The Accidental Malfoy (Malfoy Per Caso)

di Rumaan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Decisione ***
Capitolo 2: *** La Terribile Notizia ***
Capitolo 3: *** L'Amara Verità ***
Capitolo 4: *** Conversazioni ***
Capitolo 5: *** Appuntamenti Ed Incontri ***
Capitolo 6: *** Mariti E Mogli ***
Capitolo 7: *** I Peccati Del Padre ***
Capitolo 8: *** Giochi ***
Capitolo 9: *** Piani E Organizzazioni ***
Capitolo 10: *** Nuovi Inizi ***
Capitolo 11: *** La Calma ***
Capitolo 12: *** Lo Scandalo ***
Capitolo 13: *** Discussioni ***
Capitolo 14: *** Decisioni E Dilemmi ***
Capitolo 15: *** Cibo Per La Mente ***
Capitolo 16: *** Due Passi Avanti ***
Capitolo 17: *** Cambio Di Marea ***
Capitolo 18: *** Chiusure ***
Capitolo 19: *** Quadri ***
Capitolo 20: *** Disarmo ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** La Decisione ***


Cap 1 Disclaimer: Harry Potter appartiene in toto a J.K. Rowling. La storia è stata scritta senza scopo di lucro, a fini puramente artistici e di intrattenimento.


N.B. Questa storia è una traduzione. La versione originale la potete trovare al seguente link: fanfiction.net/s/8127864/1/The-Accidental-Malfoy

Malfoy Per Caso 

(The Accidental Malfoy)

La Decisione

Ginny mise sul tavolo tè e biscotti. Harry aveva invitato Hermione per un pranzo infrasettimanale quella mattina al Ministero, e lei si era fiondata sull’opportunità, dato che l’altra alternativa per la serata era la pizza fredda che aveva comprato durante il fine settimana.

“Non che mi lamenti o altro, qual è il motivo di questa improvvisa serata assieme?”, chiese Hermione.

“Abbiamo delle novità, e visto che non potrai partecipare al pranzo dai Weasley questa domenica, pensavamo di dirtelo prima che a tutti gli altri”, disse Harry.

“Sono incinta”, disse eccitata Ginny.

“Oh, Ginny, è fantastico!”, disse Hermione. “Da quanto lo sai?”.

“Sono solo di otto settimana, ma ci conosci, siamo sempre troppo elettrizzati per tenere il segreto fino alla fine del trimestre”.

Hermione strinse Ginny in uno stretto abbraccio, e diede ad Harry un buffetto sulla guancia. Era genuinamente eccitata per loro, ma parte di lei si sentiva disperatamente triste mentre realizzava che Harry e Ginny stavano per avere un altro figlio. Non era colpa loro se lo voleva anche lei, ma non capiva come potesse fare dato che continuava a vedere i suoi amici aggiungere sempre più bambini alle proprie famiglie.


Dopo un po’ di tempo, Hermione si scusò ed andò al bagno. Stava facendo del suo meglio per sembrare allegra della notizia, ma riusciva solo a pensare che sarebbe stato l’ennesimo bambino non suo. Harry e Ginny avevano già James ed Albus, e quello sarebbe stato il terzo.

La cosa tra i due era diventata seria appena finita la guerra. Si erano fidanzati appena prima che Ginny tornasse ad Hogwarts per l’ultimo anno. Harry l’avrebbe sposata appena finita la scuola, ma Ginny aveva resistito fino ai ventuno anni. Erano entrambi giovani, e lei non vedeva la necessità di correre. Hermione aveva pienamente supportato la sua decisione. James era nato dopo poco.

Hermione si lavò la faccia e si tamponò il viso. Cercò dei segni che dimostrassero il suo recente pianto, ma gli occhi erano a posto, niente gonfiore o pelle rossa ad incastrarla. Mentre tornava di sotto, non poté fare a meno di sentire la conversazione tra Ginny ed Harry.

“Quel nuovo Auror in ufficio, è bello”, commentò Ginny.

Hermione si fermò e spiò dalla porta aperta. Non era carino origliare, ma aveva il presentimento si trattasse di lei.

Harry guardò sospettosamente sua moglie. “Non posso dire di non averlo notato, ma che importa?”.

“Non credi sarebbe perfetto per Hermione? Potremmo invitarli entrambi per cena, e vedere come va”, suggerì Ginny.

Harry scosse la testa. “Quando la smetterete tu e Molly di tormentare Hermione con questa storia? Troverà qualcuno con i suoi tempi; lascia che sia sé stessa”.

Ginny sospirò. “Non diventa più giovane, Harry. Potrebbe non ammetterlo, ma è sola. Credevo si sarebbe messa a piangere quando le abbiamo detto che sono di nuovo incinta. Non fa alcuno sforzo per frequentare qualcuno”.

“Si tratta di Hermione, è testarda. Più le parli di incontrare qualcuno, più si chiude in sé stessa e rifiuta. Comunque, è diversa. La maggior parte dei ragazzi non lo capisce. Credono solo sia autoritaria e so-tutto-io. Molti sono intimiditi dal ruolo principale che ha avuto durante la guerra. Ha bisogno di qualcuno che sia sicuro di sé, che non abbia paura che lei sia sé stessa”.

Hermione concordò con quando aveva detto Harry, non avrebbe risposto ai costanti tormenti sulla sua vita amorosa. Lui la conosceva bene, ma non poté fare altro che sentirsi ancora più depressa di quando era andata al bagno. Si rattristò anche per non essere riuscita a prenderli in giro. Non glie ne voleva per star avendo un altro figlio. Era felice fossero così contenti, ma lei voleva trovarsi nella stessa situazione.


Hermione rimase in piedi di fronte alla Clinica Media De Braun in Svizzera, cercando di calmare le farfalle nello stomaco. Aveva venti minuti prima dell’appuntamento, ma era nervosa. Parte di lei le diceva di correre lontano e non fare un passo così drastico, ma l’altra che la spingeva le stava urlando di oltrepassare la porta e farlo.

Ecco perché si trovava all’esterno della discreta entrata della migliore clinica magica di fertilità, in esitazione.

Non aveva sentito il suo orologio biologico tintinnare finché non aveva raggiunto i trent’anni. C’era qualcosa di pauroso in quel numero. Ricordava da piccola di aver pensato che a trent’anni si fosse vecchi. Quando ne aveva venti, i trenta sembravano distanti anni luce. Essendo giovane e senza impegni, appena uscita da Hogwarts con dei M.A.G.O. imponenti, aveva fatto una lista di dove si sarebbe trovata a trent’anni. Ovviamente, la sua carriera era piuttosto in alto. Aveva predetto che si sarebbe trovata a capo del Dipartimento di Controllo della Magia entro quel tempo. Ciò non si era esattamente avverato, ma era noto fosse lei la sostituita del Capo attuale. Ripassando mentalmente la lista, si ricordò di averci messo anche “moglie” e “madre”, non in alto quanto la carriera, il che la fece sentire un po’ meglio, ma c’erano comunque.

Aveva trovato la lista in questione qualche settimana dopo aver compiuto gli anni, mentre traslocava in una casa più grande, ed aveva capito di volere un figlio con o senza un compagno stabile, ma non voleva uscire con un ragazzo qualsiasi per restare incinta. Avrebbe preferito farlo ufficialmente in un laboratorio sterile, dove poi il padre non sarebbe potuto andare a reclamare diritti. Hermione voleva essere una mamma, ma non era sicura di voler diventare una moglie.

Quindi quello era stato ciò che l’aveva portata all’esterno della Clinica in Svizzera, stringendosi le mani e pensando se farlo o meno. Se n’era quasi andata per sette volte. Non era certa di farcela. I nervi le stavano facendo venire la nausea, non si sentiva così ansiosa dalla guerra. Era una decisione così importante, ma sentiva fosse necessaria. Passeggiò di fronte all’entrata, mentre continuava a dibattere con sé stessa. Il lato sensibile di lei le stava suggerendo di tornare a casa e farsi una tazza di tè. Non sei tu, le diceva. Il lato più sconsiderato le fece invece notare quanto stanca fosse di essere lasciata indietro. Aveva una carriera di successo ed un bel gruppo di amici, ma fine. Era l’unica senza un compagno. Ed il lato sconsiderato vinse.

Hermione prese un respiro profondo e spinse la porta. L’atrio era preciso come si aspettava. I divani di pelle color cioccolato sembravano costosi e comodi, mentre le pareti color crema portavano appesi quadri originali. C’era una lavagna di fianco al banco informazioni, con foto di bambini e lettere di ringraziamento, che davano un senso di casa alla stanza. In qualche modo, questo la rassicurò. Le immagini dei bambini gorgoglianti le diedero una sensazione di calore, facendole pensare di aver preso la decisione giusta.

Fece sapere alla receptionist che era lì, poi si sedette s sorseggiò la tazza di tè che le venne portata. Diede uno sguardo ai vari giornali e riviste disponibili, e cercò di non ridere per quando stranamente ordinario fosse il processo. Era come trovarsi dal dentista per un normale controllo ai denti, piuttosto che una discussione per l’inseminazione artificiale con un dottore.


Venne chiamata per vedere il suo medico, il dr. Nicola Hedges. L’inseminazione artificiale era stata sviluppata nel mondo Babbano, e la magia aveva apportato solo qualche cambiamento al processo. I Guaritori che volevano specializzarsi nel campo dovevano ottenere una laurea in medicina babbana. Hermione si asciugò i pami sudati sulla gonna, prima di offrire la mano al Dr. Hedges.

“Signorina Granger, è un piacere incontrarla”, disse il Dr. Hedges, prima di scortarla alla sedia dall’altra parte della scrivania. Hermione fece i soliti convenevoli, e si sedette.

“Ora, gran parte di cui parleremo oggi è piuttosto tecnico, ma voglio informarla delle diverse opzioni mediche disponibili per lei”, iniziò il Dr. Hedges. “Ci sono molti modi per una fecondazione artificiale. La prima procedura, più usata, è l’inseminazione intracervicale, che riproduce il modo naturale, ed è l’opzione che le raccomanderei”, spiegò il Dr. Hedges.

Hermione voleva ridere per l’ansia del processo. Le stava venendo spiegato in una tale maniera che tutto ciò a cui riusciva a pensare era a come Ron sarebbe rimasto a bocca aperta a fissare il dottore come se non fosse stato lì. Si schiarì la gola, e guardò il suo taccuino. Aveva una domanda importante, che la preoccupava da quando si era informata sul processo. “Mi spiace interromperla, Dr. Hedges, ma ho sentito che il tempo è vitale in questo tipo di procedura. In uno dei libri che ho letto, dicevano che avrei a disposizione solo dodici ore per restare incinta”.

“Beh, è un po’ più complicato di così, ma se riuscissimo a trovare il momento perfetto di fertilità, allora certo, le possibilità di gravidanza aumentano”.

“É una cosa che potete fare? Ho visto dei kit per l’ovulazione da casa”.

“Sì, faremo dei test per mappare il suo ciclo mestruale”.

Hermione annuì di nuovo, e colpì una pagina nel taccuino. Il Dr. Hedges le spiegò gli altri tre metodi, ma visto che tutti avevano più specifiche restrizioni, Hermione decise di accettare il suo consiglio.

Una volta che i tecnicismi furono risolti, il Dr. Hedges condusse Hermione in una piccola sala d’attesa. Era ciò che la spaventava di più. Parlare del processo andava bene, era clinico e piuttosto distaccato da ciò che sarebbe realmente successo. Invece scegliere un donatore sarebbe stato difficile.

“Questa è la stanza dove teniamo tutte le informazioni sui donatori. Come può vedere, cerchiamo di rendere l’esperienza comoda il più possibile. Ha pensato al criterio di scelta che userà?”.

“Sì, so cosa sto cercando”, replicò. Aveva la sua lista, e sarebbe stata attenta. Non cercava cose superficiali come altezza, colore degli occhi o dei capelli, era più interessata ai test di intelligenza ed alle carriere. Voleva il meglio per il suo potenziale figlio, il che significava trovare un suo simile in fatto di intelletto.

“Offriamo anche una selezione di donatori Babbani. Ovviamente, sono tutti di successo, in un modo o nell’altro”.

“Oh, voglio un padre mago, altrimenti lo avrei fatto nel mondo Babbano”, informò Hermione il Dr. Hedges. Avrebbe preferito il padre biologico fosse un altro mago. Era stupido, visto che non avrebbe fatto alcuna differenza nelle abilità magiche del bambino se uno dei genitori lo era, ma comunque, non sapeva perché, si sentiva più a suo agio a mantenere l’intero processo all’interno del Mondo Magico.

“Ok. Beh, si prenda il tuo tempo per guardare le varie biografie. Non facciamo fretta a nessuno. Può chiamare la receptionist se vuole del tè o del caffè, e quando avrà fatto la sua scelta”.

Di nuovo, Hermione sentì l’urgenza di ridere. Sembrava stesse scegliendo un divano od una cucina, piuttosto che il padre di suo figlio.

Alla fine, scelse un Guaritore. Pensò che, unite alle sue, le doti fossero ottime. Era anche di media altezza, con i capelli castani e gli occhi marroni, le piaceva. Significava il bambino avrebbe avuto probabilmente i suoi stessi capelli ed occhi e, per qualche motivo, le importava. Probabilmente perché pensava a lui come completamente suo, anche se non era biologicamente possibile.

Completato il tutto, Hermione stava tornando a Londra. Prenotò i successivi due appuntamenti per il mese prossimo, ed avrebbe trascorso una settimana in Svizzera con il pretesto di sciare. Ciò le avrebbe dato il tempo di inventare una storia su una relazione del tempo di una vacanza, che intendeva utilizzare per spiegare la gravidanza. Non voleva che nessuno sapesse della drastica decisione dell’inseminazione artificiale. La sua famiglia ed i suoi amici non avrebbero approvato, e poi ci sarebbero stati i tentativi di affibbiarle qualche altro amico single. Non voleva affrontare tutto l’estenuante processo per poi scoprire che non ci sarebbe stato alcun bambino in arrivo.


Sei settimane dopo, Hermione era di nuovo in Svizzera. Era il momento, ed era comprensibilmente nervosa.

“È sicura di volerlo fare, Hermione?”, chiese il Dr. Hedges. “Non è troppo tardi per cambiare idea”.

“Sono sicura”, disse fermamente, e lo era davvero. In realtà, era un po’ eccitata. Aveva un formicolio ora, quando pensava al futuro. Aveva preso una decisione che avrebbe cambiato tutto per sempre, e non vedeva l’ora.

“Bene. Capisce anche che l’inseminazione artificiale non le garantisce la gravidanza”, chiese il Dr. Hedges. Hermione annuì. “Usiamo un metodo simile a quello dei Babbani, ma invece di utilizzare medicinali Babbani per aumentare le possibilità di rimanere incinta, usiamo una pozione della fertilità, che abbiamo scoperto essere più efficace. Questa pozione non avrà alcun effetto sul feto, se dovesse concepire. Tutto è stato preparato per la procedura, e l’inseminazione avverrà in pochi minuti. In ogni caso, le chiediamo di rimanere sdraiata e ferma per almeno i trenta minuti successivi, per diminuire il rischio di perdite ed aumentare le possibilità di concepimento”, la informò il Dr. Hedges.

Hermione storse il naso. Era preparata, ma averlo sottolineato in quel modo era strano. Ovviamente sapeva di aver bisogno del seme per rimanere incinta, ma era la parte più strana. Sarebbe stato quello di uno sconosciuto, e sarebbe stato inserito con un ago. Era completamente l’opposto di come aveva immaginato l’inizio della sua gravidanza, prima di prendere quella decisione.


Hermione era distesa sul letto dell’ospedale, mentre cercava di non pensare a ciò che stava accadendo nel suo utero in quel momento. Non voleva davvero gonfiare le speranze di rimanere incinta la prima volta. Sapeva che la biologia non era una cosa semplice e si potevano volere anche diversi tentativi, ma non riusciva a sopprimerne il barlume. Non sarebbe più stata Hermione Granger, la donna che viveva per il lavoro. Sarebbe stata Hermione Granger, madre della piccola Iris Granger.

Sperava davvero avrebbe avuto una bambina, ed aveva scelto il nome Iris perché significava “speranza” nel linguaggio dei fiori. Iris era anche il nome di una dea greca, il messaggero che collegava gli dèi agli uomini. Le piaceva. Lei aveva rinunciato a così tanto per il bene dell’umanità, ed anche il suo nome derivava dalla mitologia.

Si massaggiò il ventre ed incrociò le dita per tutti i trenta minuti. Davvero non voleva rifare la procedura d’accapo. Non voleva nemmeno continuare ad inventarsi relazioni passeggere per dare una spiegazione delle sue fughe. Non aveva senso tornare dalla Svizzera come se non avesse incontrato nessuno e poi dopo un mese raccontare che non solo aveva avuto un flirt, ma era anche incinta.


"Che ti succede, Hermione?”, chiese Ginny, mentre Hermione vagava per la cucina preparando li pranzo.

Povera Ginny, era assolutamente sfinita. Avere già due bambini attivi durante i primi mesi della gravidanza, quando in realtà avresti voluto solo dormire, non era facile. Non aiutava nemmeno il fatto che Harry fosse stato promosso a Capo del Dipartimento Auror, ed avesse iniziato a lavorare per lunghe ore anche nei finesettimana. A Ginny non importava. Era fiera di Harry, ed aveva anche una grande famiglia che la aiutava quando poteva. Al momento, James ed Albus erano con Molly, che ospitava sempre almeno uno dei suoi nipoti dato che non sopportava la Tana vuota.

“Che intendi?”, chiese.

“Beh, è da quando sei tornata dalla Svizzera che cerchi di sopprimere l’entusiasmo”.

Hermione sorrise. Ovviamente non poteva dirle cosa stesse realmente succedendo, ma era il momento di iniziare a raccontare la storia di copertura. “Ho incontrato un ragazzo lì”, disse.

Ginny si sedette più dritta. “Parla”, comandò. “Ora!”.

“Beh, si chiama Thibault, è francese ovviamente”, disse.

“Promettente”, commentò Ginny. “E che aspetto ha?”.

“Era alto, abbronzato e bello”, disse Hermione in una finta voce sognante. “Ed abbiamo flirtato per tutta la vacanza”.

“Flirtato?”, chiese Ginny con voce delusa.

“Oh, sì. Non è stato nulla di serio. Ma ho capito che è passato così tanto da quando, beh, lo sai. E lui flirtava con me con quel delizioso accento francese, così una cosa ha tirato l’altra…”.

“Allora intendi rivederlo?”, chiese la rossa.

“Oh, no. Era una cosa senza scopo. Davvero, non ho bisogno delle complicazioni di una relazione a distanza, in questo momento”, si inventò allegramente.

“Oh”, disse distratta Ginny. Hermione sapeva cosa le avrebbe detto. Lei e Molly la tormentavano da anni, ed anche quella volta l’amica non la deluse. “Hermione, quando ti sistemerai? Perfino Neville è sposato”.

Hermione sospirò. La cosa più irritante del Mondo Magico era il conservatorismo innato. Il matrimonio era di rigore. Era insolito per una strega non avere una relazione seria a trent’anni. “Ginny, sai che vorrei diventare la prossima Silente. Vivrò a lungo, e sarò la migliore Preside che Hogwarts abbia mai avuto”, la prese in giro Hermione.

Ginny roteò gli occhi. Una risposta come quella da parte sua significava che non era preparata ad infilarsi in una conversazione simile. Ginny non poté non preoccuparsi, al pensiero. Hermione stava iniziando a rinchiudersi per sempre nel suo ufficio.


Hermione percepì il proprio entusiasmo aumentare, mentre tornava in Svizzera. Aveva programmato un test di gravidanza in caso di scomparsa del ciclo, ed ormai era in ritardo di una settimana, il che non le era mai successo. Beh, eccetto quella volta in cui stava dando la caccia agli horcrux con Harry e Ron. All’epoca ne aveva saltati parecchi, a causa dello stress ed il terrore.

Il Dr. Hedges la invitò ad entrare in ufficio. “Hermione, buone notizie. È incinta”.

Hermione sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Sorrise tremolante al Dr. Hedges. “Grazie mille”, disse, per una volta insicura su cosa dire. Non riusciva a crederci. Aveva funzionato, al primo tentativo oltretutto. Aveva passato l’ultimo mese a sopprimere l’eccitazione, convincendosi di non essere incinta e che ci sarebbero probabilmente parecchi tentativi prima di riuscirci.

“Ora”, disse il Dr. Hedges. “Deve contattare il suo ginecologo quando tornerà a casa. Sarà in grado di darle dei consigli e sostegno per i prossimi passi della gravidanza”.

Era un po’ spaesata. Aveva passato tutto il tempo a pensare sul come sarebbe rimasta incinta, piuttosto che a cosa sarebbe successo dopo. “C’è molta differenza tra cure mediche Babbane e magiche?”, chiese, volendo qualche informazione di base.

Il Dr. Hedges scosse la testa. “In realtà, no. La differenza maggiore sta nell’antidolorifico che le verrà dato durante il parto. Ovviamente, al San Mungo usano pozioni per il dolore, invece che l’epidurale. Ma il resto sarà molto simile. Incontrerà alcune ostetriche che le dipaneranno ogni preoccupazione potrebbe avere, controlleranno il cuore del bambino e prenderanno le misure della sua pancia. Ovviamente si recherà in ospedale per ogni controllo”.

Hermione annuì. Per il momento, sembrava normale. Si era persa tutto il percorso con Ginny, dato che lei di solito portava sua madre per queste cose. Non che Hermione la incolpasse. Anche lei avrebbe voluto Molly per aiutarla a prepararsi, probabilmente. C’era qualcosa di rassicurante in quella donna che era riuscita a partorire sette volte, una delle quali due gemelli.

Ringraziò il Dr. Hedges ed uscì, massaggiandosi lo stomaco. “Ciao, piccola Iris”, mormorò. “Non vedo l’ora di incontrarti”.

Decise di aspettare prima di dire a qualcuno che fosse incinta. Era la cosa più dura che avesse mai fatto. Voleva urlare la notizia dai tetti per l’eccitazione, e l’aveva scoperto solo da una settimana, ma sapeva anche che nella grande maggioranza dei casi gli aborti spontanei accadevano durante le prime dodici settimane di gravidanza, e voleva passassero prima di dire qualcosa. Per il momento aveva tenuto sotto controllo il desiderio comprando una marea di libri su bambini e gravidanze.


Un paio di settimane più tardi, Hermione si svegliò a causa dell’insistente picchiettare di un gufo ad una delle sue finestre. Si mise sul fianco ed alzò, mentre lo stomaco decideva di rivoltarsi. Wow, si sentiva così male. Balzò in bagno, dove più che vomitare ebbe dei conati. Non riusciva a decidere cosa fosse peggio, se vomitare realmente o la secchezza in gola che non le faceva sparire la nausea. “Che mi combini, Iris?”, mormorò, mentre si asciugava la fronte con un asciugamano.

Si diresse in cucina per fare entrare il gufo, che stava ancora becchettando la finestra. “Ok, calmati. Non ti hanno mai detto che la pazienza è una virtù?”, disse al gufo, mentre quello entrò ed arruffò le penne irritato. Prese la busta, e gli diede del pane.

Cara signorina Granger,

dopo aver controllato i nostri rendiconti di laboratorio, abbiamo notato qualche discrepanza con il suo fascicolo e vorremmo fissare un appuntamento con lei il prima possibile. Se potesse inviarmi una lista di date ed orari che sarebbero confacenti, potremmo accordarci.

Grazie in anticipo per il suo tempo e la sua cooperazione.

Sinceramente vostro,

Sebastian De Braun

Direttore

Hermione lesse la breve lettera varie volte, prima di digerirne il contenuto. Il cuore le batteva forte, mentre la sua mente passava velocemente in rassegna gli scenari peggiori. Riusciva solo a pensare che il suo bambino sarebbe nato con qualche difetto genetico orribile appena scoperto sul donatore. Diventò verde per qualche minuto, prima di tornare velocemente in bagno, vomitando immediatamente.


 

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Capitolo 2
*** La Terribile Notizia ***


Cap 2

La Terribile Notizia

Hermione si asciugò i pami sudati sui pantaloni. Non credeva di essere mai stata così nervosa in vita sua, il che includeva i M.A.G.O. Il cuore le batteva forte, e lo stomaco non si era ancora sistemato da quando aveva ricevuto la lettera. Sperava di poter dare la colpa alle nausee mattutine, ma la crescente ansia dell'appuntamento che si avvicinava non la aiutava. Gli ultimi due giorni erano stati un incubo. Aveva passato la maggior parte delle ore in cui era sveglia a pensare a scenari terribili. Il che l'aveva fatta girare e rigirare nel letto mentre avrebbe dovuto dormire, ed ora aveva delle occhiaie enormi e nere sotto gli occhi, ed i capelli indomati a testimoniare il tutto.

Spinse la porta della clinica, e venne immediatamente accolta dalla receptionist sorridente. Hermione non poté non guardare verso la lavagna con le foto di bambini sorridenti. E se la notizia fosse stata di un'orribile malattia genetica che l'avrebbe costretta ad abortire? O se ci fosse stata una complicazione, e non avrebbe più potuto avere figli? Hermione sentì la disperazione crescere.

Invece di aspettare nell'atrio, quel giorno venne scortata dritta nell'ufficio del direttore, il che la rese solo più nervosa. Ad ogni modo, supponeva fosse il protocollo per ogni incidente così grave.

"Signorina Granger", disse un uomo alto e tedesco che si avvicinava per stringerle la mano. 

"Signor De Braun", replicò Hermione.

"Prego, mi chiami Sebastian", sorrise lui.

Hermione sorrise di rimando, e gli offrì la stessa cortesia. Si sedette dal lato opposto della piuttosto imponente scrivania, e si massaggiò lo stomaco. Ormai di recente era diventata un'abitudine.

"Hermione. Mi scuso per averla dovuta far tornare in clinica, dopo che il trattamento è stato un successo", iniziò Sebastian. 

"Spero perdonerà la mia poca garbatezza, ma come può immaginare, sono piuttosto in ansia. Le dispiacerebbe arrivare dritto al nocciolo e dirmi cos'è successo?", chiese onestamente Hermione. 

Sebastian sembrò preso un po' alla sprovvista. Probabilmente si era preparato il discorso. "Sì, certo, capisco tutto ciò le faccia saltare i nervi".

Hermione sorrise ed annuì incoraggiante. "Sfortunatamente, c'è stato un disguido in laboratorio con i campioni dei donatori. Sembra che quello che aveva scelto sia stato scambiato con quello di un altro cliente", spiegò Sebastian.

La sua reazione iniziale fu di sollievo puro. Poteva convivere con il fatto che il suo donatore ideale non sarebbe stato il padre di suo figlio. Non è che avessero avuto persone indesiderabili nei registri. Ogni donatore era rigorosamente controllato e vagliato. Magari il padre era uno sportivo, piuttosto che un accademico. Non era così terribile. Almeno suo figlio avrebbe avuto l’opportunità di essere in grado di volare con competenza su una scopa.

“È possibile visionare il fascicolo del nuovo donatore?”, chiese lei, sorpresa di quanto calma suonasse. Aveva ancora i serpentelli nello stomaco, ma si sentiva molto più positiva di quanto fosse stata durante gli ultimi giorni.

Sebastian sembrò in difficoltà. “Beh, mi dispiace dirlo, ma è qui che la cosa si complica, Hermione”.

“Cosa intende?”, chiese Hermione, domandandosi quanto ciò potesse essere problematico.

“Il fatto è che il campione scambiato con il suo, non proveniva da un donatore, bensì da un potenziale padre. Un padre che vuole assolutamente far parte della vita di suo figlio”.

Alzò di scatto la testa. Al momento, non riusciva a capacitarsene. “Ma io ho deciso specificamente per una donazione perché non volevo che il padre biologico avesse alcun ruolo nella vita di mio figlio”.

Sebastian allargò le braccia. “Mi dispiace davvero, Hermione. Tutto ciò che posso fare è ridarle i soldi che ha pagato, ed offrirmi di metterla in contatto con un buon consulente legale”.

Lei non ne rimase particolarmente compiaciuta. “Quindi mi sta suggerendo che il padre biologico di mio figlio cercherà di mettersi in contatto?”.

Sebastian annuì tristemente. “Infatti, Signorina. So che sarà esattamente ciò che farà questo cliente. Lo ha detto chiaramente durante il nostro incontro di ieri. Fino ad ora abbiamo tenuto segreta la sua identità, che gli sarà rivelata solo dopo una sentenza del tribunale”.

Lei chiuse gli occhi per la disperazione. Si stava trasformando in un disastro. Ok, non era brutto come una malattia genetica, ma ora si parlava di andare in tribunale. Non aveva preso in considerazione un padre, nella sua vita; sarebbero sempre state lei e la piccola Iris. Ora c’era potenzialmente in ballo un ricorso per tenere lontano il padre biologico. O Merlino, un processo avrebbe significato far trapelare la notizia, e tutti avrebbero saputo che era incinta. Il Settimanale delle Streghe, Rita Skeeter in particolare, cercava sempre di accalappiare pettegolezzi del “Trio d’Oro”. Tutto questo le avrebbe garantito un articolo in prima pagina.

Poi ci sarebbe stata la delusione di Harry, Ron e Ginny. Non avrebbero capitò perché si era rivolta a questo procedimento, mentre loro cercavano sempre di metterla in coppia con qualche loro amico o collega. Ginny si era perfino offerta di organizzarle un appuntamento con una delle sue ex compagne delle Harpies. Hermione aveva fermamente rifiutato l’offerta, assicurando all’amica che non stava assolutamente sopprimendo qualche tendenza omossessuale. Era preoccupata, più di tutto, dei suoi genitori; sarebbero rimasti davvero sconvolti dalla sua decisione.

Venne risvegliata dai suoi pensieri da qualcuno che bussava alla porta. Si voltò in allarme, e vide un arrabbiato Draco Malfoy aspettare sull’uscio. La receptionist, dietro di lui, agitava le mani. “Non sono riuscita a fermarlo, Signor De Braun”.

“Signor Malfoy, non può piombare qui dentro”, protestò Sebastian.

“Sì, posso. Mi rifiuto di essere messo all’angolo da deboli banalità di etica per non darmi il nome della donna. Stiamo parlando di mio figlio”, disse con rabbia.

Hermione grugnì, mentre interiorizzava le implicazioni del discorso di Malfoy. Avrebbe avuto un figlio con Draco Malfoy. Voleva piangere. L’intera decisione le si stava ritorcendo contro.

“Signor Malfoy, le ho spiegato diverse volte che, a causa del contratto della Signorina Granger, non posso divulgare la sua identità a meno che non mi sia chiesto tramite specifico ordine del tribunale”, disse frustrato il direttore.

Ottimo! Pensò lei. L’hai appena fatto. Sebastian sembrò realizzare la stessa cosa, e si voltò a mo’ di scuse verso Hermione con uno sguardo di puro orrore in viso. Lei non riusciva a turbarsi. Malfoy era nella stessa stanza con lei, e non è che non l’avesse riconosciuta. Fece girare la sedia, per affrontare lo sguardo duro della sua nemesi di scuola.


Draco Malfoy imprecò, mentre guardava la donna seduta dietro il direttore. Non poteva capitare a lui. Era già abbastanza grave che i suoi piani di paternità fossero svaniti, ma ora scopriva anche che la strega incinta non era altri che Hermione Granger, la piaga della sua esistenza ad Hogwarts. Osservò la donna che ormai portava in grembo l’erede dei Malfoy. Non sembrava fosse cambiata molto dai tempi della scuola. I capelli erano ancora una massa indomabile e, a differenza di molte altre ragazze, non si preoccupava di truccarsi per migliorare l’aspetto. Lei lo guardò dall’alto in basso con un’espressione da secchiona con la puzza sotto al naso che riservava ai Serpeverde, lui in particolare.

“Se non le dispiace, signor Malfoy, vorrei continuare a spiegare la situazione alla signorina Granger. Se volesse accomodarsi nell’atrio, potremmo discutere delle sue opinioni più tardi”.

Draco inarcò il sopracciglio destro; non rispondeva bene agli ordini “Malfoy, esci”, sbottò la Granger.

“Non devo parlare con lei, De Braun”, disse, ignorando completamente il comando della Granger. “Si assicuri solo che ci sia una stanza libera dove io e la Granger potremmo poi parlare”.

“Temo di aver bisogno del permesso della Signorina Granger, per quello”.

Lei sembrava voler caldamente rifiutare. Draco pensò di decidere per lei. “Granger, tu ed io parleremo. Possiamo farlo qui, lontano da occhi ed orecchie indiscreti, o ti rintraccerò da qualche parte, un posto molto più pubblico”.

Lei lo osservò, ma ovviamente lo conosceva troppo bene per sapere che avrebbe mantenuto la minaccia. “Ok, accetto di parlare con Malfoy appena concluderemo questo incontro”, disse formalmente a De Braun.

Draco annuì ad entrambi gli occupanti della stanza, prima di seguire fuori la receptionist, chiaramente sollevata. Si sistemò di nuovo dietro la scrivania e continuò il proprio lavoro, gettandogli di tanto in tanto occhiate di disapprovazione.

Lui sospirò. Suo padre avrebbe avuto dei gattini, ed Astoria ne avrebbe fatto un disastro. Si accigliò, pensando a sua moglie. Si trovava in quel casino per colpa sua.

Draco sogghignò verso la collezione di giornali sul tavolo di fronte a lui. Non voleva rimanere ad annoiarsi mentre aspettava la Granger, aveva cose da fare. Doveva assicurarsi di essere pronto per qualsiasi evenienza possibile gli fosse capitata; non doveva assolutamente andare peggio di così.

Il telefono della receptionist suonò, e lei gli si avvicinò. “La signorina Granger ha terminato il colloquio”, lo informò.

Lui si alzò e la seguì verso una piccola sala per i consulti. Strinse le labbra, mentre vide che la Granger aveva preso posto dietro la scrivania. La sua espressione di scherno gli ricordava quella della McGranitt, e si sentì uno studente briccone che stava per essere ripreso. Beh, non avrebbe fatto il suo gioco. Chiuse la porta in faccia alla receptionist, e ci si mise contro.


Hermione si accigliò, mentre assimilava la presenza di Malfoy nella stanza con le braccia incrociate ed un profondo solco in fronte. L’ansia per la situazione ritornò.

“Volevi parlare, Malfoy”, iniziò lei, mentre il Serpeverde sembrava contento di rimanere a fissarla.

Lui si avvicinò, e lei non poté evitare di arricciarsi in modo protettivo verso lo stomaco. “Non pensare nemmeno di fare del male a me od al bambino”, disse nel panico.

Malfoy la derise e prese la sedia dal lato opposto. “È bello sapere che pensi io sia un depravato”, sottolineò.

Hermione gli lanciò uno sguardo sprezzante. “Se la penso così su di te, magari è perché la mia vicinanza a te mi ha dimostrato quanto tu sia poco gentile. E no, non abortirò”, disse, determinata di levargli quell’idea dalla testa.

Lui la ignorò completamente. “Di quante settimane sei?”.

“Sette”, replicò lei.

“Il tuo compagno sa che non è suo figlio?”.

“Non ho un compagno”, mormorò.

Malfoy si avvicinò ancora di più. “Cosa, Granger? Non riesco a capire i tuoi sussurrii”.

“Non ho un compagno”, sbottò lei e lo guardo.

Il sopracciglio di lui si alzò. “Non hai un compagno? Allora perché sei in una clinica per la fertilità?”.

“Solo perché non c’è nessuno nella mia vita, non significa io non voglia un figlio”, ringhiò.

“Sei incinta per donazione”, ne dedusse lui, ed iniziò a ridere.

Hermione spinse indietro la sedia e si alzò. “Non ne parlerò con te, Malfoy. La mia gravidanza non ti riguarda”.

“Calmati, Granger, e risiediti. A meno che tu non te ne sia accorta, porti in grembo mio figlio, il che è un mio affare”.

“No, non lo è”, disse fermamente. “Puoi anche essere il padre biologico, ma non avrai niente a che fare con questo bambino”.

Lui si alzò, mise le mani sulla scrivania, e si sporse minacciosamente verso di lei. “Se credi che sparirò dalla tua vita e ti lascerò allevare da sola l’erede dei Malfoy, devi ripensarci”.

“Allora vai, fai un altro prelievo e metti incinta chiunque sia la sfortunata donna che avevi scelto per essere la madre del tuo prezioso erede”, disse aspra, incrociando le braccia sulla difensiva.

Hermione lo guardò, mentre una miriade di emozioni attraversavano il viso di Malfoy. Di solito era così chiuso e riservato che non si riusciva mai a capire a cosa stesse pensando, ma lei notava rabbia, delusione e tristezza. “È un po’ più complicato di così, e non vedo perché dovrei spiegarlo a te”.

Lei si strinse le braccia al petto. “Per lo stesso motivo che mi hai appena detto. Sei il padre del mio bambino, quindi credo di sapere cosa possa esserci di così complicato. Comunque, non sei sposato? Non puoi usare un altro campione con tua moglie?”.

Hermione venne presa alla sprovvista dalla rabbia che gli oscurò il volto. C’era qualcos’altro in quel matrimonio, oltre ai problemi di fertilità? Lui sembrò combattevi qualche secondo, prima di tornare ad indossare la faccia da poker. “Non so che uomo tu credi io sia, ma non c’è assolutamente possibilità che io convenientemente sparisca, sapendo che mio figlio è lì fuori e non conosce il suo stesso padre”.

“Devo davvero rispondere? Eri un viziato monumentale ad Hogwarts, ed a malapena riesco a pensare che potresti accettare un piccolo Mezzosangue a braccia aperte come figlio”, sputò. “In ogni caso, non causerebbe qualche problema alla tua cerchia, sapendo che sarà Mezzosangue? Il lignaggio più puro dei puri terminerà”.

“Non fa differenza, un Malfoy Mezzosangue ora esiste, che mi piaccia o no”, disse Malfoy.

“Nessuno deve saperlo. Deve essere un segreto”, pregò lei, sperando che Malfoy proteggesse il suo patrimonio di sangue puro da qualsiasi potenziale figlio. Se a lei fosse toccata la sfortuna peggiore ed avesse avuto un figlio identico a Malfoy, avrebbe trovato il modo di spiegarlo.

“No! Non ti lascerò andare via. Voglio vedere mio figlio”, insistette lui.

Hermione era stanca, e le stava venendo mal di testa. Non era riuscita a mangiare molto prima di partecipare all’incontro; la nausea mattutina e l’ansia le avevano fatto rigettare tutto tranne che una mela. “Beh, non puoi. Ho appositamente cercato un donatore così da non avere le complicazioni di un padre”, disse lei.

“Non mi interessa. È un tuo problema, non mio. Io farò parte della vita di questo bambino”.

“No, invece”, battagliò lei. “Il mio contratto con la clinica diche che il donatore non ha alcun diritto di provare a contattare me od il bambino”.

“Penso sia un errore della clinica, ed il mio contratto rende nullo quel termine, Granger”, disse compiaciuto Malfoy.

“Lo vedremo”, sbottò lei, alzandosi in piedi e fuggendo dalla stanza.

“Spero tu abbia un buon rappresentante legale, Granger”, le urlò dietro.

La famiglia Malfoy era uscita dalla guerra praticamente senza scotto. Nonostante tutti sapessero che Lucius Malfoy aveva mentito riguardo all’essere stato sotto maledizione Imperius durante il primo regno di terrore di Voldemort e che era stato presente al suo fianco sin dalla sua resurrezione, lui e Draco erano riusciti ad evitare di essere spediti ad Azkaban. Il Wizengamot aveva loro risparmiato questa ignominia, con disgusto di Hermione. Almeno la loro reputazione era stata distrutta, ed avevano passato qualche anno ai margini, mentre coloro che consideravano inferiori, come Hermione erano arrivati in cima.

Ad ogni modo, con qualche donazione ben piazzata ed un comportamento esemplare, Lucius si vedeva ancora girare per i corridori del Ministero. Draco era riuscito a farsi strada nel Consiglio Direttivo di Hogwarts, e svolgeva parecchi affari in Diagon Alley ed Hogsmeade. I Malfoy erano tornati in pista, ed Hermione lo odiava. La faceva infuriare, ed ora avrebbe dovuto affrontarli da sola. Non era sicura di esserne in grado, così depressa e con la nausea. Si smaterializzò di nuovo nel suo appartamento, e si mise a piangere sul divano.


Nel frattempo, Draco era frustrato. Perché doveva capitare con la strega più testarda del mondo? Una cosa giocava a suo favore: almeno non aveva una relazione con qualcuno. Una madre single era più facile da battere in aula rispetto ad una sposata o con un compagno da lungo tempo.

Grazie all’innata abilità dei Malfoy di tenere le vite private estremamente tali, nessuno tranne la famiglia di Astoria sapeva dei problemi nel loro matrimonio. Voleva tenersela stretta fino all’ottenimento della custodia del bambino, e poi l’avrebbe scaricata. I Greengrass non si sarebbero lamentati, dato che Draco possedeva i loro affari di famiglia, e se volevano mantenere l’agiatezza e la loro posizione in società avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa.

Ad ogni modo, dopo aver notato quanto stanca fosse la Granger, pensò che magari un po’ di pressione gli avrebbe permesso di ottenere ciò che voleva. Poteva persino ottenere la custodia esclusiva, e pagarla per ulteriori trattamenti, così che potesse avere in seguito un altro bambino. Non è che lei si fosse affezionata a questo perché era il risultato di una relazione amorosa, si era rivolta ad un donatore dopotutto.

Quel pensiero portò Draco a riflettere sul perché. Non poteva dire di aver visto molto la Granger od i suoi stupidi amici dopo la guerra. Sapeva ciò che gli serviva dagli incessanti articoli che la Gazzetta del Profeta aveva pubblicato subito dopo. Sapeva che Potter aveva preso il comando del Dipartimento Auror non tanto tempo prima, mentre Weasley, idiota qual era, lavorava come dipendente di suo fratello. Comunque, le notizie sulla Granger erano state scarse, dato che si manteneva lontana dai riflettori. Sapeva solo che lavorava da qualche parte, piuttosto in alto, nel Dipartimento di Regolazione per la Legge sulla Magia, e che aveva scritto e fatto approvare diverse leggi per il benessere degli elfi domestici, il che l’aveva fatta maledire da suo padre. Erano finiti a dover liberare i loro tre elfi domestici, ed offrirgli una paga; c’ertamente, nessun Malfoy si sarebbe sognato di fare una cosa simile di propria spontanea volontà.

Non che gli importasse, ma era strano vederla ridotta ad una donazione per avere il bambino che sembrava desiderare così ardentemente. Beh, si sbagliava di grosso se pensava che sarebbe stata in grado di negargli accesso a suo figlio. Non sarebbe successo. Si smaterializzò di nuovo al Manor. Doveva parlare con suo padre e pianificare cosa fare.

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Capitolo 3
*** L'Amara Verità ***


Cap 3

L'Amara Verità

Hermione non era una che piangeva per tanto tempo. Se lo fosse stata, non si sarebbe mai ripresa dai primi e terribili mesi ad Hogwarts e, se non l’aveva abbattuta il suo isolamento iniziale, sicuramente non avrebbe permesso alle minacce di Draco Malfoy di fermarla ora. Si rese conto che avrebbe dovuto fare ciò che non avrebbe mai voluto: raccontare esattamente ai suoi amici come era rimasta incinta. Oh, e soprattutto dire loro che era incinta.

Si alzò dal divano e lavò via le lacrime dal viso. Gli ormoni l’avrebbero uccisa. Si sedette alla scrivania e prese alcune buste e delle piume, pensando per un momento se raccontare tutto ad Harry e Ginny e dire loro di passare la notizia a Ron. Ron era sfuggente, il più delle volte, ed il suo temperamento quando si trattava di Malfoy non era mai stato stabile, ma sia lui che Harry erano migliori amici, e sapeva quanto doloroso fosse essere tagliati fuori. Così, preparò una lettera per entrambi, chiedendo loro di andare a trovarla la sera successiva a cena, nel suo appartamento. Ciò le avrebbe dato ventiquattr’ore per preparare esattamente cosa dire loro, il che non sarebbe stato facile.

Hermione maledisse la propria sfortuna ancora una volta. Perché, tra tutti, proprio Malfoy? Non potevano fare lo scambio con qualche altro donatore, o con qualcuno che avrebbe fatto a finta di esserlo ed avesse permesso alla clinica di pagargli il trattamento successivo? No, lei doveva avere l’idiota più colossale come padre di suo figlio, uno che non voleva nascondere sotto il tappeto il figlio Mezzosangue. Si strofinò la fronte. Magari lui avrebbe ritrovato la ragione una volta parlato con il padre. Non riusciva ad immaginarsi Lucius Malfoy contento per l’inclusione di un bambino non purosangue nell’albero genealogico dei Malfoy.

Hermione si sentì un pochino curiosa sulla ricerca dei trattamenti di fertilità di Malfoy. aveva sempre pensato che gli incroci tra purosangue si sarebbero rivelati fatali. Ultimamente la scelta tra streghe e maghi purosangue era troppo limitata. Anche i traditori come i Weasley erano imparentati con la maggior parte delle famiglie suprematiste. L’enfasi di mantenere la linea pura non poteva continuare ancora per molto senza gravi conseguenze per i figli e sembrava che, nel caso di Malfoy, ciò significasse avere difficoltà a procreare. Cercò di non ridere, ma non ci riuscì. Dopo si sentì cattiva, ma davvero – Malfoy, il ragazzo che era stato così arrogante per la sua dinastia magica, aveva bisogno di una tecnologia Babbana per far continuare il suo purissimo lignaggio. Era divertente, se pensata in quel modo.

Non aveva prestato molta attenzione ai Malfoy dopo i loro processi post-bellici. Si era irritata per l’ingiustizia di avergli fatto evitare la prigione. Poteva perdonare Narcissa, dato che aveva mentito a Voldemort e dato ad Harry la possibilità di prendere di sorpresa lo psicopatico ed ucciderlo ma, secondo lei, Lucius e Draco Malfoy meritavano sicuramente Azkaban. Draco aveva invocato di essere stato costretto a diventare Mangiamorte. Sfortunatamente, aveva ragione. Gli era stato ordinato di uccidere Silente, e la sua famiglia sarebbe morta se avesse fallito. Comunque, non riusciva in ogni caso ad immaginare quel piccolo e tronfio sedicenne a rifiutare il Marchio Nero.

Probabilmente lo considerava un grande onore. Per Lucius, come avesse fatto il Wizengamot a credere che “avesse disertato”, durante la battaglia finale, non riusciva a concepirlo. Si erano bevuti le scuse di come non volesse andarsene prima perché preoccupato per sua moglie e suo figlio. Harry aveva assicurato Hermione che era vero; Voldemort si era auto-invitato a Malfoy Manor ed aveva preso la bacchetta di Lucius per punirlo, e lei sapeva di doverci credere perché glie lo aveva detto Harry, ma non riusciva a non essere scettica. Trovava difficile credere che non fosse stato un grande onore per i Malfoy ospitare Voldemort in casa propria. Harry aveva insistito che Lucius dicesse la verità, ed Hermione era rimasta incredula di quanti fossero rimasti sconvolti dalle commoventi suppliche.

I Malfoy si erano tenuti lontani dai riflettori per un po’, ma Hermione aveva visto il piccolo trafiletto nella Gazzetta del Profeta che raccontava del matrimonio tra Draco ed Astoria Greengrass. C’era anche una foto di accompagnamento, e lei aveva riso per la loro rigidità in posa solenne, anche se il sorriso di Astoria sembrava quello di un gatto che aveva catturato il canarino. Non aveva più pensato alla coppia finché Malfoy non si era presentato alla porta di Sebastian De Braun quella mattina. Ora riusciva solo a pensare che quella coppia non si sarebbe assolutamente avvicinata alla sua piccola Iris.


Draco arrivò a casa, esausto. Appena aveva scoperto chi fosse la madre di suo figlio, si era reso conto che avrebbe affrontato una battaglia. Attraversò Malfoy Manor ed andò dritto alla biblioteca, dove sapeva ci sarebbe stato suo padre. Lui sedeva dietro la scrivania, mentre leggeva delle carte. Non si scomodò ad alzare la testa, mentre il suo unico figlio entrava dalla porta. “Allora?”, chiese.

Draco non sapeva come spiegare la situazione a suo padre. Da un lato, voleva disperatamente che la casta dei Malfoy prosperasse. Di solito, i Malfoy si assicuravano precocemente un erede dopo il matrimonio, preferibilmente entro il primo anno. Ormai Draco era vicino ai trent’anni, era sposato da quando ne aveva ventitré, e ancora nessun segno di un bambino all’orizzonte. “È più complicato di quanto pensassi”, replicò.

“Possiamo pagarla?”, rispose Lucius.

Draco fece una smorfia. “Non lei. Ha una morale di ferro”.

Suo padre alzò lo sguardo, con un’espressione vagamente preoccupata. “Chi è?”.

Non sapeva come dargli la notizia. Lucius non era mai stato un fan della “ragazza Granger”. Si lamentava sempre con lui per averle permesso di superarlo negli esami a scuola. Non capiva quanto fosse intelligente la Mezzosangue e quanto dotata fosse per la magia. Decise che non c’era modo di indorare la pillola. “La Granger”.

Suo padre ghignò appena. “Draco, non credo sia il momento di scherzare”.

“Non sto scherzando, padre. È la Granger. Porta in grembo il prossimo erede Malfoy”, disse seriamente.

Lucius sussultò e si avviò verso il ripostiglio dove teneva gli alcolici, versando due bicchieri. “Beh, la cosa si è fatta interessante”, sottolineò.

Draco fece una smorfia. Interessante non ci si avvicinava nemmeno.

“Quindi cosa ha detto?”, chiese Lucius.

“Sperava sarei stato felice di sparire perché il bambino sarà un Mezzosangue”.

Lucius fece appena una smorfia. Un erede mezzosangue non era nei suoi piani. “Mmm… non è l’ideale. Ma un erede mezzosangue è meglio che niente. Potremmo sempre tenere Astoria sottochiave per nove mesi e fare a finta sia un Purosangue”.

“Se eredita i capelli della Granger, no. E comunque, dubito lei svanirebbe sommessamente”.

“Beh, un Mezzosangue potrebbe tornarci utile. Molti sospettano ancora delle nostre motivazioni. I tempi stanno cambiano, ed un figlio così cementerebbe la famiglia Malfoy nella nuova società”.

“Sarebbe difficile da far digerire alla cerchia dei Purosangue”.

Lucius lo derise. “Non ho paura delle famiglie Purosangue. Molte di loro ci devono soldi, ed ho troppi panni sporchi su di loro”.

Lui si inchinò alla conoscenza suprema di suo padre sul come cavarsela nelle politiche purosangue. Lo aveva fatto con successo per gran parte della sua vita, a parte in quei due anni in cui erano stati resi ridicoli e presi in giro dal Signore Oscuro. “Lei è chiara, non vuole che faccia parte della vita di suo figlio”.

“Non possiamo pagare suo marito? Di sicuro non vorrà allevare il figlio di un altro uomo”.

“Qui si fa un po’ più facile, per noi”, informò Draco suo padre. “La Granger non è sposata, non ha una relazione, ed era alla clinica per iniziare una gravidanza con un donatore”.

Lucius sorrise. “Ora si che le cose si mettono bene per noi”.

“Sì, stavo pensando che dovremmo tenerci buona Astoria fino al processo. In questo modo posso presentare il nostro matrimonio come felice, un matrimonio che possa procurare una relazione stabile ed amorevole tra due genitori”, disse.

“Mmm… è un buon piano, Draco, ma preferirei che i nostri nomi non venissero spiattellati sulla Gazzetta del Profeta, ma accadrà se finiremo in tribunale. Non vogliamo che il mondo pensi abbiamo problemi di fertilità”, commentò Lucius.

“Se?”, sottolineò lui. “Parliamo della Granger. Sicuramente non ci darà il bambino e sparirà di nuovo sotto la roccia dalla quale è uscita”.

“No, lo so. È una Grifondoro ed amichetta di Potter. Togliersela di torno sarà più difficile che con un pidocchio, ma prima io proverei un’altra tattica. Credo dovresti provare ad avvicinarti a lei, e convincerla a lasciarti il bambino”.

Draco non riuscì ad evitare la risata che gli scappò di bocca. “Sei pazzo? Non ci cascherà mai”.

“Provaci, Draco. Dobbiamo tentare di mantenere la cosa più segreta possibile. Mentre lo farai, io contatterò Horatio ed inizierò a lavorare al caso contro di lei. Almeno, ci procurerà un po’ di tempo”, disse Lucius.

Lui sogghignò alla natura maligna di Lucius. Non era così illuso da pensare che sarebbero riusciti a togliere il bambino alla Granger senza combattere, ma gli avrebbe dato tempo per costruire il caso. Horatio Devereux riusciva a far accadere cose che altri rappresentanti legali non potevano. Erano i legali dei Malfoy da più tempo di quanto nessuno potesse ricordare; come fosse riuscito a tenere Lucius fuori da Azkaban per Draco era un mistero, aveva ricevuto solo un anno di condizionale. Se qualcuno poteva fargli avere questo figlio, era Horatio.


Hermione si era preparata per la cena di rivelazione. Per evitare qualsiasi comportamento irrazionale, aveva preparato i piatti preferiti di Ron e ed il dolce preferito di Harry. Fortunatamente, sarebbero state presenti anche Ginny e Luna, esperte nel tenere in riga i mariti.

Non ricordava un momento in cui era stata più nervosa di dire qualcosa ad Harry e Ron. Sentì il suono del caminetto. Prese alcuni respiri profondi per calmarsi, prima di attraversare l’appartamento verso il soggiorno.

Per il momento, tutto andava come previsto. Harry e Ron erano in splendida forma, ed il cibo era stato spazzolato. Hermione stava preparando il caffè in cucina da servire con il dessert. Lo stomaco le si era annodato, e le mani le tremavano, il che non era l’ideale quando si stava versando acqua bollente. Sapeva di doversi calmare, ma era più facile da pensare che da fare. La confusione e delusione dei suoi amici non la voleva. Non avrebbero capito il suo desidero di avere un figlio senza un compagno accanto.

“Puoi farcela”, mormorò tra sé Hermione ed imprecò quando versò la caffettiera, seminando vetri rotti e grani di caffè per la cucina.

“Che cosa puoi fare? Perché di sicuro non riesci a fare il caffè”, osservò Ginny, entrando nella stanza.

“Ha ha!”, replicò Hermione prima di roteare la bacchetta e riparare la caffettiera, spazzando nel cestino i grani di caffè.

“Allora, mi dici perché sei così tesa sta sera?”.

“Non sono tesa”, obiettò lei.

“Certo che no. Ecco perché non riesci a fare un semplice caffè”, commentò Ginny. “Perché ho la sensazione che si tratti di qualcosa di piuttosto importante? Sei stata in ansia per tutta la sera”.

“Non è vero”, protestò.

Ginny le lanciò un’occhiata come per dire “non mi prendi in giro”.

Hermione sospirò. “Va bene. Ho delle novità, ma non sono buone”.

“Siediti, prima di rompere qualcos’altro”, disse Ginny, adocchiando le mani tremanti di Hermione e cercando di completare il compito al posto suo, riempiendo la caffettiera con del caffè fresco ed aggiungendo un tè alle erbe per lei. “Ha a che fare con il tuo flirt? Ti ha trasmesso qualche malattia?”.

Hermione la guardò e scoppiò a ridere. “Davvero, Ginny. Credo di sapere come prendermi cura della mia salute”. Ma a metà risata, Hermione iniziò a piangere.

Ginny la guardò in allarme. Lei non piangeva. Mai.

“Vieni, siediti”, disse, guidando Hermione su uno degli sgabelli per la colazione. Agguantò dello Scottex e glie lo diede perché si asciugasse le lacrime.

“Scusa”, disse Hermione. “Non so cosa mi sia preso. Mi sento così instabile emotivamente al momento”.

“Se non ti conoscessi, direi che sei incinta. Gli ormoni sono una spina nel fianco.

La sua espressione terrorizzata fece fermare Ginny. “Per la barba di Merlino! È questo, vero? Sei incinta?”. Lei non riuscì a fare altro che annuire. “Il tizio! Almeno sai qualcosa di lui, per dirglielo?”.

Quello era ciò che Hermione avrebbe sperato, se il suo piano fosse andato come doveva. Avrebbe potuto dare la colpa della gravidanza ad un comportamento sconsiderato ed insolito, e dire che il padre l’aveva lasciata da un momento all’altro, ma ora doveva dare una spiegazione difficile. “Prendiamo caffè e tartine. Lo spiegherò quando saremo seduti”.

“Aspetta. Lascia che ti faccia una camomilla. La caffeina non fa bene al bambino, e neanche a te visto lo stato in cui sei”.

Portarono i vassoi nella sala da pranzo di Hermione, dove lei si assicurò di riempire per bene i piatti di Harry e Ron prima di sedersi.

Prese un respiro profondo. Ora o mai più. “Devo dirvi una cosa”, iniziò. “Preferirei mi ascoltaste fino alla fine, prima di intervenire. Non è una cosa che volevo dirvi, e penserete sia diventata pazza, ma per favore ascoltatemi ed urlate quando avrò finito”.

Tutti si bloccarono e la fissarono, e lei si sentì ancora più nervosa. Il fascio di nervi allo stomaco non stava migliorando, e le nausee non aiutavano. Stava per vomitare a causa dello stress per la situazione. Decise che l’unico modo per uscirne era chiudere gli occhi e dirlo. “Non sono davvero andata in Svizzera a schiare, e non ho avuto una storia con un tizio francese di nome Thibault. In realtà, sono andata in una clinica della fertilità per l’inseminazione artificiale”.

Hermione sentì i singulti scioccati degli amici, ma sapeva che non sarebbe riuscita a continuare se avesse aperto gli occhi per vedere le loro reazioni. “Comunque, qualche settimana fa ho scoperto di essere incinta”.

“Sei incinta?”, esclamò Ron.

Lei aprì gli occhi irritata, e vide le espressioni felici e scioccate degli amici. “Per favore, Ron, non è finita”.

“Aspetta, cosa dovresti dire ancora?”.

“La parte peggiore di tutta la situazione. La prima parte è andata secondo i piani. Volevo dirvi di essere rimasta incinta dopo la fantomatica relazione”.

Ginny fece una smorfia. “Non posso credere che ci avresti mentito a riguardo”.

Hermione si prese la testa tra le mani. “Non è che lo volessi, ma non credevo avreste compreso”.

“Giusto, non capisco. Se vuoi un figlio così tanto, perché non frequenti nessuno? Sono passati anni da quando hai avuto un fidanzato”, disse Ron.

“Non è così semplice. Non c’è nessuno lì fuori con cui io voglia uscire. Vorrei ci fosse, ma non mi piace nessuno, e non inizierò una relazione solo perché voglio un figlio. Preferisco essere un genitore single, che essere incastrata in una relazione tormentata ed avere un figlio in mezzo a tutto questo”.

“Ma Hermione, di recente non hai provato a frequentare nessuno”, disse Harry.

“Ho giurato che dopo Anthony non sarei uscita con nessun altro, a meno che non ne fossi entusiasta. Chiunque mi hai presentato mi ha lasciata indifferente”.

“Sei troppo esigente, ecco il tuo problema”, la rimproverò Ron.

“Sta zitto, Ron. Hermione ha ragione a volere qualcuno che provi dei sentimenti per lei”, disse Luna. Hermione sorrise grata all’ex Corvonero. Luna era l’unica che non la stava guardando male. Non era convenzionale, e non rimaneva sconvolta da queste cose.

“Allora chi è il donatore?”, chiese Ginny, riportando la conversazione sulla questione.

“Sono anonimi. Ho scelto qualcuno con un alto quoziente intellettivo e buoni M.A.G.O., che ora lavora come Guaritore. In ogni caso, all’inizio di questa settimana ho ricevuto una lettera in cui dicevano che c’era stato un errore nei miei dati. Ho fissato un appuntamento con il direttore della struttura due giorni fa, e si è scoperto che c’è stato uno cambio di campioni in laboratorio. Il padre di mio figlio non è il donatore che avevo scelto”, disse velocemente.

Ginny iniziò a ridere, e tutti la guardarono sconvolti. “Mi spiace”, disse lei. “Solo non credo di farcela più. Prima Hermione sente il bisogno di andare in clinica per avere un bambino, e poi quella clinica fa casino”.

“Non riderai più quando scoprirai chi è il padre”, disse tetra Hermione.

Catturò l’attenzione di tutti. Fissò i volti rapiti di fronte a lei, prima di abbassare gli occhi sul dolce neanche toccato. “Come stavo dicendo, c’è stato un errore in laboratorio, ed il mio campione è stato scambiato con quello di un’altra coppia. Il risultato è che ora porto in grembo il figlio di Draco Malfoy”.

Regnò il silenzio. Per qualche minuto, nessuno disse nulla. Hermione ormai si stava torturando le mani, in attesa dell’inevitabile esplosione. “Beh, congratulazioni Hermione. Io, per prima, sono molto eccitata della nuova aggiunta. Sarà così bello ora che anche tu avrai un bambino”, disse Luna.

Ron guardò incredulo sua moglie. “Come fai a farle le congratulazioni? Non è un evento felice. È una dannata farsa”.

“Ron!”, esclamò Luna.

“Non chiamarmi Ron! Lo è. Hermione è uscita di testa ed ora è incinta di un Mangiamorte”.

I nervi di Hermione crollarono, e scoppiò a piangere volando di sopra nella sua stanza. Gli ultimi giorni l’avevano distrutta, e non voleva fare altro che seppellire la testa sotto il cuscino e non uscire mai più. Sentì il suono di passi salire le scale, e si strinse maggiormente nel letto.

“Hermione”, la chiamò dolcemente Harry. Percepì un peso sul letto, mentre lui le si sedeva a fianco e le accarezzava la schiena. “Sai com’è Ron. Non voleva rispondere in malo modo come ha fatto”.

“Beh, ha ragione. Ho incasinato tutto. Com’è possibile che sia successo a me, e con Draco Malfoy, tra tutti?”.

“Non è colpa tua. È la clinica che ha fatto un casino. Non potevi pensare ad un risvolto del genere”.

“È ridicolo. E quanto tutto questo finirà in tribunale e verrà spiattellato sui giornali, tutti rideranno di me. Sono la so-tutto-io che non riesce a tenersi un uomo e che ricorre ad una donazione per avere un figlio”, mormorò.

“Se qualcuno dirà qualcosa su questa storia, si ritroverà colpito dalla Fattura Gambemolli di Ginny. Ma perché dovresti finire in tribunale?”.

Lei si sedette e si asciugò gli occhi. “Malfoy si è presentato all’appuntamento in clinica. Invece che essere felice di nascondere sotto al tappeto un potenziale figlio Mezzosangue, vuole vantare i suoi diritti sul bambino”.

Harry la guardò stupefatto. “Intendi che vuole davvero prendersi il bambino?”.

Lei annuì, mentre un paio di lacrime le rigavano le guance. “Pensavo avrebbe provato a convincermi ad abortire, ma parla di portarmi in tribunale così da poter vedere suo figlio”.

“Sono sicuro non succederà. Intendo, Lucius non sosterrà mai il riconoscimento di un Malfoy Mezzosangue. Anche se dovrai stare attenta quando andrai in giro, non vorrei che i Malfoy ti lanciassero qualche maledizione e perdessi accidentalmente il bambino”.

Hermione sembrò terrorizzata, e si strinse protettiva lo stomaco. Lui comprese ciò che aveva detto. “Scusa. Avrei dovuto parafrasarlo meglio. Non preoccuparti. Non lascerò ti accada nulla”.

“Non posso perdere questo bambino, Harry. Non potrei sopportare di dover fare una cosa del genere un’altra volta. I risvolti emotivi mi ucciderebbero”.

Harry le baciò la fronte. “Ti sostengo io, ok? Se Malfoy vuole fare la guerra, presto capirà che non se la prenderà solo con te, ma anche con me e Ron”.

Lei gli sorrise debolmente. “Grazie. Credi dispiacerà agli altri se non torno di sotto? Vorrei solo dormire. Il primo trimestre è davvero faticoso, ed ho avuto un paio di giorni difficili”.

“Vai a dormire, Hermione. Noi sistemeremo di sotto, e voglio tu metta a dormire anche il cervello. Non rimanere sveglia ad analizzare tutto all’infinito”.


Harry tornò lentamente di sotto dagli amici in attesa. Faticava a capire l’intera situazione. La vita non era mai stata semplice per Hermione. Tornò in sala da pranzo. “Come sta?”, chiese Ginny.

“Sta bene. È stanca e triste, ma starà bene. L’ho rassicurata che la sosterremo”.

“Non riesco a credere avrà un figlio da Malfoy”, disse Ron per la cinquantesima volta.

“Mi ha detto che la sta minacciando di portarla in tribunale se non gli permetterà di vedere il bambino”.

Ginny sussultò. “Ma non vorrà riconoscere il bambino. Hermione è una Mezzosangue. I Malfoy si vantano del loro lignaggio”.

“Sembra questo non sia il caso. Ma non vorrei nemmeno escludere che lui voglia solo procurarle uno stress talmente forte da farle perdere il bambino”.

“O magari vuole il figlio tanto quanto lo vuole Hermione”, suggerì candidamente Luna.

Ron fece una smorfia. “Si tratta di Malfoy. Che se ne fa del figlio di Hermione? È sposato, no?”.

Ginny annuì. “Con la sorella di Daphne Greengrass”.

“Beh, ovviamente hanno qualche problema a concepire se cercavano aiuto in una clinica della fertilità”, fece notare Luna.

Sia Ron che Harry scoppiarono a ridere. Ginny roteò gli occhi. Tipico degli uomini, giudicare la propria mascolinità con la capacità di mettere incinta una donna. “Questa situazione è colpa nostra”.

“Che abbiamo fatto?”, chiese confuso Ron.

“Abbiamo lasciato che Hermione si seppellisse di lavoro. Da troppo tempo non frequenta seriamente qualcuno. Piuttosto, le abbiamo permesso di diventare una specie di zia zitella”, disse Ginny.

“Io obietto. Tu e mamma l’avete stressata a morte con la faccenda degli appuntamenti. Secondo me le avete messo così tanta pressione che l’avete spinta nella direzione opposta”, si lamentò Ron.

“Almeno io ci ho provato. Tu ed Harry siete terribili. Siete rimasti felicemente fermi a guardarla rimanere sola, perché per voi nessun uomo è abbastanza per lei”, sbottò Ginny.

“Non è giusto. Mi piacerebbe vedere Hermione felice, ma non la spingerò in una relazione. Comunque, è ovvio che non ha funzionato quando ci hai provato te”.

“Almeno io ci provo. Il che è più di quando si possa dire di te”, urlò Ginny.

Harry batté una mano sul ginocchio della moglie rabbiosa. “Tesoro, farti alzare così la pressione non fa bene al bambino. Comunque, tutta questa discussione su cosa avremmo potuto fare per evitare la situazione non cambierà il fatto che Hermione ci si trovi”.

Ginny mormorò qualcosa sul trattare con condiscendenza gli uomini, ma Harry la ignorò. “Dobbiamo assicurarci di tenere d’occhio le intenzioni di Malfoy. non saranno buone. Cercherà di farsi dare il bambino da Hermione”.

“Il furetto scoprirà che dovrà passare sul nostro cadavere, prima di toccare la nostra Hermione”, disse mortalmente Ron.


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Capitolo 4
*** Conversazioni ***


Cap 4

Conversazioni

Ginny osservò la sua amica, di solito razionale, che andava avanti e indietro per il soggiorno. Hermione aveva deciso di raccontare ai suoi genitori della difficile situazione in cui si trovava, e quel giorno era oggi. Per Ginny era ovvio che Hermione non volesse davvero farlo, e di sicuro la sua cespugliosa amica non aveva bisogno di altro stress.

“Hermione, non devi farlo ora. La gravidanza è davvero agli inizi”, disse, cercando di ragionare con lei.

“Ma se non me la tolgo dai piedi, penderà su di me come la spada di Damocle”.

“Ora sei un po’ melodrammatica, non credi?”, suggerì piano Luna.

“Non conosci i miei genitori. Non capiranno”.

Ginny le afferrò le mani. “Devi calmarti. Tutto questo stress non ti fa bene”.

Hermione si sedette sul divano ed iniziò con gli esercizi di respirazione che le stava insegnando Ginny. “Mi dispiace di star dando di matto. Ma tutta questa situazione mi fa davvero paura”.

“Certo che è così. Non è normale”.

Hermione sorrise grata a Ginny, che stava facendo del suo meglio per trasmettere la propria calma, oltre che provando a risolvere ogni timore di Hermione su gravidanza e parto. Non era facile, visto che la donna era un disastro di emozioni al momento. Ginny non aveva mai visto Hermione così al limite, ma ovviamente la gravidanza aveva la brutta abitudine di portare con sé anche quello.

L’unica cosa buona di aver lasciato il Quidditch professionale era che Ginny poteva passare molto più tempo con gli amici. Non la chiamavano più per dei ritiri di allenamento e per le partite in tutto il Paese; ora lavorava per la Gazzetta del Profeta, come corrispondente di Quidditch. A parte partecipare a partite e conferenze stampa, poteva praticamente lavorare da casa.

Anche Luna era arrivata a sostenere la sua amica. Come ricercatrice per Newt Scamander, lavorava spesso da casa, sfogliando libri e cercando di rintracciare menzioni storiche di qualche strana e meravigliosa specie di fauna o flora che studiava. Al momento era impegnata in uno di quei progetti, e passava a casa di Hermione ogni giorno, cercando di distrarla dai pensieri chiedendole consiglio su questo e quello. Di solito non lo faceva, dato che Hermione non era la persona dalle vedute più larghe, ma sapeva che la gravidanza e lo stress potevano calmarsi se distratte.

Molto più tranquilla, Hermione si alzò ed afferrò la borsa, marciando verso il caminetto. “Bene, non ci sarà mai un buon momento per raccontarlo”, disse alle amiche. “Quindi, dovrei proprio farlo ora e togliermelo dai piedi. Vorrei solo non aver raccontato così tanto di Malfoy ai miei genitori mentre ero ad Hogwarts. Auguratemi buona fortuna!”.

Sia Ginny che Luna rimasero a guardare, mentre l’amica spariva con la Metropolvere.

“Credi starà bene?”, chiese Luna. “Una di noi non sarebbe dovuta andare con lei?”.

“No, dà di matto perché sua madre penserà sia stata affrettata, ma se la caveranno. Le vogliono bene, e conoscono i sacrifici che ha fatto per loro durante la guerra. Non sono i tipi che disconoscerebbero la propria figlia o qualcosa del genere”.

Ginny si accasciò sul divano. “Sono più preoccupata per Harry. L’ha presa davvero male”.

Luna strinse le labbra. “Ron ne parla di continuo a vanvera, ma non farà nulla”.

“Vorrei poter dire lo stesso di Harry. Si è portato a casa i fascicoli sui Malfoy, e li sta passando al setaccio. Mi ha assicurato che non proverà ad arrestarli con accuse inventate, ma sta cercando di capire il loro modus operanti. Non vuole che Hermione lo sappia, ma ha davvero il timore che potrebbero provare a farle qualcosa”.

Luna scosse la testa. “Almeno non stressano Hermione con le loro teorie e tirate. Per quanto riguarda Malfoy, credo voglia davvero un figlio, ecco perché non è preoccupato sarà un mezzosangue”.

L’espressione di Ginny si oscurò. Luna continuava ad insistere sulla sua teoria che Malfoy volesse davvero un figlio per motivi legittimi, ma lei non ne era sicura. Sua cognata poteva essere naïve, e le piaceva credere nel lato migliore delle persone. “Magari Malfoy, ma Lucius è abbastanza deviato da fare del male ad Hermione”.

Luna scrollò le spalle. “Forse. Comunque, credo tu li stia giudicando tutti un po’ troppo frettolosamente. Dalla caduta di Voldemort sono stati dei cittadini modello. Perché dovrebbero cambiare proprio ora?”.

“Lucius ha già più volte messo da parte la maschera da innocente. Non mi fido di quell’uomo”.

Luna rimase saggiamente in silenzio. La rossa aveva ogni motivo per non fidarsi di Lucius Malfoy. In ogni caso, lei prendeva per buona la parola di Draco Malfoy. Sentiva che le cose non erano così limpide come pensava l’amica Grifondoro. Le ultime volte che aveva visto Malfoy non le era sembrato felice. Era più che possibile avesse problemi personali, il che spiegava come mai fosse stato alla clinica di fertilità. Sapeva che non avrebbe dovuto dirlo, comunque. Suo marito ed i suoi amici sarebbero sempre stati sospettosi riguardo alle intenzioni di Malfoy.

Vedendo come fosse agitata Ginny, Luna le batté una mano sul ginocchio. “Dubito Harry farà qualcosa di avventato”.

Ginny si strofinò gli occhi. “Spero proprio di no. Non capisco come potrebbe aiutare Hermione così”.


Dopotutto, i timori di Ginny si dimostrarono corretti. Due giorni dopo, Harry si era imbattuto in Malfoy al Ministero. Il biondo stava conversando con diversi membri di alto rango del Wizengamot, con la solita faccia tronfia. Harry aveva stretto gli occhi, e lo aveva seguito lungo il corridoio, aspettando che si staccasse dal gruppo.

“Malfoy”, lo chiamò.

L’ex Serpeverde si fermò ed irrigidì le spalle quando riconobbe la voce.

“Potter”, disse voltandosi. “A cosa devo il piacere?”.

“Dovrei parlare con te”.

Malfoy sospirò. “Immagino tu intenda nel tuo ufficio?”.

“Sarebbe meglio, sì”.

“Fai strada, allora”.

Camminarono in silenzio finché raggiunsero l’ufficio di Harry. Lui chiuse la porta ed andò dietro la scrivania a prendere posto, offrendo l’altra sedia a Malfoy. L’ex nemesi di scuola si sedette languidamente.

“Voglio parlarti di Hermione”.

“Come ho fatto a non pensarci?”, replicò sarcastico Malfoy.

“Perché le fai questo?”.

“Che cosa?”.

“Minacciarla di azioni legali e stressarla finché non riesce nemmeno a dormire”.

“Senti. Voglio rendere la cosa più amichevole possibile, ma non capisco perché voi Grifondoro non riusciate ad immaginare perché io voglia far parte della vita di mio figlio”.

Harry rise. “Malfoy. In alcun modo, per tutta la nostra conoscenza, hai mai dato il minimo segno che un figlio con una Mezzosangue sarebbe stato bene accetto”.

“Ciò che pensavo a riguardo ormai è teorico. Il bambino esiste. Non c’è niente che io possa fare a riguardo”.

“Perché non puoi semplicemente fare a finta che non esista?”.

“Mettiti per un momento nei miei panni, Potter. So che è difficile per un ottuso come te. Faresti lo stesso? Abbandoneresti un bambino perché è stato un incidente?”.

Harry non voleva riconoscere la verità nelle parole di Malfoy. Se fosse stato qualcun altro, tipo Terry Boot o Justin Finch-Fletchley, sarebbe stato più che felice di considerare la cosa. Ma si trattava di Malfoy. Non pensò di replicare alla frecciatina sulla propria ottusità. “Voglio che lasci in pace Hermione”.

“Non la vedo da quando siamo stati in Svizzera”.

Lui rimase senza parole. “Non mi fido né di te né di tuo padre, se riguarda il bambino”.

Malfoy roteò gli occhi. “Non dirmelo. Dovremmo farle capitare qualche terribile incidente, così che cada ed il bambino muoia”.

“Non ci giurerei”.

“Credo tu stia, piuttosto, spettacolarmente, perdendo di vista il punto”.

“Che punto?”.

“Ciò che tu, più di tutti, dovresti sapere”.

Harry era confuso. La conversazione stava iniziando a girarci intorno. “Dillo e basta”.

“Il bambino che la Granger porta in grembo è un Malfoy. Perciò non importa che sia mezzosangue o meno?”.

“E perché?”.

“Come sei diventato un Auror, non lo capirò mai. Pensavo doveste essere intelligenti. Hai visto in prima persona cosa farebbe un Malfoy per un altro Malfoy”.

Harry arrossì, mentre capiva a cosa si stesse riferendo. L’amore di Narcissa Malfoy per suo figlio aveva superato ogni desiderio potesse avere nel vedere Voldemort ed i Purosangue trionfare. Malfoy applaudì lentamente. “Ben fatto, Potter. Hai fatto due più due”.

“Ritieniti avvisato. Vi osserverò, tutti quanti”.

“Non mi aspetterei niente di meno da te. In ogni caso, vorrei ricordarti che almeno una volta ti sei sbagliato riguardo i Serpeverde ed i loro motivi”.

Non ci volle più di un momento perché capisse a cosa si stesse riferendo Malfoy. Si sentiva ancora in colpa per aver completamente mal giudicato Piton.

Rimase a guardare mentre il biondo si alzava.

“Vorrei dire che è stato un piacere, ma sappiamo entrambi sarebbe una bugia”, disse Malfoy, mentre si avvicinava alla porta.


Draco si passò le mani tra i capelli, mentre lasciava l’ufficio di Potter. Dannato Prescelto e la sua abilità di intromettersi negli affari di tutti. Si era rifiutato di spiegargli esattamente perché voleva un ruolo nella vita del figlio. Ad ogni modo, tutto ciò che gli aveva detto era vero. I Malfoy si prendevano cura gli uni degli altri, prima di qualsiasi altra cosa.

Attraversò l’atrio, verso i caminetti. Lanciò un po’ di Polvere volante in una grata vuota e tornò a casa a Malfoy Manor. La prima cosa che udì quando arrivò fu il tono piagnucolante di sua moglie. Si premette le dita in cima al naso, mentre Astoria apparve nella sala.

“Draco, dove sei stato? Dovevamo pranzare con Theo e Andrea”.

“Ti ho detto la settimana scorsa che avevo degli appuntamenti al Ministero, oggi, e non sarei riuscito a venire”.

“Pensavo avessimo deciso che li avresti posticipati. Andrea voleva mostrarmi il suo nuovo giardino, ed io volevo assicurarmi che il panorama non fosse meglio di quello del Manor”.

Lui riusciva a percepire l’irritazione a salire. “NO, Astoria, tu l’hai deciso. Io ti ho detto che questo incontro era molto più importante che un paio di piante”.

Lei mise il broncio. “Mi sono dovuta presentare imbarazzata senza di te”.

“Magari la prossima volta mi ascolterai, quando ti dirò qualcosa”.

“Sarebbe bello se prendessi in considerazione i sentimenti di tua moglie”, sbottò lei, prima di uscire.

Draco chiuse gli occhi. “Salazar mi salvi da qualsiasi altra strega”, mormorò.

“Draco, non siamo tutte come Astoria”, disse sua madre divertita, mentre entrava nella stanza.

“A volte è difficile ricordarselo”, gracchiò Draco.

“Prendi del tè con me”, suggerì Narcissa.

Draco sapeva che era il codice per “dobbiamo parlare”, così seguì la madre nel salottino privato. Lei aveva tutta l’eleganza e le maniere che Astoria voleva ma non sarebbe mai stata in grado di replicare. Per qualche motivo, ciò lo rendeva felice. Per quanto lo riguardava, Astoria non sarebbe stata abbastanza nemmeno per pulirle le scarpe.

Si sistemò in una delle poltrone iper-imbottite di sua madre. Mentre le stanze da ricevimento di sotto erano stilose e formali, il che le rendeva scomode, le stanze private al Manor erano molto più accoglienti. Un elfo domestico apparve nella stanza con una teiera che mise con attenzione sul tavolo tra madre e figlio. Narcissa ne versò ad entrambi una tazza, e gli offrì un dolcetto.

“Ora, mi racconti cosa succede?”, chiese lei, lasciando cadere la facciata da “Lady del Manor” ed andando dritta al sodo.

“Non sono sicuro di cosa tu intenda, Madre”.

“Ora puoi smetterla, Draco. Potrebbe funzionare con i tuoi sottoposti, ma non sarai mai bravo come tuo padre a fingere l’ignoranza, ed io lo vedo”.

“Suppongo mio padre non ti abbia parlato?”.

“Conosci Lucius, non mi dice mai nulla, a meno che non debba. Dice che vuole proteggermi. Stupido uomo”, disse Narcissa.

Draco ringhiò internamente. Sperava suo padre avrebbe smesso di trattare sua madre come se fosse fatta di porcellana. Di conseguenza, lei era andata da lui, ed era anche brava. “Cosa vuoi sapere?”.

“Ti stai liberano di quell’irritante ragazza di sotto? Volevo lo facessi anni fa, quando per la prima volta ce ne hai parlato, ma ti sei lasciato convincere da tuo padre che prima avreste dovuto avere un erede”.

“Vorrei averti ascoltato”.

“Anche io, Draco. Sei stato infelice praticamente da subito. Avresti potuto sposare qualcuno che ti piacesse davvero, se avessi chiesto il divorzio allora”.

“Ad essere onesto, Mamma, non credo mi sposerò mai di nuovo”.

Narcissa guardò tristemente il figlio. La chiamava mamma sono quando era davvero depresso. L’intero matrimonio con Astoria lo stava facendo invecchiare prematuramente. Sembrava sempre stressato. Di solito le persone normali non lo notavano, ma lei riusciva a notare la pressione che lo sovrastava.

“Non dirlo, caro. Troverai qualcuna che ti renderà felice”.

“Inizio a pensare che avrei dovuto sposare Pansy. Almeno non mi irrita”.

Lei fece una smorfia. “No, piuttosto vi sareste uccisi. Comunque, lei ed Adrian sono molto felici”.

Lui sospirò. Sua madre aveva ragione. Non importava quanto volesse bene ed ammirasse Pansy, non avevano funzionato come coppia. Era stata la sua prima ragazza, e l’unica delle ragazze con cui era stato con la quale era rimasto amico. Ora lei era felicemente sposata con Adrian Pucey, ed avevano due adorabili figli che Draco viziava da far schifo.

“Hai ragione come sempre, Madre”.

“Ma non è questo che ti stressa”.

Lui pensò un attimo se dire qualcosa a sua madre. Meno persone erano invischiate in quel casino meglio era, ma dopotutto era sua madre. Odiava che le si tenessero dei segreti, e se non fosse riuscita in quel momento a cavargli qualcosa, quando lo avrebbe scoperto sarebbe stata impossibile da trattare.

“Ricordi che io ed Astoria siamo andati in Svizzera per un trattamento di fertilità il mese scorso?”.

“Sì”, replicò Narcissa. “Non dirmi che è incinta”. Il disgusto che aveva usato una volta lo avrebbe divertito, ma non in quelle circostanze.

“Sarai sollevata dal sapere che non lo è”.

Lei emise un sospiro di sollievo. “Allora perché sei così teso?”.

“C’è stato uno scambio al laboratorio. Il mio campione non è finito ad Astoria, ma a qualcun altro, e lei è incinta”.

Si fermò per permettere a sua madre di digerire la notizia. Non era facile.

Ammirevolmente, Narcissa non ci mise molto a continuare con le domande. “Chi è la donna che porta in grembo tuo figlio?”.

Draco fece una smorfia. Più restava zitto e più difficile era. Neanche a sua madre piaceva molto Hermione Granger. “La Granger”, disse semplicemente.

“La Granger? L’amica di Potter? Quella con quei terribili capelli?”.

“L’unica e sola”.

Narcissa si accasciò sulla sedia. “Oh!”, disse solo.

“É dire poco”.

“Beh, cosa vuoi che dica? Credo di dovermi trattenere, date le circostanze. La Granger, quell’orribile ragazza che va in giro da zingara per Diagon Alley. Ed ora mi dici che è la madre del mio unico nipote”.

Lui fece una smorfia. Ecco la reazione che si aspettava da sua madre. La osservò, mentre prendeva dei respiri profondi.

“Ne hai parlato con lei?”, chiese, una volta recuperato il controllo.

“Ho interrotto il suo appuntamento con De Braun”.

“Come la sta prendendo?”.

“Non molto bene. All’inizio pensava volessi farla abortire. Non vuole che io abbia alcun diritto sul bambino”.

“Non può farlo, non è vero?”.

Lui scrollò le spalle. “Ho messo Horatio a lavorare sul caso. È complicato. Lei era andata per il programma di donazione, quindi il contratto che ha stipulato dice che il padre biologico non avrebbe avuto alcun diritto di vedere il bambino”.

“Riuscirebbe a fermarti dal farlo?”.

“Non lo so. Papà spera riusciremo a tenere la questione lontano dal tribunale, ma non vedo come. Pensa io debba ammaliarla per farmi dare il bambino”.

Narcissa arricciò le labbra. “Tuo padre ha sempre sottovalutato Potter ed i suoi amici. Lei non mi sembra il tipo che abbandonerebbe suo figlio perché lo cresca qualcun altro”.

“Non lo è”.

“Seguirai l’assurdo piano di tuo padre?”.

“Farò un tentativo. Nessuno di noi ne beneficerebbe se la cosa andasse di fronte ad un giudice. E comunque, ci farebbe guadagnare tempo”, replicò.

Uno dei primi cambiamenti fatti alla gestione del Ministero dopo la caduta di Voldemort era stato l'implemento di un vero e proprio sistema di giustizia, basato sui tribunali Babbani. C'erano stati troppi ricorsi in cui alcuni individui avevano abusato del proprio potere a scapito dell'intera comunità: partendo dai tribunali autoritari di Barty Crouch Senior fino alla Corte presieduta a "salto di canguro" da Cornelius Caramel, che aveva cercato di espellere Harry Potter da Hogwarts per aver praticato la magia anche se minorenne.

Draco pensò nuovamente alla conversazione con Potter. "Forse sarà meglio se stiamo in guardia per un po'", suggerì. 

Narcissa alzò un delicato sopracciglio, in segno di domanda.

“Potter oggi mi ha agguantato al Ministero, e messo in guardia sulla Granger”.

“Pensa che le faremo del male?”, chiese lei indignata.

“Credo sia esattamente ciò che pensa”, lamentò Draco.

Narcissa rimase silenziosa e arrabbiata, prima che la sua mente si spostasse su altri problemi “E che mi dici di Astoria?”.

Lui grugnì. “Cerco di non pensare a lei. Sarà meglio non abbia idea di ciò che sta succedendo, o cercherà solo di usarlo per manipolarci, e penso staremmo meglio senza tutto questo”.

Sua madre scosse le spalle. “Cosa stavi pensando di fare con quella ragazza, non lo capirò mai”.

“Non lo stavo facendo”, replicò asciutto lui.


Hermione era immersa a ripassare la nuova legge sull’utilizzo inidoneo dei manufatti Babbani. Il Ministero stava cercando di darci un giro di vite. Alcuni maghi e streghe potevano vedere la cosa come uno scherzo innocuo nei confronti di qualche ignaro Babbano, ma molti ancora credevano nei vecchi ideali e si divertivano ad adescarli. Le avevano assegnato il compito di dirigere la squadra che avrebbe introdotto sanzioni più pesanti per tali comportamenti.

Ci fu un leggero bussare alla porta, e la testa di Harry spuntò. “Hai cinque minuti liberi?”, chiese.

“Per il mio Auror preferito? Certo”.

Lui entrò nell’ufficio, chiuse la porta e si sedette sulla sedia di fronte, agitandosi.

Lei lo guardò divertita. “Harry, qualsiasi cosa ti preoccupi, dilla e basta”.

Alzò lo sguardo e le sorrise. “È così ovvio che ci sia qualcosa che non va, vero?”.

“Quando continui a contorcerti così, sì”.

“Mi sono imbattuto in Malfoy”, disse d’impulso.

Il cuore di lei smise di battere per un momento, prima di andare in tachicardia. A giudicare dal disagio di Harry, l’incontro non era andato bene. E se Malfoy gli avesse detto che stava preparando il caso da portare in tribunale?

Hermione stava passando più tempo libero possibile a leggere tutto ciò che poteva sul diritto di famiglia del mondo magico, ma ciò che aveva trovato fino a quel momento non era stato incoraggiante. Essendo più vecchio stampo rispetto ai Babbani, il padre mago aveva molti più diritti automatici, qualsiasi fossero le circostanze. Una cosa invece a suo favore era il fatto che sarebbe stato un caso unico. Niente del genere era mai successo prima nella comunità magica inglese, e lei si stava aggrappando a quella speranza.

“Cos’è successo?”, chiese.

“Non arrabbiarti con me, ok? Diciamo che gli ho parlato della situazione”.

Harry”, disse lei, e grugnì.

“Lo so, Hermione, ma non potevo non farlo. Sai come divento”, disse lui a propria difesa.

Lei annuì. In realtà, non poteva essere arrabbiata. Darsi subito da fare per affrontare ciò che minacciava lui od i suoi amici era una cosa molto da Harry, e lo faceva da quando si erano incontrati, quindi non poteva davvero lamentarsi ora.

“Com’è andata?”.

Lui storse il naso. “In tutta onestà, non lo so. Non si è comportato come mi aspettavo”.

Si intrigò. “Che intendi?”.

“Beh, era il solito arrogante insopportabile, irritante in generale. Ma mi aspettavo reagisse in modo diverso riguardo tutta la situazione”.

Le iniziarono a sudare le mani. Harry la stava spaventando. “Tipo come?”.

“Sembra voglia davvero questo bambino”, disse lui.

Il suo cuore ebbe un tuffo. Non voleva sentire cose del genere, ma che lui ne era indifferente ed insisteva a far parte della sua vita solo per punire il centro medico per aver fatto casino, e lei per essere… beh, lei.

“Ha iniziato a dire di come il fatto che sia un Malfoy surclassasse la parte del mezzosangue”, continuò Harry.

Lei si nascose la testa tra le mani. “Davvero, Harry, non voglio sentire. Voglio fare a finta che lui mi stia solo prendendo in giro, perché è questo ciò che fa”.

L’amico emise un suono comprensivo. “Mi spiace, ma non credo affatto sia questo il motivo. Sembrava abbastanza triste per la faccenda”.

“Non iniziare a sentirti in colpa per lui!”, esclamò alzando la testa per guardarlo negli occhi.

“Non lo faccio!”, obiettò lui. “Ma mi ha chiesto di mettermi nei suoi panni. Se io fossi nella sua posizione e che ne so, magari la Parkinson, fosse incinta, di certo non sparirei”.

“Non mi ha messa incinta nel senso tradizionale! C’è solo stato uno scambio in un laboratorio. Non iniziare a pensare da paparino, o ti affatturo e nemmeno Ginny riuscirà a riconoscerti”.

“Ok, ok! Rilassati un po’”.

“Non ci riesco. Penso solo a questa situazione. Dovrei concentrarmi a leggere questa legge da presentare al Wizengamot, ma riesco solo a pensare a quale sarà la prossima mossa di Malfoy. Ed ora tu mi dici che provi pena per lui”.

“Penso davvero ciò che ti ho detto la scorsa settimana, Hermione. Io ti sosterrò, e lo farò sempre”.

Hermione sorrise all’amico con gli occhi verdi. “Grazie, Harry. Avevo davvero bisogno di sapere che i miei amici saranno con me. Ho paura, e mi sento sola”.

“Ehi”, disse lui, andando dietro la scrivania ed inginocchiandosi di fianco a lei. “Non sarai mai sola”.

“E se mi porta via il bambino?”, singhiozzò lei.

 

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Capitolo 5
*** Appuntamenti Ed Incontri ***


Cap 5

Appuntamenti ed Incontri

Quella mattina era il primo appuntamento di Hermione con l’ostetrica, e l’ansia la stava uccidendo. Praticamente stava saltellando sulla sedia, mentre aspettava che la chiamassero. Ora la gravidanza sembrava molto più realistica. Per il momento, si trattava solo di nausea persistente, e di dura realtà che stava portando in grembo un figlio con mezzo DNA di Draco Malfoy. Oh, e pianti. Tanti, tanti pianti.

“Puoi stare ferma?”, la ammonì Ginny.

“Non ci riesco. Sono così eccitata”.

“Ma va? Non è così favoloso, sai”.

“Oh, zitta. Non lo è per te, perché è la tua terza volta. Mi ricordo quanto eri esaltata per ogni piccolo appuntamento con James”, precisò Hermione.

Ginny sorrise con piacere. “Lo so”.

Hermione aveva preso appuntamento alla clinica del San Mungo, in una piccola ala annessa sul retro, lontana dal caos dell’ala principale.

“Spero che l’ostetrica sia gentile”, mormorò Hermione.

“Lo sarà di sicuro”.

Hermione controllò l’orologio per quella che sembrava la ventesima volta e sbuffò, dato che non aveva ancora fatto passare quei dieci minuti necessari affinché arrivasse l’ora del suo appuntamento. Afferrò un giornale, ed iniziò a sfogliarlo rapidamente.

La mano di Ginny scese e fermò quel voltare di pagine frenetico. “Calmati”.

“Non ci riesco, non so cosa ci sia che non va in me. Non sono mai stata così nervosa prima d’ora”. Si voltò allarmata a guardare Ginny. “E se mi dicono che c’è qualcosa che non va nel bambino? Intendo, davvero, come può essere normale mescolare il mio DNA con quello di Malfoy?”.

“Hermione, oggi non faranno alcun esame. È troppo presto per sentire il battito del cuore, e non farai un’ecografia fino alla dodicesima settimana. Comunque, sono sicura che il bambino sia perfettamente sano”.

Lei iniziò a stringersi le mani. “Lo so. Sono solo molto nervosa”.

Ginny le sorrise. “Lo vedo”.

“Signorina Granger? L’ostetrica ora può riceverla”, la chiamò la receptionist dall’altro lato della sala.

Hermione prese diversi respiri profondi, prima di alzarsi. “Augurami buona fortuna”, disse a Ginny.

“Non ti servirà”, replicò la rossa.

“Stanza numero 4”, la informò la receptionist, mentre Hermione le passava di fianco.

Annuì un grazie, ed attraversò le porte. Il corridoio sembrava continuare all’infinito. Di solito non era davvero così nervosa, ma niente per il momento era andato per il verso giusto con quella gravidanza.

Bussò alla porta numero 4, ed una voce profonda rispose “Entri pure”.

Hermione esitò per un minuto, prendendo un paio di respiri profondi e strofinandosi le mani sudate sui pantaloni, prima di aprire la porta. Rimase in stato di shock per un momento, dato che nella stanza era seduta Millicent Bulstrode, mascolina come ad Hogwarts.

“Signorina Granger, prego entri e si sieda”, disse la Bulstrode, come se non fossero andate a scuola insieme e non l’avesse mai bullizzata.

Lei si mosse verso la sedia indicata con le gambe tremanti. Perché viveva nell’area di pertinenza del San Mungo? Perché non aveva preso quel piccolo cottage in fondo alla strada di Harry e Ginny a Godric’s Hollow? Si sarebbe trovata in una clinica completamente diversa.

La Bulstrode allungò una mano grassoccia ad Hermione. “Sono Millicent Bulstrode, e sarò la sua ostetrica. La maggioranza dei suoi appuntamenti saranno con me”.

Ottimo, pensò Hermione mentre le stringeva la mano. “Non sapevo avessi fatto medicina”, balbettò. Beh, non sarebbe rimasta seduta lì facendo a finta di non conoscerla.

“Non ne sono sorpresa. A malapena abbiamo qualche amico in comune”.

No, ma uno dei tuoi amici è il padre del mio bambino, pensò. Di sicuro non le avrebbe rivelato la cosa, quindi sorrise debolmente.

“Ok, ora che ci siamo presentate, ti spiegherò ciò che succederà durante questo appuntamento e ti spiegherò le opzioni che avrai. Ma prima, devo chiederti qualche dettaglio”, chiese la Bulstrode, prendendo una cartella arancione dal cassetto ed aprendola.

Ci vollero venti minuti per le informazioni generali, inclusi peso, altezza, data dell’ultimo ciclo ed informazioni sulle malattie ereditarie nella sua famiglia.

La Bulstrode passò in rassegna il documento e si accigliò. “Mi spiace, sembra che il tuo medico di base abbia tralasciato qualsiasi dettaglio riguardo al padre. Potresti dirmelo? Al momento abbiamo in lista solo Elizabeth Granger come parente prossimo”.

Lei arrossì. Odiava quella parte irritante: dover spiegare che il padre non sarebbe stato una presenza attiva nella vita di suo figlio. “Non ho un compagno”.

La Bulstrode alzò lo sguardo, essendosi già preparata a scrivere i dettagli. Hermione si agitò leggermente. Sembrava stesse per iniziare ad interrogarla su tutta la situazione. Per fortuna, la professionalità non le permise di fare nulla. “Oh, ok”, disse piatta. “Di solito preferiamo prendere in considerazione la salute di entrambi i genitori, per essere pronti ad ogni eventualità. Sei a conoscenza di qualche rischio?”.

C’è il rischio che il bambino diventi un viziato dalla faccia appuntita, pensò Hermione. “Non che io sappia”, replicò.

“Qualche parente del padre ha problemi di salute di cui dovremmo essere a conoscenza?”, continuò la Bulstrode.

“No”, rispose lei. A meno che non possa essere compresa la tendenza a diventare Mangiamorte.

La Bulstrode la guardò e le lanciò un sorriso piuttosto forzato. “Queste erano le domande noiose. Ora, dobbiamo discutere dei tuoi programmi e delle lezioni che puoi frequentare”.

Hermione le fu grata. Fino ad allora, l’intero appuntamento era stato deprimente. Pensava che la gravidanza sarebbe stata deliziosa e le avrebbe donato radiosità. In realtà, si stava rivelando nient’altro che stressante. Si avvicinò. “Ho letto delle varie opzioni di parto, e mi piacerebbe un parto in acqua. È possibile al San Mungo?”.

“Sì, offriamo le stesse possibilità reperibili negli ospedali Babbani, ed abbiamo anche un nuovo centro che è stato aperto questa estate. Posso prenotarti una visita, se vuoi”.

“Sarebbe ottimo, grazie”.

Il resto dell’appuntamento continuò su argomenti simili. Hermione uscì piena di foglietti illustrativi sulle varie opzioni, inclusi corsi di respirazione, importanza di una dieta sana, e sui vari stati della gravidanza.

“Allora, com’è andata?”, chiese Ginny appena riapparve.

Hermione sorrise piano. “Bene”.

La rossa sembrò confusa. “Cosa c’è che non va? Eri tutta eccitata prima di entrare”.

Lei guardò per un attimo la receptionist, che osservava con interesse le due amiche. “Prendiamoci una tazza di tè, poi ti spiego”.

Hermione la guidò verso un piccolo bar lontano dalla strada principale affollata. Sospirò di sollievo mentre si sedeva, e prese un sorso di cioccolata calda che aveva ordinato.

“Beh?”, le chiese Ginny.

“Non credo alla mia fortuna. Indovina chi è la mia ostetrica? No, tanto non indovineresti mai. Dovrò avere a che fare con Millicent Bulstrode!”, strillò Hermione.

Ginny rimase a bocca aperta per un minuto, prima di scoppiare a ridere.

“Non è divertente!”.

“Scusa”, disse Ginny con un singulto. “Solo che sembri destinata ad essere circondata da Serpeverde per tutta la gravidanza”.

Lei si prese la testa tra le mani. “Sono dannata”, si lamentò pessimisticamente.

Ginny le accarezzò la testa. “No, non lo sei. Sei solo un po’ sfortunata”.

“Sfortunata è dire poco. Prima la clinica di fertilità scambia i campioni, ed ora ho la Bulstrode come ostetrica. Potrebbe andare peggio di così?”.

“Non voglio peggiorarti la giornata, ma sì, credo peggiorerà, dato che Malfoy è appena entrato dalla porta”.

Hermione sollevò la testa, e piantò gli occhi dritti in quelli grigi della sua vecchia nemesi, ora padre di suo figlio non ancora nato.


Draco cercava di leggere l’ultimo resoconto da parte del Capo dei Dirigenti di Hogwarts, ma stava miseramente fallendo. Il casino con la Granger occupava la sua mente. Mise giù il resoconto, e si pizzicò il naso, voltando la sedia per guardare fuori dalla finestra. Ciò che vide lo fece accigliare: sembrava che Astoria stesse cercando di fare la ramanzina a sua madre ancora una volta. Gli venne risparmiato di dover intervenire dal suono proveniente dal caminetto.

“Draco?”, chiamò Millicent.

Voltò la sedia verso il fuoco. “Sono qui”, replicò.

“Volevo farti sapere che la Granger ha appena partecipato al suo primo appuntamento”.

“E?”.

“Le ho nascosto il Galeone, come mi hai chiesto”.

Lui sorrise. “Grazie, Millie”.

“Mi dirai come mai sai che la Granger è incinta?”.

“Più tardi”, disse lui mentre attraversava la stanza per afferrare il cappotto ed usciva dalla stanza.

“Mi devi un favore”, gli urlò dietro lei.

Draco era piuttosto orgoglioso del Galeone tracciante che aveva inventato qualche anno prima. Si era rivelato molto utile per chiudere trattative di affari. Era in grado di “accidentalmente” imbattersi in coloro che erano interessati agli affari, e precedere tutti i competitori. Ora lo usava senza scrupoli sulla Granger. Ciò lo divertiva, visto che era stata lei a dagli l’idea con i Galeoni dell’Esercito di Silente, ed era rimasto piacevolmente compiaciuto quando aveva scoperto che sarebbe stata in cura da Millie. Significava che sarebbe saputo quando si sarebbero svolti gli appuntamenti.


Raggiunse la Granger mentre lei usciva dall’ospedale. La seguì discretamente da dietro due streghe. Aveva notato che la donna ricciuta sembrava sconvolta e piuttosto tesa. Aveva aspettato mentre le due sceglievano un bar e si sistemavano. Non voleva andare di fretta e dare loro una possibilità maggiore di fuggire. Aspettò dieci minuti, prima di fare la sua mossa. Quando entrò, la Granger aveva la testa tra le mani, e la Weasley femmina trovava qualcosa molto divertente. Tutto cambiò quando lei lo notò e, in qualche secondo, la Granger aveva alzato la testa e lo aveva fissato. Draco non sarebbe rimasto intimidito da quello sguardo di rimprovero, ormai perfezionato da quando aveva tredici anni.

“Granger”, la salutò, mentre si avvicinava alle Grifondoro.

“Che ci fai qui?”, soffiò lei.

“È un bar, cosa credi che faccia?”.

“Beh, dai a comprare da bere da qualche altra parte”.

“È il modo di parlare al padre di tuo figlio?”.

La Granger si guardò attorno, paranoica, prima di voltarsi di nuovo verso di lui. “Zitto, qualcuno potrebbe sentire”.  

Lui roteò gli occhi, prese una sedia e si sedette. “Siamo nel bel mezzo della Londra Babbana, ed appena sussurro. Chi vuoi si interesserebbe?”.

“Perché ti siedi?”.

“Pensavo sarebbe stata una buona idea parlare”.

“Beh, io non voglio parlarti”, replicò lei petulante.

Lui ignorò le sue proteste e chiamò un cameriere con la mano. “Posso avere un Americano bianco ed un croissant alle mandorle?”.

“Deve andare al bancone per ordinare”, lo informò il cameriere.

Draco si limitò a fissare il ragazzo dall’alto in basso, finché lui iniziò ad agitarsi, a disagio per il continuo sguardo. Alla fine, annuì ed andò a prendere l’ordinazione.

“Non puoi farlo”, disse la Granger con uno sbuffo. “Le persone non solo qui solo per servire te”.

“Gli darò la mancia. Quante persone vengono in posti del genere e si preoccupano di farlo?”.

“Non è questo il punto”, iniziò a dire lei.

“Davvero litigheremo su questo? Per Salazar, donna, vuoi litigare troppo”.

La osservò divertito, mentre le narici della Granger si allargavano. Sembrava stesse per lanciarsi in una delle sue tirate, prima che la piccola Weasley si intromettesse. “Hermione, smettila di permettergli di farti uscire dai gangheri. Ascolta ciò che dice, se ne andrà prima”.

Draco ghignò nella sua direzione. “Non sono spesso d’accordo con un Weasley, ma ha ragione”.

La Granger incrociò le braccia e lo guardò con scherno. “Beh, allora? Sto ascoltando”.

Ora che la bruna ostile lo stava ascoltando, non era sicuro di come continuare. “Come stai?”.

Lei alzò un sopracciglio. “Sei venuto qui a fare casino solo per chiedermi questo?”.

“Granger, rispondi alla domanda!”, sbottò, conscio di quanto fosse inadeguata e non apprezzando il fatto che ora entrambe le donne lo stessero fissando.

“Sto bene. Beh, lo starei, se svanissi dalla mia vita!”.

Lui la ignorò. “E il bambino?”.

“Lei sta bene, per quando ne so”.

Draco ne rimase frustrato, e grugnì appena. La piccola Weasley rise divertita. “Cosa?”, le ringhiò.

La rossa ghignò ma smise, e gli diede qualche informazione utile. “Per il momento la gravidanza procede bene. Hermione ha delle nausee terribili, ma è un buon segno”.

Lui annuì. Non avrebbe detto alla moglie di Potter che era grato della sua intromissione. Ci fu una piccola pausa, mentre il cameriere tornava con l’ordine di Draco. Lo mise giù malamente di fronte al biondo sbattendolo più forte del necessario, ma lui non gli stava prestando attenzione, mentre notava invece la pila di volantini sul tavolo ed iniziava a sfogliarli.

“Almeno potevi dire grazie”, lo rimproverò la Granger.

Lui mugugnò qualcosa. Non era interessato a fare il gentile con un qualunque ragazzino viziato che lavorava in una catena di caffetterie. Piuttosto, le sventolò un volantino. “Cosa sono?”.

La Granger sospirò drammaticamente. “Non che ti riguardi, ma se questo ti farà andare via prima… Sono andata al primo appuntamento con l’ostetrica, e quelle sono le informazioni che mi ha dato”.

Lui iniziò a leggerli, ignorando quello che dimostrava chiaramente la nascita. Mirò a quello sulla dieta, leggendo velocemente il contenuto. Poi guardò la tazza che la Granger stava stringendo in mano. “Cosa bevi? Qui dice che non dovresti bere caffè”.

“Davvero? Vieni qui, leggi uno stupido volantino, ed inizi ad istruirmi su cosa dovrei o non dovrei bere? Comunque”, continuò lei, iniziando a leggere, “un caffè una volta o due al giorno, non farà del male al bambino. Ma, per tua informazione, non sto bevendo caffè. Mi fa venire la nausea”.

“Perché non mi hai detto dell’appuntamento? Ho il diritto di sapere”, replicò lui, sentendosi stupido e perciò sentendo il bisogno di attaccare.

“Ti ho già detto che non voglio tu sia coinvolto in questa gravidanza”.

“Granger, metà figlio è mio. Senza di me, non avresti un bambino”.

“Sì, invece. Avrei un figlio con il donatore che avevo scelto!”, sottolineò testarda.

“Astoria non è incinta”, fece notare furbamente lui.

“Ciò la dice più lunga sui problemi di fertilità delle famiglie purosangue, piuttosto che sul donatore che avevo scelto”.

“Cosa?”.

“Beh, ovviamente tu hai un problema, altrimenti perché avresti dovuto andare in una clinica della fertilità per mettere incinta tua moglie?”.

“Non c’è niente che non vada in me”, disse lui risentito, punto sul vivo dalle due divertite donne che sedevano di fronte a lui e lo giudicavano.

“È una mossa tipicamente maschile: incolpare la donna per tutti i problemi”.

“Ciò che dici non ha senso, Granger. Se ci fosse qualcosa che non va in me, allora perché tu sei incinta?”.

“Probabilmente avevi bisogno di DNA fresco per riuscire a riprodurti. Sai ciò che dicono sul continuare a mischiarvi tra di voi: causa problemi genetici”.

Draco si passò una mano tra i capelli, agitato dalla direzione che la conversazione stava prendendo. Non aveva dato molto peso a ciò che la Granger avesse pensato sul perché lui ed Astoria stessero usufruendo dei servizi di una clinica di fertilità, ma non gli piaceva dove stava andando a parare. Ed era tutto peggiore a causa della Weasley che ascoltava con avidità.

“Mi rifiuto di discutere di questo con te”, sbottò.

La bruna scosse la testa e si voltò con un sorriso verso la femmina Weasley. “Oh, guarda. Sembra che siamo riuscite a ferire il delicato ego maschile di Malfoy”.

Lui scostò indietro la sedia, irritato. “Non sai di cosa parli!”, ruggì, prima di andarsene in fretta e furia.


Hermione guardò l’alto Serpeverde che usciva dal bar. “Sembra abbia funzionato”, disse soddisfatta.

Ginny guardava pensierosa la porta. “Cosa?”, chiese Hermione.

“Beh, è strano. Malfoy sembrava scioccato e confuso all’idea”.

“Dove vuoi andare a parare?”.

“È solo che se lui ed Astoria avessero davvero cercato di avere un figlio ed avessero avuto bisogno di trattamenti di fertilità, non sarebbe stato così oltraggiato dalla tua insinuazione. Probabilmente avrebbe già inventato una scusa”.

“Andiamo, Gin, è Malfoy. Probabilmente non gli piaceva il fatto che io stesso mettendo in discussione la sua abilità di procreare. Sai come sono gli uomini, e quello in particolare ha già abbastanza orgoglio”.

Ginny strinse le labbra. “Può essere, ma c’era qualcosa di strano. Non credo per niente fosse quello il motivo”.

“Allora perché mai avrebbe avuto bisogno di trattamenti di fertilità con sua moglie?”.

“Non lo so, ma conoscendo Malfoy probabilmente è qualcosa di intricato”.

Hermione scrollò le spalle. Non avrebbe sprecato altro tempo quel giorno a pensare al viscido biondo. Anche se prenderlo alla sprovvista aveva fatto miracoli per il suo umore. Si sentiva più forte rispetto alle ultime settimane.

Poi un’idea che la disturbava le balenò in mente. “Hai bevuto la scusa di Malfoy che fosse qui a prendere da bere?”.

“Beh, è un bar”.

“È un po’ strano, comunque, non trovi? Tra tutti i bar dell’intera Londra Babbana, lui sceglie questo. E prima di tutto, cosa ci fa nella Londra Babbana?”.

Ginny la guardò. “So dove vuoi arrivare, ma potrebbe essere solo una coincidenza”.

“Ma ho Millicent Bulstrode come ostetrica”.

“Non lo farebbe!”, esclamò la rossa.

“Perché no? Non è che io possa esattamente provare il fatto che abbia raccontato a Malfoy del mio appuntamento con lei”.

“Ma è arrivato almeno dieci minuti dopo di noi”.

“Può essere un Malfoy, ma non è stupido. Per farlo sembrare una coincidenza, ci ha dato un po’ di tempo. Se ci avesse seguite subito, allora sarebbe stato davvero inquietante”.

“No! Davvero, non lo farebbe. Sarebbe un’assoluta violazione del segreto professionale”.

“Sarebbe anche una cosa completamente Serpeverde da fare”, sottolineò lei.

Ginny scosse la testa. “Spero davvero non l’abbia fatto, ma tu mi stai facendo iniziare a pensare che sia davvero ciò che è successo”.

“Immagino che l’unico modo per scoprirlo sia vedere se mi incontrerà per caso anche dopo il prossimo appuntamento”.

“Beh, se lo fa, allora potremmo sicuramente avere qualcosa in mano per mettere nel sacco la Bulstrode. Ti libererebbe dal problema di averla come tua ostetrica”.

Hermione annuì. Iniziò a raccattare le sue cose, dato che doveva tornare al lavoro. Le avevano dato la mattinata libera per l’appuntamento, ma la aspettavano di ritorno dopo pranzo. Si zittì, mentre radunava i volantini, prima di notare che la scaletta di appuntamenti era sparita.

“Quel dannato furbastro Serpeverde!”, esclamò.

Ginny la guardò curiosa. “Si è preso il mio foglio con gli appuntamenti!”, urlò Hermione. “Ora non avrà bisogno della Bulstrode per sapere quando sarà il prossimo”.

Ginny grugnì ma aiutò Hermione a radunare i volantini rimasti. Un galeone rimase tra loro. “Tieni, devi aver perso dei soldi”.

“Oh, grazie”, disse sorpresa Hermione, prima di metterlo in tasca.

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Capitolo 6
*** Mariti E Mogli ***


Cap 6

Mariti e Mogli

Astoria vagava sconsolata per Malfoy Manor, camminando verso la scalinata principale. Era annoiata, e sembrava che ultimamente tutto ciò che facesse fosse girare senza scopo. Socializzava con gli amici, ovviamente, ma al momento tutti sembravano sottolineare l’assenza di Draco, che stava diventando una cosa troppo frequente.

Suo marito stava davvero iniziando a creare problemi. I giorni in cui avrebbe fatto volentieri tutto ciò che lei gli chiedeva erano passati da un pezzo, ormai felice di non essere più un reietto. Ora si deliziava nel farla infuriare. Aveva anche pensato che il proprio prestigio avrebbe continuato a crescere, finché fosse rimasta sua moglie, ma tristemente non era andata proprio così. Anche se poteva essere l’Ape Regina tra gli amici, gli altri purosangue tendevano ad ignorarla, preferendo deferire a Narcissa. Per quando riguardava gli amici di Draco, non l’avevano mai accolta con calore. Pensava fosse perché erano gelosi, e sicuramente Pansy e Millicent lo erano. Nessuna di loro era riuscita ad accalappiarlo, ed anche se erano rimasti amiche di Daphne non mostravano nient’altro che sopportazione verso di lei.

Sospirò, sopraffatta dallo stato delle cose. Voleva essere trattata con più rispetto. Dopo tutto, se non fosse stato per lei, Draco sarebbe stato ancora ai margini della società, evitato per essere stato un Mangiamorte fallito. Lei personalmente aveva risollevato le sorti dei Malfoy, e le avevano dato qualche credito? No! Piuttosto, parlavano sempre di eredi e doveri.

Astoria si fermò, mentre sentiva una voce provenire dallo studio di Draco. Non aveva capito dove i piedi la stavano portando, dato che tendeva ad evitare la stanza quando possibile. Prima di tutto, era dove Draco tendeva a passare il tempo a lavorare su cose noiose, che lo allontanavano dal doverla accompagnare a vari eventi sociali. Secondariamente, era monotono, pieno di carte di lavoro e tomi polverosi, senza niente di divertente o luminoso od arioso.

Stava per andarsene e tornare al salotto, quando udì la voce di Pansy. “Draco, sei sicuro Astoria non possa sentirci?”.

“No, non viene mai da queste parti. Perché credi io passi così tanto tempo qui dentro?”.

Astoria si pietrificò. Come osava suo marito parlare in quel modo di lei agli altri? Era oltraggioso. Si avvicinò alla porta e spiò dalla fessura. Riusciva a vedere il marito, Pansy e Millicent radunati attorno al caminetto. Draco, come al solito ultimamente, sembrava stressato. Se non fosse stato attendo, sarebbe invecchiato malamente. Non le importava di sé stessa, ma avrebbe dato un altro motivo agli amici per fare gli stronzi. Il suo bel aspetto era uno dei motivi per cui le amiche erano così gelose. Quello, ed i soldi. Sapeva sarebbero saltate nel suo letto in un attimo, che fossero amiche o meno, il che la fece rabbrividire. Se non fosse stato per il fatto che l’avrebbe tradita, sarebbe stata più che felice che ciò accadesse. Trovava il sesso disgustoso. Era così pieno di sudore, e le spettinava i capelli. Era stata sollevata quando Draco si era trasferito dalla stanza che condividevano come coppia sposata ed erano smesse le relazioni sessuali.

“Che intendi? Perché dovresti voler evitare Astoria?”, chiese Millicent.

Astoria vide il marito sospirare. Non osare, pensò. Non poteva sopportare il pensiero che quelle due donne avrebbero saputo che lei e Draco non erano felicemente sposati. Lei non era mai piaciuta loro, e non si erano preoccupati di nasconderlo. Erano così noiosamente disapprovanti nei suoi confronti.

“Astoria ed io abbiamo problemi da anni ormai. Praticamente viviamo vite separate”.

“Perché non ce lo avresti detto?”, chiese Pansy.

“Nessuno lo sa, a parte la famiglia di Astoria. Preferiamo provare a mantenere le apparenze”.

“Oh, Draco! Siamo i tuoi amici. Puoi dirci tutto. Non diremmo una parola”.

“Lo so, ma sapete com’è la mia famiglia: teniamo alla nostra privacy. Comunque, ve lo dico ora, e non vi nasconderò nulla”.

Astoria incrociò le braccia ed aggrottò la fronte in direzione del marito. Di cosa parlava? Era strano da giorni. Beh, più del solito, visto che comunque non era che sprizzassero faville di norma.

“Bene. Ora, perché segui la Granger?”.

“Sì, Draco, mi devi delle risposte. Se la Granger scoprisse che ti ho detto dell’appuntamento, perderei il lavoro. E mi piace il mio lavoro”, disse Millicent.

Astoria si fermò e si mise una mano sulle labbra. Stava per iniziare a mangiucchiarsi le unghie, prima di rendersi conto di dover preservare la manicure. Non se le mangiava da quando era una ragazzina, e non avrebbe iniziato di nuovo. Rovinava davvero le mani.

“Ciò che vi dirò non dovrà essere saputo, deve rimanere in questa stanza. Non puoi nemmeno dirlo ad Adrian, ok Pans?”.

“Sì, sì, capito. Ora parla”.

“Io ed Astoria stiamo andando in una clinica di fertilità, che ci aiuti a concepire”.

“Oh, mi spiace, Draco. Non avevo capito avessi problemi di fertilità”, disse comprensiva Millicent.

Draco si passò una mano agitata nei capelli. “Io non ho problemi di fertilità! Perché tutti lo pensano?”.

“Perché le cliniche si chiamano di fertilità per un motivo”, replicò sarcasticamente Millicent.

Astoria rimase a guardare mentre il marito prendeva un profondo respiro e si raddrizzava. “Beh. Non ci andiamo per quel motivo, ma perché non facciamo sesso da anni”.

Astoria strinse le labbra per la rabbia. Come osava Draco divulgare cose del genere al gruppo di groupies di fronte a lui?

“Cosa?”, esclamò scioccata Pansy. “Le cose vanno così male?”.

Draco annuì. “Mi serve un erede. Appena ne avrò uno, mi libererò di lei.

Astoria strinse gli occhi. Quella era nuova. Lucius le aveva fatto firmare quel ridicolo contratto quando Draco aveva iniziato a far trapelare la possibilità di un divorzio, e lei lo aveva firmato contenta, pronta a sacrificare il suo corpo per un anno così da mantenere la sua posizione di moglie. Ma non le avevano detto che l’avrebbero cacciata via. Pensò di nuovo a Chris Harper, il fidanzato che aveva quando aveva incontrato Draco. Lui l’aveva messa in guardia, dopo averlo mollato, di non cercare di fregare i Malfoy.


"Certo, al momento potrebbero non avere molta fortuna, Astoria, ma presto torneranno alla ribalta ed a meno che tu non voglia fare la parte della moglie perfetta ti renderanno la vita una miseria”.

“Oh, per favore, Chris, smettila di essere così acido. Questa è la mia opportunità, e la prenderò al volo. In ogni caso, Draco sarà così grato che una ragazza voglia stare con lui, ed il mio posto sarà assicurato”.

Chris le lanciò uno sguardo pietoso. “Non sei così esperta come credi in questi giochi. Draco ora potrebbe rimanere folgorato da te, ma non contare che duri”.

Lei rise leggermente. “Andiamo! Chi dice che non posso tenermi un uomo per più di qualche anno?”.

Lui la guardò. “Sono stato il tuo ragazzo, ricordi? All’inizio fai la dolce e cara, e sei davvero convincente tesoro, ma non ci riesci a lungo”.

Lei si buttò indietro i capelli. “Continuerò finché avrò l’anello al dito”.

“Buona fortuna, allora. Ma fai attenzione ed ascolta le mie parole: i Malfoy giocano con il potere da più tempo di chiunque riesca a ricordare. Fa parte di loro, e nonostante Draco possa avere in sé un po’ della compassione della madre può ancora essere senza remore quando vuole”.

“Per favore! È Draco! È bravo a parlare ma quando si tratta di fare qualcosa non è mai capace di farla davvero. Lo abbiamo scoperto ad Hogwarts”.

Lui rise. “Draco giocava ad un gioco da adulti quando non era altro che un ragazzo. Ma mettiti contro i valori familiari dei Malfoy, e te ne pentirai. La mia famiglia lo sa grazie alla mia prozia. Doveva sposare Abraxas ma lo ha tradito ed è stata subito cacciata. Abraxas si assicurò che non avesse altre offerte di matrimonio da altri purosangue, e dovette sposare il Babbano con il quale l’aveva tradito”.

“Non sono così stupida da tradirlo”.

“Lo so. Sei un animale a sangue freddo, ma Draco no. È più romantico di quanto dicano gli altri”.

“Sono solo baggianate. Non conosci abbastanza Draco da saperlo”.

“È quello che credi. Io ero sdraiato sul divano della sala comune quando Draco e Pansy si sono lasciati. Tutti pensano sia stato lui a rompere, ma io so la verità: lo ha lasciato lei perché non lo amava, e lui ne è rimasto devastato”.

“Mi rendi solo le cose più facili. Grazie a te, ora so quanto patetico sia. Dovrebbe essere facile farmi mettere l’anello al dito”.


Astoria venne riscossa dai propri pensieri da Pansy. “Oh, no, è terribile, Draco. Sicuro di non poter far rinascere il matrimonio? Eravate così felici all’inizio”.

“Ero solo ed infatuato. Astoria sembrava essere tutto ciò che volevo, ma in realtà è sciatta ed alla ricerca di soldi”.

Astoria arricciò le labbra, mentre guardava Pansy stringere Draco in un enorme abbraccio.

“Ma cosa ha a che fare con la Granger?”, chiese Millicent.

Draco si passò una mano tra i capelli. “Qui si fa complicato”.

“Più complicato di una coppia senza problemi di fertilità che si rivolge ad una clinica piuttosto che fare sesso?”.

“Sembra di sì, Millie. C’è stato uno scambio con i campioni al laboratorio, e la Granger aspetta mio figlio”.

Millicent sputò il succo di zucca, mentre Pansy inorridiva. Il che non era nulla in confronto alla reazione di Astoria. La mascella le cadde, e rimase a guardare imbambolata attraverso lo spiraglio. Il primo pensiero fu di gratitudine per non essere rimasta incinta. Avrebbe potuto essere il figlio di uno sconosciuto. Sarebbe stato abbastanza brutto dover superare il proprio disgusto per i bambini nell’avere un figlio con Draco, ma quello di un estraneo? Sarebbe stato terribile.

Poi la realtà della situazione la colpì. La Granger, Hermione Granger, era incinta del prossimo erede Malfoy. Ormai anche la più piccola possibilità di mantenere la propria posizione attraverso un figlio, era svanita.

“Per favore, dimmi che stai scherzando”, disse debolmente Pansy.

“Tristemente, no. È incinta, ed io sono il padre”.

“Ciò spiega perché era così restia a dare informazioni sul padre, all’appuntamento”.

“Che farai con Astoria?”.

“Per il momento, vedrò come si evolverà la situazione, ma Astoria ormai è storia vecchia”.

“Era ora, Draco. È terribile”, disse Pansy.

“Non è incinta anche lei, vero?”, chiese Millicent.

“Grazie a Salazar, no!”.

Astoria strinse gli occhi e lanciò loro un ultimo sguardo, prima di fluttuare via silenziosamente lungo il corridoio. Tornò nella sua stanza, e si sedette sul bordo del letto. Doveva pensare se da quel casino sarebbe riuscita a trarne qualcosa. Se Draco pensava di scaricarla come se fosse stata un ingrediente scaduto per una pozione, avrebbe dovuto pensarci due volte. I suoi pensieri volarono a Lucius. Non poteva sapere che una Sanguesporco fosse incinta del suo prezioso erede Malfoy. Sicuramente poteva contare sul fatto che lui volesse mantenere in lignaggio puro. Se davvero Draco pensava di escluderla senza problemi, si sarebbe ricreduto.


Di nuovo allo studio, Draco era ignaro che sua moglie avesse sentito tutto.

“Chi altro lo sa?”, chiese Pansy.

“I miei genitori e la Granger, ovviamente, e credo tutti i suoi amici. So che lo ha detto a Potter, dato che ho avuto il piacere di essere scortato nel suo ufficio un paio di giorni fa ed assistere alla sua ribellione. Oh, ed il mio avvocato”.

“A tuo padre va bene?”.

“Sorprendentemente sì. Credo sia arrivato al punto in cui voglia io abbia un figlio, e non gli importi chi sia la madre”.

Pansy sorrise sarcastica. “Non riesco a credere di essere testimone del giorno in cui Lucius Malfoy è felice che una Nata Babbana porti in grembo l’erede”.

“Ma se sei il padre, perché avevi bisogno che piazzassi il galeone tracciante nelle cose che le ho dato?”, chiese Millicent.

“Perché non vuole io mi avvicini a lei od al bambino”, disse, massaggiandosi le tempie con le dita.

“Cosa? Può farlo?”, chiese Pansy, oltraggiata.

Lui scrollò le spalle. “È ciò su cui ho messo Horatio al lavoro. Se il suo contratto con la clinica si rivelerà essere vincolante, allora non potrò mettere bocca nella vita di mio figlio”.

“Ma Draco, vuoi un figlio da anni”.

Si alzò e voltò le spalle alle due amiche. Non voleva vedessero le lacrime che aveva negli occhi, ma Pansy aveva ragione. Desiderava un figlio da tempo. Ne voleva più di uno, ed aveva fantasticato sull’avere una famiglia allargata quando aveva sposato Astoria. Ovviamente, lei era stata felice di assecondarlo finché aveva ottenuto l’anello al dito.

L’aveva incontrata nuovamente qualche anno dopo la guerra. Lo aveva affascinato con la sua natura dolce. Lui stava cercando di ricostruire il nome della sua famiglia, e lei gli aveva rassicurato l’ego con il comportamento attento e le parole gentili. Lo aveva attirato il fatto che lei volesse davvero ascoltarlo, e lui le aveva svelato quanto fosse stressante la propria vita. Non aveva capito fosse una bisbetica. Aveva nascosto la sua natura fino al fidanzamento.

Aveva reso la sua vita un inferno negli ultimi sette anni. Le importava solo del nome dei Malfoy e dei soldi. Non aveva dubbi che avrebbero riconquistato la loro posizione nella comunità magica. Non l’avevano mai davvero persa nei circoli purosangue, e non ci sarebbe voluto molto prima che fossero tornati alla ribalta. All’inizio, aveva preso le sue parole come un volere che lui riguadagnasse la propria reputazione per mettere a tacere la depressione, ma presto gli aveva fatto comprendere che tutto riguardava comunque lei. Voleva vivere come avevano fatto le precedenti mogli Malfoy: comandando.

Aveva permesso a suo padre di convincerlo a rimanere sposato con l’arpia e continuare a provare ad avere l’elusivo ma necessario erede Malfoy. Suo padre aveva enfatizzato quanto fosse importante che il lignaggio continuasse, ed una volta che il bambino fosse nato avrebbe potuto liberarsi di sua moglie. Così lui aveva acconsentito. Dopo tutto, era cresciuto sapendo che la dinastia Malfoy era una delle più antiche e prestigiose. Non poteva lasciarla estinguere.

Poi si era scoperto che Astoria non voleva un figlio. Prendeva gli anticoncezionali di nascosto, un dettaglio che aveva portato Draco al limite. Si era quindi rifiutato di dormire ancora con lei, che poi comunque era un po’ che la cosa non lo soddisfava più. Suo padre aveva trovato la soluzione: inseminazione artificiale. Astoria poteva portate a termine la gravidanza, partorire, e poi dare il bambino a Draco in cambio di una buonuscita. Lucius Malfoy aveva pensato a tutto con un contratto vincolante di ferro, che Astoria era stata costretta a firmare.

Ovviamente, non sapeva che si sarebbero poi sbarazzati di lei. Le piaceva troppo essere sposata con un rampollo delle famiglie purosangue più potenti, e non ci avrebbe rinunciato facilmente. Lucius aveva preparato il contratto in modo tale che Astoria avrebbe pensato di assicurarsi un posto a vita nella famiglia, se avesse avuto un figlio. Draco aveva acconsentito solamente perché non voleva cercare un’altra ragazza purosangue da mettere incinta dopo il divorzio con Astoria. Avere un erede avrebbe significato che avrebbe potuto godersi la vita senza il fiato di suo padre sul collo.

Non gli dispiaceva affatto del casino che era successo. In realtà, non voleva i geni mercenari di Astoria in famiglia. Avevano già abbastanza tratti malevoli, ma non era nemmeno troppo sicuro che avrebbe voluto trovarsi fregato così drammaticamente come in quel momento.

Qualcuno gli mise una mano sulla schiena, e venne distolto dalle sue fantasie deprimenti. Si voltò, per vedere Pansy. “Sai che siamo tutti con te. Non importa cosa succede, saremo lì ad aiutarti”.

Lui sorrise alla sua ex ragazza ed amica di lunga data. “Lo so. Mi rassicura”.

“Non tenerti tutto dentro di nuovo. Non c’è nulla di sbagliato nell’ammettere di avere problemi con il matrimonio, e non è che sia esattamente una sorpresa. A nessuno di noi è mai piaciuta Astoria”.

“Lo so, ma sai come sono fatto, Pans. Il mio orgoglio non mi permette di aprirmi”.

“Il tuo orgoglio è ciò che ti sta frenando dall’essere felice!”.

Millicent, che non era mai stata una favorevole ai momenti emozionanti, si intromise. “Allora, cosa farai con la Granger?”.

Draco si passò una mano tra i capelli. “Non lo so. Mio padre spera riuscirò in qualche modo a convincerla a cooperare, ma non credo sia possibile. Mi odia, e non si vergogna di dimostrarlo”.

“Vale comunque la pena tentare, no?”, chiese Millicent.

Lui scrollò le spalle. “Immagino di sì. Meglio che portare la cosa in tribunale”.

“Cercheremo di scoprire ciò che possiamo su di lei, vero Millie?”.

“Certo” acconsentì Millicent. “Anche se tiene le cose per sé, comunque. Non sento parlare di lei da anni”.

“Ogni informazione che riuscirete a scoprire sarà importante”, commentò Draco.

Le due donne si alzarono, pronte ad andarsene. “Non fare il ramingo, Draco. Adrian l’altro giorno si lamentava che non ti vediamo abbastanza. Hai iniziato a rinchiuderti”.

“Gli affari mi tengono impegnato tutto il tempo”.

“Perché credo questa sia solo una scusa di convenienza?”.

“Perché precisamente lo è, Pans”, disse Millicent.

Lui non poté fa altro che ghignare. “Ok, non mi andava di socializzare. Ci proverò di più”.

Pansy gli puntò minacciosamente un dito. “Sarà meglio! Adrian ha bisogno di un Cercatore per la partita di Quidditch di sabato. Ho promesso che ti avrei costretto ad accettare di giocare”.

“Oh, non lo so, Pans. Non sono davvero dell’umore per il Quidditch”.

Lei si avvicinò e giocò con una ciocca di capelli. “Lavori troppo. Invecchierai prima del tempo e perderai quei lussuosi capelli se non ti rilassi maggiormente. Non accetto un no come risposta. Adrian ha prenotato un campo nel nord di York Moors. Ci vediamo al Paiolo Magico in Little Fryup alle dieci, sabato mattina, e farai meglio ad esserci!”.

“Ok, ok, verrò”.

“E vedi di giocare al meglio, Draco. Non mi piace perdere”, disse Millicent.


"Hermione! Grazie a Merlino sei qui!”, esclamò Ginny appena la bruna arrivò con la Polvere Volante.

“Qual è l’emergenza?”.

“Harry non mi lascerà giocare! Dice che è troppo rischioso ora che sono incinta. Digli che è un idiota”.

“Ginny, sii realistica. E se ti colpisse un Bolide o una cosa del genere?”, la pregò Harry.

“Sei ridicolo. Starò bene!”.

“Allora perché quando giocavi con le Harpies ed eri incinta andavi sempre in congedo?”.

“Quello era Quidditch professionale. Ovviamente non potevo giocare incinta. Qui si tratta solo di una partita tra amici di sabato”.

“Non voglio correre rischi!”.

“Hermione! Diglielo!”.

Lei osservò i due che litigavano. “Ehm, sono sicura che Ginny non correrebbe alcun rischio con il bambino, Harry”.

La rossa la guardò grata, mentre Harry si accigliava. “Non sono convinto…”, iniziò.

“Per favore, tesoro. Starò davvero attenta”.

“Non pensarci nemmeno, amico”, disse George, entrando in cucina. “Se la lascerai giocare, mi giocherò la carta di fratello maggiore e glie lo proibirò”.

Ginny mise le mani sui fianchi. “Non mi puoi dare ordini!”.

“Forse no, ma ti prenderò e legherò alla sedia, se non ci ragioni”.

La strega, feroce brandì la bacchetta. “Provaci, e ti lancerò talmente tante maledizioni che non sarai in grado di giocare”.

“Siamo tre contro una”, disse Ron dietro a George. “Giocheremo con un branco di Serpeverde, il che significa che faranno il gioco sporco, quindi non pensarci nemmeno”.

Ginny lanciò in aria le mani. “Siete ingiusti”.

“Comunque, non vuoi tenere compagnia ad Hermione?”, chiese Harry.

“Non mettermi in mezzo usandomi come scusa,”, disse Hermione, obiettando alla tattica.

“Sai che Hermione porta sempre un libro, quindi non è che conti su di me per intrattenerla”.

I tre uomini rimasero di fronte a lei, studiandola. “Non giocherai, è l’ultima parola”, disse con enfasi George.

“Tra l’altro, dove andiamo?”, chiese Hermione, sperando di allentare la tensione.

“Pucey ha prenotato un campo a Little Fryup, il che significa che Ginny non giocherà proprio. Il tempo può diventare ventoso e pericoloso”, disse Harry, ritrovando la spina dorsale ora che era spalleggiato da Ron e George.

Ginny si era seduta su una sedia del tavolo, con le braccia incrociate. “Siete patetici”.

“Patetici o meno, il bambino viene prima”, sottolineò il marito.

George si strofinò le mani. “Ok, ora che abbiamo sistemato tutto, andiamo?”.

La sorella lo guardò, rifiutando di guardare gli altri due ed indirizzandosi verso Hermione. La bruna non poté non sorridere: non c’era dubbio che Harry avrebbe trovato un modo per farsi perdonare dalla moglie durante la giornata.

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Capitolo 7
*** I Peccati Del Padre ***


Cap 7

I peccati del padre

Lucius aggrottò la fronte, sentendo bussare alla porta. Doveva davvero finire di completare l’ultima versione del testamento, prima che fosse troppo tardi.

“Avanti”, abbaiò.

Il solco in fronte diventò ancora più profondo, quando la porta si aprì e comparve la nuora.

“Cosa vuoi, Astoria?”, chiese.

“Devo parlarti”.

“L’ho capito, altrimenti non mi disturberesti mentre sono occupato”.

Lei arrosi ma entrò comunque nella stanza. Lui sospirò, mentre si sedeva sulla sedia di fronte alla scrivania. Sembrava sarebbe stata una visita lunga. Mise via il plico su cui stava lavorando, assicurandosi che i suoi occhi curiosi non potessero vederlo. Astoria poteva non riuscire a stare al passo con i Malfoy quando si trattava di intrighi, ma era sempre una Serpeverde.

“Come posso aiutarti?”, chiese.

“Si tratta di Draco”, replicò.

“E cosa lo riguarda?”

Astoria si morse un labbro, chiaramente insicura su come procedere. Lui era l’unica persona nella casa con cui doveva fare attenzione. Era come se sapesse che l’avrebbe distrutta, se avesse fatto un passo falso. “Ho sentito una cosa, l’altro giorno”.

“Cioè?”

La nuora lo guardò da sotto le ciglia, cercando di giocarsela bene. Doveva fare molto di più, dato che non avrebbe mai eguagliato Narcissa.

“Presto ci sarà un Malfoy mezzosangue”.

Lucius strinse gli occhi. Astoria ovviamente non sapeva che lui già ne fosse a conoscenza, il che significava che era andata da lui per creare problemi.

“Davvero? Ed esattamente come è successo? Per quanto ne so, e credimi, lo saprei, mio figlio ti è sempre stato fedele”.

Astoria non chiede come avrebbe fatto a saperlo. Sapeva già della sua cattiva abitudine di essere a conoscenza di tutto ciò che accadeva all’interno della famiglia Malfoy. Era una delle prerogative di essere a capo del Maniero, gli elfi domestici erano obbligati ad informarlo di ogni notizia che sentivano, e loro origliavano molto più di quanto tutti credessero. Bastava pensare a Dobby.

“Draco non te l’ha detto?”.

“Detto cosa?”.

Astoria lo guardò per un breve momento, come se stesse analizzando la sua risposta. Lucius non ci cadde, comunque.

“Beh, c’è stato uno scambio di campioni alla clinica, e quello di Draco è stato dato ad una donna diversa”, spiegò. Poi si zittì, dandogli il tempo di rispondere.

Lui non disse nulla, ma le fece cenno di proseguire.

“Hermione Granger è incinta. Porta in grembo il prossimo erede Malfoy”, disse in tono drammatico.

Lucius si scrocchiò le dita, e la osservò. “Immagino tu sia venuta da me perché faccia qualcosa a riguardo. Cos’hai in mente di preciso?”.

Non era mai stata una cattiva idea capire prima cosa gli altri volessero, prima di rivelare la tua mano. Ma stava faticando a non rimetterla al suo posto e mandarla via.

Lei gesticolò. “Impedire che accada! È ridicolo: un Malfoy mezzosangue e non con una Nata Babbana qualsiasi, ma con la migliore amica di Potter. Liberarci del problema!”.

Ci fu in silenzio pesante. Astoria sembrava in ansia, come se si aspettasse che lui iniziasse a mettere sul piatto delle idee. Lui invece era più concentrato nel cercare di mantenere un contegno. Come poteva quella ragazza insulsa entrare nel suo studio, sedersi e dirgli di liberarsi di un Malfoy non ancora nato? Che il bambino fosse mezzosangue o meno, la famiglia significava tutto per lui.

“Liberarci del problema?”, soffiò minacciosamente allungandosi lungo la scrivania.

La nuora si ritrasse allarmata, vedendo la rabbia repressa sul suo viso.

“Sei davvero così stupida da pensare che non lo sapessi? Che non fossi la prima persona a cui Draco si è rivolto? Credi davvero che saresti stata tu a portarmi questa notizia?”.

“Io…”, balbettò lei.

“Ed osi stare lì seduta, dicendomi di liberarmi del problema? Chi sei tu, per ordinare ciò che devono fare i Malfoy? Tu non sei nulla!”.

“Sono sua moglie”, si infuocò Astoria.

Lucius fece una smorfia. “Bella moglie che sei! Gli hai negato un figlio, ed hai usato questa famiglia come pista di lancio per il tuo stesso interesse”.

“Io l’ho ricreato! È grazie a me che tu e lui contate ancora qualcosa”.

Lui rise appena. “Stupida, insignificante ragazza. Credi di aver avuto qualcosa a che fare con il ripristino del nome dei Malfoy? Che i Greengrass siano così importanti da aver ristabilito una grande famiglia come la mia?”.

Lei si strinse le mani e guardò in basso, insicura su cosa dire.

“Il tuo silenzio mi dà ragione, mia cara. Tuo padre è in grado di tenere uno stile di vita dispendioso grazie ai soldi e l’acume negli affari dei Malfoy. Draco ha ribaltato le sorti dei Greengrass, non il contrario. Noi saremmo nella posizione in cui siamo con o senza di te”.

“Se fosse vero, allora come mai Draco era così disperato nel volermi frequentare?”.

Un piccolo e semplice sorriso gli nacque sulle labbra. “Vuoi davvero che ti risponda? La lussuria può far fare ad un uomo ogni sorta di cose stupide. E tu sei una delizia che a volte può intrattenere. Mi sono particolarmente divertito in come tu abbia cercato di surclassare mia moglie, fallendo miseramente, ovvio. La mia Narcissa ha cervello ed acume tali alla sua bellezza. Ciò la rende piuttosto formidabile. Tu non sei altro che una stupida ragazzina che gioca in un modo di cui non ha alcuna esperienza”.

Astoria sembrò messa in un angolo. Aprì la bocca, ma non riuscì a rispondere. Suo suocero aveva usò l’opportunità per mettere a segno l’ultimo colpo e liberarsi di lei una volta per tutte.

“Ma ora che Draco ha messo incinta un’altra donna, hai superato la mia benevolenza e non ho scopi per te. Ti voglio sparita entro la fine della settimana”.

Lei lo guardò scioccata. “Cosa intendi?”.

“Devo davvero dirlo? Non sei più la benvenuta in questa casa, e se sarai ancora qui alla fine della settimana istruirò gli elfi domestici di rimuoverti, con la forza se necessario”.

“Non puoi farlo!”.

Lui ghignò. “Sono il padrone di casa. Posso fare ciò che voglio”.

Il viso di Astoria diventò rosso per la rabbia, mentre si alzava dalla sedia e sbatteva le mani sulla scrivania. “Te ne pentirai. Fosse l’ultima cosa che faccio, te la farò pagare”.

Lui roteò gli occhi. “Ragazza, sono sopravvissuto al Signore Oscuro. Credi avrò paura di te?”.

“Lo vedremo”, disse lei, prima di voltarsi e sparire dalla stanza.


Narcissa scivolò silenziosamente nell’ombra, ed osservò la nuora indignata affrettarsi lungo il corridoio, lontano dallo studio di Lucius. L’aveva seguita, dato che non le piaceva lo sguardo disgustato che aveva tenuto per tutto il giorno. Ed il suo istinto aveva avuto ragione. La giovane strega non aveva in mente nulla di buono.

Rimase insicura vicino alla porta, mentre guardava il marito sospirare, avvicinarsi un plico ed iniziare a scrivere.

Aspettò finché Lucius ebbe finito qualsiasi cosa su cui stesse lavorando così furiosamente. Sapeva bene di non doverlo disturbare quando era impegnato. Se voleva la sua completa ed assoluta attenzione, era meglio aspettare che non fosse distratto dagli affari. Il contrario le sarebbe servito se voleva che lui approvasse qualcosa che normalmente non avrebbe approvato. Non era sempre facile vivere con un maschio alfa, ma Narcissa aveva trovato il modo di gestire il carattere del marito. Al momento aspettava pazientemente, preoccupandosi mentalmente dei guai che Astoria poteva causare alla famiglia ed al figlio.

Lucius finalmente alzò la testa, e notò la moglie in silenzio. “Cissy! Da quando sei lì?”.

“Non tanto”, mentì Narcissa. Si divertiva a guardarlo quando lui non era a conoscenza della sua presenza.

“Dovevi interrompermi”, disse lui.

“Sembravi occupato. Non volevo sconcentrarti”.

Lucius sorrise, un sorriso che solo lei vide, prima di alzarsi e fare il giro della scrivania. Le baciò la mano, prima di accompagnarla al divano sotto la grande finestra. Anche dopo tutti quegli anni, la carineria vecchio stile le faceva battere il cuore più velocemente.

“Va tutto bene?”, chiese lui.

“Ho sentito la conversazione con Astoria”.

Lui sospirò e si lisciò i capelli. “Non voglio te ne preoccupi. Posso gestire un patetico tentativo di vendetta”.

“Non dubito lei non sia al tuo livello, in queste cose, ma potrebbe lo stesso causare problemi. Sa della Granger, e ciò potrebbe danneggiarci”.

Lui scosse la testa. “Non voglio che tu stia in ansia per questo. Sarà arrabbiata e scontrosa per qualche giorno, ma con qualche parola precisa a suo padre se ne andrà dalle nostre vite”.

“Creto tu ti stia sbagliando, Lucius. Non hai passato così tanto tempo con lei come me, e quando eri nei paraggi è sempre stata attenta. Ma quella ragazza è davvero odiosa, e vorrà distruggere questa famiglia”.

Lui rise, divertito. “Andiamo, Narcissa. Ci vorrà qualcosa in più di lei, perché accada. Guarda cosa abbiamo passato negli ultimi dieci anni”.

“Lei sa molte cose. Draco all’inizio le raccontava tutto. Potrebbe creargli molti problemi”.

Lui strinse le mani. “Non c’è bisogno di stare in ansia. Qualsiasi cosa ci lancerà addosso, ce ne preoccuperemo a momento debito”.

“Devi fare attenzione, caro. È già una situazione complicata, e lei potrebbe smuovere ancora di più le acque”.

“Prima dobbiamo concentrarci sul problema della Granger”.

“Perché hai accettato così facilmente questa gravidanza? Non ho mai neanche pensato che un Malfoy mezzosangue ti sarebbe stato bene”.

Lui sembrò combattuto per un momento, quasi come se stesse pensando a se dirglielo o meno. Lei lo lasciò decidere, sapendo che non avrebbe dovuto mettergli fretta. Stupidamente, gli piaceva pensare che lei fosse delicata ed incapace di sopportare cattive notizie. Era peggiorato dopo la Grande Battaglia, irritato da come le sue decisioni avevano messo la moglie ed il figlio in pericolo.

Finalmente aprì la bocca. “C’è qualcosa che non ti ho detto”.

Narcissa strinse gli occhi. “Che intendi?”.

“Non sono stato bene”.

“Che intendi con questo?”.

“Da un po’ seguo una terapia regolare al San Mungo, per una malattia potenzialmente letale. In effetti, mi sta uccidendo, ed i Guaritori non sono sicuri di cosa fare”.

Narcissa lo fissò per un lungo momento, mentre cercava di digerire la notizia. Come aveva potuto non sapere che il marito era malato? E non leggermente, ma seriamente? All’improvviso divenne rabbiosa, saltando su dal divano e piazzandosi di fronte a lui.

“Non riesco a crederci, Lucius Malfoy. Ho accettato l’idea ridicola che hai di proteggermi per gli ultimi dieci anni, ma questo? Questo sta diventando troppo. NON puoi nascondermi cose del genere”.

Lui mise i gomiti sulle ginocchia, e si prese la testa tra le mani. “Mi dispiace. Non volevo vedere ancora una volta la paura nei tuoi occhi, Cissy. L’ultima volta mi ha quasi ucciso”.

Lei si abbassò, alzandogli la testa così che potesse guardarla negli occhi. “Supereremo anche questa, e lo faremo insieme”.

“Non sono così fiduciosi, al momento”.

“Da quanto lo sai?”

“Tre anni. I sintomi sono iniziati circa cinque anni fa, ma mi ci è voluto un po’ per andare al San Mungo”.

Narcissa si sedette. “Così tanto?”, sussurrò.

Lucius la sollevò e se la mise in grembo. Lei lo circondò con le braccia, e nascose il viso nel suo collo. Rimasero così a lungo, senza muoversi o parlare, semplicemente confortandosi a vicenda per la presenza dell’altro.

Lui le sorrise. “La mia ragazza”.

Lei si voltò verso di lui. “Dimmi cosa sanno”.

“Credono sia il risultato di un’esposizione continuata ad una magia oscura insolita. Io ero presente quando il Signore Oscuro ha iniziato a sperimentare nuovi incantesimi”.

“E potrebbe essere fatale?”.

“Non ne sono sicuri, ma i miei sintomi non sono incoraggianti. Sembra che ogni volta che mi capiti un attacco, il mio corpo diventi più debole”.

“Attacco?”

“Mi capitano attacchi dolorosi, come se fossi sotto l’incantesimo Cruciatus. Inizio a tremare, sudare, mi manca il respiro ed a volte svengo”, spiegò.

Narcissa sussultò. “Come hai fatto a nascondermelo?”.

“Con molta fortuna, ed il fatto che inizio a sentirmi strano prima che il vero attacco abbia inizio. Il che significa che di solito invento qualche scusa per andare in ospedale od isolarmi”.

“Come fanno i Guaritori a non sapere di cosa si tratti? Se l’unico che ne soffre?”

Lui scrollò le spalle. “Non ne sono sicuri. Credono che chiunque fosse presente agli esperimenti di Lord Voldemort potrebbe esserne affetto”.

“Pensano? Pensano e basta? Come fanno a non saperlo? Non sei di certo l’unico rimasto vivo che era presente a quelle sessioni!”.

Lucius sospirò. “La gran parte del cerchio ristretto è ad Azkaban, che non è famoso per gli effetti positivi sulla salute. Guarda quanti sono morti negli ultimi dieci anni. Rabastan, Avery, Mulciber, Dolohov e Rawle, per dirne alcuni. Potrebbero essere morti per la disperazione di Azkaban, od a causa della malattia”.

“Rodolphus?”.

“Chi lo sa? È malato, ma c’era da aspettarselo visto quanto tempo ha passato ad Azkaban”.

“Non confrontano i suoi sintomi con i tuoi?”.

Lui la guardò. “È in prigione. Non è che gli diano esattamente tute le cure necessarie”.

Lei si morse un labbro. “Quindi ora che succede?”.

“Continuiamo come prima”.

“Devi dirlo a Draco”.

“No, non gli darò anche questo peso”.

Narcissa gli lanciò uno sguardo. “Merita di saperlo! Hai già permesso a tutto questo di influire sulla sua vita”.

“L’ho tenuto nascosto proprio perché non lo facesse”, sbottò lui.

“Come puoi dire una cosa del genere quando lo hai spinto a rimanere con Astoria per avere un figlio?”, infierì lei.

Lui si passò una mano tra i capelli. “Voglio assicurarmi che saremo pronti, quando accadrà il peggio”.

“Esattamente! Ecco perché deve saperlo”.

“È già abbastanza stressato”.

“Lucius, non trattarlo come un bambino. Non è stupido. Si chiede già perché tu abbia completamente accettato un Malfoy mezzosangue”.

“Lo so! Ma non voglio aggiungergli un altro peso”.

“Ma lo hai già fatto. Prendi decisioni che lo riguardano direttamente. Hai appena cacciato sua moglie”.

“Davvero stai per arrabbiarti per questo? Sono anni che vorresti liberarti di lei”.

“Voglio che lui si liberi di lei. Non è una decisione che devi prendere tu. È di Draco, e lui l’ha tenuta qui solo perché lo volevi tu”.

“Voglio il meglio per questa famiglia, ed al momento abbiamo bisogno di un altro erede. Per precauzione”.

Lei si accigliò. Riusciva ad essere molto veloce nell’accantonare Draco e la sua felicità. “Non vuoi che Draco sia felice come lo siamo noi?”.

Lui le lanciò uno sguardo impaziente. “Cissy, so che Draco significa tutto per te. Anche per me. Ma la cosa più importante al momento è assicurare la dinastia Malfoy”.

“E se la Granger mettesse al mondo una bambina? Avresti un erede, ma non continuerebbe la dinastia”.

“Da centinaia di anni non ci sono Malfoy femmine”.

“Beh, non c’è neanche mai stata una madre Nata Babbana prima”.

Lucius si passò una mano tra i capelli, spettinandoli. “Non sono sicuro di cosa fare in questa situazione, e se Astoria fosse più accettabile l’avrei tenuta qui”.

“Perché?”.

“Niente di tutto questo è semplice. Horatio sta studiando le leggi a riguardo, e non sembra la cosa sia a noi favorevole”.

Narcissa guardò il marito. “Che intendi? Il bambino è un Malfoy, e noi abbiamo molto di più da offrirgli rispetto alla Granger”.

“Una situazione del genere non è mai accaduta prima nel mondo magico bretone. Sarebbe un caso giuda. Ed a peggiorare le cose, le leggi a riguardo non sono complete. In effetti, i nostri tribunali non sono nemmeno completamente efficienti. Se fosse accaduto prima dell’introduzione del sistema giudiziario, probabilmente ci saremmo portati via il bambino. Il Wizengamot è vecchio stampo. La maggioranza sarebbe rimasta inorridita che una Sanguesporco volesse avere un figlio al di fuori del vincolo matrimoniale, ed avrei potuto anche dare a qualcuno una tangente. Ma questi nuovi tribunali sono diversi, e si basano molto sulle leggi Babbane. Horatio mi ha detto che in un tribunale Babbano, i diritti tendono a propendere per la madre. Prenderebbero in considerazione anche il nostro passato, il che non ci gioca a favore”.

“Ecco perché hai suggerito a Draco di incantare la ragazza”.

“All’inizio l’ho suggerito solo perché volevo tenere la cosa fuori dai tribunali. Non c’è bisogno di trascinare il nome dei Malfoy nel sistema legale e sui giornali. Ma da quando ho parlato con Horatio, sono arrivato alla conclusione che potrebbe essere l’unico modo in cui potremmo ottenere il bambino”, disse.

“Non funzionerà mai”.

“Draco riesce ad essere affascinante, se ci si mette”.

Narcissa tossì. “Si parla della Granger. Non c’è amore tra i due. Lo vedrà con sospetto”.

“Lo so”, disse stancamente Lucius. “Ma non so che altro fare. È imperativo avere un erede”.

Guardò il marito con tristezza. Non avrebbe mai pensato che avrebbe vissuto il giorno in cui si sarebbe disperato per avere un Malfoy mezzosangue. Ciò, più di tutto, testimoniava quanto seria fosse la sua malattia.


Il cuore di Astoria batteva veloce. Come aveva potuto andare così male? Invece che essere oltraggiato e determinato a liberarsi di quell’abominio di feto, Lucius aveva usato la cosa come una scusa per liberarsi di lei. Dov’era la gratitudine per i suoi servizi a quella stupida famiglia? Si era già preparata a diventare grassa e brutta solo per dare loro una nuova generazione, e quali erano i ringraziamenti? Il divorzio! Chi era Lucius Malfoy per decidere cose del genere, comunque? Era sposata con Draco, non con lui.

Si sedette sul letto e cercò di calmarsi. Non le avrebbe fatto bene rimanere sconvolta. Doveva pensare, e velocemente, a meno che non volesse che tutto ciò per cui aveva lavorato fosse distrutto.

Lucius aveva ragione per alcune cose. I Greengrass in effetti contavano sulle conoscenze dei Malfoy per vivere come facevano. Non erano mai stati parte dell’élite purosangue né particolarmente ricchi. Ma lei era sempre stata ambiziosa di ottenere una posizione migliore. A differenza di Daphne, non era contenta di essere ai margini della società ed il matrimonio con un Malfoy le aveva offerto la possibilità di scalare la vetta nella società. Qualcosa in cui si era impegnata.

Ad ogni modo, al momento era in procinto di essere cacciata, ed era pronta a combattere con le unghie e con i denti. Nonostante le parole di Lucius contassero molto, non erano decisive. Draco riusciva a diventare testardo a volte, e lei aveva bisogno che lui la volesse lì.

Era tempo di utilizzare di nuovo il suo charm. Poteva ancora riuscire ad incastrare il marito. Poteva perfino riuscire a far giocare a suo vantaggio quella gravidanza. Se non erano preoccupati che il bambino fosse mezzosangue, allora lei non avrebbe più dovuto preoccuparsi di averne uno. Poteva rimanere magra, e senza mocciosi.

Si avvicinò allo specchio, ed analizzò il proprio corpo. Aveva solo ventisette anni, ed aveva un aspetto ottimo, essendo riuscita a mantenerlo come quando ne aveva diciotto. I lineamenti erano più che piacevoli, simmetrici e classici. Sorrise. Draco non avrebbe potuto resisterle, visto quello che aveva in mente.

Era il momento di andare a Diagon Alley, scegliere i completi intimi più sexy che avrebbe potuto trovare, e sedurre il marito ancora una volta.

 

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Capitolo 8
*** Giochi ***


Cap 8

Giochi

Draco, inconsapevole dei cambiamenti che stavano accadendo a Malfoy Manor, sedeva nel salotto dei Pucey, mentre aspettava che sia Pansy che Adrian radunassero le loro cose.

“Tesoro, hai visto le mie protezioni?”, chiese Adrian da qualche parte di sopra.

“Sono dove le hai lasciate dopo l’ultima partita”, rispose Pansy.

“E cioè dove?”.

“Non lo so! Le hai messe tu. Hai cercato nel ripostiglio vicino alla camera di Alex?”.

“Pans, per favore aiutami! Non riesco a trovarle da nessuna parte, e dovevamo essere lì dieci minuti fa”.

“Per amor di Salazar”, urlò lei, e Draco la sentì salire al piano superiore.

Aspettò trenta secondi, prima di sentire la prossima inevitabile conversazione.

“Come mai io le ho trovate in meno di un minuto? Perché non hai cercato come si deve? O usato Accio?”.

“Davvero? Dov’erano?”.

“Esattamente dove ti ho detto di guardare: nel ripostiglio dove tieni tutta l’attrezzatura da Quidditch”.

“Ma sono sicuro di averci guardato”.

“Non devi aver guardato abbastanza”.

Draco ghignò. Era sempre la stessa storia tra i due ogni volta che li vedeva. Si beccavano in continuazione ma l’amore reciproco era incancellabile. Il sorriso gli svanì, mentre pensava alla sua, di situazione. Avrebbe voluto avere una relazione simile, ma sfortunatamente il divario tra lui e sua moglie era troppo grande. Tristemente, aveva capito che Astoria era completamente assorbita da sé stessa, e si interessava solo finché ciò le dava qualche beneficio.

“Draco! Sei qui!”, esclamò Pansy mentre entrava nella stanza. “Quando sei arrivato?”.

“Poco fa, e non preoccuparti. Mi ha dato il benvenuto Sippy, ma gli ho detto di non disturbarti”, disse lui, sapendo quanto si scaldasse Pansy se avesse pensato che qualcuno non era stato salutato come si deve in casa sua.

Pansy annuì. “Sono felice tu sia venuto. Non ero sicura lo avresti fatto”.

“Non oserei, dopo le tue minacce l’altro giorno”.

“Non ti ho minacciato”, disse lei, dandogli un buffetto sul braccio.

Draco vide Adrian entrare nella stanza, dietro Pansy. “Ehi, Adrian, controlla tua moglie. Mi schiaffeggia”.

“Se ti fa uscire dal Manor e smetterla di fare l’asociale, allora mi va bene”.

Il biondo roteò gli occhi. “Ed hai troppa paura di tua moglie per dire qualcosa”.

Adrian fece a finta di non sentire. “Comunque, dovevano incontrare Potter dieci minuti fa, quindi faremo meglio ad andare”.

“Aspetta un attimo, nessuno ha detto che avremmo giocato contro Potter”, obiettò Draco.

Gli amici lo ignorarono e lo presero a braccetto verso la Metropolvere. “Mi prendete in giro, vero? Io non giocherò contro di lui”.

“Peccato, Draco. Ho bisogno di un Cercatore, e tu ora sei qui”.

Lui grugnì. Non giocava a Quidditch da anni, ed ora lo avrebbe fatto contro un giocatore che non aveva mai battuto. Le cose non potevano peggiorare.

Ovviamente, Draco capì di avere torto quando si rese conto, un minuto dopo, di essere entrato al Paiolo Magico e che la Granger era lì. Doveva capirlo. Partecipava ad ogni partita di Potter, nonostante quello sport non le piacesse.

“Ti ucciderò”, soffiò in direzione di Pansy, che almeno ebbe la grazia di sembrare colpevole.

“Non sapevo sarebbe stata qui!”.

“Parliamo di Potter. Riesce a sopravvivere per un secondo senza il corteo dei rossi e la Granger?”.

Pansy scrollò le spalle. “Immagino ciò ti darà la possibilità di parlare con lei. Sai, mettere in azione il piano di tuo padre”.

“Sì, perché essere circondato dai Weasley mi aiuterà in questo”.

“Smettila di essere così negativo”.

Lui le lanciò uno sguardo oltraggiato, ma sembrò accettare il consiglio, mentre camminava verso la Granger.

“E quello a cosa era riferito?”, chiese Adrian a sua moglie.

“Niente di cui tu debba preoccuparti”.

“Perché ogni volta che dici una cosa del genere, significa che in realtà devo farlo?”.

Lei gli diede un buffetto sulla guancia. “Sciocchino!”.


"Ahia!”, disse Hermione, quando Ginny le lanciò una gomitata nelle costole e la trascinò via da Dean e Katie, con i quali stava parlando. Hermione si voltò verso di lei, irritata. “Perché lo hai fatto?”.

“Non voglio che ti preoccupi, ma Malfoy è qui”.

“Cosa? Dove?”, chiese, andando nel panico e guardandosi intorno.

“Proprio qui, Granger”.

Si voltò nuovamente, e si trovò davanti Malfoy, scopa in spalla, rilassato e felice. Perché doveva essere lì? Non lo aveva mai visto ad alcuna delle precedenti partite che i suoi amici avevano giocato con gli ex Serpeverde.

“Che ci fai qui?”, chiese accusatoria.

Lui sventolò la scopa nella sua direzione. “Gioco. Cosa credi che faccia?”.

“Non ti ho mai visto prima a queste partite”.

“Sì, beh, non me lo hanno mai detto. E che bella coincidenza, dato che ho l’occasione la dolce madre di mio figlio”.

Lei strinse gli occhi al suo sarcasmo, prima di incrociare le braccia sulla difensiva e guardarsi attorno per vedere se qualcuno avesse sentito. “Dillo un po’ più forte, e mi assicurerò che mio figlio non abbia alcun padre biologico”.

“Almeno ammetti che ho un ruolo”.

“Una piccola, minuscola parte, che per fortuna è finita. Ora vai e disturba qualcun altro”.

Lui la guardò, ma prima che potesse replicare con qualcosa di tagliente, intervenne Ginny. “Farete così ogni volta che vi incontrerete?”.

“Cosa?”, chiese Hermione all’amica, sorpresa.

“Beh, intendo, non è molto produttivo. Potete litigare sul fatto che vi troviate entrambi in questo casino finché non diventerete blu in faccia, ma non cambierà la situazione”.

“Da che parte stai?”.

“La tua, Hermione, lo sai. Ma devi ammettere che devi sederti con Malfoy, e discutere della cosa come adulti maturi”.

Lei distolse gli occhi da Ginny verso Malfoy, che ghignava soddisfatto. Se si fosse trattato di qualcun altro, era sicura sarebbe riuscita a stare meno sulla difensiva ed avrebbe cercato di trovare un compromesso. Ma era Malfoy, ed era difficile liberarsi dei sospetti. Ancora non era sicura di quale fosse il suo fine, e non si fidava.

“La piccola Weasley ha ragione. Dobbiamo parlarne come si deve”.

“Beh, non lo farò qui. È il posto meno adatto”.

“Ma ammetti che dobbiamo parlare?”, la pressò il biondo.

Lei sospirò. Immaginò di doverlo fare. Non poteva continuamente nascondere la testa sotto la sabbia, ed anche se avrebbe potuto avere maggiori diritti legali con il nuovo sistema da poco introdotto nella comunità magica, pregiudizi e abitudini erano lenti a cambiare. I Malfoy avrebbero avuto ottenuto più consenso, se fosse stato svelato il tutto. C’era anche il fatto che lui avrebbe potuto offrire al bambino una vita famigliare stabile, il che avrebbe fatto bella figura in tribunale. Era in momenti come quello in cui sperava si essere una Babbana.

“Va bene, ti parlerò. Facciamo il prossimo fine settimana”.

“È troppo lontano”.

Lei roteò gli occhi. Ovviamente lui avrebbe ribattuto per ogni piccola cosa. Probabilmente andava contro ogni suo codice personale accettare qualsiasi cosa lei avrebbe suggerito senza discutere. “Quando, allora?”, chiese.

“Nella settimana entrante, dopo il lavoro. Sono libero lunedì, mercoledì o giovedì”.

Beh, di sicuro non sarebbe stato lunedì. Mancavano solo due giorni, e lei voleva più tempo per prepararsi. “Mercoledì”, disse.

“Dove?”.

“Da qualche parte tra i Babbani. Non tratterò questo argomento dove qualcuno potrebbe sentirci”.

Lui annuì. “Ok, ma allora devi trovare un altro posto. E Granger, deve essere facile da trovare”.

Lei si scervellò per cercare di trovare un posto simile. Si ricordò di averlo incontrato dopo l’appuntamento con la Bulstrode. Era ancora sospettosa a riguardo, ma significava che avrebbe potuto andare da qualche parte vicino al San Mungo, meno trafficato rispetto al Paiolo Magico, e con meno probabilità che qualche mago potesse riconoscerli.

“Che ne dici del bar dove ti ho visto l’altro giorno?”.

Con la coda dell’occhio, Hermione vide Ginny osservarla, ma lei era più interessata alla reazione di Malfoy. Notò la mascella di lui indurirsi, cosa che non avrebbe notato se non fosse stata attenta.

“Ricordami dove si trovava?”.

“Lei strinse gli occhi. “Mi hai seguita, vero?”.

“No! Certo che no!”.

“Se fosse così, come mai non ti ricordi dove si trova?”.

“Mi ci sono trovato per caso, avevo sete”.

“Eravamo in Oxford Street, è pieno di locali in cui prendere da bere, e non ti credo per niente”.

Lui tossì. “Ok, ti ho seguita”.

Hermione guardò Ginny, che alzò un sopracciglio, prima di riportare l’attenzione su Malfoy. “Parleremo più tardi di questo e del ruolo della Bulstrode. Per ora, di darò le indicazioni per arrivarci”.

Rovistò nella borsa finché trovò un pezzo di carta, dove scrisse le indicazioni talmente facili che anche un bambino le avrebbe seguite, e le diede al biondo. Lui si accigliò quando lesse i dettagli ed il linguaggio semplice che aveva usato.

“Non sono Weasley, Granger”.

“Dopo il tuo comportamento, non puoi criticare nessuno”.

Malfoy sembrò voler dire qualcosa di antipatico, ma a quanto parve ci pensò due volte. Se avesse iniziato con gli insulti, non lo avrebbe sicuramente incontrato. Invece, lui annuì e le allungò una mano. Era la prima volta che lei lo toccava volontariamente, ed era strano. Si aspettava che lui se le sarebbe pulite sulla divisa da Quidditch e si sarebbe lamentato riguardo germi di Sanguesporco, ma semplicemente si voltò ed andò a parlare con la Bulstrode.

“Vedi, non è stato così brutto”, le fece notare Ginny.

“No, grazie a te”.

La rossa sospirò. “Andiamo, Hermione. Devi smetterla di pensare solo a te stessa. Condividi un figlio con Malfoy, e continuare a nascondere la testa sotto la sabbia non cambierà la cosa. Ed a meno che tu non voglia che la questione vada in tribunale e nei giornali, ti suggerisco di provare a trovare un compromesso con lui”.

“Ma io non voglio avere la custodia condivisa”.

Ginny le mise le braccia intorno. “Lo capisco, davvero. Ma potresti non avere scelta. Prima lo capisci, meglio sarà”.

Il cuore di Hermione perse un battito. Ginny aveva ragione, non poteva negarlo. Per quanto volesse tenere fuori Malfoy, c’era la possibilità che il tribunale gli desse comunque accesso al figlio. Merlino, loro figlio. Non era più solo suo. Ed era ovvio che Malfoy non sarebbe sparito, e lei doveva farci i conti.


Draco non si sentiva così positivo da tempo, e lo dimostrò mentre giocava. Ovviamente, non aveva battuto Potter al Boccino, ma c’erano delle cose che aveva imparato ad accettare invecchiando, ed il fatto che non lo avrebbe mai surclassato era una di quelle.

La conversazione con la Granger gli aveva dato qualche speranza. Ok, gli era ancora ostile ed era ovviamente arrabbiata, ma aveva accettato di incontrarlo. Magari sarebbero stati in grado di trovare un accordo. E, se fosse stato davvero fortunato, sarebbe riuscito a convincerla a dargli la custodia del bambino se le avesse pagato le cure. In quel modo, entrambi avrebbero potuto andare per la loro strada senza essere legati per la vita.

Fece una smorfia, realizzando di star ancora una volta andando troppo veloce. L’ultima volta che l’aveva fatto, era finito a sposare Astoria. Il che era un errore che non voleva ripetere tanto presto. Comunque, davvero non riusciva ad immaginare la Granger non affezionata a quel figlio in particolare. Era un tipo sentimentale. Oltretutto, c’era il fatto che Potter ed i suoi amici erano sempre riusciti a confonderlo. Erano irritanti.

Sospirò mentre saliva la scalinata secondaria che portava alle sue stanze private. Voleva farsi una lunga e calda doccia. Giocare, quel giorno, gli aveva fatto capire quanto tempo era passato dall’ultima volta che si era allenato.

Aveva passato gli ultimi anni a prendere in mano le redini degli affari dei Malfoy da suo padre. Non era ancora sicuro del motivo per cui Lucius avesse avuto così tanta fretta di istruirlo. Di solito, gli eredi Malfoy portavano avanti una carriera in qualcosa che gli interessasse, prima di occuparsi degli affari di famiglia. Suo padre si era specializzato in oggetti stregati. Ma comunque, Lucius era sempre stato troppo coinvolto nelle Arti Oscure. Draco stesso preferiva Artimanzia e la risoluzione dei problemi. Forse suo padre voleva assicurarsi che Draco non si mettesse nella sua stessa posizione quando Abraxas era morto all’improvviso. Lucius era stato lasciato da solo a raccapezzarsi sulla miriade di affari in cui i Malfoy avevano investito, e gli ci era voluto parecchio prima di riuscirsi.

Draco lanciò la scopa e l’equipaggiamento da Quidditch nel ripostiglio in cui li teneva, ed iniziò a spogliarsi, pregustandosi la doccia. Si trascinò per la stanza, prima di bloccarsi sconvolto dalla scena di fronte a lui.

Distesa sul letto, coperta da dell’intimo costoso, c’era sua moglie.

Percorse con lo sguardo la sua figura, ed alzò un sopracciglio. Non si preoccupava di fare tanto da quando avevano iniziato a frequentarsi. All’ora, si era prodigata per presentarsi come la donna perfetta, e lui ci era cascato. Ora, invece, l’istinto di auto-conservazione si fece sentire. Per prenderlo alla sprovvista in quel modo, significava che lei voleva qualcosa, e non si fidava neanche un po’.

“Bella partita, Draco? Ti va un massaggio per rilassare i muscoli?”, chiese con voce sexy, battendo la mano sul letto in modo suggestivo.

“Che cosa vuoi, Astoria?”, chiese secco.

Vide la rabbia passarle negli occhi, ma lei fece uno sforzo ammirevole nel sopprimere la risposta che lui sapeva stava morendo dalla voglia di dargli. “Devo volere qualcosa? Sei mio marito”.

“Quando ti fa comodo”, mormorò. “Non facciamo da sesso da più tempo di quanto possa ricordare. Cosa ti ha portato a questo?”.

Lei si alzò in piedi e ciabattò per la stanza verso di lui, arrivandogli di fronte e mettendogli una mano sul petto. “Magari mi mancavi”, disse languida, guardandolo da sotto le ciglia.

Lui le tolse malamente la mano, allontanandosi finché non raggiunse l’armadio, ed incrociò le braccia. “Ne dubito. Per mancarti, prima dovrebbe importarti qualcosa di me”.

“Sei ingiusto, Draco. Sai che mi importa”.

Si passò una mano sul viso. “No, ti importa di quello che ha comportato il matrimonio. Il nome, il Manor, la ricchezza, e la posizione che ti ha dato in società. Cerchiamo di non fingere”.

Allora la sua maschera cadde. Ripescò il vestito, rivestendosi e mettendosi le mani sui fianchi. “Perché non puoi rendere la cosa più semplice? Se solo avessi accettato la mia proposta, ci saremo potuti riconciliare e continuare ad essere felici”.

“Astoria, siamo assolutamente incompatibili e non siamo felici da anni. Dubito che un po’ di sesso potrebbe mettere una pezza alle enormi carenze nel nostro matrimonio”.

“Che intendi con il fatto dell’infelicità? Ovviamente, siamo stati felici”.

Draco sospirò. “Davvero, Astoria? Sei così illusa? Ci vediamo a malapena”.

“Perché sei impegnato al lavoro, ed io sono impegnata a fare la brava moglie ed a socializzare con i nostri amici”.

Lui fece una smorfia. “Una brava moglie? Mi fa ridere. Ed io scelgo di essere impegnato a lavoro, piuttosto che tornare a casa in questa farsa di matrimonio”.

Lei sbuffò. “Sei impossibile, ecco cosa. Non sei mai contento”.

“No, non è che io sono impossibile. E potrei essere felice, facilmente. Ma tu non hai ciò che serve per rendermi tale”.

“Nessuno può renderti felice. Sei deprimente, e succhi via felicità e bontà da tutto”, sbottò amaramente lei.

Draco si allontanò irritato dalla moglie. “Sei così assorbita da te stessa che non riesci a vedere oltre ciò che vuoi”.

“Io sono assorbita da me stessa? Da che pulpito. Almeno io non mi siedo in un angolo e mi lamento. Io cerco di andare avanti con la mia vita”.

“E che mi dici del fatto che ciò che ho passato io quando ero un bambino è una cosa che nessuno dovrebbe conoscere?”.

“Oh, eccoci di nuovo. Sei una lagna. Cos’è successo al vecchio Draco? Quello che era conscio del suo valore e lo faceva sapere a tutti”.

“Sono cresciuto, Astoria. Una cosa di cui tu non saprai mai nulla. Ho imparato delle lezioni ed ho dovuto cambiare, altrimenti non ci troveremmo nella posizione in cui siamo”.

“Santo Salazar, sei patetico. Se ti rallegrassi, Draco, staremmo bene. Ma invece fai la piagola. Pensavo avessi smesso con il comportamento autocommiserativo, invece nulla”.

“Ho smesso, ma tu ora non riesci a capire che le cose sono diverse. Il mondo è cambiato. Non è come prima. Non puoi aggrapparti a ciò che era, non è più possibile né tollerato. Con l’ultima guerra abbiamo perso troppo”.

“Potresti, se fossi intelligente”.

Lui sbottò. “Sei così infantile. Siamo sotto osservazione. Il fatto potrebbe esserti sfuggito, ma il Ministero ci tiene d’occhio con insistenza”.

“Potresti farti leccare i piedi dal Ministro. Tuo padre lo faceva”.

“Ed è precisamente il motivo per cui non possiamo essere felice. Non la vediamo allo stesso modo su nulla. Non capisci nulla che non sia potere, status e soldi”.

“Sei un Malfoy, sei fatto per pensare a quelle cose. Cosa c’è che non va in te?”.

Lui si strofinò stancamente gli occhi. Non importa quante volte ne parlassero, Astoria sembrava incapace di capire perché loro non potevano vivere come avevano fatto le precedenti generazioni Malfoy. Non capiva che i Malfoy erano sempre stati bravi a cambiare politica per rimanere al potere. Lui e Lucius avevano fatto sforzi enormi per non continuare a sbagliare come un tempo. Se volevano rimanere influenti, avrebbero dovuto accettare il cambiamento. Non era stata una decisione difficile, dopo tutto quello che era successo. Sua madre aveva felicemente approvato, assicurandosi di essere vista supportare giuste cause, ma Astoria lo aveva trovato impossibile.

“Non capisci come al solito, Astoria. Non capirai mai, ed è il problema più grande fra noi”.

“Sei debole. Non avevi ciò che serviva per diventare Mangiamorte, e non hai ciò che serve ora per rendere felice tua moglie. Non sei nemmeno riuscito a tenerti la Parkinson, quanto lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per te. Ti ha riconosciuto come la piccola e triste persona che sei, ed ha scaricato il tuo patetico sedere”.

Lui sentì la rabbia ribollirgli dentro, ma si rattristò quando capì che Astoria aveva ragione. Le voltò le spalle. “Esci! Non voglio più vederti. In effetti, puoi benissimo uscire dal Manor e dalla mia vita per sempre”.

Lei lo guardò sdegnata. “Sia tu che tuo padre pensate di essere troppo bravi per me, ora che la Granger porta in grembo tuo figlio”, rise amara. “Buona fortuna nel metterti contro di lei, Draco. Se ricordo bene, non hai mai vinto contro di lei o Potter”. E con ciò svolazzò via dalla stanza.

Draco si sedette sul letto. Un litigio con Astoria era proprio ciò che gli serviva per trasformare in peggio la giornata decente. L’unica cosa che aveva capito di lui era quali bottoni premere per fargli più male possibile. E lo aveva fatto di nuovo, scavando nella sua personalità e con Pansy.

Nonostante le apparenze, non era davvero sicuro di sé. Oh, lo nascondeva bene, ma era ciò che gli era stato insegnato a fare. I Malfoy non mostrano incertezza od esitazione. Quanto era più giovane, gli era stato più facile credere nella propria superiorità innata. Dopotutto, aveva sempre avuto ciò che voleva, un circolo di amici adoranti ed un padre da cui correre se le cose non andavano come voleva.

Ma quegli anni da Mangiamorte gli avevano insegnato che la vita aveva un modo strano di essere imprevedibile. La sua facile esistenza era stata gettata dalla finestra, e lui era rimasto con la consapevolezza che alla fine un nome e la ricchezza non significavano molto. Di sicuro davano una mano, ma alla fine non potevano sopprimere alla mancanza di carattere o convinzione.

Da quanto il suo mondo era stato stravolto, era diventato meno sicuro di sé e del suo ruolo. Non aveva aiutato nemmeno il fatto che anche suo padre fosse uscito dalla guerra molto sminuito. Era stato l’unica persona sulla quale poteva contare nel mostrargli quanto significasse il nome dei Malfoy, ed era sparito quella notte all’Ufficio Misteri. Lucius era passato dall’essere un Mangiamorte estremamente sicuro ad un tirapiedi fallito. E Voldemort si era assicurato di punirli entrambi.

Pensare a suo padre gli fece ricordare che Astoria in qualche modo aveva saputo della Granger e del bambino. Non erano buone notizie, soprattutto perché le aveva appena detto di uscire dalla sua vita. Era troppo, per una così bella giornata.


Dire che Astoria era arrabbiata, era poco. Nessuno la poteva rifiutare. Nessuno. Essersi esposta così per Draco ed essere così duramente rifiutata era umiliante. E non solo, l’aveva cacciata! Ancora non aveva nemmeno parlato con suo padre, ma era arrivato alla stessa conclusione di Lucius. Beh, lei non lo avrebbe sopportato. Si rifiutava di essere messa da parte e scaricata quando meglio confaceva agli arroganti uomini Malfoy.

Camminò verso le sue stanze private, cercando di pensare a cosa poter fare per punirli. Sapeva avrebbe dovuto avere a che fare con la Granger ed il bambino. Il tanto importante erede Malfoy.

Il primo pensiero era stato di rintracciarla e maledirla, il che avrebbe messo in pericolo il bambino. Ma l’aveva presto abbandonato perché troppo rischioso. Oltretutto tutti sapevano quanto veloce fosse la Granger con la bacchetta, e ci sarebbe stata la possibilità concreta che lei ne fosse uscita conciata male. Ad ogni modo, non era lei il vero problema, ma Draco. Aveva bisogno di qualcosa che lo avrebbe ferito nel profondo, nell’orgoglio o nella famiglia. Camminò su e giù, mentre si scervellava.

Ad un certo punto si fermò e fissò fuori dalla finestra, prima che la sua attenzione venisse catturata da qualcosa sulla scrivania. Lo osservò un momento, prima di sorridere. Oh, sì! Se avesse giocato bene le sue carte, avrebbe potuto trascinare il loro nome nel fango, distruggergli la reputazione ed uscirne senza macchia. Sarebbe stata una situazione perfetta.

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Capitolo 9
*** Piani E Organizzazioni ***


Cap 9

Piani ed Organizzazioni

Draco passò la domenica mattina ad organizzare tutto ciò che gli sarebbe servito per la settimana impegnativa che lo aspettava. Non era la cosa che sognava quando era giovane, e ciò era parte del motivo per cui si sentiva più vecchio dei suoi anni. In verità, si era rivolto al lavoro come panacea per tutti i problemi nel suo matrimonio. Poteva dimenticarsi di quanto fosse pazza Astoria e perdersi negli investimenti, anche se ora capiva che non era la cosa più salutare del mondo. Aveva solo fatto finta che i suoi problemi non esistessero

Si accigliò sentendo bussare alla porta. Odiava essere disturbato fino a quando non avesse finito. Gli dava sempre sui nervi, e di solito nessuno voleva assistervi.

“Avanti”, sbottò, continuando velocemente a scrivere sul plico.

“È il modo di parlare a tuo padre?”.

Draco alzò sorpreso lo sguardo, prima di accantonare tutto. Aveva pianificato di andarlo a trovare dopo pranzo.

“Padre”, lo accolse. “Siediti”.

Suo padre prese una sedia dalla scrivania e si sedette, incrociando le mani sul bastone.

“Dobbiamo parlare di Astoria”, disse Lucius, aprendo la conversazione.

Draco sospirò, mentre pensava al loro litigio della notte precedente. “Sì, dobbiamo”.

“Sa della Granger”.

“Sì, lo sa. Come fai a saperlo?”.

“È venuta da me ieri mattina, chiedendomi di fare qualcosa del bambino. Credo pensasse avrei potuto fargli del male in qualche modo”.

Draco sentì immediatamente la rabbia nelle vene. Era sorpreso dai propri sentimenti paterni verso il feto, ma il pensiero che qualcuno volesse fargli del male lo faceva infuriare. Credeva che gli sarebbe servito del tempo per adattarsi alle circostanze, ma appena gli era stato comunicato che sarebbe diventato padre, si era sentito felice, e preoccupato. Il fatto che sua moglie avesse cercato di tramare alle sue spalle per azzerare le sue possibilità di diventare padre era oltremodo sconvolgente.

“Cos’ha fatto? La ucciderò”.

“Draco, non puoi permetterti che le emozioni ti influenzino. Dobbiamo ragionarci senza rabbia”.

“Facile dirlo, non è tuo il figlio di cui si parla”.

“No. Ma è mio nipote, e sai che avrei avuto più figli se avessi potuto”.

Draco sospirò. I suoi genitori avevano cercato disperatamente di avere un secondo figlio, ma era stato impossibile, ed all’epoca il mondo magico non era a conoscenza dei trattamenti di fertilità.

Non che suo padre si sarebbe avventurato nel mondo Babbano, comunque.

Si passò una mano tra i capelli. “Quindi, cosa le hai detto?”.

“Cosa credi? Le ho detto che entro la fine della settimana doveva radunare le sue cose e sparire dal Manor”.

Draco rise. Era divertente che suo padre fosse arrivato alla sua stessa conclusione.

“Cosa c’è di buffo?”, chiese Lucius.

“Le ho detto la stessa cosa la scorsa notte”.

“La scorsa notte?”.

“Sì. Sono tornato dalla partita di Quidditch e lei ha cercato di sedurmi”.

“Di sedurti?”, chiese divertito suo padre.

Non poté evitare che le guance gli si arrossassero. Anche se aveva ventinove anni, era ancora imbarazzante fare certe conversazioni con un genitore.

“Sì, pensava di poter provare a ricucire il matrimonio. Ora so perché. Le avevi già detto che i suoi giorni qui erano contati”.

“Ha minacciato di farmela pagare”.

“Beh, se pensava di farlo attraverso me, è in ritardo di sette anni. Ha perso ogni attrattiva che prima poteva avere”.

“Beh, è bello sapere che non pensi più con una certa tua parte anatomica”.

Draco lanciò a suo padre uno sguardo, al che Lucius alzò un sopracciglio.

“Quindi adesso?”, chiese.

“Ora mettiamo Horatio sul caso, e gli facciamo preparare i documenti del divorzio”, replicò Lucius.

“Immagino sia troppo cercare di presentarci come una famiglia felice ormai”.

“Astoria non ci asseconderebbe mai, a meno che non le garantissimo di rimanere permanentemente sua moglie”.

“Beh, non succederà”, ringhiò lui.

“Bene. L’importante è sciogliere questo matrimonio con pubblicità minima. Specialmente se speriamo di presentare al mondo un Malfoy in nove mesi. Non starebbe bene che la vera storia uscisse, o che sembri tu abbia avuto una relazione. Infangherebbe la tua reputazione”.

Era d’accordo. Si era appena riguadagnato la reputazione, e non era pronto a vederla nuovamente trascinata nel fango. “Come facciamo a convincere Astoria ad un divorzio civile?”.

“Pensavo di parlare con suo padre sta sera. O mette in riga sua figlia, o ci riprenderemo tutti i soldi che abbiamo investito nei suoi affari. Cadmus Greengrass adora il lusso. Non rischierà di perdere tutto”.

Draco annuì. L’unica cosa che aveva sempre reso Lucius bravo nel nuotare nelle acque torbide della politica era la sua innata comprensione dei desideri delle persone, e come giocarli a suo favore. L’ultima volta che aveva fallito era stata quanto li aveva invischiati per la seconda volta con il Signore Oscuro. Aveva sottostimato Potter e la tenace convinzione che il Bambino che è sopravvissuto aveva. Senza dubbio, se Lucius avesse capito la forza e la profondità dell’Ordine della Fenice, avrebbe disertato molto prima della battaglia finale. Ma ormai era il passato. Se c’era una cosa che suo padre conosceva, era la mentalità purosangue.

“Credi sarà in grado di mettere in riga sua figlia?”.

Lucius ci pensò un momento. “Onestamente non lo so. Spero che la paura di perdere tutto lo spingerà a costringerla a comportarsi come si deve”.

Le labbra di Draco si strinsero. Astoria era tenace quando le cose non andavano come voleva. Gli ricordava la versione dodicenne di sé stesso: viziato, abituato a fare a modo suo. Se non fosse passato per la dura realtà della guerra, sarebbe stata la moglie perfetta. Sarebbero stati la coppia più egoista, viziata ed arrogante che il mondo avrebbe visto.

Ma le cose erano cambiate, e mentre lei non voleva riconoscerlo, Draco era più che conscio di aver dovuto credere. Le responsabilità lo avevano colpito e reso un po’ acido. Risentiva della perdita di sicurezza che aveva una volta. Ad ogni modo, questo Draco più forte e realistico era più bravo a fronteggiare la situazione del momento.

“E se Astoria scegliesse di fare la testarda e rifiutasse di lasciare il Manor?”, chiese a suo padre.

“Non preoccuparti, ci ho già pensato. Ho già detto agli elfi domestici di allontanarla, usando anche la forza se necessario”.

“Speriamo di non dover ricorrere a misure così drastiche”.

“Oh, non lo so. Credo mi divertirei alla vista di Astoria maltrattata, dopo il modo in cui mi ha parlato”, disse Lucius, chiaramente divertito dalla prospettiva.

Draco non poté evitare il ghigno che gli si stampò sulle labbra alle parole del padre. Lucius certamente aveva carattere, e non era debole di cuore. Essere la nuora non la esimeva dalla sua perfidia, se avesse cercato di mettergli i bastoni tra le ruote.

“C’è un’altra cosa di cui volevo parlarti”, disse Lucius, sistemandosi sulla sedia poco a suo agio.

Si accigliò. Non vedeva suo padre così nervoso nel parlare con lui da quando... beh, non lo aveva mai visto così.

“Devo parlarti del perché ti ho spinto a rimanere con Astoria quanto mi hai proposto la prima volta il divorzio”.

“Perché volevi un erede purosangue che portasse avanti il nome”.

“Sì e no”.

“Cosa intendi?”, chiese Draco, ormai veramente confuso.

Lucius si mise le mani sulle gambe e guardò il pavimento. “Non volevo dirtelo così, ma tua madre ha insistito. Ancora non sono sicuro di volerti addossare anche questo peso”, disse, prima di fermarsi chiaramente esitante sul continuare o meno.

“Per favore, Padre. Se mia Madre vuole che tu me lo dica, allora è importante”.

Entrambi sapevano che aveva ragione. Narcissa non spingeva nessuno dei due, a meno che non lo considerasse necessario. Certamente non le piaceva interferire senza motivo nel loro rapporto.

“Lo so”, sospirò Lucius. “Solo non volevo farlo”.

Draco rimase seduto con pazienza, aspettando che il padre trovasse le parole. Era ovvio che si trattasse di una bomba, e sapeva che suo padre stava cercando di capire come limitare l’esplosione senza fare troppi danni.

“Sono malato”, disse Lucius, ovviamente decidendo che la bruta onestà fosse il modo migliore di procedere. “E non intendo un pochino malato. Sto effettivamente morendo”.

La testa gli pulsò, mentre cercava di digerire l’informazione. “Cosa?”, chiese debolmente.

“Sono malato ormai da cinque anni o giù di lì. I Guaritori al San Mungo ci stanno lavorando ma per ora non riescono a trovare una cura. Credono sia perché ero presente quando il Signore Oscuro sperimentava con la magia. Ecco perché ti ho spinto a prendere in mano gli affari prima che tu fossi pronto. Non volevo farlo, volevo che ti godessi la giovinezza, ma avevo paura di morire all’improvviso e che tu ti trovassi impreparato”:

Il primo pensiero di Draco fu di sollievo nell’aver avuto ragione sui motivi che lo avevano spinto a dargli in mano gli affari. Poi, la realtà della situazione che Lucius gli aveva appena spiegato lo colpì, ed il dolore fu quasi insopportabile. Dopo tutto quello che avevano passato, perdere suo padre per una malattia sconosciuta e probabilmente incurabile era impensabile. Nonostante cosa pensassero gli estranei, i Malfoy erano una famiglia unita, e lui si era sempre sentito amato dai genitori. Nonostante suo padre potesse sembrare disinteressato o troppo duro, sapeva che era fiero di lui.

“Non può succedere”, fu tutto ciò che riuscì a dire.

Lucius sorrise a metà. “Credimi, figliolo, vorrei fosse così. Ma la verità è che devo preparare tutto nel caso morissi. Ecco perché ti ho spinto ad avere un figlio con Astoria”.

“Mi sono domandato perché fossi così serio nel volerla tenere”.

“Non sono stupido, Draco. Sapevo che se avessi ottenuto il divorzio ci sarebbe voluto tempo prima che ti fossi deciso a sposarti di nuovo. Ma non sono sicuro avremo tempo per questo. Volevo assicurarmi ci fosse un erede in arrivo, prima di morire”.

“Smettila di dirlo”, disse agitato mentre si passava distratto una mano tra i capelli.

“Perché? È la verità. Sto morendo, Draco. È il motivo per cui ho fatto del mio meglio per assicurarmi di velocizzare le cose e dirti tutto ciò che ti serve per diventare il capo in questa casa”.

Lui si alzò e fece vagare lo sguardo fuori dalla finestra, quasi assente, prima di voltarsi verso l’armadietto degli alcolici, prendere del Firewhiskey e trangugiarlo. Tossì appena, mentre l’alcool gli bruciava la gola.

“Ne vuoi un po’?”, chiese, offrendo al padre il bicchiere.

“No, certo di stare lontano dall’alcool. Potrebbe innescare un attacco”.

“Ne hai avuto uno il giorno in cui ti ho detto della Granger”.

Lucius sogghignò. “In quelle circostanze, credo di poter essere scusato”.

Draco rise, ma senza divertimento. Si risedette, cullando il Firewhiskey tra le mani. “Ora che facciamo?”.

“Continuiamo come sempre. È un peccato che con Astoria sia scoppiato tutto proprio ora, ma forse sarà la nostra fortuna. Come te la cavi con la Granger?”.

“La vedrò mercoledì sera. La ragazza Weasley le ha messo un po’ di sale in zucca, e lei ha accettato di incontrarmi per discutere”.

“È una cosa positiva, no?”.

“Non lo so. Mi è ostile, e vede questo bambino come solo suo. Non c’è possibilità che ci rinunci”.  

Lucius giocò con le dita. “Forse dovremmo rivedere un po’ la cosa. Ho parlato con Horatio, e lui crede sia difficile otterremo la custodia esclusiva del bambino. Ha parlato con un avvocato esperto di diritto familiare Babbano, e gli ha spiegato la situazione. Secondo i tribunali babbani, la Granger molto probabilmente otterrebbe la custodia, a te spetterebbe il diritto di visita. Se il Wizengamot è determinato ad imitare i Babbani a riguardo, allora dobbiamo essere realistici”.

Draco annuì. Non era una grande sorpresa. Aveva fatto un po’ di ricerche da solo a riguardo. “Il diritto di visita potrebbe andare”.

Suo padre gli lanciò uno sguardo penetrante. “Non diventare compiacente, Draco. Non è di certo l’ideale. Nessun Malfoy è mai cresciuto fuori le mura del Manor da quanto William il Conquistatore ci ha assicurato la terra. Sto solo mettendo sul piatto l’opzione per praticità. Voglio che il bambino cresca qui, conosca il suo passato e ciò che significa essere un Malfoy”.

“Se mai porterà il cognome Malfoy”, commentò amaramente Draco.

La testa di Lucius scattò in alto, ed era ovvio che lui non ci aveva mai pensato. “No”, disse, lanciando in aria la mano. “Pretendo che il bambino abbia il cognome Malfoy. Non è negoziabile”.

“Non devi avere quel tono con me! Se dovessi scegliere io, il bambino crescerebbe qui senza sapere nulla della Granger, ma sfortunatamente sembra sia lei al comando”.

“Devi farle capire quanto questo sia importante, Draco. Il bambino deve essere pubblicamente riconosciuto come un Malfoy”.

“Dammene la possibilità, papà! Le ho appena fatto accettare un vero incontro, e nonostante tutto non è stato grazie a me”.

“Datti da fare. Ero serio quando ho detto di utilizzare il tuo fascino. Devi fartela amica e farla accettare questo, almeno”.

“Perché credo sia più semplice da dire che da fare?”.

Lucius sembrò rilassarsi un po’. “Nessuno ha mai detto sarebbe stato facile. Ed i Grifondoro sono sempre stati testardi”, disse con una punta di umorismo.

“Sì, ottimo”, grugnì Draco.

Suo padre si sporse in avanti, allungò la mano e la batté sulla spalla di Draco. “Devi avere fiducia in te stesso, Draco. Puoi dare una svolta alla situazione, devi solo crederci”.

Draco non poté far altro che pensare che le cose sarebbero state molto più complicate, ma ora non era il momento di dare questo peso a suo padre. Ci avrebbe provato, per vedere come sarebbe finita. Dopotutto, non aveva mai provato prima ad essere carino con la Granger.


Hermione era seduta nell’ufficio del suo avvocato, spalleggiata da Harry e Ron. Non era mai stata così grata di avere un buon giro di amici come lo era stata nelle ultime settimane. Invece che giudicarla, la sostenevano fermamente, che fossero d’accordo con la sua decisione iniziale o meno.

Era una buona cosa che avesse quelle amicizie, perché le cose sicuramente non stavano andando come avrebbe voluto, ed era grata che Harry e Ron le avessero detto che l’avrebbero accompagnata all’appuntamento con l’avvocato, nonostante fosse lunedì mattina.

“Cosa intende con il fatto che Malfoy potrebbe ottenere il diritto di visita?”.

“Non è una situazione come le altre, Hermione, e devi riconoscerlo”, disse pacatamente Lucy Gordon, il suo avvocato.

“Lo so, ma sicuramente il mio contratto esclude qualsiasi ruolo del padre biologico”.

“Se il campione appartenesse al donatore, sì. Ma il Signor Malfoy non è il donatore. Si è recato alla clinica De Braun per avere un figlio. Ciò mette in gioco anche il suo contratto, ed un tribunale probabilmente deciderebbe di affidarti custodia con residenza, ma permettendogli le visite. Un figlio ha bisogno sia del padre che della madre, ed i tribunali tendono a far sì che ciò accada nella maggior parte dei casi”.

“Il bambino avrebbe delle figure paterne. Un mucchio”, disse Ron, intromettendosi nella conversazione.

Lucy lanciò uno sguardo irritato nella sua direzione. “Ne sono sicura, Signor Weasley, ma ciò che importa è che il Signor Malfoy è il padre biologico, ed ha dei diritti”.

Il cuore di Hermione perse un battito. Nel profondo lo sapeva già, ma non rendeva la notizia meno devastante. Le sue speranze di riuscire in qualche modo a far prevalere il suo contratto ed invalidare quello di Malfoy stavano svanendo velocemente.

“Non esiste un modo per usare l’errore della clinica a mio vantaggio, specialmente riguardo i contratti?”, chiese.

L’avvocato scosse la testa. “L’unico ruolo che ora la clinica avrebbe è se lei decidesse di citarli in giudizio per l’errore”.

Hermione sospirò. Aveva già affrontato la situazione con i genitori, che erano oltraggiati dall’errore medico. Avevano esposto la possibilità di citazione, ma lei non ne era tanto interessata. Non aveva bisogno di soldi e certamente neanche dello stress di trascinare un altro caso per le aule. Il primo con Malfoy sarebbe stato già abbastanza umiliante.

“Se vuole proseguire in quella direzione, posso metterla in contatto con un bravo avvocato. Io non sono una specialista in quel campo”, si offrì Lucy.

Lei scosse la testa. “Grazie, ma al momento non mi interessa”.

“Probabilmente è meglio concentrare le energie su una causa alla volta”, la mise in guardia l’avvocato.

“Quindi, crede che sia meglio offrire a Malfoy il diritto di visita e sperare in un accordo stragiudiziale?”, chiese Hermione

“Guardi, è ancora troppo presto. Non voglio farle prendere una decisione ora. Non abbiamo nemmeno prenotato un tribunale ancora, né sentito nulla dal rappresentante legale del Signor Malfoy. Ma non voglio nemmeno darle un consiglio legale irrealistico, ecco perché desidero sia preparata al fatto che il Signor Malfoy avrebbe molta probabilità di far parte della vita di suo figlio”.

“C’è la possibilità che ottenga la custodia esclusiva? Sicuramente presenterebbe una condizione famigliare migliore”.

Sia Harry che Ron si avvicinarono ad Hermione, chiudendo i ranghi al solo timore di una cosa del genere. Era commossa. La faceva sentire molto più sostenuta, come se avesse potuto affrontare qualsiasi cosa ancora una volta. I suoi due migliori amici erano bravi a farla sentire invincibile nonostante le possibilità che la sopraffacevano.

“Di nuovo, è troppo presto per saperlo. Presenterà istanza per la custodia esclusiva?”, chiese Lucy.

Hermione scosse la testa. “Non lo so, ma mi sento di dover essere preparata a tutte le possibili alternative. Non riesco ad immaginare che Malfoy voglia un mio intervento, a meno che non sia necessario. Non abbiamo un passato dei migliori”.

“Beh, tutto ciò che posso dirle è che se lei non ha grandi possibilità di ottenere la custodia esclusiva, lui ne ha ancora meno, senza tenere in conto il passato famigliare”.

“Potrebbe corrompere il tribunale?”, chiese Harry.

Lucy scosse la testa. “No, e questo è il motivo maggiore per cui il Wizengamot ha deliberatamente preso spunto dai tribunali Babbani. Vogliamo estirpare corruzione e tangenti dai casi legali. Ecco perché ora ci sono professionisti che si occupano dei casi, invece che lasciare che le persone si rappresentino da sole. Lei dovrebbe saperne qualcosa, Signor Potter”.

Harry annuì ed Hermione ripensò al ridicolo processo che lui aveva dovuto affrontare prima che il loro quinto anno ad Hogwarts iniziasse. Si sentiva molto più sicura sapendo che il sistema era ormai molto più professionale rispetto ad allora, quando Caramel faceva la parte di Pubblico Ministero, Giudice e Giuria. Perfino al professor Silente non sarebbe dovuto essere permesso rappresentare Harry. Era felice che ormai nulla del genere potesse succedere, ancora di più considerando i trascorsi di Lucius Malfoy con il Wizengamot.


Quindici minuti dopo, l’incontro si era concluso, ed erano diretti verso un posto decisamente migliore.

“Dannazione, non riesco a credere che quel povero bimbo avrà davvero Malfoy nella sua vita”, risse Ron, dopo che si sedettero in un bar vicino.

“Non farlo, Ron”; disse Hermione con un ringhio.

“Come ti senti a riguardo?”, chiese Harry.

Lei scrollò le spalle. “Non lo so. Vorrei esserne rimasta sorpresa, ma ho letto abbastanza sul diritto di famiglia di recente per rimanere scioccata da ciò che ha detto Lucy. Mi fa sentire meglio riguardo all’incontro in cui Ginny mi ha praticamente forzato ad andare”.

“Che incontro?”, chiese Ron, con la bocca piena di salsicce.

“Ho accettato di incontrare Malfoy mercoledì sera”.

“Cosa? Perché?”, chiese il rosso.

Hermione roteò gli occhi. “Perché, come ha sottolineato tua sorella, devo provare a fare l’adulta. Potrei non volerlo nella vita di mio figlio, ma come hai appena visto potrei non avere molta scelta a riguardo”.

“L’intera situazione fa schifo”, disse Ron.

“Non dirlo a me. Provaci tu, quando hai il corpo fuori controllo dalla rabbia e gli ormoni che continuano a farti piangere”.

Entrambi i ragazzi inorridirono. Avevano visto Hermione piangere più spesso durante le ultime settimane che in qualsiasi altro momento della loro amicizia.

Hermione si rallegrò un pochino. Ron poteva non essere la persona più acuta, ma riusciva sempre a renderla più felice, ed al momento ne aveva bisogno. L’intera gravidanza le stava dando troppi problemi.

“Vuoi che veniamo con te?”, chiese Harry.

Lei gli sorrise ma scosse la testa. “No, credo sia meglio se ci incontreremo da soli. Comunque, sarebbe davvero sciocco se mi presentassi con la scorta. Vorrei riuscissimo a trovare un accordo da persone mature, e quello non sarebbe il modo migliore di iniziare”.

“Saremmo felici di rimanere nelle vicinanze, se ti facesse sentire più sicura”.

“Dubito mi farebbe qualcosa. Credo che se avesse voluto farlo, avrebbe già fatto la sua mossa ormai”.

“Lo so e sono d’accordo, soprattutto dopo la mia conversazione con lui. Ma intendevo per supporto emozionale”, disse Harry.

“No, dovrei cavarmela”.

“Hai pensato a sporre denuncia alla Bulstrode?”, chiese.

Hermione ci aveva pensato. Era scandalizzata che la strega ex Serpeverde abusasse del proprio potere in quel modo. Non era accettabile tradire il segreto professionale. Quando era tornata al lavoro dopo l’appuntamento, era rimasta arrabbiata ed era stata molto vicina allo scrivere una lettera di lamentele al Capo del reparto Maternità magica al San Mungo e cambiare ospedale. Poi la rabbia era calata, ed aveva pensato ai potenziali benefici se avesse usato con cautela l’informazione.

“Ad essere onesta, penso lascerò perdere”.

“Cosa?”, chiese Ron, sputacchiando. “Ha assolutamente abusato della propria posizione. Potresti metterla nel sacco. Dovresti metterla nel sacco”.

“Potrei, ma potrei anche usarlo a mio vantaggio. Non voglio fargliela scampare. So che ama il suo lavoro, ho chiesto in giro. E le parlerò a riguardo. Questa azione mi ha dimostrato che è vicina a Malfoy, e lui al momento non ha molta voglia di elargire informazioni. Penso la userò per dei ragguagli”.

Harry fischiò, mentre Ron la guardò scioccato ed ammirato.

“Cavolo, Hermione, sei sicura di non aver dovuto finire a Serpeverde?”, chiese Ron.

Lei sorrise. “Forse. Se non avessero odiato i Nati Babbani così tanto”.

“Beh, di certo dimostri abbastanza ingegno. Prima con Rita Skeeter al quarto anno, ora questo”, disse Harry.

“Entrambe dovevano prevederlo. Anche se ad essere onesti, la Bulstrode non è esattamente a livello della Skeeter. Quella donna è sia pazza che malvagia”.

“Se vuoi che arrestiamo la Bulstrode, fammelo sapere. Ciò che ha fatto è illegale, ne sono sicuro”, si offrì Harry.

Lei prese sia la mano di Harry che quella di Ron, stringendole. “Siete i migliori amici che una ragazza potrebbe desiderare”.

“Ma per favore, non iniziare a piangere di nuovo, Hermione”, disse Ron, con sguardo fintamente impaurito.

Lei gli lanciò una crosta di pane.


In città, mentre Hermione si divertiva a colazione con i suoi migliori amici, una bellissima donna bruna camminava a Diagon Alley diretta verso un palazzo alto e scintillante che era stato costruito qualche anno prima.

Mentre entrava nell’atrio immacolato, passò le mani lungo il vestito perfetto, sapendo di avere un aspetto meraviglioso. Il trucco era perfetto, e non c’era un capello fuori posto. Voleva esattamente quello, una facciata fredda ed efficiente. I tacchi risuonarono sul pavimento di marmo, mentre si avvicinava alla reception.

La receptionist dietro la scrivania sembrava impressionata, quando lei si fermò a fronteggiarla.

“Come posso aiutarla, signora?”, le chiese.

Astoria si accigliò per un momento. Preferiva essere chiamata signorina, dato che aveva solo ventisette anni, anche se non voleva apparire giovane o gioviale. Se così fosse stato, la persona che stava per incontrare l’avrebbe mangiata viva.

“Potrebbe per favore dire a Rita Skeeter che ha una visita?”.

“Se potesse sedersi laggiù in sala d’attesa, le farò sapere che è qui. Signora…?”.

“Mi sta aspettando”, disse Astoria, non volendo dare alla ragazza il piacere di soddisfare la curiosità. Era anche conscia dell’importanza di tenere la visita più segreta possibile. Meno persone lo sapevano, meglio era.

La receptionist annuì, convinta dalla sua aria sicura, e non le domandò il nome. Astoria si fece strada verso i divani della sala d’attesa. Venne inghiottita con grazia dal divano di fronte alla scrivania, e prese languidamente in mano l’ultima uscita del Settimanale Strega.

 

 

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Capitolo 10
*** Nuovi Inizi ***


Cap 10

Nuovi Inizi

Rita Skeeter sorrise, mentre accompagnava l’ospite nella sala conferenze che aveva preparato quella mattina. Se aveva ben compreso la personalità di Astoria Malfoy, la giovane strega avrebbe voluto sentirsi importante. Tè, caffè, ed una selezione di pasticcini che erano già stati distribuiti sul tavolino a completare la facciata da trattamento VIP.

Mentre si sistemavano, si domandò cosa potesse raccontarle Astoria. Il gufo che le aveva mandato era stato irritantemente vago, ma diceva di avere delle informazioni sul marito che avrebbe trovato molto interessanti. Rita non era stata una giornalista professionista per oltre trent’anni per nulla. Si era specializzata in scandali, e quello poteva rivelarsi il più grande. I Malfoy erano notoriamente riluttanti. Era praticamente impossibile ottenere informazioni personali su di loro che non fossero già stati resi noti. Erano sfuggenti. Erano riusciti a tenere Lucius fuori da Azkaban non una, ma due volte.

“Allora, Astoria. Posso chiamarti Astoria?”.

“Sì, la prego. Signora Malfoy mi fa sentire così vecchia”, replicò la bruna.

“Ottimo! Allora, Astoria, di cosa volevi parlarmi?”.

Osservò la giovane strega comporsi, incrociare le gambe e mettere delicatamente una mano sulle ginocchia.

“Ho qualcosa di succulento da condividere riguardo mio marito, Draco Malfoy. Ma lo farò ad una condizione: devo rimanere una fonte anonima”.

Rita era intrigata. Era insolito per un Malfoy rompere i ranghi e discutere di altri membri della famiglia con la stampa, e lei era pronta ad acconsentire a quasi tutto per ottenere la storia.

“Certo, Astoria. Non ci sarà bisogno di nominarti nell’articolo che pubblicheremo”.

“Oh, spero sarà una serie di articoli, e credo la penserà come me quando avrà sentito cos’ho da dire”.

Lei si avvicinò, prendendo un taccuino ed una Penna Prendiappunti dalla borsa. “Non ti dispiace se prendo appunti vero?”, chiese.

“Credo sarebbe meglio se lo facesse, Rita”.

“Allora, tuo marito, Draco. Che cosa combina?”.

“Beh, diciamo solo che si trova in una carta situazione, con una certa Hermione Granger”, disse Astoria, tentatrice.

Rita si sedette, ora più interessata. Dire che detestava Hermione Granger era poco. Quella disgustosa piccola secchiona le aveva distrutto la carriera, e le ci erano voluti anni per raccogliere i pezzi.  Non era mai stata riassunta dalla Gazzetta del Profeta. Invece, si era sistemata al Settimanale Strega, nient’altro che un giornaletto di gossip privo di quell’onore e gloria che portava lavorare per il primo giornale magico della Gran Bretagna. Non pagavano nemmeno così bene.

Almeno nessuno la ricattava più. Non c’era motivo di rimanere un Animagus non registrato, se la Granger fosse rimasta in giro a controllare che non lo usasse come si deve.

“Per favore, continua Astoria. Come puoi vedere, sono tutta orecchie”.


Il mercoledì sera arrivò troppo velocemente per la pace mentale di Hermione. Si era sorbita un discorso di incoraggiamento da parte di Ginny durante il pranzo di quel giorno, sul fatto di stare calma e non permettere agli ormoni di dettare le sue azioni.

“Non capisco perché tu sia così determinata sul fatto che dovremmo andare d’accordo”, aveva detto Hermione all’amica rossa.

“Perché Harry mi ha detto ciò che è successo all’incontro con l’avvocato, e con ogni probabilità voi due dovrete cooperare per prendevi cura del bambino”, aveva replicato Ginny.

Lei aveva sospirò. Poteva aver avuto qualche giorno per digerire e metabolizzare la deprimente notizia di Lucy, ma non significava che fosse venuta a patti con il dover potenzialmente avere a che fare con Malfoy per il resto della sua vita.

“Lo so, ed hai ragione, ma non rende le cose più facili”.

Ginny le aveva preso le mani. “Certo che no, tesoro. Ma te lo dico io: anche i padri sono importanti nella vita dei figli. E so che non avevi programmato un padre nella vita del bambino, il che sarebbe andato bene se la cosa si fosse risolta come volevi. Ma non è successo, Hermione, e se lui vuole farne parte, allora devi dargliene l’opportunità. Non sarebbe corretto nei confronti del bambino, se non lo facessi”.

Ginny aveva ragione, Hermione lo sapeva. Ma non riusciva a superare il problema che si trattasse di Malfoy. Che il figlio fosse per metà suo.

Era ancora poco convinta che Malfoy anche solo volesse essere un buon padre. Per il momento, lo aveva solo sentito parlare dell’essere il prossimo erede Malfoy, ed ai suoi occhi quello non era importante. Comunque, bastava vedere come quel tipo di ragionamento avesse incasinato Draco. Non era sicuramente stato un ragazzo bilanciato, ben allevato e socialmente corretto. Si era comportato da snob odioso, che bullizzava gli altri. E lei non si sarebbe accordata per tutti i figli del mondo, se lui avesse pensato di aver diritto a qualsiasi cosa a causa del cognome che portava.

Il che la fece pensare ai cognomi. Godric, un altro argomento di cui discutere. Dubitava che i Malfoy avrebbero accettato di avere un figlio con un cognome diverso, ma Hermione sicuramente voleva che la piccola Iris si chiamasse Granger. Avrebbero dovuto imporle il fardello di un doppio cognome? Granger-Malfoy o Malfoy-Granger.

Inarcò un sopracciglio. Stava diventando ridicolamente complicato, e non era ancora nemmeno incinta da dodici settimane.

Si chiarì i pensieri, mentre si avvicinava al bar. Non sarebbe stato di nessun aiuto arrivare con un aspetto distrutto. Doveva rimanere lucida durante l’intera conversazione, altrimenti avrebbe rischiato di cadere in tentazione e lanciare dell’acqua bollente sull’irritante ex Serpeverde.

Hermione rimase piacevolmente sorpresa di vedere che Malfoy era già lì. Almeno dimostrava di prendere la cosa seriamente. Avrebbe scommesso che sarebbe arrivato in ritardo solo per dimostrarle che poteva lasciarla ad aspettare.

Camminò introno al tavolo in cui si era sistemato, compiaciuta del fatto che avrebbe offerto loro un po’ di privacy, dato che l’area non era affollata. Quando arrivò al tavolo, lui si alzò e lei rimase sorpresa della cortesia vecchio stile, non essendoselo aspettato né avendolo mai sperimentato prima. O almeno, non da Malfoy. Prese la sedia e si sedette, mentre lui la imitava.

“Scusa, non ho ordinato per te dato che non sapevo cosa avresti preferito”, disse, indicando la propria tazza.

Il sopracciglio le si alzò. Si stava davvero comportando al meglio. Magari avrebbe potuto funzionare, se avessero continuato a trattarsi con quel livello di rispetto.

“Non fa nulla, vado ad ordinare qualcosa”, replicò.

“No, rimani lì”, disse lui, prima di sventolare un braccio e chiamare il cameriere.

Hermione vide che si trattava dello stesso ragazzo che li aveva serviti la prima volta. Quella volta sembrava meno sorpreso dalle azioni di Malfoy, e si avvicinò con meno riluttanza.

“Sì, signore?”, chiese lui.

“La mia amica vorrebbe ordinare”, replicò Malfoy.

Lei lanciò al povero ragazzo uno sguardo di scuse, prima di dargli ordinare. Poi voltò gli occhi verso Malfoy.

“Smettila di guardarlo come se fosse un elfo domestico. Viene pagato per lavorare qui”.

“S’, ma in questo bar non fanno servizio al tavolo”.

“Me lo hai detto l’ultima volta. Gli ho dato una lauta mancia. Così alta che lo distoglierà dal pensiero”.

Lei sospirò. Non c’era motivo di parlare ancora. Avrebbero sempre avuto opinioni diverse sul trattare quelli che facevano quel lavoro.

Rimasero seduti nel silenzio imbarazzante, mentre aspettavano che la sua ordinazione arrivasse, e lei riusciva a sentire i nervi tendersi. Sperò di riuscire a trovare qualcosa da dire per rompere il silenzio pesante, ma non ci riuscì. Rimase sorpresa quando si rese conto di non conoscere per nulla Malfoy. Non aveva idea dei suoi interessi o di cosa gli piacesse, aveva solo dei preconcetti nati a causa del suo terribile comportamento a scuola.

Una volta che la sua bevanda arrivò, si sdraiò sulla sedia e soffiò sul tè per raffreddarlo. Alzò gli occhi, e vide che Malfoy la stava osservando. Era un po’ sconcertante.

“Allora”, disse lei, nel tentativo disperato di rompere il silenzio.

“Come ti senti?”.

Lei sorrise. La conversazione stava prendendo la stessa piega dell’ultima volta. Anche se in realtà quel giorno era determinata a rimanere civile e non punzecchiare Malfoy, così che se ne sarebbe andato di colpo.

“Sto bene”.

“E le nausee? Sono passate?”.

“No, di solito non si riducono fino all’inizio del secondo trimestre”.

“Oh!”.

La tensione ed il silenzio tornarono.

Prese un respiro profondo. Dovevano parlare come si deve delle loro alternative e di ciò che avrebbero fatto. Per la sua stessa salute mentale, doveva sapere esattamente cosa lui volesse fare.

“Ok, inizio io a parlare. Noi non di conosciamo davvero, io non ho idea di cosa succeda nella tua vita e sono sicura che la cosa sia reciproca. Ma in qualche modo dovremmo cooperare, per il bene del bambino. Ho parlato con il mio avvocato, e so che è improbabile che il mio contratto con la clinica venga ritenuto vincolante rispetto al tuo desiderio di avere un ruolo nella vita del bambino”.

Hermione rimase ad osservare, mentre la linea rigida delle spalle di Malfoy si rilassava un pochino, ed il disagio svaniva dal suo viso. All’inizio non se ne era resa conto, ma ora che si era rilassato, riusciva a capire che lui era stato teso ed a disagio tanto quanto lei.

“Non discuterai i miei diritti di far parte della sua vita”.

Lei esitò, per un momento insicura. Di solito non lo era, ed una volta che aveva preso una decisione la rispettava. Quindi, se gli avesse detto che gli avrebbe garantito le visite, lo avrebbe fatto. Non si sarebbe rimangiata la parola, era la sua natura.

“No, non lo farò”.

Lui la guardò un po’ sospettoso, come se stesse soppesando le sue parole e stesse cercando di capire se dovesse fidarsi o meno.

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?”.

“Dubito ti avrei mai negato un ruolo nella vita del bambino. Ero solo scioccata e spaventata, il che mi ha fatto andare sulla difensiva. Ma so che avere entrambi i genitori può fare una grande differenza, e non negherei l’opportunità a mio figlio”.

“E non cambierai idea?”.

Non poteva incolparlo per volerne essere sicuro. Lei avrebbe fatto lo stesso, se fosse stata al suo posto. “No, ti do la mia parola”.

Malfoy annuì, non facendo altre domande. Ovviamente, sapeva abbastanza di lei per sapere che era una donna d’onore.

“Ok. Beh, questo rende le cose molto più facili”.

“Cercherai di ottenere la custodia esclusiva?”, chiese nervosamente lei, sapendo di avergli dato rassicurazioni quando lei invece non ne aveva alcuna. Riusciva a sentire i nervi stringerle lo stomaco. La sua risposta poteva significare una catastrofe completa o l’opposto.

Lui la guardò direttamente negli occhi, con l’espressione seria. “Avevo pianificato di farlo, soprattutto perché tu facevi la difficile. Ma, come te, ho parlato con il mio avvocato ed è improbabile che il tribunale mi dia ragione”.

Lei avvolse le mani attorno alla tazza di tè, mentre il sollievo le inondava il corpo.

“Quindi cosa facciamo?”, chiese.

Lui sorrise appena. “Non ne sono sicuro. Sto ancora cercando di capacitarmi del fatto che non dovrò combatterti su tutto”.

Hermione abbassò lo sguardo verso il tavolo. Riusciva a sentire il peso emotivo degli ultimi mesi, ma al momento si sentiva anche più ottimista. Dovevano provare a continuare a comunicare, essere onesti su ciò che volevano. Se fossero riusciti a farlo, magari la cosa poteva anche non dimostrarsi quel completo disastro che si era prefigurata in mente.

“Ma vorrei chiederti una cosa, Granger”.

Lei voltò di nuovo gli occhi verso di lui. “Cosa?”.

“Voglio far parte di questa gravidanza. Vorrei venire con te agli appuntamenti”.

Lei fece una smorfia. Quello non l’aveva programmato. Gli appuntamenti erano personali, erano i momenti in cui metteva in discussione il proprio corpo e l’effetto della gravidanza su di esso. “Non lo so”.

Lui si tese immediatamente, con un’espressione di sospetto sul viso. Lei allungò le mani. “Non è come pensi. Non voglio deliberatamente tenerti fuori, ma gli appuntamenti sono intimi e sarebbe imbarazzante averti lì”.

“Che ne dici delle ecografie? Mi piacerebbe davvero essere presente”.

Lei annuì. Era un buon compromesso. Se era pronta a renderlo partecipe della vita del bambino, allora sarebbe stato giusto che lui partecipasse alle ecografie. “Ok, questo si può fare”.

Lui sembrò rilassarsi completamente, perdendo quel controllo alla Malfoy ed adagiandosi sulla sedia in una posizione più naturale rispetto a quella rigida che aveva mantenuto da quando era arrivato.

“Non credere che io sia colpita o felice da come la mia fiducia sia stata abusata da te e la Bulstrode”, iniziò lei, determinata a fargli sapere quanto fosse uscito dai gangheri. Rimase compiaciuta nel vedere il suo sguardo colpevole.

“Non sapevo come altro farti parlare con me”.

“Potevi chiederlo”.

Lui tossì. “Non avresti accettato”.

“Lo avrei fatto”.

Lui le lanciò uno sguardo incredulo. “Sei qui oggi solo perché la Weasley ti ha costretta”.

Fu il suo turno di sentirsi un po’ colpevole. Probabilmente aveva ragione. Era stata Ginny a farla andare quel giorno, e se non fosse successo avrebbe continuato a rifiutarsi di discutere con lui. Era stata un po’ infantile nelle reazioni da quando aveva scoperto chi fosse il padre, ma in sua difesa poteva dire che era stato uno shock enorme e che lui non era nemmeno stato limpido sulle sue intenzioni o la sua vita personale.

“Comunque, non è questo il punto. La Bulstrode è la mia ostetrica, ed ha infranto la segretezza aiutandoti. Potrei farla licenziare”.

Malfoy la guardò un momento. “Lo faresti?”.

“Dimmi perché non dovrei?”, chiese lei, alzando un sopracciglio.

“Ama il suo lavoro, e lo ha fatto per me”.

“Quindi?”.

Lui scrollò le spalle, quasi riconoscendo la debolezza del suo ragionamento. “Anche tu hai infranto le regole per i tuoi amici”.

Hermione rise. “Questo è quello che sai dire? Mi aspettavo di meglio da te, Malfoy. Sì, ho infranto alcune regole nell’aiutare Harry a sconfiggere un incredibilmente potente mago oscuro, che voleva sterminare tutti quelli che non si accordavano ai suoi piani. Ciò che ha fatto la Bulstrode non rientra affatto nella stessa categoria, ed è stato molto peggio. Ci sono giuramenti professionali a riguardo”.

Rimase a guardarlo, mentre lui si passava distrattamente una mano nei capelli. “Hai ragione, e non ti incolpo se volessi farle rapporto, ma per favore Granger, dalle un’altra possibilità. Ti prometto che non userò mai più il nostro legame per ottenere informazioni. È davvero un’ostetrica bravissima, ed ho dovuto implorarla perché mi aiutasse”.

“Non credere che non ne parlerò con lei”.

“Mi aspetto tu lo faccia”.  

“Bene”, disse lei, distogliendo lo sguardo e prendendo un altro sorso del suo tè, che si stava rapidamente raffreddando.

Il silenziò tornò tra loro, ma almeno era meno pesante del precedente. Diede anche ad Hermione un momento per pensare. Non si aspettava che l’incontro andasse così bene, ed era felice che fossero riusciti ad essere d’accordo su così tante cose. Ma brancolava ancora nel buio riguardo alle sue personali circostanze e sul perché lui volesse così tanto far parte della vita del bambino. Sapeva che la clinica aveva offerto a Malfoy trattamenti gratuiti con Astoria finché non fosse rimasta incinta. Avevano offerto anche a lei un simile accordo, se avesse dato il bambino a Malfoy. Quella era l’occasione perfetta per chiederglielo.

“Che mi dici di Astoria? Come si sente a riguardo?”, chiese.

La testa di lui si alzò di scatto dalla contemplazione del proprio caffè. “Cos’ha a che fare Astoria con tutto questo?”.

“Lei è tua moglie. Ha tutto a che fare con questo”:

“Il suo ruolo non ti riguarda”.

Hermione strinse gli occhi. “Avrà contatti con mio figlio, il che la rende un mio affare. Se voleva rimanere incinta, sarà felice di dover aiutare ad allevare il figlio di un’altra donna?”.

“Non c’è conflitto. Va tutto bene”, disse lui, di poco aiuto.

Lei si accigliò. Perché le sembrava le stesse nascondendo qualcosa? Se andava davvero tutto bene, perché avrebbe voluto aprirsi e dirle qualcosa?

“Perché dovrei crederti? Ad essere onesta, non sembra che vada tutto bene”.

“La mia relazione con mia moglie non ha nulla a che fare con te. Non ha rilevanza nella tua vita o in quella di nostro figlio”, sbottò lui.

“Mi permetto di dissentire”, disse lei, diventando ancora più sospettosa.

“Smettila, Granger. Se avessi voluto parlare con te, lo avrei fatto. Ora, se è tutto, devo andare”.

Si alzò in piedi mentre parlava, e lei lo osservò. Perché Malfoy scappava sempre appena la conversazione riguardava lui?

“Fammi sapere quando farai l’ecografia. Mia madre mi ha detto che dovrebbe essere intorno alla dodicesima settimana. È giusto?”, chiese lui.

Lei annuì. “Ti manderò un gufo con data, ora e luogo”.

Lui annuì brevemente, prima di voltare i tacchi e lasciare il bar. Hermione rimase a pensare come l’incontro si fosse trasformato da cordiale a lui che si rifiutava di rispondere. Qualcosa non andava nel matrimonio di Malfoy, e lei era determinata a sapere di cosa si trattasse, specialmente se poteva andarci di mezzo suo figlio. Non avrebbe permesso a nessuno dei suoi figli di entrare in un ambiente familiare infelice.

Controllò l’agenda magica, e picchiettò il dito contro lo specchietto del venerdì: doveva vedere la Bulstrode in mattinata. Tenersi stretta l’ostetrica Serpeverde poteva giocare a suo vantaggio, se fosse riuscita ad estorcerle delle informazioni.  


Astoria sorrise, mentre chiudeva l’ultima valigia. Era giovedì, erano passati quattro giorni dal suo incontro con Rita Skeeter e mancava solo un giorno alla sua rimozione dal Manor, come aveva promesso Lucius. Non dubitava che il patriarca Malfoy l’avrebbe fatta andare via con la forza, se non se ne fosse andata da sola per quel momento. Ma in realtà non aveva intenzione di rimanere. Aveva pianificato tutto, e non vedeva l’ora di assistere alla rovina. Se Draco pensava di potersi liberare di lei senza problemi, avrebbe avuto una sorpresa.

Chiamò un elfo domestico dei Greengrass, e gli ordinò di portare le valigie alla Loggia. Strinse le labbra, mentre lanciava un ultimo sguardo alla stanza che l’aveva ospitata per gli ultimi sette anni. Non era un tipo sentimentale, ma sapeva che quella era la fine delle sue ambizioni di diventare una leader nei circoli purosangue. Come Greengrass, non aveva il prestigio necessario, senza un matrimonio di spicco. E dubitava altamente che qualche altro ragazzo purosangue di spicco sarebbe stato interessato a sposarla, appena i suoi progetti con la Skeeter fossero stati rivelati. Sentì una stretta allo stomaco, mentre realizzava che i suoi sogni non si sarebbero avverati.

Poi però si rese anche conto di non essere una persona che sarebbe stata felice di obbedire alle regole altrui. Se lo fosse stata, si sarebbe piegata alle richieste dei Malfoy di essere una perfetta mogliettina. No, i suoi desideri erano cambiati. Avrebbe fatto scalpore nel mondo in modo diverso. Si sarebbe creata una piccola nicchia, solo e soltanto sua.

Astoria chiuse fermamente la porta dietro di lei, e ticchettò lungo il corridoio, giù per la scalinata principale, e verso la stanza della Metropolvere. Non si sarebbe data pena di salutare gli ormai ex suoceri. Ormai non avevano più potere su di lei, e non potevano più farle sapere il loro disprezzo.

Aveva anche scelto di andarsene prima che la notizia uscisse. Doveva essere pubblicata la domenica, così da darle la possibilità di andarsene da Malfoy Manor e firmare il divorzio, assicurandosi il futuro finanziario della sua famiglia. Sorrise cattiva, al pensiero di quel divorzio di ferro. Era un tipico contratto da Lucius. Era determinato a farla andare via con il minimo scompiglio, ed aveva offerto a suo padre tutti i possibili incentivi perché la cosa funzionasse. Ciò che non aveva capito, era che Astoria si faceva giustizia da sé. Suo padre non aveva alcun potere sulle sue azioni, ed obbediva solo se le andava. Questa volta era stata più che felice di dare l’apparenza di una figlia obbediente. Non aveva alcun desiderio di litigare per i soldi ed era stata felice di accettare quel divorzio così fruttuoso.

“Dove vai?”, chiese Draco, interrompendo i suoi pensieri.

Alzò lo sguardo, e vide il suo stressato ex marito uscire dalla stanza in cui lei stava per entrare. “Me ne vado. Dove credi stia andando?”.

“Te ne vai?”.

Lei gli lanciò uno sguardo divertito. “Sì, Draco caro. Dopo tutto, non sono più tua moglie”.

“Hai firmato l’accordo?”.

Lei sorrise dolcemente. “Ma certo. Tuo padre è stato così adamantino sul fatto che dovessi farlo prima di andarmene. È persino andato da mio padre, e gli ha fatto pressione per assicurarsi che accettassi”.

Draco strinse gli occhi, sospettoso. “E finisce così? Niente caos, piagnistei, rifiuti di andarsene?”.

Lei si tolse un immaginario pelucco dalla manica. “Per quanto sia sorprendente, riconosco quando una cosa è finita, e questo matrimonio è completamente distrutto”.

“Te ne andrai senza creare problemi?”.

“Naturalmente! Cosa ti aspettavi?”.

Lui si accigliò, come se non riuscisse a comprendere le sue azioni. Si era sempre divertita ad ingannare le persone, ed in quel momento il suo ex marito si stava rivelando davvero divertente, con i suoi sospetti.

“Per quanto sia stato divertente Draco, la mia famiglia mi aspetta. Ti auguro tutto il meglio con la Granger. Sono sicuro ne avrai bisogno”. E buona fortuna anche con i giornali, ripeté mentalmente.

Gli diede un leggero buffetto sulla guancia mentre lo sorpassava ed entrava nella stanza della Metropolvere. Si avvicinò con grazia al caminetto, lanciò un po’ di Polvere Volante e scomparve tra le fiamme smeraldine.

Draco rimase a guardare, mentre la sua ex moglie spariva dalla sua vita. Qualcosa non andava, lo sentiva. Tutto doveva andare secondo la volontà di Astoria, era una cosa che aveva imparato. Ma questo era stato troppo facile.

Sospirò. Tra lei e la Granger, si sentiva tirato di qua e di la, ed anche perseguitato. Invece che sentirsi sollevato nell’essersi finalmente liberato della donna che era riuscita a renderlo infelice negli ultimi anni, si sentiva a disagio, come se qualcosa di grosso stesse per accadere, qualcosa che avrebbe sollevato un grande polverone.

Si passò una mano sul viso. Quando era diventata così complicata la sua vita? Voleva solo essere felice. Forse i peccati precedenti della sua famiglia lo avrebbero reso impossibile. Magari era destinato a passare per sempre da un disastro all’altro. Soffiò una risata amare, mentre pensava a quanto era stato insopportabile da bambino. Se solo avesse potuto tornare a quegli anni in cui tutto era stato così sicuro e certo.  

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Capitolo 11
*** La Calma ***


Cap 11

La Calma

Per prima cosa, il venerdì mattina Draco si avviò verso la biblioteca, dove sapeva avrebbe trovato suo padre. Da che riuscisse a ricordare, Lucius aveva sempre passato i venerdì mattina ad organizzare e rivedere la grande biblioteca Malfoy. Suo padre era orgoglioso di quanto fosse estesa la collezione di famiglia. Avrebbe poi passato i pomeriggi a perlustrare le librerie in Diagon Alley, cercando qualcosa da aggiungervi. La familiarità della routine in qualche modo rassicurò Draco, dopo il caos degli ultimi mesi. Era bello saper che alcune cose non sarebbero mai cambiate.

“Padre?”, chiamò.

“Sono qui”, replicò lui, e si diresse verso il fondo, trovando Lucius nella sezione Trasfigurazione.

“Draco, cosa posso fare per te?”.

“Astoria se n’è andata ieri”.

“Sì, lo so. Gli elfi domestici mi hanno informato. Ho sistemato i cancelli, e non potrà tornare senza invito”.

Draco annuì un po’ assente. La sensazione di disagio allo stomaco non era sparita durante la notte. In effetti, era aumentata. Non aiutava il fatto che i suoi sogni avessero prefigurato un’Astoria in cerca di vendetta, che riusciva a rendere la sua vita un inferno.

Lucius smise di fare quello che stava facendo, e Draco sentì i suoi occhi trapassarlo. “Cosa non va, figliolo? Non dovresti essere felice di esserti finalmente liberato di lei?”.

“Beh, sì, lo sono. Ma c’è qualcosa che mi sfugge”.

“Che intendi?”.

“Era troppo felice di andarsene. Conosco molto bene le sue ambizioni per bermi la storia che sappia di essere stata sconfitta. Mi ha già preso in giro una volta, e non riesco a fare a meno di pensare che l’abbia fatto di nuovo”.

Suo padre rise di gusto. “Draco, sei troppo sospettoso per il tuo stesso bene. Non dirà che non hai ragione di temere, ma questa volta non hai nulla di cui preoccuparti”.

“È stato troppo facile, papà”.  

“Perché ci siamo assicurati di non lasciarle alcun spazio di manovra. Ho minacciato Cadmus di quello che sarebbe accaduto se Astoria non avesse accettato il divorzio velocemente e senza clamore. Come predetto, non aveva desiderio di perdere la sua posizione in società”.

“Ma, vedi, io non me la bevo. Cadmus ha già provato a costringere Astoria a fare delle cose in passato, ma lei ha sempre rifiutato”.

“Andiamo, Draco. È una ragazza intelligente, e sa quanto viene sconfitta”.

“Ecco il motivo. È intelligente, e usa il cervello senza scrupoli per ottenere ciò che vuole”.

“Stai seriamente suggerendo che quella stupida piccola ragazzina sia riuscita a farmela?”.

Draco si morse un labbro e ci pensò su.  “Ho solo un presentimento”.

Suo padre gli batté una mano sulla spalla e gli lanciò uno sguardo divertito. “Credo tua madre abbia ragione. Devi uscire e divertirti di più. Stai permettendo al pessimismo di governarti la vita”.

“Magari hai ragione”, replicò Draco, mormorando.

“Oggi che fai?”.

“Ho una serie di appuntamenti a cominciare dalle undici di questa mattina, e finirò alle sei questa sera, dopo l’appuntamento con Horatio”.

“Lavori troppo. Cancella gli appuntamenti, esci, vai da Pansy ed Adrian. Scommetto saranno felici di sapere che Astoria ormai è acqua passata”.

“Non posso. Li ho presi da secoli, e sai com’è il Ministro. Diventa così stizzito se gli si cancella qualcosa”.

Lucius annuì. “È vero. La cosa sarebbe anche peggiore se fosse un Malfoy a farlo. A volte credo accetti di incontrarci solo a causa delle enormi donazioni che abbiamo fatto alla sua campagna”.

Draco roteò gli occhi. Alcuni in società erano rimasti sospettosi sulle loro intenzioni, specialmente quelli che erano stati nell’Ordine. Non importava quanto duramente lui e suo padre cercassero di dimostrare d’essere cambiati, i mormorii sulle loro intenzioni erano rimasti. Il Ministro non faceva eccezione, nonostante avesse accettato bellamente il loro supporto finanziario. Forse era perché Sturgis Podmore non aveva mai superato il fatto di essere stato messo sotto Imperio dai Mangiamorte ed era stato usato per entrare al Reparto Misteri.

“Perché incontri Horatio?”, chiese suo padre.

“Devo parlargli dell’incontro con la Granger di mercoledì”.

La testa di Lucius si alzò di scatto. “Ah, sì. Abbiamo solo parlato di Astoria. Ha accettato di farti tenere in contatto con il bambino?”.

“Sì. Siamo riusciti a rimanere civili, è stata una svolta. Beh, finché non ha deciso di intromettersi nei miei affari con Astoria”, replicò Draco, ricordandosi le domande con un cipiglio.

Suo padre latrò una risata. “Scommetto che è andata bene”.

“Parliamo della Granger. Non è felice finché non sa tutto”.

“Perché non le hai detto che stavate divorziando?”.

“Glie lo dirò quando sarò pronto. Mi rifiuto di essere tirato per i fili. E secondo, volevo prima parlare della nuova situazione con Horatio”.

“Ha senso, ma non aspettare troppo. Se deve fidarsi di te, non vorrai che senta una cosa del genere da qualcun altro”.

“Ok. Comunque, dovrei andare a lavorare”.

Lucius lo prese per le spalle. “Cerca di non lavorare troppo, Draco. La vita è troppo breve per sopportare così tante preoccupazioni”.

Sentì un velo di tristezza assalirlo, alle parole del padre. Lucius aveva ragione. La vita era troppo breve. Bastava guardarlo: stavano appena riuscendo a rimettere in sesto la famiglia, e Lucius era gravemente malato, senza cure in vista. La sensazione che lo sopraffece al pensiero che suo padre non sarebbe più stato con loro era insopportabile.


Hermione si sedette nella sala d’aspetto al San Mungo, e ripassò mentalmente la lista di domande che aveva preparato per la Bulstrode. Se Malfoy avesse continuato a rimanere in silenzio sulla sua vita privata, allora non si sarebbe sentita in colpa ad usare gli stessi suoi metodi per scoprire tutto. E poi, aveva iniziato prima lui.

Ovviamente, ciò non significava non provasse sensi di colpa. Non poteva farne a meno. Era una donna di moralità ferrea, al contrario di Malfoy, che era viscido. E non era felice di dover essere così subdola solo per ottenere alcune semplici informazioni sulla sua vita privata che le spettavano, considerando che avevano in comune un figlio.

Aspettò che la receptionist la chiamasse. Era la stessa dell’altra volta, e la adocchiava con interesse. Il modo depresso in cui Hermione se n’era andata l’ultima volta non era passato inosservato, e nemmeno la sua attuale espressione. sospirò. Osservare le persone era probabilmente la cosa migliore del lavoro da centralinista, quindi non poteva giudicarla. Anche se essere scrutata non l’aiutava a migliorare la sensazione di ansia.

Ancora una volta, le venne detto di recarsi alla stanza numero quattro, cosa che fece, bussando appena prima di afferrare la maniglia e marciare all’interno.

“Signorina Granger, come si sente?”, chiese molto professionale la Bulstrode.

Hermione si lasciò cadere in una sedia, e lanciò alla strega uno sguardo di scherno. “Non usare le maniere professionali con me, so cos’hai fatto”.

L’ostetrica sembrò confusa alla sua frase e per il tono da battaglia. “Mi spiace, Granger, ma non so davvero cosa intendi”.

“Malfoy ha confessato, quindi non ti conviene fare la finta tonta. Ti darò la possibilità di convincermi a non fare rapporto al tuo capo”.

Hermione rimase leggermente mortificata, quando la Bulstrode diventò bianca come uno straccio e sembrò che stesse per cadere in ginocchio. Allungò una mano tremante verso Hermione.

“Per favore, di norma non farei una cosa del genere”.

“Beh, lo spero dannatamente! Hai abusato della tua professione per dare al tuo amico la possibilità di perseguitarmi. È oltraggioso, Bulstrode, e sei fortunata che non ti abbia già fatto rapporto”.

“Posso organizzarti un appuntamento con un’altra ostetrica. Capirei perfettamente se non ti fidassi di me per la tua salute”.

Lei alzò un sopracciglio. “Oh, no! Non te la caverai così facilmente. Mi devi un favore, ed il mio piano è assicurarmi di ottenere le informazioni che voglio”.

L’ex Serpeverde sembrò presa alla sprovvista, mentre la osservava. “Cosa vuoi?”.

“Voglio che il tuo accordo con Malfoy sia reciproco”.

La Bulstrode si accigliò. “Non ho accesso ai movimenti giornalieri di Draco, e non ho nemmeno un Galeone tracciante”.  

“Un Galeone tracciante?”, chiese Hermione.

“Non ne sapevi nulla?”.

“Ovviamente. Ragguagliami”.

“Draco ha inventato questi Galeoni che possono tracciare chiunque li possieda. Li affibbia a coloro con i quali è in affari, in posti in cui di solito non li troverebbero mai così che non li spendano. Poi si imbatte in loro, e spesso ottiene un incontro amichevole ed informale, il che gli dà un vantaggio sui rivali”.

“Quella serpe strisciante”, disse Hermione, quasi ammirata. “Ne hai messo uno nei miei foglietti illustrativi, vero?”.

La Bulstrode ebbe almeno la grazia di arrossire prima di annuire ed assumere un’espressione vergognosa, mentre guardava i documenti di Hermione aperti sulla scrivania.

“Beh, ciò non peggiora gran che la tua situazione”, disse Hermione, notando l’espressione speranzosa sul viso dell’ostetrica. “Ma nemmeno la migliora. Se vuoi tenerti il lavoro, ti suggerisco di rispondere alle domande che sto per farti e di non preoccuparti di alcuna lealtà tu possa avere nei confronti di Malfoy”.

L’ostetrica deglutì rumorosamente. “Cosa vuoi sapere?”.

“Malfoy ed Astoria. Cosa succede?”.

“Oh, Granger, non credo davvero di essere la persona giusta per rispondere”.

“Ma eri la persona giusta per mettermi un dispositivo GPS addosso ed informare il tuo amico del mio appuntamento?”.

La strega arrossì ancora una volta con espressione colpevole, prima di diventare confusa mentre digeriva le parole di Hermione. “GPS? Cos’è?”.

“Una cosa Babbana, non preoccuparti di questo ora. Risponderai alla mia domanda o no?”.

Hermione si compiacque quando l’istinto di autoconservazione della Bulstrode prevalse sulla lealtà verso Malfoy.

“Hanno problemi grossi nel loro matrimonio. Draco non è felice da anni, ma si è tenuto tutto dentro. L’ha raccontato a me e Pansy solo di recente”, spiegò concisa ed efficiente.

Hermione si prese un momento per analizzare la questione. La reticenza di Malfoy iniziava ad avere senso. Ecco perché non voleva condividere la cosa con lei. Voleva mantenere tutto sotto silenzio nel caso in cui il loro accordo fosse saltato ed avesse dovuto andare in tribunale per la custodia. Non era stupida. Sapeva che Malfoy avrebbe promosso la facciata da famigliola felice per cercare di dimostrare che avrebbe potuto allevare un figlio meglio di una madre single.

“Se sono così infelici, perché cercano di avere un figlio? E perché sono andati alla clinica?”.

La Bulstrode le lanciò uno sguardo poco colpito. “Credo tu abbia incontrato Lucius in diverse occasioni, e probabilmente sei a conoscenza dell’importanza che il nome dei Malfoy ha in generale per lui”.

I pezzi stavano iniziando ad andare al proprio posto. Era rimasta confusa dalla reticenza che Malfoy aveva dimostrato nell’aprirsi sulle cose più semplici, a se era stato messo sotto pressione dal padre per continuare il nome dei Malfoy nonostante il matrimonio infelice allora aveva senso. Ma la cosa rendeva Hermione ancora più determinata al non voler mettere suo figlio in una situazione del genere. Sembrava anche che Lucius fosse al comando.

“Qual è l’accordo con Lucius?”, chiese.

La Bulstrode si accigliò, confusa per la domanda. “Cosa intendi?”.

“Perché Lucius ha accettato l’idea di un bambino mezzosangue?”.

“Da come ha detto Draco, è disperato nel volere un erede”.

Hermione ci pensò su. Qualcosa non le sembrava vero in quella risposta. Non pensava che la Bulstrode le stesse mentendo, era ovviamente pietrificata dalla paura che lei le facesse rapporto. Ma non c’era alcuna possibilità che Lucius avesse accettato la fine della sua preziosa stirpe purosangue senza una buona ragione.

“Qualche motivo particolare?”.

La Bulstrode scrollò le spalle e tornò a guardare i documenti di Hermione. L’espressione tesa sul suo viso dimostrava chiaramente quanto fosse scontenta dell’intera conversazione. Magari le sarebbe servito come avvertimento nel non oltrepassare nuovamente la linea di confine tra lavoro ed amicizie. In realtà, aveva proprio saltato il confine a piè pari, e la conseguenza era stata dover ragguagliare Hermione sulla vita privata di Malfoy.

“Ok, riconosco che tu possa non sapere i motivi personali che hanno spinto Lucius ad accettare il bambino, e mi hai dato abbastanza informazioni”.

L’ex Serpeverde emise un enorme sospiro di sollievo e sembrò davvero sollevata del fatto che non le avrebbe chiesto di rivelare altri dettagli sui Malfoy. “Vuoi che rimanga la tua ostetrica?”.

Hermione ci pensò un momento. Sarebbe stata in grado di fidarsi della Bulstrode? Osservò con cura l’ostetrica, che stava facendo del suo meglio per non darci peso. “Che tu ci creda o no, sì, ne sono felice. Hai dimostrato una preoccupante mancanza di professionalità, ma posso comprendere i legami di lealtà tra amici. E dubito seriamente farai di nuovo una cosa del genere, perché non ti darò una seconda possibilità e mi assicurerò tu sia licenziata”.

La Bulstrode annuì. “No, credo sia giusto dire che rimarrò fuori da questa faccenda per la mia stessa sanità mentale. Comunque, dovrò dire a Draco di questa conversazione”.

“Non mi aspetterei nient’altro”, disse Hermione.

Non era sicura di come avrebbe reagito Malfoy. Si sarebbe infuriato che fosse riuscita ad ottenere così tante informazioni sulla sua vita privata. Beh, era stato lui ad iniziare ad usare quei metodi, quindi non poteva lamentarsi se lei avesse fatto la stessa cosa.

“Ok, allora torniamo al motivo per cui sei qui. Hai già ricevuto la data per l’ecografia?”.

Hermione scosse la testa. “Avrei dovuto?”.

La Bulstrode strinse le labbra. “Sì, controllerò il motivo del ritardo. Ce l’ho scritto qui, quindi almeno posso dirti orario e data. È fra due settimane, venerdì 4 giugno”, disse prima di interrompersi.

“Cosa?”, chiese Hermione.

“Permetterai a Draco di partecipare?”.

“Cos’ha a che fare questo con te? Non hai appena detto che saresti rimasta professionale?”.

“Beh, sì. Ma sapevi che il giorno dopo è il compleanno di Draco?”.

Lei si zittì. Sapeva che Malfoy era più giovane di lei, e che il suo compleanno cadeva vicino a quello di Harry, ma non aveva mai saputo il giorno esatto. Perché avrebbe dovuto? L’unica cosa che sapeva era che sarebbe stato dopo il 2 giugno, perché era ancora minorenne quando aveva cercato di uccidere il Professor Silente.

“E cos’ha a che fare con tutto questo?”.

La Bulstrode sembrò di nuovo a disagio. “So che gli piacerebbe partecipare. Significherebbe molto per lui”.

Non c’era bisogno di raccontarle che si era già accordata con Malfoy perché partecipasse. Ma era l’occasione buona per avere ancora qualche dettaglio. “Perché significherebbe molto?”.

“Vuole davvero dei figli, li ha sempre voluti. Potrebbe non sembrare il tipo più paterno ed amorevole, ma è lì, nascosto da qualche parte”.

Non ci fu nulla per Hermione da aggiungere. Era strano pensare a Malfoy in modo diverso, piuttosto che ad una persona fredda. Ma era buono a sapersi, specialmente ora che aveva acconsentito a farlo partecipare nella vita del bambino.

“Ok, beh, grazie, Bulstrode. Quando ci vedremo di nuovo?”.

“Attorno alla sedicesima settimana. Inizieremo ad ascoltare il battito del bambino durante tutti i controlli, dato che saremo in grado di percepirlo. E tu dovresti anche iniziare a sentirlo muoversi. Inizierà sembrandoti una sensazione leggera di sfarfallio, e diventerà più forte mentre il bambino cresce”.

Hermione si accarezzò gentilmente lo stomaco. Non vedeva l’ora che la pancia si vedesse e di riuscire a percepire il bambino. Per quel momento, per fortuna le sue nausee sarebbero sparite. Faceva davvero fatica la mattina, dato quanto si sentiva male.


Narcissa sorrise teneramente, mentre osservava Lucius muoversi nel Ghirigoro, cercando più libri per allargare la biblioteca dei Malfoy. I viaggi del venerdì pomeriggio a Diagon Alley erano sempre attesi con ansia. Non si era ancora mai annoiata, nonostante facessero la stessa cosa da anni. In realtà al momento la cosa aveva assunto un’aria amara, visto che non sapeva quando sarebbe stata l’ultima volta che vi si sarebbero recati assieme.

Osservò il marito mentre sceglieva e si spostava verso di lei. Lei aggiunse alla pila qualche nuova uscita. Le piacevano da matti i gialli sugli Auror. Lucius andò a pagare, mentre lei aspettava alla porta. Poi sarebbero andati al Paiolo Magico per un drink e qualcosa da mangiare. Da quanto Hannah Abbot aveva preso in gestione il locale, era molto più pulito ed il cibo era molto buono. Fortunatamente, dato che era venerdì, il marito della Abbott, Neville Paciock, sarebbe stato impegnato ad insegnare, quindi non c’era pericolo di incontrarlo. Era sempre un po’ imbarazzante quando succedeva, e non c’era da rimanerne stupidi, considerando il fatto che Lucius aveva combattuto contro di lui nel Reparto Misteri.

Una volta che si furono seduti in un piccolo tavolo nell’angolo, con bevande e pasticcini di zucca, Lucius si rilassò sulla sedia. “Hai parlato con Draco, da quanto Astoria se n’è andata?”, chiese a sua moglie.

Narcissa affilò lo sguardo. Di recente, si preoccupava per il figlio. Nonostante avesse finalmente divorziato dalla moglie pasticciona, continuava ad essere stressato. “L’ho visto appena ieri”.

“È venuto a parlarmi questa mattina, prima di andare al lavoro”.

“Cosa c’è che non va?”, chiese.

“Crede che il divorzio sia stato troppo facile e che Astoria stia pianificando di darci problemi”.

Lei sospirò. “Mi domandavo perché fosse così stressato. Tu cosa ne pensi?”.

“Credo sia paranoico. Dubito che Astoria sia in grado di fare qualche danno reale”.

“Ne sei sicuro? Può essere incredibilmente vendicativa”.

“Ho messo in chiaro le cose con suo padre. Se volevano guadagnarci qualcosa dall’accordo, avrebbero dovuto tenerla in riga. Mi affido all’amore di Cadmus per la ricchezza, perché ciò avvenga”.

Narcissa si morse un labbro. Era un’abitudine che aveva sin dall’infanzia e che cercava di controllare di fronte agli altri. Ad ogni modo, se ne dimenticava in compagnia di coloro che amava e di cui si fidava. “Ma l’accordo è stato firmato, ed hanno preso i soldi. Come sai che Astoria non mescolerà le carte, ora?”.

“Non lo so, ma sono fiducioso che Cadmus sia in grado di tenere ordine in casa propria”.

Sperava di potersi sentire così fiduciosa come il marito ma, come Draco, sapeva che il patriarca Greengrass era molto meno dittatoriale rispetto a Lucius. Le figlie se lo rigiravano, e lui glie la dava sempre vinta. Ciò aveva fatto in modo che le due giovani donne pensassero di meritare qualsiasi cosa volessero. Daphne era molto meno pretenziosa di Astoria. Era felice delle piccole cose, come dimostrato dal matrimonio con Colin Warrington, che aveva un lavoro solo perché il suocero l’aveva assunto. Draco era tornato dagli uffici dei Greengrass molte volte lamentandosi di quell’idiota. Ma Astoria era ambiziosa, e Narcissa non credeva avesse all’improvviso perso i suoi sogni silo perché Lucius non l’aveva più voluta come Malfoy.

“Mmm, vorrei avere fiducia in Cadmus quanto te, ma non c’è motivo di preoccuparsi”.

Lucius sorrise alla moglie. “Vedi? È esattamente ciò che ho detto a Draco. Quel ragazzo diventa sempre più pessimista man mano che invecchia. Cosa non darei per ridargli un po’ di quella fiducia che aveva prima della guerra”.

Lei tossì. “Draco era un piccolo viziato. Ad un certo punto doveva crescere, ed è diventato un uomo come si deve”.

Il marito sospirò. “Lo so, sono fiero di lui. Sta facendo un egregio lavoro con i nostri affari, meglio di quanto mi sarei mai aspettato. Ma odio vederlo così depresso”.

“Dagli tempo, Lucius. È stato infelice così a lungo che non sono sicura si ricordi cosa significhi godersi la vita. Spero che questo bambino gli porti motivi per sorridere”.

“Se la Granger non lo irrita a morte prima”.

Narcissa si accigliò. “Pensavo se la cavassero meglio. Sembrava molto più ottimista, lui”.

“Sì, ma lei è impicciona, e vuole sapere di Draco ed Astoria”.

“Draco me ne ha accennato. Deve dirglielo. Come madre, posso capire il suo desiderio di conoscenza, per il bene del bambino”.

Lucius ghignò. “Doveva esserci una prima volta. Hai ammesso di capire il punto di vista della Granger”.

Lei si alzò indignata dalla sedia. “Non significa che la ragazza mi piaccia”.

Lui rise, mentre la seguiva verso la porta. “Non l’ho pensato neanche per un momento, cara”.

Si voltò ad affrontare il marito divertito, mentre apriva la porta. “Non fare lo strafottente”, disse, prima di sbattere contro un gruppo in entrata.

“Mi dispiace”, iniziò a dire, prima di capire chi fosse. La giovane donna che stava causando così tanti problemi al figlio. Degli occhi marroni sconvolti si fissarono ai suoi, ed il silenzio si fece assordante, mentre continuavano a rimanere lì, a fissarsi muti.

Una presa salta si strinse al suo gomito e la spostò un po’ di lato. Suo marito stava annuendo alle tre donne di fronte a lui. “Signorina Granger, Signora Potter, Signora Weasley”, mormorò Lucius, gentile.

“Salve, Signore e Signora Malfoy. Come sta Draco?”, replicò la strana ragazza Lovegood-Weasley.

Riusciva sempre a prendere Narcissa in contropiede con i suoi modi gentili ogni volta che li incontrava. Non era l’atteggiamento che si sarebbe aspettata da qualcuno che era stato imprigionato per mesi nelle sue segrete.

“Molto bene. Gli dirà che hai chiesto di lui”, rispose Lucius.

La Weasley sorrise in risposta, e stava per spostarsi con le amiche, quando Narcissa parlò. “Signorina Granger, come si sente?”.

La ragazza si fermò e voltò la testa, prima di rispondere esitante “Sto bene”.

Narcissa guardò la Granger più da vicino. Sembrava stanca, provata, un po’ spenta. Non riuscì a reprimere il piccolo sorriso che le spuntò sulle labbra. “Ha ancora le nausee?”.

La Granger strinse sospettosa gli occhi. “Perché?”.

“Perché sembra sia così. Ho avuto lo stesso problema con Draco”.

La giovane strega sembrò stupida per la risposta. “Sì, è un giorno no”.

“Si assicuri di prendersi cura di sé e di mio nipote”, disse imperiosa, prima di svolazzare fuori dalla porta con Lucius al seguito.


Hermione rimase a guardare i due Malfoy che se ne andavano, un pochino scombussolata dall’esperienza.

“Beh, è stato strano”, sottolineò Ginny.

“Credo solo vogliano davvero un nipote”, disse Luna.

“Tu vedi il buono in tutti”, replicò Ginny.

Hermione rimase silenziosa mentre prendevano da bere al bancone, prima di avviarsi verso il loro solito tavolo sul retro.

“Perché eri così sospettosa?”, chiese Luna quando si furono sedute.

“Non lo so. Non è mai stata amichevole con me, in passato. Pensavo volesse offrirmi una pozione o qualcosa del genere”.

“Credo non sarebbe una di quelle che fanno bene”, disse Ginny.

Hermione rise. “No! Credo di essere un po’ paranoica, tutto sommato. Harry non è stato d’aiuto, quanto come prima cosa mi ha messa in guardia sul fatto che volessero farmi del male”.

“Da quanto conosci Harry ormai, Hermione? Se non sospetta qualcuno di qualcosa di malvagio, non è felice”, disse divertita Ginny.

“Lo so, lo so! Immagino che le vecchie abitudini siano dure a morire, e sono sempre stata sospettosa nei confronti di quei due, sin dalla prima volta che li ho incontrati”.

“Non dirlo a me”, mormorò Ginny.

Luna scosse la testa.

“Comunque, questo fine settimana verrai alla Tana, Hermione?”, chiese la rossa, cambiando argomento.

“Penso di sì. Perché?”.

“È solo che mamma si lamenta del fatto che non ti fai vedere da secoli alla grigliata della domenica. Credo sia incavolata perché non le dai l’opportunità di nutrire te ed il bambino”.  

Hermione evitava le chiassose cene domenicali alla Tana da quando erano iniziate le nausee. Il suo senso dell’olfatto era diventato così sottile che aveva scoperto di avere la nausea solo al sentore di qualche cibo che non anelava. Ad ogni modo, aveva da poco trovato la cura: pane bianco e margarina. Di solito non le piaceva, preferiva piuttosto del pane integrale, più sano. Ma le nausee avevano stravolto completamente le sue abitudini alimentari, e richiedevano più carboidrati. Di sicuro la colpa era dei geni Malfoy.

“Sì, credo di avere la nausea sotto controllo, almeno”, disse, scavando nella borsa alla ricerca della ciotola con il panino. “A proposito, devo mangiarmelo prima di diventare incapace di fare altro”.

Luna e Ginny risero, mentre lei procedeva ad addentare lo spuntino. Fece loro la linguaccia, solo perché loro non avevano mai avuto problemi di nausee con la gravidanza.


Hermione era felice di essere andata alla Tana, quando uscì dal camino ed annusò il profumo di patate arrosto. Le cene alla brace di Molly erano spettacolari, ed a quanto sembrava anche il bambino l’aveva scoperto, a giudicare dai morsi della fame che le erano venuti. La casa era zeppa come al solito, con bambini che correvano in giro tra le gambe di tutti. Non vedeva l’ora che anche la sua piccola Iris si unisse a loro.

“Hermione! Sei venuta!”, urlò Molly, avvicinandosi di corsa per soffocarla in un enorme abbraccio.

“Mi conosci, sai che non posso rimanere lontana troppo a lungo”.

“Come te la cavi?”, chiese, prendendo le guance di Hermione ed analizzandole il viso.

“Sono stanca, ma credo di aver finalmente capito come tenere a bada le nausee. Non mi sento più tutto il giorno come una mandria di ippogrifi mi fosse passata sopra”.

Molly rise. “Aspetta solo di sentirlo, ti sembrerà di essere usata come una palla da Quidditch”.

“Io e Fred eravamo destinati a diventare battitori dal concepimento”, disse George di passaggio, dando ad entrambe le donne un bacio sulla guancia mentre si affrettava verso la finestra per far entrare il gufo che doveva consegnare alla madre il Settimanale Strega.

“Dimmi se vuoi qualcosa di particolare da mangiare, Hermione. Non è un disturbo. Sono diventata un asso a cucinare un sacco di piatti, sin da quando sono rimasta incinta la prima volta. E soprattutto quando ho avuto Ginny, con altri sei marmocchi in vari stati dell’infanzia”.

Hermione ringraziò con un cenno del capo e si diresse verso Harry e Ron, che le avevano lasciato libera una sedia in mezzo. Osservò la tavolata di persone ridenti, dove tutti davano una mano a preparare il cibo e sospiravano. Adorava quel posto. La Tana la faceva sempre sentire al sicuro, amata ed allegra.

“MA CHE…!”.

Il silenzio scese, mentre tutti si voltavano per capire a cosa si riferisse George, che aveva un’espressione di rabbia inusuale. Sbatté il giornale che teneva in mano, e lo fece scivolare lungo il tavolo finché si fermò esattamente di fronte ad Hermione, che sbiancò drasticamente alla vista della copertina.

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Capitolo 12
*** Lo Scandalo ***


Cap 12

Scandalo

Draco fischiettava diretto in giardino, con la scopa appoggiata alla spalla destra. Quella mattina aveva seguito l’istinto di trarre il massimo da quella bella giornata di maggio, ed aveva deciso di farsi un giro invece che sedersi alla scrivania a spulciare documenti d’affari. Suo padre aveva ragione, la vita era troppo breve e se non fosse stato attento l’avrebbe passata a non far altro che lavorare. Comunque, aveva deciso fosse arrivato ormai il momento di assumere un’assistente personale perché gli organizzasse l’agenda. Almeno gli avrebbe risparmiato un sacco di tempo.

Camminò allegramente attraverso l’immenso e curato campo dei Malfoy. Era in ritardo per il pranzo, e suo padre non ne sarebbe stato felice. Il pranzo della domenica era sacrosanto, per usare le sue parole, ed a nessuno era permesso fare tardi. A renderlo ancora più importante, quel giorno era il fatto che sarebbe stato il primo senza Astoria dopo sette lunghi anni. Draco non vedeva l’ora di scoprire quanto tutti sarebbero stati rilassati.

Osservò la figura rigida del padre e quella della madre che lo confortava con una mano sulla spalla, mentre entrava dalla finestra alla francese aperta.

“Andiamo, papà! Non è così male, non posso avere più di cinque minuti di ritardo”.

E si fermò. Suo padre non gli diede una risposta strisciante né ci fu uno sguardo rassicurante di sua madre. Piuttosto, Lucius si piegò, causando il frastuono di stoviglie, prima di cadere sul pavimento ed iniziare a contorcersi violentemente.

Sua madre gli lanciò uno sguardo vuoto. “Non rimanere lì!”, urlò. “Chiama un Medimago, ora!”.

A quel grido nel panico, Draco si appoggiò alla porta, aggrappandosi per un breve momento alla cornice e guardando il padre che ancora si contorceva a terra, prima di schizzare nel suo studio e lanciare una chiamata di emergenza al San Mungo tramite Metropolvere.

Meno di un minuto dopo due Guaritori si affrettavano dal camino.

“Da questa parte”, disse rapidamente, facendoli accorrere alla sala da pranzo informale dove sua madre aveva spostato Lucius lontano da qualsiasi oggetto a terra e gli teneva la testa.

“Ce ne occupiamo noi, signora”, disse uno dei Guaritori prendendo il suo posto, mentre l’altro iniziava a prendere il ritmo delle convulsioni.

Sua madre gli si affiancò impaurita, stringendosi forte le mani.

Quando le convulsioni si fermarono, Lucius venne rimesso in posizione supina.

“Gli daremo un attimo per riprendersi, prima di capire se debba essere ricoverato in ospedale”, disse il Guaritore. “Nel frattempo, potreste dirmi se è stato qualcosa in particolare ad innescare l’attacco? Stiamo cercando di trovare un collegamento, per definire lo schema”.

“Ha ricevuto delle notizie sconvolgenti. Per un po’ è rimasto sconvolto, poi è diventato rigido, è caduto sul pavimento e le convulsioni sono iniziate”, disse Narcissa.

Draco guardò sorpreso la madre. Doveva essere stato qualcosa di straordinario per aver causato una reazione del genere a suo padre, che di solito era calmo e composto. Il Guaritore annuì e se lo appuntò, prima di iniziare a consultarsi a bassa voce con il collega per cinque minuti buoni.

I due Malfoy non poterono far altro che rimanere a guardare. Draco percepiva la madre ancora tremante, e lui era troppo intorpidito per capire qualcosa. La serietà della malattia gli apparve con forza, e gli fece ricordare che ancora una cura non era stata trovata, per cui Lucius poteva morire da un momento all’altro.

Alla fine, finirono di consultarsi e decisero di portare il padre all’ospedale. A quanto pareva, il battito del cuore era ancora troppo irregolare perché gli permettessero di rimanere al Manor. Volevano ricoverarlo per tenerlo in osservazione.

“Dateci mezz’ora per sistemarlo, signora Malfoy. Poi potrete venire a trovarlo”.

Draco tolse gli incantesimi di protezione, per permettere loro di smaterializzare Lucius al San Mungo. Dopo averli riposizionati, si voltò verso la madre. “Ok, dimmi cos’è successo”.

Lei si era seduta molle nella sedia che di solito usava Lucius, ed indicò debolmente un giornale di fronte a lei. Lo afferrò e lo fissò per un bel pezzo, incapace di comprendere cosa ci fosse sulla copertina.

“Quella puttana!”, imprecò.


"La Principessa di Potter ed il giovane e sposato Malfoy beccati con le mani nel sacco”, disse Ron, leggendo ad alta voce il titolo offensivo.

Il silenzio che permaneva nella cucina, di solito rumorosa, era assordante, il che fece sentire Hermione ancora peggio. Distolse gli occhi, mentre digeriva la foto in copertina sul Settimanale Strega. Ovviamente era stata scattata durante il suo incontro con Malfoy il mercoledì precedente, ma da un angolo che li faceva sembrare intimi. Il corpo di lei era allungato lungo il tavolo, con lo sguardo basso. Le tazze oscuravano le loro mani, ma sembrava se le stessero stringendo. Quello che rendeva la cosa peggiore era il modo intenso in cui Malfoy la fissava. Poteva essere scambiato per uno sguardo bruciante di passione, piuttosto che una concentrazione diretta al discorso che gli stava facendo sul permesso di contatti con il bambino. Oh, Merlino! Pensò. Il mio bambino sarà definito illegittimo.

“Cos’è?”, chiese Harry, afferrando il giornale e girandone le pagine.

Lei osservò da oltre la spalla, e ruggì quando vide nuove foto del loro incontro, inclusa una in cui lei si guardava attorno furtiva prima di entrare nel bar.

“È una schifezza! Sentite: “L’ex Mangiamorte Draco Malfoy e la sua signora, la nata Babbana Hermione Granger, si incontrano segretamente nella Londra Babbana, portando avanti una tresca che secondo una fonte certa continua da anni. Il nostro Settimanale Strega è stato testimone di uno di questi incontri questo mercoledì, quando ha seguito una pista e si è imbattuto nella coppia traditrice in un bar, dove si sono incontrati dopo il lavoro. Come mostrano le nostre foto esclusive, la passionale coppia si è goduta un caffè, con sguardi intensi e tenuta di mani. La moglie da ormai sette anni di Malfoy, Astoria, si dice sia distrutta dalla notizia, e che sia fuggita e tornata al maniero della famiglia Greengrass””.

Harry rilanciò il giornale sul tavolo, disgustato, e venne preso da Ginny, che sembrava diventare sempre più rossa man mano che leggeva. “È quella mucca, Rita Skeeter”, disse.  

Hermione si riscosse dallo stupore grazie ad una mano calda che le venne messa sulla spalla. Alzò lo sguardo e vide il viso di Ron. “Stai bene?”, chiese, la voce carica di preoccupazione.

Lei aprì la bocca ma si accigliò quando non uscì alcun suono. Era così stupita da essere rimasta senza parole. Riusciva a percepire le lacrime raggrumarsi negli occhi e fece del suo meglio per ricacciarle indietro. Non avrebbe pianto per una cosa del genere. Non era la prima volta che la Skeeter sbandierava bugie su di lei, e dubitava sarebbe stata l’ultima. Si guardò le mani intrecciate, prima di schiarirsi la gola. “Non so cosa dire”.

“Le faremo causa. Come si chiama quella cosa che si vede nei programmi alla tua TV Hermione? Diffamazione. Ecco, le faremo causa per diffamazione”, disse arrabbiato Ron.

Hermione rise. Dapprima leggermente, per poi trasformarla in una grassa e incontrollabile risata. “Scusa”, mormorò, asciugandosi le lacrime sulle guance. Non riusciva più a capire se stesse ridendo o piangendo. Ci vollero parecchi fazzoletti e pacche sulle spalle prima che i suoi due migliori amici riuscissero a farla smettere. Per una volta, i Weasley erano seduti in silenzio, dandole il tempo di reagire a quella storia dell’orrore.

“Ron, sei un Auror. Sai che per la legge magica non esiste né diffamazione né calunnia”, disse Ginny. “Se ci fossero, la Skeeter sarebbe già stata portata in tribunale milioni di volte in passato”.

“Mi fa piacere sapere che tu e Draco ve la caviate meglio”, disse Luna alzando appena la testa dal giornale che le era stato dato e guardando Hermione. “In queste foto sembra molto più felice di quanto lo vedevo con Astoria”.

Tutti guardarono Luna divertiti, ma non dissero nulla. Erano tutti abituati ai suoi commenti su cose che non riguardavano l’argomento principale.

“Beh, dovrebbero”, disse Ron, ignorando la moglie e rispondendo al commento della sorella.

“Che cosa farai?”, chiese Angelina, la moglie di George, ad Hermione.

“Non lo so. Immagino dovrò parlare con Malfoy e vedere se ha qualche idea su chi possa aver fatto tutto questo. Qualcuno ha detto alla Skeeter che ci saremmo incontrati, ma ovviamente non ha raccontato la vera versione. È un peccato si sia registrata come Animagus, ormai non posso più minacciarla con quello”.

“Credi sia stata la Bulstrode?”, chiese Ron. “Dopotutto, ha detto a Malfoy del vostro appuntamento”.

Hermione scosse la testa. “No. È una buona amica dei Malfoy e non getterebbe il suo nome nel fango in questo modo”.

Audrey, la moglie di Percy, sembrò stesse per strozzarsi.  “Scusa”, disse. “È solo che poi hanno scritto cose ancora più ridicole più sotto. Ascolta: “La moralista eroina, Hermione Granger, ha fatto carriera nel mondo magico cercando di portare dei miglioramenti al trattamento delle creature magiche, soprattutto per gli elfi domestici. Ora invece scopriamo quando davvero sia ipocrita Hermione. A quando pare, le mogli sembra non facciano parte della categoria di coloro che devono essere trattati con rispetto”. Continua sulla stessa linea”.

Molly schioccò la lingua in disapprovazione, prima di trafficare con astio nel bancone della cucina e tirare fuori della carta ed una piuma.

“Cosa fai, mamma?”, chiese George.

“Non supporterò queste idiozie. Cancello l’iscrizione a quel… quello schifo. Come osano stampare delle bugie così disgustose?”.

Hermione a ciò si sentì meglio, soprattutto perché, quando aveva avuto dei problemi simili con il settimanale durante il Torneo Tremaghi, Molly aveva creduto al giornale e si era comportata di ghiaccio con lei, finché Harry non aveva chiarito tutto.

Sorrise a Molly. “Grazie. Significa molto per me”.

“Sappiamo tutti la verità, care, e ti supporteremo fermamente”.

E la matriarca Weasley aveva ragione. Osservando le persone intorno al grande tavolo della cucina, vide provenire da loro solo amore e supporto. Sapeva che il resto della comunità magica non sarebbe stato così comprensivo e sarebbe stato più incline a credere alle bugie, ma finché avesse avuto un forte gruppo di amici avrebbe potuto sopportare tutto.

La porta della cucina si aprì ed apparve Arthur, mentre si strofinava il viso con la bacchetta. “Buon pomeriggio, Weasley”, disse stancamente.

“Vieni papà, siediti”, disse Percy, alzandosi dalla sedia in cui di solito sedeva Arthur.

Molly gli si affrettò incontro, portandogli una tazza di tè e richiamando il latte dal frigo, mancando per poco la testa di Percy mentre questo si spostava verso un’altra sedia.

“Pensavo non dovessi più partecipare alle retate, dato che ora non fanno più parte del tuo lavoro”, rimproverò Molly il marito.

“Erano a corto di personale nel reparto di Uso Improprio dei Manufatti Babbani. La moglie di Wayne Hopkins è entrata in travaglio e sai che nessuno conosce quel dipartimento bene quanto me”.

Molly sbuffò ma lisciò con amore i capelli del marito. Hermione sorrise a quello scambio di effusioni ed osservò i loro figli con le mogli. Molly ed Arthur erano un esempio meraviglioso di felicità coniugale per i figli, e lo dimostravano. Neanche un singolo Weasley si era imbarcato in un matrimonio infelice. Nemmeno George, che aveva sposato la ragazza del gemello morto.

Sospirò ed abbassò lo sguardo, sentendosi più sola che mai. Era difficile non sentire la mancanza di un compagno quando eri circondato da coppie sposate. Era un peccato che quel giorno Charlie non fosse presente. Almeno non sarebbe stata l’unica persona single al tavolo. Charlie era sposato con il suo lavoro, proprio come Hermione. L’unica differenza era che lui non aveva alcun desiderio di sposarsi ed avere una famiglia. Molly gli ricordava sempre che ormai fosse arrivato il momento di sistemarsi, ma Charlie scherzava sempre sul fatto che nessuna donna avrebbe potuto amarlo tanto quanto i suoi draghi.

Revitalizzato dal tè, Arthur osservò i presenti. “Allora, il Settimanale Strega ha lanciato qualche scandalo o controversia di cui dovrei essere a conoscenza?”.

Era proprio il tipo di commento sarcastico da Arthur, una leggera frecciatina sul fatto che nella sua famiglia sarebbe sempre accaduto qualche dramma. Il patriarca si guardò attorno, confuso dalla reazione di tutti loro.

“Cos’ho detto?”, chiese.

Tutti gli occhi si posarono su Hermione, che fece una smorfia ed allungò la mano. Fleur le passò il giornale, e lei lo diede ad Arthur perché lo leggesse.

“Sono in prima pagina”, disse in modo da nascondere il dolore che le causava guardarne la copertina.

Arthur sbattè gli occhi rapidamente diverse volte, come se non credesse a ciò che vedeva, mentre leggeva l’articolo pieno di odio. Si accigliò. “Ho dovuto portare Woodfield al San Mungo. È stato attaccato da una maledizione lanciata da degli schiaccianoci”.

Tutti gli uomini attorno al tavolo si agitarono, non a proprio agio.

“Eravamo stati mandati a raccoglierli. Quando sono arrivato, ho visto Lucius Malfoy che veniva ricoverato d’urgenza. Non sembrava fosse cosciente, ed è stato circondato velocemente dai Guaritori. Ho chiesto se avessero bisogno di qualcuno del Ministero che li aiutasse. Sapete che i Malfoy hanno un mucchio di nemici, ma mi hanno assicurato che non si trattava di nulla del genere. Ora invece posso capire cosa sia successo”.

“Ottimo”, mormorò Hermione. Riusciva solo a pensare ai possibili gossip che sarebbero nati, se Lucius fosse morto per quello. Per causa sua. La macchia Sanguesporco nella sua famiglia.


Draco si sentiva indolenzito, mentre si avviava al San Mungo tenendo la mano di sua madre. sapeva che al di sotto della superficie calma che dimostrava, c’erano rabbia, paura ed ansia. Voleva solo arrivare in tempo nella privacy del Manor prima che tutti i sentimenti eruttassero.

Percepì Narcissa inciampare, e la sorresse. Lei lo guardò con gli occhi pieni di paura, il che lo fece sentire inutile. Come poteva assicurarle che tutto sarebbe andato bene, quando invece anche lui aveva il terrore di arrivare e sentirsi dire che Lucius era morto? Merlino! Cosa avrebbe fatto in quel caso? Non poteva affrontare quel caos senza Lucius a guidarlo. Suo padre era riuscito a diventare Mangiamorte. Nonostante l’opinione della gente, tra di loro c’era un legame profondo. Sì, suo padre aveva avuto aspettative poco realistiche. Sì, era rimasto deluso del fatto che Draco fosse stato battuto dalla Granger agli esami e da Potter a Quidditch. Ma gli aveva sempre voluto bene, e Draco si era sempre sentito amato.

Strinse gli occhi, mentre ripensava ad Astoria. Non c’era alcun dubbio che ci fosse lei dietro a quella storia. Era stata troppo contenta e felice del divorzio. L’unica cosa che la rendeva felice era fare a modo suo. Poteva non essere più una moglie Malfoy, ma si era assicurata di ottenere vendetta ed aveva trascinato il loro nome nel fango nel mentre.

Raggiunsero finalmente il quarto piano, dove erano ricoverati quelli colpiti dalle maledizioni. Vennero fermati da un Guaritore, prima di arrivare al letto di Lucius.

“Signora Malfoy, sono Holly Ashfiled, la Capo Guaritrice di questo dipartimento. Mi occupo di suo marito sin dal principio. Ora, vorrei assicurarle che sta bene. Si è appena svegliato ed è un po’ imbronciato, ma a parte quello non ci dovrebbero essere effetti duraturi dall’attacco di oggi”.

Draco strinse la mano della madre, che ancora tremava nella sua presa.

“Ricorda qualcosa?”, chiese.

“Oh, sì. Non deve preoccuparsi, la sua memoria non è in alcun modo alterata. Non è mai successo, durante tutta la sua malattia”.

Più che sentire, Draco percepì il grande sospiro di sollievo della madre, e si rese conto che con le rassicurazioni della Guaritrice un po’ della tensione accumulata sulle spalle se n’era andata. La Guaritrice aprì la porta del corridoio.

“È nel letto 23, stanza 9”, li informò.

Oltrepassarono la porta. Sua madre ora si muoveva più leggiadramente. Trovarono facilmente la stanza. Il respiro di Draco si fece più corto, quando vide il padre. La vulnerabilità di Lucius era evidente, ora che lo vedeva con i capelli scomposti, raccolti e stopposi piuttosto che lunghi e lisci come li aveva sempre visti. Aveva gli occhi gonfi e iniettati di sangue, probabilmente per le pozioni che aveva preso, ma neanche le convulsioni avevano aiutato.

Narcissa si fece sfuggire un lamento, e suo padre allungò una mano perché lei la prendesse. Gli corse incontro, mentre qualche lacrima le scivolava lungo il viso.

“Cosa succede?”, chiese Lucius.

Lei scosse la testa ed inghiottì un paio di volte, ovviamente cercando di riguadagnare un contegno. “Ci hai spaventato”, disse.

“Lo so”, replicò lui, accarezzandole leggermente la guancia. “Ma sto bene, e non vado da nessuna parte”.

Narcissa appoggiò il viso sul suo palmo e chiuse gli occhi.

Draco non poté non sentirsi fuori luogo, mentre guardava la tenera scena tra i genitori. Era ciò che voleva anche lui. Non un matrimonio a pezzi con una donna con il cuore di pietra od un figlio in provetta. Voleva l’amore e l’affetto, e tutto ciò che comportavano. Oh, non era infantile. Di tanto in tanto sentiva i genitori litigare, soprattutto dopo la guerra con lo stress di dover ricostruire tutto. Ma i battibecchi non duravano mai a lungo, ed alla fine il loro matrimonio sembrava diventare saldo ogni volta di più. Non c’era amarezza tra di loro.

“Figliolo?”.

Draco alzò lo sguardo e vide il padre chiamarlo con l’altra mano. Gli sorrise e si mosse verso l’altro lato del letto, prendendogli gentilmente le spalle.

“Non farlo di nuovo, papà”.

“Farò del mio meglio, ma non posso garantire che non succederà di nuovo”.

L’atmosfera si appesantì, mentre digerivano la notizia. La realtà era che la malattia di Lucius poteva solo peggiorare. Lo stava lentamente uccidendo, ed a meno che non avessero trovato una cura sarebbe andato per sempre.

“Sono ancora arrabbiato che tu me l’abbia tenuto nascosto. Come facevi a tenere segreti attacchi come questo?”, chiese Narcissa.

“Prima di oggi non sono mai stati così. Credo sia stato lo shock a scatenarlo più forte. E ti devo delle scuse, Draco”.

Lui guardò curioso il padre.

“Mi avevi avvertito su Astoria. Mi avevi detto che era stato troppo facile, e non ti ho ascoltato”.

Draco scrollò le spalle, non particolarmente felice di aver avuto ragione. Avrebbe preferito continuare ad avere Lucius che rideva di lui per essere paranoico e pessimista. “Speravo di avere torto”, replicò.

“Beh, lo speravamo tutti”, disse Narcissa, prima di sospirare ed affossarsi nella sedia per i visitatori.

“Hai parlato con la Granger?”, chiese Lucius.

Draco gli lanciò uno sguardo incredulo. “Ho a malapena dato un’occhiata al giornale. Sono stato un po’ distratto”, disse.

“Bene, capisco. Ora la mia mente è un po’ lenta”.

Il dolore lo trafisse ancora una volta. Suo padre non era mai lento a capire. Cercava sempre di prefigurarsi le conseguenze di qualsiasi cosa, anche se non sempre aveva successo, come provava la scenata di Astoria.

“Concentriamoci sul portarti al Manor, e poi ci preoccuperemo di questo”, disse Narcissa perentoria.

“Sembra una buona idea, mamma”, disse con un sorriso rivolto verso di lei.

Rimase compiaciuto di notare il colorito roseo che stava riacquistando. Non le piaceva vederla troppo pallida.

Un Guaritore scelse quel momento per entrare nella stanza, facendo loro chiudere il discorso. I Malfoy non lavavano i panni sporchi in pubblico.

Mentre tornava nell’atrio del San Mungo, Draco avrebbe dovuto essere cieco per non notare gli sguardi ed i commenti che lo seguivano. Non era nulla di nuovo. Gli avevano riservato un trattamento simile per qualche anno dopo la guerra. Ma era un ricordo spiacevole di quando fosse seria la situazione che dovevano affrontare lui e la Granger. Proprio quando sembrava fossero riusciti ad appianare le differenze, una catastrofe gli si abbatteva contro. Come se le cose non avessero potuto diventare più incasinate di quanto già non fossero.

Sospirò e si rifiutò di reagire, come il suo pubblico si aspettava. La sua vita amorosa che non esisteva poteva essere discussa dalla stampa, ma ciò non significava che avrebbe dato di matto come tutti speravano.

“Draco!”, lo chiamò una voce femminile dalla reception.

Si voltò e vide Millie saltellare verso di lui.

“Devo parlarti”, disse quando riuscì a farsi strada tra gli impiccioni.

“Vieni al Manor”, replicò. “Ci saremo solo noi”.

“Dove sono i tuoi genitori? E perché sei qui di domenica?”, chiese.

“Storia lunga”, mormorò, sapendo che quelli più vicini a loro stavano cercando di origliare.

Millie capì la situazione, ed a parte uno sguardo confuso per l’interesse che stavano attirando non disse nulla, camminando semplicemente di fianco a lui verso le connessioni con la Metropolvere.

Una volta che furono al sicuro nello studio di Draco, Millie diede sfogo alle domande che la stavano ovviamente mangiando viva.

“Cosa succede, Draco? Perché tutti ci fissavano e perché eri al San Mungo?”.

Lui avanzò verso la scrivania e si accigliò, vedendo il giornale e l’offensiva pubblicazione in prima pagina. A quanto sembrava, lo aveva posizionato lì un elfo domestico, probabilmente pensando di essere d’aiuto. Lo aprì di scatto, scandagliandone brevemente il contenuto ed ignorando i soffi impazienti di Millie. Si accigliò di nuovo, prima di chiudere di botto il giornale e lanciarlo all’amica.

“Che diavolo è questo?”, chiese lei.

“L’articolo che ha fatto finire mio padre al San Mungo. Ha scatenato un attacco”.

“Attacco?”.

Draco si strofinò una mano sugli occhi, ricordando di non aver ancora raccontato agli amici delle condizioni del padre. “Mio padre è malato. Lo seguono al San Mungo da un paio d’anni e non sono sicuri di cosa si tratti. È il motivo più grande per cui vuole così tanto quel bambino con la Granger”.

Lei gli lanciò uno sguardo infelice. “Mi spiace davvero”.

“Sì, anche a me. Ancora non sappiamo se potrà essere curato o meno”.

Millie lo fissò con gli occhi spalancati. “Wow, Draco. Stai passando davvero un anno difficile”.

Lui fece una smorfia. Era un eufemismo.

L’amica tornò a guardare il giornale, prima di alzare la testa e guardarlo di nuovo. “Astoria?”.

Lui annuì. “Molto probabile. Non riesco a pensare a nessun altro che volesse fare una cosa del genere. Le uniche persone a cui l’ho raccontato al di fuori della mia famiglia siete tu e Pansy, e dubito che qualche amico della Granger voglia fregarla. Il che la lascia come unica candidata, visto anche il fatto che non è esattamente innamorata della famiglia Malfoy al momento”.

Millie continuò a leggere il giornale, spalancando sempre di più gli occhi. “È davvero una cosa orribile”.

“Beh, dicono che neanche le pene dell’inferno siano superiori ad una donna infuriata”.  

“E pensare che volevo dirti che la Granger mi ha chiesto informazioni su di te durante l’ultimo appuntamento”.

“Cosa?”.

“Mi ha minacciata di farmi rapporto per averti detto del suo appuntamento ed averle messo un Galeone addosso, se non le avessi raccontato ciò che voleva sapere. E sai quanto io ami il mio lavoro, Draco”.

Lo sapeva, e non poteva incolparla per volerlo salvare. “Cosa voleva sapere?”.

“Di te ed Astoria”.

“Ora non importa, comunque”, disse, indicando il giornale.

“Ma saprà chi è stato?”.

Draco scrollò le spalle. “Probabilmente no, ma non è che possa tenerlo segreto. Grazie alla mia cara ex moglie, la Granger ed io saremo passati sotto la lente d’ingrandimento. Aspetta solo che inizi a mostrarsi”.

Millie annuì concorde, prima di avvicinarsi e prendergli la mano. C’era tutto tranne tristezza negli occhi di lei. Era una delle cose che adorava di Millicent Bulstrode, aveva un’empatia eccezionale. Non in molti andavano oltre il suo aspetto e scoprivano la sua personalità sensibile al di sotto. Poteva essere scontrosa, ma avrebbe fatto di tutto per gli amici.

“Ti supporteremo, Draco. Lo sai, vero? Io e Pans, ci assicureremo di fare da scudo a te e la Granger, se sarà necessario”.

Lui sorrise e le strinse la mano. “Lo so, Millie. Sei un’amica speciale”.


Suo padre tornò dal San Mungo solo la mattina seguente. Potevano mandarlo a casa la notte prima, ma la Guaritrice voleva tenerlo in osservazione per esserne sicura.

Draco andò nella stanza di Lucius quando si fu sistemato. Suo padre sembrava molto più sé stesso. Aveva i capelli legati con il solito nastro nero, seduto a letto che faceva del proprio meglio per ignorare la moglie affaccendata e gli elfi domestici.

“Draco!”, lo chiamò, appena entrò nella stanza. “Proprio chi volevo vedere”.

“Cosa posso fare, padre?”.

“Vai al Ministero e scova la Granger. Dobbiamo parlare della risposta a questo oltraggio, e lei deve essere presente”.

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Capitolo 13
*** Discussioni ***


Cap 13

Discussioni

Hermione maledisse la propria incapacità di dichiararsi malata quando in realtà non lo era affatto. Gli sguardi meravigliati ed i sussurri che la seguivano per il Ministero le stavano dando il tormento. Attualmente stava cercando di evitare di recarsi in mensa per pranzo: non riusciva ad immaginare niente di peggio che stare seduta in quella stanza ed avere a che fare con le speculazioni ed i pettegolezzi svolazzanti attorno a lei.

Era rimasta piuttosto male sentendo alcuni commenti cattivi e sibillini che le erano stati rivolti, uno addirittura da parte di una collega del dipartimento con la quale era andata ragionevolmente d’accordo. Sembrava l’additassero come la donna scarlatta, la spezza-famiglie. Sospirò. L’altra donna sarebbe sempre stata mortificata. E lei non aveva nemmeno avuto una relazione.

Voltò la sedia per osservare il paesaggio fuori dalla finestra incantata. Sperava che il dipartimento meteorologico avesse preso nota del suo umore ed avesse preparato una tempesta, invece il sole spendeva luminoso, immerso in un cielo perfettamente blu.

Qualcuno bussò. Rimise la sedia a posto ed osservò cautamente la porta, prima di affermare calma “Avanti”.

Apparve una zazzera di capelli neri, e lei si rilassò. “Harry!”.

“Aspettavi qualcun altro?”.

“Con la giornata che mi ritrovo oggi, non mi sarei sorpresa se fosse stato qualcuno con il coraggio di alludere ad una questione di lavoro per poi farmi domande riguardo quella storia”.

“Già, ho pensato proprio a quel motivo, quando non ti ho visto in mensa. Così ti ho portato del cibo”, disse lui, mostrandole una busta di carta.

Non credeva sarebbe riuscita a tenere giù neanche una briciola, me il profumo di patate al forno le arrivò al naso e si rese conto di essere molto affamata.

“Grazie”, disse grata, mentre lui entrava nell’ufficio e le piazzava davanti l’involucro.

Harry estrasse una busta identica, e si sedette sulla sedia di fronte a lei. “Pensavo anche avessi bisogno di un po’ di compagnia”.

Lei gli sorrise. Ecco ciò che amava di Harry: l’empatia che provava per chiunque dovesse affrontare un brutto momento.

“Quanto è brutta la situazione laggiù?”, gli chiese.

“Nessuno ha avuto il fegato di chiedermi qualcosa, ma il silenzio che è calato quando sono entrato in mensa è stato rivelatore”.

Lei grugnì. Era dieci volte peggio del suo quarto anno ad Hogwarts. Almeno la scuola poteva contenere un numero limitato di persone. Il Ministero era più grande e, se possibile, ancora più propenso al pettegolezzo di una manciata di ragazzini.

“Ottimo”, mormorò, prima di punzecchiare una patata ricoperta di formaggio e burro fuso.

Harry rise sentendo il verso di pura gioia che lei emise dopo il primo morso. La patata di lui era grande la metà, con meno formaggio ed includeva dei fagioli arrosto. “Ginny non mentiva sul tuo amore per le patate”.

“Non riesco a farne a meno. Le desidero, e niente di salutare come le patate bollite, ma piuttosto patatine fritte o ripiene dei più grassi condimenti. O meglio ancora le patatine del sacchetto; potrei mangiarne un pacchetto gigante al sale ed aceto”.

“Non ti piacciono nemmeno di quel gusto”.

“Lo so!”.

“Sono solo contento non si tratti di qualcosa di davvero disgustoso. A Ginny per un periodo è piaciuto il gusto del metallo, e la trovavo a leccare le chiavi”.

Hermione rise divertita.

“Finalmente. Sapevo ci sarebbe stata una risata in te, da qualche parte”, sottolineò lui.

“Sai che non riesco a rimanere troppo depressa con te o Ron che mi rallegrate”.

Qualcun altro bussò alla porta, ed Hermione si accigliò. Non poteva essere Ron, che al momento si trovava in vacanza a celebrare l’anniversario di matrimonio con Luna. Spostò di lato la mezza patata rimasta, e permise l’entrata di chiunque si trattasse. La porta si spalancò e rivelò Malfoy, per cui lei si alzò di scatto, in stato di shock.

“Sei pazzo!”, sibilò. “Non puoi arrivare qui proprio oggi!”.

Lui serrò la porta alle proprie spalle e ci si appoggiò contro, con un orrendo ghigno sul viso. “Perché? Ciao anche a te, Granger”.

“Che cosa vuoi?”, chiese lei, tornando a sedersi.

Malfoy ignorò la sua domanda diretta, spostando invece l’attenzione su Harry. “Potter”, disse accondiscendente.

Harry annuì di rimando.

“Beh?”, chiese ancora lei, mettendosi le mani sui fianchi e soffiando.

“Rilassati, Granger. Sono arrivato ad ora di pranzo perché sapevo sarebbe stato un momento meno impegnato, ed ho anche usato l’incantesimo di Disillusione prima di bussare al tuo ufficio”.

Lei si rilassò leggermente, mollando la tensione sulle spalle. Almeno aveva avuto il buon senso di prendere delle precauzioni. L’ultima cosa di cui aveva bisogno quel giorno era che la piccola visita di Malfoy finisse in prima pagina sui giornali, a conferma, nella mente di tutti, del fatto che avessero una relazione clandestina.

“Perché sei qui?”.

“La tua presenza è richiesta a Malfoy Manor”.

Lei alzò un sopracciglio a quel comando e non riuscì ad evitare il contatto diretto con gli occhi di Harry, che sembrava avesse ricevuto tutti i propri regali di Natale in anticipo. Lui sapeva bene come reagiva ad ordini del genere; Malfoy ovviamente no.

“Scusami?”, chiese lei, estremamente gentile, dandogli l’opportunità di riformulare saggiamente la frase. Ma sembrava che Malfoy fosse ottuso come sempre.

“Sapevo che quei capelli ti rendono un po’ sorda. Ho detto che devi venire al Manor”.

“Mi spiace, ma da quando tu comandi ed io eseguo?”.

Malfoy finalmente sembrò capire. Guardò prima Hermione, poi Harry, ed infine fece una mezza battuta. “Oh Grange Granger, per favore, verresti al Manor?”.

Lei ignorò il tono sarcastico. “Perché?”

Lui roteò gli occhi. “Credevo dovessimo sederci e discutere di ciò che è successo ieri”.

“Vero, ma perché a casa tua?”.

“Dove altro potremmo incontrarci? In un altro cafè? Abbiamo visto che bene che è andata l’ultima volta”.

“Perché non a casa mia?”.

“Perché mio padre vuole essere presente, ed attualmente è confinato a letto su ordine del Medimago”.

“Tuo padre? E perché dovrei discutere con lui di questo?”.

“Potrebbe esserti sfuggito, ma il nome dei Malfoy è stato trascinato nel fango assieme al tuo, e questo ha a che fare anche con lui”.

Harry le tirò un calcio da sotto la scrivania, e lei si voltò a guardarlo. Lui scosse la testa all’obiezione che stava per fare. Hermione sospirò e pensò che in fondo avrebbe dovuto acconsentire, non importava quando non volesse trovarsi di fronte a tutti i Malfoy.

“Bene, verrò da te dopo il lavoro, ma Harry viene con me”.

“Sai, Granger, puoi anche fare qualcosa senza che Potter ti tenga la mano”, sottolineò Malfoy.

"Non verrò da sola. Prendere o lasciare”.

“Bene”, disse lui con un sospiro. “Facciamo alle 18?”.

Hermione diede un’occhiata ad Harry, prima di acconsentire con la testa.

“Ok, beh, mi allontano dai tuoi capelli prima che questo posto diventi di nuovo affollato. Comunque, credo che la Donnola ti abbia contagiato”, disse Malfoy.

“Cosa?”, chiese confusa.

Lui indicò la patata. “Quella è sicuramente una porzione da Donnola”.

Hermione tossì mentre lui lasciava l’ufficio, ridendo al proprio patetico tentativo di fare una battuta.

“Magari dovrebbe provare ad essere incinto”, mormorò.

Una risata leggera di Harry la fece voltare verso di lui, che stava cercando di nascondere il divertimento. “Non è divertente”, disse lei con un sibilo.

“Non lo so. Malfoy ha ragione: è una patata che solo Ron proverebbe a mangiare”.


"Dunque?”, chiese Lucius, quando Draco, tornato dal Ministero, andò dritto nella stanza del padre.

“Arriverà dopo il lavoro. Per quanto irritante sia, porterà Potter con lei”.

Suo padre scrollò le spalle. “Me l’aspettavo. È sempre stato un tipo da mettersi in mezzo”.

“O magari ha solo bisogno di supporto emotivo. Questo non è esattamente territorio neutrale, e la sua unica e sola visita qui non è stata proprio piacevole”, precisò candida Narcissa.

Quando sua madre la mise in quel modo, Draco si sentì un po’ in colpa. In realtà non aveva davvero pensato molto ai sentimenti della Granger, più che altro era focalizzato sul problema da affrontare ed era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva pensato a quel terribile ultimo anno di guerra ed allo stress che aveva sopportato quando Potter e gli amici erano stati trascinati a Malfoy Manor. I propri sentimenti non sarebbero stati nulla, in confronto a quelli della Granger; era anche stato piuttosto rozzo nell’invitarla.

Entrambi gli uomini Malfoy si guardarono, non a loro agio con l’opinione di Narcissa.

“Ad ogni modo”, disse senza tono Lucius, cercando di continuare la conversazione, “lei verrà, il che è un bene. Abbiamo bisogno sia qui per discutere di come rispondere allo scandalo”. Quando la guerra era alle porte, Lucius non si sentiva mai a suo agio. Draco aveva sempre pensato fosse perché suo padre sapeva quanto sbagliate fossero le sue azioni ma odiasse ammetterlo, perfino con se stesso.

Draco annuì, sospirò ed uscì scusandosi. Doveva davvero tornare agli affari. Aveva sprecato abbastanza tempo di quel lunedì a pensare al caos che la sua vendicativa ex moglie aveva creato.

Ad ogni modo, non gli venne concesso quel lusso quando raggiunse il proprio studio. Lì, seduta sul divano con un sopracciglio alzato ed una copia del Settimanale Strega, c’era Pansy.

“Iniziavo a chiedermi se tu e la Granger foste fuggiti insieme”.

“Non ora, Pans. Davvero, non sono dell’umore”.

“Dove sei stato? Ho aspettato che arrivassi per almeno un’ora”.

“Almeno i miei elfi domestici ti hanno regalmente intrattenuta”, disse lui, indicando i rimasugli di ciò che prima era stato un pranzo, sul tavolino da caffè.

“Assieme a Rita Skeeter ed alla sua fonte anonima, che presumo si tratti di chi è descritta qui come… oh sì, la giovane moglie, distrutta e tradita, di Malfoy”. Ovviamente, tutti sappiamo che la reale descrizione dovrebbe essere “Astoria, mucca maligna e acida”, ma immagino che ciò non le avrebbe permesso di giocare così bene la carta della simpatia”.

Draco non riuscì a non sorridere. Il resoconto di Pansy era la cosa più bella che avesse sentito negli ultimi giorni. “Allora l’hai visto anche tu?”.

Lei gli lanciò uno sguardo incredulo. “Mi prendi in giro, vero? Davvero qualcuno della comunità magica non l’ha ancora visto? Anche quelli che disdegnano solo con lo sguardo il Settimanale Strega l’hanno letto”.

Draco si afflosciò sul lato opposto del divano e grugnì. Pansy gli batté una mano sul ginocchio, in segno di conforto. “Non preoccuparti Draco, significa solo che sei l’attrazione principale”.

“Ottimo! Essere il pettegolezzo principale per la stampa è proprio ciò di cui ho bisogno”.

“Beh, ad essere onesti, la tua famiglia lo è già da un bel po’ ormai. Solo che prima erano solo speculazioni. Quindi, come risponderete?”.

“Ancora non ne sono sicuro. Non sono incline a far uscire la verità, ma non ho nemmeno avuto un minuto per pensare a delle alternative”.

Pansy lo guardò con occhi tristi. “Sì, ho parlato con Millie ieri sera. Come sta Lucius?”.

“Sembra bene, ma è confinato a letto”.

Gli occhi di lei si spalancarono. Non riusciva a figurarsi il patriarca Malfoy eseguire tali ordini. Odiava rimanere bloccato a fare nulla, specialmente in tali situazioni. “Come la sta prendendo lui?”.

Draco aveva letto tra le righe. “Non credere che non stia macchinando. Significa solo che non è stato in grado di andare ed intimidire la Skeeter nel suo ufficio, ma ha pensato a qualcosa, dato che mi ha ordinato di portare qui la Granger più tardi”.

“Sembra sarà divertente”.

“Già, porterà Potter. Sarà una bella riunioncina”, disse sarcasticamente.

Pansy non riuscì ad evitare la risata. “Rallegrerà il morale”.

“Beh, probabilmente sarà terribile, ma deve succedere. Che mi piaccia o meno, dovremmo avere a che fare con le bugie di Astoria, e la Granger deve essere coinvolta”.

“Sono sicura sarà estasiata, quando scoprirà che è stata la tua ex moglie a causare tutti questi problemi”.  

“Già, sarà una conversazione divertente. Oh, ed il fatto che Astoria sia effettivamente la mia ex moglie”.

Lei scosse la testa, incredula. “Non riesco a credere che tu non abbia detto nulla di concreto alla Granger. Ti starebbe bene se decidesse di sacrificarti per tirarsi fuori da questo casino”.

“Perché avrei dovuto rivelarle la mia vita privata per soddisfare la sua curiosità?”.

“Hai troppi problemi di fiducia, Draco. A meno che non ti sia sfuggito, porta in grembo tuo figlio. Dovrai scendere a patti con lei per il prossimo futuro, il che indica che dovrai fidarti di lei ad un certo punto”.

Lui si passò una mano tra i capelli. Pansy aveva ragione, ma non era sicuro fosse una cosa che era pronto ad affrontare. Non aveva motivo di fidarsi della Granger, e non le piaceva nemmeno molto. Di sicuro non voleva che i suoi due migliori amici sapessero dettagli intimi della propria vita. Nonostante fosse in grado di riconoscere i meriti a Potter o Weasley quando ce ne fosse occasione, ancora lo repellevano. E sapeva che non sarebbe stato in grado di sopportare i loro sguardi derisori nel momento in cui avessero saputo di come era andata all’aria la sua vita privata.

Le emozioni che gli scorrevano nella mente non erano nuove a Pansy. Inclinò la testa con fare saccente, prima di decidere di aver pena di lui e lasciarlo infossarsi nel lavoro. Lo conosceva abbastanza bene da sapere che gli affari erano il suo meccanismo di difesa, e che avrebbe avuto bisogno di tutta la compostezza che aveva, per sopravvivere all’incontro serale con i genitori, la Granger e Potter.

Se c’era una cosa che Draco odiava, erano i tumulti. Sapeva che la cosa aveva a che fare con gli ultimi due anni ad Hogwarts, e l’aver capito che tutto ciò che gli avevano insegnato crescendo erano solo una marea di spazzatura. Aveva sconvolto la sua vita, e gli ci era voluto un po’ per riprendersi; esternamente, comunque. Non era sicura lui si fosse davvero ripreso, ed il fiasco del matrimonio non lo aiutava. Aveva bisogno di una donna che lo sostenesse e gli dimostrasse lealtà. Qualcuno che prendesse quel pessimismo che aveva sviluppato e lo trasformasse in qualcosa di positivo. Aveva bisogno che qualcuno gli ricordasse cosa potesse riservare la vita.

Sospirò. Non vedeva Draco felice da così tanto tempo che non sapeva nemmeno se avesse potuto esserlo di nuovo. Il ragazzino arrogante e pieno di sé era diventato un adulto depresso e triste. Oh, lo nascondeva bene. Quelli che non lo conoscevano vedevano solo la ricchezza e la noncuranza, e supponevano fosse atterrato ancora su entrambi i piedi. Ma Pansy, che era stata messa a parte di tutte le paure ed i sogni quando si frequentava, sapeva che non era così. Anelava la felicità che vedeva intorno a sé. Il profondo ed assoluto amore che i suoi genitori condividevano, la soddisfazione e la felicità che lei aveva con Adrian, perfino l’appagamento infuso in tutto l’essere di Potter e che tutti scorgevano.

“Farei meglio ad andare”, disse. “Adrian si starà chiedendo dove mi sia cacciata”.

Lui annuì, alzandosi lentamente dal divano e dirigendosi verso la scrivania.

Lei gli prese il braccio, commossa dallo sguardo di disperazione sul suo viso. “Andrà tutto bene, Draco. Potrebbe rivelarsi una cosa migliore di quanto ti aspettassi”.

Lui la osservò, con gli occhi piatti e spenti. “Grazie per cercare di farmi sentire meglio, Pans”.

Sapeva che non le aveva creduto. Si allungò per dargli un bacio sulla guancia, prima di afferrare la copia del Settimanale Strega e lanciare una manciata di Metropolvere nel camino.

Come previsto, Adrian la stava aspettando. “Dove sei stata, tesoro?”, chiese.

“Sono andata da Draco”, replicò lei un po’ assente, ancora concentrata a pensare su come aiutare l’amico.

“Ah”, disse consapevole Adrian. “Come se la cava?”.

“Al solito. Sai, espressioni depresse, mancanza di speranza nel mondo, generale incapacità di fidarsi di chiunque sia estraneo al suo piccolo cerchio di amici e familiari. Vorrei solo ci fosse un modo per dimostrargli che non tutto deve per forza essere così deprimente”.

“Peccato che lui e la Granger non si frequentino davvero”.

“Perché dici così?”.

“Non lo so, ma lei è il tipo di donna che gli potrebbe fare bene. Non glie ne fregherebbe niente dei soldi, non gli farebbe passare lisce le cavolate, e lo scuoterebbe un po’. Nonostante abbiano cambiato idea sul sangue per espediente, i Malfoy sono ancora troppo attaccati al vecchio stampo. Draco non ha mai frequentato nessuna che non fosse purosangue”.

“Draco non ha mai frequentato molte donne, punto”, precisò Pansy.

“Vero, ma non è che ci abbia neanche mai pensato. Si è permesso di convincersi di essersi innamorato di Astoria perché lei rappresentava tutto ciò gli avevano inculcato avrebbe dovuto sposare. Se fosse stata Mezzosangue, non l’avrebbe mai calcolata”.

Lei ci pensò su. Adrian aveva messo in luce una cosa alla quale lei non aveva mai pensato. Draco non aveva mai pensato fuori dagli schemi, era sempre rimasto nella bambagia del mondo purosangue, avventurandosene al di fuori solo per ragioni politiche o di affari. Ma ciò non cambiava davvero una persona: lo faceva per spettacolo o per i soldi. Osservò ancora una volta il giornale, mentre la foto di Draco e della Granger assumeva un nuovo significato.

“Magari è una buona cosa. Ho cercato di dirlo a Draco, ma solo per non farlo sentire troppo giù”.

Il marito non era lento di comprendonio, e sapeva dove la sua mente stava andando a parare. “La Granger lo cambierebbe in modo drastico, ma non credo sarebbe una cattiva idea. Lo sosterrebbe, anche”.

“Mi chiedo se…”, disse Pansy

“Stanne fuori, Pans. Deve rendersene conto da solo. Non devi spingerlo, deve venire da lui.

Lei annuì concorde, ma guardò di nuovo la copertina di Settimanale Strega con un piccolo sorriso. “Perché credo che niente sarà più lo stesso? Astoria voleva distruggerlo, ma potrebbe appena averlo realizzato”.


Hermione si asciugò i palmi sul vestito. Era nervosa per l’intera faccenda dell’incontro. Le girava nella mente dall’ora di pranzo. Perché Lucius Malfoy voleva la sua presenza al Manor? Non riusciva a fare a meno di pensare che non ne sarebbe venuto fuori nulla di buono. Che, in qualche modo, quello avrebbe cambiato tutto. Non era sicura del perché, ma qualcosa di istintivo le sembrava indicare che non ci sarebbe stata via di ritorno.

“Stai bene?”, chiese Harry, con una mano posata sulla spalla in segno di conforto.

“Credo di sì. Non lo so, c’è qualcosa che mi fa pensare che questa sarà una svolta”.

“Che intendi?”.

Lei si accigliò, frustrata per non essere in grado di rappresentare ciò che voleva dire. Non che sapesse davvero cosa fosse. Guardò l’amico, che la stava osservando preoccupato.

Gli sorrise rassicurante. “Non badare a me. Penso di starmi solo facendo prendere dall’ansia”.

“Ti sta bene tornare al Manor?”.

Lei rabbrividì appena. “È strano. Non pensavo a quello da parecchio”.

“Bene. Dobbiamo buttarci la guerra alle spalle, per essere in grado di vivere”.

“Hai ragione, ma in qualche modo sembra io sia dannata ad un legame con i Malfoy”.

La mano di Harry le strinse involontariamente più forte la spalla. “Sei sicura di volerlo fare?”, le chiese, con l’ansia evidente nel tono.

Lei scosse la testa, come per cercare di allontanare quella strana sensazione. “Sto solo facendo la sciocca. Facciamolo e chiudiamo la questione”.

La mano di lui le strinse il polso. “Non devi farlo, Hermione. Non devi loro nulla. Se non ti senti a tuo agio, non devi andare”.

Nonostante parte di lei, per un breve istante, avesse voluto accettare il consiglio di Harry, si rese conto di dover andare. Per una qualche ragione l’idea di un cambiamento, perfino uno che comprendesse Malfoy, non poteva essere così male. Ad ogni modo, lei non poteva continuare così.

Gli sorrise appena ed un po’ falsamente. “Starò bene. Comunque, mi conosci. Sarei divorata dalla curiosità se non andassi a scoprire ciò che vuole Lucius da me”.

“Come ci andremo?”.

“Malfoy mi ha mandato un gufo, dicendo di usare la Metropolvere. A quanto pare, ci sono giornalisti accampati fuori i cancelli del Manor”.

Harry annuì e la seguì fuori dall’ufficio, dove l’aveva incontrata, verso l’atrio affollato, dove le persone continuavano ad andare e venire dai camini ogni pochi secondi. Lo sguardo feroce che aveva in volto faceva desistere chiunque avesse intenzione di cedere alla curiosità ed andare a chiederle qualcosa sulla supposta relazione. Lei non riuscì a non sorridere. Dopo aver passato anni ad essere la sua guardia del corpo, era bello che lui le ricambiasse il favore. Le cose non avrebbero mai potuto mettersi troppo male, se avesse avuto l’amico al proprio fianco.

Mentre Hermione prese la metropolvere, cercò di stabilizzare il respiro, che era diventato rapido. Non avrebbe avuto un attacco di panico. Era solo una casa, ed aveva superato ciò che era successo durante la guerra anni prima. Lanciò la polvere nel camino, e disse l’indirizzo.

Alla fine, l’ansia venne rimpiazzata da un interesse leggero. Era arrivata in ciò che credeva essere la stanza dei viaggi. Non era mai entrata in un posto simile all’interno degli antichi manieri magici, se non contava l’occasione della cattura. Ovviamente, aveva letto tutto a riguardo ed era affascinata dalle possibili variazioni. Per esempio, tali stanze permettevano alle persone di entrare via Metropolvere, ma poi non erano in grado di andare oltre. Le porte delle altre stanze erano protette, in modo tale che i visitatori non voluti ne rimanessero intrappolati all’interno. Ci doveva essere uno spioncino da qualche parte, dove la famiglia poteva vedere chi fosse arrivato.

Prima che avesse il tempo di guardarsi attorno come si deve nella stanza spartana, apparve Malfoy.

“Grazie per essere venuta, Granger”.

Lei annuì ma, prima che potesse rispondere, il camino si rianimò e sputò Harry. Continuò a guardarsi attorno, mentre Malfoy salutava l’amico.

“Allora, dov’è?”, chiese. “Non riesco a trovarlo”.

Malfoy ed Harry si voltarono verso di lei, con identiche espressioni confuse in viso.

“Lo spioncino”, spiegò.

Harry rise appena, mentre il sopracciglio di Malfoy si alzò mentre indicava un grande specchio. “Quello è un falso specchio”, disse.

“Ovviamente”, mormorò lei.

“Comunque, se siete pronti, i miei genitori attendono”.

L’allusione ad una domanda non venne perso da Hermione, e fu grata che Malfoy fosse stato abbastanza sensibile da capire che sarebbe stato traumatico per entrambi.

“Dove andiamo?”, chiese Harry, chiaramente sperando di non essere diretti verso un posto che avevano già visitato.

“Lo studio di mio padre. È di sopra”.

Mentre Malfoy li guidava dal corridoio su per la scalinata principale, Hermione non riuscì a non pensare alla differenza che potesse fare una visita se non si fosse terrorizzati. Ora poteva guardarsi attorno con interesse. Sicuramente Malfoy Manor era affascinante. La prima parte era formale, fredda ed intimidatoria ma, mentre attraversavano il corridoio due piani superiore, ciò che li circondava cambiava in spazi più caldi ed accoglienti. I decori erano ancora sfarzosi ed impressionanti, ma mancava il marmo, il che rendeva tutto più caloroso.

Malfoy si fermò di fronte a delle gigantesche porte di legno e bussò.

Si sentì la voce di Lucius che dava loro il permesso di entrare. Mentre Malfoy si voltava per farli passare, Hermione diede ad Harry una veloce stretta sul braccio. Nonostante Lucius l’avesse disprezzata, lei non aveva avuto gli stessi trascorsi che invece aveva Harry. Gli era estremamente grata per aver messo tutto ciò alle spalle solo per supportarla.

La stanza in cui entrarono era decorata di blu, dall’azzurro chiaro dei muri al blu scuro e vellutato delle tende tirate, che donavano una magnifica vista su un giardino formale ed un laghetto. Lucius era mollemente seduto su una poltrona, con addosso una favolosa vestaglia di broccato sopra ad una maglia e ad un paio di pantaloni, che automaticamente la fecero pensare di libri di Georgette Heyer. Seduta di fianco a lui, con la schiena dritta, si trovava Narcissa. Aveva uno sguardo di ghiaccio ed altero, come sempre.

“Signorina Granger, Signor Potter. Grazie per essere venuti”, disse Lucius. “Vi prego di scusarmi se vi ho accolto nelle mie stanze private invece che in un salotto appropriato”.

Hermione invece era felice di trovarsi lì, piuttosto che di sotto. Presumeva ci fosse più di un salotto, come in tutti i manieri antichi, ma era contenta di aver evitato l’orrore potenziale di trovarsi nello stesso posto in cui era già stata.

“Va bene così, signor Malfoy”, replicò gentilmente Harry.

Lei si risvegliò dai propri pensieri, e sorrise gentile nella direzione di Lucius.

“Prego, sedetevi”, disse Lucius.

I due amici si sedettero sul divano di fronte a lui. Hermione notò che Malfoy sedeva di fianco al padre. Sembrava che lei ed Harry dovessero combattere contro di loro, ma cercò di respingere quel pensiero. Non avrebbe fatto bene a nessuno se fosse andata sulla difensiva.

“Draco, credo sarebbe una buona idea se ragguagliassi i nostri ospiti riguardo a ciò che è successo”, disse Lucius al figlio.

Hermione sapeva che non si trattava di un suggerimento, bensì di un ordine. Dovette sopprimere il sorriso che le stava per nascere. Sembrava che non importasse quando vecchio fosse Malfoy, visto che continuava a prendere ordini dal paparino.

Malfoy sospirò, guardandola per un momento, prima di fissare a vuoto il muro dietro di lei. “Sappiamo chi ha dato la storia in pasto alla Skeeter”.

“Lo sai! Perché non hai detto nulla prima”, lo interruppe lei.

“Perché era meglio avere questa conversazione ora”.

“Allora chi è stato?”.

“Astoria”.

Hermione si accigliò. “Perché tua moglie farebbe una cosa del genere? Vuole tutti pensino tu abbia una relazione?”.

“Io ed Astoria abbiamo divorziato la scorsa settimana. Questa è la sua vendetta per la famiglia”.

Hermione era scioccata. Sapeva dalla Bulstrode che le cose non andavano bene tra Malfoy e la moglie ma comunque non si aspettava quella novità. Guardò Harry, altrettanto sconcertato. Ad ogni modo, ciò spiegava perché Astoria non ci fosse a quell’incontro così spiacevole.

“Cosa? Quando me lo avresti detto? Sicuramente la scorsa settimana sarebbe stato il momento perfetto per dirmi che ti trovavi nel bel mezzo di un divorzio”.

“Magari dovremmo concentrarci sulla situazione attuale”, disse placido Lucius.

Lei lanciò uno sguardo a Malfoy, per fargli capire che quella conversazione era tutt’altro che conclusa, e spostò l’attenzione sul Malfoy più anziano. “Presumo lei abbia qualche piano, dato che ci ha chiamati”.

“Beh, almeno so di non doverle spiegare le cose, Signorina Granger”.

“Non credo sia mai stato un problema, per me”.

“No, ricordo come fosse sempre la prima della classe, ad Hogwarts”.

Lei alzò un sopracciglio, come a sfidarlo nel dire qualcosa sulle sue origini babbane, ma sembrava che Lucius avesse imparato la lezione e non avrebbe fatto allusioni.

“Ad ogni modo, oggi ho pensato parecchio al riguardo, e credo di aver trovato una soluzione al problema che Astoria ci ha lasciato”, disse Lucius.

Dato che Narcissa sembrava l’unica a non essere intrigata, Hermione suppose fosse già a conoscenza di ciò che il marito stava per proporre.

“Credo sia inutile negare la storia. Dubito che ci crederebbero in molti, dunque penso sia nel nostro miglior interesse assecondarli”, disse Lucius.

“Sta scherzando, vero?”, chiese Hermione. “Perché non possiamo semplicemente dire la verità?”.

“Per quanto mi addolori, devo dare ragione alla Granger”, disse Malfoy.

“Vuole davvero che vengano svelati i suoi motivi sul perché ha cercato un’inseminazione artificiale, signorina Granger?”.

Beh, no che non voleva. Ma non voleva nemmeno passare per il tipo di donna che se la faceva con un uomo sposato. “Non vedo come assecondare queste bugie possa fare meglio”.

“Ed è sicura che tutti crederebbero alla verità? Specialmente quando le bugie creano uno scandalo così interessante”, disse Lucius.

Hermione guardò Harry, che scrollò le spalle impotente. Se qualcuno conosceva il potere delle bugie, quello era lui. “Ma sicuramente potremmo far confermare tutto dalla clinica”, disse lei.

“Nonostante mi piacerebbe avere la sua fiducia nell’umanità, signorina Granger, sono a conoscenza di come funzioni realmente il mondo. Non ci vorrebbe molto prima che qualcuno suggerisca che i soldi dei Malfoy abbiano comprato la versione della clinica”.

“Quindi? Sta suggerendo che Hermione e Malfoy confermino l’idea ridicola di avere una relazione?”, chiese Harry.

“Intendo, signor Potter, dare una spintarella molto più romantica, e sacrificare me stesso come il motivo per cui l’hanno tenuta nascosta”.

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Capitolo 14
*** Decisioni E Dilemmi ***


Cap 14
Discussioni e Dilemmi

Hermione non poté sopprimere la risata che le apparve sulle labbra mentre osserva il Malfoy più anziano.

"Come, prego??", chiese sconcertata.

"Voglio che lei e Draco facciate a finta di avere una relazione romantica e segreta, e che io abbia rifiutato di assecondare il divorzio da mia cognata purosangue per permettere a Draco si scambiarla con una Nata Babbana”.

Doveva dare del credito a Lucius. Aveva pensato ad una bugia decente da raccontare al pubblico, ma lei non lo avrebbe assecondato.

“Nonostante io apprezzi i pensieri che ci ha messo in tutto questo, signor Malfoy, non passerò per una che ha avuto una relazione con un uomo sposato”.

“Vorrei ci pensasse, signorina Granger. È una spiegazione che la gente berrebbe. La etichetteranno come un melodramma scritto malamente, ed è un’opportunità per lei e Draco di uscire come amanti calunniati. Sono più che felice di passare per il cattivo”.

Hermione catturò Harry con la coda dell’occhio mentre si toglieva gli occhiali e li puliva con un lembo dell’abito. Anche lui era stato preso in contropiede.

“Sa cosa dirà la gente, non è vero, Lucius?”, disse Harry. “Affermeranno che i suoi determinati sforzi di riabilitare il nome di famiglia non sono stati altro che uno show”.

Un piccolo sorriso spuntò sul viso di Malfoy. “Non è niente che non abbia mai sentito. Non molte persone sono disposte a credere che i miei pensieri sulla purezza del sangue siano cambiati. Forse nemmeno lei, signor Potter”.

Harry annuì appena. Era vero che Hermione aveva tentato varie volte di parlare sia con lui che con Ron su come solerte fosse Lucius a spazzare via ogni conseguenza delle sue precedenti azioni. Ma quello non era il momento di accertarne la veridicità o meno. Ad ogni modo, lei notò che Lucius non stava né negando ma né confermando quei sospetti.

Piuttosto, si voltò verso Malfoy junior. “Davvero saresti felice di startene seduto lì e figurare come uno senza spina dorsale, che non riesce a far fronte al padre all’età di 29 anni?”.

Lui le lanciò uno sguardo. “Granger, ciò che non hai mai capito sono le dinamiche di una famiglia purosangue. Non sarebbe considerato strano se accondiscendessi ai desideri di mio padre nella scelta di una moglie. Lui è il capo della famiglia e, come tale, la sua opinione è tenuta in grande considerazione”.

Lei soffiò ed incrociò le braccia. “Beh, io non ci sto ad una tale ridicola sciarada. Credo scoprirete che la verità ci porterà benefici maggiori”.

“Ne è sicura, signorina Granger? Crede che il pubblico voglia credere a qualcosa di banale come un incidente in un laboratorio clinico che le ha causato di rimanere incinta di mio nipote?”.

“Per quanto mi riguarda, non c’è bisogno che nessuno sappia, al di fuori dell’immediato circolo, della mia condizione, tanto meno che si tratta del figlio di Malfoy”.

“La verità arriverà ad un certo punto, soprattutto quando inizierà a vedersi. Non ci vorrà molto perché la gente inizi a spettegolare sulle origini della gravidanza”.

Hermione riconobbe che era vero. “Motivo in più per metterci una pezza ora. Scriverò una lettera al Settimanale Strega, lamentando del loro inaccurato articolo e spiegando che io e Malfoy ci siamo incontrati solo per discutere di affari”.

“E di che affari si tratterebbe?”, chiese Lucius.

“Non lo so. Ma non dovrebbe essere difficile pensare a qualcosa”.

Malfoy fece una smorfia. “Granger, abbiamo mai avuto bisogno di incontrarci negli ultimi dodici anni? Sembrerà strano, se ora ci mettiamo a dire all’improvviso di lavorare insieme”.

Narcissa, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, parò. “Questa è una situazione davvero disgustosa, signorina Granger e, nonostante apprezzi le sue preoccupazioni, credo che mio marito abbia trovato la via d’uscita migliore”.

Hermione si voltò verso la matriarca. Rimase sorpresa nel vedere della simpatia negli occhi di Narcissa, il che la fece moderare un poco la risposta. “Sia come sia, io preferirei presentare una situazione più veritiera”.

Lucius fece un sorriso rassegnato. “Avevo sperato di convincerla, signorina Granger, ma rispetto la sua decisione. Draco, accompagna i nostri ospiti, per favore”.

Sia Hermione che Harry si alzarono e seguirono Malfoy alla porta. Hermione si voltò, prima di uscire. Alzò un sopracciglio, mentre Lucius lasciava cadere la postura regale per accasciarsi nella poltrona con un cipiglio di dolore.

Calò il silenzio, mentre i tre vecchi compagni si avviavano verso la stanza dei viaggi. Quella volta, Hermione era persa nei pensieri, e non diede bado a ciò che la circondava. Era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava in Lucius Malfoy. Il giorno prima era stato ricoverato al San Mungo e, nonostante avesse mantenuto un’aurea di benessere, sembrava essere una facciata. Magari era il motivo per cui era così propenso a riconoscere un erede Mezzosangue.

Quando raggiunsero la stanza, Harry sospinse Hermione verso la Metropolvere.

“Un minuto, Harry. Vai tu. Devo parlare di un paio di cose con Malfoy, prima”.

Harry le lanciò uno sguardo indagatore, ma annuì e, con un grugnito di accondiscendenza verso Malfoy, lanciò una manciata di polvere nel camino, sparendo in un lampo di fiamme verdi.

Lei si voltò verso il biondo, che la guardava con interesse.

“Se dovremmo domare la tempesta, Malfoy, dobbiamo iniziare ad essere più aperti l’uno con l’altro. Abbiamo deciso di avere contatti di qualche genere per il bene del bambino, quindi non mi piace essere continuamente tenuta all’oscuro di cose importanti della tua vita”.

Lui abbassò la testa, come se stesse pensando alla risposta. Il silenzio si protrasse, mentre continuava a contemplare il pavimento. Nel momento in cui stava per aggredirlo verbalmente, irritata dal silenzio, lui alzò la testa e la guardò dritta negli occhi.

“Ok, ci proverò”.

“Cosa significa esattamente?”, chiese, con l’irritazione evidente.

“Esattamente quello”, disse lui con un soffio, prima di allontanarsi e passeggiare su e giù per la stanza. “Senti, non sono bravo in queste cose. Non mi fido facilmente, e non condivido informazioni personali con persone di cui non mi fido”.

“Va bene, ma questa non è una situazione normale. Capisco tu non voglia che io sia a conoscenza di tutto, mi sento allo stesso modo, ma non abbiamo molta scelta. La tua ex moglie non ha preso di mira solo te, ma anche te”.

“Dubito che Astoria abbia pensato molto a te. Si è sempre trattato di colpire me dove mi avrebbe fatto più male: la mia famiglia”.

“Ma il fatto è che io sono stata presa nel fuoco incrociato. Tutto questo sta avendo un impatto negativo più su di me che di te. Ecco perché ho bisogno tu cominci ad essere onesto. Districarti tra i tuoi problemi matrimoniali e non parlarmi del divorzio la scorsa settimana, non va bene”.

Lui sospirò. “Ok. Sarò più onesto con te in futuro”.

“E risponderai alle mie domande”, lo interruppe.

Lui la rimproverò. “Hai idea di quanto siano noiose le tue domande?”.

“Malfoy, mi dirai o meno ciò che ho bisogno di sapere?”.

“Ok, ti terrò informata. Ma non mi impegno a rispondere a tutte le tue domande. Quelle che ti riguardano direttamente vanno mene, altrimenti non hai bisogno di sapere”.

“Questo è quello che chiedo”.

“Oh, ne dubito fortemente”, mormorò.

Hermione tossì ma non si preoccupò di rimbeccare. Aveva ottenuto più di quanto sperasse da quella conversazione. Si avviò verso il camino e prese una manciata di Metropolvere. Stava per lanciarla nelle fiamme, quando esitò e si voltò nuovamente verso Malfoy.

“Tuo padre sta bene? Ho sentito che è stato al San Mungo, ieri”.

“Questo, Granger, non rientra tra i tuoi problemi”.

Lei strinse le labbra per l’irritazione. “E questo non rientra nella politica di onestà reciproca cui abbiamo aderito”, sottolineò.

Lui le lanciò uno sguardo, ma sembrò decidere di risponderle. “Attualmente stanno investigando riguardo una malattia sconosciuta. La situazione di ieri gli ha causato delle convulsioni”.

“Ha una malattia misteriosa che causa convulsioni?”.

Malfoy annuì.

“Quali sono i suggerimenti terapici del San Mungo?”.

“Molte cose, alcune contraddittorie. Non sanno cosa ci sia che non va”.

“C’è qualcosa che posso fare per aiutare?”.

“L’ultima volta che ho controllato lavoravi al Ministero, non come Guaritrice. Cosa pensi di poter fare esattamente?”.

Lei scrollò le spalle, riconoscendone la verità, anche se le sue parole erano intrise di sarcasmo. “Se hai bisogno di parlare o di qualcos’altro…”, di offrì.

“Sì, ottimo, grazie Granger. Mi assicurerò di venire da te se avrò bisogno di scaricarmi, piuttosto che da qualche amico stretto. Scommetto che i tuoi due amici adorerebbero sapere tutto di Lucius Malfoy e della sua malattia”.

Hermione stava per infuriarsi, prima di rendersi conto che in realtà lui la stava provocando solo perché era scosso ed un po’ spaventato. Gli si avvicinò e gli posò leggera una mano sul braccio. “Lo penso davvero, Malfoy. Se hai bisogno di parlare, puoi sempre venire da me”.

Lui guardò la mano appesa al suo braccio, prima di scrollarla. “Potter non si starà chiedendo dove sei finita? Se rimarrai ancora, probabilmente tornerà con la cavalleria, nel caso io avessi deciso di rapirti e tenerti ostaggio finché nascerà il bambino”.

Lei sorrise appena. Harry si sarebbe preoccupato sempre di più. “Vuoi che ti mandi una copia della lettera che indento inviare all’editore di Settimanale Strega?”.

“Certo, e se sosterrai la ridicola storia che ci siamo incontrati per discutere di affari, ti suggerisco di dire che ti stavo intervistando per un possibile posto alla scuola di Hogwarts per Governatori. È l’unica cosa che abbiamo in comune”.

Lei annuì. Era una buona idea, qualcosa cui la gente avrebbe creduto. Nonostante non le piacesse il piano di Lucius, sapeva perfettamente che la versione di verità che lei voleva propugnare era noiosa e dunque inappetibile per chi fosse a caccia di scoop.

“Beh, ci vediamo in giro, Malfoy”.

“Sì… e Granger, mi dispiace di non averti detto del divorzio. Immagino di essere un po’ sulla difensiva quando si tratta di cose private”.

Hermione sorrise tentennante, prima di gettare la polvere nel camino e scomparire.


Quel sabato seguente, Draco era sistemato alla scrivania. Era difficile credere che solo una settimana prima stesse volteggiando a tre metri da terra. Tutta la sua positività riguardo al futuro era stata portata via durante la settimana più provante che avesse mai vissuto.

Il clamore dei media che circondava lui e la Granger non si era spendo. Piuttosto, la Gazzetta del Profeta si era intromesso, pubblicando lunghi articoli speculativi sulla relazione. La sua immagine pubblica era così negativa che un paio di affaristi si erano distanziati, facendo cadere alcuni importanti accordi.

Al momento teneva in mano l’ultima edizione di Settimanale Strega. Rita Skeeter ci stava mettendo del suo. Doveva ammettere che lui ne usciva meglio, in confronto alla Granger. Non era sicuro di ciò che l’ex Grifondoro avesse fatto perché la Skeeter la odiasse così tanto, ma dalla giornalista proveniva vetriolo. Assieme ad alcuni infuocati articoli, c’erano le inevitabili foto di entrambi, scattate dagli instancabili fotografi che apparivano in qualsiasi luogo magico pubblico.

Era stata pubblicata anche la lettera della Granger. Era stata brava a dipingere una plausibile alternativa per la situazione, ma la risposta dell’editore al di sotto non era positiva. Ethel Scuttelbutt metteva in chiaro che non credeva ad una parola della spiegazione e non credeva dovessero nemmeno i lettori. Tristemente, nonostante la strega cespugliosa fosse una rispettata eroina di guerra, Draco sapeva che i lettori avrebbero seguito l’editore.

Ci fu un pussare veloce alla porta dello studio, e sua madre entrò con calma.

“Cosa c’è che non va, madre?”, chiese. “Mio padre sta bene?”.

“Sì, sta bene. Ha fatto una breve passeggiata nel giardino delle rose ed ora riposa al piano di sopra”.

Draco sorrise. Era un bene che suo padre si fosse alzato, anche se l’ultimo attacco sembrava averlo spossato più dei precedenti. Ora aveva bisogno del supporto del suo bastone decorato per camminare. I segni non erano particolarmente incoraggianti. I Guaritori non arrivavano a nulla, e Draco iniziava a percepire che avrebbe perso il padre.

“Sono venuta a parlarti della signorina Granger”.

Lui si passò una mano sulla fronte, dove ormai si era fissato un solco. “E di cosa?”.

“Credo davvero che voi due dovreste pensarci e seguire il consiglio di tuo padre”.

“E fare a finta di avere un grande amore come risolverebbe la situazione?”.

“Porterebbe dalla vostra parte il pubblico. Le solite storie di amanti predestinati che sconfiggono i pronostici e rompono i pregiudizi familiari sono sempre popolari”.

“Ma saremmo ugualmente una coppia adultera, ed Astoria sarebbe ancora una donna oltraggiata”.

“Sì, ma con un PR giusto potremmo voltare la cosa a nostro favore. Pensaci: potresti ottenere ciò che vuoi. Anche che il bambino cresca qui come un Malfoy”.

Draco si accigliò. “Perché credi che ci sarebbe questa conseguenza?”.

“Tuo padre ci ha ragionato. Crede che se tu e la Granger giocaste ad essere una coppia per la stampa, potreste annunciare il fidanzamento entro un paio di mesi. Inscenare i genitori estatici e sposarvi prima che il bambino sia nato”.

Lui si allontanò di colpo dalla scrivania con un grugnito e si avvicinò alla finestra, guardando fuori ma senza vedere. “Pensavo voleste vedermi felice”.

“Lo voglio, Draco”.

“Allora perché state cercando di spingermi ad un altro matrimonio infelice? Perché è questo che sarebbe. La Granger mi odierebbe per averla manipolata a farlo e, se mi sposassi di nuovo, vorrei fosse per amore”.

“Ti sentirai diversamente, quando il bambino sarà nato”.

“Che intendi?”.

“Non vorrai rinunciarci. Vorrai che viva sotto il tuo tetto, dove puoi averlo vicino ogni volta che vorrai, e la Granger farà altrettanto. Nessuno dei due vorrà scambiarselo per le visite. Te lo dico ora, Draco, sarai tu il perdente nel lungo tempo. Per come va la legge ora, lei otterrà più diritti di te”.

Lui afferrò gli infissi così forte che le nocche gli diventarono bianche. “Lo so, ma che scelte mi rimangono?”.

“Segui il piano di tuo padre. Incanta la Granger, ed avrai ciò che vuoi”.

Draco tossì. “Non è così facile. Credo di conoscere quella donna meglio di voi due, e non è una che si fa convincere a fare niente, soprattutto in un piano come questo. Piuttosto, se dovessi farlo, la spingerei ancora più lontana e prima che me ne renda conto lei si sarà assicurata che io non possa avere alcun accesso al bambino”.

“Provaci. Hai pensato anche al marchio che dovrà affrontare il bambino per essere nato fuori dal matrimonio?”.

Ci aveva pensato anzi, più che pensato. I genitori non sposati erano rari nel mondo magico. In effetti, lui non ne aveva mai incontrati. Potevano aver divorziato in seguito, ma anche quelli erano rari. Sapeva che invece era piuttosto normale tra i Babbani, mentre la comunità magica era più conservatrice. I valori familiari erano considerati la chiave per la loro sopravvivenza.

Si passò distrattamente una mano nei capelli, prima di voltarsi ed affrontare sua madre. “Lo so, ma non premerò per un matrimonio. Non conosci la Granger, madre, se credi che un argomento del genere la possa invogliare. Se solo sospettasse che io voglia fare una cosa del genere, rescinderebbe tutti gli accordi e torneremmo a farci la guerra in tribunale, il che è meno desiderabile dello scandalo”.

Sua madre sospirò e sprofondò con grazia in uno dei divani che aveva fatto mettere nello studio, proprio di fronte al caminetto. “Sono preoccupata, Draco, riguardo ciò che accadrà a questa famiglia. Tuo padre…”, si interruppe, incapace di continuare.

“Starà bene. Abbi fiducia nei Guaritori mamma, troveranno una cura”.

"Provo a rimanere positiva, ma inizio a perdere la speranza. È così fragile dall’ultimo attacco. Credo che nascondercelo lo abbia reso ancora più debole. Invece che prendersi il tempo per recuperare, si è sforzato di tornare in piedi ed apparire normale”.

Il dolore lo squarciò, mentre vide una lacrima spuntare dagli occhi di sua madre e scenderle sulla guancia. Non voleva affrontare la realtà. Suo padre stava morendo, e sua madre stava andando in pezzi.

“Per favore, non piangere. Ce la farà. Niente sconfigge Lucius Malfoy”.

“Non puoi sconfiggere la morte, caro”.

“Shh, non morirà”, obiettò lui, prima di allungare le braccia verso la madre e stringerla in un abbraccio stretto.

Narcissa pianse per un po’, prima di ricomporsi e rilassare la testa sulla sua spalla.

“Mi dispiace. Ho avuto tuo padre al mio fianco per così tanto tempo che non so se saprò cosa fare se non ci sarà più. E questo bambino significa così tanto per lui. Se solo riuscissi a portare la Granger ed il bambino in famiglia, so che lui si sentirebbe meglio e sarebbe un toccasana per la sua malattia”.

Internamente, Draco si sentiva come se si stesse rompendo qualcosa. Sapeva che sua madre non lo stava deliberatamente manipolando, ma era esattamente ciò che stava facendo. Non voleva deludere suo padre ma, al tempo stesso, sapeva che spingere la Granger ad un qualche tipo di relazione scandalosa sarebbe stata la cosa peggiore per tutti.

“Lascia che me ne occupi io, Madre. Premere per un falso matrimonio, ora come ora, non farebbe altro che danneggiare quel poco di fiducia che io e la Granger stiamo costruendo”.

Lei gli baciò la guancia e gli sorrise. “Tutto ciò che chiedo e che ci pensi. Preoccuparsi di tutto questo non fa bene a tuo padre”.


Hermione riposò la fronte contro il tavolo della cucina. Era andata esattamente come i Malfoy avevano predetto: il Settimanale Strega non era interessato ad altro che sordido gossip. Era sopravvissuta al resto della settimana, con tutti i fischi, le parole sussurrate, gli sguardi malevoli, sicura che quelli che la stavano giudicando si sarebbero rimangiati tutto. Invece non aveva funzionato come voleva e, ora che l’adrenalina era sparita, si sentiva consumata e stanca.

Chiuse gli occhi e si abbandonò ai sentimenti di disperazione per un breve momento. Poi si alzò ancora una volta dalla sedia. Non avrebbe dato a quelle persone la soddisfazione di sapere che l’avevano abbattuta. Non c’era alcuna possibilità che Hermione Granger si barricasse in casa, troppo spaventata per mostrarsi in pubblico.

No, si sarebbe comportata come in una normale domenica. Sarebbe andata a Diagon Alley per rifornirsi di ingredienti per le pozioni che le mancavano ed a comprare un regalo per il compleanno di James Potter, che si stava avvicinando. Poi sarebbe andata alla Tana per il pranzo. Non si sarebbe nascosta, imbarazzata per qualcosa che non aveva nemmeno fatto.

Il coraggio di Hermione resistette al Paiolo Magico, alla farmacia Slug & Jiggers ed al negozio di giocattoli Babbitty Rabbitty. Poi iniziò a rimpiangere di essere uscita. Stava guardando dei giochi di Quidditch, soppesando la delizia che di Harry nell’avere un boccino giocattolo e la furia di Ginny alla vista di una piccola mazza da battitore. James era una forza della natura come gli zii gemelli, ed Hermione ci avrebbe scommesso la casa sul fatto che sarebbe stato un ottimo Battitore, piuttosto che Cercatore come il padre.

I mormorii furiosi dietro di lei le fecero distogliere l’attenzione dalla difficile decisione, e si voltò verso la fonte di quel rumore. Tre donne, ovviamente amiche, stavano non distanti da lei e la guardavano dall’alto in basso con astio. Mormoravano tra di loro, ma si interruppero mentre lei le affrontava.

Hermione non era mai stata una timida al confronto, e non avrebbe iniziato in quel momento.

“C’è qualcosa che posso fare per aiutarvi?”, chiese con tono cortese ma deciso.

Le donne sembrarono prese in contropiede, come se si aspettassero di vederla fuggire dal negozio di fronte alla loro disapprovazione.

La più tronfia soffiò cattiva. “È deplorevole vedere una come te in un negozio per famiglie”.

“Cosa dovrebbe significare?”.

“Sai esattamente ciò che intendo. Disgraziate come te dovrebbero stare da altre parti, come da Fun and Frolics. Un posto adatto a tipi come te”.

Il sopracciglio di Hermione si alzò, quando sentì nominare il negozio di lingerie. Era specializzato nell’intimo più sexy e scandaloso… beh, in realtà si trattava solo di brandelli di pizzo. Ci era stata solo una volta, appena prima il matrimonio di Ginny, ed era arrossita al genere di intimo che aveva scelto lei da indossare. E non è che lei fosse una puritana.  

In un altro momento sarebbe stata divertita all’idea di dover fare compere lì, ma non quella settimana, dopo tutti i pettegolezzi.

“Come osi? Come osate tu e le tue amichette impiccione laggiù credere di sapere qualcosa di me o in quali negozi dovrei essere la benvenuta?”.

Ci furono mormorii oltraggiati dalle altre donne. Nuovamente, la più tronfia rispose per il gruppo.

“Perché? Tu, sgualdrina senza vergogna. Come osi rimanere lì impalata e parlare a persone perbene in questo modo?”.

“Oh, dunque vi chiamate persone perbene? Credo di preferire vecchie impiccione ficcanaso”.

Una di loro si piazzò di fronte ad Hermione e le afferrò il braccio in una presa salda. “Le ruba uomini non sono benvenute qui, e sono più che felice di andare a riferire al direttore che avrà o te o noi come clienti”.

Non apprezzando la restrizione di libertà, Hermione estrasse la bacchetta, facendo fermare il gruppetto.

Qualcuno rise divertito di fianco a loro, nel mezzo del piccolo gruppo di persone che si erano fermate a guardare. “Se fossi in voi, le toglierei le mani di dosso. Sono stata dalla parte sbagliata troppe volte”, biascicò una voce che Hermione conosceva troppo bene.

Il gruppo inferocito si voltò a guardare la figura esile di Pansy Parkinson.

“Sono affari che ti riguardano?”, chiese l’impicciona.

“Per niente. Ma considerate l’avviso la mia buona azione giornaliera. A meno che, ovvio, non vi piaccia far visita al San Mungo. La Granger è un asso nelle fatture”.

Il gruppo di vecchie babbione osservò la bacchetta sfoderata di Hermione con una sorta di esitazione, come di solito accade in caso di ripensamenti. Lei trasse vantaggio dalla momentanea pausa per strattonare il braccio lontano dalla presa della strega, prima di rimettere al suo posto la mini-mazza da battitore e puntare il naso per aria.

“Vorrei dire che è stato un piacere conoscervi, ma sarebbe una bugia”, disse altezzosa. “Forse la prossima dovreste imparare a guardare oltre i pettegolezzi scandalistici, prima di accostarvi a persone perfettamente innocenti, vacche giudicone”.

Hermione non si diede pena di aspettare per vedere se il gruppo avesse qualcosa da ridire; si voltò ed uscì dal negozio con tutta la dignità che poteva permettersi. La modesta folla che si era radunata a guardare non l’aveva aiutata. E tantomeno la gratitudine che in quel momento provava per la dannata Pansy Parkinson. Non apprezzava essere messa in tali situazioni e, se si fosse trovata davanti a Malfoy, probabilmente sarebbe stata felice di iniziare un bel litigio.

I sentimenti repressi la fecero procedere arrabbiata ed a grandi falcate lungo Diagon Alley, lanciando occhiate a chiunque sembrava volesse guardarla.

“Granger, forse vorresti aspettare”, la chiamò da dietro la Parkinson.

Hermione si fermò e prese un respiro profondo, prima di voltarsi.

“Che cosa vuoi, Parkinson?”.

“Beh, un grazie sarebbe carino”.

Il sopracciglio di Hermione si alzò, ma quell’uscita l’aveva fatta diventare ancora più irascibile.

“Avevo tutto sotto controllo, ma grazie”.

“Certo che sì”, replicò l’ex Serpeverde, con una punta di sarcasmo. “Ma, nonostante sia stato carino ricevere un ringraziamento, avevo un altro motivo per volerti seguire. Ti avanza una mezz’ora di tempo?”.

“Perché?”.

“Voglio parlarti”.

“E di cosa dovremmo parlare?”.

“Oh, non lo so. Di un certo biondo e del figlio che condividete”.

Hermione la zittì velocemente e si guardò attorno, per vedere se qualcuno avesse sentito ciò che aveva detto la Parkinson. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era trovare la notizia della sua gravidanza sulla Gazzetta del Profeta il giorno seguente.

“Mi aspettano alla Tana tra un’ora, ma immagino di avere tempo per bere qualcosa. Se dobbiamo discutere di questo però andremo nella Londra babbana”.

La Parkinson scrollò le spalle. “Per me è uguale”, disse. “Fammi strada”.

 

 

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Capitolo 15
*** Cibo Per La Mente ***


Cap 15

Cibo per la Mente

Pansy non riuscì a trattenere la risata divertita, mentre interiorizzava l’espressione stupita della Granger. Ordinò una tazza di caffè per sé, ed una cioccolata per la strega incinta.

“Non è così sconvolgente, Granger. I tempi cambiano, e le persone con loro”.

“Immagino di sì. Ma è comunque strano pensare a te che possiedi denaro Babbano ed interagisci così facilmente fuori dal mondo magico”.

“All’inizio non è stato facile. Ma quando iniziano a controllare ogni tuo movimento, è meraviglioso quanto velocemente si riesca ad adattarsi alle cose nuove”.

“Buono a sapersi che ci siano stati dei cambiamenti”.

“Più di quanti tu sappia. È difficile rimanere aggrappati alle vecchie maniere quando sono state sconfitte in modo così completo, soprattutto se hai capito quanto fossero manchevoli”.

“Quindi non credi più che la purezza del sangue sia così importante”.

“Sì e no. Sono una purosangue orgogliosa”. Pansy notò l’astio di Hermione a quella frase. “Aspetta, lasciami spiegare prima di saltarmi alla gola. Non c’è nulla di male nell’essere orgogliosi delle proprie origini o del fatto di discendere da una lunga stirpe di maghi e streghe. Il problema si presenta quando inizi a dettare a chi sia concesso di accedere alla magia ed a chi no. Od affermare che i lignaggi purosangue debbano rimanere tali”.

“Credo di avere un problema anche con la terminologia. Cosa significa esattamente puro, e perché io sono esclusa dall’esserlo?”.

Pansy scrollò le spalle. “Non puoi avere tutto. È come siamo stati descritti per centinaia di anni. Ma sì, non hai tutti i torti. Anche se perfino i tuoi amici Weasley si chiamano purosangue e descrivono gli altri come Nati babbani o Mezzosangue, che lo intendano in senso negativo o meno”.

Dallo sguardo sul viso della Granger, Pansy seppe di aver centrato il punto.

“In realtà comunque non ti ho chiesto di farmi compagnia per discutere di etichette”.

La strega cespugliosa smezzò un sorriso. “DI cosa volevi parlare?”.

“Draco”.

“Cosa di preciso?”.

“Volevo chiederti di andarci piano. Al momento sta passando un momento difficile”.

La Granger fece una smorfia.

“Ok, forse non tanto quanto te con la stampa. Ma le cose non sono facili nemmeno per lui. Astoria ha deciso di lanciare uno scandalo nel peggior momento possibile”.

“Alludi alla misteriosa malattia di Lucius?”.

Pansy rimase sorpresa. Sapendo quanto taciturno fosse Draco, nonostante le sue recenti confidenze, davvero non credeva avrebbe raccontato alla Granger della malattia del padre. La cosa lo aveva ferito nel profondo e ciò che lo faceva soffrire di più di solito le teneva per sé.

“Sembra sia il mio momento di sorprenderti”, disse la Granger. “Lucius voleva incontrarmi, dopo che lo scandalo è uscito. Ho capito che c’era qualcosa che non andava in lui, ed ho messo Malfoy alla prova a riguardo”.

“E te lo ha detto?”.

“Non aveva molta scelta, considerando che avevamo appena stretto un patto sull’essere onesti l’uno con l’altra. Non ho molto apprezzato scoprire dei suoi problemi matrimoniali dalla Bulstrode, né che avesse divorziato dopo che la sua ex moglie avesse deciso di fare la vacca vendicativa e di pubblicare bugie che mi riguardano nei giornali”.

Pansy fece una smorfia. Ecco perché sta velocemente arrivando alla conclusione che Hermione Granger sarebbe stata perfetta per Draco. Con una conversazione era riuscita a fare ciò che lei non era mai stata in grado per tutta la durata della loro amicizia.

“Ben fatto anche solo per essere riuscita a farglielo ammettere. Ha raccontato a me e Millie dei suoi problemi con Astoria solo qualche settimana fa, ed io ho scoperto di Lucius solo la scorsa settimana”.

“La sua malattia è davvero così senza speranza come sembra?”.

“Adrian ci stava lavorando all’ospedale, l’altro giorno. I Guaritori del reparto Danni da Incantesimo lo ha chiamato per sapere qualcosa sulle nuove pozioni reperibili sul mercato. Sembravano particolarmente interessati a quelle sperimentali. Non ci ha messo molto a fare due più due e capire che sono ancora allo sbando nello scoprire come trattare Lucius”.

“Praticamente non hanno alcuna idea”.

Pansy scosse tristemente la testa. “Sembra proprio di sì. Adrian si è impicciato in modo discreto. Le uniche cose che gli hanno detto, ovviamente senza fare nomi, non sembravano molto promettenti”.

La strega cespugliosa abbassò lo sguardo sulla propria bevanda. “È strano. Non c’è assolutamente alcun affetto represso tra me e Lucius, e dubito che lo perdonerò mai per le sue azioni mentre eravamo a scuola. Ma è comunque il nonno di mio figlio. Ed odierei che mio figlio non avesse tutti i nonni”.

“Personalmente, non riesco ad immaginare il mondo magico senza Lucius. È sempre stato una presenza importante”, disse lei, ignorando la smorfia della Granger. “Ascolta, questo è il motivo principale per cui volevo parlare con te. Draco sarà devastato nel momento in cui suo padre non sarà più con noi. Se vogliamo che non cada a pezzi, avrà bisogno di qualcosa di importante che conti su di lui”.

“Ma sicuramente sua madre…”.

“Si rimetterà in sesto per Narcissa, senza dubbio. Ma non è ciò che intendo. Avrà bisogno che qualcuno sia lì per lui. Qualcuno che gli dia un motivo per non ritirarsi dietro ai muri che si è costruito. Praticamente, avrà bisogno di te e del bambino”.

La Granger scosse la testa. “Parkinson, questo va al di là di ciò che io e Malfoy abbiamo concordato. Sì, avremo questo figlio in comune, ma fine”.

“Ed io ti chiedo di passare oltre. Ti chiedo di provare ad essergli amica. Se i Guaritori non riusciranno a guarire Lucius solo tu potrai dargli qualcosa che il resto di non sarebbe in grado”.

“Credo tu ci abbia pensato troppo”.

“Senti, condividerete un legame: il bambino. Per cui dovrete lavorare assieme, fare compromessi di tutti i tipi per problemi complicati. Ma Granger, sto dicendo che potrebbe esserci più di quello. In poco tempo ti ha detto tante cose che ha tenuto nascoste anche ai suoi amici di lunga data”.

“Solo perché doveva essere più onesto per il bene del...”.

“Bambino”, finì Pansy per lei. “Esattamente, Granger. Non ti chiedo di essere la sua nuova migliore amica, ne ha già due. Ti chiedo di essere quella persona che si trova al di fuori della sua solita vita. Qualcuno da qui può andare e sfogarsi”.

“Parliamo di Malfoy. Non credo di sfoghi”.

Pansy smezzò un sorriso. “No, non lo fa. Imbottiglia tutto ma tu, per qualche ragione, hai già fatto breccia, anche se non intenzionalmente. Immagina cosa potresti fare, se ti ci mettessi d’impegno”.

“Non lo so. Mi stai chiedendo molto”.

“No, è solo impressione. Non vuoi avere un rapporto cordiale con lui, per il bene del bambino?”.

“Beh, certò, ma questo è più complicato”.

“Solo se lo rendi tale”.

“È una risposta così Serpeverde”.

“Sì, e Draco è un ex Serpeverde. Non sto facendo l’ottusa deliberatamente, capisco le tue riserve. Semplicemente non credo siano importanti. Ne beneficereste sia tu che il bambino. Provaci, Granger. È tutto quello che ti chiedo”.  

Con quelle parole, Pansy finì il caffè e si alzò. “Siamo state molto civili”, disse con un sorriso.

“Almeno non mi accusi di essere una rovina famiglie”.

Lei rise. “Non c’era nulla da rovinare. Ed in ogni caso Draco è sicuramente a digiuno per quanto riguarda le, com’è che hanno detto le vecchie babbione? Ruba uomini”.

“Che simpatica”.

“Pensaci”, disse facendo l’occhiolino, prima di lasciare la Granger al tavolo che la guardava con un’espressione scioccata.

Pansy, arrivata a Charing Cross Road, finalmente rilasciò il sorriso gioioso che voleva disperatamente fare durante la conversazione. Adrian poteva aver ragione del dire che Draco avesse bisogno di sviluppare dei sentimenti per la Granger da solo, ma sicuramente non significava che lei non avrebbe potuto istruirla sulla sua personalità. E magari anche darle qualche spunto su ciò che sarebbe potuto accadere tra di loro.


Hermione rimase seduta sconvolta al cafè. Davvero la Parkinson le aveva suggerito ciò che pensava? Di certo quello non sarebbe successo. Sicuramente era ovvio a tutti quelli che avevano frequentato Hogwarts che lei e Malfoy erano assolutamente incompatibili.

Diede un’occhiata all’orologio sul muro ed imprecò piano. Era in ritardo per il pranzo domenicale dai Weasley.

Nella fretta di arrivare in tempo alla Tana, Hermione non aveva avuto il tempo di processare commenti e sguardi che le lanciavano quando arrivò di corsa al Paiolo Magico ed usò la connessione Metropolvere per arrivare ad Ottery St. Catchpole.

Inciampò uscendo dal camino alla Tana proprio mentre tutti si sedevano al tavolo.

“Hermione! Eccoti qui. Ci chiedevamo dove dovessi andare”, disse Molly avvicinandosi per darle un abbraccio.

“Scusate, ho perso tempo a Diagon Alley”.

Harry le lanciò uno sguardo preoccupato. “Non hai avuto problemi, vero?”.

“Qualcuno. Una vecchia babbiona pensava spettasse a lei buttarmi fuori da Babbitty Rabbitty”.

“Cosa?”, chiese Ron, oltraggiato.

“Pansy Parkinson era lì ed ha calmato gli animi prima che io riuscissi ad affatturare qualcuno”.

“La Parkinson?”, disse incredulo Ron.

“Lo so. È stato trano, ma sono in ritardo perché ha voluto prendere un caffè con me, dopo”.

Questa volta Ron non la interruppe, rimanendo con un’espressione stupita.

“Di cosa voleva parlare?”, chiese Ginny.

“Credo volesse soprattutto dirmi di non fare troppo la dura con Malfoy”.

“Immagino che lui o Lucius glie l’abbiano chiesto”, supposte Harry, ed istantaneamente gli uomini Weasley fecero una smorfia.

Tra Hermione e la famiglia Weasley non c’erano segreti. Si comportavano come cugini estremamente affettuosi, e lei non aveva avuto alcun rimorso a raccontare loro la proposta di Lucius. Gli uomini Weasley erano diventati immediatamente iperprotettivi. Hermione veniva considerata alla pari di Ginny, una sorellina onoraria che aveva bisogno di essere protetta da uomini predatori o manipolativi come i Malfoy. Lei aveva roteato gli occhi e li aveva informati di essere più che in grado di badare a sé stessa, il che aveva messo fine al picco di testosterone mentre i mormorii riguardo a quale subdolo piano Lucius e la sua prole stessero macchinando erano continuati.

Lei scosse le spalle. “Ne dubito. Ma anche se l’avessero mandata non mi avrebbe fatto cambiare idea sul piano. Ho passato una settimana bruttissima ma ciò non significa voglia sacrificare la mia integrità nel tentativo di giocare alla famiglia felice con Draco Malfoy”.

“Giusto Hermione, fagliela vedere!”, disse entusiasta Ron in un modo un po’ strano, vista la bocca piena di patate arrosto.

Decidendo di porre fine alla conversazione, Hermione prese coltello e forchetta e si servì una porzione di ciò che sembrava una deliziosa fetta di roastbeef.


A pomeriggio inoltrato Hermione si trovava seduta in una delle vecchie poltrone nel giardino della Tana, picchiettando sulla tazza da tè. Era stata una giornata estiva meravigliosa, ed il verdeggiante paesaggio del Devonshire era riuscito a tranquillizzarla. Era in momenti come quelli che apprezzava davvero essere una strega: poter fare spese a Diagon Alley, nel cuore di Londra, in mattinata e poi passare un rilassante pomeriggio nel Devon era una cosa che di norma avrebbe richiesto un viaggio in macchina di almeno cinque ore.

Un passo leggero di piedi nudi attirò l’attenzione di Hermione lontano dal tramonto, facendole girare la testa verso una sorridente Luna, che si sedette a gambe incrociate nella poltrona di fianco a lei.

“Il Devon è sempre stata la mia contea preferita”, disse Hermione. “Da piccola ci venivo con i miei genitori. Prendevamo in affitto una casetta a Dartmoor e passavamo il tempo scalando i Tors. Quelle vacanze rimarranno sempre uno dei miei ricordi più cari. Ho ancora un barattolo di sassolini che ho comprato quando avevo otto anni alla Casa dei Marmi in Bovey Tracey”.

Luna sorrise. “Dartmoor è un posto speciale, ecco perché ti piace. Mia mamma mi ci portava a passeggiare tra i vecchi cerchi di pietra. C’è un sacco di magia latente, lì”.

“Davvero?”, chiese Hermione. “Non ci ho mai riflettuto molto ma i cerchi e le pietre di Merrivale sono il posto in cui ho provato per la prima volta la magia. Una pecora era rimasta incastrata, e la volta al di sopra si era spezzata in due. Aveva paura e continuava a sanguinare. I miei genitori stavano discutendo se andare o meno da uno dei fattori per metterli al corrente, mentre io sono riuscita a farla levitare. Avevo sei anni, e loro non riuscivano a capire cosa fosse successo. Si convinsero che io avessi in qualche modo mostrato alla pecora una via d’uscita”.

Luna rise sommessamente ed Hermione sorrise pensando alla propria infanzia. Ormai sembrava così lontana. La cosa più difficile che aveva scoperto nel diventare una strega era stata l’inevitabile distanza che si era frapposta tra lei e la sua famiglia di Babbani. C’era una barriera naturale che si frapponeva, dato che loro non avrebbero potuto capire la sua vita come avrebbero invece potuto fare se fosse diventata una maestra od una dottoressa.

Le circostanze della sua gravidanza non avevano avvantaggiato le cose. Sua madre non riusciva a capire perché avesse voluto perseguire quella strada nonostante avesse di fronte a lei ancora molti anni di gioventù. Suo padre non capiva perché una clinica babbana non sarebbe stata un’opzione migliore. Non erano nemmeno molto felici che il padre fosse Malfoy. Sapevano tutto riguardo quella famiglia con pregiudizi sul sangue, avendo presenziato di persona allo scontro tra Lucius ed Arthur al Ghirigoro l’estate del suo secondo anno ad Hogwarts. Inoltre, arrivata a casa, lei aveva raccontato loro molte cose riguardo Draco e la sua personalità malvagia durante la scuola.

“C’è qualcosa di cui vorresti parlare, Hermione?”, chiese Luna, distogliendola dai propri pensieri. “Sento tu non ci abbia raccontato tutto a pranzo”.

Era proprio ciò che Hermione non aveva capito di star aspettando, e proveniva dalla persona perfetta. Nonostante fosse molto più in confidenza con Harry, Ron e la famiglia Weasley, Luna le offriva un tipo di amicizia diversa, meno convenzionale ma giudicava anche di meno. Inoltre, non era solita alla rabbia ma possedeva una personalità calma e riflessiva, della quale lei era sempre stata gelosa. Le sue idee strambe mascheravano il fatto di quanto Luna si sentisse a suo agio con sé stessa. Non temeva le prese in giro e nemmeno sembrava soffrire di quei dubbi esistenziali che a volte attanagliavano Hermione, che invece sembrava sicura di sé in superficie.

“Credi abbia fatto un errore a rifiutare la proposta di Lucius?”, mormorò.

Luna la osservò attenta. “Cosa te lo fa pensare?”.

“Beh, è solo che tutto ciò sta diventando molto complicato. Pensavo davvero di avere una possibilità di far cessare i pettegolezzi dando una mia versione della verità, ma sembra che non stia funzionando per nulla”:

“E fare a finta di avere una relazione con Draco renderebbe le cose più semplici?”.

Hermione scrollò le spalle. Davvero non lo sapeva, ma non era nemmeno sicura di quanto a lungo ancora avrebbe potuto sopportare i pettegolezzi.  

“Forse le farebbe diventare più accettabili, ha suggerito Lucius”, disse.

Luna inclinò la testa. “Credo tu abbia fatto la cosa giusta. Non credo ne sarebbe uscito nulla di buono nel fare a finta di essere innamorata di Draco. Capisco la tentazione, ma dubito che entrambi sareste riusciti a fingere così bene”.

Hermione sorrise grata all’amica. Aveva proprio bisogno della calma rassicurazione di aver fatto la scelta migliore. Distolse l’attenzione dall’ex Corvonero e tornò a fissare il tramonto.

“Comunque, credo avreste più successo nel creare una relazione duratura se vi permetteste di fidarvi l’uno dell’altra”.

Ciò la fece tornare sull’attenti. “Cosa?”, chiese voltando la testa verso Luna con lo shock dipinto in volto.

Luna non disse nulla e rimase a fissarla con un sorriso giocoso.

“Perché tutti mi dicono cose del genere?”, chiese Hermione.

“Oh? Allora non sono la prima a dirtelo?”.

“La Parkinson ha fatto un commento esplicito riguardo a Malfoy sull’essere maturo per essere raccolto, se volessi”.

Luna rimase in silenzio e bevve un sorso di tè. Hermione non era stupida, sapeva che l’amica aveva altro da dire. “Cosa, Luna? Per favore, dillo e basta”.

“Non sono sicura tu sia pronta a sentirlo”.

“Mettimi alla prova. Sono una bambina cresciuta”.

“Beh, è solo che ho notato quanto siate soli sia tu che Draco”.

Hermione si infervorò. “Non sono sola!”.

“Non in tutti i sensi, no. Hai un bel gruppo di amici, ma non ti sei mai data tanta pena per una relazione. E, ad essere onesta, da quanto ti sei lasciata sfuggire, credo che le cose tra te ed i tuoi genitori potrebbero andare meglio”.

Lei abbassò lo sguardo sulla tazza. In qualche modo Luna riusciva sempre ad arrivare al cuore del problema. Lo aveva fatto durante la scuola con Harry, ed ora si stava dimostrando altrettanto saggia.

“A volte credo che questa sia la maledizione dei Nati babbani. Non appartenere davvero a nessun posto”.

“Tu appartieni a questo mondo, Hermione. Non posso dire nulla riguardo al mondo Babbano, ma di sicuro appartieni a questo posto”.

Hermione le sorrise caldamente. “Grazie. Non so cosa ci sia che non va in me sta sera, ma mi sento così triste”.

“Stai passando un brutto momento. La gravidanza non è mai facile per quanto riguarda le emozioni e, come ciliegina, bugie sul tuo conto vengono stampate sui giornali e gli estranei credono che ciò gli dia il permesso di sputare sentenze”.

“E non aiuta nemmeno il fatto che sia i tuoi amici che i vecchi nemici sembrino pensare che dovrei essere ingabbiata con un ex Mangiamorte”, disse piccata.

Luna rise. “Era solo un’osservazione, sia per me che per Pansy. Io voglio vederti felice, e penso che lei voglia lo stesso per il suo amico”.

“Dubito che avere una relazione sentimentale con Draco Malfoy mi farebbe felice, e vice versa”.

“Oh, non lo so. Ti ho già detto che lui sembra più felice in tua compagnia di quanto lo vedessi con Astoria”.

“E quante volte l’hai visto con lei?”.

“Qualche volta, ma io non sono ostile come te, Ron ed Harry. Ci ho parlato varie volte, e si è anche scusato per la mia prigionia a Malfoy Manor durante la guerra”.

Hermione guardò l’amica con la bocca aperta.

“Davvero non è così cattivo come pensate voi tre. È cresciuto molto e non è lo stesso ragazzino arrogante che era a scuola”.

“Beh, è già qualcosa almeno”.

“Apri la mente, Hermione. Potresti scoprire che ti sorprenderà”, disse Luna battendole una mano, prima di alzarsi e tornare alla Tana.

Hermione rimase seduta sulla poltrona. Quel giorno le aveva dato molto a cui pensare. Forse era il momento di smetterla di rimuginare così tanto sul passato e concentrarsi sul futuro. Dopotutto, Malfoy sarebbe stato parte della sua vita per molto tempo, grazie al figlio che condividevano.


Draco passeggiava nella grande cucina sul retro di Malfoy Manor. Era un cimelio dei vecchi tempi, con un imponente caminetto, che una volta veniva usato per arrostire la carne allo spiedo, e vari piani di lavoro con un tavolo di legno al centro. Vi si trovavano anche varie dispense e mensole in vari punti della stanza e le enormi finestre affacciavano sul giardino usato per coltivare verdure ed erbe aromatiche.

Normalmente il luogo brulicava di elfi domestici che correvano tra cucina e giardino ma, a quell’ora della notte, era silenzioso. Quello era il suo momento preferito per razziare la dispensa, prepararsi una tazza di tè e sedersi sulla panca posizionata vicino al tavolo. Si sedette proprio lì, mangiando il bel pezzo di torta alla frutta che si era appena preparato. Era un bel posto per raccogliere i pensieri.

Era stato a casa di Millie. Lei aveva organizzato una cena per presentare il nuovo Guaritore che aveva iniziato a frequentare. Draco lo ricordava vagamente ad Hogwarts. Era più vecchio di cinque anni e Corvonero, il che non lo aveva di certo fatto entrare nella lista di suoi interessi. Ma era anche un tipo gentile, che sembrava trattare bene Millie. Pansy aveva apprezzato immediatamente il suo aspetto: cappelli castani lucenti ed occhi blu perforanti. Il che aveva fatto storcere il naso sia a Draco che ad Adrian, mentre Millie era semplicemente arrossita.

Il rumore di passi leggeri lo fece voltare dalle finestre scure alla porta. Sua madre entrò in silenzio e si bloccò sorpresa quando vide il figlio già seduto a tavola.

“Draco! Quando sei arrivato?”.

“Circa venti minuti fa”.

“Millie non ti ha nutrito abbastanza?”, chiese lei, con un sopracciglio alzato.

Lui guardò la torta e sorrise divertito. “In realtà sì. Mangio solo per fare qualcosa”.

“È carino il suo nuovo ragazzo?”.  

“Sembra abbastanza piacevole e piuttosto affascinato da Millie”.

“Ottimo. Ne ha bisogno, visto come l’ha trattata Ludovic”.

Draco grugnì alla menzione dell’ex fidanzato, che si era dimostrato essere un traditore e truffatore.

“Già. Beh, se la dovesse trattare allo stesso modo io ed Adrian avremmo qualcosa da dirgli”.

Narcissa di sedette di fianco al figlio con un bicchiere d’acqua.

“Vuoi che ti faccia una tazza di tè?”, chiese Draco.

“No, mi farebbe rimanere sveglia. Ma, visto che sei qui, vorrei dirti una cosa”.

Draco ruggì mentalmente. Al momento sentiva di non riuscire a sopportare altre informazioni. Era stato già abbastanza brutto quando Pansy lo aveva preso da parte alla festa per raccontargli di come avesse dovuto intervenire per fermare la Granger dall’affatturare qualche vecchia strega che l’aveva importunata a Diagon Alley quel giorno. Non voleva sentirsi male per la situazione in cui aveva messo la ragazza, ma non riusciva a farne a meno. Se non fosse stato per la sua ex moglie vendicativa, i giornali e la gente in generale non le avrebbero dato la caccia.

“Non c’è bisogno di fare quella faccia”, disse sua madre con un sorriso. “Non è niente di brutto. Si tratta del tuo compleanno la prossima settimana”.

Con i recenti tumulti nella sua vita, si era completamente dimenticato che sarebbe diventato trentenne quel sabato.

“Cosa di preciso?”.

“Beh, volevo fare una festicciola”.

Questa volta lui grugnì. “Mamma! Davvero non credo sia il momento adatto per una festa”.

“Oh, sta zitto, Draco. Non compi trent’anni tutti i giorni”.

“Non c’è molto da festeggiare. Ho trent’anni, sono divorziato ed avrò un figlio in provetta con una donna che mi odia nel profondo”.

Sua madre lo guardò con disapprovazione. “Non c’è da meravigliarsi che le cose siano così ingarbugliate, se diventi così depresso a riguardo. Faremo una festicciola, che ti piaccia o meno”.

“Mamma! Compio trent’anni, non cinque! Credo di poter decidere ciò che voglio”.

“Peccato, perché ho già mandato gli inviti. La solita gente, ma mi chiedevo se volessi invitare anche la Granger. Credo dovrebbe esserci”.

“Non creerebbe più speculazioni?”.

“Non è che ci saranno i giornalisti. Comunque, la gente dovrà abituarsi all’idea del vostro legame, anche se avete declinato l’idea di tuo padre”.

“Credi davvero che sia il momento giusto?”.

“Non esiste il momento giusto, Draco”.

Lui annuì, rassegnato. “Ok, manda un invito alla Granger. Faresti meglio a mandarne uno anche a quegli ottusi dei suoi amici ed alle mogli. Dubito vorrebbe partecipare senza supporto morale”.

Mentre sua madre sorrideva felice per il suo suggerimento, lui aveva già iniziato a lamentarsi di come sarebbe stata la festa.

 

 

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Capitolo 16
*** Due Passi Avanti ***


Cap 16

Due Passi Avanti

Hermione riusciva a sentire le farfalle svolazzare nello stomaco, mentre camminava nervosamente verso il reparto neonatale del San Mungo per la prima ecografia. Aspettava quel momento da quando aveva scoperto di essere incinta. Sarebbe stata la prima immagine del bambino e dire che fosse eccitata sarebbe stato poco. Era anche leggermente preoccupata. L’obiettivo maggiore della visita era controllare se il bambino fosse a rischio sindrome di Down. Il pensiero di scoprire qualcosa di peggiore le faceva venire l’ansia, così come la prospettiva di essere accompagnata da Malfoy.

Sarebbero stati insieme, come una coppia normale.

Si guardò intorno e vide che Malfoy era già lì, ad adocchiare i libri sulla gravidanza poco a suo agio. Non riuscì a trattenere il sorriso mentre interiorizzava quanto fuori luogo sembrasse. Probabilmente non aiutava nemmeno il fatto che l’unico altro uomo presente fosse assieme ad una donna incinta, mentre lui sedeva lì da solo, cupo.

Hermione pensò di dover sbrigarsi e permettergli un po’ di sollievo. Lui emise un sospiro di sollievo udibile, mentre gli si sedeva di fianco.

“Grazie Salazar!”, disse lui. “Mi lanciavano sguardi strani. Credo che quel tipo laggiù pensasse io avessi qualche feticismo per le donne incinte e volessi sua moglie”.

Ad Hermione scappò una risata. “Scusa, mi hanno trattenuta in ufficio. In realtà avevo paura di arrivare in ritardo”.

Furono gli sguardi che le lanciarono quando era arrivata che le fecero comprendere l’orribile scenario. Avrebbe voluto prendersi a sberle per non averci pensato prima. Si guardò attorno, notando che le altre coppie e la receptionist avevano gli occhi incollati a loro, come se non potessero crederci.

“Che stiamo facendo?”, soffiò al biondo.

“Cosa?”.

“Questa è stata l’idea più stupida di sempre! Avremmo dovuto travestirti! Con tutte le supposizioni su di noi, perché ci siamo presentati nel reparto neonatale?”.

Malfoy scrollò le spalle, come se l’idea non gli fosse nuova. “La notizia della gravidanza sarebbe uscita prima o poi”.

Lei strinse gli occhi. “Avevi già pensato che ci sarebbe stata la possibilità, vero?”.

“Ad essere onesti, Granger, sono sorpreso che tu non l’abbia fatto. Anche se il personale della clinica fosse abbastanza professionale da tenere la bocca chiusa, dubito che le coppie laggiù farebbero altrettanto”.

Hermione le adocchiò nervosamente. Sussurravano tra loro, il che poteva trattarsi di qualsiasi cosa, ma continuavano a lanciare occhiate furtive a lei e Malfoy.

“Potrebbero non dire nulla”, disse, più per la speranza che l’aspettativa.

“Certo che lo faranno. Scommetto che verranno anche pagati profumatamente per l’informazione. Probabilmente abbastanza da potersi permettere una nursery decente”.

Lei grugnì e si prese la testa tra le mani. “Questo è un incubo!”.

“Ricomponiti, Granger. Stai aumentando l’intrattenimento”.

“L’hai fatto di proposito, vero? Credi che se la notizia venisse fuori accetterei l’idea di tuo padre”, soffiò furiosa.

Calò il silenzio per qualche spiacevole secondo, prima che Malfoy l’afferrasse saldamente per il braccio. “Ora ascoltami bene, irritante e paranoica donna. Ti ho mai dato impressione di voler assecondare mio padre? Ti ho messa sotto pressione? O ti ho permesso di rispondere alle insinuazioni dei giornali come volevi?”.

Il tono basso, arrabbiato e misurato che Malfoy aveva usato era più minaccioso di quanto avrebbe potuto essere una sfuriata. Provò del rimorso per le accuse fatte un momento prima. Era vero: non aveva mai menzionato il piano dopo che lei l’aveva rifiutato. Il fatto era che le stava frullando per la testa e l’aveva detto cercando una scusa, perché troppo insicura su cosa fare e la possibilità reale che la notizia della sua gravidanza sarebbe stata su tutti i giornali il giorno dopo l’aveva fatta diventare ancora più sospettosa.

“Scusa”, mormorò. “Immagino che questo, dopo l’invito alla tua festa di compleanno, mi abbia fatto aumentare la sfiducia”.

“Potevi rifiutare l’invito, invece che mandare praticamente subito una risposta affermativa”, disse Malfoy con tono irritato.

Lei non riuscì a tenere a bada il senso di colpa, arrossendo. A dire la verità era rimasta sorpresa di averlo ferito. E di certo lui lo era molto.

“Il mio primo pensiero è stato che si trattasse di un gesto da parte di tua madre, e non credevo di doverlo rifiutare”.

Gli occhi di lui incontrarono i suoi, mentre cambiava espressione per trasformarla in qualcosa di più caloroso. “Era una sorta di offerta di pace da parte sua. Sono contento te ne sia accorta”.

Lei gli sorrise. “Sarà la nonna di questo bambino. Sarebbe terribile se fossimo ai ferri corti”.

Gli occhi di Malfoy si piegarono ammaliatori, mentre un sorriso gli nasceva sul viso ancora una volta. Lo stato d’animo precedente scomparve, mentre si allungava e le toccava esitante il polso, come se il tocco gentile fosse un concetto a lui estraneo. “Lo apprezzerà”.

Hermione sapeva di dover probabilmente distogliere lo sguardo e studiare i manifesti sul muro ma quel caloroso e più avvicinabile Malfoy era intrigante, e lei non riusciva a non fissarlo. Senza l’espressione fredda e dura, era molto più attraente. Per la prima volta da quando Sebastian Braun le aveva dato la notizia dello scambio, si trovò ad essere ottimista sul futuro. Questo era un Malfoy con cui poteva discutere, magari anche essere amica, il che era incredibile se si pensava ai livelli di sfiducia ed ostilità che correvano tra di loro.

“Signorina Granger, l’ecografo la può ricevere. Proceda lungo il corridoio, stanza due”, la chiamò la receptionist, distruggendo completamente il momento.

Il sangue le corse alle guance, mentre Hermione si alzava imbarazzata e seguiva Malfoy nel corridoio.

Camminarono in silenzio fino alla stanza due, ed Hermione bussò alla porta. Quando abbassò la mano, tremava appena. Era li momento. Il primo sguardo al bambino. L’ecografo li fece entrare, ed Hermione aprì la porta mentre Malfoy la richiuse alle sue spalle.

Il medico alzò lo sguardo ed Hermione notò la breve confusione quando vide chi la accompagnava.

“Buongiorno signorina Granger e… signor Malfoy, vero?”.

“Sì”, rispose Hermione.

“Ok. Beh, è un bene ci siate entrambi per la prima ecografia. Se potesse sdraiarsi su quel letto, signorina Granger, io preparo tutto”.

Il medico le si affrettò intorno, mentre Hermione si issava sul letto ed il telo di carta si appallottolava mentre cercava di mettersi comoda.

“Ottimo. Ora, se può abbassarsi i pantaloni, iniziamo subito”.

Aprì il bottone dei jeans e li abbassò appena sotto lo stomaco. Il medico li abbassò ulteriormente, appoggiando un telo di carta al di sopra e tra le sue cosce.

“Sentirà un po’ freddo”, disse il medico, prima di spalmare un gel chiaro sulla parte bassa della sua pancia. “Riuscite entrambi a vedere lo schermo?”.

Hermione lanciò uno sguardo alla sua sinistra, dov’era seduto Malfoy. Lui osservava lo stesso schermo del medico, mentre lei vedeva quello direttamente di fronte. “Sì”, risposero.

L’apparecchio venne posizionato sul gel, ed Hermione guardò ansiosa. Riusciva solo a vedere un’immagine sgranata, con varie macchie bianche. Come poteva sapere quale fosse il bambino? Il medico canticchiò, mentre spingeva l’apparecchio avanti ed indietro, da un angolo all’altro. Più la cosa si faceva lunga e più Hermione diventava nervosa. Stava avendo una gravidanza fantasma?

Alla fine, dopo quelli che sembravano cinque minuti, il dottore sorrise ed indicò una piccola macchia bianca. “Ecco, questo è il bambino”.

Ora che lo aveva indicato, Hermione riusciva a vederlo, e fece un sorriso. Oh, sei bellissimo pensò, percependo le lacrime agli occhi.

“Ciao, bimbo”, mormorò.


“Scusa”, disse Draco mentre lasciavano l’ospedale.

“Per cosa?”, chiese la Granger.

“Non ho pensato di chiederti se volessi sapere il sesso del bambino”.

“Va tutto bene. Sapevo che è troppo presto perché si possa sapere”.

“Oh”, disse lui. “Allora, vuoi saperlo all’ecografia delle venti settimane?”.

“Sì. Non vedo l’ora che nasca. Voglio preparare tutto in anticipo e comprare un sacco di vestiti, ma non di un tono neutrale. Anche se, se sarà una bambina, non vorrò niente di rosa”, disse.

Lui sorrise al tuo tono entusiastico ed il bisogno di essere organizzata. Gli ricordava la Granger di Hogwarts. Una volta tutto ciò lo avrebbe disgustato, ma si stava abituando a lei e stava scoprendo che era più piacevole di quanto avrebbe potuto immaginare.

“Devi tornare subito in ufficio o vuoi prendere qualcosa da mangiare?”, chiese.

Lei lo guardò sorpresa. “Mi sono presa il pomeriggio. E certo, non ho avuto tempo per pranzare come si deve”.

“Conosci qualche posto qui intorno?”.

“Dipende. Cosa ti piace?”.

“Non mi fa differenza”, disse lui, scrollando le spalle.

Alla fine si buttarono sul cibo asiatico e, quando si furono sistemati ed ebbero ordinato, l’imbarazzo della situazione stava facendo pentire Draco dell’offerta. Forse era una pazzia pensare che potessero costruire un qualche tipo di relazione amichevole.

“Cosa c’è?”.

Lui alzò lo sguardo dai noodles con i quali stava giocando e vide che la Granger lo guardava con la stessa espressione solare che aveva visto in ospedale.

“Cosa faremo?”, chiese.

“Che intendi?”.

Draco indicò lo spazio tra di loro. “Riguardo a questo… a noi”.

Lei si accigliò. “Non capisco cosa intendi”.

La frustrazione salì. “Come faremo ad avere una qualche sorta di relazione? Riusciamo a malapena a parlarci senza che la cosa diventi un litigio o imbarazzante. Non va bene, se dobbiamo cercare di allevare un figlio insieme. Non voglio che nostro figlio pensi che i silenzi siano normali. Voglio pensi che i suoi genitori si piacciano, ma non so nemmeno se sia possibile. Come facciamo a dimenticare il passato e questo casino in cui ci troviamo? Chi vogliamo prendere in giro? Non siamo pronti a crescere questo bambino. Come faremo anche solo a spiegare com’è stato concepito?”.

Finì di parlare con il fiato che gli usciva pesante. Riusciva a sentire il sangue sulle proprie guance e distolse lo sguardo, all’improvviso imbarazzato dalle emozioni che gli erano appena sfuggite. Calò il silenzio e si rese conto di essersi appena sfogato con la Granger. Cercò di ricostruire le proprie difese, recuperando la maschera inespressiva.

“Non farlo”, disse la Granger afferrandogli il polso. “Non chiuderti in te stesso”.

Lui la guardò. Sembrava un po’ sconvolta, ma aveva un piccolo sorriso sulle labbra.

“Cosa?”, chiese in imbarazzo.

“Niente”, disse lei e lui strinse gli occhi, il che la fece ridere. “Ok, era una bugia. In realtà, sono contenta”.

“Contenta?”, chiese lui confuso.

“Sì. Beh, anche un po’ scioccata. Ma dopotutto, sono felice che tu sia appena esploso. Mi rende speranzosa”.

“Speranzosa?”. Ormai si sentiva stupido a ripetere le sue parole come fossero domande, ma di certo non era la reazione che si aspettava.

La Granger si allungò, spingendo via il piatto per arrivare più vicina a lui. “Significa che ti importa. Intendo, sapevo che volevi che questo bambino facesse parte della tua vita e che fosse importante per te e la tua famiglia ma, ad essere onesta, non ero sicura se fosse perché hai bisogno di un erede o perché ti importa sul serio”.

“Certo che mi importa. Non sono una macchina senza sentimenti”, disse lui.

Lei rise di nuovo. “Non per essere sgarbata, ma non è che io abbia mai visto questo lato di te”.

Draco si passò una mano sulla nuca, mentre lei si riappropriava del piatto e si metteva in bocca una grande forchettata di noodles.

“Non sono bravo ad aprirmi”, disse alla fine.

Lei roteò gli occhi. “Tu credo, Draco?”.

Lui strinse le labbra divertito. “Non possiamo essere tutti Grifondoro pazzi ed emotivi”.

Ciò gli fece guadagnare una bacchettata sulle nocche. “Simpaticone!”.

“Quindi da dove cominciamo?”.

“Beh, verrò alla tua festa e ci rassegneremo al fatto che la mia gravidanza sarà su tutti i giornali domani”.

“È un’affermazione molto ottimista”.  

Lei gli sorrise quasi timidamente. “All’improvviso ho scoperto di non essere poi così depressa a riguardo”.

E la speranza gli scoppiò nel petto. Il sollievo gli fece rilassare le spalle dalla postura tesa che aveva assunto, mentre un sorriso gli nasceva sulle labbra.


Hermione guardò il giornale di fronte a lei e fece una smorfia. Come Malfoy aveva predetto, la loro visita alla clinica era stata schiaffata in prima pagina. Si chiese quando la Gazzetta del Profeta avesse smesso di essere un giornale serio e fosse diventata un giornaletto scandalistico. Poi ricordò le loro maligne bugie su Harry anni prima. Alcune cose non cambiano mai, pensò.

Sospirò e si alzò, lisciandosi il vestito e sistemandosi le ciocche di capelli che erano sfuggite dalla crocchia. Si voltò ed esaminò la pancia allo specchio. Era strano pensare che ci fosse un piccolo umano che cresceva dentro di lei. Un piccolo uomo che condivideva i suoi geni e quelli di Malfoy. Qualche settimana prima, la cosa l’avrebbe spaventata a morte. Ma stava iniziando a credere che sarebbero arrivati ad un intendimento. Si rese conto che lo sviluppo le piaceva.

Aprì la porta della camera, pronta ad unirsi agli altri che erano arrivati venti minuti prima. Sorrise, mentre sentiva le voci dal piano di sopra. Trotterellò di sotto ed entrò nel salotto, dove Ginny finiva di dare gli ultimi ritocchi ai ragazzi.

“Non riesco a credere che andremo alla festa di compleanno di Malfoy”, grugnì Ron, mentre Ginny gli annodava la cravatta. “O che debba vestirmi come una scimmia”.

Harry annuì concorde. Aveva perso la battaglia con Ginny e le aveva permesso di ingellargli i capelli, così che per una volta fossero in ordine. “Personalmente, non vedo cosa ci sia di male nei jeans e qualche bevuta al bar”.

“Smettila di lamentarti”, disse Ginny. “E ricorda che lo fai per tuo nipote o nipotina”.

“Hai letto la Gazzetta del Profeta oggi?”, chiese Ron.

Harry annuì. “Immagino sarebbe comunque venuta fuori prima o poi, ma ora fa sembrare una bugia il racconto di Hermione”.

“Se mai dovessi incontrare quell’uccellino della Greengrass, sarei molto tentato di darle un pugno”, mormorò Ron.

“Non ne vale la pena, Ron. Come ha detto Harry, doveva uscire prima o poi”, disse Hermione.

Ron la scandagliò. “La stai prendendo meglio di quanto avrei immaginato”.

“Credo di aver finalmente raggiunto un accordo con Malfoy”.

“Davvero?”, chiese scettico Harry.

“Già. Praticamente mi ha vomitato addosso quanto fosse terribile il nostro rapporto e come sarebbero state brutte le cose per il bambino. Mi ha fatto ricredere su di lui, davvero”.

“Beh, almeno gli importa”, disse Ginny.

“Esattamente”, replicò Hermione. “Fino a prima non ero davvero sicura di quanto volesse in realtà questo bambino”.

“Sicura non fosse una tattica per farti diventare più comprensiva?”, chiese Harry.

Ginny gli fece segno di stare zitto.

“Cosa?”, chiese Harry sulla difensiva. “Lo chiedo solo perché io ero lì quando Lucius ha cercato di manipolare Hermione in una relazione scandalosa”.

“No, era di sicuro reale. Dopo era così imbarazzato. Intendo, Malfoy prima di ieri non ha mai davvero mostrato qualche emozione”.

Ron storse il naso. “Non sono nemmeno convinto sappia cosa siano”.

“È semplicemente solo”, disse Luna, emergendo dalla cucina con un bicchiere d’acqua in mano.  

“Non di nuovo”, mugugnò il marito.

“No, credo Luna abbia ragione”, disse Hermione. “Pansy mi ha praticamente detto che lui non si apre davvero con i suoi amici e, da quello che dicono tutti, la sua relazione con Astoria era terribile. È come se fosse intrappolato a causa dei doveri verso la sua famiglia”.

Harry fece una smorfia. “Non capirò mai perché le famiglie Purosangue impongano una tale enfasi sui doveri piuttosto che sulla felicità”.

Ron rise. “Non è qualcosa che puoi imputare ai Weasley”.

“Beh”, disse Hermione, “con questo bambino la famiglia Malfoy dovrà cambiare. Non permetterò in alcun modo che mio figlio sia spinto ad un matrimonio infelice solo per il bene del casato”.

“Nessuna famiglia purosangue permetterebbe che tuo figlio sposi uno dei loro”, la prese in giro Ron. “Sarà un Mezzosangue”.

Lei rise, riconoscendo la verità. “Anche se credo che i Purosangue stiano cambiando. Pansy non cerca altro che spingere assieme me e Malfoy”.

Ron scoppiò a ridere ed Hermione gli diede un pugno sul braccio.

“È quasi ora”, disse Harry, ignorando l’amico. “Ormai la guerra è finita da più di dieci anni. Non c’è più posto per quegli ideali”.

“Per quanto affascinante sia questa analisi sull’ideologia Purosangue”, disse Ginny, “se non ci muoviamo arriveremo in ritardo”.  

“E comunque questa è la nostra opportunità per verificare veramente quando siano aperti gli amici Purosangue di Malfoy nei confronti miei e del bambino”, disse Hermione facendo l’occhiolino.

 

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Capitolo 17
*** Cambio Di Marea ***


Cap 17

Cambio di Marea

La festa era ormai arrivata al culmine, prima che Draco riuscisse ad avere un momento per sé e se la svignasse velocemente verso il balcone, all’esterno della sala da ballo, che sua madre aveva illuminato con candele svolazzanti e sfere di luce colorate. Era incredibilmente bello, ma non coincideva con il suo umore.

Più vecchio diventava, più odiava il proprio compleanno e l’enorme “affare di Stato” che era diventato. Tutto ciò lo rendeva incredibilmente conscio del fatto che la sua vita gli fosse sfuggita di mano e di come la cosa lo rendesse infelice. Tempo addietro, una stanza gremita di arrampicatrici sociali che gli cantavano le lodi e lo riempivano di regali era tutto ciò che avrebbe voluto; alla fine ne aveva sposata una, anche se intimamente sapeva quanto vuota fosse. Con un figlio proprio in arrivo aveva capito di volere di più, ma non era sicuro di come ottenerlo.

“È qui che ti sei nascosto”, disse Hermione mentre lo raggiungeva. Era rimasto a guardare il giardino. Il tramonto si stava trasformando in un buio luccicante che rappresentava appieno il suo umore, così non rispose.  
“Credo sia andata bene, considerando tutto”, continuò lei, ignorando la mancata risposta.

“Nessuno ti ha detto qualcosa di male, vero?”, chiese Draco, all’improvviso preoccupato di cosa avrebbe potuto subire. Aveva preso da parte gli amici prima che la festa cominciasse, minacciando di maledirli se avessero messo a disagio Hermione.

“Il solito scambio di battute, niente di diverso da quello che mi aspettassi”.

Draco non era sicuro di aver capito cosa lei intendesse. Era nel senso generale, o nel senso Serpeverde? Perché in senso generale non sarebbe stato un problema. Nonostante ciò che gli altri pensavano, lui ed i suoi amici avevano davvero senso dell’umorismo, tutt’altro che crudele. E se invece intendeva nel senso Serpeverde? Poteva solo significare ingiurie e derisione. Anche se in realtà sicuramente non riusciva ad immaginarsela fare a finta di nulla, in quel caso.

Era rimasto sorpreso nel vederla completamente a suo agio alla festa. Non si era appiattita ansiosamente al muro, bensì era arrivata come una ventata d’aria fresca, la vita e l’anima della casa, ignorando i sussurrii e gli sguardi che l’avevano accolta. Si era imbambolato nel vederla ballare in pista, prima con Adrian, poi con Theo ed infine con Blasie. Sembrava aver stregato anche loro, se avesse dovuto interpretare i sorrisi e le risate che erano volati. Theo era persino arrivato a dargli una manata sulla schiena, congratulandosi per la sua fortuna, il che non faceva presagire nulla di terribile.

Aveva deciso di non indagare oltre. Hermione non era certo un tipo timido o reticente. Era piuttosto sicuro che se i suoi amici fossero stati spiacevoli nei suoi confronti ne avrebbe sentito sicuramente direttamente da lei, e di certo non si sarebbe trattenuta.

Hermione voltò la schiena verso il giardino, sporgendosi contro la balaustra del balcone. “Allora, perché sei qui fuori tutto solo?”.

Draco scrollò le spalle. “Non sono dell’umore. Odio queste cose”.

Lei alzò un sopracciglio. “Pensavo fosse esattamente ciò che ti piace”.

“Un tempo lo era. Ora lo vedo per ciò che è: un sacco di persone finte, che fanno a finta di interessarsi al fatto che sono più vecchio di un anno”.

Lei fece una smorfia. “È un quadro piuttosto pessimista”. Allontanò una mosca immaginaria, mentre lui apriva la bocca per litigare. “Hai parecchi amici lì dentro. A loro importa, e sono genuinamente preoccupati per te”.

Draco arricciò il naso. “Preoccupati per me. Certo!”.

Lei arricciò le sopracciglia in disapprovazione. “Ti ha davvero fregato, vero?”.

“Cosa? Di chi stai parlando?”.

“Astoria. È riuscita a trasformarti in questa specie di essere umano cinico che automaticamente allontana chiunque”.

Draco si voltò. Non avrebbe ascoltato certe cose, soprattutto non da lei. Non voleva parlare di Astoria. Era piuttosto sicuro di non voler mai più parlare della sua ex moglie, e sicuramente non voleva chiacchierare degli effetti che lei aveva avuto sulla sua personalità. L’ultima volta in cui aveva liberato le proprie emozioni con una donna aveva finito per sposarla.

Hermione fermò con un braccio il suo tentativo di fuga. “Non farlo, Draco. Non scappare a nasconderti solo perché non vuoi avere una conversazione che ti mette a disagio”.

Scompigliandosi agitato i capelli, lui si voltò nuovamente. “Non posso. Non sono come te, pieno di sicurezza ed autostima, che parla di qualsiasi cosa con chiunque. È troppo, troppo personale, e non sono pronto”.

Hermione si mise le mani sui fianchi nel modo, familiare anche a Draco, che aveva usato tante volte ad Hogwarts quando era esasperata dai suoi amici. “Credi sia facile per me? Che riesca a saltellare in casa tua, venire alla tua festa con i tuoi amici e comportarmi come noi, o questa gravidanza, e tutto quanto quello che è successo nelle ultime 12 settimane o quel che è non sia nulla? Non credo nemmeno tu comprenda, Draco Malfoy, lo sforzo che mi ci è voluto per avvicinare i tuoi amici ed essere amichevole. Non tanto tempo fa mi chiamavano Mezzosangue e storcevano il naso al mio passaggio”.

La vergogna gli arrivò alla testa e si ritrovò incapace di guardarla negli occhi. Non intendeva dire quello. Non era così insensibile.

“Scusa, non intendevo questo. Solo io non…. Non sono bravo a raccontare. Pensavo l’avessi capito, dopo ieri”, disse accarezzandosi il collo ed evitando il suo sguardo.

Cos’aveva quella donna per essere in grado di entrargli sottopelle? Aveva passato anni a sviluppare un controllo di cui andava fiero. Nessuno aveva penetrato la barriera che si era creato attorno, a meno che lui non glie lo permettesse, ma ora lei era lì ed in meno di due giorni era riuscita a procurargli un esaurimento. Due volte.

Una leggera fragranza floreale gli fece sollevare il viso e si ritrovò a fissarla negli occhi. Aveva colto il momento di distrazione per avvicinarsi più di quando avesse mai fatto.

“Draco, va bene lasciarsi andare. Non devi essere sempre così super controllato tutto il tempo. Non è naturale”.

Il fiato di lei gli si infranse sulla guancia e si trovò a sporgersi, prima di riprendersi e tornare con i piedi per terra.

“Non conosco altro modo”, ammise.

Sorridendo appena, Hermione alzò una mano sulla sua guancia. “Allora è il momento di imparare. Questo bambino non avrà un ghiacciolo come padre”.

Il calore che sprizzava dal viso di lei toglieva il fiato e si rese conto che ciò era esattamente il motivo per cui ispirava lealtà a tutti i suoi amici. Quell’amorevole, empatica e dolce donna aveva sopportato i colpi che la vita le aveva inferto e si era rialzata. Non le importava un fico secco di ciò che il mondo pensasse di lei e, se ci teneva a qualcuno, avrebbe combattuto al suo fianco fino alla fine. All’improvviso aveva capito che non gli sarebbe dispiaciuto averla accanto.


Hermione riuscì a resistere a tutti i tentativi di Narcissa di riportarla nella sala da ballo, quando li trovò all’esterno. Aveva sospinto Draco di nuovo in casa per spegnere le candeline, facendo l’occhiolino e lanciando un sorriso cospiratorio ad Hermione. Hermione aveva riso, pensando al fatto che lui sicuramente non aveva bisogno né voleva delle candele sulla torta, e si era goduta lo sprazzo di giocoso rapporto che Draco aveva con sua madre.

Una mano le andò sulla pancia, mentre pensava a ciò che il futuro avrebbe avuto in serbo per lei ed il suo bambino. Sperava avrebbe avuto la stessa vicinanza che c’era tra Draco e Narcissa, per quanto starno potesse sembrare. Poteva non essere proprio evidente, ma i Malfoy erano una famiglia estremamente affiatata. Fece una smorfia di disappunto, pensando alle prime settimane di gravidanza ed a quanto impaurita fosse alla prospettiva di avere un figlio che ne sarebbe entrato a far parte.

Forse iniziava ad importarle anche di Draco. La paura ed i sentimenti di repulsione che le erano rimasti dopo la guerra erano ormai spariti. Ora riusciva a vedere oltre e sapeva che Draco era vulnerabile tanto quanto lei, a volte anche di più perché disperatamente infelice, solo ed alla ricerca di una famiglia. Che lei sapesse tutto questo aveva reso Draco molto più indulgente, aveva fatto in modo che lo scudo con cui si proteggeva fosse più comprensibile e lei sicuramente capiva il suo desiderio di crearsi una famiglia da chiamare propria. Lei voleva esattamente la stessa cosa, nonostante fosse molto legata ai suoi amici.

Il rumore di un bastone che picchiettava sul marmo le fece voltare la testa. Alzò un sopracciglio, alla vista di Lucius che le andava incontro.

“Ah, è qui, signorina Granger. Mia moglie mi ha detto dove l’avrei trovata”.

“Mi stava cercando?”, chiese sorpresa.

“I suoi amici, il signor Potter ed il signor Weasley, la stavano cercando. Ho detto loro che l’avrei cercata”.

Il pensiero di Harry e Ron che si avvicinavano a Lucius per chiedere dove lei potesse trovarsi la fece divertire come non mai e non riuscì a reprimere una risata, che le sfuggì dalle labbra.

“Qualcosa la diverte, signorina Granger?”.

“Per favore, mi chiami Hermione. Signorina Granger mi fa sentire incredibilmente vecchia”, rispose lei, ignorando la domanda.

“Come desideri, Hermione”, disse lui.

Hermione notò contenta che non le aveva chiesto di risponderle. Ora che sapeva dove fosse, si aspettava che Lucius se ne andasse, o che le chiedesse di tornare dentro e cercare gli amici. Invece lui rimase fermo, posando una mano sul muro del paio.

“Narcissa ha fatto un lavoro meraviglioso con i giardini”, fece casualmente notare lui.

“Davvero?”.

“Sì. Per quanto sia difficile da immaginare, quando mi ha sposato erano in uno stato pietoso. Nessuno li curava più da generazioni”.

“Avrei pensato ci sarebbero stati squadre di giardinieri, per fare tutto questo”.

Lucius si voltò e le sorrise. “Oh, mi hai capito male. Non erano maltenuti, solo non c’era fantasia. Alberi e siepi immacolate, ma niente fronzoli né così tante varietà di fiori. Narcissa invece ne ha passione, sai, e la prima cosa che ha fatto come mia moglie è stato cambiare tutto ed introdurre una varietà di colori e fragranze. Ha fatto dare le dimissioni al Capo Giardiniere”.

Hermione rise leggera, immaginandosi un giardiniere imbellettato rosso di rabbia per gli ordini di Narcissa di piantare più fiori. Lucius la osservò con uno sguardo pieno di calore ed un sorriso sulle labbra. Era qualcosa che non avrebbe mai immaginato di vedere, diretto a lei, e si chiese in che modo il patriarca Malfoy la considerasse.

“Il cambiamento è un bene, a volte è necessario”, disse lui, con tono significativo.

Hermione lo studiò attentamente, aggrottando le sopracciglia. Intendeva ciò che pensava lei?

Una piccola smorfia di scherno gli spuntò sul volto. Non di odio, ma divertita, mentre lo fissava affascinata. “Oh sì, Hermione, intendo esattamente ciò che credi. Tu vai bene per Draco, per questa famiglia”.

“Lo dice solo perché vuole io riconsideri il suo piano?”, disse senza pensare.

“Per quanto possa sorprenderti, no. Credo genuinamente tu lo sia, anche se non riusciresti a crederlo”.

“Ma sono una Nata Babbana. Dubito le faccia piacere il pensiero di un nipote Mezzosangue”.

“Questa è una delle cose che ammiro di te, Hermione. Non ci vai per il sottile, arrivi direttamente al punto. Credo sia un difetto della mia età, ormai sono passati i momenti in cui mi divertivano i giochetti mentali. O forse è la mia malattia. Adesso credo di non averne né il tempo né la pazienza”.

Non c’era niente che lei potesse rispondere così rimase in silenzio, aspettando che lui si spiegasse meglio. Lucius sospirò e si allungò sulla balaustra, appoggiando il bastone in modo che non cadesse, prima di incrociare i piedi. “Non insulterò la tua intelligenza facendo a finta che un nipote Mezzosangue facesse parte delle mie cose preferite, ma la vita ha uno strano modo di ribaltare ciò che credevi di volere, o ciò che credevi fosse il meglio, mostrandoti che in realtà sarebbe il peggio. Prendi Astoria, ad esempio. Pensavo che se avessi tenuto assieme il matrimonio, rifiutato di supportare Draco quando è venuto da me per discutere del divorzio, avrei finalmente avuto un nipote, uno che potesse continuare il lignaggio Malfoy e la purezza allo stesso tempo. Quanto sbagliato è stato quel pensiero? Ma almeno ci ha portato nella situazione in cui ci troviamo”.

“Sta davvero cercando di dirmi che lo sbaglio della clinica sia stata una buona cosa?”.

“Precisamente. Ed è ciò che intendevo quando ho detto che la vita mi dimostra dove sbaglio. Tu sei tutto ciò che Astoria avrebbe dovuto essere. Hai fatto aprire Draco, l’hai aiutato a buttare giù il muro che si era costruito, e trovo che questo sia molto più importante per me rispetto al pensiero che i Malfoy non saranno più Purosangue”.

Hermione non riuscì a trattenere uno sguardo scettico. Sembrava troppo facile. Quello era Lucius Malfoy, l’uomo che era stato uno dei più fedeli sostenitori di Lord Voldemort. Era un po’ troppo da digerire sentirgli dire che il sangue di suo nipote non era poi questa gran cosa.

“Mi perdoni se la trovo una cosa un po’ troppo di convenienza, Lucius”.

“Mi stupirei del contrario, Hermione. Dubito anche crederei a me stesso, se mi trovassi nella tua posizione. C’è dell’astio tra te e questa famiglia e non c’è motivo di fare a finta non sia così, ma non dovrà esserlo sempre. Magari è questa mia malattia che mi ha costretto a riconoscerlo”.

“Se mi perdona la franchezza, quanto è malato?”.

Il dolore lampeggiò negli occhi di lui. “Sto morendo. I miei Guaritori non riescono a trovare alcuna cura ed io divento più debole ogni giorno che passa”.

Non se lo aspettava, ma una fitta di tristezza le trapassò il cuore. Quell’uomo orgoglioso, che aveva fatto così tanto per fare del male a lei ed i suoi amici, se ne stava andando in sordina ed in qualche modo sembrava sbagliato. “Non c’è nulla che possano fare?”.

“Oh, ci provano sempre. Sono la cavia personale del San Mungo, ma niente funziona. Mi hanno sottoposto a troppa magia sperimentare, ed il più delle volte estremamente dannosa. Ormai la vedo come una rivincita per i miei peccati”.

“Ma ci sarà per la nascita del bambino, vero?”. Si pentì Immediatamente di aver pronunciato quelle parole, troppo egoiste da dire ad una persona malata terminale. Era anche ridicolo presumere che comunque lui ne sapesse qualcosa.

“Lo spero molto”, disse lui. “Ma se non ci sarò, allora sono abbastanza egoista da chiederti una cosa”.

“Tipo cosa?”, chiese lei, lo stomaco chiuso per la direzione che quella conversazione stava prendendo.

“Dai a Draco una possibilità. Una vera, non solo perché avrete questo bambino assieme ma perché c’è qualcosa che potrebbe nascere tra voi due. Lo vedo nel modo in cui ti guarda, ma è confuso e non vuole fidarsi ancora dei propri sentimenti, non dopo Astoria. Il che è il motivo per cui adesso sto parlando con te piuttosto che con lui”.

“Pensavo di stargli già dando una possibilità essendo qui, invece che combattere in tribunale per la custodia del bambino. Almeno, per me è così”.

“Lo è, ma spero di poterti sollecitare ad andare un po’ oltre. Non ho ideato il piano per mettervi assieme solo per bontà d’animo. All’epoca cercavo di trovare un modo per tenere questo bambino in famiglia per più di una qualche visita settimanale, e credevo che manipolarvi entrambi in una finta relazione mi avrebbe portato il risultato sperato. Ad ogni modo, non ero preparato a quanto saresti stata testarda”, disse con una risata.

“Sono felice che non abbia funzionato”.

Lucius le lanciò uno sguardo divertito. “Ma ciò non significa che avessi torto”.

“Aspetti un attimo”, lo interruppe Hermione, ma una mano alzata di Lucius fece cadere tutte le obiezioni.

“Non intendevo riguardo alla manipolazione, ma il potenziale fra te e Draco. Esiste, è reale. L’ho visto questa sera, ed anche gli altri. Hai idea di quante persone mi abbiano messo in guardia dalla bufera mediatica? Non capiscono perché tu e Draco continuiate a perseverare con la finzione, che non sei un oggetto. La storia della gravidanza questa mattina, assieme a degli sguardi che vi siete lanciati, per non parlare che siete spariti entrambi per un bel po’, sembra ne abbia messo a tacere qualunque dubbio sulla veridicità”.

Hermione sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. “Ma la mia storia è vera! Non abbiamo avuto una sordida relazione!”.

“E se non ci fosse chimica tra voi, credo che molte persone ci crederebbero. Ma hai notato che gli occhi di Draco non si sono mai staccati da te da quando sei entrata? Sapeva esattamente dove fossi in ogni istante, si metteva in modo da poterti vedere. E sapevi che ha minacciato di ferire i suoi amici, appena prima della festa, se ti avessero detto qualcosa di offensivo o sgarbato?”.

Lei lo fissò sconvolta. Di sicuro stava esagerando.

“Lo vedo il dubbio dentro di te, Hermione, ma non sto mentendo. Ti dico questo perchè so che Draco non lo farà mia, anche se ha capito cosa significa”.

“Ma.. sicuramente, non c’è niente”.

“Oh, non credo sia innamorato di te. Non ancora, almeno. Ma c’è del potenziale, e ciò che devi chiederti, Hermione, è se sei abbastanza coraggiosa da buttarti”.

“Chi ha detto che lui mi piaccia? O che io voglia anche solo iniziare qualcosa con lui?”.

L’occhiata che Lucius le lanciò era da insulto. “Magari vuoi fare a finta di crederci, ma se non provassi nulla per lui non saresti qui sta sera”.

Lei soffiò aria nelle guance, irritata dalla sua insinuazione. “Abbiamo fatto un patto per provare ad essere amici, per il bene del bambino”.

Lui scosse la testa. Il ghigno che gli era spuntato le faceva vanire voglia di prenderlo a pugni. “Le persone con il vostro passato non provano a diventare amici. Voi vi vivete accanto, al Massimo riconoscendo la reciproca presenza”.

“Non è vero. Io e Pansy Parkinson abbiamo fatto uno sforzo per essere amichevoli”.

 “E mi stai dicendo che lo avresti fatto, se non aveste avuto Draco in comune?”.

Aprì la bocca per rispondere a tono, ma non aveva nulla da dire, così si accigliò. Con uno sguardo pieno di significato lui si rimise dritto, afferrò il bastone ancora una volta e ritornò alla festa, lasciandola a fissare a vuoto verso i giardini del Manor.


 

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Capitolo 18
*** Chiusure ***


Cap 18

Chiusure

“Noi non… beh, io non sapevo se invitare o meno Malfoy”, di corresse Ginny, dato lo sguardo di Harry.

Hermione si trovava dai Potter per un’altra cena nel bel mezzo della settimana. Visto che i disordini della sua vita si stavano sistemando, aveva trovato un po’ di tempo per le piccole cose come le cene con gli amici. Era bello tornare alla routine, ora che i giornali avevano smesso di accamparsi fuori da casa sua e seguirla ovunque. Ovviamente, ciò non significava si sarebbero tenuti alla larga da lei e Draco se fossero usciti assieme in pubblico.

“Perché dovresti invitarlo?”.

“Beh, inviteresti mai Harry a cena senza di me?”, chiese Ginny con un sorriso in volto.

“No, perché siete una coppia e sarebbe… Oh! Davvero divertente Ginevra, ma io e Draco non siamo una coppia”.

Ginny alzò un sopracciglio, evidentemente incredula. Hermione alzò le braccia. “Ok, andiamo d’accordo e non avrei mai pensato sarebbe arrivato un giorno in cui l’avrei detto. Ma siamo solo amici, niente di più”.

“Niente di più? Mmm… I credo, Hermione, ma molti non lo faranno”.

“Harry!”, disse Hermione, chiedendo al suo migliore amico un intervento.

“Ehi, non coinvolgermi. Se dici che non c’è niente tra te e Draco, allora cavatela da sola”, disse Harry, mentre si spingeva gli occhiali sul naso con uno sguardo scherzoso.

“Cosa? Non mi credi nemmeno tu?”.

“Credo che tu e Draco vi frequentiate? No. Ma non chiedermi se penso che voi due possiate frequentarvi, perché non sono sicuro ti piacerebbe la risposta”.

“Siete entrambi impossibili”, disse Hermione con un broncio.

Harry si allungò verso di lei, prendendole le mani sul tavolo, ormai senza più quel sorriso di prima. “Sai che non sarebbe male, vero? Intendo, voi due avete gestito decisamente bene tutto questo. Siete riusciti a diventare amici, il che è tutto dire, specialmente se tieni conto da dove vieni”.

Hermione rimase toccata dalle parole di Harry. Lei e Draco avevano fatto un grande sforzo nel buttare il passato alle spalle ed ora erano al punto in cui, se si incontravano per pranzo o andavano assieme a comprare delle cose per il bambino, non sembrava più tanto imbarazzante. Le piaceva quella nuova comprensione reciproca e Draco era molto più interessante di quanto avesse immaginato. Ma nonostante ci avesse pensato da quel compleanno, Hermione non aveva idea se se la sentisse o meno di portare oltre quell’amicizia. Era rimasta sveglia più di una notte a pensare alle possibili opzioni.

E poi c’era Draco stesso. Non aveva dato segni di voler essere qualcosa in più per lei, oltre che essere un padre. A volte sperava che le cose fossero un po’ meno complicate e soprattutto di capire ciò che lei stessa pensava.

“Non lo so Harry. Non penso nessuno dei due sia pronto a fare un passo del genere”.

“Forse perché voi due analizzate tutto troppo”, si intromise Ginny, facendo traballare il tavolo con la sua pancia, mentre si alzava. “Lo giuro, divento più grossa ad ogni gravidanza”.

Hermione sorrise, guardando Ginny vestita con gli abiti che di solito usava quando ormai era al termine. Era adorabile. Harry si alzò di scatto, prendendole i piatti dalle mani e disse: “Siediti, amore. Non c’è bisogno di starci dietro. Ora è il tuo turno di rilassarti”.

“Rilassarmi! Come se fosse possibile con voi ragazzi”.

Harry rise. “Effettivamente ci tengono su chi va là, ma visto che sta sera sono da Molly tu puoi rilassarti e dormire domani mattina”.

Ginny sospirò. “Aspetta e vedrai, Hermione. Se fossi in te, coglierei al volo ogni occasione di stare a letto perché appena mio nipote o nipotina arriverà potrai dire addio ai sogni”.

Hermione si accarezzò il proprio pancione, pensando a quanto velocemente stesse procedendo la gravidanza.

“La prossima settimana ti diranno il sesso?”, chiese Harry.

“Io e Draco ne abbiamo parlato la volta scorsa e abbiamo deciso di volerlo sapere”.

Harry lanciò uno sguardo a sua moglie. “Vedi, Hermione e Malfoy si comportano normalmente. Vogliono sapere se tenere o meno i vestiti da maschio”.

“Oh, sta zitto!”, replicò di cuore Ginny.

Harry voleva disperatamente sapere cosa sarebbe stato il prossimo figlio, ma era una tradizione Weasley mantenere la sorpresa. Hermione sapeva quanto sperasse in una femmina e si era imbattuta in una borsa piena di piccoli vestitini nel suo ufficio, qualche giorno prima. Lui aveva sostenuto appartenessero ad un collega che stava per avere una figlia, ma lei sapeva per certo di chi si trattasse e sapeva anche che avrebbero sicuramente avuto un maschio.

“Narcissa non vuole nemmeno aspettare di sapere il sesso. Mi ha invitata sabato, vuole che veda la nursery al Manor e le dica cosa mi piacerebbe tenere”.

“Ti trasferisci?”, chiese Ginny, alzando un sopracciglio.

Hermione le lanciò uno sguardo glaciale. “Smettila! Voleva ridecorare per quando il bambino rimarrà da loro, e pensava mi sarebbe piaciuto darle qualche consiglio”.

Harry rise. “Faccio ancora fatica ad accettare quanto siano amabili Narcisa e Lucius”.

“Vogliono disperatamente un nipote. Mi avrebbero accolto a braccia aperte anche se fossi stata una piovra”.

Ginny mormorò in disaccordo. “O forse non sono completamente ciechi e riconoscono quanto su sia migliore di quanto si aspettassero”.

Hermione rise ma prese la mano della sua amica. “Immagino tutto sia possibile, ora che i Malfoy hanno davvero accettato un mezzosangue”.

“Se c’è qualcosa che mi dà speranza per il nostro mondo, è proprio questo”, disse serio Harry. “Chi avrebbe mai pensato, quindici anni fa, che tutto questo sarebbe stato possibile? Ma se anche Lucius può imparare che il sangue non conta, allora ho fiducia”.

Ci fu un momento di silenzio, mentre tutti metabolizzavano il discorso. Hermione ripensò ai giorni di scuola ed a quanto fosse stata cattiva la famiglia Malfoy. Se qualcuno, a quel tempo, avesse detto alla sé stessa quindicenne che avrebbe avuto un figlio con Draco Malfoy, prima avrebbe riso e poi l’avrebbe maledetto. Sorrise appena, mentre ricordava di come sognasse di sposare Ron, far parte della famiglia Weasley ed avere un posto permanente nel mondo magico.

Beh, in realtà si era ritagliata da sé il suo posto, di cui ne sarebbe stata fiera; non aveva bisogno di far parte di una famiglia magica per sentire un’appartenenza. Per di più, avrebbe cresciuto suo figlio nel mondo magico. Voleva fargli provare l’esperienza di nascere nella magia e in tutto ciò che essa comportava. Era eccitata alla prospettiva di diventare madre e di avere un supporto anche da parte del padre. Se tutto fosse andato secondo i piani, tutto ciò l’avrebbe comunque fatto, ma si sarebbe trovata sola. Comunque, ormai si era acclimatata nella nuova realtà ed aveva fatto presto a scoprirne i vantaggi.

Un sospiro di Ginny interruppe i suoi pensieri. “Tuo figlio avrà cose meravigliose. Immagina quanto sarà bella la nursery a Malfoy Manor”.

“Sarò felice finché non scorgerò qualche decorazione che rappresenta dei babbani soggiogati sul lettino”, disse scherzosamente Hermione. La risata che ne seguì ruppe quella sfera di pesantezza.

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La differenza tra le sale formali e quelle per la famiglia, a Malfoy Manor, era sempre un motivo di meraviglia per Hermione. Non importava quante volte ci fosse entrata negli ultimi mesi e, a parte il compleanno di Draco, si era ritrovata soprattutto nell’ala più privata della dimora. L’eleganza rimaneva. Non credeva che una casa, sotto le grinfie di Narcissa, non potesse esserlo, ma alcuni piccoli tocchi qua e là la rendevano più accogliente.

Sorrise, mentre procedevano per il corridoio che portava alla nursery e Narcissa emise un suono d’irritazione alla vita della scopa e della divisa da Quidditch che erano state malamente appoggiate alla porta.

“Un giorno brucerò le cose da Quidditch di Draco”, disse Narcissa, mentre dava una stoccata di bacchetta e le riponeva in un armadio. “Non importa quante volte gli dica di non lasciare cose in giro, non manca mai di farmi inciampare in quella dannata scopa”.

“Harry sarebbe d’accordo con lei. L’incapacità di Ginny di riporre il vestiario da Quidditch lo ha fatto uscire di testa per anni”.

Narcissa rise leggera. “Non avrei mai pensato che un giorno avrei scoperto di avere qualcosa in comune con Harry Potter”.

Ad Hermione non venne data possibilità di replica, perché Narcissa aprì una doppia porta e rivelò un’enorme e luminosa nursery. Era sicuramente più grande di quanto fosse necessario per un solo bambino, circa quanto un intero monolocale, ma sicuramente era bellissima. Le finestre ricoprivano un’intera parete e davano sulla parte est del giardino.

“È stata costruita nell’ala est per fare in modo che potesse filtrare la luce mattutina”, disse Narcissa. “Le finestre sono rinforzate con la magia, così che non accadano incidenti”.

“È enorme”, disse Hermione.

“Oh, lo so. È una cosa ridicola, in effetti. Draco trotterellava qui dentro, quando era piccolo. Ma è stata costruita in tempi diversi, quando avere famiglie allargate era la norma”.

Hermione si costrinse a non chiedere il motivo per cui Narcissa non avesse avuto altri figli, visto quanto le piacessero. Ci era voluto un po’ perché le si affezionasse, più che con Lucius, quindi non voleva intromettersi più del necessario.

Piuttosto, gli occhi di Hermione osservarono la stanza. In quel luogo Draco era cresciuto, aveva dormito e giocato. Notò il lettino in fondo e rimase in contemplazione. Aveva scherzato quando, a casa Potter, aveva menzionato un lettino intagliato, ma ormai non poteva davvero stupirsi. Era di solida quercia, sembrava molto antico, ed aveva creature magiche tra cui unicorni, draghi, manticore e sfingi che risalivano sulle gambe e le sbarre. Ci passò una mano, apprezzando il lavoro a mano. Era bellissimo e riusciva ad immaginarsi mentre metteva a dormire suo figlio. Sicuramente non aveva niente a che fare con quello che aveva comprato lei da John Lewis.

“Non è adorabile?”, chiese Narcissa. “Sono stata così grata che i Malfoy già ne avessero uno, dato che mia madre mi aveva offerto quello dei Black. Credo tu abbia vissuto a Grimmauld Place per un po’, quindi non ti ci vorrà molta immaginazione per capire che di sicuro non volevo accettare l’offerta”.

Un lettino con decorati dei babbani soggiogati le spuntò nella mente ed Hermione represse una risata, che fece sorridere Narcissa. “I Malfoy, nonostante le idee sulla purezza del sangue, apprezzando davvero la bellezza”.

“Qualcosa che avete in comune, se suo marito ha ragione”.

Fu il turno di Narcissa di ridere. “Oh sì, mi piacciono le cose belle. È stata la prima cosa che mi ha attratta di Lucius, ed ho subito immaginato quanto sarebbero stati belli i nostri figli.

Hermione ignorò l’uso del plurale. Qualcosa la tratteneva ancora dal chiederle perché ne avesse avuto solo uno. “Beh, Draco di certo è venuto bene”.

Il sorriso di Narcissa si aprì maggiormente, mentre lanciava uno sguardo di approvazione ad Hermione. “Non ero sicura l’avessi notato”.

Hermione riusciva a sentirsi le guance imporporarsi, ma decise che avrebbe parlato, piuttosto che atteggiarsi a ragazzina innamorata. “Credo bisogni essere ciechi per non farlo”.

“Sì, beh, il mondo a volte può esserlo”.

“È vero. Draco si sentiva colpevole per questo, quando eravamo giovani”, disse Hermione.  

Notò subito il barlume di vergogna negli occhi di Narcissa, ma non era imbarazzata di averlo detto. Sì, i Malfoy potevano non essere facili da gestire prima della guerra, ma non si sarebbe scusata dato che erano state le loro azioni a metterli in certe situazioni. Non significava, comunque, che non potesse apprezzare il loro cambiamento.

“Ascolta, riguardo a quello…”, iniziò Narcissa, ma Hermione alzò una mano.

“Non l’ho detto per avere delle scuse, Narcissa. Di tutta la famiglia, è quella che ha meno di cui fare ammenda, ed ho buttato alle spalle le differenze sia con Draco che con Lucius. Non porto rancore e sicuramente voglio avere un buon rapporto con voi, per il bene di questo bambino”.

Narcissa le fece un sorriso esitante. “Credo che, se qualcosa può provare quanto ci sbagliassimo io e Lucius, sia la grazia con cui ti sei destreggiata in questa situazione”.

“Non credo di essere stata così graziosa all’inizio”, disse Hermione.

Ciò fece spuntare un’altra risata dalla signora Malfoy. “Non te ne farò una colpa. Il primo trimestre è sempre il più duro”.

Hermione ripensò ai cambi d’umore, a quanto si sentisse stanza, le nausee assillanti, e scrollò le spalle. “Non sarò io a dissentire”.

“Ma io e Lucius ti siamo grati per averci perdonato abbastanza da permetterci di far parte della vita di nostro nipote. Altre nella tua situazione non sarebbero state così generose, considerando il passato”.

“È importante per me che questo bambino abbia una famiglia, sia magica che non”.

Hermione fece del suo meglio per ignorare le lacrime che le si stavano accumulando. Non avrebbe dato sfogo agli ormoni. Anche Narcissa però era un po’ commossa.

“Avevo sperato che questa nursery riprendesse vita, ancora una volta”, mormorò Narcissa. “Quando Draco ha sposato Astoria, pensavo che avrebbero voluto una famiglia allargata. I Greengrass hanno sempre avuto un sacco di figli ma, mentre gli anni passavano, ho rinunciato a quel desiderio e sperato di averne almeno uno”.  

Hermione la raggiunse e le prese la mano. “E adesso ce l’ha”.

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Il rumore della serratura che scattava fece alzare la testa di Draco dai documenti che stava cercando di leggere, prima che la sua presenza fosse richiesta a pranzo.

“Sei ancora qui?”, chiese suo padre, mentre entrava.

Mentre Lucius si posizionava alla luce di una delle finestre, Draco notò quanto si appoggiasse al bastone e si accigliò. Sapeva che non avrebbe dovuto dire niente. Suo padre diventava ancora irrequieto quando si parlava della sua malattia e non avrebbe ammesso di provare dolore. Se lo avesse fatto, Narcissa lo avrebbe immediatamente spedito a riposo a letto, e Draco sapeva quanto lui lo odiasse.

“L’ultima volta che ho ficcato il naso, tua madre stava tirando fuori i tuoi vecchi vestiti da neonato”.

Draco grugnì.

“Dovresti preoccuparti”, continuò Lucius. “Hermione era una chioccia, mentre sparlava di quanto fossero deliziosi”.

Draco sorrise al pensiero. La cosa più sorprendente di tutta la situazione era il rapporto che Hermione era riuscita a costruire con i suoi genitori. In qualche modo, durante le ultime settimane dopo il compleanno, era diventata parte integrante della famiglia. Non c’era un fine settimana in cui Narcissa non la invitasse per il pranzo domenicale, anche se Draco sapeva che lei rifiutava così spesso perché aveva già impegni con i suoi genitori ed i Weasley. Sembrava una sua qualità, riuscire a mettere d’accordo tre famiglie completamente diverse senza mai ferirne nessuna.

Tra le altre cose, due settimane prima, Hermione aveva annunciato fosse arrivato il momento, per Draco, di conoscere i suoi genitori. Così l’aveva invitato all’inevitabile grigliata della domenica. Era stato il momento più imbarazzante della sua vita. I genitori di Hermione non avevano fatto mistero della loro disapprovazione e, nonostante fosse ovvio quanto amassero la figlia, sicuramente non approvavano la sua scelta.

Lo avevano anche accolto molto freddamente, il che aveva svelato chiaramente quanto Hermione avesse raccontato degli anni di scuola. Ricordava di averli visti brevemente a Diagon Alley, quando suo padre ed Arthur Weasley si erano messi a discutere. Era stato appena prima del terzo anno? No, forse il secondo. Sirius Black non era ancora fuggito da Azkaban. Ad ogni modo, quel ricordo non aveva sicuramente aiutato a far rilassare i Granger.

In seguito, Hermione aveva detto che era stato un successo. Ma se riteneva tale qualche risposta secca e un paio di brevi sorrisi, allora solo Merlino poteva sapere quanto pessime fossero le sue aspettative.

“Sono fiero di te, figliolo”.

Quelle parole fecero allontanare di scatto Draco dai documenti sui quali stava inconsciamente disegnando delle figure. Con un mormorio e un gesto della bacchetta, li fece sparire. Ciò gli diede anche modo di schiarirsi la voce per l’emozione.

“Grazie papà, ma perchè?”.

“Per come hai gestito tutta la questione. Avresti potuto propendere anche tu per una relazione finta, ma non hai voluto ed avevi ragione. Ciò che avete ora tu ed Hermione è molto meglio di ciò che io avrei immaginato”.

Accigliandosi, Draco allungò lo sguardo verso la seduta di suo padre. “Sono contento di saperlo, ma perché me lo dici ora?”.

Un lampo di dolore attraversò il viso di Lucius. Se Draco non lo avesse studiato a lungo probabilmente se lo sarebbe perso.

“Va tutto bene?”.

“Non voglio farti carico anche di questo”, iniziò a dire suo padre.

“Ne abbiamo già parlato”, lo interruppe Draco. “Hai nascosto a me e mamma la tua malattia per troppo tempo, ed hai promesso che non ci sarebbero più stati segreti, che non avresti più cercato di nasconderti”.

I battiti del cuore di Draco accelerarono, mentre l’ansia gli attanagliava lo stomaco ed il silenzio tra i due si allungava. Riusciva a vedere il cervello di suo padre al lavoro, mentre cercava di dire qualcosa. Il fatto che dovesse fare così non portava niente di buono.

Lucius prese un respiro profondo, prima di aprire la bocca. “Non mi rimane molto”.

“Che significa”.

Per un momento un moto d’irritazione passò negli occhi di Lucius. “Sai cosa significa, Draco. Sto morendo”.

“No!”, obiettò lui. “No! I guaritori ci stanno ancora lavorando, troveranno qualcosa. Devono farlo”.

Suo padre scosse tristemente la testa. “Sono a corto di tempo. Riesco a sentirlo”.

“Stai solo facendo lo stupido. È ovvio che non puoi”.

Appena quelle parole lasciarono le sue labbra, Draco seppe di essere in negazione. Il viso di suo padre glie lo disse, e sapeva che ormai non aveva più tempo. La combinazione di stanchezza e tristezza aveva reso Lucius molto più vecchio di quanto non fosse qualche settimana prima.

“Mamma?”, disse lui.

“Non ho detto una parola a tua madre. Non posso. È così felice, Draco. Non era felice da un pezzo e non posso portarglielo via”.

Il discorso si interruppe, ma Draco non aveva bisogno che continuasse. Il fardello di ciò gli sarebbe arrivato sulle spalle. Lucius glie lo stava facendo capire, ma la parte egoista di Draco quasi sperava che se lo fosse tenuto per sé. Cosa avrebbe dovuto fare di quell’informazione?

Stava morendo.

Quella parola gli echeggiò nella mente, facendogli provare un brivido lungo la schiena, mentre il panico prendeva possesso del suo corpo e, per un momento, gli mancò il respiro, che rimase intrappolato nella gola. Stava soffocando al pensiero della morte di suo padre.

Stava morendo.

Si passò una mano tra i capelli, per riportarsi alla realtà.

“Draco”, disse dolcemente suo padre, aiutandolo a focalizzarsi con uno guardo pieno di calma.

“Ok”, disse lui, balbettando appena. “Sto bene. Posso farcela”.

“So che puoi. Possono non essere sempre stato di supporto o non aver accettato i tuoi sentimenti, ma quei giorni sono andati. E mi vergogno nel dire che ci è voluto che questa famiglia arrivasse sull’orlo del baratro perché io capissi. Avrebbe dovuto essere diverso dal primo giorno”.

“Papà, non farlo”.

“No, devo togliermi questo peso dal petto. Ho bisogno che tu lo sappia, perché tu non faccia lo stesso errore. Non essere il padre che sono stato io, Draco”.

“Non lo sarò”, disse Draco, mentre le lacrime gli facevano perdere la voce. “Sarò il padre che sei ora”.

Nei suoi trent’anni, Draco poteva dire con certezza di non aver mai visto suo padre piangere. Nemmeno nei giorni più bui, quando il Signore Oscuro comandava il Manor e li aveva posti agli arresti domiciliari.

Ora non riusciva a fare altro che stare seduto in silenzio, mentre un paio di lacrime sfuggivano dagli occhi di Lucius e scendevano lungo le guance, prima di essere velocemente spazzate via. Un rumore di fogli ruppe quel momento.

“Prendi”, disse uso padre, mentre gli allungava una busta sigillata.

Draco si schiarì la voce. “Non dovrebbe averli Horatio, se è quello che penso?”.

Un sorriso appena accennato spuntò sulle labbra di Lucius. “Non è il testamento. No, quello Horatio ce l’ha già e, perché tu lo sappia, l’ho modificato così che sia incluso anche il bambino”.

Se si fosse trattato di un altro momento, in cui suo padre non stava morendo, allora sapere che Lucius aveva accettato volontariamente un figlio Mezzosangue gli avrebbe riscaldato il cuore. Ma Draco non riuscì a non sperare che quella modifica non fosse necessaria.

“Ciò che voglio sia fatto per il funerale”.

Draco lo fissò, sotto shock. “Ma Horatio…”.

“Sì, avrei potuto dargli anche queste. Ma volevo le avessi tu”.

Prendendole dalla mano di Lucius, Draco notò che le sue invece stavano tremando. Si alzò e si avviò verso il mobile bar, sbloccando la serratura con la bacchetta. Un pannello si spostò, rivelando una cassaforte. Vi ripose i documenti, sperando ci sarebbero voluti molti mesi prima di doverli riprendere.

Fatto questo, si voltò verso Lucius, che annuì silenziosamente prima di alzarsi ed uscire dalla stanza. Draco poteva giurare che i suoi passi risuonavano un po’ più leggeri.

Rimase lì, con i pensieri in tumulto, finché non suonò la campanella del pranzo.

Ripensandoci, Draco avrebbe fatto tesoro di quella giornata. Hermione e Narcissa erano arrivate dalla nursery contente ed eccitate, piene di progetti per il bambino, e Lucius sorrideva in modo accecante, intervenendo qui e lì con qualche suggerimento per le decorazioni. Un’atmosfera felice si era infusa in tavola e Draco aveva faticato a ricordare un altro momento simile. Sicuramente era successo prima della guerra, prima della resurrezione dell’Oscuro Signore.

I suoi stessi pensieri erano stati banditi, mentre osservava la mano di Hermione che si accarezzava dolcemente la pancia ogni tanto. Aveva grugnito quando sua madre aveva preso gli album delle sue foto da piccolo, per mostrare ad Hermione tutte quelle più imbarazzanti. Lucius era rimasto alle loro spalle, per tutto il tempo con una mano appoggiata sulla spalla di Narcissa.

Le risate e l’atmosfera allegra rimasero con lui finché, quella sera, i guaritori apparvero alla Metropolvere, in risposta ad una chiamata urgente. Rimasero a mezz’aria come un caldo abbraccio, mentre il corpo senza vita di suo padre lasciava il Manor per l’ultima volta, e le urla di sua madre gli riempivano le orecchie.

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Capitolo 19
*** Quadri ***


Cap 19

Quadri

Non era il primo funerale magico a cui Hermione partecipava. No, il primo era stato quello del professor Silente al sesto anno, quando era stato assassinato. Due anni dopo aveva partecipato ad un altro, a cui non avrebbe mai voluto andare; l’immagine di George, trascinato via a forza dalla tomba di Fred, mentre piangeva ed urlava, era impresso nella sua memoria.

Questo era invece il primo funerale tradizionale purosangue, e c’era un’aria completamente diversa. Nessuno piangeva, nemmeno Narcissa, che sedeva stoica e controllata con addosso un grande paio di occhiali da sole. Se Hermione non l’avesse conosciuta, avrebbe pensato che la morte di Lucius non le avesse fatto alcun effetto. Non dimostrava alcuna emozione.

Negli ultimi giorni aveva assistito invece ad un ampio spettro di emozioni al Manor, dove Narcissa si rifiutava di alzarsi dal letto, nascosta sotto una pila di cuscini e coperte con il viso rosso per il pianto costante. Aveva dovuto essere incantata come un bambino piccolo, per mangiare qualche cucchiaio di zuppa.

A porte chiuse, le emozioni dimostrate da Narcissa erano capibili. Lei e Lucius erano profondamente innamorati e non importava quando calma e raccolta Narcissa sembrasse, Hermione sapeva quanto stesse soffrendo.

Ad ogni modo, Hermione era più preoccupata per Draco. La reazione di Narcissa era sana, prevedibile ed in qualche modo facilmente gestibile, anche se prosciugava le forse. La facciata di ghiaccio dietro cui Draco si stava nascondendo era invece molto peggio. Ci si era ritirato, chiuso e freddo. Aveva efficientemente predisposto il funerale, seguendo alla lettera le volontà di Lucius, ma non lo aveva ancora visto versare una lacrima. La disturbava questa mancanza totale di emozioni.

Si voltò verso di lui, stringendogli la mano. L’aveva fatta scivolare nella sua poco prima, durante la cerimonia. Lui non l’aveva respinta, il che era incoraggiante, ma non aveva intrecciato le dita alle sue. La mano era rimasta ferma, immobile, ma Hermione non si era scoraggiata. Sapeva di quanto support avesse bisogni Draco, anche se non riusciva a capacitarsene nemmeno lui stesso.

“Andiamo”, le disse con tono piatto. “Al Manor ci sarà la rivelazione”.

“La rivelazione?”, chiese Hermione, ma Draco non la sentì. Le aveva lasciato la mano e si era allontanato, come se tuta la situazione non fosse altro che un inconveniente.

Hermione mise una mano sulla spalla di Narcissa, facendo del suo meglio per non lanciare a Draco uno sguardo di disapprovazione. Come previsto, i giornalisti erano in attesa ed ogni disaccordo tra i partecipanti sarebbe stato messo sotto la lente d’ingrandimento.

“Narcissa”, sussurrò piano Hermione, mentre la donna rimaneva seduta in prima fila. “Andiamo, è il momento”.

“Oh, sì”, replicò Narcissa. “La rivelazione”.

La vedova di Lucius si alzò, sbilanciandosi un po’ sui tacchi che portava, così Hermione le mise una mano sul comito, per dare un po’ di sostegno. Sapeva che non era il momento per chiederle che cosa fosse questa rivelazione.

Venti minuti dopo si trovavano nella galleria dove erano appesi i quadri dei Malfoy. Hermione si ritrovò seduta di fianco a Millicent.

“Allora, sta per essere rivelato il quadro di Lucius?”, chiese.

Milli annuì. “È tradizione che sia fatto qui, nella galleria, ma il quadro può essere spostato in seguito”.

Hermione annuì a sua volta. Aveva visto molti ritratti dei vari parenti Malfoy un po’ ovunque, al Manor. Alcuni le soffiavano minacciosi quando la vedevano, ma a lei ne piaceva uno in particolare. Era posizionato nella nursery e rappresentava Helena. Narcissa le aveva spiegato che poteva rappresentare un altro paio di occhi ed orecchie in grado di tenere d’occhio il bambino ed eventualmente cercare aiuto se necessario. Hermione aveva sorriso, all’idea di aver portato il baby monitor ad un livello completamente nuovo.  

Aveva chiesto a Draco qualche rassicurazione sul fatto che sarebbe stato spostato, se lei avesse avuto qualche progetto nefasto nei confronti del bambino. Draco le aveva lanciato uno sguardo divertito ma, quando si era reso conto di quanto fosse seria, aveva concordato. Poi le aveva preso la mano e l’aveva presentata ufficialmente ad Helena.

Il ritratto aveva chiocciato attorno alla pancia di Hermione, chiedendole un’infinità di domande sulla gravidanza e su come lei si sentisse, tanto che aveva fatto impallidire quelle di Narcissa in confronto. Hermione aveva afferrato il braccio di Draco quando lui aveva raccontato ad Helena delle sue paure ma lei aveva riso, facendole capire di non esserne rimasta offesa. Aveva poi allontanato Draco per il tè ed ordinato ad Hermione di prendere una sedia.

“Nessuno ti ha raccontato di me?”, aveva chiesto ad Hermione, una volta sistemata sulla sedia a dondolo.

Hermione aveva scosso la testa.

“Immaginavo. Vedi, di solito mi nascondono sotto al tappeto. Sono lo scheletro nell’armadio di cui si vergognano”.

“Che cosa hai fatto?”.

“Mi sono innamorata di un babbano”.

Gli occhi di Hermione si allargarono a dismisura. “Cosa? Quando?”, balbettò.

“Oh, parecchi anni fa. Sono vissuta nel quattordicesimo secolo, quando la divisione tra maghi e babbani era molto più flebile. All’epoca c’erano dei babbani che lavoravano al Manor ed io mi sono innamorata di uno stalliere”.

Helena era rimasta in silenzio qualche minuto, con gli occhi pieni di tristezza mentre rispolverava i ricordi. “Ovviamente, mio padre lo scoprì”, mormorò. “Ma ormai ero già incinta. Uccise il mio amante e mi confinò nella mia stanza. Non potevo uscire e mi venne rifiutato qualsiasi aiuto medico. Senza aiuto, mio figlio morì appena qualche ora dopo la nascita. Solo allora mio padre premise ai guaritori di visitarmi. Dissero che ero sana, ma non avrei mai più potuto lasciare il Manor. Mio padre bandì tutti i lavoratori Babbani e nessuno di loro ha mai più messo piede qui dentro da allora”.

Ci fu un momento di silenzio ed Hermione si ritrovò a piangere. “Mi dispiace tanto”, disse, mentre le parole le sembravano inadeguate.

Helena aveva sorriso. “Non ho avuto un vita felice, né come ritratto, finché la nonna di Draco non mi ha portata nella nursery quando era incinta di Lucius. Sono rimasta qui da allora”.

Quando Draco tornò, Hermione stava ormai chiacchierando con Helena, a suo agio come con una vecchia amica.

In quel momento, Hermione percepì le lacrime farsi largo nei suoi occhi, mentre guardava Draco staccare il telo di velluto che copriva il ritratto di Lucius. Era strano pensare che quell’uomo aveva attivamente combattuto contro la sua esistenza nel mondo magico per gran parte della sua vita. Tutta la rabbia che aveva provato per lui era ormai scomparsa. Riusciva solo a pensare che suo figlio avrebbe conosciuto il nonno solo come un ritratto sul muro e sperò nuovamente che fossero riusciti a trovare una cura.

Senza più il panno, il quadro di Lucius aprì gli occhi, sbattendo più volte le ciglia come se si fosse svegliato da un sonno profondo. Scandagliò la folla che era stata invitata, prima di catturare gli occhi di Narcissa. Hermione rimase a guardare, il cuore in tumulto, mentre la vedova Malfoy si avvicinava con le lacrime agli occhi, le dita protese e tremanti, per accarezzargli il viso dipinto. Narcissa non si mosse, mentre Lucius scambiava convenevoli con i presenti, finché non rimasero solo Narcissa, lei e Draco.

Lucius la guardò con quegli occhi grigi per la prima volta, ed Hermione si meravigliò di quanto fossero monotoni in confronto a quelli veri che l’avevano guardata solo qualche settimana prima, con un sorriso per qualcosa che Narcissa aveva detto. Era lui, ma non esattamente. Probabilmente era uno degli aspetti della magia cui Hermione avrebbe fatto più fatica ad adattarsi, anche dopo tutti quegli anni.

“Prenditi cura del piccolino”, disse il ritratto, mentre Draco le prendeva la mano e la conduceva via dalla galleria, di nuovo verso la sala da ballo.

“Non dovremmo aspettare Narcissa?”, chiese Hermione mentre giravano l’angolo, voltando il collo per controllare che la donna stesse bene.

“”No, vuole passare un po’ di tempo con mio padre”.

“Draco, sei sicuro di sentirti in grado di andare di sotto?”.

“È mio dovere”, replicò Draco, mentre osservava la scalinata principale sempre più vicina. “Mio padre non vorrebbe che lasciassi gli ospiti senza supervisione per troppo a lungo”.

Hermione avrebbe voluto dare più voce alle sue preoccupazioni, trascinarlo per un braccio e farlo fermare. Avrebbe voluto avere abbastanza confidenza da forzarlo a guardarla negli occhi, così da poter rompere quella barriera di ghiaccio che aveva eretto. Ma così non era, e si sentiva inerme mentre lo seguiva giù per le scale e lo osservava scambiare le chiacchiere di cortesia con gli ospiti, come se la situazione fosse normale.


L’ecografia della ventesima settimana doveva essere un momento felice, in cui avrebbero scoperto il sesso del bambino ed avrebbero potuto veramente cominciare a fare progetti. Era il momento che Hermione aveva aspettato sin dall’inizio della gravidanza.

Ma Draco camminava rigido di fianco a lei, facendola sentire tutt’altro che eccitata. In effetti, era ansiosa, preoccupata che sarebbe rimasto un guscio e che avrebbe fatto retrocedere il loro rapporto. Dagli tempo, si disse per la milionesima volta, ma la bolla di sconforto non se ne andò. Non c’era più stato nulla da parte sua, nemmeno una piccola crepa nel muro che si era costruito.

Hermione aveva sperato che lo avesse creato per superare funerale, una specie di difesa così che potesse organizzare il tutto e gestire la burocrazia inopportuna. Ma il funerale era passato da cinque giorni, ed ancora non era cambiato nulla.

Non mancava di dare attenzioni alla madre invece, si assicurava che Narcissa si sentisse amata e che non rimanesse troppo a lungo seduta di fronte al ritratto di Lucius. Ma questa continua mancanza di emozioni faceva prudere le mani ad Hermione per il desiderio di prenderlo a sberle finché non gli fosse uscito qualcosa.

Mentre si allontanavano dal San Mungo, si sentiva solamente oltremodo irritata. Non era arrivato niente da parte sua, nessuna reazione quando il sonografo aveva annunciato che erano in attesa di una bambina. La bolla di contentezza che le si era creata appena aveva sentito la bambina scalciare si era dissipata ad un freddo “grazie” che Draco aveva mormorato.

Hermione aspettò finché non furono abbastanza distanti dall’ospedale prima di prendergli un polso e trascinarlo lungo una strada laterale, con una velocità che fece rimanere Draco di stucco.

“Cosa?”, sbottò.

“Cos’hai? Ti irrita che il bambino non sia un maschio?”.

“Che domanda è questa?”.

“Una a cui voglio tu risponda!”, disse rabbiosa.

“Ovviamente non mi importa che non sia un maschio”.

“O forse non ti importa, punto”, disse lei, mentre l’ira cresceva.

Una parte di lei, quella che stava guardando con obiettività la situazione, fu felice di notare una vampata di calore sulle guance di lui, che si stavano tingendo di rosso.

“Mi spiace di non fare i salti di gioia, al momento. Potrebbe esserti sfuggito, ma mio padre non è ancora diventato freddo nella tomba”.

“No! Non te lo permetto! Non ti comporterai come se fossi io quella irragionevole a chiederti qualcosa. Persino Narcissa ha dimostrato più interesse di te, Draco”.

Il viso di lui si trasformò nel ghigno strafottente che non aveva più visto da quando frequentavano Hogwarts. Per un momento, sperò tornasse a non avere alcuna espressione.

“Mi dispiace così tanto di rovinarti la parata di gioia, Granger, ma non possiamo fare tutti a finta sia tutto rose e fiori”.

“Non ti chiedo questo. Non ti chiedo di fare a finta di nulla, ma è nostra figlia, Draco”.

“Cosa vuoi da me?”.

“Qualcosa! Qualsiasi cosa oltre a questa versione da ghiacciolo che ti sei imposto”.

“Penso tu mi abbia appena detto che non vuoi io finga”.

La rabbia gli apparve in volto ed aveva le spalle così rigide che sembravano sul punto di spezzarsi, tanto che lei si calmò all’improvviso e gli si fece vicina. “Draco, lasciami entrare. Posso aiutarti. Noi, possiamo aiutarti”, disse, portando la mano di lui sulla sua pancia.

Draco la ritrasse e sputò “Nessuno può aiutarmi. Né tu né il tuo bambino”.

Hermione si tirasse come scottata. Il mio bambino? Era passato un pezzo dall’ultima volta in cui ci aveva pensato in quei termini. Ad un certo punto, pensava fosse tutto ciò che aveva sempre voluto: che Draco se ne lavasse le mani e facesse a finta di non condividere nulla con lui. Ma ciò era accaduto prima che riuscissero a creare quella sorta di amicizia, quando ancora il pensiero di avere a che fare con la famiglia Malfoy, ogni giorno, le faceva venire da vomitare.

Il mio bambino?”, mormorò, prima di fare una giravolta e sparire nella folla di Oxford Street, con le lacrime agli occhi.


Draco rimase per un po’ a fissare il punto vuoto in cui era sparita. Cosa c’è che non va in te? Chiese a se stesso. Non aveva idea del motive per cui avesse detto quelle cose.

Sì che lo sai! Volevi ferire qualcuno allo stesso modo in cui stai soffrendo tu, ed Hermione era un facile bersaglio.

Rimase sconvolto dalla verità di quel pensiero. Voleva sbottare, diventare crudele e cattivo, infliggere qualche pena a qualcuno, così che la disperazione che provava ogni giorno se ne andasse, anche per un breve momento.

Il problema era che ora si sentiva peggio che mai.

Era stato felice nel vedere quella piccola immagine in bianco e nero sullo schermo. La nostra bambina aveva pensato mentre lanciava uno sguardo ad Hermione con un ghigno, mentre le guance di lei arrossivano. Non l’aveva mai vista più felice ma, persino quella comprensione e la tenerezza che gli erano nati nello stomaco, non erano state in grado di rompere il rigido autocontrollo che stava mantenendo su di sé. Aveva avuto paura che persino un sorriso avrebbe spezzato la sua compostezza e che le lacrime per la morte di suo padre si sarebbero fatte strada. Non voleva che una cosa del genere succedesse al San Mungo e, ad essere onesti, nemmeno scoppiare in lacrime davanti ad Hermione. Non era nemmeno sicuro di poter smettere, se avesse iniziato. Il suo rigido autocontrollo era l’unica cosa che lo tratteneva dal cadere a terra in quel momento.

Guarda dove tutto questo ti ha portato, disse la voce nella sua testa, come se fosse stato il Professor Piton a parlare. Aveva seguito le orme del suo vecchio Capo Casa e distrutto un’amicizia a causa della sua incapacità ad aprirsi?

Orgoglio, pensò. Permettere all’orgoglio di sopraffarti è la maledizione della famiglia Malfoy.

Un moto di rabbia lo pervase. Aveva distrutto tutto ciò che aveva meticolosamente costruito durante le ultime dieci settimane o giù di lì. Lei non si sarebbe fidata mai più, ormai. Non dopo quelle parole. Diede un calcio al pavimento, lanciando via un sassolino lungo la strada.

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Capitolo 20
*** Disarmo ***


Cap 20

Disarmo

Draco era seduto nel bagliore scuro del suo studio, con le tende di velluto pesante chiuse strette alle finestre. Non era sicuro di dove si trovasse sua madre, ma non sarebbe rimasto sorpreso nel trovarla chiusa nelle sue stanze. Ormai usciva di rado e, quando lo faceva, lui non riusciva a sopportare il dolore che le cambiava i lineamenti.

Prese un altro sorso dalla bottiglia di Firewhiskey che teneva in mano. Ricordava un giorno in cui aveva pensato che la sua vita sarebbe stata più facile se suo padre fosse morto, quando era venuto faccia a faccia con la realtà del compito che gli era stato assegnato dall’Oscuro Signore. All’epoca, aveva sognato di essere nato in una famiglia diversa, una dove suo padre non era un Mangiamorte che aveva fallito. In quel momento, la colpa di quei pensieri lo ricorreva, rodendogli l’anima.

Come se stesse cercando di causarsi ancora più dolore, i suoi pensieri lo portarono ad Hermione e mentalmente si ritrasse. Non importava quanto imbottita fosse la sua mente, era conscio di quanto avesse incasinato le cose. Non la vedeva né sentiva da quella lite per strada, quattro giorni prima. Sapeva che avrebbe dovuto rimediare, andare a scusarsi, in ginocchio se necessario, ma il pensiero di quegli occhi marroni arrabbiati che dardeggiavano nei suoi lo facevano scappare, piuttosto che portarlo a risolvere il problema.

Alcune cose non cambiano mai, pensò amaramente. Era sempre stato bravo a scappare.

Il rumore proveniente dalla connessione alla Metropolvere non riuscì a distoglierlo dai propri pensieri. Ad ogni modo, lo fece invece la luce che irruppe all’improvviso, facendogli strizzare gli occhi.

“Ma che..” mormorò, appena venne scostata anche l’altra tenda, mentre gli anelli che la sorreggevano sbatacchiavano tra loro.

“Sto intervenendo”, disse il tono deciso di Pansy Parkinson.

Lui alzò lo sguardo e riconobbe la sua impuntata amica che lo osservava, con Millicent poco distante.

“Oh, andatevene!”, mormorò. Non era dell’umore per sopportarla.

Un dito gli comparve sotto il mento e gli fece alzare la testa dal petto. “Tutto questo è ridicolo, Draco. Devi rimetterti in sesto”.

“Facile per te a dirsi. Hai ancora un padre”.

“Sì, ma ho perso mia madre, se ricordi, a dodici anni. Quindi, risparmiati l’autocompassione per qualcun altro”.

In un impeto di vergogna gli si colorarono le guance. Come aveva potuto dimenticarlo? Le aveva passato un’infinità di fazzoletti, nella sala comune dei Serpeverde.

La bottiglia di Firewhiskey gli venne sottratta di mano con la forza e rimpiazzata da un bicchiere alto, pieno di liquido trasparente. Dubitava fosse un gin e tonic ed un piccolo sorso confermò si trattasse di acqua. Si sciacquò la bocca, disgustato.

“Ridammi la mia bottiglia!”. Intendeva dirlo come un ordine, ma invece che comandina la voce gli uscì lieve e supplicante.

Patetico, pensò. Ecco a cosa mi sono ridotto: un bimbo piagnucolone, che chiede pietà.

“No”, disse vigorosamente Millicent. “Tornerai sobrio e tornerai nel mondo reale, a supportare tua madre come hai promesso a tuo padre avresti fatto”.

Milli non menzionò né Hermione né il bambino, ma Draco riusciva chiaramente a percepire la critica nei suoi occhi e nel suo tono. Fece una smorfia. “Non esce da giorni dalle sue stanze”.

“Oh, davvero?”, chiese sarcastica Pansy. “Allora chi è che si è presentato a casa mia per chiedere aiuto?”.

Il senso di colpa si intensificò, andando a posarsi sulla bocca dello stomaco. “Ma..”, iniziò a dire.

“Niente scuse, Draco. Sei tu che non sei uscito. È stata Hermione a portare avanti la baracca, qui. È stata lei a sedersi con Narcissa ed aiutarla a venire a patti con la morte di Lucius”.

“Hermione è stata qui?”, chiese tagliente.

Non era così ubriaco da mancare di notare lo sguardo che si lanciarono le due donne.

“Sì, è stata qui”, replicò Pansy in tono più sottomesso.

Draco si prese la testa tra le mani. Era stato così fuori di sé da non rendersi nemmeno conto che Hermione era stata in quella casa. E diverse volte, a sentir dire.

“Merlino, sono patetico”. Grugnì, quando si rese conto di averlo detto ad alta voce.

Una fialetta gli venne messa nella mano libera e lui la bevve ancora prima di sentire cosa fosse. La stanza girò più volte per qualche secondo, prima che la mente gli si schiarisse e gli arrivasse all’improvviso un grande mal di testa. “Dannazione!”, imprecò.

“Draco!”, protestò Millicent. “Almeno dovresti aspettare che ti dica cosa stai bevendo”.

“Millie, me l’hai data tu. Dubito volessi avvelenarmi, hai avuto opportunità migliori di questa”.

“Oh, non lo so”, disse pensierosa lei. “Non essendo in te eri sicuramente un bersaglio invitante”.

“Smettila, donna. Allungami quella pozione contro la sbornia che stai nascondendo da qualche parte”.

Millicent gli tese la fiala appena troppo distante perché la raggiungesse, forzandolo ad alzarsi dalla sedia. Le gambe quasi gli cedettero per lo sforzo e dovette allungarsi per metà scrivania, prima di riuscire a fregargliela. La bevve velocemente e percepì il sollievo al mal di testa, nonché gli occhi smettere di bruciargli.

“È bello averti di nuovo con noi, Draco”, disse Millie.

“Ok, allora l’intervento è andato a buon fine. Cosa vuoi fare ora? E non provare nemmeno a dirmi che non hai un piano”, disse lui.

“Dal tuo odore, direi che una doccia è appena arrivata al secondo punto sulla lista”, disse Pansy con un sorriso.

“Seriamente Draco, quando ti sei cambiato l’ultima volta?”, chiese Millie, chiudendosi teatralmente il naso.

Lui non rispose, dato che non lo ricordava. L’ultimo ricordo coerente che aveva era essere arrivato con la Metropolvere dopo il litigio con Hermione ed essersi seduto alla scrivania, nel tentativo di dimenticare tuto.

“Dannate donne”, mormorò sottovoce, mentre trascinava i piedi fuori dall’ufficio e si dirigeva nella sua stanza.  


Sentendosi più umano dopo la doccia, dei vestititi puliti ed una tazza di tè, Draco tornò nello studio. Nei quaranta minuti in cui era stato via, erano accadute diverse cose. Le tende erano state aperte, facendo entrare nella stanza una luce calda e gialla. Anche le finestre erano state aperte, per permettere al profumo delle rose del giardino di sua madre di permeare l’aria. La scrivania ed il tavolino da caffè di fronte al caminetto erano stati ripuliti dalle bottiglie vuote e dai piatti incrostati. Ora sul tavolino giacevano prelibatezze dal profumo così invitante che il suo stomaco si lamentò del trattamento riservatogli negli ultimi giorni.

“Vieni e mangia qualcosa, Draco”, disse Millicent.

Draco si avviò verso la poltrona, posizionata di fronte al divano in cui sedevano Millie e Pansy. Si sedette anche lui e prese un piatto vuoto, dando un’occhiata al pranzo prima di servirsi dei muffin con sopra delle uova strapazzate.

Mentre mangiava fecero silenzio, la sua mente focalizzata sul compito che stava portando a termine. Riuscì a guardare le amiche solo dopo essersi pulito la bocca con un fazzoletto ed essersi versato una tazza di caffè. Loro lo stavano fissando, con identiche espressioni divertite.

“Cosa?”, chiese sulla difensiva. “Avevo fame”.

“Lo vedo”, replicò Pansy, sorseggiando piano il suo caffè. “Narcissa in effetti aveva detto di non ricordare l’ultimo tuo pasto”.

Draco avrebbe volute ribattere quanto solo per non darla loro vinta, ma si rese conto di non riuscire a ricordarlo nemmeno lui. Vedeva solo immagini sfocate ed elfi domestici che passavano. Non era nemmeno sicuro di quanto tempo era passato da quanto era tornato a casa da quell’appuntamento all’ospedale, arrabbiato e deluso da se stesso. Scorse la Gazzetta del Profeta in un angolo del tavolo e lo raccolse velocemente. Secondo la data, erano passati ormai sei giorni. Non male come temeva, ma avrebbe reso difficile scusarsi con Hermione.

“Hermione quindi è stata qui”, commentò, cercando di suonare casuale, ma gli riuscì una domanda ansiosa.

Sussultò quando gli occhi di Pansy incontrarono i suoi, Pansy invece si addolcì. “Sì”, disse.

“L’hai vista?”, chiese lui.

Pansy scosse la testa. Draco si voltò verso Millie, che ripetette il medesimo gesto. “Il prossimo appuntamento è tra un altro paio di settimane”.

“Ottimo. Il che significa che dovrò fare una bella chiacchierata con mia madre”.

Ma prima, Draco doveva riprendersi fisicamente, così si riempì nuovamente il piatto.


Draco trovò Narcissa un’ora dopo, nel suo salotto privato. Il ritratto di Lucius aveva preso il posto d’onore, splendente sopra il caminetto.

“Allora sei vivo?”, chiese Narcissa con un tono di disapprovazione mentre entrava. “Iniziavo a chiedermi se avrei dovuto organizzare un secondo funerale in meno di un mese”.

Draco sobbalzò a quel tono tagliente ed evitò deliberatamente di incrociare gli occhi con quelli del ritratto di Lucius, che lo stava fissando come se fosse stato un Kneazle.

“Mi dispiace per la mia mancanza di autocontrollo, Madre”, disse formale.

Lei sospirò e si voltò totalmente a guardarlo, mettendo giù il ricamo con cui si teneva occupata. Si sentì in colpa, vedendo le occhiaie viola che le tingevano il viso e le nuove linee di espressione in fronte, come se fosse rimasta accigliata per giorni.

“Oh, Draco!”, disse. “Sei uno stolto come tuo padre, a volte”.

Nonostante le parole scoraggianti, gli sorrise affettuosa e gli fece gesto di sedersi sul divano di fianco a lei. Lui vi ci sprofondò e Narcissa gli mise una mano sul ginocchio. “Hai fatto un disastro, ragazzo mio”, disse piano.

“Lo so”.

“L’hai ferita molto con le tue parole e le tue azioni”.

Non aveva nemmeno bisogno di chiedere a chi sua madre si stesse riferendo. “Credi possa perdonarmi?”.

“Dipende”, disse sua madre. “Sei pronto a lasciarla entrare?”.

“Cosa intendi?”, chiese Draco.

Lei sorrise tristemente. “Ricordi la nostra conversazione prima di questa situazione?”.

Draco annuì. Sembrava passata un’eternità, mentre in realtà erano stati solo tre mesi prima.

“Ricordi quanto avessi sperato che divorziassi da Astoria anni fa?”.

Lui fece una smorfia. “Sì. Beh, hai esaudito quel desiderio”.

“Sì, e questa casa ne è molto felice. Ho anche espresso il desiderio che ti risposassi, felicemente questa volta”.

“Ed io ho detto che non l’avrei fatto”, rispose Draco.

“Ti ho detto che avresti trovato la donna giusta che ti avrebbe fatto cambiare idea. Ed è successo Draco, l’hai trovata”.

“Se ricordo bene, avevi cose tutt’altro che carine da dire riguardo ad Hermione”.

Narcissa rise. “Hai ragione, è vero, e ciò significa che anche io posso sbagliarmi ogni tanto”. Si protese verso di lui, prendendogli la mano. “È lei, Draco. La donna che può, che ti ha reso felice. Quando abbiamo parlato, tu eri stressato ed infelice. Sembravi anni più vecchio di quanto non fossi, ed ero preoccupata che tutta l’ansia ti avrebbe portato precocemente alla tomba. Ma prima..” Narcissa esitò ingarbugliata, prima di prendere un respiro profondo e continuare. “Prima che tuo padre morisse, eri molto più felice e libero di come io ti abbia mai visto prima della guerra. È stata lei, Draco”.

“Ed io ho rovinato tutto. Con una stupida frase, ho rovinato tutto”.

“Sì, ma non sei senza speranza. È arrabbiata e ferita, ma ci tiene, ragazzo mio”.

Draco si alzò e fece qualche passo agitato per la stanza. “Non puoi saperlo mamma, non puoi”.

“No, non posso, ma lo vedo. E l’ho visto ogni volta che è stata qui e lanciava sguardi speranzosi alla porta del tuo studio quando ci passava davanti”.

“Probabilmente pensava a tutte le possibili maledizioni da lanciarmi”, disse pessimista.

“Non dubito che ne abbia pensate parecchie, ma comunque non ti ferirà”.

Per la prima volta dalla morte di suo padre, la speranza infuse l’anima di Draco. Se fosse riuscito a sistemare le cose, se Hermione avesse capito quanto gli dispiaceva per quelle parole, ci sarebbe stata la possibilità di riconquistare la fiducia che aveva perso in un unico momento di rabbia.

“Come rimedio?”, chiese, incerto su come procedere. Non si era mai trovato prima in quella posizione.

Si alzò anche Narcissa e gli prese il viso tra le mani. “Devi essere onesto con lei, su quanto significhi per te. Non c’è via d’uscita, Draco. Non avere paura di aprirti e lasciare entrare qualcuno. Hai passato le ultime sei settimane a scappare dai sentimenti, impaurito dal confrontarti con ciò che sapevi nel profondo, ma Hermione non accetterà niente di meno da te. Ti chiederà onestà, e tu glie la darai. Glie lo devi”.

Draco boccheggiò, impaurito del rifiuto, tanto che per un momento tutto l’ottimismo scomparve. Ma strinse la mascella ed annuì determinato. Era arrivato il momento di trovare il coraggio.


Hermione riusciva a sentire Ginny sfrazzare nelle credenze, diventando sempre più irritata ad ogni sportello che apriva. Ci fu finalmente un ultimo botto ed un suono di passi, mentre tornava in salone.

“Come fai a non avere neanche una singola oliva in casa, Hermione?”, chiese sconsolata, abbassandosi sul divano con la grazia scomposta di una donna che aveva passato da qualche giorno il termine per il parto.

“Prima di tutto, perchè l’odore mi faceva venire la nausea; secondo, perché solo vederle mi faceva correre in bagno”.

“Ma è successo settimane fa”, disse con lamento la sua amica rossa. “Se potessi avere solo un’oliva, so che questo bambino finalmente mi accontenterebbe e verrebbe fuori”.

Hermione sorrise. Le voglie di salato di Ginny mentre era incinta erano leggendarie e le olive erano le sue preferite.

“Il bambino arriverà, le olive no”, disse allegra Hermione.

“Sarà meglio. L’ostetrica ha minacciato di indurmi il parto se non nascerà entro la fine della prossima settimana”.

“Strano che qualcuno non abbia ancora creato una pozione per rendere tutto più facile”, disse Hermione.

Ginny rise. “Ci sono delle cose per cui neanche la magia può aiutare. Strega o babbana, la biologia della gravidanza rimane la stessa”.

Accarezzandosi la panica, Hermione disse: “Grazie a Merlino! Se fosse sostanzialmente diversa mia madre andrebbe nel panico. Almeno questa è un’esperienza che possiamo condividere”.

Più la gravidanza di Hermione avanzava, più i suoi genitori si eccitavano. Ormai la disapprovazione per le sue azioni era passata, portata via dal pensiero che sarebbero diventati nonni. Nonostante non si fossero ancora messi l’animo in pace riguardo a Draco, Hermione sapeva che non avrebbero dimostrato il loro rancore verso il padre del nipote.

Il pensiero di Draco le fece tornare un dolore familiare al petto. Doveva ancora presentarsi e scusarsi per quelle parole e, più ci metteva, più il divario sembrava aumentare. Voleva avere un ruolo nella vita del bambino oppure aveva ormai deciso di lavarsi le mani di entrambe?

“Smettila!”, ordinò Ginny.

“Di fare cosa?”.

“Di preoccuparti e pensare a lui. Se si comporterà come un gigantesco idiota non merita né te né la bambina nella sua vita. E comunque, è lui che ci perde”.

Hermione non era mai stata più grata al supporto di amicizie che si era creata, soprattutto nell’ultima settimana. Harry ed i Weasley le si affaccendavano intorno, non permettendole di cadere nei suoi miseri pensieri. Narcissa le aveva inviato diversi inviti a pranzo, rifiutando un no come risposta e dichiarando che, nonostante suo figlio fosse un idiota, non c’era nulla che potesse rendere lei indesiderata al Manor. Era stata sorprendente, ma ben accetta.

Un rumore alla connessione Metropolvere fece allertare Hermione e Ginny imprecò. Alzandosi dal divano, Hermione si diresse nello studio in cui vi era il caminetto. Si fermò, con il sangue che le correva al cervello, alla vista di chi si trovava di fronte a lei.

Sembra più magro, fu il suo primo pensiero, seguito da un impeto di rabbia che la scosse.

“Che ci fai qui?”, chiese di getto, lanciando uno sguardo glaciale al mazzo di fiori che lui reggeva in modo precario in una mano.

“Sono venuto a scusarmi”, replicò Draco, senza un vero tono di scuse, e le allungò i fiori.

“E quelli dovrebbero placarmi?”.

Draco sembrò perso per un momento, quando lei si rifiutò di muoversi. “Beh, sì”.

Hermione alzò un sopracciglio e si stupì nel vedergli un leggero colore sulle guance. Lui si voltò, appoggiando il mazzo sulla scrivania. “Io ehm… io non stavo bene”, disse tornando a fronteggiarla, con le mani lungo i fianchi.

“E ti ci sono voluti sei giorni per capirlo”.

“No, l’ho capito appena ho detto quelle cose”.

“E quindi? Hai deciso di aspettare sei giorni prima di venire a dirmelo?”, chiese lei, ormai perdendo le staffe.

“Hermione?”, urlò Ginny dal soggiorno. “Chi è? Va tutto bene?”.

“È Malfoy e se ne sta andando”, urlò di rimando Hermione.

“No, non me ne vado!”, urlò Draco.

“Sì invece!”, soffiò Hermione.

“Hai bisogno che venga lì?”, chiese Ginny, chiaramente preoccupata.  

“No, va tutto bene. Posso gestire Malfoy”.

“Lancia un urlo se ti serve. La gravidanza amplifica le mie fatture orcovolanti”, schiamazzò maliziosa Ginny.

“Ha ragione, sai”, disse Hermione. “I suoi fratelli sarebbero felici di testimoniarlo e se non te ne sarai andato entro il mio tre le permetterò di usarla su di te”.

“Per favore, Hermione, ascoltami”, disse Draco.

“E perché dovrei?”

“Perchè voglio sistemare le cose, per il bene della nostra bambina”.

“Oh, è diventata di nuovo nostra adesso?”.

Draco sospirò e si passò agitato una mano tra i capelli. “Ascolta, non sono bravo in queste cose. Non lo sono mai stato ma so che, se voglio ricostruire quella fiducia che avevamo priva, devo scusarmi”.

“Quindi ti scusi solo per renderti più facili le cose, invece perché dovresti?”, chiese Hermione, intensamente irritata dalle sue parole senza tatto.

“No! Non è ciò che intendevo”, disse frustrato Draco. “Davvero faccio schifo in queste cose Hermione. Tu credi che con il mio passato dovrei avere qualche esperienza ma davvero non ne ho, quindi sto facendo un casino ma per favore ascoltami”.

Hermione si ammorbidì, alla luce di quell’onestà. Incrociò le braccia, poco incline a dimostrarsi più dolce e soprattutto sapendo che, se lo avesse perdonato subito, lui non le avrebbe permesso di entrare. “Vai avanti, sto ascoltando”.

Lui si fece qualche passo più vicino, come per appoggiarle le mani sulle spalle ma poi ci ripensò e le rimise giù. “Ho fatto un casino, non solo per ciò che ho detto dopo l’ecografia ma anche nel tenerti lontana. È che non sono mai stato bravo a lasciare avvicinare qualcuno”, disse prima di ridere amaramente. “L’ultima persona con cui mi sono lasciato andare è Astoria ed ha visto com’è andata”.

“Non sono Astoria, Draco. Pensavo l’avessi capito”.

“L’ho fatto. È solo che…”, esitò per un momento, cercando di riguadagnare un po’ di compostezza prima di fare un respiro profondo e parlare di nuovo. “Va contro il mio istinto, ok? Non sono bravo a lasciar entrare le person, nemmeno Pansy. Poi è successo lo scambio al laboratorio ed all’improvviso io e te eravamo legati. In qualche modo, nonostante le ostilità, siamo riusciti a smetterla con i litigi ed i sospetti. Per la barba di Merlino, abbiamo persino sopportato Astoria e la sua bravata e, all’improvviso, tu non sei più solo una spina nel fianco che porta a spasso mio figlio ma un’amica, che è riuscita a farsi strada nel mio mondo. Mia madre ti adora e mio padre, persino lui, ha cantato le tue lodi prima di, beh lo sai..”. Si interruppe di nuovo, prendendo un altro respiro profondo. “Ma sei diventata importante per me, non solo perchè port mio figlio ma perché sei tu. Poi mio padre è morto, ed è diventato tutto troppo. Non sono preparato per tutte queste emozioni. Non sono mai stato bravo a sbrogliarle”.

Draco si zittì ed Hermione vide le mani che gli tremavano. Le sorrise, prima di guardarsi i piedi e lei percepì l’affetto che aveva provato per lui in quelle settimane tornare a galla. Forse non era una causa persa.

Draco alzò nuovamente la testa, incontrando gli occhi di lei con un’intensità che la fece rabbrividire. “Sono sopravvissuto gli ultimi dieci anni controllando le mie emozioni e non permettendo alle delusioni di intaccarmi. Ma tu hai distrutto i miei muri, Hermione, e non ero preparato. Ho cercato di ricostruirli per riprendere il controllo, ma ti ho solo fatto soffrire ed ho sofferto io”.

Prendendo un altro respiro profondo e stringendosi nelle spalle, Draco le si avvicinò e le accarezzò leggero una guancia. “Sai cos’ho fatto negli ultimi sei giorni?”.

Hermione annuì muta, incapace di dare voce ad una risposta a causa dei battiti accelerati del suo cuore.

“Ho bevuto fino a star male, nella speranza di poter seppellire questi sentimenti che mi hai estorto. Ho giurato che una volta divorziato da Astoria avrei chiuso con le donne, ma non avevo ancora incontrato una strega così testarda, intensa e meravigliosa da farmi cambiare idea”.

“Intendi me?”, chiese insicura lei, nel disperato tentativo di ottenere una risposta.

Draco rise scosso. “Sì, intendo te. E non volevo che mi piacessi, tantomeno volevo innamorarmi di te quando tutto questo è iniziato”.

“Mi ami?”.

Esitò prima di annuire, quasi stesse per decidere se mettere a nudo tutte le sue emozioni. “Per favore, dimmi che non ho sprecato qualsiasi opportunità avrei potuto avere con te”.

Hermione invece era contenta l’avesse fatto, non avrebbe accettato niente di meno che il tutto. “Oh, Draco”, disse con calore, prendendogli la mano e stringendola gentilmente. “Hai quasi rovinato tutto”.

“Per favore, dimmi che mi darai un’altra occasione”.

“Solo se mi prometti di continuare ad essere onesto con me”.

Draco rise. “Non posso prometterlo, ma ci proverò. Non mi riesce facile”.

“È tutto ciò che chiedo”, disse Hermione, prima di avvicinare il viso al suo. Le sfuggì un singhiozzo, mentre le loro labbra si incontravano. “Stupidi ormoni”.

Draco si ritrasse e le catturò una lacrima con il dito. “Speravo fosse in circolo qualche altro tipo di ormone della gravidanza”.

Lei rise, felice che di quell’attimo un po’ stupido dopo quella conversazione così intensa. “I miei ormoni devono ancora decider se baci bene, prima di andare in quella direzione”.

“Odierei doverli far aspettare”, mormorò Draco, prima di premere nuovamente le labbra sulle sue.

Hermione ormai aveva le labbra gonfie, quando una chiamata d’aiuto giunse dal salotto. “Ehm.. odio interrompere qualsiasi cosa stia succedendo lì dentro, e per favore ditemi che vi state solo baciando, ma credo che le mie acque si siano rotte!”.

Hermione sorrise contenta, si asciugò le lacrime e le urlò dietro. “Meno male che ti sei portata il borsone!”.

Spingendo Draco verso la Metropolvere, Hermione disse: “Rintraccia Harry. Ci vediamo all’ospedale”.

 

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Capitolo 21
*** Epilogo ***


Cap 21 - Epilogo

Epilogo

Hermione non ricordava di essersi mai sentita così stanca. Nemmeno durante l’ultimo anno della guerra, tutti quegli anni prima, quando non dormiva né mangiava abbastanza e la paura era così palpabile da renderle difficile addormentarsi. Più che altro, però erano state quella sorta di tensione senza fine e le notti insonni durante le quali la preoccupazione le rodeva l’animo, che l’avevano consumata per mesi. Persino nell’euforia a seguito della battaglia finale, con Harry vivo, Voldemort finalmente scomparso e l’ansia di poter morire ormai dissipata, le era rimasto un profondo senso di tristezza per tutte quelle perdite.

 

Questa cosa, invece, era completamente diversa. L’adrenalina le scorreva nelle vene e la faceva tremare incontrollabilmente Hermione non era preparata al dolore del parto: nonostante sua madre lo avesse comparato a dei dolori da ciclo un po’ più forti e nonostante tutti i libri che aveva letto per prepararsi al momento, il dolore era comunque arrivato di sorpresa. Per di più c’era anche il fatto di essere rimasta in travaglio da ormai ventiquattro ore e trenta minuti, durante le quali il suo corpo aveva preso vita propria ed alla fine aveva sentito il bisogno di spingere.

 

Ora, mentre osservava quel corpicino sul suo stomaco, non riusciva a provare altro che meraviglia. Lei e Draco (e quella clinica Svizzera, anche se rifiutava di pensarci troppo) avevano creato quella bimba perfetta e tutto il dolore dell’ultimo giorno era già stato spunto nei meandri della mente, mentre la piccola, esausta quanto lei, giaceva sulla sua pancia. Millie l’aveva definito un contatto “pelle a pelle”, quando le aveva chiesto se avrebbe voluto farlo subito dopo il parto. A quanto sembrava, avrebbe aiutato a creare un legame più forte tra mamma e figlio. Tutto ciò a cui Hermione riusciva a pensare era che le avrebbe dato l’opportunità di vedere davvero sua figlia, dalla punta della peluria riccia e bruna che le copriva la testa alle manine e piedini che si chiudevano.

 

Una mano spuntò da dietro di lei e le allontanò qualche ciuffo ribelle dalla fronte, dandole poi un bacio sulla guancia. Draco si sedette di fianco a lei.

 

“È perfetta”, disse lui, mentre si avvicinava per far scorrere gentilmente un dito lungo la schiena della bambina.

 

Loro figlia pianse appena e Draco si scostò come un gatto a cui era stata pestata la coda. “Oh Merlino, non le ho fatto male vero?”.

 

Hermione rise, ma si sentiva scossa e senza fiato. “Ne dubito. Molly mi ha assicurata che i neonati sono più difficili da rompere di quanto sembrino. Probabilmente era solo sorpresa”.

 

“Eccoci qui, mammina”, disse l’ostetrica arrivando con un asciugamento per prendere la bambina. “È il momento di vestire e pesare la piccola, mentre a te daranno qualche punto”.

 

Hermione voleva protestare, voleva che quel momento durasse per sempre, ma l’ostetrica era già sparita velocemente. Draco si fermò abbastanza da darle un bacio sulla fronte prima di lasciarla, ovviamente per la voglia di andare a vedere cosa avrebbero fatto a sua figlia.

 

Hermione rimase nelle mani della capo ostetrica, che reggeva una fiala di anestetico. “Qualcosa per lenire il dolore mentre ti ricucio la ferita”.

 

Ci vollero almeno quaranta minuti prima che riuscisse a vedere di nuovo la bambina. L’ostetrica l’aveva medicata in tempo record e lei era stata trasferita dalla sala parto ad una stanza lungo il corridoio dove ora era a letto. Si sentiva un po’ meglio, dopo il cambio di camicia da notte ed una tazza di tè. La bambina era rannicchiata nelle braccia di Draco, con indosso una tutina giallo pallido e la scritta “ciao mondo” sul davanti.

 

“Mamma ha finito, Iris”, disse Draco con un tenero sorriso, mentre osservava la figlia.

 

“Stavo pensando che forse non dovremmo chiamarla così”, disse Hermione. “Non come primo nome, almeno”.

 

Draco si accigliò. “Ma a te piace. Lo avevi scelto ancora prima di rimanere incinta”.

 

“Lo so”, disse Hermione. “Ma pensavo sarebbe bello chiamarla Lucia”.

 

Gli occhi di Draco scattarono verso i suoi, mentre gli spuntava un piccolo sorriso. “Sei sicura?”.

 

Lei annuì ed iniziò a stropicciare nervosamente la coperta tra le dita, mentre aspettava la risposta di Draco.

 

Un sorriso gli illuminava il volto. “A mia madre piacerebbe molto, ed anche a me”, disse, con gli occhi che brillavano.


Draco non credeva di aver mai visto prima tre persone così diverse sedute al tavolo della cucina di Molly Weasley. Una decina di anni prima, o giù di lì, un tale gruppetto sarebbe finito a sguainare le bacchette e lanciarsi maledizioni.

Ed io spalmato a terra con qualcosa di schifoso in faccia, pensò con un sorriso.

La felicità aveva uno strano modo di lenire i dolorosi eventi passati e trasformarli in qualcosa da affrontare con un sorriso.

“Pfff, che immondizia che ultimamente fanno passare per giornalismo”, disse Ron con un borbottio, mentre lanciava l’ultima edizione della Gazzetta del Profeta sul tavolo che occupava gran parte della cucina.

Il giornale atterrò vicino a Draco, che strizzò gli occhi alla vista dell’ennesimo articolo calunniante.

“Il parto della nuova Malfoy

La veterana di guerra, nonché ruba consorti, Hermione Granger, ha dato al nuovo marito, Draco Malfoy, una femminuccia. Fonti vicine alla coppia dicono siano elettrizzati dalla nuova vita dopo la tragica fine del patriarca della famiglia, Lucius, nei primi mesi dell’anno”.

L’articolo continuava in modo simile, presentando i fatti adornati in stile succulento. Dall’altro lato della pagina si trovava un’enorme foto della sua ex moglie, con un’espressione corrucciata.

“Draco ha detto addio alla bellezza purosangue a causa di un bambino?

La reporter della Gazzetta del Profeta, Rita Skeeter, intervista l’ex moglie dal cuore spezzato, Astoria Greengrass, riguardo ad amore, divorzio ed il suo stesso desiderio di avere un figlio nonostante i problemi di fertilità”.

Draco grugnì così forte che Lucia iniziò a svegliarsi tra le sue braccia, lamentandosi lievemente per essere stata distolta dal suo sonnellino. Si alzò, cullandola gentilmente per farla tornare a dormire.

“Le farai causa?”, chiese Ron, dimostrando la sua totale inesperienza con i bambini, visto che aveva completamente ignorato i lamenti di Lucia.

Draco rispose in tono frustrato. “No. Hermione questa mattina era indiavolata ma poi si è calmata ed abbiamo deciso che al momento non c’è bisogno di avere altre luci puntate addosso”.

Harry, con Lily che smangiucchiava allegra un pezzo di pane sulle sue gambe, annuì concorde. “Non avrebbe senso. Non si scuserebbero”, disse, con il tono di qualcuno che aveva già affrontato affari simili con la Gazzetta.

Lucia finalmente chiuse gli occhi e tornò a dormire. “Bel lavoro!”, disse Harry con un sorriso.

Draco stava giusto per congratularsi con se stesso per non aver svegliato Hermione, che si stava facendo un meritato riposino dopo essere rimasta sveglia tutta la notte a far mangiare Lucia, ma la porta si aprì di colpo ed entrò sua moglie che sbadigliava, con i capelli tutti arruffati.

“Era Lucia a piangere?”.

“Ehm...”, disse Draco.

“Sì, ma è tornata a dormire. Draco ormai è un esperto”, disse Ron, facendogli l’occhiolino. “Vuoi del caffè?”.

“Oh sì, ti prego!”, disse Hermione con un altro sbadiglio.

“Perché non torni a dormire?”, chiese Draco.

Prima che potesse rispondere, la porta si aprì nuovamente per far entrare George, Ginny ed un po’ di aria fredda.

“Ehi!”, sbottò Draco. “Chiudete la porta!”.

Ginny alzò gli occhi al cielo. “Rilassati, Draco. Lucia non si ammalerà per un filo di aria fresca!.

“Potrebbe!”, rispose lui, stringendo meglio la copertina attorno a sua figlia.

“A chi va una partita a Quidditch?”, chiese George. “Oppure rimaniamo qui a spettegolare tutto il giorno?”.

Draco sentì una fitta di desiderio. Da quanto aveva ricominciato a giocare la domenica, aveva riscoperto quanto gli piacesse volare, ma da quanto era nata Lucia non aveva più potuto farlo visto che doveva aiutare Hermione il più possibile.

I suoi occhi volarono involontariamente verso la moglie, che lo guardava con un sorriso.

“Vai!”, disse Hermione, prendendo Lucia. “Tra l’altro è quasi ora della pappa”.

“Sei sicura?”, chiese Draco. “Potresti dormire ancora un po’”.

“No, ora mi sento bene e comunque ti meriti un po’ di svago. Ti occupi di Lucia tanto quanto me”.

Draco le passò la bambina mentre George annuiva, prima di voltarsi verso Harry con un volto interrogativo.

“Io rimango con Hermione e le ragazze”, disse Harry.

“Avete un’ora!”, borbottò Molly, appena entrata nel salone con i ferri da calza che lavoravano dietro di lei. “La cena sarà in tavola”.

“Sì, mamma”, risposero in coro i fratelli Weasley.

“Due contro tue”, disse George. “Io prendo Ginny”.

“Non è giusto”, si lamentò Ron.

“Ehi! Non c’è niente che non vada nel mio modo di giocare”, protestò Draco.

George, Ginny e Ron fecero una smorfia. “Dimentichi che abbiamo giocato tutti ad Hogwarts”, disse Ginny.

“Mi oppongo”.

“Risparmiati la rabbia per la partita, Malfoy”, disse George con tono divertito. “Potrebbe aiutarti a giocare meglio”.

“Alcune cose non cambiano mai”, disse Harry, mentre Hermione ascoltava il chiacchiericcio svanire verso il campo dietro la Tana.

“Ma sono felice che alcune cose lo facciano”, rispose lei, guardando amorevolmente una testa bionda che si allontanava.

Lucia si stiracchiò contro di lei, voltandosi verso il suo petto con le labbra arricchiate. Era affamata.

Sono davvero contenta che certe cose cambino, pensò.

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