legame poteva paragonarsi a quello che aveva con Mitsuko.
In
quell’istante capì perché si era
sacrificato per lei.
Quand’era
successo, l’aveva considerato patetico, si era chiesto come
diavolo si fosse
fatto uccidere in quel modo penoso.
Se
avesse riflettuto con più attenzione, di certo sarebbe
riuscito a salvare
Mitsuko senza farsi ammazzare.
In
quel momento, Ayato comprese che anche lui avrebbe agito in modo
avventato e
sciocco, anche lui avrebbe dato la sua vita, pur di salvare quella di
Yuki.
“Mi
dispiace.”, le sussurrò.
Per
la prima volta in tutta la sua vita, Ayato Sakamaki sentì il
bisogno di
scusarsi.
“Avrei
dovuto proteggerti…”
Il
suolo tremò ancora.
Un
movimento impercettibile delle dita, Ayato pensò di averlo
immaginato, ma le
sue doti da vampiro non mentivano: Yuki cominciò a respirare
nuovamente.
I
buchi sul petto stavano guarendo rapidamente.
Pian
piano cicatrizzarono, solo in quel momento lei socchiuse gli occhi.
Quando
la vista si fece più limpida, e riuscì a
distinguere la figura di Ayato, un
piccolo sorriso le increspò le labbra.
“Visto?
Ti ho ascoltato.”
Il
vampiro rimase a fissarla inebetito, incapace di credere ai suoi occhi.
Ma
anziché iniziare qualche discorso sul suo ruolo da
“oree-sama”, si limitò ad
abbracciare con ancor più foga quel corpicino tanto fragile,
inspirò il profumo
dei suoi capelli e una gioia sconosciuta gli riempì il petto.
“Non
farlo mai più.”, le intimò, guardandola
dritto negli occhi.
Gli
era mancato quell’azzurro brillante, un oceano di dolcezza.
Senza
attendere una risposta le depositò un bacio sulle labbra.
Non
un bacio mosso dal desiderio, ma dalla felicità di poter
nuovamente avvertire
il calore umano di lei sulla pelle.
“Devo
portarti al sicuro.”, sentenziò poi.
“E
Mitsuko?”, volle sapere Yuki, scossa per quel bacio
improvviso, più che per la
situazione in generale.
Tuttavia
Ayato scosse il capo, non avrebbe messo a rischio la sua vita una
seconda
volta.
“Se
la caverà.”
E
lei avrebbe voluto controbattere, ma si sentiva sinceramente
affaticata, e
sapeva che sarebbe stata solo d’intralcio nella battaglia.
Ayato
ordinò a George, comparso come al solito dal nulla, di
portarla al sicuro.
***
Shu
aveva appena fatto fuori un Ghoul, quando adocchiò Yuma
venire attaccato da due
creature infernali.
Senza
esitazione si lanciò su uno dei due, staccandogli la testa.
Rotolò
per un paio di centimetri con il corpo del ghoul, poi se lo
scrollò di dosso e
una mano si palesò davanti la sua visuale.
Yuma
aiutò il maggiore dei Sakamaki a rialzarsi.
E
quella scena gli sembrò improvvisamente familiare.
Osservò
meglio Shu e fu certo di averlo già conosciuto, in passato.
Aveva
avuto quell’impressione durante il loro primo incontro e
l’aveva attribuita al
fatto che fosse il figlio di Karl Heinz, che in qualche modo glielo
ricordasse.
Ma
no, non era solo la somiglianza con quell’uomo ad aver
instillato quel dubbio.
Un
ricordo sbiadito riaffiorò nella memoria di Yuma,
l’immagine di un ragazzino,
con indosso vestiti pregiati, che sedeva accovacciato vicino ad un
fiume.
“Shu…”,
mormorò fra sé e sé.
Un
altro ricordo: lui che regalava un cucciolo di cane a quel ragazzino,
per tirargli
su il morale.
L’altro
lo fissò di rimando, sperando che finalmente Yuma lo avesse
riconosciuto.
Non
ebbe il tempo di verificarlo perché un gruppo di Ghoul si
gettò su di loro.
***
Sospirai,
guardando il cadavere smembrato di Karl Heinz, nelle mani ancora
brillava la lama insanguinata del pugnale di Subaru, fortuntamente il
manico era in legno e questo mi aveva permesso di farlo volare fra le
mie dita.
Avrei
mentito, se avessi affermato di sentirmi in colpa per quello che avevo
fatto.
Il
che un po’ mi spaventava: non avevo alcun rimorso per averlo
ucciso.
Meritava
di morire, ne ero più che convinta, ma non riuscivo a
immaginare come
l’avrebbero presa gli altri.
Nessuno
di loro provava più alcuna stima nei suoi confronti, ma i
Sakamaki erano pur
sempre suoi figli, come avrebbero reagito?
Un
colpo di tosse catturò la mia attenzione.
Carla
era ancora vivo!
Corsi
da lui, inginocchiandomi al suo fianco.
Era
evidente che faticasse a respirare e la morte fosse pronta ad
accoglierlo, ma
no, non l’avrei permesso.
Avevo
assistito a troppe perdite.
Mi
rivolsi alla Natura, al mio elemento, speravo che ascoltasse le mie
preghiere e
mi aiutasse a salvarlo.
Il
pezzo di legno che era ficcato nel suo petto scivolò fuori,
e delle liane si
attorcigliarono intorno alla ferita. Non erano verdi come al solito,
avevano un
colore bluastro e quasi fluorescente.
Carla
digrignò i denti e valutai l’opzione di
richiamarle a me, ma notai che lo
squarcio nel suo petto si stava chiudendo.
Non
avevo la più pallida idea di cosa stessero combinando i miei
poteri, ma una
cosa era certa: stavano curando il demone.
Quando
si dissolsero, rimase solo una cicatrice sul suo torace.
Carla
sfiorò la pelle con le dita, anch’egli
più che sorpreso.
“Come…
cos’hai fatto?”
“Non
saprei, desideravo che guarissi e poi…”
Osservai
la punta delle mie dita, quindi i miei poteri potevano anche fare del
bene.
Evidentemente
c’era ancora un po’ di luce in tutta quella
oscurità.
Carla
posò una mano sulle mie.
“Grazie.”
Sgranai
gli occhi, sorpresa da quel gesto, ma gli sorrisi di riamando.
Esplosioni
e urla alle nostre spalle ci riportarono alla realtà.
“Andiamo
a porre fine a questa battaglia.”, annunciò il
demone, rimettendosi in piedi.
Annuii
con vigore e lo imitai.
***
Ruki
aveva perso di vista Mitsuko dopo che dozzine di Ghoul si erano
avventate su di
loro.
Aveva
visto come li aveva ridotti in brandelli con un solo gesto della mano,
quindi
non temeva per la sua incolumità, piuttosto per la sua
sanità mentale.
La
perdita della sua amica l’aveva trasformata, come fosse
un’altra persona.
Aveva
visto i suoi occhi color cioccolato divenire di colpo inespressivi,
avevano
perso la luce che li rendeva così unici.
Quella
luce rappresentava la speranza che non l’aveva mai
abbandonata, la speranza che
dava un senso a tutto il male che aveva dovuto sopportare.
Ruki
dovette interrompere i suoi pensieri e concentrarsi sul Ghoul che lo
aveva
attaccato alle spalle.
Era
troppo assorto dalle sue preoccupazioni per notare la creatura che si
era
avventata sulla sua schiena e gli stava dilaniando la carne.
Provò
a staccarselo di dosso, ma in quella posizione non gli era facile.
Qualcuno
arrivò in suo soccorso e si disfò del Ghoul al
suo posto.
Ruki
notò la testa del demone rotolare a qualche metro di
distanza.
Quando
si voltò, si sorprese nel trovarsi davanti
l’albino lamentoso, così gli piaceva
definirlo.
Tuttavia,
la loro rivalità sarebbe stata controproducente in quel
momento, dovevano collaborare
per sperare di uscirne vivi.
“Sono
troppi.”, commentò Subaru.
Ruki
fece un cenno d’assenso col capo.
Ma
non si sarebbe tirato indietro: aveva vissuto la sua intera esistenza
pensando
unicamente a sé stesso.
Se
non fosse stato per i fratelli acquisiti, in quel momento si sarebbe
trovato da
solo, ancora chiuso nella sua altezzosa apatia, e forse non gli sarebbe
neppure
interessato.
Ma
Mitsuko gli aveva insegnato che la vita valeva molto più di
un’esistenza
trascorsa in una quieta solitudine.
Subaru,
dal canto suo, aveva trascorso anni desiderando la morte, considerando
la sua
intera esistenza un fallimento.
Ma
ora aveva finalmente trovato un motivo per cui valeva la pena vivere,
che
Mitsuko ricambiasse o no, lo aveva fatto sentire meritevole di essere
al mondo.
Mentre
sua madre aveva sempre tentato di convincerlo del contrario.
Non
avrebbe rinunciato alla sua vita così facilmente e tanto
meno avrebbe permesso
a Mitsuko di rinunciare alla sua, sfidando Karl Heinz.
Ma
raggiungerla sembrava impossibile.
Un
gruppo di Ghoul si schierò davanti a lui e
scambiò un’occhiata complice con
Ruki.
“Pronto?”,
domandò il maggiore dei Mukami.
Subaru
curvò le labbra in un mezzo sorriso, non credeva che avrebbe
mai stabilito una
tregua con quel damerino fastidioso.
Scattarono
quasi in contemporanea, Ghoul e vampiri, ma i primi si immobilizzarono
di
colpo.
Guardandosi
meglio intorno, Subaru notò che tutti i Ghoul avevano smesso
di lottare.
Il
gruppo che stava per attaccare lui e Ruki si fece da parte, aprendo un
varco,
come se stesse lasciando lo spazio sufficiente per far passare qualcuno.
Mitsuko
camminò a testa alta tra i Ghoul, nessuno di loro
provò ad attaccarla.
Nelle
mano destra teneva qualcosa e Subaru non impiegò troppo
tempo per riconoscere
la testa mozzata di Karl Heinz.
La
lanciò con sdegno sul terreno.
E
i Ghoul fecero qualcosa di inaspettato: uno ad uno si inginocchiarono a
capo
chino.
Carla
Tsukinami l’affiancò.
“Non
sono io il vostro Re.”, annunciò la ragazza,
intuendo le loro intenzioni.
Uno
dei Ghoul sollevò il capo.
“Tu
l’hai ucciso ed ora la nostra lealtà ti
appartiene.”
Sentendo
pronunciare quelle parole, Mitsuko evitò lo sguardo degli
altri vampiri, temeva
il loro giudizio dopo aver ucciso brutalmente il loro padre.
Ed
era sicura che Takeshi non sarebbe stato fiero di lei.
“Il
legittimo erede è Carla Tsukinami, il Primo Fondatore della
razza demoniaca.”
I
Ghoul gettarono occhiate fugaci al demone dai capelli bianchi e fu come
se,
nella loro mente, si diramasse quella nebbia confusa che aveva creato
Karl
Heinz riguardo l’origine di tutte le specie sulla Terra.
Dei
brusii di sottofondo e poi il Ghoul parlò ancora.
“I
ricordi ci sono stati restituiti, sei tu il nostro vero signore e
padrone.”
“In
quanto vostro Re, ordino di ritirarvi. Diffondete la verità
nel Mondo dei Demoni.”,
annunciò Carla.
Senza
farselo ripetere due volte, l’intero esercitò di
Ghoul si dissolse nel nulla.
Mitsuko
credeva che sarebbe stato più difficile, che avrebbero
dovuto lottare ancora,
perché ormai era abituata al caos che regnava nella sua
vita, aveva dimenticato
come fosse vivere serenamente.
Aveva
scordato il significato di “normalità” e
temeva che i Ghoul si sarebbero
ribellati, o i Cacciatori sarebbero tornati per attaccarli.
Ma
quella sensazione di pace che aveva provato settimane prima
tornò a farsi
sentire, la sensazione che Raito fosse ancora al suo fianco, che
l’osservasse
dall’alto, o da qualsiasi altro posto in cui era finito, e
che nulla di male le
sarebbe potuto accadere.
Né
a lei, né alla sua famiglia.
Crollò
sulle ginocchia e iniziò a piangere come una bambina.
|
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Capitolo 33 *** Capitolo 33 - Fixing everything... - ***
Capitolo
33 - Fixing
everything… -
Carla
Tsukinami mi porse la mano quando smisi di piangere, o per lo meno
quando la
voce mi abbandonò e i brividi che mi percuotevano il corpo
cessarono.
Mi
rimisi in piedi e gli altri vampiri ci osservarono scettici mentre ci
stringevamo la mano, in segno di resa.
Gliela
strinsi con decisione.
“Se
dovessi aver bisogno, sai dove trovarmi.”
“Anche
tu.”, risposi.
Carla
guardò Reiji e questo, contro ogni previsione, fece un mezzo
inchino.
Il
demone ricambiò con un cenno del capo e poi si
allontanò.
Seppi
di non avere più scelta, avrei dovuto affrontare i vampiri,
spiegare che ero
stata io ad uccidere il loro padre.
Avrei
dovuto parlare anche col cardinale Williams, avevo notato il suo
sguardo adombrato
mentre Carla Tsukinami riprendeva il posto come legittimo Re del mondo
dei
demoni.
Ma
quello che mi interessava realmente era vedere Yuki, o quello che
restava di
lei.
Il
pensiero mi causò un nodo in gola e se non avessi consumato
tutte le lacrime,
di certo sarei scoppiata di nuovo a piangere.
Tuttavia
il cardinale Williams mki bloccò la strada.
“Posso
fidarmi, signorina Mitsuko?”
“Terrò
fede al nostro patto.”
L’uomo
annuì e mi diede le spalle, richiamando a sé i
Cacciatori.
“Ricordi
anche la sua promessa, non ammetterò altre minacce da parte
vostra.”
Williams
arrestò il passo e mi lanciò
un’occhiata di sbieco, poco importava se la
considerasse una minaccia a sua volta, era bene mettere le cose in
chiaro una
volta per tutte.
Riprese
a camminare senza rispondermi, nel giro di pochi istanti gli uomini con
le tute
nere svanirono nel bosco.
Mi
voltai a guardare i presenti, rendendomi conto che Edith si stava
congedando
con Reiji, mentre la Dama era svanita nel nulla, portandosi dietro il
branco di
lupi che aveva mandato Carla Tsukinami.
Kanato
sussurrava qualcosa all’orecchio di Teddy, mentre Yuma e Shu
si lanciavano
occhiate a distanza, c’era tensione tra i due, speravo non
fosse dovuto a un
qualche litigio.
Mi
stupì vedere Ruki parlare con Subaru e avrei voluto
origliare la conversazione,
ma il mio udito non era così “speciale”
come il loro.
E
mi stupì anche che tutti sembrassero perfettamente a loro
agio, incuranti della
testa mozzata del proprio padre che giaceva sul terreno.
Ne
dedussi che la scoperta non li aveva affatto scossi, anzi, osavo
pensare che
fossero perfino più sereni.
Ayato
mi venne incontro.
Mi
aspettavo un’espressione contrita sul suo volto,
d’altronde teneva davvero
molto a Yuki, anche se tendeva a nasconderlo, ed ero certa che aveva
sofferto
per la sua perdita.
“Avete
concluso la festa senza Oree-sama?”
La
sua boriosità mi fece infuriare.
“Avresti
dovuto proteggerla!”, iniziai ad urlare, mentre Ayato mi
fissava accigliato.
“Perché
l’hai portata qui? Perché l’hai lasciata
sola!”
Il
vampiro dai capelli rossi schivò un pugno.
“Tavoletta, sei
impazzita?”
“Dov’è?”
Provai
a colpirlo nuovamente, se fossi stata più lucida lo avrei
spedito a terra con
un solo colpo, ma iniziavo a metabolizzare la perdita di Yuki e questo
mi
destabilizzava.
“Aspetta
Mitsuko-”, provò a dire Ayato ma centrai il suo
naso con un pugno.
Lui
barcollò indietro, emettendo un piccolo lamento.
Prima
che riuscissi a colpirlo nuovamente, una voce mi fermò.
“Mitsuko!”
Non
poteva essere lei…
Mi
guardai alle spalle, una limousine nera era parcheggiata vicino al
cancello che
i Cacciatori avevano abbattuto e in piedi, accanto ad esso, George
aveva appena
aperto lo sportello dal quale proveniva la voce.
Rimasi
pietrificata sul posto, credendo di sognare o avere le allucinazioni,
non mi
avrebbe sorpreso dato le mie condizioni mentali.
Ma
quando Yuki mi abbracciò non ebbi alcun dubbio: la mia
migliore amica era viva.
Viva!
Ricambiai
l’abbraccio, temendo che si sarebbe potuta dissolvere da un
momento all’altro.
“Credevo,
no, ero sicura che tu…”
Yuki
mi strinse più forte.
“Anche
io, eppure…”
Sciogliemmo
l’abbraccio, mi chiedevo come fosse possibile.
Ero
certa che lei fosse morta.
Avevo
sentito la sua linfa vitale abbandonarla.
Ma
poco importava, tutto ciò che mi interessava era averla di
nuovo con me.
“Stai
bene?”
Mi
rassicurò di stare bene, poi mi raccontò di
quello che era accaduto, di come
mio padre e lei fossero dovuti scappare, scortati da Ruki, e come un
gruppo di
“strane creature” (capii si riferisse ai Ghoul) li
avessero attaccati.
Descrisse
la parte in cui Ayato l’aveva salvata e tenuta stretta fra le
sue braccia.
Lanciai
un’occhiata al rosso, che fingeva indifferenza, ma ero sicura
stesse ascoltando
la conversazione.
Quindi
aveva un cuore, dopotutto.
Ruki
mi informò di aver messo mio padre fuori uso, non mi
soffermai troppo per
indagare come ci fosse riuscito,
almeno era sano e salvo, in compagnia di Azusa.
Decisi
di andare nella villa dei Mukami per incontrarlo, ma prima di farlo,
ringraziai
i vampiri presenti per aver combattuto al mio fianco e li congedai,
affinché
potessero recuperare le forze.
Con
sorpresa, anche Reiji ringraziò i Mukami per aver preso
parte alla battaglia e sugellò
quella sorta di tregua, stringendo la mano a Ruki, nonostante
l’occhiata di
disapprovazione di Subaru.
Sospettavo
una reazione simile da parte di Yuma, ma, a sua volta, strinse la mano
a Shu,
lasciandomi a bocca aperta e probabilmente sorprendendo il maggiore dei
Sakamaki stesso.
Ayato
si offrì per accompagnare Yuki a casa ed io e lei ci
salutammo con la promessa
di vederci il prima possibile.
In
realtà, avevo bisogno di stare da sola con me stessa per un
po’ di tempo e
volevo tenere Yuki lontana dai guai.
Anche
lei aveva bisogno di elaborare gli avvenimenti e riprendersi dopo tutti
quei traumi.
Aveva
rischiato la vita, finendo immischiata nelle mie vicende e il senso di
colpa mi
tormentava.
Da
quel momento in poi l’avrei tenuta lontana dalla villa il
più possibile, ero
sicura che tutto si fosse sistemato, ma non potevo sfidare la sorte una
seconda
volta e mettere a repentaglio la sua vita.
Il
vampiro dai capelli rossi e la mia amica si avviarono nella limousine
nera,
giurai di aver visto un mezzo sorriso sul volto di George, cosa
alquanto rara
da vedere.
Forse
lo divertiva osservare Ayato così
“obbediente”.
Mi
assicurai che i Sakamaki stessero bene prima di seguire i Mukami fuori
dalla
villa.
***
Mitsuko
si era allontanata con quel gruppo di mezzi-vampiri e Subaru non
poté fare a
meno di digrignare i denti, scocciato dalla piega che avevano preso gli
eventi.
Non
si pentiva di aver combattuto con i Mukami, loro si erano rivelati
preziosi
alleati durante la battaglia, lui stesso aveva dato una mano al suo
“rivale in
amore” e
l’aveva difeso da un gruppo di Ghoul, ma temeva che, se i
Mukami
avessero iniziato a frequentare spesso la villa, quel damerino
gli avrebbe soffiato Mitsuko.
Si
disse che avrebbe risolto la questione il prima possibile, aveva
temporeggiato
abbastanza e doveva parlare con lei.
Mentre
traeva le sue conclusioni, notò, quasi per caso, lo sguardo
di Shu.
Inizialmente
credeva che i suoi occhi fossero puntati sui Mukami, probabilmente
anche lui
non si fidava di loro.
C’era
anche la possibilità che uno in particolare dei Mukami
destasse il suo
interesse, il che aveva spiazzato Subaru, ma poco gli importava.
Tuttavia
capì che in quel momento Shu non fissava nessuno dei Mukami,
bensì Mitsuko e in
altre circostanze lo avrebbe anche considerato normale,
perché ormai tutti si
preoccupavano per lei e le erano affezionati.
Ma
quello sguardo Subaru lo conosceva fin troppo bene, era lo stesso modo
in cui lui
per primo la guardava.
Era
uno sguardo devoto.
E
quando Mitsuko si voltò per ricambiare
quell’occhiata, nonostante si fosse
trattato di un momento fugace e quasi di poco conto, il cuore di Subaru
rallentò.
Che
cosa si era perso?
Perché,
fra tutti i vampiri, lei aveva cercato lo sguardo di Shu?
Mitsuko
continuò per la sua strada e il maggiore dei Sakamaki si
dissolse nel nulla.
Subaru,
invece, sentì una fitta lancinante nel petto.
|
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Capitolo 34 *** Capitolo 34 - ... Or mostly everything - ***
Capitolo
34 - … Or
mostly everything -
Reiji
si assicurò che i propri fratellastri stessero bene e che
Mitsuko fosse al
sicuro coi Mukami.
Sebbene
avesse constato lui stesso che la ragazza aveva dei poteri straordinari
e seppe
che, da quel momento in poi, non avrebbe corso più alcun
pericolo.
Per
cui, se già prima aveva l’audacia di badare a
sé stessa, sfidando creature ben
più potenti di lei, adesso non correva alcun rischio.
Tornò
quindi a dedicarsi ad Edith.
L’aveva
ringraziata, così come aveva ringraziato gli altri Predatori
corsi in loro
soccorso, tant’è che questi erano già
spariti nel nulla, ma lei era ancora lì,
come se attendesse qualcosa.
E
Reiji sapeva benissimo cosa stesse aspettando, ma lui non poteva
permettersi
quel lusso, l’aveva vista troppo spesso ultimamente e
rimanere da solo con lei
gli avrebbe fatto perdere il controllo, ne era sicuro.
Gli
si avvicinò con passo felpato, era sempre stata aggraziata
nei movimenti,
probabilmente tempo prima era stata una ballerina.
“Non
mi divertivo tanto da anni.”, annunciò lei, mentre
spostava il peso del corpo
da un piede all’altro.
Aveva
un lungo taglio che le correva su per il braccio destro e qualche
livido
sparpagliato sul corpo.
“Dovresti
medicare quelle ferite.”
Reiji
parlava seriamente, ma Edith scoppiò a ridere.
“Sul
serio? Speravo in qualcosa di più dopo aver combattuto al
tuo fianco.”
La
vampira dai capelli scuri scosse il capo e ruotò il busto,
pronta ad andarsene,
ma prima di farlo parlò ancora.
“Non
devi dimostrare più niente a nessuno –,
dichiarò, lanciando un’occhiata alla
testa mozzata di Karl Heinz che giaceva a qualche metro di distanza.
– Puoi
essere te stesso senza aver paura di deludere le aspettative.”
Quella
frase lasciò Reiji spiazzato, sgranò gli occhi
come se gli fosse stata rivelata
chissà quale recondita verità.
Non
doveva più essere all’altezza di alcuna
aspettativa.
L’unica
persona per cui si era impegnato tanto negli anni era stata sua madre,
voleva
compiacerla in ogni modo, ma Shu gli aveva assicurato che lei sarebbe
stata
fiera di lui.
Mentre
Karl Heinz era morto e sapeva già da un pezzo di non
dovergli nulla.
“Dovresti
proprio farti medicare le ferite.”, esclamò quindi
il vampiro occhialuto.
Edith
roteò gli occhi al cielo, pronta a smaterializzarsi, ma
quello che aggiunse
Reiji la bloccò sul posto.
“Potrei
farlo io. Nel mio studio.”
Un
sorriso malizioso le curvò le labbra.
“Se
proprio insisti…”, sussurrò
improvvisamente al suo orecchio.
I
due si smaterializzarono contemporaneamente.
***
Quando
entrai nel salone di villa Mukami, non seppi se scoppiare a ridere o
mostrarmi
indignata nel trovare mio padre buttato su un divano, in una posizione
scomoda
ed evidentemente non scelta da lui.
Azusa
sedeva sul sofà di fronte, parlava con una delle sue ferite
sul braccio e
quando ci vide entrare ci accolse con un piccolo sorriso.
“Ben
tornati!”, esclamò con voce flebile, ma era
sinceramente entusiasta di
rivederci, solo che non riusciva ad esternarlo più di
così.
Mi
accertai che stesse bene, prima di rivolgere le mie attenzioni ad uno
svenuto
Takeshi.
Realizzai
che Ruki guardava altrove con fare evasivo, ero sicura che ci fosse il
suo
zampino se mio padre era ridotto così, ma poco importava,
l’importante era
saperlo al sicuro.
Lo
scossi per le spalle un paio di volte prima che iniziasse a riprendere
conoscenza.
Mi
fissò stralunato per un momento, poi spalancò gli
occhi e balzò a sedere, lo
sforzo improvviso gli provocò una smorfia.
Gli
domandai come stesse ma non mi diede retta, si mise invece a
controllarmi da
capo a piedi, per assicurarsi che non avessi alcuna ferita.
“Sto
bene.”, affermai, facendo una piroetta su me stessa per
convincerlo.
In
realtà, avevo le gambe indolenzite e qualche osso rotto che
(in qualche modo)
stava guarendo più velocemente del normale.“E
i Cacciatori?”
“Non
ci causeranno più alcun problema.”
Takeshi
mi fissò scettico, così gli parlai del patto tra
me e il cardinale Williams.
“Non
avresti dovuto dargli quel libro.”
Non
mi aspettavo quella risposta, non credevo fosse tanto importante, ma
non avevo
avuto scelta e se avesse significato tenere buono il cardinale,
l’avrei rifatto
di certo.
“Era
così importante?”
“Non
è del Cardinale che mi preoccupo, ma di altri Cacciatori che
potrebbero
impossessarsene, lo terrò d’occhio.”
Takeshi
mi abbracciò all’improvviso, cogliendomi alla
sprovvista, ma mi affrettai a
ricambiare.
“Temevo
di averti persa…”, annunciò,
stringendomi ancora più forte.
“Sono
qui, invece, e non mi perderai, te lo prometto.”
Lo
sentii tremare mentre pronunciavo quelle parole, sapevo bene che quello
fosse
il suo timore più grande, ma Carla non avrebbe mai potuto
sostituirlo.
Takeshi
mi aveva cresciuta, dandomi amore e affetto, insegnandomi i valori
della vita.
Quel
pensiero mi rattristò, sciolsi l’abbraccio,
cercando di non incrociare lo sguardo
di mio padre.
“Ho…
Ho ucciso Karl Heinz.”
Sentivo
il suo sguardo addosso, ma non osavo ricambiare.
Takeshi
mi prese una mano.
“Ha
fatto del male alla nostra famiglia…”
“Gli
ho staccato la testa.”
La
presa di Takeshi si rafforzò.
“So
che sei stata costretta.”
Karl
Heinz mi aveva manipolata fin da quando ero bambina, quindi
sì, non avevo mai
avuto scelta.
“Non
era una persona, era un mostro.”
“Non
avrei voluto farlo.”
“Lo
so.”
Sollevai
lo sguardo, col timore che mio padre potesse rivolgermi
un’occhiata delusa, o
spaventata perfino, sapendo che avevo sviluppato dei poteri capaci di
togliere
la vita a qualcuno.
Invece
Takeshi aveva un’espressione apprensiva in volto, non voleva
giudicarmi, né
rimproverarmi.
Mi
sentii più tranquilla.
“Vorreste…
restare a pranzo?”
Ruki
era comparso dal nulla, quella proposta non avrebbe dovuto
sorprendermi, io ero
solita trascorrere le mie giornate a mangiare a casa loro, ma credevo
che Ruki
mi odiasse, Oltretutto, aveva esteso l’invito a mio padre.
Guardai
l’esterno, il sole splendeva alto nel cielo, avevo perso la
cognizione del
tempo dopo la battaglia, e dimenticato di essere affamata.
Ma
ricordando quel dettaglio, il mio stomaco brontolò
rumorosamente.
Tuttavia
non avevo intenzione di trattenermi oltre dai Mukami.
“Se
mio padre se la sente, preferirei pranzare in un posto nel parco
Ueno(?)”
Volevo
allontanarmi per un po’ dai vampiri e trascorrere del tempo
con Takeshi.
Lui
accettò con piacere.
Saremmo
passati dalla nostra vecchia casa, dove Takeshi ancora abitava, lui
avrebbe
cambiato la tuta da Cacciatore con un abbigliamento più
sobrio e io ne avrei
approfittato per prendere in prestito alcuni dei miei vecchi indumenti,
quelli
che indossavano erano sporchi di fango e sangue.
Mi
congedai con i Mukami, ringraziandoli ancora una volta per essermi
stati
accanto.
Poi
la limousine bianca accompagnò me e Takeshi a casa.
***
Yuma
osservò Mitsuko lasciare la villa assieme al suo padre
adottivo, quando la
limousine sfrecciò via, scostò la tendina e quasi
si sentii sollevato.
Era
tutto finito, non c’era più nessun uomo con cui
sdebitarsi, lui e i suoi
fratelli erano finalmente liberi.
Frugò
nelle tasche, estraendo una zolletta di zucchero. Dopo che la Dama
gliele aveva
rubate, si era affrettato a riempirsi di nuovo le tasche con delle
sostitute, e
si era detto che la prossima volta le avrebbe fatto pagare un tale
affronto.
La
tregua durante la battaglia era dovuta solo alle circostanze, ma quel
dispetto
lo aveva ferito nell’orgoglio, e durante il loro prossimo
incontro l’avrebbe punita
come si deve.
Mentre
la zolletta si scioglieva sulla sua lingua, ripensò al
maggiore dei Sakamaki.
Durante
la lotta aveva avuto un piccolo flash, un’immagine sfocata
nella sua testa,
aveva visto una versione bambina di Shu e di se stesso, mentre gli
regalava un
cucciolo di cane.
Ma
non riusciva a capire se si trattasse di un ricordo o solo la sua
memoria che
gli giocava brutti scherzi , mescolando la realtà con la
fantasia.
Ma
perché avrebbe dovuto immaginare di aver regalato un
cucciolo a Shu?
Sapeva
bene che alcune parti della sua infanzia, quelle risalenti al periodo
prima
dell’orfanotrofio, erano inspiegabilmente scomparse.
Aveva
attribuito la colpa ai traumi che aveva collezionato in
quell’edificio.
Tuttavia
Ruki aveva confessato di aver fatto delle ricerche sul suo conto e
aveva detto
che il suo villaggio natio era stato distrutto da un incendio.
Yuma
schioccò la lingua in dissenso, quella storia gli puzzava e
non solo per il
ricordo delle fiamme che avevano incenerito la sua vecchia casa.
Poi
uno spostamento impercettibile alle sue spalle, se non fosse stato
impegnato a
masticare la zolletta e a ripensare con tanta intensità al
suo passato, la Dama
non lo avrebbe colto di sorpresa.
Quando
infine captò la presenza alle sue spalle, la Dama lo aveva
già inchiodato al
muro col suo corpo.
Il
petto di Yuma era premuto contro la parete, mentre lei gli puntava un
coltello
affilato alla gola.
“E
adesso che diavolo vuoi?”, ruggì Yuma, valutando
le possibili vie di fuga.
“Stavo
pensando… abbiamo combattuto bene durante la battaglia, bel fusto.”
Yuma
digrignò i denti al suono di quell’appellativo.
“Potremmo
essere una buona squadra.”
Il
vampiro grugnì, frustrato per non essersi ancora riuscito a
liberare.
Non
riusciva a capire perché quella bionda si divertisse tanto a
provocarlo, poi
nella sua testa si accese una lampadina, d’altronde, se si
era spinta nella
loro villa per offrirgli un posto come Predatore, doveva pur esserci un
motivo.
E
lo capiva solo in quel momento.
Quella
consapevolezza gli fece ritrovare sicurezza, con un piccolo ghigno
afferrò la
mano di lei che impugnava il coltello, la Dama provò a
divincolarsi, ma Yuma
possedeva una forza notevole, nonostante fosse un vampiro solo per
metà.
La
Predatrice non avrebbe dovuto sottovalutare quel dettaglio.
Le
storse il polso, facendola imprecare sottovoce e ribaltò la
situazione, spedendo
lei spalle al muro e la bloccò lì col suo corpo.
“La
proposta non m’interessa. Ma puoi venire a trovarmi quando
vuoi, bambola.”
La
Dama si trattenne dall’insultarlo, sentendo
quell’appellativo, e gli riservò
un’occhiata glaciale.
“Cosa
ti fa pensare che voglia rivederti?”
“Questo.”
Yuma
sorrise sprezzante, prima di rubarle un bacio.
Nonostante
la Dama avesse provato a sottrarsi e, capendo di essere in trappola,
perfino a staccargli
il labbro inferiore coi canini, alla fine si abbandonò a
quel bacio.
Quando
Yuma si staccò, lasciandola confusa e, sotto sotto,
eccitata, lei avrebbe
voluto proseguire il discorso.
Ma
il vampiro non gliene diede modo, la liberò dalla sua
stretta e fece qualche
passo indietro.
“Cerca
di non distruggere nulla, o Ruki se la prenderà con
me.”
E
così dicendo la lasciò da sola nella stanza.
La
Dama fissò irata il punto in cui Yuma era svanito nel nulla,
ma poi la sua
rabbia si dissolse con un piccolo sorriso che curvò le sue
labbra.
“A
presto, bel fusto.”
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Capitolo 35 *** Capitolo 35 - Truth Time - ***
Capitolo
35 - Truth
Time -
Natalie
aveva appena finito di pranzare quando decise di tornare nella sua
stanza per
riposare un po’ prima di dedicarsi allo studio.
Chiuse
la porta alle sue spalle e sospirò pesantemente, il ricordo
del bacio con Kou
l’aveva tormentata per tutta la notte.
Dopo
ore ed ore di riflessione, aveva ammesso a se stessa che non le era
dispiaciuto.
In
fondo Kou le piaceva, non poteva più negarlo, ma non amava
particolarmente i
suoi modi arroganti.
Si
stese sul letto e iniziò a contemplare il soffitto,
ripercorrendo con la
memoria il giorno precedente: lui l’aveva davvero fatta
infuriare, le aveva dato
buca all’appuntamento senza degnarla di una valida
motivazione.
Eppure
si era presentato qualche ora dopo, arrampicandosi perfino su un albero
per
fare irruzione nella sua camera.
Il
gesto di un folle, si era detta, e
già
questo sarebbe dovuto servire a toglierselo dalla testa, ma al contempo
lo aveva
trovato… romantico.
Un
rumore esterno richiamò la sua attenzione e
sussultò quando vide il soggetto
dei suoi pensieri fuori dalla finestra, mentre sventolava allegramente
la mano.
Balzò
in piedi e andò ad
aprire, temendo che
Kou sarebbe potuto cadere da un momento all’altro.
“Non
potresti usare la porta?”, domandò, facendosi da
parte per lasciarlo entrare.
“Ma
così incontrerei i tuoi genitori e dovremmo rendere la cosa ufficiale.”
Per
qualche motivo Natalie sentì le guance avvampare
all’idea di presentare Kou
come suo fidanzato, sempre che si riferisse a quello.
“Quale
cosa?”, domandò infatti con tono casuale, voleva
accertarsi di non aver
frainteso le parole del ragazzo.
Kou
la scrutò attentamente con un mezzo sorriso, soffermandosi
qualche secondo di
troppo sulle sue labbra.
“Ah
giusto, tu sei contraria.”
Natalie
si morse il labbro, in effetti dopo il bacio lei lo aveva
schiaffeggiato
brutalmente.
“Mi
hai colta di sorpresa.”
Kou
sollevò un sopracciglio, come se fosse stupito, poi
allargò il sorriso
malizioso sul suo volto.
“Quindi
non sei contraria.”, constatò, avvicinandosi
pericolosamente.
Natalie
aprì la bocca per controbattere ma non ne uscì
alcun verso, come poteva
spiegargli che le era piaciuto, ma era contraria al contempo?
“Non
puoi baciarmi quando ti pare!”
“Quindi
vuoi qualcosa in cambio?”, domandò Kou, una punta
di delusione nel tono della
voce.
Credeva
che lei fosse diversa dalle altre, invece aveva già delle
pretese.
Natalie,
d’altro canto, si stupì della sua reazione, era
lecito voler approfondire la
conoscenza prima di concedergli dei baci.
“Non
so che genere di ragazze frequenti, ma io non sono quel tipo! Non
sapevo
neppure di piacerti e tu mi hai rubato un bacio!”
Kou
rifletté attentamente sulle sue parole, anche se
trovò inadatto il termine
“rubato”, lei non sembrava troppo contraria.
Ma
ciò che lo sorprese maggiormente fu l’affermazione
della brunetta.
“Non
lo sapevi?”
Forse
non lo aveva reso troppo esplicito, ma se avesse saputo come si era
sforzato di
non saltarle addosso dal primo momento che aveva annusato il suo
profumo, di
certo avrebbe capito.
Tuttavia
non poteva confessarle quel lato di sé, avrebbe comportato
ulteriori
spiegazioni, come ad esempio che era nella sua natura da vampiro
succhiare il
sangue alla gente.
E
in altre circostanze non gli sarebbe importato, ma non poteva rischiare
di
spaventarla, era inutile negare che temeva di perderla dicendole la
verità.
Natalie
sembrò sinceramente spiazzata dalla domanda.
“…
Ti piaccio?”
Kou annuì e
rise della sua espressione sbalordita ed innocente, poi
l’attirò al suo petto.
Natalie
non provò ad allontanarlo ma continuò a fissarlo
incredula.
“Quindi posso
baciarti ora.”
Aveva
capito che Natalie non avrebbe chiesto altro in cambio, solo la
verità.
Lei
esitò, le sue guance si tinsero di rosso, mentre sembrava
riflettere sulla
risposta.
E
se Kou non avesse avuto un udito super sviluppato, non avrebbe potuto
captare
il suo “sì” mormorato.
La
baciò di slancio, si aspettava una lieve resistenza da parte
sua, invece Natalie
ricambiò immediatamente, era evidente che anche lei
desiderasse baciarlo.
Kou
dovette impiegare tutta la sua forza di volontà per non
morderla e rendere quel
momento perfetto, coronando quella piacevole sensazione con il sangue
di lei.
Inaspettatamente
Natalie gli afferrò il colletto della camicia e lo spinse
maggiormente verso di
sé.
Il
vampiro spalancò gli occhi, spiazzato da
quell’atteggiamento
impavido, e questo lo eccitò ancor di più.
Spinse
la brunetta contro il muro e lei emise un piccolo verso: Kou non seppe
giudicare se fosse dovuto al dolore dell’impatto contro la
parete o dal piacere,
era troppo preso dal baciarla con passione per capirlo.
Una
voce femminile chiamò Natalie dal piano di sotto, la madre
doveva aver sentito
quel tonfo.
Fu
Natalie ad interrompere il bacio, per rassicurare sua madre che era
tutto okay.
Se
l’avesse trovata in quella situazione compromettente,
probabilmente sarebbe
svenuta per lo shock.
“Tranquilla
mamma!”, urlò attraverso la porta, mentre Kou
continuava a baciarle il collo.
Natalie
tornò a guardarlo e il ragazzo si immobilizzò.
“Adesso
è chiaro, brunetta?”
Natalie
intuì si riferisse alla domanda che gli aveva fatto prima e
annuì: lei gli
piaceva sul serio.
Kou
indietreggiò e la fissò intensamente, la trovava
particolarmente bella coi
capelli arruffati, le guance arrossate e le labbra impercettibilmente
più
gonfie del normale, a causa dei loro baci passionali.
“Ci
si vede.”, annunciò lui, doveva lasciare al
più presto quella stanza,
altrimenti l’avrebbe privata dei vestiti nel giro di pochi
secondi.
Natalie
rimase a fissarlo mentre scompariva fuori dalla finestra.
Un
sorriso increspò le sue labbra.
***
Ayato
si bloccò fuori dal cancello d’ingresso della casa
di Yuki, questa si
voltò a guardarlo.
“Non
vuoi entrare?”
Ayato
avrebbe voluto accompagnarla fino alla sua camera da letto ma
l’idea di
incontrare i suoi genitori lo spaventava.
In
quel momento provava un sentimento a lui sconosciuto, non avrebbe
potuto
incontrarli sapendo di aver quasi lasciato che la loro unica figlia
morisse.
Scosse
il capo con decisione.
Yuki
annuì apprensiva, quindi tornò indietro per
depositargli un bacio sulla
guancia, che lasciò Ayato di stucco.
“Grazie
per avermi salvata.”, annunciò, conscia che fosse
merito suo se aveva
ricominciato a respirare.
Non
sapeva cos’avesse fatto di preciso, ricordava solo
oscurità e freddo, mentre il
sangue fuoriusciva dalla sua ferita, poi di colpo una sensazione di
calore in
tutto il corpo e il volto di Ayato che la supplicava di non morire.
“Dopotutto
nessuno può disubbidirmi.”
Ayato
cercò di dissimulare quanto in realtà avesse
avuto paura di perderla, ma ormai
i suoi discorsi da “oree-sama” non la incantavano.
Yuki
sapeva bene quanto lui le fosse affezionato, nonostante non osasse
dirlo ad
alta voce.
Gli
sorrise e si avviò dentro la sua dimora. Aveva mentito ai
suoi genitori,
dicendo che avrebbe trascorso la notte a casa di Mitsuko, ed era il
momento di
rientrare altrimenti si sarebbero preoccupati.
In
fondo non era totalmente una bugia, aveva veramente passato la notte a
villa
Sakamaki, ma di certo non per un pigiama party con la sua amica.
Non
sapeva come si fosse conclusa la battaglia ma era sicura che il peggio
fosse
passato, Mitsuko poteva finalmente avere un po’ di pace.
Una
mano la trattenne mentre raggiungeva la porta di ingresso, veloce e
silenzioso
Ayato l’aveva seguita e trattenuta per un polso.
Posò
il palmo della mano sul suo viso, Yuki ci si appoggiò e
socchiuse gli occhi. Il vampiro ne approfittò per baciarla
dolcemente e quella
dolcezza destabilizzò la ragazza, non era abituata a quel
lato “tenero” di
Ayato. Le sue gambe tremarono, mentre la baciava lentamente.
Quando
si staccò, i suoi occhi corsero al collo di Yuki, e lei se
ne accorse.
Inizialmente
sussultò, l’ultima volta lui le aveva succhiato
tanto sangue da sfinirla, ma
conosceva la natura di Ayato e non gli avrebbe negato un morso se
l’avesse
chiesto.
Notò
che il vampiro stava facendo del suo meglio per trattenersi ma Yuki gli
sorrise, un implicito consenso per morderla.
Ayato
portò la mano di lei vicino le labbra e valutò
per un istante l’opzione di
morderla.
Quando
sfiorò le dita con le labbra, lei immaginò che
l’avrebbe morsa a momenti,
invece lui si limitò a baciarle il dorso della mano e poi
sparì nel nulla.
Yuki
rimase immobile, portò al petto la mano che Ayato aveva
baciato e fu grata
perché era riuscito a vincere la sua sete di sangue, pur di
non farle del male.
Non
aveva bisogno di altre prove o parole per capire che lui era sinceramente innamorato di lei.
ANGOLO
AUTRICE:
Cari
miei lettori che siete giunti fin qui,
inizio col ringraziarvi perché quest’avventura
è stata molto più lunga di quel
che avrei immaginato, ma spero vi abbia donato le emozioni che io
stessa ho
provato nello scriverla e spero di avervi trasmesso.
Il
prossimo capitolo sarà il conclusivo, è il
momento per Mitsuko di trovare il suo fatidico Adamo. Tuttavia ho
ritenuto
giusto dare spazio a tre vampiri in particolare, che secondo me
avrebbero
meritato in egual modo il suo amore, quindi anziché ricevere
un unico finale,
ne avrete ben tre, con tre vampirelli diversi, spero di aver fatto
felici tutti
in questo modo.
Riuscite
a immaginare chi sono?
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto,
vostra Nephy_
|
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Capitolo 36 *** Capitolo 36 - Deep Blue Eyes - ***
Capitolo
36 - Deep Blue Eyes -
Tre
mesi erano passati.
Tre
mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io avevo
ucciso
Karl Heinz.
Eppure
mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo
ricominciato la
scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non
spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa
principale era la quantità
esorbitante di studio, anche se loro venivano a trovarmi, di tanto in
tanto.
In
generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori
amiche, ogni
tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare il
tempo
perso.
Ma
immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per studiare,
avevo notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto
spesso lui la “rapiva” per farsi preparare dei
Takoyaki, ma era una scusa
banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La
vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva riconosciuto
ciò che
provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava
più di chiunque
altro. Insieme
a Natalie.
Era
stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a frequentarsi.
Non
che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse il
tipo di
ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto
non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un modo per
non
divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura di
spaventare
Natalie e a me andava bene così, almeno per il momento.
Non
mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo
stesso modo
di Yuki.
Avevo
incontrato mio padre un paio di volte, il Cardinale Williams lo aveva
scelto
come sostituto del signor Lee, quindi lui era divenuto il capo dei
Cacciatori
qui in Giappone e ne ero molto fiera.
Oltre
a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le cose
all’interno della
Chiesa.
Aveva
deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna Sposa
Sacrificale sarebbe
stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti in
Giappone e ci saremmo
occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione presa.
Ma
nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi
prettamente in
solitudine, cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi
poteri ed
evitare discorsi scomodi con Subaru, Ruki, e soprattutto con Shu.
Ma
a lui permettevo ancora di dormire nel mio letto.
Al
momento, la villa era completamente immersa nel silenzio e io iniziavo
a
ritrovare un briciolo di sanità mentale perché,
dopo tanto tempo, non c’era
alcun tipo di minaccia.
Carla
Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da
fare nel
Mondo dei Demoni come nuovo re.
E
qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a
repentaglio me, i
Sakamaki, o l’umanità intera.
In
ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini,
preferivo di
gran lunga dormire la notte piuttosto che il giorno.
Poter
vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo,
il silenzio che
prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo
dedicarmi allo studio o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza
che
nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente
avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era
più alcun incubo
ricorrente a tormentarmi.
“Finalmente ho accettato la perdita
di Raito.”,
riflettei con un pizzico di malinconia.
Ma
era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato
nei mesi precedenti.
Avevo
accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe
rimasto
sempre al mio fianco, almeno nei ricordi.
Nessuno
avrebbe potuto portarmelo via.
Passai
accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone,
ammirando
l’imponente albero che avevo decorato.
Il
Natale era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei
Sakamaki,
alla fine avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato
si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi
tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti
insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.
Poggiai
il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno
di quella serenità che
avevo conquistato con tanta
fatica.
Il
tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo,
quindi
chiusi gli occhi per qualche istante.
Ed
ecco un ricordo riaffiorare nella memoria.
Ripensai
a quand’ero una bambina e vivevo nella villa.
Era
una notte particolarmente fredda e il temporale all’esterno
non mi permetteva
di chiudere occhio.
Ogni
tuono mi provocava un sussulto, sapevo che non avrei potuto prendere
sonno,
lontana da mia madre e completamente sola nella mia stanzetta.
Karl
Heinz teneva mia madre segregata chissà dove, quindi gli
unici con cui potevo
parlare erano i suoi figli e, per qualche motivo, il primo che mi era
venuto in
mente era stato Shu.
Già
da piccolo sembrava avere un ottimo rapporto col sonno, forse speravo
mi
avrebbe svelato il segreto per addormentarsi subito, nonostante quegli
inquietanti lampi che illuminavano il cielo terso.
Ma
quando ero sgattaiolata nel suo letto e gli avevo raccontato di quanto
fossi spaventata,
lui non mi era sembrato troppo interessato.
Avevo
dedotto di aver scelto il Sakamaki sbagliato a cui chiedere conforto,
ma prima
che me ne andassi, lui mi aveva trattenuta nel letto.
Si
era limitato ad intrecciare la sua mano con la mia, e quello era
bastato per
calmarmi.
A
pensarci meglio, quella non era stata l’unica volta in cui
avevamo dormito
insieme.
Quella
consapevolezza mi fece sgranare gli occhi, mi domandai se Shu
ricordasse quel
particolare o se, inconsciamente, fosse quello il motivo che lo
spingeva nel
mio letto ogni notte.
Avevo
sempre condiviso quel legame profondo con lui, non c’era da
meravigliarsi se,
anche a distanza di anni, la nostra sintonia fosse rimasta.
A
modo suo, lui mi era sempre stato accanto.
E
lo notavo solo in quel momento.
Era
stato lui ad aprirmi gli occhi sul fatto che non fossi una mera Sposa
Sacrificale per i Sakamaki.
E
poi, io e lui condividevamo il tacito accordo di non mentirci mai,
sebbene le
circostanze, delle volte, ci avessero costretto a infrangere quel patto.
Ero
stata così cieca da non accorgermi che quel giorno, nella
vasca da bagno,
desideravo ardentemente baciarlo.
Ma
ero ancora troppo scossa, il dolore per Raito era ancora troppo
“fresco” per
poter capire quali fossero i miei veri sentimenti, senza contare che
Subaru e
Ruki avevano incrementato quella confusione.
Non
attribuivo loro alcuna colpa, anzi, l’attribuivo solo a me
stessa per averli
illusi, anche se involontariamente.
Ma
non siamo noi a decidere chi amare.
Avrei
trovato un modo per sistemare le cose con quei due.
Tutto
ciò che desideravo fare, in quel momento, era correre da Shu.
E
lo feci: balzai in piedi e mi avviai nella sua stanza.
Come
previsto, il vampiro dai capelli biondi era steso sul letto, aveva gli
occhi
chiusi e le cuffie nelle orecchie.
Cullato
dalla musica, doveva essersi appisolato.
L’adrenalina
del momento aveva lasciato il posto ad un fastidioso imbarazzo.
Non
mi sentivo a disagio quand’ero con lui e speravo che i
sentimenti che nutrivo
nei suoi confronti non avrebbero influito sul nostro rapporto.
Incerta
su cosa fare, infine mi stesi al suo fianco, ne avremmo parlato in un
altro
momento.
Non
volevo svegliarlo quindi lo contemplai per qualche istante, non avevo
mai
notato quanto fosse bello.
Aveva
dei lineamenti eleganti, le sue labbra sporgevano leggermente, come
fossero
imbronciate.
Guardarle
mi fece ripensare a quella volta in cui mi aveva baciato il collo.
Pensavo
che avesse intenzione di curare i morsi che mi aveva procurato Karl
Heinz, ma
evidentemente il suo scopo non era solo quello.
Arrossii.
“Adesso
ti intrufoli anche nel mio letto?”
La
sua voce lievemente impastata dal sonno mi fece sussultare.
Non
mi ero accorta che fosse sveglio, in effetti i suoi occhi erano ancora
ben
chiusi, mentre io avrei voluto ammirare le sue iridi azzurre.
“Solo
tu puoi irrompere nella mia camera e dormire nel mio letto?”
Shu
aprì un occhio.
“Non
mi sembra ti sia mai lamentata.”, mi stuzzicò.
Non
potevo dargli torto, ma forse era il caso di parlargli di
ciò che avevo
ricordato.
“Mi
domandavo come mai, infatti. Ma ho ricordato che dormire assieme non
è una
novità per noi, vero?”
Di
certo spiazzato dalla domanda, il vampiro mi rivolse la sua completa
attenzione.
Mi
fissò per qualche istante, poi un mezzo sorriso sul suo
volto.
“Pensavo
che anche tu, come Yuma, soffrissi di una qualche amnesia. Eppure
sembrava
ricordassi tutto della tua infanzia tranne questo.”
Quindi
lui sapeva.
“Avresti
potuto raccontarmelo.”
Shu
chiuse nuovamente gli occhi e sospirò.
Lo
faceva spesso quando voleva chiudere una conversazione o evitare un
argomento scomodo.
Ma
stavolta non avrei mollato così facilmente, non se la
sarebbe cavata con un
“dormi Mitsuko”.
Stavo
per spezzare il cuore a due persone che mi erano molto care, volevo
almeno
scoprire se Shu ricambiasse i miei sentimenti, o se quello che avevo
provato
nella vasca da bagno, e nella stanza col pianoforte, fosse solo frutto
della
mia immaginazione.
“Perché
non l’hai fatto?”
Ancora
nessuna risposta.
“Sei
davvero fastidiosa.”, commentò, avvertendo su di
sé il mio sguardo.
Un
fruscio sulle lenzuola, Shu si stese sul fianco e ci ritrovammo faccia
a
faccia, pochi centimetri a dividerci.
“Speravo
ci arrivassi da sola. E poi… –, prese una pausa.
– E poi volevo scoprire come
mai mi lasciassi dormire con te pur senza conoscere questo
particolare.”
Quindi
era quello il motivo.
“Oh,
capisco.”
Mi
guardò, come se si aspettasse che aggiungessi
qualcos’altro.
“Cosa?”
“Perché
mi hai lasciato dormire con te?”
“Non
è che avessi molta scelta, lo avresti fatto comunque,
no?”
Shu
abbozzò un sorriso.
“Vero.”
Gli
sorrisi di rimando e trascorse qualche secondo in cui nessuno dei due
parlò.
“Ma
oggi sei venuta di tua spontanea volontà.”, mi
fece notare.
Speravo
che non ci avesse fatto caso, era stato un gesto istintivo ma Shu era,
con
tutta probabilità, il miglior osservatore tra i Sakamaki,
perfino più acuto di
Reiji.
Quando
Yuma mi aveva approcciata per la prima volta nel giardino sul retro,
Shu lo
aveva capito immediatamente.
“Perché
sei qui, Mitsuko?”
Non
riuscii a sostenere il suo sguardo indecifrabile, quella vicinanza mi
impediva di
riflettere lucidamente.
L’ultima
volta che avevo provato a parlare apertamente dei miei sentimenti,
Raito mi
aveva fraintesa, non aveva compreso cosa significasse amare qualcuno se
non in
punto di morte.
Mi
si strinse il cuore.
Non
sapevo che concezione avesse Shu dell’amore, ma innamorarmi
di qualcuno che non
sarebbe mai riuscito a ricambiare come avrei voluto mi terrorizzava.
“Come
mai sei tutta rossa?”, domandò
all’improvviso.
Mi
toccai la faccia, rendendomi conto di essere bollente.
“Dev’essermi
venuta la febbre.”
Lui
sollevò un sopracciglio, si trattava chiaramente di una
bugia e nessuno dei due
ci credeva davvero.
Si
protese verso di me e unì le nostre labbra in modo del tutto
inaspettato.
Se
prima ero arrossita, in quell’istante mi sentii andare a
fuoco.
Le
sue labbra erano soffici.
Si
staccò di colpo e mi rivolse un sorriso malizioso.
“Non
credo sia la febbre.”
Solitamente
avrei risposto a tono, ma tutto ciò che riuscii a fare fu
lanciargli un’occhiataccia.
Adorava
trattarmi come una bambina ingenua, tuttavia si era anche deciso a fare
la
prima mossa e questo mi dava speranza nel pensare che ricambiasse i
miei
sentimenti.
Quasi
con fare di sfida, mi avvicinai maggiormente a lui, posando una mano
sulla sua
nuca.
Esercitai
una lieve pressione, proprio come aveva fatto lui in passato, un chiaro
invito
ad avvicinarsi.
Non
oppose resistenza ma fui io a baciarlo per prima.
Mi
avvolse con un braccio e, nonostante la sua pelle fosse fredda, io
continuai ad
avvampare mentre il bacio diveniva sempre più appassionato.
La
sua lingua si mosse sulle mie labbra avidamente, come a volerle
assaggiare
meglio, e pensai mi avrebbe morsa.
Tuttavia
non ci fu alcun morso.
Così
lo feci io al suo posto, mi venne spontaneo affondare i denti sul suo
labbro
inferiore: Shu spalancò gli occhi, allontanandosi un poco.
Mi
fissò incuriosito.
“Che
c’è? –, chiesi con noncuranza.
– Per una volta volevo essere io a farlo.”
Non
appena quelle parole mi scapparono di bocca, abbassai lo sguardo e
desiderai di
essere risucchiata dentro il materasso.
Il
vampiro accennò un mezzo sorriso, giurai di aver visto i
suoi occhi brillare
innaturalmente.
Curvò
la testa, esponendo meglio l’incavo del suo collo.
“Allora
che aspetti?”
Si
aspettava davvero che gli mordessi il collo?
Osservando
il suo sguardo di sfida, capii che era proprio quello che desiderava
facessi e
non mi sarei tirata indietro, non stavolta.
Affondai
i denti nella sua pelle, ma non abbastanza da fargli male, anche se lo
avrebbe
meritato considerate tutte le volte in cui lui (o i suoi fratelli) mi
avevano
bucato la pelle.
Non
potevo credere di avere quel comportamento sfacciato.
Gli
sfuggì un piccolo gemito, quasi inaudibile.
Ma
fortunatamente i nuovi poteri avevano acuito i miei sensi e sapere di
avergli
provocato una sensazione tanto piacevole mi rese quasi orgogliosa.
Lui catturò il mio viso tra le mani e il bacio
che mi diede mi mozzò il respiro.
“Non
dovresti provocarmi in questo modo Mitsuko, non siamo più
dei bambini in un
letto.”
Rimasi
in silenzio, ero perfettamente cosciente che le cose fossero ben
diverse e che agire
in quel modo avrebbe avuto delle conseguenze.
Infatti
temevo si trattasse solo di attrazione fisica, ancora una volta.
Ma
a causa di quelle paure avevo sprecato tanto tempo con Raito, non avrei
commesso lo stesso errore con Shu.
“Lo
so. Ma volevo farlo da un po’ credo...”
Shu
mi osservò sorpreso, poi fece scorrere il pollice sulle mie
labbra,
schiudendole appena.
“Anche
io. –, ammise. – All’inizio ti
consideravo solo una Sposa Sacrificale, ma mi è
bastato dormire con te la prima volta per capire che eri diversa.
Quando mi hai
svelato la tua identità, pensavo di essere affezionato a te
in quanto Ellen.”
La
sua mano scivolò sulla mia guancia.
“Ma
non era solo il ricordo di Ellen a legarmi a te. Mi avevi
già colpito con la
tua indole battagliera. Non siamo riusciti a sottometterti, hai lottato
per
guadagnarti il nostro rispetto e sei riuscita ad ottenerlo.”
Mi
appuntò una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
mentre i miei occhi iniziavano
a pizzicare.
“L’ho
capito quando non volevi più rivolgermi la
parola.”
Stentavo
a credere che Shu mi stesse confessando quelle cose.
Non
aveva mai parlato così a lungo, ne’
così apertamente.
Tutti
i miei timori erano infondati dunque.
“Mi
spiace se sono rimasta chiusa nel mio dolore per così tanto
tempo, non capivo
che-”
Il
vampiro mi zittì con due dita.
“Voglio
solo continuare a baciarti.”, mormorò.
E,
senza farmelo ripetere due volte, lo baciai di slancio.
Con
la consapevolezza di aver sistemato ogni cosa e aver fatto breccia nel
suo
cuore, seppi che nulla di brutto sarebbe potuto più
accadere, ne’ a me, ne’
alla mia famiglia.
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Capitolo 37 *** Capitolo 37 - I will always love you - ***
Capitolo
37 - I will always love
you -
Tre
mesi erano passati.
Tre mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io
avevo
ucciso Karl Heinz.
Eppure mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo
ricominciato
la scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa
principale era la
quantità esorbitante di studio, anche se loro venivano a
trovarmi di tanto in
tanto.
In generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori
amiche,
ogni tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare
il tempo
perso.
Ma immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per
studiare, avevo
notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto spesso lui la “rapiva” per farsi preparare
dei Takoyaki, ma era una scusa
banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva
riconosciuto ciò
che provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava
più di
chiunque altro. Insieme a Natalie.
Era stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a
frequentarsi.
Non che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse
il tipo
di ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un
modo per
non divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura
di
spaventare Natalie e a me andava bene così, almeno per il
momento.
Non mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo
stesso
modo di Yuki.
Avevo
incontrato mio padre un paio di
volte, il Cardinale Williams lo aveva scelto come sostituto del signor
Lee,
quindi lui era divenuto il capo dei Cacciatori qui in Giappone e ne ero
molto
fiera.
Oltre a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le
cose all’interno
della Chiesa.
Aveva deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna
Sposa Sacrificale
sarebbe stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti
in Giappone e ci
saremmo occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione
presa.
Ma
nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi in
solitudine,
cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi poteri ed
evitare
discorsi scomodi con Shu, con Subaru e soprattutto con Ruki.
Al
momento, la villa era completamente immersa nel silenzio, e io iniziavo
a
ritrovare un briciolo di sanità mentale, perché,
dopo tanto tempo, non c’era
alcun tipo di minaccia.
Carla
Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da
fare nel
regno dei Demoni come nuovo re.
E
qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a
repentaglio me, i
Sakamaki, o l’umanità stessa.
In
ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini,
preferivo di
gran lunga dormire la notte, piuttosto che il giorno.
Poter
vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo,
il silenzio che
prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo
dedicarmi allo studio, o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza
che
nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente
avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era
più alcun
incubo ricorrente a tormentarmi.
“Finalmente ho accettato la perdita
di Raito.”,
riflettei con un pizzico di malinconia.
Ma
era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato
nei mesi
precedenti.
Avevo
accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe
rimasto
sempre al mio fianco, almeno nei ricordi.
Nessuno
avrebbe potuto portarmelo via.
Passai
accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone,
ammirando
l’imponente albero che avevo decorato.
Natale
era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei Sakamaki,
alla fine
avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato
si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi
tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti
insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.
Poggiai
il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno
di quella serenità che
avevo conquistato con tanta
fatica.
Il
tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo,
quindi
chiusi gli occhi per qualche istante.
Poi
un istinto improvviso: avevo bisogno di uscire fuori per prendere una
boccata
d’aria.
Così
dopo aver indossato un cappotto, mi avventurai all’esterno.
Ormai
la temperatura era drasticamente mutata e non potevo girovagare con
indosso
solo un maglioncino e dei jeans.
Camminai
nel giardino esterno, senza rendermene conto mi ritrovai nella serra
con le
rose.
Mi
inginocchiai per ammirare meglio quelle dai petali bianchi e tastai il
terriccio,
rendendomi conto che era troppo asciutto.
Subaru
mi aveva insegnato che avevano bisogno di essere innaffiate ogni
qualvolta la
terra nel vaso risultava arida al tatto, mi sorprese che non ci fosse
lui ad
occuparsene.
Così
afferrai l’annaffiatoio verde e bagnai i vasi con un
po’ d’acqua.
“Ne
stai versando troppa.”
La
voce profonda di Subaru mi fece sobbalzare e posai
l’annaffiatoio a terra.
“Scusa,
il terreno mi sembrava un po’ secco.”
Subaru
mi fu accanto in un lampo e lanciò un’occhiata ai
vasi contenenti le rose.
“In
effetti lo era, volevo innaffiarle questo pomeriggio. Non bisogna mai
potarle
quando c’è il sole.”
“Ah.”,
fu il mio unico commento.
Speravo
di rendermi utile, invece avevo solo causato altri danni.
“Mi
dispiace, non lo sapevo.”
Subaru
si chinò a controllare i petali e a tastare il terriccio con
le dita, ignorando
completamente le mie scuse. O meglio, ignorando me
del tutto.
Capii
che non gradiva la mia presenza e non potevo certo biasimarlo per
questo, lo
avevo ferito tante volte e gli avevo perfino ammazzato le rose...
Infilai
le mani nel cappotto e valutai l’opzione di chiedergli come
stesse, lo evitavo
da parecchie settimane e sapevo che non meritava questo trattamento.
Mi
mancava trascorrere del tempo con lui, anche solo osservarlo
silenziosamente
mentre si occupava dei suoi fiori.
Fino
a quel momento ero stata io a mantenere le distanze, ma adesso che
anche lui
non mi gironzolava più attorno mi sentivo vuota, come se
mancasse qualcosa.
Mentre
riflettevo su ciò, mi resi conto che Subaru era sparito nel
nulla e trovarmi
nuovamente da sola in quella serra mi rattristò.
Non
avevo mai provato quella sensazione tanto sgradevole, semplicemente
perché
pensavo che Subaru mi sarebbe sempre stato accanto.
Lo
davo per scontato, ma era ovvio che prima o poi si sarebbe stancato di
quella
situazione e della mia indecisione.
E
il pensiero di averlo perso definitivamente mi feriva nel profondo.
Realizzai
che non potevo immaginare il mio futuro senza Subaru al mio fianco.
E
non solo perché mi ero abituata alla sua vicinanza, lui era
stato l’unico che
mi avesse trattato come una persona con dei sentimenti fin da subito.
Era
stato lui a donarmi quel pugnale nella speranza che riuscissi a
scappare dalla
villa, per non essere trattata come una mera Sposa sacrificale.
Aveva
persino accettato il mio rifiuto, conscio che non avrebbe potuto
prendere il
posto di Raito e nonostante la mia scelta mi era comunque stato accanto.
Gli
piacevo sul serio, e anche se non riusciva a confessarlo ad alta voce,
mi
sarebbero dovute bastare tutte le volte in cui mi aveva protetta o
confortata.
Tutte
le volte in cui si era trattenuto dal mordermi, o aveva assecondato le
mie
richieste.
Mesi
prima avevo perso Raito e sapevo che Ruki nutriva gli stessi sentimenti
nei
miei confronti, quindi, per non ferirlo, avevo deciso di ignorare
quelli di
Subaru.
E
mi ero gettata tra le braccia di Shu, perché volevo scappare
dall’idea di dover
scegliere tra il Mukami e il Sakamaki, io che non avevo nemmeno
superato la
morte di Raito.
Ma
ero stata una sciocca, non ero sicura che anche Shu provasse qualcosa
nei miei
confronti, ma così facendo avevo solo alimentato la
confusione nella mia testa,
quando sarebbe stato sufficiente stare lontano da tutti per un
po’ di tempo e
capire chi volevo ancora al mio fianco.
Chi
non potevo assolutamente perdere.
E
quel qualcuno, in quel momento, era Subaru.
Avrei
chiarito le cose con Shu e con Ruki, adesso dovevo assolutamente
parlare con l’albino,
sempre che non avesse deciso di non rivolgermi più la parola
e sarebbe stata una
decisione lecita, seppur dolorosa.
Corsi
fuori dal roseto, non c’era traccia del vampiro nei dintorni,
così mi diressi
nella sua camera da letto, all’interno della magione, ma
sembrava svanito nel
nulla.
Cercai
in altre stanze e nel farlo mi imbattei anche in Reiji, ma
quest’ultimo
ignorava dove si fosse cacciato il fratellastro.
Il
panico prese il sopravvento.
Forse
era andato via, forse era già troppo tardi. Probabilmente si
era stancato dei
miei silenzi, o di soffrire a causa mia.
Tornai
all’esterno e iniziai a chiamarlo per nome, ma non ricevetti
alcuna risposta e
uno stato di angoscia mi pervase.
Non
potevo averlo perso, non ora che avevo capito di essere sempre stata
legata a
lui, anche quando Raito era in vita.
Mi
accovacciai sul terreno freddo e mi presi la testa fra le mani, mi
sfuggi un
verso frustrato.
Non
riuscivo a credere che Subaru se ne fosse andato per davvero, come
avevo potuto
permetterlo?
Affondai le unghie nel mio braccio e il suolo vibrò
lievemente, ancora non
riuscivo a gestire del tutto i miei poteri e le mie emozioni
influenzavano il
mio autocontrollo.
“Mitsuko…?”
Spalancai
gli occhi, riconoscendo la voce maschile alle mie spalle.
Balzai
in piedi e mi voltai, Subaru era immobile di fronte a me, aveva
un’espressione
preoccupata, ma anche confusa.
“Dov’eri
finito?”
“Stavo
passeggiando nel bosco qui vicino.”
Gli
andai incontro con fare minaccioso.
“Ti
ho chiamato, perché non hai risposto?”
“Sono
venuto appena ti ho sentito.”
Contro
ogni aspettativa, gli afferrai il colletto del maglioncino che
indossava.
“Non
farlo mai più, capito? –, sbottai irata, in
realtà stavo solo sfogando la paura
di averlo perso definitivamente. – Non osare sparire di
nuovo.”
L’albino
mi fissava stralunato, probabilmente chiedendosi se fossi uscita
-completamente- di senno.
Fossi
stata più lucida avrei concordato con lui, ma in
quell’istante mi limitai ad
abbracciarlo di slancio.
“Non
lasciarmi mai più.”, mormorai sul suo maglione,
gli occhi mi pizzicavano in
modo fastidioso.
Subaru
si decise a ricambiare l’abbraccio, intuendo di aver smosso
qualcosa dentro di
me. Dopo un momento di completo silenzio, si decise a parlare.
“Credevi
davvero che avrei potuto lasciarti?”
Mi
scansai appena per fissarlo dritto negli occhi e cercai di ricacciare
indietro
le lacrime.
“Me
lo sarei meritato.”
Il
vampiro esitò un istante prima di rispondere.
“Ho
pensato di andarmene un paio di volte, in passato.”
La
sua confessione mi lasciò di stucco, ma continuai ad
ascoltare in silenzio.
“Avrei
voluto farlo quando hai preferito Raito a me, pensando di non poter
reggere il
rifiuto. E, come un codardo, avrei voluto farlo quando è
morto, perché
immaginavo che non ti saresti mai ripresa, ne’ lo avresti
tradito mettendoti
con uno dei suoi fratellastri.”
Subaru
guardava in basso, mentre ammetteva a voce alta i dubbi che non mi
aveva mai
rivelato e che dovevano tormentarlo da molto tempo.
“Avrei
voluto farlo quando temevo che alla fine avresti scelto Ruki. O
Shu.”
L’ultima
nome mi fece sussultare, come aveva scoperto di Shu?
Sembrò
che avesse letto nei miei pensieri quando riprese il discorso.
“Ho
visto come lo guardavi. E soprattutto come lui guardava te, conosco
quello
sguardo. E ho pensato che odiarti era l’unica soluzione per
dimenticarti e
andar via.”
Mi
strinse maggiormente a sé quando una lacrima
solcò il mio viso.
Piangevo
per rabbia, ce l’avevo con me stessa perché avevo
provocato dolore a così tante
persone, anche se involontariamente.
“Ma
non posso odiarti Mitsuko. Non importa se… –
Subaru tentennò, strinse la
mascella e riprese a parlare. – Non importa se non ricambi
quello che provo. Io
continuerò ad amarti e a starti accanto.”
Le
sue parole mi colpirono profondamente, restai a bocca aperta
perché non credevo
che Subaru fosse capace di esprimere così schiettamente i
suoi sentimenti.
Immaginavo
che possedesse un lato tenero, ma non credevo che lo avrebbe mai
mostrato a
nessuno.
Avrei
voluto scusarmi per come mi ero comportata, ma quello che riuscii a
dire fu
solo:
“Allora
stammi vicino.”
E
lui mi baciò di slancio, prendendo l’iniziativa,
ora che aveva finalmente il
mio consenso.
Lo
baciai di rimando, non c’era tempo da perdere, aveva
aspettato anche fin
troppo.
Era
incredibilmente dolce, mentre mi sorreggeva il viso con entrambe le
mani e
assaggiava la mia bocca.
Sbirciai
il suo volto, aveva gli occhi chiusi e un’espressione serena,
così li chiusi
anche io e decisi di godere appieno di quel momento tanto atteso.
Quando
mi scostai appena per riprendere fiato, Subaru mantenne le mani sulle
mie
guance e il suo sguardo rubino mi fissò intensamente,
mettendomi quasi a
disagio.
“Sei
sicura che è questo ciò che
vuoi…”, domandò incerto, senza smettere
di
fissarmi.
Potevo
comprendere i suoi timori, lo avevo illuso per molto tempo, finendo
sempre per
scegliere qualcun altro, ma mai come in quel momento ero stata sicura
della
scelta presa.
Per
tutta risposta lo strinsi forte a me.
“Sì.”
Subaru
si allontanò inaspettatamente, sfilò la collana
che portava al collo e me la
porse.
“Questa
chiave appartiene alla prigione dove Karl Heinz teneva rinchiusa mia
madre.”
Quella
confessione mi sorprese, finalmente scoprivo la storia dietro quel
pezzo di
metallo.
“La
rubai a Karl Heinz per aiutarla a fuggire dalla sua cella. –,
mi spiegò, ed era
evidente che per lui fosse difficile rivivere quel momento. –
Ma quando mia
madre scoprì che non era stato Karl Heinz a darmela, mi
chiese di ucciderla con
il pugnale che ti ho donato.”
Tenne
lo sguardo fisso sulla chiave e un velo di amarezza riempì
le sue iridi
scarlatte.
“Le
dissi che non potevo ucciderla. E lei si suicidò. Conservo
questa chiave da
allora, è preziosa per me. E voglio che tu la
prenda.”
Subaru
fece per infilare la collana intorno al mio collo, ma io mi ritrassi,
era un
oggetto troppo importante per poterlo accettare.
“Non
posso indossarla…”
Il
vampiro scosse il capo e, con un rapido movimento, sistemò
la collana intorno
al mio collo, accarezzando il pendente di metallo.
“Qui
ho i miei fratellastri, ma mi sono sentito sempre un po’
solo. Tutto è cambiato
con il tuo arrivo, Mitsuko, ora sei tu la cosa più preziosa
che ho.”
Le
lacrime lottavano per non venir fuori, ma mi era quasi impossibile
trattenerle
dopo quello che Subaru aveva detto.
Stretta
fra le sue braccia, seppi di essere esattamente dovrei avrei voluto
trovarmi.
Avrei
costudito quella collana e il mio amore per Subaru.
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Capitolo 38 *** Capitolo 38 - The one who has always stayed - ***
Capitolo
38 - The one
who has always stayed -
Tre
mesi erano passati.
Tre mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io
avevo
ucciso Karl Heinz.
Eppure mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo
ricominciato
la scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa
principale era la
quantità esorbitante di studio, anche se loro venivano a
trovarmi di tanto in
tanto.
In generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori
amiche,
ogni tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare
il tempo
perso.
Ma immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per
studiare, avevo
notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto spesso lui la “rapiva” per farsi preparare
dei Takoyaki, ma era una scusa
banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva
riconosciuto ciò
che provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava
più di
chiunque altro. Insieme a Natalie.
Era stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a
frequentarsi.
Non che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse
il tipo
di ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un
modo per
non divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura
di
spaventare Natalie e a me andava bene così, almeno per il
momento.
Non mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo
stesso
modo di Yuki.
Avevo
incontrato mio padre un paio di
volte, il Cardinale Williams lo aveva scelto come sostituto del signor
Lee,
quindi lui era divenuto il capo dei Cacciatori qui in Giappone e ne ero
molto
fiera.
Oltre a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le
cose all’interno
della Chiesa.
Aveva deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna
Sposa Sacrificale
sarebbe stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti
in Giappone e ci
saremmo occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione
presa.
Ma
nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi in
solitudine,
cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi poteri ed
evitare
discorsi scomodi con Subaru e soprattutto con Ruki.
Al
momento, la villa era completamente immersa nel silenzio ed io iniziavo
a
ritrovare un briciolo di sanità mentale, perché,
dopo tanto tempo, non c’era
alcun tipo di minaccia.
Carla
Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da
fare nel
regno dei Demoni come nuovo re.
E
qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a
repentaglio me, i
Sakamaki, o l’umanità stessa.
In
ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini,
preferivo di
gran lunga dormire la notte, piuttosto che il giorno.
Poter
vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo,
il silenzio che
prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo
dedicarmi allo studio, o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza
che
nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente
avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era
più alcun
incubo ricorrente a tormentarmi.
“Finalmente ho accettato la perdita
di Raito.”,
riflettei con un pizzico di malinconia.
Ma
era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato
nei mesi
precedenti.
Avevo
accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe
rimasto sempre
al mio fianco, almeno nei ricordi.
Nessuno
avrebbe potuto portarmelo via.
Passai
accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone,
ammirando
l’imponente albero che avevo decorato.
Natale
era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei Sakamaki,
alla fine
avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato
si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi
tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti
insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.
Poggiai
il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno
di quella serenità che
avevo conquistato con tanta
fatica.
Il
tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo,
quindi
chiusi gli occhi per qualche istante.
Poi
decisi di fare una passeggiata all’esterno, avevo bisogno di
prendere una
boccata d’aria.
Mi
infilai il cappotto e varcai la soglia d’ingresso, il freddo
mi sferzava il
viso e fui tentata dal rientrare di corsa all’interno della
villa,
accovacciarmi accanto al fuoco e spendere lì il resto dei
miei giorni.
Tuttavia
era da troppo tempo che non mettevo piede fuori casa, fossi rimasta
qualche
giorno di più nella magione mi sarei trasformata in un
ornamento della villa.
Vagai
nel giardino senza una meta ben precisa, nel roseto non c’era
traccia di
Subaru, ultimamente mi aveva scansava come la peste e non potevo
biasimarlo se aveva
deciso di tagliare ogni rapporto con me.
Lo
avevo illuso innumerevoli volte, seppur involontariamente, ma quel
periodo in
solitudine mi era servito a capire che per lui avrei provato sempre e
solo del
semplice affetto.
E
non avevo ancora trovato il coraggio di confessarglielo.
Avrei
voluto giustificarmi dicendo che lui non me ne aveva dato modo, ma
sarebbe
stata una bugia.
In
realtà temevo la sua reazione, aveva iniziato ad evitarmi
ancor prima di
conoscere i miei reali sentimenti nei suoi confronti, figurarsi cosa
sarebbe
accaduto una volta rivelato ciò che provavo.
Almeno
avevo fatto chiarezza sul mio rapporto con Shu, avevo capito di essere
legata a
lui molto più di quel che immaginavo, era un legame che
condividevamo fin
dall’infanzia, ma non c’era alcuna sfumatura
romantica in esso, entrambi ci
eravamo resi conto di provare una sorta di mancanza di affetto che
avevamo
tentato di riempire avvicinandoci, tuttavia, una volta conclusa la
battaglia
contro Karl Heinz le cose erano tornate alla normalità e
così pure il nostro
rapporto.
Nonostante
questo Shu continuava a sgattaiolare nel mio letto di tanto in tanto e
la cosa
non mi infastidiva.
Mentre
percorrevo il viale ricco di arbusti, una voce maschile mi sorprese nel
giardino.
“Ehi.”
Ruki
era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere
all’interno della magione.
Certamente
avevamo ufficializzato l’unione delle due famiglie con
l’invito a pranzo il
giorno di Natale, ma il maggiore dei Mukami non si sarebbe presentato a
casa
Sakamaki senza un valido motivo.
Per
un breve istante immaginai fosse successo qualcosa di grave, non
sarebbe stata
una novità scoprire che qualche terribile evento stava per
distruggere
nuovamente quella serenità che avevo ricostruito con fatica.
Ricambiai
quindi il saluto e aspettai che aggiungesse altro, ma lui si ostinava a
fissarmi
senza dire niente e quel tenermi sulle spine mi preoccupava.
Infine
si decise a parlare.
“Mi
piaci Mitsuko.”
La
sua dichiarazione improvvisa mi lasciò di sasso.
Avevo
immaginato mille motivi diversi per cui si trovasse nel giardino della
villa,
in un orario così insolito e senza alcun invito esplicito.
Era
venuto fin qui solo per questo?
“Ruki-”
“No
aspetta, lasciami continuare.”, mi interruppe prontamente,
l’idea che avesse
perfino preparato un discorso a riguardo mi stupiva ancor di
più.
Così
lo lasciai proseguire.
“So
bene di non aver mai parlato apertamente di quello che provo, ma non ci
sono
abituato.”
Potevo
solo immaginare che sforzo enorme stesse compiendo in quel momento.
Lo
conoscevo abbastanza bene da sapere che il suo orgoglio non gli
permetteva di
essere così sincero verso i suoi sentimenti.
“Però
è giusto che tu lo sappia.”
Indicò
una panchina a pochi passi da noi e mi invitò ad
accomodarmi.
Avrei
voluto dirgli che non era necessario essere così formali ed
era strano vederlo
così educato, considerato che inizialmente mi considerava
come una bestia al
macello, ma quella confessione serviva ad entrambi, finalmente si era
deciso ad
“aprire il suo cuore” e questo mi avrebbe aiutato a
far chiarezza anche nel
mio.
Prese
posto accanto a me sulla panchina in marmo.
“Mi
piaci da quella notte in cui ti ho sentita urlare nel sonno e ti ho
lasciata
piangere fra le mie braccia.”
Ricordavo
bene quella notte, avevo avuto un incubo che in quei giorni era
piuttosto
ricorrente, quello dove mia madre mi chiedeva di scappare e poi veniva
brutalmente uccisa da Karl Heinz, ed io mi ero svegliata tremante e
sconvolta.
Mi
ero domandata spesso perché Ruki mi avesse lasciato piangere
accoccolata al suo
petto.
“Avevo
sempre considerato chiunque inferiore a me e ho pagato
quest’arroganza sulla
mia pelle. Nonostante ciò, quando sono diventato un vampiro
il mio disprezzo
per gli esseri umani è incrementato. Ma quando ti ho vista
così fragile, non ho
pensato che fossi patetica. Ho pensato che avrei voluto
proteggerti.”
Sorrise
amaramente mentre osservava le sue mani.
“Ma
non hai mai avuto bisogno di alcuna protezione.”
Tornò
a guardarmi ed io faticai a mantenere il suo sguardo, le sue parole mi
avevano
scosso nel profondo.
Tempo
addietro, pensavo che quello di Ruki fosse più un capriccio
e non un reale
interesse, il suo comportamento era stato spesso discordante, delle
volte mi
aveva trattata con sufficienza, altre si era preoccupato della mia
incolumità.
Infine,
che ci fosse un interesse da parte sua era divenuto piuttosto chiaro,
ma non
credevo che fosse talmente intenso da fargli mettere da parte
l’orgoglio e
parlare così apertamente di ciò che provava nei
miei confronti.
“Avrei
dovuto dirtelo molto prima, me ne rendo conto.”, concluse
mettendosi in piedi.
“E
non posso biasimarti se quel giorno mi hai rifiutato.”
Avrei
voluto rispondergli che non lo avevo rifiutato, semplicemente mi aveva
preso in
contropiede ed ero troppo confusa per dargli una risposta certa in quel
momento.
Tuttavia
rimasi in silenzio ancora una volta, fin troppo spiazzata.
“Non
mi aspetto che tu abbia cambiato opinione sul mio conto, ma sentivo
l’esigenza
di dirtelo.”
Ruki
mi osservò per qualche istante, poi annuì, come
se avesse confermato a sé
stesso di aver fatto la cosa giusta.
Proprio
mentre si avviava fuori dal giardino, balzai in piedi e chiamai il suo
nome.
Il
vampiro arrestò il passo, senza tuttavia voltarsi ed io mi
aggrappai alla sua
maglietta, temendo che si teletrasportasse via da un momento
all’altro.
“Sono
io a dovermi scusare. –, mormorai. – Hai reso
piuttosto chiare le tue
attenzioni e io ho scelto di ignorarle.”
Ruki
ruotò di poco il capo probabilmente incuriosito dal mio
discorso.
“Inizialmente
per me c’era solo Raito… Ed è rimasto
anche quando se n’è andato, non riuscivo
a non pensare a lui.”
Ero
sicura che questo Ruki lo avesse capito, d’altronde lui era
lì mentre piangevo
sul corpo esanime del vampiro dagli occhi verdi.
“Oltretutto
non eri l’unico a cui ero affezionata.”
Mi
riferivo a Subaru e doveva aver intuito anche questo, poiché
notai il suo volto
adombrarsi.
“Mi
era difficile concentrarmi sulle questioni di cuore quando avevo
scoperto di
avere dei poteri e ritrovato il mio vero padre, nonché uno
dei Primi Fondatori
della razza demoniaca, che reclamava il posto di Karl Heinz.”
Strinsi
la sua maglietta con maggiore foga prima di continuare, stavo per dire
qualcosa
di molto coraggioso e che comprendevo solo in quell’istante.
“Ma
tu ci sei sempre stato. Sei venuto in nostro soccorso quando i
Cacciatori ci
hanno attaccato per la prima volta. E poi mi hai accolto in casa tua
nonostante
non mi dovessi nulla, senza neppure reclamare il mio sangue in cambio.
Hai
deciso di aiutarmi ogni qualvolta ne ho avuto bisogno e hai combattuto
al mio
fianco nonostante ti avessi rifiutato poche ore prima...”
Il
vampiro si scansò, liberandosi della mia presa, e pensai che
quel ricordo
ancora lo feriva, ma quando si voltò per guardarmi, non
aveva più un’espressione
cupa in volto.
Così
ne approfittai per concludere il mio discorso.
“Ma
io non ti avevo rifiutato Ruki. Il giorno in cui mi hai baciata credevo
fosse
sbagliato perché ero ancora innamorata di un altro. E
probabilmente sarò sempre
innamorata di Raito, ma ho capito che non potrei vivere anche senza di
te. Non
mi aspetto che tu mi perdoni per averlo capito solo ora.”
Aspettai
una sua reazione, ma proprio non riuscivo a decifrare il suo sguardo
impassibile.
Ruki
si avvicinò a me improvvisamente, mi scansò un
ciuffo dal viso, proprio come
era accaduto tempo prima nella cucina di villa Mukami, e mi rivolse un
piccolo
sorriso, un sorriso mai visto prima che illuminava i suoi bei occhi
grigi.
“Dovrei
punirti per averci impiegato tanto.”
Sperai
che quella fosse solo una battuta, ma non sapevo cosa aspettarmi da uno
come
Ruki, che fino a poco tempo prima mi paragonava al bestiame.
Ma
era molto diverso da quel Ruki, adesso aveva imparato a rispettarmi, mi
trattava come una persona con dei sentimenti, lui stesso aveva
ricordato di
averne.
Le
sue mani scivolarono lungo i miei fianchi e mi strinse a sé.
“Posso
baciarti?”
Domandò
con tono casuale, in modo del tutto inaspettato.
“Ruki
Mukami che chiede il permesso?”, lo stuzzicai.
“Sai
che mi piacciono le buone maniere.”
Lo
fissai con un sopracciglio inarcato, mi aveva morsa più
volte e perfino rubato
un bacio, non aveva mai avuto bisogno del mio permesso.
“Potrei
rifiutare, dunque?”
Il
vampiro si fece più serio e calò il suo viso sul
mio, i nostri nasi quasi si
sfioravano e il mio cuore batteva forte nel petto.
“Non
oseresti.”
Sorrisi
maliziosamente, sorpresa dalla mia stessa audacia, ma anche io ero
stanca di
aspettare.
Lo
baciai per prima e Ruki rimase di stucco per il gesto improvviso, non
si
aspettava probabilmente che avrei fatto il primo passo, ma nel giro di
pochi
secondi ricambiò il bacio.
Inizialmente
prese il suo tempo per esplorare le mie labbra, ma quel bacio delicato
divenne
man mano più passionale, tanto che dovetti allontanarmi per
riprendere fiato.
Avevo
le guance arrossate e il respiro affannato.
Lui
mi scrutò con attenzione.
“Cosa?”
“Sei
bella.”
Avessi
potuto, avrei nascosto il mio viso con le mani, dovevo essere arrossita
in modo
imbarazzante, ma avevo le dita ancorate alla sua nuca e non avevo
intenzione di
allontanarle di un millimetro.
“Mi
chiedi il permesso, mi fai dei complimenti, non starai
esagerando?”
“Decisamente.”,
rimbeccò Ruki, poi riprese a baciarmi.
E
in quel momento così perfetto, mi sentii protetta e amata.
Nulla
avrebbe potuto distruggere quella serenità,
perché qualsiasi cosa sarebbe
accaduto, io l’avrei affrontato, insieme alla mia famiglia.
Insieme a Ruki.
ANGOLO
AUTRICE
Quindi
eccoci qui al capitolo finale.
Ben
trovati, miei cari lettori.
Con
questo mettiamo fine alle avventure di Mitsuko e dei nostri vampirelli,
siamo
giunti al termine di questa trilogia che prosegue ormai da anni e
mettere la
parola fine mi fa un certo effetto.
Sono
affezionata a questa storia e ad ogni personaggio, che sia mio o
ispirato
all’anime/videogioco, li porterò sempre nel cuore,
come conserverò sempre il
ricordo di tutti coloro che hanno seguito e supportato questa mia
storia,
grazie davvero.
Adesso
starà a voi immaginare come potrebbero proseguire le loro
vite.
Chiaramente
avrei già un’idea su cosa potrebbe accadere dopo,
ma credo che il mio tempo su
questo fandom sia concluso, anche perché, a malincuore, devo
dire che non è più
attivo come una volta, ma auguro un in bocca al lupo a tutti coloro che
continueranno a pubblicare qui e a divulgare la storia dei nostri
sadici ma
adorabili Diabolik Lovers negli anni a venire.
Con
le lacrime agli occhi vi abbraccio, vostra Nephy_
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