Harry Potter and the Eyes Collector

di Sam_Rox88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 1

 

Ron era seduto su uno dei divanetti smessi e disordinati del salotto della tana. Il capo basso, l’aria affranta, e nessun tipo di espressione percepibile sul suo viso. Era più simile ad una statua inespressiva. I gomiti poggiati sulle ginocchia, le dita delle mani intrecciate e il busto portato in avanti. Non si avvertiva nemmeno il suo respiro. L’unico rumore percepibile nella stanza era un singhiozzo strozzato di una ragazza completamente raggomitolata su una poltrona lì accanto. Era seduta con le gambe piegate e nascondeva il viso nelle ginocchia, le braccia a tenersi le gambe e i lunghi capelli lisci e rossi che non lasciavano intravedere nemmeno un centimetro della sua pelle rosea. Continuava a singhiozzare cercando di fare il meno rumore possibile, ma ovviamente non ci riusciva. Una mano le si posò sulle spalle… il ragazzo accanto a lei era piuttosto impacciato nel fare quel gesto, come se non sapesse esattamente cosa fare, e come se non fosse propriamente convinto che quel misero tocco bastasse a tirare su la ragazza. La sua espressione era addolorata, e scuoteva il capo, stringendo il pugno nella mano libera come se non sopportasse che tutto quel dolore dovesse di nuovo invadere la famiglia che gli aveva offerto tanta ospitalità, quasi da considerarlo un figlio. E… non poteva pensarci… tutto… a causa sua! Harry Potter si attribuiva tutte le colpe di quanto era successo a Fred e a tutte le altre persone che tragicamente avevano perso la vita nella grande battaglia contro Voldemort. Nel salotto era presente anche Hermione, dall’altra parte della stanza, in piedi, appoggiata allo stipite della porta, piangeva, ma silenziosamente, come se neanche se ne accorgesse, le lacrime le scendevano rigandole le guancie in modo così naturale. Non riusciva a fermarsi, ma dopo tutto, era prevedibile e alquanto impossibile.

Dopo qualche istante irruppe qualcuno a rompere il silenzio. Hermione, che si trovò il nuovo arrivato alle spalle, quasi sobbalzò. Era Bill Weasley, colui che a quanto pare aveva reagito meglio alla morte del fratello. Bill era sempre stato forse il più duro di tutta la famiglia, nonostante quello che combattesse con i draghi fosse Charlie, eppure Bill era molto forte, e determinato, dopo tutto, si era trovato a lottare anche contro un lupo mannaro assetato di sangue, che gli aveva causato profonde cicatrici in viso rendendolo quasi poco riconoscibile. Il ragazzo dalla lunga chioma rossa, tale da far concorrenza a quella di sua sorella, si posizionò al centro della stanza. Non era allegro di certo, ma sicuramente sereno. Il tono della sua voce suonò calmo e pacato, quasi rassicurante.

- Ragazzi! Siete ancora qui? Sono ore che ve ne state qui seduti… ormai si è fatto tardi, i parenti sono andati già tutti via. E anche per me e Fleur e ora di andare – e si voltò a guardare Hermione che era dietro di lui – Hermione tu…? –

La ragazza anticipò la sua domanda – Resto! –

- Bene! Ron ci pensi tu a preparare la camera a Hermione? La mamma è troppo stanca e Ginny mi sembra sconvolta. Harry tu puoi comodamente prendere la mia vecchia camera, non farti alcun tipo di problema. –

- Grazie Bill. – rispose Harry annuendo debolmente – Ma penso che dividerò come al solito la camera con Ron, non mi dispiace –

Bill annuì ed emise un sospiro di stanchezza – Bene. Allora… ci vediamo a settembre immagino, o nel peggiore dei casi, nelle vacanze di Natale. –

Salutò con un cenno generale tutti e diede una pacca sulla spalla a Hermione quando le passò accanto. Nessuno dei presenti si mosse. I quattro rimasero esattamente nelle stesse posizioni fin quando fu Ron a rompere il silenzio.

- Chissà come sta George… -

- Cosa farà adesso con Tiri Vispi Weasley? – chiese Harry, a quanto pare l’unico minimamente lucido da intrattenere una conversazione.

- E chi lo sa – fece Ron scoraggiato scuotendo il capo, quando sua sorella alzò il capo di botto – DEVE TENERLO! –

Per tutti i presenti fu sconvolgente quella reazione, aggravata sicuramente dallo sconvolgimento di Ginny. Il viso era completamente deturpato dalle troppe lacrime versate, a momenti non le si riconoscevano nemmeno più i lineamenti degli occhi, non aveva un filo di trucco, cosa che la presentava ancor più sconvolta. Inoltre il suo sguardo era addolorato e arrabbiato allo stesso tempo, aveva tanta di quella luce, di quella vita, negli occhi in quel momento che Harry, così come anche Ron, ne rimase colpito. – Non avrebbe senso chiuderlo! E’ stato da sempre il loro obiettivo e l’hanno portato a termine insieme! George deve continuare in questo in memoria di Fred… lui avrebbe voluto che fosse così. E poi non dimentichiamo che quel negozio è davvero un punto di riferimento per Diagon Alley! E’ stato l’unico a non chiudere quando i mangiamorte facevano razzie per la città, ed ha aiutato tante persone ad andare avanti e non scoraggiarsi. – continuò sempre più sconvolta. Doveva essere stato proprio il dolore a far comparire in Ginny tanta determinazione.

Nessuno osò ribattere alle parole della giovane Weasley, anche perché tutti i presenti riconobbero che avesse ragione. Ci furono altri attimi di silenzio e poi parlò di nuovo una voce femminile, questa volta era quella di Hermione.

- Beh io direi… è giunto per me il momento di andare a letto. –

Ron la guardò ed annuì – Porta Ginny con te –

Hermione diede la buona notte ai compagni e voltò le spalle seguita di Ginny che dopo ore abbandonò la sua posizione raggomitolata e distese nuovamente le gambe. Ron e Harry le seguirono con lo sguardo mentre sparivano oltre la porta e salivano al piano di sopra.

 

2 mesi dopo

 

Sole. Era la cosa migliore che si potesse desiderare. Era una splendida giornata di fine agosto e l’estate sembrava non essere mai finita. Harry e Ron erano seduti al tavolo della cucina della tana, mentre la signora Weasley finalmente tornata di buon umore dopo mesi, canticchiava svolgendo mansioni domestiche qua e là e mentre gli utensili da cucina svolazzavano magicamente per la preparazione del pranzo. L’orologio che segnava la posizione dei componenti della famiglia vedeva la lancetta del signor Weasley su “Lavoro”, così come anche quelle di Bill, George e Charlie. Soltanto quelle di Ginny e Ron erano posizionate su “Casa” mentre la freccetta di Fred…

Come la signora Weasley anche Ron ed Harry erano di buon umore. Ron come al solito stava trangugiando la colazione. Incredibile quanta fame potesse avere. Harry era immerso nelle pagine della “Gazzetta del Profeta”.

- Come mai sei così allegro? – fece Harry sorridendo maliziosamente senza mai alzare gli occhi dal giornale.

- Io? ‘adda ghe ‘on ‘ono allego! – disse Ron con la bocca strapiena.

- No? Beh, davvero strano visto che sorridi alla parola Hogwarts! –

Ron ingoiò tutto ciò che aveva masticato e potè parlare liberamente – Beh mi vorresti dire che tu non sei contento di tornarci? –

- Oh… certo… non potrei chiedere di meglio ma… la tua felicità non ha a che fare con la scuola, Ronald. –

- Cosa vorresti dire? –

- Che il tuo sorriso permanente da due settimane sta viaggiando dal Canada per raggiungere la Tana in questo momento – fece Harry che a quanto pare la sapeva lunga, posando finalmente il giornale e bevendo un sorso di the dalla sua tazza.

- Tu stai male amico mio –

- Non mentire, è da quando Ginny ti ha detto che sarebbe arrivata Hermione che hai quell’espressione! –

Ron alzò gli occhi al cielo – Harry Harry Harry… amico mio… come te lo devo spiegare che… -

- Mi ricordo quello che ho visto Ron! – disse Harry che ovviamente si riferiva al bacio tra Ron e Hermione di qualche mese prima.

- Quel bacio… - esordì Ron con cipiglio austero ma poi si rattristò - …beh forse quel bacio per lei non ha significato niente. Non mi ha scritto una sola lettera in due mesi. Ti rendi conto? Due mesi!!! E’ chiaro che vuole evitarmi! Si sarà pentita di aver agito impulsivamente… E io che come uno stupido credevo che… credevo che… - e scosse il capo – bah lasciamo stare. La cosa che mi fa più incavolare è che con Ginny ha intrattenuto una regolare corrispondenza. –

Ad Harry quasi andò il the di traverso – Beh… - fece appena si fu ripreso dallo scampato pericolo – Se proprio ci tieni a saperlo anche a me ha sempre risposto in questi mesi. –

- BENE! – fece Ron abbastanza arrabbiato e cercò di cambiare argomento – Che dice il Profeta? –

- Tutte cavolate, l’ultima che si sono inventati è che da settembre la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure sarà sospesa. Ma ti pare? E quindi non ci saranno più Auror seguendo questa logica! E’ vero che Voldemort è finito ma il male esiste! Non capisco come possano scrivere tali assurdità! E Aberforth glielo permette! Lui è il preside dovrebbe opporsi. –

Sul viso di Ron comparve un leggero sorrisetto – E’ proprio come suo fratello, li lascia parlare i giornali, a lui non frega niente, anzi.. sono convinto che si diverta. E’ un grande! –

- Beh sì, questo non posso negarlo. –

Ed in quel momento dalla finestra entrò volando in picchiata un gufo grigio che lasciò cadere sul tavolo quattro lettere. Ron ed Harry le conoscevano benissimo. Erano le lettere di Hogwarts, rispettivamente le loro e quelle di Hermione e Ginny.

- Oddio, non ci crederai mai amico ma mi è mancato questo momento – esclamò Ron che prese agitato la sua lettera, che era uguale a quella di Harry.

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Aberforth Silente

 

Caro signor Ronald Weasley,

   siamo lieti di informarla che su sua richiesta le è stato concesso di poter frequentare regolarmente il settimo ed ultimo anno presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, a causa dei discontinui e, quanto più, indegni insegnamenti impartiti durante l’anno scorso. La nuova classe del settimo ed ultimo anno comprenderà, oltre agli studenti che come lei, hanno deciso di recuperare l’anno perduto, anche gli studenti promossi del sesto anno che, per evitare ritardi su larga scala, recupereranno le lezioni dell’anno scorso con lezioni integrative. In allegato troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

   I corsi avranno inizio il 1° settembre.

Con affetto,

Minerva McGranitt

Vicedirettrice

 

 

Ron guardò sconvolto la sua lettera – Con affetto? –

- Beh dai dopo tutto ciò che abbiamo passato l’anno scorso, di certo lo sai che la McGranitt stravede per noi – sorrise Harry.

- Per TE vorrai dire –

- Anche per te fidati. Ad ogni modo… hai capito vero cosa significa questo? –

- Che la McGranitt ci farà superare i M.A.G.O.? –

Harry scosse il capo – Ma no! Scordati questo atteggiamento della McGranitt anche a scuola, se si è sbilanciata così è solo perché era sicura che la leggessimo soltanto noi. Ad ogni modo c’è scritto che frequenteremo il settimo anno con gli studenti promossi l’anno scorso. –

- Sì, noi rifaremo interamente il settimo anno, anche perché l’anno scorso ad Hogwarts non ci siamo presentati proprio, mentre quelli del sesto e degli anni precedenti invece di ripetere completamente l’anno, integreranno il tutto con lezioni extra… beh poverini! –

- Già… e chi si troverà quindi in aula insieme con noi? – fece Harry che stava esortando l’amico a capire dove voleva arrivare.

In quel momento entrò in cucina una ragazza dai lunghi capelli rossi. Sorridente. Solare. Aveva un non so che di puro, come se fosse l’essere più innocente della terra. Ad Harry trasmise un calore e una tranquillità immensa nel momento in cui esordì nella stanza. Non aveva di certo dimenticato i sentimenti che lo legavano a lei, ma ancora non aveva trovato il coraggio di parlarle dopo quanto era successo, e ad essere sincero, non sapeva nemmeno se lei sarebbe tornata indietro, se glielo avesse chiesto.

- Oh mio … - esclamò Ron che aveva finalmente compreso.

Ginny si sedette di fronte ad Harry e prese ed aprì la sua lettera. – E ovviamente anche Luna sarà una studentessa dell’ultimo anno. Saremo tutti insieme, non siete contenti? –

Ron le lanciò un’occhiata – Io prevedo solo guai –

Ginny gli fece una smorfia – Ancora nessuna notizia di Hermione? –

- Sei divertente a chiederlo a me sai? Come se io avessi di solito notizie di Hermione! – rispose acido il fratello.

- Sarà – fece Ginny scrollando le spalle e mentre scrutava la lista dei libri di testo dell’ultimo anno, sussultò e si alzò in piedi lasciando cadere all’indietro la sedia – Un momento! –

- COSA? – le chiesero Ron ed Harry all’unisono.

- Manca il testo di Difesa! –

- CHE COSA? – fecero i due ragazzi ancor più sconvolti mentre Harry si apprestava a controllare, e per suo dispiacere notò che la ragazza aveva ragione.

- Non è possibile – disse guardando incredulo la lista – Ma allora il Profeta diceva il vero! E’ pazzesco non possono non insegnare Difesa contro le Arti Oscure! Un domani, dovesse comparire un nuovo Voldemort come ci difenderemo? –

- Harry ti prego, non mettermi ansia – gli fece Ron atterrito.

- Devo scrivere a Silente – esclamò il ragazzo con gli occhiali avviandosi verso il salotto.

- Co… - stavano per chiedergli Ginny e Ron ma non fecero in tempo in quanto era già sparito dallo specchio della porta.

 

 

Ron era sdraiato sul suo letto, le braccia incrociate dietro la testa e lo sguardo a fissare il soffitto. Harry camminava avanti e indietro per la stanza imprecando contro la direzione di Hogwarts per aver sospeso la cattedra di Difesa, ma Ron non lo stava ascoltando, era impegnato a pensare ad altro.

- Non mi ha degnato nemmeno di uno sguardo! –

- Come? – fece Harry che era troppo preso dai suoi discorsi.

- Hermione! Ha parlato con tutti!!! Con tutti… Soltanto con me non ha proferito parola. Né un come stai, né una parola sulle vacanze! Non mi ha nemmeno abbracciato. L’hai vista come ha fatto? Si è limitata a salutarmi appena come se fossi un estraneo! –

- Non vorrei aumentare le tue preoccupazioni ma… effettivamente è strano! –

- E’ strano dopo quello che c’è stato tra noi! Ti rendi conto… Tu… tu… tu non hai idea di quanto passionale fosse quel bacio. Cioè… io non riesco a cancellare quell’immagine dalla mente, e lei in tutta risposta riesce perfino a non parlarmi. Wow! Proprio la stessa considerazione abbiamo dell’evento vero? E dire che è stata lei a buttarmisi al collo. –

Harry scrollò le spalle – Sai, Ron, quelli sono i classici momenti in cui una persona agisce… per paura. –

Ron scosse il capo piagnucolando – No, no Harry non puoi dirmi questo! –

- Guarda che lo sai come la penso. Non escludo che Hermione sia innamorata di te… vorrei ricordarti Lavanda! Ed Hermione che piange sulla mia spalla! Quindi piantala di imparanoiarti e pensa piuttosto a parlarci che sono sicuro avrà le sue buone ragioni per spiegare questo suo atteggiamento. –

Ron sbuffò poco convinto e poco dopo sentirono qualcosa picchiare al vetro della finestra. Harry si voltò e vide un gufo dal colore quasi arancione beccare il vetro della camera di Ron. Corse ad aprire e sfilò la missiva dalla zampa del gufo che volò via immediatamente dopo.

- E’ la risposta di Aberforth! – esclamò e lesse.

Carissimo Harry,

  ti confesserò che la tua lettera riguardante il destino della cattedra di Difesa contro le Arti Oscure non mi ha sorpreso. Sapevo che avresti avuto qualcosa da ridire in merito. Devi sapere che ciò che mi ha portato a questa conclusione è il fatto di non aver più una minaccia costante che ci costringa a tenerci sull’allerti. Adesso, come tu stesso hai espresso nella tua lettera, il male può ripresentarsi sotto qualsiasi forma. Ed infatti, la ragione della mia decisione è un’altra. E’ risaputo che la nascita del male sia provocata dalla conoscenza e dalla curiosità per lo stesso. E, in periodi di ritrovata pace come questo, l’unica attrattiva all’universo della magia oscura è proprio la materia precedentemente insegnata. Riconoscerai tu stesso che un giovane troppo curioso e magari incline all’indisciplina, sarebbe ben felice di provare a fare qualche esperimento studiando maledizioni senza perdono e altri incantesimi proibiti. E questo atteggiamento con l’andare degli anni potrebbe portare a ben altro. Ricorda tu stesso il nome dell’ultimo ragazzo curioso che è diventato potente, Tom Riddle.

  Spero di averti fornito le risposte di cui avevi bisogno. Per quanto riguarda i M.A.G.O. necessari per la professione di Auror, non c’è alcun problema, tutto è stato programmato con il Mistero della Magia che ha elaborato nuovi programmi per gli esami.

  In conclusione, sono felice di saperti nuovamente ad Hogwarts, e soprattutto di essere proprio io colui che seguirà il tuo ultimo anno. Spero di essere all’altezza dell’uomo che ti ha cresciuto per sei anni, mio fratello.

 

Il preside

Aberforth Silente

 

 

- Silente non l’avrebbe mai permesso – disse con forza Harry che ancora teneva gli occhi fissi sulla lettera del suo nuovo preside.

- Non lo so.. come ragionamento non è poi così sbagliato – disse Ron che si era messo a sedere sul letto durante la lettura.

- Non è nell’ignoranza che si crescono grandi maghi. Se non conosci la potenza del tuo nemico, come puoi migliorare il tuo livello? E soprattutto, nel momento in cui il male arriverà come saranno preparate le nuove generazioni di maghi? Me lo spieghi? No, è totalmente assurdo. –

- Non è detto che il male debba tornare Harry, tu sei ossessionato. Appena due mesi fa hai sconfitto Voldemort, non è possibile che da questo momento in poi vivremo una vita serena e spensierata? –

- Ron i maghi oscuri sono sempre esistiti. In ogni epoca. Non vedo perché ora debba essere diverso. –

- E quindi cos’hai intenzione di fare? Metterti contro il preside? –

Harry scosse il capo e riprese a camminare avanti e indietro per la stanza come se stesse formulando qualche pensiero. – Beh, si potrebbe riformare l’ES! –

Ron sbarrò gli occhi – Vuoi di nuovo rimetterti a fare l’insegnante? – e in quel momento gli balenò in testa un’idea e sorrise – Perché non ti proponi tu come insegnante Harry? Saresti perfetto! E in più non mi sommergerai di compiti –

Harry finalmente lasciò andare la tensione e rise alle battute stupide dell’amico.

 

 

Harry, Ron, Hermione e Ginny si trovavano al Paiolo Magico, di ritorno dai loro acquisti a Diagon Alley per l’inizio dell’anno scolastico. C’era abbastanza movimento nel locale e un chiacchiericcio rumoroso…

-  Che cos’hanno tutti da discutere? – chiese Ron

I quattro si trovarono un tavolo ed ordinarono qualcosa da bere quando sentirono involontariamente la conversazione di due maghi seduti pochi metri più in là.

- Senza occhi! Gli hanno trovati senza occhi! E quello di stamattina è il terzo in una settimana – disse un mago da una lunga barba castana e un mezzo naso spezzato, probabilmente da qualche recente combattimento.

- Per la barba di Merlino. Non si può mai vivere tranquilli nel mondo dei maghi. Comincio a pensare che i babbani se la passino meglio di noi. – Affermò l’uomo che gli stava di fronte, un rozzo e grasso omaccione dall’aspetto rozzo e sporco, probabilmente già ubriaco di prima mattina.

- Sicuro. E’ proprio una vitaccia quella dei maghi. –

Harry sembrava parecchio interessato alla conversazione ma voleva capirci di più – Qualcuno ha letto la Gazzetta del Profeta stamattina? –

Hermione ebbe come un sussulto, classica espressione di chi si è appena ricordato qualcosa, e prese il giornale dalla borsa – Eccolo, mi è arrivato ma l’ho messo da parte in attesa di leggerlo –

La strega passò il giornale all’amico che subito aprì la prima pagina e capì di cosa parlavano i due maghi seduti al tavolo accanto.

- Che cosa dice? – chiese Ginny curiosa allungando il collo sul giornale per scorgerne il titolo.

 

CORPI DI TRE MAGHI TROVATI SENZA OCCHI. CRESCE LA PAURA.

 

  Sono ormai tre i corpi ritrovati nel corso di quest’ultima settimana appartenenti a tre maghi inglesi. I corpi delle vittime sono stati scoperti quasi per caso, e sul luogo del delitto non vi è stata trovata traccia di combattimenti o Anatemi mortali. A tutte le vittime sono stati asportati gli occhi, cosa alquanto strana nel mondo dei maghi e di certo con nessun precedente Europeo. Fenomeni di questo tipo si erano registrati anni fa nello Botswana, uno stato del Sud Africa, ma il responsabile di tali omicidi non è mai stato trovato, ci si chiede appunto se esista, se si tratti di una persona esistente, o se ciò che spinge questi maghi alla morte è ben altro. Intervistato sui fatti, il direttore dell’Ospedale San Mungo per Ferite e Malattie Magiche, ha dichiarato che un gruppo di curatori scelti sta effettuando una serie di test per capire se si possa trattare di una nuova forma di infezione magica da non sottovalutare, giunta nel nostro paese, proprio attraverso spostamenti avvenuti lungo il continente dall’Africa.

  In seguito a questi avvenimenti cresce la pura nelle famiglie magiche di tutto il mondo che solo pochi mesi fa hanno applaudito alla vittoria del prescelto Harry Potter e su Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, Lord Voldemort. A quanto pare c’è qualcos’altro là fuori che sta cercando di minare alla sicurezza del mondo magico. L’esperto in questione Hubert Beker non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito.

 

 

Harry smise di leggere e guardò i compagni che si erano accerchiati attorno a lui per ascoltare meglio.

- Amico tu porti sfiga – affermò Ron scuotendo il capo.

- Cosa c’entro io? Questa è la prova che avevo ragione! E noi quest’anno non avremo una difesa. Che bello! Ci pensate? – fece Harry ironico.

- Ad ogni modo nessuno ci dice che ci sia effettivamente qualcosa di pericoloso. Sai a quanto credo alla Gazzetta del Profeta. Saranno anche passati gli anni di guerra ma resta comunque un giornale di gossip – fece Hermione tranquillissima scrollando le spalle.

Per un attimo Ron si voltò a guardarla, sperando in un cenno da parte sua, ma lei appena i suoi occhi incrociarono quelli del ragazzo, li distolse subito. Ron, amareggiato, tornò a guardare Harry.

- Direi che sia il caso di andare adesso non trovate? – propose il giovane dai capelli rossi.

Gli altri tre annuirono ed abbandonarono il Paiolo Magico, dritti verso la tana. Il giorno dopo, sarebbero dovuti partire finalmente per Hogwarts.

 

Continua…

 

Ciao, sono nuova della sezione ma vecchia presenza su EFP.

Che dire? Non potevo più trattenermi dalla voglia di scrivere una FanFic su Harry Potter e così ho ceduto. Premetto che non sono convinta di continuare questa storia, proprio perché non ho mai lavorato con i libri della Rowling, non lo so, è come se non mi reputassi all’altezza. Quindi posto il primo capitolo un po’ come Preview! E cioè… STA A VOI. Ditemi se vi piacerebbe che la continuassi o no e provvederò ad accontentarvi, anche perché mi piacerebbe rivivere l’ultimo anno ad Hogwarts.

Se vi va lasciatemi pure un commentino :D Con questo vi saluto, Sam ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 2

 

Harry era seduto in uno dei vagoni dell’espresso per Hogwarts, un dito puntato dinanzi alle labbra, in una posa tipicamente meditativa, e con lo sguardo assorto sulla testata della Gazzetta del Profeta del giorno prima. Non aveva fatto altro che pensare a quell’articolo per tutto il giorno precedente. Aveva addirittura perso l’entusiasmo di tutta un’estate per il ritorno in quella che era diventata la sua seconda casa. Continuava a fissare quel giornale, senza nemmeno leggerne più le parole, dato che ormai le conosceva a memoria, e intanto, con lo sguardo perso meditava su ciò che potesse esserci dietro a tutta quella questione. Ginny era seduta nello stesso scompartimento, di fronte a lui, e stava leggendo un libro, dato che aveva perso le speranze di poter instaurare una conversazione con Harry per quello che si prospettava essere un lungo viaggio. Quando la ragazza si decise finalmente a distogliere l’attenzione dalla sua lettura, per poter richiamare Harry alla realtà, qualcuno bussò allo scompartimento e sentirono la porta scorrevole scivolare. Una ragazza dai lunghissimi capelli di un biondo che rasentava al bianco, ed un’aria sognante stampata in viso, era in piedi dinanzi a loro; alle sue spalle un giovanotto dall’aria un po’ tonta e guancie rosee ricambiava i loro sguardi sorpresi con un sorriso. Harry finalmente abbandonò l’articolo che tanto l’aveva tenuto occupato in quelle ultime ore, e scattò in piedi. Ugualmente fece Ginny che corse ad abbracciare Luna.

- Neville! Luna! Mi chiedevo dove foste finiti! – esclamò Harry salutando l’amico Neville con una grintosa stretta di mano.

- Oh, ci abbiamo messo un po’ a raggiungervi perché stavo illustrando a Neville il mio programma di quest’anno per quanto riguarda i Carpinucoli Velenosi. – fece Luna con la sua solita aria sognante e un po’ stranita – E’ interessante! Credo che lo inserirò negli argomenti di esame! – concluse sedendosi poi accanto a Ginny, mentre Neville prese posto accanto ad Harry.

Il mago dagli occhiali rotondi sorrise constatando che più che un viaggio ad Hogwarts, sembrava stesse facendo un viaggio nel passato. Alcune cose, come le stramberie di Luna, non erano cambiate.

- E tu Neville? Com’è andata l’estate? – chiese Harry al compagno al suo fianco.

- Oh alla grande! Sono partito per escursione di due mesi. Interamente da solo! Ho effettuato un po’ di ricerche in giro per il paese su particolari tipi di piante magiche! Non immagini quante cose ho scoperto! – fece il ragazzo moro con entusiasmo.

- Oh sì, Neville infatti collaborerà con il Cavillo su alcune delle sue recenti scoperte. Mio padre è entusiasta, non vede l’ora di pubblicare l’articolo! –

- Andate proprio d’accordo voi due, eh? – sorrise Ginny maliziosamente guardando i due compagni.

A tale affermazione Neville abbassò lo sguardo imbarazzato, mentre Luna non colse assolutamente l’allusione, e continuava a guardare per aria come se stesse ammirando qualcosa di volante all’interno del vagone.

 - Ron e Hermione sono nel vagone prefetti? – chiese in fretta Neville per cercare di nascondere il suo momentaneo imbarazzo.

Harry annuì in maniera decisa.

- A proposito – subentrò Luna – avete sentito della cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure? –

Harry scosse il capo contrariato – Non tocchiamo questo tasto! – esclamò in tono irritato – Ho scritto ad Aberforth! Ha nobili intenzioni non c’è che dire, ma il risultato finale è davvero deludente. Non credevo facesse una cosa del genere. –

- E se riformassimo l’ES? – chiese Neville.

- Ci ho pensato. – fece Harry sospirando – Ovvio che ci ho pensato… Ma pensandoci bene… almeno la metà degli studenti che ne facevano parte hanno concluso gli studi. Siamo rimasti in pochi del nucleo originario e dovremmo assoldare nuovi studenti. Ciò significa riprendere dal principio tutte le lezioni. Non faremo molti progressi purtroppo. –

- A me sembra però che tu non abbia più niente da imparare riguardo alla difesa, o mi sbaglio? – fece Neville ad Harry.

- Beh, se è per questo neanche voi. – disse Harry sorridendo agli amici con uno sguardo ricco di stima ed ammirazioni, per i compagni che l’avevano fiancheggiato durante gli ultimi anni della sua battaglia contro Voldemort, senza mai voltargli le spalle. – Ad ogni modo – continuò – il problema non siamo di certo noi, ma coloro che al giorno d’oggi arrivano ad Hogwarts impreparati. Che ne sarà della loro formazione? Non è possibile sospendere la cattedra e ancora non concepisco la scelta di Silente. –

A sentire quel nome Luna e Neville ebbero un attimo di incertezza, furono quasi percorsi da un brivido, perché dava proprio l’idea che Harry si riferisse ad Albus; ne parlava con tanta naturalezza. Quell’attimo di incertezza fu seguito da un lungo silenzio durante il quale nessuno dei quattro parlò, e ciascuno prese a trascorrere il tempo a modo proprio. Ginny sprofondò di nuovo nella sua lettura, Harry tornò a meditare sull’articolo, nonostante i suoi pensieri, adesso, fossero occupati anche dalla questione della cattedra di Difesa contro le Arti Oscure; mentre Luna e Neville si persero nel Cavillo.

 

 

Ron e Hermione erano nello scompartimento Prefetti. Il ragazzo dai capelli rossi se ne stava seduto di fronte alla ragazza castana, e non faceva altro che fissarla, a volte distoglieva lo sguardo per guardare il paesaggio che correva a tutta velocità fuori dal finestrino, per poi tornare di nuovo a posare gli occhi su di lei, che per tutta risposta, non lo considerava minimamente. Hermione era immersa in un libro pesante di 1500 pagine, probabilmente uno dei manuali di testo dell’ultimo anno, ed era talmente concentrata che non distoglieva mai gli occhi da quelle pagine. Sembrava quasi come se Ron non fosse nemmeno lì. Lui, ovviamente, era abbastanza seccato.

- He.. Hermione – la chiamò.

Dalla ragazza non giunse alcun segno di risposta.

- Potresti evitare di ignorarmi? –

- Scusami Ronald, devo assolutamente finire questo volume per quando arriveremo. Non ho tempo. – rispose acidamente lei senza staccare mai gli occhi dall’enorme volume.

- Fa con comodo! – esclamò Ron nervosamente e scattò in piedi uscendo dallo scompartimento e chiudendosi violentemente la porta alle spalle. Pensò di andare a supervisionare la situazione negli altri vagoni, e quindi s’incamminò lungo lo stretto corridoio, quando incappò in colui che mai avrebbe voluto rivedere. Anche quel ragazzo che adesso gli stava di fronte aveva deciso di ripetere l’ultimo anno di scuola dal momento che, come lui, Harry e Hermione, l’aveva perso; ma Ron non se lo sarebbe aspettato minimamente.

- Tu. – esclamò semplicemente il mago dai capelli rossi.

- Chi si rivede, Weasley – gli rispose il biondino in questione.

- Sempre arrogante, vero? Non sei cambiato per niente! –

Draco Malfoy sospirò irritato – Lasciami stare Weasley, non ho alcuna intenzione di perdere tempo con te. –

- Bah, sapessi io – fece Ron che per tutta risposta si ritirò lungo la parete dello scompartimento per fargli spazio. Draco lo superò ma evidentemente il mago dai capelli rossi aveva ancora qualcosa da dirgli – Non credevo di rivederti qui, sai? Credevo che la considerassi una pagliacciata questa scuola, Malfoy. –

Il ragazzo biondo si voltò e guardò con aria di sfida il rosso che gli stava di fronte.

- Ciò che faccio non sono affari tuoi. Ci vediamo, Weasley –

- Vorrei ricordarti che non dovresti fare tanto lo sbruffone Malfoy. Ormai non siamo più tanto diversi visto che la tua famiglia è caduta in miseria. – e fece una piccola pausa – Sei esattamente come me! E il tuo sangue puro puoi tenertelo davvero visto che a quanto pare la tua famiglia si è sporcata di disonore più di qualsiasi altra… quindi pensaci Malfoy, tra i due chi è che va disprezzato adesso? –

Ron aveva buttato fuori tutto d’un fiato, e con fare abbastanza arrogante. Non vedeva l’ora di dire finalmente quello che pensava a Draco Malfoy e adesso ci era riuscito. In tutta risposta il Serpeverde si mosse di scatto e tirò fuori la bacchetta puntandola al naso del Grifondoro.

- Sono un prefetto vorrei ricordarti, così come tu non lo sei più – esclamò Ron senza scostare neanche un muscolo.

Malfoy rimase qualche attimo con il braccio teso e la bacchetta puntata, fin quando non la ritrasse e la portò sotto la tunica.

- Al diavolo. –

E così dicendo si allontanò nervosamente da Ron, svanendo qualche istante dopo lungo il corridoio.

- Che idiota – fu il commento di Ron mentre lo guardava allontanarsi.

 

 

Ron e Harry erano da poco scesi dall’espresso e si stavano avviando verso le carrozze. Lungo il viaggio non c’era stato modo di parlare, e Ron approfittò di quel momento per poter raccontare ad Harry quanto era avvenuto nei corridoi con Malfoy. Harry non sembrava affatto stupito, anzi, anche quella la considerava una prassi naturale di Hogwarts ormai. Draco Malfoy poteva fare tutto ciò che voleva, dal momento che sapeva benissimo che non l’avrebbe più infastidito, non dopo l’enorme debito che aveva contratto con lui quando, con Ron e Hermione, gli aveva salvato la vita; ed era accaduto solo qualche mese prima. Inoltre, Harry non aveva di certo dimenticato che era ancora in vita grazie anche alla copertura concessagli da Narcissa Malfoy, e per questo motivo, non aveva alcuna intenzione di mettersi nuovamente a litigare con suo figlio per delle cavolate assurde. Lui e Draco non sarebbero mai andati d’accordo, erano troppo diversi, questo era un dato di fatto, ma per lo meno potevano provare ad ignorarsi. Ron, invece, non la pensava così. Gli avrebbe volentieri menato se ne avesse avuto la possibilità.

Conclusosi il discorso su Malfoy, erano ormai quasi arrivati alla carrozza quando Ron introdusse un altro argomento di rilevanza per lui in quel momento.

- Ad ogni modo amico, sono un uomo finito. –

- Che significa? – gli chiese Harry non capendo a cosa si riferisse.

- Che significa? Non mi ha rivolto la parola. Nemmeno A. Per tutto il viaggio. E’ stata immersa in quel suo libro perennemente senza mai alzare lo sguardo. Il viaggio ad Hogwarts peggiore che io ricordi. La macchina volante e il Platano Picchiatore in confronto li ricordo con più piacere! –

 

 

La Sala Grande come sempre era gremita di studenti. Harry, Ron, Hermione, Ginny, Neville, Luna e così tutti gli altri studenti, che avevano memoria della rovina di Hogwarts avvenuta al concludersi dell’anno precedente, furono felici di vedere come il castello fosse stato rimesso in sesto in così poco tempo. Il cielo incantato della Sala Grande era terso e ricco di stelle e un chiacchiericcio allegro si levava dai tavoli delle quattro case; mentre percorrevano la lunga sala Harry fu preso da una sorta di nostalgia. Non poteva credere di essere tornato in quel posto tanto speciale per lui, non poteva credere di star rivivendo la stessa magia di sette anni prima, e non poteva credere che dopo tutto quello che era avvenuto nei mesi precedenti, Hogwarts potesse tornare ad essere la dimora accogliente di un tempo. Era come se stesse rivivendo il suo primo anno, quando lui, Ron e Hermione entrarono in quel salone senza comprendere bene a cosa andassero incontro, sorpresi e incantati da tutto ciò che vedevano, soprattutto lui, per quale era una scoperta tutto ciò che fosse magico, e senza sapere ancora che sarebbero stati destinati a diventare grandi amici. Quando si fece un po’ più avanti scorse il tavolo degli insegnanti. Eccolo lì, al centro, seduto sul suo piccolo trono, Aberforth Silente, con un lungo vestito chiaro, dalle sfumature turchesi. Incredibile quanto somigliasse a suo fratello in quelle vesti. Accanto a lui, lei, un punto di riferimento, Minerva McGranitt, e poi Hagrid, Lumacorno, la professoressa Cooman, Fiorenzo, la Sprite, Madama Chips, Vitious e Ruf. C’erano proprio tutti; mancava solo lui… o lei… l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, che purtroppo, molto probabilmente non avrebbe mai conosciuto, semplicemente non sarebbe mai esistito. In quel momento Harry fu sorpreso da un altro sentimento che gli attraversò il cuore e la mente. Era strano, troppo strano, volgere lo sguardo a quel tavolo, e non trovare lui; l’uomo dai lunghi capelli unti, il naso adunco, lo sguardo severo e un’espressione inalterabile: Severus Piton. Colui verso il quale per anni aveva provato solo odio, e per cui adesso provava solo profonda ammirazione. Non sarebbe stata la stessa Hogwarts senza di lui. Ad ogni modo, man mano che avanzava lungo la Sala, insieme ai suoi compagni, anche gli insegnati scorsero la sua presenza. Aberforth gli fece un cenno, la McGranitt aveva stampato un sorriso radioso in viso, mentre Hagrid gli sollevò il calice dedicandogli un brindisi e gli fece l’occhiolino.

- Ben tornati ad Hogwarts! – esclamò Ron entusiasta osservando, come Harry, tutto ciò che avevano intorno con ammirazione e nostalgia.

- Già – si limitò ad affermare Harry.

Una volta preso posto al tavolo dei Grifondoro, la McGranitt diede inizio al consueto rituale, e chiamò a gran voce il Cappello Parlante. Harry e Ron si guardarono senza bisogno di dire nulla, si erano già intesi senza le parole. Il Cappello cantò la sua canzone e poi si passò alla cerimonia dello smistamento, che per quanto fosse un’emozione nel momento in cui ne fai parte, a distanza di anni e vista dall’esterno, era un tantino noiosa. Ad ogni modo i ragazzi accolsero i nuovi Grifondoro e constatarono con piacere che tutti erano entusiasti di far parte della stessa casa del loro eroe, Harry Potter. Il giovane mago già prevedeva appostamenti di suoi fan in Sala Comune, ma non disse niente al riguardo.

Poco dopo iniziò il banchetto ed Harry e Ron poterono constatare quanto in realtà Aberforth fosse differente da suo fratello. Non aveva la sua ilarità, non era gioioso e scherzava molto di meno. Era molto più burbero e scontroso, come se in realtà non gli piacesse affatto trovarsi lì. Harry scosse il capo sconsolato, evidentemente si era illuso di poter rivivere Silente nella figura di suo fratello.

- Ha il suo nome ma… - esordì ma Ron non gli permise di continuare.

- …Silente era unico. Anzi è unico. Lo sarà per sempre.

Harry annuì e cominciò il banchetto. L’abbondanza di Hogwarts era sempre quella che Harry ricordava, e si rese conto che gli era mancata troppo nell’anno in cui era stato assente. Ricordava fin troppo bene i miseri pasti arrangiati da Hermione nel periodo in cui latitavano per il paese con solo una tenda e una borsetta stregata. Seduta al fianco di Harry c’era Luna Lovegood, e di fronte a lei, accanto a Ron, sedeva Neville Paciock. Rispettivamente dall’altro lato di Harry e Ron c’erano Dean Thomas e Seamus Finnigan. Hermione e Ginny sedevano qualche metro più in là. Ron, ovviamente, era ancora più seccato.

- Lo fa apposta ti dico – esclamò con irruenza.

- Ron… ti prego, non davanti a tutta la scuola, calmati. – gli fece Harry con un cenno per fargli capire di contenersi.

- Stiamo superando ogni limite. Arriva a casa mia e mi saluta a stento, ci troviamo in gruppo con te, Ginny o chi che sia, e non mi rivolge la parola, sul treno mi risponde acida dicendomi che non ha tempo per parlare, e adesso addirittura si siede a metri di distanza da noi! Beh, capisco che vuole evitare me, ma in questo modo si allontana anche da te, amico mio. –

- Non posso darti torto, ma non posso rimproverare ad Hermione il fatto che cerchi di ritagliarsi un po’ di autonomia –

Ron parve non aver capito bene – Autonomia? Ma di quale autonomia stai parlando? –

- Beh, dico solo che Hermione è sempre stata con me e con te, senza mai estendere le sue amicizie. In sei anni non ha fatto altro che stare con noi a scuola e questo l’ha penalizzata molto sul piano sociale, non trovi? Prima di tutto ha bisogno di stare un po’ con le ragazze, e credo che Ginny la possa aiutare in questo, e in secondo luogo, riconosci che noi non siamo poi così socievoli. –

- Beh neanche lei! – fece Ron in tono scontroso.

Ma il loro dibattito sullo strano comportamento di Hermione fu interrotto dalla figura del preside che si levò in piedi. Il chiacchiericcio in Sala Grande cessò immediatamente e piombò un silenzio tombale. Aberforth si portò avanti e rivolse uno sguardo ai suoi studenti, esordendo con un colpetto di tosse.

- Dunque… dunque… dunque… Dopo aver gradito questa più che succulenta cena, vorrei ricordarvi il consueto regolamento di Hogwarts, con tutto ciò che è concesso e non è concesso all’interno del castello, fra le altre cose, l’ingresso nella Foresta è proibito ma puntualmente ogni anno sono di più i ragazzi che disobbediscono a tale avvertimento che quelli che si attengono alle regole. Dal momento che parecchi ne sono comunque usciti vivi, immagino non sia poi un pericolo mortale, quindi puta caso vi saltasse in mente di non tener conto del regolamento della scuola, fate bene attenzione. Ovviamente nessuna impresa eroica vi risparmierà da una punizione accordata con il responsabile della casa a cui appartenete, quindi pensate bene a come vi muovete da ora in poi. A parte questo, sono immensamente felice di vedere tanti di voi seduti a questi tavoli quest’oggi. Anche mio fratello ne sarebbe stato fiero. Come ben sapete solo pochi mesi fa Hogwarts era un castello in rovina, deturpato da una violenta battaglia, ma tutti ormai conoscete questa storia quindi sorvolerei… Ebbene il fatto che nonostante tutto ciò che avvenuto recentemente in questo castello, siano così numerosi gli iscritti a quest’anno, è un chiaro segno che Hogwarts non tramonterà mai. Conoscete ovviamente anche le dinamiche didattiche di quest’anno. Gli studenti del settimo anno sono numericamente superiori a quelli degli altri anni, questo perché alla classe regolare, si sono aggiunti anche coloro che l’anno scorso, per ovvie ragioni, non hanno potuto portare a termine gli studi, né tanto meno conseguire i M.A.G.O.. Allo stesso modo, dal momento che l’anno scorso le lezioni non si sono tenute regolarmente, tutti gli studenti di tutti gli anni, eccetto quelli del primo anno, dovranno sostenere delle lezioni extra per recuperare quanto hanno perso l’anno precedente. Su questo punto spero sia tutto chiaro. Gli orari delle lezioni extra vi arriveranno domani insieme all’orario ordinario delle lezioni. In ultima cosa, ma anche questo suppongo sia già di dominio pubblico, quest’anno la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure è stata sospesa, per cui nessuno impartirà quest’insegnamento. Detto ciò, vi do la buona notte e buono studio. –

E con questo Aberforth si ritrasse dal piccolo leggio e abbandonò la Sala dalla porta alle spalle del tavolo degli insegnanti. Ovviamente anche tutti gli altri insegnanti lo imitarono qualche istante dopo, e gli studenti delle quattro case cominciarono a sparpagliarsi confusamente mentre lasciavano i loro posti, e mentre i Prefetti richiamavano la loro attenzioni per portarli nelle rispettive sale comuni. Ron ed Harry si fermarono per aspettare che Hermione e Ginny li raggiungessero, ma quando furono alla loro altezza, Ginny si fermò accanto ad Harry, mentre Hermione schizzò via lanciando solo un leggero – Ciao Harry, ci vediamo in Sala Comune – che si avvertì appena. Ron era sbigottito.

- Ma che le prende? Senti un po’ – fece a Ginny – tu ne sai qualcosa? –

Ginny alzò le spalle – Non chiederlo a me, parlane con lei! –

- Certo che su di te posso fare sempre affidamento, sorellina! –

Ginny gli fece una linguaccia e insieme si avviarono verso la Sala Comune.

 

 

Quando giunsero in Sala Comune non trovarono Hermione, a quanto pare si era già ritirata nei dormitori femminili. Che volesse evitare Ron era ormai evidente.

- Sarà un anno fantastico! – fece sospirando Ron sprofondando in una delle comode poltrone, e immediatamente i suoi nervi tesi si rilassarono – Oh, quanto mi era mancata questa sensazione! –

- Hai notato? – fece Harry sedendosi sulla poltrona di fronte a quella su cui era sprofondato l’amico – Aberforth non ha fatto alcun commento su quanto riguarda i maghi senz’occhi. –

Ron sospirò nuovamente – Amico mio… ma dove la trovi la forza… -

- Voglio dire – continuò Harry come se Ron si fosse dimostrato interessato – non accenna minimamente a quanto sta succedendo… di grave… perché è grave… nel mondo della magia. Non menziona quanto accaduto mesi fa ma sorvola dicendo che tanto tutti conosciamo la storia. Silente… -

Ron lo interruppe – Non è Silente, Harry! Proprio per questo! Non puoi continuare a vivere di confronti tra i due! Silente l’avrebbe fatto, Aberforth no. L’ho inquadrato, è il tipo che… -

- Il tipo che si nasconde! – esclamò prontamente Harry. – Elimina la cattedra di Difesa, non comunica ai suoi studenti dei possibili pericoli che ci sono in giro, non fa alcun riferimento alla battaglia con Voldemort che ha segnato Hogwarts. Ha paura di queste cose! E perciò nasconde tutto sotto il tappeto credendo che così le sventure girano alla larga, ma non funziona esattamente così. –

Ron scosse il capo – Non lo so! Alla fine non è proprio sbagliato come atteggiamento. E’ comunque il preside. Perché far impanicare i propri studenti? E’ anche giusto che i ragazzi siano all’oscuro di determinate cose, lui deve pensare esclusivamente all’andamento scolastico e al rendimento della scuola. Era Silente che invece doveva assoldare il suo esercito, perciò ci voleva preparati. –

Harry aprì le labbra per replicare, ma si arrestò scuotendo il capo, non aveva neanche la forza di ribattere, anche perché un velo di verità in quello che diceva Ron c’era, ma per lui Silente era sempre intoccabile, rappresentava l’emblema della perfezione, quando invece lo stesso Silente gli aveva dimostrato di essere vulnerabile.

- Io vado a dormire – concluse e abbandonò la poltrona sulla quale era seduto per recarsi nel dormitorio maschile.

 

 

Se c’era una cosa che ad Hogwarts era rimasta illesa da agenti esterni, questa era di sicuro l’ufficio del preside. Aberforth si ritrovava allo stesso modo di suo fratello in quell’ufficio che non aveva subito modifiche. Tutto era come l’aveva disposto e voluto Albus Silente. I quadri degli ex presidi della scuola erano sparsi lungo le pareti, e Aberforth stava lì fermo ad osservarli, in particolare quello di suo fratello, con accanto quello di Severus Piton, gli ultimi due grandi presidi che l’avevano preceduto. In quel momento si rendeva conto che aveva accettato l’incarico di preside senza nemmeno sapere bene il perché, forse per onorare la memoria di suo fratello, ma non si sentiva minimamente all’altezza del compito assegnatogli, era convinto che stesse commettendo già tanti errori. Alle sue spalle, Minerva McGranitt lo osservava in silenzio, con le mani strette e le braccia distese lungo il corpo, fin quando finalmente Silente non si decise a parlare.

- Ascolti, professoressa McGranitt – esordì – lei pensa che stia sbagliando a sopprimere la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure? Sa, lo chiedo a lei perché so che mio fratello aveva molta stima della sua persona, e penso che il suo parere sia fondamentale. Lei è l’unica fondamenta secolare di questa scuola, lo sa? –

Aberforth si voltò verso di lei e la McGranitt cercò di nascondere il suo imbarazzo – Lei mi lusinga signor Preside – fece abbassando lo sguardo. No, non ci riusciva, non ce la faceva, non era assolutamente in grado di chiamarlo Professor Silente. Aberforth parve accorgersene e accostò uno strano sorrisetto sul volto.

- Tranquilla, stia tranquilla. – si limitò a dire sedendosi alla sua scrivania. – Ebbene, mi dica, lei cosa ne pensa? –

La McGranitt osservò qualche minuto di silenzio e poi si avvicinò alla scrivania.

- Credo che lei debba ripristinare l’insegnamento, signor Preside. –

Aberforth annuì debolmente.

- Già, e dire che io credevo di fare qualcosa di utile. –

- Non insegnare ai giovani a difendersi non è utile, con tutto rispetto signor Preside – fece la McGranitt con tono autoritario.

Aberforth sorrise divertito.

- Lei è una donna di carattere, professoressa McGranitt. Sono lieto di averla al mio fianco. –

La McGranitt sorvolò sui complimenti e continuò – Inoltre, come può solo pensare di sospendere l’insegnamento di Difesa con i misteriosi avvenimenti che compaiono di recente sui giornali. Qualcosa sta minacciando il mondo magico e bisogna esserne preparati. La fine di Voldemort non ha segnato la fine della magia oscura. Suoi seguaci che seguiranno le sue orme ci saranno sempre. Maghi oscuri affioreranno negli anni, e non sarà sospendendo la materia che lei aiuterà questi giovani a difendersi in futuro. –

La McGranitt aveva sparato fuori quelle parole tutte in un fiato, e Aberforth stette qualche istante in meditazione, con i gomiti poggiati sui braccioli della sedia e le mani poste dinanzi alla bocca, quasi in segno di preghiera.

- Dunque secondo lei dovrei provvedere alla ricerca di un insegnante che possa prendere quel posto? –

- Assolutamente sì – convenne con fermezza la McGranitt.

Aberforth annuì debolmente – Ma chi? – e scosse il capo sospirando – Ci devo pensare, e credo che debba anche sbrigarmi dal momento che domani cominciano le lezioni. Spero che la notte mi porti consiglio. – e alzò lo sguardo sulla donna che gli stava di fronte – Buona notte, professoressa. E’ stata davvero illuminante. Credo che faremo grandi cose insieme! – fece sorridendo mentre la McGranitt non sapeva come reagire a quelle sue uscite da adolescente. Non era proprio convinta che Aberforth fosse all’altezza del ruolo di preside di Hogwarts ma dal momento che c’era, doveva sopportare i suoi modi di fare, benché strambi. Dopo tutto anche Silente aveva un modo di fare tutto suo, ma aveva quel tocco di educazione che in Aberforth era totalmente assente. Senza sapere bene cosa pensare, augurò la buona notte al Preside e si congedò. Aberforth tornò ai suoi pensieri e prese a camminare lungo lo studio proprio come faceva suo fratello, in quella stessa stanza, qualche anno prima. Trovare un nuovo insegnante di Difesa…? Ma chi?

 

Continua…

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 3

 

Il sole era ormai alto su Hogwarts, i suoi raggi colpivano le torri del castello e la luce filtrava dalle finestre del dormitorio dei Grifondoro. Un piccolo spiraglio di luce penetrò sul volto di Harry da una piccola fessura nelle tende del suo letto a baldacchino, quanto bastava per fargli avvertire un lieve tepore e svegliarlo. Si stiracchiò e si strofinò gli occhi, ancora intontito, doveva ancora focalizzare ciò che davvero stava vivendo; sbadigliò; scostò la tenda, essendo pienamente travolto dal sole, e si allungò sul comodino per prendere i suoi occhiali rotondi; adesso vedeva perfettamente. Si guardò intorno… era tutto come l’aveva lasciato due anni prima. Seamus e Dean nei loro letti, ancora addormentati, e Ron che russava nel letto accanto al suo. Le tende dei loro letti che esplodevano di un rosso scarlatto. Era proprio vero, stava cominciando un nuovo anno ad Hogwarts.

 

 

Qualche ora dopo Harry e Ron sedevano al tavolo del Grifondoro, nella Sala Grande, per la loro prima colazione di quell’anno. Accanto a loro Seamus, Dean e Neville.

- Ho paura del nostro orario, non so perché. – esclamò Ron preoccupato, in attesa di quelli che sarebbero stati gli orari del loro ultimo anno.

- Tranquillo, Ron, non sarà niente di più degli anni precedenti. Ormai ci ho fatto l’abitudine ad essere travolto da orari assurdi e sommerso da una valanga di compiti! – gli rispose Harry consumando la sua porzione di porridge.

In quel momento, per quanto fosse possibile, l’espressione di Ron divenne ancor più spaventosa.

- Oh-mio-Dio. –

- Cosa c’è? – gli chiese Harry scrutandolo torvo.

- Ho appena realizzato… oh no! –

- Si può sapere che ti prende? –

- Harry – si decise infine a parlare. Aveva un’espressione sgomenta e il viso pallido come un lenzuolo – Se Hermione continuerà a non rivolgermi la parola… chi mi aiuterà con i compiti? –

Harry lo fissò per qualche attimo attonito, per poi sorridere e tornare a mangiare.

- Chi li farà al posto tuo, vorrai dire! – disse ridendo.

- Beh sì, quello insomma! – e chinò il capo desolato – Sono finito, amico. –

- Io mi auguro che questo sciopero del silenzio di Hermione non duri a lungo. – e prese a guardarsi intorno – A proposito… dov’è? –

Ron scrollò le spalle – Ah lo chiedi a me? Se è per questo è sparita anche mia sorella! –

Harry si ammutolì di botto, scostando lo sguardo dall’amico, ma a quanto pare Ron si accorse di quel movimento.

- A proposito… - esordì - …ma… non sarebbe il caso che tu le parlassi? –

Harry parve scendere dalle nuvole – Ah? Cosa? Con Hermione dici? Sì quando la vedo ci scambio due parole. –

- Mi riferivo a Ginny – gli lanciò un’occhiata allusiva – Quando hai intenzione di dirle tutto? E’ passata un’intera estate… e ancora non le hai parlato? Ma cosa stai aspettando? Che lei rimanga lì in attesa per sempre? –

- Ehi, ehi, ehi! Aspetta un attimo, non me la sento di ricevere ordini da te che non sei nemmeno riuscito a capire perché la ragazza che ti piace ti sta evitando! – fece Harry irritato – Le parlerò quando sarà il momento. –

- Diciamo che stai solo cercando il coraggio. –

Harry finse un atteggiamento diplomatico – Mmh… sì… diciamo che devo trovare le parole giuste. –

Ron scosse il capo non credendo ad una sola parola dell’amico, quando finalmente arrivarono Ginny ed Hermione, che si sedettero poco distanti da loro.

- Ciao ragazzi. – esordì Ginny squillante.

- Harry – fece Hermione in tono di saluto, mentre prendeva posto accanto a Neville – Neville – continuò facendo la sua sfilza di saluti e il suo sguardo si fermò per un attimo su Ron, che sembrava avere l’aria di chi è in attesa di qualcosa. Per un attimo fu presa da un forte imbarazzo e balbettò ma cercò di non darlo a vedere – Ro.. Ronald –

- Hermione – fece lui con la stessa freddezza presentata dalla ragazza, un po’ deluso.

- Tutto bene? – chiese Ginny in tono generale.

- Gli orari non ci sono ancora stati assegnati. – cominciò Harry – Ma tu piuttosto, come farai con le lezioni extra? –

- Non so ancora bene di che si tratta ma spero mi lascino almeno il tempo per respirare! Avrei preferito ripetere l’anno piuttosto. – fece la ragazza dai lunghi capelli rossi servendosi la sua colazione.

- Beh… pensa che Hermione sarà messa più o meno come te visto che è praticamente nei M.A.G.O. di quasi tutte le materie! – aggiunse Harry sorridendo e si rivolse all’amica – Ma almeno hai deciso che carriera intraprendere? –

Hermione era letteralmente sprofondata nella Gazzetta del Profeta e sembrava ascoltare a malapena.

- Harry… - fece in tono preoccupato – …ne hanno ucciso un altro. – annunciò.

- Che cosa? – le chiese istantaneamente Harry scattando sul giornale.

Hermione aveva ragione. La Gazzetta del Profeta riportava la notizia di un altro misterioso omicidio e di un ennesimo mago dagli occhi usurpati.

- Gli hanno cavato gli occhi – sottolineò Hermione.

- E noi sempre senza cattedra di Difesa – sospirò Ron.

- Che assurdità, perché Aberforth non ce ne parla? – contestò Ginny contrariata.

- Lo fa per difesa. Lui vuole che noi studenti brancoliamo nel buio! – aggiunse Hermione.

Harry scosse il capo e stava per controbattere quando davanti a ciascuno di loro cadde una pergamena che profumava ancora di nuovo. Tutti aprirono la propria e scoprirono i loro orari. A giudicare dalle loro espressioni, nessuno sembrava particolarmente felice.

- Sono finita! – esclamò Ginny sospirando. – Ho le lezioni extra ogni pomeriggio dalle 16 alle 18; oltre all’orario consuetudinario che è osceno! Non studierò mai di questo passo. –

- E in più c’è il Quidditch… - aggiunse Harry.

Gli occhi di Ginny in quel momento si spalancarono, come se Harry le avesse appena scaraventato addosso un macigno.

- Oh mio Dio, me ne ero completamente dimenticata! Il Quidditch! – e imprecando si riversò completamente sul tavolo.

- Se vuoi… posso prestarti una giratempo! – esclamò Hermione, conoscendo bene i sentimenti che doveva provare Ginny in quel momento. A quelle parole la giovane Weasley si rialzò, ricomponendosi.

- Credo non ci sia altra soluzione. Ne parlerò con la McGranitt! –

- A voi com’è andata? – chiese Hermione, guardando Harry, ma Ron non poté far a meno di notare che in quel “voi” doveva esserci anche lui.

- Non male – esordì Harry – le solite due ore di Pozioni non mancano mai! Adesso abbiamo Trasfigurazione e dopo Incantesimi. Senza Difesa quest’orario è completamente vuoto. –

- Avremo il tempo per allenarci almeno! – aggiunse Ron il cui pensiero principale era sempre stato il tempo per il Quidditch.

- O per andare a trovare Hagrid. – propose Harry – Che ne dite di passare oggi pomeriggio? Dopo l’ultima lezione? Hermione tu cos’hai? –

- Finisco presto. L’ultima è Antiche Rune – rispose la giovane Granger.

- Neville, tu sei dei nostri? – chiese Harry al compagno che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

- Mi piacerebbe, ma devo discutere alcune cose con la professoressa Sprite… sai… per quelle ricerche di cui ti ho parlato ieri. – disse in tono mortificato il ragazzo dall’aria tonta.

- E Ginny tu… - disse Harry in tono incerto, sapendo benissimo  che la povera Ginny era costretta a seguire fino alla sera.

- Ah… non vi preoccupate per me. Andate pure, magari portatemi i miei saluti. –

- Beh… direi che è il caso di andare a Trasfigurazione o la McGranitt ci ammazza se ritardiamo il primo giorno. – disse Ron alzandosi dal tavolo e aspettando che Harry e gli altri lo seguissero.

Insieme i Grifondoro dell’ultimo anno si avviarono verso l’aula, anche se l’entusiasmo di Harry per l’inizio del suo primo giorno era stato di nuovo messo in ombra dalla comparsa di quell’articolo. Era avvenuto un altro omicidio, e la cosa sembrava passare inosservata senza preoccupare nessuno, specialmente il Preside. Avrebbe dato di tutto per sapere di più su ciò che stava accadendo in realtà; non riusciva a darsi pace.

 

A giudicare dal fatto che era mancato per un anno da quella scuola, e che recentemente vi era stata una vera e propria guerra al suo interno, l’aula di Trasfigurazione era sempre la stessa. Ogni cosa era al suo posto, e perfino la professoressa McGranitt era esattamente la stessa di quando lui e gli altri la conobbero per la prima volta. Harry amava terribilmente il fatto che fosse così. Era seduto accanto a Ron al terzo banco, mentre Ginny ed Hermione sedevano in prima fila, a separarle da loro Neville e Calì Patil; in fondo all’aula Seamus e Dean e, a qualche banco di distanza, alla loro destra, sedeva Lavanda Brown. Lei e Ron non si erano mai più parlati dopo ciò che era accaduto durante il sesto anno. Ron sembrava essere tranquillissimo nei confronti di Lavanda, ci avrebbe volentieri scambiato qualche parola, se lei non lo evitasse completamente, facendo finta che non esistesse. Harry notò che l’accanita sostenitrice della professoressa Cooman stava guardando verso di loro, e si voltò per capire se Ron se ne fosse accorto, ma il rosso al suo fianco non faceva altro che scrutare le spalle e i capelli di Hermione, non discostava neanche per un attimo gli occhi da lei. Lasciandosi all’osservazione della classe si rese conto che la maggior parte degli studenti non era molto attenta a ciò che stava spiegando la McGranitt; lui stesso non stava ascoltando una sola parola. Guardò la sua insegnante, e decise allora di alzare la mano.

- Sì? Signor Potter? – gli concesse la parola.

Harry cercò di mantenere un atteggiamento composto, ma dopo gli avvenimenti vissuti l’anno precedente, i banchi di scuola gli stavano stretti.

- Professoressa McGranitt, scusi se glielo chiedo ma, lei saprebbe dirci qualcosa riguardo ciò che sta succedendo in questi ultimi giorni? Mi riferisco ai misteriosi omicidi che si stanno susseguendo nel mondo magico. Il Profeta non fa che parlarne eppure Aberforth non si è espresso in merito. –

La professoressa McGranitt restò qualche secondo stupita, guardando il giovane mago che sembrava sapere sempre più di quanto gli fosse dovuto. Avrebbe giurato che la scuola di Hogwarts non aveva più niente da insegnare al signorino Harry Potter. Dopo i primi istanti di titubanza, l’insegnante si riprese e cominciò a camminare in modo diplomatico tra i banchi dei suoi allievi.

- Ecco, signor Potter, lei ha sollevato una questione interessante. E’ vero, sì, ci sono stati degli omicidi e credo che tutti in questa classe siate abbastanza grandi per poter leggere i giornali da soli; dunque, a nessuno di voi sarà sfuggita la notizia. Eppure, io non posso dirvi nulla più di quanto è scritto sul Profeta, signor Potter. Purtroppo, e me ne rammarico tantissimo, questi omicidi stanno avvenendo in circostanze davvero misteriose, e nessuno credo che sappia darvi una soluzione. Per quanto riguarda il signor Preside, credo non abbia comunicato nulla in merito in quanto trattasi di materiale non accademico. Ad Hogwarts non siamo tenuti ad occuparci di tutto ciò che avviene nel mondo magico. Nostra prerogativa è l’insegnamento della magia. –

- Ma… Silente… -

A sentire quel nome la McGranitt ebbe come un sussulto, e non aspettò che Harry portasse a conclusione quanto stava per dire.

- Il professor Silente era tenuto a parlarvi di ciò che riguardava Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato perché i suoi progetti miravano ad una persona che risiedeva in questo castello! Se mai il suo potere avesse raggiunto la scuola, era giusto che ciascuno di voi ne fosse informato. Ciò che sta accadendo oggi, invece, non toccherà Hogwarts. –

Harry fu colpito dalla determinatezza con la quale gli rispose la professoressa, ma era sua caratteristica essere più testardo di chiunque altro.

- Il Profeta diceva che ci sono stati dei precedenti, in Africa. Dunque non è un fenomeno totalmente sconosciuto. Qualcuno deve pur sapere qualcosa. –

- Questo non so dirglielo. – aggiunse infine la McGranitt che aveva acquistato nuovamente un tono pacato. Si vedeva chiaramente che per lei la conversazione era terminata – Se non vi dispiace, adesso tornerei alla Trasfigurazione Completa prima che suoni la fine dell’ora. –

Harry non aggiunse altro e si voltò verso Ron che lo scrutava dal basso; era chinato sul banco. Tornò a guardare in avanti e vide che Ginny ed Hermione si erano voltate verso di lui. Scostò lo sguardo, non aveva la benché minima voglia di giustificarsi, tanto meno con i suoi amici.

 

 

Harry e Ron stavano appunto uscendo dall’aula di Trasfigurazione per raggiungere quella di Incantesimi, quando furono accostati da Neville.

- Harry! – lo chiamò – Comunque volevo proprio dirtelo! Hai fatto bene a chiedere spiegazioni alla McGranitt sulla faccenda dei maghi senz’occhi! E’ giusto che se ne parli! Soprattutto a scuola!! Non temere amico sono con te! – aggiunse, infine, allontanandosi dopo aver dato una sonora pacca sulla spalla all’amico.

- Grazie, Neville. – esclamò Harry un po’ sorpreso, e si voltò verso Ron – Beh, almeno c’è chi mi appoggia! –

- Lo sai che io sono sempre dalla tua parte! – gli fece Ron in tono di rimprovero, come se Harry stesse insinuando il contrario.

- Beh, l’importante è saperlo! –

 

 

Terminate le lezioni, Harry e Ron erano in piedi fuori l’aula di Antiche Rune, in attesa in Hermione.         

- Ti prego, smettila di crogiolarti per quell’articolo. – esordì il rosso che non sopportava di vedere Harry sempre immerso in qualche pensiero.

- E tu smettila di crogiolarti per Hermione e parlarci. – rispose Harry in tutto tono.

- Beh, lo farei volentieri se non fosse lei che mi evita. –

- Questa volta non potrà scappare, siamo solo noi tre. –

- Se pensi che è riuscita a scapparmi anche quando eravamo solo in due! –

In quel momento Nick-Quasi-Senza-Testa passò lungo il corridoio e salutò i due ragazzi, volteggiando via.

- A volte me ne dimentico. – ammise Ron riferendosi al fantasma.

- Io mi stupisco che siano rimasti durante la gestione Mangiamorte. –

In quel momento le porte dell’aula di Antiche Rune si spalancarono e ne uscirono una ventina di ragazzi e ragazze in tunica scura. Harry e Ron tentarono di scrutare Hermione, ma fu inutile, dato che la loro compagna era l’ultima della fila. Raggiunse subito i due ragazzi, accompagnata dalla sua distintiva montagna di libri.

- Eccoci, allora? Andiamo? –

 

 

Bussarono alla porta della capanna di Hagrid, rimessa in resto, dopo l’incendio di un anno prima, e attesero che il mezzogigante venisse ad aprire. Qualche istante dopo l’enorme sagoma di Hagrid si stagliò sulla porta, e dalla sua espressione, si comprendeva benissimo che era felicissimo di vederli.

- RAGAZZI! –

Prese letteralmente Harry tra le braccia e lo stritolò, anche se era ormai un mago maggiorenne, non poteva far a meno di trattarlo come se fosse ancora il bambino che aveva conosciuto 7 anni prima. Allo stesso modo manifestò il suo affetto per Ron e Hermione, mentre Thor provvedeva a saltare addosso ai ragazzi, festosamente.

- Che piacere vedervi! Prego, prego! Entrate. – e si scostò facendo strada ai tre – Non fateci complimenti, fate come a casa vostra! Proprio come ai vecchi tempo, vero? –

E si sedette su uno dei suoi sgabelli. Harry, Ron e Hermione lo imitarono, e solo quando si furono seduti notarono che Hagrid stava armeggiando con una strana creatura. Aveva abbastanza peli, lungo tutto il corpo, tanto da lasciare agli occhi solo un piccolo spazio necessario per vedere. La bocca era praticamente mimetizzata in quell’immensità di pelo, non aveva le orecchie, e perfino le zampe gli si vedevano a stento.

- Hagrid – esordì Hermione in tono sospetto – Che cos’è quello? –

- Questo qui? Oh lui è Pocy! E’ un cucciolo di Medhal. –

- Pocy? – chiese Ron con un’aria alquanto disgustata.

- Medhal? – fece invece Harry colpito di sicuro di più dalla specie animale, che non dal suo nome.

- Prima di tutto! – esordì Hermione che non aspettò le risposte – E’ considerato legale possederne uno?! –

- Ehi! Ehi! Ehi! Quante domande! Calmi… Ci risponderò uno per volta. – e accarezzò il piccolo batuffolo nero – Come dicevo, lui è Pocy! Sono stato io a darci il nome! E’ un Medhal! Sono creature magiche assai rare… e preziose! Tutti li cercano! Ma io sono stato fortunato. Un mio caro amico ne aveva un intero allevamento! Ci siamo conosciuti al mercato delle creature magiche, io e Karl. Lui però dice che non ci ha più il tempo di prendersi cura di queste piccole bestioline! Quindi ha chiesto a me se potevo farlo al posto suo! Mica scemo Hagrid, che si lascia scappare un’occasione! E così mi ha mandato Pocy, ma presto ci arriveranno anche i fratelli! Saranno una ventina di Medhal in tutto! –

Ron, Harry e Hermione ascoltarono tutto il racconto, senza esser minimamente sorpresi. Hagrid era solito trafficare con strani animali.

- Non hai risposto alla mia domanda! – sottolineò Hermione – E’ legale? –

- Oh… certo che sì! Posso mai fare qualcosa che non sia legale io?! – disse ridendo continuando a coccolare il suo Pocy.

I tre gli lanciarono un’occhiataccia allusiva, memori di numerose disavventure vissute con le strane creature di Hagrid.

- Se non lasciavate Cura delle Creature Magiche ci sapevate anche voi dei Medhal! Sono argomento dell’ultimo anno! Ve l’ho detto! Sono straordinari! –

- Non ne sono molto convinto, ma ti credo sulla parola. – esclamò Ron osservando curiosamente la strana palla di pelo.

- Allora! – esordì Hagrid dimenticandosi per un momento del suo cucciolo – Voi che mi dite? Com’è tornare ad Hogwarts? –

- Grandioso! – rispose Harry – A parte, che ci sono determinate cose che preferivo prima. –

- Quali cose? –

- Aberforth! –

Hagrid annuì debolmente – Eh brutto tasto che stai toccando! Inutile dire che… -

Ma i tre ragazzi finirono la frase per lui, in tono cantilenante - …Aberforth non è Silente! –

- Non ci somiglia per niente! – aggiunse Hagrid.

- Dunque anche tu non ci hai legato più di tanto. – concluse Harry e il mezzogigante scosse debolmente il capo, al che preferì cambiare argomento – Hagrid ma tu hai sentito cosa sta accadendo in questi giorni? I maghi senz’occhi? –

L’espressione di Hagrid divenne solenne.

- Certo! E come non sapere! Il Profeta scrive tutti i giorni! –

- E… secondo te? Cosa potrebbe esserci dietro?! –

- Beh, di certo non quella massa di barbari seguaci di Colui-Che-Non-Doveva-Essere-Nominato, come ho sentito dire da qualcuno! Ci girano tante voci in questi giorni! Ad Hogsmeade, ai Tre Manici di Scopa, non si parla d’altro. –

- Davvero c’è chi crede che possano essere i seguaci di Voldemort? – chiese Hermione.

- Oh sì! E c’è di più… vedete… io ci so di queste cose perché frequento certi posti… perché il Profeta non scrive tutto ciò che ci occorre di sapere! –

Harry sembrò abbastanza interessato a quest’ultima affermazione.

- Cosa? Che cos’è che il Profeta mette a tacere? –

- Oh tante cose! Ad esempio, non ci sono solo omicidi legati a questa storia. Tanti altri maghi sono vivi, hanno solo perso la vista. –

- Dici sul serio? Quindi in realtà sono dei testimoni! –

- Sì ma il Ministero li chiama continuamente e ci fanno milioni di domande per capire cosa è stato a toglierci la vista. Altri maghi invece hanno perso i loro poteri! Ce ne sono stati un paio la settimana scorsa. Adesso sono maghinò. –

Harry si scambiò un’occhiata con Ron e Hermione.

- Ma perché il Profeta non ne parla? Cosa c’è di scomodo? –

- Ci hanno paura che scoppi una rivolta. Ti ci vedi tutti i maghi a perdere i poteri? O peggio, a pensare che ci possa accadere anche a loro? Per questo il Ministero tiene tutto nascosto. –

- Ma certo! Non vogliono che si dilaghi nel caos. – terminò Hermione.

Ma Harry, dopo aver sentito queste cose, era sempre più convinto di una cosa.

- Beh, io a maggior ragione penso che ne dovremmo essere informati! Non ha senso tenere l’intera scuola all’oscuro con tutto ciò  che sta accadendo! – e guardò Hagrid – Ma poi cosa ci assicura che questi fenomeni siano collegati? –

Hagrid alzò le spalle – Beh, ci sono stati tutti insieme! E poi, le stesse cose erano già successe in Africa qualche tempo fa! –

 

 

Il resto della permanenza da Hagrid non fu molto produttivo, e dopo una decina di minuti, i ragazzi abbandonarono la capanna. Stavano appunto risalendo lungo il viale per il castello.

- Non riesco a crederci. – affermò Harry.

- Che vuoi fare adesso? Vuoi metterti ad indagare personalmente? – gli chiese Ron.

- Come minimo! –

- Lo sospettavo. – disse il rosso sospirando e scuotendo la testa – Ma… dico io… per una volta che una minaccia non rincorre te, non potresti tenertene fuori? –

- Io non ce la faccio a starmene con le mani in mano mentre la gente muore così, e per giunta, se non se ne conosce neanche la ragione. –

- Hai già lo spirito da Auror tu, vero? – gli fece Hermione sorridendo – Per te è una vocazione, non riesci proprio a non ficcarti nei guai. –

Harry guardò l’amica e ricambiò il suo sorriso – E se non mi sbaglio, voi due non avete fatto altro che seguirmi in questi anni! –

- E sarà fatto anche questa volta. – aggiunse Hermione, come se fosse una cosa ovvia.

- Mai detto il contrario! – fece Ron, con l’aria di chi preferiva di gran lunga stare alla larga dai guai – E dire che pensavo di essermela scansata… almeno l’ultimo anno! –

- Soprattutto l’ultimo anno, Ron. – aggiunse Harry scherzando – Piuttosto che ore sono? –

- Sono quasi le sei. – gli fece l’amico dai capelli rossi.

- Bene! Ginny avrà quasi finito la prima delle lezioni extra! Vado a prenderla. Ci vediamo dopo in sala comune! –

E così dicendo scattò in avanti lasciando i due amici da soli. Immediatamente piombò un imbarazzante silenzio. Ron alzò gli occhi al cielo e quasi maledisse Harry per averlo lasciato in quella situazione, ma si rese conto che quello era il momento ideale per parlarle.

- Ascolta Hermione… – esordì, ma prima che potesse aggiungere altro, Hermione cominciò a camminare più velocemente.

- Mi dispiace Ron, ho un’intera traduzione da completare per domani e per di più ci sono le esercitazioni assegnateci dalla McGranitt e il tema di Incantesimi, non posso proprio… -

Ma questa volta fu il ragazzo ad interromperla, correndole dietro e bloccandola per un braccio.

- Hermione! Ho bisogno di parlarti! –

La ragazza lanciò un veloce sguardo alla presa del ragazzo stretta sul suo braccio, e poi spostò gli occhi su di lui.

- Ron… -

Ma Ron la interruppe di nuovo.

- Prima di tutto, vorrei sapere perché mi stai ignorando? Sono passati due mesi, Hermione, due mesi, e non ho ricevuto un solo gufo! Se non fosse per Ginny che vive con me, con la quale hai intrattenuto un’assidua corrispondenza, mi sarei chiesto dove fossi finita! –

- Ron è che… -

Ma il ragazzo continuò.

- Per giunta... arrivi a casa mia e non mi degni della benché minima attenzione! Sul treno… non una parola! Mi eviti a pranzo, a colazione, a cena! Beh, per tua sfortuna, Hermione, siamo nella stessa casa e abbiamo un migliore amico in comune, quindi sarai costretta ad avermi fra i piedi a quanto pare! Che ti piaccia a no! –

- Ron, io… -

- E soprattutto… non pensavo di meritarmi questo trattamento dopo quello che è successo due mesi fa! –

Hermione tentò per l’ennesima volta di replicare, ma per quanto ci provasse, rimase a bocca aperta. Ron le lanciò un’ultima occhiata, con una punta di delusione, e finalmente mollò la presa dal suo braccio e s’incamminò verso il castello con un’andatura nervosa, lasciandola indietro. Lei non poté far a meno che vederlo allontanarsi, chinò il capo, desolata, ma non ebbe la forza di raggiungerlo.

 

 

Ginny era appena uscita dall’aula della sua prima lezione extra, stava chiacchierando rumorosamente con le sue compagne di corso, quando la ragazza al suo fianco le fecce un cenno con il capo, accompagnato da un sorrisetto ammiccante.

- Ehi Ginny, guarda chi c’è! Quanto scommetti che è venuto qui per te? –

La giovane dai capelli rossi si voltò nella direzione indicata dall’amica, e trovò Harry, lì ad aspettarla, appoggiato ad una delle colonne che recintavano il cortile. Le sorrise, e lei ricambiò.

- Ci vediamo dopo, ragazze. –

E corse verso Harry. Senza nemmeno spiegarsi il perché, lo abbracciò. Gli sembrò quasi naturale. Lui, un po’ sorpreso, ne fu immensamente felice, sprofondò quasi in quell’abbraccio, e senza perdere tempo le cinse la vita con le braccia. Non erano stati così vicini da tempo, forse si erano abbracciati in quel modo quando lui era arrivato alla Tana, ma dopo di allora, avevano avuto un rapporto piuttosto distaccato. Sciolsero l’abbraccio, ed Harry fu contentissimo di notare che non vi fosse il minimo imbarazzo tra di loro.

- Come mai da queste parti? – gli chiese Ginny, mentre si incamminavano verso la sala comune di Grifondoro.

- Beh, volevo vedere se eri sopravvissuta al primo giorno! –

- Come puoi vedere… sì! E da Hagrid? Com’è andata? –

Harry s’incupì un istante, non voleva tirare nuovamente l’argomento omicidi in mezzo, soprattutto perché stava finalmente avendo una conversazione da solo con Ginny. Decise di rimandare a qualche altra volta il racconto su tutto ciò che Hagrid sapeva riguardo a quella faccenda.

- Hagrid sta bene! Pensa… ha un nuovo animaletto! –

- No, non mi dire! – fece Ginny sorridendo – E che sottospecie di brutto mostro è? –

- Oh, guarda che è abbastanza carino per essere un animale di Hagrid! Si chiama Pocy! –

Ginny guardò sott’occhi Harry ed entrambi scoppiarono in una sonora risata.

- Non ci posso credere! Hagrid è un grande! – esclamò la ragazza.

Harry annuì e la conversazione calò improvvisamente; ci fu un attimo di silenzio che Harry decise di sfruttare a suo vantaggio.

- Ascolta Ginny, io… -

Ed in quel momento maledisse Ron che arrivò così velocemente da non averlo nemmeno sentito. Il ragazzo blaterava qualcosa tra sé. Passò accanto ad Harry e sua sorella, con violenza.

- Mi ha proprio stancato! –

E continuò per la sua strada, sembrava indemoniato. Harry e Ginny lo guardarono allontanarsi confusi.

- Ehm… credo abbia parlato con Hermione. Li ho lasciati soli! – spiegò Harry.

- Quei due… ma che accidenti stanno combinando? –

- Cosa sta combinando Hermione più che altro! Lo sta completamente snobbando da mesi! Tu non ne sai niente? Con te non ha parlato? –

Ginny scosse il capo. – Lo sai, Hermione è l’essere più riservato del pianeta. Ma proverò a parlarci. Questo comportamento non si spiega. –

- Magari riusciamo ad aiutare Ron. – aggiunse infine Harry, fingendo un lieve sollievo, constatando che in realtà la sua occasione di parlare con Ginny fosse andata in fumo.

 

 

Il primo giorno ad Hogwarts era trascorso, ed Harry e Ron non avevano concluso molto nelle loro vite sentimentali. Quanto più avevano ottenuto maggiori informazioni su ciò che stava accadendo nel mondo della magia, ed Harry aveva tutta l’intenzione di andare fino in fondo a quella storia. La cena si svolse come al solito; quando si trovavano tutti in gruppo, era difficile cogliere gli imbarazzi che nascevano nel momento in cui si era da soli; anche se Ron appariva molto più nervoso, ed Hermione, ancor più silenziosa. Ginny era l’anima della serata, l’unica che riuscisse ad allontanare Harry dai suoi numerosi pensieri. La permanenza nella Sala Comune non fu delle più durature quella sera. Hermione si ritirò nel suo angolino a studiare, Ginny filò dritta nel dormitorio, dato che il primo giorno estenuante l’aveva stancata, Ron c’era ma era come se non ci fosse, visto che non dava l’impressione di aver molta voglia di parlare. L’unico che rimase a far compagnia ad Harry fu Neville, ma per la maggior parte, parlava della sue scoperte in Erbologia, ed Harry se ne stava buttato sulla poltrona a far finta di ascoltarlo. In quel momento, non sapeva che qualcuno era appena giunto ai cancelli di Hogwarts.

Aveva un lungo mantello di un beige sbiadito, pantaloni marroni, e un gilet dello stesso colore, con una camicia bianca, privo di giacca. Era alto, con i capelli scuri, lunghi fino alle spalle, che accompagnati da una barba incolta, gli conferivano un’aria un po’ selvaggia. Entrò nel castello a tarda ora, quando tutti gli studenti erano ormai chiusi nelle rispettive sale comuni. Ad accoglierlo nella Sala Grande, dopo qualche istante, giunse Aberforth, seguito dalla professoressa McGranitt.

- Eccomi qui, Aberforth, ho risposto alla tua chiamata. –

- Hubert! –

 

Continua…

 

Ciao ragazzi, ormai sono giunta al terzo capitolo. Ringrazio davvero tutti quelli che stanno seguendo questa storia, anche senza recensire. E ringrazio in particolar modo chi recensisce e soprattutto mi motiva ad andare avanti! Sono lusingata che la storia vi piaccia! Allora, alcuni di voi avevano pensato ad Harry come insegnante di Difesa, vero? Eppure, anche se sarebbe suonato abbastanza bene, ho preferito non fornirgli questo gravoso compito. Per il resto, l’ha detto anche Hermione, ha proprio lo spirito dell’Auror, tant’è vero che vuole andare in fondo a questa storia. Per quanto riguarda la sfera sentimentale… Harry ha tentato di parlare con Ginny, ma ancora non c’è riuscito; ed Hermione ancora non trova la forza di affrontare Ron. Beh, che dire, se vi sta intrigando questa storia, non mi resta che darvi appuntamento ai prossimi capitoli. Spero di aggiornare presto.

Un bacio! E ancora grazie infinite a tutti! Sam.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 4

 

Il giorno seguente cominciò esattamente come il primo. Eppure c’era qualcosa di strano nell’aria. Appena acquisì conoscenza, prima ancora di aprire gli occhi, Harry sentì un vociare provenire dalla Sala Comune, ma non riusciva a capire bene di cosa si stesse parlando, le voci che si levavano dal piano di sotto erano troppe.

- Ehi, amico! Amico svegliati! – fu il richiamo di Ron che gli diede uno scossone all’altezza delle costole. Aprì gli occhi di soprassalto.

- Che succede? – chiese ancora vagamente intontito, prendendo gli occhiali dal comodino e piazzandoseli sul naso.

- Avanti, andiamo, vieni di sotto. Lo scoprirai! – l’amico aveva un sorriso enorme stampato in volto, espressione che Harry aveva visto in Ron solo in occasioni come la mattina di Natale, o la vittoria irlandese della Coppa del Mondo di Quidditch.

Quella mattina all’alba, un avviso era comparso nelle bacheche delle Sale Comuni delle quattro case di Hogwarts, e una copia dello stesso avviso era stata affissa nel Salone d’Ingresso. Harry lo scoprì quando scese nella Sala Comune di Grifondoro e trovò una miriade di ragazzi affollarsi di fronte alla bacheca, sporgendo le teste lungo quelle dei compagni, per poter leggere cosa vi fosse scritto.

- Ma che sta succedendo? – chiese nuovamente Harry quando gli si accostò Hermione.

- Vai a vedere. – gli fece lei con un sorriso.

Harry lasciò indietro Ron e Hermione e si addentrò nella folla. Fortunatamente era abbastanza alto da superare facilmente i piccoli alunni dei primi anni, e questi, quasi in forma di rispetto, al suo arrivo gli lasciarono lo spazio necessario per portarsi avanti. Harry non fece caso a quel movimento, e in un attimo fu davanti alla bacheca, dove c’era anche Ginny.

- Leggi! Ne sarai entusiasta! A quanto pare Aberforth non è poi un tale sprovveduto! – gli disse la ragazza con un sorriso, ed Harry poté finalmente posare lo sguardo sulla bacheca.

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Direttore: Aberforth Silente

 

AVVISO ANNUALE N° XII

Insegnamento di Difesa contro le Arti Oscure

 

Il preside comunica a tutti gli studenti, di tutti gli anni scolastici, che da oggi l’insegnamento di Difesa Contro le Arti Oscure riprenderà regolarmente. A breve il nuovo orario delle lezioni sarà inviato a tutti gli studenti.

Gli studenti dal primo al quinto anno sono obbligati a parteciparvi.

Gli studenti del sesto e del settimo anno sono tenuti a partecipare alle lezioni solo se essenti allievi da M.A.G.O. per la suddetta materia.

Le norme dell’assegnazione dei G.U.F.O. e dei M.A.G.O. sono ristabilite alla situazione precedente la sospensione dell’insegnamento.

 

Aberforth Silente

Preside

 


Harry lesse l’avviso e rimase qualche attimo a fissare la bacheca, ancora doveva realizzare che una delle sue cause era appena stata vinta, ed era solo al secondo giorno; improvvisamente quell’anno gli sembrò essere il migliore mai trascorso ad Hogwarts, ma era presto per dirlo. Un impercettibile sorriso si disegnò sul suo viso, e si voltò a guardare Ginny, che era rimasta lì ad attendere che terminasse di leggere.

- E’ straordinario vero? – gli chiese.

Harry annuì debolmente. – Sì è… è… è davvero… Dovrò ringraziare Aberforth personalmente. –

- Beh – intervenne Ron – se l’ha fatto Harry, credo che l’abbia fatto per l’intera scuola! Si è reso conto che era sbagliato non insegnare Difesa. –

- Sì… ma… - cercò di esordire Harry, ma gli sembrò un po’ presuntuoso sostenere il fatto che Aberforth gli avesse semplicemente dato ascolto.

- Sì, e comunque l’ha fatto anche per farmi venire un esaurimento nervoso! – disse Ginny in tono sarcastico – Adesso il mio orario è davvero impossibile! Altro che giratempo, ho bisogno di giornate di 48 ore! – e detto questo si allontanò verso il buco del ritratto – Scendo a colazione, altrimenti rischierò di fare tardi, ci vediamo giù. –

 

 

Harry era troppo preso dall’eccitazione per il ripristinato insegnamento della sua materia preferita, e non vedeva l’ora di vedere il suo orario per scoprire quando si sarebbe tenuta la prima lezione. Tutta quella sua euforia, però, lo rendeva troppo distratto per rendersi conto del fatto che Ron e Hermione erano ancora più tesi del solito. Aveva completamente rimosso ciò che era accaduto il giorno prima, il loro avvenuto “dialogo-non dialogo-scontro”, che si era risolto catastroficamente. Ricordava a malapena di aver tentato invano di parlare con Ginny. La sua mente era occupata esclusivamente da altro in quel momento, e s’allontanava di gran lunga dai problemi sentimentali.

- Certo che la cattedra di Difesa è davvero sfigata. – commentò Ron mentre scendevano le scale per recarsi a fare colazione.

- Ragazzi ma voi non siete curiosi? –

- Più che altro penso che noi abbiamo ben poco da apprendere. – commentò Hermione, con un leggero sospiro.

- Ma come? Mi stupisci Hermione! Proprio tu che non rinneghi mai la sana lettura di un libro; proprio tu mi vieni a dire che non hai altro da imparare? E poi, davvero, non sei curiosa di sapere chi insegnerà? Io, sinceramente, non riesco a pensare a nessuno di minimamente valido. –

- Già, i maghi alla fine sono quelli, e i migliori si contano sulle dita. Ora come ora credo che il miglior Auror in giro sia Kingsley ma è il Ministro, e… a parte che è impossibile, ma dopo l’esperienza della Umbrigde… no, credo proprio che Hogwarts non voglia avere altri impicci con il Ministero, con tutto il rispetto per Kingsley che è un grande! – disse Ron appoggiando la constatazione dell’amico secondo il quale non vi fossero maghi validi per assumere quel compito.

- Beh, spero di gran lunga che Aberforth abbia fatto una saggia scelta. Chissà, magari ci è sfuggito qualcuno. –

- Molto probabile. – aggiunse Hermione – Non avere la presunzione di conoscere tutti i maghi competenti del mondo, Harry. –

Harry guardò sott’occhi l’amica – E tu non avere la presunzione di sapere tutto ciò che c’è da sapere. – le fece in tono sarcastico e l’amica incrociò il suo sguardo, ridendo poco dopo – Eh va bene! Stavo scherzando! –

Ron sospirò pesantemente in quel momento. Non sopportava l’idea di trovarsi lì ma non poter praticamente aver alcun contatto con lei. Da quando erano giunti ad Hogwarts, tante volte aveva avuto pronte battutine da rivolgergliele, anche solo per punzecchiarla, ma lei aveva deciso di ignorarlo, e quindi doveva contenersi in silenzio. Non sopportava l’idea di non poter stare lì a scherzare con lei.

 

 

Al tavolo degli insegnanti, quella mattina, Harry non notò nessun volto nuovo, a parte i soliti. Qualche minuto dopo il loro ingresso nella Sala Grande, mentre facevano colazione, giunsero volando le pergamene con i nuovi orari di ciascun studente. Ginny era totalmente disperata, visto che una materia in più le toglieva praticamente quel poco tempo libero che poteva sperare di dedicare al Quidditch. Harry e Ron non ebbero ulteriori sconvolgimenti, e neppure Hermione si scompose più di tanto. Lo sguardo di Harry, ad ogni modo, andò subito a cogliere l’orario della prima lezione di Difesa, e fu lieto di apprendere che si sarebbe tenuta proprio in giornata, dopo le due ore di Pozioni di Lumacorno. Il poco apprezzamento per la materia, ad Harry, era rimasto, anche se era sollevato dal fatto che Lumacorno lo considerasse praticamente un genio, visti i suoi trascorsi successi ottenuti grazie al libro del Principe Mezzosangue, anche se adesso, senza quel prezioso manuale, Harry era tornato ad essere lo studente mediocre di sempre, per la felicità di Hermione, che era felice di essere tornata nuovamente la prima della classe. Dopo tutto, Harry aveva già altri meriti, come quello di essere l’eroe che aveva salvato il mondo della magia.

Dopo aver fatto colazione, Harry lasciò che Ron, Hermione e Ginny si avviassero verso l’aula di Lumacorno e corse in fretta verso il tavolo degli insegnanti, per riuscire a fermare Aberforth, prima che abbandonasse la sala. Si era appunto alzato per andarsene, quando Harry giunse alle sue spalle.

- Professor Silente! –

Aberforth si voltò.

- Harry, ragazzo mio. –

Aberforth sorrideva, ed Harry ricambiò.

- Professore volevo ringraziarla per… -

Ma il Preside alzò una mano come per zittirlo.

- Non c’è alcun bisogno di ringraziarmi, Harry. Vedi… - e gli si avvicinò - …io forse sono qui più per fama che per merito. Come preside ho molte cose da imparare, ed è per questo che ho bisogno di saggi consigli. – e così dicendo gli fece l’occhiolino. Ad Harry ricordò terribilmente suo fratello in quel momento; dopo tutto, aveva gli stessi occhi celesti.

- Beh, grazie lo stesso professore. –

Aberforth sorrise – Ragazzo, noto con piacere che mi fai parlare a vuoto! –

- Signore, potrei sapere chi… -

- Lo scoprirai! E… mi sa che faresti bene a correre perché Lumacorno starà già riempiendo i calderoni di melma! –

Harry tornò per un attimo alla realtà e si rese conto che stava facendo terribilmente tardi. Ringraziò per l’ennesima volta Aberforth e corse via.

 

 

Entrato nell’aula di Pozioni, apprese spiacevolmente che, come avveniva dalla notte dei tempi, Grifondoro seguiva le lezioni di quella materia insieme con i componenti di Serpeverde. Scorse i capelli biondi di Draco Malfoy, che si girò lentamente verso di lui, e gli lanciò uno sguardo di sufficienza, ma si limitò a quello, tornando subito dopo a guardare avanti. Harry si scusò per il ritardo, ma Lumacorno gli avrebbe assegnato 5 punti anche se non si fosse nemmeno presentato. Raggiunse velocemente il posto vuoto accanto ad Hermione. Ron, per non stare da solo, aveva preferito sedersi accanto a sua sorella.

- Cosa dobbiamo fare? –

- Pagina 10. Studiare la pozione e prepararne l’antidoto. –

Harry inarcò un sopracciglio – Una cosa da niente, eh? –

 

 

Le due ore di Pozioni durarono un’eternità e Lumacorno fu in grado di chiamare Ron con tre cognomi diversi, ma all’ennesimo errore, dal momento che era piuttosto nervoso per aver combinato un disastro con il compito, Ron sbottò con fare un tantino arrogante.

- Professore, sa come si chiama la ragazza al mio fianco? –

- Oh ma certo! La signorina Weasley! Brillante… davvero brillante! – rispose Lumacorno con fare pomposo, anche se non si spiegava molto bene quella domanda.

- Ecco. Bene. Vede, Professore… sono suo fratello! Quindi non le ci vorrà molto a capire, da oggi in poi, che mi chiamo Weasley, come lei! –

Tutti gli occhi furono puntati per qualche momento su Ron e Lumacorno, ed Harry sentì delle risatine provenire dagli studenti di Serpeverde, ed anche da Seamus e Dean, che trovavano le figuracce di Ron tremendamente divertenti. Lui stesso, stava sorridendo. Eppure si stupì di non assistere a qualche stupida battutina o uscita poco elegante di Malfoy, non che gli mancassero le sue cattiverie, però, era di gran lunga più insopportabile nella sua nuova versione da “tenebroso-non-parlo-con-nessuno”. Dopo qualche istante, la campanella suonò, e il cuore di Harry cominciò a battere per l’eccitazione.

 

Fu una vera e propria spedizione quella dei Grifondoro dell’ultimo anno, che si spostarono in massa lungo i corridoi del castello, verso l’aula di Difesa. Entrarono ed occuparono i banchi vuoti, Harry sedette in prima fila, con accanto uno sconsolato Ron, ancora nervoso per le penose due ore di lezione appena trascorse. Ginny ed Hermione occuparono il banco al loro fianco. Harry osservò l’aula in ogni centimetro. Non era per niente cambiata dall’anno in cui vi aveva insegnato Piton, evidentemente, una volta preside, aveva lasciato che l’aula restasse così come lui l’aveva voluta, e a quanto pare il nuovo insegnante non aveva apportato modifiche. Dopo qualche secondo la porta si aprì, e calò un silenzio tombale. Harry e tutti i suoi compagni si voltarono per vedere avanzare lui, un uomo alto, con pantaloni e un gilet marroni, ed una camicia bianca, senza giacca, né mantello. I capelli fino alle spalle, leggermente lunghi e ribelli, e la barba incolta. Si sarebbe detto un viaggiatore, o un uomo d’avventura, non di certo un tipo d’ufficio. Harry non sapeva chi fosse, il suo volto non gli diceva niente, ma non sapeva il perché, al primo impatto gli era piaciuto. Restava solo da scoprire che genere di insegnante fosse. Beker arrivò alla cattedra e scrisse il suo nome per intero alla lavagna. Harry e gli altri lo lessero sottovoce, come per imprimerselo nella mente, e finalmente, l’uomo si rivolse alla classe.

- Buongiorno! –

- Buongiorno! – ricette in risposta.

- No – disse con un lieve sorriso – Buongiorno, illustrissimo professor Beker! –

Errore e sgomento aleggiarono sugli studenti, per un attimo il cuore di Harry si arrestò! Un nuovo incubo folle quanto la Umbridge? Il ragazzo scambiò un’occhiata con il suo compagno di banco, che aveva tutta l’aria di dire “qui si mette male, qui si mette male”. Ma davanti a quel silenzio, Beker scoppiò in una sonora risata, e si sedette sulla cattedra. Esattamente, sulla cattedra.

- Ragazzi! Non temete, stavo solo scherzando! – e prese a giocherellare con il suo libro aprendolo, richiudendolo e rigirandolo – Certo che ne avete passate tante negli ultimi anni per quanto riguarda gli insegnanti di questa materia. Lo so, lo so… mi sono tenuto aggiornato. Non dev’essere stato facile. –

La tensione accumulata qualche attimo prima dai ragazzi fu rilasciata in un enorme sollievo, ed anche gli studenti si lanciarono sollevati in radiosi sorrisi quando scoprirono che il pericolo “New Umbridge” era scomparso. Ad Harry sembrava già piacere, il fatto che si fosse seduto sulla cattedra, lo rendeva indubbiamente diverso da un “classico” e serio insegnante; quel gesto, aveva immediatamente rotto il distacco tra lui e la dimensione degli studenti, gli aveva posti ad un livello più ravvicinato, e indubbiamente, gli stava conferendo carte preziose per ingraziarsi la stima dei giovani maghi.

- Allora, non so se riuscirò ad essere minimamente all’altezza del professor Allock – risate generali – ma credo di poter fare del mio meglio! Dopo tutto nomi davvero illustri si sono susseguiti nell’insegnamento di questa materia. Per citarne alcuni, Alastor Moody, Remus Lupin, Severus Piton. Non vi è andata così male, dai… a parte la Umbridge, ovviamente! –

Altre risate. Hermione si voltò verso Harry con uno sguardo interrogativo, non sapeva se apprezzare quel modo di scherzare o essere perplessa per il fatto che ancora non avesse accennato ad alcunché di didattico; ma Harry era indubbiamente entusiasta e le sussurrò un “già lo adoro”.

- Comunque, spero davvero che apprendiate qualcosa da me! Vediamo subito di cominciare. Ecco, vedete questo? – ed alzò il libro con la quale aveva giocato fino a quel momento – Bene, non ci serve. – e lo lanciò alle sue spalle. I ragazzi erano entusiasti. Hermione ebbe un attimo di stupore, ma poi sorrise, chiuse il libro e lo ripose in cartella come tutti gli altri. – Beh, se volete potete leggerlo per diletto personale, ma non vi saranno assegnati punti extra! – e si sollevarono altre risate. – Ora, non vorrei che questa lezione si trasformasse in una gara di barzellette, altrimenti rischio di essere messo in punizione dalla professoressa McGranitt, per cui… vediamo di avere un attimo di serietà! Non dico tanto, basteranno anche cinque minuti. Finnigan, per te anche tre se proprio non ci riesci! – e questa volte sorrise mentre tutti gli studenti lo osannavano. Seamus, al pari di Harry ed Hermione, fu sorpreso di scoprire che il professore appena arrivato già conoscesse il suo nome. – Ah, non stupirti per questo, mi sono documentato un po’ su di voi. Preferisco conoscere già da prima almeno i nomi degli studenti a cui vado ad insegnare. Bene – e si alzò in piedi prendendo a camminare lungo l’aula – mi sto divulgando, scusate. Cercherò di non essere così prolisso nelle successive lezioni. Che dire? Difesa-Contro-Le-Arti-Oscure – scandì ogni parola – una materia delicata. Molti di voi in questa classe sanno, perché hanno visto con i propri occhi, che fuori da questo castello ci sono mali inimmaginabili. Il mondo della magia oscura non si è di certo fermato con la fine di Voldemort, è bene che voi lo sappiate.

In quel momento la stima di Harry per quell’uomo crebbe ancora di più, prima di tutto perché aveva il coraggio di pronunciare quel nome, in secondo luogo perché riconosceva che la morte di Voldemort non aveva segnato la fine della magia oscura; per quel che poteva vedere Harry, la pensavano esattamente allo stesso modo.

- Inoltre, quando uscirete da questa scuola, e mi auguro che alla fine di quest’anno tutti gli studenti di questa classe ci riescano, non avrete con voi un libro di testo a dirvi che incantesimo usare, e non sarà di certo la teoria a salvarvi la vita. Dimenticate insomma tutto quello che vi ha detto la Umbridge, tentava solo di fare un sartù di studenti! – nuove risate, ma Beker non si smosse e continuò in tono serio, questa volta – E che cosa vi salverà allora, quando vi troverete faccia a faccia con il pericolo, che sia una fattura o una maledizione senza perdono? Cosa? Il coraggio! Senza il coraggio non si arriva da nessuna parte, perché prima ancora di saper impugnare una bacchetta, è il coraggio che deve trasmettervi la giusta forza per affrontare ciò che avete di fronte e salvarvi. E credo di andare sul sicuro parlando a voi di Grifondoro. Quello che faremo quest’anno è: Uno: Conoscere i mali peggiori che possano capitarvi addentrandovi nel mondo della magia oscura. Due: Usare contro maledizioni ed incantesimi. Tenete calde le bacchette perché le userete spesso. Tre: Azione diretta! Vi chiederete, la differenza tra passo due e passo tre? Beh, semplice, nel secondo caso praticheremo delle esercitazioni fac-simile alla realtà. Le condizioni reali sono ben diverse, ed è qui che giocheremo il punto tre. Scoveremo il male e lo andremo a prendere insieme! Non temete, non temete, vedo già le espressioni preoccupate di alcuni di voi. Sono già in accordo con il Ministero: qualora arriverà la chiamata per qualche lavoro diciamo semplice, e che quindi potreste affrontare, noi andremo sul posto, e sarete voi a sconfiggere il male, con il mio sostegno ovviamente, e quello di Auror del Ministero. Tutto ciò però avverrà soltanto nell’ultimo semestre. Pertanto, un altro punto mi sta a cuore discutere. Le lezioni extra per gli studenti che devono recuperare gli argomenti del sesto anno. Ho intenzione di sancire un esame, per testare il vostro livello. Basterà superarlo per essere automaticamente ammessi al settimo anno, senza debiti formativi, in modo da alleggerirvi un po’ il carico di orario. L’esame si terrà tra due settimane, troverete gli argomenti affissi alla porta del mio ufficio. Ora, cominciamo dalle cose semplici… Horcrux… -

Il resto della lezione fu una conversione sugli Horcrux molto approfondita che Harry apprezzò dall’inizio alla fine. Durante tutto il tempo non fiatò nessuno, erano tutti catturati dal fare di Beker, le uniche interruzioni erano dovute a battute del professore, volte a spezzare l’atmosfera pesante che si era venuta a creare con la drammaticità dell’argomento. Harry apprezzò il professor Beker, non soltanto per i modi di fare, di pensare, ma anche per aver affrontato senza limitazioni, un argomento così delicato, che lui conosceva benissimo. Ammirava Beker, lo ammirava per tutto, per il suo coraggio, e per le decisioni. Il fatto che concedesse loro la possibilità di muoversi sul campo, al fianco degli Auror del Ministero, lo rendeva un insegnante davvero competente in fatto di Difesa; lui, più di ogni altro, aveva capito che era l’azione a rendere gli studenti in grado di difendersi, e dopo tutto, pensò Harry, molti di loro il male l’avevano già affrontato combattendo qualche anno prima, quindi qualche piccolo lavoretto al Ministero, sarebbe stato cosa da niente. Improvvisamente, l’aspettativa di vivere un anno da noioso studente, dopo tutto quello che aveva vissuto l’anno precedente, scomparve dalla mente di Harry. Anzi, tutto era diventato all’improvviso terribilmente eccitante nel tornare ad Hogwarts.

La campanella suonò, e quasi i ragazzi furono destati da un sonno profondo. Erano totalmente sotto ipnosi.

- Oh no! Il tempo a nostra disposizione è già finito! Beh, mi dispiace se vi ho annoiati, pensatemi in queste ore che ci separeranno! –

Ci furono altre risate, mentre gli studenti cominciavano a lasciare i loro posti. – Ah, dimenticavo, la prossima volta che ci vedremo, avremo una presentazione, a proposito degli argomenti trattati oggi. – e fece una breve pausa – Potter, Weasley, Granger! – i tre ragazzi furono colti alla sprovvista, e si voltarono verso il professore – Per dopo domani voglio che prepariate una presentazione dettagliata su quanto avete vissuto l’anno scorso. Tema: Horcrux. Il loro potere, e come distruggerli. So che farete del vostro meglio! – e sorrise. – Adesso potete realmente andare! –

Harry, Ron e Hermione erano abbastanza sconvolti per quel compito, più che altro, non se lo aspettavano. Erano ancora lì a guardarsi quando Ginny si avvicinò a loro.

- Quest’uomo è un santo, con la storia dell’esame mi toglierà quattro ore di lezioni extra! Magari anche gli altri insegnanti facessero così! E invece sono costretta a seguire lezioni extra per almeno due semestri! – aggiunse, infine, sbuffando. – Ad ogni modo, è un genio! –

- Genio? Sono letteralmente sconvolto, non credevo esistessero uomini così! – ammise Ron totalmente in adorazione.

- Devo riconoscere che ha stile. – disse sorridendo Hermione – E… vorrà dire che leggerò il manuale di testo per diletto personale! –

- Hermione? Quando vogliamo preparare la presentazione? – le chiese Harry.

- Oh, possiamo fare domani, così stasera prepariamo un po’ il materiale, e vediamo di cosa dobbiamo discutere, e come organizzare le cose, e domani buttiamo giù tutto. – ma la determinazione e la precisione di Hermione, incontrò gli sguardi tonti di Ron ed Harry – Butterò giù tutto, volevo dire! – aggiunse alzando gli occhi al cielo e sorridendo. Ron si sentì letteralmente morire in quel momento.

- Hermione, sei un angelo! – le fece Harry mettendole una mano sulla spalla. – Non temere io e Ron faremo la nostra parte. Ohi ragazzi vi dispiace se mi fermo un momento? Vi raggiungo a pranzo, ok? – e così dicendo si allontanò dagli amici per raggiungere il professor Beker che stava pulendo la lavagna.

- Ha intenzione di fare la sua grande entrata anche per gli studenti degli altri anni, signore? – gli chiese e Beker si voltò.

- Oh che onore! – gli strinse fortemente la mano. – Il mago più famoso di tutti i tempi! Onorato di essere un suo insegnante, Harry Potter. –

Harry non riusciva a staccarsi dalla forte presa di Beker, che continuava a stringergli energicamente la mano.

- Signore, volevo davvero farle i miei complimenti per come ha deciso di condurre le lezioni quest’anno! Lei ha salvato tutti quanti da quello che doveva essere un anno intero senza l’insegnamento di Difesa. –

- Mi chiedo Aberforth come si aspettasse nascessero nuovi Auror, senza quella materia. Ad ogni modo, mi ha spiegato i suoi motivi ed io ho compreso, quando poi mi ha chiesto di prendere la cattedra, non ho potuto tirarmi indietro. – e continuò vedendo che Harry non prese la parola – Allora, Potter, ti è piaciuto il mio numero su Allock e la Umbridge? –

Harry sorrise – E’ stato fenomenale, signore. –

- Vieni Harry, accompagnami, credo che andiamo nella stessa direzione. Mi hanno detto che i pranzi di Hogwarts sfamerebbero un esercito! – e così dicendo prese a camminare con Harry lungo l’aula, per dirigersi verso la Sala Grande.

- Perché? Lei non ha studiato ad Hogwarts? –

- Purtroppo, e mi sarebbe piaciuto moltissimo, credimi, no. Le mie sorti sono state ben diverse. Ho studiato a Durmstrang! –

Harry parve non crederci – Davvero signore? –

- Ti stupisce? Sì, effettivamente sono tutti un po’ freddi lassù. – e chinò il capo di lato – Forse effettivamente ero più un tipo da Beauxbatons, non trovi? – e sorrise.

- Non la ci vedo tanto, signore. –

- Allora Harry, sicuro di aver qualcosa da imparare da me? Tu, che hai sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi? –

- Signore, è stato lei a dire che la magia oscura non morirà mai! –

- Vedrai ragazzo, ci sono tante cose che incontrerai sulla tua strada, poi se come me, diventi un Auror… -

- Lei è un Auror, signore? –

- Ti perdono Harry, immagino di non essere tanto famoso da queste parti, anche perché ho abbandonato l’Europa per diversi anni. Sono stato in viaggio, a combattere cose ben diverse, e fare esperienza. Anche se così facendo mi sono un po’ allontanato dal mondo. –

- Non saprò niente di lei, signore, ma il suo nome non mi è nuovo. –

- Ah sì? Allora c’è la possibilità che io sia una celebrità! – disse ancora una volta ridendo. Poi il suo tono cambiò, divenne serio d’un tratto. Erano appena arrivati all’ingresso della Sala Grande, c’era un via vai di ragazzi che vi entravano, e prendevano posto ai loro tavoli. Beker guardò Harry così intensamente, da aver quasi un tono paterno. – Conoscevo i tuoi genitori, Harry, erano brave persone. –

Harry fu totalmente spiazzato da quell’ultima frase, e non ebbe la forza di dire altro. Beker gli batté due colpetti sulla spalla, e s’allontanò, incamminandosi per il lungo corridoio.

 

 

Harry arrivò al tavolo e si sedette accanto a Ginny, si maledisse in quel momento, perché l’euforia per l’arrivo di Beker, non gli aveva dato l’occasione per parlarle. Si guardò intorno e vide, con stupore, che c’era anche Luna tra loro.

- Oh, Luna, ciao. –

- Ciao, Harry. –  gli rispose la giovane Corvonero con la sua aria sognante. Sedeva accanto a Neville.

- Harry. – lo chiamò in quel momento Hermione, aveva un’aria serissima.

- Cosa c’è? – la scrutò il ragazzo, e l’amica gli porse un ritaglio di giornale.

- E’ di oggi, mi è arrivato in ritardo. – spiegò la Grifondoro.

Harry prese il ritaglio e lesse molto attentamente.

 

UNDICI SPARIZIONE QUESTA SETTIMANA.

 

  Accanto ai misteriosi omicidi avvenuti nella Gran Bretagna magica nell’ultimo periodo, a spaventare i maghi, ci sono adesso anche misteriose sparizioni. Maghi di diversa età, e sesso, sono spariti nel corso di questa settimana senza lasciare traccia. Gli Auror del Ministero sono impegnati alla loro ricerca. Che il fenomeno sia connesso alla vicenda degli occhi usurpati? Intanto, il mondo magico rivive i terribili momenti vissuti qualche mese fa, all’apice della potenza di colui-che-non-doveva-essere-nominato, quando maghi e streghe sparivano in continuazione. Il Ministero sta in queste ore indagando su coloro che hanno partecipato alla grande guerra, al fianco del più temuto mago oscuro di tutti i tempi, sconfitto dal giovane studente di Hogwarts, Harry Potter, l’unico ad essergli sopravvissuto. Le sparizioni, si pensa, potrebbero essere connesse a coloro che avevano dato il loro sostegno a voi-sapete-chi; ex-mangiamorte, pentiti, neoconvertiti, e suoi traditori. Lo scontento delle classi suoi sostenitrici è esorbitante, in seguito alla sua sconfitta, e ciò lascia immaginare che i suoi seguaci potrebbero mobilitarsi per vendicarlo. Gli interrogatori si terranno oggi, presso il Tribunale d’Inquisizione Speciale alla presenza del Ministero della Magica, Kingsley Shacklebolt, e del Wizengamot, a partire dalle ore 10,00. Gli elementi tratti dalle confessioni serviranno a capire se i seguaci di voi-sapete-chi siano responsabili, non solo delle recenti sparizioni, ma anche dei misteriosi omicidi.

  Nel frattempo, una squadra speciale di Auror, sta sorvegliando, le case dei principali ex-mangiamorte, e dei loro parenti. Principale punto di interesse e controlli sembra essere Villa Malfoy.

 

Harry terminò l’articolo tutto d’un fiato, e istintivamente si voltò per cercare Draco Malfoy, lo trovò che mangiava noncurante di Goyle, che stava parlando di qualcosa con inaudito fervore. Harry tornò a voltarsi verso i suoi compagni.

- Il Profeta come sempre cerca di nascondere la verità! Stanno attribuendo tutta la colpa agli ex-mangiamorte! Vogliono far credere sia una vendetta nel nome di Voldemort. –

- Perché? Non potrebbe essere? – chiese innocentemente Ron.

- Passino le sparizioni, ma gli omicidi? Non è per niente lo stile dei mangiamorte. Cavare gli occhi? E a che pro? E come ti spieghi i precedenti dagli stessi sintomi in Africa? Pensi che i seguaci di Voldemort si siano andati a fare un viaggio da quelle parti? No, no, c’è qualcosa sotto! E poi il Profeta ha taciuto anche ciò che ci era stato detto da Hagrid, ovvero dei maghi sopravvissuti, che hanno perso solo la vista, e di quelli che invece hanno perso i poteri, diventando maghinò. Il Ministero li tiene sotto controllo, ma il Profeta non ne parla! Questo giornale scrive solo ciò che gli serve! Mi stupisco che succeda ancora oggi, con Shacklebolt come Ministro. –

- Lo sai, il Profeta fa un po’ come gli pare. – affermò Hermione.

Harry annuì malinconicamente, e tornò a guardare il giornale, poi spostò lo sguardo al tavolo degli insegnanti, verso Beker; si stava intrattenendo allegramente con la professoressa Sprite, che non la smetteva di ridere, anche la McGranitt, al suo fianco, sembrava divertita, sorrideva, ma non si scomponeva. Era proprio da lei. Ed Hagrid, in tutta risposta, rideva sonoramente, e dava man forte al nuovo insegnante. Harry sorride, vedendo quella scena, e si sentì inspiegabilmente in pace – Chissà se lui potrà darci una mano. – pensò.

 

Continua…

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 5

 

Harry, Ron e Hermione erano seduti sulle poltrone migliori della Sala Comune di Grifondoro; sul tavolino erano sparsi alcuni libri di Hermione e vari fogli di pergamena, tra cui vi erano appunti su zanne di Basilisco e la storia della spada di Grifondoro.

- Allora, “il loro potere e come distruggerli”. – fece Hermione riordinando il materiale che aveva a disposizione, e citando le parole del professor Beker. – Direi di cominciare dal diario di Tom Riddle, e qui entri in gioco tu Harry. –

- Ehm… - esordì Harry un po’ disorientato - …sì… sì… credo di poterlo fare! –

- Lo devi fare, Harry, la presentazione è dopo domani! –

Ron, intanto, se ne stava seduto senza dire una parola. Trascorse un’ora piena in cui riordinarono tutte le loro idee sull’argomento, e tirarono fuori anche fin troppi ricordi relativi all’anno precedente, fin quando…

- E arriviamo alla distruzione della coppa di Tassorosso. – fece Hermione quasi distrattamente, ma Ron in quel momento alzò lo sguardo.

- Giusto. – approvò Harry, con tutta tranquillità – Distrutta da te e Ron nella Camera dei Segreti, con una zanna di Basilisco. –

In quel momento cadde il silenzio. Hermione alzò lo sguardo verso Harry, e subito dopo incrociò quello di Ron, che non aveva distolto per un attimo gli occhi da lei. Improvvisamente parve ricordare le circostanze connesse a quell’evento, lei e Ron si erano trovati da soli nella Camera dei Segreti e avevano distrutto la coppa, e in quell’occasione lei si rese conto ancor di più di quanto fosse straordinario, e poco dopo, alla presenza di Harry, era successo… era scattata, senza pensarci su troppo, abbandonando la sua dannata razionalità, e gli era saltata addosso baciandolo.

Ron continuava a fissarla, ed Harry comprese finalmente l’imbarazzo da cosa fosse generato. In quel momento Hermione lasciò cadere penna e pergamena sul tavolo.

- Beh, che ne dite di fare una pausa? – disse cercando di apparire più spontanea possibile.

Ron ed Harry si scambiarono un’occhiata allusiva, entrambi stavano pensando la stessa cosa, ma appoggiarono l’idea.

- Beh, credo che Beker non si potrà lamentare di noi, domani. – esclamò Ron, rivolto più ad Harry, che a Hermione.

- Ci credo. – rispose l’amico – A proposito, Hermione, a te il nome Beker non dice nulla? Non lo conosco, eppure credo di averlo già sentito. –

Hermione scosse il capo. – No, non ricordo di averlo letto da qualche parte, ma se vuoi provo a fare qualche ricerca. –

Harry annuì.

- Di cosa avete parlato poi, oggi, quando siete rimasti soli? – chiese Ron.

- Oh, niente mi ha detto che ha studiato a Durmstrang, ed è un Auror! –

Ron rimase molto colpito – Durmstrang? Ma è un traditore! Non me l’aspettavo! Non l’avrei mai detto! Beh, resta comunque un grande! L’idea di farci entrare in azione per quanto riguarda la Difesa, accanto a dei veri Auror, è davvero geniale! Finalmente abbiamo un insegnante come si deve! E poi… è un genio, non ricordo di aver mai riso così tanto ad una lezione. L’ultima volta forse quando Malfoy fu trasformato in un furetto! –

- Sono d’accordo Ron! Devo ammetterlo, non poteva andarci meglio! Aberforth ha fatto un’ottima scelta! E in più… conosceva i miei genitori! –

- Davvero? – chiese ulteriormente stupito l’amico, ed Harry annuì energicamente.

Ma Hermione, che stava ascoltando, sollevò una questione piuttosto interessante. – Mi chiedo… se è un Auror… e a maggior ragione se conosceva Lily e James… dov’era mesi fa quando l’intero mondo magico si armava per combattere Voldemort? –

- Chissà, magari avrà dato il suo contributo indirettamente! – propose Harry alzando le spalle.

- Indirettamente? L’uomo che promuove l’azione diretta sul campo? Non ce lo vedo Beker, dietro le quinte! Mi ha incuriosito questa storia, credo che effettuerò seriamente qualche ricerca su di lui! Come lui si informa sui propri studenti, è giusto che anche noi ci informiamo sul nostro insegnante, no? – concluse Hermione.

 

 

Era da poco trascorsa l’ora di cena, e mentre risalivano le scale per tornare in Sala Comune, Ron aveva bloccato sua sorella e l’aveva trascinata indietro, in modo che nessuno li ascoltasse.

- Ascolta, Ginny, devo chiederti un piace enorme, che solo tu puoi fare al tuo fratellone! Mi vuoi bene, vero? –

- Ron, non fare il ruffiano! –

- Devi aiutarmi! Ti prego, è importante. –

Ginny alzò gli occhi al cielo. – Sentiamo. –

- Si tratta di Hermione! – tirò fuori Ron tutto d’un fiato, come se gli dolesse tirare fuori quell’argomento.

- Mmh… Hermione… e cosa dovrei fare io precisamente? –

- Niente, ti chiedo solo di parlarle! –

- Non è la prima volta che me lo sento dire! –

- Ti prego! Tu sei la sua migliore amica! Con te si confiderà! –

Ron chinò il capo, e congiunse le mani in segno di supplica, Ginny sospirò.

- E va bene cercherò di parlarle. –

- Davvero? – ed abbracciò inaspettatamente la sorella – Ah, sorellina ti adoro! Farò tutto ciò che vuoi. Promesso. –

- Santa pazienza. –

 

 

Qualche ora dopo Ginny trovò l’occasione perfetta per incastrare Hermione. Erano da sole nel loro dormitorio, Hermione era seduta sul suo letto, immersa nel manuale di Difesa Contro le Arti Oscure, che aveva davvero cominciato a leggere per puro diletto. La ragazza dai capelli rossi pregò che non giungesse Calì Patil, o ancor peggio, Lavanda Brown da un momento all’altro, e s’avvicinò all’amica con fare disinvolto.

- Posso interromperti? –

Hermione staccò lo sguardo dal libro e lo posò su Ginny.

- Oh ma certo, certo. – e scostò i piedi indietro per farle spazio – Prego, siediti pure. –

Ripose il libro al suo fianco, e cinse le ginocchia con le braccia.

- Come stai? – le chiese Ginny, per cominciare.

Hermione trovò molto strana quella domanda, e sorrise.

- Ci vediamo tutti i giorni. –

Anche Ginny sorrise, un tantino imbarazzata. – Non fraintendermi, intendevo, se va tutto bene o c’è qualcosa che ti preoccupa in questo periodo? –

- Sì, sì, figurati! Cosa dovrebbe esserci che non va? – rispose immediatamente Hermione, ma si vedeva fin troppo bene che stava nascondendo un certo disagio.

- Con me puoi parlarne se vuoi. Lo sai, sono tua amica, e come te, sono anche una ragazza. –

Hermione non capì.

- Cosa intendi dire? –

- Andiamo, sono costretta tutti i giorni a combattere con la presenza di Dean che mi trasmette con lo sguardo di amarmi ancora, ed Harry che… sinceramente… non capisco! Non è facile come situazione. Non so che fare, ci sono momenti in cui sembra tutto perfetto, sembra che lui si stia riavvicinando, ed altri in cui torna ad essere il solito Harry Potter, la star, la celebrità, il ragazzo che haa troppa magia oscura a cui pensare per accorgersi di te, ed io torno ad essere la Ginny di cinque anni fa, perdutamente innamorata di lui, che soffre per l’impossibilità di una sua minima attenzione! Se dovessi seguire la ragione, allora tornerei con Dean, che ne sarebbe più che felice, ma… il mio cuore è lì che aspetta che lui faccia il primo passo, Harry intendo, e non so se sto aspettando a vuoto. Mi sento così stupida. –

Hermione aveva ascoltato tutta la confessione di Ginny senza fiatare.

- Tu non sei stupida, sono loro gli stupidi. –

Ginny si voltò a guardarla. – Loro? A me pare che anche tu stia facendo la tua parte! –

Hermione fu colpita da quella affermazione e, resasi conto della ragione di Ginny, chinò il capo.

- Che sta succedendo Hermione? Perché non gli rivolgi neanche la parola? –

Hermione non trovò la forza di dire nulla.

- Lo sai che puoi fidarti di me! Ti ho confidato praticamente le cose che non ho mai trovato il coraggio di dire a nessuno! –

Hermione alzò lo sguardo sull’amica, e finalmente dalle sue labbra fuoriuscì qualcosa.

- Ho paura. –

- Paura? –

La Granger annuì.

- E di cosa precisamente? – chiese Ginny.

- Di tutto! Ma principalmente… di quello che provo per lui! –

- Scusami, ma, non capisco dove sia il problema. Ron è stracotto di te! –

- Il problema non è lui! Non è mai stato lui, il problema sono sempre stata io! Io non… non… io non posso Ginny. Non avrei mai dovuto baciarlo! E non perché non lo volessi, ma perché… è stato un gesto troppo avventato… e così facendo ho finito per rovinare la nostra amicizia! Non sarebbe mai dovuto succedere! –

- Semplicemente perché non è amicizia la vostra, o ad ogni modo, non più. Io credo non lo sia mai stata. –

- Ma non può essere qualcosa di più. –

- Perché? –

- Perché io non posso! Questa cosa mi travolge, non riesco a controllarla. Non sono mai stata così! A me non è mai sfuggito niente e adesso mi ritrovo completamente in balia del mio ex amico Ronald Weasley! –

- E pensi che allontanarlo ti faccia riacquistare il controllo delle cose? Sta soffrendo maledettamente, Hermione. –

- E credi che per me sia facile trovarmelo di fronte ogni mattina e non riuscire nemmeno ad incrociare il suo sguardo? –

Ginny non sapeva cos’altro dire per convincere l’amica che il suo atteggiamento era profondamente masochista, per entrambi.

- Devi parlarne con lui! Devi dire a lui esattamente ciò che hai detto a me, e vedrete che insieme risolverete la cosa. – concluse.

Hermione scosse il capo.

- Hermione, fidati, parlagliene! Vi preferivo battibeccare ogni santo giorno piuttosto che vedervi indifferenti l’una verso l’altro. Credimi, è straziante! –

Hermione guardò Ginny, e poco dopo entrambe sorrisero, e si abbracciarono.

- Grazie Ginny, mi ci voleva proprio questa bella chiacchierata. –

- Ricorda che su di me potrai sempre contare, non devi tenerti tutto dentro. –

 

 

Il giorno dopo, Ron stava tartassando sua sorella Ginny a colazione, mentre Harry, cercava invano di non ascoltare, e leggeva la prima pagina del Profeta.

- C’è stato l’ennesimo omicidio. – disse, in tono secco, ormai era all’ordine del giorno.

La notizia, a quanto pare, non sconvolse più di tanto Ron e Ginny, che erano presi da tutt’altra conversazione.

- Allora? Dai, dimmi, com’è andata? Non ho dormito tutta la notte all’idea che le avresti parlato. –

- Ron! Tu sei malato! –

- Ma si può sapere che vi siete dette? –

- Privacy femminile! – rispose Ginny non curante.

- CHE COSA? –

Ron sperò di non aver capito bene.

- Esattamente, ma sta tranquillo, le ho parlato e alla fine l’ho convinta ad affrontarti! Sarà lei a dirti tutto quello che devi sapere! –

- Come, come? No aspetta, ma io devo saperlo prima! Così mi metti in ansia! –

- Ron, non ti agitare! Mi ricordi te al tuo primo incontro ufficiale di Quidditch! –

In quel momento, giunse anche Hermione, che per stare accanto ai suoi compagni, fu costretta a sedersi nell’unico posto libero, e cioè accanto a Ron, mentre Ginny ed Harry erano seduti di fronte, dall’altro lato del tavolo. Ron cercò di apparire indifferente, ma non era molto facile mascherare il suo imbarazzo, dato che fino ad un attimo prima stavano parlando appunto di lei; Ginny ci riuscì sicuramente meglio.

- Buongiorno a tutti! – fece la giovane Grifondoro con aria abbastanza allegra! – Allora Harry, ho quello che volevamo! Ho fatto quelle ricerche sul professor Beker. –

Harry abbassò immediatamente il Profeta, e dedicò tutta la sua attenzione ad Hermione.

- Dimmi tutto. –

- Tieniti forte. Hubert Beker, tedesco. Diplomato alla Scuola di Magia di Durmstrang. Professione, Auror. I primi anni della sua carriera li ha trascorsi in Europa, al servizio del Ministero della Magia, lavoro al quale accompagnava sue ricerche personali per scovare nuovi tipi di magia oscura. Venti anni fa si è stabilito definitivamente in Gran Bretagna, dove è venuto a contatto con i principali Auror del paese, ed Albus Silente, riconoscendo le sue doti, gli ha chiesto di sposare la sua causa, ed di unirsi all’Ordine della Fenice. Nonostante avesse un buon rapporto con tutti i membri dell’Ordine, tra cui i tuoi genitori, Beker rifiutò l’incarico e qualche mese prima l’omicidio dei tuoi ad opera di Voldemort, partì alla volta dell’Africa. Hai sentito bene, Harry, Africa. Ha esaminato il continente in lungo e in largo, alla ricerca di una strana forma di magia oscura, ancor oggi non identificata, che ha cercato di contrastare in tutti i modi. Nonostante abbia vissuto per anni in Botswana, non c’è riuscito, ed è rientrato nel continente europeo solo qualche settimana fa, esattamente quando i misteriosi avvenimenti che avevano devastato l’Africa si sono presentati anche qui! –

- E proprio qualche mese dopo la sconfitta di Voldemort! A me pare quasi che sia scappato da lui! – affermò senza pensarci su troppo, Ron. Quel commento gli era uscito spontaneamente.

Hermione lo ignorò, ed Harry ebbe come un’illuminazione.

- Ecco dove avevo letto il suo nome! –

E si affrettò a tirar fuori dalla tasca tre o quattro ritagli di giornale, leggendo le ultime righe di un articolo.

- A quanto pare c’è qualcos’altro là fuori che sta cercando di minare alla sicurezza del mondo magico. L’esperto in questione Hubert Beker non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito.

- Sì, Harry, è lui! –

- Ma allora lui è a conoscenza di ciò che sta accadendo. Se ci ha lavorato per tutti questi anni, deve sapere per forza che cosa vi è dietro! –

- Il fatto che non sia ancora riuscito a sconfiggerlo, però, è preoccupante non trovate? – chiese Ginny.

- Mi stupisce però. – incominciò nuovamente Harry, che adesso era preso da mille pensieri – Lui c’era quando Voldemort stava diventando una minaccia, eppure, al contrario di tutti, non si è curato di lui, ed ha preferito seguire qualcos’altro. Lui non è rimasto, non è entrato a far parte dell’Ordine, ha preferisco scovare un’altra forma del male tutto da solo, piuttosto che seguire ciò che facevano tutti quanti. –

- Beh, non so quanto sia positivo. – gli fece Hermione.

- Questo mi fa pensare solo una cosa, che lui ha capito che oltre a Voldemort c’era qualcos’altro di malvagio da sconfiggere, ma nessuno l’ha seguito, e adesso questa nuova forma del male è qui, è giunta fino a noi, e lui magari sta ancora combattendo per sconfiggerla. –

- Magari la farà sconfiggere a noi come materia d’esame! – fece Ron in tono spiritoso, ma nessuno rise. – Ehi! Quanto spirito, era solo una battuta. –

- Voglio parlarci! Lui saprà sicuramente tutto! Voglio sapere cosa c’è dietro, e se sta ancora dando la caccia a questo qualcosa, voglio combattere al suo fianco! – affermò Harry battendo un pugno sul tavolo.

 

 

Preso dall’articolo e dalle recenti scoperte sul professor Beker, Harry non fece caso al fatto che Aberforth non sedesse a colazione. Il preside di Hogwarts, si trovava, infatti, nel suo ufficio, e sembrava avere un ospite. Un mago molto alto, di colore, con indosso una tunica dalle tinte sgargianti, sedeva di fronte a lui.

- Il professor Beker ha espresso chiaramente la sua volontà di non essere coinvolto in faccende ministeriali. Come ha avuto modo di vedere, signor Shackelbolt, è un uomo che preferisce lavorare da solo. –

- Questo l’ho capito Silente, ma ora come ora il Ministero ha bisogno di lui, e della sua collaborazione. Ciò che sta sconvolgendo il mondo magico in queste settimane, è un qualcosa che Beker conosce molto bene. Lui meglio di chiunque altro saprebbe aiutarci con i misteriosi casi di cui si stanno occupando i nostri Auror. –

- E, scusi se glielo chiedo, in cosa consisterebbero questi misteriosi casi? O è un’informazione top secret? Sa, in passato il Ministero con mio fratello non ha avuto un rapporto di piena sincerità, ma mi auguro che lei preferisca seguire una diversa linea d’azione. La collaborazione prima di tutto, contro un nemico comune. E’ questo che il Ministero non ha mai imparato. –

Kingsley sorrise.

- In me può riporre piena fiducia, stimavo molto suo fratello, ed ero un membro dell’Ordine della Fenice. Conosco molto bene gli errori che ha commesso il Ministero negli ultimi vent’anni. –

- Allora, mi dica, riguardo a cosa vorrebbe chiedere l’aiuto del professor Beker? –

- Vede, professor Silente, io non ho la minima idea di cosa stia avvenendo e di come stia avvenendo. Quando Beker si trovava in Africa per combattere questo male, io come gli altri mi trovavo qui a contrastare l’ascesa e la rinascita di Voldemort. Il problema è che ci troviamo di fronte a un qualcosa di ben poco definitivo, e i suoi reati non sono soltanto comuni omicidi; corpi ritrovati senz’occhi, persone sopravvissute al quale è stata strappata soltanto la vista, e in più aggressioni che si sono risolte con la perdita dei poteri da parte delle vittime. E’ inaudito che un mago passi alla condizione di magonò in pochi istanti. Lei non trova che tutto questo sia fin troppo strano? –

Aberforth rimase per un attimo in silenzio, e poi annuì.

- Strano è dire poco. –

- E’ per questo che ho bisogno di parlare con Beker! Lui sa benissimo cosa abbiamo di fronte! Così come parla con me di collaborazione, allora dovrebbe parlarne anche con lui. –

Aberforth guardò il suo interlocutore, senza batter ciglio, e poi alzò il capo leggermente.

- Tu cosa ne pensi, fratello? –

La figura di Silente, immortalata nel ritratto, in quel momento cominciò a muoversi e parlare. Kingsley fu scosso per un istante, all’idea di sentire nuovamente Albus Silente.

- Buongiorno, Kingsley! –

Il mago di colore chinò il capo in segno di rispetto.

- Professor Silente, è un piacere ritrovarla. –

- Oh, anche per me! – disse in tono allegro. – Da quello che ho capito, la questione è l’intervento e la collaborazione del signor Beker. Beh, per quel che ne so, a Beker non riuscirà ad estrarre niente di più che un saluto e qualche battutina. E’ un ragazzo abbastanza spiritoso! – ed era piuttosto divertito mentre ne parlava – Ho intrattenuto per anni un’assidua corrispondenza con Hubert, è un mago di notevoli doti, e per questo volevo che facesse parte dell’Ordine, il suo intervento sarebbe stato necessario, lo riconosco, ma lui, piuttosto, ha preferito seguire un’altra causa, e diciamo che, per qualche verso, l’ha fatta sua. Sono anni che Beker dà la caccia a questo qualcosa che è giunto, in tempi recenti, anche nel nostro paese. Ha vissuto anni in Africa per riuscire a scovare questo male e distruggerlo! Ma prima di tutto, per riuscire a capire quali fossero i suoi piani! Vent’anni di ricerche non sono pochi, Kingsley, e Beker ha sviluppato una sorta di prerogativa personale su questa faccenda. Lui vuole giungere alla distruzione di questo male da solo, dopo che per anni, da solo l’ha combattuto. Ne ha fatta una questione privata. –

Kingsley non poteva credere a ciò che stava ascoltando.

- E lei approva questo modo di fare, Silente? Da quello che mi dice, questo Beker è un egoista! Rifiutare l’aiuto del Ministero, e mettere così a rischio vite umane, solo per la decisione di voler fare tutto da solo? Solo perché lui per vent’anni ha dovuto affrontare questa cosa senza la collaborazione di nessuno, questo non gli dà la prerogativa di continuare lungo questa strada! Il male è giunto fino a noi, e ormai siamo anche noi che ci troviamo a combatterlo! Dovrebbe aiutarci! E poi non vedo come possa portare a termine la sua missione, dal momento che si è chiuso in questa scuola come insegnante. –

- No che non sono d’accordo. – esclamò Silente, in tono calmo – Ma non posso certo impedire al professor Beker di fare le sue scelte, se le ritiene giuste. Io, Kingsley, sono la persona meno indicata, e sa perché? Perché mi sono comportato esattamente allo stesso modo. Ho messo su un piano, e ho agito da solo, mettendo in serio pericolo tante vite umane, tra cui quelle dei miei stessi studenti. Quindi come potrei io impedire a Beker di seguire la sua volontà? –

- Il suo piano era brillante, Silente. –

- No che non lo era! E poi magari, chi dice a lei che anche Beker non abbia un piano per sconfiggere questa cosa? –

- Considerati i tempi… non direi. –

- Lasciatelo fare. – esclamò una voce che non era quella di Silente. Fu l’immagine di un altro ritratto a parlare.

- Oh, siamo al completo Severus! – esclamò Albus Silente, in tono ilare.

- Lasciatelo fare? – chiese stupito Kingsley, che cominciava a chiedere se quelle non fossero brutte imitazioni delle persone che realmente aveva conosciuto in vita. Piton, ad ogni modo, non colse l’allusione e non aggiunse altro.

- Kingsley – esordì Albus in tono quasi paterno – stia tranquillo. Per il momento, concediamo a Beker una possibilità. Se la merita, non trova? –

- Merita? Ma se c’ha abbandonati quando contro Voldemort avevamo maggior bisogno di lui, e anche mesi fa, quando è tornato! Dov’era lui mentre noi combattevamo? –

- Stava cercando di non rendere necessaria la sua presenza qui, oggi, e il suo intervento contro un male di cui non conosce l’origine, Kingsley. –

E a quest’ultima affermazione dell’ex preside di Hogwarts, Shackelbolt non seppe più come controbattere.

 

 

Ron non era ancora riuscito ad ottenere il suo chiarimento con Hermione, e del resto, non l’aveva cercato. Ginny gli aveva assicurato che lei gli avrebbe parlato, e quindi, aspettava pazientemente che fosse la ragazza a fare la prima mossa, anche se non riusciva più a vivere in quella situazione perenne d’imbarazzo. Il giorno dopo lui, Hermione ed Harry esposero, di fronte a tutta la loro classe, la loro presentazione riguardo gli Horcrux, e poterono accorgersi di come i loro compagni fossero totalmente rapiti dalle loro gesta. Tra tutti, però, colui che incontrò più difficoltà nell’esposizione fu proprio Ron, che dovette fare i conti con i ricordi più orribili che possedeva.

- E… e… nel momento in cui medaglione fu aperto, mi ritrovai di fronte, la mia più grande paura. La cosa che vi viveva all’interno, nel momento in cui era venuta a contatto tante volte con il mio corpo, aveva imparato a conoscermi, aveva visto il mio cuore, e aveva capito che cosa mi avrebbe lacerato, qual’era l’arma che poteva distruggermi, non fisicamente, ma dall’interno! Aveva capito chi era la persona che amavo di più al mondo, e il fatto che perderla mi avrebbe ucciso. Come ha spiegato Harry per il diario di Tom Riddle, distruggere un Horcrux è forse la cosa più difficile, perché ciò che ti ritrovi davanti, non è un oggetto inanimato, è un qualcosa di vivo. E’ solo trovando il coraggio dentro sé stessi, che si può sfuggire alle illusioni di un Horcrux, nel nostro caso, di Voldemort… -

Il racconto poi proseguiva con la descrizione della distruzione avvenuta grazie alla spada di Grifondoro. Hermione per tutto il tempo fu rapita dalle parole di Ron; non solo per il modo in cui raccontava, così preso e così coinvolto, tanto da far avvertire quanto in realtà avesse sofferto, come se avvertisse ancora il dolore; ma anche perché si rese conto che in realtà né lui né Harry gli avevano mai raccontato nei dettagli che cosa avesse dovuto affrontare Ron nel momento di distruggere il medaglione. Nel sentire quel racconto per lei inedito, le venne inavvertitamente voglia di conoscere quale fosse stata la grande paura che Ron aveva dovuto affrontare.

Un’altra persona per cui non fu facile ascoltare la presentazione sugli Horcrux, fu Ginny. Il racconto di Harry riguardo alla distruzione del diario, le portò in mente troppi ricordi, e coincidevano esattamente con quello che lei definitiva l’inizio della loro storia. Era stato proprio quando lo amava segretamente, senza il coraggio di rivolgergli la parola, e soffrendo maledettamente perché lui non la considerava minimamente. E poi… era caduta nel perfetto tranello di Tom Riddle, e anche se all’epoca era solo una bambina di undici anni, non riusciva a perdonarselo, e non poteva far a meno di pensare come anche Harry la considerasse una stupida per quella faccenda. Mentre stava lì ad ascoltare l’esposizione di Harry, notò come lui le rivolgesse lo sguardo per la maggior parte del tempo, considerando solo raramente il resto della classe. A quanto sembrava anche Harry ricordava perfettamente che quella fu un’esperienza che avevano condiviso insieme, il loro primo vero momento, forse.

Quando la presentazione fu terminata, i tre espositori furono sommersi dagli applausi dei loro compagni, e Beker si congratulò con loro per l’ottimo lavoro.

- Esattamente ciò che volevo! Complimenti ragazzi, davvero i miei complimenti! Ammirevole, non so se avrei avuto tanto coraggio al posto vostro. Ottimo lavoro, e grazie, mi avete fatto risparmiare un’ora di lezione lavorando al posto mio! – e sorrise, travolgendo come al solito la classe. – Allora? Quanti punti devo assegnare alla signorina Granger? –

Ron ed Harry manifestarono il loro disappunto.

- Andiamo, stavo scherzando, so che anche voi due avete fatto la vostra parte. Venticinque punti per ciascuno di voi. –

Nuovi applausi accolsero i tre studenti, che tornarono ai loro posti, prima che suonasse la campanella. Harry, come deciso il giorno prima, si distanziò dai compagni, e raggiunse il suo professore di Difesa.

- Ormai devo considerarle abituali queste tue visite alla fine della lezione, Harry? – gli chiese questi, riordinando, le pergamene del loro compito appena esposto, e sedendosi poi comodamente sulla cattedra. – Dimmi tutto. –

- Professore – esordì Harry – volevo chiederle, se lei sa qualcosa riguardo a ciò che accadendo ultimamente nel mondo magico. –

Beker parve aspettarselo. – Ti riferisci ai maghi senz’occhi? – Harry annuì. – Non so perché ma credo che per farmi questa domanda adesso, tu e la signorina Granger abbiate fatto qualche ricerca su di me. –

- Non posso negarlo signore. –

- Dunque saprai anche che per anni mi sono battuto per la distruzione di questa cosa. –

Il giovane Grifondoro annuì nuovamente – Se la chiama cosa, professore, vuol dire che ancora non ha idea di quale sia la sua natura? –

Beker annuì – Esattamente. In anni ed anni di ricerche e di incantesimi, non sono riuscito ancora a scovare il male che si cela dietro tanto orrore. Di passi avanti ne ho fatti, certo, era anche il minimo, ma purtroppo c’è sempre qualcosa che mi è sfuggito; e alla fine questa particolare forma di magia oscura è giunta fino a qui, e ti posso assicurare Harry, che non ha scelto un posto a caso. Se è arrivata qui è perché è qui che sta cercando qualcosa, ed io ho tutta l’intenzione di scoprirlo. –

- Lei cosa pensa che possa essere, signore? Perché alle vittime vengono sottratti gli occhi e la vista? Ho saputo che alcuni hanno perso i propri poteri, diventando maghinò; il Ministero li ha sotto controllo, stanno cercando di ricavare qualcosa dalle loro testimonianze. –

- Harry – disse Beker in tono comprensivo – ci troviamo di fronte ad un tipo di magia ben diverso da quelli con il quale il Ministero è abituato a trattare. Si tratta di magia africana, tribale, non siamo di fronte a un qualcosa di simile a un mago oscuro. E’ molto di più, sono coinvolti antichi rituali di magia ed incantesimi, per la maggior parte sconosciuti. Nemmeno nella sezione Proibita di Hogwarts riusciresti a scoprire tali cose. E il Ministero cosa spera di ottenere? Per il momento è tutto ciò che posso dirti, ragazzo. Sono vent’anni che tento di sconfiggere questa cosa, e ho tutta l’intenzione di portare a termine la mia missione! –

Harry aveva ascoltato la spiegazione del suo insegnante, percependo che conoscesse molto di più di quanto non gli avesse detto, ma preferì non fare ulteriori domande, perché comprese che quello era il volere di Beker, ma aveva un’altra curiosità sopita dentro di sé.

- Professore, posso farle un’altra domanda? –

Beker lo guardò curioso – Chiedi pure. –

- Come mai lei ha preferito seguire questa cosa piuttosto che affrontare Voldemort? So che Silente le aveva chiesto di far parte dell’Ordine. Perché lei non è rimasto a combattere? – ed aggiunse subito – Non mi fraintenda professore, trovo che sia stato molto coraggioso da parte sua, ma indubbiamente va contro quella che era la consuetudine di allora. Credo che nessun’altro, in quella situazione, avrebbe deciso di partire. –

- Giusta osservazione, ragazzo. Vedi… io ho sempre cercato di fare tutto da solo, senza l’appoggio di nessuno. Quando Voldemort salì al potere, io avevo già per le mani molto materiale e molte informazioni su ciò che sarei andato a cercare in Africa; non potevo tirarmi indietro, era qualcosa di altamente pericoloso, quasi al pari di Voldemort, ma nessun se ne curava perché era lontana di noi, si pensava non ci avrebbe toccato mai, e invece eccoci qua. Ti assicuro che se non fossi partito, e se non l’avessi intercettata e bloccata in Botswana, questa cosa sarebbe giunta a noi molto prima, magari unendosi agli orrori già compiuti da Voldemort. Ci saremmo trovati nel caos più totale, con due potenze da sconfiggere. Per tutti gli anni della mia assenza, ho mantenuto la corrispondenza con il professor Silente, lo aggiornavo sull’evolversi del mio lavoro e sulle mie scoperte, e lui mi comunicava i progressi di Voldemort; conoscevo già tutto di te, e quando mesi fa il mondo magico si è unito per combattere ciò che rimaneva di Tom Riddle, Silente mi aveva implorato di tornare, e lo desideravo tantissimo, ma non potevo perdere il controllo della situazione, se quella cosa mi fosse sfuggita di mano, e avrebbe raggiunto nel frattempo Voldemort, non ci sarebbe stata via di scampo. –

Harry ascoltò attentamente il racconto e le spiegazioni di Beker. Non l’aveva mai visto così serio, per tutto il suo discorso aveva mantenuto un tono grave e solenne, che consentiva ad Harry di riporre in lui la sua piena fiducia. Voleva saperne di più, voleva apprendere tutto ciò che c’era da sapere, ma pensò che, magari, con il tempo Beker lo avrebbe informato su tutto il resto, e quindi non spinse oltre la sua curiosità.

- Professore? Se mai si ritenesse necessario dover combattere contro questa cosa, io combatterò al suo fianco! –

Beker guardò Harry dall’alto in basso. I suoi occhi si accesero di gratitudine e commozione, e infine, annuì, battendogli una pacca sulla spalla.

- E come potrei dirti di no? Sono o non sono l’insegnante dell’azione sul campo? E quale alleato migliore di te? –

 

Continua…

 

Ciao ragazzi, volevo ringraziarvi immensamente per l'affetto che state mostrando a questa storia! Sono felice che vi prenda, e vi stimoli. A dire il vero, io stessa mi sto facendo prendere dalle questione dei maghi senz'occhi, quando questa storia era nata principalmente come idillio sentimentale per la mia coppia preferita, che credo abbiate riconosciuto in Ron & Hermione! Ad ogni modo, spero di non deludervi! Un grazie infinite anche a tutti coloro che seguono senza recensire, siete davvero tantissimi! Sam

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 6

 

Hermione Granger: una giovane strega all’inizio del suo settimo anno a Hogwarts, stava perlustrando a grandi passi già da ore il dormitorio femminile, stipato in cima ad una delle torri del castello, ad intervalli di tempo irregolari si fermava, gesticolava, si guardava allo specchio, era tesa, nervosa, e continuava a misurare il perimetro circolare della stanza.

- Io… ecco vedi… Ron… il fatto è che… -

In quel momento alle sue spalle giunse Ginny, che la osservò silenziosamente per qualche istante, con un’aria alquanto perplessa, fin quando Hermione non si accorse della sua presenza, e dopo un primo salto dovuto allo spavento della recente scoperta, divenne irrimediabilmente rossa, e cominciò a giustificarsi cercando di nascondere l’imbarazzo.

- Ginny! Da quanto tempo sei lì? –

- Appena una manciata di secondi, non ti preoccupare. – disse Ginny sorridendo maliziosamente – Tutto bene? Ti vedo un po’ tesa! A un tratto sei diventata rossa quasi quanto me! –

Hermione si portò le mani in viso, e si voltò di scatto verso lo specchio, dando le spalle alla Grifondoro dai capelli rossi.

- Rossa? No ma che dici? Sarà il caldo, evidentemente. –

Ginny non volle infierire, ma le avrebbe volentieri ricordato che entro qualche giorno avrebbero avuto bisogno dei camini per prevenire le ondate di freddo; rimase qualche altro secondo a fissare Hermione, e poi cercò di tranquillizzarla, e si andò a sedere sul proprio letto.

- Hermione calmati, sei troppo agitata! Quando hai intenzione di parlarci? –

- Io… Io… - e si voltò nuovamente – Non lo so! Ogni volta che lo vedo il coraggio mi viene meno. –

Ginny annuì lentamente, poteva comprendere benissimo i sentimenti di Hermione, dal momento che anche lei, in passato, non era stata poi tanto coraggiosa nell’affrontare i suoi sentimenti per Harry.

- Come va la preparazione dell’esame? – chiese, poi, Hermione abbandonandosi sulle sue lenzuola.

L’espressione di Ginny non era di certo tra le più felici. – Non bene. – disse sospirando – Beh, posso dire che non sono poi messa male ma, vorrei lo stesso chiedere ad Harry se è disposto a darmi una mano! –

Hermione sorrise raggiante – Ma è una splendida idea! –

Ginny inarcò un sopracciglio – Dici? Non so quanto tempo avrà da dedicarmi con tutti i pensieri che gli passano per la testa. – e sbuffò gettandosi sul suo cuscino – Ci mancava solo la maledizione africana quest’anno! E il professore di Difesa esaltato! –

Le due si guardarono per qualche attimo in silenzio, e poi, entrambe si abbandonarono a una grande risata.

 

 

I giorni trascorrevano tutti uguali ad Hogwarts, e passavano velocemente. Ron non aveva ancora avuto il suo chiarimento con Hermione, che a differenza dei primi giorni, sorprendeva a scrutarlo, e molte volte i loro sguardi si erano incontrati; d’altro canto lei continuava a non rivolgergli la parola. Harry era continuamente preso dalla questione dei maghi senz’occhi, soprattutto dopo la sua ultima conversazione con Beker, che voleva ad ogni costo aiutare; intanto, i ritmi degli omicidi aumentavano raggiungendo la quota di uno al giorno. L’Inghilterra dei maghi stava sfociando nel pieno caos. Tutto il tempo dedicato ad Harry a quei pensieri, ad ogni modo, non gli permetteva di trovare un momento ideale per poter parlare con Ginny, e a momenti rischiava di dimenticare anche i suoi impegni come capitano della squadra di Quidditch. A di là di pochi giorni lui e Ron avrebbero tenuto le selezioni per la nuova squadra; Ginny non vi avrebbe preso parte, visti e considerati i suoi impegni scolastici, ma dopo tutto la ragazza aveva già un posto fisso in squadra; Ron era iperteso all’idea ma anche se ci fosse stato un portiere migliore di lui, Harry non gli avrebbe mai sottratto il posto da portiere del Grifondoro, di certo non all’ultimo anno.

Harry e Ron si trovavano sulla riva del lago, all’ombra degli alberi, e discutevano delle possibili prestazioni dei vari giocatori che avevano inviato la loro domanda per i provini della squadra, anche se prima di giungere a conclusioni, dovevano aspettare di vederli giocare. Dopo pochi minuti, furono raggiunti da Ginny, appena uscita dalla sua ultima lezione extra di Trasfigurazione.

- Sono ufficialmente distrutta! – disse sospirando e lasciandosi cadere accanto ad Harry.

- Ciao Ginny. – la salutarono in coro i due ragazzi.

- A voi come procede con le selezioni? –

- Alla grande direi, abbiamo alcuni nomi che potrebbero promettere bene, ma dobbiamo attendere di vederli giocare domani. –

- Ginny – intervenne Ron in tono serio – abbiamo bisogno di Dean! –

Ginny fu attimo colpita da un bolide in quel momento, e si voltò a guardare Harry istantaneamente. Poté subito notare che anche al ragazzo non piaceva l’idea.

- Non è ufficiale! Dobbiamo sempre aspettare i provini di domani, magari qualcuno si rivela migliore di lui! – si affrettò a specificare il mago con gli occhiali.

- Sì, lo spero anch’io – fece Ron preoccupato – Anche perché non vorrei mai che Grifondoro perdesse una partita per le gelosie di un triangolo amoroso in squadra! –

Ginny ed Harry scoccarono a Ron un’occhiataccia penetrante, il ragazzo dai capelli rossi si rese conto troppo tardi di ciò che aveva detto. – Forse sarebbe meglio che me ne vada eh? A più tardi! – e raccolse le sue cose allontanandosi verso il castello.

Superato l’imbarazzo, Ginny prese finalmente in mano la situazione.

- Ascolta Harry, sono venuta qui perché volevo chiederti un favore. –

Harry non sapeva di cosa si trattasse, ma a prescindere non avrebbe mai potuto dirle di no; spostò lo sguardo su di lei, ed incontrò il suo, si chiese se non fosse quello il momento perfetto per parlarle…

- Un favore… di che genere? –

- Tra una decina di giorni ho l’esame di Difesa, e mi chiedevo se potresti darmi una mano! –

Harry si stupì per la richiesta.

- I-i-io? Oh ma… ma certo! Sarebbe un piacere per me, anche se l’esame è teorico, non sarebbe meglio chiedere ad Hermione… -

- Sì, lo so ma Hermione è davvero impegnata quasi quanto me, e... tu la conosci, sai cosa significa per lei lo studio, e quando questo abbonda raggiunge livelli di stress inauditi! E poi, comunque, credo che anche un po’ di esercitazione pratica mi farebbe bene! E’ il modo migliore per imparare, o sbaglio? –

Harry le sorrise, ed annuì.

- Dimmi tu quando. –

- A che ora hai le selezioni del Quidditch domani? –

- Beh, domani è sabato, le selezioni ci saranno la mattina, quindi potremmo benissimo vederci dopo pranzo. –

- Stanza delle necessità? –

Harry le tese la mano – Affare fatto! –

 

 

Ron era giunto alla Sala d’Ingresso del castello, e camminava a passo spedito verso e scale, ma si bloccò all’istante, quando in cima ad esse vide Hermione, conversare amichevolmente con Cormac McLaggen, mentre scendevano verso di lui. Ron rimase immobile a fissarli per qualche istante, non si rese conto che i suoi muscoli gli si erano d’improvviso pietrificati, e nelle vene al posto del sangue gli stava pulsando soltanto gelosia. Era vero, stavano solo parlando, ma questo bastava per farlo andare in bestia, visto che con lui, Hermione, non ci parlava da mesi. Con un gesto distratto, Hermione, che sembrava tutt’altro che a suo agio in quella conversazione, posò lo sguardo proprio in direzione di Ron, e lo vide lì pietrificato che lanciava contro di loro il suo sguardo assassino.

- Ron! –

Era la prima volta che Hermione, dopo mesi, finalmente gli rivolgeva la parola, ma Ron in quel momento, preso dall’ira, non ci fece nemmeno caso.

- Ehi! Weasley! Tutto bene? Domani ci sono le selezioni vero?! –

- Sì, e tu non vi parteciperai! – disse il ragazzo dai capelli rossi, che stringeva i pugni per contenersi. – Il portiere del Grifondoro sono io! Credevo che su questo non ci fossero dubbi! –

- Ehi! Ehi! Ehi! Stai calmo amico, non puoi certo impedirmi di partecipare. Cosa c’è? Hai forse paura di perdere il posto? – lo provocò il biondo.

Ron era fuori di sé, ed Hermione si accorse che stava per perdere il controllo.

- Ron! –

- Per oggi ho visto abbastanza! Ci vedremo domani sul campo, McLaggen, e augurati di avere la fortuna dalla tua parte, perché ti servirà! – e così dicendo passò tra i due, strattonandoli entrambi, e risalì le scale.

- Ron! – lo chiamò di nuovo Hermione, ma lui sembrava non sentirla.

- Lascialo perdere, Hermione. – le fece McLaggen con noncuranza, e dopo la frase continuava con qualcos’altro che però sfuggì alle orecchie di Ron.

Hermione? – ripeté fra sé, accecato dalla gelosia. – E da quando la chiama per nome?

- AL DIAVOLO! – diede un calcio ad uno scalino, senza avvertire il minimo dolore preso com’era dalla voglia di uccidere McLaggen, e risalì le scale e i corridoi fino alla Sala Comune.

 

 

Quella sera Ron non scese a cena, cosa che Harry e Ginny non poterono far a meno di notare.

- Ma dov’è Ron? – chiese Harry, sperando che Hermione gli sapesse dare una risposta.

La ragazza, con fare imbarazzato, si portò una mano alla tempia, scuotendo il capo.

- Credo sia per causa mia. Poco fa mi ha vista parlare con McLaggen e si è ingelosito, l’ha aggredito verbalmente ed è corso via come una furia! Non ha voluto nemmeno ascoltarmi! –

- Dopo mesi che non gli parli era anche il minimo. – esclamò Ginny, senza pensarci su troppo, ma forse avrebbe dovuto, perché Hermione le lanciò un’occhiata gelida. – Scusami. – si affrettò ad aggiungere.

 

 

Quando Harry risalì nel dormitorio, trovò Ron già a letto, che dormiva o forse fingeva soltanto; Ron, infatti, era sveglio e sentì Harry entrare, ma non aveva voglia di parlare con nessuno, era davvero troppo arrabbiato, e non voleva rischiare di litigare con tutti coloro che gli rivolgessero la parola.

La mattina dopo lui ed Harry erano sul campo di Quidditch, e dinanzi a loro, si schierarono tutti gli aspiranti giocatori della squadra. Sugli spalti figuravano Neville, Luna, Lavanda, Calì Patil, Seamus ed Hermione, la quale non poteva proprio mancare.

- Guarda un po’ chi è venuta a vederti, Ron. – disse Harry indicando nella direzione di Hermione.

Ron non alzò nemmeno lo sguardo verso di lei.

- Sarà venuta a vedere McLaggen! –

Harry sospirò, scuotendo il capo. – Ancora con questa storia? – e dal momento che Ron non aggiunse altro, poté proseguire – Prima che cominciamo le selezioni, volevo dirti una cosa che non potuto dirti ieri dal momento che non eri a cena e, quando sono tornato, stavi già dormendo. Ginny mi ha chiesto di darle qualche ripetizione per l’esame di Difesa. La vedrò oggi, dopo pranzo, credo che sarà una buona occasione per… -

Ma Ron era troppo nervoso per ascoltare i successi sentimentali di Harry e sua sorella.

- Ok, ok, ok. Non aggiungere altro, preferisco non conoscere i dettagli! Tu, fai pure quello che devi fare e io… ti auguro buona fortuna! –

Harry sorrise – Grazie! E allora – disse poi rivolgendosi ai suoi compagni – cominceremo dalle selezioni per i battitori. –

Dopo due ore di provini, in cui Ron si distinse con brillanti parate, che sfigurarono McLaggen, e questa volta senza alcun bisogno di un incantesimo Confundus; Harry non fu particolarmente colpito dalle prestazioni dei nuovi giocatori ma trovò, allo stesso modo, dei compagni che non se la cavavano proprio male, tra cui anche due cacciatori, cosa che metteva Dean fuori dalla squadra; in realtà, rispetto ad uno dei due, proprio Dean avrebbe meritato il posto, ed Harry cominciò a pensare che l’avesse escluso inconsciamente per dei motivi non legati esattamente al Quidditch. Anche i due battitori furono trovati tra due ragazzoni ben piazzati del quinto anno. La squadra era al completo.

 

 

Dopo pranzo, Harry aspettò Ginny accanto al ritratto della Signora Grassa, ed una volta che la ragazza l’ebbe raggiunto si recarono insieme fino alla Stanza delle Necessità. Quel pomeriggio fu praticamente un ripetersi dell’esperienze con l’ES, anche se Harry non impiegò molto a capire che Ginny, in realtà, non aveva bisogno di nessuna ripetizione; la ragazza se la cavava fin troppo bene, ma dopo tutto, Harry conosceva già da tempo il suo talento da strega.

- Grandioso, Ginny. – affermò dopo due ore, in cui avevano ripassato le principali tecniche di difesa – Credo che supererai l’esame a pieni di voti. –

- Dici sul serio? Che sollievo Harry, questa lezione era davvero fondamentale per me, grazie. –

- Fidati, io non ho fatto niente. – disse lui sorridendo, alludendo al fatto che se la cavava benissimo anche da sola.

- Ma sì, hai fatto fin troppo, invece. –

Harry rimise a posto le ultime cose che avevano utilizzato per le esercitazioni, e poi insieme s’incamminarono verso l’uscita della Stanza delle Necessità. Ginny prese la parola per prima…

- Sai Harry, sono davvero felice che tu, dopo l’esperienza dell’anno scorso, abbia deciso di tornare ad Hogwarts, è stata una vera sorpresa, non credevo che tu… insomma… diciamocela tutta sei già un grande mago senza il bisogno di diplomarti. –

Lui fu immensamente felice di quella scoperta.

- Beh, sarà ma io dovevo e volevo tornare in questa scuola, e poi, c’era qualcosa qui che non potevo lasciare in sospeso, e non sto parlando di magia. –

- E di cosa? – chiese la ragazza curiosa.

In quel momento Harry tacque, si fermò, venendo imitato da Ginny, e riprese a parlare con tono molto più serio.

- Ginny. –

Ginny sussultò, troppi pensieri in quel momento le affollarono la mente.

- Ascolta, io… Beh, ecco, vedi… era un po’ che volevo parlarti. –

- Parlarmi di cosa? –

- Il fatto è che… -

Harry sembrava non trovare le parole; un autentico Grifondoro come lui che non trovava il coraggio di esprimere i suoi sentimenti alla ragazza che amava.

- Sì? – incalzò Ginny il cui cuore martellava come un motore impazzito.

- Vedi… Dean non è nella squadra! – tirò tutto fuori come un’esplosione, anche se non era realmente ciò che voleva dire, ma non era riuscito a trovare niente di meglio.

Ginny parve delusa, il suo entusiasmo svanì all’improvviso, e tutta quell’emozione e quell’euforia calarono di colpo; non era esattamente ciò che si era aspettata di sentire.

- Oh. – esclamò. – Bene. – aggiunse poi, seccamente.

La ragazza riprese a camminare verso l’uscita, ed Harry rimase fisso dov’era maledicendosi per non aver detto chiaramente quello che voleva. Non poteva sprecare quell’occasione, quindi decise sul da farsi; raccolse tutto il suo coraggio e le parlò mentre ancora lei gli rivolgeva le spalle.

- Non è in squadra perché io così ho voluto! La sua presenza non mi avrebbe giovato, sarei stato troppo geloso… di te! –

Ginny, non credendo a ciò che aveva appena ascoltato, si voltò lentamente verso di lui, che era ancora lì fermo, sconvolto, ed aveva tutta l’intenzione di continuare. Ormai si era liberato dell’ostacolo, e avrebbe tirato tutto fuori, fino all’ultimo pensiero, glielo doveva.

- E’ da quando ho sconfitto Voldemort che mi sono ripromesso di parlarti, ma ogni volta in cui ho tentato di farlo, non ci sono riuscito. Non mi sarei mai voluto allontanare da te, e non potevo portarti con me, perché sarebbe stato troppo pericoloso, e poi… - sorrise – chi l’avrebbe sentita la signora Weasley se le sottraevo non un figlio, ma due. Devi perdonarmi Ginny, ho agito solo per difenderti, perché se lui ti avesse fatto del male, io… io… non avrei mai saputo perdonarmelo! Non tu, tu eri e sei la cosa che più di ogni altra, io non potevo perdere; e quando ti ho riavuta sono stato troppo stupido per correre subito da te, e stavo per ricommettere gli errori che ho già fatto in passato, lasciandoti andare quando in realtà era ciò che non volevo. Sono tornato ad Hogwarts prima di tutto, perché volevo vivere quest’ultimo anno al tuo fianco, Ginny, e spero che tu lo voglia ancora. –

Ginny era a dir poco shockata.

- Io… -

- Sì, devi perdonarmi, forse ho parlato troppo. – ammise Harry, imbarazzatissimo. In effetti, l’aveva tempestata di parole.

Ginny, invece totalmente priva di parole, si limitò a scuotere il capo, non riusciva ancora a credere a quello che aveva sentito, e specialmente, da chi. Troppo spaventata dal fatto che potesse trattarsi solo di un sogno, senza emettere un solo suono, corse verso Harry, e gli si gettò letteralmente addosso, le braccia attorno alla sua nuca, e il suo corpo completamente avvinghiato a quello di lui. Harry non aveva aspettato altro che quel momento da mesi, e la strinse tra le sue braccia senza attendere oltre.

 

- Quel cretino, come al solito non ha capito niente. – pensava Hermione mentre, in Sala Comune, tentava inutilmente di svolgere un tema per il professor Lumacorno, senza riuscirvi; non stava minimamente pensando alla pozione assegnatale, alle sue caratteristiche, i suoi effetti, il metodo di preparazione e i suoi possibili antidoti. Tutto ciò a cui pensava era Ron Weasley. Ron Weasley e il suo caratteraccio, Ron Weasley e la sua gelosia. – Sono sempre io la strega della situazione. Io che non lo capisco, io che non lo ascolto. Ma cosa ne sa lui di quello che provo. Io, poi, non posso parlare con McLaggen, è ovvio, ma lui sbaciucchiarsi con Lavanda due anni fa, non ci ha pensato su due volte, eh? E poi la colpa è mia! – e mentre pensava a tutte queste cose, immaginava di avere il volto di Ron disegnato sulla pergamena del suo compito, e tentava di scarabocchiarglielo nervosamente con la piuma. – L’unica colpa che ho io è quella di essermi innamorata di un tipo del genere.

- Hermione… - le chiese Neville avvicinandosi cautamente. – Ti senti bene? –

- STO BENISSIMO! – gli ringhiò Hermione con tanta violenza tale da ricordare una tigre siberiana.

Neville deglutì.

- Ti vedevo un po’ nervosa. Il tuo compito è… - e posò lo sguardo sulla pergamena della ragazza. Lei fece altrettanto e poté vedere che era completamente rovinata.

- Oh mio Dio. – e sospirò – Ok, forse è il caso che prenda una boccata d’aria. Grazie Neville. – e s’allontanò verso l’uscita del ritratto, quando tornò a voltarsi verso il ragazzo dal viso rotondo – Ah, Neville, per caso hai visto, Ron? –

Il ragazzo moro scrollò le spalle, ma fortunatamente Seamus sapeva più cose di lui.

- A me ha detto che sarebbe andato alla torre di Divinazione a… fare non so cosa… - e mentre lo diceva aveva uno strano sorriso sul volto, come di chi, in realtà, la sapesse fin troppo lunga.

Hermione era fin troppo confusa.

- La torre di Divinazione? Ma lui odia quel posto! E che diavolo ci va a fare poi? –

Noncurante Hermione abbandonò la Sala della sua casa, e ripetendosi più volte di non dover andare assolutamente a cercare Ron per nessun motivo, si ritrovò proprio alle scale che conducevano alla torre di Divinazione.

- Ma guarda un po’. Ci sono finita per caso! Beh a questo punto… -

E s’avviò su per le scale, anche se ovviamente, lei per prima sapeva benissimo che non era stato un caso che si fosse trovata lì. Arrivata quasi in cima sentì finalmente delle voci, una era sicuramente la voce di Ron, inconfondibile, mentre l’altra… non capiva bene, ma le sembrava di conoscerla.

- Non posso farlo! – sentì nitidamente Hermione, era la voce di Ron.

Non posso fare cosa? Era troppo curiosa. Salì ancora più su, tra poco sarebbe riuscita a vedere la scena.

- Ascoltami te l’ho già detto, è già troppo se sono venuto, anzi ti dirò, se fossi stato in me probabilmente avrei rifiutato il tuo invito. – era nuovamente la voce di Ron.

- Ma RonRon… -

Fu come una specie di Avada Kedavra che ti lascia in vita. RonRon? Salì l’ultimo gradino, e poté vedere nitidamente Ron, seduto in modo molto scomposto su uno degli ultimi scalini in cima, e di spalle, i capelli biondi di quella che non poteva essere altro che Lavanda Brown, e cosa ben peggiore, gli stava tenendo entrambe le mani. Ron non sembrava particolarmente preso da Lavanda, anzi, sembrava quasi che volesse divincolarsi da quella che era più una piovra, che una ragazza, ma questo Hermione, talmente sconvolta sul momento, non ebbe modo di notarlo, e si fermò all’apparenza. In quel momento si tradì facendo un leggero movimento, il suo spostamento fu avvertito da Ron che spostò lo sguardo nella sua direzione, e la vide.

- …perché? – chiese in quel momento Lavanda.

- Hermione. – sussurrò il ragazzo.

- Ancora lei??? Ma se ti odia, non ti rivolge la parola da quando siete qui! –

Ron scansò immediatamente le mani di Lavanda. – No, HERMIONE! –

Il ragazzo si alzò di scatto, e Lavanda capì cosa stesse accadendo, si voltò giusto in tempo per vedere la chioma castana di Hermione scappare giù per le scale, e Ron lanciarsi al suo inseguimento.

- Hermione! –

- Questo è troppo, Ronald Weasley, questo è davvero troppo! –

- Hermione, lascia che… -

Ron la stava ancora inseguendo, quando lei si voltò adirata, se fosse stato possibile avrebbe avuto due fiammate al posto delle pupille; e Ron, dato l’arresto improvviso, per poco non le cadeva addosso.

- Lasciare che cosa? Cosa Ron? Che ti spieghi? Non c’è niente da spiegare! –

Lavanda li raggiunse in quel momento, Hermione le lanciò un’occhiata che avrebbe potuto fulminarla.

- Hermione, ascolta io… - e tentò di sfiorarle il braccio per calmarla, ma lei lo scansò violentemente.

- Basta Ron. – e assunse un tono quasi disgustato. Le lacrime che le scorrevano dal viso, però, la tradivano – E dire che ero venuta per scusarmi. –

Si precipitò giù per le scale, lasciando Ron totalmente sconvolto, prima di tutto per quella frase, e in secondo luogo per la sua espressione, lo odiava dal profondo del cuore, e per l’ennesima volta l’aveva fatta piangere; era stato la causa delle sue lacrime, era una cosa che non poteva sopportare; diede un pungo nel muro di pietra, con una tale violenza che avvertì un dolore inimmaginabile. Lavanda gli si avvicinò con fare apprensivo…

- RonRon… -

- Tu stammi alla larga! – la freddò Ron con uno sguardo che esprimeva tutto il disprezzo per la ragazza in quel momento, e la lasciò sulle scale, tenendosi il pugno della mano dolorante con quella sana.

 

 

Harry e Ginny persero la concezione del tempo all’interno della Stanza delle Necessità, ed una volta che ne furono usciti, si resero conto che era già ampiamente passata l’ora di cena. Decisero di scendere ugualmente in Sala Grande con la speranza di trovare qualcuno dei loro compagni, che non si fosse dileguato subito, ma quando giunsero all’ingresso non solo poterono constatare che non c’era ormai più alcuna traccia di studenti ai tavoli delle quattro case, ma notarono una figura avvolta in un mantello beige in atteggiamenti circospetti, come se non volesse essere notata da nessuno, che si avviava verso l’ingresso.

- Ma quello… è il professor Beker! – esclamò Harry.

- Dove starà andando? A quest’ora poi? –

Il giovane professore giunse al portone e se lo richiuse subito dopo alle spalle, molto silenziosamente. Harry e Ginny corsero immediatamente ad una delle alte finestre, e poterono vedere come Beker, oltre alla circospezione, avesse anche fin troppa fretta.

- Era troppo bello per essere vero. – sospirò Ginny.

- Cosa? – le chiese Harry con lo sguardo ancora puntato sulla sagoma di Beker sempre più lontana.

- Avere un professore di Difesa che non nascondesse qualcosa. –

 

Continua…

Allora... per questo capitolo ho ripreso un po' le linee sentimentali della storia, cosa che andava fatta! Ringrazio come sempre tutti coloro che stanno leggendo questa storia, anche senza recensire. Come sempre, spero di non deludervi, si sa che noi fan di Harry Potter siamo fin troppo esigenti, o sbaglio? Un ringraziamento particolare va a due persone che mi stanno aiutando molto, a cui la storia piace, e non mancano mai di farmelo sapere: dirkfelpy89 e elys. Grazie infinite, spero continuiate a seguire la storia, e che non vi deluda!

Ps. elys... Ron e Hermione sono anche i miei preferiti :D

Alla prossima... Sam

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 7

 

La tensione tra Ron ed Hermione, dopo i recenti avvenimenti avvenuti sulla Torre di Divinazione, non si era di certo placata, e ciò rendeva Harry e Ginny profondamente insofferenti, visto che era impossibile parlare con entrambi, allo stesso momento, e nella stessa stanza; bisognava prenderli separatamente. Dal canto loro, Harry e Ginny finalmente erano tornati a vivere quello che, in parte, avevano vissuto durante il sesto anno, anche se lei era super impegnata, tra lezioni extra e preparazione per l’esame di Difesa Contro le Arti Oscure, il tempo da dedicare ad Harry non le mancava mai. Dean, dopo lo stupore delle prime volte, ormai, aveva dovuto fare l’abitudine al legame che univa la sua ex ragazza ad uno dei suoi compagni di stanza; e fu costretto a vederli sempre insieme, abbracciati, o tenendosi per mano, durante i pasti, in sala comune, e perfino a lezione. Nel frattempo Harry era completamente ossessionato all’idea di quello che combinava Beker, ogni sera, quando s’avventurava al di fuori del castello, e maturava sempre di più l’idea di seguirlo, ma ogni volta che esprimeva questo suo desiderio, Ginny gli consigliava di lasciar perdere, perché indubbiamente si sarebbe cacciato in qualche guaio. Intanto, mentre trascorreva ogni giorno ad apprendere, dal Profeta, come nuove vittime venissero colpite dalla misteriosa forza del male, Ron lo tartassava parlandogli di Hermione, e di come avesse frainteso ciò che aveva visto in cima alla Torre.

- Ma com’è possibile che tu e Hermione non abbiate mai trovato un attimo di tregua? In otto anni che vi conosco. –

- Te lo giuro, amico, non lo so. Ma quello che mi è successo è assurdo, sono davvero sfigato! –

- Beh, questa situazione è insopportabile lascia che te lo dica! –

- E lo dici a me, ma purtroppo, se prima non mi rivolgeva la parola, adesso mi odia. –

- E’ soltanto arrabbiata, fidati, non ti odia! –

- E come a fai a dirlo? –

In realtà, Harry, era davvero l’unica persona che poteva testimoniare i sentimenti di Hermione per Ron, dal momento che, durante la loro fuga alla ricerca di Horcrux, nel momento in cui Ron se n’era andato, lei non aveva fatto altro che piangere, e sperare, silenziosamente, nel suo ritorno.

- Perché sono il suo migliore amico, Ron; così come sono amico tuo! –

 

 

Il giorno dell’esame di Ginny non tardò ad arrivare. Harry attese per due lunghissime ore che la sua ragazza uscisse dall’aula del professor Beker, e quando finalmente le porte di questa si spalancarono, la ragazza in questione gli venne incontro correndo, e si precipitò ad abbracciarlo.

- Ce l’ho fatta, ce l’ho fatta! – gli disse entusiasta, senza alcuna pausa tra una parola e l’altra – Me l’ha corretto sul momento! Ho avuto una E! Una E! –

Harry la strinse ancor più forte, era fiero di lei.

- Una E come Eccezionale! Non avevo dubbi! –

La ragazza sciolse l’abbraccio, e gli impresse un bacio sulle labbra.

- Sono ufficialmente una studentessa del settimo anno di Difesa. Dobbiamo festeggiare! –

Ginny era al massimo della contentezza quel pomeriggio, e volle trascorrere il resto della giornata insieme ad Harry, che senza lasciarselo ripetere due volte, si fece trascinare ovunque lei volesse. Quando giunse il tramonto, si trovavano seduti sulla riva del lago; lui era appoggiato con la schiena al tronco di un albero, e lei era distesa e aveva il capo poggiato sulle sue gambe. Harry avrebbe voluto avere la capacità di fermare il tempo, e prolungare quel momento per sempre.

- E’ incredibile. – disse Ginny dopo un lungo momento in cui si erano goduti in silenzio il piacere di stare insieme.

- Cosa? – le chiese lui, curioso.

- Che stiamo di nuovo vivendo tutto questo. –

Lui sorrise. Aveva proprio ragione, lui stesso un anno prima, quando era partito per il suo lungo viaggio, non avrebbe mai neanche immaginato di poter rivivere quei momenti; in realtà, non credeva nemmeno che sarebbe stato di nuovo insieme a lei.

- L’ho pensato anch’io. – ammise

- Harry… promettimi che questa volta niente e nessuno ci separerà. –

Harry, sorpreso da quella richiesta, la guardò intensamente negli occhi, ci si sarebbe potuto perdere. Le sfiorò il viso, e poi passò ad accarezzarle i capelli, il mondo poteva anche cessare di esistere in quel momento…

- Ci puoi giurare Ginny, niente e nessuno ci separerà… mai più. –

E si abbassò nuovamente su di lei per baciarla…

 

 

Intanto le settimane trascorrevano tutte uguali, perfino le pagine del Profeta, ogni mattino, sembrano fotocopie degli articoli precedenti; tutto era fin troppo regolare ad Hogwarts, e si avvicinava anche la prima gita ad Hogsmeade dell’anno. Harry fu immensamente felice di poterla condividere con Ginny, anche se passavano praticamente la maggior parte del tempo insieme, una giornata interamente da soli non guastava di certo.

La mattina del giorno prima della gita, Harry aveva trovato un biglietto di Hermione, che gli chiedeva se avessero potuto parlare da soli, dal momento che, da quando stava con Ginny, era praticamente impossibile. Così, nel pomeriggio, quando Ginny aveva le sue lezioni extra, riuscì a trovare una scusa per lasciare Ron con Neville, Dean e Seamus, e si recò all’appuntamento ai confini della Foresta Proibita, poco lontano dalla capanna di Hagrid, dove erano sicuri che nessuno avesse potuto ascoltarli. Quando arrivò sul posto, trovò Hermione seduta su una roccia, con lo sguardo basso, mentre giocava nervosamente con le dita; le fece un’incredibile tenerezza.

- Hermione! –

La ragazza alzò lo sguardo sull’amico, ed appena lo vide, senza riuscire a contenersi, lo abbracciò, quasi come se non lo vedesse da tempo; ed infatti, per certi versi, era così.

- Harry! –

Harry ricambiò l’abbraccio, e senza capire il perché, avvertì i singhiozzi di Hermione, li conosceva anche fin troppo bene.

- Spero siano lacrime di gioia! –

Hermione, imbarazzata, si scostò subito e prese ad asciugarsi gli occhi con i guanti.

- Scusami Harry… ah, sono proprio una stupida. –

- Stupida? Il genio della scuola? – le fece lui sorridendo.

- Sì! – gemette Hermione prendendosi a pugni sulle ginocchia, e sedendosi nuovamente sulla grossa roccia.

- Hermione – le fece poi Harry in tono quasi paterno – questa storia deve finire! –

- Come? – chiese la giovane Grifondoro con tutta l’aria di voler dire “come se fosse facile”.

- Prima di tutto venendovi in contro! –

Hermione scosse il capo e alzò lo sguardo al cielo – Sì, certo! Avanti, tu gli hai parlato Harry, cosa ti ha detto? –

- Che lo odi! –

- Mmh… su questo ha ragione! –

- E che non hai capito niente, che in realtà hai frainteso ciò che hai visto, è stata Lavanda a trascinarlo lassù e stava cercando di riavvicinarlo visto che tu eri praticamente fuori gioco, secondo lei, ma lui le stava appunto dicendo che non ne aveva alcuna intenzione, e cercava di divincolarsi dalla sua presa a ventosa, quando sei arrivata tu. –

Hermione aveva tutta l’aria di credere a quella versione proprio perché era Harry a raccontargliela, e sapeva che lui non le avrebbe mentito mai. Improvvisamente, si sentì ancora più stupida.

- Harry, dannazione, perché deve essere sempre tutto così difficile? –

- Io più che altro mi chiedo perché voi due vi amate praticamente da sempre e ancora non siete finiti insieme? –

Hermione spalancò gli occhi, e rimase a fissarlo in silenzio; in cuor suo sapeva che aveva ragione. Nessuno dei due parlò fin quando la ragazza non appoggiò entrambe le mani sulle spalle dell’amico.

- Harry – e lo guardò negli occhi – tu devi assolutamente dirmi… - esitò - …tu devi assolutamente dirmi che cos’è successo quando Ron ha distrutto il medaglione! –

Harry fu sorpreso da quella richiesta.

- Cosa? –

Hermione lo scosse. – Sì, ho bisogno di saperlo, perché nessuno dei due me l’ha mai detto! Ron alla presentazione ha parlato della sua più grande paura, che ha affrontato qualcosa che l’ha messo in difficoltà, gli ha fatto capire come sarebbe stato perdere la persona che amava di più. Tu lo sai, Harry, che cos’ha visto Ron? –

Harry abbassò il capo, e rimase qualche attimo in silenzio; per mesi non aveva svelato nulla di ciò che era accaduto in quell’occasione, nel rispetto di Ron, e adesso si trovava a doverlo tradire, ma in fondo, pensò, se quello era un modo, forse l’unico modo, per riappacificare lui e Hermione…

- E va bene Hermione… ti dirò come sono andate le cose, dopo tutto, ne hai il diritto. –

Harry raccontò per filo e per segno tutto l’accaduto, fino a quando Ron, dopo aver sconfitto l’Horcrux si era accasciato al suolo, ancora incredulo e sofferente per quello che aveva visto, ed Harry l’aveva tranquillizzato ricordandogli che per lui Hermione non era mai stata niente di più che una sorella. Alla fine del racconto, Hermione, che si era portata entrambi le mani alla bocca, incredula, scuoteva il capo, senza emettere un solo suono, e senza rendersi conto delle lacrime che le rigavano le guance.

- E questo è tutto! – concluse Harry – Ti… ti senti bene, Hermione? –

Accenno un sì con il capo, anche se il suo status da shock faceva immaginare ben altro.

 

 

Quella stessa sera, quando Hermione e Ginny furono salite nel loro dormitorio, Harry sgattaiolò fuori dalla sala comune, accompagnato da Ron, che ovviamente non faceva altro che fargli domande su Hermione, e sulla loro conversazione pomeridiana.

- E quindi voleva sapere che cosa ti ho detto? Furba lei… indaga. –

- Sì, Ron, te l’ho già ripetuto mille volte. Adesso, se non ti dispiace, potresti cancellare per un attimo l’immagine di Hermione e concentrarti su quella di Beker? Capisco che non sia ugualmente attraente per te! –

- Attraente? Perché, Hermione lo sarebbe? –

- Ron! Datti tregua, per favore! –

 

Dopo qualche minuto erano arrivati nella sala d’ingresso, ed attendevano, il professor Beker, che sicuramente non si sarebbe fatto attendere a lungo. Di fatti, apparve qualche istante dopo, avvolto nel suo mantello beige, e s’affrettò silenziosamente verso il portone.

- Siamo proprio sicuri di volerlo fare? – chiese Ron, sottovoce.

- Mai stato così certo! – affermò Harry, ed entrambi, si lanciarono all’inseguimento del loro professore.

Si tenevano a debita distanza, per evitare che l’insegnante li scoprisse, e camminarono per metri, mentre il freddo li lacerava. Giunsero fino al villaggio che avrebbero dovuto visitare il giorno seguente, Hogsmeade; passarono per il vialetto della Testa di Porco, ancora aperto, nonostante l’ora, ma Beker superò il locale e proseguì.

- Dove accidente sta andando? – chiese nuovamente Ron.

- Siamo qui per scoprilo! –

Continuarono a camminare, fin quando furono fuori da Hogsmeade, ma la passeggiata notturna di Beker, non si concluse di certo, e proseguì per un altro chilometro, quando finalmente si arrestò. Si trovavano in un piccolo agglomerato di poche abitazioni dal livello architettonico davvero elementare.

- Riesci a capire dove siamo? – chiese Harry al suo compagno d’avventura.

- No, non so proprio dirtelo. – ammise Ron.

Intanto Beker, sempre con fare circospetto, bussò ad una porta, guardandosi continuamente alle spalle mentre un’anziana donna, dal volto spossato e segnato dall’età, venne ad aprirgli. Questa fece cenno a Beker di entrare, e questi sparì poco dopo dallo specchio visivo dei suoi due pedinatori. Harry e Ron si lanciarono una rapida occhiata, e poi s’avvicinarono sempre di più alla piccola casa diroccata, sporgendosi dal vetro della finestra per riuscire a vedere cosa stesse avvenendo.

- Harry guarda! – disse Ron attirando l’attenzione dell’amico – Guarda i suoi occhi, sono completamente neri! –

Harry poté notare come i lobi dell’anziana signora non contenessero alcunché al suo interno.

- Deve essere una delle vittime sopravvissute al quale è stata strappata soltanto la vista. –

Ron annuì, e intanto videro come Beker si sedeva amorevolmente al tavolo dell’unica stanza di quella casa, mentre l’anziana donna gli offriva da bere.

- Non sembra avere cattive intenzioni, comunque! Come sempre credo che tu abbia corso un po’ troppo con la fantasia. – disse Ron, che dagli allarmismi di Harry, si aspettava come minimo un Beker che di notte se ne andava in giro ad ammazzare la gente.

- Io non corro con la fantasia! Beker sa più di quello che vuol farci credere! –

- Ma non può essere semplicemente a posto? Per una volta dico io, uno, uno solo! La maledizione sulla cattedra di Difesa, dopo tutto, non esiste più. –

- Questo lo so! Ma che posso farci se ogni anno ci capita un professore immischiato in qualcosa? –

- Comunque non riusciamo a sentire niente! –

A quel punto i due ragazzi videro Beker alzarsi, e dirigersi a passo lento proprio verso la finestra da cui stavano sbirciando; presi dal panico si ritrassero immediatamente, inginocchiandosi, ma poco dopo avvertirono un piccolo spostamento d’aria; la finestra venne aperta e il giovane professore dall’aria ribelle si affacciò, trovando le loro teste a pochi centimetri da lui.

- Le dicevo appunto, che avevamo visite, Maggie. –

 

 

Ginny ed Hermione, nel dormitorio femminile del Grifondoro, stavano combattendo il loro istinto omicida verso Lavanda Brown, che starnazzava come un’oca le sue stupide teorie sulla vita e sugli uomini. Hermione era disgustata, e Ginny si stava divertendo a prenderla in giro, fingendo di assecondarla.

- Sto per strangolarla. – disse sottovoce Hermione dopo un po’.

- E’ davvero fuori dalla realtà, incredibile che dica certe cose, non è reale, davvero! – le rispose Ginny.

- Ho bisogno di uscire da questa stanza! –

Hermione si catapultò giù dal suo letto, e s’avviò verso le scale, seguita da Ginny, che ridiscese nella sala ritrovo insieme a lei. La trovarono deserta.

- I ragazzi saranno andati a letto. – constatò Ginny.

- Meglio non disturbarli, allora. Lo sai, sarebbe anche inutile, tuo fratello una volta addormentato, non lo svegliano nemmeno i fuochi d’artificio Filibuster. –

- Vero! – disse Ginny sorridendo.

Fu in quel momento, però, che sentirono delle voci e delle risate provenire dal dormitorio maschile.

- Hai sentito? Sono svegli! –

Ginny raggiunse velocemente le scale del dormitorio, ma notò che Hermione non la stava imitando.

- Non sali? –

- Ehm… lo sai… vai tu! –

Ginny raccolse l’ordine e si avviò su per le scale da sola. Giunta nella stanza che doveva ospitare Harry e suo fratello, però, si rese conto che in essa c’erano solo Dean, Seamus e Neville. I tre furono abbastanza sorpresi di vedere una ragazza sulla loro porta.

- Ciao Ginny! – l’accolse Neville, felicissimo di vederla.

- Neville. – rispose Ginny alquanto perplessa – Ragazzi ma Harry e Ron dove sono? –

- Harry e Ron? Di sotto. Perché? Non ci sono? – le fece Neville.

Ginny, ancora più confusa, scosse il capo.

- Dove si sono cacciati quei due?! Ok, ragazzi, scusate, e buona notte eh! –

Ginny si precipitò giù per le scale, e trovò Hermione esattamente dove l’aveva lasciata.

- Non ci sono! –

- Che cosa? –

- Sì, sono andata nella loro stanza ma di loro non c’è traccia! –

- Dove accidenti si sono cacciati? - e poi arrivò alla risposta da sola – Oddio… no… non dirmi… BEKER! –

Ginny annuì – Harry avrà deciso di seguirlo! –

Hermione alzò gli occhi al cielo – E Ron, ovviamente, ha seguito lui! Ma perché dico io, perché, gli uomini della mia vita devono essere così altamente idioti!? –

- A questo punto… che si fa? – le chiese Ginny.

Hermione scrollò le spalle. – Non abbiamo la minima idea di dove possano essere. Non ci rimane che aspettare! –

 

 

Harry e Ron si erano aspettati, per qualche istante, di essere puniti, ma non fu così; anzi, Beker invitò i due giovani ad entrare in casa della donna che aveva chiamato Maggie. Qualche istante dopo, si trovavano, infatti, seduti al tavolo con i due, davanti ad una tazza di whisky incendiario.

- Sapevo che prima o poi mi avresti seguito, Harry. – disse in tono divertito Beker, riempiendosi un altro bicchiere. – Maggie, sono felice di presentarti il giovane Harry Potter, e il suo fedele secondo, Ronald Weasley! –

- Benedetti ragazzi! – esclamò l’anziana donna – Un Weasley, che brave persone nella tua famiglia, e tua madre, Molly, tutto bene spero. –

- Bene, sì, sta bene. – affermò Ron, in tono imbarazzato.

- E Harry Potter, ragazzo lascia che ti dica quanto si è sentito il tuo nome da queste parti. Sono mesi che non si fa che parlare di te e di come hai salvato il mondo della magia. Sei una specie di dio, ormai. –

- Grazie, grazie signora, troppo gentile. – disse Harry, ancor più imbarazzato di Ron.

- Harry, Ron, la signora Maggie non può vedervi. – esclamò Beker, con molta tranquillità – E’ una di quelle persone a cui è stata portata via la facoltà di vedere. –

- Sì, professore, l’avevo immaginato. – disse Harry, e poi si rivolse alla signora – E mi dica, signora, il Ministero l’ha interrogata? –

- Oh, sì, sono venuti a prendermi! Ininterrottamente, per ore. –

- E cosa volevano sapere? –

- Cose che purtroppo io non ho potuto dirgli! Non conosco la cosa che mi ha ridotto così, figliolo mio. –

- Professor Beker, ma perché la Gazzetta del Profeta non ha riportato niente di questi casi? – chiese poi il giovane Potter al suo insegnante.

Beker si rigirò il bicchiere, fissandolo attentamente, come se avesse potuto scovare qualcosa al suo interno.

- Semplicemente perché sarebbe una cosa troppo complessa da spiegare. Le persone si sarebbero incuriosite, avrebbero cominciato a fare domande, chissà, magari anche a perseguitare queste vittime rimaste in vita. Sai anche tu come funziona quel giornale. Ovviamente tutto questo movimento al Profeta non fa comodo. Fin quando si alimenta la paura, con gli omicidi, allora va bene, ma la curiosità invece… quella no! E poi dal momento che il Ministero non è ancora a conoscenza di niente, non avrebbe potuto dare risposte, e quindi preferisce indagare prima di diffondere notizie. –

- Ma lei sa a che cosa sono legati questi fenomeni, non è vero? –

- Beh, di questo ne abbiamo già parlato, Harry. –

- Che cosa è venuto a fare qui, stanotte, signore? – chiese poi Harry senza farsi troppi scrupoli – E dove va ogni notte quando esce dal castello? –

Beker lo guardò sorridendo.

- Sei uno osso duro vero, ragazzo? Beh, dopo le tue imprese, non mi è difficile crederlo! –

- Risponda alla mia domanda! –

- Come hai potuto vedere stesso tu, stanotte, sto indagando su questa cosa Harry. Sono ancora poche le informazioni in mio possesso, e sai che devo capire come sconfiggere questo male. Non ti nascondo nulla di più. –

Harry guardò Beker, che in quel momento gli parve realmente sincero, e riacquistò un tono più pacato.

- E cosa ha scoperto da questa visita alla signora Maggie, se posso chiederglielo, professore? – era stato Ron a parlare.

- Niente, a parte quello che già sapevo. E temo che se questi omicidi e questi attacchi non si fermeranno fin quando questa cosa non avrà raggiunto il suo obiettivo. –

- E sarebbe? – chiese Ron con tutta la sua curiosità.

- La rinascita del male. –

 

 

Erano le tre passate, quando Harry e Ron varcarono il buco del ritratto della Signora Grassa.

- La rinascita del male? Secondo te, Ron, cosa voleva dire? –

- Secondo me era soltanto ubriaco! Hai visto, si è sgolato quasi una bottiglia di whisky incendiario! –

Harry gli lanciò un’occhiataccia. Non riusciva a pensare ad altro, se non a quelle parole, e si chiedeva perché il professor Beker fosse così enigmatico; avrebbe voluto che gli raccontasse tutto ciò che sapeva, e l’avesse fatto senza segreti, ma per quel che aveva potuto constatare, Beker era un tipo fin troppo riservato. Quando giunsero nella Sala Comune, trovarono Hermione e Ginny ad aspettarli, sedute sulle poltrone accanto al camino, che probabilmente avevano anche finito gli argomenti per tenersi sveglie da parecchie ore, ed erano finite a parlare di cose inutili e di alcuna rilevanza come la moda babbana.

- Ginny! Hermione! – esclamò Harry appena le vide. Le ragazze si alzarono istantaneamente.

- Finalmente! –

- Dove accidenti vi eravate cacciati? – cominciò Hermione che aveva tutta l’intenzione di rimproverarli, era anche fin troppo tesa in quei giorni, e doveva sfogarsi su qualcuno. Ecco, aveva l’occasione perfetta per farlo. – Anzi no, non ditemelo – prese a fare ironica – perché lo so benissimo! Avete avuto la brillante idea di seguire Beker! Ma come vi è saltato in mente? Devo dire che avete imparato molto dalle esperienze passate, e pensare che dovevamo cominciare quest’anno con tutt’altro spirito, invece è tutto così dannatamente uguale! Siete due irresponsabili! –

- Hermione, calmati! – le fece Harry alzando le braccia. Ron aveva solo uno sguardo mortificato, ma non osò parlare.

Hermione emise una specie di lamentò, come di chi trattiene un urlo, e poi cercò di calmarsi.

- Beh, almeno avete scoperto qualcosa? –

Ron annuì debolmente, Hermione inarcò un sopracciglio in attesa della risposta.

- Beker sta indagando sui casi misteriosi… - esordì Harry - …sta cercando di scoprire il più possibile per riuscire a sconfiggere questa cosa, ma non si è sbilanciato molto. Ha detto solo che, tutto questo potrebbe portare a… -

- …a? – chiesero in coro le due ragazze.

- La rinascita del male! – concluse Ron alla perfezione.

- Che? –

- Sì, è così! – confermò Harry – Non so ancora bene cosa significhi ma… ha detto proprio così, ed io voglio andare fino in fondo! –

Hermione e Ginny si guardarono, per qualche istante, cercando di capire come interpretare quelle nuove informazioni; dopo essere rimaste in silenzio, fu Hermione a prendere la parola.

- Beh, forse per il momento faresti meglio ad andare a letto! – e spostò il lo sguardo su Ron, che teneva il capo basso, per non incrociare il suo – E anche tu! –

- Va bene, mamma. – disse Harry, avviandosi verso il dormitorio. Passò accanto a Ginny e le diede un veloce bacio a stampo – Buonanotte. –

- ‘Notte. – salutò la rossa.

- Buonanotte eh. – disse Ron, seguendo l’amico, sempre con l’aria di un cane bastonato.

Hermione, stremata dopo la sua sfuriata, sospirò e si lasciò cadere senza forze su una delle poltrone.

- Che pensi? – le chiese Ginny.

- Penso che forse per una sera avrei fatto meglio ad ascoltare le cavolate di Lavanda “non-ho-il-cervello” Brown. –

 

Continua…

 

Ciao ragazzi, grazie come sempre per il sostegno che mi date, sono contenta che lo scorso capitolo vi sia piaciuto... a me personalmente è piaciuto scriverlo! Ho notato come tutti voi, come me, amate Lavanda XD Insopportabile!

Ringrazio come sempre i miei recensitori, siete unici, e ovviamente chi legge senza recensire!

dirkyfelpy89: hai ragione, nello scorso capitolo si sentiva molto l'atmosfera del sesto anno, anche a me è sembrato di fare un salto indietro, forse sarò stata condizionata dalla recente visione del "Principe Mezzosangue" che è il libro preferito, ci sono troppo affezionata.

alessiabass: noto con piacere che sei un'accanita sostenitrice di Harry e Ginny, spero ti sia piaciuto questo capitolo allora, in cui stanno insieme.

elys: non manchi mai! ronron... ma davvero... da dove se n'è esce? dopo un anno poi, ormai sei archiviata carissima, doveva giustamente essere l'ennesimo ostacolo per i nostri Ron e Hermione.

cosmopolitan: concordo pienamente sull'odiosamente e stupidamente bionda XD spero che il "riconciliamento" ci sia il più presto possibile e voglio lavorarci per bene :D io li adoro quei due.

midnightsummerdream: grazie per aver aggiunto la storia tra le seguite! il prof Beker... beh vedremo, sicuramente avrà un ruolo centrale in questa storia... per il resto... se le tue coppie preferite sono Harry/Ginny e Ron/Hermione allora mi sa che sei finita nella fanfic giusta!

Grazie ancora a tutti! Al prossimo capitolo... Sam ^^

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 8

 

Harry e Ron erano ancora seduti a colazione, quando la McGranitt richiamò la loro attenzione per radunare i ragazzi che avrebbero partecipato alla gita ad Hogsmeade. Harry, ovviamente, aveva la mente occupata da un solo pensiero, e portava il nome di Hubert Beker.

- La rinascita del male. – meditava sotto voce quasi in maniera impercettibile – Ma che cosa voleva dire? –

- Amico, quello è un esaltato fidati! –

- Secondo me, invece, le rotelle le ha anche fin troppo a posto. –

Ron gli lanciò un’occhiata allusiva, facendogli intendere che non era proprio dello stesso avviso. La voce della McGranitt si udì di nuovo.

- Dobbiamo andare, Harry. –

Harry, che era ancora immerso nei suoi pensieri su Beker, la rinascita del male, e i misteriosi episodi, annuì debolmente, e seguì l’amico lungo il corridoio della Sala Grande. Il cielo del soffitto era limpido, e con poche nuvole; la giornata ideale per una gita. Giunti nella sala dell’ingresso, trovarono la maggior parte degli studenti di Hogwarts, dal terzo anno in poi, tra cui dopo un po’ scorsero Ginny, Hermione, Luna e Neville. Dei quattro che ne erano a conoscenza, nessuno menzionò l’accaduto della notte precedente.

- Ciao ragazzi. – li salutò Neville quando i due si aggregarono al gruppo.

- Harry, Ron, avete fatto le ore piccole per caso? – chiese Luna, con fare indifferente e sognante.

Harry e Ron si lanciarono un’occhiata, e poi scrollarono le spalle.

- Noi? No, perché? – disse Ron cercando di apparire il più naturale possibile.

- Sai… occhiaie! – aggiunse la ragazza dai capelli argentei – Se volete ho un rimedio eccellente, una pozione… io la uso spesso… alle volte non riesco proprio a dormire. –

Harry e Ron si guardarono nuovamente, incerti questa volta.

- No, grazie Luna, ne facciamo a meno! – si affrettò a declinare Harry.

Harry fece appena in tempo a sistemarsi accanto a Ginny, che la McGranitt giunse da loro.

- Le vostre autorizzazioni? –

Tutti i ragazzi, a parte Harry, consegnarono un foglio di pergamena firmato alla loro insegnante di Trasfigurazione. La professoressa McGranitt diede loro una veloce occhiata, e poi si soffermò su Harry, poggiandogli una mano sulla spalla.

- Aberforth ha declamato per te, Potter. – e sorrise – Non che ce ne fosse bisogno, ovviamente. –

E con questo, si allontanò da loro per ritirare le autorizzazioni dei restanti studenti.

- Non capisco perché dobbiamo ancora presentare l’autorizzazione dal momento che siamo maggiorenni! – fece Ron esprimendo il suo disappunto.

- Credo che lo facciano per prassi scolastica. – ipotizzò Neville.

- Piuttosto, voi due ci abbandonerete immagino! – aggiunse il ragazzo dai capelli rossi, rivolto al suo migliore amico e sua sorella.

Harry abbassò lo sguardo - Ehm… -

- Per una volta che possiamo stare da soli, indisturbati, Ron. – si affrettò a precisare Ginny.

- Ehi signorina, trattamelo bene il mio migliore amico. –

- Ma sentilo! – sentenziò lei, sorridendo.

Poco dopo giunse loro, nuovamente, la voce della professoressa McGranitt che li richiamava per uscire. Proprio in quel momento, dai piani superiori, comparve Beker, che tanto per cambiare, esordiva sempre il suo vestito marrone, privo di giacca, e il mantello beige; era piuttosto allegro.

- Buon giorno ragazzi! –

- ‘Giorno professor Beker. – salutarono in coro.

- Bene! Siete eccitati all’idea di poter avere l’occasione di infrangere le regole, frattanto che non siete qui? –

- PROFESSOR BEKER! – era il rimprovero della professoressa McGranitt, che anche se a qualche metro di distanza, l’aveva sentito. – Le ricordo che il regolamento di Hogwarts va rispetto sempre e comunque, a maggior ragione se i ragazzi si trovano al di fuori della scuola. –

Beker rise.

- Lo so, lo so, Minerva. Stavo solo scherzando! Non sono così sprovveduto. –

Il professor Beker si allontanò dal gruppo, ed Harry e Ron si scambiarono nuovamente un’occhiata allusiva che voleva dire tutt’altro.

- Mi convince sempre di meno. – esordì Hermione, che fino a quel momento non aveva detto una parola.

 

 

Una volta ad Hogsmeade, il gruppo costituito da Ron, Hermione, Luna e Neville era fin troppo strano. I quattro ragazzi decisero lo stesso di recarsi ai Tre Manici di Scopa. Presero posto in un piccolo tavolo stipato in un angolo del locale, lontano dal bancone, dove scorsero il professor Beker. Luna e Neville si persero nelle loro strane conversazioni, dal momento che Neville, ormai, era diventato un fidato collaboratore del Cavillo, mentre Ron e Hermione non sembravano considerarsi neanche lontanamente. Hermione, in cuor suo, sapeva che doveva non poche spiegazioni a Ron, che stava lì seduto al suo stesso tavolo, e le lanciava sfuggenti occhiate quando lei guardava altrove. La giovane Grifondoro stava ancora metabolizzando il racconto di Harry riguardo la distruzione del primo Horcrux; aveva scoperto come la paura più grande del ragazzo, fosse perdere lei, lei che in tutta risposta non era stata in grado di vivere in modo sincero i suoi sentimenti, e aveva preferito allontanarlo. Si rendeva conto che, ormai, le cose non sarebbero più potute continuare così.

- Fa caldo! E’ vero che fa caldo? – chiese a un tratto Ron, le cui mani si stavano contorcendo sulle sue ginocchia. Era terribilmente nervoso.

Luna, Neville e la stessa Hermione lo guardarono straniti.

- Caldo? E poi dicono che sono io quella strana! – ammise Luna.

- In tutta sincerità Ron, io mi sto congelando. – sostenne Neville.

- Ok, allora se non vi dispiace, io mi vado a fare un giro. –

Ron si alzò uscendo dal locale, mentre tre paia di occhi lo seguivano abbastanza sorpresi. Non aveva consumato nemmeno un sorso della sua burrobirra.

- Ma che gli prende? – chiese Neville, sperando che qualcuno conoscesse la risposta.

- Avrà visto qualche folius evidentemente. – disse tranquillamente Luna.

- Un che? – le chiese curioso Neville.

E mentre Luna spiegava a Neville che cosa fossero mai i folius, o una roba del genere, Hermione si voltò per seguire i movimenti di Ron dalla finestra. Lo vide imprecare qualcosa da solo, e prendersela con l’aria, e poi s’incamminò lungo la strada, svanendo tra i passanti.

- Scusatemi, ragazzi. – annunciò a Neville e Luna, abbandonando il loro tavolo.

- Vai anche tu, Hermione? – chiese il ragazzo moro.

- Sì, ci vediamo dopo. – e così dicendo corse via.

- Che ragazza strana. – sospirò noncurante Luna.

 

 

- Oh, Hermione! –

Hagrid, sull’uscio del pub, allargò le braccia e stritolò Hermione, impedendole di uscire.

- Come stai? Come mai sei da sola? Harry e Ron non sono con te? –

- Ehm… no… Hagrid, veramente… -

Ma il mezzogigante era troppo eccitato per aspettare che la ragazza completasse la frase.

- Ma Harry non sai dove si è cacciato? Lo sto cercando! Sai… sono felicissimo… oggi arriva Olympe. –

- Davvero? – chiese Hermione fingendo interesse – Sono felicissima per te, Hagrid, poi passiamo a salutarla! –

- Sì, e sai… -

Ma questa volta fu Hermione ad interromperlo.

- Scusami Hagrid, ma devo scappare. Se vedo Harry gli dico che lo stai cercando! – e senza nemmeno aspettare che Hagrid le facesse spazio, gli passò sotto il braccio e sgattaiolo via – Scusami ancora, eh! –

- Diventano sempre più strani, ogni anno che passa! –

 

 

Harry e Ginny stavano passeggiando per le strade di Hogsmeade, cercando un posto che non fosse troppo affollato, ma ogni angolo del villaggio brulicava di studenti di Hogwarts.

- Penso che forse restando ad Hogwarts avremmo avuto più possibilità di essere da soli. – constatò Harry.

- Beh, per me l’importante è passare questa giornata insieme. –

Harry le sorrise, senza aggiungere altro.

- Ma dici che Ron e Hermione riusciranno a parlare oggi? – chiese poi la ragazza.

Harry scrollò le spalle.

- Me lo auguro per loro. –

- Perché è così difficile quei due? Dico io… è sempre stato così evidente. – disse Ginny che proprio non riusciva a spiegarselo.

- Perché hanno passato metà della loro conoscenza a fingere di odiarsi. –

- Ma il loro modo di odiarsi è il tipico modo di chi nasconde interesse. – precisò la ragazza.

Camminarono per ore ed ore, parlando di tutto, e stando semplicemente abbracciati, fin quando non trovarono riposo su una piccola panchina, e lì trascorsero altre piacevoli ore. Fu proprio in quel momento che non fece la cosa più sbagliata.

- Eppure io devo capire cosa sa Beker. –

L’entusiasmo di Ginny si spense all’istante.

- Harry! –

- Lo so, Ginny, non vuoi parlarne, ma per me è fondamentale questa cosa. –

- No che non lo è! Non è compito tuo, Harry, venire a capo di questa cosa! Tu sei ancora uno studente, non sei un Auror, non dovresti mostrare tutto quest’interesse! –

- Dopo tutto quello che mi è successo negli ultimi anni, scusami se non riesco ad accettare l’idea di essere uno studente. –

- Beh, lo sei. –

- Ho sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi! –

- Che modestia! –

Harry tacque, per qualche istante, ma poi riprese la sua linea di pensiero.

- Perché non capisci? –

- Non capisco? Io non capisco? Ieri sei uscito nel cuore della notte, nonostante io ti avessi consigliato di non farlo, senza dirmi niente, e per di più ho evitato anche di arrabbiarmi, quando avrei dovuto. Mi ritrovo un ragazzo, che invece di pensare a viversi ogni giorno in maniera spensierata, con me e con i suoi amici, pensa a come distruggere il nuovo male che affligge l’umanità! Poi sono io quella che non capisce! –

Ginny, per il nervosismo, si era alzata in piedi, e adesso guardava Harry dall’alto al basso. Lui rimase in silenzio.

- Perché devi essere sempre così dannatamente ossessionato con qualche nemico? –

Ginny rimase in silenzio ad aspettare una risposta da parte del ragazzo che le stava di fronte, ma questa non arrivò.

- Grazie per la bella giornata Harry. – scosse il capo e s’allontanò.

Solo in quel momento Harry si rese conto che doveva fare qualcosa, e scattò in piedi, lanciandosi al suo inseguimento.

- Ginny, Ginny, aspetta. –

Ma la ragazza non si voltò, ne dimostrò di volerlo ascoltare, e prese sempre di più le distanze da lui, lasciandolo indietro.

 

 

Hermione stava camminando ormai da ore, ma non era ancora riuscita a trovare Ron; aveva controllato in ogni piccolo angolo del villaggio, e ormai, non sapeva più dove cercare. Si era praticamente arresa, quando, aldilà di un piccolo insieme di case, oltre una staccionata, notò un ragazzo che se ne stava seduto all’ombra di albero, con lo sguardo rivolto ad Hogwarts, che si scorgeva in lontananza tra le fessure degli alberi. Hermione rimase lì qualche attimo, ad osservarlo, e sorrise. Si soffermò sul suo viso, per quanto fosse possibile, sempre lo stesso, ma in realtà, completamente diverso, non più quello di un bambino conosciuto otto anni prima, ma quello di un ragazzo, quasi un uomo. I suoi occhi scesero poi al suo corpo asciutto, le sue braccia, così forti, che tante volte le avevano dato un senso di protezione, anche se lei non l’aveva mai ammesso. Rimase lì in silenzio a fissare quel ragazzo cresciuto, e si rese sempre più conto di quanto in realtà ne fosse innamorata. Finalmente decise di non restare lì a fissarlo per tutto il tempo che le rimaneva, e s’incamminò verso di lui, avvicinandosi alla staccionata. Ron, in quel momento, si accorse del movimento alla sua sinistra, si voltò. Ciò che provò in quell’attimo, non avrebbe saputo descriverlo; era troppo tempo che desiderava quella ragazza, ed era da troppo che lei gli sfuggiva. Avrebbe voluto abbracciarla, stringerla forte, tenerla per mano, prenderla in braccio, accarezzarle i capelli; tante piccole cose che lei gli aveva privato, togliendogli anche la parola; e adesso era lì, camminava a spasso spedito verso di lui. Si fermò accanto alla staccionata, tutto ciò che li divideva.

- Finalmente ti ho trovato. – esclamò lei.

Lui sembrava non essere in grado di parlare.

- Her… Hermione. –

- Che fai? Ti decidi a venire qui o dobbiamo parlare a distanza? – disse lei sorridendo.

Ron non se lo fece ripetere due volte, e s’affrettò a scavalcare la staccionata. Erano uno di fronte all’altra, nessun ostacolo si frapponeva tra di loro. Hermione emise un gran respiro.

- Prima tu. – disse la ragazza.

- No, dai, comincia tu! –

- Dico, davvero, Ron… prima tu! –

- Ma no, è meglio se parli tu per prima davvero! –

Hermione sembrava già stanca del battibecco, e alzò gli occhi al cielo. – Dobbiamo litigare adesso? –

- Ti prego, no. –

Era di certo l’ultima cosa che entrambi volevano.

- E allora dai, sono pronta, comincia pure. –

Ron annuì debolmente, abbassando lo sguardo, e poi portò gli occhi su di lei.

- Ok, allora… comincerò…! Prima di tutto… non è successo niente con Lavanda! Lei mi ha chiesto di vederci, e dal momento che siamo compagni di casa, non potevo di certo rifiutare quello che per me era semplicemente un incontro amichevole, credimi. Non potevo sapere che mi si sarebbe gettata addosso. Quella ragazza è proprio una piovra. Voleva che uscissi di nuovo con lei ma… - e si fermò osservando Hermione, gli mancava il fiato - …ma non ho potuto! Non avrei mai potuto! – e ci fu una nuova pausa – Diciamocela tutta, mi sto dannando da mesi perché la ragazza che mi interessa non mi degna di uno sguardo, e uscivo con una di cui non mi è mai importato niente? –

Hermione sperava con tutto il cuore che Ron continuasse, perché in quel momento, non riusciva assolutamente a dire alcunché, fu come se la sua mente si fosse svuotata.

- Hermione – continuò Ron – io devo sapere perché mi hai tagliato fuori dalla tua vita. Questa cosa mi fa impazzire. Tu… tu non hai idea di ciò che ha significato per me! Finalmente la cosa che desidero di più al mondo si realizza e… e dopo… e dopo scopro che mi ero soltanto illuso. Hermione il giorno che mi sei saltata addosso, non ti avrei mai lasciata credimi, per me è stato come vivere un sogno per un attimo, e ti assicuro che me ne sarei fregato anche di Voldemort, in quel momento. Nel momento in cui è finito tutto, credevo che per noi sarebbe stato un nuovo inizio, ed invece tu… tu… tu sei sparita, mi hai privato anche della tua amicizia, non una parola, non una lettera per mesi interi, ed io che me ne stavo lì a pensare ogni giorno a quell’indimenticabile momento che avevamo vissuto. Capisci cos’è stato per me? E poi, ho capito. Sono arrivato alla conclusione! –

Hermione, che stava ascoltando senza interromperlo, prestò particolare attenzione dopo quella frase.

- Semplicemente mi sono fatto davvero grande a credere che una ragazza come te si sarebbe potuta interessare ad uno come me: Ronald Weasley, il fallito, il buono a nulla. Io con la ragazza più brillante che abbia mai conosciuto? La studentessa migliore di tutta Hogwarts? No, era pura fantascienza. E non so nemmeno come per un attimo ho potuto crederlo. Sinceramente, diciamocela tutta Hermione, tu non saresti mai diventata neanche mia amica se non fosse stato per Harry. E così mi sono reso conto che evidentemente quel bacio non aveva avuto, per te, lo stesso significato che invece ha avuto per me. Ti avrò fatto pena probabilmente, e ti sarei concessa di darmi quel piccolo regalino, visto che rischiavamo di ammazzarci da un momento all’altro. – e si fermò a pensare per un secondo – Beh, per lo meno sarei morto felice. Di sicuro più felice di quanto sono ora. –

Hermione era semplicemente senza parole, aveva ascoltato tutto quel discorso senza battere ciglio, ma la confessione di Ron l’aveva completamente spiazzata.

- E questo è tutto. – disse Ron guardandola un po’ sconsolato (era terribilmente adorabile, in quel momento, pensò Hermione) – Adesso tocca a te, ma suppongo che mi confermerai quanto ho detto, per cui… -

Hermione cercò di riorganizzare le idee, ma non era di certo facile.

- Io… io… non… non so veramente cosa dire. –

- Sei stata tu a volere che cominciassi io. –

Hermione lo guardò, scuotendo il capo, e si perde per un attimo nei suoi occhi chiari. Le parole di Ron erano andate sommandosi al racconto di Harry sulla distruzione del medaglione, e avevano portato Hermione a sentirsi una stupida, una stupida il cui amore per quel ragazzo cresceva sempre di più.

- Mi… mi sento così stupida… -

- Lieto di non essere io… lo stupido. –

Ma, dopo un gran respiro, Hermione raccolse un po’ di coraggio. Era la sua occasione, e doveva sfruttarla. Guardò Ron intensamente.

- Ron, perdonami ma… ti posso assicurare che non hai capito niente. –

- Tanto per cambiare… - disse Ron, scuotendo il capo.

- No, aspetta, fammi finire! Voglio dire… - e guardò in alto come per cercare le parole – Non è assolutamente vero che sei un fallito e un buono a nulla, e tanto meno non è vero che non sei alla mia altezza. Io non sono così brillante come mi dipingi, Ron; perché se proprio ci tieni a saperlo, tra i due credo che tu sia stato di gran lunga più coraggioso. Io sono stata una versa stupida a non capirlo prima, mi sono fermata all’apparenza, e una mente brillante questi errori non li commette. Ho sbagliato, ho sbagliato dal primo momento. –

- Era meglio non darmelo quel bacio, infatti. –

Hermione scattò in avanti verso di lui.

- No! Assolutamente no! Quella è forse la cosa più giusta e vera che io abbia mai fatto, senza stare lì a pensare, senza nascondermi, mostrandomi per quella che sono. Ron… io non sono assolutamente pentita per quello che è successo quel giorno, e credimi, che non l’ho fatto per pena; tanto meno per darti un contentino nel caso non ce l’avessimo fatta. Quel bacio significava molto di più per me, e quella probabilmente era la mia unica occasione, non potevo tirarmi indietro dopo aver perso ben sette anni. L’ho fatto perché erano i miei sentimenti, Ron; dei sentimenti che per troppo tempo ho cercato di frenare. –

Ron stava cercando di comprendere se ciò che ascoltava fosse vero o soltanto la sua immaginazione, era abbastanza stordito.

- E allora perché se era ciò che volevi, dopo ti sei allontanata da me? –

Hermione tacque per un istante, e poi lo guardò negli occhi.

- Per paura. –

- Paura? Paura di me…? –

La ragazza scosse il capo.

- Paura di me Ron! Paura di quello che realmente provavo. Tu ce la vedi, Hermione Granger, la studentessa modello, la ragazza che non sbaglia un calcolo, che crede ciecamente in ciò che è scritto nei libri, così precisa, così calcolatrice da tenere tutto dannatamente sotto controllo, amante delle regole… ce la vedi una ragazza così che si vede travolgersi, senza nemmeno sapere come, da un qualcosa che lei stessa non riesce a spiegare? Ho avuto paura… perché quello che provavo era troppo forte, e ne stavo perdendo il controllo. Non sono riuscita a gestirlo, e questo mi ha spaventata. Io, messa a soqquadro da quello che era uno dei miei migliori amici. E per un attimo ho temuto di perdere anche la tua amicizia, lo sai come vanno queste cose, se noi fossimo finiti insieme, che ne sarebbe stato del nostro rapporto, o dell’amicizia con Harry, e se ci fossimo lasciati, le cose si sarebbero complicate ancora di più. Ho pensato a tutte queste cose, e per questo ti ho allontanato, senza rendermi conto che ne soffrivamo entrambi. Senza rendermi conto che la nostra amicizia la stavo distruggendo io, privandomi della persona che realmente volevo. Anche per me è stato difficile, ma me ne assumo tutte le colpe. – fece una breve pausa – E poi sinceramente, sei tu che sei troppo per me. Tu… sei così… divertente, sei una persona dannatamente piacevole, una persona con la quale non ci si annoia mai, sei geniale e nemmeno te ne accorgi, perché queste cose non si misurano con i libri, o con i voti a scuola. Sei generoso, altruista, un attimo amico… Sai vivere i rapporti con gli altri. Sei tutto ciò che non sono io, per questo hai bisogno di una ragazza che sia alla tua altezza, e non di una stupida secchiona come me. –

Hermione abbassò lo sguardo, ancora non riusciva a credere di aver confessato ogni cosa a Ron. Il ragazzo, al pari di lei un attimo prima, se ne stava in silenzio, fin troppo sconvolto, senza sapere cosa dire.

- Ron se sei deluso da me, non mi stupirebbe, e anzi ne hai tutto il diritto. –

Ron scosse il capo.

- Hermione… -

Ron la stava guardando incredulo. Era stato letteralmente travolto dal discorso di Hermione, e ad ogni parola gli era stretto lo stomaco. Non era affatto deluso, anzi, Hermione gli aveva praticamente confessato che ricambiava i suoi stessi sentimenti, ma non poteva fare a meno di pensare che tutto il processo mentale che l’aveva portata ad allontanarsi da lui, tutte le sue paure e paranoie, erano davvero una cosa al di fuori del normale. Sorrise, e in quel momento aveva un’irrefrenabile voglia di stringerla a sé.

- Hermione… davvero… - e il suo sorriso si allargò sempre di più - …tu sei una psicopatica. –

Hermione contrasse la sua espressione in una smorfia.

- Come prego? –

- Ma è proprio per questo che mi piaci. -

Hermione non capì.

- Se fossi venuta a parlarne con me, fin da subito, tutto questo non sarebbe successo. Ci saremmo risparmiati un bel po’ di problemi. –

La ragazza annuì debolmente.

- Lo so. Me ne rendo conto. Mi dispiace Ron, davvero. –

Nessuno dei due fiatò, stettero a guardasi negli occhi per lunghi secondi, fin quando Ron si sentì troppo imbarazzato, e ruppe il silenzio.

- Beh, insomma… -

Lei sorrise, liberando la tensione.

- Insomma… -

- Divertente e geniale eh? – disse Ron sorridendo.

Lei gli rivolse un’occhiataccia, accompagnata da una smorfia.

- Cancella assolutamente quella parte, non ero in me. –

- Ah no, troppo tardi signorina Granger. –

Erano entrambi abbastanza divertiti.

- Non smetteremo mai di farci la guerra, vero? – disse Hermione, sorridendo.

- Oh, direi proprio di no. E’ la cosa che amo di più al mondo. –

 

 

Era ormai calata la sera su Hogsmeade, e gli studenti di Hogwarts si apprestavano a tornare al castello. Harry notò con piacere che Ron e Hermione erano spariti, ma il suo pensiero principale, in quel momento, era trovare Ginny. La trovò nella sala comune di Grifondoro, che parlava con altre ragazze del suo anno. Si avvicinò lentamente a loro, e lei alzò lo sguardo su di lui.

- Scusatemi. – disse alle amiche e si alzò, andandosi a posizionare accanto ad una delle finestre, in un angolino più appartato della sala.

Harry esordì senza dover stare troppo a rimuginarci sopra.

- Mi dispiace. Sono stato uno stupido. Ho rovinato la nostra giornata perfetta. –

- Scuse accettate. In effetti, anche io ho reagito forse troppo male. –

Harry scosse il capo.

- No, davvero, vi sto assillando con questa storia di Beker. Tu hai perfettamente ragione, io sono solo uno studente. –

- Harry tu non lo sei mai stato! Da quando hai messo piede in questa scuola sei sempre stato un fenomeno, la tua fama ti ha sempre preceduto e questo ha contribuito ad accrescere il mito di Harry Potter. E dopo aver sconfitto Voldemort, è normale che tu ti senta così, in dovere, diciamo, di voler dare il tuo aiuto alla comunità magica, è comprensibile. –

Harry sorrise, un po’ imbarazzato.

- Io, però, davvero, voglio godere di ogni momento che passo con te. Mi sono ripromesso di non commettere di nuovo gli errori del passato, e in questo, ti chiedi di aiutarmi Ginny. Ferirti è l’ultima cosa che voglio, il mondo magico può anche aspettare. –

A quelle parole, Ginny non perse tempo, e gli saltò al collo abbracciandolo. Harry, finalmente felice per averla ritrovata e aver messo in chiaro le cose, la strinse forte in vita cingendola con le braccia. Erano quelli i momenti migliori ad Hogwarts, e non poteva permettersi di rovinarli.

 

 

La mattina dopo, quando si incontrarono in sala comune e a colazione, Ron e Hermione erano tremendamente imbarazzati. Non si erano ancora messi insieme ufficialmente, ma le dichiarazioni del pomeriggio precedente avevano praticamente messo a nudo i loro sentimenti. Harry e Ginny notarono gli strani sguardi e sorrisi che i loro amici si lanciavano da parte a parte del tavolo, e cercavano di capire che cosa mai fosse accaduto. L’unica cosa certa era che, di sicuro, i due avevano smesso di litigare, o quanto meno, di ignorarsi. L’aria che si respirava tra loro era finalmente serena.

- Bene! Oggi avremo le nostre prime simulazioni! – annunciò il signor Beker a lezione di Difesa.

Harry si era abbastanza stupito, quella mattina, della concessione che gli offrì Ron, ancor prima di entrare in aula.

- Oggi, siediti pure accanto a Ginny, se vuoi. –

Il giovane mago non era stato lì a farselo ripetere, e ciò gli fece pensare che finalmente i problemi con Hermione fossero superati. Ron, infatti, prese posto proprio accanto all’amica dai capelli castani e, per un attimo, si voltò verso Harry facendogli segno che era tutto okay.

- Penso che tutti di voi sappiate evocare un Patronus, essendo ormai all’ultimo anno! Anzi, so che alcuni di voi ci riescono alla perfezione e già da diversi anni! Ciò non toglie che l’Expecto Patronum sia materia da ultimo anno, e che ci siano ancora molti di voi che hanno qualche problema nell’evocarlo quindi… il nostro compito oggi sarà appunto quello di esercitarci sul vostro lavoro. Ovviamente, le circostanze con dei veri dissennatori sono ben diverse, ma la reale difesa la sperimenteremo soltanto a partire dal prossimo trimestre. –

Mentre Beker parlava, e metteva in chiaro i punti della sua lezione, Ron se ne stava lì, quasi come incantato, ad osservare Hermione che non faceva altro che prendere appunti. Lei, ovviamente, sentiva fin troppo i suoi occhi addosso, ma anche se ciò la distoglieva dalla voce del suo insegnante, cercava di non interrompere almeno il contatto visivo.

- La smetti di fissarmi? – gli chiese sottovoce, con un sorriso divertito sulle labbra.

- Non posso farne a meno! – esclamò Ron.

- …e il signor Weasley sicuramente saprà dirci di cosa stiamo parlando, non è vero? –

Era la voce di Beker, che divertito, aveva beccato Ron nella sua totale adorazione per Hermione, e stava richiamando la sua attenzione. Ron tornò alla realtà, imbarazzatissimo, e cercò di farfugliare qualcosa, ma non aveva la minima idea di che cosa si stesse parlando.

- Mi offendo così, dopo tutto puoi vederla sempre la signorina Granger, queste invece solo le nostre poche ore settimanali. – disse Beker con un ampio sorriso, e l’intera classe rise.

Ron si sentì sprofondare, ed anche Hermione cercò di nascondersi da tutti gli sguardi che le erano stati puntati addosso come riflettori. Subito dopo, però, nel vedere Ron imbarazzato che smise di osservarla, tenendo gli occhi fissi su Beker, si intenerì e sorrise. Era tremendamente adorabile. Allungò la mano sinistra, che non le serviva per prendere appunti, e prese sottobanco la mano destra del ragazzo che le sedeva accanto. Intrecciò le proprie dita con le sue. Ron a quel contatto sussultò, ed istintivamente si voltò verso di lei, sperando di trovare il suo sguardo, ma lei continuava a prendere appunti, anche se conservava il suo splendido sorriso.

 

 

Harry aveva trovato la lezione di Beker piuttosto interessante, anche se lui, insieme ai compagni che avevano partecipato all’ES, non aveva alcun problema ad evocare un Patronus. Uscirono dall’aula di Beker tutti piuttosto entusiasti. Harry e Ginny, però, lo erano anche per un altro motivo, non facevano altro che mettere in imbarazzo Ron e Hermione, che ancora si tenevano per mano.

- E non ci avete detto niente, eh? – chiese Harry, che non poteva far a meno di eliminare uno stupido sorriso dal sul volto.

- Beh, era prevedibile. – esclamò Ginny.

- Per quanto dovrà durare questa storia? – chiese Ron, grattandosi il capo con la mano libera. – Mi sento un po’ sotto osservazione! –

- Ah, voi due non sapete da quando attendevamo questo momento, io e Ginny. –

- Harry, frena l’entusiasmo. – gli disse Hermione facendogli una smorfia.

Mentre camminavano lungo i corridoi, per raggiungere la lezione successiva, videro la professoressa McGranitt venir loro in contro a passo piuttosto spedito. Era pallida in viso, e sembrava sconvolta.

- Potter, Weasley, Granger! Vi stavo appunto cercando. Siete immediatamente richiesti nell’ufficio del preside. –

I quattro ragazzi non seppero spiegarsi tanta urgenza, ma dalle condizioni della loro insegnante, intuirono che doveva trattarsi di una cosa seria. Si affrettarono verso l’ufficio di Aberforth e lo trovarono seduto in quello che un tempo era stato il posto di Albus Silente. Immancabilmente i loro sguardi non poterono far a meno di cadere sui ritratti degli ultimi due presidi, che si trovavano proprio poco sopra la testa di Aberforth.

- Ciao, ragazzi! Perché non vi accomodate? –

I quattro presero posto dal lato opposto dell’immensa scrivania del preside.

- Che cosa succede signore? Perché ci ha convocati? – chiese Harry.

Aberforth stette per qualche attimo in silenzio, e poi sospirò.

- Nessuno di voi, immagino, si sia accorto della mancanza, alle lezioni e a colazione, della vostra collega di Corvonero, Luna Lovegood. –

Harry, Ron, Hermione e Ginny si lanciarono occhiate preoccupate e confuse.

- E’ successo qualcosa a Luna? – chiese prontamente Hermione.

- Mi duole comunicarvi che stanotte, il male che ha colpito fino ad ora soltanto all’esterno, si è insidiato dentro Hogwarts. –

I quattro Grifondoro non ebbero nemmeno il tempo per capire cosa volessero dire quelle parole, che la porta dell’ufficio di Aberforth si aprì nuovamente e vi apparve Beker.

- Eccomi Aberforth, sono accorso subito, cos’è successo? –

Beker notò la presenza dei suoi studenti, e tutti si guardarono per un lungo istante. Ciascuno stava cercando di capire cosa stesse accadendo.

- Che cosa sta succedendo professor Silente? – chiese Harry, che prontamente era scattato in piedi – Cosa vuol dire che il male si è insidiato dentro Hogwarts? Che c’entra Luna? –

- Luna? Luna Lovegood? – chiese Beker sconvolto.

- Restate calmi vi prego! – disse Aberforth alzando le mani, tentando di placare gli animi. – E’ così! Purtroppo, stanotte la signorina Luna Lovegood ha… perso la vista. –

 

Continua…

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 9

 

Uno sgomento generale si era impossessato delle cinque persone alla presenza del preside di Hogwarts, che non sostenendo più la tensione nello star seduto, si era alzato, e adesso si aggirava per lo studio, intorno a loro, con passo lento e meditativo. Il primo a rompere il silenzio fu Beker.

- Luna ha… ha… ha perso la vista? E’ stata attaccata? Ne è sicuro? Cioè… voglio dire… come? –

- Nello stesso modo in cui sono stati attaccati gli altri, professor Beker. – sentenziò Aberforth, in un tono che accennava rimprovero, anche se tranquillo.

- Ma… signore… ad Hogwarts! –

- Beh, le mura di questa scuola non sono impenetrabili, e credo sia stato dimostrato anche piuttosto di recente. –

Silente dava quasi l’idea di essere irritato.

- E proprio quando io non… - sospirò Beker abbassando il capo, pensando che se si fosse trovato nell’edificio, al momento dell’accaduto, magari avrebbe potuto evitare la tragedia.

- Se lei di notte non se ne andasse a spasso a ficcare il naso in chissà quali faccende, professor Beker, questa scuola sarebbe di gran lunga più protetta. – esclamò rigido, benché sempre calmo, Silente.

Harry alzò gli occhi sul proprio preside, con una nota di stupore, nello scoprire che egli conosceva perfettamente le abitudini notturne del suo insegnante di Difesa, ma dopo tutto, pensò, avrebbe dovuto aspettarselo.

- Luna… Luna… non posso crederci. –

Era stata Hermione a parlare, quasi sussurrare, quelle parole.

- Ma dov’è adesso? Come sta? Possiamo vederla? – chiese Harry tutto d’un fiato, senza lasciar spazio nemmeno al respiro tra una domanda e l’altra.

Aberforth stette a guardarli in silenzio per qualche istante, e poi dopo aver emesso un leggero sorriso, prese a parlare sempre in tono molto tranquillo, ma con un velo di tristezza.

- La signorina Lovegood ha chiesto esplicitamente di poter restare a scuola per continuare a seguire le lezioni insieme ai suoi compagni. A mio avviso, e mi rivolgo specialmente a lei professor Beker, preferirei che la ragazza tornasse a casa con suo padre. –

- Non sarebbe meglio che io la controllassi, professor Silente? – si affrettò a chiedere Beker, senza perdere tempo.

- Lei è avido di sapere, professor Beker, fatto sta che dubito lei possa trarre molto da un incontro con la signorina Lovegood. Una cosa è certa, non lascerò cadere liberamente una mia studentessa tra le mani stolte del Ministero della Magia. Ho intenzione di proteggere quella ragazza. Il mio cuore si duole già troppo per il fatto che sia stata attaccata sotto questo tetto. –

A quelle parole, Harry, stimò immensamente il suo preside.

- Inoltre – continuò poi Aberforth – devo pensare anche alla tutela di tutti gli altri studenti. Se il male si è insidiato ad Hogwarts, non è detto che non ci ritorni, ed io mi impegnerò affinché ciò non accada. –

- Mi trova d’accordo con lei, Aberforth! Ma la prego, mi lasci parlare con Luna, anche solo per un minuto. –

Aberforth tacque qualche istante, e poco dopo si vide costretto ad acconsentire.

 

 

Una decina di minuti dopo, i corridoi di Hogwarts erano tutto un chiacchiericcio, considerato che la notizia dell’attacco a Luna Lovegood era arrivata alle orecchie di tutti. La professoressa McGranitt aveva condotto la povera infortunata nell’ufficio del preside, dove si trovavano ancora anche i suoi quattro amici, e ovviamente, il professor Beker in attesa di interrogarla. Nel momento in cui fu condotta dentro dalla sua insegnante di Trasfigurazione, Harry e gli altri tre le corsero incontro abbracciandola, e accertandosi che stesse bene. Luna, dal canto suo, non sembrava particolarmente sconvolta, anzi, appariva piuttosto allegra, e con aria stralunata, come al suo solito.

- Oh, sì ragazzi, è una figata. – e volteggiava con il capo nell’aria – E’ tutto così nero. Voi come state? –

Harry, Ron, Hermione e Ginny si guardarono tra loro, con aria abbastanza preoccupata, ma allo stesso tempo sollevata nel vedere che Luna non si era lasciata scalfire da un avvenimento del genere. Era sempre la stessa.

- Luna – si intromise molto diplomaticamente il professor Beker, facendosi spazio tra i quattro giovani maghi. – Dimmi, ti ricordi cos’è successo precisamente? –

- Buongiorno professor Beker. Oh sì, mi ricordo perfettamente. –

Beker incrociò istantaneamente lo sguardo di Harry. I due avevano la stessa espressione.

- E… sapresti descrivermelo? Ne sei in grado? –

- Ma certamente professore. – l’attenzione si Beker crebbe ancor più smisuratamente – Ero da poco salita su nel mio dormitorio e mi ero messa a letto. Non ero ancora riuscita ad addormentarmi, perché come i miei amici sanno, non ci riesco quasi mai… quando… ho sentito uno strano rumore, sarebbe potuto sembrare uno di quei rumori notturni del tutto innocui, capaci solo di suggestionarti, eppure, ero convinta fosse qualcos’altro. Ho creduto per un momento che i gorgosprizzi emettessero suoni… poi però mi sono dovuta ricredere, perché ho aperto gli occhi e li ho visti. –

L’attenzione di tutti i presenti era catturata, a ciascuno di loro mancava il fiato.

- Due paia di occhi rossi, non so dirle se erano proprio occhi, ma erano sicuramente due sagome nere, con questi due boccini di fuoco all’altezza della testa, e si dirigevano verso di me. Un attimo dopo non ho visto più niente, e ho creduto mi stessi addormentando, quando stamattina, ho capito che ero perfettamente sveglia, anche se la luce non si è mai accesa. –

Beker annuì debolmente e sospirò.

- Tu sei la prima che riesce a vederli, Luna. – annunciò in tono greve.

- Oh, ne sono entusiasta. – esclamò Luna, tutta felice, che evidentemente non si rendeva conto della gravità della situazione.

Beker prese a fissare prima Harry e poi Silente, restando in silenzio. Stava appunto per dire qualcosa quando la porta dell’ufficio di Aberforth si spalancò, ed entrò nuovamente la McGranitt, aveva un’aria ancor più sconvolta di quando era corsa a chiamare i giovani quattro Grifondoro per comunicargli di Luna.

- Mi dispiace irrompere così, signor preside, ma a quanto pare abbiamo visite. –

Aberforth non aveva ancora realizzato cosa stesse accadendo, quando nel suo ufficio entrò Kingsley, con a seguito un paio di Auror. Lo sguardo del preside cadde istintivamente su Luna, e s’assicurò che fosse al sicuro, circondata com’era da quattro abili maghi e Hubert Beker.

- Ci si rivede, Aberforth. – esordì Kingsley.

- A quanto pare stamani il mio ufficio è fin troppo trafficato. Non ricordavo di aver dato una festa! – disse Aberforth con un pizzico di sarcasmo, cercando di alleggerire la situazione.

- Mettiamo da parte gli scherzi, professore. Sono qui per una faccenda piuttosto seria. –

- Sarebbe a dire? –

- Devo prelevare uno dei suoi studenti. –

Aberforth scattò sull’attenti.

- Non ci penso neanche. –

- Lei non può niente per fermarmi. Sono questioni che riguardano la sicurezza del nostro mondo e l’opera di difesa del Ministero. Si dia il caso che quanto avvenuto questa notte, in questo castello, è già di dominio pubblico, e per ciò che ci concerne, uno dei diretti sospettati si trova proprio sotto questo stesso tetto. –

Aberforth era abbastanza sconcertato.

- Non capisco a cosa ti stia riferendo. –

- Draco Malfoy ha un trascorso travagliato, nonché il Marchio Nero su di un braccio. E’ sospettato al pari degli altri ex-mangiamorte in questa faccenda. Ed il fatto che ciò sia avvenuto a scuola, non mi lascia il margine del dubbio. Chi altri poteva agire così nitidamente, se non lui che vi si trovava già all’interno? –

- Non crede di essere un po’ troppo spavaldo, se non ottuso, Kingsley? – si fece avanti Beker, con fin troppa arroganza.

Shackelbolt posò il suo sguardo sul tedesco, e sembrò che si accorgesse della sua presenza soltanto in quel momento.

- Se avessi prove sufficienti, arresterei anche lei, Beker. –

- Perché? Contro Draco Malfoy ne ha? –

- Suo padre è già ad Azkaban e lui non aspettava altro se non fare qualche passo falso. –

- I mangiamorte non c’entrano in questa storia, Shackelbolt. Come se lo vuole ficcare in mente? –

- Allora lei sa… carissimo professor Beker. –

- Ho studiato questa cosa per anni! E di certo i mangiamorte non se ne andavano a zonzo in Africa quando Voldemort era al potere! –

- Quanta arroganza. – si limitò ad esclamare Kingsley in tono quasi disgustato – Fatalità questi strani avvenimenti la seguono, signor Beker. Chi mi assicura che non ne sia lei l’artefice? –

Beker abbandonò la sua tranquilla arroganza, ed accusò visibilmente il colpo infertogli dal Ministro, tanto è vero che rispose in tono abbastanza acceso.

- Mi sono trasferito dall’Africa per sconfiggerla questa cosa, Kingsley, non per alimentarla! Sono io che seguo lei, non viceversa. –

Kingsley lo guardò dall’altro al basso, con aria di superiorità, e non sembrava convinto da quell’affermazione, ma passò oltre, e guardò Aberforth.

- Malfoy viene via con me! Ho mandato due Auror a prelevarlo. –

- Te lo impedisco, Kingsley! – si impose autoritariamente il preside di Hogwarts.

- Non può essere stato Malfoy! –

Era stata la voce di Harry ad uscire dal nulla. Tutti tacquero in quel momento, stupiti che qualcun altro volesse prendere parte al dibattito, e posarono i loro sguardi su Harry, che se ne stava rigido, accanto alla sua amica privata della vista.

- Non può essere stato Malfoy! – ripeté per ribadire il concetto.

Kingsley sembrò ammorbidirsi alla vista di Harry.

– Come fai a saperlo, Harry? Hai qualche prova che lo scagioni? – gli chiese in tono pacato.

- No ma… Luna ci ha raccontato dell’accaduto, e ci assicura di aver visto due sagome. –

- Ciò non cambia niente, Harry. Non lo scagiona di certo. Magari si sarà fatto aiutare da uno dei suoi amichetti Serpeverde. –

- Ne dubito signore. – disse Harry in tutta tranquillità, con l’aria di chi la sa lunga. – Malfoy e nessun altro Serpeverde, credo, abbiano occhi di fuoco. –

Kingsley corrugò la fronte, e il suo sguardo incerto cadde su Luna, che era seduta proprio al fianco di Harry ed era circondata da altri tre Grifondoro. Aberforth sembrò capire immediatamente cosa passasse per la mente del Ministero in quel momento.

- La ragazza è sotto la mia protezione, Kingsley. –

Il mago di colore si distolse come per incanto, e tornò a posare lo sguardo sul preside.

- Come vuoi, Aberforth, ne farò anche volentieri a meno, ma Malfoy viene con me. –

Beker alzò gli occhi al cielo, infastidito da tale testardaggine.

- Ma perché ciascun uomo sieda sulla poltrona di Ministro della Magia, diventa irrimediabilmente un idiota?! –

- Ci vada piano con le parole, Beker. La terrò d’occhio, come del resto – e si soffermò su Aberforth – questa scuola! –

Così dicendo uscì di scena, voltandosi e sparendo nel suo mantello dai colori sgargianti. I suoi due Auror lo seguirono, e poco dopo, i presenti nell’ufficio di Aberforth poterono vedere le loro sagome, e quelle di altri due uomini che trascinavano per le braccia un giovane ragazzo biondo, uscire dal castello ed avviarsi in carrozza verso i cancelli di Hogwarts per poi smaterializzarsi. Tutti erano sgomenti.

- Malfoy è innocente, cazzo. – esclamò Harry.

Si stupì da solo nel sentirsi proferire quelle parole. Proprio lui, Harry Potter, che si batteva per l’innocenza di Draco Malfoy? Se gliel’avessero detto un paio di anni prima, egli stesso non c’avrebbe creduto. Eppure Harry sapeva benissimo che i mangiamorte non c’entravano niente in tutta quella faccenda.

- Esattamente Harry, ma vallo a spiegare a quell’ottuso di un Ministro. – esclamò Beker.

Aberforth dava loro le spalle, era ancora girato a guardare fuori dalla finestra. Sospirò.

- Da questo momento in poi, Beker, sta a te impegnarti per salvare la vita di Luna e quella di quel povero ragazzo. –

 

 

Harry, Ron, Hermione e Ginny trascorsero le ore successive in compagnia di Luna, saltando piacevolmente le lezioni, e cercando di capire cosa stesse provando la loro amica in quel momento; se avesse sofferto e se ricordava qualche particolare in più riguardo la sua aggressione. Ma Luna, purtroppo, non ricordava più di quanto non avesse già detto al professor Beker. Purtroppo, il fatto che l’attacco fosse avvenuto in piena oscurità, non aveva permesso alla giovane Corvonero, di mettere a fuoco i particolari. Inoltre, tutto era avvenuto fin troppo velocemente.

Dopo due ore, i quattro Grifondoro, si trovavano seduti al tavolo della loro casa per il pranzo, e stavano ancora discutendo di ciò che era avvenuto a Luna, rendendo partecipe dell’accaduto anche Neville, che ne era venuto a conoscenza dalle varie voci di corridoio, ed era anche piuttosto allarmato. I loro sguardi ricadevano ancora su di lei, ad intervalli alterni, mentre discutevano della sua decisione di restare ad Hogwarts.

- Non so davvero cosa dire. – emise debolmente Ginny.

- Io faccio ancora fatica a crederci. – la seguì Hermione.

- Ma vi rendete conto? Perdere la vista! Le hanno portato via la vista! E lei ha reagito con una tranquillità inaudita, come se non le fosse successo niente. – esclamò Ron che stentava a crederci.

- Quello che mi stupisce di più onestamente è Shackelbolt. – si inserì Harry – Accusare così Malfoy solo perché in passato ha lavorato per Voldemort! Andiamo… è inaudito! Il Ministero come al solito si sta nascondendo dietro il pretesto più comodo. Ed io sono sempre più convinto che Beker abbia ragione, i mangiamorte non hanno alcuna rilevanza in tutta questa faccenda. –

- Io credo solo che il Ministero non riesca a comprendere cosa realmente stia accadendo, Harry, e per questo motivo cerca di spiegare questi avvenimenti attribuendo la responsabilità alle persone più in vista, in questo caso i mangiamorte. – convenne Hermione.

- D’altra parte non credo che Shackelbolt sia da condannare. – sostenne Ginny – Noi lo conosciamo, non è certamente un poco di buono. Semplicemente sta cercando, a modo suo, di fermare questa cosa, anche se a quanto pare ha preso di mira le persone sbagliate. Da parte sua credo ci sia un bel po’ di confusione di fronte a tutto questo. –

Harry, che le era accanto, annuì debolmente.

- Qui l’unico che mi sembra abbia dimostrato un minimo di cervello è proprio Aberforth! Ha saputo dare le giuste risposte sia al Ministro che a Beker. E’ stato un grande, degno preside di questa scuola, davvero. – asserì Ron, che dall’altro lato del tavolo, era seduto accanto a Hermione.

- Sì, Aberforth si è saputo comportare. La situazione indubbiamente non è tra le più felici, e lui ha preferito non schierarsi da nessuna delle due parti, anche se era contrario all’arresto di Malfoy, comunque credo che non si fidi al cento per cento nemmeno di Beker. – constatò Harry – Credo che si aspetti da un momento all’altro di essere sorpreso dall’una o dall’altra parte. –

Ron annuì, ed Hermione giunse in suo sostegno – Secondo me ha dato fin troppa fiducia al professor Beker. Hai visto, no? Era perfettamente a conoscenza delle fughe notturne del nostro caro professore. –

- Sì, credo perché Aberforth si aspetti che Beker possa fare qualcosa per distruggere questo male, perciò gli ha lasciato campo libero. – osservò Harry.

- Io temo invece che Beker brancoli nel buio. – aggiunse Ron.

Ci fu un attimo di silenzio, che fu poi rotto da Neville, che fino a quel momento non aveva ancora proferito una sola parola.

- Dobbiamo salvarla! –

Immediatamente i quattro commensali si voltarono verso il loro compagno. Aveva il volto pallido, e lo sguardo fisso davanti a sé, fermo e costante su Luna seduta al tavolo accanto.

- Co… co… come? – gli fece Ginny, assicurandosi di aver sentito bene.

- Dobbiamo salvarla! – ribadì Neville, senza scostare lo sguardo da lei, e restando rigido come il marmo – Non mi interessa se Malfoy è colpevole o meno… Noi dobbiamo scovare questo male e vendicare Luna. Se ci fosse un modo per ridarle la vista, le darei i miei stessi occhi! – e si voltò di scatto verso Harry, che quasi trasalì – Harry! Il male è entrato ad Hogwarts, dobbiamo fare qualcosa o saremmo tutti in pericolo. Ti ricordo che nella peggiore delle ipotesi… si viene uccisi. –

Harry assunse un’aria seria e solenne.

- Questo lo so benissimo Neville! Ed hai perfettamente ragione, dobbiamo vendicare Luna, e non solo lei. –

 

 

Qualche ora prima della ripresa delle lezioni pomeridiane, Harry si recò nello studio del professor Beker. Era l’unica persona con la quale avrebbe dovuto parlare. Quando bussò alla porta del suo ufficio, il giovane tedesco lo invitò ad entrare, ed Harry non tardò a farlo.

- Oh, Harry, immaginavo fossi tu… Vieni, vieni accomodati. –

Beker posò su uno scaffale un libro che stava sfogliando, e si sedette all’angolo della sua scrivania, con un piede poggiato a terra, mentre Harry prese posto nella poltrona di fronte a lui.

- Immagino tu voglia parlare di ciò che è successo stamattina. –

- Sinceramente, professore, sono un po’ confuso. – ammise Harry.

Beker sorrise debolmente. – Che cosa pensi Harry? –

- Penso che lei ancora non voglia dirmi tutta la verità! Mi ha parlato della rinascita del male, di magia tribale, ma cosa abbiamo di fronte esattamente? Cosa dovremmo combattere? Avrà una forma questa cosa o stiamo solo vaneggiando? Una delle mie più carissime amiche è rimasta vittima di questa cosa! Ciò significa che il male è ad Hogwarts, e per quanto ne so, io stesso o i miei compagni potremmo anche morire. Chi mi dice che non mi caveranno gli occhi? O che proveranno ad ammazzare Ron, Hermione… o… Ginny! Le persone che amo di più sono in pericolo per l’ennesima volta. Lei deve dirmi tutto ciò che sa professore. –

Beker osservò Harry con una comprensione inaudita.

- Tu sei proprio come me, ragazzo. La stessa grinta, la stessa determinazione, la stessa voglia di fare. E’ proprio ciò che ha spinto me ad andarmene per cercare di scovare questa cosa. Ma ti assicuro che adesso ne sai quanto me. L’unica cosa che probabilmente ho omesso di dirti è che, e credo tu ormai possa saperlo, il male che andiamo ad affrontare è reale, concreto, almeno non per ora, ma lo sarà. –

- Che cosa vuol dire signore? – chiese Harry, confuso e preoccupato.

- Io non so quanto tu abbia studiato Storia della Magia, sicuramente quando farai questo nome alla tua amica Granger, a lei dirà molto di più. Ti sto parlando di un grande mago oscuro esistito nel tredicesimo secolo. Hai idea anche tu di quanti secoli siano passati da allora, e probabilmente ti sembrerà assurdo che un essere del genere possa ritornare eppure… è così. Nelle tribù sudafricane il mito di Jahat, questo è il suo nome, non è mai cessato di esistere. Maghi oscuri e vecchi stregoni si sono attivati per portare a termine il grande compito della sua resurrezione, ed è per questo che hanno bisogno di diversi ingredienti. –

- E tra questi suppongo vi siano gli occhi dei maghi, signore. –

Beker annuì debolmente.

- Le persone la cui vista non è ritenuta adatta, considerate inutili, vengono ammazzate, trucidate, e i loro occhi usurpati ed offerti in sacrificio, sommandoli ad un’intera collezione. Io l’ho visto Harry, il cimitero degli occhi, proprio sugli antichi resti di Jahat, ed è stato un qualcosa di spaventoso. Le persone, invece, la cui vista viene ritenuta degna per il compito della resurrezione, vengono privati della stessa. La vista di Luna, a quanto pare, era tra queste. –

- Che cos’è necessario affinché la vista di una persona sia adatta, signore? – chiese Harry la cui curiosità cresceva ogni minuto di più.

Beker scosse debolmente il capo.

- Questo non so dirtelo. Immagino sia dovuto alla pertinenza con gli interessi di Jahat. Ad ogni modo, gli occhi non sono il suo unico trofeo, e la vista non è l’unica cosa di cui ha bisogno. –

- Occorre anche la magia ovviamente. – lo precedette Harry – Jahat suppongo non possa rinascere senza poteri, per questo ci sono persone a cui vengono sottratti per poi diventare Maghinò. –

Beker annuì, accennando un sorriso.

- Molto bene, Harry, vedo che sei attento. –

- E di cos’altro ha bisogno, signore, per rinascere? Se il male si è spostato dall’Africa all’Inghilterra è perché sta cercando qualcosa, qui, e suppongo che questo qualcosa sia un ingrediente in particolare, dico bene? –

Beker annuì.

- E’ quello che sto cercando di capire. E’ per questo che cerco di scoprire quanto più possibile dalle vittime ancora in vita. Per cercare di comprendere se oltre agli occhi, o ai poteri, si sia manifestato interesse per qualcos’altro… ma ogni volta il responso è sempre negativo. –

- A proposito signore, Luna ha detto di aver visto due sagome… -

- Jahati… si fanno chiamare così. Sono suoi seguaci di antiche tribù tribali. Non hanno gli occhi, dal momento che se li son cavati da soli per offrirli in sacrificio al loro idolo. Sono loro che commettono questi omicidi ed aggrediscono le persone. –

Harry in quel momento non riuscì a restare seduto, e scattò in piedi.

- Signore! Ma se lei sa tutte queste cose perché non ne ha parlato con il Ministero? Shackelbolt avrebbe… -

Ma Beker non gli permise di terminare quanto stava per dire. Poggiò anche l’altro piede a terra allontanandosi dalla cattedra e dando le spalle al suo interlocutore.

- Devo sconfiggere questa cosa da solo, Harry. Capisci? –

- Ma signore… -

E il professore si voltò di scatto verso di lui.

- No, Harry! Devo farlo io! E’ un po’ come quando volevi a tutti i costi vedertela con Voldemort, tu più di chiunque altro dovresti capirmi. –

Harry era stato toccato nel vivo, ma rimase calmo, mostrando anche una certa superiorità.

- Lì era una questione personale, signore. Aveva ucciso i miei genitori. E fino a prova contraria la profezia mi rendeva il suo degno avversario. Però, nonostante questo, signore, io non ho mai combattuto da solo, ho sempre avuto i miei amici al mio fianco, per non parlare di Albus Silente. –

Beker fissò Harry senza dire nulla, poggiando i dorsi delle mani sulla cattedra.

- Fatto sta signore, che lei è il nostro insegnante di Difesa, e fino a prova contraria, è suo compito difenderci. Con permesso. –

Harry si voltò e lasciò l’ufficio del suo professore. Il recente colloquio l’aveva abbastanza scosso; non riusciva a credere che Beker avesse celato quelle preziosissime informazioni fino a quel momento, e si chiedeva se era vero che non sapesse ancora altro, come ad esempio qual’era l’ingrediente mancante che i jahati stavano cercando nel mondo della magia, e tra le mura di Hogwarts.

 

 

Preso com’era da quei pensieri non prestò assolutamente attenzione alle lezioni di quel pomeriggio. Trovò la pace soltanto una volta in Sala Comune, seduto su una poltrona con accanto Ginny, mentre raccontava tutto ciò che aveva appreso da Beker ai suoi compagni, tra cui figurava anche Neville.

- Ti dice niente, Hermione? – disse Harry chiedendo conferma all’amica sul nome dell’antico stregone.

Hermione annuì debolmente.

- Sì, il nome non mi è nuovo. Jahat… mi pare che sia uno stregone medievale, ma non so con esattezza quali grandi mali abbia commesso. Il libro lo citava appena. –

- Certo, perché altrimenti ne avresti conosciuto vita, morte e miracoli! – la stuzzicò Ron.

- Ovvio. – gli fece Hermione con il suo solito cipiglio di saccenza. – Comunque dovrò fare qualche ricerca, Harry, per saperne di più. –

- Quindi siamo alle solite! L’ennesimo mago squilibrato che vuol essere riportato in vita da suoi seguaci pazzi! – sintetizzò Ginny scuotendo il capo incredula.

- Sì, ma questa volta è ben diverso. L’ultima volta sapevamo cosa voleva di preciso Voldemort, e cioè me. Questa volta, invece, non abbiamo la minima idea di cosa aspettarci. Sappiamo solo che manca qualcosa alla realizzazione della sua rinascita, e questo qualcosa non sappiamo cosa sia. – constatò Harry, che appariva più sfiduciato che mai.

- Beker cosa pensa di fare? – gli chiese Ron.

Harry alzò le spalle – Distruggerlo da solo. –

Ron sbuffò leggermente. – Quell’uomo è pazzo. Dovrebbe rendersi utile piuttosto che star lì a pensare di prendersene il merito. Così facendo non arriveremo da nessuna parte. –

- Lo so, Ron, lo so. Ma ora come ora… non possiamo fare molto. Non ci resta che tenere gli occhi aperti… scusate il gioco di parole… e fare le dovute ricerche su Jahat, e i suoi seguaci jahati, per cercare di capire quale sia l’elemento mancante per il completamento della sua rinascita. –

- Io sono con te, Harry! – ci tenne a sottolineare Neville – Qualunque cosa dovessimo affrontare, non mi tirerò indietro! –

Harry gli sorrise.

- E lo stesso vale per noi, amico. – aggiunse in seguito Ron.

 

 

Harry e Ginny avevano deciso di ritagliarsi un momento tutto loro in quella giornata assurda, ed erano probabilmente in qualche posto dove non potessero essere disturbati da presenze indiscrete. Hermione e Ron erano rimasti nella Sala Comune di Grifondoro, che ormai accoglieva solo loro. Ron era completamente adiacente allo schienale del piccolo divanetto, mentre Hermione, appoggiata tra la sua spalla e il suo petto, leggeva senza sosta uno dei suoi libri, con la vana speranza di poterne ricavare qualcosa; anche se il giorno dopo si sarebbe chiusa in biblioteca. Dopo ore di stasi in quella posizione, Ron chinò il capo all’indietro ed emise un profondo sbadiglio, strofinandosi subito dopo un occhio.

- Miseriaccia! – esclamò – Sono distrutto. –

Hermione, a quel punto, chiuse il libro e si scostò da Ron, mettendosi poi a sedere normalmente, in modo da poterlo guardare.

- Se non ce la fai vai a letto. –

- E tu? Resterai qui a cercare risposte nei tuoi libri? –

Hermione annuì debolmente. – In verità non ho sonno. E poi, come si fa a dormire, sapendo ciò che si aggira lì fuori? –

Ron emise un altro sbadiglio.

- Cosa vorresti dire? Che io sono talmente insensibile che non mi curo del pericolo? –

- Diciamo di… sì. – gli sorrise lei.

Per qualche istante, entrambi rimasero in silenzio.

- Buona notte, Ron. –

- Buona notte Hermione. –

Ron, senza che Hermione se l’aspettasse minimamente, dopo averle sorriso, si staccò finalmente dallo schienale del divano e si avvicinò a lei, poggiandole una mano sulla guancia e dandole quello che fu un dolcissimo, lungo e, allo stesso tempo, passionale bacio. Precisamente il primo da quando si erano finalmente chiariti, ed il secondo di tutta la loro storia. Fu un bacio ben diverso da quello che aveva letteralmente travolto Ron, prima di tutto perché questa volta era stata Hermione ad essere colta di sorpresa, ed in secondo luogo perché anche le circostanze erano diverse. Eppure, l’amore indissolubile che li legava e la passione che nutrivano entrambi l’uno per l’altra si avvertirono inavvertitamente alla stessa maniera.

Quando si furono separati, Ron rimase a pochi centimetri di distanza dalla ragazza che aveva appena baciato, come se avvertisse il bisogno di vederla da vicino, e aveva ancora la mano poggiata sulla sua guancia.

- Ma allora è proprio vero. – sussurrò.

- Cosa? – gli chiese Hermione, ancora scossa per quell’improvviso piacevole bacio.

Ron aspettò qualche istante prima di rispondere.

- Che la ragazza più straordinaria di tutta la scuola sta proprio con me. –

Hermione sorrise leggermente, e lo guardò negli occhi. Era incredibile la tenerezza che gli trasmetteva, sarebbe potuta restare lì a fissarlo per ore. D’altro canto l’espressione di Hermione divenne così dolce, che Ron pensò di perdercisi.

- La ragazza più straordinaria di tutta la scuola, come dici, è innamorata di te. –

Al sentire pronunciare quelle parole, a Ron per un attimo mancò il respiro. Più del fatto di non aspettarselo, si era ripromesso che sarebbe stato lui il primo a dichiarare il proprio amore, e invece Hermione l’aveva battuto sul tempo. Si perse nei suoi occhi e nelle sue labbra per l’ennesima volta.

- Ma mai quanto io sono innamorato di lei. –

E la baciò una seconda volta.

 

 

Era ormai notte fonda, ed Harry si rigirava ripetutamente nel suo letto, mentre in sottofondo l’orchestra messa in piedi dal russare di Ron gli rendeva il sonno ancora più difficile. Il giovane mago dalla cicatrice sulla fronte non riusciva assolutamente a dormire; era troppo teso per tutti gli avvenimenti e le scoperte di quella giornata. Fuori il tempo stava cambiando, lo avvertiva dal forte rumore dei rami che sbattevano contro la finestra, strattonati violentemente dal vento; si stava preparando una tempesta, il che lo innervosiva ancora di più. Fu in quel momento che Harry Potter avvertì uno strano rumore, istintivamente aprì gli occhi di scatto, aveva il cuore che gli batteva all’impazzata; si voltò verso i piedi del suo letto e vide due paia di cerchi rosso fuoco che avanzavano contro di lui. Senza neanche pensarci, si allungò sul comodino, afferrò la bacchetta e la puntò contro le sagome su avversarie.

- STUPEFICIUM! – gridò.

Ci fu una fortissima scintilla di un colore violaceo, e le due sagome svanirono insieme ai loro occhi rossi. Harry rimase lì fermo qualche istante, premuto contro la spalliera del suo letto, respirando affannosamente, quando si accesero le luci della stanza. I suoi compagni erano tutti svegli, e Ron si precipitò immediatamente giù dal letto.

- Ehi! Tutto bene, amico? – gli chiese mettendogli una mano sulla spalla e scuotendolo.

Harry era pallidissimo. – No. –

- Erano loro? Sono stati qui? – gli fece Neville, mentre Dean e Seamus stavano cercando di capire cosa fosse successo.

Harry annuì debolmente.

- Che cosa? – chiese Ron sconvolto – Vuoi dire… sono stati loro? Ti hanno… ti hanno attaccato? –

- Già, e chissà se avrei risposto alle loro referenze. Ho agito prima che potessero scoprirlo. –

 

Continua…

 

Eccomi qua di ritorno con un nuovo capitolo. Prima di tutto voglio ringraziare coloro che stanno seguendo questa storia, siete sempre più numerosi, me ne accorgo dalle letture, e dal numero di preferiti e seguite che questa storia sta ottenendo! Vi ringrazio davvero tanto! Un ringraziamento particolare anche a tutti coloro che seguono la storia recensendo e dimostrando il loro apprezzamento e il loro sostegno! Ho notato che tutti siete rimasti sconvolti dall'attacco alla povera Luna, non temete comunque, anche io l'adoro! Ma ho pensato che nessun'altro avrebbe potuto affrontare una situazione del genere come lei, e poi, Luna ha per così dire quella sorta di vista che la rende fuori dal comune. Lei ha sempre visto più degli altri...

Per quanto riguarda Ron & Hermione, non sapete quanto sia felice io di essere arrivata finalmente al loro chiarimento, così posso inserire qualche loro momento qua e là :P Non posso farne a meno ^///^

Per il resto... spero che la storia vi piaccia, e continuiate a seguirla! Come ho già detto ripetutamente... non sopporterei di deludervi! Adesso la smetto con le chiacchiere, e vi do appuntamento al prossimo capitolo. Grazie ancora a tutti. Un bacio :*

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 10

 

Il dormitorio maschile del Grifondoro era in completo subbuglio; tutti gli altri appartenenti della casa si erano accalcati nella Sala Comune, nella speranza di scorgere o comprendere qualcosa, mentre, oltre il ritratto della Signora Grassa, masse di studenti correvano per le scale, e lungo i corridoi, sfuggendo al controllo dei loro Prefetti. In tutta Hogwarts si era diffusa la voce che qualcosa aveva attaccato Harry Potter. La paura per un nuovo Voldemort, o per il ritorno dello stesso, erano troppo grandi e dilagavano nel cuore di tutti.

Il giovane Harry Potter sedeva sul suo letto con al fianco Ginny, che gli teneva la mano. Di fronte a loro, Ron Weasley, prendeva posto sulle sue lenzuola, con Hermione in piedi, accanto a lui; Neville si trovava invece sullo stipite della porta, e Dean e Seamus, accanto alla finestra, osservavano impotenti i vari personaggi muoversi sulla scena. Al centro della stanza, Aberforth appariva allarmato e allo stesso tempo meditativo, mentre dietro di lui la professoressa McGranitt pendeva dalle sue labbra, e il professor Beker misurava la stanza a grandi passi.

- Eccomi, sono accorso subito signor Preside. Cos’è successo? Harry, stai bene? – fu la voce di Hagrid che si precipitò in maniera irruente nella stanza, strattonando tutti gli studenti che costeggiavano le scale del dormitorio.

- Hagrid! Sta tranquillo, il ragazzo sta bene. – esclamò il preside di Hogwarts, cercando di apparire calmo, quando era piuttosto evidente che non lo fosse.

- Sì, ma cos’è successo? – chiese nuovamente Hagrid.

- Diciamo che, ci sono state visite. – continuò il preside.

- Hagrid, sto bene. – puntualizzò Harry, che sembrava essere il meno sconvolto di tutti.

- Stanotte la misteriosa cosa che sta impensierendo il mondo della magia è venuta a fare una visitina al signor Potter, Hagrid. – gli fece sottovoce il professor Beker, in modo che orecchi indiscreti potessero cogliere il meno possibile.

- COSA? – fu lo stupore del mezzogigante sempre più allarmato.

- E’ chiaro che qui non possiamo continuare. Spostiamoci nel mio ufficio. – suggerì Aberforth.

 

 

Qualche minuto dopo, tutti i presenti nella stanza del dormitorio di Harry, eccetto Seamus e Dean, si erano spostati nell’ufficio del professor Silente.

- Due sagome? Occhi rossi? – chiese ancora incredulo Hagrid.

Ma Aberforth ad un certo punto decise di ignorare le domande di stupore di Hagrid, per focalizzarsi su quanto era accaduto.

- Professor Beker, abbiamo già fatto in modo che una nostra studentessa perdesse la vista, adesso è stato attaccato uno studente direi tutt’altro che comune. Vuole ancora continuare a far finta di niente per portare a termine questa cosa da solo, o ha intenzione di collaborare? –

- Ieri ho detto tutto ciò che sapevo al ragazzo, signor Preside. – si giustificò Beker.

- A quanto pare non basta, nel momento in cui lei non è in grado di proteggere la scuola. –

- Ad essere sincero signore, sono molto confuso. Non avevo idea che Harry potesse rientrare nelle mire dei jahati. –

Aberforth osservò un attimo di silenzio.

- Mi faccia comprendere professore, in merito a cosa lei si ritiene in grado di stabilire quali siano o meno le aspirazioni di questi jahati? Allora c’è dell’altro di cui è a conoscenza e che ancora non ci ha rivelato? –

- Le assicuro che non è così, signor preside. –

- HUBERT! –

Aberforth aveva urlato quel nome con quanto più fiato avesse in corpo. Avvertiva che Beker non gli stava dicendo tutta la verità, e la cosa lo infastidiva, data la gravità della situazione. A quell’urlo di rimprovero, Harry e tutti gli altri tremarono, compresa la professoressa McGranitt, che si avvicinò al preside, e gli poggiò una mano sul braccio, in maniera molto pacata.

- Professor Silente, forse è il caso di non fare troppe pressioni al professor Beker. Lo ritengo abbastanza maturo da ammettere la verità in una situazione del genere. – gli disse comprensiva.

- Grazie, Minerva. – si limitò ad esclamare Beker.

In quel momento Harry pensò di essere rimasto in silenzio fin troppo a lungo.

- Io sono d’accordo con il professor Silente. – disse in tono fermo e deciso, fissando il vuoto davanti a sé.

Tutti gli sguardi dei presenti si posarono sul giovane mago dalla cicatrice a forma di saetta.

- Il professor Silente ha pienamente ragione… sono anch’io dell’idea che il professor Beker, in realtà, sappia più di quanto non voglia farci credere. – continuò.

Gli sguardi si spostarono immediatamente sulla figura di Hubert Beker, che guardava Harry senza timore, lo fissò intensamente negli occhi, appariva sincero.

- Harry, credimi, ti ho davvero detto tutto quello che so riguardo a Jahat. Non ho nessun’altra informazione in merito. Il resto sono solo mie supposizioni. –

Harry era risoluto a conoscere tutta la verità.

- Che genere di supposizioni? –

Beker fissò Harry per qualche secondo in silenzio, aveva l’espressione di un padre che ha appena compreso di non poter continuare a proteggere il proprio figlio per sempre; sospirò e poi passò a scrutare anche tutti gli altri, in particolar modo Aberforth, che era lì in attesa.

- Hubert, te lo chiedo per piacere. – lo supplicò il preside in tono comprensivo, di sicuro molto più rilassato rispetto alla sfuriata di qualche istante prima, placata dalle attenzioni della professoressa McGranitt.

Beker esitò per qualche altro istante, e poi tornò a guardare Harry.

- Non ne ho la certezza ma credo che i jahati stiano cercando qualcosa di particolare per riportare in vita Jahat, e nelle mie varie ricerche mi sono fatto l’idea che sia un qualcosa di molto prezioso. –

- La prego, faccia pochi giri di parole, professor Beker. – gli chiese con fermezza Harry.

- Harry – lo guardò in tono solenne – temo che l’ingrediente essenziale per la rinascita di Jahat, oltre alla vista e la magia, sia in realtà un qualcosa di vitale… come, ad esempio, un cuore. –

- Un cuore? – fu il coro generale di tutti i presenti.

Dopo lo stupore generale, fu Aberforth a riprendere la parola.

- Cosa te lo fa pensare, Hubert? –

- Gliel’ho detto, professor Silente, sono solo supposizioni, ma non è da escludere. –

- Un cuore… - ripeté Aberforth in tono meditativo, cominciando a rigirare su se stesso.

- E suppongo… - si inserì Harry - …che non siano alla ricerca di un cuore qualunque, o sbaglio? –

Beker rimase un attimo in silenzio, osservando Harry, con aria quasi rammaricata, e poi cominciò a scuotere lentamente il capo e sospirare.

- No, Harry, direi proprio di no. Per la rinascita di un grande mago oscuro di certo non occorrerà il cuore di un comune mortale. Sono più che convinto che siano alla ricerca di qualcosa di prezioso e raro. –

- E mi tolga un’altra curiosità. – chiese in tono solenne Harry – Lei pensa che stanotte mi siano venuti a trovare perché credono che abbia io questa cosa preziosa e rara? –

In quel momento, Ginny strinse ancor più forte la mano del mago che le stava accanto, come per far avvertire ancora di più la sua presenza.

- Cosa intendi dire, Harry? – chiese la ragazza allarmata.

- Che magari il cuore di cui Beker parla, e che i jahati stanno cercando, in realtà, sia proprio il mio. – aggiunse Harry, voltandosi verso Ginny.

- No, è assurdo. – contestò la giovane Weasley.

- Non sappiamo nemmeno se si tratta effettivamente di un cuore, Harry. – sentenziò Hermione.

- Qualunque cosa sia, è sicuro che sono venuti a cercarla da me. –

- Harry, non ti sembra di correre un po’ troppo? – gli chiese Ron, che scuoteva il capo, senza riuscire a credere a tutta quella storia.

- Il signor Weasley ha ragione, Harry. – convenne Aberforth – Stiamo correndo un po’ troppo in verità. Il professor Beker ha solo esposto una sua supposizione, che non sappiano sia esatta o meno. E inoltre, nessuno ci assicura che stessero cercando proprio da te il loro ingrediente mancante. Dico bene, professore? – chiese poi voltandosi verso Beker.

- Onestamente non lo so. Può darsi di sì, come può darsi che cercassero di portargli via soltanto la sua vista, o i suoi poteri. Purtroppo non abbiamo abbastanza elementi per dirlo con certezza. –

Ci fu qualche attimo di silenzio, in cui tutti furono assorti nei loro pensieri, e Aberforth parlò di nuovo.

- Ad ogni modo, professore, preferirei che Harry fosse sotto il suo rigido controllo. Io, personalmente, insieme alla professoressa McGranitt, mi occuperò della sicurezza della scuola. Intensificheremo gli incantesimi di difesa, e le barriere, sperando di tener lontana questa cosa il più possibile. –

Beker annuì debolmente, e poi posò il suo sguardo su Harry.

- Lo farò, signor Preside. Ha la mia parola. –

 

 

Draco Malfoy si trovava in una stanza scura, dalle pareti nere, e illuminata da fioche luci. Non aveva prestato attenzione ai corridoi che gli Auror avevano percorso per portarlo in quella saletta da interrogatorio, ma avrebbe potuto perdercisi tranquillamente, dal momento che apparivano tutti uguali. Era un vero labirinto, senza alcuna possibilità di uscita. La stanza, al pari dei corridoi, era piccola e soffocante, e lui se ne stava seduto su una misera sedia, alla presenza soltanto di una squallida scrivania, aspettando il suo destino. L’unica cosa che sapeva, era che si trovava nei meandri dell’Ufficio Misteri del Ministero. Tante volte si era trovato in quei corridoi, al fianco di suo padre, e per ragioni ben diverse, ma quelli ormai, erano altri tempi… tempi di cui si vergognava profondamente.

Qualche istante dopo, una piccola porta si aprì alla sua sinistra, e ne entrò un alto mago di colore, vestito di una tunica verde fluorescente, con temi tribali neri. Draco Malfoy era perfettamente consapevole di trovarsi alla presenza del Ministro della Magia. Shacklebolt, senza batter ciglio, fece comparire, oltre la misera scrivania, una piccola poltroncina dai motivi intagliati nell’oro, e uno schienale imbottito di un rosso vivo. Vi prese posto, e poté scrutare nitidamente negli occhi del ragazzo biondo che gli sedeva di fronte senza lasciar trasparire alcuna emozione.

- Draco Malfoy. – sibilò tranquillamente Shacklebolt – Chissà perché il tuo nome compare sempre quando si tratta di magia oscura e crimini inspiegabili. –

Draco rimase in silenzio per una manciata di secondi, fissando degli occhi il Ministro. Lo stava sfidando con il suo solo sguardo.

- Evidentemente perché qui al Ministero sembra che ce l’abbiate con la mia famiglia. –

- Nessuno ce l’ha con te, Draco. –

- Oh, e allora perché sono qui? Mi avete portato in questo tugurio senza uno straccio di prova. –

- Ringrazia di non essere finito ad Azkaban a far compagnia al tuo caro paparino! –

Il botta e risposta si placò, ed una volta che gli animi si furono di poco raffreddati, la conversazione poté riprendere in termini più pacati.

- Che cosa vuole da me? – chiese con tutta tranquillità Draco.

- Voglio sapere tu e i tuoi amichetti a che gioco state giocando. –

- I miei amichetti sarebbero? –

- Che domande, coloro che mesi fa erano i tuoi alleati, Draco, o hai già dimenticato il tuo glorioso passato da mangiamorte? –

Draco scosse il capo.

- Se lei non fosse cieco, Ministro, si accorgerebbe che i miei amichetti, come li chiama lei, sono finiti tutti ad Azkaban, o si sono redenti abbandonando la vecchia via. In più, e non so se ha potuto notarlo, che il sottoscritto è rimasto solo. –

Sul viso di Draco comparve un leggero sorriso, ironizzava sulla misera condizione di se stesso, quando in realtà c’era poco da ridere. Shacklebolt lo osservò il silenzio, come se fosse l’esemplare della peggior specie esistente.

- Cos’hai fatto a Luna Lovegood? –

Draco alzò gli occhi al cielo.

- Ma allora non lo vuole proprio capire? –

- Tu eri il solo che poteva attaccarla, trovandoti già all’interno della scuola. Hogwarts è impenetrabile! – disse risoluto il Ministro.

Draco assunse un tono sarcastico, era spazientito, ma cominciava a divertirsi nel prendere in giro quel mago molto più anziano e saggio di lui.

- Din, sbagliato! Hogwarts non è impenetrabile per niente, e credo che eventi recenti gliel’abbiano dimostrato. In secondo luogo, signore, io non ho neanche lontanamente sfiorato questa Luna Love-come-cavolo-si-chiama, a stento sapevo della sua esistenza. E terzo, tanto per aggiungere un ennesimo punto che smonti le sue teorie, come vede sono solo un comunissimo studente, e da tale le posso assicurare che non ci sono incantesimi che reggano, ma non posso neanche lontanamente pensare aver accesso al dormitorio di una casa che non sia la mia. –

Shacklebolt sospirò. In quel momento sembrava che non avesse argomenti per controbattere.

- E’ ancora sicuro che sia stato io ad attaccare quella ragazza? – chiese Draco, convinto di aver dimostrato la propria innocenza.

Il Ministro strinse le labbra in una smorfia, ma non ebbe il tempo di formulare una risposta a quella domanda, che la porticina alla sua destra si aprì, e vi entrò un’esile figura dai capelli rossi, Percy Weasley.

- Signor Ministro, mi duole interromperla ma ci sono novità da Hogwarts. Pare che stanotte sia stato attaccato Harry Potter. –

Lo sguardo di Shacklebolt si illuminò, e si voltò di scatto verso Draco, che allargò le braccia, scrollandosi di dosso qualsiasi accusa.

- Visto? Glielo dicevo che non ero stato io. –

Shacklebolt si alzò istantaneamente, e la poltroncina svanì nel nulla.

- Weasley! Conduci il nostro sospettato in una stanza chiusa, e assicurati che non possa uscirne. Io dovrò fare due chiacchiere con Silente. –

- Ai suoi ordini, signore. –

 

 

Harry e Ginny erano da soli, si trovavano seduti nel cortile del castello, osservando l’immensa radura che circondava Hogwarts, era uno spettacolo meraviglioso, ma in quel momento privo di alcun significato. Harry, appoggiato con i gomiti a un muretto di pietra ghiacciato, sfiorava con le sue dita quelle di Ginny, che gli cingevano la spalla.

- Cosa pensi di quello che ha detto Beker? – gli chiese la ragazza in tono dolce.

- Penso che se ha formulato queste supposizioni un motivo ci sarà. Beker non è uno sprovveduto, e più di sedici anni di ricerche non sono pochi. –

- Secondo me tu riponi troppa fiducia in quell’uomo, Harry. –

- Mi fido di lui. –

- E’ entrato nelle nostre vite con un fare scanzonato e l’aria da giovane ribelle amico degli studenti, si è accattivato la simpatia di tutti, ma è abbastanza lunatico, sospetto, e per di più mai del tutto sincero. Non so proprio come tu abbia una tale venerazione per lui. –

Harry scrollò le spalle.

- Non lo so, ma per me è solo poco abituato ad avere a che fare con le persone. E’ diffidente; ha vissuto per anni da solo, per combattere questa cosa. Credo solo che non sia abituato alla collaborazione, ma non che sia cattivo. Mi dà l’impressione di essere sincero, perciò gli credo. –

Ginny sospirò, e si appoggiò alla schiena di Harry, sfiorandogli le dita con la guancia, e osservò il mondo restare immobile per qualche istante, per rompere il silenzio.

- Harry, credi davvero che questo Jahat, per rinascere, abbia bisogno di te? –

- Molto probabile. –

La ragazza sospirò.

- Ma perché mi dovevo innamorare del mago più ricercato di tutti i tempi? –

Harry a quelle parole sorrise debolmente, e poi scostò Ginny per voltarsi, in modo da trovarsi faccia a faccia con lei, senza mai lasciarle la mano. Si perse per un lungo istante nei suoi occhi, e le prese anche l’altra mano.

- Evidentemente… perché tutti mi invidiano. – disse sorridendo.

- Sei il solito modesto. E cosa avrebbero da invidiare a uno sfortunato mago che ha sfiorato la morte mille volte, e per di più ha anche una cicatrice sulla fronte? –

Il sorriso di Harry crebbe sempre di più, la guardò intensamente negli occhi, e si avvicinò a lei fino a sfiorarle il naso, era a pochi centimetri dalle sue labbra.

- Per esempio, il fatto di stare insieme alla ragazza più incredibile e straordinaria che sia mai esistita. –

La distanza tra loro diminuiva sempre di più.

- Sei un ruffiano, Harry Potter. –

Soltanto pochi millimetri ormai li separavano.

- Oh questo lo so. –

Finalmente le loro labbra si incontrarono, e si persero in un lungo bacio che li catturò completamente, tanto da far dimenticare loro perfino di Jahat e dell’ipotetico cuore che i suoi seguaci stavano cercando per portare a termine la sua rinascita.

 

 

Hermione si trovava in biblioteca, e stava sfogliando un enorme volume, con un’aria piuttosto stanca. Stava facendo ricerche da ore, ormai, e l’aiuto di Ron non le aveva di certo alleggerito il lavoro. Il ragazzo dai capelli rossi era seduto al suo fianco, e sfogliava un antico manuale di magia oscura alla ricerca di possibili notizie su Jahat, ma aveva l’aria piuttosto assonnata, e sembrava che girasse le pagine a vuoto, senza nemmeno soffermarsi su ciò che vi era scritto.

Dopo aver sfogliato l’ennesima pagina, Hermione si soffermò, sospirò e si distese all’indietro stiracchiando le braccia.

- Sono sfinita. –

Ron, come se fosse giunto il momento della pausa, chiuse il manuale senza troppi ripensamenti.

- Direi che è il caso di fermarci, non ti pare? –

Hermione tornò a sedersi in maniera composta, prese il manuale appena richiuso da Ron, e lo riaprì alla pagina dove si era fermato, consegnandolo poi al suo inquisitore.

- No, Ron, dobbiamo assolutamente trovare informazioni su Jahat! – gli disse risoluta.

- Hermione Granger, tu e il tuo senso del dovere. –

- Non si tratta di studio in questo caso, né di dovere, dobbiamo farlo per Harry, ricordi? Stanotte qualcosa ha cercato di attaccarlo! – disse la ragazza abbastanza agitata.

Ron, colse la sua agitazione, e riposò nuovamente il libro, per bloccarle entrambi i polsi.

- Ehi! Ehi! Ehi! Hermione! – e la guardò negli occhi in tono rassicurante – Calmati! Harry è vivo! Sta bene! Da ora in poi sarà sotto stretto controllo, così come tutta la scuola sotto ferma sorveglianza di Aberforth! Perché sei così agitata? –

Hermione scosse il capo, si divincolò dalla presa del ragazzo, e si alzò, cominciando a misurare il perimetro del tavolo.

- Non lo so. Il fatto di non conoscere con esattezza che cosa andiamo ad affrontare, e che cosa ci sta minacciando, mi rende nervosa. –

Ron la imitò alzandosi, e in meno di un secondo le fu accanto, prendendole una mano per tranquillizzarla. Lei aveva il capo chino, ma lui inclinò di poco la testa per cercare il suo sguardo coperto dai suoi lunghi capelli cespugliosi.

- Abbiamo affrontato di peggio, ricordi? Di sicuro non sarà questa cosa a fermarci. Se vogliono Harry poi, beh lo sai, lui è un osso duro, si può dire sia sopravvissuto a più Anatemi lui, di quanti io ne abbia visti scagliare! Non abbiamo nulla da temere. –

Hermione alzò lo sguardo sul ragazzo, e trovò i suoi occhi chiari. Erano la cosa che più di tutte la rendevano serena, in quell’attimo svanì ogni sua preoccupazione.

- E poi – aggiunse Ron – questa volta abbiamo un’arma in più. Qualcosa che ci mancava l’ultima volta. –

Ron si appoggiò con il retro allo schienale di una sedia, e prendendo Hermione per entrambe le mani, la trascinò dinanzi a sé.

- Cosa? – chiese la ragazza sorridendo.

- Tu che chiedi a me qualcosa… mi sa che lo ricorderò per sempre questo giorno. – gli fece il ragazzo scherzando.

- Ron! – disse Hermione sorridendo.

Era incredibile come Ron avesse la capacità di tranquillizzarla, di annullare tutte le sue paure, e di farla ridere… sempre.

- Beh, dovresti dedurlo da sola, signorina Granger. – e abbandonati i toni scherzosi, la fissò profondamente negli occhi, e al pari di lei qualche istante prima, ci si perde. – Questa volta saremo più forti, Hermione, perché saremo insieme. –

Ron abbandonò le mani di Hermione, per cingerle la vita e trascinarla verso di sé, in modo che la distanza tra i loro corpi fosse annullata. La ragazza gli portò le mani alla nuca, abbandonandosi totalmente ad un lungo e passionale bacio, che avrebbe portato a qualcos’altro, se la troppa foga che li aveva catturati non avesse portato Ron a spingere indietro la sedia, con il rischio di cadere, facendo così in modo che la magia del momento si spezzasse. Staccatisi e presi alla sprovvista, i due si osservarono per un attimo e poi, risero per l’imbarazzo.

- Dai, rimettiamoci al lavoro. – disse Hermione, riprendendo il suo posto, ancora divertita per l’accaduto.

Ron sospirò.

- Avrei preferito mi dicessi di fare altro. –

- Ronald. – lo ammonì lei, sempre nascondendo un sorriso divertito.

- Ai suoi ordini, generale Granger. –

 

 

Shacklebolt non tardò a raggiungere l’ufficio del preside di Hogwarts, per l’ennesima volta durante le ultime settimane.

- Ci si rivede, Shacklebolt. –

- Pochi convenevoli, Silente, sono qui per una faccenda piuttosto seria. –

Aberforth, senza curarsi dell’irruenza con la quale Shacklebolt era penetrato nel suo ufficio, si sedette tranquillamente.

- Già so di cosa vuole parlarmi, Ministro. –

- Bene, questo ci risparmierà molto tempo prezioso. – convenne il mago di colore, che preferì restare in piedi.

- Allora… mi dica… l’ascolto. – lo invitò Silente.

- Harry Potter è stato attaccato, questa notte! –

- Oh, se non ci fosse lei a comunicarmi quel che avviene nella mia scuola. Le sono profondamente grato, Ministro. –

- Lasci da parte l’ironia, Silente. –

Aberforth abbozzò un sorriso saccente, e scrutò l’uomo che gli stava davanti.

- Lei ha per caso notato che il signor Potter è stato attaccato mentre il suo principale sospettato era sotto la sua custodia? –

- E’ proprio questo il motivo per cui sono qui. –

- Ha finalmente capito che i mangiamorte, né tanto meno Draco Malfoy, c’entrano in questa faccenda? –

Shacklebolt osservò un attimo di silenzio, e poi s’avvicinò alla scrivania del preside, poggiandovi sopra i palmi delle sue mani.

- Lei sa esattamente, cosa sta avvenendo, Aberforth, non è vero? –

Il preside rimase impassibile a quella domanda.

- Beh, non lasci che il Ministero brancoli nel buio – continuò Shacklebolt – e piuttosto porti avanti l’eredità di suo fratello. Silente ha sempre parlato chiaramente con il Ministero, e non vi ha trovato appoggio perché l’allora Ministro Caramell era davvero ottuso; ma mai ha celato qualcosa al Ministero, quindi faccia come lui e mi dica cosa realmente sta succedendo! –

Aberforth lo osservò per qualche altro secondo senza batter ciglio.

- Si sieda, Shacklebolt. –

 

 

Harry aveva lasciato per qualche istante Ginny, e si era recato nello studio del suo professore di Difesa. Questi, oppresso dalle mura della scuola, dal proprio ufficio, e dalle fredde aule di Hogwarts, l’aveva convinto a fare una passeggiata lungo il lago, per respirare un po’ d’aria. Il crepuscolo si stava ormai avvicinando, e le attività scolastiche di quella giornata, erano state totalmente messe a soqquadro dai recenti avvenimenti.

- A quanto pare il tuo amico Shacklebolt è venuto a farci nuovamente visita. – disse Beker, in tono serio.

- Pensa che Aberforth gli dirà ogni cosa? –

Beker annuì debolmente, mentre tirò un calcio a un sassolino che trovò sul suo cammino.

- Credo proprio di sì. Vuole giocarsi bene il suo rapporto con il Ministero, e ha capito che la faccenda è piuttosto seria. In più mi aveva dato pienamente fiducia, ed io l’ho tradita. –

- Io mi fido di lei, signore. – ci tenne a precisare Harry.

Beker lo guardò con espressione mesta, e poi sorrise debolmente.

- Grazie, Harry. –

Dopo qualche istante di silenzio, Harry prese nuovamente la parola.

- Tornando alle sue supposizioni, signore… -

Beker lo interruppe subito, senza dargli il tempo di finire.

- Chiedimi tutto ciò che vuoi sapere. –

- Mi chiedevo perché proprio un cuore? Perché non… il sangue ad esempio, così com’è stato fatto per Voldemort? –

- Beh Harry, ci troviamo di fronte a due esperienze simili, ma allo stesso tempo molto diverse. Nel caso di Jahat, si tratta di un rituale tribale, un qualcosa di molto più, come dire, carnale, e di certo meno raffinato di un rito con solo versamento di sangue. La rinascita attraverso la morte, è più o meno questa l’idea. –

Harry lo ascoltava affascinato.

- Professore, mi dica la verità. –

Beker si voltò verso di lui, piuttosto interessato.

- Non è una coincidenza che i jahati siano giunti qui proprio dopo la sparizione di Voldemort, non è vero? – continuò Harry.

Beker tornò a fissare dritto dinanzi a sé, distogliendo lo sguardo da Harry, e poi si fermò in prossimità del lago, ammirando le leggere onde create dal lieve vento che si sollevava da ovest. Il tramonto riflesso su quelle acque, lo rendeva uno spettacolo incommensurabile.

- Sei un ragazzo fin troppo sveglio, Harry, lo sai? –

- Allora è così! –

Sul volto di Beker comparve un sorriso.

- Il cuore del mago rinato. – sussurrò il professore.

Harry lo guardò con aria interrogativa.

- Cosa ha detto signore? –

- Sì. – annuì Beker – Era questa l’idea che mi ero fatto. Ero ciecamente convinto che i jahati, per portare in vita Jahat, avessero bisogno di un cuore, ma non un cuore qualunque: il cuore del mago rinato. –

- Non la seguo. –

- Vedi, fin quando Voldemort aveva fatto svanire nel nulla la proprie tracce, il mio lavoro si limitava a scovare casi di persone trucidate a cui erano stati sottratti gli occhi, ed altre che perdevano la vista o i poteri. Quando Voldemort tornò in forma pressappoco umana, al tuo cospetto, in quel cimitero, qualcosa cambiò. La foga dei jahati divenne incontrollabile, ed io stesso incontrai molte difficoltà per restare in vita in quella che fu una vera e propria carneficina. Notai che i jahati si spostavano sempre più a nord. In poco tempo riuscirono ad attraversare l’Europa, e giunsero lungo le coste dell’Italia e della Francia. Capii che i jahati stavano accorrendo da Voldemort. Era lui che volevano, capisci? Il cuore del mago che era rinato, quale elemento migliore per un sacrificio? Era ideale. Impiegai tutte le mie forze per cercare di contenere la loro presenza in Africa, e ti assicuro che non è stato facile. E’ stato questo il motivo che mi ha tenuto lontano dall’Ordine della Fenice, e dall’intervento diretto contro Voldemort. Non potevo mai abbassare la guardia, e di certo non potevo impegnarmi in un combattimento che mi avrebbe fatto perdere il controllo della situazione. Ti immagini cosa sarebbe accaduto se la loro foga fosse dilagata e le loro stragi si fossero sommate a quelle di Voldemort? Sarebbe stata un completo massacro. –

- Scusi se la interrompo. Ma Voldemort avrebbe potuto sconfiggere i jahati, non trova? –

Beker rimase con lo sguardo puntato sul lago.

- Sai meglio di me che Voldemort non amava sporcarsi le mani; ha sempre lasciato tutto nelle mani dei suoi fidati mangiamorte che erano un branco di incapaci, e per questo avrebbero miseramente fallito. Voldemort aveva un unico pensiero: te; e sicuramente avrebbe approfittato del caos generale e dell’indebolimento del mondo magico per portare più velocemente al successo il suo obiettivo. L’invasione dei jahati gli avrebbe soltanto giovato. Capisci cosa intendo? Ad ogni modo, riuscii a contenere, per quanto potevo, la loro presenza facendo in modo che non giungessero mai in Inghilterra. Quando mi giunse voce della sconfitta di Voldemort ad opera del giovane mago Harry Potter, fui sollevato. I jahati non potevano più riportare in vita Jahat, pensai, era tutto finito; ma come puoi vedere, mi sbagliavo. Abbassai le difese, pur continuando le mie ricerche, e poco dopo il movimento verso l’Inghilterra riprese e senza che me ne rendessi conto, era già troppo tardi. Aberforth, a conoscenza del mio impegno in questa faccenda, riconoscendo i sintomi, mi chiamò urgentemente per insegnare la materia che inizialmente aveva deciso di abolire. Mi precipitai immediatamente ad Hogwarts per coprire la cattedra. Capii subito che avevo fatto un errore di valutazione; Voldemort era morto, sì, ma non avevo considerato che c’era un nuovo mago rinato, che aveva visto la morte, per poi ritornare in vita e sconfiggere il proprio nemico; e quel mago, eri proprio tu, Harry. Quale cuore migliore se non quello del padrone dei doni della morte? Non volendo, hai attirato l’attenzione dei jahati su di te. –

Harry aveva ascoltato con la massima attenzione tutto il racconto di Beker, e non seppe cosa dire, sul momento. Gli ci volle una manciata di secondi per poter formulare un pensiero di senso compiuto.

- Tutte queste, signore… -

- Supposizioni sì. Ma credo che siano talmente attendibili ai fatti, da poterle considerare certezze. –

- Allora è così, dunque. Vogliono proprio me. –

Beker annuì, rammaricato.

- Credo proprio di sì. –

 

Continua…

 

Eccomi qua con un nuovo capitolo. Che dire? Spero non vi abbia deluso! Sono contentissima che la storia vi stia appassionando... io stessa quando l'ho cominciata, non credevo minimamente che avrebbe preso questa piega, e sta appassionando me in prima persona. Ad ogni modo ringrazio tutti coloro che mi stanno supportando, coloro che recensiscono, e coloro che mi seguono solo leggendo! Grazie davvero infinite.

Tengo ad informare midnightsummerdream che i jahati non hanno interesse per i babbani, quindi puoi dormire sogni tranquilli X°D Il tutto si svolge nel mondo della magia! Beh che altro aggiungere? Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento. Un bacione! Sam

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Senza nome 1

Eccomi di ritorno con un nuovo capitolo! Prima di tutto ringrazio tutti per le vostre recensioni, e soprattutto per le numerosi letture che la storia sta ricevendo! Siete davvero tantissimi e non so proprio come ringraziarvi! Sono contenta che la storia vi stia intrigando, e spero di non deludervi. Ad ogni modo, questo è diciamo una sorta di "capitolo di pausa", non mancherà un colpo di scena sul finale, ma diciamo che l'atmosfera è sicuramente più leggera, in merito forse ai prossimi capitoli che credo saranno un tantino più pesanti. Che dirvi, vi auguro buona lettura! Sam.

 

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 11

 

Kingsley aveva ascoltato il racconto di Aberforth con un’attenzione tale da renderlo simile ad una statua di marmo e, quando il preside di Hogwarts pose fine al suo monologo, mille domande animarono la mente del Ministro della Magia.

- Vista, magia e… un cuore? – chiese ancora stordito.

Aberforth annuì leggermente con un segno del capo.

- Beh tutto ciò va ben oltre le mie aspettative. – concluse il Ministro.

- Mi sono stupito quanto lei nell’ascoltare il racconto del professor Beker. –

Un leggero sorrisetto accompagnato da una smorfia comparve sul viso di Shacklebolt.

- Dunque quel bastardo sapeva già tutto! E non ce ne ha mai parlato per il suo fottuto egoismo. –

- Il professor Beker… -

Kingsley alzò la voce.

- Non lo difenda, professore. – inveì contro il preside e poi si placò – Si ricordi che lei ha riposto fin troppa fiducia in quell’uomo! Andava tartassato fin dall’inizio. –

- Non credo avrebbe collaborato con il Ministero, comunque. E… signor Ministro, gradirei non alzasse la voce entro le mura della mia scuola. –

- Oh adesso è la sua scuola! – disse Shacklebolt in tono ironico.

Aberforth lo sfidò con lo sguardo.

- Lo è sempre stata. –

Dopo un attimo di gelo che ghiacciò i due maghi all’apice dei vertici del mondo magico britannico, Silente riprese la parola.

- Cosa ha intenzione di fare, Shacklebolt? –

Il Ministro si prese un attimo per rispondere, scuotendo il capo, e poi fissò il suo interlocutore dritto negli occhi.

- Troverò quegli uomini, quei jahati, e metterò fine alla loro illusione di riportare in vita un mago psicopatico. –

- Notevole. Sembra molto deciso, Ministro. –

- E’ quello che farò! Ha la mia parola. –

- Io non credo che risulterà così semplice. Non c’è riuscito un uomo in più di diciassette anni. –

Shacklebolt si alzò in piedi, e guardò il preside dall’alto al basso.

- Beker era da solo. Io dispongo dei migliori Auror che il Ministero possa avere. –

Aberforth abbozzò un sorrisetto.

- Allora buona fortuna, Ministro. Le auguro di avere successo. –

Shacklebolt si voltò per un quarto, e guardò per un’ultima volta il preside. –

- E tenga d’occhio i suoi studenti, signor preside. –

- Oh non c’è bisogno che lei me lo dica. –

E con quell’ultimo scambio di battute, si salutarono. Shacklebolt si diresse alla porta, incrociando sull’uscio la professoressa McGranitt che s si stava dirigendo verso l’ufficio; la salutò cordialmente e volò via avvolto dal suo mantello sgargiante e seguito da due dei suoi uomini. La professa McGranitt si portò davanti alla cattedra del preside, le mani conserte e un’aria preoccupata e stanca.

- Professor Silente… - esordì.

Aberforth non aveva di certo bisogno di sentire spiegazioni o ricevere domande, era perfettamente a conoscenza del motivo della visita della professoressa di Trasfigurazione.

- Kingsley è un ottimo Ministro, si impegna, ed è un grande mago. Il miglior Ministro che il Ministero abbia visto negli ultimi anni, questo è ovvio ma… non riuscirà a trovare niente. Per quanto ci provi, purtroppo egli è cieco di fronte all’azione di questa nuova minaccia. –

La professoressa McGranitt non comprese a fondo quelle parole.

- Non… non la seguo. Come fa ad essere sicuro che Shacklebolt non ottenga risultati? Ha tutto il Ministero al suo servizio, i migliori Auror… -

Aberforth la interruppe.

- A volte l’abilità non basta, Minerva. Occorrono ben altre doti. Una Luna Lovegood sarebbe più in grado di sconfiggerli, ad esempio, che non il Ministero al completo. –

L’insegnante cominciò a capire.

- Luna Lovegood…? Vuol dire che… Per caso questi maghi possono essere soltanto avvertiti? E’ questo che vuole dire? –

Il preside annuì pienamente.

- Esatto, Minerva, e soltanto da chi possiede, per così dire, la vista. Fatalità sono anche le persone più a rischio, quelle sotto tiro. Kingsley, purtroppo, ne è sprovvisto e, per quanto ci provi, anche Beker lo è. Ancora una volta sarà quel ragazzo a dettare le regole per la salvezza del mondo magico. –

- Ragazzo? – disse la McGranitt che fu lacerata da un atroce dubbio – Harry? Harry Potter, signore? –

- Harry ha visto quelle sagome, professoressa McGranitt, ciò vuol dire che egli è dotato di quella vista necessaria. Inoltre, è sicuramente il più grande mago vivente, e non credo di esagerare con questo. –

- Ma… quel… quel ragazzo… -

Aberforth alzò una mano, scuotendo il capo.

- Lo so, lo so, Minerva… ha da poco riacquistato una vita normale. Ma quel ragazzo ha salvato la vita di tutti noi qualche mese fa, combattendo contro il più grande mago oscuro di tutti i tempi e, mi creda, fin quando c’è la benché minima possibilità che i jahati vogliano il suo cuore, allora non l’avrà di certo una vita normale. –

La professoressa McGranitt non poté far a meno di annuire, anche se aveva ancora qualche domanda.

- Ma, mi dica professor Silente, questi… questi jahati, per essere avvertiti… non sono quindi reali, concreti, o sbaglio? –

- Io credo piuttosto si tratti di un particolare tipo di magia che li renda visibili esclusivamente a pochi eletti. Sono vivi, uomini, e quindi concreti e perfettamente annientabili. Il problema appunto è… vederli. –

La professoressa McGranitt sembrava piuttosto stordita da tutte le informazioni ricevute in quella piccola conversazione; sospirò.

- Professoressa, lei piuttosto perché non riposa? Ha un’aria piuttosto stanca, non vorrei perdermi il mio braccio destro. – le sorrise Aberforth, e la professoressa, dopo aver ricambiato il suo sorriso, annuì congedandosi.

- Lei ha perfettamente ragione. Credo mi farà bene riposare un po’. A rivederla, professor Silente. –

- Aberforth. – la corresse il preside con un ampio sorriso.

 

 

Da quel giorno trascorsero due mesi, e furono due mesi di silenzi. La vita scolastica fu condotta regolarmente ad Hogwarts, anche da coloro che erano stati toccati nel vivo dall’azione dei jahati. Draco Malfoy rientrò regolarmente a scuola, dopo il colloquio del Ministro con il professor Silente. In ben più di sessanta giorni, i jahati sospesero la loro attività; non avvennero omicidi e non ci furono furti di poteri magici, né tanto meno perdite del senso visivo; non una sola aggressione. Le ricerche e l’impegno del Ministero si rivelarono pienamente inutili, e ciò impensieriva ed innervosiva sempre di più il Shacklebolt.

Il castello di Hogwarts appariva ricoperto di neve; il natale si avvicinava sempre più, e lungo i corridoi della scuola, si udiva il chiacchiericcio rumoroso di tutti gli studenti entusiasti per l’imminente festa natalizia, che si sarebbe tenuta di lì a pochi giorni. Il semestre si era da poco concluso, e anche se le lezioni non erano ancora terminate, ciò che riempiva la mente degli studenti era soltanto la scelta di un abito consono all’occasione e la ricerca di un compagno. L’atmosfera era esattamente la stessa che si respirava in occasione del tradizionale Ballo del Ceppo, che accompagnava il Torneo Tremaghi, anche se l’avvenimento non era sicuramente dello stesso linciaggio.

Harry, Ron e Neville erano seduti sul bordo di una delle grandi vetrate del corridoio del secondo piano, dal momento che la loro lezione di Pozioni era terminata da poco, ed osservavano delle ragazze del quarto anno che si civettavano nel tentativo di attirare l’attenzione, sperando che qualcuno le invitasse alla festa.

- Per la barba di Merlino, quanto mi considero fortunato a non avere l’ansia di dover invitare una ragazza alla festa! – esordì Ron, rimembrando le sue passate gesta alla presenza della sua attuale cognata Flou Delacour. – Pensate se non stessi con Hermione, e lei mi stesse ancora odiando… ero praticamente finito. –

- Ritieniti fortunato ad avere una ragazza allora. – gli fece Harry ridendo.

- E tu con chi ci vai? – chiese Ron a Neville, in tono quasi indifferente.

Il ragazzo alla domanda sembrò piuttosto imbarazzato e distolse lo sguardo.

- Andiamo! Non fare il timido! – lo esortò Harry.

- Pensavo di… di chiederlo a Luna. – ammise infine.

Ron entusiasta diede all’amico uno scossone tale quasi da perdere l’equilibrio all’amico.

- Oh, oh! Grande Neville… beh, credo che Luna accetterà il tuo invito molto volentieri, non è così Harry? –

Il mago dalla cicatrice a forma di saetta, annuì.

- Ti piace Luna, eh? – insinuò poi Ron con un sorrisetto allusivo.

- Eh? Ah? Cosa? – chiese Neville del tutto preso alla sprovvista. Era diventato dello stesso colore dei capelli di Ron.

- Dai, a noi puoi dirlo! Siamo i tuoi migliori amici! –

Neville era imbarazzatissimo, e cominciò a gesticolare con le mani.

- No… è… è solo che… lei è in gamba, è geniale… -

- …carina! – aggiunse il mago dai capelli rossi, che a quanto pare si stava piuttosto divertendo.

- Beh, sì, anche. – ammise Neville.

 

 

Quale ora dopo Ron e Harry camminavano da soli lungo gli immensi corridoi di Hogwarts…

- Stamattina ho controllato nuovamente la Gazzetta del Profeta. – esordì Harry. – Niente di niente, sembrano essersi volatilizzati nel nulla. Non riesco a spiegarmelo! –

- Beh, scusami, non è meglio? Si avvicina il natale, abbiamo un botto da studiare, per di più c’è una festa di mezzo, non trovi sia molto meglio che questa minaccia non ci stia più creando grattacapi? –

Harry lo guardò in tono di rimprovero.

- Una minaccia quando fa la sua apparizione non toglie mai il disturbo così silenziosamente. C’è sotto qualcosa. –

- Amico, non potresti semplicemente rilassarti? –

Harry chinò il capo.

- Ci provo. – ed in quel momento assunse un tono ancor più serio, per quanto fosse possibile – A proposito, non c’entra niente Ron, ma devo dirti una cosa. –

Ron si immobilizzò di fronte allo sguardo solenne dell’amico, doveva trattarsi di una cosa piuttosto seria.

- Che cosa c’è? Avanti, spara. –

- Beh… ecco vedi… il fatto è che… - Harry appariva piuttosto imbarazzato. - …come dire… -

Harry scrutò i corridoi per assicurarsi che non ci fosse nessun’altro oltre a loro due, e subito dopo, prese Ron per la manica della tunica e lo trascinò nell’angolino di una finestra.

- Mi stai spaventando, amico. – ammise Ron, che appariva piuttosto preoccupato.

- Vedi… - riprese Harry - …io e Ginny… -

 

 

Contemporaneamente, in un’altra area del castello, Ginny, appartata dal resto mondo, si trovava in un atteggiamento piuttosto confidenziale con Hermione, che la osservava attentamente abbracciando uno dei suoi libri.

- Che cosa? Oh mio Dio! – esclamò più che sbalordita, lasciando cadere senza la minima considerazione il libro che stava abbracciando. – Non posso crederci… e… come? Cioè, voglio dire… com’è stato? –

Senza aspettare una risposta, Hermione abbracciò entusiasta la ragazza dai capelli rossi.

- Oh, Ginny sono così contenta. Devi raccontarmi assolutamente tutto! –

 

 

Dopo la spiegazione, un po’ impacciata, di Harry, tra i due ora era Ron quello che appariva imbarazzato.

- Oh… - si limitò a dire inizialmente – Be-bene! Sì… sì. Alla grande amico, cioè… è fantastico! –

Ron s’avvicinò al suo compagno e l’abbracciò dandogli una pacca sulla spalla.

- Sicuro che… vada tutto bene? – gli chiese Harry un tantino preoccupato. Dopo tutto, era di sua sorella che si stava parlando.

- Oh ma certo! Cioè… non me l’aspettavo però… voglio dire… mi fa un po’ strano perché si tratta pur sempre di Ginny… ma credo non potessi volere un ragazzo migliore per lei, davvero. –

Harry sorrise raggiante e sospirò liberando tutta la sua tensione.

- Sapessi che sollievo sentirtelo dire. –

I due ragazzi ripresero a camminare lungo il corridoio.

- Certo che però… cavolo Harry… prima di me! –

- Beh, tu ci hai messo sette anni per dichiararti alla ragazza che ti piace. – e poi il suo tono si fece più indiscreto – Ma perché… con Hermione… -

Ron alzò il tono.

- Certo che no! Assolutamente. –

Harry parve stupito.

- Credevo di sì. –

Ron scosse il capo. – Ma quando poi, non vi è un minuto in cui non studi, lo sai che è malata. –

- Beh, sì, anche questo è vero. –

Ron che ormai si era sciolto completamente, sorrise e portò un braccio intorno al collo del suo fidato amico.

- E bravo Harry! –

 

 

Il giorno della festa non tardò ad arrivare. Le lezioni erano finalmente terminate, ed Hogwarts era un castello in festa, abitato da chiassosi e gioiosi studenti. La professoressa McGranitt tentava invano di far rispettare l’ordine nei corridoi, mentre il professor Beker si divertiva a dissimulare consigli ai ragazzi su come conquistare le proprie ragazze.

- Sono questi i momenti che adoro della scuola. – affermò Ron raggiante, mentre appuntava l’ultimo bottone della sua camicia bianca.

A differenza del Ballo del Ceppo, Ron aveva un elegantissimo abito da cerimonia scuro, con tanto di cravattino nero. Harry, con un abito simile grigio scuro, non portava nessun tipo di cravatta. I due ragazzi si trovavano nel loro dormitorio, preparandosi per il grande avvenimento che si sarebbe tenuto di lì a pochi minuti.

- Davvero. Amo Hogwarts. – affermò il mago con gli occhiali.

- Ehi Neville – chiamò Ron – alla fine tu ci vai con Luna? –

Il ragazzo moro annuì animatamente.

- Grande! Strano… c’è un ballo e noi siamo tutti felici? – disse Ron allontanandosi dallo specchio e infilandosi la giacca che fino a quel momento adagiava sul suo letto. – E soprattutto, ben lontani dal fare figuracce! –

- Ehi! Non ti sei ancora visto ballare. – gli disse Harry prendendolo in giro.

 

 

Hermione aveva espressamente chiesto a Ron di non aspettarla in sala comune, ma bensì nell’ingresso, in modo che si sarebbe potuti ricongiungere prima di fare il loro esordio nella Sala Grande, per questo una volta che fu pronto, il ragazzo dai capelli rossi si catapultò oltre il ritratto della Signora Grassa. Neville, invece, si diresse verso l’ingresso della sala comune dei Corvonero; mentre Harry, aspettava pazientemente che Ginny arrivasse nella sala di ritrovo dei Grifondoro. Tutt’intorno a lui era un pullulare di ragazzi festanti in abiti da cerimonia.

La prima persona che Harry vide fu Lavanda Brown che, insieme a Calì Patil, discese le scale del dormitorio femminile. Il ragazzo non poté far a meno di notare l’orribile vestito verde acido che la bionda, ex del suo migliore amico, aveva deciso di esibire. Lavanda si ricongiunse al suo accompagnatore, Cormac McLaggen, mentre Calì corse dritta da Seamus Finnigan. Harry notò che insieme a loro c’era anche Dean, dall’aria tutt’altro che felice. Il suo compagno di casa gli lanciò un’occhiata contrariata, e poi si voltò per uscire dal buco del ritratto insieme agli altri.

- Non può avercela ancora con me per via di Ginny! – obiettò Harry tra sé.

Subito dopo le scale furono percorse da una splendida Hermione che sbalordì Harry per l’ennesima volta.

- Hai intenzione di uccidermi il mio migliore amico? – le disse Harry, scherzando.

Hermione gli sorrise.

- Non capisco a cosa stai alludendo. –

Lo sguardo di Harry divenne incredibilmente dolce.

- Sei bellissima. –

- Oh, ma grazie. – arrossì. – Allora… raggiungo Ron. – il tono della sua voce era fin troppo emozionato.

- Sembri una tredicenne al suo primo appuntamento. –

Gli occhi di Hermione si illuminarono, non riusciva proprio a nascondere i suoi sentimenti.

- Beh, con Ron è sempre così. –

- Ginny è… è pronta? –

Hermione annuì.

- Sì, ha quasi fatto. Allora a dopo. –

Hermione salutò Harry e corse verso il buco del ritratto. Finalmente, Ginny apparve sul gradino più alto. Harry la vide discendere lentamente le scale, e non poté che rimanere completamente esterrefatto per la bellezza della sua ragazza: aveva un vestitino verde acqua lucente che le arrivava alle ginocchia, i capelli mossi legati con due mollettine e qualche riflesso di luce che li faceva brillare più del solito, un trucco leggero che esaltava il suo viso e, quando giunse a pochi centimetri dal suo ragazzo, Harry poté constatare che aveva anche un’adorabile profumo. Il giovane Grifondoro rimase senza parole, e Ginny senza dire alcunché lo bacio sulle labbra.

- Sei… sei davvero… - e la guardò negli occhi – Ti amo. –

- Ti amo anch’io. – gli disse Ginny sorridendo.

 

 

Ron aveva già visto scendere Draco e Goyle dalla scala principale; entrambi avevano deciso di non perdere tempo a chiedere a qualcuna di andare con loro alla festa, visto che la consideravano una completa pagliacciata, e probabilmente vi si stavano recando solo per prendere in giro i presenti. Poco dopo, il giovane Weasley scontrò Neville che teneva sottobraccio una bellissima Luna, con i capelli legati e un vestito nero che le stava d’incanto.

- Il nero ti si addice, Luna. – disse Ron quando i due amici giunsero accanto a lui.

- Oh… grazie. – gli fece Luna con la sua solita aria stralunata, con il capo rivolto a un punto non ben preciso.

- Stai aspettando Hermione? – gli chiese Neville.

Ron annuì.

- Ha detto di aspettarla qui. Vorrà fare un’entrata trionfale. –

Neville annuì e salutò con un gesto l’amico, avviandosi poi con Luna verso la Sala Grande.

- Eccolo lì! Uno dei miei studenti preferiti! –

Ron si voltò, era la voce del professor Beker che, nonostante partecipasse ad una festa piuttosto elegante, non aveva abbandonato la sua aria ribelle, né tanto meno la sua barba incolta. Aveva un completo blu notte che esibiva in maniera molto stravagante, il cravattino era slacciato e la giacca tenuta aperta.

- Buonasera professore. – lo salutò Ron.

- Allora? La signorina Granger si fa attendere, eh? –

Ron annuì e Beker sorrise.

- Complimenti per l’eleganza, comunque, Weasley. Non ho troppe difficoltà ad immaginare che sarete la coppia migliore della festa. –

- Lei crede? –

- Beh, giudichi stesso lei. – disse Beker lanciando un’occhiata alla scalinata.

Ron si voltò e in quel momento fu completamente catturato. Beker si congedò silenziosamente, mentre Hermione portava avanti la sua discesa verso il suo ragazzo, era lì che l’aspettava, così come doveva essere quattro anni prima, quando ad accoglierla nell’ingresso fu un insolito Krum. Aveva deciso di rivivere l’emozione di quel momento, ma con la persona che realmente desiderava. Ron, dal canto suo, pensò che si fosse meritato quell’attimo di totale perdizione, che non gli fu concesso di vivere in occasione del Ballo del Torneo Tremaghi; stava finalmente ricoprendo il posto che gli spettava. Teneva fisso lo sguardo su di lei, mentre scendeva i gradini lentamente. Indossava un abito rosa pastello che esaltava tutte le sue forme, i capelli perfetti e lisci che le ricadevano lungo le spalle. A Ron mancò il fiato per qualche istante; quella, era proprio la sua ragazza? Si ritenne incredibilmente fortunato in quel momento. Hermione, finalmente, terminò la sua discesa, e si portò di fronte a Ron, che ancora non riusciva a parlare.

- Beh, a questo punto della favola, il principe fa un complimento alla sua principessa. – gli fece Hermione scherzando.

- No. Non ci sono complimenti che possano descrivere la meraviglia che ho dinanzi a me. –

Tutto si aspettava, fuorché una frase del genere, che la fece arrossire terribilmente. Ron le si portò accanto e le concesse il suo braccio destro, che Hermione afferrò senza esitare.

- Sarà la notte più bella della nostra vita. – le sussurrò Ron.

- Senza ombra di dubbio. – gli rispose lei sorridendo.

 

 

La festa fu tra le migliori che Ron e Harry ricordassero; passarono il tempo a divertirsi al tavolo con Hermione, Ginny, Neville e Luna, e a ballare con le loro rispettive accompagnatrici, per poi invertirsi. Ron trovò molto divertente ballare con sua sorella, che a quanto pare non se la cavava male, così come Harry trovò fin troppo divertente ballare con Luna che veniva guidata, nel vero senso della parola, anche se non si faceva mancare l’opportunità di lasciarsi andare; non sarebbe stata Luna Lovegood altrimenti. Il professor Beker, era riuscito a far danzare con lui la professoressa McGranitt, che per una sera aveva deciso di non disapprovarlo. Hagrid era fedelmente accompagnato dalla sua Olympe, mentre Aberforth si godeva lo spettacolo gironzolando per la Sala Grande piuttosto divertito.

- Lei è una ballerina provetta, professoressa McGranitt. – fu il complimento di Beker una volta terminato il walzer.                                                                                                                                        

- Oh grazie, professor Beker. Noto con piacere che lei riesce ad avere anche modi composti, di tanto in tanto… - e si soffermò sul suo abbigliamento - …certo, rientrando sempre nei limiti. – gli disse sorridendo, piacevolmente divertita.

- Beh, ma adesso mi aspetto che lei resti con me per il balli moderni! – disse Beker scherzando.

La McGranitt lo guardò piuttosto stranita.

- Oh, questo può anche scordarselo. – gli sorrise l’insegnante di Trasfigurazione.

 

- La festa è di vostro gradimento? – chiese Aberforth ai sei Grifondoro seduti allo stesso tavolo, che annuirono con determinazione.

- La migliore che si sia mai vista ad Hogwarts. – gli rispose Harry.

 

- Non trovi che sia comico? – fece Ron a Hermione qualche attimo dopo – Lavanda e Cormac… -

Hermione sospirò alzando gli occhi al cielo.

- Non potresti dimenticarti di Lavanda per un solo attimo, Ronald. Io non sto di certo a pensare a lei e Cormac. –

Ron si voltò verso di lei, e s’allungo per baciarla alla sprovvista, invece di controbattere.

- Lavanda? Chi è Lavanda? – disse un attimo dopo, sorridendo, ed Hermione apprezzò.

 

 

Qualche minuto dopo, Ginny si trovava nel bagno delle ragazze, ed un attimo prima che stesse per uscire, sentì due voci che non riuscì a distinguere. Una delle ragazze appena entrate aveva sicuramente fatto il suo nome, per questo Ginny decise di restare nascosta in bagno, così da poter ascoltare cosa stesse dicendo.

- No, ma davvero? E come l’hai saputo? – chiese la prima di quelle ragazze, piuttosto sorpresa, ed anche molto divertita.

- Andiamo. Lo sa tutta la scuola! Le voci girano. – disse la seconda, con un tono odioso.

- Non posso crederci! Hai capito Potter… -

- Sì ma, a mio avviso, è caduto davvero in basso; con Ginny Weasley. Andiamo… poteva aspirare a molto meglio. –

Ginny, nascosta dietro la porta del bagno, continuava ad ascoltare attentamente. La rabbia in quel momento stava risalendo lungo le sue vene.

- Già, ma ad ogni modo non posso fare a meno di pensare che è notevole, perdere la verginità tra le mura di Hogwarts. Chi ne avrebbe mai avuto il coraggio?! –

Ginny sgranò gli occhi, non poteva credere a ciò che stava ascoltando. Le due ragazze, continuando a sparlare di chiunque, uscirono dal bagno, e la ragazza rimasta nascosta fino a quel momento, poté finalmente uscire allo scoperto; era a dir poco sconvolta.

 

 

- Oh eccoti. Ti stavo cercando. – fu la voce di Harry che le veniva incontro lungo la Sala Grande, in cui era appena rientrata. Il ragazzo notò subito che c’era qualcosa che non andava. – Ginny, ti senti bene? –

Harry le portò le mani sulle braccia, ma Ginny le scostò violentemente.

- A chi l’hai detto, Harry? – disse violentemente.

Harry fu completamente travolto dalla sua irruenza, e non riusciva a spiegarsela.

- A chi ho detto cosa? –

- Di noi Harry! Di quello che è successo! Lo sa tutta la scuola! –

Harry si guardò intorno piuttosto spaesato, mentre cercava di calmare Ginny senza esiti.

- Tutta la scuola? No, ti assicuro che io l’ho detto soltanto a Ron. Tu invece a chi l’hai detto? –

- Lo sa soltanto Hermione, o meglio, sapeva. –

- Ti assicuro che non l’ho detto a nessun’altro. Ma… pensi che Hermione… -

- Oh certo che no. – disse Ginny ancor più adirata.

La ragazza dai capelli rossi, lasciò Harry per lanciarsi contro il tavolo a cui erano seduti gli altri. Harry, che non era riuscito a bloccarla, la seguì a ruota.

- RONALD WEASLEY! – fu l’urlo di Ginny che superò addirittura la musica e condusse tutti a puntarle gli occhi addosso.

Ron, che non s’aspettava nulla di simile, a momenti non cadeva dalla sedia, mentre Ginny dava via libera al suo sfogo.

- Cos’ho fatto di male per avere un fallimento di fratello come te? Cosa? Si può sapere perché non sai tenerti uno straccio di segreto? Che bisogno c’era di andarlo a raccontare a tutti? Che bisogno c’era? –

Le urla di Ginny stavano attraversando l’intera sala, e nessuno ormai ballava più. Ron, travolto completamente da sua sorella, non sapeva cosa dire.

- Ginny, calmati! Ma di che stai parlando? –

- Lo sai benissimo di cosa sto parlando! Non far finta di non saperlo! Sei andato in giro a dire a tutti quello che Harry ti ha confidato, e adesso siamo il fenomeno della scuola! Sei contento? Ti rendi conto di cosa hai fatto a tua sorella e al tuo migliore amico? –

Ron continuava a non capire.

- Ginny io… - cercò di giustificarsi ma sua sorella non gli diede il tempo.

- Mi fai schifo! – e così dicendo scappò via, scaraventando per l’aria anche Harry che aveva cercato di fermarla.

Tutti i presenti erano a dir poco senza parole; Ron era sconvolto e non riusciva ancora a capire bene cosa fosse accaduto, ed anche Harry era rimasto in piedi senza sapere che cosa fare. Hermione, senza attendere oltre, si alzò prontamente.

- Vado io. – disse e corse all’inseguimento di Ginny.

- Harry ti assicuro che non ne fatto parola con nessuno. Come avrei potuto? Andiamo, sei il mio migliore amico. – confessò Ron, guardando l’amico negli occhi.

- E come lo spieghi allora Ron? Sei l’unico a cui l’abbia detto. – disse Harry in tono severo, non sapeva cosa pensare.

- Harry… - cercò di continuare Ron, che si sentiva a dir poco distrutto, ma Harry non gli diede modo di continuare.

- Ad un tratto questa festa fa davvero schifo. – e così dicendo uscì a grandi passi dalla Sala Grande.

 

 

Harry, troppo sconvolto, camminava velocemente, e non si rendeva conto di dove mettesse i piedi. Quando voltò l’angolo di uno dei tanti corridoi di Hogwarts, che non aveva neanche riconosciuto, andò a scontrarsi con qualcosa, o qualcuno, e cadde violentemente sul pavimento.

- Ahia, Potter! Dannazione! –

Anche la persona che aveva urtato era distesa sul pavimento, e si portò una mano alla fronte. Harry non tardò a riconoscere a chi apparteneva quella voce: Draco Malfoy.

- Guarda dove metti i piedi la prossima volta. – gli rimproverò Harry.

- Sei tu ad essermi venuto addosso. Che accidenti succede Potter? Hai messo incinta la tua ragazza? – fece Draco rialzandosi.

- Che cosa? – chiese Harry che era ancora disteso sul pavimento.

- Sei sulla bocca di tutti, non te ne sei accorto? Brutto vero, Potter? Un giorno sei sulla cresta dell’onda… il Dio… colui che ha salvato il mondo… e il giorno dopo ti ributtano in pasto agli squali… nel tugurio da dove sei venuto. Che cosa si prova? –

- Beh, tu dovresti conoscerla molto bene questa sensazione. – disse Harry rialzandosi – E comunque no, non ho messo incinta proprio nessuno. –

- Oh… e allora cosa c’è di così straordinario nel sapere che l’hai fatto con la tua ragazza? Perché tutta la scuola ne parla? –

- Non lo so. Non sono stato io volerlo. – disse Harry in tono di sfida.

Draco, a quella frase, abbassò molto i toni e la sua spavalderia.

- Già, non sei mai tu, vero Potter? –

Draco scosse il capo con aria contrariata, e passò oltre Harry, dandogli una spallata.

 

 

Ben lontano dalle questioni sentimentali, Aberforth e il corpo insegnanti continuavano ad assistere alla festa, che era ripresa anche se con meno entusiasmo, dopo la sfuriata di Ginny Weasley. Ma, la serata non era di certo finita. Hagrid, che era uscito per una passeggiata al chiaro di luna con la sua Olympe, apparve di corsa all’ingresso della Sala Grande, seguito dalla sua compagna. In men che non si dica giunsero dal preside, che li osservò attentamente, comprendendo subito che c’era qualcosa che non andava.

- Hagrid. Cosa sta accadendo? –

Hagrid dovette aspettare di recuperare un po’ di fiato prima di poter parlare.

- Professore… Silente… Piton… -

Aberforth non capiva; la professoressa McGranitt e il professor Beker si avvicinarono piuttosto interessati.

- Rubeus, fai un bel respiro. Riprendi fiato. – gli consigliò Beker.

Hagrid annuì, e dopo riprese.

- Le loro tombe, professor Silente, le hanno usurpate! –

- Tombe? Chi? Cosa? Quali tombe? – furono le domande allarmate della professoressa McGranitt.

- Quella di suo fratello… per tutti i maghi… hanno usurpato la bara del grande Albus Silente… ed anche quella di Severus Piton. –

Aberforth, nell’apprendere quelle parole, si girò istantaneamente verso il professor Beker, erano entrambi sconvolti.

- E questo… cosa vuol dire? – chiese il preside all’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure.

Beker attese un attimo per rispondere, aveva un’espressione terrorizzata e solenne allo stesso tempo.

- Che siamo nei guai. –

 

Continua…

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 12

 

La festa di Natale fu bruscamente interrotta e gli studenti rispediti nelle rispettive case. Ron, l’unico rimasto in sala insieme a Neville e Luna, scorse qualcosa di strano nei movimenti del corpo insegnante e nella voce di Aberforth, e si precipitò alla ricerca di Harry. Il preside, seguito fedelmente da Hagrid, e dal resto dei professori, giunsero alla bara di Silente, trascinata con la forza al di fuori dell’acqua, e violentemente forzata.

- Chi mai poteva fare una cosa simile? – sibilò la professoressa McGranitt portandosi una mano al petto, sconvolta.

Aberforth ebbe un attimo di panico alla vista della tomba di suo fratello semi-distrutta, dopodiché prese coraggio e s’avvicinò cautamente al loculo.

- Si tenga preparata Minerva, potrebbe non essere un bello spettacolo. – disse mentre si avvicinava sempre di più alla tomba di suo fratello.

- Faccia attenzione, Aberforth. – gli raccomandò Beker, che era quello più vicino al preside.

Aberforth allungò una mano verso il coperchio della bara, mentre con l’altra teneva pronta la bacchetta; con molta cautela, pose una mano sul marmo bianco e lo spinse in avanti, per poterne controllare il contenuto.

- Oh santo… - esclamò istintivamente ritraendosi.

Rimase immobile ad osservare quell’atroce spettacolo, incapace di agire e di pensare per un momento. La professoressa McGranitt emise un piccolo urlo, gettandosi in ginocchio e portandosi le mani sul viso. La fisionomia di Albus Silente, dopo un anno e mezzo, era ancora riconoscibile, anche se trasformata, ma lo spettacolo più atroce fu senza ombra di dubbio il suo petto. Beker era allibito, così come Hagrid non riusciva a pronunciare nemmeno una parola.

- Gliel’hanno strappato via. – disse Beker con un filo di voce, a dir poco incredulo.

Aberforth continuava a combattere con le sue emozioni, stava troppo male…

- Anche… anche Piton è nelle stesse condizioni? – fu l’unica cosa che riuscì a dire.

- Non… non so signore… sono… sono corso immediatamente da lei. – rispose Hagrid che respirava irregolarmente.

Il preside di Hogwarts, che era rimasto fermo e immobile nella sua originaria posizione, tenendo ancora la bacchetta tesa, rilasciò i nervi, chinò il braccio che reggeva la bacchetta e si portò l’altra mano in viso.

- Professor Beker… lei e Hagrid andiate a controllare la bara di Piton. – e poi si voltò verso il fratello, come se questi potesse sentirlo – Che cosa ti hanno fatto? –

 

 

Ron si aggirava ancora per i corridoi alla ricerca di Harry, fin quando lo trovò lungo il corridoio del quinto piano, a quanto pare stava cercando di entrare nella stanza delle necessità.

- Harry! – urlò Ron appena in tempo.

Harry si voltò in direzione della voce, e vide Ron corrergli incontro.

- Cosa c’è Ron? – gli chiese con tono irritato, per il loro ultimo scambio di battute.

- Harry, so che ce l’hai ancora con me per un qualcosa che non ho fatto ma… sta succedendo qualcosa. –

Quella frase catturò immediatamente l’attenzione del giovane Potter.

- Che intendi dire? –

- Non lo so. – ammise Ron – So solo che la festa è stata interrotta e Aberforth ha mandato tutti a letto. Subito dopo lui, Hagrid e gli altri insegnanti sono corsi via dalla Sala Grande. –

- Perché non li hai seguiti? –

Ron non seppe cosa rispondere.

- Perché non sapevo cosa fare, ho pensato di venire ad avvisarti. –

- Sono usciti dal castello? – chiese Harry risoluto.

- Sì, direi di sì. –

- Bene! – disse Harry e prese a correre per il corridoio, lasciandosi Ron alle spalle.

- Ehi! Aspettami, vengo con te. – disse il rosso correndogli dietro.

 

 

- Che cosa avete trovato? – chiese Aberforth ad Hagrid e Beker quando questi tornarono in prossimità della tomba di Silente.

- Occhi. – disse Beker con aria sconvolta – Hanno preso i suoi occhi. –

Aberforth sospirò pesantemente.

- Che Dio ci aiuti. –

La professoressa McGranitt era ancora piegata in ginocchio, mentre Madama Chips, prendendole le spalle, tentava di rassicurarla.

- Che cosa hanno fatto? Perché? – ripeteva la strega singhiozzando.

- Perché sono dei mostri. – le spiegò Beker.

- Mi chiedo… come hanno fatto ad entrare nella scuola… con tutte quelle precauzioni? – disse Aberforth che non riusciva a darsi una risposta.

- Ecco il perché dei mesi di silenzio… Era a questo che stavano mirando. – ipotizzò Beker.

- Ma lei professore, questo non l’aveva previsto?! – quasi lo incolpò il preside.

Beker sul momento non seppe cosa dire, e scrollò il capo.

- Professore io… io non potevo immaginare che prendessero di mira persone già morte… Non è mai accaduto. –

Aberforth sospirò di nuovo, e lanciò un altro sguardo alla bara di suo fratello.

- Madama Chips, faccia qualcosa per i loro corpi, la prego; Hagrid le darà una mano. Ci penserei io stesso, ma al momento sono troppo sconvolto, scusatemi. –

E con questo si allontanò dal corpo docente, diretto verso il castello.

- Professore… - esordì Beker ma il preside non gli concesse di continuare.

- Beker, lei venga nel mio ufficio! Minerva, la prego, prenda qualcosa per calmarsi e tenti di riposare. –

Continuò la sua salita verso il castello mentre Beker, sorreggendo la professoressa McGranitt, lo seguiva.

 

 

Harry e Ron giunsero alle scale esterne del portone di Hogwarts, fecero pochi passi, e dopo qualche metro si trovarono di fronte il preside, Beker e la professoressa McGranitt.

- Potter! Weasley! – li richiamò Aberforth – Non dovreste essere qui! –

Harry lanciò una veloce occhiata alla professoressa McGranitt, ancora sorretta da Beker, e non gli ci volle molto per capire che si trovava in uno stato pietoso; posò poi gli occhi sul preside e poté ben vedere come anch’egli non fosse perfettamente in forma.

- Che cosa sta accadendo? – chiese senza preoccuparsi della sua condizione di studente incurante delle regole.

Aberforth lo guardò con fare curioso.

- Proprio non ce la fai a tenerti fuori da guai vero ragazzo? – gli disse un debole sorriso.

- Signore… - cominciò Harry alla pari di Beker qualche minuto prima, ma Aberforth lo frenò.

- Seguitemi nel mio ufficio, ma non fate domande finché non siamo lì. –

 

 

Nel dormitorio femminile di Grifondoro, Hermione era seduta sul letto di Ginny, ancora in vesti eleganti, mentre questa s’apprestava a spogliarsi, del tutto intenzionata a mettersi a letto, per dimenticare la pessima serata appena trascorsa.

- Capisco come ti possa sentire, Ginny, ma sinceramente non credo sia stato a Ron a parlare. Non ne abbiamo parlato nemmeno fra di noi, infatti era convinta che non sapesse. Dopo tutto, tu sei sua sorella ed Harry il suo migliore amico. Non avrebbe mai fatto una cosa del genere. –

- E allora con chi dovrei prendermela? Come ha fatto a diffondersi la notizia? –

Hermione scrollò le spalle.

- Magari qualcuno avrà sentito te o Harry mentre ne parlavate a me e Ron. E’ possibile! E poi lo sai come sono le persone in questi casi, aspettano sempre il grande scoop per mettervi bocca, ed una cosa del genere, fidati, lo era. –

Ginny sospirò, e ricadde sul suo letto con in dosso il pigiama.

- Eppure ho fatto tanta attenzione. E me la sono anche presa a morte con mio fratello, senza dargli il tempo di parlare. – e in quel momento parve rendersi conto di cosa fosse effettivamente accaduto, e si voltò di scatto verso Hermione – Oddio, ma ho fatto una scenata! –

Hermione annuì lentamente.

- Davanti a tutta la scuola, sì. –

La ragazza dai capelli rossi si portò entrambe le mani sul viso.

- Sono una totale idiota! –

Hermione le poggiò una mano sulla spalla, con fare comprensivo.

- Eri sconvolta, Ginny, è comprensibile. Io credo che avrei fatto anche di peggio se una cosa del genere fosse capitata a me. –

In quel momento, Lavanda Brown e le altre ragazze fecero ritorno dalla festa interrotta bruscamente.

- Oh ma chi abbiamo qui, la regina della serata. Complimenti per lo show, Ginny. Ti sei fatta notare finalmente, dopo sette anni. Complimenti. – disse con voce odiosa Lavanda.

Ginny si voltò lentamente verso di lei, con aria tutto fuorché amichevole.

- Come prego? – le chiese.

- Hai capito bene. Pensa, sarai ricordata per sempre come la ragazza di Harry Potter. Beh… davvero gratificante per te, immagino. Sentiamo, allora è vero quello che si dice? –

Ginny non fece in tempo a controbattere, che Hermione scese prontamente dal suo letto.

- E sentiamo, ochetta sciacquata, tu per cosa sarai ricordata invece? Oh… un momento… no… non credo che nessuno ti ricorderà… chissà… magari… se indurranno la graduatoria delle più stupide di Hogwarts, potresti guadagnarti un primo posto! Mai dire mai! –

Lavanda si avvicinò di qualche passo ad Hermione.

- Tu… osi ancora parlarmi dopo tutto quello che è successo? –

- Guarda che ti sto facendo un favore. Sei tu che non sei all’altezza di parlare con me. – la sfidò Hermione.

- Questa è bella! La saccente della situazione osa addirittura avere la presunzione di credersi migliore di me. –

- Non è presunzione, è un dato di fatto. –

Lavanda stava quasi per avventarsi su Hermione, quando prontamente Calì Patil la trattenne per un braccio.

- Adesso basta, Lavanda. –

- Brutto avere fin troppe poche parole nel cervello per poter discutere come una persona civile. – continuò Hermione – E fammi una cortesia: lasciaci perdere. –

- Oh, ma volentieri! –

Hermione voltò le spalle a Lavanda e tornò a sedersi al fianco di Ginny, ancora evidentemente nervosa.

- Mi sposta tutto il sistema nervoso. – sussurrò all’amica.

 

 

Harry e Ron seguirono Aberforth nel suo ufficio, mentre Beker accompagnò la professoressa McGranitt nella sua stanza, dopo averla assistita ed essersi accertato che si fosse ripresa. Qualche istante dopo, il professore di Difesa, raggiunse il preside e i suoi due studenti, che lo attendevano per discutere di quanto accaduto.

- Eccoti Beker. Minerva come sta? – chiese Aberforth prima di cominciare.

- Bene, sono riuscita a metterla a letto, ma era ancora sconvolta. Credo che non abbia retto il colpo di quella visione. –

- Mi scusi, signore – si intromise Harry – potremmo sapere… di quale visione state parlando? –

Aberforth sospirò per l’ennesima volta, e chinò il capo.

- Hubert, diglielo tu. –

Harry e Ron si voltarono verso Beker che avanzava lungo l’ufficio per portarsi dinanzi a loro.

- Reggetevi forte ragazzi; ciò che sto per dirvi non vi piacerà. –

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata preoccupata.

- Stanotte qualcuno ha fatto irruzione ad Hogwarts. –

- CHE COSA? – chiesero i due ragazzi all’unisono.

- Lasciatemi finire. Non vi ho ancora detto nulla. Questa volta nessuno è stato aggredito, fortunatamente; ma paradossalmente, è avvenuto di peggio. Le tombe di Silente e Piton sono state sconsacrate. –

Harry e Ron erano ancora più sconvolti.

- Che accidenti significa? – chiese Harry.

- Le hanno forse aperte? – chiese, invece, Ron.

Beker sospirò e scambiò un’occhiata con il preside.

- Sì, le hanno aperte e… hanno preso qualcosa… da entrambe. –

- Si spieghi meglio. – disse Harry che cominciava ad essere realmente preoccupato.

Beker guardò con sguardo solenne entrambi.

- Il cuore di Silente… e gli occhi di Piton. –

L’orrore e l’angoscia si abbatté sui due ragazzi, e per qualche istante nessuno dei due riuscì a pronunciare un solo suono.

- Professor Beker, lei cosa crede che abbiano intenzione di fare? A che scopo usarli? – chiese Aberforth senza aspettare che Harry e Ron si riprendessero dallo shock.

- Beh, per lo stesso motivo per cui hanno aggredito i maghi fino a questo momento. Vogliono riportare in vita Jahat, e visto e considerato che abbiamo impedito loro di prendere ciò che gli serve, e cioè il cuore di Harry, hanno provveduto diversamente. –

- Il… cuore di Silente… - sibilò Harry che ancora doveva riprendersi, e fissava un punto imprecisato dinanzi a sé. – Che cosa vuol dire signore? Io ero convinto che servisse esclusivamente il mio di cuore. –

- Sì, è così. – convenne Beker – Ma senza di esso Jahat non può essere riportato in vita, o meglio, non al massimo delle sue potenzialità. Credo che adopereranno il cuore di Silente per dargli una nuova vita, per così dire, “provvisoria”, in modo che magari Jahat possa prendere da solo ciò che cerca. –

- Quindi… quindi… Jahat rinascerà? – chiese Harry ancora frastornato.

- Hanno preso il cuore del mago più potente del nostro secolo… quindi credo proprio di sì. E credo anche che Jahat non tarderà a venire per prendere anche il tuo, che è quello che gli consentirà di rinascere al pieno delle forze. –

Ron scuoteva il capo, sconvolto, mentre Aberforth meditava sul da farsi.

- C’è solo un piccolo problema, signore: per farlo, dovrà uccidermi. –

- Sì, ed è per questo che tu lo farai prima che possa farlo lui! – lo esortò il preside.

- Professor Silente… - fece Beker che non s’aspettava quell’ultima uscita di Aberforth.

Il preside alzò una mano per frenarlo.

- Lasci che gli eventi seguano il loro corso, professore. E’ una battaglia che Harry dovrà affrontare, e credo sia anche l’unico che possa portarla al termine. – concluse il preside.

Beker non aggiunse altro, e si voltò a guardare Harry, che ancora non si era ripreso definitivamente.

- Quanto crede che impiegherà per tornare, signore? – chiese, in seguito, Harry a Beker.

- Adesso che ha sufficienti elementi per resuscitare, credo non molto. Solitamente questo genere di rituali vengono effettuati al chiaro della luna piena. –

- La luna è cambiata da poco, signore. – convenne Harry – Quindi… quindi dovremo aspettare… -

- Quattro settimane! – concluse Ron.

- E dopo sarà lui a cercarmi. – aggiunse Harry.

- Almeno ci lascerà in pace per Natale. – gli fece notare l’amico, ma Harry non si vedeva di certo a scartare pacchi con l’animo leggero.

- Beh, sarà un pensiero in meno per tua madre, certo, ma come potrò mai sentirmi io sapendo che tra un mese uno dei più grandi maghi oscuri mi verrà a cercare per strapparmi il cuore? –

- Harry! – gli fece Ron mettendogli una mano sulla spalla e scuotendolo – Hai affrontato un mago che aveva diviso la sua anima in 7 parti, ed una di queste risiedeva dentro di te! No hai niente da temere, sarai più forte di questa cosa! E poi… noi saremo con te. –

Harry si voltò verso l’amico e gli mostrò un sorriso impercettibile, annuendo debolmente con il capo in segno di gratitudine.

- Da domani tornerete a casa – si inserì Aberforth – ma fate molta attenzione. Il fatto che i jahati abbiano un cuore di riserva, non ci assicura che non vengano a cercarti ugualmente alla Tana dei Weasley. –

- Non si preoccupi signore. – lo tranquillizzò Harry – Dopo l’anno scorso, io, Ron e Hermione siamo abbastanza esperti di incantesimi di protezione. Prenderemo le giuste precauzioni e staremo all’erta. – e detto questo si voltò verso l’amico – L’ultima cosa che voglio è dare altre preoccupazioni a tua madre, Ron, e soprattutto a Ginny. –

Ron annuì, e poi, quasi dimenticando della gravità della situazione, guardò Harry con aria dispiaciuta.

- Harry, davvero, per ciò che è successo stasera… -

Ma Harry scosse il capo.

- Lascia stare, Ron, non ha importanza. So che non mi avresti tradito mai, non so che cosa mi abbia preso, ma non sapevo cosa pensare. –

I due sancirono la tregua con un sorriso reciproco, e poco dopo abbandonarono l’ufficio del preside.

 

 

- Dovrei andare da Ginny. – disse Harry mentre percorrevano la via per la Sala Comune.

- Anche io vorrei parlarle. Non ne ho avuto praticamente modo. Chissà se Hermione è riuscita a calmarla. –

- Ma sì, credo che anche Ginny, come me, abbia capito che tu non c’entri niente. –

- Ma in qualche modo la voce deve essersi sparsa. –

- In questo momento – sorrise Harry – sono più preoccupato per Jahat, che non per gli stupidi pettegolezzi che girano su di me in questo castello. Sono sette anni che sono sulla bocca di tutti, ormai. –

- Anche tu non hai tutti i torti. –

 

 

Aberforth, solo nel suo ufficio, aveva provato a mettersi in contatto con il ritratto di suo fratello, ma non vi era riuscito. Il quadro di Silente non gli dava alcuna risposta.

- Questo non è un buon segno. – sussurrò fra sé.

 

 

Quando Ron e Harry giunsero nella Sala Comune di Grifondoro, non trovarono né Ginny, né Hermione, e per questo furono costretti a salire le scale del loro dormitorio, dove trovarono uno sconvolto Neville, seduto sul suo letto, la camicia sbottonata, e la mani sudate che gli tremavano, mentre la sua giacca era stata lanciata malamente sulla spalliera della sedia del suo scrittoio.

- Ehi Neville, tutto bene? – chiese Harry preoccupato, che dopo quella nottata s’aspettava qualsiasi cosa.

Il ragazzo annuì in maniera poco convincente.

- Sicuro di sentirti bene? Sembri sconvolto! – disse Ron mentre riponeva accuratamente la giacca del suo vestito nell’apposita custodia.

- Lei… lei… - cominciò Neville, a quanto pare tanto sconvolto da non riuscire neanche a parlare.

Ron e Harry si lanciarono un’occhiata interrogativa, e posero poi entrambi lo sguardo sul loro compagno.

- …lei… mi ha baciato. – concluse Neville, al quale quell’affermazione, era costata fin troppo sforzo.

Ron scoppiò in una sonora risata.

- Oh, oh… ma è fantastico, Neville! – e corse a sedersi accanto all’amico – Andiamo, racconta. –

 

 

Il mattino seguente, prima di partire per le rispettive case, agli studenti di Hogwarts veniva offerta un’abbondante colazione. A Ron e Harry fu detto da Calì che Ginny e Hermione si erano già avviate in Sala Grande, per questo i due ragazzi si precipitarono a far colazione, in attesa di ricongiungersi con le loro rispettive fidanzate. Le trovarono sedute al tavolo di Grifondoro, dove notarono un’eccentrica e solare Luna Lovegood alla destra di Neville; notarono che i due si tenevano per mano, e il volto di Neville era quasi più scarlatto dello stendardo della loro casa. Salutarono cordialmente e si sedettero, proprio di fronte alle due ragazze.

- Ginny – esordì Ron ma la sorella non gli diede neanche il tempo di cominciare.

- No, Ron, lascia stare; anzi, scusami, scusami davvero, so che non avresti mai potuto divulgare un segreto tanto importante e talmente intimo, per correttezza nei confronti di Harry, che è il tuo migliore amico, e soprattutto nei miei. So che sei dannatamente protettivo nei miei confronti, e non so davvero cosa mi sia saltato in testa. Ti ho accusato ingiustamente, dubitando della tua buona fede. Mi dispiace. –

Ron fu travolto dall’apologia della sua sorella minore, e rimase abbastanza sorpreso.

- Oh, di niente Ginny, figurati. E dire che ero convinto di essere io quello a doversi scusare stamattina. –

Ginny scosse il capo, e poi prese a guardare Harry che le sedeva di fronte, mentre Hermione dall’altra parte cercava la mano di Ron, oltre i piatti e le posate.

- Tutto bene? – chiese la ragazza dai capelli rossi al ragazzo che le stava davanti.

Harry ebbe un attimo di silenzio, e scambiò un’occhiata fugace con Ron, per poi scuotere il capo. Inutile dire che né Ginny, né Hermione si aspettassero quella risposta.

- E’ successo qualcosa? – chiese Hermione tesa, che con lo sguardo interrogava anche Ron – Riconosco le vostre facce da guai quando le vedo. –

Ron deglutì e slittò il compito di rispondere a Harry.

- Harry… - lo esortò Ginny.

Finalmente Harry si decise a parlare, si portò in avanti, e fece segno alle due ragazze di avvicinarsi, dal momento che avrebbe sussurrato al pari di un piccolo spiffero di vento, per far in modo che nessun altro potesse ascoltare.

- Stanotte i jahati sono entrati nuovamente nella scuola. –

Un piccolo grido accompagnò la reazione di Ginny e Hermione, che dovettero portarsi una mano davanti alla bocca per non emettere suoni.

- Purtroppo è così, ma nessuno è stato aggredito, peggio! –

- Che cosa vuoi dire? – chiese Hermione spaventata.

- Hanno usurpato le tombe del professor Silente e di Piton. –

Un’espressione di orrore si dipinse sul volto delle due.

- Non posso crederci! – sussurrarono entrambe.

Harry annuì.

- Ma perché? – chiese Hermione, alzando un po’ troppo il tono della voce.

Harry le fece segno di abbassare il volume, e parlò sempre sottovoce.

- Beker teme che l’abbiano fatto per poter dare un corpo provvisorio a Jahat, hanno preso il cuore di Silente, e gli occhi di Piton. –

Detto questo, Harry si ritrasse, mettendosi a sedere in maniera composta e lo stessero fecero Ginny e Hermione, ancora sconvolte.

- Che atrocità. – commentò Ginny indignata.

- Quindi, lo porteranno in vita. E’ questione di… di quanto? Giorni? – dedusse Hermione.

- Un mese. – si introdusse Ron – Beker crede che il rituale venga effettuato durante la luna piena. –

- Come farai Harry? – chiese nuovamente Hermione.

- Il professor Beker è convinto che il suo corpo non sarà mai al massimo della potenza, o dei poteri, senza l’ingrediente che realmente gli serve. Una volta tornato, crede che verrà da me, per prenderselo con le proprie mani. Mi ha consigliato di fare attenzione, di difendere la Tana con quanti più incantesimi di protezione. E, come se non bastasse, Aberforth è convinto che soltanto io possa sconfiggerlo. –

- La storia che si ripete. – commentò in tono ironico Ron.

- Già. – annuì Harry.

 

 

Si lasciarono alle spalle Hogwarts, mentre l’espresso che li avrebbe ricondotti alla stazione di King’s Cross, correva lungo spazi innevati. Ron e Hermione trascorsero gran parte del viaggio da soli, nello scompartimento dei prefetti, con animo ben diverso da quello del loro viaggio di andata. Harry e Ginny, si ritrovarono a condividere lo scompartimento, con una nuova coppia, Neville e Luna, che per quanto fossero terribilmente adorabili insieme, restavano comunque una coppia per loro insolita.

- Neville è troppo tranquillo, ha bisogno di una pazza iperattiva come Luna al suo fianco. Secondo me si sono trovati. – era l’opinione di Ginny, che non poteva fare a meno di trovarli adorabili.

 

 

La signora Weasley, troppo indaffarata in casa per poter andare accogliere i suoi due figli, declinò il compito a George, l’unico Weasley che si trovasse già in ferie.

- Oh cavolo. – fu l’espressione spontanea di Ron quando rivide suo fratello, così dannatamente uguale a quello che aveva perso. Lasciò perdere il carrello con il suo baule, e fece una corsa ad abbracciarlo.

- Bentornato a casa. – gli fece George ricambiando il forte abbraccio.

Si diedero reciprocamente una pacca sulla spalla, e dopo George poté voltarsi e vedere una sempre più bella Ginny, che gli tendeva le braccia per gettargliele al collo.

- Sorellina. – esclamò abbracciandola come forse non aveva mai fatto.

La recente battaglia contro Voldemort aveva, benché già lo fosse, unito ancora di più la famiglia Weasley. Il ritorno di Percy, la perdita di Fred, le ferite riportate da George e Bill nei mesi di guerra, e poi, l’incredibile forza e il coraggio dimostrati da Ron, avevano portato i fratelli pel di carota a godere pienamente l’uno dell’altro, ormai consapevoli che la loro unione facesse la loro forza. Liberatosi dall’abbraccio di Ginny, George scorse gli altri due ospiti, e subito tese una forte stretta di mano a Harry.

- Harry! Che piacere vederti. –

E lì aggiunse una cosa che, sinceramente, Harry non si aspettava minimamente.

- Me la stai trattando bene? – fece alludendo a Ginny con un gesto del capo, e facendogli l’occhiolino.

- Le notizie girano. – commentò Ron divertito.

- Già. – fece George ridendo e salutando con due baci Hermione – E ancora mi chiedo come tu abbia fatto a finire con un tipo come mio fratello! Sapevo fossi una ragazza dal cuore d’oro, Hermione, ma assumerti tale caso clinico… beh… ti fa onore. – disse divertito.

- Ehi! – lo contestò Ron, facendo per dargli un finto pugno sulla spalla.

L’espressione di George divenne più dolce, e la sua risata si trasformò in un radioso sorriso.

- Benvenuta in famiglia. – disse rivolto a Hermione, che arrossì tremendamente. – Non che non ne facessi già parte, è ovvio! – e si voltò facendo segno ai ragazzi di seguirlo – E adesso, se non vi dispiace, la mamma non vede l’ora di riabbracciarvi. Vi dico solo che è rimasta a casa per cucinarvi l’impossibile. –

 

 

George scaricò i bauli di tutti dall’auto babbana ritoccata accuratamente dal signor Weasley; mentre i ragazzi schierati si trovarono di fronte alla Tana, che appariva negli anni sempre identica. Harry ricordava perfettamente il primo giorno in cui la vide; ne rimase estasiato; quel luogo era davvero la sua seconda casa. Appena la vide, rimase un attimo a contemplarla, ed incredibilmente si sentì sollevato. Recentemente Hogwarts, di gran lunga il suo luogo preferito, era comunque “territorio di guai”, mentre invece la Tana era in grado di trasmettergli un tale senso di protezione.

- Sarà meglio cominciare subito con gli incantesimi di protezione, non trovi? – gli chiese Ginny, che non gli aveva lasciato la mano nemmeno per un momento.

Il ragazzo parve come destarsi, ed annuì debolmente.

- Oh, certo, certo. –

La ragazza sorrise divertita.

- Che c’è, ti vedo preoccupato. E quella non è una preoccupazione da nemico mortale… sembra più che altro... –

- Paura di mamma Weasley! – aggiunse George, giungendo alle loro spalle, e avviandosi verso la porta di casa trascinando un grosso baule fino all’ingresso.

Tutti risero divertiti; tutti, meno che Harry.

- Beh, non immaginavo che… -

- Dovevo dirglielo Harry! – lo interruppe Ginny, in tono dolcissimo. – A parte che, l’avrebbe scoperto comunque, la conosci Molly! E poi… ti assicuro, non cambierà assolutamente niente. Anzi… -

- Non hai capito Harry, se fino a questo momento mia madre ti adorava, adesso ti amerà indiscutibilmente. – gli spiegò Ron.

Anche Hermione, ad ogni modo, dava l’idea di essere un tantino nervosa.

- E’ vero Harry, non hai niente da temere dalla signora Weasley… piuttosto… - e abbassò lo sguardo.

Ron, che la teneva per mano, la scosse sorridendo.

- Andiamo. E poi sinceramente non credo che sappia di te, voglio dire, è stata Ginny a scriverle di Harry, mentre io ho mandato un gufo soltanto ai miei fratelli, quindi non credo che sia al corrente di noi due. –

 

Continua…

Rieccomi qui con un nuovo capitolo. Lascio a voi i commenti. Ah... la fine è spezzata bruscamente perché non mi ero resa conto della lunghezza, e mi stavo divulgando un po' troppo. Beh considerate che, quindi, una piccola parte del capitolo 13 è già scritta. Spero vi sia piaciuto ;) Attendo i vostri commenti e ovviamente ringrazio tutti coloro che stanno leggendo (e soprattutto recensendo) questa storia. Grazie Infiniteeee!!! Sam ^^

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 13

 

Trovarono Molly Weasley totalmente circondata dalla più varia sottospecie di utensili da cucina che, stregati, svolazzavano a mezz’aria svolgendo le faccende di casa, mentre la donna dai capelli rossi si limitava a piegare delle camicie sull’asse da stiro. Appena avvertì lo spostamento d’aria, Molly alzò gli occhi sull’ingresso, e vide quattro giovani ragazzi schierati sulla soglia della porta di casa, uno accanto all’altro.

- Tesori miei. Finalmente! –

Abbandonò le sue faccende e corse ad abbracciare sua figlia, Ginny.

- Sono stata così tremendamente in pensiero per voi. Non credete che non sappia che cosa stia accadendo a Hogwarts. – disse mentre piagnucolava stringendo a sé la figlia e trascinando per una manica anche il figlio maschio nell’abbraccio di famiglia – Oh, vieni qui Ronald, suvvia non fare il timido con tua madre. –

Rimase stretta ai suoi figli per qualche minuto, e dopo esserseli coccolati a lungo, e aver constatato che fossero in salute, si distaccò da entrambi per guardarli bene in viso. Stampò un forte bacio sulla guancia di Ron, e uno più delicato sulla fronte di Ginny. Dopodiché volse lo sguardo altrove, e la sua attenzione si posò su Harry e Hermione.

- Salve signora Weasley. – salutarono entrambi; Harry, tremendamente imbarazzato.

Il mago dalla cicatrice a forma di saetta non ebbe il tempo di aggiungere qualsiasi altra cosa, che si ritrovò la signora Weasley accollata a lui, in un abbraccio materno.

- Oh Harry, e tu? Stai bene? – sciolse l’abbraccio e posò lo sguardo sul futuro genero – Oh ma come sei cresciuto! Ti trovo più in forze rispetto all’ultima volta che sei stato qui. – e fece l’occhiolino a sua figlia – Forse perché ti è successo qualcosa di positivo? –

- Mamma! – la ammonì Ginny, ma la signora Weasley non aveva intenzione di fermarsi.

- Sono così contenta per te e per Ginny, caro. Lo sai, ti ho sempre considerato come un figlio, ma davvero, vederti insieme alla mia unica bambina, è davvero la cosa migliore che potessi desiderare, per lei, ovviamente, ma anche perché adesso sei ufficialmente uno di famiglia. –

- Grazie, signora Weasley. – riuscì soltanto a dire Harry morto dall’imbarazzo.

La signora Weasley squadrò per un altro paio di secondi Harry, con un sorriso smagliante, e dopo si voltò verso Hermione, che se ne stava in disparte in un angolo.

- Hermione, cara. – e prese ad abbracciare anche lei. – Che gioia averti qui con noi, a Natale. Non sai quanto mi renda felice. –

L’abbraccio si sciolse subito, e Hermione lanciò sott’occhi uno sguardo a Ron, sollevata, convinta di averla scampata; ma la signora Weasley la osservò dolcemente, come solo una madre riesce a fare, e le accarezzò una guancia.

- Da quando ti conosco, non fai altro che diventare sempre più bella. –

Hermione abbassò lo sguardo, imbarazzatissima.

- Grazie, signora Weasley. –

- Oh, chiamami pure Molly. – e le rivolse un sorriso sgargiante – Adesso anche tu fai parte della famiglia, no? Mia cara, per una donna come me, che è cresciuta allevando sei figli maschi, avere un’altra figlia che le gira per casa, non è altro che un piacere. E poi, non potevo sperare di meglio. Non fraintendermi, Fleur è una tanto brava ragazza, ma tu… è come se un po’ ti avessi cresciuta, ti ho vista la prima volta che eri poco più di una bambina, e adesso ti ritrovo per quella che sei, una splendida donna ed un’impareggiabile strega… - e volse lo sguardo a Ron, che stava implorando affinché la madre la smettesse - …e al fianco di mio figlio. –

Hermione non sapeva cosa dire; tutti quei complimenti, dalla signora Weasley, l’avevano completamente messa al tappeto: lei, che sapeva sempre cosa dire, in ogni circostanza.

- Grazie, signora… - cominciò timidamente.

- Molly! – la corresse la signora Weasley e poi si voltò verso suo figlio – Ronald Weasley! Guai a te se fai soffrire questa ragazza. Spero tu non sia tanto stupido da lasciartela scappare. –

Ron le fece un’occhiataccia.

- Mamma… ma cosa dici? –

Gli altri presenti risero, mentre Molly strizzò l’occhio a Hermione.

- Sai com’è… Weasley avvisato… -

- Non c’è certo bisogno che tu me lo dica, mamma. –

- Ah, io non ne sarei poi così sicura. Avanti adesso, andate pure a sistemarvi nelle vostre stanze, che Arthur arriverà tra poco. –

- La mamma ha cucinato per un esercito! – disse George rientrando in cucina, appena tornato dalla sistemazione dei bagagli – Già ve l’ho detto? –

- Taci George! E’ un Natale importante questo per la nostra famiglia, e tu lo sai. Finalmente siamo tutti riuniti. –

- Verrà anche Percy. – aggiunse George, dando una spiegazione agli sguardi interrogativi dei quattro appena arrivati – E… - stava per continuare ma sua madre lo stizzì.

- AH! Non una parola George! Lo scopriranno stasera. –

I quattro aggrottarono le sopracciglia, i loro sguardi erano ancor più interrogativi.

- Cos’è che dobbiamo scoprire? – chiese Ron.

Molly Weasley scosse il capo decisa.

- No, no, no. Stasera, quando saremo tutti riuniti intorno a questo tavolo, allora avrete modo di sapere tutto. Adesso su, filate nelle vostre stanze. –

- Va bene, mamma. – sospirò controvoglia Ron, che si sentiva ancora un dodicenne nel ricevere ordini da sua madre.

Harry, Ron, Hermione e Ginny si diressero verso la porta, ed usciti dalla cucina, presero a risalire le scale che davano ai piani superiori, quando sentirono dal basso la voce della signora Weasley.

- E ovviamente, ragazzi e ragazze in stanze separate! –

Harry, che apriva la fila, si voltò e incrociò lo sguardo di Ron; entrambi scoppiarono in una sonora risata.

- Tipico di mia madre. – disse Ron.

 

 

Salirono in camera di Ron dove, esausti per il viaggio, si abbandonarono ai morbidi materassi dei due lettini che ospitava la stanza.

- Casa dolce casa. – sospirò Ron, con Hermione al suo fianco.

- Che ti dicevo? In qualche modo l’ha saputo. – aggiunse la ragazza dai folti capelli castani.

- E’ pur sempre Molly Weasley. – disse divertita Ginny, seduta sull’altro letto, accanto a Harry.

Ron annuì, e portò un braccio attorno alla vita di Hermione.

- E poi, dai, non è andata tanto male! –

- Sì, ma adesso mi sento terribilmente in imbarazzo. – precisò Hermione, nervosissima.

In quel momento, tutti notarono come Harry fosse rimasto in silenzio.

- Ehi, amico tutto bene? – gli chiese Ron, corrugando la fronte.

Harry annuì debolmente.

- Sì, ragazzi, non preoccupatevi per me. Non voglio rovinare il Natale a nessuno. –

- Ma che cosa dici? – lo interrogò Ginny, che posò le proprie mani sulle sue.

Harry attese per qualche istante, prima di riprendere.

- Non è che io sia proprio in vena di festeggiamenti. Non posso far altro che pensare a Jahat. –

- Harry, avverrà tra un mese! – gli ricordò Hermione.

- Sì, ma come faccio a vivere tranquillo sapendo che presto questa cosa verrà a cercarmi? – disse agitato, e si alzò in piedi, abbandonando le mani di Ginny.

- Beh, hai vissuto sette anni sapendo che il più grande mago oscuro voleva ucciderti. – disse Ron con naturalezza.

Harry rimase in silenzio, e poi fissò nuovamente i suoi compagni, e Ginny.

- Dobbiamo difendere la Tana con gli incantesimi di protezione. – disse infine.

- Quando vuoi. – convenne Hermione, di sicuro la più esperta con quel genere di incantesimi.

 

 

- Buonasera signor Weasley. –

Arthur Weasley strinse energicamente la mano ad Harry Potter, dandogli poi un caloroso abbraccio.

- Buon Natale figliolo. – e dopo gli strizzò l’occhio – Dopo io e te dobbiamo farci una bella chiacchierata. –

Casa Weasley fu improvvisamente popolata dal resto dei chiassosi e festanti membri della famiglia. Bill e Fleur furono i primi ad arrivare. Da quando si era conclusa la battaglia contro Voldemort, entrambi apparivano più rilassati, e quasi ringiovaniti, erano una coppia armoniosa. Sul volto di Bill, quasi non si percepivano più i segni dello scontro contro Fenrir Greyback, il lupo mannaro. Dal canto suo, Fleur diventava sempre più bella, brillava di una luce rosea, che la rendeva incantevole, o forse era semplicemente il sangue di Veela che le scorreva nelle vene, ad attribuirle quell’incanto. Successivamente, era giunto Charlie, che esibiva nuove cicatrici ottenute dal suo allevare draghi, ma che appariva comunque in ottima forma. Infine, giunsero Arthur e Percy, freschi della loro ultima giornata di lavoro al Ministero, prima delle vacanze.

- E ora tutti a tavola, forza. – fu il richiamo generale della signora Weasley, che cercò di sovrastare la gioia chiassosa della famiglia.

Tutti presero posto all’enorme tavolata che Molly aveva allestito con tanta cura. Anche se, notò Harry, vi era ancora un posto vuoto.

- E quella… - esordì, ma si fermò prima di poter fare una possibile figuraccia.

Molly notò la sedia.

- Oh, stiamo aspettando un ospite. – precisò la donna sorridente.

- Sarà qui tra poco. – aggiunse il signor Weasley in tono ilare.

Una cosa che notò Harry, e che doveva aspettarsi, era il fatto che ciascun membro della famiglia fosse a conoscenza della sua situazione sentimentale con Ginny, e quello doveva essere obbligatoriamente l’argomento di conversazione della serata. La cosa lo imbarazzava terribilmente. Anche se, dovette riconoscere, che Ron e Hermione non se la passavano di gran lunga meglio…

- E’ un onore averti come cognato. – fu il commento di George, che non si era perso la notizia nonostante vivesse in Romania.

- Hai capito la mia sorellina. – esclamò Bill, dandole uno scossone sulla testa, al pari di come si fa con un cane.

- Très magnifique. – aggiunse Fleur.

- Grazie. – aggiunse Harry timidamente, che lanciò qualche occhiata al signor Weasley per scorgere una sua reazione, ma questi non sembrava minimamente turbato, anzi, era piuttosto divertito.

- Hermione invece ha commesso il più grande sbaglio della sua vita. – esclamò Bill ridendo.

- Ti ritenevo una ragazza intelligente. – fu il commento acido di Percy.

- Ehi! Cosa vorreste dire?! – esclamò Ron contrariato.

- Riconosci di essere un ragazzo fortunato. – ridacchiò Charlie, che si scambiava occhiate allusive con i fratelli.

- Questo sì, ovvio, ma… -

Prontamente la signora Weasley s’inserì nella discussione.

- Suvvia, ora basta, lasciateli stare. – disse con un sorriso che rivolse ai quattro.

- Ma il nostro ospite quanto vuol farsi aspettare? Muoio di fame. – intervenne George.

- Sarà qui a momenti. – li rispose cordialmente Molly, e poi si voltò verso Fleur e Bill – Perché voi due non fate il vostro annuncio? –

L’attenzione di tutti si concentrò sulla coppia di sposi; Bill annuì e si schiarì la voce con un colpetto di tosse, poi si perse nello sguardo di sua moglie, le sorrise, e si voltò di nuovo ai commensali, radioso.

- Io e Fleur aspettiamo un bambino! –

Lo stupore regnò sui presenti per qualche istante, e fu poi seguito da ovazioni, congratulazioni e battiti di mani.

Qualche istante dopo, si udì bussare alla porta, e la signora Weasley corse ad aprire. Un attimo dopo, accanto a lei, sulla soglia della cucina, vi era un mago alto e di colore, avvolto da una tunica giallo sole dai temi tribali, a dir poco accecante.

- Buon Natale. – esclamò radioso il Ministro della Magia.

- Kingsley! – non poté far a meno di esclamare Harry.

- Buonasera, Harry. – gli sorrise questi, andando a prendere il suo posto, accanto ad Arthur – Grazie per l’invito, Arthur. – aggiunse poi rivolto al signor Weasley. – E’ un piacere per me cenare al tavolo di una splendida famiglia come la tua. –

Harry, così come anche Hermione, Ron e Ginny, erano a dir poco stupiti nel vedere il Ministro della Magia, seduto lì al tavolo con loro, a festeggiare la vigilia di Natale.

- Signore – disse, infine Harry – posso… -

Shacklebolt alzò una mano, sorridendo e scuotendo il capo.

- Non sono in servizio, Harry. Per oggi sono solo Kingsley Shacklebolt, non il Ministro della Magia. –

 

 

Molly Weasley si era davvero superata. La cena fu ottima, ed anche piuttosto abbondante, tanto che durò per ore. Alle undici, tutti i membri della famiglia, si alzarono da tavola e si intrattennero in salotto, con l’ospite d’eccezione, per qualche minuto, fin quando Arthur, Kingsley e Harry si allontanarono per poter parlare senza interruzioni. Si posizionarono nel magazzino dove il signor Weasley teneva tutti i suoi accessori babbani. Kingsley ne fu sinceramente colpito.

- E’ proprio una passione, vedo. – esclamò divertito.

- Harry. – esordì il signor Weasley.

- Mi dica, signore. –

Arthur gli mise una mano sulla spalla.

- Ragazzo, al Ministero in questi giorni c’è molto da fare. Gli Auror di tutto il paese si stanno impegnando per ricercare questi jahati, ma sembrano non trovarli da nessuna parte. Se sai qualcosa, devi dircelo, per fare in modo che ti possiamo aiutare. –

Il signor Weasley apparve tremendamente comprensivo, ed Harry avrebbe voluto soddisfare la sua richiesta, ma era praticamente impossibile.

- C’è poco da fare signor Weasley. – disse il ragazzo in tono calmo. – La verità è che soltanto io posso sconfiggere questa cosa, Jahat… voglio dire. E’ me che vuole, e sono io che devo sconfiggerlo. –

- Mi sembra di averla già sentita questa storia. – disse sospirando il signor Weasley, in tono preoccupato.

- Con Voldemort ha funzionato, no? – disse Harry con presunzione.

Arthur aveva tutta l’aria di dire “sei solo un ragazzo” ma non aggiunse altro, e posò lo sguardo su Shacklebolt, che era seriamente intenzionato a volerne sapere di più.

- Dimmi Harry, è vero che sono state usurpate le tombe di Silente e Piton? – chiese fermamente il Ministro.

Harry fu sorpreso di scoprire che Kingsley ne fosse a conoscenza.

- Dunque, lei lo sa… -

- Aberforth ha ben pensato di informarmi. –

Harry scosse il capo.

- Mi dispiace, Kingsley, ma non c’è niente che lei possa fare. Anche se le dicessi ciò che sta realmente accadendo, lei non avrebbe modo di fermare questa cosa. Le dico solo che tra quattro settimane, Jahat sarà di nuovo in vita, e molto probabilmente verrà a prendere la cosa che custodisco per lui. –

Arthur corrugò la fronte.

- Il mio cuore, signore. – gli specificò Harry, e continuò, prima che lo stupore del signor Weasley svanisse e lo portasse a fargli delle domande a cui non avrebbe voluto certamente rispondere. – Ed io dovrò impedirglielo, e dovrò distruggerlo, prima che egli possa distruggere me. E’ sempre così che funziona, no? E’ la metafora della mia vita. –

Kingsley chinò il capo, in tono meditativo e poi diede ad Harry una pacca sulla spalla.

- L’anno scorso ci hai praticamente salvati. Non dubito delle tue capacità, e ti dirò di più, voglio crederti quando mi dici che soltanto tu puoi annientare questa cosa. – e detto questo cominciò ad avviarsi verso l’uscita. – Ma sappi una cosa, Harry Potter, qualunque cosa dovesse succedere, avrai sempre il Ministero al tuo fianco, a darti manforte. Intesi? –

Harry annuì, e Kingsley era già con un piede fuori dal capannone.

- Grazie per la cena Arthur, porta i miei saluti alla tua famiglia. Ci vediamo a lavoro. E ancora Buon Natale. –

E con questo Kingsley si voltò definitivamente, e lasciò il magazzino, smaterializzandosi un istante dopo. Il signor Weasley sembrava ancora doversi riprendere dallo shock subito nell’apprendere l’atroce verità di Jahat e del suo piano, e osservava Harry con un volto colmo di mille domande, anche se non osava fargliene neanche una.

- Dimmi Harry – trovò finalmente la forza di dire – credi di essere pronto ad affrontare questa cosa? –

Harry annuì energicamente. – Sì, signore. –

Il signor Weasley osservò un attimo di silenzio, ancora pensieroso, e poi si voltò verso il ragazzo sorridendo.

- Sai, non vorrei perdermi il mio perfetto genero. –

Harry non seppe cosa rispondere lì sul momento. Era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di sentire.

- Ginny ne soffrirebbe molto. – aggiunse il signor Weasley in tono greve – E sinceramente anch’io. –

E senza che Harry potesse replicare, il signor Weasley lo abbracciò, come se fosse stato suo figlio. Harry si sentì maledettamente a casa, in quel momento. Era quella, ormai, la sua famiglia.

 

 

Harry fece qualche passo lungo il selciato esterno della Tana, mentre risaliva dal magazzino del signor Weasley. Trovò Ginny seduta sulla panchina fuori casa, avvolta in una coperta per ripararsi dal freddo, con le ginocchia al petto, in posizione accovacciata, com’era solita sedersi; la trovò terribilmente adorabile, in quel momento. Un passo alla volta, lentamente la raggiunse, e le si sedette accanto, volgendo lo sguardo al cielo; non vi erano nuvole in quella massa blu scuro, e si scorgevano nitidamente una miriade di stelle.

- Che spettacolo. – sussurrò Harry estasiato.

- Già. – aggiunse Ginny che lo imitò lanciando il naso per aria. – Davvero meravigliose. – e poi si voltò verso di lui – Che voleva mio padre? –

Sul volto di Harry comparve un piccolo sorriso, e dopo qualche istante, abbandonò le stelle, per soffermarsi sulla sua unica luce.

- Parlare di Jahat, ovviamente. –

- Domanda retorica. – disse lei sorridendo, e dopo qualche istante di silenzio aggiunse – Come ti senti? –

Harry sospirò.

- Ti dirò, sto meglio. Il fatto di aver passato il Natale qui, insieme alle persone che amo di più, beh, mi ha davvero ridato la speranza. Non temo più di non riuscire a sconfiggere Jahat, perché so che comunque non resterò mai da solo. –

- Finalmente l’hai capito. – gli fece Ginny che non smetteva di sorridergli amorevolmente.

Lui la guardò solennemente negli occhi.

- Sono veramente fortunato. E forse non me ne ero mai reso conto. –

- Buon Natale, Harry. –

- Buon Natale. –

E detto questo si scambiarono un profondo e romantico bacio, che catturò entrambi, trasportandoli nel loro mondo, dove niente e nessuno poteva scalfirli: niente e nessuno, eccetto la signora Weasley, che uscì in quel momento dalla cucina. I due amanti udirono un leggero colpetto di tosse alle loro spalle, e lentamente si staccarono, scoprendo che esso apparteneva ad una Molly Weasley, dritta in piedi, sulla soglia della porta di casa, con le braccia ad anfora premute sui fianchi.

- Mamma. –

- Oh, non siate imbarazzati. E’ più che normale. Beh, non li volete i vostri regali? –

I due si scambiarono uno sguardo divertito, ed annuirono, alzandosi dalla panchina, e seguendo la signora Weasley in casa…

 

 

Ron e Hermione, erano nella stanza di Ginny soli e indisturbati, dal momento che avevano deciso di approfittare dell’assenza di Harry e Ginny per ritagliarsi un po’ di intimità, e potersi scambiare i regali lontani dagli sguardi di tutti. Hermione era seduta su uno dei lettini, e fissava curiosa Ron, che frugava febbrilmente nel suo giubbotto, per accertarsi di non aver perso il suo preziosissimo dono. Qualche istante dopo ne tirò fuori un pacchetto blu, con un nastrino dello stesso colore, e lo ripose sullo scrittoio, con espressione soddisfatta.

- Prima tu. – le disse sorridendo.

Hermione gli lanciò uno sguardo curioso, e sorrise. Si alzò e si diresse verso il suo baule, dal quale estrasse un enorme pacchetto, di gran lunga molto più grande di quello di Ron, avvolto in una splendida carta da regalo verde, con temi natalizi. Il pacco dalle grandi dimensioni, era lungo più di un metro, e a Ron dava l’idea di poter contenere soltanto una cosa, ma si diceva fra sé che era a dir poco impossibile che Hermione gli avesse fatto un regalo del genere. La ragazza, sempre sorridendo, si portò di fronte al ragazzo incredulo e dall’espressione felice di un bambino, e tese il pacco verso di lui.

- Buon Natale, Ron. –

Ron, che ancora non riusciva a capire cosa potesse contenere una confezione del genere, le sorrise e prese il pacco tastandolo con le mani.

- Avanti, aprilo. – lo esortò Hermione.

Non se lo fece ripetere due volte, e scartò subito il regalo, distruggendo la bellissima carta natalizia, che di per sé faceva tanta scena. Una volta che l’ebbe tolta definitivamente, si ritrovò di fronte un qualcosa di splendido e raro. Era lucido, e lucente, perfettamente nuovo, e liscio al tatto; i rami erano perfetti e dritti, compatti in una sola vigorosa massa, e sul manico scintillava la scritta in oro “Nimbus 3000”. Teneva quell’oggetto tra le mani, e non riusciva a crederci; la sua espressione era a dir poco sbalordita, tant’è vero che non riuscì ad evitare di tenere per il tutto il tempo la bocca spalancata.

- Ma… Ma… Hermione… -

- Lo so, non è di certo una Firebolt, ma purtroppo i miei risparmi arrivavano a questo. E’ l’ultimo modello. –

Ron spostò lo sguardo dalla sua nuova Nimbus ad Hermione, che aveva uno splendido sorriso stampato sul volto. I suoi sentimenti erano indecifrabili, dal momento che concentravano quanto più amore, gratitudine e stupore una persona potesse esprimere.

- Hermione ma… scherzi? Cioè… è… è… è fantastica! Tu, per la barba di Merlino, avrai speso un occhio della testa, per questa. – ed incrociò i suoi occhi. – Per me. –

Hermione era compiaciuta e imbarazzata allo stesso tempo, ma cercò ugualmente di mantenere un contegno.

- Dai, mica solo per te. Lo faccio per l’intera squadra di Quidditch! – disse sorridendo.

In quel momento dalla carta da regalo, che Ron aveva risposto sullo scrittoio, si era staccato un biglietto, che volò lentamente sul pavimento. Ron lo notò e si chinò per prenderlo.

- E questo? – chiese curioso.

Hermione gli bloccò il braccio con le mani, per evitare che aprisse il biglietto.

- No, leggila quando sarai da solo. – lo implorò guardandolo negli occhi.

- Ok, va bene. – le disse Ron, che non riusciva a dirle di no, ogni volta che si trovava di fronte ai suoi occhi.

Ron si scostò da lei, posò il biglietto sullo scrittoio, e accostò il regalo di Hermione al muro. Dopodiché, prese il suo piccolo pacchettino blu, dalle dimensioni insignificanti, e si riportò di fronte a Hermione.

- Beh, suppongo che il mio regalo, non sarà di certo all’altezza del tuo. – e glielo porse – Buon Natale. –

Hermione scosse il capo, sorridendo.

- Andiamo, sono sicura che sarà ugualmente splendido. – e rise divertita – Ovviamente, se non l’hai scelto tu. –

- Ehi! – la contrastò divertito Ron – Ti sei salvata solo perché mi hai regalato un manico di scopa, piuttosto che uno dei tuoi noiosissimi libri! E poi… guarda che l’ho scelto proprio io! –

Hermione gli lanciò l’ultima occhiata divertita, mentre scartava il pacchetto. Si ritrovò tra le mani una piccola scatoletta vellutata.

- Su, aprilo. – fu l’ordine di Ron, che fremeva per assistere alla reazione della ragazza.

Hermione aprì il piccolo cofanetto, e la sua reazione fu di gran lunga simile a quella di Ron di fronte alla sua nuova Nimbus 3000.

- Ron… - e portò gli occhi increduli su di lui – …ma è… è… è… -

Ron sorrise.

- Ti piace? –

- Se mi piace? Ti sarà costato… -

Ma Ron non la fece continuare.

- Shhh! Non importa, avevo qualche piccolo risparmio da parte. –

Ron prese il cofanetto dalle mani di Hermione, e vi staccò il suo contenuto, un piccolo ma graziosissimo anello d’oro, con una punta di diamante dai riflessi argentei. Mise da parte il suo contenitore, e prese delicatamente la mano di Hermione, per posarlo sul suo anulare.

- Ti calza benissimo. – notò sorpreso dalla facilità con quale era riuscito a farglielo indossare.

Hermione alzò la amo, ammirando estasiata e soddisfatta il pegno d’amore che Ron aveva deciso di farle, e poi tornò a posare gli occhi su di lui.

- E’ meraviglioso Ron, grazie. –

Dopo queste parole, mise da parte l’entusiasmo per l’anello che portava al dito, e si lanciò su di lui, cingendogli il collo con le braccia, e baciandolo con tutto l’amore che provava nei suoi confronti. Ron, in risposta, la strinse a sé cingendole la vita. Fu un bacio lungo e passionale, che li vide uniti in un solo turbinio di passioni, tant’è vero che rimasero stretti senza mai permettere alle loro labbra di staccarsi, mentre le mani di Ron a partire dalla vita di Hermione, cominciarono a risalire pian piano, al di sotto della sua maglietta, accarezzandole la schiena; ma quando riuscì a sbottonarle il reggiseno, Hermione si fermò all’istante, e lo scostò con una mano.

- No, aspetta Ron. –

Lui non comprese, il suo sguardo era incredulo e sorpreso alla stesso tempo, e guardò Hermione boccheggiando, mentre lei si staccava da lui.

- Co… co… cosa c’è? – le chiese.

Hermione chinò il capo, e si strinse le mani al petto.

- Ron, non fraintendere… vedi… è che stiamo correndo un po’ troppo. – e si affrettò ad alzare il capo, prima che Ron potesse ribattere – Cioè, non che io non lo voglia, è ovvio. Ma… sto dicendo solo che… non mi sento pronta. –

Ron scosse il capo, come se non riuscisse a credere a ciò che stava ascoltando.

- Non… ti… senti pronta? Hermione… stiamo insieme da quasi due mesi, effettivamente anche da prima se consideri che sono stato innamorato di te per anni. –

Hermione scosse il capo.

- Il tempo non c’entra niente. E lo sai benissimo che non ha niente a che fare con ciò che provo per te. –

- Ah no? – ribatté Ron, che si sentiva personalmente attaccato – Io credo di sì invece. Nel momento in cui ami una persona, la desideri Hermione. Così come sei sicura dei tuoi sentimenti, dovresti essere sicura anche di me. Perché… è così che mi sento io! Non mi sembra che sia una cosa tanto strana che io voglia fare l’amore con la ragazza di cui sono innamorato. Basta guardare Harry e Ginny! Cioè… io… io… No, non riesco proprio a capirti. –

- Capisci che per me è un attimo diverso? Ci sono… ci sono tante cose… -

- Cosa? –

Hermione abbassò le braccia, scoraggiata. Stava cercando di far capire a Ron le sue ragioni, ma vedeva un muro dall’altra parte, e in più detestava il modo in cui stavano discutendo.

- Ron, dannazione, lo capisci che è un passo importante? –

Ron abbassò i toni, e assunse un’espressione sfiduciata.

- Già… anche per me era un passo importante da fare insieme, ma a quanto pare per te non ha la stessa validità. –

E detto questo si diresse verso la porta, senza neanche rivolgerle uno sguardo, e lasciando perfino la sua Nimbus appoggiata al muro.

- E buon Natale. – aggiunse adirato, uscendo e richiudendosi con violenza la porta alle spalle, mentre lasciava in quella camera una Hermione a un passo dalle lacrime.

 

Continua…

 

Il carattere prettamente sentimentale di questa fic torna a farsi sentire. Allora che ve ne pare? Spero che la storia vi piaccia, e continuiate a seguirla, così come state facendo. Vi ringrazio nuovamente per le letture, le recensioni e la vostra decisione di inserire la storia fra le seguite e i preferiti. Ne sono immensamente onorata. Aspetto i vostri commenti... al prossimo capitolo!!! Sam

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 14

 

Ron percorse nervosamente le scale che conducevano al piano inferiore, e si ritrovò di fronte una festosa famiglia Weasley atta nello scambio dei regali di Natale. Harry, che era seduto su un divanetto accanto a Ginny, alzò lo sguardo verso il suo migliore ed immediatamente colse la sua espressione imbronciata; la mancanza di Hermione gli fece pensare che fosse successo qualcosa tra i due.

- Ron, dov’è Hermione? Perché non è scesa? – chiese ingenuamente George, con tono gioioso.

Ron emise un suono simile a un grugnito, contorse contemporaneamente tutti i muscoli del viso in una smorfia, e voltò le spalle a tutti dirigendosi in cucina.

- Ma che cos’ha? – domandò Charlie a nessuno in particolare.

- E’ il solito. – commentò Percy – Quel carattere che si ritrova non lo cambierà mai, dovrebbe imparare a controllarsi. –

Per non protrarre troppo a lungo la conversione su Ron, il capofamiglia prese un altro piccolo pacchetto rosso, e cominciò a scartarlo.

- Beh, quando vorrà aprirà i suoi regali. Io per il momento… aprirò questo qui… oh Charlie… vediamo un po’ cosa contiene… –

 

 

Qualche ora più tardi, Harry accompagnò Ginny sul suo piano, fino alla porta della sua camera.

- Hermione sarà sicuramente dentro. – disse la ragazza dai capelli rossi.

- Credo di sì dal momento che non è scesa. – annuì Harry – Cerca di scoprire che cos’è successo. –

Ginny annuì.

- Allora… a domani. – le disse Harry.

- A domani. Buona notte. –

E così dicendo gli diede un delicato bacio sulle labbra, per poi aprire la porta della sua camera e scivolarci dentro.

 

 

Quando Harry entrò nella camera di Ron, lo trovò disteso sul suo letto, sveglio, con lo sguardo fisso sul soffitto.

- Sei qui. – costatò una volta entrato, giusto per cominciare una possibile conversazione.

Da parte di Ron, non giunse alcuna risposta.

- Vorresti dirmi che cos’è successo? – instette l’amico.

Ron sospirò, e si voltò lentamente per guardare Harry, che era seduto sul letto accanto e lo fissava con espressione interrogativa.

- Vuoi proprio saperlo? –

Harry annuì, e Ron descrisse per filo e per segno tutto ciò che era accaduto con Hermione, in camera delle ragazze, qualche ora prima. Una volta che ebbe terminato il racconto, Harry restò immobile a fissarlo per qualche secondo.

- Sei un’idiota. – fu la sua conclusione.

Ron non si aspettava di certo quel genere di risposta, si alzò subito mettendosi a sedere.

- Cosa? –

- Sì, Ron, sei un’idiota! – ribadì Harry.

Ron non riusciva proprio a capire, e buttò le gambe giù dal letto, restando seduto.

- E sentiamo… perché sarei un’idiota? –

- Ron, possibile che tu non lo capisca? Il fatto che Hermione decida di aspettare, o comunque non sia ancora sicura, non ha niente a che fare con i sentimenti che ha per te. Hermione è razionale, deve analizzare qualsiasi cosa, ha passato addirittura mesi senza rivolgerti la parola solo perché aveva paura dei suoi sentimenti. Ti rendi conto di quanto possa aver paura di una cosa del genere? E soprattutto non riesce a padroneggiarla perché è un qualcosa di molto forte, che indubbiamente vuole anche lei. Ron, Hermione è innamorata persa di te. –

Ron ascoltò attentamente tutta la profonda analisi mossa da Harry, e lo guardò con un’espressione tra l’intontito, lo stupito e lo sconvolto.

- Senti un po’, Harry Potter, e tu da quando sei un esperto di donne? –

Harry rise e gli lanciò il suo cuscino.

- Piantala! Non sono affatto un esperto. Semplicemente, da quando sto con Ginny, diciamo che sto cercando di comprendere il loro modo di pensare. –

Ron lo guardò ancor più sconvolto.

- Amico, mi stai spaventando. – e gli tirò nuovamente il cuscino. – Mi ha regalato una Nimbus 3000… per Natale. –

Quel piccolo dettaglio era stato tralasciato fino a quel momento. Harry spalancò gli occhi.

- Che cosa? Cavolo Ron, sei ancora più idiota! –

Ron annuì chinando il capo, con aria mortificata.

- Già… credo tu abbia ragione. Sono stato un vero idiota. –

- Domani scusati con lei. –

Ron annuì nuovamente, e poi cercò di cambiare argomento.

- E le tue preoccupazioni? Ho visto che ti sei allontanato con papà e Shacklebolt. Ti ha detto qualcosa? –

- Aberforth gli ha detto delle tombe di Silente e di Piton, voleva sapere cosa dobbiamo aspettarci esattamente, ed io gli ho detto che c’è poco da fare, che dovrò essere io a sconfiggere questa cosa, perché è me, è il mio cuore, che vuole. A quel punto ha detto di aver capito e mi ha assicurato che il Ministero sarà sempre al mio fianco. –

Ron parve sorpreso e compiaciuto allo stesso tempo.

- Però, Shacklebolt quando non è in servizio è più efficiente?! –

Harry sorrise – Così pare. –

 

 

La mattina seguente Ron bussò ripetutamente alla porta delle ragazze, ma non ottenendo risposta, pensò che fossero già scese per la colazione, quindi, senza troppe preoccupazioni, entrò nella camera, che trovò perfettamente in ordine; i letti già rifatti, e i vestiti ripiegati sui loro scaffali. L’unica cosa fuori posto, notò, era la sua Nimbus ancora poggiata contro il muro, e sullo scrittoio la carta natalizia che l’avvolgeva, con accanto il bigliettino di auguri che vi si era staccato; se ne era completamente dimenticato; Hermione gli aveva chiesto di leggerlo quando si sarebbe trovato da solo. Si avvicinò lentamente allo scrittoio, sfiorò la sua Nimbus come se fosse la cosa più preziosa del mondo, e poi prese il biglietto, dove un “Merry Christmas” scritto dalla chiara grafia di Hermione si leggeva nitidamente. Senza esitare oltre, lo aprì.

   Caro Ron,

uso questa lettera per dirti ciò che non sono mai riuscita ad esprimerti con le parole, forse per paura, forse per orgoglio, forse perché sono solo una stupida. Da quando ci conosciamo, questo è il primo Natale che trascorriamo realmente insieme, e per celebrarlo nel migliore dei modi, ho cercato il regalo perfetto per te, anche se non sono riuscita proprio nel mio intento. Spero ugualmente che la piccola Nimbus 3000 faccia la sua degna figura. Almeno per il nostro primo anno insieme, perché voglio sognare liberamente che ce ne possano essere tanti altri, potrai dire che non ti ho regalato uno di quei miei noiosissimi libri che tanto detesti (anche se rimango sempre dell’idea che dovresti leggerne qualcuno!). Ma non è del regalo in sé che voglio parlarti, bensì di noi.

   Se ripenso a come è cominciato quest’anno, non posso fare a meno di sentirmi una stupida, per il modo in cui mi sono comportata per intere settimane. Ancora una volta, ti chiedo di perdonarmi. Sai, l’essere umano, benché sia un mago o una strega, ha la capacità di fare sempre la scelta sbagliata, soprattutto quando si trova davanti la cosa più preziosa che potesse capitargli, quella che diventa (senza che nemmeno egli abbia modo di rendersene conto) la cosa più importante della sua vita; e puntualmente, quello stupido essere umano, è capace di farsela scappare commettendo le più grandi cavolate. Eccomi, Ronald Weasley, questo è quello che stava accadendo a me qualche mese fa. Fortuna che, arrivata a un certo punto, la paura di perderti per sempre ha avuto la meglio sulla mia umana stupidità, e finalmente ho aperto gli occhi.

   Ron, stare finalmente insieme credo mi stia rendendo una persona migliore. Sono più stabile, meno isterica e riesco a gestire meglio anche le situazioni in cui, probabilmente come l’anno scorso, sarei crollata. Anche questa nuova minaccia che si scorge all’orizzonte, sembra essere meno pericolosa di quel che è, semplicemente perché ho la consapevolezza di poterla affrontare con te al mio fianco. Sei la persona che è in grado di dissolvere le mie ansie, di rendermi serena, di farmi scorgere il meglio della vita, mi trasmetti il buon umore e la tua gioia di vivere. Sei tutto ciò che mi mancava per essere felice. Il mio pezzo mancante. Tu mi completi, Ronald.

 

Ti Amo.

 

Hermione

 

Rimase fermo e immobile a lungo, tenendo quel pezzo di carta tra le mani, e rileggendolo più e più volte. Vide tutte quelle parole scorrergli dinanzi ad una velocità supersonica, mentre gli si impiantavano nella mente soltanto determinate frasi che non riusciva proprio a dimenticare, e che mai si sarebbe aspettato di leggere in quello che doveva essere un comunissimo biglietto di Natale. Ormai le mani gli tremavano, e lui aveva quasi imparato l’intera lettera a memoria, ma ciò nonostante restava lì, immobile, a fissarla e rileggerla continuamente.

 

 

Quando riuscì ad abbattere le radici che l’avevano incollato al pavimento della stanza di Ginny, Ron si precipitò di corsa giù per le scale, e si fiondò in cucina dove sua madre era intenta a cucinare una dozzina di uova, mentre sua sorella e il suo migliore amico amoreggiavano tranquillamente come due novelli sposi in luna di miele mentre attendevano la colazione, ed Hermione era seduta accanto a loro leggendo l’edizione del giorno della “Gazzetta del Profeta”.

- Ah, Ron… - cominciò Ginny appena lo vide fiondarsi in cucina, ma Ron era abbastanza risoluto a non voler incontrare interruzioni lungo il suo cammino.

- DOPO! – esclamò senza nemmeno voltarsi verso sua sorella.

Si diresse dritto spedito verso Hermione, sotto gli occhi attenti e incerti di Ginny e Harry, e quando le fu accanto la prese per un polso e, lasciando che il quotidiano ricadesse sul tavolo, la trascinò fuori dalla cucina, senza darle neanche il tempo di realizzare cosa stesse accadendo e di protestare. Molly Weasley, tenendo un tegame contenente uova appena cotte, si voltò in quell’istante e parve stupita nel trovare solo Harry e Ginny seduti al tavolo.

- Ma Hermione dov’è finita? E… avrei giurato di averti sentita salutare Ron, Ginny cara. – e noncurante servì le uova ai due ragazzi – Ah, la vecchiaia comincia a farsi sentire. Ecco a voi le vostre uova. –

 

 

- Si può sapere cosa accidenti stai facendo? – gridò Hermione mentre Ron continuava a trascinarla per un polso, senza neanche voltarsi.

Si allontanarono sempre di più dalla Tana, fin quando Ron non decise che fosse giunto il momento di fermarsi. Si trovano oltre il recinto del giardino, dove l’erba selvatica cresceva alta, ma almeno lì Ron era sicuro che nessuno li potesse ascoltare. Una volta fermatosi, lasciò finalmente il polso di Hermione e si voltò verso di lei; si trovarono l’uno di fronte all’altra.

- Sono un’idiota! – esordì.

Hermione fece una piccola smorfia.

- Mmh… grazie per l’informazione, ma… sai com’è… l’avevo dedotto anche da sola. –

- No, davvero, ascoltami Hermione… sto parlando seriamente. –

- Se è esattamente come il tuo “parlare seriamente” di ieri sera allora puoi anche risparmiartelo, Ronald. –

Ron a quel punto alzò la voce.

- Vuoi stare ad ascoltarmi? –

Hermione, prese alla sprovvista, e stupita da quell’improvvisa reazione di Ron, si zittì, e rimase ferma ad osservarlo.

- Finalmente. – e sospirò – Hermione… davvero… devi scusarmi! Sono un perfetto idiota, l’ho capito, e sinceramente non so proprio come tu faccia ancora a sopportarmi. Sono geloso, aggressivo, e inguaribilmente ottuso. Tu… tu… mi hai detto esplicitamente di non essere pronta ed io… che cos’ho fatto per tutta risposta? Te ne ho fatto una colpa, ti ho accusato di non provare niente per me, senza ascoltare le tue ragioni, facendone una questione personale. Sono stato imperdonabile. Davvero… un vero idiota. Ma sai, in quel momento, ti scatta qualcosa e… e… non sei più un ragazzo innamorato ma… -

- Un maschio! – concluse acutamente Hermione – Un animale di sesso maschile in preda ai suoi istinti primordiali. –

Ron corrugò la fronte.

- Beh… avrei usato altre parole ma… il concetto di base è quello, sì. –

- Ronald, qual è il punto? – gli chiese spazientita Hermione, con le braccia incrociate sul petto.

Ron la guardò spiazzato.

- Il punto è… che… beh… sai… ‘l’essere umano quando si trova davanti la cosa più preziosa che potesse capitargli, è capace di farsela scappare, commettendo le più grandi cavolate’. –

Hermione lo minacciò con lo sguardo, riducendo gli occhi a due fessure.

- Ma dove l’ho già sentita…? – e subito dopo prese a rimproverarlo, anche se un leggero sorriso era nascosto dietro la sua finta espressione contrariata – E dimentica tutto ciò che c’era scritto in quella lettera dal momento che non ha più valenza, dopo ieri sera. –

Ron, convinto di essere stato ormai perdonato, cominciò a ridere.

- Oh, dici davvero? –

- Sì, Ronald. Non ti ho ancora perdonato! –

Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, e poi, rischiando un attacco fisico da parte di Hermione, le si avvicinò portandole le braccia intorno alla vita; stranamente la ragazza non oppose resistenza.

- Ok, allora, facciamo un patto, anzi no, ti farò una promessa. –

- Sentiamo. – gli fece Hermione che ancora fingeva un’aria stizzita.

- Allora. – e la guardò dritto negli occhi – Io, Ronald Weasley, ti prometto che da questo momento in poi, mai cercherò di pressarti per una cosa del genere, mai dubiterò di quello che provi per me, mai ci porterò al litigio per delle mie stupidaggini, o fantasie, o supposizioni, o sviste totalmente fuorvianti. –

Sul viso di Hermione comparve finalmente un sorriso.

- Mmh… promette bene. –

- Adesso mi hai perdonato? –

- Prima devi mantenerla la promessa, Ronald. –

Ron le fece un’occhiataccia.

- Almeno mi farai i compiti per le vacanze? –

- Scordatelo. – disse lei ridendo.

- Andiamo, non punirmi così. –

- Oh sì, è proprio quello che farò. Anzi, ti dirò, mi sto divertendo. –

Ron tentò con un’ultima carta.

- Almeno un bacio posso averlo? –

Lei lo guardò per qualche istante cercando di nascondere il suo sorriso malizioso.

- Oh, quello credo di sì. –

E così dicendo, si alzò sulle punte e si portò alla sua altezza per baciarlo, proprio lì, in mezzo agli sconfinati campi che circondavano la Tana, con un luminoso sole mattutino che li avvolgeva e un leggero vento che accarezzava la folta erba.

 

 

Il viaggio di ritorno a Hogwarts avvenne nella più completa tranquillità, fortunatamente. Le vacanze, pensava Harry, così come i suoi fedeli compagni, erano trascorse troppo velocemente, e le lezioni erano già ricominciate. Inoltre, il momento in cui Jahat sarebbe giunto per reclamare il cuore di Harry, era ancor più vicino. La prima lezione che tennero gli studenti dell’ultimo anno di Grifondoro, fu quella del professor Hubert Beker, insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, che nonostante fosse giunto il nuovo anno, indossava sempre lo stesso completo marrone, portava sempre i capelli piuttosto lunghi e ribelli, e una scura barba incolta. Sedeva comodamente sulla propria cattedra, sorridendo, e osservando i suoi studenti che lo guardavano con profonda ammirazione. Era di gran lunga diventato il loro insegnante preferito.

- Ragazzi, perché questi sorrisi ebeti? Capisco che siate felici di rivedermi, ma… qui siamo a Difesa contro le Arti Oscure, non vi chiederò di consegnarmi il tema “cosa hai fatto a Natale?” – disse scherzando e, quando le risate di alcuni dei suoi studenti si dispersero, prese la sua bacchetta e cominciò a giocarci. – Allora – riprese ricomponendosi e assumendo un tono più dignitoso – Questa è una bacchetta magica, direi che l’abbiamo imparato. Ora, lo scorso semestre ci siamo un po’ esercitati in simulazioni più o meno reali, e… devo dire che ve la siete cavata egregiamente, certo alcuni di voi un po’ meno, vero Seamus? Ma c’è sempre modo di migliorare. – e scese dalla cattedra con un piccolo salto, cominciando a girarci intorno – Questo semestre, invece, avremo a che fare con qualcosa di ben diverso. Come già mi sembra di avervi detto all’inizio di quest’anno, entreremo nel vivo dell’azione. Grazie alla… gentile… collaborazione… del Ministero, vi troverete coinvolti in vere situazioni di pericolo. Credo sia il modo migliore per farvi uscire da qui in modo che siate preparati ad affrontare qualsiasi cosa. Certo – e lanciò un’occhiata sorridente a Harry – c’è qualcuno che non ne ha bisogno, però… -

Tutti gli studenti erano assorti, e seguivano con attenzione il discorso del loro professore.

- Cominceremo dalla settimana prossima. – continuò Beker – Per oggi, ci eserciteremo ancora con le simulazioni. – ed esibì un sorriso smagliante – Allora? Chi vuol essere il primo? –

 

 

La professoressa McGranitt stava dimostrando a tutti la sua abilità nel trasfigurare un oggetto inanimato, in questo caso un grosso armadio, in un essere vivente, un cavallo per l’esattezza. L’intera classe parve stupita, e tutti gli studenti rimasero a lungo con la bocca spalancata, chiedendosi se ci sarebbero mai riusciti.

- Weasley? Se la sente di provare? – chiese avvicinandosi al banchetto che ospitava lui e Hermione.

Ron assunse un’espressione sconsolata.

- Perché sempre a me? – disse sottovoce.

- Ha detto forse qualcosa? – chiese curiosa la professoressa McGranitt.

Il ragazzo scosse il capo. – No, nulla. –

- Mi era parso! Allora? Vuole provare? –

Ron annuì di malumore, e fece per alzarsi.

- Ce la farai. – fu l’incoraggiamento di Hermione che lo seguì con lo sguardo.

Ron, di fronte a tutta la classe, si portò accanto al grosso armadio.

- E’ pronto signor Weasley? –

Agitò la bacchetta, e pronunciò la formula magica, che non era neanche sicuro di ricordare bene. L’armadio fu avvolto da una luce azzurrina, e in un attimo cosparso da un turbinio di luci, che svanirono un istante dopo, mostrando all’intera aula di Trasfigurazione un cavallo bianco a dirsi quasi perfetto, se non fosse per un piccolo particolare.

- Beh, ha ancora le maniglie delle ante ma… non c’è male, signor Weasley! Ci lavoreremo. Riconosco che sia difficile la prima volta. – disse in tono dolce e comprensivo la professoressa McGranitt. – Chi altro vuol provare? – chiese poi alla classe mentre Ron tornava a sedersi al suo posto.

- Che figuraccia! – sospirò.

- Ma andiamo…! – lo scosse Hermione, e rise per cercare di riprenderlo – In verità, mi aspettavo di peggio. –

Ron abbandonò le sue preoccupazioni e la freddò con un’occhiata gelida.

- Sei davvero incoraggiante, Hermione. –

Lei continuava a ridere. – Stavo solo scherzando. Almeno non hai più il muso! – e gli diede un bacio sulla guancia, confidando nel fatto che la professoressa McGranitt non li vedesse – Ottimo lavoro! –

Ovviamente Hermione, quando fu il suo turno, trasfigurò l’armadio perfettamente.

- Ma come ci riesce? – chiese Harry rivolto a Ginny, che scrollò le spalle.

La professoressa McGranitt era pienamente soddisfatta di quella che era, e non lo aveva mai nascosto, di gran lunga la sua allieva preferita.

- Ottimo signorina Granger! Ha appena fatto guadagnare un bel po’ di punti alla sua Casa. Torni pure a sedersi. –

 

 

Le giornate trascorsero tranquille, fin troppo. A Harry piaceva tremendamente la vita serena di Hogwarts; perfino le lezioni lo divertivano. Amava il fatto di trovarsi nuovamente in quel castello, accanto alle persone per lui più importanti, amava il fatto di poter passeggiare per quei freddi e scuri corridoi tenendo Ginny per mano, amava il fatto di poter giocare a Quidditch senza rischiare la vita ad ogni partita, amava addirittura il fatto di poter studiare con Hermione, così com’era stato per anni. Inoltre, c’erano tante altre cose che Harry aveva trovato a Hogwarts, per la prima volta quell’anno, ma dal quale gli era comunque difficile staccarsi, ovvero una nuova figura presa come punto di riferimento, Aberforth Silente, che benché non fosse al pari di suo fratello, si stava rivelando comunque un ottimo preside, e poi c’era lui, il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, Hubert Beker, che gli aveva ispirato fiducia dal primo momento. Harry fu felice anche di poter tornare nuovamente a far visita a Hagrid, ogni qual volta lo desiderasse. Tutto… tutto… era a dir poco perfetto. C’era solo un piccolo e sottile particolare, ovvero un antico mago oscuro che minacciava di tornare in vita, per poi prendere il suo cuore. Questo pensiero opprimeva tremendamente Harry, che ormai contava i giorni, addirittura le ore, che lo separavano dal tanto temuto evento. Era sempre più nervoso, ma Ginny sapeva come stargli accanto; passavano interi pomeriggi distesi sulle rive del lago, stando abbracciati e coccolandosi; Ginny fortunatamente, per l’ultimo semestre, non doveva seguire più alcun corso extra, e ormai si era messa in pari con gli allievi del settimo anno.

Un bianco mattino di sabato, in cui il castello e l’intera area circostante apparivano inondati dalla neve, Harry volle approfittare della bella giornata e decise di andare a trovare Hagrid, che come sempre viveva nella sua capanna. Pur essendo ormai un insegnante, cosa che gli consentiva tranquillamente di pernottare a Hogwarts, il mezzogigante preferiva di gran lunga vivere nella sua piccola e accogliente casetta al limitare della Foresta Proibita. Quando aprì la porta, davanti a lui si pararono quattro ragazzi, raggianti e sorridenti.

- Ragazzi! Che sorpresa! – esclamò entusiasta appena li vide, e li stritolò con un caloroso abbraccio che per poco non costava loro qualche costola e l’uso di un arto.

Hagrid fece accomodare i quattro.

- Ginny, ci sei anche tu! Posso offrirvi qualcosa? Come state? –

- Diciamo bene. – disse con tutta sincerità Harry.

Hagrid mise davanti ai quattro Grifondoro, quattro tazze di the e si sedette al tavolo, allungando verso il centro un piatto di biscotti pietrificati, e accarezzando la testa di Thor, il cui muso era spuntato dal nulla sulla gamba del mezzogigante, elemosinando uno di quei dolci incommestibili.

- Aberforth mi ha raccontato, Harry. Brutta storia questo Jahat… veramente brutta storia. –

- Tu come stai? – chiese, invece, Harry che sorseggiò il the ma non aveva alcuna intenzione di servirsi dei biscotti. Li ricordava fin troppo bene.

- Io? Stranamente tutto bene, Olympe è in Francia adesso, ma tornerà presto a trovarmi e poi, sono molto impegnato ultimamente, ricordate? I miei cuccioli. –

Harry e gli altri si guardarono con un’espressione interrogativa.

- Ma come? Vi siete dimenticati di Pocy? –

- Vuoi dire… quella palla di pelo? – si accertò Hermione.

- Non è splendido? Sono tutti in giardino, sono arrivati anche i suoi fratelli! – disse Hagrid con l’espressione di un bambino gioioso.

- Ma di che stiamo parlando? – chiese Ginny che era all’oscuro di tutto.

- Hagrid tiene un allevamento di strane palle di pelo nel suo giardino. – le spiegò Ron in tono di disapprovazione.

- Medhal. – lo corresse Hagrid. – Ma non stiamo qui a parlare di me. Ditemi voi piuttosto. – e sorrise raggiante – C’è qualcosa che ci dovete dire al vostro Hagrid? –

I quattro capirono immediatamente dove Hagrid volesse andare a parare, ormai erano del tutto scoraggiati dal dover convenire con chiunque delle loro rispettive situazioni sentimentali.

- Su su, non siate timidi! Io sono contentissimo per voi, e anche Thor lo è! –

- Non lo mettiamo in dubbio. – disse Harry, sorridendo.

- Beh, quando avete bisogno di un consiglio, venire pure da me! Sono un esperto… vedete come siamo felici io e Olympe… -

Hermione sospirò scoraggiata, mentre Ginny sorrideva trovandolo divertente. Ron era a dir poco perplesso.

- Grazie, Hagrid, non mancheremo. – fu la conclusione di Ron.

Restarono ancora per qualche minuto a conversare tranquillamente con l’insegnante di Cura delle Creature Magiche, fin quando non fu Hagrid stesso a congedarli.

- Vogliate scusarmi, ma ho un mucchio di lavoro da fare per Aberforth. Tornate pure a trovarmi quando volete. – disse mentre li accompagnava alla porta – Ah, e… Harry! – il ragazzo si voltò – Non temere. Sono sicuro che te la caverai! Gliela farai vedere a questo Jahat! – concluse strizzandogli l’occhio.

Harry sorrise e apprezzò l’incoraggiamento, voltandosi poi per raggiungere i suoi compagni, e risalire verso il castello.

 

 

La sera stessa, dopo gli allenamenti di Quidditch, Harry ricevette un gufo che gli chiedeva di recarsi nell’ufficio del preside, dopo cena. Uscito dalla Sala Grande, si divise dai suoi compagni e risalì lungo i corridoi di Hogwarts, fino a giungere alla porta protetta dal grande gargoyle; riferì la parola d’ordine, ed entrò senza problemi. Trovò Aberforth comodamente seduto ad aspettarlo.

- Ciao Harry. – gli disse in tono pienamente confidenziale; cosa che mise subito Harry a proprio agio.

- Professor Silente. – ricambiò Harry venendo avanti.

- Prego, prego, accomodati. – gli fece cenno Aberforth indicando una sedia. – Tutto bene le vacanze? –

Harry annuì.

- Ti chiederai perché ti ho convocato qui nel mio ufficio stasera. –

- In verità sì, me lo sono chiesto signore. –

Aberforth annuì.

- Molto bene, molto bene. Beh, prima di tutto volevo sapere come stai. –

Harry parve quasi confuso dal ricevere una domanda così semplice.

- Non le nascondo che sono preoccupato signore. –

Il preside si passò una mano sotto il mento.

- E’ comprensibile che ti senta così, mi stupirei del contrario. –

- Non sono mai stato bravo a controllare le mie emozioni, signore. –

- E fai bene. Sono anche quelle che ti hanno permesso di sconfiggere Voldemort, dopo tutto. –

Ci fu un momento di silenzio, che fu poi rotto da Harry.

- C’è un motivo particolare per cui mi ha fatto convocare, signore? –

- In verità… sì. – riconobbe Aberforth, e subito dopo si alzò in piedi, e tenendo le mani dietro la schiena si portò proprio accanto a Harry. – Guarda in alto. – lo invitò.

Harry alzò lo sguardo, cosa che cercava sempre di evitare, e si ritrovò ad osservare i due ritratti che più gli faceva male vedere, quelli di Albus Silente e Severus Piton, entrambi sprofondati in un placido sonno.

- Cos’è che devo vedere, signore? – chiese Harry che non riusciva a staccare gli occhi dai due ritratti, anche se con tutte le sue forze voleva evitare quella visione.

- Vedi Harry, da quando è stato portato via il cuore di mio fratello, il suo ritratto non mi ha più risposto. – disse Aberforth in tono grave.

Harry abbandonò i quadri e si voltò di scatto verso il suo preside. – Che cosa? –

Aberforth annuì.

- Ciò che restava di Albus Silente, è stato completamente cancellato. – continuò il preside.

Harry, che non riusciva a sopportare oltre l’agitazione che si impadronì di lui in quel momento, si alzò all’istante.

- Ma questo è assurdo! E’ impossibile! –

Aberforth scosse con determinazione il capo.

- Non impossibile… se è accaduto. –

Harry non sapeva esattamente che cosa fare, rimase lì fermo in mezzo all’ufficio, tenendo stretti i pugni.

- Dobbiamo far tornare Silente! – esclamò senza rendersi effettivamente conto di ciò che stesse dicendo.

Aberforth lo osservò attentamente, per nulla turbato o sorpreso da quella affermazione, come se fosse stata la cosa più naturale da proporre.

- Esattamente. Ma hai idea di cosa comporti questo? –

Harry si ritrovò spiazzato, e seppe solo balbettare qualcosa, e scrollare le spalle. Aberforth gli si parò davanti, risoluto.

- Significa che non dobbiamo solo annientare Jahat, ma dobbiamo farlo lasciando illeso il cuore di mio fratello, e restituendoglielo! Solo così potremo riavere l’essenza di Albus, in quel ritratto. E stessa cosa vale per gli occhi di Piton. Comprendi da solo che non è un’impresa facile. –

Harry realizzò per un istante la gravità della situazione, e poi fissò Aberforth dritto negli occhi.

- E cos’è mai stato facile, per me, signore? –

Aberforth riconobbe la verità di quelle parole, s’avvicinò a Harry, portandosi di fronte a lui, e gli poggiò entrambe le mani sulle spalle, guardandolo poi in tono quasi paterno.

- Questa volta, ragazzo, dovrai essere pronto a superare te stesso. –

 

Continua…

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 15

 

Il giorno dopo, a colazione, Harry stava ancora discutendo con Ron a proposito del colloquio avuto con Aberforth la sera precedente, benché avessero già approfondito l’argomento più e più volte, fino a notte fonda. Ron si distrasse giusto un momento, per vedere alle sue spalle, Neville che conduceva Luna lungo il corridoio tra i tavoli di due Case, e s’accomodava con lei al tavolo dei Corvonero. Dopo aver assistito a quella scena, si voltò nuovamente verso il compagno che gli sedeva di fronte.

- Ma come si fa? – riprese – Non sappiamo ancora neanche come sconfiggerlo, e dobbiamo pensare a salvare il cuore di Silente. Finché non ci troviamo a che fare direttamente con lui, credo ci sia poco da crogiolarsi. –

Harry annuì, con aria piuttosto tesa.

- Ad ogni modo questo complica ogni cosa. Come se non fosse già tutto abbastanza difficile. –

Ron si portò una mano al mento, con atteggiamento meditativo e stette fermo in quella posizione per svariati secondi, pensando ad una possibile soluzione, ma prese poi a scuotere il capo, e fissò Harry dritto in volto.

- Harry, so che ce la farai! –

Il piccolo, benché sentito, incoraggiamento di Ron, non cambiava di certo l’umore e le speranze di Harry. A pochi giorni si sarebbe tenuta una partita determinante per la squadra del Grifondoro, e l’arrivo di Jahat, si prospettava sempre più vicino. Come se non bastasse, il nuovo semestre era cominciato, e le lezioni erano ancor più dure e intense. Non aveva un attimo di tregua. Riuscì a svagarsi solo al pensiero che la prossima lezione di Difesa contro le Arti Oscure a cui avrebbe assistito, si sarebbe svolta direttamente sul campo; e questa cosa lo eccitava come poche altre in quell’ultimo periodo.

 

 

Il campo da Quidditch era irradiato dalla luce del sole, ed appariva lucente e circondato da colorati festoni di colore scarlatto e blu. L’erba del campo, però, era sepolta da una coltre di neve che ricopriva, oltre agli spalti, anche la radura circostante. Il freddo era pungente, e sicuramente le temperature non erano ottimali per giocare una partita, ma i giocatori del Grifondoro erano entusiasti; l’unico che appariva spento ed assente era proprio il loro capitano. Harry se ne stava appoggiato alla porta degli spogliatoi, con lo sguardo verso l’esterno, mentre alle sue spalle l’intera squadra era in visibilio. Ginny fu l’unica a notare la sua assenza, e lo raggiunse alle spalle, abbracciandolo da dietro e poggiando il capo sulla sua schiena.

- Non temere, amore. – gli disse in tono dolce.

Harry le prese la mano con la quale lei gli cinse la vita.

- Non sono in grado di giocare. – disse lui, rigido.

- So a cosa stai pensando, e sinceramente non è del Quidditch che devi preoccuparti. Anche se perdiamo questa partita, che importanza vuoi che abbia? –

- E’ il mio ultimo anno a Hogwarts, sarebbe stato bello ricordarlo con una vittoria, da capitano. – disse lui con rammarico, come se già assaporasse il sapore amaro della sconfitta.

Ginny sospirò.

- Lo so, ma in questo momento la tua vita è più importante, o non ci sarà mai più alcuna partita. Fa che sia il tuo ultimo anno a Hogwarts, non il tuo ultimo anno di vita. –

Al sentire quelle parole, che colsero Harry dritto nel profondo dei suoi sentimenti, il ragazzo accennò un piccolo sorriso, e si voltò verso Ginny.

- Sai una cosa? Hai perfettamente ragione. –

E le diede un veloce bacio a stampo sulle labbra.

- Facciamo del nostro meglio, ok? – aggiunse poi – Mi sarai vicina? –

La ragazza annuì.

 

 

Ron era terribilmente in ritardo, si stava intrattenendo con Hermione nel corridoio che portava agli spogliatoi, o per dirla in gergo giovanile, stavano pomiciando nell’attesa della chiamata di Harry.

- Mi sa che farei meglio ad andare. – riuscì soltanto a dire Ron tra un bacio e l’altro, ma Hermione non dava l’idea di aver intenzione di smettere di baciarlo.

Dal fondo del corridoio, giunse, in quel momento, un radioso Neville che accompagnava un’esilarante Luna Lovegood. Per l’occasione aveva un vistoso copricapo scarlatto e oro, con su incisa la scritta “Forza Grifondoro” che si illuminava a intermittenza, e magicamente cambiava, trasformandosi in animazioni che vedevano come protagonisti i giocatori della squadra, tra cui Harry, Ginny e Ron, in alcune delle loro azioni più prodigiose. Ron e Hermione non poterono far a meno di notarlo, quando i due amici li salutarono, interrompendo a malincuore la loro attività.

- Oh, scusate ragazzi. – disse imbarazzato Neville, che proseguì – Siamo venuti per darvi l’in bocca al lupo per la partita. –

- Ciao ragazzi. – disse semplicemente Luna con la sua aria stralunata.

Ron e Hermione sorrisero nel vederla così, solare, raggiante e stravagante come sempre.

- Ma, tu non dovresti tifare per la squadra avversaria? – le chiese Ron – Dopo tutto il Grifondoro gioca contro Corvonero! –

Luna alzò le spalle.

- Non vedo perché, se i miei migliori amici sono tutti del Grifondoro, tre dei quali sono anche giocatori. –

Ron e Hermione si guardarono tra loro, e sorrisero, per poi scambiare un’occhiata di assenso anche con Neville, che era entusiasta almeno quanto loro, ma Luna non diede il tempo a nessuno di loro di parlare, e riprese la parola, con uno strano sorriso stampato in faccia.

- Come vanno le cose tra voi? Vi vedo molto affiatati. –

Sia Ron, che Hermione, furono presi letteralmente alla sprovvista da quella domanda imbarazzante.

- Ehm… - fu il verso blaterato da Ron, che si grattò il capo.

- Beh, sembrerebbe bene… - esordì Hermione, che poi lanciò un’occhiataccia a Ron, memore ancora del loro ultimo litigio - …per il momento. –

Luna continuò a sorridere.

- Non fate altro che litigare, eh? – e fece una piccola pausa, mentre gli altri la guardavano curiosi – Litigare… fa bene all’amore. –

In quel momento alle spalle di Ron e Hermione, si udì il richiamo di Harry.

- Ehi Ron! Ma che fine hai fatto? Vuoi darti una mossa? Dobbiamo scendere in campo. –

Ron si voltò di scatto, e alzò un braccio per fargli cenno di aver recepito.

- Arrivo subito! –

- Oh, Harry! – alzò una mano Neville, in segno di saluto – In bocca al lupo! – gli urlò poi dal fondo del corridoio.

- Grazie. – gridò Harry in segno di risposta, e poi si soffermò ad osservare Luna e il suo buffo copricapo, che lo fece troppo sorridere – Ottimo cappello, Luna. –

La ragazza sorrise lusingata.

- Speravo riuscisse bene, dal momento che non posso vedere. Sono contenta che ti piaccia. –

- Del leone che ne hai fatto? – chiese in tono divertito Ron.

- Oh, l’ho messo da parte. Penso lo tirerò fuori in occasione della finale. Ma anche questo fa la sua scena. E’ carino vero? –

Ron continuava a sorridere divertito di fronte alle adorabili stranezze di Luna.

- Come te, del resto. – aggiunse e poi si voltò verso Hermione.

- Buona fortuna! – gli sussurrò lei, e gli stampò sulle labbra un lungo e profondo bacio.

- Non mi occorre fortuna. – disse sorridendo, guardandola negli occhi, quando si furono distaccati. – Mi basta sapere che ci sei. –

E così dicendo si allontanò correndo lungo il corridoio, raggiungendo Harry e il resto della squadra.

- Ti sei perso tutta la presentazione della tattica, Ron. – lo ammonì il capitano mentre si dirigevano verso il campo.

- Poco importa, dopo tutto sono il portiere. –

Harry gli fece un’occhiataccia.

- Guai a te, se fai passare una sola Pluffa, ok? –

Ron sorrise. – E tu afferra subito quel dannato Boccino. –

 

 

La partita durò più del previsto, cosa alquanto inaspettata, dal momento che tutti avevano dato per certa la vittoria del Grifondoro. Il cercatore, nonché capitano della squadra, era evidentemente fuori forma; l’unica fortuna per Harry fu che anche il cercatore del Corvonero non fosse particolarmente abile, e riuscissero a tenersi testa. Il risultato vedeva la squadra dal colore blu in vantaggio per soli dieci punti, Ron aveva fatto un’egregia partita, ma si era concesso un piccolo errore che era costato alla squadra la perdita del pareggio. Gli animi erano tesi, il freddo lacerava a dir poco la pelle dei volti di tutti i giocatori. Dagli spalti, Hermione era con il fiato sospeso, e gemeva ad ogni episodio d’allarme; accanto a lei, Luna appariva in una placida tranquillità, divertita dai commenti della cronaca che, purtroppo, non aveva potuto condurre lei in persona per ovvi motivi, e che era invece stata affidata a Seamus Finnigan. Neville, era in condizioni peggiori di quelle di Hermione, e seguiva gli sviluppi della partita con incitamenti e imprecazioni. Lavanda, a qualche gradone di distanza, tifava rumorosamente, e osannava ogni azione di Ron; Hermione la stava tenendo vigorosamente d’occhio, e la guardava con aria di sufficienza.

- No! Che peccato! C’era andata così vicina! – fu il commento di Neville, quando Ginny mancò un goal clamoroso, che avrebbe ristabilito la situazione di parità.

In quel momento si levò una voce alle loro spalle, proveniente da uno degli spalti più alti.

- Non scaldarti tanto. Un goal mancato della Weasley non farò la differenza. Potter è solo teso, prima o poi afferrerà il Boccino. –

Neville e Hermione si scambiarono un’occhiata torva, e all’unisono si voltarono, guardando in su. Non poterono credere che a parlare fosse stato proprio lui, il ragazzo biondo che se ne stava lì seduto, con fare indifferente e le mani in tasca, in una posizione scomposta, e l’aria di annoiarsi a morte. Era forse la prima volta che Hermione non sentì un commento sarcastico, o ironico, da parte di Malfoy; avrebbe potuto dire qualsiasi cosa su quel goal mancato da Ginny, e invece no; perfino il suo tono non era acido così come la Grifondoro lo ricordava negli precedenti anni a Hogwarts.

- Malfoy! – uscì spontaneamente dalle labbra di Hermione, che da un momento all’altra s’aspettava uno scontro verbale con il Serpeverde.

Il ragazzo le lanciò un’occhiata sfuggevole, e poco dopo comparve sul suo volto un piccolo sorrisetto.

- Sta pensando ad altro, si vede. – e buttò lo sguardo sulla partita – Onestamente quello che sta giocando ora non è il Potter che conosco io. Non si sta impegnando, è distratto, preoccupato. Si vede! Eppure sono convinto che il Boccino lo afferrerà lui. –

- Beh… lo spero. – riuscì soltanto a dire Hermione, che ancora lo fissava allibita, e subito dopo fu richiamata da un urlo stridulo di Lavanda.

- Grande Ron! –

Insieme all’urlo di Lavanda, si alzarono mille voci dagli spalti del Grifondoro. Hermione si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Ron rilanciare la Pluffa con tutta la forza che aveva.

- Che parata! – disse Neville stracolmo di entusiasmo.

Draco Malfoy sorrise di nuovo, sempre con la sua aria indifferente e sufficiente.

- Devo dire che però anche Weasley sta evitando di fare le figuracce di una volta. –

Hermione lo osservò ancor più curiosa.

- Cosa c’è Granger? Non guardarmi così, è vero che prima era schiappa. –

- Ron non… - scattò Hermione, ma dovette fermarsi rendendosi conto che non poteva negare il fatto che i primi tempi di Ron in squadra furono quasi completamente un vero fallimento.

- Guardate! Harry ha visto il Boccino! – gridò Neville, nel bel mezzo di un’azione del Corvonero.

Tutti si voltarono ad osservare l’inseguimento di Harry, che aveva alle calcagna il Cercatore avversario. Teneva gli occhi fissi sul Boccino, e non aveva alcuna intenzione di perderlo di vista; seguiva perfettamente la traiettoria tracciata dalla piccola sfera alata, e un paio di volte si esibì in una serie di capriole mortali che lasciarono senza fiato l’intero stadio. Qualche istante dopo, il Boccino d’Oro si dimenava tra le dita di Harry Potter, che lo innalzò al cielo, per mostrarlo a tutti. Il Grifondoro aveva vinto la partita. Un boato di urla gioiose si alzò dagli spalti della tifoseria scarlatta, sul copricapo di Luna comparve la scritta “Winner!”, Hermione e Neville si abbracciarono per la gioia. Draco in quel momento si alzò, ancora con le mani in tasta, e del tutto indifferente ai festeggiamenti che si stavano tenendo tutt’intorno a lui.

- Visto? L’avevo detto io. – disse in tono anche fin troppo pacato, e poi s’allontanò sparendo nella massa di Grifondoro festanti.

- Dai, andiamo dai ragazzi. – disse Hermione tutta eccitata, stringendo il braccio di Neville, che acconsentì e trascinò con loro anche Luna.

 

 

Harry era seduto su una delle panche degli spogliatoi, completamente sudato ed ancora incredulo per la vittoria appena conseguita, intorno a lui la squadra festeggiava rumorosamente. Ron era al settimo cielo, e non faceva altro che osannare la squadra, e Ginny stava brindando con i compagni di squadra. In quel momento fecero il loro ingresso Hermione, Neville e Luna. La giovane dai capelli cespugliosi s’avviò di corsa verso Ron, e gli saltò letteralmente addosso.

- Abbiamo vinto! – continuò a ripetere Ron.

- Sei stato grande. – gli disse lei, abbracciandolo forte.

- Ragazzi, complimenti! E’ stata una splendida partita! – disse Neville parlando a voce alta, in modo da superare le urla chiassose dei giocatori.

- Beh, io per un momento l’ho vista brutta. – confessò Ginny – Ma fortunatamente Harry ha preso il Boccino. Sapevo che ce l’avrebbe fatta. – ed andò a sedersi accanto a lui, portandogli un bicchiere di BurroBirra che Harry gentilmente rifiutò.

 

 

Harry e Ginny stavano risalendo verso il castello, mano nella mano, al calar della sera, quando alla loro destra subentrò una voce.

- Complimenti Potter, ottima partita. –

Entrambi si voltarono, e si ritrovarono di fronte Draco Malfoy, il Serpeverde che li aveva sempre detestati. I due furono sinceramente sorpresi di quell’uscita improvvisa, e s’aspettavano da un momento all’altro un battibecco con il loro storico nemico che non avrebbe portato a nulla di buono, ma così non fu. Draco non aveva affatto intenzioni bellicose.

- In verità, per i tuoi standard, ci hai messo forse un po’ troppo a prendere quel Boccino, ma… alla fine ciò che conta è acciuffarlo, dico bene? –

Harry si scambiò un’occhiata interrogativa con Ginny, era sinceramente disorientato.

- Beh, sì, è ovvio. – riuscì soltanto a rispondere il mago dalla cicatrice sulla fronte.

Draco a quel punto fece per allontanarsi.

- Allora ci vediamo, Potter. – disse e, dopo aver mosso qualche passo, si voltò nuovamente verso i due – E piuttosto, voi due, io farei più attenzione a confidare un mio intimo segreto, la prossima volta. –

Senza nemmeno lasciar loro il tempo di dire qualsiasi cosa, Draco voltò le spalle e s’allontanò definitivamente, lasciandoli totalmente attoniti.

- Ma era Draco quello? – chiese Harry, scettico e confuso.

- Sì. – rispose Ginny con lo stesso tono – Anche se sinceramente non so che cosa gli abbiano fatto. –

- Beh, lo preferisco di gran lunga così. – concluse Harry e, senza aggiungere altro, lui e Ginny ripresero la strada per il castello.

 

 

Ron e Hermione erano soli, nella stanza dei ragazzi; la porta rigorosamente chiusa a chiave, in modo che nessuno dei quattro compagni di stanza di Ron potesse irrompere da un momento all’altro. Non avrebbe dovuto farlo, Ron lo sapeva benissimo, ma i posti in cui ritagliarsi un po’ d’intimità a Hogwarts erano davvero pochissimi. In più, aveva appena vinto la sua partita, quindi come minimo i suoi amici gli dovevano un favore.

Era seduto sul proprio letto a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni della divisa di Quidditch, mentre Hermione era in piedi di fronte a lui, ancora completamente vestita, se non fosse stato per la camicetta sbottonata. Continuavano a baciarsi freneticamente, mentre Ron le accarezzava la schiena, senza mai spingersi oltre, temendo che potesse ripetersi ciò che già era avvenuto alla Tana. Hermione, dal canto suo, non dava alcun cenno di fastidio, e anzi, continuava a baciarlo con passione senza sosta. Ron, quindi, si fece coraggio, e prese a sfilarle la camicetta, che cadde al suolo senza emettere suoni. Hermione non oppose resistenza. Mentre continuavano a baciarsi, e mentre Hermione gli sconvolgeva totalmente i capelli, si spinse coraggiosamente verso il reggiseno, per un attimo esitò, ma lei sembrò quasi aiutarlo, guidandolo con la mano. Per la prima volta, Ronald Weasley vedeva la sua ragazza a seno scoperto; e il suo cervello cessò di funzionare per almeno una manciata di secondi; sentiva che il momento era molto vicino.

- Sono pronta, Ron. – gli sussurrò delicatamente Hermione all’orecchio.

Ron sussultò, e per qualche attimo non riuscì a dire o fare precisamente nulla, fin quando non fu lei a tirarlo su dal letto.

- Sicura? – le chiese, pregando in cuor suo che la risposta fosse positiva.

La ragazza annuì e continuarono a baciarsi, questa volta più avidamente. Hermione gli sbottonò i pantaloni e Ron la sdraiò sul letto, adagiandovisi sopra, con quanta più dolcezza fosse possibile. Fu un momento indescrivibile, i loro corpi si sfiorarono, e si coccolarono a vicenda, prima di diventare un tutt’uno, un solo unico corpo che li legava insieme, che finalmente li completava, dando a ciascuna parte il proprio pezzo mancante. Fu forse il momento più straordinario e magico che entrambi avevano vissuto fino a quel momento. L’esplosione delle emozioni, l’estasi, ma prima di tutto… l’amore. Il tempo si fermò per un attimo in quella stanza, e si concentrò esclusivamente su di loro, Ron e Hermione, che per troppi anni si erano rincorsi, per troppi anni si erano allontani, e per troppi, troppi anni si erano desiderati, senza trovarsi mai, scatenando incomprensioni, litigi e piccole gelosie. Finalmente, il momento che più di ogni altro desideravano, era giunto, e li aveva completamente travolti. Fu il momento in cui entrambi compresero che niente e nessuno li avrebbe più separati, perché era quella la loro unica felicità: amarsi, e stare insieme.

 

 

Il giorno dopo, Harry e i suoi compagni erano seduti a tavola per la colazione. Fortunatamente era domenica, cosa che gli lasciava ampio tempo libero; tempo che preferibilmente avrebbero dovuto impiegare con lo studio, ma considerando il fatto che la rinascita di Jahat si avvicinasse sempre di più, Harry non riusciva affatto a concentrarsi, era terribilmente teso, nervoso e per di più confuso. Ancora non riusciva a spiegarsi come fosse riuscito il giorno precedente ad afferrare il Boccino, visto il suo stato d’animo; per di più la nuova versione quasi cordiale di Draco Malfoy gli dava da pensare, non che gli importasse più di tanto della vita del suo più acerrimo rivale a Hogwarts, ma semplicemente non aveva mai creduto che questi potesse cambiare. Ad occupare la sua mente c’era anche la futura applicazione pratica di una lezione Difesa Contro le Arti Oscure, tenuta da Beker in collaborazione con il Ministero, che avrebbe avuto luogo l’indomani. Quell’insieme di cose assorbiva completamente la sua concentrazione. Ginny, come sempre, gli stava accanto, attaccata al suo braccio, e accarezzandogli una gamba per far in modo che si rilassasse; lei, come nessun’altro, era in grado di comprendere quando era teso. Ron e Hermione, seduti di fronte a loro, apparivano stranamente affettuosi, continuavano a guardarsi negli occhi e le dita delle loro mani erano saldamente intrecciate. Sia Ginny, che Harry, non li avevano mai visti così appiccicosi, dal momento che, anche dopo essersi messi insieme, i loro amici avevano continuato ad essere una coppia di fidanzatini battibeccanti che non facevano altro che punzecchiarsi a vicenda e prendersi in giro. Tutto quell’attaccamento romantico, era piuttosto strano. Ma Harry era sicuramente troppo preso per accorgersene, in quel momento.

- Allora è domani il grande giorno! Sono proprio curioso di vedere in cosa consisterà questa lezione pratica. – disse Ron, quando ebbe svuotato la sua ciotola di porridge.

- Non vedo l’ora. – esclamò Ginny entusiasta al solo pensiero.

- Chissà che cosa ci proporranno… dopo tutto si tratta pur sempre di affari ministeriali. – fece notare Hermione, abbastanza curiosa come gli altri.

- Beh, Beker ha parlato di questioni abbastanza semplici. Dubito che ci metta davanti a cose di grande difficoltà, anche se saremmo in grado di affrontarle comunque. – disse categorico Ron.

- Noi sì, molto probabilmente. – disse Ginny sorridendo – Ma dimentichi, fratellino mio, che il livello della classe è piuttosto eterogeneo. Basti pensare a Lavanda Brown. – quest’ultima frase fu pronunciata con tono più basso, in modo che la persona chiamata in causa non potesse sentire.

Lo scoppio della risata di Hermione fu improvviso e prevedibile, e la ragazza dovette portarsi subito una mano alla bocca per soffocare le risate. Ron si voltò a guardarla divertito. Harry, invece, si tenne fuori dal discorso, e rimase fermo e immobile ad osservare un punto imprecisato del suo piatto. Probabilmente, non ascoltò una sola parola. Hermione, Ron e Ginny si accorsero pienamente della sua assenza, ma deciso di rispettarlo, e non chiedergli nulla; avrebbero atteso che fosse stato lui a dare libero sfogo a tutto ciò che si portava dentro, quando avrebbe voluto.

 

 

Seguendo questa loro linea di pensiero, i tre Grifondoro si videro costretti anche a lasciare a Harry i propri spazi, nel momento in cui furono richiesti. Il mago rinato, il cui cuore era brama di uno dei più grandi maghi oscuri, a metà del pomeriggio, si congedò dalla sala di ritrovo di Grifondoro per poter andare a prendere un po’ d’aria, preferibilmente da solo. Ginny a malincuore lo guardò alzarsi e allontanarsi lungo il buco del ritratto, ma acconsentì alla sua richiesta. Harry pensò per un attimo di tornare a far visita ad Hagrid, dal momento che si trovava nei paraggi, ma cambiò idea quasi immediatamente, considerando che non aveva particolarmente voglia di parlare con nessuno. Si diresse fino alla sponda del lago, e lì si sedette su un sasso, contemplando il lugubre scenario invernale. Ogni suo grosso sospiro si trasformava in una nuvoletta di aria bianca, ma nemmeno il freddo sembrava stimolare i suoi sensi, in quel momento. Fu proprio allora che alle sue spalle giunse una voce, una voce che Harry avrebbe potuto riconoscere tra mille, perché l’aveva da sempre associata a qualcosa di sgradevole.

- Ehi, Potter! –

Harry si voltò e le sue previsioni furono confermate, dall’avanzare di quel ragazzo esile e biondo che s’avvicinava a lui a passo lento, tenendo le mani nelle tasche del lungo ed elegante cappotto nero.

- Malfoy. – ricambiò, anche se non aveva alcuna voglia di farlo.

Il ragazzo si avvicinò sempre di più, affondando i suoi mocassini nella neve, e giunto finalmente accanto al suo rivale per eccellenza, prese posto su un altro sasso sulla sponda del lago.

- La rossa dove l’hai lasciata? Credevo non vi separaste mai. – commentò Malfoy, rivelando la sua solita acidità.

Harry gli lanciò un’occhiataccia disgustata.

- Che cosa vuoi? –

Un piccolo sorrisetto comparve sul volto di Draco, che teneva sempre le mani in tasca.

- Non siamo in vena di parlare vedo. – fu la risposta del Serpeverde.

- Taglia corto, e falla finita. Non vedo di cosa io e te potremo mai parlare. – sbottò irritato Harry.

La tensione accumulata in quei giorni lo tradì vistosamente. Non gli permise di gestire la situazione, come avrebbe fatto se si fosse trovato in una condizione migliore.

- Ehi, ehi, ehi. Deponi la bacchetta, Potter. Non ho alcuna intenzione di combattere. – disse Malfoy che per un momento tirò fuori le mani dalle tasche, alzandole in tono arrendevole, per poi ricacciarsele di nuovo nelle sacche del cappotto. – Dimmi un po’, che cosa stai combinando? –

Harry aggrottò le sopracciglia, e lo guardò con espressione curiosa.

- Cosa sto combinando? –

- Sì, voglio dire… vorrei capire perché cosa sono stato accusato ingiustamente dal Ministero. Prima quelle misteriose aggressioni, le sparizioni, la cecità di quella Corvonero svalvolata che frequenti, e poi l’attacco che hai ricevuto qualche tempo fa. Sta succedendo qualcosa, Potter, questo è evidente, e tu sai perfettamente di cosa si tratta. –

Harry scrollò le spalle e scosse il capo, cercando di apparire più naturale possibile.

- No, ti sbagli. Non so assolutamente niente. –

Malfoy sorrise di nuovo, e fissò Harry con l’espressione di chi sembra saperla lunga.

- Ci sei dentro fino al collo, eh? –

- Che… - cominciò Harry ma Draco non gli diede modo di finire.

- Ruota tutto intorno a te. Ne sono più che sicuro. –

Harry sembrò irritarsi ancora di più.

- Faresti meglio a non impicciarti in cose che non ti riguardano, Malfoy. –

- Voglio sapere che cosa sta succedendo, Potter. – rispose in tutto tono Draco, che non sembrava assolutamente seguire l’ordine del Grifondoro.

- Non vedo proprio perché… - esordì Harry con lo stesso tono acceso di Draco, ma questi lo interruppe nuovamente.

- Potrei aiutarti. – disse secco il Serpeverde.

Quelle ultime parole fecero raggelare il sangue nelle vene di Harry, che non era sicuro di aver udito bene. Fissò Draco con aria attonita; si rendeva perfettamente conto di sembrare un vero allocco in quel momento, ma non riusciva a fare altrimenti. Non avrebbe mai pensato di udire una cosa del genere dalla persona che per anni l’aveva tartassato, tormentato ed odiato gratuitamente.

- Sarò caduto anche in miseria, ma so ancora come si tiene in mano una bacchetta. – aggiunse Draco, continuando a starsene seduto con le mani in tasca. – E poi ricorda che un Serpeverde dal passato oscuro dalla propria parte fa sempre comodo. – e così dicendo si alzò, lanciando un’ultima occhiata a Harry che ancora non riusciva a rispondere alcunché – Pensaci, Potter. –

Draco si voltò e cominciò ad allontanarsi mentre Harry ancora lo fissava senza dire una parola, e continuando a disegnare nuvolette con il suo respiro. Draco Malfoy che offriva a lui, Harry Potter, il suo aiuto? No, non ci avrebbe mai creduto, e forse ancora non ci credeva, nonostante fosse appena accaduto.

 

 

Ovviamente, quando fu di ritorno in Sala Comune, informò immediatamente i suoi compagni dell’accaduto e, com’era prevedibile, questi rimasero abbastanza sconvolti nell’apprendere la notizia. Erano tutti e quattro seduti sulle poltrone accanto al camino; Ron e Hermione su un divanetto che li ospitava entrambi, l’uno accanto all’altra, tenendosi per mano; Harry sulla poltrona più vicina al camino, proprio di fronte a loro, e Ginny seduta sul bracciolo della stessa.

- Non posso crederci. – fu il commento sconvolto di Ron.

- Anche ieri alla partita a me e Neville era parso abbastanza strano. – convenne Hermione. – Stranamente non ha fatto battutine acide. –

- Beh, in generale si è calmato dall’inizio dell’anno. Non ci hai mai rivolto la parola, se non in quest’ultimo periodo. Suppongo che un lieve cambiamento l’abbia avuto, considerando quello che ha vissuto l’anno scorso. Non vorrei esagerare ma, credo che abbia finalmente capito quale strada seguire. – spiegò Ginny che sosteneva un cambiamento in positivo da parte di Malfoy.

- Tutto ciò è a dir poco impossibile! – contestò Ron – Voglio dire… Malfoy è… è… MALFOY! –

- So che non riesci a vederlo diversamente, ma non è detto che non possa cambiare, solo per degli errori commessi in passato. – disse Ginny che continuava a sostenere la sua tesi – Prendi come esempio Piton. –

Ron annuì leggermente, riconoscendo la validità dell’esempio, ma non era per niente convinto.

- Non so che cosa fare. – ammise Harry, e tutti gli sguardi caddero su di lui.

- Che cosa vuoi fare? Non dirgli assolutamente niente. – fu il consiglio di Ron.

- Secondo me, invece, dovresti pensarci, Harry. – disse in tono pacato Hermione, e Ron si voltò a guardala di scatto, dal momento che si aspettava il suo completo appoggio.

- Hermione. – la richiamò.

- Sì, Ron. Pensaci, è Malfoy che è andato da Harry, è stato lui a fare il primo passo, sta cercando di seppellire le loro ostilità per raggiungere, non dico un’amicizia perché credo sia impossibile, ma almeno un rapporto di rispetto reciproco. Ha abbassato la guardia, e ha addirittura offerto il suo aiuto, e non è una questione facile questa. Noi siamo tutti coinvolti perché la cosa riguarda Harry, ed essendo suoi amici, vogliamo difenderlo. Ma Malfoy? Non è di certo implicato, non ha alcun interesse per farsi carico di questo pericolo; quindi sta anche mettendo a rischio la sua incolumità, per aiutare una persona che ha sempre detestato. Io direi che dovresti apprezzare Harry, dopo tutto un alleato in più non può fare che bene, ed ha comunque confidenza con la magia oscura. Ha ragione quando dice che è utile averlo dalla nostra parte. Tagliarlo fuori sarebbe come un affronto, riaccenderesti per niente le vostre rivalità. Dovresti fare uno sforzo. –

- Quello ha soltanto visto la gloria e la fama in Harry, ed ha capito che è meglio averlo come amico, che come nemico. Sta cercando di accattivarselo per risalire la china e riportarsi in una posizione dignitosa dal momento che è caduto in miseria, fidati, te lo dico io. Esattamente come suo padre. – commentò brusco Ron che proprio non voleva accettare l’idea della conversione di Malfoy.

- Potresti mettere da parte il tuo odio per un solo minuto? – gli chiese Ginny, indispettita – E poi la scelta spetta a Harry! – e si voltò verso di lui.

Harry rimase qualche attimo in silenzio, mordendosi l’indice, con fare pensieroso; non aveva la benché minima idea di che cosa fosse giusto fare.

- Onestamente non lo so. Ma… credo di essere d’accordo con Hermione. –

Ron sembrò evidentemente deluso da quella affermazione.

- Precisiamo, non che sia convinto che Malfoy sia diventato un santo, e non sono neppure tanto convinto della sua conversione o presa di coscienza, intendiamoci. Sicuramente Malfoy non mi piacerà mai ma… sono d’accordo con te, Hermione, quando dici che un mio rifiuto, in questo momento, sarebbe controproducente, ci metterebbe di nuovo l’uno contro l’altra, e onestamente è l’ultima cosa di cui credo di aver bisogno. –

- Allora lo renderai partecipe. – disse Ron con aria poco entusiasta.

- Se vuole realmente rendersi utile, sì. – concluse Harry.

 

Continua…

 

Rieccomi qua, sono tornata. Ho avuto un po' a che fare con un bell'esamone (e sono ancora sotto esami) e l'inizio dei corsi universitari. Purtroppo vedo che il tempo a mia disposizione diminuisce sempre più, ma ciò non toglie che cercherò sempre di ritagliarmi un po' di spazio per continuare questa storia. Se i tempi dovrebbero procedere a rilento, però, non me ne vogliate. Allora... capitolo ricco questo, dopo la breve pausa natalizia, ecco la vigilia e l'attesa per l'arrivo di Jahat, ci sono state le lezioni a Hogwarts, l'incontro di Quidditch, e gli sviluppi *abbastanza interessanti* tra Ron e Hermione. Questo capitolo in particolare ha visto molto la figura di Draco... non me lo sono mica dimenticato ;) Gli ho dovuto solo concedere un po' di tempo per scrollarsi di dosso quell'aria depressa che si portava dietro dal Principe Mezzosangue, e fargli riacquistare un po' il suo atteggiamento indisponente. Dopo tutto è questo il vero Malfoy.

Ora basta con le chiacchiere :p Aspetto come sempre i vostri commenti, e vi ringrazio tantissimo perché siete tantissimi a seguire questa storia. Il numero di preferiti e di seguite aumenta ad ogni aggiornamento, per non parlare delle letture. Vi ringrazio davvero tanto, e spero che continuiate a seguirmi. Mi auguro sempre di non deludervi, dopo tutto è pur sempre la mia prima fanfic su Harry Potter, è stato un po' come mettersi alla prova, e spero di riuscire in questo.

Adesso vi lascio e vi do appuntamento al prossimo appuntamento. Un bacio. Sam

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 16

 

Quella mattina Harry apparve ancor più nervoso del solito, così come lo era stato nell’ultimo mese. Era seduto al tavolo del Grifondoro, in Sala Grande, davanti ad una ricca colazione che non aveva nemmeno sfiorato; i suoi occhi erano ben incollati alle pagine della “Gazzetta del Profeta” che stava sfogliando attentamente; non vi era stato più un solo attacco di recente, e ciò confermava a Harry l’idea che i jahati si stessero attivando per il ritorno del loro signore. Questo non faceva altro che metterlo ancor di più sottopressione.

- Dovresti mangiare qualcosa. –

Ginny sedeva proprio al suo fianco, come sempre d’altronde, e non poteva far a meno che preoccuparsi per lo stato di salute di Harry, che non aveva ancora toccato cibo. Il giovane Grifondoro, nell’udire quella voce, fu quasi come destato da un profondissimo sogno ad occhi aperti, e trasalì, prendendo coscienza del luogo in cui si trovasse, e in quali circostanze; osservò per un attimo l’ambiente circostante, incrociando anche gli sguardi di Ron e Hermione, seduti dall’altra parte del tavolo, e poi si voltò verso Ginny.

- Come scusa? – le chiese non essendo sicuro di aver realmente udito qualcosa.

Ginny scambiò un’occhiata con Hermione e Ron, anch’essi palesemente preoccupati.

- Non hai toccato nulla. – disse con tono pacato, Ginny, posandogli una mano sul braccio.

- Oh – fece Harry alludendo al suo piatto – Non ho fame. –

- Ma come? – gli fece Ron – Proprio oggi che dobbiamo vedercela con le Arti Oscure! Dovresti metterti in forze. –

Harry guardò torvo Ron, e poi assunse un tono leggermente sarcastico – Beh, Ron, conoscendo la grande forza oscura che vuole venire a cercarmi a giorni, non mi preoccupo proprio di mettermi in forze per una lezione. –

Ron abbassò lo sguardo, comprendendo che il suo tentativo di far rianimare l’amico era miseramente fallito. Il pensiero dell’avvento di Jahat, e la sua volontà di voler strappare il cuore a Harry, erano pensieri troppo radicate nella mente del suo compagno. Harry non riusciva a non pensare ad altro, anche se tentava in tutti i modi di distrarsi, o di farsi trasportare da altro, proprio non ci riusciva.

Quella mattina si sarebbe tenuta la tanto attesa lezione pratica di Difesa Contro le Arti Oscure, a cura di Beker e dei suoi collaboratori del Ministero della Magia. Era stato dall’inizio dell’anno un evento che Harry aveva atteso trepidante, e ancora adesso l’idea lo entusiasmava, ma era comunque occultata dalle sue preoccupazioni. Ad ogni modo, anche tutti gli altri studenti del settimo anno erano palesemente emozionati per l’evento; dal momento che nessun insegnamento ad Hogwarts era stato mai soggetto a nulla di simile. Era di sicuro la prima volta che un insegnante, Hubert Beker in questo caso, Auror tedesco diplomato a Durmstrang, portava una materia al di fuori della mura del castello, per permettere agli studenti di mettere alla prova le loro conoscenze teoriche, direttamente nella vita vera. Beker era fermamente convinto che la Magia, ed in particolar modo la Difesa, si apprendesse con l’applicazione pratica, e non potesse essere relegata soltanto alla teoria. Nessuno dei suoi studenti, però, riusciva ad immaginare come si sarebbe svolta quella speciale lezione, alla quale mancavano poche ore. Mentre si trovavano ancora tutti in Sala Grande, seduti ai rispettivi tavoli delle quattro Case di Hogwarts, il leggero brusio che aleggiava sull’intera sala, fu spento all’istante appena la figura austera di Aberforth Silente si protrasse in piedi, catturando l’attenzione di tutti i presenti.

- Buongiorno a tutti. – esordì – Come sapete, oggi alcuni degli studenti del settimo anno, saranno condotti dal professor Beker lontano dal castello, per portare a termine una speciale lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Per motivi di praticità, io e il professore, abbiamo convenuto insieme, che non sarebbe stato prudente né comodo condurre oltre queste mura l’intera classe dell’ultimo anno, e abbiamo quindi preferito suddividere le lezioni speciali in due turni, a cui prenderanno parte ciascuna volta, due diversi gruppi, a rotazione, in modo da poter dare a tutti la possibilità di agire, e di confrontarsi sul campo, con gli altri studenti della scuola. Il turno di oggi prevede la partecipazione degli studenti di Grifondoro, come da orario, a cui saranno accoppiati gli studenti di Serpeverde. –

Un’unica voce di dissenso si levò dal tavolo della casa scarlatta.

- Vedo che siamo tutti d’accordo. – disse Aberforth con un sorriso divertito – Gli studenti di Tassorosso e Corvonero prenderanno parte al secondo turno, che si svolgerà domani. E’ tutto chiaro? Voglio inoltre rammendarvi, ma mi auguro che non ci sia bisogno dal momento che ormai siete quasi tutti maggiorenni, di fare molta attenzione; potrebbe essere più difficile di quanto pensiate. Non crediate che una volta usciti da qui sia tutto semplice là fuori, tutto come l’avete appreso sui libri, o come l’avete visto nelle simulazioni in classe. Ci sono tante cose che potreste incontrare, e che magari non vi aspettate, per cui state bene in guardia, e tenete gli occhi aperti. – e si voltò verso Beker, seduto alle sue spalle, al tavolo degli insegnanti – Anche se confido pienamente nel fatto che il professor Beker si occupi vigilmente di ciascuno di voi. Per ora… direi che è tutto. Indi per cui, mano alle bacchette e buona fortuna. A tutti gli altri auguro una buona giornata di lezione. –

Aberforth si ritrasse sorridente, abbandonando la Sala Grande, seguito da alcuni insegnanti. La professoressa McGranitt si alzò per seguirli, ma prima di uscire dalla sala, volle accertarsi di alcune ultime cose, e si ritrovò faccia a faccia con Beker, parlandogli sottovoce. Harry notò quel movimento, ed allungò il capo oltre la testa di Ginny per poter scorgere qualcosa, ma i rumori e gli schiamazzi di tutti gli studenti che in massa uscivano dalla sala, gli rendeva l’impresa di gran lunga impossibile.

- Mi raccomando, Hubert, fai molta attenzione. – disse con aria preoccupata la professoressa McGranitt, aggrappandosi al braccio del professor Beker – Conoscendo la minaccia che incombe su Potter, non posso stare tranquilla, qui al castello, sapendolo fuori dalla scuola. Fai bene attenzione, non lasciarlo mai da solo. –

- Ma certo, Minerva, non preoccuparti. – disse Beker sorridendole – Tu pensa solo a rilassarti, che ultimamente non sei stata molto a riposo, o sbaglio? –

La professoressa McGranitt parve quasi indignata a quella constatazione, quasi come se Beker l’avesse profondamente offesa.

- E come avrei potuto? – disse mettendosi una mano al petto – Sono preoccupata per i miei studenti, Hubert. Tutto quello che voglio è difenderli. Questi ragazzi – e volse lo sguardo alla Sala, scorgendo Harry e i suoi fedeli amici ancora al tavolo del Grifondoro – ne hanno già vissute abbastanza. Un ulteriore pericolo… -

- Non accadrà! – la interruppe Beker – Te li riporterò sani e salvi. Non sono poi così scanzonato e irresponsabile come sembro. Fidati. – concluse, continuando ad esibire un sorriso rassicurante.

La professoressa McGranitt annuì debolmente, e poi s’allontanò per recarsi alla sua aula e dare inizio alle sue lezioni.

- Avete notato? – chiese Harry agli altri, tra cui c’era anche Neville, mentre s’alzavano dagli sgabelli per trasferirsi nella Sala d’Ingresso.

- Notato cosa? – chiese Ron, che non vedeva cosa ci fosse da notare.

- La professoressa McGranitt… ha detto qualcosa a Beker. –

Hermione alzò gli occhi al cielo.

- Harry… potresti rilassarti e non cercare di vedere cose strane ovunque? –

Harry fu sul punto di controbattere per alcuni secondi, trovando anche a dir poco acido il tono con cui Hermione gli si era rivolta; gli era parso quasi che gli stesse dando del paranoico, ma si contenne, convenendo che forse un po’ paranoico lo era, e magari stava esagerando. I suoi amici avevano perfettamente ragione, doveva rilassarsi e non stare lì a scorgere il male ovunque.

 

 

I cinque Grifondoro, insieme al resto degli studenti dell’ultimo anno delle due case da sempre rivali di Hogwarts, si avviarono lungo il corridoio della Sala Grande, e giunsero alla Sala d’Ingresso, dove vi si erano tutti radunati. Luna Lovegood era accanto a Neville, e lo stava salutando, prima di scappare via per seguire la sua prima lezione della giornata.

- Spero tu possa trovare qualcosa di bello. – disse la ragazza di Corvonero, con la sua solita aria stralunata e svampita.

Neville si voltò a guardare i suoi compagni con aria perplessa, ma divertita.

- Ma non vado ad una gita. –

- Oh, che peccato. – disse Luna che parve palesemente dispiaciuta, ma il sorriso le tornò un istante dopo – Beh, potresti essere ugualmente fortunato, non si sa mai. – e gli dice un bacio sulla guancia – Buon divertimento a tutti. –

E così dicendo, salutò con la mano, e s’avviò da sola lungo le scale; aveva recentemente imparato un incantesimo che le consentiva di avvertire lo spazio esterno, in modo da poter camminare tranquillamente senza essere condotta da qualcuno, pur non vedendoci; e poi, per tutte le volte che vi aveva gironzolato, il castello di Hogwarts lo conosceva praticamente in ogni suo angolo, per questo non aveva particolari problemi a spostarsi autonomamente. Harry, Ron, Hermione, Ginny e Neville la videro allontanarsi saltellando allegramente, e non poterono far a meno di sorridere nel vederla sempre così piena di vita nonostante ciò che le era accaduto.

- Che mondo sarebbe senza Luna? – chiese Ron divertito.

- Me lo chiedo anch’io. – disse Hermione, con lo stesso tono.

- Beh – esordì Ginny – Ci ha augurato buon divertimento quindi… ho tutta l’intenzione di farlo. –

Suo fratello aggrottò le sopracciglia – Ad una lezione di Difesa Contro le Arti Oscure? –

- Certo che sì. – rispose Ginny in tutto tono.

- Beh, certo – aggiunse Ron – noi ci divertiremo: quelli che se la vedranno brutta, saranno coloro che dovranno vedersela con noi. – disse facendo schioccare le nocche delle dita.

- Non so quanto ci divertiremo dal momento che seguiamo con Serpeverde. – osservò Neville, con aria scettica, e tutti si voltarono per guardare il gruppetto riunito dei Serpeverde dell’ultimo anno. Harry non poté far a meno di scrutare Malfoy. Questi se ne stava appoggiato al muro di pietra, con le braccia incrociate, al fianco di Goyle, ed aveva tutta l’aria di non essere assolutamente coinvolto da ciò che stava per accadere. Sentendosi osservato, alzò lentamente gli occhi, verso il piccolo gruppo di Grifondoro, e fece un debole cenno del capo in direzione di Harry.

- Notevole. – esclamò Ginny, che ancora stentava a crederci – Ti ha salutato. –

Harry annuì debolmente. – Già. Che fortuna eh? –

La sua ragazza gli diede un piccolo scossone.

- Dai, dagli almeno una possibilità. Chi può dire che non si rilevi un utile alleato? – disse sorridendo.

Alle loro spalle sopraggiunse un’ilare voce: era Beker, con la sua solita aria ribelle da adolescente incompreso, che si avvicinò al gruppo, ed appoggiò una mano sulla spalla di Harry, ed una su quella di Neville, che gli era accanto, frapponendosi fra loro.

- Allora? – disse in tono allegro – Siete tutti pronti? Avete le bacchette calde? –

- La mia non vede l’ora di agire! – esclamò Ron, fiero.

Beker gli strizzò l’occhio.

- Non avevo dubbi, Weasley! Usala bene mi raccomando. –

- Professore, sa già dove ci spedirà il Ministero? E soprattutto, contro chi o cosa? – chiese Hermione, sempre interessata e attenta ai dettagli.

- Credo proprio che ci spediranno in un villaggio Babbano, signorina Granger. Dovremmo fare molta attenzione. Gli Auror sono già sul posto, attendono solo noi. –

- Come ci spostiamo? – chiese Ginny curiosa – Suppongo che sia un tantino problemino muoverci sulle scope, dico bene? –

Beker annuì pienamente soddisfatto dell’acutezza dei suoi studenti.

- Benissimo, signorina Weasley! Useremo le carrozze della scuola! Aberforth ha gentilmente acconsentito di rendercele in prestito. – e detto questo si voltò verso Harry con apprensione, notando il suo silenzio, e gli diede una leggera scrollata di spalle – Ehi, tutto bene? –

Harry alzò gli occhi sul suo professore, ed annuì debolmente..

- Sì, sì, tutto bene. –

Beker si chinò verso di lui, accostandosi al suo viso.

- Non temere Harry, andrà alla grande. Io sarò sempre con te, per qualsiasi cosa, intesi? –

Harry acconsentì nuovamente, mentre Beker si allontanava da loro e prendeva il centro della Sala.

- Allora? Siamo tutti pronti? – disse a gran voce, attirando l’attenzione di tutti gli studenti.

 

 

Nel cortile della scuola, mentre tutti gli studenti prendevano posto sulla dozzina di carrozze che li attendevano, Draco si distaccò dai suoi compagni, e s’accostò al gruppo di Harry e degli altri Grifondoro.

- Ehi Potter – esordì – Teso? –

Harry scosse il capo non curante.

- Hai riflettuto sulla nostra conversazione dell’altro giorno? – chiese in seguito il biondino.

- Sì Malfoy, ci ho riflettuto. – disse Harry prendendo posto sulla carrozza accanto a Ginny.

- E allora? – chiese ansioso Malfoy.

Harry esitò qualche istante, e cercò l’approvazione dei suoi compagni con lo sguardo, per poi voltarsi verso il suo storico rivale.

- Allora… ne parleremo al fine di questa lezione. –

Draco annuì, e senza aggiungere altro, si congedò con un debole saluto rivolto a tutti.

- Adesso mi sta seriamente preoccupando. – constatò Ron mentre lo vedeva allontanarsi per raggiungere la carrozza sulla quale era salito Goyle.

- No, quello non è Malfoy. – commentò Neville, senza smettere di fissarlo.

- E non mi ha nemmeno chiamata Mezzosangue. – disse Hermione nascondendo una debole risata con un finto stupore – Il mondo è davvero cambiato. –

Tutti gli altri risero, e Ginny strinse la mano di Harry.

- Alla fine, allora, hai deciso di parlargli? –

Harry annuì, guardandola poi negli occhi.

- Ho deciso di fare un tentativo… dopo tutto… è solo Malfoy, non è che possa nuocermi più di tanto. –

 

 

Le carrozze trainate dagli invisibili (non a tutti) Thestral giunsero in una stradina del centro di Londra, poco lontana dalla stazione di King’s Cross, che gli studenti di Hogwarts ben conoscevano. Tre Auror si avvicinarono al professor Beker, ed Harry li notò farfugliare qualcosa tra loro, fin quando il suo insegnante non si voltò verso di loro, esortandoli a seguirlo.

- Bene ragazzi, cominceremo subito. La massima attenzione, mi raccomando. – e si lasciò scappare un sorriso divertito – Altrimenti la professoressa McGranitt mi ammazzerà se non le riporto indietro qualche studente. –

Grifondoro e Serpeverde si accodarono al professore e ai tre Auror, e camminarono lungo la piccola stradina poco trafficata. Si fermarono ai piedi di un’altra palazzina, di almeno dieci piani, e su imitazione dei dipendenti del Ministero, alzarono il capo per poter vedere lo strano fenomeno che effettivamente si stava verificando al sesto piano dell’edificio. Un nuvolone di fumo simile a un qualche gas, di color verde acido, fuoriusciva da tutte le finestre del piano; chiaro segno che qualcosa effettivamente non andava, qualcosa di anormale, che necessitava di essere fermato. L’espressione di Beker cambiò istantaneamente di fronte a quello scenario, e si voltò verso i suoi colleghi Auror.

- Avete già ispezionato il piano? – chiese, con tono greve.

Uno dei tre annuì e si portò avanti – C’è una porta bloccata. Abbiamo aspettato gli studenti per la dimostrazione, altrimenti non ci sarebbe stato più alcun lavoro da fare. –

Beker annuì. – Molto bene, allora come ci organizziamo? –

- Quattro studenti possono prendere parte attivamente all’azione, gli altri assisteranno alla dimostrazione. Io, insieme a lei e i quattro studenti, irromperemo abbattendo la porta, i miei due colleghi e il resto dei ragazzi attenderanno sul piano. –

- Una situazione un po’ problematica. – constatò Beker – Non mi aspettavo uno spazio così angusto. –

- Non dipende da me, Beker. – si giustificò l’Auror – Allora? Provvediamo a sbarazzarci di questa cosa, qualunque cosa sia? –

Il professore annuì, e così alcuni dei suoi studenti alle sue spalle.

- Ah, Beker. – lo richiamò sempre lo stesso Auror, che aveva una lunga tunica blu scuro, e una folta barba castana – A che livello sono i tuoi ragazzi? –

Beker, abbastanza stupito, e quasi offeso da quella domanda, inarcò un sopracciglio.

- Beh, tra di loro c’è Harry Potter, giudichi lei. – disse spavaldo e si voltò verso i suoi studenti – Ci sono quattro coraggiosi volontari? – disse con un sorriso smagliante, ma al contrario delle sue aspettative, nessuno si fece avanti. – Nessuno? Sicuri ragazzi? Vi ricordavo piuttosto entusiasti per questa lezione, e mi tradite così. Va bene, vorrà dire che sceglierò io per voi. Facciamo pure due ragazzi e due ragazze… Malfoy, Ginny… –

Draco e Ginny fecero un passo avanti, mentre Beker continuava a scrutare il gruppo degli studenti rimanenti.

- Mmh… Granger? –

Hermione fece per fare un passo avanti, ma avvertì la mano di Ron sfiorarle il polso; il ragazzo quasi sussultò al suono di quel nome.

- Ti prego, Hermione, fa attenzione. – le disse con un filo di voce.

Lei si voltò rivolgendogli uno splendido sorriso, che lo appagò di tutto, facendogli dimenticare qualsiasi preoccupazione.

- Sta tranquillo, di che ti preoccupi? –

Hermione si portò in avanti, al fianco di Beker e degli altri due prescelti per l’operazione. Mancava soltanto un nome, un altro ragazzo, secondo la volontà di Beker.

- E… vediamo… Harry? –

Harry fissò il suo professore per lunghi istanti, senza muoversi. Aveva la netta sensazione che Beker volesse chiamarlo fin dal primo momento, e infatti non riusciva a spiegarsi perché avesse tenuto il suo nome per ultimo. Stette a fissarlo ancora a lungo, per poi avanzare, raggiungendo la sua amata Ginny; per lo meno, si disse, avrebbe potuto starle vicino.

- Non essere teso. – gli sussurrò lei all’orecchio.

- Ma che strano gruppo! – esclamò in quel momento Draco – Chi l’avrebbe mai detto, vero Potter? –

Dalla parte di coloro che non erano stati scelti, Ron stava piagnucolando qualcosa con Neville.

- La mia ragazza, mia sorella, il mio migliore amico… non poteva andare peggio, non trovi? –

Neville lo scrutò in silenzio per qualche istante.

– Andiamo, è solo un’esercitazione, roba facile per il Ministero, altrimenti non l’avrebbero mai lasciata a noi. Abbiamo di gran lunga superato cose ben peggiori. Rilassati. – disse rincuorandolo.

Ron sospirò…

- Eppure io ho un brutto presentimento. –

 

 

Salirono i sei piani tutto d’un fiato, gradino per gradino, cercando di passare il più possibile inosservati, benché fosse difficile. Un secondo Auror, dall’aspetto molto più giovane di quello che si era rivolto a Beker, si portò di fronte alla porta, da cui spifferi fuoriusciva un leggero strato di fumo verde. Senza esitare, il giovane Auror spinse la maniglia della porta, ma non ottenne alcun risultato.

- E’ ancora bloccata. – disse rivolgendosi all’Auror più anziano.

- Tu rimani qui. – gli rispose questi, portandosi in avanti – Beker, mi segua. –

Il professor Beker eseguì l’ordine e gli si accodò, tracciandone le orme. Ugualmente fecero, a loro volta, i quattro selezionati, che si lasciarono alle spalle il resto del gruppo. Ron appariva seriamente preoccupato, e teneva gli occhi fissi su Hermione.

- Signorina Granger? Vuole provarci lei? – le chiese Beker – Ricordi, è più facile di quello che sembra. –

Hermione acconsentì con un leggero segno del capo.

- E’ più facile di quello che sembra. – ripeté nella sua mente, ed un istante dopo, aveva già la risposta – Alohomora! – esclamò puntando la bacchetta contro la porta.

Ci fu un piccolo scatto all’altezza della serratura, e la porta cigolò aprendosi di qualche centimetro.

- Ottimo lavoro. – le disse Beker rivolgendole un sorriso.

Un istante dopo l’espressione del professor Beker mutò completamente; posò gli occhi sulla porta, e cominciò ad avanzare verso la stessa, al fianco dell’Auror più anziano. Hermione, Harry, Ginny e Draco li seguirono. Ron, a malincuore, dovette restare lì fermo a guardare.

L’Auror posò una mano sulla porta di legno, e la spinse lentamente verso l’interno. Il denso nuvolone verde fuoriuscì sempre più man mano che la porta veniva aperta, e molti dei presenti si ritrovarono a tossire e furono costretti a coprirsi le vie respiratorie come meglio poterono.

Quando la porta fu completamente aperta, i due Auror esperti fecero lentamente il loro ingresso, troncando la nebbia di fumo, ed aprendo la strada ai quattro intrepidi studenti che avevano ricevuto il compito di annientare il responsabile di quello strano fenomeno di Magia Oscura, qualunque esso fosse. Dopo aver mosso i primi passi, il gruppo non fu più visibile da coloro che erano rimasti come spettatori sul pianerottolo, la stanza al suo interno era buia, e c’era poca visibilità, se non fosse stato per i leggeri raggi di luce che filtravano dalle fessure delle persiane tirate giù; era tutto avvolto nella penombra.

- Harry, stammi vicino. – fu l’avvertimento e l’ordine di Beker, mentre avanzavano nell’oscurità.

Harry non comprese sul momento tutta quella preoccupazione. Ci fu un piccolo urto e scattarono tutti sull’attenti.

- Che cos’è stato? – chiese l’Auror. – Fate attenzione a non urtare niente! – aggiunse.

Il rumore era stato provocato dal piede di Draco, che aveva urtato accidentalmente contro una sedia lasciata allo sbaraglio in giro, proprio al centro della stanza. Intanto, sul pianerottolo, non si avvertiva più alcunché, neanche un suono.

 

 

- Ma che accidenti sta succedendo là dentro? Perché è tutto così silenzioso? – chiese Ron, che stava più che altro parlando con sé stesso.

- La smetti di essere così nervoso!? – gli intimò Neville.

Ron si voltò verso Neville, e stette un attimo a fissarlo in silenzio. In quel momento si rese conto di quanto stava accadendo. Lui, Ron Weasley, che dal suo primo anno ad Hogwarts aveva vissuto le più eclatanti e spaventose avventure al fianco di Harry Potter, doveva vedersi tranquillizzare da Neville Paciock, il ragazzo che ricordava come il più fifone della sua classe? Capì che era troppo agitato, e cercò di darsi un contegno, continuando a fissare la porta, ormai spalancata, e il fumo verde che si liberava lungo le scale.

 

 

All’interno dell’appartamento, Auror e studenti di Hogwarts continuavano ad inoltrarsi alla ricerca di qualcosa di sospetto, quando Harry avvertì qualcosa accanto a sé. In un istante, gli si gelò il sangue nelle vene e fu scosso da un brivido, come se fosse stato accarezzato da un Dissennatore; fu una spregevole sensazione. Si voltò di scatto, e con suo stupore non vide alcunché. Fu colto come dal presentimento che stesse per accadere qualcosa, e strinse la bacchetta tanto da farsi male alle nocche, che gli divennero completamente bianche; con l’altra mano cercò quella di Ginny, e si sentì rassicurato dal sentirla così calda e viva. Esattamente ciò di cui aveva bisogno. Ginny, posò lo sguardo su di lui, ma rimase a fissarlo in silenzio, avvertì tremendamente la sua tensione, e capì che non avrebbe potuto far nulla per placarla. Ad ogni modo, apprezzò il fatto che Harry l’avesse cercata in quel momento, avesse voluto stabilire un contatto con lei, e si sentì completamente appagata. In realtà, Harry era tremendamente preoccupato. Avvertiva la presenza di qualcosa, o meglio, di qualcuno. Un pensiero gli balenò nella mente.

- E se fosse tutta una trappola?

- Harry, attenzione. – continuava ad intimargli il professor Beker, con tono pacato.

Tutte quelle raccomandazioni non facevano altro che preoccuparlo ancora di più. Era come se anche il professor Beker avvertisse qualcosa, e chi meglio di lui poteva comprenderlo. Se si trattava realmente di ciò che Harry immaginava, Beker era davvero il solo esperto; se ciò che avvertiva era la presenza di Jahat, l’avvertiva di sicuro anche il suo insegnante.

In quel momento l’Auror che li guidava si arrestò all’istante, rischiando di causare una serie di tamponamenti a catena.

- Che cosa c’è? – gli chiese Beker.

L’Auror aveva un’espressione piuttosto interrogativa.

- E’ che… non capisco… è tutto così strano. –

- In che senso? – incalzò il professore.

- Qui le cose non vanno molto bene. – affermò l’Auror – Forse ci sbagliavamo, forse non era un’operazione adatta ai suoi studenti. –

- Che cosa le fa dire questo? – continuò a chiedere Beker, che sembrava quasi terrorizzato.

In quel momento ci fu un piccolo urlo alle loro spalle, li fece trasalire e voltare di scatto. Hermione si lasciò cadere in ginocchio sul pavimento gelido, reggendosi la spalla sinistra con la mano, dopo qualche istante, sentendola bagnata, la portò davanti a sé per osservare il suo palmo, che le apparve interamente ricoperto di sangue. Un profondo taglio netto le tranciava il braccio.

- Hermione! – gridò Harry lanciandosi subito accanto a lei, seguito da Ginny.

- Che accidenti è successo? – chiese Malfoy terribilmente agitato, voltandosi freneticamente intorno per scorgere la persona o la cosa che avesse ferito Hermione.

 

 

Sul pianerottolo, intanto, Ron aveva udito l’urlo e vi aveva riconosciuto distintamente Hermione. Senza neanche stare troppo a rimuginarci su, si fondò verso la porta chiamando a gran voce il suo nome, ma questa gli si chiuse vigorosamente in faccia, schiacciandogli il naso, che cominciò a sanguinare. Ron si portò entrambi le mani alle narici, e guardò stupito la porta che si era chiusa da sé. I due Auror tentarono immediatamente di aprirla, e di forzarla, ma nessuno dei due riuscì a risolvere la situazione.

- Ron stai bene? – chiese debolmente Neville, avvicinandoglisi.

Ma Ron, appena Neville ebbe portato entrambe le mani su di lui, lo scaraventò con una scrollata di spalle, si fiondò nuovamente verso la porta, lanciando in aria i due impiegati del Ministero, gridando con tutta l’aria che aveva nei polmoni e prendendola a spallate con tutta la forza che aveva.

- HERMIONEEEE!!! –

Una… due… tre… continuava a dare violenti spallate di peso, ma invano.

- Smettila, Ron. – disse una voce femminile dal fondo del gruppo del Grifondoro.

Ron si voltò confuso, cercando con lo sguardo l’autore di tale ordine, tra l’altro poco apprezzato. A parlare era stata Lavanda Brown, che si portò avanti superando tutti gli altri.

- Smettila. – disse nuovamente – Così ti ucciderai una spalla. –

Ron la osservò per qualche istante, nei suoi occhi l’ira cresceva a dismisura.

- TU! – disse ansimando – Non dirmi… cosa… devo… o non devo fare…! – e tornò a fiondarsi sulla porta – HERMIONE!!! Dannazione!!! –

Ma questa non accennava a volersi aprire…

 

 

- Dimmi Potter, sono venuti per te? – chiese Malfoy mentre continuava a rigirarsi in tutte le direzioni, brandendo la bacchetta. – Ma dove sono? Io non vedo niente! –

- E continuerai a non vederli – disse Beker, avvicinandosi anch’egli a Hermione – a meno che tu non possieda la vista. –

- Che? – riuscì solo a chiedere Malfoy.

In quel momento Harry alzò lo sguardo sul suo professore.

- Professor Beker, anche io non li vedo. –

Harry sapeva perfettamente che Beker e Aberforth erano convinti che lui fosse dotato di quella vista particolare che era richiesta per poter riuscire a vedere i jahati, e lo stesso Jahat; dopo tutto lo aveva già dimostrato, essendo riuscito a vedere i suoi aggressori quando erano venuti a fargli una visitina a Hogwarts. Beker non sembrò scomporsi a quell’affermazione.

- Credo che sia perché loro… non vogliano farsi vedere. –

- Ma insomma? Mi spiegate che accidenti sta succedendo? – chiese l’Auror con un cenno d’ira e nervosismo.

Al seguito di quella frase, s’avvertì un enorme boato, seguito da numerose urla che si innalzarono dalla strada sottostante.

- E quello che cos’era? – chiese Ginny preoccupata.

- Dannazione! Qui è pieno di Babbani! – imprecò Beker, ed immediatamente dopo si voltò verso Harry – Harry tu resta qui e proteggi i tuoi compagni qualunque cosa dovesse accadere, intesi? Io vado a vedere cosa sta accadendo di sotto! –

Harry annuì e vide il professore lanciarsi lungo l’appartamento e correre alla porta, ma quando fece per tirarla, questa non si mosse.

- Che acciden… E’ chiusa, dannazione! – disse cominciando a prenderla a colpi per riuscire a sbloccarla, ma non vi riuscì. – Sono bloccato dentro. – aggiunse in tono sconvolto.

Un attimo dopo, Beker avvertì un colpo lacerante alle costole; si portò le mani allo stomaco, e si piegò letteralmente in due dal dolore, lasciandosi cadere sul pavimento.

- PROFESSOR BEKER! – urlò Harry che non sapeva se correre dal suo professore, o continuare a stare accanto a Hermione.

Decise di lasciare l’amica alle cure attente di Ginny, e si precipitò da Beker, cominciando a scuoterlo.

- Professore! Professore! –

- E’ qui Harry! – sussurrò Beker – E’ tornato. –

 

 

Tutti gli studenti che erano rimasti in attesa sul pianerottolo, udirono il profondo boato proveniente dalla strada. Ron e Neville, seguiti da Dean e Seamus, senza nemmeno attendere la fine dello stupore generale dei loro compagni, scavalcarono tutti e si fiondarono giù per le scale, seguiti a ruota anche dai due Auror del Ministero, che in verità sembravano essere più che altro due incapaci impreparati. Una volta in strada, Ron e gli altri assistettero ad uno spettacolo spaventoso, centinaia di persone correvano lungo la strada in preda al panico, urlando e agitandosi in maniera inaudita, alcune persone erano accanto ad altre ferite, cercando di dar loro assistenza, mentre altre ancora venivano attaccate dal nulla, e si riversavano al suolo. Gli occhi di molte di queste persone, sanguinavano.

- Ma che cos… - stava per chiedere Neville, ma si bloccò all’istante. – Ron! Dobbiamo fare qualcosa! – disse strattonandogli un braccio.

- JAHAT! – esclamò Ron, che non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo atroce. – Che accidenti di incantesimo si usa contro un nemico invisibile? –

Alzò la bacchetta in aria, in un punto imprecisato e gridò – Revelo! –

 

Continua…

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 17

 

Tutti gli studenti che erano rimasti in attesa sul pianerottolo, udirono il profondo boato proveniente dalla strada. Ron e Neville, seguiti da Dean e Seamus, senza nemmeno attendere la fine dello stupore generale dei loro compagni, scavalcarono tutti e si fiondarono giù per le scale, seguiti a ruota anche dai due Auror del Ministero, che in verità sembravano essere più che altro due incapaci impreparati. Una volta in strada, Ron e gli altri assistettero ad uno spettacolo spaventoso, centinaia di persone correvano lungo la strada in preda al panico, urlando e agitandosi in maniera inaudita, alcune persone erano accanto ad altre ferite, cercando di dar loro assistenza, mentre altre ancora venivano attaccate dal nulla, e si riversavano al suolo. Gli occhi di molte di queste persone, sanguinavano.

- Ma che cos… - stava per chiedere Neville, ma si bloccò all’istante. – Ron! Dobbiamo fare qualcosa! – disse strattonandogli un braccio.

- JAHAT! – esclamò Ron, che non riusciva a staccare gli occhi da quello spettacolo atroce. – Che accidenti di incantesimo si usa contro un nemico invisibile? –

Alzò la bacchetta in aria, in un punto imprecisato e gridò – Revelo! –

Con grande stupore di Ron, non accadde assolutamente nulla. I cittadini londinesi continuavano ad essere colpiti improvvisamente da un qualcosa che né Ron, né Neville, né nessun’altro, riuscivano a vedere.

- Dannazione! – imprecò Ron con tutta la sua rabbia, mentre Neville spostava freneticamente lo sguardo dal suo compagno all’atroce scenario che gli si parava dinanzi.

- Ron, che facciamo? – chiese con timore e ansia.

- Non lo so, accidenti, non lo so! – gridò Ron continuando ad agitarsi, mentre decine e decine di persone intorno a lui stramazzavano al suolo in preda al dolore.

In quel momento si rese conto che doveva stare calmo, anche se le circostanze non la rendevano una cosa facile; il pensiero dell’urlo di Hermione non aveva abbandonato la sua mente nemmeno per un attimo, e il timore che stesse subendo anche lei la sorte di quelle povere vittime innocenti, lo tartassava. Strinse forte la bacchetta, e ripeté a sé stesso di essere un ottimo mago, e di aver saputo affrontare situazioni di pari difficoltà senza perdere il controllo. Alzò nuovamente la bacchetta, e gridò l’unica cosa che gli sembrò possibile, dal momento che non aveva la possibilità di sferrare alcun tipo di attacco, non potendo vedere i suoi nemici.

- Protego! –

Uno scudo dalle enormi dimensioni andò a proteggere tutte le persone, ancora incolumi, che stavano tentando di scappare, in modo che non potessero essere attaccate; e allo stesso modo andò a proteggere anche le persone già colpite. Ron si voltò, con aria a dir poco sconvolta, verso Neville.

- Ottimo lavoro. – gli disse l’amico.

Ron non aggiunse altro, e si voltò a guardare il resto dei suoi compagni di Hogwarts, divisi tra Grifondoro e Serpeverde.

- Non so quanto tempo potrà durare questa barriera. Voi occupatevi dei feriti, io devo sistemare una cosa. –

Senza lasciare il tempo a nessuno di dire alcunché, attraversò il folto gruppo di studenti, e si gettò nuovamente all’interno del palazzo.

 

 

Hermione era ancora inginocchiata sul pavimento, con Ginny al suo fianco, mentre Beker era completamente disteso, allo stremo delle forze; era stato colpito proprio in piena schiena da un colpo sferrato da una mano invisibile; la sua ferita era talmente profonda, e il suo dolore così grande, che non riusciva nemmeno a parlare e stava per perdere conoscenza, mentre Harry lo scuoteva disperatamente, per capire cosa dovesse fare, e per non essere lasciato solo in quella situazione.

- Professor Beker! Professor Beker! – urlò Harry, continuando a scuotere violentemente il suo professore. – Cosa significa che è tornato? E’ qui? La prego, professore, ho bisogno di saperlo! Come lo affronto? –

Ma Beker non riuscì a rispondere alla sua domanda, e chiuse gli occhi privo di conoscenza. Intanto, l’Auror che li aveva guidati all’interno dell’appartamento era frastornato e confuso, e non riusciva a fare alcunché di utile, mentre Draco Malfoy, continuava a guardare in ogni dove per scovare qualcosa, ma senza ottenere alcun risultato.

- E’ inutile. – disse Ginny, inginocchiata al fianco di Hermione, mentre osservava i movimenti di Malfoy, intento ad ispezionare l’intero appartamento. – Non troverai niente. Loro… sono invisibili, e per di più, non vogliono farsi trovare. –

Draco, al sentire quelle parole, ebbe uno scatto di nervosismo ed aggredì verbalmente Ginny.

- Loro? Lui? Ma insomma… si può sapere con chi abbiamo a che fare? –

Ginny si voltò lentamente in direzione di Harry, che era ancora inginocchiato accanto a Beker.

- Harry? – chiese lentamente, declinando a lui la facoltà di rispondere.

Harry si alzò lentamente, e si voltò verso Malfoy, passando poi a guardare l’Auror che era con loro, totalmente confuso, poi Hermione, che continuava a sanguinare senza sosta, e infine Ginny, che ricambiò il suo sguardo infondendogli tutta la fiducia di cui avesse bisogno.

- Jahat. E’ un antico stregone medioevale, un mago oscuro ovviamente, i cui seguaci hanno deciso di riportare in vita, e per riuscirci hanno messo su una bella collezione di occhi, e poteri magici, per poi concludere con gli occhi del professor Piton e il cuore di Albus Silente. In verità, il cuore ideale sarebbe stato il mio, ma… a quanto pare si è dovuto accontentare, e adesso che è rinato è giustamente venuto a prenderselo con le sue mani. – ed allargò le braccia – E questo è quanto. –

Draco lo guardò scuotendo leggermente il capo, con aria stranita, non ben sicuro di aver capito bene; stava ancora riorganizzando i pezzi di quel racconto nella sua mente.

- Ch… Cosa? Diamine, Potter, e ne parli così tranquillamente? –

Harry scrollò le spalle noncurante.

- Ho ascoltato e ripetuto talmente tante volta questa storia, che ormai non mi sconvolge neanche più. –

Il mago il cui cuore faceva tanta gola al male invisibile, si voltò a fissare l’Auror che non sembrava dare l’idea di essere in grado di gestire la situazione, e se ne stava in un angolo ancora troppo sconvolto per dire o fare alcunché.

- Piuttosto, lei… ha qualche mezzo per farci uscire di qui? – chiese Harry, con tono autoritario ma tranquillo.

L’Auror lo guardò sbigottito, come se il giovane gli avesse chiesto di fare chissà che cosa, e rimase fermo, impalato ad osservarlo. Harry si spazientì, non poteva sopportare di vedere un mago più anziano ed esperto di lui, starsene immobile senza essere in grado di formulare nemmeno il più semplice incantesimo, quando lui, alla giovane età di 18 anni, aveva già fatto praticamente di tutto, perfino sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi.

- Beh, il Ministero ci fa una gran bella figura. – e così dicendo staccò gli occhi dall’impiegato alla sicurezza del Ministero e si portò accanto a Ginny – Dobbiamo fare qualcosa per uscire da qui, non siamo al sicuro, e ho un brutto presentimento. Voglio capire cos’ha provocato quel boato, e cosa sta accadendo lì fuori. Come stai Hermione? – chiese, infine, inginocchiandosi di fronte a lei ed ispezionandole la brutta ferita che aveva riportato al braccio.

- AHI! – esclamò la ragazza, nel momento in cui le dita di Harry si erano avvicinate così tanto alla ferita da arrivare a sfiorargliela, e poi aggiunse. – Sto… sto bene Harry. Presto, dobbiamo uscire da qui. –

Hermione, rifiutando l’aiuto dei due compagni, piegò le ginocchia, raccolse la bacchetta con la mano del braccio sano, e si portò in piedi, avviandosi a tentoni verso la porta.

- Che accidenti credi di fare in quello stato, Granger? – le chiese Malfoy con la sua sopraffina gentilezza.

Harry si voltò con impeto verso di lui, e lo freddò con lo sguardo.

- Almeno lei, benché ferita, sta facendo qualcosa. Beh, avevi detto che c’avresti dato il tuo aiuto; non ho ancora visto niente. –

Malfoy contrattaccò con lo stesso tono acceso.

- Ma se non so nemmeno con cosa diavolo stiamo combattendo. Come faccio ad aiutarti?! –

Ginny, in quel momento, si era appena riportata in piedi; guardò fisso Malfoy per qualche secondo, ritrovandocisi di fronte.

- Inventa. –

Malfoy stava per controbattere, quando un nuovo boato interruppe la piccola discussione, pietrificando tutti all’istante. Fu un boato diverso rispetto al precedente, di dimensioni molto ridotte, e sicuramente molto più vicino; fu molto più simile a un crollo, e fu dopo alcuni secondi di meditazione che immediatamente, tutti compresero cosa fosse accaduto.

- Le scale. – bisbigliò Hermione, sempre arrancando verso la porta. – Sono crollate le scale!! – ribadì con un tono di voce disperato – Ron! –

 

 

Ron aveva cercato di salvarsi dal crollo delle scale con un salto, ma queste erano sprofondate in un attimo proprio sotto i suoi piedi, senza dargli alcun appoggio per raggiungere il pavimento del pianerottolo, che ospitava l’appartamento in cui erano bloccati la sua ragazza, sua sorella, e il suo migliore amico, nonché il suo professore di Difesa Contro le Arti Oscure, un Auror del Ministero, e perfino la persona che detestava più di ogni altra al mondo, Draco Malfoy. Si ritrovò sepolto sotto un cumulo di macerie di legno, che gli bloccavano le gambe e l’addome; aveva fatto un volo di sei piani. Tossendo e respirando polvere, ebbe la fortuna di ritrovarsi un braccio libero, e con esso cominciò a liberarsi dalla trave che gli stava letteralmente schiacciando il torace; si liberò di altre travi più piccole, fino a quando non gli rimase soltanto l’ultima, un enorme pilastro di legno che gli bloccava la gamba all’altezza della caviglia; provò a scaraventarla via e a liberare il suo piede, ma non vi riuscì. Quel tronco di legno risultò essere troppo grosso e pesante, e la sua gamba restò saldamente incastrata.

- Dannazione!!! – imprecò cercando freneticamente di liberarsi da quel peso, ma riuscì a farsi soltanto più male.

Lanciò un urlo di dolore, e prese a scavare intorno a sé, fra le macerie.

- Dov’è la mia bacchetta? Dov’è finita? –

 

 

Aberforth Silente camminava a passo spedito lungo i corridoi della sua scuola, mentre le porte delle aule si aprivano una dopo l’altra, liberando una confusionaria e vociferante moltitudine di studenti. Minerva McGranitt, senza curarsi di lasciare scoperti gli studenti della sua classe, accorse al fianco del preside, con un’aria sconvolta e una mano sul petto.

- Che cosa sta accadendo, Aberforth? – chiese preoccupata.

- Sono stato un’irresponsabile! Un’irresponsabile! – gridò Aberforth che era evidentemente fuori di sé.

Sopraggiunsero dalle loro aule anche Hagrid e il professor Lumacorno, mentre il numero di studenti alla deriva nei corridoi cresceva sempre di più.

- Ho spedito quei ragazzi dritti nelle sue mani! –

Gli insegnanti continuavano a seguire Aberforth lungo i corridoi, anche se non avevano ancora appreso che cosa realmente stesse accadendo. Erano accorsi subito dopo aver udito l’allarme che era stato fatto risuonare in tutta la scuola, ma il preside non aveva ancora spiegato loro la situazione; camminava a passo spedito attribuendosi tutte le colpe e prendendosela con sé stesso. Giunsero anche Vitious e Rüf, mentre gli studenti di Hogwarts continuavano a disperdersi nella più totale confusione.

- Non sono in grado di fare il preside! – esclamò con violenza Aberforth, con i suoi insegnanti al seguito – Non dovevo e non volevo accettare quest’incarico! –

- Professore ma… - fece solo in tempo ad accennare la professoressa McGranitt, sconvolta, ma Aberforth la interruppe.

- IO NON SONO MIO FRATELLO! – urlò con tutta la forza che aveva. – Non sono mai stato come Albus, e probabilmente non lo sarò mai. La responsabilità di questa scuola non spettava a me! Non so nemmeno perché mi abbiate scelto! E adesso… eccoci qua… guardate che cos’è successo! –

- Cosa? Cos’è successo esattamente signore? – chiese Hagrid, curioso e ansioso allo stesso tempo.

Nessuno dei presenti aveva mai visto Aberforth talmente infuriato.

- Babbani. Centinaia di Babbani colpiti a sangue da un qualcosa di invisibile, in pieno giorno e al cospetto di una quarantina di ragazzi dotati di poteri magici! E’ una tragedia! –

- Invisibile? – boccheggiò la professoressa McGranitt – Non vorrà dire che… -

- Sì, Minerva! Jahat è tornato! –

Un’espressione di terrore si dipinse sulla donna e su Hagrid, mentre il resto del corpo docente avvertì che non stava accadendo nulla di buono. La notizia di un attacco ai Babbani li aveva leggermente storditi, non si aspettavano minimamente che potesse accadere una cosa del genere, specialmente non da un momento all’altro.

- Cos’ha intenzione di fare adesso? – chiese la professoressa McGranitt quando l’iniziale shock si fu leggermente placato.

Aberforth si stava avvicinando sempre di più al grande portone dell’ingresso, aveva chiaramente l’intenzione di uscire dal castello.

- Devo raggiungere Londra, immediatamente! Devo capire cosa accidenti sta accadendo, e fermarlo! Ho lasciato degli studenti senza protezione, ho permesso che abbandonassero la scuola, non potrò mai perdonarmelo. –

Giunsero alla soglia dell’ingresso, e Aberforth prese la via del cancello, senza aggiungere altro, e lasciando l’intero corpo docente in prede al panico, senza la benché minima idea di come gestire la situazione.

- Quel bastardo è tornato. Se lo prendo, lo sminuzzo con le mie mani! – disse Hagrid facendo scroccare le dita, ma la professoressa McGranitt, che aveva intuito le sue intenzioni, lo frenò bloccandolo per un braccio.

- No, Hagrid. Non puoi andare. Dobbiamo restare qui, dobbiamo pensare a tutti gli altri studenti. – e così dicendo si voltò verso gli altri insegnanti – C’è bisogno della collaborazione di tutti voi, coraggio, avanti. –

 

 

Al Ministero della Magia le cose non sembravano andare diversamente; il caos si era liberato all’interno del palazzo, e gli ascensori schizzavano a gran velocità lungo tutti i piani della struttura ministeriale; aeroplanini di carta volanti correvano in ogni direzione, rischiando anche di colpire qualcuno in un occhio, e i camini nella sala principale erano contraddistinti da un continuo via vai di maghi. Shacklebolt camminava a passo spedito lungo l’immensa sala, dove si imponeva una magnifica ed enorme statua d’oro, che ritraeva le principali razze magiche. Al suo seguito, un fedele Percy Weasley stentava a mantenere la stessa velocità del suo superiore, ed era costretto a fare piccoli saltelli per stargli dietro.

- Questo è a dir poco inaudito! Non si è mai verificata una cosa del genere, dai tempi di Tu-Sai-Chi. Un attacco Babbano! Devo assolutamente mettermi in contatto con l’altro Ministro. Questa cosa ci causerà un mucchio di problemi. –

- Signore ma… - accennò Percy ma Shacklebolt non gli diede il tempo di proseguire.

- Per di più dobbiamo fermare questa cosa, assolutamente! Non mi interessa di ciò che diranno Silente o quel suo amico di Hubert Beker… hanno rifiutato il nostro aiuto, e guarda che cos’è successo! Tre dei miei uomini sono bloccati in una situazione di pericolo, insieme ad una quarantina di studenti. Che pazzi! E pensare che ho perfino appoggiato la loro folle idea di fare pratica di Difesa sul campo! –

- Certo signore ma… -

Ma Kingsley lo interruppe nuovamente.

- Ascoltami bene Percy! Ho dato la mia parola a Harry Potter che l’avrei aiutato! Tengo molto a quel ragazzo, e mai e poi mai vorrei gli accadesse qualcosa! Non abbiamo fatto altro che sbagliare, tutti quanti, dall’inizio di questa storia. –

Percy tentò continuamente di parlare, ma il Ministro della Magia non sembrava avere la benché minima intenzione di ascoltarlo.

- Mi recherò sul posto. Tu manda un’infinità di gufo a chiunque sia un minimo competente. Informa tutti di quanto sta accadendo e augurami che questa operazione vada a buon fine. –

- Signore? –

Kingsley, che parve aver finito le sue raccomandazioni, si decise a degnare di attenzione il giovane Weasley, da sempre suo sottoposto.

- Qualcosa non ti è chiaro? –

- No, signore. Mi chiedevo se… se potessi venire anche io con lei. –

Shacklebolt si fermò per un istante, sinceramente stupito dalla richiesta del suo collaboratore, e poggiò una mano sulla spalla di Percy.

- Ragazzo… - esordì il Ministro con un tono che prevedeva già un rifiuto.

- Ci sono mio fratello e mia sorella laggiù, signor Ministro. – disse Percy con decisione.

Shacklebolt lo osservò ancora a lungo, finché non gli diede una forte pacca sulla spalla, e scosse debolmente il capo.

- Fa come ti ho detto. Non ho tempo da perdere. –

E così dicendo, Kingsley lasciò Percy al centro dell’immenso atrio del Ministero della Magia, e si lanciò nel camino più vicino, nel quale sparì un attimo dopo.

 

 

Hermione era riuscita a raggiungere la porta dell’appartamento, sorreggendosi appena, e mantenendosi con la mano sana, il braccio ferito e ciondolante, che non riusciva nemmeno più a muovere. Appena fu davanti all’ingresso, si abbandonò completamente contro la superficie di legno, e vi rimase aggrappata a peso morto, tentando di aprire la porta con l’unica mano che le rimaneva, ma al pari di Beker, non vi riuscì.

- E’ chiusa. – disse chiudendo gli occhi per il forte dolore, e con un’aria disperata, prossima quasi alle lacrime.

Alzò la mano con la quale sorreggeva la bacchetta, e con filo di voce esclamò – Alohomora! –

Non accadde nulla.

- E’ tutto inutile. – affermò Ginny – Siamo bloccati qui dentro. – aggiunse dirigendosi verso l’amica ferita, che gettò le spalle al muro e si lasciò cadere sul pavimento.

- Impossibile, deve esserci un modo per uscire da qui! – gridò Malfoy con tono isterico.

Harry rimase ad osservarlo imprecare ed agitarsi.

- Calmati Malfoy. Non ci sei affatto d’aiuto in questo modo. – gli disse. – Piuttosto, sei tu quello esperto di Magia Oscura, potresti anche inventarti qualcosa. –

Malfoy si fermò all’istante, e lo osservò dritto negli occhi.

- E cosa dovrei fare? Sentiamo. –

Harry in quel momento cominciò a guardarsi intorno, lungo tutto l’appartamento. – Lumos! – ordinò alla sua bacchetta per farsi luce.

- E adesso che cosa stai facendo? – chiese curioso Malfoy, che non capiva quell’improvvisa iniziativa di Harry.

Harry frugò attentamente in ogni dove, ma dopo aver investigato a fondo in ogni minimo angolo, assunse un tono scoraggiato.

- Accidenti! Niente… Niente di niente. Mi chiedo perché mai ci abbiano attirato in quest’appartamento. E’ completamente una casa Babbana, non c’è nulla che possa tornarci utile. –

 

 

La caviglia di Ron era ancora bloccata sotto la grossa trave di legno, e il giovane mago stava ancora combattendo contro sé stesso, e contro il dolore, per cercare di liberarla, ma senza alcun esito. Alternava momenti in cui si dava alla lotta disperata per la libertà della sua gamba, e momenti in cui si dedicava alla ricerca disperata della sua bacchetta, e dopo alcuni minuti, che gli parvero essere un’infinità, il secondo proposito ebbe finalmente successo. Riuscì ad intravedere la punta della sua bacchetta sepolta sotto una montagna di tavole di legno, e si ritrovò ad intraprendere un’ennesima battaglia, quella di allungare il proprio corpo, e il suo braccio, di una decina di centimetri per riuscire ad afferrarla, o quanto meno a sfiorarla. Constatò che non riusciva a coprire tale distanza, e si ritrasse, fece un respiro profondo, e riprovò, dandosi una piccola spinta; riuscì con il dito medio a colpire una tavola di legno che cadde all’indietro, e quello spostamento provocò il crollo di altre macerie, la bacchetta si mosse di alcuni centimetri, fortunatamente nella direzione di Ron, che sorrise debolmente, ed allungandosi nuovamente più che poteva, afferrò la sua fedele bacchetta. Fu felice di constatare che non si fosse spezzata; conoscendo la sua fortuna, era proprio quello che si aspettava. Emise un sospiro di sollievo, e dopo raccolse alcune delle poche energie che gli rimanevano, e puntò la bacchetta contro la trave che gli bloccava la gamba, esclamando – Wingardium Leviosa! –

La trave fluttuò nell’aria, ad una trentina di centimetri dal suolo, e Ron provvide subito a spostare la sua gamba; quello spostamento gli costò un dolore lacerante. Emise un grido e si sorresse la gamba con le mani, lasciando cadere la bacchetta; le travi ancora fluttuanti ricaddero con un suono violento al termine del contatto visivo dell’incantesimo. Ron non se ne curò e vide che la sua caviglia era completamente fuori uso, ma non si perse d’animo: aiutandosi con le braccia, si alzò e guardò in alto per vedere il punto da cui era crollato. Era praticamente impossibile raggiungere il sesto piano.

- HERMIONE!!! – urlò con quanta più forza avesse in corpo.

 

 

- Hai sentito? – chiese Hermione, la cui attenzione fu catturata di colpo.

Ginny la osservò in modo interrogativo.

- Non hai sentito? – chiese nuovamente Hermione, che tentò nuovamente di alzarsi, aggrappandosi alla porta. – E’ Ron, è lui, mi sta chiamando. – e si voltò verso Harry – Harry, c’è Ron! C’è Ron qua fuori, lui saprà farci uscire. –

- Tu dici? – chiese Harry scettico, un po’ perché non riusciva a capire se Ron si trovasse davvero oltre quella porta, un po’ perché non era sicuro che l’amico sarebbe riuscito realmente a fare qualcosa, anche dall’esterno.

 

 

Aberforth e Shacklebolt giunsero sul posto nello stesso momento, e trovarono l’intera zona protetta da un incantesimo scudo e gli studenti di Grifondoro e Serpeverde, in compagnia di due Auror del Ministero, ad occuparsi dei feriti.

- Per tutti i diavoli. – esclamò Aberforth alla visione del disastroso scenario.

- Carissimo preside. – salutò in tono leggermente acido, Shacklebolt – Ha idea di che cosa ha fatto? – aggiunse e questa volta si trattò di un vero e proprio rimprovero.

Aberforth prese a camminare tra i feriti e i suoi studenti, senza degnare minimamente di uno sguardo il Ministro della Magia, e perlustrando la situazione.

- Come spiegheremo questa cosa? Centinaia di vittime innocenti, per lo più Babbane, e giovani studenti della sua scuola lasciati allo sbaraglio, senza il supporto di nessuno… ah no mi scusi, c’era il suo formidabile Beker. Dov’è Beker, eh? Dov’è? –

Aberforth continuava a non rivolgergli l’attenzione, ma disse ugualmente – C’erano anche i suoi formidabili Auror, Kingsley, e non mi pare siano stati molto capaci. –

Neville, che era accovacciato accanto ad un Babbano ferito, alla vista del proprio preside, si alzò istantaneamente e gli corse incontro.

- Professore! –

- Paciock! Che cos’è successo? – chiese Aberforth, allarmato. – Dov’è Harry? Dov’è Beker? –

- Professore, Harry e il professor Beker sono al sesto piano di questo palazzo. – ed indicò l’edificio – Credo siano rimasti bloccati dentro perché Ron Weasley non è riuscito ad aprire la porta. Con loro ci sono anche Ginny Weasley, Draco Malfoy e un altro Auror del Ministero, signore. Ma non siamo ancora riusciti a capire che cosa sia successo. –

Aberforth ignorò l’ultima affermazione del Grifondoro, e spostò gli occhi sul palazzo alla sua destra.

- Sono lì dentro hai detto? – disse senza staccare gli occhi dalla costruzione.

- Sì, sì signore. –

Il preside di Hogwarts lasciò il suo studente e s’incamminò verso l’ingresso del palazzo, seguito a ruota dal Ministro.

- Cosa pensa di fare? – gli chiese Shacklebolt che non lo mollava un attimo.

- Salvare i miei studenti, Kingsley! – rispose Aberforth in tutto tono.

 

 

Una volta all’interno del palazzo, trovarono le macerie delle scale crollate, e un Ronald Weasley zoppo che arrancava reggendosi alla parete, con una caviglia completamente inutilizzabile. Aberforth gli corse immediatamente accanto, e lo sorresse.

- Weasley! Che accidenti è successo alla tua gamba? –

Ron alzò lo sguardo sul suo preside, e lo osservò come se fosse un miraggio.

- E’ crollato tutto. – ed indicò in alto – Hermione… Harry… Ginny… il professor Beker… sono tutti lassù. – e tossì per la polvere che si era alzata dallo spostamento delle macerie ad opera di Shacklebolt che cercava di ispezionare il luogo – La prego, faccia qualcosa. –

Aberforth osservò attentamente le scale crollate, e poi si voltò verso Shacklebolt, che si ostinava a scavare tra le macerie.

- Ha intenzione di rendersi utile? – gli chiese.

Kingsley abbandonò la sua attività, e si portò accanto al preside, portando come lui lo sguardo in alto, al sesto piano.

- Che cosa diavolo sta succedendo lassù, secondo lei? –

- Non lo so. – ammise Silente – Ma voglio sperare nulla di troppo agghiacciante. –

 

 

- Sicura che fosse proprio la voce di Ron, Hermione? – chiese Harry alla sua più grande amica.

Hermione, ancora aggrappata alla porta, e sorretta da Ginny, annuì.

- Dopo tutto non sappiamo che cosa stia accadendo lì fuori. – aggiunse Harry.

In quel momento, avvenne qualcosa di strano, si avvertì come un cigolio.

- Che cosa è stato? – chiese repentinamente Draco, la cui attenzione fu catturata in un attimo.

In un colpo, le persiane, da cui filtrava solo un leggero raggio di lui, si chiusero completamente. Piombò il buio.

- Lumos! – esclamò all’istante Harry e fu fatta nuovamente luce, ma dopo alcuni istanti, la sua bacchetta si spense.

- Che cos’è successo? – chiese Ginny, la cui vibrazione nel tono di voce lasciava trasparire completamente il suo spavento.

- Lumos! – tentò nuovamente Harry, ma non accadde nulla.

Si trovavano completamente al buio, il buio più totale.

- Non funziona. – esclamò Harry, alzando la voce.

In quel momento, avvertì una ventata gelida sfiorargli il viso. Si bloccò di colpo.

- Harry, cosa c’è? – chiese spaventata Ginny, che avvertì il suo improvviso silenzio.

Un attimo dopo, un grido di dolore e un colpo tonfo, gli fecero intuire che un corpo si era riversato sul pavimento, probabilmente dopo essere stato attaccato.

- HARRY! – gridò Ginny in preda al panico, temendo il peggio.

- Malfoy? – chiese Harry, per accertarsi che non si trattasse di lui.

- Sono qui. Hanno colpito quel vecchio idiota di un Auror incapace! Porca puttana! – rispose Draco, facendosi distinguere con i suoi soliti modi sopraffini.

Harry sospirò, voleva poter fare qualcosa, ma in quella situazione era completamente impotente; intanto, l’aria gelida continuava a tagliargli il viso, era come se si trovasse venti gradi sotto zero, l’aria stava diventando fredda e pesante, al punto da ostacolargli anche il respiro.

- Non la sento più. – fu la voce di Hermione che irruppe in quel momentaneo silenzio.

Al contrario delle loro voci, agitate e rotte dalla paura, la voce di Hermione apparve calma e pacata, ma era anche molto debole. Harry pensò che l’amica stesse per perdere i sensi, dopo tutto il sangue versato dalla sua profonda ferita.

- Non la seno più. – ripeté Hermione con un tono sempre più debole – La voce di Ron… non… la… sento… più. –

Quell’ultima parola si spense in un soffio, ed Harry capì.

- HERMIONE! – gridò, e al suo urlo seguì quello di Ginny, che sebbene al buio, scosse completamente l’amica per accertarsi che le rispondesse ancora, ma Hermione non aggiunse altro.

Nel buio più totale, Harry avvertì ì singhiozzi di Ginny. Erano rimasti in tre, anche se, Harry aveva la netta sensazione che non fossero da soli.

- Ginny sta tranquilla. – trovò la forza di dire, anche se nemmeno lui riusciva a stare tranquillo. – Sta tranquilla, tutto si risolverà. –

- E come hai intenzione di risolvere tutto, Potter? – chiese Malfoy scettico.

In quel momento, a Harry gli si gelò il sangue nelle vene: dal fondo dell’appartamento, vide una sagoma argentea, molto simile ad un’aurea, che gli veniva in contro. Harry prese ad indietreggiare, completamente pietrificato e incapace di parlare, senza staccare mai lo sguardo da quella figura possente che gli si avvicinava, con un macabro ghigno sulle labbra. Quell’uomo, che Harry non aveva mai visto prima, ma di cui aveva l’impressione di conoscere l’identità, era alto, robusto, con larghe spalle, un viso severo, coperto da una folta barba, e lunghi capelli che gli cadevano lungo la schiena avvolti in un’interminabile treccia; il capo coperto da un basso cappello cilindrico; e indosso un’antica armatura di metallo, che gli ricopriva interamente l’addome e le spalle e sovrastava una lunga tunica di panno grezzo; nella mano destra teneva una spada affilata, e nell’altra un’antica bacchetta. Harry comprese in quel momento che Jahat non fu soltanto uno stregone, ma prima di tutto, un guerriero. Il suo nemico continuava ad avanzare verso di lui, allo stesso modo in cui lui indietreggiava, fino a quando non si ritrovò spalle al muro.

- Ehi! Potter, mi rispondi? – chiese Malfoy irritato.

- Harry? – lo chiamò Ginny, preoccupata.

Harry al sentirsi chiamare, si stupì. I suoi compagni lo stavano chiamando, e si chiedevano che fine avesse fatto, e ciò voleva dire una sola cosa, ovvero che loro non potevano vedere ciò che, invece, lui vedeva.

- Bene bene bene… finalmente potrò prendere ciò che è mio di dovere. – esordì Jahat saltando direttamente la parte dei convenevoli.

- Tuo di dovere? No, credo proprio ci sia uno sbaglio. – disse Harry, che raccolse un po’ di coraggio, ed assunse un’aria arrogante.

Draco e Ginny, che come aveva supposto Harry non riuscivano a vedere la sagoma di Jahat che avanzava nel bel mezzo dell’appartamento, non compresero quelle parole pronunciate da Harry.

- Harry? Harry tutto bene? – chiese Ginny, sempre più preoccupata.

- Questo lo vedremo. – aggiunse Jahat, il cui ghigno si allargò sempre di più, e dopo cominciò ad esibirsi in una patetica imitazione di Ginny – Harry… Harry… tutto bene? Povera piccola ragazza… non la trovi anche tu fastidiosa? –

- NON AZZARDARTI A TORCERLE NEANCHE UN CAPELLO! – gridò Harry scattando all’istante.

- Ma con chi accidenti stai parlando? – chiese Malfoy, sempre più confuso.

- Dici di no? – chiese Jahat beffardo – Io dico che siamo troppi in questa stanza. Voldemort l’avrai anche mandato all’inferno, ma io sto vedendo appena da lì, e non credo di farvi ritorno molto presto. – il suo sorriso si spense in un’espressione dura, e carica d’odio – Per cui preparati a combattere, Harry Potter! –

 

Continua…

 

Ed eccomi di ritorno con il diciassettesimo capitolo! Wow... incredibile... sembra ieri che ho cominciato questa storia, e non ero neppure sicura di proseguirla, e invece eccomi qua :) Beh, ovviamente il merito è solo di qualcuno... sapete a chi mi riferisco :D sì, esattamente! Proprio voi! Che mi seguite continuamente e mi supportate! Ho visto che il capitolo precedente vi ha presi particolarmente. Bene, ne sono felice. Eh beh... ora mi aspetto le impressioni su questo qui di capitolo! Ad ogni modo, colgo l'occasione per dire ad Erika91 che effettivamente ha ragione, ho usato il verbo sbagliato mi sa; sì Hermione si è soltanto ferita, non le è stato amputato il braccio. Rispondo anche alla domanda di midnightsummerdream, sì Jahat è una mia malriuscita creazione :) Il nome deriva da una parola indonesiana, che significa "male" appunto, un nome che ne racchiude tutta l'essenza non trovi? Sono contenta che la storia ti piaccia, e soprattutto che sia riuscita ad attribuirle la giusta suspance, per me è un piacere e una sorpresa scoprire continuamente queste vostre opinioni positive, perché sono molto critica quando scrivo! Ti posso dire che la maggior parte delle volte non sono sicura di quello che pubblico.

Ad ogni modo ringrazio tutti coloro che seguono, leggono e recensiscono questa storia! Aumentate sempre di più... ed un grazie particolare va ad una persona che mi ha supportato moralmente durante la stesura della stessa... che ha atteso impaziente di terminare la lettura dei "doni della morte" per poterla leggere, e mi ha sempre incoraggiato e stimolato ad andare avanti. Adesso che ha preso a leggerla poi, mi fa sempre dono dei suoi preziosi commenti... e la cosa mi rende più che felice! Ti adoro, Roby, grazie di tutto, davvero.

Adesso scappo, appuntamento al prossimo capitolo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 18

 

- NON AZZARDARTI A TORCERLE NEANCHE UN CAPELLO! – gridò Harry scattando all’istante.

- Ma con chi accidenti stai parlando? – chiese Malfoy, sempre più confuso.

- Dici di no? – chiese Jahat beffardo – Io dico che siamo troppi in questa stanza. Voldemort l’avrai anche mandato all’inferno, ma io sto vedendo appena da lì, e non credo di farvi ritorno molto presto. – il suo sorriso si spense in un’espressione dura, e carica d’odio – Per cui preparati a combattere, Harry Potter! –

In una frazione di secondo, Jahat alzò la mano che reggeva la bacchetta, e scaraventò un Anatema di colore violaceo contro Harry. Quest’ultimo, lanciandosi di lato senza pensare, riuscì a scansare prontamente il gettito di luce, che andò a scontrarsi contro la parete, facendo crollare travi e pezzi di intonaco. Ginny e Malfoy avvertirono i rumori, ma non videro la maledizione che provocò quella distruzione.

- Che accidenti sta succedendo? – chiese nervosamente Malfoy.

- HARRY? Harry stai bene?! – chiese in tono disperato Ginny, che si alzò in piedi nel buio.

- E’ inutile scappare… voglio il tuo cuore! – ghignò Jahat, avanzando verso Harry, che era ancora riverso sul pavimento.

- SECTUMSEMPRA!!! – gridò alzando la bacchetta, e l’incantesimo partì in direzione di Jahat, che lo evitò con un solo tocco di spada.

- Rassegnati ragazzino. Non hai speranze contro di me! –

- Questo lo vedremo. – affermò Harry rialzandosi.

- Harry? Harry? – continuò a chiamarlo Ginny, che non aveva ancora ricevuto risposta, e non comprendeva ancora cosa stesse accadendo.

Jahat, infastidito, alzò gli occhi al cielo.

- Quella ragazzina si lamenta troppo. – affermò, e senza che Harry ebbe il tempo di prevedere le sue intenzioni, si voltò di scatto verso di lei ed esclamò – AHKIR!! –

- GINNY! – urlò disperato Harry, scagliandosi contro Jahat.

Ginny, al grido di Harry, istintivamente cambiò postazione, e l’Anatema si spense alle sue spalle, distruggendo la porta dell’ingresso. Un’esplosione di luce, proveniente dall’esterno, illuminò completamente l’appartamento. Ginny e Draco, inondati da tale bagliore, ed abituatisi al buio più totale, furono costretti a coprirsi la vista, ma quando l’effetto fu svanito, e riaprirono gli occhi, si ritrovarono di fronte allo spettacolo di un combattimento corpo e corpo che Harry stava sostenendo apparentemente da solo. Era evidentemente che stesse lottando con qualcosa, ma alla loro vista, quel qualcosa era invisibile.

Harry aveva aggredito Jahat, nel momento in cui questi aveva attentato alla vita di Ginny. Lo stregone aveva fatto in tempo solo a difendersi con la sua imponente spada, che prese a contendersi con Harry. Dal canto suo, il Grifondoro stava tentando con tutte le forze di strappargliela dalle mani, ma il mago oscuro dimostrava di avere una forza non indifferente, e finì con lo strattonare il suo avversario, che cadde disteso sul pavimento.

- Che cosa sta succedendo, Potter? – chiese nuovamente Draco, che non sembrava saper dire altro.

- Harry! – urlò nuovamente Ginny, che fece per avvicinarsi a lui, ma Harry la bloccò sul nascere dei suoi passi.

- No, Ginny! Non muoverti! –

Harry rimase disteso sul pavimento, fissando Jahat, che avanzava spavaldo verso di lui.

- Il famoso... Harry… Potter. – disse scandendo ogni parola. – Prima della morte di Voldemort, mai avrei immaginato che il cuore del mago rinato potesse essere il tuo, e invece, eccoti qui, al pari del tuo acerrimo nemico, morto e risorto per non si sa quale ragione. Ma sarò io a mettere fine ai tuoi giorni, non preoccuparti. –

Harry lo osservò per qualche attimo in silenzio, e poi strinse fortemente la bacchetta.

- Non mi avrai mai! – esclamò vigorosamente con tutto l’odio che provava. – AVADA KEDAVRA! – urlò, scagliando l’Anatema in direzione del nemico, ma per suo dispiacere, Jahat svanì un attimo prima che il fascio di luce verde potesse colpirlo, per riapparire un attimo dopo alle sue spalle.

- Sono ancora qui. –

 

 

- Che cosa sta succedendo lassù? – chiese Shacklebolt, vedendo un fascio di luce verde fuoriuscire dalla porta del sesto piano, ormai distrutta. – Era un Anatema che uccide quello! –

Il Ministro della Magia, Aberforth Silente e Ron avevano assistito alla distruzione improvvisa della porta che segregava Harry e gli altri, e in un secondo momento, al gettito colorato di Anatemi della morte che qualcuno stava scagliando all’impazzata.

- Hermione… - sibilò Ron, la cui caviglia continuava a provocargli dolore, e poi si voltò disperatamente verso Silente – Dobbiamo aiutargli! Dobbiamo fare qualcosa! –

Aberforth annuì, e si voltò verso Shacklebolt.

- Qualcuno sta combattendo lassù. Devo andare. –

- Un momento, che cosa significa che deve andare? – chiese il Ministro, confuso.

- Si occupi del ragazzo! – aggiunse il preside di Hogwarts.

- Assolutamente, voglio aiutarla! Voglio venire anch’io. – esclamò in quel momento, Ron, raccogliendo tutte le sue energie, benché la caviglia dolorante non glielo consentisse.

- E’ meglio che resti qui! – fece severamente Aberforth voltandosi verso di lui – Sei ferito, non potresti comunque essere d’aiuto! Stammi a sentire, resta qui! –

Ron fece per ribattere, ma Aberforth svanì un attimo dopo.

 

 

Si Materializzò in un attimo nell’appartamento, ormai inondato di luce, e la prima cosa che vide fu Harry disteso sul pavimento, e alle sue spalle, un Jahat al pieno delle sue forze ed energie, che non aspettava altro di sottrarre la vita a quel ragazzo. Lì disteso notò colui che probabilmente doveva essere l’Auror del Ministero, caduto anch’egli ferito, e poco distante Draco Malfoy, che impotente osservava la scena senza comprendere. In direzione della porta crollata, Ginny Weasley, anch’ella confusa, e ai suoi piedi Hubert Beker ed Hermione Granger. I segni di un combattimento sleale erano fin troppo evidenti.

Quando comparve improvvisamente nell’appartamento, Ginny e Draco, inizialmente stupiti, si sentirono sollevati.

- Professore! – esclamarono all’unisono.

Harry si voltò, per una frazione di secondo, e si illuminò alla vista del suo preside.

- Silente! –

Aberforth teneva gli occhi fissi su Jahat, che non si era smosso minimamente alla sua presenza.

- Fatti da parte, vecchiaccio! – gli urlò contro.

- Non ti permetterò di sottrarre il cuore ad uno dei miei studenti, Jahat! – esclamò Silente, in tutta risposta.

Ginny e Draco erano ancor più confusi, e osservarono impotenti Harry e Aberforth parlare con il vuoto.

- Questo è tutto da vedere! – ghignò con un leggero sorriso stampato sul volto.

Alzò la bacchetta, e pronunciando qualcosa di incomprensibile, fece sparire il suo corpo, e insieme a esso, lo stesso Harry. Accadde tutto così rapidamente che Aberforth non riuscì a far nulla per impedirlo, e rimase lì ad osservare come il corpo di Harry si fosse volatilizzato insieme a quello del suo nemico.

- Che cosa… Professore… dov’è Harry? – chiese Ginny, ancor più disperata.

Aberforth alzò i suoi profondi occhi azzurri sulla ragazza, era come pietrificato.

- Professore! Mi risponda! Che cosa sta accadendo? – continuò la ragazza, ormai quasi allo stremo.

- Dobbiamo tornare tutti ad Hogwarts, immediatamente! –

- Che? – chiese Ginny, che non comprese quelle parole, né tanto meno la condizione del suo preside.

- Statemi a sentire!! Dobbiamo andarcene da qui!!! –

 

 

Harry si ritrovò in un altro luogo, un luogo che non gli trasmetteva nulla di familiare. Era uno spazio enorme, protetto dall’ombra di fitti alberi secolari, che non lasciavano filtrare neanche un raggio di sole. Una luce macabra era donata da un numero inimmaginabile di candele, che rendevano l’atmosfera, per quanto lugubre, suggestiva. Si guardò intorno per comprendere che luogo fosse, osservò attentamente le pareti, e solo allora capì cosa fossero quelle cavità circolari scavate nella pietra che andavano a ricoprire ogni centimetro dell’intera superficie. Al loro interno, Harry poté vedere, essere contenevano una sola cosa: occhi.

- Il cimitero degli occhi. – sibilò quasi senza fiato, ritraendosi a quello spettacolo spettrale.

Alzò gli occhi, per vedere quanto fossero alte le pareti, e si ritrovò di fronte ad muraglia di sconfinata altezza, quasi da riuscire a toccare il limitare degli alberi; una muraglia interamente fatta di occhi umani.

- Allora? – esordì una voce alle sue spalle con un tono vagamente divertito – Ti piace la mia collezione? –

Harry si voltò, e alle sue spalle trovò Jahat seduto su un trono fatto della stessa sostanza delle pareti, e dai cui braccioli spuntavano due imponenti lampioni, al cui vertice brillavano due fiamme dalla strana forma ovale, che ricordava vagamente quella di due occhi.

- Davvero nauseante. – disse Harry con fermezza, ritrovando in fondo al suo cuore, il suo immancabile coraggio.

- Dici? – gli chiese Jahat – Eppure per me è la cosa più preziosa. –

Harry non rimase di certo ad ascoltare Jahat vantarsi del suo amore per la sua orribile collezione.

- Perché lo fai? – gli chiese con disprezzo.

- Perché mi chiedi? Perché i maghi dotati di vista, sono dotati di potere, ed è il potere che io voglio, Harry. –

- Raccontate tutti la stessa storia. –

- Forse perché tutti cerchiamo la stessa cosa. – disse serenamente Jahat, alzandosi e prendendo a camminare diplomaticamente intorno a Harry.

Harry lo seguiva con lo sguardo, senza mai perderlo d’occhio.

- A quanto pare, il destino ha voluto che tu muoia qui, nel mio cimitero. – aggiunse fieramente il mago oscuro.

 

 

Era trascorsa qualche ora, da quando tutti avevano abbandonato il piccolo quartiere di Londra in cui era avvenuta la tragedia. Aberforth, con l’aiuto di Shacklebolt, ed alcuni dei suoi Auror, aveva provveduto a cancellare la memoria dalle centinaia di Babbani che avevano assistito allo trucido spettacolo. I Babbani feriti furono mandati al San Mungo, dove sarebbero stati curati, e poi riabilitati nel loro mondo, con la perdita di qualsiasi ricordo. Hubert Beker, Hermione, Ron e l’Auror ferito da Jahat, erano stati invece assegnati ai lettini dell’infermeria di Hogwarts, in modo che fossero sotto stretta osservazione di Silente, e affidati alle cure di Madama Chips, con l’aiuto speciale di uno dei migliori medici del San Mungo. I Grifondoro e i Serpeverde che avevano assistito all’accaduto, furono interrogati dal preside della scuola e dal Ministro, e rispediti nei loro dormitori. Agli altri studenti si decise di nascondere il tutto, ma tale decisione perì sul nascere, ed in una manciata di minuti, la verità si diffuse in tutta la scuola. La professoressa McGranitt, così come Hagrid, furono gli insegnanti che maggiormente si preoccuparono, coloro che avevano atteso con ansia il ritorno di Silente, possibilmente in compagnia di tutti gli studenti, in perfetta salute; ed indubbiamente il loro dolore fu grande quando videro far ritorno al castello alcuni degli studenti feriti, e ancor più grande quando constatarono la mancanza di Harry.

Aberforth sedeva alla scrivania del suo ufficio; alla sua destra, in piedi, Shacklebolt tremava irrequieto e s’interrogava sul da farsi; di fronte alla scrivania, Ginny, Draco e Neville sedevano al cospetto del preside, e sul fondo dello studio, si ergeva nella sua immensa grandezza Hagrid, che faceva da riparo ad una più minuta professoressa McGranitt, che teneva lo sguardo alto, fisso sul ritratto di Albus Silente, addormentato in un sonno ormai divenuto eterno, dal quando suo cuore era stato usurpato. Il suo sguardo era addolorato, ed il suo volto non mascherava di certo tutto il dolore che provava in quel momento.

- Perché – s’interrogava – perché non puoi essere qui, ad aiutarci? Ci basterebbe un tuo consiglio, Albus.

Aberforth la osservò e nel momento in cui la donna portò lo sguardo dal ritratto al pavimento, restando immortalata nella sua espressione addolorata, capì a cosa stava pensando. Anch’egli provava gli stessi sentimenti.

- Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarci? – chiese Draco, apparentemente irritato, rompendo quel profondo silenzio. – Che accidenti di fine ha fatto, Potter eh? E soprattutto, che cosa stiamo aspettando? –

Fu Shacklebolt a rispondergli, ergendosi dalla sua imponenza e austerità, essendo un mago altissimo, e dallo sguardo severo.

- Non credi di essere un po’ troppo arrogante? – e lo trafisse con uno sguardo di fuoco – E’ proprio questo che odio di te… Avrai sicuramente ereditato da tuo padre questo modo di fare. – disse, esprimendo tutto il suo disgusto nei confronti di Lucius Malfoy.

Draco scattò in piedi.

- Non osi parlare in questo modo di mio padre! – disse, puntando un dito contro il Ministro.

- Signor Malfoy! – esclamò, sconvolta ed indignata, la professoressa McGranitt.

- Draco, rimettiti a sedere! – gli ordinò Aberforth con una insolita tranquillità – Non è certo il momento di star qui a farneticare su vecchie questioni. – e si voltò verso il Ministro alla sua destra – Non trovi, Shacklebolt? –

Il mago, indignato e offeso profondamente, non aggiunse altro, e Draco tornò a sedersi, anche se ancora evidentemente nervoso.

- Professore – esordì Ginny con una dolcezza che non nascondeva una profonda agitazione – lei sa che cosa possa essere accaduto a Harry? Mi dica la verità. –

Aberforth sospirò, ed osservò attentamente tutti i presenti, per poi scuotere il capo.

- No, purtroppo, e non è in mio poter alcun incantesimo che mi consenta di saperlo. Se solo il ritratto di mio fratello non fosse piombato in un eterno silenzio. – aggiunse con amarezza, per poi riprendere – Quello che so o che posso immaginare, è che Jahat ha portato via con sé Harry, magari in un altro luogo, o in un’altra dimensione, e forse l’unica persona che possa aiutarci in questo, è proprio il professor Beker. Dovremmo aspettare che si ristabilisca, e sperare che per allora non sarà troppo tardi. –

- Quindi, che cosa dobbiamo fare? – chiese Ginny, stringendo i pugni – Stare qui ad aspettare? –

Silente sospirò. – Non vedo altre alternative! –

Hagrid, in quel momento, si portò energicamente avanti, spodestando la professoressa McGranitt con la sua stazza.

- Ma Aberforth! Harry potrebbe… - esordì, ma il preside lo interruppe.

- Vuoi cercarlo Hagrid? Fa pure! Ma sapresti almeno da dove prendere il principio? L’avrei già fatto io, se ne avessi anche una benché minima idea, ma ora come ora sono bloccato. – affermò Aberforth, con fermezza.

Si sentiva già abbastanza impotente, senza che gli altri glielo facessero notare. Erano quelli i momenti in cui si ricordava del perché inizialmente non volesse occupare il posto che in precedenza era stato di suo fratello, perché sentiva di non essere all’altezza, e di fronte a situazioni del genere, si rendeva conto che effettivamente non lo era.

 

 

- Ti riprenderai in un nulla. – disse amorevolmente Madama Chips a Ron, quando ebbe terminato di fasciargli la ferita.

Ron istintivamente si tastò la caviglia, per accertarsi che la ferita fosse a posto, e la sua gamba ancora intatta, e poi si voltò verso l’infermiera.

- Quanto ci vorrà per… - ed esitò, spostando il suo sguardo sul letto accanto al suo, dove giaceva Hermione, con una fasciatura al braccio – Quanto ci vorrà per lei? –

Madama Chips si fermò sul posto ad osservare Hermione, e poi, sempre con un sorriso gentile, spostò il suo sguardo su Ron.

- Questa ragazza è forte, ha perso tantissimo sangue ma, con le cure necessarie, domani mattina dovrebbe aver già riacquistato i sensi. –

- Domani mattina? – chiese Ron ansioso, pensando che l’attesa fino all’indomani fosse insostenibile.

L’infermiera annuì e poi si portò accanto al letto del professor Beker, anch’egli privo di senso.

- A lui cos’è successo invece? – chiese Ron, curioso, dal momento che non era per niente a conoscenza di ciò che era accaduto all’interno dell’appartamento in cui i suoi amici e il suo professore si erano trovati imprigionati.

Sul volto di Madama Chips si disegnò un’espressione incerta, l’infermiera si chinò sul suo paziente, e aggrottò le sopracciglia.

- Non saprei con precisione… fatto sta che ha riportato una bruttissima ferita alla schiena, come se qualcosa lo avesse ustionato. – disse in tono greve.

- Si riprenderà? – chiese nuovamente Ron, sempre in preda all’ansia.

Madama Chips si voltò verso di lui, sorridendogli nuovamente.

- Oh, ma certamente. Tu piuttosto dovresti riposare. –

Ron, come un bambino capriccioso scosse il capo.

- Non me la sento. Dov’è Harry? – chiese, infine.

Madama Chips a quella domanda si immobilizzò; diede le spalle a Ron, e continuò a fare ciò che stava facendo, evitando la domanda.

- Coraggio riposati adesso, vedrai che al tuo risveglio ti sentirai meglio, e potrà anche darsi che accetterò di farti andare in giro con un sostegno. –

Ron stava per ribattere ma la donna non gli diede il tempo di farlo, e sparì oltre il paravento che separava l’infermeria dal suo ufficio. Ron, rassegnato, si abbandonò contro l’alta torre di cuscini che si erigeva alle sue spalle, socchiuse gli occhi per un attimo, sospirò, e poi si voltò nuovamente verso il letto di Hermione. Stette lì a fissarla forse per una buona mezzora, il tempo passò senza che se ne rendesse conto, e mentre era ancora lì assorto nei suoi pensieri, la porta dell’infermeria si spalancò. Ron vide una luce immensa circondare la persona che entrò, era alta e imponente, con una lunga barba bianca e degli occhialini a mezzaluna che riparavano i suoi occhi azzurri; era Albus Silente, seguito fedelmente da una persona alquanto tetra e sinistra, avvolta in un lungo mantello nero, con un lungo naso adunco, degli occhi neri profondissimi e unti capelli corvini, il professor Piton. Dietro di loro, a chiudere la fila, Minerva McGranitt, accompagnata dal suo migliore amico, Harry, solare e sorridente. Le quattro figure si avvicinarono al letto di Ron, che era estasiato, ma all’improvviso quella luce divina svanì, e Ron poté riscontrare che attorno al suo letto non vi erano né Silente, né Piton, né tanto meno Harry. Di fronte a lui c’era l’attuale preside di Hogwarts, Aberforth Silente, e al suo fianco Hagrid, insieme con la professoressa McGranitt, e infine, sua sorella, Ginny. La scena che aveva appena visto, era stata solo frutto della sua immaginazione, probabilmente sorbita dalla stanchezza. Apparentemente deluso, Ron sorrise raggiante alla vista di sua sorella, che corse ad abbracciarlo.

- Ginny! – ebbe solo il tempo di esclamare.

In quel momento sul fondo dell’infermeria apparvero anche le figure di Shacklebolt, Neville e Draco Malfoy. Ron non prestò loro molta attenzione, ma si accorse della loro presenza dai rimproveri di Madama Chips, che non voleva troppa confusione in infermeria.

- Allora Ron, come va la gamba? – chiese Hagrid, che gli sorrise amichevolmente.

Ron annuì. – Sembrerebbe andar bene, devo stare a riposo. –

- Ti rimetterai. – gli disse incoraggiante Aberforth, dandogli una pacca sulla spalla, e si voltò a guardare i restanti letti occupati dell’infermeria – La signorina Granger come sta? –

- Dovrebbe riprendersi al più presto. Madama Chips suppone che si sveglierà già domattina. – rispose Ron, con un tono serissimo.

Aberforth spostò lo sguardo sul letto di Beker.

- E il professor Beker invece? –

Ron scrollò le spalle.

- Non saprei. –

Aberforth si voltò in direzione di Madama Chips, che ancora cercava di invitare fuori Shacklebolt, Neville e Draco, senza esiti.

- Madama Chips, quanto tempo crede impiegherà Beker per rimettersi? –

L’infermiera smise di rimproverare gli ospiti indesiderati, e si voltò verso il preside.

- Spero al più presto, professore. Le sue condizioni non sono delle migliori, ha riportato un tipo di ferita che io stessa non ho mai visto. – disse con tono mesto.

Aberforth emise un suono incomprensibile, e si avvicinò al letto che ospitava il professore.

- Sa? E’ fondamentale che Beker riacquisti al più presto conoscenza. –

La donna non capì, e lo scrutò con fare interrogativo, allo stesso modo in cui lo fissò Ron, che a quel punto decise di riformulare la domanda che gli stava tanto a cuore.

- Professore? –

- Mmh? – chiese Silente, voltandosi verso il Grifondoro ferito.

- Dov’è Harry? –

Aberforth ebbe un attimo di titubanza, di fronte a quella domanda, e poi scrutò Ginny, Hagrid e la professoressa McGranitt, i cui volti erano cupi e preoccupati, infine, si voltò verso il proprio studente, curioso per la sorte del proprio migliore amico, e lo guardò attraversandolo con i suoi profondi occhi azzurri.

- A dire il vero… non lo so. –

 

 

- Ti sbagli Jahat. Non ho alcuna intenzione di morire, né tanto meno di farlo qui. –

Harry si guardò intorno, e prese ad osservare quella moltitudine di occhi che lo circondavano, era uno spettacolo raccapricciante. Sembrava che ciascuno di quegli occhi, gli dicesse qualcosa, raccontasse le storie delle persone alle quali erano appartenuti; tante vittime innocenti, la cui vista, e talvolta anche la vita, era stata portata via per la sete di potere di un mago squilibrato. Harry tornò a posare i suoi occhi su Jahat, e fu in quel momento che incontrò quelli del suo rivale, e ricordò che non gli appartenevano. Scrutò profondamente quegli occhi, quegli occhi neri che l’ultima volta gli avevano comunicato con un solo sguardo i più vari sentimenti e sensazioni che un uomo potesse provare, un uomo come Severus Piton, il cui sguardo gli aveva sempre incusso timore. Ritrovò quegli occhi neri dopo mesi, e non riuscì a credere che adesso essi giacessero sul corpo di un’altra persona, una persona che tra l’altro odiava. S’immobilizzò a quella vista, e stette lì a rimembrare la notte in cui quegli occhi si spensero, dopo avergli implorato un perdono che Harry era riuscito a dare soltanto dopo la visione dei ricordi di quel coraggiosissimo uomo, che da sempre aveva inscenato una farsa, rischiando la sua stessa vita, al fine di proteggerlo. Ora quegli occhi posavano sul volto del suo rivale, che gli stava di fronte, attendendo il momento in cui avrebbe stretto il suo cuore fra le mani.

- Cosa c’è? Che hai da osservare tanto? – chiese Jahat sprezzante.

- Siamo in tema di occhi… sai… - disse Harry con un leggero sorriso, burlandosi di lui.

- Oh, siamo anche spiritosi. Non credevo, Potter, complimenti. –

- L’ultimo mago che è stato riportato in vita e ha osato sfidarmi è finito male, ne sei cosciente? – fece Harry con tono arrogante e superiore.

- Ma quanto siamo sicuri delle nostre capacità. Questa volta non sarai di certo così fortunato. – disse Jahat alzando la bacchetta – Dì le tue ultime preghiere! – e scagliò un fascio di luce verde contro Harry, che lo scansò a fatica.

- Non potrai sfuggire per sempre. – aggiunse, scagliando un altro colpo che fu nuovamente scansato da Harry.

 

 

In uno degli oscuri e freddi corridoi di Hogwarts, Neville era in compagnia di Luna, a cui aveva raccontato tutto ciò che era avvenuto quella mattina. La giovane Corvonero ascoltò quel racconto senza fiatare, e benché fosse scossa dagli eventi, non si lasciò turbare, e continuò ad avere un’espressione armoniosa in viso, che rincuorò Neville, il quale appariva di gran lunga più abbattuto.

- Non penso che Harry cederà il suo cuore tanto facilmente. – disse sorridendo – Anche se Jahat su una cosa ha ragione, quel cuore non gli appartiene. – aggiunse con la sua solita aria sognante.

Neville aggrottò la fronte, non comprendendo quell’affermazione.

- Cosa intendi dire? –

Luna scrollò le spalle e sorrise raggiante.

- Beh, quel cuore appartiene a Ginny, no? –

Neville scrollò il capo ed accennò un leggero sorriso.

- Luna… ma come fai… -

Luna non disse altro, e rimase in silenzio per qualche attimo. Neville, trovando insolita quell’improvvisa pace, alzò lo sguardo su di lei, e notò che si era come pietrificata. Era fissa e immobile, con gli occhi spalancati e puntati su un punto di fronte a sé. Le prese la mano e a quel tocco avvertì il gelo, il corpo della strega di Corvonero era diventato un pezzo di ghiaccio. Si alzò istantaneamente in piedi.

- Luna! – gridò afferrandola per le spalle. – Luna rispondimi! –

La ragazza finalmente si mosse, e lentamente, quasi come se fosse un automa, ruotò il capo verso Neville, tenendo sempre gli occhi fissi.

- Io li vedo. –

Neville era confuso e shockato allo stesso tempo.

- Cosa? – chiese agitato ed un secondo dopo scosse Luna freneticamente – COSA? – chiese ancor più nervoso. – Che cosa vedi, Luna? –

- Vedo lui, Harry. – ed acquistò nuovamente la sua aria fuori dal mondo – C’è anche Jahat con lui. –

- Cosa? – disse nuovamente Neville, che a quanto pare sembrava non sapesse dire altro. – E dimmi, dove sono? –

- Non lo so, stanno combattendo, ci sono tanti occhi e degli alberi, Harry non se la sta passando bene. – disse descrivendo ciò che vedeva.

A Neville gli si seccò la gola, che non riuscì a dire alcunché. L’unica cosa che gli venne in mente, fu quella di andare ad avvertire Aberforth.

 

 

Il combattimento tra Harry e Jahat continuava senza sosta, e senza rallentare i ritmi. Harry trovava abbastanza difficile colpire Jahat, che dava l’idea di essere molto più veloce di lui, ma fortunatamente riusciva a schivare gli Anatemi che il suo avversario gli lanciava contro. Stava temporeggiando momentaneamente, accovacciato dietro il trono di Jahat fatto di pietra e occhi, mentre questi attendeva il momento giusto per colpirlo.

- Ti nascondi piccolo maghetto? Non aver paura, non ti farò del male! – continuava a provocarlo Jahat.

- Non ho alcuna paura, fidati. – rispose Harry che stava cercando in tutti i modo di escogitare qualcosa per portarsi fuori di lì.

- E allora perché te ne stai rintanato lì dietro? –

Harry emise un profondo respiro, e stando attendo a non abbassare la guardia, balzò fuori in un attimo.

- Eccomi qui. – esclamò.

- Oh bene, cominciavi a mancarmi! – disse Jahat prima di colpirlo nuovamente.

Per l’ennesima volta, Harry schivò il colpo.

- La prossima volta non sarai così fortunato. – esclamò lo stregone – Assaggerai la lama della mia spada. –

Jahat brandì la spada, e si portò in un istante di fronte ad Harry per affondare la lama della sua arma nel suo addome. Harry, in preda al panico del momento, riuscì solo ad alzare la bacchetta, puntandola dritta contro gli occhi di Jahat, e urlò – Lumos Maxima! –

Jahat venne accecato dall’immensa luce che fuoriuscì dalla bacchetta di Harry, e indietreggiò, portandosi una mano agli occhi, e abbassando la spada.

- Cadi sulle cose più semplici, vero Jahat? –

 

 

Neville condusse Luna al cospetto di Aberforth, che ascoltò attentamente ciò che la ragazza, priva della vista, diceva di vedere. Si trovavano nel suo studio, con la presenza costante di Ginny, Draco, Hagrid, la professoressa McGranitt e il Ministro della Magia.

- Come se lo spiega? – chiese Shacklebolt a Silente, che se ne stava seduto alla sua scrivania, completamente assordo nel suo meditare.

- Come me lo spiego? – disse il preside senza neanche degnare di uno sguardo il suo interlocutore – Me lo spiego con il fatto che la signorina Lovegood possieda una predisposizione naturale alla premonizione, e che questa si sia combinata con la sua particolare vista che i jahati hanno tentato di sottrarle, ma a quanto pare non ci sono riusciti completamente. Si è come stabilito un legame tra gli occhi privi di vista della signorina Lovegood, e gli occhi che dice di vedere in quel posto, un po’ come se vedessi attraverso di essi. Ma ovviamente… non hai conoscenza di quel posto, vero? –

Luna scrollò il capo.

- Professore, non crede che sia il posto dove Jahat conserva la sua personale collezione? – chiese Ginny, prontamente.

Aberforth annuì lentamente.

- Sì, credo proprio tu abbia ragione, signorina Weasley. –

- E… nessuno sa dove si trova questo luogo, signore? – chiese innocentemente Hagrid.

Aberforth scosse il capo, cupo.

- Almeno nessuno dei presenti. L’unica persona che potrebbe saperlo è… Hubert! –

- Madama Chips dice di non sapere quando il professor Beker riprenderà conoscenza. – constatò la professoressa McGranitt.

Aberforth annuì nuovamente, e strinse le dita che teneva intrecciate, per provocarsi dolore. Non sopportava l’idea di non poter far nulla in quel contesto.

- E quindi che si fa? – chiese, con un cenno di irritazione, Draco Malfoy.

Aberforth non rispose, ma si risolve a Luna.

- Puoi dirci come sta Harry, in questo momento? Cosa sta accadendo? –

- Jahat è stato accecato, ma si è subito ripreso, scansando la maledizione di Harry. Continuano a mancarsi a vicenda. E’ un gioco senza vincitori. –

Aberforth annuì lentamente.

- E speriamo che duri così. Tu avvertici su ogni cosa, intesi? – disse rivolto alla ragazza e poi alzò lo sguardo su tutti i presenti – Per il resto… abbiamo necessariamente bisogno di Beker! –

 

Continua…

 

E siamo già giunti al 18° capitolo! E chi se l'aspettava! Mi stupisco di me stessa, certe volte :) Beh... penso che però la storia si stia avvicinando all'Epilogo eh! Quindi continuate a seguirla come avete fatto fino ad adesso se volete sapere come andrà a finire! Prima di dire qualsiasi altra cavolata RINGRAZIO tutti... tutti coloro che leggono, che ovviamente sono coloro che stimo in particolar modo perché sono davvero dei temerari XD e coloro che recensiscono, perché mi esprimono sempre la loro opinione... GRAZIE DAVVERO TANTO! Rispondo adesso alla domanda di Erika91 che mi chiedeva che programma uso: Sì, uso Word... e in media un capitolo viene lungo 13 pagine, 12, 11... si aggira intorno ai 60 KB (oscilla dai 58 ai 66 in genere), tieni presente che però ad ogni INVIO ho il capo verso web, che per dirla in gergo elementare, mi lascia più spazio tra le righe.

Voglio rispondere anche alla recensione di midnightsummerdream, non ti preoccupare, pazza di certo non ti considero :p Solo molto simpatica XD Mi hai fatto sorridere con la tua recensione! Sono felice di suscitare in te una tale suspance! Non stavi proprio più nella pelle! Bene, come avevi previsto, ai Babbani è stata cancellata la memoria... beh... era l'unica cosa da fare! Per quanto riguarda lo "svelare" tutto subito... è una cosa con cui gli autori credo che facciano i conti continuamente. Sai, quando scrivo io vorrei subito arrivare alla fine, ma sempre mentre scrivo cerco di frenarmi... perché non posso realmente commettere SALTI epocali soltanto per la mia fretta di giungere alla conclusione, perché so, o quanto meno spero, che anche il lettore ha la mia stessa volontà, e si troverebbe deluso nel vedere la storia crollare in questo modo, non gli lascerebbe il gusto di leggere. Non trovi? Quindi, benché difficile, cerco sempre di ritardare il momento topico... Beh adesso devo stare attenta a non ritardarlo un po' troppo, altrimenti vi stancherete XDDDD Vabbè dai, ormai siamo nel vivo dell'azione ;) Dici che Jahat non è una creatura malriuscita? grazie, troppo buona! Te l'eri immaginato diverso però, beh sai... come tu sei stata condizionata dai Promessi Sposi (aspetta di vedere cosa sarà la Divina Commedia :P) a scrivermi un tema, io sarò stata probabilmente condizionata dal mio "benedetto" esame di Storia Medievale dato lo scorsa sessione... un bell'esamone che mi ha tenuto compagnia tutta l'estate... e di fatti Jahat è un antico stregone/guerriero medievale... madò sto male XD Comunque grazie davvero per il tuo papiro :) Spero continuerai a seguirmi!

Comunque devo come sempre dare un ringraziamento particolare alla mia piccola_ro... eheh hai visto Luna? Quando giungerai alla fine di questo capitolo vedrai che non è stato tutto casuale ciò che le è accaduto! Cerco di non rendere nulla casuale in questa storia :) Ogni cosa è stata scritta per un motivo preciso... ihih :p Grazie amooooo!!! Sono contenta che la storia ti piaccia! Anche perché tu mi hai sempre spronato ad andare avanti! Un bacione enorme, TATTTTTT!!! Ps. Il libro dei 4? Trooooooppo buona :)

Eh beh... dopo avervi inondato di parole, mi sa che io me ne ritorno ai libri (ehhhhhhhhhh già... triste vita di una studentessa) ...di coreano poi -_-" Vabbè, la smetto di dire cavolate, e vi do appuntamento al prossimo capitolo. Beker riprenderà i sensi? Riusciranno a trovare il luogo in cui si trova Harry? Harry terrà testa a Jahat in questo combattimento uno contro uno? Ron attenderà ancora a lungo il risveglio di Hermione? Questo ed altro... nel prossimo capitolo! A presto (spero!) SAM!

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 19

 

Nel cimitero degli occhi, Harry si trovava faccia a faccia con il suo avversario, Jahat, un antico stregone medievale riportato in vita dai suoi seguaci per ascendere al potere. Il combattimento si stava svolgendo nella più completa irregolarità, ma i due maghi si tenevano testa e nessuno riusciva nell’intento di sopraffare l’altro. Harry aveva scagliato contro il suo rivale tutti gli Anatemi e le Maledizioni che conosceva, ma essi non avevano sortito alcun effetto, a parte quello di rallentare Jahat, tra l’altro per una manciata di secondi. Allo stesso modo, Jahat, benché fosse più veloce non riusciva a colpire Harry, che scansava ogni suo attacco; lo stregone riusciva solo ad ostacolarlo, ma fortunatamente il mago dalla cicatrice sulla fronte riusciva a rimettersi in sesto senza troppe difficoltà. Era un combattimento alla pari. Anche se Harry appariva stanco (aveva perso la cognizione del tempo e non avrebbe saputo dire da quante ore si trovasse in quel posto), le voci provenienti da tutti quegli occhi gli davano la forza, ma prima di tutto un motivo, per non darsi per vinto e continuare a combattere.

Comodamente seduta nell’ufficio di Silente, Luna Lovegood, la cui vista era stata portata via dagli stessi seguaci di Jahat, assisteva involontariamente a tutto il combattimento, e riportava al preside qualsiasi informazione significativa. Un paio di volte aveva fatto trasalire la professoressa McGranitt annunciando che Harry aveva subito un attacco e lasciando poi la frase in sospeso, per poi riprendere solo dopo qualche minuto, quando i presenti stavano già dando per scontato il peggio. Altre volte, invece, lo sguardo di Aberforth si era sollevato di scatto, interessato e attento, nel momento in cui Luna aveva comunicato a gran voce che era stato Harry a colpire il suo rivale, ma l’entusiasmo e l’ansia per tale evento si esaurivano immediatamente con il proseguire del racconto della giovane Corvonero.

 

 

Harry si trovava a terra, semi-inginocchiato, con una mano poggiata al suolo per reggersi e la bacchetta stretta nell’altra. Il suo viso era stanco e respirava affannosamente, senza mai staccare gli occhi dal suo rivale, il quale non portava significativi segni di cedimento; tutt’altro, era come se per Jahat il combattimento fosse appena cominciato.

- Complimenti per la resistenza, ragazzo. – accennò lo stregone con un ghigno. – Ti vedo leggermente stanco. Arrenditi, tanto ormai hai già perso. –

Jahat prese ad incamminarsi verso Harry, che facendosi forza molto difficilmente riuscì a rimettersi in piedi, in principio barcollò, ma riacquistò subito l’equilibrio.

- Non ho alcuna intenzione di farlo, Jahat. –

- Temerario fino all’ultimo. Il tuo coraggio non ti salverà stavolta. – disse continuando a sghignazzare in modo fastidioso.

Harry cominciò ad indietreggiare di fronte all’avanzare del suo nemico.

- E cosa ne sai tu del mio coraggio? Eri bello che morto, non sai nulla di me. – disse Harry in tono arrogante, asciugandosi il sudore dal viso con la manica della tonaca.

Jahat accennò un sorrisino insopportabile, con l’aria di chi sembra saperla lunga.

- Io so tutto di te… - e un lampo comparve nei suoi occhi; Harry rabbrividì - …ti reputavo un ragazzo sveglio. –

Harry era sufficientemente confuso, non aveva assolutamente compreso quell’affermazione, ed anzi, si chiedesse come fosse possibile una cosa del genere. Tenendo sempre stretta la bacchetta, indietreggiava sempre di più, girando in tondo, man mano che Jahat gli si avvicinava.

- Che vuoi dire? – chiese senza riuscire a nascondere una punta di spavento nella sua voce.

Il sorriso di Jahat si allargò sempre di più.

- Ma come? Non l’hai capito? Davvero non immagini? –

 

 

- Questo cosa significa, signor Preside? – chiese Hagrid, il quale risultava essere completamente esterrefatto.

Luna stava descrivendo tutto ciò che vedeva e sentiva; al suo fianco Neville le teneva la mano, ed avvertiva i suoi fremiti ad ogni colpo di scena. Aberforth alzò lo sguardo su Hagrid, e successivamente sulla professoressa McGranitt, anch’ella sconvolta, e cercava di analizzare qualsiasi frase del dialogo che Luna gli stava riferendo. Lo sguardo del preside di Hogwarts, era vacuo, come se fosse perso nel vuoto, e non osava ancora giungere a conclusioni affrettate.

- Aberforth, come pensi che faccia Jahat a conoscere tutto di Harry? Non dovrebbe dal momento che è morto da secoli. Va bene la magia però… qui andiamo davvero oltre ogni limite del possibile. – esclamò la professoressa McGranitt reggendosi il petto con una mano.

Aberforth scosse lentamente il capo, e corrugò la fronte.

- Devo pensare… com’è possibile? – pensava mentre Luna continuava la cronaca di ciò a cui stava assistendo.

 

 

Ron Weasley, in preda all’ansia per la sorte del suo migliore amico e per l’attesa del risveglio della sua ragazza, era relegato in un letto dell’infermeria di Hogwarts, e seguiva con lo sguardo un guaritore dell’ospedale San Mungo che si dedicava alle cure del professor Beker. Seduta al suo fianco, su di un piccolo sgabello, c’era una pensierosa Ginny, che teneva entrambe le mani sulle ginocchia e aveva un’aria preoccupata. Ron smise di dedicare la sua attenzione al guaritore e si voltò verso sua sorella, osservandola per alcuni istanti in silenzio.

- Ginny, non fraintendermi, apprezzo molto la tua presenza qui, mi sei d’aiuto… Questo… questo è un momento davvero di schifo per me ma… Come mai non sei nell’ufficio di Aberforth? Non vuoi sapere cosa sta accadendo a Harry? –

Ginny a quella domanda, si strofinò le ginocchia con le mani, ciondolando avanti e indietro con il busto, in un chiaro cenno di nervosismo, e poi cercò di apparire se non calma, almeno lontana da una crisi di panico, ma non ci riuscì molto bene, dal momento che tremava.

- Non ce la faccio, Ron. Sono troppo agitata. Non posso farmi venire un infarto ad ogni cosa che Luna dice, l’ansia e la paura mi corroderebbero. Preferisco stare qui, e pensare piuttosto che lui stia bene e stia affrontando Jahat nel migliore dei modi. E poi, voglio tenerti compagnia mentre attendi il risveglio di Hermione; dopo tutto anche tu sei nella mia stessa condizione. –

Ron annuì con un’evidente amarezza stampata sul volto, e si voltò verso Hermione che giaceva beatamente sul lettino accanto al suo; strinse un pugno e lo affondò nel materasso, i nervi della sua bocca gli si contrassero, e Ginny poggiò cautamente le mani sul suo braccio per farlo calmare.

- Sai che cosa mi fa imbestialire? – continuò Ron senza riuscire a contenere la sua rabbia. – Il fatto che per settimane gli abbiamo detto di non essere melodrammatico, per settimane gli abbiamo assicurato che sarebbe andato tutto bene, perché quando Jahat sarebbe arrivato noi saremmo stati con lui, avremmo combattuto insieme, l’avremmo sostenuto. E invece eccoci qua, io sono bloccato in un letto con una caviglia fratturata, Hermione è allo stremo delle forze in un letto di infermeria, tu sei sconvolta e lui è chissà dove e sta combattendo completamente da solo. Ha perso i suoi amici nel momento in cui aveva maggior bisogno. Miseriaccia! –

Ron affondò un nuovo pugno sulle sue lenzuola, mentre Ginny cercava sempre di rincuorarlo.

- Ma non è dipeso da te, Ron. Tu hai fatto il possibile per venirci a salvare prima che Jahat lo portasse via. –

- Sì – disse Ron contraendo sempre tutti i muscoli del viso, aveva uno sguardo durissimo – e non sono stato in grado di farlo. Non ho difeso nemmeno lei. – e si voltò nuovamente per guardare la sua Hermione – Mi faccio pena. –

Ginny stava per ribattere alle parole di Ron, quando un improvviso movimento catturò la sua attenzione. Il guaritore del San Mungo era corso via dal letto di Beker e si era fiondato a gran velocità nello studio di Madama Chips, dopo qualche istante l’uomo ricomparve al fianco dell’infermiera, i cui passi erano ampi il doppio del normale.

- Ho avvertito una lieve contrazione, credo che stia per svegliarsi. – annunciò a gran voce il guaritore.

Anche l’attenzione di Ron fu catturata, e il ragazzo abbandonò la sua espressione aspra per prendere ad osservare cosa stesse accadendo.

- Sì, credo proprio che si stia risvegliando. Bisogna avvertire il Preside. – esclamò Madama Chips, con tono gioioso.

Ginny scattò in piedi in un istante.

- Ci vado io. – annunciò a gran voce, e Madama Chips annuì – Sarò qui in un attimo. –

La ragazza dai capelli rossi si portò correndo fuori dall’infermeria, e Ron, osservando attentamente il professor Beker, tra le figure di Madama Chips e del guaritore, poté scorgere i suoi occhi aprirsi. Hubert Beker stava finalmente riprendendo conoscenza.

 

 

- Adesso ho capito. – annunciò Aberforth in tono meditativo, quasi come se stesse parlando fra sé e sé e non si fosse reso conto di aver pronunciato quelle parole a voce alta.

Tutti i presenti portarono i loro sguardi sul Preside, chiaramente interessati dalla sua affermazione.  Aberforth, sì sentì osservato e alzò lo sguardo, stupendosi nel trovare tutti gli occhi puntati su di sé.

- Credo… ma non ne sono sicuro… ovviamente non vorrei fare supposizioni sbagliate ma… penso che il motivo per cui Jahat conosce tutto di Harry sia… -

 

 

- Mi deludi Harry Potter, davvero. –

- Ti decidi a parlare? O devo estorcerti la verità con la forza? – chiese Harry, puntandogli contro la bacchetta, e continuando a girargli intorno.

- Oh, dubito che tu possa riuscirci. – disse Jahat in tono di scherno.

- Ebbene? – continuò Harry, rigido.

Jahat si fermò un istante, e squadrò Harry dalla testa ai piedi, sempre con il suo solito ghigno dipinto in viso.

- La verità Harry… è che io… possiedo gli occhi e il cuore di due delle persone che ti hanno amato di più.

Il mondo, in quel momento, cadde sulle spalle di Harry con la forza di un’incudine pesante tonnellate, lanciata da chilometri di altezza.

- Sì, Harry Potter, proprio così. – continuò Jahat che dava l’idea di divertirsi – Tutto ciò che vedeva quel… quel viscido… quel Piton… io lo vedo. –

- NON AZZARDARTI A PARLARE COSI’ DI LUI! – gridò Harry, dalla cui bacchetta partì una Maledizione che, purtroppo, Jahat schivò lentamente.

- Oh oh… ma quanto siamo affezionati. Non dannarti troppo per lui, tanto è morto. –

- STA ZITTO! – gridò nuovamente il Grifondoro, e un secondo Anatema si scatenò dalla sua bacchetta, ma mancò ancora Jahat.

- E’ così Harry, e così come vedo tutto ciò che lui vedeva, allo stesso modo conosco la tua storia, perché il cuore di quel vecchio è una finestra aperta sulla tua vita. Anche lui ne ha fatte di cose cattive, lo sapevi? – disse Jahat con tono cantilenante.

- Lascia stare, Silente ha soltanto commesso degli errori ed ha già pagato per essi. Albus Silente è il più grande mago di tutti i tempi, e su questo nessuno può ribattere. –

Jahat inclinò il capo.

- Tu dici? Stravedeva per te il nonnetto lo sai? –

- Adesso basta! AVADA KEDAVRA! – urlò Harry, non riuscendo più a contenere l’odio per quell’uomo, che ormai straripava da ogni dove del suo cuore.

Il fascio di luce verde andò a colpire in pieno petto lo stregone, che allargò le braccia, come per accogliere il colpo, e dopo qualche istante un sorriso gli si dipinse sul volto. Harry spalancò gli occhi, e lasciò cadere la bacchetta. L’Avada Kedavra non aveva sortito alcun effetto su Jahat, che se ne stava lì di fronte a lui, in perfetta forma.

- Ah dimenticavo di dirti Harry… che… tu non puoi uccidermi… Io sono già morto. –

 

 

- Ci aveva visto giusto, signor Preside. – esclamò Hagrid, con espressione attonita.

Shacklebolt si staccò nervosamente dalla cattedra di Silente, sulla quale era appoggiato, e prese a camminare in tondo per l’ufficio.

- Dunque è questo… il motivo… - disse con tono meditativo – Jahat conosce tutto di Harry per via degli occhi di Piton e del cuore di Albus Silente. –

Aberforth, colpito nel vivo, annuì debolmente.

- E’ esattamente così, Kingsley. –

- Benché la questione sia dolorosa e interessante – intervenne in quel momento la professoressa McGranitt – c’è un altro aspetto che cattura la mia attenzione. A dire della signorina Lovegood, Jahat ha praticamente dichiarato di essere immortale! – fece osservare.

Aberforth sospirò nuovamente, socchiuse gli occhi, come se volesse lasciar scivolare via il peggio, e si alzò, poggiando entrambe le mani sulla scrivania.

- Esattamente, Minerva. Da che mondo è mondo, anche nel regno della magia, è impossibile riportare indietro i morti. L’anima di Jahat è morta secoli fa, ed il suo corpo si è decomposto. Ciò che vediamo oggi, e che i jahati hanno “riportato” in vita, è un nuovo corpo abitato da quella che può essere considerata un’essenza dell’antico Jahat, ma non la sua persona nella sua interezza. –

- E nemmeno distruggendo questo corpo, professore, si può sconfiggere Jahat? – chiese, timidamente, Neville.

Aberforth esitò qualche istante, come se stesse meditando sulla questione sollevata da Neville.

- La signorina Lovegood ha descritto come il corpo di Jahat, il suo attuale corpo, sia stato colpito in pieno da un Anatema che Uccide senza essere minimamente scalfito. A questo punto mi sovviene pensare che i jahati abbiano ricostruito un corpo che sia impossibile distruggere. Dunque l’essenza di Jahat è al sicuro in una botte d’acciaio. –

La professoressa McGranitt portò una mano alla bocca, per nascondere la sua espressione di stupore, quando la porta dell’ufficio di Silente si aprì di colpo, e un’affannata Ginny Weasley comparve sulla soglia.

- Signorina Weasley! – esclamò Aberforth senza perdere tempo – Ci sono novità? – chiese speranzoso.

Ginny, che ancora stava riprendendo fiato, annuì violentemente.

- Il professor… il professor Beker… si è… si è risvegliato! –

Tutti i presenti ebbero come un sussulto. Aberforth abbandonò la sua scrivania e corse verso l’uscita, oltrepassando Ginny e lanciandosi lungo il corridoio. In quel momento, dalla direzione opposta del corridoio, sopraggiunse Draco Malfoy, che si stava recando proprio nello studio del preside, ma una volta giunto dinanzi ai gargoyle, vide tutti precipitarsi fuori dall’ufficio ed anche piuttosto di fretta. Non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni a nessuno; l’unica cosa che riuscì a fare fu afferrare il braccio di Ginny e la immobilizzarla, nel momento in cui la ragazza gli passò accanto. Ginny si voltò di scatto per vedere chi l’avesse bloccata e quasi si stupì nel trovarsi di fronte il biondino di Serpeverde.

- Draco! – esclamò.

- Che accidenti sta succedendo? – chiese il Serpeverde, abbastanza confuso.

- Beker si sta risvegliando! Forse sapremo dov’è Harry! – disse la ragazza raggiante.

Draco lasciò andare il suo braccio e Ginny s’affrettò a raggiungere gli altri che l’avevano preceduta verso l’infermeria.

 

 

- Che cosa… che cosa significa? – chiese Harry, a dir poco intontito.

Jahat scoppiò in una fragorosa e rumorosa risata.

- A quanto pare non parliamo la stessa lingua! O sei semplicemente un po’ lento di comprendonio! – e la sua risata si spense, così che Jahat poté osservare attentamente il suo interlocutore – Il mio corpo non esiste più! Io sono morto secoli fa, ragazzo. Questo che vedi… è quel che i miei seguaci hanno saputo ricostruire, e proprio perché è un qualcosa di artificiale che è stato riprodotto nella perfezione più totale. Non puoi far nulla per sconfiggermi, per cui rassegnati, ed una buona volta… DAMMI… QUEL… CUORE!

Jahat si avventò su Harry, impugnando la sua spada. Il ragazzo, ancora stordito, e privo della sua bacchetta, non riuscì ad evitare l’attacco del nemico che gli si fiondò contro violentemente, gettandolo con le spalle al suolo e stringendogli la gola con tutta la forza che possedeva. Harry lo guardava dal basso verso l’alto, mentre il suo viso diventava di un colore violaceo, e il suo respiro sembrava essere quasi un ricordo lontano. Cominciò a dimenare i piedi, stava letteralmente soffocando. Gettò istintivamente lo sguardo a lato, in direzione della sua bacchetta, e provò ad allungare la mano per afferrarla, ma era troppo lontana.

- Crepa! – disse Jahat manifestando il suo profondo odio.

 

 

Aberforth, Kingsley, Minerva McGranitt, Hagrid e per finire Ginny irruppero nell’infermeria, dove trovarono il guaritore del San Mungo e Madama Chips dedicare le loro attenzioni ad un Beker ormai cosciente. Ron osservò tutta la scena dal proprio letto e vide il preside precipitarsi accanto al letto del docente.

- Hubert! – annunciò a gran voce.

Madama Chips gli fece cenno di abbassare la voce, e lo scostò di poco distante dal letto.

- Faccia piano, signor preside. Si è appena svegliato, è ancora debole. –

- Sì, sì, capisco benissimo. – disse freneticamente Aberforth, avvicinandosi nuovamente al letto, lasciando intendere che non aveva per nulla colto l’avvertimento dell’infermiera – Dimmi Beker, come ti senti? –

Beker strizzò entrambi gli occhi e curvò il capo come per sgranchirsi le ossa del collo.

- In verità… un po’ indolenzito vecchio mio. – disse con un leggero sorriso, dovuto alla sua debolezza.

- Beker… arrivo subito al sodo, mai avrei voluto essere così crudo, ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. –

L’espressione di Beker mutò all’istante, da sorridente quale era si trasformò in una smorfia seria e preoccupata.

- Che sta succedendo? – chiese in tono greve, cercando la risposta negli sguardi di tutti i presenti, e voltandosi per guardarli uno per uno si rese conto di ciò che stava accadendo – Dov’è Harry? –

Aberforth trasse un respiro profondo.

- E’ proprio di questo che voglio parlarti. Hubert, questa mattina nell’appartamento in cui siete stati rinchiusi, è comparso Jahat, avrai sentito la sua aurea. –

- Eccome! – affermò Beker, del tutto interessato, mettendosi a sedere in mezzo al letto.

- Ebbene – proseguì il preside di Hogwarts – Jahat ha portato con sé Harry, e non sappiamo dove. –

Beker apparve sconvolto e confuso allo stesso tempo.

- Che… che cosa? – riuscì semplicemente a dire.

Il preside annuì – Ma è avvenuto qualcosa di alquanto strano, e stupefacente! Luna Lovegood, la giovane Corvonero alla quale è stata strappata la vista ad opera dei jahati, inspiegabilmente assiste a tutto ciò che sta avvenendo nel luogo in cui si trovano adesso Harry e Jahat. –

- Che luogo è? – chiese teso Beker, senza neanche attendere che Aberforth continuasse.

- L’ha descritto come un luogo abbastanza tetro, alberi alti, poca luce, tante candele e soprattutto… occhi! Ci sono occhi ovunque dice e… -

Ma Beker non gli diede tempo di terminare.

- Il cimitero degli occhi. –

- Che cosa? – esclamarono tutti i presenti all’unisono.

- Allora lei sa dov’è professor Beker? – esclamò la professoressa McGranitt, leggermente sollevata.

- Io ci sono stato, Minerva. – sottolineò Beker – E’ nel cuore dell’Africa, dove Jahat è nato e morto durante la sua priva vita. E’ lì che tiene la sua collezione! –

Aberforth stette per dire qualcosa, ma fu interrotto dall’intervento di Ginny.

- Mi materializzerò lì! Adesso che so dove si trova, posso arrivarci, non ho intenzione di lasciare Harry da solo. – affermò decisa, con uno sguardo duro e forte.

Gli insegnanti, il preside e il Ministro della Magia, si voltarono verso la ragazza a dir poco esterrefatti e sorpresi per tale decisione.

- Coraggiosa la ragazza eh? – ironizzò con un leggero sorriso il professor Beker anche se debolmente per via delle sue condizioni di salute – Bravissima Weasley, sono fiero di te. –

La professoressa McGranitt, reggendosi il petto, avanzò verso la ragazza.

- Signorina Weasley, non credo che… -

Ma l’insegnante di Trasfigurazione fu interrotta dall’arrivo di un secondo studente, che a fatica era scivolato giù dal suo letto avvicinandosi zoppicando a sua sorella.

- Ed io verrò con te. Anche se non sono in perfetta forma… non posso lasciare il mio migliore amico da solo. Io devo essere al suo fianco. – esclamò Ron, trovando un appoggio in Ginny.

- Oh oh… allora è tutta la famiglia Weasley che è dotata di indomito coraggio. – continuò ad ironizzare divertito Beker.

Gli insegnanti presenti erano sempre più sconvolti.

- Non credo proprio che sia il caso di... – fece per esordire Aberforth, ma in quel momento, dalla porta dell’infermeria, giunse Neville correndo. Appena giunto s’aggrappò allo stipite della porta, respirando affannosamente, e cercando di non collassare al suolo. Dietro di lui, poco dopo, giunse sempre correndo Draco Malfoy.

- Professor Silente… - ansimò il paffuto Grifondoro, che ancora doveva riprendere fiato. – Professore… Harry… Harry… -

Aberforth si portò in avanti, superando tutti, e raggiungendo Neville.

- Cosa succede Paciock? La signorina Lovegood ha visto qualcosa? –

Neville annuì vigorosamente.

- Harry… Jahat… non può difendersi… Jahat l’ha… l’ha preso per la gola… e lui non la bacchetta, signore. –

Gli occhi del preside di Hogwarts si spalancarono, così come quelli di Ginny che, quasi come se quell’affermazione rappresentasse il permesso per raggiungere Harry nel cimitero, si gettò precipitosamente fuori dall’infermeria, senza che Aberforth riuscisse a fermarla.

- Un momento signorina Weasley! Torni qui! – urlò ergendosi lungo il corridoio, ma la ragazza era ormai scappata.

- Professor Silente… - disse debolmente la professoressa McGranitt, portandosi avanti.

- Aberforth, che si fa? – chiese, quasi spazientito, Shacklebolt.

Aberforth tenne fieramente il capo alto.

- Devo seguirla. –

 

 

Harry stava ancora combattendo tra la vita e la morte, mentre Jahat tentava di soffocarlo stringendogli la gola, e la sua bacchetta era dannatamente lontana. In quell’attimo comprese che forse non ce l’avrebbe fatta. Harry Potter, il mago che aveva avuto la meglio contro Voldemort, stava per essere ucciso da un antico stregone di cui, prima di allora, non conosceva nemmeno l’esistenza. In un attimo gli passarono dinanzi agli occhi tutti i suoi ricordi; dall’immagine vaga che aveva dei suoi genitori, alla triste infanzia con i Duddley, al giorno in cui ricevette la lettera per frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, al giorno in cui incontrò per la prima volta coloro che sarebbero diventati i suoi compagni di una vita: Ron & Hermione, alla sua profonda amicizia con Hagrid, al giorno in cui conobbe colui che divenne il suo pilastro, nonché punto di riferimento: Albus Silente, l’uomo che aveva sostenuto e stimato dal primo momento, da quando fu informato della sua esistenza dal retro di una figurina uscita da una Cioccorana. Gli apparve dinanzi anche il suo pessimo rapporto con Piton, che aveva sempre detestato e di cui aveva sempre sospettato. Rivide Sirius, e ricordò il giorno in cui aveva appreso la sua innocenza, e in cui lo accettò come suo padrino, con la speranza di poter vivere insieme, un giorno. E poi Lupin, Tonks, Malocchio, Cedric e tutti coloro che gli erano sempre stati accanto, durante quei lunghi anni passati a combattere contro Voldemort. Infine, vide coloro che non facevano solo parte del suo passato, ma anche del suo presente; coloro che avevano costituito la sua seconda famiglia: Arthur e Molly Weasley, il compianto Fred, George e lei, Ginny. Non voleva in alcun modo dover dire addio alla ragazza che per troppo tempo si era lasciato sfuggire, e che finalmente gli viveva accanto, condividendo le sue gioie, le sue emozioni, ma soprattutto le sue ansie e le sue paure. I momenti splendidi vissuti con Ginny erano davvero troppi, ed Harry si figurò anche quelli che ci sarebbero potuti essere, in un ipotetico futuro. No, non era pronto a lasciare la vita, non adesso che aveva lei. Non voleva assolutamente lasciarla. Eppure, la morsa di Jahat diventava sempre più forte, ed Harry avvertì il suo respiro diventare sempre più debole. L’antico stregone stava riuscendo nel suo intento: presto il cuore del giovane mago avrebbe smesso di battere, e avrebbe potuto appropriarsene per raggiungere il massimo del suo potere. Harry stava per arrendersi, per un momento la sua mente volò ai momenti in cui si trovava in difficoltà, e provvidenzialmente giungeva una mano dall’alto ad aiutarlo. Così accadde nella Camera dei Segreti, quando giunse Fanny e così accadde al Ministero, quando sopraggiunse Silente, in suo soccorso. Questa volta, riconobbe Harry, non sarebbe stato così fortunato. Nessuno sarebbe accorso il suo aiuto, probabilmente nessuno era a conoscenza del luogo in cui si trovava, quindi nessuno avrebbe avuto modo di salvarlo.

Mentre formulava quei pensieri, e sentiva il proprio respiro diventare sempre più debole, Harry avvertì improvvisamente un leggero sollievo; la morsa soffocante di Jahat divenne più lieve. – Sono già morto? – pensò dentro di sé, ma nel momento in cui portò gli occhi sul suo avversario, e si rese conto di trovarsi ancora nella terra dei vivi, vide l’espressione di Jahat cambiare in una smorfia di dolore. Lo stregone, lentamente, si allontanò dal Grifondoro, e si portò una mano sul cuore. Harry, finalmente libero dalla presa mortale, si portò una mano alla gola, accarezzandola e la trovò ancora intatta, anche se ancora non ne aveva ripreso il pieno possesso. Continuando a non capire ciò che stava accadendo, si gettò di lato, raccolse la bacchetta, e restando seduto sul suolo, osservò Jahat contorcersi e piegarsi in due, reggendo a malapena la spada, mentre si stringeva il petto con una mano.

- Maledetto! MALEDETTO! – urlò lo stregone.

Harry, benché intimorito, raccolse un po’ delle sue forze e si portò in piedi. Jahat, lanciò un nuovo grido di dolore, e lasciò cadere la spada, portandosi in ginocchio, e coprendosi gli occhi con le mani.

- Sono loro!! Sono quei maledetti bastardi!! –

 

Continua…

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 20

 

Harry era dinanzi al suo acerrimo avversario, senza comprendere che cosa stesse avvenendo; se ne stava lì in piedi ad assordarlo gridare in una morsa di dolore e contorcersi su se stesso; continuava ad imprecare, e ad addossare la colpa a dei bastardi che Harry non capiva chi fossero. Le mani dell’antico stregone si coprirono gli occhi, e mentre Harry fece per avvicinarsi, osservò come fra le dita di Jahat cominciarono a scorrere viottoli di sangue che gli sporcarono i dorsi e scivolarono lungo i suoi polsi.

- ME LA PAGHERANNO, QUEGLI SPORCHI BASTARDI! – urlò nuovamente Jahat che in un urlo disumano lanciò il capo all’indietro e poi raccolse la spada al suo fianco, rialzandosi a fatica.

Harry in quel momento vide che il sangue scorreva da quei profondi occhi neri che soltanto pochi mesi prima ancora giacevano nelle cavità di Severus Piton, quegli occhi che tanto gli avevano comunicato in passato, dall’odio alla compassione, dal terrore alla riconoscenza. Quegli occhi che adesso Harry definiva sporchi e sconsacrati sul corpo di quell’essere spregevole che barcollava dolorante proprio dinanzi a lui. Il sangue corse sulle sue goti, per poi passare per il largo collo venoso e scivolare lentamente oltre l’armatura, fino a raggiungere la mano che stringeva la spada, un filo di sangue corse lungo la lama.

- A quanto pare… ti hanno salvato la vita! Sii riconoscente piccolo sbruffone. – disse Jahat avanzando con sdegno, ricordando vagamente uno zombie appena rinato piuttosto che un oscuro e sanguinario mago oscuro.

Harry guardava la sagoma barcollare nella sua direzione, mentre le cavità oculari gli erano diventate una vera e propria fontana tinta di rosso da cui continuava a scorrere sangue incessantemente. Strinse forte la bacchetta, mentre indietreggiava cautamente, ad ogni passo di Jahat.

- Che cosa intendi dire? Di chi stai parlando? –

Una smorfia di dolore scosse nuovamente Jahat, che per un attimo si portò una mano al cuore emettendo un piccolo grido di dolore. Appena passato lo spasmo sul suo volto si disegnò un ghigno malefico che divenne ancor più spaventoso nel momento in cui il sangue gli ricoprì le labbra e i denti.

- Ma come? Non lo sai? Non l’hai capito? Ti facevo un ragazzo sveglio, Harry. –

- Vedo che trovi ancora la forza di scherzare, nonostante sia praticamente arrivato al limite. – rispose beffardo Harry.

Un ennesimo sorrisetto comparve sul volto malridotto e cosparso di sangue di Jahat.

- Ridi pure di me, la mia ora non è ancora giunta. – ed assunse un’espressione aggressiva – Ti strapperò quel cuore con le mie stesse mani vedrai. Non servirà a niente che i tuoi cari custodi defunti ti diano una mano! Fatica sprecata! –

- Custodi defunti? – chiese nuovamente Harry, davvero confuso.

Il volto di Jahat si illuminò.

- Sì, Harry Potter. Ti stanno proteggendo, ti stanno aiutando, scatenando i loro organi contro di me. – e gridò con tutta la forza che gli restava – QUEL VISCIDO INSEGNANTE E QUEL MAGO DA STRAPAZZO! –

Jahat sollevò a fatica la spada e si lanciò contro Harry…

 

 

Aberforth correva lungo i freddi corridoi di Hogwarts, inseguendo una svelta e determinata Ginny Weasley; avevano da poco superato l’entrata del suo ufficio e stavano per raggiungere l’ingresso. Ginny era seriamente intenzionata a voler raggiungere Harry, ovunque si trovasse, per aiutarlo nel suo combattimento contro Jahat. Non era riuscita ad attendere oltre, nel momento in cui le era stato comunicato da Neville ciò che Luna aveva visto. Il ragazzo che da sempre aveva atteso, e che finalmente era diventato suo dopo le più ardue peripezie, stava rischiando la vita in un luogo lontano di cui non conosceva nemmeno l’esistenza prima di quel momento. Non poteva assolutamente permetterlo.

- Signorina Weasley! Come suo preside le ordino di fermarsi! – gridò Aberforth alle sue spalle.

- Non riuscirà a fermarmi, Aberforth! –

- Che ragazza sconsiderata! – commentò acidamente lui – Ginny, ti assicuro che salveremo Harry, ma per piacere, fermati! –

La ragazza frenò all’instante e si voltò rapidamente verso l’uomo che la stava seguendo.

- E mi dica? Come intende fare, signor preside? – disse Ginny in tono arrogante, guardando l’uomo dritto negli occhi.

Aberforth Silente rimase per qualche attimo in silenzio, osservandola con un’espressione tutt’altro che dura.

- E mi dica lei, invece, signorina Weasley. Come intende fare? Per altro da sola? –

Ginny aprì la bocca per ribattere ma si fermò all’istante rendendosi conto che non possedeva sufficienti elementi per farlo.

- Ecco… io… - riuscì soltanto a sillabare.

- Dia retta a me. – disse il preside in tono comprensivo, mettendole una mano sulla spalla. – Lo aiuteremo insieme. Andiamo. –

E la condusse con sé nella medesima direzione verso la quale stavano correndo un attimo prima, ma proprio in quel momento, l’intervento di qualcuno bloccò per la seconda volta la loro spedizione. Una studentessa dell’ultimo anno, con indosso i colori della Casa di Corvonero, e con dei lunghi capelli di un biondo quasi sporco, comparve come un fantasma lungo il corridoio, spuntando da una porta della quale non si erano particolarmente curati. La sua voce suonò tranquilla e flebile.

- Un momento. Dove andate? – chiese con la sua solita aria stralunata.

Ginny sobbalzò dal momento che non s’aspettava comparire Luna così all’improvviso, mentre Aberforth spostò i suoi occhi sulla ragazza, con aria alquanto sorpresa. Luna appariva più strana del solito, aveva indosso la tunica, ma camminava scalza, e il suo sguardo era ancor più pallido di quel che ricordassero, e i suoi occhi, persi nel vuoto, completamente vitrei.

- Signorina Lovegood! – esclamò Aberforth mentre ispezionava con lo sguardo la ragazza. – Cosa c’è che non va? Ha visto dell’altro? E come è arrivata fin qui? – aggiunse infine, sapendo che la sua studentessa aveva perso la vista in seguito ad un attacco dei seguaci di Jahat.

Luna sorrise, come se fosse il giorno più felice della sua vita. Ginny scambiò uno sguardo con il proprio preside, entrambi non compresero quell’espressione.

- Sa, signor preside, ho imparato a camminare perfettamente da sola lungo i corridoi di Hogwarts. Ecco come vi ho raggiunti. –

Aberforth scrollò il capo, pentendosi di aver fatto quella domanda, e passò oltre.

- Signorina Lovegood, mi dica, come sta Harry? Riesce ancora a vedere cosa avviene in quel cimitero? – chiese senza riuscire a nascondere la sua preoccupazione.

- Ti prego, Luna. – quasi la implorò Ginny debolmente.

- Oh, certo che riesco a vederlo. E’ per questo che sono venuta a dirvi di non andare. – disse continuando a sorridere.

Ginny si avvicinò a lei con uno scatto improvviso, in preda all’agitazione, e le afferrò le spalle.

- Dimmi Luna, perché possiamo risparmiarci di andare? E’ successo qualcosa? Harry come sta? Sta ancora combattendo? Ti prego, Luna, ho bisogno di saperlo! –

Il sorriso di Luna si allargò ulteriormente, e la ragazza scosse il capo.

- No, Harry ha smesso di combattere. Ma sta benissimo. C’è qualcuno che a quanto pare lo sta facendo per lui. –

- Che cosa? – chiesero Ginny e Aberforth all’unisono.

- Chi sta combattendo per lui? Cosa intendi dire? – chiese in tono interessato Aberforth.

- Che domande. – esclamò Luna come se fosse la cosa più facilmente intuibile esistente – Ma le persone di cui porta cuore e occhi. Ha ospitato gli alleati del suo rivale nel suo corpo, non poteva di certo aspettarsi che questi lo lasciassero fare. Non vi pare? –

Ginny lasciò le spalle della compagna e si ritrasse, con un’aria intontita e lo sguardo abbastanza confuso.

- Un… un momento… che… che cosa sta avvenendo precisamente? E poi quando parli di alleati ti riferisci a Silente e Piton, vero? –

Luna annuì animatamente e Ginny si voltò verso Aberforth, per cercare in lui una qualche risposta.

- Professore… -

Ma il neo-preside di Hogwarts sembrava abbastanza scosso; continuava a scuotere il capo boccheggiando, senza riuscire a dire niente di concreto, come se le parole gli morissero in gola non riuscendo a fuoriuscire.

- Mio… mio… mio fratello a quanto pare… si sta ribellando. Sta usando il suo cuore per… per ucciderlo… - e corrugò la fronte come se la cosa gli apparisse troppo inverosimile - …dall’interno! –

 

 

- Signor Paciock, torni dalla signorina Lovegood, e si assicuri che stia bene. – ordinò la professoressa McGranitt a Neville – E tu Malfoy, dal momento in cui non puoi renderti utile, va dritto nel tuo dormitorio. –

- Ma io… - stava per ribattere Malfoy, ma la McGranitt non aveva alcuna intenzione di sentire obiezioni.

- Non una parola! Dritto nella tua Sala di ritrovo. –

Draco, alquanto irritato, obbedì all’ordine della sua insegnante di Trasfigurazione, e si incamminò lungo il corridoio ma si voltò già dopo una decina di passi.

- Ah, professoressa? –

Minerva si voltò verso il proprio studente, osservandolo con fare interrogativo.

- Se ci sono novità su Potter… -

Draco non riuscì nemmeno a terminare la frase, ma la sua insegnante comprese benissimo, ed accennò un sorriso amorevole, quasi materno.

- Provvederò a farle sapere. –

Draco rivolse un’ultima espressione che sembrava essere un sorriso alla professoressa McGranitt, per poi voltarle finalmente le spalle e incamminarsi verso il dormitorio dei Serpeverde.

Accanto alla professoressa McGranitt c’erano anche Hagrid e Kingsley Shacklebolt, il Ministro della Magia. Madama Chips li aveva appena cacciati tutti dall’infermeria, dal momento che sia Ron che il professor Beker avevano estremamente bisogno di riposo.

- Signor Ministro – esordì la strega – le direi di restare ma, dal momento in cui non c’è Aberforth. –

Shacklebolt alzò una mano, scuotendo il capo cordialmente.

- Non stia a preoccuparsene, Minerva. La mia presenza qui non è particolarmente utile. – e sospirò – Mi dispiace ma a quanto pare nessuno può far niente. Siamo nelle mani del giovane Potter, per l’ennesima volta. – e sorrise ad entrambi i suoi interlocutori. – Dunque… io me ne andrei. – aggiunse infine – Mandatemi un gufo qualsiasi cosa dovesse accadere, intesi? Farò il possibile. –

La professoressa McGranitt annuì, e Shacklebolt si tolse il cappello in segno di saluto.

- Rubeus. – disse poi ad Hagrid, e rificcandosi in testa il cappello, voltò le spalle e si allontanò nel suo mantello dai colori sgargianti.

- Dici che Harry ce la farà? – chiese Hagrid, evidentemente preoccupato, una volta rimasto solo con la professoressa McGranitt.

La strega sospirò, continuando ad osservare il Ministro della Magia allontanarsi lungo il corridoio.

- Lo spero. – si limitò a dire. – E’ tutto ciò che mi auguro. – e poi si voltò verso il mezzogigante – Ma ho piena fiducia in quel ragazzo. – disse sorridendo. – Dopotutto… appartiene alla mia casa. –

Il sorriso della professoressa si allargò sempre di più, ed Hagrid ne fu felice. Ci fu un attimo di silenzio tra loro, ma fu nuovamente la strega ad interromperlo.

- Ah, Hagrid, era da un po’ di tempo che volevo affrontare una questione con te. – disse in tono risoluto.

Hagrid corrugò la fronte, e la guardò preoccupato, come se si stesse per beccare una punizione. Conobbe per un attimo i sentimenti che vivevano quotidianamente gli studenti di quella scuola.

- Oh… ehm… - farfugliò – Di… dimmi. Cosa… cosa… Di cosa vuoi parlare? –

Sul viso della McGranitt comparve nuovamente un sorriso.

- Suvvia Hagrid, non agitarti. Non si tratta di alcunché, fidati. Volevo semplicemente chiederti se è vero che possiedi un piccolo allevamento di Medhal. –

Hagrid, che possedeva proprio alcuni rari esemplari nel giardino dietro la sua capanna, si grattò la nuca e cercò di apparire quanto più vago gli riusciva di essere.

- Beh, ecco, io, no, perché? –

- Dimmi la verità. – si limitò a dirgli la professoressa McGranitt, la quale si stava già spazientendo.

- Ma… non è illegale possederli, voglio dire… non faccio nulla di male? –

- Ma certo che no. Però purtroppo credo proprio che dovrai separartene. –

Hagrid sbarrò gli occhi, e contrasse tutti i muscoli del viso per lo stupore.

- Cosa? Per… perché? –

La professoressa McGranitt sospirò, e poi gli poggiò una mano sull’immenso braccio grande quanto il suo busto.

- Ascoltami, Hagrid, tu sei l’insegnante di Cura delle Creature Magiche, quindi suppongo che tu sappia che la specie dei Medhal possiede degli enormi poteri curativi, vero? –

- Ehm… ma certo! –

La strega socchiuse gli occhi compiaciuta.

- Bene. – esclamò serena. – E saprai anche che in particolare il sangue di Medhal ha il potere di ridare a qualcuno ciò che ha perso, ovviamente per quanto riguarda il fattore fisico… un braccio, un piede, una mano, la voce, l’udito o anche… la vista!

Hagrid, del tutto sbigottito, spalancò le enormi labbra.

- Oh per tutti i maghi… questo significa… -

La professoressa McGranitt annuì.

- Possiamo ridare la vista a coloro che l’hanno persa. Ci occorre soltanto il sangue di quelle creature, Hagrid. –

 

 

Shacklebolt si stava avviando verso l’uscita del castello, quando scorse la sagoma del preside entrare in una stanza. Convinto che fosse ormai lontano, disperso chissà dove per salvare Harry, affrettò il passo e raggiunse la porta dietro la quale era sparito. Trovò Aberforth di spalle, nell’intento di aiutare a sedersi la ragazza cieca che aveva il dono di riuscire a vedere cosa stesse avvenendo nel cimitero degli occhi. Al suo fianco, in piedi al centro della stanza e con le braccia incrociate sul petto, c’era Ginny Weasley, la cui espressione lasciava trasparire in ogni dettaglio la sua ansia.

- Dimmi Luna, che cosa vedi precisamente? – chiese Aberforth prendendo l’alunna per le spalle.

Shacklebolt fece un passo avanti e si introdusse nella stanza.

- Silente! Che cosa sta succedendo?! – chiese senza troppi convenevoli.

Aberforth si voltò di scatto.

- Oh, sei tu, Kingsley! A quanto pare… ci sono grosse novità. –

 

 

Harry riuscì a scansare la spada di Jahat, che andò a schiantarsi da tutt’altra parte, nel terreno. Probabilmente il sangue che sgorgava dalle cavità oculari non aiutava molto la vista dello stregone, e questo avvantaggiava di gran lunga Harry.

- Credo che tu non sia più in condizioni di combattere, Jahat. –

Lo stregone dinanzi a lui respirava affannosamente.

- Taci, ragazzino. –

Mentre pronunciava quelle parole, alle orecchie di Harry giunse il suono di rami calpestati e foglie scostate; capì che qualcosa si aggirava intorno al cimitero; probabilmente qualcuno si stava avvicinando. Il rumore divenne sempre più intenso, e sul volto di Jahat comparve un’espressione compiaciuta.

- Sono arrivati i rinforzi, a quanto pare. – ansimò.

Ed eccoli, dai muri di pietra e occhi e dalle fronde degli alberi, un’armata di jahati si portò avanti, introducendosi nel cimitero, e avanzando sempre più verso i due avversari. Harry spalancò gli occhi, erano a centinaia, non sarebbe mai riuscito a sconfiggerli da solo. Strinse ancor più forte la bacchetta, come se questa potesse infondergli la forza.

- E adesso come te la caverai? – chiese sprezzante il mago facendosi beffe di Harry – Sei solo. – aggiunse con una vocina odiosa.

 

 

Al sentire la descrizione di Luna, il Ministro della Magia cominciò ad innervosirsi, e si diresse a grandi passi verso la porta.

- Bisogna salvare quel ragazzo! – esclamò deciso Shacklebolt.

- FERMO! – gli gridò Aberforth con l’intento di immobilizzarlo, e a quanto pare, ci riuscì.

Shacklebolt si irrigidì come se fosse un blocco di pietra, e poi si voltò lentamente, con aria sbigottita, verso il preside.

- Che significa Aberforth? Perché mi hai fermato? Non hai intenzione di salvare Potter? Credevo che… -

Ma il preside non gli concesse di continuare.

- Devi stare calmo, Kingsley! Abbiamo tutto sotto controllo. Luna ci sta dicendo che il nostro intervento non è necessario. –

Kingsley era pienamente in disaccordo.

- A me risulta essere anche più che necessario. Quel ragazzo è solo. –

- Non me lo faccia notare. Lo so benissimo. – ribadì Aberforth con aria calma, ma non nascondendo una leggera punta di asperità.

La voce di Luna, in quel momento, si ridestò dal momentaneo silenzio.

- Non c’è bisogno che facciate tutto questo. Ad Harry non occorre aiuto. – disse in tono sereno la studentessa di Corvonero, con un sorriso disegnato sul volto.

Ginny, che aveva perso completamente le parole, alzò lo sguardo preoccupato sul proprio preside, per ricevere una piccola consolazione.

- Fidiamoci di Luna. – esclamò semplicemente Aberforth.

In quel momento, sulla soglia della porta comparvero correnti e ansimanti, la professoressa McGranitt e Hagrid.

- Professor Silente! – esclamò l’anziana strega cercando di sopraffare l’affanno – E’ ancora qui! Ho sentito la sua voce prima! Che cosa sta accadendo? –

- Ah, Minerva. Prego entrate pure. Harry a quanto pare sta bene. – e si portò di fronte alla donna, poggiando entrambe le mani sulle sue spalle – Minerva, se solo sapessi cosa sta accadendo, non ci crederesti. –

La professoressa McGranitt lo guardò con tono interrogativo e confuso, e poi scrollò le spalle e il capo.

- L’importante è che il ragazzo stia bene! – disse risoluta, senza voler apprendere altro. – La signorina Luna, suppongo, stia continuando a vedere ciò che avviene nel cimitero. –

Ginny annuì fortemente al posto della compagna, e la professoressa McGranitt dopo aver rivolto uno sguardo alle due ragazze, e dopo esser tornata a respirare regolarmente, spostò nuovamente gli occhi sul preside.

- Dal momento che è qui, professor Silente, volevo comunicarle qualcosa di abbastanza urgente. –

- Mi dica pure tutto Minerva, tanto in questa situazione non so cosa ci possa essere di peggio. – le rispose il preside.

- Ecco, vede. – esordì la McGranitt – Pare che il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche qui presente, abbia una sufficiente quantità di Medhal nel suo piccolo orto, e se non sbaglio il sangue di quelle creature è uno dei migliori ingredienti curativi per pozioni che io conosca. Pare che il sangue di un Medhal possa anche ridare… la vista, signore. Potremo usarlo per ridare la vista alla signorina Lovegood, ad esempio. –

Sul volto del preside di Hogwarts comparve un’espressione sollevata.

- Ma tutto ciò è grandioso. – esclamò.

- Ovviamente le pozioni vanno preparate al più presto, professore. –

Aberforth annuì, e sorrise debolmente.

- Se ne occupi pure lei, insieme ad Hagrid, professoressa McGranitt. Ho piena fiducia in lei. –

La strega annuì, ed un attimo dopo era già fuori con Hagrid, che si congedò con un cenno del capo.

 

 

Ron era poggiato con il capo alla colonna di cuscini che si ergeva dietro le sue spalle, ma non riusciva assolutamente a riposare; aveva gli occhi spalancati e teneva lo sguardo fisso sul letto accanto al suo, dove giaceva un’Hermione ancora priva di sensi. Non vedeva l’ora si risvegliasse per poterla riabbracciare, per poter sentire nuovamente la sua voce, per poter stare con lei, e semplicemente per continuare a litigarci su ogni minima cosa. Hermione non gliene faceva passare mai liscia una, voleva sempre avere ragione su tutto ma, Ron doveva riconoscerlo, lei aveva sempre ragione su tutto; e povero lui che aveva sprecato gli anni più preziosi della sua vita senza rendersi conto dei veri sentimenti che provava nei suoi confronti. Se non fosse stata lei a baciarlo, magari lui non si sarebbe mai deciso a farsi avanti. Aveva troppa paura, troppa paura di essere rifiutato, di rovinare la loro amicizia, ed era ciecamente convinto di non avere una sola, minima possibilità che una ragazza straordinaria come lei potesse interessarsi a lui. Era a dir poco fuori dall’ordinario che proprio lei, la studentessa migliore della scuola, la ragazza che fingeva di detestare soltanto per nascondere la sua debolezza e della quale era innamorato, ricambiasse i suoi sentimenti. E forse era davvero un sogno ciò che aveva vissuto in quegli ultimi mesi, dal loro primo bacio; magari si sarebbe risvegliato da un momento all’altro. Ma adesso era lì, steso sul letto di un’infermeria, a vegliare su di lei, pregando per il suo risveglio. Era terribilmente preoccupato, e non solo per Hermione, ma anche per le sorti del suo migliore amico, che stava combattendo contro un nuovo male rinato che aveva tutta l’intenzione di strappargli il cuore. Come se non bastasse, anche sua sorella si era lanciata in quella battaglia, nel momento in cui aveva appreso che Harry, probabilmente, non era in condizione di vincere quello scontro. Tutti quei pensieri rendevano l’attesa e il risposo a letto una vera agonia, e per di più lo facevano sentire totalmente impotente di fronte alla gravità della situazione; avrebbe voluto aiutare Harry, sarebbe voluto correre da lui, ma non poteva.

In un letto poco distante giaceva il professor Beker, da poco risvegliatosi in seguito alla ferita provocatagli da Jahat. Il giovane professore dall’atteggiamento giovanile e scanzonato, che dava l’aria di essere più uno studente che un’insegnante, se ne stava disteso sul proprio letto, osservando il giovane dai capelli rossi con lo sguardo fisso sulla propria ragazza; non gli ci volle molto per capire che cosa stesse provando l’ultimo figlio maschio dei Weasley in quel momento.

- Si risveglierà. – disse con un filo di voce, e abbozzando un rassicurante sorriso.

Ron non lo guardò, continuò a tenere i suoi occhi fissi sul volto di Hermione.

- Spero che avvenga presto. Non posso stare senza di lei. – e fece una breve pausa, continuando ad guardarla – Ho bisogno di lei. –

- Faccio il tifo per voi ragazzi. – esclamò il professore, con un tono molto dolce.

Ron rimase ancora fisso su Hermione, soltanto dopo parecchi istanti si voltò per guardare il professor Beker.

- Ed Harry, professore? –

Sul volto di Hubert Beker si disegnò un sorrisetto compiaciuto.

- Il tuo amico ha la pellaccia dura, ragazzo. Tra un paio d’ore sarà qui, vedrai. –

 

 

I jahati avanzavano sempre più verso i due avversari; Harry controllava con sguardo vigile la situazione, impugnando la bacchetta, in attesa di fare la mossa giusta; era nervoso, ma non l’avrebbe mai dato a vedere, doveva mantenere il sangue freddo, dopotutto era colui che aveva sconfitto il più grande mago oscuro di tutti i tempi, e non sarebbe stato un gruppo di stregoni da strapazzo a ridurlo fuori gioco, per quanto essi potessero essere numerosi. Jahat si stava facendo beffe di lui, e sogghignava, mentre i suoi seguaci continuavano l’avanzata in suo soccorso. Fu in quel momento, però, che avvenne qualcosa che Harry non aveva assolutamente programmato.

- Sei solo. – aveva sussurrato acidamente Jahat, convinto di aver già la vittoria in pugno.

La rabbia attraversò l’intero corpo di Harry, che a momenti divenne paonazzo.

- Io non sono solo. Non lo sarò mai! – aggiunse con forza, credendo ciecamente in ciò che diceva.

Il suo pensiero volò ai suoi genitori, a Ginny, ai suoi fedeli compagni di vita, Ron e Hermione, e poi a Silente, a Sirius e a tutte le persone che l’avevano aiutato e sostenuto durante il corso degli anni; tutte le persone che gli avevano offerto un aiuto, che gli avevano regalato una casa. Harry, il piccolo orfano cresciuto fino a undici anni in condizioni infelici sotto la custodia dei suoi odiosi parenti, sapeva ciecamente che ormai non era affatto un orfano, aveva una famiglia numerosa, aveva al suo fianco affetti che mai e poi l’avrebbero lasciato da solo, ed era perfettamente cosciente del fatto che, anche se in quel momento non c’era nessuno fisicamente accanto a lui, le persone a lui care erano tutte lì al suo fianco, con il loro spirito; avvertiva la loro presenza.

E in quel momento accadde. Jahat fu colto da un’altra morsa di dolore, e si portò la mano al petto, dai suoi occhi continuò a scolare sangue, cadde in ginocchio in un attimo, e abbandonò la sua arma. I suoi seguaci che divennero alquanto rumorosi, non ebbero nemmeno il tempo di fiondarsi su di Harry, perché a quel punto, gli occhi umani, che li circondavano ed erano adibiti a pezzi da collezione lungo tutto il perimetro di quelle pareti, si illuminarono; fasci di luce irradiante furono emanati da quelle pupille ed andarono a travolgere completamente i seguaci dello stregone; raggi, che ancor più potenti di un comune Anatema della Morte, andarono completamente a neutralizzare i corpi di quell’esercito che si trovò in un istante completamente volatilizzato nel nulla. La luce immensa emanata dagli occhi, accecò completamente Harry che dovette ripararsi con una mano. Quando l’effetto fu svanito, ciò che trovò fu semplicemente il suo avversario, che agonizzava piegato al suolo, cercando disperatamente di strappare via con le proprie mani quel cuore che gli provocava tanto dolore. Era all’ultimo stadio ormai.

- Te lo dicevo. – esordì Harry, guardando ciò che rimaneva dello stregone – Io non sarò mai da solo. –

Jahat alzò per l’ultima volta gli occhi su Harry, che ormai lo guardava sprezzante dall’alto al basso con un’espressione durissima. I suoi occhi, che erano in realtà quelli di Severus Piton, incrociarono quelli verdi dello studente di Hogwarts che stette lì a guardarli con una certa titubanza.

- Ma-le-det-to… - riuscì a sillabare Jahat completamente travolto dal dolore.

Harry non gli diede modo di aggiungere altro, continuò ad osservare gli occhi neri che conosceva meglio di molti altri, insieme a quelli di Albus Silente, e la sua espressione da titubante quale era, mutò, e una macchia di rabbia, disgusto e disprezzo si disegnò sul suo viso. Alzò la bacchetta per l’ennesima volta.

- Quegli occhi non sono tuoi! AVADA KEDAVRA! –

Il fascio di luce verde andò a colpire in pieno petto Jahat e questa volta non fallì. Il già caduto corpo dell’antico stregone si riversò completamente sulla superficie di quel cimitero, dov’era giusto che giacesse, privo di vita. Harry trasse un sospiro di sollievo, e rimase per qualche istante immobile a fissare quel corpo inerme. D’un tratto si alzò il vento, era come se Harry potesse sentirlo parlare, si mise in ascolto di quel piacevole suono che era lo scrosciare delle foglie degli alberi, socchiuse gli occhi, e poi sentì picchiare sul proprio viso qualcosa di fresco. Cominciò a piovere. Ma non era una pioggia normale, era una polvere dorata che discendeva dal cielo e lasciava tutto completamente asciutto. Harry vide come sotto quella pioggia d’oro il corpo di Jahat si decomponesse lentamente, lasciando alla fine soltanto due tracce. Non fu un bello spettacolo trovarsi a fissare il cuore e gli occhi di due delle persone più importanti della sua vita, ed anche se risultava essere una dura prova, decise comunque di farsi forza, e li raccolse. Aveva sconfitto Jahat, il suo cuore era al sicuro, e lo stregone non sarebbe ritornato, gli organi dei suoi ex-insegnanti erano stati salvaguardati. Non gli restava altro che tornare ad Hogwarts…

 

Continua…

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 21

 

Harry fece un grosso sforzo ma riuscì a Materializzarsi al limite dei confini di Hogsmeade, dal quale si sarebbe poi incamminato verso Hogwarts. Stringeva, avvolti in un rettangolo di stoffa strappato dalla sua tunica, gli occhi di Piton e il cuore di Silente, e li custodiva gelosamente tenendoseli al petto, nell’attesa di riconsegnarli ai propri proprietari. Il cammino verso il castello era abbastanza difficoltoso per un giovane che ha passato le sue ultime ore a combattere contro il male, cercando di salvare la propria vita e quella dell’intero mondo magico (riuscendo anche a sopravvivere). Era stanchissimo, ma percorreva ugualmente quel viottolo correndo, sebbene questo gli provocasse affanno. La prima persona che avrebbe abbracciato sarebbe stata lei, Ginny. Non vedeva l’ora di stringerla a sé come mai aveva fatto nella sua vita, non vedeva l’ora di leggere la gioia nei suoi occhi e poterla condividere con lei. Il suo pensiero poi corse a Ron e Hermione, del suo amico non aveva notizie, dal momento che non era riuscito ad irrompere nell’appartamento, e non riusciva ad immaginare cosa avesse dovuto affrontare; di Hermione invece ricordava che era svenuta, e sperava con tutto il cuore che la sua amica stesse bene. Anche il professor Beker aveva riportato una brutta ferita durante la loro permanenza in quell’appartamento, ma Harry era ciecamente convinto che il suo insegnante se l’era cavata egregiamente. Senza perdere tempo, immerso in tutti quei pensieri, e con le gambe che gli si muovevano da sole, continuava a camminare velocemente verso il castello…

 

 

La prima persona da cui pensò di correre Ginny, dopo aver ascoltato il racconto di Luna, fu suo fratello Ron. Raggiunse in fretta l’infermeria salendo i gradini a due alla volta, ed irruppe senza curarsi della disapprovazione di Madama Chips.

- Ron! – urlò, spalancando le porte dell’infermeria.

Il ragazzo dai capelli rossi si voltò di scatto, ed osservò sua sorella corrergli incontro fin quando non gli si gettò completamente addosso, abbracciandolo come mai aveva fatto in tutti gli anni in a cui erano cresciuti insieme.

- Ginny! Cosa c’è? Si tratta di Harry? Sta bene? – domandò a raffica Ron, senza riprendere fiato tra una domanda e l’altra.

La ragazza incrociò i suoi occhi con quelli del fratello, che poté scorgervi all’interno un’emozione soltanto lontanamente accostabile alla felicità: ciò che brillava ardente negli occhi di Ginny era qualcosa di molto più grande.

- Ce l’ha fatta Ron! Ha sconfitto Jahat, ed è salvo! –

Sul volto di Ron si disegnò un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.

- Grande! – esclamò – E adesso dov’è? – chiese ansioso.

- Tra poco sarà qui. – annunciò raggiante la giovane Weasley.

Una voce s’intromise dall’altro capo della corsia.

- Lo sapevo che ce l’avrebbe fatta! Che ti dicevo Ron? – disse una voce fioca, ma allegra.

Ginny e Ron spostarono i loro sguardi su colui che aveva preso la parola. Hubert Beker era disteso sul proprio letto, ancora abbastanza debole per rimettersi in piedi, e sorrideva debolmente, il sorriso più ampio che le sue forze gli concessero.

- E aveva ragione! – annuì Ron.

Stettero ancora qualche minuto ad esultare per Harry. Ginny era tutto un fremito, non vedeva l’ora di riabbracciarlo e tenerlo finalmente al suo fianco. Tutto quel tempo vissuto in ansia, lontano da lui, con la paura che gli potesse accadere qualcosa, l’aveva fatta vivere in un incubo; ed ora si stava destando da quel brutto sogno, stava provando un’ emozione della pari intensità di una rinascita. Quando la ragazza, Ron e Beker attutirono il loro entusiasmo, la concentrazione di Ginny cadde su Hermione, che giaceva ancora inerme sul letto accanto a quello di suo fratello; d’un tratto il suo viso si spense.

- Hermione non accenna a svegliarsi? – chiese con aria tranquilla, ma preoccupata.

Anche la luce sul volto di Ron si spense, e il ragazzo si voltò ad osservare la figura immobile della sua ragazza, distesa su quel letto senza alcun segno di vitalità.

- Dopo tutto Madama Chips ha detto che dobbiamo aspettare domani, quindi per il momento sono tranquillo. Domani sicuramente si risveglierà. – disse Ron, cercando di nascondere la sua preoccupazione, nel vano tentativo di abbozzare un sorriso, ma non ci riuscì molto bene.

 

 

- Presto Shacklebolt, mi segua! – urlava in tono ilare e allegro Aberforth, mentre correva verso l’ingresso del castello.

Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia, quasi non riusciva a stargli dietro.

- Quel ragazzo è davvero incredibile, lei non trova? – disse ansimando, mentre cercava  di tenere testa al preside di Hogwarts.

- Incredibile? Per la barba di Merlino, mio fratello non era mia un idiota, Kingsley! – e fece una breve pausa nella quale si soffermò a pensare su quanto di grandioso Albus Silente aveva fatto nella sua vita – Lui… l’ha sempre saputo! –

Un piccolo sorrisetto comparve sulle labbra del Ministro.

- Sa’ Aberforth? E’ quello che ho sempre pensato anch’io. –

- Non avrebbe mai lasciato tutto nelle mani di quel ragazzo se non fosse stato ciecamente convinto che sarebbe riuscito a salvare il mondo della Magia, e personalmente, io ho fatto altrettanto. Sapevo di potermi fidare di Harry. –

- Anche se ha temuto che non ce la facesse? – gli chiese schiettamente il Ministro, mentre si avvicinavano sempre di più all’ingresso.

- L’ho visto semplicemente in difficoltà, ma Harry è riuscito a cavarsela egregiamente anche senza il nostro aiuto. Certo, una piccola mano gli è stata data ma… come possiamo affermare che siano stati proprio mio fratello e il professor Piton ad aiutare Harry in questa circostanza, dal momento che sono morti? Quindi, secondo una visione superficiale delle cose, Harry ha fatto tutto da solo. –

Giunsero all’ingresso, e proprio nel momento in cui Aberforth spalancò l’immenso portone del castello di Hogwarts, comparve la sagome di Harry al limitare della foresta. Il giovane Grifondoro continuava a camminare, arrancando e con poco fiato, ma ciò non gli impediva di percorrere irremovibile la strada verso la sua tanto amata scuola.

- Eccolo! – annunciò Aberforth, con un sorriso che gli toccava le due estremità del viso.

Il preside cominciò a camminare velocemente in direzione del ragazzo, e quando gli fu di fronte, istintivamente, lo abbracciò, facendo bene attenzione a non danneggiare il fagotto che Harry stringeva tra le braccia.

- Professor Silente… - cercò di esordire Harry, ma il preside lo zittì, sciolse l’abbraccio, gli mise una mano sulla spalla, e con l’altra, portando l’indice dinanzi alle labbra, gli fece cenno di tacere.

- Mi dirai tutto a tempo debito Harry, in ogni minimo dettaglio. – concluse con una strizzata d’occhio.

Harry annuì debolmente, e notò Shacklebolt che sopraggiunse proprio in quel momento alle spalle di Aberforth.

- Complimenti Harry. – esclamò il Ministro della Magia.

- Grazie. – riuscì soltanto a dire Harry, ancora affannato.

- Ma devi essere esausto. – constatò Aberforth, ed allungò il suo braccio dietro il collo del suo studente – Andiamo, hai bisogno di riposo e di una bella Cioccorana secondo me. –

E così dicendo si avviarono nuovamente verso il castello.

 

 

 

Nel momento in cui Harry mise piede ad Hogwarts, una sensazione di pace e serenità lo pervase completamente, dal corpo allo spirito; si sentì finalmente leggero, e libero da ogni preoccupazione, con la consapevolezza di non aver più nulla a cui badare, a parte la propria felicità. Finalmente aveva fatto ritorno a casa. Guardò le grosse vetrate delle finestre, e accarezzò con gli occhi i corridoi in pietra, tutto ciò che apparteneva a quel castello, in quel momento, lo estasiava, perfino vedere Pix vorticare sopra la sua testa, nella Sala dell’Ingresso.

- Potter è tornato! Udite! Potter è tornato! – urlava il Poltergeist, annunciando a tutti la buona nuova.

Harry avrebbe voluto urlare, saltare, esternare la gioia che provava in quel momento, ma era troppo stanco per riuscirci, ed accolse quel caloroso benvenuto con un docile sorriso.

 

 

Nel momento stesso in cui udì la voce di Pix, Ron si fiondò giù dal letto.

- Che cosa sta facendo, signor Weasley? – lo rimproverò Madama Chips.

Ron non se ne curò minimamente, e s’appoggiò a Ginny, che provava i suoi stessi sentimenti, se non addirittura più forti.

- Mi perdoni, ma tra il marcire in questo letto e l’accogliere il mio migliore amico come un eroe, scelgo la seconda. – disse Ron in tono sfacciato, mentre lui e Ginny abbandonavano l’infermeria.

- Portategli i miei saluti! – urlò Beker dal suo letto, seguendo le sagome dei due giovani che scomparivano dietro lo specchio della porta.

 

 

Aberforth, sempre scortando Harry con un braccio appoggiato sulla sua spalla e con gli organi di Silente e Piton nell’altra mano, stava conducendo il giovane lungo i corridoi del castello, alle loro spalle Shacklebolt li seguiva fedelmente.

- Ginny, Ron e Hermione stanno bene? E il professor Beker? – chiese Harry ad Aberforth, che cercò di evadere la risposta.

Ma Harry non ebbe il tempo di soffermarsi sul fatto che Aberforth evitasse la sua domanda, dal momento che di fronte a lui apparvero due fratelli Weasley, che non vedeva l’ora di rivedere. Notò che Ron si aggrappava a sua sorella, aveva una gamba ferita, mentre Ginny, invece, appariva in perfetta forma. I suoi occhi si illuminarono nel momento stesso in cui la vide, e senza neanche ascoltare le parole di Aberforth, che stava asserendo su qualcosa di cui poco gli importava, si precipitò verso i due. Li strinse entrambi a sé, ma poi Ron si fece da parte, zoppicando e appoggiandosi alla parete, dando così l’opportunità ad Harry e Ginny di salutarsi a dovere. Fu un lungo e passionale abbraccio quello che li vide quasi fondersi l’uno con l’altra in quel corridoio buio. I loro corpi erano saldamente a contatto e premevano l’uno contro l’altro, come se stessero cercando di recuperare tutta la distanza che gli aveva separati fino a quel momento. Harry stava lì immobile, godendosi quel meraviglioso momento, che non riusciva ancora a credere di star vivendo davvero; si perdeva nel profumo dei capelli di Ginny, che tanto gli era mancato.

- Non sai quanto ho temuto. – singhiozzò Ginny, i cui occhi avevano preso a lacrimare senza che avesse neanche modo di accorgersene.

Harry le accarezzò dolcemente la testa.

- Anche io ho temuto… tanto. – affermò Harry in tono dolce – Avevo paura di perderti. – e la strinse ancor più forte, come per accertarsi che fosse realmente lì con lui – Più di ogni altra cosa, la mia paura non era quella di smettere di vivere, ma di non vivere più di te. –

Anche Ginny approfondì la stressa, e rimasero a lungo in silenzio, semplicemente abbracciati, sotto gli occhi di Ron, il preside, e il Ministro della Magia. Quando ebbero finalmente saziato la loro sete dell’altro, si guardarono finalmente negli occhi, Harry prese tra le mani il viso di Ginny, e subito dopo le stampò un profondo bacio sulle labbra, che durò svariati secondi. Shacklebolt e Aberforth, inizialmente perplessi, non poterono far a meno di sorridere compiaciuti, e Ron decise che un applauso era proprio ciò che occorreva.

Al sentire quel battito di mani, Harry e Ginny finalmente si staccarono, restando allo stesso tempo abbracciati a contemplarsi. Aberforth lanciò un’occhiata divertita al Ministro della Magia, anch’egli sufficientemente divertito.

- Ah… l’amour… - disse il preside con sorrisetto malizioso.

- Già. – si limitò a rispondere Shacklebolt, sorridendo anch’egli.

 

 

La voce di Pix che esultava a pieni polmoni era giunta fin nei sotterranei, dov’era situata la Sala di Ritrovo dei Serpeverde; Draco Malfoy era seduto svogliatamente su una poltroncina accanto al camino, e quasi saltò sull’attenti quando sentì le urla dei Poltergeist. Rimase qualche istante in silenzio, con l’orecchio teso, cercando di realizzare che cosa stesse avvenendo, quando un piccolo sorrisetto furbo si disegnò sul suo volto.

- Deve avere la sua buona stella da qualche parte. – affermò sorridendo compiaciuto.

Goyle lo guardò sospettoso, corrugando la fronte, si aspettava qualche commento dispregiativo da parte di Draco, o almeno qualche insulto nei confronti di Harry, e invece il biondino appariva quasi felice alla notizia dell’avvenuta ennesima vittoria di Harry Potter.

 

 

Le ore che portarono alla sera trascorsero molto velocemente; Harry era riuscito a salutare tutti i suoi compagni, ed era stato accolto come un eroe dai Grifondoro, tutti gli insegnanti si erano congratulati con lui, e alla fine lui e Ginny avevano ben pensato di appartarsi in un posto tranquillo per poter star insieme, godendo della pace più assoluta, e per consentire ad Harry di riposare. Quando calò la sera, Harry, che aveva riacquistato un po’ di forze, accompagnato da Ginny, risalì le scale del castello di Hogwarts per raggiungere l’infermeria, dove Ron era costretto a restare almeno per l’intera nottata, benché non ne avesse voglia. Spalancate per l’ennesima volta le porte dell’infermeria, Harry fu salutato calorosamente dal professor Beker, nonostante questo non fosse ancora nella condizione di alzarsi. Il suo studente preferito si trattenne a lungo a parlare con il suo insegnante che si congratulò più volte, brillando di orgoglio e d’ammirazione nei confronti di quello studente che era riuscito a superare tutti i suoi insegnamenti, e di cui, dopo tutto, non aveva mai dubitato. Subito dopo Harry si spostò dal letto di Beker a quello di Hermione, strinse fortemente la base d’acciaio e si immobilizzò a fissare la sua migliore amica priva di conoscenza, addormentata in un sonno profondo.

- Come sta? – chiese a Ron, senza distogliere lo sguardo da Hermione.

Ron, al contrario di quanto gli era stato ordinato da Madama Chips, non era al riposo, ma bensì seduto su una sedia accanto al letto di Hermione, stringendole la mano. Anche lui, al pari del suo amico, era immerso nel contemplare Hermione persa nel suo coma.

- Dicono che si risveglierà entro domattina. – disse sospirando. – Lo spero tanto. –

Harry stette qualche altro istante a meditare su quanto stava accadendo, e strinse ancor più forte la barriera del letto, poi la lasciò andare, ed allungò una mano sulla spalla di Ron.

- Vedrai che andrà tutto bene. –

Ron si voltò lentamente verso di lui, e gli rivolse un debole sorriso, come se non fosse pienamente convinto della previsione del suo amico.

 

 

Da quella sera era trascorsa una settimana. Le lezioni ad Hogwarts erano riprese regolarmente e per gli studenti del settimo anno incombeva opprimente il pensiero dei M.A.G.O.. La professoressa McGranitt non faceva che metterli quotidianamente sotto pressione, anche se mancavano ben più di cinque mesi agli esami. Ron, come annunciato da Madama Chips, aveva riacquistato il perfetto funzionamento della sua gamba, anche se per giorni si era mosso per la scuola aiutandosi con una stampella. Il professor Beker, dal canto suo, aveva impiegato un po’ più di tempo per ristabilirsi completamente, e riprendeva le sue lezioni proprio quel giorno, dopo una settima esatta dal suo risveglio. Era entusiasta di poter tornare a sedersi sulla sua cattedra per trattare i suoi studenti come suoi pari, era una cosa che lo divertiva tremendamente, anche se, la sua settimana di riabilitazione a letto, gli aveva donato un’aria ancor più ribelle e trasandata. La barba gli era cresciuta, ma aveva deciso di tenerla, e i capelli erano un po’ più lunghi del solito. Gli organi del professor Piton e di Albus Silente erano stati nuovamente depositati nelle loro tombe, e riconsegnati ai rispettivi proprietari, e come ci si aspettava, i ritratti dei due ex-presidi di Hogwarts tornarono ad animarsi. Aberforth poté nuovamente parlare con suo fratello, che gli confermò il suo intervento contro Jahat, mosso con l’aiuto del professor Piton.

- Non permetto a nessuno di vivere usando il mio cuore, siamo intesi. – aveva espresso schiettamente il ritratto di Albus Silente, con un sorriso.

Durante quella settimana, ad ogni modo, non c’erano state entusiasmanti novità; Aberforth aveva abbandonato numerose volte la scuola per mettere in chiaro alcune cose con il Ministro della Magia, ed accertarsi che ai Babbani venisse cancellato ogni ricordo di quanto avevano visto il giorno dell’attacco mosso dai jahati; erano una serie di trattative lunghe e noiose che vedevano in gioco anche il Ministro Babbano. Quel giorno però, la professoressa McGranitt, prima di cominciare la lezione di Trasfigurazione, invece del solito sproloquio sull’importanza dello studio e dei M.A.G.O., esordì con un annuncio che risollevò il morale di tutti.

- Vi comunico con somma gioia che, con l’aiuto del professor Hagrid, siamo finalmente riusciti a mettere a punto le pozioni guaritrici per tutti coloro che hanno subito un attacco da parte dei jahati. Indi per cui, tutte le persone che hanno perso i loro poteri, o la vista, potranno sottoporsi alla somministrazione di quest’antidoto. –

Harry, Ginny, Ron e Neville sorrisero entusiasti scambiandosi occhiate stracolme di gioia, tutti loro sapevano cosa significava, ma fu proprio la professoressa McGranitt a sottolinearlo.

- Ovviamente tengo a precisare, anche se i diretti interessati l’avranno già capito, che in questo modo anche la vostra compagna di Corvonero, Luna Lovegood, riacquisterà la vista. –

 

 

La giornata trascorse tranquillamente fino al suonare della campanella dell’ultima lezione. Harry, Ginny e Ron salutarono Neville, che andava parecchio di fretta, dovendo correre assolutamente da Luna, la quale si stava di certo sottoponendo all’antidoto della professoressa McGranitt fatto con sangue di Medhal. Mentre venivano superati dagli altri compagni, che uscivano gioiosi dall’ultima lezione della giornata, i tre si fermarono a parlare dinanzi alla porta dell’aula.

- Vai da Hermione? – chiese in tono serio Harry, che stringeva la mano a Ginny.

Ron annuì.

- Ormai passo le mie giornate in infermeria, ma non ce la faccio. –

Harry e Ginny restarono qualche istante in silenzio, osservando solennemente il ragazzo che gli stava di fronte.

- Capisco cosa vuoi dire. – annuì sospirando Harry.

- E’ difficile. – ammise Ron abbassando lo sguardo – Cerco di fare il possibile, le tengo la mano, le parlo, ma sembra che lei non mi ascolti neanche. Non credo che si renda conto di ciò che avviene intorno a lei mentre è priva di sensi. Madama Chips dice che è stabile, e non sembra dare alcun miglioramento. – e fece una piccola pausa quasi come per soffocare un singhiozzo – Mi sembra tutto inutile. –

- Non devi assolutamente pensarlo, Ron! – disse determinata Ginny.

- E’ vero – asserì Harry – Lei sa perfettamente che cosa stai facendo, avverte la tua presenza, e sta sicuro che si risveglierà soprattutto per questo… perché lei SI RISVEGLIERA’… hai capito bene? – e gli diede una pacca sulla spalla – Sei proprio tu che mi ha insegnato ad avere una visione positiva delle cose. Senza il tuo incoraggiamento molte volte sarei stato perduto, e adesso ti voglio ugualmente agguerrito, soprattutto in quest’occasione! E’ della tua ragazza che stiamo parlando! Vuoi che lei si risvegli scoprendo che la davi già per spacciata? Credimi, conoscendo Hermione, credo che si arrabbierà moltissimo! –

Ron ascoltò attentamente il discorso sincero di Harry, ed alzò lo sguardo, sorridendo. Non si trattava di un sorriso debole e finto, era piuttosto un sorriso fiducioso e colmo di speranza.

- Grazie Harry. –

Harry ricambiò il sorriso, quando alle sue spalle sopraggiunse il professor Beker, appena uscito dall’aula di Difesa contro le Arti Oscure.

- Ehi voi tre, che casini state combinando eh? Qual è il piano? Sentiamo! Giuro che non lo dirò alla professoressa McGranitt! – disse cercando di apparire quasi credibile.

Ginny, Harry e Ron gli lanciarono un’occhiata confusa ma divertita allo stesso tempo.

- Ma di che sta parlando? – chiese Ginny.

Beker sorrise amorevolmente.

- Mi divertivo a prendervi in giro. Vi dispiace se vi porto via Harry un secondo? –

Ron e Ginny scossero il capo.

- Faccia attenzione a riportarmelo tutto intero! – lo raccomandò Ginny.

Beker strizzò l’occhio e, subito dopo, si allontanò con Harry lungo il corridoio.

- Ti va se vengo con te? – chiese poi Ginny a suo fratello.

- Non c’è nemmeno bisogno di chiederlo! Hermione ne sarà felice, credo sia stanca di sentire sempre e solo la mia voce. –

 

 

Beker condusse Harry in un’area del castello praticamente deserta, dinanzi a loro correva la lunga vetrata di un’alta finestra dalla quale si intravedeva lo splendido paesaggio nella quale era immersa Hogwarts. Harry ne fu quasi estasiato, dal momento che era tutto ricoperto di bianco.

- Credevo di conoscere tutto di Hogwarts dopo otto anni, e invece non ero mai stato qui. – esordì Harry.

Beker alzò le spalle.

- Credo che abbiamo costruito questa parte durante i lavori dell’anno scorso. C’era bisogno di un posto così. –

Harry annuì sorridendo, ma rimase in silenzio.

- Sei preoccupato per la tua amica Granger? – gli chiese il professore. – Il tuo amico Ron come sta? – aggiunse senza lasciargli il tempo di rispondere alla prima domanda.

Harry continuava a guardare fuori dalla finestra.

- Sono sicuro che Hermione si rimetterà. E’ forte, e con l’aiuto di Ron riuscirà a risvegliarsi. Le sta trasmettendo quanto più amore io abbia mai visto in tutta la mia vita. Quei due sono una delle cose più belle che io abbia mai visto. Non riuscivo a credere che due persone potessero amarsi così. E’ strano… conoscendoli fin da quando si sono visti per la prima volta… -

- E’ bello che tu dica queste cose dei tuoi amici. –

Harry si voltò verso il suo insegnante, sorridendo.

- Beh, è la verità. –

- Andrà tutto bene, vedrai. – concluse Beker, annuendo – Se davvero quei due si amano come dici, ed è giusto che stiano insieme, allora la forza del loro sentimento riuscirà a salvare entrambi, e a far risvegliare la tua amica. –

Harry annuì e poi si decise a chiedere a Beker il motivo per cui l’aveva condotto in disparte.

- Mi dica professore, di cosa voleva parlarmi? –

Beker alzò lo sguardo come se si fosse ricordato soltanto in quel momento delle cose che aveva intenzione di dire a Harry.

- Ah già già già. Beh, in realtà non è che io debba dirti poi molto, è solo che non abbiamo ancora avuto occasione di parlare io e te dopo ciò che è accaduto la settimana scorsa, o sbaglio? –

- Non sbaglia. –

Beker si fermò un momento come per riorganizzare le idee.

- Ecco… vedi Harry… prima di tutto volevo dirti che sono davvero orgoglioso di te. A dire il vero già lo ero quando ho avuto l’onore di diventare un tuo insegnante, ma da come hai dimostrato di saper affrontare Jahat, mi hai dato un motivo per esserlo ulteriormente. Credimi Harry, tu sei il miglior mago che io abbia conosciuto, e non sto scherzando. Ci sono momenti in cui arrivo a pensare che tu meglio di me occuperesti la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure. Ci hai mai pensato? –

Harry aprì appena le labbra per poter rispondere, ma quella di Beker era piuttosto una domanda retorica, e il professore continuò.

- Tu sei riuscito a sconfiggere la cosa che io ho cercato per anni. Inizialmente non volevo assolutamente che qualcuno si insidiasse in questa cosa, era stato il mio obiettivo per anni e avevo la presunzione di dover essere l’unico a sconfiggerla. Successivamente poi, e soprattutto per merito tuo, mi sono dovuto ricredere sul fatto che, se non sono riuscito per anni ad annientare Jahat, evidentemente era perché non ne ero in grado, e non dovevo essere io a sconfiggerlo. Certo, per me è stata dura accettare il fatto che dopo anni e anni di sforzi e duro lavoro, proprio io che tanto mi ero dedicato a questa causa, non possedessi i requisiti giusti per adempierla. Eppure Silente lo sapeva, credo che fosse a conoscenza del fatto che io non fossi in grado di sconfiggere Jahat, ma nonostante tutto aveva la piena fiducia in me, chissà magari credeva che potessi compiere un miracolo, ma ciò non è avvenuto, sono stato soltanto in grado di tenere a bada Jahat nello stesso momento in cui Voldemort qui tentava di riprendere il potere. – e in quel momento si rese conto di star scavando troppo a fondo nel suo passato – Perdonami Harry, ti sto inondando di parole. –

Harry scosse il capo.

- Si figuri, anzi, è un piacere ascoltarla. E poi lei non ha niente da rimproverarsi. –

Beker scosse il capo.

- Quello che più apprezzo in te è che nonostante tu sia praticamente il salvatore del mondo, e non soltanto quello magico, non ti monti minimamente la testa. E pensare che io ero completamente pieno di me quando, in realtà, contavo meno di zero. –

- Non vedo perché debba montarmi la testa considerato che non ho fatto nulla di speciale. Per l’ennesima volta, professore, non ho fatto tutto da solo, ho ricevuto una mano. E lei non conta meno di zero. –

- Troppo buono. Beh, che altro devo dirti Harry? Sono sicuro che diventerai un mago forse ancor più grande di Silente. –

- Adesso sta esagerando. – disse Harry sorridendo.

- Io invece sono sicuro che sarà così. –

 

 

Ron e Ginny erano giunti in infermeria, entrambi si collocarono ai rispettivi due lati del letto; Ginny accarezzò il lenzuolo e poi sfiorò delicatamente il braccio dell’amica, dopodiché spostò il suo sguardo dall’amica a suo fratello, e nuovamente da suo fratello all’amica. Ron, invece, teneva fisso lo sguardo su Hermione, e sfiorava le dita delle sue mani, con le sue. L’espressione di Ginny era solenne.

- Ormai sono passati giorni… - si limitò a dire, ma in quelle poche parole lasciava sottintendere molto di più.

Ron comprese benissimo lo stato d’animo di Ginny dal tono di quella frase, e sospirò.

- Credo che impazzirò. –

- Deve farcela, Ron. – lo motivò sua sorella.

- Se penso che Madama Chips aveva parlato di una sola notte. Nessuno ha ancora capito il motivo per cui non si è ancora risvegliata. Il professor Beker si è ripreso subito. –

- Ron! – incalzò Ginny – Le è stato maciullato un braccio! Ha perso molto sangue e non ha provveduto a stagnare immediatamente la ferita, è normale che abbia bisogno dei suoi tempi, e considerando le sue condizioni attuali, già dobbiamo ritenerci fortunati. – ed incrociò lo sguardo depresso di suo fratello – Poteva morirci… non ci pensi? –

Ron emise un impercettibile suono.

- Se non dovesse risvegliarsi, il risultato sarebbe il medesimo, non trovi? –

 

 

I Grifondoro si ritrovarono nuovamente tutti a tavola quella sera. Ron udì distrattamente Dean Thomas interrogare Neville che era seduto al suo fianco.

- Allora? Com’è andata? – chiese Dean eccitato.

Neville sfoderò un sorriso raggiante.

- E’ andato tutto per il meglio, anche se la professoressa McGranitt ha voluto che stesse a riposo. Non l’ho ancora vista. –

Ron dedusse che stessero parlando dell’intervento subito da Luna Lovegood per riacquistare la vista; stava proprio per fare qualche domanda a Neville, quando giunsero al tavolo Harry e Ginny tenendosi per mano; i due si sedettero proprio dinanzi a lui, e Ron fu quindi distratto dal suo intento iniziale, dimenticando sia Neville che Luna.

- Ah eccovi finalmente. – esclamò – Allora? Cosa ti ha detto Beker? – chiese.

Harry, di gran lunga affamato, cominciò con l’afferrare una fetta di pane dal piatto comune.

- Abbiamo parlato di quanto lui mi stimi e mi reputi un grande mago, per l’aver saputo sconfiggere qualcosa che lui ha rincorso per anni. – disse cercando di apparire modesto.

Ron sorrise debolmente.

- E smettila con questo tono da finto modesto che non ti crede nessuno. – disse poi ridendo e tirando un tovagliolo contro l’amico.

Harry raccolse la provocazione e rimandò il tovagliolo al mittente, ma le loro risate furono interrotte da una voce che giunse alle spalle di Harry.

- Ciao a tutti. – disse una debole ma acuta voce femminile.

Neville fu il primo a scattare in piedi e a precipitarsi al fianco della ragazza che si era appena avvicinata al tavolo dei Grifondoro.

- Luna! – esclamò buona parte dei presenti a gran voce.

- Come ti senti? – chiese Ginny alzandosi e portandosi accanto all’amica.

- Avanti Luna siediti con noi! – la invitò Ron.

La ragazza venne totalmente inondata dalla miriade di domande ed dagli abbracci dei suoi compagni.

- Allora? – le chiese Harry, quando la folla di disperse di nuovo lungo il tavolo – Com’è vederci di nuovo? –

Luna rimase qualche minuto in silenzio e prese ad osservare soffitto con aria sognante.

- Sai Harry? Per alcune cose, vedevo meglio prima. –

 

Continua…

 

 

Poche parole... ringrazio tutti coloro che continuano a seguire questa storia da mesi, siete sempre in tanti e vi adoro ^^ Ultimamente sto andando un po' a rilento... ma non ho davvero tempo. Pensavo di concludere la storia con il capitolo 21 ma a quanto pare i contenuti erano troppi e quindi credo che ci sarà un altro capitolo :) Il prossimo dovrebbe essere l'ultimo. Che altro dire? Perdonatemi per la prolungata assenza. Spero che la storia fino alla fine non vi deluda... un bacione! :* Sam

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Senza nome 1

Harry Potter and the Eyes Collector

Capitolo 22

 

Ron camminò lentamente fino al letto di Hermione, che giaceva ancora profondamente nel suo coma ormai da settimane. Il ragazzo raggiunse il comodino e vi poggiò sopra alcuni quaderni e qualche rotolo di pergamena, per poi sedersi su quello che ormai era diventato il suo posto per eccellenza.

- Ecco qui, gli appunti di oggi, ovviamente ho chiesto a Ginny di prenderli per te. L’avrei fatto io ma… conosci bene il mio rapporto con gli appunti. – disse Ron, parlando a Hermione – E poi, non avresti di certo capito niente dalla mia grafia. – aggiunse con un sorriso.

Rimase qualche attimo in silenzio, osservandola nel suo riposo, e poi le prese la mano tra le sue e se la portò al viso.

- Quand’è che tornerai da me? Sbrigati Hermione, ti prego. Non ne posso più, ho bisogno di te. –

 

 

Era trascorsa ormai un’altra settimana ed ad Hogwarts tutto procedeva con un’insolita tranquillità. Ogni attività si svolgeva regolarmente e nell’aria si respirava l’ansia e la trepidazione per il prossimo incontro di Quidditch. Grifondoro era in testa alla classifica e, se avrebbe vinto anche quest’incontro, avrebbe matematicamente vinto la Coppa delle Case, ma bisognava sempre tener conto dei risultati delle altre squadre, tutto era ancora da vedere ancora. Tutto ciò, ad ogni modo, non spegneva l’entusiasmo della squadra scarlatta; Harry, come gli altri componenti del suo team, era tutto un fremito, e dopo la brutta esperienza vissuta con Jahat, non vedeva l’ora di poter sfogare la sua gioia in campo, alla caccia del Boccino. L’unico che non gioiva, e che non era minimamente toccato dall’evento, era proprio Ron, colui che probabilmente in circostanze diverse avrebbe fatto salti di gioia, e ne avrebbe parlato fino allo sfinimento, adesso se ne stava cupo sulla sua colazione, mentre tutt’intorno i suoi compagni fremevano d’eccitazione.

- Ginny, mi raccomando. – ammiccò Harry alla sua ragazza, con uno strano sorriso, sempre parlando dell’incontro che ci sarebbe stato di lì a breve.

La ragazza sorrise.

- Ti ho mai deluso? Se proprio vogliamo dirla tutta, capitano, sei tu che devi cercare di non distrarti per guardarmi. – gli rispose in tutto tono.

- Ah sì, eh? – disse Harry, stringendo in vita la ragazza seduta accanto a lui, che in tutta risposta annuì smorfiosamente. – Non è colpa mia se non posso fare a meno di guardarti. – aggiunse Harry guardandola negli occhi.

La romantica scenetta stava avendo luogo proprio accanto a Ron, che se ne stava piegato in silenzio, ad osservare il proprio calice. L’idillio romantico della coppietta fu interrotto da uno spicchio d’arancia, lanciato dalla parte opposta del tavolo, che andò a colpire dritto Harry sul naso.

- Ehi, voi due, la piantate? Non lo reggo tanto zucchero a quest’ora. – disse ridendo Seamus Finnigan, artefice del lancio.

- Sei solo invidioso perché non hai una ragazza. – rispose Harry in tono divertito.

In quel momento, passò lungo il tavolo del Grifondoro, l’ex guardiacaccia e attuale insegnante di Cura delle Creature Magiche, Hagrid, che vedendo la divertente scenetta, si fermò proprio in prossimità di Harry.

- Ragazzi. Ce la vinciamo questa Coppa al Quidditch o no? – chiese con un sorriso raggiante, che fu visibilissimo, nonostante la foltissima barba.

- Puoi giurarci che la vinceremo. – disse animatamente Seamus. – Certo, sempre se il nostro capitano non si distrarrà troppo. – aggiunse ridendo. – Avere la propria fidanzata in squadra non è poi un grande vantaggio. –

- Seamus, piantala con questa storia! – disse Harry, lanciandogli un’occhiataccia.

- Sono sicuro che Harry prenderà il Boccino che Madama Bumb non avrà finito nemmeno di fischiare l’inizio della partita. Dico bene, Harry? –

Harry sorrise, ed annuì.

- Anche se credo che una velocità simile sia fin troppa anche per me, ma farò del mio meglio. – aggiunse poi il capitano della squadra.

- Ottimo. Faccio il tifo per voi. Vieni pure a trovarmi quando non hai troppo da studiare. So che all’ultimo anno non lasciano un attimo di tregua. Vi stanno spremendo come limoni. – disse Hagrid, sempre in tono ilare, ma con il terrore di poter essere sentito da qualcuno degli insegnanti.

- In teoria, sei un’insegnante anche tu, Hagrid. – puntualizzò Ginny, sorridendo.

Hagrid alzò una mano e scrollò le grosse spalle.

- Anche se vi dico come affrontare certe creature magiche, sono sempre il guardiacaccia della scuola. – disse e s’allontanò strizzando un occhio in direzione di Harry e Ginny.

 

 

Harry e il resto della squadra erano pronti per scendere in campo e svolgere il consueto allenamento giornaliero in vista della partita. Tutti erano già a bordo delle proprie scope, soltanto Ron, che camminava a passo lento, ancora doveva raggiungere il bordo del campo, e si trascinava dietro la sua Nimbus Tremila come se pesasse tonnellate. Cavalcare quella scopa gli avrebbe fatto pensare inevitabilmente a Hermione, era stata proprio lei a regalargliela mesi prima, a Natale, e in più quella sera avevano anche finito per litigare. Ricordava perfettamente tutto ciò che era accaduto quella notte, e ricordava perfettamente anche che la colpa era stata esclusivamente sua, perché, come al solito, si era comportato da idiota, e non aveva compreso i sentimenti di Hermione. Era davvero abile in questo, così come era abile nel deluderla. Si chiedeva anche come Hermione riuscisse sempre a perdonarlo. Quella notte, era stato davvero duro nei suoi confronti, e adesso, stringendo il manico di quella scopa, non poteva far a meno di rimproverarsi. In quel momento l’unica cosa che desiderava era che la sua ragazza si risvegliasse, in realtà non gli importava niente del Quidditch, o della partita, e non comprendeva perché tutti dovessero essere così felici al suo fianco. Gli dava fastidio anche vedere il suo migliore amico viversi finalmente il suo momento di felicità insieme a Ginny.

Harry sopraggiunse alle sue spalle, correndo, e reggendo la sua Firebolt. Vedendo l’amico così demotivato, si fermò all’istante al suo fianco, e si mise al suo passo.

- Ehi, Ron! Tutto bene? – gli chiese.

Ron emise un suono impercettibile.

- Domanda stupida, Harry. – gli rispose sinceramente l’amico.

Harry fece una smorfia, rendendosi conto di aver toccato un tasto dolente. Era ovvio che Ron fosse preoccupato per Hermione e gli importasse poco della partita, ma dopo tutto lui restava pur sempre il capitano della squadra, ed era suo dovere avere a cuore anche le sorti del campionato.

- Ascolta Ron, te la senti di giocare? –

Ron si voltò verso Harry con un’espressione che già di per sé era una risposta, non occorreva aggiungere altre parole.

- Ti dirò la verità – aggiunse Harry – Io ho bisogno di te, in questa partita. –

Ron abbozzò un sorriso di riconoscenza.

- Beh, potrei sempre fare la presenza ma non essere me stesso. Non credo di poter giocare questa partita, Harry. Chiama Cormac al mio posto, lui sarà sicuramente più in forma di me. –

 

 

Ron partecipò ugualmente all’allenamento quel giorno ed Harry poté constatare come il suo amico fosse effettivamente fuori forma. Era disattento, lento, privo di spirito, assolutamente mancante di grinta. Restava in equilibrio sul suo manico di scopa per puro caso, se qualcuno avesse tentato di disarcionarlo, Harry avrebbe scommesso che si sarebbe lasciato cadere. Terminato l’allenamento, Ron filò dritto negli spogliatoi, a capo basso e senza guardare nessuno dei suoi compagni. Ginny atterrò proprio accanto ad Harry ed entrambi si scambiarono un’occhiata preoccupata.

- Si sta distruggendo, Harry. – disse con voce debole Ginny, guardando le spalle di suo fratello mentre si allontanava.

- Non posso vederlo così. – disse Harry, stringendo forte il manico della sua Firebolt – Vorrei poter fare qualcosa per lui, ma credo che l’unica in grado di restituirgli il sorriso sia soltanto Hermione, ora come ora. –

Ginny annuì, e insieme a Harry, si diresse verso gli spogliatoi.

 

 

Harry aveva comunicato a Ron che non avrebbe preso parte alla partita, e McLaggen sarebbe stato convocato al suo posto. Per Ron fu un sollievo, non poteva addossarsi la responsabilità di una probabilissima sconfitta che avrebbe subito la sua squadra, se fosse sceso in campo. Nelle ore che non furono più occupate dal Quidditch, Ron rimase in infermeria, come faceva di consueto ogni giorno. Restava seduto per ore sulla sedia posta accanto al letto di Hermione, e mentre con una mano stringeva quella della ragazza in coma, con l’altra reggeva un libro che stava leggendo. Fu proprio in uno di quei momenti di innata tranquillità, che caratterizzavano i suoi pomeriggi in infermeria, che Ron udì un vociare femminile alle sue spalle. Lasciò la mano di Hermione, e pose un segno sulla pagina che stava leggendo, per poi richiudere il libro con uno scatto; alzò gli occhi in direzione della porta, e fu stupito di vedere due compagne del suo stesso anno, appartenenti al Grifondoro. Le due ragazze si avvicinarono lentamente al letto di Hermione, mentre Ron, che si era alzato in piedi, le osservava senza parole. Una di loro era Calì Patil, e l’altra…

- Lavanda! Calì! – esclamò Ron con visibile stupore. – Che cosa…? –

Ma Calì lo interruppe prima che potesse formulare la domanda.

- Volevo vedere Hermione. – ammise sinceramente – E da molto che è in coma ormai, come sta? – chiese, infine.

Ron sembrava non averla ascoltata, continuava a guardare Lavanda con gli occhi sgranati.

- Tu… - sussurrò appena - ...Non ci credo. –

Lavanda restò qualche attimo in silenzio, nascondendo l’imbarazzo dietro l’amica, ma poi alzò il capo e replicò..

- Calì voleva che l’accompagnassi. – disse con voce sostenuta. – E poi… sono venuti tutti a farle visita. – aggiunse con evidente imbarazzo – Ti ricordo che prima del nostro piccolo incidente, Hermione era pur sempre una mia compagna di classe. Anche se ha sempre passato più tempo con voi, che con noi ragazze, fa comunque parte della mia casa. –

Ron ascoltò attentamente ciò che disse Lavanda, e non le fece altre domande, anche se era evidentemente ancora scosso dal vederla lì, in infermeria. Qualche istante dopo, sembrò ricordarsi di quanto detto inizialmente da Calì, e rispose alla sua domanda.

- E’ stabile purtroppo. – disse spostando i suoi occhi su Hermione – Non dà cenni di miglioramento. –

- Se c’è qualcosa che possiamo fare… - disse timidamente Calì, che era la prima a non credere pienamente a ciò che stava dicendo.

Ron scosse il capo, demoralizzato.

- C’è poco da fare. – e si voltò verso le due ragazze – Ma grazie lo stesso. –

 

 

Il giorno della partita lo stadio era gremito. L’intera scuola era presente, fatta eccezione per Hermione. Ron, come portiere ufficiale della squadra, aveva il dovere di presenziare in panchina, come riserva, e stava osservando distrattamente il gioco dei propri compagni. Il risultato vedeva in leggero svantaggio il Grifondoro. Harry stava volando da più di mezz’ora alla ricerca di un Boccino che non aveva la benché minima intenzione di farsi notare. McLaggen si stava comportando bene agli anelli, ma aveva preso qualche vista che aveva comportato il vantaggio della squadra avversaria. In generale, gli animi erano un po’ tesi in campo; la stessa Ginny appariva stanca. La mente di Ron, però, era occupata da tutto fuorché dalla partita. Se avessero vinto o perso, per lui avrebbe avuto pari importanza.

- Ron, guarda! – fu l’urlo di Neville, alle sue spalle, che lo destò come da un sonno improvviso.

Ron spostò velocemente lo sguardo verso la zona d’azione del gioco.

- Vedo un accalcarsi di persone nelle vicinanze degli anelli del Grifondoro, signori. – annunciò Luna che aveva ripreso la sua regolare attività di cronista degli incontri di Quidditch – Che cosa sarà mai successo? Un momento, ma è proprio McLaggen! Che cosa starà facendo? Avrà deciso di dipingersi la faccia? –

- Quello è sangue, signorina Lovegood! – disse in tono acido, e allo stesso tempo preoccupato, la professoressa McGranitt, che sedeva al suo fianco.

Tutti si alzarono in piedi, compreso Aberforth, per poter vedere cosa fosse accaduto al portiere del Grifondoro. Ron osservò attentamente McLaggen portarsi a terra con la sua scopa, e reggersi il naso con una mano. Stava sanguinando vistosamente, un bolide l’aveva colpito in pieno viso.

- Accidenti! Ma dove stavate guardando? – gridò Harry ai Battitori della sua squadra. Era a dir poco fuori di sé.

- Harry, cerca di calmarti. – lo placò Ginny, accarezzandogli un braccio.

McLaggen, seguito dai suoi compagni di squadra, s’incamminò verso i bordi del campo. Ron lo vide avvicinarsi nella sua direzione, mentre Madama Bumb lo stava scuotendo da svariati secondi.

- Andiamo, ragazzo. – gli disse, strattonandolo ulteriormente.

Ron, che era rimasto paralizzato ad osservare la scena fino a quel momento, apprese soltanto in quell’istante che sarebbe dovuto scendere in campo per sostituire l’infortunato McLaggen.

- Miseriaccia. – sussurrò, quando Cormac gli fu praticamente di fronte.

- Va a fatti valere, Weasley. – gli disse McLaggen, battendogli un colpo sulla spalla, mentre Madama Bumb correva a bloccargli l’emorragia con un fazzoletto bagnato.

Ron si voltò verso di lui con aria ancora intontita.

- Muoviti Weasley, dobbiamo ricominciare. – lo esortò Madama Bumb.

Il portiere, che stava ancora fissando McLaggen, lo vide alzare il pollice in segno di approvazione.

- Fallo per Hermione. – aggiunse accompagnandosi con una strizzatina d’occhi.

A quella frase, Ron sembrò ridestarsi; afferrò la sua Nimbus 3000 e si precipitò in campo. Non era ancora ben sicuro delle sue condizioni fisiche, ma in un istante si ritrovò tra i suoi compagni di squadra, che lo accolsero calorosamente. Nell’attimo di delirio e caos proveniente anche dall’intero stadio, che approvava la sua entrata in gioco, Ron trovò il volto di Harry a due centimetri. L’amico gli aveva bloccato il viso tra le mani, e lo stava oltrepassando con uno sguardo forte e deciso.

- Come ti senti? – gli chiese senza perdere tempo – Credi di farcela? –

Ron fece qualche movimento con la testa, che non rappresentava né una risposta positiva, né una negativa.

- Vinciamo questa partita, Ron. – continuò Harry fissandolo negli occhi – Vinciamola per lei! Vinciamola per quei mesi in tenda, per tutte le volte che abbiamo rischiato la vita… per la nostra amicizia! E per voi due, Ron. Vinci questa partita, per voi due. Intesi? –

Ron annuì vigorosamente, e si portò in un attimo dinanzi ai tre anelli che fungevano da porte. Madama Bumb fischiò la ripresa della partita, che ricominciò a ritmi ancor più frenetici.

 

 

- …di Ginny Weasley… di passare? Purtroppo… la palla… andrà meglio… Ma siamo già… del Grifondoro… credo che… debba pararla… finisca male. Peccato… Dieci punti per… -

Un fortissimo rumore le martellò la testa. Le arrivavano ad intermittenza poche parole, colte di sfuggita, che non riusciva a riordinare per poter dar loro un senso compiuto. Sentiva un caos, un grande caos, ma era tutto lontano. Attorno a sé, invece, avvertiva un’insolita calma. Ma non riusciva ancora a comprendere che cosa stesse accadendo. Intanto il caos continuava imperterrito in lontananza, e le martellava la testa. Era come sentire un fischio acuto in sottofondo.

- avanzano… i Grifondoro… nessuno… Forse ho… del gioco… di fermarli… il portiere, Ron Weasley… respinto… –

- R… Ron… - sibilò in quel momento, senza essere neanche sicura di riuscire a riprodurre dei suoni.

Si sentiva completamente immobilizzata, dagli arti a qualsiasi altra parte del corpo. Quel nome, Ron Weasley, improvvisamente sembrò averla riportata alla realtà. Ascoltava indistintamente quel vociare in lontananza che non riusciva ad afferrare completamente, ma cominciava a capire di cosa potesse trattarsi, era forse una partita di Quidditch? Lentamente, cominciò ad intravedere una fessura di luce, che pian piano divenne sempre più grande. Erano i suoi occhi che tentavano lentamente di aprirsi. Il contrasto con lo stato precedente, era inevitabile. Le provocò un inevitabile fastidio quell’improvviso biancore dinanzi ai suoi occhi. Era insopportabile, e quasi l’accecò.

- Ormai le squadre sono in parità ed Harry Potter continua a correre dietro al Boccino. –

Questa volta sentì completamente la frase, riconobbe anche la voce che l’aveva pronunciata, apparteneva a Luna Lovegood. Comprese che si trattava proprio di una partita di Quidditch. Fece un ulteriore sforzo, e portò una mano dinanzi agli occhi, per potersi riparare dalla troppa luce.

- Per tutti i maghi. – disse una voce poco distante. – Si è risvegliata! – annunciò questa entusiasta.

Hermione la riconobbe, era la voce di Madama Chips. Ciò significava che si trovava in infermeria, e che se stava ascoltando la cronaca di una partita di Quidditch, poteva dirsi ancora viva. Che Jahat fosse stato sconfitto? Non ne era al corrente, ma deduceva che fosse così. Inoltre, pensò (perché era inevitabile per lei pensare, anche se si era appena risvegliata da un coma) che se Luna Lovegood stava conducendo la cronaca di un incontro di Quidditch, allora magari aveva riacquistato la vista. Effettivamente, erano troppe le cose su cui riflettere, decise di ignorare tutti quei pensieri, anche perché il frastuono continuava a rimbombarle nella testa, e vide la sagoma di Madama Chips chinarsi su di lei.

- Tutto bene? Come ti senti? – le chiese amorevolmente l’infermiera.

Hermione riuscì a parlare molto a fatica, doveva ancora riprendersi del tutto, e così rimase a riposo, con la testa poggiata sul cuscino, mentre ascoltava la cronaca di quella partita, in cui Ron stava dando il meglio di sé. Un leggero sorriso le si disegnò sul volto, quando alla ricerca di un bicchiere d’acqua, si trovò a guardare sul comodino al suo fianco; notò che era strapieno di quaderni e fogli di pergamena. Inizialmente non comprese cosa fossero, ma le bastò raccoglierne uno e leggerlo per poter capire che si trattava di appunti; tutte le lezioni che si era persa.

- Ron… - disse nuovamente, con un sorriso ancor più largo e stringendo il foglio al petto.

 

 

Harry catturò il Boccino dopo cinquanta minuti di gioco. Entrambe le squadre erano esauste, ma ciò non impedì ai giocatori del Grifondoro di far festa, e di portare al trionfo il proprio capitano. L’intera tifoseria della squadra si riversò in campo, e in tutta quella confusione, Ron fu accostato da sua sorella Ginny, che gli diede una forte pacca sulla spalla.

- Ce l’hai fatta! – gli disse raggiante.

Ron ricambiò il suo sorriso.

- Merito di questa. – disse, indicando il suo manico di scopa. – E poi se non fosse per Harry… -

Ma Ginny lo interruppe.

- Non voglio ascoltare assolutamente niente. Il merito è di entrambi, in particolar modo del nostro splendido portiere. –

Ron la guardò stranito.

- Ehi sorellina, sei un po’ troppo gentile ultimamente o mi sbaglio? –

Ginny scrollò le spalle, ridendo.

- E’ l’entusiasmo per la vittoria, non ti ci abituare, durerà solo per oggi. –

- Che peccato, ci avevo quasi creduto. –

 

 

- Signor Weasley! – fu la voce allarmata della professoressa McGranitt che irruppe nello spogliatoio a fine partita.

I chiassosi festeggiamenti s’interruppero all’istante nel momento in cui comparve l’insegnante di Trasfigurazione, e Ron si voltò con espressione solenne verso di lei.

- La prego di correre immediatamente. – continuò la professoressa.

Ron lasciò un’occhiata interrogativa a Harry, che la ricambiò, e senza terminare di mettere a posto la sua attrezzatura per la partita, si fiondò dietro la professoressa, che lo condusse all’interno del castello.

 

Non seppe dove voleva condurlo, fin quando non si ritrovò dinanzi alle porte dell’infermeria.

- Professoressa… - sussurrò, temendo per un attimo il peggio.

- Venga, signor Weasley. – gli fece strada la McGranitt.

Entrambi entrarono nell’infermeria, e la prima cosa che vide Ron fu Madama Chips che camminava spedita con in mano un vassoio su cui giaceva una ciotola di zuppa fumante. Seguì l’infermiera con lo sguardo e questa lo condusse a guardare in direzione del letto di Hermione. Madama Chips posò il vassoio sul comodino, e poi prese ad imboccare le coperte alle sua paziente, che stava comodamente seduta nel bel mezzo del suo letto, con la schiena premuta contro una montana di cuscini. L’espressione che si disegnò sul volto di Ron in quel momento era a dir poco indescrivibile. Sentì la terra cadergli sotto i piedi, ed un attimo dopo una mano che l’afferrava salvandolo da una morte certa. Fu come morire e rinascere nello stesso istante. Cominciò a sudare e il respiro gli divenne affannoso. Hermione sedeva su quel letto, il letto in cui aveva giaciuto per settimane; settimane durante la quale gli era sempre stato vicino, senza mai lasciarle la mano. E adesso era lì, la ragazza spostò lentamente lo sguardo verso di lui, e incrociò i suoi occhi. Sorrise. I loro occhi finalmente si rincontrarono dopo giorni e giorni di agonia. Per un attimo aveva creduto di averla persa per sempre, e invece, era proprio lì, davanti a lui, che gli sorrideva. Era un’emozione indescrivibile, che s’impossessò completamente di lui. In quel momento, pensò di essere senza dubbio l’uomo più felice e fortunato della terra.

- HERMIONE! – disse ad alta voce, anche se il respiro gli si spezzava in gola.

Si precipitò al suo fianco, e senza tener conto dell’avventatezza delle sue azioni, si chinò su di lei, e la strinse a sé talmente forte che sembrava quasi volesse renderla una parte del proprio corpo.

- Faccia attenzione, signor Weasley. – disse Madama Bumb – La signorina Granger non si è ancora stabilizzata del tutto, ha bisogno di riposo. –

Ma Ron non le rispose, e continuò a stringere Hermione a sé, come se non riuscisse a credere che stesse avvenendo per davvero.

- Grazie di tutto. – gli sussurrò Hermione, con un filo di voce.

 

 

4 mesi dopo

 

 

L’estate stava già chiamando gli studenti di Hogwarts, ma questi, prima che al suo richiamo, dovevano rispondere alle domande d’esame. Per tutti gli studenti dell’ultimo anno, i M.A.G.O. rappresentavano un vero e proprio incubo. Sarebbero stati gli ultimi esami che avrebbero sostenuto ad Hogwarts, dopodiché non avrebbero più fatto ritorno in quella scuola l’anno successivo, quegli esami non erano solo il traguardo di un anno portato a termine, ma suonavano come un vero e proprio addio al luogo che per tanti di loro era stato come una vera casa.

Harry, Ginny, Ron e Hermione erano seduti all’ombra di un albero, sulla riva del lago. Accanto a loro, dispersi sul prato, montagne di libri sparpagliati in ogni direzione, con rotoli di pergamena che spuntavano dagli angoli, e tre penne gettate alla rinfusa. Soltanto Hermione, tra di loro, teneva stretta nella mano la sua penna e appuntava continuamente cose su un rotolo di pergamena, mentre sfogliava un volume al suo fianco.

- Io mi arrendo. – disse Ron, poggiando la testa al tronco dell’albero – Non mi entrerà mai in testa questa roba. –

- Ron! E’ un argomento del sesto anno! – lo rimproverò Hermione, che trovava la cosa a dir poco inammissibile.

- Appunto! – continuò il ragazzo dai capelli rossi – Se è un argomento del sesto anno, non vedo perché debbano chiedermelo agli esami del settimo! –

Hermione sospirò, esasperata, e continuò con il suo cipiglio un po’ acido e saccente.

- Perché forse si tratta dei M.A.G.O.? In teoria testano il nostro livello di sette anni di studio? Non possono promuoverti se non conosci i contenuti degli anni precedenti. Mi sembra ovvio. –

Dopo la spiegazione sufficientemente animata di Hermione, nessuno osò parlare per svariati secondi, in seguito ai quali fu Ginny la coraggiosa che si rivolse all’amica con un’innata tranquillità.

- Hermione… secondo me… ti stai stressando! – disse con un leggero sorriso.

Hermione alzò gli occhi al cielo.

- Beh direi che non sarebbe stata la Hermione che conosciamo se non avesse temuto così tanto gli esami. – sentenziò Harry, sorridendo.

- Mi state forse prendendo in giro? – chiese Hermione, aggrottando la fronte, e cercando di nascondere la sua espressione divertita.

- No, ma come potremmo signorina Granger? – disse Ron, cercando di apparire il più serio possibile.

Hermione guardò sott’occhi Ron, che continuava ad essere assolutamente poco serio, provocando le risate di Harry e Ginny.

- No. – disse sospirando – Io non mi sono innamorata di un tipo del genere. – disse sorridendo.

Ron fermò ogni sua attività divertente, e coprì con una mano la pergamena sulla quale Hermione aveva nuovamente posato lo guardo, in modo da attirare la sua attenzione.

- Oh, sì che lo sei, e anche tanto aggiungerei. – disse, avvicinandosi sempre di più al suo viso.

Hermione non ebbe il tempo di ribattere, perché nel momento stesso in cui alzò lo sguardo, le labbra di Ron si posarono sulle sue.

 

 

- Domani, come sapete – cominciò Aberforth, durante il suo discorso alla Sala Grande, la sera prima degli esami – cominceranno gli esami. Alcuni di voi dovranno sostenere importantissime prove che determineranno la loro intera vita. Sto parlando dei ragazzi del quinto anno, che dovranno affrontare i G.U.F.O. e dei ragazzi dell’ultimo anno, che si diplomeranno quest’anno, dopo aver sostenuto gli ancor più temuti M.A.G.O.. Da parte mia, e da parte dell’intero corpo insegnanti, voglio darvi il mio augurio affinché questi esami possano procedere per il meglio. Sono sicuro che non mi deluderete. –

La breve pausa presa da Aberforth fu accolta come una conclusione e l’intera Sala Grande stava già partendo in un grande applauso, ma il preside continuò.

- E’ stato un anno questo… davvero duro… per Hogwarts. Il mio primo anno di presidenza, e non poteva concludersi nel migliore dei modi. Ci sono stati momenti in cui ho creduto di non poter mandare avanti questa scuola, ma fortunatamente voi, ragazzi, insieme ai miei colleghi, siete riusciti a convincermi del contrario, e mi avete aiutato in questo. Durante quest’anno la pace tanto sperata non c’è stata. Abbiamo avuto a che fare con oscure forze che, fortunatamente, sono state annientate, e proprio da uno studente di questa scuola, cosa di cui sono molto orgoglioso. Abbiamo subito attacchi di ogni genere, e abbiamo vissuto nella paura per mesi, ma fortunatamente tutto si è concluso per il meglio. Hogwarts, benché abbia subito tanti cambiamenti, è rimasta la stessa di un tempo, e mi auguro che possa restare così per tanti lunghi anni ancora. –

Nuovamente il pubblico della Sala Grande stava per applaudire, ma Aberforth non aveva ancora finito.

- Chiedo a coloro che domani affronteranno i M.A.G.O. un piccolo favore, se vi è possibile. Nel momento in cui metterete piede fuori dal castello, tra qualche giorno, voltatevi indietro, portate lo sguardo alle torri, alle finestre, ai vostri dormitori se è possibile. Ricordatevi dell’emozione che vi invase più di sette anni fa, la prima volta che varcaste i suoi cancelli. Ricordatevi del lago, delle carrozze, e della magia che avete conosciuto in questo luogo. Qualcuno di voi magari tornerà qui come insegnante, o con i propri figli, ma per altri Hogwarts resterà soltanto il dolce ricordo legato a sette lunghi anni della vostra vita. Non dimenticate questo castello, portatelo sempre nei vostri cuori. Sono sicuro che mio fratello avrebbe voluto che i suoi studenti lo ricordassero per sempre. E poi ricordatevi di loro – e fece un gesto ad indicare il tavolo dei docenti – i vostri insegnanti; coloro che sono stati vostre guide e che vi hanno trasmesso il loro sapere, coloro che sono responsabili di ciò che siete oggi. –

In quel momento, Harry strinse ancor più forte la mano di Ginny.

- Piton. – le sussurrò.

- Lupin. – rispose lei.

E una voce si levò dall’altro lato del tavolo, era quella di Ron.

- Moody. –

L’intero corpo docente, alle spalle di Aberforth, si era alzato in piedi, e fu imitato da tutti gli studenti.

- Ancora auguri per i vostri esami. – continuò Aberforth – E adesso potete anche applaudire. – aggiunse, ridendo.

 

 

18 anni dopo

 

 

Era la vigilia di Natale, e Ron era seduto sul divano del salotto di casa Weasley, abbracciato da due allegri bambini, Rose e Hugo, che guardavano il padre con occhi estasiati. Allo stesso modo Ron veniva osservato anche da altri tre bambini, James, che se ne stava seduto a gambe piegate sul caro tappeto di Molly Weasley; e Albus, che divideva la poltroncina insieme a sua sorella Lily.

- E così vostro zio Harry – disse Ron che si accingeva a terminare la sua storia – ovvero vostro padre, liberò per sempre il mondo magico, anche se le sue avventure non sarebbero di certo finite con la morte di Voldemort. Il grande Harry Potter, e i suoi validi compagni, dovevano affrontare ancora tante avventure, ma questa è un’altra storia. –

Un chiassoso segno di disapprovazione si alzò dai cinque bambini.

- Ti prego zio Ron, continua. – lo pregò la piccola Lily.

Ron sorrise.

- Domani vi racconterò di come vostra madre, zia Hermione, decise di non rivolgermi più la parola, e di come Harry, con una mano dal cielo di Silente e Piton riuscì a salvare, nuovamente, il mondo della Magia. –

Ron sembrò catturare l’attenzione dei cinque bambini con quella promessa. In quel momento, dalla cucina arrivò Hermione, seguita da Ginny.

- Che assurdità vi sta raccontando lo zio Ron? – chiese Ginny, sorridendo ai suoi bambini, e andandosi a sedere sul bracciolo della poltrona occupata da Albus e Lily.

- Mamma – chiese la piccola, ma sveglia Rose – perché non volevi più rivolgere la parola al papà? –

Hermione, stupita da quella domanda, guardò Ron con aria interrogativa.

- Che cosa gli stai raccontando tu? –

Ron alzò le spalle, fingendo un’aria innocente e sorpresa.

- Che cosa? Io? Assolutamente niente. Ho solo raccontato delle intrepide gesta del mio migliore amico. –

Hermione non sembrò essere molto convinta della versione di Ron, ma andò ugualmente a sedersi sul divano accanto a lui, prendendo il piccolo Hugo in braccio.

- Un giorno vi racconterò io una bella storia. – disse – Di come vostro padre mi ha salvato la vita quando un brutto cattivo mi fece cadere in un sonno profondo. Scommetto che questa non ve l’ha raccontata. –

Ron si grattò il capo, un po’ imbarazzato ma lusingato allo stesso tempo.

- Ma non ho fatto niente di così speciale. – disse.

- Ah non fare il modesto, papà. – lo rimproverò Rose.

- Beh, se proprio devo vantarmi… vogliamo parlare di quando ho salvato Harry dal… -

Ma non riuscì a terminare la frase che Harry entrò in salotto, accompagnato da George.

- Se permetti Ron, quella storia vorrei raccontarla io. – disse Harry, con un’espressione raggiante.

Harry andrò dritto alla poltrona su cui erano seduti due dei suoi tre figli, e sollevò entrambi, per poi prendere posto e posare i due bambini su entrambe le sue ginocchia.

- Piuttosto... più che parlare di noi grandi… perché non ci raccontate voi qualcosa? – chiese Harry, guardando Rose, James e Albus. – Sono sicuro che ne avete combinate già tante ad Hogwarts. –

Rose, James e Albus si scambiarono delle occhiate che lasciavano solo immaginare cosa avessero potuto combinare durante la loro permanenza ad Hogwarts.

- Dovrebbero esserci anche Ted e Victorie per raccontarvi proprio tutto. – comunicò James. – Però possiamo cominciare con il raccontarvi qualcosa… tipo di Scorpius Malfoy, Rose si è presa una cotta per lui. – disse ridendo, e prendendo in giro la cugina.

- Non è assolutamente vero! – disse in tono altezzoso Rose, mentre i suoi genitori si scambiarono un’occhiata preoccupata dal momento che Scorpius era il figlio di Draco Malfoy.

 

 

Il Natale a casa Weasley era sempre rumoroso; ai presenti si aggiunsero anche Bill e Fleur con i loro figli Victorie, Dominique e Louis; Percy e sua moglie, insieme alle loro bambine; George con sua moglie Angelina e i suoi due figli, Fred e Roxanne, e infine Charlie rimasto scapolo. Molly Weasley, in occasione di queste ricorrenze, doveva cucinare per un plotone, ma avere nuovamente la Tana affollata non poteva essere che un piacere per i signori Weasley. Arthur, che era probabilmente il più entusiasta di tutti, aveva invece l’arduo compito di divedersi tra i suoi numerosissimi nipoti. La serata passò tra scherzi, risate, cibo in abbondanza, giochi, vecchi ricordi e progetti per il futuro. Dopo qualche ora fece la sua comparsa anche Hagrid, in compagnia della sua consorte Olympe Maxime. Fu uno splendido Natale, ancor più splendido perché Harry, Ron, Hermione e Ginny avevano il piacere di condividerlo ancora insieme, dopo anni.

Quando si fu fatto tardi, e Rose e Hugo si furono addormentati sul divano sognando chissà quali avventure, Hermione poté concedersi un attimo di solitudine. Indossò il cappotto ed uscì fuori per prendere una boccata d’aria, sedendosi sulla panchina che si trovava sotto il porticato. Se ne stava lì, pensierosa, quando avvertì un rumore alla sua sinistra, si voltò per vedere che cosa l’avesse provocato, e vide Ron avanzare verso di lei.

- In vena di ricordi? – le chiese sorridendo, e andandosi a sedere accanto a lei.

- Di che ti stupisci? Dopo i tuoi racconti… - gli rispose lei ricambiando il sorriso.

Stettero qualche istante in silenzio, e Ron cinse le spalle di Hermione con il proprio braccio; dopodiché fu proprio lui a parlare di nuovo.

- E così ci imparenteremo con Malfoy. La cosa peggiore che potesse capitare! –

- RON! Innanzitutto Rose giura che non è vero ed io le credo, ed in secondo luogo, anche se fosse hanno poco più di dieci anni, non sta scritto da nessuna parte che debbano sposarsi. –

Ron finse di annuire a ciò che Hermione diceva.

- Anche io avevo poco più di dieci anni quando ti ho conosciuta. – disse divertito.

Hermione sospirò.

- Devo rassegnarmi al fatto che non possa fare alcun discorso serio con te. –

Ron sorrise e strinse Hermione portandosela al petto, e cingendola con entrambe le braccia, facendo scivolare le sue dita fra le sue. Rimasero così abbracciati in silenzio, per qualche istante, e per la seconda volta fu Ron a romperlo.

- Dì la verità… pensi davvero quello che hai detto prima? –

Hermione fece un verso interrogativo.

- Che ti ho salvato la vita quando eri in coma. Non me l’avevi mai detto. –

Hermione socchiuse gli occhi, e si strinse a Ron ancora di più, anche se non poteva guardarlo negli occhi, visto che era dietro di lei. Restò a lungo accoccolata a lui, le dava tremendamente sicurezza.

- Sei proprio uno sciocco Ron. In tutti questi anni davvero non credi che io abbia saputo come sono andate realmente le cose? E poi, non occorreva che qualcuno me lo dicesse, perché io lo so per certo, avvertivo la tua presenza, e ti posso giurare che se sono qui oggi è solo ed esclusivamente per merito tuo. E ti dirò anche di più, tu mi avevi già salvato quando sei entrato a far parte della mia vita, intendo, non come un semplice amico. –

Un leggero sorriso si disegnò sul volto di Ron.

- Ohoh, siamo in vena di rivelazioni questa sera. – scherzò lui.

- Stupido. E’ la verità. – continuò lei, serissima.

- Hermione Granger - prese lui in tono più serio – dunque ti ho salvata da quando ci siamo innamorati? Beh, credo che tu mi batta, sai? Perché io credo che tu mi abbia salvato già nel momento in cui ti vidi sull’espresso per Hogwarts, e mi dicesti che qualcuno aveva perso il suo rospo. –

Hermione sorrise e sciolse l’abbraccio per potersi voltare e guardare Ron bene in viso. I suoi occhi castani si incrociarono con quelli chiari di lui. Li conosceva ormai fin troppo bene quegli occhi, ma ogni volta non poteva far a meno di perdercisi, e lo stesso valeva per lui.

- Hai dello sporco sul naso. – disse lei, con un ampio sorriso.

Ron ricambiò il sorriso ed un istante dopo le sue labbra toccarono quelle di Hermione, unendosi in un profondo e lungo bacio, che li coinvolse pienamente.

- Ti amo, Hermione. –

- Ti amo anch’io, Ron. –

 

Fine

Ebbene sì sono proprio giunta alla fine di questa storia... e ancora non ci credo. Ventidue capitoli era il meglio che potessi aspettarmi, anche perché questa storia è nata poco a poco, da agosto fino ad oggi. Sono stati quattro mesi pieni, pieni di Ron e Hermione prima di tutto. Ovviamente tengo a ringraziare tutti coloro che mi hanno seguita... come ben sapete questa è stata la mia prima fanfiction nella sezione Harry Potter e avevo davvero il timore di non essere all'altezza, per questo il vostro incoraggiamento è stato molto importante per me. Ringrazio tutti coloro che hanno letto questa storia, anche senza recensire... e soprattutto...

ringrazio le 53 persone che hanno aggiunto questa storia fra le proprie seguite: [83ginny - alessiabass - Anthymea - barbidoluzza - Cecyely - Celly87 - Cerenyse - cosmopolitan - cougar - Debby_Alicetta94 - delfinocurioso - domaris72 - ElseW - elys - EmySmile - Erika91 - Fady - fata93 - fio90 - fireMANA - franci9892 - Franc_Wizard - franza - genny 63 - ghgh - guid - kamomilla - kissfrancy - lon8tana - lucia_hp - LyndaWeasley - MacLeod - Marty4ever - mickym - murderangel - Nalu93 - noiaia - OnlyHermione - owly - peyton_71 - Red Irish - rh fansp 88 - sahrai92 - sc93 - Serenin - silviweasley - sonietta87 - steg94 - thebigwolf - ThEo - yuyutiamo - _iLaRiA_ - __Lilly__ ]

...e ringrazio le 42 persone che hanno aggiunto la storia fra le preferite: [acdcman - alexa potter - Ali96 - angiiie - celebrian - chocolate_starfish - cosmopolitan - CuLlEn_AdOtTiVa - DANINO - dream - elanor27 - fireMANA - gargi89 - Gio_Cullen - Karen94 - Kenny11 - kissfrancy - leloale - LiTtLe_MissGiuly_ - lucyfery - maryrobin - midnightsummerdream - mikelina - mikyvale - millyray - mimatoforever - mustardgirl - Nalu93 - nan96 - niettolina - peyton_71 - Rain e Ren - rh fansp 88 - Roby28 - RonaldWesley94 - RoryPotter - Roxy - sciabbo - superkina - tanna - tappetta - _DoMeNiCa_ ]

Grazie, davvero, infinitamente. Siete state fondamentali per lo svolgimento di questa storia.

Ringrazio inoltre __Lilly__, peyton_71 e fireMANA per le loro recensioni relative al precedente capitolo... mi avete riempita di complimenti che sinceramente mi hanno stupita e lusingata ^///^ Grazie davvero, infinitamente... non ho la presunzione di definirmi una grande scrittrice, anzi non lo sono neanche lontanamente, ma sono immensamente orgogliosa del fatto di aver suscitato in voi belle emozioni con la mia storia, e il modo di scrivere. Ma farò di tutto per migliorare ulteriormente. Grazie ancora per il sostegno <3

Infine un super ringraziamento va alla mia amica piccola_ro la quale mi ha sostenuto e mi ha incoraggiato durante la stesura della storia. La coppia Harry/Ginny, che indubbiamente mi piace, ma sulla quale probabilmente non avrei mai scritto, è dedicata a lei :) Questa storia è un piccolo ricordo delle emozioni che abbiamo provato quest'estate... completamente impazzite per le nostre rispettive coppie preferite. E ringrazio anche la mia ronhermite che mi ha dato l'ispirazione per questa storia.

Vi lascio con il testo della canzone che è stata la colonna sonora di questa fanfic: Everything dei Lifehouse

Find Me Here
Speak To Me
I want to feel you
I need to hear you
You are the light
That's leading me
To the place where I find peace again.

You are the strength, that keeps me walking.
You are the hope, that keeps me trusting.
You are the light to my soul.
You are my purpose...you're everything.

How can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?

You calm the storms, and you give me rest.
You hold me in your hands, you won't let me fall.
You steal my heart, and you take my breath away.
Would you take me in? Take me deeper now?

How can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?
And how can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?

Cause you're all I want, You're all I need
You're everything,everything
You're all I want your all I need
You're everything, everything.
You're all I want you're all I need.
You're everything, everything
You're all I want you're all I need, you're everything, everything.

And How can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?
How can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?

How can I stand here with you and not be moved by you?
Would you tell me how could it be any better than this?
Would you tell me how could it be any better than this?

Che altro aggiungere? Spero che il finale non vi abbia deluso! Ancora grazie a tutti! Credo che mi mancherà molto questa storia... Un baciooooo! Sam

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