Ebony & Ivory - Die Blutgierige und der Werwolf di Rosalie Hale e Bella Swan (/viewuser.php?uid=68282)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Un pomeriggio come gli altri ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Primo incontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Caccia (I) ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Caccia (II) ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Spiegazioni ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Confessione ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Presenza ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Il momento della verità ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Verbotene Liebe (Liebestoll) ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Rivelazioni ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Un gesto estremo ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Due biglietti per Parigi (I) ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Due biglietti per Parigi (II) ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Addio ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Fuga ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Complementary opposites (Ebony & Ivory) ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Minaccia ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 - Where are you? ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 - Lotta ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 - Time to go ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Ebony &
Ivory
Die
Blutgierige und der Werwolf
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DISCLAIMER: I gemelli Kaulitz non sono di mia proprietà e la
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Prologo
Amore.
Forse nessuna delle due si era mai resa
conto di quanto potesse essere grande un sentimento come questo,
capace di essere tante cose insieme.
Forte come una tempesta, violento come
un uragano, distruttivo. E al tempo stesso dolce come zucchero, come
un sogno, come una favola.
È la ragione migliore del
mondo per fare pazzie. Pazzie di ogni tipo: fare figuracce, rischiare
la vita... e perfino infrangere regole che vengono rigidamente
rispettate da più di mille anni.
***
Ecco qua, anche questa
è fatta. Spero che questa versione del prologo vi piaccia di
più. ^___^ Ci ho messo 30 anni per trovare qualcosa che
fosse quantomeno presentabile. Chiedo umilmente la vostra indulgenza.
*si prostra* Vi ringrazio per tutto il sostegno e l'affetto che mi
avete mostrato finora. Mi sento onorata ogni volta che vedo le visite
salire anche solo di un punto e mi sciolgo letteralmente leggendo le
vostre recensioni. Spero continuerete a farmi sentire così
felice e fortunata. =) Vi abbraccio forte.
Rosalie
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Un pomeriggio come gli altri ***
Capitolo
1
Un
pomeriggio come gli
altri
Tutto ebbe inizio il
pomeriggio del 28
agosto.
Eve Taylor uscì per le assolate vie di
un quartiere di San Diego. La città ribolliva sotto il caldo
sole
estivo.
La bionda prese la macchina, una
vecchia Ford Capri rossa del 1978, e sfrecciò decisa fuori
dal
piccolo giardino che circondava casa sua, imboccando una strada
larghissima. Arrivò a destinazione in meno di un quarto
d'ora, visto
che per strada non c'era nessuno. Il suo quartiere, per lo meno, era
completamente vuoto. Parcheggiò in uno dei tanti posti
liberi e
mosse pochi passi verso un'enorme saracinesca. Prese un mazzo di
chiavi da una tasca dei jeans e aprì il lucchetto.
Sollevò la
saracinesca e diede inizio a un'altra giornata al negozio di musica
di Nigel Moore, un uomo sulla trentina per il quale lavorava part
time da anni. Nigel, come ogni estate, era partito per Tucson, in
Arizona, per andare a trovare i suoi parenti insieme a sua moglie e
alla sua bambina.
Uscire con quel caldo era una follia,
ma per una come Eve era addirittura pericoloso. I raggi del sole
bruciavano la sua pelle insolitamente bianca come la neve.
Ciò
faceva sì che ogni volta le venissero poste le solite
domande sulle
sue origini, che giustificava sempre con la scusa di una parente
dell'Est europeo. La gente, puntualmente, ci cascava e non osava
chiedere altro o perché si accontentava della sua risposta o
perché
il suo atteggiamento un po' timido e schivo non dava modo di iniziare
una vera e propria conversazione. Ma quando era a contatto col
pubblico, Eve cercava per quanto le era possibile di mantenere il
controllo e di apparire quanto più rilassata potesse. Era
difficile
per una come lei parlare con scioltezza e sorridere a tutti fingendo
di essere la tranquillità personificata. E non solo
perché si
vergognava del solo fatto di esistere, ma perché era
terribile dover
combattere contro la sua natura, contro quell'istinto irrefrenabile,
per il quale sentiva scorrere l'adrenalina nelle vene. Quell'istinto
irrefrenabile che le faceva desiderare ardentemente di bere il loro
sangue.
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Primo incontro ***
Capitolo
2
Primo
incontro
Col passare del tempo, Eve
si era abituata a combattere contro se stessa. In fondo il sangue
umano era sempre meno desiderabile per lei. Non riusciva a trovare un
odore che la soddisfacesse pienamente, e così aveva
ripiegato sul
sangue degli animali. Era crudele nutrirsi del sangue di un altro
essere vivente, ma era l'unico modo che aveva per sopravvivere.
Aveva imparato a confondersi
tra la gente comune, a proteggersi dal sole e dai suoi raggi
brucianti, ad andare a caccia solo di notte, con la
complicità del
buio, nei boschi.
Quel pomeriggio, quindi,
sarebbe stato esattamente come gli altri: caldo e maledettamente
noioso. Passò un paio d'ore a contemplare il monitor del
vecchio pc
che custodiva l'inventario del negozio. Improvvisamente il telefono
squillò.
“Pronto? Moore music &
other. Desidera?”
“Ehilà bionda!”
“Capo! Com'è Tucson?”
chiese, entusiasta.
“Oh, beh, sempre uguale.
Fa caldo, ma per fortuna c'è la fidata piscina di mio
cugino.”
“Beati voi, almeno vi
rinfrescate un po'. E invece Nathalie come sta?”
“Sta bene, tranquilla. Sta
giocando con i cuginetti e mi ha detto di salutarti.”
“Che carina!”
“Già. Ma dimmi, come va
lì al negozio?”
“Come al solito.”
rispose senza manifestare particolare entusiasmo.
“Dai, guarda che tengo
aperto più per te che per me. Così aumenti il
gruzzolo per il
college, almeno un pochino...”
“Si lo so. Grazie.”
“Dai, su col morale.
Qualcuno arriverà.”
“Speriamo, almeno non mi
sentirò più così inutile e
insignificante.”
In quel momento la porta si
aprì improvvisamente e un bellissimo ragazzo
entrò nel negozio. Eve
alzò lo sguardo e incrociò quello nocciola di
lui, che le sorrise
gentilmente, lasciandola completamente senza fiato.
“Eve? Ehi, Eve, ci sei
ancora?” disse Nigel alzando leggermente la voce.
Lei si destò
improvvisamente da quel lieve torpore: “N-Nigel, scusa, ti
richiamo
dopo.”
E, detto questo, attaccò.
Iniziare un discorso era per
lei impossibile. Quando l'odore del sangue di lui la
investì, rimase
paralizzata, incapace di dire una parola.
Lui accennò un sorriso,
mostrando la sua dentatura, bianca come la sua pelle.
“Beh? Non mi chiedi cosa
mi occorre?”
“Eh? Ah, si, scusa! Ehm...
In cosa posso esserti utile?”
“Non lo so.” rispose,
passandosi una mano tra i lunghi e setosi capelli neri.
“Come? Entri in un negozio
e non sai cosa vuoi?”
“Oh beh veramente ho
sentito il...bisogno di venire qui...” mentì. La
verità è che
aveva sentito il suo odore, l'odore della sua carne. Da tempo aveva
perso l'appetito per la carne umana, ma lei, quella ragazza, era
stata capace di ridestarlo. Avrebbe potuto soddisfare tranquillamente
questa sua voglia, non l'avrebbe mai saputo nessuno, a parte loro
due.
“Cos'è? Hai un qualche
spirito guida?” chiese la bionda, distogliendolo dai suoi
pensieri.
“Si, una mezza specie...”
“Beh, vediamo se ti aiuta
a trovare quello che vuoi. Vieni, ti accompagno.”
Eve lasciò la cassa
incustodita e lo portò verso una fila di espositori. Lui la
seguì,
ancora inebriato dal suo profumo.
Ora lei era di spalle, era
il momento...
“Dimmi, che genere ti
piace?” chiese all'improvviso.
“Che... genere?” ripeté
lui.
“Si. Classica, new age,
pop... hai presente?”
“Ah si, scusa ero un po'
distratto. Beh, a me piace un po' di tutto, però preferisco
qualcosa
che faccia molto rumore.”
“Ah, credo di aver
capito.” disse, conducendolo verso un'altro reparto. Avrebbe
voluto
mordere quel suo collo bianco come la porcellana. E avrebbe potuto
farlo, se solo avesse voluto. Ma obbligò se stessa a
rinunciare al
suo proposito, appellandosi al suo senso di responsabilità.
Così
rovistò tra gli scaffali e gli porse un cd.
“Questo album mi piace da
matti. È un po' vecchio forse, ma molto ben fatto. Ti faccio
sentire
qualcosa, così ti fai una mezza idea.”
Il ragazzo la osservò,
incantato, mentre infilava il cd in uno stereo. La musica
iniziò a
diffondersi per la stanza e lui capì che per qualche assurdo
motivo
stare con lei era ciò
che desiderava di più al mondo, anche più
della voglia di morderla.
“Che ne pensi?”
“E'...forte.”
“Bene, sono felice che ti
piaccia.”
“Quanto costa?”
“Aspetta che guardo...”
In quello stesso istante
fece irruzione nel negozio un uomo barcollante che aveva in mano un
coltello.
“Ehi bellezza! Dammi
quello che hai! Mi servono soldi!”
“Scusi, ma adesso la
signorina sta servendo me. Se ha bisogno di un prestito vada in
banca.”
“Fai silenzio, ragazzino!
Non ti ho chiesto niente.”
“Sono io che le chiedo di
andarsene.”
“Fermati, potrebbe
ammazzarti.” sussurrò Eve, trattenendolo per un
braccio.
“Ho un coltello in mano,
perciò se fossi in te terrei a freno la lingua,
bamboccio.”
“Evidentemente non mi sono
spiegato. E va bene, mi toccherà passare alle maniere
forti...”
disse, pacato, avvicinandosi al rapinatore.
“Fermo! Cosa stai
facendo?” urlò Eve.
Gli occhi di lui divennero
rosso sangue e incorciarono quelli verdi e spaventati dell'uomo
davanti a sé.
“VATTENE!” gridò,
emettendo un suono gutturale, simile a un ringhio.
L'uomo fece cadere in terra
il coltello e fuggì, impaurito. Il ragazzo rimase fermo
dov'era,
respirando affannosamente. Eve si avvicinò a lui.
“Dovevo pensarci io! Avrei
potuto farlo fuori! Io avrei potuto...!”
Le parole le morirono sulle
labbra quando i suoi occhi cerulei incontrarono quelli rossi
dell'essere che aveva di fronte. Un essere che evidentemente doveva
essere tutt'altro che umano.
“Accidenti! Ma tu sei un
lupo!”
“Ti prego di non farne
parola con nessuno.”
“Come diavolo fai ad
essere un lupo? Hai la pelle così...”
“Bianca?”
“Si.”
“Sono un lupo bianco.
Faccio parte di un clan. Ti pregherei di non far sapere a nessuno
neanche di questo.”
“Maledizione! Di tante
persone che potevano entrare qua dentro chi mi capita? Un lupo! Mi
pare logico! Ma perché capitano tutte a me?”
“Ehi, vacci piano! Ti
ricordo che ti ho salvato la vita.”
“Tu non hai fatto nulla
che io non potessi fare da sola.”
“Si, certo. Adesso mi
verrai a dire che te la saresti cavata alla grande perché
sei
cintura nera di karate.”
“No. Sono una vampira.”
“Che hai detto?”
“Si, è così. E anch'io
ti prego di non rivelare il mio segreto.”
“Beh, in ogni caso
potresti anche dirmi grazie.”
“Non so chi devo
ringraziare, visto che non mi hai ancora detto il tuo nome.”
“Mi chiamo Bill.”
“Ok, grazie Bill. Bene,
adesso puoi andartene.” disse lei, senza entusiasmo.
“E il cd?”
“Guarda te lo pago anche
io, basta che tu te ne vada.”
“Ma ora perché fai così
la scontrosa? Che ti ho fatto?”
“Non possiamo stare nello
stesso luogo! È tanto difficile da capire?”
“Tu sei strana forte! Ti
salvo la vita e poi mi chiedi di andarmene!”
“Non possiamo essere
amici. Siamo due razze diverse: tu sei un lupo e io una vampira.
Quindi scordati incontri futuri o qualunque altra cosa sia stata
prodotta dal tuo cervellino di segugio argentato, chiaro?”
“Sbaglio o c'era una lieve
vena di sarcasmo nelle tue parole, piccola divoratrice di sangue a
tradimento?”
“Complimenti, Sherlock.
Adesso per favore torna da dove sei venuto.”
“D'accordo, va bene. Ma
scommetto quello che vuoi che sentirai la mia mancanza.”
“Non esserne tanto sicuro.
E ora smamma, forza!”
“Alla prossima, anonima
bevitrice di sangue.”
“Ehi! Io mi chiamo Eve!!!”
urlò lei.
“Bel nome.” commentò
lui, lasicandole dei soldi sul banco e uscendo in tutta fretta.
Eve rimase nel negozio, sola
e ancora sconvolta per la verità che aveva appena scoperto.
Bill... Quel nome le ronzava
nella testa e non smetteva di tormentarla. Rimase per circa un'ora in
contemplazione del vuoto, finché non squillò il
telefono.
“Pronto, Moore music &
other. Desidera?”
“Eve, per la miseria,
perché non ti sei fatta più sentire? Ero in
pensiero!”
“Scusami Nigel. Non so
dove ho la testa.”
“Come mai prima hai
attaccato? È successo qualcosa?”
“Più o meno. Avevo un
cliente.” minimizzò.
“E me lo dici con quel
tono? Questo è un evento sensazionale!”
“Si lo so...”
“Ehi, Eve, tutto bene?”
“Si, perché?”
“Mi sembri strana. Sicura
che non sia successo nulla?”
“Si, davvero, stai
tranquillo.”
“Beh, allora torno dai
bambini. Gli ho promesso che avrei giocato con loro. Ci sentiamo
domani.”
“D'accordo. A domani.”
Dopo aver attaccato con
Nigel, Eve tornò ad attendere in totale ozio l'arrivo
dell'ora di
chiusura.
Eve tornò a casa intorno
alle sette. Sua sorella Lilac stava guardando la tv.
“Ehi Lil! Sono a casa!”
“Ah, finalmente! Non mi
affascinano molto i passatempi dei mortali, sai? Non capisco come
facciano a stare impalati davanti a una scatola che trasmette
immagini. Proprio non lo concepisco.” asserì,
seccata, la ragazza
dai lunghi capelli violacei.
“Sono umani, cerca di
capire. Piuttosto, cos'hai combinato mentre non c'ero?”
“Mah, niente di che. È
solo passato Edmund per avvertirmi di stasera. Solito posto, solita
ora.”
“Perfetto.Allora sto un
po' qui con te e poi ci prepariamo.”
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Caccia (I) ***
Prima di
proporvi questo nuovo capitolo, intendo fare alcuni ringraziamenti.
Innanzitutto grazie alla mia Gemel (a.k.a. Bella Swan) e a Ste, che
attendono con impazienza i miei capitoli e li apprezzano anche se fanno
pena(siete due masochiste, lo sapete? xD). Poi un altro ringraziamento
va sempre alla Gemel, perché mi ha convinto a pubblicare
questa storia, nata un giorno, dopo aver letto una storia di Bill
vampiro (altra idea che mi ronzava nella testa da un bel po' di tempo).
E, ultima ma non meno importante, Midnight of Phantom: grazie per il
gentilissimo commento (e ancora complimenti per la tua ficcy ^^).
Ah! Dimenticavo! Grazie anche a tutti i visitatori che hanno dato anche
solo un'occhiata, ma anche a tutti coloro che, pur non avendo
commentato, continuano a seguirmi.
Grazie di cuore a tutti voi.
Ora una piccola confessione che mi sento in dovere di fare: i luoghi
citati sono realmente esistenti, benchè io ci abbia lavorato
un po' di fantasia in alcuni punti. Il merito, comunque, va a Google
Maps. Ergo: non sono un genio della geografia. XD
Bene, credo di aver detto tutto, perciò evaporo (o, come
dice la mia prof di scienze "mi eclisso" xD) e vi auguro buona lettura.
Con tanto
affetto e gratitudine, la vostra Rosalie Hale
Capitolo
3
Caccia
(I)
Poche
ore dopo
Il buio
avvolgeva, insieme al caldo, la città di San Diego. Eve e
Lilac
sfrecciarono lungo la 5th Avenue, in direzione
di North
Harbor Drive, verso la baia di San Diego. Era un bel tragitto, ma lo
percorsero abbastanza in fretta, superando di molto i limiti di
velocità. Si fermarono a McCain Road, dove c'era un ampio
parcheggio. Lasciarono lì la vettura e si diressero a piedi
verso la
spiaggia sulla via del porto. La sabbia bianchissima splendeva alla
luce della luna piena e le onde si infrangevano dolcemente sul
bagnasciuga.
Raggiunsero
la fine della spiaggia, dove si trovava un breve tratto di scogli.
Lì
c'era una piccola insenatura e fra le rocce spuntava un castello,
abbandonato da chissà quanto tempo.
Da anni
era divenuto l'insediamento notturno del clan di vampiri di cui le
due sorelle facevano parte. Di giorno, ciascuno aveva un proprio
appartamento in città, mentre di notte tutti si riunivano
per la
caccia. Si cibavano del sangue di alcuni animali delle riserve
vicine.
Eve e
Lilac erano cresciute a San Diego, ma i loro genitori, morti poco
dopo la loro nascita in uno scontro con dei lupi, venivano dalla
Romania, così come la maggior parte dei vampiri del loro
gruppo. Il
clan aveva sofferto molto per la loro perdita, visto che erano due
validi combattenti. Da quel giorno Eve e Lilac si affidarono al loro
capo clan. Aaron, un vampiro dall'aspetto severo, era diventato una
specie di padre per loro e le aveva cresciute. Dopo l'attacco dei
lupi, il piccolo gruppo di vampiri (erano circa una ventina) si era
trasferito il più lontano possibile da loro.
Dopo
diverse ricerche, trovarono finalmente un posto dove stare.
Così
durante il giorno vivevano come persone normali, mentre di notte si
riunivano per la caccia nel grande castello in pietra.
C 'era
spazio sufficiente per tutti loro. Otto dei dieci salotti venivano
utilizzati come stanze in casi di emergenza. Inoltre, c'era una
piccola casa per gli ospiti che serviva come arsenale. Il tutto
veniva abilmente nascosto durante il giorno, per impedire agli uomini
di scoprire il loro segreto.
Anche
quella notte le due sorelle avrebbero partecipato alla caccia. Loro,
come il resto dei loro compagni, avevano resistito alla sete per
tutto il giorno e avevano atteso con ansia l'arrivo della sera per
poter soddisfare il loro appetito.
Entrarono
nell'ampio salone, da cui si accedeva direttamente dal portone. Le
accolse il loro migliore amico, Edmund, un bellissimo ragazzo moro
con gli occhi di smeraldo.
“Eve,
Lilac! Venite pure, c'è già qualcuno di
là. Accomodatevi.”
Al
centro della sala le attendeva Aaron, seduto su una grande poltrona
in velluto rosso. A differenza di un qualunque essere vivente, che
non avebbe potuto resistere a quel calore, Aaron si sentiva
completamente a suo agio, visto che la sua temperatura corporea era a
tutti gli effetti quella di un cadavere uscito da un obitorio.
“Figliole!
Attendevo il vostro arrivo con trepidazione. Come è andata
la
giornata?”
“Tutto
come al solito, Aaron. E tu?” chiese Lilac.
“Ho
letto qualche libro.”
“Ma
leggi sempre tu?”
“Non
si finisce mai di imparare, piccola mia. Il sapere è la
chiave della
nostra esistenza. Siamo fortunati ad avere tanto tempo a disposizione
e dobbiamo sfruttarlo nel modo migliore. Solo così
affermeremo la
nostra superiorità rispetto al nemico, qualunque esso
sia.”
rispose il vampiro passando la sua mano fredda tra i capelli viola
della ragazza.
“Mio
signore, sono arrivati anche Gabriel e Irina.” disse Edmund,
facendo accomodare la coppia, seguita da due splendidi gemelli di
circa quattro anni, che iniziarono a correre per la stanza.
“Dan!
Judi! Tornate subito qui e salutate il maestro!” li riprese
la
giovane donna. Nei suoi occhi verdi si accese una scintilla e con
agilità raggiunse i suoi pargoletti, afferrandoli per le
braccia e
portandoli al cospetto di Aaron.
“Signore,
perdonatemi. Non intendevano mancarvi di rispetto.” disse,
inchinandosi.
“Suvvia,
Irina. Sono bambini. Lascia che giochino. Tu e Gabriel sedetevi pure
e parlate con noi mentre aspettiamo gli altri.”
Il
resto del gruppo arrivò poco dopo. Quando tutti furono
pronti, Aaron
diede l'ordine di lasciare il castello. I vampiri si sparpagliarono e
corsero talmente veloci che era praticamente impossibile vederli.
Raggiunsero entro breve la riserva di Spanish Landing Park e
iniziarono ad arrampicarsi sugli alberi, disponendo alcune esche. Il
loro profumo era così forte che nessun animale
poté rimanere nella
sua tana a dormire.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Caccia (II) ***
Stavolta
sarò breve. ^^ Un solo, piccolo, ma sentito ringraziamento va
a eleyu. Grazie mille del commento! Ricorda che
anche io ti voglio tanto bene. =)
E, come sempre, grazie a chiunque a letto ma non ha recensito. Le
visite sono state poche nell'ultimo capitolo, e devo ammettere che la
cosa mi ha buttata un po' giù (al punto che pensavo di
togliere la fan fiction - con grande disappunto della mia Gemel), ma ho
deciso di fare un altro tentativo. Spero di non deludervi con questo
nuovo capitolo.
Vi ringrazio infinitamente per le visite e soprattutto per la pazienza.
La vostra
Rosalie
Capitolo
4
Caccia
(II)
“Si
dia inizio alla caccia.” dichiarò il capo clan,
soddisfatto.
Rimase sul suo albero, nell'attesa che gli venisse offerta da uno dei
suoi seguaci la preda più succulenta. Era questa la regola.
I
vampiri si gettarono dagli alberi, lanciandosi sulle prede, che
iniziarono a scappare qua e là per la riserva. Tutti avevano
già
captato l'odore dell'animale più gustoso e rincorsero solo
lui, al
fine di ottenere il favore di Aaron.
Lilac
scattò più veloce di tutti verso il giovane
cervo. La vittoria
doveva essere sua. Sua sorella la
seguiva insieme al
resto del gruppo. L'animale cambiò direzione, intrufolandosi
in un
sentiero strettissimo che conduceva a una radura, poi si
fermò
improvvisamente, guardandosi intorno, spaventato. Non aveva scampo,
lo sapeva, e la paura rese più intenso il suo odore e quello
del suo
sangue.
La
vampira lo sentì diffondersi nell'aria: allertò i
sensi e si
preparò a immobilizzarlo. I suoi canini spuntarono, i suoi
occhi
neri si spalancarono e iniziarono ad assumere il colore del ghiaccio.
Inizialmente si avvicinò cauta, poi i suoi muscoli si
tesero, pronti
per permetterle di gettarsi sulla preda. Ma si fermò quando
davanti
a lei si precipitò un bellissimo ragazzo. Lilac rimase senza
fiato:
il misterioso ragazzo aveva un fisico scultoreo. Indossava solo un
paio di jeans larghi e sul suo petto muscolosoricadevano dei lunghi
dread biondi. Rimase a quattro zampe per un istante, scrutandola con
i suoi occhi color del sangue. Dopo aver emesso un ringhio, si
alzò.
Lilac rabbrividì.
“Un
lupo...” mormorò, impaurita.
“Tom,
che hai sentito?” disse un ragazzo moro giunto dietro di lui.
Rimase
anch'egli immobile di fronte alla ragazza, che respirava
affannosamente.
“Lilac!
Lilac!” gridò Eve, raggiungendo, trafelata, la
sorella.
Eve
rimase a bocca aperta vedendo chi c'era davanti a lei.
“Ancora
tu?!” chiese, esasperata.
“Mai
opporsi al destino.”
“Eve,
conosci questa gente?” chiese Aaron, che era giunto sul posto
pochi
istanti dopo, insieme al resto del gruppo.
“Aaron,
io...”
“Cos'è
questo casino?” proruppe una bellissima giovane donna dai
capelli
rossi e ondulati, giunta dietro i due ragazzi insieme a un altro
gruppo di persone. I suoi occhi scuri squadravano, taglienti, la
folla dall'altra parte della piccola radura buia. Capì
subito chi
aveva di fronte.
“Vampiri...
Meraviglioso...” commentò, sarcastica. Un ghigno
di disprezzo si
dipinse sul suo volto, contraendo leggermente la sua pelle pallida.
“E
voi chi sareste?” chiese Aaron. I suoi occhi verdi scrutarono
quell'avvenente fanciulla.
“Io
sono Hannika, capo supremo del clan dei lupi argentei.”
“Il
vostro gruppo, milady, ha invaso il mio territorio. Mio e del mio
clan.”
“Non
c'erano cartelli che qualificassero questa terra come vostra.”
“Non
vi sembrerebbe alquanto avventato e oltremodo sciocco da parte mia
mettere un cartello con scritto “proprietà del
clan dei vampiri di
Aaron, vietato l'accesso”? Suvvia, siate ragionevole. E poi,
siamo
qui da talmente tanto tempo che non ne abbiamo mai sentito
l'esigenza.”
“Quindi,
signore, mi state dicendo che siamo vostri graditi ospiti?”
“Finché
sarete nel mio territorio si.”
“E
come si nutriranno i miei compagni, me lo spiegate? Se volete che
rivendichiamo il possesso di questa terra a modo nostro non avete che
da dirlo.”
“Combattendo,
voi dite? E perché mai, mia cara? Non vorrete rovinare i
vostri
splendidi abiti e il vostro bel faccino...”
“Sono
molto meno fragile di quanto sembro. Attento a te, vecchio topo
alato.”
“Oh,
vedo che siamo un po' carenti in fatto di buone maniere, eh?”
“Delle
buone maniere non me ne faccio granché. Non chiedo per
favore alle
prede prima di morderle.”
“Milady,
anche se il vostro atteggiamento non è dei più
educati, ritengo
tuttavia opportuno comportarsi in maniera adulta e responsabile.
Perciò, cosa ne dite se facciamo un patto?”
“Un...
patto?”
“Si.
Una specie di divisione dei territori. Questa radura sarà
zona
neutrale, giacchè siamo al centro della riserva. Quella
parte sarà
vostra e questa la nostra.” disse, accompagnando le sue
parole con
gesti delle bracccia. “Siete d'accordo?”
“Un
vampiro che mi propone una tregua...”
La
donna lupo rifletté attentamente sui pro e i contro che una
simile
scelta comportava. Da una parte c'era la sua sete di conquista, la
sua voglia di dimostrare la sua superiorità a quelle bestie
volanti,
ma dall'altra c'era la sua gente, stremata per il lungo viaggio
compiuto dalla Germania fino a San Diego. L'aereo non era proprio il
mezzo di trasporto più adatto per chi, come loro, viaggiava
prevalentemente via terra.
“E
sia. Ognuno stia nella sua zona. Ma ti avverto, vecchio pipistrello:
se trovo qualcuno dei tuoi nella mia parte è
finita.”
“Lo
stesso vale per voi, milady.” rispose Aaron, pacato come
sempre.
Eve lo
guardava con una certa ammirazione: era capace di rimanere
impassibile anche nelle situazioni peggiori. Si era sempre chiesta
come facesse. Forse era nel suo dna. E forse era proprio per questo
che guardava a lui come a un padre, il padre che non aveva mai avuto,
il padre che i lupi le avevano tolto.
“Bene,
allora che ognuno vada per la sua strada.” disse Hannika.
Bill si
avvicinò a Eve.
“Non
avrebbero dovuto dirmi una cosa simile. Adesso avrò un
motivo in più
per venire da te...”
“Ma
che stai dicendo?”
“C'è
qualcosa che mi spinge ad essere ovunque tu sia. E a questa oscura
forza adesso si aggiunge anche la tentazione di violare la rigida
divisione tra i nostri gruppi... Perciò, penso proprio che
potrei
venire a farti visita molto presto...”
“Scordatelo!”
disse tra i denti.
“Non
vuoi? Che peccato. Ti farai molto male, sai?”
“Non
credo proprio.”
“Fidati.
Ti mancherò.”
“Eve!
Andiamo!” disse Aaron, con tono dolce ma deciso.
“Si,
arrivo.” rispose lei, avviandosi verso il gruppo.
“Lilac,
avanti!” aggiunse il capo dei vampiri, rivolto alla giovane
dai
capelli viola, che era rimasta ancora al centro della radura a
fissare il giovane lupo dai dread biondi.
“Tomi,
vieni.” disse Bill, rivolto al fratello, che lo
seguì camminando a
quattro zampe, voltandosi un paio di volte indietro a guardare la
fanciulla.
“Lilac!
Dai, muoviti!” la chiamò Eve.
“Eccomi.”
rispose, correndo agilmente dietro la sorella.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Spiegazioni ***
Questo
capitolo è molto breve, ma spero che possa ugualmente
incontrare il vostro gusto. Le visite non sono moltissime, e neanche le
recensioni a dirla tutta, ma mi sento comunque in dovere di dire grazie
a tutti coloro che continuano a seguirmi. Spero di regalarvi emozioni
piacevoli e spero che i commenti aumentino. Sono fondamentali per me.
Mi servono per crescere e, se possibile, per migliorare,
perciò vi invito ad esprimere le vostre opinioni, sia
positive che negative. Ringrazio ancora tutti voi, siete la ragione che
mi spinge ancora a pubblicare. =)
Un
carissimo saluto dalla vostra Rosalie Hale
Capitolo 5
Spiegazioni
Aaron e
il suo gruppo tornarono al castello. Il capo dei vampiri era
terribilmente in collera.
“Perché
non mi hai detto che erano arrivati dei lupi?”
“Perché
non ne sapevo niente! Aaron, credimi, io quel lupo non l'ho mai visto
prima di oggi. È venuto in negozio da me senza un motivo
preciso.
Figurati che ho scoperto che era un lupo solo dopo che mi ha salvata
da un rapinatore.”
“Ti
ha salvato la vita?! Non dirmi che non sei più capace di
difenderti
da sola!” disse con la sua voce cavernosa.
“Ma
no, Aaron! È che non potevo mostrarmi a lui
finché sapevo che era
umano, perciò non ho fatto niente. Poi però ha
spaventato il
rapinatore mostrandogli i suoi occhi rossi e in quel momento ho
capito tutto e gli ho svelato la mia identità.”
“D'accordo,
ti credo. In ogni caso, tu non stare troppo a contatto con quella
marmaglia. Fraternizzare con loro sarebbe un imperdonabile
errore.”
“Comprendo,
maestro.”
“Bene.
Eve, cara, non lasciarti affascinare da quegli esseri. Sono solo dei
cagnacci male addestrati. Il nostro nobile sangue non deve mischiarsi
al loro, per nessuna ragione. Dillo anche a tua sorella.”
“Riferirò.”
“Bene,
e ora tornate pure al vostro alloggio. La nostra battuta di caccia
è
finita.”
“D'accordo,
maestro. Buonanotte.”
“Sereno
riposo a te, figlia mia.”
Nel
frattempo, in una villa vicino alla riserva, un'arrabbiatissima
Hannika aveva riunito intorno a un enorme tavolo tutto il gruppo.
“Miei
lupi, l'incontro di stasera è stato una vera sorpresa per me
e per
la maggior parte di voi. Mi angustia terribilmente dover accettare
una tregua con quei topastri volanti, ma l'ho fatto per non mettere a
repentaglio le vostre vite. Comprendo la vostra stanchezza. Abbiamo
affrontato un viaggio piuttosto stancante.”
|
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Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Confessione ***
Vi propongo subito un altro capitolo, visto che il precedente era un
po' breve e potrebbe non aver soddisfatto la maggior parte di voi (che,
di sicuro, speravano in svolte più decisive all'interno di
questa storia). Così, eccomi qui, pronta a postare ancora e
a ringraziare di nuovo tutti coloro che mi seguono, in particolare...
- Midnight of Phantom:
carissima, non so come dirti quanto mi conforta sapere che continui a
leggere questa roba (non so in che altro modo definirla, visto che il
modo che ho di scrivere è a me stessa odioso
>.<). Ti devo moltissimo, sul serio. Sei troppo, troppo gentile. =)
- la mia insostituibile,
onnipresente Gemel (Bella
Swan), che adoro con tutta me stessa. E' anche grazie a te
e ai tuoi incoraggiamenti che continuo a scrivere e a pubblicare. Se
non mi avessi convinto tu qualche sera fa, probabilmente Ebony & Ivory
sarebbe stata cancellata in quel mio attimo di sconforto dovuto alle
poche visite. Perciò ti dico ancora una volta grazie, con
tutto il cuore. x3
Non indugio oltre. Ecco il nuovo chappy... E' tutto vostro. =) Buona
lettura.
La vostra (sempre riconoscente) Rosalie Hale
Capitolo 6
Confessione
Il
giorno dopo Eve si recò al lavoro, più scocciata
del solito, visto
che la sera prima aveva discusso con Aaron.
Anche
quel pomeriggio il negozio non vide che qualche cliente.
Lei per
non annoiarsi ascoltava la musica, rimanendo praticamente immobile
davanti al registratore di cassa.
“Ti
mancherò.”
Quel
ricordo la assillava ormai da ore. Sentiva la voce di lui ovunque, lo
vedeva ovunque:
un vero e
proprio tormento.
“Non è che mi manca. È che mi aspettavo
che venisse.” pensò
tra sé per giustificare le sue continue occhiate fuori dalla
finestra e il suo allarmarsi per ogni rumore.
Guardò l'ora: le sette meno un quarto. Ormai era quasi ora
di
chiudere. Prese il telefono per chiamare Nigel (che non si era ancora
fatto sentire). Iniziò a comporre il numero.
“Il cliente da lei chiamato non è al momento
raggiungibile. La
preghiamo di riprovare più tardi.” rispose una
donna dal tono
affettato.
“Al
diavolo!” Gridò Eve, riponendo con violenza il
cordless nel
caricabatterie. Vide una figura passare davanti alla vetrina. La
riconobbe immediatamente e così si precipitò
fuori. Era di sicuro
lui.
Guardò a destra
e a sinistra, ma non lo vide da nessuna parte: non poteva essere
sparito... se avesse camminato con passo umano. No, non poteva
correre un simile rischio solo per sfuggire alla sua vista. E allora
la spiegazione di tutto questo qual era? Eve aveva paura di darsi una
risposta. Contro la sua volontà, una parola
iniziò a ronzarle nella
testa e da semplice pensiero divenne un sussurro sulle sue labbra.
“Allucinazioni...” disse sottovoce, con un tono che
sapeva di
paura allo stato puro. Era il terrore di scoprirsi folle, la paura di
impazzire, di confondere sogno e realtà.
Eppure lei era convinta di ciò che aveva visto.
“Maledizione!”
Ringhiò.
Fece per rientrare nel negozio, quando improvvisamente sentì
un
tonfo alle sue spalle, insieme a uno spostamento d'aria. Si
voltò di
scatto e, con sua immensa sorpresa, si ritrovò faccia a
faccia con
Bill.
“Tu! Vattene!”
“Non penso sia ciò che vuoi, visto che mi hai
aspettato per tutto
il giorno.”
“Io qui ci lavoro. E poi che fai? Mi spii?”
“Diciamo che ho abbastanza pazienza e tempo libero per
piazzarmi
qui e guardare quello che fai.”
“Non indorarmi la pillola, cagnetto. Piuttosto, come cavolo
hai
fatto a sparire e poi a piombarmi alle spalle?”
“Voi vampiri non siete i soli esseri che saltano sui
tetti.”
“Agilità. Giusto. Domanda idiota.”
rispose, rassegnata. “Beh,
penso che tu abbia visto abbastanza, perciò vai pure dai
tuoi
amichetti barboncini.”
“Io sarei qui per comprare un CD.” rispose, senza
scomporsi
minimamente.
“E vieni qui, proprio nel mio negozio?”
“Che vuoi farci? Te l'ho detto che la trasgressione rende
ancora
più piacevoli le mie passeggiate qui intorno.”
“Almeno potevi scegliere un momento più opportuno,
visto che sto
per chiudere.”
“Perchè? Ti crea qualche problema?”
“Un po'. Vorrei andare a casa quanto prima.”
“Guarda che il cliente ha sempre ragione.”
“Detti da umani...”
“Perché, io e te cosa siamo agli occhi di tutti
questi mortali?”
“Ok, hai vinto. Entra. Ma fai presto. Avrei da
fare.”
“Signorsì!” disse, scattando
sull'attenti e seguendola
all'interno del negozio.
Poco
dopo...
“Non capisco perché ti ostini a venire qui. Ti ho
già detto che
non voglio avere niente a che fare con la tua razza.” disse
Eve,
esasperata, con una mano su un fianco.
“Ah, quindi non ce l'hai con me in particolare.”
rispose Bill,
che rovistava fra gli scaffali.
“E come potrei? Tu mi hai anche salvato la vita. O meglio, lo
avresti fatto se fossi stata umana...”
“Già, perché tu potevi difenderti da
sola, giusto?”
“Esatto. Ma è stato comunque un gesto
lodevole.”
“Quindi ammetti che la rabbia che mostri verso di me
è insensata?”
“In parte.”
“Se non è chiedere troppo, posso sapere cosa ti ha
fatto la mia
razza?”
“Beh i miei genitori sono morti quando io ero molto piccola.
Avevo
quattro anni, Lilac due. Eravamo in casa e li aspettavamo. Erano
usciti, non ricordo cosa dovessero fare. So solo che non sono
più
tornati. Al loro posto è arrivato Aaron, che mi ha
comunicato la
triste verità. È stato lui a crescere me e Lilac
nei primi anni di
vita. Poi, quando siamo diventate abbastanza grandi, abbiamo iniziato
a vivere da sole.”
“Mi...dispiace.”
“Non scusarti. Non sei stato tu. È solo che da
quel giorno non mi
do pace. Non c'era motivo per uccidere i miei genitori, che erano
persone buone e oneste. Per questo voglio scoprire i colpevoli e
punirli come si deve, se non sono già morti per mano di
qualcun
altro. Spero che mi venga concessa questa soddisfazione.”
“Ora capisco perché ti sei comportata
così con me.”
“No, non è comprensibile. Sono arrivata ad odiare
tutti i lupi
solo perché due di loro hanno ucciso i miei genitori. Ho
generalizzato, lasciandomi guidare solo dalla mia rabbia. E questo
è
qualcosa di assolutamente imperdonabile. Tu sei diverso, non sei
cattivo.”
“Per fortuna l'hai capito, testa dura.”
“Non ti ho chiesto scusa. Ho solo ammesso di aver
sbagliato.”
“Il che é comunque una sorta di segno di resa da
parte tua.”
Eve sbuffò e lui cercò invano di trattenere una
risata.
***
L'angolo dell'autrice:
Ebbene si, rieccomi. xD Beh, spero di non
avervi deluso con questo capitolo. Piccola anticipazione: il prossimo
capitolo si chiamerà "Presenza" e riguarderà
Lilac, che osserverò molto da vicino, per farvela conoscere
un po' meglio (penso che vi diventerà molto simpatica =D).
Non dico nient'altro per non rovinarvi la sorpresa. Don't miss it! ;)
Rosalie
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Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Presenza ***
Capitolo
7
Presenza
Nel
frattempo...
Lilac era seduta alla sua scrivania. Scriveva nel suo diario, come
faceva ogni giorno ormai da anni. Non aveva nulla di interessante da
dire circa gli avvenimenti del giorno (tutto perde ogni attrattiva
quando si ha un'eterna e monotona vita davanti, anche se per lei
quelli erano solo i primi 18 anni della sua vita), anche
perché
dalla fine della scuola non aveva più visto nessuno.
Così si
limitava a scrivere i suoi pensieri, le sue riflessioni e a volte
anche qualche poesia di tanto in tanto. Leggeva moltissimo e quindi
era solita annotare anche qualche frase che la colpiva
particolarmente. Di tutte le invenzioni umane, i libri per lei erano
certamente la migliore; erano una delle poche cose che sapevano
emozionarla davvero, arricchirla dentro, e le permettevano di evadere
e di viaggiare verso luoghi lontani chilometri.
Di tanto in tanto si concedeva qualche uscita con alcune umane
conosciute a scuola, ma solo per passare delle giornate diverse.
L'evento della sera precedente, invece, l'avea completamente
sconvolta, portando una reale novità nella sua vita.
“Eravamo a caccia” scrisse. “C'era
la luna piena.
Sentii un odore. Non un odore qualunque, ma l'odore, quello che si
sente una volta nella vita. L'odore più buono e intenso che
il mio
olfatto avesse mai percepito. Mi colpì immediatamente e non
potei
resistere. Pensai che provenisse dal cervo che stavo inseguendo, e
così presi a correre più velocemente degli altri.
Ma quando giunsi
alla radura capii di aver sbagliato. L'odore apparteneva a qualcun
altro. Dagli alberi davanti a me vidi uscire l'essere più
bello che
avessi mai visto: un meraviglioso ragazzo che camminava a quattro
zampe. Questo curioso incrocio tra un dio e un animale si
mostrò a
me in tutta la sua bellezza. I suoi meravigliosi occhi colore del
sangue mi fissavano, inquieti. Avrei giurato di percepire che una
parte di lui voleva me, non so se per soddisfare la sua fame o
qualunque altro appetito. E non posso nascondere che io stessa
sembravo mossa da un certo desiderio (dalle cause altrettanto in
determinate) nei suoi confronti. Si morse un labbro e vidi brillare
quei rubini ancor più distintamente, nel buio della notte.
Poi si
spensero di colpo. Fu allora che capii di cosa si trattava: era un
lupo, non c'erano dubbi. La paura invase il mio animo, facendomi
farfugliare parole senza senso in una sorta di delirio. Rividi delle
immagini, dei ricordi, gli stessi che da anni opprimevano me e Eve:
noi che giochiamo nel salotto con le nostre bambole, davanti al
camino, sotto gli occhi di un'amica di famiglia. Sentiamo bussare e
così ci alziamo, gridando “Mamma!
Papà!”. Ma rimaniamo
deluse quando troviamo davanti a noi Aaron, che con espressione cupa
ci comunica la triste notizia. Sento il calore delle lacrime, la
forza delle nostre grida... Poi, più nulla. Questo io vidi,
in quel
preciso momento, ad una velocità incalcolabile. L'istante
direttamente successivo sentii che avevo voglia di urlare, di
piangere: era come vedere un incubo, anche se questo sembrava quasi
attrarmi più di quanto fosse lecito.
Fummo
raggiunti dai nostri gruppi e poi andammo via, anche se dopo molte
chiamate. Ho pensato a lui tutta la notte, senza mai chiudere occhio.
So che non lo rivedrò più, data la decisione dei
nostri capi, che
ci hanno imposto una rigida separazione, ma il mio cuore continua a
sperare. Anche se il fatto che lui sia un lupo mi intimorisce, una
parte di me sente il disperato, insano bisogno di
rivederlo...”
Lilac non terminò la pagina, o almeno non nel modo che
desiderava.
Sentì, infatti, un rumore, proveniente da fuori.
Aprì la finestra e
si affacciò.
“Non c'è nessuno... Mah! Sarà stato il
vento...”
Apparve davanti ai suoi occhi Tom, che si era arrampicato sulla
parete.
“Ah!” gridò la fanciulla,
indietreggiando fino a cadere seduta
per terra.
Tom entrò dalla finestra, atterrando a quattro zampe.
“Non... non ti avvicinare.”
Tom avanzò di un passo.
“Se ti avvicini mi metto a urlare.”
Lui disobbedì ancora a quell'ordine pronunciato senza troppa
convinzione e lei emise un piccolo grido.
“Tutto qui quello che sai fare?”
“Tu... parli?!”
“Non avrai pensato che fossi muto, vero?”
“Avevo un leggero sospetto...”
“Leggero sospetto?!”
ripetè lui, sfoggiando un sorriso
provocante e avvicinandosi pericolosamente a lei.
“S... si.” rispose lei, leggermente in imbarazzo
per quella
situazione.
“Che c'è? Ti metto a disagio?”
“Giudica tu: entri in camera mia senza salutare e/o chiedere
il
permesso, mi spaventi a morte e mi ti avvicini in quel modo... Come
pensi che possa sentirmi?”
“Intendi... in questo modo?”
disse, rifacendo la stessa
espressione e accorciando ulteriormente quella già breve
distanza.
“Si, quello! Ecco, vedi? Lo fai apposta per mettermi paura!
Lo
sapevo! Sei proprio come tutti i tuoi compagni! Sei un essere
mostruoso, per nulla delicato, insensibile e...”
Lui troncò il discorso di lei, baciandola a fior di labbra e
lasciandola letteralmente senza fiato.
Quando si allontanò, lei rimase immobile.
“Perché l'hai fatto?”
“Non lo so. L'ho fatto e basta.”
“Fai così per qualunque cosa?”
“Solo per quelle che mi interessano sul serio.”
“E'
per questo che sei
venuto fin qui?”
“Credo di si.”
“E come hai fatto a sapere dove abito?”
“Ti ho seguita.”
“Non sei tornato al tuo branco?”
“Ma no! Che hai capito? Ho seguito la scia del tuo profumo.
Sono
tornato nella riserva e da lì ho seguito la tua traccia.
Visto che
la città è praticamente deserta, non è
stato difficile seguire la
pista.”
Il campanello suonò.
“Non muoverti. Torno subito.” disse Lilac.
Scese al piano inferiore e aprì la porta. Era sua sorella,
che aveva
dimenticato le chiavi.
Dopo averla salutata, tornò di sopra, nella sua stanza e
vide Tom
che stava scavalcando la finestra.
“Ehi dove vai adesso?”
“Mio fratello mi ha chiamato.”
“Telepatia?”
“No, il cellulare.”
“Usate il cellulare?”
“Certi mezzi umani sono piuttosto utili.” si
giustificò lui.
“Ora devo andare” aggiuse. “Mi stanno
aspettando.”
“Aspetta! Dimmi che ti rivedrò ancora!”
Lui la guardò con aria piuttosto sorpresa e lei si rese
conto di
aver parlato troppo.
“Ho...così tante domande da farti...”
disse.
“Tranquilla, tornerò.” la
rassicurò, sorridendole dolcemente.
“Ora vado davvero. A presto.” aggiunse, baciandola
sulla guancia
e balzando agilmente dalla finestra.
Lilac si sedette sul suo letto, ancora incredula per l'accaduto,
sospirando.
***
L'angolo dell'autrice
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro
che stanno seguendo questa storia, in particolare _Angel_Of_Lust_, che
ha messo la mia storia tra le sue preferite. Sono molto contenta di
ciò, visto che è davvero bravissima (mi
raccomando, se avete tempo leggete le sue opere, ne vale davvero la
pena).
Detto ciò, vi
invito nuovamente a rendermi partecipe delle vostre opinioni
(perciò, recensite se potete e se volete), perché
ne ho davvero un bisogno disperato per migliorare (e ce n'è
di lavoro da fare mi sa xD), e vi saluto con tanto tanto affetto.
Baci dalla vostra Rosalie
PS: Il prossimo capitolo si chiamerà "Il momento della verità" e chiarira moooolte cose... Ihihih
|
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Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Il momento della verità ***
Ebbene
si, rieccomi qui, pronta a rompere con un altro capitolo... xD Ma bando
alle ciance, vi lascio alla lettura, mi esprimerò meglio
alla fine... ^_^
Capitolo
8
Il
momento della verità
30
agosto, pomeriggio.
La sera precedente Lilac era uscita a caccia insieme al gruppo. Non
si vide l'ombra di un lupo in tutta la riserva.
Il patto, almeno per quella sera, era stato diligentemente
rispettato. La cosa rendeva Aaron soddisfatto, ma intristiva non poco
Lilac, che sperava di ottenere le risposte che voleva.
Si mise a scrivere sul suo diario, in quel pomeriggio di fine estate,
ascoltando un po' di musica. Era il suo modo di rilassarsi e di
riacquistare le energie (e il dispiacere gliene aveva tolte
abbastanza).
Un rumore proveniente dall'esterno la rincuorò. Si
affacciò
immediatamente, carica di nuova speranza, ma rimase ancora una volta
delusa. Sospirando, tornò alla sua cara scrivania e si
lasciò
prendere nuovamente dalla scrittura, allontanandosi con la mente dal
mondo reale.
“E io che vengo ancora a farti visita!” disse una
voce maschile.
Lei si spaventò a morte e lasciò cadere in terra
la penna con la
quale stava scrivendo.
“Ti pare questo il modo di entrare? Non puoi usare la porta
come
tutti?”
“Sarebbe un po' rischioso, non ti pare? Se qualcuno dei miei
compagni capitasse da queste parti e mi vedesse potrebbe
tranquillamente andare a spifferare tutto ad Hannika.”
“Chi è?”
“Il nostro capo. Ma come? Non l'hai sentita l'altra sera
nella
radura? Eppure ha una voce piuttosto squillante.”
“Veramente non capivo granché in quel
momento.” si lasciò
sfuggire.
“Per colpa mia?” disse con voce suadente.
“Si, ma non montarti la testa. Ero spaventata...”
“... dalla mia infinita bellezza presumo.”
“Ti sbagli.”
“Io dico di no.”
“I miei sono stati uccisi da un gruppo di lupi quando ero
piccola.
Come pensi che potessi sentirmi trovandomene uno davanti?”
“Scusa, non lo sapevo.”
“Non mi serve la tua pietà.”
“Che fai adesso? Mi maltratti dopo che sono venuto a
trovarti? E
menomale che l'altra volta me l'avevi chiesto con tanto
trasporto...”
“No, hai ragione. Ma non credere che io ti voglia qui per
chissà
quale motivo. Mi servi.”
“A tua disposizione, quali che siano le tue
intenzioni.”
“Bene. Voglio sapere perché mi segui e voglio
sapere qualcosa in
più su di te.”
“Come mai tanto interesse per il sottoscritto?”
“Meglio conoscere bene il mio nemico. E giacché
posso sfruttare la
tua presenza preferisco farlo per bene.”
“E così sarei il tuo nemico? Ma che cosa triste da
dire! Proprio
non ti va giù l'idea che io voglia fare amicizia con
te?”
“Perché lo vuoi per forza? Non dovremmo avere
certi contatti.”
“Ti spiegherò tutto, ma per farlo devo essere
brutalmente
sincero.”
“É
ciò che voglio.”
“Bene. Per
prima cosa sono
stato attratto dal tuo odore. Ho pensato subito che la tua carne
dovesse essere molto buona.”
Lilac deglutì.
“Ti ho
spaventata?”
“N-No,
continua pure.”
“Beh poi
quando ti ho visto ho
pensato che avevi l'aria simpatica. Per questo insisto tanto.”
“Io non so
quali siano le tue
abitudini, ma di norma non bacio sulla bocca le persone con cui
voglio fare amicizia.”
Silenzio.
Tom non sapeva come controbattere
e Lilac aspettava, impaziente, la sua risposta.
“Tom, cosa
vuoi da me?” trovò
il coraggio di chiedergli.
“Conoscerti
meglio.”
“Risposta
vaga. Ma per ora
direi che mi posso anche accontentare.”
“Fantastico.
Ci vuole un
brindisi.”
“Perché?
Bevi?”
“Bevo e
mangio. Come fanno
tutti gli umani. Anche i lupi devono sapersi mimetizzare tra la gente
comune. Non so se per voi è lo stesso, ma per noi
è come mangiare
l'aria. Il cibo e le bevande non ci riempiono lo stomaco. Deliziano
il palato e basta.”
“Si, anche
per noi è così.”
“Bene. Visto
che sei ancora una
bambina, berremo un po' di succo di frutta.”
“Ehi! Guarda
che ho 18 anni!
Non sono mica una neonata!”
“Bene,
Wonderwoman. Allora,
quali delizie intendi propormi?”
“Roba seria.
Un po' di birra.”
“Birra? Non
fa bene alle
bambine della tua età.”
“Non fare
storie! Ce n'è una
bottiglia sola, per cui non rischio certo di ubriacarmi.”
“D'accordo
allora.”
Scesero giù in cucina e presero
una bottiglia dal frigorifero. Lilac aprì un mobile per
prendere un
paio di bicchieri.
“Ehi e cosa
ci fai con quelli?”
“Li prendo
per bere, che
domande!”
“Non
servono. Dai, vieni con
me.” disse, prendendola per mano e trascinandola fino in
camera
sua. Salirono sul tetto, godendosi il sole. Si raccontarono tante
cose e Lilac trovò le risposte alle sue mille domande.
A quel pomeriggio ne
seguirono
altri, altrettanto piacevoli. Lilac e Tom divennero sempre
più
uniti.
Un giorno, una delle tante volte
in cui sedevano sul tetto, vicini, lui la baciò
improvvisamente.
“Tom...
Perché...?”
“Non voglio
più tirarmi
indietro. Non voglio perderti, anche se significa rischiare la morte
per mano del mio capo.”
“Scherzi?”
“Ho la
faccia di uno che sta
scherzando?”
Lilac non rispose.
“Mi chiedo
solo una cosa.”
“Cosa?”
“Se a te
tutto questo va bene,
se desideri stare con me.”
Lilac rimase per un attimo in
silenzio, ma poi disse un timido “si”.
“Bene,
allora è deciso.”
disse Tom, prendendola per mano e guardando l'orizzonte con un grande
sorriso sul volto. “Lotteremo insieme per il nostro
sogno.”
***
L'angolo dell'autrice
Beh
questo sembra l'inizio di una bella storia d'amore... Come avrete
già intuito (o forse no ^^), le conseguenze saranno
importanti. Spero che continuerete a seguirmi come avete fatto finora.
=) Siete davvero meravigliosi e non smetterò mai di dirvi
grazie. E, a proposito di ringraziamenti, ne rivolgo uno enorme
a _Angel_Of_Lust_,
che mi ha onorata anche stavolta di un suo commento. ^___^
Beh e ora un piccolo spoiler sul capitolo 9 si chiamerà Verbotene
Liebe (Liebestoll), che significa "Amore
proibito (pazzo d'amore)" e sarà piuttoso breve e anche
stavolta fortemente romantico. Spero vi piaccia.
Penso di aver detto tutto, perciò mi eclisso. xD Konnichiwa
dalla vostra Rosalie!!!
|
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Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Verbotene Liebe (Liebestoll) ***
Questo capitolo è
corto corto,un piccolo intermezzo
romantico, che sarà tuttavia importante nello sviluppo della
vicenda.Spero che lo apprezzerete comunque. Ma bando alle ciance, passiamo alla ficcy. ^____^
Capitolo
9
Verbotene
Liebe (Liebestoll)
L`amore
é come la febbre. Nasce e si spegne senza che la
volontà ne abbia
la minima parte.
L`amore
é un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di
coglierlo
sull`orlo di un precipizio.
Stendhal
Lilac e Tom vivevano
da circa un
mese la loro storia, vedendosi di nascosto non appena potevano. Non
avevano rivelato a nessuno il loro segreto.
Un sabato di qualche settimana
dopo, a metà ottobre, Tom portò
Lilac a fare una piccola
gita alla spiaggia bianca di Coronado. Trascorsero tutta la mattina
facendo il bagno nell'Oceano e rilassandosi sulla sabbia. Lilac
doveva proteggersi moltissimo con la crema solare, mettendola ogni
ora, ma riuscì a godersi quella giornata in
tranquillità. Durante
il tardo pomeriggio fecero un giro per il quartiere. Imboccarono
Isabella Avenue, che a quell'ora era deserta. Ammirarono le villette
lungo la via. Si fermarono davanti a una particolarmente graziosa,
con il tetto coperto di tegole scure e la piscina.
“Tomi,
guarda!” esclamò
Lilac. “E' bellissima!”
Assunse un'espressione
dolcissima, che lo fece rabbrividire. Da qualche tempo (non sapeva
neanche lui da quanto) pensava a lei in maniera diversa. Sentiva di
aver bisogno di lei; aveva voglia di stringerla tra le sue braccia;
era un desiderio che non poteva più tenere nascosto. Ebbe
improvvisamente un'idea.
“Si, piace
molto anche a me.
Aspetta, non ti muovere.” rispose, correndo dall'altro lato
della
strada. Guardò dentro l'abitazione, sbirciando dalle
finestre.
“Tom, ma che
fai?”
Lui le fece cenno di
raggiungerlo, poi prese un sasso e lo tirò contro la
finestra,
rompendola.
“Sei
impazzito?”
“Dai, vieni
con me. Non c'è
nessuno.” disse, aprendo la finestra da fuori.
Prese per mano la ragazza e la
trascinò con sé nella villetta. Arrivarono
davanti alla porta di
una delle camere da letto. Il letto era disfatto.
“Tomi...”
“Che
c'è, piccola? Non vuoi?”
“No, non
è questo. Io mi fido
di te ma... qui non è casa nostra.” disse con aria
seria.
“Ehi, Lil...
Non pensarci. Se
mi ami come io amo te, se mi vuoi quanto io voglio te, cogli
quest'occasione e basta. Non farti problemi. Queste persone non
sapranno mai che io e te siamo stati qui. Vedranno solo la finestra
rotta e nulla di più. Penseranno che sia stato un ragazzino.
Se poi
non ti senti pronta non fa niente. Aspetterò anche tutta
l'eternità
se necessario.”
Lei lo guardò negli occhi e
sorrise.
“Lilac...
Stai bene?”
“Si,
perché? Non posso essere
felice?”
“Felice di
cosa?”
“Di stare
con il ragazzo più
dolce del mondo.” disse, baciandolo a fior di labbra.
Lui la prese per mano, senza
sapere se lei avrebbe accettato o meno. Era un momento importante,
perché sentiva di avere bisogno di lei, al di là
di ogni
immaginazione. Avrebbe dato qualunque cosa per permetterle di
leggergli nella mente.
Ma a volte alcune persone
riescono a leggerti nel pensiero anche solo con uno sguardo e fu
proprio questo ciò che fece Lilac. Quando lui la
guardò, insicuro,
lei non mollò la sua mano, ma lasciò che lui la
portasse nella
stanza. Chiuse la porta dietro di sé mentre lui si
allontanò per
abbassare lentamente le tende.
***
L'angolo dell'autrice:
Come sempre, ringrazio tutti
coloro che mi seguono, mi leggono e/o mi commentano (e, ovviamente, a
chi lo farà). Confido ancora nella vostra bontà,
e spero che abbiate ancora la pazienza di seguirmi in questa lunga
avventura (eh si, purtroppo per voi durerà un bel po'...
hihihih). Spero di non annoiarvi. E' l'ultima cosa che vorrei, davvero.
E ora rispondo ai commenti più nel dettaglio... ^_^ Dunque...
Midnight of phantom:
mi sono ammazzata dal ridere col tuo commento, lo giuro. xD Sono felice
che la coppia Lilac - Tom ti piaccia. =) Vedrai, succederanno
tantissime cose che penso ti faranno piacere...
_Angel_Of_Lust_:
carissima, non potrei MAI offendermi per un commento sincero e
costruttivo come il tuo. Lo ammetto, ho pensato le stesse cose, ma non
sapevo come approfondire ulteriormente quei punti. Temevo sempre di
scadere nella banalità, perciò ho preferito
evitare (e poi l'ho fatto anche per rendere il tutto più
leggero). Ti ringrazio tantissimo per la tua sincerità e per
la tua gentilezza. Hai fatto benissimo a dirmi cosa secondo te non
andava. Ho bisogno di pareri esterni. =) Non aver mai paura di dirmi
quello che pensi, perché so bene che non hai intenzione di
offendermi. =D
Detto questo, vi saluto, come sempre con tanto tanto affetto e
riconscenza.
Una pioggia di baci dalla
vostra Rosalie. ^_^
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 10 - Rivelazioni ***
Ecco a voi il decimo capitolo.
Spero vi piaccia. =) Al solito, rimando a dopo le mie risposte ai
vostri commenti. Buona lettura!!! ^.^
Capitolo
10
Rivelazioni
Tom e Lilac uscirono
dalla villa
intorno alle tre del pomeriggio. Presero la macchina di lui e
tornarono a casa. Nel frattempo Bill e Eve erano ancora in negozio.
Ormai per il giovane lupo era un'abitudine andare al lavoro con lei
dopo la scuola. Nigel, che era tornato da Tucson i primi di
settembre, era rimasto colpito da quest'ospite inatteso, ma lo aveva
accolto volentieri. In fondo non dava nessun fastidio.
“I tuoi
amici non si
insospettiscono per la tua lontananza da casa?” chiese Eve.
“Non credo.
Sto con loro tutto
il giorno e la sera mi vedono in giro per la città. Non
credo che
abbiano niente in contrario se mi faccio una passeggiata il
pomeriggio. Sia io che loro siamo più preoccupati per mio
fratello.”
“Perché?
Che fa per farvi
stare in pena?”
“Non lo so.
Da qualche tempo è
cambiato. Sembra felice, ma se ne sta sempre per i fatti
suoi.”
“E anche
oggi aveva deciso di
starsene per conto suo?”
“A quanto
pare si.”
“Beh, io
neanche vedo mia
sorella così spesso. Oggi, per esempio, usciva con delle
amiche del
college. Ha legato presto con loro, anche se è molto
timida.”
“Meglio che
stia con loro
piuttosto che da sola come fa mio fratello, credimi. Ho il sospetto
che ci sia una ragazza di mezzo.”
“Cos'è?
Uno dei tuoi super
poteri da gemello?”
“No, pura
esperienza. Non avevo
mai sentito mio fratello fischiettare o canticchiare, neanche sotto
la doccia. È troppo felice.”
“E che
c'è di male? Io al
posto vostro sarei contenta.”
“Eve, noi
per quel che ne so
siamo l'unico gruppo di lupi qui in città. Se Tom non ha
stabilito
una relazione all'interno del nostro gruppo, c'è solo una
spiegazione: si è messo con un'umana.”
“E
dov'è il problema?”
“Per me non
ce ne sarebbero, ma
Hannika è una fiera sostenitrice della purezza del nostro
sangue.”
“Mi ricorda
qualcuno...”
“Comunque,
devo fargli un
discorsetto.”
“Rimandalo a
stasera e aiutami
a rimettere a posto questi cd.”
“Agli
ordini, mia signora.”
“Bravo
cagnetto.”
Lui rispose con un ringhio
gutturale e sbuffando, fingendosi offeso, e lei rise divertita. In
fondo la compagnia di quello strano lupo non era poi tanto male.
Decise di essere meno scontrosa nei suoi confronti e così lo
invitò
a bere qualcosa. Non era come il sangue, ma si potevano accontentare.
Poco dopo Lilac e Tom
fecero
ritorno in città. Scesero dalla macchina di lui, accostata
al basso
e largo marciapiede davanti al giardino.
Lui si poggiò leggermente con la
schiena contro la vettura.
“Signorina,
la ringrazio della
meravigliosa giornata.”
“E io vi
ringrazio della vostra
compagnia, che ho trovato estremamente piacevole.”
“Allora
l'esperienza potrà
tranquillamente ripetersi, ogni volta che vorrete.” disse,
baciandola appassionatamente mentre la stringeva tra le braccia.
In quel momento erano
completamente fuori dal mondo. Non esistevano altro che loro. Non
sentivano alcun bisogno, all'infuori di quello che ciascuno di loro
provava per l'altro.
Ma ad un tratto la luce di un
paio di fari colpì i loro occhi, spingendoli a girarsi.
Infastiditi
dalla luce, si coprirono gli occhi con le mani. Sentirono il rumore
di un paio di portiere che si aprivano.
Quando riaprirono gli occhi
videro due sagome scure. Ne colsero solo i tratti essenziali, ma
furono sufficienti perché si facessero subito un'idea di chi
avevano
di fronte. Idea che fu subito confermata dalle voci dei due, che
parlarono all'unisono.
“Che cavolo
state facendo voi
due?”
“Eve!”
“Bill!”
Esclamarono i due, senza sapere
come giustificare quel contatto, che davvero non lasciava dubbi.
Si lanciarono uno sguardo
d'intesa e capirono che era venuto il momento di uscire allo
scoperto, almeno con loro.
“Da quanto
avete una storia?”
chiese Eve con una certa freddezza.
“Un
mese.” rispose Tom.
“Un mese?!
Lilac, dimmi che non
è vero!” gridò di rabbia, rivolgendosi
a sua sorella. “Non puoi
avermi tenuto nascosto tutto questo per così tanto tempo!
Accidenti,
Lil, siamo sorelle! Ci siamo sempre dette tutto!”
“Perdonami
Eve.” disse.
“ “Perdonami”?!
È tutto
qui quello che sai dire?”
“Eve,
calmati.” le disse
Bill.
“Non dirmi
quello che devo
fare! Non capisco come fai a rimanere così calmo dopo che
lui”
disse, indicando Tom “che è addirittura il tuo
gemello, ti ha
mentito per un mese!”
“Eve,
capisco perché Tomi l'ha
fatto. Ha preferito sicuramente aspettare per non crearci
problemi.”
“E che
differenza fa, me lo
spieghi? Tanto i problemi li avremmo avuti lo stesso, sia che ce
l'avessero detto prima, sia che ce l'avessero detto dopo.”
“Proprio per
questo mi chiedo
perché continui ad arrabbiarti tanto.” disse,
pacato,
sorridendole.
“Mi secca
dirlo, ma anche
stavolta hai ragione.” rispose lei, sbuffando.
“Ormai il disastro
è bello che fatto. Basterà non far sapere niente
al Consiglio...”
“... e
all'Alto Branco. Cosa
vuoi che sia, Eve?” aggiunse Bill.
“Mi spieghi
come diamine fai a
rimanere sempre così dannatamente impassibile?”
“Perché
pur essendo un lupo, e
quindi un tipo fondamentalmente impulsivo, riesco a capire quando
è
il momento di ragionare. Ormai la situazione è questa e non
possiamo
fare niente per cambiarla. Già mi immagino cosa direbbe
Hannika se
venisse a conoscenza di questa storia: innamorarsi di uno
spuntino
è da fessi, ma innamorarsi di un nemico è da
perfetti idioti.”
***
L'angolo dell'autrice:
Ringrazio due volte _Angel_Of_Lust_, un
vero angelo, di nome e di fatto. Oltre ad avermi inserito tra gli
autori preferiti, mi ha anche lasciato un commentino stupendo... Grazie
infinite. =) Mi sento davvero onorata. Inoltre, le parole che hai speso
sull'ultimo capitolo sono state di una dolcezza unica e mi hanno
toccata profondamente (come tutto ciò che scrivi, del resto
^^). Spero di non deluderti con i prossimi capitoli. Ho in
serbo delle belle sorprese per te e per tutti coloro che mi seguono.
Piccolo spoiler per il capitolo 11: si
chiamerà "Un gesto estremo", perché
è proprio questo che i nostri eroi saranno costretti a fare
in nome della loro salvezza. Beh, ho detto già molto,
perciò mi eclisso... ;) Una marea di baci dalla vostra
Rosalie.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 11 - Un gesto estremo ***
Capitolo
11
Un
gesto estremo
Un
paio di mesi dopo...
Eve e Bill come al
solito erano
al negozio. Ormai si avvicinavano le vacanze natalizie, per cui
l'affluenza dei clienti andava aumentando. Nigel prevedeva un vero e
proprio picco per il 25 dicembre. “Di questo passo
ci toccherà
mettere i tornelli!” diceva ormai da giorni.
Lilac e Tom rimanevano soli per
tutto il pomeriggio. A volte uscivano, lontano dalla città,
per non
farsi vedere dai loro clan. Altre volte invece, preferivano passare
il tempo in casa, sperimentando i più vari passatempi.
Lilac stava trasmettendo a Tom un
po' d'amore per la lettura e lui le stava facendo scoprire il fascino
dei videogiochi.
Quel giorno, però, avevano
pensato di impiegare il loro tempo in tutt'altro modo. Erano in
camera di lei, e stavano leggendo.
Lei aveva tra le mani “Le
affinità elettive” di Goethe, mentre Tom provava
con qualcosa di
più leggero. Nessuno dei due, però, riusciva a
concentrarsi.
Dopo aver letto per circa dieci
volte lo stesso periodo, Tom lasciò il libro sulla
scrivania,
seguito da Lilac. Bastò uno sguardo per accendere tra loro
la
scintilla.
Si baciarono con dolce voracità
e si buttarono sul morbido letto di lei. Lui le riservò
mille
attenzioni, quasi fosse un oggetto sacro, prezioso e fragilissimo,
come se si trovasse tra le sue mani per la prima volta.
Dopo aver gridato il nome di lui
più volte nel silenzio di quel pomeriggio di inizio inverno,
Lilac
crollò. Tom si addormentò accanto a lei.
Entrambi si risvegliarono un paio
d'ore dopo, per colpa del suono del campanello. Lilac si
alzò dal
letto, coperta solo dal lenzuolo, per riprendere i suoi vestiti, che
erano stati letteralmente lanciati in terra. Sentì un
leggero senso
di nausea, ma non ci badò molto. Era troppo nervosa per
l'arrivo di
sua sorella (perché era sicura al 100% che fosse lei).
“Oddio Tom
sbrigati! Non
possiamo farci trovare in questo stato!”
Lilac si rivestì in fretta e
rimise a posto il letto, per quanto poté. Tom fece
altrettanto. Si
sentì una chiave girare nella serratura. Evidentemente sua
sorella
si era stufata di aspettare.
I due sentirono la sua voce
insieme a quella di Bill.
“Cavolo!
C'è anche mio
fratello!” esclamò Tom.
“Tu fai
quello che ti dico.”
Eve e Bill salirono le scale ed
entrarono in camera di Lilac, spalancando la porta.
“Ehi Lil!
Sei qui?”
Lilac e Tom erano seduti sul
lettone.
“Lil! Tom!
Ma che state...?”
“Leggiamo,
Eve.” rispose la
ragazza dai capelli viola.
Bill guardò il fratello con un
certo sospetto.
“E da quando
in qua i libri si
leggono al contrario?” chiese, notando che la copertina del
libro
che Tom stava leggendo era effettivamente messa al contrario.
“Oh beh...
Ecco...”
Tom stava iniziando ad
arrampicarsi sugli specchi, ma Lilac lo fermò immediatamente.
“Bill, non
sai che leggere i
libri alla rovescia stimola l'attività della corteccia
prefrontale
più una zona del cervello che tendiamo ad usare molto poco,
aumentandone la reattività?”
Bill non replicò di fronte a
quell'affermazione dal sapore fortemente scientifico, benché
continuasse a mantenersi sospettoso.
I quattro scesero di sotto per
vedere un film, per passare un po' di tempo insieme prima dell'ora
della caccia, che li avrebbe costretti a separarsi.
Nel bel mezzo del film suonò il
campanello.
Lilac aprì la porta, seguita da
Tom, che non la mollava neanche un secondo. I due ragazzi rimasero
immobili dalla paura.
“Ehi Lil! Si
può sapere chi
è?” chiese Eve, raggiungendo Tom e la sorella
nell'ingresso.
Dietro di lei venne anche Bill.
La bionda tremò. Non poteva
essere vero. Colui che aveva suonato alla sua porta non poteva
essere...
“E...Edmund!”
“Lilac, Eve!
Mi meraviglio di
voi!” esclamò il moro esterrefatto.
“Edmund, ti
prego, non farne
parola con nessuno. Questi lupi sono buoni, sono amici.”
“Amici? Io
non sarò mai amico
di un lupo. Nessun vampiro degno di questo nome dovrebbe
esserlo.”
“Ehi, Eds,
vacci piano con le
parole.” disse Lilac.
“Lil, tu sei
l'ultima che
dovrebbe parlare qui. E dire che mi ero anche preso una cotta per te!
Che stupido sono stato!”
“Senti, se
non vuoi accettarci
sono fatti tuoi” disse Tom “ma almeno evita di
mettere nei guai
le nostre amiche, chiaro?”
“Non mi
faccio dare ordini da
uno stupido cane pulcioso.”
Tom ringhiò.
“Eve, Lilac,
non lo capite che
questi due sono pericolosi? Sono esseri malvagi!”
“Ed,
smettila.”
“Se non
volete ascoltare me,
forse Aaron sarà più convincente.”
“Ed,
fermati! Fallo in nome
della nostra amicizia, ti prego.” disse Lilac, piangendo.
“La
lealtà mi sembra un
concetto a voi estraneo. Perciò, perché venite a
chiedermi di
rispettare l'amicizia? A questo punto non so nemmeno se sappiate cosa
voglia dire avere dei valori.”
“Non puoi
parlare sul serio.”
“Invece sono
serio, Eve. Molto
serio. Non scherzo con i traditori. Meritate una punizione. Non posso
stare a guardare mentre voi tradite il nostro gruppo per spassarvela
con questi due cagnacci rognosi.”
“In questo
caso, Ed, non ci
resta che una cosa da fare...” disse, Eve, facendo cenno ai
due
ragazzi perché immobilizzassero il vampiro.
Bill e Tom eseguirono prontamente
l'ordine, tenendolo per le braccia, mentre cercava di sottrarsi alla
loro stretta.
Eve corse nel bagno e prese una
siringa e una fiala dall'armadietto dei medicinali. Tornò di
sotto e
si avvicinò a Edmund. Gli accarezzò il viso.
“Eds, scusa.
Perdonami se
puoi.” disse, iniettandogli la dose d'argento nel braccio,
mentre
ricordava con nostalgia il periodo in cui giocavano insieme.
Il vampiro si gettò a terra, in
preda a terribili convulsioni. Sentiva il bruciore dell'argento, che
ormai scorreva insieme al sangue, per tutto il corpo. Il suo
respirò
si fermò di colpo e il suo sguardo si fece vitreo.
Eve trattenne a stento le
lacrime, serrando i pugni dopo aver gettato a terra la siringa.
I quattro nascosero il cadavere
nello sgabuzzino, indecisi sul da farsi.
Eve e Lilac non uscirono a
caccia, troppo provate dall'accaduto.
Decisero semplicemente di provare
a dormirci su, sperando che la notte portasse loro consiglio.
***
L'angolo
dell'autrice
Ciao a tutti/e.
Oggi la vostra autrice è un po' depressa, così ha
deciso di postare e di continuare a sfogarsi scrivendo. Rosalie
ringrazia di cuore tutti coloro che hanno continuato a seguire questa
su strampalata avventura e che in cuor loro hanno sempre atteso i suoi
aggiornamenti.
_Angel_ Of_Lust_
: amica mia, come al solito mi hai scritto parole bellissime e mi hai
reso davvero tanto felice. =) Menomale che ci sono persone come te al
mondo... Grazie, grazie, grazie!
Midnight of
phantom: carissima, leggere i tuoi commenti è sempre un
toccasana per la mia autostima (che solitamente arriva nell'oltretomba
-.-'), davvero. Sono felice che la storia ti piaccia e spero di non
deludere nè te, nè gli altri miei fans (posso
chiamarvi così, vero?) con i prossimi capitoli (e ti
preannuncio che saranno tanti).
MissQueen: ok,
lo ammetto, sono commossa. Non so come ringraziarti, sul serio. =')
Spero che anche per tutti coloro che, come te, seguono la storia sia
così.
Un ulteriore
ringraziamento a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le
preferite e/o le seguite (e, naturalmente, ringrazio in anticipo
chiunque lo farà in futuro).
Per tutti i miei
"fans" (oddio, mi fa un certo effetto dirlo O////O): a voi va tutta la
mia riconoscenza e anche il mio affetto. Davvero, se non ci foste voi
la mia presenza qui su questo sito non avrebbe senso.
E, infine, un
ultimo ringraziamento a Bella Swan, la mia adorata Gemel, alla quale
consacro da sempre i miei sforzi letterari (che lei, da brava pazza
qual è, dice di adorare O.o). Se non fosse stato per te non
avrei mai pubblicato, ma avrei continuato a scrivere in completo
isolamento, spinta dalla mia solita (enorme) vergogna. E, cosa ancora
più importante, grazie di esistere. Ti voglio bene.
E ora chiudo con
una piccola anticipazione. Nel prossimo capitolo vedremo un po' le
conseguenze della morte di Edmund. Sarà un chappy piuttosto
sentimentale, ma devo dire che ci sarà anche un filo di
"brivido" in mezzo a tanta tenerezza. Per quella parte l'ispirazione la
devo molto a King (che ha un modo di scrivere meraviglioso, capace di
farti sentire parte della scena... sembra quasi che ti stia col fiato
sul collo a volte.), soprattutto a "IT": spero di aver ottenuto un buon
risultato. Detto questo, vi lascio, salutandovi sempre con tutto il
calore e l'affetto possibile.
Un grosso bacio a tutti voi.
La vostra
Rosalie
|
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Capitolo 13 *** Capitolo 12 - Due biglietti per Parigi (I) ***
Capitolo
12
Due
biglietti per Parigi (I)
La mattina seguente
Eve si
svegliò di soprassalto, ritrovandosi di colpo seduta sul suo
letto.
Aveva avuto un lungo incubo. Intorno a sé non vedeva altro
che
sangue e morte. Uccideva chiunque gli capitasse a tiro, persino le
persone a lei care, senza un motivo preciso.
La morte delle sue vittime era
sempre stata una realtà naturale per lei: erano il suo cibo
e lei
doveva servirsene per saziarsi e non morire a sua volta.
Ma Edmund, il suo più caro
amico, quello con il quale aveva passato l'infanzia tra la caccia e
il gioco... No, non era cibo. Era solo il custode del secondo dei
suoi più grandi segreti.
Perché l'aveva fatto fuori?
“Perché
sono solo
un'assassina. Un'infame, crudele assassina.” disse sottovoce.
Strinse tra le mani il lenzuolo e digrignò i denti. Le
lacrime che
aveva invano cercato di trattenere caddero copiosamente.
Davanti a sé aveva ancora le
immagini della sera precedente: lei che corre verso
l'armadietto e prende quella siringa, riempiendola d'argento, lei
che uccide il suo migliore amico e chiude il cadavere nello
sgabuzzino...
Si, era colpa sua. Solo colpa
sua. Adesso il corpo era ancora lì, sotto le scale, dietro
la bianca
porta di legno con il piccolo pomello dorato.
Aveva bisogno di ristorare la sua
gola secca. Voleva acqua, soltanto acqua. Si, le sarebbe bastata. Ma
aveva paura: paura di passare vicino a quella porta, paura che il
corpo Edmund uscisse, camminando sulle sue gambe, come se non fosse
accaduto alcunché.
“Eve,
perché mi hai ucciso?”
Edmund avrebbe posato su di lei,
interrogativo, il suo sguardo vitreo, colorato di un verde ormai
spento, privo della solita, vivace lucentezza.
“Eve,
perché? Vedi cosa mi
hai fatto?” avrebbe chiesto, mostrando il braccio
livido.
Il ritmo del suo respiro accelerò
e si trasformò in un urlo acuto e agghiacciante quando
sentì per
l'ennesima volta quella voce.
“NO! BASTA!
BASTA!”
Lilac sentì il suo grido e,
svegliatasi, corse immediatamente da lei.
“Eve, Eve!
Che succede?”
chiese, mettendole le mani sulle spalle.
“Lil, io
sono un mostro. Mi
odio, mi odio.” rispose lei, tra i singhiozzi.
“Eve, basta.
Tu non hai fatto
niente di sbagliato, chiaro?”
“Ho ucciso
Edmund, Lilac! Era
il nostro migliore amico, accidenti!”
“Eve, hai
dovuto farlo.
Non avevi scelta. Edmund sapeva troppo.”
“E allora?
Era un buon motivo
per farlo fuori secondo te?”
“Non
è per quello che sapeva,
ma per le intenzioni che aveva. Eve, voleva andare da Aaron! Di certo
ci avrebbe condannate a morte! Hai salvato due vite, la tua e la mia,
al prezzo della sua.”
“Allora
forse è il caso di
pareggiare i conti...” rispose lei, alzandosi dal letto e
dirigendosi verso il bagno.
“Eve!
Aspetta! Dove vai?”
disse Lilac, correndole dietro.
“Lasciami
stare, Lil.”
“Non ci
penso neanche.”
Eve si avvicinò all'armadietto
dei medicinali. Prese una piccola busta. Un'altra siringa.
“Eve, sei
pazza?”
“No, solo
un'assassina. Devo
pagare...” disse, prendendo una fiala d'argento.
“No, Eve!
Non farlo!” gridò,
strappandole la fiala dalle mani.
“Ridammela!
Mi serve!”
“No! Non ti
lascerò fare una
stupidaggine del genere!”
“Lil, falla
finita!”
“No, Eve,
falla finita tu!”
“Tu non
capisci! Edmund era uno
di noi!”
“Eve,
piantala. Non hai salvato
solo noi due, ma anche Tom, e Bill! I capi avrebbero ucciso tutti e
quattro, accusandoci di tradimento.”
Eve si bloccò: non ci aveva
pensato, ma in effetti era così. Chiese, titubante, a sua
sorella se
fosse la cosa giusta e lei le rispose con un sorriso che, si, aveva
fatto la cosa giusta e che le doveva la vita, così come
gliela
dovevano i suoi amici.
La bionda allora si gettò tra le
braccia della sorella, la quale fece cadere in terra la fiala, che si
ruppe in mille pezzi.
Mentre pulivano il pavimento, Eve
chiese:
“Lil, mi
accompagneresti di
sotto? Ho bisogno di bere un po' d'acqua.”
Lei annuì: capiva perfettamente
come si sentiva sua sorella, perché le paure che lei provava
erano
anche le sue.
Scesero le scale un gradino alla
volta, col fiato corto, tenendosi per mano. Prima di arrivare in
cucina, Eve si voltò indietro, verso la porta. Un brivido le
corse
lungo la schiena. Strinse più forte la mano di Lilac e
insieme
entrarono in cucina, accelerando il passo. Tirarono entrambe un
sospiro di sollievo e versarono l'acqua nei bicchieri, bevendola con
avidità.
“Ce
l'abbiamo fatta, visto?
Dai, Eve, entro stasera ce ne saremo già liberate.”
“Lil, per me
lui sarà sempre
là dietro. Sentirò la sua voce, lo
vedrò nei miei incubi. Non mi
libererò mai di lui. È per questo che dobbiamo
lasciare questo
luogo. Oggi stesso ci allontaneremo da San Diego, dall'America.
Voglio andare a Parigi. Mi seguirai, vero?”
Lilac non sapeva cosa rispondere:
non poteva lasciare la città, non ora che aveva trovato
l'amore
della sua vita, ma non poteva neppure abbandonare così sua
sorella.
Il debito che aveva con lei, tuttavia, era troppo grande. Le doveva
la vita, e il minimo che potesse fare per lei era accettare di
partire.
“Certo che
ti seguirò.”
“Grazie Lil.
Per me significa
molto. In questo preciso momento ho preso un'altra decisione: non
andrò a Parigi senza aver affrontato la mia paura. Solo dopo
averlo
fatto potrò essere sicura di essere in grado di scacciare i
miei
fantasmi.”
“Eve, vuoi
davvero aprire la
porta?”
“Si, Lilac.
Devo farlo. Per me
e per Edmund.”
“Ok,
verrò con te.”
Le due sorelle si presero di
nuovo per mano e lasciarono la stanza. Arrivarono davanti alla porta.
“Apro
io?” chiese Lilac.
“No, apro
io.” disse Eve,
mettendo una mano sul pomello. Chiuse gli occhi e, prima che potesse
tirare la porta, il telefono squillò, facendola saltare per
lo
spavento.
Lilac prese il cordless poggiato
su un mobile lì vicino e rispose.
“Si?... Ah,
Tomi!... D'accordo,
non c'è problema.... Va bene, a dopo.”
Non appena ebbe attaccato, Lilac
avvisò sua sorella dell'imminente arrivo dei loro amici.
Ma la porta attendeva entrambe, e
così non persero tempo e tornarono lì, a sfidare
la paura.
Eve aprì la porta con un gesto
deciso e trovò davanti a sé il corpo, diritto. La
vampira deglutì.
La schiena del ragazzo era poggiata sugli scaffali e la testa
reclinata sulla spalla sinistra.
Eve tentò di alzarla, per
guardarlo negli occhi, ma il corpo perse il suo precario equilibrio e
le cadde tra le braccia, facendola sedere a terra.
Gli occhi spenti sembravano
fissarla con insistenza. Eve prese il suo viso tra le mani.
“Scusa Ed,
scusa!” disse,
singhiozzando.
Il campanello suonò. Eve si
asciugò le lacrime.
“Lascia,
vado io.” disse
Lilac, prima che potesse alzarsi.
Tom salutò l'amata con un dolce
bacio. Bill vide la porta spalancata e capì. Si
precipitò da Eve e
si sedette accanto a lei.
“Ciao.”
“Ciao. Che
stai facendo?”
“Ho voluto
vedere Ed.”
“Eve, per
favore, alzati.”
“No,
lasciami stare con lui.”
“Eve,
basta!” la rimproverò,
prendendola per un braccio e costringendola ad alzarsi in piedi. Lei
si ribellò.
“No, Bill,
lasciami!”
“Eve,
finiscila una volta per
tutte. Edmund non c'è più...”
“... per
colpa mia. Io l'ho
ucciso.”
“Hai fatto
ciò che dovevi. Hai
salvato te stessa, hai salvato mio fratello, tua sorella... e hai
salvato me. Non potevi compiere un gesto più generoso di
questo. Hai
pagato un prezzo alto: hai sacrificato il tuo amico per noi. E adesso
ti ritrovi anche a lottare con i tuoi sensi di colpa. È un
po' come
se tu avessi offerto anche la tua anima. Ti devo tanto.
Grazie.”
disse, stringendola a sé.
Lei si allontanò.
“Dobbiamo
dirvi una cosa.”
disse, seria.
“Che faccia
da funerale!”
commentò Tom. La battuta infelice suscitò l'ira
degli altri, che lo
fulminarono con lo sguardo.
“Che
c'è? Che ho detto?”
“E ce lo
chiedi pure?” gli
rispose il fratello.
“Ok,
scusate... mi è uscita
così...”
“Dai, Eve,
dicci pure.” la
incoraggiò Bill.
Lei sentì un nodo alla gola.
Parlò lentamente, oppressa dal peso che portava dentro.
“Dopo aver
dato una sepoltura a
Edmund comprerò due biglietti di sola andata per Parigi.
Partiremo
stanotte.”
“Che cosa?!
Volete andarvene?!”
esclamò Bill, incredulo.
“Si, Bill.
Abbandoneremo il
gruppo e andremo a vivere lì. Lilac ha accettato di partire
con me.
Così ho scelto una città che le piacesse, per
renderle meno
dolorosa la partenza. Per me, in fondo, un posto vale l'altro. Voglio
solo espiare la mia colpa, in qualche modo, lontano da qui.”
“E certo! Tu
decidi di partire
per i tuoi sensi di colpa, di fuggire dai tuoi
problemi, come una vigliacca! E non solo! Coinvolgi pure tua sorella,
costringendola a scegliere tra te e me! Sai che ti dico, Eve? Il tuo
comportamento mi fa schifo!”
“Tom, per
favore...”
intervenne Lilac.
“Non dire
niente, Lil. Ora ho
capito quanto vale il tuo amore per me.”
“Tu non sei
meno egoista di me,
Tom.” disse Eve.
Il giovane lupo, accecato dalla
rabbia, si lanciò su di lei, afferrandole con una mano il
collo
bianchissimo e spingendola con la schiena al muro. Ringhiò
sonoramente.
“TU NON
CAPISCI NIENTE!”
gridò, stringendole il collo più forte,
sollevandola di qualche
centimetro da terra. Eve non riusciva a respirare. Aprì la
bocca,
alla disperata ricerca di un po' d'ossigeno.
“Tom,
lasciala!” ordinò
Bill. Il fratello, però, lo ignorò, continuando a
stringere.
“Tomi...”
lo chiamò Lilac.
Lui rispose con un ringhio, senza desistere dal suo proposito.
“Tom, ti
prego, fallo per me.”
Lo supplicò Lilac, afferrandogli il braccio libero.
I loro sguardi si incontrarono.
Quello di Tom, rosso come un prezioso rubino, si specchiò
nell'infinita dolcezza di quegli occhi del colore della notte. La
sete di sangue del lupo si spense, insieme alla lucentezza delle sue
iridi purpuree, che ripresero il solito colore nocciola.
Mollò di
colpo la presa e lasciò cadere in terra Eve, che tossiva e
cercava
di riprendere fiato.
“Io non
volevo niente da te,
Lilac. Speravo solo che dicessi a tua sorella quanto fosse difficile
per te prendere una simile decisione.” disse, uscendo in
giardino.
“Quando
torniamo a casa gliene
dico quattro.” disse Bill.
“Lascialo
stare. In fondo ha
ragione.” rispose Eve.
“Tu devi
fare solo ciò che ti
senti. Lui non deve giudicarti. Nessuno deve farlo.”
“Grazie.
Senti, potresti
aiutarmi? Edmund ha aspettato anche troppo mi sa.”
“Si. Dove
vuoi...?”
“In
giardino, sul retro, sotto
l'albero.”
“D'accordo.
Ah, Eve!”
“Dimmi.”
“Ecco, mi
sono permesso di
portarti un fiore per Edmund. Ho pensato che forse...”
“Sei stato
molto carino.
Grazie.” disse, dandogli un bacio sulla guancia e lasciandolo
a
bocca aperta.
“Ehm...
è in... in macchina.
V...vado a prenderlo.” farfugliò, lasciando
l'ingresso.
Rientrò poco dopo, porgendo a
Lilac il piccolo vaso di plastica nero, che conteneva una piccola
pianta di viola del pensiero, mentre sollevava il corpo di Edmund da
terra, trascinandolo verso la cucina, uscendo dalla porta sul retro.
Lilac rimase quasi in estatica
contemplazione della pianta. I suoi fiori erano candidi, con piccole
macchie scure su tre dei quattro piccoli petali. Era davvero molto
bella, ed era certa che fosse la più adatta alla situazione,
perché
né lei, né soprattutto Eve, avrebbero dimenticato
il loro amico.
Mai.
***
L'angolo di Rosalie
Beh, che ne pensate di questo
capitolo? Attendo con ansia le vostre opinioni! Bene, e ora rispondiamo
ai vostri commenti... ^__^
MissQueen: sono davvero felice
che la storia ti stia piacendo tanto.Quanto al mio modo di scrivere,
beh, continuo a detestarmi (anche se forse non riesco ad essere del
tutto obiettiva, visto che sono troppo coinvolta) e la mia presenza qui
non è che un modo per mettermi alla prova e per ascoltare
qualche giudizio esterno. Comunque non giustificarti, tranquilla.
Ciò che mi hai detto è stato già
tantissimo per me. =) E non ringraziarmi per la visita; ero
troppo curiosa di sapere quale fosse il tuo stile. ^_^
_Angel_Of_Lust_: ecco
perché non mi ero tanto soffermata sulle emozioni dei
personaggi nel capitolo 11... xD E' tutto qui, in quest'altro capitolo.
Non mi sono soffermata sui gemelli, perché penso che per
loro non sia stato un fatto così sconvolgente, visto che non
avevano niente a che spartire con lui. Eh si, sono stata sbrigativa in
questo, lo ammetto. XD I complimenti che ti ho fatto sono
meritatissimi, comunque. U_U
Midnight of phantom:
tranquilla, ti posso capire benissimo... Una mia amica ne ha avuti
più di 40 tutti insieme! °°" Comunque grazie
infinite dei complimenti!
E grazie a tutti voi, che
continuate a supportarmi e soprattutto sOpportarmi. ^_^ Siete
meravigliosi, sul serio.
E ora, rispondo alla domanda
che tutti voi vi starete ponendo: cosa succederà nel
prossimo capitolo? Beh, ovviamente ci sarà la sepoltura del
povero (mica tanto xD) Edmund e poi... tante cose (belle, tranquilli
^^). Vi do un unico indizio: ci sara molto ammòre. xD
Evaporo e mi fiondo a scrivere
la mia demenziale (presto su questi schermi xD). Un bacio enorme!!
Rosalie
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 - Due biglietti per Parigi (II) ***
Capitolo
13
Due
biglietti per Parigi (II)
Bill uscì
in giardino e vide che
c'era già una buca. Notò Tom, che toglieva da
lì le foglie secche,
cadute dall'esile albero dalla chioma ormai quasi completamente
spoglia.
“Tom! Sei
stato tu?”
“Almeno vi
ho risparmiato il
lavoro. Non credo che le nostre amiche vogliano perdere il loro volo
per occuparsi di una stupida fossa.”
“Ma
Tom...”
“Bill,
guarda, lasciami
perdere. Butta qui dentro quel corpo prima che lo veda
qualcuno.”
Bill adagiò il corpo nella
piccola fossa, relativamente poco profonda e chiamò Eve e
Lilac
perché dessero alla salma l'ultimo saluto.
Eve prese il primo pugnetto di
terra e lo gettò sul corpo, trattenendo a fatica le lacrime.
Fu
presto imitata dagli altri. Quando la buca fu colma quasi per intero,
Eve e Lilac si inginocchiarono per piantare le piccole viole.
“Se volete
dire qualcosa fate
pure.” disse Bill “Noi vi lasceremo da sole se lo
riterrete
necessario.”
“No,
rimanete pure.” disse
Eve, tirandolo per un braccio. Poi disse:
“Edmund,
amico mio, vorrei
poter tornare indietro, vorrei non aver fatto quello che ho fatto.
Vorrei riportarti alla vita, lasciarti vivere la tua
eternità, così
come la vivrò io, anche se per costringerti a ragionare
dovessi
prenderti a schiaffi fino al giorno del giudizio universale.
Ciò che
è successo non ha cambiato il mio affetto per te. Sei e
resterai il
mio amico, quello con cui ho passato tutta la mia infanzia e la mia
adolescenza. Non smetterò mai di volerti bene.”
Guardò sua sorella, quasi per
chiederle se avesse qualcosa da aggiungere. Lei capì.
“Hai
già detto tutto tu, Eve.
Però c'è ancora una cosa che voglio dire a
Ed.”
Prese un respiro profondo e
rivolse lo sguardo a terra, quasi potesse vedere davvero il suo
amico.
“Edmund, io
non ho potuto
discutere con te quella sera, perciò lo faccio adesso. Sento
il
bisogno di liberarmi da questo peso che mi porto dentro. Ci tenevo a
dirti che tu per me sei un amico, un carissimo amico. Ma niente
più
di questo. Ho trovato qualcuno che mi ama, sia quando sono nel
giusto, sia quando commetto degli errori. Non penso che tu avresti
potuto fare lo stesso, visto come mi hai attaccata ieri. Nonostante
ciò, non ti porto alcun rancore. So che volevi solo il mio
bene, e
che per farmelo capire eri disposto a tutto. Per questo continuo a
volerti bene e lo farò sempre.”
Lilac si voltò verso sua sorella
e i suoi amici.
“Beh Eve a
questo punto direi
che possiamo andare a prendere i biglietti.”
“Immagino
che tu voglia stare
un po' con Tom, perciò se volete potete sostituirmi al
negozio. Non
è il massimo del divertimento, ma almeno potrete passare il
pomeriggio insieme e aiuterete Nigel.”
“Per me va
bene.” disse
Lilac.
“E per te,
Tom?” chiese,
cercando il consenso del suo ragazzo.
“Ok.”
rispose, senza
entusiasmo. La sua mente era occupata da un unico pensiero, quello
che di lì a poco l'avrebbe perduta. Sarebbe andata in un
altro
continente, a chissà quanti chilometri di distanza da lui.
L'avrebbe
dimenticato per sempre e avrebbe continuato a vivere la sua vita,
mentre lui sarebbe rimasto lì, solo, a soffrire come un
perfetto
idiota. Doveva impedire tutto questo.
“Eve,
senti... Compra un altro
biglietto. Io vengo con voi.”
“Tom, se
avessi potuto venire
te l'avrei chiesto.”
“Cosa ti
dice che io non possa
farlo?”
“Dimmi,
abbandoneresti mai tuo
fratello?”
“Non credo
che Bill avrebbe
problemi a venire con me a Parigi.”
“E cosa
pensi succederebbe se
il tuo gruppo venisse a sapere di una vostra fuga? E cosa pensi che
direbbero se notassero che per puro caso la vostra
partenza e
la nostra avvenissero lo stesso giorno?”
Tom deglutì.
“Te lo dico
io cosa
succederebbe: chiamerebbero l'Alto branco e il Consiglio, ci
farebbero cercare in ogni angolo. E una volta trovato il nostro
nascondiglio, ci farebbero fuori senza pensarci due volte. Io devo
andarmene esclusivamente per una mia esigenza. Aaron non
saprà mai
che fine ha fatto Edmund, perciò teoricamente non rischio la
pena di
morte, cosa che invece accadrebbe se qualcuno venisse a conoscenza
della nostra amicizia. Perciò almeno tu e Bill state fuori
da questa
storia. E ora, se siete ancora intenzionati, andate in
negozio.”
“Dai, Tomi,
andiamo. Sarà
meglio.” disse Lilac, trascinandolo via con sé. Il
lupo non
smetteva di voltarsi indietro, guardando Eve con aria truce.
“Bill, tu
che fai?”
“Che
domande! Vengo con te.”
rispose lui, mettendole un braccio intorno alle spalle.
Lilac e Tom, nel frattempo,
raggiunsero la macchina di lui, posteggiata di fronte al giardino.
Dopo essere saliti, sfrecciarono veloci nel tiepido, arancione, sole
pomeridiano. Arrivarono al negozio entro breve.
“Voi siete i sostituti di Eve,
giusto?” disse Nigel, accogliendoli. “Mi ha
chiamato poco fa.”
“Si, siamo noi. Eve ha detto che per
la paga non c'è problema. Ce la divideremo.”
rispose Lilac.
“Fantastico! Bene, ora vado a
prendere la mia piccola Nathalie dalla sua amichetta. Mia moglie non
può: farà tardi stasera. Non so come avrei fatto
senza di voi.
Grazie infinite.”
“Di
niente.”
Poco dopo...
“Uff, che
seccatura! Qui sono
arrivati solo tre clienti!” disse Lilac.
“Potremmo far passare più
velocemente il tempo mettendo su un po' di musica.”
“Ottima idea Tomi. Vediamo
cos'abbiamo qui...” disse, frugando in un cassetto.
“Sei davvero bella, lo sai?”
Lei sorrise e tirò fuori un vecchio
cd, una compilation dei migliori pezzi rock.
“Sicura che sia roba ascoltabile?”
Lilac diede una rapida occhiata alla
tracklist, mentre apriva lo sportello del lettore cd.
“Molto più che ascoltabile direi. E
comunque abbiamo solo questo. Gli altri dischi sono
intoccabili.”
“Ok, fallo partire allora.”
Lilac pigiò il pulsante e fece
chiudere lo sportello. Dopo pochi istanti il cd partì con la
prima
traccia, My Sharona, che esordiva con una breve introduzione
strumentale.
Ooh my little
pretty one, pretty one
When you gonna give me some time,
Sharona?
Lui le
lanciò uno
sguardo provocante, forse anche troppo.
Ooh you make my
motor run, my motor
run
Gun it coming off of the line,
Sharona
Si
guardavano senza
parlare, lui da una parte del bancone, lei dall'altra.
Altri sguardi di
fuoco. Quanto ancora potevano resistere?
Lei si allontanò.
“Lil, che fai?”
Senza dire una
parola, lei girò il cartello sulla porta del negozio. TORNO
SUBITO.
Arrivò dall'altra
parte del bancone, si avvicinò a lui e lo baciò
appassionatamente.
“Lil, ma
cosa...?”
“Questa è
l'ultima volta che ci vediamo. Voglio ricordarla per sempre, anche se
questo significa compiere un'azione assolutamente
scriteriata.”
“Vorrei che
ricordassi anche un'altra cosa.”
“Cosa?”
“Ti
amo, Lilac, e non smetterò mai di farlo.”
Si guardarono e si
scambiarono sorrisi complici. Tornarono a biaciarsi di nuovo,
infilandosi nel magazzino, alle spalle di lui. Davanti agli scaffali
pieni di scatoloni, c'era una vecchia scrivania con una sedia.
C'era poggiata sopra una lampada da tavolo e qualche scartoffia. Tom
scansò tutto con un gesto rigido del braccio e fece sdraiare
Lilac.
La lampadina si ruppe e i fogli volarono in terra producendo un forte
fruscio. Non era né il momento né il luogo, ma il
bello era proprio
questo. Rischiavano di essere visti o sentiti da chiunque avesse
messo piede nel negozio infischiandosene del cartello, ma a loro non
importava affatto. Era un atto assolutamente irresponsabile e ne
erano piacevolmente consapevoli.
“Al diavolo...”
si lasciò sfuggire Lilac.
Parlò sottovoce,
ma Tom udì chiaramente cosa aveva detto. E capiva
perfettamente a
cosa si riferisse. Sfoderò un sorriso sghembo mozzafiato e
Lilac non
poté resistere.
Ormai erano come un
uragano, privi di qualunque controllo.
Poco dopo si sentì
bussare alla porta. I due si rivestirono in fretta e misero a posto
tutto. Non poteva essere Nigel. Era troppo presto.
Tom calpestò
alcuni vetri per terra.
“Dannazione! La
lampadina!” imprecò.
“Corri a
comprarne un'altra. Nigel non se ne accorgerà.”
“E se invece lo
scoprisse?”
“Gli diremo che è
scoppiata.”
“Sei un vero
genio del male, sai?” disse, malizioso.
“Non provocarmi
di nuovo.”
“Sei tu che
cominci.”
“Io? E cosa
faccio di grazia?”
“Esisti, e questo
basta, credimi. Ora fammi andare o la lampadina col cavolo che la
compro.” disse, fuggendo dal negozietto.
Terminato il turno,
montarono in
macchina. Lilac sentiva di nuovo quella strana sensazione. Una nausea
terribile le stava mettendo lo stomaco sottosopra.
“Stai
bene?”
“Si. Ho solo
un po' di mal di
stomaco.”
“Sarai
nervosa.”
“Un
po'.”
Lui la guardò, ma non disse
niente. Rimise gli occhi sulla strada.
Nella vettura regnava il più
totale silenzio.
“Verrai
all'aeroporto?”
chiese lei dopo un po'.
“Lilac,
è meglio di no.”
rispose lui con una freddezza che Lilac non gli aveva mai visto, e che
soprattutto riteneva priva di una spiegazione logica.
Non osò dirgli altro.
Quando furono arrivati, Tom
posteggiò la macchina sul marciapiede davanti alla casa.
Scese e
aprì la portiera di Lilac.
Lei aveva un'espressione triste.
“Lil, che
c'è?”
“Perché
non vieni
all'aeroporto con me?” chiese, piangendo.
“Lilac,
è meglio sia per me
che per te, credimi.”
“Come puoi
dire questo, Tom?”
“Lilac, io
voglio che tu
ricominci daccapo la tua vita una volta che sarai lì.
Dimenticami,
ti prego.”
“Mi stai
lasciando?”
Lui non rispose.
“Tom, non
puoi mollarmi! Io ti
amo, e lo farò anche se non dovessi più vederti
per il resto
dei miei giorni!”
“Lilac, non
rendere le cose più
difficili.”
“E quello
che è successo oggi?
Non conta niente per te? Non mi ami più?”
“Lilac, non
è questo.”
“E allora
cos'è? Spiegamelo,
Tom, perché io...”
Lilac non proseguì oltre: sentì
la sua testa girare, le gambe non la sostenevano più.
Perse i sensi e cadde tra le
braccia di Tom, che la fece sdraiare sul sedile posteriore della
macchina mentre chiamava al cellulare Eve.
“Pronto?”
“Eve! Eve,
presto, corri a
casa! Lilac … Lilac...”
“Veramente
io e Bill siamo già
a casa. Ma cos'ha Lilac?”
“Non lo so.
Stavamo parlando
qua fuori e all'improvviso è svenuta!”
“Veniamo
subito.” disse lei.
Tom vide la porta della casa
aprirsi. Eve e Bill corsero fuori immediatamente.
“Lil!”
gridò Eve non appena
vide la sorella.
“Portiamola
dentro.” suggerì
Bill.
Tom la tirò fuori dalla
macchina, la prese in braccio e la portò fino alla sua
stanza. La
fece distendere sul letto.
Eve si morse un braccio,
procurandosi una ferita dalla quale usciva un po' di sangue.
Accostò
il braccio alla bocca di sua sorella e la fece bere. Lilac si riprese
nel giro di pochi minuti.
“Ragazzi, ma
che...?”
“Lilac, sei
svenuta poco fa.”
le disse Eve.
“Ah...”
“Già.
E penso che dovremmo
parlare. Da sole. Nel bagno.”
“Cosa?!”
“Riesci a
reggerti in piedi?”
“Si che ci
riesco, ma...”
“Bene,
allora vieni con me.”
disse trascinandola per un braccio fuori dal letto.
“Aspetta,
che fai? Mollami!”
“No,
finchè non sarò sicura
di una cosa.” rispose mentre chiudeva la porta del bagno,
lasciando
i due gemelli soli e perplessi.
“Lilac, ti
senti strana
ultimamente?”
“Strana?!
N...no...”
“Non
mentirmi.”
“Non sto
mentendo.”
“E allora
provamelo.” disse,
agitandole davanti una scatoletta.
“Ah no, io
quello non lo
faccio!”
“Hai paura
di scoprire la
verità?”
“Non
è questo è che...”
“Hai
fifa?”
“No.”
“E allora
fallo e basta. Non
aver paura, ci sono io.”
“Eve, ti
prego...”
“No, non
pregarmi. Fai come ti
ho detto.”
“E va bene,
anche se so già
che sarà una gran cavolata...”
Dopo pochi minuti le due sorelle
uscirono. Eve aveva un'espressione indecifrabile, al tempo stesso
seria e felice. Lilac aveva le lacrime agli occhi.
“Glielo dici
tu?” chiese la
bionda.
“No, per
favore, diglielo tu.”
“Ok. Ragazzi
non so da che
parte cominciare, perciò comincio e basta. Ci
sarà un cambio di
programma. Tom, tu parti con Lilac. Io vi raggiungo col volo
successivo.”
Tom la guardò con aria
interrogativa.
“No, aspetta
Eve, perché?”
chiese Bill, confuso.
“Perché
Lil aspetta un
bambino.”
“Cosa?!”
gridò Tom,
sconvolto.
“Si, Tom.
Sono incinta.”
rispose lei, quasi mortificata.
Sul volto del ragazzo apparve un
grande sorriso.
“E me lo
dici con questo tono?”
le chiese.
“Io non ti
capisco: prima
volevi mollarmi e adesso sembri quasi felice.”
“E come non
potrei esserlo
sapendo che dentro di te porti il nostro bambino?”
“No,
aspetta, frena: è una
specie di marcia indietro?”
“Lil, non ho
mai voluto
lasciarti sul serio. Stavo solo cercando di non complicare le cose.
Ma ora è tutto diverso. È necessario che io stia
con te. Devo
proteggervi.”
“Esatto.”
disse Eve. “Questo
bambino è l'ultima cosa che i nostri capi vorrebbero.
È frutto di
un'unione proibita, un'unione che non avrebbe dovuto esserci. O
almeno, questo è il pensiero dei nostri capi. Nessuno deve
sapere di
questa storia, ed è per questo che fuggiremo. Tom, te la
senti
davvero di lasciare questa città?”
“Assolutamente
si.”
“Benissimo,
allora prendi il
mio biglietto. Ne comprerò uno per me più
tardi.”
“Comprane
due, allora.”
intervenne Bill.
Eve lo guardò con un certo
stupore.
“Tu... parti
con me?”
“Certo. Non
posso stare lontano
dal mio fratellino e perdermi la gioia di diventare zio.”
“Mi sembra
sensato.” lo
appoggiò lei.
“E poi...
non posso permettere
che accada qualcosa a una così bella fanciulla.”
“Ok, questa
è davvero bella.
Ora andiamo, prima che ti rifili un pugno nello stomaco.”
Lui non rispose. In fondo vederla
arrabbiarsi in quel modo era divertente.
“Andiamo a
prendere i
biglietti?”
“No. Ci
servono armi. E solo io
so dove trovarle...”
***
L'angolo
di Ros
E' inutile dirvi quanto io vi adori. Vi ringrazio per l'ennesima volta
per tutto. Vedere le vostre visite e recensioni mi riempie il cuore di
gioia. =)
MissQueen: hai visto? Previsione azzeccata! ^^ Beh, io poi sono molto
prevedibile, lo dico sempre... U_U Comunque, sono felice che il
capitolo precedente ti sia piaciuto. Spero che questo sia stato
all'altezza. =D Per quanto riguarda Edmund so che fa impressione... Ho
raggiunto il mio scopo, yeah! XD Se vuoi leggere la demenziale si
chiama Sweeney THodd... E' a tua disposizione! =)
Midnight of phantom: più leggo i tuoi commenti e
più mi rendo conto che rischio di giocarmi le mascelle... XD
Non preoccuparti, comunque: Tomi non farà fuori Eve. ^_^ In
fondo si vogliono bene. =D
Gemel: so che questo capitolo ti sta particolarmente a cuore...
hihihihi Ma dai, pure tu te la prendi per il povero cadaverino?
Ammappa, ho destato proprio scalpore allora! °-°
_Angel_Of_Lust_: non preoccuparti. Figurati, io mi sento
onorata anche se mi scrivete buongiorno...^^ Poi i complimenti che mi
hai fatto sono davvero troppo per me, non me li merito. Però
graaaaaazie! XD Spero che il periodaccio passi.
Bene, e ora una piccola anticipazione, almeno vi faccio contenti (se
poi non ve ne frega niente, pazienza, avrò sprecato 30
secondi della mia inutile esistenza xD): il capitolo 14 si
chiamerà "Addio" e ci sarà una rivelazione sul
passato di Aaron. Spero di avervi incuriosito e al solito, vi stritolo
di abbracci e attendo fiduciosa le vostre visite e i vostri commenti,
entrambi graditissimi. =)
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Capitolo 15 *** Capitolo 14 - Addio ***
Capitolo
14
Addio
Dopo essersi salutati,
i quattro
si separarono. Tom e Lilac raggiunsero l'aeroporto, mentre Bill e Eve
si diressero verso il castello sulla spiaggia. Raggiunta North Harbor
Drive e parcheggiata la macchina, camminarono sulla sabbia. La luna
splendeva già, anche se da poco.
“Da dove
entriamo?”
“Guarda,
avevo pensato dal
portone principale, così ti facevo conoscere il
gruppo...”
dichiarò Eve, sarcastica come sempre.
“Ehi, non
sfottere! Io non
conosco questo posto come te.”
“Hai
ragione, scusa.”
“Wow! Questa
è una giornata da
ricordare!”
“Perché?”
“Perché
è la prima volta che
mi chiedi scusa per qualcosa. La mia vicinanza ti sta cambiando, mia
cara.”
“Ma va' al
diavolo.” rispose,
seccata.
Non voleva ammetterlo neanche a
se stessa, però era davvero così: da quando lo
conosceva era
diventata un'altra. Era tornata ad essere se stessa. Aveva ritrovato
il coraggio di piangere, di ridere, di provare qualunque emozione. Si
sentiva meglio, più viva forse. Si,
“più viva” era proprio la
definizione giusta.
“Ehi, che
fai? Non ti muovi
più? Non dirmi che sei già stanca!”
chiese Bill, interrompendo il
corso dei suoi pensieri.
“Eh? Che
cosa? Davvero non mi
sono mossa?”
“No. Sei
rimasta lì, ferma,
come incantata. Sicura di stare bene?”
“Mai stata
meglio. E ora
andiamo, prima che ci scopra qualcuno.”
I due camminarono ancora un po',
fino a raggiungere il lato posteriore dell'edificio.
Eve controllò che all'interno
non vi fosse nessuno e, constatato ciò, ruppe con un pugno
una
finestra, creando una fessura sufficientemente grande per far passare
un braccio. Girò la maniglia e aprì la finestra.
Entrò, insieme a
Bill. Cercarono di essere più silenziosi possibile, anche
mentre
calpestavano i frammenti di vetro caduti in terra.
Eve porse a Bill una delle sue
pistole a proiettili d'argento.
Guardarono a destra e a sinistra
e quando ebbero verificato che la via fosse libera, percorsero il
lungo corridoio col pavimento coperto da un lungo tappeto in velluto
rosso, lasciando dietro si loro qualche traccia di vetro e sabbia.
“Dove
andiamo?” sussurrò
Bill.
“Nello
studio di Aaron. Lì c'è
una chiave che ci servirà per aprire il portone della
dependance.”
Dopo aver camminato ancora per un
breve tratto, si trovarono di fronte a una porta imponente, in legno
di ciliegio. Eve tirò la pesante maniglia di ferro e, aperta
la
porta, entrò con circospezione, la pistola sempre puntata in
avanti.
Tirò un sospiro di sollievo
quando vide che non c'era nessuno. La luce era ancora accesa, segno
evidente che Aaron aveva abbandonato la stanza solo momentaneamente.
Era rischioso essere lì in un momento del genere, ma doveva
assolutamente procurarsi le armi necessarie per proteggere sua
sorella e i suoi amici. Corse verso la scrivania al centro della
stanza, le cui pareti erano occupate quasi del tutto da scaffali
traboccanti di libri di vario genere. Un ulteriore elemento che
conferiva un aspetto lussuoso - quasi regale - alla stanza era
costituito da un caminetto, davanti al quale c'erano un divanetto e
un paio di poltrone ricoperte di velluto.
Dopo aver dato un rapido sguardo
all'arredamento dello studio, Eve avanzò rapidamente,
seguita da
Bill, verso la scrivania, sulla quale erano sparsi dei fogli bianchi.
Sopra di essi, un'agenda, una specie di libretto, con la copertina in
pelle nera, era aperto su un paio di pagine scritte con una
calligrafia elegante e minuta. La piuma d'oca era fuori dal calamaio.
“Deve aver
smesso di scrivere
per un attimo. Tornerà sicuramente.”
pensò.
“Non abbiamo
molto tempo.”
disse poi rivolta al moro.
“Sbrighiamoci
allora.”
rispose lui mentre rovistava tra le carte.
“Aspetta!”
disse Eve, notando
una chiave infilata nella fessura del cassetto.
“Che
c'è?”
“Il cassetto
è aperto.”
disse, tirandolo indietro.
Ne esplorò con attenzione il
contenuto e vide una chiave abbastanza grande, con un elaborato
disegno sull'impugnatura. La riconobbe subito.
“L'ho
trovata. È questa.”
“Bene. E io
devo farti leggere
un paio di cose importanti sul tuo vecchio.”
“Hai letto
il suo diario?”
“Si. Che
c'è di male?”
“Bill, io ho
un sommo rispetto
per quell'uomo. Non potrei mai...”
“Leggi tutto
e cambierai idea.”
Eve lesse velocemente qualcuna
delle piccole pagine. Sembravano lettere scritte a qualcuno:
iniziavano tutte con “amore mio”.
“Beh? Cosa
c'è di strano se
scrive a qualche sua innamorata?”
“Infatti non
ha scritto le sue
lettere a una donna.”
Eve lesse l'ultima frase di una
di quelle pagine di diario.
Recitava: “Torneremo presto
insieme, mio amato Sasha.”
“E allora?
Che male c'è?
Certo, questa mi giunge nuova, visto che della vita privata del mio
maestro so ben poco, però...”
“Non
è solo a questo che mi
riferivo. Leggi meglio.”
Eve tornò su quelle righe. Trovò
un passo piuttosto interessante.
“Mi
manchi sempre di più. Sono più di vent'anni che
ti ho perso, ma non
mi sono ancora rassegnato. Voglio che tu torni, mio diletto, per
appagare i miei sensi con la tua bellezza e col soave suono della tua
voce. Ricordo ancora le splendide canzoni che cantavi per me quando
vivevamo felici a Budapest. Ma quei tempi meravigliosi torneranno, te
lo prometto. Ti restituirò la vita. Penso di aver trovato il
corpo
giusto per te. C'è uno di quei lupi arrivati da poco nella
riserva
che mi sembra perfetto. Tra l'altro, mi pare sia meno rozzo dei suoi
compagni canidi. L'importante, però, è che sia
degno di custodire
la tua anima. Ti amo immensamente. Per sempre tuo, Aaron.”
“Mio
Dio!”
“Già.”
“Chi pensi
che sia la sua
vittima?”
“Ce l'hai di
fronte. Nelle
pagine successive c'è una descrizione dettagliata. Insiste
molto con
questa storia, sembra quasi ossessionato.”
“E come ti
sentiresti tu dopo
aver perso l'amore della tua vita?” disse all'improvviso una
voce
calda e baritonale.
I due allertarono i sensi
immediatamente, voltandosi indietro per vedere chi avesse pronunciato
quelle parole, anche se sapevano perfettamente chi potesse esserci
dietro di loro.
“Aaron.”
“Eve! Vedo
che abbiamo un
ospite.”
“Ce ne
stavamo andando.”
“Oh, certo!
È facile farlo
dopo aver letto le mie cose, preso la mia chiave e invaso il mio
spazio personale! Non ve la caverete così. Tra l'altro, Eve,
il tuo
comportamento mi delude particolarmente. Hai tradito la mia fiducia e
quella di tutto il gruppo.”
“Solo
perché sono diventata
amica di un lupo?”
“Se a te
sembra poco...”
“Sei tu che
ne fai un dramma.”
Bill assisteva alla scena
incapace di proferire parola. Aaron gli lanciò un'occhiata
torva.
“Visto che
il tuo amichetto si
sarà impicciato per bene dei fatti miei, non mi costa niente
dirtelo... I licantropi hanno ucciso il mio Sasha.”
“Hanno
ucciso anche i miei
genitori, ma non posso certo prendermela con l'intera razza. E poi,
penso che proprio per evitare eventi del genere dovremmo creare una
sorta di pace.”
Il vampiro trattenne a stento una
risata diabolica.
“Perché
ridi tanto adesso?”
chiese Eve con una punta di rabbia.
“Rido della
tua stoltezza, mia
cara. Sei sciocca, proprio come coloro che ti hanno generato.”
“Come
osi?”
“Lascia che
ti spieghi come
stanno le cose. Sono anni che mi chiedi risposte sulla loro morte,
no?”
Eve rimase in silenzio e Aaron
potè cominciare il suo racconto.
“Il giorno
in cui Sasha morì
correvamo in giro per la foresta, felici. A un certo punto lui mi
lasciò indietro e sparì tra gli alberi. In quella
fitta vegetazione
trovò due lupi, che dilaniarono il suo cadavere in una
maniera
indicibile. E non lo fecero per fame, ma per divertimento! Arrivai da
lui solo quando sentii le sue grida di dolore. Ormai era troppo
tardi.”
“Si, ma
questo cosa c'entra coi
miei?”
“Quando
portai il corpo di
Sasha ordinai di chiuderlo in una cella. Poi giurai davanti a tutto
il clan che mai avrei perdonato chi aveva fatto una cosa tanto
crudele. Giurai eterno odio ai lycan e proibii ai miei sudditi di
stringere con loro rapporti amichevoli, pena la morte. Ma i tuoi
erano cocciuti e mi disobbedirono ugualmente. E tutto questo
perché
avevano trovato un marmocchio nella foresta, mentre cacciavano.
L'avevano fatto nascondere in una grotta.”
“E tu li hai
scoperti, giusto?”
“Ero
insospettito da qualche
tempo dal loro comportamento. Uscivano di nascosto, andavano
chissà
dove. Poi un bel giorno li seguii e scoprii la verità.
Volevano la
pace tra le due razze, poveri stupidi...”
“Non parlare
mai più di loro
in quel modo!” disse lei, andandogli addosso per colpirlo.
Lui fu
più veloce e bloccò il suo calcio. Con un
movimento rapidissimo, le
posò la gamba a terra e le mollò uno schiaffo.
“Da te non
me lo aspettavo...
Hai mentito a mia sorella, hai mentito a me! E lo hai fatto per tutto
questo tempo...”
“E'
già molto che vi abbia
tenute in vita. Il vostro onore è contaminato da anni, ma io
ho
detto al popolo che volevo essere magnanimo, in nome della
fedeltà
che i tuoi genitori avevano avuto verso di me prima di quella volta.
Così tutti hanno fatto finta di niente e vi hanno accolto
come delle
figlie. Ho fatto anche troppo per voi. Tra l'altro ho rischiato di
allevare due serpi in seno. Visto che siete sciocche quanto i vostri
genitori, avreste anche potuto uccidermi per puro spirito di
ribellione. Ma sono stato fortunato, direi.”
Eve emise una specie di ringhio.
“Ora chi
rischia la vita sei
tu, carina. Ti farò fuori, come avrei dovuto fare tanti anni
fa.”
disse avvicinandosi a lei tirando fuori un pugnale. Lei tirò
fuori
la pistola e gliela puntò contro prima che potesse avanzare
ulteriormente.
“Fermo dove
sei.” disse, le
mani ancora tremanti.
“Non puoi
farlo. Guarda come
impugni quell'arma... non sei convinta neanche tu di quello che stai
facendo.”
Prese la pistola con la mano
libera, sfilandola senza difficoltà dalle mani bianche e
affusolate
della giovane, e la buttò a terra. Adesso erano uno di
fronte
all'altra, e lei non riusciva a muoversi.
Bill si spostò lateralmente con
passo felpato, approfittando della distrazione del vampiro. Prese in
mano la sua arma, l'altra pistola che Eve gli aveva dato. La
puntò
contro il vampiro, sperando che l'agitazione non gli impedisse di
centrarlo.
“No.”
pensò fra sé
“Devo farcela. Ne va della sua vita, della nostra
vita.”
Mentre premeva il grilletto
chiuse gli occhi più forte che poté.
Sentì il rumore dello sparo,
poi riaprì gli occhi per verificare l'esito del suo tiro.
Eve vide gli occhi color ghiaccio
del vampiro spalancarsi, come la sua bocca. Si accasciò al
suolo.
Sussurrò solo un'ultima parola: Sasha.
***
L'angolo di Ros
Come avete
potuto notare, Eve e Bill hanno sventato il piano di quel cattivone di
Aaron. I problemi, ovviamente, non sono finiti. Addio... Si, ho
chiamato così questo capitolo. E' l'addio di Aaron alla vita
e per i nostri eroi è un addio alla loro città.
Comunque, non perdiamoci in dettagli e passiamo subito alla parte che
preferisco dei miei post... Rispondere a voi!! ^^
MissQueen:
IO.TI.ADORO. Scusa, dovevo troppo dirlo. XD Non sono per niente brava
con le scene hot però ne ho inserite diverse (si, questo
posso preannunciartelo ^^). Sono felice che ti sia piaciuto anche
questo chappy e non vedo l'ora di leggere il tuo prossimo commento
(sempre che tu abbia ancora la pazienza e la voglia di seguirmi,
è ovvio). Ah! Su Tom la penso esattamente come te (e anche
su Bibi a dirla tutta ^///^).
Gemel: Lo so che
ti piace la parte della scrivania eh eh... xD E comunque no, non me
l'ha ispirata il pedofilors. Ho solo una buona dose di fantasia, tutto
qui. ^^ E non chiamarmi Eve e Bill rincretiniti!
è.é Poverini loro, belli della mamma... xD
Hannika per il momento lasciala stare. Sta bene dove sta. xD
Midnight of
phantom: Eh no cara, altrimenti sarebbe plagio... xD Non si
può... Ho optato per qualcosa di carino però,
questo posso dirtelo già. =)
Angel_Of_Lust:
Tesoro, sul serio, non giustificarti. =) Lo so in che situazione ti
trovi e ti capisco benissimo. Scuola maledetta!
ù.ù Tranquilla, prendila con molta calma. =) Deve
essere un piacere (o un atto di masochismo in questo caso xD) leggere.
E' una cosa che va fatta con tutta la serenità del mondo,
altrimenti non c'è gusto. In bocca al lupo per gli esami.
^__________^ Sono dalla tua!!!
Piccola
anticipazione: il prossimo capitolo si chiamerà "Fuga".
Sarà tutto incentrato su Bill e Eve. Si troveranno soli,
all'aeroporto e raggiungeranno Parigi. Non dico altro. Attendo
fiduciosa vostri commenti. Vi stritolo di abbracci. ^^
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 15 - Fuga ***
Capitolo
15
Fuga
Eve, ancora
terrorizzata, fissava
il corpo di colui che per anni aveva stimato come un padre e che ora
aveva scoperto essere l'assassino dei suoi genitori. Non aveva voluto
sparare, non voleva uccidere ancora. Ma Bill aveva avuto il coraggio
di farlo, perché doveva salvarsi e perché forse
intendeva salvare
anche lei.
“Scusa Eve,
ho dovuto.” fu
tutto ciò che riuscì a dire.
“Perché
l'hai fatto?”
“Perché
eravamo in pericolo.”
“Scusa, non
so neanche cosa sto
dicendo. Tu mi hai salvato la vita e hai tolto di mezzo l'assassino
dei miei genitori e io sto qui a chiederti perché. Sono
proprio una
stupida.”
“No, sei
solo un po' scossa.
Su, andiamo all'arsenale. Dobbiamo fare presto o i tuoi compagni ci
scopriranno.”
Lei annuì e lo seguì. I due
uscirono, furtivi, con la complicità del buio e si diressero
verso
la dependance. Arrivarono di fronte a un portone ligneo. Eve
tirò
fuori la chiave presa nello studio, la infilò nella toppa e
la girò.
La serratura scattò e la porta si aprì. L'interno
era scarsamente
illuminato, fatto interamente in pietra. Le armi erano disposte in
maniera ordinata su tutte e quattro le pareti. Sembravano disposte
anche con un certo criterio: da una parte c'erano le armi da fuoco
(tutte a proiettili d'argento), dall'altra quelle bianche. C'era una
vastissima scelta: spade, pugnali, daghe, pistole, mitragliette... un
vero e proprio paradiso per qualunque guerriero.
Eve e Bill ne scelsero diverse,
cercando di fare più in fretta possibile, e le infilarono in
una
borsa che avevano portato con loro. Dopodiché, fuggirono
verso la
spiaggia, raggiunsero il parcheggio e si avviarono a tutta
velocità
verso l'aeroporto. Lì acquistarono due biglietti last minute
per
Parigi. Aspettarono per circa un'ora il loro volo e ne approfittarono
per discutere.
“Stai
bene?” chiese Bill,
vedendola preoccupata.
“Non puoi
certo essere
l'immagine della felicità dopo aver causato la morte di due
persone
e dopo aver scoperto la verità sulla morte dei tuoi, non ti
pare?”
“Hai
ragione. Domanda idiota.”
“No, non
volevo dirti questo.
Anzi, sei stato così...”
Non terminò quella frase. Non
poteva mostrarsi troppo gentile. Voleva dire essere debole. E
mostrarsi debole, davanti a lui poi, proprio non le andava
giù.
“Dio,
perché mi pongo certi problemi? È mio amico, o
comunque qualcosa di
molto simile. Perché ho tanta paura del suo
giudizio?”
“Così...?”
chiese il moro,
destandola dai suoi pensieri.
“Devo per
forza finire la
frase?” rispose, una volta scesa dalle nuvole.
“Beh,
diciamo che potrebbe
farmi piacere.”
“Potrebbe?”
“Già.
Non ci perdo mica il
sonno, sai? È solo per farti tirare fuori quello che hai
dentro,
nulla di più.”
“Si, certo,
come no. Così poi
potrai prendermi in giro da qui all'eternità, sempre che
sopravviviamo a tutto questo.”
“Tu credi
che io userei ciò
che dici contro di te? Si vede che ancora non mi conosci.”
Lei sospirò, poi disse: “Ok,
d'accordo, finisco la frase.”
“Bene, ho
vinto allora.”
“Non gioire
troppo, bestiola
argentata. Stavo solo dicendo che sei stato carino, tutto
qui.”
“Carino?”
“Si,
carino.”
“Mi trovi
carino?” chiese con
aria maliziosa.
“No,
intendevo dire che il tuo
gesto è stato carino.”
“Peccato! Mi
sarebbe piaciuto
strapparti un complimento.”
“Non ti
basta quello che ho già
detto?”
“Mi avvalgo
della facoltà di
non rispondere.”
“Non
è valido!”
“Oh, si che
lo è!”
“E
perché?”
“Per
un'unica, importante
ragione, mia cara.”
“Che
sarebbe?”
“Preparati
perché ti dirò
cinque piccole paroline che ti faranno alzare da questa panchina e ti
faranno correre come una pazza.”
“Bene,
dimmele allora, senza
troppe cerimonie.”
“Ci. Sta.
Aspettando. Il.
Volo.”
“Cosa?!
Possiamo andare?”
“Lo dice il
cartello.”
“Quale
cartello?”
“Quello
davanti a noi, che io
ho continuato a tenere d'occhio per tutto il tempo e che tu hai
bellamente ignorato per ascoltare me.”
Eve alzò lo sguardo e vide che
in effetti c'era davvero un cartello con le lettere luminose che
indicava gli orari dei voli. Non ci aveva fatto caso prima.
“Mi sento
quasi onorato, sai?
Non pensavo di avere una simile influenza su di te.”
“Ma che
cavolo dici?”
“Ti
distraggo solo parlandoti.
Pensa cosa potrei fare avvicinandomi a te anche solo di un paio di
centimetri...”
Eve non poteva lasciarsi
catturare da quegli occhi, da quel viso, da quelle mani... no,
proprio non poteva. Lei non aveva mai provato niente di simile per
nessun altro essere. La sua esistenza era sempre stata tranquilla e
nel complesso senza scosse. Da quando lui era entrato nella sua vita,
invece, era stata totalmente sconvolta. Era arrivata a fare cose che
non avrebbe mai immaginato di poter fare: aveva tradito il suo
gruppo, aveva ucciso il suo migliore amico... Si sentiva un'anima
sporca, persa, priva di quei principi alti e nobili che aveva sempre
creduto di avere. Eppure quell'essere che avrebbe dovuto odiare non
poteva sembrarle più desiderabile in quel momento: aveva uno
sguardo
capace di incatenarla, e il suo viso assumeva espressioni
indescrivibili a parole. In quel momento si mordeva il labbro
inferiore, sorridendole con una certa malizia, quasi fosse
assolutamente sicuro e consapevole del suo fascino.
Prima che la sua mente potesse
spingersi oltre quelle riflessioni, gridò contro di lui:
“L'unico
effetto che hai è
quello di farmi incavolare a morte, perciò faresti meglio a
non
provocarmi.”
“Altrimenti?”
“Ti squarto
e ti uso come
zerbino.”
“Oh, che
crudeltà! Tremo già
di paura.” disse, alzandosi in piedi.
“E fai bene,
perché se ti
acchiappo sono affari tuoi!” gridò, alzandosi e
iniziando a
rincorrerlo. Arrivarono fino all'aereo: quando presero posto lei non
fece altro che lanciargli occhiatacce, facendolo ridere di gusto ogni
volta.
Arrivarono a Parigi entro qualche
ora e poi presero un taxi.
***
La
posta di Ros xD
E
così anche questo (orrendo) capitolo è finto.
Più passa il tempo e più mi rendo conto di essere
un'incapace. Leggo tante fanfiction e ogni volta c'è
qualcuno di gran lunga superiore a me. Non che io voglia essere
considerata la più brava del mondo, ci mancherebbe, ma
vorrei potermi giudicare almeno decente, passabile. E invece non posso,
perché il mio modo di scrivere è assolutamente
orrendo, scontato, piatto, banale, elementare, sciocco e dannatamente
ripetitivo (o almeno, così lo vedo io)! Insomma, sono in
piena crisi. Ma non voglio assillarvi con i miei problemi idioti,
perciò passiamo alle vostre risposte, unica mia fonte di
conforto.
Gemel: Lo so, Eve e Bill sono due bradipi, ma non posso farci niente...
E' la natura... Per quel che riguarda Hannika, beh, devo dire che
speravo da tempo di inserire una cattiva come lei in una ficcy (poi la
Meyer mi ha preceduta con Victoria nella saga di Twilight -alla quale
mi sono ispirata-... e così mi limito a sentirmi onorata per
avere quest'idea in comune con lei =D). Ci voleva proprio, si si. E
poi, devo dirlo, l'ho immaginata davvero bellissima. Insomma, vado
fiera della mia creazione, anche se, certo, rompe le uova nel paniere
ai miei piccoli amici immortali... PS: so cosa stavi per dire di Tom,
quindi attenta a te. U_U xD
_Angel_Of_Lust_: Tesoro, grazie infinite per i complimenti.
Oddio, la battuta che hai fatto su Aaron mi fa morire ogni volta che la
leggo, giuro. Beh, che schiattasse a questo punto era praticamente
necessario. E penso ci stesse anche la rivelazione del suo passato.
Perché l'ho fatto omosessuale? Boh, mi è uscito
così... Comunque sono contenta che la coppia Eve-Bill ti
piaccia. Mi viene da pensare che il prossimo capitolo ti
soddisferà alquanto ( e farà molto felice anche
la Gemel, ovviamente xD).
Midnight of phantom: Cara, per te vale lo stesso discorso. Il prossimo
capitolo porterà con sè una grossa svolta. =)
Sono contenta che Aaron ti abbia stupito. Era proprio ciò
che volevo ottenere.
MissQueen: Carissima, non preoccuparti. Comprendo benissimo gli impegni
che hai (e che hanno anche tutti i miei lettori): c'è la
scuola, per molti anche lo sport... senza contare che ognuno di noi ha
almeno uno straccio di vita sociale, per cui non posso mica essere la
vostra priorità. =) Detto questo, si, concordo con te: a
Bill quelle lezioni sono proprio servite... xD Capisco a cosa ti
riferisci, perché il dvd l'ho comprato e visto
immediatamente, appena è uscito (l'ho voluto a tutti i costi
con la maglietta *°*). Ora non mi ricordo bene, ma forse questa
scena l'ho scritta prima di vedere il dvd. °°"
Ci-emme-cu....che è successo con la ficcy?
ç____ç Non dirmi così, che poi mi
dispero...
Ecco
qua. Anche questa è fatta. =) Per fortuna ci sono ancora dei
santi (ma soprattutto delle sante) come voi che hanno l'infinita
bontà e pazienza di seguirmi in questo calvario, leggendo
e/o commentando i miei capitoli... grazie di cuore, e soprattutto
scusatemi se ci ho messo tanto a postare (ragioni da comune mortale me
lo hanno impedto... -.-''). Vi devo tantissimo. Un grosso
bacio dalla vostra Rosalie Hale.
|
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Capitolo 17 *** Capitolo 16 - Complementary opposites (Ebony & Ivory) ***
Capitolo
16
Complementary
opposites
(Ebony
& Ivory)
Reprimono
il desiderio solo quelli che lo hanno tanto debole da poterlo
reprimere.
William
Blake, “Il matrimonio del Cielo e dell'Inferno”
Quando
siamo insieme, così vicini l'uno all'altra,
sento
che siamo come l'ebano e l'avorio
il
caldo e il freddo
il
giorno e la notte
la
luce e l'oscurità
il
bianco e il nero
l'uomo
e la donna
il
grigio e il colore
due
facce della stessa realtà
due
facce dello stesso sogno
odio
e amore
gioia
e dolore
appagamento
e insoddisfazione
disperata
ricerca
e
finale approdo
tutto
questo trova la sua unità
in
noi, con noi.
Dal
diario di Lilac
Il
tassametro girava mentre la
vettura girava per le vie della capitale francese. Eve volle
prudentemente assicurarsi di avere soldi sufficienti per pagare. Li
aveva cambiati da poco. Con gli euro non sapeva proprio regolarsi.
Aveva qualche banconota da venti
e pochi spiccioli. Non era molto. Prima che la cifra diventasse
troppo alta, decise di fermare la macchina e scendere, maledicendo se
stessa per aver dato quasi tutto il denaro a sua sorella.
I
due si ritrovarono in una via della quale non conoscevano il nome.
C'erano un piccolo parco e una cabina telefonica. Eve
entrò mentre Bill rimase fuori a fare la guardia.
La
vampira estrasse da una tasca il bigliettino sul quale aveva annotato
nome e numero dell'albergo presso il quale alloggiavano Tom e sua
sorella. Digitò alcune cifre, ma non terminò il
numero, perchè
alzando lo sguardo vide davanti a sè un essere spaventoso.
“Un
lupo!” gridò, mentre la bestia scuoteva
violentemente la cabina.
Bill
corse dall'altra parte e affrontò l'animale. Gli
saltò addosso più
volte, nel tentativo di azzannarlo, ma venne sempre respinto. Eve era
impaurita. Tuttavia, ritenne necessario un suo intrvento e
così uscì
per affrontare la bestia. Tirò fuori una delle pistole che
aveva nel
cinturone, aggirò, furtiva, la cabina, e, quando si
trovò alle
spalle dell'enorme lupo, gliela puntò alla tempia. Premette
senza
esitazione il grilletto e il proiettile d'argento trapassò
il cranio
dell'animale, facendogli perdere una gran quantità di
sangue. Poi si
accertò che fosse realmente morto, tirando un calcio al
corpo,
rigirandolo: non si mosse. A quel punto corse da Bill, ancora seduto
in terra per via dell'ennesima caduta.
“Tutto
bene?” chiese.
“S-
si.” rispose, ancora scosso per lo scontro.
“Ok,
chiamo l'albergo allora.”
Rientrò
nella cabina, che non era stata danneggiata poi molto, e compose
nuovamente il numero. Si fece passare sua sorella e le chiese di
chiamare un taxi che portasse lei e Bill da quella via buia e
sconosciuta fino alll'albergo. Le chiese di pagare l'autista per lei,
dal momento che aveva quasi esaurito i soldi, e, terminata la
telefonata, uscì. Fu investita subito da un odore forte:
odore di
sangue. Si guardò intorno per cercare di capire da dove
provenisse e
vide che Bill si reggeva il braccio, dolorante.
“Tu
sei ferito!” disse. “Dammi la tua
maglietta.” aggiunse,
tirandola per un lembo.
“Eve
non vorrei che ci arrestassero per atti osceni in luogo pubblico...
Ma se davvero non riesci a resistermi beh potrei anche correre il
rischio...”
“Bill,
non fare l'idiota. Devo fasciarti il braccio. Ti medicherò
per bene
in albergo.” disse, nervosa. L'odore del sangue continuava a
sollecitare i suoi istinti. Del resto, non si nutriva da più
di un
giorno, e mantenere il controllo era davvero difficile. I suoi occhi
stavano per assumere il colore del ghiaccio e i canni iniziavano a
farsi più lunghi ed aguzzi. Scosse la testa, cercando di
reprimere
il suo desiderio di sangue.
Ad
un tratto sentì la sua testa girare e si accasciò
a terra.
“Dio!
Eve!” gridò Bill, allarmato. Si
avvicinò a lei e prese il suo
viso pallido tra le mani.
"Hai
bisogno di nutrirti, vero? Dai, prendi." disse, avvicinandole al
volto il braccio sanguinante.
"No,
non posso..."
"Poche
storie. Bevi!"
"Non
posso bere il tuo sangue... Non voglio..."
"Considerami
un animale come un altro e fai uno sforzo."
"Non
pensarci nemmeno. Potrei non fermarmi, lo sai. Non voglio ucciderti."
"Proprio
perché non vuoi non lo farai."
"Ti
fidi troppo di me."
"So
di poterlo fare. E ora, forza, bevi!"
"Bill,
io..."
"Forza!"
le ordinò.
Lei
non potè opporsi. Accostò le labbra gelide alla
ferita, senza
affondare i denti, visto che il taglio era già aperto. Il
sangue
fluì dal braccio fin nella bocca di lei, che bevve
avidamente, senza
staccarsi dalla ferita. Era completamente catturata dal suo sapore:
al fondo metallico tipico del plasma si aggiungeva un che di dolce,
che le impediva di smettere di bere.
Bill
reclinò la testa all'indietro, lasciandosi andare ad un
sospiro, un
po' per il freddo contatto tra le labbra di lei e la sua pelle e un
po' per il sangue che stava perdendo. Sentiva le sue forze venire
meno ad ogni sorso, il fiato mancargli sempre di più...ma
era pronto
a sacrificare anche la sua vita se necessario, purché lei si
rimettesse in sesto. Non le avrebbe detto di smettere: l'avrebbe
fatto da sola.
Mentre
Eve beveva, alzò leggermente lo sguardo, posandolo su di lui
che, a
bocca aperta, cercava di prendere quanta più aria potesse.
No, non
poteva appagare oltre il suo appetito a scapito della sua vita.
Solo
un altro po'...
No,
rischi di ucciderlo.
Quell'ultimo
pensiero la indusse a staccarsi dal suo braccio con decisione. Quando
lo ebbe fatto, si leccò le labbra, sulle quali era rimasto
ancora
quel sapore delizioso. Assaporò ancora quelle ultime gocce,
ad occhi
chiusi.
“Visto?”
disse il ragazzo, respirando affannosamente. “Ci sei
riuscita.”
“Per
pochissimo.” precisò lei.
“L'importante
è che tu l'abbia fatto.”
La
luce di un paio di fari li colpì in pieno. Eve
spostò lo sguardo
sulla vettura che emanava quella gran luce.
“Ecco
il taxi. Adesso andiamo in albergo.” disse.
Lo
aiutò ad alzarsi e ad arrivare alla macchina. Parlando un
perfetto
francese, chiese all'autista se era già stato pagato come
aveva
chiesto. L'uomo le rispose di si. Il silenzio che calò nei
minuti
successivi fu rotto nuovamente dal conducente, che chiese ai ragazzi
cosa fosse successo, avendo notato il braccio sanguinante di Bill
dallo specchietto retrovisore. Eve giustificò il tutto con
un'aggressione di due delinquenti del luogo.
Il
tassista commentò, indignato, la delinquenza dei giovani.
Si, doveva
essersi davvero bevuto quella storia.
Quando il taxi
giunse a destinazione, i due ringraziarono l'autista molto
gentilmente e si avviarono verso la hall, dove li attendevano Lilac e
Tom.
I quattro si abbracciarono,
felici.
“Abbiamo
preso un'altra
stanza.” disse Lilac.
“Bene...
Aspetta perché una?”
chiese Eve.
“Perché
ce ne era rimasta una
sola. Fortunatamente è sul nostro stesso piano. L'hanno
lasciata
stamattina.”
Eve si rassegnò, imprecando a
denti stretti per quella sfortunata situazione. Voleva chiedere a sua
sorella di poter dormire in stanza con lei, ma sapeva che Tom non
sarebbe mai stato disposto a cederle il suo posto.
Tom, nel frattempo, fece una
sorta di interrogatorio a Bill mentre salivano verso le rispettive
camere. Era tremendamente preoccupato per lui e gli chiedeva in
continuazione se stava bene.
Quando raggiunsero il loro piano,
il quarto, si separarono.
Mente Tom e Lilac si
addormentarono subito, esausti per il viaggio affrontato.
Nell'altra stanza, la 421, Eve,
seduta a un tavolo, medicava il braccio di Bill con gli attrezzi da
pronto soccorso che si era intelligentemente portata dietro.
“Ahia!”
disse Bill,
lamentandosi mentre lei stringeva una fascia intorno al suo braccio.
“Non
lamentarti. È già tanto
che io stia nella tua stessa stanza. Fosse per me, dormirei in
corridoio.”
“Ma, cavolo,
è stretta! Fa
male!”
“Ti ci devi
abituare. Deve
essere stretta. E poi non dirmi che un lupo come te si lascia
spaventare da una fascetta!”
“Chi, io?
No, no. Non mi stavo
lamentando. Stavo soltanto precisando.”
“Bene.
Adesso andiamo a
dormire. Mi raccomando, niente scherzi.”
“Sarò
buono, promesso.”
“Bravo
bambino. Allora
dormiamo.” dissse Eve.
I due si sdraiarono sul grande
letto matrimoniale, tenendosi a debita distanza l'uno dall'altro.
Bill si appisolò, mentre Eve continuò a rimanere
sveglia. A un
certo punto si alzò e andò verso la finestra,
dalla quale proveniva
un chiarore bluastro che illuminava leggermente le pareti bianche
della stanza. Ammirò il panorama per un po', poi fu
spaventata
dall'arrivo improvviso di un fulmine. La pioggia iniziò a
cadere
fitta, battendo violentemente sui vetri.
Bill si svegliò e, vedendola in
piedi, andò verso di lei.
“Non riesci
a dormire?”
“No.”
“C'è
qualcosa che non va?”
“Ho
paura.” confessò, quasi
senza accorgersene.
“Non averne.
Qualunque cosa
accada sarò sempre con te.”
“Preferirei
che non ci fossi.
Per colpa mia passi solo guai.”
“Quel lupo
mi ha solo colto di
sorpresa.”
“Fa lo
stesso: non voglio che
ti ritrovi in situazioni pericolose per colpa mia.”
Lui la guardava apprezzando ogni
dettaglio del suo viso: occhi del colore dell'Oceano, pronti a
diventare due specchi di ghiaccio, pelle dal candore quasi mortale,
labbra vermiglie... Dio, quanto desiderava allungare una mano verso
quel volto!
Continuò ad osservarla, quasi
accarezzandola con lo sguardo. Fu un attimo: la sua mano fece
ciò
che facevano gli occhi, e così si ritovò a
sfiorare delicatamente
le sue gote. Poi osò ancora, e si insinuò tra i
suoi capelli.
Accostò il viso al suo e le sue labbra si posarono, lievi,
su quelle
di lei.
“Che stai
facendo?”
“Niente.”
rispose per poi
tornare a baciarla con più passione.
Posò nuovamente le labbra su
quelle di lei, stavolta dischiudendole lentamente.
Eve non oppose resistenza a quel
contatto. Perché non lo stava allontanando con una spinta,
buttandolo fuori dalla stanza senza neanche aprire la porta?
Perché
rispondeva a quel bacio con tanta passione, quasi lo avesse aspettato
da tutta una vita?
La risposta era semplice: lei lo stava
davvero aspettando, senza essersene mai resa conto. A forza di
reprimere i suoi istinti, i suoi desideri e i suoi sentimenti aveva
finito per opporsi alla chimica, commettendo l'errore più
grave che
qualunque essere, mortale o immortale che fosse, potesse compiere.
Solo ora si rendeva conto di quanto fosse stata sciocca.
Le mani di lui si posarono sulle sue
spalle e la accarezzarono lievemente, procurandole brividi.
Eve strinse le sue braccia intorno al
collo di Bill, attirandolo a sé con forza.
Si staccarono per un momento e si
guardarono negli occhi.
Avrebbe voluto dirgli mille cose: mi
ami?, giurami che non mi lascerai...
Ma non proferì parola, incantata dal
suo sguardo nocciola, nel quale coglieva quel fantastico riflesso
arancione che lui aveva ogni volta che era con lei. Lasciò
solo che
lui la baciasse di nuovo e la portasse verso il letto matrimoniale,
facendola sdraiare piano. Non voleva davvero quelle risposte, non in
quel momento, perché non aveva bisogno d'altro che non fosse
lui.
Come in preda a una febbre, con un
continuo brivido che le correva lungo la schiena pallida e fredda,
iniziò a respirare convulsamente. Lui le tolse i vestiti di
dosso,
continuando a darle baci e carezze e lei fece altrettanto,
lasciandosi guidare dal suo cuore e abbandonando per una volta quella
razionalità della quale era sempre andata tanto fiera.
Il calore di quella stanza contrastava
terribilmente con il gelo e la pioggia dell'esterno. Dalla finestra,
coperta da tende bianchissime, entrava solo la luce azzurra della
notte. Fuori c'era un tempo da tempesta: la pioggia si abbatteva con
violenza sui vetri e il vento spirava impetuoso.
Bill si fermò un attimo a guardarla.
Lei era sdraiata sul morbido materasso e lui si manteneva issato
sulle braccia.
“Sei bellissima, sai?” disse,
scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Lei rimase a fissarlo.
“Non te l'ho mai detto prima, però è
così. Sono pazzo di te e non mi importa se alla fine di
tutto questo
mi considererai uno stupido.”
“Agisci sempre così impulsivamente?”
“Il 99,9% delle volte.” disse,
accennando un sorriso. “Dovresti provare anche tu. A volte
può
essere divertente.”
“E cosa pensi che stia facendo
adesso?” rispose, attirandolo a sé e baciandolo.
“Temo” disse Bill “che tutto
questo possa diventare pericoloso. Una sorta di dipendenza.”
“Troppo
tardi. Tu sei già la
mia droga. Dammi le tue allucinazioni.” rispose, guardandolo
negli
occhi con aria dolcemente maliziosa.
***
L'angolo di Ros
Oggi faccio dei ringraziamenti veloci veloci...
Midnight of phantom: tesoro, oltre ad avermi fatto schiantare dalle
risate come al solito, mi hai resa davvero felice. Sono contenta di non
averti delusa. Mi raccomando, continua a seguirmi.
MissQueen: cara, a te dico poche parole, ma come sempre molto sincere:
mi hai davvero commossa.
_Angel_Of_Lust_: oddio davvero ti è piaciuto? Menomale, mi
sento davvero sollevata. ç____ç Stavolta
perdonami ma il componimento in apertura mi deve essere uscito mentre
ero ubriaca (anche se me regge benissimo l'alcol... -.-")
Gemel: è inutile che fai la santarellina... xD Ti ho
beccata! Ammettilo! *indica* comunque sono felice che ti piaccia la
storia. Come sai il tuo giudizio per me è fondamentale
(visto che ti chiedo sempre un parere sulle mie ficcy).
Ladysimple: semplicemente GRAZIE. Sia per il commento che per
l'inserimento tra le storie seguite. *si commuove*
Un grosso bacio a tutti (o forse dovrei dire a tutte, visto che il mio
pubblico sembra essere esclusivamente femminile O.o).
|
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Capitolo 18 *** Capitolo 17 - Minaccia ***
Capitolo
17
Minaccia
La pioggia aveva
smesso di cadere
da poco. Il cielo, tuttavia, non accennava ad aprirsi neanche un po'.
Eve dormiva beatamente. Bill, invece, si era svegliato da qualche
minuto. Sdraiato vicino a lei, percorreva con le dita il profilo
della sua schiena. Sentì bussare alla porta e si
alzò subito dal
letto.
“Accidenti!”
pensò quando si
ricordò che non si era ancora rivestito. Si mise addosso le
prime
cose che trovò. Per non perdere tempo, non mise la
maglietta. Si
precipitò alla porta e aprì. Trovò
davanti a sé un uomo, venuto
con buona probabilità dalla hall.
“Signore,
perdoni il disturbo.
È appena arrivata una sua parente e mi ha pregato di
consegnarle
questa.” disse, porgendogli una busta bianca.
“Una
parente, ha detto?”
“Si,
signore. Non aspettava
lettere?”
“No.”
mentì “E' che... ho
una famiglia parecchio numerosa. Non le hanno lasciato un
nome?”
“Nessun
nominativo.”
“Non
è che potrebbe darmi una
descrizione, allora?”
“Certamente.
Era una donna
molto bella, con dei lunghi capelli ramati.”
“Hannika...”
farfugliò Bill,
in preda allo spavento.
“Avete
capito chi è?”
“Eh? Si, ora
ho capito. È una
mia cugina.”
“Avete
l'aria preoccupata.”
“No, sono
solo un po' stanco.
Aspetti.” disse, andando a prendere un po' di soldi dal
portafoglio. Li posò nelle mani dell'uomo, che li mise in
tasca e,
dopo averlo ringraziato, percorse il corridoio nel senso opposto,
verso l'ascensore.
Quando fu solo, Bill aprì la
busta. Trovò dentro una lettera. La calligrafia con la quale
era
scritta gli diede la conferma delle sue supposizioni. Era una linea
netta, quasi tagliente, ma troppo tondeggiante per appartenere ad un
uomo.
Lesse velocemente quelle poche
righe, attanagliato dall'ansia.
“Bill,
grazie all'occhio attento della mia spia ho scoperto il motivo della
vostra fuga. La voglia di vivere in libertà la vostra
amicizia con
quelle vampire vi ha portati fin qui, ma non illuderti che questo
basti a sfuggire alle regole dell'Alto Branco. Puoi farla franca con
uno dei nostri, ma non hai scampo con me e i capi. Prima di
dichiararmi delusa dal tuo comportamento, voglio sapere se tutto
questo è dovuto alle arti ingannevoli di quella
succhiasangue o alla
tua scelleratezza. Ti suggerisco di riflettere su ciò che
hai fatto:
hai ancora una possibilità per riscattarti dopo il tuo
errore.
Pensaci. Ti aspetto a Place de la Concorde. Vieni solo. Ah,
dimenticavo! Tuo fratello e la sua amichetta sono con me.”
Bill accartocciò il foglio e lo
gettò in terra, accanto al letto. Il suo cuore
iniziò a pulsare più
forte per la preoccupazione. Suo fratello e sua cognata (si, amava
chiamarla in quel modo) erano prigionieri di quella pazza furiosa,
che chissà cosa si era messa in testa. Il suo sguardo cadde
sulla
schiena nuda di Eve, che dormiva ancora serena tra le lenzuola
candide. Solo lei poteva restituirgli un po' di serenità in
quel
momento. Trovò inspiegabilmente la forza per sorridere,
nonostante
tutto.
“E tu
saresti il mio sbaglio?
Tu saresti il mio errore?”
Si lasciò sfuggire quel
pensiero, pronunciandolo sottovoce.
“Se
è così, allora ti rifarei
altre mille volte.” aggiunse, abbassandosi verso di lei e
passandole una mano tra i capelli. La baciò sulla guancia e,
presi
un po' di soldi, uscì nel corridoio, calpestando con passo
leggero
il pavimento coperto da una soffice moquette rossa.
Dopo aver raggiunto con
l'ascensore la hall, varcò il portone principale e si
inoltrò nel
buio e nel freddo di quella piovosa notte parigina.
Prese un taxi che lo
portò a
destinazione. Il conducente era piuttosto perplesso, tanto che gli
chiese più volte se avesse realmente intenzione di scendere
lì, con
quel tempo che non prometteva niente di buono, con la strada umida e
con quella temperatura assurda.
“Si, ho un
appuntamento
esattamente qui. Tenga.” rispose, lasciandogli una banconota
20
euro e scendendo in tutta fretta dalla vettura.
Col passo leggero e veloce che
gli era consueto, raggiunse il centro della piazza. Hannika era
lì,
in piedi, con le mani sui fianchi e lo sguardo severo, e lo attendeva
con una certa impazienza.
“Eccoti.
Vedo che hai
rispettato gli accordi.”
“Cosa ti ha
fatto pensare che
potessi fare il contrario?”
“Il fatto
che tu e tuo fratello
abbiate tradito il vostro popolo per seguire quelle due dannate
succhiasangue.”
Bill trattenne a stento un
ringhio dei suoi. Avrebbe potuto uccidere chiunque usasse toni tanto
ingiuriosi nei confronti delle persone a cui voleva bene, ma si
rendeva conto che in quel momento non era il caso. Abbassò
lo
sguardo per non essere costretto a incrociare quello di Hannika, che
in quello stesso momento gli sfiorò il viso con una lieve
carezza.
“Ehi, tu hai
ancora una
speranza di salvezza, sai?”
“Che intendi
dire? Salvezza da
cosa?”
“Dalla morte
certa. Conosci la
pena per i traditori, no?”
“Certo che
la conosco, ma...
non puoi averlo fatto.”
“Bill,
rientra nei miei doveri
avvertire l'Alto Branco. Il gruppo mi faceva pressioni, lamentandosi
del fatto che io faccio troppi favoritismi nei vostri confronti.
Tuttavia, ho avuto modo di intercedere per voi presso i quattro
grandi capi, che fortunatamente hanno accolto la mia
richiesta.”
“Hai
patteggiato?”
“Ho chiesto
la tua liberazione.
Per Tom non ho potuto ottenere nessun'altra pena all'infuori della
reclusione a vita.”
“Reclusione
a vita?”
“Si. Non ho
potuto fare di più.
Ciò che ho ottenuto per voi è già
molto. Mi era stata chiesta la
sua morte in cambio della tua salvezza.”
“E le
vampire?”
“Oh beh per
quanto riguarda
quelle, l'Alto Branco vuole la loro morte. E penso che le intenzioni
del Consiglio siano le medesime. Li informeremo una volta risolta la
questione tua e di tuo fratello.”
“Cosa?! No,
non possono...”
“Bill, le
decisioni non
spettano a te.”
“Sai che ti
dico? Dai la morte
anche a me.”
“Bill, tu
puoi salvarti! Puoi
rimanere in vita e goderti la tua eternità insieme a
me.”
“Insieme a
te?!”
“Si, Bill.
Sposami e avrai
tutto ciò che vorrai: potere, rispetto... Nessuno
oserà più
parlare di questa storia.”
“E se
qualcuno lo facesse, che
faresti? Lo faresti ammazzare, come tutti coloro che non ti vanno a
genio?”
“Ma...
Bill...”
“Hannika,
preferisco morire
piuttosto che perdere le persone che per me contano di più
al
mondo.”
“Non puoi
dire sul serio.”
“Arrenditi,
Hannika.”
“Tutta colpa
di quella vampira
maledetta...”
“Non parlare
così di lei!”
“Perché?”
“Perché
io la amo!”
Lei gli rispose, stizzita: “Non
capisci che io saprei amarti molto più di lei? Lei ti
userà come un
giocattolo e poi ti getterà via!”
“Hannika,
lasciami in pace.
Dimmi dove sono mio fratello e la sua ragazza.”
“Sono
laggiù.” disse
indicando un obelisco, al quale i due erano legati con un doppio giro
di catene.
“Non
c'è modo di salvarli?”
“Non so se
posso avanzare altre
richieste al Branco, ma posso tentare di salvare tuo fratello. E
questo solo perché sei tu.”
Bill rifletté per qualche
istante, poi ordinò con tono assolutamente distaccato:
“Legami.”
“Che
cosa?”
“HO DETTO
LEGAMI!” gridò,
furente.
“M-Ma
Bill...”
“Lega me al
loro posto. Sarò
io la tua proposta per il Branco. Lascia vivere Lilac e mio fratello
e avrai in cambio la mia vita.”
“No, non
voglio perderti.
Sposami, e insieme troveremo una soluzione.”
“No.
Preferisco la morte. Non
tradirò mai il mio amore per Eve.”
Hannika era ormai accecata dal
suo furore. Il suo trasporto nei confronti di Bill cedette il passo
alla sua parte più crudele.
“Non mi dai
altra scelta Bill.”
disse, sguainando una spada e avvicinandosi sempre di più a
lui.
Lucida nella sua follia, la donna
dai capelli fulvi la puntò contro il moro, che non accennava
a
muoversi di un solo passo.
***
L'angolo di Ros
Ragazze
(ormai sono convinta di avere un pubblico esclusivamente femminile xD),
non sapete quanto mi avete resa felice. Vedere 5 commenti è
stata un'iniezione di entusiasmo, sul serio. Vi ringrazio
infinitamente. =) Beh, ora passiamo ai vosti commenti (non sapete
quanto io mi diverta a rispondervi =D). Procediamo con ordine... ^^
Bella
Swan: mia cara Gemel, lo sai che ogni volta che rileggo il tuo commento
mi rotolo per terra? X°D Non mi chiedo nemmeno come ti escono
certe
cose, perchè tanto, essendo gemelle, so che lo sclero
è
la nostra arte per eccellenza. xD Comunque, sul serio non
pensavo
che ti piacesse quella frase. O.O Per quanto riguarda Bill, lo so che
è adorabile (ti dirò meglio cosa ne penso a voce,
anche
se certamente già lo sai u/////////////u) e tu lo sai quanto
io
lo stimo (oddio sembro la moglie di Fantozzi "Ugo ti stimo
moltissimo..." xD ma vabbè). Sono contenta che tu ti sia
finalmente goduta la vita tra l'alcol e l'ebbrezza di una notte
spericolata col nostro caro gemello con le treccine (ex Mocho Vileda
<3 xD)... era ora! E non negare l'evidenza (sai a cosa mi
riferisco
U_U), perchè io so molte cose di te (ma dai? XD) e potrei
metterti nei guai urlando al mondo intero i tuoi pensieri
più
oscuri.... Baci!!! XDDDDD
MissQueen:
Vale adorata, io ti faccio santa! Quando ho letto il tuo commento sono
rimasta così O_____________________O. Sto pensando
seriamente
che tu non sia di questo mondo, sai? XD Davvero, grazie mille per tutte
le cose bellissime che mi hai scritto. *si commuove* Comunque, lo so,
Eve è un pochinino paranoica, ma cerca di capirla: avere
davanti
la perfezione scesa sulla Terra (e per di più
disponibilissimo a
farsi "mettere le mani addosso") non è cosa da poco. Non
garantisco la sua sanità mentale (nè la mia,
soprattutto)
dopo un evento simile. xD
Midnight
of phantom: tesoro, i tuoi commenti twilightosi (si, è
proprio
l'aggettivo giusto xD) ogni volta mi fanno cadere dalla sedia. Dovresti
scrivere delle ficcy demenziali. lo sai?
_Angel_Of_Lust_:
cheri, se mi dici certe cose poi mi monto! Sono davvero
contenta
di aver reso bene la scena della "bevuta". xD Era proprio
ciò
che speravo. ^w^
marty
sweet princess: eh si, questi due ci mettono un po' di tempo. O meglio,
è la cara Eve che ci mette tanto. Lo so, è
terribilmente
complessata... mah, vampiri... xD Scherzi a parte, sono davvero
contenta che anche tu mi segua in questa avventura. Ogni vostro
commento è una linfa vtale per me. Non ci crederete, ma mi
ispirate moltissimo. =)
Detto
ciò, una piccola domanda per tutte: secondo voi dovrei
alzare il
rating? Io avevo intenzione di portarlo al giallo già da un
po',
perché comunque di scene hot ce ne sono già un
po' e vi
anticipo che ne avremo delle altre (cercherò sempre di
essere
soft). Insomma, cosa devo fare? mi raccomando, rispondetemi. Ho bisogno
di voi!!! ç_______ç
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 18 - Where are you? ***
Capitolo
18
Where
are you?
Nel
frattempo...
Eve giaceva nel suo
letto,
coperta solo dal lenzuolo, in procinto di svegliarsi. Sorrideva. Si,
quella notte era stata davvero piacevole, e si sentiva pienamente
felice, come mai in vita sua. Rivedeva nella sua mente tutti i
dettagli e pensò che era stato tutto assolutamente perfetto.
Si
voltò con gli occhi ancora chiusi, tastando l'altro lato del
letto
matrimoniale per cercare Bill.
Non trovandolo,
aprì gli occhi e
si alzò di scatto, avvolgendosi velocemente nel lenzuolo.
Accese la
sua abat - jour e si guardò intorno: non lo
trovò. Decise di
cercarlo anche nel bagno: anche lì, nessuna traccia di lui.
“Forse Tom
aveva bisogno di
qualcosa.” pensò, sedendosi sul letto mentre
sospirava.
Abbassò lo
sguardo e notò che
c'era qualcosa in terra: un foglio accartocciato. Si alzò
per
raccoglierlo e lo aprì. Non credette ai propri occhi quando
lesse
quanto c'era scritto.
Per la prima volta in
vita sua
aveva davvero paura: paura per sua sorella e il suo bambino, per Tom,
che come loro rischiava la vita... e per Bill. Brividi di terrore
percorrevano il suo corpo, mentre piangeva, immaginandolo mentre
lasciava la stanza. Guardò ogni punto intorno a
sé, quasi a voler
ricostruire il suo percorso. I suoi occhi si posarono sulle armi,
ancora nel borsone, dove erano state abilmente nascoste.
“Quel pazzo
incosciente non si
era portato dietro neanche una daga, scommetto!”
pensò,
asciugandosi le lacrime.
Si vestì in
fretta e prese
distrattamente la spada dal bagaglio. Pensando che farsi vedere in
quello stato si sarebbe rivelato alquanto imprudente, decise di
saltare giù dalla finestra. Atterrò in piedi, in
virtù di
quell'agilità che le era propria, e corse in direzione di
Place de
la Concorde sotto la pioggia battente, sperando che non fosse troppo
tardi.
Arrivò a
destinazione pochi
minuti dopo e davanti a sé trovò uno spettacolo
che non avrebbe mai
voluto vedere.
***
L'angolo
di Ros
Perdoooooooono!!!
>__< Perdonoperdonoperdonoperdono!!! Vi chiedo umilmente
scusa. Sono stata via un secolo, lo so. Mi è successo tutto
insieme: il rush finale per l'esame, una partenza improvvisa e il mio
pc con "le sue cose" (eh si per me è femmina U_U ha gli
sbalzi di umore che gli impediscono di lavorare).
E
cosa peggiore, vi ho postato un capitolo corto e schifoso. Spero non mi
abbandonerete per questo. ç_ç Comuuunque rispondo
ai vostri commenti, che certamente meritano più spazio delle
mie scuse, che certamente non servono a porre riparo al casino che si
è vneuto a creare. Scusatemi ancora. *si prostra*
Ladysimple:
grazie cara, davvero. I vostri commenti sono un'iniezione di ottimismo
e buonumore per me.
MissQueen:
Vale carissima, penso che anche tu ti unirai al club della mia Gemel,
la quale da tempo immemorabile vuole uccidere Hannika... le tue
recensioni sono uno spasso come sempre, grazie per le risate che mi fai
fare. xD
Midnight
of phantom, _Angel_Of_Lust: caVeH xD per voi un discorso a parte...
sono davvero contenta di avervi sorpreso. Insomma, era proprio
ciò che speravo di sentirmi dire.
Gemel:
c-che cosa fai, you crazy? Ti leggi la storia tutti i giorni?! Ma sei
una pazza masochista!... però graaaaaaazie =D <3
Per
tutte voi: VI ADORO. <3
Un
bacio enorme, Ros.
|
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Capitolo 20 *** Capitolo 19 - Lotta ***
Capitolo
19
Lotta
Le mani di Hannika
tremavano.
“Forza,
uccidimi.” la
incoraggiava il moro licantropo.
Non resistette
all'ennesima
provocazione e così gli procurò una bella ferita
sul fianco
sinistro, facendolo accasciare a terra. Pianse lacrime amare: aveva
ferito l'unico uomo che avesse mai amato e questo non se lo sarebbe
mai perdonato.
“Mi dispiace
Bill... Mi
dispiace...” farfugliò.
Eve, da poco giunta
sul posto,
gridò, disperata.
“NO!
BILL!”
Corse verso di lui, ma
Hannika le
si parò davanti.
“Non ti
avvicinare a lui!”
“Non prendo
ordini da te,
stupida oca coperta di pelo.”
“Muori,
maledetta!” gridò
lei in risposta, tentando di colpirla con la spada.
Eve schivò
con maestria il suo
colpo, facendo sì che fallisse miseramente. Hannika non la
smetteva
di attaccarla, facendo volare fendenti in continuazione, ma Eve li
parava ogni volta, aspettando un suo passo falso.
All'ennesima parata
della
vampira, la donna lupo ringhiò con ferocia, per poi tornare
a
colpirla con maggiore grinta. Fu un attimo: la lama di Eve si
infilò
sotto la sua. La presa di Hannika era poco salda in quel momento, e
così bastò un gesto vigoroso di Eve per
sfilargliela dalle mani,
facendola cadere in terra poco lontano.
“Non puoi
avermi sconfitta!”
disse la rossa tra i denti.
“Per tua
sfortuna è così.
Adesso libera mia sorella e Tom.”
“Scordatelo.
Voglio morire
senza aver subito l'umiliazione di farti da schiava. Tanto so che
è
questo ciò che vuoi. Devi avercela a morte con me.”
“Diciamo che
hai fatto del tuo
meglio per farmi saltare i nervi.”
“Bene,
allora uccidimi.”
“Non
voglio.” rispose. Non
voleva mietere morte, non per la terza volta. Per colpa sua due
persone avevano perso la vita, e non intendeva allungare
ulteriormente quella lista di morti.
“Cosa
c'è? Adesso fai la buona
samaritana? Guarda che il tuo gruppo è tutto contro di te.
Sanno
quello che hai fatto. Quando hanno trovato il tuo capo morto, i tuoi
compagni hanno subito sospettato di te anche per l'omicidio del
vostro amichetto e così sono andati a casa tua e hanno
trovato il
corpo.”
“Come te
l'hanno detto?”
“Ci siamo
visti alla riserva.”
Eve rimase in silenzio.
“Non credere
di farmi pena.
Anzi, se posso dirti la mia mi fai solo schifo. Tradisci il tuo
gruppo mettendoti col tuo nemico e poi ti permetti anche il lusso di
uccidere chiunque si metta fra voi... Sei un tipo parecchio
egoista.”
“Non sai
quello che stai
dicendo.”
“Non pensi
minimamente ai tuoi
compagni, che adesso sono senza una guida. E non pensi a chi, per
guadagnarsi un briciolo d'affetto della persona che adesso ti ama, da
anni fa sacrifici enormi. Ti basta solo crogiolarti nella tua
felicità.”
“Se lui non
ricambia i tuoi
sentimenti non è colpa mia.”
“Piccola
insolente... Non ti
permetto di parlarmi in questo modo!”
Bill gridò
di dolore: ormai non
poteva più sopportare il bruciore di quella ferita. Eve si
voltò
indietro per guardarlo ed ebbe un tuffo al cuore: non sopportava di
vederlo soffrire. Doveva curarlo, assolutamente.
“Senti, io
ho di meglio da
fare. Vedi di lasciarmi in pace adesso.”
“Lo sapevo
che eri solo una
codarda.”
“Va bene,
hai vinto. Ti darò
ciò che vuoi. Ma ricorda che sei stata tu a
chiederlo.” disse,
afferrando con entrambe le mani l'elsa della spada.
Rivide davanti a
sé le terribili
immagini della morte ingiusta di Edmund. Che diritto aveva di
spezzare un'altra vita?
“No, Eve...
Non farlo...”
mormorava Bill.
Hannika era in piedi,
davanti a
lei, con aria fiera, in attesa del colpo di grazia. Eve
sferrò un
colpo rapido e secco, che le procurò una ferita su un
fianco,
facendola cadere a terra, sulla strada bagnata di pioggia e sangue
ormai secco.
Eve gettò
la spada in terra,
disgustata dal suo gesto, e corse verso Tom e Lilac per liberarli.
Sciolte le catene, chiese loro come stavano. Dopo aver constatato che
erano entrambi in buone condizioni, corse con loro verso Bill, che
gemeva dal dolore. Si inginocchiò accanto a lui, facendogli
posare
la testa sulle sue gambe. Gli accarezzò il viso con
dolcezza, sotto
gli sguardi allarmati di Lilac e Tom, che temevano per la sua sorte.
Il ragazzo, in preda a
grandi
convulsioni, farfugliava.
“Eve...
Eve...”
“Bill, sono
qui con te. Adesso
ti porto in albergo e medicheremo anche questa ferita. Sei solo un
po' spaventato, tutto qui.”
“N-No...
Eve... Temo che non ce
la farò...”
“Non dire
stupidaggini, Bill.”
“Eve, non
resisterò per molto.
La lama che mi ha colpito... deve essere d'argento. La ferita...
brucia, anche se molto lentamente... Non c'è modo di
salvarmi...”
“No! Bill,
non lasciarmi, ti
prego! Non puoi!” gridava Tom, in preda al panico e alla
disperazione.
“Eve, non
puoi salvarlo con il
tuo...?”
“Non lo so,
Lil. Ma posso
tentare, sempre che l'argento non sia penetrato troppo in
profondità.”
“Mi spiegate
di cosa state
parlando, per favore?” chiese Tom, un po' nervoso.
Eve trasse un respiro
profondo:
l'atto che stava per compiere le avrebbe portato via parecchie
energie. Non sapeva che esito avrebbe avuto, tuttavia era disposta a
tutto pur di salvare la vita di Bill.
Nel frattempo, Lilac
spiegò a
Tom quale fosse l'unico mezzo che Eve aveva a disposizione per
salvare suo fratello.
“Vedi Tom,
Eve ha una capacità
particolare: può guarire toccando le persone. Visto che
stavolta
l'argento sta contaminando il sangue di Bill, lei dovrà
succhiarlo
via...”
“... un po'
come col veleno dei
serpenti.” commentò il biondo.
“Esattamente.
Però mentre lo
farà, proverà un dolore inimmaginabile, lo stesso
che tuo fratello
ha sentito finora. Non sarà facile, e le costerà
parecchio in
termini di energia. È un provvedimento destinato a
situazioni di
emergenza.”
“Capisco.”
Eve posò le
labbra fredde sulla
ferita che Bill recava sul fianco destro, facendolo rabbrividire. Non
affondò i denti, visto che il taglio era già
aperto. Succhiò il
sangue con forza, sputandolo via ogni tanto. Un bruciore terribile
invadeva la sua bocca. Avrebbe voluto urlare per il dolore, ma doveva
resistere se voleva che lui avesse anche solo una minima speranza di
sopravvivenza. Sentiva il bruciore arrivargli fino alla testa. Gli
occhi le si chiudevano quasi da soli: la fatica era troppo grande. Ma
era quasi alla fine - lo sentiva -, doveva farcela.
Tirò su
un'altra goccia di sangue infetto, mentre Bill piano piano sembrava
tornare a respirare regolarmente. Alzò la testa per sputare
il
sangue, quando improvvisamente sentì la sua testa girare.
Perse i
sensi, cadendo in terra. Dalla bocca aperta uscivano rivoli di
sangue.
Lilac
lanciò un grido di terrore
quando vide che sua sorella non accennava a riprendersi. Bill si
alzò
in piedi, tenendosi la mano sul fianco.
“Bill! Sei
ferito!”
“Si, lo so,
ma riesco a reggermi in piedi, tranquilla. Adesso, ti prego,
portiamo Eve in albergo, presto.”
Tom prese tra le
braccia la
vampira e insieme a suo fratello e a Lilac si avviò verso
l'albergo,
che si trovava a pochi metri da lì. Approfittarono
dell'oscurità
per percorrere quel tratto con la loro effettiva velocità,
certi che
nessuno potesse vederli.
***
L'angolo
di Ros
Bene,
eccomi qua con questo nuovo capitolo. Lo so, anche stavolta vi ho fatto
aspettare tanto, e ancora una volta vi chiedo perdono. La mia autostima
ha subito un brusco calo (come se non fosse già bassa) e
tutto questo perchè sonoo davvero di pessimo umore. Sono
triste, arrabbiata, amareggiata... un sacco di brutte cose. Se penso
alla mia vita in questo momento vedo tante cose brutte. Ma poi penso
alle mie amiche (sia quelle "reali" che quelle dei forum) e penso a
voi, che ogni volta mi riempite di gioia con i vostri commenti. Non so
come farei senza di voi. Ed è per questo che ancora una
volta consacro a voi i miei "sforzi letterari", se così si
possono definire le schifezze di capitoli che vi propino. Ma passiamo
alle risposte che giustamente vi devo, che sono decisamente
più interessanti delle mie disgrazie.
Midnight
of phantom: mia fedelissima, semplicemente grazie.
Ladysimple:
non preoccuparti, è già molto per me leggere una
vostra recensione, fosse anche di una lettera sola. Detto
ciò, come hai visto sono arrivati i rinfozi. xD Spero che
anche questo capitolo ti sia piaciuto. Ho sempre una gran paura di
deludervi. ç__ç Il vostro giudizio per me
è fondamentale.
MissQueen:
beh, come hai visto Bibo non se la passa tanto male, no? Ma il meglio
deve ancora venire...
Bene, anche questa è fatta. Alla prossima!
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Capitolo 21 *** Capitolo 20 - Time to go ***
Capitolo
20
Time
to go
Eve si
svegliò nella sua stanza
qualche ora dopo. Bill era sveglio, accanto a lei.
“Ma che
cavolo...?”
“Per fortuna
stai bene!”
“Bill! Ce
l'hai fatta...”
“Anche tu a
quanto pare.”
rispose, abbracciandola. “Ho avuto così tanta
paura... Non
riuscivo a dormire sapendoti in quello stato.”
“Vuoi dire
che hai vegliato su
di me tutto il tempo?”
“Beh,
si.”
“Sei uno
stupido. Ormai ero
fuori pericolo. Che motivo c'era di starmi vicino?”
“Potevo
forse ignorarti dopo
quello che è successo tra noi?”
“Bill, non
sei certo in debito
con me per questo. Non ti avrei biasimato se ti fossi messo a
dormire. Eri molto provato, e certamente adesso sarai incapace di
reggerti sulle tue gambe.”
“Che vuoi
dire? Che è stata
una notte come tante? Che io non conto niente per te?”
“Non sto
dicendo questo. Dico
solo che non avresti dovuto.”
“Eve,
rispondi alla mia
domanda: cosa provi per me?”
“Bill, ti
senti bene?”
“Non
cambiare discorso. Voglio
sapere se mi ami anche tu o se sono solo un povero stupido che ha
creduto che questa notte fosse stata speciale per tutti e
due.”
“Bill, ti
prego, non puoi dire
sul serio...”
“Ti riesce
così difficile
credere di poter essere amata da qualcuno?”
“Non ti pare
un po' sciocco
amare la causa delle tue disgrazie?”
“Eve, tu sei
la mia unica
droga, la mia vera tentazione, il mio pensiero proibito, il
più
dolce dei miei peccati... Semplicemente tu. È questa la
donna che
amo e che mi ha ridato la vita. Prima di te la mia vita scorreva
lenta, noiosa, grigia. E ora guardaci! Stiamo vivendo insieme la
più
grande avventura della nostra vita!”
“Beato te
che vedi sempre il
lato positivo delle cose... Io so solo che l'unico modo che abbiamo
per sopravvivere è uccidere chiunque ci capiti a
tiro.”
“Non hai
ancora risposto alla
mia domanda, comunque.”
“Devo
proprio?”
“Avere
spiegazioni è un mio
diritto.”
“Posso
evitare di dirtelo a
voce?”
“Fai come
meglio credi.
L'importante è che ti faccia capire.”
Eve, seguita da Bill,
si diresse
verso l'altro lato della camera, dove c'era una bella scrivania in
legno e sedette sopra di essa.
“Eve ma
che...”
“Shhh...”
disse lei,
attirandolo a sé per la maglietta e baciandolo con passione.
Le mani di lui le
cinsero i
fianchi e le accarezzavano la schiena con dolcezza.
“Stai
capendo?”
“Non lo
so... Forse ho bisogno
di un chiarimento...” rispose, malizioso, baciandola a sua
volta e
togliendole piano i vestiti.
Nel frattempo Lilac e
Tom si
erano appena svegliati.
“Buongiorno
amore.” disse
Tom, baciandola a fior di labbra.
“Ciao anche
a te piccolino.”
disse, accarezzandole il pancione.
“Accidenti,
devo vestirmi,
altrimenti non troveremo più la colazione!”
“Tranquilla
tesoro. Tu
preparati con calma.”
“D'accordo.”
rispose
infilandosi in bagno.
Quando anche Tom si fu
preparato,
disse: “Andiamo amore! Dobbiamo chiamare anche Bill e Eve. Di
sicuro avranno molta fame anche loro. E poi dobbiamo discutere sul da
farsi.”
“Lil, amore,
aspetta solo un
momento.”
“Tomi, che
c'è adesso? Guarda
che ho davvero fame, perciò se non vuoi che mangi te al
posto dei
cornetti ti converrà evitare di chiuderti in bagno a
improfumarti.”
Tom si
inginocchiò ai suoi
piedi.
“Tom, si
può sapere che stai
facendo?”
“Non so come
dirtelo, perciò
te lo chiedo direttamente: hai impegni per il resto della tua
vita?”chiese il biondo, mostrandole l'anello che teneva tra
le
mani.
Lei rimase
completamente senza
parole.
“Lo so che
l'anello non è
quello adatto, però non potevo fare diversamente. Ma se vuoi
posso
lasciar perdere e aspettare che...”
“Non
provarci nemmeno!” disse
lei, sorridente.
Lui si alzò
e la guardò negli
occhi.
“Perciò
mi sposi, giusto?”
“Certo che
ti sposo!” disse,
gettandosi tra le sue braccia.
“Ehi,
aspetta un attimo!”
disse allontanandosi da lui.
“Amore, che
c'è adesso?”
“Ho capito!
Tu lo fai solo
perché sono incinta!”
“Ma che
cavolo stai dicendo,
Lil?”
“Lo sapevo
che non dovevo
fidarmi! Voi lupi, anzi, voi uomini, siete tutti uguali! Decidete di
impegnarvi solo quando siete messi alle strette!”
gridò a gran
voce.
“Lil, stai
bene?”
“Certo che
sto bene! Sto
benissimo! Cosa credi? Che solo perché sono incinta devi
tenermi
sotto una campana di vetro?”
“Lil, non
urlare. Disturbi gli
altri clienti.”
“Non me ne
frega un accidente
degli altri clienti!”
“Non puoi
rompergli le scatole
in questa maniera.”
“Le rompo a
loro o forse le
rompo a te? Dillo, lo so che sei stufo di me!”
“Ma che
cavolo vai dicendo, si
può sapere?”
Lei iniziò
a piagnucolare.
“Tanto lo so che stai con me solo perché sono
incinta! Tu non mi
ami!”
“Ma si che
ti amo, Lilac!”
“Davvero?”
“Se fossi
quel genere di
persona che tanto detesti non ti avrei seguito fin qui, ti
pare?”
Lei non
potè che concordare, di
fronte alla logica schiacciante dei fatti. Lo abbracciò
forte,
rischiando quasi di soffocarlo.
“Oddio ma
che cavolo sto
facendo?”
“Non lo so,
dimmelo tu.”
“Dio, sto
diventando una
partoriente nevrotica, che schifo!!!” urlava piangendo.
“Ma no,
amore, sono cose che
succedono...”
“Diventerò
enorme e tu non mi
vorrai più!”
“Lil, dai
non dire
stupidaggini. Su, adesso andiamo a fare colazione. Hai fame,
vero?”
“Si...”
“Bene,
allora andiamo a
chiamare anche Bill e Eve, così mangiamo insieme.”
disse,
accompagnandola fuori dalla stanza tenendola per mano.
Bill e Eve si stavano
rivestendo.
Sobbalzarono letteralmente quando sentirono bussare alla porta.
“Oddio, e
ora?” chiese Eve,
allarmata.
“Chi
è?” chiese Bill.
Dall'altra parte
sentì la voce
di suo fratello.
“Bibi, siamo
noi. Scendiamo per
colazione?”
“Ehm...
si... ecco...
arriviamo...” rispose Bill mentre si riabbottonava i
pantaloni.
“Posso
entrare?”
“NO!”
gridò lui, poi
aggiunse: “Volevo dire no, aspetta fratellino... Eve si sta
vestendo.”
“Lì
in camera con te?!”
Accortosi della gaffe,
Bill tentò
di arrampicarsi sugli specchi.
“No, si sta
cambiando in
bagno...”
“Allora che
problema c'è se
entriamo?”
“Ehm
preferisce di no. C'è la
camera tutta in disordine.”
“Va bene,
d'accordo. Noi vi
aspettiamo qui fuori allora. Ma fate presto, altrimenti non troviamo
più nulla.”
***
L'angolo
di Ros
Scusate, posto un po' di fretta oggi, perciò rispondo
velocemente ai vostri commenti.
MissQueen:
Eccoti accontentata, tesoro. XD Grazie mille per i
complimenti...dolcissima come sempre. =)
_Angel_Of_Lust_:
Se continui a dirmi così finisce che mi monto. xD Grazie
infinite, tesoro. E non scusarti. ^^
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