La fine è l'inizio di nuove avventure

di TsukikageShawn
(/viewuser.php?uid=761311)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto è iniziato ***
Capitolo 2: *** Il tempo che passa ***
Capitolo 3: *** Piano Recupero ***
Capitolo 4: *** Complicazioni ***
Capitolo 5: *** Il tesoro nascosto ***
Capitolo 6: *** Heartland, siamo tornati ***
Capitolo 7: *** Sorprese ***
Capitolo 8: *** Il giorno tanto atteso ***



Capitolo 1
*** Come tutto è iniziato ***


«È l'ora della nanna, stasera ti racconterò la storia di un re coraggioso, della sua bellissima regina e di una paladina dall'enorme saggezza.»

Credo sia il momento di raccontarle questa storia, in fondo è nata proprio da lei. Mi siedo sul letto accanto a lei, le lenzuola rosa spiccano con la sua pelle ambrata e le sue guance rosee la rendono così adorabile. Tra le sue braccia ha un unicorno di peluche, non lo lascia per nessuna ragione al mondo, non dorme senza.

Dalla finestra si intravede la luce delle stelle che si riflette sulla chiave che porto al collo, il metallo dorato mi ricorda il mio amico alieno. Quando la mia principessa sarà più grande mi toccherà raccontargli la sua storia, prima o poi dovrà sapere che il suo zietto preferito non è umano.

Ok, è il momento di cacciare una voce seria, come i narratori dei trailer dei film.

«Tutto iniziò il giorno del loro matrimonio…»

Ero così emozionato che non riuscivo a trattenere le lacrime, non riuscivo ancora a crederci che tra pochi minuti sarebbe diventata mia moglie. Se al me del passato avrebbero detto che all'età di ventiquattro anni avrei sposato la mia bellissima amica d'infanzia non gli avrei creduto, ero solo un ragazzino che ne combinava di tutti i colori… Beh nulla è cambiato da allora, sono solo cresciuto ma rimango sempre un pasticcione.

Puoi baciare la sposa, mi disse il celebratore delle nozze. Di certo non me lo farò ripetere due volte.

Ed eccoci al ristorante, nonna aveva ragione. Questo posto è magnifico, sembra di essere in un castello. Al nostro arrivo ci hanno incoronato re e regina della festa e siamo stati accolti con enorme gioia. Abbiamo mangiato, ballato, e si… abbiamo alzato il tasso alcolico un po' tutti. È stato divertente e anche imbarazzante: il mio testimone non è riuscito a conquistare la paladina dall'enorme saggezza e si è consolato con il buffet, la bellissima regina ha lanciato il bouquet addosso al cameriere che è caduto sul giullare di corte e il dj ha vomitato sulla console.

Alla fine della festa gli ospiti sono tornati nelle loro abitazioni e io e la mia dolce metà ci siamo accomodati nella stanza a noi riservata. E lì abbiamo passato la prima notte insieme, come marito e moglie.

Il giorno dopo siamo partiti per il viaggio di nozze, una crociera attorno al mondo alla scoperta di nuove culture e tradizioni - come faceva mio padre prima di andare in pensione - e … souvenir, anche quelli sono importanti. Non dimenticarlo.

Di tutte le città che abbiamo visitato, New York rimarrà la più bella in assoluto. Non per il fattore estetico, ma per qualcosa di più profondo, che ti lascia senza fiato e ti fa sorridere. Prima di arrivare alla grande mela, c'è stato un evento piccolo e innoquo che può sembrare insignificante, ma non lo è.

La nave attraccò al porto di Mumbai, capitale dello stato del Maharashtra in India. Passeggiando per la città incontrai una donna anziana con un carretto di souvenir, tra le varie canfrusaglie c'era un cofanetto di legno intagliato e decisi di comprarlo. Al suo interno c'era una bellissima conchiglia con un braccialetto di perle tra le sue valve. In quel momento mi sentii in colpa, quel cofanetto valeva molto di più di quanto lo avessi pagato. Ma quando mi girai, la venditrice non c'era più.

Quell'avvenimento perse la sua importanza fino al nostro arrivo a New York. Era l'anniversario del nostro fidanzamento e, come ogni anno, io e la mia bellissima regina ci scambiamo un dono in segno del nostro amore. La sera stessa stavamo passeggiando sulla spiaggia, un viaggio fatto di dolci sguardi e soffici baci. Stranamente eravamo soli, non c'era nessuno che potesse disturbarci.

Il mare era calmo e silenzioso, in attesa di quello che sarebbe successo. La mia consorte prese il telo da mare dal mio zaino e lo stese sulla sabbia dorata, che rifletteva la luce della luna piena. Presimo posto e osservammo il cielo stellato, in cerca delle costellazioni più strane. Il momento era così perfetto - mai quanto la mia sposa, ovviamente - e capii che sarebbe stato l'occasione giusta per darle il mio regalo.

«Mia bellissima regina, oggi è un giorno speciale e di conseguenza le ho fatto un bellissimo regalo che sarà in grado di mettere in risalto la sua eterna bellezza» le dissi baciando la sua candida mano. Ti dirò la verità, questa frase l'ho trovata in un libro romantico, spero solo che non l'abbia letto.

«Ma hai mangiato un dizionario per cena? Questa frase non è da te, caro» rispose ridendo sotto i baffi.

«Non importa, buon anniversario amore.»

Presi il cofanetto di legno dal mio zaino e glielo porsi. Il suo viso si illuminò quando scoprì il suo contenuto. Subito indossò il braccialetto e mi riempì di coccole.

«Tu lo sai quanto ti amo, ma il nostro anniversario è domani.»

«Domani?»

La guardai stranito per un intero minuto, nella mia testa c'era una gran confusione. Ma poi mi vennero in mente le parole che mi disse la paladina prima di partire: "non dimenticare il fuso orario testone, secondo il giro turistico che farete, devi mettere le ore indietro all'orologio, quando arrivi in America sarai un giorno indietro rispetto a noi". In quel momento scoppiai dalle risate, sulla nave ce lo ripetevano sempre.

«Scusami, hai ragione. Quindi devo aspettare qualche ora prima di ricevere il mio regalo?»

«Non fa niente, il tuo regalo ci sta seguendo da ben due settimane…»

Sorrideva, sorrideva della mia ignoranza. Non avevo capito cosa significasse, cos'era il mio regalo. Feci mente locale di tutto quello che era successo nelle ultime due settimane: la nave era attraccata in varie città americane, le visitavamo e tornavamo a bordo per partecipare ai vari eventi organizzati e tornavamo in camera a dormire e a fare… altro, senza dimenticare i vari pasti. Non era successo niente di particolare in quelle due settimane, ma allora cosa era questo misterioso regalo che ci seguiva?

La scrutai in cerca di un indizio, che tardava ad arrivare. Lei continuava a sorridere ed aspettare che arrivassi ad una conclusione. Ma l'unica che mi passò per la testa era quella di arrendermi e così feci.

«Ok, mi arrendo. Non farci l'abitudine.»

La vidi avvicinarsi, sempre di più. Le sue labbra semichiuse puntavano dritte al mio orecchio sinistro e la sentii sussurrare qualcosa che non mi sarei mai aspettato.

Era incinta, aspettava un bambino ed io ero il padre, ovviamente. Il mio viso si trasformò in una fontana. Piangevo, piangevo di gioia, sarei diventato padre.

«Questo è il regalo più bello che mi potessi fare, ti amo Tori.»

«Anche io Yuma.»

Non riuscivo a smettere di piangere, la mia mente viaggiava nei vari ricordi di me e mio padre. Mi dicevo che dovevo essere come lui, è sempre stato il mio modello d'ispirazione ed io non potevo essere da meno.

Tori mi riportò nel mondo dei viventi ed iniziò a fantasticare sul sesso del bambino, lei voleva una femmina ed io un maschio. Ma una cosa era certa, avrei amato mio figlio/a con tutto il mio cuore.

Chissà cosa ne penserà Astral, presto avrà un nipotino. Di sicuro non è uno di quei parenti che non fa altro che viziare il nuovo arrivato. Spero solo che non si metta a fare il maestro e riempirgli la testa con le sue tradizioni e usanze - come ha fatto con me -. Alcune sono proprio assurde…

«Tesoro ti ricordi di quella strana usanza che ci ha raccontato Astral? Quella sulla nascita dei bambini.»

«Seppellire un ogetto di valore in fondo al mare e riprenderlo quando sarà nato il bambino, e poi donarglielo come segno di buono auspicio. Non dirmi che ci vuoi provare.»

«Perché no, Astral ha gli orecchini e nostro figlio avrà un bel braccialetto di perle.»

«Prima me lo regali e poi vuoi seppellirlo nell'oceano, ho sposato l'uomo più pazzo del mondo!»

«Pazzo di te.»

Senza esitare, Tori si tolse il braccialetto dal polso e lo mise nel cofanetto. Insieme ci tuffammo in mare e lo nascondemmo sotto la sabbia tra due enormi scogli ben fissati sul fondo, lontano dalla costa. Questa trovata era pessima, ma all'epoca non ci pensammo. Porci il problema del recupero non ci passò per la testa, la stavo contagiando piano piano con le mie idee folli, ma lei non faceva altro che appoggiarle ed aiutarmi attivamente.

Averla accanto è stata la miglior scelta della mia vita.

Quella notizia sconvolse la nostra serata, ma in fondo in un minuto, a New York, possono cambiare molte cose.

 

 

 

Angolo autrice

Benvenuti nella mia storia!

Bene, c'è bisogno che mi presenti. Mi chiamo Shawn e questa è la mia prima long, scritta per la challenge di Carachiel. Questa challenge era pensata per creare una one shot con un finale prestabilito, ed io che sono l'eterna indecisa ho creato una storia che li contenesse tutti.

Quindi… o non sto bene con la testa o sono un genio XD.

Prossimo capitolo - Il tempo che passa

 

(Il testimone, il giullare di corte e il dj siete liberi di scegliere chi possano essere, non sono importanti per la storia.)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Il tempo che passa ***


«Il re coraggioso e la bellissima regina siete tu e la mamma? E sono una principessa? E che fine ha fatto la paladina? La conosco?» chiese mia figlia tutto d'un fiato.

«Piano con le domande, ci sto per arrivare.»

«Scusa papino, continua.»

«Ritornati a casa dal viaggio di nozze…»

Ci ritrovammo in un ambiente puramente natalizio. Lily - la nostra robottina delle pulizie - aveva addobbato casa con luci e ghirlande, e l'albero di natale si eregeva nel soggiorno occupando una bella porzione di spazio.

Dalla finestra si intravedevano i fiocchi di ghiaccio scendere con tanta grazia e leggerezza. L'asfalto si era magicamente colorato di bianco e si sentivano le voci allegre dei bambini che giocavano con la neve.

Dopo un paio di giorni spesi nel disfare le valigie e corspargere la casa con tutti i souvenir che avevamo comprato, mi venne un'idea.

«Cioccolatino perché non organizziamo una festa per Natale? Qui, a casa. Così possiamo passare una serata in famiglia ed annunciare la bellissima notizia.»

«Questa è un'ottima idea, vedo che nella tua testa ce ne sono di meno folli» rispose mia moglie scompigliandomi i capelli.

 

La sera di Natale, amici e parenti si erano riuniti a casa nostra, portando dolci e doni ben impacchettati. Dopo il cenone, ci sistemammo tutti nel salone a conversare e scartare i regali. Richiamai l'attenzione di tutti e lessi il discorso che avevo preparato in precedenza. Ringraziai tutti gli ospiti per la loro presenza e come uno stupido iniziai a piangere. Allora gettai alle mie spalle il foglio con il discorso e urlai a tutti che sarei diventato padre.

In quel momento si scatenò l'inferno, venni scaraventato a terra da una mandria di parenti fin troppo eccitati e i miei amici avevano accerchiato Tori riempendole di domande. Da lontano la paladina ci guardava sorridendo mentre parlava al telefono. Suo fratello Shark mi aiutò ad alzarmi e mi diede una pacca sulla spalla, mentre mio padre aprì una bottiglia di spumante e tutti insieme bindammo alla nuova nascita.

Rio fu la prima andarsene, da quando aveva iniziato quel lavoro top secret non ci vedevamo quasi mai. All'inizio tutti eravamo curiosi, ma lei ha sempre tenuto la bocca cucita e abbiamo dovuto accertarlo. Dopo aver salvato il mondo ci eravamo avvicinati molto, mi aveva aiutato a superare la mancanza di Astral - che poi è tornato a trovarmi con un nuovo aspetto da umano.

Quest'ultimo rimase a dormire a casa nostra, come faceva tutte le volte che veniva a trovarci. Passammo il tempo a perderci nei ricordi e a prenderci in giro, mentre due piccoli astrali scorazzavano per la casa.

«Com'è essere padre? Non credo di essere pronto alla vita da genitore» chiesi ad Astral, mentre osservavo le due pesti sperando che non distruggessero niente.

«È una sensazione bellissima. Yuma nessuno è mai pronto per essere genitore, nessuno ti insegna come esserlo. Imparerai strada facendo, come è successo a me.»

Il mio amico si alzò dal divano per portare i figli a letto e rimasi da solo con la mia consorte. Anche lei non era pronta a questo enorme cambiamento, ma lo avremmo affrontato insieme.

Dopo le festività iniziammo a sistemare la stanza del bambino con l'aiuto di tutti. Le ragazze si occuparono di comprare i giochi e di scegliere i mobili. Invece, io e i ragazzi ci occupammo di trasportarli e sistemare la stanza. La fatica si sentiva ma riuscivamo a non pensarci, passavamo il tempo a conversare e a giocare come quando eravamo ragazzini. Tori ci proibì di duellare e quindi ci accontentavamo dei giochi di ruolo. Le nostre armi erano rulli e pennelli, con cui combattevano e ci sporcavano di stucco. Mia moglie non era contenta perché le pareti si riempivano di macchie e ci toccava sistemarle tutte le volte.

Verso il quinto mese scoprì che sarebbe nata una bellissima principessa e di conseguenza le pareti della stanza divennero rosa. Un po' mi dispiaceva che il nostro lavoro era terminato, era così divertente passare del tempo con i miei amici. Con i nostri lavori era difficile vedersi come in passato, ma riuscimmo a continuare i nostri giochi al parco.

Ogni sera, quando tornavo dall'ufficio, trovavo sempre una scusa per entrare nella nuova stanza. Tori mi seguiva e passavamo le serate a pensare al nostro futuro come genitori. La stanza era spaziosa e i mobili in legno di quercia si abbinavano perfettamente al colore rosa delle pareti. La culla era disposta al centro della stanza e dal soffitto pendeva un lampadario decorato con perle e conchiglie. Mi aveva sempre attirato, sentivo che c'era qualcosa di importante che avevo dimenticato.

Un mese prima del parto quel dettaglio importante tornò alla mia mente, il braccialetto di perle che io e mia moglie avevamo lasciato a New York. Recuperarlo sarebbe stato impossibile, il lavoro mi impediva di partire e Tori non poteva con il pancione. Nei giorni seguenti ascoltai per errore una chiamata di Rio. Il suo interlocutore le aveva detto che doveva partire per una missione segreta e sarebbe stata a New York. Il destino mi aveva fatto un gran favore, mi bastava convincerla a portarmi con lei e tutto si sarebbe risolto.

Fu molto difficile, non faceva altro che ripetermi che non potevo venire, che il suo lavoro era top secret e che non avrei dovuto origliare la sua telefonata. Ma non mi sarei dato per vinto…

E infatti recuperai il braccialetto. Quando tornai a casa, Tori non si era accorta di nulla. Dormiva beatamente sul nostro letto. Lasciai il gioiello nella culla e rimasi a fissarlo per un po' prima di andare a dormire.

Dalla finestra stavano filtrando i raggi del sole per posarsi pigramente su una parete completamente nuova. Nuova come tutto il resto della stanza, dei mobili, della nostra vita.

 

 

 

Angolo autrice

Ecco il secondo capitolo, mi dispiace che sia più corto del primo. Ma niente panico, i prossimi capitoli saranno più lunghi ed avvincenti. Preparate i pop corn, nei prossimi capitoli Yuma ci racconterà come è riuscito a recuperare il tesoro.

Prossimo capitolo - Piano "Recupero"

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Piano Recupero ***


«Come hai recuperato il braccialetto? La paladina dall'enorme saggezza è Rio?»

«Se mi interrompi non finisco mai, e tua madre non sarà per niente contenta di vederti ancora sveglia.»

«Allora continua.»

«Quel giorno…»

Tra un mese sarebbe nata mia figlia, tutti in ufficio erano contenti per me e il mio capo mi aveva dato dei turni più brevi. La pausa pranzo la trascorrevo sempre al parco con i miei colleghi, era l'unico momento in cui non parlavamo di lavoro.

E tutti i giorni venivo assalito dal cane di Rio, un san bernardo grande quanto una delle stampanti che usavamo per i documenti. Lei si fermava a chiacchierare con me e i miei colleghi single la corteggiavano senza successo. Ma quella volta solo il suo cane venne a salutarmi, Rio stava parlando al telefono e mi fece solo un cenno con la mano. Allora mi nascosi dietro un albero per spaventarla, e per errore ascoltai la sua conversazione.

«Domani, verso mezzanotte… Si, toccata e fuga come al solito… New York? Tra tutte le città proprio New York, che cliché… Ci vediamo al solito posto… Va bene, ciao.»

La ragazza posò il telefono in borsa e mi prese per un braccio, non era per niente contenta di vedermi come le altre volte.

«Non ti hanno insegnato che non si origliano le conversazioni altrui?» disse con tono arrabbiato, non l'avevo mai vista così.

«Scusami, volevo farti uno scherzo… Perché devi andare a New York?»

«Non ti riguarda, facciamo finta che non sia successo niente. Tu dimentica quello che hai sentito e io non ti appendo all'albero con le mutande.»

Mi lasciò il braccio e le promisi di dimenticare quello che avevo sentito, a patto che mi avrebbe portato con lei. Mi guardò malissimo e mi appese all'albero, i miei colleghi mi tirarono giù ridendo e la rabbia di Rio si trasformò in riso.

La sera stessa venne a casa mia, ma non era come le altre volte. Non faceva altro che fissarmi e questo mi intimoriva. Dopo cena, Tori andò in cucina a lavare le stoviglie e approfittai del momento. Rio era seduta sul parquet e coccolava il suo cane. Le dissi che la mia offerta era vera, le raccontai del braccialetto ma lei disse lo stesso no, non poteva portarmi.

«Perché non posso venire, non lo dirò a nessuno. Devi stare solo una notte, nessuno noterà la mia mancanza.»

«Yuma non è questo il punto, questo lavoro è troppo pericoloso. Non voglio che ti succeda niente, Tori ha bisogno di te, qui.»

«Ti prego portami con te, non ti darò nessun fastidio, lo giuro su mia figlia.»

«No, è inutile che insisti. Cambiando discorso, avete già scelto il nome?»

In quel momento arrivò Tori e iniziò a riempire la testa della nostra ospite con tutte i nomi che avevamo pensato. Allora le lasciai da sole e andai a prendermi un succo in cucina. Il telefono di Rio era in bella vista sul tavolo e la curiosità prese il sopravvento. Le erano arrivati dei messaggi da un certo Romhan.

"Cambio di programma, domani direttamente alla pista. Stesso orario, stesso luogo. Ti aggiorno sul jet."

Il luogo dell'incontro doveva essere la pista di volo per aerei privati, ora sapevo come recuperare il braccialetto. Dovevo solo agire nell'ombra e non farmi scoprire, di sicuro il posto era sorvegliato.

La notte successiva, mi preparai per il viaggio. Mentre Tori dormiva, uscii di casa senza fare rumore e andai a piedi. Intrufolarmi nello stabile sarebbe stato difficile, c'erano tantissime guardie. Vidi una di esse fumare una sigaretta, era distratto e disarmato. Gli diedi un calcio nelle parti basse, cadde a terra, contorcendosi dal dolore, e gli rubai la divisa. Entrai nell'edificio come se non fosse successo niente, nessuno mi fermò. Dalla mia posizione vidi un jet nero con dei strani pannelli attaccati. Rio indossava un completo elegante come quello che avevo io per l'ufficio. Di sicuro stava aspettando il tipo del messaggio, e dal suo atteggiamento capii che era in ritardo. Dopo un po' arrivò un giovane biondo e muscoloso, con indosso una tuta attillata da film di spionaggio con in mano una ventiquattrore.

«Scusami il ritardo» disse il nuovo arrivato, era proprio un bell'uomo.

«Non importa, dobbiamo arrivare prima che la loro posizione cambi. Di che aggiornamenti parlavi?»

«È tutto qui dentro.»

Il tipo passò la valigetta a Rio e la seguì sul jet. Entrai nel veicolo senza far rumore, il portellone si chiuse e il jet decollò. Mi nascosi dietro la porta aperta dello scompartimento affianco all'entrata, dove i due passeggeri sfogliavano documenti e foto mentre parlavano di una misteriosa nave aliena che si era fermata nell'atmosfera di New York. Quella notizia mi sorprese così tanto che urtai qualcosa. Mi feci piccolo piccolo sperando che non mi avessero sentito, ma non fu così. La porta si mosse di scatto e vidi la mia amica che mi puntava la pistola sul viso.

«Cosa ci fai qui? Idiota» mi disse posando la pistola nella fondina.

Mi trascinò nella stanza dov'era prima e vidi il suo amico che brandiva un fucile d'assalto.

«Chi è questo qui?» chiese a Rio posando l'arma.

«Un mio amico che non si fa i fatti suoi. Non possiamo tornare indietro, dovrà restare con noi.»

«In questo caso, io sono Romhan.»

«Piacere, Yuma.»

Mi porse la mano e io lo guardai stranito. Rio mi prese il braccio e mi fece stringere la mano con lui. Poi mi spiegò che era un gesto di saluto tipico occidentale, noi abbiamo gli inchini e loro le strette di mano.

Mi sedetti e li osservai lavorare, ogni tanto Rio mi riservava delle occhiatacce. Non era affatto contenta della mia presenza, con le mie azioni l'avrei messa nei guai, ma non ci avevo pensato prima. Mi sentivo il terzo incomodo, soprattutto perché sembrava che loro due stessero insieme e gli avevo rovinato la serata romantica.

Rio si alzò ed andò nella stanza del pilota e rimasi da solo con l'occidentale.

«Yuma, come mai ti sei intrufolato?» mi chiese gentilmente Romhan.

Allora gli raccontai del braccialetto. Quello che sarebbe dovuto rimanere un segreto romantico tra me e mia moglie stava facendo il giro del mondo.

«Wow, che storia avvincente. Sei proprio un tipo interessante, sai Nessie non parla mai della sua vita privata.»

«Il mostro di Loch Ness?»

«Si, Rio. È il soprannome che le ho dato.»

«Ma quindi voi due state insieme?»

«Cosa? No, io sono gay, non si vede?»

La conversazione venne interrotta da Rio per informarci del nostro arrivo. Ci trovavamo proprio sulla spiaggia dove io e Tori passammo la serata in viaggio di nozze. Il sole era alto nel cielo, scesi dal jet insieme al pilota che mi disse di recuperare il pacco e di tornare subito sull'aereo, mentre lui controllava il perimetro. Rio e Romhan stavano esaminando il posto con degli strani attrezzi e mi incamminai verso l'oceano. All'improvviso una strana luce mi sollevò in aria e persi i sensi, sotto lo sguardo incredulo dei presenti.

Mi ritrovo disteso sul letto, in testa ho mille vorticosi pensieri che fanno a pugni tra loro. Mi giro sul fianco e guardo fuori dalla finestra. È buio. Non capisco, cerco di fare mente locale mentre la mia testa non accenna a trovare un filo logico tra essi. L'ultima cosa che ricordo è una luce che veniva verso di me. "Dove sono?" urlo ma non sento la mia voce.

 

 

Angolo autrice

Ed ecco che si inizia ad infittire la trama. Cosa faranno Romhan e Rio, come salveranno il povero Yuma che non si fa mai i fatti suoi? Lo scoprirete al prossimo capitolo.

Prossimo capitolo - Complicazioni

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Complicazioni ***


«Cos'era quella luce? Gli alieni esistono veramente, sono cattivi?»

«La luce mi portò nella nave aliena. Sai non tutti gli alieni sono cattivi, ma questi lo erano...»

Non so dirti come sia successo, Rio mi ha salvato. Lei e Romhan sono agenti dei servizi segreti, e non mi hanno raccontato niente. Di quello che è successo quella sera ho solo vaghi ricordi.

 

 

Lo vidi sollevarsi dalla spiaggia sotto una luce accecante, la nave aliena volava silenziosamente sulle nostre teste. Presi dalla tasca dei pantaloni il rampino portatile e mi lanciai verso la luce. Entrai dal portellone dove usciva il raggio e mi nascosi. Gli alieni portarono via Yuma parlando tra di loro in una lingua strana, e senza farmi notare iniziai ad esplorare il posto.

Per batterli e liberare Yuma non sarebbe servito un attacco frontale, la loro tecnologia era più avanzata della nostra e non conoscevo la forza delle loro armi. Vagando per la nave si sentivano le urla del mio amico, erano terrificanti ma dovevo sopportarle. Andargli incontro avrebbe vanificato la mia unica possibilità di salvarlo. Sulla nave c'era una sola scialuppa di salvataggio, avremmo usato quella per scappare.

Mi affacciai ad una vetrata e vidi la Terra, era così piccola dallo spazio. Mi fermai ad ammirare quel vuoto buio che tanto mi affacinava. Sentii qualcuno avvicinarsi alle spalle, mi girai di scatto con la pistola in mano e vidi una bambina umana che si portò le mani sulla bocca per non urlare. Era minuta, capelli bruni a boccoli e gli occhi blu. Vestiti strappati e dei lividi sul corpo.

«Chi sei?» le chiesi senza abbassare l'arma.

«Mi chiamo Lara, mi hanno rapito un mese fa. Hanno ucciso i miei genitori, ti prego aiutami» rispose con gli occhi pieni di lacrime.

Posai la pistola e la consolai, sapevo cosa stava provando e così riuscii a calmarla. Mi disse che questi alieni facevano esperimenti sugli umani e che lei era riuscita a scappare dalla sua cella.

All'improvviso Yuma smise di urlare, Lara mi portò verso le celle e lì trovammo il suo corpo. Era immobile come un cadavere che aspetta l'autopsia. Sfondai la porta della prigione come se fosse fatta di carta. Per fortuna era ancora vivo, aveva solo qualche livido e delle cicatrici sul petto. Lo presi in braccio e insieme alla bambina mi diressi alla scialuppa dove lasciai Yuma.

«Rimani qui con lui, prendi questa e non esitare a difenderti» dissi a Lara progendole la pistola, «io vado al centro di controllo, se non torno entro venti minuti sali sulla scialuppa e andate via senza di me».

Corsi via come il vento e mi feci notare dagli alieni, ogni scusa era buona per pestarli. Seguendomi li avrei allontanati da Yuma e combatterli sarebbe stato un ottimo allenamento.

Arrivata al centro di controllo, trovai il capitano della nave seduto su una poltrona e un centinaio di alieni armati. Iniziò il tipico discorso da cattivo dei film nella mia lingua, doveva essere l'unico a conoscerla perché poi diede l'ordine di attaccarmi nella sua.

Mi circondarono e iniziarono a colpirmi, le loro armi sparavano raggi laser che lasciavano bruciature su qualsiasi cosa che toccavano. Lottare a mani nude non bastava, più li colpivo e più si rialzavano. Le loro armi non funzionavano con me, non potevo attuare il mio piano. In cinque si buttarono addosso e mi bloccarono. Avevo le loro armi contro, ma non volevano uccidemi. Il capo si avvicinò a me e mi disse che sarei stata la cavia da esperimenti perfetta e io gli sputai sulla faccia. All'improvviso sentii un colpo di pistola e l'alieno cadde per terra, mostrandomi chi aveva sparato. Era Lara che era venuta in mio soccorso, mi liberai dalla presa approfittando del momento e riuscii a dirottare la nave per farla precipitare in mezzo all'oceano, dove nessuno l'avrebbe trovata. Presi la bambina in braccio e corsi verso la scialuppa dove Yuma dormiva beatamente, incurante del pericolo che aveva scampato.

Atterrammo sulla spiaggia dove Romhan mi aspettava insieme al mio capo e numerosi agenti tutti preoccupati.

«Agente Kamishiro, chi sono questi due ragazzi?» mi chiese il superiore mentre uscivo dalla nave.

Gli agenti medici si occuparono di Yuma e riuscirono a svegliarlo, fece il vago per tutto il tempo per non incasinare maggiormente la situazione, una cosa giusta la faceva ogni tanto.

«Li ho trovati sulla nave signore, erano stati rapiti. Sono gli unici sopravvisuti, ho raccolto molte informazioni…»

All'improvviso un enorme onda anomala si lanciò sulla spiaggia bagnando tutti i presenti. Sulla superfice marina galleggiavano frammenti della nave e alieni morti.

«È stata lei?»

«Si, ho eliminato la minaccia come da protocollo. Non mi è stato possibile rendere la cosa meno plateale, signore.»

«Ottimo lavoro agente Kamishiro!»

Il mio capo andò via e piano piano la spiaggia si sfollò. Rimasero solo chi si occupava di recuperare il relitto e i cadaveri, e chi doveva tenere lontano giornalisti e curiosi.

Yuma corse in mare per recuperare il pacchetto e notai la tristezza sul volto di Lara. La schizzai con l'acqua per farla sorridere ma lei si allontanò dicendomi che ne aveva paura. Allora io e Romhan la trascinammo nel mare e le insegnai a nuotare. Yuma si unii a noi e passammo un po' di tempo a divertirci, dopo quello che era successo ce lo meritavamo.

Il pilota mi disse che era pronto a partire, presi Yuma e la bambina con me e salimmo sul jet seguiti da Romhan. Per tutto il tragitto, il mio amico non faceva altro che riempirmi di domande su cosa era successo, mentre Lara dormiva appoggiata sulle mie gambe.

«È inutile che insisti, non posso dirti niente, è meglio se non lo sai così non crei guai. Sei fortunato che in Giappone è ancora notte e non noteranno la tua assenza.»

«Ma…»

«Niente ma, tu non ci dovevi essere. Stasera non è successo niente, punto.»

Yuma si arrese e si mise a dormire, iniziai a scrivere il mio rapporto cercando di omettere il più possibile le sue azioni folli e farlo passare come una vittima.

Lara si svegliò agitata, aveva avuto un incubo. Iniziò a piangere tra le mie braccia e cercai di consolarla.

Avrebbe preferito cadere per sempre in quel vuoto infinito, che salvarsi e dover fronteggiare il senso di colpa che caratterizza chi sopravvive.

 

 

 

Angolo autrice

Eccoci in un nuovo capitolo, questa volta spiegato da Rio per voi lettori. Yuma non ha idea di quello che sia successo, e forse non lo saprà mai.

Appuntamento al prossimo capitolo, che tornerà a raccontare lui.

Prossimo capitolo - Il tesoro nascosto

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il tesoro nascosto ***


«Papà cosa sono i servizi segreti?»

«È un organizzazione segreta che si occupa di proteggere le persone.»

«Wow, deve essere bello sconfiggere i cattivi! Da grande voglio essere anche io una paladina! Continua a raccontare.»

«Va bene, quando mi sono svegliato…»

Ero circondato di persone in divisa, la mia testa non riusciva a capire. Alcuni di loro mi stavano visitando, sul petto avevo delle cicatrici di cui non sapevo la provenienza. Questi medici non facevano altro che riempirmi di domande, tipo come ero finito lì o cosa era successo. Feci il vago tutto il tempo, non potevo dire che mi ero intrufolato per uno stupido bracciale. In seguito se ne andarono dicendo che ero solo svenuto, non c'era nessun problema.

Vidi Rio parlare con un signore anziano, Romhan dietro di lei con una bambina.

Mi girai verso il mare, era calmo e cristallino. La mente mi riportò a quella sera, al mio gesto folle. Ed ora ero lì, pronto al secondo passo di una strana tradizione astrale. Dovevo solo attendere che tutti se ne andassero. Fu allora che la vidi, un enorme astronave che si scontrò con l'oceano, e generò un enorme onda anomala che bagnò tutti i presenti.

Sulla superficie del mare galleggiavano relitti e alieni, sicuramente privi di vita perché non si muovevano. Mi avvicinai a loro per osservarli meglio, erano verdi e brutti con una strana pinna sulla testa. I signori in divisa mi allontanarono e mi sedetti sulla spiaggia, aspettando il momento giusto. Non sarei andato via senza il cofanetto, dopo tutto quello che è successo mi meritavo il premio.

Dopo un po' la spiaggia si sfollò, rimasero solo alcuni tipi che stavano rimuovendo i relitti e gli alieni. Approfittai del momento e corsi in mare, ricordavo ancora il punto preciso dove lo avevamo nascoso. Lontano dalla costa, tra due scogli ben fissati, sotto la sabbia. Il cofanetto doveva essere per forza lì. A nessuno sarebbe venuto in mente di scavare in quel punto, era proprio un bel nascondiglio. I signori mi guardavano incuriositi, io non ero uno di loro e di sicuro si stavano domandando il motivo della mia presenza. Più mi allontanavo dalla costa, più relitti e cadaveri galleggiavano sull'acqua. Arrivato nel punto prestabilito iniziai a scavare, ma il cofanetto non c'era più. Iniziai a imprecare dalla rabbia, ero dispetato e non capivo. Doveva essere lì, per forza lì, dopo tutto quello che avevo fatto per recuperarlo, non c'era più.

L'impatto della nave l'aveva spostato di sicuro, forse qualcuno lo aveva preso.

Chiesi a tutti la stessa domanda: «avete visto un cofanetto di legno? È scuro con delle incisioni, di forma quadrata. All'interno ci dovrebbe essere una conchiglia con un braccialetto di perle», ma la risposta era sempre negativa.

Tornai a riva angosciato e vidi la mia amica giocare con il biondo e la bambina. Mi aggiunsi a loro per distrarmi, passammo un bellissimo pomeriggio, era come se fossimo tornati ragazzini. Ben presto mi dimenticai del braccialetto perduto, ne avrei comprato uno nuovo per la mia principessa.

Il pilota era pronto alla partenza e ci incamminammo verso il jet. Mi accomodai di fronte a Romhan, è un tipo simpatico. Passammo del tempo a chiacchierare poi si mise a scrivere una specie di rapporto. Lara si era addormentata sulle gambe di Rio e lei la coccolava come faceva con il suo cane.

«Rio, ma quindi, che lavoro fai?» le chiesi, a quel tempo non lo avevo ancora capito.

«Lavoro per i servizi segreti, vedi di non raccontarlo in giro.»

«Wow, deve essere fichissimo.»

«E pericoloso, Yuma questa è una cosa seria. Le tue azioni sono state stupide e insensate. Potevo benissimo prendertelo io quel cofanetto.»

«Hai ragione, non ci avevo pensato.»

Iniziai a rompere le scatole, volevo sapere cosa era successo. Chi erano quegli alieni e perché mi avevano rapito, ma non ricevetti una spiegazione, insistevano sul fatto che era meglio che non lo sapevo. Perché così non lo avrei raccontato in giro, dicevano. È già rischioso per loro sapere che io lo so e che potrei dirlo a qualcuno, dicevano.

Ma la cosa che più mi dava fastidio erano queste ferite sul petto, come le avrei spiegate a mia moglie. Lei che mi aveva visto il giorno prima a petto nudo e non le avevo. Non potevo di certo dirle la verità, si sarebbe arrabbiata e mi avrebbe fatto dormire sul divano un'altra volta. Perché così mi puniva quando facevo qualcosa di stupido senza di lei. E di certo non potevo dirle che ero da solo con una donna - va bene che si trattava di Rio ma è pur sempre una donna. Non facevo altro che parlare e Rio non lo sopportava, doveva scrivere anche lei il rapporto, ma non glielo permettevo con il mio farfugliare. Mi puntò la pistola contro e mi disse: «se dalla tua bocca esce un'altra parola, giuro che ti sparo. Non ti voglio sentire, non starnutire, deglutire e respirare facendo rumore».

Allora rimasi in silenzio, pensando a una scusa accettabile da dire a mia moglie, e in quel momento mi venne in mente il cane di Rio. Lo vedevo tutti i giorni e aveva delle unghie affilate sulle zampe, potevo dire che mi aveva graffiato per sbaglio. Poi i miei pensieri si fissarono sul quel maledetto bracciale, era un peccato non averlo trovato.

Sospirai silenziosamente, abbassando la testa. Romhan mi passò un bigliettino dicendo di controllare nella sua borsa. Così feci e trovai il mio tesoro, era ancora intatto. Il legno era umido e per la prima volta notai la scritta in inglese incisa alla base del cofanetto.

"Qualunque cosa accada, tornerà sempre da te."

Aprì la bocca del cofanetto e la perla era sempre lì, bianca e lucente. Anche dopo tutti quei mesi.

 

 

Angolo autrice

Sarò sincera, questo è l'unico capitolo della storia che che ho impiegato più tempo a scrivere. Praticamente è parte capitolo precedente dal punto di vista di Yuma. Il prossimo sarà raccontato sia da Yuma che da Rio.

Spero vi piaccia.

Prossimo capitolo - Heartland, siamo tornati

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Heartland, siamo tornati ***


«Come mai il braccialetto l'ha trovato Romhan e non tu?»

«Forse la corrente lo aveva portato a riva, dopo che la nave aliena è precipitata.»

«Cosa è successo quando siete tornati?»

«Allora, quando l'aereo atterrò…»

Rio mi svegliò con poca grazia dicendomi che eravamo arrivati, mi ero addormentato durante il tragitto. Mi alzaii dal sedile sbadigliando, erano le quattro del mattino. Quel jet era velocissimo, papà quando andava in America in aereo ci metteva circa dieci ore, invece noi ci avevamo messo un'ora. Atterrammo sulla pista e inciampai sulla rampa, non avevo visto le scale data la mia stanchezza. Romham corse subito in mio soccorso e mi alzai vedendo Lara che rideva sotto i baffi. Rio, invece, si era arresa alla mia sbadataggine e non ne era più sorpresa. Ci incamminammo verso l'uscita e vidi due auto parcheggiate, Romhan mi salutò con una stretta di mano e andò via con una di esse. C'era un vento gelido e sembrava che le nuvole fossero pronte per far piovere.

La strada era deserta, sarei tornato subito a casa se Rio non avesse fatto il giro completo di Heartland per arrivarci. Mi maledissi per aver accettato un passaggio. Guidava come un pilota di rally, sterzava all'improvviso e superava il limite di velocità. Ci mancava solo che passasse con il semaforo rosso e che andasse controsenso. Durante il tragitto, mi spiegò che lo faceva per evitare che qualcuno la seguisse, ma di certo non evitava che i suoi passeggeri vomitassero. Era fortunata che avessi lo stomaco vuoto, se no avrei già sporcato tutto.

«Ma quindi lo fai tutte le volte che esci in auto?»

«Si, è un problema?»

«No, solo che sembri paranoica.»

«Quando lavori per i governo lo diventi.»

Lara dormiva stesa sui sedili posteriori, Rio la guardava ogni tanto dallo specchietto. Lei non c'entrava niente in tutta questa storia, mi dispiaceva così tanto. Aveva perso la sua famiglia, non potevo capire cosa stesse provando. Non aveva nessuno, solo noi.

«Che fine farà?» chiesi preoccupato, la conoscevo appena ma già mi ero affezionato.

«Nel database risulta che lei e i suoi genitori sono morti, la porterò alla base e poi si vedrà. Non ha parenti che la possono ospitare, pensavo di adottarla, ma una donna single che lavora tutto il giorno è alla fine della lista delle persone che possono adottare bambini.»

«Non arrenderti, le altre persone possono essere adatte sulla carta ma tu sei adatta per lei.»

Mi sorrise e parcheggiò l'auto davanti al vialetto di casa. Le luci erano spente e non si sentiva una mosca volare, mi sembravano secoli dall'ultima volta che l'avevo vista. Salutai Rio e seguì con lo sguardo la sua auto scomparire nel buio della notte. Facendo attenzione, aprii la porta senza fare rumore. Feci uno spuntino con dorayaki e un succo di frutta. Cercavo di farmi notare il meno possibile, Tori odiava che mangiassi nel cuore della notte. Diceva sempre che si dovevano avere degli orari precisi per i pasti e si dovevano rispettare. Mi fermai nella stanza di mia figlia per poggiare il cofanetto sul cuscino nella culla, poi andai in camera mia. Mi accasciai sul letto, sperando che la bella addormentata non mi avesse sentito.

 

 

Arrivata alla base svegliai Lara e la feci scendere. Mi prese la mano e mi addentrai nell'edificio. Si guardava intorno estasiata, l'interno dell'edificio era molto più accogliente della nave aliena. C'era una gran confusione, agenti che andavano avanti e indietro e chi stava seduto alla scrivania a lavorare.

«Sembra la nuova base degli Avengers» mi disse appena entrammo.

Come potevo dargli torto, quando la vidi per la prima volta la paragonai alle industrie Stark. Mi diressi nell'ufficio del capo, dovevo consegnargli il rapporto e dovevamo discutere di Lara. Arrivarci fu difficile, venivo fermata da chiunque, la mia missione segreta non era più segreta. C'era chi si congratulava, chi faceva domande sugli alieni e chi sminuiva il mio operato dicendo che poteva fare di meglio.

Il mio capo ci accolse a braccia aperte, ero sempre stata la sua agente preferita, non faceva altro che dirmi che un giorno avrei preso il suo posto. Ero onorata dei suoi apprezzamenti, ma mi sarebbe piaciuto che non andasse in giro a mettermi in imbarazzo e farmi passare per una raccomandata.

Ci condusse in ufficio e lesse il mio rapporto. Lara si era nascosta dietro di me e non aveva intenzione di mollare la mia mano. Finito di leggere, il mio capo volle "conversare" da solo con la bambina e lei fu costretta a lasciarmi. Decisi di prendere un caffè e incrociai Romhan nella caffetteria della base.

«Sola?»

«Il capo sta parlando con Lara.»

«Se vuoi adottarla sono disposto a sposarti, sono sicuro che Eddy non sarà contrario.»

«No, ma grazie per la proposta.»

Discutemmo del caso fino a quando una Lara selvatica conparve dal nulla e mi saltò addosso piangendo. Il mio capo la seguì a ruota e si unì alla conversazione.

«Perché sta piangendo?»

«Le ho detto che se voleva la potevi adottare, credo che sia contenta.»

«Posso davvero?»

«Si, sarebbe difficile spiegare la sua situazione ad una famiglia affidataria. E poi tu sei perfetta! Ho bisogno solo della tua firma su questo documento e tutto sarà a posto.»

Una volta sistemate le scartoffie, tornai a casa con la mia nuova figlia.

Arrivammo di giorno e vennimo accolte dal mio cane, contento come sempre di vedere la sua padrona. Lara si adattò subito, iniziò a frequentare la scuola e fece nuove amicizie. Venne accolta bene dalla mia famiglia e dai miei amici. Ben presto si dimenticò degli alieni e Tori iniziò ad occuparsi di lei quando io non c'ero. La sua fortuna era stata la follia di Yuma: se lui non si fosse inbucato nella missione segreta, lei non mi avrebbe conosciuto e non avrebbe passato il più bel mese della sua vita, come lo definiva lei.

 

 

Passarono giorni e lei ancora ripensava a quel giorno. L'aveva fatto veramente, aveva superato la sua paura dell'acqua e per questo non riusciva a pensare ad altro.

 

 

 

Angolo autrice

Ed anche il capitolo sei è finito, questa storia sta per mettere la parola fine e io non sono pronta… Mi ci sono affezionata troppo.

Prossimo capitolo - Sorprese

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sorprese ***


«Mamma non si era accorta che eri partito?»

«No, perché quando tornai a casa era ancora notte e lei dormiva.»

«Ma poi non ti ha fatto delle domande sul braccialetto?»

«Si, e si è arrabbiata molto…»

Stavo dormendo beatamente sul mio letto, era sabato e sabato significa niente lavoro. Potevo dormire tutto il giorno, se non fosse stato per mia moglie che mi ha buttato giù dal letto.

«Che succede?» le chiesi massaggiandomi la testa, sperando che non fosse per il cofanetto che stringeva tra le mani.

«Ma quando ci sei stato a New York? Come hai fatto a prenderlo?»

Non potevo raccontarle tutto, soprattutto degli alieni. Ma non potevo mentirle, dovevo raccontarle una mezza verità…

 

«Cos'è una mezza verita?» chiese mia figlia interrompendomi.

«È quando non dici tutta la verità, ma tu non puoi farlo. Solo gli adulti possono.»

«Va bene, continua.»

 

Mi alzai da terra e mi riaccomodai sul letto, Tori mi guardava furiosa.

«Allora, è complicato e centra il lavoro misterioso di Rio» le dissi giocherellando con i miei capelli, lo facevo sempre quando ero nervoso.

«Quindi sai che lavoro fa?»

«Si, posso dirti solo che è una cosa segreta per il governo. E che mi ha dato un passaggio fino a New York e che l'ho aiutata. Ma niente di più, non ci è stato niente tra di noi, lo giuro su nostra figlia!» dissi tutto d'un fiato.

Mi guardava stranita, di sicuro aveva milioni di domande in testa che neanche io sarei riuscito a rispondere. Ma nonostante tutto, mi perdonò subito. L'arrabbiatura l'era passata in un attimo e di questo potevo solo gioire.

 

I giorni passarono in fretta, Tori fece amicizia con Lara e non parlammo più di del argomento "recupero braccialetto". Ero così emozionato all'idea che sarebbe nata mia figlia che sprizzavo energia da tutti i pori. Avevo sempre il sorriso sulle labra e saltellavo dalla gioia. Stavo sempre a contare i giorni che mancavano alla nascita, e questo mi aiutava a non vagare con la mente mentre lavoravo. Quando tornavo a casa davo i tormenti a Tori, non avevamo ancora scelto il nome e finivamo sempre per bisticciare. Avevamo scartato l'idea di darle un nome solo per la sua bellezza, doveva essere qualcosa che avesse un significato, che dimostrasse il nostro amore quando lo sentivamo.

Una delle tante sere eravamo seduti sul divano a guardare la tv, al telegiornale stavano parlando dello strano avvistamento di una nave aliena a New York. E guarda caso stavano inquadrando la spiaggia dove avevamo seppellito il mostro tesoro. Tori la riconobbe subito e connesse subito le cose: Rio lavorava per il governo, e il governo stava cercando di insabbiare l'accaduto, io ero lì con Rio quella sera e l'avevo aiutata.

«Aspetta una attimo, Yuma c'è qualcosa che non mi hai detto?» mi chiese guardandomi sospettosa, ma non potevo dirglielo. Rio mi avrebbe ucciso.

Parlando del diavolo, arrivò una videochiamata da quest'ultima. Tori mi prese il cellulare e rispose lei.

«Ciao Tori, mi puoi passare Yuma?»

«Si certo, è qui accanto a me» disse tirandomi per un braccio per farmi comparire nell'inquadratura.

Iniziai a tremare come una foglia, in quel momento desideravo scomparire dalla faccia della Terra. Iniziai a prepararmi per il peggio, ma quel peggio non arrivò. Era una buona notizia per me, ma non per mia moglie.

«Yuma il mio capo vorrebbe parlarti, dato che la notizia è saltata fuori vorrebbe darti una medaglia. E dice anche che saresti un ottimo agente con il giusto mentore, che sarei io. Passo a prenderti domani mattina, così potete discutere. Tori puoi vienire anche tu e scusami la segretezza, presto risponderò a tutte le tue domande. Ciao.»

Chiuse la videochiamata senza darci il tempo di rispondere, Tori posò il telefono sul tavolino e mi guardò arrabbiata.

«Stasera dormi sul divano, e domani non ti cucino. E farò la lavatrice senza i tuoi vestiti, e scordateli che li stiro. Anzi per tre giorni tutto questo.»

«Ma amore…»

«Niente amore, mi hai mentito. Tu non hai idea di quello che sto provando adesso. Tra due settimane dovrei partorire e vengo a sapere che mi hai mentito su una cosa così importante, perché non me lo hai detto?»

Andò in camera nostra sbattendo la porta senza darmi il tempo per spiegarle. L'avevo combinata grossa, ma c'erano anche dei lati positivi. Mi addormentai sul divano, speranzoso che il giorno dopo la mia dolce metà si sarebbe calmata.

 

Stavo dormendo tutto storto sul divano quando bussarono alla porta, il rumore improvviso del campanello mi fece cadere per terra. Andai ad aprire sbadigliando e in un attimo mi ritrovai di nuovo a terra. Il cane di Rio era fin troppo affettuoso e pesante, non riuscivo ad alzarmi. Rimasi sotto le sue zampe per una decina di minuti, nessuno venne in mio soccorso perché le tre spettatrici erano troppo impegnati a ridere. Quando mi liberai dalla presa, feci accomodare Rio e Lara nel soggiorno. La prima iniziò a spiegare a Tori il motivo del mio coinvolgimento, senza escludere nessun dettaglio. Però non disse niente del come avesse fatto a salvarmi, probabilmente non lo avrei mai saputo. Dopo lo spiegone, mia moglie mi lanciò un occhiata piena di rabbia e disse che la mia punizione era prolungata ad una settimana. Sbuffai e preparai la colazione, caffè e pancake per il mio stomaco. Rio mi disse di vestirmi elegante, l'aspetto è la prima cosa che guardano le persone. Sarebbe stata una premiazione pubblica e ci sarebbe stata anche la mia famiglia. Lara avrebbe ricevuto una medaglia come me, era contentissima e la sua felicità contagiò Tori, ma solo un pochino. Mi preparai in fretta e ci avviammo verso base dei servizi segreti.

Dopo una lunga conversazione con il capo, mi disse che sarei stato un ottimo agente e che si sarebbe occupato lui del mio vecchio lavoro. Mi aveva assunto come stagista sotto la guida di Rio. Uscito dall'ufficio, mi diressi in caffetteria dove mi aspettavano le altre. Tori stava parlando con Romhan, il partner di Rio, e sembrava essere meno arrabbiata.

«Ciao Romhan» dissi salutandolo con una stretta di mano.

«Yuma, congratulazioni per la medaglia. Tua moglie è una donna davvero deliziosa» mi disse per poi bisbigliare che Rio non lo era.

La nominata, che aveva sentito tutto, si avvicinò al biondo e rispose a tono: « ti ringrazio, re della comicità. Ti farò sapere quando il mio cervello è disponibile a prenderti sul serio».

Iniziai a ridere come uno scemo attirando l'attenzione di chi passava lì per caso. La mia allegria contagiò il resto del gruppo e mia moglie riuscì finalmente a perdonarmi, ma non mi tolse la punizione perché secondo lei me la meritavo.

 

La cerimonia avvenne in tarda mattinata, e a premiarmi fu il sindaco Faker* accompagnato da suo figlio Kaito. La mia famiglia era seduta in prima fila, mia nonna piangeva dalla gioia e mio padre mi guardava con orgoglio. Lo avevo reso fiero di me, anche se non avevo fatto nulla di speciale.

Il capo prese parola e fece un lunghissimo - ma proprio lungo - discorso, facendo addomentare metà dei presenti. E quando finì annunciò a tutti che il vincitore del premio annuale come miglior agente del governo sarebbe stata Rio. La fece salire sul palco e le consegnò una targa, per poi dare anche a lei una medaglia.

Dopo la cerimonia, mi buttai a capofitto sul buffet preparato apposta per l'evento. Tori, invece, parlava con la mia famiglia. Erano tutti ansiosi per la nascita e non riuscivano a pensare ad altro. Finito l'evento tornammo a casa pensando che le sorprese per oggi fossero finite. Ma Rio mi chiamò nel cuore della notte e dovetti partire per la mia prima missione segreta "ufficiale".

Era qualcosa che succedeva solo quando tutti dormivano ormai da tempo, e che nessuno avrebbe mai saputo.

 

 

Angolo autrice

*Heartland è deceduto, non si sa come XD

In questo momento vorrei essere Yuma, venir premiata per aver "infranto la legge" e aver dormito tutto il tempo. Il prossimo sarà l'ultimo capitolo e finalmente verrà il momento tanto atteso da tutti (spero).

Prossimo capitolo - Il giorno tanto atteso

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Il giorno tanto atteso ***


«Allora il mio nome lo avete scelto per un motivo ben preciso?»

«Si, e immagino che hai già capito quale sia.»

«Hai ragione, sono una bambina intelligente. Continua, voglio sapere come finisce la storia.»

«Va bene, i giorni prima della tua nascita…»

 

Non avevamo ancora scelto un nome per la nostra principessa, il tempo passava e non riuscivamo a decidere. Ci sono stati tanti avvenimenti importanti nella nostra vita che dimostravano il nostro amore, passavamo le giornate a ricordare ogni particolare che potesse aiutarci.

Per esempio il giorno del nostro primo bacio, avevamo quattordici anni e di amore non ne capivo molto. Eravamo nella mia camera, Tori mi stava aiutando con i compiti. Astral era andato via da poco e non riuscivo a studiare perché pensavo sempre a lui. Allora decisi di concentrare la mia attenzione sulla mia futura sposa, non avevo mai notato quanto fosse bella e come il dolce suono della sua voce mi facesse sentire a casa. Per questo mi fu chiaro che era la ragazza con cui volevo creare il mio futuro, e quel pomeriggio ci scambiammo il nostro primo bacio.

Oppure il giorno del ballo di fine anno, avevamo compiuto diciotto anni da poco. Indossavo un completo elegante cucito a mano da mia nonna, mi sentivo ridicolo. Non era per niente il mio genere, ma dovevo per forza accettarlo, non potevo presentarmi alla porta di Tori con scarpe da ginnastica e pantaloni elastici. Mio padre mi accompagnò con la sua auto a casa della mia fidanzata e poi ci portò a scuola. Da bravo gentiluomo le aprii la portiera e la feci scendere. L'autista improvvisato mi tirò da parte perché voleva discutere di cose importanti. Mi fece raccomandare di fare attenzione, di non bere alcolici e di non fare certe cose senza protezioni…

 

«Quali cose? In che senso senza protezioni?» mi interruppe mia figlia.

«Te lo racconterò quando sarai più grande.»

«Ma ho sette anni, sono già grande!»

«Ho detto no e non si discute. Allora dove ero arrivato? Finite le raccomandazioni…»

 

Tornai da Tori che mi aspettava insieme al nostro gruppo di amici e passammo una serata all'insegna del divertimento. Finita la festa mio padre mi invio un messaggio che diceva: "Non parte l'auto, fatti dare un passaggio. Te lo avevo detto che dovevi prenderti la patente come il tuo amico polipetto".

Allora Spenser mi prestò la bicicletta che aveva nel bagagliaio della sua auto, purtroppo per noi non poteva darci un passaggio e ci accontettammo del mezzo improvvisato. Presi il comando del veicolo e partii a tutta velocità verso casa di Tori. Durante il percorso presi una buca e la bici si ribaltò, facendoci cadere per terra. Eravamo soli, la strada era deserta e quindi nessuno venne in nostro soccorso. Per fortuna non era niente di grave, allora mi resi conto che lei era la ragazza con cui volevo affrontare le difficoltà della vita.

E c'era anche il giorno del nostro matrimonio e i tre mesi del viaggio di nozze, che sono stati altrettanto importanti per noi. Non trovavamo niente che sarebbe stato perfetto come nome. Tutti i giorni mi sfogavo con Rio e Romhan, ero in uno stato di panico perenne. Mia figlia sarebbe nata in questi giorni e non potevamo aspettare per darle un nome. La caffetteria della base segreta divenne il luogo delle mie confessioni e il cibo una valvola di sfogo, le mie colleghe non riuscivano a capire come facessi a non ingrassare.

Durante le pause pranzo mi disperavo e il famoso duo mi consolava come al solito. Ma questa volta era diverso, perché quel giorno mi chiamò Kari dicendo che Tori stava per partorire. Mi sentii male dall'emozione e il capo mi diede il permesso di andare in ospedale, accompagnato da Rio. In quello stato non potevo guidare e non facevo altro che rompere le scatole.

«Sta per nascere e non abbiamo ancora scelto un nome, come devo fare? Non possiamo dargli un nome comune, non avrebbe senso! Deve essere qualcosa di importante che dimostri il nostro amore!»

«Ma perché non la chiamate Perla? Il braccialetto è di perle e quel cavolo di braccialetto è importante per voi, insomma sei quasi morto per quello! E non urlare che sto guidando!»

Aveva ragione, ma il motivo per cui non ci avevamo pensato prima era un mistero. Ero così emozionato che non capivo niente, avevo sempre pensato che non avrei amato un'altra donna che non sia mia moglie. Ma ora era diverso, ci sarebbe stata un'altra donna da amare e mi avrebbe chiamato papà.

Arrivati in ospedale, venni accolto da un'infermiera che ci condusse nella sala parto. Mi fecero indossare un completo sterilizzato ed entrai nella stanza dove stava Tori. Le tenni la mano per un'ora intera, la mia piccola principessa non voleva uscire. Ma alla fine ha dovuto farle ed è stato un sollievo sentirla piangere.

Non dimenticherò mai la prima volta che la presi in braccio, era solo un piccolo fagottino che mi guardava sorridendo. Per mia sfortuna quel momento durò poco, i medici la portarono via per fare tutti gli accertamenti.

Decisi di rimanere tutto il tempo accanto a mia moglie, la trasferirono in un'altra stanza dove cadde in un sonno profondo, da cui non si sarebbe più risvegliata. Dare la notizia a parenti ed amici non fu facile, ma in cuore mio sapevo che lei sarebbe andata in un posto migliore.

Va bene... Mostrami la via.

 

«Ti è piaciuta la storia?»

«È bellissima» mi risponde sbadigliando.

Si addormenta subito dopo il bacio della buona notte, le rimbocco le coperte ed esco dalla stanza in silenzio. Raccontarle di sua madre è sempre stato difficile, per lei che non l'ha mai conosciuta e per me che mi riporta alla mente tutti i bei mometi passati insieme…

 

Fine

 

 

Angolo autrice

Questo finale nessuno se l'aspettava, nemmeno io che ho pianto tutto il tempo mentre scrivevo. Ringrazio tutti i lettori silenziosi e la mia gufa preferita che ha recensito questa storia.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3933953