Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Salve a tutti! Sono qui con la mia prima Dramione (o più precisamente con la mia prima
fanfiction su Harry Potter in generale o.o) e sono alquanto terrorizzata. XD
Inizio col dire che la storia sarà moooolto lunga, visto che per come li troviamo
nei libri, Draco e Hermione sono assolutamente incompatibili.
Dopo aver letto qualche storia su di loro, però, mi sono finalmente convinta
che tra loro qualcosa ci può essere *-* per questo mi è venuta la malsana idea
di buttarmi in questa storia, quindi partiamo subito con le delucidazioni che
la riguardano!
La storia parte dal capitolo 9 del Sesto Libro, con una sola differenza.
I fatti rimasti invariati sono: Piton ha già fatto il Voto Infrangibile con
Narcissa (con Bella come Garante), Harry e Silente (che è stato colpito dalla
Maledizione, infatti la sua mano è “bruciacchiata”) sono già stati da Lumacorno
e il nostro Trio ha già ricevuto le lettere con i risultati dei G.U.F.O.;
Malfoy è andato nel negozio Magie Sinister e Harry si è (giustamente, nel libro
v.v) fissato che è diventato un Mangiamorte perché non vuole mostrare
l’avambraccio sinistro. Infine, Piton ha ottenuto il ruolo di Insegnante di
Difesa Contro Le Arti Oscure.
L’unico evento che non si è verificato è che Harry sia andato nello
scompartimento dei Serpeverde sull’Espresso per Hogwarts (quindi in questa ff è arrivato al Castello con tutti gli altri).
In pratica, quindi, riscriverò quasi tutto il Sesto e il Settimo libro, una
faticaccia insomma °-° Alcuni – ma pochi - capitoli ovviamente rimarranno
uguali a quelli nei libri (ad esempio i flashback che parlano degli Horcrux), ma quando arriverà quel momento lo scriverò
all’inizio del capitolo interessato.
Detto questo, credo di aver finito °-° E meno male X°D
E’ più lunga la presentazione che la storia O_O
Beh, spero che l’idea vi abbia incuriosito almeno un po’, e ora via con la
storia!
Grazie dell’attenzione, ci vediamo al prossimo capitolo! ;)
Bacini,
Tonna
I Don’t WantTo Be
1.Un nuovo anno a Hogwarts
Harry Potter aprì gli occhi di scatto, riscoprendosi sudato
e con il cuore martellante nel petto.
L’aveva sognato di nuovo.
Si passò una mano sulla fronte madida di sudore e sentì un
vago senso di nausea coglierlo all’improvviso, come gli succedeva sempre da
quasi tre mesi a quella parte.
Aveva sognato Sirius.
Fece vagare lo sguardo vacuo per tutta la stanza, sentendo i
respiri rilassati dei suoi compagni di dormitorio; si fermò a guardare le
tendine tirate del letto di Ron, invidiandolo per come riusciva a dormire
sempre sonni tranquilli, a prescindere da quello che gli succedeva intorno.
Guardò in basso sulle proprie coperte e notò, alla luce
della luna, che stava stringendo convulsamente il lenzuolo, le nocche quasi
bianche a causa dello sforzo.
Allentò la presa e si liberò dal groviglio di coperte, per
poi scendere e rabbrividire quando i piedi vennero a contatto con il marmo
freddo del pavimento.
Senza fare il minimo rumore, scese le scale che conducevano
alla Sala Comune e prese posto sulla sua poltrona preferita, quella davanti al
camino. Si rannicchiò con le gambe poggiate al petto e lo sguardo perso nel
fuoco che ancora magicamente scoppiettava davanti a lui.
Quante volte aveva visto il volto di Sirius comparire lì
all’improvviso, per dargli consigli o semplicemente per sapere come andavano le
cose?
Si lasciò scappare un piccolo sospiro e poggiò la fronte
sulle ginocchia, sentendo gli occhi inumidirsi.
Erano quasi tre mesi che non riusciva a dormire la notte, e la causa era sempre
quello stesso sogno che lo faceva svegliare di soprassalto.
Sirius.
Sirius che spariva dietro il velo, che lo guardava con
sguardo vuoto prima di cadere e scomparire alla vista.
E lui che urlava, mentre Remus lo tratteneva e gli diceva
che il suo padrino, l’unica persona che gli ricordava la sua famiglia, non
sarebbe più tornato.
Tirò su con il naso, sentendo il pesante senso di colpa
farsi largo nel suo petto come un mostro deciso a squarciargli la cassa
toracica con violenza.
Era colpa sua se Sirius era morto.
Aveva ceduto alla sua mania di fare l’eroe, come l’aveva chiamata Hermione, e aveva spinto
l’Ordine e i suoi amici tra le braccia dei Mangiamorte.
Era successo tutto troppo in fretta.
La morte di Sirius, la comparsa di Voldemort, la Profezia,
Silente che gli spiegava finalmente cose che avrebbe dovuto scoprire quattro
anni prima...
Era stato troppo da sopportare e, come se non bastasse, la
Gazzetta Del Profeta aveva rigirato il dito nella piaga, con tutti quei
titoloni altisonanti che lo citavano come Il
Prescelto, e di nuovo come Il Ragazzo
Che è Sopravvissuto.
Ridicolo, davvero ridicolo. Se solo si fermava a pensare che
un anno prima lo stesso giornale lo aveva citato come un pazzo, screditando sia
lui che Silente, gli prudevano le mani. Ora cosa cercavano di fare?
Si asciugò gli occhi con la manica del pigiama, sollevando
gli occhi arrossati e tornando a guardare il fuoco che scoppiettava più allegro
di quanto in realtà volesse.
La vita gli sembrava vuota, da quando Sirius era morto.
Certo, quando Silente l’aveva portato via da Privet Drive si
era sentito rilassato e contento, ma una volta arrivato alla Tana la
depressione era tornata a farsi sentire. Con la casa piena di persone era stato
facile isolarsi e chiudersi in camera per ore a fissare il poster dei Cannoni
di Chudley appeso al muro, a ripensare al terribile anno passato.
“Harry?”
Harry sobbalzò e si voltò di scatto, facendo scricchiolare
il collo.
“Hermione…!” esclamò
massaggiandosi la base della testa con una mano mentre con l’altra faceva
sparire ogni traccia di lacrime dal proprio viso.
Hermione, stretta nella sua vestaglia verde chiaro e in
pantofole, si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla, aggirando la
poltrona e prendendo posto sul bracciolo.
“Tutto ok?” chiese seria, notando le sue guance arrossate e
gli occhi lucidi. Non si sorprese di trovarlo in quelle condizioni.
Harry annuì poco convinto, accennando un piccolo sorriso, e
Hermione gli strinse la spalla per rassicurarlo.
“Non riesci ancora a dormire, vero?” domandò cauta, ma
conoscendo comunque la risposta. Infatti Harry annuì e Hermione abbozzò un
piccolo sorriso di incoraggiamento, prendendo ad accarezzarlo con dolcezza.
“Devi smetterla di torturarti così” lo ammonì cercando di
usare un tono di voce autoritario ma allo stesso tempo dolce.
Il ragazzo le gettò un’occhiata veloce. “È stata colpa mia”
disse solo, e Hermione sobbalzò sul posto.
“Non è vero!” disse convinta, togliendogli la mano dalla
spalla. “Siamo andati lì per salvare Sirius, non è colpa tua se” esitò un
secondo, “…Voldemort ti aveva ingannato. Non potevi
saperlo”
“Ma tu lo sapevi” esordì lui, la voce tremolante. “Lo
sapevi, me l’hai detto e io ti ho ignorata. Sirius è morto per colpa mia e se- se…” gli occhi di Harry si inumidirono velocemente e si
affrettò a nascondere il viso contro le ginocchia, “se fosse successo qualcosa
anche a voi…” lasciò in sospeso la frase, incapace di
continuare quel discorso. Quell’eventualità era troppo brutta anche solo per
essere pronunciata.
Gli occhi di Hermione divennero lucidi, ma ricacciò indietro
le lacrime rendendosi conto che quello non era proprio il momento di lasciarsi
andare ai piagnistei. Harry stava male, lo sapeva già da tempo, e da sua
migliore amica qual era doveva consolarlo e aiutarlo.
Si sporse verso di lui e lo strinse in un abbraccio
caloroso. Harry singhiozzò forte maledicendo se stesso per quello che aveva
fatto e per essere scoppiato così, senza vergogna, davanti a una persona fiera
e spesso rigida come Hermione.
Senza rendersene conto, però, si ritrovò a ricambiare
quell’abbraccio materno e a stringere convulsamente la stoffa della sua
vestaglia, mentre si lasciava andare come non aveva fatto quasi mai.
Harry aveva sofferto tanto in vita sua. Aveva perso i suoi
genitori, i suoi zii lo detestavano, aveva visto morire davanti ai proprio
occhi un compagno di scuola e, come ultima cosa, aveva visto morire il suo
padrino per causa sua. Aveva sofferto in ognuna di queste occasioni, ma
quest’ultimo evento sembrava avergli dato il colpo di grazia.
“Harry, stiamo tutti bene, siamo tutti vivi” disse Hermione
all’improvviso, accarezzandogli i capelli dietro la nuca. Lui trattenne il
fiato, stordito dalle lacrime. “Non pensare a quello che sarebbe potuto
succedere.
Siamo qui, cerca di concentrarti su questo, altrimenti la
morte di Sirius sarà stata vana” si allontanò piano da lui e lo fissò negli
occhi, cercando di scorgerci un pizzico di sollievo.
Harry annuì piano con la testa, mentre Hermione tirava fuori
un fazzoletto dalla tasca della vestaglia e iniziava ad asciugargli le lacrime.
“Ora torna a dormire, fra qualche ora dobbiamo scendere
nella Sala Grande per la colazione” si alzò e lo afferrò per le mani,
tirandoselo appresso. Harry seguì quei movimenti svogliatamente, ma cercò di
tranquillizzarla con un cenno della testa e un sorriso un po’ più convinto
degli altri.
Hermione si sporse e gli baciò la guancia, poi si allontanò
e tornò nel proprio dormitorio silenziosamente. Harry la fissò sparire su per
le scale e rimase qualche secondo immobile, mentre il calore dell’abbraccio che
la sua migliore amica gli aveva dato poco prima, si disperdeva.
Era la prima volta che mostrava quella debolezza a qualcuno,
dopo Silente. Ricordò quando poco più di due mesi prima era entrato nel suo
ufficio e lo aveva quasi praticamente distrutto, lanciando cose ovunque e alla
rinfusa.
Quella volta Silente non aveva battuto ciglio, e Harry, con
il senno di poi – anche se in quel momento aveva seriamente pensato di volergli
fare del male – gliene era grato. L’aveva fatto sfogare, proprio come aveva
fatto Hermione in quel momento.
Sorrise, rendendosi conto di quante persone sorprendenti lo
circondassero.
Si avviò su per il dormitorio con il cuore un po’ più
leggero e uno sbadiglio nascente sulle labbra.
*
La mattina successiva, Harry, Ron e Hermione presero posto
al tavolo dei Grifondoro nella Sala Grande, mentre i gufi scendevano in
picchiata per consegnare lettere e pacchetti agli studenti.
Ron si servì un po’ di tutto, sotto lo sguardo disgustato di
Hermione (che ancora non riusciva a capacitarsi di quanto fosse grande lo
stomaco dell’amico) e quello assonnato di Harry, che si massaggiava le
palpebre.
“Hai dormito, poi?” domandò Hermione staccando gli occhi da
Ron e rivolgendosi all’altro, che per tutta risposta sbadigliò e annuì con la
testa.
“Sì” rispose Harry, sorseggiando un po’ di succo di zucca,
“Ma ho sonno lo stesso. Quando passa la McGranitt con gli orari?”
Hermione capì al volo il motivo per cui Harry aveva cambiato
discorso, e non se la sentì di dirgli nulla. Dopotutto, nonostante la
stanchezza, lo trovava meglio. Certo, non benissimo, ma meglio.
“Eccola, sta arrivando” rispose, e Ron sollevò la testa
mentre la Professoressa marciava fiera verso di loro, la bacchetta e una pila
di fogli in mano.
“Meho mahe che hoh ahhiamo hiù oshioni” esordì Ron
sputacchiando ovunque, e Hermione lo colpì forte in testa con la mano.
“Manda giù, almeno, prima di parlare!”
Il rosso si massaggiò la testa con un sonoro Ahi! e ingoiò il boccone, tossendo.
“Dicevo” gettò un’occhiataccia a un’Hermione disgustata,
“Meno male che non abbiamo più Pozioni” si rivolse a Harry, “Quest’anno niente
Piton!”
Hermione scosse la testa e li fissò entrambi, scettica.
“Avete forse dimenticato che la cattedra di Pozioni
quest’anno è stata assegnata a Lumacorno? Piton insegna Difesa Contro Le Arti
Oscure”
“Il Professor Piton,
Signorina Granger”
Tutti e tre si voltarono di scatto, trovando alle loro
spalle Minerva McGranitt, più austera del solito.
“Sì, Professoressa, mi scusi” borbottò Hermione contrita.
Non le era mai piaciuto essere ripresa dagli insegnanti, né durante le lezioni
né in qualunque altra circostanza.
“Bene, Signorina Granger, questo è il suo orario” toccò con
la bacchetta un foglio di carta dove apparve scritto l’orario delle lezioni di
Hermione. Lei ringraziò e si alzò gettando un’occhiata veloce a Ron e Harry,
per poi sparire fuori dalla Sala Grande diretta alla prima lezione di Antiche
Rune.
La McGranitt prese i fogli con i risultati dei G.U.F.O. di
Harry e Ron, e dopo averli esaminati, li informò che erano stati entrambi
ammessi senza problemi alle materie necessarie per inseguire la carriera di
Auror.
Harry e Ron si avviarono nella sala comune, decisi a passare
la prima ora libera nella più assoluta libertà, rilassandosi e non facendo
altro che giocare agli Scacchi Magici.
Quando Ron distrusse la seconda e ultima torre di Harry,
esplose in una fragorosa risata mentre Harry protestava dicendo che quella che
aveva appena fatto era una mossa scorretta.
Ron smise di ridere e fissò l’amico che, concentrato,
fissava la scacchiera mentre i suoi pezzi gli urlavano suggerimenti che lui
ignorava, volendo cavarsela da solo.
Quel particolare ricordò a Ron la vicenda che avevano
vissuto in giugno, quando Harry non aveva voluto dare ascolto a Hermione, e gli
tornò alla mente la conversazione che avevano avuto quella mattina mentre
aspettavano che Harry scendesse dal dormitorio.
Hermione gli aveva raccontato che aveva trovato Harry nella
Sala Comune, seduto sulla sua poltrona preferita, e che stava piangendo. Gli
aveva raccontato dei suoi dubbi, di come l’avesse consolato, e a quelle parole
Ron si era sentito un po’ amareggiato e tagliato fuori. Non perché i suoi
migliori amici passavano del tempo insieme alle sue spalle, ma perché lui, Ron,
non si era accorto affatto che Harry era sgattaiolato via dal dormitorio per
starsene da solo nella Sala Comune, come non si era accorto del fatto che alla
Tana Harry preferiva starsene sulle sue piuttosto che stare con gli altri. Era
il suo migliore amico, eppure non aveva visto niente.
“Ron?”
Il rosso si riscosse dai propri pensieri, vedendo che Harry
aveva mosso il suo cavallo e attendeva una sua mossa.
“Tutto ok?”
“No” rispose velocemente Ron, attirando la piena attenzione
di Harry. “Voglio dire…” si corresse, “Mi dispiace,
non mi ero mai accorto di quanto stessi male”
Harry rimase senza parole, mentre Ron diventava tutt’uno con
i capelli e chinava il viso, imbarazzato.
Evidentemente Hermione gli aveva raccontato quello che era accaduto la notte
scorsa.
“Sto bene, adesso” disse sicuro, e Ron alzò di scatto la
testa per guardarlo e capire in qualche modo se gli stesse mentendo. Ma il
sorriso che stava sfoggiando Harry lo rassicurò un po’.
“Hermione ha ragione, devo concentrarmi sul fatto che siamo
qui e che possiamo ancora distruggere Voldemort. Così il sacrificio di Sirius
non sarà inutile”
“Non dire quel nome” disse subito Ron, nervoso – Harry
sbuffò -, ma poi annuì. “Vero. Concentriamoci su quello che faremo adesso”
concluse, mangiando il cavallo di Harry con la regina.
Il moro gli lanciò uno sguardo irritato mentre i suoi pezzi
riprendevano a urlare suggerimenti a voce ancora più alta, terrorizzati che
potessero fare la stessa fine dei loro compagni.
“Senti, Ron…” disse, spostando in
avanti un alfiere che però cercava di ribellarsi.
Ron fece un cenno della testa, e Harry continuò.
“Riguardo al discorso di Malfoy, di quello che abbiamo visto
a Nocturn Alley…”
“Oh, non ricominciare!” sbottò lui, muovendo una torre su una
casella nera lì davanti, “Malfoy non può essere un Mangiamorte, ha soltanto
sedici anni!”
“E io ne avevo uno quando mi sono scontrato con Voldemort la
prima volta, l’età non conta!”
“Non dire quel nome” soffiò Ron guardandosi intorno, e Harry
sbuffò di nuovo. Non capiva affatto quella sciocca paura che avevano tutti
quanti. Che differenza faceva un maledetto nome?
“Ok, ho capito, ma ti ripeto che secondo me Malfoy è
diventato un Mangiamorte, e voglio provarlo”
“E cosa vuoi fare?” domandò Ron scettico, incrociando le
braccia. “Vorresti intrufolarti nella Sala Comune di Serpeverde?”
Gli occhi di Harry si illuminarono all’improvviso, e Ron
capì di aver detto una grande stupidaggine.
“Geniale, Ron!”
“Scordatelo, Harry, l’abbiamo già fatto una volta e non abbiamo
cavato un ragno dal buco, ricordi?”
Certo che lo ricordava. Ricordava quel giorno come se fosse
ieri, e invece erano passati quasi quattro anni. Lui, Ron e Hermione avevano
fabbricato la Pozione Polisucco e avevano preso il posto di Vincent Tiger e Gregory
Goyle – mentre Hermione aveva avuto un divertente incidente di percorso
cercando di assumere l’identità di Millicent Bulstrode – per cercare di capire
se Malfoy fosse l’Erede di Serpeverde, ma avevano preso una sonora batosta
quando avevano scoperto che l’Erede non era nientemeno che Tom Riddle, ossia
Voldemort stesso.
“Appunto, ma nessuno ci ha scoperti, no? Potremmo prendere
il posto di qualcuno e cercare di far parlare Malfoy! Oppure basterebbe solo
vedere se ha il Marchio Nero sul braccio!”
“Tu sei impazzito” Ron scosse la testa, deciso, “Siamo al
penultimo anno, non possiamo rischiare così tanto solo per un dubbio”
“Mi sembri Hermione” rispose Harry aggrottando le
sopracciglia. Perché nessuno voleva dargli retta? Anche quando aveva provato a
parlarne al Signor Weasley, si era sentito dire che sicuramente si sbagliava
perché Malfoy era solo un ragazzo. Ma qual era la differenza? L’età non
contava, lui aveva incontrato Voldemort a un anno, e poi a undici anni. Era
piccolo, eppure era riuscito a farsi valere. Perché per Malfoy doveva essere
diverso?
“Anche lei ti direbbe che è una follia” disse Ron,
indicandogli la scacchiera. “Ora forza, giochiamo”
Harry gli gettò un’occhiataccia e poi mosse un pedone,
riflettendo.
Ron probabilmente aveva ragione, Hermione gli avrebbe detto
che era una cosa inutile e che preparare la Pozione Polisucco da capo sarebbe
stato difficile, senza contare che avrebbero anche dovuto rubare gli
ingredienti dalle aule di lezione e dalla riserva privata di Piton.
Forse Ron aveva ragione, forse era una follia.
Ma la mente di Harry aveva preso a lavorare freneticamente,
e in un modo o nell’altro avrebbe scoperto cosa stava tramando Draco Malfoy.
*
Hermione entrò dal buco del ritratto alla fine della lezione
di Antiche Rune, accasciandosi sulla poltrona accanto al divano che stavano
occupando Ron e Harry.
“Dio, che fatica” fece scivolare la borsa a terra e si
stiracchiò, gettando un’occhiata ai suoi amici.
“Abbiamo Difesa Contro Le Arti Oscure, andiamo?”
I due annuirono e tutti e tre si alzarono, presero i libri
di testo e dopo averli messi nelle borse insieme alle bacchette, uscirono
diretti verso l’aula adibita per la lezione.
“Sono preoccupata” disse Hermione mentre camminavano per i
corridoi, circondati da ragazzini del primo anno che cercavano frenetici le
aule delle lezioni. Harry si perse un secondo a guardarli, ricordando quando
anche lui e Ron al primo anno si erano persi nel castello e avevano fatto tardi
alla prima lezione di Trasfigurazione con la Professoressa McGranitt. Ridacchiò
fra sé e vide Ron fare lo stesso, probabilmente aveva pensato la stessa cosa
nello stesso momento.
“Per cosa?” domandò il rosso scansando un paio di alunni di
Tassorosso.
“Difesa Contro Le Arti Oscure è sempre stata una materia… come dire, interessante. Abbiamo avuto sempre
professori un po’ strani, mi chiedo come Piton affronterà questa situazione”
“Lupin non era strano. E neanche Malocchio” rispose
imbronciato Harry, e lo pensava veramente. Oltre a stimare Remus e Alastor come
persone, li aveva stimati anche come professori. O meglio, aveva stimato Lupin,
dato che Barty Crouch Jr aveva preso il posto di Moody come insegnante
spacciandosi per lui tramite la Pozione Polisucco.
“Sì, intendo dire che anche quando c’era il Professor Lupin,
le lezioni erano incostanti a causa del suo problemino”
cercò di moderare i termini, sapeva quanto Harry fosse suscettibile su
quell’argomento, e se la prendeva con chiunque dimostrasse un qualcosa di
negativo nei confronti dell’amico d’infanzia dei suoi genitori.
“Ma è stato lo stesso un ottimo insegnante” intervenne Ron,
bloccandosi davanti la porta dell’aula.
“Comunque è inutile parlarne, siamo arrivati. Fra cinque
minuti potremmo vedere come si comporta Piton nei confronti della materia che
ha sempre sognato di insegnare”.
Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata inquieta e
annuirono, poi aprirono la porta e tutti e tre entrarono nella sala poco
illuminata.
Presero immediatamente posto ai banchi della seconda fila,
Harry e Ron allo stesso banco e Hermione a quello accanto al loro, lasciando un
posto vuoto.
“Con chi è questa lezione?” chiese Ron sporgendosi sul banco
per parlare con entrambi gli amici, senza premurarsi di abbassare la voce.
Piton non c’era, erano arrivati un po’ in anticipo evidentemente.
Harry tirò fuori l’orario dalla borsa e sbuffò sonoramente.
“Serpeverde” bofonchiò, riponendo il foglio al suo posto.
Ron alzò gli occhi al cielo sbuffando e Hermione tirò fuori
il libro di testo dalla borsa, iniziando a sfogliare pagine a casaccio. L’aveva
già letto, ovviamente, ma era sempre dell’avviso che un ripasso non le avrebbe
fatto male.
“Toh, guarda chi c’è qui”
I tre si voltarono di scatto, trovando sulla soglia della
porta la solita faccia da schiaffi di Malfoy e dei suoi due scagnozzi, Tiger e
Goyle, grossi come armadi.
Draco mosse qualche passo in avanti e prese posto all’ultimo
banco, mentre Tiger e Goyle si sedevano al banco accanto al suo, ridendo come
due scemi in direzione di Ron, Harry e Hermione.
“Lo Sfregiato, Lenticchia e la Mezzosangue” disse
sprezzante, un ghigno sul viso. Ron afferrò la bacchetta e fece per alzarsi, ma
in quel momento entrò il Professor Piton seguito da altri alunni Serpeverde e
Grifondoro.
“Weasley, che stai combinando?” fece vagare velocemente lo
sguardo e notò l’espressione di trionfo di Malfoy, poi tornò a guardare il
rosso. “Meno cinque punti a Grifondoro. E ora posa la bacchetta, se non vuoi
far perdere altri punti alla tua Casa”.
Ron divenne rosso fino alle orecchie e fece come gli era
stato detto, digrignando i denti in direzione di un Malfoy che si stava
rotolando dalle risate.
Harry lo tirò per una manica e lo costrinse a voltarsi, poi
gettò un’occhiataccia al biondo mentre Pansy Parkinson prendeva posto accanto a
lui e gli sfiorava l’orecchio con le labbra, forse sussurrandogli qualcosa.
Qualcosa nello stomaco di Harry si mosse.
Non aveva mai fatto veramente caso al rapporto tra la
Parkinson e Malfoy, ma ad un tratto li aveva visti con una luce diversa. Certo,
non bastava una semplice frase sussurrata in modo complice per presupporre che
fra i due ci fosse qualcosa, ma il modo in cui Pansy guardava Draco, faceva
ipotizzare che tra loro ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia.
Si voltò verso Ron con una strana luce negli occhi e con un
cenno della testa indicò alle loro spalle.
Ron cercò di guardare senza che nessuno se ne accorgesse,
poi si voltò verso Harry con le sopracciglia aggrottate.
“E allora?” chiese, non capendo. Perché Harry gli aveva
indicato Malfoy e la Parkinson?
“Malfoy forse si confiderebbe con lei…”
mormorò Harry senza farsi sentire, e Ron spalancò gli occhi, incredulo.
“Harry, no! Basta con questa storia!” sussurrò, mentre Piton
chiudeva le tende della stanza con dei veloci e fermi colpi di bacchetta.
Harry si chinò verso di lui e si coprì la mano con la bocca
per non farsi sentire dagli altri.
“Ma sì, pensaci, è perfetto! Basta che uno di noi prenda la
Pozione Polisucco e si spacci per la Parkinson, così Malfoy tirerà fuori
tutto!”
“Io mi rifiuto” ribatté Ron con una smorfia, immaginando una
scena in cui lui, nei panni di quella schifosa Serpeverde dalla faccia da
Carlino, baciava Malfoy per estorcergli informazioni riguardante
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
Harry si fermò un attimo a pensare, poi si rese conto che
c’era solo una persona in grado di ricoprire quel ruolo.
“Sì, io e te non siamo adatti per prendere il suo posto, non
saremmo naturali”
“Quindi lasciamo perdere, ok?” Ron gettò un’occhiata nervosa
a Piton, che stava sistemando con la bacchetta il proiettore per la lezione, e diede
una gomitata a Harry.
“E basta, ok? Meglio non dare a Piton altre occasioni per
toglierci punti”
Il moro guardò il Professore che aveva finito di armeggiare
e annuì verso l’amico, deciso solo a rimandare la questione.
Gettò un’occhiata di sottecchi a Hermione – che aveva già
sistemato sul banco piuma, calamaio, libro e bacchetta - e un piccolo sorriso
sicuro gli si dipinse sul volto.
Hermione era perfetta, avrebbe recitato il ruolo alla
perfezione.
Capitolo 2 *** Incontri ravvicinati del terzo tipo ***
2. Incontri ravvicinati del terzo tipo
Quella mattina, Harry si svegliò abbastanza di buon umore.
Saltò giù dal letto canticchiando e fischiettando dei motivetti inventati sotto
lo sguardo attonito di un Ron assonnato che si vestiva nel più assoluto
silenzio.
Di solito il momento del risveglio e quello successivo – che comprendeva il
vestirsi e il prepararsi per andare a fare colazione – erano sacri, nessuno
parlava né diceva niente, chi per il sonno o chi semplicemente perché non aveva
voglia di parlare di nulla.
Dean e Seamus gettarono ad Harry un’occhiata quasi spaventata, precedendolo giù
per le scale per andare a fare colazione; Neville si scambiò un’occhiata con
Ron che gli fece cenno di uscire, portandosi poi un dito alla tempia facendolo
roteare.
Neville rise e si allontanò, e Ron lo sentì inciampare nell’ultimo gradino
delle scale e probabilmente cadere a terra – fortunatamente sul morbido tappeto
rosso della Sala Comune.
“Harry?” domandò Ron mentre l’amico piegava il pigiama e lo poggiava sul letto.
“Mh?” Harry si voltò verso di lui con la faccia di un bambino, la stessa faccia
con cui Ron l’aveva conosciuto al binario 9 e ¾. Completamente innocente.
“È inutile che fai così, Hermione non accetterà” disse Ron sentendosi un po’
nervoso. Non gli piaceva affatto l’idea che Harry si fosse intestardito sulla
possibilità di usare la Pozione Polisucco, ma soprattutto non gli andava
affatto a genio l’idea che dovesse proprio essere Hermione a prendere il posto
di Pansy Parkinson. Non gli piaceva il fatto che dovesse entrare nella Sala
Comune di Serpeverde, per di più da sola e con un piano decisamente scadente tra
le mani.
Harry fece una pausa prima di rispondere, ponderando bene le parole. D’altronde
capiva lo stato d’animo di Ron, e l’espressione che aveva sul viso era più che
esaustiva.
“Non le accadrà niente”
“Noi abbiamo avuto problemi, ed eravamo in due”
“Io e te messi insieme non facciamo neanche la metà del cervello di Hermione,
lo sai” ribatté Harry sicuro, e Ron si imbronciò, incrociando le braccia.
“Non è questo” rispose serio, sapendo che dopotutto era vero, l’intelligenza di
Hermione non era neanche lontanamente paragonabile alla loro. Senza di lei non
avrebbero mai protetto la Pietra Filosofale dal Professor Raptor, perché Harry
non sarebbe mai riuscito a superare da solo la sciarada di pozioni di Piton;
senza di lei non avrebbero mai scoperto che il mostro che girava per il
castello al secondo anno era un Basilisco. Al terzo anno era stata lei a
risolvere la questione di Sirius con la Giratempo, e al quarto anno era stata
lei a insegnare a Harry gli incantesimi necessari a sopravvivere nel labirinto
all’ultima prova del Torneo Tremaghi.
Sì, Harry aveva decisamente ragione. “Ma è una cosa pericolosa” esitò Ron,
torturandosi le dita con le mani, “E anche se non credo che Malfoy sia un
Mangiamorte, se i tuoi dubbi si rivelassero esatti? E se scoprisse che la
Parkinson non è lei ma Hermione? E cosa faremmo se la Parkinson si presentasse
all’improvviso nella Sala dei Serpeverde?”
“Ma non sto dicendo che dobbiamo farlo subito, senza un piano. Escogitiamo
qualcosa e giuro, giuro che se Malfoy non ha il Marchio Nero smetterò di
rompervi le scatole”
Ron sospirò scuotendo la testa. Harry era testardo, quando si metteva in mente
qualcosa nessuno riusciva a smuoverlo. Era stato così quando lo aveva
trascinato nella Foresta Proibita nel secondo anno, doveavevano quasi lasciato le penneper colpa del ragnetto Aragog, ed era stato lo stesso quando l’anno prima li
aveva portati all’Ufficio Misteri nel Ministero della Magia.
Si guardò bene dal farglielo notare perché sapeva quanto ci avesse sofferto, ma
quella storia non gli andava affatto bene.
“Dai” cambiò discorso dandogli le spalle, “Andiamo a fare colazione, di sicuro
Hermione ci sta aspettando”
Scesero velocemente le scale in silenzio, trovando la Sala Comune completamente
vuota; probabilmente si erano recati tutti nella Sala Grande per la colazione.
Attraversarono il buco del ritratto e si unirono allo sciame di studenti che si
stava dirigendo in Sala Grande; entrarono e percorsero la strada tra i tavoli e
trovarono Hermione seduta, un bicchiere in mano e un librone aperto sul tavolo
davanti a lei.
“Buongiorno” sbadigliò Ron sedendosi accanto a lei. Harry si sedette all’altro
fianco di Hermione mentre lei alzava gli occhi dal volume e poggiava il calice
sul tavolo, sorridendo all’indirizzo di entrambi.
“Buongiorno ragazzi!”
“Cosa leggi?” domandò Harry curioso sporgendosi sul volume, mentre Ron si
riempiva il piatto per una perfetta colazione.
Hermione cercò disperatamente di non guardare nella sua direzione, a volte la
disgustavano le inesistenti buone maniere di Ron.
“Storia della Magia” disse a Harry. “L’abbiamo alla prima ora, voglio solo
leggere qualcosina”
Harry sorrise e annuì con la testa. Hermione era sempre esagerata, leggeva
sempre tutti i libri di testo prima dell’inizio dell’anno scolastico, ma in
quel frangente la capiva perfettamente. Le lezioni del Professor Rüf
erano talmente noiose che neanche lei riusciva a prestare attenzione a lungo,
quindi si preparava in anticipo, così anche se avesse perso qualche parola o
frase non sarebbe rimasta in alto mare.
Harry sbadigliò, servendosi una porzione di dolce mentre si guardava intorno.
Il suo sguardo cadde sulla tavola di Serpeverde, e scorse la testa bionda che
era abituato a vedere ogni giorno.
Draco Malfoy era seduto tra Blaise Zabini e Pansy Parkinson e teneva la testa
poggiata alla mano, l’espressione corrucciata mentre fissava la sua ciotola
intatta di porridge.
Harry sentì di nuovo quella sensazione particolare allo stomaco e il suo
sguardo si spostò sull’avambraccio sinistro del suo acerrimo nemico. Niente.
Manica della tunica tirata giù fino al polso.
“Senti, Hermione…” si voltò verso l’amica, che nel frattempo aveva riposto il
libro nella borsa, e aspettò che lei gli prestasse tutta la sua attenzione
prima di proporle qualunque cosa.
“Ho un favore da chiederti…”
*
“Scordatelo” sibilò Hermione richiudendo la cinghia della
propria borsa. Afferrò il libro di Storia della Magia e lo poggiò sul banco,
gettando un’occhiata al Professor Rüf che fluttuava nella stanza in
attesa che anche gli altri studenti facessero lo stesso.
“Ti prego, dobbiamo scoprire cos’ha in mente e solo tu sei in grado di
preparare quella pozione!” la implorò Harry in un sussurro, mentre Ron
allungava il collo per ascoltare la conversazione dal banco accanto al loro.
Hermione provò un piccolo senso di orgoglio a quell’ultima frase, dopotutto
sentirsi dire che era la più brava le era sempre piaciuto, ma non avrebbe
ceduto. Per una richiesta del genere, poi!
“Per favore!” Harry la fissò negli occhi, incrociando le mani in segno di
preghiera, “L’ho già detto a Ron, se mi sbaglio giuro che smetterò di rompervi
con questa storia, ma io devo
sapere!”
“Harry, capisci cosa mi stai chiedendo? Dovremmo infrangere di nuovo le regole,
rubare gli ingredienti dalla riserva privata di Piton, trovare un posto per
fabbricare la Pozione, trovare un modo per tenere la Parkinson lontana dalla
Sala Comune di Serpeverde… E spiegami perché proprio lei, poi!”
“Credo che lei e Malfoy stiano insieme” disse Harry riflettendo, cercando di
non farsi sentire da Ron. Se avesse saputo che Hermione avrebbe anche dovuto
fingere di essere la ragazza di Malfoy, di certo avrebbe fatto di tutto per
impedire la riuscita di quel progetto. Dopotutto che Ron fosse cotto di
Hermione non era una novità, e Harry sospettava che anche da parte dell’amica
ci fosse un qualche sentimento non ben definito, ma che comunque andava oltre
il voler bene.
Hermione sgranò gli occhi, voltandosi di nuovo di scatto verso di lui, i
capelli mossi e fluenti che ondeggiavano minacciosamente.
“E io dovrei fingere di essere la ragazza
di Malfoy?!” sibilò, gli occhi fuori dalle orbite. Harry doveva essere
impazzito. No, non poteva farlo.
“Ma non devi fare niente! Devi solo… parlare” tentò lui, la stessa espressione
innocente sul viso che Ron gli aveva visto quella mattina nel Dormitorio.
“Parlare?! E cosa dovrei dirgli?”
Harry accennò un sorriso. “Non saprei, sei tu quella intelligente, qui”.
Hermione scosse la testa, imbronciata. Non avrebbe ceduto ai complimenti.
Quello che le stava chiedendo Harry non solo era pericoloso perché implicava
Malfoy, ma perché avrebbe anche potuto rischiare di essere espulsa. E poi
l’ultima volta che aveva bevuto la Pozione Polisucco, i risultati erano stati
alquanto bizzarri.
“No, Harry. Senza contare che non so per quanto tempo dovrei prendere il suo
posto. Non posso mica andare lì, tirargli su la manica per controllare e poi
andarmene”
“Potresti cercare di farlo con disinvoltura” disse Harry incerto, accorgendosi
che quel discorso non stava prendendo la giusta piega. Hermione non sembrava
intenzionata ad aiutarlo, e le sue motivazioni per convincerla stavano
lentamente cadendo.
“Certo, con disinvoltura” rispose lei scettica sbuffando, e Ron decise che era
arrivato il momento di intervenire. Fortunatamente, pensò Harry, evidentemente
non si era accorto del fatto che probabilmente Pansy e Draco avevano una storia
e che questo implicasse che Hermione anche l’avesse, seppur per poco.
“Basta Harry, Hermione non vuole, lasciala il pace” disse scocciato, aprendo
anche il proprio libro.
Harry si voltò verso di lui e vide di sfuggita il Professor Rüf che aleggiava
davanti alla lavagna su cui non avrebbe mai potuto scrivere nulla, e nonostante
fossero passati dieci minuti da quando erano entrati in classe, non aveva
ancora iniziato la lezione.
“Ma…” cercò di iniziare Harry, disposto a mettere in tavola le sue motivazioni
ancora una volta, ma Ron sollevò una mano per farlo stare zitto.
“No, basta. Oltretutto a te non basterebbe che Hermione veda il suo Marchio
Nero. Sono sicuro che le chiederesti anche di scoprire cos’ha in mente
nell’eventualità – remotissima – che ce l’abbia”.
Hermione annuì, e Harry, risentito, incrociò le braccia.
“Sono sicuro che a quel punto diventerete curiosi come me. Non è una cosa su
cui si scherza, se i miei sospetti sono fondati abbiamo un Mangiamorte tra noi,
non è cosa da poco. Potrebbe aiutare gli altri adepti di Voldemort a entrare
qui, e-”
“Se davvero i Mangiamorte vogliono entrare qui, potrebbero Smaterializzarsi e
non mi risulta che l’abbiano mai fatto” ribatté Ron, coinvolgendo subito le
proteste di Hermione. “Non ci si può Materializzare o
Smaterializzare nel territorio di Hogwarts, quante volte devo ripetervelo?!” sbottò
cercando di mantenere un tono di voce basso, ma comunque minaccioso. Davvero,
quand’è che quei due avrebbero letto quel maledetto Storia di Hogwarts? “A prescindere da questo” rispose Ron agitando la mano, come se quello che
Hermione aveva appena detto avesse poca o nessuna importanza – e Hermione lo
fulminò con lo sguardo -, “Malfoy ha sedici anni, pensi sul serio che
Tu-Sai-Chi gli affiderebbe un qualunque compito? Sotto gli occhi di Silente,
poi?”
“Ok, ok! Ho capito” rispose Harry afferrando il proprio libro. “Vorrà dire che
cercherò di cavarmela da solo” disse in tono accusatorio senza guardarli, e
poté sentire gli sguardi degli amici premere ai lati delle sue orecchie.
Ron sbuffò e si lasciò andare scompostamente sulla sedia, fissando il Professor
Rüf che finalmente aveva iniziato a parlare, mentre Hermione continuava a
fissare imperterrita Harry.
Dopo qualche secondo, scosse impercettibilmente la testa e concentrò la sua
attenzione su quello che aveva iniziato a spiegare il Professore, rendendosi
conto poco dopo che erano le stesse identiche cose che aveva letto quella
stessa mattina a colazione.
*
Senza neanche rendersene conto, Hermione aveva passato quasi due giorni
a riflettere su quanto le aveva detto Harry e su sul piano per scoprire la
verità su Draco Malfoy.
L’amico non aveva più menzionato il suo piano, ma l’aveva visto parecchie volte
con la testa fra le nuvole o mentre parlottava tra sé e sé per far sì che la
sua idea riuscisse.
Nonostante l’insistenza con cui Harry si era imposto con quell’idea, Hermione
dovette ammettere che comunque in fin dei conti non aveva tutti i torti. Probabilmente
Malfoy non era un Mangiamorte, ma se invece per caso avesse scoperto che aveva
davvero il Marchio Nero? Avrebbero dovuto assolutamente dirlo a Silente e
all’Ordine, essendo una cosa di estrema importanza.
La cosa che le faceva storcere il naso in tutto quello, oltre alla pericolosità
della faccenda, era il dover prendere il posto di Pansy Parkinson in prima
persona, ma d’altronde capiva anche lo stato d’animo di Harry, e probabilmente
di Ron. Per loro fingere di stare con Malfoy sarebbe stato ancora più tremendo
che per lei, essendo due maschi.
Si perse nei suoi pensieri mentre camminava per i corridoi con lo sguardo
concentrato, un paio di grandi libri stretti al petto con una mano e la
valigetta contenente altri libri nell’altra.
Forse non era una cattiva idea; forse avrebbe anche potuto provare. Dopotutto
era di Voldemort che si parlava, e se Malfoy era implicato in qualche modo,
andava immediatamente fermato.
Camminando con questi pensieri che le ronzavano in testa, non si rese conto di
voltare l’angolo un po’ troppo bruscamente e in un secondo si trovò a terra, la
borsa aperta, i libri sparsi ovunque e il sedere dolorante.
“Ahi…” mormorò con un occhio chiuso, massaggiandosi la parte lesa mentre si
alzava.
“Guarda dove metti i piedi, Mezzosangue zannuta” si sentì dire da una voce
sprezzante e odiosa che purtroppo conosceva fin troppo bene.
Hermione non se ne curò e si chinò a raccogliere i propri libri, rendendosi
conto che anche la bottiglietta di inchiostro si era aperta e aveva sparso tutto
il suo contenuto a terra.
Imprecando, tirò fuori la bacchetta magica e mormorò Gratta e Netta, ripulendo tutto il pavimento dall’inchiostro nero.
Si rialzò dopo aver sistemato tutto e trovò ancora il suo interlocutore a
guardarla.
“Togliti di mezzo” disse Hermione fissando Pansy Parkinson negli occhi, che la
fissava con un ghigno divertito sulle labbra.
“Passa da un’altra parte” rispose lei con lo stesso tono di voce usato da
Hermione.
“Mi piacerebbe, ma con la tua… mole,
occupi tutto il corridoio, non c’è altro spazio per passare”
Pansy divenne di tutti i colori in un istante, gli occhi furenti e le narici
dilatate. Frugò freneticamente nelle tasche del mantello e ne estrasse la
bacchetta, ma Hermione fu più veloce. Gliela puntò all’altezza dello stomaco,
un sorrisetto stampato sul volto. Nonostante avesse mentito sulla stazza di
Pansy Parkinson, il suo volto scioccato era la visione più bella che avesse mai
avuto davanti agli occhi.
“Calmati, Parkinson. Non mi sembra il caso di fare una scenata qui in corridoio”
disse Hermione calma. Le gettò un’ultima occhiata e poi la sorpassò,
ridacchiando tra sé.
L’attenzione di Pansy fu attirata dal punto da cui Hermione era appena andata
via. Con un solo colpo della bacchetta e un mormorio che somigliava molto a Wingardium Leviosa, sollevò la boccetta
di inchiostro che aveva dimenticato a terra e le rovesciò in testa quello che
ne era rimasto.
Hermione si bloccò sul posto. Quello era davvero troppo.
La borsa e i libri caddero a terra, così come la boccetta di inchiostro che
andò in frantumi, e si avventò sulla la Serpeverde, spingendola nell’intento di
farla cadere.
In quel frangente a Hermione venne in mente quando si era azzuffata con
Millicent Bulstrode al secondo anno, durante il Club dei Duellanti, e come ne
era uscita malconcia a causa della stazza imponente della sua avversaria.
Pansy fece qualche passo indietro barcollando, ma riuscì a mantenersi in piedi.
Puntò la bacchetta contro Hermione, controllando con una veloce occhiata che il
corridoio fosse completamente vuoto, e mormorò a mezza bocca uno Schiantesimo
che Hermione riuscì facilmente a evitare con un Sortilegio Scudo.
La Grifondoro sentiva tutto l’inchiostro appiccicarle i capelli sulla testa, e
una rabbia quasi sconosciuta impossessarsi di lei. Odiava quella schifosa
Serpeverde, odiava tutti i
Serpeverde.
Con un colpo di bacchetta fece sparire la macchia nera dalla propria testa e
fissò con disprezzo Pansy Parkinson, che aspettava ancora una sua mossa.
“Cos’hai, Granger, pensi di non essere alla mia altezza?” disse lei, sempre con
la bacchetta sollevata. “Guarda, non c’è nessuno, puoi fare quello che vuoi
senza che qualcuno ti dica qualcosa. Oppure i Mezzosangue non sanno eseguire
neanche gli incantesimi più elementari, essendo esseri inferiori?”
Hermione strinse i pugni e tremò per la rabbia. Odiava quando qualcuno la
chiamava Mezzosangue, e soprattutto odiava quando veniva chiamata in quel modo
con quella punta di disprezzo nella voce. Era migliore di tante persone –
soprattutto di quella schifosa Serpe-, non meritava affatto di essere trattata
così. Si avvicinò a passo veloce alla ragazza
di fronte a lei, viso a viso.
“Non mi abbasserò al tuo livello” disse solo, il cuore che le martellava nel
petto.
Gli occhi di Pansy lampeggiarono per un istante, un lungo istante in cui
Hermione poté leggervi dentro la parola trionfo
scritta a caratteri cubitali.
Digrignò i denti e senza perdere un secondo le afferrò una piccola ciocca di
capelli e tirò forte facendola strillare, e il secondo dopo dalla bacchetta di
Pansy partì un fascio di luce rossa che colpì Hermione dritta in pieno petto.
La Grifondoro volò a cinque metri di distanza, atterrando con un tonfo sordo
poco lontano da dove aveva lasciato cadere i suoi libri prima a terra.
Pansy Parkinson si massaggiò la testa, le lacrime agli occhi e una serie di
insulti nascenti sulle labbra, ma una voce la interruppe prima che potesse
cominciare la sua tiritera.
“Pansy?”
Draco Malfoy spuntò da dietro l’angolo, trovando la sua ragazza con il viso
contorto dalla rabbia e dal dolore e la bacchetta in mano. Seguì con lo sguardo
la direzione in cui era puntata e vide un ammasso di abiti e capelli scomposti
a terra.
“Granger?” chiese incerto, voltandosi verso la Parkinson che annuì, sempre
massaggiandosi la testa.
Hermione gemette e sollevò piano la testa, un rivolo di sangue che le scendeva
giù dalla tempia.
Ecco, ora era perfetto. Lei odiava il sangue.
Si mise a sedere, la testa pesante e il corpo dolorante per la caduta.
Non ricordava che gli Schiantesimi fossero così forti, quando li avevano
provati nella Stanza delle Necessità l’anno prima nell’ES, era sempre atterrata
sui cuscini.
Sollevò lo sguardo – stavolta un po’ spaurito – verso Pansy Parkinson e solo in
quel momento notò che qualcun altro aveva assistito alla scena.
Prima ancora di vedere la cravatta verde e oro e il viso di quel Serpeverde,
Hermione aveva vivamente sperato che si trattasse di un professore.
Quando si accorse che invece si trattava di Malfoy, trattenne a stento un
sbuffo e si aggrappò alla parete per rialzarsi. Non sarebbe mai stata ai piedi
di due Serpeverde, soprattutto di quei due in particolare.
Malfoy la fissò inespressivo, poi si voltò verso Pansy e si allargò in un
grande sorriso.
“Vedo che sei diventata brava con gli Schiantesimi, Pansy” disse avvicinandosi
a lei.
La prese per mano e con lei si incamminò lungo il corridoio, il passo piuttosto
veloce per evitare che arrivasse qualcuno e si trovasse di fronte a quella
scena scomoda.
Hermione si lasciò andare alle lacrime solo quando si trovò completamente sola.
La testa le doleva, il sangue non accennava a fermarsi e l’umiliazione per
quella sconfitta le bruciava dentro come l’Ardemonio il Fuoco Maledetto.
Aveva solo cercato di essere corretta, e aveva perso.
Si chinò a raccogliere le sue cose e singhiozzò, aprendo la mano e guardando
quello che, nonostante tutto, poteva essere considerato il suo trofeo.
Una ciocca di capelli di Pansy Parkinson.
*
“Non ci credo!” esclamò Ron trangugiando la sesta Cioccorana, seduto sul
bordo del letto dell’infermeria.
“Ho parlato con Madama Chips, hai avuto un leggero trauma cranico” disse Harry,
accomodandosi sulla sedia accanto al lettino.
Hermione si fece un po’ rossa per l’affermazione di Ron e annuì a quello che le
aveva detto Harry.
Si toccò con le dita la fascia che l’infermiera le aveva messo sulla testa e
sentì lo stomaco contorcersi dalla rabbia. L’avrebbe fatta pagare a quella
Serpe, a qualunque costo.
“Non è colpa mia, Ron” disse Hermione cercando di assumere un tono innocente.
“E’ la scala che si è spostata mentre stavo scendendo, e sono caduta. Tutto
qui”.
Ron rise forte, come aveva fatto quando Hermione gliel’aveva raccontato la
prima volta, e lei si imbronciò sotto lo sguardo poco convinto di Harry.
“Non ti era mai capitato” considerò lui serio incrociando le braccia. Certo,
sapeva che anche Hermione avrebbe potuto tranquillamente inciampare come tutti
i comuni mortali, ma l’espressione sul volto dell’amica non lo convinceva
affatto. In un frangente del genere si sarebbe semplicemente sentita in imbarazzo,
invece si vedeva lontano un miglio che era a disagio. Ma un disagio causato da
cosa?
“Anche i migliori sbagliano” rispose lei tirando fuori la lingua, facendolo
ridacchiare. Ron accennò un sorriso, alzandosi subito quando vide Hermione
smettere di ridere con Harry e portarsi una mano alla testa.
“Ehi” disse avvicinandosi. “Tutto bene?”
Hermione arrossì un po’ e annuì con la testa. “Tutto bene, mi fa solo un po’
male la ferita… Madama Chips vuole tenermi qui stanotte per controllare le mie
condizioni, anche se non credo sia necessario”
“Se lo dice lei sarà meglio farlo, è il suo lavoro” disse Ron dandole una pacca
sulla spalla.
“Allora noi andiamo, ti lasciamo riposare” si intromise Harry alzandosi.
Ron annuì e si allontanò dal letto con un cenno della mano, al quale Hermione
rispose con un gran sorriso.
Harry si avvicinò e le accarezzò la spalla, guardandola dolcemente. “Sicura sia
tutto a posto?”
“Certo” rispose lei velocemente, forse troppo.
Harry inarcò un sopracciglio, per niente convinto dalla risposta che gli aveva
appena dato.
“Sentì, Harry” cambiò discorso Hermione immediatamente, fissando il suo
migliore amico negli occhi chiari.
“Quella cosa… la Pozione Polisucco… facciamola” disse seria e cercò di non
ridere quando vide gli occhi di Harry allargarsi a dismisura.
“Davvero?” domandò lui, e Hermione fu estremamente sicura che se avesse potuto
si sarebbe messo a saltellare per tutta l’Infermeria.
“Certo. Facciamolo”
“Cosa ti ha convinto?” domandò lui critico. Possibile che la sua “visita” in
Infermeria avesse a che fare con Pansy Parkinson?
“È che hai ragione, certe cose è meglio saperle che non saperle, in modo da
poter agire di conseguenza”
Harry annuì con la testa, felice che finalmente l’amica avesse capito.
“Ora però riposati, ne parliamo quando esci” disse gentilmente, e si allontanò
dal letto per poi uscire e richiudersi la porta alle spalle.
Hermione chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sospiro di liberazione,
felice che i suoi amici avessero creduto alle sue bugie.
Si stese e fissò il soffitto dell’Infermeria, il cuore pesante per quella nuova
sfida che aveva appena deciso di accettare.
Ma, dopotutto, non le veniva in mente nessun altro modo per farla pagare a
Pansy Parkinson e a Draco Malfoy.
After you read:
Ecco il secondo capitolo! *-*
Innanzitutto, altrimenti mi scordo °-° ringrazio FedeMorningRock, C a s s i o
p e a, Midnight92 e chihuahua per
i commenti estremamente graditi! *-* Sono felice che il primo capitolo vi sia
piaciuto!
Ringrazio tanto anche chi ha messo la storia nelle Seguite e nelle Storie da
Ricordare *-*
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, mi raccomando, fatemi
sapere cosa ne pensate! ;)
Scappo quindi non mi dilungo troppo nelle note, ma ci rivedremo al prossimo
capitolo! (che dovrebbe arrivare il 24 se faccio in tempo a finirlo, perché poi
dal’ 25 all’1 settembre sarò in ferie *W*)
Un bacio e grazie per aver letto! <3
“Mosche Crisopa… Passami le Mosche
Crisopa, Ron”
“Non riesco ancora a crederci” borbottò Ron afferrando il piccolo barattolo
trasparente e passandolo a Hermione.
“Ti sei fatta convincere! Ero convinto che non avresti mai accettato una cosa
del genere, soprattutto visti i trascorsi. Con l’ES abbiamo rischiato grosso, e…”
“Ron” Hermione sollevò una mano, lo sguardo fermo e le labbra strette in una
linea orizzontale.
“So quello che faccio, e dopotutto penso che Harry possa avere ragione. Nella
migliore delle ipotesi, comunque – e cioè che Malfoy non è diventato un
Mangiamorte -, dovremmo smetterla di preoccuparci e potremmo dedicarci
tranquillamente ai compiti”
“Quasi quasi preferisco i Mangiamorte” rispose Ron con una smorfia di disgusto
stampata sul volto. “Piuttosto, come hai fatto a procurarti questa roba?”
“Fanno parte della dispensa degli studenti, non mi è stato difficile
intrufolarmi per prenderle. Ho preso anche…
Sanguisughe e Centinodia. Non ricordo bene gli altri ingredienti, temo che
dovremo tornare a prendere il libro nel Reparto Proibito della Biblioteca”
A quelle parole, Ron fece una smorfia e scosse la testa, incrociando le
braccia. “Credevo ricordassi la formula a memoria” la canzonò, sapendo quanto
Hermione fosse suscettibile su quel tasto. Lei, infatti, gli scoccò un’occhiata
omicida.
“Buffo sentirselo dire da uno che non ricorda neanche la lezione del giorno
precedente. Comunque sono passati quattro anni, non ricordo tutto alla
perfezione. Rischierei di sbagliare e di dover rifare tutto da capo, e questa
Pozione è complicata, ci vuole un mese per prepararla. Ad esempio, queste”
indicò il barattolo che aveva in mano, picchiettando sul coperchio con le dita,
“Vanno fatte cuocere a fuoco lento per ventuno giorni”
“E’ per questo che siamo tornati qui?” chiese Ron guardandosi intorno, felice
di non aver ancora udito nessun singhiozzo o nessuna lamentela.
“Il bagno di Mirtilla Malcontenta è il posto migliore” lo rassicurò Hermione,
“Non ci hanno scoperti al secondo anno e non ci scopriranno ora. Tranquillo”
“Tranquillo un corno” ribatté Ron sedendosi sul lavandino lì accanto, mentre
Hermione apriva il barattolo e infilava a forza il contenuto nel piccolo calderone
fumante. “Ti ricordo che questa è anche l’entrata della Camera dei Segreti. Non
vorrei spuntasse fuori un altro Basilisco e facesse una strage”
Hermione scosse la testa, riponendo il contenitore a terra e asciugandosi le
mani umide a causa del vapore sulla gonna della divisa. “Tu sei un purosangue,
Ron. Il Basilisco uccideva solo i figli di Babbani”.
“È per te che mi preoccupo, infatti” rispose lui, rendendosi conto subito dopo
di aver dato fiato alla bocca troppo in fretta.
Spostò velocemente lo sguardo sul lavandino che, appunto, si apriva e conduceva
alla Camera dei Segreti, mentre le guance di Hermione si tingevano di un rosso
acceso.
Ci fu qualche secondo di silenzio, rotto solo dal crepitio del fuoco magico
acceso sotto il calderone e dal ribollire del suo contenuto.
Hermione giocherellava con la cinghia della sua borsa, seduta a terra con le
gambe incrociate, mentre Ron stava trovando vagamente interessanti tutti i
rubinetti dei lavandini accanto a quello su cui si era seduto.
“Ehm. Dov’è Harry?” domandò all’improvviso, ma senza guardarla.
Hermione, che non si era aspettata di sentirlo parlare, sollevò di scatto la
testa e lo vide fissare ostinatamente un punto che non fosse lei, e decise che
le andava bene così.
“Sai come la pensa su questo posto” disse, girando lentamente il mestolo nella
Pozione. “Da quando Mirtilla si è presentata al bagno dei Prefetti al quarto
anno, preferisce starle alla larga”
“Ah sì” disse Ron, battendosi una mano sulla testa e esplodendo in una risata
cristallina. “Quel famoso episodio di voyeurismo che Harry non ha fatto altro
che raccontarci dopo la seconda prova al Torneo Tremaghi” rise, scuotendo la
testa.
Hermione si sentì trasportare da quella risata piena e lo seguì a ruota,
smettendo di mescolare il contenuto del calderone.
Si alzò pulendosi il dietro della gonna con qualche colpo delle mani e si
stiracchiò, prendendo poi la borsa e poggiandosela su una spalle.
“Ora sarà meglio andare, non abbiamo altro da fare. Abbiamo ventuno giorni per
procurarci gli altri ingredienti”
Ron saltò giù dal lavandino e la seguì fuori dal bagno, controllando prima che
non vi fosse nessuno in giro. Al secondo anno avevano rischiato parecchio,
quando la McGranitt aveva visto lui e Harry uscire dal bagno delle ragazze.
“Allora dobbiamo prendere il libro in biblioteca. Com’è che si chiama?”
“De Potentissimis Potionibus. E forse
ho già trovato un modo per avere il permesso di prenderlo”
*
“Harry, mio caro!”
Il faccione gioviale di Horace Lumacorno spuntò dallo spiraglio della porta semiaperta,
e si allargò in un enorme sorriso alla vista di Harry.
“Entra, entra!” si fece indietro e spalancò la porta per far entrare quello che
probabilmente era uno dei suoi allievi preferiti, e richiuse la porta alle sue
spalle, facendogli cenno di accomodarsi su una delle poltrone del suo ufficio.
Harry si accomodò tranquillamente, guardandosi intorno. Era già stato in quello
stesso studio, ma mai e poi mai avrebbe detto che si trattasse dello stesso
usato da Piton fino a pochi mesi prima.
Tossicchiò mentre Lumacorno tirava fuori da una credenza una bottiglia e un
paio di bicchieri e gli si sedeva davanti, lo sguardo curioso puntato su di
lui.
“Come mai sei qui, ragazzo mio? Non mi aspettavo una tua visita!” esclamò
mentre versava un po’ di Idromele nei bicchieri.
Harry prese il suo e sorrise, guardandosi intorno.
“Non ero mai stato nel suo studio, Professore. Devo dire che si vede la sua
impronta”
Lumacorno sorrise, prendendolo per un complimento.
“Allora dimmi, in cosa posso esserti utile?”
“Volevo un consiglio” disse lui risoluto, sorseggiando la sua bevanda.
“Probabilmente la Professoressa McGranitt le ha detto che mi piacerebbe
diventare un Auror”
Lumacorno annuì, bevendo anche lui. “Continua, continua!” lo incitò facendogli
un cenno con la testa.
“Quindi mi chiedevo… Ho sentito parlare di un libro,
e speravo lei potesse dirmi qualcosa di più”
Lo sguardo sorridente di Lumacorno cambiò improvvisamente.
Harry lo vide irrigidirsi sulla poltrona, la mano che reggeva il boccale
tremava appena, e lo sguardo che gli si era dipinto sul volto era qualcosa di
molto vicino alla paura.
Aggrottò le sopracciglia, chiedendosi come mai Lumacorno reagisse a quel modo,
ma decise di attendere una sua reazione prima di chiedergli se andasse tutto
bene. Non voleva sembrare troppo invadente.
Dal canto suo, Lumacorno non sapeva più cosa dire, sembrava che le labbra si
fossero incollate le une alle altre. Fissò intensamente gli occhi azzurri di
Harry e provò un fremito di paura, mentre la frase che il ragazzo gli aveva
appena detto gli rimbombava nelle orecchie come se gliel’avesse urlata.
Tossicchiò all’improvviso, sporgendosi in avanti e poggiando il boccale sul
tavolino tra loro.
“Di… di cosa stai parlando?” domandò quasi senza
fiato, simulando quella carenza di voce con un colpo di tosse.
Harry rimase perplesso per un attimo, cercando di capire se già il Professore
avesse intuito le sue intenzioni; alla fine, comunque, decise di seguire il
piano ideato da lui, Ron e Hermione.
“De Potentissimis Potionibus” disse
cautamente, cercando di cogliere ogni minimo segnale di pericolo dai suoi
occhi. “So che ci sono molte cose interessanti e, beh, visto che si trova nel
Reparto Proibito, mi chiedevo se lei potesse firmarmi il permesso per poterlo
prendere”
Le spalle di Lumacorno si rilassarono all’istante, l’espressione sul suo viso
divenne più rilassata e gli sfuggì un sospiro dalle labbra.
“Certo, ragazzo” disse, prendendo di nuovo il suo bicchiere e nascondendocisi
dietro. Harry poté avvertire a pelle il suo sollievo, e si chiese per quale
motivo il Professore si fosse spaventato così tanto.
Lumacorno trangugiò velocemente il contenuto del suo boccale e lo poggiò sul
tavolo, alzandosi.
“Ora, scusami ma si è fatto abbastanza tardi. Domani avrai quel permesso, ok?
Te lo darò alla fine della lezione”
Harry scattò in piedi come se avesse avuto una molla sotto il fondoschiena e si
avvicinò alla porta, già stata aperta con un colpo di bacchetta del suo
interlocutore.
“La ringrazio, Professore” disse Harry sinceramente, con un piccolo inchino
della testa.
Lumacorno sorrise stendendo le labbra e poi gli chiuse la porta in faccia senza
tanti complimenti.
Harry rimase lì, il legno duro a pochi centimetri dal naso, perplesso.
Perché Lumacorno era praticamente sbiancato quando Harry gli aveva fatto una
richiesta, senza neanche specificare quale fosse?
Scosse la testa e decise che ci avrebbe pensato l’indomani. L’importante era
aver ottenuto il permesso di poter accedere al Reparto Proibito della
Biblioteca di Hogwarts.
*
Draco Malfoy svoltò l’angolo guardandosi intorno con
circospezione, controllando che nessuno lo stesse spiando.
Già troppe volte aveva avuto la sensazione di essere osservato da qualcuno,
mentre si aggirava per il settimo piano alla ricerca dell’entrata della Stanza
delle Necessità.
Aveva scoperto l’esistenza di quella stanza grazie a Potter e i suoi amichetti,
scovato insieme alla Umbridge e alla Squadra D’Inquisizione, ma non ne aveva
mai capito veramente il funzionamento.
C’era, ma in realtà non c’era.
Si fermò davanti a quella che doveva essere l’entrata e chiuse gli occhi,
pensando intensamente.
Rimase ad oscillare sul posto per qualche secondo, le orecchie attente ai
rumori esterni e la mente concentrata. Quando aprì gli occhi, davanti a lui si
era formata una porta alta in legno massiccio, con una grande maniglia in
ottone.
Fece pochi passi e allungò la mano per aprire la porta, quando una voce alle
sue spalle lo fece sobbalzare.
“Ancora qui in giro?”
Blaise Zabini camminava verso di lui con passo lento e strascicato, le mani in
tasca e un ghigno stampato sul volto.
Draco si lasciò andare in un sospiro di sollievo, per un attimo aveva avuto il
timore di essere stato scoperto da qualche professore.
“Blaise” esalò, facendo un passo verso di lui. “Che ci fai qui?”
L’amico si guardò intorno e non rispose, notando la porta alle spalle di Draco.
“Quella non c’è mai stata” disse tranquillo, gli occhi che si spostavano dal
suo interlocutore a quella porta appena apparsa.
Draco tentennò qualche secondo, il battito del cuore forse un po’ troppo
accelerato date le circostanze, ma non riuscì a calmarlo.
“Davvero? Non ci ho mai fatto caso”
“E perché stavi per entrarci, allora?”
Zabini tirò fuori le mani dalle tasche e fece per avvicinarsi alla porta, ma il
suo braccio fu prontamente bloccato dalla mano ferma e fredda di Draco, che lo
strinse forte e lo costrinse a fermarsi.
“Fermo, Blaise, non sono cose che ti riguardano” lo fissò duro negli occhi,
aspettando una sua reazione. Sentì gli occhi color cioccolato di Zabini
penetrarlo da parte a parte e si ritrovò a sudare freddo più di quanto non
volesse.
Blaise abbassò il braccio, sentendo la presa di Draco diminuire, e fece qualche
passo indietro.
“Ha forse a che fare con la cosa di cui parlavi sul treno?”
“Allora ascoltavi” rispose Draco con un ghigno, cercando di sviare il discorso.
“Non ti facevo così curioso”
Blaise sbuffò sonoramente e si passò una mano sulla testa, guardandosi intorno.
“Diciamo che mi interessa quello che combini per conto di Tu-Sai-Chi”
“Diciamo che non ti riguarda” ribatté piccato Malfoy, lanciandogli
un’occhiataccia. Blaise abbassò il braccio di scatto, tornando infinitamente
serio.
“Non metterti nei guai. Ne basta già uno, di Malfoy, ad Azkaban”
Draco si irrigidì a quelle parole, ripensando a suo padre chiuso in una delle
celle della prigione più tremenda del mondo. Rabbrividì al solo pensiero di
trovarsi con lui, o peggio al suo posto, mentre i Dissennatori veleggiavano
avanti e indietro per controllare che i prigionieri soffrissero a dovere.
Suo padre, debole e incapace.
Così gli aveva detto Voldemort, e forse aveva ragione.
Draco era sempre stato orgoglioso di suo padre, temuto da tutti e rispettato,
un uomo molto intelligente.
Ma quando lo vedeva prostrarsi davanti a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato,
gli veniva solo il voltastomaco e una grande voglia di prenderlo a pugni sul
viso.
Sospirò, chiedendosi se avrebbe fatto la sua stessa fine, un giorno.
Tornò a fissare Blaise. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a un sospiro
tremulo.
“Devi andartene” disse solo, voltandosi per dargli le spalle. Non voleva che
Zabini riuscisse a leggere qualcosa sul suo viso o nei suoi occhi.
Draco sentì l’amico trattenere il respiro per qualche secondo, poi i suoi passi
che si allontanavano risuonarono lungo il corridoio semideserto.
Il suono si affievolì lentamente e quando fu sparito del tutto Draco si lasciò
andare di nuovo a un sospiro tremulo, seguito da un singhiozzo quasi
impercettibile.
Senza voltarsi indietro, afferrò la maniglia ed entrò nella Stanza delle
Necessità, richiudendosi la porta alle spalle.
*
“Sarebbe stato meglio mettere il mio nome sul permesso”
borbottò Hermione contrariata mentre scriveva furiosamente su una pergamena
lunga cinquanta centimetri, circondata da una decina di libri enormi.
Ron annuì convinto mentre si strofinava la cima della piuma contro la tempia,
il libro di Trasfigurazione aperto sulle gambe.
“Non potevo, Lumacorno mi ha fatto recapitare il permesso tramite gufo poco
prima della lezione e durante la sua ora mi ha completamente evitato, hai
visto!” si difese Harry, stringendo fra le mani il piccolo foglio di carta.
Hermione sollevò lo sguardo dalla pergamena, incuriosita.
“Raccontami di nuovo quello che è successo”
Harry roteò gli occhi, spazientito. “Te l’ho detto, gli ho chiesto se poteva
dirmi qualcosa di più riguardo a un libro, ed è completamente sbiancato.
Pensavo stesse per avere un attacco di cuore”
“Uhm” Hermione aggrottò le sopracciglia, fissando insistentemente Harry, ma non
vedendolo veramente. Stava riflettendo su quella situazione.
“Ma cosa vi importa?” irruppe Ron all’improvviso, chiudendo l’enorme libro e
praticamente lanciandolo sul tavolo della Biblioteca. “L’importante è che ci
abbia dato il permesso, no? Forza Harry, vai a prendere quel libro”
“Non lanciare i libri, Ron!” lo rimbeccò Hermione gettandogli un’occhiataccia,
al che il rosso sbuffò sonoramente e incrociò le braccia.
“Capirai che gran danno” rispose con un’alzata di spalle. “È inutile, non
riuscirò mai a fare questo tema. Ottanta centimetri di tema, rendiamoci conto!”
“Dovresti riuscirci, invece!” ribatté Hermione afferrando il volume e aprendolo
di nuovo davanti a lui. “È un tema facile, io l’ho finito ieri”
“Allora fammelo copiare” rispose Ron un sorriso sornione stampato in faccia, e
Harry riuscì a vedere le narici di Hermione dilatarsi a dismisura prima di
sparire dietro uno scaffale alla ricerca di Madama Pince.
La trovò che sistemava in una libreria dei volumi rilegati in pelle, alcuni
vecchi e alcuni nuovi, e la chiamò.
Lei si voltò con la solita aria torva che riservava agli studenti – Harry aveva
sempre pensato che lei e Gazza insieme avrebbero formato una coppia molto
affiatata – e afferrò senza troppi complimenti il permesso che Harry aveva tra
le mani.
Lo esaminò sollevandolo in alto, proprio come aveva fatto quattro anni prima,
alla ricerca di qualche dettaglio che potesse smascherare un’eventuale
contraffazione, ma non risultò nulla.
Lo consegnò ad Harry e gli fece un cenno con la testa.
“Aspetta qui” disse con la voce roca, e si allontanò per sparire dietro una porta.
Harry incrociò le braccia, guardandosi intorno per far passare il tempo.
Osservò gli scaffali intorno a sé e in particolare quello che Madama Pince
stava sistemando, e notò alcuni volumi accatastati a terra uno sopra l’altro.
Riportavano tutti il marchio della Biblioteca, notò, ma guardando bene si rese
conto che un libro era completamente sprovvisto di marchi rossi sul dorso.
Lo prese cercando di non far cadere gli altri libri e lo esaminò all’esterno;
era un libro vecchio e logoro, e in alto riportava la scritta Pozioni Avanzate.
Perfetto, pensò. A lui mancava il libro di Pozioni e quello era senza timbro
della scuola, probabilmente nessuno si sarebbe accorto del fatto che era
sparito.
Lo fece scivolare velocemente nella piega del mantello proprio mentre i passi
sonori di Madama Pince si avvicinavano. La donna gli porse il libro e Harry lo
prese facendo un cenno della testa, poi si allontanò e tornò da Ron e Hermione.
“Eccolo qui” lo poggiò sul tavolo e gli occhi di Hermione si illuminarono. Lo
aprì velocemente, scorse l’indice e aprì la pagina che le interessava.
“Eccola qui” disse, scorrendo gli ingredienti con il dito.
“Le Crisopa le abbiamo, le Sanguisughe e la Centinodia anche…
Ecco, dobbiamo raccogliere l’Erba Fondente in una notte di luna piena, questo
non lo ricordavo…”
Continuò a scorgere la pagina mentre con la mano cercava a tentoni una
pergamena e caso e una penna. Abbozzò qualche appunto.
“Pelle Tritata di Girilacco… Polvere di Corno di Bicorno… Questi li avevamo rubati dalla dispensa personale
di Piton”
“Ricordo” Harry storse le labbra, ricordando come, in un impeto di coraggio,
aveva lanciato un Petardo Filibuster nel calderone di Goyle e aveva fatto
scoppiare la sua pozione, inondando la classe. Era stato grazie a quel
diversivo che Hermione era riuscita a sgattaiolare nell’ufficio di Piton per
rubare gli ingredienti mancanti dalla sua dispensa.
“Dovremo rifarlo” Hermione interruppe i suoi pensieri come se glieli avesse
letti nella testa, ma Ron sgranò gli occhi.
“E come dovremmo fare, di grazia?”
“Potrei intrufolarmi durante uno dei banchetti alla Sala Grande” rifletté
Hermione, le sopracciglia inarcate. “Certo, sarebbe pericoloso, ma potrei
entrare e usare l’Incantesimo di Appello. Una cosa veloce, forse non avrò
neanche bisogno di entrare. Dopotutto, Harry, tu l’anno scorso sei riuscito ad
Appellare la tua Firebolt dal Campo di Quidditch, ed era nel Dormitorio!”
Harry sollevò le sopracciglia, chiedendosi quanto fosse grande la testa di
Hermione. Come faceva a ricordare tutte quelle cose?
Si segnò un appunto, alla prima occasione le avrebbe regalato un Pensatoio.
“D’accordo” disse Harry. “E l’Erba Fondente?”
“La prenderò dalle Serre, non è un problema” disse Hermione sicura, richiudendo
il volume dopo aver scarabocchiato altre parole con la sua calligrafia piccola
e obliqua.
“Quindi fra venti giorni sapremo la verità” disse Ron, facendo piombare il
silenzio tra loro.
Harry fissò il tavolo, riflettendo su quello che sarebbe potuto succedere. E se
Malfoy era davvero un Mangiamorte? Cosa avrebbe dovuto fare? Parlarne a Silente
e quindi ammettere di aver preparato la Pozione Polisucco, e quindi ammettere
di aver infranto le regole per l’ennesima volta? Ma poi, l’infrangere le regole
era nulla in confronto a una scoperta del genere, no?
Ron gli gettò un’occhiata veloce, gli occhi pallidi e le labbra incurvate verso
il basso. Quella situazione non gli piaceva, e non gli piaceva affatto lo
sguardo determinato di Harry.
Spostò gli occhi su Hermione, che fissava la pergamena su cui aveva appuntato
gli ingredienti della Polisucco, e si chiese cosa ne pensasse lei. Aveva
accettato solo per far piacere a Harry, oppure credeva veramente che in quello
che diceva il loro amico c’era un fondo di verità?
“Venti giorni” esordì Hermione infine, riponendo con cura nella borsa tutto il
materiale che aveva sparso sul tavolo per studiare. “Ora andiamo a posare
questa roba, sono le sette. Fra poco ci sarà la cena”
Harry e Ron annuirono e la seguirono fuori dalla Biblioteca.
*
Harry si gettò sul letto con le braccia spalancate e gli
occhi piantati sulle tende del baldacchino, la pancia piena e gli occhi che
quasi si chiudevano da soli.
Avevano mangiato talmente tanto quella sera che, una volta tornati nella Sala
Comune e aver provato a fare i compiti per ben
venti minuti, si erano rassegnati ed erano saliti nel Dormitorio pronti ad
abbandonarsi a una lunga e rigenerante dormita.
Questo, ovviamente, non era valso per Hermione. Lei era rimasta di sotto a
concludere il tema di Pozioni che Ron e Harry non avevano neanche avuto il
coraggio di toccare.
Harry sentì un gemito provenire dal letto accanto e Ron si accasciò sul
materasso come se fosse morto.
Qualche secondo dopo, lo sentì russare profondamente.
Sorrise notando lo sguardo rilassato dell’amico, mentre riposava alla grossa
steso a pancia in giù, le braccia morbide lungo il busto e il viso piegato di
lato, la bocca semiaperta.
Si alzò piano dal letto per non svegliarlo e si tolse i vestiti. Li ripose
sulla sedia accanto al mantello che si era sfilato prima della cena e solo in
quel momento si ricordò del libro che aveva trovato in Biblioteca, tra quelli
pronti da smistare.
Lo cercò fra le pieghe e lo afferrò, sedendosi a gambe incrociate sul letto.
“Lumos” bisbigliò, e la punta della bacchetta si
illuminò all’istante.
Si rigirò in mano il libro nero, la scritta dorata che risaltava appena, tanto
era consumata, e se lo poggiò sulle gambe, aprendolo.
La prima cosa che attirò la sua attenzione fu una piccola scritta disordinata
posta in alto a destra della prima pagina bianca.
Questo libro è di
proprietà del Principe Mezzosangue.
Salve, bellagente! Eccomi qui con il capitolo! *-*
Prima di darvi il via alla lettura, chiedo un attimo di attenzione!
Voglio ringraziare tutti quelli che commentano e la marea di persone che segue
la mia storia O_O siete tipo tantissimi XD ogni tanto
però fatevi sentire, so che la seguite ma non so cosa ne pensate, eh ù_ù
Ringrazio in particolare Alessandra <3 E sono felice che la storia le
piaccia così tanto da consigliarla in giro! *-* *gongola*
Ok, vi lascio alla lettura:D
Grazie dell’attenzione!
Tonna <3
4. Felix Felicis
Hermione aveva rubato gli ultimi ingredienti necessari alla
Pozione Polisucco e li aveva nascosti nel bagno di Mirtilla Malcontenta, dentro
uno dei cubicoli, lo stesso nel quale stavano cuocendo le Crisopa a fuoco lento
ormai da quattro giorni.
Calcolando i tempi di cottura e l’aggiunta degli ultimi ingredienti, la Pozione
sarebbe stata pronta quindici giorni più tardi, ma Ron, Harry e Hermione non
avevano ancora trovato un espediente per tenere Pansy occupata mentre Hermione
tentava di avvicinare Malfoy.
Hermione non aveva fatto un piano vero e proprio su cosa dire a Malfoy per
vedere se aveva o no il Marchio Nero. Aveva deciso che ci avrebbe pensato a
tempo debito, perché al momento aveva la testa completamente vuota.
Ron aveva proposto di far mangiare a Pansy dei dolcetti riempiti con la Pozione
Soporifera, come avevano fatto con Tiger e Goyle al secondo anno, ma Harry
aveva ribattuto dicendo che Pansy era sì un’oca, ma non era così stupida.
Dunque, la proposta era stata bocciata ma non c’erano altre idee in merito.
Fu durante la lezione di Pozioni che Harry ebbe un’idea, che sussurrò a Ron e
Hermione mentre tutti e tre prendevano posto al tavolo che di solito
condividevano per preparare le pozioni.
“Potremmo agire a Halloween, quando tutti sono nella Sala Grande per la cena.
Con tutto quel caos nessuno si accorgerebbe della tua assenza, Hermione, e
potremmo trovare un modo veloce per far sentire male la Parkinson! Lei andrebbe
in Infermeria e tu prenderesti il suo posto!”
Hermione ci rifletté sopra qualche secondo, poi scosse la testa.
“Ci sono troppe cose che potrebbero andare storte, Harry. Senza contare che
Halloween è fra più di un mese e mezzo, hai intenzione di aspettare così
tanto?”
Harry aggrottò le sopracciglia, rendendosi conto che no, non era nelle sue
intenzioni attendere tutto quel tempo per scoprire la verità.
“No, hai ragione”
Ron rilassò le spalle senza farsi notare da Harry – ma Hermione lo notò eccome –
e si sedette al suo posto, le braccia incrociate, in attesa del professore.
Si sentiva un po’ soddisfatto. Forse il piano, nelle mani di Hermione, non
sarebbe stato un totale disastro. Sospirò. Harry era troppo impulsivo, certe
volte.
Hermione e Harry, sconsolato, si sedettero proprio mentre Lumacorno faceva la
sua entrata nell’aula di Pozioni e chiudeva la porta, contando gli studenti per
vedere se tutti quanti fossero presenti all’appello.
“Bene, ragazzi” disse, battendo un paio di volte le mani con il suo faccione
allegro.
“Oggi prepareremo una pozione segnata sul vostro libro. Nelle ultime tre
lezioni vi ho scritto gli ingredienti delle pozioni e il metodo di preparazione
sulla lavagna, ma oggi dovrete fare affidamento unicamente sul vostro libro”
Un brusio si levò dall’aula e il Professore parve soddisfatto di sé, rendendosi
conto che aveva attirato l’attenzione generale.
“Dunque” disse, prendendo a frugare freneticamente con le mani nelle tasche del
mantello. Ne estrasse poco dopo una boccetta grande come un mignolo, rigonfia
al centro, che conteneva un liquido dorato alquanto sospetto.
Hermione era già pronta a scattare con la mano in alto, nel caso il Professore
avesse chiesto di cosa si trattasse.
“Oggi vi chiederò di preparare un Distillato della Morte Vivente” la classe
trattenne il fiato. “Una Pozione complicatissima. Un solo studente, che io
sappia, è riuscito a riprodurre esattamente questa Pozione. Ma per spronarvi”
continuò e fece un’altra pausa, vedendo molti colli sporgersi verso di lui.
Sorrise compiaciuto, le guance arrossate e gli occhi che brillavano.
“Per spronarvi, ho deciso che darò un premio a chi di voi otterrà il risultato
migliore!”
Hermione sogghignò, sicura di avere la vittoria in mano, e cercò fra gli altri
studenti qualcuno che potesse darle del filo da torcere.
Sobbalzò, notando solo in quel momento il ragazzo dai capelli biondi che sedeva
all’ultimo banco accanto a Theodore Nott.
Diede una leggera gomitata al fianco di Harry e gli indicò con un cenno della
testa Malfoy, che ascoltava il Professore come se stesse raccontando una noiosa
storiella da ragazzini.
Harry lo fissò per qualche secondo, la mente che vagava e il cuore che batteva
più veloce. Non vedeva l’ora di poter incastrare quella viscida serpe.
“Chi di voi sa dirmi cos’è questa?” domandò Lumacorno all’improvviso, e
ovviamente la mano di Hermione scattò in alto.
“Dica, dica Signorina Granger!” esclamò Lumacorno avvicinandosi per sentire.
Hermione si schiarì la voce.
“E’ Felix Felicis, altrimenti nota come Fortuna Liquida”
“Ottimo, ottimo!” gioì Lumacorno. “Venti punti a Grifondoro!”
Hermione sorrise compiaciuta e si chiese se il Professore avesse intenzione di
consegnare quella fiala come premio a uno degli studenti.
Non è possibile, si disse. Quella pozione era pericolosa ed era severamente
vietata nelle competizioni, quali esami e partite di Quidditch. Possibile che
non capisse il rischio di metterla nelle mani di un ragazzo di sedici anni?
“Felix… Felicis” scandì Lumacorno passeggiando per la classe e rigirandosi
l’ampolla tra le mani, ottenendo sguardi curiosi da tutti. “Questa Pozione vi renderà fortunati per
dodici ore. Tutto ciò che farete nell’arco di questo tempo avrà successo!
Quindi, ora, aprite il libro a pagina dieci e iniziate! Buona fortuna a voi!”
In un secondo, tutti si alzarono di corsa dalle sedie e tirarono fuori i libri
di Pozioni Avanzate , per poi
prendere gli ingredienti e disporli sul tavolo insieme ai calderoni e alle
bilance.
Harry, mentre sistemava il tutto, gettò un’occhiata a Malfoy sicuro di vederlo
sistemare le sue cose con aria annoiata, e si meravigliò di vederlo con tutti
gli ingredienti pronti e ne stava già pesando alcuni, mentre con un dito
scorreva la lista sul libro.
Osservò la sua espressione concentrata, non l’aveva mai visto così. Possibile
che volesse vincere quella competizione e aggiudicarsi la Felix Felicis? E se
era così, per quale motivo?
Aprì il proprio libro e spalancò gli occhi.
In una settimana di scuola non aveva mai aperto il libro oltre la prima pagina,
dove aveva letto quella scritta enigmatica riguardante il suo proprietario.
Per qualche minuto aveva fatto congetture su chi potesse essere il Principe
Mezzosangue, ma poi lo aveva richiuso e si era messo a dormire, provato dalla
giornata appena passata.
Quindi, non si era reso conto che il vecchio proprietario del volume, il famoso
Principe, l’aveva scarabocchiato come neanche un bambino avrebbe mai fatto.
Avvicinò il viso alle pagine e capì che quei piccoli scarabocchi che vedeva non
erano propriamente scarabocchi, ma erano annotazioni: annotazioni appuntate con
una scrittura disordinata, piccola e obliqua.
Si grattò la testa leggendo che la maggior parte delle indicazioni per il
Distillato della Morte Vivente erano cancellate.
Sbuffò e prese a tagliuzzare le sue radici, per poi notare Hermione accanto a
lui che litigava con un Fagiolo Sopoforoso. Lei cercava di tagliarlo con il suo
coltello d’argento ma puntualmente quello schizzava via da sotto la lama.
Lo sguardo di Harry cadde sulle annotazioni sul proprio libro. Schiacciare con il piatto di un pugnale
d’argento: il succo scaturisce in modo migliore.
Vedendo lo scarso risultato dell’amica, gettò una veloce occhiata al libro e
poi scrollò le spalle.
Non era mai stato un genio in Pozioni, dunque non aveva niente da perdere.
*
Harry si rigirò tra le dita la boccetta di Felix Felicis sotto gli occhi accusatori
di Hermione.
Ron si era subito congratulato con lui per l’ottimo risultato, così come
Lumacorno, ma Hermione non aveva voluto saperne.
Sapeva, tramite Ron, che Harry non aveva ordinato il suo libro dal Ghirigoro,
quindi aveva insistito per sapere dove lo avesse preso.
Harry aveva semplicemente risposto che lo aveva trovato in Biblioteca e che non
ne riportava il marchio, e ad Hermione si erano drizzati i capelli.
“Ma è un furto!” esclamò agitando le braccia con veemenza. “Harry, devi
restituirlo!”
“Restituirlo a chi?” chiese scoccandole un’occhiataccia. A volte odiava proprio
il perbenismo di Hermione.
Hermione non seppe cosa rispondere. Rimase in silenzio mentre Harry giocava con
la boccetta e si chinò a rubare il suo libro dalla borsa.
“Ehi!” strillò Harry allungando una mano per riprenderselo.
“Chi è il Principe Mezzosangue?” domandò, ottenendo solo un’alzata di spalle in
risposta.
La strega si rigirò il libro tra le mani e poi lo aprì, puntandogli contro la
bacchetta.
Harry cercò di protestare, ma smise di agitarsi quando si rese conto che
Hermione stava mormorando una serie di incantesimi per scoprire cosa fosse
celato dietro a quelle scritte.
Dopo cinque minuti buoni, dovette arrendersi.
Lo riconsegnò a Harry che, irritato, lo rificcò in borsa e se ne andò nel
proprio dormitorio.
*
A circa tre settimane dall’inizio delle lezioni, - e quindi
a sette giorni dal completamento della Pozione Polisucco – Harry ricevette la
lista degli aspiranti giocatori di Quidditch della squadra di Grifondoro dalla
Professoressa McGranitt.
La Professoressa gli aveva consegnato i nominativi con un’espressione
compiaciuta sul volto: non aveva mai visto così tanta affluenza per le
selezioni e la cosa l’aveva piacevolmente sorpresa.
Harry aveva dato una scorta al foglio e aveva arricciato le labbra notando un
paio di nomi di persone che sapeva non avrebbe mai confermato – o riconfermato,
come nel caso dei Battitori dell’anno prima, Jack Sloper e Andrew Kirke, poi se
l’era messa in tasca e aveva appeso un annuncio nella bacheca della Sala Comune
in cui diceva che le selezioni si sarebbero tenute al Campo di Quidditch due
giorni più tardi, il sabato alle ore quindici in punto.
Si lasciò andare sul divano di fronte al camino accanto a Hermione, seduta a gambe
incrociate con Grattastinchi acciambellato sopra. Harry si meravigliò di vedere
che non stava studiando.
“Dov’è Ron?” chiese guardandosi intorno mentre si stiracchiava. Hermione gli
gettò un’occhiata e scrollò le spalle.
“Non ne ho idea” rispose semplicemente, continuando con quei movimenti lenti e
ritmati delle mani.
Grattastinchi, rannicchiato sulle sue gambe, faceva rumorosamente le fusa e
muoveva la coda cespugliosa avanti e indietro in un ritmo lento e ipnotizzante.
Da quando Harry aveva iniziato a seguire le istruzioni del Principe
Mezzosangue, la sua media in Pozioni si era notevolmente alzata, e questo aveva
provocato l’ira di Hermione, che, ogni qual volta si entrava in argomento,
perdeva le staffe e finivano per discutere.
Nonostante questo, però, Harry non era come Ron, e i litigi fra lui e Hermione
si risolvevano poco dopo; non passavano giorni e giorni senza parlarsi come
quando Ron si era convinto che Grattastinchi avesse mangiato il suo topo Crosta
(e a pensarci ora, non avrebbe fatto un gran danno).
Harry si ritrovò a fissarla e per un attimo gli tornò alla mente il loro
secondo anno, quando era stata Hermione a trasformarsi in un gatto.
“A proposito” esordì Harry all’improvviso, attirando l’attenzione dell’amica.
“Come procede la Pozione?”
“A proposito di cosa?” chiese Hermione sollevando le sopracciglia. “Comunque,
procede bene. Mirtilla non si è fatta vedere, potresti venire con noi quando
andiamo a controllare”
“Meglio non rischiare” borbottò Harry incrociando le braccia, un terribile ricordo
che gli affiorava alla mente. Ricordava tutto come se fosse successo il giorno
prima, e la cosa gli faceva venire il voltastomaco.
“Come vuoi” si limitò a rispondere Hermione, tornando a fissare il fuoco che
scoppiettava nel camino davanti a loro.
La Sala Comune era praticamente deserta.
Era difficile trovarla così vuota, ma probabilmente tutti gli altri erano impegnati
a seguire le lezioni; essendo al loro sesto anno, Harry, Ron e Hermione – anche
se quest’ultima un po’ di meno perché seguiva più materie – avevano delle ore
buche in cui potersi rilassare (o fare i compiti assegnati, secondo Hermione).
Rimasero in silenzio per qualche minuto, godendosi la tranquillità di quel
luogo rosso e oro, quando sentirono il ritratto cigolare e una figura fece irruzione
nella Sala, i capelli rossi scompigliati e un’espressione più corrucciata che
mai.
“Che succede, Ron?” domandò Hermione vedendolo così atterrito. Fece per alzarsi
e Grattastinchi saltò giù all’improvviso, soffiando contro la propria padrona
per il brusco risveglio che gli aveva procurato.
Ron si avvicinò ai due e cadde sulla poltrona, passandosi una mano sul viso.
“Ho incontrato Hagrid” esordì, sbirciando i due amici dalle fessure tra le
dita. Nessuno dei due rispose e allora decise di continuare, dato che
evidentemente non avevano ancora capito dove voleva andare a parare.
“E’ offeso” disse, “perché non seguiamo più Cura delle Creature Magiche”
Le bocche di Harry e Hermione si spalancarono all’improvviso, così come gli
occhi, inorriditi. Come avevano potuto dimenticare una cosa tanto importante?
Era ovvio che non avrebbero seguito
quella materia, ma si erano dimenticati di informare Hagrid in prima persona.
Era forse per quello che non si era fatto mai vedere in quei giorni?
Ma dopotutto, cosa potevano saperne? Avevano pensato che fosse partito per
qualche altra missione per conto di Silente…
“E non è tutto” continuò Ron, grattandosi la testa. “Proprio mentre
improvvisavo qualche scusa, è arrivato Malfoy…”
Harry non lo lasciò continuare. Scattò in piedi e tirò fuori la bacchetta dalla
tasca del mantello.
“Lo Crucio” disse solo, muovendo un passo verso il
buco del Ritratto.
Hermione spalancò gli occhi e si alzò di scatto, aggrappandosi al suo braccio.
“Harry, fermo! Non fare sciocchezze, non sai neanche cos’è successo!”
Harry si divincolò dalla sua presa e si voltò a guardarla, il volto arrossato e
irritato.
“Conosco Malfoy abbastanza da poter dire che ha girato il dito nella piaga. O
no?” Chiese, rivolgendosi a Ron.
Il rosso annuì con la testa.
“L’ha insultato, come fa sempre. La storia del Mezzo Gigante, del fatto che non
è degno di essere un Professore e che l’assenza di alunni che vogliono
continuare la sua materia ne era una prova… Solo che
di solito Hagrid non ci bada, ma penso che questa volta se la sia presa perché
comunque anche noi l’abbiamo abbandonato”
Harry sentì un peso piombargli improvvisamente sul cuore, al pensiero di come
potesse stare Hagrid in quel momento.
“Vado a trovarlo” disse, e guardò gli amici in attesa di conferma o anche di
partecipazione.
Ron scosse la testa e gli disse di sedersi. “Stava andando a Hogsmeade quando
l’ho incontrato”
Harry si lasciò ricadere sul divano sconsolato e Hermione tornò a sederglisi
accanto mentre si torturava le mani. Non si sentiva molto a posto neanche lei,
per quella situazione.
“Ah, Ron” disse Harry all’improvviso, facendogli alzare la testa. “Ho fissato i
provini per il Quidditch, sono dopodomani”
Ron rimase un attimo immobile, poi annuì mesto e incrociò le braccia con un’aria
imbronciata.
Harry non gli chiese cosa aveva, e neanche Hermione. Entrambi conoscevano la
scarsa autostima che Ron aveva di sé, e non volevano di certo farglielo pesare.
Dopotutto, erano bastati i Serpeverde a farlo vergognare l’anno scorso, con la
loro ridicola canzone Weasley è il nostro
Re.
*
“Bene” disse Harry, cancellando dalla lista una mezza
dozzina di nomi.
“Direi che per i Cacciatori… Katie, Ginny e Demelza
sono dentro” sollevò lo sguardo dal foglio scarabocchiato e si ritrovò davanti sei
facce deluse, mentre le ragazze appena nominate si aprivano in un sorrisone che
fece sorridere anche Harry.
I sei ragazzi Grifondoro – che Harry aveva scoperto riuscivano a malapena a
stare in sella alla scopa – se ne andarono con i loro musi lunghi e andarono a
sedersi sugli spalti, proprio accanto a Hermione che era andata lì ad assistere
alla selezione.
Poche file sopra di lei, con gran rammarico di Harry, c’erano Draco Malfoy e la
sua banda di Serpeverde che lo spalleggiavano ogni volta che faceva qualche
battuta sul penoso modo di volare dei Grifondoro.
E quando aveva iniziato a parlar male di quei sei che erano appena stati
scartati, stranamente Harry si era trovato d’accordo con lui.
Aveva deciso di lasciare la selezione per il Portiere per ultima: sapeva quanto
Ron si sentisse sotto pressione con tante persone intorno che lo fissavano e
giudicavano, e sperava che Malfoy se ne sarebbe andato – anche se,
conoscendolo, non è che ci credesse poi tanto.
Passò alla lista dei Battitori, e notò i due dell’anno prima che avevano
sostituito Fred e George dopo la loro clamorosa partenza, e li sbarrò senza
pensarci un attimo.
Ma doveva comunque vederli volare, si disse.
Li incitò a salire sulle scope e, come già si aspettava, li fece scendere solo
qualche minuto piu tardi ringraziandoli e dicendogli di aspettare che gli anche
gli altri provassero.
“Jimmi… Peakes e Ritchie Coote” lesse, alzando lo sguardo dal foglio e si ritrovò
davanti due ragazzi: uno basso che sembrava un po’ più piccolo di lui, e un
altro un po’ più alto.
Gli fece cenno di montare sulle scope e solo cinque minuti dopo i suoi occhi
brillarono dalla gioia.
Quel Peakes aveva un talento innato, e Coote aveva una buona mira.
Aveva deciso chi sarebbero stati i Battitori.
Cancellò gli altri nomi dalla lista e poi, con rammarico, passò al Portiere.
Gettò un’occhiata alle proprie spalle e vide Ron che, pallido come un cencio,
faceva cadere a terra la propria Scopa da corsa e si chinava a raccoglierla,
inciampava sui propri piedi e rotolava in avanti.
Si passò una mano sul viso facendo finta di non aver visto niente e si voltò
verso quello che doveva essere Cormac McLaggen: c’erano solo lui e Ron come
candidati Portieri.
Il corpulento e alto McLaggen salì sulla sua Scopa e si avvicinò agli anelli,
subito bombardato dalla Pluffa da parte di Ginny, Katie e Demelza.
Al secondo tiro parato, Hermione sospirò dagli spalti, guardandosi intorno
freneticamente.
Se McLaggen continuava così, di certo avrebbe surclassato Ron.
“Weasleyuccio non ha speranze” sentì dire dietro di lei, e si voltò di scatto.
Malfoy, come al solito, stava tenendo banco.
“Taci, Malfoy” sibilò Hermione assottigliando gli occhi e infilando la mano
nella tasca del mantello. Draco abbassò lo sguardo e sollevò le sopracciglia.
“Oh, Granger, non ti avevo notato” disse ironicamente. “Ma d’altronde come
potevo vederti, sei così in basso”,
disse, guardandola per l’appunto dall’alto in basso.
Hermione sentì il sangue ribollire nelle vene e si alzò per andare a dirgliene
quattro, ma la vocetta antipatica di Pansy la bloccò sul posto.
“Vedo che ti hanno dimessa dall’Infermeria” pigolò attaccata al braccio di
Draco. “Peccato, stavolta speravo di averti fatta secca”
Hermione digrignò i denti e li fissò con odio. Pansy ricambiava il suo sguardo,
ma sul volto aveva stampato un sorrisetto divertito, mentre Malfoy aveva gli
occhi altrove.
Stava guardando Pansy, e non rideva.
Hermione fece per dire qualcosa, ma fu costretta a voltarsi immediatamente
quando sentì un boato provenire alle sue spalle.
A quanto pare McLaggen aveva parato la sua quarta palla, e si accingeva a
parare l’ultima.
Senza pensarci un secondo, Hermione infilò la mano nella tasca e strinse la
bacchetta, mormorando Confundo.
Fu un secondo. La Scopa di McLaggen deviò nella direzione opposta rispetto a
dove era stata lanciata la Pluffa, e la mancò.
Cormac scese a terra borbottando incredulo su come aveva potuto mancare l’ultima
palla, e dietro Hermione Malfoy spostava lo sguardo da lui alla mano della
Mezzosangue nascosta nel mantello.
Sorrise.
“Ron, tocca a te” disse Harry voltandosi finalmente verso l’amico, stavolta
diventato di una tonalità verdognola.
Ron salì in scopa e, non appena levatosi da terra, udì un coro partire dagli
stadi.
Perché Weasley è il nostro Re
Ogni due ne manca tre
Così noi cantiam perché
Perché Weasley è il nostro Re
*
“Credevo che non ce l’avrei fatta” borbottò Ron alla fine
dei provini, stanco ma con l’aria felice.
“Insomma, l’ultima era insidiosa, e se non mi fossi praticamente lanciato dalla
scopa…”
“Sì” lo interruppe Hermione spazientita con un cenno della mano, “Eravamo
presenti, Ron, abbiamo visto”
“Sei stato grande a non dar peso a Malfoy e i suoi amici” si congratulò Harry,
dandogli una pacca sulla spalla.
Si avviarono verso il castello sotto lo sguardo di uno squalificato McLaggen,
che li fissava come se volesse ucciderli, soprattutto Ron.
“Non è stato facile, ma mi sono detto che entrare in squadra per loro sarebbe
stato un grande smacco” sorrise Ron, ripensando però a disagio a come si era
sentito sotto pressione con quelle odiose serpi che cantavano la loro canzone
preferita.
Entrarono nella Sala d’Ingresso e si diressero alla Sala Comune dei Grifondoro,
ghermita di gente che giocava con prodotti dei Tiri Vispi Weasley o che
studiava china sui tavoli.
“Devo finire il tema di Aritmanzia” borbottò Hermione dirigendosi a passo
spedito verso il dormitorio delle ragazze per recuperare la borsa dei libri,
mentre Ron e Harry la fissavano con gli occhi sbarrati.
“Ma non sa pensare ad altro?” domandò Ron, grattandosi la testa.
Harry scrollò le spalle. “Ti va una partita a Scacchi Magici?”
Gli occhi di Ron si illuminarono. “Puoi giurarci!”
*
Quella sera, nella Sala Grande, il banchetto sembrò a Ron
più buono del solito.
Si era servito un po’ di tutto sotto lo sguardo disgustato di Hermione, quello
indifferente di Ginny – che si era ritrovata spesso a far finta che non fosse
suo fratello – e quello divertito di Harry, che lo aveva imitato anche se con
più tranquillità.
“Non mangi?” domandò Harry gettando un’occhiata a un’Hermione con lo sguardo
perso oltre la tavola dei Serpeverde.
Lei non gli rispose e Harry seguì il suo sguardo, notando che era puntato in
quello di Malfoy che aveva un ghigno orribile stampato in volto, mentre con la
bacchetta mimava un incantesimo silenzioso in direzione dell’amica.
Harry seguì per qualche secondo quel gioco di sguardi, poi spalancò gli occhi.
Si chinò all’orecchio di Hermione.
“Si è accorto del tuo Incantesimo Confundus” mormorò, cercando di non farsi
sentire da Ron.
Hermione sobbalzò in quel momento e si voltò verso di lui con gli occhi
spalancati, chiedendosi come Harry facesse a sapere del suo piccolo trucchetto
per aiutare Ron durante le selezioni.
“Come…”
“Non sono cieco, Hermione. E ti conosco abbastanza da sapere che per Ron l’avresti
fatto”
Hermione arrossì lievemente e tornò a guardare Malfoy, che aveva posato la
bacchetta ma la guardava ancora con aria di sfida.
“È la sua parola contro la mia” borbottò, afferrando il calice e sorseggiando
un po’ di succo di zucca. “Non potrà mai provarlo”
Harry annuì gettando un’occhiata a Malfoy.
Poggiò una mano sulla spalla di Hermione e gliela strinse affettuosamente.
“ Cinque giorni” disse solo.
Hermione si voltò verso di lui e gli regalò un sorriso, cercando di farlo
apparire il più sincero possibile.
Nonostante fosse stata lei ad acconsentire al suo piano, iniziava a sentirsi un
po’ inquieta.
Oltretutto, Malfoy ora aveva un asso nella manica: avrebbe potuto svelare a un professore
quello che aveva fatto e risalire all’ultimo incantesimo della sua bacchetta
tramite il Prior Incantatio.
Gli gettò una veloce occhiata – che lui ricambiò con interesse – e si chinò a
mangiare sul proprio piatto, un po’ inquieta.
“È da parte di Silente” disse Harry aprendo velocemente la
lettera che gli era appena stata consegnata da Edvige. La civetta gli
mordicchiò piano la spalla in modo affettuoso e quando Harry le regalò una
carezza distratta sulla testa, emise un suono breve e gutturale e poi spiccò il
volo confondendosi tra le decine di gufi che planavano nella Sala Grande.
“Che dice?” domandò Hermione sporgendosi su di lui per poter leggere.
“Mi vuole vedere domenica… Dopo la visita ad
Hogsmeade” Harry aggrottò le sopracciglia.
“C’è una visita in programma?”
“Non che io sappia” rispose Hermione scrollando le spalle e gettando
un’occhiata a Ron, che rispose con uno sguardo smarrito.
“Forse è in programma e non hanno ancora affisso l’avviso”
“Controlleremo appena tornati nella Sala Comune” disse Harry ripiegando il
foglietto e infilandolo nella borsa. Ora si sentiva curioso. Silente, prima
dell’inizio dell’anno scolastico, gli aveva accennato sul fatto che durante il
corso dell’anno gli avrebbe dato qualche lezione privata, e quando Harry aveva
provato a chiedergli che cosa riguardasse, lui aveva risposto vagamente senza
sbottonarsi troppo.
Durante quei due mesi scarsi aveva fatto diverse congetture insieme a Ron e
Hermione, ma conoscendo Silente probabilmente avevano sbagliato su tutta la
linea, quindi non gli restava che aspettare; dopotutto, mancavano solo cinque
giorni.
“Spero tanto che sia vera, questa storia della gita a Hogsmeade” disse Ron
stiracchiandosi. “Ho proprio voglia di una bella Burrobirra”
Harry annuì con un sorriso e poi si alzò dalla panca, afferrando lo zaino da
sotto il tavolo e mettendoselo in spalla.
“Andiamo? Abbiamo Incantesimi con i Corvonero le prime due ore, giusto?”
Hermione si alzò insieme a Ron e prese la sua borsa stracarica di libri. “Sì,
Incantesimi, ma abbiamo ancora venti minuti prima che cominci, possiamo passare
prima in Sala Comune a vedere se c’è questa visita a Hogsmeade”
Ron parve riflettere un attimo, poi spalancò gli occhi mentre si avviavano
fuori dalla Sala Grande.
“Possiamo usare questa gita per avvicinare Malfoy!” disse, attirando
l’attenzione degli altri due.
“La Pozione Polisucco è pronta ormai da cinque giorni, la teniamo lì nel bagno
delle ragazze in attesa del momento giusto… Potrebbe
essere questo! Approfittiamo del fatto che si va ad Hogsmeade e, che ne so,
Confondiamo la Parkinson e Hermione può attirare Malfoy in disparte”
Harry e Hermione rifletterono con le sopracciglia aggrottate, ma pochi secondi
dopo la ragazza scosse la testa, scettica.
“È un piano scadente, Ron. Senza contare che ho bisogno di tempo, non mi
bastano due minuti per vedere se Malfoy ha il Marchio Nero…
L’ideale sarebbe vederlo da sola senza il rischio che altri Serpeverde arrivino
sul posto”
L’espressione euforica che era nata sul volto di Ron si spense immediatamente,
e Harry gli diede una pacca sulla spalla.
“Quella di Hogsmeade è una buona idea, dobbiamo solo metterla a punto per bene.
Ci penseremo in questi giorni” cercò di consolarlo Harry, e per un attimo si
chiese come mai Ron si fosse così interessato alla riuscita di questo piano;
dopotutto era stato lui, all’inizio, a opporsi con tutte le sue forze.
I tre arrivarono nella Sala Comune dei Grifondoro e, come avevano sospettato,
l’avviso della Professoressa McGranitt era appeso in bella vista sulla bacheca.
*
“Mi sa che non ci vengo,a Hogsmeade”
“Perché no?” domandò lei sporgendo il labbro inferiore, le mani lunghe
artigliate irrimediabilmente alla manica del suo maglione verde scuro.
“Non ne ho voglia” rispose semplicemente lui provando per un secondo
l’irrefrenabile impeto di togliersela di dosso.
Draco si passò distrattamente una mano fra i capelli biondo platino e Pansy gli
lanciò un’occhiata sospetta e poi sospirò, stringendogli ancora di più il
braccio.
“Forse dovrei rimanere qua pure io” azzardò, riflettendo su quella possibilità.
Hogsmeade le piaceva, ma stare con Draco le piaceva ancora di più.
“No” rispose subito lui, gettandole un’occhiataccia. “Vai a Hogsmeade con gli
altri, ho bisogno di passare un po’ di tempo da solo” disse lentamente
soppesando le parole. Non voleva che Pansy gli chiedesse cosa doveva fare,
quando ci si metteva sapeva essere davvero petulante.
La ragazza sollevò gli occhi su di lui, lasciando la presa sul suo braccio.
“Draco, va tutto bene?” chiese, notando lo sguardo strano che aveva. “Questi
giorni sei strano. Sei strano da quando siamo arrivati a Hogwarts”
“Ne abbiamo già parlato sul treno” rispose brusco lui, alzandosi dal divano
della Sala Comune dei Serpeverde. “Mi scoccia stare qui e ho di meglio a cui pensare. Pensare, Pansy. Non devo fare niente”
aggiunse subito dopo notando il suo sguardo allarmato e indignato allo stesso
tempo.
“D’accordo” rispose lei con uno sbuffo, alzandosi a sua volta. “Vado a cercare
Daphne, forse è in cortile”
Senza aggiungere altro Pansy uscì dalla Sala Comune e Draco si lasciò andare a
un sospiro tremulo, lasciandosi cadere di nuovo sul divano.
La Sala era vuota, e ringraziò il cielo. Ringraziò il cielo anche per il fatto
che Pansy se ne fosse andata proprio in quel momento, perché si era accorto che
la propria mano aveva iniziato a tremare – non vistosamente, ma comunque
tremava.
“Se solo Potter non avesse vinto la Felicis…”
borbottò contrariato, ripensando a quella famosa lezione di Pozioni.
Se al posto di Lumacorno ci fosse stato Piton, di certo la fialetta sarebbe
stata consegnata a lui – anche se dubitava fortemente che Piton avrebbe
ricompensato qualche studente per la preparazione di una pozione.
Si fissò i piedi con vago interesse per qualche secondo, poi un’idea brillante gli
fece sollevare la testa di scatto.
Certo, si disse. Non aveva bisogno di vincere una stupida gara contro Potter e
i suoi amici per guadagnarsi una fiala di Felix
Felicis. Aveva altri modi per procurarsela e, dopo l’estate appena
trascorsa, aveva capito che ormai era praticamente capace di tutto.
*
Hermione entrò tutta trafelata nella Sala Comune, si sfilò
il mantello dalle spalle e lo gettò sul divano proprio sulla testa di Ron.
“Ho trovato!” esclamò eccitata, percorrendo il tappeto davanti al camino come
un leone in gabbia.
Ron si tolse il mantello dalla testa e lo poggiò sul bracciolo del divano,
gettando poi un’occhiataccia a Hermione.
Harry alzò gli occhi dalla sua copia di Pozioni
Avanzate e sollevò le sopracciglia, notando l’espressione raggiante e allo
stesso tempo poco rassicurante di Hermione.
“Di cosa stai parlando?” domandò chiudendo il libro e poggiandolo sulle gambe.
Hermione si guardò intorno con circospezione e notò che nella sala c’erano solo
pochi alunni del primo e del secondo anno che parlottavano tra loro,
apparentemente troppo impegnati per prestare ascolto a quello che stava dicendo
lei.
“Malfoy non andrà a Hogsmeade. Ho sentito la Parkinson mentre ne parlava con la
Greengrass”
Gli occhi di Harry si illuminarono all’improvviso, e un’espressione di pura
euforia esplose letteralmente sul suo viso.
“È perfetto!” esclamò, provocando un sorriso di Ron. “Tu rimani qui, passi del
tempo con lui sotto le sembianze della Parkinson e io e Ron con il Mantello
dell’Invisibilità la Confondiamo, così se anche Malfoy le farà qualche domanda
successivamente, lei risponderà in modo vago”
Hermione annuì. “Ci avevo già pensato, l’unico problema sono gli altri
Serpeverde”
“Ossia?” chiese Ron, ormai attentissimo alla conversazione.
“Malfoy potrebbe anche parlare con gli altri Serpeverde del perché Pansy ‘sia
tornata prima dalla gita a Hogsmeade’”
“Potresti Confondere lui, no?” chiese incerto Ron.
Hermione lo fissò per un attimo, poi annuì piano con la testa, la bocca semiaperta.
“Giusto, Ron. Non ci avevo pensato, bell’idea”
Ron sentì le orecchie farsi più calde e si grattò la testa rossa, borbottando
che non era niente di che.
Hermione gli regalò un sorriso caldo e poi, presi una pergamena e una piuma con
l’inchiostro, si sedette sulla poltrona e insieme cominciarono a mettere a
punto i dettagli di quello che si stava rivelando essere un piano più faticoso
del previsto.
Due ore dopo non era rimasto nulla del foglio di pergamena che Hermione aveva
tirato fuori dal libro.
Da bianco che era, il foglio era ormai diventato completamente nero, pieno di
scritte e scarabocchi e ogni tanto anche qualche disegno.
Come prima cosa, Harry e Ron avrebbero mostrato a Hermione l’entrata della Sala
Comune dei Serpeverde – visto che quattro anni prima lei non aveva avuto la
possibilità di scoprire la sua locazione -, poi avrebbero atteso l’arrivo di
qualche primino intenzionato ad entrarci e avrebbero ascoltato la parola
d’ordine.
Il resto era più difficile.
Hermione non avrebbe dato la sua adesione per la gita a Hogsmeade con la scusa
di un brutto raffreddore, e sarebbe andata nel bagno delle ragazze per bere la
Pozione Polisucco; una volta avvenuta la trasformazione, sarebbe entrata nella
Sala Comune dei Serpeverde e poi nel dormitorio dei ragazzi, sicura di trovare
Malfoy e pronta a fargli il suo ‘interrogatorio’. Se invece non avesse trovato Malfoy
nella Sala di ritrovo, avrebbe usato la Mappa del Malandrino prestatagli da
Harry per scoprire dove si trovava e il piano avrebbe tranquillamente seguito
il suo corso.
Gli avrebbe detto che aveva deciso di rinunciare ad Hogsmeade all’ultimo minuto
e che preferiva passare il suo tempo con lui.
Con una smorfia di disgusto, Hermione si era resa conto che probabilmente per
Pansy era davvero così.
“Bene. Perfetto” disse Harry soddisfatto e si stiracchiò, non riuscendo a
smettere di sorridere. Quel piano sembrava perfetto, c’erano poche cose che
potevano andare storte.
Si sentiva eccitato come un bambino che aspetta il Natale. Finalmente avrebbe
saputo la verità su Malfoy, sul suo Marchio Nero e sulla sua presunta combutta
con Voldemort. Non vedeva l’ora e soprattutto sperava di poterlo incastrare una
volta per tutte, grazie alle prove che avrebbero ottenuto.
Si alzò dal divano e si avviò verso il dormitorio, avvisando gli amici che
andava a posare lo zaino perché per quel pomeriggio ne aveva abbastanza di
studiare.
Ron e Hermione lo video sparire su per le scale e poi il ragazzo si voltò verso
Hermione, che sorrideva a sua volta.
“Ti senti tranquilla?” chiese premuroso, spostandosi sul divano per farsi più
vicino a lei.
Hermione lo fissò nascondendo un certo sgomento, poi annuì con la testa.
“Non mi piace questa storia” ammise Ron, guardandosi le ginocchia con
interesse. Hermione gli fissò la nuca e si avvicinò, incuriosita.
“Allora perché ti sei fatto in quattro per trovare un piano?”
“Perché prima finisce e meglio è. Malfoy non è propriamente la persona più
buona di questo mondo, ho paura che possa accaderti qualcosa”
Hermione si sciolse in un dolce sorriso e gli poggiò una mano sulla spalla.
Quando Ron alzò la testa, si accorse di avere il viso in fiamme.
“Sono o non sono la studentessa più brillante della scuola?” domandò lei con
falsa modestia, e Ron ridacchiò. “Non preoccuparti, saprò cavarmela”
“Preferirei rifilargli una Maledizione Imperius e
via, sarebbe più semplice”
Hermione tolse subito la mano dalla sua spalla, fissandolo con la bocca
spalancata e un’espressione scioccata.
“Ron! È illegale!” trillò, rendendosi poi conto che aveva alzato troppo la voce,
dato che metà Sala Comune si era girata a guardarla.
“Ehm… non puoi farti regalare i prodotti Tiri Vispi
Weasley per Natale, sono illegali” disse con un colpetto di tosse, e Ron
stavolta scoppiò proprio a ridere.
Hermione arrossì appena e quando si accorse che gli altri avevano smesso di
guardarla, si avvicinò di più all’amico e lo fissò seria.
“A parte gli scherzi, Ron. Stiamo già infrangendo troppe regole senza che ti
metti anche a proporre certe cose”
“Ma scherzavo” rispose lui vago, poggiandosi allo schienale e scrocchiandosi le
dita.
Hermione annuì decisa con la testa e poi prese ad esaminare da cima a fondo la
pergamena scarabocchiata, mentre Ron ogni tanto le gettava un’occhiata incerta.
Certo, aveva scherzato, ma forse Hermione stava correndo un rischio, e avrebbe
preferito ricorrere a una delle Maledizioni Senza Perdono piuttosto che
metterla in pericolo.
*
Quella domenica era arrivata molto velocemente, e aveva
portato con sé inquietudine e freddo.
Harry e Ron presero i giacchetti pesanti e li indossarono fissando malinconici
il camino scoppiettante nella Sala Comune e Hermione ghignò, rigirandosi tra le
mani la fiala che conteneva i capelli di Pansy Parkinson.
“Quasi quasi rimango qui ad aspettarti” disse Ron gettando un’occhiata al cielo
grigio che minacciava pioggia. Harry lo afferrò per la manica e lo tirò verso
di sé, ridendo insieme a Hermione.
“Dovete andare, non possiamo rimanere tutti qui, sarebbe sospetto” disse
saggiamente la ragazza, alzandosi dal divano. Si poggiò una mano sullo stomaco,
lo sentiva in subbuglio: il momento si stava avvicinando e si sentiva sempre
più inquieta.
Vedendola con un’espressione quasi sofferente sul viso, Ron le fu subito
accanto.
“Ehi, tutto bene?”
Hermione annuì e gli dedicò un piccolo sorriso, sentendo lo stomaco contorcersi
ancora di più.
Harry si grattò la nuca un po’ in imbarazzo e si avvicinò alla finestra,
costatando distrattamente che probabilmente Ron aveva ragione, uscire non era
una delle cose migliori da fare quel giorno: il cielo era grigio e quei pesanti
e scuri nuvoloni non promettevano nulla di buono. Probabilmente, con la fortuna
che avevano, avrebbe iniziato a grandinare una volta messo piede fuori dal Castello.
L’unica cosa positiva, si ritrovò a pensare mentre il fiato caldo appannava il
vetro della finestra, era che I Tre Manici Di Scopa sarebbe stato pieno di
gente e quindi molto caldo e accogliente.
“Harry, andiamo?” Ron lo richiamò e Harry si voltò, contento che quella
scenetta sdolcinata fosse finita. Non che fosse scontento, dopotutto era già
praticamente sicuro del fatto che prima o poi Ron e Hermione si sarebbero messi
insieme, ma a volte si sentiva davvero il terzo incomodo – considerando che Ron
sembrava essersi svegliato all’improvviso e aveva iniziato a ricoprire Hermione
di attenzioni.
Il ragazzo annuì e insieme salutarono Hermione e le augurarono in bocca al
lupo. Lei rispose con un sorriso forzato e poi, facendosi forza, andò a
prendere nel proprio dormitorio la divisa da Serpeverde che aveva rubato.
Frugò nel baule e prese tutto l’occorrente, lo infilò in una borsa stracarica
di libri – avrebbe finto di andare in Biblioteca, nel caso qualche professore l’avesse
intercettata – e uscì spedita diretta al bagno di Mirtilla Malcontenta.
Quando entrò si diresse senza un attimo di esitazione al cubicolo dove aveva
nascosto la Pozione: la prese e, dopo averla aperta, ci infilò dentro i capelli
della tanto odiata Serpeverde.
La Pozione prese a schiumare e a ribollire, e Hermione fissò quel colore
verdastro con un’espressione schifata sul viso. Ricordava il sapore di quella
cosa come se fosse stato ieri.
Chiuse ermeticamente gli occhi e si portò la Polisucco alla bocca. Mandò giù
tutto con velocità, poi lasciò cadere il bicchiere a terra e si poggiò alla
parete alle proprie spalle.
Qualche secondo dopo, si tastò la testa: capelli lisci, corti fino alle spalle.
Si passò le mani sul viso mentre, tremante, camminava verso uno degli specchi
affissi sopra i lavandini.
Quando incontrò lo sguardo di Pansy Parkinson che ricambiava il suo, non riuscì
a trattenere un’esclamazione di stupore. Si portò una mano alla bocca e fece un
respiro profondo, cercando di calmare i battiti del cuore.
Prese la borsa e con lentezza esasperante indossò i vestiti da Serpeverde; si
esaminò allo specchio per qualche secondo ed infilò la bacchetta nella borsa
insieme a qualche fiala di Polisucco: l’effetto durava solo un’ora e lei doveva
essere pronta a rimanere nei panni della Parkinson anche per più tempo.
La borsa era stata opportunamente modificata: aveva sempre visto Pansy andare
in giro con una valigetta nera, forse di pelle, e lei era riuscita a modificare
la propria con un semplice incantesimo.
Quando si ritrovò nei corridoi con un corpo che non le apparteneva, Hermione
sentì un grande peso scivolarle dal cuore fino allo stomaco. L’agitazione la
stava letteralmente divorando, e scendere quei pochi piani che la separavano
dai sotterranei la fecero stare sempre peggio.
Quando arrivò, si guardò intorno.
“Ehm…Vedova
Nera” bisbigliò Hermione mentre fissava incerta le pietre scure della
parete di fronte a lei, illuminata solo dalla luce tremula delle torce appese
ai muri.
Attese un secondo, durante il quale la paura di aver completamente sbagliato
luogo e parola d’ordine la investì, ma un attimo dopo si tranquillizzò un po’.
Era quello il posto, doveva essere
quello. Glielo avevano mostrato Ron e Harry solo due giorni prima, e avevano
anche spiato un paio di Serpeverde del primo anno per scoprire quale fosse la
parola d’ordine. Non poteva aver sbagliato.
Incrociò le braccia e picchiettò con il piede a terra, impaziente, rendendosi
conto che non stava accadendo niente di niente.
Si chinò in avanti per esaminare la parete e i capelli lisci le scivolarono sul
viso; sbuffò e se li sistemò dietro l’orecchio, il cuore che batteva sempre più
forte.
“Che cosa faccio, ora?” si chiese a voce bassa, prendendo a toccare la parete
con le dita esili. Le fece scivolare lungo i solchi tra una pietra e l’altra,
provò a premerne qualcuna, ma niente.
Si accorse che stava sudando freddo e si passò una mano sulla fronte. Doveva
sbrigarsi, ogni secondo che perdeva era un secondo in meno che aveva per
spacciarsi per Pansy Parkinson.
Tirò fuori la bacchetta dalla borsa e l’agitò un paio di volte, picchiettando
il muro mentre sussurrava un incerto Alohomora, ma non funzionò neanche quello.
Fu proprio quando stava per perdere ogni speranza che sentì una voce dietro di
lei e dei passi che pian piano si stavano facendo più vicini.
“Pansy!”
Si voltò di scatto rificcando in fretta e furia la propria bacchetta nella borsa,
il cuore le aveva appena sfondato la cassa toracica per la paura.
“Ma-Draco…!” esclamò facendo un passo indietro per
allontanarsi da quello che aveva sempre reputato un nemico.
Draco Malfoy si avvicinò a lei con passi strascicati, le mani nelle tasche e
un’espressione curiosa sul viso.
Hermione difficilmente l’aveva visto con una simile espressione in viso, di
solito davanti a lei, Ron e Harry mostrava solo il suo volto strafottente e il
suo ghigno insopportabile.
“Sei già tornata?” Tornata? Pensò Hermione. Ah, già. Hogsmeade. “Il tempo non è dei migliori, preferisco stare qui” disse, cercando di
sembrare convincente. Draco rimase a fissarla per qualche secondo, poi scosse
le spalle.
“Come vuoi”
Hermione rimase interdetta dal tono usato da Malfoy. Era estremamente certa che
sarebbe stato contento – o per lo meno piacevolmente sorpreso – dalla presenza
di Pansy, invece sembrava quasi esserne infastidito.
“Gli altri sono andati?” domandò Malfoy guardandosi intorno alla ricerca degli
altri compagni Serpeverde, e Hermione annuì.
Draco tornò a guardarla, poi le poggiò una mano sulla schiena.
“Allora entriamo, inutile che restiamo qui in corridoio. Acromantula”
Hermione rimase sconcertata da quella sfortuna che aveva avuto: evidentemente
nel giro di due giorni avevano cambiato la parola d’ordine.
Draco la spinse dentro premendole la mano sulla schiena, e Hermione sobbalzò
arrossendo quando sentì quella mano scivolare poco più in basso. Con un
saltello si voltò e indietreggiò di qualche passo, attirando l’attenzione di qualche
Serpeverde del primo e del secondo anno.
“Che ti prende?” chiese Draco sollevando le sopracciglia.
Hermione, il volto congestionato, scosse la testa e con tutto il suo coraggio
gli prese una mano, tirandola appena.
“Niente, andiamo…”
Draco non rispose nulla, si limitò a stringere la sua mano ed entrambi scesero
le scale che evidentemente portavano ai dormitori. Che deficiente, pensò Hermione. Aveva
appena cominciato e già stava andando tutto male.
Quando entrarono nella stanza circolare, Draco chiuse la porta e Hermione si
accorse con rammarico che si trovavano nel dormitorio maschile dei Serpeverde. Maschile. Maledì Harry con tutte le sue forze per averla convinta a prendere parte a
quel piano e si guardò intorno, non osando però sedersi da nessuna parte. Non sapeva
quale fosse il letto di Malfoy, e ogni mossa poteva essere quella falsa.
Malfoy le lasciò la mano e si sedette su quello che doveva essere il suo letto,
si chinò a frugare nel baule e ne estrasse la bacchetta.
“Vai in giro senza bacchetta?” domandò Hermione curiosa, avvicinandosi. Se voleva
essere convincente doveva almeno risultare a suo agio e spontanea.
“Ero andato a fare colazione, a cosa mi serviva?” chiese lui fissandola torvo e
lei si ritrovò a pensare che anche con i suoi amici, Malfoy doveva mantenere lo
stesso carattere altezzoso e detestabile.
“Hai ragione, scusa” rispose Hermione sedendosi accanto a lui. Draco poggiò la
bacchetta sul comodino e Hermione gli gettò una veloce occhiata alla manica sinistra
del maglione.
Avrebbe potuto tentare. Magari cercando di abbracciarlo avrebbe potuto inavvertitamente tirare su la manica e
scoprire se era stato marchiato o meno. Poi sarebbe anche potuta scappare via,
nessuno gliel’avrebbe impedito.
“Hai qualcosa da fare, oggi?” le chiese Draco all’improvviso, e Hermione
sobbalzò perché immersa nei suoi pensieri.
“N-niente di particolare” rispose passandosi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“D’accordo. Spero comunque tu non sia rimasta qui per stare con me, dato che ti
ho detto che oggi ho da fare”
Hermione scosse immediatamente la testa, poi prese a guardarsi intorno.
Si era aspettata chissà cosa, ma il dormitorio dei Serpeverde era praticamente
identico a quello dei Grifondoro. L’unica sottile
differenza erano i colori – dove si trovava ora spiccavano l’argento e il verde
– e il muro era di un grigio freddo, composto dalle stesse pietre che
adornavano il corridoio dei sotterranei.
Gettò occhiatacce ai letti dei Serpeverde e sentì lo stomaco contrarsi. Si trovava
da sola nella tana del lupo, ma chi gliel’aveva fatto fare?
Si morse l’interno della guancia e il secondo dopo sobbalzò, voltandosi di
scatto a guardare Malfoy: lui le aveva appena passato un braccio intorno alle
spalle e l’aveva attirata a sé.
Cercando di calmarsi, Hermione cercò di parlare, ma le uscì fuori una voce
piuttosto tremolante.
“Cosa devi fare di tanto importante?”
A quelle parole, la mano di Draco la abbandonò e il biondo si alzò di scatto,
spazientito.
“Ne abbiamo già parlato!” esclamò fissandola con astio. Hermione, un po’
spaventata, cercò comunque di ritrovare il suo sangue freddo perché era sicura
che Pansy non si sarebbe fatta spaventare così facilmente.
“Si può sapere che ti prende?! Sembra che ti abbiano Confusa!”
Hermione incrociò le braccia e accavallò le gambe, guardandolo con un sorriso
sghembo.
“Scusa, scusa. Ci ho provato” disse con un piccolo risolino, al che Draco
rilassò le spalle.
Si passò una mano fra i capelli e sollevò gli occhi al cielo, e solo allora
Hermione notò una cosa a cui prima non aveva fatto caso.
Malfoy aveva delle occhiaie un po’ marcate e l’espressione del suo viso era
rigida, preoccupata.
Si alzò e gli si avvicinò, prendendogli la mano sinistra.
“Tu, piuttosto, stai bene? Ti vedo pallido”
“Io sono pallido” rispose lui
stizzito, allontanando di scatto la mano.
Hermione sentì un tuffo al cuore: perché l’aveva allontanata?
Gliela riprese trattenendola con forza tra le lunghe dita e gli accarezzò il
dorso con il pollice, avvicinandosi sempre di più.
Draco rimase interdetto da quel comportamento, ma stavolta non si allontanò.
“Intendevo dire” puntualizzò lei lanciandogli un’occhiata penetrante, “che ultimamente… ti comporti come se ti frullasse qualcosa in
testa. Non stai bene, Draco, e si vede”
Malfoy rimase in silenzio e fissò la ragazza dai capelli scuri che lo stava
guardando con tanta decisione.
Da quando Pansy era così attenta? Pensava che per lei l’importante fosse
sbaciucchiarlo ovunque e comunque quando ne aveva il tempo.
Accennò un piccolo sorriso – se Hermione avesse potuto avrebbe spalancato gli
occhi dallo stupore – e con un movimento veloce della mano destra l’attirò a sé,
ricambiando la stretta della sinistra.
Inclinò piano il viso e poggiò delicatamente le labbra sulle sue, e stavolta Hermione
spalancò gli occhi senza preoccuparsi di nulla.
Rimase immobile mentre Draco la teneva stretta in quella morsa come se avesse
paura che potesse scappare. E aveva ragione, se solo non avesse avuto paura di
mandare a monte il piano, sarebbe fuggita a gambe levate.
Con un certo timore si ritrovò a portare la mano libera sul braccio di Malfoy e
con l’altra, lentamente, risalì fino al polso, sfiorando l’orlo del maglione.
Malfoy le baciò le labbra con dolcezza e Hermione dovette far appello a tutte
le sue forze per non scappare via: stava odiando quel momento, e per quanto la
bocca di Malfoy fosse calda e morbida – non l’avrebbe mai detto, l’aveva sempre
visto come un pezzo di ghiaccio ambulante -, la situazione la stava davvero
scocciando.
Decise di azzardare, e sollevò un po’ la manica del braccio sinistro, fingendo
di stringersi di più a lui.
Avvenne in un secondo. Malfoy si staccò di scatto e spalancò gli occhi, le
labbra umide e – Hermione si accorse – che tremavano appena.
“Che stai facendo?” chiese incerto, e Hermione sentì il volto andare in fiamme
mentre la mano lasciava andare la manica del maglione.
“Io…ti
baciavo” rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e Draco la
squadrò in malo modo.
La fissò per qualche secondo mentre il cervello lavorava velocemente. C’era
qualcosa che non quadrava: Pansy era sempre stata un tipo molto esuberante, ma
quella particolare Pansy era
esuberante in tutt’altro modo.
“Ho veramente l’impressione che ti abbiano Confusa. Hai incontrato Potter e
compagni, per caso? O magari anche solo la Granger, visto che si diverte tanto
a Confondere i giocatori di Quidditch…” “Non ho incontrato nessuno, Draco”
rispose lei risoluta, incrociando le braccia. Quindi, alla fine, l’aveva vista
davvero. “Cercavo solo di passare un po’ di piacevole tempo con te”
“Quindi è vero che sei rimasta qui per stare con me” insinuò lui, accennando un
piccolo sorriso ironico.
Hermione annuì e il secondo dopo Draco le fu vicino, le afferrò i polsi e la
spinse piano sul letto.
Nel cervello di Hermione si accese una spia che l’avvertiva dell’imminente
pericolo, e decise di giocarsi il tutto per tutto. Di certo non aveva
intenzione di passare il suo tempo con Malfoy in quel modo.
Gli prese le mani e con un gesto secco delle dita tirò su appena la manica
sinistra del maglione, e le si gelò il sangue nelle vene.
Spalancò gli occhi e lasciò immediatamente andare le mani di Draco, lo spinse via
poggiandogliele sul petto e si alzò di scatto, chinandosi a prendere la borsa.
“De-vedo andare” balbettò portandosi una mano tremante
alla tempia.
Malfoy, interdetto, allungò una mano e le afferrò il polso con forza per
trattenerla.
“Lasciami!” strillò lei divincolandosi; riuscì a liberarsi e corse fuori dal
dormitorio e poi dalla Sala Comune, scappando dagli sguardi di tutti i
Serpeverde che erano lì a fissarla.
Si ritrovò nel corridoio con i capelli mossi, i vestiti un po’ stretti e le
mani che tremavano.
Un serpente.
Aveva visto la testa nera di un serpente.
Si passò una mano tremante sul viso e ricacciò indietro le lacrime, riprendendo
a camminare per il corridoio per ritornare al bagno delle ragazze.
Harry aveva ragione, Malfoy era diventato un Mangiamorte.
Ora cosa avrebbero dovuto fare?
Afteryouread: Bene ò_ò facciamo come se nelle note del capitolo scorso non avessi detto
nulla, visto che per una volta che ho chiesto di farvi sentire ho ricevuto quasi
meno commenti del solito v.v *se ne rammarica*
Dunque, dunque… che dire?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ho cercato di rendere le scene nel miglior
modo possibile e spero proprio di esserci riuscita XD
L’ultima scena – quando Hermione scappa via - mi ha messo angoscia °-°’ dopotutto
era sicurissima che Harry si fosse sbagliato sul conto di Malfoy ù_ù
Bene, non ho altro da dire, ringrazio tanto Hollina e
Alessandra per i commenti! <3 *spargeamore*
Alla prossima!
Quando Ron e Harry tornarono dalla gita ad Hogsmeade,
infreddoliti e zuppi dalla testa ai piedi, si rifugiarono davanti al camino
della Sala Comune, guardandosi intorno alla frenetica ricerca di Hermione.
“Ehi!” Ron si voltò verso Lavanda Brown, seduta su una sedia accanto a Calì
poco distanti da loro, e lei sobbalzò allungando subito il collo in direzione
di chi l’aveva chiamata.
“Avete visto Hermione per caso?”
Le due scossero la testa: erano tornate al castello nel primo pomeriggio perché
il tempo era davvero troppo brutto, ma in effetti non avevano notato Hermione
da nessuna parte.
“È salita nel dormitorio circa un quarto d’ora fa” rispose qualcuno alle spalle
di Harry.
Ginny fece il giro del divano e si sedette accanto a Harry, le braccia conserte
e lo sguardo truce.
“Tutto bene?” chiese l’amico gettandole un’occhiata curiosa e cercando di
scaldarsi il più rapidamente davanti al fuoco: dopotutto aveva un’ora prima di
dover andare da Silente.
Ginny scosse la testa sotto lo guardo stizzito di Ron: l’aveva vista in
compagnia di Dean Thomas e la cosa non gli era piaciuta affatto, considerando
che i due si stavano tenendo per mano.
“Cos’è, tu e Dean vi siete mollati?” domandò Ron in tono sprezzante, e la testa
rossa di Ginny scattò in alto pronta a sputare veleno.
“Non sono fatti che ti riguardano”
sibilò furiosa, alzandosi velocemente dal divano e allontanandosi con passi
svelti.
Harry ebbe la netta sensazione che Ron avesse centrato in pieno il problema e
si voltò verso di lui.
“Cosa ti importa se tua sorella sta con Dean?” domandò curioso, e lo sguardo di
Ron – che aveva seguito Ginny finché questa non era sparita alla vista – si
spostò su di lui. Incrociò le braccia.
“Mi dà fastidio vederla passare da un ragazzo all’altro. Prima gli piacevi tu,
poi pensavo si sarebbe messa con Neville quando sono andati al Ballo del Ceppo
insieme, poi si è messa con Michael Corner, ora Dean…”
disse, elencando tutti quegli avvenimenti sulle dita.
Harry sollevò le sopracciglia ed esplose in una risata mentre Ron lo guardava
male.
“Che c’è da ridere?”
“Vedo che tieni il conto” rispose lui prendendolo in giro. Ron sbuffò e gonfiò
le guance come un criceto, prendendo un libro a casaccio sul tavolo accanto a
lui e sfogliandolo con morbosa attenzione.
“Lo stai tenendo al contrario” gli disse, e Ron arrossendo furiosamente lanciò
il libro sul tavolo e si alzò con la scusa di andare in bagno.
Harry smise di ridere e si stiracchiò controllando di nuovo l’ora. Forse era il
caso di andare a cambiarsi, l’appuntamento nell’ufficio di Silente si stava
avvicinando.
Si alzò dal divano per andare nel dormitorio e ripensò a quello che Ron aveva
detto su Ginny. Ogni tanto, a dirla tutta, Harry aveva l’impressione che Ginny
provasse ancora qualcosa per lui, ma si era sempre detto di non montarsi la
testa e che, a quanto pareva, Ginny poteva avere tutti i ragazzi che voleva.
Quel pensiero lo infastidì e non ne capì il motivo, ma lo scacciò
immediatamente quando vide Hermione scendere nella Sala Comune.
“Ehi!” Harry la bloccò per un braccio mentre lei lo sorpassava senza vederlo.
“Hermione!”
Hermione si bloccò e si voltò verso Harry, sorpresa di trovarlo lì.
“Harry…”
“Allora, com’è andata?” domandò curioso lasciandola andare. Hermione deglutì
rumorosamente ed evitò il suo sguardo, sentendosi a disagio.
“Bene” mentì.
Harry inarcò un sopracciglio, capendo immediatamente che c’era qualcosa che non
andava. La prese per mano e la portò al solito divano facendola sedere e prese
posto accanto a lei.
“È successo qualcosa di grave?” domandò insicuro. Gli stava sorgendo il dubbio
che Malfoy l’avesse scoperta e le avesse fatto qualcosa. Oh no, i ritrovò a pensare Hermione, niente di particolare, ho solo scoperto che
hai ragione e adesso non so proprio dove sbattere la testa. “No” rispose accennando un sorriso e tornando a guardarlo negli occhi.
“Voglio dire, ho passato del tempo con lui, ma non ho scoperto niente sul
Marchio Nero…”
Harry chinò il capo deluso. “Ah” disse cupo. Poi rialzò la testa e guardò
l’espressione dell’amica e capì che doveva esserci dell’altro.
“Ti ha fatto qualcosa? Sei strana”
Hermione titubò per qualche secondo indecisa su cosa dire, poi riuscì a trovare
le parole giuste.
“Mi ha baciata…” Harry allontanò di scatto la testa,
sgomento.
“Gli spezzo le ossa” sapeva che una cosa del genere sarebbe potuta succedere,
lo sapeva, ma si aspettava che Hermione lo avrebbe rifiutato: a quanto pareva
non era stato così, in effetti.
O forse Malfoy l’aveva costretta? Magari lei aveva cercato di rifiutarlo e
visto il suo carattere profondamente disturbato, l’aveva afferrata e costretta
a ricambiare il bacio?
Ringhiò a denti stretti aggiungendo mentalmente un altro motivo per odiare quel
biondastro Serpeverde.
“No!” strillò Hermione risvegliandolo dal suo delirio mentale, “Era ovvio che
ci provasse, dopotutto la Parkinson è la sua ragazza…
Ho dovuto assecondarlo altrimenti mi sarei fatta scoprire”
Harry si calmò a quella spiegazione e capì che Hermione aveva ragione, ma
sicuramente Ron non sarebbe stato tanto ragionevole quando avrebbe sentito
quella storia.
“Ma non ho scoperto nulla. Mi spiace, Harry” mentì di nuovo lei, un disagio
crescente.
Harry scosse la testa e le accarezzò il braccio. “Tranquilla, sono sicura che
hai fatto tutto il possibile. Più avanti potremo riprovarci”
“No!”
Hermione si alzò in piedi e strinse i pugni, scuotendo la testa.
“Ti prego, Harry, non di nuovo. L’ho osservato bene e ti giuro che non nasconde
nulla, ne sono sicura. Dimentica questa tua fissazione, ti fa solo male”
Harry si alzò a sua volta e la fissò incredulo: possibile che quell’esperienza
l’avesse scioccata a tal punto?
Decise di assecondarla in quel momento vedendola così sconvolta, e annuì con la
testa.
“D’accordo” disse. “Comunque non avremo problemi, abbiamo Confuso la Parkinson
a Hogsmeade. Tu hai Confuso Malfoy?”
Hermione trattenne il fiato all’improvviso, e così fece Harry.
“L’hai fatto, vero?” chiese sperando con tutte le sue forze in una risposta
positiva.
Ma lo sguardo di Hermione valeva più di mille parole.
*
“Che diavolo vai farneticando?!” esclamò Ron bloccandosi di
colpo. Harry andò a sbattergli contro e per poco non cadde a terra.
“Non inchiodarmi davanti!”
“E tu parla!” sibilò Ron voltandosi verso di lui. “È per questo che Hermione
non si fa praticamente vedere da ieri sera?”
Harry si grattò la fronte. In effetti era vero, da quando erano tornati da
Hogsmeade Hermione aveva passato tutto il suo tempo chiusa nel dormitorio o in
biblioteca, e anche durante le lezioni aveva perso quella poca voglia che aveva
di parlare.
“Suppongo di sì” disse Harry grattandosi la fronte, cercando di riparare allo
sguardo furibondo di Ron.
“Forse le abbiamo chiesto troppo…”
Ron spalancò le braccia, facendole poi ricadere pesantemente sui fianchi. “Le hai chiesto troppo, Harry! Sei tu
quello fissato con questa storia!”
Harry sgranò gli occhi: da quando Ron gli parlava in quel modo?
“Eri d’accordo anche tu mi pare, non ti sei forse fatto in quattro per la
riuscita di questo piano?”
“L’ho fatto perché ero sicuro che tu sbagliassi e volevo togliermi dalle scatole
questa tua idea il prima possibile!” esclamò l’altro infuriato, prendendo a
calci un sassolino innocente che era capitato lì per caso.
“E Malfoy! Come ha osato toccare Hermione? Lo faccio a pezzi” ringhiò
scrocchiandosi minacciosamente le dita, e Harry si passò una mano sulla fronte,
rassegnato.
“Senti, anche Hermione me l’ha detto. Giuro che ho chiuso con questa storia, e
semmai vorrò andare a fondo lo farò da solo, ok?”
“Certo” rispose l’altro sprezzante, “Tanto ormai il danno è fatto”
“Danno? Era un bacio!”
“Così ci ha detto Hermione! Credi veramente che un solo bacio possa scioccarla
così? C’è qualcos’altro, Harry, apri gli occhi!”
Harry rimase interdetto a quelle parole, ma dovette ammettere che Ron aveva
ragione, dopotutto da un po’ di tempo a quella parte era lui quello più attento
agli stati d’animo di Hermione.
Rifletté un attimo silenziosamente e poi, alzando lo sguardo, vide che Ron
aveva ripreso di nuovo a camminare mentre borbottava chissà cosa.
“Dove vai?” Harry lo inseguì e lo afferrò per il retro della maglia, e Ron si
voltò a guardarlo con un’espressione scocciata.
“Da Hagrid, no? È per questo che siamo usciti”
Riprese a camminare mettendo le mani in tasca e Harry, sbalordito, lo seguì
senza aggiungere altro, felice che Ron avesse dichiarato chiuse le ostilità.
Per il momento, almeno.
*
Draco Malfoy era steso sul divano della Sala Comune dei
Serpeverde e stava giocando con la bacchetta, rigirandosela tra le lunghe dita.
Qualcosa decisamente non gli tornava.
Quando Pansy era scappata la mattina prima non l’aveva più vista per tutto il
giorno, e la sera l’aveva vista tornare nella Sala Comune insieme agli altri
Serpeverde, tutta imbacuccata nel suo cappotto. L’aveva presa da parte e le
aveva chiesto cosa diavolo le fosse preso e perché fosse scappata in quel modo;
a quella domanda, lei lo aveva fissato con un enorme punto interrogativo
stampato in fronte e gli aveva risposto che non sapeva di cosa stesse parlando.
Draco l’aveva squadrata da capo a piedi e aveva notato che indossava degli
abiti comuni, non quelli con cui l’aveva vista quella mattina.
Senza perdere un secondo se n’era andato sbattendo la porta e aveva percorso
l’intero Castello alla ricerca di neanche lui sapeva cosa, probabilmente
un’idea che spiegasse quella cosa strana che gli era capitata all’improvviso.
Alla fine, dopo aver camminato fino all’ora di cena – e quindi per un paio di
ore buone – si era fermato davanti al portone della Sala Grande e vi era
entrato, affamato.
Camminare gli metteva fame, l’aveva sempre saputo.
Poi si era seduto al tavolo dei Serpeverde e si era guardato intorno; aveva
visto Potter e Weasley e… no, la Mezzosangue zannuta
non l’aveva vista.
E allora la consapevolezza di quello che aveva solo remotamente immaginato lo
aveva colpito in pieno.
Aveva cenato di corsa tenendo sempre d’occhio il tavolo dei
Grifondoro ma lei non si era mai fatta viva.
Alla fine era tornato nel Dormitorio e non era più uscito.
Così, steso su quel divano, si ritrovò a fare un semplice due più due, che poi
tanto semplice non era.
Ok, Hermione Granger aveva preso il posto di Pansy Parkinson, ma per quale
motivo? Per spiarlo? Possibile che Potter sospettasse qualcosa?
Si mise a sedere di scatto; non poteva permettersi di correre un rischio del
genere: se Harry lo avesse scoperto sarebbe stata la fine sua e della sua
famiglia.
Ma perché, comunque, Hermione Granger se n’era andata così all’improvviso?
Forse doveva imputare quel gesto al fatto che si stava spingendo un po’ troppo
oltre? D’altronde con Pansy ci era abituato, e magari lei non aveva intenzione
di dargli troppa corda.
Si alzò dal divano e si massaggiò le tempie. Doveva fare qualcosa, al più
presto.
*
Quella sera, Harry afferrò per la collottola Hermione e Ron
e li costrinse a sedere sul loro divano e sulla loro poltrona preferiti.
Entrambi sembravano non aver niente da dire, e se Harry non fosse stato al
corrente della situazione avrebbe giurato che quei due avevano litigato, e di
brutto anche.
Harry prese una sedia e si sedette dando le spalle al camino, le braccia
incrociate e gli occhi che andavano da uno all’altro: voleva decisamente
vederci chiaro, in quella faccenda, senza contare che voleva raccontare a
entrambi quello che aveva visto con Silente nel Pensatoio la sera precedente,
durante la sua prima lezione speciale.
“Allora…Ehm… Hermione, Ron
è arrabbiato”
Hermione spalancò gli occhi, voltandosi verso l’amico.
“Con me?!” strillò, e Ron si voltò verso di lei.
“Ma certo che no!”
“Harry mi ha appena detto che sei arrabbiato!”
“Ce l’ho con lui, non con te!”
Harry osservò quel battibecco con gli occhi a palla e la bocca semiaperta.
Aveva paura ad intervenire, avrebbe di certo rischiato una Bombarda Maxima. “E perché ce l’hai con lui?” domandò lei gettando un’occhiata a Harry.
“Per il pericolo che ti ha fatto correre, è ovvio!” sbraitò Ron, e Hermione
spalancò gli occhi, incredula.
Guardò Harry e poi Ron, e si passò una mano sulla fronte.
“Ron, è stata anche una mia idea. Io ho accettato, quindi ero consapevole di
quello che sarebbe potuto succedere, e ora ne pago le conseguenze”
Ron le gettò un’occhiata risoluta, poi incrociò le braccia. “Conseguenze?
Hermione, sei sconvolta. Tu non ce la racconti giusta”
Il cuore della ragazza perse un battito. Allora Ron non era stupido come
sembrava.
Si mordicchiò l’interno della guancia e frugò velocemente nella sua testa alla
ricerca di qualche scusa efficace, e disse la prima cosa che le passò per la
mente.
“È che… stare nel Dormitorio di Serpeverde da sola
con Malfoy non è stata proprio un’esperienza piacevole…
senza contare che mi ha spinta verso il letto…”
Gli altri due spalancarono gli occhi di scatto, ma fu Harry a schizzare in
piedi come se gli avessero messo delle puntine sulla sedia.
“Questo non me l’avevi detto!” esclamò furibondo, le guance colorite e lo
sguardo acceso.
Ron si alzò dopo di lui e prese a cercare freneticamente la bacchetta nelle
tasche, e Hermione non poté fare a meno di sentirsi un po’ in imbarazzo e un
po’ felice. Quei ragazzi tenevano davvero tanto a lei.
Si sollevò dal divano e poggiò una mano sul braccio di Ron e una su quello di
Harry, e i due ragazzi smisero di agitarsi per spostare lo sguardo su di lei.
“Ragazzi, calmi. Va tutto bene, non mi ha fatto niente” sorrise, cercando di
rincuorarli. Ron abbassò il braccio e Harry chiuse la bocca.
“Sono solo un po’ scossa e tu, Ron, non prendertela con Harry. Harry, tu devi
ancora raccontarci dell’incontro di ieri sera con il Professor Silente”
Ron girò la testa e guardò Harry. Vedendolo calmo, tornò a sedersi – stavolta
sul divano proprio dove si era seduta prima Hermione – e attese.
Harry fece lo stesso, accomodandosi sulla poltrona, e Hermione prese posto
accanto a Ron.
Il ragazzo le gettò un’occhiata, le orecchie fortunatamente coperte dai capelli
avvamparono.
Dopo qualche secondo di silenzio – durante il quale Harry stava riordinando le
idee, Hermione ancora gongolava per l’iperprotettività mostrata dai suoi due
migliori amici e Ron cercava di calmarsi -, Harry si decise a parlare.
Gli raccontò del fatto che le lezioni private con Silente consistevano nel fare
viaggi nella memoria di alcune persone appartenute alla vita di Voldemort. Gli
raccontò del dipendente del Ministero della Magia Ogden, della sua visita a
casa Gaunt e di come aveva visto il nonno, lo zio e la madre di Voldemort. Gli
parlò dell’amore segreto di Merope Gaunt per Tom Riddle, e di come,
probabilmente, lei riuscì a conquistarlo con un filtro d’amore; fece qualche
accenno alle ipotesi di Silente su ciò che era successo dopo, ossia sul fatto
che una volta incinta Merope fosse stata abbandonata dal marito e su come lei
fosse morta dopo aver dato alla luce quel bambino che si sarebbe rivelato un
mago spietato e potente.
Gli rivelò tutti i dettagli importanti di quell’incontro e alla fine Hermione,
che aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, lo lasciò andare rilassandosi
in un sospiro profondo.
“E ti ha dato il permesso di raccontarci questo?” chiese Ron, anche lui un po’
in ansia.
“Solo a voi” concesse Harry, sorridendo. “Sa che siete persone fidate, non ha
esitato un secondo a darmi il permesso quando gliel’ho chiesto”.
Hermione e Ron sorrisero compiaciuti.
*
Hermione svoltò l’angolo e si guardò intorno con
circospezione, tenendo sollevata la bacchetta che le illuminava la strada.
Era sera, e approfittando della ronda serale che le spettava come Prefetto –
era riuscita a convincere Ron a rimanere a finire il tema di Incantesimi -,
aveva deciso di andare a parlare con l’unica persona che avrebbe potuto
aiutarla in quella situazione così difficile.
Si ritrovò davanti alla statua del gargoyle al settimo piano e si grattò la
nuca, incerta su quale fosse la parola d’ordine.
Ricordò che l’aveva letta nella lettera che Silente aveva mandato a Harry, così
si decise a sussurrare un Pallini Acidi
che fece schizzare immediatamente il gargoyle di lato.
Incerta, Hermione salì sulla scala a chiocciola e una volta davanti alla porta
di Albus Silente si ritrovò ad esitare.
Stava facendo la cosa giusta?
Prese un paio di respiri profondi e sollevò la mano chiusa a pugno pronta a
bussare, quando la porta si aprì da sola. Hermione sobbalzò, mentre la voce di
Albus Silente la invitava ad entrare.
“Prego, signorina Granger, si accomodi”
Hermione, il cuore che batteva forte, fece un passo avanti e poi un altro,
entrando mentre la porta si richiudeva alle sue spalle.
Silente era seduto dietro al suo scranno, i gomiti poggiati sulla scrivania e
le dita intrecciate. Hermione notò la mano annerita, proprio come le aveva
raccontato Harry quando era arrivato alla Tana prima dell’inizio dell’anno
scolastico, ma distolse subito lo sguardo. Silente la fissava con vago
interesse.
“Mi scusi l’ora, professore…” si scusò lei con un
piccolo inchino, e con un gesto della mano Silente le fece cenno di accomodarsi
su una delle sedie davanti a lui.
Hermione obbedì senza esitare e lo fissò, rispecchiandosi negli occhi
azzurrissimi del preside.
“Posso chiederle il perché di questa visita, signorina Granger?”
Hermione non si stupì di vederlo andare subito al nocciolo della questione.
Dopotutto non era mai andata di sua spontanea volontà a fargli visita, non ne
aveva mai avuto bisogno.
“Come faceva a sapere che…”
“Ho i miei metodi, diciamo” rispose lui con un sorriso rassicurante, e Hermione
iniziò a trovare quell’ambiente molto più confortevole di quanto lo fosse stato
all’inizio.
“Io… ho scoperto una cosa, Professore, ma non sapevo
con chi parlarne”
Silente non disse niente e continuò a guardarla, ma il suo non era uno sguardo
carico di aspettative: era tranquillo, pacato e rassicurante. Hermione fu
invogliata a continuare, quell’uomo infondeva una certa sicurezza e in quel
momento era tutto ciò di cui aveva bisogno.
“Ho scoperto che Draco Malfoy è un Mangiamorte. Ho visto il suo Marchio Nero”
Per un attimo, Hermione giurò di aver visto uno strano lampo attraversare gli
occhi di Silente: il preside raddrizzò la schiena e la poggiò contro il sedile
della sua poltrona, continuando a fissare la ragazza seduta di fronte a lui.
“Sono al corrente della situazione in cui si trova il signor Malfoy” disse
tranquillo, prendendo a giocherellare con una piuma poggiata sulla scrivania.
Hermione sbarrò gli occhi.
“E-e non fa niente? È pericoloso avere un Mangiamorte
qui ad Hogwarts!”
“Sono al corrente anche di questo, signorina Granger. Tuttavia, vorrei
tranquillizzarla dicendole che ho già preso provvedimenti riguardo a questa
faccenda”
Hermione aggrottò le sopracciglia, incuriosita dalla risposta enigmatica che le
aveva dato Silente.
Non seppe cos’altro aggiungere. Avrebbe voluto chiedere quali erano questi
provvedimenti, ma era sicura che non le avrebbe mai risposto, così si apprestò
a sottoporgli un’altra questione.
“Professore, Harry non sa niente di questa storia. Voglio dire, nutre più di
qualche dubbio sulla questione, ma non ne ha prove dirette. E io non gli ho
detto nulla di quello che ho scoperto”
Smise di parlare e fissò il preside negli occhi, aspettando una sua reazione.
Silente, dopo aver esaminato velocemente la questione, si aprì in un sorriso
che fece tranquillizzare di nuovo Hermione.
“Credo sia stata la scelta giusta, sappiamo entrambi quanto Harry sia
impulsivo”
“Esatto!” esclamò Hermione, felice che Silente le avesse dato ragione.
Dopotutto, visti i sensi di colpa che stava provando in quel momento, avere
qualcuno dalla sua parte era una cosa che la faceva sentire più sicura.
“È impulsivo e ho paura che possa commettere qualche sciocchezza. Non è in
grado di pensare lucidamente quando si tratta di Malfoy”
“Concordo con lei, signorina Granger. Il signor Malfoy è sottocontrollo, ma
temo che sentendosi con le spalle al muro potrebbe commettere qualche
sciocchezza. Meglio andarci con i piedi di piombo”
Hermione annuì convinta e si rilassò sulla sedia; si guardò intorno. Era stata
solo un paio di volte lì, e l’ufficio non era affatto cambiato: c’era Fanny la
fenice appollaiata sul suo trespolo, i quadri di tutti i presidi di Hogwarts
che sonnecchiavano appesi alle pareti e tutti gli strani oggetti che Silente
sembrava collezionare. Poi vide, in una teca, quello che doveva essere il
Pensatoio di cui Harry le aveva tanto parlato.
“Posso offrirle qualcosa?” la voce di Silente la fece sobbalzare e riportò
immediatamente lo sguardo su di lui, rendendosi poi conto che sul tavolo erano
comparse un paio di bottiglie di Burrobirra e qualche dolcetto su un vassoio.
Accennò un sorriso e scosse la testa alzandosi dalla sedia.
“No, Professore, la ringrazio. Devo continuare la mia ronda”
Silente annuì e fece lo stesso, facendo il giro della cattedra per avvicinarsi
a lei.
“Direi che questa è una serata tranquilla, può anche evitare di continuare il
giro” le fece l’occhiolino. “Torni nella Sala Comune e si riposi” la guardò
mostrandole un po’ di disappunto, e Hermione si rese conto solo in quel momento
di sentirsi davvero, ma davvero stanca.
Quello che era successo il giorno prima l’aveva provata davvero troppo e non
riusciva a spiegarsi perché non si era ancora ripresa.
“Certo” sorrise, facendo un piccolo inchino con la testa.
“La ringrazio per avermi ascoltata, professore. Avevo davvero bisogno di un
consiglio su cosa fare”
Silente non le rispose, ma si limitò a regalarle un altro sorriso.
Hermione lo ricambiò e senza pensarci due volte uscì dal suo ufficio, pronta
per tornare nella Sala di Grifondoro con il cuore un po’ più leggero.
*
La mattina successiva Hermione entrò in Sala Grande e andò
diretta al tavolo dei Grifondoro senza guardarsi intorno: non voleva rischiare
di incrociare lo sguardo di Malfoy, non avrebbe retto.
Si sedette accanto a Harry che sollevò una mano in segno di saluto mentre
sorseggiava il suo succo di zucca, e Hermione ricambiò con una stretta sulla
spalla.
“Ciao, Ron” disse guardando di fronte a lei, e rimase un attimo interdetta.
Ron stava parlando con Lavanda Brown, che lo guardava come se fosse un dio
sceso in terra.
“La prima partita sarà il 15” disse Ron ficcandosi in bocca mezza salsiccia, e Hermione
rimase sconvolta da come Lavanda lo stava fissando in quel momento. Di certo
lei gli avrebbe mollato una librata in testa solo per i suoi modi da barbaro.
“Ooohh” cantilenò lei, incrociando le dita e
sbattendo le lunghe ciglia, “Allora devo assolutamente vederla! Sono sicura che
farai un figurone, durante gli allenamenti sei sempre fantastico!”
Ron arrossì grattandosi imbarazzato la guancia, e Hermione provò il desiderio
di ficcare una di quelle salsicce in gola a Lavanda e farla strozzare.
Tossicchiò a voce piuttosto alta e si versò del succo di zucca nel calice, e fu
solo in quel momento che Ron notò la sua presenza.
“Oh! Buongiorno” le disse, sputacchiando cibo un po’ ovunque. Lavanda spostò lo
sguardo da Ron a Hermione e con un gesto veloce delle gambe scavalcò la panca e
se ne andò a passo di carica.
Ron si voltò a guardarla e poi tornò a mangiare, un’espressione confusa
stampata in volto.
Hermione gli gettò un’occhiataccia prima di tirare fuori dalla borsa il suo
libro di Trasfigurazione, poi ci si tuffò dentro mentre continuava a fare
colazione.
*
Le prime ore della mattinata passarono velocemente, e
Hermione approfittò dell’ora libera che aveva per andare in biblioteca a finire
i temi che le avevano assegnato. Ne aveva uno particolarmente difficile di
Aritmanzia che andava consegnato entro due giorni e non aveva assolutamente
tempo da perdere.
Si sedette al solito tavolo e tirò fuori libri, pergamene, calamaio e una
piuma, impugnandola decisa riflettendo su cosa iniziare a scrivere.
Non fece in tempo a poggiare la punta della piuma sul foglio che il tavolo
tremò, scosso da un tonfo.
Hermione alzò gli occhi quel tanto che le bastò per vedere una mano poggiata a
palmo aperto sul tavolo, e non le fu difficile scoprire chi fosse il
proprietario.
Seguì la linea del polso, il maglione grigio scuro e risalì fino alla spalla.
Vide i suoi capelli biondi che gli ricoprivano in parte il viso chino e si
ritrovò a trattenere il fiato.
“Salve” disse lui atono, e Hermione si alzò così di scatto che la sedia cadde
rumorosamente all’indietro.
Malfoy si stampò in viso un’espressione soddisfatta e si mise dritto,
incrociando le braccia.
“Hai bevuto la Polisucco, ultimamente, Granger?”
Hermione sentì il cuore perdere un battito e il sangue le si ghiacciò nelle
vene, ma cercò comunque di rimanere impassibile.
“Perché me lo chiedi?” domandò, cercando di usare un tono di voce più innocente
possibile.
“Perché spero per voi che non siano stati Potter o Weasley a prendere il posto
di Pansy, altrimenti…”
Hermione non gli diede il tempo di concludere la frase, lo afferrò per un braccio
e lo trascinò lontano da quel posto, era un po’ troppo centrale per i suoi
gusti.
Raggiunta una posizione più sicura, il biondo si divincolò dalla presa di
Hermione e la fissò con gli occhi assottigliati, pronto ad esplodere.
“Allora, eri tu o no?”
Hermione esitò per qualche secondo, fissando quegli occhi di ghiaccio che la
penetravano da parte a parte. Sapeva di dover dire la verità, anche perché
Malfoy aveva ormai il coltello dalla parte del manico e non era uno stupido.
D’altro canto, non poteva sbandierare così ai quattro venti – perché, checché
se ne dicesse, confessare una cosa del genere a Malfoy era come confessarla a
tutta Hogwarts, insegnanti compresi – il fatto che avessero di nuovo violato le
regole della scuola. Stavolta sarebbero stati espulsi, avevano superato il
limite troppe volte.
Deglutì nervosamente, sentendo la solita sicurezza che la caratterizzava
sparire pian piano. Era nei guai. Confessare oppure negare tutto? E se avesse
negato, Malfoy come avrebbe reagito?
Si morse il labbro inferiore e poi distolse lo sguardo da quello del suo
interlocutore, che nel frattempo aveva incrociato le braccia e si era poggiato
al muro in attesa di una risposta.
“Sto aspettando, Granger” l’ammonì lui, “Oppure dal tuo silenzio devo dedurre
che ho ragione?”
Hermione si torturò le dita e se le fissò con interesse, poi si rese conto di
una cosa. La partita non era chiusa, anche lei aveva il suo asso nella manica.
“Ho scoperto il tuo segreto”
“Io non ho nessun segreto” la sbeffeggiò lui sorridendo ironico.
Hermione sollevò gli occhi su di lui, fissandolo con una sincerità disarmante.
“Ho visto il Marchio Nero”.
Malfoy spalancò gli occhi.
Afteryouread:
MUAHAHAHA sono stronza ù_ù sì lo
so, ditemelo pure ù_ù
Ma non potevo continuare, altrimenti che gusto c’era? La suspense è una cosa
fantastica, personalmente mi fa morire XD (anche se di solito gli autori che mi
lasciano con un punto interrogativo alla fine del capitolo mi mandano in bestia
v.v)
Non ho nulla da dire *.* Anzi, sì, solo una piccola cosa, in effetti:
all’inizio non era previsto tutto questo dramma ò_ò voglio dire, la Polisucco
era un modo per far avvicinare i futuri piccioncini in modo quasi comico, ma alla
fine si è trasformato tutto in una tragedia perché Hermione ha visto il Marchio
Nero ._.’ Non era voluto, ha fatto tutto da sola >_>’ Vi è mai capitato
che i personaggi ad un certo punto inizino ad agire per conto loro? Bene, è
successo questo XD
Ok, ora vi saluto, sperando che il capitolo sia stato di vostro gradimento!
Grazie mille a chi recensisce e mi fa sapere cosa ne pensa <3 e grazie anche
a chi legge solamente, preferisce, ricorda e segue!
Bacini!
Cosa? Rimase stordito.
Traumatizzato, quasi, da quello che gli aveva appena detto la Granger.
Non poté fare a meno di distogliere lo sguardo e sentì le forze venire
meno;Draco fu costretto ad abbandonarsi
quasi completamente addosso alla parete che aveva alle spalle, rischiando
oltretutto di scivolarle addosso. Lo sa. La Granger lo sa. L’ha scoperto.
Ecco il motivo per cui era fuggita così di volata quando lui aveva cercato di
spingerla sul letto. Ora che ci pensava, in effetti, lei gli aveva scoperto un
po’ l’avambraccio sinistro…
Cercò di riprendersi in fretta e gettò un’occhiata a Hermione, che lo fissava
silenziosa ma con un’espressione quasi spaventata sul volto.
Si rimise in posizione eretta tentando di controllare il tremore della mano
sinistra e il suo cervello iniziò a lavorare freneticamente. Mi ucciderà, pensò. Mi ucciderà sicuramente. Non ho fatto quello
che mi aveva chiesto, sono finito. Hermione non osò aprire bocca, ma si ritrovò a fissare il suo interlocutore
con uno sguardo ormai carico di aspettative: voleva che dicesse qualcosa e a
quel punto qualunque cosa sarebbe andata bene.
Draco sollevò gli occhi verso Hermione e si ritrovò il suo sguardo puntato
addosso, e non gli piacque. Il petto che le si alzava e abbassava velocemente,
le labbra tese in una linea orizzontale, le sopracciglia aggrottate e le narici
un po’ dilatate. No, decisamente non gli piacque.
L’afferrò con velocità per il braccio, la spinse contro il muro occupato poco
prima da lui ed estrasse la bacchetta, puntandogliela alle costole.
“Gliel’hai detto, vero?” sibilò con gli occhi ridotti a due fessure; la mano
che teneva la bacchetta ormai tremava quasi incontrollatamente e le vene sulla
fronte guizzarono fuori come se stesse facendo un enorme sforzo.
Hermione, che si era lasciata scappare uno strillo, rimase inchiodata al muro
con gli occhi spalancati, un braccio di Malfoy che le bloccava la fuga a
sinistra e la bacchetta che la teneva schiacciata contro la parete.
Sperò con tutte le sue forze di veder arrivare qualcuno in Biblioteca, ma le
sue preghiere non furono esaudite.
Nonostante questo, però, la paura scomparve qualche secondo dopo perché si rese
conto che in quel momento la persona veramente spaventata non era lei.
L’espressione di Malfoy la diceva lunga.
Aprì piano la bocca per rispondere, ma poi si fermò a riflettere: Malfoy a chi
si stava riferendo? A Harry? A Silente?
Si diede della stupida. Era ovvio che si stesse riferendo ad Harry.
Improvvisamente, si ritrovò indecisa su cosa rispondere. Doveva rendergli noto
quant’era stata ingenua a tenere quel segreto per sé oppure avrebbe dovuto
metterlo fuori gioco, facendo finta di averne parlato ai suoi amici?
Poi le vennero in mente le parole di Silente.
Non bisognava mettere Draco con le spalle al muro.
Sospirò, ritirando la pancia per evitare che la bacchetta le perforasse le
costole, poi ricambiò il suo sguardo con decisione.
“No” rispose.
Quella sillaba sortì uno strano effetto su Draco. Si immobilizzò sul posto come
se fosse stato colpito dall’Incantesimo delle Pastoie.
Non si mosse per qualche secondo e anche il suo sguardo sembrava perso nel
vuoto, mentre ricambiava quello di Hermione.
Poi si allontanò, piano, e anche se non voleva darlo a vedere era davvero
spiazzato.
“Perché?” chiese con la voce che tremava appena. “Perché?” ripeté, stavolta
usando un tono di voce più sicuro e quasi sprezzante, anche se ormai aveva
capito che non poteva proprio permetterselo. Ma, dopotutto, le abitudini sono
vecchie a morire e lo sapeva anche lui.
Hermione si scostò dalla parete e si massaggiò le costole, fissandolo dal basso
verso l’alto.
“Non ti riguarda” rispose cercando di sorpassarlo. Non voleva passare con lui
un secondo di più, ma fu costretta a bloccarsi quando sentì la mano di Malfoy
chiudersi sul suo polso.
“Ti ho fatto una domanda, Granger” ringhiò, stringendo forte. Hermione girò la
testa e gli gettò un’occhiataccia.
“Cosa fai, tocchi una sporca Mezzosangue?” lo colpì in pieno con quella domanda
e Draco la lasciò andare immediatamente, come se si fosse appena scottato.
Hermione, soddisfatta, tornò al suo tavolo e prese a radunare le sue cose per
sistemarle nella borsa, ma il secondo dopo si trovò davanti di nuovo
quell’insistente Serpeverde.
Draco sbatté entrambe le mani sul tavolo e ringhiò forte.
“Rispondimi!”
Hermione, facendo appello a tutta la sua calma – perché in quel momento
rifilargli uno schiaffo come aveva fatto al terzo anno non sarebbe stata una
cattiva idea –, sfilò da sotto una delle mani di Malfoy il libro di Pozioni e
lo infilò a forza nella borsa, ignorando il tono autoritario con cui le aveva
ordinato di rispondere.
Si voltò per andare via, non voleva rimanere lì un minuto di più ma, per
l’ennesima volta, la sua piccola fuga fu bloccata.
Malfoy le sfilò la borsa dalla mano e la lanciò da una parte, spargendone tutto
il contenuto.
“Ti ho detto di rispondermi!” tuonò, ormai fuori di sé. Quella maledetta lo
stava mandando ai matti. Perché non aveva raccontato ai suoi amichetti quello
che aveva scoperto? Se lui fosse stato al suo posto l’avrebbe sbandierato ai
quattro venti nell’arco di una decina di secondi. Come quando aveva scoperto
dell’Incantesimo Confundus e della Pozione Polisucco, si era già preparato
tutto il suo bel discorsetto da fare al Preside e a Piton, e invece…
Hermione gettò una veloce occhiata alla cartella aperta e sbuffò.
“Vuoi sapere perché non gliel’ho detto?” chiese. Malfoy annuì, pallido.
“Perché non credo sia il caso che Harry lo sappia. E perché voglio scoprire che
cos’hai in mente”
“Non ti conviene immischiarti, Granger” rispose lui di getto, ringhiando, e
Hermione sollevò le sopracciglia.
“E perché?”
“Potresti farti male”
“E allora?” chiese lei incrociando le braccia. “Non è quello che hai sempre
voluto? Non hai forse sperato che il mostro di Serpeverde uccidesse me, al
secondo anno? E non ti sei rammaricato del fatto che sia uscita viva
dall’Ufficio Misteri o dal mio ultimo scontro con la Parkinson?”
Draco non seppe cosa rispondere. Aveva ragione, e odiava quella cosa. Lui doveva avere ragione, non quella sporca
MezzaBabbana.
“Quindi perché mi metti in guardia? Hai l’occasione di liberarti di me,
approfittane” continuò imperterrita Hermione, avanzando di un passo.
Malfoy si ritrovò a spostare leggermente il corpo all’indietro, e il secondo
successivo si diede dell’idiota.
Cos’era, si stava facendo intimidire da una ragazza? Da quella ragazza in
particolare, poi?
Hermione sorrise impercettibilmente, capendo che lo stava mettendo in
difficoltà. Era una bella vendetta, dopo tutto quello che lui le aveva fatto
passare.
Senza aggiungere altro, andò a recuperare la borsa, sistemò tutto il suo
contenuto e poi se ne andò senza voltarsi indietro.
Malfoy rimase impalato, gli occhi sgranati fissi nel punto in cui prima si
trovava Hermione Granger.
Si poggiò una mano sul petto e sentì che il respiro cominciava a mancargli, la
cravatta stava cominciando a stargli stretta.
Doveva andarsene da lì.
Si costrinse a muovere i piedi uno dopo l’altro e si trascinò via diretto verso
la Sala Comune dei Serpeverde.
*
Passarono tre settimane da quel giorno, ed Hermione poté
notare una certa indifferenza da parte di Malfoy nei suoi confronti.
La cosa non la stupì minimamente, ma dovette ammettere che preferiva avere
scontri con lui come al solito – scontri in cui lei lo offendeva facendo riferimenti
a furetti bianchi e ballonzolanti e lui la insultava riguardo alle sue origini
-, almeno in quel modo avrebbe saputo cosa gli passava per la testa.
In quei venti giorni, invece, Malfoy l’aveva evitata come la peste. Durante le
lezioni e i pasti aveva perso quella sua aria beffarda con cui guardava tutti e
teneva la testa china sul banco o sul tavolo.
Per il resto del tempo – che fosse un allenamento di Quidditch o anche un’ora
buca – Malfoy spariva completamente dalla circolazione.
Hermione si ritrovò a pensare, ben presto, che probabilmente avrebbe fatto bene
a seguirlo per vedere cosa stava combinando, ma non aveva mai espresso questi
suoi dubbi con Ron ed Harry, avendogli nascosto l’evento principale che aveva
caratterizzato la sua vita nelle ultime tre settimane.
Dal canto suo, Harry smise di parlare di Malfoy e del suo Marchio, ma Hermione,
osservandolo bene, notò comunque che ogni tanto prendeva a fissarlo con uno
sguardo morboso carico di curiosità e, a volte, si stupì di vedere quello stesso
sguardo rivolto a qualcuno di impensabile.
Ogni qual volta Ginny Weasley entrava nel campo visivo di Harry, quest’ultimo
sembrava diventare tutta un’altra persona, e la cosa le dette da pensare
parecchio.
Avevano già abbastanza casini senza che Harry si mettesse a litigare con Dean
perché gli piaceva la sua ragazza.
E, a proposito di ragazze, Hermione aveva notato anche la neonata e costante
presenza di un’altra persona, che stavolta però lei non gradiva affatto.
Lavanda Brown si era accollata a Ron come una cozza allo scoglio e lo pedinava
per i corridoi, lo chiamava continuamente in Sala Comune e la maggior parte
delle volte prendeva posto con lui ai banchi durante le lezioni, cosa che aveva
fatto storcere le bocche di Hermione, ma anche di Harry.
“Ma cosa dovrei fare?” esclamò Ron una sera abbandonandosi sul divano davanti
al camino. “Non posso mica mandarla via, no? Non sarebbe carino”
“Sai cosa non è carino?” gli rispose Hermione accarezzando Grattastinchi che
era acciambellato sulle sue gambe, “Non stare allo stesso tavolo dei tuoi
migliori amici solo perché non sai dire un semplice no a Lavanda”
Harry, le braccia incrociate, annuì convinto. Anche lui la vedeva in quel modo,
soprattutto perché Lavanda non gli era mai piaciuta molto, o meglio – se doveva
essere sincero – non l’aveva mai considerata molto. Il semplice fatto che si
fosse attaccata così morbosamente a Ron, comunque, era sospetto.
Ovviamente aveva tenuto tutti quei dubbi per sé. Se solo avesse osato rivelarli
all’amico, era certo che lui avrebbe iniziato ad agitarsi dicendo cose del tipo
“perché deve esserci qualcosa sotto? Può darsi che io le piaccia, no? Non deve
esserci per forza qualcosa sotto, no?!”
Ben lungi da voler sentire quel tipo di lamenti, Harry aveva tenuto la bocca
chiusa, ma riguardo a lui era stato Ron a fargli una tiritera lunga quando una
lezione di due ore di Difesa Contro le Arti Oscure.
“Romilda Vane!” gli aveva detto Ron puntandogli un dito contro. “Sono sicura
che le piaci, Harry, devi vedere come ti guarda quando le cammini davanti! E
anche le sue amiche, voglio dire…”
Harry aveva troncato quel discorso sul nascere perché nessuno a parte Ginny
risvegliava il suo interesse, ma si era ficcato un pugno in bocca nel tentativo
di tenerla ben chiusa e soprattutto con tutti i denti a posto.
Era sicuro che se avesse confessato a Ron quel che stava cominciando a provare,
se ne sarebbe ritrovati una manciata in mano.
“Beh… ok, le parlerò” concesse infine Ron, esausto da quella conversazione
durata solo qualche minuto. Da un po’ di tempo parlare con Hermione lo metteva
un po’ a disagio; gli occhi indagatori e accusatori di lei gli si puntavano
addosso un po’ troppo spesso per i suoi gusti, soprattutto quando lui stava
insieme a Lavanda lei gli lanciava delle occhiate cariche di risentimento.
Grattastinchi balzò giù dalle gambe di Hermione e se ne andò via, soffiando in
direzione di Ron e condividendo, a quanto pareva, lo stesso stato d’animo della
sua padrona.
“Sicura che Grattastinchi non sia femmina?” domandò Ron voltando la testa per
osservare la coda cespugliosa del gatto che ondeggiava a destra e sinistra
mentre lui se ne andava.
Hermione rispose a quella frecciatina con uno sguardo omicida che fece
ammutolire immediatamente Ron, che si tuffò nella propria borsa per pescare la
bacchetta.
Poco dopo Harry e Hermione capirono che Ron si era lanciato nel suo ripasso
personale degli incantesimi non verbali perché lo videro stringere le labbra
concentrato e farsi sempre più rosso ogni secondo che passava.
Harry gettò un’occhiata ad un’adombrata Hermione, che teneva le braccia
incrociate e sembrava aver preso sul serio la storia di Lavanda Brown.
Harry si sentì a disagio. Sapeva che prima o poi Ron e Hermione si sarebbero
messi insieme, e invidiava il rapporto che avevano. Nonostante i litigi era
palese a tutti – tranne a loro e a Lavanda a quanto pareva – che provavano un
profondo affetto ricambiato, e sì, era invidioso. Era invidioso perché anche a
lui sarebbe piaciuto avere un rapporto così con qualcuno, e il suo pensiero
corse immediatamente a Ginny. Ricordò il loro ritorno ad Hogwarts; aveva avuto
uno schiaffo morale non indifferente. Si era talmente tanto abituato a passare
l’estate con Ginny che quando erano arrivati all’espresso per Hogwarts e lei si
era volatilizzata per andare da Dean, lui ci era rimasto un po’ male.
All’inizio aveva imputato quel disagio al fatto di essere rimasto solo: Ron e
Hermione erano andati nel vagone dei Prefetti e lui si era ritrovato solo, poi
aveva trovato compagnia in Luna e Neville.
Una volta arrivato ad Hogwarts, però, e con il passare dei giorni, si era reso
conto che quel fastidio non era diminuito neanche un po’ e allora si era
intestardito nel metterlo a tacere.
Era la sorella del suo migliore amico, impegnata con un suo altro amico per di
più. Cosa gli stava passando per la testa?
“Io vado a dormire” annunciò Hermione all’improvviso, alzandosi dalla poltrona
con un piccolo sbadiglio.
“’Notte, Hermione” le augurò Harry con un gran sorriso. Lei lo ricambiò e
attese il saluto di Ron, che arrivò sottoforma di cenno della mano perché, a
quanto sembrava, era ancora impegnato a lanciare incantesimi non verbali per la
stanza.
Hermione sparì su per le scale del dormitorio femminile e Harry, notando che
ormai erano passate le undici, decise che era meglio seguire l’esempio
dell’amica.
Il giorno dopo avrebbero avuto un allenamento la mattina presto e doveva essere
riposato, in quanto Capitano della squadra.
“Vado anche io, Ron” si alzò e lo afferrò per un braccio, tirandolo. “E vieni
anche tu, domani mattina ci alleniamo, no?”
Ron spalancò gli occhi, chiaro segno che aveva completamente dimenticato
l’allenamento di Quidditch del mattino successivo.
Ficcò la bacchetta nella borsa e l’afferrò, seguendo Harry su per le scale.
*
I primi giorni di
Novembre portarono con sé freddo e pioggia, e gli allenamenti di Quidditch non
furono più così entusiasmanti come lo erano stati all’inizio.
La Squadra messa insieme da Harry era a dir poco perfetta e affiatata –
eccezione fatta, a volte, per la discontinuità di fiducia che Ron aveva in se
stesso – e inizialmente allenarsi era stato stimolante e divertente, ma con il
passare dei giorni e il peggiorare del tempo, non era più un piacere montare
sulle scope con la pioggia che li inzuppava da capo a piedi e il vento che gli
ghiacciava anche le ossa.
Hermione, casualmente, si era ritrovata un paio di volte a passare davanti gli
spalti dello stadio durante l’allenamento dei Serpeverde, ma ormai il suo
dubbio era divenuto certezza: Malfoy aveva abbandonato la Squadra, probabilmente
per dedicarsi ad altro.
Ogni volta che si ritrovava a pensare a quella situazione, provava una forte
morsa allo stomaco. Harry aveva sempre avuto ragione su Malfoy, e aveva anche
avuto ragione sul fatto che una volta scoperta la verità, lei si sarebbe incuriosita
e avrebbe voluto scavare più a fondo.
Ed era quello che aveva fatto nelle tre settimane appena passate, ma non aveva
cavato un ragno dal buco a causa della muoversi furtivo di Malfoy.
Aveva le mani legate e vuote, oltretutto. Si sentiva sconsolata.
Harry scese nella Sala Comune sbadigliando e vide la chioma cespugliosa di
Hermione spuntare dal solito divano.
Si avvicinò stiracchiandosi e gettò un’occhiata alla Gazzetta del Profeta che
stava leggendo, mentre in realtà la mente di Hermione era concentrata su
tutt’altro.
“Qualcosa di brutto?” domandò Harry, ed Hermione saltò su con uno strillo.
“Harry! Mi hai spaventata!” sbottò, posandosi una mano sul cuore martellante.
Harry accennò un sorriso e prese la Gazzetta, l’attenzione subito catturata da
un titolo seminascosto in prima pagina.
Spalancò gli occhi e lasciò cadere a terra la borsa, un libro scivolò fuori.
Hermione notò che era la copia di Pozioni
Avanzate che Harry aveva rubato dalla libreria. La guardò con disappunto.
“Stan?” domandò Harry, incredulo, afferrando il giornale con entrambe le mani.
Sfogliò fino a trovare la pagina giusta e lesse l’articolo – piuttosto corto a
dire il vero – adornato da una foto gigantesca di uno Stanley Picchetto
rinchiuso in una delle prigioni di Azkaban.
“Ma a che gioco stanno giocando?!” esclamò inviperito, ripensando al ragazzo
simpatico che aveva conosciuto sul Nottetempo solo tre anni prima. Di certo non
aveva l’aria del Mangiamorte.
“Arrestare Stan…”
Hermione, che aveva spalancato gli occhi insieme a lui, si fermò per
riflettere.
“Penso che per il Ministero sia meglio far sapere che fanno qualcosa –
sbagliato, certo, ma pur sempre qualcosa”
“Bello” mormorò Harry, scorrendo velocemente le altre pagine per cercare altre
notizie del genere o, per lo meno, qualcosa che potesse risollevare il suo
umore.
Non trovò nulla.
Gettò la Gazzetta sul divano e si chinò a raccogliere il libro di Pozioni e la
borsa.
“Ancora quel coso?” chiese Hermione gettandogli un’occhiata. Harry annuì
distrattamente con la testa e aprì il libro a una pagina ben definita. Levicorpus. Aveva letto quella formula da due giorni ormai, ma non aveva mai avuto
occasione di provarla e la curiosità si era fatta sempre più forte.
Sfogliò qualche altra pagina e trovò un’altra scritta scarabocchiata. Muffliato.
Quello funzionava, l’aveva provato una volta con Ron durante la lezione di
Incantesimi. Era un particolare incantesimo che riempiva con un ronzio le
orecchie delle persone in modo che non sentissero quello che Harry diceva. Lo
aveva usato quando Hermione era furiosamente impegnata a prendere appunti sulla
lezione; se l’avesse visto lo avrebbe mangiato vivo.
Hermione si avvicinò e cercò di sbirciare sul libro, ma Harry lo richiuse con
un colpo secco. Se Hermione avesse letto che c’erano anche degli incantesimi
avrebbe ricominciato con la sua tiritera e non aveva certo voglia di
ascoltarla.
Ron ebbe un ottimo tempismo.
Spuntò all’improvviso dalle scale del dormitorio e si trascinò verso Harry e
Hermione, gli occhi socchiusi dal sonno e il passo strascicato.
“Buongiorno, Ron” lo salutò Hermione con un sorriso. Lui sollevò una mano in
segno di saluto e lei gonfiò le guance come un criceto. Poteva anche sprecarsi
a dirle due parole.
Si lasciò cadere sul divano davanti a Harry.
“Non facciamo colazione?”
“Sì” rispose lui, alzandosi. Ron lo seguì a ruota e tutti e tre si
precipitarono a fare colazione, Ron in testa al gruppo, più affamato che mai.
Usciti dal buco del ritratto, Hermione notò con enorme disappunto un gruppetto
di Grifondoro del terzo e quarto anno che guardavano nella loro direzione e
ridacchiavano ripetutamente. Odiava le ragazze che si comportavano come oche,
non capiva il motivo di tanta stupidità.
Accelerò il passo e, proprio mentre voltava l’angolo prima di Ron e Harry,
sentì una voce chiamare quest’ultimo.
Si bloccò e si affacciò dietro l’angolo, vedendo una ragazza – era quasi certa
si chiamasse Romilda Vane – che si avvicina a Harry con il volto congestionato,
mormorava qualcosa e gli ficcava in mano una scatola di Cioccalderoni al Whisky
Incendiario.
Harry era chiaramente a disagio, si vedeva lontano un miglio, ma non rifiutò.
Ringraziò Romilda – Hermione era anche sicura del fatto che Harry non sapesse
chi fosse con certezza – e tornò da Ron e Hermione.
“Sempre al centro dell’attenzione, eh?” commentò Ron, ma Harry fu felice di non
sentire neanche un pizzico di rancore nella sua voce. Troppe volte, dopotutto,
Ron era stato geloso di lui e di quello che gli succedeva e quella cosa non gli
era mai piaciuta granché.
Arrivarono nella Sala Grande ed Harry infilò in borsa la scatola di
Cioccalderoni, si sedettero e iniziarono a fare colazione.
Mezz’ora dopo erano tornati nella Sala Comune: era sabato, e oltre ai compiti
non avevano nulla da fare. Non c’erano allenamenti né gite in programma – il
tempo, comunque, non l’avrebbe permesso – e Hermione aveva proposto
allegramente una giornata di studio e ripasso. Ron e Harry avevano declinato
con una smorfia e si erano lanciati in una sfida a Sparaschiocco. Hermione li
aveva fulminati e aveva iniziato a puntare la bacchetta contro ogni cosa
immobile per la stanza, trasformando tutto in fastidiosi uccellini
cinguettanti.
Qualche minuto dopo altre persone entrarono nella Sala Comune, e verso le
undici arrivò anche Ginny che stringeva in mano un foglio di pergamena tutto
spiegazzato.
Si avvicinò a Harry e glielo porse.
“Lumacorno ha organizzato una cena con i suoi pupilli. Come sul treno” si voltò
verso Hermione e le fece cenno di avvicinarsi; l’amica ripose la bacchetta
nella borsa e si avvicinò per ascoltare.
“Devi venire anche tu, Hermione, mi ha detto di chiedertelo”
“Una cena? E… per fare cosa?” domandò curiosa. “E perché vuole anche me?”
“Non ne ho idea” fece spallucce Ginny. Harry sollevò gli occhi dal foglio e
guardò l’amica.
“Forse perché sei spiccata particolarmente durante le sue lezioni” disse, e
Hermione, inizialmente lusingata, si adombrò subito.
“Non sono io a spiccare” rispose, piccata. “Sei tu che spicchi imbrogliando,
Harry”
Harry lasciò correre quella frase e scosse la mano, poi si rivolse a Ginny.
“Tu ci vieni?”
“Penso di sì” rispose Ginny. “Giusto per passare una sera diversa”
Dentro di sé Harry si aprì in un gran sorriso. Ginny sarebbe andata, forse
potevano andare insieme, magari Hermione poteva raggiungerli dopo…
“Divertitevi” disse Ron all’improvviso, incrociando le braccia. Si stava
sentendo escluso e la cosa non gli piaceva affatto.
Hermione, Ginny e Ron si voltarono verso di lui.
“Potrei chiedergli se possiamo portare qualcuno…” azzardò Hermione, ma Ron si
alzò di scatto dalla sedia, sibilò un “non preoccupatevi, godetevi la vostra
preziosa cenetta” e uscì dalla Sala Comune.
Hermione rimase a bocca aperta e Harry tentò di dirle qualcosa, ma lei non gli
diede il tempo di dire nulla.
Strillò un “Io non lo capirò mai!” e scappò su per le scale del dormitorio
sotto gli occhi esterrefatti di Harry e Ginny.
“Riusciranno a passare due giorni senza discutere, quei due?” si chiese Harry
mentre Ginny prendeva posto di fronte a lui.
“Mio fratello è un idiota” si limitò a rispondere lei, tirando fuori da un
cassetto una scatola di Scacchi Magici. La indicò ad Harry, che sorrise, e
iniziarono a giocare.
*
Quella sera, la Sala Comune era gremita di Grifondoro che si
annoiavano. Nessuno aveva niente da fare e, soprattutto, nessuno aveva voglia
di studiare. L’unica eccezione era Hermione, ovviamente, che se ne stava seduta
per terra con la schiena poggiata al divano, le gambe incrociate e un enorme
libro di Antiche Rune poggiato sopra. Accanto a lei era aperto un enorme
Dizionario Runico da cui stava leggendo alcune parole, segnandole su una
pergamena poggiata lì accanto.
Harry era seduto e sfogliava il suo Pozioni
Avanzate: aveva trovato un altro incantesimo, il Sectumsempra, e accanto c’era una piccola annotazione che diceva
“contro i nemici”. Aveva già avuto un paio di idee di nemici su cui usarlo, ma
come per il Levicorpus, non aveva
avuto tempo né occasione.
Ron giocherellava con la bacchetta, facendo levitare una piuma che aveva tirato
fuori dalla borsa. Almeno l’incantesimo di Levitazione gli riusciva bene.
Harry si chinò a frugare nella propria borsa ed estrasse la scatola di
Cioccalderoni, poggiandola sul tavolino basso. Ron l’afferrò e se la rigirò tra
le mani, curioso.
“Non li mangi?” domandò, e Harry scrollò le spalle mentre Hermione sollevava la
testa per guardarli.
“Non mi piacciono, se li vuoi prendili”
Gli occhi di Ron si illuminarono e scartò la scatola, prese uno dei dodici
Cioccalderoni messi in file da tre e lo portò alle labbra.
Storse la bocca.
“Ha uno strano odore” disse perplesso.
Hermione si sporse per toglierglielo dalle mani – Harry fu lieto di vedere che
avevano appianato le divergenze. Alla fine, la reazione di Ron riguardo alla
cena di Lumacorno era solo per pura gelosia, ed Hermione sembrava aver capito
che non ce l’aveva con lei in prima persona – e lo annusò, sbuffando il secondo
dopo.
“Forse sono andati a male” disse, allontanandolo subito. “O forse è l’odore del
Whisky Incendiario…”
“Meglio non rischiare, comunque” disse Harry prendendolo e poggiandolo di nuovo
al suo posto nella scatola. La richiuse e la infilò in borsa.
Ron spalancò gli occhi come se gli avessero tolto duecento Galeoni da sotto gli
occhi, ma non disse nulla.
Verso mezzanotte, Harry e Ron salirono al dormitorio dopo aver finito un lungo
e complicato tema di Trasfigurazione. Hermione era stata così clemente da dare
loro una mano, correggendo gli errori che facevano man mano, ma alla fine le
pergamene erano talmente tanto scarabocchiate che avevano dovuto ricopiare il
tutto su delle pergamene nuove.
Hermione era andata a letto già da un’ora quando Harry e Ron si stesero a
braccia aperte sui loro letti, gli occhi stanchi e i muscoli delle mani destre
indolenziti.
Neville, Dean e Seamus stavano già dormendo silenziosi nei loro letti, le tende
dei baldacchini chiuse ermeticamente.
“Devo svuotare la borsa” disse Harry a voce bassa, alzando il busto.
“Perché?”
“L’altra notte si è aperta la boccetta di inchiostro e si è sparso ovunque. Per
fortuna sono riuscito ad aspirarlo tutto, ma non mi va di rischiare ancora”.
Scese dal letto e prese la borsa, iniziando a tirare fuori tutto il suo
contenuto.
Posò la scatola di Cioccalderoni sul letto e ripose nel baule i libri, le
pergamene, l’inchiostro e le piume.
Ron si alzò a sua volta e si spogliò, infilandosi i pantaloni del pigiama.
Prima di prendere la maglia, però, si sporse sul letto di Harry, afferrando la
scatola.
“Secondo me è il Whisky che dà quell’odore… Non possono essere scaduti”
“Allora serviti pure” rispose Harry. Sapeva quanto Ron fosse goloso e anche lui
sospettava che fosse impossibile che erano scaduti, dopotutto gli erano stati
regalati quel giorno e da quello che sapeva nessuno voleva avvelenarlo. Beh,
nessuno tranne i Mangiamorte, e quelle stupide ragazzette del terzo anno erano
troppo sceme per essere ai servizi di Voldemort.
Ron gioì e aprì la scatola, prese un cioccolatino e se lo ficcò in bocca senza
troppi complimenti.
“Ottimi” disse, prendendone un altro. Allungò la scatola verso Harry.
“Ne vuoi uno?”
“Un Cioccalderone della mia scatola?”
accennò un sorriso scettico, poi agitò una mano in segno di diniego.
Due minuti dopo, Ron si cacciò in bocca il quarto Cioccalderone, e il secondo
dopo lasciò scivolare la scatola a terra.
Harry si voltò verso di lui, aveva sentito il tonfo.
“Ron?”
L’amico scese dal letto e corse verso la porta del dormitorio con gli occhi di
Harry puntati addosso.
“Dove vai?” chiese curioso, vedendo che comunque era a petto nudo e di certo
non poteva andare in giro a quel modo. “Hai dimenticato qualcosa di sotto?”
“Devo dirglielo!” esclamò Ron con veemenza, sparendo giù dalle scale.
“Cosa?” domandò Harry saltando giù dal letto e raggiungendolo. Lo vide che
spariva giù per la scala a chiocciola e gli corse dietro. Lo afferrò per un
braccio mentre Ron spiccava un abile salto verso le scale che conducevano a…
“Il dormitorio delle ragazze?! Ron, che stai facendo?”!
“Devo dirglielo!” rispose lui gesticolando e agitandosi per liberarsi dalla
presa di Harry.
“Dire cosa? A chi?!”
“A Hermione!” sbottò lui con gli occhi luminosi, come se fosse una cosa ovvia.
Sospirò e si voltò a guardare Harry, un’espressione ebete sul viso.
“Devo dirle che la amo!”
After you read:
BUAHAHA XD Ok mi sono divertita troppo a scrivere questo pezzo, come mi sono
divertita a scrivere l’inizio del capitolo 8 v.v povero Ron XD
Che ne pensate? Lo so che, pur essendo una Dramione, Draco compare poco poco,
ma non mi pare il caso di affrettare le cose e farli schiantare l’uno tra le
braccia dell’altro così, senza un apparente avvicinamento, no? In effetti temo
che questa storia sarà un po’ lunghina ._.’ me ne accorgo quando sento
l’ispirazione e scrivo pezzi del tipo *censura* che avverranno nel capitolo
mille ben dopo l’inizio della ricerca degli Horcrux XD Che tragedia T__T
Dunque ò_ò aspettavate tanto l’inizio del capitolo, visto come vi ho lasciati
in quello precedente… Com’è andata? Delusi? xD
Spero che questo Draco e questa Hermione che sto descrivendo non siano OOC -.-‘
(anche Harry e Ron, ovviamente, insieme a tutti gli altri personaggi, ma Draco
e Hermione al momento mi premono di più) se c’è una cosa che detesto sono le
storie OOC, i personaggi devono rimanere quelli che sono e per ora mi pare di
starci riuscendo è_é fatemi sapere è___è
Ok, ho finito *W* al prossimo aggiornamento! *w*
Eeeee grazie ovviamente a tutti voi *O*
E voi, che mi fate sempre sapere cosa ne pensate, siete puro amore <3
Salve a tutti, bella gente *___*
Allora, un piccolo annuncio prima che leggiate!
Innanzitutto, grazie per il supporto morale di tutti voi e grazie per tutto
quello che mi scrivete nelle recensioni *.* Anche vedere la storia così seguita
da tanto persone (57 ò___ò *muore*) è una cosa bellissima per me ç.ç *commossa*
Come seconda cosavorrei dire una cosa
sulla storia: Non avendo nessuna idea – e neanche la Rowling dà nessuna
delucidazione al riguardo – ho inventato di sana pianta ciò che riguarda
l’Amortentia. Visto che sappiamo solo di cosa odora e come esce il fumo (a
spirali) e qual è il suo colore, e soprattutto che dà un effetto di ossessione
e non di amore vero e proprio, ho deciso di fare di testa mia, inventando tutto
tutto.
Dunque vi lascio al capitolo *-* Grazie mille per tutto!
8. Amortentia & Bezoar
“Torna qui!” Harry se lo lasciò sfuggire dalle dita e Ron
corse come un forsennato verso le scale del dormitorio femminile. Salì giusto i
primi gradini quando questi si trasformarono in uno scivolo ripido, e Ron
ruzzolò giù e finì per terra con le gambe all’aria.
Ma non sembrava molto turbato. Sorrideva in una maniera che fece venire a Harry
la voglia di prenderlo a schiaffi per farlo rinsavire, ma dopotutto, pensò, Ron
non era in sé.
Evidentemente quei Cioccalderoni erano stati riempiti con una pozione d’amore o
qualcosa del genere. In effetti era strano che una ragazza con cui non aveva
mai parlato gli avesse fatto un regalo così all’improvviso.
Lo aiutò ad alzarsi e lo trascinò via da lì, di nuovo su per le scale del
dormitorio giusto.
“Hermione dorme adesso, non vorrai mica svegliarla”
Ron si rivolse a lui con uno sguardo da pesce lesso.
“Giusto, giusto! Deve riposare, la mia Hermione!”
Harry lo lasciò andare e lo vide schiantarsi sul letto, afferrare il cuscino e
stritolarlo tra le braccia. Non riuscì a reprimere una risata. Nonostante fosse
sotto il probabile effetto di un filtro d’amore, quella cosa lo stava
divertendo.
Non vedeva l’ora di vedere la reazione di Hermione il giorno dopo, quando si
sarebbe accorta di un Ron un po’ troppo espansivo verso di lei.
“Ora dormi o domani non riuscirai ad alzarti”.
Harry si infilò sotto le coperte e Ron lo imitò, gongolando e facendo le fusa
come un gatto.
La mattina successiva, quando Harry aprì gli occhi, il suo sguardo corse
immediatamente al letto di Ron. Non si stupì affatto di trovarlo completamente
vuoto.
Balzò giù e inforcò gli occhiali, cercando di appiattirsi i capelli sulla
fronte con il palmo della mano. Gli ci volle qualche secondo per mettere a
fuoco la stanza, e alla fine lo notò.
Ron era seduto davanti alla finestra, le gambe incrociate e le mani aperte a
sorreggere il mento.
Gli si avvicinò richiamando la sua attenzione con un sonoro sbadiglio e Ron si
voltò, un enorme sorriso sul viso ma allo stesso tempo un paio di borse sotto
gli occhi per niente invidiabili.
“Ma… Hai dormito?” chiese Harry sicuro della risposta.
“E come potevo?!” esclamò Ron tutto agitato, alzandosi e poggiando la testa
alla parete lì accanto. “Come posso dormire quando so che lei è al di là di
questa parete? Harry… io la amo!”
“Sì, sì” rispose lui sventolando la mano, e solo in quel momento si rese conto
di com’era vestito Ron.
Indossava la divisa, ma la camicia non sporgeva fuori come sempre, era
sistemata nei pantaloni, i bottoni erano tutti allacciati – compresi quelli
delle maniche, che lui odiava tenere chiusi – e a quanto pareva si era
pettinato i capelli. Gli ricordò un po’ Hagrid quando si era vestito e
pettinato di tutto punto per l’incontro segreto con Madame Maxime, al quarto
anno.
Riuscì a malapena a soffocare una risata quando sentì i rumori degli altri
compagni di stanza che si stavano svegliando.
Dean e Seamus sbucarono dai loro baldacchini e sbirciarono per vedere di chi
erano quelle voci, e Neville si impigliò nelle tende e rovinò a terra sotto i
loro sguardi.
“Buongiorno!” li salutò Ron, sfrecciando verso di loro e superandoli.
“Bellissima giornata, vero?”
Dean gettò un’occhiata alla finestra: la tempesta era imminente, il cielo era
carico di nuvoloni neri pronti a dichiarare guerra.
Harry gli fece spallucce e si portò un dito alla tempia, facendolo roteare. Per
il momento era meglio non far sapere a nessuno che Ron aveva probabilmente
ingerito un filtro d’amore. L’avrebbe portato da Lumacorno e lui avrebbe
sistemato tutto con un antidoto, ne era sicuro.
Si preparò in tutta fretta e corse di sotto mentre ancora si infilava le
scarpe, scapicollandosi giù dalle scale per controllare che Ron non facesse
qualche danno.
Lo trovò nella Sala Comune, in piedi vicino al buco del ritratto,
un’espressione estremamente felice sul viso. Sembrava un bambino a cui era
stato detto che il Natale sarebbe arrivato in anticipo.
Passò qualche secondo e dalle scale del dormitorio femminile spuntò Hermione.
Sembrava di buon umore, saltò l’ultimo gradino a piedi pari e la gonna svolazzò
davanti agli occhi di Ron, che subito si illuminarono di una luce vivissima.
Spiccò una corsa verso Hermione, le urlò nelle orecchie un “Buongiorno
bellissima” e la stritolò fra le braccia.
Hermione rimase paralizzata sul posto, fissando Harry da sopra le spalle di
Ron. Cercava un suo aiuto o, per lo meno, una spiegazione con lo sguardo.
Nonostante tutto, però, si sentì avvampare e il cuore accelerò i battiti.
Harry corse in suo aiuto e le staccò Ron di dosso.
“Andiamo a fare colazione, ti spiegherò tutto strada facendo”
Hermione annuì con gli occhi spalancati mentre Ron le passava una mano sul
fianco e la trascinava verso il buco del ritratto.
Comunque, nonostante la sorpresa, non si tirò indietro e lo lasciò fare.
Spiegare tutta la faccenda a Hermione fu difficilissimo, per
Harry.
Ron non le staccava né gli occhi né le mani di dosso, e lei non sembrava
disdegnare quella compagnia e quell’affiatamento inaspettato.
Quando entrarono nella Sala Grande, tutti gli sguardi si spostarono su di loro:
un Ron che sorrideva felice a tutti mentre teneva una mano sul fianco di
Hermione, stretta accanto a lui, che si guardava le punte delle scarpe
imbarazzata.
Solo una volta arrivati a tavola, Ron fu distratto da Dean ed Harry poté parlare
con Hermione, ma giusto un paio di minuti.
“Ha mangiato i Cioccalderoni che mi ha regalato Romilda” disse gettando
un’occhiata a Ron, che cercava di spiccicarsi dalla conversazione con Dean per
tornare alla sua Hermione.
Hermione, ancora rossa in volto, si sventolò una mano davanti agli occhi e
guardò Harry, la bocca spalancata.
“C’era un filtro d’amore!” esclamò, folgorata da quella rivelazione.
Harry annuì con la testa mentre il braccio di Ron volava intorno alle spalle di
Hermione, a quanto pareva si era liberato del suo interlocutore.
“Non posso passare tutta la giornata così” sibilò Hermione rivolta a Harry, il
volto congestionato. Harry alzò le spalle, non aveva proprio idea di come
allontanare Ron da Hermione. Già la sera prima era stato difficile convincerlo
a rimanere nel dormitorio maschile e non svegliarla, ma durante il giorno la
cosa diventava più difficile, senza considerare che quel giorno avevano le
stesse identiche materie.
“Dobbiamo portarlo da Lumacorno”.
“È la sua giornata libera. Ho sentito la McGranitt dire che quando non ha
lezione esce dal Castello per andare a comprare ingredienti per le pozioni”
Harry sbuffò. Era più complicato del previsto.
*
Hermione era riuscita a defilarsi subito dopo le due ore di
Erbologia. Passò le due ore libere rinchiusa nell’angolo più remoto della
biblioteca, sobbalzando ogni qual volta sentiva dei rumori alle sue spalle.
Aveva pranzato da sola con largo anticipo e poi era tornata in biblioteca,
pronta per le due ore di Difesa Contro le Arti Oscure. Sperò con tutti il cuore
che Ron non facesse sciocchezze in presenza di Piton, visto e considerato che essendo
un gran pozionista avrebbe tranquillamente potuto capire che si trovava sotto
l’effetto di un filtro d’amore.
Sistemò i libri in borsa e si apprestò ad uscire dalla biblioteca, quando una
candida civetta si posò sulla sua spalla, facendola sobbalzare.
“Edvige!” Hermione afferrò la lettera che la civetta di Harry le aveva portato
e l’aprì frettolosamente. C’erano scarabocchiate poche parole di fretta, a
quanto pareva.
Ho perso Ron.
“Maledizione!” esclamò stringendo il foglio nella mano.
Harry avrebbe dovuto tenere occupato Ron tutto il giorno per non fargli fare sciocchezze,
ma a quanto pareva l’effetto dell’Amortentia era davvero forte.
Sbuffò, accarezzò Edvige e corse fuori dalla biblioteca.
*
“Permesso, permesso!” Ron si fece largo fra la folla alla
disperata ricerca di Hermione. Era sfuggito all’attento controllo di Harry ed
ora vagava per i corridoi alla ricerca della luce dei suoi occhi, come l’aveva
chiamata nelle ultime venti ore, ma finora la sua ricerca era stata vana.
Aveva girato mezzo castello e non aveva risolto nulla – tranne andare a
sbattere contro qualche ragazzo che lo aveva anche insultato.
Una volta arrivato nei sotterranei, si scontrò con l’ultima persona che avrebbe
dovuto incontrare in quel momento.
“Che ci fai qui, straccione?” Malfoy lo fissò con strafottenza, ma dentro di sé
per un attimo lo attraversò il dubbio che la Granger avesse raccontato tutto a
Weasley e che lui fosse corso lì per affrontarlo.
“Togliti di mezzo, Malfoy” esalò Ron con la luce negli occhi, e Draco lo fissò
stralunato, le sopracciglia alzate e un certo sollievo che gli si spandeva per
il petto. Aveva preso una cantonata, per fortuna.
“Attento a come parli” lo incalzò Malfoy, ancora perplesso. Di solito Weasley non
perdeva occasione per attaccar briga con lui, come mai ora era così interessato
a toglierselo di torno?
“Levati” disse Ron, sovrastato dall’altezza di Draco. “Devo andare dal mio
amore, togliti” ripeté con una combattività inesistente nella voce.
Le sopracciglia di Malfoy si alzarono ancora di più.
“Il tuo amore?” chiese. Gli venne subito in mente la Granger.
“Sì, togliti! Hermione mi sta aspettando!”
Malfoy non poté fare a meno di esplodere in una risata vigorosa, vedendo
l’espressione da pesce lesso stampata sul volto di Weasley.
Era divertente vederlo così.
Gli si parò davanti ostacolandogli il cammino e incrociò le braccia, un ghigno
beffardo stampato sul volto.
Ron lo guardò male.
“Lasciami in pace, devo andare!” si lamentò, ma Malfoy non si scansò.
Ron, freneticamente, infilò le mani nelle tasche alla ricerca della bacchetta,
ma Malfoy fu più veloce.
*
Hermione non dovette girovagare per molto alla ricerca di
Ron.
Qualcosa, nella sua testa, le aveva detto che era meglio andare prima nei
sotterranei per cercarlo, e così aveva fatto, trovandosi davanti uno spettacolo
a dir poco fastidioso e sconcertante.
“Ron!”
Hermione spiccò una corsa e si chinò sull’ammasso rosso a terra. Gli tastò il
polso. Respirava.
Alzò gli occhi e incrociò lo sguardo affilato di Malfoy, che la fissava a
braccia conserte come se stesse guardando lo scarafaggio più orrido del mondo.
Hermione si alzò e sfoderò la bacchetta.
“Che diavolo gli hai fatto?” sibilò a denti stretti, muovendo un passo verso di
lui.
Draco accennò un sorriso beffardo. “L’ho solo Schiantato”
Hermione digrignò i denti, fece un altro passo avanti e gli puntò la bacchetta
sul petto.
“Attenta a quello che fai, Granger” l’ammonì Draco sorpreso da tanta audacia.
La Granger che gli puntava contro la bacchetta con il rischio di essere vista
da tutti era una novità. Evidentemente non le andava proprio giù il fatto che
lui avesse aggredito Weasley.
“Non vorrai che qualcuno ti veda”
“Non mi importa” rispose lei, nonostante avesse esitato per qualche secondo
prima di dire quelle parole.
“Dovrebbe importarti, invece” ribatté lui con tutta la calma del mondo.
“Potrebbero espellerti”
“Credo che finire ad Azkaban sia peggio di una semplice espulsione. Dico bene,
Malfoy?”
Draco si bloccò sul posto, irrigidendosi come un manico di scopa. Hermione
accennò un sorrisetto, capendo che aveva colpito nel segno e che Malfoy aveva
colto appieno la sua frecciatina.
Non riuscì ad aprire bocca e non trovò neanche nulla da dire. Si limitò a
fissare il sorriso della Mezzosangue con odio, perché in quel momento si rese
conto di una cosa: lei lo aveva in pugno.
“Potrei rivelare ai professori dell’Incantesimo Confundus e della
Polisucco”disse precipitoso, rendendosi conto il secondo successivo che quella
era una debole difesa.
Il sorriso di Hermione si spense. Per un attimo, Draco fu sicuro che la Granger
l’avrebbe maledetto con lo sguardo, ma lei si limitò ad abbassare la bacchetta.
“Ho rischiato tante volte di essere espulsa, non sarà la tua minaccia a
spaventarmi. Tu, piuttosto, dovresti
essere meno spavaldo, dato che conosco il tuo segreto”
Draco la fissò con le narici dilatate, stava iniziando a perdere la pazienza.
Aveva cercato in tutti i modi di non pensarci, l’aveva anche evitata ma quella
verità gli si schiantava addosso ogni volta che dormiva, ogni volta che la
vedeva nei corridoi, e ogni volta che entrava nella Stanza delle Necessità e ne
usciva sconfitto.
Digrignò i denti e afferrò la bacchetta, spinse Hermione con una mano contro il
muro e gliela puntò alla gola.
“Se solo osidirlo a qualcuno giuro
che ti uccido” sibilò a denti stretti, gli occhi assottigliati. Hermione sentì
la voce smorzarsi nella gola e le cadde la bacchetta di mano. Quel suono
flebile echeggiò nelle sue orecchie, seguito immediatamente dal rumore veloce e
pesante del respiro di Malfoy.
Hermione lo fissò e riuscì a leggere una marea di cose nei suoi occhi, ma non
gli piacque affatto averlo così vicino.
“E tu” disse, cercando di non deglutire, “prova di nuovo a toccare Ron e ti
affatturo”
Lo sguardo spaurito e furibondo di Draco si trasformò improvvisamente. Inarcò
le sopracciglia, si allontanò piano e si voltò a guardare Ron, che sembrava
stesse dormendo rannicchiato sul pavimento.
Lo fissò per qualche secondo, poi tornò a guardare Hermione.
“Ok” disse solo, lasciandola andare.
Hermione si scostò dal muro, si chinò per prendere la bacchetta e si avvicinò a
Ron. Gli sfiorò la fronte con due dita e Draco fissò immobile quella scena, poi
sentì Hermione sussurrare Innerva. Ron si mosse all’improvviso e Draco staccò gli occhi da lui, rendendosi
conto che era meglio andare via da lì.
Si allontanò a passi semi-svelti quando sentì un altro mormorio e, voltandosi
di scatto, si ritrovò inseguito da uno stormo di uccellini gialli imbizzarriti.
Prima di sparire dietro l’angolo per fuggire, poté giurare di aver visto la
Granger accennare un sorrisetto divertito.
Ron si riprese qualche secondo dopo e i suoi occhi si illuminarono alla vista
di Hermione. Ignorò perfino il bernoccolo che gli era spuntato sulla testa
quando era caduto a terra sotto lo Schiantesimo di Malfoy.
“Hermione!” strillò felice, gettandole le braccia al collo.
Le guance di Hermione si tinsero di un rosso acceso e lo aiutò ad alzarsi,
cercando nel contempo di scrollarselo di dosso. Anche se le faceva piacere,
quella situazione la imbarazzava molto. Non era abituata a farsi vedere in
pubblico così appiccicata a un ragazzo, quello era un privilegio che lasciava
alla Parkinson, a Calì e a Lavanda. Non aveva nulla da spartire con loro.
Lo afferrò per mano cercando di calmarlo e presero a camminare.
Ron si lanciò immediatamente nel resoconto di come e per quanto l’aveva cercata,
ma Hermione non lo sentì affatto.
Stava ripensando all’unica storia che aveva avuto all’interno delle mura di
Hogwarts: anche farsi trovare in compagnia di Viktor Krum al Ballo del Ceppo
per lei era stato imbarazzante. Bellissimo, certo, ma imbarazzante. Aveva anche
evitato di dire a Ron e Harry che lui l’aveva invitata come sua dama, tanta era
la vergogna.
Ed era stata molto felice quando lui le aveva regalato il suo primo bacio in
uno dei luoghi più appartati di Hogwarts, e non sotto gli occhi di tutti.
Hermione l’aveva sempre visto come un ragazzo pomposo e incredibilmente
vanitoso. Aveva avuto quell’impressione quando lo aveva visto per la prima
volta alla Coppa del Mondo di Quidditch, e anche quando era entrato ad Hogwarts
con quell’aria strafottente e tronfia.
Un po’ le aveva ricordato Malfoy, in effetti.
Poi Viktor si era avvicinato piano piano, ed Hermione aveva avuto l’ennesima
conferma del fatto che non bisognava giudicare un libro dalla copertina: Krum
si era rivelato attento, premuroso, gentile e molto riservato.
Si lasciò sfuggire un sospiro che venne colto immediatamente da Ron, che smise
di parlare e subito le si parò davanti, afferrandole le braccia.
“Va tutto bene?” chiese affettuoso, sollevando una mano per accarezzarle la
guancia.
Hermione arrossì fino alla punta dei capelli e sentì il cuore perdere un
battito.
Ron si stava avvicinando…
Perché Ron si stava avvicinando?
Si scostò quel tanto che bastava per evitare il suo viso e lo strattonò per una
mano, accennando un sorriso.
“Sto bene” disse, cercando di calmare i battiti del cuore. “Benissimo, andiamo
in Sala Comune!”
Ron si lasciò trascinare da quell’entusiasmo e, tenendole la mano sempre più
stretta, tornarono insieme dalla Signora Grassa.
*
“Ho parlato con Romilda” Harry si avvicinò a Hermione con lo
sguardo truce, mentre Ron le accarezzava con amore la mano, sfiorandola con le
dita.
Hermione roteò gli occhi e prestò la sua attenzione a Harry, che si sedette
accanto a lei.
“Dice che ha rubato la pozione dall’ufficio di Lumacorno. Ricordi quando ce
l’ha mostrata? Ti sei avvicinata per vedere cosa fosse. Evidentemente…”
“Deve esserci caduto dentro un mio capello. Ovvio”
Harry sollevò le sopracciglia, ed Hermione si apprestò a spiegare.
“Alcune pozioni d’amore – penso come quelle che vendono Fred e George al loro
negozio – sono semplici, basta un soffio dentro la boccetta e la persona si
innamorerà subito della persona che ha soffiato. Ce ne sono altre invece, in
cui basta mettere un qualcosa appartenente all’oggetto dei nostri desideri, e
lui si innamorerà della prima persona che ha davanti. L’Amortentia è diversa,
un po’ come la Pozione Polisucco. Se io metto dentro un mio capello e te la
faccio bere, tu ti innamori di me”
Harry annuì, cercando di assimilare tutte quelle informazioni.
Gettò un’occhiata a Romilda Vane che stava chiacchierando con le sue amiche
come se non avesse causato un danno di entità colossale, e sospirò.
“Le ragazze fanno paura”
Hermione ridacchiò. “Probabilmente un mio capello è finito nella Pozione e ha
annullato l’effetto dei capelli di Romilda”
“Penso sia meglio andare a cercare Lumacorno. Forse è già tornato, è quasi ora
di cena”
Hermione annuì e si alzò, seguita a ruota da Ron che non aveva sentito nulla di
tutto quel discorso.
“Dove andiamo?” chiese ingenuamente, fissandola con dolcezza. Hermione cercò di
non incrociare il suo sguardo e glielo riferì.
Ron annuì entusiasta senza neanche chiedere il motivo, e tutti e tre uscirono
dal buco del ritratto.
Si incamminarono per i corridoi diretti verso l’ufficio di Lumacorno, sperando
che fosse tornato dalla sua piccola gita fuori Hogwarts.
Harry camminava davanti a Ron e Hermione, sentendosi un po’ a disagio per la
morbosa attenzione che l’amico le riservava. Si chiese cosa sarebbe successo se
i due si fossero messi insieme davvero.
Accelerò di poco il passo quando non sentì più nulla dietro di lui, né il
chiacchiericcio di Ron né il rumore dei passi dei suoi amici.
Quando si voltò, la scena che gli si parò davanti agli occhi glieli fece
spalancare a dismisura.
Ron che teneva Hermione tra le braccia in una specie di casquet mal riuscito e
la stava baciando.
Non seppe neanche cosa lo avesse spinto a correre lì a salvare Hermione, ma lo
fece.
Spiccò una piccola corsa e tirò Ron per un braccio, la sua presa su Hermione
sfuggì e lei cadde a terra con un tonfo sordo e uno strillo.
“Ehi!” Ron si voltò verso Harry e subito si chinò a raccogliere Hermione, che
aveva ancora la bocca spalancata e le guance eccessivamente rosse.
Si alzò e gettò un’occhiataccia a Harry – lui non capì se era perché l’aveva
fatta cadere o perché aveva interrotto Ron -,si sistemò i capelli cercando di comportarsi con disinvoltura, ma non ci
riuscì.
Non riusciva ad aprire bocca e sentiva il cuore esploderle nel petto.
Ron l’aveva baciata. L’aveva baciata. Baciata. Mentre riprendevano a camminare verso l’ufficio di Lumacorno, Hermione
evitò accuratamente il suo sguardo.
Harry si avvicinò e bussò alla porta dell’ufficio. Trattennero il fiato nella
speranza di udire qualche rumore, e ad un tratto Harry avvertì un tramestio
all’interno della stanza e qualche secondo dopo la porta si spalancò, rivelando
il faccione roseo di Lumacorno.
“Harry, mio caro!” esclamò, facendosi immediatamente da parte per farlo
passare.
Harry sorrise internamente, non era abituato ad essere trattato così
calorosamente dall’insegnante di Pozioni.
Si grattò la testa e fece un passo avanti.
“Ehm… in realtà, professore… C’è un piccolo problema, mi chiedevo se lei
potesse aiutarci…”
Lumacorno sembrò notare Ron e Hermione solo in quel momento. Lasciò vagare lo
sguardo su di loro un po’ a lungo prima di parlare: cosa potevano volere?
Harry si sporse verso il professore cercando di non farsi sentire da Ron, che
intanto aveva preso ad accarezzare i capelli di Hermione, decantandone la
lucentezza e la morbidezza.
“Ron ha ingerito per sbaglio un filtro d’amore… Potrebbe dargli qualcosa per
annullare gli effetti?”
Lumacorno gettò un’occhiata a Ron, poi annuì. “Certo ragazzo, entrate!”
Tornò nella stanza e gli altri lo seguirono; Hermione si chiuse la porta alle
spalle.
“Sapete quale Pozione d’Amore ha bevuto?”
Hermione gettò un’occhiata a Harry, indecisa se dire la verità. Se avessero
parlato dell’Amortentia, Lumacorno avrebbe fatto domande su domande e a loro
non andava di creare più casini di quanti ce ne fossero già stati.
Harry le fece un cenno con la testa, come a volerla tranquillizzare.
“Pensiamo sia Amortentia. Ha una vera e propria ossessione per Hermione”
Lumacorno sollevò un po’ la schiena dalla mensola più bassa del suo mobile e si
voltò a guardarli, le sopracciglia sollevate a dismisura.
“Amortentia? Ma come…”
“Non lo sappiamo” si affrettò a rispondere Harry. “Ho ricevuto dei Cioccalderoni
e Ron li ha mangiati. Ma non sappiamo chi è stato”
Lumacorno parve riflettere qualche secondo, poi scoppiò a ridere e diede una
poderosa pacca sulla spalla ad Harry.
“Sempre pieno di ammiratrici, eh?”
Harry si chiese quanto poteva essere strano quel professore – al suo posto la
McGranitt o Piton l’avrebbero costretto a dire la verità -, ma dopotutto pensò
che gli andava bene così.
Lo vide trafficare con degli ingredienti e gettò un’occhiata a un’Hermione
sollevata, stretta di nuovo tra le braccia di Ron che ogni tanto cercava di
rifilarle qualche bacio.
Hermione lo scansò con grazia cercando di non esagerare, anche se quelle
attenzioni le facevano piacere Ron stava superando il limite.
“Bene, Weasley, bevi questo” Lumacorno si avvicinò a Ron e gli porse un calice
pieno di una sostanza trasparente.
“Cos’è?” chiese lui curioso.
“Whisky Incendiario. Per… brindare a te e Hermione!” rispose Harry prontamente,
al che Ron si voltò verso Hermione e le porse il calice.
“Allora prima tu!” le sorrise premuroso, ma Hermione scosse la testa.
“No grazie, Ron” disse con un piccolo sorriso.
Lui annuì con la testa e trangugiò tutto il calice in un sorso, poggiandolo poi
sul tavolo con un tonfo sordo.
Qualche secondo, ed Hermione sentì la presa della mano di Ron sul fianco
allentarsi.
Ron si voltò verso di lei, spiazzato, le sopracciglia inarcate.
“Cosa…?”
Si voltò verso Harry e poi verso Lumacorno.
“Che ci facciamo qui?” domandò, guardando l’ufficio. Non ricordava
assolutamente nulla di quello che era successo.
“Filtro d’amore” rispose semplicemente Harry, avvicinandosi e dandogli una
pacca sulla spalla. Poi si rivolse a Lumacorno.
“Grazie mille, professore”
“Di niente, mio caro” rispose lui con un sorriso, chinandosi accanto alla sua
scrivania. Aprì un cassetto mentre Ron crollava sul divano con la testa tra le
mani, la testa che gli girava.
“Ecco” disse Lumacorno tirando fuori da un cassetto una bottiglia di Idromele.
“Volevo regalarlo a Silente, ma… direi che serve più adesso”
Lo versò in quattro bicchieri e ne porse per primo uno a Ron, poi anche a Harry
e Hermione.
Lei lo fissò per qualche secondo, poi Ron alzò gli occhi verso di lei.
“Non ho fatto nulla di imbarazzante, vero?”
Hermione sentì il volto andare in fiamme. Beh, tranne il casquet nel corridoio
con tanto di bacio e le carezze e gli abbracci era tutto ok, non aveva fatto
nulla di imbarazzante.
“Bevi, Ron” si intromise Harry con un’altra pacca sulla spalla.
Lui capì che evidentemente la risposta alla sua domanda era un secco e deciso
sì e spostò immediatamente lo sguardo da Hermione, che per disperazione tuffò
il viso nel bicchiere e sorseggiò un po’ di Idromele.
Accadde tutto in un secondo.
Il bicchiere le scivolò dalla mano e si infranse a terra con un gran fracasso,
poi lei lo seguì e scivolò sul pavimento in preda agli spasmi.
I bicchieri di Ron ed Harry caddero contemporaneamente; quello di Lumacorno
rimase nella sua mano tremante, incapace di fare qualcosa.
“HERMIONE!” Harry si chinò su di lei cercando di afferrarla, ma Hermione si
contorceva a terra come in preda a degli attacchi epilettici. Ron notò con
orrore la schiuma bianca che le stava uscendo dalla bocca e si voltò verso
Lumacorno con il terrore negli occhi.
“PROFESSORE! FACCIA QUALCOSA!”
Lumacorno rimase immobile al suo posto, la mano tremante che continuava a
stringere il bicchiere e gli occhi acquosi che vibravano dalla paura.
Ron si guardò intorno freneticamente mentre Harry cercava di soccorrere
Hermione in qualche modo; si alzò di scatto e corse allo scaffale dove prima
Lumacorno aveva tirato fuori l’antidoto per Ron e prese a frugare fra le sue
cose con veemenza, mandando tutto all’aria.
“Harry!” gridò Ron, mentre Hermione gemeva e tremava incontrollatamente, “Il
Bezoar!”
“Lo sto cercando!” gridò Harry in preda al panico, e qualche secondo dopo con
un piccolo urlo di giubilo si ritrovò in mano la pietra piccola come una noce.
Spiccò una corsa verso Hermione e si gettò accanto a lei, aprendole la bocca
quel tanto che bastava per infilarci dentro la pietra.
Le chiuse la bocca e i gemiti si interruppero all’improvviso. Ron e Harry
rimasero immobili, in attesa di qualche reazione da parte di Hermione, mentre
Lumacorno dietro di loro fissava la scena con gli occhi pieni di paura.
Passò qualche secondo ed Hermione smise di muoversi.
Harry e Ron si guardarono, terrorizzati.
*
“La Granger in Infermeria?” domandò Draco sollevando gli
occhi dalla sua pergamena.
Pansy annuì con vigore, un sorriso smagliante stampato sul viso.
“Pare abbia bevuto un Idromele avvelenato che si trovava nella dispensa di Lumacorno”
Draco si irrigidì sul posto e gli cadde la piuma di mano.
“È chiaro che qualcuno vuole farla fuori” continuò Pansy, limandosi le unghie
con morbosa attenzione.
Malfoy deglutì a vuoto, il cuore che aveva accelerato i battiti. Per fortuna,
si disse, Pansy era proprio come appariva: stupida, e quindi non sospettava
niente. Era ovvio che se quell’Idromele era nell’ufficio di Lumacorno non era
destinato a Hermione.
Si morse il labbro inferiore violentemente.
“Se la caverà, purtroppo” concluse Pansy schioccando la lingua con disappunto.
Draco annuì distrattamente, alzandosi dalla sedia.
“Vado a riposare” disse velocemente, e quasi fuggì verso la porta del
dormitorio.
Quando entrò, sbatté la porta e sedette sul letto, dei ricordi vividi e recenti
che gli occupavano la mente.
L’Idromele avvelenato. Madama Rosmerta. Lumacorno.
Ma la Granger cosa c’entrava?
Pensò all’incontro che avevano avuto il pomeriggio precedente. Lei lo aveva
ricattato di nuovo dicendo che conosceva il suo segreto, e per un attimo si sentì
triste del fatto che fosse ancora viva.
Se la Mezzosangue fosse morta avrebbe potuto dedicarsi al suo compito in tutta
tranquillità, e avrebbe anche smesso di evitare di camminare per i corridoi di
Hogwarts per non incrociarla.
Sarebbe stato tutto più facile.
“Oh, al diavolo” si disse a voce bassa, e si lasciò ricadere sul letto con le braccia
piegato dietro la testa.
*
Ron accarezzò la fronte di Hermione con due dita, seduto sul
bordo del letto dell’infermeria.
Madama Chips aveva detto che era fuori pericolo ormai, ma il fatto che non si
fosse ancora svegliata non era una cosa che li faceva stare tranquilli.
Harry, seduto accanto a Ginny, le raccontò cosa aveva detto Silente riguardo a
tutto quello, e che l’ufficio di Lumacorno era stato ispezionato a fondo per
evitare altre brutte sorprese.
Non era stato trovato nulla di compromettente né di strano, ma questo non aveva
tranquillizzato affatto Ron e Harry, che avevano passato gli ultimi due giorni
accanto a un’Hermione incosciente.
“Harry, dovresti riposare. Anche tu, Ron” disse Ginny fissandoli entrambi.
Avevano delle occhiaie spaventose e gli sguardi atterriti. Capiva benissimo il
loro stato d’animo, ma rimanere con quei musi lunghi non avrebbe risolto nulla.
Ron non rispose. Quell’episodio gli ricordò quando Hermione era stata
pietrificata dal Basilisco al secondo anno. Le lunghe attese, la tensione per
quel corpo freddo che li fissava con gli occhi aperti, la paura che non potesse
più svegliarsi…
Le strinse forte la mano, sperando che si svegliasse presto. Non voleva
rivivere di nuovo quell’esperienza e la terribile paura di perderla.
“Sto bene” rispose Harry, rivolgendosi a Ginny. Ron sobbalzò, perso com’era nei
suoi pensieri.
Si passò una mano sul viso, sentendosi infinitamente stanco.
“Vado un attimo nella Sala Comune, torno subito” si alzò dalla sedia facendo un
cenno a Ginny che stava per alzarsi insieme a lui, e si avviò fuori
dall’infermeria.
Aveva voglia di stare un po’ da solo.
Aprì il pesante portone con un po’ di fatica e se lo richiuse alle spalle, lo
sguardo fisso sui propri piedi.
L’immagine di Hermione che tremava a terra e perdeva schiuma dalla bocca era
decisa a non abbandonarlo.
Si poggiò contro il legno duro e freddo e si lasciò scappare un sospiro tremulo.
Aveva davvero avuto paura di perderla, e se non fosse stato per il Principe
Mezzosangue l’avrebbe persa sul serio.
Solo il pomeriggio prima aveva letto alcune pagine e gli era scorsa tra le dita
quella con una citazione sul Bezoar, rimedio contro quasi ogni veleno.
La cosa che lo aveva stupito era stata la prontezza con cui Ron aveva pensato a
quella pietra. Evidentemente il panico l’aveva reso più sveglio e pronto a ogni
evenienza.
Alzò lo sguardo, deciso ad andare nella Sala Comune, ma fu costretto a
bloccarsi.
“Che ci fai tu qui?” sibilò, rivolto al ragazzo biondo che si era fermato a
pochi passi da lui, le mani in tasca.
“Non scaldarti, Potter, mi sono ritrovato qui per caso” rispose Malfoy,
guardandosi freneticamente intorno.
Harry notò il suo sguardo: non era il solito sguardo strafottente con cui se ne
andava in giro. Era strano, quasi impaurito e a disagio.
Lo scrutò per bene.
“Certo, come no” ribatté Harry incrociando le braccia. “E tu per caso ti
ritrovi qui davanti alla porta dell’infermeria proprio quando c’è Hermione,
vero?”
Sfoderò la bacchetta e fece un passo, guardandolo torvo. Draco rimase immobile,
lo sguardo improvvisamente serio.
“So che sei stato tu ad avvelenare quell’Idromele” azzardò. Non sapeva se stava
dicendo cose giuste, ma il sospetto che fosse stato Malfoy l’aveva
schiaffeggiato con violenza nello stesso momento in cui se l’era ritrovato
davanti.
“So che stai tramando qualcosa, ma non so cosa. E hai osato toccare Hermione.
La pagherai”
“Non sai di cosa parli, Potter” ringhiò Malfoy, scuotendo la testa. “Non ho
fatto nulla alla Granger”
“Hai scoperto del suo Incantesimo Confundus!” esclamò Harry, ricordando
all’improvviso quel particolare.
Draco fu molto tentato di urlargli in faccia che, se era per quello, aveva
scoperto anche della Polisucco, ma riuscì a non farselo sfuggire. Era meglio
non parlare dell’episodio in cui la Granger aveva scoperto il suo Marchio Nero.
Non era stata lei a mettergli Potter e Weasley alle calcagna, perché doveva
farlo proprio lui?
“Questo non c’entra, ti ho detto che mi sono ritrovato qui per caso. Cosa stai
insinuando? Che sono venuto a trovare la Granger per vedere come sta?”
Esplose in una risata per niente convincente, ma Harry non rise. Continuò a
fissarlo con la bacchetta sguainata e una vena pulsante sul collo.
“O per finire il tuo lavoro”
La risata di Draco si spense all’improvviso e il suo sguardo tornò serio.
Finire il lavoro? Non gli era neanche passato per la mente.
Di tutto quello che aveva detto Harry, la cosa che più si avvicinava alla
realtà era quella stupidaggine secondo cui lui sarebbe andato a trovare la
Granger per vedere come stava.
Fissò Potter per qualche secondo, le labbra dischiuse. Voleva trovare qualcosa
da dire, ma non gli venne in mente nulla.
Senza proferire parola girò i tacchi e si allontanò sotto lo sguardo allibito
di Harry, che abbassò lentamente la bacchetta.
Sfrecciò su per le scale e dopo aver girato per dieci minuti buoni si ritrovò
al settimo piano, di fronte all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai
Troll.
Camminò velocemente avanti e indietro per tre volte e comparve subito una porta
alta di legno. Draco la spinse senza alcuna difficoltà ed entrò dentro
richiudendosela alle spalle.
Si guardò intorno.
Era stato lì un bel po’ di volte ormai, ma quella stanza lo sorprendeva sempre.
Prese a camminare tra i lunghi corridoi stipati di libri e cianfrusaglie. Si
ritrovò davanti ad una armadio grande e nero.
Spalancò gli occhi.
L’anta era aperta.
Indietreggiò di qualche passo e urtò un tavolino, facendo cadere a terra un
vaso di vetro che andò in frantumi.
I vetri si sparsero ovunque ma non se ne curò. Continuò a fissare l’armadio
aperto, la mente che lavorava freneticamente.
Le cose potevano essere solo due: qualcuno – o qualcosa – era uscito
dall’armadio nonostante fosse ancora rotto, oppure qualcuno era stato lì prima
di lui.
Spalancò gli occhi quando sentì il braccio sinistro bruciare.
Spaventato, indietreggiò ancora e scappò via dalla Stanza, scapicollandosi per
tornare nel dormitorio dei Serpeverde.
Dietro l’angolo del corridoio del settimo piano, qualcuno sorrise divertito.
Era solo l’inizio.
La settimana successiva, Hermione la passò in infermeria.
Secondo il modesto e perentorio parere di Madama Chips, non era ancora nelle
condizioni di poter uscire a gironzolare per il castello come niente fosse,
data la potenza elevata del veleno che aveva ingerito, e quest’ordine di
reclusione non fu affatto preso bene.
Hermione si lamentò con Ron e Harry del fatto che non avrebbe potuto
frequentare le lezioni e che quindi sarebbe rimasta indietro, la cui
conseguenza sarebbe stata la bocciatura in tutti gli esami di fine anno.
Questa sventura era caduta su Ron e Harry come una doccia gelata: dal giorno in
cui Hermione era stata confinata contro la sua volontà in infermeria, erano
stati costretti a seguire le lezioni con morbosa attenzione per non perdere
neanche una parola delle spiegazioni mentre prendevano appunti, in modo da poterli
consegnare poi all’amica che, ogni volta che notava carenza di argomenti, li
riempiva di lamentele.
“Stasera potrai uscire, contenta?” disse Ron interrompendo quel fiume di
parole, togliendo dalle mani i libri su cui Hermione aveva studiato durante
quei sette giorni.
Era stato un sollievo per loro vedere che non si era lasciata abbattere da
quella disavventura, ma che invece era tornata l’Hermione di sempre.
Harry e Ron avevano passato giorni d’inferno. In preda alla preoccupazione
avevano fatto ipotesi su ipotesi su chi avesse potuto avvelenare quell’Idromele
e soprattutto perché. Avevano anche cercato di chiedere informazioni a
Lumacorno, ma da quell’episodio sembrava evitare i posti affollati e alla fine
delle lezioni spariva con velocità impressionante.
Harry pensò che probabilmente si sentiva a disagio per quello che era successo
e soprattutto per come era rimasto paralizzato mentre una sua studentessa stava
rischiando di morire davanti ai suoi occhi.
Mentre Ron non smetteva di inveire contro di lui, facendo riferimento alla sua
codardia e a quanto fosse stato inaffidabile, Harry non poté pensare di non
capirlo.
Anche lui si era trovato di fronte alla morte. Aveva visto morire davanti ai
suoi occhi Cedric e Sirius, e sapeva quanto si era impotenti di fronte a eventi
di questo genere. Erano cose più grandi di lui, semplicemente.
Ovviamente non l’aveva detto a Ron, convinto com’era a voler dare a Lumacorno
una parte della colpa.
Da una parte, comunque, Harry capiva anche il suo migliore amico. Non avevano
nessuno con cui prendersela, quindi avere un qualcuno contro cui puntare il
dito dava una sorta di sollievo. Sbagliato, ma pur sempre sollievo.
“Contentissima!” rispose Hermione accennando un sorriso, mentre allungava le
mani per riprendere i libri. Harry rise e fissò il volto dell’amica. Un po’
stanco, ma colorito. Era felice di vederla così.
“Madama Chips dice che mi farà uscire poco prima di cena. Non vedo l’ora di
mangiare cibo degno di questo nome” sospirò, poggiandosi ai cuscini con la
schiena.
Aveva mangiato delle cose ricostituenti ma orribili quei giorni, e non vedeva
l’ora di tornare alla sua normale vita. Lezioni, stare con Ron e Harry nella
Sala Comune arrabbiandosi con loro perché non volevano studiare, vederli
giocare a Quidditch, rilassarsi sotto l’ombra degli alberi sulla riva del Lago
Nero e, perché no, passeggiare per i corridoi senza una meta. Le era mancato
tutto quello, e nonostante fosse passata solo una settimana a lei sembrò molto
di più per il semplice fatto che non aveva quasi mai chiuso occhio, di notte.
Ogni qual volta si stendeva dando le spalle alla porta dell’Infermeria, cullata
dal silenzio che vi regnava, un ignota figura le si avvicinava e le rovinava i
sogni. Era stato così dal primo giorno fino all’ultimo.
Riusciva ad addormentarsi solo in presenza di altre persone, dato che i rumori
sembravano scacciare quel disturbatore.
Nonostante dimostrasse di non pensarci più di tanto, quando la notte si
svegliava spaventata, accendeva la bacchetta che teneva sul comodino e
rifletteva.
Un solo nome le era sembrato ovvio, tra tutti quelli che le erano venuti in
mente.
Probabilmente Draco Malfoy aveva tentato di toglierla di mezzo.
Beh, gli era andata male.
Si stiracchiò, allungando una mano sul comodino e prese la bacchetta.
“Accio Pozioni Avanzate!” disse, puntando la bacchetta contro la borsa di Harry,
ma quella non si aprì, rimase inerte al suolo poggiata alla gamba del letto.
Harry sollevò le sopracciglia insieme a Ron.
“Che fai?”
“Volevo prendere il tuo libro” rispose prontamente lei.
“Questo lo vedo” rispose lui spazientito. “Ma perché?”
“Per vedere se te lo porti ancora dietro”
“Ehi, ti ha salvato la vita” rispose Ron, frapponendosi fra i due. Sapeva
quanto la situazione si scaldasse quando Harry difendeva a spada tratta il
libro del Principe.
“È stato Harry a salvarmi, non quel libro. E tu, Ron, se non sbaglio avevi già
pensato a un Bezoar e non mi pare che tu abbia mai letto quel libro” rispose
lei puntigliosa, incrociando le braccia. Harry sbuffò, sistemandosi meglio gli
occhiali sul naso.
“Se non avessi letto quel libro non avrei mai pensato a un Bezoar. Io non ho
fatto nulla, è merito suo”
Hermione scosse la testa, sbuffando a sua volta. “Ti sottovaluti”
“E tu sottovaluti troppo questo libro!” rispose Harry spazientito.
Prima che Hermione potesse ribattere, la porta dell’infermeria si spalancò e
Madama Chips fece il suo ingresso, in mano una grande bottiglia di cui Harry
non riuscì a leggere l’etichetta.
Si avvicinò ai due, il cipiglio severo e lo sguardo che saettava da Hermione,
la schiena dritta, a Harry, lo sguardo truce, e Ron, atterrito come se avesse
una bomba a orologeria tra le mani.
“Fino alla fine del suo ricovero la signorina Granger deve riposare, e non mi
sembra che lo stia facendo… Quindi fuori!”
Harry e Ron si gettarono un’occhiata. Si alzarono e, dopo aver salutato
Hermione, uscirono quasi di corsa dall’infermeria.
*
Quella sera, Hermione ci cambiò in fretta e furia nel
dormitorio delle ragazze e si precipitò a cenare con Ron e Harry; ogni ostilità
sembrava appianata, Hermione era troppo contenta di essere tornata con i suoi
migliori amici e Harry era troppo contento di averla di nuovo sana e salva per
volergliene male. Dopotutto era abituato al suo lato critico, non poteva
meravigliarsi proprio ora.
Cenarono nella Sala Grande sotto gli occhi di tutti – la voce del ricovero si
era sparsa per tutto il castello, ma non quella della sua dimissione a quanto
pareva -, ed Hermione sorrideva a tutti, felice come non mai. Le sembrò di
essere tornata alla vita, non aveva mai passato un periodo così brutto come
quello appena trascorso.
Aveva vaghi ricordi dell’incidente che
aveva avuto, ma un pensiero fisso le ronzava in testa.
Al tavolo dei Serpeverde, uno in particolare non alzava gli occhi dal tavolo
neanche per prendere la brocca di succo di zucca e versarsela nel calice.
Hermione aveva visto Malfoy rovesciare la brocca un paio di volte nel tentativo
di non staccare lo sguardo dal suo interessantissimo piatto, e questo le aveva
dato modo di pensare molto, anche se nel frattempo dispensava sorrisoni a tutti
quelli che le rivolgevano la parola.
Forse era stato davvero lui ad avvelenare l’Idromele di Lumacorno, ma con quale
scopo? C’erano pochissime possibilità
che lei lo bevesse. Era quindi stato un caso? Oppure aveva addirittura messo
lui il filtro d’amore nei cioccolatini della Vane per far sì che Ron si
innamorasse di lei e che cercassero una soluzione da Lumacorno? E poi magari
con la maledizione Imperius l’aveva soggiogato ordinandogli di farle bere
quell’Idromele avvelenato… Ma anche in quel caso, cosa poteva saperne Malfoy
che sarebbe stata proprio lei a berlo per prima? O forse non gli importava di
far secchi tutti quanti, purché si liberasse di lei?
Quei pensieri l’avevano tormentata per giorni, e alla fine era giunta a un’unica
conclusione; per quanto quella probabilità fosse remota, l’unico modo per
verificarla era chiedere al diretto interessato.
Se era stato davvero lui aveva davvero creato un gran giochetto, non c’era
dubbio. C’erano un milione di cose che sarebbero potute andare storte e così
alla fine era stato, dato che Harry l’aveva salvata con un Bezoar.
Comunque, tutto quello non la convinceva. E non la convinceva neanche l’aria
quasi morbosa con cui Draco scrutava il tavolo. Si ficcò in bocca un pezzo di dolce e si
volse verso Harry che le aveva appena fatto una domanda.
Decise che ci avrebbe pensato il giorno dopo; era troppo bello tornare alla
vita di tutti i giorni, non avrebbe sprecato quella sera.
*
Uno scoppio di applausi e urla fragorose accolse Hermione
nella Sala Comune al ritorno dalla cena.
Sembrava che tutti i Grifondoro fossero lì per festeggiare il suo ritorno, e
ovunque si girasse trovò occhi e sorrisi puntati su di lei, calici di
Burrobirra, Acquaviola, Whisky Incendiario e – storse la bocca – Idromele. Per
non parlare delle pietanze, sembrava avessero svaligiato le cucine (sembrava
anche che avessero dimenticato di aver appena cenato, in realtà).
Hermione sorrise con gli occhi improvvisamente troppo lucidi, Harry e Ron
sorridevano accanto a lei.
“Ma…” Hermione si voltò verso Harry, commossa, “Voi lo sapevate?”
Harry scrollò le spalle e Ron passò un braccio intorno a quelle di Hermione,
conducendola verso il centro della sala per farla accomodare su quella che
doveva essere la poltrona d’onore.
Lei sorrise. Non si aspettava quell’accoglienza, in realtà era sempre stata
convinta di non essere molto simpatica ai suoi compagni Grifondoro. Era
consapevole di essere secchiona, puntigliosa e ligia delle regole. Aveva punito
parecchie volte persone della sua stessa Casa per puro senso del dovere.
“So cosa stai pensando” le disse Ron interrompendo quel fiume di pensieri che
le si leggeva negli occhi.
“Sarai anche un po’ rigidina, ma piaci a molti”
Hermione arrossì un po’ e fece un cenno con la testa, prendendo tra le mani la
Burrobirra che Harry le stava porgendo.
“Scommetto” disse lei sorseggiandone un po’ e guardandosi intorno, “che avete
sfruttato gli elfi per tutto questo…”
“Oh, via, non ricominciare con il crepa!” sbottò Ron sollevando le
sopracciglia, ma Hermione spalancò subito la bocca per rispondere.
“Non è cr-”
“Non è crepa, è C.R.E.P.A.! Comitato Per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e
Abbruttiti!”
Harry la interruppe con una sua perfetta imitazione, la voce in falsetto e lo
sguardo arrabbiato.
Ron e Hermione rimasero senza parole e, il secondo dopo, scoppiarono a ridere
di gusto.
Hermione chiuse completamente il discorso tuffandosi nella sua Burrobirra. Era
così bello stare di nuovo con i suoi amici, che per un giorno avrebbe anche
potuto evitare di riprenderli.
Un paio di ore dopo, la maggior parte dei Grifondoro aveva
smesso di fare chiasso e si era rintanata su divani e sedie disponibili a
parlare, mentre la minoranza era andata a dormire in previsione dell’intensa giornata
di studio che li aspettava.
Harry e Ron avevano preso posto con due sedie accanto a Hermione, e sedevano a
cavalcioni davanti a lei, sorseggiando quello che rimaneva delle Burrobirre.
“Forse è ora di andare a letto” azzardò Hermione con un piccolo sbadiglio. Era
stata una serata davvero frenetica per lei, che aveva passato una settimana
immobile in infermeria. Non era più abituata a fare “baldoria”.
Ron annuì e si alzò. “Vado un attimo in bagno”
Quando sparì, Harry spostò la sedia e si fece più vicino a Hermione, che
allungò il collo curiosa per sapere il motivo di quel gesto.
“Non te l’ho detto per non metterti in agitazione, ma…” cominciò Harry,
guardandosi intorno furtivo sperando che Ron non tornasse proprio in quel
momento.
“In effetti non l’ho detto neanche a Ron. Uscirebbe fuori di testa”
Hermione spalancò gli occhi, sempre più curiosa. “Cosa, Harry?”
“Il giorno che sei stata ricoverata… Stavo andando via quando ho incontrato
Malfoy. Che stava camminando verso l’infermeria”
Hermione fissò Harry con uno sguardo indecifrabile, aspettando che continuasse.
“Beh… non ho resistito. L’ho accusato di essere stato lui ad avvelenarti, l’ho
fatto per vedere la sua reazione. Ma penso di aver preso un granchio, no?
Voglio dire, perché avrebbe dovuto?”
“Già” rispose Hermione sistemandosi la frangetta da sopra gli occhi. “Non credo
sia stato Malfoy, Harry. Primo perché non poteva averne motivo, secondo perché
se volesse farmi fuori potrebbe buttarmi tranquillamente giù dalla torre di
astronomia durante una delle ronde dei prefetti”
Harry annuì, passandosi una mano tra i capelli.
“Beh, mi sembrava giusto dirtelo. Ma non farne parola con Ron, questa faccenda
l’ha scosso e cerca di continuo un capro espiatorio. Se sapesse che ho avuto
sospetti su Malfoy correrebbe lì a farsi giustizia da solo”
Hermione annuì convinta, poi si alzò, stiracchiandosi.
“Vado a dormire, Harry, sono stravolta”.
Harry annuì e si alzò a sua volta. “Aspetto Ron, poi penso che seguirò il tuo
esempio”
Hermione gli sorrise e si sporse per dargli un bacio sulla guancia. Gli augurò
la buonanotte e corse al dormitorio, si spogliò in fretta e furia e si gettò
sotto le coperte.
Tirò le tende e rimase a fissarle per qualche minuto in silenzio, la mente che
lavorava frenetica.
Dunque Malfoy era andato lì in Infermeria. Perché? Forse, se le sue
supposizioni alquanto assurde erano esatte, era andato lì per completare il
lavoro?
Si girò su un lato, sbadigliando.
Ora più che mai era urgente parlargli per sapere cosa fosse successo. Voleva
sapere la verità. Voleva sapere se il ragazzino pomposo e viziato che aveva
sempre odiato e che l’aveva sempre detestata, era anche diventato capace di
uccidere.
Il Marchio Nero la diceva lunga, comunque, ma la paura con cui Malfoy l’aveva
guardata quando lei aveva scoperto il suo segreto l’aveva turbata.
Doveva sapere, ed evidentemente anche Harry era dello stesso avviso.
Le si strinse lo stomaco a pensare ai suoi migliori amici. Stava continuando
con le menzogne, mentre loro erano totalmente sinceri con lei. Aveva cercato
mille volte di convincersi del fatto che se lei non aveva detto nulla era per
il loro bene. E in parte era vero, decisamente vero. Ma la cosa che più le
premeva, come le aveva detto Silente, era non mettere Malfoy con le spalle al
muro ma allo stesso tempo cercare di scoprire cosa stava combinando.
Sbadigliò di nuovo e chiuse gli occhi, pensando che comunque avrebbe potuto
preoccuparsene l’indomani mattina.
*
“Mi presti la Mappa del Malandrino?” domandò Hermione
parandosi davanti a Harry, le mani poggiate sui fianchi.
Harry inarcò un sopracciglio, sollevandosi da terra dopo essersi allacciato la
scarpa.
“Certo, ma… a cosa ti serve?”
“Stanotte sono di ronda. Penso che potrebbe essermi utile” mentì prontamente.
Aveva cercato una scusa per tutto il tempo e alla fine si era aggrappata a
quella debole difesa. Sperò che Harry le credesse.
“Certo!” rispose subito lui, sparendo su per le scale del dormitorio; tornò un
minuto dopo stringendo in mano un vecchio foglio di pergamena ingiallito e
consunto.
“Attenta a non fartela requisire, però”
Hermione annuì mentre infilava la Mappa in tasca e sorrideva con riconoscenza a
Harry.
“Ora vado in biblioteca, dato che abbiamo due ore libere. Ci vediamo dopo!” lo
salutò con la mano e corse fuori dal buco del ritratto, i capelli svolazzanti e
il passo leggero.
Hermione coprì in pochi minuti la distanza che la separava dalla biblioteca e
subito si accomodò ad un tavolo, tirò fuori libri, piume e calamai e anche la
Mappa che le aveva dato Harry.
Sussurrò giuro solennemente di non avere
buone intenzioni e sulla pergamena iniziarono a delinearsi i contorni
definiti del castello con tutti i suoi abitanti.
Notò Severus Piton nell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure. Notò la McGranitt
in quella di Trasfigurazione. Notò l’ufficio vuoto di Silente. Harry e Ron
seduti nella Sala Comune che, pensò, stavano sicuramente giocando a Sparaschiocco.
E poi, dopo aver cercato per qualche minuto, trovò finalmente ciò che le
interessava.
Il puntino contrassegnato con la scritta “Draco Malfoy” camminava per un
corridoio tre piani più sopra, proprio al settimo piano.
Non era sicura che anche lui avesse delle ore libere, ma le era andata bene.
Malfoy era in un posto piuttosto isolato e soprattutto era solo.
Infilò le proprie cose nella borsa velocemente e poi uscì di corsa dalla biblioteca
per raggiungerlo, tenendo stretta in mano la Mappa del Malandrino senza però
controllarla.
Quando arrivò nel punto in cui aveva visto Malfoy, lo trovò completamente
deserto.
Si guardò intorno freneticamente e aprì di nuovo la Mappa.
Vide il puntino due corridoi più in là e prese a camminare con lo sguardo
puntato sul foglio, il proprio nome che seguiva quello di Malfoy.
Finalmente Draco si fermò e lei fu così certa di raggiungerlo che rallentò il
passo per non farsi sentire.
Vide il pallino nero esitare un attimo di fronte a una parete e poi quello
stesso puntino sparì all’improvviso.
Hermione si bloccò di colpo.
Malfoy era scomparso dalla Mappa.
Le possibilità, in quel caso, erano solo due: o era uscito dal Castello, dato
che la Mappa disegnava solo l’interno di Hogwarts, oppure…
“Fatto il misfatto” puntò la bacchetta sul foglio e ripose entrambi nella
borsa, riprendendo a camminare.
Si fermò davanti a un muro ben noto. L’aveva visto tantissime volte l’anno
precedente.
La porta della Stanza delle Necessità era sparita, sicuramente con Malfoy al
suo interno.
Hermione si sedette a terra con la schiena poggiata al muro e le gambe
incrociate, e attese.
Finalmente era riuscita a mettere insieme un paio di tasselli di tutto
quell’intricato puzzle.
Rimase lì in attesa per quasi un’ora, finché, annoiata, non sentì un rumore
accanto a lei.
Come per magia, dal muro uscì Draco Malfoy, che si guardò intorno con
circospezione. Inizialmente non parve notare Hermione, infatti si incamminò
dalla parte opposta, le mani ritte lungo il busto e la camminata rigida. Non sembrava
stare molto bene.
Ma si bloccò immediatamente sul posto quando lei lo chiamò a voce alta.
“Malfoy”.
Il sangue di Draco si ghiacciò nelle vene. Voltò la testa così velocemente che
sentì il collo scricchiolare. La Mezzosangue. Hermione si alzò da terra e si spolverò la gonna, muovendo passi piccoli e
leggeri verso di lui.
“Ecco dove sparisci di solito, allora” lo riprese lei. Draco si voltò
completamente verso Hermione, lo sguardo indecifrabile e le labbra sigillate.
Era fortemente tentato di tirare fuori la bacchetta e farla fuori. Una volta
per tutte.
“Ti ho incrociato per caso e ti ho seguito. E ora ho scoperto che passi il tuo
tempo nella Stanza delle Necessità”
Draco continuò a stare zitto, frugando al contempo nella sua testa alla ricerca
di qualcosa di sensato. Ma non sapeva davvero cosa dire; quell’odiosa
Grifondoro l’aveva messo nel sacco per l’ennesima volta.
Sentì il cuore che premeva contro la sua cassa toracica come a voler scappare
da quella gabbia.
Ed era proprio quello che voleva fare lui. Scappare.
“Francamente, questa storia sta iniziando a stancarmi, Granger. Non hai niente
di meglio da fare che seguire me?” domandò cauto ma con un lampo di ira negli
occhi.
“Francamente, no. Sei così interessante” rispose lei ironicamente incrociando
le braccia.
Draco esibì un ghigno che sparì non appena Hermione si voltò verso quella che
doveva essere la porta della Stanza delle Necessità.
“Vediamo… Cosa potresti mai combinare qua dentro?”
Malfoy strinse i pugni. Non doveva cedere. Non doveva Schiantarla o Maledirla
proprio lì. Non davanti alla porta di quella stanza. Non quando Potter aveva
già avuto sospetti su di lui.
Hermione percorse con le dita i tratti del muro e osservò con cura le crepe,
rimuginando.
Dopo qualche secondo di assoluto silenzio, si voltò verso Draco.
“Sei stato tu ad avvelenare quell’Idromele?” chiese atona.
Draco sobbalzò sul posto ed Hermione se ne accorse. Si allontanò dal muro e si
fece più vicino a lui, che indietreggiò di un passo.
“Cos…? No!” esclamò Draco agitandosi,le
sopracciglia aggrottate. “Non sono stato io!”
Hermione fissò quel volto scosso e cercò di leggervi qualcosa, ma non trovò
nulla di soddisfacente. Quel maledetto aveva una tale faccia di bronzo che era
difficile leggergli qualcosa.
“E se non ti credessi? So che poi sei venuto in infermeria e che Harry ti ha
bloccato proprio davanti l’entrata”
“Oh, certo, San Potter” rispose lui, cercando di sviare il discorso. Non gli
stava affatto piacendo la piega che stava prendendo quella conversazione, quasi
quasi preferì tornare a parlare della Stanza delle Necessità. “Potrei andare a
riferire tutto a Silente” azzardò Hermione, pensando che se avesse detto una
cosa del genere a Silente, il Professore l’avrebbe immediatamente smentita. Silente
aveva la tendenza a fidarsi un po’ troppo delle persone, in effetti, in questo
era d’accordo con Harry, e un esempio vivente di quell’avventata fiducia era
Severus Piton.
“Fai come ti pare, Granger” rispose Malfoy sbuffando. Stava iniziando a
spazientirsi. Non gli piaceva essere messo con le spalle al muro, soprattutto
considerando la missione che gli era stata affidata. Aveva bisogno di pace,
tranquillità, forza e sicurezza. E fino a quel momento non era riuscito a trovare
nulla di tutto quello. Perché lo sapeva, Draco. La pace e la tranquillità
gliele aveva tolte quella stupida Mezzosangue ficcanaso, e lui non era né forte
né sicuro. Era un debole, e se ne era reso conto quando si era svegliato un
paio di mattine prima con il cuscino completamente bagnato.
Fece per voltarsi per andare via, ma Hermione lo afferrò per un braccio
spiccando un piccolo saltello verso di lui.
Draco si irrigidì sul posto, ma non si voltò.
“Aspetta” gli disse lei, lasciandolo poi andare.
Draco attese giusto qualche secondo, poi esplose.
“Si può sapere cosa vuoi da me?! Volevi scoprire se avevo il Marchio Nero e l’hai
scoperto, che altro vuoi?!”
“Voglio scoprire cosa stai combinando” rispose semplicemente lei, ma comunque
un po’ spaventata dal tono di voce isterico che Draco stava usando. Non l’aveva
mai visto così. Così isterico e pallido. Non sembrava nemmeno lui.
“Devi lasciarmi in pace” Malfoy digrignò i denti e pronunciò quelle parole come
se gli stesse costando uno sforzo enorme.
Il compito che gli era stato affidato era già abbastanza difficile senza che ci
si mettesse anche quella schifosa Mezzosangue. Perché non lo lasciava stare?
Cosa importava a lei se lui buttava la sua vita solo per paura di dire di no?
Non poté non farlo.
Si passò una mano tremante sul viso, sentiva di stare per scoppiare.
A malincuore, si rese conto che l’unica persona veramente interessata a quello
che stava combinando era lei, quella stupida ragazzetta. Non suo padre, non sua
madre. Non sua zia. Lei. A
prescindere dal motivo per cui lo faceva, ovviamente.
Non poteva essere giusta una cosa del genere, affatto.
Si lasciò sfuggire un sospiro tremulo più sonoro del previsto. Se ne spaventò
anche lui; spalancò gli occhi e senza pensarci due volte si voltò e corse via
prima che Hermione potesse fare o dire qualunque cosa.
Rimase lì, immobile, quella scena ben impressa negli occhi.
Era sicura di aver visto qualcosa luccicare sul volto di Draco, prima che si
voltasse per scappare via.
After you read:
Bonsoir! ù_ù
Che dite, Hermione è troppo cattiva con questa pressione psicologica non
voluta? XD
E Draco ._. povero cucciolo, sta per scoppiare ç.ç
Coooomunque, su di lui ho un paio di cose da dire: probabilmente alcune di voi
lo troveranno un po’ OOC, della serie “Draco è figo e non piange”, ma chi ha
letto il sesto libro sa i tormenti interiori che ha dovuto patire questo povero
ragazzo ç___ç (tipo, nel sesto libro Mirtilla ci racconta che Draco passa molto
tempo con lei nel bagno e si sfoga, piangendo anche ._. Ecco perché odio il
film >_>’ salta a piedi pari queste cose fondamentali!)
Ok niente da aggiungere ò.ò
Grazie mille per aver letto ;)
Al prossimo capitolo!!
La prima partita di Quidditch arrivò velocemente.
Grifondoro contro Serpeverde.
Hermione si sistemò la sciarpa intorno al collo, seduta sul baldacchino, le
tende tirate ai lati del letto.
Si sentiva turbata.
Era convinta che una volta dimessa dall’infermeria si sarebbe sentita
decisamente meglio e che avrebbe ricominciato a dormire tranquillamente e senza
brutti sogni, ma la sua vita imprevedibile evidentemente aveva deciso di
metterla di nuovo alla prova.
Da quando l’aveva visto piangere, Malfoy era diventato il suo chiodo fisso,
molto più di quanto lo fosse prima.
Vederlo in quello stato l’aveva fatta riflettere molto e aveva deciso di
allentare un po’ la presa; non aveva mai visto Malfoy in quelle condizioni e
sapeva quanto un adolescente in crisi potesse trasformarsi in una bomba a
orologeria.
Lei stessa ne era consapevole: aveva rischiato di scoppiare al terzo anno
quando usava la Giratempo per frequentare tutte le lezioni. Aveva una crisi di
nervi almeno una volta a settimana – accentuata dal fatto che durante
quell’anno aveva litigato spesso con Ron e Harry – ed era pronta a esplodere da
un momento all’altro.
Evidentemente anche Malfoy era sotto pressione per quello che stava combinando.
Il punto cruciale era, appunto, cosa stava
combinando?
Tolse i capelli intrappolati sotto la sciarpa e li lasciò ricadere sulla
schiena, sistemandoli ai lati della testa con due mollettine.
Guardò fuori dalla finestra e vide il vento che sferzava forte l’aria, e i
nuvoloni carichi di pioggia che minacciavano tempesta.
Sarebbe stato difficile per Harry, Ginny e Ron giocare in quelle condizioni.
Si alzò dal letto e afferrò il giacchetto pesante; lo indossò, si diede una
veloce controllata allo specchio e dopo aver afferrato la tracolla corse di
sotto.
La Sala Comune era vuota, probabilmente tutti quanti si trovavano già allo
stadio.
La partita sarebbe cominciata da lì a dieci minuti, sperò vivamente che Neville
le avesse tenuto un posto sulle tribune.
Entrò di corsa nello stadio dirigendosi verso le scale che
conducevano alle tribune. Prima di salire scorse con una rapida occhiata quella
di Grifondoro alla ricerca dei suoi compagni, e poco dopo riuscì a notare
Neville che sventolava una mano nella sua direzione. Gli rispose con un sorriso
e un cenno della testa e prese a salire gli scalini di corsa, le prime gocce di
pioggia che già iniziavano a cadere.
Per fortuna le tribune erano protette dall’incantesimo Impervius.
“Grazie di avermi tenuto il posto, Neville” lo ringraziò Hermione una volta
raggiunto. Neville le regalò un sorriso goffo e tornò a guardare verso il campo
ancora deserto. Solo Madama Bumb, avvolta nel suo impermeabile, era al centro
del campo con il baule che conteneva le palle per la partita.
“Chi farà la cronaca?” domandò Hermione sporgendosi verso i compagni. Di solito
era Lee Jordan, il migliore amico di Fred e George a commentare le partite – e
lo faceva anche molto bene, nonostante fosse decisamente di parte (e anche
nonostante la McGranitt cercasse di strappargli il microfono di mano ogni due
secondi) -, ma dato che si era diplomato l’anno precedente, ora il posto era
rimasto scoperto.
Dean e Seamus, seduti accanto a Lavanda e Calì, si sporsero verso Hermione,
indicando con il pollice la tribuna più in alto, proprio dov’era seduta la
Professoressa McGranitt.
Hermione aguzzò la vista assottigliando gli occhi. La mascella le cadde a
terra.
“Luna?!” chiese sconvolta.
La sua esclamazione fu accolta dalle risate di Seamus e di Calì.
“Ma… perché lei?”
“Pare che sia stata l’unica a farsi avanti. Se non altro sarà sicuramente una
partita interessante” disse Dean, che non aveva mandato molto giù il fatto di
non essere stato selezionato per far parte della squadra. Hermione annuì e strofinò le mani l’una
contro l’altra per riscaldarle. Si guardò intorno, mentre l’invisibile tettoia
li riparava dalla pioggia che stava iniziando a cadere sempre più
frequentemente.
Lo sguardo le cadde inevitabilmente sulla tribuna dei Serpeverde, gremita di
alunni. Le bastò qualche secondo per rendersi conto che nessuna testa biondo
platino spiccava tra la folla, e si lasciò scappare un sospiro tremulo.
Harry le aveva detto che Malfoy non avrebbe giocato quel giorno e non era
rimasta stupita nell’ascoltare questa notizia: aveva già notato le sue assenze
durante gli allenamenti e si era già fatta una mezza idea sulle sue assenze.
Niente allenamenti, niente partite, dopotutto.
Ma non vederlo nelle tribune la turbò più di quanto le sarebbe piaciuto
ammettere.
Arricciò le labbra, sbuffò e puntò lo sguardo sul campo dove avevano iniziato a
entrare i giocatori.
*
“GRIFONDORO VINCE!” esclamò Luna gioviale, e il cappello
totalmente imparziale che aveva in testa cominciò a ruggire a più riprese.
I Grifondoro planarono a terra accolti dagli applausi e dalle grida di giubilo
dei compagni di Casa, mentre i Serpeverde si dirigevano verso gli spogliatoi
senza dire una parola – ma comunque gettando una buona dose di occhiatacce ai
loro nemici giurati.
Harry e Ginny si abbracciarono urlando, i due Battitori sollevarono le mazze in
aria facendole roteare, Ron sollevò il pugno in alto con un grido di vittoria
ed Hermione, sugli spalti, scattò in piedi per correre da loro.
Ron era stato davvero grande durante quella partita. Aveva fatto delle parate
degne di un vero atleta: Hermione non l’aveva mai visto così sicuro di se
stesso. Quel sorriso che gli si era stampato in volto la fece arrossire un po’,
mentre procedeva con Neville e gli altri tra la gente per raggiungerlo in
campo.
Non aveva mai condiviso il Quidditch, per lei era solo un’inutile perdita di
tempo, ma vedere i suoi due amici così felici la faceva sentire bene.
Corse giù per le scale insieme alla folla di Grifondoro che si stava riversando
in campo, quando vide una matassa di mossi capelli castani sorpassarla con uno
spintone.
In mezzo alla folla che la circondava, riuscì solo a vedere Ron che spariva
seppellito da quella matassa di capelli che si rivelò essere Lavanda Brown.
Lavanda baciò Ron davanti a tutti, gettandogli le braccia al collo e
sollevandosi in punta di piedi, vista la distanza tra loro.
Hermione si bloccò sul posto mentre si levava un coretto intorno ai due, e
Harry e Ginny si staccarono da quell’abbraccio un po’ troppo lungo che si
stavano concedendo.
Si gettarono un’occhiata, guardarono Ron che aveva iniziato a ricambiare il
bacio di Lavanda come se fosse la cosa più naturale del mondo, e poi allo
stesso tempo volsero gli sguardi su Hermione.
Se ne stava immobile al centro della gradinata mentre gli ultimi Grifondoro
quasi la spingevano per poter scendere in campo.
Harry fece giusto in tempo a fare un passo con l’intenzione di raggiungerla che
la vide scendere di corsa gli ultimi scalini e poi sparire lungo il viale che
conduceva al castello.
*
Hermione si passò la manica della maglietta sugli occhi,
tirando su con il naso. Poi toccò alla sciarpa.
L’immagine dispettosa di Ron e Lavanda l’aveva accompagnata per tutte e due le
ore che aveva passato rintanata in quell’angolino, dentro al bagno dei
Prefetti.
Sapeva che probabilmente era contro le regole entrare in quel bagno solo per
starsene per i fatti propri, ma al momento il rispetto delle regole era l’ultimo
dei suoi problemi.
Il solo pensiero di tornare nella Sala Comune dei Grifondoro bastava a
toglierle quel poco ossigeno che le era rimasto. Aveva paura di sapere cosa
avrebbe trovato una volta entrata, dato che lo spettacolo di Ron e Lavanda
davanti ai suoi occhi non era stato propriamente piacevole né discreto.
Singhiozzò nascondendo il viso nelle ginocchia, le gambe piegate al petto, e
lasciò che i capelli le ricoprissero interamente il viso.
Ron era uno stupido. Uno stupido idiota.
Eppure non aveva mai dimostrato interesse per Lavanda, come mai così
all’improvviso aveva accettato il suo bacio – se quello poteva definirsi bacio,
sembrava più che altro volesse mangiargli la faccia – e l’aveva pure
ricambiato?
Afferrò la bacchetta da terra e la puntò contro un flacone di shampoo poggiato
lì accanto.
Magicamente, alla bottiglia si frappose il volto di Lavanda. E poi quello di
Ron. E poi quello di Ron e Lavanda insieme.
“Reducto” mormorò facendolo andare in
mille pezzi.
Si sentì un po’ soddisfatta, mentre i residui di shampoo e plastica andavano a
infrangersi a terra insieme ai resti di quelli che prima erano stati
bagnoschiumi e balsami.
Il sollievo sparì l’istante successivo, quando sentì la porta del bagno dei
Prefetti aprirsi.
Dannazione, si era scordata di chiuderla.
E se fosse entrato qualcuno e avesse trovato quello sfacelo?
Si alzò velocemente stringendo la bacchetta, sulle guance le tracce del pianto
che le aveva tenuto compagnia durante quelle ore, e fissò arcigna la porta,
aspettando che l’inaspettato visitatore entrasse.
Quando il ragazzo fece il suo ingresso, Hermione trattenne il fiato.
La bacchetta cadde a terra e spiccò una veloce corsa, gettandogli poi le
braccia al collo.
Harry accennò un sorriso amaro e ricambiò quell’abbraccio, accarezzandole i
capelli con una mano mentre Hermione riprendeva a piangere sulla sua spalla.
“Ron è un’idiota” mormorò Harry al suo orecchio, ottenendo solo il risultato di
farla singhiozzare più forte.
Decise di tacere e la cullò con le braccia per farla calmare, finché Hermione
non smise di piangere.
Si staccò piano da lui, vergognandosi per lo stato in cui era. Cercò di
asciugarsi il viso con le maniche della maglia ormai zuppe, ma Harry la fermò,
cercando di sfoderare il suo miglior sorriso rassicurante.
Non gli venne molto bene.
“Mi dispiace se ho fatto tardi. Ti ho vista scappare e volevo raggiungerti, ma
Ginny mi ha fatto notare che avrei fatto meglio a cambiarmi prima. E… c’è una festa, nella Sala Comune. Ho cercato di
liberarmi il più in fretta possibile”
Hermione scosse la testa.
“Non mi aspettavo che venissi” soffiò, passandosi le mani sul viso per
calmarsi.
Harry le diede una piccola botta sulla testa e sbuffò.
“Sono il tuo migliore amico, ho l’obbligo di venire da te quando stai male”
Gli occhi di Hermione si riempirono di nuovo di lacrime e gettò le braccia al
collo di Harry, tirando su con il naso più e più volte.
Harry non seppe che fare.
Nella Sala Comune aveva visto Ron e Lavanda avvinghiati su una sedia e aveva
deciso di non disturbarli, ma ora che vedeva Hermione così distrutta, l’intento
di andare lì e separarli con uno Schiantesimo divenne più forte che mai.
“Come hai fatto a trovarmi?” domandò Hermione calmandosi un po’ e staccandosi
da lui. Harry fece spallucce.
“Mappa del Malandrino”
“Ma era nel mio baule” disse Hermione, ricordando che non l’aveva più
restituita a Harry da quando gliel’aveva prestata l’ultima volta.
“Ho chiesto a Ginny di prenderla” rispose lui. “Scusa, ma non sapevo in che
altro modo trovarti…”
Hermione gli regalò un sorriso carico di gratitudine e gli schioccò un bacio
sulla guancia, sentendosi un po’ più leggera.
“Per fortuna ci siete voi” sospirò, e Harry le accarezzò una spalla con fare
incoraggiante.
“Vuoi tornare di sopra? Ginny…”
“No” rispose secca Hermione, voltandosi. Puntò la bacchetta contro il disastro
che aveva combinato prima e tutto sparì in un lampo. Harry sospirò.
“Ho dovuto trattenere Ginny dallo strozzare Ron” disse, cercando di farla
ridere, ma non ottenne altro che un’occhiataccia.
“Non voglio parlare di lui” rispose, l’espressione improvvisamente triste.
Harry dedusse che Hermione non solo aveva voglia di parlare di lui, ma voleva stare con lui. E lui era sempre
stato strasicuro del fatto che anche Ron lo volesse.
Perché era successo tutto quel casino allora?
“Penso che mi farò un bagno per calmarmi, Harry… ti
va di mandarmi Edvige per avvertirmi quando finisce la festa?”
Harry capì che era una domanda ma anche un ordine implicito. Conosceva
Hermione, ma d’altronde non poteva affatto biasimarla. Anche lui spariva quando
nelle vicinanze c’erano Ginny e Dean in atteggiamenti affettuosi.
Annuì con la testa e si avvicinò, stringendola di nuovo in un abbraccio caldo e
forte, e poi la lasciò andare.
Mentre Harry usciva dal bagno dei Prefetti, Hermione si lasciò scappare un
sorriso ma anche una lacrima.
Cos’avrebbe fatto senza di lui?
*
La mattina successiva, Hermione si svegliò con un mal di
testa colossale e un paio di visibilissime occhiaie sotto gli occhi.
La festa si era protratta fino a mezzanotte inoltrata.
Edvige era stata mandata, con suo grande disappunto, da Harry più e più volte.
Una per avvertirla che la festa non accennava affatto a finire, un’altra per
chiederle di tornare e per dirle che ci avrebbe pensato lui a tenerle lontani
Ron e Lavanda, un’altra in cui c’era un messaggio da parte di Ginny e un’altra
in cui l’avvertiva di venire almeno a cena.
Com’era prevedibile, comunque, Harry non l’aveva vista varcare la soglia della
Sala Grande.
L’aveva controllata sulla Mappa del Malandrino e l’aveva vista prima da Hagrid,
nel pomeriggio, poi nella biblioteca, poi nell’ufficio della Professoressa
McGranitt, poi dopo cena l’aveva intravista lungo i corridoi per la solita
ronda serale.
Alla fine non ce l’aveva più fatta. Era crollato nel letto con la Mappa aperta
sul petto, mentre Hermione sgattaiolava nel dormitorio e, dopo aver lanciato
un’occhiata avvelenata al letto di Lavanda, entrava nel letto chiudendovisi
dentro fino al mattino dopo.
Hermione rimase in silenzio, le tende ancora tirate in attesa di qualche rumore
o voce che le rendesse nota la presenza di qualcuno.
Evidentemente stavano ancora dormendo tutte.
Si affacciò tra le tende scure e si guardò intorno, i letti delle sue compagne
di stanza erano intatti.
Sgusciò via dalle coperte e represse l’istinto di far esplodere il letto di Lavanda
quando gli passò davanti per raggiungere il bagno.
Il fantasma che ricambiò il suo sguardo la fece sobbalzare.
Quella non era lei.
Non aveva mai avuto quell’espressione, nemmeno durante i ripassi notturni prima
dei G.U.F.O.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime all’improvviso e le scacciò con un gesto
rabbioso della mano. Ron non meritava tutto quello, non meritava che lei stesse
così male per lui.
Si lavò e vestì in fretta ma in silenzio e scese di sotto per andare nella Sala
Comune a fare colazione, sperando di non fare brutti incontri.
Percorse quei piani che la separavano dalla Sala Grande torturandosi le mani e
specchiandosi in ogni finestra che incontrava sul suo cammino. L’ultima cosa
che voleva era far sapere al mondo il suo leggero
disappunto riguardo la storia di Ron e Lavanda.
Quando arrivò nella Sala d’Ingresso si bloccò. Sentì il vociare di decine di
studenti nella Sala Grande, e per un attimo le mancò il coraggio. Se fosse
entrata cos’avrebbe visto? Ron e Lavanda appiccicati? O magari lei aveva avuto
la decenza di lasciarlo in pace almeno a colazione?
Oppure, magari, si era trattato solo di un brutto sogno?
Una piccola speranza le si riaccese nel cuore e mosse qualche incerto passo
avanti.
Quando riuscì a metterne insieme abbastanza da raggiungere e sorpassare la
porta della Sala Grande, fu costretta a bloccarsi sul posto. Un paio di persone
la andarono addosso, lamentandosi del fatto che aveva inchiodato così all’improvviso.
Non le ci era voluto molto a vedere una testa rossa e una castana appiccicate,
sedute di fronte a Harry, Ginny e Dean che cercavano di guardare ovunque tranne
che verso la neonata coppia che sembrava impegnata in un impegnativo corpo a
corpo.
Hermione si morse a sangue il labbro inferiore e fece immediatamente
dietrofront, sbattendo lei stessa stavolta contro qualcuno.
Stordita, fece qualche passo indietro, il naso dolorante. Aveva battuto contro
un petto molto duro, a quanto pareva.
Si massaggiò la parte lesa mentre il dolore le arrivava il cervello e gli occhi
iniziavano a lacrimare. Ma non fu così sicura si trattasse di dolore fisico.
Sollevò gli occhi per vedere con chi si era scontrata e per due volte nell’arco
di tre minuti il suo cuore si fermò.
“Attenta a dove metti i piedi, Mezzosangue” la ammonì Malfoy, massaggiando il
petto. Hermione rimase davanti a lui, immobile, due grossi lacrimoni che le
cadevano sulle guance.
Aveva completamente dimenticato la questione Malfoy.
Lo fissò intontita per qualche secondo, non sapendo cosa fare.
Malfoy sembrò notare solo allora lo stato in cui era, troppo impegnato a
insultarla e a cercare altri epiteti poco carini da affibbiarle.
Rimase sconcertato.
Cos’erano quelle occhiaie? E quelle lacrime?
Era davvero la Granger quello spettro che aveva davanti?
Deglutì a vuoto tornando serio e, anche se non volle ammetterlo, confuso.
Ma non ebbe il tempo di formulare qualche pensiero di senso compiuto che
Hermione lo sorpassò di corsa senza guardarlo negli occhi.
Era troppo umiliante farsi trovare in lacrime dal proprio peggior nemico, anche
se la stessa scena si era presentata davanti ai suoi occhi solo due settimane
prima. Ma non era nel carattere di Hermione infierire, in quello di Malfoy sì,
invece. E lei non aveva affatto intenzione di offrirgli uno spunto per metterla
in imbarazzo davanti a tutti.
Malfoy voltò la testa di scatto, vedendo la Sangue Sporco sparire su per le
scale alla velocità della luce.
Aggrottò le sopracciglia e andò a sedersi al tavolo dei Serpeverde, guardandosi
intorno alla ricerca del qualcosa che avesse potuto suscitare quella reazione
nella Granger.
Non gli ci volle molto, in effetti. Notò Potter, la femmina Weasley e poi
Thomas. Cercò con lo sguardo Weasley e lo vide a sprazzi, avvinghiato com’era a
quella che probabilmente doveva essere la Brown.
All’improvviso gli fu tutto chiaro.
La Granger era innamorata di Weasley che invece le aveva rifilato un bel due di
picche.
Gettò un’occhiata alla Brown che si era appena staccata dal suo amante e la
osservò bene.
Beh, oltre che estremamente stupido e inutile, Weasley doveva essere anche
cieco.
Inforcò un pezzo di salsiccia con la forchetta e la fissò astioso, chiedendosi
cosa fosse quel pensiero che aveva appena formulato.
La Granger era una squallida e insulsa Mezzosangue, e Weasley faceva bene a
farla soffrire. Se lo meritava, e in questo modo aiutava pure lui. Se la
Mezzosangue era troppo distrutta dalle sue pene d’amore, di certo avrebbe avuto
meno tempo per rompere le scatole a lui.
Di certo non poteva chiedere di meglio. Sollevò il calice di succo di zucca, lo
indirizzò verso Weasley e brindò alla sua salute sotto gli occhi di qualche
Serpeverde che lo guardava come se fosse impazzito.
*
Dicembre arrivò in fretta e Harry si ritrovò, per l’ennesima
volta, amico di due persone che probabilmente non si sarebbero mai più
parlate*. Fu difficile per lui conciliare
l’amicizia con Hermione – che ripeteva incessantemente quanto fosse inetto Ron
– e quella con Ron – che non faceva altro che dire quanto fosse permalosa
Hermione -, ma doveva dire che se la stava cavando abbastanza bene. D’altronde
l’unica speranza era che Ron mollasse Lavanda e si mettesse finalmente con
Hermione. Perché lui era sicuro che
Ron aveva sempre provato qualcosa per lei.
Quando aveva provato a parlargliene, una sera, il monologo di Ron aveva preso
il sopravvento sulla sua già fragile mente: “Ma io non le ho mai promesso
niente, no? Voglio dire, non è che ci siamo dichiarati o qualcosa del genere. E
lei non mi ha mai detto niente, perché avrei dovuto rifiutare Lavanda? Che
comunque è una gran bella ragazza, niente da dire, certo non come Hermione, ma
ti ripeto che io e lei non ci siamo detti mai niente in quel senso, e allora ho scelto Lavanda che si è fatta avanti, qual
è il problema? Senza contare che…”
Harry aveva perso il finale di quell’accattivante discorso a causa di Edvige,
che gli era atterrata sulle ginocchia con una lettera stretta nel becco.
Aprendola, Harry aveva scoperto che era di Silente e che gli dava appuntamento
per la sera successiva per uno dei loro incontri segreti, o esercitazioni, come
amava chiamarle lui.
Fu così che Harry si ritrovò di fronte al gargoyle che balzò di lato quando lui
disse la parola d’ordine e salì su per la scalinata a chiocciola, il cuore in
gola.
Cosa lo aspettava?
*
“Vai da Ronron per le vacanze di
Natale?” domandò Hermione con nonchalance, leggendo la Gazzetta del Profeta il
giorno dopo.
Harry la guardò, sembrava più rilassata. Dopotutto Lavanda e Ron avevano
imparato a non girarle troppo attorno – chissà perché, poi – e quella
situazione sembrava averla un po’ calmata. Annuì. “Tu invece torni dai tuoi,
vero?”
“No” rispose Hermione sfogliando distrattamente le pagine del giornale. Nessuna
notizia devastante, per fortuna, anche se aveva la mezza idea che le notizie
veramente importanti venissero soppresse. “Preferisco rimanere qui, mi hanno
caricata di compiti. Soprattutto Aritmanzia e Antiche Rune” aggiunse, vedendo
che Harry spalancava la bocca per protestare. Dopotutto avevano le stesse
materie e se si escludeva Piton, gli altri professori erano stati piuttosto
clementi nell’assegnare esercizi, compresa (stranamente) la McGranitt.
“Senza contare che se tornassi a casa, i miei cercherebbero di nuovo di
convincermi a rimanere con loro. Sono spaventati per quello che sta succedendo,
Voldemort e tutto il resto…”
Harry non poté biasimarli, dopotutto con quel pericolo di morte incombente era
ovvio che i genitori volessero accanto i figli, anche se era altrettanto ovvio
che Hogwarts fosse il posto più sicuro al mondo.
“Perché non vieni da Ron con me? Almeno non starai da sola”
Hermione chiuse con un colpo secco il giornale e lo poggiò sul tavolo,
scoccando ad Harry un’occhiataccia fulminante.
“No grazie” disse gelida. “Ma dimmi di Silente. Ieri avete avuto il secondo
incontro, vero? Che ricordo ti ha mostrato?”
Harry roteò gli occhi. Quella era una delle cose che più odiava del litigio tra
Ron e Hermione: dover raccontare le cose sempre due volte.
La sera prima, dopo essere tornato da Silente, aveva subito detto a Ron ciò che
il Preside gli aveva mostrato, ma non aveva potuto spiegarlo anche a Hermione
dato che era andata a dormire insolitamente presto.
“Mi ha mostrato Tom Riddle da bambino. Quando è andato a prenderlo
all’orfanotrofio per dirgli di Hogwarts”.
Harry raccontò tutto per la seconda volta, ma senza trascurare i dettagli più
importanti. Le raccontò di come Voldemort fosse stato felice di avere la
conferma che era un bambino speciale, di come aveva derubato i suoi compagni e
ne aveva spaventati due durante una gita, in una grotta. Le raccontò di come Riddle
aveva subito confessato a Silente di saper parlare con i Serpenti, e di come
Silente ne era rimasto impressionato.
“È inquietante” disse Hermione, rabbrividendo. “Un ragazzino di neanche undici
anni che è felice di scoprire che è diverso dagli altri. Penso che molti di noi
non si aspettassero una cosa del genere. Tu per primo mi hai raccontato che
quando Hagrid ti ha detto che eri un mago ci hai messo un po’ per credergli”
“Sì” rispose Harry pensieroso, “Ma abbiamo già avuto la conferma che Voldemort
non è un mago normale, quindi… Comunque, Silente mi
ha detto di augurarti un buon Natale. Lo passerà lontano dal Castello, a quanto
pare ha qualche compito da svolgere”
“Forse per l’Ordine” azzardò Hermione, curiosa.
“O forse ha a che fare con i ricordi che esaminiamo. Resta il fatto che gli ho
detto che andrò alla Tana e mi ha chiesto di non muovermi da lì”.
“È chiaro. Ci vivono la maggior parte di quelli dell’ordine” rispose saggia
Hermione, sorseggiando dal suo calice. Harry annuì, ma non era convinto. Non
gli piaceva molto quando gli dicevano cosa doveva fare.
“A proposito, hai ricevuto la lettera da Lumacorno?” chiese Hermione
sorridendo.
“Sì, ha organizzato una festa di Natale per il quindici. Hai già trovato qualcuno
con cui andare?”
“Forse. Tu hai già pensato chi invitare?”
Harry rimuginò un attimo su quella domanda.
Non erano molte le ragazze che aveva conosciuto ad Hogwarts. O meglio, non
erano molte quelle che aveva conosciuto davvero.
Potevano contarsi sulle dita di una mano, in effetti. Hermione, Ginny, Cho, Luna…
Per il resto aveva sempre mantenuto amicizie distaccate. Quella con Cho, poi, che per un certo periodo era diventata più di una
semplice amicizia, ora era naufragata nell’imbarazzo più totale.
“Peccato che Ginny ci vada con Dean” disse Hermione, e Harry si versò addosso
metà del suo calice.
“Cosa stai dicendo?” domandò, tossicchiando e arrossendo all’inverosimile.
Hermione lo fissò con le sopracciglia alzate e con lo sguardo di chi la sapeva
lunga.
Harry, punto sul vivo, aprì la bocca e le diede fiato senza pensare.
“E peccato che Ron stia con Lavanda” disse, ma se ne pentì il secondo dopo.
Vide gli occhi di Hermione riempirsi di lacrime e subito si precipitò a
scusarsi.
“Scusa! Scusa, ho detto una stupidaggine. Sono un cretino, scusami” chinò la
testa e riuscì a sentire i respiri di Hermione calmarsi.
“Può stare con chi vuole, quel cretino!” esclamò comunque con voce stridula,
asciugandosi i lati degli occhi con un fazzolettino.
Harry maledì se stesso e quella sua lingua lunga.
Il secondo dopo, maledì anche la coppia che aveva avuto la bella idea di
entrare nella Sala Grande.
Lavanda e Ron si tenevano per mano – o meglio, Ron la teneva per mano mentre
lei gli stava avvinghiata al braccio come una medusa – e si stavano dirigendo
verso di loro.
Hermione seguì lo sguardo di Harry e quando li vide sgranò gli occhi. Si
asciugò il viso, assunse un’espressione serena e si alzò proprio mentre loro le
passavano dietro.
“Comunque alla festa ci vado con McLaggen. Sai, Cormac è stato così gentile quando me l’ha chiesto”
Salutò Harry con la mano e si allontanò, gettando un’occhiata a Ron e Lavanda.
Harry anche li fissò, e non fu affatto sorpreso di vedere lo sguardo di Ron
seguire la camminata di Hermione fuori dalla Sala Grande, mentre Lavanda
cercava di distrarlo con una sfuriata di baci.
Quella situazione andava sistemata, pensò Harry, ma ora il suo pensiero fisso
era chi invitare.
Forse lui e Hermione avrebbero anche potuto partecipare alla festa come amici,
ma a quanto pare lei aveva fatto la sua scelta – molto discutibile, ma gliene
avrebbe parlato in seguito – e lui era rimasto a bocca asciutta.
Ripassò mentalmente i nomi delle ragazze che conosceva. E solo una, alla fine,
gli sembrò quella adatta.
*Questa frase l’ho presa dal
libro. Non è identica, ma l’ho presa da lì perché è una delle mie frasi
preferite.
Riferimento: HP-HBP p.280(ultima riga)-281(prima riga).
Afteryouread:
Salve a tutte *w* sto crollando dal sonno quindi sarò veloce veloce!
Lo so che questo capitolo è inutile e insulso e Draco non c’è praticamente u.u ma abbiate pazienza, fra un po’ i due piccioncini saranno
costretti a comparire insieme in tutti i capitoli, volenti o nolenti XD
Dunque, vi ringrazio tanto per i commenti! *-* Mi fa sempre piacere leggere
cosa ne pensate <3
Al prossimo capitolo, buonanotte!
Tonna <3
Harry estrasse la Mappa del Malandrino dal baule e la
esaminò con attenzione.
Odiava usarla sui suoi amici, si sentiva come se stesse invadendo la loro
privacy. In realtà, aveva solo una certa fretta di trovare Luna che, strana
com’era, poteva davvero essere chissà in quale remoto luogo di Hogwarts.
Esaminò la Mappa per qualche minuto e poi esultò, vedendo il nome di Luna
Lovegood nel bagno di Mirtilla Malcontenta.
Storse la bocca. Perché Luna si trovava lì? Era vietato entrare in quel bagno,
senza contare che lui non aveva affatto voglia di entrarci. Il suo ultimo
incontro con Mirtilla era stato piuttosto imbarazzante, infatti aveva evitato
di entrare in quel bagno anche quando Hermione aveva preparato la Pozione
Polisucco all’inizio dell’anno scolastico.
Gli venne in mente Malfoy, e lo cercò nella Mappa.
Non fu difficile trovarlo, gli bastò guardare nel dormitorio maschile dei
Serpeverde.
Lesse il suo nome e subito accanto quello di Pansy Parkinson, ma nel dormitorio
oltre a loro non c’era nessun altro.
Probabilmente ci aveva visto giusto, quei due avevano davvero una storia, e
anche molto intensa. Senza contare che anche Hermione gliel’aveva confermato.
Spostò lo sguardo di nuovo al bagno di Mirtilla e vide che Luna era ancora lì.
Sospirò. L’ora di pausa che aveva era quasi terminata e lui non avrebbe avuto
altre occasioni per invitarla, quindi richiuse la Mappa, la toccò con la
bacchetta mormorando fatto il misfatto!
e la ripose nel baule.
Saltò giù dal letto e si diresse senza esitazioni verso il bagno delle ragazze,
ma una volta lì indugiò con la mano sulla maniglia.
Al secondo anno era stato beccato sia da Percy che dalla Professoressa McGranitt
mentre cercava di entrare e la cosa non era stata affatto piacevole.
Si guardò intorno con circospezione, ma il corridoio era completamente vuoto.
Un po’ più sollevato, aprì la porta ed entrò.
“Harry!”
Harry si voltò di lato e la prima cosa che vide furono i lunghi capelli biondi
di Luna e l’inconfondibile collana di tappi di Burrobirra.
“Ciao, Luna” sorrise lui avvicinandosi e spostando lo sguardo sul lavandino su
cui era seduta Mirtilla Malcontenta.
“Ciao Harry!” ridacchiò lei, prendendo a svolazzare per la stanza. Poi
precipitò accanto a Harry e, il viso vicinissimo al suo, abbozzò un sorrisetto
imbarazzato mentre Harry faceva un passo indietro, quasi spaventato.
“Non ti sei più fatto vedere!” esclamò lei, passando dal sorridente
all’indignato. “Ti ho aspettato così taaaanto”
Harry deglutì a vuoto e le passò accanto, avvicinandosi a Luna.
“Scusami, ma ho avuto da fare…” borbottò, frugando nella sua testa alla ricerca
di qualche scusa da poterle rifilare, ma l’intervento di Luna lo salvò in
extremis.
“Cosa ci fai qui, Harry? Questo è il bagno delle ragazze…” disse in tono vago,
lo sguardo che percorreva l’intero bagno.
“Lo so, ma avevo bisogno di parlarti” rispose lui frettoloso. “Possiamo
uscire…?”
“Oh!” esclamò Mirtilla all’improvviso, frapponendosi fra i due. “E io pensavo
che fossi venuto qui per me, perché non ci vediamo da tanto! Sei uno stupido,
Harry, non sei come lui!” sbottò singhiozzando forte.
Veleggiò in aria facendo un paio di capriole e andò a nascondersi in uno dei
cubicoli.
Harry sollevò le sopracciglia, poi si rivolse a Luna che era rimasta a guardare
il fantasma di Mirtilla con uno sguardo di misto divertimento e sconcerto.
“Lui chi?” chiese.
Luna scrollò le spalle, facendo tintinnare la collana che le pendeva al collo.
“Non ne ho idea” rispose tranquilla, afferrando la borsa da terra e
mettendosela in spalla.
Galleggiò con passi leggeri verso la porta e uscì senza attendere Harry, che
era rimasto a fissare il cubicolo in cui era sparita Mirtilla Malcontenta.
Quindi… un ragazzo era stato lì nel bagno.
“Mirtilla, esci un attimo” le disse gentilmente, e qualche secondo dopo il
volto perlaceo del fantasma spuntò da sopra la porta di legno diroccata.
“Qualcuno è stato qui? Questo bagno è in disuso, e per di più è delle ragazze”
“Tu sei qui e non sei una ragazza” rispose lei altezzosa, schioccando la
lingua. Harry arricciò le labbra e incrociò le braccia.
“Andiamo” disse accomodante, “voglio solo sapere chi è entrato qui…”
Mirtilla proruppe in un piccolo singhiozzo e finalmente uscì dal cubicolo,
andando a sedersi sul lavandino su cui Harry l’aveva trovata appena entrato nel
bagno.
“Non posso dirti chi è” disse, facendo spallucce. “Ma lui mi capisce, sta qui
con me e parla, e non si vergogna di piangere davanti a me. È così dolce…”
sospirò, alzando gli occhi al cielo.
Harry la fissò sgomento; gli stava venendo il mal di testa.
Per un attimo aveva sperato di sentire una storia interessante, ma alla fine
probabilmente Mirtilla aveva conosciuto un altro fantasma che amava passare il
suo tempo con lei.
“D’accordo, ora devo andare” disse, facendole un cenno con la mano.
La vide spalancare la bocca e la interruppe immediatamente prima che potesse
dire qualsiasi cosa.
“Tornerò a trovarti!” le disse, poi si precipitò fuori dal bagno dato che
probabilmente Luna era fuori ad aspettarlo.
Quando si chiuse la porta alle spalle, la trovò affacciata a una delle
finestre. Le si avvicino.
“Volevo chiederti… hai da fare il quindici?”
Luna si voltò verso di lui, il solito sguardo perso nel vuoto.
“Non particolarmente, perché?”
Harry rifletté un attimo. Che vuol dire che Luna non aveva particolarmente da
fare?
Decise di ignorare quella strana risposta e si fece coraggio.
“Lumacorno ha organizzato una festa e mi chiedevo se ti andava di venire con
me, di accompagnarmi”
Gli occhi di Luna si spalancarono.
“Davvero?” trillò, aprendosi in un gran sorriso. Harry lo ricambiò, non poté
farne a meno. Per quanto Luna fosse strana, era davvero una persona piacevole.
Non simpatica. Non l’avrebbe definita simpatica, ma era davvero forte. Se n’era
accorto l’anno prima, quando lo aveva seguito senza esitazioni nell’Ufficio
Misteri e aveva affrontato i Mangiamorte insieme a lui, Ron, Hermione, Neville
e Ginny.
“Sì, certo. Ti va di venire?”
Luna annuì freneticamente con la testa, afferrandogli le mani e stringendole
nelle proprie. “Certo Harry, grazie! Mi fa molto piacere passare del tempo con
te!”
“Passo alle otto e mezza, allora” le disse mentre Luna lo lasciava andare e si
sbilanciava in qualche piroetta lungo il corridoio.
Harry la vide sparire mentre saltellava a e sorrise fra sé.
Luna era davvero fantastica.
Strana, certo, ma fantastica.
*
Hermione uscì dal dormitorio titubante. Si guardò intorno
assicurandosi che non ci fosse nessuno e scese le scale lentamente, il cuore
che le martellava nel petto.
Sentì il vociare distinto dei Grifondoro nella Sala Comune, ma non riuscì a
distinguere la voce profonda di Ron. Forse non c’era, o più semplicemente era
impegnato in un silenzioso e stucchevole tête-à-tête con Lavanda, com’era
solito fare negli ultimi tempi.
Si bloccò prima di scendere l’ultimo gradino.
Forse non voleva saperlo davvero.
Si poggiò una mano sul petto e prese un respiro profondo.
Riuscì a stamparsi un dolce e radioso sorriso sul viso e si decise a scendere
da quello scalino che la separava dalla prova che l’attendeva.
Quando mise piede nella stanza, parecchi occhi si spostarono su di lei.
Hermione arrossì sentendo su di sé lo sguardo di Seamus Finnigan, e gioì quando
notò con la coda dell’occhio lo sguardo di puro stupore dipinto sul volto di
Lavanda.
E soprattutto, le fece piacere vedere che Ron non era con lei, anche se in quel
caso il suo piano stava completamente andando a gambe all’aria.
Mosse qualche passo cercando di non pensare a tutte quelle persone che la
guardavano – la faceva sempre sentire a disagio essere al centro
dell’attenzione, era stato così anche al Ballo del Ceppo – e si avviò verso il
ritratto della Signora Grassa.
“Hermione!”
Una voce conosciuta la bloccò sul posto e, sempre con il solito sorriso,
Hermione si voltò verso Colin Canon. Nonostante ormai fosse al quinto anno,
rimaneva il solito ragazzino, anche se era cresciuto molto. La macchinetta
fotografica, comunque, era sempre lì penzolante dal suo collo.
“Sei bellissima, Hermione! Vai alla festa del Lumaclub?”
Hermione annuì, sistemandosi le spalline del vestito.
Era stata seriamente indecisa su cosa indossare per quella sera: voleva essere
presentabile (e far schiattare d’invidia Ron) e allo stesso tempo voleva che
McLaggen non si montasse troppo la testa, pensando che si fosse fatta bella per
lui.
Alla fine, su consiglio di Ginny, aveva scelto un abito color rosa antico lungo
fino al ginocchio, la stoffa che le ricadeva morbida sulle curve appena
accennate. Aveva sistemato i capelli con uno dei prodotti che le aveva prestato
sempre Ginny, ed ora erano lucenti e leggermente mossi, e ricadevano soffici
sulle spalle.
“Posso farti una foto? Ferma così!”
Non le diede neanche il tempo di rispondere. Colin afferrò la macchinetta
fotografica e la portò al viso, prendendo a scattare foto all’impazzata.
Hermione non poté fare altro che sorridere verso l’obiettivo, ancora più a
disagio. Se c’era una cosa che odiava, oltre a essere al centro
dell’attenzione, era essere fotografata. La trovava una cosa stupida e
superflua, soprattutto perché con indosso quel vestito stava iniziando a
sentirsi ridicola.
“RonRon!”
Hermione si irrigidì sul posto quando Lavanda saltò via dalla poltrona per
dirigersi verso il buco del ritratto. Alle sue spalle, Hermione sentì la voce
stanca e strascicata di Ron che le rispondeva e, molto probabilmente, le
regalava un bacio.
Strinse i pugni.
“Colin” disse, sistemandosi la frangia. “Hai fatto? Sai, Cormac mi sta
aspettando…” parlò a voce alta, tendendo le orecchie nella speranza di udire la
reazione di Ron, e quella non tardò ad arrivare.
Quando ebbe l’ok di Colin, Hermione si voltò per andare via e la sua mente
esultò.
Ron stava lì, bagnato dalla testa ai piedi a causa del temporale che era appena
cominciato, e teneva in mano i guanti da portiere e il manico di scopa.
Aveva la bocca semiaperta e i capelli appiccicati alla fronte, ed Hermione per
un attimo non poté fare a meno di pensare che Ron era decisamente bello anche
in un momento come quello.
Dalla sua espressione, comunque, Hermione poté dedurre che aveva sentito quello
che aveva appena detto, e si trattenne a stento dal sorridere. Ron sembrava
combattuto tra l’indignazione per ciò che aveva appena sentito e… beh,
l’ammirazione per la bellissima creatura in cui Hermione si era trasformata per
quella sera.
Lei lo sorpassò senza dire una parola. Si ravvivò i capelli proprio mentre gli
passava accanto – sentì Lavanda chiamare Ron senza alcun risultato - e, con passi leggeri, attraversò il ritratto
della Signora Grassa.
Stava iniziando a sentirsi a suo agio in quel vestito, dopotutto.
Si era data appuntamento con Cormac nella Sala d’Ingresso, proprio in fondo
alla scalinata.
Quando arrivò, lo vide poggiato al muro con le braccia incrociate che si
guardava intorno; quando gli si avvicinò, si accorse che Cormac era intento a
fissare due ragazze di Tassorosso del quarto anno che chiacchieravano tra loro
un po’ più in là.
Hermione già lo detestava.
“Ciao” lo salutò, e quando McLaggen si voltò verso di lei le fece un’intera
radiografia.
Hermione non poté fare a meno di arrossire infastidita: gli occhi di Cormac si
spostarono dalle scarpe alle gambe, fino al vestito. Li sentì addosso come
tizzoni ardenti.
“Vogliamo andare?” gli disse, cercando di distoglierlo. Cormac sollevò le
sopracciglia.
“Sei molto bella” disse, e Hermione accennò un sorriso imbarazzato.
“Grazie. Anche tu stai molto bene” disse, ed era vero. Per quanto odioso e strafottente,
McLaggen era un bel ragazzo.
Così bello che Ron sarebbe certamente morto d’invidia. La sua reazione nella
Sala Comune era già stata un enorme passo avanti.
Lui le porse il braccio e Hermione lo afferrò con delicatezza, facendosi
scortare verso l’ufficio di Lumacorno.
Magari lo aveva sottovalutato, McLaggen non sembrava così terribile.
Gli sorrise, mentre scendevano lungo le scale che conducevano ai sotterranei.
*
“Brutta… deficiente...”
Hermione si fece largo fra la folla sistemandosi i capelli, le guance arrossate
e le sopracciglia aggrottate.
Riuscì a trovare un angolino in disparte e si sedette su una sedia, guardandosi
intorno freneticamente alla ricerca del suo accompagnatore.
Come, come aveva potuto anche solo
per un secondo pensare che Cormac potesse essere un tipo piacevole?
Appena arrivati nel corridoio dei sotterranei aveva attaccato a parlare di
Quidditch. Una volta entrati aveva giusto fatto un cenno verso le persone che
conosceva e poi l’aveva trascinata verso il buffet, parlando di cosa?
Quidditch. E quando Hermione aveva cercato di mollarlo per “andare a incipriarsi
il naso”, lui l’aveva bloccata perché ovviamente
doveva finire di raccontarle i suoi successi nel Quidditch.
Alla fine, comunque, in un certo senso McLaggen aveva smesso di parlare: certo,
dopo averla trascinata sotto il vischio.
Ed era lì che Hermione era letteralmente fuggita.
“Sono una cretina” si disse, massaggiandosi i piedi. Si guardò intorno sperando
di non scorgere la testa bionda di McLaggen ma quella mora di Harry. Non
l’aveva ancora visto in giro e iniziava a sentirsi inquieta. Possibile che non
ci fosse andato? Eppure aveva anche chiesto a Luna di accompagnarlo!
“Ciao, Hermione!” si sentì chiamare e tirò un sospiro di sollievo quando si
rese conto che la voce maschile che aveva pronunciato il suo nome era di Harry,
e non di Cormac.
Si alzò, gli andò incontro e lo abbracciò.
“Oh, grazie al cielo” sospirò, e Harry la strinse brevemente per poi
allontanarla e fissarla da capo a piedi.
“Sei bellissima” disse sincero.
Hermione gli regalò un sorriso vero. I complimenti di Harry erano tutta
un’altra cosa, sapeva che lo diceva in modo completamente disinteressato.
“Grazie” arrossì un po’. “Dov’è Luna?”
“Si è fermata a parlare con la Cooman... Gli amici di Lumacorno mi hanno
fermato per parlare con loro e mi hanno monopolizzato. Sono riuscito ad
allontanarmi con la scusa di andare in bagno, ma fra poco dovrò tornare da
loro” disse mesto, guardandosi intorno con agitazione. Hermione sapeva quanto
Harry odiasse stare al centro dell’attenzione. Era una delle cose che avevano
in comune.
“Come va con McLaggen?” domandò Harry incuriosito, notando solo in quel momento
che era da sola.
“Oh, lasciamo stare!” sbottò lei, incrociando le braccia. “È davvero insulso!
Non fa altro che parlare di Quidditch! L’unico momento in cui è stato zitto è
stato quando mi ha trascinato sotto il vischio”
Harry spalancò gli occhi.
“Ma sono scappata via, ovviamente” concluse lei, vedendolo rilassarsi.
“Bene. Non è il tuo tipo”
“No” rispose lei, sospirando.
Il suo tipo ideale era un’idiota dai capelli rossi, purtroppo, ma lui al
momento sembrava avere altre preferenze.
“Harry, ragazzo mio! Eccoti qua!”
Lumacorno comparve all’improvviso e passò un braccio intorno alle spalle di
Harry, sorridendo in direzione di Hermione.
“Buonasera, Granger!”
Hermione ricambiò il saluto e, dalle guance paonazze del professore, capì che
aveva un po’ esagerato con l’alcool.
Prima che potesse dire qualunque cosa, Harry fu trascinato via a conoscere
altre persone – gettò uno sguardo disperato ad Hermione prima di finire
travolto dalla gente – e Hermione sospirò, di nuovo sola.
Si guardò intorno e non vide McLaggen.
Era il momento giusto, si disse.
Attraversò la sala velocemente e uscì richiudendosi la porta alle spalle.
Voleva andare via da quella festa, soprattutto dopo aver visto che Harry era
stato monopolizzato da metà degli invitati.
Aveva davvero pensato che fosse una buona idea andarci con McLaggen, ma ora che
si trovava lì da sola nel corridoio, si chiese cosa stava combinando.
Si allontanò di qualche passo e riconobbe quel corridoio come quello che
conduceva alla Sala Comune dei Serpeverde.
Pensò a Malfoy. Cosa stava facendo in quel momento?
Fece giusto qualche altro metro che la porta dell’ufficio di Lumacorno si aprì
e il chiasso della festa la raggiunse di nuovo.
Si voltò e sobbalzò. Maledizione. “Eccoti!” disse McLaggen avvicinandosi a passi pensanti. Hermione cercò di
assumere la sua espressione più innocente e si portò una ciocca di capelli
dietro l’orecchio, facendo vagare lo sguardo lungo il perimetro del corridoio.
“Mi girava un po’ la testa, sono uscita a prendere un po’ d’aria. Non si
respira lì dentro” disse in tono convincente. Sperò con tutto il cuore che
McLaggen capisse il messaggio cifrato e si togliesse dalle scatole, ma non fu
così. Le poggiò una mano sul fianco e la spinse verso la porta, al che Hermione
si liberò da quella presa e lo fissò con occhi spalancati.
“Che fai? Ti ho detto che non voglio stare dentro!”
“Mi hai mollato sotto il vischio, Hermione”
disse lui, incrociando le braccia e fissandola con aria insoddisfatta.
Hermione sbuffò.
“È perché non ho la minima intenzione di baciarti, McLaggen” Cormac sollevò le sopracciglia, sentendosi chiamare per cognome. Eppure non
funzionava così. Aveva sempre ottenuto quello che voleva, anche quando si
trattava delle ragazze. Perché con Hermione non stava funzionando?
Mosse un passo avanti e le afferrò il braccio, avvicinandola a sé.
“Invece sono sicuro che lo vuoi, è solo che ti vergogni” disse sicuro, e il
volto di Hermione si adombrò.
“Tu sei malato” sibilò, tirando il braccio per liberarsi, ma non ci riuscì.
Dopotutto McLaggen era grosso come un armadio.
“È inutile fare la preziosa” disse lui, un ghigno stampato sul volto, “ti ho
vista, ti piace Weasley. Cos’ha lui che io non ho? Senza contare che ora lui
sta con Lavanda...”
Hermione strinse i denti e in un secondo levò l’altro braccio, schiantando la
mano aperta contro la guancia di McLaggen.
“Non sono affari tuoi” sputò velenosa, tirando ancora di più il braccio
intrappolato per liberarsi. Sentì la presa di Cormac stringere ancora più forte
e si lasciò scappare un gemito di dolore, mentre Cormac con l’altra mano si
massaggiava la guancia arrossata.
“Sei una piccola sfrontata” disse lezioso, attirandola a sé. Hermione rimpianse
di non avere con sé la bacchetta, aveva un’irrefrenabile voglia di ficcargliela
nell’occhio. Niente incantesimi, i buoni vecchi metodi babbani erano quello che
ci voleva in quel momento.
“Perché mi hai seguita qui fuori?” domandò Hermione cercando di temporeggiare.
Magari sarebbe uscito qualcuno dalla festa, magari sarebbe passato un
professore per la ronda. Magari sarebbe arrivato Pix che avrebbe gridato
attirando l’attenzione.
“Mi hai lasciato sotto il vischio” rispose lui prontamente come se fosse la
cosa più ovvia del mondo. “Ora sono qui per riscuotere il premio di
consolazione”
Hermione storse la bocca, indignata. Possibile che avesse davvero accettato di
uscire con uno scarafaggio del genere?
Alzò il piede e conficcò la punta del tacco sulla scarpa di McLaggen, che
indietreggiò con un urlo e se la tirò appresso.
Hermione digrignò i denti, non accennava a mollare la presa.
“Lasciami andare!” sbottò, riprendendo a tirare con più forza.
McLaggen sorrise.
“Mi intralciate il passaggio, toglietevi di mezzo”.
Entrambi si voltarono di scatto verso quel visitatore inaspettato. Hermione
spalancò gli occhi e il suo cuore perse un battito. Rimase a bocca aperta, il
dolore al braccio ormai dimenticato.
Che ci faceva lì Malfoy?
“Tu non sei invitato alla festa, se non sbaglio” disse McLaggen, voltandosi
verso di lui con tranquillità.
“Ho detto di togliervi di mezzo” rispose Malfoy risoluto, il volto scuro. Hermione
si ritrovò a fissarlo con ammirazione. Chi avrebbe detto che l’avrebbe salvata
proprio lui?
Anche se, in effetti, ‘salvata’ era una parola grossa. Da quello che aveva
appena detto Malfoy voleva solo passare e non aiutarla.
“Passa dall’altra parte” rispose McLaggen. “Io qui ho da fare”
“Vedo” rispose Malfoy, spostando lo sguardo serio su Hermione. “Ma non mi
sembra che lei sia molto d’accordo”
“Non sono cose che ti riguardano” sibilò McLaggen, lasciando finalmente andare
Hermione.
Lei si allontanò di un paio di passi e si massaggio il polso dolorante, un
livido bluastro che spiccava in tutta la sua bellezza.
Draco le gettò un’occhiata e poi tornò a guardare McLaggen, che lo sovrastava
di qualche centimetro di altezza e parecchi di larghezza.
Hermione se li trovò davanti: da una parte Malfoy, alto e magro, il volto
pallido e occhiaie visibili – ma non si stupì più di tanto, erano settimane che
Malfoy aveva quell’aspetto –, dall’altra McLaggen grosso come un armadio e alto
qualche centimetro in più.
“Sei fuori dai corridoi dopo il coprifuoco, potrei entrare e dirlo ai
professori” disse Cormac, un ghigno crescente sulle labbra.
Malfoy digrignò i denti ed estrasse la bacchetta, puntandogliela dritta contro
il petto.
“Faresti meglio ad andare a letto, McLaggen. Non vorrei che ti capitasse
qualcosa di brutto” disse serio, le narici dilatate. Hermione capì che stava
per perdere la pazienza, ma non si intromise. Non avrebbe comunque potuto fare
niente senza bacchetta.
“Ah sì? Vediamo cosa ne pensa Lumacorno” disse McLaggen, voltandosi per tornare
nella sala, ma l’incantesimo non verbale di Malfoy lo colpì dritto in mezzo
alle scapole.
“Malfoy!!” gridò Hermione, vedendo il getto di luce partire dalla bacchetta di
Draco.
Lui allungò una mano per fermarla ed Hermione si bloccò sul posto, mentre
McLaggen si voltava verso di loro, lo sguardo vacuo.
“Cosa...?” chiese, Confuso.
Draco ripose la bacchetta nel mantello e lo fissò torvo.
“Hai sbagliato strada, sei nei sotterranei. Devi tornare nel dormitorio di
Grifondoro e andare a dormire”
McLaggen, Confuso, annuì con la testa e se ne andò lungo il corridoio
ciondolando.
Hermione lo seguì con lo sguardo e si lasciò scappare un sospiro, mentre Malfoy
si voltava a guardarla.
“Grazie” sospirò, massaggiandosi il polso.
Lo sguardo di Malfoy esitò un attimo sul suo livido prima di spostarsi sui suoi
occhi.
“Non l’ho fatto per te” rispose freddamente.
“Lo so, ma il risultato è lo stesso” rispose lei altezzosa, scrollando le
spalle.
Draco non rispose. In effetti non sapeva cosa rispondere a una frase del
genere. Quella stupida l’aveva messo con le spalle al muro per l’ennesima
volta: era vero, dopotutto, l’aveva aiutata nonostante non fosse nelle sue
intenzioni.
“STUDENTI FUORI DAI DORMITORI!” esclamò una voce alle loro spalle, proveniente dalla
parte opposta rispetto a dove era andato via McLaggen.
Gazza, zoppicando e con alle calcagna la sua inseparabile Mrs Purr, arrivò da
loro e li afferrò per il retro dei vestiti, sprizzando gioia da tutti i pori.
Rimasero entrambi sorpresi da quell’apparizione improvvisa e per un secondo non
dissero nulla, poi iniziarono con le proteste.
“Sono invitata alla festa di Lumacorno!” sbottò Hermione cercando di liberarsi
dalla presa del custode. Quella serata stava andando di male in peggio.
“Lasciami, sporco Magonò!” Malfoy cercò immediatamente di divincolarsi dalla
presa di Gazza, che lo teneva per il retro del mantello e lo trascinava insieme
a Hermione verso l’ufficio di Lumacorno.
“Punizione, punizione!” canticchiava Gazza allegro, felice di avere finalmente
l’occasione di punire qualcuno che non fosse un ragazzino del primo anno armato
di Frisbee Zannuti o Merendine Marinare. Gazza aprì di scatto la porta
dell’ufficio del Professore e fece irruzione tenendo i due ragazzi davanti a
lui per controllarli.
Pochi secondi e tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono sui nuovi
arrivati, compresi quelli di Harry, e Luna.
Harry spalancò gli occhi e si fece subito largo fra la folla – gli amici di
Lumacorno potevano aspettare-, avvicinandosi a Hermione.
“Ma che succede?” le chiese, gettando un’occhiata a un Gazza gongolante sul
posto e a uno scocciato Malfoy, che sbuffava come una teiera sul fuoco. Prima che Hermione potesse rispondere,
fece la sua comparsa Lumacorno, un’espressione curiosa e sconcertata allo
stesso punto sul volto.
“Argus, che succede?” chiese, fissando i tre davanti a lui alternativamente.
“Li ho pescati nel corridoio, Signore, sostengono di essere stati invitati alla
festa!”
“Io sono stata invitata!” esclamò
Hermione voltandosi verso di lui e Gazza, con uno strattone, la fece voltare di
nuovo. Harry strinse i pugni.
“Ha ragione, Argus, la signorina Granger è stata invitata. Il signor Malfoy…”
Gazza, con delusione, lasciò andare Hermione che subito si allontanò e si
avvicinò a Harry, ma non lasciò andare Draco, ancora speranzoso di poter
infliggere una punizione come si deve.
“No, in effetti non è stato invitato” concluse Lumacorno, accennando un piccolo
sorriso. Fece per continuare ma fu interrotto da Malfoy, che si liberò dalla
presa del guardiano e infilò le mani nelle tasche del mantello.
“E va bene!” sbottò, guardando Lumacorno. “Volevo imbucarmi, d’accordo?! E la
Granger, qui, aveva appena perso il suo accompagnatore e volevo usarla come
tramite per entrare!”
Cercando di non farsi notare da nessuno, agguantò la bacchetta nel mantello,
pronto a puntarla contro Hermione.
Ma non ce ne fu bisogno. In poco tutti gli sguardi si ritrovarono su Hermione,
che doveva dare una risposta al più presto.
I suoi occhi si spostarono da Lumacorno, a Harry, a Malfoy, e poi aprì bocca.
“È vero” disse, e Malfoy lasciò andare la bacchetta, sorpreso. Spalancò gli
occhi.
“L’ho incontrato fuori e mi ha chiesto di poter entrare con me, voleva
partecipare alla festa”
Lumacorno si aprì in un gran sorriso mentre gli sguardi sgomenti di Harry – il
suo era orripilato, più che altro - e di Malfoy la squadravano in ogni angolo
del viso, cercando tracce di menzogna e pazzia.
“Bene, bene! È Natale, non vedo perché a un giovane e promettente ragazzo non
dovrebbe essere permesso di partecipare a una festa!” Lumacorno invitò Draco a
rimanere e Gazza se ne andò sbuffando e mormorando maledizioni contro quel
professore panciuto, dopotutto aveva visto svanire davanti ai suoi occhi una
piacevole serata passata a punire uno studente.
Harry afferrò Hermione per il braccio e la trascinò lontano da lì, in un angolo
ben nascosto della sala.
“Cos’è questa storia?!” sibilò, gettando un’occhiata a Draco Malfoy che era
rimasto immobile al suo posto, un’espressione indecifrabile sul volto.
“Che storia? È tutto vero quello che ho detto” rispose Hermione. “Sono uscita
fuori, ho discusso con McLaggen e poi è arrivato Malfoy, tutto qui”
“Hai discusso con McLaggen?” chiese Harry, ricordando che in effetti aveva
avuto la vaga impressione che Cormac fosse riuscito a trovare Hermione, alla
fine.
“Sì, l’ho… mollato sotto il vischio, no? Era venuto a riscuotere il suo premio di consolazione, come l’ha
chiamato lui. Uno schifo”
Harry digrignò i denti facendo un appunto mentale. Schiantare McLaggen la prima
volta che l’avesse beccato per il corridoio, anche in presenza di insegnanti.
“Stai bene, però, no?”
Hermione annuì, indecisa su come continuare. Doveva raccontargli del fatto che
Malfoy l’aveva praticamente salvata dalla situazione, o doveva far finta di
aver mandato via McLaggen da sola e di aver incontrato Malfoy dopo?
Gettò un’occhiata al ragazzo biondo che si era avvicinato al tavolo delle
bevande e si stava versando qualcosa che somigliava molto a Whisky Incendiario
nel bicchiere, e tornò a guardare Harry.
“Poi è arrivato Malfoy, mi ha… aiutata, diciamo. Ha fatto andare via McLaggen e
si capiva, che voleva andare alla festa. Poi è arrivato Gazza e il resto lo
sai”
Harry spalancò gli occhi. Malfoy l’aveva aiutata?
“Che vuol dire che ti ha aiutata?” domandò, confuso. Hermione scosse la testa.
“Lasciamo stare, non è importante. Penso che volesse solo sfruttarmi per
entrare qui, e alla fine ce l’ha fatta. Vado a prendermi qualcosa da bere,
Harry, ti conviene tornare da Luna, non è carino lasciarla sola”
Solo in quel momento Harry ricordò di aver invitato Luna alla festa come sua
accompagnatrice e si voltò frenetico, cercando quella cascata di mossi capelli
biondi.
Hermione si avvicinò al tavolo e prese un boccale, versandosi un po’ di
Burrobirra. Si avvicinò a Malfoy che sorseggiava poggiato con la schiena al
muro e fissava la stanza con il volto seminascosto dietro al boccale.
Prese posto accanto a lui, che non si era accorto della sua presenza, e parlò.
“Prego” disse, e Malfoy per poco non si strozzò con il Whisky. Hermione accennò
un sorrisetto e gli gettò un’occhiata, che Malfoy ricambiò con uno sguardo di
pura confusione.
“Ero già pronto ad usare la Maledizione Imperius su di te. Ma non ne ho avuto
bisogno. Perché mi hai coperto?” chiese incerto, coprendo di nuovo la bocca con
il bicchiere. Hermione guardò davanti a sé, cercando di controllare la propria
espressione. Non le piaceva questa storia che Malfoy usasse le Maledizioni
Senza Perdono.
“Perché voglio scoprire cos’hai in mente” rispose lei tornando risoluta,
voltandosi a guardarlo. Draco fece scivolare il bicchiere lontano dalla bocca e
non poté farne a meno. Si voltò verso di lei e la guardò serio, chiedendosi
perché quella Mezzosangue gli si fosse così appiccicata da quando aveva
scoperto che aveva il Marchio Nero.
“E poi ti dovevo un favore” concluse Hermione, con un accenno di un ghigno
sulle labbra. “Mi hai liberato di Cormac, e non è poco”
Senza aggiungere altro, si voltò e sparì tra la folla.
L’ultima cosa che Draco vide furono le balze della gonna del vestito di
Hermione che scompariva dietro Lumacorno, e rimase un attimo a fissare quel
punto come se lei fosse ancora lì.
Qualche secondo dopo storse le labbra e si allontanò alla ricerca di Blaise.
Ormai non poteva più abbandonare la festa, quindi doveva in qualche modo
passare il suo tempo, e voleva farlo in compagnia di un altro Serpeverde.
*
Severus Piton percorse lentamente ma con passi sicuri i
pochi metri che lo separavano dal portone di quercia della sala principale di
Villa Malfoy.
Quando arrivò, esitò un attimo prima di poggiare la mano sulla pesante maniglia
di ottone.
Sapeva cosa lo attendeva dall’altra parte, l’aveva sempre saputo, ma d’altronde
non poteva proprio tirarsi indietro. Chiuse la mente; uno scherzo, per un
Occlumante abile come lui.
Aprì la porta ed entrò, richiudendosela alle spalle.
“Mio Signore” disse subito, chinando il capo in quella che doveva essere una
riverenza.
Voldemort non parlò subito. Si limitò a fissarlo per qualche secondo, e Piton
vide Nagini girare intorno ai suoi piedi con aria minacciosa, sibilando
intimidatoria.
“So che le cose non stanno andando bene a Hogwarts, Severus” esordì Voldemort,
e Piton capì che finalmente poteva alzare lo sguardo.
“Mio Signore, cosa...?” chiese, incerto. Sapeva esattamente a cosa si stava riferendo,
ma dopo anni e anni al suo servizio, aveva capito che era meglio mostrarsi umili
e insicuri davanti al suo Signore piuttosto che spavaldi e arroganti.
“Non prendermi in giro, Severus, sai benissimo di cosa sto parlando” rispose freddamente
lui, alzando un po’ la voce. Piton tornò immediatamente a fissarsi i piedi,
cercando di sembrare il più contrito possibile.
“Draco non si sta affatto comportando bene” sibilò Voldemort, un sorrisetto
freddo stampato sul volto.
“Mio Signore” mormorò Piton fissando il pavimento scuro sotto i suoi piedi. La
mente chiusa ermeticamente, il cuore che batteva calmo, il tono di voce chiaro.
“Draco si sta impegnando per portare a termine il compito che lei gli ha
affidato” disse, ma uno schiocco improvviso gli fece sollevare immediatamente
la testa: Voldemort teneva in mano la bacchetta e aveva dato un colpetto alla
sedia su cui era seduto, spazientito.
“Non mentire al tuo signore e padrone, Severus” disse in tono lezioso,
prendendo ad accarezzare la testa di Nagini che si era spostata dai piedi di
Piton e aveva preso a gironzolava intorno a lui, strisciando con uno suono
sinistro.
“Draco non ha la minima possibilità di portare a termine il compito che gli ho
affidato. Lo so bene”
Gli occhi di Piton si spalancarono impercettibilmente, ma Voldemort parve
accorgersene. Esplose in una risata roca e maligna e guardò Piton negli occhi,
divertito.
“Diamogli la punizione che merita” disse, e Piton fece per spalancare la bocca
per ribattere, ma Voldemort sollevò una mano e la tese a palmo aperto verso di
lui, facendolo tacere.
“E se interverrai, Severus, io lo saprò”.
Detto questo, gli indicò la porta con la scheletrica mano grigiastra, e Severus
Piton capì di essere appena stato congedato.
After you read:
Finalmente è comparso Voldemort! *.*
Avrei voluto inserirlo tanti capitoli fa, ma non si presentava mai il momento
giusto e ora... eccolo qua *.*
Beh, che vi avevo promesso? Draco e Hermione sono stati un po’ più in contatto
in questo capitolo, su v.v e finalmente è arrivata anche Luna <3 La
splendida Luna <3 secondo me è uno dei personaggi meglio riusciti di Harry Potter
*.*
Dunque, che altro dire?
Grazie a voi che leggete e recensite *.* Ogni volta che leggo le vostre parole
saltello per la stanza, siete uno stimolo in più per continuare questa storia
(che mi sta creando un sacco di problemi, tra l’altro >_>’ non faccio
altro che leggere e rileggere i libri XD)
Quiiindi, vi ringrazio ancora e vi saluto!
Al prossimo capitoletto :D
Bacini
Il venti dicembre Hermione si svegliò tardi.
Ron ed Harry erano partiti per passare le vacanze di Natale alla Tana e lei era
rimasta sola. Probabilmente era l’unica Grifondoro ad essere rimasta al Castello.
Per sua fortuna non era comunque l’unica studentessa ad essere rimasta a
scuola. C’erano anche un paio di Tassorosso, cinque Corvonero e un Serpeverde.
Il Serpeverde in questione era Draco Malfoy.
Hermione l’aveva trovata un’occasione eccellente. Avrebbe potuto parlare con
lui e anche pedinarlo senza gli occhi dell’intera scuola puntati addosso, il
che non era poco.
Si sentiva ancora in colpa per come stava mentendo a Harry e Ron, ma più
passava il tempo più si rendeva conto di aver fatto la scelta giusta. E poi
Silente era d’accordo con lei, ed era più facile sopportare quel fardello con
l’approvazione del Preside.
Natale arrivò in fretta.
La mattina del venticinque Hermione scese dal letto e scartò i regali,
rendendosi conto con amarezza che quello di Ron non era nella lista. Non poté
lamentarsi, comunque, visto e considerato che anche lei non gli aveva fatto
nulla.
Non fece colazione. Scese solo per il pranzo, verso le dodici, perché la
McGranitt le aveva detto che era prevista una specie di gita speciale a
Hogwarts per festeggiare il Natale.
Di solito sia il pranzo che la cena si svolgevano comunque nella Sala Grande –
al terzo anno, poi, i tavoli nella Sala erano stati tolti e ne era stato
allestito uno solo dove professori e studenti avevano mangiato insieme -, ma
quell’anno, visto l’esiguo numero di studenti rimasti al Castello, si era
optato per un pranzo ai Tre Manici di Scopa.
Hermione la trovò una cosa strana, ma la McGranitt le aveva detto che era stata
un’idea di Silente, anche se lui non sarebbe stato presente per motivi
personali.
Hermione non poté fare a meno di pensare, per un attimo, che Silente volesse
tenerli lontani dal Castello per almeno una giornata.
Fu così che, intorno a mezzogiorno, scese tutta avvolta nel suo cappotto pesante,
nella sciarpa e nel cappello, stringendosi mentre pensava al freddo pungente
che avrebbe dovuto affrontare una volta fuori.
Giunse nella Sala d’Ingresso e si avvicinò agli altri studenti. Li salutò
timidamente e quelli ricambiarono, e il suo sguardo corse all’unico studente
rimasto in disparte, la schiena poggiata allo stipite del portone d’ingresso e
l’espressione scocciata.
Hermione gettò un’occhiata a Malfoy che ricambiò, poi si voltò dato che il
Professor Vitious l’aveva appena chiamata.
Quando anche la Professoressa Sprite li raggiunse insieme alla McGranitt, alla
Professoressa Sinistra e a Lumacorno, tutti uscirono rabbrividendo forte per il
freddo pungente.
Percorsero la discesa che portava a Hogsmeade in fretta e furia, pregustando il
calore che avrebbe offerto loro la calda atmosfera dei Tre Manici di Scopa.
Arrivarono al villaggio in pochi minuti; c’era poca gente in giro, e quelle
poche persone camminavano in fretta e furia per potersi rintanare in qualche
luogo caldo e confortante.
Hermione si guardò intorno. Il cielo era grigio chiaro. Non sembrava stesse per
piovere, eppure sentì il vento alzarsi all’improvviso.
Si voltò un attimo a guardare la Professoressa McGranitt che chiudeva il gruppo
di ragazzi e la vide alzare gli occhi al cielo.
Seguì il suo sguardo, spostando di nuovo lo sguardo in alto.
Si bloccò sul posto.
Le nuvole, qualche secondo prima chiare, divennero scure all’improvviso.
L’atmosfera si fece pesante, il gelo penetrò fino alle ossa e Hermione sentì la
testa girare.
Qualche secondo dopo, da quelle stesse nuvole scure come se fossero cariche di
pioggia, piombarono verso il basso una ventina di Dissennatori.
Gli studenti di Tassorosso si lasciarono scappare delle urla, così come quelli
di Corvonero.
Hermione indietreggiò spaventata e vide i Professori sfoderare le bacchette, i
Patronus immediatamente evocati che correvano per scacciare quegli aggressori
improvvisi.
“FILIUS, HORACE, RIPORTATE GLI STUDENTI NEL CASTELLO!” esclamò la Professoressa
McGranitt, correndo a riparare gli studenti.
Lumacorno e Vitious non se lo fecero ripetere due volte: radunarono i pochi
studenti e, schermandoli con i Patronus, presero a condurli verso il Castello.
In mezzo a tutta quella confusione, Hermione si fece coraggio e sfuggì al
controllo di Lumacorno e corse verso la McGranitt, fermandosi a un paio di
metri da lei.
“Professoressa, posso…?” domandò titubante, estraendo la bacchetta.
Le narici della McGranitt si dilatarono all’inverosimile quando sentì la sua
voce. Si voltò verso Hermione, furente.
“Granger, fila subito al Castello!
Non sei in grado di aiutarci!” sbraitò adirata, muovendo la bacchetta così
velocemente che il suo Patronus allontanò cinque Dissennatori in una volta.
Hermione la fissò con le sopracciglia aggrottate. Non aveva mai visto la McGranitt
rivolgersi a lei in quel modo, ma dopotutto non poté biasimarla. Lei non era
consapevole del fatto che fosse in grado di evocare un Patronus.
Corse accanto a lei e la McGranitt le gettò un’occhiataccia, pronta di nuovo a
urlarle contro, quando Hermione levò la bacchetta contro i Dissennatori e
gridò: “Expecto Patronum!”
Un’elegante e agile lontra argentea scivolò via dalla punta della bacchetta di
Hermione e si schiantò contro i Dissennatori, che si dispersero nell’aria con
delle giravolte per poi ripiombare a terra, in fuga da quegli esseri argentei.
La McGranitt si voltò verso Hermione, la bocca spalancata e l’espressione
stupefatta.
Hermione le gettò un’occhiata soddisfatta. Fu completamente sicura di aver
guadagnato almeno cinquanta punti per Grifondoro.
Mosse la bacchetta avanti e indietro verso di Dissennatori, cercando di
scacciarli. Si guardò intorno freneticamente, mentre Lumacorno e Vitious
conducevano gli studenti al castello proteggendoli dagli attacchi dei
Dissennatori.
Com’era potuta succedere una cosa del genere? Un attacco in pieno giorno in uno
dei luoghi più affollati, soprattutto vicino a Hogwarts.
Si sentì sollevata mentre muoveva il Patronus per scacciare gli intrusi, perché
notò tutte le porte dei locali chiuse ermeticamente. Evidentemente nessuno era
stato attaccato o Baciato. Non ancora, per lo meno.
Vide il gatto soriano della McGranitt avventarsi contro un gruppo di dieci
Dissennatori; non aveva notato che fossero così tanti, probabilmente erano
aumentati.
Le professoresse Sprite e Sinistra lanciarono i loro animali argentei lungo il
viale: gli ex custodi di Azkaban si dispersero per poi cercare di attaccare gli
intrusi.
Gli studenti erano quasi arrivati al Castello, quando Hermione, voltatasi
freneticamente, ne notò uno che giaceva a terra, la schiena poggiata contro un
muretto e l’espressione di puro terrore sul volto.
Anche la McGranitt lo notò, ma non poté muovere il Patronus: se l’avesse
spostato anche solo di un metro, tutti i Dissennatori che stava cercando di
cacciare le sarebbero piombati addosso.
Hermione ebbe un sussulto, perse la concentrazione e la sua lontra si dissolse
all’improvviso.
Ma quasi non ci fece caso. Un Dissennatore stava scivolando verso Malfoy che
giaceva a terra con l’espressione più impaurita che Hermione gli avesse mai
visto addosso.
Non perse neanche un secondo.
Spiccò una corsa tra i professori che combattevano e gli esseri incappucciati
che volavano, mentre il Dissennatore si chinava su Draco e si portava la mano
putrefatta al cappuccio per abbassarlo.
“NO!” gridò Hermione, ma ovviamente il Dissennatore non la sentì. Non la sentì
neanche Draco, troppo occupato a pressarsi contro il muro alle sue spalle per
sfuggire da quell’orrida creatura.
La distanza che li separava sembrò infinita, e quando finalmente Hermione
arrivò a neanche un metro dal Dissennatore – che intanto si era chinato
completamente su Malfoy – e gli puntò direttamente la bacchetta contro. Un pensiero felice! Si disse,
concentrandosi. Un pensiero così felice
che riesca a scacciare questo mostro. Vide i contorni del tratto di Malfoy sfocati. Spalancò gli occhi e gridò
“EXPECTO PATRONUM! EXPECTO PATRONUM!” sferzò l’aria con la bacchetta e la
lontra scivolò fuori una seconda volta, colpendo immediatamente il Dissennatore
che si allontanò con uno stridio sinistro.
Hermione cadde a terra accanto a Draco; aveva il viso contorto in una smorfia e
gli occhi chiusi.
“Malfoy! Malfoy, alzati, dobbiamo andare al Castello!” esclamò scuotendolo, e
dopo qualche secondo Draco spalancò gli occhi.
Cosa ci faceva lei lì?
Si guardò intorno sobbalzando, alla ricerca del Dissennatore, ma riuscì solo a
distinguere le sagome dei professori che erano quasi riusciti a cacciarli
tutti.
Hermione gli prese un braccio e se lo passò intorno al collo, e fu costretta a
trattenerlo per il polso quando Draco cercò di fuggire da lei.
“Falla finita, hai bisogno di aiuto” disse lei con enfasi, alzandosi e
trascinandoselo appresso.
Draco non disse nulla, si limitò a farsi trascinare verso il castello con gli
occhi perennemente piantati sui propri passi.
“Portalo in infermeria!” esclamò la Professoressa McGranitt, ma Hermione non si
voltò a guardarla. Eseguì l’ordine senza voltarsi indietro, la lontra che
faceva loro da scudo.
Quando Hermione spalancò la porta dell’infermeria con la bacchetta, Madama
Chips corse verso di loro, aiutandola a sorreggere Malfoy.
“La Professoressa McGranitt ha mandato il suo Patronus ad avvisarmi. Da questa
parte”.
L’aiutò a sistemarlo sul letto e Malfoy si sdraiò silenzioso, coprendosi
immediatamente con le coperte. Si sentiva strano.
Madama Chips si voltò verso Hermione.
“Minerva mi ha detto che c’è stato un attacco dei Dissennatori” sussurrò, la
voce incrinata. “Tu stai bene?”
Hermione annuì distrattamente, gli occhi puntati su Malfoy che aveva dato loro
la schiena. Ma Hermione ne fu sicura. Lo vide tremare leggermente sotto lo
strato di lenzuola che lo copriva.
“L’hanno quasi Baciato” disse a Madama Chips, indicando Draco con un cenno del
capo. L’infermiera spalancò gli occhi e si girò a guardarlo immediatamente,
portandosi una mano alla bocca.
“Gli preparerò un infuso per calmarlo. Deve essere sconvolto...” borbottò tra
sé e si allontanò. Entrò nel suo ufficio e si chiuse la porta alle spalle.
Hermione afferrò una sedia e la poggiò accanto al letto di Malfoy; si sedette e
gli picchiettò con il dito sulla spalla. Inizialmente non ottenne risposta,
così prese a scuotergli la spalla chiamandolo a voce alta.
Malfoy scattò verso di lei digrignando i denti, e si mise seduto con uno
scatto.
“Che vuoi!?”
“Sapere come stai” rispose lei arricciando le labbra, indispettita. Non c’era
bisogno che lui glielo dicesse, comunque: gli si leggeva in faccia come stava.
Era pallido – più pallido del normale –, negli occhi grigi poté leggere lo
spavento e lo sconforto, le labbra leggermente viola tremavano piano.
Sospirò. Aveva provato sulla sua stessa pelle cosa significasse essere
attaccata dai Dissennatori, al terzo anno. Aveva rischiato grosso insieme a
Harry e Sirius, ma poi era intervenuto Piton che li aveva salvati.
“Non ti riguarda” bisbigliò lui, vedendo che Hermione lo stava squadrando da
capo a piedi.
“Ti ho salvato la vita, direi che mi riguarda eccome” ribatté lei piccata.
“Posso immaginare come ti senti” “Ah, questa è bella” sbottò Malfoy,
esplodendo in una sgradevole risata. Hermione storse le labbra e aggrottò le
sopracciglia. “Puoi immaginarlo? No, Granger. Non puoi. Non sai cosa vuol dire
essere attaccati dai Dissennatori” E soprattutto non sai cosa significa
sapere chi li ha mandati. “Lo so eccome” rispose lei seria, e Malfoy tacque all’improvviso. La fissò,
concentrato, anche se non voleva ammetterlo.
“Sono stata attaccata dai Dissennatori al terzo anno. Insieme a Harry e Sirius
Black. So cosa si prova. Conosco il gelo, lo sconforto, la tristezza. La...
disperazione. La paura di non riuscire più ad avere un solo pensiero felice”.
La voce di Hermione si incrinò appena. Chinò la testa a guardarsi le mani
strette in grembo e sentì le lacrime pizzicare ai lati degli occhi. Il solo
ricordo la faceva stare ancora male, soprattutto perché quel particolare
ricordo era legato a Sirius. E ora Sirius non c’era più.
Malfoy non disse nulla. Si limitò a fissare la nuca di Hermione in attesa che dicesse
qualcos’altro o che comunque alzasse la testa, ma non accadde nulla di tutto
ciò.
E la sua mente prese a lavorare freneticamente.
La Granger l’aveva salvato. L’aveva salvato di
nuovo. Solo dieci giorni prima l’aveva tirato fuori dal casino alla festa
di Lumacorno, e ora l’aveva addirittura tratto in salvo dalle grinfie dei
Dissennatori.
Si strinse nelle spalle, il freddo provato solo qualche minuto prima che ancora
gli penetrava nelle ossa.
Quando aveva visto quelle figure incappucciate scendere in picchiata verso di
loro, una terribile consapevolezza lo aveva schiaffeggiato con tanta forza che
per un attimo era rimasto stordito.
I Dissennatori erano al servizio del Signore Oscuro, questo ormai era chiaro –
più ai Mangiamorte che al resto de mondo magico, in realtà –, e dunque
obbedivano a lui e lui soltanto.
Quindi se si erano presentati a Hogsmeade, era solo perché Voldemort glielo
aveva ordinato.
Rabbrividì. È una punizione. Mi sta punendo perché
non sono ancora riuscito a portare a termine il compito che mi ha affidato. Chiuse gli occhi e poggiò la schiena al cuscino. Il cuore prese a battergli
forte dall’agitazione. Già era stato terribile essere attaccato dai
Dissennatori, sapere chi glieli aveva mandati era stato un vero e proprio colpo
di grazia.
Gettò un’occhiata a Hermione che stava giocherellando con le proprie mani.
“Hai intenzione di alzare la testa o vuoi rimanere così tutto il giorno?” disse
scocciato, ed Hermione sollevò la testa di scatto, fissandolo. Stavano avendo
una conversazione?
No, non era possibile. Lei e Malfoy non avevano mai avuto una conversazione
degna di questo nome, né tantomeno pacifica. O forse si era addolcito, visto e
considerato che lei gli aveva decisamente salvato la vita?
“Sì, scusa” disse, accennando un mezzo sorriso.
Draco distolse lo sguardo e il pensiero di Voldemort si affacciò di nuovo nella
sua testa. Si sentiva ansioso. Ansioso e spaventato, perché sapeva di non poter
fuggire da tutto quello; fuggire avrebbe significato la morte di sua madre e di
suo padre. Non lo avrebbe permesso. Mai.
“Tutto a posto?” domandò Hermione all’improvviso, facendolo sobbalzare.
Draco si voltò a guardarla e spalancò gli occhi: non se n’era reso conto. Aveva
delle lacrime intrappolate tra le ciglia, lacrime che lottavano per fuggire,
cosa che avrebbe voluto tanto fare anche lui.
“Sì” disse solo, passandosi una mano sugli occhi. Perché tutte quelle domande?
Cosa voleva quella dannata impicciona?
“Non sembra” rispose infatti lei, avvicinandosi. Draco si voltò a guardarla, le
guance colorite.
“Sono appena stato attaccato dai Dissennatori, mi concedi un attimo di... come
dire, smarrimento?”
Hermione sollevò le sopracciglia e tornò a sedersi compostamente sulla sedia.
“Certo, certo. Scusa”
“Ho visto che hai evocato un Patronus” disse Malfoy per cambiare discorso.
Hermione annuì. Ripensò alla sua lontra argentea che svolazzava per scacciare i
Dissennatori: doveva ringraziare Harry, se non fosse stato per lui non avrebbe
mai imparato quell’incantesimo.
“È magia molto avanzata. Come hai fatto?”
“Me l’ha insegnato Harry. All’E.S.”
“Cos’è l’ES?” chiese Draco incuriosito.
“Ehm…” esitò lei, indecisa se parlare o meno. Ma, dopotutto, che problema
c’era? La loro attività clandestina era stata scoperta da un pezzo.
“Un’organizzazione che io, Harry e Ron abbiamo fondato l’anno scorso…”
“Ah” rispose lui, illuminato. Lo ricordava eccome, l’E.S. “Quella pagliacciata
contro la Umbridge”
“Sì” rispose Hermione sprezzante, fissandolo storto, “La stessa pagliacciata
che tu hai aiutato a fermare. La stessa pagliacciata che ci ha permesso di
sfuggire a quella serpe di tuo padre, all’Ufficio Misteri”.
Hermione si rese conto troppo tardi di aver detto qualche parola di troppo. Si
bloccò di colpo e non aggiunse altro, fissando ansiosa il volto di Malfoy che
la stava guardando con un’espressione indecifrabile. Lo spavento che gli aveva
visto poco prima, lacrime incluse, erano spariti. Deglutì a vuoto.
Sapeva quanto fosse suscettibile quando gli si nominava il padre, che in quel
momento giaceva in una delle prigioni di Azkaban. In teoria, per lo meno: l’attacco
dei Dissennatori la diceva lunga su quanto fossero ancora al servizio del Ministero.
Si morse un labbro attendendo una sua reazione, che non tardò ad arrivare.
Con uno scatto veloce della mano, Draco si sporse sul comodino e afferrò la
bacchetta di Hermione.
“Non osare parlare di mio padre, sporca Mezzosangue” sibilò cattivo Malfoy,
assottigliando gli occhi e tenendo la bacchetta puntata contro la sua gola.
Quella stupida aveva superato il limite. Come osava parlare di Lucius quando
era stata proprio colpa sua e dei suoi amici se lui era finito in prigione?
Hermione, la testa leggermente sollevata, sbuffò sarcastica.
“È la terza volta che mi punti la bacchetta contro, quest’anno. Ti ricordo che,
oltre ad averti salvato la vita, so anche che sei un Mangiamorte. Toglila”
disse, indicando con un cenno della testa la bacchetta.
Draco, la cui mano tremava leggermente dalla rabbia, digrignò i denti e abbassò
piano la bacchetta, lanciandola sul comodino.
“Dovresti mostrarti più riconoscente verso chi ti ha salvato”
“Nessuno te l’ha chiesto” sputò fuori Draco, e stavolta fu lui a rendersi conto
di aver esagerato. Era grato alla Granger per averlo salvato, ma non l’avrebbe
mai ammesso e soprattutto dimostrato.
“Bene” disse Hermione seccamente. Allungò una mano per prendere la bacchetta e
si alzò di scatto, rimettendo la sedia dove l’aveva presa.
“La prossima volta eviterò accuratamente di venire in tuo aiuto” disse seria,
gettandogli un’occhiata velenosa.
Draco non disse nulla, si limitò a fissarla mentre camminava spedita verso la
porta dell’infermeria.
*
“Prego, accomodati”.
La McGranitt aprì la porta del suo studio ed Hermione entrò cautamente,
guardandosi intorno.
“Siediti” disse l’insegnante gentilmente, indicandole una sedia di fronte alla
sua scrivania. Hermione obbedì e prese posto sulla sedia, seduta sul bordo come
sempre, pronta all’attenti.
Minerva McGranitt si sedette dall’altra parte della scrivania e la fissò,
poggiando i gomiti sul tavolo.
“Allora, Signorina Granger. Innanzitutto devo ringraziarti”
Hermione sollevò le sopracciglia, incuriosita.
“Per cosa, Professoressa?”
“Per non avermi dato ascolto. Ci sei stata molto utile, con il tuo Patronus”
Hermione arrossì appena, capendo il motivo per cui la McGranitt l’aveva
convocata proprio la sera stessa dell’attacco. Era sicura che volesse
rimproverarla per averle disobbedito, e invece la McGranitt si era appena
congratulata con lei.
“Innanzitutto, direi che Grifondoro merita cento punti” disse pensierosa, e
Hermione immaginò il tintinnio dei cristalli rossi che scivolavano nella
clessidra giù nella Sala Grande.
“Cento punti?!” strillò entusiasta ma incredula. La McGranitt le rivolse un
sorrisetto.
“Hai salvato la vita del signor Malfoy, non è poco. E hai aiutato noi
professori contro i Dissennatori. Ma... Signorina Granger, posso chiedere come diavolo è possibile che tu sappia
evocare un Patronus completamente formato? Anche se sei la studentessa più
brillante di Hogwarts” Hermione avvampò, “è magia decisamente avanzata. Dove
hai avuto il tempo per impararlo? Chi
te l’ha insegnato?”
“È stato Harry” rispose lei, facendo spallucce.
La McGranitt spalancò gli occhi.
“Sapevo che Potter è capace di evocare un Patronus, ma...”
“Ce l’ha insegnato l’anno scorso” disse Hermione velocemente. “Quando abbiamo
creato l’Esercito di Silente... Harry ci ha fatto da insegnante, dato che le
lezioni della Umbridge erano pressoché inutili. Ci ha insegnato molte cose,
perfino Neville è riuscito a evocare un Patronus corporeo”
La McGranitt la fissò sbigottita, gli occhi spalancati. Sapeva dell’Esercito
che gli studenti avevano messo su solo l’anno precedente, ma aveva sempre
pensato che tutti si fossero solo attenuti al programma di Difesa Contro le
Arti Oscure del quinto anno. Ora invece veniva a sapere che tutti i ragazzi
aderenti all’E.S. avevano imparato ad evocare Patronus. Perfino Paciock, che
non era mai stato un abile mago.
Era sbalordita, davvero.
“Bene” disse, sbattendo le palpebre più volte. Si sentiva un po’ stordita, in
effetti.
“Devo prendere in considerazione l’idea di deviare Potter verso una carriera di
insegnate di Difesa Contro le Arti Oscure, oltre che quella di Auror” borbottò
tra sé, e Hermione si aprì in un radioso sorriso.
“Puoi andare, signorina Granger” disse, tornando a rivolgersi a Hermione.
“Volevo solo qualche conferma. E complimenti ancora”
Hermione annuì entusiasta e si alzò. Salutò la professoressa con un piccolo
inchino e uscì dal suo ufficio, diretta verso la praticamente deserta Torre di
Grifondoro.
*
La mattina dopo, Hermione si vide recapitare al tavolo dei
Grifondoro la Gazzetta del Profeta, portata da un grosso barbagianni scuro.
L’uccello le fece cadere il quotidiano direttamente in grembo, e il titolo in
prima pagina le fece spalancare gli occhi.
La testata principale riportava l’enorme scritta “ATTACCO DEI DISSENNATORI A
HOGSMEADE”.
Ah, quindi ogni tanto la Gazzetta riportava notizie vere dopotutto.
Si disse, comunque, che a quanto pareva non aveva avuto altra scelta: l’attacco
era stato di enorme entità e nascondere un fatto del genere sarebbe stato
praticamente impossibile.
Il suo pensiero corse a Harry e a Ron. Probabilmente anche loro avevano letto
l’articolo, o comunque erano in procinto di farlo.
Si tuffò sulla borsa e ne estrasse un foglio di pergamena nuovo e una piuma con
il calamaio.
Caro Harry,
Iniziò, poi sollevò la piuma dal foglio. Cari Harry e Ron,
avrebbe voluto scrivere. Ma lei era arrabbiata con Ron. Magari lui neanche si
sarebbe preoccupato per l’attacco dei Dissennatori.
Sbuffò e riprese a scrivere.
Se hai già letto il
giornale, stai tranquillo, sto bene. Stiamo tutti bene.
Se non hai letto il giornale... beh, quando lo leggerai non agitarti. È davvero
tutto ok.
L’attacco dei Dissennatori è stato terribile, ma i professori sono riusciti a
respingerli e nessuno si è fatto male, ho dato una mano anche io.
Se hai intenzione di tornare prima dalle vacanze solo per vedere come sto,
lascia stare. Goditi il resto delle ferie alla Tana e salutami la famiglia
Weasley!
Con affetto,
Hermione.
Ps- La Professoressa
McGranitt è rimasta molto colpita sapendo che hai insegnato a noi dell’E.S. ad
evocare un Patronus. Ha preso in considerazione l’idea di indirizzarti a una
carriera di insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure!
Sperò di aver sdrammatizzato abbastanza, perché sapeva che
nonostante quel biglietto sbrigativo, Harry si sarebbe preoccupato comunque.
Legò il messaggio alla zampa del barbagianni che era rimasto appollaiato sul
tavolo accanto a lei e lo prese in braccio.
“La Tana” gli disse, e quello spiccò il volo sparendo fuori dalle vetrate.
Hermione ripose calamaio e piuma nella borsa e se la mise in spalla, diretta
verso l’infermeria.
Probabilmente Malfoy era ancora lì. Madama Chips si era mostrata davvero
spaventata quando le aveva detto del Bacio, ma Hermione sapeva che Malfoy era
più forte di come lo si dipingeva.
Certo, l’attacco dei Dissennatori l’aveva sconvolto e il gelo che aveva provato
era stato sicuramente terribile, ma la sua vera forza stava nel fatto che i
Dissennatori non avevano poi così tanti pensieri felici da portargli via.
Hermione aveva riflettuto su quella questione durante la notte.
Draco le era sembrato sì sconvolto, gli aveva visto quelle due lacrime
seminascoste, ma aveva anche notato come si era calmato quasi subito.
Probabilmente non aveva così tante emozioni positive e i Dissennatori,
nutrendosi di quelle, avevano risucchiato via poco e niente. Quello era il suo
punto di forza e allo stesso tempo il suo punto debole.
Salì al piano superiore e spinse piano la porta dell’infermeria.
Vide Malfoy seduto sul letto, la schiena dritta poggiata al cuscino. Quando
vide Hermione, fece una smorfia e chiuse il libro che teneva aperto in grembo.
“Oh no, ancora tu!” sbottò, poggiando il libro sul comodino.
Hermione ignorò quel commento sgradevole e prese una sedia, sedendosi accanto a
lui.
“Come stai?” domandò, sbirciando il titolo del libro che Malfoy aveva appena
smesso di leggere.
“Stavo meglio prima” borbottò lui allungando una mano per coprirne la
copertina.
Hermione riuscì solo a leggere la parola ‘Oscure’, prima che Malfoy afferrasse
il libro e lo nascondesse sotto le coperte.
“Stai leggendo qualcosa sulla Difesa Contro le Arti Oscure?” domandò
incuriosita, e Malfoy sbuffò.
“Perché vieni qui, Mezzosangue? Credevo mi odiassi” disse serio.
Hermione inarcò le sopracciglia, quasi sorpresa.
“Oh, no, io non ti odio” disse tranquilla, incrociando le braccia. Draco la
fissò perplesso.
“Ti considero stupido, viziato, infido, calcolatore, presuntuoso, superbo,
sconsiderato, vanitoso, scortese, egoista, antipatico ed egocentrico, ma io non
ti odio. Non l’ho mai detto”
Draco rimase immobile, la bocca semiaperta e le sopracciglia sollevate a
dismisura. Hermione poté leggere nei suoi occhi la sorpresa, e ne sorrise
compiaciuta.
Draco sembrò riscuotersi e si inumidì le labbra, cercando di cambiare discorso.
“Anche San Potter e Lenticchia sono così buoni
d’animo?” domandò sardonico, stampandosi in faccia un ghigno proprio da
lui.
“No, no” rispose Hermione senza riflettere un secondo. “Loro ti odiano proprio.
Non che tu abbia mai fatto qualcosa per farti amare, in ogni caso”.
Draco schioccò la lingua sonoramente e incrociò le braccia.
“Non ne ho bisogno” disse secco. Era vero, non aveva bisogno dell’amore degli
altri. Stava per aggiungere che gli bastava l’amore incondizionato di sua
madre, ma dopotutto, si disse, non era vero.
Certo, sua madre lo amava, probabilmente lo amava così tanto che avrebbe anche
dato la vita per lui, ma tutto era reso difficile dal fatto che anche lei fosse
praticamente schiava del Signore Oscuro. L’amore che provava per Draco era
offuscato dalla prepotenza di quello che probabilmente preso sarebbe diventato
il loro capo indiscusso.
Draco fu percorso da un brivido. Il solo pensiero gli faceva venire voglia di
Maledirsi da solo.
“Dovresti odiarmi, comunque” disse, tornando a fissarla. Hermione lo fissò
attenta.
“Difficilmente odio le persone” rispose con una scrollata di spalle.
Draco strinse il lenzuolo con una mano, ma Hermione non se ne accorse.
“Io sono sempre stato cattivo con voi. Pessimo. E non me ne pento. Continuerò
ad esserlo anche se mi hai salvato, che questo ti sia chiaro, Mezzosangue. Il
fatto che tu non mi odi non mi impedirà di toglierti di mezzo, quando la
situazione lo richiederà”
Hermione rimase colpita da quelle parole. Erano cattive. Erano decisamente
cattive, ma una vocina nella sua testa le disse che non erano affatto vere.
“Se fossi stato in grado di uccidermi l’avresti già fatto durante quest’anno.
Ti ho messo in difficoltà tante volte e non mi hai mai toccata con un dito.
Questo la dice lunga, sai”
Draco strinse ancora di più le lenzuola, le nocche delle dita improvvisamente
bianche.
Digrignò i denti, ma non rispose, perché sapeva che, per l’ennesima volta,
Hermione aveva ragione su tutta la linea.
“E comunque, ripensandoci, una persona che odio c’è” disse lei, vedendo che
aveva colto nel segno.
Draco le rivolse un’occhiata frustrata, poi sospirò.
“Chi?”
“Tua zia Bellatrix”
Draco trattenne il fiato, mentre Hermione rimaneva in attesa di una sua
reazione. Era scattato quando gli aveva nominato il padre, come si sarebbe
comportato ora che aveva parlato anche di sua zia?
Ma, contrariamente a ogni aspettativa, Draco non rispose.
Dopotutto, pensò di poter capire quel sentimento che Hermione provava verso sua
zia. Non si discostava molto da quello che provava lui, comunque.
“Pensavo” disse poi, illuminandosi all’improvviso. La sua testa gli gridò di
tacere, ma la bocca lo mise subita a tacere. “Che odiassi anche la Brown”
Hermione si irrigidì sul posto. Aveva passato quei giorni senza pensare a Ron e
Lavanda ed era riuscita finalmente a trovare un po’ di pace. Perché Malfoy la
tirava in ballo ora?
Per un attimo si era convinta che avrebbero potuto avere un’altra conversazione
normale, ma ovviamente lui doveva rovinare tutto.
Si alzò piano dalla sedia e sospirò.
Basta, a questo punto doveva proprio rinunciarci.
“Sei in deficiente” disse solo, prima di girare i tacchi e dirigersi verso l’uscita.
Draco vide che si portava una mano al viso, prima di sorpassare la soglia della
porta.
Hermione tornò dritta verso la Sala Comune dei Grifondoro e si lasciò cadere
sul divano, asciugandosi le tracce delle lacrime che avevano minacciato di
uscire.
Odiava quel suo carattere.
Era forte, così forte da riuscire ad affrontare Dissennatori e Mangiamorte, ma
appena si parlava di Ron ecco che i muri che aveva costruito con tanta fatica
crollavano inesorabilmente.
Aveva davvero cercato di non pensare a Ron e Lavanda, e alla fine ce l’aveva
anche fatta. Ma ora Malfoy, con una semplice frase, aveva riaperto quella
ferita che aveva cercato di chiudere ermeticamente.
Sospirò, sentendo poi picchiettare alle sue spalle.
Si voltò e vide Edvige che batteva con il becco sul vetro della finestra.
Hermione corse lì, aprì la finestra e la fece entrare, sciogliendo dalla sua
zampa la lettera che sicuramente riportava la risposta di Harry. L’aprì
freneticamente, tornando a sedersi sulla poltrona.
Cara Hermione,
quando mi è arrivata
la tua lettera stavo già infilando i vestiti nel baule per tornare ad Hogwarts
(con Ron che -già pronto- mi gridava dietro di sbrigarmi).
Hermione arrossì e si pentì immediatamente di non aver
menzionato anche Ron nel biglietto che aveva mandato a Harry.
Sono contento di
sapere che stai bene (che state tutti bene), ma abbiamo chiesto alla signora
Weasley se potevano tornare comunque ad Hogwarts in anticipo. Lei ci ha detto
che le vie di comunicazione per il momento sono interrotte e sotto
sorveglianza, e che la Metro Polvere tornerà a funzionare solo i primi di
gennaio, quando ricominceranno le lezioni.
Ron si è arrabbiato da morire e hanno discusso. Ginny ti saluta, anche lei era
preoccupata da morire.
Ci vediamo a gennaio, stai attenta!
Un abbraccio,
Harry
Hermione rilesse la lettera un paio di volte, poi la infilò
in uno dei libri sparpagliati sul tavolo.
Harry le mancava da morire.
After you read:
Ecco, ora la storia inizia a discostarsi. Finora ho seguito il libro in quasi
tutte le scene praticamente, ma da adesso in poi le cose si fanno un po’ più
diverse (e quindi un po’ più interessanti per chi ha letto il libro XD)
Spero sia stato di vostro gradimento, ho cercato di descrivere al meglio la
scena dei Dissennatori e spero di esserci riuscita.
Capitolo con pochi avvenimenti – della serie, a conti fatti c’è stato solo
l’accatto dei Dissennatori e le visite di Hermione in infermeria – ma come si
dice: chi va piano, va sano e va lontano.
Ora vi saluto!
Lasciatelo un commentino è_é per sapere che cacchio ne pensate!
Un grazie sincero a voi che leggete <3
Capitolo 13 *** Tutti i nodi vengono al pettine ***
13. Tutti i nodi vengono al pettine
La prima cosa che fece Harry appena ebbe attraversato il buco del ritratto, fu
precipitarsi da Hermione.
La trovò seduta comodamente sulla poltrona davanti al camino acceso, un grosso
libro di Aritmanzia aperto sulle gambe e l’espressione concentrata.
Harry l’afferrò per un braccio, la sollevò dalla poltrona facendo cadere il
tomo a terra e la strinse in un abbraccio mozzafiato, che Hermione si trovò a
ricambiare solo dopo il primo attimo di sgomento.
Sapeva che Harry e Ron sarebbero tornati quel pomeriggio, ma non si era
aspettata di certo un saluto così... caloroso.
Strinse Harry a sua volta, sentendo il cuore di lui battere all’impazzata
attraverso il maglione scarlatto che sicuramente doveva essere il regalo di
Natale della signora Weasley.
La prima cosa che fece Ron, quando ebbe varcato il buco del
ritratto un minuto dopo Harry, fu ricambiare più o meno calorosamente il saluto
di Lavanda, che gli si era appiccicata alle labbra come una ventosa.
Mentre contraccambiava quel saluto affettuoso, il suo sguardo non poté fare a
meno di vagare nella Sala Comune, attirato da un particolare piuttosto
insolito.
Harry e Hermione sembravano appiccicati proprio come lui e Lavanda in quel
preciso istante.
Cercando di essere il più cortese possibile, allontanò piano Lavanda da sé e le
sorrise, gli occhi però sfuggenti.
Lei sembrò comunque non farci caso, perché si attaccò al suo braccio e prese a
trascinarlo verso un divano, sicuramente per dare inizio al secondo round della
loro lotta preferita.
Ron si lasciò trascinare senza una parola, gli occhi verdi fissi sullo
spettacolo che Harry e Hermione stavano dando davanti ai Grifondoro presenti
nella Sala.
Per un attimo incrociò lo sguardo con quello acquoso di Hermione, che però lo
distolse immediatamente, arrossendo appena.
Ron la fissò torvo, poi si ritrovò a guardare Harry.
L’attimo dopo, la sua visuale fu offuscata dal viso di Lavanda.
*
“Avete dato spettacolo, nella Sala Comune”
“Cosa?” chiese Hermione, portandosi alla bocca la forchetta. Si voltò verso
Ginny, seduta accanto a lei, e si accorse che stava spostando lo sguardo sistematicamente
da lei a Harry, seduto di fronte a loro accanto a Seamus.
“Quando siamo tornati e Harry si è precipitato ad abbracciarti”
Hermione arrossì lievemente, grattandosi la nuca. Gettò un’occhiata a Harry che
però non si era scomposto affatto.
“Cosa c’è di male? Le voglio bene e lo dimostro, chi se ne frega di cosa può
pensare la gente”
Ginny sorrise e anche Hermione.
Quanto era cresciuto Harry nell’ultimo anno?
Gli sembrava solo ieri quando Harry si mostrava agitato al solo pensiero di
poter parlare con Cho, e ora eccolo lì, che non si faceva scrupoli ad
abbracciarla davanti a tutti.
Certo, in effetti era una cosa un po’ diversa: Cho era la ragazza che gli
piaceva, Hermione era una semplice amica.
Comunque il cambiamento c’era stato, ed era anche notevole.
Ginny asserì e Hermione sorrise, guardandosi intorno un po’ imbarazzata.
Lo sguardo le cadde immediatamente e anche inconsapevolmente al tavolo dei
Serpeverde.
Malfoy era lì, serio, che mangiava compostamente dal suo piatto.
Era uno spettacolo insolito, in effetti, perché Hermione era sempre stata
abituata a vedere Malfoy tenere banco seduto in mezzo ai suoi amici.
Invece c’era qualcosa di storto, di sbagliato in quello che stava guardando
ora.
Sapeva che era stato dimesso due giorni dopo essere stato ricoverato in
infermeria, ma non era comunque più andata a trovarlo dopo l’amorevole
frecciatina che lui le aveva lanciato riguardo Ron.
Non aveva voluto ammetterlo, ma l’aveva ferita.
Il che era una novità. Di solito gli insulti di Malfoy le scivolavano addosso,
aveva imparato a non curarsi troppo delle parole di quell’infida serpe.
L’aveva capito da quando l’aveva chiamata Mezzosangue per la prima volta. Ci
era rimasta male, certo, ma non ne aveva mai fatta una tragedia per il semplice
fatto che lei non si considerava tale.
Era figlia di Babbani, ma dov’era il problema? Era molto più in gamba di molti
famosi Purosangue, il che era tutto dire.
E poi Malfoy aveva preso l’abitudine a chiamarla così anche quando le passava
accanto per i corridoi, perché avrebbe dovuto farsi venire il sangue amaro ogni
singola volta?
Così aveva imparato a farsi scivolare tutto addosso.
Perché allora quella volta le parole di Malfoy le erano penetrate dentro come
un pugnale?
Forse perché c’entrava Ron?
Non riuscì a spiegarselo.
Lo fissò per qualche altro secondo e poi distolse lo sguardo, tornando a
guardare i suoi migliori amici davanti a lei.
Ron, ovviamente, mancava all’appello, probabilmente troppo impegnato in un
round di wrestling orizzontale sul divano della Sala Comune.
“La settimana prossima c’è la partita, vero? Tassorosso contro Corvonero” disse
Ginny all’improvviso, e il discorso della seconda partita del campionato di
Quidditch occupò quasi tutto il tempo che impiegarono per cenare.
*
Corvonero vinse contro Tassorosso trecentodieci a cento.
I Grifondoro – che avevano assistito alla partita sotto la coltre di pioggia e
vento gelido che si abbattevano sul campo – avevano subito capito che
quell’anno avrebbero avuto del filo da torcere: Corvonero era migliorato
davvero, e Cho, la cercatrice, aveva preso il Boccino con tanta facilità che
Harry per un attimo aveva ripensato al loro primo incontro, quando Baston gli
aveva urlato di non fare il gentiluomo e di buttarla giù dalla scopa.
Tassorosso, d’altro canto, era riuscita a cavarsela piuttosto bene, ma la
perdita del loro migliore giocatore si era fatta sentire parecchio: Cedric
Diggory era morto due anni prima e il nuovo cercatore, un ragazzo che Harry non
aveva mai visto prima, era un po’ scarsino.
Si era schiantato su uno dei pali per cercare di rubare il boccino dalle mani
di Cho.
Comunque, ragionò Harry, il loro cercatore non era niente paragonato a quello
contro cui aveva dovuto confrontarsi durante la partita di Serpeverde.
Perfino Malfoy era migliore di loro, e tutti sapevano come si era procurato
l’ingaggio nella squadra.
Harry entrò nella Sala Comune accompagnato da Ron e Lavanda.
Completamente zuppi, i due salirono al piano di sopra per cambiarsi i vestiti
(Lavanda salutò Ron con un bacio che Harry trovò disgustoso. Stava quasi iniziando
a stancarsi di quei due.) e Ron, rimasto in mutande, si buttò sul letto con le
braccia aperte.
“Sono stanco” disse, e Harry si sfilò la maglietta, prendendo a cercarne
un’altra dentro il baule.
“Riposati” rispose distrattamente, tirando fuori il maglione e un altro paio di
pantaloni. Si sfilò quelli che aveva addosso e li appallottolò insieme al
maglione fradicio.
“No” disse Ron, girandosi verso di lui con un piccolo balzo. Poggiò il gomito
sul materasso e la testa alla mano, fissando l’amico.
“Mi sto stancando di Lavanda” precisò mentre Harry lanciava sulla sedia il
cumulo di panni appallottolati.
Si bloccò ancora con le mani sollevate e si voltò verso Ron, le sopracciglia
aggrottate.
“...Lasciala” rispose come se fosse ovvio. Prese a vestirsi con calma e Ron si
alzò pensieroso, imitandolo subito: stava iniziando a sentire freddo.
“È troppo appiccicosa... Non vuole fare altro che baciarmi. Certo” precisò,
gonfiando un po’ il petto, “D’altronde la capisco, ma così è esagerato. È più
di un mese che stiamo insieme, e sai che non abbiamo mai parlato? Non
veramente. Era tutto diverso con-” si bloccò prima di finire la frase, una
gamba nei pantaloni e l’altra che penzolava già dal letto.
Harry si voltò a guardarlo, serio.
“Con Hermione?” chiese, e vide le orecchie di Ron tingersi dello stesso colore
dei capelli.
“Non l’ho detto” borbottò imbarazzato, finendo di vestirsi. Harry si sedette
sul letto sbuffando e si puntellò sulle mani.
“Ron, un consiglio da amico. Se ti piace Hermione, diglielo”
“Ma sto con Lavanda!” rispose lui scandalizzato. Harry aggrottò le sopracciglia
e lo guardò perplesso.
“Mi hai detto che vuoi lasciarla!”
“Non l’ho detto. E non lo so, boh” rispose evasivo, buttandosi di nuovo sul
letto. Fissò i drappeggi scuri delle tende e si lasciò scappare un sospiro.
Harry rifletté un attimo su qualcosa da dire, ma non gli venne in mente nulla
di confortante. Aveva già dato il suo consiglio, cos’altro poteva dire?
D’altronde se Ron non era convinto, di certo non poteva obbligarlo a lasciare
Lavanda e mettersi con Hermione.
“Credevo ti piacesse Hermione, sai?” buttò lì, andando a frugare nel baule per
non guardare l’amico negli occhi. Sapeva che quei discorsi lo imbarazzavano e
non voleva infierire, ma pensò anche all’altra sua migliore amica. Hermione
stava soffrendo e lui voleva fare qualcosa per aiutarla, per quanto gli fosse
possibile.
Ron non disse nulla. Voltò la testa verso di lui e fissò Harry che cercava nel
baule.
Harry attese una risposta e gli capitò tra le mani la Mappa del Malandrino.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” disse, colpendola piano con
la bacchetta.
Finse di concentrarsi sui minuscoli punti delle persone che camminavano per il
Castello, poi la voce di Ron lo distolse.
“Lo credevo anche io. Cioè, lo credo. Penso di sì” buttò lì, e Harry ridacchiò.
“Che c’è da ridere?” Ron lo fissò torvo, puntellandosi sui gomiti per guardarlo
meglio.
“Rido perché ti stai facendo un sacco di problemi per nulla” rispose lui,
sollevando gli occhi per guardarlo.
Ron arrossì di nuovo. “E questo che vuol dire?” borbottò.
“Che, ripeto, se ti piace Hermione diglielo e basta. Rimarrai sorpreso”
Ron sollevò le sopracciglia che quasi sparirono in mezzo ai folti capelli
rossi.
“Che vuol dire?” ripeté, e Harry sbuffò spazientito.
“Niente, lascia stare! Solo, pensaci bene” chiuse la Mappa con un tocco di
bacchetta e un fatto il misfatto e la
ripose nel baule.
“A te non piace nessuno?” domandò Ron all’improvviso, e Harry sentì il cuore
schizzare alle stelle.
“Se mi piace qualcuno?” ripeté, le guance accaldate. Certo, tua sorella.
“N... no, nessuno” mentì, e Ron la prese per buona.
“Come hai fatto a mollare Cho?” domandò poi, e Harry ringraziò il cielo di non
dover mentire ancora.
Aveva realizzato solo da pochi giorni che alla fine Ginny Weasley gli piaceva
davvero.
Era cresciuta, era diversa dalla ragazzina di undici anni che si nascondeva
quando lo incontrava e scappava via strillando quando lui le rivolgeva la
parola.
Era cresciuta e si era fatta più sicura di sé, più bella.
Anche troppo, in effetti, e Harry invidiava Dean per la fortuna che aveva
avuto.
Aveva imparato ad apprezzarla per la ragazza fantastica e coraggiosa qual era.
Lo attirava in una maniera che non credeva possibile, molto più di Cho.
“Non è stato necessario che la lasciassi io” rispose, ricordando i bei tempi
andati. “Dopo il casino con la sua amica Marietta...”
“Quella cretina che ha spifferato tutto alla Umbridge?” domandò Ron
infervorandosi. Harry annuì.
“Sì, l’ha difesa a spada tratta e allora ho capito che non avevo nulla da
dirle. Eppure mi piaceva così tanto... ma dopotutto, dentro era vuota. Molto
sciocca, devo dire. E poi aveva insultato Hermione, la considerava un pericolo,
pensava che lei mi piacesse”
“Ah, già” disse Ron. “Hermione... non ti piace, vero Harry?”
Harry sobbalzò sul posto.
“Cosa?” chiese incredulo, la bocca spalancata. Ron si sedette composto sul
letto e incrociò le gambe; Harry si stupì di vederlo così serio e, cosa ancora
più strana, per niente imbarazzato.
“Ho visto come l’hai abbracciata quando siamo tornati” disse.
“Strano” rispose Harry sprezzante, “Non credevo riuscissi a vedere qualcosa con
Lavanda appiccicata al viso”
Ron rimase sbigottito.
“Certo che vi ho visti” decise di ignorare il commento poco carino di Harry, “Sembrava
l’abbraccio di due fidanzati che non si vedono da mesi”.
Harry si alzò e incrociò le braccia.
“Io e Hermione siamo amici. Se l’ho abbracciata così è stato solo perché, come
ben sai, è stata attaccata dai Dissennatori. Probabilmente abbiamo rischiato di
non vederla più, e sai anche questo. Non prendertela con me solo perché ho
fatto quello che invece avresti voluto fare tu!”
Ron non rispose. Rimase spiazzato da quelle affermazioni, e la sua mente gli
urlava che erano tutte vere, che Harry aveva pienamente ragione.
Era lui che alla Tana gli aveva urlato dietro di sbrigarsi per tornare ad
Hogwarts e accertarsi delle condizioni di Hermione. Era lui che, non appena
saputa la notizia che lei stava bene, aveva comunque insistito con sua madre
per poter tornare a scuola, fino a litigarci.
Era lui lo stupido, dopotutto.
Harry lo fissò e vide che abbassava la testa. Era stato troppo duro, Ron non
era abituato a vedersi sbattere in faccia la verità a quel modo.
Gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla, stringendogliela appena
amichevolmente.
Ron sollevò gli occhi.
“Ron, dico sul serio, Hermione è come una sorella per me. Ma se ti piace, e
intendo veramente, sai già cosa devi
fare. Non sei stupido”.
Passò qualche secondo e poi Ron annuì.
“Andiamo a cena? Ho una fame da lupi!” disse Harry facendogli l’occhiolino, e
lo stomaco di Ron brontolò per protesta.
*
“Lezioni di Materializzazione?!” Hermione saltò su dalla
sedia e corse alla bacheca della Sala Comune. Ginny le indicò con un cenno del
capo l’inserzione e Hermione saltellò sul posto, agitata.
“Finalmente! Sapevo che al sesto anno ci sono le lezioni di Materializzazione,
non vedo l’ora che inizino!”
“Beata te” borbottò Ginny contrita, tornando a sedersi sulla poltrona.
Accarezzò Arnold la Puffola Pigmea e sospirò.
Hermione prese posto accanto a lei, capendo il suo disagio. Ginny era al quinto
anno, non aveva ancora il permesso di materializzarsi.
“Neanche Harry può, comunque. Qui dice chi compie gli anni entro la fine
dell’anno scolastico, e Harry li compie a fine luglio”
Ginny annuì. “Invece Ron frequenterà le lezioni, potreste stare insieme” disse,
e Hermione sentì il cuore perdere un battito.
“Chi se ne frega di quel cretino” rispose in tono altezzoso.
“Ancora non gli hai perdonato il fatto che si è messo con Lavanda?” domandò
Ginny con l’aria di chi la sapeva lunga, e Hermione saltò sul posto, il volto
improvvisamente rossissimo.
“Di cosa stai parlando, Ginny?!”
“Non fare la finta tonta, l’ho capito che ti piace mio fratello!”
Hermione si morsicò la lingua e incrociò le braccia. Dopotutto Ginny era la sua
migliore amica – la sua sveglissima
migliore amica -, quindi mentire o cercare di cavarsi d’impaccio era pressoché
inutile.
Tossicchiò nervosamente e si guardò intorno.
“Chissà cosa c’è stasera per cena?”
Ginny sorrise. Hermione era sempre la solita.
*
Pansy passò le lunghe dita smaltate fra i capelli lisci di
Draco, accarezzandogli la testa.
“Vuoi smetterla?!” sbottò lui infastidito, alzandosi dal suo grembo.
Pansy, seduta sul solito divano nella Sala Comune dei Serpeverde, ridacchiò in
modo decisamente troppo frivolo. Draco storse la bocca.
“Ehi, ragazzi”
Nott e Zabini fecero il loro ingresso nella stanza, quest’ultimo brandendo la
scopa da corsa.
Draco sollevò appena il busto vedendo i suoi due compagni di casa: Blaise era
completamente zuppo dalla testa ai piedi, i capelli sporchi e i vestiti
strappati in più punti.
Pansy lo fissò con gli occhi spalancati. “Oooh, ma
sei in condizioni orribili!”
“Orribili?” domandò Blaise buttando a terra il manico di scopa e crollando sul
divano, mentre Theodore rideva. “Speravo ci fosse già stato il passaggio
dall’orribile al sexy” disse, e Pansy si lasciò scappare un’altra delle sue
risatine ridicole.
“Invece no” intervenne Malfoy con un ghigno. “Puzzi, Blaise, e pure tanto”
“Saresti nelle mie stesse condizioni se non avessi abbandonato la squadra”
ribatté piccato l’altro, alzando un braccio e annusandosi. Theo e Pansy risero
a quella scena.
“Appunto, Draco, come mai non fai più parte della squadra?” domandò Theodore
curioso.
Aveva sentito parecchie voci, molte delle quali includevano la frase “Malfoy ha
paura di perdere di nuovo contro Potter”, oppure “Finalmente Malfoy ha capito
che non basta pagare per mantenersi un posto in squadra”, ma la cosa non lo
aveva minimamente toccato. Conosceva Draco, e sapeva che le motivazioni non
erano quelle.
“Così” rispose Draco facendo spallucce. Si alzò dal divano stiracchiandosi e si
diresse verso il dormitorio con passi
lenti e strascicati, cercando di non dare l’impressione di star scappando,
anche se in effetti era proprio quello che stava facendo.
Odiava quando gli facevano troppe domande e la conversazione cadeva su di lui.
Non aveva voglia di trovare scuse da affibbiare ai suoi compagni di casa; ma
dopotutto come avrebbe potuto giustificare il fatto che si assentasse dalle
partite, dagli allenamenti, da alcune lezioni e da alcuni pasti per portare a
termine un compito che Lord Voldemort gli aveva affidato?
Semplicemente, non poteva.
Primo, perché era sicuro che non avrebbero capito. Loro non erano nella sua
stessa posizione. Certo, Theodore era figlio di un Mangiamorte, ma sapeva con
certezza che lui non era mai stato costretto a piegarsi in due dal dolore mentre
il Marchio Nero gli veniva impresso a fuoco sulla pelle.
E Tiger e Goyle? Loro erano troppo idioti per capire a fondo una situazione del
genere. Idioti come i loro genitori, ovviamente Mangiamorte anch’essi.
Blaise non faceva testo. Non aveva un padre – o per meglio dire, non ne aveva
uno fisso –, e sua madre si guardava
bene dall’intrattenere rapporti con un determinato tipo di gente.
Probabilmente lui avrebbe potuto capire, ma Draco non se la sentiva proprio di
aprire bocca e darle fiato, soprattutto considerando quello che era successo lo
scorso Natale.
L’attacco dei Dissennatori era ancora vivido nella sua mente, e la notte ancora
si svegliava di colpo ripensando al gelo che aveva sentito quando il
Dissennatore l’aveva quasi Baciato.
Ma poi era arrivato qualcuno, e quel qualcuno gli aveva salvato la vita.
La Granger aveva scacciato via il Dissennatore e l’aveva aiutato a rientrare al
castello sano e salvo.
Come se non bastasse, era anche tornata a trovarlo in infermeria il giorno
dopo.
Entrò nel dormitorio e si chiuse la porta alle spalle, poggiandovi contro la
schiena.
Odiava ammetterlo, ma la Granger lo stava sconvolgendo pian piano.
Prima, quando lei aveva scoperto il suo Marchio Nero. Poi quando aveva iniziato
a pedinarlo per i corridoi.
Poi quando l’aveva beccato mentre usciva dalla Stanza delle Necessità.
E ora questo. L’aveva salvato dai Dissennatori.
Non riusciva a trovare una logica in tutto quello. Per anni si erano
praticamente ignorati, senza contare ovviamente gli occasionali scontri che
avevano avuto riguardanti i modi da sbruffone di lui e l’assenza di purezza del
sangue di lei, e ora lei si spingeva fino a quel limite che Draco sperava non
avrebbe mai superato.
Ci aveva già riflettuto in effetti, e non era stata una riflessione piacevole.
La Granger era l’unica persona interessata a lui.
Sospirò e fece per staccarsi dalla porta, quando si trovò a rovinare in avanti:
la porta era appena stata aperta con poca grazia da quelli che si rivelarono
essere Nott e Zabini.
“Maledizione!” sbottò Draco massaggiandosi la fronte, aveva appena battuto
contro una gamba di legno del letto.
Si sedette a terra con una lacrima intrappolata tra le ciglia e maledì i suoi
amici con una filippica di insulti, che loro bloccarono sul nascere con un
sonoro sbattere della porta.
Blaise si sfilò la divisa sudicia da Quidditch e la gettò su una sedia all’angolo,
ridendo per le imprecazioni di Malfoy. Nott allungò una mano e Draco l’afferrò,
aiutandosi ad alzarsi.
“Potevate stare attenti” borbottò infastidito, massaggiandosi ancora la fronte.
Nott rise e gli lasciò la mano, ma poi tornò serio e lo fissò.
“Prima dicevo sul serio, sai?” chiese, e Draco lo fissò stupito. Perché era
diventato serio all’improvviso?
“Di cosa parli?”
“Dei motivi per cui ti assenti dalle lezioni, per cui hai mollato la squadra
per la quale avevi fatto carte false per entrare, per cui quasi non parli più”
Draco aggrottò le sopracciglia.
“Niente di particolare” rispose vago. “Senza contare, Theodore, che non sono
affari tuoi”
“Lo so” rispose lui con una scrollatina di spalle. “Ma mi interessa lo stesso”.
“Interessa anche a me, in effetti” esordì Blaise tornando davanti a loro.
Indossava i vestiti sporchi che aveva messo sotto la tuta da Quidditch, e Draco
lo fissò sbalordito.
Si erano forse messi d’accordo per metterlo con le spalle al muro? Perché ce l’avevano
tutti con lui?
“Non c’è nessun motivo particolare” si difese, stringendosi nelle spalle. Si
voltò e si chinò sul baule aperto alla ricerca di qualcosa in cui poter
sparire, e Blaise e Theo si scambiarono un’occhiata nervosa.
“Ok” disse infine Blaise, sospirando. “Io vado a farmi una doccia, evidentemente
qui non si cava un ragno dal buco”.
Così dicendo si allontanò dai due e sparì dietro la porta.
Draco si voltò a fissare Nott.
“Ma che vi prende a voi due?”
“Cosa prende a noi?” domandò lui, sollevando le sopracciglia. “Cosa prende a te, Draco. Sei sempre stato il... il
fulcro del nostro gruppo, ora invece a stento ti fai vedere in giro. È da
quando è cominciato l’anno che sei sfuggente, ce ne siamo accorti tutti, ma tu
ti ostini a non parlarne”
“Non c’è niente di cui parlare” rispose velocemente Draco, mordendosi la lingua
il secondo successivo. Stava perdendo la calma.
“D’accordo” concesse Theodore con un cenno della testa. “L’importante è che tu
ti renda conto che dopo sarà troppo tardi”.
Draco lo fissò sbigottito e Nott, con quelle parole, si congedò.
*
Harry e Ron si incamminarono per tornare alla Sala Comune
dopo la cena di quella sera. Hermione non si era fatta vedere, secondo Ginny
era rimasta in biblioteca per terminare una ricerca.
“Penso proprio che le parlerò” disse Ron pensieroso. Harry capì al volo a chi
si stava riferendo, e tirò un sospiro di sollievo capendo che forse le cose per
Hermione sarebbero iniziate ad andare meglio.
Salirono la gradinata della Sala d’Ingresso e videro due allievi del secondo
anno di Tassorosso rincorrersi, lanciarsi Caccabombe per il corridoio.
Ron, da bravo Prefetto qual era, si avvicinò con le mani poggiate sui fianchi e
un’espressione che mille volte Harry aveva visto sul volto di Molly Weasley, e
sequestrò le Caccabombe ai due ragazzini.
“Basta, non si gioca per i corridoi con queste cose!” esclamò severo, e Harry
per un attimo si stupì.
Ron non era mai stato un bravo Prefetto. Fin dall’anno precedente, quando era
stato nominato, aveva sempre avuto un certo problema ad opporsi agli altri.
Infatti le litigate con Hermione erano state infinite, su quel punto, perché lei
asseriva che Ron non avesse abbastanza spina dorsale per poter essere un
Prefetto.
Harry, per consolare Ron, in un secondo momento gli aveva detto che non era la
spina dorsale a mancargli, ma la fiducia in sé stesso.
Comunque, in fondo, Harry sapeva che Hermione aveva ragione. Ma in quel momento
dovette ricredersi.
Che Ron avesse iniziato a comportarsi da bravo Prefetto, come Hermione gli
aveva sempre detto di fare, solo per amor suo?
Il ragazzino più piccolo ridacchiò mentre Ron si allontanava verso Harry.
“Incredibile, più sono piccoli più sono sfacciati!” borbottò il rosso.
Harry osservò i due ragazzi che avevano preso a camminare per il corridoio, uno
dietro l’altro.
Quello che aveva riso estrasse la bacchetta, la puntò contro la borsa del
compagno davanti e mormorò un incantesimo.
In quel momento, proprio mentre un piccolo raggio di luce partiva dalla punta
della bacchetta, Draco Malfoy passò tra i due e l’incantesimo lo colpì.
Harry spalancò gli occhi mentre vide il ragazzino scappare via con gli occhi
sbarrati e l’espressione spaventata, e Malfoy che si fermava a guardare la
veste lacerata.
Quel maledetto moccioso doveva averlo colpito con l’incantesimo Diffindo.
Si esaminò il mantello e poi, con orrore, scoprì che anche la manica sinistra
del maglione era stata lacerata.
Harry lo vide spalancare gli occhi e sorpassò velocemente Ron che non aveva
smesso di parlare. Percorse i pochi passi che lo separavano da Malfoy e
spalancò gli occhi, notando solo ora quella minuscola macchia nera che spuntava
dalla veste lacera, impressa sull’avambraccio.
“Ce l’ha!” Harry afferrò Hermione per un braccio e la
strattonò lontano dalla folla, in un angolino del corridoio.
Si rese conto però che quel gesto aveva solo attirato di più l’attenzione
generale e quindi abbassò la voce, mentre Hermione lo fissava con gli occhi
spalancati.
“Cosa, Harry?” domandò incuriosita, vedendo Ron dietro di lui con l’espressione
risoluta.
Spostò lo sguardo ai suoi migliori amici e poi furono le parole di Harry a
farle ghiacciare il sangue nelle vene.
“Malfoy, ha il Marchio Nero! Gliel’ho visto ieri!” sussurrò agitandosi, ed
Hermione per un attimo fu sicura che il suo cuore si fosse fermato.
“Co-come l’hai scoperto?” chiese incerta, riflettendo
alla svelta. Forse se Harry aveva solo intravisto il Marchio poteva ancora
fuorviarlo, fargli credere di aver visto male...
Ma perché, poi?
“Ieri c’erano due ragazzini del secondo anno che si inseguivano lanciandosi
incantesimi, Ron li ha fermati per togliergli punti e un incantesimo Diffindo
si è abbattuto su Malfoy che passava lì per caso. Gli si è lacerata la veste e
un pezzo di manica del braccio sinistro e l’ho visto! L’ho visto!” esclamò,
stavolta alzando di più la voce.
Ron gli si affiancò e gli fece cenno di abbassare la voce, ma non rivolse
nessuna parola a Hermione.
Hermione, dal canto suo, sospirò. Dunque l’aveva proprio visto. Perché diavolo
Malfoy non stava più attento? Dopotutto era del suo segreto che si trattava,
doveva essere lui a curarsene!
“Volevo dirtelo ieri” continuò Harry, quasi saltellando sul posto. Sprizzava
gioia da tutti i pori, ma non quella gioia candida dei bambini a cui è stato
fatto un bel regalo. Era una gioia diversa, quasi sadica: Hermione lo sapeva,
Harry non voleva fare altro che mettere Malfoy nei guai, e finalmente ci era
riuscito.
Ma Harry non capiva che c’era qualcosa di più grande dietro. Non si parlava di
lui e Malfoy; si parlava del mondo magico, di Voldemort, di Silente, di tutti
loro. Possibile che non lo capisse, così attaccato a quelle stupide beghe
infantili?
“Ma l’ho scoperto ieri sera dopo la cena e non sono riuscito a trovarti! E ora
vado a dirlo a Silente, è tornato al Castello giusto stamattina, e...”
“No!” Hermione sollevò una mano e frenò quel fiume di parole, spalancando la
bocca.
Parecchie persone si voltarono verso di lei.
“Come? Perché no?” domandò Harry sollevando le sopracciglia. “È la nostra
occasione, Hermione, potremo finalmente dimostrare che sta tramando qualcosa”
disse, mentre Ron faceva cenni vaghi ai passanti per farli voltare dall’altra
parte.
Hermione si morse l’interno della guancia.
Sapeva che quel momento prima o poi sarebbe arrivato.
Trasse un respiro profondo e chiuse gli occhi, poi li riaprì e li puntò
ostinatamente su una macchia della parete lì accanto.
“Silente lo sa”
Stavolta fu Ron a intervenire, sorpreso.
“Cosa? E come fa a saperlo? E tu come fai a sapere che lo sa?” chiese,
avvicinandosi.
Hermione sentì puntati addosso gli occhi dei suoi migliori amici e sentì le
gambe tremare sotto il proprio esile peso.
Era arrivato il momento che aveva tanto temuto.
“Io... lo sapevo. Gliel’ho detto io”.
Per Harry e Ron fu peggio che aver ricevuto una maledizione in pieno petto.
Rimasero immobili, attoniti e silenziosi. Hermione quasi poté giurare di aver
sentito le rotelline dei loro cervelli lavorare freneticamente, realizzare che
lei li aveva presi in giro per tutto quel tempo.
“Che vuol dire… che tu lo sapevi?” chiese Harry
all’improvviso, e Hermione sollevò di scatto la testa verso di loro.
“Tu lo sapevi e non ci hai detto niente?!” esclamò furente Harry, stavolta
fregandosene di controllare il tono della voce. Hermione si ritrovò a
indietreggiare intimorita dagli occhi fiammeggianti di Harry e dalla sua
espressione furiosa, ma la cosa che le fece più male fu vedere l’espressione
che le stava rivolgendo Ron: delusione, disgusto. Non riuscì a definirla bene
ma la fece quasi sentire male.
“I-io…” balbettò incerta, sapendo che comunque quel
momento prima o poi sarebbe arrivato e che avrebbe dovuto affrontarlo. Solo,
non si aspettava di doverlo fronteggiare così presto.
“Sì, lo sapevo” disse, e Harry spalancò gli occhi come se gli avessero appena
dato uno schiaffo in pieno volto. Sperava di essersi sbagliato, di aver capito
male, ma quello che gli disse Hermione gli chiarì ogni dubbio.
“Perché non ce l’hai detto?! Pensavo che fossi dalla nostra parte!” si ritrovò
a urlare Harry, e tutte le persone che stavano passando nel corridoio in quel
momento si voltarono a guardarli.
Harry non se ne curò e afferrò le spalle di Hermione, scuotendola come non
aveva mai fatto prima, ma lei non batté ciglio. Capiva la sua rabbia,
dopotutto.
“Da quanto lo sai?!”
“Harry, calmati…” Ron si avvicinò e poggiò una mano
sulla spalla dell’amico cercando di allontanarlo – gli spettatori stavano
diventando davvero troppi e non gli pareva il caso di fare una scenata del
genere in pubblico, soprattutto se riguardava un argomento così scomodo.
Harry si voltò con rabbia verso di lui e lasciò andare Hermione, puntandola
immediatamente con il dito.
“Calmarmi?! Calmarmi, Ron?! L’hai sentita, sapeva tutto! Ci ha mentito!”
Ron lo lasciò andare e poi gettò un’occhiata a Hermione, rendendosi conto che
sì, in effetti aveva mentito, e chissà per quanto tempo.
“Quando lo hai scoperto?” domandò pacato ma ferendola con gli occhi.
Hermione fu percossa da un brivido e si disse che ormai era inutile continuare
a mentire, ma doveva stare attenta a quello che diceva: sentiva decine di occhi
puntati addosso e non doveva commettere passi falsi.
“Da… da quando ho bevuto la Pozione…”
sussurrò, spostando immediatamente lo sguardo a terra.
Harry e Ron spalancarono gli occhi ed Hermione sentì qualcuno che la
sorpassava. Alzando la testa di scatto, vide Harry che si allontanava a passo
di carica con i pugni serrati; si voltò verso Ron e se lo trovò davanti che si
ergeva in tutta la sua altezza e la sua delusione.
Hermione non sapeva cosa dire: i suoi migliori amici non l’avevano guardata
così neanche al terzo anno, quando aveva raccontato alla McGranitt della Firebolt
di Harry che poi gli era stata confiscata. Anche il fatto che lei e Ron fosse
in lite passò in secondo piano, in quel momento.
Se solo avesse potuto si sarebbe buttata ai suoi piedi implorando perdono.
“Ron…” tentò di dire e allungò una mano verso di lui,
ma Ron fece un passo indietro e la fissò con uno sguardo indecifrabile, quasi
piatto. Hermione sentì il cuore spaccarsi a metà.
Senza dire nulla, il ragazzo le diede le spalle e se ne andò, lasciandola lì da
sola in mezzo a tutta quella gente che aveva assistito alla scena.
Hermione fissò la schiena di Ron e si sentì umiliata e triste, le guance
arrossate e le lacrime che ormai avevano iniziato a scenderle sulle guance.
Le cacciò via con un gesto rabbioso della mano e singhiozzò, scappando via da
quella situazione e da tutti quegli occhi indiscreti puntati su di lei.
Percorse giusto pochi metri del corridoio con gli occhi appannati dalle lacrime
quando fu costretta a fermarsi: qualcuno l’aveva superata e le si era parato
davanti per impedirle di continuare la sua fuga.
Piangendo come una bambina, alzò gli occhi e si trovò davanti la causa del
litigio: Malfoy la guardava come se la vedesse in quel momento per la prima
volta.
Il biondo non disse nulla, si limitò a guardare quel volto stravolto dal dolore
e a deglutire a vuoto.
Aveva assistito a tutta la scena da lontano e aveva capito immediatamente a
cosa si stavano riferendo, ma non era intervenuto. Dopotutto non erano fatti
suoi se la Mezzosangue aveva mentito ai suoi migliori amici, per quale motivo,
poi?
Hermione singhiozzò un’altra volta mentre l’immagine dei suoi migliori amici
che le davano le spalle la colpiva come un potente e veloce schiaffo e, senza
esitare un attimo, si sporse in avanti verso Malfoy, lo schivò dandogli una
piccola spallata non voluta e lo sorpassò correndo via.
Draco si voltò verso di lei con la bocca aperta come a voler parlare, ma non
disse nulla.
La vide scappare via e scomparire dietro il primo angolo.
Sospirò, passandosi una mano sul viso.
Dopotutto non erano affari suoi.
After you read:
Bonsoir à tout le
monde! *-* Commentça va?
Ok, torno all’italiano ù_ù
Salve a tutti *O* ecco il capitolo 13 ò_ò le cose si complicano, no?
Ho un paio di cosette da dire, comunque!
1- Le partite di Quidditch sono ovviamente inventate di sana pianta, tranne
quelle in cui presenzia Grifondoro. La Rowling non fa riferimento alle altre
squadre quando giocano tra di loro, ma per seguire il filo mi sono fatta uno schemino di quanti punti potrebbe fare una squadra durante
una partita ecc ecc per far in modo che alla fine
Grifondoro vinca la coppa come nel libro (ops,
spoiler X°D)
2- Questo è un po’ un problema, in effetti.
Come molti di voi sapranno, il termine Mezzosangue è erroneo per tutta la
durate dei libri e film annessi. Perché il termine Mezzosangue, all’inizio,
viene usato come dispregiativo (e come traduzione di Mudblood)
per far riferimento alle persone nate da famiglia Babbana, quindi che non hanno
un mago o una strega come parenti. E poi, con l’andare del tempo, Mezzosangue viene
anche usato come traduzione di Half-Blood, come
possiamo anche vedere il titolo del sesto libro: in questo caso, HalfBlood vuol proprio dire
Mezzosangue, ossia persona che ha in sé sangue di mago e sangue di Babbano (Harry e Piton, ad esempio).
Dunque, il libro ha fatto quest’errore (o meglio, chi ha tradotto il libro l’ha
fatto), quindi mi dispiace ma ho dovuto usare l’adattamento italiano ._. spetta
a voi capire quando parlo di Mezzosangue (Half) e
Mezzosangue (Mud), anche se ogni tanto il
corrispettivo di Mezzosangue (Mud) lo descrivo con “Sangue
Sporco”. Ma non fa lo stesso effetto sentire Draco dire “Zitta, sporca Sangue Sporco”
e “Zitta, sporca Mezzosangue”, giusto? ò___ò A parte il gioco di parole
orribile della prima frase v.v
Ok, spero di essermi spiegata e di non aver fatto confusione. XD Questa
faccenda è un po’ un pasticcio!
Ora, a parte i soliti ringraziamenti per Voi, null’altro da aggiungere.
Continuate a seguirmi *O*
E fatevi sentire ù_ù altrimenti non posto più (scherzo
XD ... forse ù.ù)
Alla prossima *O*
ps- tra l’altro... il prossimo capitolo potrebbe
arrivare con un po’ di ritardo, diciamo non prima del 3 novembre. Ho alcuni
altri impegni e quindi credo che non potrò postare prima di quel giorno. Ma non
si sa mai ;P
Capitolo 14 *** Non tutti i mali vengono per nuocere ***
14. Non tutti i mali vengono per nuocere
La notizia della sfuriata di Harry contro Hermione in
corridoio fece il giro della scuola in poche ore.
Il giorno dopo tutti sapevano che Harry Potter e Ron Weasley avevano tagliato i
ponti con Hermione Granger, e con l’andare dei giorni se ne resero conto anche
i professori.
I rendimenti di Ron e Harry, che non erano mai stati poi così perfetti, erano
crollati inesorabilmente, il che fece loro presupporre che Hermione avesse
smesso di aiutarli a svolgere i compiti assegnati.
La professoressa McGranitt aveva visto Harry e Ron prendere posto in un banco
lontano da quello di Hermione, cosa strana, visto e considerato che di solito
cercavano di stare sempre vicini.
La professoressa Sprite aveva visto Ron e Harry fare gruppo con Hannah Abbott e
Ernie McMillan, lasciando Hermione da sola al tavolo in balia del suo Pugnacio.
Il professor Lumacorno aveva visto Hermione lavorare da sola al tavolo che di
solito condivideva con Ron e Harry, che invece si erano spostati tre tavoli più
dietro e leggevano le istruzioni per le pozioni dallo stesso libro.
Il professor Silente, durante i pasti alla Sala Grande, aveva visto Hermione
mangiare all’estremo del tavolo più vicino alla porta, in solitudine, e poi
sgattaiolare via prima ancora che gli altri iniziassero a mangiare il dolce.
La cosa aveva turbato tutti, chi più chi meno.
Aveva turbato anche Draco Malfoy, che aveva fatto caso a tutti gli stessi
particolari che avevano notato i professori; e si era reso conto, con suo
immenso stupore, che la cosa non gli andava bene.
Vedere la Granger isolata dai suoi migliori amici, per quanto odiosi e stupidi potessero
essere, era una cosa sbagliata.
Non era abituato a vederla silenziosa e in disparte, con gli occhi di tutti
puntati addosso.
Perché le voci che circolavano erano arrivate anche a lui: tutti si chiedevano
il motivo che avesse spinto quel trio inseparabile a separarsi.
Ovviamente, lui era a conoscenza di quel fantomatico motivo.
Avevano litigato a causa sua, perché la Granger aveva taciuto la scoperta del
suo Marchio Nero ai suoi migliori amici.
E, a una settimana di distanza, Draco non aveva ancora ricevuto la visita di
Potter. Eppure era stato così certo che sarebbe subito andato a cercarlo per
Schiantarlo. Ci era rimasto quasi male quando non l’aveva visto arrivare di
corsa e tirare fuori la bacchetta, perché aveva decisamente voglia di
ricambiare il favore. Già Potter gli stava sull’anima, gli era sempre stato
sull’anima fin dalla prima volta che aveva rifiutato la sua amicizia, al primo
anno. Ora quell’odio si era intensificato, e neanche lui sapeva spiegarsi il
perché.
D’altra parte, aveva visto la Granger parlare qualche volta con Ginny Weasley e
Luna Lovegood, la svitata di Corvonero, quindi dopotutto non era proprio sola
sola.
Ma si era anche reso conto che le sue compagne Serpeverde, Pansy in primis, si
divertivano a torturarla ogniqualvolta la incrociavano da sola per i corridoi.
Aveva assistito di nascosto e ovviamente per puro caso a qualcuno di quegli
episodi, episodi nei quali Pansy le faceva lo sgambetto e le rinfacciava il
fatto che era ovvio che Ron e Harry avessero rotto l’amicizia con lei, dato che
era una schifosa Mezzosangue.
Hermione in quel frangente era caduta a terra sbucciandosi il ginocchio, ma si
era rialzata, aveva raccolto libri, lacrime, groppo in gola e insulti e si era
limitata a sparire dalla circolazione, probabilmente nel bagno delle ragazze.
Draco scese dal letto e poggiò i piedi nudi sul pavimento freddo,
rabbrividendo.
Doveva smetterla di pensarci, di ossessionarsi. Da quando aveva assistito al
litigio vero e proprio dei suoi tre peggiori nemici, non aveva fatto altro che
pensarci: in aula, nella Sala Grande, nella Sala Comune, a letto, in
biblioteca, in bagno.
Era una cosa atroce.
Si infilò calzini e scarpe e gettò un’occhiata al foglietto dell’orario
spiegazzato sul comodino.
Mancava ancora mezz’ora alla lezione di Erbologia con i Tassorosso. Avrebbe
potuto approfittarne per fare un giro, e magari passare anche nella Stanza
delle Necessità.
Uscì dal dormitorio e poi dalla Sala Comune ignorando il chiacchiericcio
insistente di Pansy. Non aveva voglia né di vederla né di starla a sentire,
figurarsi di parlarle.
Uscì nel corridoio dei sotterranei e salì le scale per giungere al settimo
piano, ma quando arrivò al secondo, davanti a un bagno a lui noto, si fermò
all’improvviso vedendo la porta aprirsi lentamente.
L’istinto gli disse di nascondersi e così fece: corse dietro l’angolo del
corridoio e sbirciò per vedere chi fosse: quel bagno era in disuso, era vietato
entrarci e per di più era femminile.
Quando la porta fu completamente aperta, spalancò gli occhi e vide Hermione
Granger asciugarsi gli occhi con la manica del maglione grigio, che proprio in
prossimità del polso era diventato più scuro.
Aggrottò le sopracciglia mentre lei andava a sistemarsi i capelli con un gesto
della mano, la lunga frangetta pericolosamente appiattita sugli occhi.
Hermione si allontanò lentamente e Draco la fissò mentre spariva dall’altro
lato del corridoio.
Uscì allo scoperto, fissando per qualche secondo il punti in cui era sparita e
poi si diresse lentamente verso il bagno delle ragazze.
Spinse piano la porta e, una volta entrato, la sua attenzione fu immediatamente
catturata da un fantasma che volteggiava lì, accanto ai cubicoli dei gabinetti.
“Ooooh, sei tuuu!”
Mirtilla fece un paio di capriole in aria e andò subito a sedersi su uno dei
lavandini, le gambe accavallate.
“Ciao, Mirtilla” la salutò Draco con un cenno della mano, avvicinandosi.
“È così taaanto che non ti fai vedere” cantilenò lei, piegando la testa a
destra e sinistra come una bambina piccola. “Credevo che non saresti più
tornato”
“Beh, ti sbagliavi” rispose lui sbrigativo, guardandosi intorno con
circospezione. Notò la porta di uno dei gabinetti aperta e, a meno che Mirtilla
avesse assunto forma corporea, fu abbastanza sicuro che fosse stata la Granger
a farlo.
“Senti, Mirtilla...” disse vago, incrociando le braccia. “C’era qualcuno qui,
poco fa, vero?”
Mirtilla spalancò gli occhi da dietro gli occhiali e fece una capriola senza
motivo, poi tornò a sedersi e si portò le mani alla bocca.
“Ooooh sì, c’era quella Grifondoro, Hermione!”
Draco annuì pensieroso, mordendosi l’interno della guancia.
“Piange tanto, poverina” continuò Mirtilla imperterrita ma con espressione
sognante, come se stesse raccontando chissà qualche storiella delle fate. “Sono
giorni che viene qui a rifugiarsi e piange, piange e piange. Tutta colpa di
quell’Harry Potter e di quel Ron Weasley! Certo, Harry mi piaceva, ma Ron non
l’ho mai trovato molto piacevole, tutte quelle battute sul fatto che sono
incorporea e trasparente...”
Draco aveva smesso di ascoltarla già da un minuto, quando lei aveva detto che
Hermione va sempre lì a piangere.
Se la immaginò scappare dalla biblioteca, dalla sala comune, dalle lezioni,
dalla Sala Grande per correre lì e affogare la sua disperazione in un bagno in
disuso in compagnia di uno stupido fantasma.
Sospirò.
Evidentemente una cosa in comune ce l’avevano.
“Beh, devo andare” disse velocemente, voltandosi per uscire dal bagno, ma
Mirtilla gli si parò di fronte con le mani sui fianchi e lo sguardo severo.
“Non vieni mai a trovarmi! Quando tornerai?”
“Presto” rispose lui cercando di sfoderare un sorriso rassicurante, e a
Mirtilla sembrò bastare. Eruppe in un sospiro prolungato e se ne andò facendo
giravolte.
Draco sbuffò sommessamente e uscì dal bagno richiudendosi la porta alle spalle.
Fece giusto in tempo a muovere un passo per il corridoio che qualcuno lo
chiamò, e gli si ghiacciò il sangue nelle vene.
“Signor Malfoy!”
*
“Perché tu e Harry e Ron non vi parlate più?” domandò Ginny
sfilandole il libro dalle mani. Hermione, le cui occhiaie erano diventate più
visibili giorno dopo giorno, sollevò gli occhi verso di lei e scosse la testa,
allungando una mano nel tentativo di riprendersi il libro.
“Niente, Ginny... Non ti preoccupare...” rispose, desistendo nell’impresa.
Ginny fece una pausa e le porse il libro, fissandola contrita.
Inizialmente, quando si era accorta che qualcosa fra i suoi amici e suo
fratello non andava, aveva cercato di capire la situazione senza fare domande,
ma a una settimana di distanza si era resa conto che la situazione era
precipitata.
Ron e Harry evitavano Hermione, che a sua volta aveva preso ad evitare la sala
comune per non incontrarli.
Il risultato era che, se si escludevano le lezioni, Hermione non si faceva più
vedere in giro.
“Non è niente!” sbottò, mentre Hermione prendeva il libro e lo poggiava
svogliatamente sul posto vuoto accanto al suo.
Sentì una forte stretta al petto. Di solito quel posto era occupato da Ron o da
Harry.
Sentì le lacrime premere ai lati degli occhi e sospirò, tuffandosi nella borsa
alla ricerca del fazzoletto.
Ginny strinse le labbra.
“Hermione, ti prego. Ti prego.
Parlami”.
Hermione si picchiettò il fazzoletto ai lati degli occhi e scosse piano la
testa.
“Scusami, Ginny... non me la sento...”
Ginny si inginocchiò davanti a lei e le prese le mani, mentre Hermione tirava
su con il naso e le lacrime le inondavano di nuovo gli occhi.
“So che c’è qualcosa che non va e so anche che dovete risolverla tra di voi,
ma... mi fa male vederti così. Ti stai distruggendo, e non è giusto”
“Tu non sai cos’ho fatto” rispose lei piagnucolando, e lo sguardo di Ginny
divenne ancor più carico di apprensione.
“Allora prova a parlarmene!” le disse, stringendole le mani un po’ più forte
per infonderle coraggio.
Hermione schiuse piano la bocca e deglutì un boccone amaro.
L’attimo dopo, i suoi occhi si sollevarono verso l’entrata della sala comune e
le labbra si spalancarono a dismisura.
Ron e Harry erano appena entrati, fradici dalla testa ai piedi – reduci probabilmente
da un allenamento di Quidditch a due – e si erano bloccati sulla soglia, gli
occhi fissi su Hermione.
Ron rimase immobile, un piede quasi sollevato nel tentativo di muovere un passo.
Harry, invece, senza esitare la sorpassò spostando lo sguardo verso le scale
del dormitorio e sparì in cima a queste.
Hermione deglutì di nuovo nervosamente e, con il cuore che batteva forte,
spostò lo sguardo su Ron.
Era strano. Giurò di avergli visto un’espressione dispiaciuta stampata in
volto.
Ginny spostò lo sguardo da suo fratello alla sua amica ma non disse nulla, in
attesa di qualche risvolto.
Questo, comunque, non avvenne; non da parte di Hermione, per lo meno.
Lavanda sbucò da una poltrona e si precipitò sul suo RonRon, stringendolo fra
le braccia mentre lo baciava con foga.
Hermione sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene, e la sensazione si acuì quando
vide le braccia di Ron ricambiare quella stretta e poi quando lo vide
allontanarsi con lei senza più rivolgerle neanche un’occhiata.
Ginny serrò le labbra e si voltò verso Hermione che, in un secondo, raccattò
tutte le sue cose e sfrecciò verso la scala del dormitorio femminile,
determinata a seppellirsi sotto le coperte e piangere fino ad esaurire le
lacrime.
*
“Ginny mi ha fatto nero, ieri” borbottò Ron stiracchiandosi.
Era sabato, e si stavano godendo una partita a Sparaschiocco in tutta tranquillità
nella sala comune.
Harry sollevò gli occhi sul suo amico e lo fissò incuriosito.
“Cioè?” chiese, immaginando comunque la risposta.
“Per Hermione” disse infatti Ron, aggrottando le sopracciglia. “Dice che stiamo
esagerando. Dice che, qualunque sia il motivo, siamo sempre stati i suoi
migliori amici, e ora siamo degli idioti a non parlarle”
“Lei non capisce. Non può capire, dato che non sa nulla” ribatté deciso Harry.
Certo, Ginny gli piaceva, ma che si intromettesse in una questione di cui non
sapeva nulla non aveva senso.
“In effetti, penso che sia decisamente ora di andare da Silente. Riferirgli
quello che ho scoperto, insomma”.
“Ma Hermione ha detto che lo sa” ribatté Ron pensieroso, ma lo sguardo di Harry
gli fece capire di aver parlato a sproposito.
“Non mi importa di quello che ha detto Hermione” rispose secco Harry,
zittendolo. Ron non disse nulla, si limitò a fissarlo in attesa che
continuasse.
“E poi sono sicuro che ci ha mentito anche su quello. Sicuramente ci ha detto
così perché non voleva che andassi da Silente a raccontargli tutto, perché...
perché...” si bloccò con la frase in sospeso, dubbioso.
Già, perché Hermione aveva fatto di tutto per proteggere il segreto di Malfoy?
Fino a quel momento, durante quella settimana, non si era soffermato a pensare
sull’altro lato della faccenda, aveva sempre e solo considerato la questione
che Hermione aveva mentito ai suoi migliori amici.
Ma il motivo? Qual era il motivo che l’aveva spinta a quello?
Si morse il labbro.
Forse le piaceva Malfoy e aveva voluto proteggerlo?
“Vado da Silente” disse alzandosi di scatto, cancellando immediatamente quel
pensiero assurdo dalla testa.
Era impossibile, Hermione non poteva provare qualcosa per quello scarafaggio.
Ron fece per alzarsi per seguirlo ma Harry sollevò la mano e scosse la testa.
“No, preferisco... preferisco andare da solo” disse, e Ron si sedette con uno
sbuffo.
Senza aggiungere altro, Harry gli voltò le spalle e corse fuori dalla Sala
Comune, diretto verso l’ufficio del Preside.
Quando si trovò davanti al gargoyle di pietra, puntò i piedi a terra e rifletté.
Non sapeva la parola d’ordine!
“Ehm... Api Frizzole” disse, alla ricerca di qualcosa che poteva fare gola a
Silente.
Il gargoyle rimase immobile al suo posto, a fissarlo ostinatamente.
“Sorbetto al limone, Gelatine tutti i gusti +1, Scarafaggi a Grappolo, Ciocc-”
sciorinò velocemente tutti i dolci che gli vennero in mente e ad un tratto fu
costretto a bloccarsi perché il gargoyle balzò di lato, lasciandogli libero il
passaggio.
“Scarafaggi a Grappolo” sussurrò Harry a se stesso mentre saliva su per la
scala a chiocciola che conduceva all’ufficio del preside. “Devo ricordarmelo”
Arrivò davanti alla porta di legno massiccio e bussò senza esitazione.
La porta si spalancò da sola qualche secondo dopo.
“Buonasera, Harry”
Harry entrò senza troppi preamboli e la porta si chiuse alle sue spalle con un
tonfo.
“Buonasera, Professore” disse Harry con un piccolo inchino. Gli bastò
un’occhiata intorno per rendersi conto che fortunatamente erano soli. “Scusi il
disturbo”
“Oh, nessun disturbo, Harry” sorrise Silente, accennandogli la sedia davanti a
lui con un cenno della mano bruciacchiata. “Non mi aspettavo una tua visita,
credevo che non ci saremmo visti fino alla nostra prossima lezione privata”
“Ho qualcosa da dirle” disse Harry velocemente, prendendo posto sulla sedia che
Silente gli aveva indicato.
Silente incrociò le dita sottili e poggiò il mento sulle mani, fissando Harry
da dietro gli occhialetti a mezzaluna.
“Dimmi pure”.
Harry rifletté un secondo sulle parole da dire, ma poi queste uscirono da sole.
“Draco Malfoy ha il Marchio Nero, è un Mangiamorte”.
Trattenne il fiato in attesa della reazione del preside, che era sicuro non
sarebbe arrivata troppo tardi.
Lo fissò negli occhi azzurri alla ricerca della più piccola ombra di
agitazione, o di sorpresa. Ma non riuscì a trovarvi nulla di tutto ciò.
Silente si lasciò andare ad un leggero sospiro e poggiò la schiena allo
schienale della sedia, continuando a fissare Harry.
“E’ tutto a posto, Harry, lo sapevo già”.
Fu come se Silente gli avesse appena lanciato uno Schiantesimo in pieno petto.
Harry rimase lì sbigottito, gli occhi sbarrati.
“Allora Hermione gliel’ha detto” sussurrò, più a se stesso che al suo
interlocutore.
Silente annuì e districò le dita le une dalle altre, andando a nascondere la
mano nera dentro la veste.
“A questo proposito, Harry... Mi sono giunte certe voci, in questa settimana”
Harry, ancora sgomento, fu costretto a rialzare lo sguardo verso Silente, che
ora lo fissava severamente.
Sapeva già cosa stava per dirgli, e avrebbe dato tutto quello che aveva per
poter uscire subito da quella stanza e non doversi subire la ramanzina che
sicuramente il preside aveva in serbo per lui.
“La professoressa McGranitt mi ha informata su alcuni interessanti risvolti
nella tua vita sociale, Harry, risvolti che interessano anche la signorina
Granger”.
Harry si sentì amareggiato. Già per lui era strano non rivolgere la parola ad
Hermione – era successo solo un’altra volta, tre anni prima, e non gli era
affatto piaciuto -, ma sapere che quello era diventato l’argomento di
conversazione preferito da molti, anche dai professori, non gli stava affatto
bene.
“Mi scusi, professore, ma non ho intenzione di parlare di questo, adesso”.
Silente lo fissò per un attimo. Aprì la bocca come per dire qualcosa, poi
sembrò ripensarci e sospirò.
“Cambierebbe qualcosa se ti dicessi che sono stato io a dire alla signorina
Granger di non riferirti nulla?”
Harry tacque, esaminando bene quelle parole. Certo, sarebbe stato bello credere
a quello che gli aveva appena detto il preside, dopotutto avrebbe spiegato
tutti gli strani comportamenti di Hermione.
D’altra parte, però, era più che sicuro che non si trattasse sotto di quello:
c’era dell’altro, dietro le bugie di Hermione.
“No” rispose infine, e gli occhi del Preside si fecero un po’ più larghi,
attenti e vigili.
“No?” replicò dolcemente, alzandosi dal suo scranno. Harry scosse la testa
sostenendo il suo sguardo e cercò di non arrossire: possibile che Silente
stesse cercando di farlo vergognare di se stesso?
“Posso chiederti per quale motivo?”
“Io sono il suo migliore amico” ribatté Harry con voce dura. “Io e Ron lo
siamo, e lei non ci ha detto nulla. Io le racconto tutto di quello che mi
succede, perfino quello che succede in questo ufficio, quando guardiamo i
ricordi su Voldemort. E lei non mi ha detto niente, Malfoy...”
“Il signor Malfoy è una questione che non ti riguarda, Harry” lo interruppe
Silente, e Harry notò il suo cambio nel tono di voce. Era diventato duro, quasi
perentorio.
Harry strinse i pugni.
“Sì, che mi riguarda”.
“È questo che non capisci, Harry” replicò lentamente Silente, fissandolo
dall’alto. Harry fece per alzarsi dalla sedia ma Silente sollevò una mano per
dirgli di rimanere seduto, e così fece.
“Qui non si tratta di te, del signor Malfoy e della signorina Granger. Si
tratta di te, del signor Malfoy, della signorina Granger, di me, del signor
Weasley, di Voldemort, di ogni singolo studente di questo Castello... Non si
parla di beghe personali, ma di una cosa molto più grande. E questo la
signorina Granger è stata in grado di capirlo” fece una pausa e lo fissò da
dietro gli occhiali, ma Harry non disse nulla.
“Da sola” concluse poi il preside. “Tu saprai fare lo stesso?”
Harry sentì le guance accaldarsi, mentre faceva uno sforzo enorme per sostenere
lo sguardo di Silente senza crollare.
Cosa gli aveva appena detto? Che era una cosa più grande? Era vero,
probabilmente. Silente aveva sempre avuto ragione, ma quello non aveva affatto
a che fare con Hermione e le sue bugie. Lei aveva mentito, lei aveva...
Si alzò dalla sedia spostando lo sguardo sui propri piedi giusto per riprendere
fiato qualche secondo.
“Mi dispiace, professor Silente, non ho intenzione di cambiare idea. Ora la
saluto, è meglio che torni nella mia sala comune...”
Silente si lasciò andare a un sospiro e annuì con la testa, facendogli cenno
verso la porta.
Harry non aggiunse nulla. Si voltò e uscì dall’ufficio sentendosi più piccolo
che mai.
Quando arrivò alla statua del gargoyle, che balzò di lato immediatamente per
farlo passare, si ricredette.
Sentì i piedi puntati a terra e la sensazione di malessere sparire, ei n un
attimo sentì montare dentro la foga che lo aveva accompagnato lì solo pochi
minuti prima.
Draco Malfoy era lì, in piedi, che lo fissava.
“Che ci fai davanti all’ufficio di Silente?”
“Chi si fa gli affari suoi vive cento anni, Potter. Se fossi in te non sfiderei
la fortuna sfacciata che ti ha accompagnato finora” replicò calmo Malfoy,
girando i tacchi, le mani in tasca e la camminata tranquilla.
Harry aggrottò le sopracciglia.
Cosa ci faceva lì, Malfoy? Stava forse progettando di andare da Silente?
Scosse la testa e strinse i pugni, l’indignazione che pian piano lo stava
abbandonando.
Decise di lasciar correre e sfrecciò verso la parte opposta, diretto verso la
sala comune dei Grifondoro per raccontare a Ron quello che gli aveva detto
Silente.
*
Draco sbuffò e infilò a forza il libro di Trasfigurazione
dentro la borsa.
“Dove vai?” miagolò Pansy mielosa, strusciandosi al suo braccio.
Draco chiuse con un colpo secco la borsa e prese a trafficare con la cinghia,
cercando di chiudere anche quella.
“In biblioteca” borbottò infastidito.
Pansy smise di strofinare il viso sulla sua manica e sollevò gli occhi a
guardarlo.
“In biblioteca?” domandò spalancando
gli occhi truccati. Draco sbuffò.
“Sì, Pansy, quel posto in cui si va per studiare in santa pace senza oche tra i
piedi, hai presente?” rispose, e in un secondo sfilò il braccio dalla sua presa
e, dopo essersi messo la borsa in spalla, si allontanò uscendo dalla Sala
Comune.
Percorse i piani che lo separavano dalla biblioteca e quando si trovò davanti a
quell’odiosa porta, si ritrovò a fissarla ostinatamente con l’intima speranza
che esplodesse in mille pezzi, e con lei tutti i libri che vi erano dentro.
Qualche secondo dopo, la delusione gli piombò addosso come un avvoltoio e si
apprestò ad entrare in quell’odiato posto.
Maledetta McGranitt!
Entrò silenziosamente spingendo la porta e si guardò intorno alla ricerca di un
tavolo libero.
Non era difficile trovarlo, si disse poco dopo. Era sabato, quale persona sana
di mente sarebbe andata a studiare in quel lugubre posto avendo la possibilità
di fare altro?
Sbuffò e prese a camminare fra gli scaffali alla ricerca di un tavolo adeguato
che gli desse la giusta privacy.
Camminò per quasi cinque minuti, quando alla fine fu costretto a fermarsi: non
aveva senso perdere tempo a gironzolare.
Svoltò l’angolo di una libreria e si bloccò sul posto, la mano improvvisamente
molle sulla spallina della borsa.
Hermione sollevò gli occhi dal suo foglio e li sgranò un pochino, giusto quel
tanto perché Draco se ne accorgesse.
Ma non disse nulla, si limitò a chinare di nuovo il viso, il naso
pericolosamente vicino alla pergamena, e riprese a scrivere.
Draco la fissò incerto per qualche secondo, poi si diresse a un tavolo lì
accanto e si lasciò andare sulla sedia, poggiando la borsa accanto alla gamba
del tavolo.
“Che ci fai qui?”.
Hermione non sollevò gli occhi dalla pergamena. Continuò a scrivere, e per un
attimo Draco pensò di aver sentito male, di aver solo immaginato che la
Mezzosangue avesse parlato.
Non rispose, si sistemò meglio sulla sedia e tirò fuori i libri dalla borsa.
“Ti ho fatto una domanda”.
Draco si bloccò con i libri in mano. Sollevò il viso verso la Granger e le
squadrò la testa. Perché non lo guardava?
“Studio” rispose, dopo un attimo di titubanza.
Poggiò i libri sul tavolo con un tonfo sordo e frugò nella borsa alla ricerca
della piuma e dell’inchiostro.
Hermione non rispose; il grattare frenetico della sua piuma sulla pergamena fu
l’unico rumore udito per i successivi due minuti, due minuti durante i quali
Draco aveva posato calamaio e piuma sul tavolo ed era rimasto immobile a
fissare i suoi capelli.
Quando Hermione fu arrivata in fondo alla pergamena, poggiò la piuma, soffiò
sopra il foglio per far asciugare l’inchiostro fresco e la mise da parte,
afferrando un altro grande libro.
Draco seguì quei movimenti con occhi attenti, notando l’enorme quantità di
libri che la Granger aveva portato con sé.
Aritmanzia, Antiche Rune, Pozioni, Incantesimi, Storia della Magia,
Trasfigurazione, Astronomia...
Come minimo ci sarebbe voluta una giornata intera – e perché no, anche una
notte – per finire i compiti assegnati in tutte quelle materie.
“Non sei il tipo da andare in biblioteca a studiare come un comune studente.
Cos’è, Voldemort ti ha destituito dal compito che ti ha affidato?” domandò lei,
sfogliando il libro di Aritmanzia.
Draco si irrigidì sentendo il nome di Voldemort e deglutì, mordendosi l’interno
della guancia.
“Non dire il suo nome” mormorò. Hermione non rispose.
“E comunque” continuò Draco, tranquillizzandosi un po’, “Sei libera di non
crederci, ma sono venuto qui per studiare Trasfigurazione” concluse seccamente
e aprì con un tonfo il libro di Trasfigurazione.
Hermione sollevò gli occhi per un istante e smise di sfogliare le pagine, lo
sguardo puntato sulla nuca di Malfoy.
“Non ti ho mai visto qui di sabato. Sei poco credibile”.
“È colpa della McGranitt. Mi ha tolto venti punti e mi ha gentilmente informato che se lunedì non consegnerò il mio tema di
Trasfigurazione, ci saranno delle conseguenze più gravi” buttò lì Draco in
risposta, pentendosi l’attimo dopo.
Cos’era tutto quel chiacchierare? Sembrava una ragazzina in vena di confidenze.
Trattenne a stento un conato di vomito e aprì il libro, cercando l’argomento da
trattare.
“E perché questa punizione?” chiese Hermione, e Draco per un attimo pensò di
rispondere. Perché era sola, perché probabilmente lui era l’unica persona
decente con cui la Granger avesse parlato da più di una settimana. E anche
perché, dopotutto, sarebbe stato piacevole vederla sobbalzare nel rivelarle che
il giorno prima era stato nel bagno delle ragazze e sì, l’aveva anche vista.
“Mi ha beccato mentre uscivo dal bagno di Mirtilla Malcontenta, ieri pomeriggio
poco prima delle tre” rispose con semplicità, e si poggiò allo schienale della
sedia per vedere la reazione della Mezzosangue.
Hermione spalancò gli occhi e il giorno prima le tornò subito alla mente.
Alle tre?
Possibile che Draco l’avesse vista uscire dal bagno? E anche se fosse stato,
perché poi era entrato? Forse per ridere quando Mirtilla gli avrebbe raccontato
che ormai andava lì a piangere ogni giorno?
Serrò i pugni sul tavolo e sentì le guance arrossarsi, l’imbarazzo che prendeva
il sopravvento.
Draco fissò quell’interessante reazione, ma non disse nulla.
“Lo trovi divertente, vero?” sibilò Hermione, gli occhi assottigliati e pronti
a riempirsi di lacrime.
Non bastava aver perso l’amicizia di due delle persone più care che aveva mai
avuto, no, ci si metteva anche quel verme, il motivo del loro litigio, a farla
stare peggio.
“Cosa c’è, sei venuto qui a gongolare? A dirmi che sono una schifosa
Mezzosangue e che avrei dovuto aspettarmelo già da tempo di restare da sola,
vista la feccia che sono? Mi dispiace deluderti, ci ha già pensato la tua
ragazza a sputarmelo in faccia” si lasciò trasportare dalla rabbia e provò il
forte impulso di alzarsi dalla sedia e scappare via, ma non lo fece. Sostenne
lo sguardo di Draco, in attesa che rispondesse.
“Sono qui da dieci minuti, non mi sembra di averti presa in giro, né di aver
infierito” ammise lui dopo qualche secondo. Era vero, non gli era passato
neanche per la testa di infierire su di lei. Non quando gli si presentava
davanti con i capelli più crespi del solito, con le occhiaie, pallida e con le
guance leggermente incavate.
Sospirò silenziosamente.
Altra cosa in comune.
Hermione rimase esterrefatta da quelle parole. Spalancò la bocca per dire
qualcosa, poi la chiuse e la riaprì di nuovo.
Draco vide il suo labbro inferiore tremare pericolosamente ed ebbe giusto il
tempo di sollevare lo sguardo sulle sue guance che vide due lacrime scivolare
giù, fino al mento.
Deglutì sonoramente, pentendosi di aver aperto bocca. Certo che la Granger era
davvero strana.
La insultava e gli rispondeva a tono, altezzosa. La... rassicurava, in un certo
senso, e gli scoppiava a piangere davanti.
Le donne erano creature strane, lo aveva sempre pensato e non avrebbe mai
smesso.
Eppure, in fondo, qualcosa di diverso c’era.
Aveva messo a confronto Hermione e Pansy un paio di volte negli ultimi mesi, e
si era reso conto che anche se erano entrambe ragazze, non avevano nulla da
spartire.
Pansy era stupida, avida, codarda, piena di sé.
Hermione era coraggiosa, forte ma debole allo stesso tempo, leale. E
soprattutto non l’aveva mai vista strusciarsi su Weasley solo per conquistarlo,
cosa che Pansy non si era fatta problemi a fare con lui.
Poi il fatto che lui avesse accettato quelle avances senza riserva pur
considerandola una persona vuota era tutta un’altra storia.
Quindi, alla fine, era giunto alla conclusione che sì, le donne erano strane,
ma ce n’erano alcune strane in un modo particolarmente interessante.
Hermione tuffò la testa sulle braccia, incrociandole sul tavolo. I singhiozzi
si fecero più forti man mano che passavano i secondi, e Draco dopo un paio di
minuti iniziò a sentirsi a disagio.
Si grattò la nuca, guardandosi intorno. Se fosse entrato un professore in quel
momento probabilmente l’avrebbe incolpato dello stato della Granger e l’avrebbe
messo in punizione.
“Ehm, Granger...” borbottò, e i singhiozzi di Hermione cessarono all’improvviso.
Era ovvio che nonostante la disperazione stava tenendo le orecchie ben tese. “Smettila
di piangere, non vorrei che entrasse qualcuno e fraintendesse la situazione...
Non mi entusiasma l’idea di essere punito due volte in due giorni”.
Hermione rimase immobile con la testa sulle braccia per qualche secondo, poi
Draco sentì qualcosa che lo sorprese.
Il secondo dopo il volto di Hermione faceva capolino da quel groviglio di
capelli e Draco notò prima i suoi occhi rossi, poi le sue guance rigate e
bagnate, e poi il sorriso che le increspava le labbra.
Sentì qualcosa di strano a livello dello stomaco e contrasse i muscoli per
calmare quel bruciore improvviso, chiedendosi cosa fosse.
Era la Granger che stava male, fino a prova contraria, non lui.
Hermione si asciugò gli occhi con il dorso della mano e Draco tentò di ignorare
quella sensazione.
“Immagino che Mirtilla ti abbia detto proprio tutto” soffiò lei, cercando di
darsi una sistemata.
Draco fece spallucce. “Dipende cosa si intende per tutto”.
Hermione scrollò le spalle e non rispose, ma in cuor suo era grata come non lo
era mai stata.
Si era aspettata di essere presa in giro fino alla morte da quel moccioso
arrogante, invece non era accaduto nulla di tutto ciò. Si era sentita talmente
tanto sollevata quando Draco aveva detto quella frase, che non aveva potuto fare
a meno di scoppiare a piangere dal sollievo.
Sapeva che solo un’altra cosa avrebbe potuto scatenarle una reazione simile:
fare pace con Harry e Ron, ma sapeva che quella non era una cosa da prendere in
considerazione.
Malfoy guardò il libro di Trasfigurazione con sguardo assente, chiedendosi cosa
dovesse farci. Aggrottò le sopracciglia, poi sollevò la testa.
“Granger, io non capisco... Hai litigato con i tuoi amici pur di non... non
tradire il mio segreto. Perché?”
Hermione sollevò le sopracciglia, stupita da quelle parole.
“Era la scelta giusta” rispose semplicemente. “E tu? Stai facendo la scelta
giusta, Draco?”
Draco sobbalzò sul posto.
L’aveva chiamato per nome.
Mai, mai in sei anni lei aveva osato tanto.
Strinse le labbra in una linea orizzontale e con un gesto meccanico rovesciò
tutte le cose che aveva sparpagliato sul tavolo nella borsa e si alzò, se la
mise in spalla e si affrettò velocemente verso l’uscita.
Scelta giusta?
Aveva tentato, ma, come per ogni altra cosa, aveva fallito.
After you read:
Tadaaaaaaaaaan
*O*
Eccomi qua! In ritardo, sì, lo so. Mi dispiace ma sono stata impegnata con
esami/vita/lavoro e non ho avuto un maledettissimo minuto libero per mettermi
al computer a completare/correggere/sistemare il capitolo ‘-‘
Mi auguro non succederà più che io vi faccia aspettare così tanto ._.’
Bene, spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche se insomma, non è che sia
poi così interessante XD
Ora vado a crepare a letto che domani ho lezione, quindi sveglia alle 6 *w*
Aspetto di sapere che ne pensate dei nostri piccioncini *-*
E mi raccomando, se la storia sta prendendo una piega strana (leggasi come noiosa
e assurda.) fatemelo assolutamente sapere è__é
Bacini
Gennaio finì in fretta, e Febbraio arrivò accompagnato da una coltre di nebbia
e un turbine di neve.
La seconda gita per Hogsmeade era stata fissata per il diciassette febbraio, e
il castello era in fermento.
Il giorno di San Valentino era alle porte, e una gita fissata per tre giorni
dopo era stata una gradita sorpresa. D’altronde San Valentino sempre stato un
giorno molto speciale per tutti – anche se non proprio per tutti, in effetti.
Harry ricordava ancora con orrore il Cupido cicciottello che l’aveva inseguito
cantandogli canzoni d’amore da parte di Ginny Weasley al secondo anno – e
lasciarlo passare inosservato non era proprio nello stile della maggior parte
delle ragazze della scuola.
Probabilmente l’unica ragazza non interessata a quella stupida festa era
Hermione, che aveva decisamente altre cose per la testa.
Hermione si grattò la tempia con la piuma, intenta a fissare il foglio con le domande.
La McGranitt aveva fatto un test a sorpresa, e ovviamente lei era più che
preparata, ma non riusciva affatto a concentrarsi.
Gettò un’occhiata di lato e vide Ron e Harry seduti allo stesso banco che
cercavano di sbirciare l’uno sul foglio dell’altro, senza però riuscirci.
D’altronde, si disse Hermione, era inutile che si copiassero tra di loro, che
non erano proprio delle cime.
Poggiò la punta della piuma sul foglio e arricciò le labbra.
La Trasfigurazione umana.
Non avevano ancora provato ad eseguire nessun incantesimo riguardo alla
trasfigurazione umana, ma la McGranitt aveva dato loro da leggere testi su
testi perché imparassero almeno le basi prima di passare alla pratica vera e
propria.
Hermione, dal canto suo, aveva letto praticamente tutti i libri della
biblioteca che trattavano quell’argomento, ma ora come ora non riusciva a
tirare nulla fuori dalla propria testa.
Guardò la grande clessidra posta sulla scrivania della Professoressa: era quasi
a metà e lei non aveva scritto quasi nulla!
Hermione tuffò precipitosamente la testa sul foglio e prese a scrivere parole
confuse, senza sapere bene dove voler andare a parare.
“Signorina Granger”
Hermione sollevò di nuovo gli occhi dal proprio foglio di pergamena e ricambiò
lo sguardo della McGranitt, che la fissava con un po’ di apprensione.
“Ti dispiacerebbe trattenerti alla fine del compito? Vorrei parlarti di una
cosa” disse pacata, facendo vagare lo sguardo dal viso della Grifondoro al suo
foglio ancora quasi completamente bianco.
Hermione rimase perplessa per un attimo, tentata di rifiutare. Non le piaceva
lo sguardo della McGranitt, lo aveva già visto negli occhi di tutti i
professori da un mese a quella parte.
Leggeva a chiare lettere la preoccupazione – e fin lì poteva anche andare bene
– e la compassione – ed era lì che cominciavano i problemi.
Non aveva assolutamente bisogno della compassione della gente perché sapeva
esattamente di aver sbagliato.
Aveva mentito ai suoi migliori amici, e questo era terribile a prescindere
dalla situazione.
Spostò il braccio con nonchalance per coprire la pergamena bianca e accennò un
sorrisetto aspro.
“Certo, professoressa” rispose a denti stretti.
La McGranitt risollevò la schiena e annuì cercando di addolcire un po’ lo
sguardo, poi si allontanò per andare a controllare gli altri studenti.
Hermione sbuffò e prese a scrivere.
Non sapeva cosa né come, ma qualcosa avrebbe scritto.
“Grazie per aver deciso di trattenerti qui, signorina Granger. Sarà una cosa
veloce” la McGranitt si alzò dalla scrivania e con un gesto della bacchetta
impilò tutti i compiti che le erano stati consegnati.
“Domani hai intenzione di andare a Hogsmeade o di rimanere qui al castello?”
Hermione sollevò le sopracciglia, sbalordita. Cosa c’entrava quello con Ron e
Harry? Perché era estremamente sicura che era lì che la McGranitt volesse
andare a parare.
“Pensavo di rimanere nella Sala Comune a fare un po’ di pratica. Stiamo
studiando gli incantesimi non verbali, e...” rispose sinceramente, ma la
professoressa sollevò una mano per farla tacere, e Hermione smise di parlare.
“Preferirei che tu non rimanessi qui al castello, signorina Granger”
“Perché no? Non do fastidio a nessuno”
Gli occhi della McGranitt lampeggiarono da dietro gli occhiali, e Hermione capì
di aver esagerato con quella risposta.
“È vero, non dai fastidio a nessuno se te ne stai chiusa nel castello mentre
tutti sono fuori a divertirsi, ma fai del male a te stessa, Granger. Sono una
tua insegnante, sono la direttrice della tua casa, so cosa succede sotto il mio
naso. So cosa è successo tra te, Weasley e Potter”
“Silente” mormorò Hermione amaramente, pensando che di certo era stato il
preside a informarla di tutta la situazione.
“Il Professor Silente” la corresse la
professoressa McGranitt, con un’occhiata penetrante, “ha solo aggiunto i
dettagli. Ho degli occhi, signorina Granger, e so fare due più due”.
“Sì, mi scusi” Hermione chinò la testa e la McGranitt la fissò per un secondo.
“Comunque” Hermione rialzò la testa sentendo di nuovo la professoressa parlare,
“gradirei che tu ti unisca ai tuoi compagni, domani. Non ti fa bene startene
chiusa nel castello, devi uscire almeno un po’.
So che ormai passi tutto il tuo tempo tra lezioni e biblioteca, e prima questo
andava bene, quando potevi permetterti altri svaghi e lo facevi per scelta. Ora
però le cose sono cambiate”
“Lo so bene che sono cambiate” biascicò Hermione risentita.
Chi meglio di lei poteva sapere quando la situazione era diventata diversa? Era
lei a soffrirne in prima persona, era lei a non dormirci la notte. Era lei che
si ritrovava a piangere anche durante la cena, consumata da sola alla fine del
tavolo nella Sala Grande.
“Appunto per questo, cerca di fare qualcosa per te stessa. Domani vai ad
Hogsmeade, d’accordo?”
Hermione deglutì rumorosamente e chiuse gli occhi.
“D’accordo, professoressa” concesse infine, riaprendoli. Non aveva altra
scelta.
La McGranitt le regalò un raro sorriso di consolazione e poi la congedò,
afferrando i compiti che le erano stati consegnati per iniziare a correggerli.
*
“Vai a Hogsmeade domani?” Harry puntò la bacchetta sul fuoco
spento della Sala Comune e lo accese con un gesto secco. “Certo. Lavanda vuole festeggiare San
Valentino” rispose Ron con un’alzata di spalle, come se quella spiegazione
fosse più che sufficiente. “Quindi penso che la inviterò”.
“Credevo che ti fossi stancato di lei” disse Harry fissandolo, ricordando la
conversazione che avevano avuto il mese prima.
Ron scosse la testa, un po’ a disagio.
“Era così. Poi... i risvolti, sai... quello che è successo con...”
“Non dire il suo nome” lo interruppe Harry velocemente, digrignando i denti.
Ron sobbalzò e fece spallucce, mandando giù il nome di Hermione come un gran
boccone amaro.
Quella situazione non gli piaceva affatto, e da qualche giorno a quella parte
Harry aveva anche smesso di accettare che venisse anche solo pronunciato il
nome di Hermione.
“Tu ci vai?”
“Con Luna e Neville, sì” rispose Harry con un’alzata di spalle, ma dalla sua
faccia Ron capì che non era molto convinto.
“Capisco” disse Ron, annuendo con la testa.
La conversazione finì lì, e in quel frangente sia Harry che Ron si resero conto
che senza Hermione la conversazione faceva fatica a decollare.
Ron ripensò amaramente agli stupidi litigi che avevano, a quando Hermione si
era offerta di preparare programmi di studio per tutti e loro si erano
arrabbiati perché aveva lasciato solo sei ore libere a settimana per gli
allenamenti di Quidditch.
Harry sospirò e ripose la bacchetta nella borsa, fissando il posto vuoto sul
divano accanto a lui.
Era sbagliato, lo sapeva. Le parole di Silente lo avevano colpito, ma non così
tanto da fargli cambiare idea.
Hermione aveva sbagliato, e doveva capire lo sbaglio che aveva fatto.
*
“È più nocivo sta-starsene qui che
al castello” balbettò Hermione stringendosi nel cappotto.
Appena uscita dal castello, aveva visto i Grifondoro spostarsi in massa verso Hogsmeade,
e lei li aveva seguiti silenziosamente da dietro con la coda tra le gambe.
Poi, una volta giunti nella via principale del villaggio, si addentrò in una
via secondaria per poter sparire degli occhi indagatori di studenti, professori
e abitanti del villaggio.
Starsene da soli in giro per Hogsmeade era, se possibile, ancora peggio che
starsene da soli chiusi in biblioteca o nella Sala Comune.
Camminò per qualche secondo in silenzio, la testa china e gli occhi puntati sui
piedi che affondavano nella neve soffice, finché non si ritrovò davanti ad un
alto steccato in legno.
Si bloccò e sollevò gli occhi.
Hermione poggiò le mani sulla staccionata, guardandosi intorno.
La Stamberga Strillante.
Le tornò alla mente il terzo anno, quando lei, Ron e Harry si erano ritrovati
in quella casa tutta diroccata in compagnia di Sirius Black.
E ancora, quando, sempre al terzo anno, lei e Ron si erano ritrovati lì insieme
a Malfoy, Tiger e Goyle, con Harry nascosto sotto il Mantello
dell’Invisibilità.
Si arrampicò sulla staccionata e si sedette, aggrappandosi saldamente ai bordi
di legno per non cadere.
L’aria fredda le ghiacciava il viso, ma non aveva proprio voglia di andare ai
Tre Manici di Scopa, o alla Testa di Porco, o nel locale per coppiette di
Madama Piediburro.
Non aveva voglia di vedere Ron e Lavanda appiccicati in un bacio mozzafiato,
come non aveva voglia di vedere Harry circondato dal solito stuolo di ragazzine
urlanti.
E non voleva vedere neanche Ginny, ovviamente in compagnia di Dean, perché
sapeva che non ci avrebbe pensato due volte a mollarlo lì per andare da lei e
non lasciarla sola. E non voleva questo, Ginny meritava di godersi il suo San
Valentino proprio come tutti gli altri.
Sospirò e scrutò la Stamberga Strillante che, lentamente, veniva avvolta dalla
nebbia.
Sollevò gli occhi al cielo e li spalancò, mentre piccoli fiocchi di neve
iniziavano a scendere lentamente.
Si sfilò un guanto e tese una mano in avanti, aspettando che un fiocco le
cadesse in mano: quando avvenne, lo accarezzò con le dita fino a farlo sciogliere.
Le piaceva, la neve. Sembrava diventare tutto più tranquillo, tutto più magico
quando nevicava.
Senza contare che, essendo sola in quel frangente, la neve avrebbe
rappresentato la sua unica compagnia.
Chiuse gli occhi e tentò di rilassarsi, di calmare i sensi.
Si era accorta che il cuore aveva accelerato un po’ i battiti, ma non riusciva
a spiegarsi il motivo.
Forse lo stare lì da sola in un luogo pieno di ricordi le aveva fatto venire un
po’ di nostalgia.
Deglutì e respirò piano, svuotando la mente.
Passarono cinque minuti, o forse quindici, o magari anche un’ora; non avrebbe
saputo dirlo con precisione.
L’unica cosa che realizzò, alla fine, fu una presenza alle proprie spalle. Non
l’aveva sentita avvicinarsi e non aveva la più pallida idea di chi potesse
trattarsi.
L’unica cosa che le venne in mente, però, era che nessuno con buone intenzioni
si sarebbe mai avvicinato alle sue spalle senza rendere nota la propria
presenza.
Cercando di muoversi con naturalezza, fece scivolare la mano fino alla tasca in
cui teneva la Bacchetta e la sfilò lentamente.
La puntò oltre il proprio braccio e si concentrò, facendo partire un
incantesimo.
L’attimo dopo, si voltò per guardare chi era atterrato sulla neve con quel
tonfo sordo e rimase sbalordita.
“Ron!”
Hermione spalancò gli occhi e fece un movimento brusco; rischiò di cadere dalla
staccionata, ma riuscì ad aggrapparsi saldamente ai bordi e ad atterrare con
una certa dignità.
Corse da Ron, che era steso a terra, e si inginocchiò accanto a lui
chiamandolo.
Ron sollevò il busto gemendo di dolore e Hermione pensò che era stato molto
fortunato, aveva usato un incantesimo non verbale e quindi lo Schiantesimo non
era stato scagliato con la massima potenza.
“Ron, scusami, scusami tanto!” lo implorò Hermione aiutandolo a rialzarsi. Ron
annuì e si massaggiò la fronte rimettendosi in piedi e scrollandosi la neve di
dosso.
“Non ti preoccupare” rispose senza però guardarla. “È colpa mia che ti sono
arrivato alle spalle senza avvertire”.
Hermione si morse le labbra e prese il coraggio a quattro mani.
“Come mai sei qui? Credevo avresti passato la giornata con Lavanda”.
Stavolta Ron la guardò. La scrutò negli occhi e vide il volto pallido ma allo
stesso tempo arrossato dal freddo, le tracce delle notti insonni sotto gli
occhi...
“Era così, in effetti. Mi sta aspettando da Madama Piediburro”.
“Non è propriamente il tuo genere” rispose Hermione con un’alzata di spalle
rassegnata, vedendo che Ron storceva la bocca.
“No, infatti, ma è il suo” rispose, e Hermione sentì lo sconforto impossessarsi
di lei.
Quindi Ron era disposto a mettere piede in un posto che aveva sempre detestato
solo per passare una giornata insieme a Lavanda...
“Capisco” mormorò chinando la testa. Si fissò i piedi per un paio di secondi,
poi si rese conto che Ron non aveva risposto alla sua domanda.
“Ma non... non hai risposto... Perché sei qui?” rialzò lo sguardo e incrociò
quello di Ron, che ricambiò anche se con parecchia titubanza.
“Dovevo parlarti” rispose Ron, e il cuore di Hermione perse un battito. Questo
forse voleva dire che le cose tra loro potevano tornare come prima?
Sperò con tutto il cuore di sì, perché avere Ron lì davanti e non poter fare
altro che guardarlo era oltremodo frustrante. Avrebbe voluto saltargli al
collo, abbracciarlo, stringerlo fino a togliergli il fiato, gridargli che le
dispiaceva per tutto, e magari chissà, anche schioccargli un bacio.
Perché sì, il sentimento che nutriva per Ron era aumentato a dismisura da
quando lui aveva smesso di parlarne, ed Hermione non era ancora riuscita a
capire il perché.
“Dimmi...” disse, stringendo le mani l’una con l’altra. Prese a torturarsi le
dita mentre Ron si grattava la testa, probabilmente alla ricerca delle parole
giuste per iniziare il discorso.
“Voglio sapere perché hai protetto il segreto di Malfoy. Perché ci hai mentito”
disse serio, e Hermione quasi si sentì mancare.
“Credevo... credevo fosse ovvio” rispose Hermione, un po’ titubante. “Volevo
solo proteggervi... proteggere Harry, che sarebbe corso a dire tutto quanto a
Silente e avrebbe di certo commesso qualche sciocchezza contro Malfoy...”
“Harry non ha attaccato Malfoy. Da quando ha scoperto che è un Mangiamorte lo
evita”
Hermione annuì. “Sì, me ne sono accorta, ma come potevo saperlo? Ero convinta
che Harry l’avrebbe presa come una questione personale, e Silente era d’accordo
con me...”
“La nostra opinione dovrebbe valere più di quella di Silente, almeno per te”
rispose Ron guardandola torvo, e Hermione spalancò gli occhi.
“Cosa stai dicendo, Ron? Non capisci che- che qui si parla di cose gigantesche?
Stiamo parlando dei Mangiamorte, quindi di Voldemort, come potrei ignorare
l’opinione di Silente?!”
Ron non rispose ed Hermione capì di aver colto nel segno. Come poteva Ron fare
discorsi così stupidi?
“Io l’ho fatto per proteggere Harry, e non sono pentita! Posso chiedervi scusa,
posso spiegarvi le mie motivazioni, ma non posso dire che se potessi tornare
indietro non lo rifarei, perché sì, Ron, lo rifarei”
“Io credo ci sia di più, sotto” sputò Ron guardandola di nuovo, e stavolta
Hermione poté leggere nei suoi occhi il disagio. Ma disagio per cosa? E cosa
poteva esserci di più?
“Ron, ti giuro che non c’è altro, io-”
“Io credo che tu l’abbia fatto anche per proteggere Malfoy. Anche Harry lo
pensa”.
Hermione spalancò gli occhi.
“Cosa-”
Si bloccò all’inizio della frase e guardò alle spalle di Ron.
“Sta arrivando qualcuno!” bisbigliò, e gli afferrò la mano per trascinarlo da
parte.
Si nascosero dietro un grande albero lì accanto e poco dopo comparvero le
ultime due persone che Hermione avesse mai pensato di incontrare.
Tiger e Goyle li sorpassarono senza vederli e si diressero verso la staccionata
occupata poco prima da Hermione, rivolti verso la Stamberga Strillante.
Ron sfilò la mano dalla presa di Hermione, che lo fissò con sguardo deluso.
Ron scosse la testa e Hermione sospirò silenziosamente, si voltò verso Tiger e
Goyle e attese.
Che bisogno avevano avuto di nascondersi, dopotutto?
“Potrebbero entrare dalla Stamberga” disse Goyle fissando dritto davanti a lui,
cercando di scorgere la casa oltre la nebbia.
Tiger grugnì e si grattò l’enorme testa, e Ron e Hermione trovarono una vaga
somiglianza con una scimmia.
“Troppo pericoloso, c’è il Platano Picchiatore” grugnì in risposta, e Goyle gli
gettò un’occhiataccia.
Hermione aggrottò le sopracciglia: di cosa stavano parlando?
“Allora cerchiamo di farlo prima che lo faccia lui. E mi pare che non gli stia
andando tanto bene, Malfoy è un incapace”.
Hermione voltò di scatto la testa verso Ron e vide che aveva gli occhi
spalancati e un enorme punto interrogativo stampato in faccia.
Cosa c’entrava Malfoy in tutto quel discorso?
“Se la prende comoda” ghignò Goyle, scrocchiandosi le nocche delle dita. “Precediamolo
al Castello, sicuramente riusciremo a farlo prima di lui. Mi risulta che sono
parecchi giorni che non ci prova”
Tiger annuì ed entrambi si voltarono per tornare sulla via principale di
Hogsmeade.
Quando il rumore dei loro passi sparì completamente, Hermione e Ron uscirono
allo scoperto.
“Cosa significa?” domandò Ron confuso, guardando Hermione. “Sono sicuro che tu
sai di cosa stavano parlando”
Hermione scosse immediatamente la testa, sentendo un campanello di allarme. Ron
non doveva ficcare il naso, non doveva sapere che Malfoy spariva per ore nella
Stanza delle Necessità, non doveva scoprire nulla...
“Non so niente, Ron... sono sorpresa quanto te” borbottò, stringendosi nel
cappotto. Ron la scrutò severo, cercando di trovare una traccia di bugia nei
suoi occhi, ma il secondo dopo capì che non avrebbe trovato assolutamente
nulla. Dopotutto Hermione aveva mentito loro per settimane, sarebbe stato
impossibile caprie se lo stava facendo anche un quel momento.
Hermione, dal canto suo, fece scivolare la mano fino alla bacchetta e con la
gola secca la strinse forte, sentendosi quasi male.
Si sentiva sporca. Sporca e meschina.
“Oblivion”.
L’incantesimo colpì Ron con delicatezza; i suoi occhi divennero vitrei per una
manciata di secondi, poi tornarono normali e lui si guardò intorno, confuso.
“Dove...” iniziò, ma Hermione lo interruppe.
“Scusa, Ron, ma sei venuto qui solo per fare una passeggiata. Lavanda ti sta
aspettando da Madama Piediburro” disse Hermione, un groppo enorme in gola.
Lo sorpassò senza dargli il tempo di dire nulla e corse via per andare a
cercare Malfoy e riferirgli quello che aveva appena sentito dire a Tiger e Goyle.
Quando arrivò nella via principale di Hogsmeade, andò dritta ai Tre Manici di
Scopa.
Spinse piano la porta e sentì il piacevole calore dell’ambiente avvolgerla.
Ripensò con nostalgia alle giornate passate lì dentro a non fare altro che bere
Burrobirra e scherzare e ridere con i suoi amici.
Deglutì sonoramente e facendosi coraggio, mosse qualche passo all’interno del
locale.
Scorse Harry, seduto ad un tavolo insieme a Neville e Luna.
Poi vide le gemelle Patil sedute al tavolo con Cho Chang, Michael Corner e Marietta
Edgecombe.
Le bastò qualche secondo per scorgere la testa bionda di Draco Malfoy, seduto
ad un tavolo in compagnia di Pansy Parkinson, Blaise Zabini, Theodore Nott e
Daphne Greengrass.
Malfoy era seduto accanto alla Parkinson, che era appiccicata al suo braccio e
gli stava sussurrando qualcosa all’orecchio mentre lui sorseggiava la sua
Burrobirra.
Hermione assottigliò gli occhi e lo fissò, un po’ risentita. Guardami, guardami... Guardami! Pensò
Hermione, rendendosi conto che sarebbe stato abbastanza sospetto se fosse
andata da lui dicendogli di seguirla perché dovevano parlare.
Vedendo che comunque Draco non distoglieva lo sguardo dai suoi compagni,
Hermione afferrò la tracolla e infilò la mano dentro alla ricerca di un pezzo
di pergamena.
Lo afferrò e scrisse velocemente con la bacchetta qualche parola, lo
appallottolò e con un incantesimo di Levitazione lo fece volteggiare
silenziosamente e inosservato verso il tavolo dei Serpeverde.
Il foglietto atterrò direttamente davanti al naso di Malfoy, sul suo grembo.
Draco sollevò le sopracciglia, poggiò il boccale sul tavolo sotto gli occhi
curiosi di tutti i compagni e srotolò il foglietto, leggendolo attentamente.
Sollevò gli occhi dal foglio e fece scorrere lo sguardo per la sala, finché non
incrociò quello carico di aspettative di Hermione.
Lei annuì con la testa per fargli capire che era stata lei a mandargli quel
messaggio – non l’aveva firmato nel caso qualcuno lo avesse intercettato – e
fece per voltarsi per aspettarlo fuori, quando vide una cosa che le fece
ribollire il sangue fino a farglielo scorrere tutto fino al cervello.
Malfoy aveva appena appallottolato il biglietto, gli aveva dato fuoco con la bacchetta
e come se nulla fosse stato, aveva ripreso a bere la sua Burrobirra e a
chiacchierare con i suoi compagni.
Hermione, livida di rabbia, strinse le labbra in una linea orizzontale e uscì
dal locale sbattendosi la porta alle spalle.
*
“E io che mi sono preoccupata! Sono” Hermione lanciò sul
tavolo il libro di Incantesimi, “una”, quello di Pozioni, “deficiente!” e
quello di Storia della Magia.
Non aveva nessun compito da fare, si era anticipata già quelli che le avevano
dato per la settimana successiva, ma aveva bisogno di sfogarsi e passare il
tempo in qualche modo.
Non le era andato affatto giù il modo in cui Malfoy aveva dato fuoco al suo
biglietto, e soprattutto non le era piaciuto essere ignorata a quel modo, visto
e considerando che avrebbe dovuto parlargli di una cosa importantissima.
E aveva anche Obliviato Ron per poter difendere quel cretino!
Digrignò i denti con ferocia e Grattastinchi balzò giù dal divano mentre
Hermione praticamente gli lanciava la borsa sopra senza vederlo: la Sala Comune
era vuota, tutti erano ancora a godersi una piacevole giornata a Hogsmeade.
Per lei, invece, la piacevole giornata non era mai iniziata.
Era stata una giornata pessima, risollevata appena dall’arrivo improvviso di
Ron, e precipitata di nuovo in un baratro oscuro quando Malfoy l’aveva
completamente ignorata.
Sbatté sul tavolo calamaio e piuma e fissò i libri che aveva sparpagliato,
chiedendosi cosa diavolo dovesse farci.
“Oh, Dio” gemette infine, quando gli occhi presero a lacrimare per essere stati
troppo spalancati; aveva fissato i libri con astio per qualche minuto, come se
fossero stati loro a farle un torto enorme.
“Ho bisogno di un bagno” disse, alzandosi. Lasciò sulla scrivania tutto ciò che
aveva tirato fuori dalla borsa e salì nel dormitorio, prese i vestiti di
ricambio e uscì dal buco del ritratto, diretta verso il bagno dei Prefetti.
Quando arrivò, aprì la porta con un tocco di Bacchetta mormorando la parola
d’ordine e si richiuse la porta alle spalle, poggiando il cambio su una sedia
lì accanto.
Si voltò a guardare l’enorme vasca rettangolare.
Era stata lì poche volte da quando era stata nominata Prefetto. Preferiva
sempre usare i bagni normali, ma ora che si guardava intorno, i nervi ancora a
fior di pelle, sentì le spalle rilassarsi e i nervi distendersi.
C’erano centinaia di rubinetti intorno alla vasca, e li aprì con un piccolo
colpo di bacchetta.
In pochi minuti la vasca si riempì completamente ed Hermione si liberò in
fretta dei vestiti, lasciandoli a terra.
Entrò nell’acqua calda con un sospiro di sorpresa e si adagiò comodamente con
la schiena poggiata al bordo.
Chiuse gli occhi e si rilassò come mai aveva fatto in vita sua. In quel momento
tutti i suoi problemi sembrarono essere spariti, non esisteva più il litigio
con Harry e Ron, non esisteva più la sua solitudine dell’ultimo mese, non c’era
più la tristezza, non c’erano i suoi segreti.
E soprattutto, non c’era Malfoy.
Quel cretino non meritava tutto l’aiuto che gli stava dando, non meritava niente
di niente.
Aprì gli occhi e si morse l’interno della guancia, cercando ancora una volta di
svuotare la mente, ma bastava il semplice pensiero di Malfoy a farle salire i
nervi.
Avrebbe tanto voluto un Pensatoio per poter relegare tutti i pensieri spiacevoli,
e in quel periodo ne aveva davvero tanti.
Ripensò all’incontro che aveva avuto con Ron solo un paio d’ore prima.
Eppure, quando l’aveva visto lì, era stata quasi certa che fosse venuto da lei
per poter far pace, o per lo meno per chiarire la situazione. Invece l’aveva
attaccata, aveva fatto insinuazioni, su cosa poi?
Certo, aveva mentito, ma che altro motivo poteva esserci se non quello di
proteggere Harry?
Lei l’aveva fatto per lui, perché sapeva che avrebbe commesso qualche
sciocchezza una volta venuto alla scoperta della verità su Malfoy.
Sospirò.
Ma Harry, ora che lo sapeva, non aveva comunque fatto nulla.
Possibile che si fosse sbagliata? E possibile che avesse sbagliato anche
Silente? Non conosceva il suo migliore amico?
Si passò una mano bagnata sugli occhi e li strofinò.
Si sentiva davvero stanca di tutta quella situazione, e probabilmente aveva
mentito a Ron, quel pomeriggio, dicendogli che avrebbe rifatto tutto quanto
avendo la possibilità di tornare indietro.
Più i giorni passavano, più si rendeva conto che nonostante la sua scelta fosse
stata giusta per il bene supremo, in un certo senso, era la sua sanità mentale
che ci stava andando di mezzo.
Perché lei era una chiacchierona, ed essere costretta ad avere conversazioni
solo con Grattastinchi la stava facendo uscire matta.
Certo, poi c’era stata quella piccola eccezione della chiacchierata con Malfoy
in biblioteca, ma quella non contava. Malfoy non era un amico né tantomeno una
persona piacevole con cui parlare.
“E meno male che sono venuta qui per rilassarmi e non pensare a nulla” mormorò
Hermione rivolta a se stessa, notando che comunque nonostante tutti i suoi
buoni propositi, non aveva smesso di riflettere un secondo sull’assurda
situazione in cui si trovava.
Poggiò di nuovo la schiena al bordo e richiuse gli occhi, stavolta determinata
a non pensare a nulla che non fosse quello splendido bagno.
Il secondo dopo, i suoi buoni propositi andarono di nuovo in fumo.
Spalancò gli occhi mentre la porta del bagno dei Prefetti si apriva piano, e si
voltò di scatto per vedere chi stava entrando. Aveva dimenticato di chiudere la
porta a chiave!
Rimase immobile, seppellita nell’ammasso di schiuma colorata che la circondava,
la testa che sporgeva dal bordo della vasca e gli occhi incuriositi.
Di certo doveva essere un Prefetto.
Poteva essere Ron, di nuovo? Ernie? Hannah? Oppure erano Anthony o Padma, la sorella di Calì?
Sentì le viscere contrarsi nello stomaco.
La testa bionda che fece capolino dalla porta le disse che no, non era nessuno
di loro, ma l’unica persona (insieme a Pansy Parkinson) che non aveva preso in
considerazione, l’idea era davvero troppo assurda. “No!” gridò Hermione, cercando di
sparire sul fondo della vasca e di mimetizzarsi con tutta la schiuma che la
circondava.
Malfoy si bloccò sulla soglia della porta, gli occhi spalancati.
“FUORI!” gridò Hermione, ma Malfoy non mosse un passo. Rimase immobile con gli
occhi spalancati, non credendo a quello che i suoi occhi stavano vedendo, ma si
riprese quasi subito.
Batté le ciglia un paio di volte e incrociò le braccia, assumendo la sua solita
aria strafottente.
“Esci tu se proprio ci tieni, Granger. Io sono qui per farmi un bagno” disse
serio, facendo vagare lo sguardo per la stanza.
Guardò i vestiti piegati di Hermione su una sedia, poi fissò quelli lasciati a
terra e la Bacchetta poggiata lì accanto sul pavimento, poi tornò a guarda
Hermione che boccheggiava per la risposta appena ricevuta.
“Ora ci sono io, quindi aspetta il tuo turno” ringhiò lei, e prese a radunare
più schiuma che poteva intorno al corpo visto che Malfoy stava muovendo qualche
passo in avanti.
“Se fai un altro passo giuro che ti Schianto!” strillò Hermione all’improvviso,
arrossendo all’inverosimile. Non avrebbe mai pensato di trovarsi in una
situazione del genere, era totalmente imbarazzante.
Se fosse stato Ron, almeno, avrebbe avuto il buon gusto di arrossire
furiosamente e poi sparire dalla circolazione.
Ma allora perché Malfoy continuava a camminare con quell’espressione di puro
divertimento stampata sul volto?
“Con quale bacchetta?” domandò Draco, chinandosi a raccogliere quella di
Hermione. Se la rigirò tra le dita fissandola divertito, e Hermione digrignò i
denti così forte che sentì la mascella farle male.
Hermione non rispose, non sapendo più cosa dire.
Quella era una delle rare occasioni in cui non sapeva come ribattere a Malfoy,
e questo non era un bene.
“Ridammela” disse, tirando fuori un braccio bagnato e allungandolo con il palmo
della mano aperto verso di lui.
“No” rispose lui tranquillo, continuando a giocherellare con la bacchetta.
Hermione assottigliò gli occhi.
“Ridammela”
“No”
“Lo dirò agli insegnanti”
“Dirai cosa?” domandò Draco sollevando le sopracciglia, e Hermione infilò di
nuovo il braccio nell’acqua.
“Che sei entrato nel bagno dei Prefetti e che mi hai minacciato con la mia
stessa bacchetta”
“Io non ti sto minacciando!” la interruppe Draco, ma Hermione fece finta di non
sentirlo e continuò imperterrita.
“...Che ti ho detto di uscire ma non mi hai dato ascolto, che ti vedo gettare
occhiate dentro la vasca per riuscire a vedere qualcosa...”
Stavolta fu il turno di Malfoy di spalancare gli occhi e, Hermione se ne stupì,
anche arrossire un pochino.
“Non sto facendo nulla di tutto questo!”
“Allora ridammi la mia bacchetta!”
Malfoy sbuffò e gliela lanciò. Hermione l’afferrò al volo e la poggiò sul bordo
della vasca, lontano dalla presa di Malfoy.
“Ora esci, o ti Schianto sul serio” disse seria, fissandola torvo. Cos’era
tutto quello? Solo l’anno prima sarebbe scappato a gambe levate dalla stanza
per non passare troppo tempo da solo con una sporca Mezzosangue.
“Perché volevi vedermi, prima?” domandò Malfoy all’improvviso, e Hermione smise
di inveire mentalmente contro di lui.
“Prima?” domandò, confusa. Poi ricordò.
“Nulla di importante” rispose con una scrollatina di spalle, il ricordo
bruciante di quando aveva dato fuoco al biglietto ancora vivido.
“Non è vero, altrimenti non avresti rischiato tanto. Mandarmi un biglietto
davanti ai tuoi e ai miei amici”
“Beh, anche se fosse a te non interessa, me ne hai dato una chiara prova dando
fuoco al mio messaggio” ribatté lei piccata, incrociando le braccia.
Draco fissò quel volto astioso.
Sì, era vero, l’aveva bruciato perché aveva deciso che stare lontano dalla
Granger era la sua scelta giusta.
E di certo non le avrebbe detto che ci aveva ripensato. Non le avrebbe
assolutamente detto che era tornato al Castello prima degli altri solo per
cercarla, che era addirittura arrivato fino alla torre di Grifondoro, che aveva
chiesto al dipinto di quella stupida Signora Grassa se la Granger era dentro, e
che lei dopo parecchie proteste era arrivata a dirgli che Hermione era uscita.
Sicuramente si sarebbe tenuto per sé che aveva chiesto a qualche ritratto –
forse a un paio, magari anche tre o quattro. Diciamo dieci - se l’avevano vista
in giro.
E il fatto che era andato a cercarla nella Gufiera, nella biblioteca,
addirittura in infermeria per poi ritrovarsi davanti al bagno dei Prefetti e
chiedere a un ritratto posto lì accanto alla statua di Boris il Basito se fosse
entrata una ragazza dai crespi capelli marroni, se lo sarebbe certamente
portato nella tomba.
Si diede dell’idiota, perché sì, solo un’idiota avrebbe fatto una cosa del
genere per una persona che considerava meno di zero.
In effetti, mentre percorreva i corridoi di Hogwarts alla pazza ricerca della
Granger, si era dato dell’idiota più e più volte.
“Mi interessa” rispose semplicemente. “Avanti, dimmi”.
Hermione fissò il volto del ragazzo davanti a lei, e riuscì sul serio a
scorgerci un certo interesse.
Sbuffò.
“Prima vorrei uscire da qui e vestirmi” disse, gettandogli un’occhiataccia.
Malfoy poggiò la schiena al muro e incrociò le braccia, fissandola con la bocca
un po’ storta verso l’alto.
“D’accordo, sbrigati” rispose, e Hermione scosse la testa, irritata ma in un
certo senso anche leggermente divertita.
“Sapevo che sei razzista, borioso, stupido, ma non che fossi anche un
pervertito” sbottò,afferrando la
bacchetta.
Malfoy inarcò un sopracciglio e, sorprendendo Hermione più di ogni altra cosa
al mondo, scoppiò a ridere.
Hermione rimase con la bacchetta sollevata, la bocca spalancata e gli occhi
sgranati.
Malfoy rideva? Stava ridendo sul
serio?
Non riuscì a spiccicare parola, mentre Malfoy riempiva la stanza con la sua
risata sonora.
Hermione non l’aveva mai visto così, aveva sempre e solo assistito ai suoi
ghigni, o alle sue risatine di scherno.
C’era qualcosa di strano in quell’insolito spettacolo, qualcosa che le fece
quasi contorcere le budella.
“Pervertito? Non sai di cosa stai parlando, Granger” disse lui, dandosi un
contegno. Tossicchiò con la mano davanti alla bocca, ma non si mosse, allora
Hermione, ripresasi dallo shock iniziale, gli puntò la bacchetta contro
ricordando un incantesimo usato da Harry qualche tempo prima.
Era del Principe Mezzosangue, ma era totalmente innocuo.
“Levicorpus”.
Malfoy spalancò gli occhi mentre veniva sollevato da terra e con un gesto lento
della bacchetta, Hermione lo trasportò fino alla porta del bagno, che si
spalancò.
Con un sorrisetto beffardo, lo cacciò fuori malamente e poi richiuse la porta,
stavolta premurandosi di chiuderla ermeticamente con un incantesimo.
Sentì provenire da fuori le imprecazioni di Malfoy, che era precipitato a terra
con un tonfo sordo.
Uscì dalla vasca in fretta e furia, si asciugò e rivestì con l’ausilio della
bacchetta e in neanche dieci minuti uscì fuori, trovando Malfoy poggiato al
muro con un’espressione truce.
“Bada, Granger, non ti affatturo solo perché mi interessa sapere quello che hai
da dirmi. Ma non azzardarti mai più a fare una cosa del genere” sibilò lui
minaccioso, voltandosi verso di lei.
Hermione rise.
“Oh, che paura” rispose poco convinta e senza nessun emozione nella voce. “E
comunque dovevo farti uscire, visto
che vestirmi davanti a te non è la mia massima aspirazione”.
Draco storse la bocca e, senza aggiungere altro, prese a camminare per il
corridoio. Hermione fissò la sua schiena per qualche secondo, poi spiccò una
piccola corsa e lo seguì.
Strano ma vero, era stato più distensivo quell’incontro con quell’essere odioso
piuttosto che starsene chiusa nel bagno da sola, immersa nella vasca da bagno.
Dopotutto, anche se Hermione non era per niente interessata a quella stupida
festa degli innamorati, dovette ammettere che quello era il week end di San
Valentino più strano che avesse mai passato.
Strano, ma non del tutto spiacevole.
After you read:
Muahahah!
Bene beneù_ù ecco il 15
*w* scusate l’attesa ma ero seriamente indecisa su come scrivere cosa v.v ne
avevo pronto metà da un sacco, ma non la prima metà o la seconda XD avevo
pronte delle scene da unire perché se mi viene in mente qualcosa la scrivo e
basta, non mi importa che si trovi al capitolo 10 o al 35 °-°
Beh, spero che l’attesa abbia ripagato le aspettative, o come si dice ù_ù
Al prossimo capitolo *-*
Posterò il 25! (il mio compleanno *w* mi auto-faccio un regalino con un
capitolo che – già scritto anche questo per metà – mi piace particolarmente!)
A fra 8 giorni ;)
Tonna
“Ne sei sicuro?”
“Certo! Li ho visti con i miei occhi, ti dico!”
“Ma non è possibile, non loro”
“E invece ti dico che è così!”
La Professoressa McGranitt fece scattare la bacchetta sul banco con un gesto
secco e veloce, e gli allievi sollevarono tutti le teste di scatto nella sua
direzione.
“Dieci punti in meno a Tassorosso” proclamò solenne la McGranitt, fissando il
nugolo di ragazzini che non aveva smesso di parlare da che erano entrati.
I ragazzi sbuffarono sonoramente e due di loro si profusero in una serie di
smorfiacce scontente, che la McGranitt ignorò senza battere ciglio.
“Branstone! Caldwell! Witby!” li guardò minacciosa da dietro gli occhialetti
rotondi, gli occhi che mandavano lampi. “Se non siete interessati alla mia
lezione siete liberissimi di lasciare la mia classe”.
I tre si guardarono con un certo sconcerto, capendo benissimo che quello della
McGranitt non era né un consiglio né un caldo invito, ma una minaccia. Si
sedettero compostamente ai loro posti e rimasero in silenzio per il resto della
lezione.
La McGranitt, molto soddisfatta, tornò ad occuparsi della sua materia.
“Ma dai!” sbottò Ginny scoppiando a ridere.
“È così” rispose Luna spalancando gli occhi, al che la risata di Ginny si
spense e aggrottò le sopracciglia.
“Dici sul serio, Luna?”
“Così dicono” rispose lei facendo spallucce. “La voce è arrivata fino da noi,
hanno visto Hermione e Draco Malfoy uscire dal bagno dei Prefetti, insieme”.
“...No” rispose Ginny scuotendo la testa. “Non è possibile. No, no”
“Pensi che Harry e Ron lo sappiano?” domandò Luna incuriosita, perché una
notizia del genere, se giunta alle orecchie dei migliori amici della diretta
interessata, non sarebbe stata affatto presa bene.
Ginny spalancò gli occhi e si alzò di corsa dalla sedia.
“Non ci avevo pensato!” esclamò, saltellando sul posto. “Scusa Luna, devo
andare!”
La salutò con un veloce cenno della mano e Luna ricambiò vivacemente, poi si
alzò e prese a saltellare nella direzione opposta.
Ginny percorse i pochi piani che separavano la Sala Grande dalla Torre di
Grifondoro ed entrò di corsa nel buco del ritratto, urlandogli la parola
d’ordine. Quando entrò, sentì una tensione così pesante da potersi tagliare con
il coltello.
Si guardò intorno e trovò la fonte di tanto nervosismo: Ron e Harry erano
seduti sul divanetto, braccia incrociate e sguardi corrucciati puntati
ostinatamente sul caminetto.
“Ehi” disse Ginny cauta, avvicinandosi. Prese posto sulla poltrona accanto a
loro e incrociò le braccia, eseguendo una loro perfetta imitazione.
Ron la guardò torva.
“Non sei divertente” disse brusco e sprezzante. Ginny sciolse le braccia e
arricciò le labbra.
Aveva sbagliato, non c’era nervosismo nell’aria. Quei due non erano
semplicemente nervosi, erano incavolati neri.
“Immagino abbiate sentito” disse lei cauta, e Ron scattò nella sua direzione.
“No, Non abbiamo sentito niente di quello che Hermione fa con Malfoy nel bagno
dei Prefetti!”
Harry si voltò verso Ron con le sopracciglia alzate e lo vide diventare rosso
fino alla punta del naso.
“Perfetto, immaginavo” sospirò Ginny sistemandosi i capelli dietro un orecchio.
Harry fissò quel movimento per un attimo, poi distolse lo sguardo.
“Non ne vogliamo parlare, è libera di fare quello che vuole”
“Oh, non ditemi che davvero credete a quello che hanno visto tre stupidi
Tassorosso?!” sbottò Ginny, e Ron scattò come una molla.
“Certo che ci crediamo, perché la diretta interessata non ci degna neanche
della minima spiegazione!”
Ginny osservò il fratello con le sopracciglia corrugate e poi si alzò dalla poltrona,
fissandoli minacciosa dall’alto.
“Anche tu credi a queste voci, Harry? Credi davvero che Hermione abbia un... un
qualcosa con Malfoy? Draco Malfoy?”
Harry esitò per un attimo.
Lo credeva? Forse.
Lo voleva? No.
Ardeva dalla voglia di chiedere spiegazioni? Sì.
Ma non avrebbe mosso un dito. Hermione non era più affar suo ormai, non dopo
quello che aveva fatto.
“Non lo so. Forse” rispose vago, al che Ginny sbatté il piede a terra e
schioccò la lingua.
“Voi maschi siete tutti uguali, non vedete nulla al di là del vostro naso”
“Se sei venuta a rompere ti consiglio di andartene” rispose burbero Ron.
Ginny notò che non aveva al collo la collana che gli aveva regalato Lavanda, e
notò, oltre alla collera, un pizzico di tristezza nel suo sguardo.
“...D’accordo” concesse Ginny infine. “Ciao”.
Voltò loro le spalle e sparì di nuovo nel buco del ritratto, alla ricerca di
Hermione.
*
“Si è sparsa che cosa?!” sbottò Hermione sollevando la testa
dai libri. Non aveva prestato molta attenzione all’arrivo di Ginny e Luna, ma
ora la rivelazione che le due le avevano appena fatto l’avevano sconvolta.
“Tu e Malfoy che uscite insieme dal bagno dei Prefetti”
“I-io... No, noi...” balbettò Hermione, arrossendo. Com’era possibile? Chi li
aveva visti?
“Chi ha messo in giro questa voce?” domandò, e Ginny la fissò con l’aria di chi
la sapeva lunga.
“Allora è vero” mormorò sconcertata, e Hermione agitò le braccia.
“No! No! Non è vero! Cioè, è vero, siamo usciti dal bagno dei Prefetti, ma non
insieme! Io ero entrata lì per fare un bagno, non avevo chiuso la porta a
chiave, lui è entrato e gli ho lanciato un incantesimo per mandarlo fuori, non
siamo usciti insieme!”
Ginny e Luna la fissarono per qualche secondo che, per Hermione, sembrò durare
un’eternità.
“Andiamo, Ginny, pensi davvero che io possa anche solo desiderare di passare
più di due secondi in compagnia di Malfoy? In un bagno, per di più?”
Ginny parve riflettere su quella possibilità e si disse che no, dopo tutto
quello che le aveva fatto passare, Draco non aveva la minima possibilità di
entrare nelle grazie di Hermione, così come era impossibile che lei piacesse a
Malfoy. Era pura fantascienza.
“No, in effetti. Ma credo che dovresti andare a parlare con Ron e Harry”.
“Non ho niente da dirgli” rispose Hermione, incrociando le braccia. Scrutò
l’espressione critica di Ginny e sospirò.
“Senti, non c’è niente tra me e Malfoy. Te l’ho detto, siamo entrambi Prefetti,
e...”
“Sì” la interruppe Ginny pazientemente, “ma a prescindere da quella che è la
verità, a scuola sta circolando una certa voce. È come quella volta in cui
tutti erano convinti che Harry fosse l’erede di Serpeverde, o ancora come
quando tutti erano sicuri che fosse stato Harry a mettere il suo nome nel
Calice Di Fuoco. La verità era un’altra, ovviamente, ma la voce si era sparsa
comunque. E Ron e Harry, non avendo sentito la tua versione...”
“Se mi conoscessero davvero saprebbero che una cosa del genere non è
assolutamente possibile!” obiettò Hermione seria, ma Ginny riprese a parlare a
voce più alta.
“Oh, ti prego, non fare la vittima adesso!” sbottò, e Hermione sobbalzò. Luna
continuò a fissare quell’interessante scambio di opinioni ma non si intromise.
“Lo sai che ti conoscono bene, ma siete ai ferri corti! Non vi parlate da più
di un mese, permettigli almeno di pensare che c’è qualcosa che non va!”
Hermione rimase sbigottita. Rifletté su quelle parole e sospirò.
“Ok” concesse infine, “Ma non penso che vorranno ascoltare ciò che ho da dire”
“Oh, io non ci giurerei” si intromise Luna all’improvviso, e sia Ginny che Hermione
si voltarono a guardarla.
Luna accennò un sorriso e continuò, lo sguardo sognante.
“Anche se Harry è un po’ strano e Ron sa esse davvero molto indelicato a volte,
sono i tuoi migliori amici. Meritano di sapere come stanno le cose dalla
diretta interessata. Se non altro, sarà una scusa per parlare con loro e
cercare di sistemare le cose tra voi”.
Hermione ascoltò rapita quelle parole, e per l‘ennesima volta si rese conto di
quanto Luna, per quanto strana fosse, poteva anche risultare saggia e
giudiziosa.
In quanto a lei, cosa voleva fare? Cercare di parlare con Ron e Harry oppure
lasciare che la cosa morisse da sola presto o tardi?
In verità non aveva molta voglia di affrontarli. Primo, perché avrebbe
significato mentire ancora, e secondo perché gli sguardi carichi di delusione
che le avevano rivolto solo il mese prima erano ancora vividi nella sua mente.
D’altra parte, non le andava neanche a genio il fatto che Harry e Ron avessero
davvero creduto a quella stupida voce che era circolata.
Ok, c’era del vero ovviamente: lei e Malfoy erano davvero usciti dal bagno de
Prefetti, ma se quegli stupidi ficcanaso che avevano visto la scena avessero
guardato bene, avrebbero visto un Malfoy cacciato fuori dal bagno a suon di
incantesimi e un’Hermione che ne era uscita poco dopo incavolata nera.
Il fatto che poi fuori si fossero messi a scherzare, in un certo senso, era una
cosa che avrebbe tanto voluto cancellare.
Era stata una stupida a non pensarci. Effettivamente la gita a Hogsmeade era
permessa solo agli allievi dal terzo anno in su, quindi era ovvio che gli altri
dei primi anni e dei secondi sarebbero rimasti al castello.
Avrebbe dovuto fare più attenzione, era stata una stupida.
“Dunque?” chiese Ginny infine, risvegliandola dai suoi pensieri.
Hermione si ritrovò a fissarla con sguardo vacuo, indecisa su cosa risponderle.
Sapeva che dopotutto Ginny aveva ragione, ma aveva paura di quelle che potevano
essere le conseguenze.
Sarebbe andata da Ron e Harry, avrebbe detto “non sto con Malfoy,
assolutamente, sono voci false” e poi? Tutto sarebbe tornato come prima, o
Harry e Ron le avrebbero voltato le spalle un’altra volta?
Si morse la guancia e sospirò.
“D’accordo” concesse, seppur ancora dubbiosa. “Suppongo di non aver altra
scelta”
“Esatto” ribatté Ginny allegra. Si alzò dalla sedia, le diede una pacca sulla
spalla e se ne andò.
Hermione la fissò da dietro, leggermente ammirata.
Aveva sempre invidiato il carattere sicuro e forte di Ginny. Certo, non quando
era al primo e al secondo anno a Hogwarts. Ma dal terzo anno in poi era
cresciuta, e anche tanto. L’aveva notato all’Ufficio Misteri l’anno prima e
anche quando aveva ricominciato a parlare con Harry nonostante l’evidentissima
cotta che aveva preso per lui.
Era stata davvero coraggiosa, a seguire il suo suggerimento. Le aveva detto di
guardarsi intorno e di non incartarsi con Harry, perché magari una volta
mostrato il suo vero carattere Harry ne sarebbe stato attratto automaticamente.
E, visti gli ultimi risvolti, Hermione capì di aver assolutamente colto nel
segno.
*
Harry salì le scale del dormitorio e si guardò intorno,
notando che era fortunatamente deserto.
Ron era impegnato in uno dei soliti tête-à-tête con Lavanda e lui aveva
preferito sparire da circolazione: se quello era il modo di Ron di accettare la
questione-Hermione, lui non aveva nulla da spartirci.
Si lasciò cadere sul letto stancamente, fissando con insistenza i drappeggi
scuri che scendevano dal baldacchino.
Quanto c’era di vero in quelle voci? Hermione aveva davvero ripiegato su Malfoy
– Malfoy, il loro peggior nemico –
per fargliela pagare? O anche solo per consolarsi?
No, si disse. Non era possibile una cosa del genere, non dopo quello che
avevano passato, non dopo quello che lui
aveva fatto passare loro, non dopo che lui
era diventato il motivo del loro litigio.
Non poteva crederci.
Sentì improvvisamente il sangue ribollire nelle vene, e un calore imminente
espandersi sul volto.
Non gli piaceva quella storia, e non perché fosse geloso di Hermione o
stupidaggini del genere.
La sua mente aveva iniziato a lavorare fin da quando aveva sentito quelle voci
in giro per la scuola: e se Malfoy aveva scoperto che Hermione sapeva il suo
segreto e l’aveva in qualche modo ricattata, costringendola a fare qualcosa?
Non gli veniva in mente altro, per quanto quella teoria fosse scadente.
Ma allora perché erano usciti dal
bagno dei Prefetti insieme?
Si alzò di scatto e sferrò un poderoso calcio al baule, maledicendosi l’attimo
successivo.
“Dannazione!” sbottò, ricadendo sul letto e massaggiandosi il piede dolorante.
Prendere a calci i bauli non risolveva la situazione, lo sapeva bene; l’unica
cosa che avrebbe veramente risolto qualcosa era parlare con Hermione, ma al
momento quella situazione non era contemplata.
Si chinò sul baule e lo aprì, frugando alla ricerca della Mappa del Malandrino.
Non era una cosa giusta, non era corretta, ma avrebbe potuto cercare Hermione
lì e vedere cosa combinava. Magari tenendola d’occhio per un po’ avrebbe potuto
scoprire cosa c’era di vero in quelle voci...
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” disse, colpendo la Mappa
appena trovata con la Bacchetta.
Immediatamente iniziarono a delinearsi i contorni del castello, i corridoi, le
classi, le porte, le scale...
E il puntino denominato come Draco Malfoy
spiccò subito alla sua vita. Con un
sussulto Harry avvicino il viso alla pergamena e lo osservò con attenzione.
Si trovava al settimo piano e stava passeggiando in un corridoio. Vide il
puntino percorrere pochi passi, fermarsi, tornare indietro, ripercorrere la
distanza, poi fermarsi di nuovo e riprendere camminare.
C’era qualcosa di ipnotico in quel movimento, ma all’improvviso gli fu tutto
chiaro.
Settimo piano. Camminare tre volte davanti a una parete e – probabilmente-ripetere continuamente quello che si
desiderata trovare.
Si alzò di scatto lanciando la Mappa sul letto e afferrò il Mantello
dell’invisibilità dal baule.
Se lo gettò sulle spalle velocemente e si precipitò giù con furia, chiedendosi
perché Malfoy stesse entrando nella Stanza delle Necessità.
Quando arrivò lì, si maledì per non aver portato con sé la Mappa. Malfoy era
sparito.
Si fermò nel corridoio, deciso ad attendere che uscisse dalla Stanza: perché
era sicuro che fosse entrato lì, e avrebbe scoperto il motivo.
Draco si guardò intorno, intimorito, gli occhi attenti.
Era difficile orientarsi in quella stanza. C’era stato già tante volte, ma ogni
volta sembrava la prima.
Era piena di tutto, di tutte le cose più inutili e utili che avesse mai visto
in vita sua.
Ma l’unica cosa che veramente aveva un certo interesse, per lui, era in fondo a
uno stretto corridoio formato da sedie e banchi impilati uno sopra l’altro.
Si addentrò nel cunicolo, il cuore che batteva forte, e per un attimo provò
l’impulso di girare i tacchi e andarsene.
Era già terribile stare lì di giorno, consapevole. Il pensiero che quel luogo
lo avrebbe accompagnato anche durante la notte gli faceva perdere la testa.
Si fermò alla fine del corridoio e sollevò lo sguardo sull’enorme armadio che
gli si imponeva davanti.
L’Armadio Svanitore.
Sarebbe stato un’invenzione fantastica, se solo fosse stato usato nel modo
giusto.
Gli sferrò un calcio poco convinto e digrignò i denti per il dolore,
allontanandosi di qualche passo.
Certo, perché quell’armadio non funzionava, e lui non riusciva a ripararlo.
Tirò fuori la bacchetta e la puntò contro la porta nera dell’armadio.
Chiuse gli occhi per concentrarsi e sospirò pesantemente un paio di volte, non
del tutto convinto.
Prima che potesse dire qualunque cosa, però, poggiò la mano all’anta
dell’armadio e la sentì muoversi sotto le dita.
Si ritirò come fulminato e fissò la porta ad occhi spalancati, il fiato mozzo.
La prima volta aveva pensato a una stupidaggine, magari era stato lui stesso a
dimenticare l’anta aperta.
Ma ora che ci pensava meglio, e soprattutto ora si stava di nuovo trovando in
quella situazione, sentì il sangue bloccarglisi nelle vene e il respiro
morirgli in gola.
Non c’era stato nessun errore, nessuno sbaglio.
Qualcuno era entrato e aveva aperto l’armadio.
Perché?
Si morse a sangue il labbro inferiore e sentì la tensione sopraffargli i nervi.
Quella situazione era già scomoda di per sé, chi era che cercava di metterlo
ancora più in difficoltà?
Gli vennero in mente molti nomi, tra cui spiccava quello di Potter.
Ma come poteva Potter sapere dell’Armadio Svanitore? Forse gliel’aveva detto la
Granger?
E che senso aveva, dato che gli aveva taciuto il fatto che lui fosse un
Mangiamorte?
I nervi cedettero.
Indietreggiò spaventato con il cuore a mille e si ritrovò a barcollare
all’indietro mentre cercava una via d’uscita da quel cunicolo in cui si sentiva
intrappolato.
Corse con il respiro pesante fino alla porta della Stanza delle Necessità e,
senza preoccuparsi di controllare che non ci fosse nessuno, si precipitò fuori
con un gran baccano e un gran battere di piedi.
Non gliene importò molto, non in quel frangente.
Sentiva di stare per crollare.
Harry sobbalzò quando vide la figura di Draco Malfoy sorpassarlo di corsa.
Non aveva neanche notato che fosse uscito dalla Stanza delle Necessità, tanto
l’aveva fatto in fretta.
Si strinse nel mantello e lo seguì cautamente, ma Malfoy sembrava avere
qualcosa che non andava.
Harry se ne accorse immediatamente, perché era troppo abituato a vederlo
camminare per i corridoi con le mani in tasca e l’aria strafottente, come se il
mondo gli appartenesse. Ora invece, Malfoy correva con la testa bassa e i pugni
stretti, diretto chissà dove.
Lo seguì silenziosamente per scale e corridoi e fu costretto a bloccarsi quando
lo vide entrare in un bagno.
“Il bagno delle ragazze” mormorò Harry.
Ricordò quello che gli aveva detto Mirtilla due mesi prima.
Possibile che fosse Malfoy la persona di cui gli aveva parlato?
Si avvicinò cauto alla porta e aprì uno spiraglio. Malfoy non si vedeva da
nessuna parte.
Si azzardò ad entrare e richiuse silenziosamente la porta alle spalle,
sfilandosi il mantello che scivolò a terra, accanto alla parete.
Harry, silenzioso, percorse qualche passo, ma si fermò dopo averne fatti solo
due.
Cos’erano, quelli? Singhiozzi?
Trattenne il fiato mentre il bagno ne veniva invaso, e quella voce era più che
conosciuta.
Si sporse dietro l’angolo e finalmente lo vide.
Malfoy era lì, chino sul lavandino, l’acqua che scorreva e le lacrime che gli
scivolavano lungo le guance.
Riuscì a vederlo dallo specchio, e ne rimase quasi paralizzato.
Malfoy piangeva?
Si soffermò su quello spettacolo disgustoso.
C’era qualcosa di sbagliato in quello che vedeva. Mangiamorte o no, cosa lo
aveva indotto a disperarsi così?
Rimase a fissarlo con la bocca secca, indeciso su cosa fare.
L’aveva seguito con l’intenzione di regolare i conti e maledirlo, e invece se
lo trovava davanti che si scioglieva in lacrime. Cosa doveva fare?
Si perse a fissare quell’immagine allo specchio per qualche secondo, finché non
si ritrovò gli occhi grigi di Draco, spalancati e colmi di terrore, ricambiare
lo sguardo.
Tempo un secondo e le mani volarono alle bacchette, e Harry fu costretto a
scivolare di lato per non farsi colpire dalla maledizione che Draco gli aveva
appena lanciato.
“Stupeficium!” gridò Harry sporgendo braccio e bacchetta da dietro il muro,
alla cieca, ma l’incantesimo mancò Draco che si tuffò dietro un cubicolo, la
bacchetta sguainata e gli occhi ormai asciutti vigili.
Harry si nascose a sua volta per non offrire a Malfoy un facile bersaglio e trattenne
il respiro, cercando di percepire qualcosa, un passo o un rumore che gli
facesse capire cosa stesse facendo Malfoy, ma non sentì nulla.
Lasciò andare il respiro e si poggiò una mano sul petto, il cuore martellante.
Con cautela, sporse leggermente la testa dietro l’angolo e si guardò intorno
attento.
E lui che si era pure preoccupato.
Tempo un secondo, e vide un lampo di luce rossa passargli accanto alla testa.
Si lasciò scappare un urlo e puntò immediatamente la bacchetta contro Malfoy
che era appena uscito dal suo angolo, allo scoperto.
“Cruc-“ cominciò Malfoy, ma stavolta Harry fu più veloce. Lanciò il primo degli
incantesimi che gli vennero in mente.
“SECTUMSEMPRA!” esclamò Harry con veemenza, e l’unica cosa che vide fu,
all’improvviso, il rosso.
Draco cadde a terra violentemente e prese a contorcersi, il sangue che gli
usciva a fiotti da ogni parte del corpo, come se fosse appena stato trafitto da
migliaia di frammenti di vetro.
Harry rimase a bocca aperta e la bacchetta gli cadde di mano.
Cos’aveva fatto?
*
Hermione salì le scale del dormitorio maschile con cautela,
chiedendosi se vi fosse qualcuno.
Non aveva trovato Harry e Ron da nessuna parte, e se mentre per Ron una
spiegazione plausibile c’era, per Harry no.
Spinse piano la porta del dormitorio ed entrò.
“Harry?” domandò cauta, ma non ottenne risposta. Si soffermò a guardare la
stanza circolare completamente vuota e si lasciò scappare un sospiro.
Le dispiaceva non averlo trovato, ma da una parte forse era meglio, non si
sentiva ancora pronta per affrontarlo.
Si avvicinò al letto di Harry e lo fissò con affetto, ripensando alle serate
che lui, Ron e Harry avevano passato seduti lì a parlare tra di loro.
La sua attenzione, poi, fu catturata da qualcosa.
Si sporse e vide la Mappa del Malandrino aperta, disegnata e piena di puntini
in movimento.
Perché Harry l’aveva lasciata aperta, dove chiunque avrebbe potuto vederla?
Sentì lo stomaco contrarsi e si sporse per cercare il suo nome, una brutta
sensazione si impossessò di lei.
Forse era successo qualcosa e Harry si era precipitato giù senza avere il tempo
di chiuderla. Ma cosa?
Lo cercò in lungo e in largo, facendo saettare velocemente gli occhi da una
parte all’altra del castello, e lo trovò.
Bagno di Mirtilla Malcontenta.
Harry Potter, un puntino che correva in uno spazio ristretto, e subito di
fronte quello di Draco Malfoy.
Spalancò gli occhi giusto il tempo di rendersi conto che entrambi i puntini,
all’improvviso, avevano smesso di muoversi.
Con il cuore in gola si precipitò alla porta e sparì giù per le scale, le
viscere contorte dolorosamente.
“Harry!” Hermione fece improvvisamente irruzione nel bagno e fu costretta a
bloccarsi sulla porta, portandosi inorridita le mani alla bocca.
Harry si voltò verso di lei con gli occhi lucidi e la bocca semiaperta.
Dietro di lui, steso in una pozza d’acqua e quello che sembrava – Hermione per
poco non lanciò un grido – sangue, c’era Malfoy immobile, le braccia
semiaperte.
Hermione sorpassò di corsa Harry e si tuffò su Draco, vedendo tagli e graffi
sparsi su tutto il corpo, il viso, le braccia, il petto, le gambe… il sangue
usciva a fiotti e la veste era lacerata in più punti.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e si voltò verso Harry.
“Vai a chiamare qua-qualche professore…” balbettò, ma l’amico non si mosse.
“HARRY!”
Non ottenendo ancora una risposta, Hermione si alzò da terra e si avvicinò ad
Harry, lo afferrò per una spalla e lo scosse forte, strillandogli in faccia.
“VAI A CHIAMARE UN PROFESSORE!”
Harry parve risvegliarsi da un brutto sogno e indietreggiò barcollando, per poi
scappare fuori dal bagno alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo.
Hermione tornò ad occuparsi di Malfoy e si inginocchiò davanti a lui,
chiamandolo per controllare se fosse cosciente o meno.
“Malfoy… Malfoy…” lo scosse piano ed estrasse la bacchetta, frugando nella
propria memoria alla ricerca di una formula per poter rimarginare le ferite o,
almeno, fermare il sangue, ma non riuscì a trovare nulla; era agitata e non
riusciva a pensare a nulla di concreto che non fosse il corpo di Draco steso
lì, immobile.
Gli prese il polso per sentire i battiti e li avvertì, erano deboli ma c’erano.
Lasciò andare il suo polso e si voltò disperatamente verso la porta sperando di
veder arrivare qualcuno, e qualche secondo dopo le sue preghiere furono
esaudite.
Severus Piton entrò tutto trafelato con il mantello che gli svolazzava intorno
alle spalle e si precipitò su Malfoy, seguito da un Harry pallido e tremolante.
Piton tirò fuori la bacchetta dal mantello e la agitò piano, passandola poi su
ogni singola ferita sul corpo di Draco mentre mormorava una litania che
Hermione riuscì a cogliere come Vulnera
Sanentur.
Si fece indietro per lasciare spazio al professore e quando vide il sangue
smettere di uscire dal corpo di Malfoy tirò un tremante sospiro di sollievo.
Si avvicinò a Harry indietreggiando e lo guardò di sottecchi: non l’aveva mai
visto così prima d’ora.
Era bianco come un fantasma, sudava e aveva l’espressione davvero stravolta:
era ovvio che non voleva arrivare fino a quel punto.
Piton si voltò verso di loro tenendo un Malfoy malconcio tra le braccia, si
avvicinò e li sorpassò.
“Porto il signor Malfoy in Infermeria. Ci vediamo fuori dal mio ufficio”
Scomparve fuori dal bagno e li lasciò lì, interdetti.
Hermione fece un passo avanti per uscire da quel luogo, ma la voce di Harry la
bloccò sul posto.
“I-io non…” cercò di dire qualcosa, ma la voce gli morì in gola. Cos’aveva
fatto? Aveva usato quell’incantesimo solo per difendersi dal nemico, come aveva
citato il Principe Mezzosangue accanto alla formula, e cos’era successo? Aveva
quasi ucciso Malfoy.
Si riscoprì a tremare violentemente, mentre si fissava le mani.
Hermione, nonostante il desiderio di prenderlo a schiaffi per quello che aveva
fatto, tornò indietro e lo prese per mano, conducendolo fuori da quella stanza.
Gliela strinse forte per farla smettere di tremare, e Harry sollevò gli occhi
acquosi per guardarla. Era davvero sull’orlo delle lacrime.
“Lo so” rispose Hermione con un cenno del capo, e non aggiunse nulla.
Harry strinse la sua mano con un singhiozzo sommesso.
After you read:
Sì sì ._. Dovevo postare ieri ù_ù Maaaa ho lavorato tutto il giorno e la
sera sono andata a festeggiare my b-day, quiiindi non ho proprio fatto in tempo
._.
Però eccolo qui, su *O*
Scappo che devo andare a una cresima, ma fatemi sapere cosa ne pensate!
(Personalmente, AMO l’ultima scena ù_ù era pronta da decenni XD)
Un bacio a voi che mi seguite!
Tonna
Ps- i nomi dei tre Tassorosso all’inizio non sono inventati, esistono: vengono
smistati quando Harry, Ron e Hermione sono al quarto anno (sono gli unici tre
Tassorosso in effetti ù_ù)!
Sì, mi inginocchio dinanzi a voi e chiedo umilmente venia
._.
Ma abbiate pietà di questa povera disgraziata, che sta lavorando 7 giorni su 7
(ringraziando Dio fra poco è Natale *.*)
Prometto che non lascerò più passare 18 giorni prima di aggiornare, ma oltre a
dare la colpa al lavoro, la do anche a me stessa per un semplice motivo: ho
perso IL foglio. Sì, il foglio dove avevo scritto le trame dei capitoli ._. Probabilmente
sarà in qualche borsa o quaderno, ma al momento non l’ho ancora ritrovato ._.’
Quando me ne sono resa conto, sono andata a sbattere la testa contro il muro.
Però va beh, risolverò in qualche modo!
Ora vi lascio al capitolo =) Alla prossima!
Un abbraccio grande grande <3
Tonna
17. Si viene e si va
Harry uscì dall’ufficio di Silente e la porta si chiuse alle
sue spalle senza alcun rumore.
Si poggiò una mano sul petto per calmare i battiti del cuore e scese le scale lentamente,
la cicatrice che pizzicava leggermente e una confusione pesante in testa.
Quando sorpassò la statua del gargoyle, quella balzò di nuovo di lato e chiuse il
passaggio verso l’ufficio del Preside, e Harry non si voltò indietro neanche
per un secondo, mentre percorreva i pochi piani che lo separavano dal ritrovo
dei Grifondoro.
Quando arrivò al settimo piano, borbottò a mezza bocca la parola d’ordine e
scivolò dentro il passaggio dietro al ritratto, ritrovandosi in una sala comune
pressoché vuota.
“Ron? ...Hermione?” chiese, guardandosi intorno. Era sicuro che i suoi amici
sarebbero stati lì ad aspettarlo, ma trovò il solito divano completamente
vuoto.
Corrugò le sopracciglia e salì le scale che conducevano al dormitorio. Aprì
lentamente la porta e un secondo dopo si ritrovò addosso le braccia di Hermione
che lo stritolavano.
Harry accennò un debole sorriso e ricambiò l’abbraccio stringendola brevemente.
Inutile negarlo, le era mancata davvero tanto.
Hermione si staccò da lui e lo prese per mano, conducendolo verso il suo letto.
Harry lasciò scivolare a terra la borsa dei libri. Ron era sistemato sul
proprio, le gambe incrociate e la bacchetta tra le dita.
“Ehi, amico” indicò con un cenno a Harry il letto e lui si sedette con Hermione
accanto, che gli lasciò la mano e prese a torturarsi le dita.
“Allora?”
“Sono in punizione” biascicò Harry, sfilandosi gli occhiali e pulendoli con il
maglione.
Ron aggrottò le sopracciglia, mentre Hermione sollevò le proprie.
“Punizione? Solo?” domandò confuso.
“Sì” rispose Harry inforcando gli occhiali. “Ovviamente sarà una lunga
punizione. Niente Quidditch, tanto per cominciare”.
Ron spalancò la bocca inorridito, e Hermione evitò accuratamente di fulminarlo
con lo sguardo, anche se avrebbe voluto farlo. Perché i maschi erano sempre e
solo interessati al Quidditch? Harry aveva sbagliato alla grande, e Ron
inorridiva al solo pensiero che fosse stato sospeso dalla squadra di
Grifondoro? Era assurdo.
“Poi dovrò ripulire tutti i calderoni alla fine delle lezioni di Pozioni, e
altre cose del genere. E niente più visite a Hogsmeade”.
Harry chiuse la bocca, aspettando un’altra reazione, ma nessuna delle punizioni
nominate dopo il Quidditch suscitò più
di tanto l’interesse di Ron.
“Cosa ti ha detto Silente?” chiese Hermione sistemandosi meglio sul letto, e
Harry si voltò verso di lei, ripensando con amarezza alla conversazione a cui
aveva assistito nell’ufficio di Silente.
“Eravamo tutti nel suo ufficio, io, Silente, la McGranitt e Piton... Mi hanno
chiesto di fargli vedere i libri scolastici, per questo mi avevano detto di
portarli”
Hermione aggrottò le sopracciglia. “I libri?” poi capì immediatamente. “...Oh”.
“Non capisco” si intromise Ron. “I libri? Come... come fanno a sapere che il
Sectumsempra l’hai trovato sul libro di Pozioni?”
Harry scosse la testa. “Non ne ho idea...”
“E cosa ti hanno detto quando hanno letto l’incantesimo su quel libro?”
Harry tacque per un attimo e puntò lo sguardo a terra; sembrava indeciso su
cosa rispondere.
Allungò una mano e aprì la borsa, tirando fuori Pozioni Avanzate, e lo porse a Ron.
Ron se lo rigirò tra le mani per un attimo, poi lo aprì.
“...Questo è il mio” constatò, girandoselo tra le mani. Lo riconobbe subito e
Hermione spalancò gli occhi.
“Hai scambiato i libri?”
“Non potevo fargli vedere il mio libro di Pozioni!” si giustificò Harry,
alzando immediatamente la voce che, comunque, era leggermente incrinata.
Hermione lo fissò severa, incrociando le braccia.
“Quel libro è pericoloso, ne abbiamo avuto la conferma! Avresti dovuto consegnarlo
immediatamente!”
“Non potevo” rispose Harry guardandola storto, poi si voltò verso Ron sperando
di trovare comprensione, ma anche lui lo stava guardando con un’espressione
seria in viso.
“Oh, avanti!” sbottò Harry, allargando le braccia. “Non guardatemi così! Non
posso consegnare il libro, l’ho usato per tutto l’anno...!”
“Quindi non vuoi consegnarlo per non fare una figuraccia?” lo fulminò Hermione,
e Harry si sentì per un attimo in colpa.
Una figuraccia? No, non era quello. Lui aveva trovato un conforto in quel libro.
Aveva trovato conforto nelle parole, nei suggerimenti e negli incantesimi del
Principe Mezzosangue, nonostante non sapesse affatto chi era.
Ma ora, nonostante tutto, nonostante l’ammirazione, ne era spaventato.
L’immagine di Malfoy steso nell’acqua, il sangue che gli usciva a fiotti dal
corpo, era ancora vivida nella sua testa e non era riuscito a cancellarla.
“Devi disfartene” si intromise Ron, cercando di calmarli. Sia Harry che
Hermione si voltarono verso di lui, che aveva posato la bacchetta sul letto e
si era alzato.
Allungò una mano. “Ci pensiamo io e Hermione. È meglio che tu non sappia dove
lo mettiamo, non deve venirti di nuovo la tentazione di usarlo”
“Gli incantesimi ormai li conosco a memoria” rispose Harry contrito, e Ron schioccò
la lingua contrariato.
“Ma potrebbe essertene sfuggito qualcuno, magari più pericoloso del
Sectumsempra. Dammi quel libro”
Harry esitò per un attimo, poi, sentendo gli sguardi dei suoi migliori amici
puntati addosso, aprì il cassetto del comodino e afferrò il libro nascosto
sotto una maglietta piegata.
Lo porse a Ron, che lo afferrò e se lo rigirò fra le mani controllando che
fosse effettivamente di Harry.
Si risedette e lo infilò nel proprio zaino, dandogli poi un calcio per mandarlo
sotto il letto.
“E poi? Che altro ti hanno detto?” domandò Hermione, lanciando un’occhiata di
ammirazione a Ron. Non lo aveva mai visto così risoluto, soprattutto non con
Harry.
Accennò un mezzo sorriso e si voltò verso Harry, in attesa di una risposta.
“Piton ha detto delle cose... Cose vere, suppongo. Ha detto che qualunque altro
studente sarebbe stato espulso per un caso del genere. Ha fatto l’esempio di
Hagrid...”
“Ma Hagrid era stato accusato di aver liberato il mostro nella Camera dei
Segreti, e ci era scappato il morto! Ora non è morto nessuno!”
“Solo perché è arrivata Hermione” mugugnò Harry, zittendo Ron che subito guardò
Hermione, che era leggermente arrossita.
“Ero... nel panico, davvero. Non sapevo cosa fare, vedevo Malfoy stesolì a terra e c’era il sangue, e...” la voce
gli morì in gola, e abbassò di scatto la testa di nuovo piena di quelle
immagini terribili.
Sentì un groppo in gola impedirgli di continuare, e ci pensò Hermione a
concludere la frase per lui, afferrandogli affettuosamente la spalla.
“L’importante è che sono intervenuta in tempo” disse annuendo con la testa, e
Ron la fissò preoccupato, gettando poi un’occhiata a Harry.
“Che ne dici di andare a nascondere il libro?” disse a Hermione, alzandosi. Si
chinò e afferrò il libro dalla borsa sotto il letto, infilandoselo in tasca.
Lei annuì e strinse lievemente la spalla di Harry, poi si alzò.
“Ora riposa un po’, noi torniamo fra poco”.
Harry fece cenno di sì con la testa e li vide uscire fuori dal dormitorio, in
silenzio.
“Pensavo di nasconderlo nella Stanza delle Necessità. Lì non lo troverà di
certo” disse Hermione non appena si chiusero la porta alle spalle.
“Ottimo, è un buon nascondiglio. Andiamo”
“Pensi che Harry starà bene?”
Ron sospirò mentre scendevano le scale. “Non ne ho idea. Deve essere stato terribile...
odia Malfoy, ma non penso voglia vederlo morto”
“Certo che no!” sbottò Hermione scendendo l’ultimo scalino dietro Ron, e andò a
sbattergli contro la schiena.
“Ahi, perché ti sei f-” Hermione si bloccò immediatamente sporgendosi sulla
spalla di Ron.
Lavanda era in piedi davanti a loro due, i pugni serrati e gli occhi
assottigliati dalla rabbia.
“Cosa ci facevi lassù con lei?!” sbottò con voce stridula, avvicinandosi a
grandi falcate.
Ron arrossì leggermente e aprì la bocca per dire qualcosa, ma non trovò nulla
da dire.
Forse era una buona scusa, quella, per mollare – o farsi mollare da – Lavanda?
Qualunque cosa per lui andava bene.
“Scusami, ma abbiamo una cosa urgente da fare” disse solo, e allungò una mano
dietro di lui per cercare a tentoni Hermione. Le afferrò il polso e la trascinò
fuori sotto lo sguardo scioccato di una Lavanda quasi in lacrime e uscì dal
buco del ritratto.
“Ron! Sei stato indelicato...” lo rimproverò Hermione, sentendosi al contempo
felice e al contempo una grande ipocrita. Non le importava affatto che Ron
avesse ferito Lavanda, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che lui la stava tenendo per mano. Sì, perché
lentamente la mano di Ron era scesa fino alla sua mano e l’aveva stretta come
mai aveva fatto in vita sua.
Ron scrollò semplicemente le spalle e Hermione accelerò il passo per stare
accanto a lui, ma non disse nulla. Si limitò a ricambiare la stretta e a
dirigersi insieme a lui verso la Stanza delle Necessità.
Quando arrivarono, Hermione lasciò a malincuore la mano di Ron e passò tre
volte davanti la parete della Stanza concentrandosi; qualche secondo dopo, si
delineò una grande porta chiusa, che Ron non esitò ad aprire.
“Comunque gli è andata bene” disse Ron all’improvviso, dopo essere entrato.
Hermione lo seguì e si chiuse la porta alle spalle.
“Cosa?”
“La punizione. Anche se il Quidditch...”
“Oh, Ron, piantala” sbottò Hermione incrociando le braccia. Ron si voltò verso
di lei.
“Chiunque altro al suo posto sarebbe stato sbattuto fuori all’istante! Il
Quidditch mi sembra il minimo!”
“Beh, Silente ha sempre avuto un debole per Harry, lo sappiamo tutti” rispose
Ron ignorando volutamente il commento sul Quidditch. Prese a camminare per la
Stanza enorme e girò un angolo sconosciuto, ritrovandosi davanti a un vicolo
cieco. Scosse la testa e tornò indietro, Hermione alle calcagna.
“Piton non era contento” proferì lei in un borbottio. “E stavolta devo
ammettere che ha ragione”
“Sì” concesse Ron con un cenno della testa, rigirandosi fra le mani il libro di
Pozioni. “Harry ha esagerato, ha fatto troppo affidamento su questo libro... Ma
non poteva sapere che fosse così malvagio, non è da biasimare”
Lo biasimeresti eccome se avessi visto le condizioni di Draco in quel momento,
pensò Hermione, ma si guardò bene dall’esprimere quel pensiero.
Era stato bellissimo fare pace e tornare a parlare con loro era stata la cosa
migliore capitata da mesi. Non voleva sciupare tutto così, pur sapendo che
quello che avrebbe avuto da dire sarebbe stato più che giusto.
“Ok, nascondiamo questo libro, dai...” Hermione afferrò il libro dalle mani di
Ron e sparì dietro un angolo.
Qualche secondo dopo, Ron la seguì e la vide china su un baule. Vi infilò
dentro il libro, nascondendolo sotto tutto il ciarpame contenuto nel baule, e
si risollevò chiudendo il coperchio, sfregando le mani l’una contro l’altra.
“Fa freddino qui dentro” borbottò. Ron sollevò le sopracciglia.
“Pensi sia un posto sicuro?” chiese sfilandosi il mantello. Hermione incrociò
le braccia per trattenere più calore possibile e scrollò le spalle.
“Anche se riuscisse a entrare in questa stanza, lo sfido a trovare un libro
così piccolo” ridacchiò, e l’attimo dopo rimase senza fiato.
Ron l’aveva avvolta nel proprio mantello e l’aveva stretta lievemente, prima di
allontanarsi e lasciarla andare.
“Giusto” le sorrise. “Andiamo?”
Hermione rimase un attimo immobile, poi si aprì in un sorriso e si strinse più
forte nel mantello, inspirando il profumo di Ron.
*
“Oh!”
Hermione si bloccò prima di entrare nel buco del ritratto, e Ron, sentendo
quella piccola esclamazione, si voltò verso di lei.
“Cosa c’è?”
Hermione si sfilò il mantello di Ron di dosso e glielo porse, un leggero
sorriso compiaciuto che le increspava le labbra.
“Volevo fare un salto in biblioteca prima di cena!” esclamò, mentre Ron
afferrava il mantello e la fissava incuriosito.
“Tipico di te” rispose lui accennando un sorriso.
Hermione tirò fuori la lingua e lo salutò con una mano. “Ci vediamo a cena!”
disse, sparendo velocemente lungo il corridoio.
Ron la fissò andare via – ignorando le proteste della Signora Grassa, che si
stava lamentando che non voleva rimanere aperta un altro secondo di più –, poi
strinse il mantello nella mano e si avviò verso il dormitorio.
*
Hermioneentrò in
infermeria guardandosi intorno alla ricerca di Madama Chips; non era sicura
fosse l’orario delle visite, quindi con tutta probabilità sarebbe stata buttata
fuori a calci.
Quando fu completamente sicura di avere via libera, si richiuse la porta alle
spalle e si avvicinò all’unico separé posto in fondo alla stanza, dietro al
quale c’era un letto.
Hermione era sicura di trovare Draco lì, ma possibile che fosse ridotto così
male da doverlo nascondere agli occhi degli altri?
Le tornò in mente l’immagine di Malfoy steso a terra in un bagno di sangue, che
gli usciva a fiotti da ogni ferita.
Sì, probabilmente era stato nascosto ad occhi indiscreti proprio per le ferite
riportate.
Hermione si trovò ad esitare mentre percorreva quei dieci metri che la
separavano da Malfoy.
Cos’avrebbe trovato su quel letto, dietro la leggera tenda di tessuto?
Strinse i denti e pronunciò il suo nome forte e chiaro, ma con una nota di
disagio nella voce.
“Draco...?”
Si fece coraggio e oltrepassò il separé.
Contrariamente ad ogni aspettativa, Draco sembrava stare bene.
Lo sguardo di Hermione corse al suo viso sorpreso, alle lievi cicatrici quasi
invisibili sulla fronte e sulle guance, agli occhi grigi e al colorito pallido
della pelle.
E poi giù, al busto senza maglietta ma ricoperto da uno strato pesante di garze
e bende bianche macchiate di rosso qua e là, segno che probabilmente quella
notte le ferite si erano riaperte.
Il resto del corpo, escluse le braccia e le mani fasciate, era coperto dalle
lenzuola scure, ma Hermione suppose all’istante che ciò che non vedeva fosse
nelle stesse condizioni di ciò che aveva appena visto.
Lo sguardo salì di nuovo e si soffermò sul libro che Draco stringeva tra le
mani bendate.
Teoria della Magia Difensiva.
“Granger”.
La voce di Malfoy la catapultò fuori da quei pensieri; sollevò lo sguardo e
incrociò quello di Draco, che la fissava con un’espressione piatta.
“Co-come stai?” chiese Hermione, pensando a come l’aveva chiamata: Granger. E
lei invece aveva detto Draco.
Ma cosa c’entrava, adesso?
“Non ho voglia di fare conversazione, men che meno con una inutile MezzoBabbana
come te, perciò se sei qui solo per fare domande ovvie, sparisci”.
Hermione soppesò ogni singola parola che Draco le aveva appena sputato addosso
e si morse l’interno della guancia.
Dov’erano finiti i bei tempi, quando lei e Draco riuscivano perfino ad avere
una conversazione quasi normale e in modo pacifico?
“Inutile?” domandò quindi Hermione, accigliata e risentita. “Ti ho salvato la
vita”.
Di nuovo, pensò, ma evitò accuratamente di dirlo; non era proprio il caso di
tirare in ballo quel discorso. Draco serrò la mascella violentemente, e
Hermione fissò quel cambio di espressione quasi intimorita.
“E pensi di avermi fatto una favore? Nessuno te l’ha chiesto, perciò sparisci,
Granger”
Hermione corrugò le sopracciglia.
“Sarò stupida, ma mi aspettavo un grazie” disse titubante.
“Sì, sei stupida” rispose brusco Draco. “Ora fuori”.
Draco allungò la mano sul comodino trattenendo un gemito di dolore a stento e
afferrò la bacchetta, puntandola contro Hermione, che però non si mosse.
Draco digrignò i denti, frustrato.
“Cosa vuoi, Granger? Che io ti ringrazi per avermi salvato da Potter dopo che
sei stata proprio tu a mettermelo alle costole?!”
“Cosa?! NO!” esclamò Hermione balzando in piedi. La sedia scivolò rumorosamente
all’indietro e cadde a terra con un tonfo sordo, ma entrambi la ignorarono.
“Non sono stata io! Perché avrei dovuto?!”
“Non lo so” ribatté Draco trattenendo a stento il tono della voce. “E perché mi
hai coperto con i tuoi amici? Perché non mi denunci al Preside e agli
insegnanti? Sai che sono un Mangiamorte e che entro regolarmente nella Stanza
delle Necessità, e allora perché te ne stai zitta?! È tutto l’anno che me lo
chiedo, Granger, a che gioco stai giocando?!”
Hermione non seppe cosa rispondere.
Già. Perché l’aveva coperto tante e tante volte, gli aveva salvato la vita,
aveva litigato perfino con i suoi migliori amici per lui.
Ma era ovvio che l’aveva fatto per il bene superiore, no? Per il mondo della
magia e tutto il resto.
E anche se Ron diceva che c’era di più, non era vero. Non c’era assolutamente
nulla di più.
“Non sto giocando a nessun gioco...” borbottò Hermione, contrita. “Stavo solo
cercando di... di...”
“Di?” la incalzò Draco abbassando la bacchetta.
Hermione si sentì sotto interrogatorio e non le piacque per niente. Lo fissò
dall’alto, strinse i pugni e prese un paio di respiri profondi per calmarsi.
“Niente, sono solo venuta a vedere come stai...”
“Non è una risposta alle domande che ti ho fatto” la fulminò Draco con un
occhiataccia, e Hermione abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di
ghiaccio del suo interlocutore.
Perché lo aveva fatto? Ma era ovvio, no?
Senza rispondere, Hermione girò i tacchi velocemente e sparì in fretta e furia
dietro la porta d’entrata dell’infermeria.
Draco rilassò immediatamente le spalle, lasciandosi cadere a peso morto sul
letto, le braccia spalancate.
Quella Granger portava solo guai, e l’unica possibilità per non venirne
risucchiato era starle alla larga il più possibile.
*
Harry si alzò di scatto dal letto trattenendo un urlo; gli
occhiali gli volarono via dal viso e caddero a terra, mentre la porta appena
spalancata veniva sbattuta contro il muro.
Ginny Weasley, trafelata, i capelli sempre lisci ora arruffati, si precipitò su
di lui con il pugno chiuso.
“Punizione?! ESCLUSO DALLA SQUADRA DI QUIDDITCH?!” sbottò adirata, sputandogli
in faccia tutto il suo rancore; era paonazza, e Harry, oltre a pensare che
anche da arrabbiata era decisamente troppo carina, si ritrovò a constatare che
aveva molte caratteristiche in comune con il fratello Ron.
“Gi-Ginny, calmati...” cercò di tranquillizzarla lui, allungando un braccio a
terra per afferrare gli occhiali. Li trovò immediatamente e li inforcò,
trovandosi davanti una Ginny messa a fuoco in tutta la sua altezza e la sua
frustrazione.
“Capivo l’anno scorso, ti giuro Harry, l’anno scorso eri più che giustificato,
la Umbridge era disgustosa, ma perché anche quest’anno?! Ci tieni così poco
alla squadra?!”
Harry si mordicchiò il labbro, indeciso su cosa rispondere.
Eppure non si era affatto aspettato una sfuriata del genere; se la sarebbe
aspettata fino a tre anni prima da Baston, e magari fino all’anno prima da
Angelina e Alicia, ma non da Ginny.
Gli venne in mente Hermione, e il fatto che non avesse battuto ciglio quando
lui aveva ammesso di essere stato espulso dalla squadra... Ma quanto potevano
andare d’accordo quelle due, anche se così diverse?
“Ehm, io...”
“Tu?! Tu cosa?! Io ti ammazzo!” sbottò lei allungando le mani per afferrargli
il collo, ma Harry gliele bloccò a mezz’aria senza però stringerla troppo.
“Harry, non ti importa niente della squadra? Non ti importa nulla del
Quidditch? Di noi?!”
“Certo!” ribatté Harry velocemente, senza pensare. “Certo che mi importa di
noi!”
Ginny si ammutolì all’improvviso, le mani ormai molle strette in quelle di
Harry.
Harry arrossì lievemente e tossicchiò per dissimulare l’imbarazzo.
“Ehm... per noi, intendo la squadra... E-e sì che mi importa, Ginny, ma ti
giuro che...”
“Che hai combinato? Ron non ha voluto dirmelo”
“È stato lui a dirti dell’espulsione?” domandò Harry, e Ginny annuì con la
testa. Lentamente fece scivolare via le mani dalla presa di Harry e sospirò,
sedendosi sul letto di fronte a lui.
“Scusami se mi sono comportata come una pazza, poco fa” disse contrita,
sistemandosi i capelli scarmigliati. Harry avrebbe voluto dirle che non c’erano
problemi, purché gli permettesse di tenerle le mani ancora per un secondo, ma
decise che era meglio tenere quel commento per sé.
“Non preoccuparti, è comprensibile la tua reazione... Buttato di nuovo fuori...”
“Sì, ma anche io sono nervosa questo periodo. A parte i G.U.F.O... io e Dean ci
siamo lasciati” borbottò a mezza bocca, abbassando lo sguardo, e gli occhi di
Harry si illuminarono immediatamente e contro la sua volontà. L’ultima cosa che
voleva era farsi vedere così felice per quella che doveva essere una brutta
notizia.
“Oh!” esclamò, e Ginny alzò lo sguardo per capire quell’esclamazione.
“Oh...” si corresse Harry immediatamente, cercando di sfoderare la sua più
convincente espressione contrita. “Mi dispiace... Non lo sapevo...”
“Beh, si va avanti” rispose Ginny facendo spallucce, ma Harry riuscì lo stesso
a capire che mentiva.
Dopotutto, anche lui era stato depresso per un periodo quando si era lasciato
con Cho, anche se quel periodo era durato effettivamente cinque secondi (dato
che il pensiero di quanto lei fosse sciocca era stato un’ottima cura).
“Se vuoi parlarne...” iniziò Harry, mordendosi l’interno della guancia, “Io...
beh, sono qui... Basta che non entri più nel dormitorio come una furia come hai
fatto oggi, perché rischio l’infarto”
Ginny scoppiò a ridere di cuore, e quello di Harry si colmò di calore. Sorrise
rivolto verso di lei e sentì il cuore battere forte sotto la cassa toracica.
“D’accordo, accetto volentieri l’offerta” rispose lei divertita, poi si calmò e
tornò seria. “Allora, cos’hai combinato per essere stato buttato fuori dalla
squadra?”
Harry esitò per un secondo, fissando Ginny negli occhi.
“Io... ho duellato con Malfoy...”
“Ma ne hai combinate di peggiori!” sbottò Ginny. “Perché espellerti dalla
squadra per uno stupido duello?”
“Perché ci ha quasi rimesso la vita. Se non fosse stato per Hermione, che è
intervenuta, l’avrei lasciato lì a morire”.
Ginny tacque improvvisamente, l’espressione sul viso divenuta d’un tratto
greve.
Harry non riuscì a sostenere il suo sguardo, perciò lo puntò immediatamente a
terra.
“Pensi che io sia una pe-persona cattiva...?” mormorò, sentendo le lacrime
pizzicargli gli occhi.
Dio, no, non doveva piangere, non davanti a Ginny. Aveva già sicuramente perso
la faccia dopo quella rivelazione, piangere era davvero troppo.
Un attimo dopo, però, il suo cervello smise di lavorare e gli occhi si spalancarono.
La mano di Ginny era corsa ad afferrare la sua, stringendola affettuosamente ma
con forza.
“Tu non sei una persona cattiva” rispose Ginny, poggiandogli l’altra mano sotto
il mento per farglielo alzare.
Harry la fissò con le sopracciglia corrugate.
“Tu hai salvato me al secondo anno, l’anno scorso hai salvato papà nell’Ufficio
Misteri... hai combattuto quasi tutti gli anni contro Tu-Sai-Chi... Una persona
cattiva non può fare questo. Quello che è successo con Malfoy è stato un
incidente”
“Come fai a dirlo?” rispose lui, ricambiando la stretta alla mano e sentendo
dell’altro calore espandersi per tutto il corpo.
Quelle erano le più belle parole che gli erano mai state rivolte.
“Perché ti conosco da... vediamo, sei anni? Facciamo cinque, quando ne avevo dieci
ero troppo spaventata da te per parlarti” rispose lei con una scrollatina di
spalle, e Harry si lasciò scappare un sorriso tirato.
“So che non faresti male a una mosca”
Harry gonfiò il petto in un sospiro e rilassò le spalle, sciogliendosi in un
grande sorriso.
“Ti ringrazio” disse sincero, ricambiando più forte la stretta della mano.
“E ora ricambio la tua offerta. So che ci sono Ron e Hermione, ma se ti serve
una... spalla su cui piangere, chiamiamola così, io ci sono. Anche se tu non
potrai mai irrompere nel dormitorio come una furia, visto che gli incantesimi
vietano l’accesso ai ragazzi”
Harry ricordò con divertimento misto a imbarazzo quando, per la prima volta,
lui e Ron avevano cercato di raggiungere Hermione nel suo dormitorio, e la
scala si era trasformata all’improvviso in una rampa scivolosa, facendoli
ruzzolare velocemente a terra.
“Già” rispose lui. “Puoi... scusarmi, Ginny? Ho una cosa da fare”
“Certo!” rispose lei alzandosi, ma non mollò la mano di Harry. “Anche io devo
andare, ho una ricerca da completare...”
“Grazie” rispose Harry sincero, alzandosi insieme a lei. Si avvicinò e la
strinse in un abbraccio affettuoso – ma fu costretto a lasciarle la mano –, che
Ginny ricambiò con vigore.
Quando si staccarono, Harry, il volto congestionato, si precipitò giù dal
dormitorio.
Ginny si era lasciata con Dean, ma non gli pareva proprio il caso di fare
qualcosa di azzardato in quel frangente.
Avrebbe tanto voluto, ma non era davvero il caso.
Dal canto suo, Ginny rimase a fissare la porta dalla quale era sparito Harry. Mosse
lentamente le dita della mano che avevano stretto la sua e, con un sorriso
stampato in volto e le guance arrossate, scese anche lei, sicura che ora la sua
poca concentrazione sarebbe decisamente andata a quel paese.
*
Harry si avvicinò titubante alla porta dell’infermeria.
Aveva paura di vedere lo stato in cui versava Malfoy, ma la chiacchierata con
Ginny l’aveva rilassato come nulla era riuscito a fare.
Sentì il cuore accelerare i battiti, ma si fece coraggio. Spinse lentamente la
porta e notò immediatamente un separé posto in fondo alla stanza, e delle voci
appena udibili provenire da dietro.
Si avvicinò con cautela e riconobbe immediatamente la voce di Blaise Zabini e,
ovviamente, quella lenta e strascicata di Draco.
Si nascose velocemente dietro una colonna, le orecchie tese, sperando che non
entrasse nessuno a rivelare la sua presenza.
“Ho sentito dire che la Granger è venuta a trovarti. L’hanno vista uscire da
qui in fretta e furia”
Zabini afferrò la sedia accanto al letto di Draco e la spostò rumorosamente
indietro, prendendo posto.
“Mh” fu la risposta di Draco, che prese a sistemarsi i cuscini dietro la
schiena con aria interessata.
“Mh? Che vuole dire? È vero o no?”
“A meno che chi l’ha vista non soffra di allucinazioni, allora sì, Blaise, è
vero” borbottò Malfoy in risposta, trovando finalmente una posizione comoda.
Blaise sbuffò, grattandosi la nuca.
“Bastava un sì” rispose acido, e Draco accennò un sorriso compiaciuto. “Perché è
venuta a trovarti?”
“Per vedere come stavo!” esclamò Draco esplodendo in una risata forzata. “Capito?
Prima mi fa fare a pezzi da Potter, poi
mi chiede come sto! Non ti sembra un paradosso divertente?”
Blaise non rise, al contrario di Draco. Lo fissò con le sopracciglia
aggrottate, concentrato, come per cercare le parole giuste da dire senza
causare l’improvvisa ilarità dell’amico o la sua rabbia. “Non credo che la Granger sia
responsabile di quello che ti è successo” commentò Zabini, pensieroso. “La
trovo molto... cambiata, soprattutto nei tuoi confronti”.
“È una maledetta ficcanaso, ecco cos’è” rispose Draco con uno scatto. “È una
schifosa Mezzosangue, avrei dovuto farla fuori subito, ho sprecato un sacco di
occasioni”
“Un sacco di occasioni?” domandò Zabini con espressione sorpresa. “Draco, quanto
tempo avete passato insieme nell’ultimo anno?”
“Più del dovuto” ribatté lui mesto, torturando la coperta con le mani. “Ma me
la pagheranno, lei e Potter...”
“Ah, ho sentito che non è stato espulso” lo interruppe Zabini. Draco spalancò
gli occhi all’istante e si voltò verso di lui.
“COSA?!” scattò. “Mi ha quasi ammazzato e neanche lo espellono?!” gridò.
Zabini annuì con la testa, ma fece spallucce. “Ne so quanto te. Stai calmo,
puoi sempre parlarne con tuo padre, e...”
“No” Draco sollevò una mano, calmandosi, e la sua espressione passò da furiosa
a quasi spaventata. Se ne accorse Zabini guardandolo in viso e se ne accorse Harry,
poco più dietro, sentendo il tono di voce cambiare.
“Mio padre non c’entra in questa storia. Sono affari miei. Lui... lui deve
starne fuori”
“...È la prima volta che ti succede qualcosa e non ti sento dire ‘mio padre lo
verrà a sapere’” commentò Zabini trattenendo una risata. Quella situazione
aveva un che di comico, ma l’espressione sul viso di Draco era tutto meno che
divertente.
“Sono stanco, Blaise, potresti andare via?”
Zabini fissò Draco per un attimo, ma non si mosse.
“...Per favore” domandò poi il biondo, e Blaise si sentì strano. Non aveva mai
sentito Draco dire per favore a qualcuno. Doveva essere una cosa importante.
“D’accordo”
Blaise si alzò dalla sedia e Harry, con uno scatto silenzioso, percorse la poca
distanza che lo separava dalla porta dell’infermeria e uscì, nascondendosi
dietro un angolo.
Qualche secondo dopo, Zabini uscì dalla stanza e si diresse nella direzione
opposta, probabilmente verso il dormitorio dei Serpeverde.
Harry rimase immobile, in attesa che i passi si spegnessero in lontananza.
Quando fu sicuro che non vi fosse più possibilità che tornasse indietro, si
avvicinò alla porta e sgattaiolò nell’infermeria, cercando di fare più rumore
possibile con i piedi.
Sentì Draco sbuffare da dietro il separé, e dire: “Hai dimenticato qualcosa,
Blaise?”.
Per un attimo Harry si fermò dietro il separé, titubante. Poi afferrò il coraggio
a quattro mani e lo sorpasso, uscendo allo scoperto.
La bocca di Draco si spalancò a dismisura. Sembrava infastidito, o peggio,
inorridito.
“Cosa c’è? Sei venuto a finire il tuo capolavoro?” sputò Draco velenosamente, e
Harry fu colpito da quelle parole.
Finire il suo lavoro? Veramente Draco credeva che lui lo avrebbe ucciso con
tanta tranquillità?
Ci rifletté un attimo.
Sì, in effetti, al suo posto anche lui avrebbe pensato la stessa identica cosa.
“Scusa” disse Harry, abbassando lo sguardo.
Draco fu felice che lo avesse fatto, perché non avrebbe mai e poi mai voluto
mostrargli l’espressione sorpresa che gli si era stampata in volto proprio in
quel momento.
Si riprese quasi subito, e parlò immediatamente con voce tagliente.
“Scusa di cosa? Di avermi provocato queste?” e indicò il corpo ricoperto da
garze che coprivano le ferite. Harry alzò lo sguardo e si sentì nuovamente in
colpa.
“O di avermi quasi spedito all’altro mondo?”
Draco tacque, prendendo in considerazione quella prospettiva.
Altro mondo? Niente Potter, niente Signore Oscuro, niente Granger.
Poteva essere molto allettante, se presa nella giusta prospettiva.
“Per tutto” rispose Harry. Ora che aveva davanti Draco, il ricordo del bagno si
fece ancora più vivido e forte. Il sangue, le urla, l’acqua, il terrore...
“Oh” disse poi, quando gli venne in mente Hermione. “Lei non c’entra”
“Lei?” chiese Draco, pur avendo capito immediatamente di chi stesse parlando.
Poi capì anche un’altra cosa.
“...Hai ascoltato la conversazione tra me e Blaise?!” sbottò, e Harry annuì
piano con la testa, sperando di aver fatto la cosa giusta a dire la verità.
Draco fece per allungare la mano per afferrare la bacchetta, ma Harry fu più
veloce. Gliela bloccò, tenendogli il polso.
“Lasciami”
“E tu ascoltami! Hermione non c’entra niente, sono stato io a seguirti e lei è
venuta a sapere che eravamo nel bagno, e... e ti ha soccorso”
“Perché dovrebbe importarmene qualcosa?! Non farti strane idee, io-”
“Te lo sto solo dicendo” disse Harry, calmando il tono di voce, “perché tu
sappia che tutto quello che è successo, non è colpa di Hermione. Se devi
prendertela con qualcuno, prenditela con me”
Draco serrò la mascella. Prendersela con lui? Certo che avrebbe voluto, e di
certo una volta nelle condizioni adatte l’avrebbe pure fatto. Ma perché non
doveva prendersela con la Granger? Non gli aveva praticamente rovinato l’anno,
standogli così addosso quasi fino a non farlo respirare?
Digrignò i denti e liberò il polso dalla stretta di Harry.
“Me la prendo con chiunque non mi va a genio, e attualmente tu e la Granger vi
contendete il primo posto. Ora fuori”
Harry soppesò quelle parole e capì al volo che la conversazione era finita.
Con le labbra serrate, si voltò e sparì fuori dall’infermeria, giurando a se
stesso che avrebbe tenuto quella conversazione per sé fino alla fine dei suoi
giorni.
“Draco!”
Pansy Parkinson, appena entrata in Sala Grande, si lanciò in una teatrale corsa
verso il tavolo dei Serpeverde, precipitandosi immediatamente a stringere il
collo di Draco.
Harry, Ron e Hermione, così come tutti gli studenti delle altre case intenti a
fare colazione, assistettero alla scena
imperturbabili, osservando le labbra di Pansy che percorrevano ogni centimetro
del viso ormai completamente guarito di Malfoy che, purtroppo per lei, non
sembrava affatto apprezzare quel trattamento.
“Staccati!” sbottò scocciato, poggiando entrambe le mani sulle spalle di Pansy
per allontanarla da sé e riprendere a respirare.
Pansy si allontanò quel tanto che bastava per sedersi accanto a lui e gli buttò
le braccia al collo.
“Perché non mi hai detto che saresti uscito stamattina?” miagolò lei,
stringendolo in quello che probabilmente avrebbe dovuto essere un abbraccio
amorevole, ma che Draco, di nuovo, sembrava continuare a non apprezzare.
“Per evitare questo” borbottò lui. In effetti era vero, aveva preferito andare
direttamente in Sala Grande per la colazione per evitare di ritrovarsela
spiaccicata addosso nella Sala Comune dei Serpeverde.
Piano fallito, si disse. Aveva sottovalutato Pansy, non era proprio il tipo da
stare al suo posto anche davanti a mezza Hogwarts.
“Come hai detto?” domandò Pansy sollevando le sopracciglia e smettendo per un
attimo di stringerlo. Draco scosse la testa.
“Niente, niente...” borbottò, e Pansy tornò a concentrarsi su di lui, a
strofinare il viso sulla sua spalla, ad accarezzargli i capelli, e Hermione fu
costretta a tuffarsi nella sua ciotola di porridge
per non vomitare.
“Tutto bene?” domandò Ginny dandole un colpetto sulla schiena, dato che per la
foga aveva quasi rischiato di strozzarsi.
Lei annuì con gli occhi lucidi dallo sforzo e Ginny fece scorrere lo sguardo da
lei al punto che stava fissando.
“Strano che Malfoy non abbia avvertito la sua ragazza che sarebbe uscito oggi
dall’infermeria” disse, osservando di sottecchi l’espressione di Hermione
mentre sorseggiava il suo succo di zucca.
Hermione poggiò il cucchiaio sul tavolo e si pulì la bocca con un tovagliolo,
fissando il piatto vuoto di fronte a sé.
“Mh” grugnì in risposta, e Ginny trattenne a stento un risolino, vedendo le
sopracciglia dell’amica incurvate verso il basso quasi inverosimilmente.
“Sei andata a trovarlo in infermeria?” domandò poi, risoluta, e stavolta
Hermione, che aveva preso il calice per bere, si strozzò per bene. Tossì forte,
sotto gli occhi di Ron e Harry che, dall’altra parte del tavolo, non avevano
sentito un’acca di tutto quel discorso, troppo impegnati a parlare del
Quidditch (Harry stava sistemando il danno che aveva combinato facendosi
buttare fuori, e stavano cercando qualcuno che potesse sostituirlo).
“Ehi, tutto ok?” domandò Ron, passandole un fazzoletto. Hermione, le lacrime
agli occhi, scocciata per il secondo mancato soffocamento in cinque minuti, lo
afferrò e si pulì la bocca velocemente, annuendo con la testa.
“S-sì, grazie” borbottò, gettando un’occhiata di puro veleno a Ginny che,
comodamente, aveva adagiato i gomiti sulla tavola e aveva incrociato le dita
sotto il mento, fissandola divertita.
“Allora?” domandò gioviale. Hermione arricciò le labbra.
“Zitta” bisbigliò, sentendo ancora gli occhi di Harry e Ron puntati addosso.
Ginny capì al volo e si alzò dal tavolo, scavalcando la panca.
“Mi accompagni in Sala Comune, Hermione? Ho dimenticato un libro! Su,
accompagnami” disse.
L’afferrò per il braccio e se la tirò dietro senza troppi complimenti,
facendola quasi cadere.
“Ginny, lasciami!” sbottò Hermione a metà della Sala Grande, cercando di
divincolare la presa, e nel farlo si ritrovò a guardarsi intorno. Lo sguardo
cadde immancabilmente su tavolo dei Serpeverde lì accanto, e subito la sua
attenzione fu catturata dall’unico paio di occhi che stavano ricambiando il suo
sguardo. Due occhi grigi, freddi, ma attenti.
Hermione sentì qualcosa pungerle all’altezza del petto e voltò di scatto la
testa, riprendendo a seguire Ginny senza più protestare.
Arrivarono alla torre di Grifondoro in pochi minuti, e quando il ritratto si
chiuse alle loro spalle, Ginny si guardò intorno constatando che la Sala Comune
era completamente vuota.
Hermione, inerme, la seguì fino al divano e si sedette, mentre Ginny prendeva
posto sulla poltrona.
“Allora” asserì Ginny sorridendo, e Hermione guardò nervosamente il grande
orologio appeso dietro di lei. “È tardi” disse inquieta, “Non voglio arrivare
in ritardo alla lezione”
“Ferma là!” la bloccò Ginny, sollevando una mano. “Cos’era quello sguardo?”
“Quale? Quando?” domandò Hermione nervosa, torcendosi le dita.
Ginny sospirò. “Quello in Sala Grande”, rispose seria fissando Hermione che, ad
un tratto, aveva spalancato gli occhi.
“Non so di cosa parli” rispose vaga, muovendosi nervosamente sul posto e
cercando di evitare accuratamente lo sguardo di Ginny.
“Oh, ti prego, non insultare la mia intelligenza” borbottò lei incrociando le
braccia, e Hermione inarcò le sopracciglia, perplessa.
“Scusa?”
“Ho visto le occhiate che vi lanciate tu e Malfoy” disse con calcolata
lentezza, studiando i movimenti e le reazioni di Hermione.
Lei, dal canto suo, sobbalzò leggermente e sgranò appena gli occhi, ma non
disse nulla. Ginny si sentì invogliata a continuare.
“So che non ti piace sentirti fare la predica, ma... è di Malfoy che stiamo
parlando, no? Non ti sarai presa una cotta per lui?”
Gli occhi di Hermione, stavolta, si spalancarono a dismisura.
“Cosa?!” sbottò, saltando in piedi. “Da dove viene questa idea? Cosa te lo fa
pensare?”
Ginny fissò Hermione dal basso, chiedendosi perché fosse saltata su come una
molla. Possibile che fosse così suscettibile su quell’argomento? Eppure lei la
stava solo prendendo in giro, in un certo senso; sapeva che era cotta di Ron e
non di Malfoy, anche se in quel momento qualche dubbio stava iniziando a
sorgere.
“Innanzitutto, la tua reazione. Siediti” rispose Ginny con tranquillità, e
Hermione dovette fare uno sforzo enorme per obbedire senza fuggire con la coda
tra le gambe.
Si sedette compostamente sul divano e poggiò le mani sulle gambe, picchiettando
nervosamente con le dita.
“Secondo, come lo guardi. Terzo, quando ti ho parlato di lui a tavola ti sei
quasi strozzata. Allora, sei andata a trovarlo sul serio?”
Hermione sospirò, poi asserì con la testa, mordendosi le labbra.
“È così sbagliato?” domandò, facendo spallucce.
“Cosa?”
“Che io... sia andata a trovarlo. Sono andata da lui perché ha rischiato
grosso, e io c’ero, Ginny, l’ho visto lì steso nel sangue e...” fece una pausa,
e quelle brutte immagini le riaffiorarono nella mente.
“Hai avuto paura che morisse?”
Hermione annuì di nuovo, e Ginny sospirò.
“Credevo ti piacesse Ron”
“Sì, mi piace Ron!” sbottò lei sollevando di nuovo la testa e fissandola con
gli occhi infuocati. “Il fatto che io non voglia che Malfoy muoia non c’entra
nulla con Ron, a me piace Ron, mi è sempre piaciuto... Malfoy è... insomma,
l’ho solo leggermente rivalutato...”
Ginny si ritrovò a fissare Hermione con la bocca aperta. Innanzitutto, non
l’aveva mai sentita ammettere così apertamente la sua cotta per Ron; era decisamente
un grande passo avanti. E poi, aveva leggermente
rivalutato Malfoy? Che voleva dire? “Posso chiederti cosa intendi, senza che
vai fuori di testa?”
Hermione arrossì leggermente, poi sospirò pesantemente, spostando lo sguardo
per l’imbarazzo.
“Beh... durante l’anno abbiamo avuto modo di passare del tempo insieme”
“Mh” disse Ginny incrociando le braccia, e Hermione si affrettò a
puntualizzare.
“Casualmente! Tipo incontrarsi nei corridoi per caso e cose così...” aspettò
che Ginny disse qualcosa, ma l’espressione che aveva sul viso fu più che
sufficiente per impedirle di aggiungere altro e riprese a parlare.
“E niente, non è stato... sgradevole. Non come gli altri anni. Malfoy è
cambiato”
“E ti piace?”
“No” rispose velocemente Hermione, forse troppo velocemente. Cercò di calmarsi
e ponderò bene sulle parole da dire.
“No, Ginny, a me piace tuo fratello. Ma ogni tanto passare del tempo con Malfoy
non mi dispiace. Ma giusto qualche minuto, niente di più”.
Ginny fissò Hermione con sguardo critico, cercando di percepire una minima
traccia di menzogna, ma l’amica aveva uno sguardo risoluto stampato sul volto.
“Ok” concesse infine Ginny, alzandosi. “Andiamo o faremo tardi alle lezioni”
disse, e Hermione si alzò dal divano insieme a lei, il cuore che batteva un po’
più veloce del dovuto.
Cos’era quella strana sensazione?
* * *
“Dove sei stato?” domandò Hermione, richiudendo il libro e
poggiandolo sulle proprie gambe.
Harry si abbandonò sul divano accanto a lei e si stiracchiò.
“Silente mi ha voluto vedere prima di partire di nuovo” rispose, voltandosi
verso Ron che lo stava fissando concuriosità.
“A te com’è andata con Lavanda?”
Ron scrollò le spalle, e Hermione non poté fare a meno di guardarlo con un
piccolo sorriso stampato sulle labbra.
“Tutto sommato poteva andare peggio!” rispose, spostando poi lo sguardo verso
Hermione, che subito si tuffò su Harry per evitare di doverlo sostenere.
“E-ehm... perché ha voluto vederti Silente?” chiese, e sentì lo sguardo di Ron
spostarsi da lei a Harry, e finalmente poté concedergli un’altra fuggevole
occhiata.
Non gli aveva chiesto i dettagli, ma da quando era tornato dalla sua
chiacchierata con Lavanda, Ron era tornato decisamente di buon umore e lei ne
era stata abbastanza felice (anche perché aveva visto che da quel momento
Lavanda era sparita dalla circolazione).
“Mi ha mostrato due ricordi e mi ha affidato un compito” rispose Harry serio,
guardandosi intorno per controllare che nessuno stesse ascoltando la loro
conversazione.
Notò qualche alunno del secondo anno e, per prudenza, decise di salire nel
dormitorio.
Si alzò dal divano e fece cenno ai due di seguirlo, e sparì al piano di sopra.
Ron e Hermione si alzarono insieme e si diressero verso le scale; Hermione fece
appena in tempo a poggiare un piede sul primo gradino, che sentì uno squittio
acuto alle sue spalle. Sia lei che Ron si voltarono, e trovarono Lavanda sulla
soglia del passaggio dietro il ritratto, le mani sulla bocca e gli occhi
spalancati.
Evidentemente, pensarono Ron e Hermione all’unisono, stava di nuovo
fraintendendo la situazione.
Hermione gettò un’occhiata nervosa a Ron, ma lui scosse leggermente la testa,
l’afferrò per la mano e la sorpassò, tirandosela dietro fino al piano di sopra.
L’ultima cosa che Hermione vide, prima di sparire, fu Lavanda che scappava
fuori con Calì che la seguiva.
“Ron... Ron, fermati!” esclamò, puntando i piedi a metà della scalinata.
Ron la lasciò andare e si bloccò, voltandosi verso di lei.
“Cosa?” domandò come se niente fosse.
“Come ‘cosa’?” chiese incredula, spalancando gli occhi.
Da quando Ron era diventato così insensibile?
“Non dovresti trattarla così!”
“Perché no? Non è più la mia ragazza” rispose lui scrollando le spalle, e le
sopracciglia di Hermione si sollevarono all’inverosimile.
“Ma... è comunque una persona, una persona con dei sentimenti” disse, fissando
Ron negli occhi.
Perché ora si stava comportando così?
“Non mi interessa, non ho più nulla da dirle” rispose Ron con una scrollatina
di spalle, al che Hermione serrò la mascella.
Come poteva Ron comportarsi in quel modo? Certo, Lavanda non era più la sua
ragazza, ma una persona non smette di essere importante da un giorno all’altro.
“Sei crudele” disse Hermione, continuando a sostenere il suo sguardo, e quello
spiazzato di Ron immediatamente divenne teso e guardingo.
“Crudele? Hermione, io non ho alcun interesse ad essere gentile con chi non mi
piace” ribatté semplicemente, allargando le braccia.
Hermione digrignò i denti.
“Quindi stai dicendo che ti comporti gentilmente solo con chi ti piace? Ti
comporti gentilmente solo con le persone da cui ti aspetti qualcosa?”
“Ma che c’entra questo?” domandò Ron, spiazzato. “Io e Lavanda ci siamo
lasciati, quindi non ho più nessun motivo per essere gentile con lei”
“Ma lei è innamorata di te, e tu la tratti male! Come ti sentiresti tu se la
ragazza che ti piace ti trattasse in questo modo?! Ti ricordi quando ti piaceva
Fleur e lei non ti guardava nemmeno?”
“Fleur era una stupidaggine, non mi piaceva davvero”
“Non è questo il punto!” trillò Hermione, stringendo i pugni. “Sei insensibile,
Ronald!”
Ron notò immediatamente il cambio di nome; quando Hermione lo chiamava con il
suo nome per intero non era mai un buon segno. E anche lo sguardo che gli stava
lanciando, sommato alle parole, non era di buon auspicio.
“Io sono insensibile?” sbottò Ron, senza riuscire a trattenersi. “Chi è che due
anni fa si è messa con Viktor Krum, eh?”
Hermione fu colpita da quella domanda come da uno schiaffo.
“Questo cosa c’entra?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Ron spalancò la bocca per ribattere, ma mandò giù tutto il discorso che avrebbe
voluto fare.
Cosa c’entrava? Certo che c’entrava, Viktor Krum era stata una brutta parentesi
e in quel discorso c’entrava eccome. Possibile che Hermione non lo capisse?
“...Andiamo, Harry ci sta aspettando” cambiò immediatamente discorso,
rendendosi conto all’istante che le sue tesi erano davvero deboli, e allungò
una mano afferrando di nuovo quella di Hermione.
Hermione, però, non appena sentì le dita di Ron chiudersi intorno alla sua
mano, la tirò a sé fissandolo torva.
“Lasciami!” lo ammonì, gli occhi che lanciavano fulmini.
Ron rimase spiazzato da quelle parole e in un secondo vide Hermione voltarsi e scendere
i gradini fino a sparire alla vista.
* * *
“Brutto idiota!” ringhiò Hermione afferrando un ciuffetto
d’erba. Lo strappò da terra e lo strinse tra le dita.
Rabbrividì stringendosi nelle spalle e lasciò cadere a terra i residui della
pianta, avvolgendosi il corpo con le braccia.
Forse uscire fuori non era stata una buona idea. Non nevicava e non pioveva, ma
era comunque Marzo; l’aria era fredda e il vento tirava così forte da scompigliarle
i capelli e farle volteggiare la gonna.
Strinse le gambe per tenerla ferma e fissò il lago, ricordando quanti bei
momenti aveva passato lì con Ron e Harry.
Ron... che diavolo gli era preso? Era sempre stata sicura del fatto che fosse
una persona ottima, un po’ infantile e pigra, ma comunque ottima. L’aveva visto
prodigarsi per gli amici, fare sacrifici per loro e arrabbiarsi con loro, per
poi tornare a scherzare due secondi dopo.
E quella frase?
Ron era gentile solo con le persone a cui voleva bene.
A questo punto, quelle persone potevano contarsi sulla punta delle dita, ma
perché aveva mollato Lavanda, se solo due mesi prima stravedeva per lei?
Si era sentita intimorita da quella rivelazione.
Le sarebbe tanto piaciuto mettersi con Ron – ormai l’avevano capito anche Harry
e Ginny -, ma ora si sentiva inquieta, riguardo a una prospettiva del genere.
E se si fossero messi insieme e poi Ron avesse rotto con lei e avesse iniziato
a trattarla con freddezza proprio come stava facendo ora con Lavanda?
Non avrebbe potuto sopportarlo. Oltre che la persona di cui era innamorata, Ron
era suo amico, e un pensiero del genere era totalmente inaccettabile.
E poi cosa c’entrava Viktor in tutto quel discorso?
“Toh, chi si vede, la Mezzosangue!”
Hermione sollevò di scatto la testa e la girò di lato, trovandosi davanti il
muso antipatico di Pansy Parkinson.
Sbuffò. Di bene in meglio.
“Sparisci, Parkinson, non ho proprio voglia di mettermi a discutere” soffiò
stufa, tornando a poggiarsi al tronco come se niente fosse.
Pansy la fissò con le sopracciglia alzate. Come osava quella stupida
Mezzosangue ignorarla?
Si avvicinò e si chinò davanti a lei, tirando fuori la bacchetta.
“Non ci sarà bisogno di discutere. Ho solo una piccola questione da sistemare”
disse, e Hermione fu costretta ad alzarsi per fronteggiarla.
“Cosa vuoi?” chiese, avendo un brutto presentimento. L’ultima volta che aveva
avuto un confronto faccia a faccia con la Parkinson ne era uscita con un
bernoccolo in testa e varie ferite. Se non fosse stato per la paura di
infrangere le regole, comunque, le avrebbe volentieri reso il favore.
“So che sei andata a trovare Draco in infermeria, quando stava male” disse
Pansy, assottigliando gli occhi.
Hermione ponderò per qualche secondo sulla risposta da dare.
“Uhm. Sì, e allora?” rispose, optando per la verità. Perché doveva avere paura
delle sue decisioni?
“Allora è vero!” sbottò la Parkinson, stringendo più forte la bacchetta.
“Cos’hai in mente? Vuoi somministrargli un filtro d’amore? Scommetto che l’hai
fatto!”
Hermione spalancò gli occhi e scoppiò a ridere.
“Ma dai!” rise più forte, quasi piegata in due, e Pansy digrignò i denti,
puntando con più decisione la bacchetta.
“Non ridere! Draco è strano ultimamente, so che gli hai fatto qualcosa!”
“Magari ha altri pensieri per la testa, non credi? Oltretutto, Parkinson, è patetico
che tu venga a lamentarti da me. Cos’è, non sai tenertelo stretto e vieni a
dare la colpa a me?” ribatté Hermione con calma, ma sentiva di star perdendo la
pazienza. Inizialmente tutto quello era stato divertente, ma accuse del genere
non stavano né in cielo né in terra.
E se quella cretina non avesse avuto gli occhi foderati di prosciutto, si
sarebbe accorta che il suo Draco era
strano perché aveva decisamente pensieri più preoccupanti per la testa,
pensieri che probabilmente includevano Voldemort.
“Cos’hai detto?” sibilò Pansy.
Hermione spalancò la bocca per ripetere perché, evidentemente, si disse, era
anche sorda oltre che stupida, ma l’unica cosa che ne uscì fu un urlo acuto.
“Reducto!” gridò Pansy, e
l’incantesimo colpì il tronco accanto a Hermione, che fu costretta a saltare di
lato.
“Ferma!” gridò, maledicendosi per non aver portato la bacchetta con sé.
Pansy assottigliò gli occhi e la fissò con rabbia.
“Stupeficium!” gridò, e stavolta
Hermione non riuscì ad evitarlo in tempo. Cadde all’indietro con violenza e
atterrò con un tonfo sordo e un dolore acuto alla schiena.
Possibile che nessuno stesse notando quello che stava succedendo? Aveva letto
migliaia e migliaia di libri, e aveva sempre notato che quando un personaggio
era in difficoltà, interveniva qualcuno a salvarlo.
E ora come mai si trovava da sola? Possibile che non stesse passando neanche un
Professore? Uno studente? Anche Gazza sarebbe andato bene.
Si massaggiò la schiena fissando Pansy con odio e frugò nella propria testa
alla ricerca di qualcosa di decente da fare, qualcosa che la facesse fuggire da
quella situazione, ma non le venne in mente assolutamente nulla.
Vide Pansy levare di nuovo la bacchetta e chiuse gli occhi, ma non avvenne
nulla.
Lentamente, aprì un occhio e poi un altro, finché non capì il motivo per cui la
Parkinson non le aveva fatto ancora nulla.
“Direi che è ora di farla finita”
Draco sfilò la bacchetta dalla mano di Pansy e la gettò lontano, fissandola torvo.
“Dra-Draco...” balbettò lei, spaurita.
“Vattene” sibilò lui, gli occhi di ghiaccio puntati nei suoi. Pansy, il petto
che si abbassava e alzava velocemente, fece per dire qualcosa, ma lui l’afferrò
per il braccio.
“Ti ho detto di andartene” l’ammonì, e la lasciò andare. Pansy, il labbro
inferiore sporgente, scappò via senza dire altro. Recuperò la bacchetta e tornò
al Castello.
Draco si voltò a guardarla sparire verso il grande portone e poi tornò a
guardare Hermione, ancora seduta a terra con gli occhi spalancati.
Aveva avuto un’allucinazione oppure Draco l’aveva davvero salvata?
“Cosa aspetti ad alzarti?” disse lui, avvicinandosi.
Hermione annuì piano con la testa e si alzò lentamente, massaggiandosi la
schiena che aveva picchiato a terra.
Si rimise in piedi e si spolverò i vestiti sporchi di terriccio.
“Carina, la tua ragazza” borbottò infastidita, sentendo lo sguardo di Draco
puntato sulla nuca.
Si appiattì la gonna contro le gambe, si sistemò la cravatta, insomma, fece di
tutto per non guardarlo negli occhi.
“Non è la mia ragazza” rispose lui, e Hermione sollevò di scatto la testa.
“Beh, allora diglielo, perché evidentemente lei non lo sa”
“Per quello che mi importa” biascicò lui, infilando le mani nelle tasche.
Hermione sbuffò.
“Siete tutti uguali” sussurrò a mezza bocca, e Draco fece un passo verso di
lei.
“Cosa?” domandò, e Hermione scosse la testa.
“Niente, niente...”
“Siamo tutti uguali? Chi?” domandò Draco, fissandola.
Hermione lo guardò con un sopracciglio sollevato.
“...Voi maschi. Siete tutti uguali!” sbottò.
Draco la osservò incuriosito.
“Parli di Weasley?” chiese, e lo sguardo di Hermione gli fece capire al volo di
aver colto nel segno. “Non paragonarmi a lui, non abbiamo proprio nulla da
spartire”
“Beh, entrambi trattate male due ragazze che vi sbavano dietro, non vedo tutta
questa differenza”
“Quindi Lenticchia ti tratta male?” chiese Draco incrociando le braccia,
ignorando volutamente quel paragone e mirando direttamente al punto che più gli
premeva.
Hermione sbarrò gli occhi. “No!” esclamò concitata. “Ron non mi tratta male!”
Draco accennò un mezzo sorriso, e Hermione capì di essersi fregata con le
proprie mani.
“...Volevo dire, non sono io quella a cui piace e che viene trattata male.
Parlavo di Lavanda”
“Oh certo” rispose lui, annuendo sicuro e scettico con la testa.
“Non fare quella faccia” borbottò Hermione, smettendo di sistemarsi. “Ora vado,
ti ringrazio per avermi aiutata...”
Si avvicinò a Draco e lo sorpassò senza guardarlo; fece qualche passo incerto
verso il castello, decisa a tornare dentro il prima possibile, ma la voce di
Draco la richiamò.
“Aspetta” disse, e Hermione si bloccò sul posto anche se non avrebbe voluto
farlo. Ma erano stati i suoi piedi a bloccarsi, nonostante il cervello le
avesse appena urlato di continuare a camminare e di ignorarlo.
“Cosa?” chiese, voltandosi verso di lui.
Lo fissò mentre lui ricambiava lo sguardo, le mani in tasca e le labbra
leggermente dischiuse come se volesse dire qualcosa ma non riuscisse a trovare
le parole.
Hermione attese per qualche secondo, ma le parole di Ginny le tornarono in
mente con un flash, involontariamente.
Era di Draco Malfoy che stavano parlando. Il tronfio, Purosangue, arrogante
Draco Malfoy.
Il Mangiamorte Draco Malfoy. Ma che sto facendo? Pensò, sospirando
internamente.
“Grazie per avermi aiutato, l’altro giorno. Con Potter”
Hermione sentì il petto scaldarsi e accennò un lieve sorriso.
“Di nulla” rispose, spiazzata nonostante la piacevole sorpresa. Difficilmente
aveva visto Draco comportarsi così, e ringraziare non era proprio nel suo
stile, soprattutto considerato come l’aveva cacciata via solo qualche giorno
prima.
Quel ragazzo era davvero singolare. E molto interessante, a conti fatti, ma
riuscì a cacciare quel pensiero quasi subito.
“...Scusami, devo andare” mormorò alla fine Hermione, girando di nuovo i tacchi
e iniziando a correre.
Draco allungò una mano per cercare di afferrarla, ma la ritrasse immediatamente.
Si limitò a fissarla mentre correva come una forsennata verso il castello e
sospirò, rimettendo entrambe le mani in tasca.
Era meglio così, dopotutto.
* * *
“Hermione, non potresti...”
“No” rispose lei incrociando le braccia. “Non potrei, Harry, proprio no”
“Ma vuoi spiegarmi perché avete litigato?”
“Non abbiamo litigato!”
“Ok, allora spiegami perché non gli parli”
“Perché è un cretino”
Harry si grattò la nuca, perplesso.
Quando era salito nel dormitorio per raccontare a Ron e Hermione dei ricordi
che Silente gli aveva mostrato, aveva visto arrivare solo Ron, che non aveva
saputo dare una spiegazione adeguata per l’assenza di Hermione.
“D’accordo, d’accordo...” rispose rassegnato. Eppure credeva che una volta che
Ron avesse mollato Lavanda, le cose tra loro sarebbero nettamente migliorate.
Forse era stato troppo ottimista?
“Comunque, per quanto riguarda Silente...”
“Oh sì, dimmi!” esclamò Hermione, sistemandosi meglio sul letto di Harry. Lo
fissò attentamente e Harry iniziò a raccontare per la seconda volta in poche
ore quello che Silente gli aveva mostrato nel Pensatoio.
Iniziò con le supposizioni di Silente sulla vita di Tom Riddle quando
frequentava Hogwarts.
Le disse che Tom si era circondato di alcuni seguaci (che in futuro sarebbero
diventati Mangiamorte), ma era ossessionato dalle sue origini; aveva fatto
ricerche su suo padre e sua madre, finché aveva capito che quest’ultima era una
strega e suo marito no. Le raccontò di Orfin, di come era stato derubato dell’anello
di suo padre e di come, dopo essere stato Confuso, era stato accusato dell’omicidio
di Tom Riddle Senior e dei suoi genitori.
Hermione rimase scioccata quando capì che era stato Voldemort a uccidere i suoi
genitori e a far incolpare suo zio, che morì poco dopo ad Azkaban.
E quando Harry le raccontò della domanda di Voldemort a Lumacorno, quella sugli
Horcrux, Hermione rimase sbigottita.
“Horcrux... Horcrux...” borbottò, portandosi una mano sotto il mento. “No, non
l’ho mai sentito nominare”
“Peccato...” rispose Harry mesto, afflosciandosi contro la testiera del letto.
Aveva davvero sperato che Hermione potesse dirgli qualcosa riguardo a quegli
Horcrux.
“Quindi Lumacorno ha modificato quel ricordo?”
“Sì” rispose Harry. “E Silente vuole che io mi procuri quello vero... ma non
capisco, è lui il grande mago, perché ha chiesto a me?”
“Forse pensa che tu abbia qualcosa che gli altri non hanno, Harry” lo ammonì
Hermione, guardandolo con affetto.
Harry sorrise imbarazzato e si grattò la nuca. Certe volte odiava essere in un
certo senso speciale, ma dopotutto alcune volte gli piaceva sentirselo dire. Da
Hermione, poi, con quel suo sorriso carico di affetto, era davvero una cosa
gradita.
“Ron dice che non dovrei avere problemi, dato che Lumacorno stravede per me”
“Oh, beh” disse Hermione improvvisamente infastidita, “Se Ronald la pensa così, allora sarà vero!”
“Non ho detto questo” si difese subito Harry, sollevando una mano per zittirla.
“Ti stavo solo informando, ma non la penso come Ron. Se non ci è riuscito
Silente, a estorcergli quel ricordo, per me sarà difficilissimo”
“Ma non impossibile. Silente crede in te, Harry” lo rassicurò Hermione,
poggiando una mano sulla sua.
Harry sorrise e girò la mano per stringere quella calda di Hermione, che gli
sorrise dolcemente.
“Che ne dici di andare in Sala Comune?” domandò poi lei, e Harry annuì
vigorosamente.
Almeno per quel giorno non voleva pensare di nuovo a quel grande problema. L’ennesimo
problema, in effetti.
“Tra l’altro, devo parlare con Dean per la squadra... Ho deciso di farlo
entrare come Cacciatore e Ginny invece sostituirà me come Cercatore”
Hermione annuì distrattamente. Si alzò in piedi e si affacciò alla finestra.
Osservò il lago nero, e l’albero accanto al quale Draco l’aveva soccorsa solo
un paio di ore prima.
“Hermione, mi stai ascoltando?” domandò Harry, e lei girò di scatto la testa,
sorridendo.
“Certo, ho capito” disse, alzandosi. “Non pensi che il fatto che Dean e Ginny
si sono lasciati rappresenti un problema? Insomma, stare in squadra insieme...”
Harry annuì pensieroso. Francamente non gli importava molto del fatto che nella
squadra potessero esserci tensioni. La cosa importante era che Dean e Ginny si
erano mollati, e anche se si sentiva meschino a pensare una cosa del genere,
non gli importava granché.
“Vedremo” si limitò a rispondere, precedendola verso la scala.
Hermione, prima di andare via, gettò un’altra fuggevole occhiata verso la
finestra.
Lo sentiva, qualcosa stava cominciando a muoversi.
After you read:
Bonsoir! *W* Comment ça va? ù_ù
Ok, torno all’italiano u.u
Salve bella gente v.v mi sbrigo con queste note perché ho poco da dire e perché
ho sonno.
Spero di essermi fatta perdonare un minimo rispetto al capitolo scorso, no? ò_ò
Insomma, lo so che Draco è tremendamente scostante, prima pensa che non vuole
più vedere Hermione, poi sì, poi no, poi la salva e quindi sì, insomma @_@
Però capitelo, poverino v.v lui soffre perché non riesce a far funzionare quel
cacchio di armadio è_é e perché è confuso, dato che comunque Hermione è davvero
l’unica che si interessa a lui (oltre a Blaise u.u ma non essendo una
fanfiction yaoi, questa è tutta un’altra storia XD)
Beh, fatemi sapere che ne pensate è_è perché dopo 18 capitoli e 88 seguiti, 25
preferiti e 11 ricordati, insomma ò.ò vedere nomi nuovi che commentano non mi
dispiacerebbe v.v
Intanto ringrazio infinitamente chi ha commentato il capitolo scorso *_* Vi amo
u.u
Ora vi lascio, vi auguro un grande Buon Natale e ci vediamo prima della fine
dell’anno con il prossimo capitolo ;)
Un bacio grande grande
Tonna
Corvonero vinse contro Serpeverde duecentotrenta a novanta,
e la partita tra Grifondoro e Tassorosso era ormai imminente.
Harry, che ormai era stato buttato fuori dalla squadra, non poteva fare altro
che rimanere ad osservare i suoi compagni fuori dalla finestra, vedendo le
scope in lontananza che volteggiavano sul campo da Quidditch come impazzite.
Con una stretta al petto si chiese quando mai avrebbe potuto mettere di nuovo
piede in campo come giocatore, e non come semplice spettatore, ma si disse che
purtroppo se l’era voluta.
Anzi, effettivamente gli era andata di lusso, visto che non era stato proprio
buttato fuori dalla scuola.
Sospirò e picchiò la testa contro il vetro, la depressione incalzante.
“Harry, mi stai ascoltando?”
“Sì” rispose lui voltando la testa di scatto e trovandosi davanti un’Hermione
infastidita, le braccia conserte e lo sguardo severo.
“Scusa, Hermione, è che...”
“Ti manca” concluse lei per lui, annuendo con la testa, stavolta comprensiva.
“Lo capisco, Harry, ma stare lì alla finestra a sospirare non cambierà le cose.
E poi hai messo su una grande squadra, non hai nulla di cui preoccuparti”.
Harry annuì con un leggero sorriso. In effetti era vero, aveva messo su una
squadra niente male, nonostante lui non avesse più il permesso di giocare.
Alla fine, com’era ovvio che fosse, aveva chiesto a Dean di entrare nella
squadra come Cacciatore e aveva chiesto a Ginny di prendere il suo posto come
Cercatore. Dopotutto l’anno prima aveva funzionato, magari quest’anno sarebbe
andata altrettanto bene.
“Dicevo, comunque” Hermione lo riportò per la seconda volta con i piedi per
terra, e lui si voltò a guardarla, “Le lezioni di Materializzazione inizieranno
questo pomeriggio, nella Sala Grande”
“Non credo che verrò” la interruppe Harry scrollando le spalle. “Tanto non
avrei comunque il permesso di fare l’esame, sono nato dopo la fine dell’anno
scolastico”
“Ma cosa c’entra?” sbottò Hermione, gli occhi spalancati. “Non hai il permesso,
è vero, ma potrai farlo non appena inizierà il settimo anno! Queste lezioni
sono importanti, Harry, e la Materializzazione è utile”
“Lo so che è utile” borbottò Harry. “...Ehi, un momento. Hai detto che le
lezioni avverranno nella Sala Grande? Ma credevo che a Hogwarts non ci si
potesse Smaterializzare...”
“Allora vedo che mi ascolti” rispose Hermione sorridendo. “Comunque penso che per
una volta facciano un’eccezione. Le altre lezioni verranno fatte a Hogsmeade”
“Ecco” ribatté Harry battendo le mani con un colpo secco e alzandosi. “Mi hanno
vietato ogni gita a Hogsmeade, quindi non potrò venire anche volendo”
Hermione, la bocca aperta per ribattere, sigillò le labbra in una linea
orizzontale, e Harry poté quasi sentire le rotelline del suo cervello girare
freneticamente.
“Non credo che ti vieteranno di imparare la Materializzazione. Non ora, non con
Voldemort in giro”
Harry si morse il labbro. Probabilmente Hermione aveva ragione, ma lui stesso
non aveva voglia di imparare la Materializzazione. Non era stato poi così
piacevole sperimentarla, come non gli era mai piaciuto usare le Passaporte.
Preferiva di gran lunga le scope, per spostarsi.
“D’accordo, vedremo” disse, facendo spallucce. “Vado a fare un giro, non ho
voglia di studiare”.
Hermione non rispose e lo vide sparire fuori dal buco del ritratto.
Poteva capire, in un certo senso, come si sentiva Harry. La frustrazione doveva
essere tanta, sommata al rimorso di aver quasi ucciso un suo coetaneo, ma non
le piaceva vederlo così.
E la cosa peggiore, era che lei non poteva farci proprio niente.
*
Draco Malfoy si rigirò nel letto, i piedi incastrati nelle
coperte e i capelli appiccicati alla fronte.
Aprì gli occhi controvoglia, prima uno e poi l’altro, e sbadigliò piano.
Sollevò il busto guardandosi intorno. Il dormitorio era completamente vuoto, il
che era strano.
Era sabato, per quanto ricordava. Era sabato e di solito era sempre il primo ad
alzarsi, a mezzogiorno.
Era raro trovare i letti di Tiger, Goyle, Theodore e Blaise vuoti di sabato
mattina.
Sbadigliò ancora e liberò i piedi dalla trappola del lenzuolo, imprecando un
paio di volte con i denti stretti.
Fece per alzarsi e poggiare i piedi sul pavimento gelido, quando un sonoro
bussare alla porta lo fece sobbalzare.
“Chi è?!” sbottò, chiedendosi chi diavolo potesse essere a fare tutto quel
fracasso.
La porta si spalancò qualche secondo dopo e Pansy Parkinson fece irruzione
nella stanza, le narici dilatate e gli occhi arrossati.
Draco rimase sbigottito e tornò a sedersi sul letto, percependo nell’aria una
certa tensione.
“Draco!” sbottò lei avvicinandosi in due grandi falcate.
“Dio” borbottò lui in risposta, stiracchiandosi. “Pansy, ti prego, non ho
proprio voglia di starti a sentire, non di prima mattina!”
“È mezzogiorno passato!” sbraitò lei stringendo i pugni, la voce acuta. Draco
si maledì per aver parlato e scosse la testa, stanco e infastidito.
“Fa lo stesso. Che diavolo vuoi?”
“Sapere perché hai difeso la Mezzosangue zannuta, l’altro giorno”.
Draco roteò gli occhi. Ecco, lo sapeva che era venuta per un motivo del genere.
Un motivo così stupido...
“Ho sentito quello che le hai detto” si limitò a rispondere. “Non ha senso. Se
hai problemi con i miei
comportamenti, non andarlo a dire ad altri, vieni direttamente da me”
“Ma tu non parli mai con me!” sbottò lei, frustrata. Draco per un attimo rimase
sconcertato; non aveva mai sentito Pansy dire qualcosa con quel tono di voce.
Di solito usava il frivolo, o il lezioso, di certo non il tono frustrato.
“Ora stiamo parlando” rispose lui semplicemente, scrollando le spalle.
Si alzò dal letto e si chinò sul baule, cercando i vestiti da mettere quel
giorno. Ne estrasse un paio di pantaloni neri e una maglietta grigia, e li
accantonò sul letto, sotto lo sguardo incredulo di Pansy.
“No, non è vero!” sbottò ancora, e Draco si fermò a guardarla. “Io cerco di
parlare e tu... tu cerchi i vestiti!”
“Ho freddo” rispose lui, e Pansy assottigliò le labbra in una linea
orizzontale.
Si alzò velocemente e strinse Draco per il busto, tenendolo stretto con le
braccia.
“Non ti faccio andare via finché non mi dici qual è il problema. Sono
preoccupata per te, Draco, vuoi capirlo?!”
“Preoccupata per cosa, esattamente?” domandò Draco, ma non cercò di liberarsi
dalla sua presa. C’era qualcosa di strano nel comportamento di Pansy, qualcosa
che non aveva mai visto prima.
Dov’era finita la frivola ochetta che aveva sempre baciato la terra su cui
aveva camminato? Chi era la ragazza davanti a lui, la ragazza risoluta che gli
chiedeva di parlare con lei, di dirle cosa c’era che non andava?
“Per te, per il tuo comportamento...” rispose lei, sollevandosi sulle punte.
“Per queste...” disse, sfiorando le occhiaie pesanti sotto gli occhi di Draco,
che a quel contatto non si ritirò.
Pansy lo fissò con apprensione e Draco fu costretto a voltare lo sguardo.
Chi era stata l’ultima persona a guardarlo così?
Avrebbe preferito di gran lunga non ricordare.
La Granger che andava a trovarlo in infermeria, la Granger che lo salvava dai
Dissennatori, la Granger che gli reggeva il gioco alla festa di Lumacorno, la
Granger che lo aveva salvato da Potter...
Draco chiuse gli occhi e sospirò, sentendo gli occhi pizzicare.
Strinse le labbra così forte da farle diventare bianche e Pansy gli accarezzò
una guancia, capendo che effettivamente anche in quel momento c’era qualcosa
che non andava.
“Ho attaccato la Granger perché credevo ti avesse fatto qualcosa... che
c’entrasse lei con il tuo stato d’animo...”
“Lei non c’entra niente” mentì Draco prontamente, evitando accuratamente il suo
sguardo.
Pansy sospirò lievemente e lo strinse di più, togliendo la mano dalla sua
guancia e passandola sulla schiena.
Draco, lo sguardo che vagava per la stanza, si fermò a guardare i letti vuoti
di Tiger e Goyle.
Già, la Granger gli aveva parlato anche di loro e di cosa si erano detti a
Hogsmeade, davanti alla Stamberga Strillante...
Sentì un peso consistente formarsi lentamente all’altezza del petto, e lo
sguardo si mosse ancora, stavolta per fermarsi su quello confuso e lucido di
Pansy, che per un attimo non aveva smesso di guardarlo.
Sospirò e ricambiò la stretta, poggiando le labbra sulle sue.
Dopotutto, avrebbe anche potuto concedersi un po’ di svago, nella situazione in
cui si trovava.
*
“Non ci riuscirò mai” Ron si lasciò cadere sul divano della
Sala Comune e sospirò frustrato, mentre Hermione gli si sedeva accanto e gli
regalava pacche consolatorie sulla testa.
“Tranquillo, Ron, è solo la prima lezione...”
Harry si sedette sulla poltrona e incrociò le braccia, frustrato anche lui.
“Tu però sei riuscita a Smaterializzarti fuori dal tuo cerchio” borbottò Ron in
risposta, sollevandosi e mettendosi seduto, lo sguardo truce.
Hermione arrossì leggermente. In effetti era vero, lei era stata l’unica, alla
fine della lezione, a sparire e riapparire fuori dal suo cerchio.
Harry sospirò contrito, ripensando alla lezione che avevano avuto solo pochi
minuti prima.
L’insegnante mandato dal Ministero, un certo Wilkie Twycross, all’inizio era
sembrato simpatico. Un uomo tutto d’un pezzo, allegro, gioviale, con il viso
segnato dal tempo ma comunque una persona piacevole.
Ma durante l’esercitazione – che aveva consistito nel cercare di
Smaterializzarsi fuori dal cerchio in cui erano stati sistemati – aveva
ripetuto così tanto a tutti le sue famose tre D (Destinazione, Determinazione e
Decisione), che alla fine tutti gli studenti, chi più chi meno, si erano
ritrovati ad odiarlo.
Ovviamente l’eccezione era rappresentata da Hermione, che dopo vari tentativi
era riuscita a Smaterializzarsi e a Materializzarsi a un paio di decine di
centimetri dal cerchio da cui era partita.
“La prossima volta andrà meglio” borbottò Harry scrollando le spalle. Dubitava
anch’egli delle sue parole, ma non era il caso di smontare Ron poco prima di
una partita di Quidditch; la sua autostima rasentava già praticamente lo zero,
dirgli qualcosa di brutto avrebbe significato dargli il colpo di grazia.
Una cosa positiva, comunque, c’era. La lezione era stata organizzata solo per i
Grifondoro, quindi nessun Serpeverde aveva potuto vedere le loro disastrose
performances.
“Harry, cosa ti ha detto la McGranitt?” chiese Hermione all’improvviso,
voltandosi verso di lui.
“Che posso partecipare alle lezioni a Hogsmeade, avevi ragione tu” rispose lui
lentamente, soffermandosi poi sullo sguardo compiaciuto di Hermione che, per
l’ennesima volta, aveva scoperto di aver ragione.
“Ottimo. E Lumacorno? Hai più pensato a come estrargli quel ricordo?”
Harry scosse la testa e frugò nella borsa.
“Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” disse, battendo un colpo con
la bacchetta sulla Mappa del Malandrino.
Sulla piantina iniziarono a delinearsi i contorni del Castello e Harry vagò con
lo sguardo alla ricerca di Lumacorno. Magari se fosse stato nel suo ufficio
sarebbe potuto andare lì a farli visita e a parlargli...
Hermione si sporse curiosa sulla Mappa del Malandrino e fece vagare lo sguardo
distrattamente, senza cercare nulla di particolare.
Ma, involontariamente, lo sguardo cadde sul dormitorio dei Serpeverde, e quello
che vide le fece spalancare gli occhi così all’improvviso che sia Harry che Ron
se ne accorsero.
I nomi di Draco Malfoy e Pansy Parkinson galleggiavano nella stessa stanza, e
Hermione riconobbe quella parte di dormitorio come il letto di Malfoy.
“Oh, beh, non mi stupisce” disse Ron gettando un’occhiata alla pergamena e
capendo immediatamente la situazione. “Stanno insieme dopotutto, no?”
“No, non stanno insieme” rispose Hermione senza neanche accorgersene, e la sua
voce risultò più ferita di quanto in realtà avrebbe voluto.
Sollevò la testa di scatto e ritrovò puntati addosso gli occhi di Harry e Ron,
che la squadravano sospetti.
“L’ho... sentito dire. Dalla Parkinson, nella Sala Grande” si giustificò
subito, sfoderando tutta la sua faccia tosta. Dentro di lei, invece, stava
gridando.
“Oh beh, non sono comunque affari nostri” borbottò Ron in risposta, e tornò a
sedersi scompostamente sul divano. Hermione deglutì a vuoto e continuò a
fissare la Mappa.
Perché i puntini erano immobili?
Perché?
Sentì un brivido percorrerle la schiena e si alzò dal divano.
“Vado a farmi una doccia...” borbottò. Con un veloce incantesimo non verbale richiamò
uno zainetto dal dormitorio e si avviò verso il buco del ritratto sotto lo
sguardo di Harry, che la fissava con le sopracciglia ricurve, certo che
qualcosa non andasse.
* * *
“Bene, ragazzi, oggi voglio che apriate il vostro libro e
che in un’ora mi prepariate un ottimo Elisir dell’Euforia” disse Lumacorno
camminando allegramente tra i banchi, il pancione ingombrante che gli impediva
di percorrere gli spazi più stretti.
Hermione, prontissima, afferrò il libro di Pozioni e lo aprì, fissando di
traverso Harry che aveva appena tirato un sospiro di frustrazione e aveva preso
uno dei libri affittati in biblioteca.
“Avete un’ora da adesso!” disse Lumacorno, tornando all’inizio dell’aula e
sedendosi distrattamente sulla poltrona, pronto a dare suggerimenti a chiunque
li chiedesse.
Hermione chinò la testa per accendere il suo calderone e scorse gli ingredienti
con l’indice.
Prese un appunto mentale e si avvicinò all’armadio delle scorte, frugando fra
le varie boccette alla ricerca di quello che le occorreva.
Quando lo trovò, allungò la mano per afferrare l’ampolla ma si scontrò con
qualcosa, o meglio qualcuno.
Non le servì affatto alzare gli occhi per capire a chi appartenesse quella mano
bianca come un fantasma.
Non le sarebbe servito, ma alzò lo sguardo lo stesso. E incrociò quello di Malfoy,
che teneva ancora la mano tesa, poggiata sulla sua.
E, senza averlo premeditato, Hermione ritirò di scatto la mano facendo cadere
la boccetta a terra, che si infranse con un rumore assordante di vetri rotti.
La classe sobbalzò e Hermione arrossì fino alla punta delle orecchie,
vergognandosi e a disagio.
“Mi- mi dispiace, professore...” borbottò, tirando fuori la bacchetta e pulendo
il pavimento in un attimo.
Draco, in tutto quello, non disse nulla. Si limitò a fissare la Granger
disorientato, chiedendosi cosa le fosse preso.
Hermione notò un piccolo pezzo di vetro rimasto a terra accanto ai piedi di
Draco e si chinò per prenderlo, ma lo afferrò in maniera sbagliata e in un
secondo sentì una piccola fitta al dito e un piccolo fiotto di sangue iniziò a
sgorgare da quel taglietto appena formato.
“Ahi...” mormorò, portandosi il dito alla bocca per succhiare via il sangue.
Draco abbassò lo sguardo e seguì quei movimenti, e quando Hermione tornò in
piedi, non le staccò gli occhi di dosso.
“Tutto ok?” chiese, e lei spalancò gli occhi.
Aveva sentito bene? Malfoy le aveva veramente chiesto se era tutto ok?
Aprì la bocca per rispondere, ma si ritrovò a pensare che non aveva nulla da
dire.
Si sentiva ancora strana per quello che aveva visto nella Mappa del Malandrino,
e non voleva assolutamente dover affrontare il motivo di tanta confusione.
Così, senza pensare ad altro, gli lanciò un’occhiata che, com’era successo con Ron
e Harry, risultò più ferita di quanto volesse e si allontanò tornando verso il
suo calderone.
Malfoy la seguì, scuro in volto.
Che cosa aveva fatto, adesso, per suscitare quella reazione?
* * *
Hermione uscì dall’aula di Pozioni per prima. Ripulì il suo
calderone in fretta e furia dopo aver consegnato prima di tutti la fiala della
pozione a Lumacorno e uscì di corsa senza neanche guardarsi indietro,
borbottando qualcosa a Harry e Ron che somigliava molto a “biblioteca”.
Ovviamente, la biblioteca era il suo ultimo pensiero; primo, perché era ovvio
che chiunque volesse trovarla sarebbe andato a cercarla lì, e lei aveva voglia
di stare da sola. Secondo, perché non aveva affatto voglia di studiare.
Era strano pensarlo, ma la sua mente era ancora presa da quei due nomi chiusi
nella stessa stanza, da Malfoy che le chiedeva se andava tutto bene, dalle loro
mani che si scontravano sulla stessa ampolla...
Svoltò l’angolo con un sospiro e ben presto si ritrovò a camminare sul bagnato.
Si guardò intorno, perplessa; non si era accorta di aver raggiunto il secondo
piano.
“Mirtilla ha allagato il bagno...” sospirò, dopo essersi guardata intorno per
bene. Tirò fuori la bacchetta per sistemare quel danno, ma poi si fermò.
Sentì un brivido percorrerle le spalle: l’ultima volta che quel corridoio era
stato inondato dall’acqua era spuntato fuori un Basilisco che aveva
pietrificato buona parte degli studenti nati Babbani.
Si girò lentamente per cancellare quella brutta sensazione, ma non vi riuscì.
Davanti a lei, in piedi, c’era Draco Malfoy, e Hermione si ritrovò a pensare
che fosse stato decisamente meglio ritrovarsi a combattere contro il Basilisco
di Voldemort.
“Granger”
“Vai a chiamare un professore” disse lei senza guardarlo, e gli diede di nuovo
le spalle. “Bisogna sistemare questo disastro”.
Frugò distrattamente nella propria testa cercando un incantesimo valido, ma non
riuscì a concentrarsi a sufficienza. Sentì i passi di Draco che si stavano
avvicinando.
Come aveva fatto a trovarla? L’aveva forse seguita?
Non ebbe il coraggio di voltarsi, perciò fece qualche passo avanti per
allontanarsi e si avvicinò alla porta del bagno delle ragazze, cercando di
aprirla, ma la maniglia girava a vuoto.
Sentì i passi risuonare ancora sul pavimento bagnato e mormorò Alohomora. La porta non si aprì.
“Maledetta” mormorò Hermione, vedendo la sua ultima via di fuga chiudersi
sonoramente.
Si voltò e si ritrovò Draco davanti, praticamente a nemmeno trenta centimetri
di distanza.
“Non mi hai sentita? Chiama un professore” disse, ma Draco sollevò una mano per
zittirla.
“Perché prima sei scappata?” chiese serio, e Hermione sentì il cuore accelerare
i battiti.
“Non so di cosa parli” rispose velocemente, cercando di superarlo, ma Draco non
perse tempo; le afferrò un braccio e Hermione si bloccò sul posto, il fiato
corto.
“Non prendermi in giro, Granger, gli occhi mi funzionano. Forza, parla”.
Hermione socchiuse gli occhi.
Parlare? E cosa avrebbe dovuto dire? ‘Ho visto te e la Parkinson chiusi nel
dormitorio da soli’? Che senso avrebbe avuto? E soprattutto, quella cosa non
aveva senso di per sé, perché a lei non importava nulla di Malfoy. Voleva solo
scoprire il suo segreto, scoprire cosa diavolo stava combinando nella Stanza
delle Necessità, nient’altro.
“Granger”
Ma allora perché non ne era del tutto convinta?
“Lasciami” rispose, stringendo gli occhi più forte e tirando il braccio per
liberarsi dalla sua presa.
Draco strinse più forte e scosse la testa.
“No” rispose secco. “Voglio una risposta”
“Una risposta a cosa?!” sbottò Hermione, voltandosi verso di lui all’improvviso.
Draco sobbalzò e la lasciò andare, e Hermione sentì il forte impulso di correre
via, ma non lo fece.
“Alla domanda che ti ho fatto prima” rispose, riacquistando la calma. “Perché sei
scappata?”
“Mi ero tagliata con il vetro”
“No. Prima. Hai ritirato la mano senza un motivo”
“Divertente” sbottò Hermione. “Tempo fa saresti stato contento di non essere
toccato da una schifosa Mezzosangue” sputò velenosa, incrociando le braccia. “Cos’è,
non ti basta il modo in cui ti tocca la Parkinson e ora ripieghi sulle luride
MezzoBabbane?”
Draco inarcò le sopracciglia.
“Mai detto niente del genere” rispose laconico, ma poi un sorrisetto ironico si
stampò sul proprio volto, e Hermione sentì il tremendo impulso di prenderlo a
schiaffi. “Ma se non ti conoscessi bene, Granger, potrei dire che sei gelosa”
“Per fortuna mi conosci” borbottò lei in risposta.
Gelosa? Gelosa di chi? Di cosa?
Non era gelosa di Malfoy, poteva avere le ragazze che voleva, non erano
assolutamente fatti che la riguardavano.
“D’accordo. Allora adesso spiegami il perché del tuo sguardo ferito” rispose
Draco, e l’attività cerebrale di Hermione si bloccò all’istante.
Allora se n’era accorto...
“Era per il dolore al dito”
“Oh, non prendermi in giro!”
“E tu smettila di fare domande! Torna dalla tua ragazza e smettila di parlarmi!”
sbottò Hermione all’improvviso, alzando la voce.
Draco assottigliò gli occhi. “Mi pare di averti già detto che Pansy non è la
mia ragazza” disse serio, e Hermione schioccò la lingua nervosamente.
“Allora è peggio. Fate quello che fate e non siete neanche fidanzati”
“Non sono affari che ti riguardano” sibilò Draco in risposta.
Chi era lei per giudicarlo? Non poteva sapere cosa stava passando. Non poteva
sapere di cosa aveva bisogno, così come non poteva sapere delle boccate d’ossigeno
che ogni tanto gli servivano per non crollare.
Cosa ne poteva sapere, la Granger, con la sua vita perfetta?
“Neanche i miei stati d’animo ti riguardano, perciò addio” rispose lei dopo
qualche secondo, e si voltò di scatto per fuggire da quella situazione, ma
scivolò.
Scivolò così velocemente che vide il corridoio diventare soffitto e l’attimo
dopo vide il soffitto diventare parete, e la parete diventare improvvisamente
un ragazzo biondo dagli occhi grigi.
Hermione si ritrovò stretta tra le braccia di Draco che la tenevano saldamente
per non farla cadere.
“Grazie” borbottò, senza guardarlo negli occhi, ma quando non ottenne risposta
fu costretta ad alzare lo sguardo, seppur lentamente.
Hermione sollevò la testa e sentì il cuore schizzare da qualche parte nel
petto. Piccoli brividi le percorsero la schiena, proprio dove le mani di Draco
la stavano stringendo.
Ok, aveva rischiato di scivolare e magari spaccarsi la testa, e lui l’aveva
appena afferrata per non farla cadere.
Ma allora perché non la lasciava andare?
“Ma-ma...” tentò di dire il suo nome, ma la parola le morì in gola senza che
potesse fare nulla per impedirlo.
Deglutì a vuoto e cercò di abbassare lo sguardo, ma gli occhi magnetici di
Draco li tennero incollati ai suoi.
Avrebbe tanto voluto fare qualcosa, ma non sapeva cosa; nella sua mente si
affollavano immagini su immagini, tutte sfocate a causa della confusione, ma
una cosa era effettivamente chiara.
Il suo cuore non aveva accennato neanche per un secondo a rallentare i battiti.
“Ohhhh... Non ci si scambia effusioni nei corridoiiii...” trillò all’improvviso
la voce acuta di Mirtilla Malcontenta, che aleggiò per il corridoio fino a
portarsi sopra di loro.
Hermione spalancò gli occhi e Draco li sollevò velocemente, trovando il
fantasma sopra di loro, che galleggiava con un’espressione infastidita.
“Via” sibilò Draco, e Hermione riportò immediatamente lo sguardo su di lui e lo
fissò. Teneva i denti scoperti, le labbra dischiuse e gli occhi cupi.
‘Via’? Aveva davvero appena detto a Mirtilla di andare via?
Abbassò lo sguardo e vide le proprie mani poggiate sul petto di Malfoy.
Non si era neanche accorta di stare stringendo lievemente la sua camicia tra le
dita, così come non aveva ancora percepito la stretta delle sue dita sulla sua
schiena.
Che stava succedendo? E soprattutto, come?
“Ooooh, sei cattivo...” sibilò Mirtilla facendo una capriola. Draco non le
staccò gli occhi di dosso e continuò a mandarle saette con lo sguardo.
Hermione, stringendo i denti, si tirò indietro con tutta la forza che aveva e
si allontanò da lui, che sembrò risvegliarsi da quella sorta di trance e la
fissò con gli occhi spalancati.
Hermione sentì di essere arrossita.
Sentì di essere arrossita a causa di
Malfoy.
Senza dire nulla, si voltò di scatto per andare via e sparì lasciando impronte
sul pavimento bagnato.
Draco rimase lì, immobile, vedendola andare via per la seconda volta in una
settimana.
After you read:
Hi! How are
you my dear friends? *w*
Oggi passo all’inglese ù_ù no scusate, è che questi giorni sto guardando HP7.1
in inglese e mi sto lasciando trasportare *o*
Duuunque, ecco il capitolo *O* che dire? È corto, sì. Ma per la fine dell’anno
volevo lasciarvi con una sorpresina *.* (postata alle 3.35 di notte >_>’)
Sono rimasta scioccata dai commenti al capitolo scorso °-° addirittura quattro
persone nuove a recensire *.* Ma quant’è bella la vita? *O*
Quindi vi sprono ancora, venite a me, gente! XD Venite a dirmi cosa vi piace e
soprattutto NON vi piace della storia v.v Sono aperta a tutto, spiegazioni,
discussioni eccetera eccetera *-*
Dunque, voglio perciò ringraziare chi ha commentato il capitolo 18, e
ovviamente anche quelli precedenti <3 Siete fantastici <3
E ora, un piccolo annuncio da fare: penso che fra qualche capitolo finirò il
sesto libro, quindi a breve si passerà al settimo e ultimo :D .....D: non so se
esserne felice o triste o_ò
Tra l’altro, abbiate pazienza, giuro che prima o poi Draco e Hermione si
metteranno insieme °_°
(Oh, che poi, un paio di voi recensori mi hanno detto che i miei Draco e
Hermione sono molto IC *.* Vi giuro che per me non c’è felicità più grande!)
Ora vi saluto, vi auguro un gioiosissimo (esiste ‘sta parola?) Capodanno e un
altrettanto gioioso 2012 all’insegna del Dramione e ovviamente di Harry Potter
in generale *O*
Magari chissà, riusciranno ad aprire Pottermore al pubblico, con un po’ di
fortuna ._.’
Un abbraccio grandee un grazie a tutti
voi, e di nuovo tanti auguri :D
Tonna
Capitolo 20 *** Le brutte notizie viaggiano veloci ***
20. Le brutte notizie viaggiano veloci
Hermione attraversò velocemente il piccolo passaggio dietro al buco del
ritratto della Signora Grassa e si sfilò le scarpe, tenendole in mano.
Era l’una di notte, e non aveva la minima intenzione di svegliare le sue
compagne di dormitorio facendo rumore, anche perché non avrebbe proprio saputo
come spiegare il suo rientro a quell’ora.
Non che ci fosse nulla da nascondere. Aveva semplicemente passato parecchio
tempo nel bagno dei Prefetti, immersa nell’acqua calda e nella schiuma
colorata, a giocare con le bolle di sapone.
Solo che alla fine, il tempo era passato così velocemente che lei non se n’era
neanche accorta. L’ora di cena era passata, così come il coprifuoco.
Probabilmente Harry e Ron si erano chiesti che fine avesse fatto, ma con un po’
di inventiva Harry sicuramente aveva preso la Mappa del Malandrino, aveva
controllato che era sana e salva nel bagno e quindi avevano smesso di
preoccuparsi.
Davvero, non c’era proprio nulla da nascondere.
Le era semplicemente venuta voglia di fare un bagno lungo... beh, lungo più di
tre ore, visto che la lezione di pozioni era durata fino alle diciassette, poi
era successo quel che era successo – e non aveva assolutamente voglia di pensarci
-, era andata a trovare Hagrid solo per distrarsi, era ritornata per l’ora di
cena ed era andata diretta verso il corridoio del settimo piano, indecisa o
meno se andare a nascondersi nella Stanza delle Necessità.
Aveva passato circa un ora a girovagare in preda all’angoscia e poi era andata
a chiudersi nel bagno dei Prefetti.
Un giro lungo e complicato, per una persona che non aveva nulla da nascondere.
Se l’era ripetuto per tutto il tragitto dal bagno alla torre di Grifondoro,
guardandosi intorno speranzosa di non incontrare nessuno.
E quando finalmente era giunta al ritratto della Signora Grassa (che non si era
risparmiata dal farle notare che il coprifuoco era scattato ben quattro ore
prima), aveva tirato un sospiro di sollievo perché era riuscita ad arrivare
incolume.
Hermione si avvicinò al divano, con il fuoco scoppiettante e allegro, e si
sedette sulla poltrona, scoprendo di non avere affatto sonno.
Era solo stanca, mentalmente, e confusa, molto confusa.
Cos’era successo in quel corridoio del secondo piano, davanti alla porta del
bagno di Mirtilla Malcontenta?
Non riusciva a ricordare.
Ricordava l’acqua, e l’arrivo di Malfoy. E poi avevano parlato, litigato in
effetti, per cosa? Non lo ricordava.
E poi lei aveva urlato qualcosa, c’entrava Pansy.
E poi... non riusciva a mettere insieme i tasselli di quel puzzle, erano
troppi, e troppo confusi e avvenuti troppo in fretta.
Dunque, aveva cercato di andarsene, ma era scivolata, e si era ritrovata
davanti Malfoy, le braccia magre e bianche – quelle stesse braccia che avevano tatuate a sangue il Marchio Nero –
che la stringevano, e poi sul serio, da quel momento il vuoto totale.
Cos’aveva fatto?
Sentì il cuore accelerare i battiti e sospirò, sfilandosi il maglione e
sistemandosi meglio la camicetta.
C’era qualcosa che non andava in tutto quello, qualcosa di storto.
Era di Draco Malfoy che si parlava, e lei cos’aveva fatto? Si era lasciata
stringere, sorreggere, guardare, e non si era allontanata. Non si era
allontanata e non l’avrebbe fatto se non fosse arrivata Mirtilla.
Si portò le mani alle guance che sentì improvvisamente calde e pensò che era
colpa del camino, il fuoco era davvero forte e quindi doveva essere colpa sua, non c’era altra spiegazione.
Socchiuse gli occhi e portò le ginocchia al busto, avvolgendole poi con le
braccia e cullandosi lentamente.
Con che coraggio sarebbe andata in giro il giorno dopo?
Si sentiva strana. Strana come quando aveva visto Ron e Lavanda baciarsi,
strana come quando lui le aveva afferrato la mano solo pochi giorni prima. Strana
come quando aveva capito, in un certo senso, che Ron le piaceva davvero.
Era una sensazione strana, ma non spiacevole. Una sorta di calore indefinito
nel basso ventre, che provocava un po’ di disagio ma allo stesso tempo quella
fastidiosa sensazione di piacere represso.
Decisamente c’era qualcosa che non andava nella sua testa, e nel suo corpo.
Chiuse gli occhi e continuò a cullarsi lentamente, cullata dal silenzio della
Sala e dallo scoppiettio del fuoco caldo che riscaldava l’ambiente.
Avrebbe dovuto davvero alzarsi e andare al piano di sopra a dormire, ma stava
così bene lì che niente e nessuno l’avrebbe mai fatta alzare.
“Hermione?”
Hermione spalancò gli occhi di scatto e voltò la testa con un colpo secco,
sentendo il collo scricchiolare.
Per un attimo non vide nulla, la vista appannata dalla velocità con cui si era
girata, ma giusto il tempo di massaggiarsi il collo e vide una chioma rosso
fiammante farsi strada sicura verso di lei, la vestaglia arancione chiusa
ermeticamente e le pantofole rosse di pelo.
“Gi-Ginny...” borbottò, sistemandosi meglio sulla poltrona.
Ginny fece il giro del divano e si sedette, allungando le mani e scaldandole
davanti al fuoco.
“Che ci fai qui?” chiese, gettandole un’occhiata curiosa. Notò che indossava
ancora i vestiti di quel giorno, e subito le fu tutto chiaro.
“Oh” disse. “Sei tornata ora?”
Hermione, senza motivo, arrossì fino alla punta delle orecchie – o forse era
solo il riflesso del fuoco nel camino a farla sembrare più colorita? – e aprì
la bocca per rispondere che no, non era vero, ma si rese conto quasi subito che
sarebbe stato impossibile.
A differenza di Ron, Ginny aveva un intuito formidabile. Si poteva anche dire
che a differenza di Ron, Ginny non aveva gli occhi foderati di prosciutto, e
che quindi capiva molte situazioni che a lui sfuggivano.
Tipo Ginny aveva capito subito che Hermione era cotta del fratello, e lui non
ci era ancora arrivato.
“Sì, ho fatto... la ronda” rispose poco convinta, decidendo di non raccontare
la verità proprio all’ultimo minuto. Lo sguardo di Ginny le fece capire di aver
sbagliato alla grande.
“Oggi non è il giorno della ronda” la corresse lei con un sorriso sicuro, e
Hermione annuì mestamente con la testa.
“Ho fatto un bagno lungo. Tre ore. Troppo lungo” sospirò, allungando le mani e
stendendo le dita verso l’alto.
Ginny allungò il collo e notò i polpastrelli grinzosi di Hermione, segno che era
stata davvero parecchio tempo immersa nell’acqua, e tornò a rilassarsi contro
lo schienale del divano.
“E perché ci hai messo tutto questo tempo? Non eri neanche a cena. Harry e Ron
erano preoccupati”
“Lo so” rispose Hermione, ignorando la prima domanda. Magari sarebbe riuscita a
sviare il discorso...
“Senza contare che ho notato una cosa strana, a cena” continuò Ginny,
voltandosi a guardare Hermione, che ora aveva aperto un po’ di più gli occhi e
si era seduta un po’ più dritta.
“Cosa?” chiese innocentemente.
Ginny tossicchiò, alzando gli occhi al cielo come per ricordare una scena
vissuta chissà quanto tempo prima.
“Beh, Malfoy era parecchio interessato al tavolo dei Grifondoro... e ha passato
parecchio tempo a fissare lo spazio vuoto accanto a Harry e Ron, e non credo
fosse interessato a loro”
Hermione quasi si strozzò con la sua stessa saliva, avendo deglutito proprio in
quel momento, e Ginny si sporse per darle qualche colpo dietro la schiena, ma
Hermione l’allontanò sollevando una mano, le lacrime agli occhi.
“E allora?! Non so di cosa stai parlando!” rispose con voce un po’ troppo
acuta, e Ginny inarcò le sopracciglia rossastre, divertita.
“Ma non ti ho chiesto nulla, ti ho solo raccontato questa cosa che mi è
capitato di notare... Perché tutta questa agitazione?”
Hermione si sentì nel panico e sotto interrogatorio. Perché Ginny era così
dannatamente acuta e malvagia? Sì, malvagia, perché era ovvia l’ilarità che
stava traendo da tutta quella situazione.
Lei, invece, non si stava divertendo affatto. Voleva che Malfoy diventasse
l’ultimo dei suoi pensieri, e invece era tornato in cima alla lista in meno di
un secondo.
“Niente, niente...” borbottò in risposta, incrociando le braccia e concentrando
tutta la sua attenzione su quel camino con il suo fuoco scoppiettante.
Sperò con tutto il cuore che a Ginny venisse sonno, per un attimo pensò anche
di scagliarle addosso un incantesimo non verbale per farglielo piombare addosso
così, senza che se ne accorgesse, ma non fece neanche in tempo ad allungare la
mano per prendere la bacchetta.
“Eri da sola nel bagno dei Prefetti, vero?” domandò Ginny, e stavolta Hermione
rischiò seriamente l’infarto.
Stava per urlarle che sì, era ovvio che fosse da sola, quando le venne in mente
il fatto che effettivamente lei aveva già
passato del tempo con Malfoy nel bagno dei Prefetti.
Cercò di scacciare quel pensiero e tornò a concentrarsi su Ginny, che nel
frattempo aveva assunto quell’espressione saccente che tanto detestava ma che
purtroppo somigliava tanto alla sua, e sospirò.
“Sì, Ginny” disse, stranamente calma. “Ero sola, lo sai che non ho un
fidanzato”.
“Beh, ultimamente tu e Malfoy sembrate andare un sacco d’accordo, quindi...”
“Capita” rispose Hermione. “Ci incontriamo e chiacchieriamo ogni tanto, te l’ho
detto”
Ginny annuì e si stiracchiò.
“E tu che mi dici? È proprio finita con Dean?”
Ginny si irrigidì sul posto all’istante, e Hermione per un attimo si pentì di
aver chiesto, ma non ce ne fu bisogno.
Ginny scosse la testa ravvivando i capelli rosso fuoco leggermente scarmigliati.
“Sì, decisamente. Mi piaceva stare con lui, ma...” smise di parlare e si lasciò
scappare un leggero sospiro, che Hermione riuscì ad interpretare meglio di
mille parole.
Aveva notato il leggero cambio della direzione dello sguardo di Ginny, che da
lei si era spostato alla scala a chiocciola che conduceva al dormitorio dei
ragazzi.
“Non fai altro che pensare a Harry, vero?” domandò quindi, cercando di
sorridere gentilmente.
Ginny annuì con la testa senza rifletterci su un secondo.
“Ho fatto davvero come mi hai detto, Hermione, ma... non ci riesco, è più forte
di me”
“Oh, l’ho notato” ridacchiò lei, riferendosi al fatto che Ginny aveva veramente
seguito il suo consiglio. Era uscita con altri ragazzi per distrarsi, perché
davanti a Harry non riusciva a spiccicare parola, e avrebbe dovuto pazientare
in attesa di entrare nel suo campo visivo.
E da quello che Hermione aveva visto, ci era riuscita pienamente in quegli
anni.
Harry sembrava non avere occhi che per lei, e fortunatamente Ron non se ne era
ancora reso conto; ma se le cose sarebbero andate come sperava, allora anche
Ron avrebbe dovuto farci i conti presto o tardi.
“È difficile, sai? Certe volte in sua compagnia mi sembra di essere tornata a
quando l’ho conosciuto, quando avevo undici anni... mi sento impacciata. Ma mi
dico che se rimango muta non faccio poi una così bella figura, quindi mi
costringo a mettere le parole una dietro l’altra”
“Ti assicuro che non si vede affatto” l’assicurò Hermione, annuendo sicura.
Ginny si illuminò appena, rendendosi poi conto che quella era una magra
consolazione; non le sarebbe dispiaciuto affatto se Harry si fosse accorto dei
suoi sentimenti. Per lei era più facile rispondere a una dichiarazione
piuttosto che farla in prima persona.
“Credo che tornerò a letto” borbottò Ginny poi, alzandosi.
Hermione la vide mettersi in piedi con un leggero sbadiglio e stringere il nodo
della vestaglia che si era allentato, e deglutì.
Perché diavolo le era tornato in mente Malfoy?
“Tu non vai di sopra? Devi essere stanca” domandò poi a Hermione, e lei quasi
sobbalzò sul posto, maledicendo Malfoy per aver fatto capolino nei suoi
pensieri senza nessun maledetto motivo.
“Sì” rispose meccanicamente. “Certo, sono stanca”.
Si alzò ed entrambe si diressero verso la scala che conduceva al dormitorio,
Ginny davanti e Hermione dietro, che fissava gli scalini come se fossero la sua
sola via d’uscita verso un letto che l’avrebbe portata – sperava – in una notte
senza sogni.
Hermione si fermò davanti la porta delle studentesse del sesto anno e poggiò la
mano sulla maniglia; Ginny fece lo stesso su quella del quinto anno ma non
l’aprì.
“Sai, Hermione...” disse, e Hermione si bloccò nell’atto di spalancare la
porta, un brutto presentimento nelle viscere.
“Credo che non sarebbe così terribile se tu ti fidassi di Malfoy più del
dovuto. Dopotutto ogni brava ragazza si innamora di un cattivo ragazzo”
concluse Ginny, e con una strizzatina d’occhi entrò nel dormitorio per poi
richiudersi la porta alle spalle.
Hermione rimase pietrificata sul posto, la bocca spalancata e le guance
improvvisamente accese.
Brava ragazza? Cattivo ragazzo? Innamorata?
Che cosa stupida.
Non era vero, lei non era innamorata di Malfoy. Certo, l’aveva salvato più
volte e lui aveva salvato lei, e qualche volta lui si era dimostrato l’unico
appiglio disponibile, come quando aveva litigato con Ron e Harry, e quel giorno
davanti al bagno di Mirtilla...
Scosse la testa.
No, non contava.
Aveva iniziato a rivalutarlo ma non c’era niente dietro, lui era un Mangiamorte
e lei aveva tutta l’intenzione di capire cosa diavolo gli stava frullando per
la testa.
Non era innamorata di Malfoy, anche se doveva ammettereche la sua compagnia non era più sgradita
come lo sarebbe stata l’anno prima.
Ma poi, innamorarsi di un tipo così? Giusto la Parkinson. Un ragazzo borioso,
razzista, presuntuoso, superbo, egocentrico...
Hermione sospirò e con un colpo secco spalancò la porta ed entrò nel dormitorio,
ignorando quel martellare nel petto che, purtroppo, era sicura, non le avrebbe
fatto chiudere occhio.
*
“Credevo ci avesse preceduti!” bisbigliò Harry, cercando di
non farsi sentire dalla Professoressa McGranitt che, in piedi con le spalle
alla classe, stava agitando la bacchetta sulla lavagna per far comparire il
tema della lezione del giorno.
Ron scrollò le spalle e si guardò intorno, notando che il posto vuoto accanto a
loro era rimasto tale.
“Non è che sta usando di nuovo quella cosa, la... Giratempo, vero?” chiese,
aspettandosi di veder comparire Hermione da un momento all’altro accanto a
Harry, ma lui scosse la testa.
“Ha un orario normale quest’anno, e anche volendo ti ricordo che abbiamo
distrutto tutta la riserva di Giratempo all’Ufficio Misteri l’anno scorso...”
Ron annuì e incrociò le braccia, continuando a guardarsi intorno infastidito.
Ok, aveva discusso con Hermione – e francamente non ne aveva capito ancora il
motivo -, ma possibile che non si fosse presentata a lezione solo per stargli lontano?
“Non è un pensiero un po’... egocentrico? Saltare la lezione per stare lontana
da te, andiamo” ribatté Harry appena Ron gli confessò il suo dubbio, e Ron fece
spallucce.
“Allora non si sarà svegliata”
“Ma va!”
“Magari Lavanda le ha fatto qualcosa per vendicarsi! Lo sai che è sempre stata
gelosa di lei!”
“Non credo, Ron”
“Ma può esserle successo qualcosa!” sbottò, e la McGranitt si voltò
immediatamente verso di loro, gli occhi pronti a lanciare lampi, e Harry e Ron
si irrigidirono sul posto.
Solo in quell’istante si accorsero però che la Professoressa aveva appena
ricevuto un gufo, aveva letto il contenuto della piccola lettera che gli era
stata legata alla zampina, e si era voltata verso di loro con le narici
dilatate.
Sembrava quasi spaventata.
“Signorina Abbott” disse, ripiegando il foglietto con un colpo secco e
infilandoselo in tasca. Harry per un attimo pensò di essersi sbagliato, ma gli
occhi della McGranitt si erano fatti improvvisamente lucidi, anche se poco.
“Vieni con me, insieme cercheremo la Direttrice della tua casa e andremo dal
Preside”
Hannah sobbalzò sul posto, voltandosi con un’espressione sorpresa e confusa a
guardare il suo compagno di banco, Ernie McMillan, che sollevò le spalle e le fece
cenno di andare.
Titubante e con un bruttissimo presentimento, si alzò, raccolse le sue cose e
seguì la Professoressa fuori dall’aula.
“Torno subito, voi non muovetevi e non uscite per nessun motivo” intimò la
McGranitt prima di chiudersi la porta alle spalle.
Quando la serratura scattò, Ron tirò un sospiro, e Harry si voltò a guardarlo.
“Pensavo ci stesse per sgridare perché stavamo parlando” disse, e Harry scosse
la testa.
“È successo qualcosa” disse, e Ron si mise un po’ più dritto.
“A Hermione? Te l’ho detto, io...”
“No” lo interruppe Harry, grave. “A Hannah. Non hai visto la faccia della
McGranitt?”
Ron annuì.
C’erano state tante brutte notizie quei giorni nel Castello.
Ricordava l’omicidio di Amanda Bones, la zia di Susan di Tassorosso. E ancora
quando il fratellino delle sorelle Montgomery era stato trovato morto dopo essere
stato morso da un lupo mannaro, Fenrir Greyback...
Tutte queste persone erano state chiamate all’improvviso dalle loro lezioni e
condotte dal Preside, e poi fuori dalla scuola.
Harry poté capire benissimo l’espressione terrorizzata di Hannah quando aveva
visto la McGranitt rivolgersi a lei dopo aver letto quella lettera.
Era sicuro, doveva essere per forza successo qualcosa.
*
“Non mi sono svegliata...” borbottò Hermione allungandosi
per prendere la caraffa dell’acqua.
Ron gettò a Harry un’occhiata del tipo ‘te l’avevo detto’, ma lui lo ignorò e
iniziò a mangiare.
Ron incrociò le braccia ma non disse nulla, troppo contento che Hermione fosse
in un certo senso tornata a parlargli. O meglio, che avesse smesso di non
parlargli.
Gli si era seduta persino accanto!
“La McGranitt vi ha chiesto perché non c’ero?” domandò Hermione e Harry pensò
che fosse giusto dirglielo.
Poggiò la forchetta sul piatto con un tintinnio.
“No... non abbiamo fatto lezione. C’è stato un problema. Una notizia”
Hermione spalancò immediatamente gli occhi, e dall’espressione di Harry capì
immediatamente che era successo qualcosa di grave.
“Oh Dio, chi è morto?”
Harry indicò con un cenno della testa il tavolo dei Tassorosso.
Era mezzo vuoto e le poche persone che c’erano erano chiuse in un mutismo
persistente.
“La madre di Hannah” disse Ron alle spalle di Hermione, facendola voltare di
scatto verso di lui.
Gli occhi di Hermione si riempirono immediatamente di lacrime e si portò le
mani alla bocca.
“No!” esclamò forte, tremando.
“Pare si sia rifiutata di aiutare i Mangiamorte...” confermò Harry, contrito.
Hermione singhiozzò forte e si voltò di nuovo verso il tavolo dei Tassorosso, e
solo in quel momento si accorse mancava anche Hannah.
Singhiozzò ancora e Ron corse subito in suo aiuto, stringendola tra le braccia
come quando, al terzo anno, Hermione aveva cercato conforto in lui dopo la
morte di Fierobecco.
Harry le poggiò una mano sulla spalla e sospirò, guardandosi intorno.
In effetti non era solo il tavolo dei Tassorosso ad essere caduto in lutto.
Anche le tavole dei Grifondoro e Corvonero erano estremamente silenziose e,
cosa che lo stupì, anche cinque o sei Serpeverde stavano mangiando in silenzio
fissando i loro piatti.
Tra questi c’era Zabini, che si era leggermente discostato dal solito gruppo di
cui faceva parte, e Malfoy, seduto di fronte a lui, l’espressione cupa mentre
svuotava lentamente e – sembrava – controvoglia il piatto che aveva davanti.
Harry per un attimo sentì il sangue ribollire nelle vene.
Malfoy era un Mangiamorte, era uno di loro. Come osava andarsene in giro per il
Castello, soprattutto ora che era arrivata quella tremenda notizia?
Non che gli altri sapessero la verità ovviamente, ma lui la sapeva, e Malfoy
avrebbe solo dovuto vergognarsi.
E Silente? Sapeva che era partito con Hannah per darle man forte, ma dopo
quello che era accaduto – dopo l’ennesimo
incidente – come poteva continuare a far finta che avere un Mangiamorte tra le
mura di Hogwarts fosse normale?
Si voltò a guardare Ron e Hermione. Lui, ormai, la stava cullando tra le
braccia, e lei si era sciolta in lacrime come poche volte l’aveva vista fare.
Hermione era vicina a Malfoy, li aveva visti insieme e aveva sentito varie
indiscrezioni su di loro.
Doveva stare attenta, ma sentì che non era proprio quello il momento per
dirglielo.
Non quando una tragedia come quella si era abbattuta su una loro amica, non
quando il pericolo Voldemort stava diventando sempre più consistente.
*
Harry raccolse in fretta i libri e li buttò alla rinfusa
nella borsa, gettando un’occhiata a Ron e Hermione che con un cenno di
rassicurazione uscirono fuori dall’aula.
Harry si schiarì la gola e si avvicinò a Lumacorno, aspettando che tutti
fossero usciti, poi parlò.
“Professore...”
Lumacorno si voltò di scatto mentre finiva di sistemare le boccette con gli
ingredienti per gli incantesimi.
“Oh, Harry, ragazzo mio!”
“Ha sentito di... di Hannah, Professore?”
L’espressione di Lumacorno cambiò in un secondo, e poggiò le boccette rimanenti
sulla sua scrivania, gli occhi già lucidi.
“Sì, una grande tragedia, ovviamente... So che il Preside l’ha riaccompagnata a
casa...”
Harry annuì e prese il coraggio a quattro mani, dicendosi che era inutile
girarci troppo intorno. Silente gli aveva detto che Lumacorno sapeva che era
interessato a quel ricordo, e che non sarebbe affatto riuscito a portarglielo
via con un sotterfugio.
La verità, quindi, era l’ultima arma rimastagli.
“Professore, mi chiedevo... ecco...” Harry esitò un attimo, mentre Lumacorno
tirava fuori dalla tasca un fazzolettino e si asciugava gli angoli degli occhi.
“Dimmi, mio caro ragazzo, dimmi...”
“Mi chiedevo se potesse parlarmi degli Horcrux”
Lumacorno si bloccò nell’atto di riporre il fazzoletto nella tasca e spalancò
gli occhi, irrigidendosi sul posto.
“Te l’ha detto Silente” esalò come se gli mancasse il fiato in gola, e Harry
annuì.
“È importante, Professore, estremamente... la madre di Hannah...” cominciò
Harry, ma Lumacorno lo interruppe all’istante.
“Non so niente, Harry, e sono sicuro che il Preside ti abbia mostrato quel
ricordo. Tutto quello che so è lì, credo tu lo abbia visto con i tuoi occhi”
“Ma c’è di più!” insistette Harry, capendo che la cosa non si sarebbe rivelata
poi così facile.
“Mi occorre la verità, signore, noi... non vogliamo più che succedano cose come
queste... la madre di Hannah...”
Lumacorno sembrò colpito per un attimo, ma si riprese all’istante.
“Mi dispiace, Harry, ma sai già tutto quello che c’è da sapere. Ora, se non ti
dispiace, avrei da fare”.
Lumacorno lo aggirò e gli aprì la porta, facendogli cenno di uscire.
La velocità con cui venne liquidato, fece capire a Harry che c’era davvero
qualcosa che Lumacorno stava nascondendo.
E lui l’avrebbe scoperto a qualunque costo.
Chinando la testa, cercando di apparire contrito – ma in realtà dentro stava
ribollendo -, si avviò verso la porta e la sorpassò con lo sguardo puntato sui
propri piedi.
Qualche secondo dopo, sentì la porta sbattere alle proprie spalle.
*
Draco cercò di estraniarsi, provò a pensare ad altro, a voce
alta, ma non ci riuscì.
Si poggiò le mani sulle orecchie con i palmi aperti, ma riuscì comunque a
sentire.
Afferrò la bacchetta per ficcargliela su per l’occhio, ma la mano pronta di
Zabini glielo impedì afferrandolo saldamente.
Draco gettò un’occhiata critica all’amico accanto a lui, e poi una disgustata
alla ragazza seduta al suo fianco, che civettava con Millicent Bulstrode. Pansy non era mai stata un campione di
sensibilità, ma Draco si rese conto che stavolta stava esagerando, e che
ovviamente doveva avere qualcosa che non andava in quel suo minuscolo cervello.
Prima si lanciava in una tiritera su quanto fosse preoccupata per lui, lo
irretiva, e poi tornava la solita oca senza cervello.
In quel momento, infatti, seduta sul divano della Sala Comune dei Serpeverde,
stava parlando della Abbott, e dei Mangiamorte, e del fatto che avessero fatto
bene a fare quello che avevano fatto perché ai Purosangue non si dice di no.
A parte che i Mangiamorte non erano tutti Purosangue, si disse Malfoy, che
diavolo significava che se l’era meritato?
Aveva una voglia tremenda di schiaffeggiare quella bocca rossa solo per il
gusto di farlo, e anche per zittirla ovviamente.
La mano di Blaise si strinse più forte sul suo polso, come se avesse in qualche
modo intuito i suoi pensieri, e Draco digrignò silenziosamente i denti, mentre
Pansy ravvivava i capelli dietro la schiena e si lanciava in una serie di
imitazioni di pessimo gusto.
Quanto poteva essere fastidiosa quella ragazza?
Non sapeva di cosa stava parlando, era ovvio, e gliel’aveva detto anche Blaise,
ma questa non era una giustificazione. Lui invece lo sapeva.
Sapeva gli orrori che comportava l’essere seguaci del Signore Oscuro, sapeva
cosa significava. Lo sapeva bene perché aveva un padre in prigione, una madre
chiusa in casa e una minaccia perenne puntata sulla testa come una spada di
Damocle.
Cos’avrebbe detto, Pansy, sapendo della sua situazione?
Avrebbe detto che se lo meritava, perché Lucius si era comportato da incapace,
dato che non aveva adempiuto ai compiti che il Signore Oscuro gli aveva dato?
Oppure avrebbe detto che era giusto così perché schierarsi con i più forti era
la cosa giusta da fare, nonostante l’alto prezzo da pagare?
Serrò una mano finché le nocche non divennero completamente bianche e fissò il
braccio sinistro coperto dalla manica.
Aveva un compito, ma non voleva portarlo a termine.
Ma cosa avrebbe dovuto fare? Ignorare quello che in un certo senso era il suo dovere e scappare lontano, condannando i
suoi genitori (e anche se stesso, perché era sicuro che l’avrebbero ritrovato)
a morte certa?
Non poteva farlo.
Sospirò e si alzò dal divano liberandosi dalla presa di Blaise, che gli gettò
un’occhiata per capire che intenzioni avesse.
Draco annuì piano e tranquillo con la testa e si avviò verso l’uscita della
Sala Comune, ma non riuscì a resistere alla tentazione.
Si voltò verso Pansy.
“Ehi” le disse, e lei subito si voltò verso di lui, fece un saltello e lo
raggiunse, afferrandogli il braccio.
Lui se la scrollò di dosso senza troppi complimenti e con uno sguardo
raggelante, e cercò di sputarle addosso tutto il veleno che aveva, in qualità
di degno Serpeverde.
“Se la prossima volta non smetti di parlare da sola, giuro che quella bocca te
la chiudo io. E no, non ti piacerà affatto” disse, e Pansy spalancò gli occhi
mentre Draco usciva in modo quasi teatrale dalla Sala Comune.
Pansy era un’idiota. Avrebbe riso, se fosse stata la sua, di madre, a essere
stata uccisa?
Strinse i pugni e accelerò il passo, raggiungendo in pochi minuti il settimo
piano.
La Granger era diversa.
L’aveva vista piangere in Sala Grande, fare suo il dolore di quella che non era
neanche un’amica vera e propria.
E lì si era meravigliato, capendo quante persone meravigliose esistessero al
mondo, e rendendosi conto che la maggior parte rischiavano la vita tutti i
giorni, con il Signore Oscuro in giro.
Ma lui non poteva farci nulla.
Sua madre era lì, sola, e suo padre era ad Azkaban.
Sapeva che non era la cosa giusta, ma non poteva fare altro.
Entrò nella Stanza delle Necessità per l’ennesima volta e si bloccò sul posto.
Qualcuno l’aveva preceduto.
After you read:
Eccomi!
E già, un capitolo un po’ più serio.
Mi spiace, per questo capitolo i piccioncini non si sono praticamente mai
incontrati, ma mi sono sentita in dovere di lasciare un po’ di spazio ad altre
questioni.
Leggendo il libro, ci sono rimasta male alla morte di Hannah Abbott, e anche
dal fatto che nessuno ne abbia più parlato.
Hannah è un personaggio che compare dal primo libro, e quindi non ho potuto
fare a meno di darle un piccolo, triste spazio tutto per lei.
Ho scritto quella parte sulle note della canzone “This is War” dei 30 Seconds
to Mars, la trovo azzeccatissima.
Dopotutto, in una guerra si muore.
Non ho nulla da dire, mi sento un po’ depressa (avendo ieri visto anche il film
7.2 con tutta quella moria di gente ‘-‘) quindi vi saluto e ci vediamo al
prossimo capitolo.
Grazie mille a tutti voi che commentate, siete fantastici e i vostri commenti
sono graditissimi e perfetti <3
Grazie ancora, davvero.
Harry sospirò, rigirandosi tra le dita la forchetta con cui aveva infilzato
quel pezzetto di bacon che giaceva nel suo piatto da un quarto d’ora.
“Oh, dai Harry, smettila” lo ammonì Hermione dandogli una pacca sulla spalla,
cercando di incoraggiarlo in qualche modo.
Harry le rivolse un’occhiata sconsolata, poi fece cadere la forchetta con un
tintinnio e allontanò il piatto con un gesto svogliato.
“Dai, amico, non preoccuparti, andrà bene...” tentò Ron, il casco da portiere
indossato e il solito colore pallido che lo caratterizzava nei giorni di
partita.
Harry lo fulminò con lo sguardo.
“Anche se andrà bene non potrò assistere, non sarà la stessa cosa” borbottò
contrito, voltandosi torvo verso il tavolo dei professori.
Poté intercettare lo sguardo della professoressa McGranitt, le narici
leggermente dilatate, e deglutì, spostando lo sguardo verso Piton che si stava
versando il vino nel calice e ignorava chiunque stesse parlando intorno a lui.
“Scommetto che l’ha fatto apposta” disse in un ringhio.“Punirmi proprio oggi. Non voleva che
assistessi. Non gli è bastato avermi fatto buttare fuori dalla squadra?”
“Ti ricordo che te la sei cercata” gli ricordò Hermione senza riuscire a
trattenersi, e Harry distolse lo sguardo da Piton a lei, e poi guardò Ron, che
aveva assunto un leggero colorito verdognolo perché un gruppetto di Serpeverde
gli era appena passato accanto canticchiando a voce sufficientemente alta Perché Weasley è il nostro re. Harry serrò la mascella e sospirò furioso.
Si stavano giocando la semifinale, se avessero vinto quella partita e quella
successiva la coppa sarebbe stata loro. Non poter giocare era già frustrante,
ma non poter neanche assistere perché casualmente
Piton aveva deciso di mettere una delle tante punizioni che si era beccato
proprio quella mattina, era davvero troppo da sopportare.
“Ron”.
Harry, Ron e Hermione si voltarono e trovarono Ginny di fronte a loro, in
piedi, lo sguardo duro e l’espressione tesa. Teneva in mano la scopa e
indossava la divisa da Cercatore di Grifondoro, e Harry provò un profondo senso
di amarezza nel vederle addosso quella divisa.
Era lui il Cercatore della squadra, e per quanto Ginny gli piacesse provava
parecchia invidia nei suoi confronti.
Ron si alzò dalla panchina e Hermione augurò ad entrambi in bocca al lupo,
informandoli che sarebbe sicuramente andata alla vedere la partita, e Harry
deglutì a vuoto, indeciso su cosa dire.
Ginny e Ron lo fissarono per un attimo, il secondo vagamente imbarazzato e la
prima con lo sguardo serio e le sopracciglia corrugate.
Sembrava arrabbiata, e Harry pensò che probabilmente lo era davvero.
Ginny, effettivamente, aveva sbollito la rabbia che aveva provato quando aveva
saputo del danno combinato da Harry, ma man mano che la partita si avvicinava,
il suo malumore ricominciava a farsi sentire più forte.
Non giocava da Cercatore da quasi un anno e non era un ruolo che la
entusiasmava poi tanto.
L’aveva detto solo l’anno prima, a Harry, che lei preferiva cacciare piuttosto
che cercare, e lui per tutta risposta si era fatto buttare fuori dalla squadra
per il secondo anno di fila.
Con un sonoro schiocco della lingua si incamminò verso il portone della Sala
Grande con Ron alle calcagna e Harry sprofondò nella panca con un sospiro
frustrato e Hermione, al suo fianco, si profuse in pacche consolatorie sulla
spalla.
C’era aria di tempesta all’orizzonte.
*
Draco salutò con un cenno della mano Blaise e Theodore e
allungò le gambe sulla poltrona posta davanti al divano, e incrociò le braccia.
Non aveva la minima intenzione di andare a vedere la partita di Quidditch.
Il Quidditch, da un anno a quella parte, aveva perso ogni sorta di attrattiva
per lui, e si era sentito strano nel ripensare quanto si era sentito
soddisfatto di essere entrato a far parte nella squadra al secondo anno.
Ricordava tutto come se fosse stato solo il giorno prima, come molte altre
cose, e si disse che per lui la bella vita era finita.
Fino all’anno prima aveva potuto girare per i corridoi di Hogwarts senza
preoccuparsi di nulla, pestando i piedi di chiunque e facendola pagare a
chiunque osava pestare i suoi.
Ora, invece, l’unico motivo per cui girovagava per i corridoi, a volte senza
una precisa meta, era la disperazione.
La disperazione di una missione che gli era stata affidata, una missione che
non gli stava affatto andando bene.
Sospirò e chiuse gli occhi, godendosi il silenzio della Sala Comune, sperando
che non arrivasse nessuno fino a fine partita.
Non aveva voglia di sentire le voci acute dei piccoli Serpeverde del primo
anno, o le voci da ochette delle Serpeverdi che facevano di tutto per farsi
notare da lui.
Non aveva voglia di vedere Pansy né di sentirla parlare, né aveva voglia di
passare più del tempo in sua compagnia.
Ormai non aveva più nulla da spartire con lei, soprattutto da quando la
consapevolezza di quanto fosse differente da una certa Grifondoro l’aveva
assalito.
Hermione Granger era diversa. Aveva cercato di chiudere quel pensiero in un
angolo remoto della sua mente, ma non ci era riuscito affatto, perché lentamente
lei si era fatta spazio dentro di lui.
Fatto stava che non riusciva a smettere di pensarci, anche se sapeva che
sarebbe stato meglio smettere subito.
Era di una Mezzosangue che si parlava, o meglio, della Mezzosangue che aveva insultato per anni, che aveva sempre
schernito e odiato e che aveva sperato più volte fosse fatta fuori durante gli
scontri.
Non gli piacque quel pensiero, quasi non si riconobbe affatto.
C’era qualcosa di strano in tutto quello, ma strano non significava necessariamente
spiacevole.
E si ritrovò a sorridere, pensando che forse dopotutto avrebbe potuto fare una
capatina al campo da Quidditch solo per vederla lì, infreddolita sugli spalti,
mentre tifava per Weasley, e...
No, quel pensiero non gli piaceva affatto.
Strinse le braccia contro il busto e chiuse di nuovo gli occhi.
Stupida che non era altro.
*
Harry uscì dall’ufficio a testa bassa e, per quanto quella
punizione non fosse stata terribile come aveva temuto – leggere il nome di suo
padre e del suo padrino insieme era stata una grande emozione, per lui* – il cuore in gola gli impediva quasi di respirava.
Chiuse ermeticamente le orecchie e la testa a qualunque contatto esterno e
percorse in fretta e furia i corridoi per arrivare il prima possibile alla Sala
Comune dei Grifondoro, dove lo stava aspettando la verità.
Due possibili scenari gli affollarono la mente mentre saliva gli scalini due a
due, sperando al tempo stesso che le scale non decidessero di cambiare di loro
iniziativa perché aveva una certa fretta.
Cosa avrebbe trovato? Musi lunghi, silenzio e desolazione?
O non appena il ritratto si fosse spostato, sarebbe stato accolto dalle grida
di giubilo e dai tipici suoni dei festeggiamenti post partita?
Accelerò il passo e arrivò in pochi minuti alla torre di Grifondoro, ma quasi
non ebbe il coraggio di entrare.
Si soffermò a guardare il ritratto della Signora Grassa e deglutì, indeciso se
entrare o meno; da fuori non sentiva nulla, e anche se sapeva che questo non
significava nulla, la cosa non lo faceva stare tranquillo.
“Parola d’ordine?” domandò la Signora Grassa, notandolo solo in quel momento.
Harry mormorò “Quod Agis” a mezza bocca, per niente deciso, e mentre il
ritratto si muoveva con un cigolio sui cardini, chiuse ermeticamente gli occhi,
tremendamente tentato di tornare indietro per non vedere la verità.
Non ce ne fu bisogno.
Quando il varco fu completamente libero, fu raggiunto dalle grida e spalancò
gli occhi di scatto, vedendo un mare rosso e oro vorticare di fronte a lui.
Con un enorme sorriso entrò nel piccolo passaggio e sbucò nella Sala, dove
tutti stavano festeggiando.
Ron, Dean e Seamus saltellavano sui tavoli bevendo quella che sembrava
Burrobirra e brandendo con la mano libera sonagli e sciarpe; Ritchie e Jimmy
brandivano le mazze da Battitori e le facevano roteare a mezz’aria con grida di
giubilo, e Katie, Demelza e Ginny ballavano sul posto gridando qualche slogan
che somigliava molto a quelli emessi dal cappello a forma di leone di Luna.
Harry avanzò con gli occhi spalancati e finalmente riuscì a distinguere anche
tutti gli altri Grifondoro accalcati nella Sala.
Vide Lavanda e Calì, e Colin Canon con suo cugino Dennis, Cormac McLaggen e
altre persone che gioivano e saltellavano, e poi riuscì a scorgere una chioma
di capelli crespi in un angolo, e si fece strada non notato da nessuno.
“Harry!” esclamò Hermione saltando giù dallo sgabello su cui si era sistemata.
Gli corse incontro e lo abbracciò.
“Abbiamo vinto!” disse Hermione, e Harry si staccò da lei con gli occhi lucidi
e luminosi, e annuì con la testa.
Era strano quell’entusiasmo da parte di Hermione, si disse, ma non ci fece caso
più di tanto.
Si voltò e fu solo in quel momento che Ron e il resto dei Grifondoro si
accorsero di lui.
“HARRY!” gridò Ron saltando giù dal tavolo e rovesciando a terra metà del suo
boccale di Burrobirra.
“Abbiamo vinto! Abbiamo vinto!” esclamò saltellando, e Harry sentì il cuore
scoppiare di gioia.
Il terrore del risultato era passato così com’era venuto, e si sentì
galleggiare quando notò un’altra chioma rossa muoversi dietro a Ron.
Ginny avanzò verso di lui, ancora in divisa da Quidditch, le guance arrossate
molto simili ai capelli e gli occhi luminosi, e Harry non poté fare a meno di
pensare che era bellissima.
Si allungò mentre Ginny sollevava le braccia a sua volta e si strinsero forte,
e Harry annusò il profumo dei suoi capelli, e sentì il calore del suo corpo, e
udì il tremore della sua voce.
“Siamo in finale, Harry, in finale contro i Corvonero!” esclamò, e Harry la
strinse più forte sentendo che il cuore pian piano accelerava i battiti.
In quel momento sentì di avere gli occhi di Ron puntati addosso, e si staccò
velocemente; sarebbe stato strano e difficile spiegare perché era corso ad
abbracciare Ginny invece di tutti gli altri compagni di squadra.
Si allontanò e si grattò la nuca, la felicità alle stelle, e il cuore ancora
più impazzito alla vista di una Ginny imbarazzata. Imbarazzata? Erano anni che non la vedeva così. Da quando l’aveva
conosciuta, dal suo secondo anno lì a Hogwarts.
Era davvero adorabile, si disse.
“Forza, vieni a festeggiare con noi!” si sentì afferrare all’improvviso e vide
Seamus e Dean che lo avevano afferrato sotto le braccia e lo trascinavano via,
e Harry capì immediatamente perché Dean l’aveva fatto.
Doveva avergli dato parecchio fastidio vederlo abbracciare Ginny in quel modo,
sotto gli occhi di tutti.
Non era una cosa che si vedeva tutti i giorni, dopotutto.
Decise di godersi il resto della serata e ogni tanto, nella ressa, si concesse
di lanciare qualche occhiata a Ginny, che però sembrava avere la testa da
tutt’altra parte mentre parlava e rideva con gli altri Grifondoro.
A mezzanotte e mezza, anche Ron salì le scale che
conducevano al dormitorio e finalmente Harry si ritrovò da solo nella Sala
Comune.
Aveva aspettato che tutti se ne andassero a dormire per rimanere un po’ da
solo, a riflettere.
Quello che aveva visto quel giorno era momentaneamente finito nel dimenticatoio,
ma ora, nella tranquillità e nel silenzio, era lentamente riemerso.
Aveva visto i nomi di Sirius, James e occasionalmente quello di Remus spuntare
in mezzo alle scartoffie che aveva sistemato per conto di Piton, e leggere
quello che avevano combinato anni prima non solo gli aveva fatto salire il
buonumore, ma anche una profonda tristezza al pensiero che due di quei favolosi
tre ragazzi non c’erano più.
Si stiracchiò e cercò di scacciare quel pensiero dalla testa ; non voleva
rovinare la felicità di quel momento con pensieri tristi. Con un piccolo
sbadiglio, chiuse gli occhi e incrociò le braccia.
Stava così bene davanti al camino scoppiettante che la voglia di alzarsi per
andare a dormire al piano di sopra era letteralmente scomparsa.
Rilassò i muscoli e si assopì leggermente, quando sentì dei passi dietro di
lui.
Non fece in tempo ad aprire gli occhi che sentì il sedile del divano su cui era
seduto abbassarsi sotto il peso di qualcun altro, e trovò Ginny, in pigiama,
che lo guardava.
“Ehi” disse Harry spalancando gli occhi.
Non si aspettava affatto di trovarla lì, credeva che tutti stessero dormendo.
“Non riuscivo a dormire e sono scesa, avevo sentito dei rumori... Ron è andato
a dormire?” chiese, e Harry annuì, la gola secca.
“Giusto... giusto qualche minuto fa, forse hai sentito lui” disse, e Ginny
annuì con la testa, stringendosi nelle spalle.
Harry, in un secondo, si sfilò il mantello che aveva indossato fino a quel momento
e glielo poggiò sulle spalle, strofinandole leggermente.
Ginny spalancò gli occhi.
“No, non preoccuparti, sto bene!” esclamò, cercando di sfilarselo, ma Harry
scosse la testa e lo tenne ben fermo su di lei, serio ma con un sorriso
rassicurante.
“Non ho freddo, si sta bene qui davanti al camino. E poi indossi solo il
pigiama...” disse, e si pentì immediatamente di averlo fatto.
La consapevolezza di essere lì da solo con Ginny, davanti al camino, in una
sala completamente vuota, su un divano, e che lei indossava solo un semplice
pigiama leggero gli piombò addosso come un macigno.
Improvvisamente, quella gli sembrò l’occasione giusta.
“Ginny, ascolta, io...” iniziò, fissandosi le ginocchia, ma quando sollevò la
testa verso di lei si fermò con la bocca semiaperta e gli occhi leggermente più
spalancati.
Ginny era lì, vicino a lui, vicinissima
a lui.
Riusciva a sentire il suo odore anche da quella distanza, da quei pochi
centimetri che li separavano.
E senza riuscire a fare nulla, senza neanche riuscire a pensare a nulla, azzerò
quella poca distanza e chiuse gli occhi, sentendo le labbra di Ginny morbide e
calde contro le sue.
Harry sospirò lentamente contro le labbra di Ginny e riaprì gli occhi,
allontanandosi piano, e se la ritrovò davanti in tutta la sua bellezza.
Gli occhi lucidi, le labbra rosse dischiuse, le guance chiazzate.
Era troppo bella.
Sollevò piano una mano e gliela passò sulla guancia, poi la fece scivolare
dietro i capelli e le accarezzò la nuca, mentre quei fili rossastri filtravano
tra le sue dita semiaperte.
Harry fece per avvicinarsi di nuovo, ma Ginny non lo attese.
Allungò le mani e gliele poggiò sulle spalle, tuffandosi sulle sue labbra come
non aveva mai fatto prima in vita sua, con nessun altro.
Finalmente poteva avere Harry, finalmente si era accorto di lei non avrebbe
sprecato quest’occasione per nulla al mondo.
Lo baciò e lui rispose, il tocco delicato della mano dietro la nuca era
diventato possessivo, e l’altra mano era passata dietro la schiena per
stringerla di più, per sentirla veramente.
La baciò come non aveva mai fatto neanche con Cho, e Cho era un lontano ricordo
in quel momento.
Ora erano lui e Ginny, e si sarebbe goduto quel momento fino alla fine.
* * *
“Ron, posso parlarti un attimo?”
Harry deglutì a vuoto e Ron si bloccò mentre si avviava verso le scale.
Si voltò lentamente, e trovò Harry in piedi accanto alla finestra che muoveva
nervosamente gli occhi da destra a sinistra.
“...Cosa?” domandò Ron, voltandosi completamente verso di lui.
Si fissarono per qualche secondo, poi Harry si fece coraggio e si avvicinò.
“Tu...” disse, cercando le parole giuste, “tu sai che Ginny e Dean si sono
lasciati...” mormorò, e Ron annuì con la testa, accennando un sorriso
soddisfatto.
“Sì, e meno male” esclamò, “Spero che riesca a stare almeno un mese senza
mettersi con qualcun altro, ma non ci giurerei”
Harry sentì il nervosismo salire, e quella frase di Ron non lo aiutò affatto.
Avrebbe dovuto dirglielo subito oppure era meglio aspettare?
Non sapeva minimamente cosa aspettarsi; certo, aveva appena detto quella cosa
su Ginny, ma lui era il suo migliore amico, e di certo lui non l’avrebbe fatta
soffrire, ma era davvero quello il problema di Ron?
D’altronde, Ron avrebbe anche potuto sentirsi tradito dal fatto che Harry non
gli avesse mai confidato nulla sui suoi sentimenti per la sorella.
Che doveva fare?
“Ehm... sì... infatti, di questo volevo parlare...” disse, torcendosi le mani.
“Sì?” domandò Ron facendosi immediatamente sospettoso. Scrutò Harry e notò il
suo disagio guardandolo negli occhi, ma non riuscì a capire cosa c’era che non
andava.
“Ehi, ragazzi!”
Ron e Harry si voltarono di scatto e trovarono Hermione sulla soglia delle
scale, vestita con la divisa e i capelli legati in una coda che le accarezzava
la schiena.
Ron rimase un attimo impietrito.
L’aveva vista solo una volta con i capelli raccolti, al Ballo del Ceppo, e gli
era sembrata bellissima.
“Che state facendo? Andiamo a fare colazione! E tu, Ron, oggi devi andare a
Hogsmeade per la lezione di Materializzazione, ricordi?” disse, voltandosi a
guardare Ron, e Harry sentì le viscere dello stomaco contrarsi.
Forse era meglio così, dopotutto. Voleva avere un po’ di tempo per scegliere le
parole giuste, e se Ron avrebbe passato mezza giornata a Hogsmeade, lui avrebbe
potuto passare un po’ di tempo con Ginny.
“Arriviamo” disse Harry, e sorpassò Ron con un sorrisetto prima di seguire
Hermione giù per le scale.
* * *
“Spiegami di nuovo perché non sei andata alla lezione”
chiese Ginny, guardando il grande orologio appeso alla parete.
“Perché ci hanno diviso in due gruppi. Chi è già... pronto, in un certo senso,
ne può saltare qualcuna, e io ho una ricerca da finire. Ron ci è andato perché
non è ancora molto sicuro”
“E Harry?” domandò Ginny, e Hermione sollevò gli occhi dal foglio, bloccando la
piuma nell’atto di scrivere la dodicesima riga della sua ricerca.
“Harry è nella Sala Comune, credo... Non può partecipare alle lezioni perché è
nato dopo la fine della scuola. Credevo lo sapessi” disse Hermione, scrutandola
curiosa.
“Ah sì, me l’avevi già detto” rispose distrattamente Ginny, e Hermione capì
immediatamente che aveva la testa altrove.
“Tutto bene, Ginny?” chiese, poggiando la piuma sul tavolo e appoggiandosi allo
schienale della sedia.
Ginny spostò immediatamente lo sguardo dall’orologio alla sua amica e arrossì
leggermente, e Hermione capì al volo che era successo qualcosa.
Di solito Ginny era logorroica e impicciona, e quel silenzio innaturale
nascondeva certamente qualcosa.
“Allora... è successo qualcosa con Harry?” chiese, e poi si fermò a riflettere.
“Beh, se è successo qualcosa deve essere accaduto tra ieri sera, dopo la festa,
e stamattina... anche se a colazione non vi ho visti parlare”
Ginny spalancò gli occhi.
“Beh, che dire? Hai già detto tutto” mormorò imbarazzata, e stavolta fu il
turno di Hermione di spalancare gli occhi.
“Che vuoi dire? Che è successo?!” chiese alzando la voce. Si sentì su di giri e
non capì neanche il motivo, ma quando vide Ginny arrossire un po’ di più, sentì
una grande felicità riempirle il petto.
“Ci siamo baciati...” mormorò Ginny, desiderando di sparire sotto la sedia, e
Hermione spalancò la bocca in un grande sorriso luminoso.
“Ieri sera, dopo la festa... io sono scesa e l’ho trovato giù da solo, e...
così...”
“Congratulazioni!” esclamò Hermione allungandosi per stringerla in un breve
abbraccio. Ginny annuì con la testa e ricambiò la stretta con vigore,
sorridendo a sua volta.
“L’avete detto a Ron?” domandò poi Hermione, e dalla reazione di Ginny capì che
ancora non l’avevano fatto, né lei né Harry.
“Dovete dirglielo il prima possibile, sai com’è Ron quando si parla di te... è
geloso”
“È solo stupido” borbottò Ginny in risposta, e Hermione accennò un sorriso.
In effetti Ron sapeva essere un po’ stupido, e ostentava la gelosia verso la
sorella coprendola con l’arroganza.
Ma era fatto così e gli piaceva per quello che era, anche se non era ancora
riuscita a mandare giù del tutto la storia di Lavanda.
“Se vuoi andare da Harry vai pure, io finisco la ricerca” disse Hermione, e
Ginny scosse la testa.
“Non preoccuparti, Ron starà via ancora qualche ora, posso anche andare fra un
po’”.
Hermione scrollò le spalle dicendole che poteva fare come voleva e si chinò sul
proprio foglio, riprendendo a scrivere velocemente quella ricerca di Aritmanzia
che la professoressa Vector le aveva affidato.
Qualche minuto di silenzio dopo, sentirono la porta della Biblioteca aprirsi ed
alzarono le teste nello stesso momento, giusto in tempo per incrociare un paio
di occhi grigi appena comparsi.
Draco rimase immobile notando le due Grifondoro e Ginny, senza farsi notare,
spostò lentamente lo sguardo da lui a Hermione che sembrava essersi
pietrificata sulla sedia.
“Beh” esordì quindi Ginny, alzandosi per rimettere i propri libri nella borsa, “Io
vado, si è fatto tardi”
“Ma... non avevi detto che andavi via più tardi?” domandò Hermione allarmata,
mentre Ginny afferrava la borsa e la sistemava a tracolla.
“No, che dici? Ti ho detto che ho da fare” disse, e accennò un occhiolino che
non piacque per niente a Hermione e non fu visto da Malfoy.
Prima di uscire dalla Biblioteca, Ginny gettò una veloce occhiata a Draco e si
allontanò senza dire una parola.
Hermione rimase immobile sulla sedia, la piuma ancora a mezz’aria, il cuore in
gola.
Il ricordo del loro ultimo incontro si fece improvvisamente nitido, e sentì la
vergogna montare dentro di lei.
Non voleva parlarne e non voleva neanche pensarci, eppure sapeva che avrebbe
dovuto.
Perché non aveva senso tutto quello; non aveva senso che si fossero avvicinati
così tanto nell’ultimo periodo, e non aveva neanche senso il fatto che Draco si
fosse appena seduto di fronte a lei, alla stessa scrivania.
“Ci sono tanti posti, perché ti siedi proprio qui?” domandò Hermione, e Draco
tirò fuori un libro con estrema lentezza dalla borsa e poi sollevò gli occhi
grigi a guardarla.
“Perché ne ho voglia” rispose tranquillo, e aprì il libro di Difesa Contro Le
Arti Oscure.
Hermione sentì il cuore accelerare i battiti e le guance infiammarsi, e si
allarmò.
Perché tutto quello? Perché quel fastidio allo stomaco, proprio come due giorni
prima?
E perché lei e Draco avevano smesso di insultarsi e Schiantarsi per i corridoi,
cosa che invece avevano fatto per i primi cinque anni precedenti?
Era confusa e, per quanto avesse voglia di fuggire da quella situazione, sapeva
che prima o poi avrebbe dovuto parlarne.
“Cosa sta succedendo?” domandò a bruciapelo, e gli occhi di Draco si
sollevarono immediatamente dalle pagine del libro.
Hermione, la schiena dritta e lo sguardo serio ma in un qualche modo
sofferente, attese una risposta che non tardò ad arrivare.
“Di che parli?” chiese Draco tranquillo, sistemandosi meglio sulla sedia.
Hermione tentò di trattenere il fiume di parole che stava cercando di uscire
fuori, ma non riuscì a fermarlo.
Esplose come un torrente in piena.
“Di che parlo?” sbottò, alzandosi dalla sedia che strusciò violentemente
all’indietro e cadde a terra con un tonfo che echeggiò fra tutte le librerie
della biblioteca.
“Parlo di quello che sta succedendo a me, a te, parlo del fatto che... che
parliamo, non ci insultiamo, passiamo del tempo insieme senza cercare di
ammazzarci l’un l’altro e l’altra volta, davanti al bagno delle ragazze, c’è
stato un momento in cui... in cui...”
Si bloccò a metà frase, non sapendo come continuare.
Davanti al bagno delle ragazze cosa? Come voleva continuare quella frase?
Draco la fissò mentre le guance di lei si chiazzavano di rosso, e per un attimo
pensò di trovarle carine. Così carine che forse avrebbe potuto degnarla di una
risposta, anche se non ne aveva poi così tanta voglia.
“Sì? In cui?” la incalzò lui ostentando tranquillità, ma sentiva di stare già
entrando in confusione.
Cosa gli era venuto in mente di andare in Biblioteca proprio quel giorno?
“...Perché hai detto a Mirtilla di andare via?” domandò poi Hermione a
bruciapelo, e Draco sollevò le sopracciglia.
“Cosa c’entra ora questo?” chiese sorpreso, e vide una delle vene di Hermione
guizzare pericolosamente sulla fronte.
Stava forse per perdere la calma?
“Le hai detto di andare via. A lei,
ma non a me. Perché?” scandì bene le parole e lo fissò con un cipiglio severo,
e Draco scrollò le spalle, rispondendo dopo qualche attimo di silenzio.
“Mi disturbava”
“Ti disturbava mentre facevi cosa,
esattamente?!”
Draco chiuse con un colpo secco il libro, spazientito.
Possibile che fosse così stupida? Una volta che trovava una ragazza normale,
una ragazza che si preoccupava per lui a prescindere da quanto bello e ricco e
Purosangue fosse, non riusciva a spiegarsi perché si comportava da stupida.
“Eri presente, l’hai visto con i tuoi occhi, Granger”
“Non sono sicura di quello che ho visto” rispose Hermione con voce tremolante.
Era vero, era insicura su quello che era successo e soprattutto su quello che
aveva provato in quel momento.
E poi le parole di Ginny... Ogni brava ragazza si innamora di un
cattivo ragazzo. No, tutto quello che non aveva senso.
“Me ne vado” disse velocemente, abbassandosi a prendere lo zaino.
Lo poggiò sul tavolo e afferrò i libri decisa a metterli via per poi fuggire da
lì, ma la mano di Draco bloccò ogni possibile movimento. La poggiò sullo zaino
e lo schiacciò contro il legno del tavolo, impedendole di prenderlo.
Hermione sollevò gli occhi spiazzata e vide che anche lui si era alzato e si
era sporto verso di lei per fermarla.
“Ferma” disse serio, schiacciando lo zaino e stringendolo tra le dita pallide.
“Cosa stavi dicendo prima? C’è stato un momento in cui? Finisci la frase”
“No” rispose Hermione scuotendo la testa e afferrando la cinghia della borsa.
La tirò forte ma quella non si mosse. “Lasciala, voglio andare via!” sbraitò,
tirando più forte.
Malfoy esitò un attimo e poi lasciò la presa, e Hermione tirò così forte lo
zaino che volò dietro di lei e finì contro la libreria.
“D’accordo, allora, vai” rispose Draco sprezzante e stufo di tutta quella
situazione.
Era così difficile parlare con lei a volte, e altre invece si rivelava così
facile che anche lui se ne stupiva.
Hermione rimase immobile, stordita, e si lasciò sfuggire ciò che credeva non
avrebbe mai detto in tutta la sua vita.
“Credevo che mi avresti baciato” disse tutto d’un fiato, abbassando la testa
così velocemente che alcuni capelli sfuggirono dall’elastico e le coprirono gli
occhi.
Draco spalancò gli occhi, e si permise di poterlo fare solo perché lei non lo
stava guardando.
“Cosa te lo fa pensare?” chiese con la voce roca, e Hermione si morse le labbra
a sangue.
“Tutto” rispose, senza però sollevare la testa. “Il tuo comportamento, il... il
mio... la situazione...”
“Quindi” la interruppe Draco, e Hermione stavolta alzò il capo e lo fissò,
incuriosita, “Hai pensato che stessimo per baciarci. Una cosa ricambiata, visto
che te l’ha fatto pensare anche il tuo, di comportamento”.
Hermione spalancò gli occhi e scosse violentemente la testa, stringendo forte i
pugni.
“Basta, smettila, tu sei un Malfoy!” esclamò prima di riuscire a trattenersi.
Draco si irrigidì sul posto e il suo sguardo divenne immediatamente serio e,
Hermione se ne accorse, seccato.
“Conosco il mio cognome” rispose a mezza bocca, e Hermione espirò così forte
che Draco pensò per un attimo che avrebbe potuto sputare fiamme.
“Sì, e allora dovresti anche sapere che i tuoi amici hanno assassinato la madre di Hannah e chissà quante altre
persone che il Ministero sta cercando di nascondere!”
Draco inarcò le sopracciglia bionde e spalancò la bocca, indignato. Sentì il
Marchio Nero bruciare sul braccio, e si trattenne a stento dallo stringerselo
con la mano per fermare quel formicolio.
“Cosa c’entro io con tutto questo?! Non penserai che...” iniziò, ma la voce
acuta di Hermione non lo fece finire.
“C’entri, c’entri eccome, perché anche tu sei un Mangiamorte e perché so che
stai tramando qualcosa che probabilmente ci farà fuori tutti, anche se non ho
ancora capito cosa! Hai il Marchio Nero e continui ad andare in giro in mezzo
ai tuoi compagni di scuola come se niente fosse, nonostante tutto quello che
sta succedendo là fuori!”
“Credi davvero che io me ne vada in giro come se niente fosse?!” gridò Malfoy
all’improvviso, e Hermione si ammutolì sul posto. Lo vide tremare, e cercare
probabilmente di controllare le parole, e lo vide esplodere ancora una volta,
il volto pallido colorito dalla rabbia.
“Tu non sai cosa vuoi dire, non sai di cosa stai parlando!”
“No” rispose Hermione calma, abbassando la voce. “È vero, non lo so. Ma non
venire a fare la vittima con me. Tu ed i tuoi amici siete dei mostri, non avete
nessuna giustificazion...”
Hermione non riuscì a finire la frase. Draco serrò i denti così duramente che,
prima di non capire più nulla, Hermione lo sentì ringhiare forte. E poi se lo
trovò davanti e vicino, troppo vicino.
Non riuscì più a vedere nulla, se non quel viso pallido vicinissimo al suo, e
gli occhi che pian piano si fondevano con i suoi.
Hermione rimase immobile mentre Draco Malfoy le catturava le labbra senza
chiederle il permesso, e rimase immobile anche mentre quelle stesse si
muovevano sulle sue, lente e insicure, ma allo stesso tempo decise.
Draco, il cervello spento e i sensi accesi, annullò la propria coscienza che
gli stava gridando di andarsene, che gli stava chiedendo una spiegazione.
Se non gliela stava chiedendo la Granger, si disse, non aveva senso darla a se
stesso. Non voleva e anche se avesse voluto, in quel momento semplicemente non poteva.
Sentì Hermione trattenere improvvisamente il fiato, e solo in quel momento si
accorse di non essere ricambiato, e la consapevolezza di ciò che aveva appena
fatto gli piombò addosso come una secchiata di acqua gelida.
Spalancò gli occhi, si allontanò piano e mosse qualche passo indietro, lo
sguardo che correva dagli occhi seminascosti della Granger al suo corpo rigido,
alle sue mani serrate a pugno, alle braccia distese lungo il busto, e alla
testa china come se non volesse guardarlo.
E poi sfiorò con gli occhi le sue labbra arrossate e si sentì arrossire.
Dio, no, tutto quello non aveva assolutamente senso.
Strinse i pugni a sua volta e si voltò in fretta e furia; sparì tra le librerie
e poco dopo Hermione sentì la porta della Biblioteca sbattere così forte che
parecchie delle vetrate tremarono.
Per un attimo regnò un silenzio innaturale nella stanza, poi Hermione si
abbandonò contro la libreria alle sue spalle e tremò forte, le labbra ancora
calde per quel qualcosa che era successo.
Si portò una mano alla bocca, il respiro mozzato in gola e una confusione
enorme le riempì la testa.
Ma cos’era successo?
Malfoy l’aveva baciata?
No, non era possibile, non era proprio possibile.
* Allora, la punizione viene citata nel capitolo 24 de Il
Principe Mezzosangue. Praticamente Harry deve sistemare tutti gli archivi fatti
da Gazza sui “malfattori” che sono stati puniti ad Hogwarts, per poi sistemarli
in ordine alfabetico.
Ovviamente trova praticamente ovunque i nomi di Sirius e James *.*
After you read:
Ceeeeee l’ho fatta ._.
Finalmente!
Scusate per il ritardo, dovevo aggiornare sabato ma c’è stato un
piiiiccolissimo problema mensile ‘-‘ suppongo che dovrà conviverci ancora per
molto tempo, quindi abbiate pazienza ‘-‘
Però dai, è lunghetto su *OOOOOO*
Dunque *O*
Ma quante siete?! È bellissimo vedere che siete qui a leggeree recensire, e a dirmi quanto questa long sia
IC *O* *gongola*
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se penso vi sia piaciuto ò_ò
pure perché insomma, i nostri piccioncini sono convolati a nozz-
ehm o.o no XD Ho sbagliato, volevo dire che Draco ha baciato Hermione ù_ù
Che ne pensate? *O* Fatemi sapere *O*
Beh, altro da dire...
Ah sì! XD
Ho scritto una shot ò_ò
Si chiama “Hawthorn and Unicorn
Air”. Parla di Harry, Draco, e della bacchetta di Draco (e no, non è yaoi XD)
La trovate quihttp://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=917635&i=1
E poooi niente, fateci una capatina se vi capita! ;)
E a breve arriverà anche un’altra shot, e
probabilmente anche un’altra, quindi se vi interessa tenete d’occhio il mio
profilo *w*
(anche se io qui avverto sempre, le shot sono
difficili da rintracciare purtroppo ‘-‘)
Bene, vi saluto *O* Alla prossima e vi ringrazio tantoooooo!
<33333
Hermione Granger e Harry Potter avevano un problema in comune.
Ad entrambi era successo qualcosa di strano e inaspettato, ed entrambi non
sapevano se parlarne e soprattutto come
parlarne.
Harry era a terra.
Come avrebbe potuto dire a Ron di aver baciato sua sorella, la sua bellissima e
fantastica e magnifica sorella?
Come gli avrebbe detto che lo aveva pugnalato alle spalle, mentendogli per
quasi un anno sul fatto che ne fosse attratto come una calamita a un pezzo di
ferro?
Semplicemente, si era detto per una settimana di fila, non poteva, e questo a
Ginny non andava affatto bene.
Harry aveva rifiutato ogni proposta di Ginny, che non aveva fatto altro che
proporsi come quella che Harry amava chiamare vittima sacrificale, perché lei non aveva nessun problema a dire a
suo fratello la verità.
Aveva atteso Harry per anni, e ora che finalmente era suo, non se lo sarebbe
certo lasciato sfuggire per un motivo stupido come quello.
“No, sono il suo migliore amico, devo dirglielo io” sussurrava Harry nei pochi
momenti di intimità che riuscivano a crearsi, lontani da sguardi indiscreti.
Ginny dilatava le narici nervosa, perché una risposta come quella aveva sì
senso, ma solo se alla fine portava a qualcosa di buono. In quel caso, Harry
non aveva fatto nulla per confessare la verità a Ron e a lei non stava bene
doversi baciare con il proprio ragazzo di
nascosto. Non aveva assolutamente senso.
Hermione era confusa, e stupita, e un’altra serie di
aggettivi simili che comunque non riuscivano a descrivere appieno il suo stato
d’animo.
Solo una settimana prima Malfoy e lei si erano ritrovati a litigare in Biblioteca,
un litigio in parte orrendo – orrende
erano state le cose che gli aveva detto, se n’era resa conto quasi subito -, e
il secondo dopo si era ritrovata senza nulla da dire, perché la sua bocca era
stata chiusa senza il minimo preavviso.
Perché di quello doveva essersi trattato, per forza.
Draco l’aveva baciata solo per farla stare zitta, non poteva esserci
nient’altro dietro, e Hermione sapeva benissimo che avrebbe dovuto parlarne con
qualcuno in particolare, soprattutto perché l’ultima volta che aveva omesso un
particolare sul giovane Malfoy, si era ritrovata sola come un cane.
Ma come dire a Harry e Ron che il loro peggior nemico, Malfoy il Mangiamorte,
il Purosangue, l’aveva baciata?
Semplicemente, si era detta per una settimana di fila, non poteva, e questo
purtroppo non le andava affatto bene.
L’unica persona con cui avrebbe potuto confidarsi era Ginny, ma era davvero
giusto confessarle una cosa che poi lei avrebbe dovuto tacere al suo ragazzo?
Non poteva di certo metterla in quella condizione scomoda, lei ne sarebbe morta
al posto suo.
“Ora non ho tempo, Harry, magari un’altra volta”.
Harry sentì nella testa il rimbombo della porta che Lumacorno gli aveva
sbattuto in faccia negli ultimi cinque giorni, così forte che i vetri del
corridoio tremarono, e sospirò mesto.
Il compito di estorcere il ricordo a Lumacorno si stava rivelando più difficile
del previsto, e come se non bastasse la sua testa era così piena di pensieri
che rischiava di scoppiare da un momento all’altro.
Non sapeva come dire a Ron di Ginny. Non sapevacome prendere il ricordo di Lumacorno. Non sapeva come mantenere la sua
media alta in Pozioni, senza il libro del Principe.
E se paragonate al clima di terrore che aleggiava al castello e in tutto il
Mondo Magico, quei problemi erano stupidi.
Ma Harry poteva occuparsi di una cosa per volta e, in attesa di trovare un modo
per convincere Lumacorno a consegnargli le sue vere memorie, decise di concentrarsi
su Ginny.
E Ginny era fantastica, davvero. Avevano passato una settimana incredibile –
seppur nascosti – e difficilmente ricordava di essere stato così bene con Cho,
ma si era guardato bene dal farglielo notare o metterla al corrente di quel
pensiero.
Cho era il passato, gli era piaciuta molto ma Ginny era tutt’altra cosa.
Harry chiuse gli occhi un attimo e sospirò, gettando un’occhiata al Ron nervoso
accanto a lui, che seguiva la lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure con
morbosa attenzione per non farsi cogliere impreparato da Piton.
Avrebbe potuto dirglielo velocemente, come strappare un cerotto; in teoria
avrebbe dovuto essere facile e indolore, o per lo meno doloroso un istante e
poi tranquillo quello successivo, ma non ne era poi così sicuro.
Più che altro lo spaventava la sua reazione, e tutto quello che ne comportava.
Ginny gli aveva detto che Hermione già lo sapeva, e quindi avrebbe anche potuto
mettere una buona parola per lui, ma il problema principale restava: trovare il
coraggio.
“Signor Malfoy” la voce lenta e strascicata di Piton lo raggiunse
all’improvviso, e Harry sobbalzò sul posto correndo immediatamente con lo
sguardo a Piton e poi a Draco, che sobbalzò a sua volta togliendo la mano da
sotto il mento.
Aveva passato non sapeva quanto tempo a fissare un punto indefinito dell’aula,
e Piton evidentemente doveva avergli fatto qualche domanda, perché ora gli si
era avvicinato con passo lento e lo guardava con espressione severa e curiosa
al tempo stesso.
Draco si sistemò meglio sulla sedia e drizzò la schiena, prestando tutta la sua
labile attenzione a Piton.
“Sì, professore?” chiese con tranquillità, indugiando sullo sguardo di Piton, e
il loro ultimo incontro gli tornò in mente come un fulmine a ciel sereno.
*“Draco”
“Professor Piton” esalò Draco senza voce, indietreggiando involontariamente e sbattendo
contro la porta della Stanza delle Necessità. “Che ci fa lei qui?”
“Potrei chiederti lo stesso, Draco” rispose Piton con voce strascicata, e Draco
si infervorò all’istante.
“Lo sa perché sono qui” ringhiò in risposta, staccandosi dalla porta e muovendo
qualche passo avanti.
Piton gli diede le spalle e guardò l’enorme e imponente armadio di fronte a
lui, e Draco con uno scatto veloce si avvicinò e gli afferrò il braccio, gli
occhi spalancati.
“Cosa sta facendo?!” esclamò, e Piton si voltò verso di lui e lo fulminò con lo
sguardo.
“Ti aiuto, sciocco”
“Non ho bisogno del suo aiuto, lei non sa precisamente cosa devo fare!” rispose
Draco velocemente, frapponendosi fra il suo professore e l‘armadio.
“Ha scelto me, tra tutti. Sono stato scelto, io! Lei non interferirà nel mio
piano di...”
“Quale piano, Draco? Parlamene, dimmi i dettagli, io posso aiutarti...”
“NO!”
“...La scuola è quasi finita e non hai ancora combinato nulla di buono! Credi
che il Signore Oscuro te lo perdonerà?!” esclamò Piton alzando la voce, e Draco
rimase basito e stordito.
Non aveva mai sentito Piton alzare la voce, men che meno con lui.
“...Ci sto lavorando. Non sono cose che la riguardano. Ora... ora vada via, o
la prossima volta non mi impegnerò per Chiudere la mente davanti all’Oscuro
Signore” rispose Draco con voce titubante, finendo poi con una nota acuta nella
voce.
Piton rimase sbigottito, spalancò gli occhi.
“Mi stai dicendo che farai la spia, Draco? Dirai all’Oscuro Signore che sto
cercando di aiutarti?” chiese piano, cercando di capire cosa gli passava per la
testa.
E riuscì a vederlo chiaramente; non per niente era un abile Legilimens, e in quel momento Draco era davvero troppo
agitato e spaventato per Chiudere bene la sua mente.
“Vada via, professore” ripeté Draco senza rispondere alla domanda che gli era
stata posta, e Piton, dopo un sospiro sommesso, lo sorpassò con il mantello
svolazzante alle sue spalle e uscì fuori dalla stanza sbattendo la porta.
“Ha sentito cosa le ho chiesto?” domandò Piton, e Draco
tornò alla realtà per la seconda volta.
“No” rispose sincero, e Harry e Ron, due file più dietro, sbuffarono
sommessamente sicuri che Piton gli avrebbe permesso tranquillamente di tornare
a seguire la lezione come se nulla fosse.
Ma dovettero ricredersi, perché Piton, dopo aver gettato un’occhiata di fuoco a
Draco, sibilò in tono minaccioso.
“Punizione, signor Malfoy. Dovrà svolgere una ricerca supplementare oltre a
quella che assegnerò a fine lezione” disse velocemente, e Harry e Ron si guardarono
con gli occhi sbarrati e un’inaspettata vittoria stampata in volto.
Nel banco accanto al loro, Hermione sbuffò e osservò Draco chinare la testa,
abbozzare un “sì, professore”, e tornare silenzioso.
Lo fissò mentre muoveva distrattamente gli occhi sul libro di Difesa Contro le
Arti Oscure, e sentì una stretta al petto.
Avevano condiviso varie lezioni in quei giorni, ma oltre a quello non avevano
avuto altri contatti.
Si sentiva strana, non era una cosa poi così piacevole.
*
Draco si lasciò andare sulla panchina della Sala Grande e
prese posto al tavolo dei Serpeverde, proprio accanto a Blaise Zabini.
“Ottima performance stamattina, in classe” lo ammonì lui con un sorriso
ironico, e Draco gli lanciò un’occhiata velenosa. “Non credevo che Piton ti
avrebbe messo in punizione. Non l’ha mai fatto prima, e diciamo che te lo
saresti meritato più di una volta”
“Piantala” ringhiò Draco, inforchettando un pezzo di pancetta e ficcandoselo in
bocca con cattiveria.
Blaise lo fissò in silenzio per qualche secondo, poi decise di continuare a
parlare. Gli piaceva scherzare con il fuoco, dopotutto.
“Ti vedo teso, è tutto ok?”
“È successa una cosa” rispose burbero Draco, sorseggiando un po’ di succo di
zucca dal calice.
“Ha a che fare con il tuo fantomatico compito, quello di cui parlavi sul treno
a inizio anno??” domandò Blaise voltandosi a fissarlo, e meravigliandosi del
fatto che finalmente Draco si fosse deciso a parlare.
Lo vide smettere di bere e allontanare leggermente il boccale dalle labbra.
“...Più o meno. E non mi va di parlarne” rispose Draco, e si tuffò di nuovo nel
suo succo di zucca, ma l’attimo dopo Zabini gli rispose con una frase che gli
fece poggiare il boccale sul tavolo con un tonfo sordo che fece sobbalzare i
Serpeverde intorno a lui.
“Non mi avresti accennato nulla se non avessi avuto voglia di parlarne”
“Taci, Zabini” sibilò Draco in risposta, gettandosi occhiate nervose intorno.
Il suo delicato gesto aveva attirato
le attenzioni di parecchi compagni di casa, e non era affatto saggio
sbandierare i suoi problemi ai quattro venti.
Senza contare che c’erano i professori in giro, e quelli sì che avevano
orecchie lunghe. Davvero troppo lunghe.
Blaise diede in una risatina bassa e poi tossì, coprendosi la bocca con il
pugno.
Si guardò intorno e notò che pian piano tutti i Serpeverde erano tornati ai
loro discorsi, e si azzardò a parlare ancora, stavolta a voce più bassa e un
po’ più vicino all’orecchio di Draco.
“Credo che abbia a che fare con la Granger” sussurrò a mezza bocca, incuriosito
dalla reazione che avrebbe avuto l’amico, e non si sorprese quando questi si
voltò verso di lui con i denti scoperti come se avesse voluto saltargli al
collo per ucciderlo.
“Sei pure Legilimens, adesso?” ringhiò Draco, stringendo un pugno.
“No, ho solo un’ottima vista” rispose tranquillo Blaise con una scrollatina di
spalle.
“E cos’è che hai visto, precisamente?” domandò Draco ritirando gli artigli e
tentando di calmarsi.
Blaise non poteva saperlo, si era premurato del fatto che la Biblioteca fosse
vuota, o perlomeno lo aveva sperato, e a meno che la piattola Weasley non fosse
rimasta lì invece di andare via, e poi dopo aver visto tutto fosse corsa a
spiattellare ogni cosa per il castello, di certo la cosa era rimasta segreta.
...E se invece la Weasley era rimasta davvero lì e aveva sentito ciò che si
erano detti?
Draco scosse la testa.
Certamente avrebbe raccontato altre storie, in giro, piuttosto che quella del
bacio con la Granger.
Un Marchio Nero impresso a fuoco era decisamente più importante di uno stupido
bacio dato per una stupida ragione.
E poi, se davvero l’aveva fatto, l’avrebbe di certo saputo tutta la scuola e –
si guardò di nuovo intorno, sospetto – di certo sarebbe stato al centro
dell’attenzione di tutti; cosa che, in effetti, non era.
Nessuno lo stava guardando, tranne Blaise.
“Ho visto entrare in questa scuola, pochi mesi fa, un Draco sicuro di sé e
orgoglioso per quel qualcosa che gli era stato affidato” iniziò Zabini, e Draco
si riscosse dai suoi pensieri all’improvviso, quasi sobbalzando. “Ma ora vedo
un Draco impaurito, che si fa trovare disattento in classe, che non attacca più
briga con Potter e i suoi amici come un tempo e, soprattutto, vedo un Draco che
cerca la compagnia di una Mezzosangue”
“Non cerco la compagnia di quella lurida e sporca Mezzosangue!” rispose Draco
alzando la voce, e stavolta sentì lo sguardo accusatorio di Pansy puntato su di
lui.
Incrociò i suoi occhi e distolse lo sguardo: l’ultima cosa che voleva era una
scenata di gelosia per aver semplicemente nominato la Sangue Sporco.
“Ah, no? Vi ho visti insieme almeno un centinaio di volte da quando è
ricominciata la scuola” rifletté Zabini, alzando gli occhi al cielo, come per
cercare di ricordare. “E non l’ho vista in giro con denti troppo cresciuti o
con problemi di altro genere. Non come gli altri anni, comunque”.
Draco non rispose.
Aveva a che fare con Hermione, il suo stato d’animo?
Ma certo, in un certo senso ce l’aveva. Perché gli era stato affidato un certo
compito che avrebbe coinvolto lei come tutti gli altri studenti di Hogwarts.
Non era nulla di personale, Hermione Granger non c’entrava nulla con il suo
stato d’animo attuale.
Proprio no.
“Non ancora, vorrai dire” rispose, dunque, e Zabini inarcò le sopracciglia.
“Come?” chiese, e Draco si voltò verso di lui, poggiando il gomito sul tavolo e
assottigliando gli occhi.
“Ho detto ‘non ancora’. Ma potrei tranquillamente andare lì a Schiantarla se ne
avessi voglia”
“Se ne avessi avuto davvero voglia l’avresti fatto una delle cento volte che
siete stati insieme” rispose Blaise con uno sbuffo, e Draco si sollevò immediatamente,
tornando dritto e attraversando la Sala Grande con gli occhi che lanciavano
saette.
Blaise aveva ragione.
Come aveva potuto passare tanto tempo in compagnia di una lurida nata Babbana
senza Schiantarla o cercare in qualche modo di farla fuori?
Come aveva potuto cercarla – cercarla,
sì, perché dovette ammettere di averlo fatto un paio di volte, e forse anche
qualcuna in più -, come aveva potuto accettare la sua compagnia senza riserve,
come aveva potuto permettere che gli salvasse la vita e che vi si infilasse
dentro senza neanche avvertire?
Doveva essere successo qualcosa, qualcosa che lui non aveva calcolato.
D’altronde la Granger era intelligente, la strega più brillante di Hogwarts –
come aveva sentito ripetere fino alla nausea da ogni singolo professore di
quello stupido castello –, ed escogitare qualcosa per farlo impazzire non
sarebbe stato poi così difficile, per lei.
Sì, doveva essere così. La Granger doveva avergli fatto qualcosa, non c’era
altra spiegazione.
Allungò il collo per scorgere qualcosa oltre il mare di studenti che gli
copriva la vista e la vide in piedi, una mano poggiata sulla spalla di Ron
Weasley e l’altra su quella di Harry, mentre diceva qualcosa con il sorriso
sulle labbra.
Eh, certo che sorrideva. Non aveva nulla di cui preoccuparsi, lei, aveva la
situazione in mano avendogli fatto uno stupido incantesimo o roba del genere.
La vide salutare gli amici con un cenno della mano e poi allontanarsi lungo il
tavolo, diretta verso il portone.
Draco assottigliò gli occhi.
“Torno subito” sibilò, e Blaise parve capire immediatamente le sue intenzioni;
allungò un braccio proprio mentre Draco si alzava e tentò di afferrargli la
divisa per trattenerlo, gemendo un “no!” nemmeno tanto convinto, ma non riuscì
a fermarlo.
Draco scavalcò la panca in meno di un secondo e con poche grandi falcate aveva
sorpassato il tavolo dei Serpeverde ed era scomparso oltre il portone, poco
dopo la Granger.
Zabini si passò una mano aperta sulla fronte, schioccando la lingua scettico.
Si augurò con tutto il cuore che Draco non fosse davvero andata a Schiantarla.
*
“Certo, Ernie, per stasera mi occuperò io della ronda”
sorrise Hermione, facendo un cenno con la testa a Ernie McMillan che, con un
gran sorriso, la ringraziò con forza.
“Grazie, Hermione! Purtroppo Piton mi ha messo una D e sono costretto a
ripassare, altrimenti non riuscirò ad arrivare agli esami con un voto decente”
piagnucolò lui, incrociando le braccia.
Aveva sempre avuto buoni voti a Difesa Contro Le Arti Oscure, ma “l’ascesa al
potere di Piton” – così l’avevano chiamata – aveva cambiato moltissime cose.
“Se Harry sapesse che vai male in Difesa Contro Le Arti Oscure” disse Hermione
ridacchiando, “ci rimarrebbe male. Pensa all’E.S. Lì sei riuscito a fare cose
strabilianti in poco tempo”
Ernie sorrise, annuendo con la testa.
“È una possibilità” considerò.
“E... hai avuto notizie di Hannah?” domandò poi Hermione, diventando
improvvisamente seria. Anche Ernie so adombrò, il sorriso improvvisamente
sparito dalle labbra.
“Sì... mi ha spedito un gufo per avvisarmi che ci sono stati i funerali... Ma
non credo tornerà ad Hogwarts, non quest’anno. È troppo scossa”
“Lo immagino” annuì Hermione in ansia. Poteva solo immaginare come si sentisse
Hannah, e sospirò mesta.
“Ora vado, mi stanno aspettando” disse Ernie, e Hermione annuì con un piccolo
sorriso. Ernie la salutò con un cenno della mano
prima di scendere la scalinata che conduceva alla Sala Grande.
Hermione si voltò e lo seguì con gli occhi mentre spariva oltre il portone
della Sala e quando distolse lo sguardo, si ritrovò improvvisamente a
spalancare gli occhi.
Draco era appena uscito dalla Sala e si stava dirigendo a passo spedito verso
le scale, gli occhi puntati... beh, a Hermione sembrò che stesse guardando lei,
ma decise di non appurarlo.
Si voltò di scatto e corse di sopra, cercando di pensare ad altro. Di certo
aveva visto male, Malfoy di certo non stava guardando lei e di certo non si
stava dirigendo verso di lei.
Non aveva senso.
Hermione continuò a camminare velocemente per i corridoi, salendo scale e
saltando l’ultimo gradino quando questo decideva di sua iniziativa di sparire,
o cambiando direzione quando la scala davanti a lei decideva di cambiare, e si
fermò solo quando non riuscì a sentire nelle orecchie nient’altro che il
battito furioso del suo cuore.
Probabilmente aveva camminato per dieci minuti buoni senza fermarsi neanche un
secondo.
Si fermò di fronte a un lungo corridoio e capì subito dove era arrivata.
Era al terzo piano, e la porta che aveva davanti portava probabilmente a una delle
tante aule che non aveva mai potuto esplorare.
Sapeva che più in là si trovava l’aula di Incantesimi, e più in là ancora la
porta che cinque anni prima aveva condotto lei, Harry e Ron direttamente tra le
grinfie di Voldemort durante la ricerca della Pietra Filosofale...
Ripensò con nostalgia a quei bei momenti spensierati e allungò una mano,
aprendo la porta.
Per un attimo non riuscì a vedere nulla; la stanza era invasa dalla luce e non
riusciva a capire cosa vi fosse dentro, ma poi capì.
La stanza, lunga e senza un’apparente uscita in fondo, era circondata ai lati
da alte armature lucenti che rifrangevano la luce del sole che entrava dalle
finestre.
Hermione fece qualche passo avanti, incantata da tanta luminosità e incuriosita
dall’esistenza di quella stanza.
Arrivò quasi a metà e si guardò intorno, a destra e a sinistra, e poi in alto,
e notò il soffitto fatto a volte.
Probabilmente era una stanza inutilizzata, ma che senso aveva metterci tutte
quelle armature?
Fece ancora dei passi avanti e arrivò in fondo alla stanza.
Toccò il muro di fronte a sé e si rese conto che era davvero una stanza chiusa,
che non conduceva da nessun’altra parte.
Ancora incuriosita, si voltò per uscire ma si bloccò sul posto, gli occhi
spalancati e il cuore che all’improvviso sembrava voler schizzare fuori dal
petto.
Se n’era dimenticata; aveva dimenticato il motivo per cui era arrivata lì, e
ora quel motivo era davanti a lei, erto in tutta la sua altezza e il suo
sguardo truce.
Perché era quello che Malfoy stava mostrando in quel momento, fermo sulla
soglia della porta.
Uno sguardo truce e un paio di labbra strette in una linea orizzontale quasi
invisibile, perché erano tanto strette tra loro che avevano quasi assunto il
colore della carnagione del loro proprietario.
Hermione deglutì rumorosamente, chiedendosi perché diavolo si fosse cacciata in
quel pasticcio, e perché Malfoy l’avesse seguita fin lì.
Fece qualche passo avanti cercando di risultare sicura, ma quando anche Malfoy
diminuì la distanza tra loro di una paio di metri, si congelò sul posto.
“Cosa ci fai qui?” chiese allora Hermione, sentendo le gambe farsi pesanti.
Averlo davanti, da solo, in una stanza deserta le fece tornare in mente il loro
ultimo, stranissimo incontro, e si sentì confusa. “Ti ho seguita” rispose Draco, ancora
truce.
Hermione, colpita, inarcò le sopracciglia.
“E perché mi avresti seguita?” chiese, e Draco arricciò le labbra spazientito.
Si mosse in avanti e prima che Hermione potesse fare nulla se non
indietreggiare, se lo trovò davanti, vicino, gli occhi ancora assottigliati e
le narici dilatate.
“Cosa mi hai fatto?!” sibilò Draco, sputandole in faccia quel rancore che
Hermione non riuscì a spiegarsi.
“Cosa...?” ripeté confusa, ma Draco la zittì immediatamente sollevando una
mano.
“Cosa mi hai fatto?!” ripeté a voce più alta, e Hermione serrò la mascella.
“Cosa ti ho fatto io?” chiese quasi strillando, stringendo i pugni, “sono io
che dovrei chiedertelo, sei tu che mi hai baciato!”
“Appunto!” ribatté Draco con forza, e Hermione notò i pugni stretti che
pendevano lungo le gambe, le braccia rigide e una pericolosa vena pulsante sul
collo.
“...Appunto cosa?” domandò Hermione emettendo un gemito stanco. Si passò una
mano sul capo sentendo le tempie martellare, le stava venendo un gran mal di
testa.
Draco non rispose, ma spalancò comunque la bocca come per dire qualcosa.
Hermione lo fissò e lo vide boccheggiare come un pesce fuor d’acqua, per poi
richiudere la bocca e inspirare furiosamente.
“Blaise dice che non è normale che ci vediamo e non ci Schiantiamo neanche”
disse, e Hermione si ritrovò a pensare che quella conversazione stava prendendo
una strana piega.
Era meglio fuggire il prima possibile.
“Lo penso anche io” rispose quindi, incrociando le braccia. “Ha ragione, quindi
fammi passare se non vuoi che ti Schianti” fece un passo avanti per
sorpassarlo, ma la voce di Draco la immobilizzò all’istante.
“Ha anche capito che è successo qualcosa”.
Hermione spalancò gli occhi.
“Gliel’hai detto tu?” sbottò inviperita e incredula.
Era stata fermamente sicura del fatto che nessuno avrebbe saputo niente se
avesse tenuto la bocca chiusa, e ora invece veniva a sapere che era stato
Malfoy a spiattellare tutto?
“No” rispose Draco con semplicità, facendo mente locale. “Ha semplicemente una
buona vista” concluse.
Hermione smise di agitarsi e lo fissò confusa.
“...E questo che vuol dire?” domandò perplessa, e Draco scosse le spalle come
se per lui quella questione non fosse importante.
“Non lo so, me l’ha detto lui” rispose. “E non cambiamo discorso, tu mi hai
fatto qualcosa”
“Ancora?!”
“Sì, perché non è normale che io ti incontri per i corridoi – che io ti segua, addirittura! – e che ci
ritroviamo a parlare civilmente senza tentare nemmeno una volta di farci fuori
a vicenda!”
Hermione non rispose, riflettendo bene su quelle parole.
Perché Malfoy si stava sbottonando a quel modo? Era sempre stato molto schivo
sulle parole, molto sulle sue, e non lo aveva mai sentito parlare così tanto.
Ripensò all’ultima volta che era stata lei ad invaderlo con un fiume di parole,
e il modo in cui lui l’aveva fatta stare zitta...
Fece un passo indietro.
Non poteva esserle davvero passato per la testa.
Draco smise di ansimare per la furia cieca con cui aveva pronunciato quel
discorso e notò il cambio di espressione di Hermione, che da corrucciato e
infastidito era passato a insicuro e a disagio.
Ed era arrossita.
“...Che diavolo combini, Granger?” chiese, e Hermione si morse le labbra fino a
farsi male.
“Hai ragione, Malfoy” rispose, cercando di mantenere un calmo tono di voce.
“Preferirei davvero tornare a quando ci lanciavano incantesimi per i
corridoi... non voglio che si ripeta più quello che è successo l’altra volta,
in Biblioteca”.
Draco tacque.
Era la stessa cosa che aveva pensato lui negli ultimi sette giorni, sette
giorni passati ad arrovellarsi sul perché si fosse esposto tanto proprio con la
stupida nata Babbana che ora gli stava davanti...
Ma perché sentirselo dire da lei gli stava facendo tutt’altro effetto? Era così
facile dirlo a se stessi, perché era difficile accettarlo se sentito dire da
altri?
Rilassò le spalle e sospirò lievemente.
Qualcosa non andava, decisamente non andava.
“Che hai?” domandò Hermione all’improvviso, e Draco si riscattò dai suoi
pensieri e vagò con lo sguardo tutto intorno, per poi tornare con gli occhi
sulla Granger.
“L’hai detto a Weasley e Potter?” chiese. Hermione dopo il primo attimo di
sgomento, capì a cosa si stava riferendo. Scosse la testa.
“Ottimo” rispose Draco incrociando le braccia, “non vorrei trovarmeli alle
calcagna di nuovo, ne ho abbastanza di-”
“Perché l’hai fatto, Draco?”
Malfoy tacque all’improvviso, impressionato dalla serietà con cui la Granger
gli si era appena rivolta, interrompendolo.
La scrutò attentamente, le sopracciglia fine e dritte, incurvate verso il basso
in un cipiglio severo molto da maestrina, gli occhi scuriti da
quell’espressione grave con cui gli aveva parlato, e le labbra tese, l’una
poggiata all’altra, che quasi le impedivano di respirare.
Inspirava ed espirava con il naso, effettivamente, in lunghi sospiri silenziosi
e alcuni un po’ più forti.
Perché l’aveva fatto?
Perché l’aveva baciata?
Non lo sapeva neanche lui. Per farla stare zitta, forse; quella poteva essere
una buona motivazione. O forse l’aveva fatto perché aveva semplicemente cercato
un minimo di contatto umano da praticamente una vita, e la Granger era stata
l’unica in grado di offrirgliene uno – seppur non volutamente, dato quello che
gli aveva appena detto.
Si scostò lentamente di lato e puntò lo sguardo a terra, lasciandole libero il
passaggio verso la porta.
“Vai” disse, ma Hermione non si mosse.
“Come?” chiese titubante, e confusa. Draco si era appena scansato per farla
uscire?
“Ho detto vai” rispose lui, gli occhi perennemente fissi sui propri piedi come
se fossero diventati improvvisamente interessantissimi.
Hermione rimase immobile, e non si sarebbe mossa finché lui non le avesse dato
una risposta alla sua domanda.
“Non hai risposto alla mia domanda” rispose infatti, ostinata, cercando i suoi
occhi.
Quelli grigi di Draco tentennarono lungo il pavimento, poi si sollevarono e
scrutarono i suoi, vigili e orgogliosi.
“Vai via se non vuoi che succeda di nuovo” disse a voce bassa, e qualcosa
dentro Hermione si mosse così velocemente, al livello della pancia, che fu
costretta a trattenersi dal piegarsi.
Lo fissò con gli occhi spalancati e con il cuore che, suo malgrado, aveva
accelerato i battiti così velocemente che aveva quasi paura che Draco potesse
sentirli.
Non riuscì a pensare a nulla di concreto, nulla di intelligente da fare, il che
era una novità; Hermione Granger aveva sempre qualcosa di intelligente in
mente, che fosse un pensiero o un’azione o anche una stupida considerazione.
Il fatto che in quel momento la sua mente fosse completamente vuota la diceva
lunga, e la diceva lunga anche il fatto che – nonostante avesse passato una
settimana a ripetersi che non significava niente -, era ancora lì, immobile,
memore dell’avviso di Draco che ancora le rimbombava nelle orecchie seccandole
la gola.
La diceva lunga su tutto quanto, come lo sguardo di Draco leggermente dilatato
perché si era appena reso conto che era passato più di un minuto, e lei non
aveva mosso un passo per raggiungere quella porta che era stata tanto agognata
quando si erano incontrati poco prima.
Draco non si rese neanche conto di essersi sporto in avanti, prima una gamba e
poi l’altra, perché Hermione fece la stessa cosa nello stesso esatto momento.
Le loro bocche si scontrarono e si trovarono, senza chiedere, senza pensare,
senza considerare nulla.
Hermione sentì una scossa percorrerle la schienae i fianchi sui quali Draco aveva appena
poggiato le lunghe dita, con forza ma allo stesso tempo con un certo timore, e
Draco si perse in quel calore in cui raramente aveva trovato conforto prima,
quelle labbra calde e quasi immobili che comunque lo stavano facendo sentire
vivo come non si era mai sentito.
Hermione si ritrovò ben presto a sollevarsi sulle punte dei piedi e a
circondare con timore appena accennato il corpo di Draco con le braccia, che si
irrigidì appena a quel contatto ma che non si tirò indietro.
Quanti altri abbracci come quello, delicati e timorosi, a volte, aveva ricevuto
in vita sua?
Sua madre era l’unica, a conti fatti, e gli ci vollero solo un paio di secondi
prima di realizzarlo e tornare a concentrarsi sulla ragazza che aveva davanti,
che finalmente aveva iniziato a rispondere a quel bacio che entrambi, per la
prima volta, avevano voluto.
Si adagiò nell’abbraccio confortevole di Hermione, e in quel momento si stupì
di se stesso. Non credeva che l’abbraccio di una Mezzosangue potesse essere
tanto piacevole, né tanto accogliente.
Era stupido, comunque, pensare a una cosa del genere in quel momento; osservò Hermione allontanarsi piano da lui,
probabilmente per riprendere fiato, e si sentì vuoto, solo. Le sue calde e
piccole braccia ancora lo cingevano, ma con meno forza, e sentì di starsi
smarrendo.
Ma la lasciò andare.
Le dita di Draco scivolarono via dai fianchi di Hermione che sentì un altro
brivido, l’ennesimo brivido provocatole da quello che era stato il suo nemico
fino a poco tempo prima, e chiuse gli occhi, sentendo le labbra ancora calde,
umide, e strane.
Li riaprì piano dopo qualche secondo, il cuore in gola e il respiro lento ma
irregolare.
Draco era di fronte a lei e la fissava in un modo che a Hermione fece
attorcigliare dolorosamente lo stomaco.
“Devo andare” disse Draco improvvisamente, ma a Hermione sembrò che parlasse
contro la propria volontà.
L’altra volta era scappato, praticamente si era lanciato fuori dalla
Biblioteca, perché ora non faceva lo stesso?
Forse perché lei stavolta aveva addirittura ricambiato e aveva evitato di
urlargli contro le cose più orribili del mondo?
Senza contare che stavolta non aveva davvero aperto bocca, quindi... beh, di
certo la settimana prima non l’aveva baciata semplicemente per zittirla.
Hermione annuì lentamente con la testa, e Draco non attese un secondo di più. I
suoi piedi si mossero lentamente indietro, prima uno e poi l’altro, e poi si
voltò camminando a passo spedito verso l’uscita, la tanto agognata uscita che
Hermione ora guardava con un po’ di rimpianto.
Passarono cinque minuti, o forse dieci, o forse anche un’ora prima che Hermione
trovasse la forza di realizzare e di muoversi per uscire dalla Sala delle
Armature, che erano rimaste lì, immobili e testimoni di quello che era appena
successo tra lei e Draco Malfoy; quel qualcosa di inspiegabile che era appena
successo.
Ma era davvero così inspiegabile?
Riuscì con immensa fatica a scollare i piedi dal pavimento e si incamminò
titubante, riflettendo.
Alla fine Draco non le aveva più risposto, comunque.
*
Sentiva di avere i riflettori addosso, e gli occhi di tutti
puntati su di lei, per quanto sapesse bene che una cosa del genere non era
davvero possibile.
Erano passati solo dieci minuti dal suo incontro con Malfoy e il tragitto fino
alla Sala Comune di Grifondoro le sembrò lunghissimo, finché con un sospiro di
sollievo superò il buco del ritratto e si ritrovò in una Sala Comune gremita di
studenti, e riuscì immediatamente a scorgere la figura dai capelli rossi che
faceva al caso suo.
Si avviò a passo spedito verso le scale del dormitorio e nel mentre si premurò
di afferrare Ginny per il maglione e trascinarla con lei, interrompendo quella
che probabilmente era l’ennesima conversazione sul Quidditch con Katie Bell, e
le salì con poche grandi falcate portandosela dietro. Quando arrivò in cima,
spalancò la porta del dormitorio ed entrò portandoci anche Ginny.
“Hermione, che succede?!” sbottò lei rischiando di cadere a terra, e Hermione
si chiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo e si morse le labbra a
sangue.
Da dove poteva cominciare?
“Ecco, vedi, io...” iniziò, torcendosi le mani dal nervoso. Stava morendo dalla
voglia di dirlo a qualcuno, doveva assolutamente parlarne o sarebbe scoppiata,
ma non sapeva davvero cosa dire.
Ginny attese che parlasse e poi si chinò ad allacciare i lacci della scarpa
destra, che si erano slacciati a causa della furia di Hermione che l’aveva
praticamente trascinata su per le scale.
“Malfoy ed io ci siamo baciati”.
Ginny sollevò di scatto la testa da terra, gli occhi spalancati, e si voltò a
guardare Hermione.
Hermione la guardò strabuzzare gli occhi e pensò che sì, era una reazione
normalissima dopo una notizia del genere, ma perché da paonazza, Ginny era
improvvisamente diventata bianca?
Hermione capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava, e che
probabilmente quel qualcosa era alle sue spalle, perché era proprio lì che
l’amica stava guardando.
Con un gesto meccanico, quasi a rallentatore, si voltò sentendo il panico
montare.
La prima cosa che notò fu la porta aperta. Come aveva potuto non sentirla?
Si diede della stupida e proseguì con lo sguardo.
Ed era proprio lì, quello che fino a poco tempo prima era stato il suo guaio
più grande.
Hermione deglutì.
Stavolta era davvero nei guai.
*La scena in
grassetto si riferisce alla fine del capitolo 20. Vi avevo lasciate in sospeso,
dicendo che qualcuno aveva preceduto Draco nella Stanza delle Necessità e poi
non ne ho più detto nulla.
Non l’avevo dimenticato, tranquille XD Ho semplicemente preferito metterlo qui
u.u E quindi, beh, eccolo qui XD
After you read:
Salve, bella gente *o* come state? :D
Io pessimamente. D:
Ho avuto febbre che oscillava dai 38 ai 38.7 ed è una scocciatura enorme -.-‘
Senza contare che ultimamente mi si è insinuato in testa un dubbio che dovrò
assolutamente chiarire prima o poi, e quindi ve lo sottopongo, magari mi
illuminate su qualcosa che non so.
Draco ha effettivamente il Marchio
Nero, o non ce l’ha? O.o
No perché nel film sì, e lo mostra a Silente prima di cercare di farlo fuori,
ma nel libro? O.o
La Rowling ci insinua il dubbio ma non ce lo mostra mai D:
Quindi insomma, è stato un trauma rendermene conto dopo che qui avevo
tranquillamente descritto che ce l’aveva -.-‘
Ah, un’altra cosa: nella mia versione del libro, Draco ha gli occhi verde (?)
chiaro. Nella versione di Kia_chan_93, la nuova versione, li ha grigio
chiaro... Quindi se per caso vi è capitato di leggere verdi, ignorate
totalmente v.v il mio libro trae in inganno (e anche il fottuto interprete che
ha tradotto il libro, perché in quello inglese si dice chiaramente grey. -.-‘)
Dunque XD Ho finito con le lamentele ò_ò
Che ne pensate del capitolo? *OOOOOOO*
Giuro che ho AMATO scrivere la scena del bacio, e anche quella del litigio, e
anche quella un po’ più tormentata dei pensieri di Draco su quanto sia triste
D:
Spero che vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuto a me scriverla *O*
Tra l’altro, ammettetelo ù_ù non vi aspettavate proprio un altro bacio subito,
così, zack!
Bene, neanche io. È uscito così, e chi sono io per fermare l’estro quando
arriva (stima per lui, che ultimamente c’è sempre e non mi abbandona)?
Ora vi saluto eee siamo quasi giunti alla fine del Principe :D
Alla prossima, grazie a tutti voi per i calorosi commenti *.* siete mitici ù_ù
*applauso*
Tonna
Hermione non riuscì a fare né dire nulla di concreto.
Rimase immobile al centro della stanza, gli occhi spalancati e il cuore che
batteva all’impazzata.
“Ho sentito bene?” chiese Lavanda, scrutando Hermione con occhi curiosi, la
mano ancora sulla maniglia della porta.
Hermione deglutì a vuoto e sentì le gambe pesanti e il mondo farsi più
pressante.
Lavanda l’aveva sentito. E se Lavanda ora sapeva, di certo lo avrebbe saputo
tutta la scuola. Lo avrebbe saputo Ron. Ron. Hermione sentì uno spillo pungerle il cuore. Non voleva che Ron sapesse,
non doveva sapere nulla, era una cosa assolutamente inutile e sciocca. Non
voleva che Ron sapesse di un suo attimo di debolezza.
“Allora?” incalzò Lavanda, la voce leggermente più alta e lo sguardo che si spostava
da Ginny a Hermione.
Ginny frugò nella sua testa in fretta, e si stupì di trovarla vuota, quasi
completamente vuota. Non era da lei rimanere senza dire nulla, senza una
risposta pronta. Aveva sempre avuto qualcosa da dire, soprattutto ai tipi come
Lavanda, ma davanti all’evidenza delle cose non sapeva proprio che pesci
prendere.
E riusciva a sentire il terrore di Hermione perfino a un metro di distanza,
perfino senza guardarla negli occhi. Sapeva quanto lei fosse innamorata di Ron,
e sapeva anche quanto si fosse avvicinata a Malfoy nell’ultimo periodo, benché
i sentimenti che provava per lui non fossero ancora totalmente chiari.
Ma si erano baciati, e questo doveva pur significare qualcosa, no?
E se Hermione voleva davvero capirlo doveva farlo da sola, senza Lavanda e
soprattutto senza Ron tra i piedi.
Strinse un pugno.
“Scherzava, ovviamente” disse, cercando di risultare convincente, ma quelle
parole suonarono come una farsa persino a lei. Non riusciva a trovare nulla di
dicente.
Lavanda bloccò lo sguardo su Ginny e sollevò l’angolo destro della bocca in un
sorrisetto contorto e superbo, che Hermione desiderò far sparire a forza di
sberle.
“Scherzare? Bel modo di scherzare” disse con l’aria di chi la sapeva lunga.
Ginny incrociò le braccia e ravvivò i lunghi capelli rossi sulla schiena,
fissando con finta tranquillità quella stupida ragazza.
“Puoi non crederci, ma stiamo parlando di Hermione e Malfoy. Sai che non può
essere possibile, soprattutto perché sei consapevole del fatto che lei e Ron
sono... come dire...”
“Zitta!” sibilò Lavanda, e Ginny capì di aver colto nel segno.
“Oh, scusa” cinguettò, muovendo qualche passo avanti e affiancandosi a
Hermione. “Non dovevo dirlo, hai ragione”
“Malfoy e Hermione sono stati visti insieme molte volte quest’anno!” sbraitò
Lavanda paonazza, cercando di riportare l’attenzione su ciò che aveva sentito
dire da Hermione poco prima. Ginny non sarebbe riuscita a metterla in
difficoltà, non gliel’avrebbe permesso.
“Non che io sappia” rispose Ginny scrollando le spalle, e Hermione sentì che il
cuore stava normalizzando i battiti. Si stava calmando e tutto grazie a Ginny.
“In realtà ho passato molto più tempo con Ronald che con Malfoy, a conti fatti.
Come sempre, dopotutto” aggiunse
sollevando gli occhi in aria come fingendo di ricordare qualcosa di
particolarmente difficile.
Lavanda strinse i pugni e si voltò di scatto, uscì dal dormitorio e si sbatté
la porta alle spalle.
Hermione e Ginny attesero che i suoi passi smettessero di risuonare per le
scale, poi Ginny si lasciò scappare un sospiro di sollievo.
“Quindi... Malfoy, eh?”
Hermione sobbalzò sul posto e si tinse immediatamente di cremisi, le guance
improvvisamente calde.
Tirò fuori la bacchetta dalla tasca – che stupida, si disse, avrebbe dovuto
farlo prima – e mormorò Muffliato
contro la porta, rendendola insonorizzata.
Si avvicinò al letto e si lasciò cadere seduta, i battiti di nuovo accelerati.
“Pensi lo dirà a Ron?” domandò, e Ginny si avvicinò piazzandosi di fronte a
lei.
“Non credo. E anche se fosse dubito che le crederebbe”
“Ron è un po’ troppo incline a credere ai pettegolezzi” disse Hermione, ma
Ginny si limitò a scrollare le spalle.
“Come tutti” ribatté saggiamente, e Hermione si lasciò andare.
“Sì, Malfoy” sussurrò, in risposta alla pseudo-domanda che l’amica le aveva
posto poco prima.
La bocca di Ginny si stirò in un sorriso malizioso e si sedette a terra, le
gambe incrociate e la gonna ben sistemata. Hermione la fissò.
“Come? Quando? Dimmi tutto”.
Hermione sentì quella piacevole e fastidiosa sensazione allo stomaco per
l’ennesima volta e inspirò profondamente.
“Ecco... nella Sala delle Armature...”
“Oh” disse Ginny, e Hermione la scrutò.
“Cosa?” chiese fissandola incuriosita, e Ginny scosse la testa.
“Niente, ci sono stata con Dean. Continua”.
Hermione pensò che fosse meglio ignorare quel commento e cercò di trovare le
parole giuste per proseguire. Era difficile dopotutto raccontare una cosa del
genere.
“Beh, ecco, devo iniziare col dire che non è proprio la prima volta...”
Ginny spalancò gli occhi, stupefatta.
“Non è la prima volta? Che vuol dire?!” sbottò, e Hermione si tirò leggermente
indietro. Tanto valeva, comunque, dirle tutto ormai; la frittata era fatta.
“La settimana scorsa mi ha baciata lui... in Biblioteca...” azzardò a voce
bassa, sentendo le guance arrossarsi di nuovo. Ginny non disse nulla. Le labbra
strette, gli occhi attenti, attese silenziosa che Hermione continuasse il suo
racconto. Doveva aver capito, comunque, che era successo quando lei li aveva
lasciati da soli.
Ma Hermione sapeva che quella calma non sarebbe durata a lungo. Era sicura che
Ginny se ne sarebbe uscita quasi urlando, quando avrebbe finito di raccontare.
E le raccontò tutto, come fa una ragazza con la sua migliore amica. Le disse
della litigata nella Biblioteca omettendo ovviamente determinati particolari,
le raccontò del bacio e di come Malfoy fosse fuggito via subito dopo, e di come
l’avesse ignorata per tutta la settimana successiva.
Le raccontò il suo sollievo, quando le era finalmente sembrato che Malfoy
avesse deciso di lasciarla in pace, e il suo stupore quando se l’era trovato
dietro nella Stanza delle Armature.
Le riferì il loro pseudo-discorso, e il fatto che Malfoy sembrasse davvero in
lotta con sé stesso. E poi quelle parole... Vai via, se non vuoi che accada di nuovo.
Ma Hermione non era andata via, e quando finì di raccontare tutto quello a
Ginny, si sentì decisamente più leggera.
Ginny rimase seduta a terra con braccia e gambe incrociate, valutando la
situazione.
“Beh” disse infine, e Hermione rilasciò il fiato tutto insieme felice di
sentirla parlare. Aveva paura di come avrebbe potuto giudicarla, dopotutto
Ginny era una persona così schietta da metterla quasi a disagio. “Ovviamente
c’è qualcosa. Vi piacete” azzardò, e Hermione saltò su come se si fosse appena
seduta su un porcospino.
“No!” esclamò con veemenza, agitando le braccia e la testa. “Piacermi? Malfoy?
E... io? A Malfoy? No, no” ribatté confusamente sotto lo sguardo scettico di
Ginny.
“In teoria si bacia qualcuno solo se ci si sta insieme” disse, e Hermione incrociò
immediatamente le braccia, sostenuta.
“Certo” rispose schioccando la lingua. Non sapeva perché, ma si irritò
all’improvviso. “Vallo a dire alla Parkinson, lei non sta con Malfoy,
eppure...”
“Oddio” la interruppe Ginny, e Hermione prese a picchiettare nervosamente per
terra con il piede. “Sei già gelosa? È grave”
“Non sono gelosa!” sibilò Hermione,
rendendosi immediatamente conto che probabilmente sì, un po’ gelosa era. Ma non
capiva di cosa, non aveva senso tutto quello.
“Ok, ho capito, calma...” tentò di tranquillizzarla Ginny, alzandosi da terra.
Si portò di fronte a Hermione e incrociò di nuovo le braccia con un’espressione
che all’amica non piacque affatto.
“Ti è piaciuto?” domandò, e Hermione saltò sul posto con il viso in fiamme.
Ma che domande erano?
Spalancò la bocca per rispondere ma non ne uscì nulla, solo un suono
leggermente strozzato.
Le era piaciuto? Certo che le era piaciuto, altrimenti sarebbe rimasta ferma
come aveva fatto la settimana prima, o lo avrebbe respinto. E non aveva fatto nessuna
delle due cose.
Sospirò, passandosi una mano sulla fronte e socchiudendo gli occhi per un
attimo.
“Non lo so” rispose infine, sincera. Ginny si lasciò scappare un sorriso
intenerito e le diede un paio di pacche sulla spalla – molto stile Harry, si ritrovò
a pensare Hermione.
“D’accordo” disse, facendo un cenno con la testa.
“Credo che andrò a farmi una doccia” disse Hermione, avvicinandosi al baule per
prendere i vestiti.
Ginny annuì, la salutò e uscì dal dormitorio richiudendosi la porta alle spalle.
*
“Scacco matto!” gridò Ron sollevando un pugno in aria,
felice. Harry vide il suo Re incrociare le braccia insoddisfatto per come il
suo padrone aveva comandato i suoi compagni e sbuffò, iniziando a togliere i
pedoni dalla scacchiera.
“Di nuovo. Ma che gioco a fare?” borbottò contrito, mentre Ron si esibiva in un
balletto improvvisato sul posto. Ginny rise e Hermione sollevò appena gli occhi
dal libro di Pozioni, per poi tuffarcisi di nuovo dopo aver dato in un risolino
divertito.
Harry sistemò nella scatola gli scacchi e si adagiò sul divano, comodo,
gettando un’occhiata a Ginny e notando come lei lo stesse guardando con un
certo interesse.
Si sentì arrossire appena e spostò lo sguardo su Ron che, soddisfatto, si era
abbandonato sulla poltrona con gli occhi fissi sul caminetto.
Lo sguardo di Ginny gli perforò la nuca, e un improvviso senso di colpa si fece
avanti dentro di lui, sempre più consistente.
Erano ormai passate quasi due settimane, e lui non aveva ancora detto nulla a
Ron riguardo la sua neonata storia con Ginny.
Ma come dargli torto, dopotutto? Aveva visto Ron inveire – in privato,
ovviamente – contro ogni singolo ragazzo di Ginny, e non era facile ammettere
che lui era diventato uno di quelli a tutti gli effetti.
Si grattò la testa e si voltò di nuovo verso Ginny, che lo fissava così
intensamente da farlo arrossire.
Non sapeva perché, ma aveva un certo qual modo di farlo sentire in colpa anche
se sapeva, in fondo, di non aver fatto nulla di male.
Hermione, incuriosita da quel silenzio così perfetto per studiare, lesse
l’ultima riga della pagina che aveva deciso di imparare a memoria e alzò gli
occhi, notando quello scambio di sguardi e l’espressione beata di Ron che,
ovviamente, non si era accorto di nulla.
“Ginny, come va la preparazione per i G.U.F.O.?” domandò Hermione, richiudendo
il libro con un colpo secco e attirando l’attenzione.
Ginny si voltò verso di lei e Harry tirò un leggero sospiro di sollievo.
“Sto studiando” disse, sollevando dalle gambe il grande volume di Antiche Rune*,
chiuso.
Hermione le gettò un’occhiata poco convinta e si voltò verso Ron.
“Dovreste studiare anche voi” disse, e Harry sollevò le sopracciglia.
“Non abbiamo i G.U.F.O.” ribatté, e Hermione scosse la testa mentre Ron
abbandonava la sua personale contemplazione del fuoco e si voltava verso di
loro.
“Ma avete gli esami, fra un mese e mezzo esatti. Vi converrà studiare”
“Possiamo sempre copiare da te” rispose Ron tirando fuori la lingua, e Hermione
schioccò la sua così forte da far sobbalzare Grattastinchi, acciambellato
davanti alle gambe della sua sedia.
“Scordatelo proprio” rispose stizzita, poggiando il libro sul tavolo e
incrociando le braccia.
Ron le sorrise e Hermione arrossì leggermente, quando un cigolio alle loro
spalle li fece voltare.
Lavanda era appena arrivata, e Ginny immediatamente assottigliò gli occhi
mentre la vide avvicinarsi a loro e poi deviare verso un divano accanto alla
finestra.
Hermione per un attimo si chiese che intenzioni aveva e rimase immobile,
trattenendo il respiro in attesa di una sua mossa, ma non avvenne nulla.
Lavanda si sedette senza una parola e aprì un libro appena preso dalla borsa.
“Che succede?” chiese Ron, notando l’improvviso cambio di atmosfera.
“Niente” tagliò corto Ginny, cercando di non guardare Hermione ma cercando allo
stesso di infonderle una certa sicurezza. “Comunque odio questi stupidi
G.U.F.O. Sono difficili? I professori ci terrorizzano, al riguardo”.
“Sì, lo sono” ribatté Ron, ma Hermione si sentì in dovere di dissentire.
“Lo sono solo se ti fai trovare impreparato. Studia e vedrai che non avrai
problemi, come in tutti gli esami. Penso che i G.U.F.O. siano diversi solo
perché ci sono esaminatori esterni”
“Eppure” intervenne Ron a mezza bocca, “Mi pare che tu ti fossi preparata come
nessun altro studente della scuola, eppure al terzo anno sei stata l’unica a
fuggire dall’aula di Difesa Contro Le Arti Oscure perché il tuo Molliccio si
era trasformato nella McGranitt...”
Harry e Ginny scoppiarono a ridere e Hermione divenne rossa dalla rabbia e
dall’imbarazzo.
Come dimenticare quel terribile giorno? Gli esami erano andati benissimo, ma
non era riuscita a completare il percorso creato da Lupin perché, arrivata alla
prova del Molliccio (dove Harry aveva totalizzato il massimo dei punti, e
quello era stato un smacco enorme perché Harry non era mai stato migliore di
lei in nulla, a scuola), quello aveva preso la forma della professoressa
McGranitt che le annunciava che era stata bocciata in tutti gli esami.
E lì non aveva resistito, era corsa fuori urlando terrorizzata.
Si era vergognata a morte di quell’esame, e Lupin era stato troppo buono a
darle un Oltre Ogni Previsione. Si meritava una T per come era fuggita.
Si voltò a guardare i suoi amici che ancora ridevano di cuore, le lacrime agli
occhi, e si lasciò andare a un sorriso allegro.
Dopotutto erano passati anni, era ora di riderci su.
Scoppiò a ridere quando Ron si alzò dalla poltrona per fare una sua molto
simile imitazione e non notò lo sguardo invidioso che Lavanda le aveva appena
lanciato da lontano.
*
“Sempre i soliti ritardatari” commentò Ginny guardando il
grande orologio appeso in Sala Grande.
Erano le otto e mezza e non c’era traccia di Harry e Ron.
“Avranno passato la notte a giocare a scacchi, invece di studiare” rispose
distrattamente Hermione mentre masticava lentamente e leggeva qualche pagina di
Aritmanzia.
Ginny non rispose, ma Hermione non se ne curò.
Continuò a leggere in attesa che arrivassero i suoi migliori amici, che a
quanto pareva non avevano voglia di presentarsi a colazione, quella mattina.
Fece giusto in tempo a pensarlo che si sentì strattonare e il libro le cadde di
mano, e si ritrovò in piedi rischiando di cadere oltre la panchina.
Sentì una mano stringersi intorno al suo polso.
“Ma...!” si voltò e sgranò gli occhi.
“Vieni!” disse il ragazzo che aveva di fronte, tirandola più forte. Hermione
scavalcò la panca con cautela chiedendosi perché doveva trattarla così davanti
a tutti, e lo seguì mentre lui la trascinava fuori.
Ginny li fissò con gli occhi spalancati mentre Harry prendeva posto accanto a
lei e le sfiorava la gamba con la mano.
“Ma che è successo?” chiese, e Harry scrollò le spalle.
“Non ne ho idea” disse, servendosi una porzione di porridge.
“Ron, mi fai male!” strepitò Hermione tirando il braccio per
liberarsi dalla presa dell’amico, ma lui non le diede ascolto.
La trascinò fuori dalla Sala Grande e per tutta la Sala d’Ingresso, fino al
portone principale. Lo superarono sotto gli sguardi attoniti degli altri
studenti che entravano e uscivano dalla sala per la colazione e si passò una mano
sul viso, chiedendosi cos’avesse combinato stavolta.
Ron la portò fuori, accanto alla scalinata del portone, ma nessuno dei due si
accorse della figura bionda che aveva appena sceso le scale della Sala
d’Ingresso e che li aveva visti fuggire fuori.
Draco Malfoy, chiedendosi cosa stesse combinando, si avvicinò alla pesante
porta e si appiattì contro di essa, le orecchie tese e gli occhi curiosi e
concentrati.
Cercò di apparire naturale e incrociò le braccia, perché sapeva quanto poteva
essere strano trovarlo lì, poggiato alla porta aperta apparentemente senza
avere nulla da fare.
Ma ce l’aveva, in realtà, qualcosa da fare.
“Ron!” Hermione sbatté contro la sua schiena mentre Ron si fermava e la
lasciava andare, per poi voltarsi verso di lei e fissarla serio.
“Che succede?” chiese, preoccupata. Lo sguardo di Ron non presagiva nulla di
buono.
“Ieri sera, prima di salire per andare a dormire, Lavanda mi ha fermato per
informarmi di una cosa” disse, e Hermione si ritrovò a spalancare gli occhi.
Ecco perché quella vipera era tornata nel dormitorio solo un’ora dopo di lei.
Aveva atteso che lei non ci fosse per poter raccontare tutto a Ron e,
probabilmente, anche a Harry.
Schioccò la lingua infastidita e si sistemò la frangetta che le era andata
davanti agli occhi.
“Cosa ti ha detto?”
“Che ti ha sentito mentre raccontavi a Ginny di...”
Fece una pausa.
“Dio, non riesco neanche a dirlo” disse Ron digrignando i denti, e Draco sentì
una strana sensazione impossessarsi di lui. Cosa poteva provocare una reazione
del genere in Weasley, se non lui? Dunque la Granger aveva raccontato tutto
alla piattola? E ora lo sapeva anche la Brown?!
“Di aver baciato Draco Malfoy?” completò per lui Hermione, frugando velocemente
in quella sua testa piena di idee.
Ron annuì con le sopracciglia inarcate pericolosamente e Hermione scoppiò a
ridere, dandogli una pacca sulla spalla.
Sia Draco che Ron spalancarono gli occhi, perplessi.
“Cosa c’è da ridere?”
“Non le avrai creduto, spero!” esclamò Hermione, ridendo ancora.
Ron si sentì molto stupido.
“No... è per questo che sono venuto a chiedertelo”
“Mi ha sentito mentre raccontavo a Ginny della Polisucco, all’inizio dell’anno”
disse Hermione alla svelta. “Le ho raccontato del fatto che avevo preso il
posto di Pansy Parkinson e che, in quel frangente, mi ero baciata con Malfoy.
Tutto qui. Lavanda ha sentito solo l’ultima parte”.
Ron rimase un attimo in silenzio, soppesando le parole di Hermione.
“Gliel’avete spiegato?” chiese, e Hermione annuì, smettendo di ridere.
“Certo che gliel’abbiamo detto, ma ovviamente quella capisce solo quello che
vuole. E credo che allontanarmi da te sia il suo obiettivo” rispose, senza
riflettere.
Ron la fissò.
“Ah, sì? E per quale motivo?”
Draco strinse forte la bacchetta all’interno del mantello.
“Beh, lo sai che... insomma, è sempre stata gelosa di me, anche quando stavate
insieme” disse Hermione cercando di cavarsi di impaccio, sapendo di star
arrossendo vistosamente.
Ron la osservò mentre si tingeva di quell’adorabile rosso carminio e poi annuì
con un sorriso, sentendosi più leggero.
“Già, è vero” disse, allungando la mano. Hermione non poté fare né dire nulla,
che lui strinse la sua lievemente.
“Andiamo a fare colazione” disse, e insieme si incamminarono verso la Sala
Grande senza lasciarsi.
Draco sentì i passi avvicinarsi a lui ma non poté fare altro che appiattirsi di
più contro il legno freddo; se si fosse mosso l’avrebbero visto, era più saggio
cercare di mimetizzarsi contro la parete.
Si siede dello stupido mentre Ron e Hermione entravano nella Sala d’Ingresso e
lo sorpassavano senza vederlo, e Draco li seguì con lo sguardo finché non
incontrò due paia di occhi che lo fissavano stralunati.
Ron e Hermione passarono accanto a Blaise e Theodore senza guardarli e
tornarono nella Sala Grande da Ginny e Harry, e Draco rimase pietrificato
capendo che i suoi due amici avevano intuito tutto.
Con un pugno dato all’indietro contro il portone di legno, ringhiò mentre si
allontanava per tornare nella Sala Comune di Serpeverde.
Gli era passata completamente la fame.
*
“Cosa voleva Ron stamattina?”
“Come, non lo sai?” domandò Hermione inarcando le sopracciglia, smettendo di
accarezzare Grattastinchi. Harry scosse la testa mentre metteva il punto finale
alla sua lunga relazione di Storia della Magia e la guardò soddisfatto,
chiedendosi se sarebbe riuscito ad accaparrarsi almeno una A.
“Ieri Lavanda l’ha fermato e gli ha detto una cosa spiacevole” disse Hermione,
e Harry sollevò la testa per guardarla.
“In effetti ieri Ron è salito su un po’ dopo di me, e lei era ancora nella Sala
Comune... Cosa gli ha detto, comunque?”
“Che io e Malfoy ci siamo baciati” rispose Hermione con semplicità, riprendendo
ad accarezzare Grattastinchi che fece rumorosamente le fusa su di lei.
Harry spalancò gli occhi e Hermione, anche se non lo vide, percepì immediatamente
quella reazione e tornò a guardarlo, un sorrisetto ad incresparle le labbra.
“Tranquillo, ha capito male. Nel senso, ho raccontato a grandi linee a Ginny
della Pozione Polisucco e del fatto che ero scappata via quando Malfoy mi aveva
baciata, e Lavanda ha sentito solo quest’ultima parte”.
Harry rimase stupito dalla tranquillità con cui Hermione gli aveva raccontato
l’accaduto, ma quel tono pacato con cui aveva parlato gli fece pensare che non
stesse mentendo.
“...Capisco” disse Harry quindi, tornando tranquillo. Hermione continuò a
sorride, ma dentro di lei aveva voglia di urlare.
Lavanda per poco non combinava un casino, e lei ci aveva messo tantissimo a
rimettere insieme i pezzi della sua vita; non voleva litigare di nuovo con
Harry e Ron, non avrebbe retto altro tempo da sola con i suoi pensieri,
soprattutto perché aveva il pessimo tempismo di imbattersi sempre in Draco e di
pensare a lui, quando era sola.
“Comunque” disse, cercando di scacciare quei pensieri dalla testa, “Parlando di
Ron... quando hai intenzione di dirglielo? Di te e Ginny, intendo. Non potete
stare nascosti all’infinito”.
Harry tacque, le labbra strette e l’espressione tesa, le guance leggermente arrossate.
“Presto... ma non so come. Sembra così felice che Ginny si sia mollata con
Dean...”
“Ti conviene dirglielo al più presto, potrebbe prenderla male”
Harry annuì contrito.
“Tu come glielo diresti? Perché io non so proprio come tirare fuori il
discorso...”
Hermione rifletté.
Come avrebbe fatto? Oh, beh, non era difficile immaginarlo, perché
effettivamente lei aveva qualcosa da
raccontare ai suoi migliori amici ma non aveva ancora avuto il coraggio di
farlo. E quel fantomatico coraggio le era scomparso definitivamente quando
quella mattina Ron l’aveva presa per parlarle a quattrocchi.
D’altronde, non era sicura neanche che ci fosse qualcosa da raccontare,
comunque.
In altre occasioni, sarebbe corsa dai suoi migliori amici dicendo che una
determinata persona l’aveva baciata, e poi? Non era così sprovveduta da pensare
che un bacio potesse significare qualcosa, tantomeno per Malfoy, ma
effettivamente qualcosa era successo dentro di lei, era cambiato.
Cosa, non sapeva dirlo, ma aveva tutta l’intenzione di non farci caso.
“Non saprei proprio” rispose dunque, accarezzando la coda di Grattastinchi.
*
“Ecco... ecco... ora... cadono... Cavolo!”
Ginny osservò impotente i sette libri caderle dalle braccia con un tonfo sordo
e li fissò con le braccia spalancate, indecisa tra il prepotente sentimento di
prenderli a calci da lì fino alla Torre di Grifondoro e quello di raccoglierli
prima che Madama Pince, sbucata da chissà dove, la vedesse trattarli in quel
modo.
Sbuffò e si chinò a terra maledicendo i G.U.F.O., così impegnativi da
costringerla a saccheggiare la biblioteca per poter ripassare decentemente.
Afferrò il libro di Pozioni e poi lo poggiò di nuovo a terra, rendendosi conto
che non era il più grande di tutti; aveva bisogno di un po’ di logica se non
voleva farli cadere a terra di nuovo: afferrò il libro di Incantesimi, il più
grande e spesso, e lo piazzò in braccio, iniziando a poggiarvi sopra gli altri
a seconda della grandezza.
“Cosa ci facevi lì!?”
Ginny sollevò la testa di scatto, spalancando la bocca per rispondere a
chiunque avesse parlato, ma la chiuse immediatamente.
Quel qualcuno che aveva parlato non si era rivolta a lei, e non fece molta
fatica a riconoscere la voce.
Smise di raccogliere i libri e rimase in silenzio, china, mentre dietro
l’angolo dei passi pesanti e affrettati risuonavano per il corridoio e poi si
bloccavano.
“Un giro” rispose una voce bassa e cupa, somigliante a un grugnito.
“Non prendermi in giro, Tiger!” sbottò Malfoy infuriato, forse picchiando un
pugno contro la parete. Ginny trattenne il fiato e spalancò gli occhi,
continuando a sentire.
“Dovete stare lontani da quella stanza!” gridò Draco, e Ginny capì
immediatamente che doveva essere fuori di sé dalla rabbia. La voce di Tiger,
comunque, la raggiunse calma e tranquilla.
Non sapeva che quel... coso sapesse
tenere testa a Malfoy in quel modo.
“Perché?
Sentì Draco ringhiare.
“Lo sapete perché” rispose con voce sommessa, e Ginny lo immaginò facilmente
assottigliare gli occhi grigi dalla rabbia.
“Smettila di comportarti ancora come se fossimo i tuoi leccapiedi. Tu non sei
nulla, Draco, proprio come tuo padre”.
Ginny non riuscì più a sentire nulla perché l’attimo dopo due grida
echeggiarono per il corridoio, confuse.
“STUPEFICIUM!”
“PROTEGO!”
Sentì un tonfo e vide Malfoy passarle davanti volando, scaraventato
all’indietro dall’incantesimo di Tiger che doveva essersi rivelato più potente
del previsto.
Senza dire nulla, Ginny raccolse di fretta tutti i libri e corse via cercando
di non farne cadere neanche uno per non attirare l’attenzione.
Smise di correre senza guardarsi indietro solo quando raggiunse il ritratto
della Signora Grassa; lo attraversò con il cuore in gola, entrò a buttare il
carico di libri sul divano e corse a cercare Hermione.
*
Hermione, dopo aver praticamente gridato la parola d’ordine
al Gargoyle, salì la scala a chiocciola e bussò alla porta con enfasi, e questa
si aprì qualche secondo dopo.
Cercò di calmarsi, e la vista di Silente, seduto alla scrivania di fronte a lei
sortì subito l’effetto desiderato.
“Salve, signorina Granger. Qual buon vento la porta qui?” chiese con
gentilezza, e Hermione si fece strada nell’ufficio richiudendosi la porta alle
spalle, ma non si sedette sulla sedia davanti lo scranno.
Si torturò le dita indecisa su come cominciare, e ripensò alla conversazione
che aveva avuto con Ginny poco prima.
Le aveva detto di aver sentito Malfoy e Tiger litigare, le aveva riportato la
conversazione così come l’aveva sentita e Hermione le aveva fatto giurare che
non avrebbe detto nulla a Harry.
Ginny, dopo qualche protesta, aveva acconsentito ma non era comunque stata del
tutto convinta. Hermione, comunque, non aveva avuto tempo di spiegarle; aveva
avuto come l’impressione che quella fosse un’informazione fondamentale ed era
corsa da Silente.
“Professore, ho sentito... una cosa” disse, e Silente si mostrò vagamente
interessato, inarcando le sopracciglia.
“Mi dica, la ascolto”
Hermione raccontò velocemente quello che aveva saputo, ripercorrendo poi ogni
frase per poterla modificare e renderla meglio: si sentiva agitata, non
riusciva a parlare spontaneamente perché un dubbio atroce, dopo quello che
aveva scoperto, l’aveva assalita.
Quando ebbe finito di raccontare quella corta storia confusa, Silente annuì con
la testa e aprì un cassetto, estraendone una lettera imbustata con un sigillo
rosso in ceralacca nel mezzo.
Si alzò e consegnò la lettera a Hermione con la mano sinistra. Lei cercò
immediatamente di scorgere l’altra, ma si accorse che era cautamente nascosta
nel mantello.
“Potrebbe consegnare questa al Signor Potter il prima possibile?” chiese
gentilmente, e Hermione prese la lettera registrando quello che il preside le
aveva appena detto.
“...Come?”
“È urgente, signorina Granger” rispose lui con un sorriso leggero, che
lentamente svanì quando Hermione spalancò gli occhi per ribattere.
“Non ha intenzione di fare nulla?! Le ho detto che Tiger e Goyle...”
“Non si deve preoccupare di questo” la interruppe Silente sollevando la mano
integra. Hermione chiuse la bocca di scatto e per un attimo si sentì indignata.
Era una cosa importante, come poteva Silente ignorarla così bellamente?
“Ora, se non le dispiace, gradirei se portasse questa lettera al Signor Potter.
Davvero” aggiunse Silente, notando che Hermione spalancava la bocca per
ribattere.
“D’accordo, Professore” sussurrò in risposta, stringendo la mano intorno alla
lettera.
Come un automa, si voltò e uscì dall’ufficio così com’era venuta, ancora più
confusa di prima.
Percorse velocemente i piani che la separavano dalla Sala Comune dei Grifondoro
e quando arrivò consegnò immediatamente la lettera a Harry, che l’aprì cercando
di nasconderla a sguardi indiscreti.
“È un’altra lezione... l’ultima, dice!” disse, battendosi una mano sulla
fronte.
Sollevò gli occhi dalla lettera mentre la risistemava nella busta e sospirò,
rendendosi conto che alla fin fine, con Lumacorno non era arrivato da nessuna
parte.
“Credo che userò la Felix Felicis” disse infine, e Ron inarcò le sopracciglia.
“Per cosa?”
“Per ottenere il ricordo di Lumacorno... sono giorni che ci penso, credo di non
avere altra scelta”.
Hermione, che aveva preso posto accanto a Ron, incrociò le braccia e annuì
convinta, ma con la mente era altrove.
Doveva assolutamente parlare con Draco.
After you read:
*Allora, la Rowling non ha mai fatto cenno alle materie
scelte da Ginny dal terzo anno in poi, quindi facendomi un paio di filmini
mentali ho deciso che saranno:Cura
delle Creature Magiche e Rune Antiche, per un semplice fatto!
1- Babbanologia non le serve, ha Hermione e le basta che sia suo padre ad
interessarsi ai Babbani XD
2- Divinazione no, sa cosa ne pensano Harry, Ron e Hermione ed è una persona
piuttosto pragmatica, non ce la vedo a fare una materia così senza capo né coda
(come Hermione, d’altronde)
3- Aritmanzia no, e non so il motivo ma non mi ispirava particolarmente XD
Dunque *O* Eccomi qui, avevo detto che tornavo a marzo e
invece eccomi qualche giorno prima.
Sorprese? XP
Bene, so che in questo capitolo non accade nulla per i piccioncini, a parte la
palese gelosia di Draco, ma... ci avviciniamo alla fine. Del sesto libro, cioè.
Sì, lo so che sono capitoli che lo ripeto, ma è davvero così, quindi per ora
non aspettatevi più scene amorevoli tra i due protagonisti perché – ahimè – la
fine del sesto libro è fatta praticamente di sola avventura!
Bene, spero che vi sia piaciuto, eee fatemi sapere *w*
*Accio recensioni!*
Vi saluto che è tardi ò___ò
Grazie mille a tutti voi *O*
Tonna <3
Harry uscì dall’ufficio di Silente richiudendosi la porta
alle spalle e avviandosi giù per la scala a chiocciola con un enorme peso nel
petto.
Appena entrato, dopo i primi convenevoli, Silente gli aveva chiesto come stava
andando il suo compito di convincere Lumacorno a cedergli il suo ricordo più
prezioso, e Harry era stato costretto a rispondere, a bocca stretta, che non
aveva ancora ottenuto nessun risultato.
Quando poi Silente gli aveva chiesto se pensava di averci messo tutto se stesso
– perché ovviamente Harry sapeva
quanto importante fosse ottenere quel frammento -, Harry aveva risposto di no,
sentendosi improvvisamente più piccolo sulla sedia di fronte a quella del
Preside. In effetti si era meravigliato di accorgersi che i suoi piedi
toccavano ancora il pavimento, non lo avrebbe creduto possibile.
Comunque, nonostante il leggero sguardo di rimprovero, Silente non gli aveva
fatto pesare la cosa. Si era avvicinato al Pensatoio, vi aveva liberato un paio
di ricordi e poi lo aveva invitato a fare l’ennesimo salto nelle sue memorie, e
quello che Harry aveva visto lo aveva leggermente stordito.
Aveva saputo che Voldemort – o meglio, all’epoca, Tom Riddle – aveva chiesto
all’allora Preside Dippett di poter diventare docente di Difesa Contro le Arti
Oscure non appena uscito da Hogwarts, ma quel posto gli era stato negato e lui
aveva ripiegato per un impiego da Magie Sinister.
E poi Silente gli aveva mostrato il ricordo di un’Elfa Domestica di nome Hokey,
la cui padrona, una strega molto vecchia di nome Hepzibah Smith, aveva avuto un
incontro molto ravvicinato con il giovane Tom.
Quando Harry aveva immerso la testa nel vorticoso fluido argenteo, aveva subito
capito quanto stupida fosse quella donna, tutta frivola e presa a prepararsi al
meglio per la visita di quel ragazzo che tanto le piaceva.
Era stato lampante che quella vecchia signora adorava Tom, e con quel potere
inaspettato che lei gli aveva conferito Tom era riuscito, dopo parecchi
complimenti e parecchi biscotti, a convincerla a mostrargli quello che lei
definiva “il suo tesoro più bello”. Hokey, trotterellando verso di loro, aveva
portato due scatole che, una volta aperte, avevano attirato l’attenzione di Tom
molto più degli stupidi affari per cui era giunto in quella casa.
La Coppa di Tassorosso e il Medaglione di Serpeverde.
Attraverso i ricordi dell’Elfa, Harry era riuscito a vedere lo strano brillio
negli occhi di Voldemort.
Due giorni dopo, Hepzibah Smith era stata trovata morta ed era stata Hokey ad
essere accusata.
Harry aveva appreso inorridito quella notizia, così come quella che Silente gli
aveva dato poco dopo.
Non si era più sentito parlare di Tom Riddle per dieci anni: subito dopo la
morte di Smith, si era licenziato e probabilmente aveva vagato per il mondo
alla ricerca di qualcosa di non ben definito, ma nessuno avrebbe mai potuto
dirlo con certezza, finché alla fine, Voldemort era ritornato.
E l’ultimo ricordo che Silente aveva mostrato ad Harry, gliene spiegava il
motivo.
Tom Riddle era andato dritto dritto da Silente – in quegli anni divenuto
Preside di Hogwarts – e aveva di nuovo chiesto il lavoro che gli era stato rifiutato
a diciotto anni.
Ovviamente Silente aveva rifiutato ancora, e Tom Riddle se n’era andato e non
era più tornato.
Harry si passò una mano sulla fronte mentre il gargoyle balzava di lato e si
ritrovò nel corridoio deserto. Dovevano già essere tornati tutti nelle Sale
Comuni, probabilmente erano le nove passate.
Con passo svelto, sperando di non incappare in qualche professore o Prefetto di
ronda – anche se lui aveva le sue buone ragioni per stare in giro a quell’ora –
si affrettò verso la torre di Grifondoro e la raggiunse pochi minuti dopo.
Non fu affatto sorpreso di trovare Hermione e Ron appollaiati sulle poltrone
davanti al fuoco, mentre intorno parecchi studenti giocavano e studiavano.
Si avvicinò a loro e sprofondò accanto a Ron, salutandoli.
“Harry! Com’è andata?” chiese Hermione richiudendo il libro che aveva davanti –
ma non faceva altro? – e fissandolo con attenzione.
Ron gli passò una Cioccorana e Harry l’addentò con gusto, sistemandosi meglio
per iniziare a raccontare a voce decisamente sommessa quello che Silente gli
aveva mostrato.
Alla fine della sua storia, Hermione era rimasta senza fiato e Ron si guardava
intorno con circospezione.
“Beh, ora sappiamo perché nessun insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure
resiste più di un anno. Porta davvero sfortuna, quel posto”
“Non posso credere che abbia ucciso la signora Smith solo per... per... per dei
trofei!” biascicò Hermione incredula, irrigidendosi.
Harry scrollò le spalle; certo, un pensiero del genere faceva orrore, ma se
paragonato a quello che aveva fatto Voldemort in seguito, non era poi questa
gran cosa.
“Ho proprio bisogno del ricordo di Lumacorno” sussurrò, incrociando le braccia,
lo sguardo attirato dal fuoco scoppiettante davanti a lui. “Credo che proverò
per un’altra settimana, e poi userò la Felix Felicis”
“Perché aspettare tanto?” chiese Hermione, e Harry si voltò verso di lei.
“Perché con tutti i casini che stanno per succedere, con Voldemort in giro,
penso che averla a portata di mano sia utile. Non vorrei sprecarla così”
“Ma non è sprecare” ribatté Hermione
contrariata.
“Dai, Hermione, lascialo fare come vuole” la ammonì Ron con un cenno del capo.
Hermione serrò le labbra e riaprì il volume, affondandoci di nuovo dentro.
Ron gettò un’occhiatina a Harry che accennò un sorriso, e prese a sgranocchiare
la sua seconda Cioccorana.
*
Aprile arrivò velocemente, portando con sé un sole caldo e
un cielo sereno che, si disse Harry, avrebbe certamente minato la
concentrazione agli allenamenti di Quidditch. Dopotutto, tutti sapevano che per
allenamenti o partite, era meglio un cielo coperto in modo che il sole non
accecasse troppo.
Hermione passava la maggior parte del suo tempo in biblioteca per via degli imminenti esami, ma allo stesso tempo si
era ritrovata sempre più spesso per i corridoi cercando di incrociare Draco.
Purtroppo per lei, non era riuscita a parlargli neanche una volta perché lui
sembrava deciso a volerla evitare ad ogni coso.
Per un attimo, dovette ammetterlo, era rimasta offesa da quel comportamento
perché comunque avevano condiviso una certa cosa,
per quanto strana quella potesse essere.
Non le andava giù il fatto che dopo averlo baciato – Dio, a ripensarci le
venivano i brividi: aveva baciato Draco
Malfoy – lui la ignorasse come se fosse il più insulso e insignificante
degli scarafaggi.
Era una cosa che non aveva senso, perché in quel momento lei aveva visto il suo
coinvolgimento e aveva letto qualcosa nei suoi occhi.
Evidentemente, aveva sbagliato su tutta la linea, si ritrovò a pensare mentre
scagliava su un tavolo della biblioteca tutti i libri che era riuscita a
portare.
Se Draco non aveva nulla da dirle, allora neanche lei ne aveva. Se Draco
davvero voleva far finta che non fosse successo nulla – cosa stupida, tra
l’altro, dato che era stato lui a cominciare – allora andava bene così.
Non aveva nulla da rimpiangere.
Il giorno della penultima partita del campionato di Quidditch, Tassorosso
contro Serpeverde, era arrivata in un batter d’occhio, e per quanto sia i
Grifondoro che si Corvonero desiderassero che fosse Serpeverde a vincere, alla
fine il boccino della vittoria era stato afferrato dal Cercatore di Tassorosso.
La partita era finita centosettanta a ottanta, e i Tassorosso si erano
accaparrati il terzo posto, mentre i Serpeverde il quarto.
Il mese successivo si sarebbe disputata quindi la finale tra Grifondoro e
Corvonero, e Harry, in qualità di capitano, decise di intensificare gli
allenamenti a quattro alla settimana – cambiamento accolto con protesta da
Hermione che, pur non facendoparte
della squadra – si era lamentata del fatto che avrebbero anche dovuto pensare
agli esami.
Fu così che Hermione si ritrovò da sola nella Sala Comune, un sabato pomeriggio
mentre tutti erano fuori ad allenarsi o divertirsi, a studiare come una
forsennata cercando di rimuginare su quali incantesimi e domande potessero
chiedere gli insegnanti agli esami.
Dopo due ore fu costretta a chiudere con un colpo secco il libro di Antiche
Rune e si massaggiò le tempie, sentendo gli occhi farsi più pesanti e la testa
girare.
Aveva assolutamente bisogno di una pausa; si stiracchiò allungando le braccia
sulla testa e poi sprofondò nella poltrona, fissando il fuoco che scoppiettava
al suo interno, e improvvisamente la sua testa fu invasa di pensieri.
Chissà se Malfoy era andato a vedere la partita? E se non era andato, cosa
stava facendo? Era rimasto al Castello? Era tornato nella Stanza delle
Necessità?
E Tiger e Goyle, i Battitori della squadra, cosa avevano davvero in mente? Era
chiaro che stavano cercando di ostacolare Draco in tutti i modi, ma ostacolarlo
mentre faceva cosa esattamente?
Silente ovviamente non aveva alcuna intenzione di sbottonarsi, e per quanto
Hermione fosse intelligente alla fine aveva dovuto ammettere che comunque non
avrebbe mai capito cosa stava architettando Draco se non gliene avesse parlato
lui di sua spontanea volontà.
Certo, aveva già pensato di piantarsi lì davanti alla Stanza delle Necessità
con il Mantello, ma, a parte il fatto che non era sicura che la cosa avrebbe
funzionato, non aveva più avuto l’occasione di incontrare Draco e quindi di
pedinarlo.
Si sentiva stupida a usare un termine del genere, visto e considerato che fino
a pochi mesi prima quel ragazzo rappresentava la sua nemesi, una nemesi che
aveva sempre cercato di evitare come la peste.
Hermione allungò una mano verso il tavolo e afferrò un foglio di pergamena
tutto spiegazzato e inutilizzato.
Era confusa, e aveva bisogno di mettere nero su bianco tutto quello che era
successo.
Prese inchiostro e piuma e se la rigirò tra le dita, indecisa su cosa
cominciare.
Com’era iniziata tutta quella storia?
Sollevò gli occhi al soffitto e improvvisamente ricordò tutto in modo chiaro:
ma certo, tutto era cominciato con la convinzione di Harry che Malfoy avesse il
Marchio Nero.
E non aveva sbagliato affatto.
“Non ce la faccio più!” sbottò una voce isterica, e Hermione
sollevò di scatto la testa facendo un piccolo salto sulla poltrona.
L’attimo dopo Ginny, bagnata da capo a piedi, entrò come una furia e si sfilò
rabbiosamente l’elastico che le tratteneva i capelli in una coda sfatta
probabilmente dall’allenamento e, sembrava, da un bagno fuori programma, e
gettò la scopa sul divano con un gesto di disapprovazione.
Il secondo successivo, Harry sbucò nella Sala Comune con gli occhi spalancati e
le braccia tese, la bocca aperta in una richiesta che Ginny sembrava non voler
accogliere.
“Mi sono stancata di fare tutto di nascosto!” sbottò inviperita lei, marciando
dritta verso la scala che conduceva ai dormitori, e nessuno dei due sembrava
aver notato Hermione che era rimasta impietrita a quella scena.
“Ginny, ti prego, aspetta...!” la implorò Harry correndole dietro mentre
cercava di afferrarla, e Hermione si ritrovò a ridere pensando che Harry era in
grado di acciuffare i Boccini più veloci ma non riusciva effettivamente a
trattenere la sua ragazza.
Quando Ginny fu sparita sopra le scale e Harry scivolò giù per averla seguita,
Hermione diede in un colpetto di tosse e l’amico si voltò rialzandosi e
massaggiandosi il sedere.
“...Ah” disse solamente. Hermione lo vide passare dal bianco atterrito al rosso
pomodoro. “Non ti avevo visto”
“Ho notato” ridacchiò lei, facendogli cenno di sedersi sul divano.
Harry annuì mesto e spostò la scopa di Ginny, poggiandola al muro, e sprofondò
nel divano con un sospiro sconsolato e l’espressione più desolata che Hermione
gli avesse mai visto in vita sua.
“Che è successo?” domandò Hermione pazientemente, ma aveva già capito che
quella questione riguardava Ron e la relazione che Harry stava ostinatamente
cercando di nascondergli.
Harry non rispose subito. Si prese qualche secondo per seppellire la vergogna e
il rammarico, poi aprì la bocca e la richiuse. Hermione accennò un sorriso
comprensivo, tenendo ancora aperto in bella vista la pergamena su cui si era
praticamente sfogata solo qualche minuto prima.
“C’entra per caso qualcosa con il fatto che Ginny era bagnata da capo a piedi?”
Harry annuì piano, poi sospirò e si passò la mano sulla frangetta per
appiattirla contro la cicatrice.
“Mi ha baciato. Cioè, ci stavamo baciando, no? Mentre tornavamo dall’allenamento...
eravamo vicino al Lago Nero”
Hermione strabuzzò gli occhi.
“E poi mi sono sentito chiamare da Ron e con un gesto involontario l’ho spinta.
Ma... ma...” si ritrovò a piagnucolare “Non
sapevo sarebbe caduta in acqua”.
Hermione serrò le labbra cercando di non ridere, ma non le riuscì tanto bene.
Harry la guardò storto e poi allungò lo sguardo sulla pergamena.
“Cos’è? Compiti?”
Hermione, ancora con quel sorriso sornione stampato in volto, abbassò lo
sguardo di scatto e all’improvviso il fatto che quella pergamena doveva
rimanere segreta le piombò addosso come una doccia gelata.
“No, no” disse, accartocciandola e buttandola nel fuoco, “niente di
particolare, scarabocchi per passare il tempo...”.
Harry non smetteva di fissarla, così Hermione tossì un paio di volte e tornò a
rivolgersi a lui con aria saccente.
“Quindi l’hai spinta, eh?”
“E pure forte” rispose Harry in un sussurro, tornando a sentirsi a disagio.
Hermione gli regalò un paio di pacche sulle spalle.
“E Ron? Dov’è? Pensavo fosse salito con te”
“No, mi aveva chiamato per avvertirmi che rimaneva un altro po’ ad allenarsi
visto che il campo non era stato prenotato da nessuno...”
“Harry, sei un disastro”
“Lo so da me, grazie, non c’è bisogno di infierire”
Hermione rise e Harry incrociò le braccia imbronciato.
“Ho preso una decisione, comunque” esordì, dopo qualche altro minuto di
silenzio in cui entrambi aveva fissato il fuoco come ipnotizzati.
Hermione si voltò di nuovo verso di lui, incuriosita, ma non disse nulla e
aspettò che lui continuasse.
“Domani prendo la Felicis. Non riesco a ottenere il ricordo da Lumacorno,
ottengo solo porte sbattute in faccia e... non posso più aspettare”
“Ottima idea!” esclamò Hermione con un sorriso enorme, sentendosi più leggera e
per un attimo in colpa.
Aveva anche pensato di bere un po’ della Felix Felicis di Harry per poter
scoprire quello che stava facendo Draco, ma poi aveva rinunciato pensando che
comunque era una pozione troppo preziosa per sprecarla a quel modo.
“Lo farò domani mattina. Ora ho solo bisogno di riposo” disse Harry alzandosi e
stiracchiandosi. Si allontanò e sparì su per la scala del dormitorio maschile,
e Hermione tornò a fissare il fuoco nel quale bruciava il foglio di pergamena
che vi aveva gettato dentro.
C’era mancato davvero poco.
*
“Come ti senti?”
Harry sollevò davanti agli occhi la boccetta ancora semipiena di Felix Felicis
e improvvisamente sentì di poter fare qualunque cosa.
Osservò Ron e Hermione al di sopra della fiala e la infilò tra le mani di
quest’ultima con un enorme sorriso.
“Bene, davvero bene!” esclamò con un gran sorriso, e Ron lo fissò un po’
innervosito mentre Hermione riponeva la pozione nella borsa.
Harry si alzò e si guardò intorno: era una sensazione fantastica. Sentiva di
avere tutte le possibilità di questo mondo ed era sicuro che anche se si fosse
buttato dalla torre di Astronomia, deciso ad atterrare sui piedi dopo qualche
salto mortale, ce l’avrebbe fatta senza nessun problema.
Gonfiò il petto e guardò fuori dalla finestra, e pensò che nessuna giornata gli
era mai sembrata bella come quella.
“Ottimo. Ottimo” disse, e Ron e Hermione si gettarono un’occhiata nervosa ma
non dissero nulla.
Harry si voltò verso di loro, si esibì in un sorriso enorme e coprì in poche
falcate la distanza che lo separava dal corridoio dietro al ritratto della
Signora Grassa.
Ron e Hermione si alzarono.
“Dove vai, Harry?!” chiese Ron, e Harry si fermò, si voltò e disse, come se
fosse la cosa più semplice e ovvia del mondo: “Vado da Silente!”.
Hermione e Ron spalancarono gli occhi.
“Cosa? No, Harry! Devi andare da Lumacorno! Devi convincerlo a darti il suo
ricordo!” sbottò Hermione incredula.
“Siamo sicuri che quella fiala contenga Felix Felicis?” domandò Ron cauto, e
Harry buttò fuori una risata cristallina.
“Ma certo!” esclamò gioviale, si voltò e si arrampicò su per il buco dietro il
ritratto.
Hermione sentì il dipinto aprirsi con un cigolio, richiudersi, e l’attimo dopo
il cigolio si ripresentò più forte e Harry tornò velocemente nella Sala Comune.
Ron lo fissò con tanto d’occhi.
“Hai dimenticato qualcosa?” gli chiese, e fece un passo indietro vedendo che
Harry si stava avvicinando a lui come una furia.
Harry si bloccò davanti a Ron e divenne improvvisamente serissimo; gli poggiò
una mano sulla spalla e parlò solenne.
“Ron, sono settimane che devo dirti una cosa, ma mi è sempre mancato il
coraggio”.
Hermione capì immediatamente cosa stava per dire Harry, ma non lo interruppe:
sapeva che non era giusto che Harry glielo dicesse sotto effetto della Felicis,
perché in quel caso la reazione di Ron sarebbe stata irrimediabilmente
compromessi dalla pozione, ma, lo stesso, rimase in silenzio.
“Harry, cosa...?”
“Sto con Ginny. Da quando Grifondoro ha vinto contro Tassorosso”.
Ron spalancò gli occhi e aprì leggermente la bocca. Hermione, allarmata, spostò
lo sguardo da lui a Harry, che continuava a fissarlo con un cipiglio severo
come se Ron avesse appena fatto qualche danno e Harry lo stesse rimproverando.
Per quelle che sembrarono decine di minuti, ma che in realtà erano solo poche
manciate di secondi, nessuno parlò.
Alla fine, Ron aprì di più la bocca e la richiuse, boccheggiando.
Harry tolse la mano dalla sua spalla, gli fece un cenno con la testa e accennò
un sorriso.
“Ne parliamo dopo, ok? Ora devo andare” e prima che Ron potesse anche solo
prendere in considerazione l’idea di rispondere, Harry era già sparito di nuovo
arrampicandosi sul buco dietro il ritratto.
*
Harry si ritrovò sulla scala a chiocciola girevole che
conduceva all’ufficio di Silente, gli occhi che brillavano e una sicurezza mai
sentita prima.
C’era qualcosa di insano in quella sensazione, e si ritrovò a pensare cosa
sarebbe successo se avesse mandato giù tutta la fiala piuttosto che solo
qualche goccia.
Quando la scala si bloccò, arrivò sul pianerottolo e allungò una mano per
bussare e la ritirò l’attimo successivo sentendo una concitata voce familiare
all’interno dello studio.
Sapeva di non dover origliare, ma se aveva l’occasione di ascoltare quella
conversazione dopo aver bevuto la Felix, sicuramente voleva dire che non c’era
nulla di male.
Riconobbe la voce acuta e praticamente sconvolta, teatralmente sconvolta della
professoressa Cooman – Harry storse la bocca; le aveva sentito quel tono odioso
tante di quelle volte durante le sue lezioni, mentre gli prediceva le morti più
orribili – e quella calma e pacata di Silente, che sembrava poco interessato
alla loro conversazione.
“Non ho intenzione di sopportare oltre quel... quel... quel ronzino, Preside!”
“Cara Sibilla, lei sa benissimo che non posso rimandare Fiorenzo nella Foresta
Proibita” rispose Silente tranquillo.
Harry sentì chiaramente un sospiro furioso al di là della porta e fece un
leggero passo indietro nel caso la professoressa Cooman avesse deciso di
scagliarsi contro la porta per andarsene via oltraggiata.
“Preside, lei forse non ricorda che quasi sedici anni fa, quando abbiamo avuto
quel colloquio nella stanza della Testa di Porco, lei mi ha confermato che...”
“Ricordo benissimo quello che le dissi all’epoca, Sibilla, ma come ha ben detto
sono passati quasi sedici anni e molte cose sono cambiate”
“No, invece!” esclamò a voce alta la professoressa Cooman, e Harry sobbalzò.
Quella conversazione si stava rivelando più interessante del previsto.
Ricordava che Silente gli aveva già detto di aver dato il posto di Divinazione
a lei solo perché l’aveva sentita formulare una vera e propria Profezia, quella
famosa sera alla Testa di Porco. “Temo che lei non ricordi molto, Preside,
forse l’interruzione di Severus ha distratto la sua attenzione!”
Il fiato di Harry si bloccò in gola.
Severus? Piton? Piton? “Le assicuro che ho ascoltato benissimo quello che aveva da dirmi e ricordo
alla perfezione tutto quello che le ho detto nonostante l’intrusione del
professor Piton” rispose pacato Silente, e la mente di Harry iniziò a lavorare
freneticamente.
Sì, Silente gli aveva raccontato che la Profezia era giunta a Voldemort tramite
qualcun altro che aveva ascoltato la conversazione tra lui e la Cooman, ma ora
che ci pensava bene non ricordava che Silente gli avesse detto di chi si
trattava, ne che lui glielo avesse chiesto.
Come aveva potuto? Un elemento importante come quello, come aveva potuto
trascurarlo?
“Ora, se non le dispiace, avrei alcune cose di cui occuparmi, quindi...”
“Ho capito!” sentì strillare la professoressa Cooman, e Harry con uno scatto
involontario si allontanò dalla porta. “Me ne vado!”
Senza attendere neanche un secondo, Harry si precipitò giù dalla scala a
chiocciola, il cuore che batteva furioso nel petto, e si scaraventò fuori dal
passaggio dietro il gargoyle.
Prese a camminare senza avere la più pallida idea di dove stava andando, ma una
domanda in particolare spiccava tra le centinaia che gli erano appena montate
nella testa.
Aveva davvero preso la Felix Felicis, la famosa Fortuna Liquida?
Perché in quel momento si sentiva tutto tranne che felice e fortunato.
Si passò rabbiosamente una mano sugli occhi e poi sulla cicatrice mentre
percorreva freneticamente scale e corridoi senza sapere esattamente dove voleva
andare, e un solo nome gli ronzò in testa per tutto il tempo.
Piton.
Piton.
Se non fosse stato per lui, lui non avrebbe avuto quella maledetta cicatrice, i
suoi genitori sarebbero ancora vivi, probabilmente anche Sirius sarebbe ancora
vivo.
Digrignò i denti così forte che per un attimo pensò di spezzarseli e si rese
conto di trovarsi nella Sala d’Ingresso, e si diresse verso l’esterno del
Castello.
Ignorò completamente gli sguardi curiosi degli altri studenti e marciò dritto
dritto verso il Lago Nero senza un’apparente motivo.
Quando arrivò lì accanto, trovò Lumacorno seduto a terra, intento a raccogliere
qualcosa che sembrava un’alga di un colore azzurro vivo.
Harry si bloccò sul posto e non riuscì a sentire nulla se non il rimbombo del
proprio cuore nelle orecchie.
Piton. Era stato Piton. Lo stesso Piton che gli aveva dato lezioni di
Occlumanzia, lo stesso Piton che gli aveva insegnato Pozioni per 5 anni, lo
stesso Piton che finalmente aveva ottenuto la tanto agognata cattedra di Difesa
Contro Le Arti Oscure; lo stesso Piton che lo aveva disprezzato fin dal primo
giorno in cui aveva messo piede ad Hogwarts. Lo stesso Piton che aveva sempre
cercato di farlo espellere.
Il Piton ex Mangiamorte. Il Piton di cui Silente si fidava.
Sentì il mondo crollargli addosso improvvisamente.
Aveva sempre creduto a Silente e a tutto quello che gli aveva detto, non aveva
mai avuto motivo di dubitare della sua onestà, e lui gli aveva nascosto una
cosa come quella.
E come gli aveva detto Hermione una volta, se non poteva fidarsi di Silente non
poteva fidarsi di nessuno.
Strinse i pugni così forte e si conficcò le unghie nella carne, ma non se ne
curò.
Aveva voglia di colpire qualcuno, di fare a pezzi qualcosa, di sfogarsi.
Forse sarebbe anche tornato nell’ufficio di Silente e gliene avrebbe cantate
quattro, giusto per rendere noto il suo leggero
disappunto.
“Harry?”
Harry sollevò la testa e si trovò davanti Lumacorno.
Non si era neanche accorto di aver spostato lo sguardo da lui a terra, né si
era accorto che il Professore gli si era avvicinato così tanto.
“Tutto bene, Harry?” domandò ancora Lumacorno, e Harry si accorse di avere gli
occhi lucidi.
Si passò il dorso della mano sugli occhi velocemente e poi riabbassò il
braccio, stavolta animato non più da rabbia, ma da un opprimente senso di
impotenza.
Non rispose, comunque, e questo dovette bastare a Lumacorno perché si
dimostrasse un po’ più gentile di com’era stato negli ultimi tempi.
“Vuoi... venire nel mio ufficio? Se hai bisogno di parlare...”
“Sì” rispose subito Harry, e si stupì anche lui. Non aveva assolutamente voglia
di parlare di ciò che aveva appena sentito, aveva bisogno di capire e sistemare
la sua confusione da solo, ma aveva sentito che ‘sì’ era la sola risposta da
dare in quel momento.
Lumacorno, dopo il primo attimo di sgomento, annuì con la testa e si incamminò
verso il castello.
Harry gli andò dietro senza dire una parola.
Quando Harry prese posto sul divanetto nell’ufficio di
Lumacorno, il professore andò a raccogliere un paio di bicchieri e una
bottiglia di Idromele.
Si avvicinò al tavolino e riempì i calici, portandone poi uno a Harry.
Harry lo osservò smarrito, e Lumacorno cercò di parlare rassicurante.
“Tranquillo, non è avvelenato. Da quando è successo quel pasticcio, faccio
controllare sempre le bottiglie che compro”
“Da chi le fa controllare?”
“Dagli Elfi Domestici: ne faccio bere un po’ a loro per vedere se è
avvelenato”.
Harry serrò le labbra e cercò di figurarsi la reazione di Hermione se avesse
saputo una cosa del genere. Probabilmente sarebbe corsa dal professore
spiaccicandogli in faccia tutte le spille del C.R.E.P.A. e avrebbe passato ore
a leggergli articoli su articoli su quanto gli Elfi fossero sfruttati dai
Maghi.
Lumacorno si sedette di fronte a Harry.
“Allora, ragazzo mio... Ti vedo sconvolto. Posso chiederti cosa c’è che non
va?”
Harry deglutì fissando il bicchiere che stringeva in mano, e lo poggiò sul
tavolo senza bere neanche un sorso.
“Ho scoperto una cosa sui miei genitori” disse.
Lumacorno, che si era portato il calice alle labbra, sobbalzò appena e si
rovesciò qualche goccia dell’Idromele sul vestito; prese un fazzoletto e si
tamponò la pancia.
“Oh... Oh, capisco” disse. Harry pensò che probabilmente era curioso di sapere
cosa, ma non l’avrebbe mai chiesto.
“Ha... mai saputo come sono morti?” chiese cercando di risultare incerto,
quando effettivamente incerto non era.
Certo, era sconvolto, ma la forza della Felix Felicis gli diceva cosa dire e in
che tono dirlo.
Lumacorno si prese un attimo per rispondere, torcendo tra le mani il fazzoletto
con cui si era pulito.
“Io... sì, ho sentito delle voci” disse, e Harry accennò un debole sorriso.
“La prima volta che ho visto mia madre – la prima volta da che ne ho memoria - è
stato in questo castello. Al primo anno”
Lumacorno lo fissò confuso, ma non disse nulla.
“C’era una stanza in cui era custodito uno specchio. Lo Specchio delle Brame.
Ti mostrava il tuo desiderio più grande, quello che poteva renderti felice come
nient’altro poteva fare. E io ho visto lei, e mio padre. Ho sempre visto loro”.
Harry sentì distintamente Lumacorno deglutire, ma non si fermò. Sapeva di star
facendo la cosa giusta, facendo leva sui suoi genitori: d’altronde non era un
segreto il fatto che Lumacorno fosse molto affezionato a sua madre, e che la
sua morte lo avesse sconvolto come pochi.
“Sa che mio padre è morto prima? Ha tentato di fermare Voldemort prima che
raggiungesse mia madre e me, ma è stato ucciso”.
Lumacorno tremò incontrollabilmente sentendo il nome del suo vecchio studente,
ma Harry non si permise di rimanerne intimorito o comunque dispiaciuto. Aveva
una cosa da fare, e nonostante la sua simpatia per Silente in quel momento
rasentasse lo zero, doveva per forza prendere quel ricordo.
“E poi, Voldemort è entrato nella mia camera, intimando a mia madre di farsi da
parte. Sa che non voleva ucciderla? Le aveva detto che poteva salvarsi, se solo
mi avesse lasciato a lui...”
Lumacorno sembrò ritrovare le parole, che comunque gli uscirono dalla gola
molto strozzate.
“Come fai a sapere...”
“Li sento” rispose semplicemente Harry. “Li sento ogni volta che mi si avvicina
un Dissennatore. Sono famosi per farti ricordare le brutte cose, e questo è il
mio brutto ricordo”.
Vedendo che il professore non accennava a rispondere, continuò.
“E poi mia madre non ha voluto lasciarmi. Non ha voluto lasciarmi e allora
Voldemort l’ha uccisa mentre lei lo supplicava di risparmiarmi”.
Ora gli occhi di Lumacorno era lucidi, e Harry si sentì sicuro.
Decise di dare il colpo finale.
“Mia madre ha dato la vita, e lei non vuole darmi un semplice ricordo”.
Lumacorno sobbalzò ancora sul posto e una lacrima solitaria gli scivolò giù
dalla guancia, ma la fece sparire subito passandovi sopra una mano.
“I-io... Harry, quello che mi stai chiedendo...”
Harry si sporse in avanti e puntò gli occhi verdi in quelli di Lumacorno.
“Professore” disse serio, le sopracciglia corrugate “Io sono il Prescelto. Devo uccidere Voldemort, ma non posso
farlo se lei prima non mi consegna il suo ricordo”
“Tu sei il Prescelto?” esalò Lumacorno. Harry pensò che fosse sul punto di
svenire, tanto aveva parlato con voce flebile. “Sei davvero il Prescelto? Come
dice la Gazzetta...”
“Oh, quelli non sanno nulla” lo rassicurò Harry, “Ma sì, sono il Prescelto. Io
devo uccidere Voldemort”
Lumacorno arricciò le labbra e lentamente, molto lentamente estrasse dalla
tasca della giacca una fialetta trasparente.
Il cuore di Harry fece un balzo nel petto.
L’attimo dopo, la bacchetta tenuta nella mano tremante di Lumacorno fece fuoriuscire
dalla sua testa un lungo e filamentoso ricordo argenteo, che venne poi
racchiuso nella fiala.
“Ti prego, non... non giudicarmi...” sussurrò Lumacorno atterrito.
Harry prese con decisione la fiala dalla sua mano tremante e cercò di sorridere
incoraggiandolo.
Ce l’aveva fatta.
After you read:
Sì, sono in ritardo e sì, Draco e Hermione non sono comparsi
manco stavolta :s
Però capitemi, su u.u qui è Harry a dover comparire di più, sono esigenze di
copione, non è colpa mia!
Non ho nulla da dire sul capitolo se non che, purtroppo, chi non ha letto il
libro sarà un po’ di difficoltà con tutte le rivelazioni su Piton e la
Profezia.
Insomma, spero che però vi sia piaciuto!
Vi ringrazio tantissimo per i commenti, tutti voi *-* E ringrazio anche voi che
preferite, seguite e ricordate *-*!!!
Alla prossima
Harry rientrò nella
Sala Comune come una furia, pestando così forte i piedi che tutti quanti si
voltarono a guardarlo.
Ron e Hermione lo seguirono con lo sguardo e lo videro dirigersi senza
esitazione verso le scale che conducevano ai dormitori e, dopo essersi lanciati
un’occhiata perplessa, saltarono giù dal divano e gli corsero dietro.
Quando arrivarono di sopra, trovarono Harry che camminava nella stanza circolare,
borbottando tra sé.
Hermione si avvicinò piano e gli si parò davanti: era chiaro che qualcosa non
andava.
“Tutto bene?” domandò cauta, ma Harry non rispose subito. Doveva elaborare
quanto accaduto.
Andava tutto bene? Ovviamente no. Si sentiva un po’ come quel giorno di tre
anni prima, quando ai Tre Manici di Scopa aveva scoperto che era stato Sirius,
il suo padrino, a vendere sua madre e suo padre a Voldemort. Ovviamente poi
quella si era rivelata essere un’informazione sbagliata, una specie di fraintendimento,
ma stavolta c’era ben poco da fraintendere: quello che avevano detto la Cooman
e Silente gli era sembrato piuttosto chiaro e non lasciava spazio ad alcun
dubbio.
Fece un paio di respiri profondi per calmarsi, mentre Ron e Hermione lo
fissavano con apprensione ma senza mettergli fretta.
Magari c’era un errore. Dopotutto Silente aveva sempre agito nel suo bene e
quasi sempre a carte scoperte.
…Certo, gli aveva nascosto per anni i dettagli sulla Profezia, ma lui
cos’avrebbe fatto al suo posto? Avrebbe caricato un ragazzino di un peso del
genere, se non strettamente necessario?
Si grattò la fronte. Per quanto ci provasse, non riusciva ad essere obiettivo.
Sorpassò Hermione e si sedette sul letto, indeciso su cosa dire e soprattutto
come dirlo. Dentro di sé sentiva ancora l’effetto della Felicis, ma in quel
momento si sentiva tutto tranne che fortunato.
Quando aveva sentito il nome di Piton uscire dalle labbra della Cooman, aveva
sentito il cuore stringersi nel petto e iniziare a martellare furiosamente. Era
assurdo pensare a una cosa del genere.
Era assurdo che lui potesse essere la reale causa della morte dei suoi
genitori. Se così fosse stato Silente non lo avrebbe tenuto al suo fianco per
tutti quegli anni, e di questo ne era sicuro.
Anche se…
“Harry?”
Fu la voce di Ron a risvegliarlo dai suoi pensieri, e Harry sollevò il capo di
scatto.
“Sì, scusate” si sentiva completamente svuotato.
“Allora, com’è andata? Cos’hai fatto?”
“Ce l’ho” si limitò a rispondere, ficcandosi una mano in tasca alla ricerca
della fiala. La estrasse dalla tasca e gli occhi di Ron e Hermione si
illuminarono quando videro la piccola scia argentata vorticare lievemente
dentro il tubicino di vetro.
“Ma quindi non sei andato da Silente” indagò Hermione. Harry si voltò verso di
lei e cercò di capire sul momento quale fosse la cosa più giusta da fare.
Doveva dire tutto, o aspettare di risolvere la questione e vederci chiaro,
prima di informare i suoi migliori amici?
“Sì, ci sono andato” disse infine, dopo quello che sembrava un tempo
infinitamente lungo ma che probabilmente comprendeva solo poche manciate di
secondi.
Alla fine era inutile mentire, anche se immaginava già le reazioni. Ron sarebbe
diventato paonazzo, le orecchie gli si sarebbero arrossate e scaldate, e avrebbe
iniziato a farfugliare, mentre Hermione si sarebbe di sicuro lanciata in una
serie di congetture e ipotesi, alla ricerca di una qualche spiegazione logica.
E fu così infatti. Quando il racconto di quello che aveva udito fuori dalla
porta gli sfuggì via dalle labbra con una facilità inaudita, vide nei suoi
migliori amici le reazioni che aveva previsto.
Ron rimase senza parole, poi iniziò a borbottare fra sé cose come “non è
possibile”, “vecchio pazzo” e “lo sapevo io”, mentre Hermione perse un po’
della sua lucidità e iniziò immediatamente a camminare avanti e indietro.
“Non è possibile” esordì subito, sembrava un leone in gabbia. “Silente non
avrebbe mai tenuto Piton nel castello dopo una cosa del genere. Non gli avrebbe
mai permesso di stare a contatto con gli studenti, con te, e non gli avrebbe permesso di insegnarti l’Occlumanzia lo
scorso anno per impedire che Voldemort sbirciasse nella tua testa. Non ha
senso, Harry, ci deve essere un’altra spiegazione. Un po’ come con Sirius tre
anni fa, no? Tutti erano convinti che fosse lui il Custode Segreto dei Potter e
che fosse stato lui a tradirli, e invece non era così”.
Hermione si fermò davanti ad Harry e smise di parlare. “…Allora?”
“Vorrei chiedere a Silente” azzardò Harry mordendosi un labbro. Non sapeva
quanto fosse saggio ammettere di aver origliato, ma magari Silente sarebbe
stato un po’ più comprensivo dato che finalmente era riuscito a procurarsi il
ricordo di Lumacorno.
“Dovresti andare da lui” lo riprese Ron, che sembrava essere uscito dal suo trance.
Harry annuì e si alzò diretto verso l’entrata del dormitorio, ma si bloccò
sulla porta.
“Ron” disse voltandosi, “Per quanto riguarda Ginny…”.
“È tutto ok” risposte immediatamente quello, sollevando una mano e agitandola
davanti al viso. Harry si sciolse in un lieve sorriso, così come Ron, e si
incamminò lungo la scala a chiocciola.
Hermione e Ron lo videro sparire e si gettarono un’occhiata preoccupata: quella
scoperta non preannunciava nulla di buono.
*
“Quindi mi stai dicendo che Voldemort ha diviso la sua anima in sette parti - sette?-
e ne ha nascoste sei chissà dove?”.
Ron e Hermione rimasero a bocca aperta. Non era possibile una cosa del genere:
se veramente Voldemort era arrivato a ricorrere a questo tipo di magia oscura
questo lo rendeva pressoché invincibile.
“Parrebbe così. Da quello che mi ha spiegato Silente, gli Horcrux sono degli
oggetti in cui tu decidi di racchiudere una parte della tua anima per tenerla
al sicuro. Quindi, a conti fatti, anche riuscendo a distruggere il corpo di
Voldemort, lui non morirebbe”
“Ma certo” intervenne Hermione “ecco perché quando ha provato ad ucciderti e la
maledizione gli è rimbalzata contro non è morto. Era stato colpito solo il suo
corpo, la sua anima frammentata era rimasta intatta perché divisa in più parti”.
Fece una piccola pausa e fissò di sottecchi Harry, mentre Ron si alzava in
piedi e iniziava a gesticolare con le mani, impaziente.
“Okay, ragioniamo. Colui-che-non-deve-essere-nominato ha diviso la sua anima. Silente
ha qualche idea su dove possa aver nascosto questi frammenti?”
“Uno era il diario di Riddle, suppongo” risposte Hermione, voltandosi a
guardare Harry. Lui deglutì a vuoto: Hermione sembrava già aver capito tutto.
“Esatto. E poi c’è un anello che pare sia appartenuto al nonno di Voldemort, e
quello è stato distrutto da Silente”.
Ron prese a contare con le dita e si rese amaramente conto mancavano ancora
quattro Horcrux all’appello.
“Silente ha ragione di credere che gli altri… cimeli, in cui Voldemort ha
nascosto parte della sua anima siano la Coppa di Tassorosso, il Medaglione di
Serpeverde e Nagini, il suo serpente. E dato che ha usato i cimeli di due
Fondatori, probabilmente il sesto Horcrux sarà un oggetto appartenuto a
Grifondoro o a Corvonero”.
“Comunque non ha senso” rifletté Ron. “Perché ha scelto di utilizzare degli
oggetti famosi piuttosto che cose comuni? Per esempio le Passaporta, sono oggetti comuni…”
“Secondo Silente Voldemort non avrebbe mai affidato a degli oggetti comuni la
sua preziosissima anima” risposte subito Harry, cercando di ricordare tutti i
dettagli del suo incontro col Preside. “Quindi ha scelto questi oggetti e li ha
nascosti chissà dove. Vanno distrutti, in modo da poter uccidere Voldemort una
volta per tutte, mi ha promesso di portarmi con lui quando ne troverà un
altro".
Hermione trattenne il fiato e Ron gettò un’occhiata di sottecchi ad Harry.
“Credi di essere pronto?” chiese.
“Sì” rispose subito l’altro. “Voglio dire… non mi porterebbe con lui se non
pensasse che potrei contribuire in qualche modo” concluse.
“Ehm, Harry… invece per quanto riguarda l’altra cosa?” domandò cauta Hermione.
“Ah” Harry sospirò e si strofinò la cicatrice in un gesto automatico. “Ho
raccontato - urlato, in realtà – a Silente quello che ho sentito fuori dal suo
ufficio. Ha confermato tutto, è stato Piton a riferire la Profezia a Voldemort”
Ron spalancò la bocca indignato, “Ma mi ha anche fatto notare che Piton
effettivamente non sapeva che Voldemort avrebbe scelto i miei genitori, quindi
ha cercato un po’ di difenderlo. Non cambia nulla, comunque. Per me non è una
motivazione valida e soprattutto non lo giustifica. Ma quando si parla di Piton
con Silente sembra una battaglia persa in partenza, lo difenderà sempre e comunque”.
“Avrà le sue motivazioni” rispose saggiamente Hermione, ma anche lei faceva
fatica a capire il comportamento del loro Preside. “Comunque è assurdo”
continuò, “Voldemort ha creato sei Horcrux… già pensare di spaccare l’anima in
due deve essere al tempo stesso orribile e complicato, ma sei sembra
addirittura impossibile. E invece lui ci è riuscito”.
*
Draco fissò
preoccupato il calendario. Tempo due mesi e mezzo e la scuola sarebbe finita e
lui non era ancora riuscito a combinare nulla.
I suoi deboli - e decisamente poco numerosi - tentativi di uccidere Silente
erano andati in fumo ed anche cercare di riparare l’armadio svanitore nella
Stanza delle Necessità si stava rivelando un’impresa difficile. Senza contare
che finalmente si era reso conto che Tiger e Goyle stavano sicuramente tramando
qualcosa alle sue spalle; probabilmente volevano scavalcarlo e portare a
termine il compito che all’inizio era stato affidato a lui. Ma era davvero
così? E se lo era, chi glielo aveva ordinato? Era stato il Signore Oscuro
oppure era un’idea partita da loro? O dai loro genitori, anch’essi Mangiamorte?
Più si arrovellava su quella serie di domande, più la sua confusione cresceva.
Non sapeva come uscirne, non sapeva cosa fare. Scrivere a sua madre era fuori
discussione: lei non era un’abile Occlumante e se il Signore Oscuro l’avesse
interrogata - o anche solo incontrata - sarebbe subito venuto a sapere di tutti
i problemi che stava riscontrando nel portare a termine la sua missione.
Ed era proprio quello che non voleva: dopotutto, se si era imbarcato in quella
cosa più grande di lui era proprio per proteggere la sua famiglia.
Sospirò, passando una mano tra i capelli. Ricordò quel giorno come se fosse il
giorno prima, quando invece erano passati mesi.
Bellatrix Lestrange rideva sguaiatamente mentre tutti in cerchio attendevano
l’arrivo del Signore Oscuro. Draco era in piedi accanto a sua madre che gli stringeva
la mano convulsamente, come se stesse in qualche modo cercando di reggersi a
lui per non cadere a terra. Le gettò un’occhiata di sottecchi e deglutì quando notò
i suoi occhi lucidi e le labbra schiuse scosse da un leggero tremito. Si
concesse qualche secondo per studiarne i lineamenti delicati ma allo stesso
tempo fieri.
Fece scorrere gli occhi dal mento alle labbra pallide, seguendo la linea del
naso e soffermandosi poco sotto gli occhi.
Sua madre era sempre stata molto pallida - pallore molto accentuato dal colore
dei suoi capelli - ma mai, mai l’aveva vista ridotta in quello stato. La pelle
liscia era solcata da piccole rughe di espressione che non ricordava di aver
mai visto, così come le pesanti occhiaie che le scavavano il viso. I capelli,
sempre curati e lucenti, ora somigliavano molto a quelli della sorella, crespi
e ribelli.
Sentì improvvisamente gli occhi inumidirsi e il battito cardiaco accelerare.
Era davvero pronto?
Deglutendo, spostò lo sguardo dal viso di sua madre e si guardò intorno.
C’erano molte facce conosciute lì in mezzo, facce rispettabilissime del mondo
magico che nessuno avrebbe mai pensato di trovare lì, a quella cerimonia di
iniziazione.
Perché di quello si trattava.
Lui, Draco Malfoy, stava per ricevere il Marchio Nero.
Fino a qualche ora prima gli era sembrata una buona idea - un'ottima idea -
entrare a far parte della schiera dei Mangiamorte. Sua zia gli aveva ripetuto
fino alla nausea che era un grande onore e che doveva ringraziare il Signore
Oscuro per avergli concesso un’opportunità simile.
Inizialmente Draco era stato preso dall’euforia: con suo padre in prigione
aveva finalmente l’occasione di poter riabilitare il nome di famiglia tra i
maghi che contavano veramente. Sarebbe anche riuscito a riabilitare il nome di
sua madre, diventata una barzelletta in quanto moglie di Lucius.
Non si era affatto reso conto che quello che gli si prospettava davanti era un
viaggio di sola andata: nessuno smetteva di essere Mangiamorte. Un esempio
lampante era Igor Karkaroff, l’ex preside di Durmstrang, che aveva tentato di
fuggire ed era stato assassinato.
“Draco, dritto” sibilò sua zia Bellatrix vedendo che il nipote aveva
leggermente incurvato le spalle. Draco si drizzò immediatamente e Narcissa
lanciò uno sguardo raggelante alla sorella, dando una stretta ancora più
poderosa alla mano del figlio.
Lui, per tutta risposta, fece scivolare via la mano. Narcissa piegò leggermente
la testa di lato per guardarlo, un’espressione indecifrabile sul viso.
“Va tutto bene” sussurrò Draco cercando di non farsi sentire dagli altri.
Narcissa parve capire quello che passava per la testa del suo unico figlio. Da
quando Draco era cresciuto così tanto? Lo vedeva lì, dritto, lo sguardo puntato
in avanti in attesa di un futuro incerto, più grosso di lui. Sapeva che la
questione non sarebbe finita lì, che il Signore Oscuro avrebbe trovato
qualcos’altro per metterli in difficoltà. Era ovviamente una punizione verso
Lucius che, poco prima, si era fatto sfuggire sia Potter che la Profezia
nell’Ufficio Misteri.
Ma perché doveva essere Draco a pagare un simile prezzo?
Narcissa aveva sempre cercato di tenere Draco al sicuro. Certo, era figlio di
due Mangiamorte, ma questo non significava necessariamente che dovesse entrare
a far parte della cerchia più stretta del Signore Oscuro. Dopotutto metà dei
Serpeverde ad Hogwarts aveva genitori Mangiamorte ma non avevano mai avuto
direttamente a che fare con tutto quello. Perché per Draco invece il destino doveva
essere diverso?
Si morse il labbro con troppa forza, trattenendo un gemito di dolore. Sentì il
sapore pungente e metallico del sangue, ma non si mosse. Non riuscì a muovere
un solo dito.
Voldemort si era appena materializzato in mezzo a loro.
Con un sussulto, tutti i Mangiamorte piegarono leggermente la testa per dare il
benvenuto al loro unico Signore. Bellatrix era su di giri.
“Draco” si limitò a dire lui, allungando la mano verso di lui.
Per un secondo il tempo sembrò fermarsi. Narcissa ebbe il forte impulso di
tornare a stringere la mano del figlio, e Draco sentì le gambe inchiodate al
pavimento. Credeva che non sarebbe riuscito a staccare i piedi da terra.
Ma si mosse. Prima un passo, poi un altro, finché il suo avambraccio sinistro
non fu a portata della mano tesa di Voldemort.
Dallo sguardo dell’Oscuro Signore non trapelava nessuna emozione: gli occhi
rossi erano fissi in quelli di Draco che, nonostante il panico crescente, tentò
di chiudere la mente come gli aveva insegnato Piton.
Non ci riuscì e per un attimo vide un lampo di trionfo illuminare gli occhi di
Voldemort.
Narcissa non riuscì più a vedere il viso di suo figlio per tutta la durata
della cerimonia. Lo aveva davanti, le spalle magre immobili e fiere, la schiena
dritta proprio come sua zia gli aveva ordinato. Non un solo spasmo scosse il
suo corpo durante quegli interminabili minuti. Non un gemito, non un attimo di
tentennamento.
Narcissa voleva piangere. Si torturò ancora il labbro tra i denti per non
emettere nemmeno un suono, proprio come stava facendo suo figlio.
Poi, dopo quelle che sembrarono ore - ma che in realtà erano state solo una
manciata di minuti - Voldemort lasciò finalmente andare il braccio di Draco.
Lui non si voltò a cercare sua madre, anche se avrebbe voluto. Non voleva
mostrarsi debole, o spaventato, o dubbioso.
Osservò il tatuaggio scintillante appena apparso sul suo braccio: un serpente
che scivolava via sinuoso dalla bocca aperta di un teschio.
Sentì un moto di orgoglio misto a paura invaderlo.
Ormai era fatta. Non si tornava indietro.
Poco distante da lui, Narcissa sentì un rivolo di sangue scivolarle sul mento.
Sfiorò la manica del
braccio sinistro, proprio dove era impresso a fuoco il Marchio Nero.
Era stato tutto molto divertente, all’inizio.
Vantarsi con gli amici sull’Espresso per Hogwarts di aver avuto un privilegio
che a loro non era toccato, di avere una missione da portare a termine, di non
aver più tempo da perdere con sciocchezze come il Quidditch.
Ma se da un lato ci aveva creduto davvero, dall’altro pian piano si era reso
conto che la sua era una missione suicida.
Lo aveva capito: l’Oscuro Signore era sicuro che sarebbe morto nel tentativo e,
se avesse fallito, lo avrebbe ucciso lui stesso. Non aveva nessuna possibilità
di riuscita.
E c’era anche un altro problema che gli si era presentato quell’anno, un
problema da non sottovalutare: Hermione Granger.
Gli costava davvero molto ammetterlo, ma negli ultimi giorni si era ritrovato a
pensarla spesso. Pensava al loro incontro-scontro nella Sala delle Armature, al
fatto che si fossero baciati, ed era stata una cosa partita da entrambi
stavolta, non come quando lui le aveva strappato un bacio a tradimento in
biblioteca.
Si era arrovellato su quella serie di avvenimenti che li aveva portati ad
avvicinarsi - da quando lei aveva scoperto il suo Marchio, a quando lo aveva
salvato dai Dissennatori, a quando era stato lui stesso a preoccuparsi per lei
quando Potter e Weasley avevano smesso di parlarle - ed alla fine, per quanto
fosse assurda come cosa e per quanto potesse provare a negarlo a se stesso, si
era accorto che la Mezzosangue non gli dispiaceva.
Sentì le orecchie scaldarsi a quel pensiero e si voltò, guardandosi intorno
nella Sala Comune, vuota. Erano tutti quanti fuori a godersi i primi caldi
della primavera, ma lui non aveva voglia di fare nulla.
Si sentiva svuotato, stanco. Qualche volta si era anche soffermato a pensare
che probabilmente per lui sarebbe stato più facile se a Natale fosse stato
baciato da quel Dissennatore, o se Piton non lo avesse salvato dopo l’attacco
di Potter. Sarebbe tutto finito e non avrebbe più dovuto preoccuparsi di nessun
Signore Oscuro, di nessuna missione, di nessuna guerra. Di nessuna Mezzosangue.
Schioccò la lingua infastidito dai suoi stessi pensieri. Da quando era
diventato così debole?
Con un gesto di rabbia afferrò un paio di fogli dalla bacheca dei Serpeverde e
li accartocciò. L’occhio gli cadde sulla firma apposta sotto uno dei fogli, la
firma di Silente.
Sospirò. In che diavolo di guaio si era cacciato?
*
Hermione sollevò gli
occhi dal grande tomo di Aritmanzia e nello stesso istante Harry, Ron e Ginny
rientrarono esausti nella Sala Comune.
Ron si lasciò cadere sul divano accanto a lei e Harry e Ginny si sedettero
l’uno vicino all’altra.
“Stanchi?” domandò Hermione conoscendo già la risposta.
Ron annuì con un sonoro sbadiglio e Ginny si scansò la frangetta dagli occhi.
“Decisamente... E devo anche finire una ricerca di Trasfigurazione”
“Non è troppo stressante per te tutto questo, Ginny?” chiese Hermione. “Hai i
G.U.F.O., gli allenamenti quasi tutti i giorni...”
“Certo che è stressante” rispose lei incrociando le braccia, “Ma lo devo fare e
lo faccio, niente di più, niente di meno. Certo, se avessimo ancora il nostro
Cercatore ufficiale potremmo rilassarci, ma qualcuno ha avuto la
brillante idea di farsi buttare fuori dalla squadra”.
Gettò un’occhiata di sottecchi ad Harry che deglutì colpevole, e Ron roteò gli
occhi voltandosi verso Hermione.
“Credo che andrò a dormire”
“Non puoi!” esclamò Hermione, chiudendo il libro e fissandolo con rimprovero.
“Devi venire a fare la ronda con me!”
Ron spalancò la bocca inorridito.
“No, no, ti prego. Ho bisogno di riposarmi” la supplicò, e Hermione sbuffò
incrociando le braccia.
“Silente ha fatto male a nominarti Prefetto” disse scocciata, alzandosi. “Mi
sembra di essere tornata all’anno scorso, quando non volevi impedire a Fred e
George di vendere qui a scuola le loro Merendine Marinare o quelle Pasticche
Vomitose”
“Hermione, dai, ti ho sempre accompagnata, ma stasera ho davvero bisogno di
dormire”
“Se vuoi ti accompagno io” disse Harry, e Ginny e Ron si voltarono a guardarlo,
così come Hermione che inarcò le sopracciglia.
“Perché, tu non sei stanco?” domandò. Harry si grattò la testa.
“Beh, sì, ma guardare la squadra dagli spalti ed urlare indicazioni non è così
stancante come partecipare effettivamente ad un allenamento in sella ad un
manico di scopa. Se ti scoccia andare da sola, ti accompagno io”
“Non mi scoccia andare da sola, mi scoccia che Ronald non adempia ai suoi
doveri di Prefetto, è diverso” ribatté lei ostinata, e Ginny roteò gli occhi.
“Certo, dicono tutti così. Ammettilo che ti piace passare il tuo tempo con lui
e che ti dispiace che stasera dovrai stare da sola”.
Hermione arrossì fino alla punta dell’ultimo capello e saltò su proprio mentre
Ron si voltava a guardarla.
“Vado a fare la ronda!” esclamò voltandosi di scatto, mentre Ginny sorrideva
sotto i baffi e Ron e Harry si lanciavano occhiate curiose.
Hermione uscì di corsa dal buco del ritratto e si ritrovò nei corridoi deserti
e semibui.
Afferrò la bacchetta e l’accese, decisa a concludere quel giro di ronda nel
modo più veloce possibile.
Per un attimo, mentre teneva la bacchetta puntata davanti ai propri occhi, si
chiese cos’aveva voluto dire Ginny con quell’affermazione; certo, lei sapeva
della cotta che aveva - o aveva avuto? - per Ron, l’aveva capito fin da subito,
ma aveva anche capito che provava qualcosa di non ben definito per Malfoy.
Ma allora a che gioco stava giocando? Forse aveva detto quelle parole per farla
uscire a fare la ronda? E con quale scopo?
Si ritrovò a ridere fra sé.
Magari Ginny aveva creduto che avrebbe colto l’occasione per andare a trovare
Malfoy e stare un po’ con lui?
Ridicolo, assolutamente ridicolo.
Perlustrò i vari corridoi con la bacchetta in mano, sperando di non incontrare
nessuno. Non aveva voglia di intavolare discussioni con ragazzini che cercavano
di inventare scuse su scuse per non essere puniti e per non perdere punti.
Scese l’ultima rampa di scale e si ritrovò davanti al portone d’ingresso. Era aperto.
Con i sensi in allerta e la bacchetta pronta si avvicinò e si affacciò per
controllare: magari qualcuno lo aveva lasciato aperto quando era rientrato, o
forse qualche professore era uscito…
Si avvicinò lentamente guardandosi intorno con cautela mentre vari scenari le
si paravano davanti.
Quando fece capolino attraverso il portone aperto sentì l’aria fresca della
sera solleticarle il viso; era una sensazione piacevole. Si prese un secondo
per guardarsi intorno mentre la leggera brezza le solleticava i capelli, ma non
riuscì a scorgere nessuno. Decise di muovere qualche passo incerto verso
l’esterno: non la elettrizzava l’idea di trovarsi da sola di notte nel cortile
della scuola, quindi se non avesse visto qualcuno nei due minuti successivi
sarebbe rientrata ed avrebbe chiuso il portone.
Tenne la bacchetta ben sollevata, la punta illuminata dal Lumos, quando
sentì un tonfo alle sue spalle e si rese amaramente conto che il portone era
stato chiuso.
Si girò di scatto.
“Metti via quell’affare”
Hermione spalancò gli occhi ma non abbassò la bacchetta, puntata dritta dritta
tra gli occhi di Draco.
Cosa diavolo ci faceva lì?
“Il coprifuoco è passato da un pezzo” disse sicura, senza abbassare il braccio,
e Draco la osservò con sguardo annoiato.
“Sono un Prefetto, posso girare quanto voglio”
L’espressione atterrita e confusa di Hermione si trasformò in un leggero
ghigno.
“Non sei di turno questa sera, Malfoy. Dieci punti in meno a Serpeverde”.
Draco sembrò colpito da quella frase, ma non così tanto da abbandonare
quell’espressione annoiata che si era impadronita del suo viso. Alzò piano una
mano e per un attimo Hermione fu tentata di indietreggiare, non sapendo cosa
avesse in mente, ma non fece in tempo a fare nulla.
Draco allungò un dito contro la bacchetta e l’allontanò piano dal viso.
“I Prefetti non possono togliersi punti a vicenda” disse serio.
Hermione deviò la posizione della bacchetta e con un sospiro chinò il viso, abbassandola.
“Lo so” disse, risollevando il capo per guardarlo meglio.
Draco non disse nulla, e così anche Hermione. Sembrarono scrutarsi per quelli
che parvero interi minuti, ma Hermione fu più che sicura che non fosse passata
neanche una manciata di secondi quando Draco riprese a parlare.
“Ok, torno nei sotterranei”
“Aspetta…!” Hermione si sporse verso di lui, che si era già voltato per
andarsene, e lo afferrò per il bordo del maglione.
Draco non si ritirò a quel contatto e si voltò di nuovo a guardarla.
“Dimmi” disse solo, ed Hermione si ritrovò a non sapere cosa dire. Perché lo
aveva fermato?
“Ecco… io…” tentennò alla ricerca di qualcosa di intelligente da dire, ma i
ricordi dell’ultimo incontro che avevano avuto fecero capolino prepotentemente
nella sua testa. Si sentì arrossire e dissimulò l’imbarazzo con un colpo di
tosse.
“Sì, Granger?” incalzò lui, aspettando che lei continuasse. Ma non era poi così
interessato a cosa aveva da dirgli. Era troppo preso dal suo viso ed in
particolare dalle sue labbra, ma allo stesso tempo era combattuto.
Davvero si trovava a desiderare una Sanguesporco? Lui? Il rampollo Purosangue
dei Malfoy?
Soffocò un risolino sarcastico. Ora probabilmente il loro cognome valeva molto
meno di quello di qualunque mezzoBabbano.
Hermione deglutì a vuoto e poi prese coraggio.
“Posso chiederti dove sei andato?” gli chiese con voce pacata.
Draco non riuscì a percepire nessuna nota inquisitoria o di rimprovero in
quella domanda. Alla Granger interessava davvero cosa stesse facendo.
“Sono andato in Guferia a spedire una lettera” si decise alla fine a
rispondere, ed era vero. Non appena tutti si erano messi a dormire aveva
sigillato con la magia il foglio di pergamena su cui aveva scritto e poi si era
diretto alla Guferia per utilizzare uno dei gufi della scuola.
Hermione lo guardò di sottecchi cercando di capire se stesse dicendo la verità;
parve decidere che non le aveva mentito ed evitò perciò di indagare. Se Draco
si era preso addirittura la briga di uscire di notte per spedire una lettera,
di certo non voleva che qualcuno lo sapesse né che ne sapesse il contenuto.
In quel momento la luna fece capolino da una nuvola che si era appena spostata,
illuminandoli entrambi.
Hermione con un gesto silenzioso spense la luce sulla bacchetta (probabilmente
aveva usato un incantesimo non verbale, si disse Draco) e la ripose nelle
pieghe della gonna. Ormai erano abbastanza illuminati e non voleva che qualcuno
dalle finestre riuscisse a scorgere le loro sagome. Se fossero stati beccati da
Gazza si sarebbero trovati in guai davvero seri.
Draco cercò qualcosa da dire; frugò ancora ed ancora nella sua testa, ma non
riuscì a cavarne nulla di buono. Quella ragazza lo metteva in difficoltà come
nessun altro, non sapeva proprio cosa dirle.
“Facciamo un giro?” azzardò all’improvviso Hermione e Draco sentì i propri
occhi dilatarsi.
“È notte, Granger. Non credo che sia l’ora più adatta. E poi infrangeremmo un
mucchio di regole”
“Come se ti fosse mai importato qualcosa delle regole” rispose lei tirando
fuori la lingua. Draco la fissò sgomento e poi scoppiò a ridere. Hermione
rimase pietrificata: non credeva che una persona come Malfoy fosse in grado di
tirare fuori una risata tanto cristallina. Era abituata alle sue risate di
scherno, ai sorrisini più simili a ghigni, non alle risate vere e proprie.
Arrossì appena, compiaciuta dal fatto che era stata proprio lei a provocargli
quella reazione.
Draco la superò e quando la distanziò di un paio di metri si fermò.
“Andiamo?” disse, voltandosi verso di lei. Hermione sorrise imbarazzata e con
un piccolo balzo lo affiancò, accennando un piccolo sorriso.
Nessuno disse nulla mentre si avviavano verso i giardini. Rimasero in silenzio
beandosi della quiete circostante e gettandosi occhiate di tanto in tanto.
Confusi, sull’attenti per cogliere qualunque rumore fuori posto, ma complici.
After you read:
8 anni.
Che dire, non credo ritroverò le stesse persone lasciate 8 anni fa, ma sarebbe
abbastanza bello (tranne per gli insulti che sicuramente mi beccherò :’) ),
così come sarà bello conoscerne di nuove!
Comunque niente, durante il forzato lockdown a causa del Covid ho ripreso in
mano un po’ questo fandom e mi sono ributtata su questa storia. È proprio
giusto il momento di concluderla!
Alla prossima