Take my hand.

di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: What if we rewrite the stars? ***
Capitolo 2: *** Prima Parte, Capitolo 1: Changed Plans. ***
Capitolo 3: *** Prima Parte, Capitolo 2: Into your mind (pt.1) ***
Capitolo 4: *** Prima Parte, Capitolo 3: Into your mind (pt.2) ***
Capitolo 5: *** Prima Parte, Capitolo 4: Betrayal. ***
Capitolo 6: *** Prima Parte, Capitolo 5: A crumb of hope. ***
Capitolo 7: *** Prima Parte, Capitolo 6: Eye-opener. ***
Capitolo 8: *** Prima Parte, Capitolo 7: Grimmauld Place, 12. ***
Capitolo 9: *** Prima Parte, Capitolo 8: Astronomy Tower. ***
Capitolo 10: *** Seconda Parte, Capitolo 1: It's not fair. ***
Capitolo 11: *** Seconda Parte, Capitolo 2: Whatever it takes. ***
Capitolo 12: *** Seconda Parte, Capitolo 3: Unknown. ***
Capitolo 13: *** Seconda Parte, Capitolo 4: Sybille's Cave. ***
Capitolo 14: *** Seconda Parte, Capitolo 5: Trials (pt.1) ***
Capitolo 15: *** Seconda Parte, Capitolo 6: Trials (pt.2) ***
Capitolo 16: *** Seconda Parte, Capitolo 7: Coming to you. ***
Capitolo 17: *** Seconda Parte, Capitolo 8: Hold on. ***
Capitolo 18: *** Seconda Parte, Capitolo 9: Escape from hell. ***
Capitolo 19: *** Seconda Parte, Capitolo 10: Game over. ***
Capitolo 20: *** Terza Parte, Capitolo 1: Just friends? ***
Capitolo 21: *** Terza Parte, Capitolo 2: Still can't figure it out. ***
Capitolo 22: *** Terza Parte, Capitolo 3: Is it all in my mind all this time? ***
Capitolo 23: *** Terza Parte, Capitolo 4: Figured out how things are, at least. ***
Capitolo 24: *** Terza Parte, Capitolo 5: Suddenly, love has come. ***
Capitolo 25: *** Terza Parte, Capitolo 6: Not a fairytale, but better. ***
Capitolo 26: *** Terza Parte, Capitolo 7: Never, never letting you go. ***
Capitolo 27: *** Terza Parte, Capitolo 8: What's wrong with you? ***
Capitolo 28: *** Terza Parte, Capitolo 9: Break the curse. ***
Capitolo 29: *** Terza Parte, Capitolo 10: Just you and me forever. ***
Capitolo 30: *** Epilogo: For an endless time, I belong to you and only you. ***



Capitolo 1
*** Prologo: What if we rewrite the stars? ***



Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi ogni tanto tendono ad essere leggermente OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

PREMESSA 
La storia tiene conto degli avvenimenti trattati nei libri fino al capitolo 24 "Sectumsempra" del sesto libro della saga, “Harry Potter e il Principe Mezzosangue”, con l’aggiunta di qualche piccolo “flashback”, che mi sono presa la libertà di aggiungere per spiegare meglio alcune scelte dei protagonisti inerenti alla storia (altrimenti non sarebbe una what if, ma non voglio fare il capitan ovvio della situazione). Dopodiché la storia procede per una trama completamente diversa da quella che conosciamo tutti, a parte la prima parte che riprende un po’ la sconfitta di Voldemort. È solo una fanfiction, plis, non lanciatemi nessuna maledizione senza perdono!
 
Avviso I: Gli eventi, dopo il prologo, non seguono la linea temporale dei libri/film
Avviso II: Per la maggior parte dei capitoli, non è una storia romantica, I’m so sorry.
 
ATTENZIONE:
Menzione di scene di violenza/tortura/abusi, niente di troppo grafico, ma c'è un flashback dove viene accennato ad essi.
 
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Take my hand

Prologo

What if we rewrite the stars?



Harry Potter ne era certo. Draco Malfoy era diventato un Mangiamorte, ne aveva avuto il sospetto fin dall’inizio dell’anno, ma nessuno aveva voluto credergli – forse perché in passato si era sempre sbagliato sul presunto colpevole delle disgrazie che capitavano a Hogwarts – quella volta, però, ne era assolutamente sicuro. C’erano troppe coincidenze, a partire da quel giorno di agosto, quando lui, Ron e Hermione lo avevano visto aggirarsi in modo sospetto a Notturn Alley con sua madre ed entrare da Magie Sinister. Era sicuro che quella volta lui avesse preso il marchio come suo padre, dopotutto cosa ci si poteva aspettare da uno come lui?
Non aveva prove materiali, non aveva mai visto davvero il Marchio Nero sul suo braccio, ma non aveva alcun dubbio, aveva sempre saputo che, un giorno o l’altro, Malfoy si sarebbe rivelato per ciò che era davvero: un ragazzo crudele, meschino, che aveva deciso di servire un mostro per seguire le orme di suo padre.
Era ovvio come il sole, ma nessuno gli credeva. Tutti sostenevano che la sua era un’idea sciocca, che non poteva formulare accuse del genere senza alcuna prova, solo perché non lo sopportava. Secondo lui, invece, c’erano state troppe coincidenze che non sarebbero dovute passare inosservate, tuttavia la McGranitt aveva voluto credergli, quando le aveva provato a parlare, neanche Silente voleva ascoltarlo. Così aveva deciso di indagare, di trovare le prove necessarie e finalmente prendere provvedimenti.
Era dal primo giorno di scuola che lo seguiva e cercava di scoprire i suoi segreti, senza riuscirci. Si era anche beccato un naso rotto per questo, ma non aveva mai smesso di cercare le prove della sua colpevolezza. Tuttavia, ogni volta si era ritrovato con un pugno di mosche tra le mani. Non c’erano prove, la sua parola e il suo sesto senso non valevano come tali. Aveva sperato di poter indagare più da vicino sfruttando il Quidditch, dato che Serpeverde aveva sempre gli allenamenti prima di Grifondoro, avrebbe potuto introdursi nello spogliatoio con il Mantello dell’Invisibilità, mentre il biondo era in campo e cercare di scoprire qualcosa, ma no, Malfoy aveva anche lasciato il Quidditch. E il suo interesse per quello sport era passato rapidamente in secondo piano. Si era accorto che era ossessionato da Draco Malfoy e dalle sue attività, continuava a cercarlo sempre e comunque, ma lo faceva solo per il bene dei suoi compagni di scuola. Sapeva che lo avrebbe colto in flagrante, perché era sicuro che quel maledetto Serpeverde aveva qualcosa da nascondere e presto o tardi, con le buone o con le cattive, lo avrebbe smascherato.
I suoi sospetti sul suo rivale erano aumentati dopo le cosiddette “coincidenze”: Katie Bell che entrava in un bagno durante la gita ad Hogsmeade e ne usciva con un pacchetto contenente una collana maledetta, che, se non le si fosse ritorta contro, avrebbe dovuto consegnare a Silente; Ron che veniva avvelenato da un Idromele donato a Lumacorno, lo stesso Idromele che il professore avrebbe voluto regalare al preside. In entrambe le occasioni, Harry aveva visto Malfoy: a Hogsmeade lo aveva visto aggirarsi in modo sospetto nel locale “I Tre Manici di Scopa” – e secondo la sua teoria, aveva consegnato la collana alla ragazza – e durante la festa del “Luma Club” aveva visto che Malfoy si era imbucato e subito dopo la festa, il professore di Pozioni era venuto in possesso di quella bottiglia di Idromele avvelenato. Non potevano essere mere coincidenze. Inoltre, lo vedeva spesso sulla Mappa del Malandrino aggirarsi per il corridoio del settimo piano, lì dove c’era la Stanza delle Necessità, non era mai riuscito a beccarlo, aveva anche provato a mandare Dobby in missione per cercare di scoprire cosa nascondesse; aveva passato mesi a cercarlo, a spiarlo, a osservare il suo nome sulla Mappa del Malandrino, a cercare le prove delle sue attività losche, ma non era mai riuscito nel suo intento. Malfoy era dannatamente bravo, quando doveva nascondere qualcosa – questo doveva riconoscerglielo.  
Aveva bisogno delle prove, di una qualsiasi conferma del suo coinvolgimento con Voldemort, altrimenti non avrebbe potuto riparlarne con Silente ed occuparsi della faccenda, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare nulla e questo era semplicemente frustrante, nemmeno il suo mentore gli credeva. Inoltre, tutti i suoi amici insistevano sul fatto che lui si stesse lasciando trasportare da vecchi rancori, ma…  non era così, non completamente. Era preoccupato, se c’era un Mangiamorte nella scuola, doveva occuparsene, altrimenti tutti i ragazzi della scuola sarebbero stati in pericolo.
Poi, una sera riuscì ad individuarlo. Era nel bagno del secondo piano, quello di Mirtilla Malcontenta. Cosa ci faceva lì? Perché, soprattutto?
Decise di non voler più perdere tempo, aveva bisogno di risposte e le avrebbe avute, così corse per i corridoi della scuola fino al bagno, dove il biondo si era rifugiato. Codardo.
Doveva affrontarlo e costringerlo a confessare la verità, se un servo di Voldemort era nella scuola, lui aveva il dovere di fermarlo, era o non era il maledetto prescelto? Non poteva permettere che un servo del male mettesse a rischio le vite dei suoi compagni di scuola, doveva agire come un membro dell’Ordine, come un uomo di Silente, come lo aveva definito qualcuno. Se Draco Malfoy si fosse rivelato un Mangiamorte, Harry Potter lo avrebbe fermato a qualunque costo. Doveva essere allontanato dalla scuola, fermato e consegnato agli Auror, forse anche mandato ad Azkaban, se necessario, insieme a suo padre. Lì meritavano di stare quelli come lui. Non importava ciò che gli aveva detto Sirius un anno prima, non importava che le persone avessero sia ombre che luce dentro. Draco Malfoy era il male, come Voldemort. Doveva essere fermato a tutti i costi, altrimenti avrebbe portato la distruzione nella scuola.
Senza pensare ad altro, entrò nel bagno di Mirtilla Malcontenta e lo vide. Aveva le mani appoggiate sul lavandino, si era appena tolto il gilet e cercava di respirare, il suo corpo era chino in avanti ed era scosso dai violenti singhiozzi, tremava come una foglia. Mormorava sottovoce che non ce l’avrebbe fatta, che era spacciato.  
«Nessuno può aiutarmi» diceva a Mirtilla, cercando di darsi un contegno, il fantasma tentava di consolarlo e di offrigli aiuto, ma lui era disperato. «Non posso farlo… non posso. Ma se non lo faccio subito, dice che mi ucciderà» singhiozzava.
Harry restò impietrito. Non si aspettava quella scena. Ricordò le parole che gli aveva detto Mirtilla qualche tempo prima, il fantasma gli aveva detto più volte che nel suo bagno, c’era sempre un ragazzo che piangeva. Era sempre stato Draco Malfoy a rifugiarsi nel bagno di Mirtilla a piangere? Non era uno studente qualsiasi, provato dalla difficoltà della scuola, del peso degli esami o altro? Malfoy? E perché?
Per un momento, credette di essersi sbagliato, quello che aveva davanti non poteva essere lo spocchioso, odioso Malfoy che conosceva lui. Doveva essere qualcun altro, anche se la voce… era la sua. Guardò la mappa e non ebbe più alcun dubbio, quello nel bagno, chino sul lavandino, in lacrime era proprio Draco Malfoy. Fu abbastanza sconvolgente per Harry vederlo ridotto in quel modo. Il Grifondoro avanzò di soppiatto nel bagno, ma non fu abbastanza silenzioso, perché il Serpeverde sobbalzò e alzò lo sguardo verso di lui, vedendo il suo riflesso nello specchio. Attraverso esso, il moro vide i suoi occhi cerchiati di rosso e le lacrime che ancora gli rigavano il volto. Non aveva mai visto Malfoy in quelle condizioni e qualcosa nel suo stomaco si contrasse. Forse le sue idee sul fatto che egli rappresentasse il male puro non erano così corrette. Forse si era sbagliato.
«Lo spettacolo è di tuo gradimento, Potter? Avresti preferito vedere altro?» domandò impugnando la bacchetta, senza voltarsi verso di lui, il suo tono freddo tentava di celare i singhiozzi che fino a pochi istanti prima lo avevano fatto tremare.
Osservandolo meglio, Harry si accorse che la sua schiena era ancora scossa dai brividi di terrore.
Era spaventato, perché era spaventato? Cosa nascondeva davvero Draco Malfoy? Chi lo avrebbe ucciso? Voldemort?
«So cosa hai fatto, Malfoy» rivelò il Grifondoro, stringendo la sua bacchetta nella mano destra «Sei stato tu, vero?» chiese «La collana, l’idromele…»
«Pensi di sapere tutto, vero, Potter?» fece lui, interrompendolo «Il grande Harry Potter, il prescelto, il cocco di Silente!» esclamò con finta ironia «Tu non sai niente».
Quando il biondo si voltò verso di lui, Harry se ne rese conto davvero, lo vide sul serio per la prima volta, vide il vero Draco Malfoy, un ragazzo spaventato, terrorizzato, insicuro e terribilmente solo: la sua espressione era devastata. Non aveva mai visto l’arrogante Draco Malfoy così fragile e distrutto. E in quel momento, si chiese cosa gli fosse accaduto in realtà, era davvero un mangiamorte? Perché stava soffrendo in quel modo?
Harry era arrivato lì con l’intenzione di torturarlo pur di farlo confessare, forse anche di lottare con lui per fermarlo, ma le sue intenzioni erano cambiate in un attimo, la sua mente si era fermata nel momento in cui lo aveva visto piangere, lo aveva sempre visto come un ragazzino viziato, calcolatore, orgoglioso, pieno di odio, non aveva mai scavato sotto quella corazza fredda che si era costruito intorno. Era sconvolto da ciò che stava vedendo e anche se da un lato voleva agire… beh, dall’altro voleva anche capire cosa gli fosse accaduto, offrirgli aiuto anche se non era sicuro che lo meritasse. Senza rispondere, fece un passo nel bagno per avvicinarsi a lui, senza però lasciare la presa sulla bacchetta, nel caso in cui le cose fossero andate male. Aveva come l’impressione che potessero solo peggiorare da quel momento in poi.
«Beh, sì, invece penso di sapere esattamente cosa stai facendo» disse Harry, sfidandolo «Lavori per Voldemort e stai architettando qualcosa per conto suo». Il solo pronunciare quel nome fece rabbrividire Draco, che fece un passo indietro inconsciamente e urtò il lavandino con la schiena. Le sue dita, strette attorno alla bacchetta, tremarono. Quel dettaglio non sfuggì al prescelto che avanzò verso di lui, con tutta l’intenzione di scoprire la verità. «Allora, ho indovinato?»
«Cosa pensi di ottenere così?» chiese di rimando il biondo, un tremito lo scosse e Harry notò anche quello, avanzò verso di lui e lo vide indietreggiare «Pensi che venendo qui e accusandomi, io confessi tutto?» chiese «E perché poi dovrei farlo con te, eh, Potter?»
Più si avvicinava, più poteva osservare da vicino, quanto in realtà fosse sconvolto Malfoy. C’era davvero qualcosa sotto e il Grifondoro aveva intenzione di scoprire tutto, ma non seguendo l’istinto, per una volta doveva essere più razionale e ragionare sulle azioni, invece che gettarsi a capofitto nella missione.
«Sarò sincero» disse infatti «Sapevo che eri qui, ti seguo da un po’» ammise «Quindi ti ho raggiunto perché volevo ottenere la verità ad ogni costo» spiegò, continuando ad avanzare verso di lui lentamente e con cautela. Draco era ancora sulla difensiva e teneva la bacchetta pronta, avrebbe potuto attaccarlo in qualunque momento, ma il moro sperava che non lo facesse, che gli desse la possibilità di capire e – forse – di aiutarlo.
«Ad ogni costo?» chiese il biondo, sbiancando «Cosa volevi fare? Torturarmi?» domandò con sarcasmo, anche se esso celava il vero e proprio panico che provava. Harry se ne era accorto subito: Draco era spaventato, i suoi occhi non mentivano. Mai prima di quel momento, Draco Malfoy gli era parso così solo e smarrito. Aveva bisogno di qualcuno e forse quel qualcuno poteva essere lui. Per una volta avrebbe messo da parte le vecchie faide, l’odio e la rivalità, per una volta sarebbe stato diverso.
«Sì» rispose schiettamente Harry. In una frazione di secondo, Draco puntò la bacchetta contro Harry, terrorizzato, mai prima di quel momento, il Serpeverde si era mostrato ai suoi occhi così vulnerabile. Era stata la menzione della tortura a farlo spaventare così? E perché? Il biondo non sferrò nessun attacco ai suoi danni, la sua mano tremava troppo, il moro lo notò e questo lo spinse ad avvicinarsi di più a lui. Erano divisi da pochi metri, ma ad entrambi sembrava di non essere mai stati più vicini. Era forse la prima volta che si ritrovavano da soli, senza altri attorno, senza Ron e Hermione a mediare.
«Lasciami in pace, Potter» disse, la sua voce ebbe un fremito di cedimento «Che ti importa di me? Tutto quello che vuoi è una confessione, così che tu possa andare da Silente e fare l’eroe come al solito» rinforzò la presa sulla bacchetta come se da essa dipendesse la sua vita, forse la sua salvezza. Perché era così spaventato? «Non avrai niente da me».
Harry si rese conto di una cosa: Draco non avrebbe abbassato la guardia, se lui avesse continuato a tenere la bacchetta tra le dita, non capiva perché si sentisse in quel modo, ma le sue intenzioni erano cambiate in pochi secondi, era entrato in quel bagno con l’intento di fargli del male, pur di farlo parlare, ma si era ritrovato un suo coetaneo distrutto, vinto da un dolore più grande di lui e non era riuscito ad andare avanti. Non era riuscito a mantenere il suo proposito, era rimasto lì a fissarlo, sentendosi impotente. Vederlo piangere lo aveva davvero scioccato.
«Non ti affronterò» rivelò infatti, mettendo la bacchetta al suo posto, nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Una nuova sensazione stava nascendo dentro di lui e le parole che gli aveva detto Sirius gli ritornarono in mente, assumendo un nuovo significato: non esistevano solo persone buone e mangiamorte, tutti meritavano una possibilità. Tutti meritavano di scegliere da che parte stare. Draco aveva bisogno, in quel momento, di qualcuno che gli desse una chance. Era spaventato e non sembrava neanche intenzionato ad attaccare, se avesse voluto, lo avrebbe fatto nel momento in cui lo aveva visto alle sue spalle. «Voglio aiutarti, Malfoy» disse avanzando verso di lui, arrivò a pochi passi da lui e gli tese una mano «Non voglio farti del male, voglio solo capire e aiutarti».
«Non avvicinarti!» esclamò Draco «Stammi lontano, Potter!» urlò, ma non lo attaccò. Era il momento giusto per agire, perché anche se lo stava minacciando, sembrava più innocuo di quanto non lo fosse mai stato in passato. Se voleva delle risposte, doveva tentare adesso che era poco ostile. Così eliminò la distanza che li separava in un paio di falcate e si ritrovò ad una distanza tale da lui che a dividerli c’era solo la bacchetta di Draco, appoggiata contro il suo petto.
«Stai indietro, Potter!» ripeté il Serpeverde.
«Sappiamo tutti e due che non mi attaccherai, se avessi voluto farlo, lo avresti fatto appena sono entrato» disse lui e vide la consapevolezza sul volto di Draco, il quale forse si stava chiedendo perché non lo avesse attaccato prima. Stava esitando e questo poteva solo essere positivo, forse era vero, forse poteva offrire una scelta a Malfoy.
La mano di Draco tremò e con essa anche la bacchetta, Harry avvertì un fremito di paura lungo la spina dorsale. Era una situazione potenzialmente rischiosa: un mago, che gli era stato ostile fin dall’inizio della scuola, gli puntava la bacchetta addosso e lui invece di attaccare, gli porse la mano. Avanti, prendi la mia mano, accetta l’aiuto.
«Draco…» sussurrò chiamandolo per nome. In quell’istante, Harry temette il peggio: che lo schiantasse, che lo affatturasse, che gli lanciasse contro una maledizione, che lo colpisse con un pugno, che scoppiasse una rissa tra di loro. Ma niente di tutto ciò accadde. Si sentì il tintinnio di una bacchetta risuonare nel bagno, dopo essere caduta sul pavimento e Malfoy crollò sulle sue ginocchia, sotto il peso di quello che stava provando, sotto il peso di qualcosa che era più grande di lui; calò un raggelante silenzio tra i due ragazzi, che venne spezzato da un singhiozzo. Harry, senza pensarci due volte, si inginocchiò accanto al biondo, si fece più vicino e gli mise una mano sulla spalla per dargli sostegno. Inaspettatamente il biondo si aggrappò alle sue spalle e nascose il viso contro la sua spalla, scoppiando in lacrime e lasciandosi andare in un lungo pianto disperato. Harry restò interdetto per qualche istante, poi chiuse le braccia attorno al corpo del biondo e cercò di rassicurarlo nel miglior modo possibile. Era arrivato in quel bagno con l’intenzione di sfidarlo, affrontarlo, torturarlo se fosse stato necessario, invece si era ritrovato davanti un ragazzo, della sua stessa età, spezzato. E l’unica cosa che gli era venuta in mente da fare, l’unica cosa giusta da fare che gli era venuta in mente, era stata quella di offrirgli il suo aiuto. Tutto qui. Era bastato questo a far crollare Draco Malfoy tra le sue braccia.
 
Draco era sconvolto. Cosa gli stava succedendo? Perché si stava comportando in quel modo? Non lo sapeva, non riusciva a controllarsi, si sarebbe pentito amaramente del suo gesto, ma in quel momento… era l’unica cosa di cui aveva bisogno, stava annegando e neanche se ne era accorto. L’unico gommone di salvataggio che gli era stato lanciato, era stato l’arrivo di Harry Potter in quel bagno, nel momento in cui era più vulnerabile e fragile. Non avrebbe dovuto farsi vedere in quel modo, non avrebbe dovuto aggrapparsi a lui come se egli fosse stato l’unica salvezza, ma in quel momento… era l’unica cosa di cui aveva bisogno.
Un Malfoy non piangeva mai, né si mostrava debole davanti al nemico, era questo che gli era stato insegnato ed era questo che gli tornava in mente, mentre si stringeva convulsamente a Potter, facendosi sempre più vicino, sempre più piccolo tra le sue braccia e piangeva a singhiozzi. Non riusciva a controllarsi e avrebbe dovuto farlo, doveva farlo.
Quando lo aveva visto entrare nel bagno, aveva pensato che fosse arrivato per attaccarlo, per fargli del male e tirargli fuori la verità a suon di Cruciatus e non era andato lontano dalla realtà dei fatti, tuttavia le cose erano andate in modo diverso rispetto a come le aveva immaginate. Prima di tutto, lui non era riuscito ad attaccarlo, tremava troppo ed era consapevole che se avesse lanciato un incantesimo lo avrebbe mancato e sarebbe esploso un putiferio lì dentro – e forse lui avrebbe avuto la peggio, visto quant’era sconvolto – e poi Potter lo aveva sorpreso, per quanto si odiassero, per quanto lui si fosse comportato da stronzo con lui, gli aveva offerto una spalla su cui piangere, un appiglio a cui aggrapparsi nell’oscurità che stava vivendo: gli aveva porto la mano e si era offerto di aiutarlo, invece di schiantarlo come avrebbe potuto fare. Assurdo, ma vero.
Draco sentiva un peso opprimente all’altezza del petto, era paura pura: si stava esponendo con Potter e aveva giurato a se stesso che non lo avrebbe mai fatto. Non si sarebbe mai dimostrato così disperato davanti a lui, eppure... qualcosa nelle parole che gli aveva detto Harry, lo aveva convinto.
Aveva bisogno di un appiglio sicuro, aveva bisogno di sapere di non essere solo, aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi. In quel momento, fu grato a Potter di essere lì, in quel momento. Stava crollando, si stava sgretolando come una statua di terracotta, sotto il peso di qualcosa che era più grande di lui. Con Piton poteva fingere di fare il gradasso, sostenere di essere stato scelto per la missione, ma la realtà dei fatti era un’altra: era stato costretto. Se non lo avesse fatto, le conseguenze sarebbero state terrificanti. Non voleva più vivere nessuna esperienza come quella che aveva vissuto ad agosto. Forse Potter non avrebbe potuto aiutarlo davvero, ma in quel momento era l’unico appiglio che aveva.
«Va tutto bene» gli sussurrò Harry ad un certo punto. Al biondo scappò un risolino sarcastico tra le lacrime – già tutto benissimo – pensò, scuotendo la testa. Lui non avrebbe mai perdonato il suo imminente fallimento, lui lo avrebbe ucciso. Era solo un ragazzo spaventato, che si era ritrovato in una situazione più grande di lui senza volerlo davvero. Era stato ferito e per questo molto spaventato, non voleva soffrire ancora. Era un codardo, sapeva benissimo di esserlo, fin da quell’estate, ma in quel momento ne aveva avuta la certezza quella sera. Era crollato come uno smidollato tra le braccia di Potter, solo per avere un po’ di conforto, solo perché Potter gli aveva offerto la possibilità di sfogarsi, ma non poteva andare oltre, non poteva né doveva fallire, ne andava della sua vita e di quella di sua madre.
Si allontanò dal moro come scottato non appena si rese conto di quali conseguenze avrebbe avuto quel suo atto di debolezza. Nessuno poteva aiutarlo, nessuno.
«Lasciami in pace» mormorò «Tu non sai niente, non puoi capire…»
«Aiutami a capire. Permettimi di capire, Malfoy» disse il moro, cercando il suo sguardo «Dimmi la verità, parlami» suggerì quando incrociò i suoi occhi «Anche se mi costa dirlo, non ti giudicherò, cercherò di capire e proverò ad aiutarti».
«Non puoi…»
«C’entra Voldemort, vero?» gli chiese. Draco non rispose, ma il suo silenzio e il fremito, che lo colse al solo sentire pronunciare quel nome, gli diedero la conferma che, sì, il mago oscuro c’entrava sicuramente qualcosa.
«Anche se fosse» Draco si rialzò in piedi, pulendosi i pantaloni «È qualcosa di più grande di te, Potter».
«Davvero?» chiese il moro, fronteggiandolo di nuovo «In sei anni, Malfoy, l’ho sempre sconfitto, non gli ho mai permesso di vincere. Pensi che quest’anno sarà diverso?» chiese.
«Sì» rispose il biondo, quasi ipnotizzato dalle sue parole, non sapeva come fosse possibile, Potter era davvero quel tipo di persona che riusciva a scuotere l’animo delle persone? Forse la storia del Prescelto non era del tutto un’esagerazione, come aveva sempre creduto lui.
«Cosa pensi che possa accadere di diverso?»
«Io» confessò il biondo abbassando lo sguardo; Harry non riuscì a capire la sua affermazione, ma una spiacevole sensazione attraversò la sua schiena e raggiunse la sua cicatrice, che per un momento pizzicò. I suoi sospetti si stavano rivelando fondati, ma c’era qualcos’altro, qualcosa che Malfoy ancora non gli diceva e che Harry sentiva fosse importante. Doveva convincerlo a parlare e a rivelare tutto.
«Fidati di me e raccontami tutto» disse il Grifondoro, sicuro di sé, incatenando di nuovo i loro sguardi. Sentiva che se avesse interrotto il contatto visivo, qualcosa si sarebbe interrotto, così come accadeva con le maledizioni e il biondo sarebbe fuggito e non avrebbero più potuto parlare, non avrebbe potuto aiutarlo. Quella era la sua occasione per avvicinarsi al Serpeverde, capire la verità e magari salvarlo, prima che fosse troppo tardi.
«Non so se posso fidarmi di te» esalò Draco.
«Neanche io so se posso fidarmi di te» ribatté Harry «Ma ti sto offrendo una scelta» aggiunse «Hai la possibilità, ora, di parlare con me, chiedere aiuto e venirne fuori oppure puoi attaccarmi, andare via e continuare per la tua strada senza altre opportunità» Draco lo guardò senza capire, il Grifondoro gli stava offrendo aiuto, ma perché? Perché continuava a suggerirgli quello, invece di schiantarlo, torturarlo o altro?
«Perché?» Draco non si rese conto di averlo chiesto ad alta voce, fino a che non vide l’altro sorridere in modo triste.
«Perché una persona, una volta, mi ha detto che il mondo non si divide in mangiamorte e persone buone, ognuno di noi ha una parte di oscurità e una di luce dentro di sé, ma ciò che siamo lo decidiamo noi» disse con serietà, guardandolo fisso negli occhi, Draco sentì le gambe tremare davanti a quelle parole, era una sensazione stranissima, Potter in poco meno di mezz’ora si era rivelato una persona completamente diversa rispetto a ciò che pensava. Una piccola parte di se stesso gli diceva di farlo, di fidarsi di lui e rivelargli tutto, di permettergli di aiutarlo ad uscire da quella situazione assurda in cui era cascato a causa di suo padre. Ma poi pensò che se Lui l’avesse scoperto, gliel’avrebbe fatta pagare amaramente e non sarebbe stato come l’ultima volta. Sarebbe stato peggio della prima volta, lo aveva avvisato, se avesse fallito lo avrebbe ucciso senza alcuna pietà, facendogli patire mille pene.
«Potter… io…»
«Avanti, Malfoy, prendi la scelta giusta, io posso aiutarti, ma devi fidarti di me».
«Non ho più una scelta da prendere» fece il biondo amaramente, scuotendo la testa e allontanandosi da lui «Ho dovuto già fare quella scelta» disse «Non posso tornare indietro, vattene».
«Sì, sì invece!» esclamò ad alta voce, voleva aiutarlo ad ogni costo.
«Non posso!» urlò Malfoy «Non posso tornare indietro, Lui mi ha scelto!» fu in quel momento che Harry ebbe la sua conferma. I suoi sospetti su Malfoy erano sempre stati corretti. Aveva preso il Marchio Nero, era un mangiamorte. Non importava che non avesse scoperto il braccio, Harry lo sentiva, lo percepiva. Era vero.
«Draco» era la seconda volta che lo chiamava per nome in quel bagno ed era davvero strano chiamarlo così, ma gli era sembrato che usare il nome di battesimo, avesse funzionato poco prima, ma era convinto che la gentilezza con Malfoy non fosse l’arma giusta da usare. «Anche se è vero quello che penso di aver capito, fidati di me. Dimmi tutto, per favore, ti aiuterò, te lo prometto» tentò nuovamente.
«Non sei imbattibile, Potter, non puoi aiutarmi».
«Chi lo dice? Tuo padre? Ti ricordo che sono stato io a mandarlo ad Azkaban». Draco trasalì a quelle parole, era stato nel momento in cui suo padre era stato imprigionato che la sua vita era peggiorata, avrebbe dovuto punire Potter per quello che aveva fatto, avrebbe dovuto fare come sul treno, pietrificarlo e colpirlo dritto in faccia, picchiarlo e riversare su di lui tutte le sue frustrazioni. Perché non lo faceva? E perché, nonostante tutto, quel dannatissimo Grifondoro era ancora lì?
La parte più codarda di lui voleva solo scappare da quel bagno, gli occhi di Potter erano puntati verso i suoi e brillavano di determinazione. Per la seconda volta, dovette ammettere a se stesso che quel ragazzo era un vero leader, non un leader come Lui che torturava e usava la paura come arma per controllare i suoi sottoposti, ma uno di quelli che agivano solo seguendo la correttezza e il buon senso, lo aveva dimostrato quando era entrato in quel bagno con lo scopo di torturarlo e invece gli aveva porto la mano, offrendogli il suo aiuto.
«Non parlare di cose che non sai…»
«Se no che mi fai? Mi lanci una maledizione?» chiese Potter «Avanti, ci sono abituato» lo sfidò, facendo qualche passo indietro «Vuoi provare la Cruciatus?» continuò, il biondo tremò mordendosi le labbra «Avanti, fallo, usa la maledizione».
«Sta’ zitto…» deglutì, senza distogliere lo sguardo. Era troppo orgoglioso per farlo, anche se in quel momento avrebbe preferito scappare e rifugiarsi ovunque, tranne che in quel bagno.
«Non ci riesci, vero?» domandò «Sei solo un pallone gonfiato» lo provocò ancora «Scommetto che neanche è vero che “Voldemort ti ha scelto”, perché mai dovrebbe prendere tra i suoi uomini un codardo come te?»
«Io non sono un codardo!» ruggì Draco. Potter non aveva la minima idea di ciò che aveva vissuto, non aveva la minima idea di quello che Voldemort gli aveva fatto. Il vecchio orgoglio ribollì nelle sue vene e, in pochi secondi, recuperò la bacchetta dal pavimento del bagno, guardando con odio il Grifondoro, pentendosi di essersi mostrato così debole con lui.
«Beh, non sono io quello che si è rifugiato in un bagno a frignare come un moccioso e si è gettato tra le mie braccia piangendo come una scolaretta» continuò a provocarlo, emise una risata senza allegria «Sei proprio come tuo padre».
«Crucio!» urlò Draco, putando la bacchetta contro Harry. Il moro rimase impassibile a fissarlo con uno sguardo divertito e la sua insopportabile faccia da schiaffi, non cadde sul pavimento in preda ai dolori causati dalla maledizione, come tutte le vittime di Bellatrix che lui stesso aveva visto, non successe niente e, pochi istanti dopo, Draco si rese conto che non aveva funzionato. Non aveva funzionato. I suoi occhi si spalancarono e si riempirono di terrore. Se non era in grado di lanciare una Cruciatus contro Potter… non sarebbe stato neanche in grado di lanciare l’altra maledizione.
«No, no, no…» un singulto uscì dalle sue labbra «Cosa… cosa ho sbagliato?» non avrebbe voluto che la sua voce sembrasse così disperata, ma in quel momento fu investito dal terrore. Se lui lo avesse saputo, sarebbe finita. Non ci sarebbero più state speranze per lui, né per sua madre. Quello era male, molto molto male. «Perché non funziona…? Perché…?» fu sul punto di crollare di nuovo come poco prima, ma la voce di Potter lo tenne su.
«Vedi, Draco» Harry avanzò di nuovo verso di lui con più determinazione «Ci deve essere l’intenzione di fare del male, per lanciare quella maledizione. Devi volerlo davvero…» fece un altro passo «Qualcosa mi dice che tu non vuoi davvero farmi del male, in questo momento, come io non voglio farne a te».
«Stammi lontano» ringhiò, puntando ancora la bacchetta contro di lui «Tu non sai niente!»
«Io so che sei spaventato, io so cosa significa affrontare Voldemort e sopravvivere al suo passaggio» disse Harry, scostando con una mano la bacchetta del biondo «Io so che se collaboriamo, possiamo sconfiggerlo, ma devi fidarti di me. Devi accettare il mio aiuto» continuò, togliendogliela dalle mani per appoggiarla sul lavandino alle loro spalle «Devi dirmi la verità» concluse. Il Serpeverde deglutì e si morse le labbra, abbassando il braccio, sconfitto. Cosa doveva fare?
«Fidati di me» gli disse di nuovo Harry «So che è difficile, lo è anche per me, ma fidati di me, insieme possiamo farcela».
Le sue mani tremarono e in un secondo, scacciando qualunque pensiero razionale, decise che lo avrebbe fatto, si sarebbe fidato di lui, perché era l’unica chance che aveva. Così si scoprì l’avambraccio maledetto, mostrandolo all’altro, il quale indietreggiò per un secondo e spalancò gli occhi: la consapevolezza di aver avuto ragione lo colse e lo sconvolse per un attimo, restò interdetto e a bocca aperta. E Draco lo notò: sul suo viso, negli occhi verdi e determinati dell’altro presero forma l’odio, il disprezzo, il disgusto. Si pentì subito di averglielo mostrato, di essersi rivelato, di essersi fidato.
Era ancora in tempo per obliviarlo, giusto?
«Che c’è, Potter? Già ti sei rimangiato la parola?» chiese sprezzante «Già, dovevo immaginarlo. Le tue erano solo parole» disse, fece per superarlo per andare via dal bagno, ma Potter lo afferrò per un polso, bloccandolo immediatamente. Draco trasalì e si immobilizzò, che stava succedendo? Che cosa avrebbe fatto ora il Grifondoro? Lo avrebbe… torturato?
«Troveremo una soluzione» gli disse, invece, risoluto «Silente ti aiuterà».
«Lui ha scelto me perché sapeva che non avrei mai detto di no» disse il biondo «Ti ricordi chi è mio padre, vero? Dimmi, Potter, cosa ti fa pensare che io non ti abbia attirato qui solo per farti fuori su suo ordine?»
Harry alzò gli occhi al cielo, poi tornò a guardarlo. «Smettila di fare il gradasso, Malfoy!» esclamò «Farò schifo come Legilimens, ma quello che è successo in questo bagno, perdonami, ma non mi sembrava proprio il grandissimo piano studiato di un Mangiamorte per farmi fuori» disse «Inoltre, non sei riuscito a lanciare una Cruciatus» continuò «Lo so che sei spaventato, anzi direi che sei terrorizzato, quindi smettila di comportarti come se avessi in mano la situazione, perché è chiaro che non è così».
Draco fece un passo indietro e scosse la testa. Aveva ragione Potter, era spaventato, la situazione gli stava sfuggendo dalle mani in fretta e il giorno del suo fallimento sarebbe tornato. Avrebbe rivissuto l’incubo di quell’estate… non voleva. Era combattuto, voleva accettare disperatamente l’aiuto di Potter, voleva scegliere davvero, ma come poteva? Come poteva non pensare a ciò che gli sarebbe successo, se avesse fallito? Come poteva abbandonare sua madre?
«Mi ucciderà, dopo avermi dato in pasto ai suoi scagnozzi e poi ucciderà la mia famiglia» disse abbassando lo sguardo, Harry batté le palpebre incredulo davanti alle sue parole. Sotto sotto, Malfoy aveva un cuore, aveva accettato tutta quella sofferenza per salvare la propria famiglia. Chi non avrebbe fatto di tutto per salvare i propri familiari? Per non morire a sedici anni? «Devo portare a termine la mia missione, Potter, o le conseguenze potrebbero essere peggiori di quello che credi».
«Malfoy…»
«Ti sconvolge quello che ho detto?» chiese «Dimmi, Potter, credi che sia stato bello per me, prendere questo?» domandò ancora indicandosi il braccio «Oh, tu non sai niente…»
«Ti hanno obbligato, vero?» chiese Harry e Malfoy si zittì subito e scostò lo sguardo risentito. No, Potter non l’avrebbe fatto parlare di quello. No. «So che è così. Sai, ti conosco da sei anni, ti sei sempre vantato di tutto quello che ti capitava. Eri nella squadra di Quidditch perché tuo padre aveva preso le scope migliori a tutti membri della tua squadra e te ne vantavi ogni singolo giorno, hai idea di quanto fosse fastidioso?» domandò retoricamente «L’anno scorso, eri fiero di essere un membro dell’inquisizione, lo ripetevi a tutti, soprattutto se pensavi che ti “mancassero di rispetto”» continuò «Oh sì, al terzo anno eri fiero dell’esecuzione di Fierobecco» le parole di Potter immobilizzarono Malfoy, in parte aveva ragione «Se tu avessi preso quel marchio volontariamente, mi avresti mandato via a suon di incantesimi, mi avresti impedito di vederlo e non saremmo qui a parlarne» spiegò con sicurezza «Non saresti crollato in lacrime tra le mie braccia, non ti saresti aggrappato a me con disperazione» Draco arrossì a quell’ultima affermazione, mentre il suo orgoglio faceva a pugni con la voglia di crollare di nuovo tra quelle braccia e sentirsi al sicuro, finalmente «Saresti riuscito a lanciare quella Cruciatus e avresti trovato il modo di vantarti della tua missione. Il mangiamorte più giovane di tutti i tempi» continuò con tono quasi sarcastico. Draco fu colto da una strana sensazione, ma non ribatté, cosa avrebbe dovuto dire? Tutto ciò che Potter aveva detto era la verità. Se non fosse stato tanto spaventato, non si sarebbe mai aggrappato a lui come unico barlume di speranza nell’abisso di oscurità in cui stava sprofondando «Davvero, Malfoy, so che mi credi uno stupido, ma non lo sono così tanto» affermò, facendo sorridere appena l’altro «Quindi, devo leggerti nella mente, anche se sono pessimo come Legilimens, e rischiare di farti male o vuoi dirmi tutta la storia che c’è dietro quel coso?» chiese incrociando le braccia al petto.
Draco scosse la testa, devastato, combattuto, indeciso su cosa fare, la verità era una sola: doveva fare tutto ciò che gli era stato ordinato di fare o per lui sarebbero stati guai. Oh quanti guai…
«Non capiresti, Potter, davvero, nessuno può aiutarmi» disse il biondo, sconsolato «Lasciami in pace».
«Ti proteggerò io, Silente ti proteggerà, tutto ciò che devi fare è fidarti di me».
«Tu mi odi, Potter».
«Beh, non posso negarlo e anche tu odi me» Draco abbassò lo sguardo e indietreggiò di nuovo, convinto, adesso, di voler scappare da lì e smettere di ascoltare Potter, che sicuramente lo avrebbe portato su una strada che non avrebbe potuto gestire. Prese la sua bacchetta dal lavandino e la rimise nella tasca dei pantaloni e scosse la testa, non poteva restare, tuttavia quando fece per allontanarsi, Harry gli afferrò il braccio trattenendolo «Malfoy, non scappare» la sua voce era un po’ più ferma adesso e Draco non riuscì a muoversi. Non capiva perché in quel momento avesse quelle reazioni così contrastanti davanti al Grifondoro, non era da lui, non lo avrebbe mai fatto. Era davvero così sconvolto? «Non siamo mai stati amici, siamo sempre stati rivali e tu sei stato… piuttosto sgradevole con me e i miei amici in questi sei anni» l’altro non poté fare altro che annuire «È vero, sei anni fa sono stato io a rifiutare la tua stretta di mano, ma adesso sono io a chiedertelo» gli lasciò il polso e gli porse la mano «Vuoi stare dalla parte giusta? Vuoi farla pagare a chi ti ha fatto del male?» chiese «Prendi la mia mano e accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti» disse «Mettiamo da parte l’odio, mettiamo da parte le nostre divergenze e alleiamoci contro di lui, insieme possiamo vincere». Il biondo gli fissò la mano e deglutì, poteva fidarsi di lui? Potter non aveva voluto stringergli la mano al primo anno, lo aveva rifiutato, perché adesso avrebbe dovuto fidarsi di lui? Perché avrebbe dovuto mettersi nelle sue mani? Cosa ne sarebbe stato di sua madre, se lui avesse stretto la mano di Potter?
«E mia madre?» chiese quasi involontariamente «Lui le farà del male…»
«Proteggeremo anche lei» disse Harry «Avanti, Draco, prendi la decisione giusta. Raccontami ciò che ti è successo, raccontami cosa ti hanno fatto e poi vieni con me da Silente, parlane con lui. Lui può aiutare sia te che tua madre. Fidati di me». Qualcosa dentro Harry premeva affinché l’altro gli stringesse la mano, gli suggeriva che fosse la cosa giusta da fare in quel momento, ma c’era un’altra parte di se stesso che gli suggeriva che stava solo perdendo tempo, che non l’altro non si sarebbe mai fidato di lui e che avrebbe solamente dovuto andare via, adesso che aveva le sue risposte. Era fatta, Malfoy aveva confessato di essere un mangiamorte. Eppure… non riusciva ad evitare di pensare che lui una possibilità la meritava. Forse era l’influenza delle parole di Sirius che gli erano rimaste dentro, fin dall’anno precedente, forse per qualcosa che aveva visto nei suoi occhi. Ci stava davvero provando ad offrirgli una chance, ma l’altro non gli rendeva le cose facili con la sua diffidenza. Non poteva biasimarlo, si erano detestati, sfidati e odiati per anni. Ma sperava davvero che Draco si fidasse di lui e accettasse l’aiuto.
«Perché dovrei fidarmi di te, Potter?» chiese l’altro esitante. Harry quasi urlò per la frustrazione, aveva parlato fin troppo, forse gli stava solo facendo perdere tempo, per poi dire a tutti che San Potter si era tirato indietro. Forse avrebbe davvero dovuto seguire la parte di se stesso che gli suggeriva di andare via e denunciare tutto, senza più pensare a lui. Ma non poteva. Decise di provare un’ultima volta, poi se ne sarebbe andato, senza guardarsi indietro.
«Perché ti giuro che se mi dici tutto, se ti fidi di me, quel bastardo non sarà più in grado di fare del male a nessuno, né a te, né a tua madre né ad altri» disse, i suoi occhi brillarono della sua determinazione e Draco ne restò ammaliato per un attimo. La prospettiva di fidarsi di Potter era troppo allettante, ma lui avrebbe potuto tirarlo fuori da quel casino?           
«Potter, io non so se riesco a raccontarti tutto» disse flebilmente, fu in quel momento che Harry sentì di doversi arrendere, perché gli sembrava che Malfoy stesse per rifiutare di nuovo e, davvero, si era già esposto troppo con lui. Harry era già pronto a ribattere, a duellare con lui e a correre da Silente per dirgli tutto ciò che aveva scoperto, ma, contrariamente alle sue aspettative, Malfoy gli strinse la mano e annuì, accettando implicitamente il suo aiuto «Ma posso mostrartelo, nella Stanza delle Necessità» disse. Harry capì immediatamente che aveva intenzione di mostrargli ciò che aveva vissuto, senza doverlo raccontare per forza. Doveva essere stato uno shock enorme per lui, vivere ciò che aveva vissuto, se non riusciva neanche a parlarne. Annuì e lo guardò per un lungo istante, prima di capire ciò che andava fatto.
Draco deglutì e annuì. Non sapeva ancora se quella fosse una buona idea o meno, ma ormai era fatta, aveva accettato l’aiuto di Potter e gli aveva anche mostrato il marchio. Fidarsi di lui era l’unica alternativa che aveva per uscire dalla disperazione in cui era piombato fin da quell’estate da incubo.
«D’accordo, allora andiamoci subito» disse il moro con fermezza. Draco lo guardò per un momento, stupito dalla sua determinazione, non aveva mai visto Potter sotto quella luce. Entrambi uscirono dal bagno e raggiunsero il settimo piano, quando si trovarono davanti all’ingresso della stanza, entrambi sentirono il bisogno di un posto confortevole, dove sentirsi al sicuro e poter parlare in tutta tranquillità.
Quando la porta si manifestò a loro, Harry fu il primo ad entrare e a sbuffare: la Stanza aveva preso le sembianze della Sala Comune di Serpeverde. Forse l’unico posto dove Draco si sentiva tranquillo? Era lui, dopotutto, che doveva parlare di cose orribili, forse per questo la stanza aveva preso l’aspetto di una stanza in cui lui si fosse sentito a suo agio.
«Una scelta discutibile di colori, non c’è che dire» scherzò Harry, poi porse la mano a Draco invitandolo ad entrare. Il biondo annuì e lo raggiunse, entrando senza prendergli la mano. Anche lui si guardò intorno stupefatto, era la copia esatta della sala comune, si sedette su un divano e si prese la testa tra le mani. Stava sbagliando tutto, voleva raccontare, o meglio mostrare a Potter ciò che gli era successo? Era impazzito o cosa?
«Qualche ripensamento, Malfoy?»
«E me lo chiedi? Sto per mostrare a te i miei ricordi» disse senza guardarlo «Ripetimi perché lo fai».
Harry si inginocchiò davanti a lui e gli prese le mani tra le sue, guardandolo negli occhi «Perché hai solo sedici anni, perché siamo ancora giovani e ci costringono a fare cose che non dovremmo fare» disse «Perché io posso aiutarti e lo farò in ogni modo possibile». Draco non riusciva a smettere di fissarlo, in quegli occhi verdi come la speranza c’era determinazione, c’era salvezza e lui era fin troppo spaventato per non poter tentare di tutto per salvarsi. Al diavolo l’essere stato scelto, come aveva detto a Piton, lui non voleva trovarsi in quella situazione, ma non poteva fallire…
«Sicuro, Potter?» chiese il biondo titubante «Vuoi sapere tutto davvero?»
«Sicuro, aiutami a capire. Così posso aiutarti». Draco annuì e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Aveva bisogno di un buon medimago, si stava fidando di Harry Potter. Lui.
«Sai usare la Legilimanzia, vero?» chiese guardandolo «Non credo che ci sia un altro modo, io non mi opporrò».
«L’ho fatto una sola volta, sei sicuro?» chiese sedendosi accanto a lui sul divanetto.
«Potter, se vuoi saperlo, dovrai scavare nella mia mente. Sono bravo come Occlumante, potrei impedirti di farlo se volessi, anche se tu fossi un ottimo Legilimens, ma non mi opporrò, finché sarai tu, andrà bene». Harry annuì e lo guardò per un attimo, poi gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, prima di puntare la bacchetta contro di lui. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
«Legilimens» pronunciò. E fu catapultato nella mente di Draco Malfoy.
 
Era ancora estate. Draco se ne stava sdraiato sul suo letto a leggere un libro. Harry sorrise istintivamente nell’osservarlo. Aveva i capelli un po’ spettinati e la camicia aperta, doveva far caldo, le maniche erano arrotolate fino ai gomiti ed era immerso nella lettura. Mentre leggeva, sembrava un’altra persona. Non era il solito spocchioso che aveva conosciuto, anzi sembrava un normalissimo ragazzo, innocente e ignaro del male. Peccato che esso incombeva su di lui. Adesso riusciva a guardarlo da un’altra prospettiva. «Portatemi il ragazzo» si udì. Era la voce di Voldemort. Per un attimo, temette che si riferisse a lui. Ma era impossibile, era nella mente di Draco.
Un bigliettino si posò davanti al biondo ed egli lo lesse. Sospirò alzandosi dal letto e ricomponendosi. Tirò giù le maniche della camicia, si sistemò i capelli e indossò una giacca nera, le sue mani tremarono, adesso sembrava turbato. Immediatamente, due uomini entrarono nella stanza di Draco e lui sobbalzò.  I due lo scortarono al cospetto di Voldemort che sedeva al centro della sala da pranzo di Malfoy Manor. Harry li seguì immediatamente e la cicatrice bruciò, vedendo Voldemort lì davanti.
«Draco, ragazzo mio» disse il Signore Oscuro al ragazzo, il Serpeverde tremava come una foglia, ma cercava di restare impassibile, così come gli era stato insegnato. Il biondo abbassò la testa terrorizzato «Tua madre mi ha detto che andrai a Hogwarts, quest’anno frequenterai il sesto anno».
«S-Sì, signore» rispose lui a testa bassa. Harry avrebbe solo voluto proteggerlo, in quel momento.
«Tuo padre è stato una vera delusione per me, gli avevo solo chiesto di recuperare una profezia per me e ha fallito» rammentò l’uomo, Draco annuì «Mi auguro che tu non sia come lui».
«N-No».
«Se ti affidassi un compito, sapresti portarlo a termine per me?»
«U-Un compito, signore?»
«Sto per affidarti una grande missione, Draco, e ho scelto te per questo compito» disse «Tornerai a Hogwarts e ucciderai Silente per me» disse il mago oscuro. Il Serpeverde si immobilizzò davanti alle sue parole «Poi ti occuperai di creare un passaggio che possa far entrare i miei uomini all’interno della scuola».
«C-Cosa?»
«Suvvia, Draco, anche tu hai detto odiare Silente e quella scuola più volte» disse Voldemort, guardando il ragazzo.
«Ma-Ma lì ci sono i miei amici e…» cercò di dire Draco. Le sue parole si interruppero nel momento in cui Voldemort parlò al suo serpente che iniziò a strisciare verso di lui. Il biondo deglutì terrorizzato e non osò alzare lo sguardo su di lui. Non si mosse di un millimetro e allora Voldemort gli puntò la bacchetta addosso.
«Crucio!» esclamò. Draco cadde sul pavimento, contorcendosi a causa delle scariche dolorose della maledizione. Harry sentì il suo dolore su di sé, come se lo stessero facendo anche a lui «Crucio!» urlò di nuovo Voldemort.
«No!» urlò con disperazione Narcissa Malfoy che stava assistendo impotente, mentre Bellatrix rideva «Mio signore, è solo un ragazzo!»
«Taci! Se non obbedirà, se non accetterà, è questa la sorte che avrà» disse il mago oscuro «Dimmi, Draco, vuoi che questo venga fatto anche alla tua cara madre?» chiese interrompendo la maledizione. Il ragazzo restò immobile sul pavimento e scosse la testa spaventato, mentre una lacrima gli rigava la guancia. La scacciò in fretta e quando il Signore Oscuro gli ordinò di rialzarsi, lo fece come un automa. «Quando sarà il tempo, prenderai il marchio ed eseguirai la tua missione, dico bene?» gli chiese nuovamente.
«S-Sì».
«Sei un ragazzo ragionevole, dopotutto, bravo» fece il mago oscuro, lasciandolo andare. Narcissa raggiunse subito suo figlio per accertarsi che stesse bene, poi lo accompagnò nella sua stanza. Harry lo vide rannicchiarsi sul letto e scoppiare in lacrime. Gli tremarono le mani nell’osservarlo. Se avesse ascoltato quella storia, invece di osservarla con i suoi occhi, non vi avrebbe mai creduto.
 
Improvvisamente, il ricordo mutò e Harry si ritrovò catapultato da Magie Sinister. Davanti a lui c’era un enorme armadio. Draco e sua madre vestiti di tutto punto, come il giorno in cui li aveva incontrati a Diagon Alley, lo stesso in cui lo aveva anche visti aggirarsi con aria sospetta a Notturn Alley. Lui, Hermione e Ron non erano riusciti a vedere cosa accadesse nel negozio, ma adesso… sapeva che avesse sempre avuto ragione, ma avrebbe preferito non averla.
Voldemort era al centro della saletta, intorno a lui c’erano i suoi fidati Mangiamorte, Bellatrix occupava un posto d’onore accanto a lui. Draco era in piedi davanti a lui, immobile, ma si poteva percepire la sua paura a distanza di miglia.
«Dimmi Draco, hai riflettuto sul quello che ti ho detto?» gli chiese il Signore Oscuro «Questo è un armadio svanitore» disse indicando l’armadio presente nel negozio «Mi è giunta voce che tu sai l’esatta ubicazione del suo gemello».
«S-Sì».
«Quindi lo userai per aiutare i miei uomini ad entrare a Hogwarts?» Draco non rispose. Narcissa lo invitò a parlare, ma lui scosse la testa. Harry non credeva che l’avrebbe mai visto fare una cosa del genere. «Cerchi ancora una via di fuga? D’accordo, forse le Cruciatus non sono state sufficienti» fece puntando la bacchetta contro Draco, il ragazzo si preparò alla maledizione, ma niente lo colpì. In compenso, un urlo femminile raggiunse le orecchie di tutti i presenti.
«No!» urlò Draco, mentre Voldemort torturava Narcissa «No, la smetta!»
«Bella, occupati di lui» disse il mago oscuro. Bellatrix rise, quella risata cattiva e crudele che Harry aveva già sentito quando aveva ucciso Sirius e lanciò tre Cruciatus su Draco, che cercò di non urlare per il dolore. Voldemort chiamò Bellatrix ed ella gli si avvicinò, lui le disse qualcosa all’orecchio e la strega ghignò, un ghigno sadico comparve sulle sue labbra e tornò dal ragazzo, che era ancora riverso sul pavimento, dopo aver subito le Cruciatus. Bellatrix puntò la bacchetta contro di lui ed usò la maledizione Imperius, con essa lo costrinse a torturare sua madre. Draco piangeva, mentre lo faceva, non riusciva ad opporsi alla maledizione, ma avrebbe voluto. Harry non lo aveva mai visto così sconvolto, così rotto. Ancora sotto l’effetto della maledizione Imperius fu costretto ad avvicinarsi a Voldemort e solo in quel momento liberato da essa. Draco crollò in ginocchio davanti al Signore Oscuro, senza potersi più ribellare. Non aveva alcuna possibilità, il suo destino era segnato.
«Hai cambiato idea, vero, ragazzo mio?»
«S-Sì» disse il biondo, lanciò uno sguardo a sua madre, supplicandola di perdonarlo e poi prese un respiro profondo, porgendo il braccio sinistro a Voldemort, che lo afferrò con forza e puntò la propria bacchetta contro la pelle del ragazzo. Quest’ultimo urlò di dolore, mentre la cicatrice di Harry bruciava come l’inferno.
«Ucciderai Silente e riparerai l’armadio svanitore, permettendo ai Mangiamorte di entrare nella scuola».
«S-Sì».
«Se fallirai, ti ucciderò, insieme a tutta la tua inutile, sporca famiglia».
«N-Non fallirò».
«E tra una settimana, ti unirai ai miei uomini per una missione speciale, ti servirà da iniziazione» ordinò.
Draco accettò di nuovo, inghiottendo un boccone amaro come il fiele.
 
Il ricordo cambiò di nuovo.
«Che peccato» fece Voldemort rivolto a Draco. Bellatrix aveva appena raccontato al Signore Oscuro che il ragazzo aveva quasi lasciato scappare una famiglia di babbani, perché non era riuscito ad ucciderli né a torturarli anzi aveva vomitato quando Bellatrix li aveva catturati, torturati e uccisi al suo posto. «Che grande delusione mi hai dato, Draco» disse «Avevo grandi piani per te, avresti potuto essere uno dei miei uomini migliori, il Mangiamorte più giovane dell’esercito… e invece continui a deludermi» continuò, scuotendo la testa «Sei proprio come tuo padre, un codardo che non sa nemmeno obbedire agli ordini». Il biondo strinse gli occhi, un singulto disperato uscì dalle sue labbra, ma non disse una parola. Era terrorizzato. «Forse, devo usare dei metodi più duri con te, magari dopo la punizione, capirai che se non obbedirai ai miei ordini, non ci sarà alcuna speranza per te».
Draco fu trascinato nei sotterranei di Malfoy Manor, fu cruciato da un gruppo di Mangiamorte e accusato di aver favorito la fuga dei babbani «Sei un loro amico, adesso, Malfoy?» gli chiedevano «O sei solo un codardo?»
Draco strinse i denti e cercò di non urlare. Harry fissava la scena senza parole. Aveva subito tutto quello, prima di accettare quella missione? Aveva davvero passato un inferno del genere, prima di arrivare a scuola?
«No, non sono riuscito a prenderli» disse a denti stretti, combattendo contro il dolore della Cruciatus. Fu cruciato un’altra volta, prima che Harry assistesse allo spettacolo peggiore di sempre.
«Ha detto il Signore Oscuro di fargli capire la lezione una volta per tutte» disse uno dei Mangiamorte, avevano il volto coperto, Harry non riusciva a distinguere chi fossero.
Voldemort li raggiunse in quel momento. Harry temette per la vita di Draco, poi si diede dell’idiota, perché stava guardando nella sua mente e non poteva essere morto.
Voldemort puntò la bacchetta verso di lui e un’altra lunga serie di Cruciatus si abbatté su di lui, poi lo pietrificò e ordinò ai Mangiamorte di fare di lui ciò che preferivano. Quella notte Draco venne torturato e picchiato, il suo corpo fu abusato dai quei mostri. Non solo era stato torturato, costretto a torturare sua madre sotto Imperius e a prendere il marchio, ma era stato anche punito in quel modo, per aver fallito una missione. Quando quei mostri lasciarono andare il ragazzo, Voldemort, che era rimasto lì per tutto il tempo, si avvicinò a lui e lo guardò.
«Se non ucciderai Silente, Draco, questo accadrà di nuovo, continuerò a farlo, fino a che non mi supplicherai di morire» sibilò il mago oscuro «E non ti ucciderò, quando mi supplicherai, torturerò e ucciderò la tua famiglia davanti ai tuoi occhi. E solo allora, ucciderò anche te» sibilò «Sono stato abbastanza chiaro?» chiese.
«S-Sì».
 
«Basta!» urlò Draco, respingendo violentemente l’intrusione di Harry dalla sua mente. Il moro traballò all’indietro e lo guardò finalmente da un altro punto di vista. Si sentì in colpa per ciò che aveva pensato di lui fin dall’inizio dell’anno. Quello che aveva sopportato, prima di tornare a scuola, era stato terribile, nessun ragazzo della loro età avrebbe mai dovuto subire cose del genere. «Smettila, smettila…» bisbigliò il biondo, delle lacrime scivolavano sulle sue guance pallide e Harry avrebbe solo voluto fermarle. Quasi si sentiva in colpa per averlo costretto a rivivere tutto quello. Poteva capirlo, poteva capire quello che aveva provato il biondo… ed era ingiusto che avesse provato quell’orrore.
«Draco…» sussurrò a bassa voce. Voleva aiutarlo ad uscire da quel vortice di cose orribili che gli stavano accadendo, voleva proteggere Malfoy, voleva impedire che tutto ciò che gli era accaduto, accadesse di nuovo. Non sapeva dare un nome a quella sensazione, non provava pena per lui.
Era sopravvissuto a quella tortura ed era ancora lì. Si era fidato di lui e gli aveva mostrato tutto, forse c’era del buono anche in lui, tutto sommato. Aveva la sua età e anche lui aveva vissuto un incubo, aveva provato un dolore così forte… forse lui e Draco Malfoy non erano così diversi.
«T-Ti sei divertito?» chiese il biondo, ignorando il suo sguardo «Ti faccio pena, vero?»
«No» rispose fermamente il moro «No, Draco, è orribile quello che ti è stato fatto. Non permetterò che accada di nuovo» disse con sicurezza «Non mi fai pena, smettila di fare così, questa recita non regge più» continuò «Ti sei fidato di me abbastanza da mostrarmi tutto».
Draco alzò lo sguardo su di lui e lo guardò con tristezza negli occhi «Tu pensi davvero di potermi salvare? Dopo quello che hai visto, ne sei ancora convinto?»
«Posso farlo. E lo farò» promise Harry «Non ti lascio solo, dopo che mi hai mostrato tutto. Ti sei fidato di me, adesso tocca a me».
«Potter…»
«Sai anche tu che ti proteggerò» disse risoluto «Accetta la realtà dei fatti e lascia semplicemente che ti aiuti».
Gli doleva ammetterlo, ma Potter aveva ragione, doveva accettare la realtà, in un momento di sconforto aveva ceduto e si era fidato di lui, forse non aveva fatto una scelta del tutto sbagliata.
«S-Se fallirò, hai visto cosa mi succederà? Se non porterò a termine la missione, lui… farà tutto da capo, Harry» il moro sussultò, sentendosi chiamare per nome, mai prima di quel momento Malfoy lo aveva chiamato per nome «Lo rifaranno e io… non sono così forte da sopportarlo di nuovo».
«Dai per scontato che accadrà di nuovo» disse Harry, guardandolo negli occhi «Onestamente, Malfoy, quante volte mi hai visto fallire contro tu-sai-chi?» chiese. Draco tacque per un istante. Se ci pensava, era vero. Potter non aveva mai fallito, era sempre sopravvissuto a Voldemort, fin da quando lo aveva affrontato al primo anno. Ancora non ci credeva: gli aveva mostrato tutto, si era mostrato a lui per quello che era e Potter non lo aveva giudicato, gli stava offrendo aiuto, salvezza, una via d’uscita. Non se lo sarebbe mai aspettato da lui. «Non permetterò a nessuno di toccarti di nuovo, Draco».
«Non fare promesse che non puoi mantenere, Potter» disse il biondo, distogliendo lo sguardo dal suo, stava diventando tutto troppo, si sentiva sopraffatto. Aver permesso a Potter di accedere ai suoi più oscuri ricordi, rivivere così vividamente quell’esperienza lo aveva distrutto, come nient’altro aveva mai fatto prima.
«Non faccio mai promesse che non posso mantenere» ribatté l’altro. E quello per Draco fu troppo, vinto dalle emozioni, dalla disperazione, dal calore di speranza che aveva sentito dentro di sé, quando Potter gli aveva offerto una possibilità, si ritrovò ad annuire e lasciare andare le lacrime che aveva cercato di trattenere, senza successo. Harry si fece più vicino a lui e lo sorresse, e lui semplicemente lo accettò, senza più tentare di mostrarsi non bisognoso di quel supporto. Si aggrappò a lui come aveva fatto nel bagno, come se aggrapparsi a Potter fosse l’unica cosa che gli impedisse di annegare e l’altro lo sostenne, permettendogli di appoggiarsi a lui, stringendolo e facendolo sentire al sicuro, nello stesso modo in cui lo aveva stretto in quel bagno, prima che scoprisse tutto.
Che ironia della sorte, lui, Draco Malfoy, aggrappato a San Potter per evitare di annegare nella propria disperazione. Lo stesso Potter che aveva odiato per anni, adesso era diventato, improvvisamente, la sua unica speranza. Fino a quel momento, si era sentito in trappola, senza una scelta. E improvvisamente, la paura di ciò che sarebbe successo, se Lui avesse scoperto tutto, lo fece tremare, la paura di essere violato di nuovo da quei mostri, di essere alla loro mercé di nuovo, lo investì come un fiume in piena, facendolo tornare alla realtà e desiderò allontanarsi da Potter e fuggire, ma il moro lo strinse così forte che la sua decisione morì in quel momento, assurdo. Eppure, era reale, Harry Potter era lì e lo stava stringendo, cercando di calmare i suoi singhiozzi e i singulti, che gli scuotevano il petto e lo stava tenendo a galla. Non lo stava facendo naufragare nel mare dei suoi problemi, gli aveva appena lanciato un’ancora e lui vi si era aggrappato. Era inutile mentire a se stesso, quando Potter gli aveva porto la mano, aveva visto una via di fuga, una speranza per uscire dall’orrore che stava vivendo e per una volta aveva deciso di mettere l’orgoglio da parte e di fidarsi di Potter e aveva colto quell’occasione. Alla fine, era stato lui a stringere la sua mano e non sapeva ancora a cosa l’avrebbe portato tutto ciò.
Era stata la scelta giusta o aveva fatto un colossale errore?


 

To be continued...

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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Vi siete mai chiesti cosa fare quando una cosa che succede in un libro/film non vi va a genio, ma proprio mai nella vita? Beh, io me lo sono chiesto un sacco di volte. E… beh… nel mio caso, la riscrivo.
Quindi eccovi fixati il Principe Mezzosangue, con un Harry #maicorvonero che invece di lanciare un CAZZO DI SECTUMSEMPRA al povero Draco, gli offre aiuto e un Draco che accetta di essere aiutato, invece di lanciare incantesimi a cazzo e provare ad usare le maledizioni senza perdono (baby hai la bacchetta con crine di unicorno, PLIS, dove vuoi andare? LA CRUCIATUS, DRACO? Serio? You know, #maicorvonero forevah, ho ragione io. SCEMI). Meno male che ci sono io a sistemare le cose, va’ *modestia mode on* *sventola con una palma* A me poi quella scena fa sempre incazzare, sia quando la leggo che quando la vedo nel film… non potevo non fixarla.
Okay… sono un’idiota, ormai mi conoscete LOL
BTW, l’ho annunciata un sacco di volte, ho detto svariate volte che stavo lavorando a una long e… eccomi qua, con la storia più lunga e complicata a cui io abbia mai lavorato. Ha una struttura un po’ particolare, lo spiego qui, poi se avrete domande, sarò felice di rispondere alle vostre curiosità!
Si articola in Prologo (introduttivo), Prima Parte (composta da 6 capitoli), Seconda Parte (composta da 10 capitoli), Terza (composta da 5-6 capitoli, li sto finendo di revisionare… voi sapete cosa comportano le mie revisioni LOL) e Epilogo (conclusivo). Per un totale di 23 capitoli! :D
Edit: i capitoli sono diventati in tutto 30 (otto nella prima parte, dieci nella seconda e dieci nella terza). OPS.
Vi dirò man mano la trama di ogni singola parte u.u
Ebbene sì, dopo un anno (e poco più di un mese) dalla pubblicazione della prima what if della serie What if we had been friends?, ovvero Twist of fate, ecco a voi la terza storia della trilogia.
 Funny thing: è nata prima di TOF, per questo pare che le due storie si somiglino… ma non fatevi ingannare dalle apparenze!
Nel libro non c’è specificato esattamente in che modo Draco abbia accettato di prendere il Marchio, ma si vede che non è che è felicissimo della cosa, anche se è orgoglioso come non so cosa e dice a Piton (e qui anche a Harry) di essere stato scelto. Io ho reso un pelino più drammatica la sua “decisione” di prendere il marchio. Così, perché far soffrire Draco è il mio passatempo preferito. (Draco si prepara a colpirla con una maledizione senza perdono, PFT) MA c’è un motivo. E verrà svelato nei capitoli seguenti.
BTW, questa è la mia versione di come sarebbero andate le cose, se questi due #maicorvonero avessero messo da parte le divergenze e si fossero alleati.
Ulteriore avviso: se state cercando una storia romantica, non siete sul litorale giusto, so sorry. L’amore arriverà a tempo debito, ma… non ora. Abbiate pazienza e avrete anche soddisfazioni d’ammmore (ma flirtano, flirtano tanto.) Nei generi ho indicato “Romantico” perché ne ho messo uno per ogni “parte” della storia, la prima e la seconda sono “angst e avventura” la terza è “romantico”, vedrete.
Spero che la storia possa piacervi e interessarvi! È un po’ diversa dalle mie solite storie, ma… spero di non deludervi! È una delle trame più complesse a cui abbia mai lavorato (non sapete quante ricerche ho fatto per scrivere al meglio ogni cosa), ma tengo tanto, tantissimo a questa storia. Quindi spero che possa piacervi e che possa appassionarvi e farvi amare questa ulteriore versione di Draco e Harry e il come sarebbero stati se fossero stati amici al sesto anno, secondo il mio punto di vista.
Hope you’ll like it!
Allacciate le cinture, si parte per un lungo viaggio insieme <3
Lo sentite questo profumo? È il profumo del dramma. <3
See you on Saturday! 
Love ya, darlings <3
Check on fb la copertina della storia :D

PS. Come ho scritto nell'avviso, non ho reputato necessario segnalare l'OOC, perché a parte qui nel prologo dove (per ragioni di trama) mettono l'orgoglio da parte, non credo di averli stravolti troppo. Qualora risultassero troppo OOC allora modificherò! 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 2
*** Prima Parte, Capitolo 1: Changed Plans. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 
Avviso: gli eventi, dopo il prologo, non seguono la linea temporale dei libri/film
Avviso II: per la maggior parte dei capitoli, non è una storia romantica, I’m so sorry.


Nota importante per la “prima parte”: gli eventi sono anacronistici rispetto ai libri/film e ci sono altre piccole variazioni (chiamiamole: licenze poetiche) per far quadrare le cose con la trama generale.
 

 
Trama Prima Parte: Dopo aver stretto la mano di Harry, Draco si appresta a parlare con Silente, egli gli affiderà un incarico speciale che lo porterà ad avvicinarsi e a legarsi al Grifondoro in modo particolare.  Le sorti di Hogwarts e del mondo magico sono nelle mani del prescelto e del suo acerrimo rivale, riusciranno ad unire le forze e a vincere contro il male?

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 1: Changed plans




Harry si risvegliò seduto sul pavimento freddo di una stanza che non riconobbe immediatamente, con le spalle appoggiate contro quello che doveva essere un divano, in una posizione abbastanza scomoda. Sbatté le palpebre per rendersi conto di dove si trovasse e per fare mente locale su cosa fosse successo il giorno prima; le immagini della sera precedente tornarono nella sua mente rapidamente. Lui che entrava nel bagno con l’intenzione di scoprire i segreti di Malfoy, Malfoy che crollava in quel modo, la loro conversazione… la sua confessione, i suoi ricordi, tutto.
Mise a fuoco l’ambiente che lo circondava e si rese conto di essere ancora nella Stanza delle Necessità. Sul divano alle sue spalle, riposava Draco, il quale, sfinito dalle lacrime, era crollato in un sonno profondo, ma tormentato.
La sera precedente, il Serpeverde aveva pianto per un tempo indeterminato, appoggiato alla sua spalla, quasi aggrappato a lui – doveva essere davvero sconvolto e provato, il moro era certo che da lucido, non l’avrebbe mai fatto né tantomeno ammesso – Harry aveva provato a tranquillizzarlo, ma con scarsi risultati, tuttavia la sua presenza doveva essere servita a qualcosa, dopotutto quando era riuscito a calmarsi, si era addormentato. Potter era rimasto immobile per un po’, ma ben presto si era reso conto di non poter restare lì a lungo. Con l’intenzione di andare via, il Grifondoro lo aveva scostato dalla sua spalla e lo aveva fatto distendere sul divano con una innaturale delicatezza. Così era rimasto lì per un po’, per accertarsi che l’altro stesse bene, deciso a lasciare la stanza quanto prima, tuttavia non era riuscito ad andare via: farlo avrebbe significato tradire la sua fiducia appena conquistata. Così si era seduto ai piedi del divano e aveva atteso che l’altro si svegliasse, credendo che prima o poi sarebbe tornato nel suo dormitorio. Si era imposto di restare sveglio per il resto della notte, ma aveva fallito e si era addormentato anche lui. Avrebbe negato fino alla morte di essersi preoccupato per la salute del Serpeverde. Harry si alzò dal pavimento, osservò il ragazzo addormentato e sospirò, ripensando a ciò che aveva visto nella mente di Draco poche ore prima, quello che il biondo aveva vissuto andava oltre qualsiasi concezione, non c’era da meravigliarsi che avesse accettato il Marchio Nero e avesse cercato in tutti i modi di portare a termine la sua missione.
Già, ma come poteva aiutarlo? Sicuramente doveva parlarne con Silente, stavolta il preside avrebbe dovuto ascoltarlo, non era più solo una sua supposizione: era vero, un Mangiamorte era tra le mura di Hogwarts, anche se quel ragazzo non era per niente un Mangiamorte spietato come quelli che aveva incontrato l’anno precedente al Ministero, anzi a parte il carattere difficile e il suo discutibile comportamento, non era un assassino.
Quando Draco si svegliò, Harry, che lo stava ancora fissando, osservò i suoi occhi aprirsi e notò che fossero molto più chiari di quanto immaginasse, erano grigi e in quel momento erano così limpidi e profondi che il ragazzo si sentì annegare in essi. Egli, non appena si rese conto di dove si trovasse e con chi, sobbalzò sorpreso e si mise seduto, guardando l’altro scioccato, Harry non poté non notare le sue gote rosse e il suo sguardo sbalordito, quando si rese conto di essere osservato.
«’Giorno» gracchiò il Grifondoro, distogliendo lo sguardo dal suo e sedendosi sul divanetto, a distanza dall’altro. C’era uno strano imbarazzo tra di loro, forse dovuto a quello che era accaduto il giorno precedente, ma anche dall’essersi risvegliati nella stessa stanza.
«Potter» lo salutò l’altro, cercando di mettersi dritto «Spero non ti sia fatto idee sbagliate» disse immediatamente, riferendosi alla situazione in generale. Il moro arrossì e scosse la testa energicamente, ovvio che non si era fatto nessuna “idea strana”, perché poi avrebbe dovuto farsela con lui?
«No, certo che no» rispose, cercando di nascondere l’imbarazzo che provava in quel momento. Tra di loro cadde un pesante silenzio, Harry vide Draco pensieroso, più del giorno prima. Forse stava pensando a come avesse fatto a fidarsi di lui? Poteva capirlo, anche per lui era strano trovarsi in quella situazione. Fino al giorno precedente, aveva pensato di beccare Malfoy a compiere qualche atto criminale per consegnarlo a Silente o agli Auror e mandarlo ad Azkaban, adesso aveva solo la necessità di proteggerlo e salvarlo da Voldemort. Si fidava di lui? Non completamente, ma stava cercando di dargli una possibilità e di fare la cosa giusta. Doveva andare da Silente e sperare solo che il preside la pensasse come lui, che convincesse Draco a farsi aiutare da loro.
«Ti senti meglio?» chiese Harry per rompere quel silenzio imbarazzante che era caduto tra di loro «Ieri sera eri parecchio sconvolto».
Il Serpeverde si prese la testa tra le mani e annuì, sbuffando leggermente. «Ti ho davvero detto tutto?» chiese.
«Sì» rispose Harry «E hai fatto bene, ne parleremo con Silente e lui saprà trovare un modo per aiutarti».
«Ripetimi perché lo fai» disse il biondo «Davvero, Potter, cosa ci guadagni? Sono stato… terribile con te, con i tuoi amici, ho fatto un sacco di errori e l’anno scorso vi ho dato letteralmente la caccia per consegnarvi alla Umbridge e quest’anno la prima cosa che ho fatto è stata cercare di rimandarti a Londra».
«Già, non è stato molto carino da parte tua» replicò il moro, scuotendo la testa. La logica suggeriva che la sua fosse pura follia, non avrebbe mai dovuto offrire aiuto a lui e probabilmente se ne sarebbe pentito, ma aveva detto di mettere da parte l’odio e il risentimento e voleva mantenere la parola data, voleva provare a dargli un’occasione; forse aveva sempre sbagliato atteggiamento con lui, forse avrebbe dovuto accettare la sua amicizia sei anni prima, forse avrebbe potuto impedirgli il dolore che aveva provato durante quell’estate. Non poteva tornare indietro, né poteva fidarsi ciecamente di lui immediatamente, ma poteva tentare di aiutarlo al meglio delle sue capacità, dopotutto se Malfoy si era fidato e gli aveva raccontato tutto, doveva fare almeno un tentativo anche lui.
«Non hai risposto alla mia domanda» fece Draco «Cosa ci guadagni ad aiutarmi?»
«Non ci guadagno niente, se non un alleato in più contro un nemico comune» rispose il moro con sincerità, l’altro fece per ribattere, ma Harry continuò «Va bene, non sarai il ragazzo più simpatico con cui ho avuto a che fare, anzi, a dir la verità sei sempre stato una vera spina nel fianco, ma queste cose te le ho già dette ieri» disse «Ma niente, Draco, niente giustifica ciò che ti ha fatto e… io posso capirti» deglutì guardandolo, il biondo lo guardò perplesso, ma non disse nulla e si limitò ad ascoltarlo «Non sto mettendo da parte sei anni di odio reciproco, ma… sto cercando di fare la cosa giusta» continuò «E poi… pensa a tua madre, se tu mi aiutassi e vincessimo, sarebbe libera anche lei, giusto?» Draco annuì «Aiutami a sconfiggerlo e salveremo anche lei, te lo giuro».
Il Serpeverde annuì di nuovo e prese un respiro profondo. Non aveva sognato tutto, non aveva immaginato ogni cosa, Harry Potter gli aveva offerto un aiuto, una via d’uscita dall’incubo e lui si era fidato del Grifondoro, gli aveva raccontato tutto, si era messo letteralmente nelle sue mani, affidandogli i suoi ricordi più tremendi, permettendogli di esplorare la sua mente e l’altro non lo aveva deriso né lo aveva giudicato o altro. Anzi, gli aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per salvare lui e sua madre. Le mani gli tremavano, se Voldemort avesse scoperto tutto, lo avrebbe ucciso, in realtà lo avrebbe ucciso in qualunque caso, perché si era reso conto di non saper usare le maledizioni senza perdono. Tanto valeva cogliere l’occasione e tentare di uscirne quasi illeso. Dopotutto, Potter aveva buone possibilità di vincere, no? Era lui il prescelto. Lo avrebbe ucciso e forse ci sarebbe stata una minima speranza di salvezza anche per lui. Se fosse uscito vivo da tutta quella storia, sarebbe stato debitore con il Grifondoro per tutta la vita.
«D’accordo» disse, ma la sua voce era incerta «Non ti faccio pena, vero?» si ritrovò a chiedere.
Potter sbuffò e alzò gli occhi al cielo, Draco lo trovò buffo, riuscì persino a sorridere alla vista di quell’atteggiamento. Ed era davvero troppo tempo che non sorrideva.
«No, Malfoy» rispose l’altro schiettamente «Non mi fai pena, te l’ho già detto».
Draco prese un profondo respiro e si ritrovò a ragionare di nuovo su tutta la situazione, ma aveva preso la sua decisione la sera prima, davvero, ancora non capiva perché tentennasse ancora. Forse perché lui era un Mangiamorte e l’altro un uomo dell’Ordine, Potter avrebbe potuto fotterlo in ogni senso dal suo punto di vista. Avrebbe potuto ingannarlo, ma c’era qualcosa nei suoi occhi… una determinazione che non aveva mai scorto prima. Lo aveva già percepito in quel bagno, ma adesso ne aveva la certezza: Potter era una di quelle persone che avrebbe fatto di tutto per mantenere le promesse, per sconfiggere Lui.
«Okay» sospirò, accettando finalmente e lasciando cadere anche le ultime obiezioni «D’accordo, andiamo da Silente» confermò, tuttavia si rese conto di non avergli detto la cosa più importante: lui aveva quasi portato a compimento una parte della sua missione. Vide Potter alzarsi e allungò una mano verso di lui per afferrargli il polso e fermarlo.
«Potter, c’è una cosa devo dirti» annunciò, l’altro si voltò verso di lui e lo guardò perplesso, poi annuì «Sono riuscito a riparare l’Armadio Svanitore» confessò «Non so se sai come funziona. Da Magie Sinister ce ne è uno gemello. Formano un passaggio» spiegò brevemente «Attraverso esso, loro arriveranno qui, la notte in cui dovrò fare tu-sai-cosa» disse «Tuttavia non è ancora perfetto, ho solo spostato oggetti inanimati per ora» spiegò velocemente, scoprendo le sue carte.
«Quando?» chiese il moro «Quando accadrà? Quanto tempo abbiamo prima che accada?»
«Sei settimane, circa» rispose Malfoy «Io- senti…»
«Hai fatto bene a parlarmene ora. Lascia fare a me, ci penso io» disse sicuro di sé «Andiamo, adesso». Gli afferrò la mano e lo trascinò fuori dalla Stanza delle Necessità e lo portò fino al secondo piano. In fretta, arrivarono davanti all’enorme grifone che chiudeva l’accesso alla scalinata che portava all’ufficio del preside, Draco cercò di sottrarsi, ma la presa di Potter sulla sua mano divenne più forte.
«Potter…»
«Fidati di me, tranquillo» gli disse. Poi pronunciò la parola d’ordine, ormai la conosceva, viste tutte le lezioni che Silente gli aveva dato e, ignorando le deboli proteste del biondo, lo condusse su per la scala, fino all’ufficio. Era ancora un po’ buio, doveva essere ancora molto presto. Fanny sonnecchiava sul suo trespolo e Harry le riservò una carezza, sotto lo sguardo curioso di Draco. Poi si sistemarono davanti alla scrivania di Silente e attesero il suo arrivo.
«Harry, Draco» disse l’uomo comparendo in cima alle scale «Qual buon vento vi porta qui, a quest’ora del mattino?»
«Professor Silente, signore, abbiamo bisogno del suo aiuto» disse Harry al preside «Ci scusi per l’orario, ma è una questione urgente» il preside annuì e lo guardò incitandolo a continuare, mentre lo raggiungeva «Draco ha bisogno di lei, signore, è in pericolo» spiegò brevemente, poi si voltò verso il biondo «Forza, parlagli, digli tutto!» esclamò.
«Non posso, Potter» Draco fece un passo indietro scuotendo la testa «Mi troverà e mi ucciderà, ucciderà mia madre…»
«No, non lo farà» affermò il Grifondoro «Possiamo aiutarti, devi fidarti ancora una volta e dire tutto a Silente» disse con trasporto guardandolo negli occhi «Fidati come ti sei fidato ieri e ti prometto che nessuno ti farà del male. Mai più» disse «Ma devi lasciare che io ti aiuti e che possa salvarti. E per farlo, devi fidarti anche di lui» disse «Ti prego, Draco».
Lo sguardo di Harry era così penetrante, così determinato, così sicuro di ciò che gli stava dicendo, che Draco non riuscì più ad obiettare. Deglutì e per un attimo chiuse gli occhi, prendendo un profondo respiro. Si era fidato fino a quel punto di lui, cosa poteva andare storto? Solo che Silente non gli credesse e che non ascoltasse le parole di Harry, ma quest’ultimo si fidava ciecamente del preside. Alle parole del moro, Draco annuì, come se non avesse più obiezioni e si fidasse di lui.
Lentamente, si voltò verso Silente, si scoprì l’avambraccio marchiato, aveva il cuore che batteva a mille e guardò il preside, che lo osservava in silenzio. Non lo stava giudicando, non lo stava etichettando male, ma lo stava studiando, in qualche modo, come se stesse cercando di capire le sue intenzioni reali.
«Draco» lo chiamò l’anziano uomo «C’è qualcosa che vorresti raccontarmi?» chiese.
Il ragazzo annuì, scambiò una breve occhiata con Potter, che gli mise una mano sulla spalla e gliela lasciò scivolare attorno ai fianchi per sorreggerlo, annuì, guardandolo negli occhi e gli diede il coraggio di iniziare a parlare. Con le lacrime agli occhi – ma senza versarne neanche una – raccontò a Silente ogni cosa, iniziò a dirgli di suo padre, del suo arresto, dell’arrivo dei Mangiamorte, di Voldemort, dell’incarico. Il preside sembrava sapere ogni cosa e più lui parlava, più meditava su ciò che stava accadendo. Gli disse dell’Armadio Svanitore, di averlo riparato quasi del tutto e che esso avrebbe formato un passaggio con quello presente nel negozio di Notturn Alley e poi glielo disse, lo confessò.
«I-Io devo ucciderla» disse Draco, Harry al suo fianco sussultò, il preside restò impassibile. Il Serpeverde tremò come una foglia guardandolo, ma non riuscì a dire nient’altro.
«Ma tu non sei un assassino, dico bene, Draco?» chiese, il ragazzo scosse la testa «Quei blandi tentativi che hai fatto, erano piuttosto… elementari, lasciatelo dire» asserì il preside, il ragazzo strinse i pugni, annuendo. Non aveva idea che Silente si fosse accorto già di tutto, come diavolo aveva fatto? E perché non aveva tentato di fermarlo? A Draco quasi venne da piangere, avrebbe fallito in ogni caso, se non avesse accettato l’aiuto di Potter sarebbe andato incontro a morte certa, perché non sarebbe mai riuscito ad arrivare alla fine della missione. «Sei spaventato, lo so» gli disse «Sta’ tranquillo, lascia che ti aiuti e continua a parlarmi».
Draco deglutì e: «Lei non capisce, io d-devo farlo o lui… ucciderà me e la mia famiglia» disse, un singhiozzo fuggì dalle sue labbra e lui strinse gli occhi, Harry lo sorresse ancora una volta. Voleva scappare da lì, mettersi al riparo da ciò che sarebbe successo, aveva paura, ne provava fin troppa dall’inizio di quell’anno, ma in quel momento era più terrorizzato di sempre. Stava confessando di aver tentato di uccidere il preside e di aver complottato per far entrare i Mangiamorte nella scuola. Esattamente, quando il suo cervello aveva smesso di funzionare?
«Non temere» gli disse ancora una volta Silente «Prenditi tutto il tempo che ti occorre, non abbiamo fretta».
Draco prese un altro respiro profondo, cercò di calmare il suo tremore e riprese a raccontare a Silente tutto ciò che gli era successo e tutto ciò che aveva fatto per portare a termine la missione Più parlava, più il suo animo si alleggeriva.
Il preside lo ascoltava meditando sulle varie cose che lo studente gli raccontava; non scese nei dettagli su come il marchio gli era stato imposto, non era certo di riuscire a raccontarlo a voce e non voleva che qualcun altro scavasse nei suoi ricordi, gli disse però delle minacce di Voldemort, delle torture, del fatto che avrebbe ucciso lui e sua madre, se lui avesse fallito. Trattenne lacrime e singhiozzi, ma si accorse di una cosa: il braccio di Potter non aveva lasciato la presa attorno a lui neanche un attimo. Il Grifondoro lo aveva sostenuto per tutto il tempo, senza battere ciglio. Questo non era sfuggito all’occhio attento di Silente, che, almeno per il momento, si astenne dal commentare quel gesto.
«Sono molto sorpreso, Draco» disse il preside, alla fine del suo racconto «Non credevo che saresti venuto a parlarmi».
«Io…» iniziò incerto il biondo, poi guardò Harry ed egli annuì, sorridendogli in modo incoraggiante «Neanche io, signore. Stavo annegando nella disperazione, poi è arrivato Potter e mi ha teso una mano» spiegò «Mi sono fidato di lui».
«Molto saggio da parte tua» disse Silente «E molto saggio anche da parte tua, Harry, offrire aiuto a un compagno in difficoltà» si complimentò con il prescelto, Draco poté sentire l’eco di un “cinquanta punti a Grifondoro per l’eccezionale fibra morale” da lontano. «Molto bene, adesso voi due fareste meglio ad andare in Sala Grande per la colazione e ritornare alle vostre abituali lezioni».
«Ma signore!» tentò di obiettare Harry, Silente alzò la mano per zittirlo, il Grifondoro sbuffò stizzito e cercò, ancora di ribattere, ma il preside rivolse la sua attenzione al biondo.
«Draco, spero tu possa unirti a me per l’ora del tè, così da poter parlare con calma della tua singolare situazione» affermò il preside, sorridendo e zittendo le proteste del prescelto. Il Serpeverde guardò incredulo l’uomo davanti a sé e annuì, senza poter fare altro. Non poteva credere alle sue orecchie, Silente aveva davvero capito la situazione? Era disposto ad aiutarlo?
Lui e Harry si congedarono dal preside, quando lo videro parlare con un quadro, il cui ritratto sparì in pochi istanti. Uscirono dallo studio e scesero le scale per andare in sala grande, mentre Piton saliva nella loro direzione. Curiosi, lo guardarono sparire nell’ufficio del preside; si guardarono perplessi per un attimo e poi scossero la testa.
«Beh, Silente ha detto di andare a fare colazione» disse il Grifondoro, scendendo alcuni gradini davanti a lui «Non vedo l’ora di mangiare dei muffin al…»
«Potter» fece il Serpeverde, interrompendolo l’altro si voltò verso di lui, per incitarlo a parlare «Non dovevi reggermi in quel modo, prima».
«Figurati, è stato un piacere aiutarti nel momento del bisogno» ribatté sarcasticamente Harry, scuotendo la testa «Forza, andiamo a fare colazione, tu sei così magro. Sono sicuro che tra poco sverrai e dovrò portarti in braccio in infermeria» scherzò per alleggerire la tensione. Stranamente funzionò, Draco scosse la testa ed emise un flebile risolino, mormorando sottovoce «Che razza di idiota». Il moro ridacchiò e gli disse di muoversi, altrimenti avrebbero fatto tardi.
Insieme, i due neo-alleati ed ex-rivali si diressero insieme verso la Sala Grande, come aveva suggerito loro il preside, entrambi con mille domande nella mente. Draco soprattutto si chiedeva cosa gli sarebbe accaduto, adesso che aveva confessato tutto a Silente.
 


 
Draco Malfoy aveva sempre odiato Harry Potter e la cosa non era cambiata adesso che erano alleati. Lo aveva sempre odiato, ma forse il suo odio era stato ingiusto, perché basato su una stretta di mano non accettata, sulle parole di suo padre e su tutto quello che si erano fatti a vicenda durante gli anni.
Se ne rendeva conto solo in quel momento, aveva riservato odio ad una persona che, apparentemente, non lo meritava, una persona che, nonostante la loro rivalità e l’odio reciproco, aveva messo da parte l’orgoglio e gli aveva porto una mano nel momento del bisogno.
Era cresciuto sentendo parlare di questo bambino straordinario che era stato in grado, a solo un anno, di “sconfiggere” il Signore Oscuro. Era cresciuto sperando di poter diventare amico di una tale celebrità, era sempre stato abituato a vincere, ad ottenere ciò che desiderava e l’amicizia con una persona così famosa era un’ambizione troppo grande per uno come lui, tuttavia ricevere il suo rifiuto sul treno, sei anni prima, aveva riscritto tutti i suoi piani per il futuro. Dopo essere stato rifiutato, si era impegnato con tutto se stesso a mettergli i bastoni tra le ruote, per sconfiggerlo, per umiliarlo, per fargli “pagare” l’affronto che gli aveva fatto. Era stata una sfida aperta fin dal primo settembre del 1991. La loro rivalità era solo cresciuta nel tempo e nessuno dei due si era risparmiato colpi. Potter era riuscito ad umiliarlo in così tanti modi che Draco, semplicemente, non poteva ignorare ciò che erano stati e non riusciva a smettere di odiarlo nonostante ciò che l’altro stava facendo per lui. Odiava ancora Harry Potter con tutto se stesso, odiava quegli occhi verdi, profondi, pieni di speranza, odiava quei capelli spettinati, quegli occhiali tondi, quella dannata cicatrice. Odiava che l’altro avesse sempre una soluzione, il suo essere coraggioso di fronte ad ogni pericolo, il suo essere così eccessivamente buono, il suo essere gentile anche con uno come lui. Odiava essergli debitore, sapere di dovere la speranza per un futuro migliore a lui, il suo rivale storico. Odiava che lo avesse messo in quella posizione. Eppure… eppure per quanto potesse odiarlo, Potter era l’unico che gli aveva dato una scelta, una possibilità, un’occasione. Gli aveva porto la mano in un momento di disperazione e Draco, in preda alla paura, al terrore, allo sconforto, si era aggrappato a quella mano, cogliendo immediatamente quell’opportunità.
Mai avrebbe creduto che proprio la persona che più detestava nella scuola e nel mondo magico, potesse essere colui che lo avrebbe aiutato a non affogare nella disperazione. Aveva solo sei settimane per portare a termine la sua missione e gli sembrava che il tempo si fosse fermato all’istante in cui Potter gli aveva porto la mano. Quando si era rifugiato in quel bagno, per sfogare la sua rabbia, la sua disperazione, il suo dolore, credeva di essere spacciato, di non avere alcuna possibilità di salvezza, di essere solo. Invece Potter era arrivato e… lo aveva tirato fuori dal baratro. Si era offerto di aiutarlo e gli aveva offerto una possibilità, una chance di salvezza. E adesso, Silente lo aspettava nel suo ufficio per parlargli. Già, Potter lo aveva convinto a parlare con il preside della sua situazione – lo aveva letteralmente trascinato nell’ufficio del mago anziano di prima mattina – e lui si era offerto di aiutarlo, gli aveva detto di tornare alle lezioni abituali e di ritornare da lui nel pomeriggio, per l’ora del tè. Il Serpeverde era rimasto sbalordito da quell’atteggiamento, non credeva che potesse accadere davvero qualcosa del genere. Aveva passato la maggior parte delle ore di lezione a rimuginare su quanto accaduto la sera prima e quella mattina. Era tutto assurdo.
Le lezioni del pomeriggio erano appena terminate, non aveva altre lezioni, probabilmente il preside lo sapeva, per questo gli aveva detto di raggiungerlo a quell’ora. La speranza che lui potesse aiutarlo, era vera. Piton gli aveva detto più volte di lasciarsi aiutare, ma aveva sempre rifiutato. Poi era successo Potter e tutto era cambiato dall’oggi al domani. Il giorno prima era solo, in un bagno a disperarsi, credendo di non avere alcuna possibilità di uscire da quell’inferno, il giorno dopo andava da Silente per cercare aiuto. Folle, stupido, coraggioso. Gli tremavano le gambe, mentre percorreva il corridoio del sotterraneo e la sua mente era affollata di pensieri. E se il preside non avesse voluto aiutarlo? Se gli avesse detto che non c’era niente da fare per lui, che il suo destino era morire per mano del Signore Oscuro? No, quella mattina gli era sembrato molto disponibile nei suoi confronti, magnanimo, gentile. Non avrebbe lasciato un sedicenne allo sbaraglio, vero? Non lo aveva riempito di speranza, per poi abbandonarlo, vero?
La verità era che era terrorizzato, terrorizzato come solo un sedicenne davanti ad una minaccia di morte poteva esserlo. Aveva paura che Silente gli voltasse le spalle, che Voldemort scoprisse che aveva parlato della missione e che aveva accettato l’aiuto di Harry, che Voldemort arrivasse all’improvviso per ucciderlo o che uccidesse sua madre per punirlo, perché aveva fallito. Era preoccupato che Potter potesse rimangiarsi la parola o che potesse ridicolizzarlo davanti a tutta la scuola, dopo ciò che era successo… ma non era successo. Quella mattina erano arrivati insieme in Sala Grande, sotto gli sguardi sbigottiti di tutti presenti, gli amici di Harry lo avevano guardato interrogativo, fino a che non si era seduto accanto a loro. Aveva fatto in tempo a sentire Weasley chiedergli Amico, perché fraternizzi con Malfoy? Prima di andare a sedersi al tavolo della sua casa e domandarsi cosa fosse appena accaduto. Non aveva prestato ascolto ai suoi compagni di casa, a Pansy Parkinson che gli chiedeva come mai Potter fosse stato così gentile, né agli sguardi freddi di Blaise Zabini, non gliene importava niente di loro e preferiva continuare ad essere ignorato. Aveva rivisto Potter a Incantesimi, gli aveva rivolto un saluto gentile con la mano e poi lo aveva rivisto a Pozioni e il grifone gli era andato vicino per chiedergli se volesse lavorare in coppia con lui, dato che erano entrambi soli, ma Draco aveva rifiutato.
Il suo atteggiamento gli stava dando sui nervi. Perché doveva comportarsi così? Non aveva senso. Aveva accettato il suo aiuto, okay, ma non erano diventati improvvisamente amici, neanche se avevano dormito nella stessa stanza a poca distanza l’uno dall’altro, dopo che lui gli aveva permesso di sondare la sua mente. Non erano amici, mai lo sarebbero stati. Lui odiava Harry Potter e la cosa non sarebbe cambiata magicamente da un giorno all’altro. Era fermamente convinto che passate le sei settimane ed aver sventato l’arrivo dei Mangiamorte a Hogwarts, le cose sarebbero tornate esattamente come prima. Non sarebbe mai diventato amico di San Potter.
Raggiunse l’ingresso dell’ufficio del preside subito dopo la lezione di Pozioni di Lumacorno, mentre camminava, aveva sentito una strana presenza alle sue spalle, come se qualcuno lo stesse seguendo. Sperava davvero che non fosse Potter che lo seguiva in modalità invisibile con quel suo assurdo mantello, ma era sicuro che fosse lui, si era sentito seguito per mesi quell’anno, ormai aveva imparato a riconoscere il passo goffo e il respiro spezzato dell’altro, avrebbe potuto tranquillamente smascherarlo e dirgli di andare via, ma… era stranamente rassicurante sapere che volesse stargli accanto e volesse aiutarlo in quel momento, l’idea di essere solo lo aveva fatto ammattire per mesi e adesso che sapeva di potersi aggrappare a qualcuno, il suo animo era meno tormentato. Era dannatamente incoerente con se stesso, come poteva odiare Potter e allo stesso tempo sentirsi sollevato a causa della sua presenza? Non aveva senso e non capiva perché si sentisse in quel modo. Doveva trovare un senso a tutto quello.
Si fermò proprio davanti all’ingresso dell’ufficio e osservò la scala a chiocciola, esitante. Il preside gli aveva lasciato già il varco aperto, affinché non facesse dietro-front o qualcosa del genere. Forse quel vecchio mago conosceva gli studenti di quella scuola molto di più di quanto lasciasse immaginare. Era tutto assurdo e ancora non credeva alle proprie azioni, cosa stava facendo? Stava tradendo la sua famiglia? Suo padre? I Mangiamorte? Il Signore Oscuro? E cosa ne sarebbe stato di lui, dopo? Sarebbe morto tra atroci sofferenze, sicuro. Perché diamine aveva fatto una cosa del genere? Perché non aveva aggredito Potter con una maledizione senza perdono? Perché non aveva duellato con lui, quella notte, invece di aggrapparsi a lui? Non aveva bisogno di chiederselo, dentro di sé conosceva bene la risposta, ma era troppo orgoglioso per ammettere di avere un disperato bisogno di aiuto da parte sua.
Per un momento la sua mente ritornò all’estate, al marchio, alle torture e a tutto il resto e rabbrividì. Non voleva che succedesse di nuovo, non voleva essere torturato, non voleva essere violato in quel modo. Voleva solo sopravvivere e salvare sua madre, nient’altro. E forse Potter era la sua scelta migliore in quel momento.
Cosa gli era saltato in mente, la sera prima? Confidarsi, aprirsi in quel modo, accettare l’aiuto di una persona che detestava... eppure, gli aveva dato qualcosa che da mesi interi – forse anche un anno – non faceva più parte della sua vita: la speranza. Fin da quando Voldemort era tornato e suo padre era tornato al servizio di quell’uomo malvagio, la sua vita era diventata un inferno e da quando Lucius era stato arrestato, dopo aver fallito la missione riguardante la profezia… tutto era peggiorato e caduto in malora. Lui e sua madre, per colpa di Bellatrix, erano diventati due marionette nelle mani di Voldemort. La sua vita perfetta, di cristallo, era precipitata in un cumulo di melma indistinta. L’enorme Manor in cui aveva vissuto per una vita intera, che era stato frequentato da persone importanti, in cui si erano celebrate le migliori feste, i migliori banchetti… improvvisamente era diventato un luogo tetro, frequentato da Mangiamorte e maghi oscuri, il quartier generale di un gruppo di megalomani che seguivano un folle e lui si era ritrovato a pagare per le colpe di suo padre. Quel marchio sul braccio bruciava ancora e la paura era parte di lui da ormai quasi un anno.
E adesso… si era alleato con Harry Potter. Assurdo.
«È già ora?» chiese la voce di Potter, la sua testa spuntò dal nulla, facendolo sobbalzare.
«Potter!» esclamò Draco, voltandosi verso di lui, scioccato «Sei impazzito? Vuoi uccidermi tu?» chiese, portandosi una mano all’altezza del petto «Mi hai fatto venire un colpo!»
«Scusa, non volevo spaventarti» disse Harry, mortificato «Vuoi che ti accompagni dentro, da invisibile?» gli chiese guardandolo in un modo strano, un modo che Draco davvero non sapeva spiegarsi. Lo osservò per qualche istante, Potter aveva quello sguardo determinato che aveva sempre quando si trattava di qualcosa di importante, quello sguardo pieno di quel qualcosa che lo rendeva “Potter” a tutti gli effetti, che riusciva a infondere sicurezza e speranza. Aveva sbagliato metro di giudizio per tutta la vita, ma forse aveva tempo per rimediare ai suoi errori, per rivalutare il suo pensiero sulle persone che fino a quel momento aveva insultato e aveva denigrato. Forse era ancora in tempo per rimediare.
Avrebbe davvero voluto essere accompagnato, ma era una sfida che doveva affrontare da solo, doveva parlare con Silente e spiegargli ogni cosa e sperare che il preside decidesse davvero di aiutarlo, come diceva Potter. Stranamente, si fidava di lui e delle sue parole, ma non si fidava altrettanto del preside.
«No, devo farlo da solo» disse con decisione.
Il moro annuì e lo guardò con determinazione «Ti aspetterò qui, allora» promise. Si tolse il mantello e lo nascose nella borsa che si portava sempre dietro. Il Serpeverde lo guardò perplesso per qualche istante, ma poi annuì. «Buona fortuna».
Draco lo ringraziò e raccolse il poco coraggio che aveva e salì le scale, lanciò un ultimo sguardo a Potter, che gli rispose con un enorme sorriso d’incoraggiamento e si convinse ad avanzare. Salì la scala a chiocciola e raggiunse l’ufficio del preside, mentre l’enorme gargoyle chiudeva l’ingresso, dopo il suo passaggio. L’uomo anziano lo attendeva già lì insieme al professor Piton. Che significava quello? Deglutì, guardandosi intorno e tremò leggermente. Che Silente avesse parlato con Piton, il quale aveva rivelato tutto al Signore Oscuro? Stava per morire già? Ma Piton doveva proteggerlo, giusto? Aveva pronunciato il Voto Infrangibile, non poteva avergli teso una trappola, vero? Si immobilizzò e fu tentato di tornare indietro, fuggire da lì e nascondersi sotto al mantello di Potter e non uscirne mai più, avrebbe potuto funzionare, no?
«Vieni, Draco, accomodati» disse Silente, distogliendolo dai suoi pensieri «Abbiamo molto di cui discutere».
Il ragazzo annuì, incerto, spaventato e confuso ed avanzò all’interno della stanza, sentendosi sopraffatto da tutto il resto. Non aveva idea di cosa Silente gli avrebbe detto e l’incertezza lo rese ancora più insicuro. Si ritrovò davanti alla scrivania del preside e attese con ansia il suo destino.
 


 
Harry Potter detestava Draco Malfoy fin dal primo giorno in cui lo aveva visto. Aveva capito che il biondo sarebbe stato una spina nel fianco fin da quando lo aveva visto la prima volta, mentre si faceva misurare la divisa da Madama McClan con la sua aria da snob. Aveva detestato Malfoy con tutto se stesso, lo aveva definito uno dei suoi peggiori rivali scolastici, era sempre pronto a mettergli i bastoni tra le ruote, a denigrare ciò che faceva, a dargli del filo da torcere sul campo da Quidditch e durante le lezioni, lo aveva sempre considerato un odioso, spocchioso figlio di papà che non sapeva neanche cosa significasse vivere un incubo ogni singolo anno della propria vita… fino a che non aveva visto chi era davvero Draco Malfoy: un suo coetaneo, spaventato dal mondo esterno, esattamente come lui. Un suo coetaneo che aveva vissuto un vero e proprio inferno, prima di tornare a scuola.
Rabbrividì al pensiero del volto devastato di Draco nell’ultimo ricordo che aveva visto, le sue lacrime quando era stato costretto a torturare sua madre, il suo dolore quando era stato torturato e punito, la sua sofferenza quando avevano abusato di lui.
Dopo aver scoperto la verità sulla sua terrificante estate, aveva un’opinione diversa di lui. Non credeva che il biondo fosse cambiato o altro, si era semplicemente reso conto che avesse bisogno di aiuto, di protezione e lui gli aveva offerto una possibilità, in fondo era un suo coetaneo che aveva vissuto l’inferno e neanche uno con la fama di bullo di Malfoy meritava una cosa del genere. Gli dispiaceva per lui. Non era giusto che avesse vissuto tutto quello, aveva solo sedici anni… Lui, più di altri, poteva capire ciò che aveva passato Draco. Lui era vittima degli abusi dei Dursley fin da quando era un bambino…e neppure loro, per quanto fossero orribili, erano stati tanto crudeli come lo era stato Voldemort con Draco. Sapeva cosa significasse vivere un inferno, ma niente di quello che aveva vissuto lui fino a quel momento, neanche la sua terribile infanzia con i Dursley era paragonabile a quell’incubo che Malfoy aveva vissuto quell’estate.
Forse era vero, forse era troppo ingenuo, forse si stava lasciando trasportare come al solito dal suo buon cuore, dalla sua indole Grifondoro che voleva salvare sempre tutti… ma sapeva di aver fatto la cosa giusta. Se c’era una cosa che Sirius gli aveva insegnato, prima di morire, era proprio questa: riuscire a riconoscere che il mondo non fosse diviso in persone buone e Mangiamorte. I Mangiamorte erano crudeli. Draco Malfoy era un Mangiamorte, ma era stato costretto ad esserlo, in seguito a torture fisiche e psicologiche. Non poteva essere ritenuto colpevole di quello, anche lui, che lo detestava dal primo giorno in cui lo aveva visto, l’aveva capito.
E adesso… adesso era preoccupato per il biondo. Avevano passato una nottata assurda e quella mattina erano andati da Silente, il quale aveva detto a Draco di andare da lui. Harry aveva provato a ronzare attorno al Serpeverde, per capire se sapesse già qualcosa, ma il biondo lo aveva respinto e non aveva fatto trapelare alcuna emozione, se non sincero fastidio nei suoi confronti. Harry non sapeva come interpretarlo, inoltre si era guadagnato gli sguardi stupiti di Hermione e di Ron, che non avevano capito il suo strambo atteggiamento nei confronti del Serpeverde. Non aveva ancora parlato con loro di quanto accaduto, non ne aveva avuto il tempo, a colazione aveva eluso le loro domande, durante la giornata erano stati troppo presi dalle lezioni e non avevano avuto modo di parlare – Harry neanche aveva cercato il modo per farlo, in realtà – e poi subito dopo il pranzo e la lezione di Pozioni, aveva seguito Draco che andava da Silente. Si sentiva strano a riguardo, non sapeva che cosa fare, sapeva cosa avrebbero detto i suoi amici: che era un folle, ingenuo, che vedeva il buono in tutti. Il problema era quello: non aveva visto del buono in Malfoy, non si era tramutato improvvisamente nel suo migliore amico, aveva semplicemente visto una persona in difficoltà e aveva provato ad aiutarla, nonostante questa fosse Draco Malfoy. Ron non lo avrebbe capito e detestava pensare che il suo migliore amico potesse litigare di nuovo con lui, come durante il quarto anno. Aveva odiato non avere Ron al suo fianco, durante le prime fasi del torneo Tremaghi, non voleva rivivere quel periodo, ma sapeva anche che non sarebbe tornato indietro: non avrebbe abbandonato Malfoy, non si sarebbe rimangiato la parola, aveva visto già troppa sofferenza nei suoi ricordi, non voleva che rivivesse quel dolore. Lui non si rimangiava le promesse, aveva giurato che lo avrebbe aiutato e neanche i suoi migliori amici gli avrebbero fatto cambiare idea.
Non capiva però, perché si sentisse così preoccupato per lui, era Malfoy. Eppure, non poteva smettere di sentirsi così. Draco si era fidato di lui, gli aveva mostrato tutti i suoi segreti e i suoi incubi e lui non poteva che ricambiare quella fiducia, cercando di aiutarlo a superare le difficoltà che aveva davanti. Voleva sostenerlo e l’avrebbe accompagnato anche dinanzi al preside, se l’altro avesse voluto. Era entrato da solo e rispettava la sua scelta, ma voleva sapere cosa si stavano dicendo, sperava che Malfoy gli dicesse tutto, una volta uscito.
Attese lì fuori, che Draco uscisse dall’ufficio di Silente, osservò gli studenti che gli passavano accanto e lo guardavano in modo strano, come se avesse qualcosa di buffo. L’ultimo periodo era stato assurdo. Aveva quasi mollato il Quidditch per seguire Malfoy e scoprire il suo sporco segreto e… quando l’aveva scoperto, era rimasto scioccato, così tanto che aveva offerto aiuto e protezione al suo acerrimo rivale scolastico. Era più facile fronteggiarlo e prenderlo a pugni, che offrigli aiuto, Draco era restio, scontroso… e lui non era da meno, anche se stava provando a comportarsi in modo differente. Entrambi orgogliosi, entrambi privi di fiducia reciproca, entrambi carichi di un odio che avevano provato fin dal primo momento in cui si erano visti. Ma era stato davvero odio o era stato tutto parte di un enorme copione che entrambi avevano dovuto seguire? Un copione antico quanto tutta Hogwarts: Serpeverde contro Grifondoro, ma loro erano lì per cambiare le carte in tavola, collaborare tra di loro e dimostrare che se due nemici avessero unito le forze, contro un nemico ancora più forte… beh, avrebbero potuto vincere.
Sì, Malfoy era stato uno stronzo, su questo non c’erano dubbi, gli insulti che aveva elargito a quelli che riteneva “inferiori” a lui, erano solo un esempio di quanto fosse stato una pessima persona, ma adesso… lo vedeva sotto un’altra luce. Come se fosse stato costretto a recitare la parte dello stronzo, perché cresciuto in quella famiglia, dove era stato torturato da sua zia con una maledizione senza perdono, affinché prendesse un marchio che lui non voleva. Stava iniziando a vedere le cose sotto una prospettiva diversa e a lasciarsi alle spalle ogni pregiudizio che aveva nei confronti del biondo, non era facile, ma ci stava provando.
Restò lì, ad attenderlo, fino a che non vide il biondo uscire dall’ufficio del preside con il volto sconvolto. Qualcosa non andava, ne era certo.
 


 
Draco si era seduto davanti al preside, era rimasto in silenzio a torturarsi le mani leggermente umidicce per il sudore, causato dalla preoccupazione e cercò di guardare ovunque tranne l'uomo davanti a sé. Osservò l’immensa fenice di Silente, che sonnecchiava sul suo trespolo, era meravigliosa. Le fenici erano creature affascinanti, aveva letto un sacco sull’argomento, quando era piccolo aveva persino chiesto a suo padre di poterne avere una tutta per sé, ovviamente Lucius Malfoy aveva rifiutato, ma in compenso gli aveva fatto avere una Guferia personale, con almeno quattro gufi, tre civette, due barbagianni e un falco, dicendogli che invece di una sola fenice, aveva avuto più di dieci uccelli diversi. Quello era il modo di Lucius di fargli capire che, anche se non poteva esaudire una sua richiesta esplicita, avrebbe trovato comunque il modo di regalargli qualunque cosa. Draco si era sempre vantato di questo, che cosa se ne faceva di una sola fenice, quando aveva tutti quegli altri volatili? Eppure… eppure una sola fenice era superiore a tutti gli altri, non era importante il numero, ma la qualità. Per Lucius, invece, era sempre stato il contrario. Draco era cresciuto in quel modo, con quegli insegnamenti, forse era per questo che adesso si trovava in quella situazione…
«Come ti senti, Draco?» gli chiese Silente, interrompendo i suoi pensieri senza senso; smise di guardare la fenice e tornò a torturarsi le mani fissandole, invece di alzare lo sguardo sui due uomini davanti a sé. Tremava quasi, ma non lo avrebbe mai ammesso… forse avrebbe dovuto accettare la proposta di Potter, adesso che ci pensava.
«Uhm… confuso» rispose il ragazzo, senza alzare lo sguardo.
«E perché ti senti così? Ne vuoi parlare?» chiese il preside con tono mellifluo. Draco alzò lo sguardo sul mago, sentendosi preso in giro. Che diavolo significava quella domanda? Perché era confuso? Aveva anche il coraggio di porgergli quella domanda?
«Mi sta prendendo in giro, non è vero?» chiese il Serpeverde, il mago anziano lo guardò accigliato «Le ho raccontato tutto e lei mi fa questa domanda?» domandò ancora.
«Per ora, Draco, voglio che mi parli con sincerità di come ti senti» disse con tono accomodante Silente «Poi parleremo della tua singolare missione e di quello che faremo d’ora in poi» spiegò brevemente «Può interessarti?» il biondo annuì, sentendo che una possibilità per lui c’era. Non aveva creduto davvero che fosse tutto vero fino a quel momento, Silente sembrava davvero intenzionato ad aiutarlo, ma sarebbe stato disposto ad aiutare anche sua madre, come gli aveva promesso Potter? «Molto bene allora, parliamo» concluse. A quel punto, fece comparire tre tazze di tè sul tavolo e Draco fu tentato di rifiutare, temendo che ci fosse del Veritaserum in una di esse, ma cercò di fidarsi e di mandare giù almeno un paio di sorsi di quella bevanda calda, solo per rilassare un po’ i nervi, ne aveva davvero bisogno. Poi iniziò a parlare: raccontò di nuovo al preside di Voldemort, del marchio, delle torture che aveva subito, delle minacce che gli erano state fatte – ma non riuscì a rivelare nulla delle violenze fisiche – poi gli disse dei suoi tentativi di ucciderlo con la collana e l’idromele avvelenato, che non erano andati a buon fine, confessò l’uso della maledizione Imperius e di aver aggiustato l’Armadio Svanitore, disse anche che era quasi giunto all’ultimazione della sua riparazione. Riuscì davvero a parlare liberamente, mentre l’anziano mago lo ascoltava insieme a Piton, che annuiva alle sue parole, confermando – suo malgrado – di sapere ogni cosa. Draco era turbato dalla presenza del professore, sapeva che era un infiltrato a Hogwarts per conto di Voldemort, sapeva che aveva pronunciato il Voto Infrangibile con sua madre – quindi in teoria non avrebbe potuto usare quella conversazione contro di lui – eppure… Silente si fidava troppo di lui, forse c’era sotto qualcosa che solo il preside sapeva e di cui lui non era ancora a conoscenza. Avrebbe dovuto indagare sulla faccenda o farsi gli affari propri? Forse era meglio ascoltare ciò che il vecchio aveva da offrirgli e cercare di salvarsi la vita, poi affrontare la questione “Piton”. Magari ne avrebbe parlato con Potter.
«Sono sorpreso, Draco» disse Silente, quando lui finì il suo discorso «Non avrei mai creduto che tu potessi venire qui, a raccontarmi tutto e ad accettare il mio aiuto» Piton annuì a quelle parole, già, aveva sempre rifiutato l’aiuto del suo professore, perché era convinto di dovercela fare da solo, di dover superare ogni cosa da solo, di dover portare a termine la missione da solo, perché in fondo era sempre stato solo, perché era stato scelto, era questo che si ripeteva, per nascondere nei meandri della sua mente tutto ciò che aveva subito quell’estate, perché non voleva rivivere nulla.
«Prima che io accetti…» il ragazzo deglutì «L’ho detto anche a Potter… io non farò nulla, se non… se non salviamo anche mia madre». Il ricordo di ciò che le avevano fatto davanti ai suoi occhi, quando si era rifiutato di prendere il marchio fece male, gli fece pizzicare gli occhi. Era tutta colpa di suo padre, se sua madre era in quella situazione, se rischiava la vita in quell’enorme casa, da sola con un mucchio di Mangiamorte, era solo colpa di Lucius.
«Ovviamente, a tempo debito salveremo anche lei» promise Silente «Te lo prometto».
Draco annuì, fidandosi delle sue parole. Anche Potter gliel’aveva assicurato, non sapeva per quale motivo, ma si fidava di più di Potter che di Silente, ma la conferma da parte del preside, lo fece sentire sollevato. Almeno non sarebbero stati da soli, in tutta quella faccenda.
«Ho un compito speciale per te, Draco» il ragazzo sussultò, quelle parole gli ricordarono terribilmente Voldemort e dovette sforzarsi con tutto se stesso per scacciare dalla sua mente quel volto serpentesco e quella voce sibilante «Severus dice che sei un ottimo Occlumante».
«Il migliore, dopo di me» confermò il professore di Difesa. Il biondo annuì immediatamente, era davvero un bravo occlumante, aveva dovuto imparare a schermare la mente quando aveva solo quattordici anni. Suo padre aveva sempre avuto il brutto vizio di usare la Legilimanzia su di lui e… durante l’estate tra il terzo e il quarto anno, aveva fatto delle… singolari scoperte su se stesso. Durante le vacanze, aveva avuto una breve relazione con un ragazzo. Suo padre lo aveva quasi scoperto, quando era entrato nella sua mente, ma lui era riuscito a respingerlo. Così, mentre era in vacanza, si era documentato sulla Legilimanzia e sull’Occlumanzia e aveva iniziato a studiare assiduamente, fino a che, con la fine del quarto anno, dopo essersi preso una mostruosa cotta per Viktor Krum ed aver pomiciato con un ragazzo di Beauxbatons, aveva imparato a chiudere la mente. Si era perfezionato nel corso dei mesi, e quando Bellatrix si era stabilita a casa sua e aveva provato a sondare la sua mente “per divertimento” era riuscito a respingerla. La sua mente era oscura a chiunque tentasse di accedervi, ma aveva capito di essere davvero bravo quando era riuscito a respingere Voldemort, la prima volta che lo aveva visto a casa sua e il mago aveva provato a sondare la sua mente, apparentemente senza motivo.
Piton, all’inizio dell’anno, aveva provato a leggergli la mente, ma non ci era riuscito, Draco aveva respinto anche lui, nonostante avesse provato più di una volta a cercare di infrangere la sua barriera.
«La-La ringrazio» balbettò il ragazzo, arrossendo appena.
«Per ora, Draco, per non far sospettare nulla ai seguaci di Voldemort, continuerai a riparare l’armadio, okay?» lui annuì «E nel frattempo, voglio che insegni ad Harry l’Occlumanzia».
«Cosa? Io dovrei… insegnargli l’Occlumanzia?» chiese stupito, il preside annuì «Perché io?»
«Perché io non ci sono riuscito» intervenne Piton «Io e Albus siamo del parere che più riusciamo a tenere il Signore Oscuro fuori dalla mente di Potter, più potremo studiare un piano efficace per sconfiggerlo».
Draco deglutì, ma annuì. Poteva farlo, non gli sembrava una missione così impossibile, sempre meglio di far entrare un esercito di pazzi nella scuola e uccidere il preside, ecco. Sentiva che ci fosse qualcos’altro sotto, ma per il momento decise di non indagare oltre. Gli andava bene così, aveva la parola di Silente che avrebbero salvato sua madre, poteva fare quello che gli veniva chiesto… quanto sarebbe stato difficile per lui, insegnare una cosa a Potter?
Perché poi non riusciva a respingerlo da solo? Aveva sempre sconfitto il Signore Oscuro in quegli anni, come poteva non riuscire a scacciarlo dalla sua mente?
«Posso farlo» rispose il ragazzo.
«Bene» replicò il preside «Allora, per ora puoi andare, ci rivediamo tra un paio di settimane, per parlare dei progressi di Harry».
«Tutto qui?» chiese, aspettandosi il trucco da un momento all’altro «Non… vuole che faccia altro?»
«Sono sicuro che le lezioni che darai ad Harry saranno preziose per la missione, oserei dire illuminanti».
Il ragazzo annuì, restando comunque un po’ perplesso e ringraziò il preside per l’aiuto e Piton per aver continuato a mantenere la promessa fatta a sua madre all’inizio dell’anno. Avrebbe salvato sua madre e se stesso da quel mostro e avrebbe aiutato Potter nel farlo, andava bene così.
Quando uscì da lì, si stupì di vedere Potter ancora lì, in piedi e con un’espressione stranita sul volto. E la realizzazione della realtà lo colpì come un macigno: avrebbe insegnato l’Occlumanzia a Potter, ciò voleva dire che avrebbe passato molto tempo con lui. Sarebbero riusciti a farlo, senza scannarsi a vicenda?
«Ehi, allora?» chiese Harry «Come è andata? Che ti ha detto?»
«È andata bene, credo» rispose, sentendosi ancora un po’ frastornato «Non crederai mai a ciò che mi ha chiesto di fare».
«Cosa?»
«Insegnarti l’Occlumanzia».
«Co-cosa?» chiese Harry, spalancando gli occhi «Oh no, non succederà mai!»
Draco ghignò e annuì con aria sorniona. Avrebbe scoperto tutti gli sporchi segreti del suo più acerrimo rivale, era un’occasione succulenta per prendersi un po’ gioco di lui e alleggerire la tensione pesante presente nelle vite di entrambi. Anche se la sua parte buona gli suggeriva di non usarla contro di lui, di non umiliarlo in pubblico. Non era di certo sua intenzione umiliare pubblicamente la persona che avrebbe salvato lui e sua madre da un folle assassino, non era così stupido, ma si sarebbe divertito a farlo impazzire.
«Oh sì, invece sarà divertente» lo guardò con sfida «Paura, Potter?»
Harry alzò gli occhi al cielo, ma ghignò a sua volta. Se Silente aveva chiesto a Draco una cosa del genere, voleva dire che era solo per il bene del mondo magico, per sconfiggere Voldemort. L’avrebbe fatto, ma ciò non gli avrebbe impedito di sfidare, ancora una volta, il suo (ex) rivale. «Ti piacerebbe» rispose «Sarà un piacere respingerti e scovare altri dei tuoi ricordi» lo sfidò a sua volta. Restarono a fissarsi per qualche istante, c’era una strana elettricità tra di loro. Un Tassorosso passò accanto a loro e sussultò, credendo che stessero per picchiarsi come loro solito.
«Che hai da guardare tu?» chiese il Serpeverde al ragazzino, voltandosi verso di lui «Torna nella tua Sala Comune prima che ti tolga dei punti». Il nuovo arrivato sussultò ancora, scosse la testa e, senza dire nulla, andò via, scappò.
«Devi per forza essere così stronzo?»
«Fa parte del mio fascino».
Harry alzò gli occhi al cielo, pentendosi già di aver accettato il piano di Silente. Cosa gli impediva di entrare come una furia nell’ufficio del preside e dirgli che non avrebbe mai imparato l’Occlumanzia da Malfoy? Ovvio, il suo senso di responsabilità verso il mondo magico.
«Come ti pare» sospirò il moro scuotendo la testa «Allora, come ci organizziamo?» chiese «Quando ci vediamo?»
«Sei già impaziente di passare il tuo tempo con me?» chiese Draco di rimando «Beh, potremmo iniziare sabato mattina alle dieci» propose con aria pensierosa «Vedere come va e organizzarci di conseguenza».
Harry annuì «Sì, per me va bene» rispose immediatamente «Ci organizzeremo man mano».
Il biondo fu d’accordo e i due si strinsero la mano, segnando l’inizio di una nuova collaborazione, che avrebbe portato a grandi cose. Dalla cima della scala a chioccola, Piton li osservò e scambiò uno sguardo d’intesa con Silente alle sue spalle.
Il fato di quella battaglia contro le forze del male era appena stato riscritto.
 


 
Fronteggiare Malfoy in preda ad un crollo psicologico era stato più facile per Harry, che affrontare gli sguardi carichi di disprezzo dei suoi migliori amici, paradossalmente. Con lui, un rifiuto sarebbe stato più che logico, con loro… faceva male. Harry non riusciva a capire perché stessero reagendo in quel modo. Ron non faceva che sbraitare, dicendo cose senza senso, Hermione si limitava a guardarlo in silenzio, come se meditasse sulla faccenda. E il cattivo umore del prescelto aumentava, perché aveva provato a spiegare loro ciò che aveva provato, quando l’aveva visto in quello stato – io lo avrei aggredito, altroché così impara ad essere uno stronzo epocale! – aveva sbraitato il rosso, quando Harry aveva provato a spiegare la situazione usando le parole di Sirius che lo avevano guidato nella sua scelta, il suo amico aveva detto che quello era un cumulo di baggianate, che Malfoy stava inventando tutto e che stava cercando di ingannarlo. Hermione persisteva a restare in silenzio. La Sala Comune di Grifondoro era in tensione, alcuni studenti erano tornati nei loro dormitori per non assistere alla discussione tra i tre ragazzi, altri erano lì, con il fiato sospeso ad attendere l’esito di essa. Harry aveva raccontato ciò che era accaduto a somme linee, aveva dato solo poche informazioni necessarie, affinché i suoi amici potessero capire le sue motivazioni, aveva parlato della sera precedente, raccontando di averlo trovato nel bagno in lacrime perché aveva una serie di problemi personali, legati soprattutto a suo padre e a Voldemort e che era disposto a collaborare con lui come alleato, mettendo da parte le ostilità. Non aveva voluto rivelare nient’altro perché lo sapeva, Draco non avrebbe preso bene una cosa del genere, anzi l’avrebbe vista come un tradimento e avrebbe messo fine alla loro collaborazione e non si sarebbe fidato più di lui.
«Ragazzi…» li chiamò, cercando di restare calmo almeno lui «Se ascoltaste quello che sto cercando di dirvi…»
«Sei impazzito!» sbottò Ron, interrompendolo «È evidente che Malfoy ti ha fatto qualche maledizione, altrimenti non parleresti così! Non puoi aver promesso aiuto a quel… vile!» esclamò «Fino a ieri dicevi che era il male assoluto, un Mangiamorte senza cuore!» aggiunse «Credevi volesse distruggere la scuola, che tramasse qualcosa per conto di Voldemort e ora vuoi che crediamo a quest’assurdità?» chiese con giusta ragione il rosso. Harry lo sapeva che il suo atteggiamento era… piuttosto contradditorio, ma aveva una buona ragione, lui aveva visto, Ron no.
«Ron, tu non lo hai visto, okay? Era disperato e…» tu non hai visto quello che ha passato «Smettila di fare il bambino, tutti possono cambiare idea e ogni alleato contro Voldemort è un buon alleato, soprattutto uno che conosce persone che sono vicine a Lui!» esclamò il moro.
«Non possiamo fidarci di uno come Malfoy, Harry!» esclamò il rosso, guardando il suo migliore amico, cercando di farlo ragionare. Harry sbuffò alzando gli occhi al cielo, scosse la testa e provò a ribattere, ma l’altro non gliene diede il tempo «Non puoi collaborare con lui! E se ti mettesse in collegamento con Voldemort mentre “ti insegna l’Occlumanzia”?» chiese, simulando con le dita le virgolette «Ci hai pensato, sì o no?»
«Ron, basta!» fece Harry alzando la voce «Aiuterò Malfoy e mi farò insegnare l’Occlumanzia da lui, farei di tutto per impedire che una cosa, come quella che è accaduta l’anno scorso a Sirius, accada di nuovo, d’accordo?»
«Ma è Malfoy, Harry!» esclamò Ron esasperato «Ti ricordi chi è suo padre? Un maledetto Mangiamorte!» esclamò «E fino a ieri credevi che Malfoy stesso fosse un Mangiamorte, ci hai dato il tormento con questa storia per tutto l’anno!» ribadì «Non posso credere alle mie orecchie!»
«Oh certo che lo so! Lucius Malfoy è un Mangiamorte perché ha scelto di esserlo! Draco invece è innocente, non ha fatto niente a nessuno!»
«Draco! Adesso lo chiama anche per nome!» esclamò Ron, alzando gli occhi al cielo esasperato, Harry fece per replicare, ma l’altro incalzò. «E poi ha cercato di uccidermi! L’idromele era suo, tu eri il primo a sospettare di lui e a dire che fosse come suo padre!» continuò ad inveire «Cosa è cambiato adesso? Credi che abbia smesso di essere stronzo?»
«Non ha mai cercato di uccidere te, idiota! E no, non ha smesso di essere stronzo, ma Ron, per le mutande di Merlino, ha bisogno di aiuto e io glielo darò, non ho bisogno della tua benedizione, ti stavo solo mettendo al corrente dei fatti!»
«Io ci rinuncio» fece il rosso, scuotendo la testa «Hermione, digli tu qualcosa, vedi se riesci a farlo ragionare».
«Cosa dovrei dirgli, Ron?» chiese la ragazza, incrociando le braccia al petto «È evidente che Harry ha preso a cuore la faccenda. Non gli faremo cambiare idea urlandogli contro» osservò lei. Il moro annuì, ringraziandola con lo sguardo.
«Cosa succede? Che ha Ron da urlare?» chiese Ginny avvicinandosi a loro. Indossava la divisa del Quidditch. C’erano degli allenamenti di cui non ricordava l’esistenza? Oh no, la partita finale della stagione si sarebbe giocata quel sabato, maledizione, se ne era completamente dimenticato. Questo avrebbe solo peggiorato gli animi di tutti quanti, avrebbe fatto meglio a stare zitto, probabilmente.
«Harry collaborerà con Malfoy» rispose Hermione, brevemente «Ron non l’ha presa bene».
La rossa si voltò verso Harry con un’espressione indignata, a dir poco arrabbiata, come se Harry gli avesse appena ucciso il gatto e tutta la famiglia in una sola volta. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, aspettandosi una reazione simile a quella di Ron. Dopotutto, erano fratelli.
«No» fece Ginny «Non puoi collaborare con lui, Harry!» esclamò «Ancora Malfoy?» chiese «Non ne hai abbastanza? È tutto l’anno che continui a parlare di lui e dire che secondo te, trama qualcosa… e ora vuoi aiutarlo? Ti ha fatto qualche maledizione?»
«Sto benissimo, Ginny, ne abbiamo parlato anche con Silente».
«Silente è d’accordo con questa follia?» chiese lei, allibita. Harry annuì. «Ma hai presente chi è? Cerca di sabotarci ogni anno!» esclamò ancora una volta. La sua voce si alzava man mano di un’ottava e Harry, dopo aver discusso con Ron, iniziava ad esaurire la pazienza.
«Sì, Ginny, lo so chi è, ma-»
«Non puoi collaborare con lui!» sentenziò lei, senza voler sentire ragioni. Harry alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. La situazione stava diventando ingestibile, sperava che almeno lei potesse essere ragionevole come Hermione, invece no. Anzi, stava solo sbraitando e arrabbiandosi senza dare motivazioni valide e senza permettergli di parlare.
«È una persona orribile, vile! È un codardo e… non pensi a Hermione e a tutto quello che ha subito a causa sua?» chiese, mentre Ron annuiva dando ragione alla sorella «Non pensi a tutte le volte che ha insultato me o Ron?» domandò ancora «E a tutte le volte che ti ha dato il tormento?»
Harry sbuffò, annuendo. Certo che aveva pensato a quelle cose, certo che aveva riflettuto bene, ma… dopo quello che aveva visto nei suoi ricordi, non riusciva più a considerarlo solo come la serpe che aveva conosciuto. Certo, non si fidava completamente di lui, né gli avrebbe affidato la sua vita, ma non poteva tirarsi indietro. «Perché poi dovresti fare una cosa del genere?» chiese in aggiunta la rossa.
«Perché è nei guai e io non potevo lavarmene le mani» disse brevemente, lei assunse un’espressione stranita alla notizia, sembrava che volesse esplodere da un momento all’altro.
«Malfoy non è la mia persona preferita» intervenne Hermione, in soccorso del suo migliore amico «Ma se ha accettato l’aiuto di Harry vuol dire che è davvero nei guai. Non sono completamente d’accordo con questa storia, ma Harry è il mio migliore amico… se ha bisogno del mio supporto, lo avrà tutto» disse lei «Qualcuno dovrà pur guardargli le spalle, se Malfoy si rivelerà una fregatura».
«Grazie».
«Voi siete pazzi, io mi tiro fuori da questa follia!» esclamò Ron, uscendo dalla Sala Comune per raggiungere il dormitorio. Ginny gli rivolse un’occhiata contrariata e scosse la testa, seguendo il fratello. Harry sbuffò, sospirando pesantemente, si sedette sul divano e si prese la testa tra le mani, esasperato. Sapeva che con lui sarebbe finita così, il rosso non era mai stato molto propenso all’apertura mentale, doveva prima elaborare bene ogni cosa, prima di accettare definitivamente una situazione nuova e apparentemente sfavorevole per lui, ma non si aspettava una reazione così da Ginny, sperava che almeno lei fosse dalla sua parte. Harry capiva il motivo per il quale i suoi amici stavano reagendo in quel modo, sapeva che sarebbe stato difficile convincerli ad accettare la collaborazione con Draco. Il fatto era che lui aveva deciso di offrire una possibilità al Serpeverde, perché aveva visto il dolore sul suo viso e lo aveva sentito su di sé, prima di decidere, effettivamente, di aiutarlo. Lui aveva visto con i suoi occhi ciò che Draco aveva vissuto e questo lo aveva spinto a fare ciò che aveva fatto. Hermione sembrava essere stata più ragionevole, ma anche lei nutriva ancora dei dubbi; Harry avrebbe voluto sfatarli tutti nell’immediato, ma sapeva che ci sarebbe voluto tempo. Neanche lui si fidava ancora completamente dell’altro e l’idea di doversi far aiutare con l’Occlumanzia lo terrorizzava. Con Piton era stato terribile e umiliante, probabilmente con Malfoy sarebbe stato peggio, ma non poteva tirarsi indietro, sapeva di aver bisogno di aiuto, sapeva di aver bisogno di qualcuno che lo aiutasse a schermare la mente, perché se non lo avesse fatto, quello che era successo all’Ufficio Misteri l’anno precedente sarebbe ricapitato. Voldemort sarebbe riuscito di nuovo a mandargli una visione falsa e a trarlo in inganno, come quando lo aveva attirato al Ministero, facendogli credere che il suo padrino fosse in pericolo. E Harry non poteva permettere che un’altra cosa del genere potesse accadere, non voleva perdere nessun altro. I suoi amici erano le persone più importanti per lui, erano la famiglia che non aveva mai avuto e non avrebbe mai corso il rischio di perdere qualcun altro, non se aveva il modo per impedirlo e se questo dipendeva dal farsi aiutare da Malfoy, beh… si sarebbe fatto aiutare, anche se Ron era contrario. Non aveva bisogno del suo permesso, gli avrebbe fatto piacere avere il suo supporto, ma non poteva obbligarlo e poi… conosceva il suo migliore amico, appena avrebbe capito che quella fosse l’unica chance che avevano per vincere quella battaglia, si sarebbe unito a lui, come sempre, e l’avrebbe spalleggiato. Doveva solo dargli il tempo di metabolizzare la notizia.
Hermione, invece, si sedette accanto a lui e lo guardò in silenzio, appoggiandogli una mano sulla spalla per confortarlo.
«Passerà ad entrambi, tranquillo» lo rassicurò «Ne sono certa».
«Grazie Hermione» mormorò, appoggiando la testa sulla spalla della sua migliore amica, era rassicurante avere almeno lei al suo fianco.
Non osava immaginare come avrebbero reagito gli altri, quando avrebbe detto loro che quel sabato avrebbe avuto la prima lezione di Occlumanzia.


 

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eccoci con il primo appuntamento ufficiale con il primo capitolo della prima parte di questa storia! Okay, possiamo anche dire "primo episodio della prima stagione" LOL Btw, eccoci! :D
La mente di Silente quando Draco gli dice che Harry gli ha offerto aiuto: MILLEMILA PUNTI A GRIFONDORO! Perché tanto, si sa, i Grifondoro ricevono punti sempre, anche quando Harry cade e si sbuccia il ginocchio.
Scherzi a parte, che ve ne pare? EEEEH?
Silly la sa lunga e dice a Dracuccio di insegnare l’occlumanzia a Harry, così da scoprire i secreeeti secretissimi di Voldy. OBV c’è anche Piton che è un po’ ambiguo – come sempre – ma che è vincolato da un Voto Infrangibile, quindi non può nuocere in nessun modo a Draco, so don’t worry.
Maluccio se la passa il nostro #maicorvonero. OBV che Ron avesse delle riserve, ma non preoccupatevi, gli passerà presto. Hermy invece è sempre pronta a sostenere il nostro amato Harryuccio. E Ginny… Ginny è una rompicoglioni, ovvio. MA, big news, a Harry NON FREGA UN CAZZO DI LEI. Cioè sì, gli importa ma… beh, non così tanto come il nostro #maicorvonero crede. Poor baby. Ma c’è Dracuccio a consolarlo (per modo di dire, sono lontani anni luce dall’essere più di due rivali che devono collaborare) anche se i primi segnali di vicinanza arriveranno presto u.u
Nel libro, Harry salta la partita perché è in punizione quindi nessuno gli dice nulla… qui invece come reagiranno i grifoni alla notizia che il Capitano non giocherà perché deve amoreg- fare le lezioni con Draco?
EEEEEH GUAI.
Cosa succederà durante queste lezioni di Occlumanzia Malfoy-Potter? Eh… diciamo che Draco esplorerà per benino il passato di Harry e… si renderà conto di molte cose sul suo cosiddetto nemico.
Sentite il profumo di infanzia piena di maltrattamenti e incubi adolescenziali annuali? Perfetto. Nei prossimi due capitoli esploreremo il passato traumatico di Harry e Draco si renderà conto di chi sia davvero Harry Potter, non solo il prescelto – sì, maltrattare Harry è il mio secondo passatempo preferito, quindi… sì. (Harry è pronto dietro l’angolo con il Sectumsempra, da qualche parte dovrà pure lanciarlo LOL)
Come disse il saggio Ron una volta: Soffrirai, ma poi sarai felice, vedrai. LOL
BTW, sti due sono ancora bloccati tra l’odio e l’amore (MA TANTO LA LINEA TRA ODIO E AMORE È SOTTILISSIMA) ma Harry è supportive, perché Draco è la sua missione lol e Draco pensa ancora (per poco) che collaborare debba salvargli la vita, niente di più (per ora) presto capirà anche altre cose :D
BTW Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Ringrazio con tutto il cuore le persone che mi hanno dato fiducia e hanno iniziato a seguire la storia, le meravigliose Eevaa e Estel84 che hanno recensito il primo capitolo e tutti quelli che hanno aggiunto la storia alle varie categorie. Spero che la storia possa piacervi.
See you on Saturday!
Love ya all <3
Bye!
 
 
 
Fatto il misfatto

 

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Capitolo 3
*** Prima Parte, Capitolo 2: Into your mind (pt.1) ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 2: Into your mind (pt.1)




Quel sabato mattina, Harry era nervoso. Due giorni prima, aveva avuto l’ennesima discussione riguardante il Quidditch con Ginny e con Ron, che si era conclusa. Secondo loro, non aveva abbastanza a cuore la squadra, visto che la stava abbandonando, aveva saltato molti allenamenti e aveva comunicato che non avrebbe giocato la partita decisiva per passare la giornata con Malfoy. Harry non avrebbe mai voluto che una situazione del genere accadesse, amava il Quidditch, lo aveva amato fin dalla prima volta che ci aveva giocato, ma… le cose erano diventate più complicate ed era passato in secondo piano, ma sotto un certo punto di vista avevano ragione: aveva un po’ perso interesse da quando era iniziata la storia di Malfoy. Prima voleva scoprire i segreti del suo rivale, poi aveva voluto aiutarlo e… adesso doveva collaborare con lui. Sarebbe stato strano, sarebbe stato umiliante sotto molti punti di vista, ma era necessario. Ne aveva parlato anche con Silente, era necessario che lui tenesse Voldemort fuori dalla sua testa, soprattutto adesso che avevano scoperto qual era il suo punto più debole: se avessero trovato e distrutto tutti gli horcrux, sarebbe stato possibile ucciderlo. Quindi doveva “darsi un pizzico sulla pancia” – uno bello forte – e lasciare che Malfoy gli insegnasse l’Occlumanzia. Quell’idea non gli piaceva per niente, detestava che tra tutti proprio quel maledetto Serpeverde esplorasse la sua mente col fine di fargli imparare quella pratica magica. Con Piton non aveva funzionato, anche perché Harry non si era davvero ribellato a quelle intrusioni, anzi, aveva giocato sporco e aveva esplorato i ricordi del professore per farlo arrabbiare e per interrompere quegli incontri. Piton si stava avvicinando troppo a scoprire cose che non avrebbe mai voluto sapesse.
Avrebbe fatto di tutto per impedire a Malfoy di vedere la parte più tormentata, segreta e nascosta di sé, forse era per questo che il preside li aveva affiancati per quel compito: sapeva che la loro competizione era a quei livelli. Forse avrebbero anche ottenuto dei risultati. Tuttavia, non poteva permettere che quello danneggiasse le sue amicizie e la sua squadra.
Per questo, quando si era diretto verso la Stanza delle Necessità, aveva deciso che avrebbe parlato con Malfoy, avrebbero affrontato quella prima lezione di Occlumanzia, subito dopo la partita di Quidditch, non poteva perderla, lo doveva soprattutto ai suoi compagni di squadra visto che si era rivelato un capitano inaffidabile.
Così aveva raggiunto il settimo piano, dove il Serpeverde lo attendeva con un ghigno enorme sul volto, proprio davanti all’ingresso della stanza magica che si era appena manifestata.
Godric, aiutami tu – pensò, mentre si avvicinava a lui.
«Ben arrivato, Potter, iniziavo a temere che i tuoi amichetti avessero dato di matto e ti avessero legato da qualche parte nella torre dei Grifondoro» scherzò il biondo, guardandolo con curiosità «Allora sei pronto?» chiese.
«Ho spiegato a Ron, a Hermione e a Ginny la situazione…» lo sguardo di Draco per un momento si rabbuiò, probabilmente il biondo immaginò che il Grifondoro avesse raccontato tutto ai suoi amici e lo avesse umiliato. «Non ho rivelato niente di quello che so di te» si affrettò ad aggiungere, come se avesse interpretato il suo pensiero «Non sono così meschino. Ho solo detto loro che io e te collaboreremo, perché l’ha deciso Silente e ho detto che voglio aiutarti ad uscire dalla brutta situazione in cui sei» spiegò brevemente «E no, non ho detto niente del tu-sai-cosa, ho detto semplicemente che sei in pericolo a causa di tuo padre che collabora con quel mostro» concluse. L’altro annuì, leggermente sollevato e anche sorpreso, non credeva che potesse coprirlo in quel modo. Sapeva che Potter era una persona corretta – a differenza sua – ma aveva temuto che potesse rivelare troppi dettagli ai suoi amici o che avesse usato le informazioni che aveva contro di lui. Sarebbe stato terribile, davvero, ma non era da Potter comportarsi in quel modo. «Ma… devo chiederti di spostare la lezione a oggi pomeriggio» aggiunse immediatamente «C’è l’ultima partita oggi e…»
Draco sbuffò incrociando le braccia al petto «Perché non l’hai detto prima?»
«Perché me ne ero dimenticato e… senti, lo so che non ti importa nulla di me, ma per favore, Malfoy, puoi venirmi incontro?» chiese. E chiederglielo in quel modo gli costò tanto, una parte del suo orgoglio si ferì, ma con gli altri la tensione era già alle stelle e non voleva peggiorare la situazione, inoltre se avesse affrontato di nuovo l’Occlumanzia con un atteggiamento ostile, come aveva fatto con Piton, sarebbe stato controproducente, non avrebbe imparato nulla e Voldemort l’avrebbe sopraffatto di nuovo. Aveva già perso Sirius, non desiderava perdere nessun altro.
«Ma certo» replicò Draco, seccato «Sarà un piacere vedere Grifondoro perdere la partita decisiva del campionato, ho proprio bisogno di farmi due risate».
Harry alzò gli occhi al cielo e lo ringraziò, borbottando tra i denti un non sei per niente simpatico, prima di correre via, verso i piani inferiori e, successivamente, verso il campo di Quidditch. Entrò nello spogliatoio all’ultimo secondo, annunciando che avrebbe giocato, si scusò per il ritardo, guadagnandosi le occhiatacce di Ginny e di Ron, quest’ultimo gli lanciò la divisa e gli intimò di muoversi, perché avrebbero giocato entro pochi minuti. Harry annuì e si cambiò in fretta. Raggiunse velocemente i suoi compagni di squadra, che si scambiarono occhiate preoccupate con i due Weasley.
«Vi chiedo scusa se in quest’ultimo periodo sono stato un po’ distratto» disse il capitano «Ma ci siamo allenati tanto e sono sicuro che oggi vinceremo». Gli altri giocatori lo guardarono perplessi «Forza, andiamo in campo e facciamo vedere a tutti chi sono i Grifondoro!» esclamò. Tutti annuirono, esultarono non troppo convinti e poi afferrarono le loro scope, pronti ad entrare in campo. Avrebbe voluto avere un minimo del talento di Baston nel coinvolgere i compagni. I suoi discorsi d’incoraggiamento erano penosi, quelli del vecchio capitano erano più motivanti. Nessuno amava il Quidditch più di Baston, poco ma sicuro. Aveva un ottimo presentimento per quella partita, era sicuro che avrebbero vinto, nonostante tutto.
Giocarono bene, meglio di quanto il capitano si aspettasse, e, dopo un’ora e mezza di gioco, Harry afferrò il boccino d’oro, dopo essersi catapultato verso di esso alla velocità della luce, schiantandosi quasi al suolo nell’intento di afferrare la pallina d’oro prima dell’altro cercatore.
«Harry Potter ha preso il boccino d’oro!» esclamò il commentatore «Grifondoro vince!» urlò, dopo il fischio di Madama Bumb. Tutti i Grifondoro scesero verso di lui, esultando, complimentandosi con lui per aver portato Grifondoro alla vittoria ancora una volta. Ginny gli si avvicinò entusiasta e lo abbracciò, come se avesse dimenticato tutto quello che si erano detti nei giorni precedenti, come se avesse dimenticato ogni cosa, lo abbracciò così forte che Harry non riuscì a trattenersi e la strinse a sé con forza, anch’egli felice, contento che avesse messo da parte, almeno per il momento, la loro ultima discussione. Non seppe per quanto tempo rimase a stringerla tra le sue braccia, ma fu abbastanza per fargli passare la tensione che lo stava accompagnando in quel momento, prima del suo incontro con Malfoy. Ron si limitò a lanciargli un’occhiata stranita, ma non gli disse nulla; Harry sapeva che il suo amico avesse bisogno di altro tempo, prima o poi avrebbe capito le sue motivazioni e l’avrebbe sostenuto, come aveva sempre fatto.
«So che ho reagito male» gli disse la ragazza, quando si staccò da lui «Ma sono con te, sappilo».
«Ti ringrazio, Ginny» le rispose e le baciò una guancia con delicatezza, le gote della ragazza si tinsero di rosse e Harry pensò che fosse molto carina. Madama Bumb si avvicinò a loro, tenendo la coppa tra le mani e la consegnò al capitano il quale la sollevò al cielo insieme agli altri compagni di squadra e tutto lo stadio esplose in urla di giubilo. I festeggiamenti si spostarono prima negli spogliatoi, poi nella Sala Comune. Harry avrebbe voluto approfittare di quel clima gioioso per parlare con Ron, ma non riuscì a farlo, perché il rosso tendeva a tenersi lontano da lui. Forse doveva aspettare che fosse proprio il suo amico a cercare un confronto con lui, quando sarebbe stato pronto a parlare di ciò che stava accadendo.
Subito dopo aver festeggiato la vittoria con gli altri grifoni, Potter si congedò dai suoi compagni di squadra e di casa, e raggiunse la Stanza delle Necessità, con ancora la divisa addosso. Entrò nella stanza, lì dove Draco Malfoy lo stava aspettando con un enorme ghigno sulla faccia.
«Ho vinto» annunciò il moro, gongolando. Il biondo, seduto su un divanetto, ridacchiò, scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto con aria divertita.
«Ho visto… a quanto pare il Capitano Prescelto o come diavolo ti chiamano, ha vinto di nuovo» fece con sarcasmo.
«Hai visto? Quindi eri alla partita?» chiese, cercando di evitare il fastidio che la frase di Malfoy gli aveva provocato, lui aveva sempre avuto il potere di riuscire ad infastidirlo con una sola frase.
«Certo che ero alla partita» rispose l’altro «Te l’ho detto che volevo vederti perdere» asserì «Peccato, sarebbe stato uno spettacolo soddisfacente».
«Ammettilo, ti è piaciuto il modo in cui ho afferrato il boccino».
«Altroché, speravo che ti schiantassi al suolo e invece…» scrollò le spalle «Sarà per la prossima volta». Harry rise nervosamente e sbuffò dalle narici, senza replicare.  «Abbiamo finito con i convenevoli? Adesso sei pronto?» chiese, poi, impazientemente.
«Sì» rispose Harry, sedendosi accanto a lui. Non era davvero pronto, aveva paura che Malfoy potesse scoprire i suoi punti deboli e usarli contro di lui, ma il biondo si era fidato di lui, doveva fare lo stesso, soprattutto per evitare che accadesse qualcosa ai suoi amici a causa sua, di nuovo.
«Bene, iniziamo» asserì l’altro «Legilimens».
Fu così che iniziò la più bizzarra e inaspettata collaborazione del mondo magico: un Serpeverde e un Grifondoro, Draco Malfoy e Harry Potter, i due rivali giurati di Hogwarts, che univano le forze contro un nemico comune.
Le sorti del mondo magico erano nelle loro mani.
 

 
Le prime due lezioni di Occlumanzia non erano andate affatto bene. La prima volta che ci avevano provato, Harry non era riuscito a respingere Draco e quest’ultimo aveva visto alcuni sprazzi dei suoi ricordi più recenti, come il litigio con Ron e quello con Ginny, la reazione di Hermione alla notizia della sua collaborazione con lui e la sensazione di impotenza che aveva provato quando aveva scoperto degli horcrux. Gli ultimi due giorni erano stati particolarmente pesanti per il Grifondoro, il quale non riusciva a capire perché si sentisse quasi violato nel profondo dopo ogni lezione. Draco era stato anche gentile nei suoi confronti, per quanto la parola gentilezza potesse essere accostata al Serpeverde, ma non era andato troppo in profondità, si era limitato a restare in superficie e a spronarlo a respingerlo. Non aveva neanche commentato in modo sarcastico gli eventi a cui aveva assistito, anzi, era stato strano sentirlo quasi neutrale. Eppure, Harry si era sentito violato, quelli erano i suoi ricordi e… non voleva condividerli. Per quanto non volesse farlo, non era riuscito ad allontanare il biondo dalla sua mente, non era riuscito a farlo uscire. La cosa non era andata meglio il giorno seguente e neanche quello dopo, Harry non riusciva a pensare lucidamente, non riusciva a respingerlo. Non riusciva ad opporsi all’intrusione e non sapeva come fare ad avere successo in quella cosa. Draco era più forte di lui, Piton era più forte di lui, Voldemort era più forte di lui, tutti erano più forti di lui e lui non poteva farci nulla, non riusciva a migliorare, ad essere più forte e non sapeva neanche come fare. Voleva sconfiggere Voldemort, era disposto ad accettare l’aiuto di Malfoy per farlo, ma non riusciva a sfruttare quell’occasione per diventare più forte. Non riusciva a respingerlo, per quanto si sforzasse non riusciva a farlo. E se non riusciva a respingere Draco Malfoy, come avrebbe potuto respingere Voldemort?
«Sono solo pochi incontri» aveva detto il biondo, come per rassicurarlo «vedrai che migliorerai, suvvia, sei San Potter!» Harry non gli aveva creduto, ma aveva apprezzato il tentativo di rincuorarlo. Aveva bisogno di vincere quella battaglia, se almeno fosse riuscito a vincere contro Malfoy in quella cosa, avrebbe messo un primo tassello per poter sconfiggere Voldemort, il secondo sarebbe stato trovare e distruggere gli horcrux. Aveva appreso dal ricordo di Lumacorno quale fosse il misterioso segreto del mago oscuro, in quegli oggetti malvagi era contenuta la sua anima ed erano il suo salvavita, con quelli in circolazione, Voldemort sarebbe riuscito a tornare sempre, ma se loro fossero riusciti a trovarli e li avessero distrutti tutti, sarebbero stati in grado di sconfiggerlo e di salvare il mondo magico. Sembrava una missione impossibile, quasi suicida, ma Silente era convinto che quella fosse la loro chance migliore ed Harry era d’accordo con lui, entrambi avevano ipotizzato in quali oggetti potessero essere contenuti i pezzi dell’anima di Voldemort, ma non ne avevano la certezza assoluta. Due dei sei horcrux che erano stati creati, erano stati distrutti, ne rimanevano solo quattro. E forse… avrebbe potuto farsi aiutare da Malfoy, in questo. Insomma, casa sua era il quartier generale del mago oscuro, c’era una minima possibilità che avesse sentito qualche voce riguardante quegli oggetti misteriosi. Magari lui poteva aiutarlo a rintracciarne qualcuno, ma prima doveva riuscire a imparare a schermare la sua mente e a dominare le sue emozioni,
La terza sera raggiunse la Stanza delle Necessità con una strana sensazione d’ansia. Non sapeva come affrontare quella situazione e la temeva in un modo in cui non aveva mai temuto niente. Possibile che avesse paura di Malfoy? Di quello che avrebbe potuto scoprire leggendogli la mente? , perché il Serpeverde era una persona inaffidabile, che avrebbe potuto rivelare a tutta la scuola ogni suo segreto e lo temeva; ingenuo com’era, Harry non pensava minimamente di avere lui il coltello dalla parte del manico, essendo stato il primo a venire a conoscenza di un segreto del biondo.
Deglutì e quando la stanza si rivelò al suo cospetto, vi entrò con il cuore in gola. Malfoy non era ancora arrivato, così Harry si sedette su uno dei divanetti che erano apparsi lì e si prese la testa tra le mani. Doveva trovare un modo per riuscire a contrastare l’invasione, doveva diventare forte e doveva approfittare del fatto che Malfoy fosse così disponibile ad aiutarlo. Doveva concentrarsi, cercare di respingere gli attacchi alla sua mente ed essere abbastanza forte da schermarla dalle invasioni, come diceva Piton? Doveva dominare le emozioni, controllare la mente, ma lui sembrava incapace. Non era mai stato bravo a contenere le emozioni, ancora ricordava le volte in cui aveva perso il controllo di esse e aveva dato sfogo alla magia involontaria, soprattutto quando era bambino. Vernon non gliel’aveva mai fatta passare liscia… No, decisamente il controllo di se stesso non era una sua peculiarità ed era questo a dare un grande vantaggio al nemico, era stato questo che l’anno precedente aveva permesso a Voldemort di ingannarlo.
Era così perso nei suoi pensieri, che neanche si accorse di Draco che era entrato nella stanza. Il biondo lo osservò da lontano, appoggiato contro il muro e le braccia incrociate al petto. Potter aveva qualcosa di… singolare. Non riusciva a decifrarlo bene, sembrava essere una forza della natura, la maggior parte delle volte e poi c’erano dei momenti – come quello – in cui semplicemente si lasciava andare. A volte erano dei momenti in cui credeva di non essere visto, durante i quali metteva a nudo i suoi tormenti più nascosti, tutte le sue sofferenze. Desiderò con tutto se stesso poter essere la stessa persona di qualche mese prima e trovare un modo per umiliarlo, ma… doveva ammettere con se stesso che Potter era l’unica speranza di salvezza per lui e soprattutto per sua madre, se aiutarlo a schermare la mente sarebbe servivo a salvarla, l’avrebbe fatto.
Si schiarì la voce e il moro sobbalzò, alzando lo sguardo su di lui.
«Non sono solito annunciarmi così» asserì il Serpeverde avvicinandosi a lui «Ma sembravi parecchio assorto» Harry sbuffò sonoramente, ma non rispose «Carina oggi la stanza» commentò sarcasticamente, indicando le decorazioni in stile Grifondoro che li circondavano «Una scelta di colori discutibile, personalmente preferirei un po’ di verde in più» tentò di scherzare.
«Hai finito di blaterare?» chiese il moro, alzando lo sguardo verso il nuovo arrivato, le sue gote si tinsero leggermente di rosso, per essere stato beccato in un momento di debolezza. Tutti gli ricordavano che era il prescelto, non poteva essere visto in momenti in cui si sentiva debole e senza speranza, soprattutto se la persona che lo beccava in un momento del genere era la persona che meno di tutti avrebbe dovuto sorprenderlo in quello stato.
«E io che cercavo di essere gentile con te» fece Draco, indignato per la sua ingratitudine «Quindi che cosa succede, Potter?»
«Niente, riflettevo».
«Perché, sai riflettere? Wow, facciamo progressi!» esclamò sarcasticamente il biondo «E sentiamo, su cosa riflettevi di così interessante?»
Harry scrollò le spalle «Sai, qualcuno qui cerca di sconfiggere un mago oscuro e di salvare il culo a un damerino come te». Draco ridacchiò, prendendo posto accanto a lui. Non credeva che fosse una buona idea fare battute sulla loro situazione attuale, ma… che altra scelta avevano? Almeno Potter riusciva ad alleggerire la tensione che c’era. Draco si sentiva stranamente nervoso a dover dare quelle lezioni al moro, probabilmente un anno prima si sarebbe divertito e avrebbe sfruttato quella sua conoscenza per umiliarlo, ma non poteva farlo, non quando Potter era l’unico ad avergli mostrato un po’ di “gentilezza”, quando era disperato e senza speranza. Era in debito con lui, non poteva inimicarselo, avrebbe potuto rivelare tutto ciò che sapeva su di lui a tutta Hogwarts e renderlo… lo zimbello di tutti.
«E intanto il damerino come me cerca di far entrare nella tua zucca vuota un po’ di buon senso» replicò il Serpeverde «Sei pronto a farmi vedere ancora un po’ dei tuoi sporchi segreti?» chiese ironicamente. Harry sbuffò, scuotendo la testa. Ecco, almeno Malfoy scherzava prima di iniziare a sondare la sua mente, a differenza di Piton che si limitava ad insultarlo e a denigrare ogni suo sforzo. «Cerca di impegnarti stavolta».
«Io mi impegno sempre» replicò il moro con uno sbuffo sonoro.
«Ne dubito» borbottò Malfoy, poi senza dargli il tempo di prepararsi, gli puntò la bacchetta contro e pronunciò: «Legilimens». Immediatamente, Harry avvertì la violazione e non riuscì a respingerlo. Provò con tutte le sue forze a cacciarlo, ma più si sforzava, più sembrava che il biondo precipitasse nei meandri dei suoi ricordi, arrivando anche a quelli più lontani.
Dal suo punto di vista, Draco voleva spingersi più in profondità sia per spronarlo maggiormente a respingerlo, sia perché desiderava scoprire chi fosse davvero San Potter… come aveva fatto a sopravvivere ogni volta, ogni anno?
Non appena ebbe pronunciato l’incantesimo, Draco si ritrovò nella mente di Potter, che non aveva neppure provato ad opporsi. Per lui era stato semplice imparare e non capiva come potesse essere così difficile per Potter, lui avrebbe trovato insopportabile che qualcuno scavasse nella sua mente in quel modo. Lo aveva permesso volontariamente proprio al Grifondoro e ancora si sentiva sopraffatto dall’esperienza. Sentì una debole resistenza da parte dell’altro e così intensificò la sua magia – Silente gli aveva detto di spronare Harry fino a farlo resistere, quindi toccare dei tasti dolenti per lui, poteva essere un buon incentivo per spronarlo a dare il massimo in quel momento. Forse erano sulla buona strada. Si chiese, per un momento, come avesse reagito Potter quando aveva visto per la prima volta il Signore Oscuro e cercò nella sua mente quello specifico ricordo. Il Grifondoro aveva affrontato diverse volte il mago oscuro, l’incubo che lui aveva vissuto per una sola estate e non aveva retto alle sue torture. Forse, poteva sfruttare questa collaborazione per scoprire qualcosa sul prescelto e su come avesse affrontato quel mostro, in passato. Forse avrebbe potuto capire come affrontare le sue paure, se avesse visto come qualcun altro aveva reagito.
 
Si ritrovò dall’altra parte di un fuoco nero, non capiva da dove venisse, era in una stanza poco illuminata, poco più avanti c’era qualcuno, in piedi davanti a un immenso specchio, ma quello non era Voldemort. Draco vide Harry avanzare nella sala e ritrovarsi di fronte a Raptor. Non aveva mai creduto a quella storia, non aveva voluto credere alle vicende che gli erano state raccontate dagli altri studenti, riguardanti le imprese di Potter. Il Grifondoro aveva solo undici anni all’epoca. Vide il professore schioccare le dita e intrappolare il ragazzino con delle funi che si strinsero attorno al suo corpo. Draco deglutì e si sentì in trappola, come se quello legato fosse lui. Gli ci vollero alcuni istanti per rendersi conto di essere libero. Il professore iniziò a blaterare su quanto avesse fatto e di quando avesse cercato di uccidere Potter durante la sua prima partita di Quidditch – e Piton invece aveva tentato di salvarlo! – e mentre lui parlava il piccolo Grifondoro cercava di ideare un piano per impedirgli di guardarsi nello specchio alle sue spalle. Lo riconobbe, aveva visto quell’oggetto nella Stanza delle Cose Nascoste, era uno Specchio delle Brame. Il professore analizzava lo specchio, come se volesse capire come tirare fuori qualcosa da esso, ma più lo faceva più si innervosiva, mentre Potter… lo teneva impegnato. Probabilmente per impedirgli di fare qualcosa con lo specchio, il quale doveva essere un qualche mezzo per ottenere la pietra che il professore cercava.

Draco dovette ammettere che Harry non era uno che si arrendeva facilmente, neanche alla prima difficoltà, ma quello era solo un professore di difesa contro le arti oscure, che voleva una pietra per creare un elisir di lunga vita. A quale padrone voleva offrire la pietra? Mica a…?
Passarono pochi attimi nel ricordo e lo scenario cambiò di poco, adesso Potter era in piedi davanti allo specchio, aveva scoperto di avere qualcosa in tasca e stava pensando di dover mentire a Raptor e lo fece. Disse di essersi visto stringere la mano a Silente, dopo aver vinto un premio. Poi una voce sibilante raggiunse le orecchie dei presenti, una voce che proveniva dal turbante di Raptor. «Sta mentendo…» diceva «Lascia parlare me con lui… faccia a faccia». Il Potter undicenne si immobilizzò dalla paura.
«Padrone, non ne avete la forza…»
«Ho abbastanza forza, per questo». La voce sibilante divenne ancora più inquietante e un attimo dopo, Raptor si tolse il turbante dalla testa. Il copricapo cadde a terra, Harry sentì un dolore terribile alla cicatrice e vide che nel punto dove avrebbe dovuto trovarsi la nuca, c’era un volto orrendo. Bianco come un lenzuolo, con gli occhi rossi come il sangue e per naso due narici come fessure, come un serpente. Quello era Voldemort. Draco tremò davanti a quella scena.
Potter tentò di indietreggiare, ma le sue gambe furono immobili per lunghi istanti, prima che potesse muoversi senza tremare come una foglia. E nonostante ciò, quando il mostro gli disse di consegnargli la pietra e di unirsi a lui, l’undicenne ebbe la forza e il coraggio di rifiutare. Lui non ci sarebbe mai riuscito. Gli sarebbe bastato vedere quel volto per spaventarsi e pregarlo di non fargli del male. «Prendilo!» iniziò ad urlare «Uccidilo!»
 
Draco sentì una debole resistenza da parte del Grifondoro, cercò di non badarci e continuò ad esplorare la sua mente. La prima volta che Potter aveva visto Voldemort si era spaventato, com’era ovvio che fosse, ma aveva anche avuto la forza di resistere, di combatterlo, di affrontarlo. Un undicenne davvero… singolare. A soli undici anni aveva incontrato un servo di Voldemort e non solo lo aveva affrontato, ma era anche sopravvissuto, incredibile. Non l’avrebbe mai detto, aveva sempre pensato che fosse un montato, che fosse solo il cocco di Silente, che in realtà affrontare un troll di montagna, un cane a tre teste e un professore pazzo fossero bazzecole: Io potrei farlo ad occhi chiusi, aveva detto come l’idiota che era, quando Silente aveva assegnato punti extra a Potter per l’eccezionale coraggio. Aveva sempre sottovalutato ciò che il Grifondoro aveva fatto nella scuola, se Raptor avesse preso la pietra, ad esempio, Voldemort l’avrebbe usata per crearsi un corpo nuovo e sarebbe risorto ben prima del tempo. Tremò al solo pensiero, ciò voleva dire che sarebbe entrato nella sua vita… ben prima dei sedici anni. Forse doveva ringraziare Potter, per questo.
Deglutì e decise di esplorare un altro ricordo di Harry.
 
Un lungo tunnel alla fine di una discesa viscida e disgustosa fu la prima cosa in cui Draco “cadde” quando “entrò” nel ricordo. Il tunnel era silenzioso, tetro, spettrale. Dei dodicenni non avrebbero dovuto addentrarsi in quel luogo oscuro, di questo era assolutamente certo. Allock li accompagnava, ma persino un idiota si sarebbe accorto che quel tale era solo un impostore. Non aveva praticamente insegnato nulla agli studenti quell’anno, li aveva lasciati in balia di loro stessi. Tutto ciò che avevano imparato, lo dovevano a Piton che aveva partecipato alla farsa del “Club dei Duellanti”.  Potter, Weasley e Allock proseguirono per il tunnel fino a che non trovarono un’enorme, raccapricciante, disgustosa pelle di serpente. La creatura che l’aveva abbandonata lì, doveva essere enorme.
E la finezza di Ron Weasley non poté che far notare l’ovvio: «Per la miseria, la cosa che ha mutato questa pelle sarà lunga venti metri, o di più!» Allock finse di svenire in quel momento e Draco si chiese per quale motivo Potter avesse deciso di portare proprio lui lì dentro. Non si aspettava che il “professore” rubasse la bacchetta spezzata di Weasley, che non eseguiva bene neanche un incantesimo del primo anno e tentasse di lanciare un incantesimo di memoria sui due dodicenni, tuttavia l’incantesimo si ritorse contro di lui. Seguì un boato e parte del tunnel iniziò a crollare. Harry scansò i massi che cadevano e improvvisamente si ritrovò separato dall’amico, da solo, davanti a un’enorme parete di rocce. Harry disse a Ron che avrebbe proseguito da solo così da poter salvare Ginny.
Proseguì lungo il tunnel, fino a giungere davanti a una parete su cui erano scolpiti due serpenti intrecciati. Harry parlò in serpentese – Draco che assisteva a tutto come spettatore sussultò, riconoscendo quel particolare tono, l’aveva sentito troppe volte a casa sua, quell’estate – e i serpenti iniziarono a scivolare sulla parete, sciogliendo il loro intreccio. Poi la porta si aprì, come se fosse spaccata a metà e, tremando come una foglia, Harry entrò in quella che doveva essere la fantomatica “Camera dei Segreti”.
Draco, senza esitazione, conscio di essere in un ricordo, lo seguì dentro per comprendere cosa avesse vissuto. Finché Harry non lo respingeva dalla sua mente, poteva continuare.
 
«B-Basta…» la voce di Potter raggiunse le sue orecchie, ma lui scosse la testa. Doveva essere forte e respingerlo, Draco decise che avrebbe continuato ad esplorare la sua mente, fino a che non si fosse imposto, fino a che non avesse opposto una seria resistenza. La cosa lo intrigava, perché stava scoprendo di più sul suo rivale secolare. Potter era entrato nella Camera dei Segreti… e lì aveva incontrato di nuovo Voldemort? E come?
 
Harry proseguì il suo percorso in una stanza poco illuminata, fiancheggiata da enormi ed imponenti sculture. Strinse la bacchetta tra le dita e camminò lungo l’immensa stanza, fino a scorgere una figura sotto una delle ultime statue. Ginny Weasley era lì. Harry corse più veloce possibile verso di lei, per assicurarsi che fosse viva, ma la ragazzina era pallida e Draco sbiancò, riconoscendo l’oggetto che aveva tra le mani. Ricordava che suo padre avesse preso quel libretto da Magie Sinister, quando all’inizio del secondo anno erano andati a fare spese per la scuola. Cosa c’entrava quel diario con la camera dei segreti? Draco non l’aveva mai capito. Non se ne era mai reso conto… era stato un vero idiota. Vide Potter cercare di svegliare la rossa, senza alcun successo. Draco desiderò poter fare qualcosa per aiutare Harry, gli sembrava così piccolo e indifeso in quel momento… ma lui era solo uno spettatore di quei ricordi, lui non era lì per aiutarlo a superare una prova che aveva già affrontato. Era lì solo per scoprire chi era davvero il suo avversario e per… aiutarlo a schermare la mente, ma il moro stava fallendo miseramente. Non riusciva neanche ad opporre una minima resistenza. Gli permetteva di vedere tutto e di andare dove più desiderava. Potter cercò di sollevare ancora il corpo di Ginny, senza successo e allora provò a svegliarla, a scuoterla, chiamando il suo nome a voce alta.
«Svegliati, Ginny, ti prego, dimmi che non sei morta» diceva.
«Non si sveglierà» una voce nuova, suadente, fece sobbalzare sia l’Harry del ricordo, sia Draco che stava assistendo al ricordo. Entrambi si voltarono verso il nuovo arrivato e videro che, accanto ad una colonna, c’era un ragazzo di bell’aspetto, con i capelli scuri, ma dalle fattezze di un… fantasma. Draco strabuzzò gli occhi, quando il “fantasma” rivelò la sua identità: Tom Riddle, il possessore del diario, che aveva spinto Ginny a fare tutte quelle cose, egli si vantava di aver ingannato tutti, tranne Silente, incastrando Hagrid, di essere fiero di aver aperto la Camera dei Segreti, perché lui era l’erede di Serpeverde. Continuò a parlare con Harry, rivelandogli il suo particolare interesse nei suoi confronti. Draco continuò ad osservare il ragazzo, Tom, diventare sempre più reale, mentre la Weasley diventava sempre più pallida e… morta.
«Come è possibile che un neonato, senza particolari poteri magici, sia riuscito a sconfiggere il più grande mago di tutti i tempi?»
Harry arcuò un sopracciglio «Che ti importa? Voldemort è vissuto dopo di te».
«Voldemort è il mio passato, presente e futuro» disse il ragazzo con un tono di voce a dir poco inquietante.
Fu in quel momento che Harry si gelò e di riflesso lo fece anche Draco, Tom Riddle si voltò e scrisse nell’aria il suo nome completo: “Tom Orvoloson Riddle” e con un colpo della bacchetta che aveva rubato ad Harry, fece cambiare l’ordine delle parole e quello che uscì scritto fece accapponare la pelle a Draco, al posto del nome dello studente di Hogwarts, c’era scritto “Io sono Lord Voldemort”. Quell’affascinante studente di Hogwarts era in realtà l’incubo che terrorizzava il mondo magico? Gli sembrava assurda una cosa del genere. Ed era anche l’Erede di Serpeverde…  era da brividi. Anche in quell’occasione, Potter lo sorprese. Lo sfidò apertamente, dicendogli che non era affatto lui il più grande mago del mondo magico, come credeva, perché quel titolo spettava a Silente.
Poi improvvisamente il ricordo cambiò. Harry era ancora nella camera dei segreti, ma stava combattendo contro un enorme serpente. A dodici – maledettissimi – anni. Brandiva una lunga spada, tempestata di rubini e con essa cercava di colpire il serpente gigante. Quello doveva essere il basilisco, “la cosa” che aveva mutato quella pelle lunghissima. Il basilisco scattò verso di lui e Harry, per difendersi, gli conficcò la spada nel palato, fino all’elsa. Draco strabuzzò gli occhi, quando avvertì il dolore irradiarsi nella mente di Harry, al ricordo. Una lunga zanna del basilisco si era conficcata nel suo braccio e da esso sgorgava un sacco di sangue. Draco vide Harry afflosciarsi contro una parete e togliersi la zanna dal braccio, il biondo deglutì e quasi gli sembrò di sentire l’eco del dolore del moro. Osservò Riddle accucciarsi di fronte a lui, annunciando che avrebbe assistito alla morte di Harry Potter, da solo, nella camera dei segreti.
Seh, credici – commentò ironicamente Draco senza che nessuno potesse sentirlo. La fenice, infatti, con i poteri curativi delle sue lacrime, stava guarendo la ferita del dodicenne, piangendoci sopra. Geniale, le lacrime della fenice potevano guarire qualunque cosa, o quasi.
Pochi istanti dopo, Riddle teneva la bacchetta puntata contro Potter e contro la fenice, tentò di colpire quest’ultima, ma essa volò via librandosi nell’aria. Un attimo dopo, il ragazzo aveva il diario nero tra le mani. Draco ancora non capiva cosa significasse quell’oggetto, ma quando Potter raccolse la zanna di basilisco dal pavimento e lo pugnalò con essa, un terribile grido si estese nell’aria e l’inchiostro sgorgò dal diario come se fosse stato sangue, Riddle urlò e si dimenò, poi semplicemente scomparve nel nulla, come se non fosse mai esistito.
 
C’era qualcosa che non tornava. Come aveva fatto Riddle a sparire in quel modo? Come l’aveva sconfitto Potter, quella volta? E perché iniziava a sentirsi curioso al riguardo? Davvero era possibile sconfiggere Voldemort, collaborando con Potter? Per la prima volta, fin da quando aveva accettato la mano del Grifondoro, quella gli sembrò una possibilità a tutti gli effetti, fu reale, com’era stato per Potter vivere – e rivivere – quell’incubo.
«Hai già finito?» chiese Harry, aprendo gli occhi con fare stanco.
«Voglio sapere come ha fatto Riddle a sparire in quel modo» disse guardandolo «So che lo sai».
«Perché non lo vedi direttamente nella mia mente, eh?»
Il biondo sbuffò «Perché anche io ho bisogno di una pausa». La camera, comprendendo i loro bisogni, fece comparire davanti a loro un tavolino con del tè già pronto e dei pasticcini. Harry guardò il suo avversario ponderando se dirgli o meno degli horcrux, ma riflettendoci, se voleva che quella collaborazione durasse, doveva fidarsi del biondo e parlargli.
«Era un horcrux» rispose Harry «Sai cos’è un horcrux, Malfoy?»
Il Serpeverde scosse la testa, l’altro deglutì prima di rispondere: «Un oggetto di magia oscura che… contiene parte dell’anima di una persona» spiegò «Gli horcrux si ottengono commettendo degli omicidi».
«E-E Vold- Tu-Sai-Chi ne ha creato uno?»
«Sei. Ne ha creati sei» asserì il moro «Uno era il diario, un altro era l’anello che portava al dito a scuola ed è stato distrutto da Silente» rispose, man mano che parlava il suo tono di voce si abbassava, la paura dell’ignoto e di ciò che lo attendeva attanagliava il suo stomaco «Ce ne sono altri quattro, io e Silente pensiamo che siano oggetti legati a Hogwarts, visto che ha sempre detto che questa scuola è stata la sua unica casa e… pensiamo che uno sia Nagini, il suo serpente».
«Quell’enorme coso è un horcrux?» chiese Draco, spalancando gli occhi «E si può fare? Insomma, si può rendere un essere vivente un horcrux?» domandò ancora. Harry annuì mestamente, poi prese una tazza dal tavolino e bevve un paio di sorsi di tè per placare i tremiti del proprio corpo, tremava per il ricordo appena vissuto e per tutta la confusione che provava quando parlava degli horcrux.
«A quanto pare sì, secondo Silente non è molto affidabile, ma è una cosa possibile e a quanto pare reale, visto che Voldemort l’ha fatto…» spiegò Harry, un tremito violento lo attraversò tutto e deglutì sonoramente.
«E se li distruggessimo tutti…?» chiese Draco sotto voce, quasi avesse paura di pronunciare ad alta voce quella domanda. Non aveva mai visto Potter così spaventato da qualcosa, neanche nei ricordi che aveva appena esplorato. L’idea che Voldemort fosse “immortale” in qualche modo, era avvilente, lo sapevano entrambi.
«Potremmo sconfiggerlo del tutto» confermò Harry, facendogli tirare un sospiro di sollievo. C’era il modo per sconfiggere quel mostro, c’era il modo per vincere quella battaglia, c’era la possibilità di essere liberi e lui… poteva essere più utile di quanto immaginassero. Ricordava bene un episodio accaduto quell’estate, un episodio che non era riuscito a comprendere fino a quel momento. Aveva sentito una conversazione tra Voldemort e Bellatrix, poco prima che lo convocassero per “costringerlo” a prendere il marchio nero. «Tu sai dov’è la coppa, mia cara Bellatrix?» aveva chiesto il mago oscuro «Lo sai, non possiamo rischiare che cada nelle mani sbagliate, è questione di vita o di morte». La strega aveva riso, come suo solito, e aveva risposto che la coppa era al sicuro nella sua camera blindata della Gringott, protetta da una maledizione e da un enorme drago. Draco non credeva che quella conversazione fosse tanto importante, non l’aveva considerata fino a quel momento. E se la cosa nascosta di cui parlavano fosse stata un horcrux? Quella poteva essere un’informazione utile per Potter e il resto delle “forze del bene”.
«Forse io so dov’è uno degli horcrux» disse il Serpeverde.
«Come?» chiese Harry, spalancando gli occhi «In che senso?»
«Ho sentito… Lui chiedere a mia zia qualcosa riguardante una coppa» rispose il Serpeverde «Era ansioso e preoccupato, voleva sapere se fosse stata messa al sicuro» spiegò «E lei ha detto che è nella sua camera blindata della Gringott e che è ben protetta» continuò «Lui mi è sembrato molto… sollevato» aggiunse.
«Ne sei sicuro?» chiese Harry, sconcertato «Ne sei assolutamente certo?»
«La mia è un ipotesi, ma Lui ha detto che era questione di vita o di morte» rispose il biondo «Quindi potrebbe essere quello, no?»  
«Sì, wow! Questa è una notizia fantastica, devi dirlo subito a Silente!» esclamò Harry, impaziente.
«Potter, frena! Frena l’entusiasmo!» esclamò il Serpeverde, bloccandolo «Prima impari a dominare la tua mente, poi pensiamo all’horcrux» asserì «Cosa pensi che accadrebbe, se lui entrasse nella tua mente e capisse che sto collaborando con te e che ti ho appena riferito una sua conversazione privata con mia zia… che in teoria neanche avrei dovuto ascoltare?» gli chiese, retoricamente. Harry si immobilizzò e si ritrovò ad annuire, dando ragione al biondo. Doveva muovere un passo alla volta, prima doveva riuscire a schermare la sua mente e a bloccare gli attacchi di Malfoy, così da poter bloccare anche quelli di Voldemort e proteggere i suoi amici e… Draco.
«Hai ragione» replicò il moro, annuendo «Non ci avevo pensato».
«Questo è perché tu sei uno stupido Grifondoro che non pensa mai prima di agire» affermò il Serpeverde con un ghigno sardonico sul volto «Dovresti riflettere prima di fare qualsiasi cosa».
«Senti da che pulpito viene la predica…»
«Io a differenza tua, sono molto bravo ad elaborare piani».
«Certo, come quello di uccidere Silente con una collana maledetta, consegnata a una ragazza? O l’idromele avvelenato che hai dato a Lumacorno?» lo provocò Harry, facendolo arrossire per la vergogna. Già, quelli non erano stati i suoi piani migliori, anche se aveva creduto che potessero funzionare. Invece essi avevano solo avvicinato di più Potter alla scoperta della verità e adesso si ritrovava a fare i conti con qualcosa di nuovo.
«Touché» fece il biondo alzando le mani «Quelli non erano piani a prova di bomba, ma sai una cosa?» chiese, l’altro scosse la testa «Nessuno sa che ho riparato l’armadio svanitore».
«Avevi accennato qualcosa a riguardo… allora è vero? L’hai riparato?»
Draco annuì «Sono riuscito a spostare una mela da qui a Magie Sinister e a farla tornare indietro, ma non ci sono ancora riuscito con gli esseri viventi, ho usato un uccellino e…» deglutì, ricordando una delle ultime prove che aveva fatto con quell’armadio, prima che Potter lo beccasse nel bagno a piangere, quando si era disperato perché non riusciva a capire come non far morire gli esseri viventi che si spostavano attraverso esso e temeva che quello fosse un solo segnale dell’imminente fallimento del suo piano, con la sua conseguente morte tra atroci sofferenze, proprio come quel piccolo uccellino. Sarebbe morto anche lui, se avesse fallito la nuova missione e non avesse insegnato l’Occlumanzia a Potter, se Voldemort avesse scoperto tutto, se avesse sospettato della sua collaborazione con i suoi nemici… per lui sarebbe finita.
«Povero uccellino» mormorò Harry. Poi allungò una mano verso di lui e gliel’appoggiò sul braccio, stringendolo appena «Non farai la fine di quell’uccellino, te lo prometto».
«Hai appena usato il Legilimens con me?» chiese il biondo, spalancando gli occhi. Come aveva fatto Potter a capire i suoi pensieri? Neanche lo aveva sentito pronunciare l’incantesimo… Harry ridacchiò appena, scuotendo la testa.
«Non sono così bravo, ma sono abbastanza bravo a capire le persone e le loro emozioni» gli rispose, sorridendo «E te lo prometto, ti salverò» asserì «E cercherò di impegnarmi di più con l’Occlumanzia».
Draco si rilassò appena e rispose al sorriso del Grifondoro, credendo alle sue parole, stranamente, assurdamente si fidava di Potter, riusciva a vedere un futuro per se stesso e sua madre, se avesse continuato a collaborare con lui.
«Okay, adesso basta sentimentalismi, abbiamo riposato abbastanza» affermò, impugnando la bacchetta «Sei pronto a ricominciare?»
Harry deglutì, prima di annuire. Non era per niente sicuro di voler ricominciare quella tortura, né voleva che Malfoy vedesse altri dei suoi ricordi, per impedire ciò… doveva impegnarsi con l’Occlumanzia e imparare a schermare la mente.
«Sì, sono pronto».
«Legilimens».
 
Draco cadde direttamente in un incubo. Potter era atterrato in un cimitero con la Coppa del Torneo Tremaghi, insieme a Diggory. Quest’ultimo aiutò il Grifondoro ad alzarsi da terra, i due ragazzi si guardarono intorno spaesati. Non erano nei territori di Hogwarts, non ci voleva un genio per capirlo. Si chiedevano se facesse parte della prova, ma c’era qualcosa che non andava. Erano in un cimitero spettrale, immerso nel silenzio più profondo. Poi, da lontano, entrambi videro arrivare una persona coperta da mantello scuro con il cappuccio, che teneva tra le braccia un fagotto. Draco sentì il braccio andare a fuoco, nello stesso momento in cui Harry si accasciò a terra, urlando di dolore, portandosi una mano sulla cicatrice. Cedric si pose davanti al più piccolo, mentre la figura misteriosa avanzava verso di loro.
«Uccidi l’altro» disse una voce inquietante.
«Avada Kedavra!» urlò un’altra voce con fermezza. E Cedric cadde per terra, senza vita. Harry non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo, che l’uomo basso con il mantello lo afferrò e lo trascinò verso una lapide di marmo. Sulla lapide Harry lesse il nome del defunto: Tom Riddle. E il suo corpo fu pervaso da un brivido di terrore, mentre l’uomo basso lo legava saldamente ai piedi della lapide. Draco poteva avvertire il terrore di Harry come se fosse il suo. L’uomo col mantello si rivelò essere Codaliscia, Draco lo conosceva bene, lo aveva visto troppe volte al Manor con Voldemort, quell’estate e dalla reazione che il Grifondoro aveva avuto nel vederlo, probabilmente anche lui lo conosceva. Osservò tutta la scena con un senso di disgusto e di paura che non aveva mai provato prima. Potter aveva vissuto davvero l’inferno. Era legato ai piedi di una lapide, tremava e assisteva, impotente, alla resurrezione del suo nemico. Draco sapeva esattamente cosa stesse accadendo, suo padre gliel’aveva raccontato, ma… vederlo con i propri occhi, nei ricordi di un suo coetaneo, era completamente diverso. Sentiva le preghiere di Harry, affinché tutto andasse storto, affinché non succedesse ciò che stava accadendo, ma fu tutto inutile, nessuno poté evitarlo. Draco osservò Codaliscia eseguire quel rituale di cui aveva solo sentito parlare e lo vide ferire il braccio di Harry con un pugnale per prelevarne il sangue e desiderò poter fare qualcosa per impedire che quello accadesse. Ma non poté evitarlo, perché era già successo e lui lo aveva vissuto di persona, quanto fosse reale il ritorno di Voldemort. Quella notte, Voldemort risorse davanti agli occhi di un Harry impotente, che cercava di dimenarsi e di liberarsi, ma i suoi sforzi erano vani. Voldemort lo guardò per un attimo e poi chiese a Codaliscia di mostrargli il braccio. Era ovvio che volesse chiamare i suoi seguaci.
La scena cambiò in fretta.
Voldemort era davanti ai suoi Mangiamorte e incuteva del vero terrore. Il suo tono, mentre parlava, sembrava calmo, ma celava dentro di sé una rabbia e una crudeltà uniche. Tra quegli uomini c’era anche Lucius Malfoy, Draco provò un terribile disgusto nei confronti di suo padre. Mentre parlava, Voldemort si voltò verso Harry e, senza alcun motivo, gli scagliò contro una Cruciatus. Draco avvertì il dolore di Harry e lo comprese. Sapeva cosa si provava con quella maledizione infernale… Voldemort continuò a parlare con i Mangiamorte, a spiegare come avesse fatto a tornare in vita. Alla fine del suo racconto, chiese a Codaliscia di slegare Harry.
Vide Harry piegato dalla maledizione Imperius, lo vide temere per la sua vita, ma anche ribellarsi alla maledizione. E infine, lo vide affrontare a viso aperto Voldemort, con un misero Expelliarmus. Era solo un ragazzino del quarto anno, aveva quattordici anni e stava affrontando uno dei maghi più potenti del mondo magico.
 
«No! Basta!» urlò Harry. Il contatto con la mente del moro si interruppe per un attimo e Draco smise di osservare la notte della resurrezione di Voldemort, doveva essere stato terrificante per lui, dopotutto aveva solo quattordici anni all’epoca. Lui ne aveva sedici, quando si era trovato al cospetto del mago oscuro ed era rimasto terrorizzato da lui. Vide il volto di Harry rigato dalle lacrime, ma non disse niente, non gli andava di infierire, poteva capire come si fosse sentito il moro, poteva capire il dolore che aveva provato e poteva perfettamente immaginare il suo stato d’animo in quel momento.
Il Grifondoro cercò di ricomporsi, quella volta era stato peggio, rivivere la morte di Cedric era stato doloroso, non aveva mai visto qualcuno morire davanti a sé, era troppo piccolo quando sua madre era stata uccisa, e di quello non aveva alcuna memoria. Ma… Cedric, vedere un ragazzo morire davanti ai suoi occhi, era stato uno shock terribile per lui. Ancora faceva male, ancora aveva gli incubi su quello e non poteva evitare di stare male. Se non fosse stato per lui, Cedric sarebbe ancora vivo. Ancora ricordava l’urlo straziante di Amos Diggory, quando si era reso conto della tragica sorte del suo unico figlio.
«… Allora era vero» sussurrò il biondo «Hai davvero visto… Diggory morire davanti ai tuoi occhi?»
«Ne avevi qualche dubbio?» chiese Harry, asciugandosi le lacrime, cercando di regolarizzare il proprio respiro.
«I-Io non ci credevo, mi dispiace» disse piano «Anche… anche che mio padre fosse lì».
«Ti sorprende che fosse lì o che abbia provato ad uccidere un quattordicenne per volere di Voldemort?»
«Entrambe» replicò, il moro alzò lo sguardo, arcuando un sopracciglio con aria interrogativa «Ehi, sono il primo a pagare per gli errori di mio padre» fece indicandosi il braccio. Harry si morse la lingua e annuì. A volte, quando era preso dalla rabbia e dalle emozioni, si lasciava sfuggire cose che non avrebbe voluto o dovuto dire.
«Hai ragione, è che… il ricordo mi ha scosso» ammise «So che dobbiamo riprendere, ma…» deglutì «Sono riuscito a fare un po’ di resistenza, vero?» chiese con un tono di voce così sottile da farlo sembrare piccolo e indifeso. Draco poteva vedere le sue spalle scosse dai brividi. Sembrava come se fosse ritornato ad essere il ragazzino tremante del ricordo, ma negli occhi aveva la stessa determinazione che lo aveva spinto a combattere contro Voldemort.
«Sì, ma devi impedirmi di vedere i tuoi ricordi, capisci? Io non devo essere in grado di vedere nulla quando schermi la mente» Harry annuì «Ma che tu mi abbia interrotto, è un passo avanti».
Il Grifondoro annuì ancora una volta e ringraziò Malfoy per i suoi suggerimenti, poi lo guardò con decisione. «Ricominciamo, cercherò di fare di meglio» affermò.
Draco annuì ed eseguì di nuovo l’incantesimo.
 
Stralci di una conversazione ascoltata, riempivano quel ricordo di Potter. Era il più confuso che aveva visto fino a quel momento, e si chiese come mai. La conversazione verteva sul padre di Harry. Doveva essere difficile per lui non averlo mai conosciuto e ascoltare persone che parlavano di lui, senza sapere se dicessero la verità o meno.
«Ti ricordi chi era il suo migliore amico?»
«Ma certo. Dove c’era uno c’era anche l’altro, vi ricordate? Quante volte sono stati qui, oh, mi facevano ridere, eccome. Che coppia, Sirius Black e James Potter».
 
«Sembrava che Potter e Black fossero fratelli».
 
«Potter si fidava di Black più di che di ogni altro suo amico. Quando finirono la scuola nulla cambiò, Black fece da testimone quando James sposò Lily. Poi lo scelsero come padrino di Harry».
 
«Allora Black era il Custode Segreto dei Potter?»
«Ma certo, James Potter disse a Silente che Black sarebbe morto piuttosto che rivelare dove si trovavano, che lo stesso Black progettava di nascondersi… eppure Silente rimase preoccupato. Ricordo che si offrì lui sesso come Custode Segreto per i Potter».
 
«Ma James Potter insistette per affidarsi a Black?»
«Sì. E poi appena dopo una settimana che l’incanto Fidelius era stato eseguito…»
«Black li tradì?»
«Proprio così».
 
Harry era devastato, le lacrime scivolavano rapide sul suo volto. Qualcuno aveva appena detto che la persona che aveva tradito i suoi genitori era Sirius Black, l’uomo evaso di prigione che, a quanto pareva, era evaso per finire il lavoro di Voldemort. Draco sentì il dolore dell’Harry tredicenne come se fosse stato suo e si chiese quante ne avesse passate e come facesse ad essere nel modo in cui era. La rabbia che provava verso quell’uomo era incommensurabile. Quell’uomo aveva permesso che lui crescesse da solo, senza i suoi genitori. Non aveva conosciuto l’amore, a causa di quell’uomo, che era stato il migliore amico di suo padre. «Spero che mi trovi, perché quando lo farà, io sarò pronto. Quando lo farà io ucciderò Sirius Black!» aveva urlato in preda alla rabbia.
Il ricordo cambiò immediatamente, Harry, Ron e Hermione erano nella Stamberga Strillante, c’erano Sirius Black e il professor Lupin che guardavano i tre ragazzi e cercavano di spiegare che Peter Minus non era morto, ucciso da Black, ma era il topo di Weasley. Il professore di Difesa stava spiegando a tutti come mai Minus era un Animagus non dichiarato, così come lo erano James Potter e Sirius Black.
Il ricordo cambiò ancora una volta.
«Non è vero!» urlò Harry «Era il loro custode segreto, l’ha detto prima che arrivasse lei! Ha detto che li ha uccisi!»
«Harry, è come se li avessi uccisi io…»
 
«Sarei morto! Sarei morto piuttosto che tradire i miei amici!»
 
«Sai cosa significa? Consegnare Minus?»
«Che tu sei libero».
«Sì… ma io sono anche… non so se nessuno te l’ha mai detto… io sono il tuo padrino».
«Sì, lo sapevo».
«Beh… i tuoi genitori mi hanno nominato tuo tutore, se fosse successo qualcosa a loro». Harry rimase in silenzio, in attesa. Cercando di capire cosa volesse dire Black.
«Lo capisco, naturalmente se vuoi restare con i tuoi zii, ma beh, riflettici. Una volta che avranno riconosciuto la mia innocenza, se tu volessi una casa diversa…» dentro il cuore di Harry esplose una nuova speranza, una nuova sensazione nello stomaco, qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa che sembrava… felicità.
«Cosa…? Vivere con te?» chiese esitante «Lasciare i Dursley?»
«Certo, lo sapevo che non avresti voluto» replicò Sirius «Capisco, credevo solo che…»
«Sei matto? Certo che voglio lasciare i Dursley!» esclamò Harry «Tu hai una casa? Quando posso venire?»
«Lo desideri davvero?» gli chiese, guardandolo «Sul serio?»
«Sì, sul serio!» rispose Harry. E in quel momento, il viso tormentato di Sirius si sciolse in un radioso sorriso. Il primo che Harry gli avesse visto sul volto, fino a quel momento.
 
«Potter, devi impegnarti» fece Draco, spezzando l’incantesimo «Ti rendi conto che non ci hai nemmeno provato?» chiese. Harry scosse la testa e si asciugò le lacrime che erano scivolare sul suo viso «Perché diavolo piangi ora?» Il moro scosse di nuovo la testa e lo invitò a continuare. Voleva respingerlo, ma ogni volta che ci provava, si bloccava. Rivedere i ricordi legati a Sirius e ricordare quanto era stato felice di ricevere quella proposta… di sapere che c’era qualcuno che volesse prendersi cura di lui perché teneva a lui e non perché era obbligato… rivivere quella sensazione era stato bello e per un attimo si era dimenticato di dover respingere chi gli stava esplorando la mente. Sì, era un idiota, lo sapeva.
«Scusa, mi-mi impegnerò di più».
«Me lo auguro» replicò Draco. Poi usò di nuovo la Legilimanzia su di lui.
 
Il ricordo di Harry cambiò ancora. Era appena arrivato in casa un po’ antica e oscura, nascosta gli occhi di tutti. Draco la riconobbe subito, era la vecchia casa dei Black, aveva sempre creduto che fosse andata distrutta… e invece eccola lì, protetta da chi sapeva quali incantesimi. Stava litigando con Ron e Hermione, la sua mente sembrava… devastata. L’estate dopo il quarto anno era stata una delle peggiori, gli incubi lo tormentavano, i Dursley erano peggio del solito e nessuno si degnava di spiegargli la situazione. I suoi migliori amici gli avevano nascosto le cose per ordine di Silente. Draco poteva capire la sua rabbia… ma c’era qualcosa nella testa di Potter che accresceva tutte le sue reazioni. Draco non capiva cosa fosse, ma sentiva che era oscuro. Non l’aveva mai sentito prima.
Si ritrovò improvvisamente catapultato in un vero e proprio incubo. Sembrava di vedere le cose attraverso gli occhi di un serpente, anzi, sembrava che Harry stesso fosse il serpente. Strisciava su un pavimento di pietra, lento, inesorabile, sinuoso. Il serpente continuò a strisciare e poi… morse ripetutamente l’uomo che era lì.
 
Harry oppose una fievole resistenza, ma non riuscì ad espellere Draco dalla sua mente, non voleva che vedesse ciò che Voldemort gli faceva vedere non voleva che sapesse del suo collegamento con il mago oscuro. E si sforzò con tutto se stesso per respingerlo, per schermare la sua mente ed impedirgli di vedere quel ricordo, tuttavia Draco lanciò di nuovo l’incantesimo e, dopo una prima, blanda resistenza, riuscì ad entrare nella sua mente.
 
L’Ufficio Misteri era immenso, Harry percorse tutta la sala e poi si fermò. Sul pavimento, c’era un uomo accasciato per terra, sofferente, ferito, provato. Lo stomaco di Harry si contrasse dalla paura, quello era Sirius.
«Prendila per me» sussurrò una voce sibillina all’uomo «Tu puoi prenderla… io no…»
«Non lo farò» replicò Sirius. Harry sentì il terrore invaderlo, il suo padrino era in pericolo e lui stava assistendo, impotente alla scena. Draco avvertì la puzza di trappola a distanza.
«Crucio!» urlò la voce di Voldemort, puntando la bacchetta sull’uomo. Ripeté la maledizione e, dopo essersi contorto ed aver urlato per il dolore, Sirius cadde sul pavimento, immobile, dopo qualche minuto, però rialzò la testa e lo guardò con sfida, nonostante le ferite e il dolore che provava.
«Prendila!» ordinò Voldemort.
«Uccidimi pure, non lo farò» replicò l’uomo, tentando di alzarsi dal pavimento. Voldemort urlò e gli scagliò contro un’altra maledizione e lui ricadde sul pavimento di pietra.
«Sarà un piacere farlo» lo minacciò il mago oscuro.
Harry si risvegliò in sala grande con la cicatrice in fiamme.
Il ricordo cambiò immediatamente, Potter e i suoi amici erano all’Ufficio Misteri e stavano cercando Sirius Black e Voldemort, ma quando giunsero nel punto che Potter aveva visto nell’incubo/visione, si resero conto che non c’era nessuno. Improvvisamente, Harry notò una sfera di cristallo, sotto alla quale c’era il suo nome e… la prese, nonostante gli altri gli dicessero di lasciarla lì dov’era.
 «Molto bene, Potter. Adesso voltati lentamente, da bravo, e dammela». Draco riconobbe la voce di suo padre e cercò di non provare troppo disgusto per quell’uomo. Era una trappola, aveva contribuito a tendere una trappola a dei ragazzini, per volere di Voldemort – beh, lui non era migliore di suo padre, ma per sua fortuna, aveva ancora sedici anni e aveva la possibilità di cambiare – e Potter non lo realizzò subito. Al biondino, quasi dispiacque per lui. Voleva salvare il suo padrino e si era ritrovato a mettere se stesso e i suoi amici in pericolo. Altre immagini di quella notte passarono in fretta nella mente di Harry, loro che scappavano e tentavano di affrontare i Mangiamorte, l’arrivo degli Auror, di Silente e…
Sirius stava duellando contro Bellatrix, i due non si fermarono neanche dopo l’arrivo di Silente, improvvisamente l’uomo fu colpito da un incantesimo in pieno petto. Dopo quella che parve un’eternità, il suo corpo si piegò e scomparve dietro a un velo misterioso appeso a un arco. Harry aspettò con ansia che Sirius si rialzasse, dopotutto era solo caduto dietro a un velo logoro e sporco, poteva uscire da lì da un momento all’altro. Ma non ricomparve.
«SIRIUS!» urlò Harry «SIRIUS!»
Corse verso l’arco, poteva salvarlo, poteva aiutarlo, era solo caduto dietro a un vecchio arco… Lupin lo bloccò da dietro, circondandolo con le braccia per trattenerlo. Harry si divincolò dalla sua presa, continuando a chiamare il suo padrino.
 «Non puoi fare niente, Harry…» il Grifondoro scosse energicamente la testa, cercando di liberarsi, ma Lupin non lo lasciò.
«Fermalo, salvalo… è appena passato…» disse il ragazzo, supplicando l’uomo alle sue spalle. Poteva salvare Sirius, poteva aiutarlo a tornare da loro, erano passati pochissimi istanti da quando era caduto… era solo un dannato arco.
 «…è troppo tardi, Harry».
«Possiamo ancora raggiungerlo…» Harry si dimenò ancora con forza, ma Remus rinforzò solo la presa su di lui.
«Non puoi fare più niente, Harry… niente… se n’è andato».
L’urlo che lasciò che labbra di Potter riecheggiò per tutto l’Ufficio Misteri e probabilmente venne udito anche altrove. Era un urlo carico di dolore, di disperazione… di speranze infrante e di perdita. Harry, con Sirius, aveva perso tutto. 
 
«P-Per favore» gemette Harry, affaticato, un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra «Basta… non… non ce la faccio più» la sua voce era quasi un sussurro e Draco si accorse solo in quel momento delle lacrime che scivolavano veloci sul viso del moro. Era… era in lacrime di nuovo? Stava piangendo ancora? Beh, come poteva dargli torto? Aveva perso una persona importante in quel ricordo… se fosse successo qualcosa del genere a sua madre, non sapeva come avrebbe potuto reagire. Scacciò in fretta quel pensiero per restare concentrato sull’incantesimo che stava eseguendo, avrebbe dovuto fermarsi e farlo riposare? Ma Silente era stato categorico, Harry doveva imparare a respingere gli attacchi alla sua mente, non poteva fermarsi. «P-Per favore, Draco… basta» lo supplicò ancora, quando l’ennesima immagine del suo padrino passò nella sua mente, singhiozzò più forte, scuotendo la testa «Ti prego!» esclamò «D-Draco, ba-basta…»
E forse qualcosa dentro di lui doveva essere cambiato in quei giorni, perché pochi secondi dopo la sua richiesta, fermò l’esecuzione dell’incantesimo, interrompendo il contatto con la sua mente. Potter rimase con gli occhi chiusi e cercò di regolare il proprio respiro e di reprimere sia le lacrime che i singhiozzi. Doveva essere dannatamente difficile per lui.
«Potter…? Stai bene?»
Harry scosse la testa e si spostò dal suo posto, coprendosi il viso con le mani. Il senso di colpa per ciò che era successo a Sirius si fece largo in lui: se lui non fosse stato così stupido da credere alla visione di Voldemort, niente sarebbe accaduto, se lui non fosse andato all’Ufficio Misteri, Sirius sarebbe stato ancora vivo e lui avrebbe avuto il suo padrino. Se non fosse stato così stupido, così ingenuo, così avventato… avrebbe avuto ancora una famiglia. Era tutta colpa sua. Se solo avesse ascoltato Hermione… se solo…
Un altro singhiozzo proruppe dalle sue labbra, non riuscì a trattenerlo e pensò di essere patetico a piangere in quel modo davanti a Malfoy, che probabilmente lo stava deridendo, dopo tutte le cose che aveva visto in quelle ore. Solo che rivedere quel ricordo… in così netto contrasto con quello in cui gli aveva proposto di andare a vivere con lui… aveva fatto male, aveva risvegliato in lui un dolore così travolgente… paragonabile solo allo sfogo di rabbia mista a dolore che aveva provato, quando aveva distrutto l’ufficio di Silente. Le parole che aveva detto al preside erano vere: non voleva essere umano, se questo significava soffrire così tanto e stare male. Non voleva tutte quelle emozioni, non voleva…
«Potter…» Malfoy lo chiamò ancora e Harry singhiozzò di nuovo. Scosse la testa velocemente, semplicemente corse fuori dalla Stanza delle Necessità, lasciandosi uno scioccato Malfoy alle spalle, percorse in fretta il corridoio del settimo piano, raggiungendo le scale. Non poteva andare nel dormitorio, Ron gli avrebbe dato il tormento e Hermione l’avrebbe saputo da lui e gli avrebbe fatto una lunga paternale sul fatto che non si stesse impegnando abbastanza con le lezioni. Così cambiò strada e senza pensare oltre, scese le scale correndo fino ad arrivare all’androne principale, uscì dal castello e corse verso la capanna di Hagrid. Sapeva che lì avrebbe trovato un minimo di conforto, senza troppe domande, senza occhiate giudicanti, senza nulla. Quando il mezzo gigante gli aprì la porta, Harry non riuscì a fare nulla, se non abbracciarlo e scoppiare, finalmente, in un grosso pianto liberatorio. Riuscì finalmente a tirare fuori ciò che da mesi si portava dentro, riversò in quel pianto tutto il dolore, il senso di colpa, la disperazione che aveva provato per così lungo tempo, senza tirarla fuori.
«Shhh, va tutto bene» gli sussurrò con dolcezza Hagrid, tenendolo stretto tra le sue braccia con fare protettivo, come se Harry fosse un bambino piccolo. Il ragazzo si lasciò andare e pianse fino a che non si addormentò, sfinito, a causa del pianto. Hagrid lo sistemò su una panca con delicatezza e lo coprì con una coperta, mettendo su il tè, il ragazzino ne avrebbe avuto bisogno, al suo risveglio.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Nota: alcuni dei dialoghi nei flashback sono ripresi dai libri e/o dai film, grazie Potterpedia per questi!
 
Hola peps!
Eccoci giunti con il secondo episodio della prima stagione di questa storia :D (anche se per noi è un terzo appuntamento u.u :3)
ANYWAY. Ecco la prima carrellata di ricordi di Harry, sono eventi davvero accaduti a Harry nel corso della saga. E sì, riscrivere la morte di Sirius mi ha fatto male, così come ha fatto male a Harry riviverla, povero piccolo. MA era necessario, Draco adesso si è reso conto di quanto Harry abbia davvero perso e nel prossimo capitolo esploreremo anche la sua infanzia e lì aprirà davvero gli occhi. Un po’ si è sentito male anche lui per Harry, dopo i ricordi legati a Sirius, infatti quando si accorge di quanto sia spezzato Harry, interrompe l’incantesimo, piccino dai. Sotto sotto è un tenerone. (molto sotto, il tatto non è proprio suo amico lol) e adoro scrivere i loro battibecchi LOL
Alla fine non ha perso nessuna partita u.u ma non è servito a far pace con Ron (ma almeno Ginny non romperà più i coglioni LOL in realtà appare poco in questa prima parte… quanto si capisce che è un personaggio che mi non piace, vero? AHAH) Voi non sapete quanto sia stato difficile scrivere quelle tre righe "hinny", e no nessun bacio con la pel di carota, SKS è stato più forte di me, non sono riuscita ad inserire quella cosa, ORRORE LOL
Harry e Ron non hanno ancora chiarito, ma lo faranno presto :D
Non è chiaro nei libri (o almeno io non ho trovato nessun riferimento) quando Voldemort affida la coppa a Bellatrix, in questa storia ho supposto che l’avesse fatto da subito, per metterla al sicuro e non durante la guerra e Draco ha sentito per sbaglio la conversazione e visto che è praticamente una capera (un pettegolo) spiffera a Harry dov’è la coppa. :D Harryino è felicino di questo, ma ovviamente devono prima finire le lezioni di occlumanzia, c’ha ragione Draco. Una cosa per volta u.u eh insomma!
Ma comunque, abbiamo esplorato i ricordi di Hogwarts, passando da quelli più tranquilli (beh, più o meno LOL) a quelli più dolorosi. Povero piccino. E presto esploreremo anche quelli d’infanzia. Secondo voi quanti traumi infantili ci ho ficcato nel mezzo? AHAH tanti. Troppi, ma serve per creare le basi per il futuro di Harry e Draco u.u
Anyway spero che il capitolo vi sia piaciuto! Qui ci sono un paio di indizi su alcune cose che avverranno in futuro, ma non spoilero nulla u.u
Intanto ringrazio Eevaa e Estel84 che hanno recensito il capitolo precedente. Thank you <3 E grazie anche a tutte le persone che mi mandano messaggi privati per farmi sapere cosa pensano della storia e chi la segue in maniera silenziosa e chi la aggiunge alle categorie, grazie mille a tutti per il sostegno <3
Sperando che stiate tutti bene, con le notizie che circolano e sperando di non rivivere un secondo mese di marzo/aprile/maggio, vi do appuntamento alla prossima settimana con un nuovo episodio… ehm, capitolo di questa storia! :D
See you on Saturday, peps!
Love ya <3
#Staysafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 4
*** Prima Parte, Capitolo 3: Into your mind (pt.2) ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


ATTENZIONE:
Menzione di scene di violenza e abusi, niente di troppo grafico, ma ci sono riferimenti ad essi.

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 3: Into your mind (pt.2)



Harry ebbe gli incubi per tutta la nottata. Si svegliò nel bel mezzo della notte nella capanna di Hagrid, in preda al panico con il cuore che batteva a mille, il sudore freddo sulla fronte e il respiro affaticato; le immagini dei ricordi che aveva rivissuto durante la “lezione” di Malfoy si ripetevano incessantemente nella sua mente, senza dargli tregua alcuna, aveva provato a frenare, senza successo, i singhiozzi che scuotevano il suo corpo, tuttavia le premure di Hagrid erano riuscite a farlo sentire meglio. Il mezzo-gigante gli offrì un enorme tazza di tè caldo e lo invitò a parlare, ma il ragazzo era troppo scosso per farlo, come poteva spiegargli che in una sola serata aveva rivissuto alcuni dei momenti peggiori della sua vita e la sua perdita più grande?
Aveva trascorso poco tempo con Sirius, troppo poco tempo, ma in quel periodo aveva avuto davvero qualcuno che teneva a lui, qualcuno che lo considerava come un membro della sua famiglia. Certo, la signora Weasley lo trattava alla pari di uno dei suoi figli, ma… Sirius era la sua famiglia, il suo padrino, il suo tutore, il migliore amico di suo padre, la persona che più poteva essere una figura paterna per lui. In quel poco tempo che avevano passato insieme, avevano stabilito un legame particolare, un legame profondo, che era impossibile da spiegare. Avrebbe desiderato avere più tempo da trascorrere con lui e invece… per colpa sua lo aveva perso. Il senso di colpa era inesprimibile e spesso gli toglieva totalmente il fiato, a volte prendeva possesso di lui e gli impediva di ragionare lucidamente.
«Vieni ogni volta che vuoi, Harry» gli aveva detto Hagrid, prima di lasciarlo andare via «La mia capanna è sempre aperta per te, vieni ogni volta che ne senti il bisogno». Il ragazzo aveva annuito e lo aveva ringraziato ancora una volta per essersi preso cura di lui, in quel momento in cui nessuno l’avrebbe fatto. Non avrebbe voluto andare via, avrebbe preferito restare lì da Hagrid, dove nessuno poteva nuocergli, nessuno poteva ricordargli che lui era il prescelto e che non poteva essere debole, ma sapeva di dover tornare alla realtà e affrontare sia Malfoy che i suoi amici. Quello che più lo spaventava, in quel momento, non era la reazione del Serpeverde – anche se sentiva l'umiliazione bruciare sulla sua pelle, i suoi sfottò per lui erano all’ordine del giorno e sapeva rispondere a tono ogni volta – ma la reazione che avrebbero avuto Ron e Hermione, soprattutto il primo, a sapere del suo crollo emotivo dopo così poche lezioni. Gli avrebbero detto di smetterla, che non ne valeva la pena, ma Harry sapeva che era necessario per evitare che quello che era successo a Sirius accadesse di nuovo.
Rientrò nel castello che era già l’ora della colazione, al tavolo dei Grifondoro c’erano solo poche persone, così si sedette al solito posto e sospirò, prendendosi la testa tra le mani.
Rivivere quei ricordi, soprattutto quelli legati a Sirius, aveva fatto male e gli incubi notturni non avevano fatto che peggiorare la situazione, si sentiva un vero e proprio straccio. Tra i ricordi legati al suo padrino, quelli legati a Cedric e alla resurrezione di Voldemort e il resto, tutto era stato fin troppo intenso. Era riuscito a ribellarsi un pochino alla presenza del biondo nella sua mente, ma non fino in fondo. Non era riuscito ad impedirgli di vedere tutto. E, soprattutto, Malfoy lo aveva visto debole e vulnerabile, forse da quello non si sarebbe mai ripreso del tutto.
«Hai un aspetto terrificante» commentò sarcasticamente la voce di Ron alle sue spalle, Harry si irrigidì preparandosi alla “ramanzina” del rosso «Continuo a pensare che la tua non sia una buona idea» aggiunse poi, sedendosi accanto a lui, il moro strinse i pugni, sentendo un principio di rabbia risalire dalle profondità del suo animo «Ma abbiamo affrontato cose peggiori di un’alleanza con Malfoy» affermò. L’altro strabuzzò gli occhi e si voltò a guardare il suo migliore amico con incredulità. Cosa aveva appena detto? La testa gli faceva male, la cicatrice non la smetteva di bruciare da quando aveva visto Voldemort nei suoi ricordi e sentiva il peso di quelle ultime giornate sulle sue spalle, per questo temeva di aver immaginato o di non aver capito ciò che l’altro gli aveva appena detto.
«Di cosa stai parlando?» chiese freddamente. Erano diversi giorni che Ron non gli rivolgeva la parola, si era allontanato da lui, nello stesso modo in cui si era allontanato al quarto anno e quello lo aveva ferito profondamente. Il biondo aveva visto anche quello, ma per fortuna non aveva fatto alcun commento sulla faccenda. Harry gliene era stato grato, conoscendolo avrebbe potuto infierire facendo battute sulla “drammaticità” della situazione.
«Parlo di te. Non puoi fare questa cosa da solo» disse il rosso «E non posso lasciarti da solo, qualcuno deve guardarti le spalle» continuò «E poi non ti ho visto tornare nel dormitorio ieri sera, ero preoccupato per te, così sono venuto a cercarti e ho incontrato Malfoy che usciva dalla Stanza delle Necessità. Ha detto che eri scappato senza dire niente, ma che eri sconvolto. Avrei voluto tirargli un pugno, ma mi sono trattenuto e sono tornato indietro, ti ho aspettato tutta la notte per parlarti, ma tu non sei tornato». Harry restò in silenzio e annuì. Non credeva che Ron si fosse preoccupato per lui, non così tanto, era andato da Hagrid per non incontrarlo e per non sentire le sue critiche per essersi fidato di Malfoy, ma Ron lo stava sorprendendo ancora una volta. «Si può sapere dove diavolo sei stato?» gli chiese di nuovo.
«Io… sono andato da Hagrid» rispose il moro, senza guardare l’amico «Non è stata colpa di Malfoy, io… mentre ci esercitavamo, ha… visto dei ricordi e molti erano su Sirius e…» deglutì, la sua voce si spezzò e scosse la testa «Non volevo farmi vedere in quelle condizioni, è stata dura».
«Lo immagino, amico» mormorò Ron, mettendogli una mano sulla spalla «Conta pure su di me, in questa faccenda. Non ti lascerò da solo ad affrontare tutto questo». Harry annuì e gli rivolse un mezzo sorriso. «E se hai bisogno di qualcuno che dia un pugno a Malfoy, beh, sai dove trovarmi» aggiunse, per sdrammatizzare. Al moro scappò una breve risata e annuì, decisamente sollevato «Stai bene?»
«Starò bene, come sempre» replicò il moro con un sospiro «Ma… sono felice che tu abbia cambiato idea, non sai quanto».
«Lo sai, a volte sono un po’ lento a capire qual è la cosa giusta da fare, ma sai che puoi sempre contare su di me».
«Grazie, Ron, significa molto per me» affermò Harry, quasi commosso. Era sollevato, senza il rosso al suo fianco sarebbe stato tutto più complicato. Aveva cercato di non dare peso alla faccenda, di farla passare in secondo piano rispetto al resto, ma sapere che il suo migliore amico fosse dalla sua parte, aveva sollevato il suo animo.
«Comunque hai un aspetto orribile» osservò con poco tatto il rosso «Dovresti andare in infermeria e prenderti una giornata per riposare» suggerì allora.
«No, non posso, ieri sono riuscito a fermare per un po’ Malfoy, devo continuare ad esercitarmi».
«No, Harry» intervenne Hermione, raggiungendo anche lei i due ragazzi, nello stesso momento in cui anche Ginny si sedeva di fronte a loro. Harry sobbalzò, non essendosi accorto della sua presenza in quel momento. Quando era arrivata? Non l’aveva sentita, stava usando di nuovo la Giratempo per seguire più corsi o cosa? «Ha ragione Ron, hai bisogno di una pausa. E penso che Malfoy sia dello stesso parere. Oggi vai in infermeria e resta a riposo» suggerì l’amica «Per una volta, posso passarti i miei appunti di Storia della Magia, Incantesimi e delle tue lezioni di oggi».
«Amico, approfitta, sappiamo tutti e due che Hermione non passa mai i suoi appunti!» esclamò Ron, divertito.
«Cretino» borbottò Hermione «Vi aiuto sempre, quando me lo chiedete».
«Aiuti sempre Harry, quando ne ha bisogno, sicura di non avere una cotta per lui?»
Il moro alzò lo sguardo verso Hermione e poi guardò Ron, la ragazza si fece rossa come un pomodoro e poi, senza pensarci due volte, diede uno schiaffo al ragazzo, con così tanta forza che lui voltò la testa dall’altro lato.
«Sei impazzita?» chiese lui «Cosa ho fatto?» lei non rispose e si alzò, cambiando posto. Harry guardò l’amico, alzando gli occhi al cielo e scosse la testa. Certe cose non sarebbero mai cambiate, Ron non sarebbe mai cambiato.
Sbuffò leggermente e si alzò «Ron, ogni tanto un po’ di sensibilità non guasta…» sospirò «Torno subito» disse, seguendo la riccia per parlarle e capire se stesse bene dopo le affermazioni indelicate del rosso.
«Ma che cosa ho fatto?» chiese di nuovo Ron ad alta voce, senza capire dove fosse stato il suo errore. Aveva solo fatto una battuta, si era davvero offeso per quella semplice battuta su lei e Harry? Stava solo scherzando!
Harry sentì l’eco della voce di Ginny dire a Ron che era un “idiota con il tatto di un Erumpent in un negozio di cristalli”, si lasciò sfuggire una breve risatina, poi raggiunse Hermione. Ella si sedette qualche posto più in là e il ragazzo prese posto accanto a lei, mettendole un braccio attorno alle spalle, la ragazza sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla. Lui conosceva perfettamente il motivo che aveva spinto la ragazza a reagire in quel modo: come poteva Ron scherzare sui suoi sentimenti, quando lei provava palesemente qualcosa per lui? Harry era l’unico a saperlo, ovviamente. Hermione non si fidava abbastanza di nessun altro.
«Lascialo perdere, lo sai che apre la bocca solo per darle aria» le disse dolcemente, la ragazza sospirò «Vedrai che prima o poi aprirà gli occhi» aggiunse con lo stesso tono. Lei annuì, ma non replicò, lasciando che il suo migliore amico la consolasse. Mormorò un “grazie” sottovoce e restarono lì per un po’, prima di riunirsi a Ron e comportarsi come se nulla fosse mai accaduto. Harry era certo che prima o poi Ron e Hermione avrebbero capito di essere destinati a stare insieme, ma per il momento era felice di avere i suoi migliori amici dalla sua parte: avrebbe affrontato diversamente le lezioni di Occlumanzia con Draco.
Quel giorno, comunque, seguì il consiglio dei suoi amici e si diede malato, scrisse un breve bigliettino a Malfoy, comunicandogli di non sentirsi bene e chiese a Edvige di portarglielo. Trascorse in infermeria alcune ore, Madame Chips rilevò che aveva davvero qualche linea di febbre e gli suggerì di stare a riposo tutta la giornata, Harry era troppo provato per ribellarsi e ascoltò le raccomandazioni della medimaga. Ginny andò a trovarlo e gli tenne compagnia per un po’, parlandogli di argomenti vari che riuscirono a distrarlo un po’, le fu grato per essere andata da lui, nonostante avesse tante cose da fare. Quando lei andò via, per andare a lezione di Trasfigurazioni, Harry si addormentò, cercando di riposare e di cancellare dalla mente tutto quello che aveva ricordato appena un giorno prima. Non sarebbe mai stato facile, ma sarebbe riuscito a vincere quella sfida. Doveva farcela.
 
Quando quella mattina vide la civetta bianca di Potter planare nella sua direzione, Draco sussultò. Tutti la videro, ma lui fece finta di nulla, prese il bigliettino legato alla sua zampa e la lasciò andare subito, poi con eleganza uscì dalla Sala Grande e lesse il contenuto di quel messaggio. Potter non stava bene, evidentemente i ricordi del giorno precedente lo avevano sconvolto fin troppo. In effetti, chiunque sarebbe rimasto sconvolto dal rivivere la morte di una persona cara. Lui stesso aveva ancora gli incubi riguardo le torture che Voldemort aveva inflitto a sua madre.
In tutta la sua vita, Draco Malfoy non aveva mai provato una sensazione di disagio paragonabile a quella che aveva provato la sera precedente. Non aveva mai visto il Grifondoro tanto sconvolto, come lo aveva visto dopo quel ricordo, per lui doveva essere stato difficile rivivere la morte del suo padrino e il modo in cui lo aveva supplicato di smettere, di fermarsi, aveva mosso qualcosa nel cuore apparentemente gelido del Serpeverde. Si era sentito male per lui, quasi come se avesse percepito il dolore su se stesso.
Dopo la lezione di Occlumanzia con Potter, dopo averlo visto fuggire in lacrime, era uscito dalla Stanza delle Necessità con l’intenzione di tornare nel suo dormitorio, ma aveva incontrato Weasley, che quasi l’aveva aggredito perché non aveva idea di dove fosse finito Potter. Non era mica il suo babysitter, non poteva sapere dove il moro fosse in ogni momento, tuttavia era fin troppo scosso e a disagio per litigare con il rosso, così gli aveva spiegato brevemente che il moro era fuggito, sconvolto, ma non aveva rivelato il motivo, non sapeva Potter quanto avesse raccontato a Weasley e non se la sentiva di umiliarlo in quel modo, non dopo quello che aveva visto. Aveva percepito fin troppo bene il dolore che aveva provato il Grifondoro, era orfano e l’unica persona che sembrava essere interessata alla sua salute era morta, senza che lui potesse fare niente per salvarla, anzi. Sirius Black era morto perché Harry Potter aveva creduto a una falsa visione ed era caduto nella trappola di Voldemort. Doveva essere un peso terribile per lui, dopotutto aveva solo sedici anni, come lui. Entrambi, dopotutto, avevano vissuto un vero e proprio inferno, a causa di Voldemort. Potter da più tempo di lui, ma… avevano qualcosa che li accomunava, qualcosa che li avvicinava irrimediabilmente.
Erano più simili di quanto immaginassero.
Non capiva perché si sentisse così nei confronti del moro, imparando a conoscerlo, stava iniziando a capire chi fosse davvero Harry Potter e non sapeva cosa pensare davvero di lui. Indubbiamente era il suo opposto: era gentile, altruista, coraggioso, generoso, nonostante tutto quello che aveva vissuto, era sempre disposto a fare di tutto per aiutare gli altri, eppure… eppure dentro aveva anche qualcosa di diverso che Draco aveva solo percepito, qualcosa di… oscuro, ma che era assopito, dormiente e si manifestava sempre nei momenti in cui era più nervoso o arrabbiato. Lo aveva percepito chiaramente in uno dei ricordi, ma non aveva idea di cosa fosse.
Avrebbe dovuto parlarne con Silente? Avrebbe dovuto metterlo al corrente di quello?
Forse sì, se voleva davvero essere utile, salvare se stesso e sua madre, doveva fare di tutto per aiutare Potter e Silente a sconfiggere Voldemort e se quella parte oscura era ciò che gli impediva di dominare le sue emozioni, allora Draco avrebbe parlato con il preside e lo avrebbe aiutato. Inoltre, se solo Potter avesse gestito meglio la storia dell’Occlumanzia, avrebbe potuto condurlo a uno degli horcrux e velocizzare quella che sarebbe stata la sconfitta di Voldemort.
Non si riconosceva neanche, non avrebbe mai immaginato di poter formulare un pensiero del genere su qualcuno, ma soprattutto su Harry Potter. Qualcosa era profondamente cambiato tra di loro, da quando il Grifondoro gli aveva porto la mano in quel bagno. Il fatto che avesse mostrato a Potter i suoi ricordi legati all’estate e il fatto che lui stesse guardando i ricordi di Potter per insegnargli l’Occlumanzia, stava creando un legame insolito tra di loro, qualcosa che andava oltre l’odio reciproco che avevano provato nel corso degli anni scolastici appena trascorsi.
Silente gli aveva detto di andare da lui dopo la seconda settimana di lezioni di Occlumanzia, ma… credeva di poter essere utile a Harry in quel modo. Così, prima dell’inizio delle lezioni, raggiunse il secondo piano e pronunciò la parola d’ordine – l’aveva imparata da Potter – e salì lentamente le scale che conducevano all’ufficio di Silente.
Draco bussò alla porta ed essa si aprì da sola, come se stesse aspettando proprio lui, allora il ragazzo si sentì autorizzato ad entrare, si guardò intorno e osservò i quadri dei precedenti presidi di Hogwarts che ancora sonnecchiavano, il Cappello Parlante su una mensola e la fenice sul suo trespolo.
«Draco, buongiorno» lo salutò il preside «Cosa ti porta qui?»
«Buongiorno signore» ricambiò il saluto il ragazzo con educazione «Avrei bisogno di parlarle».
«Ma certo, accomodati» disse Silente «Hai già fatto colazione?» chiese «Vuoi del tè?»
«N-No, sono a posto, signore» rispose educatamente, avvicinandosi alla scrivania, posizionandosi davanti all’anziano mago. Era un po’ agitato, ma… aveva bisogno di parlargli per capire come comportarsi e per capire cosa fosse quell’oscurità che aveva visto dentro il moro. C’era qualcosa che non andava e… doveva trovare una soluzione.
«Ebbene? Di cosa volevi parlarmi?» chiese.
«Riguarda Harry» rispose subito il biondo, il preside annuì invitandolo ad andare avanti «Lo so che per ora… ci siamo visti poche volte, ma…» si morse le labbra «Mi è parso di percepire qualcosa in lui, nei suoi ricordi, qualcosa che potrebbe, ecco, impedirgli di schermare la mente, si manifesta soprattutto quando è particolarmente arrabbiato e-»
Silente alzò una mano, interrompendolo «Non preoccuparti, Draco, Harry ne ha passate tante, alcune sue reazioni sono… l’effetto delle tragiche sfortune che gli sono capitate» Sfortune, vorrai dire traumi, replicò mentalmente il biondo «Concentrati sull’Occlumanzia, è la cosa più importante in questo momento».
Il ragazzo annuì, guardando il preside non ancora convinto «Ma se ciò che gli impedisce di usare l’Occlumanzia fosse proprio quello?» chiese di nuovo.
«Sono certo che Harry abbia bisogno solo di un po’ di allenamento e che con te possa riuscire ad imparare a schermare la mente» asserì l’uomo, tagliando qualunque altra replica «Sono certo che puoi capire l’importanza del compito che ti ho affidato».
«Sì, signore» rispose «Farò come mi ha detto» replicò, comprendendo che l’uomo non avrebbe risposto ad altre domande. Se voleva delle risposte, doveva trovarsele da solo.
«C’è altro?»
«No» rispose Draco «La ringrazio per il suo tempo, le chiedo scusa per il disturbo» asserì, congedandosi dal preside che lo osservò con fare pensieroso. Quel ragazzo era più brillante e perspicace di quanto avesse immaginato, sarebbe stato davvero un’ottima aggiunta all’Ordine nella lotta contro il bene superiore.
Draco uscì dall’ufficio di Silente, dirigendosi alla lezione di Storia della Magia con molti interrogativi nella mente, ma con una sola consapevolezza: doveva impegnarsi di più, doveva scovare qualche altro ricordo doloroso, per costringerlo ad opporsi. Avrebbe dovuto impegnarsi lui in prima persona per far in modo che Potter si ribellasse all’intrusione e lo respingesse. E poi non si sarebbe fermato, avrebbe continuato, ancora e ancora, fino a che non avesse imparato a schermare completamente la mente. Riconosceva che non era facile, lui stesso aveva impiegato settimane, mesi per imparare; la disperazione e la paura gli avevano permesso di farlo. Con Potter, forse, doveva puntare sull’umiliazione, se si fosse spinto troppo oltre, magari l’altro avrebbe avuto una reazione simile a quella che aveva avuto, quando aveva scorto una delle visioni che Voldemort gli aveva mandato.
Sì, lo avrebbe fatto.

 

 
«Zia ‘Tunia?» un piccolo Harry di appena cinque anni uscì dal sottoscala con un’espressione dolcissima sul viso, Draco non avrebbe mai scommesso mezzo galeone su quello, ma Potter da piccolo era adorabile e sprizzava tenerezza da tutti i pori. Era così piccolo e magrolino che gli veniva quasi voglia di proteggerlo, in quel momento – che stupido, si insultò il biondo per ciò che aveva appena pensato.
Il piccolo Potter raggiunse una donna nella cucina della casa, con le sue piccole braccia allargate.
«Cosa vuoi, mostriciattolo?» chiese lei, senza degnarlo di uno sguardo.
«I-Io…» deglutì, immobilizzandosi davanti alla freddezza della donna «Oggi… è il mio complianno… volevo solo un abbraccio» disse il bambino, errando la pronuncia della parola “compleanno” e a Draco fece di nuovo tanta tenerezza, sentì anche il proprio cuore stringersi dalla tristezza. Come poteva quella donna essere così fredda e distaccata con quel bambino? Certo, era sempre Potter, ma… era piccolo e indifeso e stava solo chiedendo un abbraccio, per Salazar.
«Non sai neanche parlare come si deve» sbuffò lei scuotendo la testa «Ma ti sembrano richieste da fare?» domandò con una freddezza tale da sembrare che fosse stato scagliato un incantesimo “Glacius” in quella stanza. Il bambino ritrasse le braccia, lasciandole cadere lungo i fianchi magri, trattenendo un singhiozzo.
«Scusa» biascicò, cercando di trattenere le lacrime «P-Pensavo… solo che… era un bel regalo…»
«Che “fosse”» lo corresse la donna «E lo sai, non si chiedono le cose. Non essere un bambino ingrato, io e Vernon facciamo già tanto per te» affermò con un tono di voce glaciale.
Harry annuì, stringendosi nelle spalle e lasciò cadere qualche lacrima, davanti al rifiuto. “No” – pensò Draco – “Non è possibile”. Persino Lucius Malfoy non gli aveva mai negato un abbraccio il giorno del suo compleanno e quell’uomo aveva come secondo e terzo nome “freddezza” e “assenza di sentimenti”.
Harry tirò su col naso e si passò una manina sul viso per cancellare le lacrime che aveva appena versato, la donna non lo degnò neanche di uno sguardo, semplicemente volse le spalle e fece per uscire dalla cucina.
«Adesso non frignare e fila a preparare la colazione, tra poco Diddino si sveglierà». Il piccolo Potter annuì e abbassò la testa dirigendosi in cucina. Cos’era il loro elfo domestico o cosa?
Draco vide Harry tirare di nuovo su col naso, mentre si arrampicava una sedia e si metteva a preparare la colazione per loro. A soli cinque anni. Draco, a quell’età, nemmeno si vestiva da solo. Vide la donna salire la rampa di scale e scendere dopo qualche minuto con un bambino grosso e paffuto tra le braccia, gli diceva un sacco di cose vomitevoli come “Chi è il bambino più carino? Chi è il piccolino della mamma? Vuoi una bella colazione, ometto?”
Draco strinse i pugni e per la prima volta, da quando esplorava la mente di Harry, desiderò potersi materializzare lì, portarlo via da lì e magari maledire quei babbani con qualche maledizione senza perdono.
Vide Harry alzare lo sguardo verso quella scena, verso quell’affetto che gli era stato negato il giorno del suo compleanno e gli si spezzò il cuore, lo sguardo del piccolo Potter era vacuo, appannato dalle lacrime che stava cercando di trattenere, qualcuna gli era sfuggita ed esse avevano rigato le sue guance, senza che la donna se ne accorgesse.
«Che hai da guardare?» chiese lei, sprezzante. Il bambino scosse la testa, senza rispondere. Poi un omaccione, vestito di tutto punto, arrivò nella sala, chiedendo al piccolo dove fosse la sua colazione. Harry non lo guardò neanche, si affrettò a mettere tutto quello che aveva preparato con fatica in un piatto e lo tenne tra le sue manine, tentando di scendere dalla sedia. Tuttavia, era troppo piccolo, per questo cadde rovinosamente dalla sedia, perdendo l’equilibrio. Harry sentì un dolore fortissimo al braccio e alla gamba, ma si rialzò subito per rimediare al danno che aveva fatto.
«Potter!» ululò il babbano «Sei una disgrazia! Chi ci ripagherà del piatto rotto e del cibo sprecato? Non i tuoi genitori morti, di certo!» Harry singhiozzò scuotendo la testa, borbottando delle scuse tra i denti, cercando di alzare i cocci da terra. Si ferì una mano nell’atto di raccogliere quelle schegge, ma il babbano lo afferrò per i capelli; Harry strillò per il dolore e si dimenò con forza, ripetendo che non voleva, che non l’aveva fatto di proposito, che gli dispiaceva. L’uomo non lo ascoltò, strinse più forte la presa, trascinandolo verso il corridoio, mentre il bambino piangeva e strillava per il dolore, poi fu rinchiuso nel sottoscala. Draco sentì il suo dolore su di sé, come se avessero appena fatto del male a lui.
I babbani erano le peggiori specie esistenti al mondo. Come potevano trattare un bambino, un mago, in quel modo? L’uomo chiuse il sottoscala con un lucchetto – ne sentì il rumore contro la porta – e il piccolo Harry si avvicinò al suo lettino e si guardò intorno, come per accertarsi di essere solo. Draco lo vide tirare fuori da sotto il letto una piccola coperta, con una brutta fantasia a cuori e fiori. La distese sul letto per tutta la lunghezza di esso, poi ne piegò con cura le estremità laterali, come a formare un pacchetto, poi si issò sul letto e si stese sulla coperta, Draco non capì cosa stesse facendo, fino a che non lo vide stringersi attorno al corpicino le due estremità che aveva piegato e tirarle con forza, fino a che non si sentì stretto nella coperta. Harry aveva appena ricreato una sorta di abbraccio, con una coperta.
A quel punto, il bambino si rannicchiò più che poté, stringendosi la coperta attorno e scoppiò in lacrime, cercando di frenare i singhiozzi per evitare di farsi sentire dai babbani. Harry era solo un bambino che aveva chiesto un abbraccio come regalo di compleanno e non solo gli era stato negato, ma era stato anche punito per un misero incidente.
Come aveva potuto Silente permettere che crescesse in quel modo? Con quegli esseri spregevoli?
«Voglio la mia mamma» singhiozzò il bambino «Voglio il mio papà…» un altro singhiozzo «Perché non ci sono?» e un altro ancora «M-Mamma, dove sei?» Harry si strinse di più nella coperta, sembrava volesse stringerla sempre più forte, come se volesse sentire attorno a sé dell’affetto, un po’ d’amore, qualcosa che gli era stato negato.
 
Draco interruppe volontariamente l’incantesimo guardando il suo coetaneo, era sconvolto da ciò che aveva visto. Potter era cresciuto con delle persone odiose, detestabili, che lo avevano solo trattato male e l’avevano privato di qualsiasi cosa, persino di un abbraccio il giorno del suo compleanno. Provava un profondo dispiacere per lui; aveva sempre creduto che per Potter le cose fossero state semplici perché il suo nome era famoso e perché a scuola era diventato popolare per le sue avventure singolari… non si era mai soffermato a pensare a come avesse vissuto senza i suoi genitori.
Adesso poteva capire perché fosse così altruista, così disponibile verso gli altri, così generoso, non voleva che gli altri si sentissero come lui si era sentito nel corso della vita. Iniziava a vederlo sotto a un’altra prospettiva.
Erano quasi due settimane che si vedevano per quelle lezioni di Occlumanzia e se lui aveva imparato molto del suo rivale, l’altro non aveva fatto alcun progresso, se non quando aveva tentato di respingerlo, quando aveva esplorato i ricordi riguardanti il suo padrino. Aveva fatto un piccolo passo avanti, ma doveva dare molto di più, se voleva imparare l’Occlumanzia e schermare la sua mente a Voldemort. Draco aveva visto tutte le volte in cui Harry si era sentito vittima dello sconforto, tutte le volte che si era sentito bistrattato dai suoi stessi amici, messo in un angolo dalle persone che lo circondavano, tenuto all’oscuro delle cose che lo riguardavano. Aveva sentito su se stesso il suo dolore, la sua rabbia, la sua frustrazione, di certo l’idea che aveva adesso di “Harry Potter” era estremamente lontana da quella che aveva avuto negli ultimi sei anni.
In quelle settimane, aveva esplorato la sua mente, i suoi ricordi e attraverso essi, aveva scoperto molto sul famoso bambino-che-è-sopravvissuto, il famoso prescelto e quello che aveva visto… non era stato ciò che aveva creduto che l’altro avesse vissuto. Aveva sempre sentito parlare di Harry Potter, il bambino sopravvissuto, come se fosse stato una celebrità, come se fosse stato una persona importante, credeva che a causa del suo nome, avesse sempre avuto la vita facile, che per lui fosse stata tutta una passeggiata. In fondo, aveva solo perso i genitori, aveva pensato stupidamente, anni addietro. Adesso lo vedeva sotto un’altra luce. E riusciva a capire un sacco di cose su di lui, che prima proprio non riusciva a comprendere, primi tra tutti i motivi che lo spingevano sempre a combattere contro le ingiustizie.
«Potter, stai bene?» gli chiese, guardandolo. Il moro era scosso, quel ricordo doveva aver riportato alla sua mente altre cose spiacevoli, ma perché non lo respingeva? Perché non gli impediva di guardare quelle cose? Perché continuava a rivederle e a stare male dopo?  Il Grifondoro scosse la testa, ma non rispose, non riuscì a rispondere, aveva la gola serrata e il respiro affaticato. «Ascolta, devi restare concentrato, lo so che è difficile, ma devi cercare di impedirmi di entrare, okay?» Harry annuì, ma non riuscì a parlare, si sentiva bloccato. Non credeva che Malfoy potesse riportare alla mente quei ricordi, quell’infanzia che lui stesso stava cercando di relegare in un angolo della mente, di dimenticare. Si sentiva umiliato, come ogni volta che Draco entrava nella sua mente, ma quella volta era stato peggio, aveva provato a respingerlo, ma non ci era riuscito e il Serpeverde aveva osservato il modo in cui era stato trattato quando aveva cinque anni, e non solo, aveva visto anche il suo modo patetico di auto-consolarsi. Ricordava quella coperta, l’aveva trovata su un montone di cose da buttare vicino al sottoscala, quando aveva solo quattro anni e il freddo dell’inverno era così pungente che lui non riusciva a scaldarsi in quel gelido sottoscala. L’aveva tirata via da tutte le cose e l’aveva nascosta sotto al letto – perché se Vernon l’avesse scoperto, lo avrebbe punito – e la usava sempre quando aveva freddo o quando aveva bisogno di avvolgersi in qualcosa di caldo e confortante. Fingeva degli abbracci che non aveva mai avuto, a volte immaginava che quella coperta potesse essere una persona, qualcuno che gli voleva bene. E il fatto che Malfoy lo avesse visto, lo feriva nel profondo. Quello era un segreto che sarebbe dovuto morire con lui, neanche i suoi amici più stretti sapevano di quello.
«Potter…?» lo chiamò piano «Continuiamo?»
Harry scosse la testa «No, no… per favore, fermati» disse, disperato «Non posso, non ce la faccio, non sono forte abbastanza» singhiozzò. Cos’era quella reazione? Perché stava piangendo di nuovo come un idiota davanti a Malfoy? Non era riuscito a trattenersi, il groppo che aveva avvertito per tutto il tempo in gola e che gli aveva impedito di parlare, si era sciolto in calde lacrime. Aveva bisogno di un momento, aveva bisogno di allontanarsi dal biondo e di rifugiarsi da qualche parte, per contrastare quelle sensazioni orribili che si stavano riversando su di lui. Non era da lui scappare, ma non sapeva cos’altro fare in quel momento.
«Potter, lo dirò solo una volta e poi non mi sentirai ripetere mai più queste parole e negherò di averle dette in futuro, ho pur sempre una reputazione» annunciò il Serpeverde «Tu puoi farcela, puoi contrastarmi. Devi solo crederci prima tu. Hai sconfitto Lui a undici anni e lo hai rifatto a dodici e, cazzo, hai ucciso un basilisco e l’anno dopo hai affrontato un esercito di dissennatori, da solo» disse con enfasi «E poi hai affrontato di nuovo Lui a quattordici anni, faccia a faccia» continuò «Inoltre, l’anno scorso lo hai respinto. E non dico queste cose perché ti apprezzo particolarmente o sono un tuo fan o cose simili, ma perché le ho viste nella tua testa» affermò con estrema sincerità «Quindi, cosa ti blocca? Perché è ovvio che non ti stai impegnando». Harry deglutì e scosse la testa.
«Non ce la faccio, non posso farlo… sei troppo potente».
«Invece sì. Puoi battermi, fingi che io sia Tu-Sai-Chi. Gli permetteresti di esplorare la tua mente in questo modo?» gli chiese. Harry scosse la testa, ovvio che non voleva che Voldemort vedesse i suoi ricordi «Appunto, quindi… puoi farlo, anzi. Se c’è qualcuno che può contrastarmi, quello sei tu. Sei l’unico che riesce a battermi ogni volta, in ogni cosa, okay? Mi dai del filo da torcere da quando avevamo undici anni, soprattutto nel Quidditch, quindi puoi espellermi dalla tua mente».
Harry annuì, cercando di recuperare il controllo sul proprio respiro. Si sentiva il petto sconquassato dai singhiozzi, la testa gli faceva male e gli occhi bruciavano. Non si era mai sentito peggio, si sentiva umiliato nel profondo, perché tra tante cose brutte che gli erano successe, Malfoy doveva assistere proprio al trattamento che i Dursley gli avevano riservato?
«Penserai che sono patetico…»
«Ti sorprenderà saperlo, ma no. Non credo che tu sia patetico» rispose Draco «Diventi patetico se ti arrendi».
«Perché fai così? Tu mi odi».
«Anche tu odi me» replicò il biondo «Eppure, io sono la tua unica speranza, come tu sei la mia. Me l’hai detto tu, quando mi hai porto la mano. Insieme, possiamo farcela. Ma tu devi impegnarti» fece «Non fraintendermi, mi diverto un mondo a guardare i tuoi ricordi e a trovare materiale per poterti umiliare in futuro, ma vorrei davvero finire con la storia dell’Occlumanzia e passare alle cose serie».
Harry si lasciò scappare un sorriso e una mezza risata, smorzata da un singhiozzo e scosse la testa. C’era qualcosa di paradossalmente unico in Malfoy che gli faceva da tutor per l’Occlumanzia e da supporto morale. Era assurdo e tragicamente comico sotto molti punti di vista.
«Sei pronto?» Harry annuì, convinto di poter riuscire a contrastare l’incantesimo del biondo, ma neanche quella volta ci riuscì.
 
«Papà, papà!» urlò un bambino grassottello, spingendo Harry verso il babbano che se ne stava seduto sul divano a leggere il giornale «Harry ha di nuovo fatto le cose strane!»
«Non ho fatto niente!» esclamò il più piccolo, dimenandosi dalla presa del cugino «Il letto si è spostato da solo! Io mi stavo solo nascondendo da Dudley e dai suoi amici!»
Vernon alzò lo sguardo verso Harry, guardandolo con uno sguardo così crudele che il bambino sussultò e lo guardò terrorizzato.  L’uomo si alzò dalla sua sedia con una calma disarmante, il piccolo Potter cercò di indietreggiare, ma l’altro ragazzino lo tenne fermo con un sogghigno terrificante sulle labbra. “Lasciami, lasciami” – diceva il più piccolo, cercando di liberarsi dalla presa del cugino senza alcun risultato. Maledizione, ma Potter era un mago, non meritava di essere trattato in quel modo da quei luridi babbani.
«Potter, quante volte ti ho detto che le tue cose strane sono vietate in casa mia?» gli chiese.
«N-Non ho fatto niente, zio Vernon» disse il bambino tremando «Lo giuro, non ho fatto niente!»
«Adesso ti insegno io a comportarti come si deve» disse. Dudley lo lasciò e Vernon afferrò Harry per un braccio, lo strinse così tanto che il bambino gemette per il dolore.
«Sì, papà! Insegnagli a comportarsi bene! Quelli strani come lui non ci piacciono!» esclamò l’altro ragazzino. Harry prese a dimenarsi e a urlare, scuotendo la testa. Era terrorizzato e Draco poteva sentire perfettamente Harry cercare di contrastarlo e di impedirgli di vedere oltre, ma senza troppa convinzione. Non riuscì ad espellerlo.
Vernon spinse Harry nel sottoscala, colpendolo con un calcio. Il bambino gemette e cadde per terra. L’uomo lo rialzò e lo colpì in pieno volto, intimandogli di stare zitto, perché lui meritava tutto quello, perché era solo uno spreco di spazio che si permetteva anche di fare “le cose strane”, le sue stramberie non erano accettate, lui non era accettato in quella casa.
«Sei qui con noi solo perché i tuoi genitori sono morti e ci hanno costretti a prenderti, altrimenti non ti avremmo mai preso in casa nostra. Devi comportarti bene!»
«No-Non ho fatto n-niente…» il bambino singhiozzò scuotendo la testa, sapeva di non aver fatto niente, sapeva di essere innocente, aveva solo desiderato proteggersi da Dudley e dai suoi amici ed era successa una cosa strana, ma lui non aveva fatto niente, ma lo zio non gli credeva.
«Avresti fatto meglio a morire insieme a quei due nullafacenti dei tuoi genitori! Pazzi e strani come te!» continuò l’uomo colpendo ancora il ragazzino.  Harry singhiozzò e pregò lo zio di smetterla, ma lui non si fermò, continuò ad infierire sul suo piccolo corpo con una furia devastante. Quando ebbe finito di scaricare tutta la sua rabbia sul bambino, uscì dal sottoscala, lasciandolo lì ferito e singhiozzante, e lo chiuse dentro. Harry arrancò verso il suo lettino e vi salì a tentoni, con difficoltà e si rannicchiò su se stesso, tirandosi le ginocchia al petto. Aveva il viso tumefatto e del sangue che gli usciva dal naso, non sentiva il resto del corpo e dai suoi occhi uscivano grosse lacrime.
«M-Mamma» sussurrò ad occhi chiusi, immaginando che la sua mamma fosse lì accanto a lui. «N-Non ho fatto niente…» singhiozzò, cercando di nascondere i singhiozzi, di non fare troppo rumore, altrimenti lo avrebbero sentito e avrebbero fatto di peggio. Quella fu la prima volta che Harry desiderò di raggiungere i suoi genitori, ovunque essi fossero.
 
Il ricordo cambiò in pochi istanti. Harry era sulle scale, doveva avere circa nove anni. Stava trasportando una grossa cesta piena di vestiti sporchi, doveva portarla nella lavanderia al piano di sotto. Indossava una camicia che gli stava enorme e dei pantaloni che se non fosse stato per la cintura vecchia e logora che aveva, gli sarebbero caduti.
«Aspetta, Harry!» il ragazzino più piccolo si fermò sulla sommità delle scale e si voltò verso il cugino «Ti aiuto a scendere!» esclamò. Harry guardò l’altro confuso, ma riconoscente.
«Grazie Dud…» stava dicendo, quando improvvisamente il più grosso gli diede uno spintone così forte da farlo cadere per le scale. Harry cadde con tutta la cesta di biancheria sporca e arrivò alla fine delle scale in una posizione del tutto innaturale, mentre il ragazzino babbano rideva come un matto e urlava: «Mamma, papà! Harry è caduto giù dalle scale con la cesta!»
Il bambino restò fermo, immobile per alcuni minuti, tenne gli occhi chiusi e cercò di respirare a fondo e di capire se avesse qualcosa di rotto. Doveva alzarsi e nascondersi da qualche parte, sentiva già i passi pesanti di Vernon e le grida di Petunia, nessuno dei due era preoccupato che lui si fosse fatto male. Harry provò a mettersi seduto, ma la gamba destra rispose al suo gesto dandogli mille scariche di dolore. Un sordo dolore si estese lungo tutta la sua gamba e qualche lacrima scappò al suo controllo. Si avvicinò al muro e reggendosi ad esso, riuscì a rimettersi in piedi, ma la gamba gli faceva malissimo. Si guardò intorno, la cesta era completamente rovesciata, c’erano indumenti sporchi ovunque e lui era lì, con la gamba che gli faceva male, impossibilitato a fare altro.
«Potter» Harry trasalì sentendo la voce dello zio «Che diavolo hai combinato?»
«Dudley mi ha spinto…» disse il moro «Non lo so perché, mi ha spinto e aveva detto che mi avrebbe aiutato…»
«Tu osi accusare il mio bambino, nonostante si fosse offerto di darti una mano?» chiese lo zio, guardandolo male «Sei davvero un ingrato, una feccia. Non meriti di stare in questa casa, non rispetti la generosità che abbiamo nei tuoi confronti!» esclamò l’uomo «Rimetti a posto questo disastro e fila in camera tua!»
«N-Non posso…» Harry tremò, sentendo un’altra terribile fitta alla gamba «Ho male…» mormorò indicandosi la gamba ferita. Tremava come una foglia e stava per piangere ancora a causa del dolore, non riusciva più a sopportarlo.
«Oh, al diavolo! Vattene in camera tua, ma stasera andrai a letto senza cena» dichiarò gelidamente l’uomo. Harry ingoiò un boccone amaro e annuì, zoppicò verso il suo sottoscala, che per fortuna non era molto distante dal punto in cui era caduto e si stese sul lettino, alzando la gamba ferita, mentre copiose lacrime scivolavano sulle sue gote. Era tutto così ingiusto, Dudley se si faceva un piccolo graffietto veniva coccolato e curato da tutti… lui aveva probabilmente una gamba rotta e a nessuno importava. Harry provò a dormire, ma il dolore era così forte e incessante che avrebbe preferito staccarsi la gamba, piuttosto che provare ancora tutto quel dolore…
Poi la porta del sottoscala si aprì e…
 
«No!» urlò il Grifondoro, stavolta, inspiegabilmente riuscì a respingere Draco e ad impedirgli di vedere Vernon entrare nel sottoscala e punirlo per essere l’inutile spreco di spazio e denaro che era. Riuscì ad evitare che vedesse quell’ulteriore umiliazione da parte della sua famiglia. Harry aveva il respiro affannato e il cuore che batteva incessantemente nel petto. Non poteva permettere che Malfoy vedesse altro, non aveva raccontato quelle storie neanche ai suoi migliori amici, voleva che i Dursley rimanessero il suo sporco, terribile segreto. Nessuno doveva essere a conoscenza di quello. E il fatto che Malfoy avesse visto dei ricordi legati a loro, lo faceva sentire a disagio. Come poteva scappare da quella stanza, senza sembrare patetico agli occhi del Serpeverde? Poteva usare un Oblivion su di lui e fargli dimenticare ciò che aveva visto? Ne poteva lanciare uno su se stesso per non ricordare più quello che gli avevano fatto i suoi zii?
«Potter» lo chiamò Draco incredulo, Harry quasi non lo sentì, sentiva il battito forsennato del suo cuore nelle orecchie, il suo respiro pesante e sentiva le urla di Vernon nelle orecchie che gli diceva che era inutile, un ingrato, uno che non meritava nulla, che era arrivato a casa sua solo per dargli fastidio. «Potter, ehi! Ce l’hai fatta» disse il biondo, scuotendogli una spalla. Harry si accorse solo in quel momento di avere gli occhi serrati, emise un singulto e li aprì, guardando il Serpeverde.
«C-Cosa?»
«Sei riuscito ad opporti alla mia intrusione, direi che è un passo avanti» rispose Malfoy. Harry cercò di regolarizzare il proprio respiro e annuì. Ci era riuscito davvero, si era opposto all’incantesimo e lo aveva respinto. Era un passo in avanti, doveva esercitarsi ancora e ancora e ancora, fino a che non fosse riuscito ad impedirgli completamente di entrare e anzi, fino a che non fosse riuscito a mostrargli solo ciò che voleva lui, anche una finta visione.
«Continuiamo».
«Sei stanco, dovremmo fermarci adesso» replicò il biondo, preoccupato «Non sforzarti, hai fatto dei notevoli progressi».
«Posso continuare tutto il giorno» ribatté Harry, asciugandosi il viso con una mano, riscuotendosi «Continuiamo».
«Se è quello che vuoi…» affermò Draco «Sei sicuro?»
Harry annuì «Fallo, come mi ha detto Piton l’anno scorso: L’Oscuro Signore non si riposa» affermò, con un’intonazione della voce bassa, come ad imitare il professore. Draco ridacchiò a bassa voce e annuì, era davvero strano assistere alla determinazione di Potter, si vedeva quanto fosse devastato dai ricordi che gli aveva appena fatto rivivere, quanto fosse provato da essi, ma invece di rintanarsi e piangere da qualche parte, era lì che lo affrontava ancora, che cercava di andare avanti, nonostante tutto. Non era uno che si piangeva addosso, a differenza sua. Lo aveva sempre sottovalutato ingiustamente.
«Beh, non vorrei dare ragione a Piton, ma è vero» replicò «E se sei sicuro di continuare… continuiamo» affermò «Volevo solo essere… gentile».
«Tu? Gentile?» chiese Harry ridacchiando «Malfoy, sicuro di non esserti preso una cotta per me?»
«Nei tuoi sogni, Potter» ribatté l’altro piccato, arrossendo leggermente «Allora, vuoi ricominciare?» chiese «Sei pronto?»
«Quando vuoi» asserì il moro. Draco annuì e scacciò dalla mente la battuta di Potter e si concentrò per esplorare la mente di Potter e spronarlo, come prima a respingerlo. Si sentiva stranamente soddisfatto, era riuscito a fare in modo che Potter lo respingesse, cosa che apparentemente Piton non era riuscito ad insegnargli. Era strano che proprio lui fosse riuscito a spronare Potter abbastanza da riuscire a respingere un attacco, forse, se avessero continuato così, Potter avrebbe imparato anche a mostrare solo ed unicamente ciò che desiderava e… magari sarebbe riuscito a mandare lui stesso una visione a Voldemort.
«Legilimens» pronunciò e di nuovo fu nella sua mente.
 
Harry era nel sottoscala, chiuso dentro. Tremava come una foglia seduto sul suo letto striminzito del ripostiglio che aveva come camera da letto, era spaventato, terrorizzato da qualcosa. Aveva le ginocchia strette al petto e le braccia che le circondavano, come se volesse stringersi su se stesso per proteggersi da ciò che sarebbe accaduto. Sembrava ancora più piccolo di quanto non lo fosse davvero. Era già magrolino, e quando si rannicchiava in quel modo diventava ancora più piccolo. Sotto un certo punto di vista, era anche tenero.
Cosa gli era successo? Perché tremava in quel modo? Di cosa aveva paura?
“Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego” pregava il ragazzino, che non poteva avere più di otto-nove anni “Non venire, non venire…” solo in quel momento, Draco camminò per la stanza di Potter guardandosi intorno e in quel momento lo notò: Potter aveva il volto tumefatto, come se fosse stato appena picchiato. Di nuovo? Quanto spesso veniva picchiato quel ragazzino? Neanche lui che aveva ricevuto una rigida educazione, aveva subito tutto quello. Ma come aveva potuto Silente fargli vivere quell’orrore? Ma soprattutto come aveva fatto Potter a sopravvivere a quell’inferno per tutti quegli anni? E come sopravviveva ancora?
La cena era stata un disastro per Harry. La sorella di Vernon, Marge, era venuta a casa. Le cose erano iniziate anche bene, o almeno così aveva creduto il bambino. La donna era arrivata con dei regali, ingenuamente aveva pensato che ci fosse qualcosa per lui. Dudley aveva aperto tutto soddisfatto il suo pacco, rivelando un bellissimo giocattolo, quando la donna aveva porto al più piccolo un pacchetto, Harry era rimasto sorpreso, aveva accettato il dono con entusiasmo, ma quando aveva visto la scatola, la sua felicità si era spenta in un millisecondo: quello era un pacco di biscotti per cani. Così l’aveva semplicemente appoggiato su un mobile e ringraziato educatamente Marge, perché non voleva essere punito da Vernon. «Schifosi babbani» commentò Draco, osservando la scena nella mente del Grifondoro.
A causa di quel pacco, il cane di Marge aveva iniziato a fare confusione così per zittirlo, Harry gli aveva lanciato uno dei biscotti e da quel momento in poi le cose erano precipitate ed erano inevitabilmente peggiorate. Dopo una manciata di minuti, l’animale aveva ripreso a far confusione, pretendendo attenzioni e biscottini, insoddisfatto quindi aveva iniziato a distruggere il tappeto preziosissimo di Petunia, a grattare il mobile, aveva sporcato il pavimento con i suoi bisogni e non contento gli aveva anche morso una gamba.
Il bambino, con la gamba dolorate, si era ritrovato a dover pulire dove il cane aveva sporcato e, nel farlo, aveva lasciato sul fuoco la cena, che si era bruciata. Vernon era furioso, Marge non la finiva di urlare, accusando Harry di aver tentato di avvelenare il suo cane e suo zio lo aveva colpito in pieno viso e gli aveva intimato di chiudersi nello stanzino e di aspettarlo. Harry aveva capito l’antifona. Era successo già una volta e aveva iniziato a pregare che non arrivasse, perché sapeva che gli avrebbe fatto male, molto male, più del solito. Gli aveva fatto fare una pessima figura davanti a Marge, quella non gliel’avrebbe mai perdonata facilmente, lo sapeva, ma non l’aveva fatto di proposito, erano successe troppe cose una dietro l’altra. Draco poté percepire tutto il dolore che provava Harry e sentì il proprio cuore stringersi dalla tristezza. Potter aveva solo otto anni e già ne aveva passate troppe per la sua età.
La porta dello stanzino si aprì e il ragazzino sussultò, stringendosi le ginocchia al petto, i tremiti del suo corpo aumentarono maggiormente e deglutì, sentendo il terrore invaderlo completamente.
«Potter» la voce minacciosa di Vernon raggiunse le orecchie del ragazzino che tremò ancor di più «Non mi è piaciuto quello che hai combinato stasera, possibile che tu sia un tale combina guai?»
«Non l’ho fatto di proposito» disse il ragazzino, per giustificarsi «I-Il cane mi ha morso e…» lo schiaffo che Vernon gli diede, gli fece girare il viso dall’altro lato e lo fece zittire immediatamente, mozzandogli il fiato. Harry si portò una mano sulla guancia e si morse le labbra per non ribattere ancora, avrebbe solo peggiorato la sua situazione.
Harry vide Vernon togliersi la cintura e sbiancò, scuotendo la testa. “Non di nuovo, non di nuovo…” – pensò. La paura lo scosse, quando suo zio alzò il braccio che brandiva la cintura e-
 
Harry oppose resistenza, con forza, a quella visione. Non voleva che Draco andasse oltre, non voleva che vedesse oltre riuscì brevemente a schermare la mente, a respingere la sua presenza e ad impedirgli di vedere quel ricordo, nonostante il biondo – con molta probabilità – avesse già capito cosa sarebbe accaduto da lì a pochi minuti. Ma non voleva che lo vedesse davvero, era troppo umiliante e doloroso da ricordare, non voleva che l’altro continuasse.
Il nuovo attacco alla sua mente lo colse impreparato e non riuscì ad opporsi immediatamente.
 
Il ricordo mostrò a Draco un Harry più grande, forse di quell’estate o quella precedente. Se ne stava in una stanza diversa dal sottoscala, ma ugualmente piccola, con la testa tra le mani e il cuore in tumulto. Piangeva e stringeva tra le mani una lettera. Draco spiò alle sue spalle: la lettera era di Sirius Black, forse era l’ultima lettera che gli aveva scritto prima di morire. Il biondo osservò meglio le parole scritte sulla pergamena: “Mio caro Harry, non voglio darti false speranze, ma voglio vedere un bel sorriso comparire sul tuo volto: ho saputo che non te la passi bene ultimamente e mi dispiace, vorrei esserti più vicino. Ma ti prometto che dalla prossima estate non dovrai mai più tornare in quella casa orribile, ho già parlato con Silente. Non mi importa quello che pensa, appena finirai il quinto anno e prenderai il treno per tornare a Londra, verrai a vivere con me al Quartier Generale. È stato un anno difficile per tutti e voglio poterti stare vicino, mentre ci prepariamo a ciò che avverrà.
Non è molto, lo so, ma da quello che mi hai raccontato, ovunque è meglio rispetto al vivere con quei babbani. E quando Voldemort sarà sconfitto, il vero traditore dei tuoi genitori finirà ad Azkaban e allora le accuse contro di me cadranno del tutto e potrò essere il tuo tutore legale fino a che non sarai maggiorenne e anche oltre. Saremo una famiglia, Harry, te lo prometto. Avrai una famiglia, anche se con un po’ di ritardo e ho intenzione di recuperare tutto il tempo perso, abbiamo un sacco di cose da fare insieme. Tieni duro e non arrenderti mai, come tuo padre. So che detto da me non è molto, ma James sarebbe fiero ed orgoglioso di te, del tuo coraggio e di come hai affrontato tutto in questi anni. E lo sono anche io. Sono incredibilmente orgoglioso dell’uomo che pian piano stai diventando e non vedo l’ora di starti accanto nei prossimi anni.
Ti auguro in bocca al lupo per i tuoi G.U.F.O, so che sono tra meno di una settimana.
A presto.
Con affetto,
Felpato”
Harry si lasciò sfuggire un singhiozzo, Draco provò dolore per lui. Quanto aveva sofferto quel ragazzo? Quanto era stato male? Quanto aveva perso, già così giovane?
Dei passi risuonarono nel corridoio della casa, Harry sussultò e nascose la lettera, asciugandosi le lacrime. Era cambiato molto nel corso degli anni, era diventato più forte, ma la paura che attanagliava le sue viscere, quando sentiva qualcuno avvicinarsi alla sua camera, era rimasta la stessa di quanto aveva sette anni. Lui e Dudley erano da soli a casa, quella sera, gli zii erano usciti per una cena di lavoro di Vernon. Harry ne era quasi sollevato, non avere a che fare con suo zio e sua zia per una sera era un regalo che accettava volentieri. Aveva imparato a gestire bene suo cugino, da quando aveva appreso di essere un mago. Harry stava rileggendo la lettera del suo padrino per l’ennesima volta, quando suo cugino irruppe nella sua stanza. La sua stazza gli metteva sempre una strana soggezione addosso. Era buffo per lui avere paura di suo cugino, quando aveva affrontato ripetutamente Voldemort, i suoi Mangiamorte e tutto il resto. Eppure Dudley gli metteva paura, perché da lui non poteva proteggersi con gli incantesimi, era ancora minorenne, eppure nonostante ciò portava sempre la bacchetta con sé, perché a quanto pareva, suo cugino era terrorizzato da essa. La sua paura verso quell’oggetto gli permetteva di contrastarlo più facilmente.
«Ehi! Ehi Potter!» ululò «Ho invitato degli amici stasera, vieni a preparare la cena» ordinò il babbano. Harry sbuffò e alzò lo sguardo sul cugino e scosse la testa.
«Preparatela da solo».
«Non osare rispondermi in questo modo» ringhiò in risposta Dudley «Sai che posso fartela pagare».
«Non potrai farmi niente, niente di peggio di quello che mi ha fatto Voldemort, quindi fottiti» disse e, cogliendolo di sorpresa, lo spinse fuori dalla sua stanza, chiudendo la porta, sentendo una strana adrenalina farsi largo in lui. Era la prima volta che reagiva, con Dudley era facile, con Vernon forse più difficile, ma era la prima volta che si ribellava in quel modo. Era soddisfacente. Draco rimase stupito dalla sua reazione, ma sentì Harry tentare di contrastare la sua presenza nella sua mente, non era finita lì, qualcosa glielo suggeriva. La curiosità lo spinse a spingersi ancora più a fondo. Il ricordo cambiò di poco, doveva essere passata qualche ora.
«Potter!» la voce di Dudley risuonò ancora tra le mura di casa Dursley.
Harry sbuffò e si rigirò sul suo letto, stava cercando di riposare, i suoi occhi erano rossi e gonfi, come se avesse appena smesso di piangere. Il cugino continuò ad urlare il suo nome, finché stufo di sentirlo, il moro si alzò dal letto e aprì bruscamente la porta. Dudley e due dei suoi amici erano lì, davanti a lui con dei ghigni terrificanti sui volti.
«Cosa diavolo vuoi?»
«Io e miei amici ci chiedevano se potessi venire con noi un momento» disse il babbano. Harry sentì una strana sensazione pervaderlo e incrociò le braccia al petto, guardando suo cugino con sufficienza.
«Perché dovrei? Non sono interessato a seguirvi» replicò Harry, strafottente. Dentro di sé, moriva di paura, ma doveva tenere duro, riuscire ad evitare che avessero la meglio e richiudersi in camera sua. Fu l’amico di Dudley, di cui Harry non ricordava il nome a prendere la parola. Il ragazzo alzò lo sguardo verso di lui e inclinò la testa, confuso.
«Non abbiamo cattive intenzioni, ma siamo davvero incapaci e Dudley ha fatto un macello con i fornelli, aiutaci un attimo, poi ti lasceremo subito in pace» affermò con il tono di voce gentile. Harry grugnì e annuì. Si convinse solo perché sapeva che quando Vernon sarebbe tornato e avrebbe visto qualsiasi macello avesse combinato suo cugino, avrebbe dato la colpa a lui. Non aveva bisogno di lui, con tutto quello che stava passando in quel periodo.
«D’accordo, arrivo subito» disse riluttante. Uscì dalla stanza e raggiunse il piano di sotto seguito dai tre babbani che sogghignavano alle sue spalle. Harry giunse in cucina e vide che non c’era niente fuori posto.
«Che storia è questa?» chiese «Non c’è niente che non vada qui» disse voltandosi verso Dudley, che ghignò crudelmente.
Non ebbe il tempo di reagire, uno dei due amici di suo cugino gli afferrò i polsi e glieli torse dietro alla schiena.
«Vogliamo solo divertirci» disse il babbano alle sue spalle. Harry si divincolò dalla presa, ma senza alcun risultato.
«Lasciami!» esclamò, nell’agitarsi per liberarsi, i pantaloni larghi che indossava si abbassarono leggermente, lasciando scoperto un fianco del moro. Tentò di liberarsi ancora e ancora, ma senza successo. Le occhiate che gli riservarono suo cugino e gli amici lo fecero tramare.
«Guarda là…» disse il cugino «Metti in mostra la mercanzia? Stai diventando una piccola puttanella, Harry?»
«Lasciatemi in pace» ringhiò il moro «Ma che diavolo volete da me?»
«Divertirci un po’» rispose quello che era rimasto in silenzio fino a quel momento. Harry tremò ancora una volta, ma cercò di non dare a vedere il suo terrore. Il tizio che lo teneva bloccato, lo spinse verso il tavolo e, sempre tenendolo fermo, gli abbassò i pantaloni. Harry si dimenò ancora e cercò di scalciare, ma i pantaloni calati fino alle ginocchia gli impedivano i movimenti. Era una di quelle volte che avrebbe desiderato avere la bacchetta tra le mani.
«Ehi, Big D, che facciamo allora?» chiese, il mago si dimenò ancora, non avrebbe permesso a quei maledetti di fargli del male «E stai fermo!» esclamò quello, rifilandogli un sonoro schiaffo sul sedere. Harry trasalì e scosse la testa, non voleva essere toccato in quel modo. Non voleva.
«Direi di togliere tutti questi vestiti inutili per ora».
«No!» urlò Harry dimenandosi «No, lasciami andare!» esclamò «Lasciami!»
«Come sei noioso» borbottò Dudley «Dovremmo tappargli la bocca» fece, mentre prendeva uno strofinaccio da uno dei cassetti della cucina. Harry scosse la testa e urlò ancora, ma l’altro amico di Dudley lo colpì in viso e fu sopraffatto da tutto. Riuscirono ad imbavagliarlo e a legargli le mani dietro alla schiena con una cintura. Harry era terrorizzato e si dimenava come un folle. Deglutì e tentò di ribellarsi quando lo lasciarono senza pantaloni e senza boxer, quando lo sculacciarono e poi quando tentarono di andare oltre, tutto divenne nero. La rabbia lo accecò completamente e la sua magia esplose come un petardo, mettendo al tappeto i babbani, che neanche si accorsero di ciò che era successo. Harry riuscì a liberarsi e si rivestì in fretta, correndo a perdifiato nella sua stanza, dove si chiuse dentro, pensando che non sarebbe uscito fino al primo settembre.
 
Draco interruppe l’incantesimo sconvolto. Quello che aveva visto lo aveva lasciato senza parole, con una strana sensazione nello stomaco, una brutta. Conosceva l’umiliazione che Potter aveva provato, sapeva perfettamente come si fosse sentito in quei momenti ed era quasi sollevato che con lui non fossero andati oltre.
«Di-Dimmi che mi hai fatto vedere queste cose, ma che erano delle false visioni» Harry tacque e annuì, la vergogna che provava per non essere riuscito ad opporsi al mostrare quel ricordo a Draco bruciava su di lui. Avrebbe dovuto impedirgli di vedere quello, avrebbe dovuto impedire che sapesse. «Potter, tuo cugino…?»
«Cosa vuoi che ti dica? Che mio cugino non mi ha quasi violentato con i suoi amici, pochi giorni prima che Silente venisse a prendermi? Se vuoi te lo dico» disse a denti stretti «Non avresti dovuto vedere quel ricordo… avrei dovuto concentrarmi di più» disse rammaricato verso sé stesso. Draco deglutì e scosse la testa, sentendo una strana nausea risalire lungo la sua gola. Potter aveva quasi subito quello che era successo a lui… ecco perché era stato così disponibile con lui, dopo aver visto i suoi ricordi. Non era mai stata pietà come aveva creduto lui, era stata… comprensione. Lo aveva compreso, perché quello che gli era successo, era quasi capitato anche a lui. La stessa identica cosa. Era terrorizzante, era umiliante e capiva perfettamente Potter come si fosse sentito, come si sentisse in quel momento.
«Potter… non so cosa si dice in questi casi, io… non sono bravo a consolare le persone» disse «Ma io ti capisco».
Harry abbassò lo sguardo, a disagio «Immagino che siamo pari. Tu l’hai fatto vedere a me… e…»
«Possiamo dire così» replicò il biondo «Non provo pena per te, però, sappilo».
«Neanche io per te» ribatté il moro, alzando lo sguardo su di lui «Mi dispiace averti fatto assistere».
«Non ti applichi» fece Draco, facendosi più vicino a lui «Se ti applicassi di più… magari riusciresti ad impedirmi di entrare».
«Non so come fare, per quanto mi sforzi, non riesco a contrastarti ed è così umiliante… pensa se Voldemort vedesse queste cose. Sai quanto mi torturerebbe?»
«Per questo devi sforzarti. Ascolta, Potter, non voglio dirti che sarà facile, è stato difficile anche per me» replicò «Ma la disperazione può far fare cose incredibili» affermò «Lo hai fatto prima, quando non volevi farmi vedere cosa ti ha fatto tuo zio nel sottoscala» disse «Devi essere costante, opporti sempre, adesso è difficile, ma con la pratica diventerà facile». Il Grifondoro annuì perplesso, aveva ragione, era riuscito a fermarlo una volta, doveva fare sempre in quel modo, maledizione.
«Non mi hai mai detto come hai imparato tu» fece Harry «Magari… può aiutarmi».
Draco annuì, guardandolo. Il corpo dell’altro ragazzo era scosso da tremiti quasi impercettibili, ricordare quella cosa doveva averlo scosso nel profondo. Il biondo prese un respiro profondo e focalizzò nella mente il giorno in cui aveva capito di dover proteggere la sua mente. Non era una bella storia da raccontare, ma… lui e Potter stavano costruendo quella sorta di rapporto, basandolo sulla fiducia reciproca. Sapeva di potersi fidare, sapeva che non avrebbe detto a nessuno quello che si sarebbero detti. Tutto sarebbe rimasto tra le pareti di quella stanza, ne era certo.
«Beh… ho dovuto imparare per… necessità» disse a bassa voce «Io- mio padre, ecco, lui non sa delle cose di me… e non volevo che lo scoprisse».
«Quali cose?» chiese Harry, curioso. Draco arrossì di botto e distolse lo sguardo, respirando quasi affannosamente. Quello era difficile, davvero troppo, ma doveva fare uno sforzo.
«Ho avuto una relazione con un ragazzo, dopo il terzo anno e… ho pomiciato con un ragazzo di Beauxbatons al quarto anno e avevo una cotta per Krum» rivelò. Dirlo lo fece quasi sentire male, era la prima volta che confidava il suo più grande segreto a qualcuno, era la prima volta che qualcuno veniva a sapere di quello e… ne era terrorizzato. Già immaginava gli occhi giudicanti di Potter e non voleva essere giudicato per quello.
«Tuo padre non vuole che tu vedi altri ragazzi?» chiese.
Draco scosse la testa «Secondo lui, dovrei sposare una purosangue, portare avanti la discendenza e… cose del genere. Non approverebbe mai quello che mi piace davvero».
«Capisco…» mormorò Harry, guardandolo «Mi dispiace».
«Per cosa?»
Il Grifondoro si strinse nelle spalle e sospirò «Per tutto» replicò «Non… ti avevo mai capito, prima d’ora. Ti ho sempre creduto uno stronzo e…»
«Potter, io sono uno stronzo» lo interruppe il biondo. Harry sbuffò e scosse la testa.
«Sei uno stronzo, ma non sei solo questo, okay? Sei più…»
«Basta con i sentimentalismi, altrimenti potrei pensare che ti stai innamorando di me» lo interruppe ancora con le gote rosse, cercando di mascherare il suo imbarazzo con una dose di sarcasmo; i complimenti non erano qualcosa che lo facevano sentire a suo agio «Vuoi sapere o no la triste storia di come ho imparato a schermare la mente dalle invasioni altrui?»
Harry annuì, zittendosi e arrossendo lievemente per l’insinuazione del biondo. Lo sapeva, con uno come Malfoy, non poteva comportarsi come si comportava con i suoi migliori amici. Con lui doveva usare un approccio diverso, un modo diverso di porsi, ma come? Non erano più nemici come prima, non si odiavano più in quel modo… almeno Harry credeva di non odiarlo più in quel modo. Malfoy era molto diverso da come lo aveva conosciuto lui, nascondeva dentro di sé un animo quasi gentile. Non buono, sicuramente agiva per fini personali – salvare sé stesso e la madre – eppure c’era qualcosa in lui che suggeriva a Harry che non fosse davvero così pessimo come voleva mostrarsi al prossimo, come se avesse eretto una barriera tra sé e il mondo, per proteggere il vero sé stesso, nello stesso modo in cui aveva imparato l’Occlumanzia per impedire a suo padre di scoprire la sua omosessualità.
«Perdonami, continua il tuo racconto».
«Mio padre ha sempre avuto il vizio di… controllarmi. Sì, anche usando la Legilimanzia, ma io non ne avevo idea, quando ero più piccolo, ma sapevo che in qualche modo fosse a conoscenza di tutto quello che facevo. Quando ha provato a sondare la mia mente per scoprire cosa avessi fatto durante l’estate… mi sono opposto alla sua intrusione. E poi mi sono documentato, poi mi sono esercitato, non è stato facile da solo, ma avere dei pazzi in casa è stato un ottimo esercizio» spiegò «… aspetta» disse improvvisamente, fermandosi. Harry alzò lo sguardo su di lui confuso «Hai mai letto niente sull’Occlumanzia?» chiese.
«No, mai» replicò «Perché?»
«Perché non puoi imparare una cosa, senza conoscerne la teoria» fece, scuotendo la testa «Così non andremo da nessuna parte» osservò con giusta ragione. Aveva bisogno di elaborare un piano ben strutturato per spiegare e insegnare a Potter l’Occlumanzia in tempi brevi. Doveva… insegnargli anche la teoria, non solo la pratica, così come aveva fatto lui e sapeva perfettamente dove andare per trovare ciò che gli serviva «Ci sono!» esclamò «Inizieremo dalla teoria. Domani è domenica, giusto?» Harry annuì «Bene, vediamoci qui dopo la colazione».
«Ma c’è la gita a Hogsmeade domani».
«Potter, non mi interessa. Domani vieni qui alle nove in punto» replicò alzandosi «Non fare tardi».
«Sei insopportabile» ribatté Harry. Draco gli fece l’occhiolino, ridendo.
«Lo so» rispose «A domani, dormi bene, Potter» asserì «E sognami, magari smetti di avere gli incubi».
«Sognare te sarebbe un incubo» borbottò Harry, scuotendo la testa «’Notte» aggiunse, piccato. Draco si lasciò andare in un’altra risata sinceramente divertita e dopo un altezzoso «Pft, non sai di cosa parli» andò via, lasciandosi alle spalle un Harry piuttosto confuso, che si chiese cosa fosse appena successo in quella stanza.
Malfoy aveva la ronda da prefetto da fare… e quando uscì dalla Stanza delle Necessità con un sorrisetto furbo sulle labbra, si rese conto che, nonostante avessero ancora molto lavoro da fare, quella sera avevano stabilito un nuovo tipo di legame tra di loro. Forse, quelle ultime settimane, non erano state una completa perdita di tempo, ma era ora di rimboccarsi le maniche e di ottenere dei veri risultati. Non potevano più perdere tempo, mancava solo un mese allo scadere del tempo di Draco. Dentro la stanza, Harry pensava la stessa cosa.

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
HAPPY HALLOWEEN, PEPS!
Eccoci giunti al terzo episodio (quarto appuntamento) della serie tv più amata dal webbe! (AHAH, no scherzo)
Quale modo migliore per celebrare l’anniversario della morte di Lily e James Potter se non con un capitolo pieno di traumi per il loro bambino? OPS.
Mentre io affronto i miei problemi con la psicologia (esame che non supererò tipo mai nella vita, secondo tentativo, vieni a me – giuro che se anche a sto giro non lo supero QUITTO LA VITA)  e aspetto la risposta del mio probabile relatore (se si decide a farsi vivo, mi farebbe un enorme favore ç_ç QUITTO) mi diverto a traumatizzare un pochetto il povero Harry con una carrellata di ricordi – di nuovo – superangst. (da qualche parte devo pur sfogare la mia frustrazione LOL) Sorry baby, ma prima o poi qualcuno guarirà le tue ferite. (QUALCUNO, UNO A CASO) Dai, Draco è pure un pochino sensibile con Harry, soprattutto quando vede che da bambino gli è stato negato l’affetto, povero piccino ç_ç  (qualcuno ha notato la citazione di Cap? FATEMI SAPERE :D)
Ed ecco che il nostro adorato Drachio capisce che poi la vita di Harry non è poi tutta rosa e fiori come aveva immaginato. Anzi, non solo ha Voldie alle calcagna ogni maledetto anno, MA ha subito anche abusi e ha vissuto un'infanzia piena di traumi grazie alla sua “““famiglia”””” EEEEEH.
QUALCUNO sente puzza di Harry!Horcrux lontano un miglio, Drachio è troppo intelligente! È troppo BRV.
E sì, Ronnie ha ragionato, finalmente. Vabhe dai a sto giro non gli ci è voluto molto – povero Draco, stava per essere preso a pugni senza alcun motivo AHAH – e NADA. Draco troverà un modo per far comprendere ad Harry l’occlumanzia, don’t worry. ANZI, ci è molto vicino. Anche perché Harry nel prossimo capitolo dovrà fare una cosa molto importante per guadagnarsi del tutto la fiducia di Drachio u.u (mi piace troppo dire “Drachio”, inizierò a chiamarlo così sempre AHAH, io se non storpio i nomi ai personaggi o do loro soprannomi non sono me stessa) riuscite ad immaginare cosa? :D
EEEEH. Non vi anticipo nulla. Ma giungerà da noi (beh da loro) un personaggio che – per come ho pensato la trama – è indispensabile per trovare CERTE COSE “secrete secretissime” lol. Plis se avete teorie let me know! Qualcuno ha notato che i capitoli mi stanno di nuovo sfuggendo di mano? UUUGH. 
Intanto ringrazio dal profondo del cuore Eevaa e Estel84 che hanno recensito lo scorso capitolo, le persone che mi scrivono in privato e tutte le altre che si sono unite aggiungendola alle varie categorie *w* vi vedo che state aumentando, e ringrazio anche tutte le persone che negli ultimi mesi mi hanno aggiunta agli autori preferiti, io davvero non ho parole… CRAZIE MILLO, sono molto happy <3
See you on Saturday, peps!
Love ya <3
#Staysafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 5
*** Prima Parte, Capitolo 4: Betrayal. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 
 
Nota triste: dopo 5 settimane, mi sono accorta che nei personaggi non è comparso “un po’ tutti” che avevo messo. Ma perché EFP mi fa questi scherzi? ç_ç ho modificato aggiungendo Ron e Hermione ç_ç
 
 
ATTENZIONE:
Menzione di scene di tortura. 
 
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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 4: Betrayal



Harry guardò il grosso tomo che Draco gli aveva messo davanti e sbuffò, alzando lo sguardo su di lui con aria interrogativa. Era stato un fine settimana infernale: Draco Malfoy come “insegnante” di Occlumanzia era un vero e proprio incubo, soprattutto da quando aveva realizzato di dovergli insegnare la teoria. Invece di andare con i loro amici a Hogsmeade per l’ultima gita dell’anno, avevano trascorso tutta la domenica a leggere informazioni utili sulla legilimanzia: a cosa servisse, come venisse usata dai maghi e dalle streghe in grado di usarla e altro. Avevano letto anche di una strega, abilissima nella legilimanzia, Queenie Goldstein che era in grado di usarla anche senza l’uso della bacchetta. Poi avevano letto della controparte di essa, l’Occlumanzia, che impediva ai Legilimens di leggere i pensieri o vedere i ricordi degli Occlumanti. Harry era affascinato dal modo di Malfoy di spiegare le cose, non si era mai soffermato molto ad osservarlo, se non per studiarne le mosse o per cercare di capire cosa tramasse, per rendersi conto di quante cose sulla magia conoscesse. Era impressionante, solo Hermione poteva competere con lui. Probabilmente se il biondo non fosse stato completamente sostenitore delle idee di suo padre, sarebbero stati anche amici, ma tutti conoscevano bene il modo dispregiativo del biondo di rivolgersi alla sua migliore amica.
«Mi stai ascoltando?»
«Ti ascolto da tutto il fine-settimana, Malfoy» replicò il moro, guardandolo seccato «E tutta questa teoria, mi dispiace, non fa per me».
«Sei un ignorante» Draco incrociò le braccia al petto «Vuoi sconfiggere o no Vold- Tu-Sai-Chi?» Harry alzò lo sguardo su di lui, spalancando gli occhi. Aveva provato a pronunciare quel nome, non era riuscito a farlo, perché era terrorizzato da esso, ma… aveva provato e Harry era certo che prima o poi sarebbe riuscito a farlo davvero, dopotutto stava dimostrando un gran coraggio… o almeno era quello che sembrava dalle sue ultime azioni.
«Certo che voglio sconfiggerlo, devo farlo… dopotutto sono il prescelto».
«E allora impegnati!» esclamò esasperato il biondo «Impara a schermare la mente, così avremo un enorme vantaggio su di lui. Così potremmo cercare quegli horcrux di cui parlavi…»
«… Che tu hai visto nei miei ricordi» lo corresse il Grifondoro. Malfoy alzò gli occhi al cielo e annuì.
«Come preferisci. Gli horcrux che ho visto nei tuoi ricordi e distruggerli».
«Non è così facile, è magia oscura…» sospirò Harry prendendosi la testa tra le mani «Silente ha detto che è quasi impossibile distruggerli».
«Ma tu ne hai distrutto uno, giusto?» chiese Draco.
«Sì, il diario, nella Camera dei Segreti».
«E come hai distrutto il diario?»
«Con la zanna del basilisco, ma…» Harry si bloccò dal ribattere, Draco alzò le sopracciglia in modo eloquente, come per dirgli “hai capito cosa ti sto suggerendo o devo farti un disegnino?” «Aspetta un attimo, stai suggerendo di usare le zanne?» chiese, per sicurezza, per capire se avesse capito bene il suo indiretto suggerimento.
Draco si strinse nelle spalle e ghignò «Lieto di averti aiutato, sono piuttosto bravo».
«Sei un genio, altroché!» esclamò Harry «Dove sei stato tutto questo tempo?» chiese scioccato «Sei sicuro di essere un Serpeverde? Ultimamente mi ricordi proprio un Corvonero».
«Ugh, cerchiamo di non offendere le persone che vogliono aiutarti, Sfregiato» replicò il Serpeverde con un’espressione disgustata sul viso «E comunque sono sempre stato qui. Ma tu sei sempre stato un idiota, penso che quegli occhiali che porti dovrebbero essere… potenziati o qualcosa del genere. Non vedi al di là del tuo naso» affermò, mentre Harry alzava gli occhi al cielo «Sono lieto che tu finalmente riesca a riconoscere la mia superiorità, ti ci sono voluti solo sei anni…»
«Va bene, piccolo corvo mancato» commentò, interrompendolo «Adesso hai finito di vantarti? Possiamo ricominciare con questa noia assoluta della lezione teorica?» domandò, guadagnandosi un’occhiataccia dal biondo, che grugnì infastidito per essere stato interrotto.
«Riprendiamo» rispose «Ma non osare mai più interrompermi, Potter».
«Altrimenti cosa mi fai?» chiese provocatorio il moro, guardandolo in quel modo e qualcosa dentro Draco cambiò, il ragazzo deglutì guardando il suo rivale e si morse le labbra. Era quello il gioco che voleva fare Potter? Bene, era capace di rispondere con la stessa moneta e di metterlo in imbarazzo.
«Oh, tu non hai proprio idea…» replicò con lo stesso tono provocatorio. Harry sussultò e lo guardò interrogativo, sentendo una strana sensazione dentro di sé che gli fece rivoltare lo stomaco. Non riuscì a definirla, ma sentì le gote andare a fuoco. Draco ghignò notando il suo rossore, Harry lo notò e si diede dell’idiota mentalmente. Non doveva sottovalutare la persona che aveva davanti, era pur sempre Draco Malfoy, la sua spina nel fianco.
«Sei davvero insopportabile, Malfoy» tagliò corto, incrociando le braccia al petto.
«Mai quanto te, Potter». Si guardarono per un breve attimo con serietà, poi senza preventivarlo, entrambi si misero a ridere per l’assurdità della situazione che stavano vivendo. Per Harry, era strano ritrovarsi lì a con Malfoy, a ridere e scherzare con lui, sentendosi così in sintonia con quello che era stato il suo rivale per sei lunghi anni; gli sembrava di vivere in una realtà parallela, probabilmente se non gli avesse porto una mano, quella notte in quel bagno, non avrebbe scoperto nulla di lui, avrebbero semplicemente duellato, tentando di uccidersi a vicenda e nessuno dei due avrebbe mai potuto trarre vantaggio da quella collaborazione, invece… le cose erano andate in modo diverso, per sua fortuna.
Non poteva considerarlo un amico, si limitava a considerarlo un alleato, tuttavia tra di loro c’era un legame nuovo, diverso e ancora sconosciuto, Harry non aveva ben chiaro cosa fosse, ma sapeva di sentirsi più vicino al biondo, in qualche modo. Le rispettive esperienze negative li avevano avvicinati più di quanto immaginassero, si era creato un sottile filo tra di loro, che andava oltre l’odio, la rivalità e tutto ciò che erano stati fino a quel momento.
«Beh, comunque grazie per il suggerimento, ne parlerò anche con Ron e Hermione» asserì, cambiando argomento.
«Devo sempre fare tutto io…» si lamentò il biondo, incrociando le braccia al petto. Poi alzò lo sguardo verso il moro e inclinò la testa, guardando l’altro con la sua fastidiosa faccia da schiaffi «Adesso che ne dici di rimetterci al lavoro? Ti ho anche risolto un altro problema… non perdere tempo a ringraziarmi».
Harry ridacchiò e scosse la testa, quella strana collaborazione con Malfoy gli trasmetteva una strana sensazione, un’elettricità che non provava da anni. Inspiegabilmente, il biondo riusciva a spronarlo, nonostante tutto.
«Okay, rimettiamoci al lavoro» asserì, riprendendo a leggere il tomo che Draco gli aveva procurato. Sì, unire le sue forze a quelle di Malfoy, si stava rivelando più utile di quanto pensasse. Non avrebbe mai scommesso mezzo galeone su tutto quello, invece… era sorpreso dall’atteggiamento del biondo e anche dal proprio.
Restarono a studiare in biblioteca fino all’ora di cena, poi si diedero appuntamento nella Stanza delle Necessità per riprendere le lezioni di “pratica”. I primi tentativi furono vani, Harry non riuscì a contrastare l’incantesimo del biondo, che si ritrovò ad esplorare altri dei suoi ricordi d’infanzia o scolastici, il moro impiegò quattro ore prima di mostrare un minimo miglioramento; gli permise di vedere stralci di ricordi passati, alcuni sui Dursley, altri sui suoi amici, sulle sue annuali sventure… ma poi, con uno sforzo disumano per lui, Harry lo respinse, gli impedì di vedere di quella volta in cui aveva la febbre e aveva perso i sensi nella camera di Dudley, mentre la riordinava e tutti avevano pensato che stesse “poltrendo” e lo avevano lasciato digiuno, febbricitante, senza forze nello sgabuzzino del sottoscala per tre giorni.
Harry non sapeva come avesse fatto a sopravvivere quella volta, forse la sua magia gliel’aveva permesso. A volte gli piaceva pensare di avere un potere magico così forte, da avergli permesso di sopravvivere anche quando tutto sembrava contro di lui. Tenne gli occhi stretti per alcuni istanti, respirando affannosamente, ma cercando di placare i tremiti del suo corpo. Si era opposto, aveva chiuso la mente, era la prima volta che riusciva davvero ad impedirgli di vedere un suo ricordo. Doveva padroneggiare meglio quella capacità, ma essere riuscito ad opporsi era già un grande risultato per lui, dato che fino a quel giorno non aveva mostrato alcun miglioramento evidente.
Harry respirò a fondo, prima di aprire gli occhi e guardare il suo “tutor”, che gli restituì uno sguardo soddisfatto. Ci era riuscito… era riuscito a schermare la mente e impedirgli di vedere uno dei suoi ricordi.
«Beh, Potter, sono o non sono il miglior insegnante che tu abbia mai avuto?» chiese soddisfatto il biondino. Harry annuì, incapace di fare altro. Erano quattro ore che si esercitavano, che l’altro provava a leggergli la mente e si sentiva completamente spossato, senza forze. Alzò lo sguardo verso Draco e gli sorrise, riconoscente. «Direi che per ora, puoi andare a riposare un po’, sarai distrutto».
«Come sei premuroso…» tentò di scherzare Potter, con la voce strascicata per la fatica. Non credeva di potersi sentire così debole… gli sembrava di rivivere il momento in cui aveva imparato il Patronus e doveva affrontare ripetutamente il Molliccio-Dissennatore. All’epoca Remus gli dava della cioccolata per farlo sentire meglio, ah, se ne avesse avuta un po’, avrebbe continuato all’infinito, ma si sentiva soddisfatto per il piccolo progresso che aveva fatto. Poteva riuscirci, gli bastava solo un altro po’ di esercitazione.
«Non credere che mi importi di te, sono stanco anche io» replicò il biondo, scrollando le spalle. Harry annuì, conscio che l’altro non avrebbe mai ammesso nulla, era troppo orgoglioso e in fondo lo era anche lui. Non avrebbe mai ammesso ad alta voce che, sotto sotto, delle sorti di Draco Malfoy gli importasse davvero. Fin da quando aveva visto quei ricordi, dentro di lui era scattato qualcosa, una sorta di istinto protettivo verso di lui, non paragonabile a quello che provava verso Ron o Hermione o un altro dei suoi amici, ma era qualcosa che gli andava molto vicino. Non sapeva ancora a cosa avrebbe portato tutto quello, ma sentiva già che le sorti della battaglia contro Voldemort sarebbero cambiate drasticamente.
«D’accordo, allora andiamo pure a dormire, perché tu sei stanco, Malfoy».
«Mi sembra ovvio, Potter» replicò il biondo «Domani come sei messo?» chiese, alzandosi.
«Non ho nulla da fare, perché?»
«Ottimo» rispose Draco, ghignando «Mi aspetto che tu domani, dopo la colazione, vada in biblioteca e studi i libri che ti ho fatto vedere, mentre io sarò nella Stanza delle Cose Nascoste a finire di riparare quel dannato armadio».
«Cosa ti fa credere che io lo faccia?»
«Domani sera, quando ci incontreremo qui, ti interrogherò» replicò Draco, sorridendo sornione «E ribalterò la tua mente come un calzino, se mi mentirai, lo saprò».
«Non cantare vittoria, maledetta serpe».
«Domani sera, interrogazione» replicò «Adesso, se non ti dispiace, torna nella tua Sala Comune, prima che sia costretto a toglierti i punti perché sei fuori oltre il coprifuoco» fece «Hai dimenticato che sono un prefetto?»
«Malfoy!» esclamò esasperato il Grifondoro «Ti detesto».
«È reciproco» replicò avvicinandosi alla porta «A domani, studia e sii puntuale» disse uscendo dalla Stanza delle Necessità in tutta la sua aristocratica eleganza. Harry si morse il labbro inferiore, dannazione, maledetta serpe, me l’ha fatta! – pensò, osservando la figura sinuosa e snella di Draco sparire dietro alla porta, e per una frazione di secondo, nella sua mente, passò l’idea che quel biondo da strapazzo… era davvero affascinante. Spalancò gli occhi stupendosi del suo stesso pensiero e scosse la testa, come per scacciarlo. No, era solo la stanchezza che parlava per lui. Era stanco, spossato e aveva fatto uno sforzo immane per respingere il biondo. Probabilmente, la stanchezza gli stava tirando qualche brutto scherzo. Si alzò dal divano e si stiracchiò, sentendo le ossa scricchiolare. , era decisamente la stanchezza a farlo ragionare in modo errato. Uscì dalla Stanza delle Necessità e si diresse verso la Torre dei Grifondoro e vide una chioma bionda familiare fermare un Grifondoro del secondo anno, fuori dalla torre oltre l’orario del coprifuoco e si diede uno schiaffo sulla fronte. Si trattenne dall’intervenire, perché conosceva benissimo quella serpe platinata, lo vide guardare nella sua direzione e ghignare come per dirgli guarda, ho trovato lo stesso il modo di togliere i punti alla tua casa. Harry trattenne una risatina e proseguì, raggiungendo l’ingresso della Sala Comune. Dopo aver detto la parola d’ordine, la Signora Grassa lo fece passare e si lasciò cadere stanco sul primo divanetto a disposizione, era troppo stanco per raggiungere il dormitorio, se pensava alla scalinata che portava alle stanze, gli veniva la nausea.
Sì, il divanetto sarebbe stato perfetto.
Quando chiuse gli occhi, però, un ghigno sardonico, un paio di occhi grigi profondi e una chioma bionda popolarono i suoi sogni. Probabilmente non significava nulla, ma provò ugualmente uno strano vuoto nello stomaco.
 
Il giorno seguente, Harry si svegliò sul divanetto su cui si era addormentato con la schiena che gli doleva un po’ e quando aprì gli occhi, si ritrovò davanti l’espressione di rimprovero di Hermione, che con le braccia incrociate al petto, lo guardava come una mamma apprensiva.
«Dov’eri finito ieri sera?» chiese la ragazza.
«Ero con Malfoy» sbuffò Harry, massaggiandosi le tempie. Non aveva voglia di iniziare una discussione con la ragazza di prima mattina, ma lei sembrava essersi preoccupata per lui. Lei e Ron lo sapevano, ogni sera dopo la cena incontrava il Serpeverde nella Stanza delle Necessità per le lezioni di Occlumanzia, ogni mattina gli facevano sempre la stessa domanda, la cosa stava iniziando a stancarlo, ormai erano passate due settimane, avrebbero dovuto capirlo. Forse si era preoccupata così tanto, perché non si era presentato all'ora di cena in Sala Grande.
«Hai fatto progressi?» chiese l’amica sedendosi accanto a lui «Ti vedo particolarmente stanco».
«L’ho respinto» mormorò Harry «Ma è stata dura, devo continuare ad esercitarmi».
«Sicuro che tu non ti stia spingendo troppo oltre, Harry? Non hai cenato, a malapena ti reggi in piedi e non sei tornato neanche nel dormitorio» disse la ragazza, sintetizzando la situazione. Il moro si prese la testa tra le mani e si massaggiò le tempie, sentendo un dolore terribile. Era ancora stanco, avrebbe voluto dormire ancora, ma aveva troppe cose da fare; per fortuna l’ultima settimana conclusasi aveva portato via gli esami di fine anno, liberarsi di quelli era stato un vero e proprio sollievo, aveva una preoccupazione in meno e più tempo da dedicare agli horcrux e all’Occlumanzia. Il tempo scorreva troppo velocemente e mancavano davvero poche settimane all’imminente arrivo dei Mangiamorte e non poteva perdere ancora altro tempo con l’Occlumanzia, dovevano iniziare a cercare gli horcrux e tentare di sconfiggere Voldemort.
Doveva imparare a dominare le emozioni e controllare la sua mente, per proteggerla da futuri dolori.
«D’accordo… adesso riposati un po’» fece Hermione, passandogli delicatamente una mano tra i capelli, Harry si rilassò al tocco, non era molto abituato alle dimostrazioni d’affetto, anzi a volte si sentiva a disagio, così come gli era successo quando l’anno precedente aveva baciato Cho Chang. Con Hermione, invece, non provava alcun tipo di imbarazzo, dopotutto era come una sorella per lui, una delle prime persone che gli aveva dimostrato affetto, senza pretendere altro. Si avvicinò un po’ a lei e appoggiò la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Spesso nella scuola li avevano scambiati per una coppia, ma loro sapevano la verità: erano legati da qualcosa di più profondo. Harry sapeva di poter contare su Hermione sempre, in ogni momento, qualsiasi scelta facesse, e lei sapeva di poter contare sul moro nello stesso modo. Incondizionatamente, si volevano bene come fratelli, forse perché ad unirli c’era la questione dell’essere entrambi fratelli unici, Harry non lo sapeva, ma sapeva solo che Hermione era una delle persone più importanti della sua vita, colei che avrebbe difeso a spada tratta da qualunque pericolo. Avrebbe difeso qualunque dei suoi amici, ovvio, ma con Hermione aveva un legame speciale, un legame che non aveva con nessuno di loro, neppure con Ron.
«Sei giù di morale?» gli chiese la ragazza, senza smettere di accarezzargli i capelli, come se sapesse che quel gesto fosse in grado di tranquillizzarlo e di farlo rilassare.
«No, è che…» si schiarì la voce «Sono venuti fuori ricordi… difficili da affrontare e non faccio che pensarci».
«Sirius?»
Harry annuì «Sì, e anche… altre cose, legate ai miei zii» deglutì «Non mi piace pensare troppo a quelle cose e quando Draco entra nella mia testa… ultimamente si ritrova sempre là».
«Andrà tutto bene, riuscirai a farcela» disse lei «Dopotutto, sei un grande mago, devi solo crederci tu».
Harry storse il naso e alzò il viso verso di lei «Non quanto te» replicò. Il déjà-vu di una vecchia conversazione molto simile a quella colse entrambi. Hermione gli sorrise dolcemente e gli accarezzò una guancia con delicatezza.
«Io? Furbizia e tanti libri, ci sono cose più importanti, come amicizia e coraggio».
«Già mi hai detto una cosa simile» affermò il moro guardando la ragazza «Te lo ricordi?»
«Certo che lo ricordo» replicò lei «La nostra prima grande avventura, come dimenticare la Pietra Filosofale, guarda dove ci ha portato». Harry strinse gli occhi e annuì. A cosa aveva portato? Cedric era morto, Sirius era morto, Voldemort era tornato, Draco era stato costretto a diventare un Mangiamorte, tutte le persone più importanti per lui avevano rischiato di morire o erano morte davvero… Ron aveva rischiato di morire davanti ai suoi occhi più di una volta, Hermione era stata pietrificata al secondo anno e aveva rischiato di essere uccisa al Ministero, quando lui era partito per la missione suicida per salvare Sirius. Era sempre stata colpa sua, c’era sempre stato qualcuno che aveva rischiato la vita per colpa sua. Se i membri dell’ES erano stati puniti dalla Umbridge in quel modo, era stata colpa sua, perché non si era accorto di quella ragazza che li aveva traditi, perché non aveva protetto i suoi amici. Neville era stato torturato da Bellatrix e aveva vissuto il dolore dei genitori sulla sua stessa pelle, e l’unico colpevole era lui. Si irrigidì tra le braccia di Hermione e sospirò pesantemente, scuotendo la testa.
«A cosa stai pensando?» chiese lei con dolcezza.
«Niente…» sospirò Harry, stringendo gli occhi. Sentiva delle lacrime malandrine premere per fuoriuscire dai suoi occhi e non voleva né poteva permettersi di piangere. Non doveva frignare, doveva darsi una mossa, alzarsi da quel divano e seguire le istruzioni che Malfoy gli aveva dato per la giornata.
«Devo andare in biblioteca» disse all’amica, alzandosi dal divano. Non avrebbe voluto, era piacevole stare così vicino a Hermione, era piacevole sentirsi consolato dall’amica, non poteva perdere altro tempo a piangersi addosso, avrebbe espiato tutte le sue colpe, dopo la sconfitta di Voldemort, per il momento doveva concentrare tutte le sue forze in quella missione, sconfiggere il mago oscuro e salvare Malfoy da lui, gliel’aveva promesso. Avevano poco tempo, ma ce l’avrebbero fatta, lui avrebbe dato il meglio di sé per vincere e per salvare tutti, anche quella volta.
«Non vieni a fare colazione?» chiese la ragazza, preoccupata.
«No, ma non ho tempo, devo studiare l’Occlumanzia» replicò «Ci vediamo stasera» asserì, uscendo dalla Sala Comune. Hermione rimase scioccata, ferma, immobile a guardare il suo migliore amico sparire dietro al quadro, riuscì ad urlargli dietro di passare in Sala Grande a prendere qualcosa da mangiare, prima di andare a studiare, ma dubitò che l’avesse sentita. Sbuffò, quando Harry si metteva in testa qualcosa… era difficile fargli cambiare idea.
 

 
I miglioramenti che si aspettava, però, non erano arrivati subito. Era sempre più frustrato, sempre più nervoso. Non riusciva ad impedire a Malfoy di entrare nella sua mente. E i giorni passavano in maniera inesorabile, segnando sempre di più il giorno in cui Draco avrebbe dovuto “portare a termine la missione”. Più si innervosiva, più Draco diventava sospettoso intorno a lui, lo guardava sempre come se non capisse qualcosa che lo riguardava. Eppure, sentiva di essere vicino alla soluzione del problema, doveva solo… crederci, come gli aveva detto Hermione qualche giorno prima.
Ormai era una settimana che passava le giornate chiuso nella Stanza delle Necessità a studiare su quei tomi che gli aveva mostrato il biondo, più studiava, più gli sembrava di impazzire, ma sapeva di doversi dare una mossa.
«Potter» la voce di Malfoy lo fece sussultare, si era appisolato sul libro, mentre studiava «Sei ancora qui?» Harry annuì, aveva chiesto a Madame Pince di portare via i libri che gli occorrevano dalla biblioteca e si era rifugiato nella Stanza delle Necessità per stare più comodo. Hermione e Ron gli avevano portato degli spuntini sia a pranzo che a cena, a volte passava la notte lì, solo per non perdere tempo, tuttavia era sempre così stanco che a volte gli capitava di addormentarsi sui libri, come in quel momento. Erano giorni che studiava, ma forse finalmente aveva trovato un modo. Aveva capito un sacco di cose e forse aveva trovato un metodo per dominare le sue emozioni e la sua mente, doveva focalizzare l’attenzione su una singola cosa, un po’ come per evocare un Patronus, per il quale doveva concentrarsi su un ricordo felice, per questo invece doveva concentrarsi su un pensiero fisso, qualcosa che nascondesse tutto il resto e quale migliore pensiero per lui se non la sconfitta di Voldemort e la fine del suo incubo personale? Niente. Doveva essere abbastanza bravo da riuscire a farlo e forse poteva, stavolta sapeva di poterlo fare, si era preparato. «Che cos’è questa puzza disgustosa?» chiese avvicinandosi «Per Salazar, perché indossi gli stessi vestiti di ieri?» domandò ancora il biondo «Che diamine hai in mente, di uccidermi?»
«Non essere spiritoso, non ho avuto tempo di andare a cambiarmi» replicò il moro «Ho studiato tutto il giorno, ho letto tutto sull’argomento, posso riuscire a contrastarti».
«Sembri molto sicuro di te stesso oggi» commentò Malfoy, sedendosi accanto a lui «Come mai?»
«Sento di potercela fare, non so spiegartelo» replicò «Non ti nascondo che ho avuto degli incubi negli ultimi giorni» disse «Riguardo quello che… ho ricordato con te» continuò, Draco annuì, senza ribattere, ascoltandolo «E non voglio che Lui sappia cosa mi è successo, capisci?» il biondo annuì ancora «So che sembra stupido, ma penso che… focalizzando l’attenzione su un solo pensiero, io possa evitare che tu o chiunque altro entri nella mia mente» disse «È solo una teoria, ma potrebbe avere senso, che ne pensi?» domandò.  
Il Serpeverde spalancò gli occhi, stupito. Non si aspettava quell’atteggiamento, né quella determinazione, non dopo averlo visto completamente spento, distrutto e fortemente frustrato il giorno prima. Gli piaceva il modo di fare di Potter, aveva davvero la carica giusta per essere un leader, doveva solo credere in se stesso, come in quel momento. Quando credeva in se stesso, faceva in modo che anche chi gli era attorno, provasse la stessa sicurezza.
«Wow, sorprendente. E io che ti facevo un completo idiota».
«Non sarò un Corvonero, ma ogni tanto so far funzionare il cervello» asserì Harry ridacchiando, coinvolgendo anche il biondo nella sua risata. «Testiamo la mia teoria?» chiese.
Draco annuì e afferrò la bacchetta: «Pronto?»
«Prontissimo». Il biondo pronunciò l’incantesimo e il moro chiuse gli occhi. Focalizzò l’attenzione su un solo pensiero, si sforzò di pensare alla fine di Voldemort, alla sua sconfitta, alla propria libertà. E lo sentì, Draco provò a leggergli la mente, provò a penetrare nella sua barriera, insistette ancora e ancora, ma quella volta tutto quello che vide fu il nulla. Non riuscì ad entrare nella mente del moro. A quel punto, il Grifondoro tentò di fare una cosa: se Voldemort aveva la capacità di mandargli delle visioni… lui poteva fare lo stesso, giusto? E con la Legilimanzia avrebbe potuto fare la stessa cosa… avrebbe potuto mandargli una visione o un messaggio. Strinse la bacchetta in un pugno, si concentrò e decise che avrebbe fatto vedere a Draco una finta visione di se stesso, magari felice con i Dursley, così che capisse che era falsa. Quando il Serpeverde lo colpì con l’incantesimo, Harry aprì la mente e gli permise di vedere… ciò che voleva. Fu una sensazione soddisfacente e inebriante. Non doveva montarsi la testa, sapeva di avere ancora tanto lavoro da fare, ma quello era il primo, concreto risultato che otteneva. Poteva ritenersi soddisfatto.
«Potter!» esclamò l’altro interrompendo l’incantesimo. «Ci sei riuscito, non ci credo!» esclamò «Non credo che quello che mi hai fatto vedere sia vero. Tuo zio non ti ha mai regalato dei libri» Harry scosse la testa, sorridendo appena «O un cane o un qualsiasi animale domestico» continuò, elencando ciò che aveva visto nella “visione” di Harry.
«Ma lo zoo era vero, anche se diciamo che quando ci siamo andati, io sono finito in punizione per aver accidentalmente aizzato un pitone contro mio cugino» raccontò con una scrollata di spalle.
«Ah già, sai parlare serpentese…» mormorò Draco, un po’ spaventato. Aveva sentito la “lingua dei serpenti” per mesi in casa sua, ne era terrorizzato, ma sapeva che Potter non era come Voldemort, che era diverso, dopotutto era il prescelto, colui che avrebbe dovuto sconfiggerlo. «Beh, comunque! Hai schermato la mente e… mi hai mostrato un ricordo falso, mi sembra un grandissimo passo avanti» disse «Non me lo aspettavo, in così poco tempo».
Harry ghignò «E tu che non mi credevi capace di farlo».
«Mi hai sorpreso, dico davvero» affermò il Serpeverde «Come hai fatto?»
«Non lo so. Volevo farlo. E sapevo di poterlo fare» sorrise, pensando all’incoraggiamento che Hermione gli aveva dato qualche giorno prima. Aveva sempre saputo che un suo intervento, anche se indiretto, avrebbe potuto aiutarlo e non si era sbagliato, ma non c’era bisogno che Draco lo sapesse.
«Continueremo ad esercitarci» replicò il biondo «Ma siamo sulla strada giusta» disse «Avrei dovuto lasciarti studiare in questo modo molto prima!» esclamò divertito.
«Grazie, Draco».
«Adesso, fai un favore al mondo magico e vai a fare una doccia, sì?» chiese retoricamente il Serpeverde, alzando un sopracciglio «Temo che non riuscirai a sconfiggere Tu-Sai-Chi, appestandolo con la tua puzza».
Harry scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Adorava le battute di Malfoy, anche se a volte sembravano crudeli, in realtà erano sarcastiche allo stato più puro. E poi aveva notato che… non insultava più nessuno, non come prima almeno. Non era l’unico che stava facendo progressi.
«No, hai ragione» replicò «Andrò subito a fare una doccia, facciamo un altro tentativo, prima?»
Draco annuì e gli sorrise complice. Usò di nuovo l’incantesimo e Harry schermò la sua mente, dominando le emozioni. E man mano che passava il tempo e che si esercitava, padroneggiava sempre di più quel tipo di magia, migliorava giorno dopo giorno ed era sorprendente. Persino Piton e Silente se ne stupirono, quando i due giovani comunicarono loro gli ottimi risultati della loro collaborazione. Il professore fece anche un tentativo, ma Harry riuscì a respingerlo, sebbene con un po' di fatica.
Quella fu anche la sera in cui Silente accettò ufficialmente Draco nell’Ordine della Fenice. Era diventato, a tutti gli effetti, un doppiogiochista e se avesse saputo giocare bene le sue carte, beh… avrebbero vinto, senza ombra di dubbio.
 

 
“Evasione di massa dalla prigione di Azkaban” – diceva la prima pagina della Gazzetta del Profeta del diciotto giugno, e lì erano raffigurati alcuni dei Mangiamorte evasi, tra i quali, Draco riconobbe anche suo padre. Il Serpeverde strinse le dita sulle pagine del giornale, sentendo una strana sensazione di paura mista a rabbia farsi largo dentro di lui. “Che il Ministero stia perdendo il controllo sui dissennatori?”
Draco lo sapeva bene, in realtà, . Voldemort aveva trovato nei dissennatori dei validi alleati, non sapeva come li avesse convinti o come avesse fatto a comunicare con loro, ma lo aveva fatto, si era alleato con loro e con altre creature oscure, ricordava bene quando, durante l’estate, aveva sentito alcuni dei suoi discorsi deliranti sul farsi amici tutte le creature della notte, dai vampiri, ai licantropi, ai dissennatori. Il Ministero non aveva affatto idea di cosa stesse accadendo, non avevano capito fino a che punto si era esteso il potere di Voldemort, in realtà non ne aveva anche lui, ma aveva vissuto in quello che era diventato il quartier generale del mago oscuro, aveva visto e sentito cose da incubo. Rabbrividì al ricordo di quell’estate.
E sua madre era ancora bloccata al Manor, circondata da Voldemort, dai suoi Mangiamorte – tra i quali anche Bellatrix – e da altre creature oscure assetate di sangue. Draco era sempre più inquieto e non si sentiva per niente sicuro ad immaginare sua madre da sola lì, sapere che suo padre era evaso aumentava il suo senso di inquietudine. Se solo avesse sospettato di un suo coinvolgimento con Potter e con l’Ordine… sarebbe stato un grosso, enorme guaio sia per lui che per i suoi alleati.
Un anno prima, avrebbe esultato per l’evasione di suo padre, si sarebbe sentito fiero, avrebbe detto che suo padre era un uomo giusto e che non meritava di stare ad Azkaban, perché si batteva per una giusta causa, un bene comune. Stronzate.
Quanto era stato stupido all’epoca? Quanto era stato ingenuo e influenzabile? Era lieto di esserne uscito, di aver aperto gli occhi sulla realtà, di aver avuto una possibilità di cambiare, anche se non l’avrebbe mai detto a Potter, non ad alta voce, almeno, gli era grato e cercava sempre di dimostrarlo, rendendosi utile come poteva e aiutandolo con le sue esercitazioni e con i suoi preziosi suggerimenti.
Non aveva avuto neanche il coraggio di andare da Piton e parlargli della sua situazione, temeva di spingersi troppo in là, di dire qualcosa che avrebbe potuto spingere il professore a trovare il modo di far arrivare la notizia del suo tradimento a Voldemort. Aveva troppa paura di affrontarlo, per questo si teneva lontano da lui. Era stato un paio di volte da Silente per parlargli di Harry, aveva provato ad insistere sulla questione “oscurità”, ma il preside aveva eluso l’argomento, ma Draco se ne era accorto, c’era qualcosa che non andava in Potter, più andavano avanti, più sembrava che quella parte oscura prendesse il sopravvento. Erano momenti isolati, quasi che potevano quasi passare in sordina, ma non per Draco. Ogni volta che si esercitavano, bastava un minimo sentore di fallimento, che il moro si innervosiva e la frustrazione prendeva il sopravvento su di lui per degli istanti inquietanti in cui sembrava un’altra persona. A volte si innervosiva così tanto che esplodeva come un Bombarda Maxima e perdeva totalmente la lucidità, il biondo lo aveva visto una volta con i suoi occhi e non attraverso i suoi ricordi: quando si arrabbiava diventava una furia, i suoi occhi fiammeggiavano e la vena sulla sua tempia si ingrossava fino al punto di esplodere. Avevano avuto una discussione accesa, un giorno, e in preda alla rabbia Potter lo aveva schiantato. Si era calmato quasi subito, lo scoppio di rabbia si era placato così com’era arrivato, ma Draco per un breve momento lo aveva temuto. Il moro poi aveva passato le successive due ore a scusarsi e a dirgli che non sapeva cosa gli fosse accaduto. Per Draco quello non era affatto un buon segno, ma Silente sembrava cieco e sordo davanti ai dubbi. Non aveva idea di cosa cercare per capire cosa fosse, anche se avesse voluto aiutarlo, non avrebbe saputo come fare, perché brancolava nel buio riguardo quella cosa.
«Malfoy?»
«Mmh?» il biondo alzò lo sguardo interrogativo verso il suo interlocutore «Cosa c’è?»
«Lo chiedi a me? Ti sto parlando e mi ignori» rispose Harry, irritato «Che diavolo ti prende?»
«Hai letto il Profeta, oggi?» il Grifondoro scosse la testa e lanciò uno sguardo di sbieco al giornale che il Serpeverde ancora stringeva tra le mani, leggendo brevemente il titolo dell’articolo su cui la sua attenzione era focalizzata.
«Ah… parli dell’evasione da Azkaban?»
Draco sospirò e annuì «Pensavo a mia madre, da sola con tutti quei Mangiamorte» rispose a testa bassa «Non riesco a concentrarmi per questo». Harry gli mise una mano sul braccio e lo guardò negli occhi. «Mi dispiace, sono solo preoccupato» ammise, mordendosi il labbro inferiore. Odiava mostrarsi debole e senza spina dorsale davanti a Potter.
«Immagino cosa stai provando» disse l’altro «So cosa significa quando una persona a cui tieni molto è in pericolo» fece «Ho provato la stessa cosa l’anno scorso, quando credevo che Sirius fosse in pericolo». Il moro deglutì e inghiottì il boccone amaro della perdita del suo padrino e si disse che nessuno avrebbe patito quello che aveva sofferto lui. Nessuno avrebbe perso una persona cara, nemmeno Draco Malfoy. «La salveremo, te lo prometto» promise con sicurezza e determinazione «Fidati di me. Studieremo un modo per tirarla fuori da lì e portarla al sicuro».
«Davvero?» chiese Draco, alzando lo sguardo su di lui «Non mi stai… mentendo?»
«Ti ho mai mentito, fino ad adesso?» chiese il moro, inclinando la testa.
«No, non l’hai fatto».
«Ecco appunto, non l’ho fatto neanche ora» replicò l’altro rivolgendogli un sorriso gentile.
Draco lo guardò, ma come ogni volta, gli sembrava di vederlo per la prima volta. Nei suoi occhi, la determinazione bruciava come un fuoco divampato in una foresta, ed era in grado di coinvolgere chiunque avesse intorno. Il Serpeverde avrebbe voluto avere solo metà della sua forza e del suo coraggio, dopotutto quello che aveva vissuto, dopo l’inferno che era stato costretto a sopportare da piccolo, eccolo lì, pronto ad aiutare uno che, fino a pochi mesi prima aveva odiato e che lo aveva preso a pugni, dopo averlo pietrificato, il primo giorno di scuola. Assurdo.
 
 
Draco e Harry passarono il resto della serata a studiare un piano per irrompere in casa del biondo e portare via sua madre, evitando in tutti i modi di aver contatti con Voldemort o con i suoi seguaci. Harry era convinto che ce l’avrebbero fatta, ma doveva parlarne anche con Hermione e con Ron, avevano bisogno di studiare un piano che funzionasse, non come i loro soliti progetti che pianificavano e poi fallivano miseramente. Avevano bisogno di essere furbi, di essere scaltri e di sorprendere i loro nemici, aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta ad ogni costo.
Così il giorno seguente, invitò i suoi migliori amici nella Stanza delle Necessità ed espose loro la situazione: lui e Malfoy stavano cercando di elaborare un piano impeccabile, che permettesse loro di andare al Manor, salvare Narcissa e portarla al sicuro, senza rischiare la vita. I nuovi arrivati lo guardarono perplessi, come se non capissero di che cosa diavolo stesse parlando il loro amico, per Hermione era troppo pericoloso, Ron restò sulle sue e non disse nulla, non si fidava del biondo né voleva fare qualcosa per aiutarlo, ma non andò via. Resto solo per Harry, ci tenne a sottolineare.
«Ci sono!» esclamò Harry, Malfoy lo guardò con uno sguardo a metà tra il curioso e l’interrogativo.
«Illuminaci» replicò il biondo.
«Tu ci porterai a casa tua» disse il prescelto, indicando Draco «Fingerai di averci catturati, per compiacere tuo padre e Voldemort» continuò «Mentre tuo padre sarà distratto a torturare me, so che lo farà, tu potrai parlare con tua madre e convincerla a scappare, promettendole che sarà al sicuro».
«Oh certo, e come pensi che io possa portare tutti lì?» chiese «E come pensi di riuscire ad uscire da casa mia? È protetta da incantesimi anti-smaterializzazione» disse «Non è possibile entrare o uscire».
«Creiamo una passaporta» propose il Grifondoro.
«Non funzionerà» ribatté Draco «Conosco quegli incantesimi, solo i Mangiamorte e gli elfi possono usare la smaterializzazione in quella casa» spiegò «Finiremo solo per schiantarci contro di essi, mia zia, mio padre o Voldemort se ne accorgerebbero, ci catturerebbero e non potremmo salvare nessuno, anzi qualcuno dovrà salvare noi a quel punto».
«Come sei disfattista» commentò Harry, sbuffando.
«Scusa, se conosco quella casa meglio di te e so come funzionano gli incantesimi che la circondano» replicò il biondo, piccato «Non è possibile entrare o uscire» concluse.
«Tu sei un Mangiamorte o sbaglio?» chiese Harry, alludendo al suo avambraccio marchiato. Draco si sentì ferito nell’animo a sentire quella insinuazione e portò una mano su di esso istintivamente. Era la prima volta che lo chiamava in quel modo, soprattutto davanti agli altri. Ormai erano settimane che non si considerava più tale, che aveva iniziato a pensare a se stesso come una persona migliore; non si aspettava quell’appellativo, anche se Potter non l’aveva detto con cattiveria «Non puoi smaterializzare tutti?»
Draco scosse la testa «No, non posso portare tutti, ho appena imparato la smaterializzazione e rischierei di far spaccare qualcuno» affermò quasi mortificato «Non mi dispiacerebbe, se capitasse a Weasley, ma vorrei evitare di essere considerato un traditore solo perché ho appena imparato a smaterializzarmi» berciò, il rosso grugnì infastidito, ma evitò di rispondere. Draco sospirò, non c’era soluzione, non voleva essere l’uccello del malaugurio, ma lui stesso non era potuto fuggire da casa sua, quando si era ritrovato nella condizione di doverlo fare e non voleva che gli altri corressero quel pericolo.
«E gli elfi?» intervenne Hermione «Hai parlato di elfi, giusto?» Draco annuì e la guardò perplesso «Non conosciamo forse qualcuno che farebbe di tutto per aiutare Harry?» chiese lei.
«Parli di Dobby?» chiese Ron guardandola, la ragazza annuì sorridendo, era esattamente ciò a cui stava pensando lei.
«Lo farebbe davvero?» chiese Draco.
«Sì, lo farebbe davvero, se glielo chiedo io» si intromise Harry «Poche settimane fa gli ho chiesto di pedinarti e, beh, l’ha fatto, Kreacher era un po’ meno felice di farlo» borbottò, ricordando ciò che i due elfi avevano fatto per lui, prima di aprire gli occhi su Malfoy. Aveva avuto ragione, ma solo fino ad un certo punto ed era felice della piega che avevano preso gli eventi.
«Kreacher?» chiese il biondo, perplesso.
«Poi te lo spiego» tagliò corto Harry, non aveva tempo di spiegare a Draco ogni cosa, lo avrebbe fatto in un altro momento, adesso l’importante era studiare un piano per entrare ed uscire senza essere uccisi dai Mangiamorte. «Okay, ora dobbiamo solo… capire come ingannare Lucius e i Mangiamorte al nostro arrivo, di certo non crederanno che l’elfo che ho liberato, sia lì per consegnarmi e fare il gioco di Draco…»
«E l’ultima volta che sono stato a casa mia, c’erano dei Mangiamorte di guardia ai cancelli» aggiunse il Serpeverde, guadagnandosi occhiate stranite da tutti.
«Quando avevi intenzione di dircelo?» chiese Ron, irritato. Non gli piaceva quella storia, era dell’idea che Malfoy li avrebbe traditi tutti alla prima occasione utile, non era ingenuo come Harry che credeva alla sua patetica storia di com’era diventato un Mangiamorte. Lui era cattivo, lo sapeva. La sua famiglia aveva a che fare con i Malfoy da secoli e non era mai corso buon sangue tra di loro, perché i Malfoy erano crudeli, meschini, vili. Harry era troppo ingenuo per rendersene conto, ma non voleva litigare con lui, perché Hermione aveva ragione, nel momento in cui la serpe avrebbe pugnalato il suo amico alle spalle, qualcuno avrebbe dovuto essere lì per proteggerlo e tirarlo fuori da una situazione nefasta.
«Potrei usare un Confundus» disse Hermione «Se riusciamo ad arrivare alle porte della casa con Dobby e Draco, senza essere visti, posso usarlo e confondere tutti».
«Mi sembra una buona idea» concordò il Serpeverde. Hermione alzò lo sguardo verso di lui e spalancò gli occhi, quello era un complimento? Da parte di Draco Malfoy? «Che c’è? Perché mi guardi così?»
«Niente, è strano non essere insultata da te, tutto qui».
«Ah già… beh, per quello che vale» si morse le labbra, guardò per un secondo verso Harry, che annuì, incoraggiandolo a mostrare ai suoi amici la parte migliore di sé, quella che aveva sempre nascosto sotto chili e chili di sfrontatezza e cattiveria «Mi dispiace essere stato un… com’era? Brutto, perfido, lurido, schifoso scarafaggio?»
Hermione gli sorrise e annuì, accettando le sue scuse. «Non mi scuserò per il pugno, lo meritavi» ci tenne a specificare la ragazza «Ma se Harry si fida di te e del tuo cambiamento, devo provare a fidarmi di lui» disse porgendogli la mano «E di te». Draco restò di stucco davanti al gesto della “sanguemarcio” e si ritrovò a stringerle la mano «Salveremo tua madre» gli promise lei.
«Ti ringrazio, davvero, Granger» disse lui «Non ti deluderò, o almeno ci proverò».
«Non sono sicuro che sia una buona idea» commentò, al contrario, Ron guardando i suoi amici preoccupato «Ragazzi, stiamo davvero parlando di andare in un covo pieno di Mangiamorte, con lui?» chiese indicando il biondo, che lo guardò perplesso «Vi rendete conto di quanto sia assurda questa storia? Capite che pericolo corriamo?»
«Si tratta di sua madre, Ron» replicò Harry «Gli ho promesso che se avesse collaborato con noi, avremmo salvato sua madre ed è quello che stiamo per fare, sei libero di non venire se non ti piace l’idea» disse con freddezza «Se fosse tua madre ad essere in pericolo che cosa faresti?» chiese al rosso, che lo guardò stranito per alcuni istanti, chiedendosi dove l’amico volesse andare a parare con quella domanda.
«Qualunque cosa, ma cosa c’entra questo adesso?» domandò in risposta, confuso.
«Draco non è diverso da te, anche lui farebbe di tutto per le persone che ama».
«Ama? Lui non sa neanche cosa sia l’amore» disse spezzante il rosso «Non mi fido di lui, ci farà uccidere tutti».
Harry strinse i pugni, cercando di scacciare la rabbia che stava iniziando a provare verso Ron, non poteva permettere a quei sentimenti negativi di prendere il sopravvento, l’anno precedente la sua rabbia non aveva portato a nulla di buono, aveva solo portato a una grossa, dolorosa perdita. Doveva restare calmo e ragionare con l’amico, poteva farcela.
«Credi quello che ti pare, Weasley» intervenne Draco «Non mi interessa la tua opinione, voglio solo salvare mia madre e sconfiggere Tu-Sai-Chi» disse, fronteggiandolo «Tu non sai quello che mi ha fatto, non sai che cosa ho sopportato, non conosci i motivi per cui mi sono schierato dalla vostra parte».
«Oh, poverino, ti sei rotto un’unghia, mentre ti inginocchiavi davanti al tuo Signore Oscuro?»
Draco contrasse la mascella, ma si impose di restare calmo e di non andare in escandescenza, litigare con Weasley non avrebbe portato da nessuna parte.
«Se vuoi restare, resta. Se vuoi andartene, vai. Sinceramente che tu ci sia o no, per me non fa alcuna differenza, ma la fa per Potter» disse con sicurezza. Ron lo guardò per un lungo istante, quasi stupito dal suo atteggiamento, era convinto che si mettesse a frignare o sparasse cattiverie a caso, invece non l’aveva fatto. Era strano, soprattutto da parte di Malfoy. L’attesa per una risposta di Ron lasciò tutti con il fiato sospeso.
«Resto. Qualcuno dovrà pur proteggere Harry e Hermione, se tu ti dovessi rivelarti una minaccia per loro» disse «Potrai ingannare loro, ma non me». Draco scrollò le spalle e liquidò la conversazione con un Come vuoi.
Gli altri due Grifondoro tirarono un sospiro di sollievo e tutti insieme ripresero a pianificare il salvataggio di Narcissa Malfoy, non sarebbe stata una passeggiata, ma se avessero unito le forze, tutti e quattro con l’aiuto di Dobby, sarebbero riusciti a vincere. Dovevano farcela.
 
Convincere Dobby ad aiutarli fu la parte più facile del piano: «Harry Potter non deve fare altro che chiedere, Dobby sarà felice di aiutare il suo amico Harry Potter!» aveva detto, quando il Grifondoro era andato da lui per parlargli. L’elfo, però, aveva ritenuto giusto mettere in guardia il mago dal pericolo che correva avvicinandosi a quella casa, dove regnano solo oscurità e morte. Harry aveva pensando per l’ennesima volta a Draco e a come avesse vissuto in quella casa per tutti quegli anni, era ovvio che fosse venuto su in quel modo. Era sempre più convinto delle buone intenzioni di Draco e anche se stava rischiando grosso, quella missione avrebbe confermato la sua teoria sul suo cambiamento di fazione. Era grato ad Hermione per aver accettato le scuse del Serpeverde, ma contemporaneamente poteva capire la circospezione di Ron, poteva capire i suoi dubbi e le sue obiezioni, anche se lo irritavano da morire. Anche lui all’inizio era stato sospettoso nei confronti del biondo, ma… fino a quel momento, non aveva tradito la sua fiducia, anzi. Malfoy conosceva cose di lui che nessuno aveva mai scoperto e… avrebbe potuto usarle in qualunque momento per umiliarlo, invece non lo aveva fatto. Meritava almeno il beneficio del dubbio. Era certo, però che quella missione avrebbe cambiato molte cose.
La sera stabilita per il “salvataggio di Narcissa”, arrivò in fretta. Il gruppo di giovani maghi si incontrò al di là dei confini di Hogwarts, nessuno di loro aveva il permesso di stare lì, ma era una questione urgente. Silente sarebbe stato messo al corrente della situazione al loro ritorno, ma adesso avevano bisogno di andare. Draco aveva bisogno di vedere che sua madre stesse bene; era l’unica persona della quale gli importava in quel momento.
Non avevano più molto tempo, mancavano poco meno di due settimane allo scadere del tempo di Draco e dovevano ancora occuparsi degli horcrux. Harry cercava di non pensarci, di non avvilirsi, ma c’erano troppe cose da fare e troppo poco tempo. Era stato infinitamente lento ad apprendere l’Occlumanzia, ne era consapevole, ma ormai la situazione era quella e dovevano dare il meglio di loro stessi per riuscire a fare tutto nei tempi stabiliti. Dovevano essere forti, insieme potevano farcela, potevano vincere, dovevano solo crederci.
«Allora, siete pronti?» chiese Harry.
«Sì» risposero gli altri presenti.
«Ci smaterializzeremo tutti insieme con l’elfo» disse Malfoy «Granger lancerà il Confundus sui Mangiamorte, Dobby sparirà per il momento e io vi porterò dentro» gli altri annuirono «Poi reciterò la mia parte, mi aspetto che anche voi lo facciate».
«Non preoccuparti, Malfoy, faremo tutto quello che abbiamo programmato» replicò Ron «Non pugnalarci alle spalle».
«Non farlo neanche tu, Weasley» replicò sprezzante il biondo. Il rosso annuì e i due si strinsero la mano, come segnale della loro momentanea tregua. Non potevano essere in contrasto proprio in quel momento, dovevano restare concentrati e uniti, altrimenti le cose sarebbero andate male, per tutti. Pochi istanti dopo, si raccolsero attorno a Dobby che era lì, lì pronto ad aiutarli e si smaterializzarono. Quando si materializzarono fuori dai cancelli dell’immensa villa dei Malfoy, Hermione fu lesta nel lanciare il Confundus sui Mangiamorte che sorvegliavano l’ingresso. Dobby si smaterializzò in fretta, annunciando che sarebbe andato direttamente nell’abitazione e li avrebbe attesi lì. Poi toccò a Draco, a malincuore lanciò un incantesimo sugli altri per immobilizzarli e, per rendere la sua recita più credibile, prese le loro bacchette in custodia, con la promessa che gliel’avrebbe restituite al momento opportuno, poi si annunciò ai Mangiamorte confusi, che lo riconobbero e lo lasciarono entrare perplessi. Scortarono lui e i prigionieri nel maniero. Harry restò di sasso, era immenso. Si fidava di Draco dentro di sé e sapeva che non li avrebbe traditi, sapeva che agisse dalla loro parte, ma la sua recita fu così credibile che per un attimo, il pensiero che potesse tradirli lo sfiorò. Doveva ammetterlo, il Serpeverde era un bravo attore.
«Draco?» Narcissa fu subito davanti a lui, quando lo vide «Che ci fai qui? Non dovresti essere…?»
«Sì, madre» rispose freddamente il ragazzo, interrompendola «La missione procede nel migliore dei modi, c’è stato un intoppo e me ne sono occupato, lo Sfregiato e i suoi amichetti tramavano qualcosa contro il Signore Oscuro e li ho fermati».
«Contro il Signore Oscuro?» chiese Bellatrix, avvicinandosi «E dimmi, Draco, di cosa si trattava?»
Il biondo deglutì e guardò la zia cercando di restare lucido «Non ne sono sicuro, ma parlavano di trovare…» Harry lo guardò e scosse impercettibilmente la testa, non parlare degli horcrux, non farlo, lasciaci questo vantaggio, sembrava dirgli con lo sguardo e Draco lo capì e improvvisò: «… di trovare un’arma per sconfiggerlo» concluse.
«E di che arma si tratta?» chiese la strega.
«Non hanno voluto dirmelo» rispose immediatamente il ragazzo «Per questo li ho portati qui. Ho pensato che tu potessi aiutarmi a farli parlare». Bellatrix rise, una risata crudele, folle, che fece accapponare la pelle dei presenti.
«Li faremo confessare e poi chiameremo il Signore Oscuro, che sicuramente si occuperà personalmente del suo nemico» fece puntando la bacchetta contro il viso di Harry «Molto bene, Draco, molto bene… hai saputo sfruttare bene la tua presenza nella scuola. Il Signore Oscuro ne sarà felice».
«Ti ringrazio» replicò il biondo con freddezza.
«Greyback! Portali nei sotterranei, inizieremo ad interrogarli uno alla volta» ordinò la strega «E inizieremo proprio dalla Sanguemarcio» concluse. Draco spalancò gli occhi, quello non era previsto. Non doveva andare così, il piano prevedeva che Harry venisse interrogato, mentre Ron e Hermione progettavano la fuga… cos’era andato storto? Solo in quel momento si accorse dell’assenza di suo padre. Avrebbe dovuto stare più attento, maledizione.
«No!» urlò Ron, mentre il lupo mannaro afferrava lui e Harry per portarli nelle segrete «No! Prendete me, interrogate prima me!»
«Crucio!» esclamò la strega, puntando la bacchetta contro il rosso, che cadde sul pavimento, contorcendosi dal dolore «Non preoccuparti, il prossimo sarai tu» lo rassicurò con crudeltà la donna.
«Non dovremmo iniziare da Potter? Insomma, è lui la mente del piano!» intervenne Draco, la sua voce risultò agitata, ma la donna non fece molto caso ad essa e lo colpì con uno schiaffo così forte che rimbombò per tutta la stanza.
«Non osare contraddirmi, ragazzino» replicò la strega, poi fece una pausa, come se stesse riflettendo «Ma forse… non hai tutti i torti, Potter potrebbe parlare, soprattutto se minacciassi di far uccidere i suoi amici da Greyback…» pensò ad alta voce, guardando i tre ragazzi davanti a sé, inclinò la testa e ghignò «Dopotutto, io e il signor Potter abbiamo un piccolo conto in sospeso, vero?»
A tutti scivolò un terrificante brivido lungo la schiena, di certo non si aspettavano un risvolto del genere. Harry deglutì e fece, coraggiosamente un passo in avanti, guardando la strega con sfida.
«Non ho paura di te, Bellatrix».
«Porta via gli altri due, Greyback, e assicurati che non possano scappare».
Il licantropo ubbidì e iniziò a trascinarli verso il sotterraneo, si sentì Ron lanciare minacce indirizzate a Draco, Sparirono nei sotterranei pochi istanti dopo. Draco sapeva di dover seguire il piano, ma quando la prima Cruciatus colpì Harry, sentì una strana sensazione farsi largo dentro di lui, una specie di istinto protettivo nei suoi confronti. Dopo tutto quello che aveva vissuto, dopo gli abusi che aveva patito durante l’infanzia, era giusto che venisse torturato a causa sua? Il piano era quello, ma era sbagliato, forse non avrebbero dovuto farlo. «Crucio» la seconda maledizione che colpì il prescelto ebbe l’effetto desiderato ed egli urlò. Draco rabbrividì e deglutì, fissando il moro sul pavimento contorcersi dal dolore.
Doveva fare qualcosa, non poteva restarsene lì impalato a fissare la scena. Si sentiva impotente, in quella casa aveva vissuto degli orrori che gli stavano tornando in mente con violenza, ma doveva superarlo.
«Allora, moccioso, qual è quest’arma? Cosa volete fare per sconfiggere il Signore Oscuro?» chiese la strega; Harry tacque, scuotendo la testa «Te lo sto chiedendo con gentilezza, stupido ragazzino» fece lei, camminandogli intorno. Il Grifondoro era seduto al centro del grande salone del maniero. Lì, dove Draco, molti mesi prima, era stato torturato a sua volta. «Suvvia, non farmi diventare cattiva…» il ragazzo restò ancora in silenzio e fu in quel momento che un’altra Cruciatus si abbatté su di lui. L’urlo di Harry riecheggiò per tutta la sala e raggiunse anche il piano inferiore, dove Hermione e Ron erano appena stati rinchiusi. Il rosso imprecò ancora ad alta voce e colpì con forza il muro dietro di sé con tutta la rabbia che possedeva e che stava provando verso il traditore.
 
Draco non aveva mai sopportato le torture, non riusciva a ragionare, non riusciva a sbloccarsi, ma non poteva restare lì a guardare, più sua zia torturava Harry, più si sentiva in colpa, più desiderava portarlo via da lì.
Doveva raggiungere sua madre, portarla via, era per quel motivo che erano lì, eppure… era bloccato. In un’altra situazione, in un altro contesto, magari qualche mese prima, avrebbe guardato quella scena con indifferenza, ma in quel momento non riusciva a sopportare ciò che stava accadendo in quel soggiorno.
Cercò sua madre con lo sguardo, non era molto distante, guardava la scena con freddezza, ma Draco sapeva che dentro di lei, stava soffrendo. Sua madre non era una persona cattiva, non era una Mangiamorte come suo padre, non era un mostro, era stata costretta dalle circostanze ad ospitarne in casa sua, ma non aveva mai fatto del male a nessuno. Per un momento, gli sembrò di sentire Potter chiamare il suo nome, in preda al dolore e il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Non poteva più stare a guardare, avrebbe prima salvato Potter e poi fatto il resto. Non era giusto che lui soffrisse in quel modo a causa sua, non ne valeva la pena. Mise la mano sulla sua bacchetta e, nascondendo dietro alla sua faccia di bronzo e finta sicurezza tutta la paura e il terrore che stava provando in quel momento, si avvicinò a sua zia.
«Zia Bella» la chiamò, lei si voltò verso di lui con un sadico ghigno sul volto «Lascia fare a me» disse piano «Voglio provare a spezzare il grande San Potter».
Harry, steso sul pavimento, tremò e scosse violentemente la testa, lo guardò rimpiangendo il giorno in cui gli aveva porto la mano. Aveva sempre avuto ragione Ron? Li aveva traditi nel bel mezzo della missione di salvataggio di sua madre? Non ci voleva credere davvero.
«Vuoi mettere in pratica gli insegnamenti di tua zia?» chiese la strega, facendo un passo indietro. Draco annuì seriamente e ghignò a sua volta, prendendo il posto di Bellatrix. Prese un respiro profondo, strinse con gli occhi e deglutì, prima di levare la bacchetta in aria. Il Grifondoro lo guardò con odio e disprezzo, prima di stringere gli occhi, aspettandosi la Cruciatus, che non arrivò. Con una mossa fulminea, Draco si voltò verso Bellatrix e urlò: «Stupeficium!» la strega, colta di sorpresa, volò lontano e il Serpeverde si chinò su Harry e gli prese un braccio, aiutandolo ad alzarsi da terra. Il moro si aggrappò al suo braccio e lo guardò con riconoscenza per un attimo «Prendi le bacchette dalla mia tasca, dobbiamo andare via da qui» Harry annuì, prendendo le bacchette che Draco aveva custodito per loro.
«T-Tua madre» mormorò affaticato, tremando. Il biondo non gli rispose, perché sopraggiunsero due Mangiamorte, che lanciarono degli incantesimi contro di loro, Draco istintivamente spinse l’altro dietro di sé e schiantò entrambi i nemici e si voltò verso Harry, che ancora tremava come una foglia e faticava a reggersi in piedi.
«Mi dispiace, è per colpa mia che vi siete cacciati in questo guaio» disse lui, mettendogli un braccio attorno ai fianchi «Fidati di me, vi farò uscire da qui» il moro, incapace di fare altro, annuì di nuovo. «Okay, adesso ti porto dagli altri e andiamo via con Dobby».
«O-Okay». Il biondo lo trascinò con sé verso i sotterranei, dove gli altri due erano rinchiusi, pietrificò Greyback che era di guardia alla cella e poi cercò la chiave per aprirla, usare un Alohomora era impossibile, la cella era protetta da molti incantesimi anti-fuga. Sapeva dov’era nascosta e avevano poco tempo, dovevano fuggire da lì, prima che Bellatrix e i Mangiamorte schiantati riprendessero i sensi e si mettessero in contatto con Voldemort. Si era appena esposto come traditore, la sua vita era finita, ma almeno poteva salvare tutti gli altri e permettere a Potter di portare avanti la sua missione per sconfiggere il mago oscuro.
Dopo aver appellato la chiave con un Accio, Draco riuscì ad aprire la cella e a restituire le bacchette ai rispettivi proprietari, Harry restò aggrappato a lui, le gambe gli tremavano ancora come se fossero state fatte di gelatina e temeva di cadere da un momento all’altro.
«C’era anche Olivander qui» disse Hermione «Ne sapevi qualcosa?»
Draco scosse la testa «Dov’è adesso?»
«Ron lo ha fatto portare a casa sua, alla Tana ed è lì che andremo adesso tutti, prima di tornare a Hogwarts» dichiarò la Grifondoro «Voi state bene?» chiese poi.
Il Serpeverde annuì e: «Sì, Harry è un po’ ammaccato, ma starà bene» disse «Adesso, andiamo via, non so quanto durerà lo schiantesimo» affermò, mettendo una mano sulla spalla del Grifondoro, quando Dobby ricomparve accanto a loro.
«Draco, tua madre» disse Harry, fermandolo «Non possiamo lasciarla qui».
«Ha ragione» intervenne Ron, sorprendendo tutti «Non possiamo andare via senza di lei, siamo venuti qui per questo».
Harry era ancora provato dalle Cruciatus che aveva ricevuto, ma non si sarebbe arreso, erano andati lì per un motivo. Aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta, soprattutto ora che Draco aveva preferito salvarlo, piuttosto che pensare a se stesso. Non aveva capito il motivo del suo atteggiamento, ma invece di raggiungere sua madre e portarla via, aveva preferito restare lì, aiutarlo, salvarlo.
«Siete sicuri?» chiese Draco, incerto «Una volta che saliremo lì su, sarà… difficile».
«Lo sappiamo» tagliò corto Ron «Affrontiamo maghi oscuri almeno una volta all’anno» disse «Andiamo».
Harry e Draco risalirono le scale per primi per raggiungere Narcissa, ma una volta giunti in cima si ritrovarono circondati dai Mangiamorte rinvenuti. Lucius, adesso, era tra loro. Draco emise un singulto nel ritrovarsi davanti quell’uomo che aveva ammirato per tutta la vita e fece un passo indietro.
«Ma bene, bene, il caro signor Potter ci delizia con la sua presenza…» commentò, guardandolo il ragazzo «E tu Draco? Cosa hai da dire a tua discolpa?» chiese puntandogli la bacchetta contro. Il biondo restò paralizzato per qualche istante.
«Ci ha traditi, Lucius! Merita una punizione!» intervenne Bellatrix.
Suo padre lo guardò con uno sguardo molto deluso e colmo di disprezzo, il ragazzo deglutì «Ti ho educato meglio di così, forse dovremmo rivedere un po’ le basi della tua educazione».
«Stupeficium!» urlò Harry contro Lucius, che volò dall’altro lato della stanza; il Grifondoro lanciò un’occhiata all’altro, come per dirgli che si sarebbero occupati lui, Ron e Hermione dei Mangiamorte, Draco doveva trovare sua madre e portarla via con sé. Erano lì per quello. Tuttavia a Harry bastò uno sguardo per capire quanto fossero nei guai: altri Mangiamorte erano sopraggiunti e quando la cicatrice iniziò a bruciare come l’inferno, si rese conto che lui fosse vicino. Dovevano andare via, prima che fosse tardi. Combattendo fianco a fianco, i tre Grifondoro e il Serpeverde, aiutati da Dobby riuscirono a mettere fuori combattimento molti Mangiamorte ostili e a creare un varco verso Narcissa, che guardava tutta la scena come una spettatrice esterna. Draco riuscì a raggiungerla e a prenderle un polso. Volavano maledizioni e incantesimi in ogni dove, ma gli altri con l’aiuto dell’elfo riuscirono, per un po’, ad essere in vantaggio.
«Madre, vieni via con me! Ti porterò al sicuro!» esclamò il biondo.
«Vai via tu, mettiti in salvo!» esclamò la donna «Sarebbe pericoloso!»
«No!» esclamò il biondo, afferrandola per un braccio. Harry e Dobby riuscirono a ricongiungersi con loro, Ron e Hermione li raggiunsero subito dopo aver steso altri nemici, Bellatrix puntò la bacchetta contro di loro, ma Dobby riuscì a disarmarla e lei iniziò ad urlare infuriata e frustrata. Urlò così tanto che le pareti e i lampadari della sala tremarono, come se un terremoto avesse appena colpito il Wiltshire, ma un incantesimo di Narcissa la mise fuori combattimento.
Improvvisamente vi fu il caos sopraggiunsero altri Mangiamorte, nello stesso momento in cui la cicatrice di Harry riprese a bruciare, più forte di prima. Lui era vicino, stava arrivando oppure era già lì. Harry intimò a Dobby di smaterializzare tutti via, nello stesso momento in cui comparve Greyback, il quale, ripresosi dall’incantesimo che gli era stato lanciato, li aveva raggiunti. Il licantropo afferrò il braccio di Draco in una presa ferrea e fece per trascinarlo via dal gruppo. L’urlo di terrore del biondo ferì le orecchie del Grifondoro, che senza più pensare, puntò la bacchetta contro il nemico e: «Sectumsempra!» urlò il prescelto, colpendo il lupo mannaro al centro del petto. Greyback cadde all’indietro in una pozza di sangue, mentre sul suo corpo si aprivano numerose ferite profonde. Draco restò immobile a causa dello shock. Harry lo afferrò per un braccio e lo riportò con sé. «Dobby, via!» gridò.
Lo strappo della smaterializzazione lo colpì in pieno, sentì un terribile vuoto d’aria e per un attimo perse la presa sulla mano di Draco, ma riuscì a riafferrarla subito; quando caddero sul prato davanti alla tana, tirò un sospiro di sollievo. Erano salvi. Ce l’avevano fatta. I suoi vestiti erano sporchi di sangue, forse a causa dell’incantesimo che aveva lanciato contro Greyback. Assurdo, aveva letto quell’incantesimo nel libro di pozioni, non credeva che avesse quell’effetto.
«Ha-Harry…» la voce sofferente di Draco raggiunse le sue orecchie e il moro si voltò verso di lui. Si teneva la spalla con una mano, dalla quale usciva del sangue: si era spaccato. Il sangue che aveva sui vestiti era di Draco. Oh no…
«Draco! No!» urlò Narcissa Malfoy, inginocchiandosi accanto al figlio «No, no, stupido ragazzo…»
«Draco, no, resisti!» esclamò Harry, lasciandosi cadere anche lui accanto al biondo «Aiuto!» urlò «Dobby, presto va’ a chiamare Molly!» disse all’elfo.
«Dobby è mortificato, signore, Dobby non si è accorto di cosa stava accadendo…»
«Non è colpa tua, Dobby, tranquillo» gli disse per rassicurarlo «Ma per favore, cerca aiuto».
«Subito!» esclamò, sparendo, mentre Harry cercava di studiare da vicino la ferita, ma lui nell’arte della guarigione era un completo incapace, a stento sapeva ripararsi un naso rotto…
«O-Okay, andrà tutto bene» disse al biondo, prendendogli istintivamente la mano «Vedrai, è solo un graffio, ti guariremo in un attimo».
«S-Solo un graffio, c-certo, ah-ah, questa è bella» replicò sarcasticamente il Serpeverde, alzò lo sguardo verso la madre e sorrise «T-Tu stai bene, madre?»
«Sto bene» lo rassicurò «Adesso ci occuperemo di te» disse, nello stesso momento in cui Molly Weasley li raggiunse insieme a Arthur, Bill, Fleur, Fred e George. Ron era con loro, era stato lui ad andare a chiamare gli altri, non appena si era accorto della situazione.
«Morirò, vero?» chiese Draco al moro, chiudendo gli occhi «Mi cadrà il braccio?»
«No, non morirai, idiota» replicò «Sei la mia spina nel fianco, devi continuare ad esserlo».
«Harry, caro, riesci a portarlo dentro?» chiese Molly «Con l’aiuto dell’elfo posso aiutarlo, ma non qui fuori». Il ragazzo annuì e prese in braccio l’altro senza battere ciglio. Lo portò in casa, anche se gli sguardi di tutti erano straniti, soprattutto quando anche Narcissa Malfoy li seguì. Era stato Ron, agitato, a chiamare aiuto e a raccontare per sommi capi quanto accaduto. «Malfoy è dalla nostra parte. Non lo credevo possibile, ma non ci ha traditi, lui e sua madre hanno bisogno d’aiuto e di protezione» aveva detto alla sua famiglia, che era stata ben disposta ad aiutare i due, anche se tra le loro famiglie non scorreva buon sangue. Harry adagiò Draco su un lettino, poi Molly e Dobby iniziarono a smanettare con pozioni, unguenti e incantesimi. Il Grifondoro rimase con il fiato sospeso per tutto il tempo, quasi spaventato all’idea di perdere il biondo. Narcissa si sedette accanto a lui e lo guardò con riconoscenza.
«Mio figlio è molto cambiato dall’ultima volta che l’ho visto» disse, il moro alzò lo sguardo su di lei «Credo che il merito sia tuo, signor Potter» Harry sorrise appena, ma non ebbe il tempo di rispondere, perché la donna continuò «Suppongo di dover ringraziare te per questo cambiamento» disse «E anche per averlo salvato da tutto, non desideravo che mio figlio seguisse le orme di suo padre» aggiunse riconoscente «Se mai dovesse servirti aiuto, non esitare a chiedermelo, ti sono debitrice per aver salvato la vita di mio figlio da un destino terribile».
«Ehm, è stato un piacere, signora Malfoy» disse il ragazzo «La ringrazio per la sua offerta…» stava per aggiungere qualcos’altro, ma fu interrotto da Dobby che, in quel momento, si materializzò al suo fianco e gli sorrise: «Harry Potter non deve preoccuparsi per il signorino Malfoy, lui sta bene, adesso si è addormentato con una pozione, ma la ferita è già stata richiusa» disse l’elfo. Narcissa, nel frattempo, era entrata nella stanza in cui Draco riposava e si era seduta al capezzale del figlio.
«Grazie Dobby» gli disse «Ti dobbiamo molto».
«Dobby c’è sempre per aiutare Harry Potter e i suoi amici, signore!»
«Devo chiederti un ultimo favore» disse il moro.
«Qualunque cosa, signore!»
«Appena avremo riposato un po’, puoi portarci di nuovo a Hogwarts?» Dobby annuì e sorrise, prima di smaterializzarsi per raggiungere Molly e aiutarla a mettere via i vari medicamenti utilizzati; Harry invece raggiunse Hermione e Ron per assicurarsi che stessero bene, ma quando entrò vide che entrambi erano addormentati: lei aveva  la testa appoggiata al petto di Ron e lui le cingeva le spalle con un braccio ed aveva la testa appoggiata alla sua, inoltre  le loro mani destre erano intrecciate l’una all’altra; il prescelto sorrise teneramente e decise di lasciarli alla loro privacy. Prima o poi, quei due si sarebbero accorti di essere fatti l’uno per l’altra.
Raggiunse il salotto della Tana e si sedette sul divanetto, Dobby gli portò una pozione e lui si sdraiò, sentendosi leggermente affaticato, si disse che avrebbe chiuso per un solo momento gli occhi, ma poi anche lui crollò in un sonno profondo, fino al giorno seguente. Era stata una lunga serata e il giorno seguente sarebbe stato ancora più lungo.


 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Bentornati con la nostra serie tv barra fanfiction barra drarry piena di drammi. Perché credetemi, non siamo neanche vicino al livello di dramma che ho buttato in questa storia. (Draco: qualcuno aveva davvero delle serie frustrazioni da scaricare… Harry: Dray, non provocarla, ha il coltello dalla parte del manico, guarda che ha combinato qui…  Me: *fischietta* AHAH pensate che questo sia il mio peggio? ILLUSI, PFT.)
Harry ha finalmente imparato l’Occlumanzia, o almeno ha iniziato a fare progressi ed è anche riuscito a mostrare a Draco un falso ricordo. Quanto sta migliorando il nostro #maicorvonero preferito? Beh, dai, deve darsi una mossa perché l’orologio fa tictoc e il tempo di Dracuccio suo sta scadendo. I Mangiamorte stanno per arrivare a Hogwarts.  Hanno salvato Narcissa, che mi serve per una cosa, vedrete nel capitolo numero sei :D ma se avete teorie, let me know! E oltre a servirmi Narcissa, mi serviva che Draco dimostrasse sul campo il suo schieramento effettivo, così magari Ron smette di caga** ehm di rompere le pluffe. Ho riscritto la scena del Manor un numero infinito di volte… Le scene d’azione non sono il mio forte, SKS, ma spero di aver saputo gestire bene la faccenda. E Harry ha finalmente usato il Sectumsempra, non per ferire Draco ma per proteggerlo e salvarlo, quanto è bravo il nostro Pottah? 
Giuro che tutto ha senso nella storia! Infatti, proprio per questo motivo… indovinate chi ha appena aggiunto un capitolo alla prima parte? AHAHAH No, non io, il mio alterego del mondo magico. (quanto sono simpy?) Ebbene sì, mi sono accorta di non aver spiegato bene un paio di cose, nell’aggiungere gli spiegoni, ecco, il capitolo 5 è lievitato così tanto da essersi sdoppiato e si è materializzato un capitolo non previsto. OPPISE. That’s all per ora.
ALLORA miei prodi seguaci, siete pronti per immergervi nella ricerca degli horcrux dei prossimi due capitoli? EEEEH ci saranno momenti Drarry intensi, of course, un sacco di disagio e di DOLOREH. Io ve l’ho detto, uuugh *sviene alla Raptor* spero non vi pentirete di aver iniziato a seguire questa storia… LOL
Ringrazio di cuore le persone che hanno recensito il precedente capitolo, le immancabili Eevaa e Estel84 e le newentry, Himeko82, che ha letto e recensito tutti i capitoli e Claumione che ha recensito lo scorso capitolo. Thank you very much, peps, love ya <3
Sono vicina a tutte le persone che mi seguono che sono nelle zone rosse e arancioni, cercherò di tenervi compagnia nel miglior modo possibile. Be strong!
See you on Saturday, peps!
Love ya <3
#Staysafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 6
*** Prima Parte, Capitolo 5: A crumb of hope. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 
Nota iniziale: grazie a Eevaa che la settimana scorsa mi ha segnalato il mio fallimento nell’aggiungere i personaggi, spero che ora si vedano e il problema sia risolto :3

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 5: A little crumb of hope




Tornarono a Hogwarts alle prime luci dell’alba. Dobby smaterializzò tutti nella Stamberga Strillante, per permettere ai quattro studenti di utilizzare il passaggio segreto e raggiungere la scuola senza correre rischi e senza il pericolo di materializzarsi dove i professori avrebbero potuto vederli e scoprire cosa avevano fatto. «Dobby ci sarà sempre per aiutare Harry Potter e i suoi amici, signore!» esclamò l’elfo prima di smaterializzarsi e di lasciarli da soli. I quattro ragazzi si incamminarono per il passaggio che avevano scoperto al terzo anno, spiegando brevemente a Draco cos’era quel luogo e come lo avevano scoperto tre anni prima. Percorsero la stamberga fino all’ingresso sotto al Platano Picchiatore. Uscirono uno alla volta, dopo aver immobilizzato l’albero e iniziarono a percorrere il tragitto che li avrebbe portati al castello, sperando che nessuno si fosse accorto della loro momentanea assenza. Harry era assorto nei suoi pensieri, mentre camminavano.
Era ancora scosso per quanto accaduto al Manor, non tanto per le Cruciatus, ma a causa del terrore che aveva provato, quando aveva creduto che Draco li avesse ingannati. Per un momento, un terribile momento, aveva davvero creduto che il Serpeverde lo avesse attirato a casa sua con la scusa di voler salvare sua madre, ma che in realtà volesse prima torturarlo insieme alla zia e poi consegnarlo a Voldemort… tuttavia, si era pentito dei suoi stessi pensieri quando Draco aveva mentito alla strega e lo aveva aiutato, infischiandosene di sua zia e dei Mangiamorte o della sua sicurezza. A sua discolpa, le Cruciatus gli avevano annebbiato la mente per qualche istante e non era riuscito subito a rendersi conto della situazione, inoltre Draco aveva dato prova di essere un ottimo attore, tutti avevano creduto alla sua recita, prima che la sua maschera cadesse miseramente. Ancora non capiva perché avesse palesato in quel modo il suo “nuovo” schieramento, non capiva perché era andato contro il piano. Cosa lo aveva spinto ad aiutare prima lui, invece di andare a salvare sua madre?
Non lo sapeva, ma forse avrebbe dovuto parlarne con il biondo. Una cosa era certa: dovevano parlare con Silente immediatamente di ciò che era accaduto, anche se sospettavano che il preside fosse a conoscenza di tutto. Avrebbero dovuto dirgli delle loro intenzioni, organizzare con lui un piano di salvataggio, ma erano stati troppo impulsivi, come lo erano stati l’anno precedente, quando erano andati al Ministero, almeno stavolta era finita bene, anche se lui era stato torturato e Draco, nella fuga, si era spaccato. Stavano tutti bene ed era questo ciò che contava. Narcissa era rimasta alla Tana con i coniugi Weasley, era il posto più sicuro al momento per lei, Lucius e i Mangiamorte non avrebbero mai immaginato che lei si fosse nascosta nella casa dei genitori di Ron, data la considerazione che i Malfoy avevano di loro.
Draco era sollevato, per la prima volta dopo tanto tempo, sapere che sua madre era al sicuro, aveva alleggerito le sue pene; certo, adesso per tutti era un traditore e il piano di Silente per sorprendere Voldemort doveva essere cambiato, ma quella notte al maniero aveva stabilito un nuovo equilibrio tra di loro, era servito come punto di partenza per la loro collaborazione: adesso sapevano tutti di poter contare l’uno sull’altro. Le cose stavano cambiando in fretta, un mese prima non avrebbe mai immaginato di collaborare con il “Golden Trio” o di salvarli, ma non avrebbe mai neanche immaginato che Harry aiutasse davvero sua madre; aveva sempre creduto che le sue parole fossero effimere, ma poi lo aveva visto prendersi tutte quelle Cruciatus per dargli il tempo di salvarla, lo aveva visto agire, nonostante le torture subite e aveva combattuto fino a che non aveva portato tutti in salvo. Era riuscito davvero a salvare sua madre, aveva mantenuto la promessa. Poteva andare molto peggio, forse erano stati un po’ incoscienti ad agire di testa propria e a non parlarne con Silente, ma il piano era sembrato a tutti infallibile. Lui se l’era cavata con una spalla ferita, ma quello che aveva subito di più, come al solito, era stato Potter, che mascherava perfettamente il suo stato d’animo in quel momento.
«Rientriamo, forza» disse Harry, il quale si voltò verso di lui e lo guardò preoccupato «Tu dovresti farti vedere quella spalla da Madama Chips» asserì, mordendosi il labbro «Ti sei spaccato per colpa mia».
«Non dire assurdità, Potter» replicò il Serpeverde «Mi sono spaccato nella fuga, tu non c’entri niente e comunque sto bene» disse «Anzi, se non fosse stato per te, probabilmente Greyback mi avrebbe catturato» il grazie fu sottinteso, ma Harry lo comprese ugualmente «Dolce da parte tua preoccuparti per me, ma non è necessario» scherzò poi, per alleggerire la tensione. Il Grifondoro avvampò davanti alle sue parole e distolse lo sguardo, guardando Hermione, che camminava al suo fianco e sogghignava, come se avesse capito qualcosa.
«Dovremmo avvisare Silente di quello che è successo» suggerì all’amica, cambiando discorso.
«Sì, deve essere messo al corrente di ciò che è successo» disse lei «E anche tu dovresti andare in infermeria, Harry» consigliò «Hai subito delle torture non indifferenti».
«Sto bene» tagliò corto lui «Andiamo da Silente». Ron, Draco e Hermione si scambiarono un’occhiata perplessa l’un l’altro, prima di annuire. I quattro ragazzi si avviarono così verso il castello, cercando di essere il più veloci possibile per arrivare prima che i professori potessero rendersi conto della loro assenza.
Harry non smetteva di pensare a ciò che il Serpeverde aveva fatto per aiutarli. Avrebbe potuto infischiarsene di lui, seguire il piano alla lettera e lasciare che Bellatrix lo torturasse all’infinito, invece non l’aveva fatto, aveva agito prendendo la strada giusta, aveva rinunciato alla sua copertura di doppiogiochista, scegliendo di agire in un altro modo. In altri tempi, non l’avrebbe fatto. Prima di tornare a Hogwarts, avevano anche parlato con Olivander, alla Tana, del motivo per il quale Voldemort lo aveva rapito: a quanto pareva cercava una bacchetta leggendaria con cui affrontarlo, perché entrambe le loro bacchette avevano un nucleo gemello e per questo motivo entravano in collisione ogni volta che si affrontavano. Già, Harry ricordava bene cos’era successo l’ultima volta che le due bacchette gemelle si erano scontrate. Quella volta, dal contatto di esse era avvenuto quel fenomeno singolare grazie al quale Harry aveva visto gli spiriti di tutte le persone che Voldemort aveva ucciso, compresi i suoi genitori, il Prior Incantatio, e di certo il mago oscuro non voleva che accadesse di nuovo una cosa del genere durante la “resa dei conti”, quindi si era messo alla ricerca della leggendaria “Bacchetta di Sambuco”, la bacchetta più potente esistente nel mondo magico, la leggenda diceva che era in grado di riparare anche una bacchetta danneggiata, e che si trasmetteva di mago in mago dopo la sconfitta del precedente padrone. Se Voldemort voleva quella bacchetta, avrebbe dovuto uccidere prima il suo possessore, ma Olivander non aveva saputo dirgli nulla di costui, non aveva mai visto con i suoi occhi tale bacchetta, aveva solo sentito delle voci riguardanti essa. Questo però significava una sola cosa: se doveva affrontarlo, anche lui avrebbe avuto bisogno di un’altra bacchetta, era certo che se il mago oscuro non avesse trovato quella leggendaria, ne avrebbe presa una dai suoi fidati Mangiamorte, per evitare problemi nello scontro. Doveva scambiare la bacchetta con qualcuno. Harry sospirò, cercando di scacciare dalla mente ogni pensiero negativo, e guardò Malfoy, che se ne stava di nuovo sulle sue, probabilmente stava pensando a quanto accaduto, alla sua situazione e a cosa ne sarebbe stato di lui. Il moro avrebbe voluto tranquillizzarlo, così fece per parlargli, ma qualcuno lo anticipò, lasciando di stucco tutto il gruppo.
«Malfoy? Stai bene?» la voce di Ron fece sussultare il Serpeverde, che guardò il suo interlocutore con uno sguardo stranito.
«Sì…» rispose perplesso «Perché?»
«Ti ho visto particolarmente assorto e preoccupato» disse «Vedrai, non ti succederà niente, giusto?» chiese retoricamente agli altri, sorprendendo il biondo, che non si aspettava quell’atteggiamento da parte sua «Silente se ne occuperà».
«Perché sei gentile con me? Fino a ieri sera mi detestavi» disse. Ron scrollò le spalle con sufficienza e scosse la testa, sorridendo appena.
«Mi sono accorto che non sei poi così stronzo come credevo» rispose «Vedi di non farmene pentire».
«Farò del mio meglio».
«Ehi, smettetela di flirtare!» si intromise Harry, che improvvisamente avvertì una sorta di fastidio nel vedere il suo migliore amico così… gentile verso Draco. Gli andava bene fino a che doveva essere lui a mediare tra di loro, quella sorta di tregua che si instaurata tra i due… lo infastidiva e non ne capiva il motivo, avrebbe dovuto essere sollevato dal fatto che Ron avesse accettato il biondo nel “trio”, che per ovvie ragioni era diventato un “quartetto”.
All’insinuazione di Harry, il biondo storse il naso disgustato e scosse la testa «Io non flirto con lui, che orrore! Non flirterei con lui nemmeno sotto Imperius!» esclamò.
Ron ghignò divertito e rincarò la dose: «Senza offesa, ma non flirterei con Malfoy neanche se fosse l’ultimo esemplare di essere vivente nel mondo magico e babbano». Entrambi risero delle rispettive affermazioni, coinvolgendo anche Hermione e lo stesso Harry, che, sebbene fosse stranito e leggermente infastidito, sentì un briciolo di speranza comparire nel suo cuore: con Draco dalla loro parte sarebbe stato più facile vincere quella battaglia, infatti grazie a lui già sapevano l’ubicazione di un horcrux e non era una cosa da poco. Certo, ne rimanevano tre da trovare e distruggere, ma era un passo avanti rispetto al non avere nulla.
Continuarono a camminare verso la scuola e tirarono un sospiro di sollievo quando videro l’immenso portone aperto, si avvicinarono di soppiatto e Harry si maledisse per non aver portato con sé il Mantello dell'Invisibilità e la Mappa del Malandrino, tutti e quattro sarebbero stati stretti, ma avrebbero potuto entrare di nascosto ed evitare di essere scoperti.
«Secondo voi cosa dirà Silente?» chiese Ron, varcando la soglia del castello «Non sarà felice di sapere che siamo usciti dalla scuola» commentò.
«No, non lo sarà». I quattro ragazzi si immobilizzarono quando la voce del professor Piton raggiunse le loro orecchie. «Malfoy, mi sorprendo di te, infrangere le regole in questo modo con Potter e la sua banda non è da te».
Draco deglutì, alzò lo sguardo sul professore, guardò brevemente gli altri tre e poi tornò a guardare l’uomo. Non aveva ancora capito la sua posizione in realtà, e non si fidava, non si era mai fidato di lui. Aveva stretto un accordo con sua madre per “proteggerlo”, però era nello studio di Silente, quando quest’ultimo gli aveva affidato il compito di insegnare l’Occlumanzia ad Harry e non aveva detto niente, inoltre Draco sapeva per certo che era un Mangiamorte. Due erano le risposte: o era un ottimo doppiogiochista o progettava di uccidere tutti quando meno se l’aspettavano.
«Mi hanno aiutato a risolvere una questione» rispose.
«È inutile mentire o girare intorno all’argomento» riprese il professore, scuotendo la testa «So tutto. Tua madre mi ha mandato una lettera molto dettagliata sull’accaduto, stanotte, mentre tu e i tuoi amichetti bighellonavate in giro per il mondo magico, invece di essere a scuola» asserì freddamente «Senza contare che il Ministero poteva rintracciarvi perché Potter non ha ancora diciassette anni» li rimproverò «Siete fortunati ad essere ancora vivi».
«Abbiamo fatto quello che andava fatto» si intromise Harry, sfidando apertamente Piton, facendo un passo verso Draco «Avevo fatto una promessa a Draco, lui ha fatto la sua parte, ora è toccato a me» disse ancora. Il professore rivolse uno sguardo omicida e scosse la testa, contrariato. L’affermazione di Piton sulla sua traccia magica lo aveva colpito come una doccia gelata, non ci aveva pensato minimamente. Lo avrebbero espulso per aver aiutato un amico a salvare sua madre da Voldemort? O se la sarebbe cavata come quinto anno?
«Non sapete neanche in cosa vi state imbarcando, stupidi ragazzini». Il tono di Piton preoccupò Draco, che si mise sull’attenti, non doveva dimenticare che il professore era un Mangiamorte, lavorava a stretto contatto con il Signore Oscuro e… avrebbe potuto ucciderli tutti. Forse avrebbe dovuto dirlo a Silente, anzi, lo avrebbe fatto al più presto, era stato stupido a non farlo prima, era giusto che sapesse la verità, in fondo stava cercando di salvarlo e sapeva che a causa del Voto Infrangibile, Piton avrebbe dovuto portare a termine il compito al posto suo, non poteva permettere che un doppiogiochista del genere lo ingannasse, gli avrebbe parlato alla prima occasione e lo avrebbe messo in guardia, non c’era da fidarsi di Piton, magari lui era anche al sicuro, grazie al Voto Infrangibile, ma gli altri no. Solo adesso si stava rendendo conto di quanto il suo cambiamento fosse reale, fino a poco tempo prima, pensava solo di dover fare di tutto per salvare se stesso e sua madre. Il suo obiettivo principale non era cambiato, ma adesso… dentro di sé provava qualcosa di diverso, una sorta di lealtà verso quel gruppo di ragazzi che, nonostante tutto, lo avevano aiutato a salvare sua madre, rischiando la propria vita.
Era strano per lui, aveva sempre creduto di essere solo, di non avere nessuno, invece adesso… aveva qualcuno su cui contare. Non era abituato, ma era una sensazione gradevole. E per questo non poteva continuare a restare in silenzio sulla questione “Piton”, avrebbe parlato con il preside appena ne avrebbe avuto l’occasione.
«Suvvia, Severus» la voce pacata di Silente si sovrappose a quella del professore e i ragazzi guardarono verso di lui «Immagino che i ragazzi ci spiegheranno tutto dopo una buona colazione» disse «Andate in Sala Grande, adesso. Poi venite tutti e quattro nel mio ufficio, abbiamo molte cose di cui discutere».
«Sì, signore» risposero quasi in coro, prima di superare il preside e il professore, che se ne stava lì con il cipiglio alzato, quasi come se volesse rimproverare Silente per la sua bontà. Senza replicare ulteriormente, i quattro studenti superarono i due uomini per raggiungere la Sala Grande, che in quel momento iniziava a riempirsi di studenti appena svegli.
«Ci… vediamo dopo?» chiese Harry a Draco, il quale annuì, perplesso e lo fissò per un attimo. Potter aveva rischiato la vita per lui, la cosa lo aveva sconvolto profondamente: vedere quello che era stato il suo rivale farsi torturare solo per aiutarlo, lo aveva toccato profondamente e di certo non avrebbe dimenticato il suo gesto. Senza contare che Potter lo aveva anche salvato da Greyback con quell’incantesimo terrificante. Non l’aveva mai letto in nessun libro, non aveva idea che esistessero incantesimi come quello e Potter lo aveva usato senza pensarci due volte per difenderlo. Ormai non aveva più dubbi su di lui, era uno che manteneva davvero la parola data.
«Potter?» lo chiamò, il moro lo guardò a sua volta, con aria interrogativa «Grazie» disse velocemente, e prima che l’altro potesse ribattere, si affrettò a raggiungere il tavolo dei Serpeverde. Non aveva per niente voglia di vivere un momento imbarazzane con lui. Era già stato un grosso passo per lui ringraziarlo ad alta voce.
Harry, perplesso, raggiunse i suoi amici senza riuscire a smettere di chiedersi cosa fosse appena accaduto, Malfoy lo aveva davvero ringraziato? O era stata un’allucinazione? Forse la nottata insonne e le torture di Bellatrix lo avevano debilitato e immaginava le cose.  Si sedette, ma lanciò uno sguardo perplesso al tavolo dei Serpeverde, per capire come diversi comportare adesso, Draco gli restituì uno sguardo ugualmente smarrito, prima di distogliere lo sguardo e abbassarlo sul suo piatto, così anche lui si sforzò di mangiare qualcosa, prima di raggiungere il preside e capire quale fosse la punizione che spettava loro per aver infranto le regole in quel modo.
 


Dopo la colazione, Harry, Ron, Hermione e Draco si alzarono dai rispettivi posti e si incontrarono fuori alla Sala Grande, tutti e quattro erano incerti su cosa sarebbe accaduto a loro. Si guardarono e senza commentare nulla, si avviarono verso l’ufficio del preside, tutti e quattro ansiosi e con il cuore in gola. Silente era famoso per essere accondiscendente e farla “passare liscia” al “trio di Grifondoro”, ma Draco era preoccupato per se stesso, cosa ne sarebbe stato di lui? Lo avrebbe rimandato in quella casa? Da Voldemort? Lo avrebbe espulso? No, gli aveva promesso che non sarebbe mai accaduta una cosa del genere… e Potter gliel’aveva confermato. Doveva fidarsi, per una volta nella sua vita, doveva davvero fidarsi ciecamente e credere di aver preso la scelta giusta. Ancora una volta, in poco meno di un mese, Draco si ritrovò davanti all’imponente gargoyle di pietra posto all’ingresso della scalinata che conduceva allo studio del preside e guardò accanto a sé. Anche quella volta, Potter era con lui. Non si sarebbe mai aspettato quel risvolto, ma era bello poter contare su qualcuno. Tiger e Goyle non erano mai stati davvero suoi amici, ma solo i suoi “aiutanti”, due persone che, letteralmente, obbedivano ai suoi ordini, mentre Theodore Nott e Blaise Zabini erano solo due compagni di casa per i quali provava rispetto, ma con cui non aveva scambiato più di un “buongiorno” di prima mattina. Sì, ogni tanto avevano chiacchierato, insultato qualcuno… ma niente di più. E Pansy Parkinson era solo ossessionata da lui, fin da quando erano andati insieme al Ballo del Ceppo. Non aveva amici, né qualcuno su cui contare. Questa situazione era cambiata, anzi era stata completamente ribaltata da Potter, il quale, fin da quando gli aveva porto la mano e gli aveva offerto il suo aiuto, si era dimostrato degno di fiducia e rispetto, non lo aveva lasciato solo neppure quando Piton gli aveva parlato in quel modo e lo aveva aiutato quando era rimasto ferito, lo aveva portato in casa e… scosse energicamente la testa per scacciare dalla mente quel pensiero. Non era interessato in quel senso, solo perché era omosessuale e Harry era protettivo nei suoi confronti, non significava niente. Erano semplicemente legati da qualcosa che nessuno dei due aveva ancora compreso a pieno, ma che entrambi erano certi esistesse. Non sapevano spiegarlo, ma era lì, un sottile filo che li legava indissolubilmente, fin dal giorno in cui si erano stretti la mano, che si era rafforzato nelle settimane in cui si erano conosciuti e scoperti a vicenda.
Fu Harry a pronunciare la parola d’ordine dell’ufficio e a guidare tutti sulla lunga scalinata a chiocciola che conduceva al piano superiore. Non appena arrivarono in cima alle scale, la porta si aprì da sola e loro entrarono nello studio del preside; in silenzio, avanzarono fino all’immensa scrivania. I quadri borbottarono qualcosa di incomprensibile, tutti notarono con sollievo l’assenza di Piton. Almeno non avrebbero dovuto affrontare il suo sguardo perennemente arrabbiato.
«Benvenuti, ragazzi» li accolse caldamente il preside «Accomodatevi, ci sono sedie per tutti voi».
«Ehm, signore?» Harry avanzò per primo verso di lui «Saremo espulsi?»
«E perché mai dovreste?» chiese il preside, alzando lo sguardo sul prescelto, che lo guardò perplesso «Harry, ragazzo mio, avete dato prova di grande coraggio, intraprendenza e gioco di squadra» rivelò «So che siete andati a salvare la madre di Draco e so che nel momento del bisogno, ognuno di voi ha fatto la sua parte».
«Lei sa…?»
Silente annuì: «La tua Traccia, Harry» rivelò «Io e Severus eravamo pronti ad intervenire in qualunque momento, non vi avremmo lasciati lì, ma è stato sorprendente notare che siate tornati tutti sani e salvi» disse «Siete maghi e streghe di incredibile talento».
«Ma… quindi il Ministero non sa…?» chiese Harry, scioccato. Non voleva tornare sotto processo, non in quella sala dei processi inquietante. Non voleva tornare lì, un brivido di terrore percorse tutta la sua schiena per un attimo.
«Sì… e no» rispose il preside, il Grifondoro lo guardò perplesso e l'uomo anziano si affrettò a spiegarsi: «Diciamo che siamo tutti d’accordo che tu sia il Prescelto e che sarà grazie a te che sconfiggeremo Lord Voldemort» spiegò «Quindi alcuni amici hanno classificato il tuo caso di uso di magia fuori dalla scuola come uno scoppio di magia involontario, ho parlato personalmente con alcuni Auror, non corri alcun pericolo» Harry ancora non comprese a pieno, ma si fidò di Silente, come aveva sempre fatto «Ora rilassati e parliamo un attimo di come avete intenzione di proseguire la vostra missione».
«M-Missione?» chiese Draco, guardando il preside «Che missione? Harry è migliorato molto con l’Occlumanzia, ci esercitiamo ogni giorno, ma ha imparato… credevo gliel’avesse detto».
«Certo, me l’ha detto» rispose Silente «E, tra l’altro, hai fatto davvero un ottimo lavoro, Draco, complimenti».
«L-La ringrazio, ma che vuol dire?» chiese «C’è un’altra missione?»
«Gli horcrux, Draco» disse l’uomo «Mi è giunta voce che tu sai dove potrebbe esserne ubicato uno» il biondo annuì «E io credo di averne localizzato un altro» continuò «Quindi dobbiamo recuperarli e distruggerli».
Il Serpeverde spalancò gli occhi. Davvero? Silente gli stava chiedendo di recuperare un horcrux? Si stava fidando di lui fino a quel punto? Non ci credeva, era incredibile. E perché sentiva una crescente fiducia nel vecchio mago, adesso che era dalla sua parte? Era forse l’influenza di Potter a condizionarlo? Era forse lui che aveva cambiato qualcosa dentro di lui? Non lo sapeva, non sapeva dare un nome a tutte quelle cose, ma era piacevole. Silente emanava fiducia e serenità, non terrore come Voldemort.
«Io e Draco andremo alla Gringott» intervenne Harry «È lì che lui crede sia nascosta la coppa».
«No, Harry, tu verrai con me» rettificò Silente «Noi andremo a recuperare il medaglione, Draco si occuperà della Gringott».
«Non può andare da solo, lo uccideranno!» intervenne Hermione, che era rimasta in silenzio per tutto quel tempo, ad ascoltare e ad elaborare un piano, non lo aveva ancora trovato, ma ci stava lavorando, ma non sapeva che il biondo aveva già ideato il suo piano, ben prima che lo presentasse il preside, fin da quando aveva visto nella mente di Potter tutta la storia degli horcrux e aveva ipotizzato di sapere dove potesse essere la coppa, aveva elaborato un piano per entrare e recuperare l’oggetto oscuro. Non credeva che una missione del genere potesse essere affidata a lui, ne era molto fiero. Anche se aveva paura, da quando collaborava con Harry, era diventato più determinato, forse anche più coraggioso; voleva sconfiggere quel mostro, voleva liberare la sua famiglia da lui, voleva che sua madre fosse libera.
«Non andrà da solo, signorina Granger» replicò Silente, mellifluamente «Severus lo accompagnerà».
«Non possiamo fidarci di Piton!» esclamò Harry «Io so che nasconde qualcosa». Il biondo si voltò verso di lui, non gli aveva mai parlato di lui, come poteva…? Ah già, quasi dimenticava che Potter lo aveva pedinato per tutto l'anno, probabilmente aveva origliato qualche conversazione con il professore. «Signore, e se dovesse uccidere Draco?»
«Non lo farà» intervenne il biondo «Io so che… Piton ha stretto un Voto Infrangibile con mia madre, lei dice che lui… deve proteggermi fino alla fine della missione e…» deglutì, mordendosi le labbra «Portarla a termine, in caso io dovessi fallire» Harry spalancò gli occhi voltandosi verso di lui quasi come se si sentisse tradito, allora aveva sempre avuto ragione anche su quello. Allora era vero, quello che aveva sentito nel corridoio, Piton era davvero coinvolto con Malfoy. E in che modo? Oltre al Voto Infrangibile cos’altro aveva fatto? Perché il Serpeverde non si era fidato di lui? Perché non gliel’aveva detto?
«Cosa?» chiese Harry, scioccato «Quando avevi intenzione di dirmelo?!»
«Non è il momento di fare queste scenate, Potter» ribatté il biondo «Abbiamo altro a cui pensare».
«Tipo al fatto che non mi hai detto che Piton avrebbe dovuto uccidere Silente al posto tuo?!» domandò ancora una volta, adirato, scacciando la mano che Hermione aveva allungato verso la sua spalla per farlo calmare. Si sentiva tradito, aveva fatto di tutto per il biondo, aveva fatto in modo che sua madre fosse al sicuro e lui ricambiava in quel modo? Nascondendogli informazioni importanti della sua missione originaria?
«Harry, ragazzo mio, dovresti calmarti» intervenne il preside «Non preoccuparti per me, Severus non mi farebbe mai del male, a meno che non sia io a chiederglielo» spiegò per sommi capi «Mi fido di lui, gli affiderei la mia stessa vita» chiarì «Fidati di me, Harry». Il prescelto annuì, cercando di recuperare il fiato. Il cuore gli batteva forsennatamente nel petto, ma era solo per l’eccessiva rabbia che aveva provato in quel momento, si era sentito ingannato, tradito dalla persona che aveva giurato di essere cambiato. «Bene, torniamo all’horcrux, dicevamo, Draco e Severus andranno alla Gringott a prendere la coppa, io e Harry andremo a recuperare il medaglione».
«Posso entrare facilmente» disse Draco «Dovrò solo portare la chiave della mia camera blindata. Poi confonderò il folletto con un Confundus e mi farò portare in quella di mia zia» spiegò brevemente «Sarà facile».
Silente sorrise, compiaciuto.
«E noi dove andremo, signore?»
«Oh, Harry, mio caro ragazzo, noi andremo in un luogo molto oscuro». Harry trasalì e annuì, era pronto, avrebbe fatto qualunque cosa pur di sconfiggere Voldemort e i suoi alleati, pur di vincere quella battaglia che sembrava infinita, per lui durava da soli sei anni, ma per altri, come Silente, Remus, Sirius e gli altri membri dell’Ordine, durava da ancora più tempo. Se era vero che lui era il prescelto, avrebbe fatto di tutto per far realizzare la profezia e sconfiggere Voldemort.
«Quando andiamo?» chiese «Sono pronto».
«Penso che vi serva una giornata di riposo, dopo quello che avete fatto ieri» disse Silente, sorridendo loro, agitando una mano che catturò l’attenzione di Draco: era nera, livida, malata. Qualcosa non andava. «Vi chiamerò io quando tutto sarà pronto» disse «Le vostre ultime sfide vi attendono». Gli studenti lo guardarono perplessi, non capendo esattamente a cosa si riferisse. Un avvertimento per quello che avrebbero dovuto affrontare? C’entrava qualcosa Voldemort? Non lo sapeva, ma avrebbe fatto di tutto per aiutare Draco, anche se non sarebbero stati insieme, qualcuno doveva assicurarsi che sopravvivesse, non si fidava ancora di Piton.
«Tu non vieni?» chiese voltandosi verso il biondo, che era rimasto indietro.
«Devo chiedere delle cose al preside» rispose brevemente, guardandolo «Vai avanti, ti raggiungo tra poco».
«Sicuro? Vuoi che resti con te?» chiese preoccupato.
«No, no, devo solo chiedere delle cose al preside».
«Va bene, allora ci vediamo in biblioteca appena hai finito?» il sottinteso era: per parlare attentamente di ciò che ci attende davvero nel nostro immediato futuro.
Draco gli sorrise e annuì, comprendendo al volo ciò che l’altro intendeva. Era strano, ultimamente lui e Potter si capivano in modo incredibile, senza troppe parole, quasi come se potessero leggersi nella mente a vicenda. Forse era solo suggestione, la sua, probabilmente le lezioni di Occlumanzia avevano avuto qualche piccolo effetto collaterale.
Harry rivolse un saluto al preside e uno a Draco e scappò via, seguendo Hermione, dicendole di aspettarlo.
«Signore, prima di andare, devo dirle una cosa importante» disse il Serpeverde, voltandosi verso il mago anziano, appena non sentì più la voce di Harry nella tromba delle scale. Si morse le labbra a causa dell’agitazione, avrebbe dovuto parlarne prima con lui, ma… era spaventato e non sapeva l’uomo come avrebbe potuto reagire. Non riusciva a fidarsi completamente di lui, ma doveva farlo, soprattutto visto il rischio che correva, soprattutto dopo essere stato alla villa e aver portato via sua madre da lì. Si era esposto troppo, aveva ragione Piton quando diceva che erano stati tutti degli stupidi incoscienti, ma non avrebbe mai potuto lasciare sua madre lì con quei mostri ed era grato che Potter gli avesse permesso di salvarla. Era stato un rischio, ne era consapevole, ma ne era valsa la pena. Tuttavia, adesso era preoccupato non solo per le sue sorti, ma per quelle di tutti e, soprattutto per questo, doveva parlare con Silente di Piton.
Il preside annuì, invitandolo ad andare avanti «Quello che ha detto Potter, prima, è vero… noi non possiamo fidarci del professor Piton» disse «Non so se lei sa… insomma, il professor Piton lavora per… Lui» continuò agitato, mentre il preside lo guardava «Io… penso che in futuro potrebbe essere un problema per… tutti noi, anche per lei, signore» continuò, mentre il preside lo guardava con una strana luce negli occhi «Penso che, ecco, sia più prudente per lei non fidarsi troppo di lui».
Si sentiva strano, la sua lealtà era migrata tutta verso Potter, il suo gruppo e Silente, fino a qualche settimana prima non avrebbe mai immaginato di potersi affidare al suo aiuto, aveva sempre criticato e denigrato l’operato del preside, a causa di tutto ciò che sentiva da suo padre, ma adesso… adesso stava iniziando a pensare con la sua testa e capiva che molte delle cose che aveva pensato o detto non erano realmente sue, non pensava davvero quelle cose ed era bello e terrificante rendersene conto in quel momento.
«Molto nobile da parte tua venirmelo a dire, Draco» si complimentò con lui l’anziano mago «Ma ti assicuro che la mia fiducia in Severus è ben riposta» gli disse brevemente, il ragazzo spalancò gli occhi, scioccato «Vedi, Draco, è una storia molto lunga e temo che non avremo il piacere di approfondirla, ma fidati di me, non hai niente da temere, il professor Piton è uno dei membri dell’Ordine più fedeli, non ci tradirebbe mai» affermò con sicurezza «E ha molto a cuore anche la tua sicurezza, altrimenti non gli avrei mai permesso di accompagnarti alla Gringott, dopo la promessa che ti ho fatto quando sei venuto a parlare con me». Draco annuì, comprendendo che non avrebbe mai convinto l’anziano mago dei sui dubbi circa il professore, ma era riuscito a dirglielo. Solo questo, gli era costato tanto, ma ne era valsa a pena. «Hai altre domande per me?» chiese.
«Sì» rispose «Avrei un’ultima domanda, signore…posso?» chiese il Serpeverde,
«Ma certo, dimmi pure, Draco».
«Cosa ha fatto alla mano?» domandò, avanzando verso di lui «Sembra infetta».
«Hai un ottimo spirito d’osservazione, ragazzo, hai un futuro come guaritore, lo sai?» disse il preside. Lui arrossì «Ebbene, te lo spiegherò, se ti incuriosisce». La giovane serpe annuì e guardò il preside. Silente si prese del tempo, prima di iniziare a spiegare con calma che quando aveva distrutto l’anello di Orvoloson Gaunt, ne aveva pagato il prezzo. L’oggetto era protetto da una potente oscura maledizione, che come un veleno era penetrata nel suo corpo e aveva iniziato ad infettarlo, a partire dalla mano a cui aveva messo l’anello.
«Sono stato sciocco, anche un mago della mia età può esserlo» disse «Credevo che sull’anello ci fosse la pietra della resurrezione, uno dei Doni della Morte e scioccamente ho creduto di poterla usare per rivedere mia sorella». C’era qualcosa in quel racconto che a Draco non convinceva, Silente non era mai stato di troppe parole, non aveva mai spiegato bene le cose, era sempre stato criptico e misterioso. Aveva visto con i suoi occhi, nella mente di Potter, tutta la frustrazione che il Grifondoro aveva provato durante il quinto anno, quando il preside lo lasciava ogni volta senza una risposta alle sue domande, ai suoi dubbi. Perché adesso, con lui, stava parlando così tanto? «Severus è riuscito a fermare la diffusione della maledizione, limitandola alla sola mano, per questo adesso la vedi così» spiegò l’anziano mago al giovane «Non essere sciocco come me, non farti ingannare da nessuna maledizione».
«Come possiamo aiutarla?» chiese il ragazzo «Ci deve essere un modo».
«No» rispose Piton, sopraggiunto da pochi minuti nell’ufficio del preside, Draco sussultò sentendo la sua voce «Io stesso non ho potuto fare niente e tu non conosci neanche questa maledizione. È antica ed è terribile, Albus, non avresti dovuto parlarne con lui» disse il professore, porgendo una fiala al preside.
«È giusto che sappia, Severus» disse l’altro, accettando la fiala e bevendone il contenuto «E poi il giovane Malfoy non sarebbe andato via senza una risposta». Il ragazzo annuì confermando le sue parole. «Soddisfatto?»
«La ringrazio per aver risposto alla mia domanda» disse educatamente «Se… se dovessi trovare una soluzione?»
«Accetterei il tuo aiuto molto volentieri, Draco».
 


Quel pomeriggio stesso, Draco iniziò a studiare ossessivamente: incantesimi, pozioni, maledizioni, contro maledizioni, contro incantesimi, antidoti, tutto. Ma non riusciva a trovare una soluzione al problema del preside. Passò ore e ore a consultare tutti quei libri, senza ottenere nulla di concreto. Voleva trovare una soluzione per aiutare Silente, voleva disperatamente salvare il preside. Non l’aveva detto specificatamente, ma era stato sottinteso: sarebbe morto, presto o tardi sarebbe successo. E allora come avrebbe reagito Harry? Non conosceva ancora benissimo il Grifondoro, anche se adesso era molto più legato a lui di quanto non lo fosse stato negli anni precedenti e se c’era una cosa che aveva capito di lui, era che Silente era più di un mentore, era la sua figura di riferimento, la persona che più stimava tra tutte le persone che conosceva. Perderlo, per lui, sarebbe stato devastante, tanto quanto l’aver perso il suo padrino e se c’era una minima possibilità di salvarlo, Draco l’avrebbe colta. Silente sa cosa fare – gli diceva Harry – Silente ci aiuterà – affermava quando qualcuno metteva in dubbio la sua disponibilità. Si fidava ciecamente di quell’uomo e forse Draco iniziava a sentirsi più coinvolto di quanto non fosse in realtà. Era buffo che proprio lui pensasse una cosa del genere, quando fino a quattro settimane prima aveva programmato di uccidere il preside per ordine di Voldemort, aveva comprato una collana maledetta, aveva messo del veleno in una bottiglia di Idromele e, prima che Harry gli offrisse il suo aiuto, stava già programmando la sua prossima mossa, tuttavia in quell’ultimo mese molte cose erano cambiate.
Adesso, cercava disperatamente, una soluzione al problema del preside, mentre definiva con gli altri alcuni dettagli del piano per entrare nella camera blindata della Gringott di sua zia. Non sapeva se dire o meno il problema del preside a Weasley e alla Granger, temeva che potessero dirlo a Harry? Non voleva che si preoccupasse prima del tempo, non se lui poteva trovare una soluzione. Ma perché diamine si preoccupava così tanto per lui? Si sentiva stranamente empatico verso il moro e dentro di sé non voleva che soffrisse di nuovo nello stesso modo in cui aveva già sofferto. Dopotutto, Harry aveva salvato sua madre, non aveva permesso a nessuno di farle del male, le aveva trovato anche un posto sicuro in cui stare… e lui gli era riconoscente. Magari era stato anche uno stronzo negli anni precedenti, forse aveva tormentato gli altri e aveva ostacolato Harry in ogni occasione, ma non era un ingrato, non completamente almeno. E dentro di sé, qualcosa si era spezzato quando aveva visto Harry disperato per la morte del suo padrino. Non voleva che rivivesse un dolore del genere, non con una delle poche persone che gli era rimasta. Maledizione, quel ragazzo aveva perso tutto. Non sapeva se era stata l’amicizia con Harry a renderlo così… Tassorosso, ma sentiva che tra lui e Harry c’era qualcosa di indefinito, che li legava come se tra di loro ci fosse un sottile filo che li collegava l’uno all’altro.
«Che stai leggendo?» Hermione gli comparve alle spalle in biblioteca, facendolo sobbalzare.
«Niente, un libro di incantesimi» disse chiudendo il tomo che aveva preso dal reparto proibito, quella mattina all'alba; si era alzato prestissimo, dopo aver passato la notte a leggere altri libri, e si era rifugiato in biblioteca, dove aveva ricominciato a fare le sue ricerche. La Grifondoro spalancò gli occhi e lo guardò in maniera sospettosa, come se credesse che stesse tramando qualcosa di losco.
«Quello è del reparto proibito» sibilò la ragazza «Credimi, ci sono stata più volte di quanto immagini» aggiunse, con sdegno. Non capiva cosa stesse facendo Malfoy e non si fidava di lui. Cercava di non farlo notare a Harry, che sembrava aver preso molto a cuore la situazione, ma lei, nel suo piccolo, cercava di carpire meglio l’atteggiamento del Serpeverde. Certo, a Malfoy Manor aveva dato prova di coraggio e di lealtà, eppure… c’era qualcosa che ancora non la convinceva e temeva di aver ragione, dopo averlo visto con quel libro del reparto proibito.
«Tu? Miss Perfettina è stata nel reparto proibito?» chiese il biondo, cercando di sviare il discorso.
«Non cambiare argomento» lo rimbeccò «Che hai intenzione di fare?»
«Niente!» rispose il Serpeverde sulla difensiva «Solo… una ricerca. A scopo accademico».
«Questa è la stessa cosa che Voldemort ha detto a Lumacorno per sapere degli horcrux» disse Hermione, assottigliando lo sguardo. Tirò indietro la sedia accanto a quella del biondo e si sedette vicino a lui, Draco temette per un attimo che tirasse fuori la bacchetta o che gli tirasse un pugno come al terzo anno «Quindi tu ora mi dici tutto, perché non posso fidarmi di te, se hai segreti».
«Non ho segreti né sto cercando di tradirvi!» esclamò piccato il biondo «Non è affatto questo, non potrei mai, non dopo tutto quello che è successo!» esclamò «Non dopo quello che Potter ha fatto per me!»
«Allora dimmelo» disse lei «Dimmelo e io terrò il segreto per te».
«Lo dirai a Harry?»
«Solo se è qualcosa che può nuocergli» rispose lei. A Draco come risposta andò bene, anzi forse la Granger poteva essergli d’aiuto a trovare una pozione, un incantesimo, qualsiasi cosa che cambiasse il destino del preside. Così a bassa voce, iniziò a spiegarle tutto, partendo dal loro colloquio con Silente del giorno prima. Le disse di aver notato qualcosa di strano sulla sua mano, di essere rimasto per chiedere delucidazioni e poi riportò la stessa storia che il preside aveva raccontato a lui. Infine le disse della sua decisione di trovare una cura per quella maledizione e di farlo soprattutto per Harry, affinché non perdesse un’altra persona cara. Le spiegò anche perché non ne avesse parlato con loro, perché non voleva turbare Harry, non in quel momento delicato e lei annuì, comprendendo le sue motivazioni. E se ne stupì.
«… solo non dirgli di Silente, okay? Non sappiamo come potrebbe reagire» concluse.
«Capisco…» disse lei, annuendo «Ti darò una mano, in due si ragiona meglio» aggiunse «Sei più leale di quanto immagini, lo sai?» domandò inclinando la testa.
Lui arrossì e scosse la testa «Pft. Non è affatto vero, la mia è solo gratitudine». Hermione sorrise, ma fu un sorriso strano, come quello di qualcuno che ne sapeva molto di più del diretto interessato, ma che non voleva parlarne.
«Gratitudine per cosa?» chiese Harry, giungendo insieme a Ron in biblioteca «Sono curioso. Di cosa parlavi con Hermione, Malfoy?» chiese. Draco lo guardò in difficoltà, colto di sorpresa non seppe cosa rispondere subito.
«Libri» rispose Hermione, soccorrendolo «Malfoy vuole informarsi sul mondo babbano e mi sono offerta di elencargli le migliori opere della letteratura babbana» spiegò, mentre il ragazzo annuiva, confermando le sue parole «Vi interessa?»
«No, no, lasciamo a voi secchioni le questioni di libri, vero Harry?» fece il rosso.
«Già…» mormorò il moro «Però… avete legato molto voi due» commentò poi, infastidito.
«Geloso, Potter?» lo provocò Draco, sorridendogli in un modo tutto nuovo.
«Ti piacerebbe, Malfoy» replicò il Grifondoro nervosamente, scuotendo la testa.
«Questo mi ricorda qualcosa…» commentò a bassa voce Ron, trattenendo le risate. I due diretti interessati si scambiarono un’occhiata confusa, poi il rosso non riuscì più a trattenersi e rise delle loro buffe espressioni, mentre gli altri tre si lasciarono coinvolgere dalla sua risata un attimo dopo.
«Ma anche se trovassimo gli horcrux» esordì Hermione «Come faremo a distruggerli?» domandò.
«A questo proposito…» rispose Harry «Draco suggeriva di usare le zanne del basilisco, sapete, come ho fatto con il diario nella Camera dei Segreti».
«Malfoy ha avuto l’idea?» chiese Ron «Miseriaccia!»
«Ti sorprende, Weasley?» domandò ironicamente Draco, alzando lo sguardo sul rosso «Lo sanno tutti i quadri di Hogwarts che sono più geniale di voi messi insieme» affermò «Ovviamente, con voi intendo te e Potter, la Granger poteva arrivarci da sola, se non fosse stata infettata da voi due idioti».
«Questo… dovrebbe essere un complimento?» chiese la ragazza, incerta.
«Nella sua lingua, sì» rispose Harry, lasciandosi scappare un grugnito. Questa nuova amicizia tra Draco e Hermione non gli piaceva per niente, così come non gli era piaciuto il modo in cui Ron e il Serpeverde avevano scherzato, flirtato tra di loro il giorno prima. Non era geloso… giusto? O forse lo era? Non lo sapeva, ma provava un fastidio enorme e non ne capiva il motivo, avrebbe dovuto essere felice che i suoi migliori amici trattassero Draco, quasi, come uno di loro. «Comunque, cosa ne pensate? Andiamo a prendere le zanne?»
«Io lì sotto non ci torno nemmeno morto» fece Ron, rabbrividendo, ricordando vividamente il secondo anno, quando lui e Harry erano entrati nella Camera dei Segreti per rintracciare e salvare Ginny. Il moro alzò gli occhi al cielo e guardò Hermione, che scambiò un’occhiata d’intesa con Draco, prima di rispondere.
«Verrei volentieri, ma devo ultimare delle… ricerche per conto di Silente» disse «Perché non andate voi due? Sono certa che Malfoy muore dalla voglia di vedere la famosa Camera creata dal fondatore della sua casa».
«Non sono mica un codardo» affermò il biondo «Vengo io con te, Potter, qualcuno dovrà pur proteggerti».
«Ho ucciso un basilisco, Malfoy, posso scendere nella Camera dei Segreti anche da solo, grazie tante» borbottò incrociando le braccia al petto, strappando una risata divertita agli altri tre presenti.
 

 
Quella sera, i due ragazzi si incontrarono nel bagno di Mirtilla Malcontenta, lo stesso dove, poco meno di un mese prima, Harry aveva porto la mano a Draco, salvandolo dalla sua disperazione, lì dov’era nata la loro collaborazione, che li stava portando verso lidi inesplorati. Lo guidò verso il lavandino che dava l’accesso alla stanza nascosta, sfiorò con le dita il disegno in rilievo del serpente sul rubinetto e poi chiuse gli occhi per un istante, pronunciando la parola “apriti” in serpentese. Draco, alle sue spalle, sussultò, per un momento gli era parso di sentire la voce di Voldemort, mentre conversava amabilmente con il suo serpente maledetto, ancora aveva gli incubi per quelle scene. Pochi istanti dopo, il lavandino fece uno strano rumore, simile a quello di un meccanismo che si azionava e poi sì aprì, rivelando un tunnel davvero molto profondo, da cui risaliva uno strano e disgustoso olezzo.
«Andiamo?»
«Dovrei entrare in quel buco della morte da cui proviene questa puzza orrenda?» chiese il biondo, inclinando la testa.
«Beh, se vuoi vedere la Camera dei Segreti, sì» disse «Hai forse paura, Malfoy?» lo provocò con un sorrisetto sghembo sulle labbra, imitando la provocazione che il biondo gli aveva fatto più volte ogni volta che si erano sfidati.
«Non copiarmi le frasi, Potter» ribatté l’altro, lo raggiunse e lo fece spostare con una spallata non troppo forte per farlo spostare «Fatti da parte, vado per primo» disse. Poi prese un profondo respiro e fece un salto nel vuoto. Si ritrovò a scivolare lungo una parete viscida, disgustosa che emanava un fetido odore di morte, ma dove diavolo stava andando? Chi lo aveva spinto a fare quella follia? Arrivò alla fine di quello scivolo e atterrò su un letto di ossa e altre cose schifose, si alzò pulendosi i pantaloni e si guardò intorno disgustato. Il fondatore della sua casa era un pazzo a creare un posto del genere, ma chi sano di mente avrebbe mai costruito una stanza segreta nelle dannatissime fognature della scuola? Harry lo raggiunse pochi secondi dopo.
«Questo posto è disgustoso» disse il Serpeverde al suo compagno d’avventura con un'espressione di puro ribrezzo impressa sul volto.
«Già, lo so» replicò l’altro «Vieni, la Camera dei Segreti è da questa parte» disse, superandolo per guidarlo nella direzione giusta per la camera. Draco ricordava di aver visto quel posto nei ricordi di Potter, quelli legati a Tom Riddle e al diario, il grifone aveva solo dodici anni quando era sceso in quel posto e aveva sfidato un enorme serpente per proteggere gli studenti di quella scuola e salvare la sorella del suo migliore amico. Lo seguì attraverso i cunicoli, attento a non cadere sulle ossa presenti sul pavimento. Vederlo nei ricordi del Grifondoro era una cosa, ma dal vivo era ancora più inquietante. Come aveva fatto Potter ad affrontare quella situazione a dodici anni senza impazzire del tutto?  Che avesse ragione Silente e quell’oscurità che aveva percepito in lui era frutto di tutte le brutte esperienze che aveva vissuto? Che motivo avrebbe avuto il preside di mentirgli?
«Sei silenzioso, Potter» esordì il Serpeverde per spezzare il silenzio tra di loro «Questo posto ti provoca brutti ricordi?»
Harry sospirò, mentre scavalcava una pila di sassi «Un po’ sì, ma non è questo, è… questo posto, mi manda strane vibrazioni, capisci? Voglio fare il più in fretta possibile».
«Hai ragione, anche io fuggirei a gambe levate da qua dentro».
«Sei spaventato?» chiese il moro, preoccupato guardando il biondo, senza però usare un tono provocatorio «Guarda che il basilisco è morto, l’ho ucciso io» disse, con l’intento di tranquillizzarlo. Draco emise una breve risata e lo spintonò amichevolmente, scuotendo la testa.
«Sempre a vantarti, Potter non sono una donzella in difficoltà» ribatté, sorridendo appena. Non riusciva ad interpretare al meglio il fatto che il moro si preoccupasse tanto per lui, ma un po’ gli faceva piacere, gli sembrava quasi come se il Grifondoro lo reputasse importante e questo gli provocava delle stranissime sensazioni. Non sapeva da cosa dipendessero né perché si comportasse così, ma le sue attenzioni lo facevano sentire strano. La vicinanza a Potter, in generale, lo faceva sentire strano, non si era mai sentito così in vita sua e non aveva il tempo materiale per analizzare a fondo cosa gli stesse accadendo, dovevano trovare gli horcrux, pensare a come distruggerli, venire a patti con il fatto che il piano fosse cambiato, che Voldemort adesso sapesse che lui era un traditore e tutte quelle cose che gli impedivano di pensare ad altro. E forse per lui era un bene, non gli piaceva focalizzarsi troppo sui propri sentimenti e sulle proprie emozioni, era meglio tenere la mente impegnata in altro, piuttosto che soffermarsi su… futili pensieri.
Potter lo guidò attraverso i cunicoli umidi delle fognature di Hogwarts, fino a che non giunsero davanti a una porta circolare, su cui erano scolpiti due serpenti in rilievo, intrecciati tra di loro. Draco riconobbe quella parete, l’aveva vista nei ricordi di Potter. Il moro deglutì per un attimo e poi parlò di nuovo in serpentese, cosicché l’ingresso si aprisse. Il complesso meccanismo si azionò e i due serpenti sciolsero l’intreccio, iniziando a percorrere la circonferenza della porta, aprendola. Draco non riuscì a staccare lo sguardo da Potter, mentre quest'ultimo pronunciava quelle parole in quella lingua oscura. Senza dire nulla, varcarono la porta e si ritrovarono nella Camera dei Segreti.
Il Serpeverde si guardò attorno esterrefatto, davanti a lui si stagliava una lunga stanza poco illuminata, le fiaccole poste lungo tutto il perimetro della sala si accesero una dietro l’altra, illuminando l’oscurità che regnava sovrana lì dentro. Enormi teste di serpenti e statue fiancheggiavano il lungo percorso che portava verso il centro della camera. Draco avanzò cautamente, come se da un momento all’altro qualcuno avesse potuto attaccarlo, ma il suo era un timore stupido, Potter aveva sconfitto il mostro che aveva vissuto lì dentro. Il fondatore della sua casa doveva essere stato davvero un folle ad aver ideato quella camera per contenere un enorme serpente velenoso, anzi il più velenoso e letale di tutti i serpenti esistenti sia nel mondo magico che non. Deglutì, continuando ad avanzare lì dentro e a guardarsi intorno, mentre Potter gli faceva strada verso la fine della stanza, lì dove l’enorme carcassa del basilisco giaceva abbandonata da ormai quattro anni. Draco strabuzzò gli occhi quando vide il serpente gigante. Era enorme.
«Sorpreso?» chiese il moro, avvicinandosi alla bocca spalancata della creatura «A dodici anni, sembrava ancora più grande» disse con una scrollata di spalle, iniziando, con cautela a staccare una delle zanne della creatura.
«Come hai fatto?» chiese «Come hai fatto ad affrontare questo incubo a dodici anni?»
«Una persona una volta mi ha detto, e cito testualmente, che sono uno stupido Grifondoro con la sindrome dell’eroe».
«Una persona molto saggia» replicò Draco, staccando a sua volta una delle zanne della bestia, Harry ridacchiò e annuì, guardando verso di lui con una strana luce negli occhi. Più passavano i giorni, più il loro rapporto diventava strano, più si avvicinavano. Finirono di recuperare alcune zanne della creatura, mentre Harry spiegava brevemente a Draco cos'era successo nella Camera dei Segreti quando aveva sfidato il basilisco, il biondo gli aveva anche ingenuamente domandato «Scusa, ma non potevi usare il serpentese?» e l'altro gli aveva spiegato che Tom Riddle aveva detto qualcosa al serpente, affinché obbedisse solo a lui, ma con l'aiuto di Fanny e del Cappello Parlante che gli aveva permesso di estrarre la Spada di Godric Grifondoro, era riuscito a vincere. Quando ebbero finito di radunare le zanne, le riposero in una sacca che, saggiamente, Draco aveva portato con sé, poi si avviarono per uscire da quella stanza. Mentre percorrevano la strada a ritroso, il Serpeverde si voltò verso il Grifondoro e si morse le labbra, prima di aprire la bocca per parlare. Aveva bisogno di dirgli quelle parole, le sentiva nascere dal profondo del suo animo e voleva che Potter lo sapesse, perché davvero gli aveva cambiato la vita.
«Potter?»
«Uhm?»
«Sono davvero dispiaciuto di averti sottovalutato per tutto questo tempo» disse «Non avevo assolutamente idea di cosa tu avessi vissuto, sia qui che a casa tua, sei la persona più coraggiosa che io abbia mai incontrato» affermò «So che qualsiasi cosa farò o dirò d’ora in poi non cambierà anni e anni di cattiverie, ma…» si morse le labbra «Conta su di me, per qualsiasi cosa riguardi lo sconfiggere quel mostro o per qualsiasi altra cosa».
Harry sorrise appena, allungando una mano verso di lui e gli strinse una spalla, grato per le sue parole. «Ti ringrazio, Draco» rispose. Si guardarono negli occhi l’un l’altro e poi sorrisero, consci di aver raggiunto un nuovo traguardo.
 

 
Tre giorni dopo la loro visita a Malfoy Manor, Harry, Draco, Piton e Silente si incontrarono fuori dai confini di Hogwarts al tramonto. Come aveva detto il preside, si sarebbero divisi, Harry sarebbe andato con Silente a recuperare il medaglione e Draco sarebbe andato con Piton a recuperare la coppa. Il Serpeverde era pronto ad andare a recuperare l’horcrux alla Gringott, anche se era spaventato dall’idea di fallire. Se solo suo padre o gli altri Mangiamorte si fossero accorti di quella sua iniziativa, sarebbe finita male. Era anche vero che Lucius e gli altri erano ricercati dagli Auror e non si sarebbero mai azzardati ad uscire dal Manor, dove si erano rifugiati, ma la prudenza non era mai troppa e non doveva dimenticarsi che aveva sfidato e tradito la sua famiglia e Voldemort apertamente. Era terrorizzato da cosa gli sarebbe potuto accadere, se lui lo avesse catturato, ma nutriva fiducia nel giuramento che Piton aveva fatto a sua madre. Era vincolato dal Voto Infrangibile, non poteva tradirlo in alcun modo, pena la sua morte, ma non si fidava ancora a pieno di lui. Inoltre, si sentiva rassicurato anche dal fatto che Potter e i suoi amici si fidassero di lui e che, soprattutto questi ultimi non lo considerassero più un potenziale traditore, avere la loro fiducia gli provocava una stranissima reazione: si sentiva carico d’adrenalina, più di quanto non lo fosse stato in vita sua.
«Sta’ attento, Malfoy» gli disse Harry.
«Anche tu, Potter».
«Aspetta» gli disse il moro «Prendi questo, può essere più utile a te che a me» spiegò passandogli un mantello piegato, il biondo alzò lo sguardo su di lui, perplesso «È il mio Mantello dell’Invisibilità, ti sarà utile per nasconderti, se le cose dovessero andare male». Draco annuì e lo ringraziò con un cenno della testa, accettando l’oggetto che il Grifondoro gli stava prestando. Non si aspettava quel gesto, per lui fu abbastanza inaspettato e qualcosa nel suo petto fece male.
Piton sbuffò e gli mise una mano sulla spalla, per smaterializzare entrambi a Diagon Alley, nello stesso momento in cui il preside si smaterializzava con Harry in un altro luogo. Non appena misero piede nel quartiere magico, il professore gli suggerì di coprirsi la testa con il cappuccio del mantello, nel caso in cui alcuni degli uomini del Signore Oscuro fossero stati lì nei paraggi. Draco non ci pensò due volte a seguire il consiglio. Mentre si dirigevano verso la banca, però i dubbi iniziarono a tormentarlo e le domande ad affiorare nella sua mente. Silente gli aveva detto di non preoccuparsi, che Piton era un loro alleato e non un loro nemico, ma allora… aveva ingannato il Signore Oscuro? Era riuscito in quella cosa impossibile? E come aveva fatto?
«Non occorre usare la legilimanzia per capire che qualcosa ti turba, Malfoy» disse l’uomo, mentre camminavano in una stradina secondaria, per raggiungere la banca «C’è qualcosa che vorresti chiedermi?»
«Sì…» rispose il ragazzo, deglutì e alzò lo sguardò sull’uomo «È vero quello che dice Silente? Lei è… un doppiogiochista per lui?» chiese «Credevo che lavorasse per il Signore Oscuro».
Piton gli lanciò un’occhiata che Draco non riuscì ad interpretare subito, prima di rispondere. «Credo di doverti una spiegazione» il ragazzo si morse le labbra e si trattenne dall’annuire «Ho fatto degli errori quando ero molto giovane, errori che mi hanno portato dove sono ora. Quello che dice Silente è vero, lavoro per lui e gli passo informazioni sulle mosse del Signore Oscuro in gran segreto» rivelò, il ragazzo spalancò gli occhi «Gli avevo anche parlato di te, sono rimasto davvero sorpreso, quando ho scoperto che avevi deciso di chiedere aiuto a lui» disse «Né mi aspettavo la tua… singolare amicizia con Potter». Draco arrossì e abbassò la testa, coprendosi meglio il viso con il cappuccio del mantello, per evitare che il professore notasse il rossore delle sue guance «In ogni caso, non hai nulla da temere da parte mia, non è nel mio interesse nuocerti in alcun modo».
«E Potter?» chiese istantaneamente il ragazzo, mordendosi le labbra un istante dopo aver aperto la bocca. Ma cosa gli era saltato in mente di domandare? Piton gli lanciò un’occhiata di sbieco, quasi come per fulminarlo e Draco deglutì, immaginando di aver fatto un’immensa cavolata, poi il suo sguardo mutò per una frazione di secondo in rammarico e l'uomo scosse la testa.
«No, non è nel mio interesse far del male a lui o a uno dei suoi amici Grifondoro» disse «Ora preparati, la Gringott è a pochi passi» aggiunse, cambiando rapidamente discorso «Entriamo, chiedi di poter accedere alla tua camera blindata, mostrando la bacchetta e la chiave» Draco annuì «Quando sarai dentro, userai il Confundus per sviare il folletto e farti portare alla camera blindata di tua zia» il ragazzo annuì ancora una volta «Io resterò qui fuori a controllare la situazione, nel caso in cui arrivino dei Mangiamorte» asserì «Tutto chiaro?»
«Sì, tutto chiaro» rispose Draco, deglutendo. Avrebbe mentito, se avesse detto di non avere paura di quella situazione, fin da quando era stato a casa sua e aveva palesemente fatto capire di aver cambiato fazione, era preoccupato di qualche ripercussione. Tutto taceva, Potter non aveva avuto neanche una visione e… la cosa iniziava a preoccupare tutti, anche se non lo dicevano apertamente. Draco era terrorizzato. Tuttavia, in quel momento doveva concentrarsi sul recuperare l’horcrux e distruggerlo, solo in quel modo avrebbe potuto aiutare Potter a sconfiggere Voldemort e così riuscire a salvarsi. Raggiunsero la Gringott e, apparentemente senza alcun problema, riuscirono ad entrare senza essere riconosciuti da nessuno, quando arrivò davanti al folletto che si occupava degli ingressi deglutì, ma mostrò ugualmente bacchetta e chiave. Per un attimo, temette che a causa dell’arresto di suo padre dell’anno precedente, egli potesse in qualche modo impedirgli di accedere, poi si ricordò di avere la sua camera blindata personale e di aver compiuto diciassette anni da appena una decina di giorni e di avere tutto il diritto di voler accedere ad essa. Infatti, dopo un breve controllo, il folletto gli permise di entrare. Come aveva annunciato, Piton restò a fare da guardia e lui si introdusse nell’area della banca riservata alle camere blindate. Non fu difficile confondere il folletto, anche se richiese parecchia concentrazione da parte sua, e farsi portare direttamente alla camera di Bellatrix.
Fu immediatamente certo di aver avuto ragione sulla “cosa contenuta nella camera” perché le misure di sicurezza prese per fronteggiare un’eventuale minaccia erano decisamente enormi. A protezione della camera, c’era un enorme drago. Draco, con circospezione, pietrificò la creatura, tremando leggermente. Se avesse fatto un solo passo falso sarebbe diventato uno spuntino alla brace per il drago. Il folletto ancora confuso lo guidò all’interno della camera blindata e a quel punto il ragazzo rimase per un attimo spaesato. Non credeva che lì dentro ci fossero così tante cianfrusaglie. Sicuramente erano maledette, non sapeva che tipo di maledizione fosse, ma era certo che tutti quegli oggetti fossero protetti da qualche maledizione, conoscendo le attitudini di sua zia… si guardò intorno, attento a non toccare nulla e, dopo una ricerca visiva accurata, riuscì ad individuare la coppa sulla sommità di una pila di oggetti decisamente troppo in alto da raggiungere con una sola mano, dalla sua posizione. Provò ad appellarla con un Accio, ma si diede dell’idiota da solo: non avrebbe mai potuto funzionare. Si guardò intorno, alla ricerca di un punto d’appoggio con cui potersi aiutare per raggiungere la coppa, ma sembrava che niente facesse al suo caso. Doveva passare inosservato, se non voleva che sua zia si rendesse conto della sua piccola irruzione nella sua camera blindata. Come poteva prendere quell’oggetto senza danneggiare nulla e senza far capire a qualcuno che era entrato lì dentro? Guardò il folletto che era andato con lui e un’idea balzò nella sua mente, il Confundus non era sufficiente per quello che aveva in mente di fare, ma… la maledizione Imperius gli veniva particolarmente bene. Nessuno si sarebbe offeso, se l’avesse usata per prendere l’horcrux e mettere uno dei primi tasselli per la sconfitta di Voldemort. Si avvicinò al folletto e «Imperio» pronunciò, il folletto si immobilizzò e Draco sorrise «Adesso ti farò levitare fino a lì» disse indicando la pila di oggetti «Tu prenderai la coppa lì in cima senza toccare altri oggetti» ordinò, vide il folletto annuire e allora «Levicorpus» pronunciò. Guidò il folletto sollevato da terra fino alla coppa, egli riuscì a prenderla senza alcun problema e Draco lo riportò con i piedi per terra. Prese la coppa e la strinse tra le dita, nascondendola sotto al suo mantello, poi ordinò al folletto di portarlo fuori di lì il più in fretta possibile.
Una volta fuori dalla camera blindata di Bellatrix, superò di nuovo il drago e si assicurò di essere abbastanza lontano, prima di liberarlo dall’incantesimo pietrificante e poi si fece scortare fino alla sua camera blindata, per sicurezza usò un Oblivion sul folletto, per cancellare i ricordi dell’ultima ora. Come se nulla fosse successo, Draco prelevò dei soldi – giusto per mantenere la facciata della sua visita alla Gringott – e poi si diresse di nuovo verso l’uscita, senza destare alcuno scalpore. Era stato particolarmente bravo e veloce, era quasi sorpreso da se stesso, doveva assolutamente raccontare a Potter la sua impresa. Raggiunse Piton, con il quale scambiò una breve occhiata d’intesa e poi si diresse verso l’uscita della banca.
Uscirono dalla banca, come se nulla fosse accaduto e, mentre raggiungevano un punto sicuro dal quale potersi smaterializzare, Piton si bloccò nel bel mezzo della strada e fulmineamente lo spinse dietro alle sue spalle, come se avesse captato un pericolo. Guardò Draco brevemente e «Indossa il mantello di Potter» sibilò «E resta vicino a me». Il ragazzo annuì e fece come gli era stato detto, dopo pochi istanti, un uomo alto coperto da un mantello scuro si avvicinò al professore.
«Yaxley» fece Piton con tono annoiato «Qual buon vento?»
«È strano trovarti fuori da Hogwarts, Severus» disse il Mangiamorte «Viene da chiedersi cosa tu ci faccia qui».
«Affari che non ti riguardano, Yaxley» disse con tono tagliente il professore «Tu piuttosto dovresti essere al Ministero a sorvegliare la situazione per il Signore Oscuro».
«Hai saputo del tradimento del giovane Malfoy?» chiese l’altro, ignorando le parole di Piton. Draco, sotto al Mantello dell’Invisibilità tremò come una foglia, ma si impose di non fiatare, come il professore gli aveva ordinato «Brutta storia, il Signore Oscuro non è per niente felice, sostiene che quando lo troverà, la punizione che riceverà sarà esemplare». Il ragazzo nascosto deglutì e cercò di non emettere un singolo fiato, ma il terrore lo stava invadendo.
«Il Signore Oscuro è stato informato degli avvenimenti» disse il professore «Malfoy si è comportato in quel modo, perché Potter sospettava qualcosa, si è avvicinato al nemico per potersi avvicinare al preside e portare a termine la missione» spiegò brevemente con un’espressione impassibile, Draco rimase stupito da quelle parole, non si aspettava che lo proteggesse in quel modo, allora poteva davvero fidarsi di lui? Aveva sempre avuto ragione Silente? Piton agiva per il bene? Stava ingannando il Signore Oscuro? «L’ho informato personalmente poche ore fa» aggiunse «Il ragazzo è fedele, l’ho interrogato personalmente con il Veritaserum, quando mi è giunta la notizia del tradimento».
«Furbo da parte tua usare il Veritaserum, immagino ne avrai scorte infinite, nel tuo laboratorio di pozioni».
«Non sono più l’insegnante di Pozioni, dovresti saperlo» disse quasi annoiato «Tuttavia, posso accedere facilmente alle scorte» spiegò «Abbiamo finito?» chiese infastidito dall’insistenza del Mangiamorte. Draco aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo, restando immobile. Era terrorizzato, se non fosse stato per la freddezza di Piton e le sue spiegazioni, sarebbe stato spacciato. Stringeva la stoffa del mantello con forza, con il timore che qualche folata di vento potesse farlo volare e smascherarlo e teneva stretta la coppa, per evitare che cadesse, ma le sue mani tremavano come foglie e temeva di perdere la presa. Quando Yaxley andò via, il professore si affrettò a trascinare il ragazzo in una viuzza secondaria e a smaterializzare entrambi lontano da Diagon Alley al più presto.
Si materializzarono ai confini di Hogwarts e «Andiamo nell’ufficio del preside» gli disse il professore. Draco si tolse il mantello dell’invisibilità e annuì, seguendo il professore e camminarono verso il castello, il ragazzo aveva ancora il cuore in gola per l’incontro con il Mangiamorte ed era grato che Potter gli avesse prestato il mantello e che Piton lo avesse coperto in quel modo. Non se lo sarebbe mai aspettato, ma poteva fidarsi di lui, così come diceva Silente, era sollevato di averlo scoperto, in realtà. Quando raggiunsero l’ufficio del preside, Draco si stupì di scoprire che Potter e Silente non erano ancora tornati. Era andato storto qualcosa per loro? Era successo qualcosa? Avevano avuto dei problemi? Si morse le labbra e mise la coppa sulla scrivania del preside e attese, impaziente, che gli altri due tornassero.
Fu mentre aspettavano che, improvvisamente, il Marchio sul suo avambraccio bruciò come l’inferno e alzò lo sguardo verso Piton terrorizzato, Voldemort lo stava chiamando, probabilmente per interrogarlo su quanto accaduto negli ultimi giorni. Draco deglutì, sentendo il terrore piombare nel suo cuore, immaginando quale sarebbe stata la sorte che gli avrebbe riservato il Signore Oscuro.
Sicuramente, quello non era un buon segno.

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Ben ritrovati con questo nuovo capitolo! :D
I nostri ragazzi sono tornati a Hogwarts e se la sono cavata, perché con loro c’era il presceltissimo e chi siamo noi per punire il presceltissimo #maicorvonero? PFT. Silly tratta bene i suoi raccomandati! A quanto pare può fare tutto, tranne proteggere Draco LOLOL povero, in questa storia lo sto proprio torturando. (Draco: già non è affatto divertente… Io: Ancora devi vedere cosa ho in serbo per te, baby <3 Draco: … *grilli*)
Ma Draco ha capito che Silly sta più di là che di qua e vuole aiutarlo, ma guardate che AMMMMORE, e lo fa solo per Harry suo <3 (sì, lui e Hermione ci lavorano insieme, due menti geniali insieme sono meglio di una, ma ci tengo a specificare che sono – o almeno saranno – solo AMICI, questa è una storia Drarry e lo sarà sempre LOL)
In tutto ciò, non dimentichiamoci degli horcrux che devono essere distrutti. E VIA di missioni in cui sfruttiamo i minorenni (anche se, tecnicamente Draco ha già 17 anni, Harry invece ancora 16, piccino lui) per recuperare preziosi e malvagi oggetti magggici, dopo una piccola parentesi di Draco e Harry nella Camera dei Segreti, in cui il Serpeverde del nostro cuore, continua a capire quanto fegato abbia Harry (fegato sì, cervello MEEEEH). E il nostro Harry è geloso, piccino <3
Il nostro caro Draco ha recuperato la coppa senza alcun problema, è troppo intelligente il nostro piccolo corvo mancato. Vi aspettavate che Piton prendesse così le parti di Draco? EH, dai, ha stretto un cacchio di voto infrangibile, deve parargli il culo, suvvia LOL spero di non averlo snaturato troppo, a mia discolpa l’ho usato pochissime volte nelle storie, spero che vi sia piaciuto il suo cameo! E poi… CLIFFHANGER! Ecco che arrivano i problemi, cosa vorrà il misericordioso, gentilissimo e bravissimo zio Voldy da Dracuccio? EEEEEEH :D
Eheheheh. Non c’è nemmeno Harry che è con Silly a recuperare il medaglione e non è ancora tornato. Come reagirà quando scoprirà cosa è successo? E riusciranno a distruggere la coppa? E in tutto ciò Draco troverà la soluzione per il problemino che sta portando Silly verso la morte? E perché ho salvato Narcissa? EEEEH.
A voi l’ardua sentenza, altrimenti tutte queste domande troveranno risposte nei prossimi capitoli u.u (io me lo sento, questa storia arriverà ad avere 30 capitoli se non mi do una regolata, OPS.) (io ci provo a non aggiungere le cose, ma mi sono accorta di un piccolo errore che avevo commesso e quindi ho aggiunto dei piccoli pezzetti che… BOM sono diventati due capitoli, MISTERO.)
BTW, ringrazio con tutto il mio cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, Eevaa, Estel84, Fabiana21 e Himeko82, grazie infinite per il supporto <3 grazie anche a tutti coloro che seguono la storia silenziosamente e a chi la aggiunge alle varie categorie, thanks a lot!
See you on Saturday, peps!
Love all of ya <3
#Staysafe
 
PS. Indovinate la regione di chi è passata da gialla a rossa senza passare per l’arancione?
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 7
*** Prima Parte, Capitolo 6: Eye-opener. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


Avviso: gli eventi non seguono la linea temporale canonica dei libri/film.

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 6: Eye-opener



Il Manor, agli occhi di Draco, sembrava ancora più grande e imponente di sempre, oltre a sembrare anche spaventoso e minaccioso. Avvertiva di nuovo la stessa paura che l’aveva pervaso durante l’estate prima del sesto anno, prima che venisse marchiato, lo stesso terrore che lo aveva accompagnato per tutto quell’anno scolastico, prima che Potter arrivasse in suo soccorso e gli porgesse la mano. Piton, al suo fianco, non lasciava trasparire alcuna emozione. Il Signore Oscuro aveva convocato anche lui e il ragazzo temeva che qualcosa fosse andato storto, che Lui si fosse accorto dell’inganno e che volesse uccidere entrambi, senza dar loro il tempo di difendersi.
Deglutì, quando varcarono la porta d’ingresso di quella che, in passato, era stata la casa di Draco. Non la sentiva più come propria da quando i suoi genitori avevano dato il libero accesso ai Mangiamorte, soprattutto da quando era stato costretto a prendere il Marchio Nero. Un Mangiamorte col volto coperto li guidò fino all’enorme salone, dove il tavolo della sala, che fino a un anno prima aveva ospitato sontuosi banchetti, era occupato da alcuni Mangiamorte, tra i quali Draco riconobbe suo padre e sua zia, Bellatrix. A capo tavola, sedeva Voldemort e Nagini strisciava ai suoi piedi.
Il Mangiamorte che li scortava si fermò accanto al Signore Oscuro e comunicò che loro due erano arrivati. Il primo a farsi avanti fu Piton, il ragazzo gliene fu grato, in quel momento era pietrificato, non avrebbe mai creduto di potersi ritrovare davanti al mago oscuro di nuovo, non dopo le promesse di Potter.
«Mi voleva vedere, mio signore?» chiese il professore.
«Severus, vieni avanti» gli disse il Signore Oscuro, invitandolo ad avanzare con un gesto della mano «Hai portato il ragazzo dei Malfoy a quanto vedo, bene, bene…» commentò. Draco tremò, sentendo quella voce pronunciare il suo nome, era terrorizzato – ed era l’eufemismo del secolo – era completamente paralizzato «Ho ricevuto pareri contrastanti sugli spiacevoli avvenimenti accaduti di recente in questa casa» disse, puntando lo sguardo sul rampollo della famiglia Malfoy, che si irrigidì ancor di più, come se un Petrificus Totalus fosse stato scagliato su di lui.
«Comprendo le vostre perplessità, mio signore, io stesso ne ho avute quando sono venuto a conoscenza dei fatti» disse Piton, mantenendo un’espressione così impassibile che sembrò a tutti che dicesse la verità «Mi sono premurato di interrogare il presunto traditore con il Veritaserum e ho scoperto la verità».
«Sì, sì…» concordò il mago oscuro «E io mi fido del tuo giudizio, Severus, ma come sai bene, ho bisogno di verificare personalmente la lealtà dei miei uomini» disse, continuando a guardare alle spalle di Piton, lì dov’era il ragazzo. Il professore annuì e si voltò verso Draco, invitandolo a farsi avanti, il giovane deglutì e si morse le labbra nervosamente. Cercò di tenere la mente sgombra da qualunque pensiero, cercò di mostrare la sua migliore spavalderia e di non mostrarsi così terrorizzato. Se solo Voldemort avesse inteso qualcosa, il più piccolo sentore di menzogna, lo avrebbe ucciso in quel preciso istante e tutti i suoi sforzi per cambiare, per essere una persona migliore sarebbero stati vani. «Draco, vieni avanti» gli ordinò, dunque, il Signore Oscuro.
«Mio signore» esalò il ragazzo, abbassando il capo in segno di rispetto, attendendo la punizione per ciò che aveva fatto.
«Severus dice che stai portando avanti la tua missione, ma hai avuto… un piccolo intoppo?» chiese.
«Sì, mio signore» rispose il ragazzo «Harry Potter si è intromesso, ma… me ne sono occupato, mi sono avvicinato a lui, ho finto di essere suo amico e l’ho usato per avvicinarmi di più al preside» dichiarò, così come aveva sentito dire da Piton a Yaxley a Diagon Alley «La missione è quasi compiuta».
«E cosa mi dici della tua piccola bravata di qualche giorno fa?» chiese «Lo sai? Ho perso uno dei miei uomini quella sera» disse scuotendo la testa, contrariato «Nessuno è riuscito a salvare Greyback, dopo l’incantesimo che Potter gli ha scagliato contro». Questa è una bella notizia, pensò Draco «Cosa hai da dire a tua discolpa?» domandò «Devo pensare che sei passato dalla parte di Potter?»
Draco deglutì e per una frazione di secondo guardò al suo fianco, sentì il fruscio del mantello di Piton e decise che non avrebbe reso vano il suo sforzo di proteggerlo. Doveva continuare la recita e doveva farlo bene, altrimenti nessuno di loro due sarebbe uscito vivo da quella situazione. Non era più il ragazzino spaventato di quell’estate, era cambiato, era maturato e aveva promesso a Potter che l’avrebbe aiutato a sconfiggere quel mostro. E lo avrebbe fatto, non sarebbe tornato indietro, non avrebbe infranto le sue promesse.
«Io…sono desolato, signore» esitò per un attimo e Voldemort levò la bacchetta su di lui, ma il ragazzo fu lesto nel continuare il racconto «La situazione mi è sfuggita di mano. Era una messinscena per convincere Potter e i suoi amici che sono dei loro» spiegò velocemente «Non ho mai tradito la vostra nobile causa, il solo pensare di aver avuto a che fare con Potter e la sua amica sanguemarcio mi fa rabbrividire» recitò, sentendo il cuore che batteva sempre più forte per la paura «Ho dovuto agire in quel modo a causa delle circostante, solo ed esclusivamente per nascondere le mie vere intenzioni e portare a termine la missione per voi, mio signore».
Lentamente il mago oscuro abbassò la bacchetta e guardò il ragazzo davanti a sé, quasi stupefatto «Quanto sei riuscito ad avvicinarti a Potter, ragazzo?»
«Molto, signore» rispose «Si fida di me».
«Questo può esserci di grande utilità per sconfiggerlo una volta per tutte» rifletté ad alta voce «Ottimo lavoro» osservò, poi si voltò verso Lucius «E tu che credevi che il ragazzo fosse un fallimento, Lucius, dovresti avere più fiducia nella tua prole» disse «Si è rivelato un Mangiamorte migliore di te, dopotutto».
Suo padre accusò il colpo, assottigliò gli occhi guardando nella direzione del figlio e: «Signore, ho motivo di credere che mio figlio stia mentendo» intervenne allora «Ha portato via sua madre e ho perso ogni sua traccia da quella sera».
«Osi contraddirmi, Lucius? Dopo i tuoi numerosi fallimenti?» domandò, l’altro uomo scosse la testa e l’abbassò sconfitto «Questa volta sarò magnanimo e concederò a tuo figlio la possibilità di dimostrare di essere dalla parte giusta e di dimostrare la sua lealtà» asserì guardando di nuovo il ragazzo «Dovrai portare a termine la tua missione prima del previsto, ti concedo solo tre giorni a partire da oggi» aggiunse «Inoltre, quando arriveremo a Hogwarts, dopo che avrai ucciso Silente, mi consegnerai Harry Potter e a quel punto io lo ucciderò e il mondo magico dirà addio al suo amato prescelto».
Un brivido di terrore attraversò la sua spina dorsale udendo le parole del mago oscuro, tuttavia il ragazzo restò spiazzato dalla piega che stavano prendendo gli eventi. Non era stato torturato? Voldemort non lo aveva ucciso tra atroci sofferenze? Ma soprattutto… doveva avvisare Potter di questi nuovi risvolti.
«Lo farò, signore» rispose «Dimostrerò la mia lealtà».
«Molto bene» disse il mago oscuro «Puoi andare, torna nella tua scuola e prosegui con la missione».
«Lo farò, signore» affermò, facendo un passo indietro.
«C’è altro che possiamo fare per voi, mio signore?» chiese Piton, con circospezione.
«No» rispose, congedandoli. I due annuirono solennemente, prima di fare un passo indietro ed allontanarsi dal tavolo, per raggiungere un punto da cui smaterializzarsi senza problemi. Il professore mise una mano sulla spalla di Draco e si smaterializzò, raggiungendo di nuovo il punto da cui erano partiti.
Quando ricomparvero, davanti a loro c’era Potter che reggeva Silente affaticato. Il preside non stava affatto bene, si vedeva visibilmente, Piton e Draco li raggiunsero subito ed entrambi aiutarono Potter a sostenere il mago più anziano, senza capire cosa esattamente stesse accadendo.
«Portiamolo in infermeria» suggerì Piton. I due studenti concordarono col professore e si diressero verso il castello; ci misero un po’ di tempo a raggiungere l’ingresso e l’infermeria, ma riuscirono ugualmente a portare Silente da Madama Chips, Harry spiegò brevemente ciò che era successo al preside nella caverna, della pozione che aveva dovuto bere per recuperare un artefatto magico, degli inferi che li avevano attaccati e tutto il resto; la medimaga si affrettò a prendere i medicamenti giusti per aiutarlo. La donna mandò tutti via, dicendo che li avrebbe allertati al momento giusto. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata complice ed uscirono dall’infermeria, avviandosi verso l’ufficio del preside, lì dove Draco aveva lasciato l’horcrux che aveva trovato.
«E così questa è la coppa di Tassorosso» disse Harry, osservando l’oggetto, avvertì uno strano fastidio alla cicatrice, non appena i suoi occhi si posarono sull’oggetto «Distruggiamola e non pensiamoci più» affermò, cercando la sacca con le zanne del basilisco che lui e Draco avevano nascosto nell’ufficio del preside.
«Aspetta» disse il Serpeverde «Sono parti della sua anima, giusto?» chiese. Il moro annuì, guardando l’altro con aria perplessa. «E se dovesse… percepire che li stiamo distruggendo?» Harry si fermò e lo guardò perplesso, senza capire.
«Cosa suggerisci di fare, allora?» chiese «Non possiamo perdere tempo».
«Penso che dovremmo prima radunarli e poi distruggerli, senza dargli modo di capire cosa stiamo facendo» disse «Ne abbiamo due, giusto?» domandò. Harry annuì e dalla tasca della felpa tirò fuori il medaglione che lui e Silente avevano recuperato e lo mostrò al biondo «Bene, ne mancano quanti all’appello? Due?» il moro annuì di nuovo «Presumendo che uno dei due sia il serpente…» ragionò ad alta voce «Nascondiamo tutto in un posto sicuro, poi cerchiamo quello mancante e li distruggiamo tutti insieme, abbiamo sia le zanne che la spada di Grifondoro, no?» Harry annuì ancora, il ragionamento di Draco non aveva tutti i torti, se gli horcrux erano parti dell’anima di Voldemort, egli avrebbe potuto sentire la loro distruzione, ma distruggendoli tutti nello stesso momento, lo avrebbero colto di sorpresa.
«Non mi sembra un cattivo piano…» osservò il moro, poi guardò meglio il biondo e «Ma tu stai bene? Sei sconvolto».
«Non mi sembra il momento più indicato per parlarne» replicò Draco, distogliendo lo sguardo dall’altro ragazzo. Era vero, Voldemort gli aveva creduto e non lo aveva punito, ma era ancora scosso, fino alla fine dell’incontro, aveva temuto di essere ucciso dal mago oscuro. Non aveva capito perché non lo avesse torturato, ma era grato per non aver subito di nuovo quella sorte, tuttavia era ancora più preoccupato: Voldemort si aspettava che lui facesse entrare i Mangiamorte con diversi giorni d’anticipo e non erano pronti per affrontarlo, non ancora.
«Invece sì, ti si legge in faccia che sei sconvolto. È successo qualcosa alla Gringott?» chiese Harry, preoccupato «Hai fatto brutti incontri?»
«A Diagon Alley abbiamo incontrato un Mangiamorte, in effetti, ma io ero nascosto sotto al tuo mantello» raccontò Draco, comprendendo che non sarebbe mai riuscito a spuntarla con Potter, soprattutto quando era così preoccupato «E poi… ecco, si è attivato il Marchio, Lui ha voluto… incontrare me e Piton».
«Cosa?» domandò Harry interrompendolo, si fece più vicino a lui e lo controllò da vicino, Draco si sentì un po’ a disagio, Potter era troppo vicino e… deglutì, ignorando le strane sensazioni che stava provando «Stai bene? Ti ha fatto del male?»
«S-Sto bene» rispose, cercando di respirare decentemente «Piton lo ha convinto e io… beh, ho recitato bene la mia parte».
«Ti ha torturato?» il biondo scosse la testa «Okay…» mormorò l’altro facendo un passo indietro, Draco aveva le gote imporporate, ma anche Harry era nelle stesse condizioni, doveva essersi reso conto del suo gesto azzardato «Racconta».
«Dicevo che ho recitato bene la mia parte e… pare che ci sia cascato, soprattutto perché si fida di Piton e delle sue parole» raccontò «Ma, ecco… mi ha ordinato di anticipare la “realizzazione del piano”, tra tre giorni».
«Cazzo!» imprecò il Grifondoro «Non abbiamo tempo da perdere!»
«Hai ragione» concordò il Serpeverde «Troviamo un posto sicuro dove nascondere questi» disse, alludendo alla coppa e al medaglione, il moro annuì ed entrambi iniziarono a cercare un posto sicuro dove nasconderli nell’ufficio del preside e poi trovarono uno scomparto nascosto in un cassetto della scrivania. Draco lo aprì con un Alohomora, vi ripose la coppa, ma la sua attenzione fu catturata da un oggetto in particolare: era un boccino d’oro. Strano, pensò, che se ne fa Silente di un boccino d’oro? Scosse la testa e lì per lì decise di lasciar perdere la questione, di certo non era un horcrux, altrimenti il preside lo avrebbe distrutto, come aveva fatto con l’anello. Avrà i suoi motivi per conservarlo… - concluse mentalmente e porse la mano a Harry, per farsi dare il medaglione e metterlo lì, al sicuro insieme all’altro horcrux. Harry fece per cederglielo, ma un dolore sordo alla cicatrice lo fece sussultare, istintivamente si portò la mano sulla fronte e si piegò su se stesso, perdendo la presa sul medaglione, che cadde per terra. Harry non vi badò subito, il dolore era insopportabile, Voldemort stava cercando di violare la sua mente e lui stava provando con tutte le sue forze a respingerlo.
«Potter, stai bene?» chiese Draco, guardandolo e avvicinandosi all’altro per soccorrerlo «È Lui
L’altro combatté contro il dolore per dei minuti che sembrarono ore, ma riuscì a schermare la mente e ad impedire al mago oscuro di violarla. Annuì lentamente e quando aprì gli occhi si ritrovò immerso in quelli di ghiaccio di Draco. Si accorse solo in quel momento che il biondo lo aveva afferrato per i fianchi e lo aveva tenuto stretto a sé, in una specie di abbraccio, in quel frangente.
«Stai bene?» gli chiese di nuovo, preoccupato, accarezzandogli involontariamente i fianchi. La sua voce sembrò quasi un sussurro, Harry tremò e, con le guance rosse, annuì lentamente, sentendo il dolore scemare lentamente.
«Sto bene…» mormorò, poi impallidì, rendendosi conto di non avere più il medaglione tra le mani; imprecò ad alta voce, dandosi mentalmente dell’idiota per aver perso la presa su un oggetto così importante. «Maledizione, mi è caduto il medaglione» si lamentò, allontanandosi dalle braccia dell’altro. Sbuffò sonoramente e si abbassò per recuperare il medaglione, ma si accorse che esso era semi-aperto. Lo prese tra le mani con gli occhi spalancati e lo analizzò meglio.
Non se ne era accorto subito, ma qualcosa in quell’oggetto non quadrava, non era lo stesso oggetto che aveva visto nei ricordi riguardanti Voldemort che aveva studiato insieme a Silente per tutto l’anno. Oh no… Spalancò gli occhi e lo aprì del tutto, rivelando un pezzo di pergamena al suo interno. Con il fiato sospeso, lesse il messaggio e scosse violentemente la testa, cercando di scacciare dalla mente l’idea che tutta la fatica per recuperarlo fosse stata solo sprecata.
“Al Signore Oscuro
    So che avrò trovato la morte molto prima che tu legga queste parole ma voglio che tu sappia che sono stato io ad aver scoperto il tuo segreto. Ho rubato il vero Horcrux e intendo distruggerlo appena possibile. Affronto la morte nella speranza che, quando incontrerai il tuo degno rivale, sarai di nuovo mortale.
    R.A.B.”
«… è un falso» disse scioccato «Il medaglione è falso, cazzo!» esclamò arrabbiato.
«No, che diavolo stai dicendo?» domandò Draco, Harry gli mostrò il messaggio e il biondo lo lesse velocemente, spalancando gli occhi «Dannazione! È stato tutto inutile!» imprecò, poi alzò lo sguardo su Potter e non gli piacque per niente ciò a cui stava per assistere: le sue mani strette nei pugni tremavano visibilmente, il suo volto si era deformato in un’espressione terrificante, sembrava che l'oscurità avesse preso la meglio su di lui. Non poteva permettere che Potter perdesse il controllo in quel momento, dovevano restare concentrati e studiare un nuovo piano. Avevano poco tempo, ma… come diceva sempre Potter? Insieme potevano farcela, ecco. «Potter» gli si avvicinò cautamente e gli mise una mano sulla spalla, la lasciò scivolare delicatamente lungo il suo braccio e gli prese la mano ancora stretta a pugno «Andrà tutto bene, vedrai» disse piano, cercando di tranquillizzarlo «Troveremo una soluzione e lo sconfiggeremo» promise. Il suo tocco gentile e le sue parole rassicuranti furono in grado di tranquillizzare un po’ l’animo di Potter, che si alzò lo sguardo verso di lui e annuì leggermente incerto.
Draco ne era sicuro, potevano farcela, dovevano solo… sopravvivere.
 

 
La storia del medaglione falso aveva abbassato un po’ gli animi di tutti, Harry era in crisi, era intrattabile, peggio del solito, inoltre il tempo stava scadendo, mancava pochissimo tempo all’arrivo dei Mangiamorte, soprattutto ora che Voldemort aveva deciso che il tutto sarebbe avvenuto ancor prima di quanto stabilito in precedenza. L’unica speranza che avevano era salvare Silente, in modo che almeno lui, potesse aiutarli attivamente. Il preside era sempre più debole, era ancora in infermeria e non dava segni di miglioramento. Piton aveva comunicato le sue tragiche condizioni a tutti e come volevasi dimostrare, Harry non l’aveva presa bene. Il Grifondoro si era chiuso in se stesso, non parlava, era sempre più nervoso e scontroso, aveva scatti di rabbia improvvisi e non premeditati, che risvegliavano la parte oscura dentro di lui, improvvisamente. Draco sapeva di doversi concentrare, doveva trovare un modo per salvare il preside o quanto meno allungare le sue aspettative di vita, in modo che lui potesse aiutarli nell’affrontare Voldemort, quando sarebbe giunto a Hogwarts. Fin da quando aveva deciso di aiutarlo, aveva passato ogni giorno in biblioteca con la Granger alla ricerca di una contro-maledizione, di un antidoto, di un qualcosa che potesse salvarlo. Era grato per l’aiuto della Grifondoro, da solo probabilmente avrebbe impiegato molto più tempo a fare tutte quelle ricerche, doveva ammettere di essersi sempre sbagliato sul suo conto, più passava il tempo in sua compagnia, più se ne rendeva conto, l’aveva sempre sottovalutata per il suo stato di sangue accecato da tutti gli ideali distorti che gli aveva inculcato suo padre, ma adesso… Potter gli aveva fatto aprire gli occhi. Ed era grato per quella sorta di amicizia nata per puro caso grazie, essa era la cosa più strana che Malfoy avesse sperimentato nella sua vita, ma per la prima volta nella sua vita, si rendeva conto di cosa significasse davvero non essere solo. Doveva ringraziare degli stupidi Grifondoro per quello, il suo orgoglio da Serpeverde doveva essere ferito da qualche parte dentro di lui, ma non avrebbe mai rivelato ad alta voce quei suoi sentimenti contrastanti per tutti loro. Affetto non era tra le parole contenute nel suo vocabolario.
Il tempo stringeva, dovevano trovare una soluzione nel minor tempo possibile, così da poter aiutare Ron e Harry nella ricerca del medaglione originale.
Il problema del preside era la mano, lì era localizzata la maledizione grazie all’intervento di Piton, giusto? Dovevano operare su quella, dovevano trovare una soluzione per cancellare le tracce di quel veleno magico dalle sue vene e trovare una cura. Doveva esistere un antidoto, dannazione, persino il veleno letale del basilisco aveva una cura, quando erano andati nella Camera dei Segreti, Potter gli aveva raccontato del morso del basilisco e… un momento.
«Hermione!» esclamò Draco nel bel mezzo della biblioteca. La Grifondoro sobbalzò e alzò lo sguardo su di lui, esterrefatta «Ehm, volevo dire “Granger”» mormorò in imbarazzo l’altro, rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto «Ho avuto un’idea, potrebbe essere un azzardo e non so se funzionerà, ma potrebbe essere un tentativo valido».
«Ti ascolto».
«Silente ha una fenice» disse «Ho letto tutto sulle fenici, le loro lacrime hanno poteri curativi».
«Draco, credo che il preside abbia già tentato…»
«No, ascoltami. Se… se Silente si sbarazza della mano infetta, la fenice può piangere sulla ferita e diffondere il potere curativo attraverso le sue vene oppure le preleviamo noi dalla fenice e cospargiamo la ferita con quelle» la ragazza lo guardò disgustata, stava parlando di amputare la mano del preside? «Potter mi ha raccontato che quando è stato ferito dal basilisco, la fenice ha pianto sul suo braccio, il veleno del basilisco è uno dei più potenti al mondo, agisce in pochissimi minuti e si diffonde in tutto il corpo. Invece Potter è ancora vivo» spiegò il Serpeverde «Vuol dire che le lacrime della fenice hanno ripulito il suo sangue dal veleno».
«Ma poi Silente rimarrebbe senza una mano, giusto?»
«Beh sì, ma potremmo… potremmo crearne una artificiale, no? Come quelle dei babbani!»
«Parli delle protesi…?»
«Esatto! Proprio quelle!»
«Che ne sai tu delle protesi?»
«L’ho letto in un libro di Babbanologia» asserì con una scrollata di spalle, Hermione ridacchiò «Non ridere».
«Di certo questa è una cosa che tuo padre non verrà a sapere…» scherzò lei, senza riuscire a smettere di sogghignare, Draco arrossì e sbuffò, quasi imbarazzato pentendosi di aver parlato della Babbanologia. Non era colpa sua, se era una persona sostanzialmente curiosa e aveva spulciato alcuni libri in biblioteca che parlavano anche degli “inferiori e terribili” babbani. Si era anche ritrovato a leggere ad alcune opere babbane, alcune erano racconti, altre invece erano libri che parlavano delle loro invenzioni, soprattutto quelle in campo medico.
«Vuoi continuare a ridere ancora per molto, o torniamo a parlare di Silente?» chiese lui stizzito.
«No, no, ma mi sembra assurdo che tu legga dei libri di Babbanologia» asserì lei divertita «Considerando che lavori a questa cosa con una Nata Babbana…» continuò lei, lasciando di proposito la frase in sospeso; il Serpeverde grugnì, incrociando le braccia al petto, quasi offeso, fece per replicare, ma Hermione riprese a parlare «Ad ogni modo… dovremmo parlarne con Silente, ho sentito da Harry che oggi forse esce dall’infermeria».
«Hai parlato con Harry?» chiese il biondo «Sta bene?»
«Tu che pensi?» ribatté lei «Avevi ragione, non avrebbe dovuto sapere di Silente, non potevamo immaginare che Piton ne parlasse in quel modo davanti a tutti» asserì scuotendo la testa «Si riprenderà, è forte, ma questa è stata un’altra batosta per lui, è difficile affrontare un’altra probabile perdita, quando hai già perso tanto».
«Lo so» replicò lui, era proprio per quello che aveva deciso di aiutare Silente, l’aveva visto nei ricordi di Harry, aveva perso così tanto, in età così giovane… non era giusto che continuasse a perdere persone importanti, che continuasse a soffrire. Se lui aveva una chance di evitare che perdesse il suo mentore, lo avrebbe salvato. Si morse le labbra agitato, poi guardò di nuovo la ragazza. «Eviteremo che perda qualcun altro, almeno adesso».
«Sono d’accordo con te» replicò lei con un mezzo sorriso sulle labbra, stupita – in positivo – dal drastico cambiamento che Draco aveva subito, era diverso, sembrava molto più un Grifondoro che un Serpeverde, nell’ultimo periodo. C’era qualcosa di strano, ma… finché fosse stato dalla parte giusta e non li avesse traditi, a lei sarebbe andato bene. Come le aveva detto Harry, un alleato in più contro Voldemort era un buon alleato, soprattutto un alleato che sapeva tante cose sul loro nemico e che voleva salvare il preside. Draco annuì e abbozzò un sorriso, poi raccolse tutti gli appunti che aveva, gettò tutte le cose inutili e scrisse il nuovo piano. Prima cosa dovevano procurarsi delle fiale ed entrare nello studio del preside, per potersi avvicinare alla fenice, poi… avrebbero dovuto pensare alla protesi. Da qualche parte, esisteva un incantesimo per crearne una, no? Con la magia, dopotutto, si potevano creare davvero tantissime cose. Forse avrebbero dovuto interpellare la McGranitt e Madama Chips per quello, ma per il momento… dovevano trovare le lacrime della fenice, altrimenti il loro piano sarebbe fallito, ancor prima di aver avuto inizio.
 
Trovare l’occorrente per mettere in atto in piano era stato abbastanza semplice, Lumacorno era stato ben disposto a cedere loro un paio di fiale e Fanny aveva lasciato cadere alcune delle lacrime nelle loro ampolle, come se avesse capito il motivo per il quale sarebbero servite. Un po’ più complicato fu pensare e preparare la protesi. Avevano parlato con la McGranitt, la quale aveva posto loro troppe domande, aveva sollevato dei dubbi sulla questione ed era rimasta abbastanza scioccata dalla cosa, ma aveva mostrato loro alcuni incantesimi più comuni per creare arti artificiali. La parte difficile fu convincere Piton a dar loro una mano, sebbene non si fidassero totalmente, era l’unico che era riuscito a localizzare la maledizione in un solo punto, era colui che aveva salvato il preside fino a quel momento ed era anche l’unico del quale Silente si fidasse abbastanza. Avevano dovuto spiegare il loro piano, mentre il professore di difesa contro le arti oscure li guardava con il suo solito cipiglio alzato, che gli dava un’aria perennemente arrabbiata. Draco non si fidava di lui, non completamente, non aveva ancora capito in quale squadra giocasse davvero. Li stava aiutando, certo, se non fosse stato per lui, non avrebbero mai trovato la coppa, non sarebbe mai entrato alla Gringott, non sarebbe riuscito a recuperare l’horcrux per Harry e sarebbe stato ucciso da Voldemort, se non l’avesse coperto, eppure… aveva qualcosa che gli impediva di fidarsi ciecamente di lui, per il momento.
Piton si oppose subito al loro piano, era rischioso, non c’erano garanzie che esso funzionasse, Silente aveva i giorni contati, non esisteva nessun miracolo, non poteva guarire, quella che l’aveva infettato era una maledizione mortale, una maledizione a cui non c’era rimedio. Aveva spiegato ai due studenti di aver provato a fare ogni cosa, ogni rimedio, ma non esisteva e non c’erano garanzie che quel metodo funzionasse.
«Non so se lei lo sa, professore» aveva detto Hermione, intervenendo nel discorso, guadagnandosi un’occhiataccia da Piton «Ma l’amputazione è usata dai babbani solo in casi estremi, ma molte volte ha permesso di salvare delle vite» aveva spiegato «E se curassimo le ferite del professor Silente con le lacrime della fenice… lui potrebbe vivere».
«I vostri sono solo sogni, signorina Granger, non c’è possibilità che il preside sopravviva, io le ho provate tutte».
«Se le ha provate tutte, allora perché non provare anche il metodo suggerito da Draco?» chiese la ragazza «Forse perché non vuole ammettere che uno studente abbia avuto un’idea geniale e lei no?» lo provocò. Il biondo sussultò, per un momento quella ragazza gli era sembrata uguale a Harry, quella era una cosa che il Grifondoro avrebbe detto sicuramente. Non avrebbe mai dimenticato il suo “Non c’è bisogno che mi chiami signore, professore” al quinto anno. Aveva finto indifferenza, quasi fastidio davanti alla sua espressione, ma dentro di sé, si aveva divertito – anche se non l’avrebbe mai ammesso – il suo modo di rispondere, a volte, era brillante. Hermione doveva aver imparato qualcosa da lui, dopotutto.
Il professor Piton alzò un sopracciglio, quasi infastidito dalla provocazione, Draco ghignò. La Granger era parecchio determinata, quasi quanto lui, a portare avanti quel progetto folle e quasi senza speranza di salvare Silente per il bene di Harry. Entrambi sapevano quanto avrebbe sofferto il moro, se il preside fosse morto.
«D’accordo» accettò il professore «Ma faremo le cose per bene e chiederemo l’aiuto di un esperto».
«Avevamo già pensato di chiamare Madama Chips» intervenne Draco «E abbiamo già le lacrime della fenice e la McGranitt ci ha mostrato alcuni incantesimi per creare la protesi, ma ci ha raccomandato di non usarli su noi stessi…» spiegò, mentre lo sguardo di Piton si assottigliava sempre di più «Non abbiamo detto niente del preside, abbiamo solo posto delle domande… siamo studenti, siamo curiosi» disse, poi lo guardò «Lei ha giurato che mi avrebbe aiutato, giusto? Beh, adesso ho bisogno d’aiuto».
Piton scosse la testa, esasperato. Dovette cedere alle insistenze dei due studenti, per due motivi: salvare Albus era tutto ciò che aveva tentato di fare fino a quel momento, con scarsi risultati e perché salvarlo avrebbe allontanato la possibilità che il preside lo convincesse ad ucciderlo. Aveva già provato a parlargli di quello, ma Severus non aveva voluto ascoltarlo e da quando il giovane Malfoy si era schierato con loro, beh, le speranze di non dover uccidere il preside al posto del ragazzo erano aumentate. Era un tentativo folle, quasi senza speranza, ma… era l’unica che avevano e avrebbero tentato.
Il preside non fu dimesso dall’infermeria, ma per loro fu positivo, perché sarebbe stato più facile mettere in atto il loro piano in infermeria, invece che nell’ufficio del preside. Lo raggiunsero quando l’orario delle visite era finito, Madama Chips cercò anche di fermarli, ma loro annunciarono di dover urgentemente parlare con Silente, si trattava di vita o di morte, Piton che li accompagnava, dovette confermare con rammarico le loro parole. Quel piano andava attuato subito, prima che fosse troppo tardi. Era già tardi, lui lo sapeva, sarebbe stato un azzardo, ma forse… forse c’era la possibilità che funzionasse. Era assurdo mettere la vita del preside nelle mani di due ragazzini. Certo due ragazzini brillanti – a malincuore doveva ammetterlo – ma comunque due diciassettenni che non erano esperti quanto lui. Si fermò a parlare con Madama Chips, chiedendole aiuto, mentre i due studenti raggiungevano il preside, che, disteso nel letto, li guardò e sorrise affabilmente.
«Cosa vi porta qui, miei cari?»
«Ho trovato una soluzione per il suo problema» disse Draco «Beh, con l’aiuto di Hermione, ovvio».
«È modesto, ha praticamente fatto tutto lui» fece lei, arrossendo appena.
«… comunque» riprese lui, un po’ imbarazzato «Abbiamo una soluzione, ma potrebbe farle male» disse piano «Abbiamo supposto che… eliminando la mano infetta e curando la ferita con le lacrime della fenice, lei… potrebbe avere una speranza».
Il preside annuì, pensieroso «E avete consultato Severus per questo?» chiese.
«Sì… beh, abbiamo parlato anche con la professoressa McGranitt e con Madama Chips» rispose il ragazzo «Ma ecco, non abbiamo specificato la situazione» aggiunse «Era l’unico modo per avere delle risposte più o meno certe, in poco tempo» aggiunse il ragazzo. Silente annuì e disse ai due ragazzi di esporre il loro piano per salvargli la vita. Draco e Hermione, allora, gli spiegarono tutto, rivelando ogni supposizione e affermando che il professor Piton aveva deciso di collaborare con loro. Aggiunsero anche che era una cosa che andava fatta subito, il più presto possibile perché, secondo il professore, non avevano più molto tempo. Dopo aver ascoltato le loro parole ed aver valutato bene la situazione e i futuri eventi incerti, Silente accettò di fare quel tentativo. Hermione e Draco esultarono e decisero che sarebbero andati a dire tutto a Harry e Ron immediatamente, così che anche loro potessero collaborare con quel folle piano.
«Draco, potresti restare per un momento?» gli chiese Silente, prima che lui e la riccia andassero via. Il biondo annuì e la ragazza si congedò educatamente, dicendo che sarebbe andata ad aggiornare Harry e Ron sulla situazione per comunicare loro la notizia positiva. Uscì dall’infermeria e il ragazzo si voltò verso il preside che lo guardava con uno sguardo strano, come se sapesse qualcosa che a lui non era ancora chiara.
«Voleva dirmi qualcosa?» domandò il Serpeverde.
«Come stai, Draco?» gli chiese il preside, il ragazzo si accigliò.
«Signore?» il giovane inclinò la testa, confuso, non aspettandosi per niente quella domanda «È la sua salute la cosa di cui dovremmo parlare adesso, non credo sia importante stabilire come stia io, adesso» disse «La cosa importante è riuscire a salvarle la vita».
«Sì, ho notato che ti sei impegnato molto in questo… compito che non ti era stato richiesto» disse l’uomo anziano «Ma non posso fare a meno di chiedermi come stai, stai affrontando delle sfide molto ardue in questi giorni».
«Oh… io…» deglutì, sorpreso. Non si aspettava che a Silente importasse così tanto della sua salute, neanche i suoi genitori si soffermavano mai molto a chiedergli come stesse, a volte. «Sto-Sto bene, suppongo».
Silente gli sorrise, gentile «Non ho potuto fare a meno di notare che hai passato molto tempo con la signorina Granger, ultimamente».
«Beh, mi ha aiutato ad elaborare il piano e a fare le dovute ricerche» rispose lui «Ma non ho trascurato il mio compito, anche se nei giorni scorsi facevo ricerche per aiutarla, aiutavo anche Potter con l’Occlumanzia» ci tenne ad aggiungere. Si sentiva più determinato, più intraprendente, più… coraggioso. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, ma… nell’ultimo periodo si sentiva diverso dal solito. E non gli dispiaceva affatto.
«Non avevo dubbi su questo» replicò Silente «E dimmi, procede tutto bene con Harry?»
«Sì, ha fatto molti progressi, ormai riesce a schermare la mente in modo quasi ottimale» rispose con sincerità, poi guardò il preside e non riuscì a trattenere la sua curiosità, era troppo strano quell’atteggiamento «E ieri ha respinto un attacco del Signore Oscuro» disse il ragazzo, ricordando quello che era successo il giorno prima. Silente annuì compiaciuto. «Signore, non riesco a capire il motivo di tutte queste domande… ho fatto qualcosa di sbagliato?» domandò, incerto.
«No, non hai fatto niente di sbagliato, stai tranquillo, anzi direi che stai facendo un ottimo lavoro» gli disse il preside, lui tirò un sospiro di sollievo, aveva temuto che potesse dirgli che aveva tirato troppo la corda decidendo di volergli salvare la vita, o che aveva fallito o qualcosa del genere. Temeva di deluderlo, che si pentisse di avergli dato una chance, che dicesse che non era valsa la pena averlo come alleato, che lo rimandasse tra i Mangiamorte o qualcosa del genere, la sua era solo paura, certo, ma era terrorizzato dall’idea di tornare indietro e tornare da Lui. «Le mie sono solo curiosità, perdonami, non volevo metterti a disagio».
«Non sono a disagio, io… temevo solo di averla delusa».
«Non lo hai fatto, te lo assicuro».
«La ringrazio…»  Draco rimase indeciso se andare via o meno, ma il preside ricominciò a parlare, bloccandolo lì.
«Non ho potuto fare a meno di notare, che hai particolarmente legato con Harry… noto una certa sintonia tra di voi» aggiunse infatti, guardandolo con uno sguardo incuriosito. A quelle parole, il Serpeverde arrossì di botto. Non era solo una sua sensazione allora? Anche altri se ne erano accorti? Si sentiva particolarmente legato a Harry, non sapeva da cosa dipendesse, ma era certo che tra di loro ci fosse una certa elettricità, che li attirava l’uno all’altro come due calamite.
«A-Andiamo più d’accordo di quanto immaginassimo, è vero» rispose il biondo, restando vago, si morse le labbra. Adesso era davvero a disagio, gli occhi di Silente sembravano scrutarlo nell’anima in quel momento.
«Lo vedo…» asserì l’uomo, sorridendo «Lo sai? A volte è da questo che si capisce quanto una persona è importante per noi, da quanto siamo disposti a fare per impedirle di essere infelice. E da questo, beh, l’altra persona può capire invece quanto qualcuno possa tenere a lei» disse, Draco lo guardò mordendosi le labbra e torturandosi le mani, chiedendosi se avesse inteso bene la frase contorta del preside. Non stava parlando di lui e di Harry, vero?
«Uhm, temo di non capire, signore».
«Capirai, un giorno capirai, Draco» disse «Sono sinceramente felice che abbiate legato, questo può cambiare molte cose nel corso della nostra storia. Il destino a volte… può mutare e riservare mille sorprese… ma fino a che punto?»
Sta iniziando a delirare, o cosa? – si chiese Draco mentalmente, guardandolo senza riuscire a dire nulla. Non gli avevano dato ancora nessuna pozione, non avevano ancora attuato il piano per salvarlo, perché stava delirando in quel modo? Madama Chips sopraggiunse ed interruppe il loro colloquio – facendo tirare al biondo un sospiro di sollievo – e gli disse di lasciare che il preside riposasse, perché aveva bisogno di recuperare le energie. Draco annuì e obbedì alla medimaga, si congedò educatamente dal preside, che sospirò qualcosa come Ah, l’amore che sentimento meraviglioso, e lui si dileguò dall’infermeria, il preside stava decisamente delirando; amore, che idiozia.
Non appena chiuse la porta e si voltò per raggiungere le scale, si ritrovò davanti a Potter, sobbalzò e guardò il moro che sembrava sul punto di dirgli qualcosa.
«Madama Chips dice che Silente deve riposare… potrai vederlo dopo» comunicò, anticipando la sua domanda, credeva che volesse vedere il preside. Il moro scosse la testa e lo guardò fisso per qualche altro istante. Draco si sentì in soggezione davanti a quello sguardo e sentì un battito del suo cuore mancare.
«È vero?» chiese Harry.
«Cosa?»
«Hermione ha detto che tu… hai trovato una soluzione per salvare Silente?» domandò incerto.
«Beh sì, non è niente di definitivo, ma bisognerà capire come reagi-» non riuscì a finire la frase, perché si ritrovò avvolto dalle braccia di Harry, in un forte, tenero abbraccio spontaneo. Si ritrovò a deglutire imbarazzato.
Un abbraccio. Da Potter.
Un dannatissimo, caldo, confortevole, sicuro abbraccio. Da Potter.
Draco sentì i battiti del suo cuore accelerare e, quando il Grifondoro lo strinse più forte e avvicinò le labbra al suo orecchio sussurrandogli un delicatissimo «Grazie», rabbrividì e sentì qualcosa contrarsi sia nel suo stomaco sia nel suo petto. Cos’era quello? Cos’era stato? Non lo sapeva, ma non era certo che fosse qualcosa di positivo.
Senza rendersene conto, allungò le braccia dietro alla schiena del moro e ricambiò la stretta, sopraffatto da tutto ciò che stava provando in quel momento.
«Figurati…» riuscì a mormorare in risposta, sperando che quell’abbraccio non finisse mai. Chiuse gli occhi e decise di godersi a pieno il momento. Non voleva perdersi neanche un istante di tutto quello.
 

 
Harry stava impazzendo, se da un lato era sollevato che Draco e Hermione avessero trovato una soluzione per aiutare Silente, dall’altro era frustrato perché non capiva chi fosse questo R.A.B. Era dal giorno prima, quando aveva scoperto che il medaglione era un falso ed era stato rubato da questa persona misteriosa, che lui e Ron non si erano fermati un attimo, cercando di capire chi avesse rubato il medaglione.
Aveva letto e riletto più volte il biglietto che il ladro di horcrux aveva scritto, ma non riusciva a trovare una connessione con nessuno. Chi era R.A.B? Che rapporto aveva con Voldemort? Perché aveva rubato l’horcrux? Era riuscito a distruggerlo? Troppe domande, troppo poco tempo a disposizione. Se da un lato le lezioni di Occlumanzia con Draco riuscivano a tenere Voldemort lontano dalla sua mente, dall’altro lato il tempo per trovare gli horcrux e distruggerli stava diminuendo, presto il mago oscuro sarebbe giunto a Hogwarts e in anticipo. La scuola non era più un posto sicuro e avevano messo al corrente la professoressa McGranitt, la quale con la sua risolutezza aveva iniziato ad organizzare l’evacuazione della scuola. Se Silente pensa che lascerò degli studenti a morire, mentre uno psicopatico entra nella scuola, si sbaglia di grosso. Si era avvalsa dei suoi poteri da vicepreside, aveva organizzato la partenza anticipata e quasi immediata del treno, annullando qualunque altro evento prefissato. Ammiro quello che stai facendo, Potter, ma converrai con me che gli studenti più piccoli vanno messi al sicuro. Chi vuole può restare, ma non permetterò che dei ragazzini rischino la vita, ho già taciuto abbastanza negli anni passati – aveva detto alludendo soprattutto a quando Silente aveva permesso che Harry, nonostante tutto, partecipasse al Torneo Tremaghi, la donna non si era mai perdonata il non essere riuscita a proteggere un suo studente da quell’orrore, soprattutto perché tutti erano caduti nella trappola di Barty Crouch Jr. e dei Mangiamorte e avevano permesso il ritorno di Voldemort. Se solo lei fosse riuscita ad impedire che Potter partecipasse a quella competizione, non sarebbe mai accaduto. Quindi quella volta, avrebbe agito e avrebbe messo al sicuro tutti gli studenti, soprattutto quelli più piccoli. Mentre lei organizzava, comunque, loro continuavano a lavorare al ritrovamento degli horcrux.
Harry era in biblioteca con Ron, stavano disperatamente cercando informazioni, ma non trovavano nulla. Lui e il rosso non erano adatti a quello, le ricerche erano un compito di Hermione, era lei quella brillante tra tutti e tre, colei che riusciva sempre a trovare i loro oggetti di ricerca. Senza di lei, si sentiva perso. E forse anche Draco sarebbe stato più utile di lui e Ron messi insieme, il rosso stava blaterando qualcosa a cui lui non stava facendo caso, perso nei suoi pensieri, ma di certo erano commenti sui gusti delle gelatine che stava mangiando. Come faceva a mangiare in un momento del genere? Maledizione, era l’unico a cui importava di trovare quel medaglione prima dell’arrivo di Voldemort?
«Sto impazzendo» mormorò Harry, prendendosi le mani tra i capelli «Chi diavolo è questo R.A.B? Che diavolo c’entra con Voldemort?» chiese a Ron, guardandolo. L’amico scrollò le spalle e gli passò il pacchetto di gelatine tutti i gusti+1 che aveva tra le mani. Il moro alzò lo sguardo al cielo «Non voglio le gelatine, voglio delle maledette risposte!»
«Non otterrai niente, se ti arrabbi così» gli disse l’altro, insistendo affinché prendesse una caramella «Forza, prendine una, un po’ di dolce potrebbe aiutarti a riflettere meglio».
«Ron, sei totalmente fuori luogo» replicò Harry, prendendone una con un sospiro, la mangiò constatando che non gli era andata tanto male, il limone non gli piaceva granché, ma almeno non era cerume. «Contento ora?»
«Sì» rispose l’altro, sorridendogli «Perché non mi stavi ascoltando» fece.
«Perdonami Ron, ma non mi interessano i commenti sulle gelatine» commentò acidamente il moro, girando una pagina del libro che aveva davanti e pensando che forse nella sezione proibita avrebbe trovato qualcosa.
«Non parlavo delle gelatine, idiota» Harry si accigliò e guardò l’amico «Dicevo che… potrebbe essere stato uno studente di Hogwarts, prima di avvicinarsi a Lui, ti pare?» chiese, il moro lo guardò perplesso per qualche istante, poi annuì, in effetti il ragionamento era sensato «Ecco, quindi, dicevo che noi invece di cercare su polverosi libri come se fosse stato un mago famoso… potremmo cercare sugli annuari, partendo dal periodo della prima guerra, no?»
«Perché mi stupisce che tu abbia pensato una cosa del genere?»
«Perché mi sottovaluti sempre» fece Ron «Ti lascio le gelatine, tu rilassati, io vado a chiedere a Madama Pince gli annuari». Il moro annuì, prendendo un’altra gelatina. Cannella, perché quel gusto gli ricordava Draco? Come se avesse in qualche modo avvertito quel sapore, mentre era accanto a lui. Si riscosse immediatamente, non doveva perdersi a pensare a Malfoy, la priorità era scoprire chi fosse R.A.B, se l’intuizione di Ron fosse stata corretta, avrebbero trovato la pista giusta da seguire e per risolvere quel problema che gravava sulle loro teste. Erano quasi certi che l’ultimo horcrux potesse essere Nagini, la coppa era al sicuro, in attesa di essere distrutta, mancavano ancora all’appello il medaglione e un qualche oggetto appartenuto a Corvonero, era questa la deduzione che, alcune settimane prima, aveva indirizzato lui e Silente su quella strada. La coppa di Tassorosso, dopotutto si era rivelata davvero essere un horcrux.
Stavano cercando di rintracciare il medaglione di Serpeverde e poi si sarebbero concentrati sull’altro oggetto, prima di pensare al serpente. Uccidere quello sarebbe stato molto più complicato, ma non era impossibile, la spada in quell’occasione avrebbe potuto essere la loro arma più efficace.
«Miseriaccia, è stato difficilissimo trovare questi cosi!» esclamò «Amico, abbiamo tutti gli anni ’70 da spulciare» affermò passandogli il primo annuario della pila che aveva in mano, Harry inclinò la testa, aveva senso, dopotutto Codaliscia aveva frequentato Hogwarts con i suoi genitori ed era diventato una spia per conto di Voldemort proprio poco prima della sua nascita e in quel periodo aveva iniziato a passare informazioni al mago oscuro. Inoltre, secondo quello che aveva appreso con Silente, all’inizio degli anni settanta Voldemort aveva iniziato ad acquisire potere e a reclutare i Mangiamorte, a lui si erano uniti tutti quelli che credevano nelle sue folli idee, erano stati anni duri e violenti, quelli. Harry aveva letto molti articoli di giornale sotto suggerimento di Silente, che raccontavano di quegli anni, alcune persone furono anche controllate dalla maledizione Imperius, soprattutto quando il potere del mago oscuro si consolidò. Forse R.A.B era stato un Mangiamorte o una spia per conto dell’ordine ed era riuscito a recuperare il medaglione per distruggerlo. Sì, la teoria di Ron aveva più senso di tutto quello che avevano fatto fino a quel momento, perché non ci avevano pensato prima? Forse Hermione e Draco ci sarebbero arrivati prima di loro, se non fossero stati impegnati con Silente.
Harry sfogliò alcune pagine di un annuario e, improvvisamente, rimase immobile, con le dita ferme sulla pagina. Lì c’era una foto degli studenti di Grifondoro del primo anno dell’anno scolastico 1971-72, essa raffigurava tutti gli studenti del primo anno di quell’anno e Harry vide sua madre, sulla destra che sorrideva amabilmente. Doveva avere intorno agli undici/dodici anni, dietro di lei c’erano suo padre e Sirius che ridevano, probabilmente per qualche scherzo che avevano fatto. Harry sentì un groppo stringere la sua gola, non aveva mai visto foto dei suoi genitori da ragazzini, l’unica foto che aveva era quella che gli era stata regalata da Hagrid nell’album che aveva ricevuto dopo il suo primo anno di scuola.
«Harry…?» lo chiamò Ron, il moro si ricompose e alzò la testa verso l’amico, mostrandogli la foto, l’altro annuì comprensivo «Deve essere dura per te, non averli mai conosciuti, vero?» Harry annuì, senza dire niente ad alta voce e voltò la pagina, lesse velocemente tutti i nomi, cercando qualcuno il cui nome avesse quelle iniziali, ma non ebbe fortuna.
«Sto bene» disse poi, spezzando il silenzio che era caduto tra lui e Ron «Solo che a volte è difficile vederli e sapere di non poter mai chiedere nulla dei loro anni a Hogwarts e cose del genere, a volte immagino mio padre che scopre che sono un cercatore come lui e…» deglutì «Penso che se avesse potuto, sarebbe venuto alle mie partite, cose del genere» un sorriso triste comparve sulle sue labbra «Oppure penso alle reazioni di mia madre alle varie… effrazioni che compio ogni anno, e mi chiedo cose come: mi avrebbe mandato una Strillettera come la tua, quando siamo arrivati con la macchina volante?»
«Sicuro» rispose Ron «Ma avrebbe anche preso a pugni Allock per averti fatto sparire le ossa del braccio» Harry ridacchiò, annuendo e continuando a sfogliare l’annuario, cercando il nome di loro interesse. Beccò anche Piton nella pagina dei Serpeverde del primo anno di quell’anno scolastico e ripensò ai ricordi che aveva visto nel pensatoio del professore l’anno precedente. Quella volta si era reso conto che, in effetti, suo padre non fosse lo stinco di santo che tanto acclamavano tutti, eppure… lui era cambiato. Aveva “messo la testa a posto” e aveva agito dalla parte giusta, alla fine, un po’ come Malfoy, anche lui alla fine si era schierato dalla parte giusta, anche se in passato era stato una testa calda. Suo padre era cambiato davvero ed era diventato un eroe, o almeno era quello che immaginava di lui. Era comunque l’uomo che aveva affrontato Voldemort senza bacchetta per permettere a sua madre e a lui di scappare. Cercò di non focalizzare la sua attenzione su quei pensieri, piuttosto su quello che stava cercando e si sfogliò ancora le pagine, osservando attentamente tutti i nomi, gli venne da ridere quando vide persino Lucius Malfoy in una foto degli studenti del settimo anno, ciò voleva dire che persino il padre di Draco era stato a Hogwarts insieme ai suoi genitori. Assurdo.
Continuarono a sfogliare gli annuari per un’ora, fino a che Ron non esclamò «Ehi, ho trovato qualcosa!»
«Cosa?» domandò di rimando Harry, alzando lo sguardo da una foto dei suoi genitori del quinto anno.
«Leggi qua» fece mostrandogli una foto dei Serpeverde del 1974 «Regulus Arcturus Black». Harry afferrò l’annuario che il rosso stava osservando e guardò la foto. Ma certo! Come aveva fatto a non pensarci prima? Quando era stato per la prima volta a Grimmauld Place, aveva visto l’immenso arazzo della famiglia Black e Sirius gli aveva parlato per somme linee della sua famiglia, una famiglia purosangue, con idee razziste, che seguivano l’ideologia di Voldemort riguardanti la purezza del sangue e gli aveva raccontato qualcosa anche di suo fratello, che si era unito ai Mangiamorte da giovane, ma che poi si era tirato indietro ed era stato ucciso per ordine di Voldemort. Se solo avessero scoperto di più su di lui, probabilmente sarebbe stato più semplice trovare il medaglione, ma era un buon punto di partenza.
«Il fratello di Sirius» disse il ragazzo, con gli occhi spalancati «Era un Mangiamorte, me l’ha raccontato Sirius, si è unito a loro quando era molto giovane poi… è stato ucciso perché ha cercato di scappare da loro» spiegò brevemente quello che il suo padrino gli aveva raccontato un po’ di tempo prima «Potrebbe avere senso… se era vicino a Voldemort e si è pentito… potrebbe aver cercato di distruggere il medaglione!» esclamò.
«Ha senso» commentò Ron «Dobbiamo parlarne anche con Hermione» disse, Harry annuì concordando con lui. Adesso dovevano scoprire cos’era davvero successo a Regulus e capire se avesse distrutto o meno il medaglione o, in caso contrario, dove lo avesse nascosto. L’idea di Ron si era rivelata geniale, avevano scoperto chi era R.A.B e avevano trovato un punto da cui partire per la ricerca del medaglione. Se solo Sirius fosse stato lì, avrebbe potuto aiutarlo.
«Di cosa volete parlarmi?» la voce di Hermione li fece sobbalzare e Harry la guardò con gli occhi sgranati, Ron si voltò verso di lei sconvolto e spaventato, blaterando qualcosa sul fatto che Hermione avesse il brutto vizio di comparire alle loro spalle, senza essere sentita da nessuno. Alle sue spalle, Malfoy sghignazzava.
E fu in quel momento che Harry ebbe l’epifania. Malfoy era la chiave per scoprire qualcosa. Lui poteva aiutarli a trovare il medaglione, quella volta con Sirius aveva scoperto che la madre di Draco era una cugina di Sirius, erano imparentati, quindi… lui poteva sapere qualcosa sui Black e su Regulus! Iniziava davvero a credere di aver preso la decisone giusta quando aveva offerto il suo aiuto al biondo in quel bagno, si stava rivelando più utile di quanto Harry avesse mai potuto immaginare.
«Abbiamo trovato R.A.B» comunicò Ron con un enorme sorriso soddisfatto e fiero sul volto «Il fratello di Sirius».
«Davvero?» chiese la ragazza spalancando gli occhi, Harry annuì e spiegò anche a lei ciò che il suo padrino gli aveva raccontato l’anno precedente sul fratello e sulle sue azioni. Mentre parlava, vide Draco immobilizzarsi e deglutire. Forse temeva di fare la stessa fine di Regulus? Ma lui non lo avrebbe mai permesso. I due nuovi arrivati presero posto accanto a loro – Hermione si accomodò accanto a Ron, Draco accanto a Harry – e iniziarono a discutere con loro riguardo le nuove scoperte. Trovare il medaglione in quel momento era la loro priorità assoluta. Hermione restò molto sorpresa di apprendere che fosse stata un’idea di Ron cercare sugli annuari scolastici, il rosso arrossì fino alle punte delle orecchie, quando lei gli sorrise, complimentandosi con lui. Harry li osservò sorridendo, avevano un modo di guardarsi adorabile e si chiedeva come mai non avessero ancora capito di essere anime gemelle. Davvero, erano perfetti l’uno per l’altro, peccato che non avessero ancora aperto gli occhi, forse prima o poi si sarebbero sbloccati e sarebbero stati felici insieme, magari sarebbe accaduto dopo la sconfitta di Voldemort, quando sarebbero stati liberi dalla sua minaccia. Restarono lì a discutere per un po’, a pensare alle prossime mosse da fare per trovare il medaglione e distruggerlo. La spada di Grifondoro era ancora nell’ufficio di Silente, quella sarebbe sicuramente stata utile allo scopo. Dovevano solo trovare il medaglione, ma aver scoperto l’identità di R.A.B era stato già un passo avanti. Ron e Hermione si congedarono da Harry e Draco, lasciandoli da soli.
«Come sta Silente?» chiese Harry al biondo, quando gli altri due sparirono oltre gli scaffali della biblioteca.
«Meglio» rispose lui «Abbiamo fatto tutto» disse, alludendo alla “soluzione” che avevano ideato per salvargli la vita «Dobbiamo aspettare per capire se ha funzionato» spiegò «Ma… sembrava stare bene, prima».
Harry annuì e gli fece un mezzo sorriso «Grazie». Il biondo annuì e iniziò a giocare nervosamente con un angolo della pergamena su cui stavano appuntando tutte le cose che stavano scoprendo. Si fermò ad osservare qualche istante la grafia disordinata di Potter, cercando di fare qualunque altra cosa, pur di non guardare il moro accanto a sé. Era un po’ a disagio in quel momento. Lui, Hermione e Piton avevano appena finito l’operazione per la mano di Silente, tutto era andato nel migliore dei modi, ma dovevano avere pazienza e capire se la loro idea avesse funzionato. «Malfoy, ascolta…» iniziò Harry cercando di celare uno strano imbarazzo nei confronti dell’altro.
«Uhm?» Draco alzò lo sguardo su di lui, curioso di capire il motivo di tanto imbarazzo nella sua voce, quando incrociò il suo sguardo deglutì e si impose di non distoglierlo, per non mostrarsi debole davanti a lui. Non lo avrebbe mai fatto.
«Mi chiedevo, tu sai qualcosa di Regulus?» chiese «Qualcosa che magari Sirius non mi ha detto?»
«No, non ne ho idea, perché pensi che io sappia qualcosa?»
«Beh, siete parenti, pensavo che sapessi qualcosa».
«E tu che ne sai?» chiese il biondo inclinando la testa.
«Beh, te l’ho detto, era il fratello di Sirius» rispose il moro «Quando sono stato a casa sua, c’era questo enorme arazzo con raffigurazioni di tutta la famiglia e ad un certo punto c’eri anche tu» spiegò brevemente. Il biondo annuì, interessato, sì, sapeva che sua madre, prima di sposare suo padre, era stata una Black, si chiese come avesse fatto a non fare il collegamento tra lei e il padrino di Potter, ricordava quando lei gli aveva parlato del “rinnegato della famiglia Black”, sembrava molto informata sulla situazione… ma forse quella parentela poteva essere utile per scoprire di più «Per questo pensavo che potessi sapere qualcosa, tu sai sempre tutto quando si parla di queste cose di famiglie importanti…»
Il biondo scosse la testa, mortificato «No, io non so niente, ma forse c’è qualcuno che potrebbe saperlo».
«Chi?»
«Mia madre» rispose «È sempre molto informata sugli “affari di famiglia”» spiegò brevemente «Non ti prometto nulla, ma posso fare un tentativo, se dovesse sapere qualcosa, mi farò dire tutto e sarai il primo a saperlo».
Bingo! – esultò mentalmente Harry, guardando l’altro con riconoscenza. Malfoy gli aveva addirittura evitato l’umiliazione di dover chiedere o insistere, si era semplicemente offerto di parlare con sua madre dell’argomento. Sorprendente.
Harry annuì, per ringraziarlo ancora una volta e tirò un sospiro di sollievo.
Forse le cose stavano iniziando a girare nel modo giusto per loro, aveva un buon presentimento riguardante questa nuova pista da seguire, sperava davvero che Narcissa Malfoy potesse aiutarli attivamente e indicare loro la strada giusta da intraprendere. Se avessero trovato il medaglione, avrebbero avuto un vantaggio notevole sul mago oscuro.
 

 
Aver contribuito alla salvezza del preside lo aveva riempito di una fiducia nuova in se stesso, non era dettata solo dalla sua superbia, ma dall’essere effettivamente riuscito a fare qualcosa di utile per aiutare qualcun altro. Non era stato facile assistere a tutto il procedimento, era stato terribile, quasi aveva vomitato, ma aveva tenuto duro; Madama Chips, Piton e un infermiere del San Mungo – che era stato successivamente obliviato – avevano amputato la mano del preside, dopo che quest’ultimo era stato saggiamente sedato con una pozione, le lacrime della fenice avevano fermato l’emorragia e, probabilmente, avevano iniziato a purificare il sangue del preside dai residui della maledizione. Non potevano cantare vittoria troppo presto, certo, ma avevano buone speranze di riuscita, secondo l’infermiere c’era il 75% di possibilità che avesse funzionato. Draco non pensava a quello scarto del 25%, continuava a pensare positivo e a sperare che il preside rientrasse nella maggioranza dei casi, soprattutto per Potter, la cui fragile psiche non avrebbe retto a un’altra perdita, non così vicina a quella del suo padrino.  Se c’era una cosa che aveva imparato del suo ex rivale, durante quelle lezioni di Occlumanzia, era che mostrava una facciata di sé che non sempre corrispondeva a ciò che provava dentro. C’era dolore, c’era rabbia, c’erano emozioni contrastanti, c’era paura, ma anche speranza. Era fragile, anche se si mostrava a tutti come una persona forte. Lo era, certo, ma nascondeva dentro di sé un’enorme fragilità che non tutti erano in grado di vedere, Draco aveva assistito, attraverso i suoi ricordi, ai suoi momenti di tristezza, ai suoi momenti di solitudine che cercava di ritagliarsi sempre per fuggire da tutta la pressione che gravava su di lui. Draco lo capiva, anche. E per questo voleva aiutarlo e desiderava salvare il preside. E soprattutto voleva aiutarlo a sconfiggere Voldemort, non solo per salvare la sua vita e quella di sua madre, ma perché si era reso che era la cosa giusta da fare. Il mago oscuro era un pericolo per tutto il mondo magico, per i maghi di origine babbana e per gli stessi babbani e persino per chi, troppo accecato dal potere per accorgersene, lo seguiva, venerandolo e spianandogli davanti una strada fatta di omicidi, oscurità e malvagità, come suo padre.
Erano questi i pensieri che si ripetevano nella sua mente, mentre scriveva a sua madre per chiederle di vedersi via camino per parlare di un argomento davvero molto importante. Spedì la lettera quella sera stessa, sperando che la donna rispondesse il mattino seguente. Non avevano tempo da perdere lo sapeva. Passò la nottata insonne, pensando alle parole giuste che avrebbe dovuto usare con lei per chiederle le informazioni di cui aveva bisogno, senza rivelare troppo. Di solito era sempre stato bravo ad utilizzare le parole nel modo corretto e non credeva che sua madre sarebbe stata particolarmente ostile, era scappata con lui alla fine, neanche lei aveva particolarmente apprezzato la sorte che, a causa delle azioni di Lucius, entrambi avevano subito.
Nonostante i suoi pensieri ottimistici, Draco restò particolarmente ansioso durante la nottata. Non era il solo pensiero dell’horcrux a tenerlo sveglio, ma tutta la situazione che stava vivendo in quel periodo. Se da una parte si sentiva su di giri per quello che stava facendo, dall’altra era preoccupato, ormai l’arrivo di Voldemort e dei Mangiamorte era imminente e lui temeva il momento della resa dei conti.
 
Ricevette la risposta di sua madre la mattina dopo, essa era molto minimale, in poche righe accettava la sua richiesta, dicendogli che avrebbe risposto a tutte le sue domande. Così senza neanche fare colazione, Draco uscì dalla Sala Grande, stringendo la lettera in mano e si diresse verso l’ufficio di Silente, aveva ricevuto dal preside il permesso per utilizzare il camino del suo ufficio per quell’importante comunicazione, così raggiunse il camino, attraverso il quale si mise in contatto con sua madre, che stava ancora alla Tana con i Weasley.
«Madre» la chiamò il ragazzo, chinandosi verso il fuoco acceso. Il volto di sua madre comparve tra le fiamme e la donna parve sorridere, nel riconoscere il figlio.
«Draco» disse lei «Stai bene? È successo qualcosa?»
«Dovrei parlarti» disse lui «Come ti ho detto nella lettera, ho bisogno di alcune informazioni che credo tu possa avere».
«Ma certo, tesoro» replicò lei «Dimmi tutto, se posso aiutarti, lo farò».
«Tu conoscevi un certo… Regulus Black?» chiese esitate. La donna parve riflettere un momento, poi annuì.
«Certo, lo conoscevo… era un mio cugino, perché?»
«Avrei bisogno di sapere… come è morto» disse il ragazzo «Potrebbe aver rubato a Tu-Sai-Chi qualcosa di prezioso, che potrebbe aiutarci a sconfiggerlo una volta per tutte» continuò «Tu sai qualcosa di ciò che gli è successo?» chiese. Narcissa annuì, pensierosa, sembrava che stesse valutando in che modo raccontare a suo figlio quella storia, poi iniziò a parlare.
«Beh, è successo molti anni fa, tu non eri ancora nato» cominciò a raccontare la donna «Il Signore Oscuro era al suo massimo del potere, raccoglieva sempre più seguaci e molti in quel periodo si avvicinavano a lui» disse «Regulus si era unito ai Mangiamorte  da giovanissimo, era davvero uno degli elementi più giovani» continuò a raccontare «Solo che… non so bene cosa accadde precisamente, ma decise di tirarsi indietro».
«Ed è possibile?» domandò Draco «Cioè, si può… smettere di essere un Mangiamorte?»
«No, non si può» rispose la donna, mestamente «Quando Regulus abbandonò il Signore Oscuro, egli mandò alcuni dei suoi uomini a cercarlo per ucciderlo» spiegò lentamente «Fu una delle prime missioni di tuo padre, sai?» il ragazzo spalancò gli occhi, mentre una strana sensazione di terrore si faceva largo in lui «Lucius fu uno dei primi ad essere convocato» raccontò ancora «Provai a chiedergli di non andare, eravamo sposati da poco tempo e… credevo di avere più influenza su di lui, ma mi sbagliavo» disse ancora, più ascoltava quella storia, più Draco iniziava a sentire un terrore crescere sempre di più dentro di lui, deglutì e cercò di scacciare dalla mente i pensieri peggiori «Ma lui si nascose e non riuscirono mai a trovarlo. Regulus sparì nel nulla» raccontò ancora lei «Dubito che sia ancora vivo» aggiunse «Non so altro di lui, mi dispiace». Il ragazzo annuì, mentre il terrore dilagava dentro di lui.
«E-E non sai se ha rubato qualcosa di prezioso?»
«No nessuna notizia del genere è mai giunta alle Sue orecchie» disse lei, dispiaciuta di non poter dare più informazioni al figlio «Ma se è vero che ha rubato qualcosa, è molto probabile che l’abbia conservata nella vecchia dimora dei Black e, se è ancora vivo, il vecchio elfo della famiglia può aiutarti, anzi probabilmente sa più cose di quante non ne sappia io».
Draco annuì ancora, appuntando mentalmente le informazioni che sua madre gli aveva appena dato. Non era molto, ma almeno sapevano a chi chiedere ulteriori notizie. «Chiederò a Potter se sa qualcosa di questo elfo, la casa ora è sua».
«Davvero?»
«L’ha ereditata dal suo padrino, Sirius Black, hai presente?» chiese.
«Sì, ricordo quella spiacevole storia» rispose la donna «Hai bisogno di altre informazioni a riguardo?»
«No, va bene così» rispose lui, deglutendo «Grazie, madre».
«Draco, sta’ attento, ti prego, tuo padre potrebbe fare qualunque cosa per il Signore Oscuro, se dovesse contattarti, non fidarti di lui» disse, mettendolo in guardia, lui annuì avvertendo un brivido scivolare lungo la sua schiena «Sappi che sono molto fiera di te».
Il ragazzo le sorrise e la ringraziò, scambiò qualche altra parola con lei, ma poi dovette abbandonare la piacevole conversazione che stavano avendo, per raggiungere Potter. Dovevano parlare di quanto aveva scoperto e decidere come comportarsi. La cosa più saggia e logica da fare era andare a casa del padrino di Harry e cercare l’elfo per ottenere più informazioni possibili da lui e trovare il maledetto medaglione. Il tempo a loro disposizione era sempre di meno e non potevano assolutamente perderne altro. Draco deglutì e si fece forza su se stesso, doveva farcela, se non altro aveva Potter al suo fianco che lo avrebbe aiutato, insieme avrebbero salvato la scuola e il mondo magico dalla minaccia oscura.
 

To be continued…

 


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 

Grazie a Potterpedia per il testo del biglietto di Regulus, non avevo voglia di cercarlo nel libro per riportarlo fedelmente. Quel sito è una manna dal cielo, quando devi fare riferimenti al canon.


Hola peps!
Eccoci con il nuovo appuntamento con questa storia!
Che dire, abbiamo un primo avvicinamento Drarry (e il loro rapporto non può che migliorare ancora di più da qui in poi u.u)
Ebbene, come dall'annuncio e come qualcuno aveva già sospettato, le cose sono un pelino diverse dal canon, evitare il Sectumsempra ha cambiato molte cose a livello della trama e i nostri eroi non solo hanno anticipato la ricerca degli horcrux, ma questo… puzza di battaglia di Hogwarts anticipata. (se sarà una battaglia, chissà!) Intanto Voldemort ha dato un ultimatum a Draco, la nostra piccola serpe ha pochi giorni per organizzarsi e dimostrare la sua fedeltà, altrimenti, beh, Nagini ha sempre un po’ fame, un buchetto nello stomaco libero tra un nato babbano e un babbano. (Draco: Io ti ammazzo, lurida babbana, ma la smetti di farmi soffrire o morire di paura? Io: Ssssshhhh, non sai niente, non ho nemmeno iniziato. Abbracciati Pottah e taci) Ma almeno Draco ha mostrato una poker face senza precedenti e ha rigirato per benino Voldemort, facendogli credere di aver ingannato Harry (così come aveva detto Piton al Magiamorte nel capitolo precedente). Dentro stava morendo di paura, ma è riuscito a fingere bene, che bravo ragazzo. E veniamo al nocciolo del capitolo.
Secondo voi perché avevo liberato Narcissa da Malfoy Manor? Così che potesse spettegolare sui MM e su cosa successe a Regulus. Obv, lei è della famiglia Black ed era sposata con Lucius all’epoca della morte di Regulus (perché Draco è nato nel 1980, quindi nel '79 dovevano per forza stare almeno insieme, ho ipotizzato fossero già sposati, piccina lei, appena sposata e suo marito è già un potenziale assassino. LA GIOIA DI ESSERE NARCISSA) (non ci credo manco un po' che Lucius era uno che agiva sotto Imperius, cioè, gli Auror se la sono bevuta, IO NO).
Si sa, Regulus è morto a causa degli inferi, ma Narcissa non lo sa, e quindi ho sfruttato un pochetto quello che Sirius dice nel quinto libro, quando dice a Harry che suo fratello è stato ucciso da Voldemort o per suo ordine e ho condito il tutto con una bella strizza per Draco, aggiungendo che Lucius era sulle tracce di Regulus per volere di Voldemort. Solo il piccolo Kreacher sa tutto e nel prossimo capitolo arriverà! :D 
Aaaaah questi Malfoy che spettegolano i cazzi del Signore Oscuro a destra e a manca AHAH, Voldie, stai più attento ai tuoi amichetti, la prossima volta! Vabeh che Narcissa non è una Mangiamorte, non ha il marchio e l’unica cosa che vuole fare è proteggere il figlio – e aiutare Harry, visto che lui ha salvato suo figlio LOL -
E niente spero che questo escamotage che ho trovato per metterli sulla strada giusta per trovare il medaglione vi sia piaciuto! Penso che la ricerca del medaglione sia la cosa più difficile che abbia dovuto adattare per questa storia, infatti per colpa di questo ho dovuto aggiungere un capitolo in più LOL spero di non aver fatto un disastro e che tutto abbia un senso logico. Ovviamente, nel prossimo capitolo ci aspettano momenti Drarry come se piovessero (Sì, è sempre una Drarry questa ricordate, peps!) e Kreacher sottone per Draco. :D
Harry ha quasi trovato tutti gli horcrux, Voldie crede che Draco sia uno dei suoi e che non lo stia tradendo, ma presto la verità verrà allo scoperto eeeee HO SALVATO SILENTE. Sì, l’ho salvato solo perché mi serve un po’ più avanti, ma l’ho salvato, spero che il modo in cui lo salvano, sia sensato, ci ho riflettuto a lungo e tra tutte le soluzioni che avevo pensato, questa era quella che avesse più senso. Usiamola la fenice, eh!
Hermione che percula Draco non ha prezzo, comunque.
Intanto voglio ringraziare le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, Eevaa e Himeko82, e anche tutte le persone che leggono in silenzio e chi la aggiunge alle varie categorie, e chi mi supporta anche in privato <3 grazie davvero a tutti!
Spero che la storia continui a piacervi, ci avviciniamo verso la fine della prima parte/stagione della storia! UUUUUH. Chissà! Se avete teorie su cosa accadrà, fatemi sapere :D
See you on Saturday, peps!
Love all of ya <3
#Staysafe
 
 
Fatto il misfatto

 

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Capitolo 8
*** Prima Parte, Capitolo 7: Grimmauld Place, 12. ***



Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 7: Grimmauld Place, 12




«Allora, hai parlato con tua madre?» chiese Harry con impazienza, quando entrò nell’ufficio di Silente. Draco si mise seduto davanti al camino e annuì lentamente. Aveva appena finito di parlare con sua madre ed era ancora turbato dall’avvertimento che la donna gli aveva dato e da ciò che gli aveva raccontato riguardo suo padre. Aveva sempre saputo che era un uomo freddo, che per il potere avrebbe fatto di tutto, ma non si sarebbe mai aspettato che potesse essere tanto spietato da dare la caccia a un ragazzo per ordine di Voldemort, inoltre la donna gli aveva fatto capire che Lucius non avrebbe esitato ad uccidere anche lui, il suo stesso figlio, per compiacere quel mostro. Draco non aveva neanche faticato a credere alle sue parole, visto che quando era stato convocato al Manor, suo padre aveva cercato di convincere il Signore Oscuro che lui stesse mentendo, per pura fortuna il mago non si fidava di lui a causa dei suoi fallimenti. Se non fosse stato per quei precedenti, probabilmente Voldemort avrebbe dato ragione a suo padre e lui sarebbe stato spacciato.
«E…? Hai scoperto qualcosa? Ti ha detto qualcosa di Regulus?» incalzò il moro, avvicinandosi a lui, vedendo che lui non rispondeva. Il biondo annuì ancora una volta, ma non disse niente. Sapeva di non dover focalizzare l’attenzione su ciò che gli era appena stato raccontato su suo padre, ma non ci riusciva, il suo pensiero tornava sempre a quel punto del racconto. Sapeva di doversi concentrare sul suggerimento di sua madre di rintracciare l’elfo dei Black, qualora fosse stato ancora vivo per ottenere altre informazioni, ma non riusciva a pensare ad altro se non che suo padre, ancor prima della sua nascita, aveva dato la caccia a un ragazzo poco più grande di lui per ucciderlo. Ormai aveva capito che suo padre era un Mangiamorte convinto, ma non credeva che lo fosse sempre stato. Era cresciuto con un’idea di quell'uomo che non era per niente, neanche lontanamente, simile all’uomo che aveva dimostrato di essere. Era vero, lo aveva sempre temuto fin da piccolo, perché era stato un padre severo, quasi sempre assente, che non lo aveva mai valorizzato per quello che era, ma che aveva sempre cercato in lui qualcosa in più rispetto a quello che poteva dare. "Ti do i mezzi per eccellere e tu fallisci sempre, Draco "– gli aveva detto una volta – "come con il Quidditch, ho comprato le scope migliori per tutta la squadra e tu non riesci a vincere una dannatissima partita". Il Quidditch era solo un esempio di quanto suo padre avesse svalorizzato le sue capacità. Tuttavia, non avrebbe mai pensato che quell’uomo severo fosse sempre stato un assassino senza pietà. Aveva sempre creduto che egli fosse stato una di quelle persone che avevano agito sotto Imperius, che non fosse stato colpevole completamente, che fosse stato soggiogato da Voldemort, ma si era sbagliato. Avrebbe dovuto capire che la sua era solo una fantasia, la fantasia di un ragazzino che cercava di vedere del buono nel proprio padre, del buono che però era inesistente.
Draco non riusciva a smettere di pensare all’eventualità che, su ordine del mago oscuro, suo padre potesse tranquillamente decidere di uccidere anche lui, dopotutto, cosa gli avrebbe impedito di farlo, una volta saputa la verità sul suo tradimento? Nulla. Ne era perfettamente consapevole, ma questo lo terrorizzava; non tanto l’idea di morire – sì, anche quella lo spaventava – ma di morire per mano dell’uomo che lo aveva cresciuto. Era un pensiero che lo spaventava, chi non avrebbe avuto paura nella sua situazione? Probabilmente solo un folle come Potter.
«Draco, stai bene?» gli chiese Harry con un tono di voce più gentile rispetto a quello incalzante delle domande che gli aveva rivolto poco prima; probabilmente il moro aveva notato la sua espressione atterrita e aveva capito che in lui ci fosse qualcosa che non andava. Draco non riusciva neanche a riconoscersi: era sconvolto, spaventato, terrorizzato. Aveva mantenuto il sangue freddo per tutta la durata della sua conversazione con sua madre, soprattutto per non farla preoccupare, ma quando era rimasto da solo, tutti quei pensieri avevano iniziato a farsi largo nella sua mente ed erano diventati sempre più persistenti, terrificanti, paralizzanti.
«Io… credo di aver bisogno di un minuto» esalò. Potter lo guardò perplesso, senza riuscire a capire cosa fare. Draco avrebbe voluto saperlo anche lui.
«Okay…?» esitò «Ne vuoi parlare…?»
«Voglio stare da solo, Potter» asserì, interrompendolo bruscamente. Non aveva bisogno delle sue belle parole in quel momento, aveva solo bisogno di un attimo per riflettere e per smettere di essere così patetico. Avrebbero vinto, tutte le probabilità erano dalla loro parte, quindi di cosa si preoccupava esattamente?
«No che non ti lascio da solo» replicò l’altro con sicurezza «Sei sconvolto, in parte c’entra quello che ti ha raccontato tua madre, è chiaro, lo percepisco da qui» disse «Quindi no, non ti lascio da solo».
«Potter, ho bisogno di un momento» ripeté «Te lo dico tra un attimo».
«Okay» rispose Harry «Io sono qui, se hai bisogno» affermò. Draco sospirò e, alzandosi da terra, raggiunse una delle sedie libere presenti nello studio, si lasciò andare su di essa e si prese la testa tra le mani. Cercò di regolare il proprio respiro, che era diventato più affannoso e affaticato del solito.
 Alzò lo sguardo sul moro, egli era lì, di fronte a lui e non si muoveva, quasi non batteva ciglio.
Oh ti prego, smettila di fare così, pensò esasperato, sospirando pesantemente. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e cercò di non pensare al peggio. Provava una strana sensazione, paura mista a qualcos’altro che non sapeva identificare, a cui proprio non sapeva dare un nome e questa era in grado di sopraffarlo, quasi mozzandogli il fiato in gola. Pochi istanti dopo, Potter si mosse e lo raggiunse e si inginocchiò davanti a lui, appoggiando una mano sul suo ginocchio per confortarlo. In quel momento, a tutto quello che il biondo provava, si aggiunse un’altra emozione ugualmente sconosciuta e misteriosa che però ebbe il potere di farlo sentire un po’ più calmo. Potter emanava una strana e innaturale calma, era come se il suo inconscio sapesse che avendo quel ragazzo accanto a sé, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla. Aveva fiducia nella promessa che gli aveva fatto in quel bagno, ma sapeva anche che Potter aveva solo quasi diciassette anni e che quello che stavano affrontando era un mago oscuro molto più potente di loro messi insieme, tuttavia… se c’era una cosa che aveva imparato in quel mese in compagnia del Grifondoro era di non perdere mai la speranza.
Quest'ultimo non disse niente, quando si avvicinò. L’impaziente e – ultimamente – irascibile prescelto diede prova di grande pazienza, mentre aspettava che Draco si calmasse e si sentisse a suo agio; non si mosse, né parlo, restò lì a confortarlo e attese semplicemente che l’altro fosse pronto a parlare e a raccontargli cos’era accaduto. Il Serpeverde restò almeno dieci minuti in silenzio, fermo e bloccato nei suoi pensieri, nei suoi timori, anche se era consapevole di doversi sbloccare e di smetterla di comportarsi come un bambino capriccioso. Era strano per Draco avere Potter accanto in quel modo, ma la sua presenza era in qualche modo rassicurante. Ma lui come aveva fatto a non impazzire con un assassino alle calcagna fin da quando era piccolo? Dannazione, a lui il solo pensiero che suo padre avrebbe potuto ucciderlo per ordine di Voldemort, lo faceva impazzire e gli impediva di ragionare lucidamente, Harry aveva affrontato più volte quell’assassino, l’aveva sempre sconfitto e non era mai impazzito – sebbene al quinto anno ci fosse andato pericolosamente vicino, ma più per colpa di Silente che non lo aiutava che per colpa sua – nonostante tutto quello che gli era successo. Dopotutto, c’era una differenza se Potter era un Grifondoro e lui un Serpeverde, no? Potter aveva un innato coraggio e una determinazione fuori dal comune. E nonostante tutte le responsabilità che aveva sulle spalle, nonostante tutto il periodo orribile che stava vivendo, nonostante tutto… aveva deciso di aiutare anche lui e in quel momento, lo stava confortando. Assurdo.
Alzò nuovamente lo sguardo sul Grifondoro e quest’ultimo gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma comprensivo.
«Mi sento patetico» confessò con un sospiro dopo altri minuti di silenzio «Non so cosa mi prenda e sono bloccato».
«Non sei patetico» gli disse Harry, prendendogli delicatamente una mano «Sei solo sopraffatto» lo rassicurò, accarezzandogli piano il dorso «Lo posso capire, è la prima volta che vai contro la tua famiglia, hai passato tutta la vita a compiacerli, adesso stai prendendo le tue decisioni e ne sei spaventato» continuò, mentre Draco, ipnotizzato, fissava le loro mani e le dita del moro che, come una calda rassicurazione, accarezzavano le sue «Inoltre sei spaventato dal fatto che se Voldemort scoprisse ciò che stai facendo alle sue spalle, farebbe del male a te o a tua madre e immagino che tuo padre non esiterebbe a sporcarsi le mani per compiacere il suo signore» il biondo deglutì, davanti alla verità di quelle parole, era proprio così che si sentiva, ma come faceva Harry a saperlo? «In tutto ciò, temi di deludere qualcuno, sbagliando qualcosa in questa folle missione che stiamo portando avanti» aggiunse piano, senza smettere di accarezzare la sua mano «Se a tutto questo aggiungi anche che continuiamo ad esercitarci con l’Occlumanzia quando possiamo e hai passato nottate intere a cercare una cura per Silente… ottieni il quadro completo».
«Sì, penso… che sia come dici tu» replicò Draco con un filo di voce «Sei bravo a capire le persone…»
Harry scrollò le spalle e gli strinse la mano nella sua «Capita anche a me di sentirmi sopraffatto da ogni cosa, so che devo andare avanti, che devo sconfiggerlo, ma… a volte è difficile».
«Chi avrebbe mai detto che a capirmi così bene, fossi proprio tu…»
Harry lo guardò brevemente e gli sorrise, annuì e gli strinse la mano con forza, smettendo di accarezzarla. Il suo gesto sembrava che volesse trasmettergli sicurezza e… fu efficace. Draco si sentì investito dalla sicurezza del moro, ma come diavolo faceva? Non avrebbe mai creduto che Potter potesse essere così… comprensivo. Non con lui, almeno.
«Come ci riesci?» chiese «Come fai a non impazzire ogni volta? Vivi questa merda ogni anno».
Harry ridacchiò appena «Il piccolo aristocratico che dice una parolaccia? Devo preoccuparmi di un cataclisma peggiore di Voldemort?» chiese ironicamente, guadagnandosi un pugno leggero sulla spalla e un idiota borbottato dall’altro «Ehi, sto scherzando!» esclamò in sua difesa «Il mio segreto è che… beh, il più delle volte non ci riesco. Mi capita di perdere la pazienza più spesso di quanto vorrei» ammise, ricordando ciò che era accaduto appena un anno prima dopo la morte di Sirius, quando aveva distrutto l’ufficio di Silente in preda a una rabbia profonda mista a sofferenza, che era esplosa come un Ardemonio dentro di lui e si era riversata in tutti gli oggetti presenti nell’ufficio del preside, senza badare a null’altro. Esisteva solo quella e a volte era terrorizzato da essa.
Draco annuì, era vero, soprattutto negli ultimi giorni, c’erano stati momenti in cui il moro era stato intrattabile. «Eppure sei sempre in prima fila per combattere» disse «Non perdi mai il coraggio di farti avanti».
Il moro arrossì appena, distogliendo per un attimo lo sguardo, prima di rispondere «Beh, è il mio compito, no?  E poi preferisco sacrificarmi io, piuttosto che permettere a qualcuno di far del male ai miei amici o alle loro famiglie» affermò con sicurezza. Draco rimase affascinato nuovamente da quella nuova prospettiva che stava avendo del suo ex rivale scolastico. Un suo coetaneo, un ragazzo come lui, spaventato dalle circostanze, ma determinato a porre fine a quella situazione di terrore che, pian piano, stava dilagando nel mondo magico. Voleva porre fine a quella pazzia, e Draco era certo di volerlo aiutare, non lo disse, ma Harry lo guardò in un modo tutto nuovo, come se avesse capito.
Calò di nuovo il silenzio tra di loro, Draco fece per parlare e raccontare ogni cosa, ma Harry lo anticipò, sorprendendo il biondo che non si aspettava di sentirlo parlare di quello.
«Sai? A volte, ci sono dei momenti di… buio, in un cui non mi riconosco, in cui sento di poter perdere il controllo e provo l’istinto di voler far del male a chi mi sta di fronte» confessò «Non so perché accade ma a volte… quando mi arrabbio, sembra- è come se qualcun altro prendesse il sopravvento su di me» aggiunse, deglutendo. Draco lo guardò spalancando gli occhi, stupito dalle parole che aveva udito. Lo sapeva, lo aveva sempre sospettato, ma adesso ne aveva quasi la certezza. Doveva indagare di più, così da dirlo a Silente e trovare un modo per aiutare Harry a liberarsi di quell’oscurità.
«Qualcun altro… tipo Lui?» domandò.
Il grifone esitò per un momento, prima di rispondere: «Sì» disse «È questo… strano collegamento, sai? Il fatto che parlo serpentese, le visioni e tutto il resto…» spiegò a strascichi, mordendosi le labbra, pensando di aver parlato – forse – troppo. Le sue parole ebbero solo il merito di confermare sempre di più la teoria del Serpeverde. L’oscurità che aveva percepito nella mente di Harry non era solo una reazione alle sue sfortunate vicende, ma era qualcos’altro, qualcosa di oscuro, malvagio, cattivo, qualcosa che lo legava a Voldemort, era come un seme marcio piantato in un meraviglioso prato. Cosa fosse, Draco non lo sapeva, ma Silente non poteva più negare l’esistenza di quella “cosa”.
«Vuoi andare a parlarne con Silente? Secondo me dovresti farlo e anche subito».
«Silente dice che è a causa del legame» replicò Harry, scuotendo la testa «Sparirà quando lo sconfiggerò».
«Secondo me stai sottovalutando il problema» affermò Draco con insistenza. Avrebbe trascinato di peso Harry dal preside immediatamente, se solo quest’ultimo non fosse stato tanto cocciuto e fiducioso nelle parole del mago anziano.
«Come ho detto, finirà quando avrò sconfitto Voldemort» ripeté, chiudendo il discorso. Draco sbuffò frustrato, guardando l’altro preoccupato. Perché era così preoccupato per lui? Perché continuava a preoccuparsi in quel modo per quel ragazzo?
Era consapevole che continuando ad insistere, non avrebbe risolto niente, così sospirò e annuì, anche se incerto. Prima o poi avrebbe capito cos’era quella cosa e avrebbe aiutato Potter a sbarazzarsene, per ripagarlo di tutto ciò che aveva fatto per lui.
«A questo proposito» disse per cambiare discorso «Mia madre mi ha parlato di Regulus Black e di ciò che gli è successo».
«Oh, bene!» esclamò il moro, sollevato che avessero cambiato discorso «Cosa ti ha detto? Qualcosa sul medaglione?»
«No, non sapeva niente di quella storia, mi ha detto che era un Mangiamorte molto giovane e che decise di ritirarsi, in qualche modo cambiò idea, ma… Voldemort mandò i suoi uomini a cercarlo, solo che lui sparì misteriosamente, facendo perdere qualunque traccia di sé» raccontò, Harry avvertì già l’odore di sconfitta, non erano buone notizie quelle, ma Draco continuò «Tuttavia, mia madre sostiene che e ha rubato qualcosa, potrebbe averlo affidato all’elfo della casa dei Black e se lui è ancora vivo, beh, può condurci al medaglione» disse, a quelle parole il moro parve rilassarsi leggermente, non era tutto perso, potevano ancora ricevere delle risposte «Ma l’elfo potrebbe essere morto, dopo tutti questi anni».
«In realtà, no» replicò.
«Come?»
«Kreacher è vivo, ricordi quando ti ho parlato della casa che ho ereditato dal mio padrino?» domandò, Draco annuì «Ho ereditato la casa e… tutto ciò che appartiene ad essa, anche l’elfo appartenuto ai Black» disse «Kreacher potrebbe essere la soluzione per tutti i nostri problemi» affermò Harry.
«Quindi tu sai dov’è?» chiese l’altro, il Grifondoro annuì «Ma questo è fantastico, potremmo andare anche subito!»
«Sì possiamo, ma tu non puoi accedervi, hai bisogno dell’autorizzazione del custode segreto della casa» affermò «Andiamo da Silente».
Uscirono dall'ufficio del preside l'uno accanto all'altro e poi corsero fino all’infermeria, dove brevemente spiegarono al preside tutto ciò che avevano scoperto riguardo il medaglione. Fu proprio Silente a rivelare la posizione del Quartier Generale dell’Ordine della Fenice a Draco. I due ragazzi si guardarono, decisi a intraprendere quell’ennesima missione insieme, fianco a fianco, per aggiungere un nuovo tassello alla sconfitta di Lord Voldemort.
Erano sempre più vicini a raggiungerla, ormai.
 

 
Dopo il discorso con Harry, Draco si sentiva un po’ più tranquillo. La paura non gli era passata del tutto, ma il Grifondoro aveva questo particolare potere di infondere tranquillità e poi… non poteva negare che il suo modo di rassicurarlo, con così tanta dolcezza, gli aveva acceso qualcosa nel petto, qualcosa a cui ancora non sapeva dare un nome vero e proprio. Si rese conto che in quel periodo, nella sua vita, c’erano fin troppe emozioni a cui non sapeva dare un nome e non aveva idea del perché.
Il tempo non era a loro favore, ne avevano sempre di meno e l’arrivo di Lord Voldemort era sempre più vicino, Silente era ancora in infermeria e, anche se avevano buone speranze che si riprendesse in tempo, la sua salute restava un’incognita.
Organizzare la “gita” alla vecchia casa dei Black non fu poi così complicato. Quella volta, però, si premunirono di avvisare il preside della loro idea – soprattutto perché avevano bisogno che lui rivelasse a Draco la posizione della casa, altrimenti egli non avrebbe potuto accedervi – e decisero di raggiungere la casa dei Black, usando il camino collegato alla Metro Polvere dell’ufficio di Silente. Ron e Hermione, intanto, sarebbero rimasti a scuola a cercare di capire quale avrebbe potuto essere l’ultimo horcrux, probabilmente si trattava di un oggetto legato a Corvonero, visto che la spada non era un horcrux, anzi era una delle armi utili per distruggerli. Era un grosso rischio spostarsi dalla scuola, ma non avevano altra scelta, viste le ultime notizie apprese dalla gazzetta del profeta, infatti le sparizioni di babbani erano aumentate, ogni giorno si leggeva di persone sparite o uccise, il potere di Voldemort si stava diffondendo così come la sua influenza sui suoi uomini, che – in base alle voci che circolavano – aumentavano sempre di più. Il mondo magico era nel caos, come era già successo in passato, e non c’era nessuna speranza, nessuna tranne l’intervento del prescelto, solo lui avrebbe potuto salvare tutti da quella minaccia. Era buffo che il destino del mondo magico si poggiasse sulle spalle di un giovane mago di nemmeno diciassette anni. E Harry si stava impegnando con tutte le sue forze per sconfiggere Voldemort. Ed era a pochi passi dal compiere il suo destino, adesso che avevano distrutto già due horcrux, ne avevano recuperato uno e si apprestavano a trovarne un altro. Il serpente era solo una supposizione, secondo Silente non era molto affidabile come horcrux, ma Draco aveva rivelato che Voldemort tenesse particolarmente alla salute di Nagini. La sua ossessione per il serpente e per la sua protezione erano stati i motivi che li avevano spinti a pensare che ,in effetti, l’ultimissimo horcrux potesse essere quello. Dovevano sperare che la loro supposizione fosse esatta, altrimenti non avrebbero avuto speranze quando Voldemort sarebbe arrivato. Avevano iniziato a delineare il piano per la notte in cui sarebbe avvenuto tutto e, sebbene fosse un tentato suicidio, non era un piano campato per aria, anche grazie all’aiuto imprevisto che Piton stava fornendo loro.
Raggiunsero l’ufficio di Silente quella sera. Avevano poco più di ventiquattro ore prima dell’arrivo di Voldemort e speravano che tutto andasse nel migliore dei modi. Dovevano andare al numero dodici di Grimmauld Place, lì dove si trovava il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, la vecchia casa dei Black, quella che Potter aveva ereditato dal suo padrino, che gli aveva lasciato un posto in cui vivere, quando tutta quella storia sarebbe finita. Quando Potter gliel’aveva raccontato, a Draco era spuntato un piccolo sorriso nel vederlo in quel modo. Quando parlava del suo padrino, Harry si trasformava, il suo viso si deformava prima era addolorato e poi si ammorbidiva e la nostalgia compariva su di esso, quando diceva “Sirius è stato una delle poche persone che mi abbia davvero voluto bene, anche se non abbiamo condiviso tanto, avevamo stretto un rapporto… indissolubile e mi manca”. Gliel’aveva confessato durante una delle loro esercitazioni con l’Occlumanzia, quando gli aveva anche raccontato dell'elfo che lo aveva tradito, ma non aveva pensato che l'elfo del racconto e l'elfo della famiglia Black potessero essere la stessa creatura. Draco non poteva capire il dolore di Harry, ma poteva immaginarlo. Sua madre era la persona più importante per lui, il solo pensiero che potesse accaderle qualcosa, lo faceva impazzire. Ancora, quando dormiva, sognava il giorno in cui era stato marchiato, il giorno in cui la sua vita era cambiata completamente, quando Voldemort lo aveva costretto con la Maledizione Imperius a torturare sua madre, solo per spingerlo ad accettare.
«Stai bene?» gli chiese Harry affiancandolo.
«S-Sì».
Una mano di Harry si allungò verso il suo viso, Draco si immobilizzò; il moro appoggiò la mano sulla sua guancia e con il pollice gliel’accarezzò delicatamente, come se volesse eliminare qualcosa dal suo viso. «Perché stai piangendo?» gli chiese. Il biondo deglutì e fece un passo indietro, scostandosi da vicino a lui, sentendo le gote andare in fiamme.
«Non sto piangendo» ribatté, distogliendo lo sguardo e tastandosi le guance per capire cosa fosse accaduto. Ricordare l’estate gli aveva davvero fatto quell’effetto? Aveva pianto senza accorgersene? E perché Potter sembrava così interessato ai suoi sentimenti? E perché si sentiva sempre così confuso con lui, quando era vicino a lui?
«Volevo solo aiutarti» replicò l’altro con una scrollata di spalle «Allora, sei pronto ad andare?»
«Certo, io sono sempre pronto» affermò Draco con sicurezza. Harry lo guardò stranito per un attimo, prima di ridacchiare, scuotendo la testa «Che hai da ridere?» chiese irritato, il Grifondoro scosse la testa, ancora divertito dalla situazione «Prendi la Polvere Volante e smettila di sghignazzare, sei insopportabile» borbottò «Non abbiamo tempo da perdere, su!»
«Va bene, va bene» replicò il moro, prendendo un vasetto con dentro della polvere verde. Entrò nel camino e si schiarì la voce, dopo quattro anni aveva imparato a viaggiare in quel modo, non avrebbe corso il rischio di trovarsi a Notturn Alley per sbaglio… o almeno sperava fosse così. «Grimmauld Place, numero 12» disse ad alta voce, scandendo bene le parole, gettando nel camino la polvere con decisione. Immediatamente una grossa fiammata verde lo avvolse e sentì il vuoto allo stomaco di quello spostamento, qualsiasi modo di spostarsi del mondo magico, gli creava scompensi, solo volare era quello che non lo faceva sentire male ogni volta. Spuntò – o meglio cadde – nel salotto del Quartier Generale, ruzzolando sul pavimento per almeno una quindicina di centimetri. Si rimise in piedi pulendosi i pantaloni e massaggiandosi il sedere, guardando nel camino, in attesa che Malfoy comparisse. Egli uscì dal camino dopo pochi istanti, in piedi senza cadere né ruzzolare sul pavimento, ergendosi in tutta la sua aristocratica bellezza. Bellezza, Harry? - pensò, arrossendo del suo stesso pensiero, ma che diavolo gli veniva in mente?
Il biondo si passò elegantemente le mani sulle spalle e sui pantaloni, per eliminare i residui di polvere dai suoi vestiti e ghignò guardandosi intorno, poi posò i suoi occhi sul moro e ridacchiò appena.
«Sei un disastro» gli disse, si avvicinò a lui e delicatamente gli sistemò gli occhiali sul naso e, in un gesto del tutto inaspettato ma spontaneo, gli mise una mano tra i capelli con l’intenzione di far cadere un po’ di cenere da essi. Li trovò dannatamente morbidi, sebbene fossero un nido per gufi. Si morse appena le labbra e deglutì, che diavolo gli stava prendendo? Lui non era il tipo che si lasciava andare in quei gesti, in quelle premure. Non l’aveva mai fatto con nessuno, perché doveva avere quegli atteggiamenti strani con Potter? Draco si fermò per un attimo, con la mano tra i capelli del moro e lo fissò per un lungo momento, mosse un passo verso di lui e posò i propri occhi in quelli dell'altro. Deglutì, allungò la mano libera sulla sua spalla e la lasciò lì, Harry non muoveva un solo muscolo, sembrava ipnotizzato dalla situazione, sembrava essere caduto in una strana trance su cui non aveva controllo. Che incantesimo gli aveva fatto Malfoy? Anche lui deglutì. La mano di Draco sulla sua spalla, si spostò lentamente verso la sua guancia, gliel’accarezzò piano, con gentilezza. Parlare in quel momento, avrebbe distrutto quell’attimo, muoversi anche l’avrebbe fatto.
Tuttavia, un crac alle loro spalle li fece sobbalzare e allontanare l’uno dall’altro, più imbarazzati che mai.
«Chi disturba la quiete di questa nobile casa?» la voce stridula di Kreacher raggiunse le loro orecchie «Non siete degni di stare nella nobile casa dei Black!»
«Kreacher!» Harry lo chiamò e l’elfo posò gli occhi su di lui. Il suo tono imperioso e arrabbiato fece rabbrividire Draco, che sentì uno strano brivido scivolare lungo la sua spina dorsale. Dove l’aveva nascosta quella voce così profonda Potter?
«Il padrone è tornato? Kreacher non si aspettava che fosse lei, padrone» fece l’elfo, cambiando atteggiamento.
«Sono tornato per poco, devo chiederti delle cose» disse, Kreacher annuì, incapace di fare altro. Sebbene non volesse obbedire a Harry, si costringeva a farlo solo per la sua situazione sociale. «Lui è Draco, ti ricordi? Te l’ho fatto seguire un po’ di tempo fa» fece indicando il biondo al suo fianco «Abbiamo delle cose da chiederti». L’elfo posò i suoi occhietti piccoli sul ragazzo biondo e li spalancò a dismisura. Le sue orecchie, sempre afflosciate, si raddrizzarono immediatamente e mosse qualche passo, prima di prostrarsi ai piedi del Serpeverde, che lo guardò stranito.
«Kreacher è onorato di servire un vero erede dei Black, la mia padrona sarà felice di vedere il signorino Malfoy» disse sinceramente commosso «Kreacher risponderà a tutte le richieste del signorino, Kreacher è felice di servire un erede dei Black, signore, dica qualunque cosa e Kreacher la farà per lei!»
«Ti ringrazio, Kreacher» replicò Draco, guardandolo.
«Oh! Il signorino ringrazia Kreacher? Lei è davvero un mago gentile, signorino, come padron Regulus».
«Cosa sai di Regulus, Kreacher?» chiese il biondo, prendendo la palla al balzo «Puoi dirmelo? È molto importante».
«Sì, signore, Kreacher sa! Kreacher racconterà tutto al signorino!» esclamò «Venite, venite, accomodatevi» disse servilmente guidando sia lui che Harry verso il divano semidistrutto. Harry si ripromise che quando sarebbe andato a vivere lì, alla fine di tutta quella storia, avrebbe rimesso a nuovo quella casa. Kreacher li fece sedere sul divano e sparì in un attimo, lasciandoli soli e confusi. L’elfo venerava ogni discendente della famiglia Black, una fortuna che Harry avesse deciso di portare il biondo con sé, aveva risparmiato ore e ore di borbottii sulla purezza del sangue, sul suo essere un traditore del sangue eccetera. Kreacher riapparve con un vassoio su cui c’erano una caraffa con dell’acqua e due bicchieri.
«Kreacher è mortificato, signore, Kreacher non ha trovato di meglio, questa casa è ormai abbandonata».
«Non preoccuparti, Kreacher, va bene così» gli disse il biondo gentilmente «Perché non ti siedi con noi e parliamo?»
«I-Il signorino ha chiesto a Kreacher…?» Draco annuì sorridendo, mentre Harry lo fissava stranito, sotto una luce nuova «Lei è così gentile, signore! Nessun mago chiederebbe mai a un elfo di accomodarsi, signore!»
«Lo so, non molti maghi sono gentili…» mormorò ripensando al modo in cui suo padre aveva trattato Dobby e qualsiasi altro elfo avesse lavorato Manor. A lui non era mai piaciuto il suo modo di fare con loro, gli elfi sapevano essere davvero bravi e dolci, soprattutto con dei ragazzini iperattivi che cercavano di salire sul tetto durante la notte, per guardare le stelle, come lui. Per quanto suo padre avesse cercato di crescerlo crudele e senza sentimenti come lui, sua madre gli aveva sempre insegnato che le creature, anche se considerate schiave come gli elfi, andavano trattate con gentilezza, solo in quel modo sarebbero state sempre fedeli. Draco aveva sempre tenuto a mente le parole di sua madre, e anche se ogni tanto faceva degli scherzi alla sua tata-elfa, l’aveva sempre trattata con gentilezza. La povera elfa era quasi impazzita con lui, ogni notte, Draco sgattaiolava fuori dalla sua camera per salire sul tetto del Manor per osservare le stesse, lei riusciva a riportarlo nella sua camera, senza che i suoi genitori si accorgessero delle sue scappatelle. Quando sua madre l’aveva ceduta a un’altra famiglia perché ormai non serviva più, Draco ci era rimasto male, ma lui all’epoca aveva undici anni, presto sarebbe partito per Hogwarts… e non aveva più bisogno di un’elfa che si prendesse cura sempre di lui.
«Kreacher lo sa, il vecchio padrone di Kreacher era una brutta persona! Un ex galeotto orribile, trattava Kreacher malissimo!» Harry strinse i pugni capendo che stesse parlando di Sirius. Era tutta colpa di quel dannato elfo, se lui era morto, se solo non gli avesse mentito, adesso avrebbe ancora il suo padrino.
«Sta’ calmo, ci serve che sia a suo agio» gli bisbigliò Draco, notando i suoi pugni stretti. Appoggiò una mano su uno dei due, stringendolo delicatamente, il moro non si calmò subito, ma riuscì a restare fermo e a non urlare contro l’elfo tutta la rabbia che provava nei suoi confronti. Non capiva, se era così fedele ai Black, perché aveva tradito Sirius in quel modo?
«E invece di Regulus cosa mi dici?» chiese Draco, cercando di cambiare argomento «Lui era gentile?»
«Padron Regulus era amico di Kreacher! Lui trattava bene il povero Kreacher, sì, era gentile!» esclamò «Kreacher ricorda quando il padrone si unì al Signore Oscuro, la padrona Black era felicissima, un grande onore!» Harry tremò di rabbia, solo la mano di Draco ancora posata sulla sua, lo trattenne dall’infuriarsi «Poi un giorno, un anno dopo che si era unito a loro, padron Regulus venne da Kreacher, dicendogli che al Signore Oscuro serviva un elfo» raccontò il vecchio elfo, torturandosi le mani strette tra loro «Padron Regulus disse che era un onore… che Kreacher doveva fare tutto quello che il Signore Oscuro gli ordinava di fare e…di tornare subito a casa» l’elfo fece una pausa, Harry tentò di intervenire, ma Draco lo fermò, mormorandogli di dare il tempo alla creatura di spiegare tutto «Così Kreacher obbedì a Padron Regulus e andò con il Signore Oscuro in una caverna oscura, dove c’era un grande lago nego…» raccontò ancora «E c’era una barca…» Harry rabbrividì, ricordando benissimo la caverna, la barca, il lago. Era stato lì pochi giorni prima con Silente e non era stata per niente una bella esperienza. «Il Signore Oscuro portò Kreacher sull’isola al centro del lago, c’era un bacile pieno di pozione» il Grifondoro deglutì, inorridito. Voldemort si era servito di un indifeso elfo per mettere alla prova le difese attorno all’horcrux, la sua cattiveria non conosceva affatto limiti.
Harry tremò, ricordando quanto Silente avesse sofferto nel bere quella pozione, allo stesso modo anche Kreacher doveva aver sofferto e una parte di lui provò una strana compassione per lui.
«Vuoi fare una pausa, Kreacher?» domandò gentilmente Draco «Vuoi dell’acqua?»
Kreacher alzò gli occhi colmi di lacrime sul biondo e pianse «Il signorino è così gentile con Kreacher» piagnucolò. Il moro spostò lo sguardo sul Serpeverde, era strano vederlo in quel modo, non aveva mai visto Draco Malfoy essere così gentile con qualcuno, soprattutto verso un elfo, se non l'avesse visto con i suoi occhi, non avrebbe creduto a quella storia. Lucius Malfoy non aveva dimostrato nemmeno un briciolo di pietà nei confronti di Dobby, lo aveva trattato alla stregua di uno schiavo e lo aveva maltrattato, ma Draco era totalmente diverso da lui. Il biondo con un colpo di bacchetta appellò un bicchiere e con un Aguamenti lo riempì d’acqua, porgendolo alla creatura che, davanti a lui, tremava ancora per la storia che stava narrando ad entrambi. Con le piccole e ossute mani tremanti, l’elfo accettò l’acqua con reverenza e ringraziò Draco per la sua gentilezza per buoni dieci minuti, prima di riprendere il racconto.
«I-Il Signore Oscuro… fece bere la pozione del bacile a Kreacher, Kreacher stava tanto male, il Signore Oscuro rideva, mentre Kreacher chiamava padron Regulus e la sua padrona Black, ma Kreacher era solo e il Signore Oscuro era crudele» continuò l’elfo, tremando dalla testa ai piedi «Poi lui mise il medaglione nel bacile e lo riempì con altra pozione, lasciando Kreacher da solo sull’isola» disse ancora «Kreacher aveva tanta sete, così tanta e allora… Kreacher raggiunse il lago per bere, ma poi delle creature terribili afferrarono Kreacher e lo trascinarono nel lago nero» raccontò ancora e un singulto sfuggì dalle sue labbra, delle lacrime caddero al ricordo terribile, ma l’elfo le ricacciò indietro.
«Come sei fuggito?» gli chiese Harry, stupito che fosse ancora lì, dopo essere stato trascinato dagli inferi giù nel lago, lui era quasi morto, solo l’intervento di Silente gli aveva impedito di morire in quella caverna.
«Padron Regulus aveva detto a Kreacher di tornare» rispose l’elfo.
«Sì, ma…?»
«Padron Regulus aveva detto a Kreacher di tornare».
«Harry, si è smaterializzato» intervenne Draco, mentre la creatura annuiva alle parole del mago, il moro lo guardò perplesso, come se non capisse, stava per obiettare di nuovo, ma l’altro lo anticipò e spiegò: «Lo sai, gli elfi possono smaterializzarsi anche dai posti in cui, in teoria, è vietato, come Hogwarts o il Manor, la magia elfica funziona in modo diverso da quella dei maghi» il Grifondoro annuì, ancora perplesso, ma si fidò delle parole del biondo. «E poi… avevi ricevuto degli ordini, giusto?» domandò, stavolta, all’elfo.
«Sì, padron Regulus aveva detto a Kreacher di tornare a casa» gracchiò in risposta l’elfo «La legge più grande per un elfo è obbedire al padrone» recitò, come se avesse imparato quella frase a memoria «E Kreacher è tornato a casa, come padron Regulus aveva ordinato».
«E non hai disobbedito ai suoi ordini» concluse il biondo. L’elfo annuì energicamente, ma tremò ancora. Sembrava che ci fosse ancora molto da dire, la storia, ovviamente, non era finita lì.
«Sai altro, vero?» domandò Harry, il suo tono sembrava più gentile, più accomodante, meno imperioso di quello che aveva usato quand’erano arrivati.
«Kreacher sa tante cose, Kreacher le rivelerà se il padrone e il signorino Draco desiderano sapere».
«Sì, per favore» replicò il Grifondoro, attuando la tattica della gentilezza, usata poco prima dal suo amico, sembrava funzionare con lui; forse era per questo che l’elfo aveva tradito Sirius? Perché non gli aveva mai dimostrato gentilezza quando aveva vissuto lì? «Raccontaci tutto quello che sai di Regulus e del medaglione». Kreacher annuì e fece una piccola pausa, poi tirò un pesante sospiro e riprese a raccontare la storia che teneva per sé da anni.
«Kreacher raccontò tutto a padron Regulus, quando egli chiese cosa fosse successo con il Signore Oscuro, ma lui sembrava irrequieto, nervoso, preoccupato, Kreacher voleva prendersi cura di lui, ma padron Regulus ordinò a Kreacher di stare nascosto e di non uscire di casa» spiegò brevemente «Kreacher obbedì, padron Regulus era sempre gentile con il povero Kreacher, così come la sua padrona Black» i due ragazzi annuirono, invitandolo a continuare il racconto su Regulus «Una notte, padron Regulus venne da Kreacher, nel suo armadio, era molto preoccupato e spaventato, non stava per niente bene, Kreacher era preoccupato per lui» continuò «Ma padron Regulus disse a Kreacher di non preoccuparsi e gli chiese di portarlo alla caverna in cui Kreacher era stato con il Signore Oscuro e…» deglutì, facendo una pausa nel racconto «E Kreacher lo portò lì». Harry immaginò dove volesse andare a parare quel racconto, poteva già immaginare la scena che si ripeteva: l’indifeso elfo che beveva di nuovo quella pozione per compiacere il suo amato padrone. Alcuni maghi trattavano gli elfi proprio come spazzatura, non c’era da sorprendersi che Voldemort avesse deciso di testare il nascondiglio sfruttando proprio l’aiuto di un elfo.
«E ti ha fatto bene la pozione?»
«No!» esclamò indignato l’elfo, scuotendo la testa terrorizzato, mentre delle grosse lacrime iniziavano a scivolare di nuovo sul suo viso. Draco e Harry spalancarono gli occhi, stupiti dal suo atteggiamento. «Padron Regulus non ha mai fatto del male a Kreacher, lui era gentile, così tanto gentile, come la sua padrona Black» disse, in lacrime «Sull’isola, padron Regulus prese un medaglione dalla tasca uguale a quello del Signore Oscuro e ordinò a Kreacher di scambiare i due medaglioni, una volta che il bacile fosse stato vuoto» raccontò, tremando, mentre altre lacrime continuavano a scivolare sul suo viso raggrinzito «E…e… poi ordinò a Kreacher di andare via senza di lui, di non dire mai niente alla padrona di quello che era successo e…e… di distruggere il primo medaglione» continuò, singhiozzando «E-e poi ha bevuto tutta la pozione» continuò, scosso dai singhiozzi «E Kreacher ha scambiato i medaglioni e poi…» si fermò, un singhiozzo più forte egli altri ferì l'aria, prima che l’elfo concludesse la storia «Poi Kreacher ha visto padron Regulus sparire nell’acqua del lago nero e non ha più rivisto il suo padrone, dopo quella volta» disse «Ma Kreacher ha obbedito è tornato a casa di nuovo e ha mantenuto il segreto per padron Regulus».
«E il medaglione? Hai provato a distruggerlo?»
«Quell’oggetto è oscuro, padron Harry!» esclamò l’elfo «Niente di quello che Kreacher ha fatto è riuscito a scalfirlo, neanche un singolo graffio!» continuò «Kreacher ha provato, Kreacher si è punito per non essere riuscito a distruggerlo, Kreacher non è riuscito ad obbedire al padrone» proseguì, mentre le lacrime riprendevano a scivolare sulle sue guance a quel nuovo racconto «Kreacher non poteva distruggerlo e la sua padrona era così addolorata per la scomparsa di Padron Regulus» continuò «E-E Kreacher non poteva dire niente alla sua padrona, perché padron Regulus aveva proibito a Kreacher di parlare di ciò che era successo nella grotta e…» pianse ancora, prendendosi il viso tra le mani, scuotendo energicamente la testa, disperato. Draco si avvicinò a lui, lesto e gli mise una mano sulla piccola spalla.
«Tranquillo, tranquillo, Kreacher» gli disse piano «Ti aiuteremo noi ad obbedire all’ultimo ordine di Regulus, così non dovrai più punirti va bene?» chiese gentilmente.
«Il signorino aiuterà Kreacher?» chiese l’elfo alzando il viso verso il ragazzo, egli annuì energicamente e gli rivolse un piccolo sorriso gentile. «Oh! Lei è davvero un bravo padrone, proprio come la signorina Cissy!»
A Draco scappò una piccola risatina, poi continuò «Dovrai solo dirci dov’è il medaglione, poi ti aiuteremo» disse «Te lo prometto, distruggeremo quell’oggetto malvagio e tu non dovrai più tormentarti». Il volto raggrinzito dell’elfo si illuminò e anche se i suoi occhi erano pieni di lacrime, sorrise al ragazzo davanti a sé, iniziando ad elencare tutti i suoi pregi, a tessere le sue lodi e a esaltare ogni sua azione come se fosse stata la più grande opera compiuta da un mago. Harry non si spiegava il suo atteggiamento, era sempre stato orribile con chiunque fosse entrato in quella casa e invece… Draco era riuscito a parlargli, senza neanche ordinarglielo. C’erano altre cose che non sapeva di Draco Malfoy?
«Grazie Kreacher» fece Draco «Ma ora… per favore, dov’è il medaglione? Puoi dirmelo?»
«Kreacher non sa…» tentennò e scosse la testa, per scacciare dalla mente il ricordo.
«Non lo sai? Dove lo hai nascosto?» domandò Harry, con gli occhi spalancati.
«No, padrone, Kreacher non lo sa» rispose «Kreacher non ha nascosto il medaglione, è sparito!»
«In che senso “è sparito”?» chiese il Grifondoro, preoccupato «Kreacher, sii sincero!» esclamò.
«Kreacher non è riuscito a fermarlo! Quello sporco ladro ha rubato tutti i tesori di Kreacher e della famiglia Black!» spiegò l’elfo, quasi dispiaciuto di dover dare a loro due quella risposta «Ha portato via tutto, le cose della sua padrona Black, i tesori della casa, tante-tante cose e-e anche il medaglione di padron Regulus» raccontò, elencando anche altri oggetti che il ladro aveva portato via dalla casa. Era terribile, era la peggiore notizia della giornata che potessero ricevere.
«Chi è stato, Kreacher?» chiese ancora il moro.
«Mundungus Fletcher» rispose «Kreacher ha provato a fermarlo, ma lui ha riso ed è andato via con tutti gli oggetti preziosi della casa, oh! La padrona Black sarà così delusa da Kreacher» affermò avvilito e disperato «Kreacher deve punirsi per non aver protetto la casa!» esclamò, guardandosi intorno per cercare qualche oggetto con cui punirsi.
«No!» esclamarono in coro Harry e Draco, impedendogli di alzarsi dalla sedia su cui, fortunatamente, era ancora seduto.
«No, Kreacher» riprese il moro, gentilmente «Non avresti potuto fare niente contro di lui, ma forse…» si morse le labbra «Puoi trovare Mundungus e portarlo qui??» chiese.
«Trovare il ladro?» gracchiò Kreacher «E portarlo qui?» chiese.
Harry annuì «Puoi farlo, per favore?» chiese «Abbiamo bisogno di trovarlo, per ritrovare il medaglione di padron Regulus e distruggerlo una volta per tutte, così che non sia morto invano» disse «E-e come diceva Draco, per aiutarti a portare a termine il suo ultimo ordine». Kreacher si mise in piedi e si passò le manine ossute su viso, per ripulirlo dalle lacrime. Il moro guardò l’elfo per un attimo e gli passò un fazzoletto, in modo che potesse asciugarsi bene il viso dalle lacrime, poi si infilò una mano nella tasca e ne tirò fuori il falso horcrux «E… prima che tu vada, vorrei scusarmi con te per tutto e regalarti questo» disse porgendoglielo «Apparteneva a Regulus, so che tu te ne prenderai cura» affermò «Sono sicuro che vorrebbe che lo avessi tu, per come hai obbedito egregiamente ai suoi ordini per tutti questi anni».
L’elfo rimase immobile per qualche istante, mentre Harry gli metteva il medaglione sul palmo della mano. Due grosse lacrime uscirono dai suoi occhi e si gettò ai piedi del Grifondoro, ringraziandolo e farfugliando parole incomprensibili, colme di gratitudine per aver ceduto a lui un prezioso cimelio dei suoi amati Black. Impiegarono un po' di tempo per calmarlo, ma poi lo videro raggiungere il suo armadio e nascondere lì il medaglione. La creatura li raggiunse nuovamente e si inchinò davanti ai due ragazzi con sommo rispetto per entrambi. Harry rimase stranito dalla cosa, mai prima di quel momento, Kreacher si era comportato in quel modo. La gentilezza era stata davvero la chiave per farsi dire tutto da lui? Doveva davvero dare ragione a Malfoy, quella volta?
«Kreacher può farlo» annunciò «Kreacher troverà il ladraccio e lo porterà da padron Harry e dal signorino Draco» affermò, prima di smaterializzarsi con il solito crac e lasciare i due ragazzi da soli nell’enorme e antica casa dei Black.
 

 
Harry e Draco rimasero in silenzio per un quarto d’ora, entrambi stavano assimilando il racconto che avevano appena udito dall’elfo. L’atteggiamento di Kreacher era mutato, Harry se ne era accorto, era bastato porsi in modo gentile nei suoi confronti affinché fosse ben disposto nei suoi confronti, se solo Sirius si fosse comportato meglio con lui probabilmente sarebbe ancora vivo. Non avrebbe mai immaginato che Draco potesse essere tanto gentile con una creatura che la sua famiglia reputava inferiore, era stata una sorpresa positiva per lui. Stava ancora imparando a conoscere tutti gli aspetti del carattere di Draco, era vero si conoscevano da sei anni ormai, ma non erano mai stati tanto vicini da potersi conoscere davvero, aveva solo visto la punta dell’iceberg del carattere di Draco, aveva visto solo quello che lui lasciava trapelare alla gente, solo la parte fredda, distaccata e irritante di lui, ma sotto queste caratteristiche si celavano altre mille sfaccettature che ogni giorno emergevano e gli facevano aprire gli occhi su che persona fosse davvero Draco. Sapeva anche essere gentile, lo era stato anche con lui in più occasioni. Non lo sapeva, ma adesso si pentiva di non aver accettato la sua mano sul treno, sei anni prima, tutto sarebbe stato diverso, se solo gli avesse stretto la mano.
«È stato un bel gesto il tuo» disse il biondo, per rompere il silenzio «Non molti avrebbero regalato un cimelio a un elfo».
«Io non sono molti» asserì il moro, con una scrollata di spalle «Forse i discorsi di Hermione mi hanno coinvolto troppo» aggiunse diverto «Spero per te che non ti abbia mai parlato del Crepa».
Draco ridacchiò e storse il naso «È C.R.E.P.A» replicò, imitando la voce di Hermione, coinvolgendo l’altro nella risata «E sì, ha accennato qualcosa» rispose «In realtà, non mi sembra un’idea malvagia, peccato che gli elfi non saranno mai pronti a rinunciare alla loro condizione di servilità, ma questo non le impedirà di proseguire e di lottare per i loro diritti, lo trovo ammirevole».
Harry spalancò gli occhi, sorpreso «Te ne ha parlato? E sei d’accordo? Hai definito il suo progetto ammirevole?» chiese scioccato «Sicuro di stare bene? Chi sei tu e dov’è il Malfoy che conosco io?» domandò, mentre la sua espressione diveniva sempre più sconvolta.
«Idiota» borbottò il biondo, scuotendo la testa «Comunque, Kreacher ha apprezzato davvero il tuo gesto, non scherzo, ti svelo un segreto» disse con saccenteria «Mia madre mi ha detto che gli elfi, se vengono trattati con gentilezza, sono più propensi a mostrare la loro fedeltà, prendi Dobby per esempio» spiegò brevemente «Lui c’è sempre per aiutarti e ti è fedele, perché fin da subito lo hai trattato con rispetto e gentilezza a differenza di mio padre, che lo maltrattava sempre» disse ancora «Kreacher ha tradito Sirius perché non l’ha mai trattato con rispetto, dopo tutti quegli anni da solo, probabilmente aveva bisogno di essere trattato con gentilezza, come faceva Regulus, per esempio» spiegò ancora «Hai visto com’è cambiato il suo atteggiamento quando ti sei mostrato gentile con lui?»
«Penso tu abbia davvero ragione… non ci avevo mai pensato» affermò, abbassando lo sguardo. Se solo Sirius avesse trattato un po’ meglio Kreacher, forse sarebbe stato ancora vivo… e lui non si sarebbe trovato di nuovo da solo. Maledizione, perché non aveva appreso prima quelle cose? Magari avrebbe potuto avvertire il suo padrino e…
«Dai, non fare quel muso lungo adesso» fece il biondo, alzandosi dal divano, interrompendo il flusso dei suoi pensieri «Andiamo, esploriamo un po’ la casa, non sono mai stato qui» affermò «Sono curioso di vedere la casa appartenuta alla famiglia di mia madre» disse «E poi rimanere qui a rimuginare ci farà solo perdere la sanità mentale, occupiamo il tempo in qualche modo, sono sicuro che Kreacher sarà qui in un paio d’ore, al massimo tre».
Harry annuì, concordando con lui, aveva ragione, restare lì, senza far niente, li avrebbe solo fatti impazzire e di certo in quel momento non avevano bisogno di quello, bensì di restare concentrati sulla missione. Distrarsi un po’ li avrebbe aiutati a non dare di matto nel momento meno opportuno.
Sbuffò leggermente e «Odio quando hai ragione» ammise, facendo ridacchiare l’altro ragazzo «Va bene, andiamo» concedette, rilassandosi leggermente e rivolgendogli un piccolo sorriso «Esploriamo la casa» concluse, conducendolo al piano di sopra, dove sapeva ci fossero le camere. Era stato lì solo una volta, prima del quinto anno, quando la sua sorte era ancora incerta e si preparava ad affrontare un processo per essersi difeso dai dissennatori. Draco sorrise alle sue parole e lo seguì immediatamente lungo le scale.
«Non so molto della casa, in effetti» si ritrovò a dire, mentre raggiungevano una delle stanze «So che qui ci sono delle camere da letto, qui per esempio abbiamo dormito io e Ron» disse indicandone una «E c’è il bagno, e uhm…» si guardò intorno a disagio, senza sapere cos’altro dire.
«Non dire altro» lo interruppe Draco, spalancando la porta della stanza che aveva indicato «Esploriamo» propose.
Il Grifondoro non ebbe nulla da ribattere e insieme all’altro entrò nella stanza. C’erano molte cose in disordine, forse a causa di Mundungus che aveva frugato in casa e aveva rubato tutte le cose di valore, dopo la morte di Sirius. Maledetto, se solo Harry l’avesse avuto sotto le mani, gliel’avrebbe fatta pagare di nuovo. Esplorarono la casa stanza per stanza, pianerottolo dopo pianerottolo, fino a raggiungere l’ultimo, dove c’erano solo due stanze. Su una delle due c’era scritto Sirius. Il cuore di Harry sussultò, non aveva mai visto la stanza del suo padrino prima di quel momento: da un lato era terribilmente curioso, dall’altro temeva di invadere la sua privacy in qualche modo.
«Entriamo» disse Draco prendendogli un polso, lui guardò l’amico perplesso.
«Questa è la stanza di Sirius» obiettò il moro, scioccato.
 «Andiamo, non sei curioso di vedere la camera del tuo padrino? Magari ci trovi qualcosa di legato ai tuoi genitori».
«Non ci avevo pensato…»
«Per questo hai bisogno di me» scherzò Draco, facendogli l’occhiolino «Forza, entriamo» affermò, trascinandolo nella stanza di Sirius. Harry arrossì di botto all’udire quelle parole, riconoscendo la verità celata dietro quello scherzo, aveva davvero bisogno di lui. Non se ne era reso conto fino a quel giorno o almeno aveva cercato di essere cieco davanti a quella verità, ma non poteva più negare a se stesso di aver sempre avuto bisogno di lui e di essersene accorto solo in quel momento. Il biondo lo trascinò nella stanza del suo padrino, non era mai stato lì prima di quel momento. Era molto ampia e scura, le enormi tende coprivano delle grandi finestre, Draco lanciò un Lumos Maxima per mettere ad entrambi di esplorare meglio la stanza. Harry dovette trattenersi dal fare lo stesso, perché aveva ancora sedici anni, anche se ancora per poco. Ormai doveva mancare poco più di un mese al giorno del suo compleanno e tristemente anche quell’anno avrebbe dovuto passarlo con i suoi zii, invece che con i suoi amici. Silente non gli avrebbe mai permesso di restare a Hogwarts o di andare altrove. Tuttavia, se fossero stati in grado di sconfiggere Voldemort, forse avrebbe potuto avere un compleanno migliore quell’anno, magari avrebbe invitato anche Draco.
«A che pensi?» gli chiese il biondo.
Il moro deglutì e arrossì di botto, scuotendo la testa «Niente» borbottò. Si guardò intorno nella stanza, senza accorgersi del sorrisetto furbo che era comparso sulle labbra del Serpeverde. Sperava solo che l’altro non si fosse accorto delle sue gote rosse e del suo imbarazzo. Continuò ad osservare la stanza, le pareti erano completamente coperte da enormi poster di dubbio gusto, alcune foto e stendardi di Grifondoro per sottolineare la sua differenza dalla sua famiglia, tradizionalmente Serpeverde. Qualcosa su una parete attirò la sua attenzione «Ehi, mi fai luce qui?» chiese a Draco. L’altro annuì e gli si avvicinò illuminando una foto, l’unica foto magica tra tante foto e poster babbani. Essa raffigurava quattro studenti di Hogwarts sorridenti e Harry sussultò di gioia quando riconobbe suo padre nella foto.
«Quello è tuo padre?» chiese Draco al suo fianco.
«Sì…» rispose Harry, cercando di staccare la foto dalla parete. Sbuffò, quando si rese conto che l’Incantesimo di Adesione Permanente non gli avrebbe permesso di prenderla. Sicuramente, quando sarebbe andato a vivere lì, avrebbe passato molto tempo a guardare quella fotografia.
«Ti somigliava molto» disse il biondo osservando la foto «Capelli improponibili, occhiali di dubbio gusto… sì, sei proprio la sua fotocopia spiccicata» commentò sarcasticamente, con il solo scopo di divertire l’altro. Harry ridacchiò e annuì, ormai era abituato a quella frase, tutti glielo dicevano “Sei uguale a James, tranne che per gli occhi, hai gli occhi di tua madre”. Era una cantilena a cui si era abitato con il passare del tempo.
«Sì, me lo dicono molti» replicò con una scrollata di spalle «Anche se ho gli occhi di mia madre». Draco gli rivolse un sorriso enigmatico e illuminò altre foto appese alla parete, storcendo il suo aristocratico naso.
«Il pessimo gusto l’hai preso dal tuo padrino, a quanto vedo».
«Come sei divertente» borbottò Harry, continuando a guardarsi intorno «Forza, andiamo in un’altra stanza».
«Come vuoi» replicò il biondo, incamminandosi verso l’uscita. Abbassò per un momento la bacchetta e illuminò una serie di oggetti sparpagliati sul pavimento, anche la stanza di Sirius era stata esplorata anche dal ladro, che però sembrava averla trascurata, forse considerandola priva di oggetti preziosi. Harry si chinò per raccogliere alcuni fogli di carta, incuriosito. Uno di essi era una vecchia lettera, nella penombra della stanza, riuscì a leggerne la prima riga. Sembrava una lettera personale indirizzata a Sirius.
«Draco, aspetta» fece, avvicinandosi a lui. Il biondo si voltò verso di lui e lo guardò per un momento, incuriosito dal suo repentino cambio d’idea, lo osservò senza dire, mentre l’altro teneva tra le mani quella che sembrava una lettera. «Fai luce» disse bruscamente, indicando il foglio di pergamena che aveva tra le mani. Il biondo non osò obiettare e illuminò il pezzo di carta che il moro teneva tra le mani. Harry lesse la lettera che sua madre aveva scritto a Sirius, probabilmente poco tempo prima di morire. Una lacrima rigò la sua guancia, leggendo quelle parole.
 
“Caro Felpato,
  Grazie, grazie per il regalo di Harry! È di gran lunga il suo preferito. Ha solo un anno e già sfreccia in giro sulla sua scopa giocattolo, è tutto contento, ti mando una foto così puoi vederlo. Sai benissimo che si alza da terra di neanche un metro, ma ha rischiato di uccidere il gatto e ha mandato in mille pezzi un orrendo vaso che Petunia mi ha regalato per Natale (nessun rimpianto). Naturalmente James lo trova buffissimo, dice che diventerà un grande giocatore di Quidditch, ma abbiamo dovuto mettere via tutti i soprammobili e quando vola non possiamo levargli gli occhi di dosso.
   Abbiamo festeggiato il compleanno con un tranquillissimo tè, solo noi e la vecchia Bathilda, che è sempre stata carina con noi e adora Harry. Ci è dispiaciuto tanto che non ci fossi anche tu, ma l'Ordine viene prima di tutto e comunque Harry non è abbastanza grande da capire che è il suo compleanno! James è un po' frustrato, qui rinchiuso, cerca di non darlo a vedere ma io lo sento... E Silente ha ancora il suo Mantello dell'Invisibilità, quindi non c'è modo di farsi un giretto. Se tu potessi venire a trovarci, gli farebbe molto piacere. Coda è stato qui il weekend scorso, mi è sembrato giù, ma probabilmente erano le notizie sui McKinnon; ho pianto tutta la sera quando l'ho saputo.
   Bathilda viene quasi tutti i giorni, è una vecchietta affascinante e racconta un sacco di storie pazzesche su Silente, non penso che gli farebbe piacere saperlo! Non so quanto crederle, però, perché sembra impossibile che Silente”

 
Harry sbatté le palpebre, cercando di scacciare le lacrime che avevano iniziato a scivolare sul suo viso. Sirius gli aveva regalato il suo primo manico di scopa, gli aveva voluto davvero bene… così come sua madre, che da quella lettera sembrava far trasparire tutto l’amore che provava per lui, nelle righe in cui aveva parlato del regalo e di lui che sfrecciava felice per la casa sulla sua scopa in miniatura. Rilesse la lettera ancora una volta, cogliendone ogni più piccolo dettaglio, sentendo le gambe tremare, aveva bisogno di sedersi da qualche parte, ma non voleva allontanarsi dalla fonte di luce. E poi mille domande giunsero alla sua mente, mentre cercava di capire cosa volesse dire la donna. Cosa le sembrava impossibile di Silente? Cosa c’era che non sapeva del preside? Era successo qualcosa in quel periodo che avrebbe dovuto sapere?
«Potter, stai bene?» domandò gentilmente il biondo, rendendosi conto che l’altro stesse per avere un crollo emotivo davanti a lui «Ehi?» l’altro deglutì e scosse la testa. Da qualche parte doveva esserci anche la seconda parte, giusto? Senza dire nulla, gli strappò la bacchetta dalla mano e iniziò a perlustrare la stanza «Ehi, ma che modi!» esclamò. Harry lo ignorò ancora e cercò ovunque la seconda parte della lettera, voleva sapere cos’altro aveva scritto sua madre a Sirius; passò almeno una buona mezz’ora a perlustrare la stanza, arrendendosi all’evidenza che l’altro foglio doveva essere stato perso. Fece un ultimo tentativo sotto a un cassettone e bingo esultò, quando trovò un altro foglio. Lo tirò fuori e lo illuminò con la bacchetta di Draco. Non era la lettera, era una foto, anzi la foto di cui sua madre parlava nella lettera. C’era lui, un bambino dai capelli neri che sfrecciava su una piccola scopa, ridendo come se stesse facendo la cosa più divertente del mondo, mentre alle sue spalle, c’erano due gambe, sicuramente quelle di James, che lo rincorrevano, mentre Lily sicuramente scattava la foto. Harry deglutì e osservò meglio la foto, passò le dita su di essa e altre lacrime scivolarono sulle sue guance. Era un ricordo, impresso sulla carta: era stato un bambino felice, amato, voluto nel suo primo anno di vita, prima che Voldemort gli portasse via tutto e segnasse la sua vita per sempre. La bacchetta di Draco gli cadde dalle mani, lui dovette sedersi sul pavimento, mentre una miriade di emozioni si riversava su di lui. Un singhiozzo fuggì dalle sue labbra e, senza accorgersi dei movimenti attorno a sé, si ritrovò Draco accanto. Quest’ultimo si sedette accanto a lui e gli mise un braccio attorno alle spalle, guidandolo gentilmente verso la sua spalla. Harry vi si appoggiò e avvolse le braccia attorno al suo collo, stringendosi a lui e singhiozzando ancora una volta, mentre il turbine di emozioni che provava dentro di sé, lo investiva completamente. Non riuscì a dire nulla, avrebbe voluto scusarsi con Draco per averlo fatto assistere a uno spettacolo tanto pietoso e tanto patetico, ma non riusciva a calmarsi né tanto meno a parlare. Il biondo gli accarezzò lentamente il fianco, come per confortarlo, per fargli capire che lui era lì e che non lo avrebbe lasciato da solo. Non era un atteggiamento molto Serpeverde e di certo in altre circostanze non l’avrebbe mai fatto, tuttavia Draco aveva visto i ricordi di Harry, aveva visto quanto aveva sofferto nella vita, fin da bambino e in quel momento poteva sentire su di sé tutto il dolore dell’altro, come se lo stesse vivendo in prima persona. Lo strinse più che poté per tranquillizzarlo e calmarlo. Restarono abbracciati sul pavimento in quella posizione per alcuni minuti, senza rendersi conto del tempo che, fuori da quella stanza, continuava a scorrere.
Harry si calmò lentamente, fino a che il suo corpo non fu più scosso dai tremiti; respirando ancora un po’ affannosamente, il biondo lo tenne lì, tenendogli una mano dietro alla nuca per minuti infiniti. Le sue dita lunghe e affusolate gli accarezzarono l'attaccatura del collo e Harry sentì i muscoli del suo corpo rilassarsi e forse a causa di quelle carezze e di quelle premure, sfinito dal lungo pianto, chiuse gli occhi e pian piano si addormentò contro la sua spalla. Draco lo tenne stretto a sé, continuando ad accarezzarlo per tranquillizzarlo e, sebbene la posizione fosse scomoda, anche lui, vinto dalla stanchezza si addormentò sul pavimento, senza lasciare andare il moro neanche per un attimo. Dormirono in quel modo, stretti l'uno all'altro per alcune ore, mentre l’alba di nuovo giorno sorgeva dietro alle finestre oscurate.
Harry si svegliò avvolto da un piacevole torpore, con una presenza rassicurante al suo fianco e quando i suoi sensi furono abbastanza all'erta da riconoscere distintamente l'aroma di cannella, che solitamente associava a Draco, sentì le gote avvampare, ricordando cos'era successo poche ore prima. Deglutì e si scostò dalla spalla del biondo, alzando lentamente lo sguardo sull'altro, anche lui appena sveglio. Un piccolo sorriso ferì le sue labbra.
Il viso di Draco era parzialmente illuminato dalla fievole luce che entrava dalla finestra alle sue spalle e dalla luce emanata dalla bacchetta ancora sulla moquette. Il suo viso era bellissimo, nella penombra della stanza i suoi occhi grigi sembravano brillare. Delicatamente, il biondo passò una mano sulla sua guancia, per eliminare i residui di lacrime dal suo viso.
«Stai meglio?» sussurrò a bassa voce «Hai dormito bene?» chiese, ma nella sua voce non c’era traccia di sarcasmo. Harry annuì lentamente, ancora incapace di proferire parola e rivolse all’altro un piccolo sorriso per sottolineare la veridicità delle sue parole, mormorò un impercettibile "grazie" all'orecchio dell'altro e lo vide sorridere. La mano del biondo si fermò sulla sua guancia, indugiò per qualche istante e Harry si sentì travolgere da una nuova sensazione. L’aria attorno a loro divenne improvvisamente densa e ad entrambi mancò il respiro per un momento. Il Grifondoro si rese conto che sarebbe bastato così poco per poter toccare le sue labbra, così poco per baciarlo… i loro visi si avvicinarono lentamente l’uno all’altro, come due magneti di cariche opposte. Socchiuse gli occhi, percependo già cosa sarebbe accaduto da lì a pochi secondi, ma un crac familiare fece sobbalzare entrambi. Uno schiocco di dita e le tende si aprirono, facendo entrare la leggera luce dell’alba nella stanza in penombra. Si allontanarono bruscamente l’uno all’altro, Harry diede una botta con la nuca al cassettone contro cui si era appoggiato e Draco si alzò dal pavimento come se fosse stato punto da una vespa, recuperando velocemente la bacchetta per puntarla contro gli intrusi.
«Padron Harry, signorino Draco, Kreacher è tornato con il ladraccio, Mundungus Fletcher» annunciò l’elfo, trascinando l’uomo con sé. Mundungus cercò di prendere la bacchetta, ma Draco fu più veloce, lo disarmò e gli puntò la propria al collo, afferrandolo per il bavero della giacca scura che indossava.
«Fai una sola mossa e te ne pentirai» disse con tono minaccioso, l’uomo deglutì e si fermò scuotendo la testa.
«Che cosa volete da me?» chiese «Che diavolo vi ho fatto? Perché avete sguinzagliato un elfo contro di me?»
Harry si alzò in piedi subito e raggiunse gli altri, tirando fuori la sua bacchetta. Non avrebbe lanciato nessuno incantesimo, ma Mundungus non doveva saperlo. Vedendo entrambi con le bacchette puntate contro di sé, l’uomo deglutì nuovamente e si arrese.
«Bravissimo, Kreacher, ti ringrazio per averlo portato qui» disse all’elfo, che si inchinò soddisfatto.
«Che diavolo vuoi da me?» chiese l’uomo ancora una volta, terrorizzato dalle bacchette puntate contro di lui, guardò Draco per una frazione di secondo e sbiancò riconoscendolo «Da quando frequenti i figli di Mangiamorte?» chiese.
«Chi meglio di un figlio di Mangiamorte può conoscere le peggiori maledizioni per convincerti a parlare, eh?» domandò Draco, estremamente divertito dalla situazione. Mundungus divenne ancora più pallido e tremò vistosamente.
«Senti, se è per quella storia dei calici…»
«Non mi interessa quella storia» lo interruppe Harry «Voglio sapere del medaglione».
«Quale medaglione?»
«Quello che hai rubato dai tesori di Kreacher» rispose «Non fare finta di non saperne niente, sappiamo che sei stato tu» disse con sicurezza, guardando l’elfo che annuiva energicamente davanti alle sue parole.
«E tu credi alla parola di uno stupido elfo?» senza più contenere l’impazienza, Harry sferrò un pugno dritto sul naso del ladro «Ma ti ha dato di volta il cervello?»
«Ti conviene rispondere alle sue domande, senza insultare il suo elfo» gli suggerì Draco «Potter ha una pessima gestione della sua rabbia ultimamente» lo canzonò divertito. Gli puntava ancora la bacchetta contro, ma solo per sicurezza, quell’ era così terrorizzato davanti a loro che sarebbe bastata solo la minaccia di un altro pugno per farlo parlare.
Harry fulminò il biondo e scosse la testa, grugnendo, poi si voltò di nuovo verso Mundungus «So che hai rubato il medaglione che era in questa casa» disse «Mi interessa solo sapere che cosa ne hai fatto».
«È di valore?» chiese.
«Non sono affari che ti riguardano, ce l’hai ancora?»
 «Non mi sembra di averlo venduto, ce l’ho nel mio nascondiglio» disse «Quel dannato elfo mi ha trascinato via, senza permettermi di mettere al sicuro le mie cose!»
«Le cose che tu hai rubato!» ribatté Harry, perdendo quasi di nuovo la pazienza. Prese un respiro profondo e guardò l’elfo, che osservava tutta la scena «Kreacher, per favore, potresti andare dove hai trovato Mundungus e portare qui tutta la sua refurtiva?» chiese «E se ci sono ancora delle cose appartenenti ai Black, puoi tenerle tu».
Gli occhi dell’elfo si spalancarono di nuovo per la sorpresa e lui si inchinò di nuovo «Grazie padrone, Kreacher tornerà subito con la refurtiva del ladraccio e troverà il medaglione di padron Regulus» affermò, smaterializzandosi. «Lascialo andare, Draco» disse al biondo, poi «Ha già risposto a quello che volevamo sapere».
«Non si può mai sapere» fece il biondo «Mi diverto a vederlo annaspare così». Harry ridacchiò, non si sarebbe mai aspettato che l’aiuto di Draco potesse essere tanto prezioso.
«Draco» fece Harry con tono di rimprovero.
«E va bene» replicò sbuffando «Con te non ci si può mai divertire» asserì, scuotendo la testa «Almeno una piccola fattura potevo lanciargliela!» esclamò contrariato, strappando una risatina a Harry, che si limitò a scuotere la testa in risposta. Proprio nel momento in cui il biondo lasciò andare il ladro, Kreacher comparve con un sacco pieno di oggetti rubati. Mundungus approfittò del momento di distrazione per fuggire da quella casa e da quei pazzi che lo avevano fatto inseguire dall’elfo e che gli avevano sottratto tutta la sua merce.
«Kreacher è tornato con la refurtiva del ladro, come padron Harry ha chiesto» si annunciò l’elfo.
«Ben fatto, Kreacher, grazie!» esclamò Harry, raggiungendolo, la creatura fece un altro inchino quasi toccando terra e gli porse il sacco pieno di cianfrusaglie che aveva trovato nel nascondiglio del ladro. I due ragazzi iniziarono a scavare nel sacco fino a che non trovarono il maledettissimo medaglione. Fu Draco a tirarlo fuori con un’espressione soddisfatta sul viso, mentre Kreacher, con somma gioia, arraffava alcuni tesori della famiglia Black che credeva perduti per sempre a causa del ladraccio e li portava nel suo armadio per conservarli e prendersene cura.
«Ci siamo!» esultò Harry. Finalmente avevano trovato anche il quarto horcrux, mancavano all’appello solo il serpente e quello che non avevano ancora identificato, sperava che Ron e Hermione avessero avuto fortuna durante le loro ricerche. Erano finalmente di nuovo in carreggiata ed erano nettamente in vantaggio rispetto a Voldemort, finalmente la fortuna girava dalla loro parte.
 

 
Tornarono a Hogwarts con l’aiuto di Kreacher, che li smaterializzò direttamente nell’ufficio di Silente. L’elfo si congedò educatamente da loro con un altro profondo inchino, promettendo ai due ragazzi i suoi pieni servigi. «Padron Harry e il signorino Draco possono chiamare Kreacher in ogni momento, Kreacher obbedirà a tutti loro ordini» aveva detto prima di smaterializzarsi di nuovo a Grimmauld Place. I due ragazzi si guardarono per un attimo, Harry controllò di avere ancora l’horcrux in tasca, prima di rendersi conto che non erano da soli nell’ufficio del preside.
«Buona sera, Harry, Draco» li salutò cordialmente il preside.
«Signore!» esclamò il moro sorpreso, non si aspettava di trovare l’anziano mago lì ad attenderli «Sta bene?»
«Sì, ragazzo mio, sto bene, non preoccuparti per me» gli rispose gentilmente, guardandolo «Ebbene?» domandò a sua volta, alludendo alla loro breve missione di recupero.
«Lo abbiamo trovato, signore» rispose Harry, tirando fuori il medaglione dalla tasca, mostrandolo al preside. Egli annuì con un’espressione sorniona e soddisfatta impressa sul viso.
«Molto bene» commentò il preside «È stato molto intelligente da parte vostra, aspettare prima di distruggere la coppa» disse complimentandosi con loro «Il signor Weasley, la signorina Granger e la signorina Lovegood già sono sulle tracce del Diadema di Corvonero» asserì. Harry si accigliò e lo guardò confuso, prima che lui e Draco andassero a Grimmauld Place, non avevano affatto idea di quale potesse essere l’ultimo horcrux, cos’era successo mentre loro erano stati via?
«Mi scusi? Il diadema?»
Il preside annuì «La signorina Granger ha sentito dalla signorina Lovegood di un antico manufatto andato perduto appartenuto a Corvonero, dopo alcune ricerche, sono giunti alla conclusione che quello potrebbe essere l’ultimo horcrux».
Harry annuì, felice di sapere che i suoi amici, durante la sua assenza, avevano avuto fortuna, riuscendo ad individuare anche quell'horcrux, era una fortuna non essere da solo in quella missione. Da solo, probabilmente, si sarebbe trovato in seria difficoltà.
«Tuttavia, mancano ormai poche ore all’arrivo di Lord Voldemort, lui sta arrivando» Silente riprese il suo discorso «E sarebbe opportuno distruggere i due horcrux in nostro possesso, prima che lui sia qui, non sappiamo come andranno le cose e rischieremo di perdere il nostro vantaggio su di lui» affermò. Harry ascoltò le parole del preside, aveva senso quello che stava dicendo, se Voldemort fosse arrivato a scuola, avrebbe potuto recuperare entrambi gli horcrux facilmente (magari grazie anche all’aiuto di Piton, del quale Harry ancora non si fidava ciecamente) e in quel caso, sarebbero stati spacciati.
«Sì» rispose il Grifondoro «Ha ragione» aggiunse «Draco, ci stai?»
«Sì» concordò il Serpeverde «Ha senso, non possiamo permetterci di perdere il nostro vantaggio su di lui, non adesso almeno» aggiunse. Harry fu d’accordo con lui, non potevano assolutamente perdere, ne andava delle vite di tutti. Il biondo raggiunse il cassetto in cui avevano nascosto la coppa e la prese delicatamente tra le mani, mentre Harry cercava di aprire il medaglione. Silente gli passò la spada di Grifondoro, quando la toccò il ragazzo provò uno strano brivido e il ricordo di quando l’aveva brandita per la prima volta contro il basilisco balzò nella sua mente. aveva distrutto il primo horcrux inconsapevolmente, adesso stava per distruggerne due, con l’aiuto di una persona del tutto inaspettata. Cercò di aprire il medaglione ancora una volta, ma senza alcun successo. Dannazione e adesso cosa faccio? – si chiese il moro, guardando l’horcrux davanti a sé. Come poteva aprire un medaglione che non si apriva?
«Maledizione!» imprecò.  Il biondo lo raggiunse con la coppa e tenendo in mano una delle zanne del basilisco che avevano recuperato dalla Camera dei Segreti e si sistemò accanto a lui, guardandolo di traverso.
«Credo… credo che dovresti parlare in serpentese» asserì «Per aprire il medaglione» specificò «Pensaci, Salazar Serpeverde era un rettilofono, il medaglione doveva appartenere al suo degno erede che sapesse parlare la sua stessa lingua, un po’ come la Camera dei Segreti» spiegò brevemente «Pensaci, idiota».
Harry spalancò gli occhi, sorpreso e dovette dargli ragione, ancora una volta. La sua perspicacia lo colpiva sempre, non era per niente scontato che sapesse quelle cose.
«Hai ragione» disse stringendo nel pugno l’elsa della spada «Proverò a parlare serpentese, attento, se dovesse uscire qualcosa da lì dentro, come con il diario, non è reale» asserì «Colpiamo insieme, okay?»
«Sono pronto» replicò il biondo.
Harry annuì e si concentrò per un minuto, prima di dire apriti in serpentese, facendo rabbrividire Draco com’era accaduto nella Camera dei Segreti. Non appena si aprì, un gelo terrificante cadde nell’ufficio del preside, l’aria divenne densa, cattiva, quasi come se un dissennatore fosse entrato lì e stesse risucchiando via la felicità a tutti.
«Sei un mostro» una voce crudele risuonò nelle orecchie di Harry «Sei solo una pedina, tu perderai, Harry Potter, perderai tutte le persone a cui tieni, perderai tutte le persone che ami, non sarai mai felice, i mostri non possono essere felici» continuò la voce «Tu non sarai mai amato da nessuno e vedrai tutti i tuoi amici morire… per colpa tua…»
«Harry, adesso!» esclamò il Serpeverde, facendolo tornare in sé; il Grifondoro scosse la testa e sollevò la spada, pronto a colpire il medaglione, mentre l’altro si preparava a colpire la coppa.
Non vincerai tu, mai. – pensò il moro, prima di sferrare un fendente deciso dritto al centro del medaglione, nello stesso istante in cui Draco colpiva con decisione l’altro horcrux. Tutto l’ufficio del preside tremò, il vento fischiò tra di loro e Harry urlò di dolore, quando percepì prima il grido addolorato e poi la presenza di Voldemort nella sua mente.
Era tutto finito.


 

To be continued... 



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Info: grazie a Potterpedia per il testo della lettera :3 (inizialmente non volevo metterla, ma il capitolo mi sembrava più completo inserendo anche questa!) e per il racconto di Kreacher!
 
Hola peps!
Rieccoci con il nuovo capitolo fresco fresco di pubblicazione :D
Oggi ho fatto un po’ tardi (alla faccia del poco, alle 2 di notte LOL), vi chiedo scusa ç_ç ma ho avuto una giornata assurda e poi ho perso un sacco di tempo ad aggiustare delle parti che mi sembravano troppo meh e ci ho messo tutto il pomeriggio e la sera ç_ç
Questo è tipo il continuo diretto del 6, nel senso che dovevano essere un monoblocco intero, ma che ho saggiamente diviso in due per non farvi annoiare a morte con un pippone di 25 pagine ahahah ed è parzialmente ispirato al capitolo 10 “Il racconto di Kreacher” del settimo libro della saga.  Infatti qui i nostri eroi hanno scoperto tutta la storia di Regulus e del medaglione (come nel canon) e lo hanno ritrovato grazie a Kreacher che è riuscito a rintracciare Mundungus PRIMA che cedesse l'horcrux alla Umbridge, per questo gli eventi del Ministero non compariranno in questa storia. (anche perché hanno già abbastanza gatte da pelare in questa storia, mi sembrava esagerato aggiungere un'altra grana LOL)
Questo capitolo è condito con un po’ di Drarry feels, anche se la loro storia d’amore non è ancora il punto focale della storia, ecco, il loro rapporto che diventa sempre più stretto lo è in parte e tutto verrà spiegato pian pianino (la storia ha quasi trenta capitoli, sì, si è allungata come mio solito uuuugh). Btw, prima abbiamo un Draco in preda a un breakdown mentale, in cui si chiede perché suo padre sia così un pezzo di sterco di troll… eh Dray, ce lo chiediamo anche noi. E poi un po’ di fluffosità a Grimmauld Place, mentre curiosano in giro per ammazzare il tempo e trovano reperti archeologici dell’infanzia di Harry.
Sì, ovviamente Kreacher ci ha messo poche ore (una notte su) a trovare Mundungus perché i nostri eroi non hanno troppo tempo da perdere LOL hanno pochissimo tempo, prima dell’arrivo di Voldemort. A me è sempre dispiaciuto per Kreacher, è detestato da tutti, ma non è colpa sua, è un elfo, ha servito la famiglia Black e sentiva sempre i loro discorsi e se ne è convinto automaticamente e infatti eccolo che è un sottone per Draco e fa tutto quello che gli chiede perché è un discendente dei Black. Voi non avete idea di quanto io “odi” scrivere i dialoghi con gli elfi, il fatto che ripetono sempre il loro nome e parlano in terza persona, mi manda al manicomio ogni volta!
LO SO, LO SO vi state rompendo con questi lunghi capitoli spiegoni pieni di sole informazioni e poca azione ç_ç ma era necessario che Kreacher raccontasse tutto e che i nostri eroi trovassero il medaglione.
E SILENTE STA BENE! Ma ve l’avevo detto, Silly sta bene e deve stare bene perché mi serve nella seconda parte per due cose importanti LOL ma Draco ha avuto successo e probabilmente avrà la carriera da guaritore spianata dopo questa LOL
Nota di margine: chiedo venia se ultimamente sono latitante ovunque, ma ho finalmente iniziato a lavorare alla tesi, che, tra ricerche e lettura di libri infiniti, mi prende tutta la giornata (o quasi) e inoltre ho ricominciato a lavorare, per mia fortuna, quindi ho a malapena il tempo di scrivere la sera ç_ç
Soooo, non vi preoccupate, appena riuscirò di nuovo a bilanciare tutti i tempi (non ero più abituata a questi ritmi dopo mesi e mesi di nullafacenza cosmica), riprenderò le cose in sospeso e tornerò di nuovo attiva! Perdonatemi per la latitanza, ma non preoccupatevi per questa storia, non ne risentirà e continuerò ad aggiornarla sempre fino alla fine u.u
E sì, il prossimo capitolo è l’ultimo della prima parte. Chissà cosa succederà, soprattutto vista la fine di questo; ZANZAN! A voi l’ardua sentenza, se avete teorie, altrimenti ci si becca sabato prossimo :D
Intanto, ringrazio profondamente tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Eevaa, Puffalanovita, tidi e Estel84 che in una botta ha recuperato due capitoli. Thank you so much! <3 inoltre ringrazio chi nel corso della settimana ha aggiunto la storia alle categorie e chi spende anche solo un click per leggerla in silenzio, grazie a tutti davvero ç_ç <3
Edit: Grazie anche a Sereously che ha recensito lo scorso capitolo!
See you on Saturday, peps!
Love all of ya <3
#Staysafe
 
 
Per farmi perdonare del ritardo, ecco un piccolo sneak peak del prossimo episodio, prometto che sarò puntuale, enjoy!
 
“«Chiederò aiuto ai Serpeverde» dichiarò, alzandosi dal pavimento e pulendosi le gambe alla meglio «Cercherò di convincerli a collaborare, ad unirsi a noi e a fare la scelta giusta».
«Draco, non devi farlo…» disse Harry «Lo sai che molti di loro sono figli di Mangiamorte, se dovessero dire qualcosa e il piano saltasse?» il biondo scosse la testa con convinzione.
«Non succederà. Non siamo tutti cattivi come pensi, sai?» domandò retoricamente «Voglio provarci, Harry» disse «Tu hai dato una possibilità a me, in questo bagno, sei settimane fa. Adesso lascia che sia io a dare una chance a loro di dimostrare che non siamo tutti come i nostri genitori».”

 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 9
*** Prima Parte, Capitolo 8: Astronomy Tower. ***



Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 8: Astronomy Tower



Non appena la spada di Godric Grifondoro, brandita da Harry, e la zanna del basilisco, maneggiata da Draco, si infransero contro i due horcrux, il moro sentì un lancinante dolore alla testa, la cicatrice bruciò come l’inferno.
È finita – pensò il Grifondoro, quando la presenza di Voldemort cercò di imporsi nella sua mente, sapeva che non sarebbe riuscito resistere quella volta, il dolore era troppo forte, troppo intenso, gli annebbiava la vista e la magia del mago oscuro era molto più potente della sua. Il ragazzo si piegò su se stesso, liberando un urlo di dolore, portandosi le mani alla testa, come se quel gesto potesse alleviare la sofferenza che stava provando. Non ce la faccio – pensò ancora – è troppo forte, troppo potente, non riesco contrastarlo.
«Harry!» lo chiamò Draco, afferrandolo prima che cadesse a terra «È lui?» domandò allarmato «Sta cercando di entrare nella tua mente?» chiese ancora. Harry gemette di dolore, ma riuscì ad annuire «Puoi farcela, puoi contrastarlo» lo incoraggiò l’altro «Sono qui con te, puoi farcela» ripeté. Il Grifondoro sentì le parole dell’amico, ma il potere di Voldemort era troppo forte, stava per abbattere la sua barriera, ma non poteva permettergli vincere, non quella volta. Si era esercitato, aveva studiato, aveva faticato per imparare quello. Era il fulcro di tutto, per la riuscita della missione, per portare a termine il suo compito, per liberare il mondo magico da quella minaccia enorme, doveva concentrarsi, lo sapeva, ma credeva di non essere abbastanza forte, di non poterlo respingere. Temeva di venire sopraffatto come l’anno precedente. Il dolore alla cicatrice era sempre più intenso, più penetrante che mai, mai prima di quel momento un’intrusione di Voldemort nella sua mente era stata così violenta... che dipendesse dalla distruzione dell’horcrux?
Sentì la presa del biondo su di sé, sentì le parole che continuava a sussurrargli. Doveva trovare la forza di contrastare il mago oscuro, non poteva permettergli di capire ciò che stavano facendo, non poteva permettere che scoprisse la verità sul Serpeverde, non ancora; il preside contava su di lui, i suoi amici contavano su di lui, tutto il mondo magico contava su di lui, Draco contava su di lui. Doveva farcela, doveva controllarsi, doveva riuscire a controllare le sue emozioni, solo così avrebbe avuto successo. E no, non si sarebbe arreso facilmente come aveva fatto in passato, non gli avrebbe permesso di vincere quella volta. Non l’avrebbe mai fatto vincere.
«Respingilo» gli sussurrò Draco. E Harry lo fece, riuscì a schermare completamente la sua mente, riuscì a respingere l’intrusione con un'enorme fatica, tuttavia il mago oscuro tentò ancora di forzare la sua mente, ma quella volta il ragazzo era pronto a quell’intrusione. Si aggrappò al corpo di Draco con disperazione, ma riuscì a respingerlo per una seconda volta e per un qualche istante, i ruoli parvero invertirsi. Harry riuscì a vedere tutta la frustrazione di Voldemort, la sua rabbia, la sua intenzione di radere al suolo la scuola e di uccidere tutti gli studenti. Il Grifondoro si irrigidì, la cicatrice faceva troppo male, non ce la faceva più, la sua barriera avrebbe ceduto presto, non era un bravo Occlumante quanto Draco, la sua barriera non avrebbe retto ancora a lungo.
«Resisti, Harry» gli disse Draco in un sussurro «Puoi farcela, resisti, non farti sopraffare, io sono qui con te».
Il prescelto, udite le parole del biondo, cercò di rilassare i muscoli, ma con scarsi risultati. Malfoy, tuttavia, continuò a parlargli a bassa voce, un tono di voce così basso e sussurrato che neanche Silente poté udire, ma Harry sì. E questo riuscì ad aiutarlo davvero. Più Draco sussurrava brevi frasi di conforto, più il Grifondoro si sentiva tranquillo, quando il biondo fece scivolare una mano lungo il suo fianco e gli prese la mano, intrecciando le loro dita, allora riuscì davvero a controllarsi. Non sapeva se a dargli la forza fosse stato il pensiero di dover proteggere Draco o il pensiero di non permettere a Voldemort di scoprire l’inganno, ma riuscì nella sua titanica impresa: schermare completamente la sua mente. Sentì la rabbia e la sofferenza di Voldemort esplodere con forza, esse lo travolsero come un mare in tempesta, mai in tutti quegli anni lo aveva sentito così arrabbiato, furioso.
Riuscì ad interrompere il contatto tra le loro menti, prima che il mago oscuro potesse prendere maggiormente il controllo. Si sentiva completamente scombussolato, aveva il respiro affaticato, il cuore batteva come se fosse stato impazzito nel suo petto e la cicatrice non la smetteva di bruciare come se un Ardemonio fosse stato scagliato sulla sua fronte. Non riuscì ad aprire gli occhi per lunghissimi istanti, quando lo fece la sua vista era annebbiata, nonostante indossasse gli occhiali, riusciva a distinguere una solo figura dai capelli incredibilmente biondi davanti a sé.
«Respira» gli suggerì il ragazzo, che non lo aveva lasciato andare per tutto quel tempo, Harry si rese conto di aver trattenuto il fiato per un lasso di tempo indeterminato e lasciò andare un sospiro. Seguì il consiglio dell’amico e prese alcuni respiri profondi, per riuscire a riacquisire il controllo di se stesso. Quando riuscì a calmarsi, guardò prima Draco, che ancora lo teneva stretto e poi Silente, che aveva osservato tutta la scena senza muovere un muscolo.
«È arrabbiato» disse «Molto, molto arrabbiato. Non si aspettava la distruzione di due horcrux, penso che verrà con più uomini di quanti ce ne aspettiamo» asserì, sentendo un brivido di paura scivolare lungo la sua schiena «Ed era molto preoccupato per il serpente, penso che sia la conferma di cui avevamo bisogno, Nagini è l’ultimo horcrux» asserì. Silente annuì, restando un po’ perplesso sulla faccenda e annuì, senza dire nulla.
«Ce la faremo» disse Draco «Non preoccuparti, penso di parlare anche a nome degli altri, noi saremo con te qualunque cosa accada, te lo prometto».
Harry deglutì, specchiandosi negli occhi grigi di Draco che brillavano di una determinazione tutta nuova. Sì, aveva ragione, tutti loro insieme potevano farcela. Non doveva essere spaventato o lasciarsi sopraffare, doveva essere forte e andare avanti, come aveva sempre fatto, poteva vincere anche quella volta. Dopotutto, la profezia lo diceva nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive. Harry sapeva che avrebbe lottato con tutte le sue forze per impedire la sua ascesa al potere. Lo avrebbe sconfitto una volta per tutte e avrebbe salvato Draco e tutto il mondo magico da un destino orribile.
 

 
C’era stato un momento durante tutta quella follia, durante il quale Draco Malfoy era passato dall’essere quello spaventato da salvare all’essere quello che aiutava a salvare gli altri, ma non capiva come fosse avvenuto il cambiamento. Non capiva se fosse stato a causa dell’influenza positiva di Harry e del suo gruppo o se fosse stato qualcosa che lui aveva sempre avuto inconsciamente dentro, si sentiva diverso, sapeva di non essere più lo stesso Draco Malfoy di una volta, o meglio era sempre se stesso, ma una versione migliore, che cercava di superare i propri pregiudizi e tentava di essere meno egoista. Non sempre gli riusciva bene, ma stava facendo del suo meglio e lo stava dimostrando con i fatti.
Ormai mancavano circa dodici ore all’arrivo di Lord Voldemort, Piton aveva confermato che l’attacco sarebbe avvenuto a mezzanotte di quel giorno, due horcrux erano stati distrutti e le ricerche per l’ultimo erano iniziate già quella mattina. Inoltre, Draco, Hermione, gli altri prefetti e i capiscuola si erano adoperati per portare avanti l’evacuazione della scuola programmata dalla McGranitt, perché gli studenti, soprattutto quelli più piccoli, andavano portati al sicuro. Avevano radunato tutti gli studenti e avevano chiesto a quelli più grandi chi avesse intenzione di restare per combattere e chi volesse tornare a casa. Molti studenti del sesto e del settimo anno avevano accettato, soprattutto i Grifondoro, ma neanche i Tassorosso e Corvonero si erano tirati indietro, gli unici che non si erano presentati erano stati i Serpeverde, ma Draco aveva intenzione di parlare con i suoi compagni di casa al più presto. Aveva anche collaborato ad elaborare la teoria sul nascondiglio del misterioso diadema perduto di Corvonero, nessuno sapeva quale fosse la sua esatta ubicazione, avevano vagliato più opzioni, ma niente era certo, speravano solo di avere fortuna, almeno quella volta. Alcuni credevano semplicemente che non esistesse, tuttavia nessuno di loro si era arreso all’impossibilità di ritrovarlo e dopo alcune ore di riflessione e di dibattiti tra lui e Hermione, avevano ipotizzato che potesse essere nella Stanza delle Cose Nascoste, Draco la conosceva come le sue tasche e se qualcosa era stato nascosto, doveva trovarsi proprio lì, ma Luna Lovegood non era d’accordo con quell’ipotesi, secondo lei si trovava da qualche parte nella Sala Comune dei Corvonero, ma a tutti quell’ipotesi era sembrata troppo semplicistica e troppo banale. Voldemort non avrebbe mai nascosto lì un horcrux.
Draco, d’altro canto, era preoccupato per Harry, dopo l’episodio nell’ufficio di Silente, era sparito dalla circolazione. Quando lui era andato via dall’ufficio del preside, aveva sentito quest’ultimo dirgli di fermarsi per un momento, perché doveva parlargli di una cosa importante. Draco gli aveva detto che l’avrebbe aspettato in Sala Grande, ma lui non era mai arrivato ed era strano che, proprio poche ore prima dell’arrivo di Voldemort, fosse sparito in quel modo. Non era un atteggiamento da lui, anzi. Era più il suo modo di fare, non quello di un grifone coraggioso, ma quello di una serpe codarda. Che diavolo era preso a Potter, all’improvviso? Era introvabile ed era strano.
Draco non riusciva a trovarlo da nessuna parte. Aveva chiesto a Ron e a Hermione se l’avessero visto, quando li aveva incontrati in Sala Grande per discutere del diadema, ma loro non avevano idea di dove fosse andato. Il Serpeverde ci pensò su. Era evidente che qualcosa non andasse, ma a quanto pareva, come al solito non aveva voluto parlare con nessuno. Si chiese per un momento, se fosse stato in Potter dove sarebbe andato, in un momento così delicato? La risposta si palesò così in fretta che non ebbe nemmeno il tempo riflettere, i suoi piedi si mossero automaticamente nella direzione del bagno di Mirtilla Malcontenta. Era stata una sensazione, ma si era rivelata vera, come Harry stesso gli avesse mandato un segnale per farsi trovare. Non appena raggiunse la porta del bagno, una strana sensazione di déjà-vu si palesò davanti ai suoi occhi: Harry era in piedi, davanti ad un lavandino a testa china, indossava solo la camicia e tremava. A Draco ricordò tremendamente il se stesso di sei settimane prima, quello senza speranza, senza voglia di combattere, ma solo di arrendersi davanti al più e salvarsi la vita.
«Non dovresti essere qui a frignare» disse entrando a braccia incrociate, Harry si voltò verso di lui con un’espressione a dir poco sconvolta sul viso che, inspiegabilmente, gli fece male al cuore.
«Cosa vuoi?»
«Capire cosa ti prende» disse il Serpeverde, avvicinandosi a lui, lentamente «Sul serio, Potter, perché ti nascondi qui? Non dovresti comportarti così oggi, sai quante cose ci sono ancora da fare?» domandò retoricamente.
Il moro distolse lo sguardo e scosse la testa. Era sotto shock, Silente gli aveva fatto un discorso molto complicato, non l’aveva capito in pieno e gli aveva messo una strana ansia addosso. Al ragazzo sembrava come se gli mancasse qualche pezzo di un puzzle troppo grande per lui. Il preside gli aveva ricordato le parole della profezia, gli aveva detto che Lord Voldemort poteva essere sconfitto solo se tutti gli horcrux fossero stati distrutti. Tutti, Harry, neanche uno deve restare in circolazione, altrimenti Voldemort tornerà ancora. Harry non aveva capito quel discorso, ma gli era sembrato come se stesse parlando proprio di lui. Non sapeva cosa significassero le parole di Silente, ma temeva di non riuscire a vincere, di fallire, di vedere i suoi amici morire, di perdere qualcuno anche quell’anno… e temeva con tutto se stesso quella profezia.
«Non mi prende niente, va’ via» rispose «Avevo bisogno di un minuto per stare da solo».
«Buffo, mi sembra di vivere un déjà-vu, sei settimane fa abbiamo avuto una conversazione simile o sbaglio?» fece con aria interrogativa «Perché non ci sediamo qui e parliamo un po’?» gli chiese.
«Ho provato a farlo parlare» si intromise Mirtilla Malcontenta «Ma non vuole!»
«Lasciaci soli, Mirtilla» disse cortesemente il biondo «Me ne occupo io, poi ti racconterò tutto» asserì, ammiccando. Il fantasma della ragazza esultò e disse che sarebbe andata a fare un giro nel bagno dei prefetti, mentre loro parlavano. Draco ridacchiò lievemente e si sedette sul pavimento.
«Avanti, vieni qui».
«I tuoi pregiatissimi pantaloni su misura non si sporcheranno?»
«Pft, ovvio che poi li brucerò e ne comprerò dei nuovi, ma dubito che qui ci siano sedie e… non ho voglia di stare in piedi» asserì «Adesso vieni o devo pregarti?»
Harry lo raggiunse in silenzio e si sedette accanto a lui, poi sospirò sonoramente piegando le gambe verso le ginocchia, le abbracciò e nascose il viso tra di esse. Il biondo allungò una mano verso di lui e strinse una spalla delicatamente.
«Sei agitato» disse Draco, guardando Harry «Come mai? Non lo sei mai stato prima» osservò accuratamente. «È per quello che è successo quando abbiamo distrutto gli horcrux?» domandò.
Il moro scosse la testa, mestamente. «No, ho paura che si realizzi la profezia» l’altro lo guardò perplesso, come se gli stesse chiedendo quale profezia? – con il solo sguardo «Sai la missione fallita di tuo padre l’anno scorso?» il Serpeverde annuì «Ecco, doveva rubare una profezia che riguardava me e… Voldemort» disse «Dice, in pratica, che uno di noi due deve morire per mano dell’altro, perché nessuno dei due può vivere se l’altro sopravvive» rivelò «E… ho paura di essere quello che non sopravvivrà».
«Ehi, no. Tu ce la farai. Lo sconfiggerai, sei San Potter, dopotutto, il Prescelto, no?»
«Già, immagino tu abbia ragione» Draco lo spintonò appena, cercando di strappargli un sorriso «Ehi!»
«Ammettilo, adori i miei incoraggiamenti, ecco perché ci troviamo sempre in situazioni del genere» disse il biondo, cercando di rincuorarlo «Andrà tutto bene, okay? Tu non morirai» disse «Finirà bene e potrò tornare a darti fastidio ogni volta che vorrò e a batterti a duelli e in pozioni… a Quidditch…»
«Hai intenzione di tornare a giocare?» chiese il moro, l’altro annuì «Forte! Non era lo stesso senza di te».
«Lo so, come ti do fastidio io, non lo fa nessuno» Harry si ritrovò a dargli ragione e ridacchiò «Tanto ti batto lo stesso, Potter».
«Vedremo, Malfoy» replicò «Grazie, comunque».
«Qualcuno doveva tirarti su il morale». Il moro gli sorrise riconoscente ed ebbe l’impulso di appoggiare la testa sulla sua spalla, ma si trattenne. Restarono in silenzio per qualche minuto, in quel lasso tempo sentirono solo il gocciolare fastidioso di un rubinetto che perdeva. Con Silente, Harry aveva pianificato ciò che sarebbe accaduto sulla torre, sperando che tutto andasse secondo i piani, ma aveva un brutto presentimento e temeva ciò che stava per accadere.
«Porterà con sé più uomini di quelli che ci aspettiamo» disse «E se non riuscissimo a salvare gli studenti?»
«Andrà tutto bene» lo rassicurò Draco, sorridendo «La McGranitt ha organizzato tutto, io, Hermione e gli altri prefetti l’abbiamo aiutata, gli studenti più piccoli sono già sul treno con una scorta di Auror a proteggerli, partiranno tra poco» Harry annuì, sollevato «E gli altri sono già sulle tracce dell’ultimo horcrux» disse «Abbiamo una teoria su dove potrebbe essere, lo sapresti se non ti fossi rifugiato nel bagno a piangere come un dodicenne» il moro grugnì, contrariato dalla sua affermazione. Non era un codardo, era solo che… era sopraffatto da tutto, ma Draco aveva ragione, era stato infantile da parte sua nascondersi nel bagno, invece di aiutare gli altri. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, non riusciva ad affrontare quella situazione con la sua solita strafottenza e il suo solito coraggio. «Ad ogni modo, supponiamo che il diadema sia nella Stanza delle Cose Nascoste, Ron e Hermione sono già lì a cercare, ma Lovegood sostiene che si trovi nella Sala Comune dei Corvonero» spiegò. Harry annuì, pensieroso.
«Non sottovaluterei l’idea di Luna, sai?» fece Harry «Di solito, su queste cose bizzarre ha ragione».
«Beh, allora che aspetti? Vai ad avvisare i tuoi amici!» esclamò Draco «Muoviti, non abbiamo tempo da perdere» lo esortò, l’altro annuì. Aveva ragione il biondo, non poteva starsene lì a frignare, doveva darsi una mossa e aiutare gli altri a prepararsi all’imminente battaglia. «Hai preparato la spada, vero?»
«Sì» rispose «Appena Voldemort arriverà, dovrò essere abbastanza veloce da trafiggere Nagini con la spada, così avremo distrutto l’ultimo horcrux, sperando che per quel tempo, Ron e Hermione abbiano trovato il diadema».
«Ci stanno lavorando» affermò il biondo «E comunque, lassù, io ti coprirò le spalle» si sentì in dovere di dirgli e suonò come una promessa «Lo fermeremo».
«Ne sei sicuro?»
«Sì, Harry, me lo hai insegnato tu» replicò sorridendo «Com’era? Noi abbiamo qualcosa che Voldemort non ha».
«Sì, abbiamo te» disse risoluto Harry, sorridendo. Draco avvampò e poi spintonò il moro, scuotendo la testa. Che diavolo gli prendeva all’improvviso? Di che problemi soffriva? «Dico sul serio, idiota! Se non fosse stato per te, non saremmo arrivati a questo punto! La tua presenza ha cambiato tutto».
«Lo so, sono fantastico» si vantò «Ora smettila di flirtare con me». Harry arrossì a sua volta, come se fosse stato un bambino, colto con le mani in un sacco di caramelle e scosse la testa, piccato, poi ghignò e decise di rendergli la stessa moneta. Non sapeva perché, ma parlare con Draco di ciò che lo tormentava, riusciva sempre a farlo sentire meglio. Perché tra tutti proprio il Serpeverde doveva capirlo così bene?
«Nah, mi diverto troppo» asserì, distendendo le gambe sul pavimento e guardando il biondo «Arrossisci come un bambino, sei adorabile».
«Tu- Smettila, Potter!» esclamò il biondo, con le gote terribilmente rosse «Non è il momento di scherzare così o flirtare con me!» Harry rise davanti alla sua reazione e poi anche Draco si sciolse in una risata, entrambi per un attimo lasciarono andare tutta l’ansia, la preoccupazione e qualsiasi sentimento negativo stessero provando in quel momento. Avevano bisogno di quello, avevano bisogno di farsi una sana risata per scacciare tutto il negativo e sperare in positivo.
Quando smisero di ridere, si guardarono, consapevoli che la situazione fosse grave e che servisse una soluzione urgentemente. I Mangiamorte erano di più, molti di più di loro e da soli non avrebbero mai potuto farcela.
«Sono seriamente preoccupato per i numeri, sai? A quanto pare, saranno tanti» disse Harry, tornando serio, tirando fuori una delle tante cose che lo preoccupava quel giorno «È vero, ci sono gli Auror a scuola, Silente ha contattato anche gli altri dell’Ordine e ci sono i professori… ma come faremo? Siamo studenti per la maggior parte e loro sono maghi oscuri assetati di sangue».  
Draco annuì seriamente e rifletté per qualche istante sulle sue prossime mosse, in realtà, era già da un po’ che ci pensava e se non avesse agito in quel momento, se ne sarebbe pentito per il resto della sua vita.
«Chiederò aiuto ai Serpeverde» dichiarò, alzandosi dal pavimento e pulendosi le gambe alla meglio «Cercherò di convincerli a collaborare, ad unirsi a noi e a fare la scelta giusta».
«Draco, non devi farlo…» disse Harry «Lo sai che molti di loro sono figli di Mangiamorte, se dovessero dire qualcosa e il piano saltasse?» il biondo scosse la testa con convinzione.
«Non succederà. Non siamo tutti cattivi come pensi, sai?» domandò retoricamente «Voglio provarci, Harry» disse «Tu hai dato una possibilità a me, in questo bagno, sei settimane fa. Adesso lascia che sia io a dare una chance a loro di dimostrare che non siamo tutti come i nostri genitori».
Harry annuì, guardandolo con grande ammirazione. «D’accordo» accettò «Ma sta’ attento e se sono ostili, chiamami».
Draco ghignò «Attento, Potter, o potrei pensare che tu ti sia innamorato di me» insinuò, Harry arrossì all’impazzata e cercò di nasconderlo con scarsi risultati.
«Sei un cretino» disse alzandosi a sua volta «Vai, in bocca al lupo».
Draco annuì ed uscì in fretta e furia dal bagno di Mirtilla. Harry, al contrario, raggiunse la Stanza delle Cose Nascoste per aiutare Hermione e Ron nella ricerca del dannatissimo diadema e per suggerire loro di seguire il suggerimento di Luna, non potevano trascurare nessuna opzione, non quel giorno. Se non avessero trovato e distrutto quel dannato oggetto, non avrebbero potuto vincere e tutto sarebbe stato vano, tuttavia la chiacchierata con Malfoy era stata in grado di fargli l’adrenalina che gli mancava, l’aveva riscosso e gli aveva dato la carica giusta per affrontare quelle ultime ore. Aveva timore di andare sulla Torre di Astronomia, ma sapeva che da lì a poche ore sarebbe stato su quella torre e avrebbe combattuto con tutte le sue forze per sconfiggere Voldemort.
Sarebbe stata una lunga notte e temeva di non vedere l’alba.
 
 
Dopo aver parlato con Potter, Draco si diresse verso il sotterraneo, cercando di pensare cosa dire ai suoi compagni di casa per convincerli a schierarsi con l’Ordine della Fenice per combattere contro Voldemort. Avevano bisogno di tutto l’aiuto possibile e si diede dello stupido per non aver parlato prima. Era certo che, così come i “seguaci di Potter” dell’Esercito di Silente avessero deciso di combattere, anche i Serpeverde avrebbero aderito, se lui avesse detto le cose giuste.
Sì, anche la sua casa poteva fare la differenza, non erano tutti codardi e cattivi come pensavano tutti quanti.
Arrivato al quadro, pronunciò la parola d’ordine ed entrò nella Sala Comune. Era molto popolata in quel momento, molti si stavano preparando a prendere il treno e fuggire da quel posto. Qualche anno prima, avrebbe fatto la stessa cosa, sarebbe sparito in una situazione di pericolo, di certo non sarebbe rimasto a combattere in prima linea al fianco di Potter.
Come aveva fatto a cambiare tanto nel giro di sei settimane?
Cercò di ignorare quei pensieri e si disse che quello era un buon momento per fare un discorso alla Potter e convincere tutti ad alzare le bacchette per aiutare gli studenti della scuola, i professori e Potter a vincere quella battaglia. Non capiva come fosse possibile che le sorti del mondo magico pesassero sulle spalle di un ragazzo di nemmeno diciassette anni, ma se il suo destino era sconfiggere Voldemort, avrebbe fatto di tutto per aiutarlo ad avere successo.
Prese un respiro profondo e avanzò verso il centro della sala, i suoi compagni di casa lo guardarono straniti, senza capire cosa stesse facendo. Draco si piazzò al centro e guardò la maggior parte di loro, invitandoli ad avvicinarsi a lui.
«Ragazzi, posso avere la vostra attenzione per un attimo?» chiese. I Serpeverde si avvicinarono davvero, acconsentendo alla sua richiesta. Il biondo si sentì per un momento sotto pressione con tutti quegli sguardi curiosi addosso.
«Voldemort sta arrivando» annunciò «Sta arrivando ed è più arrabbiato che mai. Sa che sta perdendo, sa che è spacciato. Potter è ad un passo dal vincere quest’ennesimo scontro con Lui» spiegò cercando di essere breve, conciso, chiaro «Tuttavia, ha bisogno di aiuto, quest’anno più che mai. Ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per sconfiggerlo, altrimenti lui vincerà e distruggerà tutto, a partire da questa scuola, fino al mondo magico».
Calò uno strano silenzio tra gli studenti di Serpeverde, un silenzio colmo di tensione e di confusione. Draco lo sapeva, era qualcosa che sconvolgeva la maggior parte degli studenti, sapeva che alcuni come Tiger e Goyle, avendo come lui un padre Mangiamorte, capissero meglio degli altri la situazione e sperava che loro, per quanto stupidi sembrassero, si rendessero conto della gravità della situazione e sperava di poter fare leva sul fatto che lo avessero “seguito” sempre, anche quando si comportava da perfetto idiota.
«Non avevi detto tu, sul treno, che era solo una perdita di tempo venire in questa scuola? Che non avresti perso tempo con stupidi incantesimi e sventolii di bacchette?» chiese Blaise Zabini con aria provocatoria «Che Hogwarts è solo una scuola patetica e che ti saresti gettato dalla Torre di Astronomia, al pensiero di passare altri due anni qui?» continuò, ricordando la loro conversazione avvenuta il primo settembre sull’Hogwarts Express. Oh, quante cose erano cambiate da quel giorno. Draco era perfettamente consapevole di ciò che aveva detto, ma le cose da settembre erano cambiate.
«Sì, è vero, l’ho detto» rispose Draco «Sai, Zabini? Credevo di essere spacciato e credevo che questa scuola fosse spacciata, a causa di quello che dovevo fare per Lui» confessò, sentendo un enorme peso venir via dalla sua coscienza «Ma da quel giorno sono passati mesi, le carte in tavola sono cambiate e… io sono cambiato» spiegò «Sì, è vero, Potter mi ha aiutato, anzi, Potter mi ha salvato dalla disperazione» disse e un sorrisetto involontario si formò sulle sue labbra nel dire quelle parole «E so per certo che è determinato abbastanza da riuscire a vincere, ma per farlo avrà bisogno anche del nostro aiuto» disse «Il treno è lì che vi aspetta e partirà tra meno di un’ora, se non volete restare» disse «Nessuno vi obbliga a farlo, io so bene come vi sentite, molti di voi credono di avere un ruolo da rispettare, “Noi siamo i Serpeverde e siamo quelli cattivi”, ma non lo siamo, non tutti noi sono figli di Mangiamorte» disse «So cosa provate, so che per voi è difficile, soprattutto andare contro le vostre famiglie, ma…»
«Queste sono tutte assurdità!» strillò Pansy Parkinson, interrompendolo «Tu-Sai-Chi vincerà! Sei un idiota a fidarti di Potter, non eri tu che dicevi di odiarlo?»
«Sì, Parkinson. Lo dicevo, ma come ho già detto, in queste ultime settimane, ho cambiato opinione».
«Lo Sfregiato non vincerà!»  esclamò ancora la ragazza.
Draco ghignò «Quello è un soprannome che gli ho dato io. E comunque, credi quello che vuoi, sei libera di prendere il treno e andartene» le disse, poi si rivolse al resto degli studenti «Lui ha offerto a me la possibilità di poter fare la cosa giusta. Ora lo chiedo io a voi, volete continuare ad essere burattini nelle mani dei vostri genitori?» chiese guardando coloro che, era certo, avevano i genitori Mangiamorte «O volete liberarvi di loro e di Lui ed essere liberi?» domandò «Sta a voi decidere se agire dalla parte giusta o dalla parte sbagliata» affermò «Allora, cosa decidete? Ci aiuterete?»
Il silenzio calò di nuovo nella Sala Comune dei Serpeverde. Draco si stupì di se stesso, non credeva di essere in grado di poter fare un discorso del genere, per un momento un brivido gli percorse la schiena. Erano cose che avrebbe detto Potter, che diavolo gli era successo? Deglutì, restando in attesa che gli altri decidessero cosa fare. Il rischio che qualcuno decidesse di parlare con i propri genitori in quel momento era forte, ma Voldemort stava arrivando, il piano era quasi riuscito e se non avesse rischiato in quel modo, avrebbero sempre avuto il dubbio. Doveva rischiare, giusto? .
Questa è la tipica cosa che penserebbe un Grifondoro… maledizione. Gettarsi a capofitto, rischiare senza aver calcolato bene tutte le proprie mosse, era un atteggiamento che non era da lui, ma allora perché si stava comportando in quel modo? Cosa stava succedendo? Avrebbe dovuto indagare su questa cosa, ma non ne aveva il tempo, non c’era più tempo. Voldemort stava arrivando, mancavano poche ore… e doveva convincere i Serpeverde a collaborare, dovevano trovare l’ultimo horcrux, doveva portare a termine la missione per conto di Voldemort e dare il via al piano…
«Sì» rispose per primo Blaise Zabini, dopo cinque minuti abbondanti di meditazione, facendo un passo in avanti verso Draco «Ci sto, ti aiuterò» disse «Non voglio servire un mago oscuro che potrebbe uccidere i miei amici».
«Anche io» Theodore Nott lo affiancò «Ho visto mio padre distruggersi e mia madre impazzire a causa di quel mostro. Non gli permetterò di rovinare altre vite». Dopo di lui, anche tutta la squadra di Quidditch di Serpeverde fece un passo in avanti, schierandosi dalla parte di Draco e dell’Ordine. Alcuni come Pansy andarono via, decidendo di raggiungere il treno per tornare a casa e chiamarsi fuori da quell’assurdità, perché secondo loro Potter non avrebbe mai vinto.
«Anche noi» Tiger e Goyle affiancarono Draco con sicurezza, il ragazzo li guardò sorpreso, come se non si aspettasse quel loro gesto, era convinto che loro si schierassero contro di lui, invece… era particolarmente sorpreso del loro gesto.
 «Ti abbiamo sempre guardato lo spalle» disse Tiger «Non smetteremo di farlo adesso».
«Già» concordò Goyle «Non ti volteremo le spalle, non adesso» affermò con determinazione.
«Grazie a tutti» disse guardandogli altri studenti che si avvicinavano e accettavano di combattere dalla parte giusta. Il biondo stentò a credere ai suoi occhi, non si sarebbe mai aspettato tanta solidarietà, non da parte dei Serpeverde. Credeva che solo due o tre potessero aderire e invece… la maggior parte di quelli del suo anno, del quinto e del settimo accettò. Si sentì stranamente soddisfatto di se stesso, ma non c’era tempo per gongolare. Voldemort stava arrivando.
«Okay, venite tutti con me» disse a tutti «Non abbiamo tempo da perdere» dichiarò, dirigendosi verso l’uscita della Sala Comune. I Serpeverde annuirono e lo seguirono in fretta. Fu come un’iniezione di adrenalina, vedere i suoi compagni di sempre alleati con lui e non schierati contro di lui gli dava una certa forza, forse era per questo che Potter non si era mai arreso. Aveva sempre avuto i suoi amici su cui contare, sempre delle persone disposte ad aiutarlo.
«Zabini, Nott» li chiamò «Voi due andate nella Stanza delle Cose Nascoste, lì troverete un Armadio Svanitore. A mezzanotte in punto, quando sentirete il gong dell’orologio, dovete pronunciare la formula Harmonia Nectere Passus per tre volte, imparatela bene, altrimenti non funzionerà» disse ai due «Voldemort e i Mangiamorte arriveranno da lì, dovrete dire loro che io sarò sulla Torre di Astronomia con Silente, per portare a termine la missione e fare quello che va fatto, fingetevi sotto Imperius, se serve» i due ragazzi annuirono, senza porre altre domande e si avviarono verso la sala indicata, cercando di memorizzare il più in fretta possibile la formula magica.
«Tiger, Goyle, voi raggiungete la Sala Comune dei Corvonero e iniziate ad aiutare Luna Lovegood, bisogna assolutamente trovare l’oggetto che stiamo cercando» disse, poi davanti agli sguardi confusi dei due, si affrettò ad aggiungere «Vi spiegherà tutto lei, adesso andate, dite a Luna che vi mando io, vi farà entrare, le serve aiuto, qualcosa mi dice che Potter ha ragione a fidarsi del suo istinto».
«D’accordo» risposero i due ragazzi, prima di dirigersi verso la torre sul lato ovest del castello. Infine, Draco istruì la squadra di Quidditch e gli altri Serpeverde che si erano aggiunti, affinché perlustrassero la scuola alla ricerca di studenti più piccoli smarriti e li portassero al binario, dove da lì a poco il treno sarebbe partito per riportarli a casa, poi avrebbero affiancato gli Auror e l’Ordine, combattendo contro i Mangiamorte che nelle prossime ore sarebbero giunti. Mancava un’ora alla partenza del treno e mancavano sette ore all’arrivo di Voldemort. Potevano farcela, sperava solo che Blaise e Theodore riuscissero ad imparare la formula in tempo.
Era fiero di se stesso, sì, ne era davvero orgoglioso e non vedeva l’ora di dire a Potter che tutto era fatto, che avevano degli altri alleati e che non dovesse preoccuparsi di tutto il resto, poteva concentrarsi su Voldemort.
Era strano, ma si sentiva bene in quel momento, come se avesse fatto la prima vera cosa buona della sua vita, fin da quando tutta quella storia era iniziata. Nonostante la paura per ciò che sarebbe accaduto, si sentiva pieno di voglia di combattere e lo avrebbe fatto, tutto sarebbe andato bene. Doveva per forza andare tutto bene.
Tuttavia, non si accorse di una figura sospetta che, invece di raggiungere il treno, seguiva Nott e Zabini nella Stanza delle Cose Nascoste.
 

 
La torre di Astronomia non aveva mai fatto tanta paura. Harry fissava l’enorme scalinata che conduceva alle aule della professoressa Sinistra. Lì, dove avevano osservato le stelle e compilato mappe celesti, sarebbe avvenuta la resa dei conti tra Lord Voldemort e il Prescelto. Il Grifondoro aveva paura, ma niente lo avrebbe fermato. Non si sarebbe tirato indietro, avrebbe combattuto fino all’ultimo respiro per salvare il mondo magico e i suoi amici.
Era successo qualcosa di strano in quel bagno, lo sapeva. Era come se lui e Draco si fossero scambiati di posto, sei settimane prima, era stato lui ad aiutare il biondo a superare l’ostacolo, a superare la sua paura di fallire, quella sera invece era stato il Serpeverde ad aiutarlo, a spronarlo, a farlo rinsavire, a salvarlo dalla sua autocommiserazione. Avrebbe combattuto per salvare tutti i suoi amici, la sua scuola, tutte le persone a cui teneva, compreso Draco Malfoy.
«Non dirmi che sei di nuovo in paranoia, Potter, è quasi ora» disse. L’ora della resa dei conti si era fatta sempre più vicina. Ron e Hermione si erano convinti a raggiungere Luna nella Sala Comune dei Corvonero, avevano solo bisogno di un po’ di tempo per trovarlo e distruggerlo. E lui doveva uccidere Nagini con la spada. Sulla Torre tutto era pronto, la spada era custodita in un posto dove Voldemort non l’avrebbe vista. Avrebbero vinto, ne era quasi certo.
«No» rispose il moro, voltandosi verso di lui «Ma non sarei normale se non avessi paura».
«Ne ho anche io» replicò «Ma possiamo vincere» gli disse, facendogli un sorriso. Harry annuì, con Draco si sentiva tranquillo, con lui al suo fianco sapeva che ce l’avrebbe fatta.
Si guardarono per un attimo, complici, come non lo erano mai stati prima di quel momento e si scambiarono le bacchette. Un breve lampo di elettricità passò tra di loro, quando le loro mani si sfiorarono durante lo scambio, prima che il primo rintocco della mezzanotte spezzasse il silenzio e l’attimo che si era creato. C’era qualcosa tra di loro, lo sentivano entrambi, ma non avevano mai avuto il tempo di esplorarlo, non avevano avuto il tempo di comprendere esattamente cosa stesse accadendo tra di loro o cosa provassero l’uno per l’altro. Draco lo sapeva, Harry lo sapeva. Si fissarono, in silenzio, per infiniti istanti, prima di udire il secondo rintocco. Ormai era ora. Non c’era più tempo, dovevano salire, dovevano prendere le loro posizioni e attuare il piano, ma Draco ebbe un guizzo di coraggio e fece un passo verso di lui, deglutendo sonoramente. Se non l’avesse fatto, se ne sarebbe pentito.
«Harry?» lo chiamò, la sua voce era quasi un sussurro.
«Sì, Draco?» il cuore del Grifondoro sussultò e si ritrovò a fissare l’altro negli occhi, incantato dalla loro bellezza.
Il biondo eliminò la distanza che li separava velocemente, gli prese il viso tra le mani e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Fu solo un misero sfioramento, un tocco leggerissimo, ma che fece battere i cuori di entrambi pericolosamente.
«Se non dovessimo sopravvivere» disse piano «Grazie» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra.
Harry gli sorrise appena con le gote rosse e scosse lentamente la testa «Grazie a te, Draco».
Il biondo sorrise «Tratta bene la mia bacchetta, ci sono affezionato» suggerì.
«Lo farò» promise «Mi aspetto lo stesso da parte tua» l’altro annuì ed entrambi si guardarono per un secondo, come se volessero aggiungere qualcosa, ma non lo fecero e poi iniziarono a salire le scale per raggiungere la Torre di Astronomia, dove avrebbero affrontato il loro destino. Una volta giunti a destinazione, presero le rispettive posizioni, consci di ciò che sarebbe accaduto lì su. Avevano paura, ma sapevano di potercela fare, insieme.
 

 
Draco prese un profondo respiro e guardò Silente davanti a sé, il quale gli rivolse uno sguardo incoraggiante, come se volesse tranquillizzarlo con esso. Doveva restare calmo, tutto sarebbe finito nel migliore dei modi, c’era Harry, pronto ad intervenire in ogni momento, il preside era dalla sua parte, non era solo come aveva sempre creduto d’essere. Prese un respiro profondo e alzò la bacchetta contro il preside, il quale annuì e quando sentirono dei passi di persone che correvano lungo le scale della torre, iniziò a parlargli come se volesse fermarlo, offrendogli il suo aiuto. Piton, di sicuro, era con i Mangiamorte, così come voleva il loro piano.
«Dopo tutto quello che ho fatto per te, mi tradisci così Malfoy? Sei un maledetto bastardo!» esclamò Harry ad alta voce, così che tutti i nuovi arrivati potessero sentirlo, puntando la sua bacchetta contro il biondo, solo per scenografia.
«Credevi davvero che io potessi essere tuo amico, Potter?» domandò Draco, sprezzante. In quel momento, i Mangiamorte arrivarono sulla torre di Astronomia, ignari del vero piano, già esultavano per la loro vittoria.
«Ma bene, bene…» la voce di suo padre lo fece tremare «Non credevo che saresti arrivato fino a questo punto, Draco» disse «Sai, mi ha molto incuriosito il motivo per cui tu sei venuto a casa nostra per portare via tua madre…» continuò «Ho personalmente messo in guardia il Signore Oscuro, perché ero così sicuro che fosse una trappola, eppure…» lo raggiunse, ponendosi alle sue spalle «Sei arrivato fino a questo punto, hai fatto un fantastico lavoro… complimenti» gli disse. Draco si irrigidì «Avanti, finisci il lavoro e consegna Potter al Signore Oscuro, così torneremo da vincitori e tutti i nostri peccati saranno perdonati». La mano di Lucius era posata esattamente sulla sua spalla, il ragazzo la vide con la coda dell’occhio e tremò. Un altro manipolo di Mangiamorte arrivò insieme al serpente di Voldemort, che strisciava tra di loro in modo inquietante. Sembravano tutti soddisfatti della piega che stavano prendendo gli eventi, davanti a loro, Silente e Harry Potter erano indifesi, sembrava che Draco li avesse intrappolati. Il preside era addirittura stato disarmato.
«Avanti, che aspetti? Uccidilo!» esclamò Lucius e il ragazzo, con uno scatto fulmineo, fece un balzo in avanti e puntò la bacchetta contro suo padre, l’uomo scosse la testa, come se si aspettasse quella mossa.
«Lo sapevo» disse «Cosa stai facendo, Draco?» chiese «Tradisci la tua famiglia? Tradisci il Signore Oscuro?» domandò ancora «Tradisci il sangue del tuo sangue per allearti con un mezzosangue?»
«Sì» rispose Draco, ghignando «Stupeficium!» urlò. Lucius, colto di sorpresa, fu sbalzato dall’altro lato della torre.
Bellatrix puntò la bacchetta contro il ragazzo, pronta a scagliare contro di lui una maledizione senza perdono.
«La pagherai cara, sciocco ragazzino!» esclamò la donna.
«Expelliarmus!» gridò Harry affiancando il biondo e disarmando la strega, prima che potesse lanciare una maledizione su di lui. I due giovani si scambiarono uno sguardo complice, prima di iniziare a combattere. Silente duellò con due Mangiamorte che cercarono di disarmarlo, fallendo miseramente. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi insieme iniziarono a duellare fianco a fianco. Con l’aiuto di Silente e del professor Piton, riuscirono a schiantare molti Mangiamorte. Qualcosa non andava, Voldemort non era ancora arrivato, ma Nagini era lì. Harry doveva riuscire ad avvicinarsi il più possibile e appellare la spada, lasciata nel nascondiglio per evitare che o Mangiamorte tentassero di sottrargliela. Poi improvvisamente, esplose il caos: incantesimi, maledizioni, fatture, quella torre di Astronomia divenne un vero e proprio campo di battaglia. Di Voldemort non c’era traccia e Harry iniziò a preoccuparsi seriamente. Che avesse capito che quella era una trappola? Non ebbe il tempo di finire di porsi quella domanda che si ritrovò a schiantare un altro Mangiamorte, mentre altri sopraggiungevano.
«Paura, Potter?» domandò Draco, mentre pietrificava uno dei nemici.
«Ti piacerebbe!» ribatté Harry «Se non ti conoscessi bene, Draco, direi che hai una gran fifa!» lo imitò, schiantando un altro Mangiamorte che stava per avventarsi sul biondo. Quest’ultimo gli rivolse uno sguardo grato, prima di ribattere.
«Sappi che, se sopravvivremo a tutto questo, mi dovrai offrire una Burrobirra!» esclamò Draco, sentendo l’adrenalina scorrere nelle sue vene, mettendo fuori combattimento un altro Mangiamorte. Non si era mai sentito così vivo, anche se dentro di sé temeva per la sua vita.
«Ti sembra il momento di flirtare con me?» domandò Harry «E la mia risposta è sì… Attento!» urlò, spingendo il biondo dietro alla sua schiena: «Expecto Patronum!» urlò, un immenso fumo bianco venne sprigionato dalla sua bacchetta e un maestoso cervo fece la sua comparsa, allontanando i due dissennatori che stavano per attaccarli. Se Voldemort aveva tra i suoi alleati i dissennatori, voleva dire solo che era più forte di quanto avessero immaginato.
Bellatrix si rialzò e scoppiò a ridere. «Il Signore Oscuro vincerà, stanotte!» strillò la strega «Non avete alcuna speranza di vincere!» si affacciò a uno dei finestroni della torre e «Mors Morde!» pronunciò. Contemporaneamente, sia il marchio sul braccio di Draco, sia la cicatrice di Harry iniziarono a bruciare in modo infernale. Il biondo si riprese per primo e lanciò un Protego verso il moro, prima che un incantesimo dei nemici lo colpisse.
«Stai bene?» gli chiese. Harry alzò la testa verso di lui e annuì, mettendosi fianco a fianco con lui, per continuare a combattere. Voldemort stava arrivando, adesso ne erano certi.
«Sì» disse «Depulso!» esclamò, colpendo l’ennesimo mago oscuro, che venne sbalzato dall’altro lato della torre. Piton, con un incantesimo non verbale, deviò un incantesimo di Bellatrix diretto verso i due studenti, che continuavano a lottare contro dei maghi adulti, quasi senza paura. Silente mise fuori combattimento due uomini che cercarono di attaccarli da dietro.
Lucius Malfoy si rialzò e fece per attaccare il figlio «Impedimenta!» gridò Harry per bloccarlo «Stupeficium!» egli deviò l’incantesimo del ragazzo, pronto ad attaccare ancora, ma improvvisamente la torre tremò, i Mangiamorte si fermarono, non attaccarono più, come se stessero attendendo qualcosa o qualcuno: un fumo nero come la pece entrò nella Torre, scivolando lentamente sul pavimento, come se fosse stato un serpente, si mosse lento, prima di scatenare un forte vento, che, come un tornado, iniziò a vorticare facendo mancare il fiato a tutti. Investì in pieno ogni mago presente, i Mangiamorte si prostrarono a terra, Harry e Draco indietreggiarono, cercando di raggiungere Silente.
Poi tutto cessò e Voldemort comparve in tutta la sua serpentesca figura davanti a loro, nello stesso momento in cui Nagini strisciò verso di lui, affiancandolo. I due ragazzi sussultarono, Draco istintivamente afferrò la mano di Harry, il quale ricambiò la stretta, cercando di infondergli sicurezza. Senza battere ciglio, con un movimento rapido della bacchetta il mago oscuro scagliò una maledizione su Silente che contrattaccò, ma a causa della sua salute ancora instabile, venne colpito dall’incantesimo e messo fuori combattimento in pochi istanti. Piton che, come da copione, era prostrato a terra come tutti i Mangiamorte, sbiancò impercettibilmente. Poi Voldemort puntò lo sguardo su Draco, assumendo una strana espressione contrariata, il biondo ne ebbe davvero paura, gli sembrò la stessa che aveva assunto quando lo aveva punito durante l’estate per il suo fallimento con quella famiglia di babbani e rinforzò la presa sulla mano del moro, quest’ultimo lo sostenne, ricambiando la stretta con la stessa intensità, per fargli capire che non lo avrebbe abbandonato. Si fece più vicino al biondo e gli sussurrò all’orecchio di stare tranquillo e di tenersi pronto: doveva prendere lui la spada e uccidere Nagini, era l’unico modo che avevano per vincere. «Io terrò occupato Voldemort» gli disse. Draco annuì impercettibilmente, comprendendo ciò che avrebbe dovuto fare. Non sapeva se fosse possibile, la spada di Grifondoro maneggiata da un Serpeverde? Non poteva essere possibile, eppure… il mago oscuro non si sarebbe mai aspettato quella mossa, forse poteva essere la loro arma segreta.
«Sono molto deluso» disse il Signore Oscuro «Mi hanno appena riferito che il mio più giovane servitore, in realtà, è un traditore, un infido doppiogiochista che si è servito della mia magnanimità per ingannarmi e per ribellarsi a me, alleandosi con il mio più grande nemico» sibilò con un tono tutt’altro che raccomandabile, il Serpeverde deglutì capendo che stesse parlando di lui e strinse più forte la mano di Harry, che non esitò a ricambiare la stretta «Credevate davvero che il vostro sciocco piano per sconfiggermi funzionasse? Oh, sciocchi ragazzini, non potete sconfiggermi» dichiarò «Io sono invincibile» continuò «E voi non potrete fare niente per fermarmi» disse ancora «Tu lo sai, vero, Draco quale sarà la tua punizione per tutto questo?» il biondo deglutì, Harry non mollò la presa «Complimenti, Harry, sei riuscito ad ingannarmi, ma per tua sfortuna i miei uomini sono stati avvertiti, sappiamo che questa è solo trappola, probabilmente adesso stanno torturando e uccidendo i tuoi amichetti» il Grifondoro tremò e pregò Merlino e tutti i fondatori di Hogwarts che non accadesse niente a Ron, a Hermione o agli altri «Ingegnoso da parte tua usare la mia stessa carta contro di me, saresti stato un promettente mago oscuro…» continuò e scosse la testa, quasi con aria mesta «Peccato che non vedrai l’alba di domani, Potter, ti ucciderò davanti agli occhi del tuo adorato Silente che vedrà il suo bambino sopravvissuto morire per mano mia, com’è giusto che sia» disse sprezzante «Ma prima… ucciderò il tuo fidanzatino traditore» concluse, puntando la bacchetta contro Draco.
«Non te lo permetterò» replicò il Grifondoro a denti stretti.
La resa dei conti era appena giunta.
 

 
La Sala Comune dei Corvonero era spettacolare, Hermione non l’aveva mai vista e restò affascinata da essa, era molto ampia, circolare e luminosa. Le enormi finestre ad arco permettevano alla luce della luna di entrare, sembrava di essere davvero persi nel cielo stellato della notte, a favorire questa sensazione era il soffitto a cupola trapuntato di stelle, forse con un incantesimo. Sembrava che esse brillassero nella sala. Alle pareti erano appesi drappi di seta blu e bronzo che richiamavano i colori della Casa. Era arredata con decine e decine di librerie e scaffalature colme di libri, di tomi e di pergamene, c’erano poi lunghi tavoli di legno scuro, divanetti blu, poltrone e sedie dall’aria particolarmente comoda. Era il luogo ideale dove mettersi a leggere un buon libro o dove poter studiare in santa pace… un paradiso; la strega sapeva di non avere tempo per guardarsi intorno, lei e Ron dovevano assolutamente trovare il diadema.
Dopo aver cercato per ore nella Stanza delle Cose Nascoste, avevano deciso di seguire il consiglio di Harry di fidarsi del sesto senso di Luna e cercare dove aveva suggerito lei, ma anche lì sembrava non esserci. Quando erano arrivati, non si sarebbero mai aspettati di trovare Luna collaborare con Tiger e Goyle, che a quanto pareva la stavano aiutando a cercare il diadema. I due Grifondoro si erano subito messi in guardia, tirando fuori le bacchette, ma i due Serpeverde avevano spiegato loro che li aveva mandati Draco ad aiutare Luna, che avevano deciso di dare una mano per salvare la scuola dai Mangiamorte, spiegarono che anche altri Serpeverde si erano schierati dalla loro parte, dopo aver ascoltato le parole motivanti di Malfoy, velocemente raccontarono anche che Zabini e Nott erano andati nella Stanza delle Cose Nascoste per aprire l’Armadio Svanitore al momento giusto. Ron e Hermione avevano fatto fatica a fidarsi di loro, ma in quel momento ogni aiuto era fondamentale, e, come diceva Harry, in fondo i Serpeverde non erano cattivi, non tutti almeno e poi erano solo Tiger e Goyle, se si fossero rivelati una minaccia, sarebbero stati facili da affrontare rispetto ad altri. La priorità in quel momento era trovare il diadema.
L’incantesimo di Appello non funzionava con gli horcrux, avevano guardato ovunque, cercato tra gli scaffali, cercato nei punti ciechi, non avevano assolutamente idea di dove cercare eppure erano assolutamente certi che fosse lì. Avevano controllato anche vicino alla statua di Corinna Corvonero, ma niente. Sembrava impossibile trovare quell’oggetto, eppure doveva essere da qualche parte. Erano lì da ore, ma non riuscivano a venire a capo di quel problema.
«Ma se ci fosse uno scomparto segreto?» domandò Goyle, guardando gli altri «Insomma, se io fossi Voi-Sapete-Chi, nasconderei una cosa così importante in un posto segreto… magari con un incantesimo o da un indovinello, come quello della porta».
«Oh, questa è un’idea brillante!» esclamò Luna «Un po’ banale, in effetti, ma potrebbe avere senso».
Ron assottigliò gli occhi e guardò verso il Serpeverde «Sei sicuro di essere Goyle?»
L’altro scrollò le spalle e non rispose. In effetti, pensò Hermione, poteva avere senso. Doveva esserci uno scomparto sulla libreria o su uno scaffale o nel muro, dove poteva essere stato conservato questo horcrux. Dopo un momento di riflessione, la Grifondoro decise di provare ad ascoltare l’idea del Serpeverde, dopotutto avevano già cercato ovunque e dell’horcrux non c’era traccia. Ormai era quasi mezzanotte e dovevano fare presto, non potevano perdere tempo, avevano bisogno di distruggerlo, prima che Voldemort arrivasse con i suoi uomini e iniziasse a seminare il panico nella scuola, dovevano trovarlo e distruggerlo, così da poter andare ad aiutare Harry e Draco, che erano sulla torre di Astronomia. Controllarono a uno a uno ogni scaffale e ogni libreria, fino a che Luna non si accorse di un drappeggio leggermente diverso dagli altri. Era lì, ma contemporaneamente non c’era, era quasi invisibile, passava inosservato se non si prestava bene attenzione, un po’ come i Nargilli e i Gorgosprizzi che non potevano essere visti senza i suoi occhiali speciali, così come i Thestral non potevano essere visti da chi non aveva visto la morte con i propri occhi.
Afferrò il drappeggio e lo scostò come se fosse una tenda: dietro di esso c’era una piccola porta di legno, dalla quale forse solo una persona molto più piccola di un elfo poteva passare. Il nascondiglio poteva essere quello, ne era quasi sicura.
«Ragazzi, ho trovato qualcosa!» esclamò. Gli altri la raggiunsero quasi subito e la affiancarono, scrutando anche loro la piccola porta. Doveva esserci una chiave per aprila giusto?
«Sembra la porta di Alice nel Paese delle Meraviglie» disse Hermione, osservando la piccola porta.
«La cosa?» chiese Ron «Di chi?»
«Una storia babbana, c’è questa ragazza che…» si interruppe da sola, scuotendo la testa «Poi te la racconterò, diciamo che la porta conduce a un giardino meraviglioso e lei vuole andarci, quindi… beve una specie di pozione che la rimpicciolire…» fece guardando gli altri, poi si abbassò davanti alla porticina, puntò la bacchetta contro e «Alohomora!» esclamò. Non successe niente, provò ad aprirla, ma essa rimase chiusa «Revelio» pronunciò. Niente. «Rivela i tuoi segreti, mostrati!» esclamò. Dopo altri tentativi, improvvisamente, la porta prese vita: sulla sua superficie comparvero delle parole, Hermione le lesse ad alta voce per tutti: «Se la porta vorrai aprire, d’astuzia e ingegno dovrai agire e la soluzione all’indovinello dovrai capire» lesse «Okay, qual è quest’indovinello?» domandò. Le parole sulla porta cambiarono, Hermione guardò gli altri confusa, mentre l’indovinello prendeva forma davanti ai suoi occhi.
«Linea, cerchio, triangolo
Nelle leggende viviamo.
Chi ci possiede, paura non ha.
Da soli antichi cimeli,
insieme un unico padrone.
Chi ci possiede, la Nera Signora non teme».
«Che diavolo vuol dire?» chiese Ron, scioccato. Hermione lo guardò scuotendo la testa, non aveva idea di cosa volesse dire l’indovinello. «Non ha senso!»
«Dobbiamo ragionare, Ronald» gli disse, alzandosi in piedi «Allora, ragioniamo. Linea, cerchio, triangolo sono figure geometriche» ragionò «La Nera Signora è la morte, l’ho letto sul libro di divinazione, nel capitolo dei tarocchi».
«Ovviamente» commentò Ron, divertito dall’espressione dell’amica. cercò di riflettere anche lui sulla soluzione, ma non gli veniva in mente nulla, non capiva proprio niente di indovinelli. Se fosse stata una partita di scacchi, come al primo anno, sarebbe stato molto più semplice.
«Cimeli antichi, padrone…» mormorò, continuando a riflettere «Cosa c’entrano queste cose con la morte e con la leggenda?» chiese «Non ho mai letto queste cose in un libro di magia!» esclamò «Dobbiamo cercare tra i libri! Qualsiasi cosa che abbia che fare con questi simboli!» esclamò «Tiger, Goyle, per favore, potreste prendere tutti i libri di simbologia, Rune Antiche, Aritmanzia, divinazione e cose simili che trovate?»
Tiger e Goyle, che se ne stavano lì in silenzio ad osservare tutto, senza commentare, sapendo di non essere molto d’aiuto con i ragionamenti, annuirono energicamente e si misero a cercare i libri richiesti.
Il primo rintocco della mezzanotte fece capire loro che non c’era più tempo, dovevano sbrigarsi, prima che i Mangiamorte capissero la loro posizione e andassero a cercarli per fermarli. Ovviamente non si sarebbero arresi senza lottare, ma il rischio che non riuscissero ad avere la meglio era alto, visto ciò che era accaduto un anno prima al Ministero, ma cercavano di essere positivi e di pensare al meglio. Potevano farcela e sembrava davvero strano avere la collaborazione dei Serpeverde, dopo gli anni passati a detestarsi, l’assurda collaborazione tra Harry e Draco aveva dato decisamente cambiato le carte in tavola. Anche Ron aiutò i due a prendere i libri, mentre Hermione e Luna continuavano a leggere l’indovinello, senza capire esattamente tutti quegli indizi. Era davvero arduo riuscire a decifrarlo. Più si sforzava di capire, più la risposta sfuggiva dalla sua memoria, come un pensiero effimero, si volatilizzava nel nulla. Ron, Tiger e Goyle tornarono con alcuni libri e tutti insieme iniziarono a sfogliarli per capire cosa significasse l’indovinello.
Allo scoccare dell’ultimo rintocco della mezzanotte, un raggio di luna colpì il ciondolo di Luna, che si riflesse e mostrò ad Hermione l’immagine di un triangolo, tagliato a metà da una linea e un cerchio inscritto nel triangolo. Sbatté le palpebre incredula e guardò l’amica. «Luna, cos’è quello?» chiese indicando il ciondolo.
«Oh questo? È il simbolo dei Doni della Morte» rispose la Corvonero «Pensi che sia la risposta giusta?» chiese.
«Non lo so, ma il disegno è quello…» si morse le labbra «Tu ne sai qualcosa?» chiese la Grifondoro. L’altra ci pensò su qualche minuto, poi annuì, ricordando una storia che era solita ascoltare da suo padre, prima di addormentarsi. Spiegò a Hermione che c’era una fiaba, che narrava di tre fratelli che, per attraversare un fiume, fecero apparire un ponte. La Morte apparve davanti a loro e si complimentò per averla ingannata in quel modo. Fece dei doni ad ognuno di essi: il primo chiese una bacchetta in grado di permettergli di vincere qualunque duello ed ella creò una bacchetta dall’albero di Sambuco, che cresceva sulla riva del fiume, il secondo chiese qualcosa che potesse fargli rivedere la sua amata morta, ella allora, prese una pietra dal fiume e gliela porse, il terzo invece chiese qualcosa per passare inosservato, per andare via e non essere seguito dalla morte, ella allora strappò un pezzo del suo mantello invisibile e glielo regalò. I primi due fratelli non fecero buon uso dei loro doni ed entrambi finirono uccisi, il terzo al contrario, dopo aver vissuto una lunga vita, donò il proprio mantello al figlio e morì serenamente, salutando la morte come una vecchia amica.
«Esistono tre doni della morte, molti credono siano leggende, ma io e mio padre crediamo che esistano davvero e sono la Bacchetta di Sambuco, la Pietra della Resurrezione e il Mantello dell’Invisibilità».
«Potrebbero essere loro…» mormorò Hermione, riflettendo «La bacchetta sarebbe la linea» Luna annuì, il ragionamento non faceva una piega «Il cerchio è la pietra della resurrezione e infine il triangolo è il mantello, giusto?»
«Sì» rispose Luna «Non so come ho fatto a non pensarci prima…»
«Non preoccuparti, Luna, siamo tutti sottopressione» le disse dolcemente per tranquillizzarla, poi proseguì il ragionamento, cercando di venire a capo dell’indovinello, non avevano più molto tempo «Essi sono parte delle fiabe e delle leggende dei maghi… e…»
«E chi li possiede tutti e tre è il padrone della morte» concluse la Corvonero «Sono sicura, è questa la risposta giusta».
«Okay…» Hermione scambiò una breve occhiata con gli altri, che annuirono e poi si abbassò verso la porta per pronunciare la risposta all’indovinello «I Doni della Morte».
Per i primi istanti non accadde nulla, poi si udì la serratura scattare e la porticina si aprì. Era un piccolo vano, al suo interno non poteva entrarci più di un piccolo contenitore e fu proprio quello che Hermione trovò al suo interno: uno scrigno dalle fattezze molto preziose, decorato con pietre bronzee e gemme blu. Sul retro, c’era una piccola chiave, Hermione la usò per aprirlo e ne rivelò il contenuto: il diadema perduto di Corvonero, l’horcrux.
«Ma bene, guarda quanti ficcanaso che ci sono qui» una voce estranea li fece sussultare, si voltarono e videro un Mangiamorte, che puntava contro di loro la bacchetta «Consegnatemi l’oggetto del padrone e vi risparmierò una fine dolorosa… sarà rapida e indolore».
«No» Goyle fu il primo ad alzarsi «Voi distruggetelo, ci penso io» disse, sfidando l’uomo.
«Io ti aiuto» replicò Tiger, alzandosi in piedi a sua volta. Sia lui che Goyle fecero una barriera tra gli altri tre e il Mangiamorte e con una serie di incantesimi offensivi, lo costrinsero ad uscire dalla Sala Comune dei Corvonero.
«Presto, distruggiamolo!» esclamò Ron «Hermione, hai le zanne?» la ragazza annuì e dalla tasca della gonna prese un sacchetto rimpicciolito, lo ingrandì, riportandolo alla dimensione normale e prese la zanna.
«Adesso colpiscilo con tutta la forza che hai» le disse Ron «Senza paura».
Lei annuì e strinse la zanna del basilisco tra le dita, prima di colpire con forza il diadema, esattamente nella gemma blu al centro. Un vento gelido di diffuse per la stanza, le finestre si spalancarono a causa di esso e un sibilo terrificante si diffuse per la Sala. Quando tutto cessò, il diadema giaceva per terra rotto a metà. L’horcrux era sparito. I ragazzi si affrettarono a rimettere il diadema nello scrigno e chiuderlo di nuovo nello scomparto oltre alla porticina e a mettere a posto il drappeggio che la copriva. Poi corsero fuori dalla Sala, per affrontare i Mangiamorte che arrivavano a fiumi. Vennero raggiunti in pochi istanti dagli altri membri dell’Ordine della Fenice e da un manipolo di Auror.
Poco lontano da loro, Tiger e Goyle lottavano contro due Mangiamorte, nello stesso momento in cui a loro si univano anche Theodore Notte e Blaise Zabini, appena liberatisi del loro ingrato compito.
Fu una lunga notte per tutti, quella.
 
 

 
«Avada Kedavra!» urlò Voldemort.
«Expelliarmus!» ribatté Harry, spingendo Draco lontano dalla direzione della maledizione, prendendo il suo posto, le bacchette entrarono in collisione, i due incantesimi si scontrarono, scintille verdi e rosse iniziarono a diffondersi per la torre. Draco vide il serpente strisciare nella sua direzione. Doveva fare qualcosa, Harry non poteva uccidere Nagini, mentre lottava contro Voldemort. Come al solito, qualcosa era andato storto, ma quella volta poteva trovare una soluzione, anche Harry gli aveva detto di prendere la spada e ucciderlo al suo posto… doveva farlo. O la va o la spacca.
«Accio spada!» esclamò. Sorprendentemente, la meravigliosa spada di Godric Grifondoro fu tra le sue mani in pochi minuti. Aveva sempre creduto che da Serpeverde non avrebbe mai potuto usarla e invece…
Voldemort interruppe il contatto con la bacchetta di Harry, per puntare la sua verso Draco, ma Harry lanciò contro di lui una serie di incantesimi, per fermarlo «Impedimenta!» il mago oscuro lo respinse con una facilità disarmante «Stupeficium!» «Depulso» «Sectumsempra!» l’ultimo incantesimo colpì Voldemort di striscio. Non ebbe l’effetto desiderato, ma gli provocò un evidente taglio sul viso, che grondò sangue scuro, quasi nero, Harry deglutì davanti a quella vista, ma non abbassò la bacchetta. Il mago oscuro ordinò a Nagini di attaccare e poi sollevò la bacchetta nella direzione del Serpeverde.
«Avada…»
Prima che Voldemort lanciasse la maledizione, Draco impugnò la spada saldamente con entrambe le mani e, approfittando del tempo che Harry gli aveva concesso, raggiunse il serpente, lo vide ergersi in tutta la mostruosità pronto ad attaccarlo, ma poco prima che esso riuscisse ad aggredirlo, con un colpo deciso gli tagliò la testa. La creatura cadde per terra e la sua testa rotolò fino ai piedi di Voldemort, che urlò e si accasciò su se stesso per il dolore, contemporaneamente anche Harry gridò di dolore, toccandosi la fronte, la cicatrice bruciava come qualcuno avesse acceso un fuoco su di essa, come se un Incendio fosse stato lanciato contro di lui, in quel preciso punto, andava a fuoco; nonostante i sensi appannati dal dolore, però, si preparò a fronteggiare il suo avversario, si alzò in piedi e puntò la bacchetta verso di lui. «No!» urlò Voldemort e il suo fu un vero e proprio urlo di dolore, disperazione, come se avesse appena perso tutto, il suo ultimo frammento di anima gli era stato strappato via.
«Avada Kedavra!»
Al prescelto parve di vedere la scena al rallentatore. La maledizione che era pronto a respingere, non era diretta nella sua direzione. Draco era a pochi passi da lui, immobile, mentre quel lampo di luce correva verso di lui. No, pensò Harry, non permetterò che accada. E nel momento stesso in cui realizzò quel pensiero, lasciò andare la sua bacchetta, chiamò a gran voce il nome di Draco e corse più veloce che poté nella sua direzione, quasi come se stesse volando, poi spinse il biondo per terra, via, lontano dalla traiettoria della maledizione. Fu così improvviso che neanche se ne accorse: il lampo di luce verde lo raggiunse e lo colpì in pieno.  Harry si accasciò su se stesso, cadendo al suolo pesantemente, come un fantoccio privo di vita, una marionetta a cui erano stati tagliati i fili dal burattinaio.
Draco restò paralizzato e sentì il fiato mozzarsi in gola. No, pensò, no. Gli parve di rivedere la scena davanti ai suoi occhi, in loop, Potter che lo chiamava, correva nella sua direzione, lo spingeva via e… poi cadeva a terra, morto.
«No!» urlò Draco, disperato «Harry!»
In quel preciso momento, anche Voldemort cadde al suo, perdendo momentaneamente i sensi.
I Mangiamorte restarono immobili, tutti ad osservare il loro Signore svenuto sul pavimento. Piton, invece, corse a controllare le condizioni di Silente, che proprio in quel momento, si stava rialzando dopo l’attacco del Signore Oscuro. Passarono pochi minuti, cinque, forse dieci, il Serpeverde non ne era certo, era confuso, sotto shock e non si accorse che Voldemort si fosse alzato dal pavimento. Era tutto finito? Era tutto perso? Harry era…? Deglutì, si morse le labbra, mentre sentiva delle lacrime formarsi nei suoi occhi. Non era possibile… cosa hai fatto, Potter?
«Potter…?»
«Avada Kedavra» Draco alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Voldemort venire colpito da Piton in pieno petto e cadere al suolo senza vita, mentre alcuni Mangiamorte venivano imprigionati dagli incantesimi di Silente, in attesa degli Auror e altri cercavano di smaterializzarsi, senza troppo successo: dentro le mura di Hogwarts, non era possibile smaterializzarsi, ma al Serpeverde non importava, la sua mente era ferma al momento in cui Potter si era preso un Anatema che Uccide per salvare lui. Il ragazzo sopravvissuto era morto a causa sua. Era successo tutto così in fretta che Draco non se ne era accorto, un attimo prima era in piedi, l’attimo dopo era a terra e Potter senza vita accanto a sé.
Era… morto davvero? La profezia si era avverata? Non è possibile…
La notte del 27 giugno 1997, il Signore Oscuro venne sconfitto da Piton, che alla fine mantenne fede al Voto Infrangibile stretto con Narcissa Malfoy, proteggendo la vita di Draco fino alla fine del suo compito, ma Harry morì per mano di Voldemort, per salvare la vita del Serpeverde.
Quella notte, Harry Potter, il prescelto, il bambino sopravvissuto non riuscì a sopravvivere e lasciò un vuoto incolmabile nei cuori di tutti quanti, primo tra tutti, quello di Draco Malfoy.

 
 

Fine prima parte.

 

To be continued…



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
 
Hola peps! Anche questa settimana ce l'ho fatta! Ben tornati con…
Ehi? Ehm…? Perché mi puntate contro le vostre bacchette? Che ho…? *si prepara a emigrare su un altro pianeta*
PLOT TWIST DEI PLOT TWIST! Vold è mort, Piton ha mantenuto fede al giuramento fatto a Narcissa proteggendo Draco e Harry ehm… si è sacrificato per salvare Draco e... Ehm…  Ehm. Toc, toc.
Siete ancora tutti vivi? Mi volete ancora bene? *ruba la Firebolt di Harry e fugge, mentre Draco la insegue brandendo la spada di Grifondoro* vi aspettavate che accoppassi Harry? AHAH OPS. PLIS non odiatemi. Vogliatemi bene, PLIZ. Qualcuno si aspettava la morte di Harry o vi ho scioccato? Sono curiosa di saperlo, ma non uccidetemi ç_ç
Questo capitolo conclude la prima parte. La settimana prossima, iniziamo con la seconda parte e non uccidetemi prima di aver letto il prossimo capitolo, PLIS. Vi ricordate che io VVB? Sì, Draco, abbassa la spada TVB anche a te! Non cruciatemi ç_ç
Ho salvato Silente, non ho ucciso Dobby, molti sono solo feriti ma vivi, non mi volete bene lo stesso? E avete visto? Nessuno è morto a parte Harry, ho salvato un sacco di vite… Draco, plis abbassa quella spada, uccidermi non ti ridarà il tuo Pottah! Suvvia, ci sono sempre le Sfere del Drago! Su, non farmi del male ç_ç
Okay, finisco di fare la deficiente. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto lo stesso, a prescindere dal finale… vi spiego però perché Harry non si è rialzato. Nel canon, Harry “muore” e incontra Silente che gli spiega che solo la parte collegata Voldy è morta, che se vuole può tornare indietro. Ma qui non c’è Silly, quindi ciao, ciao Harry. (e poi Harry ha sacrificato la sua vita per Draco, non vi fa morire di feels questa cosa? No? Okie…)
Una cosa importante: Draco ha ucciso Nagini al posto di Neville (perdonami, baby) ma per la trama mi serviva che fosse più eroico di quanto non lo sia nel canon, capirete presto perché. E c’è un motivo per cui si sono scambiati le bacchette e hanno funzionato bene e perché Draco è riuscito a maneggiare la spada di Grifondoro senza problemi e perché Draco si sente “simile” ad Harry… ma è una cosa che verrà svelata presto :D c’è un motivo a tutto, chi mi segue da tempo lo sa, tendo sempre a chiudere i cerchi aperti nei capitoli precedenti, ci vuole solo un po’ di pazienza, la storia è lunghissima per un motivo (e si sta allungando ancora… I CAN’T, perché quando penso di aver scritto tutto, ecco che le cose mi sfuggono di mano e si aggiungono capitoli? ç_ç)
Ultimo ma non ultimissimo: sì ho cambiato l’ubicazione del diadema per ragioni di trama, Ron e Hermione non potevano stare nella stanza delle cose nascoste, nello stesso momento in cui arrivava Voldemort, li ammazzava direttamente e tanti saluti. :D Quindi ho pensato di piazzarlo nella sala comune dei Corvonero, protetto da un indovinello, da incantesimi di protezione e da un incantesimo di disillusione.
Vi è piaciuto l’indovinello? Io dovrei essere Corvonero, ma sono troppo Tassorosso… e…
Ehi… ma cos’è quell’ascia? Perché la brandite contro di me? PLIS Draco, posa quella spada!
HELP!
Okay, la finisco di fare l’idiota e mi trasferisco direttamente su Plutone (Draco: QUESTO NON TI FARA’ SOPRAVVIVERE, MALEDETTA BABBANA) Spero che il capitolo vi sia piaciuto e con questo, la prima parte si conclude qui. Vi do appuntamento a sabato prossimo con la seconda parte della storia! (no, non preoccupatevi, la storia è sempre la stessa non ne pubblico un’altra, è solo che è strutturata in parti divise in capitoli LOL ma è un’unica storia!)
Prima che mi uccidiate, ci tengo a ringraziare le adorabili persone che mi hanno seguito fino a questo punto e che hanno lasciato una recensione allo scorso capitolo: Eevaa, tidi, Puffalonovita, Estel84, Himeko82. Lo so che mi volete ancora bene, vero… VERO? PLIZ.
Vi ringrazio tantissimo per i feedback, ma non odiatemi, plis.
See you on Saturday! :D
Bye!
#StaySafe
*emigra su Plutone per non essere uccisa da tutti i lettori incazzatissimi e da Draco*
 
Fatto il misfatto (Stavolta mi sa che il misfatto l’ho fatto davvero… OPS)

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Capitolo 10
*** Seconda Parte, Capitolo 1: It's not fair. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


Avviso: Gli avvenimenti, come nella prima parte, non seguono la linea temporale dei libri/film


Trama Seconda Parte: Dopo la morte di Harry Potter, Draco Malfoy scopre da Silente che il Grifondoro non è realmente morto e che c'è un modo per salvarlo. Per farlo, dovrà affrontare diverse prove e vivere un’avventura particolarmente difficoltosa. Riuscirà nella sua impresa?


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 1: It's not fair




L’ultima battaglia contro Voldemort aveva stravolto completamente la scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, decine erano gli studenti e gli insegnanti feriti, tanti i Mangiamorte arrestati e gli Auror caduti. Il Signore Oscuro era stato sconfitto, ma a quale prezzo? La scuola era devastata, alcune mura erano crollate, alcune aule erano state distrutte e il terrore era stato il protagonista di quella maledetta notte. Ma per Draco Malfoy niente più aveva senso, il mondo aveva smesso di esistere nel momento in cui aveva visto il corpo di Harry cadere al suo fianco senza vita. La sua mente era ferma, bloccata in quel momento. Il ragazzo osservò il corpo del suo amico e si avvicinò a lui, trattenendo il fiato. Perché?
Perché quello stupido si era sacrificato per lui? Perché non aveva lasciato che l’Anatema lo colpisse? Perché aveva dovuto fare l’eroe fino alla fine? Stupido Grifondoro. Non era pronto a quello, non era pronto a perdere una persona importante, non dopo quello che avevano condivido in quelle ultime sei settimane, non dopo le promesse che si erano fatti. Non avrebbe mai sognato di poter pensare una cosa del genere, ma non poteva immaginare la sua vita senza Harry Potter.
Il corpo di Voldemort giaceva a qualche metro da loro, anche lui senza vita, non aveva le idee molto chiare su cosa fosse successo, ricordava di aver visto la bacchetta di Voldemort puntata contro di lui, poi aveva sentito pronunciare un Avada Kedavra, ma l’incantesimo non era diretto verso di lui. Il Signore Oscuro era caduto di nuovo a terra senza vita e si era scatenato il caos sulla torre: Silente e Piton avevano iniziato a immobilizzare i Mangiamorte, che tentavano di scappare smaterializzandosi, ma senza alcun successo; erano accorsi gli Auror, i quali avevano iniziato a catturare a portare via tutti i Mangiamorte, compreso Lucius Malfoy, che prima di essere portato via, aveva lanciato un ultimo sguardo deluso e amareggiato al figlio, ma Draco non aveva prestato attenzione a lui, semplicemente gli non interessava niente.
Fissava il corpo di Harry, senza riuscire a muovere un muscolo. Non era possibile, non era… giusto. Non poteva essere morto, lui era il dannatissimo ragazzo sopravvissuto. Cosa era andato storto, allora? Il mago oscuro aveva creduto che Draco fosse un doppiogiochista dalla sua parte, era giunto a Hogwarts con Nagini e i Mangiamorte, esattamente come Harry aveva visto nella sua mente, tutto era andato come programmato eppure… Voldemort li aveva scoperti.
Chi aveva rivelato il loro piano? Chi poteva essere stato tanto meschino da tradirli così?
Un momento. I Serpeverde.
Chi era stato tra di loro? Chi aveva rivelato a Voldemort ogni cosa? Nott o Zabini? Tiger o Goyle? Ma no, non era possibile… dannazione, era stato davvero così stupido da fidarsi di loro?
«Potter?» lo chiamò piano «Potter, ti prego…» deglutì, sentendo gli occhi pizzicare, no, non avrebbe pianto. Lui non era il tipo che piangeva, non per lui. Dannazione, non riusciva a capire cosa fosse accaduto, cosa fosse andato storto e nemmeno riusciva a capire il motivo per il quale Potter si fosse gettato, senza alcuna esitazione, tra lui e l’Anatema. Maledetto, stupido, eroico Grifondoro.
Avevano studiato tutto nei minimi particolari, doveva essere semplice. Lui e Harry avevano scambiato le bacchette, per evitare che quella del moro e quella di Voldemort entrassero in contrasto come in passato, avevano distrutto tutti gli horcrux, lui stesso era riuscito ad uccidere Nagini e poi... avevano perso Harry. Il preside era vivo, Piton fissava davanti a sé incredulo, sebbene mantenesse la solita apparenza dura e fredda. Potter alla fine non era morto per salvare il mondo magico da un’oscura minaccia come voleva la profezia, ma per salvare la vita del suo rivale scolastico per eccellenza. Non è giusto, non è giusto.
Nessuno sapeva cosa fosse accaduto su quella torre, a parte lui, Piton e Silente, chi l’avrebbe detto ai suoi amici? Chi sarebbe andato da loro a comunicare la notizia terribile della morte di Harry? Sentiva un vuoto dentro di sé che non aveva mai provato prima, non credeva di poter soffrire così, di poter sentire un dolore così lancinante da togliergli il fiato. Si rifiutava di accettare ciò che era accaduto. Da un momento all’altro, Potter si sarebbe alzato e Draco lo avrebbe schiaffeggiato per avergli fatto perdere almeno una decina di anni di vita, avrebbero battibeccato e poi, forse, sarebbero andati a festeggiare a Hogsmeade insieme. Restò lì ad aspettare, i minuti passavano, ma lui non apriva gli occhi. Non è accaduto davvero, proprio adesso, tra un momento si alzerà, poi prima lo schiaffeggerò e poi lo bacerò. Tra poco… manca davvero poco… - pensò, sentendo gli occhi bruciare. No, non avrebbe pianto, non era morto, non lo era.
«Harry…» lo scosse appena, ma il Grifondoro restò immobile come una statua, non aprì gli occhi né si svegliò e Draco sentì il proprio cuore andare in frantumi. «T-Ti prego…»
Stava nascendo qualcosa tra di loro, lo aveva sentito, aveva sentito l’elettricità scorrere tra i loro corpi, l’alchimia che c’era tra di loro era evidente a tutti. Tutte quelle ore di ricerca, tutte quelle lezioni di Occlumanzia per insegnargli a schermare le mente, tutte le volte in cui aveva aiutato a respingere gli attacchi del Signore Oscuro, tutti quei ricordi che avevano condiviso, che avevano permesso il loro avvicinamento, tutto quello che avevano vissuto in quel periodo… era svanito, sotto i suoi occhi in un lampo verde. Le ultime settimane, trascorse insieme a quello che credeva il suo peggior nemico, erano state le migliori della sua vita e improvvisamente era tutto finito, non c’era più niente. Non c’era più Potter, non c’era più l’alchimia, non c’era più niente, solo un dolore lacerante che non andava via.
Quel maledetto idiota si era gettato tra lui e la maledizione senza perdono, non aveva neanche pensato alle conseguenze del suo gesto, si era semplicemente sacrificato per salvarlo… ma perché lo aveva fatto? Il suo gesto non aveva senso, era… assurdo. Neanche nelle sue più rosee fantasie, Potter sarebbe stato capace di fare un gesto del genere nei suoi confronti. Perché aveva dovuto farlo? Perché?
«Harry…» lo chiamò ancora «Harry, per favore… svegliati» lo pregò, cercando di scuoterlo, non riusciva ad accettare quella realtà, non riusciva ad accettare che fosse morto davvero, non era giusto.
Lui era Draco Malfoy, un Malfoy non supplicava mai, né chiedeva per favore. Gli prese la mano, era fredda, gelida, dal suo polso non si poteva sentire il battito, i suoi occhi erano chiusi, come se dormisse. Era stato colpito da un Anatema che Uccide, non c’erano possibilità che si fosse salvato, nessuno si salvava da quell’incantesimo, eppure Potter era già sopravvissuto da bambino a quell’incantesimo… perché adesso non si svegliava?
Non poteva essere morto, no, non per salvare lui. Non poteva essersi gettato davvero tra lui e una maledizione. Si rifiutava di credere a un’assurdità del genere. Potter… lui era quello che sopravviveva a tutto, era capace di sconfiggere un mago oscuro a undici anni, era sopravvissuto al Torneo Tremaghi, aveva sconfitto un esercito di dissennatori a tredici anni… non poteva essere morto. Quando sei settimane prima, Potter gli aveva teso la mano, invece di aggredirlo, aveva cambiato la sua vita, credeva di avere tutto il tempo del mondo per ringraziarlo per avergli permesso di cambiare strada, per avergli dato una possibilità e invece… non avrebbe più potuto parlargli, né prenderlo in giro, né fare qualsiasi altra cosa, perché Potter era morto. Morto.
«Perché?» chiese al preside, alzando lo sguardo su di lui, furente «Perché non ha provato a fermare Voldemort? Ha lasciato fare tutto a noi!» esclamò infuriato.
«Non c’era modo di evitare questa tragedia, Draco» disse Silente, con rammarico «Non potevo intervenire, prima che gli eventi si compiessero» il Serpeverde spalancò gli occhi, incredulo «Vedi, con il suo gesto, Harry ha solo anticipato l’inevitabile, era necessario che succedesse e che fosse proprio Lord Voldemort ad ucciderlo».
«Non capisco…» fece Draco «Perché doveva succedere una cosa del genere? La profezia diceva che solo uno dei due doveva morire così che l’altro potesse sopravvivere, se Harry avesse ucciso Voldemort, dopo Nagini avrebbe vinto… così non ha senso».
«No, invece» replicò il preside «Non avremmo potuto vincere, se anche lui non fosse stato ucciso» spiegò, incredulo Draco alzò lo sguardo sul preside, senza capire «Quando tanti anni fa Voldemort ha cercato di uccidere Harry… l’incantesimo gli è rimbalzato addosso, un pezzo della sua anima si è staccato e si è legato a quella di Harry, l’unico essere vivente in quella stanza» spiegò l'anziano mago, il ragazzo spalancò gli occhi mentre una rabbia mai provata prima iniziava a crescere in lui, lo sapeva che c’era qualcosa che non andava e non era stato ascoltato «Vedi, Draco, c’era un motivo se Harry poteva parlare con i serpenti come lui, se lui riusciva ad entrare nella sua mente in quel modo… una parte di Voldemort ha sempre vissuto dentro di lui, questa storia non poteva finire diversamente, mi dispiace».
Draco spalancò gli occhi, boccheggiando – la rabbia lasciò momentaneamente il posto allo sgomento – e deglutì, prima di chiedere con un filo di voce: «Quindi Harry… lui era un…?»
«Un Horcrux, sì, l’unico horcrux che Lord Voldemort non avrebbe mai voluto creare, quello che l’ha tenuto in vita fino ad oggi… e che lo ha anche ucciso. Non poteva finire in altro modo» disse il preside «Quando stanotte Voldemort ha scagliato il suo incantesimo e ha colpito Harry, ha colpito anche l’ultimo brandello rimanente della sua anima. Per questo è stato facile per Severus ucciderlo del tutto» concluse la spiegazione «Non c’era altro modo per vincere questa battaglia».
«Non è…» si morse le labbra «…giusto. Non è giusto».
«No, non è giusto, ragazzo mio… ma era così che doveva andare, fin dall’inizio» disse «Non mi aspettavo che accadesse così, Harry doveva tenere particolarmente a te per essersi frapposto tra te e la maledizione in quel modo». Draco scosse la testa, sentendo il senso di colpa dilagare nel suo petto; non voleva accettare che Harry fosse morto, non voleva accettare che gli fosse accaduta una cosa del genere, non ad Harry, non dopo tutto quello che aveva vissuto. Non dopo l’orrore che c’era stato nella sua vita. Non meritava di fare quella fine, lui meritava di finire i suoi anni a Hogwarts, di prendere i M.A.G.O. di tormentarlo ancora sul campo da Quidditch, di vincere la coppa del Quidditch, di sfidarlo a pozioni e vedere chi fosse il migliore senza l’aiuto del libro del Principe Mezzosangue – assurdo che Potter avesse usato quel libro e non lo avesse condiviso neanche con la Granger – e… ora? Ora cosa ne sarebbe stato di tutti quei discorsi durante i quali si promettevano che avrebbero provato ad essere amici, appena finita tutta quella storia assurda? Non era giusto, era morto troppo presto. Avevano sconfitto il più grande mago oscuro che fosse mai esistito dopo Grindelwald, ma a quale prezzo? Harry era morto. Se solo qualcuno gli avesse detto che l’unica soluzione sarebbe stata quella, avrebbe fatto di tutto per evitare quel triste epilogo. Harry aveva fatto tanto per aiutarlo e salvarlo, era certo che avrebbe fatto lo stesso per lui, se solo avesse saputo.
Restò fermo qualche istante a fissare il corpo senza vita del suo amico e deglutì, assimilando tutto ciò che aveva appena appreso. Harry era un horcrux… non c’era alcun modo per salvarlo, secondo Silente. C’era qualcosa che non tornava in tutto quello, c’era qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Silente gli era sembrato piuttosto sicuro delle sue parole, fin troppo sicuro di ciò che era successo. Non aveva senso… il preside sapeva cosa sarebbe accaduto a Harry? era a conoscenza del triste destino che, inevitabilmente, avrebbe atteso il Grifondoro? Lo aveva sempre saputo?
Il Serpeverde strinse la mano sull’impugnatura della sua bacchetta. Sentiva una strana rabbia crescere dentro di sé, Piton era accanto al preside, anche lui sapeva? Anche lui era a conoscenza del destino di Harry? Perché nessuno gliel’aveva detto? Perché nessuno gli aveva permesso di salvarlo? Di restituire il favore che il moro gli aveva fatto?
«Lei lo sapeva?» chiese, alzando lo sguardo sul preside, l’anziano mago era in piedi, davanti al cadavere di Voldemort e lo fissava con soddisfazione. Non osava guardare verso di lui, non rispose, la consapevolezza crollò su Draco, lui era andato da Silente a parlare dell’oscurità che aveva percepito in Harry, quell’oscurità era un frammento dell’anima di Voldemort, il preside lo aveva sempre saputo e lo aveva depistato «Lei lo sapeva, vero?» ringhiò il ragazzo «Quando sono venuto da lei a dirle di aver percepito qualcosa di oscuro nella mente di Potter… lei lo sapeva! Sapeva che quello era un frammento dell’anima di Voldemort? Lei lo sapeva?» domandò ancora, fuori di sé dalla rabbia, sentendosi sopraffatto da tutto, ma Silente continuò a restare in silenzio e questo fece infuriare ancora di più il ragazzo «Mi ha detto che non dovevo preoccuparmi, che era solo l’effetto delle tragiche sfortune che gli sono capitate, cazzate!» esclamò fuori di sé dalla rabbia «Lei lo sapeva e mi ha mentito?!» chiese ancora, rabbioso «Le ho fatto una domanda» disse a denti stretti, con tono minaccioso «Mi risponda!»
«Draco, ragazzo mio, devi capire che ognuno di noi ha un destino e…»
«Cazzate!» lo interruppe Draco a voce alta, alzandosi in piedi, scavalcò con una falcata il corpo di Harry e si avvicinò al preside con aria aggressiva, puntandogli la bacchetta al collo «Non faccia prediche a me sul destino!» esclamò, quasi urlando «Harry ha permesso che io potessi cambiare strada, mi ha offerto una possibilità! Quante probabilità c’erano che lui decidesse di porgermi una mano invece di aggredirmi in quel bagno?» urlò «O che usasse quel comodissimo e micidiale incantesimo imparato da quel fottutissimo libro con cui ha ucciso Greyback?» chiese, riferendosi al Sectumsempra, ricordando con un brivido il giorno che aveva visto Harry usarlo su Greyback per proteggerlo, quel giorno a Villa Malfoy, il licantropo era morto dissanguato, dopo essere stato colpito da quell’incantesimo. Sicuramente c’era un contro incantesimo, ma… quell’incantesimo era oscuro e malvagio. E se Harry avesse deciso di non aiutarlo e di duellare con lui, invece di mettere via la bacchetta, Draco aveva il sospetto che il destinatario di quell’incantesimo terribile sarebbe stato proprio lui. «Se lui non mi avesse aiutato, io l’avrei uccisa, lo sa?»
«No, non lo avresti fatto» replicò il preside «Non sei un assassino, Draco» gli disse «Anche ora, mi minacci con una bacchetta, ma la tua mano trema, sei spaventato, addolorato e arrabbiato, ma non vuoi uccidermi davvero» gli disse ancora «Hai ragione, non era previsto che tu e Harry diventaste amici, non era previsto che tutto si risolvesse così. Ma anche se fosse andata come dicevi tu… questo momento sarebbe arrivato comunque. Adesso o tra un anno, sarebbe accaduto. Harry non era destinato a sopravvivere» concluse, con voce pacata e snervante.
«La smetta di prendermi in giro! Avrei potuto aiutarlo e lei lo sa!» esclamò «Se lei mi avesse detto la verità, quando sono venuto a parlarle, avrei trovato una soluzione!» continuò «Non c’era soluzione neanche per la maledizione mortale che l’aveva infettata, io ho trovato la soluzione!» gridò con rabbia «Avrei trovato una soluzione anche per lui! Lei lo sa!»
Una rabbia dirompente esplose in lui: si era fidato. Si era fidato di Silente tanto quanto lo aveva fatto Harry, aveva fatto di tutto per lui, per salvarlo, era rimasto sveglio durante la notte per cercare una soluzione al suo dannatissimo problema e… cosa? Il preside gli aveva mentito e Harry era morto, credendo che Silente potesse salvarlo!
«E come avresti fatto, Draco?» gli chiese il preside pacatamente «Harry si è frapposto tra te e la maledizione, niente avrebbe potuto salvarlo». Il biondo deglutì e scosse la testa. No, non voleva accettare quelle risposte, no. Doveva esserci una soluzione, era stato lui a dire a Harry che sarebbe sopravvissuto, che tutto sarebbe andato bene, che avrebbero vinto insieme, gliel’aveva detto proprio nel momento in cui era più vulnerabile, quando gli aveva parlato di quella profezia, della paura che provava ogni volta che pensava ad essa, del terrore che lo assaliva quando immaginava che sarebbe morto, in quella battaglia. Harry sapeva inconsciamente ciò che sarebbe accaduto quella notte, ma Draco non riusciva ad accettarlo. Pensava di avere tutto il tempo del mondo per sdebitarsi con lui, per ringraziarlo di averlo liberato da Voldemort e da tutta la negatività della sua famiglia, per averlo aiutato a cambiare, a diventare una sorta di versione migliore di se stesso, invece… era tutto finito. Non riusciva a riflettere razionalmente, non riusciva più a capire cosa accadesse intorno a lui, eppure… dentro di sé sentiva che non fosse finita. Non poteva essere finita.
Leggere, ma copiose lacrime iniziarono a scivolare lungo le sue guance, mentre lentamente abbassava il braccio che reggeva la bacchetta di Harry, aveva ancora la sua bacchetta... Si portò una mano sul viso, per coprire gli occhi e abbassò la testa, un singhiozzo sfuggì al suo controllo. Non era giusto, Harry aveva fatto tanto per aiutare lui e tutto il mondo magico e… nessuno poteva fare niente per aiutare lui. Era tutto così ingiusto che fu troppo, anche per lui. Non riusciva a sopportare l’idea che il moro fosse morto e lui fosse ancora lì, vivo e vegeto, da solo di nuovo. Era sempre stato solo… fino all’arrivo di San Potter. Lo stesso San Potter che gli aveva rifiutato una stretta di mano al primo anno, che però non aveva esitato a porgergli una mano, quando ne aveva avuto bisogno. Quello stesso Potter.
Maledizione, perché stava piangendo per lui? Non aveva senso, eppure era sopraffatto. Silente gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo, ma lui voleva solo prendere a pugni, affatturare, maledire, uccidere quel maledettissimo mago per avergli portato via il suo unico vero amico. Aveva sempre detestato Albus Silente, sotto l’influenza di suo padre, aveva cambiato leggermente idea su di lui, condizionato da Harry, ma di fondo… quel vecchiaccio restava lo stronzo manipolatore che aveva sempre pensato che fosse. Maledetto e lui che aveva studiato un modo per salvargli la vita, per debellare la maledizione mortale dal suo corpo. Il più grande mago di tutti i tempi, seh.
Lui avrebbe dovuto ucciderlo, invece gli aveva salvato la vita e lui… lui non gli aveva permesso di salvare Harry. Guardò Piton in cerca di aiuto, ma il professore scosse la testa rammaricato, quel gesto poteva significare solo: ci ho provato, non ho potuto salvarlo neanche io. Non immaginava i motivi per i quali il professore di pozioni che l’aveva sempre odiato potesse soffrire per la sua perdita, eppure… eppure anche lui sembrava star male all’idea della sua morte, come se avesse deluso una persona a lui molto cara. Draco avrebbe voluto usare la legilimanzia solo per poter capire cosa passasse per la mente del professore. Il Serpeverde fece un paio di passi indietro e diede le spalle al preside e al professore, per non farsi vedere in quello stato. Si udirono dei passi salire di corsa le scale della Torre di Astronomia. Draco era pronto a ricevere l’odio di tutti i Grifondoro, che sicuramente lo avrebbero accusato di aver ucciso il loro preziosissimo Harry.
Tutto ciò che udì invece fu un “No” disperato della professoressa McGranitt.
«Albus…»
«Non potevamo evitarlo, Minerva» disse lui.
«Era solo un ragazzo…» fece lei scuotendo la testa. Draco alzò lo sguardo appannato dalle lacrime sulla donna e la vide abbassare il capo, in un gesto puramente addolorato. Il Serpeverde si passò una mano sul viso, scacciando le lacrime che continuavano a scivolare dai suoi occhi, doveva raggiungere la Sala Comune di Corvonero, dove era certo che gli amici di Potter avevano distrutto uno degli horcrux con le zanne del basilisco e probabilmente erano rimasti bloccati lì e non sapevano nulla di quanto accaduto sulla Torre di Astronomia. Senza dire una sola parola, Draco uscì dalla sala, dirigendosi verso le scale che portavano ai piani inferiori. Fu in quel momento che si vide arrivare gli amici di Potter dalla parte opposta.
«Draco?» la Granger lo guardò con gli occhi spalancati «Abbiamo trovato e distrutto il diadema, fortunatamente Tiger e Goyle ci hanno aiutato, ma siamo rimasti bloccati perché siamo stati attaccati dai Mangiamorte, siamo riusciti a sconfiggerli e a immobilizzarli con l’aiuto di Nott e Zabini» raccontò lei velocemente «Nott è rimasto ferito, ma se la caverà non mi aspettavo il loro aiuto…» continuò «Degli Auror si stanno occupando degli altri Mangiamorte…» aggiunse lei velocemente, poi si accigliò e lo guardò confusa «… ma tu che ci fai qui? E dov’è Harry?» chiese «Stai bene? Sembri sconvolto».
«Granger, ascolta…»
«Malfoy, ti ha fatto una domanda» ringhiò Weasley, con un tono così aggressivo che Draco ne ebbe paura, non indietreggiò solo per puro orgoglio. Il biondo deglutì con forza e scosse la testa, non sapeva come rispondere alla domanda, la verità era una sola, neanche lui era riuscito ancora a processare ciò che era accaduto su quella dannatissima Torre di Astronomia e non sapeva come spiegarlo agli altri. Aveva ancora davanti agli occhi l’immagine di Harry che lo spingeva via, prendendo la maledizione in pieno e del suo corpo pesante che cadeva al suolo, ne sentiva anche il rumore nelle orecchie, non avrebbe mai dimenticato quel tonfo, non riusciva a spiegare a se stesso cos’era accaduto… come poteva spiegarlo ad altre persone?
«Lui è…» disse piano, la voce spezzata e addolorata, Hermione si portò le mani davanti alla bocca e scosse la testa, la sua espressione mutò in un secondo, prima era preoccupata… adesso sembrava solo devastata.
«No» disse, continuando a scuotere la testa, incredula «No, no dimmi che non è vero».
«M-Mi dispiace…» si scusò, conscio di non poter dire altro «L-Lui si è messo tra me e l’Anatema e…»
«No!» esclamò Ron, scuotendo la testa «Stai mentendo!»
Draco abbassò lo sguardo e scosse la testa, avrebbe voluto che Weasley stesse dicendo la verità, avrebbe voluto che quello fosse stato uno scherzo ideato da lui e da Harry per far prendere un colpo ai due Grifondoro, ma… era vero. Non aveva potuto fare niente per evitarlo, non aveva potuto salvarlo, perché nessuno gliene aveva dato la possibilità – neanche Harry stesso – nessuno gli aveva detto che il destino di Harry era inevitabile. Avrebbe potuto fare qualcosa per lui… avrebbe potuto… ma Silente aveva ragione, qualsiasi cosa avesse fatto, non avrebbe cambiato il fatto che Harry si era frapposto tra lui e l’Anatema che Uccide. Aveva sacrificato la sua vita per salvare lui.
Hermione scoppiò a piangere e, sotto lo sguardo scioccato di Ron, avvolse le braccia attorno al collo di Draco e nascose il viso sul suo petto. Il biondo restò immobile per trenta secondi, durante i quali processò ciò che stava accadendo. Deglutì, mentre Ron scuoteva la testa, come per scacciare il solo pensiero che il suo migliore amico fosse morto e voltò le spalle, andando via, senza dire una sola parola. Hermione, invece, singhiozzava su di lui e il Serpeverde non aveva idea di come fare, per un secondo gli venne in mente sua madre e il suo modo di tranquillizzarlo quando aveva qualche incubo e si risvegliava nel cuore della notte, in lacrime, lei era solita prenderlo in braccio, accarezzargli la schiena e cullarlo dolcemente fino a che non smetteva di piangere e si addormentava. Forse, qualcosa di simile poteva funzionare anche per la Granger. Delicatamente, le mise una mano dietro alla schiena e l’accarezzò piano piano, azzardò a portare la sua mano nei capelli ricci di lei e a continuare ad accarezzarla, ma i suoi singhiozzi disperati non si calmavano. Per lui era stato orribile… ma per lei doveva essere dieci volte peggio, visto il loro rapporto.
«Non è giusto…» singhiozzò lei.
«Lo so» replicò Draco. Pensava la stessa cosa, ma le parole non riuscivano ad uscire dalla sua bocca, sentiva un groppo strettissimo alla gola e più sentiva i singhiozzi della Granger, più sentiva di poter piangere ancora. Fanculo l’orgoglio, si sentiva così devastato da non riuscire neppure a pensare lucidamente. Tutto era troppo da processare in quel momento, per lui e decisamente lo era anche per la ragazza, che ancora continuava a singhiozzare. Avrebbe voluto rassicurarla e dirle che avrebbero trovato un modo per riportarlo in vita, ma… come potevano? Neanche la magia poteva annullare la morte, un Anatema che uccide non aveva contro-incantesimi. Dovevano solo accettare la situazione, ma… erano solo dei diciassettenni, come potevano accettare la morte di un amico così, su due piedi? Deglutì e, mentre cercava di tranquillizzare la ragazza, sentì altre lacrime scivolare lungo le sue guance. Lui e Potter avevano avuto cinque anni per fare amicizia, ma si erano sempre odiati a vicenda, fino a quella fatidica notte e in sei settimane avevano stretto un rapporto di difficile imitazione. Sapevano segreti l’uno dell’altro di cui nessuno era a conoscenza, Draco era stato letteralmente nella mente di Harry e l’aveva esplorata per aiutarlo ad imparare l’Occlumanzia, prima che il moro fosse stato in grado di respingerlo, lui aveva già visto tutti i suoi segreti. A malincuore, aveva assistito passivamente a tutti gli abusi a cui era stato sottoposto Potter da bambino e… aveva provato ribrezzo per i babbani, non tutti, ma solo quelli: la peggior specie di babbani immaginabile, assurdo che Silente gli avesse permesso ogni anno di tornare lì e di rivivere l’inferno. E adesso… dopo tutto quello che aveva vissuto e patito… era morto, senza potersi riscattare in alcun modo.
«V-Voglio vederlo» disse Hermione, allontanandosi dal biondo, la sua voce tremava ancora, i singhiozzi continuavano a scuotere il suo corpo, ma lo sguardo di lei, dietro alla devastazione, c’era una determinazione che Draco non avrebbe mai immaginato esistesse.
«Ne sei sicura?» chiese il Serpeverde. Lei annuì, incapace di dire altre parole, senza scoppiare in lacrime. Il ragazzo annuì a sua volta e le fece strada lungo le scale che portavano alla torre. Draco avrebbe voluto fermarla, per evitarle quello spettacolo che aveva distrutto anche lui, ma lei era decisa a vedere il suo migliore amico, non poteva fare niente per impedirglielo. Senza dire altro, Draco e Hermione raggiunsero la Torre di Astronomia, il corpo senza vita di Harry era ancora lì, disteso al centro della stanza. Sembrava che dormisse, ma la realtà era un’altra.
«Ha-Harry…» mormorò Hermione, scuotendo la testa, come se avesse realizzato solo in quel momento la realtà delle parole del Serpeverde «Non può essere…»
Draco deglutì e scosse la testa a sua volta, neanche lui riusciva ad accettarlo. La vide avvicinarsi a lui e inginocchiarsi accanto al suo amico, la vide prendergli la mano, delicatamente nella sua e stringergliela. Poi si chinò su di lui e lo abbracciò, passandogli una mano tra i capelli spettinati e scoppiò in lacrime. Draco rimase lì immobile, impotente a fissare la scena; se avesse potuto avrebbe fatto qualunque cosa per riportarlo in vita, per riportarlo tra i loro.
La McGranitt si avvicinò alla ragazza per spostarla da lì, ma lei si oppose e restò a stringere il Grifondoro, a chiamarlo con disperazione, sperando che si svegliasse, pregando che aprisse gli occhi. «Basta prendermi in giro» disse tra i singhiozzi ad un certo punto «Hai dormito abbastanza, devi svegliarti…» singhiozzò «Harry… Harry, ti prego, svegliati, ti prego… no-non puoi essere…» la sua voce si spezzò in mille singhiozzi che si infransero contro il petto del moro.
Draco sentì il proprio cuore venire stretto in una morsa e sentì altre lacrime scivolare sul suo viso, non riuscì a frenarle. Non riuscì a fare nulla, se non restare lì a fissare la Granger che piangeva e piangere a sua volta. Harry Potter era morto e nessuno poteva cambiare quella situazione. Anche Ron sopraggiunse, silenziosamente si avvicinò a Hermione e le si inginocchiò accanto. Deglutì guardando il corpo dell’amico e anche a lui scapparono fin troppe lacrime; aveva le nocche delle mani sbucciate, doveva aver preso a pugni un muro o una colonna…
«Ron…» Hermione si voltò verso di lui e non riuscì a trattenere i singhiozzi. Il rosso, anch'egli con gli occhi rossi e gonfi, la prese delicatamente tra le sue braccia, allontanandola dal corpo di Harry e la strinse forte a sé. Diede uno sguardo al moro e chiuse gli occhi, cercando di non piangere ancora, perché doveva essere un sostegno per Hermione, perché avrebbe dovuto spiegare lui a sua madre e a tutti gli altri cosa fosse successo… ma non ci riuscì a lungo. Quello disteso lì per terra era il suo migliore amico, era come uno dei suoi fratelli, era quello con cui aveva condiviso ogni cosa in quegli anni, una delle persone più importanti della sua vita ed era ingiusto averlo perso in quel modo, era ingiusto che fosse accaduto e nessuno avesse potuto evitarlo. Appoggiò la fronte contro la spalla di Hermione e pianse anche lui, stringendo la riccia a sé.
Draco non riuscì a resistere un altro minuto davanti a quella vista, senza neanche rendersene conto, voltò le spalle e corse via dalla Torre di Astronomia, corse lontano da quel posto, da quel dolore, da quello strazio. Passò davanti agli Auror che stavano arrestando dei Mangiamorte, vide suo padre immobilizzato e tutto ciò che riuscì a pensare che fosse giusto così.
Uscì dal castello correndo e raggiunse un punto abbastanza isolato, poco prima della Foresta Proibita, si lasciò cadere contro un albero e lì, da solo, riuscì a dare sfogo a tutto il dolore che stava provando in quel momento. Non sapeva neanche lui perché la stesse prendendo così male, ma la perdita di Harry faceva male, faceva male come una cruciatus e lui non aveva nessuno a cui aggrapparsi. L’unica persona che aveva dimostrato un po’ di interesse nei suoi confronti era stato proprio Harry e solo lui avrebbe potuto capire il suo stato d’animo in quel momento, ma Harry non c’era più. Doveva prepararsi a non vederlo mai più, a non vedere mai più “la sua brutta faccia”. Si erano promessi che, quando tutto sarebbe finito, avrebbero ricominciato a sfidarsi, Draco sarebbe tornato nella squadra di Quidditch di Serpeverde e avrebbe dato del filo da torcere a Harry, quest’ultimo avrebbe usato il “libro del Principe Mezzosangue” per batterlo in pozioni, ma il biondo sarebbe stato comunque più bravo di lui perché era il più talentuoso in quella materia. Si erano promessi che avrebbero fondato un nuovo Club dei Duellanti, solo per potersi sfidare. Ti batterei ad occhi chiusi, Potter – Sogna pure, Malfoy, non mi hai mai battuto in un duello. Si erano promessi di essere amici, di non ricadere nelle vecchie abitudini… sarebbero stati competitivi, ma mai più l’uno contro l’altro, perché era più proficuo e stimolante sfidarsi e poi ridere insieme, piuttosto che prendersi a pugni e insultarli.
Tutto quello era finito, di quei progetti non era rimasto nulla, se non un cumulo di macere nel cuore spezzato di Draco, perché Harry era morto per salvarlo e lui non aveva potuto fare niente per evitarlo.
Il senso di colpa lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita.


Tutta Hogwarts era in lutto.
La notizia della morte di Harry si era diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo magico e molte erano le persone che, dopo la battaglia, erano tornate a Hogwarts per rendere omaggio al prescelto. Professori, studenti, tutti erano distrutti dalla notizia. Molte erano state le reazioni a quell’evento, sulla torre aveva visto la McGranitt, donna tutta d’un pezzo, poco incline ai sentimenti, piangere per la morte di un ragazzo così giovane; Hagrid aveva pianto in silenzio, quando aveva visto il corpo di Harry e poi si era offerto di portarlo lui via dalla Torre di Astronomia: sono io che l’ho portato via dalla casa dei Potter, quando loro sono morti, è giusto che lo porti io via da questo posto – aveva detto, cercando di scacciare via il suo dolore, ma tutti lo avevano visto piangere, le sue grosse lacrime si impigliavano continuamente nella folta barba. Il suo corpo era stato portato in infermeria, dove Ginny Weasley era arrivata di corsa, piangendo. Non poteva credere che il suo Harry fosse morto. Accusò Draco di essere stato la causa della sua morte: se non fosse stato per te, sarebbe ancora vivo! Ammettilo che volevi solo questo! – il Serpeverde aveva cercato di ignorare quelle accuse e se non fosse stato per l’intervento tempestivo di Ron, che aveva fermato la sorella, probabilmente l’avrebbe schiantata per zittirla, era distrutto anche lui, non meritava tutto quell'odio... giusto?
Draco detestava quella ragazza, non c’era un motivo preciso, ma non la sopportava – e no, non era affatto geloso del fatto che Harry avesse creduto di provare qualcosa per lei.
Era tutto così assurdo che sembrava irreale: un lungo, bruttissimo e inquietante incubo in cui erano caduti tutti. Prima o poi tutti si sarebbero svegliati e si sarebbero trovati la brutta faccia di Potter davanti che diceva loro di stare tranquilli, che era tutto okay, che era vivo, ma non era possibile. Non era un sogno né un incubo, era la dura, cruda, brutale realtà. Grazie al suo sacrificio non solo Draco si era salvato, ma moltissime altre vite, perché esso aveva permesso di sconfiggere Voldemort, di mettere fine, una volta per tutte, al suo regno di terrore, per questo meritava di essere ricordato come un eroe. Il dolore e il lutto avevano pervaso ogni angolo della scuola e travolto troppo studenti, per ricordarlo un gruppo di Tassorosso decise di creare un piccolo memoriale in suo onore, proprio nel posto in cui era solito sedersi in Sala Grande, Colin Canon aveva partecipato all’iniziativa e aveva fornito un sacco di fotografie del prescelto, era un suo grande ammiratore. Grifondoro e Corvonero avevano dato il loro contributo nell’allestimento del memoriale.
I compagni di squadra di Harry vi portarono la sua scopa, la sua divisa, il suo boccino. Draco vide persino Dobby piangere, insieme ad altri elfi, lui aveva portato un calzino nero come omaggio al salvatore del mondo magico. Alcuni posero lì alcuni dolci, tra i quali i suoi preferiti, altri delle cioccorane. Hermione non faceva che piangere, Ron era arrabbiato con tutto il mondo – ma stranamente non ce l’aveva con lui – anche Ginny piangeva in continuazione e tutti stavano reagendo malissimo alla morte del prescelto, anche Draco. Era una notizia che aveva sconvolto tutti nel profondo, per nessuno era giusto ciò che era accaduto, per nessuno aveva senso.
«Io sento che è vivo» aveva sentito dire da Luna Lovegood «La sua aura non si è spenta». Draco aveva finto di non sentirla ed era passato oltre, non voleva essere sgarbato, ma aveva fretta di allontanarsi da quella Sala Grande piena di gente che piangeva. Era – di nuovo – ad un passo dalle lacrime anche lui.
Fu organizzata una commemorazione, in onore di Harry, essa si sarebbe tenuta la sera del cinque luglio e Draco non era sicuro di andarci, non voleva che altri lo vedessero in lacrime per il Grifondoro. E infatti, quel giorno restò nella sua stanza, per tutto il tempo, senza voler incontrare nessuno. Se Malfoy credeva che la notte sulla Torre di Astronomia fosse stata un momento difficile affrontare la sua morte, ecco, quel giorno fu peggio. Era stato uno di quelli che aveva messo un omaggio a Harry sul memoriale, un giglio bianco e, per quanto stupida, sentimentale ed egoista fosse quell’idea, aveva anche rubato una delle foto dell’amico, l’aveva fatta scivolare nella sua tasca, senza essere visto da anima viva.
Non riusciva a farsene una ragione. Alcuni dei suoi compagni di casa avevano voluto sapere perché l’avesse presa così male, ma lui non aveva dato spiegazioni di alcun tipo, erano affari suoi e di certo non voleva che tutti quegli estranei conoscessero il suo rapporto con il Grifondoro.
La stava prendendo peggio di quanto credesse e non ne capiva il motivo, non al cento per cento. Fino a sei settimane prima non era così legato a Potter, le cose non potevano essere cambiate in un mese e mezzo, giusto? Giusto?
Invece erano cambiate e tanto, anche se lui faceva una fatica immensa ad accettarlo, a farsi una ragione di ciò che era accaduto, anche se il suo orgoglio cercava di respingere in ogni modo i suoi sentimenti… lui sapeva che erano lì, dentro di sé ed era proprio per questo che non voleva andare alla commemorazione. Non voleva partecipare al suo funerale, non voleva dirgli addio per sempre. In quelle settimane, avevano stretto un legame, era nato qualcosa, lo sapevano entrambi e adesso che lui non c’era più, non poteva più capire cosa fosse, non poteva esplorare quella nuova cosa con lui, non c’era più nulla, tutto era finito. Voleva capire perché si sentisse così distrutto, senza speranza per un futuro diverso. Le armi migliori che possedeva in quel momento per proteggere se stesso da tutto quello, erano l’indifferenza e la freddezza, mascherando di nuovo i suoi sentimenti come in passato, cercando di essere di nuovo lo stronzo di sempre, avrebbe sofferto di meno o almeno questa era la sua stupida convinzione, era cresciuto sopprimendo ogni suo pensiero, ogni suo sentimento e poco importava che avesse imparato che, in effetti, parlare con qualcuno quando non si riuscivano ad affrontare le situazioni fosse una cosa positiva… voleva solo nascondere dentro di sé quel dolore e fingere di non provarlo. Essere stronzo, poi, era ciò che gli riusciva meglio.
«Tu non vai alla commemorazione? Non eri un grande amico di Potter?» Pansy Parkinson lo raggiunse nella Sala Comune con tutta l’intenzione di distoglierlo dai suoi pensieri. Draco sussultò e la guardò interrogativo. Cosa diavolo voleva da lui? Non credeva che qualcuno si avvicinasse a lui, né tantomeno lei. Aveva saputo che molti dei suoi compagni di casa sarebbero andati al funerale, altri invece no, ma nessuno di loro aveva osato andare a disturbarlo, forse per rispetto o per paura, tranne la Parkinson, ovviamente. La ragazza lo guardava in maniera pietosa, scuotendo la testa.
Lui se ne stava seduto sul divano, con la testa tra le mani, a riflettere. e quell'oca era andata a disturbarlo. Un momento. Ma lei non era tornata a casa il giorno della battaglia? Era tornata per il funerale? E perché mai l’avrebbe fatto?
«Cosa vuoi, Parkinson?» chiese «Anzi, sono curioso di sapere cosa ci fai qui, non eri andata via da Hogwarts?»
La ragazza sbuffò, ma non rispose. A Draco iniziò a venire il sospetto che a rivelare a Voldemort la verità fosse stata lei, aveva già parlato con Zabini e con Nott e, di fatto, avevano lottato al fianco dei Grifondoro, durante la battaglia, di certo non potevano essere stati loro e neanche Tiger e Goyle. Le loro ferite dimostravano la verità delle loro parole. Ancora non aveva scoperto nulla riguardo il traditore, ma prima o poi l’avrebbe scoperto e gliel’avrebbe fatta pagare.
«Che ti prende? Perché ti disperi come una vedova che ha perso il marito? Era solo Potter» fece lei, ignorando la domanda del biondo. Draco strinse i pugni per la rabbia e serrò la mascella, trattenendosi dal colpirla «Sai? I miei genitori mi hanno scritto suggerendomi di allontanarmi caldamente da te, perché ti vedono come un traditore» spiegò «Ma io…» fece allungando una mano verso di lui «Sono dalla tua parte» disse con tono vagamente sensuale, che fece disgustare il ragazzo «Non ho detto loro del tuo discorso di quella sera, quando volevi convincere tutti a combattere con te e con quei babbanofili…»
Il ragazzo provò ribrezzo e sbuffò, scrollando le spalle e si sottrasse al suo tocco.
«Non ho bisogno della tua falsità» disse con freddezza «Lasciami in pace» aggiunse, celando dietro al suo tono freddo tutto il dolore che stava provando, non aveva di certo bisogno della presenza della Parkinson accanto a sé, in quel momento. Anzi, non aveva affatto bisogno della sua ipocrisia in quel momento. Non aveva bisogno di nessuno in quel momento, voleva unicamente restare da solo e venire a patti con tutte quelle spiacevoli “cose” che provava. «Penso che sia solo questione di tempo, poi i tuoi genitori saranno arrestati» proferì lapidario «Da quello che so gli Auror stanno già facendo piazza pulita e stanno cercando tutti i Mangiamorte che non erano presenti durante la battaglia» ghignò, guardandola «Sono stato io a dire loro dove trovarli tutti, se pensano che sia un traditore… beh, è vero. Sono un membro dell’Ordine, adesso» affermò, fiero. Anche se sentiva la morte nel cuore, era orgoglioso di essere passato dalla parte giusta quando era ancora in tempo. Potter gli aveva fatto un enorme regalo, prima di morire. A parte per il dolore, quegli ultimi cinque giorni erano stati difficili anche perché numerosi Auror l’avevano interrogato, gli avevano chiesto di suo padre, di Voldemort, dei suoi alleati, del suo Marchio. Silente gli era stato accanto tutto il tempo, garantendo per lui e dichiarando che era stato parte attiva della sconfitta di Voldemort, che aveva aiutato a recuperare gli horcrux e che ne aveva distrutti ben due, la coppa e aveva ucciso il Serpente. Il Serpeverde era stato sottoposto a un lungo interrogatorio, ma aveva fornito tutti i nomi, tutte le informazioni di cui disponeva, disse tutto e si era sentito libero per la prima volta dopo mesi, doveva ringraziare solo Potter, per quello.
La ragazza restò piccata, le sue gote divennero rosse per la vergogna e la rabbia per un momento Draco temette che potesse affatturarlo lì davanti a tutti, ma l’attimo dopo realizzò che non gliene importava nulla.
«Sei solo uno stronzo».
«Che novità» commentò asciutto lui «Ora se vuoi scusarmi… ho di meglio da fare» disse alzandosi dal divano, per avviarsi verso i dormitori per rifugiarsi nella sua camera, dove nessuno gli avrebbe dato più alcun fastidio. Draco mise le mani nelle tasche dei pantaloni e iniziò a camminare verso le scale, si guardò intorno per osservare la situazione e notò che alcuni studenti parlottavano tra di loro. Non sapeva come sentirsi in quel momento, aveva convinto alcuni dei suoi compagni di casa ad unirsi ai buoni durante la battaglia, aveva contribuito alla sconfitta di Voldemort, aveva ucciso il serpente tagliandogli la testa, aveva sentito così tanta adrenalina dentro di sé in quel momento, che aveva schiantato persino suo padre e Bellatrix con la bacchetta di Potter. Avrebbe dovuto sentirsi… bene, ma non era così, non stava bene perché avevano vinto, ma… tutti loro avevano perso un amico. Forse l’idea migliore era rifugiarsi nella sua stanza e aspettare che quella giornata finisse, che il dolore finisse. Stava per prendere le scale, quando una voce familiare lo fece fermare.
«Certo che posso entrare nella Sala Comune di Serpeverde, Zabini, sono un Prefetto!» Draco sussultò sentendo la voce di Hermione, deglutì. Era arrabbiata e anche tanto, ma perché era arrabbiata? L’aveva vista solo poche ore prima ed era disperata… cos’era quel cambio di umore? «E ho tutto il diritto di farlo se penso che ce ne sia bisogno. E, indovina un po’, è proprio questo il caso!» dichiarò la ragazza «Non mi interessa per niente quello che hai da dire!» aggiunse e «Lasciami, Ronald! Un branco di serpi non mi fa paura!» Zabini borbottò qualcosa in risposta, ma Draco non lo sentì, piuttosto ponderò l'idea di fuggire immediatamente o di restare ad ascoltare la Granger, la quale lo individuò immediatamente e come una furia si diresse nella sua direzione. «Tu!» urlò lei, puntandogli il dito contro e avvicinandosi a lui in maniera minacciosa «Lurido codardo, che stai facendo ancora qui? Vieni in Sala Grande, immediatamente!»
«Ciao anche a te, Granger, benvenuta. Cosa posso fare per te?» chiese freddamente, guardandola dall’alto.
Lei strinse i pugni, con rabbia «Lo sai benissimo cosa voglio da te» soffiò lei guardandolo con rabbia «Dopo tutto quello che Harry ha fatto per te, non ti presenti nemmeno alla commemorazione in suo onore?» domandò «Non si merita questo e lo sai anche tu».
«Non sono uno stupido sentimentale, Granger» ribatté lui, guardandola nello stesso modo in cui usava guardarla negli anni precedenti «Non devo dare spiegazioni a te, piccola schifosa…» non finì nemmeno la frase, che la Grifondoro lo colpì con uno schiaffo così forte che gli fece girare la testa dall’altro lato. Draco deglutì, rendendosi conto della parola che stava per dire. Fece per parlare, per chiederle scusa, perché davvero non aveva intenzione di insultarla, tutto il resto aveva preso il sopravvento e non se ne era nemmeno accorto, ma lei lo interruppe, fulminandolo con lo sguardo.
«Il mio migliore amico è morto per salvare te, stronzo» disse lei, la sua voce adesso sembrava più delusa che arrabbiata «Aveva visto qualcosa in te. Se non ti presenti, se ignori quello che Harry ha fatto per te e torni alle vecchie abitudini… vuol dire che si era sbagliato e che Ron ha sempre avuto ragione: tu lo hai solo usato».
«Hermione…» tentò di dire.
«Zitto» lo fermò di nuovo «Farai meglio ad esserci, per Harry. Avrebbe voluto che tu restassi unito al gruppo e non ti isolassi, come ovviamente stai facendo» continuò «Sei libero di fare quello che vuoi, ma fai in modo che Harry, ovunque egli sia, non si penta di averti dato una possibilità, glielo devi» concluse. Senza dargli il tempo di ribattere, afferrò la mano di Ron, che era rimasto in silenzio e l’aveva guardata con uno sguardo carico di ammirazione per tutto il tempo, ed andò via con lui, lasciando tutti i Serpeverde presenti senza parole.
Quello schiaffo aveva riportato un po’ di lucidità nella mente del biondo che si riscosse e, sotto lo sguardo allibito di tutte le altre serpi, le corse dietro, urlandole: «Aspetta!»
«Cosa vuoi?» gli chiese lei, fermandosi nel corridoio del sotterraneo e incrociando le braccia al petto.
«Mi dispiace» si scusò subito «Non avrei-… non volevo dire quella cosa» disse «Io… ero fuori di me».
«Sì, lo so» replicò lei, sospirando «Per questo sono venuta a cercarti, nessuno di noi sta bene, per questo dobbiamo restare uniti» disse «E poi, dopo la commemorazione, Silente vorrebbe vedere noi tre nel suo ufficio, penso che sappia che noi… la stiamo vivendo peggio di tutti gli altri».
«Non- perché mi includi? È ovvio che tu e Weasley siete più legati a lui… perché ti importa di me?»
Lei fece un sorriso triste e scrollò le spalle, fece per rispondere, perché lei sapeva, ma Ron la anticipò.
«Lo sai, Malfoy? A volte sei proprio uno stupido» affermò, scuotendo la testa e mettendogli una mano sulla spalla, per invitarlo a seguire lui ed Hermione «Muoviamoci, la commemorazione sta per iniziare, noi tre dovremmo essere lì». Sia il biondo che Hermione annuirono, concordando con lui.
Fu così che Draco Malfoy seguì Hermione Granger e Ron Weasley verso la Sala Grande, diretto alla commemorazione in onore di Harry Potter, colui che gli aveva dato una possibilità e a quanto pareva, nonostante la sua dipartita, gli aveva lasciato delle persone su cui poter contare. O qualcosa del genere.


La commemorazione durò un tempo infinito per tutti e fu straziante. Il corpo di Harry era stato portato in infermeria e messo in uno dei box con la tenda chiusa, in modo che nessuno potesse rimanere sconvolto dalla sua visione, nella Sala Grande, infatti non c’era nessuna bara, solo una sua fotografia enorme, circondata da fiori. Avrebbero potuto scegliere una foto migliore, ne aveva viste alcune particolarmente belle vicino al memoriale, quella non gli rendeva giustizia, peccato.
Draco si sforzò di non piangere per non mostrarsi così debole e sensibile davanti a tutte quelle persone, ma qualche lacrima scappò al suo controllo, nella Sala Grande si potevano udire i singhiozzi di almeno la metà dei partecipanti a quel funerale. Era tutto troppo doloroso per chiunque e quando finì, il Serpeverde si sentì estremamente sollevato. Distrutto per la perdita di Harry, ma sollevato per la fine di quello strazio. Hermione aveva pianto per tutto il tempo contro la spalla di Ron, Silente, la McGranitt e altri professori avevano parlato di lui, del suo coraggio, della sua forza d’animo, di tutto quello che aveva affrontato, del suo sacrificio finale.
Al funerale c’erano tutti, dai membri dell’Ordine della Fenice ai Weasley al completo, persino sua madre. Molly Weasley piangeva come se avesse perso uno dei suoi figli. Narcissa si avvicinò al figlio e gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo e poi, come quando era piccolo, lo fece avvicinare a lei e lo abbracciò dolcemente. Il biondo le fu grato, aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi e sentiva un enorme groppo alla gola che gli impediva di respirare. Era così che ci si sentiva, quando si perdeva una persona importante? Narcissa gli accarezzò la schiena dolcemente, per tranquillizzarlo. Draco non stava piangendo, ma il suo corpo era scosso dai tremiti, i singhiozzi premevano per uscire. Fu difficile, fu straziante, fu doloroso. Alla fine del funerale, molti lasciarono dei fiori accanto alla foto di Harry e poi uscirono dalla Sala Grande lentamente, si potevano ancora sentire i loro singhiozzi. Draco, Ron, Hermione, i Weasley, Remus e Narcissa rimasero da soli, davanti all’enorme fotografia di Harry.
«Mi ricordo…» la voce di Molly fu interrotta da un singhiozzo «La prima volta che l’ho visto, ah, un ragazzino smarrito che non sapeva come attraversare la barriera per arrivare al binario 9 e ¾» raccontò la donna «Perché questa disgrazia…?»
«Su, cara» Arthur avvolse un braccio attorno alle spalle della moglie e la strinse «Harry era davvero un caro ragazzo…»
«Mi ha salvato la vita» mormorò Ginny, abbassando la testa. Tutta quella situazione era così triste, che nemmeno i gemelli Weasley riuscirono a fare una battuta di spirito.
«Era così giovane» mormorò Narcissa «Non lo conoscevo, ma quel ragazzo ha salvato sia me che mio figlio, non gliene sarò mai grata abbastanza» disse, dispiaciuta anche lei. Draco deglutì e annuì, non riuscendo a dire niente. Ron gli strinse una spalla, in segno di supporto. Lo capiva, neanche lui sapeva cosa dire in quel momento, gli sembrava di aver appena perso uno dei suoi fratelli e, in vita sua, non aveva mai provato una sensazione peggiore di quella.
«Almeno ora è con i suoi genitori e con Sirius» commentò Lupin, con un sospiro «Avrei voluto un finale diverso per lui, se lo meritava, dopo tutto quello che ha passato».
Draco si sentiva a disagio, tutte quelle persone erano legate a Harry da un legame ben più profondo rispetto a quello che avevano loro due. Lui lo aveva tormentato per anni, gli aveva messo i bastoni tra le ruote e solo a settembre di quell’anno scolastico gli aveva spaccato il naso sul treno; avevano fatto a pugni un sacco di volte, si erano sfidati a suon di duelli, si erano sfidati a Quidditch, ma non erano mai stati legati, non lo erano stati fino a quella sera nel bagno di Mirtilla. Voleva andare via da lì, voleva andare via e smettere di sentire tutte quelle cose su Harry. Hermione aveva torto, lui non meritava di stare lì, non tra le persone importanti per Harry, non lo era mai stato. Fece un passo indietro, ma il rosso lo trattenne e la riccia gli prese il polso. Loro non volevano che andasse via, volevano che restasse… ma lui si sentiva a disagio. Non sapeva però che anche i due Grifondoro stavano iniziando a sentirsi a disagio in quel momento.
«Ci dispiace…» disse Hermione «Silente voleva vederci, noi dobbiamo andare».
Gli altri presenti annuirono, Draco ringraziò la Granger mentalmente. Aveva completamente dimenticato l’incontro con Silente. I tre ragazzi, dopo aver scambiato strette di mano, abbracci e parole di conforto con gli altri, si congedarono educatamente ed uscirono dalla Sala Grande e finalmente liberarono un sospiro di sollievo.
«Scusate» disse Hermione «Non ce la facevo più, tutta quella tristezza mi stava mettendo a disagio».
«Ti capisco» replicò Draco «Meno male che non ero l’unico».
«Chissà Silente cosa vorrà dirci…» mormorò il rosso, mentre si incamminavano verso la scalinata che portava davanti al gargoyle che proteggeva l’entrata dell’ufficio del preside. Gli altri due scrollarono le spalle, ignari anche loro di cosa volesse il preside. Non restava che scoprirlo raggiungendolo.
Hermione pronunciò la parola d’ordine e l’enorme statua si spostò permettendo loro di entrare. I ragazzi salirono le scale lentamente, ignari di cosa attendesse loro una volta arrivati nell’ufficio di Silente. L’ultima volta che erano stati lì avevano distrutto due horcrux e adesso non c’era più Harry con loro. Forse il preside voleva controllare come stessero, dopo quella giornata atroce?
«Benvenuti, ragazzi miei» li accolse Silente quando li vide «Accomodatevi pure, sono contento che siate venuti, immagino siate molto provati dalla giornata di oggi».
«Lo siamo» rispose Draco, alzando lo sguardo sul preside «Di cosa voleva parlarci?»
«Venite avanti, venite avanti» disse il preside, indicando loro le sedie che erano state sistemate lì per loro; perplessi, i ragazzi si avvicinarono e si sedettero sulle sedie, guardando con confusione il preside. L’uomo sorrise loro paternamente e poi iniziò a parlare: «Vi ho fatti venire qui, per condividere con voi delle novità».
«Novità?» chiese Hermione «Quali?»
«Non ci sarà un altro mago oscuro che vuole attaccare la scuola, vero?» chiese subito Ron, preoccupato. Draco rimase in silenzio ad ascoltare, prima di porre qualsiasi domanda, aveva bisogno di capire che situazione stava per affrontare. La questione sembrava seria, visto l’atteggiamento di Silente.
«Calma, calma, ragazzi» li tranquillizzò l’anziano «Potrebbe esserci una possibilità di salvare Harry».
«Cosa?!» domandarono tutti e tre contemporaneamente, spalancando gli occhi. Draco sentì il proprio cuore battere con forza. Perché allora avevano celebrato il funerale? C’era un motivo particolare per il quale era stato fatto tutto quello? Cosa stava accadendo? Aveva bisogno di risposte, ma aveva il fiato corto e sentiva il cuore battere troppo veloce.
«Ascoltatemi, ragazzi, ci sono ancora molti maghi oscuri in giro, che bramano vendetta per la sconfitta di Lord Voldemort e se questa notizia fuoriuscisse da questo ufficio, ci sarebbero dei problemi».
«Problemi…?» chiese Draco «Che tipo di problemi? E perché il funerale, se possiamo salvarlo?» domandò, senza riuscire a trattenersi oltre.
«Per fugare qualunque dubbio. Nonostante la tua testimonianza, Draco, e quella di tutti gli altri Serpeverde che hanno voluto collaborare, alcuni degli alleati di Tom non si sono arresi e sono rimasti nell’ombra, finché non saranno consegnati alla giustizia, dobbiamo essere cauti». Il ragazzo annuì, comprendendo le parole del preside, ecco perché il funerale. Era stato una copertura. Certo, Silente avrebbe potuto parlarne prima con tutti loro…
«Riteniamo che, nel momento in cui è stato colpito dall’Anatema, il pezzo di anima di Voldemort nel corpo di Harry, abbia trascinato con sé l’anima di Harry, il loro legame era rafforzato, sì, dall’horcrux, ma anche dal fatto che il sangue di Harry è stato usato per far risorgere Voldemort» spiegò Silente «La notte che è risorto, Voldemort ha preso il suo sangue convinto che l'avrebbe rafforzato. Ha accolto nel suo corpo una minuscola parte dell'incantesimo che Lily aveva imposto su di lui quando morì per salvarlo. Finché Harry fosse rimasto in vita, sarebbe rimasto in vita anche lui, ma adesso le cose sono diverse, Voldemort è morto e l’anima di Harry non appartiene al mondo degli spiriti, non ancora. Non era giunto il suo tempo».
«Quindi potremmo salvarlo?» chiese Hermione «Come dobbiamo fare?» domandò «Lo facciamo!»
«Uno di voi dovrà trovare l’ingresso del limbo in cui la sua anima è imprigionata e riportarlo indietro».
«Lo faccio io» disse Ron «Vado io».
«Apprezzo l’offerta, signor Weasley, ma no, solo una persona che ha un legame diretto con la mente di Harry, può avere successo nella missione» spiegò spostando lo sguardo dal rosso a Draco, che spalancò gli occhi e si indicò «Sì, tu, Draco. Durante le lezioni di Occlumanzia che hai condiviso con Harry, tra di voi si è creato un legame, non è vero?»
«Sì…»
«E tu hai mostrato volontariamente parte dei tuoi ricordi a lui, non è così?»
«Sì, ma cosa… cosa c’entra?»
«Nexus Mentis Incantatio» disse Silente lentamente, guardando il giovane mago davanti a sé «Non è un vero e proprio incantesimo. È la situazione che si può verificare quando due persone condividono un forte legame mentale fra di loro» spiegò «Avete condiviso più di ricordi, voi due, avete instaurato un legame, un legame che adesso potrebbe aiutarci a salvare Harry» Draco spalancò gli occhi, incredulo. «Ultimamente, Draco, ti è capitato di comportarti in maniera diversa, vero?» il biondo annuì. Era vero, nelle ultime settimane era diventato inspiegabilmente più gentile con gli altri, disponibile ad aiutare, era forse…? «Può accadere, quando si instaura quel tipo di legame, inconsciamente, i due maghi coinvolti, possono assumere atteggiamenti l’uno dell’altro mago» spiegò e Draco si ritrovò a pensare che Harry nell’ultimo periodo avesse iniziato a ghignare esattamente come lui e ad essere più sarcastico del solito, lo aveva fatto anche mentre combattevano, inoltre non poteva dimenticare il modo in cui lo aveva trovato nel bagno, quando era terrorizzato per l’arrivo di Voldemort. Quindi aveva assunto anche lui un po’ del suo atteggiamento? Era per il legame che si capivano così bene? Allora era a causa del legame che aveva sentito quell’elettricità? Era colpa del legame se aveva provato l’impulso di baciarlo e l’altro aveva ricambiato? «Oh, non ti preoccupare, entrambi siete rimasti voi stessi, non siete cambiati, è solo un effetto, non svanirà, ma regredirà, fino ad essere impercettibile». Non aveva mai sentito parlare di quell’incantesimo, neanche nei libri della sua biblioteca ne aveva mai letto… doveva essere qualcosa di antico e di potente. «Non ti sei chiesto, perché Harry ha potuto usare la tua bacchetta senza problemi e tu la sua?» chiese, lui scosse la testa «O perché sei riuscito a maneggiare la spada di Grifondoro senza problemi?» lui negò ancora sconvolto; aveva creduto che fosse riuscito a fare quelle cose per mera fortuna, perché il momento era drammatico e aveva bisogno di riuscire in quelle cose, invece era riuscito a farlo perché… era legato – davvero – a Potter.
«Per il legame?» domandò incerto, Silente annuì «Io non capisco… come è stato possibile?» chiese confuso.
«Non c’è un motivo per cui accade, il legame permette ai due maghi di condividere molto più che la mera sintonia. È molto raro e si instaura tra due maghi, solo ed esclusivamente se sono molto affini». Draco annuì, ma ancora non capiva, cosa significava tutto quello? Poteva davvero salvare Harry? Grazie a quel legame?
Aveva sempre immaginato che lui e Potter avessero sviluppato un legame, ma non un legame di quel tipo, non qualcosa di così profondo. Non credeva che fossero stati uniti da un legame magico. Cosa lo aveva scatenato? Perché proprio lui? Perché non uno dei suoi migliori amici? Non importava, se toccava a lui, avrebbe fatto tutto il possibile per salvare Harry.
«Ora ho una domanda per te, Draco».
«Sì» rispose, senza che Silente ponesse la domanda, aveva già capito «Lo salverò».

 

§§§


Harry aprì gli occhi e sbatté le palpebre incredulo, era disteso su un pavimento freddo e bianco. Si mise seduto e si toccò il viso e si rese conto di non indossare gli occhiali, eppure vedeva benissimo. Poi si toccò le braccia, le gambe e il resto del corpo. Era vivo? Dov’era finito?
Intorno a sé, era tutto bianco, era come se fosse finito all’interno di un enorme spazio vuoto. Sembrava come se non ci fosse nulla attorno a sé. Si alzò in piedi e si guardò intorno, sbatté le palpebre un paio di volte e l’enorme spazio bianco sembrava essere un’enorme Stanza delle Necessità. Non capiva, davvero. Dov’erano gli altri?
Sentì il fischio di un treno in lontananza, strano, non c’erano treni. Forse è una stazione, pensò. Continuò a guardarsi attorno, cercando di capire dove fosse. Camminò un po’, ma si sentiva smarrito. Dov’erano gli altri? Silente? Draco? Ron? Hermione? Piton? Che fine avevano fatto tutti? Era morto o…? E Voldemort era stato sconfitto? Non lo sapeva. Non sapeva niente.
Vide una panchina, anch’essa bianca, e sentì dei lamenti provenienti da essa; si avvicinò per controllare e vide un piccolo essere informe, non più grande di un neonato, mutilato, orribilmente scorticato, che piangeva agonizzante sotto la panchina di quella che gli sembrava la Stazione di King's Cross. Harry deglutì disgustato e fece un paio di passi indietro, gli ricordava il “piccolo fagotto” che Codaliscia aveva gettato nel calderone, quando aveva fatto risorgere Voldemort. Si tastò il viso, non aveva niente fuori posto, si portò una mano alla fronte, lì dove c’era la cicatrice, ne sentì la consistenza sotto i polpastrelli, ma essa non bruciava, non come quando sentiva la presenza del mago oscuro. Strano, pensò perplesso. Che cosa gli era successo? Ricordava perfettamente Draco affrontare Nagini con la spada di Godric Grifondoro al suo posto per tagliare la testa al serpente, distruggendo così l’ultimo horcrux, ricordava anche di essersi sentito fiero dell’amico: non si vedeva tutti i giorni un Serpeverde che maneggiava la spada di Godric Grifondoro. Ricordava di aver sentito dolore alla cicatrice, forse nel momento in cui l’horcrux era stato ucciso. Sapeva che Hermione e Ron erano andati a cercare il diadema per distruggerlo, era l’unico che mancava, tra tutti. Sperava che fossero riusciti a distruggerlo, prima dello scontro. L’ultimo ricordo che aveva era un lampo di luce verde nella direzione di Draco e di aver corso verso di lui per spingerlo lontano dalla traiettoria della maledizione. E poi il nulla, si era risvegliato lì, immerso in quel vuoto bianco, da solo e con mille domande a tormentare la sua mente.
Il treno fischiò ancora e lui ne seguì il suono, camminò piano, seguendo i binari del treno, guardandosi intorno, si stropicciò gli occhi per rendersi conto se tutto fosse reale e continuò a sondare il territorio intorno a sé. Più avanzava più quel luogo prendeva forme diverse, ma non variava il colore: il bianco era il colore dominante in quel vuoto.
«C’è nessuno?» chiese al nulla.
L’unica cosa che udì fu l’eco della sua voce.
Così decise di inoltrarsi nel luogo in cui era finito per esplorarlo e capire cosa fosse, dove si trovasse. Vide una porta in lontananza e senza pensare ulteriormente la raggiunse. Doveva trovare gli altri, se lui era lì, i suoi amici dovevano essere lì con lui… se fossero stati in pericolo, avrebbe dovuto salvarli. Non aveva idea di cosa avesse fatto Voldemort per farlo finire lì, ma se si fosse riunito ai suoi amici sarebbe riuscito ad uscire da quella strana dimensione.
Un’abbagliante luce colpì i suoi occhi e, dopo un momento di smarrimento, la oltrepassò, in lontananza vide l’ombra di un uomo e decise di raggiungerla, magari lui avrebbe potuto aiutarlo, magari aveva visto i suoi amici o conosceva il modo di uscire da lì. Così si fece coraggio e si avvicinò.

 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni

Hola peps!
Per fortuna sono sopravvissuta, sfuggire alla furia di Draco è stata un’impresa, mi ha trovata anche su Plutone, ma per fortuna gli ho fatto leggere uno spoiler della fine della storia e si è tranquillizzato. BABY.
Scherzi a parte… Non ve l’ho fatta eeeeh? Beh, dai, dal canon Harry doveva morire per mano di Voldemort altrimenti non l’avrebbero sconfitto, anche se stavolta non sapeva esattamente di essere un horcrux e si è sacrificato per salvare Draco, poor baby. (sì, sì anche il mondo magico, ma la sua priorità in quel momento era non far morire Draco e mantenere la promessa che gli aveva fatto di salvarlo nel prologo u.u)
Voi non avete idea del male fisico che mi sono fatta nello scrivere le prime pagine di questo capitolo. MI DISPIACE! Mi credete, vero? VERO? Dai che d’ora in poi sarà la strada sarà tutta in discesa… (Draco: DAVVERO? DISCESA? IO NON PIANGO MAI; BABBANA. Io: Sì, ma stai calmo. Finirà bene, I promise. Draco: *impugna la spada di Grifondoro per sicurezza*)
I TOLD YOU! Dovevate solo fidarvi di me u.u sì, ho ucciso Harry, ma non è proprio morto morto. È vivo, da qualche parte nell’oltretomba, sì in quella dimensione in cui nel canon incontra Silly, che gli fa da guida e gli spiega tutto, ma qui Silly non c’è e Harry non sa che di fatto non è proprio morto, è solo… diciamo disperso, ecco. Vi prometto che la storia ha l’happy ending, anche se Draco ne passerà mille prima di averlo (D:come? *brandisce la spada* Me: Draco ABBASSA LA SPADA!) Qui il nostro maicorvonero preferito è solo e non capisce che può andare dall’altra parte e si avventura nel limbo, per capire dov’è finito. Un piccolo genio insomma, vero? Perché se tu sei in un posto sconosciuto e misterioso e vedi un uomo misterioso da lontano, ti avvicini, VERO HARRY? Criminal Minds non ti ha insegnato niente? Potrebbe essere un S.I. IDIOTA.
:D okay, la smetto. Quanto posso essere deficiente, a volte?
Detto ciò, BEVENUTI nella seconda parte di questa storia :D o seconda stagione, che dir si voglia.
Questo primo episodio/capitolo vede un Draco molto depresso, un golden trio distrutto – che è diventato un golden duo a sto punto – e un Silente che è a metà tra l’essere il manipolatore stronzo che ho sempre immaginato e il “nonno” di tutti quanti, ma Vold è mort! Almeno una gioia…
Hermione che schiaffeggia Draco è una delle mie cose preferite LOL
EEEEEH. Vi piace il “Nexus mentis incantatio”? Ovviamente nei libri non esiste sta cosa, l’ho inventata io :D
Vi spiego brevemente, avete presente tutte le volte che nella prima parte parlavo di un “legame” tra Harry e Draco? Ecco, non erano solo loro che facevano amicizia, ma anche loro che entravano in sintonia mentalmente. Sono stati empatici l’uno verso l’altro, hanno condiviso cose che nessun altro conosce (Draco ha visto i ricordi di Harry, Harry ha visto quelli di Draco) e si è creato questo “nexus” un nesso, un legame così forte (no, non è l’amore, su quello ci torneremo nel prossimo capitolo) che permette ai due maghi di avere una connessione che va oltre qualsiasi dimensione. Capita solo se i maghi sono affini, ma con caratteristiche completamente opposte, agisce sulle menti e non sui sentimenti ed è così profondo da trascendere qualunque dimensione. E sì, è il motivo per cui Draco da Serpeverde può usare la spada di Grifondoro (nella mia testa solo i Grifondoro la possono maneggiare, perché appare solo ai Grifondoro, ecco), perché è legato a Harry indissolubilmente. Spero sia chiaro, per qualunque domanda sono a vostra disposizione!
Ma adesso ho due domande per voi: come farà Draco a salvare Harry? e chi sarà mai la figura misteriosa che Harry ha raggiunto nell’oltretomba? EEEEEH! 10 punti alla casa di chi si avvicinerà alla soluzione! Lo scopriremo nella prossima puntata… ehm, capitolo. Volevo dire nel prossimo capitolo.
Spero che questo capitolo super triste vi sia piaciuto, ma spero di essermi fatta perdonare con il finale :D
Ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che, per pura magnanimità, mi hanno dato fiducia e non hanno usato nessuna maledizione senza perdono su di me <3 e cioè: Eevaa, Tidi, Estel84, Puffalanovita, Haxensays. Thank you so much!
See you on Saturday, babies!
Love ya all!
#StaySafe

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Capitolo 11
*** Seconda Parte, Capitolo 2: Whatever it takes. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 2: Whatever it takes




Se un anno prima qualcuno avesse detto a Draco Malfoy che si sarebbe trovato nella biblioteca di Hogwarts, dopo aver vissuto il giorno più triste e doloroso della sua vita, in compagnia di Hermione Granger e Ron Weasley a fare delle ricerche sull’ubicazione dell’ingresso dell’Oltretomba per salvare Harry Potter, gli avrebbe riso in faccia, rispondendogli che quella era un’assurdità, una cosa impossibile perché lui non avrebbe mai socializzato con quelle persone, non avrebbe mai mosso un muscolo per salvare San Potter, avrebbe riso della sua morte, avrebbe gioito della vittoria di Voldemort, probabilmente, ma questo sarebbe accaduto prima del suo "cambiamento". In quei mesi le cose erano cambiate in modo netto: Potter gli aveva offerto aiuto, aveva fatto di tutto per aiutarlo, aveva salvato sua madre, avevano distrutto gli horcrux e avevano combattuto fianco a fianco, erano diventati amici, si erano scambiati un bacio (per gratitudine non per altro…) e aveva pianto il giorno del suo funerale. Sì, decisamente in quei due mesi le cose erano cambiate, ma soprattutto lui era cambiato. Aveva scoperto che le persone che aveva sempre denigrato, erano più brillanti di quanto si fosse mai aspettato, aveva scoperto che non erano poi così male come pensava, si era reso conto che i “nati babbani” non erano meno maghi o streghe dei purosangue solo perché avevano i genitori babbani, inoltre quelle stesse persone "improbabili" gli erano state accanto in un momento orribile, forse in uno dei momenti peggiori della sua vita e lui si era ritrovato a sostenere loro nello stesso momento. Adesso, invece, lottavano contro il tempo per poter salvare Harry.
Fin da quando il Grifondoro gli aveva offerto la possibilità di cambiare rotta, di scegliere di essere una persona migliore, di scegliere da quale parte agire, Draco si era ritrovato a fare cose impossibili, che la sua persona non avrebbe mai concepito di fare: aveva tradito la sua famiglia, si era ribellato a Voldemort, aveva combattuto per proteggere gli studenti, aveva persino coinvolto alcuni Serpeverde nella sua folle impresa. Era davvero una situazione strana e assurda, ma sentiva di aver preso la scelta giusta quando aveva stretto la mano di Harry, si era convertito dal lato buono, aveva protetto degli innocenti, aveva ucciso il serpente. Non era un eroe, ma sapeva di aver fatto la cosa giusta e questo bastava a farlo sentire in pace con se stesso. Tuttavia sarebbe stato meglio se al suo fianco ci fosse stato Potter, sarebbe stato meglio se non fosse morto. Era sempre stato pronto a tutto, ma non a soffrire così tanto per una persona. Non aveva mai capito cosa significasse perdere una persona importante, amico o amante che fosse. Si era sempre fatto scudo con la sua apparente freddezza. L’enorme muro che aveva eretto tra sé e il mondo circostante era stato abbattuto da un soffio di Harry Potter, che aveva guardato oltre l'apparenza e aveva trovato una persona che neanche Draco stesso era convinto che esistesse: il vero se stesso. Draco era sempre stato imprigionato nel suo ruolo, si era comportato seguendo un copione, aveva recitato una parte: quella che suo padre voleva che interpretasse, aveva sempre preso le scelte sbagliate perché era guidato dalle idee di suo padre, perché non conosceva altro se non il suo pensiero, non ne aveva mai avuto uno proprio, almeno fino a che non era arrivato Harry e gli aveva mostrato che tutti potevano cambiare, anche lui.
Mai si sarebbe unito agli amichetti del Grifondoro per salvare il suo più grande rivale scolastico, e invece eccolo lì, alcuni giorni dopo il funerale di Harry, in compagnia di due persone improbabili, intento a cercare informazioni su un luogo che, a quanto pareva, era mitologico.
Bene, ma non benissimo.
Avevano detto a tutti che sarebbero rimasti a Hogwarts per aiutare Silente con delle faccende, ma non avevano specificato nulla, la sua era una missione che andava tenuta segreta il più possibile, nessuno doveva sapere il vero motivo per cui erano ancora lì.
«Ho trovato qualcosa» disse Hermione, girando un grosso tomo verso di lui «Ci sono molte leggende e miti che riguardano l’oltretomba, ma sono tutte babbane» disse la ragazza con un sospiro «Nel mondo magico non ce ne sono molte, anzi sono quasi del tutto assenti… ma, sentite questa, a quanto pare un mago, mille anni fa, entrò nell’oltretomba per affrontare una missione» disse indicando le parti evidenziate da lei «Non ci sono testimonianze, l’unica è questa, ma non c’è neanche la fonte e non è attendibile…» continuò pensierosa «Forse nei libri di Babbanologia c’è qualcos'altro».
«Cosa ne sanno i babbani di questo?» chiese il rosso, confuso «I babbani odiano la magia, non crederebbero mai all’esistenza di qualcosa come l’ingresso per l’oltretomba» disse, cercando sostegno da Malfoy, che annuì pensieroso.
«Hai ragione lui» fece il biondo «I babbani detestano tutto ciò che ha a che fare con il diverso da loro, cosa ti fa credere che abbiano informazioni su qualcosa che neanche noi crediamo possa esistere?»
«Oh, niente, solo più di duemila anni di miti e leggende sull’argomento» fece la ragazza sarcasticamente «Sapete, molti babbani nell’antichità non sapevano darsi risposte certe sui fenomeni naturali e inventavano miti e leggente attorno ad essi, magari… uno di questi miti ha un fondo di verità e può aiutarci a trovare quel posto e a salvare Harry» spiegò lei; il biondo annuì, comprendendo il suo ragionamento. Aveva ragione, non potevano arrendersi, non in quel modo, non senza aver cercato ancora. Dovevano avere un’idea di dove si trovasse questo posto mitologico. «Ora, se voi due avete finito di interrompermi, io andrei a cercare nella sezione di Babbanologia, magari c’è qualche volume che ci è sfuggito, altrimenti mi toccherà rileggere l’Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante, sono sicura che in uno dei due può esserci un indizio» concluse pensierosa, guardandosi intorno. La biblioteca di Hogwarts vuota era stranissima, ma dopo la battaglia sulla torre e dopo il funerale di Harry, tutti gli studenti erano stati rimandati a casa, tutti tranne i due Grifondoro e il Serpeverde che avevano il preciso compito di indagare su quella faccenda.
«E chi sono?» chiese Ron, Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata «Okay, sto zitto». Draco sogghignò, scuotendo la testa. Non credeva che fare ricerche con i migliori amici di Potter potesse essere tanto divertente, anche se la situazione era tragica come non mai. Tutti stavano ancora elaborando la perdita di Harry e sapeva di non avere alcun diritto di stare male per lui, dato che a differenza degli altri due era quello che aveva passato meno tempo in sua compagnia. Ma era così sbagliato se gli mancava? Se soffriva all’idea di non rivederlo mai più? Se stava investendo tutto il suo impegno per cercare qualcosa di impossibile? Non lo sapeva, ma sentiva tutte quelle cose e non poteva farci niente. La perdita di Harry aveva colpito profondamente anche lui e la speranza di rivederlo era ciò che gli permetteva ancora di respirare. Doveva sperare per il meglio, doveva essere in grado di aiutarlo, ad ogni costo.
La Grifondoro sparì tra gli scaffali della biblioteca, lasciando gli altri due da soli per minuti interminabili.
Draco sbuffò leggermente, tornando ad appuntare delle cose che aveva trovato su un libro, sembravano interessanti. Lui e il rosso non andavano parecchio d’accordo, ma stavano cercando di mettere da parte le avversità per salvare Harry, ma sembrava impossibile trovare qualcosa sull’aldilà. Forse Hermione aveva ragione, forse la Babbanologia era la loro ultima spiaggia. E lui che aveva tanto criticato i Nati Babbani, doveva riconoscere, suo malgrado, che forse alcune cose le conoscevano meglio dei maghi, almeno per quanto riguardava il loro incarico segreto. Tutto quello che avevano trovato sui libri di magia sull’argomento era stata una scarna informazione su un mago che aveva intrapreso quella missione, ma del quale si erano perse le tracce, non c’erano testimonianze effettive e forse era solo una fandonia. Sembrava davvero una missione impossibile, come poteva trovare qualcosa che viveva nella leggenda, nella mitologia? Non aveva senso. E in tutto ciò, non aveva ancora trovato un senso a ciò che gli aveva detto Silente. Perché il vecchio mago era sempre vago quando spiegava le cose? Perché non diceva mai le cose così come stavano, senza giri di parole?
 
«Signore, posso farle un’ultima domanda?» chiese all’anziano preside, prima di lasciare l’ufficio. Ron e Hermione si fermarono alle sue spalle, in attesa. Draco si tormentò le mani nervosamente, guardandosi i piedi insistentemente.
«Certo, dimmi pure, Draco».
«Questo… “legame” influisce anche sui sentimenti?» chiese, con le gote rosse «Fa provare… uhm… “qualcosa” ai due maghi coinvolti?»
«No, Draco, per quanto ne so, nessun incantesimo, per quanto potente, è in grado di far provare l’amore o qualsiasi sentimento affine ad esso. Crea una profonda connessione mentale tra i due maghi, ma puoi stare tranquillo, non coinvolge in alcun modo i sentimenti». Draco annuì dubbioso, guardando il preside «Se provi qualcosa per Harry, beh, a mio modesto parere, deve essere vero» gli disse con un sorrisetto affabile sul volto, come se avesse intuito qualcosa. Draco arrossì e scosse la testa energicamente, mentre Silente ridacchiava sommessamente.
«Ma… ehm, secondo lei è possibile che il legame influisca in qualche modo?» domandò ancora «Non è possibile che in questo caso specifico abbia influito in qualche modo?»
Silente scosse la testa e gli sorrise «Sai, Draco, la vita è piena di domande e di dubbi simili ai tuoi, ma sta a te scoprire le risposte» disse «Tutti i tuoi dubbi troveranno una risposta, quando sarai pronto ad accettare la verità che si cela nel tuo cuore» aggiunse «Solo tu puoi sapere qual è la verità e qual è la menzogna, Draco». Lo studente guardò preside con aria scioccata e interrogativa, senza capire esattamente cosa volessero dire quelle parole.
“Io non sono innamorato di Harry” – si ritrovò a pensare. Era affezionato a lui, sì, forse un po’ gli piaceva, ma non era innamorato di lui, doveva essere il legame ad influire, Silente si sbagliava.
«La ringrazio…» mormorò «Beh, allora io, ehm, vado» si congedò dal preside, facendo un mezzo inchino, prima di uscire dall’ufficio con le gote rosse come due pomodori maturi, mentre Ron ridacchiava, affermando che lui fosse innamorato di Harry, ma che non volesse ammetterlo. Draco lo fulminò con lo sguardo, borbottando tra i denti un «Taci, Weasley» che fece ridere Hermione. Il Serpeverde sbuffò e superò i due Grifondoro, dirigendosi verso la biblioteca.
“Io? Innamorato di Potter? Mai!”
Eppure…
 
Eppure eccolo lì, chino sui libri in piena estate, insieme a due persone improbabili, intento a fare ricerche per salvare la vita della persona della quale non era affatto innamorato. Assurdo.
«Ehi, sei preoccupato?» chiese Ron, alzando lo sguardo verso di lui, notando che fosse pensieroso. Sì, era preoccupato, da morire. Non capiva niente di quella situazione e lui era uno a cui piaceva avere tutto sotto controllo, doveva capire le situazioni, valutare i rischi, i vantaggi, tutto. Per avere successo nelle missioni, bisognava ragionare, ma loro non avevano tempo, Harry doveva essere salvato. Silente lo aveva messo in guardia: se avesse passato troppo tempo nel limbo, sarebbe stato più difficile farlo uscire, quindi più il tempo passava, più le speranze di salvarlo diminuivano.
«Sì, tu non lo sei?»
Ron annuì «Si tratta del mio migliore amico e stiamo mandando te a salvarlo, certo che sono preoccupato» il biondo sbuffò alzando gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Non aveva voglia di discutere con quel babbeo, in quel momento aveva solo bisogno di risposte. E di avere la certezza di poter salvare Harry.
«Ho trovato qualcosa!» esclamò Hermione, raggiungendoli in fretta, correndo verso il tavolo che occupavano «Come ho fatto ad essere così stupida e a dimenticare questo?» chiese retoricamente, sbattendo con violenza un enorme tomo sul tavolo, i due ragazzi sobbalzarono.
«Cosa hai trovato?» chiese Draco «Buone notizie?»
«Credo» disse lei, annuendo mentre leggeva «Molte testimonianze e leggende antiche collocano l’ingresso dell’Oltretomba in Italia, in un’insenatura del lago d’Averno».
«E dove diavolo si trova questo lago d’avena?» chiese Ron. Hermione lo colpì dietro alla testa con uno schiaffo «Ahia! Ma sei impazzita?» chiese il rosso, massaggiandosi il punto leso.
«D’Averno, idiota» lo corresse lei, scuotendo a testa «Sto cercando, non ho la più pallida idea di dove sia questo posto».
«Ma siamo sicuri che esista davvero?» chiese Draco «Mi sembra molto… strano».
«Viviamo in un mondo dove la magia esiste, Malfoy» disse Hermione «E se Silente dice che l’anima di Harry è bloccata da qualche parte, deve esistere per forza l’ingresso per questo posto misterioso, io non mi arrendo, lo troverò ovunque esso sia e salveremo Harry» dichiarò con così tanta sicurezza e determinazione che né Draco né Ron furono in grado di ribattere. Hermione aveva completamente ragione, non dovevano né potevano arrendersi, dovevano continuare a fare ricerche, dovevano proseguire nella loro missione, dovevano salvare Harry ad ogni costo; lui non si sarebbe arreso alla prima difficoltà e non lo avrebbero fatto loro. Draco per primo avrebbe fatto di tutto per trovare l’ingresso all’Oltretomba, sarebbe sceso nelle sue profondità e l’avrebbe salvato, tutto pur di riportarlo a casa. darei anche la vita per riportarlo a casa. – Draco deglutì rendendosi conto del suo stesso pensiero. Doveva essere colpa del legame. Doveva tenere a mente tutto, doveva ricordare tutto, in modo da spiegare a all’idiota di Potter la situazione e tirarlo fuori da lì il più presto possibile, prima che la sua anima fosse persa, prima di perderlo del tutto. Harry al loro posto lo avrebbe fatto e si sarebbero impegnati affinché quella missione avesse successo.
«Supponiamo che scopriamo dove si trova questo lago d’inverno…» iniziò Ron, intervenendo nel confronto tra i due.
«D’Averno!» lo corressero in coro Draco e Hermione, interrompendolo.
«Quello che è» borbottò «Come farà Draco a salvare Harry?» chiese «Non sappiamo neanche quali pericoli dovrà affrontare… e non abbiamo la certezza che possa uscirne senza, ehm… morire» precisò. Draco rabbrividì all’idea di non sopravvivere a quella missione, ma era consapevole che avrebbe rischiato anche la vita per salvare Harry, dopotutto il grifone non aveva esitato un solo istante a gettarsi tra lui e la maledizione mortale. Glielo doveva.
Hermione parve pensierosa per un attimo, Silente non aveva detto niente a riguardo, aveva solo sganciato la granata e poi era sparito come suo solito, non aveva detto niente sull’Oltretomba o sulla sua ubicazione, non aveva detto niente che riguardasse la salvezza di Harry, solo che era fondamentale che Draco partisse al più presto, ma da solo come avrebbe fatto? Doveva iniziare a pensare a un piano per aiutarlo a distanza. Dovevano salvare Harry e riportarlo a casa.
«Siamo qui per scoprirlo, ci sarà qualche altra leggenda da qualche parte» replicò con serietà «E no, faremo in modo che Draco non perda la vita nell’impresa di salvare Harry». Il rosso annuì e prese uno dei grossi tomi, iniziando a leggere. Draco e Hermione lo imitarono pochi istanti dopo. Finalmente dopo estenuanti ore di letture, di snacks portati loro da Dobby – che voleva rendersi utile per salvare il suo amico Harry Potter – e da Kreacher – Padron Harry è stato gentile con Kreacher, Kreacher vuole aiutare il signorino Draco a salvare padron Harry – di battute di spirito di Ron, di esasperazione, riuscirono a capire qualcosa di quel maledetto lago che, secondo le leggende, era il luogo in cui si trovava l’ingresso dell’Oltretomba o Ade o regno dei morti e altre definizioni simili. Avevano letto numerose testimonianze antiche, numerosi racconti di viaggiatori, mercanti e marinai che, di ritorno in Grecia, raccontavano di un luogo magico e inquietante, dove le acque dei laghi e dei fiumi, risaldati dal fuoco delle viscere della terra, coprivano il suolo di nebbie sulfuree. In questi racconti era presente l’Averno, un luogo spettrale, circondato da una fitta foresta, privo di qualsiasi forma di vita acquatica, nessun volatile lo sorvolava né gli animali del bosco andavano ad abbeverarsi sulle sue rive. Era un lago tetro, oscuro, profondo, così profondo che non si poteva scorgere il suo fondale. Le sue acque erano torbide, frequenti erano i mulinelli e dalle sue acque si alzavano nuvole di vapori venefici. Solo i più puri di cuore potevano accedere a quelle zone tenebrose. Alcuni dicevano che, se si prestava attenzione, si potevano sentire le urla e i lamenti delle anime dannate. Sulle rive dell’Averno, infatti, c’era una profonda spelonca ombreggiata da antichi alberi. Da lì partiva un sentiero in discesa che man mano diveniva più stretto fino a diventare un cunicolo, esso conduceva all’Oltretomba. Le anime dei defunti portavano con sé una moneta che i parenti avevano messo sotto la loro lingua al momento della sepoltura, affinché potessero donarla a Caronte, il traghettatore infernale, che trasportava le anime da una sponda all’altra dell’Acheronte; a chi non veniva sepolto o non possedeva una moneta non era permesso di accedere all’Oltretomba e doveva attendere mille anni sulla riva opposta; le acque dei fiume erano popolate da creature sconosciute che obbedivano agli ordini di Caronte e, ovviamente, a quelli di Ade. Al di là del fiume, Cerbero, il mastino infernale, un terribile e cane a tre teste, che faceva la guardia affinché le anime non fuggissero. Superato il cane, le anime venivano giudicate dai tre giudici degli inferi: Minosse, Eaco e Radamanto, i quali decidevano dove mandare le anime: nel Tartaro, il luogo dei dannati, circondato dal fiume Flegetonte, fatto di sola lava; nei Campi Elisi, il luogo dei beati, circondato da boschi sempre verdi e profumati, dove si viveva un’eterna primavera, qui scorreva il fiume Lete, le cui acque permettevano, a chi lo desiderava, di reincarnarsi; nel Limbo, il non-luogo, del quale nessuno parlava. Si diceva che nei Campi Elisi ci fosse la dimora di Ade. Poeti greci e latini narravano di molti uomini che avevano provato a scoprire i segreti dell’Averno, ma quasi tutti avevano fallito, pochi erano riusciti nell’impresa di scendere nel regno di Ade, dio dei morti, ma non tutti avevano portato a termine con successo le loro imprese. Si narrava del forte Ercole che era sceso nell’Averno per catturare Cerbero, il mastino infernale, per portarlo in dono a Euristeo, si narrava dell’ingegnoso Ulisse, che si era recato nelle profondità dell’Ade per parlare con l’indovino Tiresia, per scoprire come tornare nella sua Itaca; si narrava del prode Enea, che giunto in quelle terre dalla città caduta di Troia, aveva intrapreso il viaggio nell’Averno per incontrare suo padre Anchise, che gli era apparso in sogno. Si narrava di Orfeo, un poeta, suonatore di lira che, con la sua padronanza dello strumento, conquistò gli dèi dell’Olimpo, egli intraprese il viaggio negli inferi per salvare l’anima della sua amata Euridice. Grazie a queste storie, molti miti riguardanti il lago erano sorti e avevano alimentato la convinzione che quel luogo tanto misterioso fosse quella che, in molti testi, veniva chiamata la bocca dell’inferno. Ma tutto quello era pura mitologia, racconti di fantasia senza alcun fondo di realtà. Non c’era niente che lo aiutasse a capire dove andare, cosa fare, come muoversi e tutto questo, per lui, era snervante. Tuttavia, qualsiasi leggenda possedeva un minimo fondo di verità e doveva sperare che anche in questo caso fosse così, perché altrimenti davvero non avrebbe saputo come fare. Draco appuntò ugualmente tutte quelle notizie con interesse sempre crescente, era certo che raggiungendo fisicamente quel posto, avrebbe ottenuto più risposte, sicuramente i nativi del luogo potevano saperne di più, magari c’erano altri libri da quelle parti, capaci di dare maggiori informazioni. Questo lago d’Averno doveva essere un luogo eccezionale, pullulante di magia e di mistero, ecco perché i babbani non erano mai riusciti a spiegarsi i suoi strani fenomeni, magari lui da mago avrebbe avuto più fortuna. Doveva sperare che fosse così, altrimenti avrebbe perso Harry per sempre.
«Ecco!» esclamò Draco indicando una pagina «Qui dice che si trova in Italia, in una provincia della città di Napoli, nell’area dei Campi Flegrei» disse leggendo «Ed è un lago di origine vulcanica, per questo l’altro libro parlava di esalazioni sulfuree» mormorò pensieroso «Magari le sue acque possono essere anche usate per qualche pozione, ci pensate?»
«Beh, credo che oggi sia piuttosto diverso il paesaggio, rispetto a quello dell’Antica Grecia, non trovi?» chiese la ragazza retoricamente, Draco si ritrovò ad annuire, ma non riuscì a non pensare a quel luogo come un luogo quasi selvaggio, popolato da cavernicoli, pullulante di magia e di segreti da svelare; probabilmente era lì che doveva andare «Non mi stupirei se ne avessero fatto un’oasi naturalistica o qualcosa del genere» disse lei.
«Voi sapete dove si trova questo luogo?» chiese il Serpeverde agli altri due. Non aveva idea di dove si trovasse questa città nominata nel libro.
«No» risposero sia Ron che Hermione rassegnati «Ma Silente lo saprà sicuramente!» esclamò il rosso, in aggiunta.
«Bene, ne parleremo con lui» fece il biondo «Ora… in questi libri non abbiamo trovato niente sul limbo, non si accenna nemmeno ad esso» fece guardandoli «Come lo troviamo?»
«Io ho trovato qualcosa, nella concezione dantesca dell’aldilà, il limbo è il luogo che ospita le anime dei pagani retti e dei bambini morti senza battesimo, non subiscono alcuna pena, ma sono in uno stato di sospensione che non è né la dannazione né la beatitudine né il pentimento».
Draco restò in silenzio. Non aveva idea di cosa avesse appena detto la Granger, una cosa era certa: trovare Harry non sarebbe stato facile. Lo sapeva prima, adesso ne aveva la conferma.
 

 
Era da una settimana che Draco studiava, leggeva e annotava su un taccuino tutte le informazioni che trovava riguardanti il misterioso lago che popolava le leggende antiche, attraverso il quale sarebbe riuscito a salvare Harry. Non pensava ad altro, era il suo primo pensiero la mattina appena sveglio e il suo ultimo pensiero prima di andare a dormire. Negli ultimi giorni non aveva fatto altro, se non leggere e studiare a fondo qualsiasi libro sull’argomento, compresi quelli babbani che Hermione gli aveva trovato, eppure c’era qualcosa che continuava a sfuggirgli.
Su un libro, aveva letto che c’era una sola persona che poteva dargli le istruzioni giuste per raggiungere l’oltretomba. Avrebbe dovuto recarsi nella cittadina di Cuma, dove avrebbe dovuto incontrare la Sibilla cumana. Era creduta una sacerdotessa del dio greco Apollo, si narrava che la Sibilla fosse una giovane vergine che aveva il dono della preveggenza; le sue divinazioni erano di difficile comprensione e rappresentavano il responso più complesso e temuto dalle popolazioni greco-romane, che attribuivano alla Sibilla un’aura sinistra, era vista come una signora oscura, che amava ritirarsi in grotte e antri scavate nella roccia.
La sua dimora sotterranea era un ambiente ricco di suggestioni spirituali, le cui fiaccole predisposte in ogni angolo, illuminavano l’ingesso ai visitatori permettendo loro di raggiungere il cuore dell’antro e di stare al cospetto della superba Sibilla. Secondo la leggenda, coloro che volevano una sua premonizione, dovevano compiere un rituale: dovevano incamminarsi lungo le tre grandi vasche presenti nella grotta e dovevano immergersi in esse per purificare con l’acqua sacra il loro spirito. Solo allora la donna interrogava l’oracolo ed emetteva il responso. Questo era ciò che diceva il mito, ma su un altro libro, Draco aveva scoperto una cosa interessante, non esisteva una sola Sibilla, ma una Somma Sacerdotessa delle Sibille, scelta periodicamente da una comunità ristretta di streghe, dedite all’arte della divinazione, al momento dell’elezione la Somma Sacerdotessa acquisiva dei poteri sovrannaturali che le permettevano di entrare in connessione con le anime dei defunti.
Almeno c’era una comunità di persone a cui far riferimento e sicuramente con l’aiuto di questa strega, sarebbe stato in grado di capire come raggiungere l’anima di Harry e portarla fuori dal non-luogo in cui era finito.
Finì di scrivere le ultime notizie sulle Sibille e prese un profondo respiro, doveva partire al più presto, doveva raggiungere l’Italia e fare tutto il possibile per portare via Harry dalle tenebre in cui era finito. Ci sarebbero state delle sfide da superare, avrebbe sfidato più volte la morte, di questo ne era certo, eppure non si sarebbe arreso, fino a che non avesse salvato Harry, fino a che non lo avesse riportato a casa.
 
Ti salverò, Potter, non temere, fosse l’ultima cosa che faccio, io ti salverò.
 
Non sapeva ancora come avrebbe fatto a sopravvivere, né come avrebbe fatto a salvare Harry, c’erano ancora tante cose che doveva capire, c’era ancora così tanto lavoro da fare, e aveva così poco tempo davanti a sé, ma era determinato a portare a termine la sua missione.  Lui non era coraggioso quanto Harry o un qualsiasi altro Grifondoro, eppure era l’unico che poteva farlo, quindi non si sarebbe tirato indietro, ma nel profondo del suo cuore nutriva seri dubbi sulla faccenda. Aveva parlato con Silente, gli aveva detto che per il giorno della partenza, gli avrebbe fornito una passaporta che l’avrebbe portato in quel posto, per sua fortuna non avrebbe dovuto intraprendere un viaggio infinito, senza sapere dove andare.
Si sentiva frustrato, troppe informazioni vaghe, troppi dubbi, troppa incertezza. Aveva fin troppi appunti di cose vecchie di duemila anni. Hermione lo aveva rassicurato, dicendogli che sicuramente sul posto avrebbe incontrato dei maghi locali che avrebbero potuto fornirgli maggiori informazioni. Sicuramente da qualche parte, in quel paese italiano, avrebbe trovato le risposte che cercava, tuttavia Draco voleva partire con le idee chiare, voleva sapere cosa avrebbe affrontato. La sua frustrazione era alimentata dall’assenza di Hermione, che aveva abbandonato lui e Weasley a Hogwarts ed era andata via, dicendo che sarebbe tornata entro un paio di giorni.
Si accorse che il rosso lo stesse fissando con aria interrogativa e alzò lo sguardo su di lui, infastidito. Sapeva che avrebbe dovuto essergli riconoscente per essere rimasto ed aver continuato ad aiutarlo, eppure provava solo fastidio in quel momento. Forse aveva solo passato troppo tempo in compagnia dei Grifondoro, non era colpa sua, non gli erano mai andati troppo a genio, e anche se nell’ultimo periodo avevano messo da parte le divergenze, le vecchie abitudini erano dure a morire. E non c’era Harry, che era l’unico grifone per il quale non provasse ribrezzo, in quel momento.
«Che vuoi?» chiese Draco al rosso «Hai trovato altre informazioni?»
«Uhm, non proprio, ma ehi, si parla di un cane a tre teste, giusto?» chiese, il biondo annuì, non capendo cosa significasse la domanda «Non so, forse può esserti utile sapere che sono spaventosi, sì, ma prendi Fuffy, ad esempio, lui si addormentava con un po’ di musica rilassante».
«Chi diavolo sarebbe Fuffy?»
«Il cane a tre teste di Hagrid» rispose il Grifondoro «Harry non te ne ha parlato? Faceva da guardia alla botola per raggiungere le sale della pietra filosofale». Ah. No, non ricordava di aver visto qualcosa del genere nei ricordi di Harry, quando aveva esplorato la sua mente durante le lezioni di Occlumanzia e di certo non ricordava di averne parlato con lui… sembrava passata una vita, ma in realtà erano passati solo pochi mesi. Draco guardò il rosso davanti a sé con aria scioccata, stentava a credere alle sue orecchie: davvero nella scuola avevano tenuto un dannatissimo cane a tre teste? E il rosso gli stava suggerendo di usare della musica contro un mostro del genere? Weasley era impazzito, o cosa? Allora era davvero stupido come aveva sempre creduto.
«Scusa, credo di non aver capito bene» replicò infatti sconcertato «C’era un dannatissimo cane a tre teste nella scuola?» chiese, Ron annuì come se stesse dicendo la cosa più normale del mondo «Silente è completamente pazzo!» esclamò, senza aspettare la risposta del rosso che ridacchiò scuotendo la testa.
«Sì, c’era» rispose, ignorando l’esclamazione indignata dell’altro «Hagrid aveva questo enorme cane a tre teste, o credo che lo abbia ancora, non lo so, ma qui dice che questo Cerbero è un cane a tre teste, magari ha lo stesso punto debole di Fuffy» spiegò con una scrollata di spalle «Hagrid dice che ogni creatura magica ha un punto debole, anche quelle più spaventose. Pensavo che potesse esserti utile, tutto qui».
«Apprezzo il gesto» borbottò e, sentendosi più pazzo di Weasley, appuntò l’informazione che gli aveva dato, sembrava inutile, ma era così disperato e privo di qualunque informazione che anche un solo dettaglio poteva fare la differenza.
«Figurati… magari non ti serve a nulla, ma, sai, volevo rendermi utile anche io». Draco annuì e lo ringraziò sentitamente. Aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile, da lì a qualche giorno sarebbe partito per una missione potenzialmente suicida e non aveva ancora tutto ciò che gli occorreva, anzi sarebbe partito entro pochi giorni e non era assolutamente pronto a nessuna evenienza. Ron gli rivolse un mezzo sorriso ed entrambi ripresero a consultare quei volumi, tuttavia dopo un’ora Draco si rese conto che poteva avere tutte le informazioni del mondo, ma non sarebbe sopravvissuto cinque minuti senza pozioni e cose simili che potessero aiutarlo a difendersi da eventuali – e certi – pericoli.
«Weasley» lo chiamò, il rosso alzò lo sguardo su di lui, interrogativo «Mi aiuteresti a preparare delle pozioni? Non si può mai sapere, potrei averne bisogno per… sai, salvare Potter».
«Ma certo!» esclamò il rosso «Farei di tutto per aiutare Harry».
Anche io, pensò il biondo, prima di alzarsi ed uscire dalla biblioteca con il suo taccuino e altri libri che avrebbe consultato quella notte, in cerca di altre informazioni sul luogo in cui sarebbe andato. Era preoccupato, forse un po’ spaventato, ma sapeva di star facendo la scelta giusta ed era determinato a portare a termine la missione.
Oh per le mutande di Merlino, mi sono trasformato in un patetico Grifondoro, adesso?
 

 
Hermione Granger era preoccupata per Draco Malfoy, strano il solo pensare una cosa del genere, ma era colui che avrebbe salvato la vita a Harry, al suo migliore amico. Per anni aveva creduto che Malfoy fosse un egoista, viziato, meschino e crudele, ma da quando si era avvicinato ad Harry ed erano diventato amico di Harry qualcosa era cambiato, non solo si era scusato con lei per tutti i commenti odiosi che aveva fatto su di lei nel corso degli anni, ma si era comportato da vero eroe nel corso di quelle ultime settimane. E non solo… aveva messo da parte ogni ostilità, insieme avevano collaborato per trovare una soluzione al problema di Silente e alla fine lo avevano salvato. Inoltre, aveva aiutato attivamente Harry a trovare e a distruggere gli horcrux, aveva portato la maggior parte dei Serpeverde dalla parte del resto della scuola e aveva combattuto contro tutta la sua famiglia, sotto sotto era un ragazzo coraggioso, anche se lo nascondeva bene. Non sapeva quel coraggio se dipendesse da quel legame particolare che si era instaurato tra lui e Harry o da qualcos'altro, fatto stava che Draco era davvero cambiato e Hermione era stata una delle prime persone ad accorgersene, dopo il suo migliore amico, ovviamente. L’aveva visto distrutto dopo la “morte di Harry” e lo aveva visto piangere durante il suo “funerale” e il suo istinto le diceva che tra di loro ci fosse molto di più che una semplice amicizia.
Era ancora strano collaborare con lui, ma sia lei che Ron si stavano abituando a quella bizzarra collaborazione, anche perché il biondo era dannatamente brillante e perspicace. Secondo Silente, a causa del legame che condividevano, Draco era l’unico che poteva salvare Harry, per questo Hermione aveva deciso che gli avrebbe fornito tutto l’aiuto possibile per portare a termine il suo compito. Così una mattina aveva lasciato Ron e Draco da soli a Hogwarts, era andata a Hogsmeade e da lì si era smaterializzata a Londra per cercare qualsiasi cosa potesse essere utile al biondo: gli aveva procurato uno zaino su cui aveva eseguito un incantesimo di estensione irriconoscibile, gli aveva preso un telefono per potersi tenere in contatto con lei e Ron (aveva incantato anche quello affinché funzionasse ovunque, anche nel mondo magico), mappe varie del luogo in cui sarebbe andato, guide per trovare un alloggio confortevole e altre cose che secondo lei sarebbero state fondamentali per quel viaggio. Aveva riempito lo zaino con pozioni curative e difensive acquistate a Diagon Alley, alcuni libri che aveva trovato in una libreria a Londra tutti riguardanti il misterioso lago, la città di Napoli e le sue leggende e altre cose sicuramente molto utili. Aveva acquistato tutto ciò che secondo lei gli sarebbe servito per poter sopravvivere e per portare avanti la sua missione. Certo, avrebbe dovuto spiegargli il funzionamento di un telefono cellulare, ma era il solo modo per tenersi in contatto con lui e fornirgli aiuto a distanza. Sarebbe stato maledettamente divertente vederlo alle prese con il telefono. Ron ancora non ne aveva capito il funzionamento ed era uno spasso ogni volta, non osava immaginare come avrebbe reagito Mr Purosangue alla notizia che avrebbe dovuto usare di un oggetto babbano per comunicare, ma era certa che ormai lui avesse ampliato la sua mente e avesse capito che qualunque cosa poteva essergli utile, soprattutto in quella missione suicida. Non capiva perché Silente non voleva che partissero tutti e tre per l’Italia, non aveva mai capito molto bene alcuni dei suoi metodi, ma si era sempre fidata dal giudizio del preside, anche se aveva nascosto sia a loro che a Harry così davvero importanti.
Hermione trascorse a Londra due giorni per raccogliere tutte le cose che potevano essere utili a Draco durante il suo viaggio e quando tornò a Hogwarts, si stupì di vedere Ron andare abbastanza d’accordo con il biondo, intento a preparare delle pozioni con lui. Doveva averli sottovalutati. Uomini e le loro stranezze, pensò scuotendo la testa.
«Ah Granger, sei tornata» la accolse Draco con un tono abbastanza ironico «Ci chiedevamo dove fossi finita». Ron concordò con le sue parole, ridacchiando, mentre gli passava una radice di una pianta magica e il biondo l’aggiungeva alla pozione che stava preparando. Hermione scosse la testa e mise lo zaino su uno dei tavoli liberi.
«Non ringraziarmi, Malfoy».
«È uno zaino quello?» chiese Draco, la ragazza annuì sorridendo, lui osservò l’oggetto con curiosità, era uno zaino non troppo grande, nero, per fortuna senza alcuna decorazione sgradevole. Mescolò la pozione per qualche istante, poi con un colpo di bacchetta spense il fuoco sotto al calderone e si avvicinò al tavolo dove Hermione aveva appoggiato l’oggetto in questione. Lo prese tra le mani e lo studiò attentamente, poi si rese conto che era leggerissimo e annuì soddisfatto. Non avrebbe saputo fare di meglio, la Grifondoro era stata molto previdente, lui non aveva affatto pensato a una cosa del genere, doveva dargliene i meriti e doveva riconoscere, ancora una volta, di averla sempre sottovalutata.
«Incantesimo estensivo irriconoscibile?» chiese per conferma, anche se aveva già capito cosa aveva usato.
«Precisamente» rispose lei «Ti ho preso questo zaino, l’ho incantato e ci ho messo dentro alcune cose che potrebbero esserti utili» disse lei «Pozioni curative, alcune difensive, ti ho preso delle mappe del luogo, alcune guide per conoscere i luoghi e… altre cose» il ragazzo annuì, sorpreso. Non si aspettava una cosa del genere, davvero, e le era davvero grato, non avrebbe mai immaginato di poterlo essere. «Poi ti ho preso un’altra cosa» disse e con un gesto rapido gli mise una scatola grigia tra le mani. Draco aprì la scatola e ne estrasse un aggeggino strano con dei pulsanti. Non aveva mai visto una cosa del genere, avvicinò l’aggeggio al viso per studiarlo meglio e capire cosa fosse, ma proprio non lo riconobbe, sembrava qualcosa di babbano, ma per lui era qualcosa di insolito.
«E questo cosa diavolo sarebbe?»
«Un telefono» rispose la ragazza, Draco alzò lo sguardo verso di lei e aggrottò le sopracciglia, rigirandoselo tra le dita con aria confusa «È un oggetto babbano, serve per comunicare a distanza».
«Come il camino collegato alla Metro Polvere?» chiese lui, inclinando la testa.
«Più o meno» rispose Hermione «Io ne ho uno uguale e qui ho salvato solo il numero della mia scheda» gli spiegò.
«Ma a cosa mi serve questo coso? A trovare Harry?» chiese.
«No, ti serve per tenerti in contatto con me, resterò qui a Hogwarts, l’ho incantato in modo che possa funzionare ovunque e non perda mai il segnale, ho fatto lo stesso incantesimo sul mio» spiegò, mostrandogli un altro aggeggino «Visto che non posso venire con te e aiutarti da vicino, troverò il modo di aiutarti a distanza, continuando a raccogliere informazioni e cercando di capire… le cose che sono ancora ignote».
«Io… non so cosa dire» disse il biondo, anche se sapeva esattamente di doverle dire grazie, per tutto quello che stava facendo per lui. Beh, in teoria lo stava facendo per salvare Harry, non direttamente per lui, ma era certo che se non ci fosse stata lei con la sua “conoscenza babbana” mista a quella magica, sarebbe stato ancora in alto mare, boccheggiando alla ricerca di una soluzione a tutto quel caos.
«Promettimi solo che salverai Harry» gli disse «Mi importa solo di questo».
Lui annuì «Te lo prometto, farò tutto il necessario per riportarlo a casa sano e salvo» promise. Lei gli sorrise dolcemente e annuì, ringraziandolo con lo sguardo «Allora… come si usa il feletono
Hermione ridacchiò: «Si dice telefono» lo corresse sinceramente divertita «Non devi fare altro che premere qui» gli spiegò, mostrandogli i brevi passaggi che avrebbe dovuto compiere per farle una telefonata «E qui» disse ancora, mentre Draco cercava di seguirla – forse avrebbe dovuto iscriversi al corso di Babbanologia al terzo anno – senza capire esattamente il funzionamento dell’oggetto, ma cercò di applicarsi il più possibile. Anche Ron seguiva la spiegazione della Grifondoro, ricordando quella volta in cui Harry aveva provato a spiegargli il funzionamento di uno di quei cosi. «Poi lo porti all’orecchio e parli qui» fece indicando la base dell’oggetto. Draco assunse un’espressione stranita e scosse la testa.
«È più facile di quel che sembra, avanti, fai una prova» lo incoraggiò. Il Serpeverde annuì e prese l’aggeggino tra le mani, poi fece esattamente ciò che aveva fatto la ragazza e avvicinò l’oggetto alla bocca, proprio convinto di star facendo tutto nel modo giusto.
«Granger? Ehi Granger, mi senti?»
«Non così idiota!» esclamò la riccia, mentre Weasley sghignazzava come un matto, vedendolo in difficoltà «Guarda, ti faccio vedere di nuovo». Draco non capiva cosa ci fosse di divertente in tutto quello, era solo uno stupido aggeggio babbano, non ne aveva mai visto uno in vita sua, come poteva capirne subito il funzionamento?
«Weasley, fallo tu, visto che sei così sapientone, forza, forza!» esclamò il biondo piccato. Hermione ridacchiò e poi riprese a spiegargli l’esatto funzionamento dell’oggetto esaminato.
Gli ci vollero tre prove, ma poi riuscì a capire come si dovesse utilizzare di quell’aggeggio e annuì, sperando di ricordarne il funzionamento a lungo.
Sicuramente avrebbe chiesto alla Granger di spiegarglielo di nuovo.
 

 
Quando Silente lo fece chiamare, Draco sentì una strana tensione pervaderlo dall’interno. Era già arrivato il giorno della partenza? Perché il preside aveva voluto vederlo da solo senza Hermione e Ron? Cosa era successo? Voleva dirgli qualcosa riguardo la sua missione? Ma allora perché non convocare anche gli altri due?
E se non fosse più stato possibile salvare Harry?
Aveva troppe domande e sapeva che non avrebbe avuto risposte, fino a che non avesse raggiunto il preside – o almeno sperava che Silente gli desse le rispose di cui aveva bisogno – così percorse quasi correndo i corridoi della scuola, salendo gli scaldini a due a due, per raggiungere il più in fretta possibile l’ufficio; ormai lì non c’erano più studenti. Era luglio inoltrato e tutti erano tornati a casa dopo il funerale, eccetto lui, Ron, Hermione, Silente, Piton e la McGranitt che ancora si aggiravano per il castello.
Sapeva che ormai il giorno dell’inizio del viaggio era vicino, erano passati più di quindici giorni dalla morte di Harry e aveva sempre saputo che quella sarebbe stata una corsa contro il tempo, anzi si stupiva di aver avuto tanto tempo per prepararsi… e se Silente lo aveva fatto chiamare per dirgli che non c’era più tempo? Che avevano perso ogni occasione di salvare Harry? Se gli avesse detto una cosa del genere, come avrebbe reagito? Come lo avrebbe detto a Hermione e a Ron? Non voleva rivivere la scena di due settimane prima, quando era stato lui a comunicare agli altri due la triste sorte dell’amico, non voleva essere di nuovo portatore di cattive notizie. Tuttavia, quando uno di loro veniva convocato nello studio di Silente, non c’erano mai belle notizie, tranne in casi rari. Ormai era tutto pronto, anche lui non l’avrebbe presa bene, se il preside gli avesse detto che non c’erano più speranze. Sapere una cosa del genere avrebbe reso gli sforzi di tutti inutili.
Lo zaino che gli aveva regalato Hermione era molto fornito, oltre alle cose che la ragazza aveva messo, Draco aveva già preparato alcuni vestiti, altre pozioni e Ron aveva provveduto, con l'aiuto di Dobby e di Kreacher, a rifornire lo zaino di cibo. Era strano, il Serpeverde si sentiva sempre a disagio in quelle situazioni, non sapeva cosa fare né cosa dire. Non era abituato ad essere aiutato in quel modo, né a ringraziare per quelle cose. Aveva vissuto tutta la vita, credendo che tutto gli fosse dovuto, perché era un aristocratico ed era cresciuto ottenendo tutto ciò che voleva ordinandolo o imponendosi con la prepotenza. Da quando collaborava con i Grifondoro, da quando Potter gli aveva offerto il suo aiuto, da quando aveva afferrato la sua mano, aveva compreso cosa significasse aiutare ed essere aiutati, senza obblighi “sociali”, ma solo perché le energie di tutti convergevano in un unico obiettivo: prima la salvezza del mondo magico, adesso la salvezza di Harry Potter.
«Voleva vedermi, signore?» chiese entrando nello studio del preside.
«Oh Draco, ragazzo mio» lo accolse Silente con il sorriso sulle labbra «Sì, vieni accomodati pure» gli disse, facendogli segno di avvicinarsi a lui. Il ragazzo deglutì e si avvicinò alla scrivania, titubante, guardando il mago con uno sguardo curioso e confuso allo stesso tempo.
«È successo qualcosa?»
«No, non è successo niente, stai tranquillo» lo rassicurò «Allora, come vanno le cose? Ho notato che hai legato molto con il signor Weasley e la signorina Granger» il ragazzo annuì, facendo un mezzo sorriso.
«Stiamo collaborando molto, mi stanno aiutando a prepararmi per quando partirò».
Silente annuì, pensieroso. Draco lo scrutò con lo sguardo, sentendosi sotto esame. Capitava spesso quando era davanti all’anziano mago, non gli trasmetteva paura come faceva Voldemort quando lo scrutava in silenzio; con Silente si sentiva più tranquillo, anche se temeva il suo giudizio, dopo tutto quello che era successo.
«Sì, sì, l’ho notato…» fece il preside. Il Serpeverde iniziò a torturarsi le mani nervosamente «C’è qualcosa che ti preoccupa, Draco?» chiese, dopo qualche istante di silenzio. Il ragazzo tacque per alcuni minuti, che razza di domande erano quelle? Era ovvio che fosse preoccupato. Doveva affrontare una missione suicida da solo e non sapeva niente del posto in cui sarebbe andato, se non qualche informazione vaga e mitologica annotata su un taccuino. «Perché non ti siedi e prendi un tè con me?» gli fece segno e con un colpo di bacchetta fece comparire delle tazze e una teiera.
«O-Okay» mormorò sedendosi «Non c’è del Veritaserum nel tè, vero?»
«Non uso questi trucchetti» disse Silente, sorridendogli affabile, facendo levitare la teiera, versando il tè in entrambe le tazze «Zucchero?» Draco annuì e il preside aggiunse delle zollette di zucchero nella sua tazza prima di passargliela «Sono sicuro che parlerai da solo».
«Cosa vuole sapere?» chiese il ragazzo, guardando la tazza con sospetto.
«Se c’è qualcosa che ti tormenta, dovrai affrontare un viaggio impegnativo e potenzialmente pericoloso» gli disse «Lo so che ti stiamo chiedendo molto, ma sei l’unico che può farlo, sei l’unico che può salvare Harry».
«Perché io?» chiese Draco, stringendo il manico della tazza «Perché non Hermione? Lei è molto più brillante di me» disse «È stata lei ad avere l’idea dello zaino e lei ha trovato la maggior parte delle informazioni sul lago d’Averno». Silente annuì pensieroso «Oppure Ron, sono sicuro che lui è molto più coraggioso di me» continuò, sorprendendosi delle sue stesse parole «Non credo di essere la persona giusta e poi…» abbassò lo sguardo, che ricadde inevitabilmente sul suo avambraccio sinistro dove, nero su bianco, si poteva vedere benissimo il Marchio Nero, lasciato scoperto dalle maniche della camicia arrotolate fino al gomito «Secondo una delle leggende, solo qualcuno con il cuore puro, può accedere all’Oltretomba da vivo» deglutì «Non devo essere io a dirle che io di puro non ho niente».
«Quel marchio non fa di te una persona cattiva, Draco» gli disse il preside «Lo sai chi sono i non-puri di cuore? Quelli che uccidono degli innocenti» rivelò «Quelli che non provano compassione né empatia per gli altri, quelli così crudeli che non pensano alle sofferenze altrui e che godono nel guardare le torture che infliggono agli altri» continuò «Tu non sei una persona crudele né un assassino».
«Ma questo non cambia che io…» deglutì «Sono stato un bullo per cinque anni, ho offeso e fatto del male alle persone e… ridevo della loro sofferenza» raccontò abbassando lo sguardo «Poi ho torturato mia madre e…» deglutì di nuovo «… è colpa mia se Harry è morto».
«Harry è morto a causa di Lord Voldemort, Draco» gli disse Silente «Tu non sei malvagio, ti sei comportato male, ma poi cosa hai fatto?» Draco tacque non conoscendo la risposta a quella domanda «Hai chiesto scusa, hai ammesso i tuoi errori e hai cercato di rimediare in ogni modo» spiegò «Tu non sei quello che credi di essere, sei un ragazzo che ha fatto delle scelte sbagliate, che poi se ne è pentito e ha cercato di rimediare e so per certo che continuerai a farlo in futuro» Draco abbassò lo sguardo a disagio «Tu non sei malvagio come credi di essere, sai perché lo so?» lui scosse la testa «Perché alla fine hai fatto la scelta giusta, hai accettato l’aiuto di Harry, lo hai aiutato ad affrontare più volte le sue battaglie contro Lord Voldemort, sei stato un amico leale e il fatto che Harry si sia sacrificato per salvarti, mi suggerisce che anche lui la pensa come me» il ragazzo arrossì, sentendo gli occhi pizzicare. Che diavolo gli stava succedendo? «Tu non sei quel marchio, tu non hai scelto di seguire Voldemort, ti è stato imposto con metodi… non ortodossi» continuò «Grazie a te, tantissimi studenti sono tornati dalle loro famiglie, tanti innocenti sono stati risparmiati» continuò «La tua intraprendenza ha fatto cambiare schieramento a tanti ragazzi che, come te, erano vittime delle idee delle loro famiglie ed è stato grazie al tuo impegno se io, adesso, sono qui a parlare con te».
«D-Davvero?»
«Sì, Draco, vedi, io mi ero arreso» disse il preside «Io e Severus non eravamo riusciti a trovare una soluzione al problema, così avevo chiesto a Severus di uccidermi al posto tuo» rivelò, lasciando il ragazzo esterrefatto.
«M-Ma perché?»
«Come ho detto prima, non sei un assassino e non volevo che lo diventassi» affermò «Sapevo che prima o poi anche tu avresti preso la scelta giusta, se non ora tra qualche mese, ma ho sempre pensato che tu fossi un ragazzo brillante che aveva avuto solo esempi errati» aggiunse «Ora… so che non posso restituirti l’innocenza che ti è stata rubata» dichiarò «Ma posso fare qualcosa per te, per ringraziarti per tutto quello che hai fatto e incoraggiarti a dare il meglio di te in questa tua missione». Draco deglutì e lo guardò, senza sapere cosa rispondere, era semplicemente senza parole. Silente non gli aveva mai parlato così, ma…  in qualche modo riuscì a farlo sentire meglio, a dargli un piccolo incentivo a non arrendersi ancor prima di aver intrapreso la sua missione «Dammi il braccio» gli disse con gentilezza. Il biondo fece per allungare il braccio destro, ma Silente scosse la testa e gli chiese di porgergli il sinistro. Il biondo deglutì e lentamente fece ciò che gli era stato chiesto. L’anziano mago si alzò in piedi e afferrò il braccio di Draco con fermezza, con la mano libera prese la sua bacchetta e la puntò contro l’avambraccio marchiato. Il ragazzo strinse gli occhi, aspettandosi il dolore terrificante che aveva provato il giorno che era stato marchiato, il dolore terrificante che sentiva ogni volta che Voldemort chiamava a raccolta i suoi uomini, il dolore terrificante di ciò che gli avevano fatto, quando lo avevano marchiato in quel modo, ma per alcuni istanti non accadde niente.
«Expello malum» pronunciò il preside «Exigo scelus» disse ancora «Deleo nequitiam». Ripeté quelle tre formule per tre volte, poi una luce bluastra illuminò la punta della sua bacchetta e la appoggiò sul marchio. Il primo toccò pizzicò solamente, poi il preside ripeté la formula e un dolore inimmaginabile accese il braccio di Draco, si estese fino alla spalla, aprì la bocca per urlare, ma non ne uscì alcun suono. Il dolore era così forte che lui non riusciva a reagire. Voleva tirare via il braccio, ma il preside lo teneva fermo, gli teneva saldamente il polso nella sua mano e Draco sapeva di non poter andare via. Gli sembrò di rivivere tutto da capo: Voldemort che lo torturava, Bellatrix che lo torturava, Voldemort che lo obbligava ad assistere alle torture su sua madre, Voldemort che lo obbligava a torturare sua madre. Voldemort che lo puniva per tutti i suoi errori, Voldemort che lo dava in pasto ai Mangiamorte, Voldemort che gli ordinava di portare a termine la missione, altrimenti tutto sarebbe successo di nuovo. Voldemort che minacciava di ucciderlo. Strinse gli occhi con forza, sforzandosi di non piangere, ma le prime lacrime si formarono tra le sue ciglia.
«Resisti, Draco» gli sussurrò Silente. Il ragazzo annuì e strinse i denti, lasciando cadere alcune lacrime cariche di dolore. Non era riuscito a trattenerle, le sue guance si rigarono a causa delle lacrime, ma nessun suono uscì dalla sua bocca. Strinse i denti, si morse la lingua, ma quel dolore era paragonabile a una scarica di cento cruciatus tutte insieme, se non di più, era insopportabile e non avrebbe retto ancora, ma doveva fidarsi di Silente.
«Expello malum, exigo scelus, deleo nequitiam» pronunciò ancora il preside, con più intensità, lo fece ancora una volta e poi, improvvisamente, tutto si placò. La bacchetta si allontanò dal suo avambraccio e il dolore cessò, una strana sensazione di pace avvolse completamente Draco, che emise un singulto, seguito subito dopo da un singhiozzo addolorato, ma nient’altro. Poi riaprì gli occhi, il preside gli sorrideva gentilmente, quasi soddisfatto. Ebbe l’impulso di grattarsi l’avambraccio e lo guardò. A primo impatto gli sembrò che non fosse successo niente, ma poi se ne accorse e restò completamente scioccato, senza parole. Alzò lo sguardo sul preside, per dire qualcosa, ma solo una piccola espressione di stupore fuoriuscì dalla sua bocca: era sopraffatto. Per la prima volta, dopo quasi un anno, Draco vide la pelle del suo avambraccio candida, quasi liscia come una volta, a deturparla c’era solo una cicatrice, lì dove c’era stato il marchio, ma esso non c’era più.
Il Marchio Nero di Voldemort era sparito e per la prima volta, dopo un anno di pura oscurità, avvertì un sentore di libertà. Forse c’era speranza anche per lui, dopotutto.
 

§§§

 
«Sirius?»
Harry spalancò gli occhi, quando si ritrovò davanti al suo padrino. Aveva vagato per quel luogo misterioso dove si era risvegliato, fino a che non aveva visto una figura familiare davanti a sé. Da lontano non lo aveva riconosciuto, aveva solo visto l’ombra di un uomo dai capelli scuri e piuttosto lunghi, ma poi man mano che si era avvicinato, egli era diventato più riconoscibile, aveva assunto dei tratti precisi fino a che non lo aveva riconosciuto del tutto. Il suo padrino era morto, ricordava bene lo scontro al Ministero, ricordava di averlo visto cadere dietro al velo… cosa ci faceva lì? Era morto anche lui come il suo padrino? E i suoi amici dov’erano? Harry sentì le mani tremare, non era riuscito a salvare nessuno? Voldemort era vivo?
«Ciao Harry» lo salutò l’uomo «Sono felice di rivederti». Istintivamente, Harry lo abbracciò e quasi pianse di gioia, si era sentito così in colpa, così addolorato. Lo aveva perso, proprio quando stavano per diventare a tutti gli effetti una famiglia e se non fosse stato per lui, che aveva creduto alla falsa visione di Voldemort, niente sarebbe successo. Sirius ricambiò l’abbraccio, stringendolo con forza e Harry non riuscì a separarsi da lui per un lungo momento. Anche se per poco, era stato una delle poche figure paterne che aveva avuto, gli era stato accanto durante la notte della resurrezione di Voldemort, anche se era trasfigurato in Animagus, gli era stato accanto a modo suo con le sue lettere durante il Torneo Tremaghi e durante l’anno della pazzia. Gli era mancato più di quanto avesse immaginato.
«Mi dispiace così tanto…» disse in un sussurro e la sua voce si spezzò in un singhiozzo «Non avrei dovuto… se non fosse stato per me…» deglutì, singhiozzando senza riuscire a finire la frase. Il suo padrino lo strinse con forza e gli accarezzò la schiena per tranquillizzarlo.
«Va tutto bene, Harry, non ti avrei mai lasciato nei guai» gli disse dolcemente «Non è colpa tua, sarebbe successo comunque, smettila di incolparti per ogni cosa» lo tranquillizzò. Harry annuì, ma non riuscì a staccarsi da lui per dei lunghissimi istanti. Aveva bisogno di sapere che tutto sarebbe andato bene, iniziava a sentirsi confuso e i suoi ricordi di ciò che era accaduto divenivano più effimeri, ma doveva trovare i suoi amici e portarli in salvo.
«Sirius, che succede? Dove siamo?» gli chiese, staccandosi da lui, quando riuscì a calmarsi un po’.
«Non preoccuparti» lo rassicurò con un sorriso incoraggiante «Sei al sicuro, qui nessuno ti farà del male» gli disse «Vieni con me, gli altri ti aspettano» concluse, incamminandosi verso il nulla. Harry non capì bene le sue parole, ma annuì e lo seguì, si fidava di lui, dopotutto era il suo padrino e probabilmente era stato mandato lì per aiutarlo, qualche incantesimo particolare di cui non aveva mai sentito parlare, come quando al quarto anno aveva rivisto i suoi genitori, quando la sua bacchetta di Voldemort e la sua erano entrate in contatto; si fidava di lui, era Sirius, Harry era certo che lo avrebbe aiutato a trovare una soluzione a tutto.
«Gli altri?» chiese, raggiungendolo «Ci sono altre persone?»
L’uomo annuì, sorridendo e il ragazzo si rasserenò, sicuramente si riferiva ai suoi amici, forse anche loro erano stati trasportati in quel luogo ignoto ed era certo che tutti insieme avrebbero trovato la soluzione per scappare da lì e tornare a Hogwarts. Non capiva come avesse fatto a separarsi da Draco, dato che erano vicini, ma… gli ultimi momenti del duello contro il mago oscuro erano confusi. Senza più fare domande, seguì Sirius: lo scenario attorno a loro cambiò, si ritrovarono in un piccolo quartiere, composto da tante villette a schiera. Sembrava un tipico quartiere inglese, come quello in cui vivevano i Dursley, ma aveva qualcosa di diverso, infatti sebbene fosse sconosciuto, a Harry parve subito familiare. Sirius lo guidò lungo la strada principale, provò a fargli delle domande, ma l’uomo non rispose a nessuna di esse, sembrava avesse fretta di raggiungere gli altri. Non aveva ancora ben chiaro chi fossero questi altri, ma si fidava di Sirius, non avrebbe dovuto? Non gli sembrava affatto un trucco di Voldemort, o forse lo era? Stava iniziando ad essere confuso e sospettoso, ma anche spaventato. Se davvero lui era morto e lo erano anche i suoi amici… questo significava che Voldemort aveva vinto? Tutta la fatica che aveva fatto per vincere, per salvare il mondo magico e i suoi amici, era stata inutile? Tutto quello che aveva fatto era stato inutile? Non riusciva a capirlo e il suo padrino non rispondeva alle sue domande, la cosa lo stava facendo sentire strano, quasi sospettoso. Forse aveva sbagliato a credere che fosse il vero Sirius, eppure… gli era sembrato lui.
Improvvisamente, Sirius si fermò davanti a una casa. Harry alzò lo sguardo e una strana sensazione di familiarità si fece largo in lui, non era una sensazione che era solito provare, nessun luogo se non Hogwarts gli aveva dato quelle sensazioni, era come essere tornato a casa sua dopo tanto tempo.
«Lo so che sono stato un po’ misterioso» disse Sirius spezzando il silenzio «Ma ti prometto che d’ora in poi, ogni cosa avrà una risposta» gli disse. Poi picchiettò sulla porta con il pugno chiuso e, dopo qualche istante, essa si aprì. Dall’altro lato c’era una donna dai lunghi capelli rossi, che gli sorrideva maternamente, come se fosse felice di vederlo. I suoi occhi erano verdi, esattamente come quelli di Harry. Il Grifondoro l’aveva solo vista in foto e sotto forma di fantasma, non l’aveva mai conosciuta davvero, eppure… qualcosa dentro di lui gli diceva che era davvero lei. Era lei in carne ed ossa. Batté le palpebre incredulo, guardando la donna, senza riuscire a muovere un muscolo. Era vero? Era falso? Era solo un’allucinazione? Cosa?
«Mamma…» sussurrò sorpreso, spalancando gli occhi all’inverosimile. Non poteva crederci, sua madre era morta quando lui aveva solo un anno e… questo significava che anche lui era morto? E i suoi amici dov’erano? Loro stavano bene? Non riusciva a capire cosa stesse accadendo, ma quella era la prima volta in tutta la sua vita che davanti a sé vedeva sua madre e non sembrava un fantasma e non era un’immagine riflessa nello Specchio delle Brame. In un attimo, fece un passo verso di lei, la donna allargò le braccia, continuando a sorridergli e le si gettò tra le braccia, stringendola. Non era un fantasma, non era un’illusione ottica, era davvero lei… la sua mamma. Subito gli occhi gli si riempirono di lacrime, quando la donna avvolse dolcemente le sue braccia attorno alle sue spalle e lo abbracciò con tenerezza. Era la prima volta che qualcuno lo abbracciava in quel modo e non era la sensazione confortevole di una coperta molto grande stretta attorno al corpo, ma era un vero abbraccio di sua madre. Fin dall’infanzia aveva desiderato quell’abbraccio e anche se aveva quasi diciassette anni, si sentì un bambino di sette e le lacrime iniziarono a scivolare lungo le sue guance.
«Harry, tesoro, sei stato così coraggioso» gli disse, accarezzandogli la schiena «Sei stato bravissimo, ora è il tempo per te di essere felice» gli sussurrò, la sua voce era così dolce, esattamente come l’aveva immaginata per tutti gli anni in cui aveva solo sognato di avere una madre, era melodiosa, dolce, proprio come quella che sentiva nella sua mente nei momenti peggiori. Lui annuì, voleva essere felice, voleva una famiglia, non voleva più restare da solo, non voleva più soffrire, eppure non poteva abbandonare i suoi amici, non poteva pensare di lasciarli in pericolo, prima di pensare a se stesso, doveva pensare a loro e a salvarli. Non poteva essere egoista, non era nelle sue corde.
«Ma-Ma i miei amici? Voldemort…?»
Lily gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi, sorridendo. Harry si specchiò negli occhi di sua madre ed era vero, erano perfettamente identici ai suoi. Aveva gli stessi occhi di sua madre e per la prima volta nella sua vita, li stava osservando così da vicino… non gli sembrava reale. Era come un sogno, un bellissimo sogno, come quelli che faceva da piccolo, in cui immaginava come sarebbe stato avere dei genitori, quando immaginava come fosse sua madre.
«Voldemort è solo un brutto ricordo, adesso».
«L’ho sconfitto?» chiese Harry, confuso. La donna annuì, sorridendogli fiera «Ma come ho fatto?»
«Non farti queste domande, adesso» gli disse lei «Vieni, tuo padre tra poco sarà qui e tu sembri affamato». Harry non riusciva a capire, aveva bisogno di risposte, anche se aveva capito cos’era successo a se stesso, gli altri non meritavano di fare la sua stessa fine.
«E i miei amici?» chiese seguendola in cucina «Loro stanno bene?»
«Sì, stanno benissimo» gli rispose Lily «Non preoccuparti per loro, non preoccuparti di niente. Adesso pensa un po’ a te stesso, hai sofferto così tanto, tesoro mio» gli disse, accarezzandogli delicatamente una guancia «Adesso devi mangiare qualcosa e riposare, al resto penseremo più tardi». Harry annuì. Sapere che i suoi amici stessero bene, lo faceva sentire meglio, non importava se era successo qualcosa a lui, l’importante era che i suoi amici stessero bene. Lily lo invitò a sedersi su una delle sedie e ascoltò il consiglio. Sua madre gli sorrise e gli baciò una guancia, poi iniziò a smanettare alle sue spalle per preparargli uno spuntino.
Qualcuno bussò alla porta e Harry, in automatico si alzò per andare ad aprire, Sirius gli fece segno di risedersi scuotendo la testa. «Non devi più fare tutte queste cose, adesso, Harry» gli disse «Non devi più fare tutto da solo, ci siamo noi con te». Il ragazzo annuì e si risedette, voltandosi verso sua madre, che si girò nella sua direzione e gli sorrise di nuovo.
«È arrivato?» chiese una voce maschile, Harry impiegò qualche minuto a riconoscerla. Non era esattamente come l’aveva immaginata lui o forse era solo il ricordo distorto di quello che aveva sentito quando era stato aggredito dal dissennatore quando aveva tredici anni. Era davvero…?
«Sì, è qui» rispose Sirius. Si sentirono dei passi, poi un uomo identico a Harry, solo un po’ più alto e adulto fece la sua comparsa sulla porta della cucina. Il volto dell’uomo si distese in un sorriso dolce e tutto il suo viso si rilassò. Il ragazzo sbatté le palpebre, gli avevano detto che somigliava a James Potter, ma non che… era identico a lui. Tranne che per gli occhi, tu hai gli occhi di tua madre, gli aveva detto Remus quando lo aveva conosciuto.
«Papà…?» lui annuì e gli si avvicinò. Il ragazzo si alzò in piedi e lo raggiunse in fretta, abbracciandolo forte. James non impiegò molto a ricambiare la stretta.
«Sono così orgoglioso di te, hai fatto delle cose incredibili, figliolo» gli disse, accarezzandogli la schiena «Sei stato coraggioso, sei stato leale verso tutti, hai salvato il mondo con il tuo gesto».
«D-Davvero?» chiese, la sua voce trasudava emozione. Era la prima volta che qualcuno gli diceva di essere fiero di ciò che aveva fatto, che non lo rimproverava per aver infranto le regole, nessuno che gli diceva che era uno strambo, un abominio. Suo padre era fiero di lui.
«Io non avrei saputo fare di meglio, credimi» lo strinse ancora una volta, prima di lasciarlo andare «Non potrei essere più fiero, Harry, davvero» il ragazzo sorrise ancora e ringraziò suo padre per tutto quello che gli stava dicendo. «Ora è il momento che tu ti riunisca alla tua famiglia». Harry si morse le labbra, non sapeva cosa dire, non aveva assolutamente idea di cosa dire a suo padre in quel momento? Doveva ringraziarlo? Dirgli che accettava? Cosa? James non badò al suo silenzio, bensì gli diede una pacca sulla spalla e gli disse di risedersi, mentre Lily gli metteva davanti un piatto con due toast con i bordi tagliati. Nessuno aveva mai tagliato i bordi dei suoi toast…
«Grazie» mormorò, sua madre sorrise dolcemente e gli baciò la guancia con delicatezza. Harry si sentì stranamente felice.
Improvvisamente non gli importò di essere morto o qualunque cosa gli fosse accaduta, era lì e c’erano Sirius e i suoi genitori, gli avevano appena offerto di essere una famiglia tutti insieme, era circondato da un affetto che non aveva mai sperimentato prima di allora e davvero non voleva tornare indietro.
Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno, per una volta, poteva anche pensare un po’ a se stesso, no?
 
Ti salverò, Potter, non temere, fosse l’ultima cosa che faccio, io ti salverò.
 
Una voce lontana, nella sua mente come un’eco, un bisbiglio, pronunciò quelle parole. Harry scrollò le spalle e la ignorò, probabilmente non voleva dire nulla e guardò sua madre con adorazione e accettò. Voleva restare con loro, non c’era niente di sbagliato, no? No.



 

To be continued...
 


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 

Nota informativa: il tempo nella dimensione in cui si trova Harry trascorre molto lentamente rispetto alla realtà e quindi se per Draco è passata una settimana, per Harry è passata un'ora o poco più.  

Hola peps!
Un’altra settimana è passata ed io sono qui, come sempre ad allietare i vostri sabati. Questa settimana sono riuscita a “fuggire” e a raggiungere, rispettando tutte le norme di sicurezza e di distanza, la mia famiglia per le feste (soprattutto perché mia madre ha insistito lol) ma questo non mi fermerà dal pubblicare e mandare avanti la storia :D
Here we are con il secondo capitolo della seconda parte.
Peps, voi non avete idea di quanto io abbia amato scrivere questo capitolo con tutti i riferimenti mitologici ahah ho fatto un sacco di ricerche, anche se molte cose le ho studiate. Ho una confessione da fare, ho sempre voluto inserire in una mia storia un fondo rifacentesi all’ “epica” ispirata quindi ai classici come l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide. (Chi io? NAAAH. Non ho plottato questa storia per mesi e pensato minuziosamente a tutti i dettagli, NO!) e non avete idea, mi sono divertita troppo, il prof di storia Greca mi tirerebbe contro un’ascia, perché ha una teoria tutta sua sulla diffusione dei miti e sul “divertirsi” facendo ricerche del genere (professore più pazzo di quello non l’ho conosciuto, ecco perché sono fuggita dalla sua aula a gambe levate, per fortuna che era un esame a scelta LOL), ANYWAY, io mi sono divertita lo stesso :D
HOPE YOU LIKE IT.
Draco ha i suoi dubbi sui sentimenti che prova per Harry a causa del legame, ma Silly lo tranquillizza… avrà ragione oppure no? Eeeeh, certo che ha ragione lui, ma Draco sarà anche un Corvonero mancato quando si tratta di risoluzione dei problemi, ma quando si tratta di sentimenti… BEH, quelli non sono il suo forte, tra l'altro nemmeno accetta di essere innamorato di lui, lo ammetterà dopo molte fatiche. E neppure di Harry, questo si traduce in mille pippe mentali. (me very happy)
E sì, Silly ha tolto il marchio a Draco, che fai? Lo fai girare per il mondo con quel simbolo addosso e lo condanni a morire prima del tempo? Beh, lo stai mandando SOLO nell’oltretomba… potevi facilitargli la cosa e ucciderlo direttamente già che c’eri LOL (A proposito, ho inventato io la formula magica. Ma quante formule magiche che ho inventato per questa storia? AAH e ancora dovete vedere il resto. Preparatevi <3)
Ma non preoccupatevi, Harry sta bene. Visto? Ha incontrato i suoi genitori e Sirius <3
Riuscirà Draco a salvare Harry e Harry si renderà conto che non è molto salutare dar ragione ai morti? EEEEEEH, tutto questo nel prossimo episodio!
INTANTO ANNUNCINO BELLINO BELLINO:
Dato che il Natale è alle porte e quest’anno è stato quello che è stato per tutti noi, ho pensato di allietarvelo un po’ con una piccola OS a tema natalizio, che sarà online il 23 dicembre notte, quindi penso che la vedrete il 24 mattina. (se riesco prima, ma prendete con le pinze il mio “prima”)
Vi ringrazio come sempre per il supporto e ci tengo come sempre a ringraziare le meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Eevaa, Estel84 Puffalanovita, tidi, grazie mille davvero, il vostro supporto mi scalda sempre il corazon, ringrazio anche le persone che leggono in maniera silenziosa e aggiungono la storia alle varie categorie, thaaaanks.
See you soon con la shot e poi sabato con il prossimo aggiornamento, peps!
Love ya all <3
#StaySafe
 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 12
*** Seconda Parte, Capitolo 3: Unknown. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 3: Unknown



La mattina del venti luglio 1997, Draco uscì dalla Sala Comune di Serpeverde con uno zaino sulla spalla, la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni e un vecchio stivale in una mano, che presto sarebbe diventato la passaporta che lo avrebbe portato in Italia, dove avrebbe intrapreso la missione “potenzialmente suicida” per salvare Harry. Non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro, non sapeva cosa sarebbe accaduto una volta giunto in Italia, ma ciò che sapeva con certezza era che avrebbe fatto qualunque cosa pur di salvare Harry.
L’ignoto lo attendeva all’esterno del castello e lo spaventava, ma non era demoralizzato, anzi era più che determinato a portare a termine quell’incarico delicato che gli era stato affidato. Non solo perché Harry Potter gli aveva salvato la vita e gli aveva permesso di rendersi conto dei suoi errori, portandolo sulla retta via, ma anche perché voleva salvarlo, perché vivere senza di lui gli sembrava assurdo e impossibile. Le ultime settimane erano state… tristi, senza di lui la vita sembrava vuota. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di salvarlo e se per farlo doveva partire per l’Italia e scendere letteralmente negli abissi di un lago sconosciuto, che apparentemente era l’ingresso dell’Oltretomba, l’avrebbe fatto senza pensarci due volte.
La partenza del Serpeverde era stata programmata nei minimi dettagli e avevano concordato che sarebbe partito alle dieci del mattino, Silente lo avrebbe raggiunto nella Foresta Proibita per attivare la passaporta e spedirlo lontano dall’Inghilterra. Il ragazzo, prima di uscire dalla sua stanza, aveva controllato le ultime cose, grazie all’aiuto di Hermione il suo zaino ben fornito, c’era tutto dalle pozioni ai viveri, la previdenza della ragazza era stata un’alleata preziosa nell’organizzazione di quella missione. Adesso finalmente capiva come avesse fatto Potter a sopravvivere ogni anno, nonostante tutte le sfortune che aveva avuto, oltre ad essere un maledetto Grifondoro fin troppo coraggioso, aveva avuto al suo fianco una persona brillante come Hermione. Si sentiva uno stupido ad averla giudicata per tutti quegli anni a causa di ciò che suo padre gli aveva inculcato fin dalla sua infanzia, in tutti quegli anni, l’aveva denigrata a causa delle sue origini babbane, ma adesso stava cercando di superare gli ideali di suo padre e di guardare al di là dello stato di sangue, perché aveva capito che non era il sangue puro a definire un buon mago, piuttosto lo erano le sue azioni e le sue capacità. Se ne era accorto tardi, ma non era tardi per rimediare ed era contento di aver avuto un’occasione per fare ammenda grazie a Harry, da quando collaborava con la Grifondoro, aveva scoperto cosa volesse davvero dire collaborare con qualcuno alla sua altezza. Era così, Hermione, non a caso, era definita la strega più brillante della loro età, non solo perché era brava con gli incantesimi, ma anche perché sapeva organizzarsi ogni volta ed era fin troppo previdente, molto più di lui. Perché il Cappello Parlante non l’avesse smistata in Corvonero era un mistero che non avrebbe mai risolto, probabilmente. La “fortuna sfacciata” di Harry portava il nome di Hermione Granger.
E neanche Weasley era così male, in realtà, lo aveva sempre giudicato inferiore perché più povero di lui, perché suo padre gli aveva insegnato che, nel loro mondo oltre alla purezza del sangue, i soldi potevano fare ogni cosa. Così aveva fatto quando lui voleva giocare a Quidditch, così aveva fatto quando aveva avuto l’incidente con quell’ippogrifo, così aveva sempre fatto, ma adesso… Draco aveva aperto gli occhi e tutto ciò che gli aveva insegnato suo padre era frutto di una mentalità chiusa e sbagliata. Adesso lo sapeva e stava cercando di rimediare. Superate le loro divergenze, erano riusciti anche ad andare d’accordo e a collaborare pacificamente.
Teso, preoccupato, ma anche determinato, Draco raggiunse l’androne che portava all’uscita del castello. Si fermò sotto l’enorme portone e si grattò distrattamente l’avambraccio dal quale, un paio di giorni prima, il preside aveva rimosso il Marchio Nero. Mentre era lì in attesa, fu raggiunto da Hermione.
«Ti fa ancora male il braccio?» gli chiese la Granger notando il suo gesto quasi involontario. Fin da dopo la rimozione, aveva sempre avuto come la sensazione di avere una cicatrice lì, dove prima c’era il marchio, in realtà la sua pelle era tornata ad essere intatta e liscia, ma sotto di essa Draco poteva sentire ancora le ferite invisibili che quel simbolo d’oscurità aveva lasciato. Silente diceva che si trattava solo di una sensazione, che presto sarebbe svanita, Draco invece temeva che quel simbolo comparisse nuovamente. Non sapeva come spiegare quella sensazione, ma sperava che Silente non si sbagliasse e che presto tutto passasse, ne aveva abbastanza di Voldemort e di tutto ciò che era successo in quell’ultimo anno. Voleva lasciarsi il passato alle spalle, così come gli aveva suggerito anche il preside, ma per farlo doveva salvare Harry.
«No, non mi fa male, ma è strano. Ogni tanto pizzica, ma mi dà solo fastidio, passa in fretta» spiegò non troppo convinto delle sue parole.
«Capisco…» mormorò la ragazza guardandolo «Beh, in caso ti dovesse far male, ti ho preparato anche delle pozioni antidolorifiche» disse, indicando lo zaino. Lui annuì e la ringraziò rivolgendole un sorriso gentile. 
Entrambi erano davanti all’ingresso della scuola, aspettavano l’arrivo di Ron che, il giorno prima, aveva detto al Serpeverde di non andare da nessuna parte senza aver aspettato il suo arrivo, sosteneva di avere alcune cose da dargli, prima della sua partenza.
«Sono contenta che Silente abbia trovato il modo di rimuoverlo» disse lei «Non sei mai stato davvero uno di loro, vero?»
Lui scosse la testa, con aria mesta «No, non davvero. Insomma, ero stato costretto e avevo paura, ma…» si morse le labbra «Immagino che Harry ti abbia detto tutto, giusto?»
«No, in realtà, ci ha solo detto che avevi bisogno d’aiuto e che eri stato costretto a prendere il marchio, non ci ha mai voluto raccontare il resto» disse lei «Immagino che tu gli abbia raccontato tutto, solo questo avrebbe potuto spingere Harry a fidarsi di te e a darti una chance, ma lui non ha voluto dirci nulla, né fornici alcune informazioni su di te, neanche quando abbiamo insistito» spiegò. Draco la guardò stupito, era sempre stato convinto che il moro avesse spiattellato ai suoi due migliori amici tutta la sua storia. Era più leale di quanto avesse immaginato. «Harry è un buon amico, sì, di cosa ti sorprendi?» gli chiese lei retoricamente «È fatto così, riesce a tenere i segreti di tutti e a volte anche i suoi, senza dire niente a nessuno».
È speciale – pensò Draco, sentendo il proprio cuore scaldarsi. Annuì solamente senza dire nulla e guardò nella direzione della Foresta Proibita, immaginando cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi. Guardò l’orologio al suo polso e vide che erano ancora le nove e mezza. Aveva ancora mezz’ora, forse chiacchierare con la Grifondoro non sarebbe stata una pessima idea, magari lo avrebbe aiutato a rilassarsi un po’.
«Sei sicuro di dover andare da solo?» gli chiese Hermione, il suo tono di voce era incredibilmente preoccupato «Possiamo parlare con Silente e magari convincerlo che un aiuto in più, non può che avvantaggiarti» gli disse con giusta ragione.
«Sì, Granger, devo andare da solo» rispose il Serpeverde «Silente ha detto così e lo conosci meglio di me, non cambierà idea, fidati di me, andrà tutto bene» disse lui «Ora ti preoccupi per me?» chiese ironicamente, scuotendo la testa. Era il colmo, la Granger, quella che lui per anni aveva chiamato sanguemarcio, si preoccupava per lui, al punto da fornirgli un aggeggio babbano per tenersi in contatto con lei, in caso avesse avuto bisogno d’aiuto.
«Beh, mi preoccupo per te da settimane, ma lieta che tu te ne sia accorto solo ora, idiota» fece lei con sarcasmo, incrociando le braccia al petto «Beh, se non fosse ancora chiaro, è ovvio che mi preoccupo per te» aggiunse «Ormai sei parte della squadra» disse «E stai per affrontare una missione potenzialmente suicida, come potrei non preoccuparmi per te?» chiese.
«Sono un mago abbastanza bravo, me la caverò» disse lui, cercando di tranquillizzarla. Lei annuì e sospirò, Draco davvero non capiva il suo atteggiamento, ma forse era legato a Harry e al fatto che stesse partendo per salvare lui, altrimenti davvero non aveva senso che lei si preoccupasse così tanto per lui. Era irreale, davvero. Ma lei aveva ragione quella era già la quarta volta in cui si dimostrava così amichevole con lui e lo sosteneva in un momento difficile: lo aveva fatto quando l’aveva aiutato a preparare la pozione per salvare Silente, l’aveva fatto quando era andata a recuperarlo nella Sala Comune di Serpeverde e l’aveva schiaffeggiato per farlo rinsavire, l’aveva fatto di nuovo quando gli aveva preparato lo zaino e gli aveva procurato il feletono, e infine lo stava facendo di nuovo quel giorno, preoccupandosi per lui e per il suo futuro incerto. Non era abituato ad avere supporto in quel modo, era sempre stato abituato a fare le cose da solo, perché era stato cresciuto da un padre che gli aveva insegnato che il denaro comprava le persone, che non doveva avere alleati, ma sottoposti.
«Malfoy, vedi di tornare tutto intero!» esclamò Weasley, comparendo alle spalle della Granger «O almeno, cerca di non morire prima di aver salvato Harry» disse ironicamente, porgendogli un sacchetto di stoffa con due W stampate sopra. Draco lo accettò con aria interrogativa.
«Molto divertente, Weasley, molto divertente» replicò il biondo, scuotendo la testa «Che diavolo è questo sacchetto?»
«Sto scherzando, è ovvio che mi aspetto di vedervi tornare insieme» gli disse Ron, a Draco non piacque il suo modo di sottolineare quell’insieme, ma fece finta di non averlo sentito «Comunque, ho chiesto a Fred e George di mandarmi alcuni dei loro scherzi, possono sembrare stupidi, ma possono essere un’alternativa valida, se sei con le spalle al muro». Draco gli rivolse un sorriso riconoscente, persino gli scherzi dei gemelli Weasley potevano essergli utili dato che, nonostante tutte le ricerche fatte, stava andando incontro a un posto sconosciuto. Aprì il suo zaino e mise il sacchetto con gli scherzi che gli aveva dato Ron al suo interno, poi lo richiuse e se lo mise di nuovo in spalla.
«Ti ringrazio» disse, porgendogli la mano. Il rosso sorrise, poi gli strinse la mano energicamente, poi gli diede anche una pacca sulla spalla che si rivelò essere troppo forte e gli fece perdere quasi l’equilibrio per un attimo.
«In bocca al lupo, serpe». Draco lo ringraziò ancora con un gesto della mano e si massaggiò la spalla leggermente dolorante. Weasley era un idiota, lo sarebbe sempre stato, ma anche lui tutto sommato era un buon “supporto”, non erano propriamente amici, ma avevano definitivamente seppellito l’ascia di guerra e questo, per tutti e due, era stato già un grande passo in avanti.
«Ron ha ragione» intervenne la ragazza «Potresti morire, lo sai? Questa missione potrebbe ucciderti, potresti doverti sacrificare per salvare Harry, lo faresti davvero?» chiese guardandolo. Il biondo sospirò, ci aveva pensato centinaia di volte in quelle ultime settimane, quella missione poteva rivelarsi un suicidio, lo sapeva, ma non si sarebbe tirato indietro quella volta. Non si sarebbe comportato da codardo, per Harry valeva la pena sacrificarsi.
«Non mi importa, Hermione» replicò il biondo «Lui mi ha salvato la vita e ha salvato mia madre, io non lo abbandono» continuò «Se c’è anche solo una minima possibilità di salvarlo, io devo coglierla» disse ancora «Ho scelto lui in quel bagno due mesi fa, scelgo di nuovo lui adesso e lo farò sempre» dichiarò. Hermione lo guardò interdetta per alcuni istanti, lo stesso fece Ron, il rosso non si aspettava per niente quella dichiarazione, invece la ragazza gli sorrise, come se si aspettasse proprio quella risposta da lui. Cos’era? Una specie di test? Cosa?
«Sapevo che l’avresti detto» disse lei, sollevata «Mi sa che hai passato troppo tempo con Harry».
«No, è questo stupido legame che mi fa sembrare uno stupido Grifondoro» si lamentò lui, rendendosi conto che pochi istanti prima aveva detto una frase alla Potter, un brivido gli scivolò lungo la schiena e scosse la testa, scacciando quel pensiero. Silente aveva detto che sarebbe scomparso con il tempo, sperava solo che finisse in fretta, odiava pensare come un Grifondoro, anche se non gli dispiaceva il coraggio che era riuscito a tirare fuori.
Hermione ridacchiò. «Mi raccomando, tieniti in contatto con noi, non fare lo stupido» lo redarguì «Chiamami per qualsiasi cosa, io cercherò di aiutarti da qui» disse con aria mesta «Anche di notte» aggiunse. In realtà, avrebbe preferito partire con lui, partecipare attivamente al salvataggio di Harry, ma Silente aveva detto che solo Draco, e solo lui soltanto, poteva farlo, ma anche a distanza la Grifondoro avrebbe fatto di tutto per aiutare il Serpeverde a salvarlo.
«Non torni a casa tua per il resto dell’estate?» chiese lui.
Lei scosse la testa, sospirando «No, io e Ron resteremo qui fino a che non sapremo se Harry è salvo» affermò.
«Non preoccuparti, Granger» disse il biondo, cercando di tranquillizzarla «Andrà tutto bene» promise. La ragazza annuì e lo ringraziò, sentire quelle parole la fece sentire un po’ più tranquilla. Draco si sistemò lo zaino sulla spalla e la guardò, le fece un mezzo sorriso e annuì, in quel modo cercò di dirle di nuovo che sarebbe andato tutto bene, aveva il controllo sulla situazione, più o meno e poteva farcela.
L’enorme orologio rintoccò l’ora, significava una sola cosa: erano le dieci. Il ragazzo prese un respiro profondo e si sistemò lo zaino sulla spalla, ripassando a mente tutto ciò che doveva fare non appena fosse arrivato in Italia: doveva cercare il quartiere magico e capire dove si trovasse il dannato lago d’Averno.
«Sei pronto, Draco?» gli chiese Hermione, il biondo annuì «D’accordo, allora… buona fortuna».
«Contiamo su di te, Malfoy» disse Ron «Riporta Harry a casa, confidiamo in te».
Il Serpeverde guardò i due amici di Potter e annuì con decisione. «Non vi preoccupate, lo riporterò a casa e poi potremo prenderlo a pugni insieme» promise. Gli altri due ridacchiarono scuotendo la testa, certe cose non sarebbero mai cambiate.
«Sta’ attento, Draco» aggiunse la ragazza «E chiamaci per qualsiasi cosa» ripeté.
«Lo farò» affermò «Beh allora, ci vediamo!» li salutò, prima di incamminarsi verso la foresta, mentre gli altri due ragazzi restavano perplessi sotto l’arcata d’ingresso del castello.
Per tutto il tragitto verso la foresta, Draco restò in tensione, aveva un buon presentimento, sapeva di poter salvare Harry, ma ciò che lo spaventava era il proprio futuro. Avrebbe salvato Harry, sicuramente, ma lui sarebbe sopravvissuto? Le parole di Weasley gli rimbombavano nella testa, ma pensava sul serio ciò che aveva detto a Hermione, avrebbe sempre scelto Harry, anche se questo avesse richiesto la sua morte.
Pensieroso, raggiunse la Foresta Proibita, dove con sua grande sorpresa Silente già lo attendeva.
«Ben arrivato, Draco» lo salutò il preside «Ti senti pronto?»
«Sì, lo sono» rispose immediatamente, guardando l’uomo anziano davanti a sé, che annuì compiaciuto e gli disse di mettere lo stivale sotto un albero, il giovane eseguì e si allontanò di qualche passo dall’oggetto, mentre il mago anziano puntava la bacchetta contro il vecchio stivale e usava l’incantesimo Portus per creare la passaporta. Draco alzò lo sguardo sul preside e si morse le labbra, incerto. Una strana preoccupazione si impossessò di lui all’improvviso, inaspettatamente un dubbio balenò nella sua mente. Cosa sarebbe accaduto a Harry, se lui avesse fallito?
«Signore?»
«Dimmi, Draco».
«S-Se non dovessi riuscire a salvarlo, cosa succederebbe a Harry?» gli chiese.
«Non so dirtelo, ragazzo mio» gli disse Silente «Ma ascoltami bene, quando le intenzioni sono nobili, un animo impavido non teme il fallimento e stai pur certo che un aiuto verrà sempre fornito a chi ne farà richiesta» gli disse «Fidati di te stesso e del tuo legame con Harry, è forte, lo sento. Siete legati da qualcosa di più profondo di un incantesimo e lo sai anche tu, cerca dentro di te la risposta e troverai tutte le soluzioni che ti servono».
Il biondo si morse le labbra «Sì, ma…» tentò di dire che lui non era affatto un animo impavido, anzi era l’esatto opposto, ma il preside alzò una mano, interrompendolo prima che finisse la frase.
«Io credo nelle tue capacità e mi fido di te, Draco» gli disse con sorridendogli in modo affabile «La tua passaporta è attiva» aggiunse «Ti suggerisco di toccarla, altrimenti dovremo rifare tutto da capo». Il ragazzo annuì e si avvicinò allo stivale, tuttavia prima che lo afferrasse l’altro mago riprese: «E ricordati che anche negli attimi più tenebrosi, puoi trovare la luce della speranza. Ascolta ciò che ti suggerisce il cuore, fidati del tuo istinto, ma sfrutta anche ciò che ti hanno insegnato gli amici, non lasciare che la paura prenda il sopravvento su di te, sei abbastanza forte da poterla superare» gli suggerì, il ragazzo annuì «Un’ultima cosa, quando sarà il momento, di’ a Harry una cosa da parte mia: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere, lui capirà».
«Lo farò» promise, ringraziando il preside per i suoi consigli. Sperava di poter ricordare tutto e di poterlo appuntare sul suo taccuino, una volta giunto a destinazione. Doveva mantenere il sangue freddo e fidarsi del suo istinto, come aveva detto Silente.
«In bocca al lupo, Draco, puoi farcela. Ricorda sempre chi sei e tutta la strada che hai fatto, le tue scelte ti hanno portato a questo punto, le tue scelte ti porteranno al successo». Il ragazzo annuì.
Sì, ce la posso fare – si disse – devo farcela, non mi importa quanto sarà difficile, io riuscirò a salvarti, Harry.
Ringraziò di nuovo il preside, prese un profondo respiro e poi afferrò saldamente lo stivale. In un secondo, venne risucchiato via dalla forza della smaterializzazione e, quando giunse a destinazione, cadde in un posto a lui sconosciuto. L’atterraggio fu molto brusco, detestava viaggiare in quel modo.
Quando il mondo intorno a lui smise di girare, si mise seduto e la prima cosa che fece fu controllare la sua bacchetta, fortunatamente era intatta, quelle cadute erano sempre imprevedibili, poi cercò di orientarsi e si rese conto di essersi appena materializzato su una spiaggia deserta. Dove diavolo lo aveva appena mandato il preside? Su un’isola?
Si alzò a fatica e si massaggiò la nuca. Non aveva mai sopportato i viaggi con le passaporte, perché era sempre stato incapace di atterrare in modo decente, senza rischiare di rompersi l’osso del collo. Suo padre l’aveva bacchettato per mesi, dicendogli che anche quando viaggiava in quel modo, doveva tenere un certo lignaggio.
Si alzò in piedi e si guardò intorno e notò che davanti a sé si estendeva un’immensa distesa d’acqua, alle sue spalle c’era una montagna. Si massaggiò la base della schiena e decise di esplorare la zona per capire dove si trovasse. Sperava di essere arrivato nel luogo giusto, di essere sulla strada giusta. Strinse lo zaino sulla sua spalla e si incamminò lungo la spiaggia. Sicuramente Silente aveva programmato che la passaporta arrivasse in un posto poco popolato, immaginava che quel luogo fosse popolato maggiormente da babbani, doveva assolutamente riuscire a trovare il quartiere magico, ne andava della sua missione.
La prima cosa che notò, comunque, fu il caldo asfissiante, che lo spinse a sbottonare leggermente la camicia che indossava. Il sole splendeva alto nel cielo e picchiava forte, Draco rischiava anche di bruciarsi seriamente, non era abituato a stare sotto al sole, la sua pelle era troppo pallida per sopportare quel calore. Tra tanti posti tranquilli in cui avrebbe potuto farlo atterrare, Silente aveva scelto proprio il luogo meno adatto per uno pallido come lui. Sbuffò e poi si guardò intorno, l’aria frizzante del mare gli invadeva i polmoni e alleviava un po’ il calore causato dall’alta temperatura di quel luogo. Si morse le labbra e iniziò a camminare dritto, vedeva delle abitazioni in lontananza, magari qualcuno avrebbe potuto aiutarlo ad orientarsi da quelle parti. Camminò per almeno mezz’ora, prima di giungere in un posto quanto meno abitato, dove ci fosse qualche anima viva. Scorse in lontananza una serie di grossi ombrelli colorati e si chiese cosa diavolo fossero, probabilmente erano oggetti babbani. Man mano che si avvicinava a quei grandi ombrelli, sentiva un vociare sempre più forte. Quella parte di litorale era molto più popolata del punto in cui era caduto. C’erano persone in acqua, i bambini urlavano e alcune persone urlavano in una lingua incomprensibile. Salazar benedetto, dove sono finito? – si domandò – che razza di posto è mai questo? – e ancora – Ma che linguaggio sconosciuto è mai questo?
Un pallone lo colpì in pieno e un ragazzino si avvicinò a lui con aria spavalda. Draco alzò le sopracciglia con fare confuso e quello gli fece un gesto con la mano, che Draco non comprese. Gli disse, o meglio, gli urlò qualcosa, ma tutto ciò che arrivò alle orecchie di Draco fu una lingua incomprensibile, sarebbe stato più semplice interpretare delle Rune Antiche che quel linguaggio. Ma cosa diamine sta succedendo attorno a me? Dove mi ha mandato Silente?
«Scusa, credo di non aver capito». Il tizio scosse la testa e si abbassò per riprendersi il pallone, poi disse di nuovo parole incomprensibili e si allontanò, urlando qualcosa ai suoi amici come un vichingo. Erano forse nativi di qualche tribù locale? Probabile, anzi ne sono quasi certo.
Altre urla giunsero alle sue orecchie, delle donne chiamavano a gran voce dei bambini, che uscivano dall’acqua e le raggiungevano. Si usava così in quel posto? Urlare cose senza senso in una lingua sconosciuta?
Il Serpeverde si guardò intorno e cercò di capire qualcosa, doveva allontanarsi da quella spiaggia e dalle persone strane che popolavano quel luogo. Probabilmente erano dei babbani e di certo non voleva averci nulla a che fare. Doveva trovare il maledetto Lago d’Averno e salvare Potter e magari tornare in Inghilterra sano e salvo. Non conosceva benissimo l’italiano, ma era certo che non somigliasse neppure lontanamente a quella lingua assurda che aveva appena avuto il dispiacere di conoscere. Doveva ammettere, però, che il paesaggio che aveva davanti non gli dispiaceva affatto, anzi. Era bellissimo, mare e montagna si fondevano insieme, regalando ai suoi occhi uno spettacolo fuori dal comune. Percorse la spiaggia fino a una passerella di legno, che conduceva, probabilmente, verso la strada. Si guardò intorno, la spiaggia non era pienissima di persone e notò che molte persone lo stessero fissando con curiosità. Non era uno che passava inosservato, lo sapeva, a Hogwarts era sempre stato piuttosto popolare tra le ragazze per il suo fascino e non ne aveva mai fatto mistero, eppure in quel momento si sentì a disagio, come se quelle persone lo stessero analizzando per capire chi fosse. Deglutì e percorse la passerella fino a una breve rampa di scale, che lo portò verso la strada. Attraversò prima un’area di sosta, dove c’erano decine di automobili ferme, e si ritrovò su una lunga strada che costeggiava il mare. Il ragazzo si guardò intorno spaesato, cercando di capire quale fosse la direzione giusta da prendere.
Un’auto babbana sfrecciò davanti a lui a tutta velocità, mentre al suo interno delle persone cantavano ad alta voce una canzone poco gradevole nella lingua del posto. E ancora una volta si chiese perché, tra i tanti posti del mondo l’ingresso per l’Oltretomba doveva essere proprio in quel posto. Non poteva trovarsi in Inghilterra? O in Scozia? O in Irlanda?
Almeno lì avrebbe conosciuto la lingua. Draco aveva ricevuto un’educazione aristocratica, oltre all’inglese, aveva imparato correttamente il francese e il tedesco, inoltre aveva studiato un po’ di italiano, conosceva alcune frasi, sì, ma non aveva idea di che strana lingua fosse quella del luogo. Come poteva farsi aiutare, se non aveva idea di come comunicare? Sospirò e decise che prima cosa avrebbe trovato un alloggio, poi avrebbe pensato al da farsi. Si era informato riguardo la valuta del posto e per sua fortuna la Granger lo aveva aiutato anche su questo. Non era esperto di monete babbane, figurarsi di cambi di monete internazionali. Quella ragazza aveva previsto tutto, anche quello, forse conosceva anche la lingua.
Contrariamente a ciò che avrebbe pensato in passato, in quel momento avrebbe preferito avere quei due Grifondoro al suo fianco, in quella missione. Non capiva perché Silente si fosse ostinato a farlo partire da solo. Sbuffò e si mise in cammino verso il centro abitato. Ogni tanto vedeva delle auto passare accanto a sé e le persone al loro interno guardarlo stranito. Avrebbe preferito passare inosservato, ma perché erano così curiosi? Non avevano mai visto una persona camminare con uno zaino in spalla? Doveva imparare a conoscere quella zona, altrimenti non avrebbe mai potuto spostarsi con la smaterializzazione ed evitare di essere guardato come un fenomeno da baraccone dai nativi di quel posto. Camminava sul lungo mare e doveva ammettere che il paesaggio che aveva davanti a sé era magnifico, doveva essere una strada molto trafficata e frequentata, e doveva essere luogo di ritrovo di molte persone, più camminava, più gli sembrava di immergersi in un altro mondo. Più avanzava, più sembrava che la città prendesse vita, c’erano bar, ristoranti e altri luoghi di ritrovo colmi di gente, le persone sembravano vivaci e simpatiche, la prima impressione che aveva avuto sulla spiaggia era stata completamente sbagliata. Anche se per lui quella lingua strana restava un mistero.
Il caldo continuava a tormentarlo per questo, quando trovò una panchina sotto un albero, si accomodò lì e tirò fuori una guida del posto, una di quelle che la sempre previdente Hermione gli aveva fornito e iniziò a sfogliarla piano, cercando di riconoscere i nomi dei locali lì presenti e di capire quanto distasse il Lago D’Averno dal luogo in cui era. Quando lo trovò, lesse che esso si trovava nel comune di Pozzuoli, tra la frazione di Lucrino e il sito archeologico di Cuma. Qualcosa gli balzò in mente, Cuma era anche la dimora della Sibilla, secondo i suoi appunti. Tirò fuori anche il suo taccuino e iniziò a confrontare le informazioni che aveva. Sperava di essere almeno vicino a questo comune, sperava che Silente lo avesse mandato nei pressi di quel posto e non lo avesse spedito in qualche punto lontanissimo. Si guardò intorno, alla ricerca di qualche indicazione, qualsiasi indizio per capire dove fosse. Mentre, disperato, continuava a girare le pagine di quella guida, alla sua attenzione giunsero i nomi di alcuni bar e ristoranti, gli era parso di vederli lungo la strada, lì dove c’era più movimento. Perfetto, pensò, riconoscendo il luogo, adesso non devo far altro che trovare il quartiere magico e chiedere informazioni. La lingua sarebbe stata un problema, ma sperava di incontrare qualcuno che conoscesse almeno un po’ di inglese. Era avvilente essere lì da solo e non poter contare su nessuno. Ancora non si spiegava perché Silente avesse insistito col farlo andare da solo. Sbuffò sonoramente, poi un fastidioso suono gli invase le orecchie, si guardò attorno, incredulo, credendo che fosse il verso di una qualche creatura misteriosa di origine italiana e cercò di capire da dove venisse, tenendosi pronto con la bacchetta a portata di mano. Era un suono stridulo, fastidioso e dopo qualche istante, si accorse che proveniva dal suo zaino. Era l’aggeggino infernale che gli aveva dato la Granger?
Aprì di nuovo lo zaino e tirò fuori il telefono e vide che sullo schermetto c’era il nome della ragazza, alzò gli occhi al cielo e premette il tasto verde – non quello rosso, Malfoy, altrimenti rifiuti la telefonata!
«Granger? Sei tu?» domandò avvicinando il feletono all’orecchio – sperando di non fare errori, quelle cose babbane per lui erano incomprensibili, avrebbe dovuto applicarsi di più a Babbanologia.
«Malfoy! Ti ho chiamato tre volte, ma dove hai la testa?» strillò lei dall’altro lato del telefono. Però, funzionava bene, anche se erano distanti… beh, poteva sentirla perfettamente, come se fosse vicina a lui. Strano aggeggio quello, ma davvero utile in situazioni disperate come quella che stava vivendo. Era confortante sentire una voce “amica”, dopo la breve disavventura che aveva appena vissuto con i nativi.
«Granger, sto bene, sto cercando di capire dove mi trovo» disse lui «Ma sei qui? Ti sento benissimo, Silente vi ha permesso di venire in questo… posto strano?»
«No, siamo a Hogwarts, certo che mi senti bene, ho incantato i telefoni affinché potessimo restare in contatto sempre». «Mi sembra una minaccia…» borbottò lui in risposta, Hermione rise «Non ridere, Granger, qui parlano una lingua incomprensibile» disse sconsolato.
«Suvvia non può essere così male» disse lei, per rincuorarlo «Credo che sia un dialetto del luogo». In sottofondo, Draco sentì la voce di Weasley chiederle qualcosa, ma non vi badò molto, continuava a guardarsi intorno sospettoso, cercando di capire dove andare e come comportarsi. Era tutto dannatamente strano.
«Fidati, è incomprensibile» replicò lui sconsolato «Non so cosa fare, non ho idea di dove sia il quartiere magico».
«Per questo ti ho chiamato. Ho parlato con Silente, lui non è mai stato lì, si è ricordato di aver sentito che in una stradina tra un bar e una trattoria ci sia una porta segreta. Dovresti usare un “Revelio” per farla apparire. Superata quella, sarai nel quartiere magico».
«Ma…perché diavolo non me l’ha detto quando sono partito?» chiese, la ragazza ridacchiò ancora una volta, concordando con lui, Silente a volte si comportava in modo stranissimo. Draco si guardò intorno, cercando di scorgere qualcosa che gli ricordasse ciò che aveva appena detto la ragazza, il problema era che dei locali nominati dalla Grifondoro ce ne erano fin troppi «Vedrò cosa inventare, grazie per la dritta» disse con un sospiro «Ho fatto una scoperta però» riprese subito a parlare «Ho letto sulla guida che mi hai fornito che il Lago D’Averno si trova vicino a questo comune di Pozzuoli, tra la frazione di Lucrino e il parco archeologico di Cuma e indovina? È lì che c’è l’antro della Sibilla di cui abbiamo letto, quindi è lì che devo andare!» esclamò «Sei riesco a trovare il quartiere magico e incontro un mago, posso farmi aiutare» continuò «Ho preso appunti e…»
«Scusa?» una voce maschile sconosciuta colpì le orecchie di Draco, che alzò gli occhi verso colui che gli aveva rivolto la parola e inclinò la testa con aria curiosa. Gli aveva appena parlato in italiano, giusto?
«Ehm, sì?»
«Draco, cosa succede?» gli chiese Hermione dall’altro capo del telefono. Lui le disse velocemente che l’avrebbe richiamata e mise il telefono nello zaino e nel farlo, portò una mano alla tasca posteriore dei pantaloni e impugnò la bacchetta. Non aveva idea di chi fosse questo tizio ed era un po’ preoccupato.
«Ciao, sei un mago, vero?» chiese il tizio, notando la bacchetta. Draco si alzò e lo fronteggiò, scrutandolo. Era un ragazzo dai capelli castani, alto, forse di qualche centimetro più alto di lui, indossava degli occhiali da sole e sicuramente era un nativo, visto che parlava italiano. Non comprese tutto ciò che gli disse, ma comprese la parola ciao e mago, ma non il resto della domanda, quindi si chiese come avrebbe dovuto rispondergli. Avrebbe dovuto applicarsi di più con l’italiano non con il francese. Se proprio doveva uscire dall’Inghilterra per una missione suicida, non poteva andare in Francia? No, ovviamente. «Sei inglese?» gli chiese poi nella sua lingua. Draco quasi pianse di gioia, allora esisteva qualcuno che parlava l’inglese, Salazar benedetto, finalmente.
Annuì energicamente, prima di rispondere «Sì, sono inglese. Cosa vuoi?» domandò. Il tizio sorrise e gli porse la mano, il biondo osservò la sua mano e sbatté le palpebre senza capire «Ehm…?» Draco fece un passo indietro, non sapendo se potesse fidarsi o meno di quel tizio, o se potesse chiedergli informazioni, tuttavia era il primo essere umano che incontrava che gli parlava in modo comprensibile, quanto meno. Il ragazzo si avvicinò a lui lentamente e si avvicinò al suo orecchio, il biondo sussultò e spalancò gli occhi, stringendo la bacchetta nel pugno per qualsiasi evenienza.
«Sono un mago anch’io» gli disse in un orecchio «Qui non parliamo così ad alta voce tra i Disincanti» disse «Sono molto superstiziosi e non tutti credono nella magia» spiegò a bassa voce «Preferiamo evitare di farci sentire, non tutti reagiscono bene quando sentono parlare di maghi».
«I chi?» chiese Draco, inclinando la testa, inciampando nella panchina su cui prima era seduto. Il concetto di spazio personale per questo tizio era sconosciuto?
«Quelli senza poteri magici, in Inghilterra non li chiamate così?» chiese.
«No, da noi sono babbani».
«Ah sì, è vero!» esclamò il ragazzo «Me ne dimentico sempre, mio zio li chiamava sempre così» disse divertito «Allora… mago inglese, ce l’hai un nome?»
«Draco Malfoy» rispose «E tu?»
«Mi chiamo Vincenzo, ma gli amici mi chiamano Enzo». Il Serpeverde storse il naso e incrociò le braccia al petto, avrebbe voluto dirgli che non erano amici, ma voleva essere educato e non rispondere male all’unica persona che poteva aiutarlo «Stai cercando il quartiere magico, vero?»
«Sì, mi sarebbe davvero d’aiuto riuscire a trovarlo» replicò Draco.
«Per fortuna hai davanti a te la migliore guida di Pozzuoli, sia magica che non» disse a bassa voce, facendogli l’occhiolino. Un momento, quel tizio non stava flirtando con lui, vero? «Forza, andiamo! Ti farò strada verso la tua meta!»
Draco non se lo fece ripetere due volte, seguì il tizio lungo la strada che conduceva verso altri locali babbani del luogo e nel frattempo, richiamò Hermione per avvisarla che la situazione fosse sotto controllo, seguendo accuratamente l’avviso di quel mago italiano. Lei si raccomandò di tenerla aggiornata sugli sviluppi della faccenda e lui le promise di farlo. Anche se non sapeva ancora cosa lo attendeva oltre la porta del quartiere magico di quel posto. Vincenzo lo condusse per le vie della città, fino ad arrivare ad una piccola stradina, al centro tra un bar Pulcinella cafè e la Trattoria da Nonna Maria. Draco lesse quelle insegne quasi come se un pugno lo avesse colpito in un occhio, insomma, lui era abituato a tutt’altro. Il mago italiano lo trascinò fino alla fine del vicoletto, tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò verso una parete di cemento.
«Revelio» pronunciò e un’enorme porta di legno fece la sua comparsa davanti a loro, essa venne aperta con un Alohomora e permise ai due di passare dall’altra parte, si richiuse immediatamente dietro di loro, celando la presenza di quel luogo a chi non aveva poteri magici. Si guardò indietro per un momento e pensò che fosse forte, era molto simile a Diagon Alley.
«Draco Malfoy, benvenuto a Secretum Vicus» gli disse voltandosi verso di lui con un enorme sorriso sulle labbra, indicando il quartiere magico in cui erano appena entrati. Il biondo spalancò gli occhi stupefatto ed estasiato, davanti a sé c’era un’infinita strada, costeggiata da negozi di articoli magici, librerie, negozi di dolci e altre prelibatezze magiche. Sembrava un enorme mercato a cielo aperto, gli enormi tendoni dei negozi erano colorati e vivaci, dai colori sgargianti, molti richiamavano il mare, altri la montagna. Era davvero bellissimo. C’erano statue di grifoni e altre creature – sì, anche un basilisco – e immense costruzioni. Il suo nuovo compagno d’avventura italiano lo trascinò per i vari negozi, mostrandogli tutto ciò che avrebbe dovuto vedere, ma Draco non aveva tempo per tutto quello. Doveva trovare quante più informazioni possibili sul lago d’Averno e sulla Sibilla. Doveva salvare Harry, non doveva dimenticare la ragione per la quale era lì. Tuttavia, non riuscì a frenare subito quel tizio che lo obbligò ad assaggiare alcuni dolci tipici del posto e altre prelibatezze che, davvero, Draco amò come nient’altro, ma non poteva perdere tempo, davvero. Aveva poco tempo, doveva trovare una soluzione per raggiungere Harry, prima che la sua anima si perdesse nell’aldilà.
«Ti ringrazio davvero, ma io… devo andare» disse frettoloso «Puoi indicarmi una biblioteca?»
«Se mi dici cosa cerchi, posso aiutarti io» affermò il mago, sorridendogli Draco lo guardò con sospetto e lui alzò le mani, come se si volesse mettere sulla difensiva «Non ho cattive intenzioni, sono fatto così, quando vedo una persona in difficoltà, mi sento in dovere di aiutarla!» spiegò brevemente, con una scrollata di spalle. Draco sbuffò, alzando gli occhi al cielo, possibile che dovunque andasse si ritrovasse ad incontrare stupidi Grifondoro dall’animo puro? Gli sembrava davvero una brava persona, ma era incerto, era una persona troppo espansiva per i suoi gusti, quelli così avevano sempre un secondo fine e Silente lo aveva messo in guardia sui seguaci di Voldemort. Ma in Italia c’erano Mangiamorte? Non aveva sentito che alcuni maghi di Durmstrang erano seguaci di Voldemort, ma non aveva mai sentito niente riguardo dei Mangiamorte italiani e lui aveva bisogno d’aiuto…
«Ecco un altro Harry Potter, stavolta in versione italiana» disse sarcasticamente, scuotendo la testa.
«Harry Potter? Tu conosci Harry Potter?» chiese il mago italiano, il biondo alzò un sopracciglio, come se fosse la cosa più ovvia del mondo, lui era cresciuto con San Potter, la sua storia lo aveva tormentato per tutta l’infanzia e poi la sua adolescenza era stata segnata e poi salvata dalla sua presenza. Era lì per il dannatissimo Potter, ma non era il caso che quel mago lo sapesse. Poteva farsi aiutare e non rivelare troppo della sua missione.
«Certo che lo conosco» replicò Draco «Perché?»
«Perché è una leggenda da queste parti!» esclamò il ragazzo, spalancando gli occhi «Non ci credo…» mormorò incredulo «Ed è vero che è… sopravvissuto alla maledizione che uccide?»
«Verissimo» replicò il biondo «E sì, ha anche la cicatrice e tutto il resto, è un portento nel Quidditch, la sua fortuna sfacciata è conosciuta in tutto il mondo magico anche oltre l’Inghilterra, a quanto pare» continuò sarcasticamente «Ed è un dannatissimo Grifondoro troppo buono, se vuoi saperlo». L’italiano ridacchiò, scuotendo la testa. «E sì, a tutte le domande che farai su di lui, quell’idiota è ovunque!»
L’altro ragazzo trattenne una risata e lo guardò abbassandosi gli occhiali da sole, lanciandogli un’occhiata inequivocabile, sfoggiando un paio di occhi verdi mozzafiato. Ma non belli quanto quelli di Harry – pensò. Oh no!
«E tu sei pazzamente innamorato di lui? Mi troverò in mezzo a una storia d’amore impossibile?»
«Ma che diavolo dici?» domandò incredulo, arrossendo come un pomodoro «Non sono innamorato di lui, siamo amici, solo amici».
L’italiano alzò le mani a mo’ di “okay, se lo dici tu” e non disse nulla, ma ridacchiò scuotendo la testa. «Quindi, ricapitolando cosa ci fa un mago inglese nel quartiere magico campano?» domandò con curiosità.
«Ehm, temo di non potertelo dire, ma è una questione importante».
«Oh, wow! Allora devi per forza accettare il mio aiuto» esclamò allegramente «Non te ne pentirai». Draco era incerto, non aveva altra scelta se non quella di accettare l’aiuto di quel ragazzo, perché da solo non avrebbe davvero saputo come fare. Non conosceva bene il luogo, non sapeva dove andare. Quel ragazzo, invece, poteva essere una valida risorsa, aveva bisogno di aiuto, da solo non sarebbe mai riuscito ad orientarsi in quel luogo. Doveva farsi forza e tentare di accettare la sua offerta, se si fosse rivelato una minaccia, beh, avrebbe sfruttato qualcuna delle lezioni di sua zia ed era, comunque, un abile duellante, anche se Potter lo aveva battuto in passato.
«Cosa sai della Sibilla?» chiese «E del Lago d’Averno? Come li raggiungo?»
 

§§§

 
Non mi importa quanto sarà difficile, io riuscirò a salvarti, Harry. – Una voce risuonò nella sua mente, ma lui la ignorò, non aveva bisogno di essere salvato.  
Harry si risvegliò nel suo letto. Si sentiva felice, rilassato, tranquillo, gli sembrava di aver riposato per la prima volta in tutta la sua vita. La camera era decorata con oggetti rossi e dorati, i colori tipici dei Grifondoro, sul suo comodino c’era una foto di lui con suo padre con il suo primo boccino in mano, in un’altra sua madre che lo stringeva in un abbraccio affettuoso, insieme a una di lui e Sirius con una Firebolt, quella che gli aveva regalato per il suo tredicesimo compleanno. Si alzò dal letto e si massaggiò la testa, sentendo che qualcosa non andasse, c’era qualcosa che non tornava in quella stanza. Era troppo larga, troppo luminosa, troppo accogliente, si sentiva come se non fosse stato abituato a tutto quello, come se quella non fosse stata la sua vita. No, non era possibile, forse doveva aver fatto un sogno strano durante la notte e aveva sentito una voce familiare, ma che non riusciva ad associare a nessun volto.
Forse aveva solo mangiato pesante la sera precedente.
Si alzò dal letto, si stiracchiò e si mise seduto, sorridendo. Un nuovo giorno era sorto a Godric’s Hollow e lui si sentiva stranamente felice. Anche se continuava a provare una strana sensazione dentro di sé, quella voce che aveva sentito nella sua testa rimbombava ancora, ma era stato solo un sogno.
Si guardò intorno e sorrise, sentendo nell’aria della stanza un delicato profumo di pancakes. Infilò una maglia rapidamente e scese le scale che conducevano al piano inferiore, lungo la parete della scala, c’erano tantissime foto incorniciate della sua famiglia.
«Tesoro, buongiorno!» sua madre gli sorrise amorevolmente, quando lo scorse a metà scala. Harry arrivò quasi all’ultimo gradino e sorrise, guardando la donna. Sua madre era una donna bellissima, con i suoi capelli lunghi e rossi, il suo sorriso dolcissimo. Si appoggiò al corrimano e guardò nella sua direzione. Suo padre era seduto al tavolo, in mano aveva una copia della Gazzetta del Profeta, lei gli passò accanto e gli diede un bacio sulle labbra. I suoi genitori erano una delle coppie più sdolcinate del Mondo Magico, terribili. Lui e Sirius si divertivano da morire a prenderli in giro ogni giorno.
«Wow! Calmatevi, genitori!» esclamò, raggiungendoli in fretta «Non davanti a vostro figlio!» Lily rise, la sua risata era una delle melodie più belle che Harry avesse mai udito. La raggiunse e le diede un bacio sulla guancia «Buongiorno!»
«Sai vero che tu sei nato perché noi…?»
«Papà!» urlò Harry, arrossendo come un pomodoro maturo, James rise scuotendo la testa, borbottando qualcosa su quanto suo figlio fosse impressionabile, mentre Lily lo guardava con aria di rimprovero. Suo padre si divertiva sempre a metterlo in imbarazzo, dannazione, questa gliel’avrebbe pagata, ne avrebbe parlato sicuramente con Sirius.
«Sei particolarmente felice stamattina» osservò la donna. Harry annuì e abbracciò suo padre, solo per rubargli un pancake dal piatto, poi si sedette di fronte a lui e lo guardò con sfida.
«Mi sento bene, perché? Non sono sempre di buon umore?» chiese inclinando la testa, mentre la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava tornava ad essere persistente nella sua mente. era tutto perfetto…
«No, no, sei sempre solare» rispose lei sorridendo «È solo che dopo l’incidente di ieri sera, credevo fossi un po’ più scombussolato, ecco tutto».
«Già» si intromise James «Hai preso una bella caduta dalla tua Firebolt, hai voluto per forza provare la presa del bradipo».
Harry alzò gli occhi al cielo, ricordando cosa fosse accaduto. Era caduto dalla scopa, mentre sfidava Sirius con le nuove mosse che aveva imparato a bordo della scopa. «Beh, ho vinto comunque» si vantò, sorridendo.
«Non dovresti rischiare di farti male, tesoro».
«Mamma, devo partecipare alle selezioni per il Quidditch! Non è detto che anche quest’anno mi facciano fare il Cercatore!»
Lily gli mise davanti un piatto di pancakes e gli baciò la guancia: «Certo, tesoro, ma sei già bravissimo e sei il Cercatore dal primo anno, non rischiare anche di romperti l’osso del collo» gli suggerì «Sei molto più bravo di tuo padre».
«Grazie, mamma» rispose il ragazzo sorridendo.
«Tu lo sai, vero che non smetterà di allenarsi per tutta l’estate, amore?» le chiese James, appoggiando il giornale sul tavolo. Harry rise, lanciando uno sguardo al giornale, a quanto pareva un importante mago oscuro e uno dei suoi alleati erano stati arrestati e rinchiusi ad Azkaban, grazie alle indagini di suo padre e di Sirius. Desiderava diventare come loro, dopo la scuola. L’immagine di uno dei due gli era familiare, ma non riusciva a ricordare dove lo avesse visto.
«Purtroppo lo so» rispose Lily, scuotendo la testa «Ha la tua stessa capacità di cacciarsi nei guai».
«Non preoccuparti, mamma, starò bene» la rassicurò «Ehi papà, chi è quello?» chiese indicando il giornale «Un altro dei tuoi casi?» domandò «Ma… quello non è Peter, il tuo amico?» chiese un attimo dopo, riconoscendo l’altro uomo.
«Oh sì!» esclamò James «Sì, Peter si è rivelato una spia. Passava informazioni dal dipartimento all’uomo che abbiamo arrestato» spiegò brevemente «L’altro invece è Tom Riddle, abbiamo faticato un po’ per prenderlo, ma sai come siamo fatti io e Sirius, non ci fermiamo mai fino a che non prendiamo il cattivo della situazione». In automatico, al sentire quel nome, Harry si portò una mano alla fronte, come se un dolore fantasma l’avesse colto proprio in quel punto.
«Tesoro, stai bene?» gli chiese Lily, guardandolo. Il ragazzo annuì, ma la sensazione che ci fosse qualcosa che non andasse era presente in lui. Era come un leggero sentore, qualcosa gli diceva che era tutto perfetto, tutto troppo irreale, ma come poteva esserlo? Quella era la sua vita, era appena tornato dal sesto anno di Hogwarts, aveva vinto la Coppa del Quidditch con la sua squadra. Adorava giocare a Quidditch e adorava il fatto che il preside della scuola avesse permesso a suo padre di assistere a tutte le sue partite, non lo aveva mai visto più fiero di lui. Aveva passato tutti gli esami finali con Eccezionale tranne in pozioni che aveva preso un Oltre ogni previsione, perché apparentemente il professore lo detestava.
«Sto bene, mamma… mi fa solo un po’ male la testa» rivelò, assaggiando uno dei pancakes che la madre gli aveva messo davanti. La donna gli mise una mano sulla fronte, come se volesse controllare la sua temperatura.
«Sarà stata la caduta che hai preso ieri, io l’avevo detto a Sirius che non dovevi restare tutto quel tempo a testa in giù» fece lei «Ah, mi sentirà!» disse, Harry ridacchiò, seguito da James. «Fai colazione, poi vai a riposare ancora un po’, ti chiamerò io quando arriverà Sirius» gli suggerì lei.
«Sirius verrà qui?» chiese.
«Certo!» esclamò «Oggi è sabato, tu, tuo padre e Sirius andate sempre a vedere una partita di Quidditch, oggi giocano i Cannoni di Chudley, te ne sei dimenticato?»
Ah, già! La tradizione del Quidditch del sabato, l’aveva quasi dimenticato. Nove mesi a Hogwarts erano sempre troppo lunghi lontano dai suoi genitori e dal suo padrino. A sentire il nome della squadra, qualcosa scosse la mente di Harry, forse conosceva qualcuno che tifava per essa? A lui non facevano impazzire, ma forse… nah, sto facendo solo confusione.
«No, no, non l’ho dimenticato! Non mi ero reso conto che fosse già sabato» replicò lui. Lily gli scompigliò i capelli amorevolmente e Harry le rivolse un sorriso, poi in silenzio iniziò a fare colazione. Qualcosa gli diceva che lui non era abituato a tutto quello, aveva come la sensazione di non essersi mai seduto a tavola per la colazione in quel modo. Certo, a Hogwarts gli orari erano tutti molto frenetici e lui era sempre stato un gran ritardatario. Fece colazione mentre scherzava con suo padre, che infastidiva bonariamente sua madre e lei rideva. Era una scena dolcissima, gli erano mancati troppo durante quell’anno di Hogwarts, più delle altre volte, si rese conto. Ogni tanto aveva come il sentore che li vedesse per la prima volta, ed era parecchio strana come sensazione. Non riuscì a smettere di sorridere, mentre li osservava, soprattutto quando, alla fine della colazione, suo padre fece levitare i piatti verso il lavello della cucina e lanciò un incantesimo per pulirli. Lily incrociò le braccia al petto, divertita e scosse la testa, mettendo le braccia attorno al collo del marito, lasciandogli un bacio sulla guancia.
«James, cosa abbiamo detto sul fare le faccende domestiche con la magia?»
L’uomo scrollò le spalle divertito e si sistemò gli occhiali sul naso «Sicuramente che siamo maghi e non abbiamo bisogno di fare le cose alla babbana» fece appoggiando delicatamente le mani sulle sue «Fare le cose senza magia è noioso».
«A volte dimentico quanto tu sia uno stupido purosangue» ridacchiò lei, allontanandosi leggermente dal marito pronta ad occuparsi di altre cose, lui sorrise e le afferrò una mano, tirandola sulle sue gambe per poi darle un dolce bacio sulle labbra, mentre Harry si copriva gli occhi imbarazzato. I suoi genitori sapevano essere davvero imbarazzanti a volte, ma era bello vederli così felici e spensierati. Non sapeva perché ma era certo di non averli mai visti così.
«Va bene!» fece alzandosi dal suo posto, ridendo «Io vado in camera mia, prima di vomitare la colazione!»
«Oh suvvia, ragazzo mio!» esclamò James «Io non faccio tutte queste storie quando ti becco a pomiciare con il tuo ragazzo in camera tua!»
Harry arrossì all’impazzata e scosse la testa «Papà!» esclamò il ragazzo, coprendosi il volto con le mani. I suoi genitori risero e lui scosse la testa, sentendo però una strana felicità espandersi dentro di lui. Avrebbe dovuto essere abituato a tutto quello, allora perché si sentiva così? Possibile che stare lontano da casa per tanto tempo per andare a scuola, lo avesse fatto diventare così nostalgico da farlo sentire quasi un estraneo a casa sua?
«James, perché devi sempre metterlo in imbarazzo?» fece lei scuotendo la testa, senza dare all’uomo il tempo di replicare «Tesoro, vai a riposare un po’, così ti passerà il mal di testa, tra un po’ Sirius sarà qui!» gli suggerì Lily «Non vorrai perderti la vostra giornata allo stadio». Il ragazzo scosse la testa e ascoltò il suggerimento di sua madre, così si alzò per tornare in camera sua, si voltò a guardare i suoi genitori e sorrise, erano così giovani, così innamorati… Era davvero fortunato ad averli con sé, ad essere cresciuto con loro, probabilmente sarebbe stato un ragazzo molto più problematico, se non li avesse avuti… avvertì di nuovo una fitta alla testa, verso la tempia. Doveva aver battuto forte la testa, perché quando si guardò allo specchio, non c’era nulla.  Sua madre era la persona più dolce che avesse mai conosciuto e suo padre… beh, era un ottimo padre, ma si divertiva terribilmente a metterlo in imbarazzo. Non riusciva a smettere di pensare alle affermazioni di suo padre che pomiciava con il suo ragazzo in stanza…
Un momento. Quale ragazzo? – pensò. Sbuffò, mettendosi a letto, probabilmente suo padre aveva detto così solo per confonderlo e imbarazzarlo, in fondo lui e Sirius erano stati i primi ad accettarlo quando aveva fatto coming out. Lo avevano accettato subito, senza recriminazioni di alcun genere. La sua famiglia lo supportava sempre, qualunque scelta prendesse, erano davvero fantastici. Forse aveva ragione sua madre, doveva stare più attento, se per una caduta sola aveva dei vuoti di memoria, non osava immaginare cosa sarebbe accaduto per infortuni peggiori. Non avrebbe di certo smesso di allenarsi con suo padre e con Sirius, ma avrebbe solo cercato di stare più attento.
Fin da quando era stato accettato nella squadra di Quidditch di Grifondoro, non aveva mai smesso di allenarsi, per poter diventare un giocatore professionista, ne aveva ancora di strada da fare. Si sdraiò sul suo letto e sorrise felice, gli piaceva la sensazione di essere tornato a casa, anche se non riuscita a sganciarsi dall’idea che quella realtà che stava vivendo fosse troppo irreale. Di sicuro c’era qualcosa che non andava, di sicuro c’era qualcosa che non tornava, ma forse era come aveva detto sua madre, era dovuto alla caduta che aveva preso. Forse avrebbe fatto meglio a riposare un po’ e a rilassarsi, in fondo, Sirius stava arrivando e doveva andare assolutamente a vedere la partita con lui, come ogni sabato, era una cosa abituale, ogni volta che tornava da Hogwarts, lui, suo padre e il suo padrino, il sabato mattina, andavano a vedere le partite di Quidditch delle squadre che giocavano nella loro città. Se non erano previste partite, allora andavano al parco a pochi isolati da casa loro, un parco abbandonato, dove nessuno andava mai – si diceva fosse infestato dai fantasmi – e si sfidavano, James liberava un boccino e lui e Harry facevano a gara a chi riuscisse a prenderlo per primo. Sirius era l’arbitro, ma stava sempre dalla parte del suo figlioccio.
Il ragazzo sorrise guardando il soffitto, non vedeva l’ora di rivedere Sirius, non lo vedeva da tanto tempo… qualcosa dentro di sé s’incrinò al pensiero del suo padrino e gli occhi gli si riempirono di lacrime. Ma perché si sentiva così? Era stupido o cosa? Sua madre gli aveva appena detto che il suo padrino sarebbe arrivato a breve… perché si sentiva così preoccupato e triste? Non aveva senso… tutto era strano e forse doveva solo smettere di pensarci. Stava bene, i suoi genitori stavano bene e sicuramente anche Sirius. Non c’era niente, assolutamente niente che non andava.
Chiuse gli occhi per qualche minuto, sperando che tutte le sensazioni negative che stava provando in quel momento passassero da sole. Quando riaprì gli occhi gli sembrò che fossero passate ore, sbatté le palpebre e sentì delle lacrime impigliate tra le sue ciglia, aveva fatto un sogno strano con un ragazzo biondo dall’aria familiare che combatteva al suo fianco contro un mago oscuro e gli prometteva che l’avrebbe salvato. Ma che razza di sogni erano? La caduta dalla scopa gli aveva davvero fatto molto male.
C’era qualcosa di diverso nella sua camera, ma il suo animo era un po’ più tranquillo. Si mise seduto sul letto e si guardò intorno, sbatté le palpebre per qualche istante e poi si alzò dal suo letto. C’era qualcosa di diverso… ma cosa?
«Dov’è il mio figlioccio preferito?!» la voce di Sirius dall’altro lato della porta della sua camera interruppe i suoi pensieri negativi e un enorme sorriso si formò sulle labbra del ragazzo; Sirius era lì, stava bene. Non c’era alcun motivo per cui dovesse preoccuparsi, doveva togliersi dalla testa tutti quei pensieri negativi.
«Sirius!» esclamò Harry aprendo la porta e abbracciando immediatamente il suo padrino, riprendendo velocemente a respirare. Nemmeno si era accorto di aver smesso.
«Ehi, ragazzo!» il suo padrino lo strinse forte «Che hai? Sembri turbato» gli chiese, qualche istante dopo, scostandolo da sé per guardarlo negli occhi «Brutti sogni?»
«No, mi sento solo strano… ma passerà» rispose «La mamma dice che è per la caduta di ieri».
«Già, già… hai preso davvero una brutta botta, sono sicuro che starai meglio presto» disse scompigliandogli i capelli amorevolmente «Ehi, ho un’idea» esordì «Perché non passiamo un po’ di tempo di qualità insieme? Solo io e te, padrino e figlioccio» fece «Lasciamo questo vecchiaccio di tuo padre indietro». Harry rise e annuì guardando il suo padrino. Era proprio ciò di cui aveva bisogno dopo l’incubo che lo aveva scombussolato un po’. Aveva bisogno di un po’ di tempo con Sirius.
«Andiamo a dirglielo, allora!» esclamò mettendo un braccio attorno alle spalle del ragazzo. Lo condusse verso le scale che conducevano alla cucina e vide che i suoi genitori erano lì. Sorrise automaticamente nel vederli e tutti i brutti pensieri svanirono. Non vedeva l’ora di trascorrere qualche ora spensierata con Sirius e magari sparlare un po’ del professore di Pozioni che detestava da morire. Il suo padrino non faceva che fare battute su di lui e sul suo grosso naso oppure faceva delle imitazioni che lo facevano ridere sempre. Adorava Sirius, riusciva a fargli tornare il buon umore anche quando era con il morale a terra. Arrivarono in salotto e il ragazzo guardò verso suo padre.
«Papà, cambio di programma» annunciò «Io e Sirius andiamo in giro insieme!»
«Ehi, no!» esclamò James, alzando la testa verso di loro «Avevo già preso i biglietti per la partita, non potete tradirmi così!» protestò. I due si guardarono, complici e scoppiarono a ridere.
«Senza offesa, papà, ma tu non riesci a stare al passo con noi…» insinuò il ragazzo, mentre il suo padrino gli dava manforte annuendo e concordando con lui. Harry era fuori di sé dalla gioia, non aveva mai vissuto una situazione tanto esilarante, suo padre era rosso in faccia e sembrava sul punto di esplodere.
«Jamie, ci rifaremo suvvia! Il ragazzo ha ragione!»
«Ehi, non mettetevi sempre in combutta contro di me, voi due!» esclamò James «A volte mi chiedo perché Lunastorta non sia con noi, almeno lui sarebbe stato dalla mia parte!»
«Sappiamo tutti e due chi avrebbe appoggiato» replicò Sirius ridendo «E poi lo sai, è sempre via per lavoro o qualcosa del genere» aggiunse con una scrollata di spalle «L’unico che ti avrebbe appoggiato era Peter» continuò «Ma per tua sfortuna è diventato un criminale quando si è messo in combutta con Riddle, per fortuna siamo riusciti ad arrestare entrambi prima che facessero del male a qualcuno». James annuì, Harry si stupì del cambio di discorso. Ma chi diavolo era Lunastorta? Forse un loro collega che aveva un buffo soprannome? Di sicuro suo padre e Sirius gli avevano raccontato di lui, ma non riusciva a ricordare chi fosse. «Quindi, mio caro, non hai nessuno dalla tua parte, io e Harry siamo una squadra imbattibile».
«Ah! Rimpiango il giorno in cui ti ho nominato il padrino di Harry, siete troppo simili!» esclamò «Lily, non è che c’è qualcosa che non mi hai detto?» chiese alla moglie, divertito.
Lei scosse la testa, rassegnata e sconfitta dall’idiozia dell’uomo che aveva sposato: «Amore, Harry è uguale a te in tutto e per tutto, siete come due gocce d’acqua… a parte gli occhi» disse, sorridendo e guardando il figlio «Ha i miei occhi». Harry avvertì di nuovo un lancinante dolore alla fronte, portò la mano di nuovo su quel punto e gemette di dolore, ma aveva controllato, non aveva niente lì. Scosse la testa, cercando di scacciare il dolore. Perché improvvisamente gli faceva male di nuovo la testa? Cosa aveva scatenato quella reazione?
«Harry, ehi, Harry!» Sirius lo afferrò per le spalle e lo sorresse «Stai bene? Ragazzo, rispondimi».
«Harry, tesoro» la voce della sua mamma lo rasserenò per un momento, Lily gli passò le mani tra i capelli, anche James intervenne e insieme a Sirius lo portò sul divano. La testa gli faceva male, pulsava con forza ed era un dolore insopportabile, partiva tutto dalla fronte e si estendeva per tutta la testa. Gli annebbiava la mente e non capiva da cosa dipendesse, ma stava male e non riusciva a tenere gli occhi aperti.
«Resta sdraiato, tesoro» gli disse dolcemente Lily, continuando ad accarezzarlo «Andrà meglio tra un attimo, te lo prometto» continuò a dirgli per rassicurarlo. Harry si lasciò cullare da quelle parole e tenne gli occhi chiusi. Quando li riaprì il mal di testa era svanito e si sentiva molto meglio rispetto a prima.
«Va meglio, tesoro?» chiese sua madre.
«Sì…» mormorò, aveva la bocca impastata, gli occhi pesanti, ma non aveva più dolore, era solo un po’ scombussolato.
«Ti ho preparato una bevanda calda» gli disse sua madre e con un colpo di bacchetta fece levitare fino a loro una tazza rossa con all’interno una bustina di camomilla. Lo aiutò gentilmente a mettersi seduto e poi gli mise la tisana tra le mani.
«Grazie mamma» disse sorridendole e iniziando a sorseggiare la bevanda. Lei gli sorrise dolcemente e non smise di accudirlo, fino a che non si sentì meglio. Riuscì poi a convincere suo padre e Sirius a non rinunciare alla partita solo perché lui si era sentito male e li costrinse ad andare senza di lui, ma avrebbero dovuto portargli un ricordo della partita. I due uomini accettarono, soprattutto Sirius, accettarono solo alla condizione che il giorno seguente, se fosse stato in forma, sarebbero andati al campo a fare degli allenamenti. Sua madre aveva provato a protestare, ma tutti e tre erano stati fin troppo convincenti e alla fine lei aveva ceduto. Sirius e James uscirono, mentre Harry rimase con Lily a casa, a godersi le sue premure. Non lo lasciava mai da solo, si prendeva cura di lui e lo faceva sentire accudito. Perché aveva costantemente la sensazione di non aver mai vissuto nessuna di quelle esperienze? Ma perché allora erano presenti nella sua memoria? Sapeva bene che sua madre era una donna eccezionale, una strega fuori dal comune e una madre meravigliosa.
Ma perché gli sembrava tanto una novità il suo modo di comportarsi con lui?
Forse era solo una sensazione, o almeno lo sperava.

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Welcome in questo nuovo capitolo! In cui finalmente il nostro Drachio parte per l’Italia con una comodissima passaporta e si teletrasporta a Pozzuoli. (Oddio quanto mi fa strano nominare luoghi che conosco dal vivo in una storia AHAH)
Un paio di note per aiutarvi a capire il pov di Harry: quando nel capitolo precedente ha “accettato” di restare con i suoi genitori, lui credeva che sarebbe stato se stesso, invece è come se si fosse addormentato e avesse perso tutti i suoi ricordi della “vita precedente”, soprattutto le sue amicizie e le persone vive, in cui vive la vita che ha sempre sognato, lontana dal dolore e dalla sofferenza, gli allenamenti con il suo padrino, la tradizione di andare a vedere le partite di Quidditch con suo padre e Sirius, la madre che gli prepara la colazione, vedere le dinamiche dei suoi genitori, suo padre che lo mette in imbarazzo e tutto il resto, è tutto ciò che lui ha sempre sognato e il suo “inconscio” gli sta mostrando ciò per rendere la sua “permanenza nel mondo dei morti” più confortevole. Allontana la sofferenza (i ricordi dei Dursley, degli abusi, di Voldemort) e la preoccupazione per gli altri. Ecco perché né Ron né Hermione potevano salvarlo, non li conosce nemmeno. Non ricorda nemmeno il nome di Draco, ma il legame gli permette di “sentire la sua voce” quando i pensieri di Draco sono rivolti a lui. Sa della sua esistenza perché è il legame che agisce, in quel caso. Intanto Harry vive un enorme sogno in cui ha vissuto tutta la sua vita con i suoi genitori e Voldemort non è che un criminale da 4 soldi, James e Sirius sono due Auror e lui frequenta Hogwarts in tranquillità ed è felice. Lily, Sirius e James sono le proiezioni dei sogni di Harry, la realizzazione dei suoi desideri più nascosti. (badate bene non c’è Remus perché è vivo, invece Minus è morto e quindi viene nominato). Possiamo dire che è un “what if nel what if” INCEPTION DI WHAT IF (come direbbe il Trono del Muori LOL) Perché rendere le cose facili a me non piace per niente. Comunque, tenete a mente ciò di cui ho parlato nei capitoli precedenti e capirete un sacco di cose. Draco sta arrivando a salvare il suo Pottah <3 Se avete domande, sono a vostra completa disposizione.
Altra nota, i nomi dei bar, ristoranti e hotel sono inventati – non ho mai scritto nulla di ambientato in Italia e non sapevo se potevo o meno usare i nomi originali (: ma il lungo mare di Pozzuoli è così pieno di bar e ristoranti che uno in più o uno in meno non fa differenza. Quindi sono andata online e ho usato un generatore di nomi usando un po’ le caratteristiche della città LOL (pulcinella è la maschera tipica di Napoli, ad esempio lol)
E NOTA BENISSIMO: quando Draco definisce “nativi” i napoletani, non lo fa con cattiveria, ma solo perché non sa come chiamarli e non capisce il napoletano (AHAH manco io lo capisco, e sono una “nativa”, figurarsi lui che è un piccolo lord inglese.) Vincenzo “Enzo”, ovviamente è un OC ideato ad hoc per aiutare Draco, altrimenti si sarebbe perso LOL (e sì, un po’ ci prova con Draco, ma solo perché lui flirta con tutti e chi non ci proverebbe con Draco? SUVVIA, il nostro biondino però è interessato solo al suo Sfregiato, anche se non o ammette nemmeno sotto tortura LOL) (e no, non agitatevi, non è un personaggio negativo, è solo stato piazzato lì per aiutare il povero Draco ad orientarsi)
Perdonate le gag stupide di Draco a Napoli, dovevo alleggerire un po’ la tensione, visto che ci stiamo immergendo nei capitoli più duri della storia LOL
In questo e nei prossimi capitoli potete notare quanto io sia analfabeta quando si tratta di fare descrizioni di paesaggi. Datemi una storia in cui posso parlare dei sentimenti dei personaggi e ne sarò felice, ma fatemi fare le descrizioni e sarò la persona più in difficoltà nel mondo. Preferisco le introspezioni, seriously.
Scusate il pippone di spiegazioni più lungo del capitolo, ma se non ve l’avessi spiegato probabilmente mi avreste preso per pazza LOL
Anyway! :D
Sono davvero felice di vedere che la storia vi sta piacendo e dei feedback positivi che sta ottenendo, sono davvero molto proud. Grazie a tutti per il supporto e soprattutto grazie a Eevaa, Estel84, tidi, Puffalanovita che hanno recensito il capitolo precedente. Grazie a tutti i lettori silenziosi e a chi aggiunge la storia alle categorie. THANKS.
Il 2020 sta finendo! E speriamo che il 2021 sia migliore di questo. Vi do appuntamento all’ “anno prossimo” (cioè sabato prossimo) con il quarto capitolo della seconda parte, in cui entreremo nel vivo della missione di Draco! (che è stato uno dei capitoli che più ho amato scrivere, insieme al sesto <3)
See you on Saturday!
Love ya all <3
#StaySafe
 
PS. Qui potete trovare la one-shot natalizia: “Love under Christmas Lights
 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 13
*** Seconda Parte, Capitolo 4: Sybille's Cave. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 4: Sybille's Cave




Il ragazzo italiano si era rivelato una risorsa preziosa per Draco. Non solo conosceva tutto ciò che riguardava la città ancora sconosciuta per Draco, tutto ciò che riguardava la fantomatica Sibilla, tutto ciò che riguardava il lago e la leggenda attorno ad esso, ma lo aveva anche accompagnato in un “covo segreto”, come l’aveva soprannominato Draco, in cui aveva incontrato alcuni maghi che in quel posto erano considerati i sommi sapienti della magisophia(1), il Serpeverde non aveva mai sentito parlare di quella disciplina, a quanto pareva era tanto rara quando di difficile comprensione. Era una branca della divinazione che si occupava di arti mistiche, leggende e studio applicato di tutto il mistero che avvolgeva alcuni luoghi misteriosi di quella città. Gli studiosi di tale oscura disciplina erano dei maghi anziani che indossavano tuniche lunghe come quelle dei frati ed erano chiamati magisofisti, essi rispondevano ai comandi della loro somma sacerdotessa: la Sibilla. Ella era l’unica donna del gruppo e come tale li guidava. Essi studiavano l’area flegrea, i misteri che l’avvolgevano e tentavano di spiegare perché quell’area fosse così misteriosa. Quando giungevano loro notizie di sparizioni, sia di maghi che di babbani, in circostanze misteriose, indagavano per scoprirne di più, quando si sentivano voci della presenza di creature misteriose o altri misteri, loro indagavano, ma non intervenivano, di solito incaricavano altri maghi di risolvere la situazione – un po’ come Silente. Draco scoprì che avevano fatto numerose ricerche anche sul lago d’Averno e sulle leggende che c’erano attorno ad esso, ma i quei maghi erano sicuri che, sì, quel lago costituiva una via d’accesso diretta al mondo dei morti, ma non era così facile accedervi, perché solo la Sibilla era a conoscenza di quel segreto, solo lei sapeva come accedervi, come mettersi in contatto con i morti.
Draco ebbe difficoltà a comprendere il loro modo di parlare, ma Vincenzo fu in grado di tradurre quasi tutto in inglese e di fare da intermediario tra lui e i sapienti magici. Il biondo non si fidava completamente dell’italiano, aveva sempre la sensazione che lo ingannasse o che avesse un secondo fine, tuttavia aveva deciso di sfruttare a proprio vantaggio la sua conoscenza del posto e di tutti i segreti di quella città per trovare il modo di salvare Harry. Da bravo Serpeverde qual era, in quel momento, stava mettendo il proprio obiettivo davanti ad ogni cosa, non gli importava in che modo, avrebbe salvato Harry e l’avrebbe riportato a casa così come aveva promesso prima a se stesso e poi a tutti gli altri, perché lui lo meritava, lui ne valeva la pena e se per donargli quella vita doveva sfruttare l’aiuto di quel tizio italiano e affrontare una missione impossibile, l’avrebbe fatto. Inoltre, Vincenzo si stava rivelando molto più utile di quanto Draco avesse immaginato, infatti grazie a lui aveva ottenuto tutte le informazioni di cui aveva bisogno, secondo i sapienti, in effetti, oltre alle storie narrate nei miti, tramandate dall’antichità, solo un mago si era addentrato nelle profondità dell’Averno, ma non aveva mai fatto ritorno, alcuni dicevano che avesse visto cose indicibili, una volta superato il confine con l’Oltretomba e che la sua anima fosse rimasta bloccata lì, altri sospettavano che non avesse superato il colloquio con la Sibilla e che la sua missione non fosse mai neanche iniziata. Ella era l’unica che potesse mettere in contatto i viventi con l’Oltretomba, possedeva poteri mistici e divinatori superiori ad ogni altra strega. Si diceva che l’attuale Sibilla avesse quasi centocinquanta anni. La sua predecessora si era spenta a soli novant’anni, ogni Sibilla alla propria morte trasmetteva i suoi poteri e la sua sapienza ad una discepola scelta tra le streghe più brillanti nell’arte della divinazione.
Draco era affascinato da quei discorsi, a Hogwarts non aveva mai sentito niente del genere, e se non avesse avuto tanta fretta di capire e di scoprire ciò che ancora non conosceva per poter salvare Harry, avrebbe continuato ad ascoltare quei discorsi affascinanti. Ma non aveva tempo, Silente gliel’aveva detto più volte, più passava il tempo, più le speranze di salvare Harry diminuivano, non voleva rischiare un fallimento, non ora che era così vicino alla soluzione, non ora che era ad un passo dal capire come raggiungere il lago e accedere al limbo. Doveva raggiungere la sacerdotessa e farsi guidare verso il regno dei morti. Doveva farlo, doveva trovare il modo di salvare Harry. Annotò sul suo taccuino tutto ciò che i magisofisti gli avevano detto, non esitò nemmeno a chiedere delucidazioni ogni volta che qualcosa non era chiara – e per sua fortuna, aveva l’aiuto di quel mago italiano, altrimenti la comunicazione sarebbe stata complicata. Molti parlavano anche quell’assurda lingua che aveva sentito al suo arrivo.
È solo un dialetto, gli aveva spiegato Vincenzo, ma per Draco era comunque incomprensibile. Erano rimasti diverse ore in compagnia di quei maghi sapienti – forse anche più di Silente – e alla fine, quando era tornato in strada, aveva chiamato Hermione per aggiornarla sulla situazione e raccontarle delle sensazionali scoperte appena fatte. Stai attento, mi raccomando e non fidarti troppo di quell’italiano. Draco l’aveva rassicurata, dicendole che non era uno che si faceva ingannare facilmente e che aveva la situazione totalmente sotto controllo. Sono curiosa di sapere se davvero questa Sibilla ha tanti anni quanto dicono, sarà più anziana di Silente? – Draco aveva riso alla sua domanda e le aveva promesso che se fosse riuscito ad incontrarla, avrebbe soddisfatto quella sua curiosità. Hermione era positiva circa l’esito della sua missione, nutriva profonda fiducia in lui e nelle sue capacità e Draco sperava solo che la fiducia della ragazza non fosse mal riposta. Quando chiuse la telefonata, tirò un sospiro di sollievo, poteva farcela. Non doveva dubitare delle sue capacità, non in quel momento, doveva restare concentrato e dare il meglio di sé.
«Hai tutte le informazioni che ti servono?» gli chiese l’italiano, quando lo vide chiudere la telefonata.
«Quasi» rispose Draco, iniziando a confrontare gli appunti di ciò che aveva appreso in quelle ore, con quelli che aveva segnato durante le sue ricerche a Hogwarts, poi tirò fuori dallo zaino una mappa e iniziò a consultarla, guadagnandosi un’occhiata confusa e interrogativa dall’altro ragazzo.
«Scusa, cosa stai facendo?»
«Cerco di capire come arrivare da questa Sibilla» disse il biondo con ovvietà, continuando a consultarla.
Vincenzo alzò gli occhi al cielo, mormorò un’imprecazione in italiano che Draco non capì e scosse la testa «E pensi di trovarla con una mappa?» chiese «Ti ci porto io, so dove si trova» disse quello risoluto, afferrandolo per un braccio «Forza, prima ti offro qualcosa da mangiare, sembri sul punto di svenire» osservò «E dovresti trovare un alloggio dove riposare, è tutto il giorno che sei in giro e che fai ricerche, e credimi ascoltare per cinque ore quei maghi anziani è stato sfiancante per tutti» aggiunse divertito «Non supererai nessuna missione in queste condizioni». Il Serpeverde scosse la testa e tentò di liberarsi dalla presa dell’italiano, sbuffando, rivolgendo all’altro uno sguardo colmo di sospetto: se sapeva dove si trovava la Sibilla, perché non gliel’aveva detto subito? Cosa nascondeva?
«Tu non capisci, non posso, io…» cercò di spiegarsi il biondo, ma l’altro lo interruppe scuotendo la testa lentamente.
«Io capisco, invece, ma non riuscirai a fare niente stanco e affamato, credimi» gli disse con serietà «Domani mattina all’alba ti porterò dalla Sibilla, non temere» gli promise «Ma ora devi fermarti e riposare un attimo». Draco sbuffò e scosse la testa, incrociando le braccia al petto, Hermione gli aveva detto la stessa cosa durante la telefonata di poco prima, ma lui non poteva fermarsi, doveva salvare Harry, non poteva perdere tempo, il Grifondoro era in pericolo e non poteva concedersi il lusso di riposare, dormire e simili. Non poteva fermarsi ora, era quasi arrivato alla soluzione, doveva solo capire gli ultimi dettagli. Non poteva rischiare che, a causa la sua pigrizia, Potter restasse nell’aldilà più tempo del necessario. Scosse la testa con decisione.
«Mi fermerò solo quando avrò portato a termine la mia missione» replicò fermamente.
«San Gennà, aiutami tu (2)» esclamò ad alta voce l’italiano, Draco spalancò gli occhi, non capendo le sue parole «Voi inglesi siete tutti così cocciuti o solo tu sei così?» chiese «Non porterai a termine nulla, se sei stanco. E da quello che hanno detto i magisofisti sicuramente ti serviranno parecchie energie per quello che devi fare» disse come se sapesse molto di più di quanto affermava. Ora che ci pensava… come faceva a conoscere i sapienti? Come sapeva dove si trovava la Sibilla? Come sapeva tutte quelle cose? E perché lo aveva avvicinato? Era un impostore o cosa? «Avanti, conosco un posto qui vicino che ti piacerà sicuramente». Draco alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Non poteva fidarsi, lo aveva sempre saputo e ne stava avendo le conferme in quel momento, l’unico problema che continuava a sussistere era che senza di lui, non avrebbe saputo dove andare e dannazione, dove avrebbe trovato uno che sapesse esattamente dove portarlo? E se stesse mentendo e volesse portarmi in una trappola? – Cosa doveva fare, allora?
Harry gli avrebbe detto di seguire il suo istinto, il suo istinto gli suggeriva di non fidarsi, ma di continuare a sfruttare la situazione, tenendosi pronto per qualsiasi evenienza. Dopotutto, aveva ucciso un serpente assassino, un mago ostile non sarebbe stato un problema per lui.
«Smettila di fare lo snob e vieni con me» insistette l’italiano «Tanto senza di me non sapresti dove andare, ricordi? Sono un esperto della zona» disse «Andiamo, forza, inglesino!»
Non aveva per niente voglia di socializzare con altre persone di quel posto. Ancora una volta, si chiese cosa avrebbe fatto Potter al suo posto, lui sicuramente avrebbe perseverato, sarebbe andato avanti… ma lui non poteva rischiare di perdere l’unico vantaggio che aveva e da bravo Serpeverde, la sua ambizione in quel momento veniva prima di tutto. Quando esattamente salvare Potter era diventata un’ambizione per lui? La gente normale ambisce ad altre cose, io invece… dannazione! Mi sono davvero trasformato in un Tassorosso? O peggio… in un Grifondoro? – si chiese mentalmente.
Draco sbuffò, accettando la realtà dei fatti. «E va bene» cedette, solo perché l’aiuto di quel tizio era fondamentale per non perdersi in quel luogo, dove non poteva smaterializzarsi, maledetta prima d della regola delle tre d, secondo la quale bisognava fissare la destinazione in cui apparire, quindi sottintendeva che lui dovesse conoscere i luoghi in cui doveva andare e la verità era che in quella città non aveva neanche un punto di riferimento. Dannazione. Ovviamente, appena conosciuti i posti, non avrebbe più avuto bisogno di lui e se ne sarebbe sbarazzato, in qualche modo. Vincenzo sorrise e lo trascinò – ancora – per il quartiere magico, fino a un piccolo locale, La Locanda dello Stregone, diceva l’insegna e lo portò dentro. Lui sbuffò un po’ e storse il naso, era una bettola per maghi, quasi peggiore della Testa di Porco a Hogsmeade. A cosa mi sono ridotto per salvarti eh, Potter? – pensò quando mise piede nella stanza che gli era stata assegnata – Appena quel maledetto stronzo torna in vita, gliela faccio pagare.
 

 
Il giorno dopo, Draco si svegliò più riposato, ma anche più preoccupato rispetto a quando era andato a dormire. Aveva ascoltato il consiglio del ragazzo italiano, si era fermato per la notte, aveva riposato e aveva rimesso insieme le idee, anche se aveva passato la maggior parte della nottata a controllare mappe, confrontare appunti e aveva parlato al telefono con Hermione per un’ora per studiare un piano a prova di bomba, tuttavia alla fine era giunto ad una sola conclusione: non c’era più tempo da perdere. Doveva sbrigarsi, doveva trovare la Sibilla e capire come fare per raggiungere e salvare Harry dal limbo in cui era prigioniero e riportarlo a casa vivo. Fin da quando Silente lo aveva convocato nel suo studio e gli aveva parlato della possibilità di salvare Harry, aveva saputo che quella missione sarebbe stata complicata, che avrebbe rasentato l’impossibile, ma, come aveva detto il vecchio mago, era l’unico in grado di poterlo fare, perché era l’unico che aveva un legame diretto con la sua mente, anche se non capiva ancora cosa volesse dire. Il funzionamento del Nexus Mentis lo lasciava confuso continuamente e spesso dubitava dei suoi stessi sentimenti, come se quello che provava non fosse totalmente naturale, il preside l’aveva rassicurato, ma lui non riusciva a credergli, era impossibile che improvvisamente avesse iniziato a provare quelle cose per il moro e di certo non aveva il tempo di riflettere sui suoi sentimenti in quel momento. Che qualcosa fosse cambiato tra di loro, Draco lo aveva percepito, non era stato immediato, ma graduale, il legame non si era manifestato subito e lui aveva creduto di provare dei sentimenti reali per lui, lo aveva baciato sulla Torre di Astronomia per questo, perché credeva che dal giorno dopo l’avrebbe più rivisto… non si era sbagliato, la sua sensazione era stata anche corretta, ma era convinto che a morire sarebbe stato lui, non Harry. E in quel momento aveva creduto che il suo sentimento fosse sincero, non frutto di un incantesimo che nemmeno avevano lanciato. Dannazione, perché doveva essere così confuso? Forse avrebbe dovuto capire prima, che esistesse quel tipo di legame, alcuni segnali c’erano stati: prima di tutto il suo atteggiamento, in vita sua non era mai stato tanto coraggioso, mai avrebbe pensato di fare la metà delle cose che aveva fatto nell’ultimo periodo, prima fra tutte: ribellarsi a suo padre e duellare contro di lui. Quando sulla Torre di Astronomia lo aveva schiantato in quel modo, aveva sentito finalmente di essersi liberato del suo condizionamento. Per tutta la sua vita gli aveva imposto come comportarsi, come pensare, cosa fare e lui era sempre stato troppo succube, troppo ubbidiente, troppo codardo, troppo solo per comportarsi in maniera diversa, ma seguire ciecamente suo padre, i suoi ideali e le sue azioni lo avevano condotto sulla strada del male, sulla strada della paura. Era certo che se Potter non gli avesse porto la mano in quel bagno, adesso sarebbero stati su due fronti diversi, come rivali e di certo non avrebbero combattuto fianco a fianco, non avrebbe contribuito alla disfatta di Voldemort, ma non avrebbe neanche visto l’amico morire davanti a sé, non si troverebbe in Italia, privo del Marchio alla ricerca del maledettissimo ingresso per l’Oltretomba, non sarebbe andato lì per cercare il limbo. Tante cose sarebbero state diverse, se Harry non gli avesse porto la mano e forse la sua vita sarebbe stata completamente diversa, non sarebbero neanche stati legati dal Nexus Mentis Incantatio, non avrebbero condiviso così tanto in così poco. In poco più di sei settimane, aveva conosciuto profondamente Harry, aveva condiviso con lui cose che non avrebbe mai sognato di condividere con qualcuno. Si era messo a nudo davanti a lui e lo stesso aveva fatto il Grifondoro. Forse era per questo che si erano tanto legati, forse era per questo che avevano stabilito quel legame. Erano più simili di quanto immaginassero di essere, anche se erano agli opposti. Harry gli aveva mostrato che anche lui poteva essere una brava persona, nonostante tutti gli errori commessi negli anni passati, gli aveva mostrato quanto i suoi ideali fossero sbagliati e basati sull’ignoranza. Gli aveva permesso di chiedere scusa alle persone che aveva ferito e queste ultime si erano dimostrate il suo più grande appiglio durante uno dei momenti più duri di tutta la sua vita, si erano dimostrate le persone che più lo avevano supportato e aiutato nel momento in cui aveva scoperto che avrebbe dovuto affrontare un viaggio (quasi) suicida da solo. Sapeva che imbarcarsi in quella missione sarebbe stato problematico, sapeva che avrebbe avuto problemi e difficoltà lungo il cammino, eppure… eppure dentro di lui c’era la volontà di andare avanti, la volontà di portare a termine quella missione, dimostrando che anche un Serpeverde, di solito visto freddo, calcolatore, ambizioso, egoista, poteva essere coraggioso, altruista e dare tutto se stesso per un’altra persona, anche per un – maledetto – Grifondoro. Pensava davvero quello che aveva detto ai suoi compagni di casa la notte della battaglia sulla Torre di Astronomia e aveva intenzione di dimostrare davvero le sue parole, ma non voleva farlo unicamente per se stesso, voleva farlo per Harry, per il ragazzo che aveva sacrificato tanto per gli altri, per il ragazzo che gli aveva offerto una possibilità e che si era gettato tra lui e una maledizione senza battere ciglio, voleva farlo perché lui meritava una seconda occasione, dopotutto quello che aveva perso e a cui aveva rinunciato nel corso della vita, meritava l’occasione di essere felice, di essere amato e accettato dagli altri per quello che era. Dopo quello che aveva visto nei suoi ricordi, dopo aver visto tutti gli abusi e la negligenza di quei babbani, dopo aver assistito alla sua sofferenza, dopo aver visto quanto avesse perso in età così giovane, Draco sapeva che Potter, più di chiunque altro, meritava una vita felice, una vita serena. Ed era per questo motivo che non si sarebbe mai arreso, avrebbe sempre continuato a lottare per lui, per riportarlo a casa. Ecco, questi sarebbero stati i tipici pensieri di un tipico Grifondoro e forse era davvero troppo condizionato dal legame, ma era anche vero che non si era mai sentito meglio in vita sua.
Non avrebbe mai raggiunto il suo grado di disinteresse verso se stesso, di altruismo e di generosità, ma voleva fare qualcosa per lui, per sdebitarsi, almeno in parte, di tutto ciò che il moro aveva fatto per lui, ma soprattutto perché, egoisticamente, non voleva vivere una vita senza di lui. Potter prima nel male, poi nel bene aveva fatto parte della sua vita e non poteva immaginare di vivere senza di lui, soprattutto adesso che erano così vicini.
Se Harry non fosse morto quella notte, probabilmente… avrebbero festeggiato insieme con quella Burrobirra che il moro gli doveva e forse avrebbero riso di tutte le volte in cui si erano odiati invece di unire le forze e forse avrebbero anche parlato di quel bacio e delle conseguenze di quello, ma Harry era morto… Sospirò e guardò il soffitto della sua camera.
Ti troverò, Harry – pensò – ti troverò e ti salverò, fosse l’ultima cosa che faccio – promise.  
Non c’era tempo, non c’era davvero tempo. Doveva salvarlo immediatamente, doveva portare a termine la missione e riportarlo a casa. Controllò l’orario sul suo orologio e raccolse tutte le sue cose con un incantesimo e si sistemò i vestiti addosso; qualcosa gli diceva che non avrebbe fatto ritorno in quella stanza della locanda per due motivi: non era un luogo adatto a lui, troppo rustico, troppo plebeo, per lui che era abituato al lusso e allo sfarzo, ma anche perché qualcosa dentro di lui gli suggeriva che non sarebbe mai tornato da quelle parti, non dopo aver parlato con la Sibilla. Si mise lo zaino in spalla ed uscì dalla sua stanza e, dopo aver saldato il conto della notte passata lì, pronunciò uno stentatissimo “grazie” in italiano che fece sorridere l’oste, il quale gli chiese se avesse voglia di fare colazione, prima di andare via, Draco declinò gentilmente la sua offerta e poi uscì dalla locanda; attese per qualche minuto l’arrivo della sua guida partenopea – così si era definito – e diede un ultimo sguardo ai suoi appunti. Sperava di poter portare a termine il suo compito quanto prima.
Vincenzo comparve a pochi metri da lui con una busta di carta in una mano, nell’altra due bicchierini monouso coperti con della carta stagnola - era almeno igienica quella cosa? Forse no – e un largo sorriso stampato sul volto.
L’italiano sorrise notandolo e si avvicinò a lui, sembrava allegro. Beato lui.
«Buongiorno, Draco!» esclamò in italiano. Il biondo restò stranito da come suonasse strano il suo nome in quella lingua, ma rivolse un sorriso al ragazzo e ricambiò il saluto «Come stai stamattina?»
«Determinato a portare a termine la missione» disse risoluto «Mi porterai dalla Sibilla?»
«Certo» rispose Vincenzo «Ma prima ti ho portato la colazione».
«Ma qui siete fissati con il cibo?» chiese alzando un sopracciglio con fare stranito «E io che credevo che lasciando Weasley a Hogwarts non avrei sentito qualcuno blaterare sul cibo».
Il ragazzo italiano rise, scuotendo la testa. «Giusto, sei un damerino snob che non sa apprezzare i piaceri della vita» disse «Presentami il tuo amico, sembra uno che sa rilassarsi ogni tanto».
Draco sbuffò alzando gli occhi al cielo «Ho una missione da portare a termine» replicò, indispettito, incrociando le braccia al petto «E poi non ti perdi niente, Weasley non è questo granché».
«Non è carino come te?» Draco arrossì e sbuffò ancora una volta, senza rispondere «E va bene, non essere geloso!»
«La pianti di fare l’idiota e mi porti dalla Sibilla, per favore?»
Vincenzo rise ancora «Okay, okay, ma ti ho portato la colazione, non vorrai gettarla via, vero?»
«Oh Salazar» sospirò massaggiandosi il setto nasale. «Va bene, ma muoviamoci».
«Sapevo che non potevi dire di no a un caffè e a un cornetto»
«Un che?» chiese stranito «E poi non bevo caffè! Io sono il tipo da tè, al massimo succo di zucca!»
«Bla, bla, bla» gli fece il verso l’altro «Forza, prendi uno di questi» disse porgendogli la busta di carta. Draco si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo e a sperare di finire al più presto quella pantomima senza senso. Dalla busta tirò fuori quello che gli sembrava a tutti gli effetti un croissant e guardò verso l’italiano con aria stranita.
«Tutto qui? Un croissant? Sai quanti ne ho mangiati in Francia?» chiese perplesso.
Vincenzo alzò gli occhi al cielo «Ma non hai assaggiato questo» replicò «Questo è il migliore di tutta la Campania» spiegò divertito «Forza, assaggia! E poi bevi un bel caffè, non c’è niente di meglio per iniziare bene la giornata» affermò, mettendogli nella mano libera uno dei due bicchierini, poi bevve velocemente il contento dell’altro e prese l’altro croissant presente nella busta. Draco alzò le sopracciglia con fare dubbioso e anche un po’ stranito e addentò quel dolce, stando attendo a non sporcarsi e lo trovò davvero delizioso, ma questo non giustificava il tempo che stava perdendo in quel momento. Doveva trovare Harry, doveva salvarlo. Vincenzo lo convinse anche a bere il caffè, ma solo il suo grande autocontrollo e la sua – forse troppo – buona educazione gli impedirono di sputare tutto e di deglutire quella bevanda scura e amara. Beh, sperava che almeno facesse il suo dovere e non lo facesse sentire stanco per le ore successive. Con un Evanesco fecero sparire i rifiuti e il biondo guardò verso il tizio, incrociando di nuovo le braccia al petto.
«Adesso abbiamo finito di perdere tempo?» chiese «Mi porti dalla dannatissima Sibilla?»
«Certo» replicò l’italiano appoggiandogli una mano sulla spalla «Reggiti, mi raccomando, non vorrai spaccarti».
A Draco tornò in mente il dolore che aveva provato quando era successo e scosse la testa, quella volta non avrebbe avuto nessuno a prendersi cura di lui. Così si aggrappò al braccio del ragazzo e pochi istanti dopo, lo strappo della smaterializzazione lo fece sussultare e la testa vorticò per qualche istante. Non era ancora abituato a quel particolare modo di viaggiare, aveva da poco passato l’esame per ottenere la licenza di materializzazione. Quando si materializzarono, erano tra le rovine di un antico sito greco o forse latino.
«Benvenuto agli scavi di Cuma, mio caro Draco Malfoy» gli disse Vincenzo «Ti trovi sulle rovine della più antica colonia greca d’occidente» fece indicandogli il territorio. Il Serpeverde si guardò intorno meravigliato, le rovine di pietra del passato conferivano a quel posto un particolare fascino, ancor più di tutta la mitologia e di tutte le leggende che c’erano dietro, aveva come la sensazione di trovarsi in un luogo mistico e surreale. «Ti faccio strada» disse «La grotta della Sibilla non è lontana da qui». Draco annuì e lo seguì spedito, continuando a guardarsi intorno affascinato. Gli sembrava di essere finito proprio in quel posto tanti millenni prima, di trovarsi in mezzo alle persone dell’epoca, più camminava tra quelle rovine, più la sua fantasia volava verso epoche sconosciute. E non sapeva nulla di quella cultura, non tutto almeno. Sapeva il minimo, quello che aveva appreso in quelle settimane trascorse a consultare tutti quei libri che con Hermione e Ron.
Vincenzo lo condusse verso un piazzale sulla sinistra e poi la vide: una grossa apertura scavata nel tufo, che doveva essere l’Antro della Sibilla, il luogo in cui avrebbe trovato le risposte alle sue domande, in cui avrebbe capito come raggiungere Harry nel limbo e come salvarlo da quel luogo.
«Io non proseguire oltre» disse Vincenzo, richiamandolo alla realtà «È una regola, solo chi deve interpellare la Somma Sacerdotessa può accedere» gli spiegò, Draco annuì, comprendendo le sue parole. «La galleria è lunga 130 metri, lungo il percorso ci sono diversi cunicoli su entrambi i lati, non badare ad essi, potrebbero trarti in inganno» spiegò ancora «Arriva in fondo alla grotta, c’è quella che qui chiamano la Stanza della Sibilla Cumana, non puoi sbagliare, una volta lì, dovrai incamminarti verso le tre grandi vasche presenti nella grotta e immergerti in esse, una alla volta, perché dovrai purificare il tuo spirito. Solo a quel punto, la Sibilla comparirà e potrai farle le tue richieste».
«Ti ringrazio, Vincenzo» gli disse Draco, con sincerità, alla fine lo aveva davvero portato lì, non lo aveva ingannato o tradito in qualche modo «Non sarei riuscito ad arrivare qui se non ti avessi incontrato».
«Figurati, Draco è stato un piacere per me» gli disse, porgendogli una mano «Ti auguro di trovare il tuo amico e di poterlo salvare». Il biondo gli strinse la mano, annuendo e ringraziandolo per il suo augurio «E se avessi bisogno di me… beh, questo è il mio numero» aggiunse porgendogli un foglietto «Chiamami, nel caso avessi bisogno». Il Serpeverde annuì e lo ringraziò ancora, mettendo il foglietto nella tasca dei pantaloni. Un’altra stretta di mano e poi Vincenzo si smaterializzò dopo avergli detto un enigmatico “ci vedremo prima di quanto immagini”, lasciando Draco da solo e perplesso.
Il biondo prese un profondo respiro ed entrò nella grotta. Era alta almeno quattro o cinque metri, era tetra, oscura, terrificante – ma non sarà peggio di quello che mi aspetta in futuro – pensò, riflettendo sul fatto che sarebbe andato nel regno dei morti. Probabilmente era più tetro e spettrale di quell’antro.
Accese la bacchetta con un Lumos e si incamminò all’interno della grotta. Nonostante ci fossero ben sei aperture laterali, c’era un buio pesto lì dentro ed essendo pieno giorno, avrebbe dovuto esserci un po’ di luce in quel luogo così tetro, ma niente l’oscurità lo avvolgeva completamente. Draco strinse forte la bacchetta tra le dita e si guardò intorno circospetto. Poi un rumore forte colse la sua attenzione, si voltò in direzione di esso, ma non vide nulla. Quando si voltò nella direzione che stava seguendo, sette fiammelle di fuoco fatuo gli illuminavano il cammino. Fuoco fatuo? – si chiese osservando le fiammelle blu che danzavano davanti a lui – ma cosa diavolo…?
Ne aveva sempre sentito parlare come una leggenda, un mito o una fiaba raccontata ai bambini, non credeva potessero esistere davvero nella realtà – non ne aveva mai visti prima di quel momento – e deglutì, sentendo un leggero terrore invaderlo. Seguì la strada illuminata dai fuochi e giunse in un’ala dell’antro, dove c’erano tre grandi ambienti, disposti a croce. I fuochi fatui librarono nell’aria e si posarono tutt’intorno alla sala, illuminandola parzialmente, nello stesso momento in cui un forte scrociare d’acqua raggiunse le orecchie del biondo. Quelle dovevano essere le vasche – che sembravano più cisterne – in cui avrebbe dovuto immergersi. Si morse le labbra e al culmine del terrore, iniziò a togliersi i vestiti. Così come gli era stato spiegato, non appena l’acqua smise di scorrere nella prima vasca, Draco vi si immerse. L’acqua era gelida, lo fece tremare tutto e senza avere esattamente idea di cosa fare, cercò di distendersi e di rilassarsi, doveva mostrare di essere degno di parlare con la Sibilla, doveva farcela per salvare Harry, doveva stringere i denti e sopportare il freddo. Immerse anche le braccia e sentì un leggero pizzicore all’avambraccio, lì dove c’era la cicatrice lasciata dal Marchio Nero. Si immerse ancora, fino al collo e iniziò a sentire l’acqua diventare più calda – stava funzionando, giusto? – continuò ad immergersi lentamente, fino a che non si distese nella vasca e immerse anche la testa. Era strano, non gli sembrava neanche di non poter respirare, era come se si trovasse in un’altra dimensione; si sentiva rilassato, tranquillo, mai prima di quel momento si era sentito così. Era una sensazione fuori dall’ordinario, per lui.
Improvvisamente l’acqua iniziò a scorrere via, come se venisse risucchiata da qualche parte, due dei fuochi fatui lo raggiunsero e si posarono su di lui, asciugandolo. Draco restò di stucco, erano fiamme fredde eppure… non aveva freddo. Non capiva cosa stesse succedendo, ma quando sentì l’acqua riempire la seconda vasca, seppe già cosa fare. Si avvicinò ad essa e si immerse nell’acqua, ma notò che stavolta rispetto all’altra, l’acqua di quest’ultima fosse più calda. Eseguì le stesse mosse che aveva eseguito nella vasca precedente, stavolta però sentì il suo spirito più leggero, come se tutte le preoccupazioni che l’avevano tenuto vigile in quei giorni fossero magicamente sparite. Erano ancora da qualche parte nella sua mente, ma più silenti. Quando l’acqua iniziò a ritirarsi, si alzò esattamente come aveva fatto prima e nello stesso modo due fuochi fatui lo raggiunsero, asciugandolo. Era strano, non aveva mai provato niente del genere, ma sentiva di essere sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo.
Quando la terza vasca si riempì, Draco non seppe cosa aspettarsi, ma decise che non si sarebbe fatto prendere dal panico, in fondo fino a quel momento tutto era andato per il verso giusto. Stava eseguendo quella specie di rituale nel migliore dei modi, non avendo una guida e basandosi solo su cose che aveva letto o che gli erano state dette… beh, se la stava cavando, giusto? Deglutì e quando la vasca fu piena, si immerse in essa. Stavolta era piacevolmente calda, come una fonte termale o qualcosa del genere. Quando si immerse fino alla testa, si sentì leggero, quasi gli sembrava che il suo corpo si fosse separato dal suo spirito e che esso librasse sopra di sé. Stavolta restò più tempo, l’acqua calda toccava delicatamente la sua pelle e la scaldava, alleggerendo le sue preoccupazioni. Esattamente come per le altre due volte, l’acqua si ritirò e lui si alzò, mentre altri due fuochi fatui lo asciugavano, lasciandogli addosso una sensazione di contrasto che lo fece rabbrividire, freddo e caldo, due opposti, due facce della stessa medaglia. Esattamente come lui e Harry.
Si rivestì lentamente, guardandosi intorno e studiando l’ambiente circostante. Non era cambiato niente intorno a sé, la stanza era rimasta uguale e nemmeno sembrava che quelle cisterne si fossero riempite d’acqua, tutto era silenzioso, calmo, un’innaturale quiete lo circondava. L’ultimo fuoco fatuo rimasto si gli indicò la nuova via da seguire e lui, afferrata la bacchetta, lo seguì di nuovo, ritrovandosi nel corridoio principale. Continuò a percorrerlo fino alla fine, seguendo sempre la strada indicata dal fuoco fatuo e giunse in una stanza rettangolare al centro della quale c’era uno scranno su un altare abbastanza alto, la fiammella blu si librò nell’aria e rimase sospesa al centro della stanza, come per magia si ingrandì, illuminando parzialmente l’ambiente, lasciandone però una parte in penombra. Quella doveva essere la stanza oracolare della Sibilla. Attese qualche istante e poi un’elegante donna, dai lunghi e ondulati capelli castani fece il suo ingresso. Indossava una lunga tunica scura, che le cadeva fino ai piedi. Ella si posizionò sullo scranno e guardò nella sua direzione, come se sapesse già ogni cosa. Aveva l’aspetto di una donna molto giovane, non sembrava per niente avere centocinquanta anni, come dicevano i magisofisti, anzi. Il ragazzo restò immobile, sopraffatto e affascinato dalla situazione e dalla sua bellezza, non fu capace di dire nulla. La donna lo guardò e gli fece segno di avvicinarsi e il biondo, come se fosse stato sotto Imperius, avanzò verso di lei.
«È lei la Sibilla?» riuscì a chiedere con il fiato corto nei polmoni. Si sentiva in soggezione davanti a quella donna, emanava fascino e misticismo unici nel loro genere.
«Sono Evelina, la Somma Sacerdotessa delle Sibille» si presentò la donna «Vedo che sei venuto da molto lontano, giovane mago» gli disse, il suo viso era parzialmente illuminato dalle fiamme del fuoco fatuo, aveva un’aria misteriosa, tenebrosa, ma non sembrava così minacciosa e nefasta come aveva letto nei libri di mitologia. Aveva un viso molto dolce e anche la sua voce era rassicurante. Sapeva di non doversi lasciare ingannare dalle apparenze, ma quella strega gli trasmetteva tranquillità. «Come ti chiami?»
Lui avanzò ancora fino ad arrivare a pochi passi dall’altare «Mi chiamo Draco Malfoy, vengo dall’Inghilterra e…»
«E sei qui per pormi delle domande, dico bene?» domandò lei. Draco annuì energicamente «Molto bene, vedo che hai affrontato il rituale con coraggio senza la minima esitazione» osservò, guardando verso di lui «Ponimi anche le tue domande, Draco Malfoy».
Il biondo deglutì e annuì, prima di parlare: «Io… sono qui perché devo salvare un mio amico» disse «La sua anima era legata a quella di un mago oscuro, non c’era altro modo per sconfiggere il mago oscuro se non lasciar morire anche lui, ma…» deglutì «Silente sostiene che sia possibile salvare la sua anima, perché non appartiene ancora a quel luogo».
«Parli di Albus Silente?» chiese la Sibilla, guardandolo con curiosità.
«Sì, lui è… il preside della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts ed è… la scuola che frequento, perché? Lei lo conosce?» la donna annuì, pensierosa.
«La mia mentore aveva sentito parlare di lui» rispose la donna «Non provava molta stima nei suoi confronti, quello che lui e Grindelwald volevano fare ai Disincanti era pura follia» rivelò «Fortunatamente, alla fine ha scelto la strada del bene». Draco per un momento credette di aver fatto un errore nel parlarle di lui, se la donna non provava stima per il preside… questo avrebbe danneggiato la sua missione? Sarebbe stata restia ad aiutarlo? E cosa voleva fare Silente ai babbani con Grindelwald? Perché non sapeva nulla di quella storia? «Tuttavia, nonostante quella brutta storia, si dice che sia un grande mago e che alla fine abbia sconfitto quel mago oscuro, quindi se sei un suo discepolo, vuol dire che hai talento» disse «Ti ascolterò».
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo e sentì un peso lasciare il suo stomaco. «Io… sono qui per salvare Harry Potter» rivelò allora. La Sibilla annuì e tacque per qualche istante, osservando una sfera – che Draco notò solo in quel momento – posata accanto a lei «Ho bisogno di sapere come accedere al limbo in cui è prigioniero».
«Harry Potter… questo nome non mi è nuovo» commentò la donna, continuando a guardare la sfera. La Sibilla era già la seconda persona di quel posto a conoscere il nome di Harry. Anche in Italia deve mettersi in mostra, maledetto San Potter. La donna interpellò ancora la sfera. «Lo vedo, sì, hai ragione, la sua anima è bloccata nel limbo, in uno stato di sospensione… è trasognante, come se vivesse in un mondo irreale, fantastico, privo di agganci con la realtà quotidiana, in cui vive qualcosa che non ha mai avuto, è un mondo che è stato creato apposta per lui, per permettergli di riposare in pace» spiegò «Se vuoi salvarlo, dovrai fare in fretta, giovane mago, ha quasi dimenticato completamente la sua vita passata, vedo che ha ancora un forte legame con qualcuno ed è ancora molto forte, ma se quel legame dovesse spezzarsi, la sua anima sarà persa per sempre e non potrai più riportarlo indietro». Draco deglutì, comprendendo la gravità della situazione, Harry stava sognando una vita diversa dalla sua, probabilmente una vita in cui le persone a lui care erano ancora vive, una vita in cui l’incubo che Voldemort aveva rappresentato per lui e tutti quelli delle ultime generazioni di maghi fosse assente, in cui gli abusi dei suoi zii fossero inesistenti. E adesso capiva l’importanza del legame che li univa, era l’unica cosa che lo teneva ancora legato alla sua vera vita, alla realtà. Non sapeva in che modo, ma sperava che almeno si ricordasse di lui.
«Come… come faccio a salvarlo?»
La Sibilla sospirò «Portare via un’anima dal mondo dei morti non è facile, tuttavia non è completamente impossibile» disse «Hai già purificato il tuo spirito per accedere all’oracolo, ma ti serviranno ardimento, temperanza, forza e un cuore puro e nobile per poter accedere all’Oltretomba e raggiungere il limbo».
Draco deglutì: quelle di certo non erano caratteristiche che facevano parte di lui, soprattutto il “cuore puro e nobile”, ma non poteva tirarsi indietro, non adesso che c’era quasi, non adesso che era quasi giunto ad una svolta tanto importante per la sua missione. Poi si ricordò di una cosa che aveva detto Olivander sulla sua bacchetta: aveva il cuore di crine di unicorno, secondo il venditore di bacchette, essa era una bacchetta che non era facile da piegare al lato oscuro… forse per questo non era riuscito a lanciare la Maledizione Cruciatus contro Harry, quella volta nel bagno? Non lo sapeva, non aveva mai capito perché non avesse funzionato, ma era grato che non fosse accaduto, probabilmente se fosse riuscito a lanciarla, lui e Potter avrebbero duellato e non sarebbero mai diventati amici. E niente sarebbe accaduto.
«La mia bacchetta?» chiese porgendola verso la donna «Ha il nucleo fatto con crine di unicorno» spiegò brevemente «L’unicorno è simbolo di purezza…» anche se io non ne sono un ottimo esempio «Può essere sufficiente?»
«No, non è sufficiente, ma è un buon punto di partenza» rispose la donna con sincerità «Inoltre, come ti ho detto prima, hai già affrontato il rituale di purificazione, ma… vedo ancora tanta oscurità nel tuo cuore, Draco Malfoy» aggiunse «Per poter accedere all’Oltretomba e poi accedere al limbo, in cui l’anima di Harry Potter è imprigionata, dovrai affrontare sette prove».
«Che vuol dire?» chiese «Cosa devo fare?»
«Non mi è concesso rivelarti le prove, ma posso istruirti su di esse. Ti fornirò una passaporta, che ti condurrà al luogo della prima porta, poi si attiverà ogni volta che ne avrai superata una e condurrà nei luoghi delle altre prove» spiegò «Le prime tre prove saranno terrene, dovrai dimostrare le tue capacità e la tua determinazione, inoltre esse ti serviranno per ottenere un obolo d’argento da scambiare con Caronte, il traghettatore del Fiume Acheronte» continuò «Una volta superato il fiume, ti attenderanno altre tre prove in cui dovrai dimostrare la tua astuzia, la tua abilità e la tua conoscenza» aggiunse «Alla fine, dovrai affrontare un’ultima prova forse la più dura e difficile, essa darà prova del tuo spirito. Se la supererai, otterrai l’accesso al limbo, a quel punto potrai incontrare il tuo amico» gli disse «Ma ricorda una cosa, giovane mago, più tempo Harry Potter passerà nel limbo, più difficile sarà portarlo via» gli fece presente, Draco annuì «E ricorda, affinché la tua missione riesca, Harry Potter dovrà seguirti spontaneamente, dovrai essere abbastanza persuasivo da convincerlo, ma non dovrai costringerlo. Dovrà seguirti volontariamente fuori dal limbo, altrimenti la sua anima sarà persa per sempre e con la sua, lo sarà anche la tua». Il Serpeverde deglutì e annuì, comprendendo ciò che doveva fare, le istruzioni erano vaghe, ma più chiare di quelle che gli aveva dato Silente. Poteva farcela, doveva farcela. Avrebbe dovuto tenere duro, farsi forza e andare avanti davanti a qualsiasi difficoltà, ma era certo, avrebbe fatto di tutto per raggiungere il suo obiettivo e trovare Harry, avrebbe superato qualunque prova, qualunque ostacolo per salvarlo. Non gli importava quali rischi avrebbe corso o quanto impossibile sembrasse la missione, lo avrebbe salvato.
«D’accordo».
«Pensi di poterlo fare?» chiese la Sibilla.
«Sì, posso farlo» rispose con sicurezza «Ho un’altra richiesta» ella annuì, invitandolo a proseguire «Mi hanno detto che lei può mettere in contatto con i defunti… c’è la possibilità che lei possa mandare un messaggio a Harry da parte mia?»
La Sibilla annuì. «Sì, posso farlo» rispose.
Draco sospirò sollevato, poteva avvisarlo, poteva rassicurarlo, ovunque egli fosse, avrebbe potuto sentire la sua voce, era ignaro che, grazie al legame, Harry potesse già sentire i suoi pensieri quando erano rivolti a lui.
«Gli dica solo che sto arrivando e che lo salverò».
La donna annuì «Lo farò, ma sappi che il vostro legame è così forte e solido che lui, inconsciamente, sa che stai arrivando» il biondo annuì, senza capire davvero cosa intendesse «Vieni avanti, Draco Malfoy» ordinò, lui annuì ancora una volta senza dire nulla e avanzò fino a raggiungerla. Vista da vicino, la Sibilla era ancora più bella, una bellezza quasi sovrannaturale. «Poni la mano sulla sfera, pensa a ciò che vuoi dire a Harry Potter».
Il ragazzo annuì e fece come ordinato, poi chiuse gli occhi e pensò: «Potter, Potter, se puoi sentirmi… sappi che sto arrivando e ti salverò, è una promessa». Riaprì gli occhi e vide una luce azzurra estendersi sotto la sua mano e confluire nella sfera. Quando ritrasse la mano, sentì un leggero formicolio, ma passò in un secondo.
«La ringrazio» disse il ragazzo, facendo un passo indietro. Ella si fece indietro, lasciandolo solo davanti alla sfera di cristallo, conscia che Draco non avesse alcuna capacità per poterla usare senza il suo aiuto. Prese dalla tasca della sua tunica una moneta che trasfigurò in una chiave: essa, alla fine delle prove “terrene” si sarebbe trasformata nell’obolo e avrebbe permesso al ragazzo di accedere all’Oltretomba. Poi la incantò per renderla una passaporta.
«Questa è la tua passaporta» disse porgendogli la chiave «Non perderla per nessun motivo. Tienila sempre con te, si attiverà da sola ogni volta che passerai una delle prove» gli spiegò di nuovo, lui annuì, comprendendo le sue parole, aveva capito tutto, doveva solo… superare sette prove potenzialmente mortali, ma doveva tenere duro e fare tutto il necessario per salvare Harry, così come quest’ultimo avrebbe fatto per lui. «Un’ultima cosa, prima di andare, Draco Malfoy».
«Sì?»
«Come tutte le persone che interpellano l’oracolo, c’è bisogno di un pegno» disse «Non parlo di denaro, ma qualcosa a cui sei legato, qualcosa che ti rappresenta» disse al ragazzo. Il biondo deglutì e annuì. Era giusto, aveva letto da qualche parte che qualcosa del genere poteva succedere, ma cosa poteva darle in cambio dell’aiuto che gli aveva dato? Non poteva cederle la sua bacchetta, non avrebbe avuto alcun modo per proteggersi, ma poi si guardò la mano e lo notò, qualcosa da cedere c’era… lentamente si sfilò l’anello di famiglia, l’unica cosa che ancora lo legava al suo passato, alla sua famiglia, a quella vita, che lo rappresentava solo in parte, solo in quanto Malfoy. Una parte di sé e della sua storia era racchiusa in quel gioiello e non aveva nient’altro che avesse valore quanto quello, a parte il denaro.
«Questo può andare?» chiese porgendole l’anello «Appartiene alla mia famiglia da secoli ed è l’unica cosa che potrebbe… rappresentarmi a parte la bacchetta» disse con sincerità. La Sibilla annuì e lo accettò, consegnandogli finalmente la passaporta, Draco sospirò di sollievo, allora il suo gesto era stato apprezzato.
«Hai dimostrato di saper rinunciare ai beni materiali per perseguire il tuo scopo» gli disse la donna «Sei dotato di una grande intraprendenza, fa’ buon uso dei tuoi doni naturali, giovane mago». Draco le fece un sorriso, non capendo esattamente le sue parole «Sono certa che avrai successo nella tua missione, sei mosso da buoni sentimenti» gli disse «Mi raccomando, tieni a mente ciò che ti ho detto».
Draco annuì e la guardò per un attimo, ella lo guardava con fiducia e speranza. Non sembrava affatto una donna vecchia come l’avevano descritta e quel dubbio lo avrebbe perseguitato per sempre se non lo avesse espresso.
«Hai ancora una curiosità da chiedermi, vero?» gli chiese la Sibilla, guardandolo. Il ragazzo si sorprese, quella donna sapeva leggere nel pensiero? Era una Legilimens più potente di Voldemort… o cosa? Annuì lentamente ed ella sorrise ancora «Avanti, allora risponderò solo a un’ultima domanda».
«Ehm… lei ha davvero centocinquanta anni?» chiese esitante, sentendosi in imbarazzo per la stupidità della domanda che aveva appena posto, ma la curiosità era stata più forte di lui.
«Centocinquanta due» rispose lei sorridendo «È il dono di noi Somme Sacerdotesse, ereditiamo il potere che il dio Apollo conferì alla prima Sibilla Cumana tanti millenni fa dalla Sibilla che ci ha precedute, è per questo che il nostro aspetto non cambia, sebbene gli anni passino».
Il ragazzo spalancò gli occhi, meravigliato dalla notizia appena appresa. Era incredibile, davvero. C’erano cose che riguardavano la magia che sarebbero sempre state un mistero per la maggior parte delle persone…e lui aveva appena appreso che c’era una strega, in grado di tramandare il dono della “gioventù” alle sue eredi, senza dover uccidere nessuno. E… un rapido pensiero attraversò la sua mente: doveva dirlo assolutamente a Hermione, sarebbe impazzita per una scoperta del genere, ma prima doveva concentrarsi sulla missione.
«La-La ringrazio per la sua disponibilità, Somma Sacerdotessa» le disse, chinando il capo in avanti, come per farle una riverenza. Ella annuì e gli sorrise.
«Buona fortuna, Draco Malfoy, ne avrai bisogno, sii coraggioso e non lasciarti scoraggiare dalle difficoltà, l’oracolo per la tua missione ha un responso positivo, sarai sicuramente in grado di portare a termine il tuo compito».
Il ragazzo annuì e la ringraziò ancora una volta, poi strinse nel palmo della mano la chiave che gli era stata affidata e attese che si attivasse. Dopo un «Che la buona sorte e le stelle siano con te, Draco Malfoy» pronunciato dalla Sibilla, come un’ultima sorta di benedizione, la passaporta si attivò e il Serpeverde sentì il classico strappo della materializzazione coglierlo, come sempre, di sorpresa. Non sapeva cosa aspettarsi al suo atterraggio, ma sapeva che non sarebbe stata una cosa piacevole. Lo attendevano momenti difficili, prove dure e un viaggio nell’Oltretomba, ma era determinato, la sua priorità era salvare Harry e lo avrebbe fatto, ad ogni costo. Non lo avrebbe abbandonato a se stesso, avrebbe fatto di tutto per tirarlo fuori da lì.
Era pronto a tutto, anche all’impossibile.
 

§§§

 
«A cosa mi sono ridotto per salvarti eh, Potter?»
«Appena quel maledetto stronzo torna in vita, gliela faccio pagare».

«Ti troverò, Harry, ti troverò e ti salverò, fosse l’ultima cosa che faccio».
 
Harry si svegliò di soprassalto, aveva sentito di nuovo la voce di quel ragazzo misterioso nei suoi sogni, ma stavolta l’aveva anche visto, era un giovane di una bellezza disarmante, dagli occhi grigi, con i capelli così biondi da sembrare quasi bianchi. Ogni sera, quando andava a letto e chiudeva gli occhi, nei suoi sogni poteva sentire la voce di questo ragazzo che gli diceva che stava arrivando, che lo avrebbe salvato, ma chi era? Da cosa doveva salvarlo?
Una sensazione strana gli diceva che lo conosceva, che lo aveva già incontrato… ma dove? Nel sogno indossava sempre l’uniforme di Hogwarts con i colori di Serpeverde… ma non lo aveva mai visto a scuola o almeno, non ricordava di averlo visto. Eppure, aveva la sensazione di conoscerlo, il suo cuore lo conosceva, ma non capiva perché.
Più lo sognava, più egli diventava reale per lui, ma non riusciva a capire… davvero, non riusciva a capire dove l’avesse incontrato e perché continuasse a comparire nei suoi sogni. Era la prima volta che vedeva il suo aspetto, ma in qualche modo gli sembrò che fosse familiare, così come lo era sempre stata la sua voce. Non lo conosceva o almeno credeva di non conoscerlo, perché gli sembrava così familiare quel ragazzo?
Si portò una mano alla testa, mettendosi seduto. Non aveva la febbre, non aveva niente che non andasse, ma continuava a provare quella stranissima sensazione che lo faceva sentire… strano, vulnerabile. Si alzò dal letto e si guardò intorno, osservò con gioia le ultime foto aggiuntesi a quelle che aveva sul comodino e ne sfiorò una in cui era ritratto con il suo ragazzo. Sorrise al suo ricordo, si erano conosciuti a Hogwarts; si erano sempre incrociati per i corridoi, si erano sfidati a Quidditch, ma non avevano mai fatto amicizia, fino al suo quarto anno, quando l’altro lo aveva protetto. Si erano ritrovati a collaborare, anche se lui era più grande di Harry di tre anni e piano piano si erano innamorati l’uno dell’altro, lui lo aveva anche aiutato ad accettare la propria sessualità. Il suo ragazzo aveva finito la scuola quell’anno, aveva preso i M.A.G.O, ma la loro storia era continuata durante l’estate ed era diventata qualcosa di serio, un po’ dopo. Si scambiavano lettere in continuazione, in cui si confessavano i reciproci sentimenti, in cui si dicevano che si mancavano e si raccontavano le rispettive giornate, erano stati distanti durante il quinto anno di Harry, ma durante l’estate si erano visti e avevano passato dei momenti indimenticabili insieme. Il suo ragazzo lavorava alla Gringott come Spezza-Incantesimi e aveva promesso a Harry che, quando anche lui avesse preso i M.A.G.O, sarebbero andati a vivere insieme, in una bella villetta che già aveva visto a Godric’s Hollow, non troppo lontana dalla casa dei suoi genitori, che non vedeva l’ora di mostrargli. Harry aveva confessato a quindici anni ai suoi genitori di essere gay, di avere una relazione più o meno stabile con il suo ragazzo e loro erano stati felici per lui, lo avevano sostenuto, così come aveva fatto Sirius. E quando lo aveva presentato ai suoi genitori e al suo padrino, tutto era andato nel migliore dei modi, era stato un giorno perfetto e indimenticabile. Non avrebbe potuto essere più felice. Harry credeva di avere una vita perfetta, forse anche troppo, era terribilmente felice lì dov’era e non avrebbe voluto cambiare un singolo dettaglio di tutto quello.
Raggiunse la cucina e come ogni mattina, i suoi genitori erano lì, sua madre gli sorrise e lo invitò ad unirsi a loro per la colazione. A volte gli sembrava di rivivere in loop quel momento, come se non fosse reale, ma era solo una sensazione. Sorrise avvicinandosi a sua madre, ella lo abbracciò, dandogli un bacio sulla guancia. Harry sorrise riempiendosi un bicchiere di succo d’arancia, poi si sedette accanto a Lily, la quale volle imburrargli le fette di pane, era così affettuosa nei suoi confronti, anche se ormai aveva quasi diciassette anni…
«Mamma, dai, so prepararmi da solo le fette di pane».
«Lo so, tesoro» fece lei guardandolo «È che mi piace prendermi cura di te, tu sei e sarai sempre il mio bambino».
«Che ti prende?» gli chiese il ragazzo, guardandola. C’era qualcosa in lei che sembrava… diverso, ma non seppe interpretare quel suo tono di voce. Lei scosse la testa e gli passò una fetta di pane imburrato.
«Tua madre si è svegliata più sentimentale del solito, Harry, non preoccuparti» lo rassicurò James «La tua salute la preoccupa, dopo la tua caduta è diventata più apprensiva, lo sai, ma le passerà vedrai». Il ragazzo annuì, non troppo convinto delle parole di suo padre, ma si disse che non aveva alcun motivo per mentirgli. «Ah sì, ti è arrivata una lettera» aggiunse dopo qualche minuto, mentre Harry faceva colazione. Gli passò la busta bianca e il ragazzo sorrise, leggendo il mittente. Aprì immediatamente la lettera e la lesse con impazienza.
Ciao piccolo,
ho saputo che sei tornato da Hogwarts! Io sono rientrato oggi da un viaggio con mio padre.
Come stai? Non ci scriviamo da un po’, so che sei stato particolarmente impegnato con gli esami di fine anno quest’anno! Hai vinto anche la Coppa del Quidditch, eh? Sono proprio fiero di te, mi dispiace non essere venuto alla partita, ma oggi passo a prenderti, passiamo tutta la giornata insieme e festeggeremo insieme tutti i tuoi successi, mi sei mancato da morire, lo sai?
Ti amo, piccolo. Ci vediamo prestissimo.
Con amore,
Cedric.
Harry sorrise dolcemente leggendo la lettera e le sue gote si tinsero di rosso, non era una lettera particolarmente lunga, ma il fatto che avesse pensato a lui, che gli fosse mancato e gli avesse detto con quella dolcezza che stava andando a prenderlo… aveva riempito d’amore il cuore di Harry di gioia. Senza dire una parola, bevve in un sorso il suo succo d’arancia e corse su per le scale per raggiungere la sua camera e cambiarsi in fretta. Si sentiva particolarmente emozionato, finalmente lo avrebbe rivisto dopo così tanto tempo… gli era mancato davvero tanto. Si chiese per un attimo come mai non avesse pensato a lui nei giorni precedenti, ma… in effetti aveva avuto da fare con suo padre, con Sirius, con sua madre e poi aveva avuto l’incidente con la scopa… aveva avuto davvero poco tempo per pensare ad altro, ma non importava più perché adesso Ced era tornato e avrebbero passato la giornata insieme.
Si vestì in tempo record e raggiunse di nuovo sua madre, che lo guardava con un sorriso malinconico sulle labbra.
«Ecco vedi, perché sono triste?» domandò lei sistemandogli il colletto della camicia «Stai diventando così grande e ora che c’è anche Cedric, so che un giorno mi mancherai».
«Mamma, io non andrò via ancora per molto tempo, non ho nemmeno preso i M.A.G.O» disse lui, abbracciandola, aveva sempre questo bisogno fisiologico di stringerla, come se in passato non avesse potuto, come se in futuro non avrebbe potuto «Resterò qui con te ancora per molto tempo».
Lily gli scompigliò i capelli «Lo so, lo so… ma quando sarà il momento, andrai via e mi mancherai tanto, tesoro».
Harry la strinse più forte e sentì i suoi occhi pungere, alcune lacrime sfuggirono al suo controllo, ma non ne capì il motivo. Era solo un momento molto toccante in compagnia di sua madre… non era un grosso affare. Ella sospirò e gli baciò la guancia. Harry non sopportava vederla così triste, gli dispiaceva… si sentiva come se avesse fatto qualcosa per deluderla, per farle del male. Non era sua intenzione…
Sei una disgrazia! Sei una delusione! – il vocione di un uomo, del quale non sapeva assolutamente nulla, echeggiò nella sua mente. – sei un fenomeno da circo, Potter!Sei qui con noi solo perché i tuoi genitori sono morti e ci hanno costretti a prenderti, altrimenti non ti avremmo mai preso in casa nostra. Devi comportarti bene! – non capiva, perché quella voce diceva che i suoi erano morti? Erano lì, proprio con lui. Quell’uomo non poteva essere suo padre, lui non gli avrebbe mai detto quelle cose, non poteva essere lui. James non gli aveva mai urlato contro parole così dispregiative, sì, avevano litigato un paio di volte, ma era normale tra padre e figlio, no? Come quando non aveva voluto prestargli il Mantello dell’Invisibilità o la Mappa del Malandino: avevano discusso, non si erano parlati per due giorni e poi avevano chiarito ogni cosa. Perché quella voce gli diceva quelle cose?
Cosa vuoi, Mostriciattolo? Ma ti sembrano richieste da fare? Non essere un ingrato. La voce di una donna che gli parlava con disprezzo risuonò nella sua mente, sembrava così disgustata da lui, così delusa… non era sua madre, di questo ne era certo. Lei era sempre dolce, anche quando si arrabbiava, persino le sue Strillettere erano gentili. No, sua madre non l’avrebbe mai chiamato “mostriciattolo”, non gli avrebbe mai negato un abbraccio… un abbraccio? Cosa?
«M-Mi dispiace, mamma…» mormorò con la voce rotta, stringendo le braccia attorno ai fianchi di lei «N-non so perché, ma sento di averti de-deluso e…» deglutì cercando di trattenere le lacrime. Si sentiva triste e non capiva perché, era felice fino a un attimo prima, si stava preparando per uscire con Cedric e poi…
Uccidi l’altro – Avada Kedavra! – un corpo per terra, paura, lacrime, dolore – NO! CEDRIC!
«Harry, tesoro, che succede?» domandò Lily, Harry si irrigidì e iniziò a tremare senza neanche accorgersene. No, cos’erano quelle immagini? Perché vedeva quelle cose? No, no… Stava impazzendo o cosa? Cosa stava succedendo alla sua mente? «James! James, vieni ad aiutarmi!» urlò lei preoccupata, stringendo il ragazzo che non riusciva nemmeno più a reggersi in piedi, vinto dai tremiti. Harry non riusciva a respirare, il suo cuore batteva troppo velocemente, l’aria non entrava nei polmoni, gli sembrava di essere immerso sott’acqua, gli sembrava di annegare. Voleva respirare, voleva smettere di soffrire, ma non riusciva neanche a capire dove si trovasse. James accorse immediatamente e aiutò Lily a portarlo sul divano, ma il ragazzo non si accorse neanche dei gesti dei suoi genitori. Sarebbe morto, ne era certo. Visioni, immagini di una vita che non gli apparteneva si stavano riversando nella sua mente, ma non riusciva a vedere bene, tutto era sfocato, tutto era scuro, nero, orribile, terrificante. Non era la sua vita, lui era felice con i suoi genitori, lui era felice con Sirius, andava con loro a vedere le partite, andava con loro in giro per il mondo magico. Era felice con Cedric, lo amava e quando avrebbe finito di frequentare Hogwarts, avrebbe preso i M.A.G.O, avrebbe trovato un lavoro, sarebbe andato a vivere con lui e avrebbero vissuto felici…
Doveva calmarsi, doveva riuscire a respirare, doveva…
«Potter, Potter, se puoi sentirmi, sappi che sto arrivando e ti salverò, è una promessa».
La voce di quel ragazzo biondo fece capolino nella sua mente. Sembrava un po’ altezzosa, un po’ superba, ma… era melodiosa. Essa riuscì a tranquillizzarlo, quella promessa, riuscì a placare la sua paura e lui riuscì a prendere un respiro profondo, esso fu seguito da un’altra serie di respiri, che piano piano gli fecero riprendere una respirazione quasi normale. Guardò per un attimo i suoi genitori e fece per aprire la bocca, per dire che gli dispiaceva averli fatti preoccupare… ma perse i sensi, l’ultima cosa che udì fu la voce di sua madre gridare il suo nome.
 

 
Harry aprì gli occhi lentamente. Era ancora sul divano, sua madre lo guardava in apprensione, suo padre accanto a lei era preoccupato, come se avesse appena visto un fantasma. Alle loro spalle c’erano anche Sirius e Cedric.
«Perché quelle facce lunghe? Non sono mica morto…» mormorò il ragazzo con la voce impastata, aveva fatto un sogno stranissimo, ma l’aveva già dimenticato. Ricordava di essersi sentito poco bene e di essere svenuto, ma non ricordava cosa avesse fatto prima di quello. L’ultima cosa di cui aveva memoria era la lettera di Cedric in cui gli diceva che sarebbe andato a prenderlo per passare la giornata insieme a lui e festeggiare. Cosa poteva esserci di male in quello? Perché era stato così male? Non riusciva a spiegarselo, non riusciva a trovare una spiegazione a quel fenomeno appena accaduto.
«Ci hai fatto spaventare, sei svenuto…» disse Lily, James le appoggiò una mano sulla spalla e le intimò di non dire altro, forse per non turbarlo. I suoi genitori erano sempre stati così apprensivi nei suoi confronti… cercavano sempre un modo per non farlo preoccupare o agitare, erano sempre stati molto protettivi nei suoi riguardi.
«Sto bene» mormorò Harry, cercando di mettersi seduto, guardò il suo padrino e gli rivolse un sorriso rassicurante, annuendo consapevole della verità delle sue parole. Poi guardò il suo ragazzo «Ma non mi dispiacerebbero delle coccole».
Cedric rise e scosse la testa, guardando il più piccolo in un modo così dolce che Harry sentì il proprio cuore sciogliersi.
«Ma certo» gli rispose il più grande «Tutto quello che vuoi».
«Vi lasciamo soli» disse James, sorridendo «Harry, ti affido alle amorevoli cure del tuo ragazzo».
«Papà! Non mettermi in imbarazzo, sono appena svenuto!»
«Su forza, Jamie, avremo tempo per metterlo in imbarazzo» disse il suo padrino, mettendo una mano sulla spalla di suo padre, quest’ultimo rispose con una risatina divertita, i due adulti uscirono dal salotto, ridendo. Lily lasciò un bacio sulla fronte del figlio, mormorando qualcosa come Non farmi mai più preoccupare così, poi raggiunse gli altri due, lasciando Harry e Cedric da soli.
«Vuoi andare in camera tua, così da stare più comodo?» chiese il più grande, guardando il più piccolo con lo stesso sguardo di prima. Harry ci pensò su qualche minuto, prima di annuire. Sarebbero stati di certo più a loro agio – e lontani da occhi indiscreti – in camera sua piuttosto che nel salotto. Cedric annuì e con una perfetta dimostrazione della sua forza, lo prese in braccio e sorridendogli lo portò in camera sua. Una volta lì, lo adagiò delicatamente sul letto e tornò indietro per chiudere la porta, prima di tornare da lui e sdraiarsi di fianco a lui, dopo essersi tolto le scarpe. Harry mugugnò soddisfatto e si appoggiò al petto del più grande, quest’ultimo iniziò ad accarezzargli piano piano i capelli, con fare amorevole. Al suo tocco, Harry si rilassò e chiuse gli occhi, mentre un adorabile sorriso compariva sulle sue labbra.
«Mi hai fatto preoccupare, prima…»
«Mi dispiace…» replicò «Non era mia intenzione, ecco…» deglutì «Non so cosa mi sia successo…»
«Tranquillo, ora sono qui con te» promise Cedric «Mi prenderò cura di te». Harry si accoccolò meglio al suo fianco e annuì, stringendosi a lui, lasciando che continuasse ad accarezzargli i capelli e a coccolarlo. Dopotutto, si era sempre preso cura di lui ogni volta, anche quando erano ancora a Hogwarts insieme.
«Uhm… ti ricordi quando ci siamo conosciuti?» chiese Harry, Cedric annuì, dandogli un bacio tra i capelli.
«Certo che lo ricordo, stavi andando a lezione di Erbologia, un Corvonero aveva iniziato ad infastidirti e sono intervenuto» raccontò il Tassorosso «E poi ti ho accompagnato alla serra e non ti ho più mollato». Harry rise, mentre il ricordo di quella giornata ritornava nella sua mente. Un ragazzo di Corvonero lo stava spintonando, insultandolo per qualcosa che lui non ricordava per niente e Cedric era intervenuto immediatamente. Adesso lo ricordava…
«Qualche problema?» aveva chiesto il castano al Corvonero «Harry, questo ragazzo ti sta importunando?» aveva aggiunto rivolgendosi al più piccolo e guardandolo con dolcezza. Lui aveva scosso la testa, spaventato e l’altro ragazzo si era dileguato velocemente via per evitare problemi.
«Perché lo hai fatto?» aveva domandato il più piccolo «Aiutarmi, intendo».
«Non potevo lasciarti nei guai, no?» il più grande aveva un meraviglioso sorriso stampato sul volto «Vieni, andiamo ti accompagno alla serra» aveva detto prendendogli la mano.
Harry chiuse gli occhi e cercò di sentire di nuovo le emozioni di quella volta, ma… sapeva di doversi sentire in un certo modo, ma… non lo sentiva. Cosa succedeva? Perché si sentiva così strano? Sembrava… finto. Non riusciva a capire cosa stesse accadendo, si sentiva strano, si sentiva diverso e non capiva perché. C’era qualcosa che non andava, c’era qualcosa che non tornava…
«Che hai?» gli chiese Cedric «Ti sei stranito».
«Io… non lo so, mi sento strano» rispose Harry, mordendosi le labbra. Non capiva, odiava non capire… ma stava così bene, c’era per forza bisogno di farsi tutte quelle domande? Era felice, c’erano i suoi genitori, c’era Sirius, c’era Cedric…
«Uhm, forse è perché non ti sei sentito bene prima» disse il castano, guardandolo negli occhi «Rilassati, va tutto bene».
“Sono qui con te, andrà tutto bene” – di nuovo quella voce, di nuovo quello sconosciuto, di nuovo quel ragazzo affascinante. Perché la sentiva così spesso nella sua mente? A volte lo chiamava per nome, altre per cognome… ma di chi era? A chi apparteneva? Perché continua a risuonare nella sua mente? Chi era quel ragazzo? Chi era per lui?
«Sì va tutto bene…» mormorò Harry in risposta, ma sentì la propria voce distante. Quella felicità era vera, giusto? Era tutto vero? Perché aveva come la sensazione che fosse tutto finto?
«Harry… dovresti rilassarti» sussurrò Cedric «Io posso aiutarti…» fece allusivamente, ma Harry si sottrasse, in qualche modo non gli sembrava giusto e si sentiva a disagio davanti a quelle allusioni, ma non capiva perché. Era come bloccato in qualcosa di più grande di lui. Eppure, i gesti di Cedric erano delicati, non invasivi, dolci… cos’era quella sensazione? Non si era mai sentito così.
«Scusa, Ced» mormorò «Ti sembrerò fuori di testa».
«Sono abituato, è fin dal nostro primo bacio che faccio i conti con le tue insicurezze» sussurrò con dolcezza, riprendendo ad accarezzarlo in modo casto, stringendolo dolcemente «Cosa succede, piccolo?»
«Ho una strana sensazione e… ho paura di svegliarmi e scoprire che tutto questo è un sogno».
«Ti assicuro che non lo è» replicò Cedric «Sai perché lo so?» Harry scosse la testa, confuso, ma desideroso di capire cosa stesse accadendo e perché dovesse fidarsi del Tassorosso. Voleva fidarsi di lui, voleva essere felice come lo era stato fino a quella mattina. Perché all’improvviso si era sentito così? Non voleva più provare quelle sensazioni spiacevoli… «Perché ricordo esattamente il giorno in cui ho capito che mi piacevi e so per certo che lo ricordi anche tu».
«La stanza dei duelli a Hogwarts…?» fece il moro. L’altro gli sorrise e gli diede un leggero bacio sulle labbra, proprio come quel giorno, adesso lo ricordava anche lui… era stato strano, ma anche bello. E per la prima volta si era sentito accettato e desiderato da qualcuno e non da un qualcuno qualsiasi, ma dal ragazzo per il quale aveva una cotta, ma aveva paura di quei sentimenti, non era sicuro della sua sessualità, temeva di essere giudicato e… Cedric era stato lì con lui, lo aveva tranquillizzato, si era preso cura di lui e lo aveva fatto sentire bene.
«Sai… penso che tu sia molto carino» aveva sussurrato il più grande avvicinandosi a lui «Hai mai dato un bacio a qualcuno?»
«No, io… mai» aveva risposto il moro, mordendosi le labbra per l’imbarazzo. Cedric gli aveva rivolto un tenero sorriso e poi aveva appoggiato delicatamente le labbra sulle sue, ma Harry si era tirato indietro spaventato.
«Ehi, è tutto okay» aveva sussurrato il Tassorosso.
«T-Tu mi piaci» aveva detto Harry, al colmo dell’imbarazzo e dello spavento «E-E non capisco, siamo due ragazzi… a me dovrebbero piacere le ragazze… anche a te… tutto questo è-è sbagliato!»
«No Harry, non è sbagliato. Non c’è niente di sbagliato. Siamo due ragazzi che si piacciono, dov’è l’errore?» aveva chiesto Ced, accarezzandogli teneramente una guancia «Ascolta… possiamo tenerlo per noi, se vuoi. Ma mi piaci anche tu. volevo dirtelo da un sacco di tempo» aveva detto ancora «So che sono più grande di te e sei spaventato, ma lascia che ti mostri che non c’è niente di sbagliato in tutto ciò, okay?» aveva chiesto «Puoi fidarti di me?»
«I-Io… ok. Mi fido di te» aveva detto e Cedric lo aveva baciato. Così era iniziata la loro relazione.
«Sì, lo ricordo…» replicò Harry, dandosi dell’idiota per aver dubitato dei suoi stessi sentimenti. Era stupido pensare che la sua vita fosse falsa. Era stato solo un momento di insicurezza, aveva ragione Cedric, forse causato dal malessere che aveva provato prima. Doveva solo rilassarsi e tutto sarebbe andato bene. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi, l’immagine del ragazzo biondo fece capolino nella sua mente, egli gli sorrise e mosse le labbra come per dire: sto arrivando e poi svanì nel nulla, solo a quel punto Harry riuscì a rilassarsi del tutto e ad addormentarsi, sognando di essere altrove.


 

To be continued...

 

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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Prima di iniziare, un paio di note delucidatrici: 1. La “magisophia” è una mia invenzione, il nome è la fusione tra “magia” e “filosofia” ed è appunto una branca della magia (meglio della divinazione) che studia i misteri intorno al Lago d’Averno e di tutta l’area flegrea, circondata da mistero e magia. La Sibilla è la fondatrice di questa disciplina e i maghi-frati o magisofisti sono ispirati vagamente ai sofisti dell’antica Grecia.
(così come ho inventato io il rituale per la “purificazione” dello spirito, ispirandomi a ciò che ho letto in giro sul web).
2. per chi non lo sapesse “San Gennaro” è il patrono di Napoli e ogni Napoletano (tranne me) nella sua vita ha usato almeno una volta l’espressione “San Gennà aiutami tu”, almeno nel mio quartiere lo sento spesso, Vincenzo da buon Napoletano invoca il santo per farsi dare la forza per subire una giornata di lamentele di Draco LOL
Una nota importante su Vincenzo: alla fine scoprirete tutto di lui, ma per ora lo salutiamo un pochino :3 ci mancherai. (Draco: A me no, si leva dai coglioni finalmente…)
Plus: l’antro della Sibilla tipo il posto che mi ha fatto appassionare ai miti e alle leggende fin da quando ero una bambina. Il mito riguardante la Sibilla che riceve l’eterna gioventù da Apollo l’ho preso da un vecchio libro di miti e leggende che ho a casa.
Inoltre, mi sono accorta che graficamente era meglio usare un altro simbolo per segnare il passaggio dal pov di Draco (mondo dei vivi) a quello di Harry (oltretomba) quindi modificherò anche gli altri capitoli nel cambio pov u.u Se avete domande, sono a vostra completa disposizione!
 
 
Hola peps!
Buon 2021 a tutti e speriamo che sia migliore del 2020. (il mio 2021 è iniziato già in maniera molto MEH, quindi non so come proseguirà LOL)
Nuovo anno, nuovo capitolo e quindi rieccoci con il quarto capitolo della seconda parte (e tredicesimo capitolo della storia) :D
Prima di tutto vi chiedo scusa per il ritardo abissale di questa settimana, ma ho avuto una serie di imprevisti che mi hanno fatto ritardare. Vi chiedo davvero scusa ç_ç mi farò perdonare, lo prometto! Ma non preoccupatevi anche se dovessi fare tardi, avrete sempre un capitolo a settimana u.u
BTW! L’avventura di Draco diventa sempre più vera, sempre più intricata e adesso inizia ad avere risposte. La Sibilla gli spiegato cosa deve fare per raggiungere il suo Pottah e l’ha messo in contatto con lui, ma Draco non sa che a causa del legame Harry sente i suoi pensieri quando sono rivolti a lui LOL anyway, la vita di Harry nel sogno what if continua. Si addormenta continuamente e sembra che abbia passato giornate intere, in realtà è passato pochissimo tempo, ma a lui sembra una vita intera. E sì, ha un ragazzo e non è Draco… ma… cazzo! Draco POSA QUELLA BACCHETTA, POSSO SPIEGARE! LO SO CHE Potter E’ TUO! (Draco: IO LO SAPEVO CHE NON DOVEVO POSARE LA SPADA! IO TI ROVINO, LURIDA BABBANA! Me: ç___ç ma ti ho promesso l’happy ending! Non uccidermi! Draco: TI ROVINO. NESSUNO LEGGERA’ PIU’ QUESTI SCEMPI CHE SCRIVI!)
E anche voi, abbassate i forconi, quello di Harry è solo un gigantesco sogno ç_ç PLIZ, è una drarry, lo giuro! E tutto questo è solo per rendere le cose difficili a Draco (Draco: Ma grazie, lo ammetti pure? TI UCCIDO!) ma la forza del vero amore sconfiggerà l’amore fasullo e onirico! (eddai, nessuno ha mai sognato di avere una relazione con la propria crush? Io l’ho sempre detto che Harry al quarto anno aveva una cotta megagalattica per Cedric! SUVVIA; è solo un sogno!)
Non ama Diggory, anche se è così bisognoso d’amore che crede di amarlo <3 l’inconscio di Harry ha creato questa realtà alternativa in cui Harry realizza tutti i suoi desideri (con Cedric è solo desiderio di sentirsi amato, non della persona in sé, lui ama e appartiene solo a Draco u.u) Cedric è morto e Harry aveva una cotta per lui, quindi lui è il fortunato per ora. (Draco: ti crucio la vita, altroché! Maledico te e tutta la tua discendenza, maledetta!) Eh vabhe, Draco ha problemi di gestione della rabbia ultimamente… si calmerà nella terza parte, lo giuro.
PLIZ. SAVE ME.
Meglio Diggory di Ginny no? Plis, non uccidetemi ç_ç
Tra l’altro, alcune scene di Harry e Cedric (quelle dei falsi flashback) vengono da una mia vecchia storia, che non ho mai pubblicato (perché non l’ho mai finita) in cui Harry aveva una relazione segreta con Cedric al quarto anno. (OBV era una drarry, ma con una past!hedric) mi piacevano quei pezzetti e li ho modificati un po’ e aggiunti in questa storia, non ringraziatemi, VVB. (Draco: Potevi anche evitare di metterli… Me: Antipatico. Solo perché non hai ancora pomiciato con Harry e stai rosicando.) ogni tanto riciclo pezzi di storie inedite riadattandoli alle storie in corso, non si butta via niente u.u
Ci sarà un giorno in cui non sembrerò una pazza nelle note, ma non è questo il giorno (semi cit.)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Nel prossimo, inizieranno le prove di Draco… riuscirà il nostro eroe a raggiungere Harry e a salvarlo, prima che sia troppo tardi?  Eeeh… CHISSA’.
Intanto, ringrazio dal profondo del cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che, anche durante le feste, hanno trovato il tempo di leggere e commentare il capitolo, VVB: Eevaa, tidi, Estel84, Puffalanovita. GRAZIE. Vi auguro buon anno nuovo e vi do appuntamento alla prossima settimana con il quinto capitolo della seconda parte e le prime tre prove di Draco. Cosa dovrà affrontare il nostro Serpeverde preferito per salvare il suo Harry? Partono le scommesse :D
See you on Saturday!
Love ya all <3
#StaySafe
 
 
 
Fatto il misfatto
 

 

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Capitolo 14
*** Seconda Parte, Capitolo 5: Trials (pt.1) ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


ATTENZIONE:
Menzione di scene di violenza e abusi (solo riferimenti)


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 5: Trials (pt.1)



Draco atterrò – con poca grazia – alle pendici di un imponente vulcano. Non aveva mai visto quel luogo, una strana e innaturale pace regnava attorno a lui. Devo tenere gli occhi aperti – pensò, guardandosi attorno. Se la passaporta l’aveva portato lì, significava che quello era il luogo in cui si sarebbe svolta la prima prova. Deglutì sentendo una strana preoccupazione farsi largo in lui, ma non avrebbe lasciato che essa lo frenasse.
Si alzò da terra, pulendosi i pantaloni dal terriccio e mise la chiave-passaporta in tasca per evitare di perderla e poi si guardò intorno per studiare il luogo in cui si trovava, niente gli sembrava familiare, era solo in un luogo sconosciuto e potenzialmente pericoloso. Osservò la zona e notò una struttura di legno con su affissi dei cartelli. Forse era una specie di centro informazioni o qualcosa del genere, almeno sembrava essere un punto di partenza.
Vi si avvicinò, magari per chiedere informazioni, ma trovò chiuso, serrato. Un cartello esposto lì vicino diceva: Parco Nazionale del Vesuvio temporaneamente chiuso al pubblico per attività vulcanica sospetta. E per fortuna, almeno lì c’era sia la frase in italiano che la sua traduzione in inglese. Draco deglutì leggendo quell’avviso e la sua preoccupazione, se possibile, aumentò a dismisura. Questo significava che si trovava alle pendici di un vulcano attivo? La passaporta lo aveva condotto lì? Che quel coso sarebbe esploso da un momento all’altro? Cosa? In cosa diamine consisteva quella prima prova? Nella sua morte prematura? Sbuffò leggermente e decise che non si sarebbe fatto prendere dal panico, non ancora. Forse c’era un’altra spiegazione, forse la sua prova non comprendeva un’eruzione imminente. Come diavolo la fermo, poi, un’eruzione? – doveva mantenere la calma e restare concentrato, solo così avrebbe trovato una soluzione a tutto.
Prese un profondo respiro e poi superò una recinsione, si guardò intorno di nuovo per studiare meglio il luogo e si accorse di essere circondato quasi interamente dalla natura boschiva del posto. Si morse le labbra per un momento e pensò al da farsi, doveva indagare e capire quale fosse il destino che lo attendeva. Sicuramente quello era il luogo della prima prova, poteva sentirlo nell’aria, il cartello poi era stato molto chiaro. La Sibilla, dopotutto, gliel’aveva detto, quando la passaporta si sarebbe attivata, lo avrebbe portato di volta in volta nei luoghi in cui si sarebbero svolte le prove.
Era terrorizzato? , si sarebbe arreso? No. Era abbastanza determinato da portare a termine quella missione? . Avrebbe fallito? No, o almeno lo sperava.
Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva cosa dovesse affrontare, fatto stava che attorno a sé regnava la desolazione. Si incamminò lungo il sentiero parzialmente asfaltato che c’era davanti a sé e si disse che se avesse seguito il percorso prestabilito, sarebbe andato incontro alla sfida che doveva affrontare. Strinse la bacchetta nel pugno e iniziò a camminare lungo il sentiero, costeggiato da alti pini. Un delicato profumo indistinto aleggiava nell’aria, allietando la sua passeggiata.
Non c’era anima viva, doveva cavarsela da solo.
Percorse tutta la pineta, superando anche una serie di castagni, di querce e robinie, giungendo a un fitto sottobosco, c’erano diversi esemplari di piante e di fiori, quello sarebbe stato sicuramente il paradiso per Paciock, ma di certo non era il luogo adatto a lui. Il caldo era insopportabile e più camminava, più sudava, le gambe iniziarono a fargli male e si chiese perché stesse facendo tutto quello. Davvero Potter ne valeva la pena?
, ne valeva la pena. Doveva riuscire ad affrontare le sue paure, superare quegli ostacoli e salvarlo.
L’aggeggino babbano che aveva nello zaino iniziò a suonare, Merlino, avrebbe dovuto trovare il modo di distruggere quell’affare, detestava il rumore fastidioso che produceva. Sapeva già chi era, ma non aveva idea di come spiegarle ciò che avrebbe dovuto fare, non lo capiva neanche lui… vagava per il sottobosco già da una mezz’ora abbondante e non aveva trovato nulla. Si era fermato solo per riprendere fiato, asciugarsi il sudore dalla fronte e bere dell’acqua per trovare un po’ di sollievo da quel caldo terribile. Si convinse a rispondere all’aggeggino solo quando lo sentì smettere di suonare per un minuto, per poi riprendere con un suono forse più fastidioso del precedente. Aprì lo zaino e appellò l’aggeggino.
«Granger» rispose infastidito, sapendo già chi fosse «Non ho tempo da perdere».
«Lo so! Ma volevo sapere… insomma hai novità?» chiese la Grifondoro titubante.
«Sì» rispose, ma prima che lei potesse fargli altre domande, la liquidò dicendole: «Ma non ho tempo per spiegare, devi fidarti di me. Sono sulla buona strada per riportare Potter a casa» dichiarò con sicurezza. Una cosa era certa, sarebbe morto piuttosto che fallire quella missione, non si sarebbe arreso. E, per fortuna, si ritrovava con la mente legata a quella di un Grifondoro con la sindrome dell’eroe che avrebbe fatto di tutto per mettere al sicuro le persone e per salvarle, che aveva fatto di tutto per mantenere la promessa ed era morto per salvargli la vita. Draco sperava solo di sopravvivere abbastanza da tirar fuori il moro dal limbo, ecco.
«Posso aiutarti in qualche modo?»
«Temo di no, ma grazie per l’interessamento» disse con sincerità. In sottofondo, sentì Weasley chiedere alla ragazza è Malfoy? È ancora vivo? «Di’ a Weasley che le sue battute sono roba vecchia» scherzò «E che se dovessi morire, diventerei un fantasma e tormenterei tutta la sua vita, quella della sua progenie e della sua futura discendenza, sempre che ne abbia una in futuro» affermò con sarcasmo.
Hermione ridacchiò e riferì il messaggio, prima di dire: «La smettete di comportarvi come due bambini?» chiese retoricamente. Draco detestava ammetterlo – e ad alta voce non l’avrebbe mai fatto – che quelle telefonate improvvise, se da un lato lo infastidivano e irritavano come nient’altro, dall’altro lo rincuoravano e riuscivano a strappargli un po’ di positività, nel mare di incertezza e di negatività in cui era. Vagava in un luogo sconosciuto, senza avere la minima idea di cosa scovare, né di cosa dover affrontare. Qualcosa dentro di lui era cambiato, da quando Harry era diventato suo amico, ma non dipendeva solo dal legame. No, sentiva di essere diverso anche nei suoi rapporti con gli altri, soprattutto con quei due Grifondoro, non gli erano mai stati particolarmente simpatici, ma doveva ammettere – almeno solo con se stesso – che erano stati e continuavano ad essere un ottimo sostegno in quella situazione difficile, anche se li trovava fastidiosamente invadenti a volte.
«D’accordo, chiama tu se hai novità» gli disse la Granger, spezzando il silenzio che era calato. Draco era rimasto vigile, mentre continuava a percorrere quel sentiero. Man mano che camminava, la vegetazione intorno a lui cambiava, come per magia. Sarebbe stato rapito da tutta quella bellezza naturale se non fosse stato leggermente preoccupato per la prova che doveva affrontare.
«Ti chiamerò quando sarò in compagnia di Potter» promise «Temo che dove sto andando questo tuo magico aggeggino non funzioni» disse rapidamente, sentì la ragazza prendere un respiro per ribattere e dirgli che lei aveva incantato l’aggeggino affinché funzionasse sempre, ma Draco era certo che non potesse funzionare nel dannatissimo Oltretomba. «Te lo spigherò, se vorrai, quando tornerò a Hogwarts» si affrettò a dire per interromperla. “Se tornerò” - aggiunse mentalmente, deglutendo. Prese un sentiero in salita, che – con molta probabilità – portava verso il cratere del vulcano. Probabilmente era lì che la sua prova lo attendeva. Dove altro avrebbe potuto affrontare la morte se non sulla sommità di un vulcano potenzialmente attivo? Dannatissimo Potter, quando ti troverò, sarò io ad ucciderti, ma davvero!
«Stai bene?» chiese la Grifondoro per conferma.
«Sì, sto bene, sono solo preoccupato, ma andrà tutto bene» disse, la sua voce era incerta, nonostante lui cercasse di fingere sicurezza «La Sibilla ha detto che l’oracolo per me era positivo, quindi… anche se non credo molto nella divinazione, tenterò di fidarmi di lei» spiegò brevemente. Era troppo lungo e complicato da spiegare, non sapeva nemmeno come poterlo fare, senza doversi dilungare troppo.
«D’accordo, aspetterò una tua telefonata» disse la ragazza «Posso dirti una cosa?»
«Sentiamo».
«Quello che stai facendo per Harry è… senza precedenti» disse la ragazza «Nessuno farebbe mai qualcosa del genere, se non…» si fermò, lasciando la frase in sospeso volutamente, Draco sbuffò «Lascia perdere, ecco… grazie per tutto quello che stai facendo» sospirò e aggiunse: «So che detesti sentirlo dire, ma… dovresti rivalutare le tue convinzioni riguardo… sai, i tuoi sentimenti» il Serpeverde grugnì, no, non avrebbe affrontato quell’argomento con lei, non quando stava andando incontro alla morte. Dopotutto, in che altro modo poteva accedere all’Oltretomba, se non morendo?
«Non ricominciare, per favore» disse lui «Sappiamo tutti e due che tutto questo è causato dal legame, solo dal legame».
Hermione sbuffò e anche se non poteva vederla, Draco riuscì a capire che avesse appena scosso la testa.
«Va bene, ne riparleremo quando avrai salvato Harry e quando sarai tornato, così potrò tirarti un altro schiaffo per la tua testardaggine» disse la Grifondoro, strappando una risatina nervosa al ragazzo. «E Malfoy? Sta’ attento».
«Lo sono sempre, Granger» borbottò lui «Ti richiamo» aggiunse, chiudendo la telefonata e gettando con malagrazia il telefono nello zaino; detestava quei discorsi, soprattutto quando erano inopportuni come in quel momento, ma allora perché Hermione aveva instillato il dubbio nella sua mente? Che fosse davvero…? No.
Si rimise lo zaino in spalla e proseguì la sua esplorazione della zona boschiva, rigogliosa e ricca di fiori e piante di ogni genere, era certo che alcune di quelle piante fossero anche magiche, ricordava di aver letto qualcosa riguardanti le piante che crescevano sui terreni vulcanici, aventi particolari proprietà, soprattutto per le pozioni. Non aveva tempo di pensare a quelle cose, comunque.
Fu così che continuando ad avanzare, si ritrovò davanti ad un’enorme, profonda gola a pareti verticali che si estendeva per almeno una trentina di metri. Fu lì che sentì il primo verso inquietante che gli fece rizzare i peli sulle braccia. Sembrava il verso di una creatura misteriosa, aggressiva e sicuramente magica. Deglutì, ma una cosa era certa, stava andando nella direzione giusta. Non poteva attraversare la gola, non aveva idea se essa avesse uno sbocco dall’altro lato e non voleva perdersi o ritrovarsi bloccato solo Salazar sapeva dove, così decise di aggirarla, così proseguì per il sentiero, sicuramente quello l’avrebbe portato nel posto giusto, ormai era vicino alla prima prova, lo sentiva nell’aria, il pericolo era più vicino di quanto immaginasse. Proseguì, cercando di lasciarsi alle spalle la paura e l’incertezza. Doveva smetterla di essere così insicuro e timoroso, doveva essere furbo e astuto e studiare un buon piano.
Il sentiero lo condusse verso una discesa che a sua volta lo portò in una nuova valle, qui la vegetazione era meno rigogliosa, in compenso era piena di licheni e funghi. Cercò di non focalizzare l’attenzione sullo scenario che cambiava per non distrarsi e proseguì il suo cammino, prendendo un nuovo sentiero che andava verso l’alto.
Il paesaggio attorno a sé continuava a variare, offrendogli diversi panorami verdeggianti e vivi, alberi di varia natura accompagnavano la sua salita verso l’ignoto. Con molta fatica, riuscì a raggiungere il punto panoramico, da dove riuscì a vedere il cratere del vulcano e tremò, sperando che non decidesse di eruttare proprio in quel momento. Deglutì e riprese il suo percorso, andando verso sud, scendendo lungo la dorsale della montagna accanto al vulcano. Ad ogni passo, le asperità rocciose gli rendevano difficile il cammino, ma si impose di non pensare alla stanchezza, di non badare al suo stato d’animo, era vicino. Man mano che camminava, sentiva l’eco del verso della creatura avvicinarsi. Non era lontana da lui. Si fermò a metà del percorso per bere dell’acqua, il caldo di quel giorno era asfissiante e lui non era abituato nemmeno a camminare tanto. Di solito, qualcuno lo smaterializzava, ma in quel caso… beh, non aveva idea di dove andare. Non era un dannatissimo Tassorosso pieno di buoni propositi e pazienza. Si guardò davanti e vide un’orme vallata, simile a quella dov’era passato prima e, a un po’ di distanza da lui, riconobbe il punto in cui aveva visto la gola poco prima. C’era quasi, era quasi giunto alla sua meta, avanzò ancora e fu in quel momento che, da dietro a un’enorme pietra lavica, comparve un gigantesco, terrificante troll di montagna con tanto di clava. Era alto almeno tre metri – se non di più – aveva l’aria minacciosa e temibile, aveva un colorito tra il grigio e il verdognolo e la sua pelle era tutta bitorzoluta, sicuramente emanava anche un pessimo odore. Cosa ci faceva un Troll in Italia? Quella non era una zona in cui potevano essere presenti… strano.
Draco deglutì e strinse la bacchetta tra le mani, ecco a cosa apparteneva l’inquietante verso che aveva udito poco prima. Ecco qual era la sua prima prova. Ma cosa doveva fare adesso? Uccidere il troll? Chi mai aveva ucciso una creatura del genere? Nessuno.
Draco strinse la bacchetta tra le dita, non aveva mai affrontato un Troll prima di quel momento, anzi, a dirla tutta, non aveva mai avuto a che fare con una creatura magica, all’infuori dell’ippogrifo con il quale aveva avuto un incontro ravvicinato al terzo anno. Cura delle Creature Magiche non era mai stata una delle sue materie preferite e non avrebbe mai immaginato che un giorno si sarebbe ritrovato ad affrontare un troll di montagna per superare una prova che gli avrebbe consentito di salvare Potter. Dal poco che sapeva, i Troll erano abbastanza stupidi, sebbene aggressivi, avrebbe potuto sorprenderlo e metterlo fuori combattimento, ma la sua mente smise di ragionare correttamente, quando il mostro avanzò verso di lui brandendo la sua arma. Dannazione, cosa faccio adesso?
La creatura era abbastanza lontana, anche se si avvicinava rapidamente, perché le sue enormi falcate gli fecero guadagnare terreno in fretta. Improvvisamente, lanciò la sua clava nella direzione di Draco non appena fu nel suo campo visivo. Il biondo fu rapido a spostarsi e a lanciare un Protego ereggendo una barriera davanti a sé, ma la situazione avrebbe potuto sfuggirgli dalle mani in fretta, sembrava che quel mostro fosse intenzionato ad ucciderlo. Ricordava quando a Hogwarts, qualcuno aveva fatto entrare un troll nel castello. Lui era fuggito nella Sala Comune e si era rifugiato lì fino a che il pericolo non era passato, invece, da quello che aveva sentito raccontare a scuola, Potter e Weasley avevano affrontato il mostro per salvare Hermione e avevano anche vinto. Draco si riparò dietro a una roccia pronto a difendersi, mentre vedeva il troll recuperare la clava e prepararsi ad attaccarlo di nuovo. Aveva bisogno di riflettere, di ragionare, ma non ebbe neanche il tempo di elaborare quel pensiero che quell’essere riuscì a raggiungerlo.
«Stupeficium!» esclamò, cercando di schiantarlo, ma lo mancò di poco. Il troll riprese ad avanzare verso di lui e il ragazzo scagliò contro di lui tutti gli incantesimi offensivi che conosceva e si difese come poteva, quando il troll fu abbastanza vicino al suo nascondiglio, Draco si allontanò da quel riparo e ne cercò un altro. Aveva bisogno di elaborare un piano e anche in fretta. Certo, se avesse saputo quale sarebbe stata la prova, si sarebbe preparato meglio, tuttavia era consapevole di doversi “meritare l’accesso” al regno dei morti, così come gli aveva detto la Sibilla, quindi doveva accettare qualunque cosa, anche la più imprevedibile. Tra un attacco del mostro e l’altro, cercò di riflettere sul da farsi, anche se non era semplice con una creatura aggressiva che cercava di ucciderlo. Aveva studiato, dannazione, anche se non era la sua preferita aveva comunque un Oltre ogni immaginazione ogni anno in quella dannatissima materia. Si guardò intorno e decise di sfruttare a suo favore l’ambiente circostante, inoltre quello che aveva visto nella mente di Potter, durante le loro lezioni di Occlumanzia poteva tornargli utile, magari per metterlo fuori combattimento e decidere come procedere per sbarazzarsi di lui. Il troll, sebbene stupido, era terribilmente forte e spietato, Draco aveva rischiato un paio di volte di essere schiacciato dagli enormi piedi tozzi di quell’essere nel tentativo di sfuggire ai suoi attacchi. Era riuscito a scansarsi tutte le volte, ma il problema restava: come avrebbe fatto a sconfiggerlo? Come avrebbe fatto a vincere quella sfida?
Ricordava che la Sibilla gli aveva detto che quelle prove servissero a valutare la purezza del suo cuore, quindi sicuramente non avrebbe dovuto uccidere il mostro, beh, non avrebbe neanche potuto farlo, insomma, come si uccideva un troll? Doveva renderlo inoffensivo, doveva cercare di metterlo fuori combattimento e… farlo sparire, magari un incantesimo di svanimento. In quel modo, avrebbe anche salvato le persone che avrebbero potuto trovarsi a passare di lì ed essere vittime del mostro. Ecco perché l’ingresso a quel posto era momentaneamente sospeso. Non era il vulcano che era in procinto di eruttare, ma era la creatura magica che si aggirava lì. Ricordò ciò che gli avevano detto i magisofisti, forse quelle misteriose cose riguardo le quali indagavano, erano parti della sua prova. Avrebbe avuto senso, no? Sperava di aver compreso bene ciò che avrebbe dovuto fare, perché non aveva davvero altre idee.
Non aveva tempo di pensarci ulteriormente, poiché il troll lo aveva individuato di nuovo e lo stava raggiungendo nuovamente colmando la distanza che li separava con larghe falcate. Draco non sapeva per quanto ancora avrebbe retto, i suoi Protego, contro di lui duravano davvero poco e i suoi incantesimi offensivi sembravano non avere alcun effetto, era come se gli facessero il solletico. In modo avrebbe sconfitto quel mostro? Forse poteva colpirlo in testa come aveva fatto Potter? Non lo sapeva, magari era la scelta migliore da fare.
Poi improvvisamente ebbe un’idea – forse un po’ pericolosa, ma potenzialmente geniale – alle sue spalle c’era un enorme masso, probabilmente composto da lava solidificata o qualcosa del genere, che poteva fare al caso suo, approssimativamente calcolò la distanza che lo separava dalla creatura e sperò che il suo piano avesse successo, aveva solo una possibilità. Aprì lo zaino e tirò fuori una pozione esplosiva, quando vide il troll alla distanza giusta, la lanciò verso di lui e, prima che la creatura lo raggiungesse, la pozione esplose proprio sotto al piede del mostro, facendogli perdere l’equilibrio. Esso cadde in avanti e batté la testa contro quella roccia, svenendo.
Quando fu sicuro che il piano fosse riuscito, Draco si avvicinò al troll controllando che fosse realmente privo di sensi. Lo era, era svenuto davvero, ci era riuscito? Per sicurezza lanciò un Incarceramus, che avrebbe dovuto tenerlo fermo per un po’, le corde magiche non erano facili da spezzare, almeno questo lo sapeva. Questo gli diede la possibilità di riflettere sul da farsi, cosa avrebbe dovuto fare per far sparire quella creatura da lì?
Storse il naso, sentendo il fetore di quella creatura raggiungere le sue narici «Puzza da morire» commentò ad alta voce «Schifosissimi troll». Il mostro emise un grugnito che lo fece sobbalzare, ma non si rialzò, la botta alla testa doveva essere stata davvero forte. Osservò ancora una volta il troll, indeciso sul da farsi, fino a che non sentì una voce chiamarlo da lontano e non vide un uomo correre nella sua direzione.
«Ehi, ehi tu, ragazzo!» Draco si voltò verso la persona che lo stava raggiungendo e inclinò la testa, c’era una persona lì? Che diavolo…? Credeva che l’accesso a quel posto fosse vietato. Era un babbano? Lo aveva visto eseguire le magie? Per fortuna era bravo con gli incantesimi di memoria. L’uomo lo raggiunse, aveva l’aria trafelata, stanca. Una barba incolta gli ricopriva il mento, i suoi occhi colmi di stupore passavano dal troll al viso di Draco rapidamente «Hai- tu hai…?» chiese senza voce, indicando la bestia, come se non credesse che lui avesse sconfitto quel mostro «Non lo hai ucciso, vero?» domandò preoccupato. Quel tizio non sembrava sconvolto dalle magie, ma era piuttosto sorpreso dal fatto che lui avesse sconfitto un troll da solo.
«No» rispose subito il biondo «L’ho solo messo al tappeto» aggiunse «Ha solo battuto la testa ed è svenuto, ecco».
«Per le mutande di Merlino, ti ringrazio!» esclamò l’uomo, stringendogli entrambe le mani «Mi è scappato una settimana fa, non riuscivo a prenderlo in nessun modo» gli disse brevemente «Ma come hai fatto?»
«Pozione esplosiva e una buona dose di fortuna» replicò il biondo con sufficienza «Le sembra il caso di liberare un dannatissimo troll in un’area del genere?» chiese all’uomo «Ha idea di quante vite ha messo a rischio?» domandò ancora, dannatissimo Grifondoro che influiva su di lui «Avrebbe dovuto stare più attento, quella maledetta bestiaccia avrebbe potuto uccidere qualcuno».
«Certo, lo so, me ne rendo conto» rispose l’uomo mortificato «Sono un Magizoologo, viaggio in giro per il mondo alla ricerca di creature magiche, ma qualche settimana fa mi sono imbattuto in lui» raccontò indicando il troll «L’ho trovato in una trappola enorme, credo che qualche mago lo abbia catturato e portato qui per venderlo o qualcosa del genere, non lo so, comunque l’ho liberato e l’ho curato» continuò «Stavo solo cercando di portarlo a casa sua, ma prima che potessi smaterializzarmi da qui, è scappato e non sono riuscito a riprenderlo» continuò «Ero davvero disperato» aggiunse con aria preoccupata, guardando la creatura, poi alzò lo sguardo su Draco, tirando un sospiro di sollievo «Per fortuna c’eri tu nei paraggi, ti ringrazio» disse, stringendogli ancora una volta le mani.
«È stato un piacere» fece Draco, sorridendo leggermente imbarazzato, non era abituato a sentirsi fare tanti complimenti, suo padre, quando era piccolo, era solito elencargli tutti i suoi errori, non i suoi successi.
«Ti ringrazio ancora» disse, prima di toccare il troll e smaterializzarsi da lì con la creatura. Draco tirò un sospiro di sollievo non appena li vide svanire. Aveva superato la prima prova? Davvero?
C’era un solo modo per scoprirlo. Mise la mano nella tasca dei pantaloni e afferrò la sua passaporta, essa si attivò e il ragazzo fu sicuro che essa l’avrebbe portato altrove. Chiuse gli occhi e avvertì il vuoto d’aria nello stomaco causato dalla smaterializzazione. Strinse gli occhi e cercò di non sentirsi male, iniziò a vorticare così velocemente che gli spostamenti precedenti gli sembrarono quasi passeggiate, in confronto a quello.
Quando giunse a destinazione, si ritrovò di nuovo tra delle rovine, ma stavolta si trovava al centro di quello che sembrava a tutti gli effetti un antiteatro (1). Così com’era successo quando aveva camminato tra gli scavi della città di Cuma, così lì si sentì di nuovo immerso nel passato, come se fosse stato un antico centurione romano.
La seconda prova, probabilmente, si sarebbe svolta lì. Quale creatura l’avrebbe atteso lì?
Si guardò intorno, il sole era ancora alto nel cielo, anche se ormai mancava poco al pomeriggio, il caldo era ancora insopportabile e Draco brancolava ancora nel buio, non sapeva nulla di ciò che lo attendeva e temeva di non farcela. Sapeva di dover restare concentrato, ma non riusciva a smettere di pensare alla possibilità di fallire. Non aveva alcun indizio, ma lo scontro con il troll lo aveva sfinito. Così si sedette su uno dei gradoni delle tribune, in un punto un po’ più ombreggiato, per rifocillarsi, per riposare un minuto e, soprattutto, per rendersi conto di cosa lo stesse aspettando davvero. Non udiva alcun suono minaccioso né altri indizi che avrebbero potuto fargli intendere cosa riguardasse la seconda prova. Tuttavia, se la passaporta lo aveva portato lì, c’era un motivo e di sicuro l’oggetto incantato dalla Sibilla non poteva commettere errori. Draco sospirò e cercò di rimettere insieme le idee, aveva appena affrontato un dannatissimo troll di montagna e se l’era cavata con un paio di lividi fastidiosi, ma niente di rotto. Sapeva che le prove successive sarebbero state molto più complicate, non sapeva cosa dovesse affrontare, ma sapeva di dover dimostrare di avere tutte quelle caratteristiche da Grifondoro che non gli appartenevano. Il legame che condivideva con Harry lo rendeva leggermente più simile all’altro, ma non così tanto, lui non sarebbe mai stato in grado di fare le cose che faceva il moro per gli altri. Si guardò attorno, alla ricerca di qualunque indizio e si ritrovò a pensare che, nonostante tutto, ne valeva la pena. Affrontare sette prove potenzialmente mortali per una persona come Harry ne valeva la pena. In altri tempi, non lo avrebbe mai pensato, quasi tre mesi prima lui e Harry erano nemici, ogni volta che si vedevano tentavano di darsele di santa ragione, ogni scontro tra di loro finiva con lui a terra… e Harry era stato così stupido da dargli una possibilità, nonostante tutto. Dopo tutto quello che lui aveva fatto, dopo tutto quello che aveva fatto contro di lui e i suoi amici, dopo gli insulti, le provocazioni, i sabotaggi… Potter gli aveva offerto la possibilità di cambiare, gli aveva offerto la sua amicizia, gli aveva mostrato che al di là del suo stupido nasino aristocratico c’era un mondo che a lui era ignoto e allora era diventato giusto aprire la mente – in ogni senso – e rendersi conto che, in realtà, le persone che lui aveva sempre dichiarato di odiare, che aveva insultato e denigrato erano in realtà persone migliori di lui, in grado di affrontare qualunque cosa, a differenza sua. Harry si era gettato tra lui e un Anatema che Uccide solo per salvarlo. Harry aveva salvato sua madre dal Manor dominato dai Mangiamorte. Non avrebbe mai dimenticato quel gesto. E solo per questo valeva la pena rischiare tutto per salvarlo, perché Harry, prima di lui, l’aveva già fatto. Aveva sacrificato la propria vita per salvare la sua.
Mentre era assorto nei suoi pensieri, non si accorse di una figura che camminava lentamente nella sua direzione, Draco continuava a pensare a cosa gli sarebbe accaduto durante quella prova, ma quando alzò lo sguardo per scrutare ancora l’ambiente circostante e capire se fosse cambiato qualcosa, sobbalzò e si alzò in piedi stringendo la bacchetta nel pugno di una mano.
Suo padre, Lucius Malfoy era lì, davanti a lui con la sua bacchetta conservata nel bastone con la testa di serpente, che per anni lo aveva terrorizzato. Ricordava bene il dolore che quell’oggetto gli aveva provocato, ogni volta che faceva qualcosa che non andava o che non lo compiaceva, Lucius colpiva Draco su una spalla, sul petto o in testa con quell’aggeggio. Aveva sempre fatto di tutto per compiacerlo e poi si era ritrovato ad essere torturato in casa sua, a causa di Lucius e della sua lealtà a quel mostro di Voldemort. Deglutì, fissando l’uomo davanti a sé, che in silenzio, lo scrutava con aria di rimprovero e profonda delusione.
Draco avrebbe dovuto esserci abituato, suo padre lo aveva guardato così per tutta la vita e non poteva biasimarlo in quel momento, dopotutto era stato lui che aveva permesso la disfatta di Voldemort, almeno in parte, quando si era alleato con Potter e aveva tradito lui, i Mangiamorte e tutti i nemici del prescelto. Aveva fatto una scelta, assumendosi tutte le responsabilità del caso, conscio che sarebbe stato una delusione per la sua famiglia, ma… vederlo con i suoi occhi fece male. Era comunque suo padre, l’uomo che lo aveva cresciuto e… che diavolo ci faceva lì? Non era stato arrestato la notte della battaglia della Torre di Astronomia? Non poteva essere stato liberato, Silente o Piton lo avrebbero avvisato…
«Bene, bene… vedo che ti stai dando da fare per una missione che non ti appartiene» fece con voce sibilante l’uomo.
«Cosa ci fai tu qui?» chiese il ragazzo, mettendosi sulla difensiva «Dovresti essere ad Azkaban».
«Sono venuto a fare un saluto al quel traditore che mi ritrovo per figlio…» disse, alludendo a lui. Draco sentì lo stomaco contrarsi «E per fargliela pagare» dichiarò alla fine, estraendo la bacchetta dal bastone. Il ragazzo si preparò a difendersi dall’attacco e, prima che suo padre lo colpisse, lanciò uno Stupeficium contro di lui, facendolo allontanare di qualche metro da sé e facendolo cadere per terra. Scese dai gradoni su cui si era seduto e fece per avvicinarsi e controllare che fosse davvero svenuto, ma accadde qualcosa di strano: lo schiantesimo non aveva avuto alcun effetto su di lui. Perché, diamine, non aveva funzionato?
«Non riesci a fare di meglio, vero?» gli chiese suo padre «Già, cosa dovevo aspettarmi da un codardo come te?» domandò ancora «Non hai avuto il Marchio per nemmeno tre mesi e sei corso da Harry Potter a piangere per farti salvare» continuò «Non hai la spina dorsale, sei solo un fallito e non concluderai mai niente» aggiunse «Questa?» domandò retoricamente, alludendo alla missione di Draco di salvare Harry «Sarà solo il tuo ennesimo fallimento. Non potrai mai avere successo, non potrai mai vincere, il Signore Oscuro ha vinto, nel momento in cui il tuo amichetto è morto».
«Taci!» urlò Draco «Expelliarmus!» pronunciò, ma l’incantesimo non colpì l’uomo che, con un sadico ghigno si avvicinò a lui. Draco indietreggiò spaventato, attraverso l’area dell’anfiteatro. La prova era affrontare suo padre? Davvero? E perché gli incantesimi su di lui non sembravano avere effetto? Perché era a conoscenza della missione? Quando era arrivato in Italia? Come faceva a saperlo? Qualcuno lo aveva tradito?
«Non ti piace quando la verità ti viene messa davanti, vero Draco? Sei patetico» fece l’uomo raggiungendolo «Non ti ho cresciuto per essere un amico dei babbani e dei sanguemarcio» fece con disprezzo, rimettendo la bacchetta nel bastone «Per non parlare dei pezzenti come i Weasley… sono veramente, veramente molto deluso da te» lo raggiunse e lo guardò ancora con quello sguardo contrariato e in un attimo lo colpì con il bastone sulla testa. Draco strinse gli occhi, le immagini delle punizioni che suo padre era solito infliggergli per educarlo, quando era un ragazzino, tornarono nella sua mente, così come tornarono nella sua mente gli abusi e le torture che aveva patito a causa di Voldemort. Cercò disperatamente di scacciare dalla mente quelle immagini, ma era più forte di lui, non riusciva a smettere di pensare a quello, di provare lo stesso dolore che aveva nel passato, non riusciva più a riflettere, tutte le sue paure peggiori stavano venendo a galla e non capiva perché. Era tutto troppo forte per lui, non era abituato a fronteggiare quei sentimenti devastanti.
«Smettila!»
Lucius lo colpì ancora con più forza, stavolta ad una gamba, facendolo cadere per terra «Ti ricordi cosa ti dicevo, quando eri piccolo?» chiese «Un Malfoy non supplica mai, un Malfoy non si fa vedere debole dal nemico, un Malfoy non fa niente per altruismo, ma per il suo tornaconto personale» continuò «Lo hai dimenticato? Hai dimenticato tutto quello che ti ho insegnato?» domandò «Sei una delusione» aggiunse «Lo sai che farò? Quando avrò finito con te, andrò da tua madre e la farò pagare anche a lei per aver appoggiato il tuo atteggiamento sconsiderato».
«No, lasciala in pace!» esclamò Draco, rialzandosi da terra «Non ti permetterò di farle del male!»
«E come vorresti impedirmelo?»
«Distruggendoti» disse, poi gli puntò la bacchetta contro e «Stupeficium!» esclamò «Diffindo» continuò «Expelliarmus!» «Everte Statim» «Depulso!» si abbassò sulle ginocchia per riprendere fiato, lanciare tutti quegli incantesimi a distanza di pochi secondi gli uni dagli altri, lo aveva stancato e sicuramente suo padre doveva essere a terra, quando meno svenuto dopo essere stato colpito da quella scarica di incantesimi, ma quando alzò lo sguardo, lo trovò in piedi, spostato di qualche metro, ma senza neanche un graffio. C’era davvero qualcosa che non andava e doveva trovare una soluzione, perché se avesse continuato così avrebbe fallito la prova, avrebbe fallito perché se non riusciva ad affrontare suo padre, non sarebbe riuscito ad arrivare al regno dei morti, non sarebbe mai riuscito a salvare Potter. Doveva impegnarsi, doveva superare la paura verso suo padre, doveva smetterla di essere un codardo, di vivere all’ombra di Lucius Malfoy, doveva iniziare a credere in se stesso e nelle sue capacità, nella validità delle sue scelte e non arrendersi davanti alla difficoltà, anche la più grande e all’apparenza insormontabile. Se c’era una cosa che Potter gli aveva insegnato, in quei mesi, era stata proprio la tenacia di perseguire i propri obiettivi.
«Mi aspettavo di meglio, sinceramente» fece l’uomo «Non sei neanche in grado di sconfiggere me, come credi di poter affrontare il regno dei morti?» domandò. Come faceva a sapere tutte quelle cose? Come faceva a sapere esattamente quali erano i suoi timori in quel momento? «Avevo grandi progetti per te, oh sì, il Signore Oscuro ci aveva promesso la grandezza e adesso, grazie a te, siamo una famiglia in declino, non ti vergogni?» domandò ancora «Hai tradito la famiglia, hai tradito il Signore Oscuro e per cosa…? Per accettare l’aiuto di un mezzosangue? Per stare dalla parte dei babbani e diventare anche tu un traditore del sangue?» scosse la testa, sempre più contrariato «Il Signore Oscuro voleva che tu fossi il suo mangiamorte più giovane, avresti potuto diventare il suo braccio destro e invece… ti sei arreso e hai mandato tutti in disgrazia» disse «Sei la vergogna di tutta la discendenza dei Malfoy, uno peggiore di te, non poteva esistere!»
«Non sono io quello che ha fatto finire la famiglia in disgrazia!» esclamò il ragazzo, rialzando la testa «Sei stato tu» esclamò «Tu ci hai mandato in rovina, quando hai accettato di lavorare con Voldemort!» continuò «Tu non sai quanto ti odio per quello che mi hanno fatto a causa tua. Tu sei la vergogna della famiglia, tu hai portato il disonore!» continuò «Tu non sai mia madre cosa ha affrontato quando tu sei stato arrestato e vieni a fare la predica a me?» domandò «Quella pazza di Bellatrix si è presentata a casa con i suoi amici Mangiamorte e Voldemort, non le ha dato altra scelta se non accettare!» esclamò «Ma tu non lo sai, tu eri in prigione, perché avevi attirato un ragazzino in una trappola! Un ragazzino che aveva la mia età!» disse ad alta voce «Non ti vergogni per tutto quello che hai fatto subire alla nostra famiglia? Non ti vergogni per quello che ci hai costretto a vivere? Non ti vergogni di quello che tu hai permesso che Lui facesse a me
Non aveva paura di lui, no, non più. Era arrabbiato con lui. Era arrabbiato con lui per non averlo mai protetto, per averlo abbandonato quando aveva bisogno di un padre, per aver permesso a Voldemort di rovinare le loro vite, per non aver impedito che quel mostro facesse del male a lui e a sua madre. Aveva superato la paura per lui ed essa era stata sostituita dalla rabbia. Si rese conto, in quel momento, che il giudizio di suo padre non contava nulla, perché era stato lui ad abbandonare il figlio e la moglie per seguire un pazzo, era stato lui che aveva fatto piombare lo scandalo sulla famiglia, era stato lui che aveva trascinato lui e sua madre in quell’incubo. Draco non temeva più il suo giudizio, perché sapeva di aver agito dalla parte giusta, sapeva di aver preso la scelta giusta, quando aveva accettato l’aiuto di Harry, lo sapeva anche perché era riuscito a convincere gli altri membri della sua casa a seguirlo in quell’impresa. Per la prima volta, i Serpeverde avevano lottato al fianco degli altri studenti di Hogwarts e, tutti insieme, avevano vinto.
«Vedo che tuo padre non ti fa più paura…» la voce di Lucius assunse un tono più spettrale e l’uomo improvvisamente, davanti ai suoi occhi, mutò. Divenne prima un’enorme palla nera, che si contrasse su se stessa fino a modellarsi in una nuova forma. Improvvisamente Fenrir Greyback era davanti a lui, con il suo ghigno sadico sul volto e quel modo di guardarlo inquietante: come se stesse guardando una succulenta bistecca da assaggiare. E per quello era diventato uno dei suoi incubi peggiori insieme a suo padre e a Voldemort stesso. Ma non era morto? Harry lo aveva ucciso quella volta a Malfoy Manor con il Sectumsempra per proteggerlo e… cosa diavolo ci faceva lì? Come aveva fatto a materializzarsi al posto di suo padre? Era successo in un attimo.  
Deglutì terrorizzato e, in quel momento, si rese conto del motivo per cui “suo padre” sembrava leggere i suoi pensieri: quello non era suo padre, bensì era un molliccio. Lucius quasi sicuramente era rinchiuso ad Azkaban e ci sarebbe rimasto per molto tempo e Greyback era morto. Quello davanti a sé era solo la sua peggiore paura fin da quella notte. Deglutì e guardò davanti a sé stringendo con forza la bacchetta tra le dita.
Un dannatissimo molliccio. Ecco perché niente aveva effetto su di lui, c’era solo un incantesimo che funzionava in quel caso, l’aveva imparato al terzo anno… e forse avrebbe dovuto applicarsi di più durante le “ridicole” lezioni di Lupin. Deglutì sonoramente e si preparò a lanciare l’incantesimo, ma il molliccio, sotto le sembianze di uno dei suoi incubi più recenti, lo colpì con la sua mano artigliata, graffiandogli il viso e facendolo volare di almeno un metro. Draco si rialzò e guardò con sfida davanti a sé: non avrebbe permesso a quel mostro di avere la meglio su di lui – non di nuovo, non in quel momento – doveva concentrarsi, pensare a qualcosa che rendesse buffo il licantropo e che lo facesse ridere, sì, ma cosa poteva rendere un lupo mannaro divertente?! Il mostro fu pronto ad attaccarlo di nuovo, ma Draco riuscì a scansarsi, in tempo, prima di essere colpito. Lanciò un paio di incantesimi offensivi, che non gli fecero neanche un graffio, ma in compenso, contribuirono a rallentarlo per un po’, per dare il tempo a Draco di riflettere. La paura non gli consentiva di riflettere in modo ottimale, né gli permetteva di figurare bene nella mente un aspetto buffo da assegnare al suo molliccio. Cercò di focalizzare nella mente qualcosa di buffo, ma senza grandissimi successi, non era per niente bravo in quelle cose.
«Quando ti prenderò, assaggerò la tua dolcissima carne, lo sai?» fece Greyback. Draco scosse la testa terrorizzato, non voleva diventare spezzatino per mollicci-licantropi e non lo sarebbe diventato.
«Non succederà mai».
«Non ti ricordi come ci siamo divertiti insieme, Draco?» chiese quello, alludendo a quella notte. Non aveva mai dimenticato che quella notte, quella in cui aveva fallito ed era stato punito in ogni modo, Greyback era stato uno di quelli che più si era divertito a punirlo. Non l’avrebbe mai dimenticato. Il ragazzo si paralizzò, no, non voleva ricordare, non voleva riportare alla mente quell’incubo, non voleva rivivere quelle sensazioni. Era stata una delle cose peggiori che gli fossero mai capitate, non voleva ritornare con la mente a quella notte. Aveva cercato di dimenticare, di relegare tutto in un angolo della sua mente, aveva mostrato quel ricordo solo a Potter e solo lui sarebbe rimasto a conoscenza del suo sporco segreto. Non avrebbe permesso al molliccio di vincere. Eppure, ogni volta che esso faceva leva sulle sue paure, si sentiva sempre più vinto «Lo ricordi, vero? Lo posso sentire nella tua mente, stai rivivendo il momento» fece con un tono di voce spettrale e terrificante, che bloccò i pensieri di Draco per interi minuti che parvero ore. Inutile nasconderlo, era terrorizzato, ma doveva essere forte, doveva continuare a combattere, non si era arreso con Lucius, non si sarebbe arreso con il licantropo.
Doveva almeno provarci, perdere a causa di un molliccio sarebbe stato umiliante, non avrebbe fallito solo perché non era in grado di affrontare le sue paure. Potter lo aveva salvato anche da lui, la notte a Malfoy Manor, quando avevano salvato sua madre, ricordava la presa salda di Harry, ricordava il modo in cui lo aveva protetto e l’incantesimo che aveva scagliato sul licantropo per impedirgli di fargli del male. Potter aveva sempre fatto di tutto per mantenere la promessa che gli aveva fatto quella sera di metà maggio nella Stanza delle Necessità, adesso toccava a lui fare di tutto per mantenere la propria.
Doveva almeno provarci. Cercò di focalizzare nella mente delle cose buffe, le più buffe che avesse mai visto e puntò la bacchetta contro l’incubo: «Riddikulus!» pronunciò, ma non successe nulla «Riddikulus!» di nuovo, ma ancora l’effetto fu nullo «Riddikulus!» esclamò nuovamente, concentrandosi maggiormente. Strinse gli occhi focalizzando ciò che voleva, focalizzando il momento in cui sarebbe scoppiato a ridere e avrebbe superato la prova. Greyback, suo padre e quel dannatissimo molliccio non avrebbero mai avuto il piacere di sconfiggerlo, dopotutto, era pur sempre Draco Malfoy.
Greyback fece un paio di passi indietro, colpito dall’incantesimo del ragazzo, il quale alzò gli occhi verso il molliccio e ghignò. Il licantropo con delle buffe orecchie da gatto che fuoriuscivano da una cuffietta per la doccia sulla sua testa e dei ridicoli abiti da circense non sembrava così minaccioso, così terrificante. Il mostro lo guardò per qualche istante, si guardò stupefatto, come se non credesse ai suoi occhi. La sua espressione unita a tutto il resto, fecero scoppiare Draco in una forte risata, una risata cristallina che risuonò con forza in tutto l’ambiente, grazie alla struttura semicircolare dell’anfiteatro di origine romana, che permetteva un’ottima acustica e trasmissione dei suoni. A causa della risata del biondo, il molliccio scomparve immediatamente. Il ragazzo smise gradualmente di ridere e alzò lo sguardo con attenzione, cercando di non smettere troppo in fretta, per evitare che esso potesse riapparire. Non accadde nulla e lui si lasciò cadere al suolo per riprendere fiato. Aveva sconfitto un molliccio, no, non solo. Aveva sconfitto le sue paure, era riuscito a dimostrare a se stesso di poter essere coraggioso, di poter affrontare cose che gli erano sempre sembrate insormontabili. E… aveva superato la seconda prova, giusto? Aveva sconfitto il molliccio, quindi la prova doveva essere stata superata… o almeno lo sperava, se fosse stato così, sarebbe stato ad un passo dal compiere tutte quelle terrene, doveva ritenersi soddisfatto del suo quasi primo traguardo. Prese dalla tasca dei pantaloni la chiave, ma essa non si illuminò subito. Aveva ancora altro da fare? C’erano altri mollicci nei dintorni? Restò sull’attenti per un po’, ma si accorse che niente stava arrivando. Forse doveva solo aspettare che “l’ora” della terza prova arrivasse.
Decise di approfittare di quell’attimo di tregua e di riposare un po’, così si sedette su uno dei gradoni e attese, per almeno due ore, che arrivasse il secondo mostro o che la passaporta si attivasse, durante l’attesa cercò di rilassarsi un po’, mentre il sole calante gli sfiorava la pelle. Sarebbe tornato a Hogwarts abbronzato. Rise appena, pensando a tutte le volte che durante le vacanze estive, suo padre gli aveva impedito di sdraiarsi al sole, perché noi siamo nobili, i nobili non possono rischiare di abbronzarsi troppo. Se il vecchio Lucius l’avesse visto in quel momento, probabilmente avrebbe avuto un infarto o qualcosa del genere, cercò di scacciare dalla mente tutte le sensazioni brutte, tutti i ricordi tetri che gli erano tornati, subito dopo aver affrontato quella prova con il molliccio e chiuse gli occhi, godendosi un po’ di riposo. Quando il sole tramontò, la chiave si illuminò: è ora, pensò stringendola nel pugno della mano.
Lo attendeva la terza prova.
Lo strappo della smaterializzazione lo colse all’improvviso e in pochi istanti, Draco arrivò in un posto che, a prima vista, gli parve strano. C’erano rocce ovunque e dei vapori fetidi salivano dal terreno sotto i suoi piedi. Il cielo rifletteva ancora dei raggi solari che gli davano una colorazione tra l’arancione e il rosa. La zona circostante era abbastanza illuminata, ma non tantissimo, presto sarebbe calata la sera e… non c’erano luci da nessuna parte. Draco si guardò intorno, era su una specie di pontile che proseguiva per una strada abbastanza lunga, che definiva un percorso preciso, ma non aveva idea di dove portasse. Era sicuro di dover intraprendere quel percorso e camminare fino a raggiungere la sua meta. Non aveva idea di quale fosse, ma stava per scoprirlo. Prese un profondo respiro e iniziò a seguire la strada indicata dal ponte. Esso costeggiava quello che doveva essere il cratere di un vulcano o qualcosa del genere, era dentro un dannatissimo vulcano? Un altro? Ma fanno sul serio?
Cercò di non farsi prendere dal panico, si fece coraggio e proseguì il suo cammino, stringendo lo zaino sulla spalla. Doveva arrivare alla fine di quel percorso, per trovare la prova, sicuramente come era successo con il troll lungo la strada avrebbe trovato un indizio o qualcosa che lo avrebbe condotto alla sua prova.
Mentre avanzava, lentamente il cielo iniziò a scurirsi e le stelle a comparire in cielo, così senza pensarci due volte, illuminò la sua bacchetta con un Lumos per illuminare la zona attorno a sé. L’odore di zolfo presente in quel luogo gli invadeva le narici e lo faceva tossire ogni cinque secondi. Disgustoso – pensò, mentre camminava, il suo viso esprimeva tutto il disgusto che provava in quel momento – questo posto puzza come una latrina, maledetti babbani.
Alzò lo sguardo al cielo per un momento e sorrise, ricordando quand’era piccolo e quanto gli piacesse guardare le stelle dal giardino del Manor, a volte si addormentava sotto al cielo stellato e sua madre o uno degli elfi lo riportavano sempre in camera sua, prima che Lucius se ne accorgesse. Narcissa era sempre stata una brava madre, a volte un po’ fredda, ma decisamente migliore di suo padre, lo aveva sempre trattato con gentilezza e l’aveva sempre protetto. Ricordava quanto avesse pianto tra le sue braccia, dopo essere stato costretto a torturarla. Tutti avevano capito quanto fosse legato alla donna, il suo pensiero primario era sempre stato come proteggerla, come risparmiarle il dolore. Sospirò, pensando che forse alla fine di quella missione sarebbe riuscito a rivederla, ma prima doveva sopravvivere a tutte le prove. Cercò di non pensare al peggio e di concentrarsi sul fatto che avesse superato due delle sette prove. Prese un profondo respiro e, quando riabbassò lo sguardo, per proseguire il suo cammino, in un angolo del pontile c’era qualcosa… o qualcuno. Fece un paio di passi in avanti, ma non riuscì a distinguere bene la figura, sembrava uno spirito. Draco si morse le labbra, prima di proseguire in quella direzione, il pontile si interrompeva proprio nel punto in cui quella creatura era apparsa. Riguardava la prova? O altro? Si morse le labbra e si guardò intorno con circospezione, prima di muovere un altro passo in avanti, solo quando fu a pochi passi dalla creatura, riuscì a vederla bene: era un essere etereo, quasi evanescente, traslucido alla vista, sembrava essere fatto di fumo, il suo colore era tra il grigio e il bluastro, aveva due piccole braccia, una delle quali reggeva una lanterna che poteva usare come arma dalla quale poteva lanciare palle di fuoco, e un solo arto inferiore, non era molto grande, apparentemente non aveva occhi, naso, bocca o orecchie, le sue dimensioni potevano variare, ma la sua altezza era simile a quella di uno gnomo o di un goblin. Era un hinkypunk, non era una vera e propria creatura, era una specie di spirito – i babbani che riuscivano a vederlo lo consideravano un fuoco fatuo, ma Draco sapeva che erano due cose diverse – che di solito si aggirava per le brughiere, in prossimità di acquitrini, stagni, laghi, paludi o fiumi.
Il Serpeverde aveva solo sentito parlare di quella creatura e aveva letto qualche informazione in uno dei vecchi libri della biblioteca del Manor della sua famiglia. In genere, questi esseri non erano aggressivi, ma lo potevano diventare, se provocati, solitamente erano di natura giocosa e dispettosa, si divertivano a sviare la strada dei viaggiatori smarriti, per fingere di guidarli e guidarli fuori dal sentiero verso trappole, come fosse e paludi. Le sue vittime preferite erano i babbani, ai quali si manifestava spesso. Adesso che ci pensava, i magisofisti avevano parlato di misteriose sparizioni, di famiglie che erano andate in un luogo e non erano più tornate indietro… che fossero state in quel posto e fossero state le vittime dell’hinkypunk? Sia maghi che babbani potevano imbattersi in lui e perdere la via, se attirati nella sua trappola.
Ma… adesso cosa ci faceva davanti a lui? Era lì per condurlo sulla strada sbagliata e attirarlo in qualche trappola o voleva guidarlo davvero come avevano fatto i fuochi fatui nell’antro della Sibilla? Forse seguirlo lo avrebbe condotto alla terza prova? Non capiva, davvero, ma fino a quel momento le cose erano andate in quel modo e ogni volta che si era fidato del suo istinto, era riuscito a superare la prova. Forse doveva solo stare attento all’hinkypunk e lasciare che lo conducesse verso la prova, dopotutto “la trappola”, verso la quale lo avrebbe condotto, avrebbe potuto essere la sua prova, ne era quasi sicuro. L’essere sembrò guardarlo anche se non aveva gli occhi e agitò la lampada, facendogli segno di seguirlo per una strada diversa dal percorso che stava seguendo il ragazzo. Draco lasciò il sentiero segnato dal ponte che stava attraversando e seguì lo spirito attraverso un sentiero diverso, più roccioso e meno lineare di quello che aveva seguito fino a quel momento. Osservò la strada che stava percorrendo e avvertì una strana sensazione, qualcosa non andava, lo sentiva nell’aria, non gli piaceva quella situazione. Notò che l’essere si teneva a debita distanza da lui e dal suo Lumos, camminava a una distanza tale da restare nell’ombra, di esso Draco poteva vedere solo la lanterna e la luce che essa rifletteva sul suo corpo traslucido. Ad ogni passo doveva stare attento alle esalazioni solforose del terreno, doveva stare attento ai gas che fuoriuscivano dalle fenditure delle pareti rocciose. Forse aveva fatto un errore, forse era stato stupido a seguire il suo istinto – doveva smetterla di comportarsi “alla Potter” e iniziare a comportarsi da Serpeverde e pensare a salvaguardare la sua vita, almeno fino alla fine delle prove e della missione. Sapeva che quegli spiriti erano molti bravi nell’arte dell’inganno, non erano come i fuochi fatui che aveva visto nell’antro della Sibilla. Avrebbe dovuto riflettere meglio.
Molto probabilmente la vera prova era proprio l’hinkypunk. Come aveva fatto ad essere così stupido e non essersi accorto di aver avuto la prova esattamente davanti a sé? Aveva quindi fallito?
Ebbe la conferma della sua teoria, quando notò che l’essere lo stava conducendo verso una specie di lago di fango, che ribolliva con violenza, dal quale si sollevavano altri gas probabilmente nocivi. (2)
Draco si fermò e l’hinkypunk si fermò a sua volta, voltandosi verso il ragazzo, gli fece di nuovo segno di seguirlo.
«Non mi ingannerai ancora, stupido spirito» disse, prima di attaccarlo con un incantesimo offensivo. Doveva ricordare ciò che aveva letto in quel libro, cosa poteva usare per sconfiggerlo? Quale incantesimo andava bene?
Solitamente, era difficile, anzi molto raro che quegli esseri emettessero grida o grugniti, ma questo doveva essere un’eccezione, perché improvvisamente emise un verso così tetro che acuto che fece accapponare la pelle del mago. Un nuovo grido gli ferì le orecchie, poi vide che la lanterna dell’essere divenne più luminosa, sembrava quasi incandescente e pochi istanti dopo, una prima palla di fuoco venne scagliata contro il biondo. Egli riuscì a proteggersi all’ultimo secondo con un Protego, il fuoco si scontrò con la barriera e si infranse. Gli attacchi divennero ripetuti, violenti. L’hinkypunk, inarrestabile, riusciva a scagliare le sfere incandescenti verso di lui con una rapidità da far paura. Draco non aveva idea di come poter vincere contro di esso, doveva riflettere però, aveva sempre avuto una buona memoria, in quel libro era indicato il modo di sconfiggere quelle creature, ne era certo. Si ritrovò a respingere uno dopo l’altro tutti gli attacchi del nemico, cercando di riportare alla mente le nozioni che aveva letto.
In genere, gli hinkypunk erano esseri evanescenti, quindi non potevano essere colpiti da nessun incantesimo offensivo, come i fantasmi. Ma i fantasmi potevano essere pietrificati, giusto? Potevano assumere temporaneamente una forma solida, com’era successo a Nick-Quasi-Senza-Testa con il basilisco… forse poteva tentare. Osservò il modo di attaccare di quella creatura e si accorse che tra un attacco e l’altro, c’era un momento di pausa, in cui la lanterna sembrava ricaricarsi, aveva giusto pochi secondi per lanciare il suo incantesimo e sperare bene. Attese la fine di quella scarica di palle di fuoco, la sua barriera s’incrinò per un istante, ma lui interruppe l’incantesimo protettivo nel momento in cui la scarica terminò.
«Petrificus Totalus!» esclamò. L’incantesimo colpì l’hinkypunk, ma per i primi secondi non successe assolutamente niente, Draco per un attimo credette di aver vinto, ma poi vide la lanterna illuminarsi come se volesse esplodere e un’enorme palla di fuoco volare nella sua direzione, alzò la barriera protettiva all’ultimo secondo ed essa non fu abbastanza potente da restare intatta. Lo scontro divenne più duro, Draco non poteva far nulla contro quell’essere, non poteva colpirlo, non poteva pietrificarlo, come doveva fare? In che modo si poteva sconfiggere quel coso?
Rifletti, rifletti, rifletti – si disse, mentre lanciava un altro incantesimo di difesa davanti a sé, per bloccare l’ennesima palla. Cercò di focalizzare nella mente quel libro, cercare di ricordare, perché ogni creatura aveva un punto debole, ogni creatura ostile poteva essere sconfitta. Ma certo! – improvvisamente, ebbe un lampo di genio. Erano sensibili alla luce, era apparso solo quando il cielo era diventato scuro e si era tenuto per tutto il tempo a distanza dalla sua bacchetta illuminata con il Lumos, perché temeva quella luce. Doveva essere quella il suo punto debole. Così si fece coraggio, nei secondi di tregua abbassò la barriera e si avvicinò alla creatura, man mano che si avvicinava, vedeva la creatura indietreggiare, forse… forse poteva tentare. Non molto distante c’era un masso, per sicurezza avrebbe potuto intrappolarlo lì e colpirlo con il Lumos, non sapeva quale effetto poteva avere su di esso e doveva tentare e rischiare, se voleva superare la prova. A metà strada dovette fermarsi, perché la lanterna si attivò di nuovo e lui si protesse dietro a un altro Protego. Attese e ogni volta che l’essere fermava i suoi attacchi, Draco avanzava verso di lui.
Quando riuscì ad arrivare abbastanza vicino all’hinkypunk, abbassò la barriera che lo proteggeva e gli puntò la bacchetta addosso «Lumos Maxima!» pronunciò, un’abbagliante luce venne emanata dalla punta della sua bacchetta e investì in pieno lo spirito ingannatore. In pochi istanti, esso divenne rigido, come se si fosse pietrificato. Assunse una forma solida, quasi sembrava fatto di pietra, aveva funzionato davvero? Draco non ci pensò due volte lanciò contro di esso un altro incantesimo, poi ne utilizzò uno di dispersione e infine uno schiantesimo. Il ragazzo guardò il punto davanti a sé con aria impietrita e, dopo qualche istante, si rese conto che l’essere era svanito nel nulla. Era uno spirito, di certo non poteva essere morto, non poteva morire, ma quella combinazione di incantesimi era servita ad allontanarlo e a farlo svanire da quel luogo. Adesso, forse, le persone non sarebbero più svanite a causa sua e… aveva superato la terza prova. Come nel caso del Troll, aveva anche liberato i babbani da quella presenza fastidiosa. Forse queste prove servivano a capire quanto fosse disposto a battersi? O cosa?
Sorrise soddisfatto di se stesso e mise la mano in tasca, tirando fuori la chiave. Per qualche istante non fece nulla, rimase ferma, come se lui avesse avuto altro da fare, come se la prova non fosse finita. Draco iniziò a sudare freddo, aveva sconfitto quella creatura che altro avrebbe dovuto fare? Non era quella la prova? C’era altro? E cos’era, allora?
Non fece neanche in tempo a finire di elaborare quel pensiero, che la chiave si attivò, ma quando la strinse sentì uno strano calore provenire da essa. Riaprì il pugno ed essa si sollevò in aria, si accartocciò su se stessa un paio di volte, come aveva fatto il molliccio, come se si stesse trasfigurando in altro e, qualche istante dopo, apparve una moneta. No, non una semplice moneta: un obolo, quello che la Sibilla gli aveva detto che sarebbe servito come merce di scambio con il traghettatore. Strinse la moneta tra le dita e la familiare sensazione della smaterializzazione lo travolse, ma qualcosa fu diverso dalle volte precedenti. Ebbe come la sensazione di perdere i sensi, prima di smaterializzarsi da lì.
Adesso, sapeva dove stava andando, aveva superato quasi la metà delle prove e le tre che gli avrebbero permesso l’accesso al regno dei morti. Deglutì, sperando di riuscire a superare anche le altre quattro.
Quando aprì gli occhi, era sdraiato sulla riva del lago d’Averno, doveva essere svenuto o qualcosa del genere durante la smaterializzazione, grazie a Salazar non si era spaccato… o peggio. Si guardò intorno senza riconoscere niente intorno a sé, doveva essere arrivato nel luogo della quarta prova, poteva sentire il rumore dell’acqua in sottofondo, in quel luogo si respirava un’aria calma, forse fin troppo, quasi sinistra e di cattivo auspicio. Draco si mise in piedi e osservò la zona circostante, il paesaggio naturalistico lì era rigoglioso, completamente diverso dal luogo terrificante del quale aveva letto nei libri che aveva studiato con Hermione. Si sistemò lo zaino sulle spalle e scandagliò la zona con lo sguardo fino a che non trovò ciò che stava cercando, l’oggetto del suo interesse: il sentiero che, secondo le leggende, portava all’Oltretomba.
Ed eccola lì, a pochi passi da lui c’era una profonda spelonca ombreggiata da alberi imponenti, che sembravano davvero antichi. Il ragazzo camminò in direzione di essa e vide che da lì partiva un sentiero in discesa, che diveniva man mano più oscuro e tenebroso, probabilmente quella era la strada per il regno dei morti.
Prese un profondo respiro, accese di nuovo la bacchetta con un Lumos e si addentrò nella spelonca.
Potter, ci sono quasi, pensò, presto ti salverò.
 

§§§

 
Dannatissimo Potter, quando ti troverò, sarò io ad ucciderti, ma davvero!
La voce di quel ragazzo non smetteva di perseguitare la mente di Harry, che continuava a credere di essere impazzito, più passava il tempo, più diveniva familiare… e a volte sembrava essere arrabbiato con lui. Harry non lo conosceva nemmeno, non sapeva cosa gli avesse fatto di male o perché fosse arrabbiato con lui. Non sapeva se ignorarlo o no, ma quel ragazzo era costantemente nei suoi pensieri. Non ne conosceva neppure il nome, ma a volte sentiva che ci fosse qualcosa di più che lo legava a lui. Quel giorno, lui suo padre, sua madre, Cedric e Sirius avevano deciso di andare a fare un picnic in montagna, così avevano impacchettato alcune cose, si erano organizzati in fretta e si erano smaterializzati in quel posto che, all’apparenza, sembrava bellissimo e si era dimostrato come tale. Harry aveva avuto l’idea di giocare a Quidditch, due contro due, e fino a quel momento era andata bene, lui e il suo padrino avevano già vinto due volte, Cedric era incapace di soffiargli il boccino. Si stava divertendo, stava passando del tempo con le persone più importanti della sua vita e non avrebbe potuto essere più felice. Tuttavia, improvvisamente un dolore lancinante alla testa fece bloccare Harry nel bel mezzo della partita di Quidditch che stava giocando in squadra con Sirius contro Cedric e suo padre. Quasi era caduto dalla scopa, se non fosse stato per la prontezza di riflessi del suo padrino, probabilmente sarebbe caduto dalla scopa. Sua madre era seduta in riva al laghetto intenta a leggere un libro, quando si accorse che suo figlio si fosse sentito male e in pochissimi secondi lo raggiunse per soccorrerlo e per assicurarsi che stesse bene. Il ragazzo fu costretto scendere dalla scopa, si piegò su se stesso, prendendosi la testa tra le mani in preda a un lancinante mal di testa.
Fu in quel momento che quella voce rimbombò nella sua testa.
«Potter, sto arrivando»
«Potter, io ti salverò»
Quelle frasi si ripetettero nella sua mente più volte, come se quella persona stesse cercando di comunicare con lui, di parlargli attraverso i pensieri, ma non conosceva il proprietario di quella voce, anche se gli sembrava vagamente familiare.  Perché continuava ad avere quella voce nella mente? Ancora non riusciva a ricordare dove l’avesse sentita, apparteneva a quel ragazzo dai capelli biondi che compariva nei suoi sogni, nell’ultimo periodo, quel ragazzo con la divisa di Serpeverde, probabilmente suo coetaneo, che tendeva a chiamarlo per cognome e che doveva aver incontrato a Hogwarts… peccato che non lo avesse mai visto prima. Una volta lo aveva sognato anche con la divisa del Quidditch, era un giocatore anche lui? Ma allora perché non lo aveva mai visto a scuola?
«Harry, tesoro, stai bene?» gli chiese Lily, apprensiva, cercando lo sguardo del figlio, Harry sentiva di poter cadere da un momento all’altro, se non fosse stato per Sirius che lo reggeva, probabilmente sarebbe caduto. Il mal di testa gli annebbiava la vista e lo faceva sentire spossato.
Cedric atterrò in fretta e con un balzo fu giù dalla scopa, lo raggiunse in fretta, sottraendolo dalle braccia del suo padrino, per prenderlo tra le sue, sorreggerlo e stringerlo con amore.
«Stai bene?»
«Sì, sto bene…» rispose incerto, appoggiandosi meglio contro il suo ragazzo «Per un momento, ci ho visto doppio e mi girava la testa, ma è tutto okay» cercò di tranquillizzarli, anche se neanche lui credeva alle sue stesse parole, ma non sapeva in che modo spiegare come si sentisse in quel momento. Anche James lo raggiunse per accertarsi delle sue condizioni. Harry non voleva che si preoccupassero per lui, non avrebbe mai voluto dar loro alcun motivo per preoccuparsi, eppure negli ultimi giorni non faceva che stare male e farli preoccupare. Gli stava succedendo qualcosa, ma non era in grado di spiegarlo e finiva sempre per sentirsi strano, stordito o cose simili; ogni volta che era con i suoi, con Sirius o con Cedric la voce di quel ragazzo faceva capolino nella sua mente e lo rendeva debole. Chi diavolo era quel tizio? Cosa voleva da lui? Perché lo tormentava in quel modo?
«No, tu non stai bene» disse il Tassorosso «Ti porto a casa tua, ti metti a letto e cerchi di riposare».
«Ced…» mormorò cercando di rimettersi dritto «Non è il caso, è una bella giornata, non roviniamola solo perché ho avuto un giramento di testa» disse dolcemente cercando di convincerlo «Non salirò sulla scopa, se ti fa stare più tranquillo».
Lily guardò suo figlio con aria contrariata «Io sono d’accordo con Cedric, non è il caso che tu resti qui, Harry» gli disse lei con tono dolce «Se stai male, è meglio che torni a casa e ti metta nel letto, sono sicura che un po’ di riposo non possa farti male» aggiunse, guardandolo «E sono sicura che a Cedric non dispiacerebbe tenerti compagnia per il resto della giornata, vero?» chiese guardando il castano.
«No, certo che no!» replicò il ragazzo, stringendo di nuovo Harry a sé «Anzi, ti prometto una dose doppia di coccole» sussurrò al suo orecchio, facendo rabbrividire il più piccolo.
«Uhm… forse mi hai convinto» Cedric ridacchiò leggermente e gli diede un delicato bacio sul collo «Così sei sleale…» fece, poi si rese conto degli sguardi degli altri su di sé e arrossì all’impazzata «C-Ced! Ci sono i miei e-e Sirius!» balbettò imbarazzato, cercando di allontanarsi di nuovo dal suo ragazzo, ma con scarso successo. L’altro rise e scosse la testa stringendolo di nuovo. Harry adorava la sensazione di protezione che avvertiva, quando il suo ragazzo lo stringeva in quel modo. Nessuno, prima di quel momento, l’aveva stretto così.
«Ah non preoccupatevi per noi!» esclamò Sirius «Ci godiamo lo spettacolo!»
«Ben detto, Sirius!» fece James «Così la prossima volta ci pensa due volte, prima di fare lo schizzinoso quando bacio Lily». Harry arrossì fino alla punta delle orecchie e si voltò verso il suo ragazzo, affondando il viso contro la sua spalla. Gli altri ridacchiarono ad alta voce, mentre Cedric gli accarezzava la schiena per tranquillizzarlo. Dopo cinque minuti e dopo aver salutato tutti ed essersi sentiti dire: Mi raccomando, state attenti – Usate le precauzioni – Non rompete nessuno letto, lui e Cedric tornarono a casa di Harry. Il più grande fu molto premuroso, lo accompagnò nella camera da letto, lo aiutò a distendersi, gli tolse le scarpe, lo aiutò a mettersi qualcosa di comodo… e poi si sdraiò accanto a lui. Gli diede un leggero bacio sulle labbra, che Harry cercò di approfondire e poi lo avvolse tra le sue braccia per stringerlo forte a sé. Il moro si ritrovò ad appoggiare la testa sul suo petto e a chiudere gli occhi, sentendosi completamente rilassato.
«Meglio?» sussurrò Ced al suo orecchio, accarezzandogli un fianco.
«Sì… mi sento meglio» rispose a bassa voce il moro «Grazie per avermi portato qui» disse «E per le coccole…»
Il castano gli baciò la punta del naso, sorridendo dolcemente «Non è nulla, piccolo, mi piace prendermi cura di te». Harry sorrise e si accoccolò meglio contro di lui, sentendosi stranamente felice e soddisfatto, non si era mai sentito tanto sereno in vita sua. I suoi genitori erano lì con lui e adoravano metterlo in imbarazzo, il suo padrino era suo complice in ogni cosa – anche se raramente si alleava con suo padre – e aveva un ragazzo meraviglioso che si prendeva cura di lui. Allora perché continuava a sognare il biondino? Perché lui gli diceva che stava arrivando per salvarlo? Perché voleva salvarlo dalla sua stessa famiglia? Non aveva senso, non aveva fatto senso, tuttavia, quando chiuse gli occhi si ritrovò di nuovo davanti a quel biondo, che gli ripeteva quelle stesse parole. «Potter, ci sono quasi, presto ti salverò».




 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
(1) la seconda prova di Draco si svolge all’Antiteatro Flavio, che si trova nel parco archeologico dei Campi Flegrei
(2) l’hinkypunk porta Draco verso la Fangaia, che è una piscina di fango bollente, costituita da acqua piovana e acque di condensazione del vapore, mescolate a materiale argilloso. Si trova nella Solfatara, che, per chi non lo sapesse, è il cratere di un vulcano in stato di quiescenza, che però manifesta fenomeni di vulcanismo secondario (emissioni solforose, di anidride carbonica e simili).
 

Hola peps!
Chiedo scusa per l’aggiornamento saltato della settimana scorsa, in genere riesco sempre ad aggiornare, in ogni situazione, tuttavia la settimana scorsa è stata un po’ dura anche per me e ho dovuto prendermi una pausa. Per chi non mi segue su FB e non sapeva del non aggiornamento, I’M SO SO SO SORRY. Spero che non accada mai più una cosa del genere, mi siete mancati tutti tantisimo!
BUT I’M BACK! :D
Ed eccoci arrivati al quinto capitolo di questa seconda parte eeeeeeeee….
INIZIAMO CON LE PROVEEEEEE (provole come dice mia cugina di 2 anni LOL ho passato troppo tempo con lei e non sapete quanto mi manca ç_ç)
ZANZANZAN. La prima semplicissima prova è solo affrontare un troll, che volete che sia? (Draco: Per tua fortuna, non mi ha sfregiato! Il mio bel viso con una ferita? Ti avrei ammazzata subito!) Ugh oggi è più acido del solito. ANYWAY.
Il parco Nazionale del Vesuvio è tipo uno dei posti più belli in cui sia mai andata nella mia città ç_ç (sicuramente vanta di tanti tanti posti meravigliosi ma quello mi è rimasto nel cuore ç_ç) E Draco ci incontra un TROLL LOL ma guardate che coraggioso non è il mio bambinoooo.
Come seconda prova, un giochetto da ragazzi, solo le sue peggiori paure. Che volete che sia? PFT.
Funny thing: lo sapete che ho cambiato la seconda prova di Draco? Quando a suo tempo ho plottato la storia, avevo pensato a una cosa ma poi scrivendo, mi sono accorta che la prova che avevo scelto per lui, non c’entrava niente con il suo percorso di maturazione e di realizzazione (Chiara, fly down) e quindi yay!
Mi sono resa conto che metterlo davanti alle sue paure più grandi suo padre e uno dei mangiamorte che ha abusato di lui, per lui fosse peggio che affrontare un’altra prova di coraggio (doveva esserci un duello con un drago, ma Harry è il tipo che affronta i draghi LOL) così ha affrontato con coraggio un molliccio e ha superato le sue paure :D spero vi sia piaciuto!
E infine, ma non per importanza, affronta un hinkypunk (in italiano è marciotto? Whut? Orribile) un mostriciattolo che non avevo idea esistesse (grazie bestiario delle creature magiche e potterpedia per le preziose info a riguardo) che invade la Solfatara e fa sparire maghi e babbani. Aw, sweetie, Draco salva un sacco di gente, solo perché deve salvare Pottah.
NB: Le descrizioni dei posti (Parco Nazionale, Anfiteatro e Solfatara) sono state fatte in base alle foto che ho scattato io, quando sono stata in quei posti, quindi spero che siano il più accurate possibili. 
HOPE YOU LIKE IT.
BTW Dray è metà dell’opera, nel prossimo capitolo troverà l’ingresso dell’Oltretomba eeeeeee affronterà altre quattro prove, chissà quali saranno! (Draco: Ho paura anche solo di pensare a cosa hai pensato di farmi affrontare… non dirmi che ci sarà un dissennatore… Io: *fischietta* Draco: Rispondi! Io: NO SPOILER)
Intanto ringrazio di cuore le persone che durante la scorsa settimana mi hanno scritto per assicurarsi che stessi bene (non preoccupatevi, sto bene adesso!) e chi ha recensito lo scorso capitolo: Eevaa, Estel84 e Puffalanovita. Grazie anche a chi legge e supporta la storia in maniera silenziosa, spero che non mi abbandonerete per l’assenza di sabato scorso ><
See you on Saturday! (non mancherò più, I promise!)
Love ya all <3
#StaySafe
 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 15
*** Seconda Parte, Capitolo 6: Trials (pt.2) ***


 

Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


ATTENZIONE:
Menzione di scene di violenza e abusi (solo riferimenti)


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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 6: Trials (pt.2)




Draco si incamminò verso la tetra spelonca, facendosi luce con la sua bacchetta. Davanti a sé c’era un lungo sentiero in discesa che sembrava essere senza fine. Strinse la presa sulla bacchetta e si addentrò nella grotta, iniziando a percorrere la via che l’avrebbe condotto alla prova successiva. Si fermò a metà strada per consultare il suo taccuino, lo illuminò e lesse gli appunti riguardanti il lago. Secondo la leggenda, lungo quel sentiero, scendevano le anime dei defunti, guidate dal dio Hermes che li portava verso la riva del Fiume Acheronte, dove quelle che possedevano un obolo, cedevano la moneta a Caronte, il vecchio traghettatore infernale, in cambio di un passaggio sicuro sul fiume per accedere al regno dei morti e per poter riposare in pace. Egli li traghettava sulla riva opposta e poi da lì le anime proseguivano il loro viaggio raggiungendo i tre giudici, i quali emettevano un verdetto e le collocavano, a seconda della loro condotta in vita, in una delle tre aree dell'Oltretomba: Prateria degli Asfodeli, Tartaro e Campi Elisi. Draco illuminò il percorso davanti a sé, ma non vide nulla, se non il buio più cupo di quel sentiero così lungo da sembrare infinito, davanti a sé non c’erano né il fiume, né le anime, né il traghettatore. Deglutì, ma non si diede per vinto, doveva confidare nelle sue capacità. Se la passaporta della Sibilla lo aveva portato lì, voleva dire che era vicino alla sua meta, che presto avrebbe raggiunto la quarta prova. Forse la prova stessa era affrontare quella profonda grotta, magari qualche mostro si nascondeva lì dentro, qualche mostro peggiore delle creature che aveva appena affrontato; un brivido di paura attraversò la sua schiena, immaginando quale creatura avrebbe potuto incontrare, ma lo ignorò: doveva trovare e salvare Potter, a qualunque costo. Una forza più grande di lui e della sua paura gli diceva di dover andare avanti e di non arrendersi. Mise a posto il taccuino e richiuse lo zaino, rimettendoselo in spalla e poi, stringendo la bacchetta illuminata nel pugno, proseguì l'esplorazione di quella grotta.
Percorse all’incirca mezzo chilometro, era più profonda di quanto avesse mai immaginato, non aveva trovato assolutamente nulla, ma più si addentrava lì dentro, più tutto diveniva scuro e il punto da cui era entrato diveniva sempre più lontano. Quando si era voltato a controllare, aveva visto solo un puntino in lontananza da cui, probabilmente, filtrava la luce del sole, per il resto era tutto avvolto dall’oscurità. Draco deglutì, fece per avanzare, quando un rumore improvviso lo fece sobbalzare: illuminò il punto da cui gli era parso di sentire il rumore, ma con sua somma delusione constatò che era solo un frammento di roccia che era caduto al suolo. Intorno a sé, infatti, c’erano solo rocce altissime, così immense da apparire minacciose. Scosse la testa e riprese il suo cammino, dicendosi che avere paura delle rocce era da stupidi, c’erano mostri ben più pericolosi di quelle. Era stanco, spaventato, preoccupato e continuava a ripetersi che doveva andare avanti, che doveva salvare Harry, che doveva riuscire a riportarlo a casa, non solo perché era in debito con lui, ma perché ormai immaginare la propria vita senza di lui gli sembrava impossibile. Ammetterlo con se stesso lo travolse improvvisamente, la realizzazione della verità di quel pensiero gli fece venire gli occhi lucidi.
Perché non riusciva a trovare un dannatissimo fiume, in una grotta che sicuro conduceva sotto il livello del lago? Colpì una parete rocciosa con forza, imprecando contro se stesso per essere così stupido e contro Potter che si era lanciato tra lui e una maledizione senza perdono. Trattenne un singhiozzo di frustrazione e prese un paio di respiri profondi: non era il momento di farsi prendere dallo sconforto, doveva proseguire e superare la dannatissima quarta prova. Si fece forza su se stesso e proseguì, gli sembrò di camminare per chilometri e chilometri, più camminava più veniva inghiottito dal buio. Si voltò per controllare l’uscita, ma si accorse che essa era sparita. Era un buon segno o un cattivo presagio?
Non aveva tempo per quelle congetture, così avanzò ancora, sperando di essere sulla strada giusta. Proseguì ancora dritto per una ventina di metri, fino a che non sentì qualcosa. Nella profondità di quella spelonca infinita, sentì dei lamenti, voci sinistre, inquietanti, sibilanti. Dovevano essere le anime dei defunti che giungevano nel regno dei morti. Draco raccolse tutto il coraggio che aveva e superò un grosso masso che gli sbarrava la strada e, una volta posati i piedi per terra, spalancò gli occhi per la sorpresa. Davanti a sé si estendeva l’enorme riva di un fiume, tutta la zona era illuminata da una sinistra luce rossa, ma Draco non capiva da dove provenisse. Apparentemente, sembrava non esserci nessuno lì, ma le voci sibilanti erano sempre più presenti. Ripassando a mente tutti gli incantesimi difensivi che conosceva, il Serpeverde avanzò ancora, raggiungendo quella che sembrava sabbia. Il fiume era scuro, tetro, terrificante, la sua acqua sembrava nera come la pece. Non c’era neanche un’anima lì, nel vero senso della parola. Draco avanzò cautamente e raggiunse quasi la riva del fiume, c’era una barchetta proprio lì, quasi abbandonata. Forse il vecchio traghettatore era solo una leggenda, forse non esisteva davvero, magari era il suo giorno fortunato e la prova da superare era al di là del fiume. Usando la bacchetta che aveva ancora stretta nel pugno, provò a spostare la barca, ma con scarsi risultati.
«Chi va là?» una voce profonda, antica, terrificante raggiunse le orecchie del ragazzo, che si immobilizzò «Chi osa disturbare la quiete di questo luogo sacro?» dall'imbarcazione si alzò una figura «Io sono Caronte, il traghettatore di anime e protettore della riva dell’Acheronte» dichiarò, presentandosi. Aveva una lunga barba bianca incolta e l’aspetto davvero trasandato. La leggenda narrava che egli avesse gli occhi rossi come le fiamme di un fuoco vivo e Draco, anche se non riusciva a vederli, non faticava a credere a quella storia. Il giovane mago cercava di ignorare i lamenti che sentiva provenire dal fiume, cercava di non farci caso perché era già fin troppo agitato e non voleva andare nel panico.
«I-Io non intendevo disturbarla» fece Draco, intimidito dalla presenza ancestrale davanti a sé «Sono qui per compiere una missione, devo trovare un mio amico e…»
«… e sei un vivente, come hai fatto ad accedere alla riva dell’Acheronte?» domandò «Ai mortali è vietato venire qui».
«La Sibilla mi ha dato… una passaporta ed essa mi ha portato qui, dopo aver superato tre prove». L’anziano annuì e un sorriso cupo e inquietante si dipinse sulle sue labbra «Devo attraversare il fiume» disse. Tirò fuori dalla tasca l’obolo e lo mise nel palmo della mano, mostrandolo all’uomo davanti a sé.
«Vedo che hai portato anche l’obolo» commentò ad alta voce, annuendo lentamente «Molto bene, ti porterò dall’altro lato, ma ai mortali non è permesso stare qui» ripeté, come se fosse un avvertimento. Draco si chiese come mai avesse ripetuto la stessa frase più volte, lo sapeva, lui non apparteneva a quel regno – per sua fortuna – ma neanche Harry e lui doveva salvare Harry, non poteva fallire, era la missione più importante che gli fosse mai stata affidata e secondo Silente, lui era l’unico a poterlo salvare. Non gli importava quanto avrebbe dovuto lottare o quanto avrebbe dovuto sacrificare, avrebbe portato a termine la sua missione e anche nei momenti di sconforto, avrebbe stretto i denti e sarebbe andato avanti, avrebbe superato se stesso e tutte le prove che avrebbe incontrato e anche se le circostanze gli avessero chiesto l’estremo sacrificio, l'avrebbe compiuto, perché per Harry ne valeva la pena.
«Mi porterà dall’altro lato della riva?» chiese il ragazzo, con circospezione.
Il traghettatore lo guardò in silenzio per un lungo istante, in cui Draco si chiese cosa stesse accadendo e perché lo stesse guardando in quel modo. Se avesse detto di nuovo non è permesso ai mortali stare qui, gli avrebbe lanciato contro uno Stupeficium, non era lì per sentirsi dire l’ovvio da un vecchio baffuto, era lì per affrontare la quarta prova infernale.
«Sì, ma devo avvertirti, ragazzo» disse l’anziano traghettatore «Questo luogo non è per i mortali come te, se tieni alla tua vita, devi tornare indietro adesso che puoi, dopo non ti sarà più possibile tornare indietro».
«L’ha già detto» ribatté il giovane, irritato «Non ho paura, qualsiasi cosa incontrerò l’affronterò» affermò con sicurezza «Sono qui per compiere la mia missione ed è quello che ho intenzione di fare» proclamò quasi solennemente. L’ anziano annuì, guardandolo ancora con uno sguardo particolarmente compiaciuto e con un semplice movimento della mano, spostò la barca e si avvicinò ad essa, salendovi con estrema facilità. Caronte fece segno al ragazzo di raggiungerlo ed egli obbedì, salendo anche lui sulla barca, senza lasciare la presa sulla propria bacchetta. Il traghettatore prese un remo dal fondo della barca e iniziò a remare sull’acqua scura. Draco non voleva guardare il fiume, gli incuteva timore, lamenti, grida di dolore, sofferenza, urla provenivano dal fondo del fiume e sapeva che, come dicevano le leggende, lì erano relegate le anime a cui non era concesso attraversare l’Acheronte. Aveva paura, chi non ne avrebbe avuta? Lui non era un impavido e checché ne dicesse Silente, nessun improvviso coraggio Grifondoro era stato instillato in lui improvvisamente, semplicemente aveva abbandonato – momentaneamente – il suo egoismo e perseguiva un’ambizione del tutto nuova: portare a termine quella missione, solo per poter schiaffeggiare Potter e insultarlo per averlo fatto stare così male. Quel dannato impiastro non avrebbe dovuto fargli da scudo, avrebbe risparmiato molta sofferenza a tante persone. Di certo il Prescelto era più importante del figlio di un Mangiamorte. Un brivido attraversò la sua schiena. Era quel posto a renderlo così triste? A fargli fare quei pensieri negativi?
Un grido più forte degli altri lo fece trasalire, Caronte invece guardava davanti a sé come se sapesse che qualcosa stesse per arrivare, le sue labbra si muovevano senza emettere alcun suono. Draco lo sapeva, la quarta prova era vicina, poteva sentire il pericolo su se stesso ancor prima di affrontarlo realmente. Il ragazzo teneva la bacchetta illuminata puntata davanti a sé per vedere dove stesse andando, la barca sembrava volare sull’acqua, neanche si creavano le increspature solite delle traversate, il fiume era uno specchio oscuro, impenetrabile alla vista, da cui provenivano quegli agghiaccianti lamenti, così calmo che era completamente privo di onde, una tavola piatta su cui la barca scivolava placidamente. Era tutto troppo tranquillo per i suoi gusti, qualcosa non andava, qualcosa stava per accadere. Poi improvvisamente sul pelo dell’acqua notò qualcosa. A primo acchito, gli sembrò una mano umana e deglutì sperando di essersi sbagliato. Essa scomparve così com’era comparsa e questo insospettì Draco, che si sporse leggermente dalla barca per osservare meglio, ma non vide niente, il buio regnava sovrano lì dentro.
Lentamente, la barca si fermò, ma era ancora lontana dalla riva. Il mago fece per chiedere al traghettatore informazioni su cosa stesse accadendo, ma uno scossone al fianco dell’imbarcazione gli tagliò il fiato in gola, esso fu seguito da un altro e un altro ancora, la barca quasi si ribaltò al quarto colpo. E poi la vide, una mano comparve sulla parete dell'imbarcazione di legno. Draco alzò la bacchetta per vedere e un singulto fuoriuscì dalle sue labbra. Un brivido di terrore gli attraversò la schiena quando si rese conto di cosa avesse davanti: un Inferius e sicuramente non ce n’era uno solo. Gli Inferi erano dei cadaveri riportati in vita dalla Necromanzia, una magia oscura molto potente e vietata nel mondo magico. Non possedevano libero arbitrio, né coscienza né pensiero, il loro scopo era semplicemente quello di eseguire come marionette gli ordini del mago che li aveva risvegliati. La creatura provò ad attaccarlo, ma lui la respinse con uno Stupeficium che lo allontanò immediatamente. Altre mani si arrampicarono lungo le pareti della barca e lo spazio era troppo piccolo affinché potesse allontanarsi e tentare di proteggersi. Indietreggiò fino alla poppa della barca, notando solo in quel momento che Caronte fosse sparito, quella era la conferma che ciò che stava affrontando in quel momento, era proprio la quarta prova. Deglutì e quasi cadde nell’acqua a forza di indietreggiare. Non aveva mai affrontato degli Inferi prima di quel momento, come avrebbe fatto a sopravvivere? Lo avrebbero trascinato sott’acqua e sarebbe morto, ancor prima di arrivare da Harry?
La mano di uno di quegli esseri afferrò con forza la spalla di Draco, che sussultò e urlò, riprendendosi dai suoi stessi pensieri e poi lanciò altri incantesimi, colpendo alcune delle creature che stavano salendo sulla barca. Non riusciva a contrastarle tutte, erano troppe e lui uno solo. Per ogni Inferius che schiantava ne salivano almeno tre sulla barca. Maledizione. Avevano studiato gli Inferi con Piton, durante le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure di quell’anno, oltre alle informazioni base, sul libro erano riportanti anche gli incantesimi per contrastarli, sfortunatamente essi non sentivano alcun tipo di dolore causato dagli incantesimi ostili e non potevano essere uccisi perché erano già morti, ma… come tutte le creature della notte, anche gli Inferi temevano la luce e il calore, quindi temevano il fuoco. Draco prese un respiro profondo e «Flagramus!» pronunciò puntando la bacchetta contro il bordo della barca. Esso divenne immediatamente incandescente e ogni volta che gli Inferi lo toccavano, ricadevano in acqua «Incendio!» urlò Draco verso l’acqua, la superficie del fiume si illuminò e si incendiò come se quella non fosse davvero acqua. Le creature non osarono avvicinarsi ad esso per nessuna ragione, per sicurezza, il ragazzo lanciò lo stesso incantesimo in un altro punto del fiume. Gli Inferi si arrestarono subito e sparirono sotto la superficie dell’acqua, così com’erano apparsi. Senza essere toccata, la barca riprese la sua lenta traversata del fiume, il ragazzo per sicurezza lanciò un Lumos Maxima illuminando maggiormente la bacchetta, in modo che le creature non potessero avvicinarsi ancora a lui. Quando la situazione fu più calma, Draco tirò un sospiro di sollievo e si sedette sul fondo della barca, il peggio sembrava essere passato, sperava di aver superato la prova, perché se gli Inferi lo avessero attaccato ancora, non avrebbe saputo come difendersi in maniera diversa. Contrastarli era impossibile, l’unica arma che aveva contro di loro era il fuoco e probabilmente se lo avessero attaccato in numero maggiore, lo avrebbero sopraffatto, non era così potente. Osservò la sua imbarcazione attraversare i due fuochi che lui stesso aveva creato e si sentì sollevato, quando notò che le protezioni anti-inferi funzionassero. Dopo una manciata di minuti, la barca si arrestò da sola, toccando la riva opposta del fiume. Draco si alzò in piedi e guardò la riva davanti a sé, deglutì, timoroso che potessero esserci altre creature ostili e che quella prova non fosse finita ancora.
«Ho superato la prova?» chiese, mentre scendeva dalla barca. Era la prima volta che poteva chiedere effettivamente conferma di aver superato o meno la prova.  Il necromante lo guardò sorpreso, come se non si aspettasse quell’esito. Draco guardò il traghettatore con uno sguardo assassino.
«Sì» rispose piatto «Nessun mortale aveva tenuto testa ai miei Inferi in così poco tempo» aggiunse «Sei un mago molto promettente, ma devo avvertirti di nuovo, ai mortali non è permesso stare qui».
«Lo so» replicò il ragazzo «Ma ho una missione da portare a termine». Caronte annuì, comprensivo.
«Non so se sei solo completamente pazzo o completamente idiota, ma devo ammettere che hai coraggio da vendere» gli disse. Il ragazzo lo guardò quasi offeso e cercò di capire se avesse intenzione di continuare a prenderlo in giro o se avesse intenzione di dargli più informazioni su ciò che avrebbe dovuto fare. «Molto bene, hai superato la prova» continuò «Altre tre prove ti aspettano» gli disse «Agisci d’astuzia e ingegno e avrai successo». Il ragazzo annuì e guardò davanti a sé: la strada era dritta, oscura, infinita. Sembrava che non ci fosse una fine per quelle gallerie di pietra che si aprivano avanti a lui. Fece per chiedere informazioni all’anziano, ma quando si voltò, egli era sparito insieme alla barca. Maledizione, imprecò mentalmente, prima di proseguire dritto, sperando di essere andato nella direzione giusta.
Adesso doveva affrontare la quinta prova e davvero non aveva idea di quale potesse essere.
 

 
Al di là del fiume, l’assenza di luce era l’unica cosa regnava in quel posto, l’unica luce ad illuminare la zona era il Lumos Maxima con cui aveva illuminato la sua bacchetta. L’unica cosa certa che conosceva, oltre al buio, era il costante lamento delle anime dannate che udiva da ogni direzione. C’era qualcosa che non andava, poteva percepirlo sulla propria pelle, tutto sembrava organizzato affinché lui si imbattesse nelle sue prove. Le prime tre erano state facili da raggiungere, grazie alla passaporta della Sibilla, ma lì sotto, fin da quando era entrato in quella spelonca, ogni cosa sembrava fatta di proposito. Stando ai libri, subito dopo aver attraversato il fiume, avrebbe dovuto incontrare Cerbero (o forse avrebbe già dovuto incontrarlo? Non ricordava bene), il cane a tre teste che, in teoria, avrebbe dovuto impedirgli di passare. Invece non c’era assolutamente nulla, neanche un’anima. Quando aveva scoperto di dover andare nel regno dei morti, aveva immaginato di incontrare più… morti. Non capiva, davvero, eppure aveva una terribile sensazione, come se sapesse che mancava poco tempo. Temeva che Potter potesse dimenticare davvero tutto, che il loro legame potesse spezzarsi e che non ci fosse più speranza. No, non gli avrebbe permesso di dimenticare, avrebbe riportato tutti i suoi ricordi in quella zucca vuota a costo di prenderlo a Schiantesimi e martellate in testa, ma prima doveva riuscire a salvarlo, doveva riuscire a portarlo via da lì, doveva riportarlo sano e salvo a Hogwarts. Poi avrebbe potuto insultarlo prima per averlo fatto soffrire in quel modo, poi gli avrebbe detto che era stato un idiota a sacrificarsi per lui e poi lo avrebbe… baciato.
Ma cosa diavolo sto pensando? Forse questo posto mi sta facendo davvero perdere il senno – pensò, indignato per i suoi stessi pensieri. Da quando pensava come un adolescente alla sua prima cotta? Lui di certo non era più un adolescente né aveva una cotta. Erano solo pensieri stupidi, quelli. Doveva concentrarsi sulla prova e sulla missione, nient’altro.
Qualcosa gli diceva che la quinta prova fosse vicina e temeva che fosse anche una delle più difficili. Trattenne il respiro quando un latrato giunse alle sue orecchie, gli venne la pelle d’oca e tremò come una foglia. Quello doveva essere Cerbero, l’enorme mastino infernale, il cane a tre teste che sorvegliava l’Ade e che aveva il compito di impedire alle anime di fuggire. Draco intravide solo una delle sue zampe nell’oscurità illuminata dalla sua bacchetta. L’animale emise un altro verso inquietante e spalancò le fauci nel momento in cui scorse la sua figura. Il Serpeverde rimase immobile, quando il cane alzò una delle sue tre teste (le altre due la seguirono pochi secondi dopo) ergendosi in tutta la sua maestosità, era nero, enorme, terrificante, il suo pelo era così lucido da sembrare liscio, aveva tre teste, ognuna delle quali aveva delle zanne enormi, che fuoriuscivano dai lati delle sue bocche. Il ragazzo deglutì e fece un passo indietro, il cane spalancò le fauci di tutte tre le teste e ringhiò sonoramente. Come aveva detto Ron, somigliava al cane a tre teste di Hagrid, Fuffy, come diavolo si faceva a chiamare quella cosa Fuffy?
Non sapeva come affrontare un cane a tre teste, a malapena aveva tenuto testa a tutti quegli Inferi poco prima, ma non aveva mai combattuto contro una creatura del genere e nemmeno l’aveva studiata. Il cane minacciò di attaccarlo di nuovo e Draco eresse una barriera tra sé e l’animale con un Protego, cercando di prendere tempo e studiare un piano d’azione più rapido. Beh, almeno non si era sbagliato, aveva davvero incontrato Cerbero – e per una volta, gli dispiaceva avere ragione, avrebbe preferito avere torto – forse aveva ragione il vecchio traghettatore, era stato solo uno stolto ad aver solo osato pensare di addentrarsi nell'Oltretomba ed era stato completamente pazzo ad aver voluto iniziare quel viaggio-suicidio, ma il suo obiettivo restava immutato, nonostante la situazione fosse totalmente a suo svantaggio, avrebbe continuato. Non importava quanto folle o stolto fosse stato, lui avrebbe salvato Potter a qualunque costo.
Pensa, Draco, pensa – si disse mentalmente – tutte le creature hanno un punto debole… ma quale punto debole ha un maledettissimo cane a tre teste gigante?
Non ebbe il tempo di poter riflettere ancora, perché il cane a tre teste lo attaccò ancora e la sua forza animalesca quasi non infranse la sua barriera. Draco sapeva di dover fare in fretta, di non poter perdere troppo tempo, non solo ne andava della vita di Potter, ma in quel caso anche della sua. Cerbero continuò ad attaccare, il ragazzo lanciò alcuni incantesimi difensivi e altri offensivi che però non sembravano avere alcun effetto su di lui. Di certo non poteva continuare a nascondersi dietro alle barriere protettive, perché se avesse continuato in quel modo, non avrebbe mai superato la prova, non avrebbe mai vinto e non avrebbe mai portato a termine la missione. Provò ad usare un Incendio, per spaventarlo come aveva fatto con gli inferi, ma Cerbero non aveva affatto paura del fuoco. Con una zampata, spense il fuoco che Draco aveva acceso davanti a lui e avanzò nella direzione del ragazzo, che per ovvie ragioni si ritrovò ad indietreggiare, sperando di trovare un riparo da qualche parte, per poter mettere a punto un piano decente e poter sconfiggere la creatura. Doveva esserci un modo, doveva trovare il punto debole di quel mostro. Ogni creatura ne aveva uno e lui… lui doveva semplicemente riuscire a capire quale fosse. Lanciò uno Stupeficium, poi un Diffindo, poi un Depulso, poi ancora un Flipendo, e ancora un altro Stupeficium, poi Everte Statim, e ancora Expulso, Confringo, Reducto. Draco guardò la creatura, sperando di averla almeno stordita, aveva il fiatone, era stanco e… Cerbero invece sembrava essere solo più infuriato di prima a causa dei tanti attacchi appena subiti. E non aveva neanche una ferita. Il ragazzo iniziò a sudare freddo, non riusciva a procurargli nessuna sorta di danno o a stordirlo, come avrebbe fatto a vincere quella sfida? Come avrebbe fatto a superare la prova?
Forse avrebbe dovuto applicarsi molto di più durante le ore di Cura delle Creature Magiche, invece di considerarla solo una perdita di tempo, Hagrid avrebbe di sicuro saputo come comportarsi con quel mostro. Doveva trovare una soluzione, doveva trovare un modo per riuscire a superare la prova. Non poteva fallire, no, non doveva né poteva.
«Incarceramus!» pronunciò disperato. Delle funi magiche comparvero e avvolsero le zampe e il corpo della bestia, che colta di sorpresa cadde al suolo. Per un singolo istante, il ragazzo credette di essere riuscito a vincere, di aver messo al tappeto il cane a tre teste, che rimase a terra pochi istanti, tuttavia il Serpeverde non ebbe neanche il tempo per esultare, perché la creatura oppose resistenza alle funi e dopo una breve lotta di alcuni secondi, le distrusse tutte, liberandosi dalla loro morsa, ululando e ringhiando contro il ragazzo che aveva osato sfidarla. Draco deglutì e indietreggiò, non aveva via di scampo, non aveva modo di sconfiggerlo. Era impossibile, era spacciato.
 
«Che vuoi?» chiese Draco al rosso «Hai trovato altre informazioni?»
«Uhm, non proprio, ma ehi, si parla di un cane a tre teste, giusto?» chiese, il biondo annuì, non capendo cosa significasse la domanda «Non so, forse può esserti utile sapere che sono spaventosi, sì, ma prendi Fuffy, ad esempio, lui si addormentava con un po’ di musica rilassante».
«Chi diavolo sarebbe Fuffy?»
«Il cane a tre teste di Hagrid» rispose il Grifondoro «Harry non te ne ha parlato? Faceva da guardia alla botola per raggiungere le sale della pietra filosofale». [...]
«Scusa, credo di non aver capito bene» replicò infatti sconcertato «C’era un dannatissimo cane a tre teste nella scuola?» chiese, Ron annuì come se stesse dicendo la cosa più normale del mondo «Silente è completamente pazzo!» esclamò, senza aspettare la risposta del rosso che ridacchiò scuotendo la testa.
«Sì, c’era» rispose, ignorando l’esclamazione indignata dell’altro «Hagrid aveva questo enorme cane a tre teste, o credo che lo abbia ancora, non lo so, ma qui dice che questo Cerbero è un cane a tre teste, magari ha lo stesso punto debole di Fuffy» spiegò con una scrollata di spalle «Hagrid dice che ogni creatura magica ha un punto debole, anche quelle più spaventose. Pensavo che potesse esserti utile, tutto qui».

 
La breve conversazione avuta con Weasley qualche settimana prima, piombò nella sua mente come un’epifania. Era una follia, davvero, ma seguire il consiglio del rosso o l’avrebbe portato verso la vittoria o verso la morte, ne era certo. Non poteva vincere contro un dannatissimo cane a tre teste, non aveva scelta, nessun incantesimo sembrava abbastanza potente da stordirlo o da imprigionarlo, non aveva altra scelta. Come poteva ricreare della musica? Di certo non aveva uno strumento con sé… ma era un dannatissimo mago, poteva trasfigurare qualsiasi oggetto in qualsiasi cosa – benedette lezioni di Trasfigurazioni della McGranitt – non finì nemmeno di elaborare il suo piano, che la creatura lo attaccò di nuovo, Draco fu rapido nello scansarsi e lanciare un incantesimo protettivo tra sé e il mostro. Se la barriera avesse retto abbastanza da fargli trovare nello zaino un oggetto adatto alla trasfigurazione, avrebbe vinto. Doveva essere rapido, preciso e meticoloso, non poteva fallire, anche se quello era un azzardo – e un potenziale suicidio, oltre ad essere una vera e propria follia – era forse l’unica chance che aveva di superare quella prova. Non poteva né doveva lasciare nulla di intentato, aveva bisogno di farcela quella volta. Aprì lo zaino e frugò all’interno di esso, ne estrasse una matita. Che diavolo, Hermione, cosa me ne faccio di una matita? – la gettò di nuovo nello zaino e cercò ancora, frugando con rapidità. Draco deglutì, osservando la creatura cercare un modo per abbattere la sua barriera e azzannarlo con quelle enormi fauci che si ritrovava.
Poi trovò un pettine. Un dannatissimo pettine, sul serio? – lo osservò meglio. In effetti… poteva andare, poteva provare. Lo appoggiò su una roccia e, per sicurezza, lanciò uno Stupeficium contro la creatura che servì solo ad allontanarla, momentaneamente. Si affrettò ad eseguire la trasfigurazione e tramutò quel semplice pettine in una lira non molto grande, poteva andare, no? Se avesse funzionato, avrebbe ringraziato prima Hagrid per aver detto a Ron di quel trucco per calmare i cani a tre teste e poi Ron per avergli suggerito quel metodo, se non avesse funzionato… beh, il suo spirito avrebbe tormentato la vita del rosso per tutta la vita e anche oltre.
Cerbero tornò all’attacco più infuriato che mai, quella volta sembrava davvero intenzionato a mettere fine alla vita del mago che aveva osato sfidarlo, così senza altre esitazioni, Draco incantò la lira affinché suonasse da sola. Inizialmente non successe niente, il ragazzo temette davvero di essere spacciato, che sarebbe stato mangiato vivo dalla creatura, ma poi il cane iniziò a rallentare la sua corsa. La lira suonava una melodia lenta, che a tratti a Draco ricordava quella del ballo del ceppo del quarto anno. Pregò Merlino e tutti i fondatori di Hogwarts, affinché quel piano assurdo funzionasse. Vide le tre teste di Cerbero fissare lo sguardo sulle corde della lira, quasi come se fosse stato incantato da essa, lentamente chiuse gli occhi e in pochi istanti, crollò in un sonno profondo, cullato dalla melodia dello strumento. Draco trattenne il fiato per alcuni minuti, come se il suo solo respirare potesse disturbare il sonno del cane a tre teste. Mosse un paio di passi all’indietro e deglutì, quasi sollevato. Aveva funzionato davvero? Non ne era certo e per questo non osava muovere un singolo muscolo, né respirare. Voleva sparire, quasi. Restò con il fiato sospeso per quelli che sembrarono dei minuti interminabili, temeva che se si fosse mosso, l’avrebbe svegliato. Aveva superato la prova?
L’incertezza gli strinse lo stomaco e una strana sensazione di fallimento, si fece largo in lui. Se non in quel modo, come avrebbe potuto sconfiggere il mastino? Di certo non poteva ucciderlo, era certo che le creature dell’oltretomba non potessero essere uccise. Non sapeva cosa fare, né sapeva dove andare, di certo non esisteva una mappa di quel luogo infernale, né sapeva dove si trovasse questo limbo in cui era prigioniero Harry. Vagava nell’incertezza, fin dalla battaglia sulla torre di astronomia un enorme peso gravava sul suo animo. Harry era morto per colpa sua, perché si era frapposto tra lui e la maledizione, ma… era stato anche inevitabile, secondo Silente, perché a causa dell’horcrux, Harry doveva morire necessariamente. Aveva intrapreso quel viaggio per salvarlo, per sdebitarsi, ma non solo. Tra tutte le persone del mondo magico e non, Harry era la persona che più di tutte meritava un finale migliore, meritava di essere felice. Dopo tutto quello che aveva vissuto nella sua vita, dopo tutto quello che aveva subito, Draco non poteva accettare che fosse morto senza aver vissuto, senza essere stato felice almeno una volta. Era così tremendamente ingiusto… gli occhi pizzicarono, ma non pianse. Aveva già versato troppe lacrime per lui, appena l’avrebbe visto di nuovo, di sicuro l’avrebbe preso a pugni per aver osato farlo soffrire in quel modo… se mai l’avesse trovato. Scosse la testa, cercando di convincersi che stava proseguendo bene, che stava andando bene e che presto avrebbe superato tutte le prove.
Draco osservò il cane che dormiva placidamente, emettendo anche dei ronfi pesanti, cullato dalla dolce melodia della lira che, grazie al suo incantesimo, non smetteva di suonare. Ad osservarlo meglio, adesso che era addormentato, non sembrava nemmeno tanto minaccioso. Mosse un passo all’indietro per allontanarsi da lui e notò che esso non si mosse, sbuffò solo e la terza testa si nascose sotto una delle altre due. Il ragazzo deglutì e si allontanò il tanto che bastava per essere al sicuro. Era inquieto, era confuso e non sapeva cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi.  Aveva superato la prova? Poteva proseguire o…?
La quinta prova era finita, o no? E la sesta quale sarebbe stata? Quale altro mostro avrebbe dovuto affrontare?
Mentre si poneva mentalmente quelle domande, in lontananza, vide una porta apparire dal nulla che si apriva nell’oscurità e capì. Aveva superato la quinta prova e la sesta era laggiù ad attenderlo. Prese un profondo respiro, attento a non svegliare il cane addormentato e si diresse verso la porta aperta. Cos’altro gli avrebbe riservato quel viaggio nell’oltretomba?
 

∞         

 
Con esitazione, Draco raggiunse la porta, guardandosi costantemente alle spalle, con il timore che Cerbero potesse svegliarsi da un momento all’altro e mangiarlo in un solo boccone. Maledizione, quelle prove erano una più dura dell’altra, il molliccio che aveva affrontato e aveva riportato alla luce i suoi peggiori timori sembrava una passeggiata in confronto a quello che aveva appena affrontato. Un dannatissimo cane a tre teste. Oltre passò la porta, il luogo che raggiunse era diverso da quello in cui era appena stato, anche lì il buio faceva da sovrano, tuttavia c’era una strada che ad un certo punto diveniva un bivio. Draco si morse le labbra e avanzò in quella direzione, convinto che la prova si trovasse lungo una delle due strade. Cos’era? Qualcosa del tipo scegli la strada giusta? O Se scegli la strada sbagliata, morirai tra atroci sofferenze? O altro? Cosa significava? Deglutì e decise, come aveva sempre fatto nel corso di quelle dannatissime prove, di seguire il suo istinto. Silente gli aveva detto che il legame tra lui e Harry era forte, doveva fidarsi di quello, doveva aggrapparsi a quella convinzione, perché altrimenti si sarebbe perso anche lui. Ponderò ancora quale scelta fosse più saggia da prendere e si avviò verso una delle due strade, quella di sinistra, tuttavia non appena mosse i primi passi, il suo avanzare fu fermato bruscamente da tre presenze che comparvero esattamente al centro del bivio. Erano tre uomini anziani, sembravano delle figure imponenti: quello di sinistra aveva la barba e i capelli corti, l’espressione arcigna, quasi cattiva, quello centrale invece aveva una barba e dei capelli né troppo lunghi né troppo corti, il suo viso non lasciava trapelare alcuna emozione, si limitava a fissarlo e quello a destra ricordava vagamente Silente, sia la barba sia i capelli erano molto lunghi, aveva un’espressione bonaria sul viso e non sembrava una minaccia. Sembrava che tutti e tre tenessero qualcosa in mano, ma Draco non riusciva a capire cosa fosse.
«Quale mortale osa presentarsi al nostro cospetto?» domandò quello destra.
«Non è concesso ai vivi essere qui» asserì quello centrale, puntando lo sguardo sul Serpeverde.
«Come sei giunto fino a noi, giovane mago?» chiese infine quello di sinistra.
«I-Io mi chiamo Draco Malfoy» rispose il ragazzo, sentendosi in soggezione davanti a quelle tre figure «Sono qui perché devo salvare il mio amico, Harry Potter, è bloccato nel limbo, la sua anima era legata a quella di un mago oscuro, e quando…» iniziò, l’uomo di sinistra alzò la mano per fermare la sua spiegazione, interrompendolo. Il ragazzo si zittì immediatamente, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato.
«Hai superato già cinque prove, giovane mago» disse quello centrale «Hai dimostrato coraggio, ingegno e astuzia, ma queste qualità non ti serviranno per superare questa prova».
Draco deglutì davanti a quelle parole, non aveva idea di chi fossero quei tre signori, ma iniziava a temere che la sesta prova potesse essere la più difficile.
«Se fallirai, la tua anima sarà persa, costretta a vagare in questo mondo per l’eternità e il tuo corpo verrà gettato nell’Acheronte» annunciò quello di sinistra con aria arcigna. Il ragazzo si raggelò, sarebbe diventato un Inferius se avesse fallito? Cosa? Non c’era scritto da nessuna parte, non… perché non lo sapeva? Perché nei libri che aveva studiato non c’era quella cosa? Come poteva affrontare tre maghi in duello e uscirne vincitore? A malapena aveva sconfitto gli Inferi e il cane.
«Ma se avrai successo, potrai accedere all’ultima prova, nella quale dovrai sfruttare tutto quello che hai imparato dalle prove precedenti» continuò quello centrale «Quando avrai superato tutte le prove, una guida ti scorterà fino all’ingresso del limbo e potrai portare a termine la tua missione».
«Noi siamo i giudici dell’Oltretomba» disse poi quello di destra. Draco aveva letto dei giudici dell’Oltretomba in uno dei libri dei magisofisti, che lo avevano aiutato quand’era arrivato in Italia, gli sembrava essere passata una vita, ma in realtà erano passati pochissimi giorni. I tre giudici, Eaco, Minosse e Radamanto, erano lì per giudicarlo, nel libro aveva letto che, quando venivano ammessi al tribunale, i morti confessavano i loro peccati spontaneamente, così che potessero essere mandati in una delle tre aree di quel mondo ultraterreno. Dei tre, Radamanto era il più severo e il più propenso a mandare le anime dei colpevoli nel Tartaro, mentre Eaco era il più moderato, tutti e tre comunque rappresentavano la giustizia e la saggezza. Tutti e tre erano equi e giusti nei giudizi, anche se severi. Nel suo caso, Draco non sapeva cosa pensare, non aveva idea di come potessero giudicare lui e come potessero decidere di lasciarlo passare, non era morto, non ancora almeno e la sua meta non erano né i Campi Elisi né il Tartaro, bensì doveva raggiungere il Limbo. Cosa diavolo stava accadendo? Cosa doveva affrontare quella volta?
«Accetti dunque di affrontare la prova?  Di sottoporti al giudizio? Avrai solo un’occasione, se fallirai non ce ne sarà una seconda».
Draco deglutì, ma non esitò nel rispondere: «Accetto».
Compiaciuti, i tre giudici lo guardarono. Fu strano, fu come se stessero sondando la sua anima, come se la stessero analizzando. Gli sembrò di essere attraversato da un incantesimo diagnostico, come se volessero scoprire quali malattie avesse. Lui sapeva di avere una sola cosa, che avrebbe potuto impedirgli di accedere al Limbo: il suo passato oscuro.
«Vedo della purezza nel tuo animo, anche se sembra sia stato governato dalle ombre per un lungo periodo e se ne stia liberando in tempi recenti» disse quello centrale, forse Minosse «Ti sei davvero pentito dei tuoi atti crudeli, Draco Malfoy?»
Il ragazzo deglutì, prima di rispondere, cercando di essere il più sincero possibile. «Ho fatto molti errori» confessò «Molti dei quali mi pento amaramente. Ho sempre giudicato gli altri sulla base di ideali razzisti e crudeli, ho sempre trattato male gli altri, ho ceduto all’oscurità, perché non vedevo altra via di salvezza» continuò «Ma poi… Harry Potter è venuto a salvarmi, mi ha mostrato la luce, mi ha mostrato gentilezza, mi ha dimostrato amore, si è sacrificato per salvare la mia vita, a discapito della sua» disse ancora «Sono venuto fino a qui per salvarlo, ho superato cinque prove finora, ho sconfitto un troll e non è stato facile, ma ho fatto in modo che tornasse a casa sua» disse «Ho sconfitto un hinkypunk che ingannava maghi e babbani, facendoli sparire nella notte, ho affrontato un molliccio e le mie peggiori paure» continuò ancora «Ho affrontato un esercito di Inferi e un dannatissimo cane a tre teste» continuò «Non ho paura del vostro giudizio».
«Molto bene» rispose quello di destra, forse Eaco a giudicare dalla sua espressione – a Draco non importava davvero sapere chi fosse chi. «Sei pronto per la prova» affermò.
Cosa? Non era il giudizio la prova? – si chiese mentalmente.
«No, giovane mago» rispose quello con l’aria arcigna, probabilmente Radamanto, visto che dall’espressione sembrava davvero essere il più severo dei tre «Dovrai dimostrare intelligenza e una grande conoscenza, solo così potrai accedere all’ultima prova e tentare di accedere al Limbo» disse, come se avesse sentito i suoi pensieri. «Ti porremo dei quesiti a cui tu dovrai rispondere, dopo aver risolto un indovinello» spiegò «Ti è concesso un unico errore, altrimenti la prova sarà persa e non avrai altre possibilità».
«Lo farò» confermò «Farò la prova».
«Molto bene» dissero i tre giudici in coro «Che la prova abbia inizio».
«Collo d’oro, piume rosse, coda azzurra e penne rosa.
Al termine della sua vita s’incendia, ad essa dalle sue ceneri risorge» pronunciò Minosse.
Draco prese un profondo respiro, facile. «Una fenice» rispose, quello che doveva essere Eaco annuì.
«Qual è uno dei poteri di una fenice?» gli chiese allora Radamanto.
«Le sue lacrime hanno poteri curativi, possono curare anche i veleni e le maledizioni più mortali». Eaco annuì di nuovo. Okay, uno faceva l’indovinello, un altro gli faceva la domanda e l’ultimo valutava la correttezza delle sue risposte. Poteva farcela, quella forse era la prova più facile per lui. Dopotutto, era uno studente eccellente, checché ne dicesse suo padre.
«Affare complesso è la mente,
con questa pratica intenzioni e pensieri si possono conoscere,
ma se usata male, la vittima designata può sconvolgere».
«Credo… la Legilimanzia» rispose immediatamente, cercando di essere deciso. Non poteva vacillare, doveva rispondere correttamente alle domande, vide l’uomo adibito alla valutazione annuire.
«Come si contrasta la Legilimanzia?»
«Con l’Occlumanzia, è una magia molto potente praticata solo da pochi» rispose. La sua risposta venne giudicata nuovamente corretta. Stava andando bene, giusto? Due le aveva risposte correttamente, quante domande mancavano alla fine di quell’interrogazione?
«Magia nera, artefatti oscuri,
generati dal più crudele degli atti.
Chi li crea, parte della sua umanità per per sempre».
Draco deglutì, prima di rispondere, quella domanda gli mise i brividi, era proprio per colpa di quegli oggetti che Harry era morto, perché lui stesso era un di essi. «Horcrux» rispose immediatamente.
«Qual è lo scopo di un Horcrux?»
«I-Impedire che la persona che li crea, muoia dopo essere stato ferito gravemente» rispose deglutendo «C-Creano l’immortalità, ma se essi vengono distrutti tutti, il mago che li ha creati può essere sconfitto».
«Forma di cane, presagio di morte
Il destino di chi lo vede è segnato». Draco si chiese a quante domande avrebbe ancora dovuto rispondere, insomma, non aveva dato prova di avere molte conoscenze? Che altro avrebbe dovuto dire? Non lo sapeva, e temeva che quella prova nascondesse altre insidie. E perché sembravano tutte cose che avevano a che fare con lui, le sue esperienze e quelle di Potter? Era sempre a causa del legame?
«È il Gramo» rispose prontamente.
«E cosa presagisce?»
«L-La morte, si dice che chi lo vede, morirà di sicuro». La Cooman aveva visto il gramo nella tazza del tè di Harry, al terzo anno e lui dopo tre anni era morto. Perché era tutto legato a lui? Perché sembrava che tutto dovesse coincidere in quel modo con lui? Perché?
«Ali di pipistrello, corpo scheletrico,
mansueti e intelligenti, non sono presagio di morte».
«I Thestral» rispose immediatamente il ragazzo. Ricordava ancora il giorno in cui ne aveva visto uno, il primo giorno del sesto anno, dopo aver visto una famiglia di babbani venire uccisa brutalmente da sua zia e da altri Mangiamorte. Cercò di scacciare dalla mente il ricordo e di concentrarsi sul questionario che gli stavano sottoponendo i tre giudici. Sarebbe stata ironia della sorte se Hagrid fosse giunto lì, accompagnato dalla McGranitt, per dargli un eccezionale. Anche se reputava “Cura delle Creature Magiche” una materia stupida, questo non significava che non avesse studiato.
«Perché solo alcune persone riescono a vedere i Thestral?»
«Perché possono essere visti solo da chi ha assistito alla morte» rispose subito, deglutendo. Aveva letto tutto sull’argomento, quando era arrivato a Hogwarts, il primo giorno di quell’anno. Aveva visto il muso di una di quelle creature, quando a settembre aveva raggiunto le carrozze, e si era spaventato a morte, poi aveva indagato su cosa fossero e aveva capito il motivo per il quale, fino a quel momento, non era mai stato in grado di vederli.
«Testa d’aquila, corpo di cavallo, orgoglioso e permaloso
Con rispetto dovrebbe essere trattato dal mago che gli si avvicina».
«È… l’ippogrifo» rispose. Un brivido gli percorse la schiena e il senso di colpa si abbatté su di lui, aveva fatto uccidere un animale solo perché era un cretino che non aveva ascoltato i suggerimenti del professore in carica, solo perché aveva sempre avuto una lingua troppo lunga e quando avrebbe dovuto tacere non l’aveva fatto. Maledizione.
«Cosa non devi mai fare a un Ippogrifo, visto che sono creature molte orgogliose?»
«Insultarlo» rispose Draco «Ed evitare chi chiamarlo maledetto pollo, non è molto carino». Il giudice che accettò la sua risposta, emise una breve e quasi impercettibile risata nell’udire il suo commento ironico. Forse avrebbe potuto evitare di aggiungerlo, ma a volte non riusciva a frenare la sua lingua e in quella situazione era particolarmente sotto pressione.
«Pratica crudele e priva di pietà, chi lo subisce
Un destino peggiore della morte riceve».
«Questo… è il bacio del dissennatore» disse, il giudice annuì, apprezzando il fatto che avesse risposto correttamente a tutti gli indovinelli che gli erano stati porti fino a quel momento.
«Qual è l’effetto del bacio del dissennatore?»
«Risucchia l’anima delle persone» rispose subito, rabbrividendo «Si dice che la vittima stessa del bacio, poiché privata dell’anima, possa diventare a sua volta un dissennatore».
«Molto bene» decretò quello che fino a quel momento aveva pronunciato gli indovinelli «Hai superato la prova, giovane mago, hai una mente brillante, non hai esitato a rispondere né alle domande né agli indovinelli» gli disse «Noi, i giudici dell’Oltretomba, ti reputiamo degno di oltrepassare il bivio e raggiungere così la tua ultima prova».
«Ricorda che alla fine della prova, al tuo cospetto apparirà una guida che ti porterà al limbo, lì dove il tuo amico ti aspetta» disse l’altro giudice, quello che gli aveva fatto le domande «Né tu né lui appartenete a questo mondo, non è permesso ai vivi di essere qui prima del loro tempo, se passerete troppo tempo in questo mondo, smarrirete la vostra via». Draco annuì, ringraziando con un cenno del capo l’uomo per il suo avvertimento.
«E infine ricorda, Draco Malfoy, l’ultima prova sarà la decisiva per accedere, ricorda tutto quello che hai imparato durante queste sei prove, unisci coraggio, intelligenza e astuzia, trova la luce dentro di te e supera una volta per tutte tutte le tue paure» gli consigliò per ultimo quello che aveva valutato le sue risposte. Il ragazzo annuì ancora e ringraziò anche lui per il prezioso suggerimento. Nel mezzo del bivio apparve un altro sentiero, che prima non c’era. Draco riservò uno sguardo ai tre giudici i quali lo incoraggiarono ad avanzare. Lui annuì e iniziò a percorrere la strada che gli avrebbe permesso, finalmente, di ricongiungersi con Harry.
 

 
Draco iniziò a percorrere il sentiero che gli era stato indicato dai tre giudici, sentendosi strano. Provava una terribile sensazione di disagio, mentre percorreva la strada. Tutto era silenzioso attorno a lui, persino i lamenti delle anime dell’Acheronte erano spariti, gli sembrava di avanzare in uno spazio senza fine, così com’era stato attraversare la grotta che l’aveva portato al fiume e alle altre prove. Un vento gelido lo travolse, ma lui strinse la bacchetta sempre illuminata dal suo incantesimo e continuò a proseguire, ignorando la morsa di paura che gli aveva stretto lo stomaco. Non poteva arrendersi ora, non poteva ignorare tutto quello che aveva affrontato fino a quel momento, né poteva ignorare il fine ultimo di quella missione impossibile e suicida: salvare Harry. Era cambiato, proprio come aveva appena confessato ai giudici, in altri tempi non avrebbe mai fatto tutto quello, non si sarebbe mai battuto per qualcuno né tantomeno per Potter, eppure… eppure era stupido continuare a pensare a se stesso del passato, quella versione di Draco Malfoy non sarebbe più esistita, perché fin da quando Harry gli aveva porto la mano in quel bagno, le cose per lui erano cambiate, lui era cambiato.
Deglutì, l’oscurità diventava sempre più opprimente, il solo Lumos della sua bacchetta non era più sufficiente a rischiarare la strada che stava percorrendo. Emise un respiro più profondo e vide il proprio fiato condensarsi davanti ai suoi occhi, creando una piccola nuvoletta d’aria, la temperatura era scesa ancor di più. Aveva i brividi, la pelle d’oca e un freddo innaturale si stava diffondendo nel suo corpo, insieme a una spiacevolissima sensazione: tutta la positività e la fiducia in se stesso stavano sparendo, una tristezza senza precedenti assalì la sua mente e si sentì come se non potesse essere più felice, come se dovesse fallire tutte le prove della sua vita, soprattutto quella che stava affrontando in quel momento.
E poi lo vide: era alto quasi tre metri, coperto da un mantello nero, che volava nella sua direzione, un dissennatore. Draco si pietrificò, in passato aveva preso in giro Harry a causa dei suoi problemi con quelle creature, ma non ne aveva mai affrontata una, di fatto. Ricordava la sensazione di freddo e disagio che aveva provato quando quelle creature erano salite sul treno per cercare Sirius Black al terzo anno e quando essi avevano attaccato Harry sul campo di Quidditch quello stesso anno. E Harry sulla maledetta torre di astronomia lo aveva anche salvato da uno di quei cosi.
Non poteva restare lì, doveva scappare, come poteva affrontare un dissennatore? Provò a tornare indietro, ma strada adesso era sbarrata da una parete invisibile apparsa dal nulla. Il dissennatore lo aggredì, Draco sentì come se un pezzo di se stesso venisse risucchiato via da quella creatura, cercò di allontanarla, ma non ci riusciva. Nella sua mente, iniziò a sentire delle urla, le sue urla. Per un momento, rivisse la notte in cui era stato punito da Voldemort, rivide i Mangiamorte che abusavano del suo corpo, si sentì di nuovo loro prigioniero e urlò, scuotendo la testa. Il dissennatore lo attaccò ancora e Draco sentì ancora quelle urla nella sua mente. Si sentiva implorare aiuto, si sentiva mentre supplicava quegli uomini di smetterla fa male, basta, basta, scosse la testa per scacciare dalla mente quelle sensazioni. I suoi singhiozzi, le sue urla, le lacrime che non smettevano di cadere dai suoi occhi, il dolore, l’orrore. "Basta, basta… vi prego, basta…" singhiozzi sempre più forti, lamenti, le sue urla disperate, il dolore, le suppliche “madre aiutami, ti prego, madre, ti prego!” – aveva appena compiuto sedici anni, non aveva mai fatto sesso con nessuno, era ancora vergine, provava solo disgusto per se stesso e per quegli uomini che gli stavano facendo quello. “Basta! Madre, madre, ti prego!” – altri singhiozzi, le risate di quegli uomini che ridevano della sua sofferenza, le loro mani ovunque, sua madre che piangeva, impossibilitata ad aiutarlo, il disgusto, l’orrore e di nuovo il dolore. Si era piegato all’oscurità per colpa di quello, aveva accettato di seguire ciecamente gli ordini di Voldemort, per paura che una cosa del genere capitasse ancora, “codardo, sei solo un codardo come tuo padre”. “Crucio!” – la voce di Voldemort, la sua risata, quella di sua zia che si divertiva nel torturarlo insieme al Signore Oscuro. La paura lo aveva accompagnato per mesi… lo aveva spinto verso un baratro oscuro. Più di una volta aveva pensato di farla finita con la sua vita, quella volta nel bagno ci aveva pensato sul serio fino a che…
«Prendi la mia mano» ­– la voce di Potter si fece largo nella sua mente, superando i ricordi orribili che stavano invadendo la sua mente – «Prendi la mia mano e accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti». Quella volta, Harry lo aveva salvato da se stesso, invece di attaccarlo, invece di insultarlo, invece di dargli del mostro, gli aveva porto la mano, gli aveva offerto il suo aiuto e Draco si era fidato abbastanza da mostrargli tutto. Quel giorno era stato il primo giorno in cui un piccolo barlume di speranza si era acceso nel suo cuore, il giorno in cui tutta la sua vita era cambiata.
 
«T-Ti sei divertito?» chiese il biondo, ignorando il suo sguardo «Ti faccio pena, vero?»
«No» rispose fermamente il moro «No, Draco, è orribile quello che ti è stato fatto. Non permetterò che accada di nuovo» disse con sicurezza «Non mi fai pena, smettila di fare così, questa recita non regge più» continuò «Ti sei fidato di me abbastanza da mostrarmi tutto».
Draco alzò lo sguardo su di lui e lo guardò con tristezza negli occhi «Tu pensi davvero di potermi salvare? Dopo quello che hai visto, ne sei ancora convinto?»
«Posso farlo. E lo farò» promise Harry «Non ti lascio solo, dopo che mi hai mostrato tutto. Ti sei fidato di me, adesso tocca a me».
«Potter…»
«Sai anche tu che ti proteggerò» disse risoluto «Accetta la realtà dei fatti e lascia semplicemente che ti aiuti».
 
 
«E-Expecto Patronum» pronunciò a stento, non successe niente, ma Draco non si arrese, avrebbe vinto quell’ennesima battaglia contro i suoi incubi, sembrava che anche quella volta Potter fosse andato in suo soccorso «Expecto Patronum!» un fascio di luce bianca si sprigionò dalla sua bacchetta, non respinse completamente il dissennatore, ma lo allontanò appena, dando il tempo a Draco di respirare, di riuscire a fare ordine nei suoi pensieri e nella sua mente.
La prova era chiara, doveva affrontare quel dissennatore e evocare un Patronus. Provò di nuovo con il Patronus, ma non era abbastanza potente, il dissennatore non si allontanava abbastanza. Potter sapeva evocarlo, lui no. Aveva solo visto di quell’incantesimo nella mente dell’amico, quando si erano esercitati con l’Occlumanzia. In base a quello che aveva letto sui dissennatori e sui Patronus, uno incorporeo come quello che aveva appena evocato lui, serviva solo a rallentare la creatura, mentre quello corporeo era in grado di respingerlo definitivamente. Il fascio di luce generato dalla sua bacchetta teneva a bada quel mostro, dandogli il tempo di respirare. Il freddo non si era esaurito, il suo respiro si condensava ancora e nella sua mente continuavano a circolare le immagini di quell’estate: l’effetto di un dissennatore era davvero devastante, era stato uno stupido a prendere in giro Harry per essere svenuto… anche lui ci era andato pericolosamente vicino. Doveva concentrarsi ed evocare un Patronus corporeo per superare quella prova, ma come poteva? Non si chiamava mica Harry Potter. Uno come lui non avrebbe mai potuto evocare un Patronus corporeo. Il Patronus era una forza positiva, che si sprigionava solo in presenza di bei ricordi, di ricordi felici, così intensi da travolgere completamente il mago e da generare un protettore che permetteva di scacciare un dissennatore. Lui non aveva ricordi felici, lui non aveva nessuna luce positiva dentro di sé e probabilmente non l’avrebbe mai avuta, non aveva mai provato sensazioni da essere così forti da evocare un Patronus e aveva vissuto fin troppo tempo immerso nell’oscurità per farlo.
Lui era oscurità dentro di sé. Anche se provava ad allontanarla da sé, anche se la presenza di Potter nella sua vita aveva cambiato molte carte in tavola, aveva cambiato la sua percezione di molte cose, lui sapeva di non avere ricordi così tanto intensi da poter evocare un Patronus. Doveva arrendersi? Ma poi cosa ne sarebbe stato di Harry? Sarebbe rimasto per sempre intrappolato nel limbo? No, non poteva arrendersi, era l’unico a poterlo salvare, Silente aveva detto così e lui non si sarebbe tirato indietro, non lo avrebbe abbandonato. No, doveva almeno provare a superare quella prova. Forse se si concentrava abbastanza, poteva trovare qualcosa dentro di sé, qualcosa che gli permettesse di evocare un vero Patronus. Chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di pensare a qualsiasi cosa che non fosse l’estate dell’anno precedente, che non fosse Voldemort o la morte di Harry. Provò a pensare alla sua infanzia, ai ricordi che condivideva con sua madre, pensò ai suoi abbracci, all’amore che, nonostante la severità, gli aveva mostrato durante tutti gli anni, pensò ancora e ancora a lei, ma non era abbastanza felice, la sua mente continuava a tornare a Potter, al dolore che provava per la sua perdita, ai ricordi spiacevoli e a tutto ciò che dava forza al dissennatore.
Il vuoto che il moro aveva lasciato nel suo cuore era incolmabile, aveva lasciato una profonda voragine dentro di lui, non avevano neanche iniziato a sviluppare quel sentimento che, Draco era certo, era corrisposto. Quel bacio poco prima della battaglia ne era stato la prova, tra di loro c’era sempre stato qualcosa, anche quando si odiavano. Si cercavano, cercavano sempre di attirare l’uno l’attenzione dell’altro e quegli ultimi due mesi avevano permesso al loro rapporto di migliorarsi e di incrementare ancor di più. Non si era reso conto di essersi affezionato a lui così tanto, fino a che non si era ritrovato a stretto contatto con lui, segretamente le lezioni di Occlumanzia erano diventate il momento preferito della sua giornata, ogni volta che passava il tempo con lui, era un momento di felicità per lui, anche se era stanco o provato dalle lunghe giornate, vedere Harry gli strappava un sorriso, riusciva a farlo essere felice. Bastava solo la sua presenza… come aveva fatto a non accorgersene prima? Come?
 
«Geloso, Potter?» lo provocò Draco, sorridendogli in un modo tutto nuovo.
«Ti piacerebbe, Malfoy» replicò il Grifondoro nervosamente, scuotendo la testa.
«Questo mi ricorda qualcosa…» commentò a bassa voce Ron, trattenendo le risate. I due diretti interessati si scambiarono un’occhiata confusa, poi il rosso non riuscì più a trattenersi e rise delle loro buffe espressioni, mentre gli altri tre si lasciarono coinvolgere dalla sua risata un attimo dopo.
 
 
«È vero?» chiese Harry.
«Cosa?»
«Hermione ha detto che tu… hai trovato una soluzione per salvare Silente?» domandò incerto.
«Beh sì, non è niente di definitivo, ma bisognerà capire come reagi-» non riuscì a finire la frase, perché si ritrovò avvolto dalle braccia di Harry, in un forte, tenero abbraccio spontaneo. Si ritrovò a deglutire imbarazzato.
Un abbraccio. Da Potter.
Un dannatissimo, caldo, confortevole, sicuro abbraccio. Da Potter.
Draco sentì i battiti del suo cuore accelerare e, quando il Grifondoro lo strinse più forte e avvicinò le labbra al suo orecchio sussurrandogli un delicatissimo «Grazie», rabbrividì e sentì qualcosa contrarsi sia nel suo stomaco sia nel suo petto. Cos’era quello? Cos’era stato? Non lo sapeva, ma non era certo che fosse qualcosa di positivo.
Senza rendersene conto, allungò le braccia dietro alla schiena del moro e ricambiò la stretta, sopraffatto da tutto ciò che stava provando in quel momento.
«Figurati…» riuscì a mormorare in risposta, sperando che quell’abbraccio non finisse mai. Chiuse gli occhi e decise di godersi a pieno il momento. Non voleva perdersi neanche un istante di tutto quello.
 
 
«Harry?» lo chiamò, la sua voce era quasi un sussurro.
«Sì, Draco?» il cuore del Grifondoro sussultò e si ritrovò a fissare l’altro negli occhi, incantato dalla loro bellezza.
Il biondo eliminò la distanza che li separava velocemente, gli prese il viso tra le mani e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Fu solo un misero sfioramento, un tocco leggerissimo, ma che fece battere i cuori di entrambi pericolosamente.
«Se non dovessimo sopravvivere» disse piano «Grazie» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra.
Harry gli sorrise appena con le gote rosse e scosse lentamente la testa «Grazie a te, Draco».
 
 
«Paura, Potter?» domandò Draco, mentre pietrificava uno dei nemici.
«Ti piacerebbe!» ribatté Harry «Se non ti conoscessi bene, Draco, direi che hai una gran fifa!» lo imitò, schiantando un altro Mangiamorte che stava per avventarsi sul biondo. Quest’ultimo gli rivolse uno sguardo grato, prima di ribattere.
«Sappi che, se sopravvivremo a tutto questo, mi dovrai offrire una Burrobirra!» esclamò Draco, sentendo l’adrenalina scorrere nelle sue vene, mettendo fuori combattimento un altro Mangiamorte. Non si era mai sentito così vivo, anche se dentro di sé temeva per la sua vita.
«Ti sembra il momento di flirtare con me?» domandò Harry «E la mia risposta è sì… Attento!» urlò, spingendo il biondo dietro alla sua schiena: «Expecto Patronum!»
 
 
Quei ricordi lo travolsero in pieno, lo scaldarono dentro e tutto si rischiarò, uno strano sentimento mai provato prima si diffuse dentro di lui e così lasciò che esso lo travolgesse completamente. Fin da quando gli aveva porto la mano, fin da quando era entrato positivamente nella sua vita, Harry Potter era stato più di un amico per lui ed aveva portato qualcosa di nuovo nella sua vita, la vera felicità. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, prima di spezzare l’incantesimo che teneva ancora intrappolato il dissennatore. Lo vide avanzare verso di sé, il gelo calò di nuovo, la tristezza e il dolore invasero la sua mente, ma Draco si concentrò sulle cose belle che aveva appena ricordato e sulle cose future. Prese un profondo respiro e poi aprì gli occhi, convinto di ciò che stava per fare, delle sue azioni, dei suoi ricordi, consapevole dei suoi sentimenti.
«EXPECTO PATRONUM!» urlò Draco. Dalla punta dalla sua bacchetta non esplose una scia di fumo bianco come prima, ma ne uscì un enorme, accecante, meraviglioso animale d’argento. Draco socchiuse gli occhi a causa di tutta la luce che esso emanava e cercò di capire di quale animale si trattasse. Quasi non riusciva a credere di aver evocato un Patronus, lui. Un imponente, gigantesco Patronus che spiccò il volo e raggiunse il dissennatore, che in pochi istanti si ritirò nell’oscurità dalla quale era arrivato e sparì nel nulla. Il Serpeverde guardò il suo Patronus e spalancò gli occhi quando si accorse di quale forma avesse assunto: era un maestoso drago, che tornò indietro verso di lui e, dopo qualche istante, sparì. Draco rimase qualche istante a fissare davanti a sé. Aveva evocato un Patronus, nonostante tutto, era riuscito ad evocare quell’incantesimo, lo aveva fatto pensando a Harry, ai momenti che aveva trascorso con lui, ai momenti in cui aveva sentito il cuore palpitare in sua compagnia, erano stati proprio quei momenti intensi a fargli capire quali fossero i suoi reali sentimenti nei confronti del moro, arrossì al pensiero, cosa avrebbe detto Potter, se avesse saputo che era solo per merito suo che aveva scoperto cosa fosse la felicità? Ricordava ancora il loro bacio? Quando sarebbe tornato nel mondo dei vivi come sarebbe stato il loro rapporto? Con lui aveva capito il vero significato della parola amicizia, grazie a lui aveva scoperto l’amore e il suo cuore si era riempito di positività, fin da quando gli aveva preso la mano in quel bagno, tuttavia non avrebbe mai detto a nessuno quali fossero i suoi ricordi felici, che gli avevano permesso di evocare un Patronus, sarebbe rimasto il suo piccolo segreto.
Quella era una magia molto avanzata e lui era riuscito a padroneggiarla, aveva scacciato il dissennatore, quindi aveva vinto. Aveva, dunque, superato la settima prova? Sarebbe riuscito a ritrovare Harry, finalmente, dopo tutte quelle prove, dopo tutto quello che aveva fatto?
Seppe che davvero la prova era stata superata, quando a pochi metri da sé vide comparire una porta, non c’era prima ne era quasi certo, la osservò per qualche istante e si avvicinò ad essa, non appena la raggiunse, questa si aprì, rivelando agli occhi di Draco un enorme spazio bianco, completamente diverso dallo scenario che aveva attraversato fino a un attimo prima. Varcò la soglia e un momento dopo, essa si chiuse alle sue spalle. Per un attimo, gli diede l’impressione che si comportasse come la Stanza delle Necessità, anche se, ovviamente, non era per niente la stessa cosa.
Si guardò attorno, per capire dove andare e fu in quel momento che venne raggiunto da un uomo, doveva essere la guida di cui avevano parlato i giudici. Aveva un aspetto giovanile sebbene fosse anziano, anche a distanza si percepiva quanto la sua essenza fosse ancestrale, emanava potenza, sapienza e saggezza al solo sguardo. Draco rimase immobile nel vederlo, ma non lo riconobbe, non subito, poi il suo sguardo si posò sul medaglione che portava al collo.
«Giovane Serpeverde, sei quasi giunto alla fine del tuo viaggio» gli disse l’uomo misterioso «Sei pronto a proseguire?»
Draco si guardò alle spalle, il dissennatore era stato sconfitto, aveva evocato il Patronus, finalmente era quasi arrivato a destinazione. Fu con questi pensieri nella mente che annuì energicamente e rispose “Sì”.
«Allora seguimi» disse. E senza esitazione alcuna, Draco lo seguì, andando di nuovo incontro all’ignoto.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Rieccoci con il consueto aggiornamento del sabato! Ed ecco la tanto attesa seconda parte delle prove. Perdonate l'ora, ma sto avendo degli impegni (sia universitari che non) che mi tengono parecchio impegnata ><
E perché non traumatizzare Draco con mani di morti che escono da sotto l’acqua, cani a tre teste, quiz improbabili e dissennatori? Eheheh.
Se l’è cavata il nostro Draco, no?
Si è ricordato di quello che gli aveva detto Ron, ma quanto è bravo Drachio nostro? (che poi, SKS Hagrid, ma prima di te c’era Orfeo che incantava cani a tre teste con la musica LOL) e alla fine ha evocato il suo patronus! Quanto è bravo? Ovviamente, come molti sanno, nel mio headcanon, il patronus di Draco è un drago. E anche qui lo, è. Ha dimostrato di essere “puro di cuore” e di essere determinato abbastanza da affrontare inferi, cani a tre teste, dissennatori e anche quiz rischiavita. SCUSATE se è poco. Tutto per salvare il suo piccolo Potty. (MA LUI NON LO AMA, EH, NO, anche se… beh, i suoi sentimenti stanno diventando sempre più palesi e non potrà negarli ancora a lungo *coff coff* prossimo capitolo *coff coff*).
Voi non avete idea di quante ricerche abbia fatto per tutti i riferimenti mitologici presenti in questa storia (soprattutto in questa parte), ho cambiato qualche dettaglio, riadattandolo per farlo quadrare con la trama, ma ho adorato ogni secondo trascorso a scriverla e a fare le dovute ricerche e sono davvero contenta che stiate apprezzando il lavoro di ricerca che sta dietro a ogni singolo capitolo, grazie mille davvero ç_ç
Chi sarà mai la guida di Draco? EEEEH.(no, non è Virgilio AHAH) Lo scoprirete nel prossimo episodio, aka il capitolo più difficile che ho scritto di tutta la storia. Non so perché, ma di tutti i capitoli è stato quello con cui ho avuto più difficoltà ç_ç spero di non aver fatto cazzate e che la storia possa piacervi ancora.
AAAH. *urla in thai* (Scusate, nell’ultimo periodo ho abusato di serie thailandesi BL)
ANYWAY, ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Eevaa, Estel84 e Puffalanovita, inoltre ringrazio Beatrix Granger che ha recensito il prologo!
Vi do appuntamento alla prossima settimana e AVVISO il capitolo sette arriverà venerdì e non sabato come al solito, dato che sabato ho un impegno che non posso spostare ç_ç
See you on Friday! (solo per questa volta u.u)
Love ya all <3
#StaySafe
 
 
Fatto il misfatto

 

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Capitolo 16
*** Seconda Parte, Capitolo 7: Coming to you. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 7: Coming to you 



 
Dopo la settima prova, Draco aveva incontrato un uomo misterioso che lo aveva invitato a seguirlo, in caso fosse stato pronto a proseguire la sua missione. Il ragazzo non aveva avuto neanche un istante di esitazione perché, in fondo, era pronto, lo era sempre stato fin dal primo giorno che aveva messo piede in Italia, lo era stato dal primo momento in cui aveva attraversato la grotta oscura che lo aveva portato all’Acheronte, in realtà lo era stato fin da quando Silente gli aveva detto che avrebbe dovuto salvare Harry, così aveva seguito quell’uomo senza porsi alcuna domanda, fidandosi delle parole dei tre giudici, i quali gli avevano detto che dopo l’ultima prova avrebbe incontrato la sua guida, che lo avrebbe condotto da Harry, così lo aveva seguito ed era entrato in una stanza completamente bianca, invasa da una strana nebbiolina luminosa che abbagliava i suoi occhi; ovunque guardasse, la luce di quel luogo lo accecava e, dopo tanto tempo passato nell’oscurità, gli faceva bruciare gli occhi, dovettero passare diversi minuti prima che si abituasse ad essa. Tuttavia iniziava a provare dei forti sospetti, perché quell’uomo non si era presentato, a malapena aveva aperto la bocca e continuava a camminare davanti a lui, come se lo stesse guidando da qualche parte, ma senza dirgli nulla. Più camminava, più si chiedeva chi fosse quell’uomo, ipotizzava che si trattasse di un mago vissuto molti secoli prima di lui, giunto fino a lui per fargli da guida, ma non poteva saperlo con certezza, avrebbe potuto essere anche un nemico.
Mentre proseguiva, si guardò intorno, quel luogo sembrava cambiare forma man mano che camminava, come una grandissima Stanza delle Necessità. Sentì anche un fischio in lontananza, era una stazione allora? Non capiva che posto fosse quello e non capire le cose non gli piaceva per niente. Intorno a sé era tutto completamente bianco, come se si trovasse in un enorme spazio vuoto. Si chiese se Harry fosse passato da lì anche lui, quando era … morto. Draco rabbrividì, pensando quella cosa, era vero, stava affrontando quella missione per riportarlo a casa, ma la verità era che la morte di Harry pesava ancora come un enorme macigno dentro di lui, il Grifondoro si era sacrificato per salvarlo, per proteggerlo, mantenendo la sua promessa e aveva lasciato un vuoto incommensurabile nel suo cuore.
Draco si chiese anche quanto mancasse alla fine di quelle prove, quanto mancasse prima che potesse rivedere Harry, che potesse portarlo via. Era stanco di brancolare nel buio, nell’incertezza e di avere costantemente paura di sbagliare, lui non era mai stato uno che dubitava di se stesso e delle proprie capacità, non capiva perché si sentisse in quel modo; era sempre stato sicuro di sé, sicuro delle proprie abilità, ma quella missione lo stava provando a più livelli, gli stava mostrando cose di se stesso che non avrebbe mai immaginato e… gli stava mettendo davanti agli occhi le sue debolezze, i suoi dubbi, le sue insicurezze, ma la cosa più spaventosa di tutte era che quel viaggio gli stava facendo realizzare che quei sentimenti, taciuti e negati prima a se stesso e agli altri, erano reali e non solo il frutto del legame che univa lui e Harry, come si era ostinato a pensare fino a quel momento. Ne aveva avuto un sentore già contro il dissennatore, ma più passava il tempo, più diveniva consapevole di essi. Dopotutto, perché avrebbe dovuto evocare un Patronus pensando a lui? Ai suoi momenti trascorsi con lui? Solo un sentimento forte e particolarmente intenso avrebbe potuto procurargli la felicità necessaria ad evocare un Patronus, lo sapeva, dopotutto, lo aveva visto nei ricordi di Harry. Non aveva mai provato la vera felicità, non fino a quando era diventato amico di Potter, il quale lo aveva reso felice anche in un periodo in cui la felicità era un miraggio. Gli aveva dato speranza, gli aveva dato una ragione per andare avanti, gli aveva donato amicizia. Harry era, dopo sua madre, la persona più importante per lui e non solo come amico, per nessun amico avrebbe mai intrapreso quel viaggio. Era l’unico a poterlo fare, secondo Silente, era vero, ma avrebbe potuto rifiutare, avrebbe potuto fregarsene e continuare ad essere il solito e vecchio Malfoy, ma lui non aveva neanche pensato di rifiutare, non appena aveva saputo della possibilità di salvarlo, aveva accettato ad occhi chiusi, aveva accettato il rischio, aveva preso su di sé la responsabilità, aveva iniziato a lavorare duramente per trovare le informazioni che gli servivano, aveva fatto di tutto e anche se inizialmente riteneva di averlo fatto per mero spirito di riconoscenza nei confronti del moro, aveva sempre saputo che non era solo quello, non era solo riconoscenza, non era mai stata solo riconoscenza. E non era neanche a causa del Nexus, adesso lo sapeva, anzi ne era quasi certo. C’era qualcosa di più profondo tra di loro e piano piano, prova dopo prova, se ne stava rendendo conto, quel viaggio gli stava aprendo gli occhi su una verità che per troppo tempo aveva negato a se stesso, ma che apparentemente era vera agli occhi degli altri, ma lui aveva continuato a negare. Era stato stupido, ma finalmente era venuto a patti con se stesso, se ne era accorto solo in quel momento e doveva per forza salvarlo e dirgli tutte quelle cose di persona. Doveva. Silente aveva detto che i suoi sentimenti prescindevano dal Nexus Mentis e forse iniziava a crederlo anche lui, tutto quello non poteva essere guidato solo da un incantesimo ancestrale, dalla loro connessione mentale, sapeva che in qualche modo non era solo quello e doveva accettarlo.
Dannazione, da quando sono diventato così patetico?
Camminava ancora dietro al tizio misterioso e aveva bisogno di sapere chi fosse, aveva bisogno di risposte e di informazioni su come continuare, era certo che egli, in quanto sua guida, avrebbe potuto rispondere a tutti i suoi quesiti, doveva solo chiedere. In fondo, Silente gliel’aveva detto che un aiuto gli sarebbe sempre stato fornito durante la missione, iniziava a credere che quell’uomo sapesse più di quanto avesse detto, ma non importava. Ormai era quasi giunto alla fine della missione, presto avrebbe trovato Harry e l’avrebbe riportato a casa, come aveva promesso. E magari gli avrebbe confessato i suoi sentimenti, forse. Quest’ultimo punto, forse, era da rivedere.
«Mi scusi, non vorrei sembrare maleducato» iniziò il ragazzo, spezzando il silenzio che da minuti infiniti imperversava tra lui e la guida «… ma posso chiederle, uhm, chi è lei?» domandò. L’uomo che fino a quel momento aveva camminato in silenzio, si fermò nel bel mezzo della stanza bianca e si voltò lentamente verso di lui. Draco lo osservò, sembrava etereo, la nebbiolina luminosa lo circondava completamente, sembrava che egli fosse fatto di quella sostanza, tutto ciò che emanava erano potenza e saggezza, quasi lo faceva sentire in soggezione.
«Penso che tu sappia già chi sono, giovane Serpeverde».
Il ragazzo si fermò insieme all’uomo e lo guardò sbattendo le palpebre incredulo. Egli aveva un’espressione seria, autoritaria, inflessibile. Come poteva sapere chi era, se a malapena aveva parlato e le uniche volte in cui gli aveva parlato, si era rivolto a lui chiamandolo giovane Serpeverde?
Ah. Improvvisamente ebbe un’epifania. Era possibile che la sua guida fosse nientemeno che uno dei fondatori di Hogwarts? Che egli fosse Salazar Serpeverde? Era possibile? E se anche fosse stato lui, come avrebbe dovuto comportarsi davanti a un mago tanto importante? Come avrebbe spiegato il motivo per il quale era lì? Anche se, in effetti, probabilmente già lo sapeva. Draco si diede nuovamente dello stupido per aver pensato una cosa dal genere.
«Uhm… lei-lei è Salazar Serpeverde?» domandò, la sua voce tremò per una frazione di secondo, che non sfuggì all’altro uomo, il quale annuì con aria solenne, confermando il sospetto di Draco. Il ragazzo si congelò, non credeva che fosse vero, quello davanti a sé era davvero colui che aveva dato il nome alla sua casa? Incredibile. In tutta la sua vita, non avrebbe mai immaginato un evento del genere, insomma, aveva intrapreso una missione suicida per salvare Potter, aveva incontrato una figura mitologica – realmente esistente – come la Sibilla, aveva affrontato sette prove infernali una più difficile dell’altra, aveva combattuto contro creature che avevano solo popolato i suoi peggiori incubi e adesso aveva incontrato uno dei quattro fondatori di Hogwarts, delle vere leggende nel suo mondo. Se non fosse stato certo di essere cosciente, avrebbe pensato di essere finito in un enorme sogno. Assurdo.
Quello che stava accadendo rasentava l’incredibile, se non fosse stato per Harry, Draco non avrebbe mai vissuto quell’avventura, che, nonostante il dolore causato dalla perdita dell’amico, sfida dopo sfida difficoltà dopo difficoltà, prova dopo prova, lo stava irrimediabilmente cambiando e lo stava accompagnando verso il perdonare se stesso per i suoi errori passati. Se non fosse stato per Harry, probabilmente sarebbe stato ancora al seguito di Voldemort, non si sarebbe mai ribellato, sarebbe stato ancora succube di suo padre, avrebbe continuato a vivere in un incubo, giorno dopo giorno con la paura di essere punito e torturato ogni giorno. Se Harry non gli avesse offerto aiuto e lui non avesse accettato tale aiuto quel giorno, sarebbe ancora lo stesso, vecchio, petulante, odioso, viziato (perfido, lurido, schifoso scarafaggio) Draco Malfoy. Doveva tutto a quel Grifondoro troppo coraggioso che aveva sacrificato la sua vita per lui, gli doveva troppo. Anche per questo era lì. Non era solo riconoscenza, era qualcosa di più profondo, era… amore.
Il solo pensare quella parola lo fece rabbrividire, i suoi sentimenti continuavano a confonderlo, ma doveva ammettere con se stesso di aver superato la fase della negazione di essi durante la prova del dissennatore. Non era affezionato a Harry, ne era innamorato ed era terribilmente spaventato dalla portata di quella realizzazione. Quella missione di salvataggio gli era servita anche a questo, anche a fargli fare chiarezza nella sua mente e nel suo cuore. Avrei potuto farlo anche senza vederlo morire davanti ai miei occhi, pensò. Piano piano si stava rendendo conto che le parole di Silente erano vere. Il legame non influiva sui suoi sentimenti, su ciò che provava per il moro. Non era stato il legame a permettergli di evocare il patronus, poco prima, era stata la forza con cui i sentimenti che provava per Harry lo avevano investito. Harry lo aveva fatto ridere, Harry lo aveva fatto sentire meno solo, lo aveva perdonato, gli aveva donato la speranza e degli amici che mai avrebbe creduto di poter avere. Non era a causa del legame, se si era innamorato di lui, ma era successo perché Potter era stato il suo eroe nel momento di maggiore disperazione per lui, era stato il maledetto Grifondoro che gli aveva concesso un’occasione, perdonando i suoi errori e le sue scelte sbagliate del passato, era stato la luce in fondo a un tunnel di oscurità, era stato la speranza che era tornata a vivere nel suo cuore. Era un goffo, coraggioso, meraviglioso ragazzo davanti al quale neppure l’intransigente e glaciale Draco Malfoy aveva resistito. C’era voluto un dannatissimo viaggio nell’Oltretomba per farglielo ammettere.
«Sei arrivato lontano, giovane Serpeverde» iniziò a dire Salazar «Io ti guiderò dal tuo amico, ma devo metterti in guardia».
Il ragazzo guardò l’uomo dinanzi a sé e deglutì: «Su cosa?» chiese titubante.
«Il tempo qui trascorre in modo diverso rispetto al tuo mondo, scorre lentamente e inesorabilmente, chi entra qui, vive in un mondo onirico, dove non ricorda niente della sua vita passata, ma in cui realizza tutti i suoi più inconsci desideri» spiegò il mago antico «Sta vivendo una vita che non ha mai vissuto, completamente diversa da quella che ha condiviso con te» Draco annuì, conosceva quella storia, la Sibilla lo aveva messo in guardia su quella faccenda, sapeva che Harry non avesse memoria della sua vita vera, sapeva che Harry stesse vivendo in un mondo in cui, molto probabilmente, i suoi genitori e il suo padrino erano ancora vivi – ricordava bene lo stato in cui si era ritrovato Potter, dopo quella lezione di Occlumanzia durante la quale aveva visto i suoi ricordi legati a Sirius Black, quindi toccava a lui aiutarlo a recuperare la memoria e la sua vera identità, anche se era consapevole che questo avrebbe spezzato il cuore di Harry. Se si stava avvicinando a lui, doveva pensare in fretta a un modo per convincerlo della verità delle sue parole, doveva trovare un modo per fargli ricordare chi era prima della “morte”. Come avrebbe potuto reagire il Grifondoro, quando avrebbe scoperto che quello che aveva vissuto – e che ricordava – era solo un sogno? Come avrebbe reagito quando gli avrebbe raccontato la verità su di lui? Quando gli avrebbe raccontato tutto? Ricordava ancora bene la reazione di Harry quando aveva trovato la lettera di sua madre nella stanza di Sirius, quel giorno a Grimmauld Place, quando erano andati lì per cercare l’horcrux… aveva solo letto di sua madre che parlava di lui ed era stato male, come sarebbe stato, scoprendo che tutto ciò che aveva vissuto fino a quel momento era stato una menzogna, perché la sua vita vera era completamente diversa? Come gli avrebbe dato dei motivi validi per non restare lì e seguirlo? Io potrei essere abbastanza? Potrebbe decidere di seguirmi perché prova le stesse cose che provo io? – si domandò. Pensiero davvero egoista il suo, senza ombra di dubbio.
Draco deglutì e sospirò, sarebbe stato difficile. Sapeva già fin da quando aveva parlato con la Sibilla che sarebbe stata una sfida difficile, tuttavia avere conferma di quelle cose in quel momento, quando era quasi ad un passo dal raggiungerlo, dopo tutte le prove – potenzialmente mortali – che aveva affrontato, abbassò il suo entusiasmo. Si pietrificò in realtà. C’era un modo per convincere Harry, giusto? Sì, c’era, doveva esserci e lui sarebbe riuscito a trovarlo, non si sarebbe arreso, non adesso che era a poco dal portare a termine la sua missione.
«Sì, ero stato avvisato di questo» replicò, la sua voce si incrinò pericolosamente, sotto il peso di tutto quello che stava affrontando e apprendendo. Salazar lo guardò perplesso, Draco sospirò «Farò del mio meglio» asserì.
«Per quanto quest’ennesima prova possa sembrarti dura da affrontare, non abbatterti, non dubitare di te stesso ora che sei quasi alla fine, non arrenderti» disse «La forza del tuo spirito ti ha portato fino a qui, il tuo coraggio, la tua intraprendenza e la tua determinazione ti hanno portato ad un passo dal compiere la tua missione, non lasciare che tutti gli sforzi che hai fatto finora siano vani, non arrenderti». Draco deglutì e annuì, Salazar aveva ragione. Non poteva demoralizzarsi adesso, non poteva permettere allo sconforto di prendere il sopravvento, non doveva fallire, non quando era così vicino al salvare Harry, a riportarlo a casa. Lo stesso pensiero che aveva attraversato la sua mente all’inizio e che era stato il suo mantra da seguire per tutta la missione, attraversò nuovamente la sua mente: non importava quanto sarebbe stato duro, faticoso o difficile, se fosse stato complicato o impossibile, avrebbe portato a termine la missione e avrebbe salvato Harry. Quello che doveva fare in quel momento era usare a suo vantaggio la presenza di Salazar Serpeverde, doveva fargli tutte le domande del caso, farsi dare quante più informazioni utili – in qualche modo, dopo aver recuperato Harry, doveva uscire da quel luogo, possibilmente senza morire – dopotutto, il fondatore della sua casa era la sua guida, giusto? Colui che avrebbe dovuto guidarlo verso il limbo e poi verso l’uscita dell’Oltretomba. O almeno fornirgli i mezzi per farlo.
Con più decisione di prima, Draco annuì ancora una volta, strappando un sorriso compiaciuto all’altro mago. «Ha altro da dirmi sul limbo? Su Harry?» chiese.
«Sì, ho molte cose da dirti» rispose «Seguimi, ti illustrerò tutto strada facendo» asserì. Draco annuì e lo seguì attraverso la “Sala Bianca”, guardandosi intorno alla ricerca di qualunque indizio, qualunque cosa potesse aiutarlo in futuro. Non c’era niente in quel luogo, se non… nebbia bianca e luce. Non c’era nient’altro.
«Dove siamo?» chiese il ragazzo «Non credo di aver mai letto di questo posto».
Salazar sorrise «Certo, è ovvio, nessun mortale è mai arrivato fino a questo punto per poterne parlare» replicò «Vedi, Draco, questa è… l’anticamera per il limbo» il ragazzo inclinò la testa confuso «Beh, tu lo vedi così perché nell’immaginazione del tuo amico, è così» spiegò «Le vostre menti sono collegate, altrimenti tu non potresti mai essere qui, capisci?»
«Temo di no».
«Cercherò di spiegartelo io» disse Salazar «Vedi ragazzo, ognuno di noi ha un luogo nel cuore, un luogo dove vorrebbe ritornare e sentirsi al sicuro. Può essere un giardino o l’ingresso di una casa d’infanzia, un luogo preciso che sta a cuore a una persona, dove si sente bene e si sente a suo agio, è lì che torna, quando non sa dove altro andare» spiegò «Ed è quello che è accaduto al tuo amico, quando è stato colpito dalla maledizione, si è trovato nel suo luogo ideale» indicò lo spazio attorno a sé «Ed esso ha preso le sembianze di una stazione, a quanto pare» continuò «Tuttavia, egli rappresenta un’eccezione anche per il nostro mondo, non ne fa parte completamente, perché il suo tempo non era ancora giunto» aggiunse «La parte malvagia che era attaccata alla sua anima, sì, è morta e per questo il giovane Grifondoro aveva una scelta: e restare o andare» Draco spalancò gli occhi davanti a quella frase. Voleva dire che Potter aveva scelto di restare lì? «Non ha scelto consciamente, ovviamente, è stato… come dire, tentato dalle insidie del luogo e si è fidato delle persone che il suo cuore conosceva. Dopotutto, un ragazzo orfano, che ha perso tutto nella vita… era facile da ingannare e intrappolare nel limbo, lui desiderava dimenticare il dolore ed essere felice con le persone importanti per lui» rivelò ancora Salazar «Tuttavia, come credo che tu abbia appreso, a voi mortali non è permesso stare qui. E il tuo amico, a conti fatti, è ancora un mortale. Il suo corpo è vivo, come il tuo, ma è come se fosse addormentato, bloccato in un sonno apparente, così profondo da sembrare simile alla morte» continuò «Questo luogo somiglia a una stazione per due motivi: il tuo amico è particolarmente legato a un luogo simile e… perché questo luogo è un punto di partenza e di ritorno: se vai avanti, troverai la pace interiore, se vai indietro, tornerai alla realtà» spiegò ancora «Il tuo amico è andato avanti, seguendo l’illusione di una vita perfetta» rivelò.
«Stupido Grifondoro» imprecò ad alta voce il biondo, portandosi immediatamente le mani sulla bocca e pentendosi di aver usato quel linguaggio davanti a una figura così importante, ma che diavolo gli saltava in mente? Imprecare in quel modo davanti a Salazar Serpeverde?  
Tuttavia, l’antico mago emise una flebile risatina. «Ah sì, i Grifondoro sono sempre stati delle spine nel fianco per noi, vero?» domandò ironicamente. Draco annuì: Harry era la sua dannatissima, fastidiosissima, insostituibile – indispensabile – spina nel fianco e tutto quello che voleva era riabbracciarlo e riportarlo a casa. Non desiderava altro.
«C’è altro?» chiese.
«Le persone presenti nel sogno del tuo amico sono realmente molto legate a lui, farebbero di tutto per non perderlo. Tengono così tanto a lui che non vorranno rinunciare facilmente ad averlo con loro» quelle parole iniziarono a preoccupare Draco, che comunque continuò a prestare attenzione alle parole di Salazar «Potrebbero ostacolarti e smentire tutto quello che dirai al Grifondoro» continuò «Tu non perdere mai di vista il tuo obiettivo, non perdere di vista l’esito della missione e non arrenderti davanti alle difficoltà».
«Non lo farò» dichiarò il ragazzo «Combatterò, se necessario, per riportare a casa Harry e portare a termine la missione».
«Molto bene» replicò Salazar «Ricorda giovane mago, anche se non dovesse riconoscerti, il vostro legame è più forte di quel che pensi, è un legame che difficilmente può essere spezzato, devi solamente credere in te stesso e nella validità della tua missione e vedrai che finirà nel migliore dei modi per entrambi».
«La ringrazio» disse il ragazzo assimilando tutte le parole dell’uomo e tenendo a mente i suoi consigli, era certo che gli sarebbe servito ricordare ogni singola cosa. Non poteva lasciarsi sfuggire nessun dettaglio, neanche uno.
«Devo ammettere che è una situazione piuttosto insolita, singolare oserei dire, in tanti millenni non ho mai visto un figlio di Serpeverde rischiare così tanto per un figlio di Grifondoro» commentò ironicamente con un sorrisetto divertito sulle labbra. Draco sentì le sue gote andare a fuoco, il motivo nascosto per cui faceva tutto quello era celato nel suo cuore e lì sarebbe rimasto. «Voglio metterti in guardia su un’ultima cosa, giovane Serpeverde» continuò, lasciando cadere il discorso precedente, sollevando Draco dall’imbarazzo «Anche se alla fine dovesse ricordarsi di te e riacquisire la memoria, non è detto che voglia rinunciare al suo sogno, al vivere in una realtà dov’è felice e con le persone che ama» lo avvertì «Toccherà a te essere abbastanza persuasivo da convincerlo, bada bene, convincerlo, non costringerlo. Non dovrai obbligarlo a seguirti o fare alcuna pressione, affinché lui scelga di seguirti» gli disse con così tanta serietà che Draco sentì un brivido scivolare lungo la sua schiena. Toccava a lui dargli dei motivi sufficienti, affinché lasciasse quel luogo, toccava a lui promettergli una vita tranquilla, toccava a lui convincerlo a lasciare i suoi genitori indietro e a tornare nel mondo dei vivi. Draco deglutì, ma non si lasciò scoraggiare da quest’ennesima difficoltà, anche la Sibilla gli aveva detto qualcosa del genere. «È importante che ricordi questo: tornare deve essere una sua scelta, sua e di nessun altro».
Il biondo annuì con decisione. Avrebbe superato anche quell’ostacolo, avrebbe convinto Harry a seguirlo, promise a se stesso che non si sarebbe arreso neanche davanti alle sue negazioni. Avrebbe trovato il modo di portarlo via dal limbo e di riportarlo a casa, così come aveva promesso a tutti quanti, in primis allo stesso Harry – o almeno sperava che avesse sentito la sua promessa attraverso la Sibilla – non avrebbe fallito. Mai.
«Molto bene, vedo che accetti con coraggio il tuo destino» commentò Salazar «Io ti guiderò fino all’ingresso del luogo in cui è intrappolato il tuo amico, dopodiché toccherà a te» concluse. Il ragazzo annuì ancora, mentre nella sua mente cercava di elaborare un piano a prova di Bombarda che potesse convincere Harry a seguirlo. Prima di tutto, aveva bisogno di trovare un modo per approcciarsi a Harry e poi uno per convincerlo ad ascoltarlo. Come avrebbe fatto a fargli ritornare la memoria? C’era qualche particolarità del loro legame che gli avrebbe permesso tale cosa?
«Ehm, avrei una domanda» fece il ragazzo.
«Certo, dimmi pure» replicò la guida guardandolo «Sono qui per rispondere alle tue domande, ai tuoi dubbi e a tutto il resto» affermò. Il ragazzo prese un respiro profondo, prima di porre la sua domanda, non voleva rischiare di essere considerato stupido per aver posto quella domanda, ma davvero per lui era necessario porla, altrimenti non avrebbe saputo come andare avanti, come affrontare quell’ennesima prova. Aveva bisogno di sapere.
«Il legame può permettermi di aiutare Harry a ricordare?» domandò.
«Il vostro legame è la chiave per permettere al tuo amico di ricordare la sua vita passata, non dubitare di esso. Le vostre menti sono unite da un filo indistruttibile. Ma devi sbrigarti, anche se il legame è forte, le forze avversarie potrebbero far di tutto per non lasciar andare il Grifondoro e se tu fallirai, lui rimarrà bloccato per sempre qui e la tua anima si disperderà e finirà nel Nulla». Draco sbiancò davanti a quella frase, che diavolo significava? Nessuno gli aveva mai detto che se Harry avesse rifiutato di seguirlo, lui sarebbe morto o “disperso nel Nulla”, che diavolo significava, poi?
«Co-Cosa sarebbe?»
«Un luogo senza tempo né spazio, un luogo vuoto. Nessuno può parlarne, perché nessuno l’ha mai conosciuto» Draco impallidì ancora di più, allora le parole dei giudici non si riferivano solo al fallimento della prova? Ma al fallimento della missione in generale? La sua anima si sarebbe persa in un mondo privo di qualunque cosa? E cosa… cosa ne sarebbe stato di lui? Cosa significava finire nel “Nulla”? «Hai superato tante prove, Draco Malfoy, sono certo che supererai anche questa, devi avere fiducia in te stesso» gli disse Serpeverde «Non temere il fallimento, perché altrimenti andrai in contro ad esso, persegui la sua ambizione come hai sempre fatto e vedrai che avrai successo».
Il ragazzo deglutì e annuì di nuovo. Doveva ponderare bene le sue azioni da quel momento in poi. Aveva capito che fondamentale in quel momento era capire come funzionasse il legame, in che modo potesse sfruttarlo per far recuperare la memoria a Harry, poi avrebbe trovato il modo di convincere Harry a tornare indietro con lui. Non si sarebbe fatto abbattere da quella nuova scoperta, anzi essa era un monito, un monito per se stesso: non doveva fallire altrimenti né lui né Harry sarebbero tornati a casa.
«Non fallirò» affermò con sicurezza il ragazzo e fece una pausa prima di parlare ancora. «Posso farle un’altra domanda?» l’uomo annuì «Quando avrò convinto Harry a tornare indietro, come farò a tornare indietro? Dovrò ripercorrere tutta la strada?» domandò incerto.
«Aspettavo questa domanda» rispose Salazar «Quando sarai riuscito a convincere il tuo amico, entrambi tornerete qui, qui un demone valuterà la sincerità della scelta del Grifondoro e vi darà tutte le informazioni necessarie per poter andare via da qui, fino a che il tempo di entrambi non sarà giunto» spiegò «Bada bene, la scelta del tuo amico dovrà essere davvero sincera, dovrà venire solo dal suo cuore, altrimenti non potrete passare» lo avvertì.
Draco annuì, annotando mentalmente tutte le nozioni «Okay, ho capito» replicò «Sono pronto, mi porti da Harry».
«Molto bene, seguimi, non manca molto» affermò il mago antico. Il Serpeverde prese un profondo respiro e seguì Salazar attraverso la stanza bianca, sembrava essere infinitamente grande, sembrava che non avesse una fine. Il fondatore della sua casa, al suo fianco, continuava a spiegargli cose circa il limbo, il suo viaggio di ritorno, Harry e il legame. Draco cercava di tenere a mente ogni cosa, cercava di non perdere neanche una spiegazione per non distrarsi neanche un secondo, aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile, ogni informazione o suggerimento o avvertimento erano vitali alla riuscita della sua missione. Anche se aveva paura, anche se continuava ad essere incerto, non si sarebbe arreso, non ora che era arrivato così lontano, non ora che aveva quasi raggiunto Harry.
Quando Salazar si fermò, Draco lo fece con lui e in quel momento una enorme porta nera, che stonava con tutto il bianco che c’era in quella stanza luminosa, apparve davanti a loro: su essa c’era un’incisione in latino, Draco assottigliò lo sguardo e cercò di leggere ciò che c’era scritto, forse poteva essere un indizio importante per poter salvare Harry.
 
-Vive ut post vivas-(1)
[Vivi in modo di poter vivere anche dopo la morte.]
 
Poteva essere un riferimento al fatto che Harry stesse, di fatto, vivendo una nuova vita nel limbo? Guardò Salazar accanto a sé, il quale per alcuni minuti non parlò, come se stesse meditando su qualcosa. Draco iniziò a temere che quello fosse un cattivo segno, che qualcosa stesse andando storto, forse quella scritta non doveva esserci? Forse lui aveva fatto già qualche errore senza accorgersene? No, no, doveva restare calmo. Doveva respirare e andare avanti, forse era solo un avvertimento o una spiegazione o… era lì senza un preciso motivo.
«Giovane Serpeverde, qui le nostre strade si dividono» annunciò il mago antico «Questa porta è l’ingresso per il luogo in cui il tuo amico è intrappolato, oltre essa si cela la tua più grande e difficile impresa». Rassicurante, pensò il ragazzo trattenendo il fiato «Oltre questa porta c’è un mondo a te sconosciuto, in cui il giovane figlio di Grifondoro vive il suo più grande sogno, la sua vita perfetta e ideale, dove nessun male l’ha mai toccato, dove non ha mai perso i suoi cari» spiegò con calma «Solo tu puoi accedere a questo mondo, perché tu e lui siete legati da un’antica e rara magia» Il Nexus Mentis Incantatio – pensò Draco, annuendo. Lo sapeva, nessun altro avrebbe potuto affrontare quella missione, perché solo lui poteva accedere al limbo e al sogno di Harry. Solo lui poteva salvarlo. «Non mi è concesso accompagnarti oltre» gli disse con un tono quasi dispiaciuto «Ma rammenta sempre chi sei. Abbi sempre fiducia in te stesso e nella tua intraprendenza. Conosci bene le caratteristiche che, personalmente, ho sempre apprezzato molto: ambizione, astuzia, intelligenza, intraprendenza e determinazione e tu, giovane figlio di Serpeverde, le incarni tutte» disse con un tono via via più importante, quasi solenne «Finora hai perseguito con determinazione la tua ambizione, sfruttando come tuo vantaggio ogni situazione e con astuzia e intelligenza hai affrontato numerose prove difficili e sei arrivato fino a qui» affermò indicando la porta «Lasciati ancora guidare ancora dal tuo istinto e la tua missione avrà esito positivo» continuò «Ricorda gli avvertimenti e non lasciarti sopraffare dalla disperazione, quando ti sentirai sconfitto dalle circostanze avverse» aggiunse «Fidati di te stesso e del tuo istinto e tutto andrà bene» concluse.
Draco annuì, facendo tesoro di quelle parole. Il suo animo si sentì di nuovo sollevato, se analizzava la situazione da un punto di vista esterno, Salazar aveva ragione: era arrivato da solo fino a lì, fidandosi del suo istinto e facendosi forza su se stesso, sfruttando a suo vantaggio ogni situazione favorevole – dall’aiuto di Ron e Hermione nella preparazione della missione all’aiuto materiale di Vincenzo, quand’era giunto in quel luogo sconosciuto, dai Magisofisti alla Sibilla che gli aveva fornito i mezzi necessari per affrontare le prove. Aveva superato le sue più grandi paure, aveva superato se stesso… doveva farlo solo un’ultima volta, quella definitiva e Harry sarebbe stato salvo e la sua missione conclusa.
Poi avrebbe lasciato le imprese impossibili ed eroiche ai Grifondoro.
«Sei pronto?»
«Lo sono» confermò il ragazzo.
«Molto bene» fece Salazar «Alohomora» pronunciò in direzione della porta ed essa si aprì. Per un momento Draco si chiese cosa avrebbe trovato lì fuori, ci sarebbero stati dei mostri? Sicuramente ci sarebbe stato Harry in compagnia delle persone che popolavano il suo sogno, ma in che stato l’avrebbe trovato Draco al suo arrivo? E come avrebbe reagito il moro, quando l’avrebbe rivisto dopo tutto quel tempo? Draco non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato dalla morte di Harry, ma gli sembrava che fosse passata una vita intera.
Draco mosse alcuni passi verso di essa e si voltò a guardare il fondatore della sua casa, con due occhi che brillavano d’ammirazione. Era stato un onore per lui incontrare una persona come lui, non avrebbe mai creduto che affrontare una missione pericolosa e suicida, gli avrebbe permesso di incontrare un mago del calibro di Salazar Serpeverde.
«Grazie» disse il ragazzo con riconoscenza «Grazie davvero».
«Buona fortuna, Draco Malfoy» disse Salazar «Che la buona sorte e le stelle siano con te, giovane Serpeverde».
Draco riconobbe lo stesso augurio che gli aveva fatto la Sibilla, quando gliel’aveva detto lei, le cose erano andate bene… così lo prese come un buon augurio e, dopo aver preso un respiro profondo e aver deglutito un paio di volte, attraversò la porta, trovandosi improvvisamente nel villaggio di Godric’s Hollow. Era qui che Harry ambientava il suo sogno? Nel villaggio in cui era nato? Sì, in effetti aveva senso… la sua famiglia, prima di essere assassinata da Voldemort, aveva vissuto lì, era ovvio che volesse vivere nello stesso posto in quel mondo onirico – e qualcosa diceva a Draco che un giorno, dopo aver preso i M.A.G.O. Harry avrebbe fatto i bagagli, avrebbe lasciato il numero 12 di Grimmauld Place e sarebbe andato a vivere in una casetta in quel villaggio, magari portandosi dietro il povero Kreacher.
Si guardò intorno per cercare di captare qualunque segnale che gli permettesse di capire dove si trovasse Harry, ma non trovò alcun indizio. Era nella mente di Harry adesso, giusto?
La porta alle sue spalle si chiuse con un tonfo e Draco si voltò nella sua direzione, tuttavia non vide altro se non la strada serrata davanti a sé. Voleva dire che sarebbe riapparsa quando avrebbe convinto Harry a seguirlo? Si augurava di sì.
Adesso doveva solo cercarlo e trovarlo per parlargli. Era così impaziente di rivederlo, voleva abbracciarlo – ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce – voleva assicurarsi che stesse bene e finalmente tornare a casa con lui. Sì, c’era quasi. Era ad un passo dal salvare portare a termine la sua missione e non poteva essere più fiero di se stesso.
Okay, ci sono” – pensò – “Harry, sono qui, presto ti porterò via”.
 

 
Quando si svegliò quella mattina, Harry sentì che qualcosa nell’aria fosse cambiata. Si sentiva strano, la testa gli faceva più male del solito, era un dolore incessante, persistente, insopportabile. Si prese la testa tra le mani e gemette di dolore, aveva bisogno di riposare, forse. Non era stato bene negli ultimi giorni e forse dipendeva proprio da questo il suo stato d’animo. Aveva sognato ancora quel ragazzo biondo, non riusciva a toglierselo dalla testa e ogni volta che egli tornava nei suoi sogni, Harry pensava di impazzire. Gli sembrava sempre più familiare, ma non capiva perché lo fosse. Era certo di non aver mai conosciuto nessuno come lui di non averlo mai visto a scuola né altrove– insomma, avrebbe di certo ricordato di aver conosciuto un ragazzo come lui. Ma allora perché sembrava conoscerlo? Perché sembrava tenere a lui? Perché gli diceva che stava arrivando, che l’avrebbe salvato? Non aveva bisogno di essere salvato, stava bene ed era felice, perché qualcuno avrebbe dovuto pensare che fosse in pericolo?
Una nuova fitta alla testa lo costrinse a sdraiarsi di nuovo e a schiacciarsi il cuscino sul viso.
Okay, ci sono” – la voce di quel ragazzo fece di nuovo capolino nella sua mente, aumentando ancor di più il suo mal di testa insopportabile, rischiava di farlo impazzire davvero – “Harry, sono qui, presto ti porterò via”.
Adesso sentiva la sua voce anche da sveglio? Stava davvero impazzendo? Cosa voleva dire che era lì? Cosa voleva dire che l’avrebbe portato via? Perché, poi? Cosa voleva da lui quello sconosciuto? Perché continuava ad apparire nei suoi sogni? Perché continuava a sentire la sua voce? Perché continuava a perseguitarlo? Tutte quelle domande non fecero che aumentare il suo mal di testa. Forse non avrebbe dovuto alzarsi dal letto, tuttavia non voleva far preoccupare i suoi genitori, sua madre si era già preoccupata troppo per lui nei giorni passati. Solo che quella notte aveva fatto l’ennesimo sogno strano riguardante quel ragazzo: erano in cima ad una torre, combattevano fianco a fianco contro un mago che lui non ricordava di aver mai visto in vita, ma questo l’aveva terrorizzato, gli aveva fatto provare una sensazione di paura che mai prima aveva provato. Il sogno era stato così reale da inquietarlo e ancora non riusciva a spiegarsi perché fossero iniziati quei sogni, non potevano essere reali, lui non aveva mai conosciuto quel ragazzo né aveva mai combattuto al suo fianco, la sua doveva essere solo suggestione, nient’altro. In tutta la sua vita non aveva mai avuto episodi del genere e non credeva fosse un effetto dello stress, perché era una persona abbastanza equilibrata, rilassata, non era affatto stressato o altro, ma forse era ciò di cui era convinto. Forse avrebbe dovuto vedere uno specialista e farsi aiutare o forse… doveva indagare sulla faccenda? Non lo sapeva, ma voleva capire e aveva bisogno di farlo da solo.
Si alzò dal letto dolorante e raggiunse la cucina, salutò i suoi genitori e sua madre gli diede una pozione per alleviare il mal di testa che aveva, ma Harry sapeva dentro di sé che quelle non sarebbero state sufficienti a farglielo passare. Aveva bisogno di indagare a fondo in quella faccenda, aveva bisogno di capire cosa gli stesse accadendo e per farlo non poteva restare chiuso in casa, non poteva lasciare che tutto gli scorresse addosso in quel modo. Sua madre gli suggerì di tornare in camera e di riposare un po’ e in un primo momento lui ascoltò il suo consiglio, tuttavia quando si stese di nuovo sul letto, avvertì la sensazione di qualcosa che non andava bene, c’era qualcosa fuori posto, ma non capiva cosa.
C’era qualcosa che lo spingeva verso l’esterno, una sensazione gli diceva di uscire di casa, perché non avrebbe trovato le risposte alle sue domande e ai suoi dubbi se fosse rimasto lì. Ricordava di avere un appuntamento con Cedric, ma decise di uscire prima dell’orario del suo arrivo, non aveva affatto voglia di vederlo. Negli ultimi giorni, in sua compagnia aveva provato una sensazione strana, quasi simile al disagio, aveva pensato solo che fosse un momento, dato che non era stato molto in forma in quegli ultimi giorni, solo che il pensiero di non vederlo di solito gli faceva provare una stretta al cuore, ma in quel momento non sentiva niente, assolutamente niente. Tutta la sua attenzione era rivolta al ragazzo sconosciuto di cui non sapeva il nome, ma del quale conosceva la voce e l’aspetto. Perché si sentiva attratto nella sua direzione, invece che in quella del suo ragazzo?
Sbuffò sonoramente, prendendosi la testa tra le mani, era confuso e aveva bisogno di fare chiarezza in se stesso in quel momento. Erano successe troppe cose che l’avevano lasciato perplesso e troppe cose che non riusciva a spiegarsi. Aveva bisogno di prendere aria, di uscire e di non restare chiuso in quelle quattro mura e soprattutto di stare da solo. Per una volta, aveva davvero bisogno di essere lasciato solo da chiunque, inoltre avvertiva ancora quella sensazione che lo spingeva ad uscire, ad andare via da quella casa e di indagare a fondo su tutto. Annuì a se stesso e poi decise che non avrebbe più ascoltato il consiglio di sua madre, così si alzò dal letto con uno scatto, si cambiò in fretta e afferrò la sua bacchetta per poi scendere velocemente le scale e raggiungere l’ingresso. I suoi genitori lo stopparono prima che potesse uscire senza essere visto.
«Tesoro, tutto bene? Dove vai?» gli chiese sua madre «Ti senti meglio?»
«Sì, mamma, le pozioni che mi hai dato hanno fatto effetto» mentì cercando di sembrare convincente «E… uhm, sto uscendo» rispose alla sua domanda, guardandola e sorridendo.
«Ma Cedric non è ancora arrivato, non dovevi uscire con lui?» domandò la donna.
«No, esco da solo» replicò bruscamente, e, senza aggiungere altro, uscì velocemente e si chiuse la porta alle spalle. Era la prima volta che rispondeva male a sua madre e stranamente non si sentiva in colpa per averlo fatto. Avrebbe dovuto?
Non appena fu fuori, respirò a pieni polmoni l’aria dell’esterno e sentì uno strano senso di libertà, anche se la sua mente era ancora offuscata e affollata dai mille pensieri che per tutta la mattinata l’avevano tormentato, dalle sensazioni che non capiva, esse lo confondevano e lo lasciavano inquieto.
Decise di camminare e di schiarirsi la mente, magari così avrebbe trovato una soluzione a tutte quelle cose strane che gli stavano capitando… come se poi una soluzione potesse cadere dal cielo così, improvvisamente. Alzò lo sguardo al cielo, le nuvole adombravano il sole, l’aria era intrisa di pioggia. Poco male, avrebbe usato un incantesimo per ripararsi da un eventuale temporale. Decise di ignorare tutti quei pensieri, anche quelli più negativi e di passeggiare per un po’, questo l’avrebbe aiutato sicuramente un po’. Camminò per un po’, cercando di schiarirsi la mente e le idee, ma fu tutto vano, non riusciva a capire, non riusciva a farsi un’idea di ciò che stava accadendo, non riusciva a gestire la situazione.
Dannazione, quanto posso essere stupido? Perché non riesco a capire cosa mi succede?
«Potter!»
Improvvisamente, però, una voce – la voce – fermò il suo peregrinare senza meta. La riconobbe immediatamente, era la voce che aveva popolato i suoi sogni, i suoi incubi e i suoi pensieri, impossibile non riconoscerla, impossibile confonderla con un’altra. Per un momento gli sembrò che fosse solo nella sua mente, come al solito, poi la sentì da vicino, troppo vicino. Per la prima volta da quando quei sogni erano iniziati, sentì davvero la voce di quel ragazzo biondo che sognava ormai da giorni. Era strano, tutto era iniziato da quell’incidente con la scopa… No, è impossibile, è un sogno.
«Potter!»
No, stai sognando, stai sognando, Harry, non è realmente qui – pensò aumentando il passo – Non è reale, è solo un sogno, è solo un sogno… - doveva allontanarsi da lì, forse non sarebbe mai dovuto uscire, iniziava anche ad avere le visioni, a quel punto era vero, era impazzito alla fine. Mentre camminava, però una mano afferrò la sua e fu costretto a fermarsi. Si voltò di scatto verso la persona che lo aveva fermato per urlargli contro, ma ogni protesta morì nella sua gola, essa si seccò improvvisamente e lui si ritrovò a deglutire. Un ragazzo dai capelli biondi era davanti a lui e lo scrutava con due occhi grigi enormi, che lo fissavano con preoccupazione, sollievo e… gioia. Era il ragazzo che aveva sognato, il ragazzo che aveva perseguitato ogni suo sogno negli ultimi giorni. Era reale. Com’è possibile? In che modo quel ragazzo era uscito dal sogno e si era palesato davanti a lui? Esisteva un incantesimo di cui non era a conoscenza che permetteva ai sogni diventare reali o cosa?
«Ti ho trovato, finalmente…» esalò e in poco meno di un secondo le sue braccia furono attorno alle spalle di Harry e il suo viso pressato contro il petto del biondo. Cos’era quella sensazione che avvertiva? Cos’era quella sensazione di benessere senza precedenti? Cos’era quel battito accelerato nel petto dell’altro? Perché il suo corpo sembrava accettare la sua vicinanza senza alcuna repulsione? Era reale o era un sogno molto vivido? «Harry… ti ho trovato» disse ancora, stavolta in un sussurro dritto nel suo orecchio. Harry si sciolse per un attimo in quell’abbraccio, ma poi staccò il viso dal suo petto e alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo perplesso, lo aveva trovato? In che senso? Lui era sempre stato lì, cosa voleva questo ragazzo da lui? Perché era lì? Perché era felice di vederlo? Cos’era quel tono sollevato? Perché quell’abbraccio? E perché dannazione sentiva le proprie guance rosse? Harry scosse la testa e, ripresosi dallo shock improvviso, si sottrasse bruscamente alla presa dell’altro e lo spinse via con forza, il biondo lo guardò stupefatto, come se non si aspettasse quel gesto. Perché gli sembrava di conoscere quello sconosciuto? La testa, se possibile, pulsò ancor di più, ma Harry cercò di non darlo a vedere, non poteva permettere che uno sconosciuto lo vedesse debole. Però vederlo in carne ed ossa, accese una lampadina nella mente del Grifondoro: non era impazzito, piuttosto era quel tizio aveva cercato di farlo impazzire usando il Legilimens a distanza. Doveva essere un mago davvero potente per esserci riuscito, ma Harry avrebbe combattuto e si sarebbe difeso con coraggio, nessun nemico lo avrebbe sconfitto.
«Chi sei? Cosa vuoi da me? Perché continui a perseguitarmi?» domandò Harry, guardando il nuovo arrivato con aria confusa e arrabbiata, estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la puntò contro il nuovo arrivato. Chi era quello sconosciuto che osava toccarlo in quel modo? Che osava abbracciarlo senza neanche chiedergli il permesso? E perché miseriaccia si era sentito bene con lui? Harry si morse le labbra, in attesa di una risposta. L’altro alzò le mani in segno di resa, neanche estrasse la bacchetta.
«Harry… lo so che per te è difficile da capire» disse il biondo con un tono di voce calmo e pacato «Ho bisogno di parlarti, okay?» continuò «So che sai chi sono, le nostre menti sono collegate e…»
«Sì, lo so chi sei! Sei lo stronzo che continua ad usare il Legilimens su di me e ad entrare nella mia mente!» esclamò con tono accusatorio, continuando a puntare la bacchetta contro l’altro ragazzo «Stai cercando di farmi impazzire, vero?»
«No, Harry, sono qui per aiutarti, per salvarti, ti prego, devi fidarti di me».
«Come posso fidarmi di te, se non conosco neanche il tuo nome?»
Il biondo sospirò e annuì, poi allungò una mano verso di lui e disse: «Hai ragione, sono un vero maleducato» poi continuò: «Sono Malfoy, Draco Malfoy».
Un’altra fitta alla testa fece indietreggiare Harry, che sentì la terra sotto i suoi piedi mancare, inciampò nei suoi stessi piedi e Draco lo afferrò al volo, stringendolo per i fianchi e impedendogli di cadere, il moro divenne un blocco di ghiaccio, mentre nella sua mente appariva un flash chiaro una scena che non aveva mai vissuto o almeno non ricordava di aver vissuto.
«Loro Tiger e Goyle… e io sono Malfoy, Draco Malfoy». Harry scosse la testa, non poteva essere vero, cercò di scacciare dalla mente quella scena, non era vera, non era reale. Un ragazzo dai capelli rossi rise al sentire il nome del biondino e quest’ultimo si rivolse al rosso: «Il mio nome ti fa ridere, eh? Non c’è nemmeno bisogno che ti chieda il tuo… capelli rossi, abiti di seconda mano… tu devi essere un Weasley». Weasley… quel nome… non gli era nuovo, miseriaccia. Conosceva qualcuno con quel nome? Chi era quel ragazzo? Perché aveva ricordato quell’evento? Dove aveva sentito quel nome? Perché non lo ricordava?
«Harry? Harry, stai bene?» domandò allarmato il biondo. Solo in quel momento, Harry si rese conto di essere tra le sue braccia. Gli aveva impedito di cadere e… perché la sua stretta era così confortevole da farlo sentire al sicuro? Una parte di sé… voleva solo restare tra le braccia di quel Draco e non andare mai via, ma un’altra parte gli ricordava che c’era Cedric e che non era giusto che lui si sentisse così bene con un ragazzo che non era il suo, per giunta uno sconosciuto – o meglio, all’apparenza era tale, la sua mente e il suo cuore sembravano riconoscerlo… ma chi era?
«C-Chi sei? Perché mi perseguiti?» chiese spaventato, più che dalla sua presenza, dai suoi stessi sentimenti confusi e contrastanti.
«Non so di cosa tu stia parlando, Harry» disse il biondo «Non voglio farti del male, anzi… l’esatto opposto, sono qui per salvarti».
«Salvarmi? Ma io non sono in pericolo» replicò il moro sulla difensiva, scostandosi dall’altro – di nuovo – ma quella volta il suo corpo protestò. Che cosa gli stava succedendo? Cosa gli aveva fatto quel tizio? «Anzi qui sono a casa, sono al sicuro e sono felice» aggiunse guardando l’altro con sfida «Nessuno mi farebbe mai del male qui».
Perché la strana sensazione che aveva sentito fino a quel momento, fece di nuovo capitolino in lui? Perché si sentiva di nuovo strano? Eppure, non sapeva perché, ma non percepiva il biondo – Draco – come una minaccia, anzi l’esatto opposto. Cosa stava succedendo?
 

 
Quando l’aveva visto da lontano, Draco non aveva capito più nulla. Aveva camminato più veloce possibile e l’aveva raggiunto, gli aveva preso il polso e neanche si era accorto di averlo abbracciato, non appena lo aveva avuto abbastanza vicino. Era così felice di rivederlo, così sollevato di notare che stesse bene, era davvero lui, quasi non ci credeva, dopo tanta fatica, dopo tanto peregrinare, finalmente lo aveva trovato. Una strana felicità si era fatta largo nel suo petto, quando lo aveva stretto a sé. Aveva sentito il suo cuore schizzare via dal petto e si era sentito così sollevato che quasi aveva pianto – non lo aveva fatto davvero, aveva solo sentito gli occhi pungere alla fine – e tutta la tensione che aveva provato si era sciolta. Ora che l’aveva trovato, ora che l’aveva di nuovo tra le braccia, non avrebbe permesso alla disperazione di avere la meglio su di lui, avrebbe stretto i denti e avrebbe combattuto con tutte le sue forze, alla fine avrebbe riportato Harry a casa. Le sue speranze, però, si erano leggermente incrinate quando il moro lo aveva respinto in malo modo e lo aveva quasi aggredito. Non poteva negare che un macigno era piombato sul suo cuore, aveva sperato che tutti si sbagliassero, che alla fine Harry lo avrebbe riconosciuto – perché dannazione erano legati e se il legame era forte come tutti dicevano, il moro avrebbe dovuto riconoscerlo subito… allora perché non si ricordava di lui? – e sarebbe stato più semplice spiegargli tutto. Era stato davvero uno stupido ad illudersi in quel modo, avrebbe dovuto prestare più ascolto a quell’avvertimento. Okay – prese un respiro profondo, era ora di mettere i suoi sentimenti da parte, smetterla di essere così cocciuto e pensare solo ed esclusivamente al bene di Harry – come se quello non fosse stato il pensiero che l’aveva accompagnato per tutto quel dannato viaggio.
«Potter, davvero non mi riconosci?» chiese con un groppo in gola. Non riusciva a liberarsi di quella sensazione, ma l’avrebbe superata per lui, avrebbe fatto di tutto per tirarlo fuori da lì. Il moro lo guardò confuso e scosse la testa lentamente «Beh, sono la tua personale spina nel fianco, il tuo rivale scolastico preferito» gli disse sorridendo «Che razza di posto è mai questo?» domandò ironicamente «Senza di me deve essere un mondo orribile e terribilmente noioso».
«Di cosa parli?» chiese Harry «Non ho nessun rivale scolastico a Hogwarts, ti sbagli, stai mentendo» replicò «Sono popolare a scuola, gioco a Quidditch e ho un sacco di amici, non ho rivali».
«Ma se ogni anno trovano un modo per odiarti, soprattutto i tuoi adorati Grifondoro!» esclamò con veemenza, Harry aprì la bocca per ribattere, ma Draco iniziò a spiegare «Al primo anno pensavano tutti che tu fossi un porta-guai, perché facevi costantemente perdere punti alla tua casa» il moro riprovò a ribattere, ma lui continuò imperterrito «Al secondo, oh, lì era divertente, credevano che tu fossi l’erede di Serpeverde» il Grifondoro spalancò gli occhi, incredulo, Draco ghignò sentendo di avere un vantaggio, beh, almeno lo stava ascoltando «Al terzo invece i dissennatori ti fecero perdere una partita, quindi fu la squadra di Quidditch a detestarti e al quarto… ah sì! Il quarto fu uno spasso, litigasti persino con Weasley, perché tutti ti reputavano un impostore, perché credevano che avessi inserito tu il tuo nome nel Calice di Fuoco… e al quinto ti credevano un bugiardo, perché affermavi che Lui fosse tornato e nessuno ti credeva. Al sesto sei diventato popolare, perché beh… sei il prescelto».
«T-Ti sbagli, queste cose non sono mai successe» disse Harry, tremando appena «Ti stai inventando tutto».
Draco scosse la testa «Vorrei averlo inventato, ma è quello che è successo e che ho anche visto… nei tuoi ricordi».
«Allora è vero che hai usato il Legilimens su di me!»
«Sì, ma non ora» rispose pazientemente Draco «L’ho usato quando ci esercitavamo con l’Occlumanzia».
«P-Perché avrei dovuto imparare un’arte tanto oscura?» domandò «Impossibile».
«Per contrastare le incursioni di Voldemort nella tua mente» ribatté il biondo con decisione, stupendosi di essere riuscito a pronunciare quel nome. Harry sbatté le palpebre perplesso, come se non capisse «Ricordi? Abbiamo combattuto contro Voldemort sulla Torre di Astronomia…»
Ci fu un momento di pausa, Harry si portò una mano sulla fronte, come se avesse avuto una sensazione legata alla cicatrice, ma poi alzò lo sguardo sul biondo ed esso esprimeva ancor più confusione, ancor più incredulità.
«… chi è Voldemort?» chiese con una voce così sottile, che il cuore di Draco si contrasse per un attimo. Doveva essere sconvolgente per lui ascoltare tutte quelle cose senza averle vissute prima così velocemente, quella visione così smarrita di Harry gli fece tenerezza, era ovvio, si sentiva sopraffatto dalle informazioni che stava ricevendo. Dannazione, il tatto non era mai stato il suo punto vincente, forse stava sbagliando? Però aveva attirato la sua attenzione in quel modo, forse poteva continuare in quel modo.
«Non ti ricordi proprio niente? Neanche un dettaglio?» domandò speranzoso. Qualche frammento della vecchia vita di Harry doveva essere ancora presente nella sua memoria, una piccola piccolissima parte… altrimenti come avrebbe fatto ad aiutarlo a ricordare? E invece… il moro scosse la testa con un’espressione quasi dispiaciuta. «Oh Salazar!» esclamò. Harry lo guardò ancora più confuso e Draco sospirò, sembrava non esserci alcun modo per aiutarlo a ricordare.
«Io-Io penso che tu debba andare via e non tornare mai più» disse facendo un passo indietro, spaventato «Non voglio sentire più niente da te».
Prese un profondo respiro e guardò il moro. Si rese conto che comportandosi in maniera troppo diretta, con l’altro avrebbe solo ottenuto l’effetto contrario, avrebbe solo peggiorato la situazione, doveva trovare il modo di guadagnarsi la sua fiducia in modo che il moro gli permettesse di spiegargli e raccontargli tutto, magari in maniera più delicata e non così diretta. Lo sapeva, il tatto non era esattamente il suo forte.
«Okay, riconosco di essere stato troppo diretto e… indelicato» sospirò «La questione è una, Potter, io sono qui per salvarti e per aiutarti a ricordare chi sei davvero» disse con fermezza.
«No, io so perfettamente chi sono» replicò «Non ho bisogno di essere salvato, sono al sicuro, sono con la mia famiglia».
Draco scosse la testa: «Non è così e lo sai anche tu» disse Draco «Dentro di te lo sai anche tu, non hai mai la sensazione che sia tutto troppo perfetto? Che non ci sia mai niente che non vada?»
«Che c’è di male ad essere felici e ad avere una bella vita?»
«Niente…» sospirò «Harry, so che mi sono posto in modo sbagliato con te, ma… sto solo cercando di fare la cosa giusta» disse «Possiamo parlare con calma? Ti chiedo solo di ascoltarmi per cinque minuti» continuò «Se non mi crederai, ti prometto che me ne andrò e non sentirai mai più parlare di me». La disperazione nel proprio tono di voce era così evidente che Draco sentì gli occhi pizzicare. Qualcosa dentro di lui stava cambiando, non voleva abbattersi, ma… era difficile quando Harry continuava a sbattergli qualunque porta in faccia. Passarono dei minuti infiniti, durante i quali Draco si chiese come sarebbe stato vagare nel “Nulla”, dopo che il suo corpo fosse stato gettato nell’Acheronte. Avrebbe vagato per sempre in una dimensione priva di qualunque cosa, della quale neanche Salazar Serpeverde aveva informazioni? Quell’idea lo terrorizzava… il fallimento non era contemplato nelle sue opzioni, ma se Harry avesse continuato a rifiutare ogni suo tentativo di parlargli, beh… non sarebbe riuscito a portare a termine la missione. Per un momento lo sconforto lo assalì e sospirò sonoramente, sentendosi davvero sconfitto, come se il dissennatore che aveva affrontato poco prima fosse tornato a fargli visita, sentì tutta la speranza e la gioia che aveva provato quando aveva rivisto l’amico svanire, come se fossero state risucchiate via dalla creatura. I minuti di silenzio sembrarono infiniti, Harry lo fissava in silenzio senza dire niente, come se stesse riflettendo sul da farsi. Draco, in cuor suo, sperava che almeno decidesse di ascoltarlo. Temeva davvero un rifiuto in quel momento, ma se Harry non avesse voluto ascoltarlo, non avrebbe potuto fare niente: se l’avesse costretto, il risultato non sarebbe cambiato. Doveva convincerlo, non costringerlo. Doveva essere una sua scelta ascoltarlo, seguirlo, essere salvato. Se lui non avesse voluto allora… avrebbe dovuto gettare la spugna, arrendersi all’inevitabile e prepararsi al suo destino. Doveva almeno dargli la possibilità di parlare, almeno la possibilità di raccontargli tutto e di offrirgli la possibilità di seguirlo.
«D’accordo» rispose Harry, spezzando il silenzio. Draco sentì il suo cuore fare una capriola nel proprio petto. Il primo ostacolo era stato superato, non doveva sottovalutare la situazione, doveva analizzarla con attenzione e trovare il modo giusto di spiegare tutto a Harry, senza traumatizzarlo «Ma andiamo in un posto più tranquillo» aggiunse, facendogli segno di seguirlo «Immagino che avremo bisogno di tranquillità e di pace, per affrontare questo discorso».
Tu non sai nemmeno quanto – pensò il biondo sollevato, seguendolo immediatamente, riaccendendo la speranza nel petto di Draco, così come era accaduto, quando Potter gli aveva teso la mano promettendogli di aiutarlo.
«Hai detto qualcosa?» domandò Harry. Draco spalancò gli occhi. Poteva sentire i suoi pensieri, quando erano rivolti a lui? Com’era possibile? Possibile che fosse il legame?
«Uhm no…?»
«Ah… mi era sembrato di sentire qualcosa» replicò Harry, portandosi una mano alla testa «Seguimi». Draco annuì e senza dire o pensare altro, lo seguì. Era il legame che aveva fatto quella cosa, davvero? Perché nessuno gliel’aveva mai detto?
Forse allora poteva usare quella cosa a suo vantaggio. Forse poteva sfruttare la Legilimanzia per permettere a Harry di esplorare i suoi ricordi e condividere con lui anche quelli che aveva memorizzato riguardanti lui, quelli che aveva visto durante le loro lezioni di Occlumanzia. Sarebbe stato difficile, ma sperava che il legame potesse aiutarli in quel caso.
Il Serpeverde non avrebbe sprecato quell’occasione, avrebbe usato tutte le carte che aveva sua disposizione per farsi credere da Harry e convincerlo che la soluzione migliore per la sua salvezza fosse il credergli e seguirlo fuori dal limbo.
Camminarono per un po’, poi il Grifondoro si fermò nel mezzo della strada e gli afferrò la mano e in un attimo smaterializzò entrambi lontano da quel posto. Quando riapparvero, erano entrambi in un parco, Draco si guardò intorno curioso e seguì Harry fino a una panchina.
 

 
Fianco a fianco, Harry e Draco raggiunsero una panchina e vi si sedettero. Esso non apparteneva a Godric’s Hollow, non si trovava lì, bensì a Little Whinging… aveva memoria di esso, ma non l’aveva mai visto davvero. Perché quel luogo gli era familiare? Cos’era successo lì? Quando c’era stato? Perché era riuscito a smaterializzarsi lì? Cosa stava succedendo?
Era come se una parte di sé lo conoscesse, ma l’altra no. Era ancora troppo confuso, l’incontro con l’altro ragazzo lo aveva sconvolto davvero.  Molte delle cose che aveva detto lo avevano scosso dentro, lo avevano fatto sentire a disagio e per un momento aveva desiderato non cedere, non farlo parlare, mandarlo via e non sapere più niente di lui, ma il suo sguardo così disperato, così triste, lo aveva convinto ed era curioso di scoprire cosa avesse da dirgli. Inoltre sembrava conoscerlo bene, sembrava sapere dettagli che neanche lui conosceva. Aveva dimenticato qualcosa del suo passato? Draco sembrava essere convinto di sì e sembrava conoscerlo davvero, poteva vederlo nel suo modo di fare e di porsi, nel suo modo di guardarlo. Come faceva Draco a conoscerlo? Come potevano essere tanto in confidenza, quando lui non ricordava neanche il suo nome? Più lo guardava, più era convinto di conoscerlo davvero, non ricordava il suo nome, ma tutto di lui era familiare, anche il suo abbraccio lo era stato… allora perché non si ricordava di lui? Aveva avuto qualche incidente di cui nessuno gli aveva parlato e aveva perso la memoria? Cosa era successo? Forse per un momento poteva fidarsi di lui e farsi raccontare ogni cosa, qualcosa di lui gli ispirava fiducia, i suoi occhi sembravano sinceri quando parlava.
«Carino qui» commentò il biondo rompendo il ghiaccio e l’imbarazzo che era precipitato tra di loro «Ci vieni spesso?»
«Io… no» rispose esitante «Non ci sono mai venuto… ma ha un aspetto familiare» cercò di spiegare «Non so se capisci… è la stessa cosa che ho provato quando ho visto te» disse piano «Come tu mi fossi familiare, ma… non ti conoscessi davvero» continuò, deglutì e non alzò lo sguardo sull’altro «Non so spiegarlo…»
«Cos’è un altro modo per flirtare con me, Potter?» domandò il biondo, Harry gli lanciò un’occhiataccia, ma quel commento sembrò alleggerire la tensione e gli strappò un sorriso.
«Non ci proverei mai con te» ribatté.
«Vedremo» asserì Draco, facendogli l’occhiolino, Harry avvampò «Ad ogni modo… dicevi di questo parco?» domandò il biondo, cambiando argomento. «Venivi qui da piccolo?»
«No, te l’ho detto, non sono mai stato qui… ma ho la sensazione di conoscerlo, come se… una parte di me lo conoscesse, ma l’altra… no» tentò di spiegarsi, vide l’altro aggrottare le sopracciglia per un attimo «… capisci?»
Draco annuì piano «Capisco… e credo di sapere anche perché tu abbia queste… sensazioni» rispose. Harry spalancò gli occhi e fece per chiedergli altro, ma lui alzò la mano per fermarlo e lo guardò negli occhi «Dovrò andarci piano con te, ma cercherò di spiegarti tutto».
«Che-Che intendi?» domandò incerto Harry, alzando lo sguardo su di lui.
«Beh, devo dirti delle cose, Harry, cose che non ti piaceranno per niente, ma… ecco, potrebbero spiegare il perché delle tue… sensazioni» disse, quasi con esitazione, come se fosse preoccupato per lui. Poteva essere davvero così delicato e dolce nei suoi confronti? Era convinto che dopo Cedric nessuno sarebbe mai stato tanto attento e gentile nei suoi confronti e invece… c’era Draco. Si morse le labbra e lo guardò negli occhi, c’era qualcosa nei suoi occhi che ancora non sapeva spiegarsi, qualcosa che… lo attirava verso di lui e lo spingeva a fidarsi di lui, oltre alla sincerità, qualcosa che ancora non riusciva a definire. Come poteva sentirsi così in sintonia con un perfetto sconosciuto? No, non uno sconosciuto, una persona che non ricordo, ma che conosco. So di conoscerlo, sento di conoscerlo.
«Che-Che tipo di cose?» chiese, mordendosi le labbra «Voglio sapere, raccontami tutto» disse con sicurezza.
Draco annuì e si morse le labbra, prima di iniziare a parlare: «Vedi, è difficile da spiegare, ma lo farò lo stesso» dichiarò «Tu sei Harry Potter, sei conosciuto come il bambino che è sopravvissuto, perché quando avevi appena un anno, un mago oscuro e folle, Lord Voldemort, ha cercato di ucciderti dopo… aver ucciso i tuoi genitori. Tu sei sopravvissuto all’Anatema che Uccide» raccontò il biondo. Harry spalancò gli occhi e scosse la testa immediatamente, no, no, no, quella storia era falsa, i suoi genitori erano vivi, stavano bene. Cosa diavolo stava dicendo quel ragazzo? Perché stava inventando quella storia? Tuttavia, non riuscì a parlare, nella sua gola si formò un groppo che non riuscì a mandare giù e sentì l’altro continuare la storia «Sei cresciuto con i tuoi orribili zii babbani che vivono a Little Whinging» continuò indicando il parco dov’erano. No – Harry si rifiutava di credere a quella storia, ma non riusciva a bloccarlo, non trovava il coraggio di bloccare le parole di Draco «Loro non ti hanno esattamente cresciuto con amore e gentilezza, ti hanno tenuto all’oscuro della tua natura di mago, ma a undici anni hai ricevuto la tua lettera e sei venuto ad Hogwarts, dove ci siamo conosciuti» raccontò ancora. Harry voleva solo piangere in quel momento, non poteva accettare quella realtà, non voleva accettare quel mondo dove i suoi genitori erano morti, non era vero. «Hai iniziato a studiare per diventare un bravo mago, ma ogni anno avevi un nuovo grattacapo, ogni anno c’era un problema e tu… l’hai sempre risolto con coraggio. Io e te non eravamo amici, hai rifiutato la mia stretta di mano sul treno al primo anno, ma… io ho accettato la tua al sesto anno, quando mi hai salvato dalla disperazione, mi hai offerto una mano e mi hai salvato la vita» disse Draco con sincerità «Voldemort ha sempre cercato di ucciderti, ogni volta che poteva e…tu lo hai sempre sconfitto, fino a…»
«No» Harry lo interruppe, riuscendo finalmente a parlare, scacciò le lacrime che, senza che lui se ne accorgesse, avevano iniziato a scivolare sulle sue guance e guardò l’altro «Tu menti, smettila di mentire».
«Non ti mentirei mai, Harry, lo giuro» replicò mortificato «Mi piacerebbe dirti che sto mentendo, Harry, ma non è così». Come se fosse stato istintivo per lui, Draco allungò una mano verso la sua guancia e gliel’accarezzò delicatamente con un pollice, per eliminare le lacrime da essa. «Mi dispiace…»
«Non ti credo!» urlò Harry, spingendolo via e allontanandosi da lui «Non ti credo!» ripeté «I miei sono vivi, stanno bene! Io sono cresciuto con loro!»
«Quello che stai vivendo, Harry, è solo un enorme sogno» ribatté Draco «Due mesi fa, sei stato colpito da un Anatema che Uccide, sulla Torre di Astronomia, per salvare me» gli disse afferrandogli una mano e obbligandolo a guardarlo «Non ti sto mentendo, mi hai salvato la vita e io sono qui per salvare la tua».
«S-Sono morto?»
«No, non proprio, non so spiegartelo, te lo spiegherà Silente quando torneremo».
Harry si allontanò da lui e si prese la testa tra le mani. Quello che aveva raccontato quel ragazzo non aveva senso, giusto? Non aveva solo vissuto un enorme sogno, vero? I suoi erano vivi, stavano bene, lo avevano cresciuto con amore… perché? Perché gli stava dicendo tutte quelle cose che lo facevano stare male? Perché si divertiva a torturarlo così? Doveva ignorarlo, tornare a casa e scusarsi con sua madre per averle risposto male, voleva abbracciarla e dirle che le voleva bene Draco si avvicinò di nuovo a lui e gli prese il polso. «Silente mi ha detto una cosa, prima che venissi qui, voleva darti un messaggio importante» il moro annuì e lo invitò ad andare avanti, ormai tanto valeva ascoltare tutto, tanto sua madre stava a casa e stava bene. «Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere». Harry si accigliò e si voltò verso il biondo con gli occhi spalancati, incredulo. Quella frase… quella frase… l’aveva sentita, la ricordava… essa lo colpì e risvegliò qualcosa in lui, qualcosa di non precisamente definito, ma era certo di aver avuto una discussione con un uomo anziano una volta, che gli aveva detto quella frase. «Credimi, Harry, non sto mentendo» disse «Tu hai salvato mia madre, se potessi fare qualcosa per salvare la tua, credimi lo farei, ma realtà è quella che ti ho raccontato e…» deglutì «Tu non mi credi?» Harry scosse la testa con decisione «Forse potrei avere un modo per dimostrarti che quello che dico è vero» disse, Harry si voltò verso di lui e lo guardò, invitandolo a continuare «Devi entrare nella mia mente».
«Non so farlo…»
«Sai farlo, l’hai già fatto. Ti aiuterò io» Harry lo guardò per un momento, poteva fidarsi di lui? Il suo cuore si fidava, anche se la sua mente continuava a respingerlo e a credere che stesse mentendo, tuttavia lui voleva la verità. «Aprirò la mia mente a te, non mi opporrò. Tutto quello che devi fare è pronunciare Legilimens dopo di me».
«Come saprò che non stai mentendo? Che quello che vedrò, sarà vero?»
«Credimi, lo saprai».
Harry ci pensò un secondo. Doveva farlo? Voleva farlo? Non lo sapeva, ma una parte di sé voleva solo zittire quella che gli diceva che lui avesse ragione. Voleva dargli torto, voleva dimostrargli di avere ragione. Prese un profondo respiro e annuì, accettando di fare quel tentativo.
«Okay, ma se hai torto, te ne vai e non ti farai vedere mai più».
«E se io ho ragione, tu verrai via con me».
Harry annuì «Affare fatto». Il biondo annuì sorridendo e prese delicatamente l’altro per una mano guidandolo verso la panchina che fino a poco prima avevano occupato, poi prese delicatamente il viso di Harry tra le sue mani e lo guardò negli occhi. Il moro sentì il proprio cuore battere ad un ritmo troppo forte, neanche con Cedric si era mai sentito così… che gli stava succedendo? Perché si sentiva così per quel ragazzo?
«Al mio tre, usiamo entrambi il Legilimens, io non mi opporrò alla tua intrusione e ti mostrerò tutto quello che desidererai» Harry annuì incerto. Non sapeva se fosse esattamente una buona idea «Sento che funzionerà».
«Ne sei sicuro?»
«Fidati di me, Harry». E il moro non poté far altro che annuire e mormorare un , appena udibile, che però strappò un sorriso all’altro «Uno…» Draco deglutì «Due» Harry chiuse gli occhi «Tre».
«Legilimens» pronunciarono entrambi nello stesso momento, entrambi per un momento videro tutto bianco e poi crollarono l’uno accanto all’altro, vittime di uno strano sonno innaturale.


 

To be continued....


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Nota (1) : frase e traduzione reperite su internet, non so chi sia l’autore.
 
Hola peps!
Anzi, direi: BUONGIORNO PEPS. (beh per voi è giorno, per me è tipo notte fonda)
La giornata di venerdì ha riservato parecchie cose inaspettate e quindi, here we are, as always, a ridurmi a notte fonda per pubblicare. Ma cos’è la vita senza un po’ di disagio?
Eccoci con il consueto appuntamento tanto atteso della settimana – sì, sì, lo so, io vi vedo… °° (i’m kidding, come on!) – anticipato di un giorno (o meglio alcune ore, io non sono ancora andata a dormire, quindi per me è venerdì eeeeh!).
SO. Qualcuno aveva indovinato la famosa guida di Draco e chi se non il nostro Salazar Serpeverde in persona, poteva guidarlo verso il limbo dov’è “intrappolato” Harry? EHEHEH. I know, ma per i FUNZ del nostro adorato Vincenzo, don’t worry, tornerà anche lui presto u.u ha un altro compito per ora, che non posso svelare.
ANYWAY. Qualcuno ha notato la velatissima (leggerissima, purissima, levissima) citazione a Death Note? OPS. Mi è scappata. (Sì, quando ho nominato il “Nulla”, ho pensato al “Mu”, lo ammetto. OPPISE.)
Dopo una vita di capitoli, millemila parole e pagine, ECCO finalmente la REUNION che tutti si aspettavano, alla fine, dopo mille peripezie, Draco ha trovato Harry *botti, festoni, fiori e chi più ne ha più ne metta* ma Harry non è molto felice di vederlo all’inizio, OPS. (Draco: La smetti di farmi soffrire in questo modo? Io: Eccolo che torna ad importunare… shush, tu sai come va a finire la storia.)
 Vi giuro che non mento quando dico che (paradossalmente) è stato il capitolo più difficile della storia che ho scritto e corretto (se lo rileggessi per la millesima volta ci troverei qualcosa che non va ç_ç)… spero che sia stato all’altezza degli altri che vi sono piaciuti tanto!
That’s it! Si sono ritrovati, finalmente e Harry, dopo un po’ di rifiuti, ha accettato di credere a Draco.
Ma cosa sarà successo a Harry e a Draco con il Legilimens usato in sincrono? Riuscirà Draco a restituire a Harry tutti i suoi ricordi? EEEEEEH. Lo scopriremo nella prossima puntata! E per chi vuole che Cedric si levi dai coglioni… bene, sta per arrivare un duello :D (iniziate a scommettere su chi vincerà! Draco: Mi sembra ovvio che sia io… vero? VERO? Io: EHEHEHEH, lo scoprirai solo vivendo. Draco: …morendo. Me: *FISCHIETTA SONORAMENTE* Draco:……)
Anyway!
Ringrazio con tutto il cuore le persone che seguono la storia, che leggono e commentano: Eevaa, Puffalanovita e Estel84, sempre presenti e sempre gentilissime con i loro commenti <3 e tutte le persone che silenziosamente leggono e supportano la storia :3
SOOOO THAT’S ALL per questa settimana, ci si becca sabato prossimo con il nuovo mirabolante (seh si fa per dire LOL) capitolo!
See you on Saturday! (as always!)
Love ya all <3
#StaySafe
 
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 17
*** Seconda Parte, Capitolo 8: Hold on. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 8: Hold on




Harry fluttuava o almeno credeva di fluttuare. Gli sembrava di essere entrato in un sogno, un sogno strano, ancora dai contorni indefiniti, non riusciva a capire cosa avesse davanti. Era immerso in uno spazio enorme, grigio, indistinto. Non capiva esattamente cosa fosse quel luogo, ma lo spaventava in qualche modo. L’ultima cosa che ricordava era il viso di quel ragazzo biondo – Draco – che lo supplicava di ascoltarlo.
Era strano, non l’aveva mai visto prima di quel momento, se non nei suoi sogni, eppure gli sembrava di essere legato a lui, ma non sapeva in che modo. Quello che gli aveva raccontato lo aveva turbato, aveva fatto stare male, aveva aperto una voragine nel suo petto e avrebbe preferito dimenticarlo. Perché a quel tizio piaceva ferirlo così? Perché gli aveva detto che i suoi genitori erano morti? Avrebbe preferito non incontrarlo, ma lui aveva instillato il dubbio nella sua mente. Un dubbio impercettibile, ma che in qualche modo lo aveva spinto ad ascoltare ciò che quel ragazzo aveva ancora da dire.
Perché si era fidato di lui e gli aveva permesso di usare il Legilimens su di lui? Non lo sapeva, ma qualcosa dentro di lui, gli diceva che quella non era la prima volta che loro due si trovavano di fronte a una situazione del genere, perché aveva dimenticato una cosa del genere? L’avrebbe ricordato, se in passato avesse usato il Legilimens su qualcuno, no? Aveva davvero avuto un incidente che gli aveva fatto perdere la memoria? O quel ragazzo lo stava solo ingannando? No, non gli sembrava un impostore o un nemico, qualcosa nel suo sguardo, aveva convinto Harry che egli non fosse un bugiardo, anzi, quella disperazione che aveva percepito nei suoi occhi gli aveva fatto intendere la sua sincerità. Era stata una sensazione proveniente dal profondo del suo cuore, una sensazione che gli aveva sussurrato all’orecchio “Di lui puoi fidarti, non ti ingannerà”. Harry si era sempre fidato del suo istinto e quindi… aveva accettato. Inoltre, il dolore presente negli occhi di quel biondino aveva smosso qualcosa dentro di lui, come se dentro di lui ci fosse un sentimento assopito.
Ancora non riusciva a capire dove si trovasse, era certo che il Legilimens non funzionasse così. Avrebbe dovuto leggergli la mente, giusto? Avrebbe dovuto vedere tutti i suoi ricordi, entrare direttamente in essi ed assistere come uno spettatore, sperando di osservare ciò che l’altro voleva mostrargli. Il biondo sosteneva che lui avesse dimenticato qualcosa, ma come era possibile? Tutti i suoi ricordi erano custoditi gelosamente nella sua mente, non poteva esistere un mondo dove i suoi genitori erano morti, dove non lo avevano cresciuto, vero?
Quella era la sua vita, la sua vera vita era lì, a Godric’s Hollow, con i suoi genitori, con Sirius e con il suo ragazzo, niente di niente di quello che Draco aveva detto era vero. Allora, se era così convinto che il biondo avesse mentito, perché aveva accettato di vedere cosa l’altro voleva mostrargli? Perché non lo aveva semplicemente mandato via?
I suoi genitori non erano morti, i suoi genitori erano vivi, erano lì con lui, lo avevano cresciuto con amore e affetto. Lo avevano amato ogni giorno della sua vita fin da quando era nato, non aveva mai conosciuto degli zii del Surrey, perché sua madre non aveva un buon rapporto con la sorella e non si incontravano mai, non era mai stato tra i babbani, anche se sua madre aveva parenti e genitori di loro. Lei era solita dire che non tutti potevano capire la magia e per questo era meglio che li frequentassero poco, ma gli aveva insegnato comunque a non odiarli e a rispettarli, perché in fondo erano come loro, anche se non avevano poteri magici. Era cresciuto con il suo padrino che gli aveva insegnato a volare, che lo aveva sempre portato alle partite di Quidditch e che gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato a portare la moto; era cresciuto insieme a suo padre, colui che lo aveva sempre supportato, che lo aveva sempre aiutato nei momenti di difficoltà che oltre ad educarlo era anche il suo migliore amico, colui che era andato ad assistere a tutte le sue partite, quando era stato scelto come Cercatore per la squadra di Grifondoro, una volta arrivato a Hogwarts.
I suoi erano sempre stati fieri dei suoi risultati, anche se non erano esattamente i migliori, soprattutto in pozioni e in cura delle creature magiche, in volo invece era decisamente il migliore della classe e anche in trasfigurazioni era piuttosto bravo, aveva una particolare attitudine per la difesa contro le arti oscure e incantesimi, ambiva infatti a diventare un Auror esattamente come suo padre e come Sirius. Suo padre aveva sempre sperato di poter lavorare con lui ed era sempre stato felice del fatto che volesse intraprendere una carriera come la sua. Era felice, perché adesso quel ragazzo gli diceva che non era così? Perché era arrivato da lui quello sconosciuto che annunciava che la sua vita così come la conosceva fosse solo una menzogna? Non poteva accettarlo, non poteva crederlo. Nessun mago oscuro aveva cercato di ucciderlo, i suoi genitori erano vivi eppure… eppure aveva accettato di vedere i ricordi di quel Draco, perché le sue parole lo avevano confuso, avevano instillato in lui il dubbio, perché forse aveva ragione, forse tutto era troppo perfetto e c’era qualcosa che non andava… ma perché? Perché dubitava della sua vita? Perché il biondo era così convinto di quella storia? Perché Harry provava quella sensazione stranissima che lo spingeva verso di lui? Perché una parte di se stesso si fidava del biondino? Perché?
Era confuso, voleva solo fare chiarezza nella confusione che ultimamente provava e quel ragazzo gli era sembrato la persona più giusta, non ne conosceva il motivo neanche lo conosceva di persona, non aveva mai parlato con lui – almeno da quello che ricordava, perché di sicuro si sarebbe ricordato di aver parlato con un ragazzo come lui – eppure Draco si comportava come se lo conoscesse bene, come se lo conoscesse profondamente e intimamente… e qualcosa dentro di lui lo aveva riconosciuto, perché quando lo aveva abbracciato in quel modo, Harry si era sentito debole, aveva sentito il suo cuore battere con una forza mai provata prima. Ma perché reagiva in quel modo con quell’estraneo? Perché gli sembrava di conoscerlo? Quel ragazzo lo aveva supplicato di ascoltarlo, lo avrebbe fatto ugualmente se non fosse stato tanto disperato all’idea di perderlo? Gli era sembrato davvero sollevato quando si erano incontrati. Perché? Perché non si ricordava di lui? Se Draco lo conosceva così bene e lui non si ricordava di lui, voleva dire che aveva avuto un incidente e aveva perso la memoria? Cosa era successo? Era stata la sincerità nel suo sguardo e nei gesti a spingere Harry a fidarsi di lui e a convincerlo. Anche quella frase che gli aveva detto aveva risvegliato in lui qualcosa, qualcuno in effetti gli aveva davvero detto quella frase: Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere, non ricordava esattamente chi fosse, ma essa aveva risvegliato qualcosa in lui, anche se non sapeva bene cosa.
Harry continuava a fluttuare e non capiva perché si trovasse lì, il Legilimens non funzionava così, avrebbe dovuto essere investito dai ricordi di quel ragazzo… un momento. Perché sapeva come funzionava un Legilimens? Quando l’aveva usato? Perché aveva imparato ad usarlo? Non aveva senso, tutta quella storia non aveva senso. Era normale che lui, inconsciamente, sapesse come funzionasse un incantesimo che non aveva mai fatto? (o meglio, non ricordava di aver fatto?) Perché avrebbe dovuto imparare quell’incantesimo? Perché avrebbe dovuto imparare l’Occlumanzia? Era certo che a scuola non insegnassero quegli incantesimi nei programmi standard e di certo lui non era il tipo che imparava incantesimi non previsti nel piano scolastico. Qualcun altro, magari, sarebbe stato il tipo di persona… conosceva una persona così? Non gli sembrava possibile, a scuola conosceva tutti e nessuno dei suoi amici era il tipo di persona a cui piacesse indagare e scoprire nuovi incantesimi. Perché si sentiva così confuso? Perché aveva così paura? Da cosa, esattamente, era spaventato? Era convinto che quel ragazzo avesse mentito, che si sbagliasse sulla sua vita, allora perché una parte di sé temeva che avesse ragione e che la sua vita, così come la conosceva, si rivelasse un’illusione? Cosa sarebbe successo in quel caso? Cosa sarebbe successo a lui? Ai suoi genitori? A Cedric?
Ma era impossibile che fosse tutto falso, vero? Quel ragazzo si sbagliava, era lì solo per prenderlo in giro e per scombussolargli la mente, forse era davvero caduto nella trappola di qualche nemico… Ced glielo diceva sempre che era troppo buono, che si fidava troppo facilmente degli altri e che un giorno questa sua ingenuità avrebbe potuto ritorcersi contro di lui. Eppure, perché c’era una parte del suo cervello che continuava a respingere l’idea che quel ragazzo fosse davvero un nemico? Una parte di sé voleva credergli, voleva ascoltarlo.
Cercò di concentrarsi, almeno per uscire da quello spazio vuoto e improvvisamente venne investito da una serie di immagini che lo scioccarono. Si vide da bambino, mentre si avvicinava a una donna che se ne stava in piedi davanti a un mobile, ella lo guardò con un’espressione così glaciale che l’Harry bambino si gelò.
«Zia ‘Tunia?» la chiamò il bambino allargando le sue piccole e magre braccia.
«Cosa vuoi, mostriciattolo?» chiese lei, senza degnarlo di uno sguardo.
«I-Io…» deglutì, immobilizzandosi davanti alla freddezza della donna «Oggi… è il mio complianno… volevo solo un abbraccio».
«Non sai neanche parlare come si deve» sbuffò lei scuotendo la testa «Ma ti sembrano richieste da fare?» domandò con freddezza. Il bambino ritrasse le braccia, lasciandole cadere lungo i fianchi magri, trattenendo un singhiozzo.
«Scusa» biascicò, cercando di trattenere le lacrime «P-Pensavo… solo che… era un bel regalo…»
«Che “fosse”» lo corresse la donna «E lo sai, non si chiedono le cose. Non essere un bambino ingrato, io e Vernon facciamo già tanto per te» affermò con un tono di voce glaciale.
Harry ne aveva già abbastanza, non voleva vedere quelle cose, ma chi era quella donna? Perché lo trattava così male? Alla lontana somigliava a sua madre… ma non era lei, non aveva niente della sua dolcezza. Non voleva più vedere, non voleva più sapere il resto, voleva uscire da quella visione, ma non ci riuscì, la visione continuò. Harry vide il se stesso bambino correre in un sottoscala e prendere una coperta enorme, per avvolgersi dentro. Si vide piangere, si vide mentre si accoccolava in quella coperta e se la stringeva addosso per sentire un po’ di calore, per illudersi di sentire la sensazione di essere stretto in un abbraccio confortevole e amorevole. Quella visione stonava terribilmente con quella degli abbracci di sua madre, con quella di se stesso cresciuto con i suoi genitori. Perché il biondo era così cattivo da mostrargli quelle cose?
La visione, però, non si interruppe, lo scenario cambiò.
«Papà, papà!» urlò un bambino grassottello «Harry ha di nuovo fatto le cose strane!»
«Non ho fatto niente!» esclamò il più piccolo, dimenandosi dalla presa del cugino «Il letto si è spostato da solo! Io mi stavo solo nascondendo da Dudley e dai suoi amici!»
«Potter, quante volte ti ho detto che le tue cose strane sono vietate in casa mia?» gli chiese.
«N-Non ho fatto niente, zio Vernon» disse il bambino tremando «Lo giuro, non ho fatto niente!»
«Adesso ti insegno io a comportarti come si deve» disse. Dudley lo lasciò e Vernon afferrò Harry per un braccio, lo strinse così tanto che il bambino gemette per il dolore.
«Sì, papà! Insegnagli a comportarsi bene! Quelli strani come lui non ci piacciono!» esclamò l’altro ragazzino. Harry prese a dimenarsi e a urlare, scuotendo la testa. Era terrorizzato.
Vernon spinse Harry nel sottoscala, colpendolo con un calcio. Il bambino gemette e cadde per terra. L’uomo lo rialzò e lo colpì in pieno volto, intimandogli di stare zitto, perché lui meritava tutto quello, perché era solo uno spreco di spazio che si permetteva anche di fare “le cose strane”, le sue stramberie non erano accettate, lui non era accettato in quella casa.
«Sei qui con noi solo perché i tuoi genitori sono morti e ci hanno costretti a prenderti, altrimenti non ti avremmo mai preso in casa nostra. Devi comportarti bene!»
«No-Non ho fatto n-niente…» il bambino singhiozzò scuotendo la testa, sapeva di non aver fatto niente, sapeva di essere innocente, aveva solo desiderato proteggersi da Dudley e dai suoi amici ed era successa una cosa strana, lui non aveva fatto niente, ma lo zio non gli credeva.
«Avresti fatto meglio a morire insieme a quei due nullafacenti dei tuoi genitori! Pazzi e strani come te!» continuò l’uomo colpendo ancora il ragazzino.  Harry singhiozzò e pregò lo zio di smetterla, ma lui non si fermò, continuò ad infierire sul suo piccolo corpo con una furia devastante. Quando ebbe finito di scaricare tutta la sua rabbia sul bambino, uscì dal sottoscala, lasciandolo lì ferito e singhiozzante, e lo chiuse dentro. Harry arrancò verso il suo lettino e vi salì a tentoni, con difficoltà e si rannicchiò su se stesso, tirandosi le ginocchia al petto. Aveva il viso tumefatto e del sangue che gli usciva dal naso, non sentiva il resto del corpo e dai suoi occhi uscivano grosse lacrime.
«M-Mamma» sussurrò ad occhi chiusi, immaginando che la sua mamma fosse lì accanto a lui. «N-Non ho fatto niente…» singhiozzò, cercando di nascondere i singhiozzi, di non fare troppo rumore, altrimenti lo avrebbero sentito e avrebbero fatto di peggio. Quella fu la prima volta che Harry desiderò di raggiungere i suoi genitori, ovunque essi fossero.
«Basta, basta, basta…»
Harry lottò contro Draco per fuggire da quella visione, lottò contro di lui per interrompere il contatto, non voleva vedere più nulla. In qualche modo, una parte di sé sapeva che quei ricordi fossero veri, era come se lui stesso li avesse mostrati all’altro ragazzo, come se lui stesso gli avesse permesso di avere accesso alla sua memoria, perché altrimenti… come avrebbe fatto a sapere ogni cosa? Come avrebbe fatto a conoscere tutte quelle cose intime di lui? Tutto quello, però, non poteva essere vero, i suoi genitori non erano morti e lui non era cresciuto con quelle persone orribili che lo avevano solo maltrattato. Chi erano? Dov’erano la sua mamma e il suo papà? Perché permettevano che tutto quello accadesse? Perché quel ragazzo crudele gli stava mostrando quelle immagini colme di dolore? Perché? Voleva che tutto smettesse… e invece la visione continuò, mostrandogli altri ricordi di lui bambino, altri ricordi in cui suo zio lo picchiava per qualsiasi cosa, ricordi in cui suo cugino lo accusava di aver usato la magia o meglio “di aver fatto le cose strane” in sua presenza e in cui quell’uomo per quel motivo lo picchiava. Più quelle immagini pervenivano alla sua mente, più Harry ricordava il suo passato. Ricordava la sua vita, ricordava il dolore, ricordava gli abusi e le privazioni dei suoi zii, tuttavia più ricordava più voleva smettere di farlo. Non voleva rivivere quelle esperienze, non voleva rivivere tutto. Era crudele, perché Draco gli stava facendo una cosa del genere? Perché stava riportando alla sua mente ogni cosa? Harry voleva uscire da quella visione e scappare da tutto il dolore che stava vivendo, quella non era la sua vita… o meglio non lo era più.
Non voleva più ricordare, non voleva più rivivere quei momenti, cercò ancora di interrompere la connessione, ma ottenne l’effetto contrario perché la visione cambiò ancora una volta.
«Scusami, ma… tu chi sei?»
«Rubeus Hagrid, custode delle chiavi e dei luoghi a Hogwarts» si presentò «è chiaro che saprai tutto di Hogwarts»
«Mi spiace, no»
«No? Perdinci, non ti sei mai chiesto dove i tuoi hanno imparato tutto?»
«Tutto cosa?»
«Tu sei un mago, Harry».
«Un mago, un mago coi fiocchi direi, una volta studiato un pochetto»
«No, no ti sbagli, insomma… non posso essere… u-un mago» disse «voglio dire sono… sono solo… Harry».
Il giorno del suo undicesimo compleanno era stato il giorno in cui aveva scoperto la verità sui suoi genitori, quando aveva incontrato Hagrid che gli aveva rivelato la verità su di lui e sulla sua storia. Era un mago, le cose strane che faceva erano solo episodi di magia involontaria.
Perché? Perché erano successe quelle cose? Perché non ne aveva mai avuto memoria prima? Cosa gli stava accadendo? Perché quelle immagini stavano entrando nella sua testa, sovrapponendosi ai ricordi con i suoi che già aveva? Perché stava ricordando quelle cose?
Altre immagini si sovrapposero le une alle altre, lui che andava a Diagon Alley con Hagrid alla ricerca del materiale scolastico adatto, lui che entrava nel negozio di Madame McClan per provare l’uniforme e incontrava un ragazzino biondo spocchioso e fastidioso che per tutto il tempo non aveva fatto altro che sputare sentenze su qualunque argomento, il se stesso undicenne provava una forte irritazione per quel ragazzino, ma che era comunque il primo mago della sua età che incontrava, anche se gli ricordava in modo terribile suo cugino. Gli eventi passati continuarono a susseguirsi nella sua mente con rapidità e lui era lì ad osservarli, a subirli e a ricordarli tutti: lui che raggiungeva la stazione di King’s Cross il primo settembre e cercava di raggiungere il binario 9 ¾, una signora dall’aria familiare e materna che gli sorrideva e gli indicava il passaggio e gli spiegava il modo giusto per oltrepassare la barriera, lui che saliva sul treno e partiva per Hogwarts, pronto a cambiare completamente la sua vita, un ragazzo dai capelli rossi che entrava nel vagone in cui era seduto lui.
«Io sono Ron, Ron Weasley» si presentò il rosso.
«Io sono Harry, Harry Potter» fece Harry sorridendo, mentre l’altro ragazzo assumeva un’espressione scioccata.
«Hai davvero la-la…?»
«La cosa?»
«… cicatrice?» domandò Ron quasi in un sussurro.
«Oh! Sì!» rispose Harry, scostando la frangia per mostrare all’altro ragazzo la cicatrice a forma di saetta.
«Cavolo!»
Ron… come aveva potuto dimenticare Ron? Nonostante le incomprensioni, era sempre stato il suo più grande amico fin dal primo giorno, era stato la sua spalla e il suo complice nelle varie disavventure, era stato sempre presente per lui, gli aveva praticamente insegnato la maggior parte delle cose che sapeva sulla magia, lo aveva accolto nella sua famiglia… come aveva potuto dimenticare il suo migliore amico?
La visione continuò.
Una ragazza dai capelli ricci entrò nel vagone, alla ricerca di un rospo di nome Oscar – quel nome a Harry suonò familiare – proprio mentre Ron gli stava mostrando degli incantesimi che i suoi fratelli gli avevano insegnato. La ragazza, per ovvi motivi, chiese loro se sapessero cosa stessero facendo. Evidentemente, no, non lo sapevano e per mostrare loro le sue abilità, decise che avrebbe riparato gli occhiali mezzi rotti di Harry. Puntò la bacchetta tra i suoi e «Oculus Reparo» pronunciò e immediatamente gli occhiali di Harry si ripararono, fu in quel momento che lei riconobbe la cicatrice di Harry. «Per tutte le cavallette, tu sei Harry Potter! Io sono Hermione Granger e… tu sei…?» domandò rivolta a Ron, che si presentò a sua volta. Lei uscì dalla carrozza, dopo aver ricordato ai due ragazzi che avrebbero fatto meglio ad indossare le divise, perché secondo lei erano quasi arrivati a Hogwarts.
Harry si sentì in colpa, mentre tutti i ricordi legati alla sua migliore amica ritornavano nella sua mente, come aveva potuto dimenticare anche lei? Come aveva potuto cancellare dalla sua memoria tutti i loro momenti? Tutte le volte che lei lo aveva aiutato, tutte le volte che era stata presente per lui come la sorella che non aveva mai avuto? Sentì delle lacrime scendere sulle sue guance, ma non poté fare nulla per ricacciarle indietro.
«Per tutto il treno vanno dicendo che Harry Potter si trova in questo scompartimento. Sei tu?»
«Sì»
«Loro sono Tiger e Goyle. E io sono Malfoy, Draco Malfoy». Ron accanto a Harry ridacchiò a sentire quel nome, al che il biondo, offeso, si voltò verso di lui. «Il mio nome ti fa ridere, eh? Non c’è neanche bisogno che ti chieda il tuo. Capelli rossi, una vecchia toga di seconda mano… tu devi essere un Weasley» il moro lo guardò male mentre parlava a Ron in quel modo, ma non ebbe modo di proseguire, perché il biondo puntò i suoi occhi grigi in quelli di Harry «Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate… in questo posso aiutarti io» allungò una mano per stringere la sua, nel dire quelle parole, tuttavia Harry scosse la testa con decisione.
«So riconoscere da solo le persone sbagliate, grazie».
Il primo anno, la scoperta della magia e delle sue capacità, le partite di Quidditch, le prime avventure a Hogwarts, la Pietra Filosofale, il cane a tre teste, le prove per raggiungere la stanza in cui era nascosta la pietra, il primo scontro con Voldemort. Harry trasalì nel ricordare quegli eventi e da lì in poi tutto continuò a tornare nella sua mente in modo ancora più rapido, in modo ancora più inesorabile, ancora più doloroso. Il secondo anno, il Basilisco, il diario di Tom Riddle – quello che in futuro avrebbe scoperto essere uno degli horcrux di Voldemort – Hermione pietrificata, Dobby, la scoperta di saper parlare serpentese, i giudizi di tutti coloro che credevano che lui fosse l’erede di Serpeverde, la paura si somigliare a Voldemort, la pozione Polisucco, Hagrid accusato ingiustamente, le acromantule, Aragog e tutto il resto. Il terzo anno, la scoperta dell’evasione di Sirius Black da Azkaban, la scoperta che il fuggitivo era anche il suo padrino, colui che apparentemente aveva tradito i suoi genitori, la rabbia, il dolore, i dissennatori, la voce di sua madre che urlava nella sua mente, ogni volta che una di quelle creature terrificanti lo attaccavano, Remus, l’Incanto Patronus, il cervo… la verità su Sirius, la promessa di essere una famiglia un giorno, la Giratempo, Fierobecco. Il quarto anno, la coppa del mondo di Quidditch, l’attacco dei Mangiamorte, il Torneo Tremaghi, il Calice di Fuoco che, contro la sua volontà, lo sceglieva come quarto campione di Hogwarts, l’odio di tutti gli studenti perché lo consideravano un impostore, il litigio con Ron, le tre prove assurde, il drago, il lago, il labirinto… il cimitero, Cedric, la sua morte, il ritorno di Voldemort, le prime Cruciatus, il duello, il Prior Incantatio, gli spiriti dei suoi genitori…
«No, no, basta, non voglio più ricordare…»
Il quinto anno, gli incubi terribili, il rivivere ogni notte gli eventi del cimitero, il ritorno a scuola, l’odio di tutti, perché convinti che fosse un bugiardo, la sensazione di essere sbagliato, le visioni, il collegamento con la mente di Voldemort, il dissennatore, la quasi espulsione da Hogwarts, l’assenza di Silente, il modo in cui il suo mentore lo evitava, l’Esercito di Silente, l’Occlumanzia con Piton, la verità su suo padre e Sirius quando erano studenti a scuola. Sirius, il suo rapporto con lui, le sue promesse di essere una famiglia, secondo lui ormai era questione di tempo, una volta trovato e arrestato Minus, lui sarebbe stato scarcerato e le accuse sarebbero cadute. Le lettere che il suo padrino gli scriveva erano una boccata d’aria fresca in quel periodo così negativo e opprimente, dove le punizioni della Umbridge erano all’ordine del giorno e la squalifica dal Quidditch aveva solo aggiunto una nota amara a un anno già tragico di suo. Le visioni che continuavano senza sosta, imparare l’Occlumanzia non serviva a niente, quando non riusciva a chiudere per niente la mente, l’inganno, Sirius in pericolo, la corsa contro il tempo per raggiungere il Ministero e per salvare il suo padrino, il fallimento, la sua morte davanti ai suoi occhi, la disperazione di non essere riuscito a salvarlo, il dolore. Il sesto anno era iniziato in modo ancor peggiore degli altri, i Dursley erano diventati ancora più crudeli con lui e il lutto per la morte di Sirius non abbandonava il suo cuore, le agghiaccianti notizie su Voldemort e sulle sparizioni di babbani, nati babbani, le creature che si schieravano con lui, il terrore dilagante, il sospetto che Draco Malfoy fosse diventato un mangiamorte. La scoperta della verità. La loro nuova, assurda e stimolante nuova alleanza. Tutto era cambiato dalla sera in cui lo aveva incontrato nel bagno, che piangeva disperato. All’epoca non sapeva niente di lui o della sua storia, lo conosceva solo per quello che Draco gli aveva mostrato, lo reputava solo uno spaccone, un fastidioso, odioso Serpeverde sempre in competizione con lui. La disperazione di Draco, un po’, gli ricordava la sua: erano entrambi due adolescenti con una responsabilità più grande di loro sulle spalle, anche se agivano in due fazioni opposte. Loro si potevano capire, per questo quella volta gli aveva offerto il suo aiuto.
«Non ti affronterò» rivelò infatti, mettendo la bacchetta al suo posto, nella tasca posteriore dei suoi pantaloni. Una nuova sensazione stava nascendo dentro di lui e le parole che gli aveva detto Sirius gli ritornarono in mente, assumendo un nuovo significato: non esistevano solo persone buone e mangiamorte, tutti meritavano una possibilità. Tutti meritavano di scegliere da che parte stare. Draco aveva bisogno, in quel momento, di qualcuno che gli desse una chance. Era spaventato e non sembrava neanche intenzionato ad attaccare, se avesse voluto, lo avrebbe fatto nel momento in cui lo aveva visto alle sue spalle. «Voglio aiutarti, Malfoy» disse avanzando verso di lui, arrivò a pochi passi da lui e gli tese una mano «Non voglio farti del male, voglio solo capire e aiutarti».
«Non avvicinarti!» esclamò Draco «Stammi lontano, Potter!» urlò, ma non lo attaccò. Era il momento giusto per agire, perché anche se lo stava minacciando, sembrava più innocuo di quanto non lo fosse mai stato in passato. Se voleva delle risposte, doveva tentare adesso che era poco ostile. Così eliminò la distanza che li separava in un paio di falcate e si ritrovò ad una distanza tale da lui che a dividerli c’era solo la bacchetta di Draco, appoggiata contro il suo petto.
«Stai indietro, Potter!» ripeté il Serpeverde.
«Sappiamo tutti e due che non mi attaccherai, se avessi voluto farlo, lo avresti fatto appena sono entrato» disse lui e vide la consapevolezza sul volto di Draco, il quale forse si stava chiedendo perché non lo avesse attaccato prima. Stava esitando e questo poteva solo essere positivo, forse era vero, forse poteva offrire una scelta a Malfoy.
La mano di Draco tremò e con essa anche la bacchetta, Harry avvertì un fremito di paura lungo la spina dorsale. Era una situazione potenzialmente rischiosa: un mago, che gli era stato ostile fin dall’inizio della scuola, gli puntava la bacchetta addosso e lui invece di attaccare, gli porse la mano. Avanti, prendi la mia mano, accetta l’aiuto.
«Draco…» sussurrò chiamandolo per nome. In quell’istante, Harry temette il peggio: che lo schiantasse, che lo affatturasse, che gli lanciasse contro una maledizione, che lo colpisse con un pugno, che scoppiasse una rissa tra di loro. Ma niente di tutto ciò accadde. Si sentì il tintinnio di una bacchetta risuonare nel bagno, dopo essere caduta sul pavimento e Malfoy crollò sulle sue ginocchia, sotto il peso di quello che stava provando, sotto il peso di qualcosa che era più grande di lui; calò un raggelante silenzio tra i due ragazzi, che venne spezzato da un singhiozzo. Harry, senza pensarci due volte, si inginocchiò accanto al biondo, si fece più vicino e gli mise una mano sulla spalla per dargli sostegno. Inaspettatamente il biondo si aggrappò alle sue spalle e nascose il viso contro la sua spalla, scoppiando in lacrime e lasciandosi andare in un lungo pianto disperato. Harry restò interdetto per qualche istante, poi chiuse le braccia attorno al corpo del biondo e cercò di rassicurarlo nel miglior modo possibile. Era arrivato in quel bagno con l’intenzione di sfidarlo, affrontarlo, torturarlo se fosse stato necessario, invece si era ritrovato davanti un ragazzo, della sua stessa età, spezzato. E l’unica cosa che gli era venuta in mente da fare, l’unica cosa giusta da fare che gli era venuta in mente, era stata quella di offrirgli il suo aiuto. Tutto qui. Era bastato questo a far crollare Draco Malfoy tra le sue braccia.
Cos’era quella sensazione? Perché si sentiva in quel modo pensando a Draco? Cosa aveva scatenato in lui? Perché si sentiva così debole? Perché il suo cuore batteva così forte, quando quel ricordo tornò nella sua mente? Draco si era fidato di lui, aveva pianto tra le sue braccia… era tutto vero, tutto quello che gli aveva raccontato era vero, dannazione. Ma la visione, non si fermò. Draco voleva mostrargli tutto.
«Non so se posso fidarmi di te» esalò Draco.
«Neanche io so se posso fidarmi di te» ribatté Harry «Ma ti sto offrendo una scelta» aggiunse «Hai la possibilità, ora, di parlare con me, chiedere aiuto e venirne fuori oppure puoi attaccarmi, andare via e continuare per la tua strada senza altre opportunità» disse.
«Perché?»
«Perché una persona, una volta, mi ha detto che il mondo non si divide in mangiamorte e persone buone, ognuno di noi ha una parte di oscurità e una di luce dentro di sé, ma ciò che siamo lo decidiamo noi» disse con serietà, guardandolo fisso negli occhi.
«Potter… io…»
«Avanti, Malfoy, prendi la scelta giusta, io posso aiutarti, ma devi fidarti di me».
«Non ho più una scelta da prendere» fece il biondo amaramente, scuotendo la testa e allontanandosi da lui «Ho dovuto già fare quella scelta» disse «Non posso tornare indietro, vattene».
«Sì, sì invece!» esclamò ad alta voce, voleva aiutarlo ad ogni costo.
«Non posso!» urlò Malfoy «Non posso tornare indietro, Lui mi ha scelto!» fu in quel momento che Harry ebbe la sua conferma. I suoi sospetti su Malfoy erano sempre stati corretti. Aveva preso il Marchio Nero, era un mangiamorte. Non importava che non avesse scoperto il braccio, Harry lo sentiva, lo percepiva. Era vero.
«Draco» era la seconda volta che lo chiamava per nome in quel bagno ed era davvero strano chiamarlo così, ma gli era sembrato che usare il nome di battesimo, avesse funzionato poco prima, ma era convinto che la gentilezza con Malfoy non fosse l’arma giusta da usare. «Anche se è vero quello che penso di aver capito, fidati di me. Dimmi tutto, per favore, ti aiuterò, te lo prometto» tentò nuovamente.
«Non sei imbattibile, Potter, non puoi aiutarmi».
«Chi lo dice? Tuo padre? Ti ricordo che sono stato io a mandarlo ad Azkaban».
«Non parlare di cose che non sai…»
«Se no che mi fai? Mi lanci una maledizione?» chiese Potter «Avanti, ci sono abituato» lo sfidò, facendo qualche passo indietro «Vuoi provare la Cruciatus?» continuò, il biondo tremò mordendosi le labbra «Avanti, fallo, usa la maledizione».
«Sta’ zitto…» deglutì, senza distogliere lo sguardo. Era troppo orgoglioso per farlo, anche se in quel momento avrebbe preferito scappare e rifugiarsi ovunque, tranne che in quel bagno.
«Non ci riesci, vero?» domandò «Sei solo un pallone gonfiato» lo provocò ancora «Scommetto che neanche è vero che “Voldemort ti ha scelto”, perché mai dovrebbe prendere tra i suoi uomini un codardo come te?»
«Io non sono un codardo!» ruggì Draco. Potter non aveva la minima idea di ciò che aveva vissuto, non aveva la minima idea di quello che Voldemort gli aveva fatto. Il vecchio orgoglio ribollì nelle sue vene e, in pochi secondi, recuperò la bacchetta dal pavimento del bagno, guardando con odio il Grifondoro, pentendosi di essersi mostrato così debole con lui.
«Beh, non sono io quello che si è rifugiato in un bagno a frignare come un moccioso e si è gettato tra le mie braccia piangendo come una scolaretta» continuò a provocarlo, emise una risata senza allegria «Sei proprio come tuo padre».
«Crucio!» urlò Draco, putando la bacchetta contro Harry. Non successe nulla.
«No, no, no…» un singulto uscì dalle sue labbra «Cosa… cosa ho sbagliato?» si chiese «Perché non funziona…? Perché…?» fu sul punto di crollare di nuovo come poco prima, ma la voce di Potter lo tenne su.
«Vedi, Draco» Harry avanzò di nuovo verso di lui con più determinazione «Ci deve essere l’intenzione di fare del male, per lanciare quella maledizione. Devi volerlo davvero…» fece un altro passo «Qualcosa mi dice che tu non vuoi davvero farmi del male, in questo momento, come io non voglio farne a te».
«Stammi lontano» ringhiò, puntando ancora la bacchetta contro di lui «Tu non sai niente!»
Quella notte rappresentava per entrambi l’inizio di qualcosa di nuovo, qualcosa che entrambi segretamente avevano sempre desiderato, ma per la quale nessuno dei due aveva lottato davvero. Quella sera, in qualche modo, entrambi avevano riscritto il loro destino, cambiando inevitabilmente anche il susseguirsi degli eventi futuri.  
«Non capiresti, Potter, davvero, nessuno può aiutarmi» disse il biondo, sconsolato «Lasciami in pace».
«Ti proteggerò io, Silente ti proteggerà, tutto ciò che devi fare è fidarti di me».
«Tu mi odi, Potter».
«Beh, non posso negarlo e anche tu odi me».
Quell’odio che credeva di aver provato sembrava così lontano, adesso che aveva Draco con sé, adesso che Draco faceva parte della sua vita… tutto era completamente diverso, tutto era migliore, anche più stimolante di prima. Perché non avevano unito le forze prima? Perché avevano aspettato tanto? Harry si sentiva sopraffatto da tutto.
«Vuoi stare dalla parte giusta? Vuoi farla pagare a chi ti ha fatto del male?» chiese «Prendi la mia mano e accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti» disse «Mettiamo da parte l’odio, mettiamo da parte le nostre divergenze e alleiamoci contro di lui, insieme possiamo vincere».
Harry, adesso, ricordava. Ricordava la sua vita, Ron, Hermione, i suoi amici, il dolore che aveva provato, la sofferenza che l’aveva accompagnato fin da bambino, la gioia che aveva provato. Ricordava i momenti belli passati con Ron e Hermione, le avventure che avevano vissuto insieme, ricordava i continui litigi con Malfoy, i loro battibecchi, la loro amicizia… ricordava Hagrid, il suo affetto, la sua dolcezza, il modo in cui era sempre riuscito a stargli accanto e ad essergli vicino o il modo in cui lo aveva sempre aiutato, anche involontariamente. Ricordava Silente, la sua saggezza, le loro conversazioni, ricordava bene che Draco lo avesse salvato da morte quasi certa.
«Avanti, Draco, prendi la decisione giusta. Raccontami ciò che ti è successo, raccontami cosa ti hanno fatto e poi vieni con me da Silente, parlane con lui. Lui può aiutare sia te che tua madre. Fidati di me».
«Potter, io non so se riesco a raccontarti tutto» disse flebilmente, fu in quel momento che Harry sentì di doversi arrendere, perché gli sembrava che Malfoy stesse per rifiutare di nuovo e, davvero, si era già esposto troppo con lui. Harry era già pronto a ribattere, a duellare con lui e a correre da Silente per dirgli tutto ciò che aveva scoperto, ma, contrariamente alle sue aspettative, Malfoy gli strinse la mano e annuì, accettando implicitamente il suo aiuto «Ma posso mostrartelo, nella Stanza delle Necessità» disse.
Da quel “Legilimens” di quella notte tutto era cambiato. Lui e Draco si erano avvicinati come mai prima di allora. Draco gli era stato accanto nei momenti difficili, lo aveva aiutato a respingere Voldemort dalla sua mente, gli aveva insegnato l’Occlumanzia, avevano condiviso i rispettivi ricordi, le rispettive esperienze traumatiche e si erano avvicinati, il legame era nato e da allora era stato impossibile scioglierlo, esso poi si era tramutato in altro, ma uno dei due era ancora lontano dall’accettarlo. Draco lo aveva visto piangere e in alcuni dei momenti di maggiore difficoltà. Draco gli mostrò tutto, anche la notte sulla torre di Astronomia. Gli mostrò anche quel bacio che era avvenuto prima che gli eventi caracollassero.
«Harry?» lo chiamò, la sua voce era quasi un sussurro.
«Sì, Draco?» il cuore del Grifondoro sussultò e si ritrovò a fissare l’altro negli occhi, incantato dalla loro bellezza.
Il biondo eliminò la distanza che li separava velocemente, gli prese il viso tra le mani e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Fu solo un misero sfioramento, un tocco leggerissimo, ma che fece battere i cuori di entrambi pericolosamente.
«Se non dovessimo sopravvivere» disse piano «Grazie» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra.
A quel ricordo, Harry sentì il suo cuore battere con forza. Era stato un bacio inaspettato, una sorpresa ben riuscita, un momento di dolcezza che avevano condiviso insieme prima della battaglia, un bacio d’addio.
«Avada Kedavra!»
Al prescelto parve di vedere la scena al rallentatore. La maledizione che era pronto a respingere, non era diretta nella sua direzione. Draco era a pochi passi da lui, immobile, mentre quel lampo di luce correva verso di lui. No, pensò Harry, non permetterò che accada. E nel momento stesso in cui realizzò quel pensiero, lasciò andare la sua bacchetta, chiamò a gran voce il nome di Draco e corse più veloce che poté nella sua direzione, quasi come se stesse volando, poi spinse il biondo per terra, via, lontano dalla traiettoria della maledizione. Fu così improvviso che neanche se ne accorse: il lampo di luce verde lo raggiunse e lo colpì in pieno. Dopodiché si era risvegliato in un’enorme stanza bianca che sembrava la stazione di King’s Cross, alla fine della quale aveva incontrato Sirius e i suoi genitori.
E le visioni non si fermarono lì, il biondo continuò ad aprire la propria mente e gli mostrò anche la propria sofferenza, quella di Hermione, quella di Ron, quella di tutti gli studenti, gli mostrò il giorno del funerale, il modo in cui Hermione lo aveva schiaffeggiato per farlo tornare in sé, il modo in cui lei e Ron gli erano stati accanto e in cui lui, a modo suo, era stato accanto a loro. Infine, gli mostrò il colloquio che tutti avevano avuto con Silente, quando il preside aveva detto loro che ci fosse la possibilità di salvarlo. Harry rimase senza parole. Adesso tutto aveva un senso, adesso capiva, adesso ricordava, ma… era tutto così tremendamente ingiusto che il suo cuore fece male e quando, finalmente, uscì da quella visione e si risvegliò sulla panchina, sentì le lacrime solcare il viso. Aveva ricordato tutto… ma non aveva dimenticato quello che aveva vissuto lì, tutto si sovrapponeva all’altro, lasciandolo ancora più confuso, ma anche addolorato.
 

 
Draco riprese conoscenza lentamente, era stato un lungo viaggio nei ricordi, non poteva crederci: aveva funzionato, era riuscito a far entrare Harry nella sua mente, era riuscito a sfruttare il loro legame, non sapeva esattamente come, ma aveva mostrato a Harry tutti i ricordi che in quei mesi di amicizia aveva accumulato su di lui, ma non solo, gli aveva mostrato anche la sua amicizia con gli altri due Grifondoro, gli aveva mostrato anche come avevano reagito alla sua morte, era stato un po’ un azzardo, ma voleva che sapesse che il suo ritorno a casa era fondamentale, voleva fargli sapere quanto aspettassero il suo ritorno a casa. Non aveva potuto mostrargli i ricordi che non possedeva e neanche quelli che appartenevano agli altri, sperava che quelli che aveva lui fossero abbastanza significativi da permettergli di ricordare ogni cosa e convincerlo a seguirlo, in fondo perché non avrebbe dovuto andare via con lui, una volta scoperta tutta la verità? Aprì lentamente gli occhi e osservò il ragazzo accanto a sé, il quale aveva appena ripreso conoscenza e si stava grattando i capelli con un’espressione confusa sul volto, ma anche dannatamente triste. Il Serpeverde si sentiva in colpa, non avrebbe mai voluto essere la causa delle sue lacrime, ma aveva dovuto mostrargli ogni cosa, così che fosse consapevole di cosa fosse accaduto in passato e decidesse di tornare a casa con lui.
«Harry» lo chiamò «Come ti senti?»
«Stordito» rispose l’altro, schiarendosi la voce con un colpo di tosse per evitare che l’altro sentisse i singhiozzi intrappolati nel fondo della sua gola – ma il biondo li aveva già sentiti e già si era sentito colpevole per essi.
«Allora, ti ricordi…adesso?» domandò Draco, guardandolo negli occhi.
«M-Mi ricordo…» deglutì Harry, sbattendo le palpebre e liberando delle grosse lacrime, i suoi occhi ne erano pieni, esse scivolavano libere sulle sue guance senza che lui potesse fare niente per fermarle. Draco allungò una mano verso di lui e gli sfiorò la guancia con delicatezza per eliminarle. «I-Io…» balbettò incerto «Mi dispiace» mormorò. Il biondo non comprese subito cosa intendesse l’altro, non capì cosa stesse dicendo e per cosa si stesse scusando, non era colpa sua se tutto quello era accaduto. Voleva solo consolarlo, in quel momento.
«Andrà tutto bene» gli promise dolcemente «Una volta che saremo a casa, andrà tutto bene».
Harry si ritrasse dal suo tocco come scottato e scosse la testa energicamente «No, non tornerò a casa con te» disse «Ho ritrovato i miei genitori e Sirius, non voglio tornare dove loro non ci sono». Draco si pietrificò, fu come se una pentola di olio bollente gli fosse stata appena rovesciata sulla testa. Cosa aveva appena detto? Dopo tutto quello che aveva affrontato, dopo tutto quello che aveva sopportato in quegli ultimi mesi, dopo tutto quello che aveva sacrificato per lui… stava davvero rifiutando di tornare indietro, anche se aveva ricordato chi era? Non era possibile, che diavolo stava dicendo Potter? Aver trascorso troppo tempo in quel limbo aveva distrutto anche l’unico neurone di cui era a disposizione? Poteva perdonargli l’atto eroico di morire davanti ai suoi occhi per salvargli la vita, ma il rifiutare di seguirlo, condannando entrambi per restare a vivere con dei fantasmi? No. Una rabbia che non aveva mai provato prima iniziò a ribollire dentro di lui, come poteva essere tanto egoista? Come poteva pensare solo a se stesso? Non pensava ai suoi amici nel mondo dei vivi? Non pensava alle persone che gli volevano bene? Non pensava a lui? Dov’era il suo Harry? Chi era questa brutta copia di lui? E perché quel rifiuto faceva così male al cuore?
«Cosa?» domandò Draco «Hai idea di quello che ho sopportato per raggiungerti? Hai idea di quanto tutti noi abbiamo sofferto quando sei morto?» Harry non rispose, si limitò ad abbassare la testa, scuotendola lentamente «Non pensi a Ron? A Hermione? A me?» incalzò l’altro sconvolto dalle parole dell’altro, aveva immaginato che sarebbe stato difficile convincerlo ad abbandonare quella vita se non fosse riuscito a fargli ritornare la memoria, ma era anche convinto che una volta recuperati i ricordi, avrebbe deciso di seguirlo per il bene dei suoi amici e delle persone che gli volevano bene, invece lui stava rifiutando, stava eliminando a prescindere quell’opzione.
«Ve ne sarete fatti una ragione, adesso» replicò il Grifondoro alzando lo sguardo e fronteggiando il Serpeverde. Draco aveva solo viglia di prenderlo a pugni fino a farlo ragionare, dov’erano i vecchi tempi dove risolvevano tutto con un duello? O con una sana scazzottata? Almeno avrebbe rimesso il buon senso nella sua zucca vuota.
«Potter, ti ho mostrato quanto abbiamo sofferto per la tua morte!» esclamò «E se non l’avessi notato, io sono davanti a te, sono sceso letteralmente nel dannatissimo Oltretomba per salvarti, secondo te mi sono fatto una ragione della tua morte?» domandò arrabbiato «Lo sai che non dormo più? Che a malapena mangio da quella maledetta notte? Non faccio che pensare che avrei dovuto evitarlo, che avrei dovuto impedirti di gettarti davanti a me!» esclamò, Harry era immobile davanti a lui e lo fissava scioccato, non aspettandosi le sue parole «Hai idea di quanto stia ancora male? Di quanto Ron e Hermione stiano ancora male da quando è successo?» domandò ancora «No, non puoi saperlo perché eri qui a vivere una vita che non è la tua! Lo sai cosa sei? Sei un dannatissimo egoista!» esclamò «Altro che grande eroe del mondo magico, Grifondoro senza macchia e senza paura, sei un egoista del cazzo!»
«Non è un problema mio, Malfoy» disse Harry freddo come il ghiaccio «Se c’è un egoista, tra me e te, quello sei tu» gli disse «Vuoi che torni ad una vita miserabile, a una vita in cui tutte le persone che amo sono morte, tu torneresti a vivere una vita dove la tua adorata mamma è morta?!» domandò alzando il tono voce. Draco si gelò e deglutì, non sapendo cosa rispondere alla sua domanda. «Come immaginavo» continuò sospirando «Vai via, non abbiamo più niente da dirci».
«Non vado da nessuna parte senza di te!  Ho promesso a Ron e Hermione di riportarti a casa, ho giurato a Silente che ti avrei salvato, non torno indietro senza di te» disse «Lo sai che i tuoi migliori amici non volevano che io partissi da solo? Non si fidavano, all’inizio» raccontò «Volevano a tutti i costi venire qui per salvarti e alla fine pur di riaverti con loro, hanno preferito aiutare me e seppellire l’ascia di guerra, persino Weasley si è reso conto che non valeva più la pena essere nemici» continuò «Harry, ti prego…»
«Perché non sono venuti, allora?» chiese Harry «Perché sei venuto solo tu?»
Draco sospirò, cercando di placare la rabbia che non voleva saperne niente di scemare, tuttavia cercò di mantenere un tono pacato, per non inimicarsi il moro «Perché non potevano» rispose «Perché io e te condividiamo un legame particolare, il Nexus Mentis Incantatio, è… una magia antica e bizzarra… le nostre menti sono unite in qualche modo. Silente te lo spiegherà sicuramente meglio di me» spiegò brevemente «Silente aveva detto che anche se fossero venuti con me, sarebbe stato inutile, a causa del legame, ero l’unico a poterlo fare» disse «Sono venuto perché volevo venire, volevo… restituirti il favore che mi avevi fatto e…» prese un profondo respiro e gli prese entrambe le mani tra le sue guardandolo negli occhi «E perché la vita senza di te fa schifo» confessò sentendo le sue gote divenire rosse «Perché non sopporto non vedere la tua brutta faccia ogni giorno e non sopporto non avere più la mia personale spina nel fianco accanto, perché mi manchi e se da una parte vorrei prenderti a schiaffi per avermi fatto soffrire dall’altra… vorrei solo ricominciare da dove siamo stati interrotti». Ammetterlo così ad alta voce con lui, come se gli stesse dichiarando il suo amore, fu imbarazzante, soprattutto per lo sguardo stranito che il moro gli rivolse, sguardo che poi divenne dispiaciuto e Draco vide l’altro scuotere la testa.
«Io non posso, Draco…» disse Harry in un sussurro indietreggiando e lasciandogli le mani «Non posso lasciare i miei genitori, non posso… non voglio tornare» dichiarò «Non cercarmi più, non voglio tornare in un mondo in cui la mia vita è così miserabile, in cui sono solo e senza amore». Senza amore? Era serio? Ma di cosa diavolo stava parlando? Aveva appena messo il proprio cuore nelle sue mani e lui lo stava rifiutando e si permetteva di parlare di vita senza amore? Stava farneticando, era evidente. Non poteva continuare a dire così tante cavolate consciamente. «Avevi detto che se non ti avessi creduto, saresti sparito e non avrei più sentito parlare di te» disse «Non voglio seguirti, non voglio tornare indietro con te, voglio restare con i miei genitori» dichiarò ancora una volta «Non mi farai cambiare idea, quindi addio, Malfoy».
«Sei davvero un coglione, maledetto Potter!» esclamò il biondo frustrato, sentendo gli occhi pungere e le lacrime formarsi nei suoi occhi. Aveva le mani legate, non poteva fare altro, non poteva fare niente. Harry aveva rifiutato di seguirlo, aveva categoricamente rifiutato la possibilità di tornare a casa, dai suoi amici e da tutti gli altri, perché preferiva restare nel limbo con i suoi genitori, come poteva competere con una cosa del genere? L’istinto gli diceva di afferrargli una mano e trascinarlo via da quel limbo e riportarlo a casa con le buone o con le cattive, ma razionalmente sapeva di non poterlo fare: non poteva costringerlo a lasciare quel posto, altrimenti né lui né Harry avrebbero avuto un’altra chance. Draco deglutì e restò immobile, mentre osservava l’amico sparire da lì, forse per tornare a Godric’s Hollow dai genitori.
Restò immobile, congelato, il mondo gli era appena crollato sulle spalle. La sua paura più grande si era appena realizzata, Harry aveva davvero rifiutato di seguirlo. Una lacrima scivolò sulla sua guancia, quel rifiuto faceva davvero male, non solo perché aveva fallito la missione, non solo perché sarebbe morto, ma anche perché non avrebbe mantenuto la sua promessa e perché Harry gli aveva chiaramente fatto capire di non provare le stesse cose che provava lui. Era rimasto impassibile davanti alle sue parole, aveva rifiutato i suoi sentimenti. Li aveva rifiutati categoricamente, non voleva più saperne niente di lui. Aveva fallito davvero alla fine? Si sarebbe disperso nel nulla e nessuno si sarebbe mai più ricordato di lui?
Evidentemente, quando suo padre gli diceva che lui era solo un fallimento, un fondo di verità nelle sue parole c’era, altrimenti non si sarebbe mai spiegato ciò che era accaduto quella volta.
Draco, sconfitto, crollò sulle sue stesse ginocchia, mentre la possibilità di salvare Harry svaniva lentamente da davanti a sé, cosa ne sarebbe stato di lui, adesso? Doveva accettare la realtà e arrendersi definitivamente, per quale motivo doveva ancora lottare? Potter non avrebbe mai deciso di seguirlo, avrebbe scelto la sua famiglia.
Dannazione – imprecò mentalmente colpendo il terreno sotto di sé con un pugno. Voleva urlare tutta la sua frustrazione, la sua delusione e il suo dolore, ma tutto quello che riuscì a fare fu piangere, come un dannatissimo moccioso.
«Ehi, tu!» una voce lo fece sobbalzare e ridestare dal suo stato pietoso «Cosa diavolo vuoi dal mio ragazzo?!»
 

 
Harry non voleva accettare ciò che aveva visto, ricordare quelle cose aveva fatto male, aveva spezzato qualcosa dentro di lui, per questo aveva lasciato Draco indietro, così come avrebbe voluto lasciarsi alle spalle tutta la sua vita passata. Si smaterializzò a casa e si ritrovò nel mezzo del salotto. Sua madre e suo padre stavano battibeccando su un argomento che lui non colse subito, del quale neanche gli importava, ad essere onesti, voleva solo dimenticare quelle ultime ore, voleva dimenticare l’incontro con Draco, voleva vedere sua madre e rendersi conto che fosse viva. Non appena lo videro, i suoi genitori smisero di parlare, ma Harry neanche fece caso a quello, raggiunse in fretta Lily e l’abbracciò con forza, senza dire niente. Semplicemente scoppiò in lacrime, stringendola a sé. Voleva restare lì per sempre, non voleva lasciarla andare.
«Tesoro…? Stai bene?» Harry scosse la testa e singhiozzò, stringendola ancora più forte. Lily guardò il marito preoccupata, ma ricambiò la stretta del figlio, accarezzandogli la schiena lentamente per confortarlo. «Shhh, non piangere, tesoro, cosa è successo? Hai litigato con qualcuno?»
«Ti voglio bene, mamma» singhiozzò ancora lui, senza riuscire ad allentare l’abbraccio. Voleva solo sentire che fosse reale, voleva solo dimenticare tutto quello che aveva appena ricordato e non credere che sua madre non fosse uno spirito. Non lo era, lei era reale, riusciva a toccarla, poteva stringerla a sé… e lei poteva ricambiare la stretta. Non poteva essere un fantasma o uno spirito, altrimenti sarebbe stata immateriale, giusto? Non avrebbe potuto tenerla stretta a sé.
«Te ne voglio anche io, Harry, caro» gli disse lei dolcemente «Ma adesso calmati mi stai preoccupando» continuò «Non fare così va tutto bene, qualsiasi cosa sia successa, vedrai che riusciremo a risolverla» promise. Harry annuì e pianse ancora stretto a sua madre, fino a che ella non si staccò da lui per guardarlo negli occhi e accarezzargli le guance per eliminare le lacrime da esse, ma lui l’abbracciò ancora una volta. Non riusciva a smettere di piangere, una parte di sé voleva tornare da Draco e chiedergli scusa per averlo lasciato lì in quel modo, ma non voleva tornare indietro, era tanto sbagliato voler restare con la sua famiglia, anche se significava restare nel mondo dei morti? Era davvero egoistico il suo atteggiamento? Cosa c’era di sbagliato a voler essere felici con la propria famiglia? Draco poteva benissimo tornare a casa e dire a tutti che lui era felice e che potevano proseguire la loro vita senza di lui, ma Harry come poteva tornare indietro, sapendo che lì c’erano i suoi genitori? Sapendo che lì avrebbe potuto vivere una vita felice insieme a loro? Harry non seppe esattamente quanto tempo fosse rimasto lì, tra le braccia di sua madre, a singhiozzare senza ritegno, ma quando si staccò da lei, aveva gli occhi rossi e gonfi, poteva sentire chiaramente tutto il suo viso bagnato e lei lo guardò dolcemente accarezzandogli una guancia con amore. James gli passò un tovagliolo di stoffa per aiutarlo a pulirsi e i due genitori lo guardarono.
«Tesoro, ne vuoi parlare?» chiese la donna.
«Secondo te, sono… sono un egoista, se desidero… una vita felice?» domandò a sua volta, la sua voce tremava come una foglia, tutto di lui era un tremore e non riusciva a calmarsi per niente «È così sbagliato desiderare di essere felici?»
«No, tesoro» rispose lei, accarezzandogli i capelli con affetto «Non è sbagliato desiderarlo» disse «Calmati e poi parliamo con calma del perché pensi queste cose, okay?» Harry scosse la testa, le accuse di Draco avevano fatto male e lo avevano toccato nel profondo. Aveva visto, aveva sentito quanto avesse sofferto il biondo il giorno della sua morte, aveva visto i suoi amici e anche alcuni insegnanti piangere la sua morte. La signora Weasley, il giorno del funerale, aveva parlato di lui come se lui fosse stato uno dei suoi figli e… un po’ Harry si sentiva in colpa, ma non per questo avrebbe cambiato idea. Non voleva tornare indietro, voleva restare con i suoi genitori, era tanto sbagliato?
«Devo dirvi una cosa» disse il ragazzo, i genitori annuirono e allora lui raccontò ciò che era accaduto, raccontò delle sensazioni che aveva provato, dell’incontro con Draco, dei ricordi che gli aveva mostrato, della sua scelta di restare lì piuttosto che seguirlo e del conseguente litigio con il biondo. Vedere la sua espressione devastata gli aveva ricordato il Draco senza speranza che aveva incontrato nel bagno di Mirtilla quella sera primaverile durante la quale il seme della loro amicizia era stato piantato. Le sue parole, invece, si erano fossilizzate nel suo cuore. Mancava davvero così tanto al suo rivale eterno? Non sapeva cosa pensare, le sue parole erano state dolci e gli avevano scaldato il cuore, ma la sua rabbia e le sue parole colme di essa lo avevano ferito, gli avevano fatto male, così come aveva fatto male vederlo disperato e senza speranza. Qual era allora la scelta giusta da prendere? Tornare indietro con Draco? Restare con i suoi genitori?
I suoi genitori non parlarono per un lungo momento, si scambiarono uno sguardo preoccupato e poi sospirarono pesantemente, Harry si chiese cosa fosse appena accaduto e perché quegli sguardi e quei sospiri?
«Quindi il tempo è già arrivato?» domandò James, lei annuì. Suo padre sospirò di nuovo e mormorò qualcosa come Chiamo Sirius, prima di sparire in una stanza. Lily si voltò a guardare Harry con uno sguardo colmo di tristezza.
«Cosa… cosa succede?»
«Tesoro… mio bellissimo Harry» disse lei, appoggiandogli una mano sulla guancia «Mi dispiace così tanto».
«Per cosa, mamma?»
«Per quello che sto per dirti» disse lei «Harry, bambino mio, devi fidarti del tuo amico. Quel ragazzo vuole solo il tuo bene e ha affrontato prove terribili per essere qui da te» continuò «Questo luogo non è per te, io, tuo padre, Sirius e Cedric abbiamo sempre cercato di proteggerti, ma questo luogo non è per i mortali».
«M-Ma io… io non sono vivo, giusto?»
Lily sospirò e scosse la testa lentamente «Tutto ti sarà rivelato al tempo debito» rispose restando vaga «Abbiamo sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato, ho sempre temuto che sarebbe stato troppo presto».
«Ma io voglio restare con te…» mormorò Harry, la sua voce divenne sottile come quella di un bambino, divenne un sussurro spezzato e altre lacrime iniziarono a scivolare sulle sue guance. Lily lo abbracciò di nuovo, stringendolo a sé.
«Lo so, tesoro, non c’è altra cosa che vorrei di più al mondo anche io, ma tu sei così giovane e hai tutta la vita davanti a te… hai così tanto amore da dare e da ricevere…» gli disse dolcemente lei «Lo so che fa male, lo so che stai soffrendo… ma tu potrai sempre trovarmi nei tuoi sogni, sarò sempre al tuo fianco, sarò sempre nel tuo cuore».
 «Ma io…» Harry deglutì, non credeva che madre sapesse ogni cosa, evidentemente non gli aveva mai detto niente per proteggerlo dalla realtà per la maggior parte del tempo. Sotto un certo punto di vista era stato fortunato, aveva vissuto una parte della sua vita – o non-vita – in compagnia della sua famiglia. Era triste che non avrebbe mai più potuto vedere lei, suo padre e Sirius. Faceva così male che altre lacrime scivolarono lungo le sue guance.
«Non piangere, tesoro» gli disse Lily dolcemente «Sei tanto amato, Harry, sei un ragazzo meraviglio e ti aspetta una vita splendida, una vita felice e piena d’amore» continuò accarezzandogli dolcemente le guance «Vedrai, vivrai una vita stupenda e quando tornerai qui, quando il tuo tempo sarà giunto, potremo stare insieme».
Harry singhiozzò e gettò le braccia al collo della madre, piangendo senza ritegno, desiderando solo di cancellare quelle ultime ore e ritornare a quando soffriva di mal di testa e sua madre gli dava le pozioni per alleviarli. Sentì sua madre accarezzargli i capelli con dolcezza e la strinse più che poté. Stava lentamente accettando l’idea di dover andare da Draco e seguirlo fuori da quel posto, lontano dai suoi genitori, ma voleva restare ancora un attimo tra le braccia di sua madre. James li raggiunse qualche minuto dopo e si unì all’abbraccio, stringendo a sé il figlio. Harry pianse anche tra le sue braccia, non voleva lasciarli. Voleva restare con loro ancora un po’.
«Non posso restare con voi…?» chiese ancora una volta.
James gli sorrise e gli arruffò i capelli «No, Harry, abbiamo sempre saputo che questo giorno sarebbe arrivato, tu devi ritornare indietro e vivere la tua vita, senza preoccuparti delle sorti del mondo magico o di un mago assassino che cerca di ucciderti, meriti di fare le tue esperienze, innamorarti e vivere una bella vita con la persona che ami» fece, lanciando un breve sguardo a sua moglie «Noi veglieremo su di te e ti proteggeremo da qui» continuò «Ma questo non è il tuo posto». Harry deglutì e annuì lentamente, comprendendo le parole di suo padre. Anche se una parte di sé era riluttante all’idea di lasciare indietro i suoi genitori, di lasciare indietro la sua famiglia, più parlava con loro, più si convinceva di dover seguire Draco e tornare indietro con lui. Dopotutto, i suoi genitori avevano sempre voluto il suo bene… ma faceva male pensare che non li avrebbe più rivisti. Doveva trattenersi o avrebbe pianto ancora.
L’arrivo di Sirius fu il colpo di grazia per Harry. Ricordare com’era morto il suo padrino e di chi era stata la colpa, lo fece crollare definitivamente. L’uomo non impiegò molto a prenderlo tra le sue braccia e a stringerlo forte, per consolarlo. Harry singhiozzò, farfugliando scuse su scuse, mentre lo stringeva, pentendosi amaramente di quella notte al Ministero. Se non fosse stato per lui e la sua ingenuità, probabilmente Sirius non sarebbe mai andato lì e non sarebbe mai stato colpito dall’incantesimo di Bellatrix.
«Va tutto bene, figliolo» gli disse dolcemente Sirius «Lo so che non è stata colpa tua, so che volevi solo renderti utile» continuò accarezzandogli la schiena «Salutami Remus, quando tornerai a casa, va bene?» Harry annuì lentamente e strinse maggiormente a sé il suo padrino. Gli sarebbe mancato, più di chiunque altro, ma almeno di lui aveva le lettere che gli aveva scritto e quell’unica foto che erano riusciti a scattarsi il giorno di Natale al Quartier Generale, durante il suo quinto anno a Hogwarts. Quando finalmente le lacrime smisero di scivolare sulle sue guance e lui fu abbastanza calmo, si staccò dal suo padrino e guardò sia lui che i suoi genitori con gli occhi ancora gonfi. Aveva capito di dover tornare indietro, per quanto quella decisione potesse far male, era quella giusta da prendere.
«Voi… verrete con me?» chiese «Da Draco?»
«Saremo sempre al tuo fianco, tesoro» rispose Lily, mentre James e Sirius annuivano. Harry sorrise leggermente e cercò di asciugarsi il viso alla meglio, guardò di nuovo i suoi genitori e il suo padrino e li abbracciò uno alla volta, immaginando già di non poterlo più fare in futuro. Quando si separò da loro, fu consapevole che il suo tempo lì fosse finito e che dovesse raggiungere Draco il più in fretta possibile, aveva come la sensazione che qualcosa di poco piacevole stesse avvenendo proprio in quel momento, proprio mentre lui raggiungeva il parco dove l’aveva lasciato.
Quando arrivò, restò di stucco: davanti a sé Draco e Cedric duellavano e il primo stava perdendo.
 

 
«Diggory? Che diavolo vuoi?» domandò riconoscendo la fisionomia del ragazzo davanti a sé. Per sicurezza, portò una mano all’impugnatura della bacchetta e guardò l’altro in cagnesco. Che diavolo aveva appena detto? Il suo ragazzo? Parlava di Potter? Potter aveva una reazione con Diggory? Da quando? «E chi sarebbe il tuo ragazzo, di grazia?»
«Non fingere di non sapere di chi sto parlando» disse l’altro ragazzo «So che stai perseguitando Harry, cosa vuoi da lui? Vuoi fargli del male? Stai usando la Legilimanzia su di lui per confonderlo e manipolare la sua mente?» domandò. Draco alzò gli occhi al cielo, già stufo della sua presenza.  Non aveva tempo per quello.
«Non farei mai del male ad Harry» rispose scuotendo la testa «Non mi aspetto che tu lo capisca, davvero» aggiunse «Per cui, visto che il tuo ragazzo ha rifiutato di venire via con me, perché non smammi e mi lasci in pace?» chiese retoricamente. Sto cercando di capire come morire in modo dignitoso.
«Lascia in pace Harry» gli disse Cedric minaccioso. Il Serpeverde voleva solo andare via da lì e andare incontro al suo destino, senza dover affrontare un altro duello per quell’idiota di Potter, non poteva ancora credere che avesse deciso di abbandonarlo a se stesso in quel modo dopo tutto quello che gli aveva mostrato e gli aveva detto. Aveva praticamente aperto il suo cuore al moro e lui l’aveva respinto senza neanche dargli la possibilità di mostrargli che le sue parole fossero vere, aveva preferito vivere in un sogno piuttosto che tornare indietro e vivere, aveva preferito un amore fittizio, presente in un sogno, piuttosto che un amore vero e reale.  Il Tassorosso lo guardò in malo modo e Draco lesse nei suoi occhi che stava per lanciargli un incantesimo offensivo, per questo evocò una barriera con un Protego dietro alla quale parò lo schiantesimo dell’altro, poi rispose con un altro incantesimo. I colpi si susseguirono uno dopo l’altro senza seguire nessuno schema, era solo cercare di lanciare più incantesimi prima dell’altro. Nessuno dei due abbassava la guardia, Draco si sorprese dell’abilità di Diggory come duellante, gli stava dando del filo da torcere, ma non avrebbe perso. Aveva sconfitto un troll, un ragazzo un po’ più grande di lui non sarebbe stato difficile da battere o almeno questo era ciò che credeva.
«Stupeficium!»
«Expelliarmus!»
«Incarceramus!» improvvisamente, senza che lui potesse prevederlo, le sue gambe furono avvolte da una fune che apparve dalla punta della bacchetta dell’altro ragazzo. Draco si pietrificò all’istante e un senso di disagio e paura si diffuse nel suo corpo e non riuscì a reagire all’incantesimo, provò a liberarsi dalle corde magiche, ma i suoi movimenti non fecero altro che aumentare la stretta di quelle attorno al suo corpo. Fu in quel momento che Diggory si avvicinò a lui e iniziò a colpirlo con dei pugni. Più Draco provava a liberarsi, più le corde si stringevano attorno a lui, più il castano diventava violento con lui e lo colpiva.
«Cedric! Fermo!» La voce di Harry impedì al Tassorosso di colpire ancora il Serpeverde, che si voltò a guardare nella direzione da cui essa arrivava. Il Grifondoro era tornato da lui? Aveva cambiato idea? Di corsa, il moro li raggiunse e con una spinta allontanò Cedric da Draco «Finite Incantatem» disse, puntando la bacchetta contro le corde magiche. «Stai bene?» domandò guardandolo e scandagliando il suo corpo alla ricerca di lesioni gravi da riparare.
«Sto bene» replicò il biondo schiarendosi la gola.
«Epismendo» mormorò il moro contro le piccole ferite che l’altro aveva sul corpo. Draco si sorprese del suo atteggiamento, improvvisamente così protettivo e così premuroso con lui, cosa gli era successo? Perché quel cambiamento improvviso? Aveva davvero deciso di seguirlo? Ma era stata una sua decisione o…? Beh, lui non l’aveva forzato a fare nulla, giusto? Lo aveva lasciato andare, quando aveva detto di non volerlo seguire, si era arreso.
«Grazie» mormorò «Non dovevi, ma grazie».
«E tu non dovevi essere così stupido da venire davvero fino all’Oltretomba per trovarmi, ma di questo ne riparleremo» replicò Harry con somma serietà, poi si voltò verso Cedric che osservava tutta la scena in silenzio e stupefatto «E tu? Che ti prende?» chiese «Da quando ti comporti così?»
Cedric sospirò. «Allora è lui? Quello che deve portarti via?» chiese mortificato, Harry annuì lentamente «Credevo fosse una minaccia, volevo solo proteggerti» disse in sua difesa. Il moro sospirò e lo raggiunse per abbracciarlo. Cedric lo strinse a sé con forza, Draco grugnì osservando la scena fin troppo melensa «Mi mancherai…»
«Anche tu» sospirò, affondando il viso contro il suo petto. Gli sarebbe mancato davvero, forse aveva sempre avuto una cotta per lui e quindi… in qualche modo il suo inconscio aveva creato una realtà in cui loro stavano insieme, ma non voleva indagare troppo sulla faccenda, era certo che Silente gli avrebbe spiegato tutto, una volta tornato a casa. Cedric lo strinse con forza e gli diede un bacio tra i capelli.
«Saremmo stati una coppia fantastica, la più invidiata della scuola» scherzò il più grande, Harry arrossì appena «Abbi cura di te, Harry, sono sicuro che troverai qualcuno che ti amerà e ti renderà felice, come meriti di essere».
«Ced… mi piacevi davvero» confessò con le gote rosse «Mi dispiace… mi dispiace per quello che ti è successo, se non fosse stato per me, tu…»
«Harry, non è stata colpa tua, la passaporta era manomessa e non potevi sapere che ci avrebbe portato in quel cimitero» disse piano, accarezzandogli la schiena. Draco, dietro di loro, grugniva e ribolliva di una strana e inspiegabile gelosia «E comunque avrei sempre cercato di proteggerti, in qualsiasi situazione».
«Ti ringrazio, Ced» mormorò Harry, non troppo convinto delle parole dell’altro. Si alzò sulle punte e gli baciò la guancia, dopo un altro rapido abbraccio, Cedric lo lasciò andare e il Grifondoro raggiunse il biondo, che si era appena alzato da terra e si stava ripulendo i pantaloni dal terriccio. Si voltò e vide Diggory, i genitori di Potter e Sirius Black tutti davanti a lui, che lo fissavano come se fosse un alieno, poi vide Harry abbracciarli uno alla volta e salutarli, come se stesse dicendo loro addio. Allora aveva davvero deciso di seguirlo? Aveva davvero deciso di tornare a casa con lui?
Il moro lo raggiunse e lo guardò negli occhi: «Fammi strada, Draco, torniamo a casa».


 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Buona domenica!
Lo so, lo so, sono in ritardo. A mia discolpa, sono andata in crisi mistica a causa di questo capitolo. Alcuni passaggi non mi convincevano e quando ho provato a sistemarli ho incasinato tutto, risultato che ho passato due giorni a revisionarlo per renderlo migliore e ieri ho finito alle 4 e mezza di correggerlo ed ero morta, quindi diciamo che ho avuto dei problemi tecnici e ho fatto tardi. So sorry ç_ç
Ma eccoci con il nuovo super-angst capitolo, forse uno dei più deprimenti di tutta la storia, oltre a quello in cui muore Harry… ma ditemi voi se avete avuto la mia stessa sensazione. Per me è deprimente perché Draco dopo tutto quello che ha fatto si arrende, si sente a terra dopo che Harry ha detto che non vuole andare via con lui, dopo tutto quello che lui ha passato per lui, e per la prima volta da quando le prove sono iniziate, crolla. Mi ha fatto male farlo così triste, povera stella. E sì, Harry si è davvero rincoglionito. Se da una parte soffre nel ricordare tutto, dall’altra non vuole lasciare i suoi genitori, ora che li ha ritrovati, anche se sono spiriti. Ho inserito i flashback dai primi capitoli (e ho preso solo i pov di Harry per ovvi motivi, per questo sembrano tagliati) per permettere a Harry di ricordare :D spero che si sia capita la sua confusione, lui ricorda una vita diversa, ma quando Draco gli mostra tutti i ricordi che possiede su di lui, Harry inizia a ricordare, ma cerca anche di respingere quei ricordi perché non vuole soffrire.
Spero che non abbiate odiato Cedric, in realtà è un pelino protettivo nei confronti di Harry ma non ha cattive intenzioni (e ha fermato Draco dall'andare incontro al suo destino u.u), come anche Salazar ha detto a Draco, le persone che popolano il sogno di Harry tengono a lui, ma in realtà tengono così tanto a Harry che sanno qual è la cosa migliore per lui e poi Lily è pur sempre sua madre e ci mette una buona parola, convincendolo che tornare a casa è la scelta migliore. <3 e grazie a lei, se no Draco avrebbe accettato facilmente il suo destino e sarebbe rimasto lì a disperdersi, idiota. (Draco: EHI!)
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto! Sapete il prossimo capitolo come si intitola? “Escape from hell”, quindi i nostri eroi si metteranno sulla via del ritorno a casa e noi ci avviciniamo alla fine della seconda parte della storia. STAY TUNED.
Come finirà questa seconda parte? Draco riuscirà a portare a termine la missione?
Intanto, ringrazio dal profondo del cuore le persone meravigliose che come sempre mi fanno sentire il loro affetto con le loro bellissime recensioni: Eevaa, Estel84 e Puffalanovita. Grazie, grazie, grazie!
See you on Saturday!
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 18
*** Seconda Parte, Capitolo 9: Escape from hell. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 

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Take my hand

Seconda Parte: On my way to find you

Capitolo 9: Escape from hell




Draco restò immobile per alcuni istanti, non poteva credere alle sue orecchie, Harry aveva davvero deciso di seguirlo? Era stato sincero? Nessuno l’aveva forzato a prendere quella decisione? Non riusciva a fidarsi di lui, non credeva fosse sincero. Perché aveva cambiato idea così repentinamente? Perché non aveva accettato subito di andare via con lui? Dopo le parole del Grifondoro, restò a fissarlo incredulo, soprattutto mentre interagiva con Diggory, quell’atteggiamento lo fece sentire irritato, ma soprattutto geloso. Anche se sapeva che il comportamento di Harry era stato influenzato dal “sogno” o meglio dai ricordi distorti che aveva in quel mondo onirico, non sopportava vederlo interagire in quel modo con un altro, non dopo quello che c’era stato tra di loro, non dopo… già, dopo cosa? A malapena avevano condiviso un bacio, più un bacio d’addio che un bacio davvero sentito e lui aveva dovuto affrontare un viaggio attraverso il dannatissimo mondo dei morti per accettare e ammettere i suoi sentimenti. Per Harry doveva essere ancora più confusa la situazione, visto che per settimane aveva vissuto in quel posto privo dei suoi veri ricordi. Eppure, per quanto potesse comprenderlo, Draco non riusciva ad ignorare il fatto che avesse rifiutato di seguirlo e avesse preferito restare nel limbo, piuttosto che tornare dalle persone che gli volevano davvero bene. Inoltre, non riusciva proprio a dimenticare la sua affermazione “Non voglio tornare in un mondo in cui la mia vita è così miserabile, in cui sono solo e senza amore”, non riusciva a capire perché avesse parlato in quel modo, dopo che lui gli aveva aperto praticamente il suo cuore. Non era il momento di comportarsi da immaturo e da offeso, doveva portarlo via da lì e mantenere la promessa fatta a Ron e a Hermione, i suoi sentimenti feriti potevano anche zittirsi per un attimo, l’adempimento della missione veniva prima di ogni altra cosa, era ciò che aveva promesso anche a se stesso, prima di partire per l’Italia, cioè che avrebbe portato a termine il suo compito a qualunque costo, per questo cercò di ignorare il tumulto interiore che provava e di pensare solo al bene di Harry.
I due ragazzi si smaterializzarono dal parco di Little Whinging a Godric’s Hollow e lì Draco si guardò intorno per orientarsi, senza guardare l’altro ragazzo. In cuor suo non avrebbe voluto ignorarlo, ma in quel momento gli sembrava la scelta migliore da fare per evitare litigi inutili sulla via del ritorno e per evitare che la sua rabbia e la sua frustrazione si riversassero sull’altro. Eppure non riusciva a capire come mai Harry avesse cambiato idea così in fretta, gli era sembrato così fermo sulla sua decisione di non volerlo seguire che non si sarebbe mai aspettato di vederlo tornare da lui.
«Draco?» lo chiamò Harry «Stai bene?»
«Certo, mi stavo solo chiedendo a cosa devo questo repentino cambio d’idea» disse freddamente, iniziando a camminare davanti a lui. Non voleva perdere tempo né voleva che Harry cambiasse di nuovo idea, non poteva correre quel rischio, era troppo pericoloso. Non poteva permettere che l’altro rimanesse indietro.
«Io… quando ho raccontato cos’era successo con te a mia madre, lei mi ha suggerito di… seguirti e di fidarmi di te».
Se prima Draco aveva provato una forte irritazione mista a gelosia, ora l’irritazione rasentava la rabbia. Lo aveva supplicato di tornare indietro con lui, gli aveva dichiarato i suoi sentimenti a modo suo e tutto quello che Harry aveva saputo dirgli era stato che non voleva tornare in un mondo dove non era amato, ma adesso… adesso voleva tornare indietro perché sua madre gli aveva detto che era una buona idea? Non solo era arrabbiato, ma sentiva anche una certa delusione.
«Ah» fu l’unica cosa che fuoriuscì dalla sua bocca, mentre camminava verso il punto dal quale era arrivato, probabilmente avrebbero incontrato il demone di cui gli aveva parlato Salazar, che avrebbe giudicato la scelta di Harry. Draco provò a stare in silenzio e a non parlare a sproposito come suo solito, ma stavolta fallì miseramente. «Quindi la mammina ti ha detto che puoi tornare indietro e tu hai accettato?» domandò acidamente, senza guardare l’altro.
Harry annuì, confuso «Sì… cosa c’è che non va in questo?» domandò innocentemente. Draco si fermò al centro della strada, strinse i pugni e scosse la testa energicamente. Aveva la risposta sulla punta della lingua, ma se la morse pur di non rispondere, pur di non mettersi di nuovo a nudo.
«Niente, assolutamente niente» replicò acidamente, cercando di calmarsi, anche se non sapeva come fare, si sentiva ferito e non riusciva ad ignorare il vuoto che aveva sentito dentro quando avevano parlato poco prima. «Dobbiamo muoverci, non voglio rimanere in questo posto orribile un secondo di più» disse riprendendo a camminare nella direzione che aveva percorso al suo arrivo, sperando che fosse quella giusta.
Un terribile dubbio lo assalì e se la madre di Harry avesse forzato il moro ad accettare? Avrebbero corso lo stesso rischio? Sarebbero andati incontro alla stessa sorte? Tutti gli avevano detto che il Grifondoro avrebbe dovuto scegliere autonomamente se seguirlo o meno… e se la sua scelta non era stata spontanea, ma forzata da un’altra persona? Lui si era arreso, quando Harry aveva detto di no, perché sapeva esattamente cosa sarebbe successo, se l’avesse forzato a prendere quella decisione. A quel punto, non gli restava che sperare che l’esito del colloquio con il demone fosse positivo e fosse permesso loro di proseguire il cammino a ritroso per uscire dall’Oltretomba.
Quante altre prove mancavano, alla fine di quella missione? Quanto doveva lottare ancora per portarla a termine?
«Draco, che hai?» chiese Harry «Sei arrabbiato?»
«No, non sono arrabbiato» rispose il biondo freddamente «Sono deluso» rivelò, avanzando a passo spedito, come se volesse allontanarsi dall’altro. Doveva solo sbollire la rabbia, doveva solo calmarsi e poi si sarebbe comportato come se nulla fosse successo, doveva solo aspettare che quei sentimenti si congelassero da qualche parte nel suo cuore e nella sua mente, poi avrebbe fatto di tutto per comportarsi nel miglior modo possibile e portare in salvo il moro.
«Deluso da cosa?» chiese l’altro, raggiungendolo e camminando accanto a lui «Non sei felice che abbia deciso di venire con te, alla fine?»
«Ne sono entusiasta» ribatté acidamente, guardando davanti a sé. Doveva esserne contento, alla fine tutto si era risolto per il meglio e Harry aveva deciso di andare con lui, eppure il non essere stato ascoltato o preso in considerazione dall’altro bruciava ancora. Forse era solo il suo orgoglio ferito. Draco sapeva che il suo atteggiamento era infantile e che non aveva scusanti di alcun genere per comportarsi in quel modo, ma una parte di sé non aveva reagito bene al rifiuto, non aveva reagito bene all’essere stato completamente messo da parte dall’altro.
«Non ti capisco» replicò Harry «Prima mi hai supplicato di venire con te e adesso neanche mi guardi?» domandò «Certo che sei strano». Il biondo strinse i pugni e grugnì, scuotendo la testa. Non aveva affatto intenzione di iniziare a discutere con lui, nessuno dei due sapeva a cosa stessero andando incontro e voleva risparmiare le energie per affrontare il demone che avrebbe dovuto giudicare la scelta di Harry. Draco era terrorizzato, se solo avesse percepito che l’altro era stato restio a seguirlo, non avrebbe permesso a nessuno dei due di proseguire e loro due sarebbero… scomparsi, nessuno avrebbe più saputo nulla di loro, ma tutti avrebbero sempre saputo che Draco non fosse riuscito a portare a termine la missione più importante che gli era stata affidata. Era terrorizzato che potesse accadere, ma non per se stesso, ma per Harry e si chiedeva perché l’altro non si fosse ancora accorto di tutti gli sforzi che aveva fatto, di tutte le prove che aveva affrontato per lui.
«Non ho voglia di discutere con te, adesso» replicò freddamente, continuando a camminare. Harry scrollò le spalle e non ribatté, limitandosi a seguirlo. Draco gli sembrava preoccupato per qualche assurdo motivo e non capiva quale fosse, lui alla fine aveva accettato di seguirlo, quindi perché continuava a comportarsi come se fosse stato rifiutato? Più passava il tempo, più si sentiva confuso, provava emozioni contrastanti e non tutte positive e non capiva davvero cosa gli stesse accadendo. La presenza di Draco lo rendeva nervoso, le parole che gli aveva detto qualche ora prima lo avevano colpito, ma non ne aveva capito completamente il significato, il biondo provava qualcosa per lui? E da quando? E perché continuava a comportarsi come se si fosse offeso per qualcosa? Harry non capiva, non riusciva davvero a capire cosa stesse accadendo attorno a lui, né l’atteggiamento dell’altro. Decise di ignorare quella cosa e di stabilire una conversazione civile con il biondo, in modo da non litigare con lui, non sapeva cosa dovessero affrontare, ma sapeva che c’era bisogno che entrambi fossero quanto più concentrati possibile, tuttavia il biondo non voleva parlare con lui.
«Quindi… dove stiamo andando?» domandò dopo un po’. Gli sembrava di aver percorso quella strada all’infinito, non stavano girando in tondo, stavano semplicemente camminando sulla stessa strada da tempo, come se essa non avesse una vera e propria fine. Draco si fermò e si guardò intorno, poi si voltò leggermente verso di lui, incrociando i loro sguardi.
«Sto cercando la porta da cui sono entrato» rispose brevemente «Continua a seguirmi» aggiunse. Harry annuì e seguì ancora l’amico, fidandosi di lui. Adesso che aveva riacquistato la memoria, sapeva di potersi fidare di lui, come aveva potuto dimenticare tutto quello che avevano affrontato insieme? Come aveva potuto dimenticare tutti i suoi amici, tutte le persone che gli volevano bene, tutti coloro che erano stati importanti per lui? Aveva sacrificato la sua vita pur di salvare quella di Draco, eppure l’aveva dimenticato… anche se non totalmente. Una parte di sé, forse collegata a quel legame che condivideva con lui, lo aveva sempre conosciuto e ricordato. Forse era per questo motivo che lo aveva sempre sognato, forse era per questo motivo che alla fine, grazie anche all’intervento di sua madre, aveva deciso di seguirlo.  Era stata una scelta inconscia dettata da qualcosa che risiedeva in lui, anche se non capiva ancora cosa potesse essere – se chiudeva gli occhi per un attimo, poteva rivedere lo sguardo distrutto, senza speranza e sconfitto che il biondo gli aveva rivolto dopo il suo rifiuto – ma sapeva che c’era qualcosa che lo legava al biondo, sapeva che in profondità, dentro di lui, c’erano dei sentimenti veri, anche se non sapeva quali fossero. Aveva avuto poco tempo per elaborarli…
Harry e Draco non parlarono ancora per un po’ di tempo, ma continuarono a seguire quella strada infinita, entrambi stavano per perdere la pazienza. Ogni tanto il moro sentiva l’altro lamentarsi e chiedersi tra sé e sé se tutte quelle prove fossero normali e se avessero un senso logico. Continuarono a vagare ancora per un po’, sempre più confusi, sempre più frustrati. Harry stava iniziando a pentirsi della sua scelta, sarebbe potuto restare con i suoi genitori e con Sirius, evitandosi l’acidità e la frustrazione di Draco e avrebbe potuto passare con loro il tempo che Voldemort gli aveva negato, ma… lì non c’erano Ron e Hermione, Silente, Hagrid e tutti gli altri, non c’erano le persone con cui aveva trascorso il tempo per tutta la sua adolescenza, non c’erano i suoi migliori amici. Ancora non capiva perché potesse tornare in vita, dopo essere stato colpito da un Anatema che Uccide, ancora non capiva molte cose, ma sperava che una volta uscito da lì potesse ottenere qualche spiegazione, se non da Draco, quanto meno da Silente. Che cos’era il legame che univa lui e Draco? Quando si era instaurato? Perché non ne sapeva niente? Era a causa di esso che si sentiva così confuso nei confronti del biondo? Era a causa di quello che aveva iniziato a provare quelle cose? Forse, non lo sapeva, ma sperava che almeno quella volta, Silente avrebbe risposto alle sue domande. Sempre che fossero riusciti ad uscire da quel luogo, non potevano continuare a camminare senza sosta per la stessa lunghissima, infinita strada. Draco stava per arrabbiarsi e urlare, Harry poteva percepirlo dalla tensione nei suoi muscoli, dalle sue espressioni e dal linguaggio del suo corpo.
Fu in quel momento che il Grifondoro percepì una strana sensazione e si fermò nel mezzo della strada guardandosi intorno. Aveva il sospetto che qualcuno li stesse osservando e che avesse iniziato a seguirli, forse si era sbagliato, forse era solo la suggestione a fargli immaginare quelle cose, perché in fondo Draco aveva detto di essere “sceso nell’Oltretomba” per raggiungerlo, poteva quindi essere un luogo infestato di fantasmi che potevano non avere buone intenzioni nei loro confronti. Improvvisamente, però, vide un uomo in lontananza, con la schiena appoggiata al muro e le braccia conserte al petto. Harry si fermò ad osservarlo per qualche istante, era certo di non averlo mai visto né incrociato prima. Chi era? Perché li stava seguendo? Perché li stava osservando?
«Draco» chiamò l’altro, afferrandolo per un polso, il biondo si voltò verso di lui e lo guardò perplesso «Penso che qualcuno ci stia seguendo» disse a bassa voce, indicando con la testa il punto in cui lo sconosciuto si trovava. Draco seguì la direzione con la testa, ma non vide nulla.
«Potter, non c’è nessuno che ci segue» replicò, scuotendo la testa e liberandosi il polso dalla presa dell’altro. Harry, scioccato dalla sua risposta, si voltò di nuovo verso l’angolo che aveva osservato poco prima e non vide nulla. Sbatté le palpebre e si strofinò gli occhi, guardando sempre nello stesso punto, ma quell’uomo non c’era più. Strano – pensò, scuotendo la testa. Forse la sua era davvero solo suggestione, forse era solo preoccupato che qualcosa di brutto accadesse, visto che giravano a vuoto da tanto tempo e che lui era famoso per avere poca fortuna in quel genere di cose. Aveva paura che la maledizione della sua vita potesse in qualche modo riversarsi su Draco, che il biondo potesse in qualche modo subire le conseguenze di quel viaggio nell’Oltretomba. Non sapeva quali difficoltà avesse affrontato, ma a giudicare dalla rabbia dell’altro forse aveva sottovalutato ciò che aveva fatto per lui. Ma davvero… Draco Malfoy, il Serpeverde perfetto, che affrontava una missione così complicata per lui? Non gli sembrava una cosa possibile o reale. Era totalmente impossibile, eppure il biondo era lì con lui, lo aveva raggiunto nel Limbo – o almeno così il biondo aveva chiamato il luogo in cui erano – con il solo obiettivo di riportarlo a casa. Un atteggiamento tipico di un Grifondoro, non di una serpe. Questo era uno dei fattori di maggiore confusione per lui, non credeva che qualcuno potesse fare una cosa del genere per lui, men che meno Malfoy. Si sarebbe aspettato un gesto del genere da Ron o da Hermione, ma da Draco? No non l’avrebbe mai immaginato, anche per questo all’inizio gli era stato difficile fidarsi di lui e accettare.
«Scusa, credo… credo di essere un po’ sopraffatto» disse in risposta, guardandosi attorno nervosamente. Draco annuì borbottando un “come ti pare” per poi riprendere a camminare. Harry sentì una sensazione simile alla rabbia e alla frustrazione farsi largo in lui, non era possibile che quell’uomo fosse sparito, non era possibile che l’avesse immaginato, c’era: lo aveva visto e sapeva che egli avesse visto lui. Perché continuava a succedere? Perché tutti continuavano a mettere in dubbio le sue parole? Ogni dannatissima volta che lui vedeva o sentiva delle cose e le persone non gli credevano. Era frustrante, non sopportava quando gli altri non prestavano ascolto a ciò che diceva, perché alla fine finivano sempre per dargli ragione. La voce che sentiva nei corridoi al secondo anno, per esempio, era quella del basilisco, anche se Hermione e Ron non potevano sentirla, le creature che vedeva al quinto anno erano dei Thestral ed esistevano, anche se nessun altro riusciva a vederli, a parte Luna e questi erano solo degli esempi che si erano rivelati tutti veri. Quindi perché anche Draco doveva dubitare di lui e delle sue parole?
Fece per seguire il biondo nervosamente, quando si voltò verso lo stesso punto di prima e, assurdo, ma vero, un’enorme porta scura apparve davanti ai suoi occhi, poco distante dal punto in cui aveva visto lo sconosciuto. Si portò una mano nei capelli e con aria confusa si grattò la nuca, senza riuscire a darsi una spiegazione di ciò che era accaduto.
«Draco!»
«Cosa c’è di nuovo?» chiese il biondo voltandosi verso di lui, trattenendosi dallo sbuffare sonoramente.
«Hai detto che sei arrivato attraverso una porta, giusto?» chiese Harry, esterrefatto «Una porta molto grande e… scura?» L’altro ragazzo annuì perplesso, chiedendosi come facesse il moro a sapere come fosse fatta la porta, se lui aveva solo accennato ad essa.
«Sì» rispose Draco «Una porta che è scomparsa quando sono entrato nel Limbo e che doveva riapparire, almeno credo» affermò con un sospiro «Ma non capisco perché non appaia più, forse ho sbagliato qualcosa…» mormorò. Harry lo tirò nella sua direzione e indicò la porta dall’altro lato della strada. Il Serpeverde sbatté le palpebre incredulo e osservò ciò che il moro gli stava indicando: essa era davvero apparsa ed era lì davanti a loro.
«L’abbiamo trovata!» esclamò Harry «Che aspetti? Portami fuori di qui».
Draco annuì, ancora perplesso. C’era qualcosa che non quadrava, qualcosa che lo insospettiva, ma non sapeva ancora cosa. Sperava che una volta raggiunta la porta, potessero superare in fretta anche l’ultimo scoglio, cioè il giudizio del demone. Harry non ne sapeva niente e Draco non sapeva come dirglielo, in realtà non sapeva neanche se potesse farlo. Se ci fosse stata una particolare “regola” di quella missione che prevedeva il suo tacere a riguardo e lui non ne avesse alcuna idea? O se fosse stato il contrario? Sul giudizio del demone, Salazar non era stato molto esplicito, non gli aveva spiegato molto bene la faccenda, gli aveva solo detto che la scelta di Harry sarebbe stata giudicata da un demone e in base al suo giudizio egli avrebbe poi fornito loro le istruzioni per uscire dall’Oltretomba. Questo rendeva Draco ancora più teso, perché non era stato lui a convincere Harry, quindi non poteva sapere se la sua scelta fosse stata sincera o meno, se essa fosse venuta dal suo cuore o no. Quel giudizio era fondamentale per la riuscita finale della missione. Sperava davvero che la scelta di Harry fosse stata onesta e che non fosse stato costretto o forzato a prendere quella decisione. Aveva bisogno di sperare in quello, altrimenti tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.
«Andiamo allora» disse cercando di contenere le sue paure e i suoi timori, lentamente la rabbia e l’irritazione scemavano, lasciandosi dietro solo paura e timore. In silenzio, iniziarono a camminare verso la porta, aspettandosi di tutto, Draco soprattutto si aspettava la comparsa del demone da un momento all’altro e si chiedeva che aspetto potesse avere, sarebbe stato come Caronte, i giudici e Salazar o sarebbe stata una creatura infernale come gli inferi, Cerbero e il dissennatore? Non lo sapeva e questo aumentava ancor di più la sua preoccupazione, non sapeva davvero cosa aspettarsi e questo aumentava solo la sua preoccupazione e la sua tensione. Guardò verso Harry e deglutì, cercando di scacciare quei pensieri dalla mente e, quando raggiunsero la porta, provò a lanciare un Alohomora per aprirla, ma essa rimase chiusa. Ovviamente.
«Oh andiamo!» esclamò dando un pugno su di essa «Apriti, maledetta porta!»
«Non si aprirà così facilmente, giovane mago» una voce sconosciuta alle loro spalle li fece sobbalzare. Entrambi si voltarono verso colui che aveva parlato e rimasero a bocca aperta, davanti a loro c’era un uomo alto, dai capelli scuri e ramati, che indossava degli occhiali da sole e aveva un abbigliamento decisamente bizzarro per il luogo in cui si trovavano. Il Grifondoro afferrò la mano dell’altro e avvicinò le labbra al suo orecchio «È lui» disse in un sussurro «L’uomo che ho visto prima che ci stava seguendo».  
«Lei chi è?» domandò il biondo, assottigliando lo sguardo per studiare l’avversario e spingendo istintivamente Harry dietro di sé per proteggerlo in caso di minaccia. La strana consapevolezza che egli fosse il demone annunciato da Salazar fece scivolare un brivido di terrore lungo la sua spina dorsale. Erano quindi arrivati all’ultima fare della prova?
«Sono il demone Crawley, colui che dovrà giudicare la sincerità della scelta del giovane Harry Potter» si presentò il nuovo arrivato, facendo un inchino plateale. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata perplessa e poi lo guardarono ancora. Non sembrava minaccioso, ma non dovevano abbassare la guardia né lasciarsi ingannare dal suo aspetto poco inquietante e vagamente rassicurante. Entrambi ne avevano passate troppe per sottovalutare una minaccia del genere.
«I-In che senso giudicare la sincerità della mia decisione?» domandò Harry «Non ne sapevo niente» disse smarrito, lanciando a Draco uno sguardo di rimprovero. Perché tutti tendevano a nascondergli le cose importanti che lo riguardavano? Perché le persone continuavano a mentirgli? E perché il fatto che a farlo fosse stato Draco, faceva male?
«Ti spiegherò tutto, vieni avanti» ordinò Crawley. Il ragazzo guardò l’amico per un lungo momento, prima di allontanarsi da lui e avvicinarsi al demone che si tolse gli occhiali e rivelò due inquietanti occhi da serpente, che fecero rabbrividire i due studenti di Hogwarts. Altro che aspetto poco inquietante e rassicurante! – pensò il moro sconvolto, cosa doveva fare adesso?
«Sei stato messo davanti a una scelta, vero, giovane Potter?» domandò il demone, Harry annuì confuso «Ma tu hai preso una scelta diversa da questa, dico bene?» chiese, alludendo alla sua scelta iniziale di voler restare con la sua famiglia. Il ragazzo si ritrovò ad annuire, mentire a un demone poteva non essere un’idea felice per il futuro.
«All’inizio sì» rispose lui sinceramente «Non volevo tornare indietro, avevo deciso di restare con i miei genitori, avevo detto a Draco di andare via, di tornare indietro senza di me e di lasciarmi in pace» spiegò «Ma poi… mia madre… lei mi ha consigliato di seguire un’altra strada e di… tornare indietro con Draco» continuò a raccontare «Ci ho riflettuto e… tornare mi è sembrata la scelta più giusta» ammise. Era stata dura accettare di dover lasciare i suoi genitori indietro, ma era convinto di aver preso la decisione giusta alla fine, anche se la più sofferta.
«Sapevi che il tuo rifiuto, avrebbe comportato la scomparsa del tuo amico?» Harry rivolse a Draco un’occhiata perplessa, prima di scuotere la testa e chiedere cosa significasse quell’affermazione, così il demone si affrettò a spiegare «Vedi, quando è giunto qui, al tuo amico è stata data la possibilità di tornare indietro e di salvarsi, ma lui si è rifiutato, il suo desiderio di salvare te era più forte della sua paura di poter morire qui» rivelò «Se tu avessi rifiutato di tornare indietro, la missione sarebbe stata un fallimento, il suo spirito si sarebbe disperso nel Nulla e il suo corpo vuoto sarebbe stato gettato nell’Acheronte insieme alle creature che lo popolano» Draco rabbrividì, era andato pericolosamente vicino a quella fine, quando Harry aveva rifiutato di seguirlo, avrebbe mentito se avesse detto di non aver avuto paura di fare una fine ignota e di finire in un luogo così oscuro e misterioso che neanche Salazar Serpeverde sapeva qualcosa a riguardo, aveva avuto solo fortuna che Potter avesse cambiato idea all’ultimo momento e l’avesse raggiunto, decidendo di andare via con lui. Il Grifondoro spalancò gli occhi, esterrefatto da quella novità. Che cosa significava? Cosa sarebbe successo a Draco? Perché non gli aveva detto niente? Aveva rischiato la vita… e non l’aveva nemmeno avvisato? Dovevano parlare di quello, dovevano discuterne, non potevano continuare a nascondersi le cose a vicenda. Lo aveva guardato andare via e non gli aveva detto che se lui avesse rifiutato di seguirlo, gli sarebbe successa una cosa così brutta? Ora capiva il motivo della rabbia del biondo, dopo tutto quello che aveva fatto e affrontato per salvarlo, lui stesso si comportava da ingrato e lo condannava a una fine tanto orribile. Ma allora perché non gliel’aveva detto, quando avevano discusso? Dannazione, stupido Serpeverde.
«Perché non mi hai detto niente?» chiese a Draco, quest’ultimo aprì la bocca per rispondere, leggermente a disagio, ma venne fermato, prima che potesse proferire alcuna parola.
«Non poteva» affermò il demone anticipando la risposta del biondo, Harry si voltò di nuovo verso l’altro interlocutore con aria interrogativa, in che senso non poteva? «Non poteva farlo, perché farlo sarebbe stato visto come un modo per forzarti a seguirlo, un modo egoistico di salvarsi la vita da un futuro incerto» spiegò «Invece lasciarti andare dopo aver preso la tua decisione, rischiando la sua vita, è stato l’atto di maggiore disinteresse che il giovane Malfoy potesse compiere» continuò «Se non avesse fatto così, non sareste qui» asserì «Complimenti».
Harry sbatté le palpebre incredulo e il suo cuore perse qualche battito davanti a quella realizzazione: Draco aveva rischiato di morire e di disperdersi in chi sapeva quale dimensione ignota, per lasciare che lui fosse libero di scegliere cosa fare? Deglutì e guardò nella direzione di Draco, che aveva le gote leggermente rosse per il complimento appena ricevuto, non poteva credere che quello che aveva davanti adesso era lo stesso ragazzo che aveva conosciuto a scuola, non era la stessa persona accanto alla quale, nonostante fossero rivali, era cresciuto, quello che aveva davanti era una versione di Draco Malfoy che lui non conosceva, una versione inedita e… migliore. Non era da tutti essere così generosi e altruisti e Harry non credeva che il biondo potesse essere così disinteressato da pensare prima a lui che a se stesso. Chi era quello e che ne era stato del Draco Malfoy che aveva conosciuto a Hogwarts? Era cambiato davvero così tanto? E perché lui non se ne era accorto?
«Grazie» replicò il biondo «Questo significa che possiamo andare?» domandò «Abbiamo superato la prova?»
Il demone scosse la testa lentamente e osservò Harry, che deglutì ancora una volta. Si sentiva pervaso dall’ansia e dalla tensione, non sapeva cosa gli stava per accadere né quale sarebbe stata la loro sorte dopo quel giudizio. Il demone lo osservò, lo scrutò e Harry quasi si sentì attraversato da quello sguardo terrificante, quasi come se lui lo stesse analizzando nel profondo, si sentì quasi violato da quello sguardo.
Harry trattenne il fiato per tutto il tempo e anche Draco si scoprì a corto di fiato, quando il demone finì di scrutare il Grifondoro, tutti e due i ragazzi erano tesi, non sapevano cosa aspettarsi da quella situazione, non sapevano cosa aspettarsi da quel demone e dal suo giudizio. L’incertezza, la paura e la tensione li stavano rodendo dentro, facendo dubitare loro di ogni loro azione o scelta. Crawley restò in silenzio per alcuni istanti, spostando lo sguardo da uno all’altro, facendoli sentire ancora più sotto pressione, ancora più sotto esame. Draco avrebbe dovuto essere abituato; dopo le prove, dopo tutto quello che aveva affrontato, lo sguardo indagatore di uno sconosciuto non doveva essere uno scoglio troppo insormontabile per lui, eppure in quel momento, anche se non era lui quello ad essere giudicato, c’era qualcosa che lo spaventava di più ed era la possibilità che la scelta di Harry non fosse stata totalmente sincera, che essa fosse stata forzata dagli “abitanti” del sogno, che lo avevano spinto ad accettare di tornare indietro in modo da farlo restare bloccato lì per sempre, dopo il giudizio del demone. Aveva questo sospetto fin da quando il moro era tornato indietro accompagnato dai suoi cari e non aveva smesso di pensarlo nemmeno un attimo, quella cosa puzzava troppo di bruciato, forse era lui che era fin troppo poco fiducioso nel prossimo, ma non riusciva a togliersi quell’idea dalla testa.
«Molto bene» iniziò il demone con uno strano sorriso sul volto «Il tuo cuore è combattuto, giovane Potter» disse «Una parte di te vorrebbe strenuamente restare in questo mondo, per poter restare con i tuoi cari» Draco sentì il proprio cuore in gola, stava avvenendo quello che aveva temuto? Stavano per avere un responso negativo? Maledizione, solo perché non era riuscito a convincere lui Harry. Il Grifondoro, invece, restò immobile ad ascoltare il giudizio, si limitò ad annuire, confermando le parole del demone: una parte di sé voleva davvero restare lì e vivere una vita nuova con i suoi genitori. «Tuttavia, hai deciso ugualmente di tornare nel mondo dei vivi» continuò, Harry annuì ancora una volta «E la tua scelta mi sembra sincera, voglio chiederti solo… perché? Vale la pena lasciare le persone che ami, la tua famiglia per tornare in un mondo in cui la tua vita è tanto triste? In cui hai perso così tanto e ancora tanto perderai?» domandò «In cui la tua vita è miserabile, in cui sei solo e senza amore?» continuò a domandare «Amore che potresti trovare… qui, dove ci sono tutte le persone più importanti della tua vita, i tuoi genitori che non hai mai conosciuto, il tuo padrino con cui non hai vissuto abbastanza e… il tuo primo amore, con il quale non hai mai avuto modo di dichiararti?» Il ragazzo restò immobile davanti a quelle parole, cos’era un test? Perché il demone aveva ripetuto quasi alla lettera le cose che lui aveva detto a Draco? Cos’erano quelle domande? E perché sembravano tentarlo ad accettare qualcosa a cui aveva deciso di rinunciare? Deglutì e si voltò a guardare Draco, il biondo era lì immobile, guardava davanti a sé con gli occhi spalancati, con un’espressione indecifrabile, ma qualcosa nel suo sguardo sembrava spezzato. Qualcosa che aveva visto spezzarsi anche prima, quando aveva rifiutato la possibilità di seguirlo.
«Silente mi ha detto una cosa, prima che venissi qui, voleva darti un messaggio importante».
«Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere».
Nella mente di Harry ritornò quella notte, quando aveva undici anni, era il periodo di Natale, era a Hogwarts da appena tre mesi e non si era mai sentito tanto solo, era stato in quel periodo che aveva scoperto lo Specchio delle Brame e aveva iniziato ad andare lì ogni notte, per rivedere la sua famiglia, per rendersi conto di non essere sempre stato solo al mondo. In un tempo indefinito aveva avuto una famiglia che lo aveva amato, anche se lui non l’aveva mai conosciuta ed era stato in quel momento che Silente gli aveva detto quella frase, quella frase che era rimasta scolpita nella sua mente e nel suo cuore fin da quella notte. Rifugiarsi nell’illusione di avere una famiglia, specchiandosi in quello specchio magico, era uguale al rifugiarsi in quel sogno per sfuggire alla realtà e non volervi ritornare.
«Qualcuno una volta mi ha detto che non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere...» disse Harry con serietà guardando il demone, fronteggiandolo come se egli fosse stato Voldemort, guardandolo dritto negli occhi da serpente con determinazione e coraggio «Un’altra persona, recentemente, mi ha ricordato questo e… mi ha fatto capire che anche se non è perfetta, la mia vita vera è piena di persone che mi vogliono bene e che mi amano per quello che sono» disse con tutta la sincerità di cui era disposto, quasi come se tenesse il proprio cuore in mano. Era sincero, lo pensava davvero, Draco con il suo atteggiamento totalmente disinteressato era riuscito a convincerlo che qualcuno che tenesse davvero a lui c’era, ma non solo lui, nel mondo dei vivi c’erano Ron, Hermione, i Weasley, Remus e tutte quelle persone che lo avevano accolto nelle loro famiglie, anche se lui era un estraneo. Magari non aveva una famiglia di sangue, ma ne aveva una che si era costruito negli anni e non poteva abbandonarli. Era assurdo che Draco Malfoy fosse riuscito a far in modo che lui si rendesse conto di quelle cose.
Il demone sorrise. «Non mi aspettavo una risposta del genere» replicò «Dalle tue parole, capisco che la tua scelta deriva unicamente dal tuo cuore e non è stata forzata da nessun altro» disse e nel dirlo con uno schiocco di dita aprì la porta scura, quella che portava alla stanza bianca. «Potete uscire dal limbo e incamminarvi verso l’uscita dell’Oltretomba, io vi guiderò attraverso l’anticamera del limbo e vi darò le ultime informazioni riguardanti la strada che dovrete percorrere» asserì, indicando loro la porta aperta. «Siete liberi di andare» concluse, poi guardò Harry e porse un pugno chiuso verso di lui «Ecco a te, due oboli da donare a Caronte per attraversare il fiume Acheronte». Il moro le accettò subito, anche se non capì immediatamente a cosa servissero quelle monete e perché il demone le stesse dando a lui.
A quelle parole, Draco non riuscì a trattenere un sorriso e a malapena riuscì trattenere la felicità, così afferrò il polso di Harry, desiderando solo di abbandonare quel posto il prima possibile e lo trascinò oltre la porta, iniziando ad attraversare la stanza bianca simile alla stazione di King’s Cross, mentre Harry alle sue spalle era perplesso e non capiva il suo repentino cambio d’umore. Si sentiva su di giri, si sentiva molto più allegro di prima, quasi come se per magia avesse dimenticato tutto ciò che era accaduto nelle ore precedenti. In realtà, il Serpeverde non aveva davvero dimenticato tutto quello che era successo, né l’amara sensazione di delusione era passata, ma l’aver superato il giudizio del demone e l’aver ricevuto il permesso di andare via da quel posto lo aveva caricato di una nuova speranza, tuttavia aveva cantato vittoria troppo presto. Se ne accorse quasi subito, infatti non appena varcarono la porta ed uscirono dal limbo, come annunciato, Crawley li seguì per spiegare loro come uscire dall’Oltretomba e ritornare nel mondo dei vivi e per guidarli attraverso l’anticamera del limbo, fino alla porta che li avrebbe condotti di nuovo sulla strada principale, che in teoria era anche quella che aveva percorso Draco per arrivare fino a lì. Non doveva affrontare di nuovo tutte quelle prove, vero?
 Draco non vedeva l’ora di abbandonare quel posto infernale e tornare a Hogwarts, per quanto in passato avesse odiato quella scuola, adesso era l’unico luogo che sentiva come casa sua.
«Un’ultima prova ti aspetta, giovane mago» annunciò il demone guardando il biondo «Non arrenderti, ora che sei giunto alla fine della tua missione, ma per concluderla dovrai fidarti del tuo istinto e delle tue azioni, esse ti hanno condotto fino a qui e grazie ad esse hai sempre avuto successo, finora» Draco annuì guardando il demone. Sapeva che non era finita, sapeva che c’era altro, sapeva che non se la sarebbe cavata con il giudizio positivo nei confronti della scelta di Harry, dovevano per forza dover affrontare un’altra prova assurda e difficilissima, ma non si sarebbe arreso neanche in quel momento, adesso il Grifondoro era con lui e nessuna creatura demoniaca lo avrebbe fermato. «Tu guiderai il giovane Potter fuori dall’Oltretomba, seguendo la via che hai percorso quando sei giunto qui» iniziò a dire con un tono di voce solenne «Non troverai alcun pericolo lungo la tua strada, le prove che con grande fatica hai superato, ti spianeranno la strada. Un’unica cosa è richiesta: che tu non ti volti mai a guardarlo fino a che non sarete fuori di qui» disse ancora, Draco sbiancò, era come in quel mito? Quello del poeta che giungeva fino a lì per salvare la sua amata e falliva miseramente? «Se esiterai, se ti volterai verso di lui, allora lui rimarrà bloccato per sempre qui e tu non potrai tornare a salvarlo» il Serpeverde annuì, comprendendo il sottinteso delle sue parole: lui e Harry si sarebbero dispersi nel nulla, così come gli aveva detto anche Salazar quando gli aveva spiegato l’importanza del giudizio del demone. «Hai capito quello che devi fare?» chiese «Hai domande?»
«Ho capito» disse, si morse le labbra e dopo aver lanciato uno sguardo rapido al moro domandò: «Mi è concesso toccarlo?»
«Purché il tuo sguardo non si posi su di lui, potrai toccarlo e parlargli» rispose «Ma attento, le insidie di questo posto sono infinite» lo avvertì. Draco deglutì e annuì. Lo sapeva bene quanto quel posto fosse insidioso, l’aveva sperimentato sulla propria pelle quando era arrivato. Aveva bisogno di credere in quello che stava facendo, aveva bisogno di credere che lui e Harry sarebbero usciti vivi da lì dentro, altrimenti non sarebbe riuscito ad affrontare quell’ennesima prova. Tutto era difficile, tutto era complicato, ma poteva farcela, poteva uscire da lì.
«Potter» lo chiamò, guardandolo forse per l’ultima volta «Stammi dietro, ti porterò via da qui» disse «Ti fidi di me?»
Harry annuì, senza esitazione. «Mi fido di te, Draco» rispose con sincerità. I due, insieme al demone, raggiunsero l’ultima porta, quella che conduceva fuori dall’anticamera del limbo, il Serpeverde prese un profondo respiro e prima che il demone aprisse la porta si pose davanti al moro, allungando una mano all’indietro, senza voltarsi.
«Prendi la mia mano, Harry» disse e per un attimo il suo cuore si strinse pensando a quando era stato l’altro a rivolgere a lui quella frase «E non lasciarla per nessun motivo» aggiunse.
Anche Harry provò una sensazione simile, ricordando il giorno in cui tutto era iniziato, il giorno in cui aveva offerto una possibilità a Draco, non sarebbero arrivati a quel punto, se lui non gli avesse porto la mano quella volta.
«Sì» rispose il Grifondoro senza alcuna esitazione e con delicatezza intrecciò le sue dita con quelle dell’altro ragazzo, il quale gli strinse la mano in una stretta sicura, per rassicurarlo e dirgli silenziosamente Ti porterò via da qui, non temere. Harry sapeva che tutto sarebbe andato bene, si fidava ciecamente di Draco.
«Siete pronti?» i due giovani annuirono «Molto bene». Con uno schiocco di dita, il demone aprì l’immensa porta che stava davanti a loro e i due ragazzi la oltrepassarono, ritrovandosi in breve tempo immersi nel buio.
 

 
Mano nella mano, Harry e Draco uscirono dall’anticamera del limbo e il biondo immediatamente illuminò la punta della bacchetta con un Lumos. Gli sembrava passata una vita da quando aveva usato quell’incantesimo per raggiungere quel posto, non sapeva quanto tempo fosse passato, sapeva solo che il tempo nell’Oltretomba trascorreva in modo diverso dal mondo terreno. Tutto ciò che sapeva era che dovevano far presto a percorrere tutta la strada a ritroso, prima che qualunque altra disgrazia si abbattesse su di loro. Era difficile camminare senza voltarsi a guardare l’altro, ma la mano del moro stretta nella sua gli dava sicurezza, gli permetteva di capire che lui fosse lì, che tutto sarebbe andato per il meglio, che non si sarebbero divisi. Ogni tanto gliela stringeva, aspettando che l’altro ricambiasse la stretta e rassicurare se stesso che tutto stesse procedendo per il meglio, ma nessuno dei due aveva ancora detto niente. Percorrevano in silenzio un sentiero, Draco lo ricordava, era quello che lo aveva condotto dal dissennatore, dopo aver superato la sesta prova.
«Questo posto è terrificante» disse Harry, rompendo il silenzio imbarazzante in cui erano caduti entrambi «Tu sei passato di qui, quando sei venuto da me?» domandò.
«Già…» replicò Draco con un sospiro «Non è stato piacevole, ma ne è valsa la pena» affermò stringendogli la mano ancora una volta, Harry ricambiò la stretta e ringraziò il cielo che Draco non potesse guardarlo, perché altrimenti avrebbe visto e si sarebbe accorto che era arrossito in maniera imbarazzante.
«Lo pensi davvero? Prima sembravi… arrabbiato» ribatté, guardando la sua schiena. Era frustrante dover parlare con qualcuno e non poterlo guardare in faccia, ma… Harry sperava che la strada fosse breve e che poi finalmente potessero parlarsi faccia a faccia, voleva capire il perché delle azioni di Draco, voleva capire il perché avesse accettato così passivamente la sua sorte, perché non si fosse ribellato al suo destino, quando lui aveva rifiutato di seguirlo. Se sua madre non lo avesse convinto, spingendolo nella giusta direzione, Draco sarebbe semplicemente sparito nel nulla? Non capiva, perché non si era opposto a quella cosa?
«Non ero- non sono arrabbiato» disse il biondo, mordendosi il labbro inferiore «Ma… sai, credevo che tra di noi ci fosse qualcosa, che tu ti fidassi ciecamente di me, dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme e…» si fermò «Niente, non ci pensare, sono uno stupido, me la sono presa per niente» continuò «Voglio dire, era tua madre, anche io avrei deciso di restare con lei…» esitò per un momento e Harry gli strinse di nuovo la mano con forza, prima di rispondere.
«Mi fido di te, Draco, altrimenti non ti avrei seguito» disse infatti «Avevo solo bisogno di essere spinto nella direzione giusta, lo so, mi sono comportato da egoista e da ingrato, ma continuo a chiedermi perché non hai insistito? Perché hai accettato quel destino terribile senza dirmi niente?»
Draco sospirò, odiava mettersi a nudo in quel modo, ma sapeva che era necessario che lui e Harry parlassero, anche solo per rassicurarsi l’uno della presenza dell’altro, non potersi girare per controllare se tutto fosse a posto, era snervante. Il cammino sarebbe stato ancora lungo e tortuoso, avevano appena superato il punto in cui il biondo aveva superato la sesta prova, c’era ancora parecchia strada da percorrere.
«Perché non potevo costringerti a venire con me, se avessi potuto, avrei lanciato un Incarceramus e ti avrei portato via con me con la forza» rispose e il moro rise, scuotendogli la mano come per dirgli di non dire idiozie. «Ehi! È vero, mi è stato ricordato da più persone che se avessi fatto troppa pressione e la tua scelta non fosse stata sincera, le cose sarebbero finite male per te e anche per me, volevo… solo che tu stessi bene».
Harry fu colpito di nuovo dalla sincerità nelle parole di Draco, come aveva detto anche il demone, il Serpeverde aveva anteposto il suo bene al proprio. Assurdo. Non sapeva cosa dire, il cuore perse di nuovo qualche battito e lui sentì le sue gote divenire di nuovo rosse. Aveva bisogno di sapere, aveva bisogno di capire cosa fosse accaduto a Draco in quel tempo in cui erano stati separati. Più si guardava intorno, più si rendeva conto di aver sottovalutato ciò che aveva dovuto affrontare il biondo per arrivare da lui, per salvarlo.
«Mi racconti com’è andata?» domandò «Intendo, quando sono morto e tu hai deciso di venire a salvarmi».
Il biondo fece un breve cenno con la testa, ma Harry non capì dalla sua posizione se stesse sorridendo o meno. Passarono alcuni istanti di silenzio, poi Draco iniziò a parlare e lui restò semplicemente in silenzio ad ascoltare.
«Non vuoi rendermela proprio facile, eh?» fece ironicamente, sospirando appena «Beh, credo che sia iniziato tutto quando sei…» fece una pausa, come se non riuscisse a dire quella parola «Quando sei stato così idiota da gettarti tra me e una maledizione mortale» asserì Draco «Eravamo tutti… scioccati e distrutti, ma poi dopo il tuo…» si fermò di nuovo, Harry capì che per lui era ancora un argomento difficile di cui parlare, forse avrebbe dovuto avere più tatto e non chiedere? Ma stava morendo di curiosità, come poteva evitare di chiedere? «Dopo la commemorazione in tuo onore, ecco, Silente ha chiamato e me i tuoi amici nel suo ufficio. Non sapevamo cosa volesse dirci o chiederci, ma poi ci ha spiegato che c’era una possibilità di poterti salvare» raccontò, dalla sua voce Harry poteva percepire il dolore che aveva vissuto il biondo in quel lasso di tempo. Non credeva davvero che Draco Malfoy avesse sofferto quando lui era morto. Apprezzava la delicatezza di Draco nell’evitare le parole morto e funerale, ma sfortunatamente era ciò che era successo. «Ci ha spiegato la situazione e… confido che lo faccia anche con te, perché è complicato, c’entrano gli horcrux e la notte in cui Voldemort ha cercato di ucciderti» spiegò brevemente «Insomma, per questo potevi essere salvato e uno di noi doveva fare questo viaggio e raggiungerti nel limbo in cui eri imprigionato» continuò «Weasley si è proposto per primo, ma Silente ha detto che solo colui che condivideva con te un legame particolare poteva affrontare il viaggio. Ed è stato allora che mi ha spiegato che noi siamo collegati dal Nexus Mentis Incantatio, non ho ancora ben capito come funziona, ma condividiamo un legame speciale…»
«Per questo potevo sentire la tua voce nei miei sogni?» chiese «Per questo potevo vederti nei miei sogni?»
«Ci stai provando con me, Potter?» scherzò Draco. Harry alzò gli occhi al cielo e imprecò sonoramente, facendolo ridere di gusto, oh, gli erano mancati da morire i suoi battibecchi con Potter, il loro modo di prendersi in giro a vicenda e tutto il resto, sperava di poter tornare presto alla normalità. «Non fare così, Potty, ti sto solo prendendo in giro».
«Non sei divertente» ribatté Harry «Continua».
Draco smise di ridere gradualmente e annuì, guardando davanti a sé, stavano per raggiungere la zona in cui c’era Cerbero, dovevano stare attenti o il mastino infernale avrebbe fatto di loro carne da macello. «Dicevo, condividiamo questo legame particolare e quindi ero l’unico che poteva entrare nel limbo e tirarti fuori, così io e i tuoi amici abbiamo fatto delle ricerche per capire dove trovare questo fantomatico limbo e poi…» Draco si fermò per prendere fiato e continuare a guardarsi intorno in allerta «Una volta scoperto tutto, sono partito per l’Italia con una passaporta e… non è stato facile ambientarmi, sono stato fortunato, ho incontrato un italiano molto simpatico che ci provava con me» Harry gli stritolò la mano, lamentandosi senza però dire nulla «Geloso, Potter?»
«Ti piacerebbe» replicò Harry, borbottando tra sé e sé mentre uno strano sentore di fastidio si faceva largo in lui. Cos’era? Davvero era geloso? Come se poi Draco potesse rivedere quest’italiano… «E chi sarebbe questo tizio?» domandò irritato.
Il Serpeverde rise, scuotendo la testa e riprese a parlare «Solo quello che mi ha aiutato a trovare i posti che mi servivano per capire come venire a riprendere il tuo culo da quaggiù» spiegò ridacchiando «Ad ogni modo, sono arrivato dalla Sibilla Cumana che mi ha informato sulla missione e sulle prove da superare» continuò a raccontare «Ho sconfitto un troll, un molliccio e un hinkypunk» Harry si trattenne dal chiedere che creatura fosse l’ultima nominata dal biondo e lo lasciò continuare senza interromperlo ancora «Poi sono arrivato all’ingresso della caverna per accedere all’Oltretomba, ho incontrato Caronte e affrontato degli inferi, un cane a tre teste, superato un test che sembrava un’interrogazione di scuola e sconfitto un dissennatore, evocando il mio Patronus» raccontò «Ah sì, e ho conosciuto Salazar Serpeverde!»
«Hai evocato un Patronus?» domandò Harry, ignorando la sua ultima frase «Figo! È corporeo? Che animale è? Scommetto che è un furetto» scherzò.
«Ti sbagli» replicò Draco e se solo avesse potuto girarsi verso di lui, gli avrebbe mostrato la sua espressione più soddisfatta «Il mio Patronus è un drago, un enorme, bellissimo drago argentato». Harry rimase senza parole per qualche secondo, non solo per il Patronus che Draco aveva evocato, quanto per tutto quello che gli aveva raccontato, il biondo aveva affrontato un sacco di sfide e di prove prima di giungere da lui e non si era mai tirato indietro. Come aveva potuto sottovalutare tutto quello? Come aveva potuto fregarsene così tanto di lui e dei suoi sentimenti? Dannazione, era stato davvero insensibile da parte sua comportarsi in quel modo.
«Draco, io…»
«Shhh!» fece il biondo, stritolandogli una mano. Pochi istanti dopo, Harry si accorse del motivo per il quale lo aveva fermato. Mentre parlavano, si prendevano in giro e l’altro gli raccontava la sua avventura, erano arrivati in un largo spazio aperto, al centro del quale c’era un enorme cane a tre teste che dormiva pesantemente, cullato dalla melodia suonata da una lira incantata. «Quello è Cerbero» sussurrò, constatando che fortunatamente il cane dormisse ancora profondamente. In silenzio e con una certa fretta superarono anche lui. Draco sapeva a cosa stavano andando incontro adesso: Caronte e gli inferi. Come potevano superare indenni l’Acheronte? Strinse più forte la mano di Harry e quando sentì le agghiaccianti grida delle anime, capì che erano quasi arrivati al fiume.
«D-Draco? Co-Cos’era?» domandò Harry, avvicinandosi all’altro e afferrandogli anche il braccio. Il biondo deglutì sentendo la vicinanza dell’altro e cercò di mantenere la lucidità per affrontare quella cosa. Anche lui quando aveva sentito per la prima volta quei lamenti si era spaventato, poteva capire lo stato d’animo di Harry. Voleva solo voltarsi verso di lui e stringerlo a sé per rassicurarlo e promettergli che l’avrebbe protetto a qualunque costo, ma non poteva, si limitò a stringergli la mano con più forza per rassicurarlo
«Resta dietro di me, Harry» gli disse con sicurezza «Non permetterò che ti accada niente».
Era assurdo come in così poco tempo si fossero invertiti i ruoli, quando erano sulla torre di astronomia a combattere contro Voldemort, era stato Harry a proteggere e a salvare Draco, stavolta era l’esatto contrario. Harry non rispose, ma si limitò a ricambiare la stretta con la stessa forza per fargli capire che avesse recepito il messaggio.
Percorsero quell’ultimo tratto che li separava dalla riva del fiume senza riuscire a parlare, con il cuore in gola, accompagnati dalle urla terrificanti che provenivano dal fiume. Il biondo non sapeva come poter affrontare gli inferi e tenere contemporaneamente la mano di Harry. Quest’ultimo non capiva esattamente cosa stesse accedendo e perché il clima fosse diventato improvvisamente freddo, inospitale e spaventoso, ma si fidava di Draco e sapeva benissimo che il biondo era consapevole di cosa stesse facendo e di come lo stesse facendo.
«Non lasciare andare la mia mano, Potter» gli disse con un tono così serio che per un momento, Harry provò un brivido lungo la schiena. No, non aveva intenzione di lasciare andare la sua mano, finché Draco avesse continuato a stringere la sua. Gliela strinse per confermare la sua richiesta e il biondo gli spiegò brevemente che la quarta prova era stata affrontare degli inferi comandati da Caronte, il traghettatore infermale, che a quanto pareva era anche un necromante.
Raggiunsero la riva dell’Acheronte. Non c’era nessuno, l’anziano traghettatore non era lì e i fuochi evocati da Draco, magicamente, erano ancora accesi. Forse era questo che intendeva Crawley quando aveva detto che le prove che aveva già affrontato, gli avrebbero spianato la strada, voleva dire che tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento non era stato inutile, anche se era passato del tempo i suoi incantesimi erano ancora attivi e ancora funzionanti. Ma senza Caronte e la sua barca, come avrebbero fatto ad attraversare il fiume? Come avrebbero fatto a raggiungere l’uscita della grotta?
Restarono spaesati a guardarsi intorno per alcuni istanti, Draco riuscì a non voltarsi verso Harry, anche se ancora una volta fu investito dal desiderio di voltarsi e stringerlo con forza e rassicurarlo era forte. Era patetico, lo sapeva.
Quando sembrava che le loro speranze si fossero volatilizzate nel nulla, la prua di una piccola imbarcazione comparve nel loro campo visivo. Entrambi tirarono un profondo sospiro di sollievo nel notarla e sempre stando uno dietro l’altro si avvicinarono ad essa. Caronte li guardò per un momento e poi annuì.
«Non mi aspettavo di vederti tornare, giovane mago» disse compiaciuto «E vedo che hai portato via chi ti è caro, non deve essere stato facile» continuò, il ragazzo scosse la testa, sorpreso di sentire quelle parole rivolte a lui «Ebbene, avete guadagnato i vostri oboli da dare in cambio per attraversare il fiume?»
Harry, alle spalle di Draco, annuì e infilò la mano libera in tasca e mostrò al traghettatore le due monete che il demone gli aveva dato poco prima. Caronte annuì e fece salire entrambi sulla sua barca, prendendo poi dalla mano di Harry le due monete. Presto, la barca iniziò a muoversi sul pelo dell’acqua e il Serpeverde rimase in silenzio a contemplare la superficie scura per tutto il tragitto, continuando a tenere Harry dietro di sé, non solo perché gli era stato detto di fare così, ma per fargli da scudo con il suo corpo nel caso fossero stati attaccati, tuttavia raggiunsero la riva opposta in pochi minuti senza essere attaccati da alcuna creatura. Scesero dalla barca tenendosi ancora per mano, nessuno dei due aveva intenzione di mollare la presa.
«Molto bene, giovani maghi» disse il traghettatore «Siete arrivati sino a qui, un ultimo sforzo e il vostro cammino sarà terminato» continuò «Non esitate, non abbiate paura e diffidate da qualsiasi illusione, abbiate fiducia l’uno nell’altro e anche se la presa dovesse mancare, proseguite».
«Cosa significa?» chiese Draco, ma non fece nemmeno in tempo a porre la domanda, che il traghettatore era sparito, dopo aver lasciato quell’ultimo consiglio criptico. Durante tutto il suo viaggio in quel dannatissimo Oltretomba, non c’era stato nessuno che gli avesse detto una cosa senza lasciarla alla libera interpretazione. Cosa doveva fare, eh?
«Maledizione» imprecò «Andiamocene da questo posto, Harry».
«Sì, andiamo via…» mormorò l’altro in risposta. Si avviarono lungo l’ultima infinita galleria, quella che portava all’uscita dalla spelonca, che portava sulla riva del lago d’Averno e quindi alla fine di quell’incubo durato fin troppo tempo. Mentre camminavano, le parole di Caronte si ripetevano nella sua testa. Che volevano dire? Anche se la presa dovesse mancare, proseguite… non si riferiva alla presa di Harry sulla sua mano, vero? No, non poteva essere quello il motivo. Draco voleva solo correre il più velocemente possibile, lontano da quella riva, lontano da quella grotta e raggiungere il lago d’Averno, da lì avrebbe trovato il modo di tornare a Hogwarts, ne era certo.
«Harry, parlami» disse, quando iniziò a sentire fin troppo silenzio alle sue spalle, perché non sentiva più il suo respiro affaticato? Che stava succedendo? Però sentiva ancora la sua mano nella sua, quello era un buon segno. «Harry?»
«Sto bene, Draco» rispose l’altro, facendogli tirare un sospiro di sollievo «Proseguiamo».
«Sì» concordò il biondo. Continuarono a percorrere la lunga galleria che li separava dalla libertà, Draco ricordava la prima volta che era entrato lì dentro, tutto era cupo, oscuro e lo era anche adesso, ma c’era una differenza fondamentale, la prima volta Harry non c’era e lui non sapeva se fosse riuscito a portare a termine la missione o meno, mentre adesso c’era Harry con lui, stavano tornando a casa insieme e una nuova speranza illuminava il cuore, avrebbe pianto di gioia una volta fuori di lì, era stato bravo, non aveva ceduto alle tentazioni, più volte era stato tentato di voltarsi verso Harry, ma non l’aveva mai fatto, grazie anche al supporto della mano dell’altro nella sua e delle chiacchiere che avevano accompagnato la loro fuga. Percorsero quasi due chilometri, Draco lo sapeva, la caverna era profonda, la prima volta che l’aveva attraversata credeva che essa non avesse fondo, ma al contrario c’era eccome un fondo, adesso lo sapeva. E poi come una luce in mezzo a una tormenta, un faro in mezzo a una tempesta, ecco che all’orizzonte apparve una luce. Draco la intravide chiaramente davanti a sé: quella era di sicuro l’uscita, non mancava molto alla fine della galleria, presto sarebbero stati fuori dall’Oltretomba, sarebbero tornati a Hogwarts e sarebbero tornati a vivere una vita normale, finalmente.
«Harry, ci siamo quasi!» esclamò, ma non ottenne alcuna risposta, perché fu in quel momento che le cose iniziarono a precipitare. Tutta la terra venne scosse da un violento terremoto, tutto iniziò a tremare e alcune rocce attaccate alle pareti caddero al suolo. Fu in quel momento che la presa di Harry sulla sua mano venne meno, Draco la sentì scivolare via dalla propria, senza poter fare nulla per impedire che accadesse. Potter aveva lasciato la sua mano, anche se non intenzionalmente. E adesso? Non poteva voltarsi, non poteva vedere l’altro dove fosse o se stesse bene. Se era rimasto bloccato sotto una delle macerie? Se era stato colpito? No, no, lui c’era, doveva essere dietro di lui per forza.
«Potter?» lo chiamò, “ti prego, ti prego, ti prego, rispondi” – pensò, deglutendo «Potter, non farmi questi scherzi, che non sono divertenti» lo avvertì, ma non ottenne alcuna risposta. Il suo cuore parve fermarsi in quel momento, perché Harry non rispondeva? Forse era rimasto davvero colpito da una delle macerie? Era rimasto indietro o era bloccato da qualche parte? Allungò una mano all’indietro, sperando di poterlo afferrare di nuovo e rendersi conto che egli fosse ancora lì, ma tutto ciò che toccò fu l’aria, la sua mano andò a vuoto «Harry» la sua voce tremò «Smettila di scherzare» disse ancora una volta, ma anche in quel momento non ottenne alcuna risposta. Iniziò a sudare freddo e un brivido di terrore scivolò lungo la sua spina dorsale, aveva davvero perso Harry a causa di quella scossa? Istintivamente pensò di girarsi per controllare se Harry fosse dietro di lui, se stesse bene, se fosse rimasto ferito, ma immediatamente le parole del demone e l’avvertimento di Caronte tornarono nella sua mente.
«Un’unica cosa è richiesta, che tu non ti volti mai a guardarlo fino a che non sarete fuori di qui»
«Anche se la presa dovesse mancare, proseguite…»
Era ovvio, adesso, lo avevano avvisato di quell’ulteriore prova, sperava che almeno fosse l’ultima. Doveva continuare e proseguire, giusto? Doveva andare avanti anche senza la certezza di averlo alle sue spalle, doveva fidarsi di se stesso e di ciò che aveva fatto fino a quel momento. Ma se Harry non fosse stato dietro di lui? Se avesse proseguito e alla fine avesse scoperto che Potter era rimasto bloccato sotto alle macerie? Come avrebbe fatto in quel caso? Tuttavia, dati gli avvertimenti ricevuti, sapeva che se si fosse girato, lo avrebbe perso ugualmente, lo avrebbe perso per sempre, esattamente come nel mito Orfeo aveva perso la sua amata Euridice, e non avrebbe mai più avuto un’altra possibilità di salvarlo.
L’unica cosa sensata da fare in quel momento era proseguire e sperare di non essersi sbagliato, sperare che il moro fosse dietro di lui e che quella non fosse che l’ennesima prova a cui veniva sottoposto in quel dannatissimo Oltretomba.
«Io credo nelle tue capacità e mi fido di te, Draco» gli aveva detto Silente, quando lo aveva lasciato partire per l’Italia. Poteva farcela, giusto? Tutti coloro che aveva incontrato sul suo cammino avevano creduto che lui potesse farcela, che potesse portare a termine la sua missione, anche se spesso si era sentito dare del folle. Era totalmente folle, sì, lo ammetteva, ma avrebbe portato a termine il suo compito, a qualunque costo.
«Mi fido di te, Draco» gli aveva detto Harry, quando avevano intrapreso il loro viaggio per uscire da quel posto e tornare a casa. Il Grifondoro si era fidato di lui, alla fine lo aveva seguito fino a lì e adesso toccava lui compiere l’ultimo sforzo, affrontare l’ultimo scoglio, superarlo e uscire da quell’inferno. Tutti credevano che lui potesse farcela, a partire da Silente, fino ad arrivare a Ron, Hermione e lo stesso Harry e un po’, anche Draco iniziava a crederci, visto dov’era arrivato. Prese un respiro profondo e annuì, guardando dritto davanti a sé, scorgendo nuovamente l’uscita.
«D’accordo, idiota» disse ad alta voce «Non rispondermi, ma quando usciremo fuori di qui, non ti aspettare che ti perdonerò facilmente questo brutto scherzo» dichiarò, poi prese un profondo respiro e riprese a camminare verso la luce. Proseguire senza avere la certezza della presenza di Potter dietro di sé, senza sapere cosa accadesse alle sue spalle, fu difficile, ma Draco non si arrese. Era arrivato fino al dannatissimo limbo, aveva sconfitto creature che in vita sua non aveva mai affrontato e quella era un’ultima, ennesima prova che doveva superare per poter portare a termine la missione più importante che gli fosse mai stata affidata. Facendosi forza su se stesso, riuscì ad arrivare fino in fondo, l’uscita era vicina, poteva scorgere la riva del lago d’Averno in lontananza. C’era quasi, mancava davvero pochissimo, doveva solo resistere per quegli ultimi metri e poi sarebbe uscito fuori e avrebbe potuto voltarsi verso Harry e prenderlo a pugni per avergli fatto prendere un colpo in quell’ultimo frangente di strada.
«Ehi, Potter» lo chiamò, sperando che a quel punto potesse rispondere o quanto meno ascoltarlo «Non so se sei lì dietro, ma spero di sì» continuò «Siamo arrivati, siamo fuori» annunciò quasi incredulo «Mi aspetto che mi offra almeno tre Burrobirre per farti perdonare di tutto questo» disse, solo per alleggerire la tensione che egli stesso provava, tuttavia dopo appena quattro passi iniziò a sentirsi terribilmente debole, le gambe tremarono pericolosamente e dovette appoggiarsi a una parete rocciosa per non cadere. No, no, no – si disse mentalmente, non doveva lasciarsi andare, non in quel momento.
Scosse la testa e non cedette alla stanchezza, anche se le gambe gli facevano male, gli occhi minacciavano di chiudersi da un momento all’altro e tutto il corpo era dolorante in più punti, persino lo zaino, che non aveva mai abbandonato fino a quel momento, divenne un macigno pesante sulla sua schiena, la mano che reggeva la bacchetta tremò terribilmente e senza che se ne rendesse conto o che lo volesse, dopo alcuni passi si ritrovò in ginocchio sulla fredda e umida terra, privo di forze, a pochi passi dall’uscita. Deglutì e scosse la testa nuovamente, rialzandosi a fatica per percorrere quegli ultimi metri che lo separavano dalla libertà. Non si sarebbe arreso, non in quel momento, non quando tutto era finalmente finito. Il lago era sempre più vicino e lui era intenzionato a raggiungerlo. Fu quando giunse sulla soglia della grotta, poco prima di mettere un piede fuori di lì che, completamente privo di forze, Draco perse i sensi cadendo al suolo con un tonfo pesante.
 

 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Ben ritrovati con il nuovo capitolo! E buon San Valentino a tutti!
Scusate sempre per il ritardo, ma questi ultimi capitoli sono stati un po’ ostici da sistemare, perché mi sembrava sempre di perdere qualche pezzo per la strada, non sono abituata a scrivere storie così lunghe e arrivata a un certo punto, temo di essere stata un po’ presa dall’insicurezza su alcuni punti e questo mi ha fatto rivalutare ciò che avevo scritto (e in alcuni casi, come in questo capitolo, a riscriverlo) e di conseguenza a ritardare con gli aggiornamenti. Ma non temete, anche se ritardo al massimo lo faccio di un giorno e il capitolo esce la domenica anziché il sabato, ma ogni settimana sarà presente un nuovo chappy, I promise :3
Vi ho lasciato in sospeso, vero? EHEHEH. Chissà cosa sarà successo, chissà che fine ha fatto Harry °° lo scoprirete solo nel prossimo capitolo e indovinate chi tornerà a farci compagnia? EHEH
Harry e Draco alla fine hanno parlato, hanno chiarito, ma chissà se sarà sufficiente per ciò che verrà in futuro, di certo Harry deve prima comprendere il motivo per cui prova determinate cose per Draco e se quest’ultimo ha avuto tempo e modo di analizzarle, Harry non l’ha avuto e ne avrà bisogno in futuro… ma WHO KNOWS.
Spero che tutti conosciate il mito di Orfeo e Euridice, quest’ultimo capitolo è palesemente ispirato ad esso, se avete bisogno di delucidazioni sui vari riferimenti mitologici, let me know.
Intanto, questo è il penultimo capitolo della seconda parte, il prossimo sarà l’ultimo e già sono elettrizzata all’idea di farvelo leggere, perché poi per la gioia di tutti, inizierà la tanto attesa parte romantica in cui succederanno tutte cose belle (Draco: GRAZIE AL CIELO) … più o meno. (Draco: IO TI AMMAZZO)
Tra una minaccia di morte e l’altra siamo quasi arrivati alla fine di questa seconda e travagliata parte, come finirà? Eh chissà! Sicuramente, ci saranno un paio di spiegoni e altre cose che non posso annunciarvi, ma so già che correggerlo sarà difficile come questi ultimi AHAH *va a piangere in un angolino*
Intanto ringrazio di cuore le persone che hanno seguito la storia fino a qui e chi ha recensito lo scorso capitolo e anche tutti gli altri: Eevaa, Estel84 e Puffalanovita.
See you on Saturday (or Sunday…)
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 19
*** Seconda Parte, Capitolo 10: Game over. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Seconda parte: On my way to find you

Capitolo 10: Game over



Draco aprì gli occhi e sbatté le palpebre, sentendosi completamente sfinito e disorientato. Era assurdo e incredibile ciò che era accaduto negli ultimi… giorni? Ore? Mesi? Quanto tempo era passato esattamente? Non lo sapeva, ma si sentiva stanco come se avesse giocato una partita di Quidditch infinitamente lunga. Cos’era successo? Dove si trovava? L’ultima cosa che ricordava era di essere arrivato sulla soglia dell’ingresso dell’Oltretomba terrorizzato, perché non sapeva se Harry fosse dietro di lui o meno, dato che aveva smesso di sentire la sua voce e non aveva più sentito la sua presenza alle sue spalle dopo il terremoto e ricordava di aver sentito tutte le energie del suo corpo venire meno. Si guardò intorno e la sorpresa si dipinse sul suo volto: era di nuovo nell’antro della Sibilla. Cosa? Non si era mai mosso di lì? Cosa era successo?
Era rimasto sempre addormentato nella vasca della “purificazione” dello spirito? Che diavolo significava? Si alzò dalla vasca di pietra, sentendo la schiena leggermente dolorante per la posizione scomoda in cui era stato per tutto quel tempo. Si guardò ancora intorno e non vide i fuochi fatui che l’avevano accompagnato verso la donna. Ricordava la strada che aveva percorso, quindi la seguì, raggiunse la sala centrale, ma non trovò niente. La Sibilla non era lì. No, non era possibile, c’era. Ricordava di aver parlato con lei, ella gli aveva fornito tutte le informazioni riguardanti le prove e tutto ciò che doveva fare… perché stava accadendo?
No, non è possibile – pensò, sentendo su di sé una sensazione spiacevole come poche. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, aveva fallito? Aveva solo dormito per tutto quel tempo? Non aveva affrontato nessuna delle prove? Non era mai stato nell’Oltretomba? Non aveva mai raggiunto Harry? Cos’era successo? Perché? Ma era stato tutto così reale, il dolore che aveva provato, le sfide che aveva affrontato… com’era possibile che avesse sognato tutto? Com’era possibile che non avesse vissuto niente? Come aveva fatto a sognare tutte quelle cose?
No, non è possibile – pensò ancora, scuotendo la testa. Con quale faccia sarebbe tornato in Inghilterra? Come avrebbe detto a Ron e Hermione di aver fallito, di non essere riuscito a salvare Harry? Come avrebbe fatto a spiegare che non aveva mai intrapreso il viaggio perché era rimasto intrappolato nella grotta della Sibilla?
Si piegò su se stesso, reggendosi con due mani a una delle rocce della grande sala centrale dell’antro e non riuscì a trattenersi, la delusione verso se stesso, la frustrazione e tutto il resto si riversarono su di lui e sentì delle lacrime scivolare lungo le sue guance. Aveva giurato a se stesso che non avrebbe pianto di nuovo per Harry, che non si sarebbe mai piegato a quelle sensazioni, non di nuovo, non dopo la disperazione che aveva sfogato la notte del 27 giugno e invece eccolo lì, da solo in una grotta fredda e umida, piegato su se stesso a piangere di nuovo per Harry Potter. Non era riuscito a salvarlo, non era riuscito a portare a termine la sua missione. Aveva sempre avuto ragione suo padre, lui era un fallimento: lo era stato come figlio, come Mangiamorte e adesso anche come amico. Era stato mandato lì perché era l’unico in grado di salvarlo e invece… non era riuscito a fare nulla, non era riuscito a portarlo via, non era riuscito a salvarlo come aveva promesso, aveva fallito. Era tutto finito, alla fine aveva davvero ucciso Harry Potter, anche se stavolta non avrebbe mai voluto che quella storia finisse in quel modo. Harry meritava di vivere, molto più di lui. Draco scosse la testa, il dolore per la sua perdita fece più male della notte sulla torre di astronomia, più del funerale, perché stavolta essa era accompagnata dal dolore di aver sprecato l’unica occasione che aveva avuto di salvarlo. Dannazione! – imprecò mentalmente, colpendo una delle rocce con un pugno. Non era giusto, non doveva accadere, avrebbe dovuto salvarlo, avrebbe dovuto proteggerlo così come il moro aveva fatto con lui, avrebbe dovuto sacrificarsi per lui. Per favore, prendete me al suo posto – pensò, piangendo – per favore, non lo merita, posso rinunciare alla mia vita per salvare la persona che amo. Il dolore per la sua perdita e per il proprio fallimento nel salvarlo fece così male che si ritrovò a realizzare che ciò che l’aveva spinto a intraprendere quel viaggio, quella missione suicida, non era stata la gratitudine né il Nexus Mentis, come aveva supposto quando era partito, ma… era stato guidato dai sentimenti che nutriva nei suoi confronti, dall’amore che provava per lui. Per favore, prendete me, lui merita di vivere – pensò ancora singhiozzando e cadendo sulle sue stesse ginocchia, lasciandosi andare alla disperazione. La realizzazione dei suoi sentimenti gli diede il colpo di grazia, poté udire il proprio cuore spezzarsi all’idea di essere stato la causa della morte definitiva di Harry. Nessuno sapeva cosa sarebbe accaduto, se lui avesse fallito… Harry era rimasto bloccato nel limbo o era disperso nel nulla… non ne aveva idea. È tutta colpa mia, dannazione – pensò – ho fallito e lui ne ha pagato il prezzo… non è giusto. Tutta la fatica che aveva fatto, era stata vana, inutile, non era mai accaduto realmente. E così si lasciò andare alla disperazione lì nella sala in cui era iniziata la sua discesa verso l’Oltretomba, lì dove credeva di aver incontrato la Sibilla che gli aveva dato la passaporta in cambio del suo anello…
Un momento. L’anello!
Aveva dato quel gioiello alla veggente, come simbolo della rinuncia a tutta la negatività che lo aveva accompagnato nel corso degli anni precedenti. Si guardò la mano e notò di non avere nulla, si toccò le tasche e neanche lì c’era nulla. Aveva davvero rinunciato all’anello di famiglia per andare da Harry, non l’aveva sognato. Ma allora cosa era successo perché si era risvegliato lì? Perché non era con Harry?
E se…?
E se fosse stato tutto un sogno, ma al contempo reale?
Cosa doveva credere? Cosa doveva fare? Non poteva tornare a Hogwarts senza Harry, lo avrebbero accusato e lo avrebbero screditato ancor prima di dargli il tempo di spiegare cosa fosse accaduto. Doveva capire prima lui cos’era accaduto nell’arco delle ultime ore, non sarebbe tornato a Hogwarts se non avesse capito cosa era successo. Non riusciva a spiegarselo, non riusciva a capire, aveva bisogno di risposte, ma non sapeva a chi chiedere, quella grotta sembrava disabitata. Ma se il suo anello era scomparso, ciò significava che tutto era stato reale, giusto? Era riuscito a trovare Harry? Era riuscito a salvarlo? Allora perché non era lì con lui? Aveva sbagliato qualcosa? Era certo di non essersi mai girato, neanche quando non aveva più sentito la sua voce… allora avrebbe dovuto voltarsi a guardare? Avrebbe dovuto cercarlo? Dannazione, non aveva idea di cosa avesse sbagliato. Qual era la cosa giusta da fare in quel momento? Cosa avrebbe dovuto fare per uscire con lui da quel posto? Era convinto di aver seguito tutte le istruzioni alla lettera… allora era riuscito a raggiungerlo e aveva ugualmente fallito? Non l’aveva salvato?
Realizzare questo fece ancora più male di quanto non avesse fatto risvegliarsi lì e scoprire che tutto era stato un sogno. Maledizione, come avrebbe spiegato a Ron e a Hermione che nonostante tutti i suoi sforzi aveva fallito?
Ma dove aveva fallito? Quando? Aveva affrontato prove difficili, le aveva superate, aveva affrontato un troll di montagna, un molliccio che gli aveva fatto rivivere le sue peggiori paure, un hinkypunk che l’aveva messo in difficoltà, un esercito di inferi, un cane a tre teste, un dannatissimo questionario con degli indovinelli, un maledetto dissennatore e… tutto era stato vano? Harry aveva rifiutato di seguirlo, ma poi si era convinto e lo aveva seguito volontariamente, gli aveva preso la mano, lo aveva toccato… avevano attraversato insieme tutto l’Oltretomba, avevano fatto insieme il viaggio di ritorno verso l’uscita e non si era mai girato verso di lui facendosi forza su se stesso, gli aveva tenuto la mano per tutto il tempo e… non l’aveva salvato. Aveva fallito, era tutta colpa sua.
Sarebbe stato meglio essere ucciso da Voldemort, piuttosto che soffrire in quel modo. Perché Harry si era sacrificato per lui? Non ne era valsa la pena. Dannazione, perché sentiva un vuoto incolmabile all’altezza del petto?
Altre lacrime premevano per uscire dai suoi occhi, ma non voleva versarne altre, non voleva soffrire così tanto, perché doveva essere tutto così difficile? Perché non riusciva più a frenare le emozioni? Perché non riusciva più a nascondersi dietro la maschera di freddezza che lo aveva accompagnato per tutta la sua vita? Draco sentiva dolore, ma un vero dolore nel petto e fu peggiore di quanto provato in passato. Se il dolore che aveva provato sulla torre di astronomia gli aveva mozzato il fiato nei polmoni e l’aveva svuotato, questo aveva preso il suo cuore e l’aveva strappato brutalmente dal suo petto, calpestandolo più e più volte; prima esso era stato alleviato dalla speranza di poterlo salvare, adesso tutte le speranze erano state spazzate via, disintegrate dalla consapevolezza di non averlo salvato, di aver fallito la missione più importante che gli fosse stata affidata. Niente avrebbe potuto placare quel dolore immane che provava nel petto, niente poteva alleviare le sue sofferenze. Era tutta colpa sua, perché aveva fallito, non lo aveva salvato e adesso…
Adesso era costretto a vivere in un mondo senza Harry, in un mondo in cui non avrebbe potuto prenderlo in giro per la sua stupidità, in cui non avrebbe potuto sfidarlo a Quidditch o a duello, come si erano promessi. Era tutto così ingiusto, così doloroso… in tutta la sua vita non aveva mai provato un dolore così profondo e distruttivo, non aveva mai sofferto tanto per qualcuno. Aveva trovato la forza di andare avanti e di affrontare tutto quello che aveva affrontato, pensando che servisse a qualcosa, che gli permettesse di salvarlo, ma adesso… adesso tutto era svanito nel nulla, perché aveva fallito. Era come se l’avesse perso due volte, la prima volta sulla torre di astronomia, quando si era sacrificato per lui e adesso quando non era riuscito a salvarlo dal limbo. Maledizione.
Doveva farsi forza, uscire dalla grotta e contattare Hermione per comunicarle ciò che era accaduto, non avrebbe mai voluto essere il portatore della notizia della morte di Harry per la seconda volta, non voleva dirle che aveva fallito. Se Ron avesse deciso di prenderlo a pugni, non avrebbe neanche reagito, se lo meritava. Aveva fallito, aveva ucciso Harry per la seconda volta. Il senso di colpa l’avrebbe perseguitato per tutta la vita, non sarebbe mai più stato lo stesso.
Riuscì a calmarsi solo dopo un lunghissimo momento di sconforto, poi si fece coraggio e si incamminò verso l’esterno della grotta, così da potersi mettere in contatto con i due Grifondoro e tornare a casa per subire la punizione per il suo fallimento. Quale sarebbe stata la punizione di Silente? Aveva sperimentato quella di Voldemort, ma con il preside di Hogwarts non era mai accaduto. E adesso? Cosa ne sarebbe stato di lui?
Non lo sapeva e neanche gli importava, niente aveva senso adesso che Harry era morto davvero, ogni speranza era stata lasciata indietro, ogni buon sentimento abbandonato.
Ripercorse la galleria dell’antro e intravide la luce filtrare dall’esterno. Era ancora giorno? Quanto tempo era passato esattamente? Aveva bisogno di risposte, altrimenti sarebbe impazzito, ne era certo.
Uscì dall’antro e, a pochi passi da lui, scorse due figure, una più giovane e una più anziana, aguzzò la vista e finalmente riuscì a riconoscere Silente. Cosa ci faceva Silente lì? Non l’aveva avvisato… era lì e parlava con Vincenzo.
Cosa? Che diamine sta succedendo?
Si riparò gli occhi con un braccio, il sole gli dava terribilmente fastidio dopo aver trascorso tanto tempo in un posto tanto buio, apparentemente addormentato.
«Professor Silente?» lo chiamò avvicinandosi «È davvero lei?» domandò incerto, sperava che non fosse un’altra prova, sperava che non gli venisse posto l’ennesimo indovinello. Era il vero Silente, giusto?
Il preside si voltò verso di lui e gli sorrise.
«Mio caro ragazzo» esordì l’anziano mago con una luce tutta nuova negli occhi «Coraggioso e intrepido ragazzo, hai affrontato una prova durissima, ma ora puoi riposare» gli disse Silente, Draco lo guardò perplesso senza capire. In che senso poteva riposare? Non capiva cosa volesse dire il preside e adesso si sentiva più confuso che mai. Aveva fallito, perché non era arrabbiato con lui? Perché lo guardava come se fosse fiero di lui e delle sue azioni?
«Signore… cosa?» domandò «Non… non sono riuscito a salvarlo, noi eravamo…» deglutì, sentendo la propria voce tremare «Noi eravamo quasi all’uscita, c’è stato un terremoto, io ho perso la presa dalla sua mano, lui è sparito e io… non lo so, non ricordo cosa è successo, mi sono risvegliato qui e…»
Silente alzò una mano, per frenare le sue parole, interrompendolo «Non hai fallito, Draco» gli disse per tranquillizzarlo «Perché non parliamo un po’? Ti spiegherò tutto».
Ah, adesso? – si chiese il ragazzo – Perché diamine non gli aveva spiegato tutto prima?
«D’accordo…» rispose, solo perché aveva bisogno di risposte e non poteva continuare a vivere nell’incertezza, non poteva continuare a chiedersi cosa fosse andato storto, cosa avesse sbagliato, perché fosse accaduto tutto quello, aveva bisogno di avere quelle risposte, una volta per tutte. «Ma prima mi dica…perché parlava con Vincenzo? Vi conoscete?»
«In un certo senso, sì» rispose il preside «Lascerò che sia lui a spiegarti ogni cosa». Draco annuì e guardò il mago italiano che lo guardava con un’espressione alquanto colpevole. Lo sapeva, non era stato un caso che l’avesse incontrato, che l’avesse aiutato. Era ovvio, come aveva fatto a non pensarci prima? Semplice, era troppo impegnato a pensare alla sua missione e al salvataggio di Harry per pensare ad altro, aveva creduto di aver avuto fortuna o meglio, che la fortuna sfacciata di Harry Potter si fosse riflessa su di lui, a causa del Nexus Mentis, ma avrebbe dovuto sapere che non fosse così. Prese un profondo respiro e attese che l’italiano si spiegasse, così avrebbe potuto prenderlo a pugni per non avergli detto niente prima. Perché era così difficile mandare una persona ad affrontare una dannatissima missione suicida, ma non dirgli niente? Perché si ostinavano a tenergli nascoste le cose? Adesso poteva davvero capire la rabbia di Potter al quinto anno, anche se lui all’epoca era “controllato” in qualche modo dal frammento di anima di Voldemort presente in lui. Ma comunque… non sapere le cose ed essere mandati allo sbaraglio da chi avrebbe dovuto metterli al corrente era frustrante. L’horcrux in Harry non aveva fatto che ampliare quella frustrazione e, seppur privo di horcrux, Draco credeva che quella sensazione non potesse che essere simile a quella dell’amico: stava per esplodere.
«Prima di tutto, mi dispiace» disse Vincenzo «Ma non potevo rivelarti nulla, la Somma Sacerdotessa non perdona coloro che disobbediscono ai suoi ordini».
«T-Tu?» domandò Draco, scioccato «Sei un suo seguace?»
Vincenzo annuì: «Sono un nuovo adepto dei magisofisti, non potevo rivelartelo, mi dispiace» spiegò scusandosi «Ero stato incaricato di portarti all’antro della Sibilla e di vegliare su di te per qualsiasi complicazione, fortunatamente non hai mai avuto bisogno del mio intervento, fino al momento prestabilito».
«Momento… cosa?»
«Dopo che hai superato la terza prova, sei giunto sulle rive del lago d’Averno» Draco annuì «Lì, la tua proiezione astrale si è separata dal tuo corpo, nessun corpo vivente può accedere all’Oltretomba, le tre prove terrene servivano proprio a metterti in condizione di liberare la proiezione astrale» spiegò ancora lasciando Draco sempre più perplesso «Quando la tua passaporta si è trasformata in obolo e tu sei stato trasportato sul lago… ecco, ricordi di esserci arrivato?»
«Ricordo di essermi svegliato sulla riva, credo di essere svenuto durante la smaterializzazione».
Vincenzo annuì: «Quando sei svenuto, il tuo corpo si è separato dal tuo spirito e poiché avevi completato la prima parte delle prove, hai ottenuto l’accesso all’Oltretomba» fu il turno di Draco di annuire «Il mio compito era portare il tuo corpo, momentaneamente svenuto nell’antro della Sibilla, per permetterti di sfruttare al meglio la potente magia di questo luogo e proseguire con la tua missione, fino alla sua riuscita» spiegò «Per tutto il tempo, ho vegliato su di te e vigilato la zona, affinché nessun intruso o nemico ti trovasse».
«Tutto ciò ha dell’incredibile…» commentò il ragazzo, scioccato. Ecco perché tutti quelli che aveva incontrato gli avevano detto che lui non appartenesse a quel luogo, lui credeva che fosse per il suo essere corporeo, ma in realtà si riferivano alla sua proiezione astrale. Eppure, a lui era sembrato di potersi muovere senza alcun problema… «Ma non capisco, io potevo usare la bacchetta, avevo il mio zaino… perché?»
«Perché tenere il tuo corpo qui, in questa grotta pullulante di magia ha reso la tua proiezione astrale in grado di comportarsi come se in realtà ci fosse davvero un corpo».
«Non ha senso» obiettò Draco, Vincenzo scrollò le spalle e sorrise.
«Sai come funziona la magia, non possiamo spiegarci ogni fenomeno» disse l’italiano, il biondo si ritrovò ad annuire, l’importante dopotutto era il risultato e lui… forse qualcosa l’aveva ottenuta «Ad ogni modo, ho vegliato sull’ingresso dell’antro e ho protetto questo luogo dai Disincanti e da eventuali minacce».
«Ma… come facevi a sapere dove trovarmi? E come aiutarmi?»
«La Sibilla aveva previsto il tuo arrivo e ha scelto me come tua guida terrena» spiegò. Draco annuì. Adesso ogni cosa iniziava ad avere senso, anche nell’Oltretomba aveva avuto una guida, era ovvio che ne esistesse anche una terrena. Ancora non credeva di aver parlato davvero con Salazar Serpeverde. «Adesso che il mio compito è finito, non mi resta che salutarti, Draco Malfoy, è stato un onore aiutarti in questa tua nobile missione» disse porgendogli la mano «Se mai avessi bisogno di un amico in Italia, hai il mio numero» asserì facendogli l’occhiolino, facendolo arrossire. Dannazione, i flirt lo mettevano in soggezione, tuttavia allungò la mano verso di lui e gliela strinse.
«Ti ringrazio, allora, per ogni cosa». L’italiano gli sorrise un’ultima volta, poi si smaterializzò, lasciandolo da solo. Beh, non era propriamente da solo, Silente era a pochi passi da lui e ammirava gli scavi di Cuma con interesse, Draco invece era bisognoso di risposte. Ancora non riusciva a credere che fosse stato tutto reale, ma allora se ci era riuscito… dov’era Harry? Perché non era uscito con lui dall’Oltretomba? Dov’era finito?
«Questo è uno splendido posto, non credi, Draco?» gli chiese il preside, sentendo che si era avvicinato a lui. Come faceva a saperlo? Era inquietante, a volte. Scosse la testa e scacciò quella cosa dalla mente.
«Ho bisogno di sapere cosa è accaduto, signore» disse il biondo «Non riesco a capire…»
«Camminiamo, ti va?» domandò l’uomo anziano, il giovane si ritrovò ad annuire e fiancheggiò Silente iniziando a camminare lentamente al suo fianco nel parco archeologico di Cuma. Draco era già rimasto affascinato da quel luogo quando l’aveva visto per la prima volta, ma era certo che non ci sarebbe tornato neanche per tutto l’oro del mondo «Per iniziare, voglio che tu sappia che sono estremamente fiero di te, delle tue scelte e di come hai gestito la situazione» gli disse «So che hai molte domande da pormi, sono qui per rispondere ad ognuna di esse».
«Io-» deglutì «Cosa è successo?»
«Hai affrontato in modo egregio delle prove molto complesse, che maghi più grandi e creduti talentuosi hanno fallito» disse «Non eri spinto dal desiderio di… conoscenza, per così dire, ma solo dal tuo desiderio di salvare un tuo amico» disse «Conosci il mito di Orfeo ed Euridice?» il ragazzo annuì. Lui, Ron ed Hermione si erano imbattuti in quel racconto mentre studiavano un modo per accedere al limbo, prima che lui partisse e per quella missione. «Egli peccò di presunzione e dubitò di se stesso, della sua missione e della sua sposa che lo seguiva. Sai come finisce il mito?»
«Euridice viene inghiottita di nuovo dagli inferi e Orfeo rimane nuovamente solo» rispose il ragazzo, Silente annuì compiaciuto «Ma cosa c’entra?»
«C’entra, Draco, perché tu hai superato te stesso anche in questo. Anche quando sei stato in dubbio, ti sei fidato delle tue scelte e hai guardato avanti, senza tornare indietro, sai cosa significa questo?» scosse la testa, davvero, era ancora più confuso di prima, meno male che aveva promesso che avrebbe risposto alle sue domande, tutto quel parlare di miti, leggende e scelte gli stava istillando di nuovo il dubbio nel cervello «Significa che tu sei pronto per andare avanti e lasciarti alle spalle ciò che è accaduto nel passato. Sei stato intraprendente, ma nel momento del bisogno sei stato coraggioso, hai creduto in te stesso, ma soprattutto hai creduto in quello che stavi facendo».
«Ancora non capisco… dov’è Harry?» domandò, quella domanda uscì dalla sua bocca senza neanche essere preventivata, semplicemente era tutto ciò che voleva sapere, non gli importava d’altro. Solo sapere di Harry, stava bene? Era vivo?
«Lui è al sicuro» rispose Silente. Al sicuro dove? Perché diamine non mi dai una risposta come si deve, maledetto vecchiaccio!? – imprecò mentalmente. Era stanco, provato, confuso, triste e… quel dubbio continuava a tormentarlo.
 «Signore?» Draco lo guardò e deglutì prima di porre la domanda che lo tormentava da quando si era risvegliato nell’antro della Sibilla, da quando aveva creduto di aver fallito «Quello che è accaduto… è vero? O è successo solo dentro la mia testa?»
Silente gli sorrise, affabile come al solito, nello stesso modo in cui gli aveva sorriso quando era partito per l’Italia, tuttavia aveva una nuova luce negli occhi, come se lo vedesse sotto un’altra prospettiva. «Certo che è accaduto nella tua testa, o meglio, è accaduto nella testa di entrambi» rispose «Ma perché diavolo non dovrebbe essere vero?» Draco si illuminò, allora se era tutto vero e lui non aveva fallito… dove diavolo era Harry? «Chiunque avrebbe potuto superare le prove fisiche, ma solo tu potevi trovare Harry. Il motivo per cui dovevi venire tu e unicamente tu era proprio questo: per salvare Harry bisognava poter entrare nel suo sogno e solo la magia di questo posto è abbastanza potente da permettere una cosa del genere, inoltre serviva qualcuno che potesse entrare in contatto con lui a livello inconscio e poter trovare l’accesso a quel luogo sicuro in cui aveva trovato una sorta di pace mentale, grazie al Nexus Mentis, tu hai potuto farlo» il ragazzo annuì, iniziando a comprendere. Non tutto, non completamente, ma il quadro della situazione iniziava ad avere un po’ di senso e la nebbia che si era formata nella sua mente, dopo aver creduto di aver fallito iniziò a diradarsi.
«Quindi… Harry è vivo? E sta bene?»
«Sì, Draco, sta bene» rispose il preside e, prevedendo la domanda successiva del giovane si affrettò a spiegare: «Non vi siete risvegliati qui, insieme, perché il corpo di Harry è ancora nell’infermeria di Hogwarts» il biondo spalancò gli occhi, dandosi dello stupido, perché non ci aveva pensato prima? «Ti aspetta a Hogwarts con la signorina Granger e il signor Weasley che non vedono l’ora di rivederti» aggiunse con un enorme sorriso sul volto. Il biondo si ritrovò a sorridere, in fondo, anche a lui erano mancati i suoi nuovi e inaspettati amici, inoltre voleva vedere con i suoi occhi di essere riuscito a salvare Harry, dopo tutti quei momenti di incertezza, di dolore, di paura, di disperazione, aveva bisogno di vederlo con i suoi occhi e magari stringerlo a sé per rendersi conto che non fosse solo un altro, ennesimo sogno. Ne aveva abbastanza di dimensioni oniriche, dimensioni extra corporee e simili, voleva tornare a casa, rivedere i suoi amici e raccontare loro tutto ciò che aveva fatto per salvare quel dannato Potter e magari tirargli un pugno dritto sul naso, prima di abbracciarlo. Era strano, lui non aveva mai desiderato il contatto fisico con qualcuno, ma con Harry… desiderava farlo.
«Possiamo tornare?» chiese allora, guardando l’anziano mago.
«Ma certo» rispose l’altro «Prendi il mio braccio e torniamo a casa» gli disse, porgendogli il braccio. Draco non se lo fece ripetere due volte, afferrò il braccio del preside e lo strinse con forza e un attimo dopo si smaterializzarono, raggiungendo Hogsmeade. Quando vide il paesino magico vicino Hogwarts, si sentì di nuovo a casa.
«Una carrozza ci attende» annunciò il preside, facendogli strada. I due in poco tempo raggiunsero una delle carrozze di Hogwarts, due enormi Thestral erano davanti ad essa, Draco sussultò quando li vide. Non era ancora abituato a vederli, anche se ormai era in grado di vederli da un anno. Salirono sulle carrozze e i due cavalli scheletrici iniziarono a trainare la carrozza nella direzione della scuola, per tutto il tempo il Serpeverde restò in tensione.
Come sarebbero andate le cose, una volta che avrebbe raggiunto a Hogwarts?
 
Quelle domande, quelle incertezze continuarono a tormentarlo, fino al suo arrivo al castello. Draco era agitato, non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi con Harry? Il Grifondoro avrebbe avuto qualche ricordo di quello che avevano vissuto nell’Oltretomba? Avrebbe ricordato la sensazione delle loro mani unite, mentre correvano per cercare di fuggire da quel luogo oscuro? Avrebbe ricordato il supporto che si erano dati a vicenda in quel momento? E i loro discorsi? Draco era terrorizzato e neanche conosceva il motivo. Solo, temeva di essere l’unico a ricordare ogni cosa. Non appena arrivarono nei territori di Hogwarts, in silenzio raggiunsero il portone, a quel punto il preside gli disse che avrebbe parlato prima lui con Harry per metterlo al corrente di quanto accaduto. Draco si ritrovò ad annuire distrattamente, anche se non sapeva bene cosa intendesse spiegargli, perché anche lui era ancora piuttosto confuso riguardo a quanto accaduto. Vide il preside superarlo per raggiungere l’infermeria, lui si ritrovò a vagare per il piano terra, in preda ai suoi pensieri e ai suoi dubbi.
Gli sembrava di essere mancato da un’eternità, ma a quanto pareva era stato via solo una settimana. Una settimana che a lui era sembrata un mese intero. Distrattamente, raggiunse il piano dove si trovava l’infermeria e attese che il preside gli desse il permesso di vedere Harry, il suo era un bisogno che veniva dal profondo del suo cuore. Aver realizzato i propri sentimenti, lo rendeva solo ancora più bisognoso di vedere che l’altro stesse bene.
«Draco!»
Una voce familiare attirò la sua attenzione e un attimo dopo si ritrovò stretto in un abbraccio. Per un attimo, si sentì a disagio, non era mai stato a proprio agio con il contatto fisico, ma stava iniziando ad esserlo, da quando era amico dei Grifondoro. Sorrise teneramente e ricambiò l’abbraccio imbarazzato.
«Ciao a te, Hermione» la salutò, sorridendo genuinamente «Questo è… del tutto inaspettato».
«Idiota, ero preoccupata per te! Quando mi hanno detto che Harry era sveglio, credevo di trovare anche te qui e non c’eri, chiedi a Ron, credevo fossi morto!»
«Oh Granger, so che sei innamorata di me, ma per tua sfortuna, sono gay» disse divertito, la ragazza gonfiò le guance e lo colpì sul braccio con un pugno, scuotendo la testa indispettita dalla sua affermazione sarcastica «Harry è sveglio?» si ritrovò poi a chiedere, sentendo il peso che aveva sul cuore iniziare ad alleggerirsi. Se già Hermione non era arrabbiata con lui, allora era un buon segno, no? Voleva dire che quello che Silente gli aveva detto era vero?
«Sì, si è svegliato un’ora fa. Era disorientato e ha chiesto di te… più volte» il biondo arrossì «Era davvero preoccupato per te… beh, lo eravamo tutti» spiegò «Ma poco fa è arrivato Silente e adesso gli sta parlando, penso che tra un po’ potrai vederlo anche tu». Il biondo annuì, ancora un po’ incerto e sospirò. Aveva bisogno di vedere Harry, ma era felice di essere tornato a Hogwarts e di essersi lasciato quella brutta, infernale storia alle spalle.
«Malfoy!» la voce di Weasley lo fece sussultare «Vuoi rubarmi la ragazza o cosa?»
«Qualcuno ha del buon gusto, evidentemente, ma mi dispiace non è il mio tipo» disse il biondo scherzando, facendo un passo indietro per stringere la mano al rosso appena arrivato «Senza offesa».
Hermione rise scuotendo la testa «Temo di non avere le parti anatomiche giuste, Ron, e poi, beh… lo sai chi è il mio tipo» affermò con le gote leggermente rosse, il rosso arrossì leggermente, sorrise e annuì.
«Bene» mormorò lui, avvolgendo le braccia attorno ai fianchi di Hermione «Non vorrei doverti umiliare in un duello» aggiunse rivolto a Draco, la ragazza alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Al Serpeverde venne da ridere, davvero Ron pensava di batterlo, dopo quello che aveva affrontato? Non ebbe bisogno di ribattere, perché ci pensò Hermione a rispondergli.
«Tesoro, ha sconfitto un esercito di inferi, un dissennatore e altre creature infernali, pensi davvero di riuscire a batterlo?»
Ron sbuffò indispettito e alzò gli occhi al cielo, la ragazza ridacchiò, sinceramente divertita dalla situazione.
Draco li guardò per un istante, rispetto a quando era partito avevano assunto una nuova sintonia, una nuova intesa e realizzò solo in quel momento la cosa più ovvia, quei due avevano finalmente deciso di appianare anni di tensioni e di sentimenti non dichiarati? Ricordava bene quando aveva insultato a Hermione e Ron, senza alcuna esitazione, ne aveva preso le difese tentando di affatturarlo con la sua bacchetta rotta. Anche Harry sperava che quei due finissero insieme, alla fine, ne avevano parlato una volta, durante i loro incontri… era stato felice di avere quella notizia? L’aveva già ricevuta o non aveva ancora avuto modo di parlare con loro?
«Ma voi due…?» domandò con incertezza, guardandoli, i due amici sorrisero e annuirono, confermando la loro relazione. «Sono felice per voi due davvero». Era sinceramente contento, dovevano aver trovato conforto l’uno nelle braccia dell’altra, nel periodo d’incertezza dovuto all’assenza di Harry e dalla sua missione per salvarlo. Tutti, dopo Voldemort, meritavano di trovare la serenità e la felicità di cui avevano bisogno. I due Grifondoro gli sorrisero e lo ringraziarono, poi tutti e tre attesero che Silente uscisse dall’infermeria, la porta era aperta, così il biondo si fece più vicino, non per ascoltare, ma solo per controllare la situazione. Voleva raggiungere Harry il più presto possibile, aveva bisogno di vederlo. Seppe che il suo turno era arrivato, quando vide il preside indicarlo. Harry era seduto sul letto, con la schiena appoggiata allo schienale, aveva i capelli arruffati come al solito e ai suoi occhi parve irresistibile. Senza pensarci due volte, raggiunse Harry a grandi falcate e, senza esitazione lo abbracciò. Quando lo prese tra le sue braccia, sentì che tutti gli sforzi che aveva fatto erano valsi a qualcosa. Era così fottutamente felice di vederlo vivo, sano e salvo, ma soprattutto di poterlo stringere di nuovo tra le sue braccia. Avevano così tante cose di cui parlare…
 

 
Harry si svegliò nell’infermeria di Hogwarts, stordito e confuso. La prima cosa che avvertì fu la sete, aveva così tanta sete che avrebbe bevuto l’intero Lago Nero, ne era certo. Ma perché era in infermeria? Dov’era Draco? Perché era così confuso? L’ultima cosa che ricordava era la fuga dall’Oltretomba alle spalle di Draco. Ricordava che stavano fuggendo, quando una scossa di terremoto aveva fatto tremare ogni cosa, aveva perso la mano del biondo e poi c’era stato solo il buio più totale fino al suo risveglio in infermeria. Era confuso, spaesato, disorientato, sapeva che quella era l’infermeria, era da sempre un luogo familiare per lui, visto il numero di volte che ci era finito, eppure… la sentiva distante. Forse aveva solo bisogno di riprendersi da tutto ciò che era accaduto nell’ultimo periodo, soprattutto da ciò che era accaduto con Draco nell’Oltretomba. Ancora non credeva di aver sognato tutto quello, di aver vissuto una vita del tutto finta per quelli che gli erano sembrati anni, per poi risvegliarsi e scoprire che tutto quello era solo un’illusione. C’era ancora mille domande nella sua mente, ma l’unica che non riusciva a togliersi dalla mente era: Perché? Perché era ancora vivo? Perché Draco aveva potuto salvarlo? Perché era legato a lui? Perché? Perché? Perché?
Non riusciva a darsi una spiegazione logica per quanto accaduto, non riusciva a ragionare lucidamente, una parte di sé gli diceva di prendersi del tempo per riflettere, aspettare Silente e porre a lui tutti i suoi interrogativi, un’altra voleva delle risposte subito, un’altra ancora temeva che quelle risposte non arrivassero mai. Ma se lui era lì… Draco che fine aveva fatto? Dov’era finito? Perché non era in infermeria con lui? Era rimasto bloccato nella galleria quando era crollata? E allora perché lui ne era uscito ed era a Hogwarts e l’altro no? Cos’era successo?
Harry si mise seduto e osservò l’infermeria, controllando se gli altri letti fossero occupati, sperando di vedere Draco disteso su uno di essi, magari che si lamentava drammaticamente a causa del dolore, ma niente. Di lui non c’era alcuna traccia. Così aspettò che arrivasse qualcuno, ancora non credeva di essere ancora vivo, di avere avuto un’altra chance.
Dei passi raggiunsero le sue orecchie e cercò di dire qualcosa, ma aveva la gola così secca che non riuscì a proferire parola, tutto ciò che uscì dalla sua bocca furono dei grugniti e dei lamenti, poi la testa di Madama Chips comparve nel suo campo visivo. Ella spalancò gli occhi stupefatta e gli si avvicinò incredula, quasi come se avesse davanti un fantasma.
«Signor Potter, ti sei svegliato!» esclamò la medimaga «Che gran sollievo!» esclamò, prima di visitarlo. Harry riuscì a farle capire di essere assetato e la donna subito provvide a riempire un bicchiere d’acqua. Il sollievo fu immediato e quando finalmente riuscì a parlare di nuovo, la prima cosa che chiese fu: «Dov’è Draco?»
Madama Chips non seppe rispondergli, ma continuò a visitarlo e a controllare le sue condizioni fisiche per capire se stesse bene, Harry invece voleva solo sapere dove fosse il suo amico. Erano stati insieme fino al terremoto e poi…? Poi cos’era successo? Ricordava la mano di Draco che scivolava via dalla sua e la presa che veniva meno tra le sue dita. Aveva avvertito un senso di vuoto, quando lo aveva perso. Significava che il Serpeverde era rimasto bloccato nell’Oltretomba? O che era riuscito ad uscire senza di lui? Si era voltato? Si era disperso da qualche parte come aveva detto il demone? Cos’era successo? Era stata colpa sua?
Madama Chips si allontanò da lui e Harry rimase nuovamente solo con le sue domande. Voleva alzarsi dal lettino e andare a cercare l’altro ragazzo, ma era come se non avesse forze di fare nulla. Si sentiva debole, eppure era rimasto addormentato per tutto quel tempo, perché avvertiva così tanto la stanchezza? Che cosa gli stava succedendo?
Non rimase solo a lungo, sospettava che Madama Chips avesse avvertito il resto degli abitanti del castello che si fosse risvegliato. Prima la McGranitt e poi gli altri professori accorsero a vedere come stesse, tutti stupefatti dal fatto che si fosse risvegliato, dopo essere stato colpito da un Anatema che Uccide. Anche Harry si chiedeva come avesse fatto a sopravvivere anche quella volta, davvero non capiva come fosse possibile. Perché si salvava sempre?
Tutti gli chiedevano come stesse, se si sentisse bene, ma lui aveva in mente solo una domanda che poneva a tutti coloro che andavano a trovarlo, ma nessuno rispondeva, persino Piton era andato da lui e neanche lui gli aveva risposto. Era una semplice domanda, perché tanto mistero? Possibile che nessuno sapesse dove fosse Draco?
La situazione stava diventando sempre più insopportabile, perché nessuno gli diceva dov’era finito Draco? Perché tutti continuavano a tacere? Perché nessuno gli diceva mai come stavano davvero le cose? Era così difficile dirgli la verità? E se… se nessuno voleva dirgliela per non recargli un dispiacere? E se Draco…? No, no, no. Non era stato l’unico a salvarsi come durante il Torneo Tremaghi, vero? Non avrebbe dovuto presenziare al funerale di Draco, vero? E perché sentiva un dolore lancinante al petto, nel pensare che non avrebbe mai più rivisto la sua spina nel fianco? Dannazione, Draco aveva affrontato un viaggio suicida per salvargli la vita e lui aveva lasciato andare la sua mano, nel momento in cui non avrebbe dovuto farlo. Si sarebbe sentito in colpa per tutta la vita, se fosse successo qualcosa a Draco per colpa sua, non se lo sarebbe mai perdonato. Non si era sacrificato per lui quella notte sulla torre di astronomia per poi vederlo scomparire a causa sua. Come aveva fatto a perderlo? Come aveva fatto a perdere la presa? Cos’era successo in quel lasso di tempo? Perché non ricordava nulla, prima del suo risveglio in infermeria? Dannazione, qualcosa doveva pur essere successo!
Era così concentrato a maledirsi e ad insultarsi per essere stato così stupido da lasciare la mano di Draco a causa della scossa, che non si accorse dell’arrivo di altre due persone. Prima che si rendesse conto del loro arrivo, fu investito da un abbraccio, per un primo momento, sperò che fosse Draco, ma poi si rese conto della folta capigliatura di chi l’aveva abbracciato e sorrise, ricambiando subito la stretta. Non credeva che l’amica fosse a Hogwarts, credeva che fosse andata come a casa come tutti gli studenti una volta iniziata l’estate.
«Harry, sei vivo!» esclamò Hermione, stringendolo a sé «Sono così felice di vederti di nuovo sveglio, ogni giorno venivo qui sperando che ti svegliassi e… credevo di non rivederti mai più» gli disse, piangendo. Harry sperò che quelle fossero lacrime di gioia e si affrettò a stringerla meglio, accarezzandole la schiena dolcemente.
«Sto bene, Hermione» mormorò «Sono così felice di rivederti…»
Aveva davvero quasi rinunciato a quello? All’affetto della sua migliore amica? Alle amicizie che con gran fatica si era costruito a Hogwarts? Aveva ragione Draco, si era comportato da idiota e da egoista, come aveva potuto pensare di lasciare da soli Ron e Hermione? Trattenne un sospiro – che era certo sarebbe diventato un singhiozzo – e strinse la sua migliore amica tra le braccia. A loro, dopo qualche attimo, si aggiunse Ron, che lo abbracciò dall’altro lato. Harry sorrise, tra le lacrime di sollievo che non si era accorto di aver iniziato a versare e strinse a sé entrambi i suoi migliori amici, cercando di non pensare ai suoi genitori e a quanto avesse lasciato dietro. Aveva loro, erano loro la sua famiglia, lo erano stati fin dal primo giorno in cui era arrivato a Hogwarts. Ron non disse niente, come suo solito, ma Harry percepì tutto il sollievo dell’amico nel rivederlo attraverso quell’abbraccio, come se attraverso esso volesse dirgli che aveva temuto di non rivederlo più, che gli sembrava di aver perso un fratello. Erano le stesse cose che avrebbe pensato Harry, se fosse successo qualcosa del genere a Ron. Era grato che lui e Hermione stessero bene, dopo la battaglia sulla torre di Astronomia. Anche di quella notte aveva vaghi ricordi, non tutto gli era ancora chiaro.
«Herm, dov’è Draco?» domandò, quando entrambi si separarono da lui «Voi lo avete visto?»
«No, Harry» rispose lei sospirando «Tutto bene? È successo qualcosa?» chiese.
«È solo che… stavamo uscendo da quella grotta e poi… c’è stato un terremoto» raccontò «Ci siamo persi e io mi sono risvegliato qui, non so dov’è e… se gli fosse successo qualcosa?» domandò all’amica con gli occhi pieni di lacrime.
«Non preoccuparti, sono certa che sta bene e che sarà qui tra poco. Ho sentito prima che Silente diceva che sarebbe andato a prenderlo» gli disse l’amica per rassicurarlo «Sicuro è ancora in Italia, ma tornerà presto con Silente, vedrai».
«Spero tu abbia ragione…»
«Mi toccherà davvero ringraziare Malfoy, alla fine» fece Ron, cercando di risollevare l’amico «Non credevo che arrivasse fino a questo punto, sono sorpreso». Harry alzò lo sguardo verso di lui e gli sorrise appena, annuendo leggermente, Hermione gli colpì una spalla e lo rimproverò del suo poco tatto.  «Ehi!» si lamentò il rosso «Che ho fatto?»
«Harry è preoccupato per Draco e tu fai battute? Sei incorreggibile, Ronald».
Ron scrollò le spalle e Harry trovò la scenetta tra i due abbastanza divertente da strappargli un sorriso, certe cose non sarebbero mai cambiate ed era felice di essere tornato, anche se ancora incredibilmente preoccupato per Draco e per la sua sorte. I due restarono per un po’ in sua compagnia, come se non volessero lasciarlo solo dopo averlo ritrovato. Per un attimo, gli sembrò di essere tornato alla normalità, i suoi amici gli raccontarono delle ultime settimane che avevano vissuto, di cosa fosse accaduto e di come si fossero sentiti durante la sua assenza. Inoltre, lo aggiornarono anche sulla loro relazione. Harry non poté che esserne felice, finalmente tutti e due erano riusciti a venire a patti con i rispettivi sentimenti e a venire a capo della loro relazione, aveva sempre pensato che nutrissero dei sentimenti l’uno per l’altro ed era felice che finalmente fossero venuti a patti con essi. Non poteva dire lo stesso di se stesso, anzi, era ancora piuttosto confuso su quel fronte, ma non ne poteva fare un dramma, in fondo era confuso fin dal suo risveglio.
Ben presto, però, il pensiero di Draco tornò a ronzare nella sua mente e si ritrovò a chiedere di nuovo ai suoi amici se sapessero qualcosa di lui, ma loro negarono ancora. Aveva solo bisogno di sapere se l’altro stesse bene, non poteva pensare che gli fosse accaduto qualcosa, mentre cercava di salvare lui. Se fosse davvero successa una cosa del genere, il senso di colpa l’avrebbe perseguitato per tutta la vita. Fu in quel momento che Silente fece la sua apparizione.
«Harry, ragazzo mio, sono così felice di vederti sveglio» gli disse il preside. Harry sorrise e guardò il suo mentore, sperando che con il suo arrivo avrebbe avuto qualche risposta e qualche spiegazione. Ron e Hermione gli dissero che l’avrebbero aspettato fuori e che lo avrebbero lasciato tranquillo a parlare con il preside.
«Signore, dov’è Draco?» chiese Harry, senza neanche aspettare che gli altri due fossero usciti. «Sta bene? È vivo?»
Silente gli rivolse un sorriso gentile e annuì «Draco sta bene, non preoccuparti, è qui a Hogwarts» lo rassicurò, il ragazzo annuì sentendo un peso lasciare il suo petto. Supponeva che l’avrebbe visto dopo aver parlato con Silente «Immagino che tu abbia delle domande per me, o mi sbaglio?»
«È così, ho… delle domande» rispose esitante, una parte di sé temeva le risposte che avrebbe avuto, il preside lo invitò a porle senza esitazione «Che cos’è il… com’è che si chiama? Nexus?»
«Il Nexus Mentis Incantatio è una magia molto antica, non è un vero e proprio incantesimo, è molto raro e si instaura solo tra due maghi che condividono un legame mentale molto forte» spiegò Silente «Tu e Draco avete condiviso molto, in così poco tempo e avete stretto un legame così profondo che ha permesso a Draco di entrare in perfetta sintonia con la tua mente e in questo modo è riuscito a salvarti». Harry annuì, ancora confuso. Forse questo spiegava al meglio le strane sensazioni che aveva provato con Draco, spiegava le sue strane reazioni ai suoi atteggiamenti, giusto? Spiegava anche perché il Serpeverde avesse intrapreso un viaggio del genere per salvarlo. Aveva bisogno di sapere se questo legame poteva, in qualche modo, creare l’illusione di un sentimento più profondo dell’amicizia.
«E come funziona questo Nexus?» chiese il Grifondoro «Fa provare dei sentimenti per l’altro mago coinvolto?» Silente rise, scuotendo la testa, esattamente come aveva già fatto in passato quando aveva parlato della stessa cosa con Draco, peccato che Harry non potesse saperlo.
«Oh ragazzo mio, ci sono cose che la magia non può creare, l’amore è una di queste» spiegò «L’amore non si può imparare sui libri e non esistono incantesimi o pozioni che possano crearlo. Il Nexus crea una profonda connessione mentale tra i due maghi coinvolti, ma nessun sentimento affine all’amore» spiegò «Se provi qualcosa per Draco, a mio modesto parere, deve essere vero». Harry arrossì e abbassò lo sguardo, scuotendo la testa. No, lui non provava niente… giusto? Era in imbarazzo, ma non poteva lasciare che esso vincesse, aveva ancora così tante domande ancora da porre. Aveva bisogno di sapere tutto, anche ciò che Silente ancora non gli aveva raccontato.
«Ma perché?» chiese «Perché Draco ha potuto salvarmi?» domandò ancora «Ero stato colpito da un Anatema che Uccide, non è possibile che io sia tornato, giusto?»
«Beh, ragazzo mio, a me tu sembra che tu sia qui sano e salvo» gli rispose Silente con ovvietà.
«Mi spieghi, allora» disse il ragazzo «Perché non sono morto? Perché sono tornato?»
«Non hai nessuna idea di quanto è accaduto?» domandò il preside, il ragazzo scosse la testa, confuso. Quella volta, però non avrebbe lasciato che il preside lo ingannasse con i suoi discorsi e gli impedisse di capire esattamente cosa fosse accaduto, voleva delle risposte, voleva sapere perché, nonostante fosse stato colpito da un Anatema che Uccide, era ancora vivo. Meritava di sapere la verità, non voleva vivere ancora nell’incertezza e nel dubbio.
«No, non lo so» rispose lui «Mi spieghi, la prego».
«Vedi, la notte che ha cercato di ucciderti, una parte dell’anima di Voldemort si è staccata e si è attaccata all’unica cosa vivente in quella stanza, tu, Harry» il ragazzo spalancò gli occhi scioccato, non aspettandosi quella risposta «Tu eri il settimo horcrux, quello che Voldemort non ha mai avuto l'intenzione di creare» spiegò ancora «Non sapeva che tu lo fossi, è sempre vissuto ignorando ciò che era accaduto quella notte» continuò «E ha continuato ad agire nell’ignoranza, persino quando, per risorgere, ha preso il tuo sangue convinto che l'avrebbe rafforzato. Ha accolto nel suo corpo una minuscola parte dell'incantesimo che tua madre aveva imposto su di te quando morì per te. Il suo corpo manteneva vivo il sacrificio di Lily e finché quell'incantesimo fosse sopravvissuto, saresti sopravvissuto anche tu e con te l'ultima speranza di Voldemort per se stesso, ma quando tu hai lasciato che ti colpisse con l’Anatema per salvare Draco, Voldemort ha reciso quell’incantesimo, quel legame e, cosa di maggiore importanza, ha ucciso se stesso, il suo ultimo frammento di anima rimanente».
«Quindi la parte della sua anima che era in me… adesso è morta?» domandò Harry, incerto.
«Esatto» rispose Silente «Voldemort stesso l’ha distrutta. Adesso, la tua anima è intera, e interamente tua, Harry» disse Silente «E adesso che sei tornato qui tra noi, potrai vivere liberamente la tua vita, senza alcuna preoccupazione».
«Davvero?»
«Davvero» rispose il preside, sorridendo al ragazzo, il quale lo fissò, aveva ancora tante domande da porre, aveva ancora tante cose che voleva capire, ma non sapeva se le avrebbe capite tutte, ma visto che Silente sembrava propenso a rispondere, le avrebbe poste tutte e avrebbe cercato di analizzare tutte le informazioni che aveva accumulato e di capirci qualcosa.
«Lei ha sempre saputo che ero un horcrux?»
«Lo supponevo. Ma le mie supposizioni di solito sono buone» rispose il mago anziano. Harry annuì, una parte del suo cuore era spezzata, eppure c’erano ancora così tante cose poco chiare, così tanti dubbi così tante incertezze, così tante domande… erano davvero troppe cose da digerire tutte insieme.
«Ma… io sono morto, giusto?» chiese «Ero nel limbo e poi Draco…»
«Non appartenevi a quel mondo, Harry, la tua anima non apparteneva a quel mondo, non era ancora giunto
il tuo tempo, hai ancora tante cose da imparare in questo mondo, hai ancora così tanto da vivere e da scoprire…» Harry annuì, sentendo gli occhi pieni di lacrime.
«Perché nel limbo ho vissuto quella realtà alternativa?» chiese «Perché?»
«Non so rispondere a questo» gli disse Silente rammaricato «Ma vedi, Harry, la vita è fatta di scelte, ogni scelta cambia il nostro futuro… per esempio, se Voldemort non avesse ucciso i tuoi genitori quella notte, la tua vita sarebbe stata certamente diversa, ne hai avuto un assaggio mentre… dormivi» il ragazzo annuì e deglutì, sentendosi a disagio, tutto quello che aveva vissuto non era vero, tutto quello che era successo con i suoi genitori non era vero. Sentì il cuore far male. La consapevolezza di aver sognato tutto, di aver solo avuto l’illusione di aver avuto quella vita faceva male, sapeva che era stupido e infantile, ma non poteva farci niente. Sarebbe stato così bello avere i suoi genitori e Sirius nella sua vita… ma tutto quello che aveva vissuto era avvenuto in un mondo onirico, creato dal suo inconscio per rendergli “piacevole” il soggiorno nell’Oltretomba. Per un attimo, si chiese cosa ci fosse stato di male nel restare lì.
«Quindi… non era vero?» domandò, la sua voce risultò bassa e sottile, come quella di un bambino piccolo, Silente si intenerì a vederlo in quello stato, gli dispiaceva enormemente per lui «Era solo un’allucinazione?» Nel porre quella domanda, Harry sentì il proprio cuore spezzarsi, quella realtà era dolorosa da accettare, anche se l’aveva già accettata quando aveva solo cinque anni e suo zio, mentre lo sgridava, inveiva contro i suoi genitori, i quali erano morti, lasciando a lui “quell’enorme peso”.
«Temo di sì, ragazzo mio» gli disse mestamente, una lacrima rigò la guancia di Harry, sapeva qual era la risposta, ma udirla così fece male, forse anche troppo «Mi dispiace, avresti meritato una vita completamente diversa, avresti meritato di essere cresciuto dai tuoi genitori circondato da amore e da affetto» qualche altra lacrima scappò al controllo del giovane «Ma lascia che ti dica una cosa. Come ti ho detto prima e come ti ho sempre detto in questi anni, sono le nostre scelte che fanno di noi chi siamo realmente. Tu hai avuto la possibilità di vivere, grazie al sacrificio dei tuoi genitori e quelle scelte ti hanno portato ad essere il ragazzo coraggioso e generoso che sei» gli disse dolcemente «Così coraggioso da sfidare la morte per salvare un amico, così generoso da offrire aiuto anche a chi credevi ti fosse nemico» Harry sussultò sentendo il riferimento a Draco, non lo aveva ancora visto da quando si era risvegliato e aveva paura di non vederlo arrivare. «Guarda le cose positive che la vita ti ha portato, hai degli amici che farebbero di tutto per te, per renderti felice, hai delle persone che ti amano e ti stimano per la splendida persona che sei» continuò «E… se posso permettermi, tra queste persone ce ne è una che crede che tu sia così speciale da rischiare la propria per salvarti» aggiunse «Una persona che ha affrontato pericoli inimmaginabili e prove impegnative, che ha superato se stesso pur di raggiungerti nel Limbo e salvarti» Harry arrossì, capendo di nuovo di chi stesse parlando… Draco aveva fatto così tanto per lui e se continuava a comportarsi in quel modo non avrebbe mai potuto ricambiare il favore, eppure… «A mio modesto parere, in quella vita alternativa e fittizia, non avresti avuto tutto ciò che hai» disse «Voglio chiederti una cosa, saresti stato la stessa persona che sei oggi?»
Harry scosse la testa in risposta «Ma lì c’erano i miei genitori e Sirius…» mormorò a bassa voce, la sua voce suonò nuovamente come quella di un bambino e Silente lo guardò sinceramente dispiaciuto. Non avrebbe mai voluto dare a quel ragazzo altre brutte notizie, ma era necessario in quel momento, era necessario che capisse, ma Harry non voleva capire, voleva tornare in quel sogno per rivedere i suoi genitori, per trascorrere altro tempo con Sirius, aveva avuto per la prima volta nella sua vita una famiglia, aveva provato l’amore familiare che non aveva mai vissuto e… si era rivelato essere solo un’illusione, solo un sogno, come quelli che faceva da piccolo… solo che stavolta era sembrato più reale e per questo risvegliarsi faceva più male.
«E avresti rinunciato a tutto il resto?» domandò Silente «Per vivere in un sogno, avresti rinunciato a tutte le tue conquiste in questa vita? Avresti rinunciato a tutte le persone che ti amano, che farebbero tutto per te e per le quali tu faresti di tutto?» chiese ancora il preside «Riflettici un attimo su, avresti vissuto lì con i tuoi genitori e con Sirius, ma saresti stato felice senza i tuoi amici? Saresti stato davvero te stesso?»
Harry scosse la testa di nuovo. No, non sarebbe stato se stesso, quando si trovava nel sogno, aveva sempre avuto una sensazione che gli diceva che quello era tutto troppo perfetto, tanto da sembrare irreale, tuttavia mentre era lì, aveva voluto convincersi che fosse reale, perché il contrario faceva troppo male. Gli mancava qualcosa e solo adesso se ne rendeva conto: oltre ai suoi amici e a tutte le persone che aveva conosciuto nel corso della sua vita, non era davvero se stesso in quel sogno. Certo, era sempre lui, ma non il se stesso che conosceva, crescere con i Dursley, andare a Hogwarts, conoscere Ron, Hermione e gli altri, imparare da Silente, cercare di sconfiggere Voldemort ogni anno, soffrire a causa di quest’ultimo, aiutare Draco offrendogli una possibilità e tutto il resto lo avevano reso la persona che, in effetti, era diventato. Vivere una vita senza Ron, senza Hermione, senza i suoi amici, senza Draco non sarebbe stata la stessa cosa. Eppure con i suoi genitori sarebbe stato diverso, con loro era amato, era felice, libero dai traumi che lo avevano accompagnato per tutta la sua vita… ma non era se stesso, quella era solo una versione alternativa dell’Harry che tutti conoscevano, se fosse rimasto nel sogno, non sarebbe mai stato la stessa persona che era diventato nel corso degli anni, non sarebbe mai stato colui che aveva dato una chance a Draco, non sarebbe mai stato colui che aveva sconfitto un basilisco a dodici anni, non sarebbe mai stato amico di Ron e di Hermione, non sarebbe stato neanche lo stesso giocatore di Quidditch. Sarebbe stato con i suoi genitori, ma avrebbe perso tutto ciò che aveva guadagnato da solo, con le sue forze. Valeva la pena perdere tutto quello? Evidentemente no, visto che aveva deciso di tornare, ma faceva male, anche se il dolore di aver lasciato indietro i suoi genitori non abbandonava il suo cuore e mai l’avrebbe fatto.
«Non… non c’era una possibilità che… potessi avere entrambe le cose…?» domandò con la voce incrinata, sapeva che sarebbe scoppiato in lacrime da un momento all’altro, ma voleva cercare di essere forte.
«No, ragazzo mio, mi dispiace» rispose Silente «Credimi, se ci fosse un modo, sarei il primo a sfruttarlo. Sai, io ci ho provato e questo… mi ha quasi ucciso» il ragazzo alzò lo sguardo sul preside, senza capire cosa intendesse «Ricordi quando Draco ha trovato una soluzione per la mia mano?» chiese, il ragazzo annuì «La mia mano era infetta perché sono stato avido e ho provato ad usare la pietra sull’anello» spiegò Silente «Sai cos’era quella pietra?» Harry scosse la testa «La pietra della resurrezione, uno dei Doni della Morte, hai mai sentito parlare dei Doni, Harry?» lui negò ancora una volta, non aveva proprio idea di cosa fossero questi Doni della Morte e perché fossero così importanti. Silente non impiegò molto a spiegarglielo, rispondendo stranamente a tutte le sue domande.
«Quindi… Draco ha usato la pietra per riportarmi qui? Mi sta dicendo questo?»
«No, Harry, ti ho spiegato il motivo per cui tu sei potuto tornare, in più la pietra non ti avrebbe fatto tornare fisicamente, ma solo… in forma incorporea, capisci?» Harry annuì incerto «Sto cercando di dirti che a parte il tuo eccezionale caso, non c’era possibilità che tu in questa vita potessi stare con i tuoi genitori». Stavolta Harry annuì di nuovo, ma più triste di quanto non lo fosse stato poco prima. Non poteva avere tutto, non poteva essere se stesso e avere i suoi genitori al suo fianco, ma… forse come gli aveva detto Sirius quando si erano conosciuti, poteva trovare tutti loro nel suo cuore, da lì non sarebbe mai andati via. Una lacrima scivolò lungo la sua guancia e ben presto fu seguita da altre innumerevoli lacrime che lentamente scivolavano e gli rigavano il viso.
«Mi dispiace, ragazzo mio» gli disse il preside con un tono di voce sinceramente dispiaciuto «Mi dispiace davvero tanto, ma ti posso assicurare che i tuoi genitori ti amano e sono fieri di te, del giovane uomo che sei diventato e di quello che hai fatto fino ad oggi» gli disse per rassicurarlo «Qui hai delle persone che ti amano per il meraviglioso ragazzo che sei, che ti sono e ti saranno sempre accanto anche nei momenti difficili».
«Intende… Ron e Hermione, vero?» domandò il ragazzo, guardando l’uomo anziano.
«Sì, anche loro» rispose il preside. Harry non dovette chiedergli il perché avesse aggiunto quell’ “anche” tra le persone che avrebbero fatto di tutto per lui, poiché egli indicò la porta e sotto l’uscio di essa, Draco Malfoy era immobile e lo fissava con gli occhi spalancati, come se avesse visto un fantasma e inoltre, anche da lontano, Harry poteva capire che i suoi occhi fossero pieni di lacrime. Già, il preside aveva ragione, Draco faceva decisamente parte delle persone che avrebbero fatto di tutto per lui, dato il viaggio terribile che aveva intrapreso solo per salvargli la vita.
«Draco…» mormorò con un filo di voce il Grifondoro. Senza rispondere, il Serpeverde entrò nell’infermeria e raggiunse Harry percorrendo lo spazio che li separava a grandi falcate. Non appena gli fu vicino, lo squadrò per un lunghissimo attimo e scambiò con il biondo una breve, ma intensa occhiata e poi lo abbracciò. Era la prima volta che consciamente Draco abbracciava qualcuno prendendo l’iniziativa, se si escludeva la volta in cui lo aveva ritrovato nell’Oltretomba. Harry rimase immobile per alcuni attimi, il biondo invece nascose il viso nell’incavo del suo collo e cercò di trattenere le lacrime che aveva trattenuto fin dal suo risveglio nella grotta della Sibilla, infatti emise anche un verso simile a quello di un singhiozzo, stringendo le braccia attorno ai suoi fianchi per averlo e sentirlo più vicino. Dopo il primo attimo di shock, Harry restò si sentì scaldato da quell’abbraccio, il suo cuore prese a battere con forza nel suo petto e lui provò così tante sensazioni ed emozioni nuove che non sapeva come fronteggiare, fu un sentimento che non poteva essere paragonato a nessun altro sentimento avesse mai provato nella sua vita. Fu qualcosa che lo avvolse completamente, che lo fece sentire completo, amato, al sicuro, felice. Così, ripresosi dal momento di shock iniziale, ricambiò l’abbraccio. Strinse Draco così forte a sé che per un attimo gli parve che l’altro avesse emesso un gemito addolorato. Non dissero nulla per lunghissimi attimi, Draco pianse tra le braccia di Harry, pianse per il sollievo, per la gioia, per la soddisfazione.
«Ti lascio alle amorevoli cure di Draco, Harry» disse Silente, guardando i due ragazzi sorridendo «Rimettiti presto e riposa, noi due parleremo di nuovo quando starai meglio». Il ragazzo annuì e ringraziò il preside, che lentamente andò via, chiudendosi la porta alle spalle. Il Grifondoro strinse di più le braccia attorno al corpo di Draco, sentendo che l’altro fosse scosso da leggeri brividi. Aveva freddo o era spaventato? O qualcos’altro?
«Sei vivo…» sussurrò Draco, spezzando il silenzio «Sei davvero vivo, io non…» deglutì, staccandosi leggermente da lui per guardarlo in viso e assicurarsi che non fosse tutto un altro sogno «Credevo di averti perso».
Lo disse con una sincerità così profonda, che Harry si sentì di nuovo colpito dalle sue parole, non riuscì a rispondere alle parole dell’altro, semplicemente gli prese il viso tra le mani e premette le labbra contro quelle di Draco, il quale rimase per qualche istante interdetto, come se non si aspettasse quella reazione, quella gioia da parte dell’altro, ma poi nel giro di pochissimi istanti tornò in sé e mise prese a sua volta il viso dell’altro tra le sue mani e ricambiò il bacio con dolcezza, assaporando ogni istante di quel nuovo, intimo contatto. Si erano già baciati una volta, ma non era neanche paragonabile a ciò che entrambi stavano provando in quel momento, il cuore di Harry e quello di Draco battevano allo stesso ritmo, quello appartenente a due persone innamorate. Nessuno dei due riusciva a separarsi da quel bacio, non c’era davvero un valido motivo per farlo, inoltre non volevano, non dopo essersi finalmente trovati. Era come se fossero caduti in una bolla fatata, dove le cose negative non comparivano e due persone potevano essere felici solo così. Quando, in assenza d’aria, si separarono per riprendere fiato, si guardarono negli occhi e si sorrisero a vicenda, anche se entrambi erano terribilmente imbarazzati per quanto accaduto e per questo ritornarono entrambi immediatamente alla realtà.  Fu proprio Harry il primo ad interrompere la magia, perché i dubbi riguardanti il legame tornarono nella sua mente. Era per colpa di esso che si era sentito così e probabilmente era così anche per Draco, altrimenti non si spiegata tutta quella tensione, tutto quel sentimento che fino a poco tempo prima non era mi esistito né si spiegava il motivo per il quale il biondo non lo aveva respinto e affatturato, quando lui lo aveva baciato. Dovevano per forza essere guidati ed influenzati entrambi dal legame. Era l’unica spiegazione logica a quanto appena accaduto. Non v’erano altre spiegazioni, quel sentimento, quell’attrazione erano tutti dovuti al legame e non a uno strano e reale sentimento che li univa.
«Io…» mormorò Draco per primo, mordendosi le labbra in imbarazzo «Harry…»
«Scusa, non avrei dovuto» fece Harry subito sulla difensiva «M-Mi dispiace» il biondo scosse la testa, come per dire che non gli importava di cosa fosse accaduto, per fargli capire che a lui andava benissimo così. «Io. Uhm… ti ringrazio per avermi salvato, suppongo». Draco sentì il gelo piombare su di lui, come un macigno pesante esso si abbatté su di lui e il suo cuore si spezzò di nuovo, era stato rifiutato da Potter per la seconda volta. Grandioso.
«Ehm… figurati» mormorò deglutendo «Lieto di vedere che tu stia bene» aggiunse, guardandosi intorno imbarazzato e sentendosi fuori luogo in quel posto. Harry fece per aprire la bocca e parlare, ma fu interrotto dalla porta dell’infermeria che si apriva e la figura di Remus Lupin che entrava e anche lui raggiungeva il ragazzo redivivo per abbraccialo con forza. Draco rivolse un sorriso all’amico e lo salutò, prima di voltarsi e andare via toccandosi le labbra come se volesse riassaporare ancora una volta il sapore delle sue labbra e si chiese quando Harry avrebbe smesso di pensare al legame e avesse iniziato a pensare di ai suoi reali sentimenti. Decise che gli avrebbe concesso del tempo, in fondo a lui era servito un viaggio nell’Oltretomba per venire a patti con i suoi sentimenti… ma questo non alleviò il dolore provato a causa del rifiuto. Una sola lacrima scivolò lungo la sua guancia, mentre usciva dall’infermeria, la missione era compiuta, Harry era tornato in vita e tutti avrebbero potuto godere di più della sua compagnia. Tutto il resto non contava, probabilmente a lui sarebbe passato tutto, il periodo estivo davanti a lui era ancora molto lungo.
Quella sarebbe stata un’estate davvero interminabile.


 

Fine seconda parte.

To be continued...



________________________


Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Buona domenica ed eccoci all’ultimo capitolo di questa seconda parte!
EEEEEH C’E’ STATO UN BACIO! Siete felici? No, vero? Harry è un deficiente, ma capitelo… Draco ha affrontato un viaggio nell’Oltretomba per capire che i suoi sentimenti non erano influenzati dal legame, diamo al nostro MaiCorvonero preferito il beneficio del dubbio e diamogli un po’ di tempo u.u
Anyway, ogni cosa ha trovato una spiegazione, più o meno e anche se Draco ha avuto un mezzo infarto, alla fine tutto è finito nel migliore dei modi.
Sfortunatamente questa seconda parte della storia è finita. Harry e Draco sono vivi e sono tornati a Hogwarts, ma state tranquilli. Presto inizierà la terza stagione e finalmente anche l’amore troverà la via. (ditemi che avete colto la cit, PLIS) direi che ci vuole un po’ di romanticismo, dopo tutto questo dolore, voi che dite? :D
BENE.
Veniamo alle note dolenti: Devo darvi un annuncio, la prossima settimana non riuscirò ad aggiornare per alcuni impegni che ho in settimana e nel fine settimana che non mi permetteranno di correggere il capitolo come si deve >< BUT non preoccupatevi, tornerò ad aggiornare regolarmente dalla settimana successiva!
Intanto ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fino a questo punto e che hanno recensito ogni capitolo con grande pazienza. Eevaa, Puffalanovita e Estel84, grazie mille per il supporto e per le vostre belle parole. I’m so happy.
Stay tuned!
See you soon! :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 20
*** Terza Parte, Capitolo 1: Just friends? ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

 
Avviso I: Come per le altre parti, gli eventi non seguono la linea temporale canonica dei libri/film
Avviso II: Per la gioia di tutti, da qui in poi inizia la parte romantica della storia. Sorry per avervi fatto aspettare tanto.



Trama Terza Parte: Dopo gli eventi italiani, Harry e Draco sono più confusi che mai, i loro sentimenti vengono messi in discussione e sullo sfondo di un mondo magico senza la minaccia di Voldemort, tra lezioni, incantesimi e creature magiche vedranno il loro amore sbocciare, come un fiore in primavera.
Sarà vero amore o sarà solo un effetto collaterale del legame mentale che li ha uniti in precedenza?



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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 1: Just friends?




 
25 agosto 1997
 
Caro Draco,
Non so come tu stia passando queste vacanze, per me è ancora complicato capire dove mi trovo, ci credi? A volte, sogno ancora di essere lì, in quel limbo dal quale mi hai tirato fuori. Se non fosse stato per te, sarei rimasto bloccato tra la vita e la morte per sempre, avrei vissuto senza ricordare chi sono davvero, senza ricordare nulla dei miei amici, delle persone che fanno parte della mia vita da anni, ma anche se avessi vissuto la vita che ho sempre sognato, so che quella non lo sarebbe stata davvero, perché non sarei stato me stesso, non sarei stato la persona che tutti voi conoscete. A volte penso che sarei stato davvero felice, se i miei fossero sopravvissuti, se loro mi avessero cresciuto, ma non sarei stato la stessa persona che sono oggi. Quello nel limbo non ero davvero io, e anche se ero felice lì con i miei genitori e con Sirius, sapevo che ci fosse qualcosa di mancante. I miei amici, le mie esperienze, tutto il dolore, tutte le sofferenze, tutto ciò che riguardava Hogwarts era sparito, tutto tranne te, tu apparivi continuamente nei miei sogni e… in qualche modo mi tenevi legato alla realtà, sai spiegarmi il motivo? Io non riesco ancora a capire, perché proprio tu e non uno dei miei amici? Perché proprio tu, che per tanto tempo sei stato il mio rivale? Perché tra tutti, proprio tu? Potevo sentire i tuoi pensieri, quando ti rivolgevi a me, potevo vedere il tuo viso nei miei sogni… sai dirmi perché? C’entra il legame di cui mi ha parlato Silente, vero?
Mi sembra ancora strato essere tornato. A volte mi sveglio e mi sembra di vedere i miei genitori o Sirius che tentano di convincermi a restare con loro, anche se paradossalmente sono stati loro a convincermi a tornare indietro con te. A volte penso di voler tornare lì solo per vederli ancora… non so perché te lo sto scrivendo, in realtà. Ma sento che sei l’unica persona che può capirmi, assurdo, vero? Non so cosa mi stia prendendo, Draco, non so perché mi sento così. Sento che mi manchi e che vorrei che tu fossi qui con me, che se tu fossi qui tutto andrebbe bene, sono patetico, vero? Oh sì, tu lo diresti. Mi sento scombussolato, come se non fossi completamente me stesso e… non so nemmeno se ti spedirò questa lettera, ma ho bisogno di scriverti, è stupido, vero? Sì, tu mi diresti che il mio atteggiamento è da idiota.
Per fortuna, Remus ha deciso di prendersi cura di me e mi ha ospitato a casa sua. Sono ancora piuttosto confuso, sai? Non so perché nella mia mente, l’unico appiglio che avevo con la realtà eri tu. Cosa mi hai fatto, Malfoy? Perché continuo a pensare a te? Non mi capisco neppure io. Qualche giorno fa, Ron, Hermione e i Weasley sono venuti a casa di Remus, siamo stati un po’ insieme, è stato bello, fino a che… non sono rimasto da solo con Ginny. Lei mi ha baciato, mi ha detto che mi ama… che vorrebbe riprovare con me, ma io l’ho respinta, perché sapevo non era giusto… baciarla o illuderla, quando nella mia mente l’unica persona che volevo baciare era un’altra… riesci ad immaginare chi è?
Perché mi sento così nei tuoi confronti, Draco? Dipende dal legame, vero? È tutto frutto del Nexus? Dimmi che anche tu ti senti così, ti prego…
È stato inappropriato da parte mia baciarti, quando mi sono risvegliato, lo so, ma credo di essere stato trascinato dagli eventi ancora presenti nella mia mente. Un attimo prima fuggivamo dall’Oltretomba e l’attimo dopo ero solo in infermeria, quando ti ho rivisto, quella è stata l’unica cosa sensata che mi sia venuta in mente di fare, anche se a mente lucida è stata la più sbagliata, ho creato dell’imbarazzo tra di noi e mi dispiace. Il fatto che tu non mi abbia scritto per tutto questo tempo, ne è la prova.
Non so cosa mi sia preso, non so perché io l’abbia fatto, ma so che volevo farlo… da tanto, Draco. Abbiamo sempre avuto un conto in sospeso, fin da quel bacio sulla Torre di Astronomia, prima della battaglia. Non credere che non lo ricordi…
E so che parlare di questo ti mette a disagio questo, ma… ho bisogno di dirti queste cose, so che di persona non riuscirei mai a farlo e bisogno di chiarire con te, perché altrimenti non vivrei bene l’ultimo anno a Hogwarts… tu tornerai, vero?
Sono a disagio anche io e non so con quale coraggio sto scrivendo questa lettera – forse è il Whisky Incendiario che mi ha dato Tonks, durante la festa che hanno organizzato per me, me ne ha dati due perché ne dovevo bere uno anche per lei, che non può, dato che è incinta.
Ci credi? Non ho idea di quanto tempo sia stato fuori combattimento e sia rimasto nel limbo, ma a quanto pare durante la mia assenza, Dora e Remus hanno concepito un bambino. Assurdo, ma vero. Remus ha avuto un piccolo crollo, quando l’ha saputo, voleva andare via, sai? Pensava di non essere adeguato a crescere il bambino… ho dovuto farlo ragionare io… e mi ha nominato padrino del figlio. Pazzesco, vero? Ma perché ti sto scrivendo queste cose? Ah sì, il Whisky…
Hanno organizzato una festa per il mio “ritorno in vita”, ci credi? Ti avevo spedito l’invito, ma credo che non ti sia arrivato… o che tu lo abbia declinato senza dirmi nulla. Mi avrebbe fatto piacere vederti e parlarti, magari scusarmi…
Draco, so che non siamo mai stati particolarmente vicini prima che tu decidessi di passare dal lato dei buoni e che decidessi di venire a salvarmi, ma… per me ha significato molto che tu abbia rischiato la vita per salvarmi. Non ti sarò mai abbastanza grato, non ti ringrazierò mai abbastanza.
Una parte di me voleva restare con i miei genitori e con Sirius, dimenticare tutto il dolore che ho vissuto nel corso degli anni, ma tu… mi hai ricordato che tutto quello che ho vissuto, che mi ha reso chi sono e che mi ha anche avvicinato a te.
Mi hai salvato la vita. No, non solo. Hai viaggiato fino all’Italia, sei sceso nell’Oltretomba, hai raggiunto il limbo e hai affrontato tutti quei pericoli per me. Per salvare me. E non mi hai solo salvato la vita, mi hai anche ricordato chi sono, nel momento in cui io lo stavo dimenticando. Stavo dimenticando chi ero, cosa avevo fatto, le persone meravigliose che ho incontrato… e tu mi hai fatto ricordare ogni cosa. Eri il mio unico collegamento con la realtà e mi hai salvato, mi hai tirato fuori da lì e… credo sia stata la cosa più “romantica” che qualcuno abbia fatto per me.
Non credere che io possa mai dimenticare una cosa del genere.
Non ho ancora parlato di nuovo con Silente, ci credi? Non ha risposto alla lettera che gli ho scritto e… non so cosa fare. Ma voglio… sai, solo dirti grazie.
Ti ringrazio, Draco, per tutto.
Spero che quando torneremo a Hogwarts potremo essere amici. Anche se per colpa mia, tra di noi ci sarà dell’imbarazzo, dimenticalo, dimentica quel bacio che ti ho dato se per te non significava nulla. Mi dispiace davvero di aver creato questa situazione… ma ti sono grato. Tutti noi ti siamo grati per quello che hai fatto.
Ci vediamo a Hogwarts,
A presto,
Harry Potter”.
 

 
L’estate era volata via in fretta, quelle ultime settimane di agosto erano passate in un soffio e tutt’un tratto era già il primo settembre, tutti gli studenti di Hogwarts si riunivano al binario 9 ¾ per prendere l’Hogwarts Express e tornare nella scuola che un po’ per tutti era una seconda casa. Era stata un’estate strana, un’estate piena di domande e di dubbi, soprattutto per Harry. Fin da quando si era svegliato in infermeria, dopo essere “tornato in vita”, si era sentito strano, intontito, confuso. Secondo Madama Chips e anche secondo Silente, erano solo effetti collaterali postumi all’essere stato tanto tempo privo di conoscenza, perso in un sogno senza fine che in qualche modo aveva riscritto la sua vita.
Erano state settimane confuse quelle che avevano seguito il suo risveglio, aveva assistito a una discussione tra Molly Weasley e Remus Lupin, i quali dibattevano su chi si fosse più indicato a prendersi cura di Harry, ora che non c’era più bisogno che tornasse dai Dursley. Infatti, adesso che Voldemort era stato sconfitto, il ragazzo aveva espresso il desiderio di non tornare mai più in quella casa, non aveva detto i motivi, ma gli eventi dell’estate precedente erano ancora vividi nella sua mente, paradossalmente l’unico a sapere cosa fosse accaduto in quella casa era Draco Malfoy e stranamente quest’ultimo aveva taciuto, senza raccontare a nessuno cosa avesse visto nei suoi ricordi.
Nonostante ciò, tutti, compreso Silente, avevano compreso il suo desiderio e non avevano potuto obiettare in alcun modo, tuttavia, quando la questione riguardante il luogo in cui avrebbe vissuto era emersa, Remus e Molly si erano fatti avanti e lui aveva dovuto assistere a quella discussione, della quale, davvero, avrebbe fatto volentieri a meno. Alla fine, aveva deciso di andare a vivere con Remus, non per fare un torto alla signora Weasley, ma solo perché l’ex professore di Difesa contro le Arti Oscure era un amico di suo padre e di Sirius e magari con lui sarebbe stato un po’ come avere anche loro. Era ancora particolarmente confuso riguardo a quanto accaduto nell’Oltretomba prima dell’arrivo di Draco. C’erano un sacco di cose che non erano chiare, come ad esempio gli “effetti collaterali” del Nexus Mentis Incantatio, perché continuava a sentirsi in quel modo nei confronti di Draco? Perché era sempre più confuso sull’argomento? Non capiva, tutti gli dicevano che quel legame non influenzava in alcun modo i sentimenti, ma non poteva essere così, giusto? Come potevano essere reali i sentimenti che provava per Draco?
Eppure quando aveva rivisto Ginny, non aveva provato niente per lei. Niente. Quando la ragazza lo aveva baciato, era rimasto impassibile e si era chiesto cosa ci avesse trovato in lei prima di allora. Non era colpa della ragazza, ovviamente, ma doveva avere lui qualche problema, perché gli era tornato in mente quel bacio con Draco, gli erano tornate in mente le sue labbra, le sue mani sul viso, il suo profumo tutto di lui e aveva finito per rifiutare la sorella del suo migliore amico.
Così aveva deciso di scrivere una lettera al Serpeverde per capire come stesse vivendo anche lui la situazione, ma egli non gli aveva risposto. Non aveva neanche risposto all’invito per la sua festa che gli aveva inviato qualche giorno prima. Non capiva perché Draco si comportasse così e fosse sparito nel nulla, ma forse doveva accettare il fatto che per lui l’effetto collaterale era svanito e, quindi, presto sarebbe svanito anche per lui. Evidentemente il biondo non voleva avere nulla a che fare con lui, per questo era sparito… e forse poteva capirlo. Anche se, si sarebbe aspettato almeno un bigliettino di risposta alla sua lettera, invece non aveva ricevuto niente.
Al suo arrivo alla stazione di King’s Cross, per un attimo gli era sembrato di essere di nuovo nella stanza bianca e di vedere Sirius che gli indicava la strada da prendere. Stava impazzendo o cosa? Era di nuovo come quando era collegato mentalmente a Voldemort e lo vedeva ovunque? Avrebbe rivissuto il quinto anno, due anni dopo?
«Harry, tutto bene?» gli chiese Remus, che lo aveva accompagnato alla stazione, notando il suo momento di smarrimento.
«Sì, sì sto bene» rispose il ragazzo «Andrà meglio una volta che sarò con i miei amici».
«Okay, per qualsiasi cosa, sono sul treno insieme a te, vieni a cercarmi quando ne hai bisogno».
Harry annuì e sorrise a colui che, nelle ultime settimane, era diventato il suo tutore e che quell’anno sarebbe tornato ad insegnare a Hogwarts, perché fin dalla battaglia della Torre di Astronomia, Lumacorno aveva rassegnato le dimissioni, Piton era tornato ad insegnare Pozioni e Silente aveva pensato bene di contattare di nuovo Remus e offrirgli un lavoro, visto che stava per diventare padre. Harry ne era stato felice, sarebbe stato bello avere un punto di riferimento come lui a scuola, in tutti gli anni di Hogwarts, Remus era stato il migliore insegnante di Difesa che avesse mai avuto, era stato grazie a lui che aveva imparato il Patronus e aveva imparato a difendersi dai dissennatori. Lo salutò velocemente con un abbraccio, poi salì sul treno e raggiunse uno dei vagoni vuoti, sistemandosi lì in attesa di Ron e Hermione.
Prima di entrarvi, vide Draco di sfuggita entrare in uno degli scompartimenti più avanti, in un primo momento provò l’istinto di salutarlo, ma poi si bloccò con la mano a mezz’aria, poiché il biondo distolse lo sguardo e si voltò alla sua sinistra per dire qualcosa a Blaise Zabini, i loro sguardi si incrociarono per un lungo attimo, dopo tante settimane durante le quali non si erano per niente visti e Harry, ferito, distolse a sua volta il proprio sguardo, focalizzando l’attenzione su qualche altra cosa, pensando che forse Draco non voleva avere nulla a che fare con lui, adesso che le cose si erano sistemate e che era libero da Voldemort e da suo padre, probabilmente lui non serviva più. Sarebbero tornati ad odiarsi come all’inizio della scuola? Non lo sapeva, ma era molto confuso a riguardo e non sapeva cosa fare, quindi decise di non fare niente. Entrò in un vagone e si sedette su uno dei posti vuoti, attendendo che il treno partisse, l’attesa divenne snervante, anche perché era ancora solo e non faceva altro che pensare a Draco che lo continuava ignorarlo. Perché era così infastidito da ciò che l’altro ragazzo non aveva fatto? Perché era ferito dal fatto che non avesse risposto alla sua lettera e dal fatto che non lo avesse salutato?
Smise di pensaci solo quando i suoi amici arrivano e iniziarono a parlare delle loro ultime settimane insieme in vacanza nella casa al mare dei genitori di Hermione, di come si fossero divertiti. Harry ascoltava restando impassibile, non credeva di avere qualcosa di emozionante da raccontare, visto che tutto quello che aveva fatto era cercare di capire cosa gli fosse accaduto, ma mentre era con loro, lì nel treno, e li sentiva parlare così appassionatamente, per un attimo dimenticò tutto e gli sembrò di essere tornato alla normalità, come se niente di quegli ultimi mesi fosse accaduto. Peccato che la sua fosse solo una breve illusione.
Quando il treno partì, cercò di rilassarsi e di intavolare una conversazione con i suoi amici, ma quando gli chiesero “e tu come stai, Harry?” non seppe cosa rispondere. Si ritrovò a scrollare le spalle e a scuotere la testa, senza avere nulla da dire.
«Harry» fece Ron, guardandolo con serietà «Davvero, che ti succede? Sei assente da quando siamo saliti sul treno, con noi puoi parlare» gli disse, alzandosi dal suo posto e sedendosi accanto a lui «Siamo io e Hermione, non c’è nessun altro, puoi parlare liberamente, lo sai che non diremo nulla a nessuno, puoi fidarti». Il moro annuì, sentendosi un po’ perso, ma ringraziò l’amico e gli rivolse un sorriso. Il fatto era che non aveva niente da dire, come poteva spiegare il modo strano in cui si sentiva? Come poteva spiegare che gli sembrava di non essere mai tornato? Che una parte di sé sembrava essere ancora legata al limbo? Forse avrebbe dovuto parlarne con Remus o con Silente quando sarebbe arrivato a Hogwarts, o forse la sua era solo suggestione e lui stava bene, ma si stava fasciando troppo la testa per qualcosa che era solo dentro di essa. Non lo sapeva, ma sapeva di essere terribilmente confuso e spaventato, eppure non riusciva a parlarne.
«Puoi confidarti» intervenne Hermione «Anche se non riesci a spiegarlo bene, parlane, magari possiamo aiutarti a sentirti meglio» aggiunse, preoccupata, guardandolo. Harry si morse le labbra e rifletté per un momento su cosa fare. Certo, i suoi amici sapevano leggerlo davvero troppo bene, lo conoscevano così bene che sapevano esattamente quando qualcosa non andava. Del resto, era con loro che aveva sempre affrontato ogni situazione spiacevole in tutti quegli anni ed erano stati loro ad aiutarlo anche quando era stato vittima degli attacchi di Voldemort, a volte assecondandolo anche troppo, come al quinto anno, era ovvio che avessero imparato a conoscerlo e si accorgessero delle più piccole variazioni d’umore. Forse loro potevano aiutarlo ad uscire da quella confusione e a fare chiarezza.
«È tutta questa situazione che… non lo so, mi manda fuori di testa, a volte credo di essere ancora lì e… ho paura» disse piano, mordendosi le labbra «Ho paura che sia di nuovo come al quinto anno, quando avevo le visioni di Voldemort, quando sentivo di non essere completamente me stesso…» continuò «E non lo so, temo che succeda qualcosa di brutto anche quest’anno».
«Ne parleremo con Silente non appena arriveremo a Hogwarts» disse subito Hermione, per rincuorarlo. Si alzò dal suo posto e si sedette accanto a lui, abbracciandolo «Vedrai che non è niente, sarà solo un effetto collaterale dell’essere stato tanto tempo intrappolato in quel sogno».
Harry annuì e abbracciò a sua volta l’amica, sospirando leggermente più rilassato, cercando di credere alle sue parole. Giusto, poteva davvero essere solo “un effetto collaterale” del sogno, forse era solo suggestione e si stava preoccupando per niente, voleva disperatamente credere alle sue parole e per un attimo si sentì meglio. Era grato di avere il supporto dei suoi amici, senza non sapeva come avrebbe fatto. Li ringraziò ancora una volta, poi sciolse l’abbraccio con Hermione e sospirò, appoggiando la testa contro il sedile. Fissò il soffitto per un attimo e chiuse gli occhi, le parole uscirono dalle sue labbra prima ancora che lui potesse bloccarle e una parte di lui neanche si pentì di aver esternato una cosa del genere.
«Secondo voi perché Draco non mi ha calcolato minimamente quando sono salito sul treno? Era davanti a me…» disse ad alta voce, senza neanche accorgersene. I suoi amici si guardarono ad occhi spalancati – ma lui non li vide – prima di guardare di nuovo lui. Non riusciva a togliersi dalla mente quella scena, perché lo aveva ignorato, se lo aveva visto? Perché non lo aveva neanche salutato?
«Hai provato a parlargli?» gli chiese Ron «Sai, a volte in una coppia, bisogna parlarsi».
Harry arrossì e scosse energicamente la testa «Noi non siamo una coppia!» esclamò sulla difensiva, cercando di scacciare dalla mente quel bacio, anzi quei baci che si erano scambiati. Quello sulla Torre di Astronomia era stato veloce, fugace, era stato una sorta di bacio d’addio, visto che nessuno dei due sapeva cosa sarebbe successo dopo lo scontro contro Voldemort, quello invece in infermeria era stato dettato dal sollievo di essersi ritrovati e anche dal legame, ne era certo, anche se Silente diceva il contrario, non poteva essere altro che il legame, insomma cos’altro poteva essere se non quello? Ron inclinò la testa, quasi per dire che non gli credeva, ma Harry non gli permise di insinuare altro.
«No, comunque, non gli ho parlato» aggiunse poi con un sospiro «Lui non ha risposto alla mia lettera, credevo non volesse avere niente a che fare con me» spiegò. Non poteva nascondere neppure a se stesso che il non essere stato risposto lo avesse ferito, aveva detto qualcosa di male? Aveva offeso in qualche modo il biondo? Gli aveva detto di lasciar perdere il bacio, più di quello, cos’altro voleva da lui?
«Beh, forse avresti dovuto» intervenne Hermione dolcemente, accarezzando un braccio di Harry per confortarlo «Insomma, sappiamo bene che Draco è un po’…» fece una pausa «…stitico emotivamente, ecco» continuò strappando una risata sia al suo ragazzo che al suo migliore amico «Ma sai bene quanto ci tiene a te, altrimenti non avrebbe affrontato quello che ha affrontato per te» disse ancora lei «Dovresti provare a parlare con lui di persona e non attraverso una lettera, Harry» concluse. Lui annuì, ma ancora non capiva perché dovesse essere lui a parlare con Draco, quando era stato il biondo ad ignorarlo. Non era andato alla sua festa, non aveva risposto all’invito né alla sua lettera né aveva provato a contattarlo in altro modo. Cos’altro avrebbe dovuto fare per farlo sentire di nuovo a suo agio con lui? Parlargli come dicevano i suoi amici? E cosa avrebbe dovuto dirgli? Scusarsi ancora una volta per averlo baciato, sotto l’influsso del legame? Probabilmente anche Draco era in imbarazzo per il bacio e Harry poteva capirlo davvero, ma perché allora non fare come gli aveva suggerito nella lettera e fare finta di nulla? Perché dovevano perseverare nell’imbarazzo? Perché dovevano comportarsi come due estranei? Non voleva che le cose tornassero come prima del loro incontro nel bagno, non voleva tornare ad essere rivali, voleva almeno essere suo amico, perché dopo tutto quello che era successo, alla fine aveva scoperto che Draco Malfoy non era la persona che diceva di essere, non solo il ragazzino spocchioso e irritante, dietro quella maschera si nascondeva una persona meravigliosa, una persona coraggiosa e spregiudicata, che nonostante tutto gli aveva salvato la vita e questo Harry non poteva dimenticarlo, a prescindere da qualsiasi sentimento o da qualsiasi legame condividessero. Annuì solo all’amica, facendole capire che ci avrebbe pensato e non tornò più sull’argomento, perché Luna, Ginny, Neville e altri dei loro amici li raggiunsero nello scompartimento per parlare con loro. Ginny gli si sedette accanto e lui, stranamente, si sentì a disagio, nello stesso modo in cui si era sentito quando lei lo aveva baciato. Non provava niente per lei, forse non aveva mai provato nulla e quello che aveva creduto essere un sentimento più profondo era solo una forte amicizia, un affetto fraterno. Aveva provato a dirglielo, ma lei aveva fatto finta di non capire, gli aveva detto “Sei solo confuso per il lungo periodo in cui sei stato incosciente, vedrai che quando tornerai in te, tornerà tutto come prima” – la sua affermazione lo aveva messo particolarmente a disagio. Ne aveva anche parlato con Ron, temendo che l’amico potesse arrabbiarsi, ma il rosso era stato comprensivo e si era schierato totalmente dalla sua parte, gli aveva detto di non preoccuparsi, che capiva e che secondo lui prima o poi sua sorella si sarebbe fatta una ragione del fatto di essere stata rifiutata. Harry non avrebbe voluto ferirla, ma non poteva negare ciò che gli diceva di fare il suo cuore, non poteva semplicemente far finta di nulla e ignorare quegli strani sentimenti che provava per un’altra persona, doveva fare prima chiarezza in se stesso, prima di impegnarsi sentimentalmente con qualcuno e sperava che tornare a Hogwarts potesse aiutarlo in quello.
Mentre i suoi amici parlavano dei più disparati argomenti – Neville raccontava della sua esperienza babbana in un vivaio, dove aveva scoperto alcune piante babbane non comuni tra i maghi, Luna raccontava delle sue avventure estive alla ricerca di animali rari e del suo progetto di scrivere un libro a riguardo e altro – Harry continuava ad essere teso ed agitato. Continuava a pensare a Draco, al fatto che l’avesse ignorato sia sul treno che durante l’estate, pensava davvero di averlo offeso in qualche modo, ma non sapeva come fare per rimediare, dato che non conosceva neppure il suo errore.
Perché era così in imbarazzo per quello che era successo? Dopotutto, il primo a baciarlo era stato proprio lui sulla Torre di Astronomia, prima dell’arrivo di Voldemort e della sua morte, perché era tanto offeso da un semplice bacio? Gli aveva anche scritto che potevano fingere che non fosse mai accaduto. Hermione e Ron gli avevano suggerito di parlare con il diretto interessato, di chiedere a lui più informazioni e Harry era quasi deciso a seguire il loro consiglio, aveva bisogno di parlare con Draco e di chiedergli personalmente perché lo stesse ignorando. Il suo continuo rifiuto lo feriva e non ne capiva neanche il motivo. Guardò i suoi amici, Ginny stava raccontando delle sue vacanze trascorse ad un raduno di giocatori di Quidditch – si era davvero strutta d’amore per lui, mentre non era cosciente, vero? – e di come si fosse divertita e di quanto avesse imparato. Harry non era intenzionato a tornare a giocare quell’anno, a meno che Draco non avesse deciso di fare lo stesso e mantenere la promessa che si erano fatti prima della “sua morte”. Questo per Harry era ancora assurdo, era morto, morto, ed era tornato in vita. Cose del genere accadevano solo nei manga e negli anime, da quello che sapeva lui. Era ancora confuso, ma dannazione aveva bisogno di fare chiarezza e per farla, aveva bisogno di parlare con Draco. Così raccolse il coraggio a due mani e per sicurezza nascose il mantello dell’invisibilità sotto la maglietta, poi si alzò dal suo posto ed uscì dal vagone.
«Harry, dove vai?» chiese Ginny «Tra poco arriveremo a Hogwarts».
«Devo parlare a Remus di una cosa» rispose immediatamente, mentendo, Hermione gli lanciò un’occhiata piena di rimprovero «Se non torno per quando il treno si ferma, scendete e iniziate a raggiungere la Sala Grande, io vi raggiungerò dopo» si affrettò ad aggiungere, prima di uscire dal vagone e allontanarsi il più possibile dal loro. Si chiuse in uno dei vagoni vuoti in fondo al treno e indossò il Mantello dell’Invisibilità. Magari se si fosse avvicinato in quel modo a Draco avrebbe dato meno nell’occhio, anche se una parte di sé sperava che l’altro si accorgesse della sua presenza, così come aveva fatto al sesto anno. Se ci pensava, si stupiva ancora di come fosse stato scoperto solo un anno prima. Quali capacità magiche nascondeva quel ragazzo per poter fare una cosa simile? Lo conosceva così bene?
Harry aveva bisogno di risposte, in quel momento. Se lui e Draco erano diventati amici, perché l’altro stava ignorando? Aveva dimenticato ciò che li aveva uniti nel viaggio verso l’uscita dall’Oltretomba? Aveva dimenticato quello che si erano detti lungo la strada? Perché si comportava così? Alla fine, lui l’aveva fatto un passo verso l’altro, perché il biondo non voleva fare un passo verso di lui? Se davvero lo odiava, allora perché aveva rischiato la sua vita per salvarlo dal limbo? Si poneva troppe domande, forse, ma tutte erano lì impresse nella sua mente e lo tormentavano da settimane.
Così, pensando di aver bisogno di risposte e di chiarezza, si fece coraggio ed entrò nel vagone in cui era entrato in biondo, nascondendosi dietro a una pila di bagagli, stando attento a non fare alcun rumore che potesse suggerire la sua presenza. Sentì gli occhi di Draco addosso immediatamente, come aveva fatto ad accorgersene subito? Forse era stato un caso, forse era stato solo suggestione, nonostante il suo essere discreto, il Serpeverde si era accorto di lui e il suo sguardo non si distolse dal punto in cui lui era nascosto, maledizione. Harry cercò di nascondersi meglio e di appiattirsi tra i bagagli, ma niente riuscì a distogliere l’attenzione di Draco da lui, dannazione. Non gli restava che attendere che il treno si fermasse per potergli parlare, sperava che almeno aspettasse che gli altri andassero via, prima di smascherarlo.
Avevano molte cose da chiarire, ma prima di tutte Harry voleva sapere perché lo avesse ignorato, per quale motivo fosse sparito completamente e non gli avesse neanche scritto una lettera di risposta, anche solo per mandarlo a quel paese. Aveva bisogno di sapere se il tempo passato a riflettere, anche se poco, fosse stato solo una perdita di tempo e se valesse la pena tentare di capire la vera natura di quei sentimenti assurdi che provava e sperava che Draco potesse dargli delle risposte, potesse aiutarlo a venire a capo di quella situazione.
Attese fremente che il treno si fermasse e quando vide il biondo chiudere la porta dello scompartimento, una volta che tutti furono scesi, una strana sensazione di déjà-vu si materializzò nella sua mente e si chiese se per l’altro fosse lo stesso. Solo un anno prima, in uno scompartimento simile a quello, Draco lo aveva immobilizzato e colpito, tentando di mandarlo di nuovo a Londra. Adesso come sarebbero andate le cose? Sarebbero riusciti a parlare in maniera civile?
 

 
La mattina del primo settembre 1997, Draco Malfoy salì sull’Hogwarts Express insieme a quelli che, inaspettatamente, erano diventati i suoi migliori amici. Fin dal suo ritorno dall’Italia, aveva dovuto affrontare la realtà che si era lasciato alle spalle per andare a salvare Harry, infatti quando era tornato aveva dovuto assistere ai processi ai Mangiamorte e testimoniare contro molti di loro, compreso suo padre. Silente era stato al suo fianco per tutto il tempo, ma non era stato meno traumatico. Sua madre aveva messo in vendita il Manor e con i soldi ricavati aveva acquistato una nuova villa, molto più bella e luminosa dell’altra, aveva portato con sé sua sorella Andromeda, con la quale aveva chiarito ogni cosa fin da quando si era nascosta dai Weasley. Era stata una sorpresa piacevole per il ragazzo, scoprire che non solo lui, ma anche sua madre stesse cambiando il suo modo di vedere il mondo. Inoltre, quando era tornato, aveva scoperto che molti dei suoi compagni di casa che avevano uno o entrambi i genitori Mangiamorte, erano rimasti senza casa e senza famiglia. Lo aveva scoperto quando, dopo essere tornato dall’Italia, aveva ricevuto una lettera di Blaise, in cui gli raccontava del processo dei suoi e di come fosse improvvisamente rimasto solo. La stessa sorte era toccata a Tiger, Goyle e Nott. Dopo aver parlato con sua madre, alla fine Draco aveva deciso di ospitarli anche per sdebitarsi con loro per averlo aiutato durante la battaglia sulla Torre di Astronomia e in quel periodo trascorso insieme a loro, si era reso conto di quanto avesse sempre dato per scontato un sacco di cose. La nuova villa acquistata da Narcissa aveva molte stanze ampie, era stato facile trovarne una che potesse ospitare quattro letti. Durante quelle ultime settimane d’estate, lui e gli altri quattro Serpeverde erano riusciti a stringere un legame d’amicizia che in sei anni di scuola non erano mai riusciti a stringere. Draco ne era certo: quello era un effetto collaterale del legame con Potter, non aveva mai dato così importanza all’amicizia, prima di quello, ma non gli dispiaceva affatto. Era strano per Draco, non aveva mai avuto amici nel vero senso della parola, quanto più conoscenti o “sottoposti”, come Tiger e Goyle, sì, gli erano sempre stati accanto, ma non perché erano suoi amici, ma perché la sua posizione sociale li avvantaggiava, adesso invece le cose erano diverse e non sapeva come sentirsi a riguardo se non grato per essere cambiato ed aver cominciato a vedere le cose sotto un’altra prospettiva.
Quel primo settembre era arrivato al binario 9 ¾ con tutte le buone intenzioni di chiarire con Potter una situazione che, per lettera, non gli sembrava il caso di chiarire, tuttavia una volta arrivato al treno, si era sentito strano, non nei confronti di Potter, ma con se stesso. Quando era arrivato alla stazione, aveva provato una stranissima sensazione, in netto contrasto con quella di terrore che aveva provato solo un anno prima, in quello stesso luogo. Infatti, quando l’anno precedente era arrivato lì, era una persona completamente diversa, viveva costantemente nell’oscurità, era convinto di essere senza speranza, di non avere un futuro che non fosse seguire le orme di suo padre, era stato costretto a prendere il Marchio Nero – che adesso fortunatamente era sparito – e a prendere la strada sbagliata, che non prevedeva alcuna redenzione per lui, viveva nel terrore e nella paura, perché temeva di essere scoperto, di fallire, di non riuscire a portare a termine la sua missione e quindi di essere punito di nuovo a causa del suo fallimento, era ancora una persona detestabile e detestata dalla maggior parte degli studenti di Hogwarts, tranne dai Serpeverde, la sua vita sembrava appesa a un filo in quel periodo, un filo sottilissimo che si sarebbe potuto spezzare facilmente, era convinto di non avere alcuna possibilità di uscita da tutta quella negatività, invece, adesso, la sua vita era completamente diversa, lui era diverso, perché improvvisamente nel momento in cui era stato più debole, in cui aveva mostrato la sua fragilità, pur non volendo, era arrivato Potter, che gli aveva porto la mano e lo aveva salvato da se stesso, concedendogli una chance di salvezza, permettendogli di cambiare strada e di tentare di rimediare ai suoi errori; avevano combattuto insieme contro un nemico comune, avevano vinto, ma poi Harry era morto e lui aveva affrontato un viaggio suicida nell’Oltretomba solo per salvargli la vita, inoltre aveva scoperto che lui e Potter condividevano un legame magico e inizialmente aveva incolpato quello del suo cambiamento radicale, tuttavia durante il viaggio verso e dentro l’Oltretomba si era reso conto di provare dei veri sentimenti per il Grifondoro, sentimenti che non capiva se fossero ricambiati o meno, perché Harry non sembrava così sicuro dei propri e per questo per tutta l’estate aveva tentato di non pensare a lui e tutta quella situazione, il suo metodo aveva funzionato, fino a che non aveva ricevuto la lettera di Potter. Quella lettera, doveva ammetterlo, lo aveva ferito e per questo non aveva risposto ad essa. Cosa avrebbe dovuto dirgli? “Va bene, restiamo amici?” non voleva essere solo suo amico, pensava di averlo dichiarato chiaramente, sia durante il loro viaggio verso l’uscita dell’Oltretomba sia quando aveva risposto al suo bacio. Invece… invece Potter si era pentito di quello, probabilmente, e non aveva trovato un modo migliore per chiudere con lui, che non fosse quella lettera.
Il giorno in cui aveva visto la civetta bianca di Potter fare capolino nella sua stanza, aveva sorriso, si era sentito davvero felice, non credeva che l’altro potesse scrivergli e invece lo aveva fatto, aveva creduto che quella lettera potesse essere una risposta chiara e precisa alle domande che, era certo, avevano tormentato entrambi, che Potter avesse finalmente fatto chiarezza con se stesso e con i suoi sentimenti. E invece no, Potter gli aveva inflitto l’ennesima coltellata. Non l’aveva detto chiaramente, ma lo aveva rifiutato. Certo, non poteva incolpare Harry di quello, era stato il primo a sperimentare cosa significasse avere a che fare con la confusione e l’insicurezza che scaturivano dal “Legame”, ma sperava che volesse almeno parlare con lui e chiarire, invece no, gli aveva chiesto di dimenticare cos’era successo tra di loro. Grandioso. Potter non aveva capito nulla, come al solito, e questo aveva ferito Draco, sia nei sentimenti che nell’orgoglio, dannazione, aveva avuto tutta l’estate per pensare alla loro situazione e invece doveva leggere in una lettera che Ginevra Weasley aveva provato a baciarlo? Ma davvero? Certo, Potter l’aveva rifiutata, ma… lo infastidiva il solo pensiero di saperlo con la ragazza. Non sapeva più cosa fare o cosa pensare, non voleva continuare a soffrire, eppure sentiva di essere spinto sempre di più verso il moro, sentiva che qualcosa, che andava oltre il legame che condividevano, continuava a tirarli l’uno verso l’altro. Non gli piaceva sentirsi così vulnerabile, non gli piaceva soffrire a causa di qualcuno, non era mai stato il tipo a cui veniva spezzato il cuore, di solito era lui a spezzarlo agli altri, come quando Pansy Parkinson ci aveva provato con lui e lui l’aveva rifiutata.
Quando era salito sul treno, aveva visto Harry, i loro sguardi si erano incrociati per un attimo, e aveva sentito una contrazione all’altezza del cuore e dello stomaco. Non gli era passata. Quel sentimento non era passato, non sarebbe mai passato, probabilmente. Perché l’amore doveva essere così doloroso?
Si era rifugiato in un vagone con i suoi amici e aveva cercato di parlare di tutt’altro, pur di non pensare a Harry, eppure il suo sguardo e il suo viso continuavano a fare capolino nella sua mente. Il Grifondoro sembrava… ferito? E perché mai lo era?  
Forse era come gli dicevano tutti, il Grifondoro aveva solo bisogno di fare chiarezza in se stesso, di mettere insieme di nuovo le idee e poi avrebbe avuto più chiara anche la loro situazione. Draco lo sperava vivamente.
Aveva cercato di non parlare del moro, non con gli altri anche se alla fine, una sera d’agosto, dopo aver festeggiato e aver bevuto troppo Whiskey Incendiario, si era confidato con loro sulla questione Potter. Ne avevano parlato solo una volta e poi avevano fatto finta di niente, perché nessuno di loro voleva che Draco si sentisse peggio di quanto già non stesse. Tuttavia, a nessuno degli altri era sfuggito lo sguardo che i due si erano lanciati, quando si erano visti sul treno.
Sospirò e appoggiò la testa contro il finestrino, guardando fuori da esso. Prima o poi, avrebbe smesso di fare male o prima o poi Potter avrebbe capito che i suoi sentimenti potevano essere autentici, forse doveva solo avere pazienza.
«Draco, perché hai quell’espressione da funerale?» domandò Blaise, guardandolo con curiosità «Mi sembra che il tuo Potter se la sia cavata anche questa volta» asserì ironicamente. Draco sbuffò sonoramente.
«Tu non sai niente, Blaise, taci».
«Su Blaise, starà pensando a quale altra geniale tattica di conquista usare, insieme all’ignorare la lettera della persona che ama» affermò Nott, estremamente sarcastico, guadagnandosi un’occhiataccia da Draco, il quale se gli fosse stato vicino, gli avrebbe tirato uno schiaffo dietro alla nuca per farlo stare zitto. Sapeva sempre essere inopportuno. Tutti loro gli avevano suggerito di rispondere, perché la lettera non era incentrata solo su quell’evento di cui Harry gli aveva parlato, ma su come si sentisse e su come stesse affrontando il problema e invece… la sua attenzione si era fossilizzata solo su un punto e non si scollegava da lì.
«Nott, esattamente perché sei qui e mi stai parlando?» domandò il biondo, incrociando le braccia al petto.
Theodore sbuffò, scuotendo la testa e alzando gli occhi al cielo «Guarda che con questo atteggiamento, non inganni più nessuno ormai» osservò con giusta ragione «Quindi, perché non fai un favore all’umanità e vai a parlare con lui?» domandò «Almeno ti togli quell’espressione da funerale dal viso».
«Per dirgli cosa, esattamente? È ancora confuso a causa del legame, non posso forzarlo a provare qualcosa che non prova».
«Oh, il nostro Draco ha un cuore, in fondo!» esclamò Blaise sarcasticamente «Amico, da quando ti tiri indietro così facilmente?»
Il biondo sbuffò ancora una volta «State zitti» disse perentorio, ma gli altri non lo ascoltarono. Sapeva che volessero solo aiutarlo, sapeva che le loro intenzioni fossero buone, ma lui non sapeva proprio come approcciarsi al moro. Non poteva andare da lui e dirgli “ehi, io ti amo, ho affrontato un viaggio suicida per te e i miei sentimenti non sono guidati da nessun legame, ma sono assolutamente sinceri” per due motivi: primo, Potter non gli avrebbe creduto, non lo aveva fatto prima, perché avrebbe dovuto farlo adesso? – secondo, se lui era così confuso riguardo i propri sentimenti, non sarebbe stata una dichiarazione ad aiutarlo ad uscire da quella confusione. Qualcuno di molto saggio gli aveva detto di lasciare a Harry i suoi tempi, che prima o poi avrebbe fatto chiarezza e avrebbe capito di provare lo stesso, doveva solo fidarsi della migliore amica del ragazzo. Era frustrante, ma poteva farcela.
«D’accordo, ragazzi» fece Blaise, interrompendo Nott e i suoi commenti inopportuni «Draco ne ha passate già abbastanza, quando se la sentirà, andrà a parlare con Potter» Draco annuì, ringraziando con un semplice gesto l’amico. Avrebbe voluto dire un sacco di cose, avrebbe davvero voluto che loro capissero il suo punto di vista, ma la situazione tra lui e Harry era estremamente complicata. Non sapeva quando fosse diventato così sensibile, non sapeva se si trattasse di un effetto collaterale di quel legame o se fosse semplicemente lui ad essere cambiato, e non gli piaceva molto il modo in cui stava diventando, ma doveva ammettere che Potter ne avesse passate molte più di lui, era morto per salvarlo da un Anatema che Uccide, aveva vissuto in un sogno in cui i suoi genitori erano vivi e in cui aveva una relazione con Diggory – ancora rabbrividiva se pensava alla loro interazione davanti a lui, quando erano ancora nel limbo e no, non era affatto geloso, solo infastidito dalla cosa, ecco – non poteva pretendere che capisse di provare qualcosa per lui, sempre che lo provasse davvero, così all’improvviso. Anche per questo, la lettera lo aveva ferito. Harry gli chiedeva di dimenticare quello che c’era stato tra di loro, di dimenticare il bacio e di essere amici. La verità era che non gli aveva risposto perché non sapeva cosa dirgli. Lui non era bravo a consolare le persone né era bravo a star loro vicino in momenti difficili, ricordava bene il disagio che aveva provato quando lui e Harry erano al numero 12 di Grimmauld Place e il moro aveva trovato quella lettera di sua madre. Aveva provato a consolarlo, gli aveva concesso la sua spalla su cui appoggiarsi e il moro sembrava aver apprezzato la cosa, ma Draco non sapeva davvero come fare, se una situazione del genere fosse capitata ancora. Eppure… il modo in cui erano stati uniti, nel periodo che aveva preceduto la notte sulla Torre di Astronomia, riusciva ancora a fargli battere il cuore in modo forsennato nel petto, anche se erano stati uniti in quel modo solo ed esclusivamente per combattere contro Voldemort, si erano avvicinati molto di più di quanto immaginassero e no, non per colpa del legame, ma uno di loro due non era ancora pronto ad ammetterlo, a differenza di Draco.
Il viaggio verso Hogwarts procedette tranquillo, i suoi amici non insistettero più sull’argomento Potter e parlarono di tutt’altro, di come sarebbero state le cose quell’anno, di come sarebbero cambiate le loro vite, adesso che Voldemort non c’era più e che i loro genitori erano ad Azkaban. Draco non si era mai soffermato a pensare a quello, non era mai riuscito ad assaporare quella nuova libertà. Suo padre era stato arrestato e condannato a vent’anni di reclusione, così come i genitori di Theodore, quelli di Blaise, quelli di Tiger e quelli di Goyle. Invece sua madre, grazie a Harry, era riuscita a fuggire dal Manor e dato che non aveva mai preso il marchio, era stata giudicata estranea agli eventi, dopotutto era stata costretta ad ospitare Voldemort e i suoi Mangiamorte in casa sua, non lo aveva scelto di sua volontà. Per quanto lui avesse fatto per salvare la vita di Harry dal limbo, mai niente avrebbe potuto equiparare ciò che il moro aveva fatto per lui. Gli aveva letteralmente cambiato e salvato la vita, tutto quello che avrebbe potuto fare lui sembrava stupido e inutile a paragone con quello. Lo aveva reso di nuovo libero, libero di prendere le sue scelte, di essere una persona migliore, di far uscire la parte migliore di sé, che neanche lui stesso conosceva e in questo modo gli aveva permesso di costruire nuove amicizie che prima di lui sarebbero state impossibili. Non solo i suoi compagni di casa, ma anche i due Grifondoro che durante l’estate gli avevano tenuto compagnia mandandogli lettere e chiedendogli costantemente come stesse. Era stata una sorpresa ricevere le loro lettere, non credeva che gli avrebbero scritto. Aveva sempre immaginato che dopo aver salvato Harry, loro sarebbero spariti nel nulla, ringraziandolo per averli aiutati a riavere il loro migliore amico e basta, invece no, erano rimasti anche al suo fianco. Era sorpreso soprattutto di Weasley, non si sarebbe mai aspettato che lui, dopo tutti gli anni di odio reciproco che avevano condiviso, potesse essere così supportivo nei suoi confronti.
Sospirò, guardando fuori dal finestrino del treno e notò che Hogwarts non era molto lontana, il tipico paesaggio scozzese era già sotto i suoi occhi da ore e adesso erano a poche miglia dalla stazione, conosceva quei paesaggi come le sue tasche, ormai. Sarebbero arrivati entro poco tempo, ormai aveva fatto così tante volte quel viaggio negli ultimi anni, che un po’ gli dispiaceva che fosse l’ultimo. L’anno precedente quasi non avrebbe voluto salire su quel treno, sapendo cosa l’avrebbe atteso, invece adesso si stava dirigendo verso il castello per frequentare il settimo anno e prendere i M.A.G.O. un traguardo che non credeva di poter raggiungere, dopo il primo arresto di suo padre. Era assorto nei suoi pensieri, quando un movimento sospetto catturò la sua attenzione. Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra, quando capì. Era stato solo un fruscio, un leggero rumore di passi ad aver catturato la sua attenzione, ma non impiegò più di pochi istanti per capire che si trattasse di Potter, il quale, nascosto dal Mantello dell’Invisibilità, lo aveva raggiunto esattamente come aveva fatto l’anno precedente, ma qualcosa dentro Draco suggeriva che le cose sarebbero andate in maniera totalmente diversa. Di certo, lui non lo avrebbe preso a pugni e non avrebbe cercato di rimandarlo a Londra, come aveva fatto al sesto anno. Avrebbe riconosciuto il suono del suo passo ad occhi chiusi, sapeva perfettamente che si trattava di lui, anche senza averlo visto. Perché era lì con il mantello? Voleva spiarlo o cosa? Che cosa credeva che avrebbe fatto?
Voleva delle risposte, voleva parlargli, ma non poteva ancora, doveva aspettare che fossero da soli.
Non poteva mandare via i suoi amici, altrimenti il suo atteggiamento sarebbe parso sospetto, così attese pazientemente di arrivare alla stazione, qualunque cosa avesse voluto dirgli Harry, sarebbe stato disposto ad ascoltarlo, o almeno era convinto così. Per tutto il resto del viaggio, Draco non fece che guardare il punto in cui era certo ci fosse Harry e chiedersi cosa volesse da lui. Sorrise tra sé e sé, alla fine, Harry aveva deciso di prendere l’iniziativa a raggiungerlo, forse non era tutto perso come aveva creduto lui per tutta l’estate.
Un’ora più tardi, il treno si fermò e tutti gli studenti a bordo di esso iniziarono a scendere per raggiungere chi le carrozze, chi le barche che avrebbero permesso loro di raggiungere definitivamente il castello. Draco e i suoi amici rimasero seduti fino a che il treno non iniziò a sfollarsi, quando gli altri Serpeverde si alzarono, il biondo restò al suo posto.
«Non vieni?» gli chiese Theodore.
«Andate avanti, vi raggiungo tra un attimo» rispose lui. Gli altri quattro si guardarono e scrollarono le spalle, scendendo dal treno. Con tutta la calma del mondo, Draco raccolse le sue cose e si guardò intorno per essere certo di essere solo, poi chiuse la porta del vagone. Una strana sensazione di déjà-vu lo riportò all’anno precedente con più evidenza rispetto a poco prima, e anche se era certo che le cose fossero diverse, questo lo fece sentire comunque strano.
«Puoi venire fuori, Potter, siamo da soli» disse al vagone vuoto, guardando il punto esatto in cui era certo si fosse nascosto l’altro, il moro uscì allo scoperto e si tolse il mantello, guardando verso di lui con quegli enormi occhi verdi che fecero tremare le gambe di Draco per una frazione di secondo «Non impari mai, vero?» domandò retoricamente «Non dovresti origliare le conversazioni degli altri» disse, scuotendo la testa «Non è buona educazione comportarsi così, sai?»
«Beh, non è che abbiate detto molto» replicò il Grifondoro «E comunque tu non dovresti ignorare le lettere delle persone che ti scrivono», ripiegando il suo mantello con cura «Anche questo è da maleducati, Narcissa non te l’ha insegnato, Malfoy?» domandò piccato, inclinando la testa e guardando l’altro dritto negli occhi avvicinandosi a lui. Gli puntò il dito al petto con aria minacciosa, quella provocazione fece comparire un ghigno sul volto di Draco, ma non riuscì a ribattere perché Harry continuò: «Ho aspettato una tua risposta per settimane, stronzo» lo rimproverò «Non ti sei degnato nemmeno di rispondere all’invito per la mia festa!»
«Beh, cosa volevi che facessi? Che venissi alla tua festa e vedessi te e la piattola pomiciare? No grazie, mi è bastato vederti amoreggiare con Diggory nel limbo» affermò con aria disgustata, scuotendo la testa. Harry spalancò gli occhi, scioccato dalla risposta che aveva ricevuto. Non si aspettava quello e neanche Draco si aspettava di essere così velenoso.
«Non provo niente per Ginny, lo sai» replicò il moro «E non chiamarla così solo perché sei geloso».
«Non sono geloso» ribatté Draco e alzò gli occhi al cielo «Sei venuto qui per rimproverarmi e basta?» domandò poi, Harry scosse la testa «E allora cosa vuoi? Ti ho salvato la vita, che altro vuoi da me?» chiese acidamente, senza neanche guardarlo. Sentiva di star compiendo l’errore peggiore della sua vita, ma non riusciva a smettere di comportarsi in quel modo, era stupido, irrazionale e infantile. Non doveva andare così. Non avrebbe dovuto essere così acido con lui, lo sapeva, eppure non riusciva a smettere. Era geloso? No, non lo era affatto, l’altro si sbagliava, eccome.
Harry deglutì, sentendo il proprio cuore andare in pezzi, non si aspettava che Draco gli parlasse in quel modo, né si aspettava di essere trattato con così tanta freddezza.
«Soffri di qualche disturbo dell’umore per caso?» domandò il Grifondoro spalancando gli occhi «Che diavolo ti prende? Non mi rispondi, mi ignori completamente sul treno e poi fai tu l’offeso? Ma certo che sei incredibile!»
Draco sospirò e scosse la testa, prendendo un profondo respiro. Aveva ragione Harry, non sapeva da dove venisse tutta quella rabbia, stava riversando le sue frustrazioni sull’altro e non avrebbe dovuto, ma che diavolo gli stava succedendo?
«Mi dispiace, la verità è che non sapevo cosa risponderti» spiegò cercando di mantenere un tono di voce calmo «Possiamo parlarne più tardi? Nella Stanza delle Necessità?» chiese speranzoso.
Harry annuì lentamente, dispiaciuto per la piega che avevano preso gli eventi. Non si aspettava un tale distacco da parte di Draco né che lui gli rispondesse in quel modo, si sentiva ferito da lui e dalle sue parole, ma vedeva il tormento impresso sul suo volto e non poteva ignorarlo. Forse entrambi avevano solo bisogno di parlarne con calma.
«D’accordo» rispose Harry «Ci vediamo nella Stanza delle Necessità dopo la cena, okay?» Draco annuì e si morse le labbra dandosi nuovamente dell’idiota per aver reagito in quel modo. Tutti i suoi buoni propositi di ascoltarlo e di parlare apertamente con lui erano stati risucchiati via dalla rabbia e dal fastidio che aveva provato leggendo il nome della rossa sulla lettera, era un idiota e Harry era stato fin troppo gentile e buono a concedergli una chance di spiegarsi. «Siamo d’accordo?» chiese nuovamente il moro, porgendogli la mano. Draco sorrise appena, annuendo e stringendogli la mano, conscio di cosa significasse quel gesto. Sette anni prima, su quello stesso treno, era stato Harry a rifiutare la sua mano, era stato lui a dire di no alla loro amicizia, adesso era lui a porgergli la mano. Esattamente come aveva fatto in quel bagno, solo quattro mesi prima. Quella notte di maggio sembrava così lontana, eppure non era passato molto tempo da essa, anzi, erano passati solo pochi mesi, ma entrambi ne avevano passate così tante che adesso sembravano aver acquisito un nuovo tipo di consapevolezza. Si strinsero la mano e insieme scesero dal treno, raggiungendo una delle carrozze libere. Entrambi sussultarono quando videro i Thestral che trainavano la carrozza. Sia lui che Harry avevano avuto a che fare con la morte troppe volte per essere così giovani. Si scambiarono un’occhiata complice e attesero che i cavalli neri iniziassero a trainare la carrozza, degli altri non c’era alcuna traccia, forse erano già arrivati a Hogwarts. Draco avrebbe voluto dire a Harry che gli dispiaceva e che il suo atteggiamento era stato davvero inopportuno, ma l’altro non sembrava aver voglia di parlare, in quel momento, sembrava assorto e perso nei suoi pensieri.
In religioso silenzio, fecero tutto il viaggio sulle carrozze, scambiandosi solo alcuni sguardi lungo il tragitto, senza riuscire ad esternare niente, entrambi speravano che quella sera, potessero appianare le loro divergenze e che potessero finalmente chiarire la loro situazione.
Quando finalmente raggiunsero Hogwarts, scesero dalle carrozze e percorsero insieme l’ultimo tratto rimasto, fino all’ingresso. Non si parlarono neanche in quel frangente, ma, quando arrivarono all’ingresso della Sala Grande, si salutarono con un mesto A più tardi, prima di raggiungere ognuno le rispettive tavolate e i rispettivi amici, che immediatamente chiesero ad entrambi cosa fosse successo e perché fossero arrivati solo in quel momento. Nessuno dei due diede una risposta esaustiva, ma rimasero vaghi. Per tutto il tempo della cerimonia dello smistamento e per tutto il tempo del banchetto, entrambi continuarono a cercarsi con lo sguardo, entrambi cercando di anticipare cosa l’altro avrebbe detto durante il loro incontro nella Stanza delle Necessità.
Harry si chiedeva se Draco potesse accettare la situazione così, fino a che lui non avesse avuto chiari i suoi sentimenti; quest’ultimo si chiedeva se il Grifondoro potesse accettare la sua versione dei fatti, i suoi sentimenti e la sua sincerità.
 
 

 
Harry trascorse tutta la cena colmo d’ansia. Non sapeva cosa aspettarsi dall’incontro che avrebbe avuto con Draco nella Stanza delle Necessità, le premesse non erano positive, non aveva capito perché il biondo si era rivolto a lui in quel modo. Che l’effetto collaterale del legame stesse svanendo da lui e quindi avesse iniziato a comportarsi di nuovo come prima? Non lo sapeva, ma il suo comportamento lo confondeva.
«Harry, hai a malapena mangiato, che hai?» gli chiese Hermione, notando il suo stato. Harry si morse le labbra, scuotendo la testa, aveva lo stomaco completamente chiuso «Stai bene?»
Il ragazzo sospirò e annuì, non troppo convinto neanche lui della propria risposta. Non stava male, ma non stava nemmeno bene, era confuso e sentiva gli occhi di tutti puntati addosso, soprattutto quelli di Draco che dal tavolo dei Serpeverde non faceva che lanciare occhiatacce verso di lui, soprattutto da quando Ginny si era seduta accanto a lui.
«C’entra qualcuno che è incredibilmente biondo, è seduto al tavolo delle serpi e ti fissa da almeno un’ora?» domandò Ron, intervenendo nella conversazione tra i due. Harry sbuffò e annuì, ma non diede altre spiegazioni. Non avrebbe saputo cosa dire, in fondo. «Non essere troppo duro con lui, anche lui ne ha passate tante durante l’estate» aggiunse il rosso, facendo spalancare gli occhi sia al moro che alla sua ragazza. Nessuno dei due si aspettava tanta solidarietà da parte di Ron nei confronti di Draco, ma Harry si ritrovò a dargli ragione, in quegli ultimi mesi entrambi ne avevano passate tante, ma soprattutto il biondo, visto quello che aveva fatto per salvarlo dal limbo e per riportarlo a casa. Eppure non riusciva a spiegarsi la sua reazione, cosa lo aveva fatto arrabbiare in quel modo? Perché si era comportato così acidamente con lui? Perché gli aveva detto che non aveva saputo come rispondere alla sua lettera? Harry era terribilmente confuso e avrebbe solo voluto che per una volta, nella sua vita, ci fosse stato qualcosa di semplice, di chiaro, di comprensibile.
«Gli parlerò dopo la cena» comunicò ai suoi amici «Ci incontriamo nella Stanza delle Necessità» aggiunse. I due si guardarono per un attimo e annuirono, ma non dissero nulla e lui fu grato per questo, non voleva parlare davanti a tutti quanti della situazione complicata che aveva con Draco né dare spiegazioni quando non sapeva neanche lui cosa stesse accadendo. Non aveva bisogno di consigli, aveva solo bisogno di risposte. Aveva bisogno di confrontarsi con Draco, essere sincero con lui e sperava che l’altro potesse essere sincero a sua volta, solo così avrebbero trovato una soluzione e l’imbarazzo che c’era tra di loro potesse svanire.
Finalmente, quando Silente annunciò che gli studenti potessero tornare nelle loro sale comuni, Harry si alzò dal suo posto, ignorò coloro che cercarono di fermarlo e uscì in fretta dalla Sala Grande, certo che il biondo fosse già dietro di lui. Raggiunse il settimo piano e la parete su cui poi si sarebbe materializzata la Stanza delle Necessità, eseguì tutto il rituale per farla comparire e non appena essa lo fece, Harry vi entrò. Essa assunse l’aspetto di un salotto molto accogliente, al centro vi era un tavolino attorno al quale c’erano due poltrone. Harry ne raggiunse una e si lasciò cadere su di essa, con ancora la mente invasa di pensieri, soprattutto riguardanti il biondo e il suo strano atteggiamento. Non vedeva l’ora di chiarire la situazione, di parlare con lui e di sistemare le cose. Sarebbe stato un peccato perdere quell’amicizia nascente, a causa di quel legame che sembrava essere diventato una maledizione. Non dovette attendere molto, perché Draco arrivò pochissimi minuti dopo di lui, entrò e si guardò intorno stupefatto.
«Però, vedo che finalmente hai appreso un po’ di gusto» affermò «Oppure è il legame che ti influenza e ti fa pensare come me?»
«Non scherzare» lo rimbeccò l’altro, incrociando le braccia al petto, era proprio quel legame che continuava a tormentare la sua vita e renderla confusa più che mai. Il biondo alzò le mani in segno di resa e si avvicinò a lui, sedendosi sull’altra poltrona, a disagio. L’ultima volta che erano stati lì insieme, tutti e due, era stato per l’ultima lezione di Occlumanzia di Harry, prima dell’arrivo di Voldemort, prima della morte del prescelto e prima del viaggio di Draco in Italia per salvarlo. Da quell’ultima volta, molte cose erano cambiate, loro stessi erano cambiati, non sapevano ancora se in meglio o in peggio, ma non erano più le stesse persone di qualche mese prima, le esperienze degli ultimi mesi li avevano fatti crescere ancor di più e li avevano inevitabilmente cambiati. Restarono in silenzio alcuni minuti, a scrutarsi l’un l’altro. Draco si torturava le mani nel frattempo, Harry rifletteva troppo su tutto. Da dove iniziare? Come discutere di ciò che era successo tra di loro? Di quanto accaduto sul treno? Della loro “relazione”? Della loro amicizia?
«Mi dispiace per prima» disse Draco per primo, rompendo il ghiaccio «E mi dispiace anche non aver risposto alla tua lettera» affermò, ammettendo la sua colpa «Ma quello che ti ho detto è vero, non sapevo cosa risponderti e… ho trovato più semplice evitare di farlo» spiegò «Scappare è sempre la soluzione più semplice, no?»
«Posso chiederti perché?» chiese il moro, titubante, guardandolo. Draco deglutì, parve riflettere un attimo sulla risposta da dargli, poi annuì lentamente e prese un respiro profondo, cercando di farsi coraggio. Harry tremava impercettibilmente, aspettando con impazienza una risposta. Draco chiuse gli occhi per un attimo e iniziò a pensare, durante la cena aveva parlato con i suoi amici, raccontando loro cosa era successo sul treno, di come si fosse arrabbiato senza motivo con Harry e dell’incontro che avevano concordato. Loro gli avevano suggerito di essere sincero, di mettere in chiaro le cose e di lasciare all’altro la possibilità di scegliere. Si trattava, nuovamente di quello, di una scelta e Draco, per una volta, doveva scegliere la via “difficile” ed essere onesto, altrimenti non ne sarebbero usciti mai. E doveva fare esattamente ciò che temeva di più, ciò che aveva cercato di evitare: doveva esporsi.
«Voglio essere sincero con te» esordì Draco, guardando l’altro e prendendo un respiro profondo «Io sono innamorato di te, Harry» confessò, sentendo il suo cuore alleggerirsi di quel peso «Credevo di essere stato chiaro nel limbo, ma a quanto pare non lo sono stato abbastanza… la verità è semplicemente questa» affermò sperando che l’altro non lo stesse guardando «Credevo che potesse passare, che più di un mese fosse sufficiente a dimenticarti, ma non lo è stato» continuò «Quando mi è arrivata la tua lettera, ero felice. Ero convinto che anche tu…» deglutì e scosse la testa, scacciando la paura, doveva portare avanti l’obiettivo «Poi ho letto di te che ti eri riavvicinato a Ginevra e…» la sua voce si spezzò e Harry intervenne rapidamente, interrompendolo bruscamente.
«Nella lettera ti avevo detto che non avevo provato niente per lei» obiettò infatti. Il biondo annuì consapevole di quelle parole, era difficile da spiegare il modo in cui si era sentito ferito dalla lettera. Non solo Ginny, ma anche la sua continua insistenza nel ripetere che dovesse dimenticare tutto, che quel bacio non aveva significato, che era solo frutto del legame… tutta la lettera aveva contribuito a spezzargli il cuore. Non sapeva davvero come fosse possibile, ma era successo.
«Lo so, ma… ascolta, non lo so cosa mi sia preso, okay? Ero infastidito e ferito e…»
«Ti costa tanto ammettere che sei geloso?» domandò il moro, interrompendolo ancora una volta.
Draco alzò gli occhi al cielo, sbuffando «Io non…» Harry alzò un sopracciglio con aria inquisitoria «Ah! Sei assurdo, Potter!» esclamò frustrato, scuotendo la testa.
«Quindi provi qualcosa per me? Realmente?» domandò il grifone, lasciando cadere l’argomento “gelosia” «Non c’entra niente con il legame?»
Draco scosse lentamente la testa «Provo sul serio qualcosa per te, Harry. Mi ci è voluto un viaggio nell’Oltretomba e rischiare di perderti per capirlo, ma il legame non c’entra nulla con i miei sentimenti per te» affermò con sicurezza. Era quasi come se Draco fosse lì davanti a lui e gli stesse porgendo il suo cuore. Lo stava letteralmente mettendo nelle mani del Grifondoro, Harry lo capiva, vero? «È tutto vero, Harry» ammise un’altra volta.
Il moro osservò il viso dell’altro e non lesse altro che sincerità nei suoi occhi, era la prima volta che vedeva Draco Malfoy così vulnerabile davanti a lui, oltre a quella notte nel bagno di Mirtilla, ma erano due tipi diversi di vulnerabilità, quella volta Draco era disperato, triste, rassegnato, spaventato, ma adesso… adesso era diverso, era solo un ragazzo innamorato che stava confessando il primo amore, si stava mettendo a nudo. Harry deglutì e si morse le labbra, non sapendo cosa rispondere, una parte di lui, quella irrazionale voleva accontentarlo, gettarsi tra le sue braccia e far sparire quell’espressione triste dal suo viso, non voleva ferirlo o rifiutarlo, ma l’altra, quella razionale, gli suggeriva che l’avrebbe ferito lo stesso se l’avesse illuso, se gli avesse detto di amarlo a sua volta, quando non era certo dei suoi sentimenti; avrebbe mentito e in quel modo sarebbe solo riuscito a ferirlo di più. No, lui aveva bisogno di tempo, aveva bisogno di ragionare, di riflettere e di fare chiarezza in se stesso, così da poter essere sincero con lui, così come il biondo lo era stato nei suoi confronti.
«Ascolta, io…» deglutì di nuovo «Non so se provo le stesse cose che provi tu» gli disse, cercando di essere sincero «Ma ti posso assicurare che non provo niente per nessuno né per Ginny né per Cedric o per chiunque altro» spiegò «Tuttavia, sento di essere particolarmente legato a te, ma non so ancora se è effetto del legame o di altro… e ho bisogno di tempo per capirlo» disse piano, scegliendo accuratamente le parole, in modo da non essere brusco e rischiare di ferirlo. «Puoi concedermi un po’ di tempo per riflettere?» chiese gentilmente, quasi supplichevolmente «Puoi avere un po’ di pazienza con me e aspettarmi?» domandò ancora una volta. Draco lo guardò scioccato per alcuni istanti, fissandolo e Harry non riuscì ad interpretare il suo sguardo in un primo momento, troppo enigmatico; sperava sol che potesse essere comprensivo e assecondare la sua richiesta «Puoi concedermi un po’ di tempo per riflettere e capire cosa provo davvero?» domandò ancora una volta, per spronarlo a rispondere. Il biondo continuava a tacere e la cosa stava facendo impazzire il Grifondoro che avrebbe solo voluto una risposta. Era tanto difficile per lui concedergli del tempo? Perché non riusciva a comprenderlo? Non poteva essere un po’ più empatico nei suoi confronti per una volta?
Draco prese un respiro profondo, analizzando cos’era appena successo. Harry non lo aveva rifiutato, quello non era nemmeno paragonabile a un rifiuto, quella era una speranza, seppur minima, di essere ricambiato. Non poteva costringerlo ad amarlo, ma poteva… conquistarlo. Se andare fino al Limbo non era stato sufficiente come prova d’amore, Draco avrebbe fatto altro, avrebbe fatto tutto per conquistarlo e aiutarlo a fare chiarezza in se stesso.
«Va bene, posso farlo» rispose, dopo diversi minuti di silenzio, facendo tirare un sospiro di sollievo al moro, il quale credeva di non dovergli dare una risposta immediatamente «Aspetterò» promise.
«Nel frattempo, possiamo essere amici?» si azzardò a chiedere ancora Harry guardando l’altro con uno sguardo così speranzoso che Draco non riuscì proprio a trattenere un sorriso sincero «Non voglio perderti» aggiunse ed era sincero nel dirlo: non voleva perderlo né voleva perdere tutti i progressi che avevano fatto nel loro rapporto in quei mesi, non voleva allontanarsi da lui e forse lo stargli accanto e frequentarlo, avrebbero potuto aiutarlo a riflettere meglio sui suoi sentimenti e su ciò che voleva da lui. Draco dovette intuire il suo pensiero, perché lo vide annuire energicamente, con entusiasmo.
«E amici sia» dichiarò il Serpeverde, sorridendogli amabilmente. Entrambi si sorrisero a vicenda e si scambiarono una stretta di mano, per suggellare quell’accordo. I cuori di entrambi furono immediatamente più leggeri, sereni e speranzosi.
Quell’ultimo anno era iniziato decisamente bene, almeno per il momento, e poteva solo migliorare.


 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
I’M BAAAAACK! Sì, lo so, la “pausa” è stata più lunga del previsto, ma ci sono stati degli imprevisti e quindi… l’attesa si è prolungata, maaaa eccoci qui! Do a tutti voi il benvenuto nella nuova, scoppiettante terza parte, o meglio terza stagione della storia più lunga che la sottoscritta abbia mai scritto. #soproud
Abbiamo sudato sette camicie con Draco e le sue infinite prove per salvare Harry, lo avevamo lasciato solo e con il cuore spezzato dopo il bacio di Harry e adesso li ritroviamo sul treno. Entrambi sono molto provati dall’esperienza dell’estate, Draco per quello che ha affrontato, Harry perché soffre a causa del sogno che ha fatto. Intanto, sono entrambi due teste di fagiolo e non capiscono che insieme potrebbero essere felici. #maicorvonero. (ah no, non preoccupatevi per le “visioni”, è solo Harry che ci pensa troppo ed è stressato da questo, ma passerà presto u.u)
Harry, figlio mio, ha rischiato la vita ed è sceso negli inferi per te, DANNAZIONE, dovresti capire che NON siete solo amici e non ti vede solo come tale, sei un pelino scemo. (Draco: ECCO, LO DICO IO, MALEDETTO POTTER, Harry: Ma io… ç_ç, Ron: Io sono d’accordo con Malfoy, stavolta, Harry. Io: Queste note autrice stanno diventando troppo sovraffollate…)
Ron è un Drarry shipper convinto e amico super-supportive, non preoccupatevi, nessun Ron di “Whatever it takes” sta per tornare :D
Quest’ultima parte porterà a nuove realizzazioni e nuovi sentimenti, nuove sfide (e problemi, ma shhh non ditelo a Draco) per i nostri amici e ovviamente si concluderà con il loro happy ending (Draco: E TI CREDO, VOLEVI PURE FARLA FINIRE MALE? IO TI CRUCIO DAVVERO, Harry: Dray… dai, rilassati. Draco: *sbuffa*okay). Hanno deciso di essere amici, ma nessuno dei due vuole essere solo amico dell’altro, soprattutto Draco. Harry deve elaborare bene i suoi sentimenti ed è molto confuso, riuscirà a fare chiarezza? Lo scopriremo nella prossima puntata che arriverà la prossima settimana, ovviamente :D siete pronti a questa terza avventura per i nostri eroi in questa lunghissima storia? :D I hope so!
Nota importante, il titolo della terza parte è una delle OST del mio Thai BLDrama preferito: Why r u?
Chi mi conosce sa che le canzoni delle serie thailandesi sono diventate una droga per me ahaha e anche le serie, ops. Anyway! Vi linko la canzone, nel caso voleste ascoltarla e, qualcuno lo sa, questa terza parte risente un po’ della visione di quel drama. Sorry not sorry. So, enjoy! (Is this love?
SOOOOOO, ringrazio tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che hanno avuto la pazienza di aspettare fino ad oggi il nuovo: Estel84, Eevaa e Puffanalanovita e le nuove persone che hanno messo la storia tra le seguite. E vi chiedo ancora scusa per avervi fatto attendere tanto per il seguito, prometto che – salvo imprevisti – continuerò a postare un capitolo a settimana! Grazie a tutti per il supporto!
SO! Vi saluto e vi do appuntamento al secondo capitolo di questa terza parte nel prossimo finesettimana!
See you on next weekend! :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

 


 

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Capitolo 21
*** Terza Parte, Capitolo 2: Still can't figure it out. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 2: Still can't figure it out




Il primo mese del settimo anno alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era trascorso in tranquillità, tra incantesimi, pozioni, trasfigurazioni, creature magiche e altre lezioni e la vita per tutti gli studenti procedeva con serenità.
Era la prima volta, in sette anni, che il mondo magico non era minacciato dal pericolo incombente del ritorno di Voldemort. Negli anni precedenti, Harry aveva affrontato di tutto: cani a tre teste, troll di montagna, basilischi, dissennatori, draghi, ragni giganti, mollicci, Mangiamorte e tante altre calamità, non aveva avuto un attimo di respiro, era sempre stato sballottolato da un problema all’altro. Adesso, la catastrofe più grande che poteva vivere era Hermione in crisi per una O al posto di una E, ed era successo davvero, quando la sua migliore amica aveva preso una O in Erbologia, aveva parlato di quello per una settimana, sostenendo di dover recuperare per forza, altrimenti non sarebbe uscita da Hogwarts. Non che si lamentasse di ciò, aveva davvero bisogno di vivere un anno scolastico diverso, tranquillo, quasi noioso. Man mano che passava il tempo, la sensazione di essere legato ancora al limbo e al sogno che aveva vissuto all’interno di esso, aumentava, più passava il tempo, più sentiva che in quella strana sensazione che provava, ci fosse qualcosa che avrebbe solo portato problemi. Era sempre più confuso e si sentiva smarrito, era tornato, lo sapeva, ma era come se non lo avesse fatto davvero. Era come se una parte di lui fosse rimasta lì e non fosse tornata nel mondo reale con lui. Non aveva ancora avuto modo di parlare con Silente di questo suo strano stato d’animo, sperava che lui, dall’alto della sua saggezza, potesse aiutarlo a venire a capo di tutta quella situazione e soprattutto aiutarlo a fare un po’ di chiarezza nel mare di incertezza dentro al quale sguazzava. Nonostante ciò, sapeva che Hogwarts era il luogo perfetto in cui tornare ad essere se stesso, perché, fin da quando vi era arrivato per la prima all’età di undici anni, aveva sentito quel castello come una seconda casa, anzi come la sua vera casa e nonostante tutti i problemi, la minaccia di Voldemort e tutto il resto, quella sensazione non era mai cambiata e anno dopo anno era sempre stato felice di tornare lì, dopo l’estate. E neanche quell’anno quella sensazione era cambiata, nonostante la confusione e il suo stato d’animo non ottimale, era felice di esservi tornato.
Tutto procedeva più o meno normalmente, l’unica variante che c’era, era la presenza di Malfoy, Zabini, Nott, Tiger e Goyle, che erano diventati parte integrante del loro gruppo, quasi sembrava strano chiamarli amici, ma era ciò che lentamente stavano diventando. Spesso, si erano riuniti per studiare tutti insieme in biblioteca ad esempio.
Harry era rimasto piacevolmente sorpreso dall’amicizia che si era instaurata tra il biondo e i suoi migliori amici, durante la sua “assenza”. Era stato un bene, tutto sommato, che lui fosse morto, probabilmente se non avessero dovuto collaborare per fare le ricerche circa il Lago d’Averno, non avrebbero mai legato tanto. Gliel’aveva raccontato Ron, una sera, durante la quale nessuno dei due riusciva a dormire a causa dei troppi pensieri. Nonostante la sua felicità di essere tornato lì, non riusciva a sentirsi completamente a suo agio, si sentiva ancora fuori luogo, infatti non aveva neanche ripreso a giocare a Quidditch, quando tutta la squadra lo aveva supplicato di tornare e far vincere la Coppa del Quidditch a Grifondoro quell’anno. Una parte di sé avrebbe voluto farlo, era il suo ultimo anno, perché no? Ma alla fine non l’aveva fatto, senza neanche saperne il motivo, semplicemente non aveva voluto.
Aveva davvero bisogno di parlare con Silente, magari lui avrebbe potuto aiutarlo a superare quel momento di confusione totale. Per questo, quel pomeriggio di inizio ottobre, si era diretto nell’ufficio del preside e aveva deciso di aspettare che egli tornasse, così che potessero parlare tra di loro di cosa gli stesse succedendo. Forse era solo un momento, forse era solo una fase che presto sarebbe passata, ma aveva bisogno di saperlo, così da mettersi l’anima in pace e attendere.
Era nell’ufficio del preside, in piedi davanti all’immensa scrivania e fremeva, aspettando con poca pazienza che Silente arrivasse e potesse parlare con lui. Ne aveva davvero bisogno e sperava che l’anziano mago potesse rispondere alle sue domande. In realtà, un po’ temeva che si comportasse come aveva fatto durante il quinto anno e che lo ignorasse, ma sperava che non fosse quello il caso e che decidesse davvero di ascoltarlo e rispondergli, senza giri di parole. Il che era pressocché impossibile, dato che il preside era famoso per non dare risposte chiare e concise.
Era agitato, ovviamente, si torturava le mani e muoveva energicamente una gamba per cercare di calmarsi, ottenendo l’effetto contrario, più faceva così più l’agitazione prendeva il sopravvento su di lui, ma non riusciva a calmarsi; i quadri dei presidi precedenti di Hogwarts, appesi alle pareti, ogni tanto lo guardavano con aria giudicante, ma non dicevano nulla, persino Fanny, appollaiata sul suo trespolo, lo guardava con aria curiosa, come se si stesse chiedendo cosa ci facesse lui lì. Harry non riusciva a trovare pace, nonostante fosse felice di essere tornato a casa, fosse con i suoi amici e le cose stessero andando bene… c’era sempre qualcosa che lo turbava e lo rendeva nervoso e agitato – anche se non ai livelli che aveva toccato durante il quinto anno – aveva bisogno di risposte a tutte quelle domande che erano rimaste impresse nella sua mente, fin da quando si era risvegliato. Queste lo avevano tormentato per tutta l’estate e non tutte erano riguardanti Draco. Il biondo era stato di parola, non aveva più parlato di loro due come coppia e dei loro sentimenti, né aveva accennato ai suoi, anche se ogni tanto, Harry aveva il sospetto che velatamente stesse flirtando con lui… ma la cosa non gli dispiaceva, anzi si era sentito lusingato dalle sue attenzioni. Non poteva negare che qualcosa c’era, anche se non sapeva ancora quale fosse la natura effettiva di quei sentimenti. Era il Nexus Mentis? Erano sentimenti reali? Draco aveva detto che i suoi erano sinceri, ma valeva lo stesso per quelli di Harry? Non lo sapeva e voleva scoprirlo, aveva bisogno di scoprirlo. Sembrava stupido il suo comportamento, lo sapeva, in realtà anche lui a volte si sentiva stupido, ma era combattuto da una parte avrebbe solo voluto lasciarsi andare, ma dall’altra temeva che tutto si sarebbe rivelato come uno sbaglio e in quel caso ne sarebbero usciti distrutti in due. Dopo tutto quello che Draco aveva fatto per lui, per permettergli di tornare in vita, per farlo uscire dal limbo, era solo da egoisti mentirgli su qualcosa di cui non era sicuro e poi spezzargli il cuore, non era affatto giusto nei suoi confronti. Se avesse deciso di lasciarsi andare e poi avesse scoperto che i suoi sentimenti non erano reali, ma solo un effetto collaterale del Legame? Non poteva rischiare, non poteva lasciarsi andare, doveva prima avere tutte le risposte del caso e poi gettarsi in quella nuova cosa, doveva fare una cosa alla volta… in fondo, Draco gli aveva concesso del tempo, non gli aveva dato alcuna fretta e lo rispettava. Harry apprezzava tantissimo questa sua… nuova gentilezza, mai avrebbe creduto che Draco Malfoy, in fondo, potesse avere un animo tanto gentile. Sperava solo che tutto tornasse alla normalità il più in fretta possibile, una parte di sé desiderava davvero preoccuparsi solo dei voti scolastici e di nient’altro, ma affinché ciò accadesse la questione del limbo andava in qualche modo chiusa.
Era ancora perso nei suoi stessi pensieri, quando il preside sopraggiunse e lo accolse con un sorriso sornione.
«Harry, ragazzo mio» lo salutò il preside quando lo vide «Perdonami se ti ho fatto aspettare» gli disse rammaricato «Stavo risolvendo delle questioni importanti per la scuola» aggiunse, sedendosi dietro alla scrivania.
«Ci sono problemi, signore?» domandò il ragazzo preoccupato e allarmato, temendo che si trattasse di qualche nuova minaccia magica «Vuole il mio aiuto?» chiese ancora «Posso aiutarla, se lei ha bisogno!»
Silente alzò una mano e scosse lentamente la testa «Calmo, calmo, ragazzo, non devi preoccuparti» gli disse con calma «Sei un ragazzo davvero coraggioso, Harry, ma non preoccuparti, si tratta solo di noiosa burocrazia» spiegò pacatamente, tranquillizzandolo. Il ragazzo si sorprese di aver ricevuto una risposta quasi esplicativa, invece delle solite frasi criptiche del preside, ma annuì rilassandosi appena. Era sollevato che non ci fosse nessun pericolo che minacciasse il mondo magico, le ferite che il terrore di Voldemort aveva lasciato, erano ancora fresche nelle menti di tutti e non erano del tutto guarite, anche se il mago oscuro era stato fermato prima che potesse fare di peggio. Tutto grazie a Draco che aveva cambiato fazione e si era unito a loro, tradendo il lato oscuro e alleandosi con lui e l’Ordine della Fenice.
«Ma tu invece?» domandò il preside «Come mai volevi vedermi? Ci sono problemi?»
Harry deglutì, conscio di dover trovare le parole giuste per esprimere ciò che provava. Non sapeva come spiegarsi, ma doveva farlo per trovare una soluzione al “suo” problema, legato alle sensazioni contrastanti che provava.
«Io… ecco…» balbettò, mordendosi le labbra «Lo so che è stupido… ma…» deglutì «Secondo lei è possibile che una parte di me sia rimasta legata al limbo?» domandò finalmente, dando voce al dubbio che l’aveva accompagnato fin dal suo risveglio e che non era mai riuscito ad esternare con nessuno. Quasi si sentì sollevato di aver posto quella domanda, sperava di poter ricevere anche una risposta, ma già l’aver esternato il suo dubbio, lo fece sentire meglio.
«No, non credo, Harry» rispose il preside gentilmente, guardandolo «Voglio rassicurarti subito, non sei stupido, dopo quello che ti è successo, è normale sentirsi un po’ confusi, sopraffatti e perdere momentaneamente l’orientamento» gli disse per tranquillizzarlo, il ragazzo annuì, non troppo sicuro delle parole del preside, aveva quella perenne sensazione, come se una parte di sé fosse ancora legata a quel luogo, che non lo abbandonava e se fosse stato qualcosa di simile all’horcrux? Magari la parte di anima di Voldemort che era morta con lui, aveva trattenuto parte della sua e quindi lui si trovava ancora in bilico tra la vita e la morte, ma non poteva saperlo. Aveva senso? Era una cosa possibile?
Deglutì e guardò Silente, che lo fissava in attesa che egli dicesse qualcosa. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, prima di iniziare a spiegare ogni cosa che provava, compresa quella sensazione a cui non aveva ancora dato un nome e che lo tormentava.
«Ma io… insomma, a volte mi sembra di essere ancora lì» disse, cercando di usare le parole giuste «Mi sembra di vederli, a volte credo di essere lì con loro…» spiegò «Come se facessero di tutto per farmi restare con loro, come se non avessero davvero voluto lasciarmi andare» spiegò, cercando di non balbettare «E ho paura, signore» confessò, solo mentre spiegava a Silente ciò che provava, si rese conto di ciò, la sensazione a cui non sapeva dare un nome, era la paura. Non tanto di morire di nuovo, perché l’avrebbe fatto ancora per salvare una persona a cui teneva particolarmente, ma aveva paura che quella sensazione fosse legata a Voldemort e a un suo possibile ritorno. Se la sua anima e quella del mago oscuro erano legate… allora significava che avrebbero potuto esserlo anche in quel momento, anche se Lui era morto. E un possibile suo ritorno, conseguente a un suo ritorno nel limbo, lo terrorizzava, tutti i suoi amici sarebbero stati in pericolo, tutte le persone a cui teneva, Remus, Tonks, il bambino che non era ancora nato… Draco.
«Di cosa hai paura, esattamente, Harry?» gli chiese Silente. Harry deglutì ancora, si torturò le mani e cercò di regolarizzare il proprio respiro. Si sentiva sopraffatto, nella sua mente c’erano troppi pensieri, troppe preoccupazioni, troppe domande e infiniti dubbi. «Prendi un respiro profondo, Harry» gli suggerì il preside, guidandolo verso la poltrona che c’era nell’ufficio «Siediti qui» Harry obbedì e cercò di concentrarsi sulla sua voce «Va tutto bene, sei al sicuro, tutti voi siete al sicuro» lo rassicurò «Nessuno cercherà di far del male a te o ai tuoi amici, parlami ti prego, cerchiamo di risolvere questo problema che ti affligge» gli disse ancora. La sua voce calma e pacata aiutò tantissimo Harry a calmarsi, lentamente iniziò a prendere dei respiri più profondi e lenti, per cercare di respirare meglio. Ron avrebbe detto che una sola persona non poteva provare tutte quelle emozioni insieme… altrimenti sarebbe esplosa. (Solo perché tu hai la sfera emotiva di un bradipo, avrebbe riposto Hermione). Il pensiero dei suoi migliori amici e la voce calma di Silente riuscirono a tranquillizzarlo. Si tolse gli occhiali e si massaggiò il ponte del naso, cercando di tornare in sé. Non si era mai sentito così male, per un attimo aveva avuto il timore di non riuscire a calmarsi e a riprendersi. Per fortuna, Silente era lì con lui. «Va meglio?» domandò l’uomo anziano, appellando una fiala di una qualche pozione che Harry non riconobbe subito «Bevi questo» gli disse poi, porgendogliela «Ti farà sentire meglio». Doveva essere pozione calmante, allora. Harry annuì e la bevve tutta d’un fiato e quasi immediatamente iniziò a sentire i benefici di quell’intruglio. Sperava solo che episodi del genere non gli capitassero più, non voleva che gli altri si preoccupassero per lui e non voleva che qualcuno notasse la sua debolezza.
«M-Mi dispiace, signore» disse il ragazzo mortificato «Non volevo che accadesse…»
«Non è colpa tua, Harry, va tutto bene» lo rassicurò ancora «Vuoi parlarmene?» il ragazzo annuì lentamente, ancora dispiaciuto per lo spettacolo spiacevole a cui aveva dovuto assistere Silente «Parlami, sono qui. Ti ascolterò» gli disse tranquillamente, guardandolo. Il suo sguardo imperscrutabile riusciva a far mantenere la calma a Harry, la sua vicinanza gli dava la certezza che se anche fosse accaduto qualcosa di brutto, lui sarebbe stato presente e avrebbe impedito che il male si abbattesse di nuovo sulla scuola. Harry fissò Silente per alcuni istanti, si soffermò a guardare anche la sua mano d’argento e si ritrovò a pensare a Draco. Anche lui era sempre riuscito a calmarlo, quando si faceva prendere dalla paura. Era l’unico a sapere di quel lato di lui, l’unico con cui avesse condiviso una cosa tanto intima, a sua discolpa, il Serpeverde l’aveva visto nella sua mente, non che lui gliel’avesse mostrato volontariamente. Anzi, Draco era riuscito ad aiutarlo persino a respingere Voldemort dalla sua mente, ricordava ancora quel giorno perfettamente, anche se erano passati mesi. Qualcosa dentro di lui gli diceva che avrebbe potuto contare sul biondo, nel caso in cui avessero avuto altri problemi con la magia oscura. Non aveva ancora idea di cosa accadesse tra di loro, ma stava cercando di capirlo.
Prese un paio di respiri profondi e poi iniziò a spiegare a Silente tutte le sue preoccupazioni, tutte le sue domande, espose tutti i suoi dubbi e le sue paure, gli confessò di avere paura di un ritorno di Voldemort, che egli potesse far del male alle persone che amava, che tutti potessero rischiare di nuovo la vita a causa sua, cercò di spiegargli anche la sua teoria circa il “frammento di anima ancora collegato al limbo” e Silente gli rivolse un sorriso sincero, scuotendo la testa, smentendola. Il Grifondoro non sapeva se sentirsi sollevato da ciò o ancora più terrorizzato, ma era grato che il preside sapesse fronteggiare anche una situazione difficile come la sua. Harry era agitato, terrorizzato e gli dispiaceva non mantenere il sangue freddo come aveva sempre fatto, non riusciva a comportarsi come un Grifondoro avrebbe dovuto, non riusciva ad essere coraggioso e ad affrontare anche quella problematica, aveva bisogno di… calma, di pace e di tranquillità, nient’altro.
«Harry, voglio che tu mi ascolti molto chiaramente» gli disse il preside, il ragazzo annuì «La tua anima è perfettamente intatta, non è legata al limbo e neanche a quella di Voldemort, quando ti ha colpito con l’Anatema, ha ucciso solo l’horcrux che era dentro di te, okay? Tu sei vivo, hai tutta la tua vita davanti e devi smetterla di preoccuparti così» continuò e gli appoggiò una mano sulla spalla «Lo so, per tutta la tua vita, sei stato vittima di quel mostro e io sono responsabile di non averti protetto come avrei dovuto, per tutta la tua vita hai dovuto combattere, ma adesso è arrivato il momento di fermarsi e di vivere la tua vita da studente, senza pensare a maghi oscuri e problemi di vario genere» gli disse con serietà mista a dolcezza, stringendogli una spalla «Ricordi cosa ti ho detto, quando avevi solo undici anni e avevi trovato lo Specchio delle Brame?» gli chiese.
Harry annuì, non avrebbe mai dimenticato quella frase, quelle parole erano impresse nella sua mente e nel suo cuore, più di una volta l’avevano aiutato a tornare in se stesso e a tornare alla realtà anche quando non ricordava nulla della sua vita.
«Sì, lo ricordo…» rispose il ragazzo a bassa voce «Ed è anche la stessa cosa che Draco mi ha detto quando mi ha trovato nel limbo, ha detto che lei aveva un messaggio per me e mi ha aiutato a ricordare tutta la mia vita…» spiegò brevemente, il preside annuì con fierezza «Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere» citò a sua vota, guardando l’uomo davanti a sé, il quale annuì ancora una volta con un’espressione estremamente seria in volto.
«Esatto, Harry, esatto!» esclamò Silente in risposta «Devi ricordarti di vivere la tua vita, hai diciassette anni, lasciati alle spalle il passato e vivi con serenità il presente, solo così il tuo futuro sarà radioso» gli disse «Esci dal sogno e torna a vivere la tua vita come un ragazzo della tua età».
«Come?» chiese Harry «Come faccio? Ogni volta che chiudo gli occhi sono ancora lì, ogni volta che mi volto, mi sembra di vedere Sirius o mio padre o mia madre…» i suoi occhi si riempirono di lacrime «E mi mancano così tanto…»
«Lo so, ragazzo, lo so…» gli disse il preside «Trova qualcosa da fare che ti faccia stare bene, qualcosa che ti aiuti a tornare il più in fretta possibile alla tua vita reale, devi solo trovare ciò che ti fa stare bene, farlo e lasciarti tutto alle spalle» gli disse «Fidati di me» Harry annuì appena. I suoi genitori gli sarebbero sempre mancati, avrebbe sempre avuto il rimpianto di non aver scelto loro e di essere tornato, ma come gli aveva detto anche Sirius, loro sarebbero sempre stati nel suo cuore e non lo avrebbero mai lasciato solo. Si portò una mano all’altezza del cuore e sospirò lentamente, annuendo. Silente aveva ragione, era tornato in vita e doveva davvero ritornare a viverla come faceva prima, dannazione, era riuscito ad avere una parvenza di vita sentimentale con la Umbridge che disseminava il terrore a Hogwarts, cosa sarebbe mai stato cercare qualcosa che lo facesse stare bene in un periodo di pace come quello?
«Lascia che te lo chieda» disse ancora Silente «Hai giocato a Quidditch recentemente?» domandò, Harry scosse la testa.
«No, non ho voluto riprendere» rispose sinceramente. Non serviva a nulla mentire, Silente avrebbe fiutato a chilometri di distanza una sua bugia, lo conosceva fin troppo bene.
«E perché?» domandò «Da quel che ricordo, ti piaceva molto giocare».
Harry aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse immediatamente, stringendo le labbra in una linea sottile, senza parole. Scrollò le spalle e scosse la testa, senza sapere esattamente quale fosse la risposta a quella domanda. Perché non aveva voluto riprendere? Se lo chiedeva fin da quando aveva rifiutato di tornare a giocare. Perché forse non si sentiva all’altezza degli altri? Perché non voleva più giocare? Non lo sapeva davvero. Silente lo scrutò per qualche istante, Harry sentì di nuovo quello sguardo addosso e tremò appena, prima di sentire cosa avesse da dirgli il preside. E le sue parole lo fecero bloccare. Come faceva a sapere esattamente cosa stesse pensando Harry in quel momento? Aveva il potere di leggere nella mente e nessuno lo sapeva? Certo, era un grande mago, ma fino a questo punto?
«Capisco…» riprese, infatti, il preside «C’è altro che vorresti dirmi?»
Harry annuì e prese un respiro profondo, per porre la domanda seguente «Signore, vorrei chiederle qualcosa riguardo… il Nexus Mentis Incantatio che c’è tra me e Draco» Silente annuì e lo invogliò a continuare la sua domanda «Ecco, non faccio che chiedermi se queste cose che provo… siano frutto del legame o siano vere…»  
«Sai, Harry? Credo di aver già risposto a questa tua domanda» rispose annuendo lentamente, ricordando la prima volta che gliel’aveva spiegato «L’amore è un incantesimo che sui libri di scuola non si impara, un incantesimo o una pozione non possono creare un sentimento dal nulla» spiegò, guardando il ragazzo dritto negli occhi «Come ti ho già detto, se provi qualcosa, deve essere vero, sta a te accettare o meno questi sentimenti» aggiunse «Il consiglio che ti posso dare è non sprecare un’occasione di essere felice» suggerì, poi fece una pausa, durante la quale Harry cercò di elaborare al meglio le sue parole. Forse aveva ragione Silente forse era lui stesso a dover accettare in primo luogo di provare qualcosa per Draco. Cosa lo bloccava dall’ammettere quei sentimenti? Cosa c’era che non gli permetteva di accoglierli dentro di sé e cercare di capire come convivere con essi? «Ah già» riprese l’anziano mago «Sai una cosa, ragazzo mio? Le promesse, sia nel mondo magico che in quello babbano, vanno rispettate» affermò «È una questione di fiducia, solo su questa puoi fondare un rapporto davvero sincero». Harry rimase di stucco, mentre la promessa che si erano scambiati lui e Draco, prima della battaglia sulla Torre di Astronomia, quando Draco lo aveva trovato nel bagno, in preda al terrore e alla paura, tornava nella sua mente. Ricordava bene ciò che si erano detti. E quel ricordo gli strappò un sorriso, forse il primo – vero – sorriso che faceva da quando era arrivato.
 
«Ehi, no. Tu ce la farai. Lo sconfiggerai, sei San Potter, dopotutto, il Prescelto, no?»
«Già, immagino tu abbia ragione» Draco lo spintonò appena, cercando di strappargli un sorriso «Ehi!»
«Ammettilo, adori i miei incoraggiamenti, ecco perché ci troviamo sempre in situazioni del genere» disse il biondo, cercando di rincuorarlo «Andrà tutto bene, okay? Tu non morirai» disse «Finirà bene e potrò tornare a darti fastidio ogni volta che vorrò e a batterti a duelli e in pozioni… a Quidditch…»
«Hai intenzione di tornare a giocare?» chiese il moro, l’altro annuì «Forte! Non era lo stesso senza di te».
«Lo so, come ti do fastidio io, non lo fa nessuno» Harry si ritrovò a dargli ragione e ridacchiò «Tanto ti batto lo stesso, Potter».
«Vedremo, Malfoy» replicò «Grazie, comunque».
«Qualcuno doveva tirarti su il morale».
 
Se doveva ricominciare a vivere, perché non iniziare da una partita contro il suo più grande rivale nonché suo grande amico? Un sorriso si formò sulle sue labbra e annuì. Restò a parlare con Silente di altre questioni che lo riguardavano e poi, dopo essersi congedato, con il cuore e l’animo più leggeri, come prima tappa andò dai suoi compagni di squadra. Ron gli aveva detto che quel pomeriggio si sarebbero allenati, quindi sapeva esattamente dove trovarli. Non ci fu bisogno di dire nulla, quando il rosso e gli altri lo videro sul campo, lo accolsero a braccia aperte, invitandolo ad unirsi a loro per gli allenamenti. Harry accettò senza alcuna esitazione quella volta.
Forse aveva ragione Silente, forse per tornare a vivere davvero, aveva bisogno solo di vivere la sua età. E non vedeva l’ora di farlo insieme ai suoi amici e… al ragazzo che lo confondeva più di tutti.
 

 
Tornare a giocare a Quidditch era stato terapeutico per Harry, ritornare sulla scopa all’inseguimento del boccino d’oro, lo aveva aiutato tantissimo in quelle settimane, era fin dal giorno del suo risveglio in infermeria che non si sentiva così bene e così vivo, così pieno di voglia di vivere la sua vita. Silente aveva ragione, doveva solo trovare qualcosa da fare che lo facesse stare bene. Quando ne aveva parlato con i suoi amici, tutti erano stati d’accordo con lui e lo avevano sostenuto in quella sua scelta, soprattutto Ron e, inspiegabilmente, Draco, che a sua volta all’inizio dell’anno aveva partecipato di nuovo alle selezioni per l’inserimento nella sua squadra e quella volta vi era entrato solo grazie alle sue capacità, non grazie a suo padre che aveva pagato e aveva comprato le scope per tutta la squadra solo per farlo entrare. Stranamente, Harry si era sentito fiero di lui, quando aveva comunicato a lui e al loro gruppo che era stato scelto di nuovo come Cercatore per i Serpeverde, Harry aveva visto una luce nuova nei suoi occhi, una soddisfazione che non aveva mai visto e quello gli aveva fatto provare una sensazione stranissima nei suoi confronti. Quando aveva detto anche a lui che sarebbe tornato a giocare, il Serpeverde lo aveva guardato con aria di sfida e poi gli aveva detto: “Non volevi tornare a giocare perché temevi la concorrenza, vero?” Harry aveva riso, sinceramente e gli aveva risposto per le rime, dicendogli che non avesse paura di lui né di perdere contro di lui. E adesso la prima partita si avvicinava. Era in tensione, non giocava da un po’, l’ultima partita ufficiale che aveva giocato era stata intorno al mese di maggio, prima che gli eventi precipitassero e prima che Voldemort entrasse nella scuola, dopodiché aveva giocato solo amichevoli. Doveva solo stare calmo e giocare come suo solito, aveva stabilito un nuovo record personale durante gli allenamenti, aveva preso il boccino dopo soli cinque minuti dall’inizio della partita amichevole contro i Tassorosso. Nessuno si sarebbe mai aspettato che riuscisse a prenderlo così in fretta, neanche Harry stesso. In quelle settimane, gli allenamenti e le partite amichevoli erano andati bene, lui e i suoi compagni di squadra avevano trovato una nuova intesa, erano un gruppo affiatato, che si sosteneva a vicenda, anche i nuovi battitori, sebbene fossero del terzo anno, si erano inseriti bene e facevano un ottimo gioco di squadra con tutti loro. Harry era davvero felice di essere tornato nel team dei Grifondoro e di aver ripreso a giocare, grazie a quello, piano piano quel pensiero di essere legato al limbo, che lo aveva accompagnato per tutto quel tempo, stava svanendo dalla sua mente. Come gli aveva suggerito il preside, aveva iniziato ad interessarsi ad altro, aveva ricominciato a vivere la sua vita come un normale diciassettenne e finalmente tutto sembrava andare per il verso giusto, anche se a volte sognava i suoi genitori, adesso non era più preoccupato come prima, perché sapeva che si trattava solo di sogni e nient’altro. Era fiducioso, prima o poi quella sensazione sarebbe svanita.
Guardò fuori dalla finestra della sua camera, il sole splendeva alto nel cielo, anche se era ottobre inoltrato e il freddo iniziava a farsi sentire, quella sembrava davvero una bella giornata e lui, forse, era fin troppo ottimista, ma si sentiva bene, come forse non si era mai sentito in tutta la sua vita e non voleva perdere il buon umore, non quel giorno. La tensione per la partita era solo dettata dalla sua aspettativa di vincere, desiderava ardentemente che la sua squadra vincesse il primo match del campionato e voleva essere lui l’artefice di quella vittoria, voleva sentire di nuovo l’adrenalina scaturita dalla vittoria, la gioia condivisa con i suoi compagni di squadra e tutto il resto. Era stato stupido a pensare di abbandonare il Quidditch durante il primo mese di scuola, Silente aveva fatto bene a spronarlo a giocare di nuovo.
«Ehi, sei pronto?» gli domandò Ron, quando lo vide arrivare in Sala Grande per la colazione. Harry annuì energicamente, prendendo un bicchiere di succo di zucca, lanciando uno sguardo di sfida al tavolo dei Serpeverde, dove Draco, già nella sua uniforme da Quidditch, lo fissava con la stessa espressione. Harry alzò il proprio bicchiere nella sua direzione e sorrise furbamente «Che vinca il migliore» mimò con le labbra. Draco rise e indicò se stesso con aria decisa, facendo ridere il Grifondoro. Sarebbe stata una bella sfida. Aveva ragione Silente, le promesse andavano mantenute, solo così i rapporti potevano avere successo e solo così lui poteva fare un po’ di chiarezza in se stesso, ritornando a fare ciò che amava fare: giocare a Quidditch e sfidare Draco in questo.
«Dovrei sentirmi offeso dal fatto che comunichi a distanza con Malfoy, ma non rispondi alle mie domande» si lamentò il rosso, incrociando le braccia al petto «Ma stranamente sono felice di questo». Hermione rise, raggiungendo il suo ragazzo e baciandogli la guancia.
«Su non essere geloso, Ron, Harry sarà sempre il tuo migliore amico, ma ha un rapporto speciale con Draco». Ron ridacchiò e annuì senza aggiungere altro, Harry invece sbuffò appena, scuotendo la testa, per scacciare il pensiero dell’insinuazione che aveva appena fatto la sua migliore amica, nell’ultimo mese battute del genere erano state all’ordine del giorno, ma stranamente non gli davano fastidio, forse loro si erano accorti di qualcosa che lui ancora non voleva vedere. Non voleva pensare a quelle cose, adesso, lui e Draco ne avevano parlato, il biondo gli aveva promesso che avrebbe aspettato e, sorprendentemente, non gli faceva alcuna pressione sull’argomento, non aveva chiesto né aveva accennato a quello, Harry lo apprezzava davvero, stava mantenendo la parola che gli aveva dato, ma non si era allontanato da lui, anzi, si comportava normalmente con lui, come un amico. Qualcun altro avrebbe storto il naso, ma Harry era davvero sollevato di non avere alcuna pressione da parte sua, stava cercando di rimettere insieme la sua vita, dopo Voldemort, dopo sei anni passati a combatterlo, a ostacolarlo e a proteggersi da lui, dopo essere morto e aver vissuto nel limbo quella che gli era la vita che aveva sempre desiderato. Stava appena tornando a sentirsi se stesso ed era sollevato di avere il supporto di tutti, sia dei suoi amici storici, sia di quelli nuovi… sia quello di Draco. Sapeva che il suo rapporto con il biondo non era puramente d’amicizia, sapeva che tra di loro c’era qualcosa di più, ma dentro di sé sentiva ancora che era per colpa del legame se si sentiva così, aveva bisogno di tempo per capire se quello che provava fosse sincero o no, per sua fortuna Draco riusciva a capirlo e si adattava alla situazione.
«Beh, Harry» Ron lo riscosse dai suoi pensieri, porgendogli un muffin al cioccolato e uno zuccotto di zucca «Faresti meglio a finire di fare colazione, così possiamo raggiungere il campo e scaldarci prima della partita». Harry annuì energicamente e sorrise al suo migliore amico, aveva perfettamente ragione, dovevano scaldarsi e concentrarsi per giocare quella prima partita di campionato, impegnandosi al massimo per vincere.
Finì di fare colazione in fretta, sotto i rimproveri di Hermione che gli diceva di mangiare più lentamente, poi lui e Ron si diressero direttamente al campo di Quidditch e pochi minuti dopo, furono raggiunti dagli altri membri della squadra e si riscaldarono prima di salire in sella alle scope e continuarono fino all’inizio della partita.
«Ehi, capitano» fece Ginny, guardandolo dolcemente «Non ci fai un discorso di incoraggiamento?»
Harry guardò Ron, il quale annuì con decisione, poi guardò il resto della squadra sorridendo «Andiamo a stracciare quelle serpi!» esclamò, non era mai stato un asso dei discorsi di incoraggiamento, non era mica Baston lui «Possiamo vincere, perché noi non siamo solo una squadra» aggiunse «Noi siamo una famiglia e anche se questa è solo la prima partita, in queste settimane abbiamo dimostrato di essere affiatati, quindi andiamo là fuori e vinciamo questa partita!»
Tutti gli altri esultarono, annuendo e dandogli pacche sulla spalla, poi non appena udirono il fischio di Madama Bumb che indicava quando le squadre sarebbero dovute entrare in campo, tutti loro salirono sulle proprie scope ed uscirono in volo, furono accolti con urla e applausi dall’ala dei Grifondoro, i quali iniziarono a sventolare delle bandierine con su disegnato lo stemma della loro casa. Furono seguiti pochi istanti dopo dai Serpeverde, che si furono accolti nello stesso modo dall’ala della loro casa, anche loro sventolavano le bandiere con il loro simbolo disegnato sopra. Tutti i giocatori presero le loro postazioni, in attesa che la pluffa venisse liberata. Harry guardò davanti a sé e trovò lo sguardo di sfida di Draco, che come al solito cercava di provocarlo. Rispetto al passato, però, non c’era odio o rancore tra di loro, solo voglia di gareggiare e di sfidarsi, nient’altro.
«Paura, Potter?» domandò Draco, guardandolo dritto negli occhi. Harry sentì uno strano sussulto nello stomaco e il suo cuore mancò di un battito. Non si era mai accorto di quanto lo sguardo di Draco fosse magnetico.
Deglutì prima di rispondergli per le rime un: «Ti piacerebbe» come aveva sempre fatto in passato e cercò di non pensare a quegli occhi grigi, soprattutto quando il boccino venne liberato e cercò di non perdere di vista la pallina dorata, ma essa volò via troppo in fretta. Madama Bumb fischiò per segnalare l’inizio della partita e liberò anche la pluffa che fu presa immediatamente da Ginny. Draco ghignò nella sua direzione, prima di volare via e allontanarsi da lui, forse per andare alla ricerca del boccino. Harry non lo seguì, si limitò a scrutare l’aria circostante alla ricerca di un bagliore dorato scomparso pochi istanti prima, ma non lo individuò subito. Vide che anche Draco si era fermato e che si era sistemato a bordocampo in attesa di individuare il boccino d’oro. Non doveva distrarsi troppo a guardarlo, altrimenti non avrebbe individuato il boccino per primo e non avrebbe potuto vincere la partita. Ci teneva troppo a vincere, voleva che la sua squadra fosse ancora più motivata, in quelle settimane in Quidditch e i membri della squadra lo avevano aiutato un sacco a stare meglio, voleva ripagarli in qualche modo. Guardò per un po’ la partita e si sentì fiero dei suoi compagni, Ginny aveva segnato i primi dieci punti della competizione. Harry le sorrise e alzò in pollice verso di lei, non appena la vide sfrecciare accanto a sé. Venti minuti dopo dall’inizio della partita, non c’era ancora alcun segno del boccino, Grifondoro vinceva per 50 a 0 e le serpi iniziavano ad innervosirsi, Harry aveva visto Draco rimproverare i due battitori della squadra perché, sotto ordine del capitano, avevano iniziato a prendere di mira i Grifondoro, anche in maniera abbastanza violenta, perché secondo lui dovevano seguire un gioco pulito e non barare come avevano sempre fatto in passato. Inspiegabilmente Harry si sentì ancora una volta fiero di lui, nonostante volesse vincere la partita, stava assumendo un atteggiamento tipico di un Grifondoro. Deglutì, era il legame a farlo comportare così? Era davvero lui o era cambiato così tanto per colpa sua e del legame che li univa? O era stato il viaggio a cambiarlo tanto? Harry non voleva farsi prendere dal panico né voleva andare di nuovo in paranoia per quella storia, ma davvero non si aspettava che il Serpeverde fosse così tanto diverso dal passato e che quel cambiamento fosse avvenuto in così poco tempo. Si ritrovò a sorridere senza un reale motivo, semplicemente per il gesto dell’altro e restò a fissarlo per così tanto tempo che non si accorse immediatamente del boccino che svolazzava davanti a suoi occhi. Si accorse di quel movimento solo quando vide il biondo volare nella sua direzione, così girò il suo manico di scopa e si precipitò all’inseguimento del boccino, con Draco che lo fiancheggiava. Harry sentiva il vento tra i capelli, il cuore battere accelerato, l’adrenalina scorrere nelle sue vene, una gioia mai provata prima si insinuò dentro di lui e allungò una mano verso il boccino. Si sentiva libero quando volava, giocare a Quidditch per lui non era solo un passatempo, non era solo praticare uno sport… era sentirsi vivo. Improvvisamente, il boccino volò verso l’alto, Harry fu rapido nell’inseguirlo nella stessa direzione. Draco era alle sue spalle, ma lui era molto più veloce, un po’ grazie alla sua scopa, ma anche perché era più abile. Volò verso l’alto inseguendo il boccino e continuò a farlo anche quando la pallina iniziò a scendere rapidamente in picchiata. Harry sentiva il proprio cuore battere all’impazzata nelle sue orecchie, le sue dita avevano quasi raggiunto il boccino, ma il terreno era a pochi centimetri da lui. «Harry, sta’ attento!» urlò Draco a un metro da lui, ma lui non ascoltò e continuò il suo inseguimento forsennato, fino a che, a pochi centimetri dal terreno, le sue dita non si chiusero attorno alla pallina dorata e con un’abile mossa – e un pizzico di fortuna – riuscì a raddrizzare la scopa e a volare in orizzontale, sventolando il pugno, in cui teneva stretto il boccino d’oro.
Il fischio di Madama Bumb segnò la fine della partita e la vittoria dei Grifondoro. Harry scese a terra, sorridendo soddisfatto. Aveva vinto. Lo sapeva che era una semplice partita di Quidditch, che non aveva risolto ancora tutti i suoi problemi, ma era felice così, prima o poi tutto il resto sarebbe passato, aveva solo bisogno di un altro po’ di tempo. Guardò verso Draco che scuoteva la testa, ma il sorriso non abbandonava neanche le sue labbra, sembrava in qualche modo fiero del successo di Harry, e quest’ultimo non poteva che esserne felice. Era davvero felice. Così felice e perso nello sguardo grigio dell’altro che non si accorse dei suoi compagni di squadra che lo raggiungevano, non si accorse delle urla esultanti di tutti che acclamavano il suo nome. E fu per pura adrenalina che, non appena scese dalla scopa, Harry cercò di raggiungere Draco, non sapeva neanche lui cosa volesse fare, sapeva solo che voleva andare da lui e…
Non ebbe il tempo di realizzare il suo desiderio, che Ginny gli si parò davanti e, sotto gli occhi di tutti, lo baciò. Harry restò immobile per una frazione di secondo, giusto il tempo affinché Draco vedesse quella scena e scuotesse la testa, andando via deluso. Harry deglutì e, realizzando cosa fosse accaduto, spinse gentilmente Ginny lontano da sé. Tutto l’entusiasmo e tutta felicità che aveva provato prima, si erano dissolti nel nulla, era bastato lo sguardo deluso del biondo per farlo piombare di nuovo nel baratro della confusione.
«Credevo di essere stato chiaro» le disse, cercando di essere gentile, quando dentro esplodeva di rabbia, perché diamine non aveva saputo accettare il suo rifiuto? «Non sono interessato a te, Ginny, mi dispiace».
«Ma Harry…»
«Ginny, lascialo in pace» intervenne Ron, prendendo le difese dell’amico «Non puoi costringerlo ad amarti».
«Tu da che parte stai, eh Ron?» domandò lei, guardando infuriata il fratello con astio, prima di correre via in lacrime. Ron scosse la testa e strinse una spalla di Harry per confortarlo. Il moro ringraziò l’amico e, liberandosi della sua presa, corse dietro all’unica persona che voleva vedere in quel momento. Dannazione, perché doveva essere tutto così difficile?
Entrò negli spogliatoi e cercò Draco con lo sguardo, ma non lo trovò.
«Draco?!» lo chiamò «Dove sei? Ho bisogno di parlarti» il biondo non rispose, ma Harry era certo che lui fosse lì, da qualche parte, doveva essere lì. «Esci fuori, lo so che sei qui!» esclamò innervosito.
«Non ho niente da dirti» disse il biondo, uscendo da uno dei box doccia con un asciugamano attorno ai fianchi, Harry rimase per alcuni istanti imbambolato davanti a Draco mezzo nudo e si chiese se fosse davvero il legame a farlo sentire in quel modo o se fossero i suoi reali sentimenti. Era attratto da lui? Era certo che fisicamente Draco non era affatto male, era un bel ragazzo e piano piano ne stava scoprendo anche il carattere… ma era reale quell’attrazione o solo frutto della sua immaginazione? Ad ogni modo, non era quello il momento di interrogarsi su quello, il biondo sembrava davvero infuriato con lui. Non aveva fatto niente, dannazione, perché non aveva aspettato un attimo e non aveva visto lui che respingeva la ragazza? Dannazione, odiava le situazioni così, odiava i litigi e non voleva litigare con lui, non in quel momento. Perché, per una volta che era felice, le cose dovevano andare male in quel modo? Maledizione.
«No, invece, io ho molte cose da dirti» protestò il moro.
«Se devi dirmi che hai preso una decisione, ti ringrazio, l’ho visto con i miei occhi» ribatté il biondo «Non avevo bisogno del film horror, ma eccoci qui».
«Che ne sai tu dei film horror?» domandò Harry, scioccato. Draco “sono purosangue, non mi mischio con i babbani nemmeno per sbaglio” Malfoy aveva davvero parlato di film horror? Lui? La situazione diventava ancora più sorprendente, ma non era quello il momento di fossilizzare la sua attenzione su quel dettaglio.
Draco arrossì e alzò gli occhi al cielo «Colpa di Hermione» rispose schiettamente, scuotendo la testa «Sai? Io sono stato onesto con te e per tutto questo tempo ho cercato di rispettarti, ma… evidentemente a te di me non importa niente».
«No!» esclamò Harry, protestando di nuovo e prendendogli una mano per costringerlo a stare fermo, non voleva parlare con la sua schiena, né voleva che l’altro fuggisse, non prima di aver ascoltato la sua versione dei fatti, Draco non sapeva che quello era stato solo un terribile malinteso. «Non ho scelto proprio niente, io…» deglutì «Lei mi ha baciato e io…»
«Hai capito di provare qualcosa per lei» lo anticipò il biondo, cercando di liberarsi dalla presa di Harry «Senti, lasciami in pace e vivi la tua vita serenamente, okay?» fece rassegnato guardandolo con uno sguardo che sembrava dire “smettila di farmi soffrire almeno lasciami andare adesso”, ma Harry non voleva che lui soffrisse né voleva che pensasse a lui e a Ginny come una coppia, la vedeva solo come una sorella minore – una sorella minore fastidiosa, avrebbe aggiunto volentieri – e non voleva che Daco soffrisse a causa di quello, dannazione, si era preso del tempo per riflettere proprio per evitare quello. Come poteva pensare che all’improvviso avesse cambiato idea?
«Mi vuoi ascoltare?» domandò frustrato ed esasperato «Sto cercando di dirti che l’ho respinta! Che stavo venendo da te, idiota, quando lei mi si è parata davanti!» esclamò Harry, alzando la voce, in modo che l’altro lo sentisse. Draco rimase scioccato per un momento, come se non avesse capito cosa gli era appena stato detto e si ritrovò a fissare il moro con un’espressione impagabile. Harry ridacchiò vedendolo in quello stato, non si aspettava di lasciarlo senza parole in quel modo, né si aspettava che lui lo fissasse in quel modo, si sentì un po’ in imbarazzo, ma non a disagio, anzi era sinceramente divertito dalla piega che stavano prendendo gli eventi. «Vuoi dirmi che non sei geloso, vero?» chiese, provocatoriamente, avvicinandosi a lui. Istintivamente, Draco fece un passo all’indietro.
«Non sono affatto geloso» ribatté piccato, incrociando le braccia al petto «Ma non ho il gusto dell’orrido, ecco tutto».
Harry ridacchiò ancora, portandosi una mano davanti alla bocca, mentre l’altro ragazzo lo guardava con uno strano sorrisetto impresso sul volto, non era il solito ghigno, c’era qualcos’altro che Harry non riuscì a cogliere immediatamente. Adorava Draco e il suo modo – pessimo – di celare le sue emozioni, quel viaggio nell’Oltretomba lo aveva davvero cambiato tanto. Era stato quello o era l’influsso del legame? Dannazione, perché continuava a tornargli in mente quel dannatissimo legame?
«Scusa… davvero» disse Harry, mortificato «Non credevo che Ginny facesse… qualcosa del genere, io l’ho respinta, credimi» gli spiegò con sincerità, cercando il suo sguardo «Puoi chiedere a Ron o a chiunque fosse presente lì, l’ho allontanata subito». L’altro parve riflettere qualche istante su ciò che aveva appena udito e annuì lentamente.
«Allora… hai detto che stavi venendo da me, giusto?» Harry annuì con decisione, Draco gli restituì uno sguardo speranzoso «Cosa volevi dirmi?» chiese a bruciapelo, lasciando il suo interlocutore senza parole. Già, cosa voleva dirgli? L’adrenalina lo aveva spinto a camminare verso di lui, ma senza avere in mente una precisa idea di cosa fare una volta raggiunto l’altro… cosa doveva rispondergli in quel momento? Non sapeva cosa avrebbe fatto spinto dall’adrenalina e dalla gioia di aver vinto la partita. Si morse le labbra a disagio, sotto lo sguardo curioso di Draco, che continuava a scrutarlo con attenzione, quasi come se cercasse di leggergli la mente. Forse se avesse usato la Legilimanzia su di lui, in quel momento, si sarebbe ritrovato nel caos che regnava nella sua mente, soprattutto in sua presenza, e si sarebbe perso in esso, probabilmente.
«Ehm, ecco io…» balbettò, deglutendo «Io…» iniziò, sotto lo sguardo vigile di Draco, che non mollava i suoi occhi in nessun modo. A toglierlo dall’imbarazzo, ci pensarono gli altri giocatori di Quidditch, che entrarono negli spogliatoi parlando ad alta voce, creando un terribile frastuono che fece distogliere i due ragazzi dalla loro discussione. Draco si distrasse un attimo, il tempo sufficiente a Harry di elaborare una risposta. Quando si voltò di nuovo verso di lui e gli pose di nuovo la domanda, il ragazzo fu lesto nel rispondere «Volevo congratularmi con te, sei stato un degno avversario là fuori… ma io sono stato più bravo». Il biondo gli restituì uno sguardo che sembrava dirgli “mi stai prendendo in giro?”, ma Harry lo ignorò e, dopo avergli stretto la mano, fuggì via dallo spogliatoio con il cuore in gola. Perché si sentiva in quel modo? Cosa gli stava succedendo? Erano davvero quei sentimenti che cercavano di salire a galla ogni volta che parlava con lui? Perché doveva essere tutto così imbarazzante? Dannazione. Sperava davvero di riuscire a fare un po’ di chiarezza… l’importante, in quel momento, era sapere che Draco non fosse arrabbiato con lui e che sapeva la verità su quel bacio che Ginny gli aveva dato, si era sentito profondamente a disagio e sperava che una cosa del genere non capitasse più. Mentre tornava nella sala comune, però, non smise un secondo di pensare a Draco nello spogliatoio.
Cosa aveva che non andava?
 

 
 
Il mese di ottobre era passato in fretta, così in fretta che Harry neanche se ne era accorto; dopo la partita di Quidditch, era stato totalmente assorbito dalle varie lezioni, dagli allenamenti e da tutto il resto che non si era reso conto del tempo che passava, era stato tutto così caotico che lo aveva travolto letteralmente, non se ne lamentava però. Preoccuparsi solo della sua carriera scolastica, di coltivare le sue amicizie, di giocare a Quidditch senza pensare a nient’altro era ancora un’esperienza nuova per lui. Se guardava indietro al suo passato, non si pentiva di aver sempre fatto di tutto per aiutare la scuola e gli studenti di essa a debellare la minaccia che si era abbattuta su di loro, ma doveva ammettere che vivere in pace, finalmente, iniziava a piacergli. Forse era un po’ noioso senza il mistero e senza problemi magici, ma lo apprezzava.
Preoccuparsi dei suoi voti insieme a Ron, ridere con Hermione, sfidarsi con Draco in ogni cosa erano segni di una normalità, di cui non aveva mai creduto di aver bisogno, tutti i suoi successi erano incentivi, motivazioni a dare il meglio di sé in ogni situazione. Finalmente, dopo tanto tempo a brancolare nel buio, sembrava che tutto stesse acquisendo di nuovo luce e colori e, per questo doveva ringraziare i suoi amici e lo stesso Draco, che non si erano mai arresi con lui. Per sua fortuna, Ginny aveva smesso di infastidirlo, Ron gli aveva detto di aver parlato con la sorella e lei sembrava aver accettato abbastanza bene il rifiuto, Harry era preoccupato perché non voleva che Draco assistesse di nuovo ad una scena come quella postuma alla partita di Quidditch di due settimane prima. Era ancora confuso riguardo i suoi sentimenti, ma di una cosa era certo: non provava nulla per nessun altro, doveva solo capire che natura fossero quegli strani sentimenti che provava per Draco, per poi dargli una risposta chiara e concisa. Non voleva farlo soffrire, non se lo meritava dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
Il 31 ottobre era arrivato in fretta, così in fretta che quando era arrivato in Sala Grande per la colazione e l’aveva vista decorata a tema Halloween, era rimasto scioccato in un primo momento. Ron e Hermione gli avevano ricordato che giorno fosse. Fin da quando aveva scoperto la verità su se stesso e aveva scoperto che il 31 ottobre era l’anniversario della morte dei suoi genitori, non aveva mai vissuto bene quel giorno, si era sempre sentito un po’ più giù rispetto agli altri giorni e quell’anno, forse, fu peggio, perché pensare alla morte dei suoi, lo riportò con la mente al sogno e al limbo, lì dove sebbene per poco tempo, aveva vissuto una vita con loro. Si era sempre chiesto come sarebbero stati i suoi genitori con lui, se avessero potuto crescerlo e anche se sapeva che ciò che aveva visto nel sogno era solo frutto dei suoi desideri, non poteva far altro che pensarci. Sarebbe stato dannatamente meglio crescere senza i Dursley e i loro abusi, ma lui sarebbe stato una persona completamente diversa. Forse, se ci concentrava a lungo su questo, tutto il resto avrebbe smesso di fare male.
Tutti si erano accorti che non era particolarmente in se stesso, soprattutto quando si erano incontrati in biblioteca per studiare, Draco non gli aveva staccato gli occhi da dosso per tutto il tempo, lo aveva fissato con così tanta insistenza che ad un certo punto, Harry si era sentito a disagio. Se ne era andato così in fretta che non aveva dato il tempo a nessuno di chiedergli cosa fosse accaduto, semplicemente era tornato nel dormitorio e si era gettato sul letto, mettendosi un cuscino sulla testa. Sembrava che un dissennatore fosse passato a spazzare via tutta la leggerezza che aveva accompagnato le sue ultime settimane a Hogwarts, era stato così bene… e adesso stava di nuovo male.
Sospirò e, dato che nel pomeriggio non aveva altre lezioni, decise di restarsene lì ad esorcizzare un po’ della tristezza che sembrava essersi impossessata di lui.
Era ancora disteso sul letto, quando sentì la porta del dormitorio aprirsi e qualcuno avvicinarsi al suo letto.
«Ron è molto preoccupato per te, sai?» Harry sussultò e si mise subito seduto, quando sentì la voce di Remus. Con la manica della felpa si asciugò il viso, neanche si era reso conto di aver pianto, e si voltò a guardare il suo tutore con gli occhi spalancati «In realtà, ti ho visto anche io, sia stamattina sia durante la mia lezione sia a pranzo» disse «Me ne vuoi parlare?» domandò dolcemente, sedendosi accanto a lui.
Harry sospirò e annuì, forse parlarne con lui lo avrebbe aiutato «È per i miei genitori…» mormorò «Oggi, lo sai, è l’anniversario della loro morte e…»
Remus annuì mettendogli una mano sulla spalla, per stringergliela delicatamente «Lo immaginavo»,
«Non so come fare, mi ritorna in mente il sogno che ho fatto e… come sarebbe stata diversa la mia vita, se loro fossero stati con me» disse piano, deglutendo cercando di ricacciare indietro le lacrime «Non ci pensavo da settimane ormai, ma oggi…» deglutì «Mi dispiace, non vorrei essere così debole».
«Non hai niente di cui scusarti, Harry» gli disse Remus, abbracciandolo, per un attimo si sentì strano, nessuno lo aveva mai abbracciato quando era turbato o triste, era una cosa nuova per lui. «Andrà tutto bene, non devi scusarti di essere triste, va bene così, sfogati se ne hai bisogno». Il ragazzo annuì e nascose la testa contro la spalla del suo tutore e lasciò andare le lacrime che a stento aveva trattenuto per tutto il tempo; liberare le sue emozioni in quel modo fu sfiancante, ma in qualche modo riuscì a farlo sentire meglio. Remus restò lì a consolarlo fino a che Harry non gli disse di stare meglio, sperava che una volta passata quella giornata, tutto passasse e tornasse alla normalità, come era accaduto in precedenza.
Remus era ancora lì, quando Ron tornò nella stanza e lanciò uno sguardo al suo migliore amico, per capire se avesse bisogno di qualcosa. Harry gli sorrise e con un rapido gesto, gli fece capire di stare bene, di non aver bisogno di nulla, che sarebbe stato meglio.
«Vi lascio adesso» fece Remus, scambiandosi con Ron uno sguardo complice, il rosso annuì con decisione «Stai meglio, Harry?» chiese apprensivo, il moro annuì e gli confermò di stare meglio. Non stava benissimo, ma era sollevato di avere tanto supporto quella volta, in passato non ne aveva mai avuto. Non appena Remus uscì, il suo migliore amico si voltò a guardarlo con un’espressone furba sul volto, Harry si chiese cosa avesse in mente, non gli era piaciuto lo scambio di sguardi che c’era stato tra lui e il suo tutore, sembrava che stessero tramando qualcosa alle sue spalle.
«Non mi piace per niente quello sguardo» disse il moro, guardando l’amico.
«Stasera dopo la cena, festeggiamo con i Serpeverde nella loro sala comune» comunicò il rosso «E non accetto un no, altrimenti il tuo ragazzo mi viene a cercare per non essere riuscito a trascinarti lì».
«Il mio…?» Ron ghignò e Harry realizzò di chi stesse parlando «Ron! Draco non è il mio ragazzo!» esclamò frustrato, gettandosi di nuovo sul letto «E comunque no, puoi dire a Draco che non ho voglia di festeggiare e non sono dell’umore adatto».
«Ha organizzato questa pagliacciata per te, perché è preoccupato, non dargli buca» ribatté Ron «Andiamo, distrarti un po’ non potrà che farti stare meglio, anche Remus è d’accordo con me» disse con sicurezza. Harry sospirò e scosse la testa, deciso a non assecondare il suo amico né il biondo. Proprio per questo motivo, alcune ore dopo, si era ritrovato seduto su uno dei divanetti della sala comune dei Serpeverde con un bicchiere di Whisky Incendiario clandestino tra le mani – non voleva sapere da quale professore Tiger e Goyle lo avessero rubato – a ridere di una battuta stupida di Theodore Nott. Molti Grifondoro del loro anno si erano uniti a quella festa, ma anche alcuni Corvonero e alcuni Tassorosso, sembrava strano da vedere, era una situazione inusuale. Le quattro case di Hogwarts non erano mai state tanto unite come in quel momento soprattutto le due principali rivali. Si era creato uno strano, ma compatto gruppo. Contrariamente alle sue aspettative, però, doveva ammettere che si stava divertendo e piano piano la sensazione di tristezza stava abbandonando il suo corpo, anche se non sapeva se tutto ciò fosse causato dall’alcool che gli dava alla testa o dalla stupidità degli altri. Non reggeva benissimo e già dopo due bicchieri, versatigli da Ron e da Blaise, sentiva già la testa girare, ma non importava, era un bene averla vuota una volta tanto. Draco non lo perdeva mai di vista, ma neanche si avvicinava a lui per parlargli. Harry avrebbe voluto ringraziarlo, da quello che aveva detto il rosso, era stata una sua iniziativa festeggiare tutti insieme, per aiutarlo a distrarsi. Sorrise appena, pensando a tutto quello che il biondo aveva fatto e continuava a fare per lui, per dimostrargli che ciò che provava era davvero sincero.
«Ho un’idea!» esclamò Blaise «Perché non facciamo un gioco?» propose.
«Che gioco vorresti fare?» domandò Draco, guardando l’amico con un’espressione abbastanza contrariata.
«Obbligo o verità, so che va molto di moda tra i babbani» rispose «Me ne ha parlato Neville, lo sai, ha passato l’estate tra i babbani». Neville, a pochi passi da lui, annuì energicamente.
«È divertente. Hermione, confermi?»
«Non dovreste fare questi giochi quando siete ubriachi e inizio a pensare che questa sia stata una pessima idea».
«Non siamo ubriachi» protestò Nott «Siamo solo molto allegri, vero Potter?»
«Vero!» esclamò Harry, ridacchiando. Era una situazione surreale, eppure era grato di trovarsi lì e non in camera sua a compatirsi, forse doveva ringraziare Draco per aver organizzato tutto quello ed aver impedito alla tristezza di travolgerlo ancora. Guardò il biondo con riconoscenza, che gli restituì uno sguardo colmo di qualcosa che Harry non riusciva ad identificare e si disse che forse, grazie all’alcool, poteva prendere il coraggio di fare la cosa giusta. «Io voto sì, giochiamo!»
«Questo è lo spirito giusto!» esclamò Blaise «Ron?»
Il rosso finì prima il suo bicchiere di Whisky Incendiario, poi rispose di sì, dando la sua conferma. Hermione si ritrovò a sospirare e a scuotere la testa, come se fosse stata stanca di avere a che fare con dei bambini troppo cresciuti e accettò anche lei, anche solo per controllare la situazione. Alcuni ragazzi andarono via, altri tornarono nei loro dormitori, nella sala comune restarono solo quelli che avevano accettato di partecipare al gioco, che si sedettero sul pavimento in cerchio.
«Malfoy, manchi solo tu» disse Harry, puntando un dito contro Draco, che era rimasto in piedi accanto a loro. «Non vuoi giocare? Hai paura?» gli chiese con uno sguardo carico di sfida, come sempre.
Il biondo si morse le labbra e le assottigliò in una linea, scuotendo la testa.
«Ti piacerebbe, Potter» affermò sedendosi accanto a lui, prima che la Weasley femmina, che era rimasta lì, decidesse di rubargli il posto «Partecipo anche io» confermò. Hermione spiegò rapidamente il gioco, mentre i ragazzi attorno a lei che non lo conoscevano ascoltavano con attenzione. Harry ne aveva solo sentito parlare, ma non aveva mai giocato, solo una volta, Dudley con i suoi amici avevano giocato e uno di loro aveva “obbligato” suo cugino a dargli un pugno, non era stato piacevole, ma sapeva che in quel momento nessuno gli avrebbe mai fatto del male. Si fidava di tutti loro, soprattutto di Draco, che era seduto accanto a lui e ogni tanto lo guardava con la coda dell’occhio per assicurarsi che stesse bene. Ginny era seduta di fronte a lui, accanto a Luna e a suo fratello. Il gioco iniziò presto e Harry si ritrovò a ridere, quando le prime “verità” iniziarono a venire rivelate e i primi “obblighi” imposti. Non credeva che un gioco tanto “stupido” potesse essere tanto divertente, fino a che non capitò a lui. Non seppe immediatamente cosa scegliere, se avesse scelto verità, gli avrebbero chiesto qualcosa di imbarazzante e non voleva, l’obbligo gli sembrava la scelta più ovvia. Il primo obbligo impostogli da Ron fu di bere di fila due bicchieri di liquore e lui lo fece senza battere ciglio, anche se ne sentì quasi subito gli effetti, gli veniva da ridere e più volte aveva appoggiato la testa sulla spalla di Draco accanto a lui, solo per riposarsi perché la sentiva stranamente pesante. Continuarono a giocare fino a tardi, erano tutti ubriachi, tranne Draco e Hermione, che sembravano essere gli unici ad aver mantenuto il contegno. Harry però non credeva di essere messo tanto male, anche se ogni tanto gli scappava da ridere e un po’ gli girava la testa, credeva di essere abbastanza lucido e razionale, per questo anche se la sua migliore amica insisteva per farlo tornare in camera sua, lui decise di restare a giocare con gli altri. Anche Theodore e Blaise erano messi male, nonostante Draco cercasse di convincerli a smettere di giocare e di bere. Harry non sapeva neanche da dove arrivasse tutto quell’alcool, ma non era un suo problema, in fondo, per una volta stava davvero bene e voleva continuare a sentirsi così per non pensare a tutto il resto. Anche Ron e gli altri Grifondoro erano ancora lì a giocare e lui voleva restare ancora con loro. Si stava bene, in fondo, vicino a Draco.
«Uh! Potter, tocca di nuovo a te!» fece Nott «Obbligo o verità?»
«Obbligo!» esclamò Harry, Blaise rise insieme all’altro Serpeverde e i due si scambiarono un’occhiata complice, ghignarono e si sorrisero a vicenda, prima di portare di nuovo l’attenzione sul Grifondoro.
«Devi baciare Draco!»
Il moro scoppiò a ridere annuendo e si voltò verso il ragazzo a sé, guardandolo con uno sguardo carico di desiderio. Voleva davvero baciarlo? L’alcool nel suo corpo diceva di sì, una parte di sé gli diceva che avesse sempre voluto farlo e solo così poteva trovare il coraggio di spingersi oltre. Così si voltò verso gli altri e accettò la loro sfida, voltandosi di nuovo verso il biondo e sorridendogli maliziosamente. Avvicinò lentamente i loro volti e si ritrovò a pochi centimetri dalle sue labbra, poteva sentire il respiro pesante di Draco infrangersi contro la sua pelle e si morse il labbro inferiore, trattenendo il fiato. Se avesse ascoltato bene, probabilmente, avrebbe sentito anche il suo cuore battere all’impazzata.
Socchiuse gli occhi e si fece più vicino a lui, ormai li separavano solo pochi centimetri, se lo avesse baciato, sarebbe stato come ammettere i propri sentimenti? Se l’avesse baciato Draco avrebbe accettato il suo bacio? Un fremito scosse le sue mani, era ubriaco, si stava divertendo e intorno a sé sentiva le voci degli altri incitarlo a baciare l’altro. Senza più pensare, spinto dall’alcool, annullò la distanza che c’era tra di loro, aspettandosi di trovare le labbra dell’altro pronte ad accoglierlo, invece si ritrovò a stampare un bacio sulla guancia di Draco, che aveva girato il viso, rifiutando – di fatto – il bacio di Harry, che rimase immobile, mentre tutti gli altri si ammutolivano. Il moro non capì cosa avesse sbagliato e perché il biondo si stesse comportando in quel modo, ma qualcosa dentro di lui fece male, ne ignorava il motivo, ma faceva male.
«La festa è finita» asserì Draco, alzandosi dal pavimento «Potter, vieni, ti accompagno nel tuo dormitorio, altrimenti cadrai» affermò afferrandolo per un braccio. Harry era scioccato, ma non riuscì a protestare, quando il biondo lo trascinò fuori dalla sala comune, seguito a ruota da Hermione che, a sua volta, trascinava un delirante Ron, in preda a una crisi di ridarella. Non protestò nemmeno quando il Serpeverde lo portò fino alla sua stanza e poi andò via senza dire una parola. Non realizzò neanche cosa fosse successo, era così ubriaco che non appena toccò il letto, si addormentò profondamente, fino alla mattina dopo, quando si svegliò con un terribile mal di testa e una sensazione strana dentro di sé.
Non ricordava nulla di cosa fosse accaduto la sera prima e forse era meglio così.


 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eccoci tornati con il secondo capitolo!
Harry è ancora in fase di meditazione, ma le cose si stanno muovendo u.u insomma, è innamorato di Draco, lo sanno anche i muri, le statue e i quadri di Hogwarts, oltre che tutti i Grifondoro e i Serpeverde, deve solo accettarlo (e non preoccupatevi, la realizzazione è dietro l’angolo… forse). Il gruppetto di amichetti si incontra clandestinamente nelle sale comuni e organizzano festini. Lo avreste mai immaginato? AHAH la scomparsa di Voldemort ha portato tante novità. Inoltre il nostro Draco è geloso marcio <3
Devo annunciarvi che devo cambiare il giorno di aggiornamento, dal sabato alla domenica sera, perché in questo periodo sono un sacco incasinata e non riesco mai a correggere il capitolo come si deve come facevo prima, quindi lo faccio il sabato e ci metto una vita solo per sistemarlo come si deve >< pensavo che passate le scorse settimane di delirio, riuscissi a tornare ai ritmi normali, ma la tesi mi sta massacrando e il libro che ho iniziato è piuttosto complicato (e non è l’unico, inoltre il mio relatore mi ha anche dato del materiale in inglese, quanto lo amo -.-), quindi so sorry se dovrò spostare l’aggiornamento, ma non mancherà! Farò del mio meglio per riuscire ad essere qui ogni settimana, lo prometto. Per ogni avvertimento, comunque potete far riferimento al mio profilo FB (Chiara Efp) dove di solito pubblico cagate e aggiornamenti vari sulle mie storie. (:
Ciò detto! Torniamo al capitolo. I baci da ubriachi non sono mai la risposta e Draco lo sa. Non ha rifiutato Harry eh, nel prossimo capitolo ci sarà il suo POV e spiegherà tutto, qui non ci stava, troppe pippe mentali di Harry, ops. Cosa accadrà nel futuro? Eh, chissà!
Draco darà di matto se vedrà di nuovo la piatt-ehm Ginny respirare la stessa aria di Harry?
Tutto questo, su questi schermi domenica prossima! Stay tuned!
Intanto, ringrazio dal profondo del mio cuore le meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Puffalanovita, Estel84, Eevaa e Ai_Amano. Grazie di cuore per le vostre bellissime parole e per il supporto, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! <3
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto
 

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Capitolo 22
*** Terza Parte, Capitolo 3: Is it all in my mind all this time? ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 3: Is it all in my mind all this time? 




A Hogwarts, dopo la morte di Voldemort, si respirava un’aria tutta nuova e tutti gli studenti, ma anche gli insegnanti, ne risentivano positivamente. C’era un clima più leggero, più spensierato, più rilassato, tutto sembrava avvolto da una nuvola di leggerezza che mai nella scuola si era vista. Draco era testimone in prima persona di quel cambiamento, per lui solo un anno prima quella scuola rappresentava un incubo, non poteva muoversi nel castello senza essere costantemente vigile, terrorizzato che qualcuno potesse scoprire le sue intenzioni – e fortunatamente, Potter ad un certo punto se ne era accorto, perché era stato solo grazie a lui, che alla fine si era “convertito” e aveva contribuito alla disfatta di Voldemort, liberando tutti loro da quella minaccia, solo grazie al prescelto adesso in quella scuola si respirava un’aria nuova, fresca, rilassata.
Le gite a Hogsmeade erano diventate più frequenti, più piacevoli, ora che nessuno di loro doveva più preoccuparsi di guardarsi le spalle da qualche minaccia magica, nascosta dietro a qualunque angolo. Per questo, adesso Hogsmeade, era sempre un tripudio di coppiette sdolcinate, che si tenevano per mano, che ridevano ad ogni cosa che la loro dolce metà diceva o faceva. Sembrava che la morte del mago oscuro avesse spazzato via ogni negatività, lasciando spazio solo alla serenità, alla pace e all’amore.
Draco era stufo di vedere persone amoreggiare ad ogni angolo del villaggio magico, ogni volta che ne vedeva una, pensava a come sarebbero stati lui e Harry come coppia e quel pensiero lo logorava ogni volta, sapeva benissimo che il suo era solo uno stupido e patetico pensiero, ma non poteva farci niente, fin da quando aveva ammesso i propri sentimenti per Harry e glieli aveva confessati, aveva atteso invano che l’altro capisse quali fossero i suoi reali sentimenti. Comportarsi come un amico era dura, ma almeno era un modo per stargli vicino, non voleva fare niente che lo mettesse a disagio o lo facesse sentire sotto pressione. Tutti avevano capito il suo punto di vista, soprattutto i suoi amici, con i quali aveva quasi litigato dopo la festa di Halloween che lui stesso aveva organizzato per Harry, per distrarlo dal pensiero dei suoi genitori. Cosa era saltato in mente a quei due? Come avevano anche solo potuto immaginare che “obbligare” Harry a baciarlo fosse una buona idea? Non voleva un bacio da ubriachi, del quale il moro si sarebbe pentito otto ore dopo, voleva di più, non poteva accontentarsi di quello e questo era stato uno dei motivi per il quale lo aveva rifiutato. L’altro motivo era la possibile reazione di Harry, il quale non solo se ne sarebbe pentito, ma sarebbe stato ancora più confuso riguardo i suoi sentimenti. Non aveva bisogno di portare altra confusione nella sua vita. Una parte di lui voleva renderlo felice e compensare a tutte quelle mancanze che aveva avuto durante l’infanzia, a partire dagli abbracci. Dannazione, era diventato davvero patetico. Anche un “cuore di pietra” come lui, poteva provare amore e rendersi patetico per esso. Non poteva davvero crederci, eppure era così e ne era felice. Preferiva essere accanto a lui ed essergli amico, piuttosto che osservarlo da lontano ed essere suo nemico come in passato. Per l’amore, per una probabile relazione, ci sarebbe stato il tempo, in fondo erano entrambi giovani e meritavano di essere allegri e spensierati, ora che erano liberi dalla minaccia di Voldemort ed erano liberi di vivere tranquillamente la loro giovane età. Per tutto il resto, c’era tempo. La cosa più importante era essere liberi da un incubo, liberi da un mostro. Se si guardava alle spalle, Draco poteva vedere un ragazzino terrorizzato che non aveva alcuna scelta se non quella di seguire suo padre e le sue idee, adesso invece ogni cosa era cambiata, era una persona migliore, era libero e aveva avuto una scelta, per una volta in tutta la sua vita aveva fatto quella giusta. Il viaggio nell’Oltretomba gli era servito maggiormente per capire questo, ognuno aveva una scelta e da quella dipendeva il futuro. Era felice di non aver sbagliato, di essere riuscito nella sua missione e di aver permesso a Harry di avere una seconda chance. Sperava di poter avere una possibilità con lui, una possibilità di dimostrare la realtà dei suoi sentimenti, la sincerità delle sue parole e soprattutto per rendere l’altro felice, ma per fare questo doveva avere pazienza, molta pazienza e per una volta, stava dimostrando davvero di averla e di essere una persona piuttosto matura. Una volta avrebbe pestato i piedi per terra, si sarebbe lamentato fino a che non avesse ottenuto ciò che desiderava maggiormente. Adesso, quell’atteggiamento che aveva avuto fino ai sedici anni, gli sembrava da stupido, per sua fortuna non era più quella persona immatura e petulante.
Draco sbuffò per l’ennesima volta tamburellando sul tavolo di legno con le dita, mentre davanti ai suoi occhi un nuovo film horror si riproduceva. Lui, Harry, Theodore e Blaise avevano deciso di andare a Hogsmeade tutti insieme, quel giorno, perché Ron e Hermione avevano un appuntamento “da coppia” e nessuno di loro voleva fare il terzo incomodo, così loro quattro si erano organizzati per passare la giornata insieme e divertirsi. In realtà, Draco avrebbe preferito essere da solo con Harry, magari per provare ad approcciarsi di nuovo a lui, ma gli altri due Serpeverde avevano quasi preteso di accompagnarlo per, testuali parole, impedirgli di fare qualche stronzata. Draco non aveva capito il senso di quella frase dei suoi amici, fino a quel momento. Erano tutti seduti a un tavolo del locale “I Tre Manici di Scopa” e Harry si era offerto di andare a ordinare da bere per tutti per ringraziarli di non averlo lasciato solo, mentre i suoi migliori amici erano impegnati in altro. Tutti loro avevano acconsentito, così il moro si era avvicinato al bancone per ordinare le bevande ed era lì che era iniziato il film horror, mentre era in attesa delle bevande Ginny Weasley, insolitamente accompagnata da Pansy Parkinson, si era avvicinata a lui e aveva iniziato a parlargli con aria civettuola. Draco era lì e li stava osservando, mentre una rabbia mista a una strana forma di gelosia mai provate prima gli faceva ribollire il sangue nelle vene, avrebbe voluto andare lì e dirle che Harry non era interessato a lei, dato che l’aveva già respinta più di una volta. Perché doveva insistere così tanto? Perché doveva continuare a provarci con Harry davanti a lui? Era un qualche subdolo piano di Harry per farlo ingelosire o cosa? Erano passati due mesi da quando erano tornati a scuola, novembre era iniziato da pochi giorni e aveva sentito un certo avvicinamento tra di loro, soprattutto da dopo Halloween. Solo la sua estrema razionalità gli aveva impedito di fare forse uno degli errori peggiori della sua vita, cioè permettere a Harry di portare a termine quell’obbligo, sapeva che se si fossero baciati da ubriachi, tutti i progressi che avevano fatto, sarebbero stati vani e il resto sarebbe finito nel caos, peggio di com’era già. Sapeva che Harry aveva bisogno di tempo per riflettere e si era imposto anche di avere pazienza con lui, ma non riusciva a mantenere la calma, quando vedeva scene del genere. Quante volte avrebbe dovuto vederlo con un’altra persona, prima che si rendesse conto di ciò che provava realmente? Prima che gli desse una risposta chiara e certa?
Sbuffò per l’ennesima volta, scuotendo la testa, infastidito.
«Che hai da sbuffare, Malfoy?» gli chiese Zabini, guardandolo con curiosità.
«Niente» grugnì il biondo, continuando a lanciare occhiatacce verso il bancone, dove la Weasley femmina continuava a ronzare attorno a Harry e a flirtare con lui. Ancora. Ci stava spudoratamente provando con lui, nonostante lui l’avesse rifiutata davanti a tutti alla partita di Quidditch – quando Ron gliel’aveva raccontato, a stento aveva creduto a quella storia, ma quando aveva realizzato che era tutto vero, a stento aveva trattenuto le risate, solo per non offendere l’amico – e le avesse detto chiaramente di non provare nulla per lei, di non ricambiare i suoi sentimenti. E Draco non sopportava più la vista di quella scena, non poteva credere che esistesse qualcuno di tanto irrispettoso nei confronti di un’altra persona, da dover insistere così tanto. Forse se anche lui si fosse comportato così, avrebbe ottenuto una risposta molto prima… ma non voleva mettere alcuna pressione su Harry, voleva che si prendesse i suoi tempi e riflettesse bene, preferiva aspettare adesso, invece di soffrire in futuro.
«Qualcosa mi dice che il nostro Malfoy è geloso marcio» asserì Nott divertito «Non fa che guardare il bancone e pensare a mille modi per affatturare quella Weasley femmina» aggiunse. Draco avrebbe voluto dargli ragione sulla parte finale del suo discorso, perché in effetti se avesse potuto, le avrebbe fatto qualche fattura e l’avrebbe fatta allontanare da lui, ma non poteva farlo, Harry se ne sarebbe accorto e gli avrebbe fatto una paternale.
«Io non sono geloso» disse il biondo, incrociando le braccia al petto «Sono infastidito, quella non lo capisce».
«Oh, immagino che tu invece lo capisca?» domandò con fastidiosa saccenteria Zabini.
Draco deglutì annuendo, mentre le sue guance si tingevano di rosa, prima di rispondere. «Sì, io lo capisco» affermò con sicurezza «Non solo per quello che provo per lui, ma anche per il legame che condividiamo» spiegò «Inoltre, se lo capisse non lo farebbe sentire così tanto a disagio» aggiunse, lui si era fatto da parte, quando Harry gli aveva chiesto di dargli del tempo per riflettere e di avere pazienza, Draco stava rispettando il suo volere a differenza di quella ragazza.
Era difficile da far capire agli altri, ma lui e Harry erano connessi a un livello così intimo che quasi potevano percepire l’uno le emozioni dell’altro. E sapeva con certezza che in quel momento Harry era a disagio, così aspettò solamente un altro minuto, prima di alzarsi dal suo posto – facendo anche abbastanza rumore – e avvicinandosi al bancone con un enorme ghigno sulla faccia, cercando di mantenere la sua faccia di bronzo intatta.
«Potter, al nostro tavolo ci stavamo chiedendo quante ore dobbiamo aspettare per avere le nostre Burrobirre» asserì con sarcasmo, incrociando le braccia al petto, il moro lo guardò sorridendo e fece per rispondere, ma venne preceduto «Stai aiutando Madama Rosmerta a prepararle? Non mi sembra» aggiunse sarcasticamente, guardando l’altro con uno sguardo che voleva suggerire “reggimi il gioco”.
«Harry non è il tuo cameriere, Malfoy» intervenne la rossa, dandogli ancor di più sui nervi. La Parkinson, accanto a lei, ridacchiò, dandole ragione e questo fece innervosire ancora di più il giovane Serpeverde. Che aveva da ridere in quel modo? Il ragazzo cercò di mantenere ugualmente la calma e lasciò andare uno sbuffo dal naso, prima di parlare.
«Non vedo perché questi debbano essere problemi tuoi, Weasley» replicò lui con calma «Stavo parlando con Harry» aggiunse, prima di guardare il Grifondoro, che lo guardava con uno sguardo che Draco non seppe decifrare immediatamente, ma che sembrava essere gratitudine. «Allora?»
«Visto che sei qui» intervenne Harry «Perché non mi aiuti?» chiese indicando le Burrobirre che Madama Rosmerta aveva appena appoggiato sul bancone. Draco sorrise e annuì, fece di poterlo aiutare. Così si divisero le bevande e, dopo aver salutato Ginny, si diressero al loro tavolo, pronti a gustare quella bevanda calda insieme ai loro amici, sotto gli sguardi delle due ragazze. Draco non badò molto a loro, né si accorse del modo in cui li studiavano da lontano dal loro tavolo, era troppo impegnato a parlare con Harry, a godere della sua presenza e a divertirsi con i suoi amici per accorgersi di quello. In tutta la sua vita, mai avrebbe creduto che, passare una giornata a Hogsmeade in compagnia di Harry Potter, che rideva insieme a Zabini e a Nott, potesse rivelarsi come una delle migliori cose della sua vita. Non c’era mai limite all’assurdo, apparentemente. Fu quel giorno comunque che notò un atteggiamento diverso da parte di Harry, sembrava diverso dal solito, era più tranquillo, più spigliato, più sicuro di sé e questo riuscì a confondere la mente di Draco Malfoy.
 

 
Di tutte le cose strane che erano accadute nella sua vita – e davvero, erano successe delle cose realmente fuori dal normale per lui – di tutte le cose assurde che aveva fatto durante gli ultimi mesi appena trascorsi, fin da quando aveva accettato l’aiuto di Harry Potter nel bagno di Mirtilla Malcontenta, quella fatidica notte, quella di sicuro le batteva tutte, ovvero trovarsi in biblioteca, intento a fingere di studiare, per parlare con Ron Weasley, che non solo era il migliore amico del ragazzo del quale era innamorato, ma era anche diventato un suo amico, fin da quando avevano dovuto fare quelle ricerche per trovare informazioni sull’Oltretomba e il luogo dove si sarebbe dovuto recare per salvare Harry. Durante l’estate appena trascorsa, lui e il rosso si erano scambiati più volte delle lettere, perché Draco voleva sapere come stesse Harry e come stesse vivendo quel periodo, ma non aveva mai mostrato questo suo lato a Harry e forse questo era stato uno dei suoi errori. In passato, non avrebbe mai temuto una cosa del genere, sarebbe stato più sfacciato, meno timido. Non era di fatto una persona timida, ma Potter riusciva a tirare fuori lati del suo carattere che erano sconosciuti persino a se stesso.
Fin da dopo la festa di Halloween, Harry era stato strano. Draco non se ne era accorto subito, ma aveva iniziato ad essere più sicuro quando c’era lui nei dintorni, a volte rispondeva ai suoi velati flirt con decisione e senza alcuna esitazione o timidezza, e questo aveva mandato il Serpeverde in confusione. Cosa gli stava dicendo Harry? Cosa voleva? Voleva solo flirtare o essere diretto nei suoi confronti? Gli aveva dato il tempo, certo, ma questo non significava che il moro potesse dargli false speranze. Draco era terrorizzato di finire con il cuore spezzato e non sapeva nemmeno perché ne fosse così spaventato, i suoi amici gli avevano detto che si stava fasciando troppo la testa, che era tutto solo nella sua mente, che le cose tra lui e Potter non erano affatto cambiate come diceva lui e che si provocavano nello stesso modo in cui avevano fatto fin dall’inizio dell’anno. Eppure Draco l’aveva percepito. Aveva sentito che qualcosa era cambiato, aveva sentito una tensione maggiore tra di loro, aveva sentito che il moro fosse più sicuro di sé e meno terrorizzato, come se stesse davvero elaborando i suoi sentimenti e ne stesse diventando più consapevole. Eppure… questo lo confondeva terribilmente, per questo aveva bisogno di aiuto. E solo Ron e Hermione potevano aiutarlo a sciogliere quel difficile nodo che era la mente di Harry Potter, dato che lo conoscevano meglio di chiunque altro.
«Sei davvero in una situazione difficile, se hai deciso di parlare con me di Harry» disse il rosso, scrutando il suo viso alla ricerca di qualche indizio «Non sarebbe stato meglio per te chiedere a Hermione?» domandò con curiosità.
Draco sbuffò e incrociò le braccia al petto «Le ho già parlato» rispose. Ron si accigliò spalancando gli occhi a dismisura, non aspettandosi quella risposta. Il Serpeverde sospirò frustrato, da quando le cose erano diventate strane con Harry, soprattutto dopo Halloween, la prima cosa aveva fatto era stata confrontarsi con la Grifondoro, per capire se avesse in qualche modo ferito Harry con il suo rifiuto. Lei gli aveva sorriso e gli aveva dato una pacca sulla spalla, dicendogli che il suo comportamento era stato esemplare, non tutti nella sua stessa situazione avrebbero rifiutato, anzi molti avrebbero approfittato dell’ubriacatura e dello stato incosciente dell’altro per approfittarsi di lui. Draco dovette ammettere che in passato, probabilmente, avrebbe fatto la stessa cosa, ma adesso era una persona totalmente diversa e tutta quella situazione non stava facendo altro che cementare quest’idea di lui come una persona matura.
Hermione gli aveva detto che si stava comportando bene con Harry, rispettando la sua scelta e concedendogli i suoi tempi, anche lei aveva notato un certo… interesse del moro nei suoi confronti, ma gli aveva suggerito di parlarne anche con Ron, per capire se anche il rosso avesse visto qualche cambiamento in Harry. E così lui aveva seguito il suo consiglio.
Ron annuì, perplesso, prima di parlare «Quindi… cosa volevi dirmi su Harry?»
Draco arrossì e si morse le labbra, abbassando leggermente lo sguardo «È che… ultimamente l’ho visto diverso… nei miei confronti» il rosso annuì «Mi chiedevo se ti ha detto qualcosa… su di me?»
«Sii più specifico, non fa che parlare di te» le guance del biondo andarono a fuoco dopo quell’affermazione dell’altro, che ridacchiò vedendolo in quel modo «Oh, ma che carino che sei, quando arrossisci» scherzò.
«Ci stai provando con me, Weasley?» fece Draco, cercando di mantenere il suo solito sangue freddo e la sua dignità tutta insieme «Lo sai, non sei il mio tipo».
«No, perché tu preferisci altri tipi di Grifondoro, vero?» gli rispose per le rime «Bassino, occhi verdi, occhiali, capelli perennemente spettinati e…»
«La smetti? Dannazione a me e a quando ho deciso di venire a parlare con te!» esclamò Draco ad alta voce, guadagnandosi un’occhiataccia, seguita da uno “shhh” da parte di Madame Pince, il ragazzo si scusò con un gesto silenzioso e tornò a guardare l’amico che sghignazzava sotto i baffi. Draco scosse la testa e sbuffò.
«Scusa, scusa» fece l’altro schiarendosi la voce «Ma dicevo sul serio prima, Harry parla spesso di te, è un anno che è ossessionato da te, quindi… sii più specifico, cosa vuoi sapere?» domandò seriamente. Draco prese un respiro profondo e spiegò all’altro tutto quello che aveva notato nell’ultimo periodo, gli raccontò anche del modo in cui Harry si comportava con lui e di come fosse diventato confidente con lui. Per tutto il tempo, dovesse assistere anche a tutte le espressioni facciali disgustate dell’altro ad ogni sua frase sull’amico in comune.
«Non voglio illudermi, né voglio fargli pressioni in alcun modo… per questo ho chiesto a te» disse ancora, mordendosi il labbro inferiore «Voglio solo capire se è tutto nella mia mente o se c’è qualcosa di vero nel suo comportamento».
Ron lo guardò con serietà per alcuni istanti, Draco interpretò il suo sguardo come pietà nei suoi confronti per quanto era patetico. Davvero, ma fino a dove era caduto in basso? Si era davvero ridotto a chiedere a Weasley informazioni su Potter? Maledizione. «Non capisco perché tu ti faccia tanti problemi, Malfoy» gli disse poi, senza smettere di guardarlo «Conosco Harry, non si comporterebbe così se non fosse preso da te».
«Non capisci quello che ti ho appena raccontato?» domandò frustrato «Manda segnali contrastanti, io non riesco a capire cosa gli prenda, okay?» chiese ancora, il rosso sospirò e annuì «Il fatto è che gli ho promesso che gli avrei dato del tempo per riflettere e per questo non posso andare da lui adesso e chiedergli cosa stia accadendo adesso» spiegò, scoraggiato. Non poteva avanzare nessuna pretesa, se Harry non gli parlava, se Harry non si decideva a dargli una risposta, lui aveva le mani legate, perché qualunque sua azione sarebbe stata interpretata come un volergli fare pressioni per fargli prendere una decisione. Aveva promesso che non lo avrebbe fatto e avrebbe continuato a mantenere la sua promessa, aveva persino rifiutato il suo bacio durante quello stupido gioco la notte di Halloween, proprio per evitare che l’altro si sentisse a disagio con lui, non poteva spingerlo verso qualcosa che non voleva, se non era ancora pronto. «Non so davvero quello che prova per me e non voglio fargli pressioni, ma mi sta facendo impazzire» aggiunse con un sospiro rassegnato «Vorrei solo capire che gli prende».
«Però, sembri davvero… preso da Harry» Draco lo fulminò con lo sguardo. Davvero stava facendo una battuta del genere? Davvero? Weasley era davvero un idiota, la maggior parte delle volte, dannazione. Quante altre volte avrebbe dovuto dimostrare di amare Harry, per far capire a lui e a tutti gli altri che i suoi sentimenti per lui erano sinceri? Dannazione, se non fosse stato così, avrebbe gettato la spugna dopo il primo rifiuto, avrebbe preteso da Harry una risposta immediata, si sarebbe comportato come “il vecchio Draco Malfoy” e invece aveva continuato ad essere paziente, aveva sofferto, era stato rifiutato e tutto il resto, inoltre continuava a soffrire un sacco, perché nessuno credeva alla sincerità dei suoi sentimenti? A volte, era davvero una situazione troppo frustrante. «Okay, okay, scusa» replicò l’altro, alzando le mani in segno di resa, rendendosi conto del suo errore «Penso solo che, senza fargli pressioni di alcun tipo, dovresti invitarlo a venire a Hogsmeade con te, il prossimo weekend» propose il rosso, guardando l’amico che si accigliò sentendo le sue parole «Non avrai nessuna risposta, se continuerai ad ignorare la cosa come se fosse vaiolo di drago e a tormentarti in questo modo» gli disse con serietà «Pensaci, okay? Se tieni davvero a lui, fai una mossa. Aiutalo ad aprire gli occhi» gli suggerì ancora «Non devi costringerlo a venire con te o costringerlo a provare qualcosa per te, io sono certo che lui provi qualcosa per te, è solo spaventato» aggiunse «Puoi sempre dirgli che vuoi invitarlo per passare un po’ di tempo insieme, come amici». Draco sbuffò, mettendosi le mani tra i capelli, ancora più frustrato di prima. Gli doleva ammetterlo e feriva anche il suo orgoglio profondamente, ma Weasley aveva ragione, non poteva continuare a torturarsi in quel modo. Potevano uscire solo come amici, potevano trascorrere del tempo insieme come amici, non c’era niente di male in quello e sicuramente questo avrebbe potuto aiutare Harry a fare un po’ di chiarezza in se stesso, o almeno Draco lo sperava. «Solo, Draco, per favore, non farlo soffrire, ne ha già passate troppe» aggiunse.
Il Serpeverde scosse energicamente la testa e alzò lo sguardo con decisione sull’altro «Non ti preoccupare, Ron, farlo soffrire è l’ultima cosa che voglio fare» disse con sicurezza. Il rosso annuì e gli rivolse un sorriso gentile, comprendendo le sue parole, facendogli capire che gli credeva.
«Bene, allora sappi che domani, diciamo intorno alle quattro del pomeriggio, io, Harry e Hermione saremo qui per scrivere il tema di Trasfigurazioni» gli disse «Nel caso volessi fare la tua mossa, sappi che ci troverai qui». Draco annuì e gli disse che ci avrebbe pensato. Restò lì a parlare con lui fino a che non furono raggiunti da tutti gli altri che decisero di unirsi a loro per studiare. Harry non c’era, di sicuro stava facendo qualche allenamento in solitaria e nessuno di loro aveva osato andare a disturbarlo. Dopo un po’, si congedò dal gruppo e decise di tornare nel suo dormitorio per riflettere bene sull’illuminante chiacchierata che aveva avuto con Weasley, assurdo, ma vero, il rosso non era poi così inutile come sembrava, anzi. Da quella conversazione che all’inizio era sembrata senza speranza, alla fine il Grifondoro era riuscito persino a dargli un consiglio saggio e ad indirizzarlo nella direzione giusta, anche se era terrorizzato.
«Oh, sei qui» gli disse Theodore, quando lo vide entrare in sala comune «Io e Blaise ti cercavamo».
«Uhm? Perché?» domandò perplesso «È successo qualcosa?»
«Uhm, beh, diciamo di sì» rispose l’altro con serietà «Si tratta di Pansy Parkinson» Draco alzò lo sguardo al cielo, ricordando le spiacevoli conversazioni che aveva avuto con lei, la notte della battaglia della torre di astronomia e il giorno del funerale di Harry. Non aveva voluto parlarle, quando lei aveva provato ad approcciarsi a lui, quando erano tornati a Hogwarts, ricordava di aver saputo da sua madre che i genitori della ragazza erano stati entrambi arrestati, ma erano ancora in attesa di processo e aveva saputo anche che era andata a vivere con uno dei suoi parenti, ma lui era rimasto piuttosto indifferente. In passato erano stati amici, ma ad essere sincero non sapeva neppure come avesse fatto. Perché mai Theodore pensava che qualcosa su di lei potesse interessargli?
«E quindi?» domandò con sufficienza.
«Non fare quella faccia» lo rimproverò l’amico «Suo padre è stato condannato al bacio del dissennatore» rivelò «È a pezzi» aggiunse. Draco si paralizzò e guardò Theodore sconvolto, non aveva idea che alcuni dei Mangiamorte arrestati fossero stati condannati a quella pena. Non conosceva bene il padre di Pansy, non ricordava di averlo visto spesso al Manor, durante il periodo in cui Voldemort l’aveva reso il suo quartier generale, ma… quell’uomo doveva essere stato davvero spietato, se il Wizengamot aveva deciso per quella pena, nemmeno Lucius Malfoy era stato condannato al bacio del dissennatore, quanto era stato crudele il padre di Pansy per avere quella pena? Rabbrividì al solo pensiero. Sapeva che la maggior parte dei Mangiamorte processati era stata condannata all’ergastolo, anche suo padre era tra essi, ma non aveva mai sentito di nessuno condannato al bacio, fino a quel momento. Immediatamente, provò pena per la ragazza. Doveva essere devastante apprendere una notizia del genere, doveva essere sconvolta. Nonostante le cose brutte che gli aveva detto in quelle due occasioni, non poteva dimenticare che comunque prima del suo cambiamento, loro due erano stati abbastanza vicini. Non se la sentiva per niente di lasciarla da sola, in quel momento… non serviva a niente continuare a comportarsi come se fossero di due fazioni diverse. Voldemort era morto e dietro di sé, si era lasciato un fiume di famiglie distrutte e giovani figli di Mangiamorte senza famiglia e senza abitazioni, continuare a comportarsi come se lui fosse stato ancora vivo non avrebbe mai agevolato nessuno, anzi sarebbe stato come se lui non fosse mai morto. Ormai non esistevano più fazioni, lui ne era l’esempio lampante e se Potter era riuscito ad aiutare lui a cambiare così tanto, forse lui poteva comportarsi da amico con la Parkinson e aiutarla ad allargare i suoi orizzonti. Dopotutto, se prima erano stati amici o qualcosa del genere, potevano esserlo ancora, lui era disposto a fare un passo indietro e ad offrirle la sua amicizia.
«Dov’è Pansy?» chiese risoluto all’altro ragazzo. Egli si accigliò e poi indicò uno dei divani della sala comune, dove Pansy, con accanto due e o tre persone, se ne stava immobile a fissare il vuoto davanti a sé. Draco sospirò e scacciò dalla mente qualunque risentimento o rabbia nei suoi confronti e le si avvicinò, sedendosi accanto a lei.
«Pansy?» la chiamò, lei non rispose «Come stai?» le chiese gentilmente.
«Non lo so» replicò la ragazza con voce piatta «Tu perché mi parli?» domandò velenosamente, senza guardarlo. Draco scosse la testa e la guardò cercando il suo sguardo. Si ripeté che Voldemort era morto e che non loro non potevano lasciare che egli vincesse. Non doveva esserci posto per l’odio e il risentimento, aveva vissuto sulla sua pelle, cosa significasse vivere con essi, ma fin da quando se ne era privato, la vita aveva riacquisito i colori e tutto era diventato più luminoso. Doveva aiutarla ad uscire dall’eredità d’odio che i suoi genitori le avevano lasciato, non era giusto che una ragazza patisse quelle pene a causa di due genitori che, probabilmente, non avrebbero più fatto parte della sua vita.
«Se hai bisogno di qualcosa… dimmelo» affermò con sicurezza «Non serve a niente continuare a farci la guerra tra di noi, okay? Eravamo amici prima, possiamo esserlo anche ora». Lei lo guardò scioccata dalle sue parole e annuì titubante, come se non si aspettasse una risposta del genere da parte sua, dopo le cose velenose che gli aveva detto mesi prima. Per confermare la sincerità delle sue parole, il biondo allargò un braccio per accoglierla e lei non se lo fece ripetere due volte, accettò il suo abbraccio, ringraziandolo sotto voce, piangendo silenziosamente.
«Andrà tutto bene» la rassicurò dolcemente, stringendola «Vedrai».
«Grazie» mormorò in un sussurro, lasciando che il ragazzo la stringesse e la consolasse. Draco restò accanto a lei fino a che non fu più calma e, prima di lasciarla andare, le promise ancora una volta che ci sarebbe sempre stato per aiutarla.
 

 
«Quindi fammi capire» Harry lo guardò perplesso «Tu e la Parkinson…?»
«Siamo amici, Potter» rispose nuovamente Draco, alzando lo sguardo al cielo «Ha bisogno di qualcuno che le stia accanto e che sappia tenerle testa» spiegò brevemente per la terza volta. Era da quando era arrivato in biblioteca con lei che il moro continuava a lanciare occhiatacce nella sua direzione e aveva chiesto più volte perché la ragazza si fosse unita a loro. Sembrava geloso e Draco era stupito da questo suo atteggiamento, non aveva mai mostrato quell’emozione nei suoi confronti, doveva esserne felice? O cosa? Perché adesso si comportava così? Perché lo confondeva sempre?
La prima ad accogliere felicemente Pansy era stata Hermione – solidarietà femminile, aveva detto sotto lo sguardo stupito di tutti – Draco, per rispetto della ragazza, non aveva detto niente di suo padre e della condanna, Pansy non aveva voluto che la notizia si sapesse e lui aveva rispettato la sua scelta. Quasi gli aveva fatto tenerezza, quando le aveva proposto di unirsi a loro per studiare insieme, l’aveva guardato quasi timidamente, chiedendogli se gli altri avessero avuto qualcosa in contrario alla sua presenza. E non poteva darle torto, il suo dubbio era più che legittimo, lui stesso non l’aveva trattata benissimo all’inizio dell’anno, ma sapeva che il resto del suo gruppo non avrebbe avuto niente in contrario, ormai conosceva quei Grifondoro, non avrebbero mai negato aiuto a una persona in difficoltà, neanche se in passato aveva fatto loro dei torti, lui dopotutto ne era l’esempio lampante. Quello che l’aveva presa peggio, comunque, era stato Harry, non aveva detto niente di cattivo – no, lui non era capace di dire cattiverie – ma aveva continuato a fare domande e a lanciare occhiatacce e frecciatine nella loro direzione.
Gli altri Serpeverde, conoscendo la situazione della ragazza, non avevano obiettato minimamente e Ron era rimasto neutrale, facendo capire che anche per lui andasse bene quella new entry nel gruppo. Tutto sommato, Draco era felice di questo nuovo risvolto e aveva visto l’amica sorridere per la prima volta, fin da quando aveva appreso la notizia di suo padre. Era felice di poter contare sull’aiuto di tutti loro anche in quello.
«Perché tutte queste domande, Potter?» domandò allora, guardandolo con interesse «Sei forse geloso?»
Harry sbuffò incrociando le braccia al petto «No, non sono geloso» rispose, piccato. Draco ridacchiò scuotendo la testa, magari la sua bocca sosteneva che lui non era geloso, ma la sua espressione corrucciata urlava “Gelosia” da ogni angolazione e tutti i presenti al tavolo della biblioteca se ne accorsero. «Non ti dimenticare che hai promesso di aiutarmi con quel compito di Pozioni, ora che hai una nuova amica da aiutare, non vorrei che tu fossi troppo impegnato» disse acidamente il moro. Draco lo guardò scioccato, come poteva dirgli una cosa del genere? Cercò di tirare fuori la sua maschera e di comportarsi come suo solito e gli rispose con tranquillità, come avrebbe fatto in un’altra situazione.
«Ho sempre tempo per te, baby» ribatté, facendogli l’occhiolino. Harry diventò rosso come un peperone e abbassò lo sguardo sul suo foglio di pergamena. Non credeva che avrebbe mai visto il moro così geloso, forse avrebbe approfittato del momento in cui sarebbero stati da soli per chiedergli di uscire e di andare con lui a Hogsmeade quel finesettimana, così da rassicurarlo. Quelli sembravano tutti segnali che indicavano solo che le cose si stavano muovendo nella direzione giusta per loro, finalmente. Pansy li guardò per un momento, senza capire cosa stesse accadendo tra quei due e poi, istintivamente si ritrovò a chiedere: «Ma voi due state insieme?»
«No!» risposero all’unisono immediatamente. Harry era ancora più rosso di prima, Ron sghignazzava sotto i baffi e Draco sentì le proprie gote riscaldarsi, ma cercò di mantenere comunque la calma, anche se al suo “no” avrebbe voluto aggiungere “non ancora”. Un silenzio imbarazzante scivolò su tutto il tavolo della biblioteca e Blaise esortò tutti a non perdere tempo e a continuare a studiare, perché avevano parecchie cose da fare. Tutti furono d’accordo e iniziarono a svolgere i compiti che erano stati assegnati quel giorno. Ogni tanto, Draco alzava lo sguardo e guardava Harry e lo beccava a guardarlo con sospetto. Questo suo atteggiamento lo faceva sorridere, non solo perché si sentiva lusingato dalla sua attenzione, ma soprattutto perché sembrava davvero che Harry stesse venendo a patti con i suoi sentimenti, se provava gelosia in quel momento, in qualche modo doveva tenere a lui, no? Doveva essere interessato, giusto?
Il dubbio che tutto quello fosse solo nella sua testa, tornò a bussare alla sua mente, ma cercò di scacciarlo e di ricordare le parole che gli aveva detto Ron, quando si erano visti in biblioteca il giorno precedente. Strappò un pezzo di pergamena e scrisse velocemente un messaggio: “Stasera ci vediamo nella Stanza delle Necessità? Così ti aiuto con quella cosa di Pozioni”, poi lo passò in fretta a Harry, che prima alzò lo sguardo su di lui e poi iniziò a scrivere sul bigliettino una risposta, passandolo di nuovo a lui “Non sei troppo impegnato con la tua nuova ragazza?”
Draco alzò gli occhi al cielo e prese un altro pezzo di pergamena “Idiota. Ancora non hai capito niente. Ti aspetto nella Stanza delle Necessità, se non vieni perché sei geloso, sei un cretino. Stupido Grifondoro.”
Era davvero così difficile per Harry fidarsi di lui e dei suoi sentimenti? Da dove veniva fuori quella gelosia? E perché credeva che lui lo avesse rimpiazzato in qualche modo? Maledetto, stupido Grifondoro. Dopo aver letto il suo ultimo messaggio, Harry alzò lo sguardo verso di lui, ferito e triste. Scrisse velocemente una risposta e la passò a Draco, poi raccolse le sue cose ed andò via dalla biblioteca, dicendo di aver dimenticato di avere una cosa da fare.
“A che gioco stai giocando?” – diceva il messaggio, quella domanda lo ferì nel profondo, davvero credeva che stesse giocando con lui? Davvero non si fidava ancora di lui? Ma cos’altro doveva fare per farsi capire dal moro?
Draco sospirò frustrato e si prese la testa tra le mani, scuotendo la testa. Tutti lo guardarono preoccupati, ma lui decise che non sarebbe rimasto con le mani in mano, Harry non poteva sempre fraintenderlo e così si alzò, gli altri presenti lo guardarono senza capire le sue mosse, ma lui non diede alcuna spiegazione. Doveva risolvere quella cosa, una volta per tutte o almeno far capire all’altro che non aveva alcun motivo di preoccuparsi, perché lui lo avrebbe sempre aspettato, avrebbe continuato ad aspettarlo, anche se a lui sarebbero serviti anni a capire cosa provasse davvero per lui. Uscì dalla biblioteca spedito e camminò abbastanza velocemente per poter raggiungere Harry, fino a che non lo trovò ai piedi della scalinata. Forse stava andando nella sua sala comune per sfuggire agli sguardi degli altri o per scappare da lui, ma Draco riuscì ad intercettarlo in fretta e a fermarlo, afferrandogli un polso. Aveva bisogno di parlare con lui, in quel momento e aveva bisogno che Harry gli rivelasse tutto ciò che frullava nella sua mente, perché diamine credeva che stesse giocando?
«Harry! Si può sapere che ti prende?» domandò, perplesso, guardandolo.
«Lasciami!» esclamò l’altro «Perché diavolo stai giocando così con me?» chiese, dando voce al messaggio che aveva ferito il biondo. Sentire quelle parole direttamente dalla sua bocca, lo fece sentire ancora peggio, perché Harry non riusciva a dargli un minimo di fiducia? «Avevi promesso che mi avresti dato il tempo per capire!»
«Mi sembra che io lo stia facendo» replicò lui, cercando di restare calmo. Vedere Harry in quello stato, fu come una coltellata in pieno petto. Aveva gli occhi rossi, come se volesse piangere, tremava ed era sconvolto. Draco non capiva cosa avesse fatto di male, perché tutt’un tratto Harry si stava comportando in quel modo? Perché sembrava ferito?
«No, invece! Fai sempre di tutto per farmi impazzire, pensi che io non me ne sia accorto? Pensi che io sia stupido?»
«Non capisco a cosa ti riferisci» replicò Draco, senza capire. Di cosa stava parlando? Perché stava mettendo di nuovo in dubbio i suoi sentimenti? Perché doveva essere tutto così difficile tra di loro? «Calmati, ti prego, perché stai facendo così adesso?» chiese «Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
«I-Io…» Draco si guardò intorno e notò che molti sguardi curiosi si stavano posando su di loro, strinse il polso di Harry nella sua mano e lo trascinò via, fulminando con il proprio sguardo gli altri ficcanaso. Senza dire una parola, portò il moro in un corridoio meno affollato e quasi deserto, le deboli proteste dell’altro non indebolirono la sua salda presa sul suo polso per evitare che fuggisse. Qualcosa aveva turbato il Grifondoro e non voleva essere la causa del suo malessere, voleva prendersi cura di lui, aiutarlo a stare bene, dannazione, non voleva che stesse male e che soffrisse in quel modo, soprattutto a causa sua. «Me ne vuoi parlare?» domandò con voce tranquilla «Cosa ho fatto che ti ha ferito così?» chiese di nuovo. Harry abbassò lo sguardo e si morse le labbra, scuotendo la testa, come se non volesse rispondere, Daco gli mise una mano sotto al mento e gli fece alzare il volto verso il suo, proiettando i suoi occhi grigi in quelli verdi del suo amato. Lo vide deglutire e arrossire, quasi come se volesse sfuggire dal suo sguardo, ma lui non glielo permise. Avevano bisogno di chiarire le cose di parlarne, altrimenti non sarebbe cambiato niente. «Harry, per favore, parlami».
«Perché ti diverti a giocare con me?» domandò il moro con una vocina sottile come quella di un bambino «Perché ti piace confondermi le idee?» chiese ancora «Perché sei così cattivo con me?»
«Non capisco, quando avrei giocato con te?» chiese scioccato «Quando mi sono comportato male nei tuoi confronti?»
«Ho sentito dire che… a Halloween mi hai rifiutato e… poi oggi sei venuto in biblioteca con lei, credevo che tu…»
«Finisci le frasi, così che io possa capire a cosa stai pensando».
«Lo hai fatto di proposito, vero? Prima mi hai rifiutato ad Halloween, poi sei geloso ogni volta che mi vedi con qualcun altro e poi vuoi far essere geloso me… solo perché vuoi una risposta, vero?»
«Credi davvero che io sia così stronzo da farti pressioni in questo modo?» domandò ferito dalla sua supposizione. Harry deglutì e abbassò lo sguardo imbarazzato «Beh, allora lascia che ti spieghi le cose per bene» disse. Si sorprendeva di se stesso, una volta avrebbe reagito male a simili insinuazioni e anche se una parte del suo cuore si era incrinata, davanti a così poca fiducia nei suoi confronti, voleva essere il più chiaro possibile. Sapeva quanto Harry fosse confuso, dopo la sua morte e il suo ritorno alla vita e lui ci provava ad essere paziente, ci provava davvero, ma a volte… a volte faceva male non essere mai creduto, doversi sempre spiegare, dover essere sempre chiaro, ma avrebbe fatto un altro sforzo, sperando che l’altro stavolta decidesse di fidarsi di lui. «Ad Halloween, sì, lo ammetto. Ho rifiutato il tuo bacio, perché eri ubriaco, non ragionavi. Se ti avessi permesso di baciarmi in quel momento, ti saresti sentito più confuso di adesso» spiegò piano «Anche se, credimi, la tentazione è stata forte. Eri così vicino che… per un attimo ho pensato di cedere e di dare la colpa all’alcool, Harry, desideravo baciarti così tanto, ma non sarebbe stato onesto da parte mia, approfittare del tuo essere ubriaco» rivelò, togliendosi un peso dal cuore. Era stata una tentazione, sì, ma aveva saputo resistere per il bene dell’altro. Il moro, davanti al suo discorso, spalancò gli occhi e lo guardò scioccato, senza parole, incredulo. Draco deglutì, sentendosi di nuovo fin troppo esposto davanti all’altro «Non potevo approfittarmi di te in quel momento né lo farei in altri contesti, cerco sempre di rispettare la tua decisione» spiegò «Sto aspettando che tu prenda una decisione e sto facendo del mio meglio per non farti alcuna pressione» disse ancora, mordendosi le labbra «Ti chiedo solo di fidarti di me, di non dubitare dei miei sentimenti né di quello che faccio» continuò, sentendo il suo cuore battere forte nel petto, esattamente nello stesso modo in cui aveva battuto la prima volta in cui si era dichiarato a lui «Mi ferisce quando pensi che ti stia prendendo in giro, non l’ho mai fatto fin da quando ti ho confessato i miei sentimenti».
«M-Mi dispiace» mormorò Harry, Draco vide una lacrima rigare la sua guancia e quello fece male. Non sopportava vedere la persona che amava soffrire in quel modo. Istintivamente, mise una mano sul suo viso e con il pollice asciugò quella lacrima, guardando l’altro negli occhi, gli rivolse un sorriso dolce e sospirò piano.
«Non hai niente di cui scusarti» continuò «Prenditi il tempo che ti serve per capire» aggiunse «Io posso aspettare» disse ancora «Ma la prossima volta che hai dei dubbi, che ti dicono qualcosa che ti confonde… vieni a parlarne con me, per favore». Harry annuì, ringraziandolo con lo sguardo e poi, sorprendentemente lo abbracciò. Draco restò per un attimo immobile, non capendo il suo gesto, poi, quando si rese conto della realtà dei fatti, avvolse le sue braccia attorno alle sue spalle e lo strinse a sé, infossando il naso tra i suoi capelli scuri, che come sempre sembravano un nido per gufi. Sentì le braccia di Harry stringersi attorno ai suoi fianchi e stringerli con forza e fece lo stesso, stringendolo un po’ di più per sentirlo più vicino. Una parte di sé sperava che l’altro si accorgesse del suo cuore che batteva in modo forsennato nel petto, l’altra sperava di no. Sarebbe stato troppo imbarazzante doverlo ammettere ancora una volta.
«E-e la Parkinson?» chiese Harry, staccandosi da lui, dopo infiniti minuti passati a stringerlo «Cosa c’è tra di voi?»
«Siamo solo amici» rispose Draco, sentendo già il calore del suo corpo a contatto con il suo mancare «Diciamo che… aveva bisogno di un amico e qualcuno mi ha insegnato che bisogna concedere sempre seconde chance, anche a chi ci ha fatto un torto» affermò, guardandolo. Harry arrossì appena e Draco non riuscì a staccare lo sguardo da lui, era così carino quando arrossiva. Il moro annuì leggermente e non smise di guardarlo a sua volta. C’era una certa tensione tra di loro, c’era qualcosa che nessuno dei due sapeva definire ancora bene, qualcosa che li spingeva sempre di più l’uno verso l’altro. Harry si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia «Scusami se a volte sono un idiota e ti faccio soffrire» mormorò, Draco sentì il suo cuore impazzire, a quel contatto «Non merito tutta questa pazienza, davvero».
Il biondo gli sorrise «Sono una persona estremamente generosa, sai, non tutti possono essere come me» si vantò, scherzando per alleggerire la tensione che c’era in quel corridoio e strappò una mezza risatina a Harry, che si ritrovò ad annuire, confermando le sue parole.
«Sei incredibile» mormorò Harry, sorpreso delle sue stesse parole «Uhm, è sempre valido l’invito a studiare insieme Pozioni nella Stanza delle Necessità stasera?» domandò «Sai domani… Piton potrebbe farmi secco».
Draco ridacchiò e annuì «Come ti ho già detto, per te ho sempre tempo, baby» asserì, facendogli l’occhiolino. Lo vide arrossire, scuotendo la testa. Era impossibile non amare quel ragazzo, si chiedeva come avesse fatto ad odiarlo per i primi sei anni di scuola. Beh, forse il suo odio era nato dal suo rifiuto, quella volta sul treno. Le cose erano cambiate in maniera incredibile da quel giorno e adesso erano in quella situazione.
«Non scherzare sempre» lo rimproverò, spingendolo per una spalla.
«Non scherzo mai su questo» replicò il biondo, ridacchiando, fece per aggiungere altro, ma Harry lo anticipò.
«Grazie per essere sempre così comprensivo con me» disse, senza guardarlo, mordendosi le labbra «Ci vediamo stasera allora» affermò. Draco ebbe a malapena il tempo di annuire e di salutarlo, che vide l’altro scappare via velocemente. Forse era imbarazzato per la situazione, Draco poteva capirlo, anche lui ad un certo punto si era sentito così. Ma mentre tornava nella sua sala comune, non smise un attimo di pensare a chi fosse stato così crudele da raccontare a Harry cos’era successo la notte di Halloween, distorcendo in quel modo i fatti, solo per giocare con la sua mente e far ricadere la colpa su di lui. C’era qualcuno che tramava alle loro spalle anche quella volta? No, forse era solo la sua natura sospettosa che vedeva un problema, dove in realtà non c’era.
Sospirò pesantemente, mentre raggiungeva la sala comune, cercando di fare chiarezza in se stesso su quanto accaduto, Harry aveva nuovamente dubitato di lui, aveva nuovamente messo in discussione ogni cosa solo a causa di qualcuno che aveva sparlato di lui? Perché non era andato a parlargli chiaramente, quando aveva scoperto tutto? Perché tendeva sempre ad evitare di parlargli, quando riguardava la loro “relazione”? Sospirò e si disse di avere ancora un po’ di pazienza, magari quell’ennesima confessione avrebbe permesso a Harry di chiarire i suoi sentimenti e di farsi avanti. Una cosa era certa, la proposta di Ron di invitarlo a Hogsmeade era fuori discussione, al massimo sarebbero andati in gruppo come al solito.
Entrò in sala comune e lì trovò i suoi amici che gli restituirono tutte le cose che aveva lasciato in biblioteca per correre dietro a Harry, Blaise lo guardò preoccupato e si avvicinò a lui, scrutandolo attentamente.
«Sei di nuovo a pezzi?» chiese «Ma cosa è successo? C’era una tensione tra di voi oggi che si tagliava con un coltello, avete litigato per caso?»
«No, sto bene» replicò «Non è successo niente, non abbiamo litigato… almeno credo» spiegò brevemente «E abbiamo chiarito» concluse, lasciandosi cadere sul divano e prendendosi la testa tra le mani.
«Potter ha ammesso di amarti, davvero?» chiese scioccato l’altro Serpeverde sedendosi accanto a lui.
«Ma cosa dici? No, certo che no» rispose Draco, scuotendo la testa «Qualcuno gli ha raccontato di Halloween e lui credeva lo stessi prendendo in giro…» sospirò. Chi era stato? La situazione era già abbastanza complicata, senza che qualcuno mettesse il naso in mezzo agli affari loro.
«Invidio la tua pazienza» gli disse Blaise «Io non so se riuscire ad averne tanta quante ne hai tu» continuò «Sei davvero innamorato di lui, vero?» Draco si ritrovò ad annuire, sentendo il cuore far male per un attimo. Era davvero innamorato di lui e ogni volta che Harry dubitava della sincerità dei suoi sentimenti e delle sue azioni, faceva male, era come se il cane a tre teste che aveva affrontato nell’Oltretomba gli staccasse a morsi il cuore dal petto.
«Sono sicuro che presto tra di voi si sistemerà tutto» disse, dandogli una pacca sulla spalla. Draco grugnì e annuì, ringraziando l’amico per il supporto. Sperava solo che tutta quella confusione passasse presto.
 

 
Quella sera stessa, dopo cena, Draco si recò nella Stanza delle Necessità, così come aveva promesso a Harry. Una strana sensazione di déjà-vu lo colse entrandovi, troppi ricordi legati a quella stanza: era stato lì che lui si era aperto per la prima volta con Harry e lì che quest’ultimo gli aveva mostrato i suoi ricordi e gli aveva permesso di insegnargli l’Occlumanzia. Adesso invece, era lì per insegnargli qualcosa sulle pozioni, infatti qualche giorno prima, il moro gli aveva chiesto di dargli una mano, perché anche quell’anno Piton aveva deciso di ostacolarlo; certe cose, anche dopo la morte di Voldemort, non sarebbero mai cambiate, ma Harry era intenzionato a dimostrare al professore che non era un completo idiota come credeva e per questo aveva chiesto il suo aiuto. Draco era stato più che felice di poterlo aiutare, significava più tempo da trascorrere insieme l’uno con l’altro da soli senza che l’altro pensasse di essere sotto pressione per la questione in sospeso tra di loro. Aveva preparato alcune fialette contenenti alcune pozioni del loro anno e alcune degli anni precedenti per testare la sua capacità nel riconoscere i differenti tipi di pozioni. La stanza, per sua fortuna, si presentò a lui con le sembianze dell’aula di pozioni e con tutto il necessario per studiarle e prepararle. Draco sistemò le fiale che aveva preparato per Harry su uno dei tavoli e lo aspettò con trepidazione. Mezz’ora dopo, un trafelato Harry entrò nella stanza, guardandosi intorno e storcendo il naso.
«Scusa! Sono in ritardo!» esclamò mortificato «Però, accogliente questa stanza oggi» osservò sarcasticamente.
«Beh, dobbiamo studiare pozioni, cosa ti aspettavi? Un camino e un divano dove schiacciare un pisolino?»
«Non sarebbe stato male» ribatté con un sospiro e si avvicinò a lui, guardando le fiale di pozioni che aveva sistemato sul tavolo «Che fai?»
«Preparo il materiale per la tua lezione extra di Pozioni, no?» domandò retoricamente, mostrandogli le fialette «Giornata pesante?» gli chiese.
Harry annuì, sospirando «Prima della cena, mi sono allenato a Quidditch» rivelò «Sono distrutto» ammise.
«Sicuro di farcela?» chiese Draco, preoccupato «Guarda, che possiamo sempre vederci un’altra sera» gli ricordò. Harry annuì e le sue gote si tinsero di rosso, prima di rispondere. Draco notò che non solo il suo viso, ma anche le sue orecchie erano diventate del colore dei pomodori. Adorabile.
«Volevo… volevo passare un po’ di tempo con te» ammise il moro, a quella risposta anche lui arrossì appena e un sorriso dolce apparve sulle sue labbra. Allora non era l’unico che desiderava trascorrere molto più tempo in sua compagnia.
Draco annuì, senza dire nulla a riguardo e si limitò a chiedere: «Allora… iniziamo?»
«Sì, iniziamo pure» rispose Harry con decisione, accompagnando la sua risposta con un cenno del capo. Draco annuì e iniziò a spiegargli che quella sera, lo avrebbe aiutato a riconoscere la differenza tra i vari tipi di pozioni, elisir, sieri, filtri, veleni, antidoti e distillati. Il moro annuì e lasciò che lui gli spiegasse le cose. Draco provava una strana sensazione a stare lì con lui, mentre gli spiegava tutto quello che sapeva sulle pozioni. Harry lo ascoltava in silenzio, annuendo alle sue parole interessato. Era adorabile, Draco si chiese come mai non prestasse tanta attenzione anche in classe durante le lezioni. Una piccola parte del cervello gli suggerì che Harry fosse così attento in quel momento, solo grazie a lui, ma la parte razionale del suo cervello cercava di non dare ascolto a quei pensieri, perché preferiva restare con i piedi per terra e non illudersi ulteriormente. Sembrava che tra di loro non ci fosse alcun imbarazzo, nonostante gli eventi di quel pomeriggio e questo permise a Draco di tirare un sospiro di sollievo, non voleva che tra di loro ci fosse alcun tipo di imbarazzo, per questo aveva deciso di mettere le cose in chiaro con l’altro e quest’ultimo sembrava aver capito il suo punto di vista. Tutto sommato, era divertente insegnare al moro tutto ciò che sapeva sulle pozioni. Erano così presi da ciò che stavano studiando, che neanche si accorsero del tempo che passava inesorabilmente e non si accorsero che era molto tardi. Trascorrere del tempo insieme, in quel modo, era qualcosa che faceva bene ad entrambi, rendeva tutti e due felici, se solo Harry avesse aperto gli occhi… gli mostrò anche alcuni trucchi base per evitare di far saltare il calderone. Scoprì che il moro aveva imparato molto dal libro del “Principe Mezzosangue” che aveva trovato l’anno precedente, ma se con Lumacorno il suo piccolo baro aveva funzionato, con Piton non aveva ottenuto lo stesso risultato, infatti l’attuale professore di pozioni gli aveva confiscato il libro e l’aveva sostituito con uno senza le annotazioni, per questo Harry aveva avuto nuovamente bisogno di aiuto con quella materia. Draco non ce l’aveva fatta a trattenere una risata, quando il moro gli aveva raccontato quell’aneddoto, avrebbe pagato oro pur di assistere a quella lezione, peccato che quel giorno non avesse potuto partecipare alla lezione, però era felice che Harry avesse chiesto esplicitamente il suo aiuto, qualcosa gli diceva che quelle lezioni di Pozioni, sarebbero state il collante per sviluppare il loro futuro rapporto, un po’ come le lezioni di Occlumanzia avevano cementato la loro amicizia e avevano permesso al Nexus Mentis Incantatio di legarli in maniera unica, anche se come anche Silente gli aveva spiegato, i suoi sentimenti non dipendevano da quel legame. Sperava che Harry se ne accorgesse presto anche lui, cosicché potessero essere felici insieme.
«E questa cos’è?» chiese il moro improvvisamente, prendendo una fiala e portandola al proprio naso. Draco borbottò uno “scoprilo da solo”, mentre finiva di sistemare alcuni strumenti che avevano usato. Il moro scrollò le spalle e stappò la fialetta, portandola al naso e improvvisamente le sue narici furono invase dal profumo di Draco. Spalancò gli occhi, quando lo riconobbe e le sue gote si tinsero di rosso. Riconobbe immediatamente quella pozione, non poteva essere un’altra… quale altra pozione avrebbe potuto fargli sentire il profumo di quella persona? Il suo cuore iniziò a battere forte, mentre il suo sguardo si posava sul Serpeverde. Allora era vero? I suoi sentimenti venivano solo dal suo cuore, non dal legame? Aveva ragione Silente? Forse…
Anche Lumacorno, l’anno precedente, aveva detto che il profumo assunto dall’Amortentia era differente di persona in persona, a seconda dei suoi gusti e delle sue preferenze, inoltre assumeva anche l’odore di ciò che di più attraeva la persona in questione. Quindi il fatto che lui sentisse il profumo di Draco in quell’intruglio non poteva essere solo una coincidenza o il frutto di un legame, giusto? Se fosse stato solo quello, probabilmente non avrebbe sentito distintamente il profumo di Draco, se non fosse stato innamorato di lui, se non avesse provato attrazione nei suoi confronti, l’Amortentia avrebbe assunto l’odore di un cibo che gli piaceva molto, non quello specifico. Dannazione.
Draco si accorse subito della sua perplessità e della sua confusione e gli chiese «Allora, cos’è?» con aria perplessa.
Harry deglutì e si morse le labbra «C-Credo che sia Amortentia» rispose a bassa voce, ma la sua risposta non passò inascoltata alle orecchie dell’altro che sorrise furbamente e lo guardò dritto negli occhi, prima di domandare: «Ah sì? Come fai a dirlo con certezza? Che profumo hai sentito?» Harry divenne rosso come un tizzone ardente e scosse la testa, passandogli la fiala, senza rispondere. Il biondo la prese tra le dita e l’annusò, come volevasi dimostrare, il profumo dell’altro invase le sue narici e fece tingere di rosso anche le sue guance. Harry aveva sentito il suo profumo nella fialetta, per questo era tanto imbarazzato? Forse aveva sbagliato a chiedere direttamente? A giudicare dal terrore sul volto dell’altro, sì, aveva decisamente sbagliato, maledizione.
«Scusa, non dovevo chiedere» si affrettò a dire, per evitare che l’altro si imbarazzasse ulteriormente e si sentisse a disagio con lui «Non volevo metterti a disagio, mi dispiace» si scusò ancora. Aveva detto solo quel pomeriggio che non avrebbe fatto niente per fargli alcuna pressione e la sera stessa gli chiedeva una cosa del genere? Dannazione. Si morse le labbra e si maledisse ancora per la sua stupidità
«E tu?» chiese invece Harry «Che profumo senti?»
Draco lo guardò chiedendosi se lo stesse prendendo davvero in giro o volesse conferma della sua sincerità e dei suoi sentimenti. Non aveva nulla da nascondere, aveva decisamente aperto più volte il suo cuore, non era in imbarazzo a dirglielo ancora una volta direttamente e poi… stava solo rispondendo a una sua domanda.
«Il tuo…» ammise il biondo «Scadente profumo babbano, succo di zucca e manico di scopa» disse, rivelando tutti i profumi che aveva sentito quando aveva annusato il filtro d’amore. Harry sorrise imbarazzato, ma anche lusingato di aver ricevuto quella risposta così sincera.
«Io non uso uno scadente profumo babbano» si lamentò Harry, incrociando le braccia al petto, fintamente offeso dalle sue parole. Draco ridacchiò e annuì, mettendo via anche quella fialetta. Si voltò a guardarlo e gli rivolse un sorriso, non importava che non avesse risposto alla sua domanda, in cuor suo conosceva già la risposta o almeno era quella che il suo cuore sperava che fosse. Finirono di sistemare ogni cosa e poi uscirono dalla Stanza delle Necessità, ritrovandosi nel corridoio completamente vuoto.
«Penso che sia tardi» disse al moro «Hai il Mantello dell’Invisibilità? Non vorrei che qualche nuovo prefetto ti tolga dei punti, solo perché ti vede a zonzo per il corridoio» gli disse «Quel privilegio spetta solo a me» affermò, facendogli l’occhiolino. Harry ridacchiò e tirò fuori dalla sua borsa il mantello, guardandolo con sfida.
«Vuoi un passaggio? Non credo che tu sia di ronda stasera» asserì. Draco si chiese per un attimo, se fosse il caso di farsi accompagnare da Harry fino ai sotterranei, sotto al mantello, tutti e due insieme… valutò bene quella proposta e poi decise di seguire il suo istinto e di accettare, non si stava imponendo in alcun modo, era lui che si era proposto per accompagnarlo. Così annuì, accettando la sua proposta e il moro aprì il mantello, coprendo entrambi. Sparirono dalla visuale di chiunque, nello stesso momento in cui Gazza arrivò al settimo piano con Mrs. Purr. I due ragazzi, silenziosamente, raggiunsero le scale e iniziarono a scenderle, per evitare di cadere, Draco mise un braccio attorno ai fianchi di Harry e lo strinse contro il proprio corpo. Non era facile muoversi in due, il moro era di almeno dieci centimetri più basso di lui e doveva camminare abbastanza curvato per non lasciare i loro piedi scoperti. Da lì, poteva sentire chiaramente lo scadente profumo di Harry, lo stesso che aveva riconosciuto nell’Amortentia, e come poteva essere per lui uno dei profumi più buoni sentiti, nonostante sapesse che non era un profumo costoso come quelli a cui era abituato lui? Dannazione a lui e a quando si era innamorato del Grifondoro. L’amore l’aveva fatto diventare stupido e patetico.
In silenzio, con un po’ di difficoltà, riuscirono a raggiungere l’ingresso della sala comune dei Serpeverde senza essere beccati dai prefetti o dai capiscuola che pattugliavano ogni piano per evitare che gli studenti stessero fuori dalle loro stanze. Draco uscì dal mantello di Harry e quest’ultimo tenne fuori solo la testa, per salutarlo.
«Grazie per avermi accompagnato ed avermi evitato una brutta figura con i miei colleghi prefetti».
Harry sorrise dolcemente «Figurati, è stato un piacere per me» replicò, senza riuscire a staccare lo sguardo da Draco. Il biondo si disse che se fossero stati in un film, Harry in quel momento lo avrebbe baciato o qualcosa del genere. Dannazione a Hermione e a quando mi ha parlato di quei cosi babbani – imprecò mentalmente, dandosi ancora una volta dello stupido. Sentiva il cuore battere forsennatamente nel petto, sentendo lo sguardo di Harry su di sé, ma non sapeva cosa dire, ogni cosa gli sembrava fuori luogo, ogni cosa non avrebbe avuto senso. Che altro poteva dire, arrivato a quel punto? Gli aveva praticamente confermato di nuovo i suoi sentimenti, due volte nella stessa giornata. Maledetta Amortentia. Harry lo guardò per alcuni minuti, poi in fretta gli si avvicinò all’orecchio, posandogli un bacio sotto di esso. Draco tremò come una foglia, non aspettandosi quel gesto né la sua vicinanza così improvvisa e poi un sussurro nell’orecchio, fece impazzire il suo cuore che già batteva con forza.
«Ho sentito il tuo profumo, prima» sussurrò e si allontanò in fretta da lui, si nascose sotto al mantello e corse via. Draco poté udire i suoi passi allontanarsi da lui alla velocità della luce, mentre le sue guance diventavano rosse come il fuoco e il suo cuore iniziava a battere con ancora più forza nel petto.
Lo aveva detto davvero, giusto? Non si era sbagliato? Non aveva capito male?
Deglutì e si affrettò ad entrare nella sala comune, ancora frastornato da quanto accaduto, si toccò l’orecchio, come per sentire il fantasma del bacio di Harry e con un sorriso beota sul volto, si diresse nella sua stanza del dormitorio, dove i suoi amici aspettavano il suo ritorno. Non fece caso agli altri ragazzi che si chiesero cosa gli fosse successo e perché avesse quell’espressione, non li stava ascoltando, tutto ciò che riusciva a sentire era il battito forsennato del suo cuore che rimbombava nelle sue orecchie. Non disse nulla, semplicemente si lasciò cadere sul letto con il sorriso stampato sul volto e la mano ancora sull’orecchio. Era patetico, ma quello poteva essere considerato come primo passo in avanti in quella sorta di relazione che avevano, no? Poteva essere un primo passo verso la felicità?
Ho sentito il tuo profumo, prima.
A lui, sembrava proprio di sì e per questo, quando si addormentò, con ancora i vestiti addosso, aveva ancora quell’espressione da beota sul volto, la voce di Harry risuonava ancora nella sua mente. Per la prima volta, fin da quando era tornato a Hogwarts, sentì che le cose si stavano muovendo nella giusta direzione e che presto le sue sofferenze sarebbero state placate, doveva solo avere un po’ di pazienza, era certo che prima o poi essa sarebbe stata ripagata e tutto quel tempo speso ad aspettare sarebbe valso a qualcosa.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Buona Domenica e ben tornati in questa storia lunghissima che non finisce più! AHAHAH

E vi do il benvenuto nella mente incasinata di Draco che non capisce i segnali contrastanti di Harry, al punto da andare a parlare con Ron per capirci qualcosa. Quanto è disperato il nostro Dracuccio? E quanto è diventato una brava persona? EEEEH, sì, forse un po' troppo... 
Sante Pozioni che risolvono problemi e Harry ha fatto un passettino verso il suo ammettere i suoi sentimenti, nel prossimo capitolo succederanno cose che vi piaceranno, ma shhhh. Già qui c’è stato qualcosina.
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia continui a piacervi.
Draco è confuso, così confuso che rischia di colpirsi da solo (chi coglie la citazione, è una brava persona u.u) e fa qualche errore qua e là, ma Harry apprezza che il suo amore, ehm, AMICO, sia così di supporto e alla fine gli dà una piccola speranza <3 (e sì Harry è geloso marcio u.u)
Ringrazio tanto le persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Ai_Amano, Puffalanovita, Eevaa e Estel84, grazie anche a chi ha letto silenziosamente e chi sta aggiungendo ancora la storia alle seguite/ricordate/preferite.
La prossima settimana verrà fatta un po’ di chiarezza? Who knows! Stay tuned!
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe

 
Fatto il misfatto
 

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Capitolo 23
*** Terza Parte, Capitolo 4: Figured out how things are, at least. ***


  Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 4: Figured out how things are, at least




Erano alcuni giorni che Harry si sentiva diverso.
Era più rilassato, più felice, più allegro, come se tutto ciò che lo aveva tormentato in quei mesi, non fosse mai accaduto; o meglio era accaduto, ma lui lo stava superando piano e piano le preoccupazioni si stavano dissolvendo. Tra una partita di Quidditch, un allenamento, compiti e lezioni varie, tutto ciò che lo aveva tormentato si stava lentamente trasformando in un ricordo, un ricordo spiacevole, ma pur sempre solo un ricordo, relegato da qualche parte nella sua mente, insieme a tutto quello che aveva vissuto durante l’infanzia e durante l’adolescenza.
Fin da quando si era ritrovato a ripetere pozioni con Draco, aveva sentito un avvicinamento maggiore al biondo, aveva sentito una spinta maggiore verso di lui, ma c’era qualcosa che ancora lo bloccava. L’Amortentia aveva spazzato via la maggior parte dei suoi dubbi, aveva liberato la sua mente dal pensiero fisso del Nexus Mentis Incantatio, eppure c’era qualcosa che frenava qualsiasi suo intento di spingersi oltre l’amicizia. Era un sentimento recondito nel fondo del suo cuore, una paura irrazionale che, fin da piccolo, non aveva mai abbandonato il suo cuore: la paura di restare solo, di essere abbandonato, la paura di soffrire, di avere il cuore spezzato. E forse era questa a bloccarlo, anche se razionalmente sapeva che Draco non era quel tipo di persona, perché riconosceva che il biondo aveva un modo tutto suo di amarlo. Sapeva di averlo tenuto sul filo del rasoio per troppo tempo, ma era grato per la grande pazienza che stava dimostrando di avere nei suoi confronti e per tutto il supporto che gli stava dando, senza fargli alcuna pressione. Non sapeva quando fosse avvenuto quel cambiamento in lui, né capiva perché fosse avvenuto, ma non riusciva a fare a meno di restare affascinato dal bel Serpeverde e dal suo atteggiamento nei suoi riguardi. Se un anno prima qualcuno gli avesse detto che si sarebbe trovato in quella situazione con Draco Malfoy a pensare quelle cose di lui, avrebbe riso sonoramente, e invece eccolo lì, con il cuore che palpitava forsennatamente ogni volta che era con lui, con il suo profumo che invadeva costantemente le sue narici – anche senza Amortentia nei dintorni – e con le sue gote perennemente rosse in sua presenza. C’erano quei momenti in cui erano soli in cui poteva sentire lo sguardo del biondo su di sé, che lo facevano sentire particolarmente lusingato. A volte si chiedeva cosa ci trovasse Draco in uno come lui e perché provasse determinate cose per lui, eppure il biondo gli aveva dato prova più volta della sincerità dei suoi sentimenti, gli aveva fatto capire più volte che avrebbe aspettato anche in eterno che lui si svegliasse e gli aveva dimostrato di tenere davvero a lui, inspiegabilmente. Davvero, per quanto fosse lusingato dal suo atteggiamento, Harry non riusciva a spiegarselo.
Spesso si era chiesto come sarebbero cambiate le cose nella sua vita, se avesse accettato i suoi sentimenti per Draco e se gli avesse concesso una chance, eppure ne era spaventato. Era spaventato dall’idea di soffrire, di scoprire che un giorno il biondo non avrebbe più provato le stesse cose, era terrorizzato dall’idea di restare da solo, dall’idea che Draco potesse abbandonarlo come lo avevano abbandonato tutte le persone che avevano fatto parte della sua vita o che potesse accadergli qualcosa per colpa sua. Anche se Voldemort era morto e anche lui stava diventando un lontano ricordo, Harry non poteva far altro che chiedersi cosa sarebbe accaduto, se fosse successo qualcosa a Draco, come avrebbe reagito? Se qualche Mangiamorte fuggitivo l’avesse preso di mira per colpa sua?
Hermione gli aveva detto che ci pensava troppo, che si stava fasciando la testa ancor prima di rompersela, ma lui non riusciva davvero a smettere di pensare a quell’eventualità, temeva di portare sfortuna. In un modo o nell’altro, molte delle persone che avevano fatto parte della sua vita o avevano rischiato la vita o erano morte o lo avevano abbandonato. Non poteva non pensare a Sirius, a Cedric, ai suoi genitori che per colpa sua erano morti, o a Ron che era rimasto ferito al primo anno, quando cercavano di recuperare la Pietra Filosofale o a Hermione che era rimasta pietrificata al secondo anno, a Hagrid che era stato accusato ingiustamente e rinchiuso ad Azkaban per alcuni mesi, ai ragazzi dell’ES che avevano rischiato la vita sia al Ministero, quando lui era caduto nella trappola di Voldemort, sia quando il mago oscuro era arrivato a scuola. Draco aveva già rischiato la sua vita per lui, aveva affrontato una missione suicida, delle prove infernali e il tutto solo per salvarlo, non voleva metterlo di nuovo in pericolo, non voleva essere la causa di un altro disastro. Per quanto i suoi amici cercassero di convincerlo che non era mai stata colpa sua, Harry si sentiva colpevole. Se Draco l’avesse sentito parlare in quel modo, avrebbe alzato gli occhi al cielo e gli avrebbe detto che aveva la “sindrome dell’eroe” o che era troppo melodrammatico o qualcos’altro del genere – anche Ron gliel’aveva detto, con un tono che gli aveva ricordato terribilmente il Serpeverde – ma Harry non riusciva a smettere di pensare a quelle cose.
A volte, credeva di essere una barzelletta. Prima era insicuro sui suoi sentimenti, e quando finalmente decideva di ammetterli, ecco che altri mille dubbi, preoccupazioni e paure si facevano largo nella sua mente e nel suo cuore. Era un caso disperato, davvero, perché Draco non si interessava a qualcun altro?
Fin da quando erano tornati a Hogwarts, era diventato molto più popolare, durante le partite di Quidditch – alle quali aveva assistito anche senza giocare – aveva visto praticamente uno stuolo di ragazze – e anche alcuni ragazzi –fare il tifo per il biondo. A volte, in biblioteca mentre studiavano, aveva visto l’amico ricevere bigliettini e regali vari. Non capiva perché all’improvviso tutti avessero deciso di fargli la corte e nemmeno capiva perché l’altro continuasse ad ignorare chiunque, per riportare la sua attenzione su di lui. Lui non meritava davvero le attenzioni di Draco.
Sospirò gettandosi sul letto.
Un’ennesima giornata era finita, il mese dicembre era appena iniziato e con sé aveva inaugurato il mese peggiore per tutti gli studenti – tranne Hermione – quello dei test e delle verifiche delle conoscenze, tutti i professori volevano avere delle valutazioni appropriate per concludere adeguatamente quei primi mesi di scuola e lui detestava fortemente quel periodo dell’anno. Certo, sapeva che tutto era finalizzato al raggiungimento dei M.A.G.O. con un buon voto, ma avrebbe preferito davvero essere meno oberato di lavoro da svolgere, così da godersi maggiormente i momenti liberi.
Mentre erano in biblioteca a studiare, Draco gli aveva proposto di andare insieme a Hogsmeade quella domenica, per prendere una Burrobirra e rilassarsi insieme. Harry non aveva obiettato, ma qualcosa nello sguardo del biondo gli aveva detto che quello non era l’unico motivo per il quale lo voleva portare con sé nel villaggio magico. Una parte di sé non vedeva l’ora di scoprirlo, ma un’altra era terrorizzata dall’idea che fosse qualche brutta notizia e se Draco avesse deciso di volerci dare un taglio con lui e volesse dirgli che non era più intenzionato ad aspettare i suoi tempi?
No, no, non poteva essere qualcosa del genere, doveva smettere di dubitare e iniziare a fidarsi dell’altro e delle sue parole, fino a quel momento infatti non gli aveva mai mentito né gli aveva dato alcuna prova per fargli credere che non fosse più interessato a lui. Doveva solo… aspettare fino al finesettimana e poi scoprire di cosa si trattasse.
 
Tre giorni dopo, Harry se ne stava in piedi davanti all’ingresso del castello, era impaziente. Aveva aspettato quel giorno per intere giornate, così lunghe che gli erano sembrate infinite. Avrebbe davvero voluto scoprire subito se si sbagliava o meno riguardo il “mistero” di Draco. Forse era stata solo una sua sensazione, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva.
Harry era lì ad aspettare Draco, si guardava intorno distrattamente attendendo che il biondo si materializzasse davanti a lui, quando due ragazzi lo superarono quasi senza vederlo, tenendosi per mano.  Harry perse qualche istante a guardarli, erano una coppia? Forse sì, a giudicare dal loro modo di guardarsi. Si fermarono a pochi passi da lui, quando i primi fiocchi di neve iniziarono a scendere, quello più alto dei due si tolse il mantello e lo mise sulle spalle del più basso. “Non ho freddo. Voglio che tu stia al caldo” – sentì dire da quello che sembrava essere il più grande dei due, prima che l’altro potesse ribattere davanti al suo gesto. Harry strabuzzò gli occhi, mentre vedeva quello più piccolo togliersi il capello e metterlo al più alto, gonfiando appena le guance – “Nemmeno tu devi prendere freddo” – protestò quest’ultimo, scuotendo la testa e togliendosi anche la sciarpa per avvolgerla delicatamente attorno al collo dell’altro. Solo in quel momento si accorse che erano un Grifondoro e un Serpeverde, forse del terzo anno. Non gli sembrava di averli mai visti prima, ma a sua discolpa non aveva molta familiarità con gli studenti più giovani, negli anni precedenti era stato troppo impegnato nella lotta contro il male per farsi nuovi amici.
“Dai andiamo, non vorrei perdere la carrozza” – aggiunse il Serpeverde. Il più alto annuì e dopo aver ripreso delicatamente la mano del suo ragazzo, gli diede un dolce bacio sulla guancia ed entrambi si allontanarono dall’androne per raggiungere le carrozze. Harry rimase piacevolmente stupito dal loro atteggiamento e per un attimo si chiese come sarebbero stati lui e Draco in una situazione del genere… di certo non sarebbero stati due piccioncini così, avrebbero battibeccato un sacco, prima di avviarsi verso le carrozze e nessuno dei due avrebbe patito il freddo per scaldare l’altro – no, forse Draco l’avrebbe fatto…
«Che fai, adesso? Lo spione?» domandò una voce familiare con tono sarcastico alle sue spalle, sopraggiungendo proprio in quel momento, facendolo sobbalzare. Harry si voltò a guardarlo, portandosi una mano al petto, spalancando gli occhi offeso e scioccato dalle sue parole.
«Draco! Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò «Che diavolo appari così alle spalle di qualcuno?»
«Eri così assorto a guardare quella coppietta che non mi hai sentito arrivare» protestò il biondo, storcendo il naso fintamente disgustato «Allora, che dici? Andiamo? Voglio proprio provare qualche nuovo dolce di Mielandia».
Harry annuì lentamente «Andiamo» rispose. Draco gli rivolse un sorriso raggiante e, senza aspettare di essere raggiunti da qualcun altro, si avviarono verso le carrozze. Mentre le raggiungevano, restarono in silenzio. Harry osservava le loro mani sfiorarsi di tanto in tanto, mentre camminavano e non poteva far altro che sentire il suo cuore battere più forte e provare una strana voglia di stringere la mano dell’altro con la propria e così poter sentire se fosse morbida come sembrava o no. Nonostante il silenzio, non c’era imbarazzo tra di loro e questo era rassicurante per il Grifondoro, che temeva sempre che esso potesse esserci e creare spiacevoli situazioni. Draco era in grado di farlo sentire a suo agio anche in occasioni come quelle, spesso, quando era a disagio, gli bastava guardare il biondo per rilassarsi e scambiare uno sguardo con lui per non sentirsi più in quel modo. Presto raggiunsero le carrozze e vi salirono, pronti a raggiungere Hogsmeade e a divertirsi un po’ come due normali diciassettenni. A volte, ancora gli sembrava strano, non era per niente abituato a tutto quello, ad uscire solo per divertirsi senza preoccupazioni, senza sentire il peso del mondo magico sulle spalle, senza doversi preoccupare di Voldemort o di altre minacce magiche. Era pronto ad abituarsi a tutto quello… ma era pronto ad una relazione? Era pronto a confessare ciò che provava a Draco? Forse no, non lo era ancora. Quel pensiero lo fece sospirare e quest’ultima sua azione catturò l’attenzione del Serpeverde che lo guardò con aria enigmatica e interrogativa.
«Che hai?» chiese.
«Niente, sono solo un po’… pensieroso» disse piano «Non è niente di che, tranquillo» si affrettò ad aggiungere.
Il biondo aggrottò le sopracciglia con fare curioso, prima di annuire, accettando – per il momento – la sua risposta.
Il viaggio verso Hogsmeade lo trascorsero a chiacchierare delle ultime settimane, delle verifiche e di tutto ciò che avevano fatto in quei giorni, giusto per rompere il ghiaccio. A volte, lo spaventava sapere di essere legato al biondo dal Legame, ma altre volte… quasi era grato che esistesse, non sapeva se fosse proprio tutto merito di esso, ma da quando esso esisteva, loro erano in perfetta sintonia, questo era innegabile.
Quando arrivarono a Hogsmeade, ogni discorso scolastico, per volere di Draco, cadde. Secondo il Serpeverde, per quella giornata, dovevano solo rilassarsi e divertirsi, senza altre preoccupazioni a tormentare le loro menti e Harry non poté che essere d’accordo con lui.
La prima tappa fu Mielandia.
Harry era già stato in quel negozio innumerevoli volte, ma andare lì con Draco, quel giorno, fu diverso. Fu più bello, più divertente. Non seppe spiegarsi il motivo, ma c’era qualcosa di diverso. Con gli altri non era mai stato divertente quanto lo era con lui. Provarono insieme la nuova linea di dolci del negozio, risero insieme alle loro buffe espressioni dopo aver assaggiato un dolce particolarmente gradevole, Draco insistette per comprargli i suoi dolci preferiti, facendolo arrossire terribilmente. Ogni suo gesto, ogni sua più piccola attenzione, ogni sua parola lanciavano a Harry delle vibrazioni particolari. Sembrava davvero che il biondo, quella volta, ci stesse provando con lui. Il moro si sentiva particolarmente corteggiato e la cosa non lo infastidiva minimamente, anzi lo faceva sentire lusingato, felice. Il suo cuore palpitava a ogni complimento dell’altro e le risate nascevano direttamente dal suo cuore. Non riusciva a contenere la gioia, Draco era davvero fantastico e si chiedeva come avesse fatto a non accorgersene prima. Il suo cuore l’aveva capito anni luce prima di lui, eppure… c’era qualcosa che ancora lo bloccava, ma non sapeva dire cosa.
Dopo Mielandia fu la volta di Zonko. Harry si ritrovò a fare il paragone con I Tiri Vispi Weasley dei gemelli e ad ammettere che il loro negozio era davvero migliore di quello, anche se Fred e George si erano ispirati al quel negozio, il loro aveva superato ogni aspettativa, in cuor suo Harry era felice di averli aiutati a realizzare il loro sogno.
«Non ci sono mai stato, lo sai?» fece Draco, mentre osservavano uno scaffale di scherzi magici di dubbia utilità «Al negozio dei gemelli Weasley, intendo» specificò.
«Uhm, allora qualche volta dobbiamo andare a Diagon Alley, sono sicuro che apprezzeresti» rispose senza neanche pensare, continuando a guardare lo scaffale senza particolare attenzione. Si rese conto delle sue parole, solo dopo aver udito la risposta di Draco e si diede mentalmente dell’idiota.
«Mi stai chiedendo un appuntamento, Potter?» domandò il biondo, provocatorio. A quel punto, il Grifondoro arrossì all’impazzata. Non si era accorto che le sue parole potessero risultare come un invito ad uscire, ma non volle dargli la soddisfazione di farsi vedere di nuovo in imbarazzo, anche se le sue guance e le sue orecchie urlavano il contrario.
«Forse» rispose incrociando le braccia al petto e voltando la testa verso di lui «La cosa ti turba?»
«N-No affatto» replicò Draco, mentre anche le sue guance si imporporavano dopo quella risposta. Harry sorrise sornione prima di voltarsi completamente verso di lui per guardarlo bene in faccia. Voleva lasciare andare la sua corazza, per una volta, voleva provare a vedere come sarebbe stato, se lui…
Non sapeva se quel coraggio era scaturito da una maggiore sicurezza nei suoi sentimenti o dal fatto di aver visto quella coppia, quella mattina, ma sapeva che desiderava enormemente scoprire come poteva sentirsi in un contesto del genere.  Forse era eccessivamente sicuro, ma voleva provare a buttarsi per una volta, in fondo… stavano solo scherzando tra di loro in quel momento.
«Allora… forse potrebbe essere un invito» lo provocò, guardandolo negli occhi. Lo vide deglutire e si chiese se fosse vero che era lui a fare quell’effetto sul biondo. Lo vide sbattere le palpebre e poi sentì le sue mani sulle spalle. Draco lo spinse senza troppa forza contro lo scaffale e Harry sentì un turbinio di farfalle nello stomaco, quando la bocca del biondo si avvicinò al suo orecchio. Il suo cuore batteva troppo forte, tanto che lo sentiva rimbombare nelle sue orecchie, probabilmente anche il biondo lo sentiva forte e chiaro.
«Non provocarmi così, Potter» soffiò nel suo orecchio, la sua voce sussurrata mandò una scarica di brividi lungo la schiena del Grifondoro che non si aspettava una reazione del genere dall’altro. Non gli dispiaceva la sensazione che stava provando, anche se gli annebbiava la mente e gli faceva sentire il cuore in gola. Cercò di regolarizzare il suo respiro, quando il biondo fece per allontanarsi da lui, ritrovandosi ad un palmo dal suo viso. Le loro labbra erano ad un soffio, una minima distanza, avrebbero potuto baciarsi in quel preciso istante e Harry non avrebbe rifiutato, lo sapeva. Se Draco avesse deciso in quel momento di annullare quella distanza esigua, lui non avrebbe avuto niente in contrario, avrebbe risposto, avrebbe…
Il Serpeverde allungò una mano per prendere qualcosa dallo scaffale e immediatamente si allontanò da lui, dandogli le spalle. Sembrava avesse recuperato il controllo di sé, mentre Harry era in uno stato quasi pietoso. Le sue gambe erano come gelatina, tremavano e non riuscivano a star ferme un solo attimo, il suo cuore batteva forsennatamente, il suo respiro era accelerato e le sue guance erano disperatamente rosse. Non avrebbe dovuto comportarsi in quel modo, se ne stava rendendo conto in quel momento, ma la tentazione era stata troppo forte… osservò Draco allontanarsi e incitarlo a seguirlo, perché a parere suo avevano ancora un sacco di altre cose da fare quel giorno. Harry deglutì e annuì, cercando di ricomporsi. Si passò le mani sul viso, cercando di scacciare quelle sensazioni che lo stavano facendo impazzire e pochi minuti dopo, si ritrovò a seguire il biondo, che aveva acquistato qualcosa. Si morse le labbra e si maledisse per la sua stupidità, ma quando uscirono dal negozio di scherzi magici, l’imbarazzo di poco prima sembrava essere svanito nel nulla. Draco era bravo a fingere che non fosse accaduto niente, ma Harry dentro di sé era ancora scombussolato. Cosa sarebbe successo se il biondo si fosse lasciato andare? Se lo avesse baciato in quel momento? Il Grifondoro era certo che non lo avrebbe rifiutato… ma quella volta sarebbe stato pronto ad accettare i suoi sentimenti e quelli di Draco? Forse sì, ma non aveva ancora una risposta certa. Forse per questo si era fermato. Ancora una volta, il biondo aveva inteso che quello non era il momento migliore per dar sfogo ai loro sentimenti. Come faceva ad essere così saggio e maturo?
Harry non aveva una risposta a nessuna delle sue domande. Qualcuno di molto saggio gli avrebbe detto di seguire il suo cuore… e lui decise di farlo: lo seguì, fino alla Cartoleria Scrivenshaft.
 
Dopo quanto accaduto da Zonko, Harry aveva ancora il cuore che palpitava nel petto, ogni volta che il suo sguardo si posava su Draco. Quella sensazione che aveva provato non lo aveva abbandonato, anzi era cresciuta sempre di più nel suo petto e l’aveva travolto positivamente. Non era in imbarazzo, non sapeva definire neppure lui il suo stesso stato d’animo, eppure… provava una sorta di pace interiore che non aveva mai provato prima. Dopo essere stati nel negozio di scherzi magici, erano andati alla cartoleria perché Draco aveva detto di aver bisogno di una piuma d’oca e di alcune pergamene nuove, Harry aveva solo girovagato senza meta lì dentro, perché non aveva nulla da acquistare. Quando erano usciti, Draco lo aveva guardato sorridendo e gli aveva porto una scatolina di velluto nera. Harry lo aveva guardato perplesso, senza capire cosa fosse quell’inaspettato regalo. Era arrossito di botto, rendendosi conto che il biondo avesse davvero voluto fargli un regalo senza alcun motivo… e anche quell’ennesimo gesto fu in grado di fargli battere il cuore. Draco stava davvero facendo di tutto per conquistarlo, ma non aveva capito che lo aveva già fatto da tempo. Era solo Harry che doveva accettare quello che provava, ma quella giornata a Hogsmeade insieme stava confermando sempre di più i suoi sentimenti per il Serpeverde, che ormai non si impegnava nemmeno più per nascondere i propri come faceva prima. Da quando gli aveva detto di aver sentito il suo profumo nell’Amortentia, Draco aveva continuato, sì, a dargli del tempo, ma aveva anche iniziato a provarci spudoratamente con lui, ogni volta che ne aveva occasione e durante quella giornata a Hogsmeade aveva dato il meglio di sé, Harry non si era mai sentito tanto corteggiato quanto quel giorno.
Erano seduti ad uno dei tavoli del locale di Madama Rosmerta, l’uno di fronte all’altro con una Burrobirra davanti e Harry ogni tanto si rigirava tra le dita il regalo che gli aveva fatto Draco. Non lo aveva ancora aperto, ma era curioso di scoprire di cosa si trattasse. Non riusciva a smettere di chiedersi il motivo di quel regalo, gli aveva già comprato i dolci da Mielandia e aveva deciso di offrire lui le Burrobirre, che senso aveva fargli anche un regalo? Perché mai avrebbe dovuto fargli un regalo così all’improvviso? Non che gli dispiacesse, nessuno era mai stato così gentile nei suoi confronti, nessuno aveva mai mostrato tanta attenzione nei suoi riguardi. Nessuno lo aveva mai viziato in quel modo, ma la cosa non gli dava fastidio, anzi… in qualche modo gli faceva provare uno strano calore dentro, mai prima di allora si era sentito così… amato. Forse i suoi dubbi, le sue paure e tutto il resto erano futili. Draco sarebbe riuscito a spazzarli via in nulla, se Harry li avesse condivisi con lui, ne era sicuro.
«Se vuoi aprirlo, puoi farlo» gli disse, appunto, il biondo osservando il suo strambo comportamento nei confronti dell’oggetto. Harry arrossì, come un bambino colto con le mani nel sacco di caramelle.
«Davvero?»
«Certo» rispose il biondo sorridendo «Altrimenti perché te lo avrei regalato? Per fartelo osservare?» domandò divertito, bevendo dell’altra Burrobirra «Uhm, mentre tu lo scarti vado a prendere qualcosa da mangiare, ti va?» domandò «Ti prendo qualcosa?»
«Perché oggi sei così gentile con me?» gli chiese a bruciapelo Harry «Di solito sei il solito te, oggi sei… diverso» continuò, deglutendo «Non… capisco».
«Sono sempre gentile con te, Potter, lieto che te ne sia accorto solo ora» rispose Draco, scuotendo la testa «Questo si chiama corteggiamento» spiegò come se stesse parlando con uno stupido «Se tu non sai cos’è o non sai cos’è la galanteria, non è colpa mia, sei un cavernicolo, dopotutto» aggiunse, divertito. Oh, ecco il mio Draco, si ritrovò a pensare il Grifondoro, quasi come se fino a quel momento avesse temuto di avere davanti a sé un impostore, una copia di Draco che non era lui. Un momento – pensò, congelandosi sul posto – Mio Draco?
Detto ciò, con la sua solita eleganza e la sua solita sfacciatezza, Draco si allontanò da lui e raggiunse il bancone per ordinare forse qualche dolce e qualche altra cosa da bere. Harry non attese oltre e aprì il pacchetto che l’altro gli aveva dato e, quando aprì la scatola, si ritrovò con gli occhi spalancati. Che diavolo era quell’oggetto? Era una specie di cilindro, con sopra delle lettere e due dischi alle estremità che sembrava dovessero ruotare. Che diamine era quel coso? E perché Draco aveva pensato fosse una buona idea regalargli quell’aggeggio? Cosa sperava di ottenere con quello? Harry si stava ancora interrogando su cosa fosse quell’oggetto, quando il biondo tornò al loro tavolo con due Burrobirre seguito da Madama Rosmerta che portava due fette di torta. Harry alzò lo sguardo su Draco e lo guardò interrogativo.
«Ma è torta alla melassa?» domandò.
«Non è la tua preferita?» chiese Draco di rimando, preoccupato di aver sbagliato. L’altro annuì sorridendo e arrossì leggermente. Possibile che il biondo si fosse ricordato qual era la sua torta preferita? Il Serpeverde si sedette accanto a lui e sorrise a sua volta «Allora, ti è piaciuto il regalo?»
«Mi stai prendendo in giro?» chiese Harry, mostrandogli l’oggetto «Non ho la più pallida idea di cosa sia, cosa dovrei farci con questo aggeggio?» domandò, perplesso. Draco scoppiò a ridere dopo la sua risposta. Harry gonfiò le guance sentendosi offeso, prima gli regalava un oggetto di dubbio utilizzo e poi rideva di lui in quel modo? Se avesse potuto leggere la mente di quel ragazzo, avrebbe cercato di capire cosa vi frullasse dentro.
«Diciamo che è… una cassetta di sicurezza. L’ho trovata stamattina da Zonko, credevo fosse uno scherzo come un altro, ma poi ho capito a cosa serve in realtà» raccontò «Così ho pensato di regalartela, nascondendoci dentro un messaggio per te» rivelò «Ecco perché siamo andati in cartoleria prima… avevo bisogno di una pergamena della giusta dimensione» continuò a spiegare, mentre Harry lo guardava con gli occhi spalancati «Si apre solo con una parola d’ordine… che dovrai scoprire. Quando avrai scoperto quale parola apre questa cassetta… allora troverai il mio messaggio e sarai pronto» concluse con soddisfazione.
«Pronto per cosa?»
«Lo scoprirai». Harry annuì, guardando il bizzarro regalo che gli aveva fatto Draco e si ritrovò ad ammettere che il biondo aveva parecchia inventiva, quando si trattava di quelle cose, ma perché rendergli la vita difficile e nascondere il biglietto lì dentro, invece di darglielo direttamente? Cosa si aspettava, che capisse qualche “parola d’ordine” la aprisse? Senza neanche un indizio? Si aspettava davvero che lui riuscisse a risolverlo? Forse doveva chiedere a Hermione un aiuto…
Presto finirono le loro Burrobirre e le loro fette di torta e poi uscirono dal locale per riprendere la loro piacevole giornata insieme. Harry intravide di nuovo la coppietta che aveva visto a Hogwarts quella mattina, scambiarsi un fugace bacio e gli venne da sorridere, mentre pensava che lui e Draco non sarebbero mai stati così, perché il loro rapporto era completamente diverso. Il resto della giornata fu esattamente come la mattinata: indimenticabile.
Il ritorno a Hogwarts fu ugualmente piacevole, anche se Harry continuò a domandarsi, per tutto il tempo, come avrebbe potuto aprire il regalo di Draco e scoprire cosa ci fosse scritto nel bigliettino, era immensamente curioso di scoprire ogni cosa e dire all’altro che si era sbagliato a sottovalutarlo.
«Ti darò un indizio» disse improvvisamente il biondo «È permaloso, a volte testardo e per avvicinarsi ci vogliono cautela e attenzione, ma poi sa essere leale, coraggioso e altruista».
Harry alzò lo sguardo verso di lui e la prima parola che gli venne in mente fu “ippogrifo”, ma non riuscì a provare ad inserire la parola, perché in quel momento fu raggiunto da Ron e Hermione, i quali lo trascinarono via dall’altro prima che potesse chiedere se fosse corretta la soluzione a cui aveva pensato. Il tempismo dei suoi amici era stato perfetto. Dannazione.
Ad ogni modo, Harry non smise un attimo di sorridere. La giornata con Draco era stata così bella che per una volta aveva davvero sentito tutti i problemi che lo avevano accompagnato in quel periodo, svanire dalla sua mente per essere sostituiti dal pensiero costante di due occhi grigi e capelli troppo biondi, di una risata melodiosa e coinvolgente, di un ragazzo che sembrava provenire da un film romantico. Ma era davvero Draco Malfoy quello, o era solo una sua copia, un clone riuscito perfettamente? No, doveva essere per forza lui, quello non era un sogno, Harry ne era consapevole, aveva già vissuto in un sogno e di certo lì niente era mai stato caotico.
«Perché sorridi in quel modo?» gli chiese Hermione guardandolo «Draco?»
Harry annuì lentamente «Siamo stati tutta la giornata insieme ed è stato… fantastico» mormorò in risposta, senza alzare lo sguardo sull’amica. Era stato tutto fin troppo perfetto, fin troppo bello, quasi irreale «Mi ha trattato così bene, non me lo aspettavo» raccontò «Non sono abituato ad essere trattato così, capisci?» domandò perplesso «I miei zii a stento mi abbracciavano e lui… oggi è stato così… meraviglioso» cercò di spiegare, ma con scarsi risultati. Non riusciva ad esprimere a voce quanto fosse stata bella e perfetta quella giornata con il biondo. Non si era mai divertito tanto e non si era mai sentito tanto bene.
«Mi fa piacere vederti così spensierato, sai?» domandò Hermione, sorridendo «Sei sempre più preso da lui, vero?» Harry arrossì davanti alle parole dell’amica, come diavolo faceva a leggerlo così bene? Era davvero così palese quello che provava che se ne erano accorti tutti tranne lui? Era davvero un caso perso. Perso. «È inutile che neghi» anticipò una sua probabile risposta negativa «Fin da quando sei tornato a Hogwarts, non ti ho mai visto così. E più ti avvicini a Draco, più sei felice. Non ho bisogno di conferme per sapere quello che provi» gli disse «Ma Harry, voglio che tu sappia che non cambia niente, né per me né per Ron» Harry la guardò perplesso e poi capì. Oh! Lei credeva che il suo essere esitante, il suo essere perennemente spaventato dai suoi sentimenti dipendesse dal fatto che gli piaceva un ragazzo? «Che ti piaccia un ragazzo o una ragazza non importa, resti sempre il nostro migliore amico» gli disse ancora «Preferiamo vederti felice con lui piuttosto che infelice senza di lui».
«Ti ringrazio, Herm» replicò Harry, senza sapere che altro dire, ma non negò l’affermazione dell’amica. Aveva ragione, ormai era inutile nasconderlo, lui per Draco provava realmente qualcosa ed era ora che si decidesse a dare una risposta all’altro, ma prima voleva risolvere l’indovinello e scoprire il contenuto del messaggio all’interno del regalo. Avrebbe mentito a se stesso se avesse detto che le parole della sua migliore amica non avevano avuto alcun effetto su di lui. Non aveva mai pensato a quell’eventualità, che loro potessero vederlo come uno scherzo della natura, perché gli piaceva un ragazzo – i Dursley lo avrebbero decisamente cacciato di casa per una cosa del genere – ma qualcosa dentro di lui gli aveva sempre detto che per i suoi amici non sarebbe cambiato niente ed era felice di sapere di essersi sempre fidato delle persone giuste. Rimase lì a parlare con Hermione per quelle che parvero ore, lui le raccontò del suo “appuntamento” con Draco, mentre lei gli raccontava di quello che aveva avuto con Ron. Per un momento, Harry dimenticò completamente quell’oggetto, soprattutto quando andarono a cena tutti insieme e incontrò anche tutti gli altri ragazzi della sua casa, con i quali trascorse una piacevole serata in Sala Grande, dopo la cena lui, Ron e Neville si intrattennero anche a giocare a scacchi per rilassarsi un po’.
Fu solo quando tornò in camera sua, quando tirò giù le tende del baldacchino che il suo sguardo si posò di nuovo sul regalo di Draco. Lo aveva appoggiato sul suo letto, ma non aveva avuto modo di provare ad inserire la parola d’ordine. Finalmente provò ad inserire la parola “ippogrifo”, ma era troppo corta, la parola in questione era più lunga di quella di sole due lettere. Dove la trovava una parola di undici lettere che rispondesse all’indovinello? Dannazione!
E adesso come avrebbe fatto a leggere il messaggio di Draco?
Doveva assolutamente trovare una soluzione, al più presto. Non voleva più perdere tempo, come anche Silente gli aveva suggerito: non poteva sprecare l’occasione per essere felice e Draco era la sua occasione.
 

 
Le settimane passavano e Harry non aveva ancora trovato una soluzione all’indovinello di Draco. Le aveva provate tutte, ma ancora non riusciva a capire quale fosse la soluzione dell’indovinello. Eppure non doveva essere complicato, di sicuro Draco non gli aveva dato quell’indizio senza pensare che lui, di certo, non era un Corvonero.
Ogni giorno, si rigirava quell’oggetto tra le mani e si chiedeva contenesse, cosa volesse dire l’indovinello che Draco gli aveva dato come indizio e cosa avesse scritto sul biglietto che aveva nascosto all’interno della “cassetta di sicurezza”.
«Ancora non hai risolto l’enigma di Malfoy?» domandò Ron, sedendosi sul letto accanto al suo. Il moro scosse la testa, sconfitto. Ron lo guardò divertito, sdraiandosi sul suo letto e incrociando le braccia dietro alla testa «Beh, non ci pensare, ti verrà in mente prima o poi» disse. A Harry sembrava che il suo migliore amico ne sapesse molto di più di quanto dicesse. Possibile che il rosso sapesse qualcosa che lui ignorava? Draco gli aveva detto qualcosa? E perché lo aveva fatto, senza dire niente a lui? «Parliamo d’altro, hai saputo della festa di Natale?»
Harry annuì, aveva sentito chiaramente quella notizia, essa circolava già dall’inizio del mese, ma solo nelle ultime settimane aveva avuto la conferma che si sarebbe tenuta una settimana prima della partenza per il ritorno a casa per le vacanze di Natale. Silente aveva organizzato una festa di Natale sulla falsa riga del Ballo del Ceppo per tutti gli studenti e tutto sembrava essere caduto in una bolla di romanticismo e di sdolcinatezza infinita che Harry, personalmente, non capiva. Non era obbligatorio avere un accompagnatore, ma aveva visto molte persone provare a chiedere alla persona per la quale provavano interesse di accompagnarle. Non sapeva a lui cosa sarebbe successo, a volte si chiedeva se Draco avesse mai pensato di invitarlo. Aveva visto molte ragazze – e anche alcuni ragazzi – provare ad invitarlo, ma il biondo aveva sempre rifiutato. Forse si aspettava che lui facesse una mossa per primo? Probabile, dopo tutto quello che aveva fatto – e continuava a fare – per lui, forse invitarlo alla festa era il minimo, ma Harry non era abbastanza coraggioso da fare il primo passo. Dannazione, sei uno stupido Grifondoro, forse dovresti dimostrarlo una volta tanto – si insultò mentalmente.
«Sì, ho saputo» rispose «Ma non so se andrò, voglio dire… non voglio essere sempre il terzo incomodo tra te e Herm».
«Chi ha detto che sarai il terzo incomodo? Sbaglio o hai qualcuno da invitare?» domandò retoricamente, Harry arrossì come un tizzone «Diciamo un certo Serpeverde di nostra conoscenza, che è innamorato di te e che ha affrontato l’inferno per salvarti la vita?» Harry sbuffò e alzò gli occhi al cielo. Sì, sapeva dove Ron stesse andando a parare, non era la prima volta che affrontavano un discorso simile.
«Draco ha già fin troppi inviti» borbottò il moro infastidito. Ogni volta che qualcuno aveva proposto a Draco di andare alla festa con lui, Harry aveva sentito qualcosa incrinarsi dentro di sé. Ogni volta che il biondo rispondeva “ci penserò”, provava il desiderio di dirgli che non doveva neanche pensarci, perché voleva che andasse con lui, ma non aveva mai il coraggio di farlo. Da quando era diventato così codardo?
«Perché non provi ad invitarlo tu allora?» chiese ingenuamente Ron «Se lo invitassi tu, non ti rifiuterebbe, lo sai, vero?» Harry annuì, lo sapeva, ma… come sempre, quando si trattava di Draco, era terrorizzato.
Come poteva spiegare all’amico tutte le preoccupazioni che in quel periodo affollavano la sua mente, se si trattava di Draco? Aveva abbandonato un po’ l’idea che i suoi sentimenti fossero dovuti solo al legame, ma… c’era sempre qualcosa di indefinibile che lo bloccava, che gli faceva sempre fare un passo indietro. Era solo un codardo, lo sapeva. Stavolta era lui quello che fuggiva davanti alle avversità.
«Harry, cos’è che ti blocca?» gli chiese Ron, mettendosi seduto e guardandolo «Chiaramente provi qualcosa per lui quindi… cosa ti impedisce di andare da lui e dirgli ciò che provi per lui?»
«Ho paura…» confessò ad alta voce, senza neanche rendersene conto «Non lo so, Ron, è irrazionale… ogni volta che penso di aver trovato il coraggio di farlo, ecco che la paura di blocca» cercò di spiegare, a disagio.
«Okay, capisco…» rispose Ron «Hai provato a parlarne con qualcuno?» Harry scosse la testa, l’amico era il primo con cui esternava parte delle sue preoccupazioni «Allora, secondo me, potresti provare a parlarne con Remus, forse lui può consigliarti cosa fare» asserì il rosso.
«Non saprei, io…» replicò Harry, sospirando «Ci penserò».
«Maledetto Malfoy, non doveva usare le parole permaloso e testardo, ma idiota e cieco» brontolò, prima di coprirsi la bocca con le sue stesse mani. Harry spalancò gli occhi ed ebbe un’epifania.
“È permaloso, a volte testardo e per avvicinarsi ci vogliono cautela e attenzione, ma poi sa essere leale, coraggioso e altruista” – gli aveva detto Draco. E se avesse descritto lui con quella frase? In effetti… non era completamente sbagliata come ipotesi. Sapeva di essere estremamente permaloso e testardo, non si fidava facilmente delle persone, ma una volta affezionatosi ad esse, era capace di fare di tutto per loro, anche sacrificare la sua vita. Certo, non credeva che Draco lo vedesse così simile a un ippogrifo, ma… il suo cuore perse un battito nel realizzare che, forse, aveva sempre avuto la soluzione sotto ai suoi occhi e non era mai stato abbastanza furbo da pensarci: la soluzione all’indovinello non era una sola parola, ma due: il suo nome e il suo cognome. Si diede dello stupido per dieci volte, per non averci pensato prima.
«Sei un genio! Grazie Ron!» esclamò, poi afferrò di nuovo il suo regalo e provò a girare i due dischi, quello superiore e quello inferiore, fino a combinare il suo nome con le lettere presenti sull’intelaiatura. Finalmente, il meccanismo si attivò e l’oggetto si sollevò magicamente per aria, aprendosi e rivelando il suo interno. Le due estremità superiori si sollevarono e il cilindro cavo ricadde sul suo letto, pochi istanti dopo essersi aperto. Affascinante, Draco aveva davvero molta fantasia per fare una cosa del genere. Dannazione, quanto era stato stupido a non capire prima qual era la soluzione?
Harry lo afferrò immediatamente e trovò il messaggio al suo interno. Non era un messaggio, ma una lettera scritta a mano dal biondo. Le sue gote si tinsero di rosso nel preciso istante in cui i suoi occhi si posarono sulle parole scritte su quella pergamena.
 
“Potter,
Se stai leggendo questa lettera vuol dire che non sei stupido come immagino. O Weasley si è lasciato scappare qualche indizio in più, ma non importa, gli ho rivelato la soluzione proprio per far in modo che ti aiutasse.
L’importante è che tu sia riuscito ad aprire il tuo regalo.
Vedi cosa mi tocca fare per te? Devo abbassarmi ad usare questi mezzucci per approcciarmi a te, ma ehi, in amore e in guerra tutto è lecito, no? Non mi vergogno affatto di questo.
Il nostro rapporto ultimamente è cresciuto, non pensi anche tu? So che ti ho promesso che non ti avrei fatto pressioni in alcun modo e non ho intenzione di fartele. Se questa lettera ti fa sentire sotto pressione, ti prego, bruciala.
Tuttavia, ho notato che da quando hai detto di aver sentito il mio profumo nell’Amortentia, mi sei sembrato diverso e quindi ho provato a… sai, essere più esplicito con te e non mi sembra che ti sia dispiaciuto, più volte mi sei sembrato parecchio coinvolto… e questo mi confonde. A volte temo di spingermi troppo oltre e so che devo contenermi, non sai quante volte ho desiderato baciarti, ma non ho potuto farlo, perché altrimenti avresti potuto pensare che stessi cercando di farti pressioni… se l’ho fatto ti chiedo scusa.
Ricordi? Mi avevi detto di non aver mai ricevuto la mia risposta alla tua lettera. Ti sei lamentato un sacco per quello, quindi… ecco la mia risposta.
Sei consapevole dei sentimenti che provo per te, ma voglio chiederti… sei consapevole dell’effetto che hai su di me, quando mi rispondi in quel modo? Quando mi provochi rispondendomi per le rime o avvicinandoti a me in quel modo?
Questa lettera potrà sembrarti disperata – e in effetti, un po’ lo è – ma se te la sto scrivendo, vuol dire che ho bisogno di dirtelo. Lo sai, non sono mai stato uno che esprime apertamente i suoi sentimenti e le sue emozioni, ma con te a volte mi risulta impossibile contenermi. Mi hai cambiato e sei consapevole di averlo fatto.
Per favore, se non provi lo stesso che provo io… non giocare con me, non illudermi, sii sincerò e dimmi la verità. Sul serio, se non mi ami dimmelo apertamente, sono pronto ad accettare qualunque tua risposta e a farmene una ragione, ma… se tu provi lo stesso e sei pronto ad accettare un primo vero appuntamento, allora… ti chiedo: vuoi venire alla festa di Natale con me?
So già cosa stai pensando. Come faccio a saperlo già? Ti rispondo subito, così che tu non abbia mille pensieri a riguardo: Silente mi ha chiesto di aiutarlo ad organizzare tutto e ho ingaggiato mia madre. Lei è sempre stata brava ad organizzare sfarzose feste a tema. Quindi per questo so la notizia in anticipo rispetto a tutti e questo mi ha dato la possibilità di escogitare questo modo per invitarti. Sono geniale, vero?
Scherzi a parte, te lo sto chiedendo seriamente.
Aspetterò una tua risposta – e non accetterò nessun altro invito – fino a che tu non mi risponderai. Se sarai pronto ad accettare, io sarò qui ad aspettarti, come sempre.
Con amore,
tuo Draco”
 
Harry rimase senza parole, mentre sentiva una lacrima scivolare lungo la sua guancia. Draco gli aveva scritto una lettera d’amore, l’ennesima dimostrazione della sincerità dei suoi sentimenti; gli aveva scritto una lettera per invitarlo alla festa di Natale e aveva escogitato tutto un piano per dargli anche il tempo di riflettere sui suoi sentimenti. E non solo. Anche se era in attesa di ricevere una sua risposta, Draco non aveva cambiato atteggiamento con lui, si era comportato in maniera impeccabile anche in quelle settimane.
Come poteva ancora continuare a combattere l’idea di essere innamorato di lui? Perché diamine la sua paura non lo lasciava in pace? Deglutì e cercò di asciugarsi il viso alla meglio. Draco era meraviglioso e forse lui non lo meritava, ma in quel momento… in quel momento sentiva che era tutto ciò che voleva. Forse doveva davvero ascoltare il consiglio di Ron e andare a parlare con Remus, forse lui avrebbe saputo consigliargli esattamente cosa fare e come comportarsi con il biondo da quel momento in poi. Perché, dannazione, lui era davvero innamorato di Draco Malfoy e nessun legame, nessuna magia, nessuna pozione, nessun incantesimo aveva creato quel sentimento e sentiva chiaramente di essere amato dall’altro. Ogni suo gesto e ogni sua parola erano tutte dimostrazioni d’amore, senza secondi fini. Aveva ragione Ron, le parole che più lo descrivevano in quel momento erano stupido e cieco, ma anche codardo.
Si alzò dal letto come una molla, scattò in piedi e si guardò intorno. Indossò le scarpe e una felpa, poi prese la sua bacchetta, il mantello dell’invisibilità e la mappa del malandrino. Non poteva più perdere tempo, doveva tirare fuori la testa dalla sabbia e smetterla di avere paura. Non aveva avuto paura di Voldemort a undici anni, perché aveva paura dei suoi stessi sentimenti? Questa cosa non aveva senso. Aveva combattuto contro un drago a quattordici anni, contro un esercito di dissennatori a tredici, contro un basilisco a dodici, contro Voldemort a quindici e a sedici. E adesso, a diciassette aveva paura di ammettere i suoi sentimenti e cercava di respingerli? No, doveva smettere, doveva trovare il suo coraggio da Grifondoro e affrontare quell’ennesima sfida, la più difficile: quella contro se stesso.
«Dove vai adesso?» domandò Ron, guardandolo perplesso, con aria vagamente stupita.
«Seguo il tuo consiglio» rispose Harry «Vado da Remus» aggiunse, avviandosi verso l’uscita del dormitorio. In quel momento, aveva bisogno di parlare con qualcuno di tutto quello, perché voleva essere sicuro di non star facendo alcun danno. Poi sarebbe andato dritto a parlare con Draco non voleva più perdere tempo, non voleva più vivere nell’incertezza, nella paura e nella sofferenza. Doveva solo seguire il suo istinto e il suo cuore, come aveva sempre fatto, ma voleva anche avere una parte razionale che gli dicesse che quella era la cosa giusta da fare. Aveva bisogno di certezze. Remus era l’unico, in quel momento, in grado di dargliele.
Uscito dal dormitorio e dalla Sala Comune, Harry si coprì con il mantello e pronunciò la formula magica per aprire la mappa e controllò dove fosse il suo tutore. Era nel suo studio, forse intento a correggere qualche tema o qualche verifica. Non voleva dargli fastidio, ma aveva urgentemente bisogno di parlargli, cercava sempre di non andare spesso da lui, perché non voleva che altri studenti pensassero che lui fosse un privilegiato perché era il suo figlioccio, ma in quel momento non poteva fare altrimenti, aveva realmente bisogno di parlare con Remus, quella questione era troppo urgente. Così senza più pensare, raggiunse lo studio del professore e dopo aver bussato, entrò, togliendosi il mantello.
«Ehm, professore?»
«Oh, Harry» lo salutò Remus, alzando lo sguardo dalla pergamena che stava leggendo. Dallo sguardo sembrava stanco, Harry non sapeva se si trattasse dell’imminente luna piena in avvicinamento o solo stanchezza dovuta al troppo lavoro. Si sentì un po’ in colpa ad essere arrivato lì in quel modo, senza neanche avvisarlo prima. Non aveva realmente pensato, aveva solo agito, come faceva ogni volta che sbagliava «Non c’è bisogno di essere così formali» asserì l’uomo «Ci siamo solo io e te, lo sai, puoi chiamarmi Remus».
Harry annuì, imbarazzato. A scuola non era abituato a chiamarlo per nome, era strano che il suo attuale tutore fosse anche il suo insegnante, ma si stava abituando, piano piano.
«Lo so, è che non sono abituato» replicò, avvicinandosi.
Remus annuì, comprendendo il disagio del ragazzo «Volevi parlarmi di qualcosa?» chiese gentilmente, invitandolo ad accomodarsi, il ragazzo annuì, preparandosi ad esternare ogni suo dubbio e ogni sua preoccupazione «Aspettavo che venissi da me, sai? Ultimamente ti ho visto un po’… pensieroso, ma con voi giovani non si sa mai come comportarsi, e non sapevo come affrontare il discorso» disse «Perdonami, non sono un esperto» si scusò con lui, guardandolo mortificato. Harry si congelò e si morse le labbra. Remus si era accorto di qualcosa? Aveva notato il suo stato d’animo? Si era accorto del suo tormento delle ultime settimane? O dei sentimenti che provava per Draco? Stava per dirgli che lo considerava un folle e per rinnegarlo, rimangiandosi la sua parola? Voleva rispedirlo dai Dursley? Vernon gli avrebbe detto tutto ciò che pensava senza peli sulla lingua, ma Remus? Non aveva davvero pensato che lui potesse non accettare una situazione del genere, che potesse non accettarlo per quello.
Deglutì e decise che ne avrebbe parlato comunque, a prescindere dalle conseguenze.
«In effetti, sì… volevo parlarti di una cosa… personale» disse, cercando di usare le parole giuste e di non agitarsi. Non gli era mai successo di sentirsi così scosso, ma voleva affrontare quella situazione nel miglior modo possibile.
«Quanto personale?» gli chiese gentilmente l’altro.
«Molto, io…» si morse le labbra «Non so come potresti reagire a una cosa del genere…»
«Di cosa parli, Harry?» gli chiese ancora «Sono un lupo mannaro, sono abituato ai giudizi della gente, quindi non ti giudicherei mai per qualcosa, per qualsiasi cosa tu voglia dirmi» lo rassicurò. Quelle parole furono come un balsamo per le orecchie di Harry e anche per il suo cuore e il suo animo, grazie ad esse riuscì a calmarsi e a tranquillizzarsi abbastanza da poter riprendere il discorso da dove lo aveva interrotto. Per sua fortuna, Remus era una persona piuttosto comprensiva «Quindi sentiti libero di dirmi qualsiasi cosa, stai pur certo che non ti giudicherò» sottolineò.
Harry annuì e quindi riprese: «Io… credo di essermi innamorato» confessò, abbassando lo sguardo, sentendo le sue guance diventare rosse come dei pomodori maturi. Dirlo ad alta voce, gli fece realizzare la realtà di quelle parole. Era innamorato, davvero, di Draco.
«Chi è la persona che ti interessa?»
Harry arrossì ancora di più, prima di rispondere «Draco» deglutì «Io… non lo so, sono confuso, Remus. Ron e Hermione dicono che dovrei seguire il mio cuore e provarci, e lui mi ha fatto capire più volte i suoi sentimenti, ma io…»
«Hai paura, dico bene?» gli chiese Remus, anticipando le sue parole, quasi leggendogli nella mente. Il ragazzo annuì, senza riuscire a dire nulla a voce. Come era possibile che tutti sapessero leggerlo così bene, tranne lui stesso? «Harry, ascoltami, in questi casi non c’è molto da fare, se non seguire il proprio cuore e provare ad essere felice» gli disse «Dimmi, onestamente, come ti senti quando sei con lui?»
«Io… mi sento felice» rispose sinceramente Harry. Felicità era la sensazione che provava quando era con il biondo, perché quando era in sua compagnia, sembrava che tutti i suoi problemi svanissero, Draco riusciva a farlo ridere, a farlo sorridere ma soprattutto riusciva a farlo sentire amato, realmente amato; lo faceva sentire come nessun altro prima di lui l’aveva fatto sentire.
«Allora, se lui ti rende felice, non farti troppe domande, cerca di vivere al meglio le emozioni che provi» gli disse «Non lasciare che la paura ti blocchi, Harry, sei così giovane e hai già sofferto tanto, meriti di essere felice con la persona che ami».
«Ma… se lui dovesse abbandonarmi, come è successo con tutte le altre persone che hanno fatto parte della mia vita?» chiese preoccupato «E se gli accadesse qualcosa per colpa mia? Se dovesse stancarsi di me?»
«Harry, non puoi vivere la vita bloccato in queste domande e nella paura… se provi qualcosa adesso per lui e sei ricambiato, dovresti dirglielo, altrimenti te ne pentirai per il resto della tua vita» gli consigliò, a quelle parole il ragazzo si accigliò, l’uomo sembrava convinto delle sue parole, come se stesse parlando per esperienza personale. Harry lo guardò perplesso. «Se te lo stai chiedendo, sì, ho amato una persona prima di Dora, una persona molto importante per me» raccontò, il suo sguardo divenne triste, nostalgico, lontano. Il ragazzo non poté fare a meno di chiedersi chi fosse questa persona e perché Remus non avesse mai avuto un’occasione per confessare i suoi sentimenti. «Sai, ero giovane e troppo insicuro all’epoca e poi…» sospirò «Mi sono pentito di non aver mai confessato i miei sentimenti e non avergli dato un’occasione» continuò, man mano che parlava il suo tono di voce diveniva sempre più triste.
«Di-Di chi parli?» chiese curioso il ragazzo, sperando di non essere troppo invadente. Voleva capire chi era stato il grande amore di Remus e perché, se l’aveva amato così tanto, non aveva cercato di riallacciare i rapporti con questa persona…
«Di Sirius» rispose con sincerità l’uomo, rilasciando un pesante sospiro. «Non ti ho mai parlato nel dettaglio dei nostri anni a Hogwarts e credo che neanche Sirius lo abbia fatto, ma noi…»
«Avevate una storia?»
«No» rispose rammaricato «Sapevo che Sirius provasse qualcosa per me. Eravamo molto legati, ma io… avevo paura, sai, per la mia condizione e per… tutto il resto» sospirò «Erano altri tempi, eravamo entrambi spaventati, poi… dopo aver preso i M.A.G.O. dopo il matrimonio dei tuoi genitori, avevamo provato a darci una chance, ma quando Sirius mi chiese cosa provassi per lui, io…» deglutì «Non ebbi il coraggio di rispondergli e dirgli che ricambiavo i suoi sentimenti» confessò, Harry poteva percepire il dolore nella sua voce e poteva vederlo nei suoi occhi. Non sapeva perché, ma quella storia gli ricordava terribilmente la sua e quella di Draco. Quest’ultimo gli aveva chiesto più volte cosa provasse per lui, come si sentisse nei suoi confronti, ma Harry aveva sempre ignorato le sue richieste. Sarebbe finito così poi? Da adulto a pentirsi dei suoi sbagli? Di non aver accettato l’amore quando poteva? «Mi pento ancora oggi di non avergli detto che lo amavo… che lo amo ancora oggi» confessò ancora «Non mi fraintendere, amo mia moglie e amo già mio figlio, anche se non è ancora arrivato, ma… sai, penso che una parte di me amerà sempre Sirius».
Harry annuì, comprendendo le sue parole. «Remus…»
«L’ho perso prima che arrivasse la pace, prima che potessi farmi perdonare per non aver creduto alla sua innocenza» continuò «Quindi, per favore, fallo per te stesso, sii felice e non fare il mio stesso sbaglio, se provi qualcosa per Draco e sai che lui prova qualcosa per te… non perdere tempo, lascia andare le tue paure, liberati di esse e digli tutto» lo incoraggiò «Provaci e vedi come va la vostra relazione» disse ancora «Se va male, non importa, avrai comunque vissuto una bella esperienza, ma se va bene… avrai trovato la persona giusta con la quale passare il resto della tua vita».
Harry deglutì e annuì, poi lo abbracciò di slancio con riconoscenza. «Grazie, Remus» disse in un sussurro «Grazie davvero, seguirò il tuo consiglio, ci proverò» annunciò. L’uomo ricambiò l’abbraccio sorridendo e lo strinse forte «Mi dispiace per te e Sirius… penso che sareste stati dei genitori fantastici insieme».
Remus gli sorrise e gli mise una mano sulla testa annuendo «Non preoccuparti per me, adesso sono felice, ho trovato una persona che mi ama e che amo con tutto me stesso» gli disse per rassicurarlo «Tu sii felice, te lo meriti».
«Grazie davvero per i tuoi preziosi consigli» gli disse «E per avermi raccontato questa parte della tua storia» aggiunse, davvero riconoscente per le sue parole e per il suo incoraggiamento.
Remus annuì e lo lasciò andare pochi minuti dopo «Adesso, torna nel tuo dormitorio, sei fuori dalla sala comune dopo l’orario del coprifuoco, anche se sei il mio figlioccio e il mio studente migliore, non posso fare favoritismi, lo sai».
Harry ridacchiò, scuotendo la testa «Sono attrezzato» affermò, mostrando il mantello dell’invisibilità e la mappa del malandrino «Non corro pericoli, tranquillo!» esclamò «E nemmeno tu!»
«Dovrei confiscarti tutto, lo sai?» domandò ironicamente «Sei davvero tale e quale a James» disse scuotendo la testa «Farò finta di non aver visto nulla. Fila via e vedi di tornare dritto nel tuo dormitorio, adesso».
«Va bene, professore» replicò allegramente. Dopo aver parlato con Remus, il suo stato d’animo era davvero migliorato, ora sapeva cosa fare, ora sapeva che cosa dire. Non voleva più sprecare tempo, né arrivare ad un’età in cui si sarebbe pentito delle pessime scelte fatte a diciassette anni. Remus aveva ragione, non doveva lasciare che le sue paure lo bloccassero, non doveva lasciare che esse gli impedissero di essere felice. Doveva vivere le sue emozioni e dare una possibilità a Draco, che aveva dimostrato più volte le sue reali intenzioni e la sincerità dei suoi sentimenti. Harry non voleva più perdere tempo, non voleva più essere indeciso, ma voleva essere felice.
Quasi volando, coperto dal suo mantello, raggiunse di nuovo il suo dormitorio, i suoi compagni di stanza, compreso Ron, dormivano profondamente e cercò di fare meno rumore possibile, mentre raggiungeva il suo letto e la sua borsa con il suo materiale scolastico. Prese una penna d’oca, il suo calamaio e una pergamena, si sedette a gambe incrociate sul letto e, aiutandosi con un libro come supporto, scrisse finalmente la sua risposta a Draco.
Si era reso conto da tempo di cosa volesse davvero il suo cuore, ma aveva sempre temuto che esso potesse sbagliarsi, la sua mente lo aveva sempre bloccato, gli aveva sempre impedito di accettare completamente i suoi sentimenti, gli aveva sempre impedito di vivere al cento per cento quelle sensazioni, quelle emozioni, ma adesso non le avrebbe più permesso di controllare la sua vita, perché voleva essere felice e non voleva avere alcun rimpianto nel suo futuro.
Come aveva detto Remus, doveva seguire il suo cuore, se fosse andata male, avrebbe avuto un’esperienza da raccontare in futuro, ma se fosse andata bene avrebbe trovato la persona con cui condividere quel futuro; se lui pensava ad esso, poteva vedere solo se stesso al fianco di Draco. Quindi… aveva finalmente una risposta per lui.
 
“Draco, ho decifrato il tuo indizio e letto la lettera. Non è stato facile, ma come avevi previsto tu, Ron si è lasciato sfuggire qualche indizio di troppo. Sono davvero come un ippogrifo? Immagino di sì.
Se vuoi una risposta alla tua domanda, vediamoci all’alba, dove tutto è iniziato. Io sarò lì ad aspettarti.
Se non verrai, capirò.
Harry.”
 
Arrotolò la pergamena e la annodò alla zampa di Edvige e poi le disse di portare il messaggio a Draco. La sua civetta emise un verso allegro e poi uscì dalla finestra, raggiungendo il dormitorio dei Serpeverde.
Adesso doveva solo aspettare l’alba davanti al bagno di Mirtilla Malcontenta e sperare che il biondo capisse il suo indizio.
 

 
Non aveva dormito per tutta la notte, in attesa dell’appuntamento che aveva dato a Draco, infatti alle cinque in punto era già in piedi e si chiedeva se quello fosse l’orario esatto dell’alba o meno, ma lui non ne poteva più di restare in quel letto, in attesa. Era agitato, ma in senso positivo, si domandava se Draco avesse letto il biglietto – a giudicare dal fatto che Edvige fosse tornata senza il suo messaggio, gli faceva presagire bene. Era impaziente di scoprire se avesse capito o meno il suo indizio, ma non aveva bisogno di farsi troppe domande, Draco era ben più furbo e intelligente di lui, per lui sarebbe stata una passeggiata capire tutto.
Senza svegliare i suoi compagni di stanza, Harry uscì dal dormitorio e sgattaiolò fuori dalla Sala Comune senza che nessuno lo vedesse, in fondo alle cinque del mattino, chi poteva beccarlo? Nessuno, ma per sicurezza, conoscendo la sua immensa sfiga, decise di premunirsi di mantello dell’invisibilità, in modo da non incorrere in nessun pericolo.
Percorse in fretta la strada che lo separava dal bagno di Mirtilla Malcontenta e una volta raggiunto l’ingresso, dopo essersi liberato del mantello, attese lì che Draco arrivasse, restando comunque vigile nel caso in cui qualche professore mattutino o Gazza passassero di lì. Restò in attesa lì per minuti infiniti e senza rendersene conto, camminò avanti e indietro avanti all’ingresso del bagno, tanto che destò l’attenzione di Mirtilla, che mise la testa fuori dal bagno e lo invitò ad entrare nel “suo gabinetto”. Harry rifiutò cordialmente, non poteva muoversi da lì, attendeva impazientemente di vedere arrivare il biondo. L’attesa gli sembrò infinita, poi improvvisamente riconobbe la figura di Draco da lontano e dentro di lui esplose una gioia immensa, essa lo travolse così tanto che nemmeno si rese conto delle sue azioni: non appena egli fu abbastanza vicino, Harry lo raggiunse in fretta e gli gettò le braccia attorno al collo.
«Sapevo che avresti capito» disse solamente, sorridendo felice come non lo era mai stato prima.
«Potter, ma…?»
Senza permettere in alcun modo all’altro di finire la sua domanda, Harry premette le proprie labbra contro quelle del Serpeverde, cogliendolo di sorpresa. Era fin da quando aveva realizzato realmente cosa volesse, che moriva dalla voglia di riassaggiare quelle labbra, quella volta niente poteva cambiare la sua decisione: il primo era stato un bacio d’addio, il secondo un bacio dettato dalla disperazione e dal sollievo di rivederlo, ma quello… quello fu magico. Dopo un primo momento di sorpresa, il biondo circondò il suo viso con le sue mani e ricambiò il bacio, cercando di tenere i loro visi il più vicini possibile. Draco baciava in un modo meraviglioso, lui era meraviglioso. E Harry lo amava, lo amava davvero, non aveva nessun’altra certezza in quel momento. Lì nel mezzo del corridoio del secondo piano, davanti al bagno di Mirtilla Malcontenta, dove tutto era iniziato, finalmente Harry aveva ammesso i sentimenti che provava per Draco e glieli stava dimostrando apertamente. Sentiva il cuore in tumulto, era così felice che sentiva di poter esplodere a causa della gioia. Il bacio durò alcuni minuti, entrambi lo avevano desiderato così tanto che nemmeno la necessità di ossigeno riuscì ad interromperli. Quando si allontanarono l’uno dall’altro, entrambi avevano una luce diversa negli occhi, soprattutto Draco.
«Potter…?» lo chiamò il biondo, guardandolo con uno sguardo quasi terrorizzato. Era buffo che quello spaventato adesso fosse lui, che fino a un giorno prima era stato sicuro, sfacciato e sfrontato, ma Harry sapeva di dovergli una spiegazione, era stato travolto così tanto dalla felicità che neanche si era reso conto delle sue azioni, aveva solo… agito, senza pensare come avrebbe fatto un qualsiasi Grifondoro. Il suo innato coraggio stava tornando a galla, chi l’avrebbe mai detto che ci sarebbe voluto un discorso d’incoraggiamento di Remus per farlo tornare.
Harry deglutì, tornando in sé, specchiandosi negli occhi chiari di Draco, poi sorrise dolcemente e annuì.
«Scusa se ti ho fatto aspettare tanto» mormorò «Sì, accetto di venire alla festa con te» affermò con sicurezza, l’altro fece per rispondere, ma Harry gli mise un dito sulle labbra e scosse la testa «Non dire niente, lascia parlare me». Il Serpeverde annuì e si morse le labbra, attendendo che il moro continuasse «Draco, io…» deglutì «Sono innamorato di te, davvero, e lo so che ci ho messo tempo a capirlo, ma… in realtà dovevo solo ammetterlo con me stesso, so che non è solo il legame che ci unisce e… che i miei sentimenti sono reali tanto quanto lo sono i tuoi» deglutì ancora, arrossendo «Non voglio perdere più tempo, non voglio… arrivare a quarant’anni e pentirmi di non averti detto quello che provo per te, non voglio perderti, io…» prese un respiro profondo prima di continuare «Io non lo so cosa ci riserverà il futuro, ma so che voglio scoprirlo con te» ammise «Per te è sufficiente?» il biondo sorrise e annuì, attenendo che l’altro continuasse «E… so che ti ho fatto aspettare e che ti ho fatto soffrire, ma sono pronto a farmi perdonare» aggiunse «Quindi… accetto che il nostro primo appuntamento sia alla festa di Natale, accetto di vivere con te questa… nuova avventura».
Draco sorrise e lo guardò felice come non lo era mai stato prima. Vederlo così felice fece riempire il cuore di Harry di gioia, era una sensazione stranissima, non l’aveva mai provata prima, ma… era piacevole. Vedere la persona amata esser così felice, rendeva automaticamente contento anche lui.
«E cosa provi per me?» domandò Draco, ansioso di sentirsi dire quelle due parole che da troppo tempo stava aspettando.
«Ecco, io ti amo» confessò Harry, arrossendo all’impazzata.
«Era ora che lo capissi» replicò sarcasticamente il biondo, guardandolo negli occhi «Ti amo anch’io» ammise dolcemente, poi annullò di nuovo la distanza tra di loro, coinvolgendolo in un altro dolce bacio, che tolse il fiato ad entrambi.
«Ti prego, non abbandonarmi» soffiò il moro sulle sue labbra, dopo il bacio nascondendo la testa contro la sua spalla. Il Serpeverde sorrise e annuì, stringendolo forte a sé, in un abbraccio tanto dolce quanto sicuro. Per la prima volta nella sua vita, Harry si sentì immediatamente al sicuro tra quelle braccia e ebbe la conferma che, da quel momento in poi, l’altro sarebbe stato una certezza per lui.
«Mai» promise Draco.
Nel bagno alle loro spalle era iniziata la loro amicizia e in quel corridoio, adesso, stava iniziando la loro storia d’amore, un’avventura che avrebbero vissuto tutti e due per la prima volta, insieme.
A partire dalla festa di Natale.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni

Hola peps!
Buona Domenica! E buona Pasqua (ormai passata) a chi l'ha festeggiata. Spero che abbiate trascorso questo giorno in famiglia, nonostante tutto e che sia stata una bella giornata. Io lo confesso, oggi ero un po’ fuori fase, ecco perché l’aggiornamento così tardo. Non sono una che ama molto le festività, soprattutto la Pasqua, ma le ho sempre passate, volente o nolente, in famiglia. E trascorrere questa giornata così lontana da tutti loro, mi ha un po’ destabilizzata e non ero concentrata per correggere il capitolo, quindi vi chiedo scusa per il ritardo. 
Ma! Eccoci qui anche questa settimana!
Eeeeh, lo so! Sono sempre qui a somministrarvi la vostra dose settimanale di Drarry. Eeeeeeeh! Finalmente Harry ce l’ha fattaaaa! Ha ammesso che è innamorato davvero di Draco, ma ha paura di soffrire, povera stella. Meno male che c’è Remus che lo mette sulla retta via e lo spinge letteralmente tra le braccia del nostro Malfoy preferito, grazie anche a Ron e Hermione per aver provato a farlo ragionare, maledetto Potter scemo. (Un piccolo riferimento ai Wolfstar del mio cuore <3) e niente. Andranno insieme alla festa di Natale organizzata a Hogwarts e… ne vedremo delle belle.
Il quinto capitolo è tipo uno dei miei capitoli preferiti della storia ed è anche il più fluff di tutti, credo. Non vedo l’ora di farvelo leggere! Sono così felice di essere arrivata a questo punto! *w*
Il regalo che fa Draco a Harry è ispirato al “Cryptex” de “Il codice da Vinci” (vi lascio foto in allegato sotto per farvi capire com'è fatto sto coso AHAH) e sì Draco nasconde dentro un messaggio, un po’ come Silente aveva nascosto la Pietra della Resurrezione nel boccino d’oro. (che in questa storia non è comparso per ragioni di trama LOL) 
Funny thing: Chi segue questa storia dal primo capitolo sa che in origine questa storia doveva avere 23 capitoli, questo in teoria all'inizio avrebbe dovuto essere l'ultimo, ma poi sotto Natale, ho deciso di riscrivere questa terza parte, quindi si è inevitabilmente estesa ed diventata di 30 lunghissimi capitoli LOL
Quindiiii! Ringrazio con tutto il cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Estel84, Eevaa, Puffalanovita e Ai_Amano, grazie per il vostro supporto! Grazie a tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle seguite, ricordate e preferite e a tutti i lettori silenziosi. 
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe

Fatto il misfatto


                                                                                          

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Capitolo 24
*** Terza Parte, Capitolo 5: Suddenly, love has come. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.



ATTENZIONE:
Alto livello di fluff, da diabete.


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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 5: Suddenly, love has come




«Allora siamo d’accordo?» chiese Draco, guardando Harry negli occhi, per essere sicuro ed avere un’ulteriore conferma «Domani andiamo alla festa di Natale insieme? Hai detto sì? Sicuro?»
«Da dove viene questa insicurezza, Malfoy?» domandò il moro, avvolgendo le braccia attorno al suo collo, ricambiando il suo sguardo e proiettando i propri occhi dritto nei suoi «Come mai il grande Draco Malfoy è così spaventato da una risposta dello Sfregiato?» chiese ancora, sorridendo. Il suo sorriso era più luminoso di un Lumos o delle candele della Sala Grande, avrebbe illuminato quel corridoio semibuio senza alcun problema, tant’era potente.
Draco scosse la testa e sorrise a sua volta, afferrando l’altro per i fianchi e avvicinandolo maggiormente a sé, cercando di scacciare l’imbarazzo e la velata insicurezza che l’aveva colto quella sera.
«Cerco solo di essere sicuro che tu non ti rimangi la parola, conoscendoti potresti pentirti della tua scelta» rispose cercando di mantenere un tono di voce sicuro, anche se dentro stava tremando. Temeva con tutto il cuore che Harry potesse rimangiarsi la sua parola, che cambiasse idea e gli desse buca; dopo l’incertezza del moro che aveva accompagnato il loro rapporto in quegli ultimi mesi, il suo timore non era completamente infondato.
«Ti ho fatto davvero impazzire negli scorsi mesi, vero?» chiese il Grifondoro mortificato, tornando serio per un attimo, cercando nuovamente lo sguardo dell’altro. Draco annuì lentamente «Mi dispiace... ma ora sono qui, no?»
«Sì, ora sei qui» rispose il biondo, stringendolo a sé. Finalmente, quegli ultimi frustranti mesi d’attesa, in cui aveva avuto pazienza, in cui aveva aspettato una risposta dell’altro, in cui aveva dovuto mantenere la calma ogni volta che la cozza ci provava con lui, erano stati ripagati. Harry era , tra le sue braccia in quel momento, ma quello era anche il luogo in cui era stato anche nell’ultima settimana. Fin dalla dichiarazione di Potter, che lo aveva travolto e lo aveva lasciato senza parole per i primi istanti, era passata una settimana e Draco non credeva di poter essere tanto felice. Neanche nelle sue più rosee fantasie avere una relazione con Harry Potter, la sua spina nel fianco fin dal primo anno, avrebbe potuto essere tanto bello quanto divertente. «Ma non ancora mi hai risposto» protestò «Sei sicuro? Verrai con me alla festa?»
«Sì» rispose il moro senza esitazione, sorridendo; le gote di Draco per un momento divennero rosse, senza un preciso motivo, non si aspettava una risposta così diretta e sicura dall’altro, dato che poco prima aveva cercato di eludere la domanda «Sei arrossito!» esclamò Harry portando le proprie mani sulle sue guance e tirandogliele leggermente «Sei così carino quando arrossisci!» se possibile, Draco arrossì di più e sbuffò appena, alzando gli occhi al cielo.
«Smettila, Harry» si lamentò, lasciandosi scappare un sorrisetto davanti all’espressione felice del suo ragazzo, gli sembrava ancora strano pensarlo come tale, ma da una settimana quel petulante, testardo, adorabile Grifondoro era suo e non poteva esserne più felice, anche se, dato che era la prima relazione seria per entrambi, ci stavano andando molto piano. E infatti non avevano ancora “ufficializzato” niente con nessuno, avevano passato gli ultimi giorni a nascondersi e ad incontrarsi in luoghi appartati per stare insieme. Non voleva nascondersi, ma… non sapeva quale fosse l’opinione di Harry a riguardo e voleva aspettare che lui fosse pronto; anche se erano abbracciati nel bel mezzo di un corridoio deserto, ma chiunque avrebbe potuto vederli.
«Oh, non ti piace che io ti faccia notare quando arrossisci?» domandò innocentemente «Suvvia, perché stai arrossendo così? Tu non sei il grande Draco Malfoy che non si imbarazza mai e non si comporta come un ragazzino del primo anno?»
«Harry…» il moro alzò le sopracciglia in un’espressione eloquente «Devi farmelo dire per forza?»
«Sì» rispose seraficamente l’altro, sbattendo lentamente le palpebre. Dannati occhi verdi.
«Perché ancora non mi sembra vero tutto questo» rispose Draco, dicendo addio alla sua dignità – in realtà l’aveva già fatto tempo prima – e sospirò «Sarei davvero contento se tu fossi sicuro, perché mi piacerebbe avere il nostro primo appuntamento domani» disse con le gote rosse «E mostrare a tutti che sei mio» aggiunse, stringendolo a sé e baciandogli delicatamente una guancia. Alla sua affermazione e al suo gesto, fu Harry ad arrossire come un tizzone e cercò di allontanare Draco da sé, che però non cedette e lo strinse più forte, sentendosi soddisfatto del risultato ottenuto. «Mi raccomando, vestiti bene ed elegante, cerca di fare qualcosa per quel nido per gufi che hai al posto dei capelli e non farmi sfigurare» aggiunse, cercando di restare serio e di non ridere davanti all’espressione indignata del moro «Siamo d’accordo?» chiese, avvicinando il viso al suo mento, dove posò un leggero bacio, salendo lentamente verso la guancia e spostandosi sempre più vicino alle sue labbra.
«Lasciami! Non sei divertente!» si lamentò fingendo di opporre resistenza alle sue attenzioni.
«Rispondimi, siamo d’accordo?»
«Sì, siamo d’accordo» rispose Harry «Metterò a posto i miei indomabili capelli solo per te» promise, facendo ridacchiare l’altro che per un momento si sentì in colpa per averlo deriso in quel modo per i suoi capelli. Dannazione, l’amore per quel maledetto Grifondoro lo aveva davvero cambiato tanto.
«Scherzavo» disse poi «Non mi importa come sarai vestito o se i tuoi capelli saranno in disordine, tu mi piaci sempre».
«Smettila, idiota» mormorò il moro, arrossendo ancora una volta «Anche tu, comunque».
«Io sono sempre bello, Potter».
Harry alzò lo sguardo al cielo e chiuse la sua bocca con la propria, baciandolo a sorpresa. Draco sorrise contro le sue labbra e ricambiò il bacio, chiudendo gli occhi e approfondendolo non appena l’altro dischiuse leggermente le labbra. Desiderava baciarlo da mesi e ogni occasione era buona per farlo: in biblioteca, nascosti in qualche reparto deserto; nella Stanza delle Necessità; ogni volta che erano soli… anche in quel momento, in quel corridoio poco frequentato. Da quando Harry aveva accettato i suoi sentimenti e da quando gli aveva concesso una possibilità, Draco non perdeva nessuna occasione per baciarlo e dimostrargli quanto lo amasse. Sebbene non lo dicesse spesso, lo dimostrava con i gesti e in quell’ultima settimana… ne aveva fatti davvero fin troppi, era felice di vedere che anche il moro si sentisse coinvolto tanto quanto lui. Una cosa era certa: non avrebbe mai fatto a meno dei suoi baci.
Un rumore improvviso li fece sobbalzare e allontanare immediatamente. Nessuno dei loro amici sapeva ancora niente, Draco si diceva che non mostravano troppo davanti agli altri per timore di essere giudicati e perché erano ancora all’inizio della relazione, avrebbe voluto parlare con l’altro di questo, ma non sapeva mai qual era il momento più giusto per farlo, Harry aveva appena accettato di provare dei sentimenti per lui, come poteva forzarlo a fare anche quella cosa? Voleva dargli il tempo che gli occorreva, a lui andava già bene così… ma non sapeva come avrebbe dovuto comportarsi il giorno seguente davanti a tutti. Avevano stabilito che sarebbe stato il loro primo appuntamento, ma nessuno di loro aveva calcolato che sarebbe stato davanti a tutta la scuola. Harry non aveva ribattuto quando lui aveva detto che avrebbe mostrato a tutti che fosse suo, questo voleva dire che poteva comportarsi come se fosse stato il suo ragazzo o no? Era confuso su questo, ma non riusciva mai a parlarne direttamente.
Okay, calma Draco – si disse – Ci penserai domani, non rovinare questo momento.
«Allora ci vediamo domani» disse dolcemente, sorridendogli, quel sorriso non spariva dalle sue labbra da una settimana ed era stato difficile nascondere tutto a Theodore, a Blaise e a Pansy, che erano diventanti sospettosi nei suoi confronti, ma nonostante ciò era felice della piega che la sua vita aveva preso, era felice che Harry avesse accettato di provare ad avere una relazione con lui e che gli avesse detto di provare gli stessi sentimenti che provava lui. Finalmente, dopo tanta sofferenza, anche lui poteva vedere un po’ di luce e di serenità. Lo meritava? Forse no, ma per il momento voleva essere egoista e avere un po’ di quella felicità per sé, sperando che anche il futuro potesse essere roseo come il suo presente.
«A domani, Draco» lo salutò Harry, quest’ultimo poi si guardò intorno e, non vedendo nessuno, gli diede un leggero bacio a stampo sulle labbra, sorridendo «Buonanotte».
«Buonanotte a te, Harry» rispose «Sogni d’oro». Il moro sorrise e uscì dal corridoio, raggiungendo le scale che conducevano alla Sala Comune di Grifondoro, invece Draco si incamminò verso le scale che portavano ai sotterranei. Neanche lui riusciva a credere all’enorme fortuna che aveva avuto. Aveva sofferto tanto, non poteva negarlo, ma adesso era felice e voleva che Harry lo fosse insieme a lui. A giudicare dai sorrisi che gli rivolgeva, doveva esserlo.
Sperava solo di non deluderlo e di non ferirlo involontariamente, non se lo sarebbe mai perdonato. Fin dalla settimana precedente, dal loro primo vero bacio, fuori al bagno delle ragazze del secondo piano, si era sentito perseguitato dalla richiesta di Harry. Il suo “non abbandonarmi, ti prego” sussurrato con così tanta fragilità, gli aveva quasi spezzato il cuore, nel momento in cui entrambi avrebbero dovuto essere più felici. Era stato in quel momento che si era accorto e aveva realmente capito il motivo per cui Harry, per tutti quei mesi, era stato scostante, aveva faticato ad accettare i suoi stessi sentimenti: aveva paura. Poteva comprendere il suo stato d’animo, poteva davvero immedesimarsi in lui, dopo aver visto i suoi ricordi, meno di un anno prima, si era chiesto come avesse fatto a non capirlo prima. Tutte le persone che erano entrate nella sua vita, in un modo o nell’altro ne erano uscite: i suoi genitori, il suo padrino, il suo primo amore… chiunque alla fine lo aveva lasciato solo, volente o nolente. Ed Harry era terrorizzato dall’idea di restare solo, di restare senza amore. Per un attimo, quando gli aveva detto quella frase, Draco aveva rivisto un Harry Potter bambino, di appena quattro anni, che chiedeva un semplice abbraccio come regalo di compleanno.
Per quanto fosse un Grifondoro, un eroe, il prescelto, uno che non esitava un secondo a gettarsi tra una persona e una maledizione senza perdono, Harry restava un diciassettenne con una tragica storia alle spalle, con una famiglia che non lo aveva mai amato e che non aveva mai conosciuto davvero l’amore. Draco aveva promesso a se stesso che non lo avrebbe mai fatto soffrire, che non lo avrebbe mai lasciato solo. E gliel’aveva promesso, non lo avrebbe mai abbandonato. Sperava che il moro si fidasse delle sue parole, perché lui davvero aveva intenzione di restituirgli ogni cosa che gli era stata negata da bambino. Harry era un ragazzo fragile e aveva mostrato tutta la sua fragilità, quando gli aveva chiesto di non abbandonarlo e di certo Draco non aveva intenzione di negargli l’unica richiesta che gli aveva fatto. Sarebbe stato folle da parte sua fare una cosa del genere, dopo tutta la fatica che aveva fatto per conquistarlo. No, non lo avrebbe abbandonato e l’avrebbe amato lui, per tutte le persone che non potevano più farlo. Desiderava solo che il moro fosse felice e tale lo avrebbe reso, anche se ci sarebbe voluto tempo.
Mentre raggiungeva i sotterranei, sentì una strana sensazione, come se qualcuno lo stesse seguendo, per un momento pensò a Potter con il mantello dell’invisibilità, ma quelli non erano i suoi passi, li avrebbe riconosciuti ad occhi chiusi. Avanzò ancora e la sensazione non passò, così improvvisamente si voltò.
«Pansy!» esclamò incontrando lo sguardo dell’amica che lo fece sobbalzare «Che diavolo ci fai qui? Mi hai spaventato».
«Scusa» fece lei, imbarazzata «Ero di ronda, controllavo questo piano e ti ho seguito, credevo fossi andato in Sala Comune, dopo la cena».
Draco arrossì, no, dopo la cena, era sgattaiolato nel bagno di Mirtilla Malcontenta con Harry e avevano passato un po’ di tempo insieme lì, non era molto romantico, ma la Stanza delle Necessità era misteriosamente occupata, poi lo aveva accompagnato quasi alla Torre di Grifondoro e avevano sostato in quel corridoio in disuso del terzo piano, prima di separarsi.
«Uhm, no, ero altrove» spiegò restando vago, lei assottigliò lo sguardo, guardandolo con curiosità e sospetto.
«C’entra qualcosa Potter, vero?»
«Cosa ne sai tu?»
«Theo e Blaise mi hanno aggiornata» rispose lei «Allora? Ti va di parlarmene mentre torniamo in Sala Comune? Ho finito qui». Il biondo annuì e la ragazza lo prese a braccetto, mentre insieme tornavano nella loro Casa. Draco non trovò nulla di male nel raccontare a Pansy cosa fosse accaduto tra lui e Harry, soprattutto perché lei promise che non avrebbe rivelato nulla a nessuno dei loro amici, era certo che il moro avesse già parlato con Ron e Hermione. Sicuramente loro erano stati i primi a sapere della loro relazione… beh, almeno sperava che fosse così.
Quando raggiunsero la Sala Comune, dopo aver varcato il quadro, Pansy lo salutò augurandogli la buonanotte e raggiunse il suo dormitorio, Draco la ringraziò per averlo ascoltato e raggiunse il proprio, trovando i suoi amici che fortunatamente per lui già dormivano. Si sdraiò sul suo letto, dopo aver indossato il pigiama e chiuse gli occhi, immaginando già come sarebbe stato il giorno seguente. Il solo immaginarlo gli fece battere il cuore all’impazzata nel petto e si addormentò con il sorriso impresso sulle labbra, un sorriso che lo accompagnò fino al giorno successivo.
 

 
La sera della festa di Natale, Harry era agitato. Non era un’agitazione negativa, ma positiva, più che altro aveva il cuore pieno di aspettativa per quella serata. Lui e Draco avevano in programma di andare insieme alla festa e di viverla come se essa fosse stata il loro primo appuntamento. Fin da quando Harry aveva accettato di vivere completamente i suoi sentimenti e da quando aveva confessato a Draco cosa provava per lui, era scivolato in una bolla di serenità, felicità e pace interiore; era così felice che si era chiesto più volte perché non avesse abbracciato prima quei sentimenti, perché non si fosse convinto prima di accettare l’amore del Serpeverde nella sua vita. Quell’ultima settimana appena trascorsa, per Harry era stata come un sogno, ogni sera, dopo la cena, lui e Draco sgattaiolavano via dalla Sala Grande e si ritrovavano nella Stanza delle Necessità, dove passavano il loro tempo a baciarsi, a ridere insieme e a prendersi bonariamente in giro. Non aveva mai provato niente del genere in vita sua, non era mai stato così innamorato, così allegro in compagnia di qualcuno. Draco lo rendeva davvero felice ed era stato stupido a perdere tutto quel tempo, ma era anche consapevole che, se si fosse gettato prima in quella nuova avventura, probabilmente l’avrebbe vissuta diversamente perché non sarebbe stato pienamente consapevole dei suoi sentimenti. Nessuno dei loro amici era ancora a conoscenza della loro relazione, Harry tuttavia non sapeva ancora cosa ne pensasse il biondo, dato che nessuno dei due aveva mai detto nulla a riguardo… ma Draco aveva cambiato leggermente atteggiamento nei suoi confronti, era più attento, più cauto con lui, premuroso. Una mattina, davanti a tutti, gli aveva anche portato un muffin al cioccolato e alcuni zuccotti di zucca. Lo aveva fatto arrossire davanti agli altri Grifondoro che avevano fatto dei commenti, che lui aveva bellamente ignorato. Sembrava davvero che Draco volesse prendersi cura di lui, sul serio e non era abituato, ma avrebbe mentito se avesse detto di non essersi sentito parecchio lusingato dalle sue attenzioni. Ogni bacio, ogni carezza, ogni gesto del biondo facevano battere forte il cuore di Harry, il quale, ogni volta che era con lui, si sentiva sempre sopra le nuvole. Mai in vita sua avrebbe creduto di poter amare e di poter essere amato così tanto. Sperava che il biondo avesse provato le stesse sensazioni con lui, non era bravo come lui a dimostrare amore e affetto, non era abituato e non sapeva mai come comportarsi, sperava che Draco capisse come si sentiva ugualmente. Anche se, dopo i baci che si erano scambiati in quegli ultimi giorni… ecco, le sue domande e i suoi dubbi sembravano parecchio futili. Il Serpeverde era stato fin troppo esplicito nel fargli capire cosa provasse ogni volta che erano insieme e che non si aspettasse nulla che Harry non potesse dargli.
Il Grifondoro nutriva grandi aspettative su come sarebbe andata quella serata di festa: su come sarebbe stato il loro primo vero appuntamento e non stava nella pelle. Sì, avevano avuto altri appuntamenti, spesso erano usciti insieme, ma solo come amici, tuttavia la festa di Natale sarebbe stata il primo da coppia. Tutti avrebbero fatto domande inopportune e non era preparato per questo, avrebbe dovuto parlarne con Draco, ma non ne aveva avuto il coraggio, il biondo sarebbe stato d’accordo a mostrarsi come coppia davanti a tutti o avrebbe preferito tenerlo nascosto? Non lo sapeva, ma avrebbe accettati qualunque cosa dall’altro, dopo tutta la pazienza che aveva avuto l’altro nei suoi confronti, accettare quello era il minimo, ma… era confuso perché Draco aveva detto di voler mostrare a tutti che era suo, cosa aveva voluto dire? Che voleva mostrarsi come coppia? Per lui non ci sarebbe stato affatto alcun problema, dopotutto aveva avuto tutte le sicurezze necessarie sia dai suoi amici che dal suo tutore e non provava alcuna vergogna a mostrare di essere felice con Draco, anche se… non erano ancora una coppia effettiva, nessuno dei due aveva chiesto all’altro di essere il ragazzo dell’altro, però… Harry sentiva di essere suo. Era una sensazione strana quella che provava, però lo faceva sentire felice. Non credeva che Draco potesse essere così, era completamente un’altra persona, quando si trattava di comportarsi “da coppia”. Da quando si frequentavano sul serio, il biondo sembrava essere diventato la persona più dolce dell’intero mondo magico, anche se loro non erano la classica coppia romantica, erano due idioti che si prendevano in giro a vicenda la maggior parte delle volte, la differenza rispetto a prima era che adesso, appena ne avevano l’occasione, si rintanavano da qualche parte per pomiciare. E Harry doveva ammetterlo: non c’era una sola cosa che Draco Malfoy non sapesse fare, infatti era anche un gran baciatore, ogni volta che le soffici labbra del biondo toccavano le sue, il Grifondoro si sentiva sempre tra le nuvole e sentiva una miriade di emozioni che gli scombussolavano lo stomaco e la mente. Erano tutte emozioni che non aveva mai provato prima, dopotutto Draco era il suo primo ragazzo… e anche la sua prima relazione in generale. Questo lo rendeva sempre un po’ nervoso in ogni situazione che lo riguardava, ma allo stesso tempo, alzava le sue aspettative su quello che sarebbe accaduto tra di loro. Inoltre, sapeva che era passato troppo poco tempo da quando tutto era iniziato, ma il suo desiderio più grande era che Draco facesse parte del suo futuro a tempo indeterminato.
Harry sognava ad occhi aperti, mentre si preparava, non riusciva a fare altrimenti, non riusciva davvero a fermare l’immaginazione e la fantasia. Era la prima volta, in tutta la sua vita, che si sentiva davvero felice; aveva trovato qualcuno che lo amava anche se non era esattamente la persona più affabile della terra – dopotutto, Draco stesso lo aveva paragonato a un ippogrifo – aveva trovato qualcuno che lo amava anche se era uno scherzo della natura, come lo avrebbe definito suo zio. Si era chiesto più volte cosa ci trovasse Draco in lui, ma… anche se non si era dato ancora una risposta, era contento di sapere che tra tutte le persone che avrebbe potuto scegliere, avesse scelto lui, gliel’aveva dimostrato più di una volta, non aveva senso avere dubbi. Dopo tutto quello che avevano vissuto entrambi, era giusto che fossero felici, che provassero finalmente a vivere veramente quei sentimenti che entrambi provavano l’uno per l’altro. I sentimenti erano innegabili, c’erano, erano veri. Aveva ragione Remus, doveva smetterla di avere paura, non poteva nascondersi, aspettare e poi pentirsi di non aver confessato i propri sentimenti e di non aver provato a vivere quell’amore. Come gli aveva detto il suo tutore, se fosse andata male, avrebbe avuto comunque vissuto un’esperienza, se fosse andata bene, avrebbe trovato la persona giusta con cui condividere il suo futuro e lui voleva che quella persona fosse Draco. Lui era la persona giusta, lui era la sua persona. Ed era felice con lui, era la prima volta che in tutta la sua vita si sentiva così.
Avrebbe mai immaginato di essere così felice all’idea di avere un appuntamento con Draco Malfoy? No, ma era la sensazione migliore che avesse mai provato nella sua vita. Aveva ascoltato i consigli dei suoi amici, di Remus e di tutti coloro che avevano provato ad aiutarlo ad aprire gli occhi. Meritava di essere felice, gliel’avevano detto tutti, l’unico a non crederci era sempre stato solo lui stesso, però adesso stava iniziando a crederlo anche lui.
Allora, se lui ti rende felice, non farti troppe domande, cerca di vivere al meglio le emozioni che provi. Non lasciare che la paura ti blocchi, Harry, sei così giovane e hai già sofferto tanto, meriti di essere felice con la persona che ami - aveva detto Remus e aveva avuto ragione. Così l’aveva fatto, si era caricato del suo miglior coraggio Grifondoro, si era lasciato invadere da esso e poi… e poi era andato a parlare con Draco e le cose… beh, erano andate in modo decisamente ottimo per lui, per tutti e due.
Il primo bacio con Draco, quello sulla torre di Astronomia, non l’avrebbe mai dimenticato, come non avrebbe mai dimenticato quello che gli aveva dato quando si era risvegliato dal “coma”, ma quello che si erano scambiati il giorno in cui aveva ammesso i suoi sentimenti era stato… meraviglioso, era rimasto impresso nel suo cuore. C’era stata dolcezza, ma anche incertezza nei gesti di entrambi e Harry sapeva che la maggior parte della colpa era stata sua, perché aveva lasciato Draco sul filo del rasoio per troppo tempo, ma era stato anche un bacio che lo aveva riempito e lo aveva fatto sentire così bene che non avrebbe mai voluto staccarsi dalle labbra dell’altro. Avrebbe continuato a baciarlo per sempre. Il modo in cui Draco lo aveva stretto, tenendolo per i fianchi con gentilezza, con amore, era qualcosa che lo aveva fatto emozionare così tanto che… si era sentito felice. Ed era così ogni volta che lo baciava, le emozioni erano sempre le stesse, se non centuplicate, ogni volta che baciava Draco, era come toccare il paradiso. Non sapeva nemmeno descrivere dettagliatamente le sue emozioni, ma sapeva che erano tutte positive e che non si pentiva assolutamente di nulla. E non vedeva l’ora di approfondire quella relazione con lui, le basi per qualcosa di bello c’erano, c’erano sempre state, anche se lui era stato l’ultimo a capire ogni cosa, se fosse stato per Draco avrebbero abbracciato quella felicità molto tempo prima. Tutti quei mesi difficili, trascorsi nell’indecisione, a cercare di capire cosa provasse davvero, a chiedersi continuamente cosa gli stesse accadendo, ma anche a sospirare per lui e ad osservarlo da lontano, erano valsi la pena, se quello era il risultato di essi. E quella sera avrebbero avuto il loro primo appuntamento, non stava nella pelle, mai prima di allora si era sentito così emozionato all’idea di uscire con qualcuno, anche perché non aveva mai avuto un appuntamento serio, se si escludeva quello con Cho Chang a Hogsmeade al quinto anno, ma i sentimenti che credeva di aver provato per lei, non erano neanche paragonabili a quelli che, in quel momento, sentiva di provare per il Serpeverde.
Ron e Hermione non sapevano ancora che lui sarebbe andato alla festa con Draco, non aveva detto niente solo perché lui e Draco non avevano ancora ufficializzato nulla e non voleva che l’altro potesse sentirsi sottopressione a causa sua, dopo tutta la pazienza che il biondo aveva avuto nei suoi riguardi, quello gli sembrava il minimo. Non ne avevano parlato, semplicemente perché era passata solo una settimana e ogni momento in cui erano rimasti da soli… non avevano fatto altro che baciarsi per tutto il tempo, come due quindicenni. Dopotutto, entrambi non avevano vissuto un’adolescenza serena, che c’era di male a comportarsi come tali? In fondo, avevano solo diciassette anni.
Harry aveva deciso di indossare il completo elegante che aveva usato anche al ballo del ceppo – per fortuna Hermione conosceva un sacco di incantesimi di cucito e lo aveva aiutato ad adattarlo alla sua taglia attuale – e, davanti allo specchio, cercava di sistemarsi i capelli nel miglior modo possibile per non dover sentire Draco mormorare continuamente prese in giro sul suo “nido per gufi”, non era colpa sua, se i suoi capelli erano ingestibili, ma… adesso sapeva che quelle erano solo parole, Draco adorava i suoi capelli, ogni volta che si baciavano, Harry poteva sentire le sue dita tra di essi, soprattutto quando il bacio diventava particolarmente intenso e… scosse la testa scacciando immediatamente quell’immagine dalla mente. Quel pensiero lo fece arrossire all’impazzata, i baci che si scambiava con Draco avevano sempre anche degli effetti collaterali che Harry non riusciva mai a frenare, per fortuna però era sempre stato molto bravo a nasconderli… non credeva che nessuno dei due fosse ancora pronto per quel passo, anche se entrambi erano già molto coinvolti nel rapporto, dopo solo una settimana. Voleva andarci piano, voleva godersi ogni momento di quella relazione e aspettare che entrambi fossero pronti. Entrambi avevano avuto a che fare con delle esperienze poco piacevoli, soprattutto Draco e non voleva che quest’ultimo pensasse cose sbagliate su di lui o che si sentisse a disagio in sua compagnia.
Quando sentì di essere pronto, uscì dal dormitorio avviandosi verso la Sala Grande, aveva appuntamento con Draco lì davanti e il suo cuore traboccava d’emozione, d’amore e di aspettativa. Questa sera una serata indimenticabile – pensò uscendo dal dormitorio. Per un attimo pensò a Draco e a quanto sarebbe stato affascinante vestito elegante…
Non vedeva davvero l’ora di raggiungerlo e di trascorrere la serata con lui.
 

 
Una settimana era passata in fretta e la festa di Natale simile al Ballo del Ceppo, organizzata da sua madre, era giunta e Draco non era in sé dalla gioia. Aveva grandissime aspettative per quella sera e non vedeva l’ora di vedere Harry. La scuola era decorata per l’occasione dal cielo magico della Sala Grande scendevano dei fiocchi di neve magici, le grandi tavolate erano stati sostituiti da comodi divanetti e la Sala Grande era diventata una vera e propria sala per feste. Quando l’aveva vista, il ragazzo si era sorpreso di cosa fosse stata capace sua madre.
Draco nella sua stanza, si guardava allo specchio e quasi tremava, non stava nella pelle. Stava per andare alla festa con Harry ed era terrorizzato da ciò che sarebbe potuto accadere, si chiedeva se l’altro potesse pentirsi della sua scelta o se non volesse far sapere a tutti gli altri che stavano insieme… non sapeva neanche da cosa dipendesse tutta quella sua insicurezza, lui non era una persona insicura, non lo era mai stato. Da dove veniva questa, adesso? Non lo sapeva, ma a volte, quando si trattava di Harry Potter, non si sentiva se stesso. Prese un respiro profondo. Doveva stare tranquillo, tutto sarebbe andato bene, sì. Era Harry, in fondo, no? Cosa poteva andare storto? Avrebbe trascorso la serata con lui, avrebbero vissuto il loro primo appuntamento e si sarebbero divertiti, avrebbero ballato insieme e avrebbero trascorso una delle serate migliori di tutta la loro vita. Sì, sarebbe andata esattamente così, senza alcun intoppo.
Si sistemò la giacca e un brivido d’emozione gli attraversò la schiena. Non era da lui farsi tanti problemi, ma… voleva essere impeccabile come sempre, soprattutto per fare ancor più colpo sul moro, gli tremavamo le mani e il cuore batteva forte nel suo petto, il solo immaginare di averlo stretto tra le braccia, di respirare il suo profumo da vicino, di stringerlo a sé senza pensare a nient’altro che a lui, gli faceva provare qualcosa che non era in grado di descrivere a parole, era qualcosa che lo riscaldava da dentro e lo faceva emozionare come nient’altro nella sua vita. Sapere che Harry ricambiava i suoi sentimenti gli faceva sentire un calore dentro che sarebbe stato in grado di contrastare il freddo invernale.
«Se ti guardi ancora un po’ va a finire che lo specchio si consuma» scherzò Blaise, dietro di lui appoggiato alla porta «Dai, sei impeccabile, nessuno ti staccherà gli occhi di dosso stasera, neanche una nostra conoscenza comune» disse, alludendo a Harry. Draco improvvisò un colpo di tosse e scosse la testa, senza rispondere all’altro «Uhm, se posso darti un consiglio, Malfoy, sii te stesso e divertiti, sono sicuro che Potter si farà avanti questa volta» affermò, avvicinandosi a lui e dandogli una pacca sulla spalla.
«Non farò stronzate, promesso».
«Così mi piaci» disse l’altro sorridendo, poi sull’uscio della porta della stanza comparve Theo, il quale chiamò Blaise, dicendogli che Neville lo aspettava fuori alla Sala Comune, l’amico si illuminò e lo salutò, dirigendosi verso l’uscita. Draco ancora faticava a credere che quei due avessero una relazione, ma a quanto pareva nell’ultimo periodo si erano avvicinati, anche grazie alla sua amicizia con Harry e avevano iniziato a frequentarsi.
Perché lui aveva paura? Di cosa? Probabilmente la sua era solo ansia da prestazione, scaturita da tutti i rifiuti di Harry, ma quella volta era certo che non l’avrebbe rifiutato, il moro gli aveva detto di essere sicuro dei suoi sentimenti. Doveva fidarsi dell’altro, lasciare andare le sue paure e concentrarsi sul quella serata, divertirsi e amare Harry, come aveva fatto fino a quel giorno. Sì, adesso ne era sicuro.
«Ci vediamo in Sala Grande, Draco, non fare cazzate e divertiti».
Il biondo annuì e, quando gli amici sparirono oltre la porta, si concesse un’ultima occhiata e un’ultima sistemata ai capelli, poi uscì dalla sua stanza, raggiungendo con le gambe quasi tremanti l’ingresso della Sala Grande. Mantenere segreto il fatto che avesse un appuntamento con Harry quella sera, era stato difficile, ma in qualche modo le parole dell’amico lo avevano tranquillizzato. Si fermò davanti all’ingresso della sala e aspettò l’arrivo del Grifondoro.
Vide alcune ragazze che arrivavano per entrare nella sala, queste gli rivolsero un saluto e, quando lui ricambiò, nascosero poi il viso imbarazzate, davanti a quella reazione, il Serpeverde si ritrovò a ridacchiare sommessamente. Nell’ultimo periodo aveva avuto parecchie avances, sia da ragazze che da ragazzi, ma lui non aveva mai prestato loro molta attenzione, perché aveva occhi solo per una persona.
Una persona che decise di scendere le scale in quel preciso istante. Draco alzò lo sguardo e si perse letteralmente, quando lo vide. Il fiato nei suoi polmoni mancò per qualche istante, mentre lo osservava avvicinarsi a lui. Harry era… meraviglioso, sì, spesso lo prendeva in giro per il suo stile e i suoi capelli sempre spettinati, ma… quella sera era incantevole. Il completo nero fasciava perfettamente il suo corpo, i capelli scuri erano sistemati in modo quasi impeccabile – diversamente dal solito che sembravano un nido per gufi – era… era bellissimo e Draco restò incantato quando lo vide, senza parole, senza fiato, imbambolato, ammaliato. Okay, razionalmente sapeva che Harry indossava semplicemente uno smoking nero, ma… non riusciva a smettere di fissarlo, era così diverso dal solito, così bello e consapevole della sua bellezza, e tutto questo, unito ai sentimenti forti che provava per lui, fecero tremare il suo intero corpo e quasi fu sul punto di baciarlo in quel preciso istante.
«Ciao Draco» lo salutò il moro con le gote rosse, quando gli si avvicinò.
«Ha-Harry…» balbettò imbarazzato, folgorato dalla bellezza dell’altro ragazzo. Harry, dal suo punto di vista, non era messo meglio, quando lo aveva visto alzare lo sguardo verso di lui mentre scendeva le scale, era rimasto incatenato ai suoi occhi per alcuni istanti e quando lo aveva raggiunto, si era ritrovato di fronte Draco in tutta la sua bellezza e magnificenza, era rimasto a corto di fiato e il suo cuore aveva iniziato a battere all’impazzata. Il saluto che era uscito dalle sue labbra era stato solo dettato dall’abitudine di salutarlo ogni giorno. Draco sembrava un vero principe vestito in quel modo, era impeccabile come sempre e l’intero essere di Harry tremò quando gli porse la mano.
Quasi sembrò dirgli prendi la mia mano, quando gli chiese: «Andiamo?»
«S-Sì» balbettò Harry afferrandogli la mano, santo cielo, gli sembrava di volare. Tutte le paure che avevano assillato la sua mente e il suo cuore fino a qualche minuto prima, erano scivolate via, lasciando spazio solo alla gioia di essere finalmente insieme all’altro, dopo tanto tempo passato bloccato nelle sue paure e nei suoi dubbi.
«Avrei una domanda prima di entrare…» fece Draco, esitante. Il moro alzò lo sguardo su di lui e lo incitò ad andare avanti «Come vuoi che mi comporti con te?» domandò «Insomma, vuoi… che ci vedano insieme?»
Harry deglutì, temeva quella domanda, ma improvvisamente una calma senza precedenti lo invase: lui e Draco volevano la stessa cosa. Quindi perché tenerlo nascosto a tutti e rovinarsi il primo appuntamento? Gli sorrise e si avvicinò a lui, intrecciando le loro dita con decisione.
«Beh, hai detto che è il nostro primo appuntamento» disse, il biondo annuì in risposta «Comportati come ti comporteresti ad un appuntamento allora» disse con sicurezza, stringendogli ancora la mano.
«Quindi per te va bene? Possiamo far vedere a tutti che stiamo insieme? Non vuoi tenerlo nascosto?»
Il Grifondoro scosse la testa e sorrise «Sono felice con te, perché dovrei tenerti nascosto?» domandò innocentemente. Udite quelle parole, Draco annuì e si rilassò completamente, poi baciò la guancia dell’altro, accettando così la sua proposta. Aveva ragione lui, erano felici insieme, perché tenerlo nascosto agli altri? Non aveva senso, il suo timore era stato infondato. Forse avrebbero dovuto parlarne prima, per non trovarsi in quella situazione imbarazzante in quel momento, tuttavia era grato che fosse stato Harry a proporlo e non lui. Non voleva passare per quello troppo insistente.
Entrarono insieme nella Sala Grande sorridendosi a vicenda, tenendosi per mano, come se fossero già stati una coppia fatta e finita. Beh, in effetti lo erano, mancava solo la parte in cui uno dei due chiedeva all’altro di stare ufficialmente insieme, ma nessuno di loro sentiva alcun imbarazzo a farsi vedere mano nella mano dagli altri, quindi… quell’ostacolo poteva essere reputato come superato. Restarono in silenzio solo per non spezzare l’incantesimo che si era creato tra di loro, ma entrambi sapevano che quel silenzio era solo il preludio a qualcosa di bello e magico che sarebbe accaduto di lì a poco, tuttavia non appena varcarono la soglia della sala, gli occhi di tutti si proiettarono su di loro ed entrambi si bloccarono.
Harry rimase un attimo perplesso da quel comportamento, non si aspettava immediatamente gli occhi di tutti addosso, ma si rilassò subito, quando sentì la presa sicura di Draco sulla sua mano, che gli trasmise calma e sicurezza, così prese un profondo respiro e ricambiò la stretta per fargli capire che stesse bene.
«Se ci hai ripensato, tranquillo, lo capisco» gli sussurrò all’orecchio il biondo con dolcezza «So che odi essere al centro dell’attenzione, quindi…» disse tentennando, non voleva costringere Harry a fare una cosa non voleva fare, non voleva che si sentisse a disagio con lui né voleva che la serata si trasformasse in un disastro per colpa di tutte quelle persone, avrebbe dovuto pensare meglio al loro “primo appuntamento”, forse una festa scolastica non era il massimo, ecco.
«Non dire assurdità» soffiò Harry, guardandolo negli occhi «Non mi aspettavo subito gli occhi di tutti addosso, lo ammetto, ma voglio che tutti sappiano che tu… sei mio» mormorò con le gote rosse «Sono felice di essere qui con te» aggiunse, poi si allungò alzandosi sulle punte e gli baciò delicatamente la guancia, quasi gli sfuggì dalle labbra un ti amo, ma si trattenne; niente lo fermò dal sorridere dolcemente davanti al rossore delle gote di Draco dopo il suo gesto.
«Bene, voglio che tutti i tuoi spasimanti sappiano che tu sei mio» replicò a sua volta il biondo, avvicinandolo maggiormente a sé «Allora sei sicuro? Andiamo?»
«Andiamo» confermò l’altro annuendo e stringendogli ancora la mano «Tienimi la mano, però».
«Non la lascerò andare per nessun motivo» promise il biondo.
Mano nella mano, avanzarono tra le persone che li fissavano scioccati. Poco distante da loro, Ginny Weasley accompagnata da un Tassorosso li guardava con uno sguardo che nessuno dei due seppe intrepretare, ma che entrambi ignorarono. Non volevano farsi rovinare la serata da nessuno.
«Harry, Draco!» una bellissima Hermione, che indossava un bellissimo abito color cipria, li raggiunse mano nella mano con un altrettanto elegante Ron, che indossava un completo che Harry gli aveva regalato, in modo che sostituisse quel bruttissimo vestito che aveva indossato al Ballo del Ceppo «Siete venuti insieme? Ma voi due…?» domandò guardandoli, sorpresa. Draco lanciò uno sguardo rapido a Harry, per avere un’ulteriore conferma e il moro annuì.
«Noi… ci stiamo frequentando ufficialmente» rispose il biondo, guardandola felice. La riccia non ci pensò due volte e presa dalla gioia del momento, abbracciò entrambi con forza.
«Sono così felice per voi! Ve lo meritate, tutti e due!» esclamò.
«Alla fine ce l’hai fatta, Malfoy» fece Ron, sorridendo e guardando i suoi due amici «Sono contento per voi, ragazzi».
«Non è stato facile, ma ne è valsa la pena» replicò il biondo. I due Grifondoro annuirono felici, guardandoli. Presto a loro si unirono, Pansy e Theodore, che erano andati alla festa insieme, Blaise e Neville ed altri dei loro amici, tutti si congratularono con loro e pian piano l’ansia che entrambi avevano provato, quando erano entrati, iniziò a svanire grazie all’intervento e al supporto dei loro amici che, senza alcun problema, avevano accettato che loro si stessero frequentando. Restarono un po’ a chiacchierare con gli altri fino a che Silente non iniziò il discorso, prima dell’inizio della festa, che di fatto ancora non era iniziata. Ogni tanto, Draco si era voltato verso Harry e lo aveva visto sorridere felice e il suo cuore si era acceso d’amore nel vederlo così. Silente prese posto per pronunciare il suo discorso per augurare agli studenti un felice Natale, disse qualcosa riguardo l’oscurità che era stata debellata o qualcosa del genere, ma Draco non era stato particolarmente attento al discorso, era perso negli occhi di Harry, che accanto a lui lo guardava con aria sognante, aveva la mente altrove e nessuno poteva biasimarlo per quello.
«Che inizi la festa!» esclamò il preside quando finì di parlare, tutta la Sala Grande scoppiò in un fortissimo applauso e la festa iniziò in quel preciso momento. Quando la musica partì, Draco sapeva esattamente cosa fare, ovviamente – lui sapeva sempre cosa fare – porse la mano a Harry e lo invitò a ballare, quando l’altro accettò, lo tirò a sé e iniziò a danzare lentamente con lui, tenendolo tra le braccia sulle note di quel valzer che veniva suonato. Sembrava un sogno, loro due che danzavano sotto le decorazioni natalizie, sulle note di una canzone romantica, l’uno tra le braccia dell’altro, come se esistessero solo loro due. Harry teneva le mani sulle spalle del biondo e quest’ultimo sui suoi fianchi, chiunque vedendoli danzare in quel momento, si sarebbe accorto dei sentimenti palesi che provavano l’uno per l’altro, anche chi, dal fondo della sala, li guardava in invidia.
Il Grifondoro era perso negli occhi del Serpeverde, che lo teneva stretto a sé, avvertiva il suo cuore battere con forza nel petto, probabilmente aveva le guance rosse, ma era felice. Era felice di essere lì, tra le braccia di Draco, a ballare con lui.
Quando la musica finì, il biondo raccolse il coraggio a due mani e, ignorando tutti gli altri presenti, si abbassò verso il volto di Harry, congiungendo le loro labbra, finalmente, in un dolce e delicato bacio. Il moro strinse la presa sul suo collo e fece avvicinare di più i loro corpi; rispose al bacio con la stessa dolcezza e tenerezza, ma esso era tanto agognato da entrambi che presto divenne un po’ meno casto. Mezza scuola rimase senza parole davanti a quella scena.
«Ci guardano tutti» mormorò a bassa voce Harry, tenendo gli occhi chiusi per l’imbarazzo, staccandosi dall’altro con il cuore in tumulto e il respiro affannato. Le dannatissime emozioni troppo travolgenti che la vicinanza di Draco gli provava, sembravano ingestibili quella sera. Dannazione.
«Ops…» sussurrò Draco sulle sue labbra, imbarazzato e sorridente «Ti dà fastidio tutti che sappiano di noi, adesso?»
«Neanche un po’» rispose in un sussurro Harry, tendendo le labbra in un tenero sorriso innamorato «Mi offri da bere?»
«Con piacere» affermò il biondo, facendo scivolare la mano nella sua e trascinandolo lontano dalla pista da ballo. Lo portò verso l’enorme tavolo imbandito e prese un bicchiere di succo di zucca per entrambi. Harry gli sorrise e lo ringraziò, accettando la bibita che gli aveva porto l’altro. C’era un’aria particolarmente dolce che li avvolgeva quella sera, c’era qualcosa che entrambi non riuscivano a percepire con esattezza, ma che rendeva tutto ancora più magico e romantico. I loro amici, di tanto in tanto li raggiungevano e scambiavano con loro alcune chiacchiere, congratulandosi con loro per il passo che finalmente si erano decisi a compiere.
Draco si comportò esattamente come se fossero ad un appuntamento, ad un certo punto fece anche apparire un mazzo di fiori con un incantesimo e li regalò al moro che arrossì come un pomodoro davanti al suo gesto romantico. Presero da mangiare dal buffet e ogni tanto, Draco imboccava Harry con qualcosa che doveva assolutamente assaggiare o gli metteva nel piatto cose che non aveva provato. Tutto fu tranquillo, bello, romantico. Indimenticabile.
Si ritrovarono a ballare insieme sulle note di altre canzoni, alcune più movimentante, altre più lente, si divertirono davvero molto, come non avevano mai fatto in vita loro. Quella festa era anche meglio del Ballo del Ceppo, per entrambi.
«Immagina come sarebbe stato, se fossimo andati insieme al Ballo del Ceppo, al quarto anno» fece Harry, divertito ripensando a quell’anno e a quanto fosse stato strano per lui partecipare a un torneo al quale a quelli della sua età era vietato partecipare. Se ci pensava, aveva ancora i brividi. E in quel momento, non voleva pensare a cose tristi o esperienze che avevano segnato la sua vita. Voleva iniziare a costruire dei bei ricordi al fianco di Draco.
«Oh, sicuramente ti avrei risparmiato una figuraccia colossale» rispose il Serpeverde, ridendo «Sei adorabile, ma negato per il ballo». Il moro gonfiò le guance offeso e l’altro non poté trattenersi dal toccargliele e stampargli un bacio sopra.
«Ehi, non siamo tutti come te, non tutti sono nati tra le feste sfarzose e tutto il resto» si lamentò Harry, sbuffando e fingendosi offeso dalle parole dell’altro «E non tutti siamo aggraziati come te, in ogni cosa che facciamo».
«Sì, so di essere bravo in tutto quello che faccio» ribatté il biondo divertito. Il Grifondoro rise e lo spintonò senza troppa forza per una spalla. Stava adorando quella serata, stare lì con Draco, parlare con lui, ballare con lui, brindare con lui e fare tutto quello che stavano facendo quella sera, gli faceva toccare il cielo con un dito. Non c’era nient’altro che potesse rendere ancora più perfetta quella serata, a meno che…
«Draco?»
«Mmh?»
«Andiamo a fare una passeggiata fuori?» domandò, esitante ed imbarazzato «I-Insomma, così siamo da soli e…»
«Sono perfettamente d’accordo» rispose Draco, senza fargli finire la domanda. Anche lui stava iniziando a sentire l’oppressione di essere in quella stanza piena di gente che li guardava costantemente con occhi indiscreti e colmi di giudizi. Non avevano bisogno di quello, Harry, con la sua richiesta, aveva solo anticipato ciò che gli avrebbe proposto di lì a poco. Così porse la mano al moro, il quale l’accettò subito e insieme uscirono dalla Sala Grande; si diressero verso il Cortile della Torre dell’Orologio, che era un posto abbastanza tranquillo a quell’ora, anche perché nessuno degli studenti presenti alla festa aveva lasciato la Sala Grande, quindi lì sicuramente avrebbero trovato un po’ di privacy e di tranquillità. Mentre raggiungevano il cortile, notò che Draco non aveva mai lasciato, neanche per un secondo, la sua mano e la cosa lo fece sentire estremamente felice e protetto. Sapeva che l’altro non avrebbe mai lasciato andare la sua mano, così come aveva fatto nell’Oltretomba, quando gli era stato imposto di non lasciargli la mano e di non voltarsi a guardarlo nemmeno una volta. Sapeva che Draco era la persona giusta della quale fidarsi e alla quale affidare il suo cuore.
 
Raggiunto il cortile, si sedettero sulla fontana e restarono in silenzio per alcuni minuti. Entrambi erano pensierosi, la serata si stava rivelando ancor meglio di quanto avessero mai immaginato, oltre le loro aspettative ed entrambi erano particolarmente emozionati, i loro cuori battevano con così tanta forza che sembravano rimbombare nelle loro orecchie.
L’aria era molto fredda, il vento li faceva rabbrividire, ma nonostante ciò il cielo era limpido e la luna illuminava parzialmente la zona. Harry sfregò le sue mani le une con le altre, sentendo improvvisamente il freddo penetrare nelle sue ossa. Draco lo guardò con la coda dell’occhio, accorgendosi di ciò e si tolse la giacca del completo, mettendola sulle sue spalle. Il moro lo guardò perplesso, scuotendo la testa e gli restituì la giacca.
«Sei pazzo? Ti congelerai» affermò preoccupato «Non preoccuparti per me, io sto bene».
«Avremmo dovuto prendere i mantelli» replicò Draco, ridacchiando e indossando di nuovo la giacca pentendosi di essersela tolta «Volevo fare una cosa gentile per te».
«Sei un idiota, hai già fatto tanto per me, soprattutto stasera, morire assiderato non mi sembra una cosa tanto gentile da fare» disse ironicamente Harry. Il biondo gonfiò le guance, indispettito e scosse la testa a sua volta. Improvvisamente, sembrava che uno strano imbarazzo fosse caduto tra di loro, ma nessuno dei due era a disagio, c’era una tensione diversa rispetto al solito, come se tutti e due desiderassero fare qualcosa, ma fossero bloccati da qualcos’altro. L’atmosfera era calda, nonostante il freddo della serata di dicembre, qualcuno avrebbe detto romanticamente che essa era riscaldata dal loro amore. Timidamente, Harry allungò la sua mano verso quella di Draco, intrecciando delicatamente le loro dita, il biondo ricambiò immediatamente la stretta e sorrise dolcemente. Entrambi alzarono il viso verso il cielo limpido, le stelle brillavano nel cielo e rendevano l’atmosfera ancora più romantica.
«Sei felice?» gli chiese Draco, improvvisamente, voltandosi verso di lui.
«Sì» rispose senza esitazione l’altro, mordendosi appena le labbra, spostando il suo sguardo su di lui «Sono davvero felice, Draco» disse, cercando il suo sguardo «Soprattutto perché sono qui con te» aggiunse, arrossendo appena. Non era abituato a parlare in quel modo, ma voleva che l’altro sapesse che era felice, perché lo era davvero. Gli sembrava di aver trovato tutto ciò che aveva sempre cercato. Draco si sentì particolarmente lusingato di aver avuto quella risposta, ma in quel momento aveva bisogno di parlare con lui di qualcosa… di un argomento tanto spinoso quanto importante. Era una domanda che tormentava la sua mente fin da quando erano tornati. Non avevano mai parlato di quell’argomento e non sapeva perché, ma sentiva che quello era il momento giusto per parlarne.
«Pensi mai a come sarebbero state le cose se… non avessi deciso di venire con me?»
Harry si morse le labbra e annuì. Doveva rispondere sinceramente, non poteva mentire in quel momento. Non sapeva perché Draco avesse tirato in ballo di nuovo quell’argomento, ma una parte di sé sapeva che quel discorso prima o poi sarebbe tornato, tanto valeva archiviarlo una volta per tutte.
«Sì…» rispose il moro «Qualche volta lo penso, mi chiedo… cosa sarebbe successo se fossi rimasto con i miei? Se fossi rimasto nel Limbo?» Draco sbiancò davanti a quella risposta, pur aspettandosela, sentire che una parte di Harry si chiedesse quelle cose, lo fece sentire spaventato. «Ma… poi penso a tutto quello che tu hai fatto per me, a cosa sarebbe accaduto a te, se io avessi rifiutato di seguirti e… mi sento sempre così egoista e ingrato…»
«Non lo sei» lo interruppe il biondo, abbracciandolo e facendogli appoggiare la testa sul suo petto «Non sei egoista e ingrato, solo perché pensi che ti sarebbe piaciuto restare con i tuoi genitori…» disse, anche se il groppo che si era formato nella sua gola, alla sola idea di perderlo per sempre, era difficile da mandare giù «Ti penti mai di essere tornato?»
A quella domanda, Harry scosse energicamente la testa e la alzò per guardare il biondo negli occhi: «No» rispose «Non mi pento di essere tornato con te, altrimenti ora… non sarei qui».
«Buono a sapersi» replicò l’altro, sorridendo appena «Perché sappi che, non importa quale sarebbe stato il mio destino laggiù, avrei fatto di tutto per salvarti e riportarti qui» disse piano, alzando le mani sulle sue guance «Avrei trovato il modo di tornare nel limbo e salvarti ancora».
«Non avevi detto che ti saresti dissolto nel nulla? O qualcosa del genere?»
Draco annuì «Sì, ma avrei trovato il modo di salvarti ugualmente, non importa quanto sarebbe stato difficile» ammise. Ci aveva pensato più volte, quando era laggiù. Ogni volta che pensava che avrebbe fallito, che non sarebbe riuscito a salvare Harry, anche quando gli avevano detto che, se non fosse riuscito, il suo spirito si sarebbe dissolto nel nulla, lui aveva resistito e si era ripetuto più volte che anche nel peggiore dei casi, avrebbe fatto di tutto per salvarlo.
«P-Perché?»
«Vuoi farmelo dire anche stavolta, eh?» domandò. Harry sorrise innocentemente e annuì, guardandolo con i suoi enormi e limpidi occhi verdi, maledetti. Il Serpeverde sospirò e dannazione, l’ho fatto di nuovo si disse, prima di avvicinare il volto di Harry al suo e posare un delicato bacio sulla sua fronte «Perché io ti amo, Harry» sussurrò piano. «Dannazione a te e al Nexus, a volte mi sembra di essere uno stupido Grifondoro» si lamentò fintamente il biondo, facendo ridere l’altro, che però aveva il cuore in tumulto a causa delle sue parole. La confessione di Draco, così diretta e così sentita, aveva fatto battere di nuovo il suo cuore ad una velocità che non sembrava umana. Harry portò le sue mani sulle guance del biondo e lo guardò negli occhi, ammaliato. Le sue parole lo avevano colpito nel profondo e avevano scacciato una volta per tutte ogni suo dubbio, ogni sua incertezza, ancora una volta si ritrovò a fare i conti con i sentimenti che provava per il Serpeverde: era inutile negarlo, arrivato a quel punto, aveva infinite motivazioni per amarlo, fuggire da quello era impossibile. Il Nexus aveva tirato fuori la parte migliore di lui, aveva mostrato un Draco Malfoy completamente inedito e decisamente migliore rispetto al passato, più maturo, più consapevole; era davvero cambiato radicalmente rispetto al ragazzino spocchioso che lui aveva conosciuto anni prima. E Harry non aveva resistito al suo fascino, si era innamorato di lui, senza neanche accorgersene e adesso… era lì con lui, cosa poteva esserci di meglio?
Per un lungo momento si guardarono negli occhi, senza dire nulla, ma improvvisamente lo sguardo che l’altro gli rivolse per un momento parve essere smarrito, confuso; il moro si chiese più volte cosa fosse accaduto, se avesse detto qualcosa di sbagliato… poi si rese conto di non aver detto nulla, di non aver risposto alla sua dichiarazione. Dannazione. A sua discolpa, si era incantato davanti al suo sguardo, non era colpa sua: Draco lo guardava con così tanta intensità che faceva male al cuore, in senso buono però, ed era in grado di fargli dimenticare ogni cosa.
«Ti amo anch’io» sussurrò in risposta, fissandogli le labbra, sentendo le sue guance diventare calde e il suo cuore accelerare di nuovo nel suo petto. Draco gli rivolse un sorriso luminoso, quasi quanto le stelle e la luna che brillavano sopra le loro teste, con delicatezza avvolse le braccia attorno al suo collo, avvicinandolo maggiormente a sé e infine premette le proprie labbra con le sue, baciandolo con dolcezza. Harry affondò le dita tra i capelli biondi del Serpeverde e ricambiò il bacio nello stesso modo, cercando di trasmettergli ogni sentimento che provava in quel momento. Non riusciva a smettere di baciarlo, Draco lo faceva sentire vivo, apprezzato, desiderato, amato, come nessun altro prima di lui aveva fatto… Solo una cosa avrebbe potuto rendere ancor più perfetto quel momento. Si staccarono l’uno dalle labbra dell’altro, guardandosi intensamente negli occhi, quando Draco, dopo aver accarezzato con gentilezza la guancia del moro, gli sorrise e gli chiese: «Allora… vuoi essere il mio ragazzo? Ufficialmente?»
«Mi chiedevo quando mi avresti fatto la domanda ufficiale…» disse piano Harry, ironicamente, guardando il biondo negli occhi, che si sorprese di quell’atteggiamento un po’ più da serpe che da grifone. «Sì» rispose poi con decisione, prima di baciarlo ancora una volta, confermando con esso le sue parole. Adesso sì, tutto era perfetto. In quel momento, era tutto così magico, così perfetto, così romantico che tutti e due desiderarono che quel momento non finisse mai.
 

 
Quando il freddo divenne troppo intenso, Draco e Harry decisero di rientrare nel castello. Non sapevano quanto tempo fosse passato esattamente, da quando avevano lasciato la festa per prendersi del tempo per stare da soli, il castello sembrava deserto, tuttavia dalla Sala Grande proveniva ancora una soffusa melodia, segno che la festa non era ancora finita. Ritornare tra tutti, sembrava ad entrambi abbastanza fuori luogo e sarebbe stato imbarazzante spiegare subito perché avessero deciso di sparire e raccontare tutto quello che era successo.
«Dai andiamo» fece Draco, prendendogli la mano «Non sarebbe un vero appuntamento, se non ti accompagnassi a casa… beh, alla Torre di Grifondoro» disse; Harry alzò lo sguardo su di lui e sorrise. «Su, forza andiamo» ripeté, senza neanche permettergli di rispondere; lui annuì e lo seguì verso le scale. Era vero, spesso prendeva in giro Draco chiamandolo “snob con la puzza sotto al naso”, “principino” e cose simili, a volte dimenticava che, in effetti, il biondo proveniva da una famiglia aristocratica e il comportarsi in modo galante facesse parte della sua educazione. In quel momento, per un attimo, gli parve di avere davanti un principe, uno vero, uno di quelli viventi nelle favole. Sapeva benissimo che la vita non fosse una fiaba, ne aveva avuto diretta esperienza sulla pelle, soprattutto da ragazzino, ma Draco spesso e volentieri gli faceva dimenticare qualunque cosa negativa e gli faceva credere di vivere davvero in una favola. Era stato così meraviglioso e perfetto durante tutta la serata, che quasi gli era sembrata irreale. Conosceva bene la differenza tra il vivere un sogno e il vivere la realtà, sapeva che tutto ciò che accadeva con il biondo era reale, ma a volte… gli sembrava un sogno, tant’era perfetto, però tutto quello era migliore di un sogno, perché era reale.
Mano nella mano, raggiunsero la Torre, Harry si voltò verso Draco e lo guardò sorridendo, la consapevolezza che quello non fosse solo un sogno lo colpì improvvisamente. Era come se una parte di lui avesse sempre sognato quella felicità ed esso inaspettatamente fosse divenuto reale. Era tutto ciò che aveva sempre desiderato, ma era stato cieco per troppo tempo e non si era accorto subito della fortuna che aveva, per fortuna poi aveva aperto gli occhi e aveva deciso di andare incontro alla sua felicità e di ammettere i suoi sentimenti, altrimenti in quel momento non sarebbe stato così felice da volare sopra le nuvole. Nel momento in cui aveva smesso di mentire a se stesso e aveva aperto gli occhi, iniziando a seguire il suo cuore, era andato nella direzione giusta e per ora non aveva sbagliato, anche se era passato poco tempo, sapeva di aver preso la decisione giusta, qualcosa nel suo cuore glielo suggeriva.
Arrivati davanti al quadro della Signora Grassa, entrambi si guardarono, indecisi sul da farsi. Per fortuna, la donna ritratta nel quadro dormiva e sembrava non prestare attenzione a loro.
«Beh, allora… grazie» disse, grattandosi la nuca, imbarazzato. Il suo cuore batteva con forza nel suo petto, batteva in quel modo fin da quando lo aveva visto quella sera, fin da quando si erano incontrati e, per tutta la serata che avevano trascorso insieme, c’era stato un crescendo di emozioni che l’aveva portato solo a pensare con ancora più sicurezza di aver preso la decisione giusta. «Beh, è stato un bell’appuntamento». Non voleva lasciarlo andare, una piccola, minuscola parte di sé, temeva che andando a dormire e interrompendo la magia, tutto svanisse nel nulla.
«Sono felice che tu sia stato bene» replicò Draco, guardandolo «Allora… uhm, ci vediamo domani?» chiese «In Sala Grande? Facciamo colazione insieme?»
Il viso di Harry si distese e si aprì in un enorme sorriso. Non si aspettava di certo quella proposta, ma lo era sorpreso in positivo. Era sorprendente, l’amore era arrivato nella sua vita senza che lui nemmeno l’avesse cercato, aveva creduto che potesse essere un sentimento condizionato dal legame, ma… non era così e più passava il tempo con Draco, più si accorgeva che esso era reale, che esso era vero, che amava davvero il Serpeverde. Promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto per dimostrarglielo, così come aveva fatto l’altro nei mesi precedenti e come continuava a fare da quando avevano iniziato a frequentarsi.
«Sì, va bene» replicò, avvicinandosi a lui e avvolgendogli le braccia attorno al collo «Grazie, Draco» disse di nuovo.
«Per cosa?»
«Per stasera, per… amarmi» disse mordendosi le labbra «So che non sono una persona facile e che ti ho fatto aspettare e ti ho fatto soffrire, ma…» Draco sorrise e gli mise le braccia attorno ai fianchi, avvicinandolo a sé. Interruppe le sue parole, posando le sue labbra sulle sue. Quasi smise di respirare, quando le sue labbra toccarono quelle di Harry, ancora non poteva credere di averlo lì con sé, di essere lì con lui, di averlo finalmente tra le braccia, dopo aver passato tanto tempo ad aspettare una risposta. Si staccò dalle sue labbra solo alcuni minuti dopo e si specchiò nei suoi occhi.
«Non devi giustificarti, Harry» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra «Lo so che non lo hai fatto intenzionalmente e che eri confuso, va bene… dimentichiamo quello che è stato e… cerchiamo di goderci il presente, okay?» chiese dolcemente, portando una mano sulla sua guancia e accarezzandogliela dolcemente «Sei d’accordo con me?»
Harry annuì sorridendo «Sono d’accordo…» rispose sospirando felice. Sapere che per l’altro il passato fosse solo un ricordo, gli avrebbe permesso di dormire sogni tranquilli quella notte. Sorrise e gli stampò un bacio sulle labbra per ringraziarlo ancora una volta e l’altro non si fece pregare per ricambiare il bacio.
Draco non sapeva come fosse successo né perché, ma sapeva di amare quel ragazzo anche se aveva il carattere di un ippogrifo, anche se era insicuro quando si trattava di emozioni e sentimenti, nonostante nella vita fosse un eroe, che non aveva paura di gettarsi tra una persona e una maledizione senza perdono. Harry era unico e lui era fortunato ad averlo nella sua vita. Era il ragazzo più fortunato, a dire il vero.
«Allora… ti auguro una buonanotte, Harry» sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. Il moro annuì, ma qualcosa nel suo sguardo suggeriva a Draco che non volesse lasciarlo andare. Era la stessa cosa che provava lui, desiderava che quella serata non finisse mai. Era stato così bene che faticava a crederlo e si sentiva così felice ad avere Harry nella sua vita… sperava che l’altro si rendesse conto di quanto lo avesse cambiato realmente, fin da quella volta che lo aveva aiutato e aveva mantenuto il suo segreto con tutti gli altri, fin da quella prima volta in cui si erano stretti la mano, invece di duellare e lanciarsi incantesimi mortali l’un l’altro. Oh certo, non poteva negare che quegli ultimi mesi erano stati frustranti, ma se quello era il risultato… allora l’avrebbe rifatto altre cento volte. Non era un esperto, non sapeva come comportarsi in amore o in una relazione, per quanto fosse stato un ragazzo popolare e avesse avuto parecchi flirt in passato, Harry era la sua prima relazione seria, era il primo ragazzo per il quale provava qualcosa di così profondo e di così vero e spesso, per quanto fosse contraddittorio con il suo carattere sempre deciso, sicuro e sprezzante, si sentiva insicuro, vacillante. Non sapeva mai se il suo atteggiamento fosse giusto o no, se la strada che stava percorrendo fosse quella giusta, ma sapeva solo che avrebbe fatto di tutto per potersi sentire sempre come si era sentito quella sera. Una parte di sé sperava che Harry si fosse sentito nello stesso modo in cui si era sentito lui, i suoi dubbi furono spazzati via quando il suo sguardo incrociò quello dell’altro: a giudicare dall’espressione beata ed estasiata del ragazzo che aveva di fronte a sé, forse aveva fatto colpo.
«A domani, Draco» sussurrò Harry, dandogli un leggero bacio a stampo «Buonanotte».
A malincuore, il biondo lo lasciò andare e lo osservò mentre pronunciava la parola d’ordine e attraversava il quadro della Signora Grassa, non appena il portale si chiuse alle sue spalle, Draco si avviò verso i sotterranei, sentendosi leggero, felice, innamorato. Era stata la serata più bella di tutta la sua vita, la più fortunata, la migliore. Gli sembrava di aver vinto alla lotteria e di essere diventato l’uomo più ricco sulla faccia della terra. Se si fosse specchiato in uno Specchio delle Brame avrebbe visto solo se stesso e Harry, perché il suo cuore non desiderava altro per essere felice.
Voleva solo che quella felicità che provava in quel momento, non finisse mai. Non voleva svegliarsi dal sogno in cui era scivolato. Sapeva perfettamente che le fiabe erano solo storie inventate per i bambini e quel genere di gioia incontrastata si poteva provare solo in una di esse, tuttavia voleva che il suo durasse per sempre, era tutto ciò che aveva sempre desiderato in cuor suo, senza sapere di volerlo davvero. Non importava che a legarli all’inizio fosse stato il desiderio di sconfiggere un nemico comune, il destino o un legame magico instauratosi tra le loro menti, Draco era sicuro che, fin da quando si erano avvicinati ed erano diventati prima alleati e poi amici, Harry aveva scavato una tana nel suo cuore, l’aveva occupato e se ne era impossessato, giorno dopo giorno quel sentimento era cresciuto, diventando così forte da superare qualunque barriera. Qualsiasi cosa fosse stata ad avvicinarli, li aveva fatti innamorare, quindi era stata di certo una cosa positiva. Non era solo un legame, quello era davvero amore. Qualsiasi problema fosse subentrato da quel momento in poi, lo avrebbero affrontato insieme, perché in fondo era questo che contava: stare insieme, fianco a fianco, sostenersi a vicenda. Non avrebbe permesso a nessuno di soffiare loro via quella felicità che con tanta fatica avevano conquistato; non importava che all’inizio fossero stati nemici, non importava la loro rivalità né che le loro strade in precedenza fossero sembrate così discordanti, nel momento in cui si erano incrociate avevano dato il via a quella storia. E finché fossero rimasti insieme, uniti, nessuno avrebbe potuto separarli perché, in fondo, loro erano fatti per stare insieme.


 

To be continued... 



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Buona Domenica, ben ritrovati con il nostro usuale appuntamento settimanale! Eccoci qua, con il nuovo capitolo, quello che personalmente reputo uno dei più fluff di tutta la storia. Guardate quanto sono felici e innamorati questi due #MaiCorvonero <3 ce l'hanno fattaaaa!
Ci sono ancora molte questioni da risolvere che analizzeremo insieme nei prossimi cinque capitoli, ma per ora godetevi il loro primo appuntamento e il loro amore e la loro tenerezza <3
Sono felici insieme, cosa potrà mai andare storto? OPS. Lo scoprirete, forse.
Restate sintonizzati e ne vedrete delle belle! (ma il profumo di dramma è sempre nell’aria, occhio!)
 
Sono davvero felice di vedere il feedback positivo che, nonostante i tanti capitoli, questa storia sta ricevendo, vi ringrazio davvero tanto, e ringrazio tanto le persone che come sempre mi fanno sapere quello che pensano del capitolo: Estel84, Eevaa, Puffalanovita, Ai_Amano e _blakeinblack11_
Grazie ai lettori silenziosi e a coloro che aggiungono la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie mille davvero! Grazie a tutti voi per il supporto, peps! 
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 25
*** Terza Parte, Capitolo 6: Not a fairytale, but better. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
 

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 6: Not a fairytale, but better




La mattina successiva alla festa di Natale, Harry si svegliò felice. Mai in tutta la sua vita si era svegliato provando quel senso di leggerezza e di felicità che provava quel giorno. I ricordi della sera prima lo fecero arrossire e si coprì il viso con le mani, stava sorridendo come un idiota e non credeva che ci fosse qualcosa di male in quello, anzi. Per la prima volta, lui, Harry Potter, bambino-sopravvissuto, cresciuto per sacrificarsi contro Voldemort, maltrattato fin dalla sua infanzia, si sentiva davvero felice e il merito era tutto di Draco Malfoy, assurdo, ma vero. I baci, il modo in cui Draco lo aveva trattato, in cui lo aveva fatto sentire, i suoi “ti prometto che non ti spezzerò il cuore né ti farò soffrire” e le promesse che si erano scambiati davanti al ritratto della Signora Grassa, i balli, le risate, gli abbracci, ma anche le prese in giro, gli scherzi e tutto il resto si ripetevano in loop nella sua mente… era stata la serata più bella di tutta la sua vita e riviverla, anche solo attraverso i ricordi, era la sensazione più bella che avesse mai provato in tutta la sua vita. Neanche in quel “sogno” stranissimo quando era “morto” si era sentito così e lì aveva i suoi genitori… si morse le labbra e cercò di darsi un contegno. Non poteva comportarsi così sconsideratamente, non poteva mostrarsi così felice, qualcuno avrebbe potuto usare la sua felicità contro di lui.
Chi se ne frega, realizzò un attimo dopo e un altro sorriso stupido comparve sulle sue labbra, non importava cos’era accaduto in passato, adesso era felice, Voldemort era solo un brutto ricordo e loro erano liberi di essere loro stessi e di provare ad essere felici, magari, insieme. Non poteva farci niente, più cercava di non pensarci, più il pensiero tornava alla serata precedente, alle mani di Draco sui suoi fianchi mentre lo baciava, alle sue labbra morbide, ai suoi occhi grigi, al suo profumo inebriante. Chiuse di nuovo gli occhi e nascose il viso su cuscino, lasciando che le immagini della sera prima tornassero nella sua mente, lasciandogli addosso una sensazione così piacevole da sembrare quasi irreale. Lui non era abituato ad essere così felice, non lo era per niente, ma con Draco… sapeva di poterlo essere. Dopotutto, era sempre colui che gli aveva letteralmente salvato la vita, tirandolo fuori dal limbo in cui era finito dopo la sua morte.
Era certo che i ricordi della sera prima erano così intensi, così profondi, da permettergli di evocare un Patronus, uno di quelli potenti, uno di quelli capace di allontanare un esercito di cento o forse più dissennatori.
Aveva diciassette anni, legalmente per il mondo magico era un adulto, ma si sentiva come un ragazzino del quarto anno alle prese con la sua prima cotta, con il suo primo amore. Avrebbe voluto darsi uno schiaffo per riprendersi da quello stato patetico, come avrebbe detto Draco, ma non riusciva a smettere di sorridere, di arrossire e di pensare al giorno prima. Era felice di aver aperto il suo cuore, di essersi fidato, non vedeva l’ora di raggiungere la Sala Grande e incontrarlo. Razionalmente, sapeva che il suo atteggiamento era infantile e stupido, ma non se ne vergognava.
«Harry, sei sveglio?» la voce di Ron lo fece sobbalzare «Noi stiamo andando in Sala Grande, raggiungici quando vuoi… sappiamo che hai fatto le ore piccole con una nostra conoscenza in comune». Le guance di Harry divennero, se possibile, ancora più rosse e il ragazzo ringraziò che a ripararlo dall’umiliazione pubblica ci fossero le pesanti tende del baldacchino del letto che, saggiamente, la sera prima aveva chiuso. Davvero, non vedeva l’ora di rivedere il biondo, ma voleva restare ancora un po’ a letto a crogiolarsi nei ricordi deliziosi del giorno prima. Il suo cuore batteva ancora forsennatamente nel suo petto, ripensando al biondo e a tutto ciò che gli aveva fatto provare in una sola serata.
«Vi raggiungo tra poco» rispose con la voce impastata dal sonno, con il sorriso ancora a contornare le sue labbra. Niente quel giorno avrebbe potuto spezzare quel buon umore che provava. Aveva paura di quella felicità, una parte di se stesso sapeva che, ogni volta che aveva creduto di essere felice, di essere salvo, qualcosa era andato storto. Era successo con Sirius, quando gli aveva detto che, dopo il quinto anno, avrebbe vissuto con lui e invece lo aveva perso a causa di un suo errore, perché non sapeva gestire la connessione con Voldemort, se solo fosse stato amico di Draco già allora… magari avrebbe potuto salvarlo. Magari se lui avesse accettato la sua mano sul treno, quel lontano giorno di settembre del 1991, probabilmente le cose sarebbero state diverse. Sospirò, non poteva cambiare il passato, ma poteva vivere il presente e godere della sua nuova relazione con Draco in vista di un futuro migliore. Era qualcosa di totalmente nuovo per lui, Draco gli aveva chiesto di essere il suo ragazzo, non di frequentarsi e uscire insieme solamente. Era diverso da quello che aveva avuto con Cho al quinto anno, era diverso da qualunque altro sentimento avesse mai provato in tutta la sua vita. Era travolgente come un’onda, ma anche calmo, un posto in cui rifugiarsi ed essere davvero sereno, tranquillo. Draco era la sua piccola bolla di felicità.
Sorrise ancora una volta – proprio non riusciva a smettere – e decise finalmente di alzarsi, voleva andare in Sala Grande e aspettarlo, magari fare colazione con lui e… baciarlo. Avrebbe potuto diventare dipendente da quelle labbra, erano passate appena poche ore da quando si erano salutati e già gli mancavano. O forse era solo l’euforia del momento, l’euforia di essersi svegliato dopo un bel sogno e di essersi reso conto che, in realtà, non era solo un sogno, ma era un ricordo, un bellissimo ricordo reale e non doloroso. Era la prima volta, fin dal Torneo Tremaghi che non si svegliava in preda a un incubo. Non aveva avuto notti serene prima della fine di Voldemort e non ne aveva avute quando era tornato dal limbo. Draco in qualche modo aveva scacciato via i suoi incubi. Come poteva non amarlo con tutto se stesso?
Non aveva mai sperimentato l’amore, prima di quel momento, ma era certo che quello che provava per Draco fosse reale, non solo frutto del legame come aveva creduto per tre lunghissimi e frustranti mesi, ma era qualcosa che nasceva solo da lui, dal suo cuore… ed era ricambiato. Esisteva una sensazione migliore? Probabilmente no.
Si alzò dal letto e si vestì in fretta, cercando di velocizzare il più possibile le sue azioni, perché aveva oziato abbastanza, adesso desiderava solo pomiciare con il suo ragazzo e andare con lui a seguire le lezioni del giorno che avevano in comune – sicuro Pozioni e Difesa contro le Arti Oscure – passare il tempo con lui e… fare le cose stupide da coppia. Era stupido, non era da lui, ma per un giorno poteva essere spensierato come un normale diciassettenne innamorato. Era così felice che sentiva di poter fare qualsiasi cosa e di non doversene vergognare. Semplicemente, per la prima volta nella sua vita, sentiva di potersi godere i suoi diciassette anni senza avere la pressione di un mostro alle calcagna, senza rischiare la vita. Poteva vivere serenamente i suoi diciassette anni con Draco.
Indossò la divisa così tanta velocità che neanche si rese conto di essersi messo la camicia al contrario. Rise di se stesso, scuotendo la testa. Era questo che si provava ad essere innamorati? Con la testa tra le nuvole, con la voglia di rivedere la persona amata? Era questo davvero? Se la risposta alla sua domanda era sì, voleva sentirsi sempre così.
Gli sembrava di essere finito in una favola, anzi no. Quella non era una favola, era molto meglio.

 

 
Quando era tornato nella sua sala comune, la sera della festa, Draco a stento di sera riconosciuto. Era felice, per la prima volta nella sua intera vita si sentiva davvero felice. Ed era tutto merito di Harry. Si era guardato nello specchio, mentre si cambiava e il sorriso da idiota, che, quasi sicuramente, lo aveva accompagnato per tutta la serata, non era sparito dal suo viso. Non aveva mai sperimentato l’amore, ma era davvero contento di sperimentarlo con Harry per la prima volta.
Una volta, non si sarebbe mai comportato così, non avrebbe mai dimostrato così tanto i suoi sentimenti. Suo padre era solito dirgli che i Malfoy non mostravano le loro emozioni, che anche se provavano amore, non dovevano dimostrarlo e per anni lui aveva cercato di accontentarlo, di non mostrare mai le sue vere emozioni, di essere freddo (emotivamente stitico) come Lucius, ma adesso le cose erano nettamente cambiate per lui. Aveva provato a convincersi che il suo comportamento fosse legato solo al Legame che condivideva con Harry, che fosse stata solo la loro amicizia a mitigare il suo carattere, e se questo da un lato era vero, dall’altro non era così. Era lui che, prima di tutto, era cambiato. Era stato il viaggio nell’Oltretomba il principale colpevole del suo cambiamento, quell’esperienza lo aveva fatto crescere e maturare come nient’altro aveva fatto prima, gli aveva permesso di realizzare i suoi sentimenti e di diventare una persona migliore. Aveva superato le sue più profonde paure, aveva superato parzialmente l’esperienza traumatica che dall’estate precedente lo aveva tormentato e grazie ad esso aveva indagato su se stesso, sul vero se stesso, scoprendo una nuova versione di sé che non gli dispiaceva affatto. Era una versione inedita che nessuno conosceva ancora, che anche lui stesso faticava a riconoscere e che ancora stava imparando a conoscere, una versione che aveva degli amici veri e non dei leccapiedi, che aveva stretto amicizie improbabili, che aveva una relazione ufficiale. Era rimasto piacevolmente sorpreso quando Harry aveva accettato, senza protestare minimamente che mostrassero a tutti la loro relazione. Doveva ammetterlo, il bacio che gli aveva dato dopo aver ballato, non era precisamente voluto, non avrebbe mai voluto dare prova così plateale del loro amore, ma esso era scaturito dalla situazione, era stato dettato dal puro istinto e non aveva minimamente pensato alle conseguenze di esso. In fondo, non avevano fatto niente di male, avrebbe giurato a se stesso di aver visto Silente sorridere tra sé e sé e accennare un applauso ad un certo punto, ma non ne era assolutamente sicuro.
Andò a dormire felice quella sera, sperando che anche Harry si sentisse nello stesso modo. Gli piaceva come si incastrava bene il Grifondoro tra le sue braccia, la loro differenza d’altezza. Stringerlo tra le sue braccia, baciarlo dolcemente, passare la serata con lui, erano tutte cose che gli avevano messo il buon umore, che gli avevano fatto battere il cuore con forza nel petto, che lo avevano fatto emozionare. Non poteva credere di essere lui quello che aveva una relazione. Aveva percepito l’insicurezza di Harry, come quest’ultimo aveva percepito la sua, ma alla fine… erano riusciti a godersi davvero la serata, ad essere felici insieme, a promettersi che non si sarebbero fatti del male a vicenda. Già stava immaginando la mattina dopo come si sarebbe comportato, come gli avrebbe portato la colazione e avrebbe chiesto di farla insieme… e durante la notte sognò un futuro roseo, meraviglioso, con quello stupido Grifondoro al suo fianco. Ancora non poteva credere di essere riuscito a conquistarlo, aveva sofferto per tre lunghi (frustranti e disastrosi) mesi, ma alla fine l’amore aveva vinto e loro due avevano confermato la loro relazione. Quelle sensazioni positive lo accompagnarono anche al suo risveglio, si svegliò che già sorrideva. Per sua fortuna, aveva le tende del baldacchino abbassate, altrimenti se Theodore e Blaise lo avessero visto, lo avrebbero preso in giro per tutta la giornata, dicendo che “Il cuore di ghiaccio di Malfoy era stato sciolto dal bel Grifondoro” e non voleva che loro gli rovinassero l’umore, non quella mattina, anche se quell’insinuazione era dannatamente vera. Al suo risveglio, si sentiva circondato da un’aura di dolcezza e rilassatezza… non aveva avuto incubi, aveva dormito come un bambino e si sentiva così bene che non vedeva l’ora di rivedere la persona in grado di farlo sentire così. Era stupido, vero, sentirsi in quel modo?
Stupido, guarda come ti sei ridotto – un’eco della voce di suo padre nella sua mente, annebbiò per un momento la sua gioia. Scacciò immediatamente quel pensiero dalla testa. Meritava di essere felice con la persona che amava e quest’ultima meritava di essere amata, non importava quanto fosse stato difficile. Se fosse stato necessario, Draco avrebbe provato in qualsiasi modo ciò che provava per Harry era vero, sincero e reale. Non avrebbe permesso a nessuno di invalidare i loro sentimenti e la loro relazione appena nata.
«Quando hai finito di sognare ad occhi aperti, Malfoy, noi stiamo andando in Sala Grande per la colazione». Draco sbuffò, e si coprì il viso con il cuscino. Come facevano a sapere cosa stesse facendo in quel momento? Era certo che non potessero vedere oltre le tende del baldacchino.
«Voi andate, vi raggiungo tra poco» disse semplicemente.
«Oh, ragazzi!» la voce di Theodore ferì le orecchie di Draco «Penso che Draco abbia Potter nel suo letto, ecco perché non esce da lì!» esclamò ad alta voce «Non aprite quella tenda, se non volete restare traumatizzati!»
«Nott, piantala!» esclamò a sua volta Draco, aprendo il baldacchino e tirando all’altro un cuscino in faccia. Blaise ridacchiò scuotendo la testa e afferrò il braccio di Nott, per trascinarlo fuori dalla stanza.
«Idiota, Potter ha un mantello dell’invisibilità, di certo se fosse stato qui, non si sarebbe nascosto dietro alla tende del baldacchino» lo ammonì con serietà «Ti aspettiamo in Sala Grande, Draco» disse poi rivolto al biondo. Quest’ultimo annuì e si alzò per poi vestirsi in fretta ed uscire dalla stanza, non voleva perdere tempo, non voleva far aspettare troppo Harry e voleva rivederlo al più presto possibile. Quando raggiunse la Sala Grande e lo vide sull’uscio di essa sorrise apertamente e si avvicinò a lui rapidamente, lo prese per i fianchi per avvicinarlo a sé e lo guardò negli occhi, prima di dirgli: «Buongiorno» e unire le loro labbra in un dolce e delicato bacio, bacio che Harry ricambiò immediatamente, senza alcuna esitazione.
Quella giornata era già iniziata con il piede giusto, così come sarebbero cominciate anche tutte le successive.
 

 
L’ultima settimana di scuola era passata così in fretta che il tempo sembrava essere volato. Draco, in passato, aveva sempre atteso con impazienza le festività natalizie, perché aveva sempre desiderato tornare a casa sua, nel suo sfarzo, alle feste importanti che venivano proposte, desiderava allontanarsi dai “poveracci” di quella scuola, per tornare al lustro e al lusso della sua villa nobiliare. Eppure quell’anno, le cose erano diverse. Già al sesto anno esse erano cambiate, infatti l’anno precedente l’idea di tornare a casa gli trasmetteva solo ansia, timore, terrore e non vi era tornato, anche perché aveva una “missione” da compiere, doveva imbucarsi alla festa di Lumacorno e cercare di rifilare un Idromele Barricato corretto al veleno al professore, in modo che lo regalasse a Silente... quei giorni sembravano così lontani, eppure lo terrorizzavano ancora, tuttavia era grato che i suoi “piani” per uccidere il preside non fossero andati a buon fine, anzi… alla fine era stato lui a salvare la vita in bilico del preside. Quell’anno, invece, le cose erano nettamente diverse, non voleva tornare a casa, perché tornare lì avrebbe significato allontanarsi dal suo ragazzo. Aveva già in programma di fargli una sorpresa se non il giorno di Natale, quanto meno quello della vigilia e di portargli personalmente il suo regalo. Aveva già pensato a cosa regalargli, doveva solo andare a comprarlo. Stare lontani per due lunghe settimane, fino al ritorno a scuola dopo il primo dell’anno, sarebbe stato un’agonia, le lettere che avrebbero potuto scambiarsi non sarebbero state sufficienti e sapeva bene che anche il Grifondoro era nella sua stessa situazione. Se non avesse promesso a sua madre di tornare a casa per Natale, avrebbe preferito di gran lunga restare a Hogwarts e convincere Harry a restare lì con lui per trascorrere le vacanze insieme. Narcissa gli aveva chiesto di essere presente per il giorno di Natale, perché avrebbe festeggiato la prima festività con la sorella, dopo tanto tempo che erano state separate a causa della loro famiglia, era un ritrovo familiare che entrambe sentivano molto e Draco non voleva deludere sua madre. Anche perché, perfino il suo ragazzo quell’anno aveva degli impegni per le festività, infatti quest’ultimo aveva in programma di festeggiare con la sua “nuova famiglia”; se negli anni precedenti, aveva visto Harry restare a Hogwarts per non dover tornare da quella famiglia di orribili babbani, quell’anno aveva un vero motivo per tornare a Londra: avrebbe passato il Natale con il professor Lupin, sua moglie e i Weasley, di certo non voleva rovinargli il primo Natale felice con una famiglia che gli voleva realmente bene ed anche per questo non aveva cambiato i suoi programmi.
Il giorno della partenza era arrivato così in fretta che quando era salito sul treno, quasi non gli era parso vero.
Mentre viaggiavano sul treno per raggiungere Londra, Harry aveva la testa appoggiata sulla sua spalla e riposava sereno, invece lui aveva un braccio attorno alle sue spalle per poterlo stringere a sé e contemporaneamente stava leggendo un libro. Dentro di sé, Draco sperava che quel viaggio durasse a lungo, in modo da non doversi separare dall’altro.
Anche se sarebbero state solo due settimane, non voleva lasciarlo andare.
«Uhm, Draco?»
«Dimmi, Harry».
«Mi prometti che mi scriverai?» domandò il Grifondoro, senza alzare lo sguardo «E risponderai alle mie lettere, stavolta?»
«Te lo prometto» rispose lui «Sai perché quest’estate non ti ho risposto, non volevo ignorarti, era solo… sai, ero confuso e non sapevo cosa rispondere» ammise con un sospiro «Ma adesso è tutto chiaro».
«Cosa è chiaro?» la voce di Blaise fece sobbalzare entrambi «State facendo i piccioncini davanti a tutti anche adesso?»
Harry, ancora non abituato a tutto quello, arrossì e nascose il viso contro la spalla di Draco, lasciando al suo ragazzo l’impegno di rispondere per le rime all’amico. Il biondo ridacchiò e lanciò un’occhiataccia all’altro Serpeverde.
«Hai già finito di pomiciare con Paciock, Zabini?» domandò ironicamente, vedendo l’amico arrossire «Ah già, vi frequentate, ma ancora non vi siete baciati… poveretti, mi dispiace per voi» continuò «Non eri tu quello che si vantava di essere un gran baciatore? Che faceva cadere chiunque lo baciasse?» chiese ancora «Sai, per testare la tua teoria, dovresti almeno baciare la persona con cui esci».
«Questo è ingiusto» si lamentò Blaise «Non dovresti umiliarmi in questo modo, dovrei essere il tuo migliore amico».
«La prossima volta non interrompere i miei momenti romantici e io non lo farò» replicò Draco serenamente, tornando a leggere il suo libro, mentre il suo ragazzo ridacchiava sommessamente. Hermione e Ron, seduti di fronte a loro, ogni tanto li guardavano, ma anche loro erano persi un po’ nel loro mondo personale. Draco adorava quella situazione di pace e serenità che li avvolgeva, dopo tanti anni passati a soffrire e a combattere contro un mostro, tutti erano finalmente sereni, era ciò che meritavano, soprattutto i tre del “trio delle meraviglie”. Durante il resto del viaggio, non fecero molto, si limitarono a fare le solite cose, scherzare tra di loro e con i loro amici, mangiare cibo proveniente dal carello, fecero alcuni giochi stupidi e cose simili, solo per passare il tempo e divertirsi in compagnia, né lui né Harry pensarono troppo alla separazione, ma quando il treno entrò nella stazione di King’s Cross, Draco avvertì un magone farsi largo in lui. Erano arrivati alla stazione, ciò voleva dire che dal momento in cui sarebbero scesi dal treno, avrebbero dovuto sentirsi solo tramite lettera. Aspetta un attimo. Esisteva un altro metodo per sentirsi e anche più immediato della lettera, questo giaceva nel suo baule, inutilizzato fin dal suo viaggio in Italia, ma era ancora in suo possesso. Se avesse chiesto a Hermione dove trovarne uno anche per Harry, forse avrebbero potuto usarlo per sentirsi più spesso. Geniale!
«Hermione, posso parlarti un attimo?» chiese all’amica avvicinandosi, con la scusa di aiutarla con le borse, dato che Ron stava parlando con Harry e non la stava minimamente aiutando; il suo ragazzo lo guardò perplesso, ma scrollò le spalle continuò a parlare con l’amico di un qualcosa che avrebbero assolutamente fare a Natale.
«Cosa c’è?» chiese lei sorridendo.
«Ti ricordi l’aggeggio babbano che mi hai dato quando sono andato in Italia?» la ragazza annuì «Possiamo procurarne uno anche per Harry?» chiese a bassa voce per non farsi sentire dall’altro, voleva che fosse una sorpresa. Voleva fargli capire quanto desiderasse tenersi in contatto con lui; non importava quanto fossero stati lontani, lui avrebbe sempre trovato il modo di fargli sentire la sua vicinanza in qualche modo.
«Ma certo! Che bella idea che hai avuto! Incontriamoci domani mattina e ti accompagno a comprarlo!» esclamò la ragazza senza rendersene conto, la sua voce attirò l’attenzione degli altri due Grifondoro che si voltarono verso di loro perplessi, senza capire di cosa stessero parlando, ma non ebbero modo di chiedere, perché in quel momento il professor Lupin si affacciò nel loro scompartimento e: «Harry, sei pronto ad andare?» chiese. Il moro si morse le labbra e si voltò a guardare Draco dispiaciuto. Il biondo gli si avvicinò e gli baciò la guancia per rassicurarlo.
«Dai, non essere triste, ti prometto che appena arriverò a casa, ti scriverò».
«Davvero?»
«Davvero» promise Draco, abbracciando il suo ragazzo con forza. Nascose il viso contro il suo petto e avvolse le braccia attorno ai suoi fianchi, stringendolo a sua volta. Il biondo sorrise, sentendo la sua presa e infossò il naso tra i suoi capelli dandogli un bacio sulla testa. «Dai, ora non far aspettare il professor Lupin, noi ci sentiamo presto».
Harry annuì e si staccò appena da lui, alzando il viso nella sua direzione «Mi dai un bacio prima?»
«Non devi neanche chiederlo» rispose, prima di abbassarsi sulle sue labbra e lasciargli un delicato bacio, l’altro gli avvolse le braccia attorno al collo e ricambiò, approfondendo il bacio e Draco non riuscì a resistere, avvicinò maggiormente Harry a sé, facendo combaciare i loro corpi e rispose nello stesso modo, dimenticando che entrambi fossero davanti ai loro amici e che, soprattutto, lì davanti c’era il tutore del suo ragazzo, nonché suo professore di Difesa contro le Arti Oscure. Dannazione.
Si allontanò appena da lui, con il fiatone e si perse negli occhi verdi del suo ragazzo, sentendo il suo cuore perdere qualche battito. Lo avrebbe baciato ancora una volta, se il professor Lupin non avesse deciso di interromperlo e farlo sobbalzare fingendo un colpo di tosse, ricordandogli anche la sua presenza. Come scottato, Draco fece un passo indietro e si allontanò dal suo ragazzo, rivolgendo lo sguardo al professore, imbarazzato a morte.
«Mi scusi, professor Lupin» si scusò, guardando l’insegnante, mentre i suoi cosiddetti amici alle sue spalle sghignazzavano e il suo cosiddetto ragazzo ridacchiava del suo imbarazzo.
«Non essere così formale, Draco» gli disse Remus «Fuori dalla scuola sono solo Remus, il tutore del tuo ragazzo» affermò sorridendo «Sentiti libero di venire a casa nostra quando più di aggrada» aggiunse «Sei il benvenuto in casa nostra» gli disse con un enorme sorriso sulle labbra. Draco arrossì ancora e annuì, sentendosi anche lusingato
«L-La ringrazio» mormorò il ragazzo in risposta, arrossendo, Harry, cogliendo il suo imbarazzo, smise di ridere e cercò la sua mano, stringendogliela gentilmente per rassicurarlo. Draco gliene fu grato e ricambiò a sua volta la stretta, sentendosi immediatamente più tranquillo. Era strano, credeva che a causa del suo passato, Lupin potesse odiarlo, ostacolare la sua relazione con Harry in qualche modo, ma… in realtà, li stava incoraggiando e lo stava invitando a casa sua per permettergli di trascorrere del tempo con il suo Grifondoro. «Le sono davvero grato per l’invito, cercherò di passare quando mi sarà possibile» sorrise, rivolgendo lo sguardo a Harry che lo guardava con gli occhi piedi d’aspettativa e d’amore, come se fosse stato felice delle parole che aveva appena pronunciato. Veramente pensava che avrebbe lasciato passare due lunghe settimane senza neanche vederlo? A volte, il suo ragazzo era davvero stupido.
Dopo avergli dato un leggero a stampo sulle labbra, lo lasciò andare. Harry recuperò tutti i suoi bagagli e seguì Remus fuori dal treno, mentre Draco raccoglieva le proprie cose insieme a Blaise e agli altri, che lo guardavano estremamente divertiti per quello che era appena successo.
«Non una sola parola su quanto accaduto» disse con aria minacciosa guardando i suoi amici. Theodore scosse la testa, ma non riuscì a trattenere una risata divertita, Blaise non disse niente ma si unì all’amico nella risata. In silenzio, uscirono tutti dal treno e raggiunsero Narcissa che li aspettava al binario. Draco sorrise nel vedere sua madre, era cambiata molto da quando suo padre era stato incarcerato, era molto più serena, molto più felice senza quell’uomo che la faceva sentire oppressa. Ancora una volta, doveva ringraziare Harry per quello, era stato grazie a lui se aveva potuto salvarla. Non aveva ancora detto niente a sua madre della sua relazione con il Grifondoro, ma sperava che lei potesse accettarla. Questo lo rendeva un po’ titubante e anche per questo non aveva voluto dirle che avrebbe preferito restare a Hogwarts per le vacanze di Natale. Non ne aveva parlato con nessuno, aveva tenuto per sé quella sua paura. Sua madre era l’unica persona della sua famiglia della quale gli importasse il giudizio. Se fosse stato suo padre, non avrebbe neanche badato alla sua probabile reazione, ma sua madre… era un’altra questione ed era spaventato dall’idea che lei potesse rifiutare la sua omosessualità, non aveva mai parlato di ciò in casa – come avrebbe potuto, con suo padre? – era sempre stato convinto che sua madre l’avrebbe accettato in qualunque caso, ma adesso che aveva una relazione, era spaventato dall’idea di poter essere rifiutato da lei. Non sapeva perché, ma il solo pensiero di dirle che aveva una relazione con Harry, lo terrorizzava e lo bloccava. Non poteva credere di essere lui in una situazione del genere, lui, Draco Malfoy, un ragazzo sempre sicuro di se stesso, che non aveva mai avuto paura del giudizio altrui, che era sempre stato indifferente alle critiche e agli insulti, adesso aveva paura di dire a sua madre di essere gay, di essere innamorato e di avere una relazione con un ragazzo. Era qualcosa di irrazionale, che nasceva direttamente dal suo cuore.
«C’è qualcosa che ti turba, tesoro?» gli chiese sua madre, quando rientrarono a casa «Da quando ci siamo rivisti alla stazione, mi sei sembrato molto silenzioso, c’è qualcosa che non va?»
«No, no, sto bene» rispose immediatamente «Sono solo molto stanco, penso che andrò a letto presto stasera».
Narcissa sorrise e annuì, mettendogli una mano sulla spalla. Le dimostrazioni d’affetto nella sua famiglia non erano mai state molto espansive, tuttavia sua madre aveva sempre cercato di dimostrargli supporto e affetto.
«D’accordo, tesoro, allora dovresti riposare» gli disse con un sorriso dolce «Ma sappi che se c’è qualcosa che ti turba, puoi parlarne con me quando vuoi, okay?» gli chiese la donna. Il figlio la guardò con riconoscenza e annuì, poi la abbracciò, stringendola a sé con forza. Aveva bisogno di sentirsi dire quelle parole, aveva bisogno che sua madre gli dimostrasse almeno un po’ di supporto in quella situazione, anche se ella non sapeva cosa frullasse nella sua mente, almeno gli aveva offerto il suo supporto. Forse prima o poi sarebbe riuscito a dirle tutto, senza avere più paura.
 

 
Tornare a casa per le feste di Natale non era nei suoi piani per quell’anno, ma non poteva tirarsi indietro in quel momento. Aveva già promesso a Remus e a Dora che avrebbe passato il Natale con loro e con i Weasley, ma mai come quell’anno avrebbe voluto restare a Hogwarts e godersi le feste natalizie con il suo ragazzo. Sarebbe stato difficile stare lontani per due settimane, soprattutto dopo essersi messi insieme dopo solo una settimana, ma sapeva che avrebbe preso un regalo a Draco e gliel’avrebbe spedito con Edvige… anche se desiderava portarglielo di persona. Aveva chiesto a Hermione di accompagnarlo a sceglierne uno, una volta giunti a Londra e lei era stata entusiasta del suo invito. Avevano deciso di vedersi quel sabato per una giornata di relax tra amici, anche Ron si sarebbe unito a loro, ma entrambi avevano preteso dal rosso che non facesse commenti sul fatto che fossero fuori per trovare un regalo per Draco. Aveva davvero voglia di passare una giornata con loro e parlare, soprattutto con Hermione, di tutto quello che era successo nell’ultimo periodo, a tratti gli sembrava di aver trascurato i suoi amici, così preso da tutti i problemi che anche quell’anno erano subentrati nella sua vita e gli dispiaceva, loro erano stati al suo fianco in tutti i momenti più difficili, non era giusto che lui li avesse trascurati e li avesse ignorati così tanto solo perché aveva avuto un brutto periodo. A volte, credeva di essere un pessimo amico per loro, che si erano rivelati così fondamentali nella sua vita. Aveva quasi rinunciato a loro per restare nel limbo, aveva detto a Draco che loro un giorno si sarebbero fatti una ragione della sua morte… una parte di sé si sentiva ancora in colpa per quello, anche se poi aveva ragionato ed aveva deciso di seguire Draco… non si era mai perdonato per non aver deciso subito di voler tornare indietro. Non aveva mai parlato con loro di quanto accaduto nell’Oltretomba, aveva sempre sviato il discorso e per loro non era mai stato un problema che lui non volesse parlarne, perché gli avevano sempre detto che l’importante era che lui fosse tornato indietro.
A volte, credeva di essere il protagonista di qualche enorme scherzo, ma ogni volta che aveva questo dubbio si ricordava delle parole del suo ragazzo, il quale lo invitava a fidarsi di lui e della sincerità dei suoi sentimenti ed Harry si fidava di lui. Non capiva perché tali dubbi sopraggiungessero improvvisamente nella sua mente, ma era felice di avere tante persone che gli ricordavano che meritava di essere felice. Draco gli aveva promesso che gli avrebbe scritto, ma non l’aveva ancora fatto. Gli era successo qualcosa? Cosa? Non lo sapeva, così gli aveva scritto una lettera, il giorno dopo essere tornato a casa, ma non aveva ancora ricevuto alcuna risposta e neanche Edvige era ancora tornata. Si sentiva un po’ preoccupato, se fosse accaduto qualcosa alla sua civetta? Non voleva neanche pensarci, sarebbe stato troppo doloroso per lui. Forse Draco l’aveva tenuta con sé per mandargli la sua risposta. O almeno così sperava.
Vivere a casa di Remus era diverso dal vivere con i Dursley, se ne era accorto fin da quell’estate. Aveva una stanza personale, poteva tenere le sue “cose magiche” in bella mostra senza sentirsi dire che era un fenomeno da baraccone, poteva lasciare Edvige libera di volare fuori dalla finestra, non era costretto a tenerla in gabbia tutta la giornata, poteva essere se stesso in ogni momento della giornata ed era libero di starsene sul letto senza far niente, se ne aveva voglia, tuttavia non lo faceva perché gli piaceva aiutare Tonks che, impossibilitata dal pancione, non riusciva a fare molte cose. Da lì a pochi mesi il figlio di Remus sarebbe nato ed era così felice che potesse nascere in un mondo in cui la minaccia peggiore che avesse mai sfiorato il loro mondo si fosse estinta, anche grazie al suo coraggio, a quello dei suoi amici e a quello di Draco. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto se quel giorno non avesse offerto il suo aiuto al biondo, ma era grato di averlo fatto. Se non avesse agito in quel modo, adesso non sarebbe così felice. Draco lo rendeva davvero felice.
Remus lo trattava come un figlio, si preoccupava per lui e gli dava sempre dei consigli giusti. Quando aveva parlato a Tonks della sua nascente relazione con Draco, lei era rimasta perplessa per un attimo, poi gli aveva fatto i suoi migliori auguri e poi gli aveva detto di stare attento a suo cugino. Per un primo momento, Harry era rimasto sorpreso. Cugino? Poi aveva realizzato ed aveva ricordato. Dora e Draco erano cugini, Andromeda era la sorella di Narcissa e forse…
«Quindi c’è possibilità che passiamo il giorno di Natale tutti insieme?» aveva chiesto.
«Certo, mia madre si è già organizzata con zia Narcissa, verranno tutti qui» aveva risposto Dora «Non lo sapevi?»
«No!» aveva esclamato in risposta, felice come pasqua, abbracciando la donna di slancio. Tonks lo aveva abbracciato di rimando ed aveva sorriso, stupendosi della sua reazione. Non poteva crederci!
Quando era ritornato nella sua stanza, quel giorno, aveva trovato Edvige sul suo trespolo e ai suoi piedi una lettera e un pacchettino. Si fiondò immediatamente su ciò che aveva ricevuto, dopo aver accarezzato la sua civetta ed averle dato qualche biscottino per ricompensa. Prese subito la lettera e la aprì, sperando che fosse la risposta che aspettava.
Potter,
Non credere che perché adesso stiamo insieme, io inizi a scriverti lettere d’amore” – diceva l’incipit della lettera, Harry trattenne una risata e scosse lentamente la testa, pensando: «L’hai già fatto, idiota». – “ho ricevuto la tua lettera e l’ho letta. Sei sempre un gran sentimentale, vero? Adorabile. Comunque, non ti ho risposto subito perché dovevo fare una commissione importante. Sì, mi riferisco al pacchetto che ti ho mandato. Non è il tuo regalo di Natale, non farei mai una cosa così banale, è solo un mezzo più pratico per poter comunicare tra di noi. Quando sono stato in Italia, Hermione mi ha regalato questo aggeggio babbano molto utile per le comunicazioni, così ho pensato di regalarne uno anche a te, così che potessimo sentirci con più praticità. Non ti preoccupare, non ho fatto tutto da solo, mi ha aiutato la tua amica, siamo stati insieme nella Londra babbana e mi ha aiutato a sceglierlo e a renderlo utilizzabile. Ha detto di averti salvato il mio numero nella rubrica, anche se non so cosa significhi questo, ma credo voglia dire che puoi chiamarmi.
Quindi che stai aspettando, Potter? Chiamami. Aspetto una tua telefonata non appena avrai letto questa lettera. Sì, lo so, sono il ragazzo migliore che tu potessi avere, nonché il più geniale, ammettilo.
Chiamami, Potter. Non ti dirò che mi manchi, ma qualcosa mi dice che io manco a te. E devo ammettere che non avere la tua fastidiosa voce nelle orecchie è più irritante che averla. Mi aspetto che tu mi chiami, okay?
Ci sentiamo presto.
Draco.”
 
Harry non finì neanche di leggere la lettera, aveva già gli occhi colmi di lacrime di commozione e senza pensarci su altre due volte, raggiunse il pacchetto che giaceva ancora sul pavimento della sua stanza e lo prese, aprendolo in fretta. Non poteva credere che Draco avesse pensato di comprargli un telefono per potersi sentire, neanche credeva che il biondo sapesse cos’era un telefono, figurarsi saperlo usare! E invece, per l’ennesima volta, Malfoy lo aveva sorpreso. Lo trovò in fretta e lo accese, trovò subito la rubrica e vide che gli unici numeri salvati erano quello di Draco e quello di Hermione, la ragazza aveva fatto un ottimo lavoro nel preparare ogni cosa. Un messaggio fece vibrare il telefono e lo aprì subito.
Herm: “Harry, non so quando ti arriverà il telefono, ma penso presto. Draco era entusiasta all’idea di prendertene uno. Era emozionatissimo. Non preoccuparti, l’ho incantato in modo che tu possa parlare con lui senza pagare nulla. Ho fatto la stessa cosa con il suo e con il mio, quando è andato in Italia. Harry, non farti sfuggire quest’occasione di essere felice. Draco è davvero innamorato di te. E tu meriti di essere felice con una persona che ami. Ti voglio bene, Herm”.
Commosso, Harry le rispose con un brevissimo messaggio di testo, ringraziandola per le sue parole. Ancora gli sembrava surreale che i suoi migliori amici fossero diventati così amici di Draco Malfoy, dopo averlo odiato per anni, ma lui stesso aveva iniziato a provare dei sentimenti per il biondo, quindi doveva smetterla di sorprendersi per qualunque cosa. I tempi erano cambiati, Voldemort era morto e Malfoy era una persona migliore, anzi no, era la persona di cui era innamorato, il suo ragazzo. Ed era davvero incredibile.
Senza più pensare, trovò il numero del Serpeverde e lo chiamò immediatamente. Dopo un paio di squilli, la voce di Draco raggiunse le sue orecchie e si ritrovò a sorridere come un idiota.
«Potter, era ora. Secondo i miei calcoli avresti dovuto chiamare almeno un’ora fa».
«Edvige è tornata da poco e io ero impegnato» rispose il moro, sedendosi sul letto «Mi manchi, Draco».
«Non iniziare ad essere sentimentale, eh» fece il biondo dall’altro lato del telefono «Sono solo due settimane e poi il tuo tutore mi ha invitato da voi ogni volta che voglio, quindi verrò presto».
«Uhm, non vedo l’ora». Per un momento, Harry si chiese perché Draco non gli avesse detto niente del giorno di Natale, Tonks gli aveva detto che era già tutto organizzato da tempo e che avrebbero trascorso quella giornata di festa tutti insieme, possibile che Draco non lo sapesse? Stava per porgli la domanda, quando immaginò che il suo ragazzo volesse fargli una sorpresa e si limitò a sorridere come un idiota, realizzando ciò. Non voleva rovinargli i piani, così tacque.
«Con cosa eri impegnato?» chiese il biondo, per rompere il ghiaccio.
«Uhm, niente di che, aiutavo Tonks a fare delle cose e poi abbiamo chiacchierato un po’, tutto qui».
«Uhm, okay» replicò l’altro «Stai bene?» domandò poi «Ti stai riposando?» aggiunse «Ti trattano bene lì?»
Adorabile. Draco Malfoy, preoccupato per me – pensò Harry sentendosi lusingato.
«Sì» rispose lui «Sto bene, adoro vivere con Remus, non è per niente come stare dai miei zii, sai?»
«Lo immaginavo… allora sei felice?»
«Sì, lo sono» disse sorridendo «Soprattutto perché c’è una persona a cui manco che pur di sentirmi mi regala un telefono, senza sapere esattamente cosa sia». Draco rimase in silenzio per qualche istante «Sai di chi sto parlando?»
«Stai zitto, Potter».
«Sei arrossito?»
«Smettila, Harry» borbottò il biondo «Piuttosto… hai iniziato a fare i compiti?» domandò, cercando di cambiare argomento. Questo fece intendere al moro che, , aveva ragione lui. Draco era arrossito, non ci voleva un genio per capire che il regalo totalmente inaspettato che aveva ricevuto, era giunto a lui perché l’altro sentiva la sua mancanza, anche se non lo ammetteva esplicitamente.
«No, tanto il mio bellissimo e intelligentissimo ragazzo, Corvonero Mancato, mi passerà tutto, vero?»
«L’adulazione con me non funziona» affermò il biondo, scuotendo la testa.
«Ma i baci sì!» esclamò l’altro felice.
«No, non mi corromperai, stavolta».
«Questo lo dici tu, Malfoy». Draco brontolò qualcosa e Harry ridacchiò, già sapeva che la risposta alla fine sarebbe stata un sì, aveva scoperto che Draco era incapace di dirgli di no.
Restarono lì a parlare per ore, raccontandosi ciò che era accaduto durante quei primi giorni di vacanza, come stessero vivendo il rientro a casa, come si sentissero e simili. Draco gli raccontò com’era la vita a casa con i suoi amici e quanto si sentisse diverso adesso che ne aveva di veri e non leccapiedi come era stato all’inizio, gli disse che aveva scoperto che le prese in giro con Blaise o con Theodore erano solo modi di dimostrarsi reciproco affetto ed era una cosa che lui non aveva mai sperimentato prima. Gli raccontò anche del suo dispiacere di aver dovuto lasciare Pansy a Hogwarts, la quale non era voluta partire per le vacanze, perché non avrebbe saputo dove andare e aveva rifiutato l’invito di Draco di andare a casa sua e per questo anche Tiger e Goyle erano rimasti al castello per farle compagnia. Draco gli aveva raccontato che la ragazza non aveva preso bene la condanna del padre e Harry si era chiesto perché, tra i tanti mangiamorte, proprio il Signor Parkinson era stato condannato alla pena capitale. Tra tutti i mangiamorte che erano stati arrestati, molti di quelli di più crudeli erano stati condannati all’ergastolo… la cosa gli suonò strana e lo allarmò, ma non volle dire niente al suo ragazzo, non voleva allarmare anche lui inutilmente. Il suo essere sospettoso veniva fuori sempre nei momenti meno opportuni. Inoltre, Pansy non avrebbe avuto alcun motivo di mentire a Draco, no? Perché mai avrebbe dovuto? I suoi sospetti non avevano senso… ma niente gli avrebbe impedito di indagare, non voleva che il suo ragazzo venisse ingannato, non voleva che qualcuno giocasse così con i suoi sentimenti. Certo, era geloso del rapporto che il biondo aveva instaurato con Pansy, ma questo non voleva dire nulla, era solo preoccupato per lui. Aveva capito che il suo rapporto con la ragazza era solo di pura e semplice amicizia, simile a quello che lui aveva con Hermione, ecco. Draco non era geloso quando Hermione lo abbracciava o altro, quindi stava cercando di non essere eccessivo come suo solito e stava cercando di accettare la cosa. I suoi sospetti, però, in quel momento, non lo aiutavano ad accettare quell’avvicinamento, l’unica cosa di cui era certo in quel momento, era che non avrebbe permesso a nessuno di ingannare il suo ragazzo e di fargli del male, neanche a quella che diceva di essere la sua migliore amica. Se solo avesse scoperto qualcosa di compromettente, ne avrebbe subito parlato con il Serpeverde e l’avrebbe messo in guardia, ma per il momento non voleva allarmarlo inutilmente e non voleva litigare con lui, soprattutto. Gli dispiaceva comunque sentirlo così triste nei confronti dell’amica. Parlarono ancora per un po’, introducendo anche altri argomenti, si salutarono che era già sera, il sole era tramontato ed era quasi ora di cena. Harry davvero non avrebbe più smesso di parlare con lui, sarebbe stato tutta la notte ad ascoltare la sua voce, era rilassante, in qualche modo e lui era abbagliato dall’amore. Tuttavia, il giorno seguente era sabato e lui aveva un appuntamento con Ron ed Hermione: dovevano andare alla ricerca di un regalo di Natale per Draco, mancavano pochi giorni a quel giorno, dopotutto.
«Harry?»
«Mmh?»
«Mi manchi anche tu».
Il Grifondoro sorrise e arrossì, mordendosi il labbro inferiore, emozionato dalle parole che gli aveva appena rivolto il suo ragazzo, il suo cuore iniziò a battere ad una velocità surreale, come non aveva mai fatto prima. Non si aspettava che glielo dicesse, aveva girato intorno all’argomento ogni volta che Harry gli aveva detto che non era la stessa cosa senza di lui, che gli dispiaceva non essere insieme, che avrebbe preferito restare a Hogwarts, se non avesse già preso impegni per quella giornata… tutto si sarebbe aspettato, quella sera, tranne che Draco gli dicesse apertamente che gli mancava, eppure… avrebbe dovuto capirlo prima. Draco fingeva di essere ancora una persona “emotivamente stitica”, si nascondeva sempre dietro a una maschera per paura di esporsi troppo, ma poi… con lui ogni maschera cadeva, non era mai stato in grado di nascondere i suoi sentimenti. E ancora una volta, gli stava dimostrando quanto in realtà fosse cambiato. Harry non aveva davvero bisogno di altre prove, ma restava stupito ogni volta che realizzava quella verità.
«Anche tu, tantissimo» replicò il moro, per non lasciare la conversazione in sospeso «Ci sentiamo domani?» gli chiese.
«Sarai la prima persona a cui augurerò il buongiorno» promise il biondo. Harry avrebbe voluto ribattere dicendogli che anche lui allora sapeva essere romantico, ma il suo cuore decise di tradirlo e di battere così forte davanti a quella risposta, che nessuna replica sarcastica riuscì ad uscire dalla sua bocca.
«Uhm, okay, allora mi aspetto di ricevere una tua telefonata o un tuo messaggio».
«Lo riceverei sicuramente, per chi mi hai preso?» domandò retoricamente l’altro, facendolo ridacchiare appena. In effetti, Draco non aveva mai infranto nessuna delle promesse che gli aveva fatto, Harry si sentiva incredibilmente fortunato, anche per quello. Non sapeva tutta quella fortuna da dove fosse arrivata, ma sperava che, almeno con Draco, continuasse.
«Hai ragione» mormorò in risposta «Aspetterò con ansia il tuo messaggio per iniziare bene la giornata».
«A domani, Harry» gli disse Draco, tagliando corto per non far capire di essersi imbarazzato «Ti amo».
«Ti amo anch’io» rispose Harry «Ciao».
Dopo essersi salutati, Harry sorrise e si portò un cuscino sulla faccia per trattenere l’entusiasmo che stava provando in quel momento. Poteva urlare di felicità? A quanto pareva, sì, perché l’urlo di pura gioia che uscì dalle sue labbra fu attutito solo dal cuscino premuto sul suo viso. Non vedeva l’ora di vederlo e di scoprire che sorpresa il suo ragazzo avesse in serbo per lui, ma prima doveva scegliere il regalo che gli avrebbe preso.
Trascorse tutta la serata a chiedersi cosa dover acquistare, cosa potesse far più piacere a Draco rispetto a un’altra, cosa dover scegliere. Qualcosa da condividere in coppia? Qualcosa che avrebbe avuto solo lui? Non lo sapeva, ma era grato di andare a Londra con Hermione il giorno dopo. Attese con pazienza che la serata trascorresse, tra le varie risate di cuore con Nymphadora, che aveva mostrato le sue doti di Metamorfomagus facendo imitazioni varie e interpretando vari animali e anche persone conosciute da tutti loro.
Come un flash, gli ritornò in mente la conversazione che aveva avuto con Draco sulla Parkinson e il sospetto che quella ragazza stesse ingannando il suo ragazzo, tornò a fargli prudere il naso. C’era qualcosa di sospetto in tutto quello e voleva vederci chiaro. Forse Tonks poteva assopire i suoi dubbi e le sue perplessità.
«Tonks, posso farti una domanda?»
«Dimmi, Harry» rispose lei, tornando al suo aspetto naturale «C’è qualcosa che ti turba?»
«Prima… parlavo con Draco e mi ha accennato alla situazione di Pansy Parkinson» disse subito «Sul fatto che suo padre sia stato condannato al bacio del dissennatore» aggiunse, la strega si accigliò a quell’affermazione e guardò il ragazzo perplessa «Ecco… mi chiedevo perché? Ho sentito di molti mangiamorte arrestati e condannati all’ergastolo…»
«Harry, mi dispiace, ma non ne so niente» rispose la donna «Ma contatterò dei miei colleghi Auror e chiederò loro informazioni a riguardo, mi sembra molto strano, ma non impossibile, ti prometto che ti farò sapere quando ne saprò anche io qualcosa».
Harry annuì «Ti ringrazio» replicò. La reazione e la risposta di Tonks lo avevano insospettito ancor di più e avevano messo la pulce nel suo orecchio, ma si disse di attendere risposte più chiare prima di esporsi e di litigare con il suo ragazzo. Lasciò cadere il discorso e iniziò a parlare dei preparativi per il giorno di Natale, cercando di non pensare troppo a ciò che aveva appreso quella sera. Doveva essere tranquillo, Draco non era in pericolo in nessun caso. Fortunatamente, sia Tonks che Remus si resero conto della sua perplessità e cercarono di farlo distrarre, chiedendogli se preferisse qualcosa in particolare per Natale o se avesse qualche desiderio per il regalo. Non si aspettava nemmeno una richiesta del genere… aveva una famiglia era davvero strano. Harry non aveva davvero idea che passare le serate in famiglia a divertirsi fosse così, era una cosa nuova per lui, non l’aveva mai sperimentata ed era felice che finalmente potesse vivere situazioni del genere, senza doversi preoccupare di minacce magiche o altro. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Remus e Dora per averlo accolto in casa loro e trattarlo come se fosse stato un figlio. Quando loro figlio sarebbe nato, lo avrebbe trattato come un fratello minore, ne era certo, avrebbe cercato in ogni modo di essergli accanto in ogni momento di difficoltà e di aiutarlo a crescere. Avere una famiglia per lui era una cosa nuova, ma era certo che si sarebbe abituato in fretta a quella nuova realtà.
 

 
Il giorno di Natale arrivò in fretta. Harry era eccitato all’idea di festeggiare il Natale quell’anno, non sapeva qualche sorpresa gli aveva riservato Draco, ma non stava nella pelle di vivere quella giornata. Aveva davvero voglia di stare bene, di festeggiare, di essere felice. Aveva aiutato Remus e Dora a preparare il pranzo, Andromeda avrebbe portato un dolce preparato da lei, mentre Molly Weasley avrebbe portato uno dei suoi manicaretti. Aveva impacchettato e conservato in camera sua il regalo che aveva comprato per Draco insieme ad Hermione e non vedeva l’ora di vedere il suo ragazzo e di scoprire se gli piacesse o meno ciò che aveva acquistato, alla fine si era lasciato trascinare dal cuore e aveva scelto una cosa che rappresentasse entrambi. Sperava che il biondo fosse d’accordo a scambiarsi i regali da soli, in camera sua, in modo da avere la loro privacy in quel momento.
Attese con ansia che arrivasse, ogni volta che sentiva il suono della porta, credeva fosse lui con la sua famiglia. Prima arrivarono tutti i Weasley, Ginny gli rivolse un sorriso che lo fece sentire un po’ a disagio, Molly lo abbracciò come se non lo vedesse da secoli, felicissima di vedere che stesse bene, i gemelli fecero una battuta sui suoi capelli che lo divertì e Arthur gli strinse semplicemente la mano; Ron arrivò dopo con Hermione e i suoi genitori, la ragazza era entusiasta, era arrivata con tantissimi pacchetti che poi aveva sistemato con il suo ragazzo sotto all’albero di Natale che Harry aveva aiutato in parte a montare. Era stato divertente farlo con Remus e Dora, avevano anche scherzato che un giorno avrebbero dovuto farlo di soli peluche, perché il piccolo che sarebbe nato avrebbe potuto farsi male con decorazioni più resistenti. Gli sembrava di essere finito in una realtà parallela, un po’ come se il sogno che aveva vissuto nel limbo si stesse avverando davvero. Certo, senza i suoi genitori, ma adesso sentiva di star ricevendo così tanto amore da dimenticare quasi ciò che era accaduto negli anni passati. Non vedeva l’ora di vedere Draco e condividere con lui quella nuova realizzazione. Non lo vedeva da tre giorni, ma gli mancava da morire. Si erano sentiti telefonicamente, ovviamente, ma gli era mancato vederlo ogni giorno. Nella settimana prima della partenza, da quando avevano annunciato a tutta la scuola che si frequentavano, le visite di Draco al tavolo dei Grifondoro e le sue a quello dei Serpeverde erano aumentate, così come erano aumentate le loro fughe dai loro amici per appartarsi da qualche parte per baciarsi. Certo, avevano una relazione da poco tempo per questo erano ancora nella fase iniziale, quando tutto era bello, romantico, dolce, leggero. Già sapeva che un giorno sarebbero arrivati i litigi, i problemi… ma erano ancora all’inizio e per il momento, Harry voleva godersi il momento e vedere fin dove arrivasse.
«Hai bisogno di una mano, Harry?» gli chiese Ginny, mentre apparecchiava.
«Uhm sì, se mi prendi per cortesia i coltelli, li sistemiamo» rispose Harry gentilmente, rivolgendole un sorriso di circostanza. Non capiva l’atteggiamento di Ginny, a volte sembrava essere arrabbiata con lui per averla respinta, altre volte invece sembrava gentile come in quel momento. Forse aveva sempre avuto ragione Ron, doveva concedere alla rossa un po’ di tempo per riprendersi dalla batosta che aveva subito e poi tutto sarebbe tornato alla normalità.
«Hai ricevuto già dei regali?» gli chiese la ragazza.
«Uhm, alcuni, credo. Remus ha detto che lui e Dora mi hanno preso un regalo, anche se non avrebbero dovuto…» rispose imbarazzato.
«Anche io te ne ho preso uno» replicò lei «Spero che ti possa piacere…»
«Lo apprezzerò sicuramente» il ragazzo sentì uno strano sentore di disagio percorrere la sua spina dorsale e le sorrise nuovamente, prima di congedarsi da lei «Perdonami, credo che a Dora serva una mano in cucina!» esclamò, dileguandosi. Nessuno aveva chiamato il suo nome, ma stare ancora lì con lei gli provocava una strana sorta preoccupazione. Non avrebbe dovuto sentirsi così in compagnia di un’amica, ma il suo sguardo, le sue parole e il suo modo di porsi nei suoi confronti lo avevano fatto sentire a disagio e in imbarazzo, ma in senso negativo. Non sapeva spiegare la sensazione che aveva provato, ma aveva sentito l’esigenza di fuggire via da quella situazione e dedicarsi ad altro. Si chiese quando Narcissa e la sua famiglia sarebbero arrivati. Erano in ritardo o cosa? Certo, Draco non gli aveva detto nulla, ma Remus gli aveva confermato che sarebbero stati tutti insieme quel giorno… forse erano solo in ritardo.
Quando arrivarono anche Andromeda e Ted Tonks, senza l’ombra di Narcissa e degli altri iniziò a perdere la speranza di vedere il suo ragazzo quel giorno, ma non si fermò un attimo. Sembrava una trottola, aiutava chiunque, soprattutto in cucina – tanti anni a cucinare per i Dursley, alla fine, gli avevano insegnato qualcosa – di tanto in tanto controllava il cellulare nella speranza di leggere qualche messaggio di Draco, ma niente, tutto taceva. Harry fu davvero troppo impegnato per rendersi conto di quanto tempo fosse passato, ma quando improvvisamente si sentì il campanello, qualcuno chiese: «Chi sarà adesso?» e Andromeda rispose: «Penso sia mia sorella con suo figlio», il ragazzo corse rapidamente verso la porta e la spalancò, ritrovandosi davanti Narcissa Malfoy che lo salutava educatamente come suo solito e alle sue spalle il suo biondissimo e bellissimo ragazzo, vestito in maniera elegante. Si morse le labbra e invitò tutti ad entrare, augurando loro “Buon Natale”, senza riuscire a staccare gli occhi da Draco, che lo guardava come se fosse stato sconvolto. Il Serpeverde non si aspettava di vedere il suo ragazzo lì in quel momento. Narcissa entrò in casa e li lasciò da soli sull’uscio della porta a scrutarsi a vicenda.
«Cosa ci fai tu qui?» chiese il biondo.
«Ci vivo… perché non sapevi che fossi qui?»
«No, ma avevo in mente di fuggire da questo noioso pranzo e correre da te, appena possibile. Penso di aver fatto male i conti…» mormorò, poi si diede uno schiaffo sulla fronte «Ma certo. Zia Andromeda è la madre della moglie del professor Lupin, vero?»
«Già, Dora, tua cugina incinta, hai presente?»
«Non avevo collegato» mormorò imbarazzato, mentre Harry cercava di trattenersi dal ridere. Lui aveva pensato a chi sapeva quale sorpresa invece… il suo ragazzo non aveva idea che avrebbero passato la giornata insieme. Di slancio, gli allacciò le braccia attorno al collo e lo strinse in un forte abbraccio.
«Non importa, sei qui e siamo insieme!» esclamò «Mi sei mancato così tanto…»
«Anche tu…» il ragazzo lanciò uno sguardo rapido alla porta, per assicurarsi che nessuno li stesse guardando e il suo atteggiamento fece insospettire Harry, che si chiese cosa gli prendesse.
«Draco?»
«Scusa, è che… non l’ho detto ancora a mia madre» confessò. Harry si sorprese delle sue parole, non si aspettava che potesse tenerlo nascosto a Narcissa, dato che gli aveva detto che aveva un buon rapporto con sua madre. Ma poteva capire, non tutti potevano avere la fortuna di avere persone come Remus nella loro vita. Il suo tutore era stato proprio colui che lo aveva spinto ad accettare i suoi sentimenti e di accettare l’amore di Draco nella sua vita.
«Uh, capisco» disse il moro, guardandolo negli occhi «Allora, entriamo in casa e poi con una scusa vieni in camera mia, così mi saluti per bene» gli disse sorridendo «Dirò a Tonks e a Remus di non dirlo a nessuno, e lo diremo anche a Ron e Hermione, sono gli unici in casa a sapere di noi» aggiunse, riflettendo sulle persone che avrebbero potuto dire qualcosa in quella casa davanti a Narcissa.
«Non sei arrabbiato?»
Il moro scosse la testa «Tu hai avuto pazienza con me… io aspetterò che tu sia pronto a dirlo a tua madre» promise «Non ti farò nessuna pressione su questo, te lo prometto, aspetterò». Draco, commosso da ciò che stava sentendo, lo abbracciò di slancio, nascondendo il viso contro la sua spalla e mormorando un grazie veramente sentito. Non si aspettava davvero di essere capito così, non si aspettava che Harry accettasse così facilmente di aspettare prima di dirlo a tutti. Sapeva che il professor Lupin e la moglie non avessero nulla in contrario, dato che Harry gli aveva raccontato che era stato proprio il professore a spingerlo ad accettare… ma aveva paura della probabile reazione di sua madre. Era ancora troppo spaventato e non riusciva ad aprirsi su questo. Ma era certo che con Harry al suo fianco, avrebbe trovato il coraggio di farlo.
«Blaise e Theodore non sono qui con te?»
«No, Blaise è da Neville, ha detto che il tuo amico l’ha invitato a pranzo a casa sua, Theodore è con sua nonna che è venuta da non so dove per trascorrere le feste con lui».
Harry annuì, sorridendo, felice che i loro amici avessero trovato qualcuno con cui passare quella giornata, nonostante tutto. Quando si separarono dall’abbraccio, si guardarono rapidamente negli occhi e si sorrisero.
«Ti aspetto in camera mia» sussurrò al suo orecchio il moro, rientrando velocemente in casa. Draco sorrise e lo seguì immediatamente, incredulo di quanto avesse appena vissuto. Il suo ragazzo era davvero la persona più adorabile esistente sulla faccia del pianeta. Una volta entrato in casa, salutò tutti e perse un po’ di tempo, prima di dire di aver bisogno di andare in bagno, non appena gli fu indicato il piano di sopra, seguì immediatamente il suo ragazzo. Quest’ultimo, non appena lo vide, gli afferrò un braccio e lo trascinò nella stanza, spingendolo poco delicatamente contro la porta e baciandolo immediatamente sulle labbra. Draco non si aspettava l’assalto, ma riuscì comunque ad afferrare i fianchi del suo ragazzo e ad avvicinarlo maggiormente a sé per approfondire il bacio. Erano passati solo tre giorni da quando si erano baciati l’ultima volta, ma il suo ragazzo gli era mancato così tanto che in quel momento, non gli importava nient’altro se non approfondire il bacio e sentire l’altro su di sé. Aveva bisogno di lui.
«Harry…» gemette contro le sue labbra «…dobbiamo stare distanti più spesso, se reagisci in questo modo quando mi rivedi» continuò sarcasticamente, accarezzando una guancia dell’altro, che lo guardava con occhi lucidi e pieni di desiderio. Draco si morse le labbra e dovette reprimere qualunque altro pensiero. Non potevano lasciarsi troppo andare in quel momento, la casa era piena di gente e loro non erano ancora pronti per nient’altro che non fossero lunghe pomiciate. Avrebbero avuto tempo per tutto il resto.
«Mi mancavi…» mormorò in risposta il moro, arrossendo e nascondendo il viso contro la sua spalla.
«Non imbarazzarti» ridacchiò il biondo «Non sto dicendo che non mi sia piaciuto, anzi…» soffiò, dandogli un bacio tra i capelli «Ma penso che dovremmo fermarci qui, adesso… e tornare dagli altri».
Harry annuì, sentendosi in accordo con il suo ragazzo «Mi dai un altro bacio, prima?»
«Sei adorabile, quando mi chiedi di essere baciato, lo sai?» per tutta risposta, il moro arrossì ancora una volta e l’altro non resistette oltre, gli prese il viso tra le mani con delicatezza e lo baciò ancora. Il tocco delle sue labbra lanciò una scarica di brividi lungo la schiena del Serpeverde, che si ritrovò a baciare il suo ragazzo con più intensità, fino a che non sentirono una voce proveniente dal piano di sotto che annunciava che il pranzo fosse pronto. I due ragazzi, a malincuore, si separarono e cercarono di rimettersi a posto il più velocemente possibile, poi uscirono dalla stanza e raggiunsero gli altri in sala da pranzo. C’era una bella atmosfera lì, si respirava aria di famiglia, prima che il pranzo iniziasse il Grifondoro riuscì a prendere da parte le persone che sapevano della sua relazione con Draco, mettendoli al corrente che la madre di quest’ultimo non sapesse ancora della loro relazione e di essere discreti riguardo ad essa. Tutti capirono il punto di vista del Serpeverde e diedero il loro supporto, Harry li ringraziò sentitamente e poi aiutò a portare le ultime cose a tavola e poi iniziò a tutti gli effetti il pranzo di Natale. Fu un pranzo rilassante, per certi tratti anche divertente, ogni tanto Harry prendeva la mano di Draco sotto al tavolo e gliela stringeva per rassicurarlo e promettergli che lui fosse lì, che non sarebbe mai andato via. Fu quando si scambiarono uno sguardo particolarmente intenso che le cose iniziarono a precipitare.
«… e Harry come va la tua relazione con Malfoy?» gli chiese Ginny, facendolo gelare sul posto. Narcissa si freddò e voltò lo sguardo verso il figlio e poi verso la ragazza, perplessa.
«Ginny, che diavolo stai dicendo?» chiese Harry «Non ho una relazione con Draco, siamo amici».
«Amici? Due amici si baciano in quel modo? Io ti ho visto alla festa di Natale a Hogwarts!» Harry si congelò. Non aveva calcolato che tra le persone presenti alla festa, ci fosse anche Ginny e anche lei avesse visto il loro bacio post-ballo. Dannazione. Aveva fatto l’ennesimo errore, lanciò uno sguardo dispiaciuto verso Draco, il quale non esprimeva alcuna emozione se non terrore. «Non capisco ancora perché tu abbia scelto lui».
«Ginny, smettila di insinuare cose».
«Ti ha già spezzato il cuore? Quelli come lui sanno fare solo questo, dopotutto».
«Ti ho detto di smetterla!» esclamò Harry alzando la voce e stringendo una forchetta tra le dita con così tanta forza che le nocche sbiancarono. Draco gli mise una mano sulla gamba per farlo calmare e il suo gesto riuscì a tranquillizzarlo appena, era furioso con quella ragazza, chi le dava l’autorità di sindacare sulla sua vita? «Ti dà fastidio che non abbia accettato le tue avances? Mi dispiace, ma non sono interessato a te, non so più come dirtelo!» esclamò ancora cercando di essere gentile e non brutale, ma fallì miseramente. Nessuno poteva insultare il suo ragazzo e forzarlo in quel modo ad ammettere di essere omosessuale davanti a sua madre. «Chi frequento non è affar tuo e non dovresti sindacare sulla mia vita» disse, cercando di stare calmo, ma avrebbe volentieri lanciato una qualsiasi fattura contro di lei in quel momento. Guardò verso Draco ed era paralizzato anche lui, ma nonostante ciò cercava di tranquillizzare lui. Assurdo. «Davvero, Ginny, smettila, tutto questo non è affatto divertente».
«Beh, tanto prima o poi ti spezzerà il cuore e tu tornerai da me, quelli come lui non sono fatti per amare».
«Quelli come lui?» Harry stava per chiederlo, ma Narcissa lo anticipò «Cosa intendi con questo?»
Ginny si voltò verso la donna «Intendo i Mangiamorte».
«Ginny!» sia Molly che Arthur cercarono di richiamare la figlia all’ordine, ma lei continuò imperturbabile, fu in quel momento che Narcissa, nonostante la sua pacatezza e la sua classe aristocratica, mostrò la sua rabbia nei confronti della ragazza. Harry si sorprese del suo temperamento. Lui sarebbe già esploso.
«Ti suggerirei di modificare il tuo modo di rivolgerti alle persone, ragazzina» disse la donna, scuotendo la testa «Solo perché il ragazzo per il quale hai una cotta non ti ama, non dovresti insultare così le persone che gli stanno vicino» continuò «Mio figlio potrà non esserti simpatico, ma certe parole non dovresti dirle, soprattutto quando non conosci la sua storia» davanti alle parole della donna, la ragazza tacque «E se mio figlio ha una relazione con Harry, non vedo perché debbano essere affari tuoi» continuò ancora «Se il tuo obiettivo era seminare zizzania, parlando della sua relazione davanti a me, hai fatto male i tuoi calcoli, io so già tutto» disse ancora «Conosco mio figlio abbastanza da capire che è innamorato ed è felice. Draco è libero di amare chiunque egli voglia, purché sia felice con questa persona e che questa non lo faccia soffrire» concluse, rivolgendo uno sguardo al figlio che rimase di stucco e senza parole. Da quando sua madre sapeva tutto? Da quando aveva capito ogni cosa? E perché lui non ne era a conoscenza? Fu grato di averla sentita difenderlo in quel modo, ma non si aspettava che sapesse della sua relazione con Harry e si sentì in imbarazzo.
Arthur e Molly si scusarono ancora con Narcissa per il comportamento ingiustificabile della figlia, la quale ancora lanciava occhiatacce sia a Draco che a Harry, tanto che entrambi iniziarono a sentirsi fuori luogo e a disagio. Harry non riusciva a capacitarsi del perché una giornata così bella, avesse improvvisamente preso una piega negativa. Per sfuggire ad essa, sia lui che Draco si rifugiarono nella sua stanza, in modo da stare lontani da sguardi e da giudizi indiscreti. La festa sembrava essersi interrotta, la magia sembrava svanita, ma Harry voleva solo che il suo ragazzo fosse felice, non voleva vederlo così triste e dannazione a Ginny, questa volta non l’avrebbe perdonata facilmente.
«Dray?»
«Come mi hai chiamato?»
Il moro arrossì, scosse la testa e si corresse «Draco, stai bene?» domandò.
«Sono frastornato…» rispose scuotendo la testa «Non riesco a capire, mia madre… ha davvero accettato senza battere ciglio?» chiese. Harry annuì lentamente e gli strinse una mano per rassicurarlo «Non ti farei mai soffrire, lo sai, vero?»
«Lo so e mi fido di te» replicò il moro «Non ho creduto nemmeno un secondo alle parole di Ginny, mi hai dimostrato più volte la tua sincerità. Sai che mi fido di te» disse. Poi si avvicinò alla sua scrivania e dal cassetto prese il pacchetto che lui stesso aveva realizzato e lo passò al biondo «L’ho preso per te».
Draco accettò il regalo e lo strinse tra le dita, poi mise la mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori una scatolina, porgendola a lui «E questo è per te».
«Per me?» domandò il moro, accettando il pacchetto.
«Certo, per chi altri, altrimenti?» domandò retoricamente, mentre scartava il proprio regalo. All’interno del suo pacchetto trovò un braccialetto d’argento con una piccola targhetta su cui erano incisi i loro nomi. Alzò lo sguardo verso il moro e sorrise commosso. La loro idea era stata simile, non poteva crederci. «Grazie, è bellissimo» mormorò, decidendo di indossarlo in quel preciso istante.
Harry gli sorrise di rimando e aprì il proprio, emozionato. Non sapeva cosa aspettarsi, ma conoscendo Draco, sarebbe stato sicuramente un regalo meraviglioso e quando si ritrovò con una catenina con un ciondolo su cui erano incise le loro iniziali, quasi si commosse. Assurdo.
«Abbiamo avuto la stessa idea» affermò Harry, divertito «Colpa del Nexus?» chiese, mostrando all’altro il ciondolo. Il Serpeverde rise e annuì, avvicinando a sé il suo ragazzo per dargli un delicato bacio sulle labbra, per poi aiutarlo ad indossare il ciondolo. Non sapevano come sarebbero andate le cose da quel momento in poi, Draco aveva ancora bisogno di parlare di parlare con sua madre, Harry doveva chiarire con i Weasley cosa era successo, ma di una cosa erano certi, avrebbero affrontato quelle altre difficoltà cosa insieme, tenendosi sempre per mano.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eccoci di nuovo qui, sempre su questi lidi a vedere come cresce la storia d’amore tra Harry e Draco… e come sempre in ritardo, anche se stavolta non è stata totalmente colpa mia. Ieri il mio cane ha avuto la brillante idea di tirarmi per terra e di cercare di uccidermi LOL (no non preoccupatevi, sto bene e anche lui, si era spaventato per strada ed era disorientato, non l’ha fatto di proposito, piccino, ma io ero moribonda e quindi non sono riuscita ad aggiornare, BUT HERE I AM)
Visto quanto sono adorabili? Anche se non erano insieme, si sono ugualmente sentiti, grazie a Hermione che ha fatto conoscere il telefono a Draco LOL (non aspettatevi gli smartphone, eh! Sono telefoni vecchi, quelli della fine degli anni ’90, i citofoni per intenderci AHAH vi prego ditemi che qualcuno di voi si ricorda di quegli aggeggi enormi, non fatemi sentire vecchia PLIS) i nostri Harry e Draco sono due #MaiCorvonero e nessuno dei due ci arriva che passeranno il Natale insieme, a Harry c’è Tonks che lo sbatte in faccia, ma Draco… AHAH se ne accorge quando si ritrova Harry davanti, amore <3
Qualcuno aveva individuato quale sarebbe stato il “dramma” di questa settimana. Ginny non si è ancora rassegnata all’idea che Harry sia impegnato con Draco e quindi rompe il cazzo °° non ho mai detto che in questo capitolo avrebbero litigato Harry e Draco, avevo solo annunciato il dramma imminente! AHAH mi dispiace avervi fatto spaventare, peps!
Vi è piaciuta Narcissa? Ho amato farle fare la mamma protettiva, cosa che è sempre stata anche nella saga, tant’è che tradisce Voldemort, per sapere se il figlio è al sicuro <3 quindi qualcuno doveva insegnare le buone maniere a quella rompicoglioni di Ginny e ci pensa Mamma Cissy <3
Riusciranno i nostri eroi a superare la difficoltà? Il loro amore sarà abbastanza forte?
Stay tuned e lo scoprirete!
Intanto, ringrazio tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Estel84, Puffalanovita, _blakeinblack11_, Ai_Amano e Eevaa. Grazie mille per il vostro entusiasmo e per le vostre bellissime parole, spero che la storia continui a piacervi e ad entusiasmarvi! Grazie davvero a tutti, anche ai lettori silenziosi e a chi inserisce la storia tra le varie categorie! Ci si becca domenica prossima, sempre qui :D (sempre che non rischi di nuovo la vita AHAH)
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 26
*** Terza Parte, Capitolo 7: Never, never letting you go. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 7: Never, never letting you go




“Hai parlato con tua madre di ciò che è successo a Natale?”
“No, la evito da due giorni…”
“Draco, penso che dovresti parlarle, non puoi continuare ad ignorare l’argomento in eterno, ormai lo sa”
“Lo so, ma mi vergogno”
“Vuoi che venga a casa tua? A darti sostegno?”
“Sei dolce oggi, Potter?”
“Sono sempre dolce con te, lieto che te ne sia accorto solo ora”
“Grazie per il sostegno… cercherò di parlarle presto.”
“In bocca al lupo, sono qui per qualsiasi cosa”
“Lo so, grazie. Ti amo”
“Anche io”
Draco sospirò, mettendo il telefono sul suo comodino, portandosi un braccio sugli occhi, coprendoli con esso. Dalla sera di Natale erano passati due giorni e fin da quel giorno, aveva fatto di tutto per evitare di parlare con sua madre di quanto era accaduto. La notte di Natale era rimasto a casa di Harry, per evitare di parlarle, quando era tornato a casa sua, aveva evitato di incontrarla, anche durante i pasti. Era rimasto particolarmente scosso da quanto accaduto, non credeva che sua madre sapesse ciò che provava per Harry né che avesse capito che avevano una relazione e si vergognava di non averle parlato prima, che avesse dovuto averne conferma a causa di Ginny Weasley. Anche se lei non lo avesse giudicato a causa della sua omosessualità, probabilmente in quel momento stava pensando che suo figlio era un codardo e per questo aveva paura di affrontarla e la evitava ogni giorno. Harry, però, aveva ragione. Non poteva continuare ad ignorare l’argomento, avrebbe davvero voluto accettare l’offerta del suo ragazzo, con lui presente sarebbe stato molto più semplice affrontare la questione, tuttavia non poteva. Doveva prendere il coraggio a due mani e parlarle. Deglutì e guardò il braccialetto che aveva al polso, strinse il ciondolo con le sue iniziali e quelle di Harry tra le dita e cercò di farsi coraggio. Doveva farlo, doveva andare da lei e parlarle di quanto accaduto.
Controllò l’orario, erano le cinque del pomeriggio, sicuramente sua madre era nella sala del tè a prenderne uno.
Forza, Draco – si disse – hai affrontato Voldemort, tua madre non può essere peggio di lui – cercò di incoraggiarsi – e neanche peggio del Cerbero infernale. O di tutte le prove affrontate per accedere all’Oltretomba – aggiunse mentalmente – sì, ce la posso fare – cercò di incoraggiarsi ancora. Si alzò dal letto e passò davanti allo specchio che aveva in camera sua, si diede una rapida sistemata ai capelli e poi raggiunse la sala del tè, dove sua madre, come si aspettava, sorseggiava un tè e leggeva il nuovo numero del Settimanale delle Streghe. In passato, non aveva mai letto quella rivista, a causa di Lucius, ma adesso sembrava un’altra persona e lui non poteva che esserne felice, vedere sua madre così rilassata e serena era qualcosa che gli confermava, ancora una volta, che avesse preso la decisione giusta ad accettare l’aiuto di Harry, non gli sarebbe mai stato abbastanza grato per aver rischiato la sua vita anche per salvare lei.
«Oh Draco» lo accolse la donna con un enorme sorriso sulle labbra «Ti unisci a me per il tè?» domandò.
«Volentieri, madre» rispose lui, avvicinandosi alla donna e prendendo posto di fronte a lei. Sua madre annuì e dopo aver appellato un’altra tazza del servizio da tè, ne versò anche a lui, zuccherandolo esattamente come gli piaceva. A volte, il ragazzo si stupiva di quanto sua madre lo conoscesse bene, anche se in passato non aveva mai dimostrato apertamente tanto affetto nei suoi confronti, aveva sempre avuto questi piccoli accorgimenti, piccoli gesti che a Draco avevano sempre fatto sentire tutto l’amore che sua madre nutriva per lui, nonostante ciò che diceva suo padre.
«Grazie…» mormorò il ragazzo, accettando la tazza. Narcissa gli sorrise e annuì, riprendendo a gustare il suo tè. Calò improvvisamente un silenzio strano tra di loro, un silenzio che mandò Draco nel più completo panico. Era ovvio che sua madre stesse aspettando che fosse lui a parlare per primo. Non voleva forzarlo a parlare di ciò che non era pronto ad affrontare.
«Uhm, madre, posso parlarti di una cosa?» chiese per spezzare il silenzio imbarazzante.
«Certo, Draco, puoi parlarmi di qualunque cosa» gli rispose lei, sorridendo incoraggiante.
«A proposito di ciò che è successo a Natale…» iniziò lui, zittendosi un attimo dopo, colto di nuovo dalla paura. Dannazione, non sarebbe andato da nessuna parte in quel modo, doveva prendere coraggio, ma non riusciva a trovarlo. Avrebbe voluto chiamare Harry e chiedergli di raggiungerlo, ma ormai era lì, non poteva tornare indietro.
«Sì?» lo incitò Narcissa «C’è qualcosa che vorresti dirmi di quella sera, tesoro?»
Draco annuì lentamente «Ecco… mi dispiace che tu abbia scoperto di me… in quel modo».
«Che intendi?» domandò la donna, chiudendo la rivista e appoggiandola sul tavolino da tè, prestando tutta la sua attenzione al figlio. Quest’ultimo arrossì e si morse le labbra prima di continuare a parlare.
«Ecco… che tu abbia scoperto che sono omosessuale e che ho una relazione con Harry in quel modo… volevo parlartene io, ma…» deglutì e si fermò, non riuscendo a continuare la frase. Era troppo strano parlare con sua madre di quell’argomento, non ce la faceva, sentiva le guance andare a fuoco.
«Non eri pronto, giusto?» chiese lei, andando in suo soccorso. Draco annuì, imbarazzato «Perché non ti sentivi pronto?»
«Temevo che tu… potessi considerarmi un folle o un pervertito o un mostro… o qualcosa del genere».
«I veri mostri sono altri, Draco» gli disse sua madre prendendogli le mani tra le sue «Per quanto mi riguarda, se sei felice, sono felice per te e con te» continuò «Se lui ti ama, ti rende felice e non ti fa soffrire… perché dovrei essere contraria?»
«È che… sentivo i discorsi di mio padre su… questo e pensavo che anche tu…»
«Non l’ho mai pensata come lui» disse la donna «Non contraddicevo la sua opinione solo perché non potevo farlo» continuò «Mi era stato insegnato che non dovevo contraddire mio marito e… sai anche tu quanto la nostra famiglia sia… sbagliata sotto questo punto di vista» disse ancora «Se non fosse stato per questo insegnamento, ti avrei protetto meglio, quella notte» sospirò, accarezzandogli una guancia «Non avrei mai permesso a quel mostro di entrare in casa nostra e di farti del male, ma… ero bloccata. È stato solo grazie a te e al tuo Harry, se sono riuscita ad uscire da quella situazione» Draco deglutì, sentendo gli occhi pizzicare. Era la prima volta che sua madre tirava in ballo quell’argomento, non ne avevano mai parlato fin da quando era accaduto e adesso… non sapeva neanche lui come prenderla. «Mi dispiace non essere stata una buona madre per te in quel momento tanto difficile, anzi, anche in quel momento… sei stato tu a difendere me ogni volta…» aggiunse lei, mentre il figlio la guardava stupito e senza parole «Ma ora… ora sono qui e sono pronta a sostenerti in qualunque tua scelta, okay?» domandò «Qualunque cosa sceglierai, se finalizzata al tuo bene, io sarò qui ad appoggiarti e a darti tutto il mio supporto» continuò «Mi basta che tu sia felice, Draco, sarò fiera di te in ogni caso».
«Non sei mai stata una cattiva madre» replicò il ragazzo trattenendo un singhiozzo di commozione «Posso abbracciarti?» domandò titubante. Narcissa gli sorrise, annuendo; Draco si alzò dal suo posto e abbracciò sua madre con forza, nascondendo il viso contro la sua spalla, sentendo la donna ricambiare la stretta con la stessa energia.
«Grazie» sussurrò lui «Non ti deluderò».
«Lo so» replicò lei Mi aspetto che tu inviti il tuo ragazzo a cena da noi, così potrai presentarmelo per bene».
Draco si staccò da lei e la guardò perplesso «Ma lo conosci già» affermò con ovvietà.
«Conosco Harry Potter, certo, ma non conosco il tuo ragazzo, c’è differenza». Draco non riuscì a trattenere una risata e annuì, felice di aver sentito quelle parole da sua madre, era contento che avesse accettato la sua relazione e che volesse addirittura conoscere il suo ragazzo. Trascorsero il resto del pomeriggio a parlare tra di loro, Draco, sempre un po’ in imbarazzo, le raccontò della sua storia con Harry e di tutto ciò che era successo tra di loro, fin da quando Potter lo aveva aiutato nel bagno quella sera di maggio, prima della sconfitta di Voldemort, quando lui era solo e disperato e temeva di fallire la sua missione. Sua madre lo ascoltò con pazienza, dimostrandogli il suo supporto, incoraggiandolo man mano ad andare avanti con il racconto e rinnovò il suo invito affinché Draco le presentasse ufficialmente il suo ragazzo. Il giovane accettò, senza più pensarci e decise che, da quel momento in poi, sarebbe stato più aperto con sua madre e le avrebbe raccontato ogni cosa. Era vero, la nube tossica di Lucius invadeva ancora la loro casa e la loro famiglia, ma pian piano sia lui che sua madre stavano iniziando a diradarla, ricostruendo dalle ceneri il loro rapporto e con esso la loro famiglia. Quando tornò in camera sua, Draco sentì come se un peso avesse lasciato il suo stomaco, un peso che non aveva neanche percepito di avere, un peso che lo aveva tormentato, ma del quale non si era accorto fino a che non se ne era liberato. Finalmente non aveva più alcun segreto con sua madre, finalmente poteva essere totalmente se stesso anche con lei… e sapere che lei sostenesse la sua relazione e non la giudicasse, lo rendeva ancora più felice, gli faceva provare una pace interiore che non aveva mai provato prima. E anche stavolta, il merito era tutto di Harry che lo aveva convinto a parlarle.
“È andata bene” – scrisse semplicemente al suo ragazzo, quando si sdraiò sul letto.
“Lo sapevo, sono fiero di te” – gli rispose l’altro pochi minuti dopo – “Tu stai bene?” – scrisse ancora.
“Sto bene” – rispose Draco – “Ti ha invitato a cena, vuole conoscere ufficialmente il mio ragazzo”
“Ma non mi conosce già?”
Draco ridacchiò leggendo la sua domanda, era la stessa cosa che lui aveva detto a sua madre quando gli aveva proposto di invitare Harry a cena.
“Sì, ma ti conosce solo come San Potter. Vuole conoscerti come mio ragazzo”
“Okay…”
“Se non te la senti ancora, posso capire, non preoccuparti”
“No, va bene, verrò! Porterò un dolce!”
“Non c’è bisogno che conquisti mia madre, lo sai, vero?”
“Lo so, ma voglio che sappia che so prendermi cura di te, come tu ti prendi cura di me”
“Smettila di fare il sentimentale”
“Smettila di fingere che non ti faccia piacere il mio essere romantico”
“Sei un idiota”
“Anche tu.”
Draco fissò il telefono e sorrise, chiudendo leggermente gli occhi. Se quello era un sogno, non voleva svegliarsi mai più. Era tutto troppo perfetto, troppo bello. Cosa poteva andare storto? Niente.
“Vieni a cena da me venerdì. Resti per il fine settimana, okay?”
“Ok, va bene!”
 

 
Quel venerdì arrivò in fretta, forse troppo in fretta. Draco era agitato, non si era mai sentito così agitato in vita sua. Quella sera il suo ragazzo avrebbe cenato a casa sua, con sua madre e poi avrebbe passato la notte con lui. Certo, sua madre aveva messo a disposizione un’altra stanza per lui, ma Draco sapeva bene che non sarebbero mai stati separati.
Harry avrebbe conosciuto davvero sua madre, lo avrebbe presentato come il suo ragazzo e questo lo preoccupava enormemente. Sua madre non aveva mostrato segni di intolleranza, anzi. Lo aveva supportato, lo aveva accettato e aveva proposto di invitare Harry a cena da loro, prima del ritorno a Hogwarts, era stato tutto perfetto, ma poi quando il momento era arrivato, Draco si era sentito agitato, preoccupato. In passato aveva frequentato delle persone, ma erano stati tutti meri flirt, nessuna relazione seria con nessuno. Non ne aveva mai avuto neanche il tempo, anzi per un lungo periodo aveva pensato che un giorno avrebbe dovuto sposare qualcuno che sarebbe stato scelto da suo padre, non credeva di poter avere l’amore vero e un po’ si era rassegnato a quell’idea di infelicità, fino a che non era arrivato Harry. Non aveva mai pensato di presentare qualcuno alla sua famiglia, prima di lui. Questo avrebbe dovuto far capire quanto le sue intenzioni nei confronti del moro fossero serie. Era davvero serio con lui, non vedeva alcun futuro senza di lui al proprio fianco, l’essere stato accettato nella sua famiglia gli era sembrato già il coronamento della perfezione, ma sapere che sua madre accettava la sua relazione e che avrebbe conosciuto il suo ragazzo volentieri, gli riempiva il cuore di gioia. Una gioia che non credeva di poter provare. Era convinto che l’avere Harry nella sua vita fosse sufficiente ad essere felice ma pian piano si stava rendendo conto che sì, quello era fondamentale per la sua felicità, ma il sapere che sua madre fosse dalla sua parte e non lo rinnegasse per quello, rendeva tutto ancora più perfetto, rendeva lui ancora più felice. Ginny Weasley aveva cercato di mettere zizzania tra di loro, aveva cercato di portargli via Harry in quel modo, invece gli aveva solo facilitato le cose con sua madre, a conti fatti, una volta tornati ad Hogwarts avrebbe dovuto anche ringraziarla per il suo colpo basso. Se non fosse stato per lei, non avrebbe mai parlato con sua madre della sua omosessualità né della sua relazione con il Grifondoro e non avrebbe mai avuto la possibilità di passare tutto un weekend con lui. Non poteva biasimarla, in passato anche lui per ottenere ciò che più desiderava e bramava, avrebbe fatto di tutto, sarebbe anche ricorso a mezzi scorretti e cattivi, ma l’aveva capito anche a sue spese che con la cattiveria non si otteneva niente. Si ritrovò a sorridere al suo riflesso e si diede un’ultima sistemata ai capelli prima di scendere in sala e chiedere a sua madre se avesse bisogno di una mano a preparare qualcosa. Prima non l’avrebbe mai fatto, ma ormai si era arreso e lo aveva accettato, non era più lo stesso Draco che era stato anni prima e anche sua madre se ne era accorta e in qualche modo sembrava essere felice del suo cambiamento, per lui questo non poteva che essere un incentivo a migliorarsi sempre di più e diventare, nel suo futuro, una persona diversa da quella che suo padre si aspettava sarebbe diventato. Ormai lo sapeva e sperava davvero che Harry potesse far parte di quel futuro e potesse essere parte del suo ulteriore cambiamento.
Per sua fortuna, Blaise e Theodore avevano accettato la sua richiesta di passare la serata fuori. Non si erano trattenuti dal fare battute sarcastiche, ma avevano anche capito il motivo per il quale voleva stare da solo con sua madre e con il suo ragazzo. Era una cosa delicata, era il primo incontro che Harry aveva con Narcissa e Draco era già agitato di suo, non aveva bisogno di avere anche i testimoni. I suoi amici lo avevano supportato e gli avevano promesso che non si sarebbero fatti vedere almeno fino alla fine della cena. Per Draco tanto bastava, che durante le delicate ore della cena fossero solamente loro tre. Desiderava ardentemente che le cose andassero bene e che Harry venisse bene accolto nella sua famiglia, aveva bisogno di lui nella sua vita, ma aveva anche bisogno di sapere che sua madre fosse d’accordo, non poteva neanche immaginare di non averlo, per questo avrebbe fatto di tutto per tenerselo stretto. L’avrebbe lasciato andare solo se Harry avesse detto di non volerlo più… ma sperava che una situazione del genere non si presentasse mai.
Con il cuore che martellava con furia nel petto e una paura che neanche lui sapeva definire bene, quel giorno si impegnò a fondo per aiutare sua madre a preparare le ultime cose per la cena – sebbene fossero passati mesi, ancora non era abituato a vedere quella donna non usare neppure un elfo per farsi aiutare in quelle faccende – attendendo che l’ospite arrivasse il più presto possibile. Non osava dire una parola, non osava fiatare. Era dannatamente terrorizzato, ma non solo per quello. Si era reso conto che la sua paura derivava anche dal fatto che sarebbero stati da soli, tutta la notte nella sua stanza. Contenersi stava diventando più impegnativo e quando ne aveva parlato con i suoi amici, loro gli avevano semplicemente consigliato di farsi avanti e chiedere a Harry se fosse stato pronto. Dopotutto, siamo giovani se non ci divertiamo adesso, quando lo faremo? – aveva domandato sarcasticamente Theodore, ignaro che la sua paura maggiore derivasse proprio dalla possibilità di un rapporto intimo, non sapeva come avrebbe reagito. E se gli fossero tornate in mente le scene del passato? E se Harry si fosse spaventato? Dannazione, perché le cose non potevano essere più semplici per lui?
Non pensarci troppo, quel momento arriverà quando sarete entrambi pronti” – gli aveva detto Blaise, riuscendo a strappargli un sorriso e a placare le sue preoccupazioni, aveva ragione lui: tutto sarebbe accaduto solo quando sarebbero stati pronti entrambi, non dovevano necessariamente affrettare le cose. Quando finalmente, dopo ore d’attesa, sentì il campanello della porta. Si precipitò ad aprire alla velocità della luce e quando vide il suo ragazzo davanti a sé gli venne da sorridere spontaneamente e tutte le preoccupazioni che avevano invaso la sua mente per tutto quel tempo sparirono nel nulla. Tutto quello di cui aveva bisogno era avere Harry al suo fianco. Adesso sapeva che tutto sarebbe andato per il verso giusto fino alla fine di quel weekend. Voleva che tutto fosse perfetto.
 
Quando Draco gli aveva chiesto di andare a casa sua per il fine settimana e conoscere sua madre, Harry era andato nel panico, ma aveva capito che per l’altro fosse quasi una necessità. Una parte di sé avrebbe preferito non andare, ma aveva promesso al suo ragazzo supporto totale, lo stesso che quest’ultimo gli aveva dimostrato nei mesi precedenti e non voleva deluderlo, non voleva che passasse il messaggio sbagliato che lui non voleva impegnarsi nella loro relazione, tanto quanto lo voleva anche Draco. Inoltre, il biondo aveva già praticamente conosciuto la sua famiglia ed era stato totalmente approvato da tutti, quindi era giusto che anche lui passasse quella difficile prova.
Eppure, non riusciva a smettere di pensare a cosa sarebbe successo se non fosse piaciuto a Narcissa. Cosa avrebbe fatto in quel caso? Draco lo avrebbe lasciato? Da come aveva parlato a Natale, non sembrava essere contraria alla loro relazione o tanto meno a lui… quindi le sue preoccupazioni erano superflue, no? Probabilmente si stava solo preoccupando troppo, come suo solito, ma non lo sapeva e la paura attanagliava le sue viscere fin dal giorno in cui Draco lo aveva invitato a ca casa sua, gli incoraggiamenti e i consigli di Remus, quella volta, non erano serviti a nulla, continuava ad essere terrorizzato. Ed era con quello stato d’animo che era arrivato alla villa della donna.
Era rimasto stupito dalla bellezza di quest’ultima, il Manor della famiglia Malfoy era antico, tetro, oscuro. Harry ci era stato una sola volta nella sua vita e gli era sembrato un luogo davvero lugubre e inospitale, mentre questa villa sembrava diversa, già dall’esterno. Il vialetto di pietra che conduceva all’ingresso era percorso da enormi cespugli, che probabilmente in estate sarebbero fioriti, e da statue di piccoli angeli; la villa era grande, ma sembrava essere accogliente. Con il cuore in gola, il Grifondoro percorse il vialetto e man mano che si avvicinava all’ingresso, sentiva il suo cuore battere con maggiore forza nel petto. Dannazione. Cosa doveva fare? Come poteva riuscire a calmarsi in quel momento? C’era qualcosa che poteva fare per evitare di sentirsi in quel modo? No, probabilmente doveva solo vedere il suo ragazzo, poi si sarebbe sentito meglio. Quando raggiunse la porta, prese un profondo respiro, poi suonò il campanello e attese per dei minuti interminabili che qualcuno gli aprisse. Aveva portato con sé una torta, aveva provato a farla da solo, ma l’agitazione lo aveva portato a fallire, così ne aveva comprata una in una delle migliori pasticcerie di Londra – pasticceria gentilmente consigliata da Hermione – e sperava potesse piacere a Narcissa. Come doveva comportarsi? Tonks gli aveva suggerito di essere se stesso e di rilassarsi, che sicuramente “la zia Cissy” avrebbe apprezzato qualunque cosa, purché avesse portato alla felicità di Draco. Harry sperava che fosse così semplice da accontentare, aveva intenzione di rendere felice Draco e di non farlo soffrire mai più come in passato.
Finalmente la porta si aprì e la figura magnifica del suo ragazzo, si stagliò davanti a lui. Era bellissimo, indossava un semplice pantalone nero con maglioncino verde chiaro, dal quale spuntava il colletto di una camicia bianca. Draco era incredibilmente bello e affascinante con qualunque cosa indossasse.
«Allora? Hai intenzione di restare tutto il tempo lì a fissarmi o vuoi entrare?» domandò incrociando le braccia al petto e fissando il moro con uno sguardo divertito. Quest’ultimo arrossì e sbuffò.
«Dovrei essere il tuo ragazzo, in teoria» ribatté piccato «Non dovresti accogliermi con dolcezza?»
Draco lo fissò per un paio di minuti con serietà, poi il suo viso si sciolse in un sorriso abbagliante e si avvicinò a lui, prendendolo per i fianchi e avvicinandolo a sé, attento alle cose che il moro aveva in mano, per poi stampargli un delicato bacio sulle labbra. Harry si sciolse immediatamente al contatto e se non avesse avuto le mani occupate dalla torta, probabilmente avrebbe avvolto le braccia attorno al collo del suo ragazzo per trascinarlo in un bacio più approfondito.
«Stavo solo scherzando» mormorò il biondo, quando si staccò da lui «Ti stavo aspettando con impazienza» confessò.
«Anche io non vedevo l’ora di vederti» sussurrò Harry, sorridendo dolcemente.
«Dai, entriamo, mia madre non vede l’ora delle presentazioni ufficiali» gli disse, prendendogli un braccio e trascinandolo in casa. Il Grifondoro avvertì nuovamente la tensione farsi largo in lui, ma non osò dire nulla. Si chiese se la torta fosse abbastanza, se avesse dovuto portare qualcosa da bere o qualcos’altro… forse dei fiori per Narcissa?
«Draco, Draco, aspetta un attimo».
«Cosa?»
«Non ho portato niente per tua madre…» disse mortificato ed in imbarazzo «Non so… forse avrei portarle dei fiori?»
«Non è necessario» replicò il biondo, ma Harry lo guardò supplichevole, cercando una soluzione alla sua stupidità «Ma se proprio ci tieni, sei un mago, no? Esiste un incantesimo per creare un mazzo di fiori dalla bacchetta».
«Sei un genio!» esclamò il moro, passando all’altro la torta che aveva in mano, estrasse dalla tasca dei pantaloni la sua bacchetta e «Orchideous» pronunciò. Dalla punta della sua bacchetta spuntò un bel mazzo di orchidee e altri fiori di cui lui non conosceva il nome. Sorrise soddisfatto al suo ragazzo e finalmente si sentì pronto per raggiungere Narcissa.
«Sei sicuro?» gli chiese il biondo «Se non te la senti, possiamo spostare, non è necessario che sia oggi…» gli disse «Forse ho corso troppo, ero troppo entusiasta dal fatto che mia madre avesse accettato che mi sono lasciato trascinare e…»
«Draco, sono sicuro» lo interruppe il moro, sorridendo «Tu conosci già la mia famiglia, è giusto che anche io conosca ufficialmente la tua…» spiegò «Sono pronto» ripeté per convincere anche se stesso «Andiamo».
Draco sorrise dolcemente e gli baciò la guancia «Okay, allora». Lentamente, i due percorsero il lungo corridoio della casa, fino alla sala da pranzo, dove Narcissa finiva di sistemare alcuni piatti.
«Madre, lui è Harry» disse Draco, schiarendosi la voce «Il mio ragazzo» aggiunse con orgoglio.
Harry fece un breve inchino e porse i fiori alla donna «È un vero piacere conoscerla, signora…» si morse le labbra, non sapendo se potesse o meno chiamarla ancora “signora Malfoy” «Questi sono per lei».
«Sei molto gentile, Harry» gli disse la donna, accettando i fiori con un dolce sorriso sulle labbra «Non c’è bisogno di essere così teso, puoi stare tranquillo, per me la felicità di mio figlio è più importante di qualunque altra cosa, se tu lo rendi felice, sei il benvenuto in casa mia».
«La ringrazio molto» rispose lui riconoscente. Draco appoggiò la torta che ancora teneva tra le mani sul tavolo e lo raggiunse in un attimo, gli mise un braccio dietro alla schiena, accarezzandolo delicatamente per rassicurarlo e fargli sapere che lui era esattamente lì, dietro di lui e che non lo avrebbe mai lasciato solo.
«Harry ci ha anche portato una torta, madre, non è adorabile?»
Narcissa sorrise dolcemente ai due: «Sì, molto. Del resto, per piacere a te, doveva esserlo per forza, no?»
«Lo so, modestamente ho sempre avuto ottimi gusti» affermò, rivolgendo un’occhiata intensa al moro. Harry sentì tutto il suo viso andare a fuoco, come se qualcuno avesse improvvisamente lanciato mille Incendio tutti indirizzati al suo viso. Avrebbe voluto nascondere il viso contro la spalla di Draco, ma non sapeva se potesse farlo o no davanti a Narcissa. Non voleva già fare una brutta figura in quel momento e mostrarsi come uno stupido proprio ora che la stava conoscendo. Draco lo aveva invitato solo per metterlo in imbarazzo o cosa?
«Uhm… posso darle una mano a preparare qualcosa o…?»
«Non ti preoccupare, Harry, vieni accomodati, voglio parlare un po’ con te» gli disse la donna, invitandolo a sedersi accanto a sé. Il moro guardò il suo ragazzo con il terrore impresso negli occhi, ma non poté rifiutare. Così si sedette come la donna l’aveva invitato a fare ed ella fece lo stesso. Draco invece si sedette accanto al suo ragazzo e gli prese delicatamente la mano sotto al tavolo per stringergliela forte e infondergli coraggio. Harry apprezzò molto il suo gesto e si ritrovò a sua volta a stringergli la mano. Per sua fortuna, la conversazione con la donna non fu tragica. Sembrava davvero interessata solo a conoscerlo meglio e a capire maggiormente il suo rapporto con Draco. Sebbene fosse una donna elegante ed impostata, Narcissa non era intimidatoria né sembrava una persona irragionevole o dalla mente chiusa, anzi era una madre molto attenta e preoccupata per il figlio. Fu davvero piacevole parlare con lei, fino a che…
«Tu lo sai, vero, che Draco ha avuto una brutta esperienza?» gli chiese. Harry si congelò sul posto, Draco al suo fianco si irrigidì. Nonostante ciò, il Grifondoro annuì lentamente. «Mi raccomando, prenditi cura di lui».
«Non si preoccupi, signora» disse lui con serietà guardandola dritto negli occhi «Non gli farei mai del male, in nessun modo e farò tutto ciò che è in mio potere per proteggerlo e per renderlo felice, lo giuro».
Narcissa si sciolse e gli sorrise amorevolmente di nuovo «Sono davvero felice di sentirti dire queste parole» disse «Penso che tu sia davvero la persona adatta a stare accanto a mio figlio in questo momento».
Dopo un’ora di chiacchiere, alla fine iniziarono a cenare e sorprendentemente la serata fu più divertente del previsto, Harry sentì che man mano la tensione che provava svaniva sempre di più. Iniziava a sentirsi a suo agio e, per sua grande fortuna, Draco al suo fianco non gli aveva mai lasciato la mano, gliel’aveva stretta forte per tutto il tempo e aveva continuato a farlo, tenendo le loro dita intrecciate per tutto il tempo della cena.
Consumarono anche la torta che Harry aveva portato e poi sparecchiarono. Harry si sentì in dovere di dare una mano, in fondo ci era abituato e non sapeva starsene con le mani in mano per molto tempo.
Non credeva davvero che fosse andata così bene, che Narcissa lo avesse accolto così positivamente nella famiglia, che non avesse ostacolato per niente la loro storia, che fosse stata così gentile e accomodante con lui, al punto da farlo sentire completamente a suo agio durante la cena e anche dopo. Lo invitò addirittura a tornare ancora una volta, prima che le feste di Natale finissero, così che potessero trascorrere un’altra serata insieme, così che lei potesse mostrargli delle foto di Draco da bambino. A Harry era venuto da ridere, mentre il suo ragazzo si era fatto tutto rosso nel sentire sua madre pronunciare quelle parole. Nonostante l’imbarazzo, non poteva che essere felice che sua madre avesse accettato completamente il suo ragazzo e che egli l’avesse conquistata in poco tempo, dopotutto per chiunque era impossibile resistere al fascino di Harry Potter, non tanto per la sua storia, ma per la persona meravigliosa che era.
Draco gli baciò la guancia istintivamente e il moro arrossì, portandosi una mano su di essa. «Vi auguro di essere così felici e innamorati sempre, siete proprio una bella coppia» aveva detto la donna, prima di salutarli ed augurare ad entrambi la buonanotte, invitando Harry ad occupare una delle stanze degli ospiti, quella che più preferiva. Draco ridacchiò, annuendo, sostenendo che avrebbe mostrato lui stesso al suo ragazzo tutte le stanze della casa in modo da fargliela scegliere, ma già sapeva che lo avrebbe portato nella sua. Voleva restare con lui tutta la notte.
 
Quando raggiunsero la camera di Draco e iniziarono a baciarsi seduti sul letto del biondo, Harry ebbe il vago sospetto di aver capito come sarebbe finita quella serata; una parte di sé si sentì euforica, mentre l’altra si sentì colta dal terrore.
Non aveva nessuna esperienza in quel campo, anzi nessuno dei due l’aveva; erano entrambi inesperti ed entrambi non avevano avuto esperienze piacevoli in passato, soprattutto Draco. Non sapeva come comportarsi, nel caso in cui le cose fossero realmente diventate più intime tra di loro né sapeva come si sarebbe comportato il biondo. Forse, però erano solo le sue solite preoccupazioni, forse si stava solamente facendo troppi problemi e non sarebbe successo niente. Probabilmente aveva solo frainteso la situazione e non voleva che l’altro lo capisse, così cercò di non mostrarlo troppo.
«Cosa ti preoccupa?» gli chiese il Serpeverde, quando si staccò da lui e lo guardò negli occhi «Ti sento teso».
Dannazione, pensò Harry e scosse la testa, non voleva che il suo ragazzo si preoccupasse inutilmente per lui. Forse si stava allarmando troppo per nulla e non voleva che anche il biondo lo fraintendesse o altro.
«Niente, sto bene…» mormorò in risposta, il biondo però lo guardò alzando le sopracciglia in un’espressione eloquente, facendogli capire che non avesse creduto neanche per un momento alle sue parole, così a malincuore Harry dovette provare a spiegare ciò che in quel momento stava passando nella sua mente, anche se non era per niente facile. «È che è la prima volta che dormiamo insieme» disse allora, per evitare di dare voce a tutti i pensieri che stavano tormentando la sua mente in quel momento e confondere anche il suo ragazzo.
Draco ridacchiò guardandolo e gli accarezzò delicatamente una guancia «Cosa dovremmo fare a parte baciarci?» Harry non rispose, ma arrossì all’impazzata e quella sua reazione bastò per far arrossire anche il biondo e per fargli spalancare gli occhi in un’espressione completamente stupita.
Draco deglutì. Oh – pensò – non ero l’unico a pensare a cosa sarebbe accaduto una volta rimasti da soli.
Ebbene, no non era stato l’unico a domandarsi cosa sarebbe accaduto e non avrebbe mai creduto che Harry potesse parlarne per primo. Beh, in effetti non ne aveva parlato, aveva solo lasciato intendere con le sue reazioni a cosa stesse pensando e cosa lo stesse facendo sentire così teso. Draco non sapeva minimamente cosa fare in quel momento, sentiva solo il suo cuore battere in maniera forsennata e l’adrenalina iniziare a circolare nel suo corpo, un’eccitazione sempre crescente. Era Harry a fargli quell’effetto? Molto probabile. Forse con lui sarebbe riuscito completamente a superare quello che era accaduto un anno prima, era certo che il moro sarebbe riuscito a scacciare via ogni brutto ricordo.
«Tu vorresti…?» gli chiese piano il biondo, studiando il suo viso. Harry si ritrovò a specchiarsi negli occhi chiari del suo ragazzo e deglutì. L’idea non gli dispiaceva, ma non sapeva come comportarsi o cosa fare esattamente, nessuno gli aveva mai spiegato niente di quell’argomento, era la prima volta per lui in generale. Neanche con una ragazza si era mai trovato in intimità, prima di Draco non aveva avuto neanche una reale relazione. Draco era il primo in tutto per lui, tuttavia, si ritrovò ad annuire. Non voleva che l’altro si sentisse rifiutato o altro. Il Serpeverde annuì e gli mise le mani attorno alle guance, avvicinò i loro visi l’uno all’altro, sorridendogli e dopo avergli mormorato un dolce «Ti farò stare bene» lo baciò delicatamente, senza aggiungere niente. Harry si chiese subito cosa sarebbe accaduto da quel momento in poi, ma non se ne preoccupò. Si fidava di Draco e sapeva che, in qualunque caso, si sarebbe fermato, se lui gliel’avesse chiesto. Gli avvolse le braccia attorno al collo e decise che avrebbe lasciato che le cose seguissero il loro ordine naturale, dopotutto si stavano solo baciando… tuttavia il bacio divenne più intenso, più profondo e Draco fece distendere il suo ragazzo sul letto, sovrastando il suo corpo con il proprio, facendo combaciare i loro petti; per tutta risposta, Harry intensificò la presa dietro al suo collo e lo baciò con più profondità, con maggiore enfasi. Lentamente le mani del biondo scivolarono lungo i suoi fianchi, accarezzandoglieli con delicatezza, come se esse stessero toccando un qualcosa di prezioso, delicato, fragile, e lentamente gli sollevarono il maglione. Harry non aveva mai provato tante sensazioni simili tutte insieme, era soggiogato dai sentimenti che provava per il biondo, non riusciva a reagire ad essi, non sapeva né come, né perché, ma alla fine… alla fine si era innamorato di lui ed era in quella situazione, con lui. E non se ne pentiva. Così, semplicemente, si arrese ad essi.
«Mi fido di te…» soffiò il moro contro le sue labbra, quando il suo ragazzo gli ebbe tolto il maglione, lasciandolo solo con la camicia che indossava sotto di esso. Draco si ritrovò a sorridere e un brivido d’emozione scivolò lungo la sua schiena. Sì, avevano chiarito già prima la questione della fiducia che provavano l’uno nei confronti dell’altro, tuttavia sentirsi dire in un momento tanto intimo che Harry si fidava di lui, irradiava il suo animo di una nuova fiducia, di una nuova emozione, qualcosa che prima non aveva mai provato. Lentamente, passò a sbottonare a uno a uno tutti i bottoni della camicia chiara del suo ragazzo e delicatamente gliela lasciò scivolare lungo le spalle. Harry lo guardava con i suoi enormi occhi verdi e una fiducia totale in essi, questo lo spinse ad abbassarsi su di lui e a lasciargli dei delicati baci lungo il collo. Mentre si muoveva e continuava, sentiva l’altro rabbrividire ed emettere dei gemiti leggeri, come se stesse apprezzando particolarmente le attenzioni che gli stava dando, così si sentì autorizzato a continuare e iniziò a baciargli anche il petto, lentamente risalì sulle sue labbra, coinvolgendolo in un altro bacio mozzafiato, Harry affondò le mani tra i suoi capelli e glieli tirò piano, facendolo sospirare di piacere. Draco sorrise sulle sue labbra, portando le braccia dietro alla sua schiena e lo strinse contro di sé, aveva bisogno di lui, adesso più che mai.
In quel momento, entrambi erano soggiogati dalle emozioni, entrambi vittime dell’amore che provavano l’uno per l’altro, come se per tutta la vita non avessero aspettato altro se non colui che avevano tra le braccia. In breve, la passione colse entrambi, i baci divennero più infuocati e i tocchi di Draco più sicuri, persino Harry iniziò a sciogliersi e quando ribaltò le posizioni, cercando di togliere la camicia al suo ragazzo, si specchiò negli occhi di quest’ultimo e gli sorrise dolcemente, prima di abbassarsi e iniziare a baciargli il petto scoperto. Il biondo chiuse gli occhi, lasciandosi andare alla sensazione di benessere che stava provando, il moro con delicatezza percorse la sua pelle nuda con le labbra e con le mani, esplorando quel corpo ancora per lui sconosciuto.
Bastò una frazione di secondo, una mano del moro si posò sul suo fianco, insinuandosi parzialmente nei suoi pantaloni e Draco si irrigidì completamente, il suo corpo rispose a quei tocchi come se fosse stato appena aggredito. Si morse le labbra e cercò di scacciare quelle orribili sensazioni che provava, si sforzò con tutto se stesso di resistere e di non respingere l’altro, ma le immagini di quella notte, della notte in cui era stato punito da Voldemort, ritornarono con prepotenza nella sua mente, si insinuarono pericolosamente tra le sensazioni belle che stava provando con il suo ragazzo.
«Draco…?» lo chiamò piano l’altro, fermandosi immediatamente. Non appena aveva sentito il cambiamento dell’altro e il suo irrigidimento si era fermato subito, senza alcuna esitazione «Draco… che hai? Ehi?»
«… n-no» esalò il biondo, tremando come una foglia.
Harry deglutì, non sapendo cosa fare, tuttavia la situazione era piuttosto chiara per lui. Aveva visto personalmente quei ricordi di Draco, probabilmente era l’unica persona a cui li aveva mostrati, e aveva sempre avuto paura che una cosa del genere potesse accadere, tuttavia non si scoraggiò. Avrebbe fatto capire a Draco che non avevano alcuna fretta, in niente. Non aveva di certo intenzione di lasciarlo tanto presto, anzi non avrebbe mai voluto lasciarlo andare, in realtà.
Portò le sue mani sul viso del biondo e cercò di rassicurarlo al meglio delle sue capacità, non era bravo a consolare, non lo era mai stato, ma… per Draco avrebbe fatto quello sforzo, per Draco avrebbe fatto di tutto, voleva che con lui si sentisse a suo agio, mai a disagio, che si sentisse felice, che sapesse che non doveva vergognarsi di niente, che con lui era sempre al sicuro; sapeva benissimo che nella situazione inversa il biondo si sarebbe comportato nello stesso modo. Per un momento, infatti, si chiese: cosa farebbe lui se fossi io in questa situazione? Non impiegò molto a trovare la sua risposta. Così smise di pensare e semplicemente agì per aiutare il suo ragazzo a superare quel momento di crisi.
«Draco, ehi…» lo chiamò dolcemente «Non sei costretto a fare niente» gli sussurrò piano «Ci sono io qui con te, nessuno ti farà del male» gli disse ancora sussurrando «Va tutto bene, sei qui con me».
«M-Mi dispiace» mormorò il biondo «Non so cosa mi sia preso».
«Non scusarti, okay? Non è colpa tua» disse «Non importa, va bene così, non dobbiamo sforzarci a fare niente, se non ci sentiamo pronti».
«Ma tu volevi e…» deglutì «Non voglio deluderti…»
«Draco, ma tu non mi deluderesti mai, hai capito? Mai» affermò con sicurezza «Abbiamo tempo e non voglio che tu ti senta costretto o che stia male per questo, okay?» il biondo scosse la testa e voltò il viso, per non guardare il suo ragazzo, provando vergogna verso se stesso, come poteva lasciare che quei ricordi influenzassero la sua vita? Come poteva permettere che quelle cose minassero in qualche modo la sua relazione con Harry? Tuttavia quest’ultimo gli prese il viso tra le mani e con gentilezza, lo fece girare di nuovo verso di sé «Ascoltami, abbiamo tempo per sperimentare e per fare… le cose da coppia, ecco» disse leggermente imbarazzato, riuscendo a strappare un sorriso all’altro «Non abbiamo fretta, okay?»
«Okay…»
Draco sospirò e appoggiò la testa sul cuscino, sospirando pesantemente. Era fortunato ad avere una persona accanto come Harry, un ragazzo così comprensivo, così dolce… ma non capiva perché così all’improvviso avesse reagito in quel modo, era stato lui stesso ad iniziare, perché poi la sua mente era tornata a quella notte? Avrebbe continuato a fare incubi su quella cosa fino alla fine dei suoi giorni? Prima o poi sarebbe passato? E se non l’avesse mai superata? Harry lo avrebbe lasciato a quel punto? Lo avrebbe lasciato perché non poteva dargli ciò che voleva? Alzò lo sguardo terrorizzato verso il suo ragazzo che gli rivolse un dolce sorriso.
«Mi lascerai, vero?»
«Perché dovrei?»
«Perché non riesco a…» Harry lo interruppe, mettendogli una mano sulla bocca, guardandolo negli occhi con estrema serietà, quasi come se si fosse sentito offeso da quella insinuazione.
«Non ti lascerò mai andare, okay? Non mi importa di questo, a me importa solo che tu stia bene» gli disse, guardandolo negli occhi «Non ho bisogno di questo, okay? A me basta che ci sia tu nella mia vita» continuò «Chiaro?»
Draco deglutì e annuì. Non aveva mai visto Harry così serio e così determinato. Il suo cuore si riscaldò e una nuova speranza nacque in lui, sembrava quasi come se la loro relazione fosse salita di livello, anche se non avevano fatto niente, avevano raggiunto un altro tipo di intimità e ne era davvero felice. «Non dire mai più che io ti lascerò».
«Mai più, promesso» confermò «Neanche io lo farò» promise.
Il moro gli sorrise e annuì «Su, dai, adesso mettiamoci il pigiama e dormiamo» disse poi, alzandosi dal letto e porgendogli una mano, invitandolo ad alzarsi insieme a lui.
«Sono davvero fortunato ad averti, lo sai?» chiese retoricamente, prendendogli la mano e lasciando che l’altro lo aiutasse ad alzarsi. Harry arrossì ancora una volta, non aspettandosi quella domanda e non rispose subito, così Draco approfittò della situazione per avvicinarsi a lui e prenderlo per i fianchi, per abbracciarlo da dietro e stampargli un bacio sul collo. «Grazie per essere stato così comprensivo con me, stasera».
L’altro sorrise appena e appoggiò le mani sulle sue, accarezzandogli delicatamente le dita. «Tu avresti fatto lo stesso con me, se la situazione fosse stata inversa».
Draco annuì e nascose il viso nell’incavo del suo collo, respirando piano il suo profumo, cercando un po’ di conforto in quell’abbraccio, così da riuscire a calmarsi un po’. Non credeva davvero che sarebbe successo qualcosa di simile, non credeva che potesse sentirsi in quel modo, ma era davvero grato che Harry fosse stato così dolce con lui e che lo avesse capito soprattutto, era tutto ciò di cui aveva bisogno.
«Ehi, mi presteresti un tuo pigiama?» chiese Harry per smorzare un po’ la tensione, mentre giocava ancora nervosamente con le dita del suo ragazzo adagiate sulla sua pancia. Il biondo annuì lentamente, lasciandosi poi scappare una risata.
«Scommetto che non hai portato nulla proprio per farti prestare da me qualcosa» Harry tacque per qualche istante e Draco gli pizzicò scherzosamente un fianco «Ho ragione io, ammettilo».
«E anche se fosse?»
«Sarebbe carino» replicò il biondo, senza volersi staccare da lui «Allora… ti presto qualcosa e poi dormiamo?»
«Sì!» esclamò il moro, poi un dubbio attraversò la sua mente «Vuoi che dorma in una delle stanze degli ospiti? Così non ti senti a disagio?» chiese, si pentì un attimo dopo della sua domanda, perché Draco intensificò la presa sui suoi fianchi e disse un “No!” così forte che lo fece trasalire. «Okay… okay, scusa».
Tra di loro scese un teso silenzio, mentre Draco raggiungeva uno dei suoi cassetti e ne tirava fuori un pigiama che diede al suo ragazzo, quest’ultimo lo accettò e si fece indicare il bagno, in modo da potersi cambiare. La sua mente era affollata di pensieri, non riusciva a liberarsi di essi, era preoccupato per Draco, non voleva che si sentisse costretto a dormire con lui, ma nello stesso tempo non voleva che l’altro pensasse che volesse respingerlo o cose simili. Era davvero difficile a volte, avere una relazione era davvero complicato come molti dicevano, anche se allo stesso tempo era una delle cose migliori che gli fossero mai capitate nella vita. Sicuramente, sia lui che il suo ragazzo dovevano impegnarsi a fondo per far funzionare le cose nel miglior modo possibile e qualcosa gli diceva che stavano davvero facendo le cose nel modo giusto. Tra di loro non mancava quasi mai il dialogo ed entrambi sapevano che se avessero avuto dei problemi, avrebbero potuto risolverli insieme, perché convinto che loro fossero quel tipo di coppia sempre pronta a supportarsi a vicenda.
Quando tornò nella stanza di Draco, il suo ragazzo indossava già il suo pigiama ed era sdraiato sul suo letto ed era dannatamente affascinante anche in quel momento.
Harry lo raggiunse e si sdraiò accanto a lui, il biondo coprì entrambi con la coperta pesante e il moro si strinse in essa, quasi come se avesse bisogno di sentirla su di sé. Davanti agli occhi del Serpeverde per un attimo passò l’immagine di un piccolo Potter che si stringeva nella coperta per sentire un abbraccio e sentì il bisogno di abbracciarlo e di tenerlo stretto a sé per tutta la notte.
«Ehi, pensavo… vuoi parlare di ciò che ti è successo?» gli chiese il Grifondoro «Me l’hai mostrato, ma non me ne hai mai parlato, forse parlarne può aiutarti a superare la cosa». Draco sorrise e si avvicinò a lui, abbracciandolo.
«No, adesso non voglio parlarne» gli disse «Ti prometto che ne parleremo, ma… non sono pronto ora».
«Va bene» replicò il moro «Qualunque cosa ti faccia sentire a tuo agio».
Draco annuì, riconoscente e gli sorrise dolcemente, avvolgendo le braccia attorno ai suoi fianchi con gentilezza.
«Posso abbracciarti, mentre dormiamo?» gli chiese a bassa voce, avvicinando il viso al suo.
«Perché vorresti abbracciarmi mentre dormiamo?» domandò il moro perplesso. Non aveva mai dormito con qualcuno in quel modo e non capiva perché Draco sentisse la necessità di farlo.
«Non posso abbracciare il mio ragazzo?» gli chiese a sua volta l’altro, guardandolo con un mezzo sorrisetto sul viso.
«C-Certo, ma non credevo che… ecco, tu fossi un tipo da abbracci a letto…»
«Ci sono ancora un sacco di cose che non conosci di me…» disse, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio sulla fronte «Adesso taci, Potter, e lascia che ti abbracci» affermò il biondo, abbracciando delicatamente il suo ragazzo.
«Va bene, come preferisci» replicò Harry, senza farselo ripetere due volte, sorridendo e appoggiando la guancia sul petto di Draco, si accoccolò tra le sue braccia, mentre il Serpeverde lo stringeva con forza a sé, come se non volesse più lasciarlo andare. Harry non riuscì a far altro se non rilassarsi e lasciarsi cullare da quella stretta rassicurante.
Draco gli diede un delicato bacio tra i capelli, prima di chiudere gli occhi e addormentarsi anche lui, sentendosi completamente rilassato e a suo agio in quella situazione, nonostante quello che era accaduto poco prima. Sapeva con certezza che prima o poi avrebbe superato quella difficoltà e sapeva che al suo fianco ci sarebbe stato sempre Harry. Forse un giorno sarebbe riuscito a dirgli che tutte quelle dimostrazioni d’affetto da parte sua erano completamente inedite per lui, non si era mai comportato così con nessuno e forse non l’avrebbe mai fatto con chiunque, ma con Harry era diverso, perché come gli aveva promesso più volte, voleva restituirgli tutto l’affetto che gli era stato negato negli anni dell’infanzia. Quando lo aveva visto salire sul suo letto e stringere quella coperta tra le mani, per un attimo aveva rivisto quel bambino di cinque anni bisognoso d’affetto che si avvolgeva in una coperta per sentire la sensazione di un abbraccio, voleva restituirgli anche quegli abbracci negati. Non voleva che il suo ragazzo desiderasse determinate cose, voleva che fosse felice e che avesse tutto ciò di cui aveva bisogno per essere felice. Sentendo poi il respiro tranquillo di Harry contro di sé, Draco riuscì a rilassarsi e ad addormentarsi anche lui. Prima o poi, le cose sarebbero andate meglio, per ora era felice che la sua vita stesse procedendo per il verso giusto.
 

 
Dopo le feste di Natale, Harry si sentiva rinato, più felice, più rilassato. Aveva davvero avuto bisogno di quei giorni di riposo, di stare in famiglia. Anche se il giorno di Natale c’era stata quella brutta discussione con Ginny, per fortuna dalla sua parte aveva avuto il suo migliore amico, Remus e la maggior parte delle persone che avevano assistito. Harry davvero non capiva il motivo per il quale la ragazza continuasse ad insistere per farlo rompere con Draco, ma non voleva più pensare a lei, dopotutto grazie a quel suo vano tentativo di mettere zizzania tra di loro, aveva avuto la possibilità di conoscere meglio Narcissa, di presentarsi a lei come ragazzo di Draco e inoltre lui e il suo ragazzo, grazie a lei, avevano dormito per la prima volta insieme. Anche se non avevano fatto nulla alla fine, se non coccolarsi a vicenda, non importava, perché alla fine anche quella cosa era servita ad entrambi per capirsi meglio.
Era con questi pensieri positivi che era salito sul treno per Hogwarts, quando aveva visto Draco nel solito vagone, si era sentito felice e lo aveva raggiunto, sentendosi accolto come al solito. Quest’ultimo lo aveva abbracciato, facendolo sedere sulle sue gambe – Harry stava iniziando ad abituarsi a quello, anche se davvero non capiva perché il biondo a volte divenisse così affettuoso nei suoi confronti, non gli dispiaceva affatto, ma… a volte se ne chiedeva il motivo – e gli aveva baciato la guancia. Tutti i commenti dei loro amici non avevano interrotto il momento, ma Harry era certo che Draco avrebbe risposto a tutti a tono se avessero esagerato o qualcosa di simile. Provò ad alzarsi dalle sue gambe, ma il biondo lo trattenne, stringendogli le braccia attorno ai fianchi. Harry arrossì all’impazzata, ma accontentò il suo ragazzo, rilassandosi e restando seduto lì. Si sentiva in imbarazzo, ma il modo in cui Draco lo stringeva, lo faceva sempre sentire protetto, prima di lui, nessuno lo aveva mai fatto sentire in quel modo. Harry sperava che in qualche modo, anche il biondo con lui si sentisse al sicuro.  
«Come sono andati questi ultimi giorni di vacanza?» gli chiese Draco, appoggiando il mento sulla sua spalla.
«Uhm bene» rispose, voltandosi appena verso di lui «I tuoi?»
«Mi sei mancato» confessò «Avrei voluto che fossi venuto a stare da me durante questi ultimi giorni prima della partenza».
Harry fece per rispondere, ma Ron si intromise e li interruppe con aria divertita, facendo scoppiare a ridere gli altri presenti, che come lui non ne potevano più di vederli amoreggiare ogni cinque minuti.
«Ehi, piccioncini, ci saremmo anche noi qui» disse il rosso, incrociando le braccia al petto «Vi importa almeno un po’ di noi?»
Draco alzò lo sguardo al cielo e fece finta di pensarci, prima di rispondere con un secco «No!» guadagnandosi uno schiaffo sul braccio dal suo ragazzo, che lo rimproverò, dicendogli di non essere così scortese con gli altri.
Il viaggio del ritorno trascorse con calma e con grande tranquillità, come al solito. Per le prime ore di esso, tutti loro si presero bonariamente in giro, qualcuno fece battute sulla troppa intimità che adesso c’era tra lui e Draco – ma quest’ultimo rispose per le rime a tutti, senza fornire alcun tipo di dettaglio – Hermione cambiò argomento, portandolo sul fatto che da lì a pochi mesi tutto sarebbe cambiato, perché tutti loro avrebbero preso i M.A.G.O. e che in fondo le dispiaceva che la scuola stesse per finire proprio adesso che tutti loro erano diventati così amici. Ci erano voluti sette anni, ma alla fine il vero spirito di Hogwarts era venuto fuori. Il loro era un gruppo caotico, ma alla fine erano anche molto uniti, strano ma vero, alla fine la cooperazione tra le varie case non era neppure male. Senza odio e stupide rivalità, l’amicizia era sbocciata così come aveva fatto l’amore tra lui e Draco, la morte di Voldemort aveva davvero cambiato e rivoluzionato ogni cosa, la sua minaccia incombente aveva sempre portato rivalità tra coloro che erano figli di Mangiamorte o che sposavano le stesse idee di Voldemort e chi invece era figlio di Auror o di membri dell’Ordine o di persone che la pensavano diversamente dal mago oscuro; adesso che quella minaccia era solo un lontano ricordo, le cose erano cambiate radicalmente. Certo, c’era ancora qualcuno che era rimasto legato a quelle idee antiche e poco inclusive, ma erano davvero poche persone.
«Dividiamo un dolcetto?» chiese Harry a Draco, improvvisamente, facendo spalancare gli occhi a tutti quanti.
«Non ne vuoi uno tutto tuo? Te lo posso prendere io, se vuoi».
«No, voglio dividere qualcosa con te» replicò il moro, guardando l’altro con gli occhi luminosi. Quando Harry lo guardava in quel modo, gli sembrava che tutto il mondo attorno a loro sparisse, che non esistesse più, c’erano solo loro due, persi nel loro mondo e nient’altro. Ed era felice che Harry stesse iniziando ad aprirsi un po’ di più e a mostrarsi un po’ più sicuro e tranquillo riguardo la loro relazione, soprattutto davanti agli altri.
«Va bene» rispose il biondo sorridendo «Vado a prendertelo». Harry sorrise apertamente e preso dall’euforia gli baciò una guancia, cogliendolo di sorpresa e facendolo arrossire appena. Draco non era ancora abituato alle dimostrazioni d’affetto dell’altro, dato che, tra loro due, Harry era sempre stato quello meno espansivo.
«Sono più dolci di una torta alla melassa» commentò sarcasticamente Blaise «Danno il voltastomaco».
«Lo sai? Non farebbe male neanche a te essere più romantico» lo rimbeccò Neville, al suo fianco.
«Qualcuno ha problemi di coppia, eh Zabini?» domandò Draco, al quale non era sfuggito il commento dell’amico «Pensa alla tua relazione piuttosto che mettere il naso nella mia» esclamò alzandosi dal sedile, separandosi con rammarico dal suo ragazzo. Raggiunse il corridoio del treno e non appena scorse la signora del carrello, la raggiunse e prese due dolcetti diversi, da divere con il suo ragazzo. Ritornò nel vagone e raggiunse di nuovo il suo Harry, sedendosi accanto a lui. Si guardarono di nuovo negli occhi, perdendosi nuovamente in quel mondo tutto loro, dove esistevano solo loro, facendo sentire tutti gli altri intorno a loro single, anche se avevano già una relazione.
«Ah, lasciamoli nel loro mondo» borbottò Blaise «Vuoi qualcosa, Nev?»
«No, sto bene così» rispose l’altro sorridendo, riprendendo a leggere il suo libro di Erbologia.
«Io però voglio qualcosa, Blaise» intervenne Theodore «Offri qualcosa a me, Blaise!»
«Prenditela da solo» sbuffò Zabini, scuotendo la testa e appoggiando la testa sulla spalla del suo ragazzo. Tutti gli altri scoppiarono a ridere, compresi Harry e Draco che, per un momento, erano usciti dal loro mondo, giusto per ascoltare il battibecco tra i loro amici.
 
 
Una volta giunti al castello di Hogwarts, il gruppo si divise, dandosi però appuntamento in Sala Grande per la cena. Erano arrivati abbastanza presto, la cena sarebbe iniziata solo da lì a un’ora, avevano tutto il tempo per riposarsi un po’ dopo il viaggio e di cambiarsi magari. Draco, però, insistette per accompagnare Harry fino alla torre, prima di tornare nei sotterranei e raggiungere i suoi amici che erano rimasti lì.
«Allora ci vediamo dopo…?» mormorò Harry avvolgendo le braccia attorno al collo del suo ragazzo.
«Sì» rispose Draco «Magari stasera, ti invito nel bagno dei prefetti, sai per…»
«Draco!» esclamò il Grifondoro imbarazzato, colpendo piano una spalla del suo ragazzo, scuotendo la testa «Ma sei scemo? Potrebbero sentirti!»
«Stavo per dire per fare un bagno, non prendertela così!» esclamò piccato il biondo, scuotendo la testa divertito e poi gli chiese ironicamente: «Ti imbarazzi dopo che abbiamo pomiciato, flirtato e diviso un dolce davanti a tutti gli altri?»
«Ma è diverso, quelli sono i nostri amici… qui potrebbero sentirti tutti!»
«Adoro quando ti imbarazzi così» ridacchiò il biondo, poi si abbassò su di lui e gli diede un bacio a stampo. Il moro ricambiò il bacio e sorrise contro le sue labbra, prima di lasciarlo andare. Voleva restare ancora un po’ con lui, ma sapeva quanto il suo ragazzo desiderasse rivedere i suoi amici, soprattutto la Parkinson, dato che era stato particolarmente in pensiero per lei, durante le feste di Natale ed era giusto che adesso rivedesse l’amica e le parlasse un po’, trascorrendo del tempo con lei. Anche se era geloso, era giusto che il biondo si prendesse i suoi spazi. Non potevano stare mica tutto il giorno incollati.
«Ci vediamo dopo, allora». Harry annuì con sicurezza e dopo un altro bacio a stampo, lo lasciò andare e oltrepassò il ritratto della Signora Grassa, accedendo alla sala comune di Grifondoro. Respirò a pieni i polmoni l’aria di quella che era la sua seconda casa e poi si diresse verso i dormitori, dove Ron e Neville lo attendevano a braccia incrociate, con arie interrogative e in qualche modo preoccupate.
«Non mentire» fece il rosso con aria seria «Tu e Draco… l’avete fatto?»
«No» rispose Harry con sincerità «Ci siamo andati vicino, ma… no, ci siamo fermati prima».
«Davvero? Eppure dal vostro atteggiamento di oggi… non so, sembravate più intimi» osservò Neville «Sei sicuro?»
«Sono sicuro» rispose «È vero, siamo più a nostro agio, ma solo perché siamo consapevoli di ciò che proviamo l’uno per l’altro, tutto qui». I suoi amici lo guardarono e annuirono, come se avessero capito ciò che voleva dire. Harry sorrise a tutti e due, prima di andare a cambiarsi. Era davvero felice della nuova situazione che si era creata tra lui e Draco, entrambi finalmente erano felici ed erano consapevoli dei loro reciproci sentimenti, ma non era necessario che i suoi amici sapessero ogni cosa. Alcune cose voleva tenerle per sé e non diffonderle. Anche se era vero che lui e Draco non avevano fatto niente, anche se fosse accaduto di certo non l’avrebbe raccontato con così tanta facilità.
Un’ora dopo, raggiunse la Sala Grande fischiettando, entrò e si guardò subito intorno, come al solito la sala era piena di studenti, i professori erano seduti al loro tavolo, ma Silente non era ancora arrivato. Lui era lì solo per vedere il suo ragazzo, voleva sapere se anche i suoi amici lo avessero sottoposto al terzo grado e avessero provato a fare gli impiccioni, sapeva che a differenza sua che si imbarazzava facilmente, il biondo era perfettamente in grado di rispondere tono a qualunque insinuazione. Diede un’occhiata al tavolo dei Serpeverde, c’erano Tiger, Goyle, Theodore e Blaise, ma non vide quella familiare chioma biondo platino, così si diresse prima al tavolo della sua casa per salutare coloro che non aveva ancora incontrato. Era certo che il suo sorriso in quel momento partisse dall’orecchio destro e arrivasse a quello sinistro. Dean, Seamus, i suoi compagni di squadra, alcune ragazze e altre persone lo accolsero calorosamente. Ron e Hermione non c’erano ancora, li aveva visti sul divanetto della sala comune prima di andare lì e non aveva voluto disturbarli.
«Harry…» la voce di Ginny lo fece sussultare.
«Ciao Ginny» disse, cercando di non mostrare il fastidio che provava nel vederla.
«Volevo solo… scusarmi con te, ho capito che quello che ho fatto è stato sbagliato» disse «Mi chiedevo solo se tu potessi, ecco… perdonarmi» aggiunse «Mi dispiace davvero».
«Va bene» rispose Harry «Ma ci vorrà un po’, prima che torniamo ad essere amici come prima».
«… sì, certo, prenditi tutto il tempo che ti occorre».
«E dovresti scusarti con Draco, l’hai forzato a fare coming out, quando non era ancora pronto».
«S-Sì, certo, lo farò» replicò lei, mortificata. Harry la guardò per un attimo e si disse che forse Draco aveva ragione quando gli diceva che era troppo buono, al punto da sembrare stupido, ma non poteva farci niente. Era sempre pronto a perdonare chi si pentiva davvero dei suoi sbagli e poi Ginny era una sua compagna di squadra, prima o poi avrebbero dovuto interagire, quindi per lui era stato meglio che si fosse scusata con lui, prima di creare attriti nella squadra.
La ragazza gli sorrise e dal suo sguardo Harry capì che stesse per fargli qualche domanda sulla sua relazione. Non se la sentiva in quel momento di parlare con lei di ciò che c’era tra lui e Draco, non era sicuro che potesse capire e poi non voleva che ella usasse contro di loro qualcosa. Così le sorrise a sua volta e poi chiese a Dean come fossero andate le vacanze di Natale. Era felice e per un attimo la sua felicità coinvolse tutti i grifoni presenti, quando scorse la figura di Draco entrare nella sala, si staccò dal gruppo e lo raggiunse quasi saltellando. Finalmente era lì, dannazione, quanto tempo ci aveva messo a cambiarsi? Ma non importava, ormai era lì.
«Ehi!» esclamò, Draco gli fece un breve cenno e lo superò, senza neanche degnarlo di uno sguardo. «D-Draco?» il biondo non si voltò e proseguì verso il tavolo dei Serpeverde, Harry lo raggiunse e gli afferrò la mano «Ehi… non è divertente» gli disse «Cosa ti prende?» chiese.
«Potter, cosa vuoi?» chiese freddamente «Ho da fare, lasciami».
La freddezza di Draco colpì Harry in faccia come un violento schiaffo, il moro sentì che tutta la sua felicità fosse stata risucchiata via da un dissennatore. Cos’era successo? Cosa aveva fatto? Perché Draco si stava comportando in quel modo? Abbassò la testa e strinse i pugni, come si poteva passare dall’essere stupidamente felici all’essere così tristi in pochi istanti? Perché Draco lo aveva trattato in quel modo? Perché lo ignorava?
Sospirò e si incamminò di nuovo verso il tavolo dei Grifondoro, sentendosi abbastanza infelice. Avrebbe parlato con Draco non appena ne avrebbe avuto l’occasione, il Serpeverde non poteva aver cambiato atteggiamento nei suoi confronti in così poco tempo, doveva esserci sotto qualcosa, qualcosa di strano e lui avrebbe indagato e avrebbe fatto in modo che nessuno potesse più intromettersi tra di loro. O forse era stata colpa sua? Aveva fatto qualcosa?
Forse Draco non aveva apprezzato qualche suo atteggiamento? Forse si aspettava che si comportasse in modo diverso? O forse si era offeso per qualcosa? Ma cosa aveva potuto mai fare per farlo offendere in quel modo? Cosa c’era che non andava in lui? Sul treno gli era sembrato il solito e anche quando si erano salutati gli era sembrato che tutto fosse normale… cosa era successo in quell’ultima ora che aveva fatto cambiare misteriosamente il suo ragazzo?


 

To be continued...




_________________________


Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eheh, non vi libererete mai di me! *risata cattiva* LOL
Anyway, vi avevo promesso solo cose belle e non sono una che non mantiene le promesse, ma… un piccolo problema è all’orizzonte. Cosa mai sarà successo a Draco? Perché è stato così freddo nei confronti di Harry?
Se qualcuno non si ricorda quali sono le tragiche esperienze di Draco, le trovate nel prologo ma io sono qui pronta a darvi qualunque spiegazione! Era una cosa nell’aria, prima o poi sarebbero finiti in intimità e… beh, non sempre va tutto bene, ma i nostri piccini sono sempre pronti ad ascoltarsi l’un l’altro e a capirsi. That’s love! Quanto è cutie Draco che vuole abbracciare Harry perché vuole restituirgli tutto l’amore che gli è stato negato? EEEEEH. Lo so, lo so. È un amore <3
BTW, cosa gli è successo? Lo scoprirete nel prossimo episodio! “What’s wrong with you?” :D
Intanto, ci tengo davvero tanto a ringraziare tutte le persone che stanno seguendo con passione questa storia, lasciando sempre dei bellissimi commenti che mi commuovono ç_ç SO, grazie a: Estel84, Eevaa, Ai_Amano e _blakeinblack11_ per le vostre bellissime recensioni e il vostro supporto costante <3
Grazie anche a Puffanalovita per il commento breve e a tutte le persone che aggiungono la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite! Grazie davvero a tutti per il supporto che mi dimostrate ogni settimana <3
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 27
*** Terza Parte, Capitolo 8: What's wrong with you? ***


 Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 8: What's wrong with you? 




Harry davvero non capiva cosa stesse accadendo in quegli ultimi giorni. Erano tornati a Hogwarts dalle vacanze di Natale già da una settimana e ancora non capiva cosa stesse succedendo al suo ragazzo. Cosa aveva che non andava? Cosa aveva fatto di sbagliato da meritarsi quell’atteggiamento da parte del biondo? Aveva sbagliato qualcosa? Aveva detto qualcosa che lo aveva ferito in qualche modo? Lo aveva offeso senza rendersene conto?
Harry non lo sapeva e brancolava nel buio. Aveva provato inutilmente a parlare con il suo ragazzo, ma quest’ultimo lo aveva sempre ignorato. Il moro non si dava pace, non riusciva proprio a capacitarsi del suo repentino cambiamento e continuava a cercare momenti in cui parlare con lui, ma senza alcun risultato. Ogni volta che lo fermava per parlare, Draco lo liquidava con frasi rapide, con scuse e una freddezza che non gli stava per niente bene addosso, conoscendolo.
Draco sembrava essere arrabbiato con lui per qualcosa, ma il problema era che Harry non aveva affatto idea di cosa avesse fatto e non riusciva neanche a capirlo. Avrebbe potuto fare qualcosa per farsi perdonare, se il biondo gli avesse concesso almeno la possibilità di un dialogo, ma no, non gli parlava e lo trattava come un estraneo. Sembrava che tutto ciò che li aveva uniti nelle settimane precedenti fosse svanito nel nulla. Sembrava che improvvisamente fosse ritornato ad essere il ragazzo antipatico e senza cuore di sei anni prima, ma non era possibile un cambiamento del genere in così poco tempo. Doveva essere successo qualcosa di davvero spiacevole, ma per Harry essa era completamente sconosciuta.
Forse poteva parlarne con Blaise e Theodore, loro due erano i suoi migliori amici, magari avrebbe potuto farsi dire da loro cosa stesse prendendo al biondo e poteva farsi aiutare a risolvere il mistero “Draco Malfoy” di quei giorni.
Harry stava iniziando a provare una spiacevole sensazione, una di quelle che gli suggerivano che qualcosa di brutto stesse per accadere, anche se la cicatrice non gli faceva male, perché ormai Voldemort era morto, sapeva che qualcosa di brutto stava per succedere. L’aveva visto spesso nel corso degli anni, prima le cose sembravano andare bene, lui sembrava essere felice e poi… ecco che qualcosa di terribile succedeva e lui si ritrovava da solo a soffrire. Non importava che Draco gli avesse già promesso che niente di tutto quello sarebbe accaduto, stava di fatto già accadendo. E lui non poteva fare nulla per impedire che continuasse in quel modo.
Non sapeva cosa fare. Non riusciva a smettere di chiedersi per quale motivo Draco non andasse a parlare con lui, si erano promessi che se ci fosse stato un problema tra di loro ne avrebbero parlato, perché non andava da lui? Se aveva sbagliato qualcosa, voleva saperlo, così da poter rimediare in qualunque modo. Si era chiesto più volte se avesse sbagliato qualcosa e cosa avesse sbagliato, ma non era riuscito a trovare una risposta alle sue domande. Lui e Draco si erano comportati normalmente nel treno – forse erano stati anche un po’ troppo espliciti, ma non se ne erano vergognati affatto – erano arrivati a Hogwarts e il biondo lo aveva anche accompagnato fino al ritratto della Signora Grassa…e quando si erano salutati lì, sembrava che tutto andasse bene, poi si erano incontrati di nuovo in Sala Grande ed era stato lì che aveva visto un Draco diverso, un Draco che non conosceva un Draco che era la brutta copia del suo Draco. Era cambiato improvvisamente, era diventato freddo e sembrava davvero arrabbiato con lui, ma Harry ne ignorava il motivo.
Quale problema aveva? Perché non gliene parlava? Perché non gli permetteva di rimediare? Perché lo ignorava, quando lui lo raggiungeva per provare a parlarne?
Harry non aveva ancora detto niente ai suoi amici, né a Ron né a Hermione, perché non voleva che loro potessero pensare negativamente di Draco, anche perché non avrebbe saputo che motivo dare del perché fosse così freddo nei suoi confronti. Avrebbe voluto parlare con loro per farsi consigliare cosa fosse meglio fare in una situazione come quella, ma non voleva mettere il biondo in una brutta situazione, non voleva creargli problemi.
Non poteva essere cambiato così, tutt’un tratto. Doveva essere successo qualcosa, qualcosa che non aveva voluto dirgli, ma cosa? Più passavano i giorni, più si sentiva lontano da lui ed era ingiusto, visto come si era sentito bene prima, come si era sentito durante le feste di Natale e voleva tornare a sentirsi così. Mai in tutta la sua vita si era sentito così amato, come in quei giorni. Draco era davvero riuscito a toccare delle corde profonde del suo cuore, lo aveva avvolto con il suo calore e lo aveva protetto, Harry aveva davvero sentito quell’amore profondo verso di lui e si era fidato, gli aveva affidato il suo cuore e il biondo aveva promesso che non gliel’avrebbe mai spezzato.
Ma allora perché adesso si stava comportando in quel modo? Perché non gli parlava? Se c’era un problema, avrebbero dovuto parlarne, ignorare l’argomento non era una soluzione giusta. Si erano promessi che qualunque cosa l’avrebbero affrontata insieme, perché Draco non stava mantenendo la sua promessa? Cosa glielo impediva?
Harry era anche preoccupato. Sentiva che c’era qualcosa che non andava in Draco, poteva percepirlo chiaramente e non dal suo atteggiamento, ma lo percepiva dentro di sé. Forse era qualcosa di collegato al Nexus? Non lo sapeva. L’unica cosa di cui era certo era che il suo ragazzo aveva qualcosa che non andava e che, in un modo o nell’altro, doveva aiutarlo, anche solo per capire il vero motivo per il quale Draco lo stava trattando come un estraneo.
Quel qualcosa di ancora indefinito, comunque, gli suggeriva che non era colpa del Serpeverde. Non poteva essere colpa sua, qualcuno doveva avergli detto qualcosa. Ma cosa? Non riusciva a smettere di chiederselo. Aveva bisogno di parlare con lui assolutamente. In cuor suo, sapeva che Draco lo amava, ne era certo, non solo perché gliel’aveva detto più volte, ma perché lo aveva sentito, lo aveva percepito. In ogni gesto di Draco, in ogni suo bacio, in ogni sua carezza, c’era amore. Puro e semplice amore. Esso non poteva essere svanito così tutt’un tratto. A Draco era successo qualcosa e lui lo avrebbe scoperto. Dopotutto, aveva affrontato Voldemort svariate volte, cosa gli impediva di scoprire cosa fosse accaduto al biondo e aiutarlo? Assolutamente niente.
Se Draco non andava da lui e non voleva parlargli… beh, Harry avrebbe usato i suoi vecchi strumenti: il Mantello dell’Invisibilità e la Mappa del Malandrino, ma prima avrebbe consultato gli amici del suo ragazzo. Forse loro avrebbero potuto aprirgli gli occhi su ciò che stava accadendo, senza che lui ricorresse a certi trucchetti, anche se si sentiva abbastanza disperato da dover ricorrere ad essi. Non voleva dare l’impressione sbagliava, come se lui non si fidasse a sufficienza del biondo, ma non sapeva più cosa fare o cosa pensare e stava impazzendo. Aveva bisogno di risposte.
Così quel pomeriggio, si diresse in biblioteca, dove fortunatamente, riuscì ad incontrare Theodore e Blaise, i due erano lì con dei libri aperti davanti, ma non stavano studiando affatto. Sembravano tesi, preoccupati, erano lì che parlavano fittamente di qualcosa e Harry era quasi certo che si trattasse di Draco, forse anche loro si erano accorti del suo assurdo atteggiamento? Forse anche loro avevano capito che il biondo aveva qualcosa che non andava?
Forse, allora, potevano aiutarlo a risolvere quel mistero e potevano aiutarlo a far tornare in sé Draco.
Il suo sesto senso non sbagliava mai, ormai dopo tanti anni aveva il fiuto per quel tipo di situazioni. I suoi sospetti trovavano sempre più conferma e non sapeva come sentirsi a riguardo. Era preoccupato e spaventato da ciò che sarebbe potuto accadere da quel momento in poi. Aveva davvero bisogno di vederci chiaro in quella faccenda, per evitare di uscirne con il cuore spezzato o peggio.
«Ragazzi, cercavo proprio voi» disse a bassa voce quando li raggiunse e si sedette accanto a loro «Avete cinque minuti?»
I due lo guardarono preoccupati e annuirono lentamente. A Harry non passò inosservato il loro atteggiamento, era sospetto, soprattutto lo sguardo dispiaciuto di Blaise. Il ragazzo non capiva davvero cosa stesse accadendo e oltre a sentirsi preoccupato per il suo ragazzo e tutta la situazione, si sentiva anche abbastanza confuso.
«Vuoi parlare di Draco, vero?» chiese Theodore, il moro annuì lentamente, deglutendo.  «Sapevamo che saresti venuto a parlare con noi, prima o poi» aggiunse, quella risposta fece preoccupare ancor di più Harry.
«Voi sapete cosa gli prende?» chiese allarmato, guardandoli «Vi ha detto qualcosa? Gli ho fatto qualcosa?» domandò ancora «Mi ignora fin dal nostro ritorno a Hogwarts e non riesco mai a parlargli, dice sempre di essere impegnato o di non avere tempo, io…» deglutì «Penso che sia arrabbiato con me per qualcosa…» disse ancora «A voi ha detto qualcosa, ragazzi?»
I due Serpeverde scossero la testa, dispiaciuti, la realtà era che neanche loro sapevano cosa stesse accadendo a Draco, il biondo non parlava con loro fin da quando era tornato al castello. L’ultima conversazione “normale” che avevano avuto tutti e tre era stata quando loro due lo avevano preso bonariamente in giro riguardo la sua relazione con Harry e le loro insinuazioni su un maggiore coinvolgimento fisico, ma niente che non avessero mai fatto prima. Draco aveva risposto ad entrambi per le rime anche quella volta, come suo solito, sostenendo che loro due dovessero pensare prima alle loro relazioni e poi alla sua. Non era successo niente di strano, il suo atteggiamento era stato normale, non avevano notato niente di strano in lui, neanche quando lo avevano salutato per andare in Sala Grande. Draco aveva detto che li avrebbe raggiunti in un secondo momento, ma quando era arrivato lì, a tutti e due era parso strano, ma si erano detti che forse era stanco per il viaggio, tuttavia Draco aveva gradualmente smesso di parlare anche con loro due, misteriosamente, come se non fossero mai diventati amici.
«Purtroppo non parla con noi da giorni» spiegò Blaise «Ho provato a parlargli più volte, ma liquida qualunque argomento» aggiunse «Non ne capisco il motivo, pensavamo che tu ne sapessi di più».
«Già» intervenne Theo «L’ultima volta che abbiamo parlato, è stato quando siamo tornati dalle vacanze e gli abbiamo chiesto qualche informazione piccate su di voi, ma a parte risponderci per le rime come suo solito, non ha detto niente che facesse capire di essere arrabbiato» continuò «Credevamo avesse litigato con te, ad un certo punto, ma… non lo so».
«Non abbiamo litigato» mormorò Harry «Ha solo smesso di parlarmi…» deglutì, guardando gli amici del suo ragazzo «Secondo voi, cosa può essergli successo?» chiese ancora.
«Proprio non lo so, Potter» replicò Blaise «Ma cercheremo di scoprirlo, tu sei sicuro che non avete discusso su qualcosa?»
Harry pensò attentamente a ciò che era successo durante gli ultimi giorni di vacanza, al loro ritorno, a ciò che si erano detti davanti al quadro della Signora Grassa, ma non trovava davvero nessuna motivazione per la quale Draco di punto in bianco avesse deciso di ignorarlo. Non avevano discusso, non avevano litigato né altro. Senza prove certe, non aveva neanche esposto i suoi dubbi riguardo la veridicità delle parole di Pansy… davvero, non aveva idea di cosa fosse accaduto. Voleva solo saperne di più e aveva chiesto a Tonks di informarsi e di tenerlo aggiornato, ma non aveva mai rivelato nulla a Draco di questo. Forse il biondo aveva scoperto dei suoi dubbi e delle sue richieste alla cugina? Forse questo aveva senso. Forse era per questo che Draco era arrabbiato con lui. Forse avrebbe dovuto parlargliene, prima di indagare alle sue spalle, ma cosa avrebbe dovuto fare? Era preoccupato per lui e non voleva che le sue stupide paranoie si mettessero tra di loro e li facessero litigare. Ma se era per questo, perché non era andato da lui alla ricerca di spiegazioni? Perché aveva deciso di ignorarlo e basta? Non era un comportamento normale questo, non era un comportamento giusto nei suoi confronti. Non aveva senso che non gli parlasse, non aveva senso che si comportasse in quel modo.
«No, non abbiamo litigato, me ne ricorderei…»
«Non ti preoccupare, Potter» gli disse Theodore, mettendogli una mano sulla spalla «Ti aiuteremo noi a risolvere le cose, okay? Non ti disperare, presto tornerete ad essere i fastidiosi piccioncini che siete sempre stati, a farci sentire single ogni volta che vi guardate e a farvi invidiare da chiunque non abbia il vostro legame».
Blaise scosse la testa, portandosi due dita a massaggiarsi il ponte del naso «Devi per forza essere sempre così?»
«Così come?» chiese l’altro sarcasticamente, guardando l’amico con fare vago.
«Non puoi scherzare sempre su tutto».
«Cercavo solo di sdrammatizzare» replicò Theodore, scrollando le spalle «E poi è vero».
«Grazie ragazzi» mormorò Harry, guardandoli con riconoscenza «Mi terrete aggiornato sulle future novità?»
I due Serpeverde annuirono ed entrambi cercarono di tirargli su il morale come potevano, cercando di aiutarlo a distrarsi per un attimo. Quando Harry andò via dalla biblioteca, percepì ancor di più la necessità di dover fare qualcosa. C’era davvero qualcosa che non andava nell’atteggiamento di Draco. Se il biondo aveva iniziato ad ignorare anche i suoi amici… qualcosa in lui doveva essere cambiata. Doveva essergli successo qualcosa. Ma cosa? Che qualcuno stesse giocando con la sua mente?
Non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che qualcosa di brutto stesse per accadere, qualcosa di terribile. Non terribile quanto Voldemort, né quanto ciò che aveva vissuto in passato, ma comunque qualcosa di brutto.
Aveva bisogno di scoprire il più possibile su tutto. Per questo, quella sera stessa tirò fuori sia il Mantello dell’Invisibilità che la Mappa del Malandrino e decise che, fino a che non avesse avuto più informazioni, avrebbe seguito Draco ovunque, fino a che non fosse riuscito a fermarlo e a parlargli a quattr’occhi.
Il biondo, di certo, non poteva continuare ad ignorarlo in eterno.
 

 
Era stato un po’ come tornare alle vecchie abitudini, appena aveva ripreso il Mantello dell’Invisibilità, aveva cercato Draco sulla Mappa del Malandrino e lo aveva seguito. Dopo la lezione di Rune Antiche, lo aveva visto lasciare l’aula e raggiungere la biblioteca. Non era quasi mai da solo, se avesse voluto fermarlo per parlargli non avrebbe potuto, con lui c’erano sempre alcuni dei Serpeverde che lui non conosceva, l’immancabile Pansy Parkinson e altre ragazze che non aveva mai visto prima. Harry avrebbe voluto provare a capire il suo atteggiamento, ma non ci riusciva.
Durante la lezione di Pozioni, per esempio, si era avvicinato a lui, chiedendogli di aiutarlo, come faceva sempre, ma il biondo aveva sbuffato e si era allontanato da lui. Blaise e Theodore avevano scrollato le spalle, come se non capissero. Draco non socializzava neanche con loro. Durante la lezione di Incantesimi, invece, aveva provato a sedersi accanto a lui ma questo aveva cambiato il suo posto repentinamente, lasciandolo indietro con un’espressione distrutta sul volto.
Harry non capiva, davvero. Cosa aveva fatto di male per meritare ciò?
Aveva provato ad approcciarsi al suo ragazzo anche durante le lezioni di Storia della Magia e di Trasfigurazioni, ma entrambe le volte non aveva ottenuto nulla, se non un due di picche. Aveva allora provato a raggiungerlo in biblioteca, ma lo aveva trovato con altre persone e non appena lo aveva visto, il biondo aveva deciso di cambiare aria, spostandosi con tutto il suo gruppo.
I suoi amici stavano iniziando a preoccuparsi per lui a causa di questo suo bizzarro comportamento, ma anche perché lo vedevano distante dal biondo e non si spiegavano il motivo di ciò, infatti stavano iniziando a fare domande, ma Harry cercava di evitarli perché non voleva creare problemi al biondo. Sicuramente era un malinteso, che prima o poi si sarebbe risolto.
Non voleva che il suo atteggiamento venisse frainteso, di certo, tutti gli avrebbero detto che era troppo geloso, che forse doveva lasciare Draco respirare, che non potevano stare sempre insieme, che altrimenti la relazione sarebbe risultata soffocante. L’idea di Harry non era affatto quella di soffocare Draco, voleva solo capire il suo strano atteggiamento, se l’altro gliel’avesse detto, gli avrebbe lasciato tutto lo spazio possibile, ma così… non capiva il motivo di un simile atteggiamento. Forse qualcuno avrebbe potuto dirgli che era irrazionale e anche lui aveva pensato a questo, ma… quello che lo turbava era la freddezza con cui Draco lo aveva trattato. Non era lo stesso ragazzo che gli aveva comprato un cellulare, un oggetto babbano, solo per poterlo sentire tutti i giorni e non dover aspettare le lettere. Draco era un dannatissimo mago purosangue, che fino a un anno prima aveva odiato i babbani e tutte le loro creazioni, e si era abbassato ad usare un oggetto di questi, pur di parlare con lui durante le feste di Natale. Non poteva essere diventato così freddo tutt’un tratto. C’era qualcosa, qualcosa che preoccupava Harry. Un altro dei motivi per il quale lo seguiva era appunto la preoccupazione. Se qualcuno stava giocando con la sua mente, prima o poi avrebbe provato a fargli del male e lui voleva essere lì per proteggerlo, così come gli aveva promesso nel bagno di Mirtilla Malcontenta un anno prima.
E sì, forse il suo comportamento poteva sembrare anche infantile, bisognoso e disperato, ma non sapeva che altro fare per potergli stare accanto. Non sapeva che altro fare per capire cosa gli fosse accaduto. Così, ogni volta che poteva, lo seguiva, ma non aveva scoperto niente. Nessun atteggiamento sospetto da parte di nessuno, fino a quel momento, nessun atteggiamento particolare, nessuna spiegazione adeguata. Harry era davvero confuso, era davvero sopraffatto da tutto, una parte di sé stava iniziando a pensare che Draco volesse davvero rompere con lui senza dargli alcuna spiegazione, ma non poteva a credere a questo.
Non riusciva a concentrarsi sui suoi studi, neanche durante le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure, che era sempre stata la materia in cui aveva eccelso. Remus era preoccupato per lui, gliel’aveva detto una sera, quando lo aveva raggiunto nel dormitorio per parlargli, in seguito a una T che aveva preso nell’ultimo test. In cuor suo, Harry sapeva che i M.A.G.O. si avvicinavano, che avrebbe dovuto impegnarsi, ma non riusciva a concentrarsi su altro, non riusciva a focalizzare l’attenzione sui suoi studi o sul Quidditch. Era sbagliato, sì, ne era perfettamente consapevole, aveva anche quasi discusso con Hermione a riguardo, ma non riusciva a reagire quella volta. Erano anche diversi giorni che saltava gli allenamenti di Quidditch, Ron gli aveva detto che lo aveva coperto spiegando ai loro compagni, che si era fatto male durante le feste di Natale e che gli era stato consigliato di non giocare per almeno un mese. Harry non avrebbe potuto essere più grato al suo migliore amico, anche se non gli aveva raccontato nulla di ciò che gli stava accadendo, il rosso era stato pronto a coprirlo e a dargli del tempo per riflettere e stare solo. Harry, lo sapeva, prima avrebbe risolto il problema riguardante Draco, poi avrebbe ripreso a studiare con serietà e avrebbe recuperato tutte le insufficienze che aveva preso e poi sarebbe anche tornato a giocare, doveva prima sistemare tutto il resto.
Sperava davvero che quello fosse un incubo. Magari si era addormentato sul treno, appoggiato a Draco e stava avendo uno dei suoi soliti incubi, magari si sarebbe risvegliato con la voce dolce di Draco che gli diceva che erano arrivati a Hogwarts e che doveva svegliarsi perché “Ti porterei in braccio, ma per quanto tu sia basso, resti comunque pesante” gli avrebbe detto, e poi lo avrebbe accompagnato alla torre di Grifondoro e si sarebbero rivisti a cena. Ma per quanto si sforzava di svegliarsi, non succedeva mai e restava intrappolato in quell’incubo, in cui Draco lo trattava come un estraneo, in cui non gli parlava ed era freddo e distaccato. Ogni volta che provava a fermarlo, a parlargli e a cercare una spiegazione, Draco lo liquidava sempre con freddezza, senza un minimo di riguardo, un atteggiamento che cozzava terribilmente con quello dolce, amorevole e tenero che aveva avuto nei suoi confronti a Natale.
Harry non sapeva ancora cosa, ma era certo che c’era qualcosa nell’aria, qualcosa che non gli piaceva e più andava avanti, più il sospetto diveniva reale. Era confuso, teso e spaventato. La sua paura più grande era perdere Draco in quel momento, di perdere quello che avevano appena iniziato a costruire insieme.
Aveva paura di parlarne con i suoi amici, aveva paura di parlarne con Remus, anche di parlarne con Silente, perché aveva paura di sentire da loro delle risposte che non gli sarebbero piaciute, che qualcuno avrebbe dato voce alla sua paura più grande. Se qualcuno di loro gli avesse detto che Draco non lo amava più? Se gli avessero detto che il suo Draco, ormai, non provava più nulla per lui e voleva lasciarlo? Come avrebbe reagito?
Blaise e Theodore gli avevano detto che avrebbero cercato di capire qualcosa del biondo, ma neanche loro avevano avuto molta fortuna. Draco era stato scostante anche con loro, da quanto gli avevano raccontato anche dopo il loro incontro in biblioteca. Neanche loro riuscivano a capire cosa stesse accadendo a Draco, ma una cosa gliel’avevano detta: Draco era molto vicino a Pansy Parkinson, molto più di prima. Harry se ne era accorto, ogni volta che aveva provato a parlare con il suo ragazzo, aveva visto la Serpeverde seguirlo sempre e chiamarlo sempre per allontanarlo da lui. C’entrava qualcosa lei? Allora il suo sospetto su di lei non era sbagliato? Forse era lei che stava giocando con la sua mente? Harry non lo sapeva, ma non voleva dare voce alle sue paure, non voleva che la gelosia prendesse il sopravvento, aveva promesso a se stesso e a Draco che non avrebbe lasciato che la gelosia prevaricasse sul suo buon senso e non voleva che ciò accadesse. Ma come non poteva pensare che lei c’entrava qualcosa con Draco? Lo aveva stregato in qualche modo? Ma come? Non era possibile che lei conoscesse certi tipi di incantesimi, insomma, era solo una studentessa, no? Come poteva conoscere simili magie oscure?
Si sentiva stupido e sentiva come se qualcosa non fosse sotto il suo stesso controllo. C’era qualcosa… qualcosa che continuava a sfuggirgli, qualcosa che non riusciva a vedere con i suoi occhi, non direttamente almeno.
Vide Draco sparire nella Sala Comune di Serpeverde e sospirò, appoggiandosi al muro, si lasciò scivolare contro di esso e si prese la testa tra le mani. Dannazione, perché era tutto così difficile? Perché non riusciva a capire cosa stesse accadendo attorno a lui? Era così frustrato, non ne poteva più.
«Harry?» il ragazzo sobbalzò, rendendosi conto di non essere più coperto dal Mantello come credeva di essere, doveva essere caduto quando si era lasciato scivolare contro il muro. Alzò la testa verso chi lo aveva appena chiamato e vide Ginny, che lo guardava preoccupata. Era abituato a quell’espressione ormai, tutti i suoi amici lo guardavano così. Ma cosa ci faceva lei nei sotterranei a quell’ora? Non gli sembrava che avesse lezione di pozioni.
«Ciao Ginny» replicò lui, freddamente. Dannazione, che aveva che non andava? Di certo non era colpa di Ginny se Draco si stava comportando così e se lui era così stupido da non essersi reso conto che qualcosa stava succedendo. Non credeva che con la morte di Voldemort qualcuno potesse tramare alle sue spalle così. E invece, a quanto pareva…
«Come mai sei qui?» chiese lei «Stai bene?»
«Uhm, ero…» impegnato a pedinare il mio ragazzo per capire che diavolo di problema abbia, ma non vedo perché questi debbano essere affari tuoi «… ehm, stavo andando nelle cucine a rubare qualcosa, ho saltato il pranzo oggi» mentì.
Lei annuì «Se vuoi ho dei dolcetti che ho preso stamattina a colazione, ne vuoi uno?»
«No, grazie» rispose lui, con una scrollata di spalle «Andrò nel dormitorio».
La ragazza annuì ancora una volta «Come mai non eri con Draco?» chiese lei «Ultimamente vi vedo un po’ distanti, va tutto bene?»
«Sì, Ginny, va tutto bene» rispose alzandosi da terra «Avevi bisogno di qualcosa?»
«No, no, ti ho visto tutto solo qui e mi sono preoccupata. Sicuro di non aver litigato con Draco?»
Harry stava per risponderle male, perché non capiva tutta quell’insistenza nel voler parlare della sua relazione con il Serpeverde, quando fu notato da Blaise e Theodore che lo raggiunsero immediatamente.
«Ah, Harry, cercavamo proprio te!» esclamò Theo «Hai cinque minuti?»
«Certo» rispose «Ginny, scusami, ci vediamo» disse rapidamente, raggiungendo i due Serpeverde che lo avevano chiamato e salvato dall’agguato delle domande imbarazzanti, alle quali non aveva per niente voglia di rispondere.
Quando la Grifondoro se ne andò, i due nuovi arrivati guardarono l’amico e gli raccontarono tutte le novità che avevano scoperto e a Harry non piacquero per niente, il biondo continuava ad essere freddo e scostante anche con loro, sembrava non essere più la stessa persona, sembrava diverso da prima, come se fosse ritornato il “vecchio Draco”, come se non fosse mai cambiato. La sua idea di utilizzare ancora quegli strumenti potenzialmente illegali rappresentava ancora l’unica chance per scoprire qualcosa in più su Draco, anche se al momento sembravano non aver portato alcun risultato, tuttavia doveva vederci chiaro in tutta quella faccenda, c’era ancora qualcosa che gli sfuggiva… ma cosa?
Più ci pensava, più questa sembrava fuggire dalla sua mente.
 

 
Tutt’un tratto, gli sembrava di essere tornato al sesto anno, a quando pedinava Draco per tutta la scuola per cercare di capire cosa stesse tramando, ora invece cercava solo di trovarlo in un momento in cui era solo, per potergli parlare, per poter capire cosa gli stesse succedendo e soprattutto per capire perché si stesse comportando in quel modo con lui. Harry non aveva idea di cosa avesse fatto, quale torto gli avesse fatto. Era confuso, perplesso, ma anche determinato a scoprire cosa fosse accaduto e a porvi rimedio. Quando finalmente riuscì ad individuare Draco da solo, gli si avvicinò a lui di soppiatto e, quando fu abbastanza vicino, si tolse il mantello e gli afferrò un polso.
«Ma che…?» Harry non gli diede il tempo di ribattere, lo trascinò in un’aula vuota e chiuse la porta alle sue spalle. Draco sembrava sorpreso e allo stesso tempo arrabbiato. «Cosa significa tutto ciò, Potter?»
«Che cosa ti prende?» gli chiese il moro, avvicinandosi a lui «Draco, ti prego, aiutami a capire cosa ti succede…»
«Non mi succede niente» rispose freddamente l’altro. La sua freddezza faceva male, ma Harry voleva insistere, voleva sapere, aveva bisogno di sapere cosa stesse accadendo tra di loro. Finalmente era riuscito a fermarlo, doveva per forza riuscire ad ottenere le sue risposte.
«Ho fatto qualcosa di male?» chiese Harry, mentre sentiva tutta la sicurezza che l’aveva spinto ad avvicinarsi all’altro iniziare a scemare via, davanti a quell’atteggiamento privo di sensibilità «Per favore, aiutami a capire, così posso rimediare…»
«Non capisco di cosa stai parlando».
Harry deglutì e guardò verso di lui ferito. Il dolore era impresso a fuoco nei suoi occhi, una parte di sé voleva solo rannicchiarsi da qualche parte e piangere, ma l’altra – quella che fortunatamente stava prevalendo – voleva continuare ad insistere, non importava quanto avrebbe fatto male sentirlo parlare in quel modo. Voleva sapere. Voleva rimediare.
«Perché mi tratti come un estraneo?» chiese il moro «Sei arrabbiato per qualcosa? Ho fatto qualcosa o ho detto qualcosa di sbagliato?» chiese ancora «Voglio solo avere l’opportunità di rimediare…»
«Oh capisco…» mormorò il biondo, sembrava assente in qualche modo, Harry non sapeva spiegarne il motivo, ma c’era davvero qualcosa che non andava in lui e non era solo per il suo stupido atteggiamento.
«Cosa capisci?» gli chiese Harry «Mi dai una risposta?» domandò ancora, Draco lo guardò stralunato, inclinando la testa, come se non avesse capito la sua domanda. Harry deglutì, sentiva diverse emozioni contrastanti, rabbia, paura, dolore, delusione. Tutto quello che aveva provato in quegli ultimi dieci giorni, per quanto avesse voluto scacciarlo e pensare a un modo per rimediare, si stava riversando su di lui, a causa dell’atteggiamento del biondo nei suoi confronti. Era tutto sbagliato, non dovevano andare così le cose tra di loro. «Draco… ti prego, dimmi la verità» lo supplicò, cercando lo sguardo del suo ragazzo, per cercare di capire cosa stesse accadendo. Aveva bisogno di una risposta e aveva anche bisogno che l’altro lo rassicurasse che tutto andasse bene, che era solo un momento… tutto, purché non fosse quello. «M-Mi dispiace… mi dispiace qualunque cosa abbia fatto… non avevo intenzione di ferirti o di farti arrabbiare» disse deglutendo. Se aveva fatto qualcosa di sbagliato, voleva solo chiedere scusa e sperare che l’altro lo perdonasse, erano passati solo dieci giorni da quando aveva iniziato a comportarsi così, ma Draco gli mancava già incredibilmente. «Mi dispiace, Draco… non so cosa io abbia fatto, ma mi dispiace» la sua voce tremava, come se stesse per piangere «Sono davvero dispiaciuto e pentito… qualunque cosa sia» aggiunse «Possiamo tornare ad essere felici come prima? Ti prego…» deglutì ancora una volta «Puoi perdonare qualunque cosa abbia fatto e tornare ad essere… te stesso?»
«Harry, tu non hai fatto niente» replicò l’altro con un’espressione beffarda, quasi divertita, che per un momento gli ricordò terribilmente il Draco dei primi anni, quello spocchioso, odioso, antipatico, a cui non importava niente dei sentimenti altrui. Harry ebbe paura di porre la sua domanda successiva, ma il suo “coraggio Grifondoro” gli impose di porla.
«Allora perché mi tratti così?» domandò «Vuoi rompere con me?» non avrebbe voluto porre in quel modo la domanda, ma se non aveva fatto niente e l’altro lo riconosceva… allora ciò voleva dire solo una cosa: Draco voleva rompere con lui, anche se non ne capiva il motivo.
«Sì» rispose Draco, Harry spalancò gli occhi scioccato «Non sei tu la persona che amo, tutto qui. Ho aperto gli occhi finalmente, è Pansy l’amore della mia vita».
Gli occhi di Harry si spalancarono in un’espressione del tutto esterrefatta, stupita e incredula. Il mondo iniziò a crollargli addosso, sentì la terra mancare sotto i piedi e gli occhi pizzicarono pericolosamente. Non riusciva a capire, perché Draco gli stava infliggendo un colpo così basso? Non capiva, da quando? E tutto quello che gli aveva promesso? E tutte le cose che si erano detti e promessi? Tutto quello che avevano condiviso in quelle settimane non erano niente per lui? Draco aveva aspettato per mesi che lui riuscisse ad aprire il suo cuore, per poi spezzarglielo in quel modo?
Non aveva senso. Non aveva per niente senso ciò che stava capitando, Harry non riusciva a trovare una spiegazione, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva. Quello non era il suo Draco. Draco non gli avrebbe mai parlato così, non era così senza cuore, non più almeno. Harry aveva visto con i suoi stessi occhi il cambiamento radicale che il biondo aveva fatto, lo aveva visto soffrire in silenzio nei mesi in cui era stato incerto, lo aveva visto provare in tutti i modi a conquistare la sua fiducia… era impossibile, impossibile, che adesso d’un tratto dicesse di essere innamorato di un’altra persona, ma nonostante fosse certo di ciò, il dolore che provò in quel momento, quando si sentì dire quelle parole, fu insopportabile.
«D-Draco…» la sua voce era un sussurro, quasi impercettibile «N-Non scherzare, ti prego…»
«Non sto scherzando, io non ti amo».
Fu in quel preciso istante che il Grifondoro sentì il proprio cuore spezzarsi e le lacrime pungere i suoi occhi. Non avrebbe mai immaginato un risvolto simile, non dopo che il Serpeverde gli aveva più volte dimostrato di tenere davvero a lui. Qualcosa di strano stava accadendo e lui non riusciva a capire cosa esattamente fosse. Doveva capirlo, doveva trovare una soluzione a tutto quello, doveva per forza risolvere ogni cosa.
«Cosa ti è successo…?» riuscì a chiedere Harry con un filo di voce, terrorizzato dalla risposta che avrebbe potuto avere «Perché adesso mi dici queste cose, Draco?»
«Oh santo cielo, Potter, non voglio avere niente a che fare con te, Pansy mi aspetta!» esclamò irritato. Harry deglutì, cercando di ingoiare il groppo che si era formato nella sua gola che gli toglieva il respiro. Quello doveva essere un incubo, un terribile incubo, perché non era possibile che stesse accadendo qualcosa del genere.
«Mi hai promesso che non mi avresti mai fatto soffrire, che amavi solo me!» esclamò il moro, guardandolo deluso «Perché mi fai questo? Mi sono fidato di te, Draco, lo sai quanto ho lavorato su me stesso per accettare i miei sentimenti per te» deglutì, cercando di non lasciar cadere le lacrime «Non puoi farmi questo…»
«Ascolta, mi dispiace che tra me e te non abbia funzionato, ma non posso frenare l’amore che provo per lei!» esclamò Draco, con un tono di voce che non sembrava per niente il suo.
C’era qualcosa di strano nel ragazzo che aveva di fronte, non era colui del quale si era innamorato, non sembrava il suo Draco, il suo Draco non gli avrebbe mai parlato così. Harry lo guardò ancora una volta, senza riuscire a credere alle sue orecchie e si voltò, scuotendo la testa, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Doveva essergli successo qualcosa, per forza, non poteva essere cambiato così improvvisamente, così repentinamente. Sembrava come se qualcuno gli avesse fatto un incantesimo, un incantesimo che gli aveva fatto dimenticare tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento. Forse un tipo particolare di Oblivion? O qualsiasi altro incantesimo di memoria? Sempre che ne esistessero altri…
Solo che in quel momento non riusciva a pensare razionalmente, riusciva solo a pensare di sentirsi tradito, ferito e distrutto dalle parole del biondo e nient’altro. Una parte di sé sapeva con chiarezza che quello non era Draco, che in lui c’era qualcosa di sbagliato, che in quel momento non era in sé e che in altre circostanze non gli avrebbe mai parlato così, ma l’altra parte di sé, quella ferita, aveva sempre saputo che sarebbe stata questione di tempo, prima che anche Draco lo abbandonasse, tuttavia non credeva che sarebbe avvenuto così in fretta. Dopotutto, era la storia della sua vita, un circolo vizioso che si ripeteva sempre. Nel momento in cui era più felice, in cui sembrava essere soddisfatto, la vita gli portava via tutto, esattamente come era successo quando Sirius gli aveva promesso che avrebbe lottato per poter essere a tutti i costi il suo tutore.
Doveva assolutamente parlarne con Silente o con Remus o con chiunque avesse potuto aiutarlo, uno di loro avrebbe trovato una soluzione a quel problema, ne era certo. Ma se non ci fosse stato alcun problema da risolvere? Se Draco avesse deciso davvero di punto in bianco di volerlo lasciare? Harry, purtroppo, era abituato ad essere abbandonato, ad essere lasciato indietro. E se la sua più grande paura si stesse avverando proprio in quel momento? Cosa avrebbe fatto a quel punto? Se non fosse stato un incantesimo, ma quella fosse stata la realtà… come avrebbe fatto ad accettare anche quella delusione? Dopo tutte le promesse, dopo tutto ciò che c’era stato tra di loro… quel comportamento faceva male.
Ma adesso aveva bisogno di un po’ di tempo per elaborare le parole che Draco gli aveva detto, non credeva che dopo così poco tempo come coppia, dopo tutta la fiducia che gli aveva dato, lui lo trattasse in quel modo. Non voleva credere alle sue orecchie, il suo cuore gli suggeriva che era tutto sbagliato, ma la stilettata al petto era arrivata ugualmente. Non riusciva davvero a pensare lucidamente in quel momento, voleva solo fuggire e rifugiarsi da qualche parte.
«Draco… ti prego» mormorò cercando di prendergli la mano «Ti prego, torna in te…» disse piano «Questo non sei tu…»
Il biondo sbuffò e si sottrasse al suo tocco, ritraendo la mano e guardandolo con scherno, scosse la testa e gli diede le spalle, per poi raggiungere la porta ed uscire dall’aula in cui Harry lo aveva trascinato, senza dire nulla. Quest’ultimo rimase immobile, con la bocca semi spalancata e un’espressione del tutto scioccata sul viso. Non si aspettava davvero che l’altro andasse via in quel modo. Harry si sentì invadere da un terribile senso di nausea e scappò letteralmente da quell’aula, uscì da lì e vide Draco a pochi passi da lui, provò l’istinto di chiamarlo, ma si accorse che la sua attenzione era totalmente altrove. Quando gli passò davanti, il biondo lo ignorò completamente e Harry fuggì verso la Torre di Grifondoro. Aveva bisogno di rifugiarsi da qualche parte, aveva bisogno di rimettere insieme le idee e di capire perché tutto quello stesse capitando, ma prima aveva bisogno di rimettere insieme i cocci del suo cuore.
Incantesimo o non incantesimo, volente o non volente, Draco gli aveva appena spezzato il cuore, aveva appena infranto tutte le promesse che gli aveva fatto e Harry non sapeva come porre rimedio a ciò. Voleva solo piangere, ma sapeva di non poterlo fare, forse se avesse sfogato tutto il dolore che provava, sarebbe riuscito a trovare anche una soluzione. Forse. In quel momento, però, gli sembrava di affogare, come se fosse un naufrago in mezzo a una tempesta che aveva appena perso la zattera a cui aggrapparsi.
 

 
«Tu hai qualcosa che non va» esordì Hermione, sedendosi accanto a lui sul divanetto della sala comune. Era letteralmente fuggito dal dormitorio perché Ron aveva iniziato a tormentarlo di domande, alle quali non sapeva come e non voleva rispondere. Dopo la spiacevole conversazione con Draco, era tornato nel dormitorio, si era nascosto sotto le coperte, ma aveva dimenticato di tirare giù il baldacchino e di lanciare un incantesimo per insonorizzare il posto, aveva nascosto la testa sotto il cuscino ed era scoppiato in lacrime. Non era riuscito a trattenerle, non era riuscito a contenere il dolore che aveva provato nel momento in cui il suo ragazzo gli aveva detto di non amarlo. Era come se la maledizione della sua vita, si fosse abbattuta di nuovo su di lui, come se essa fosse lì pronta ad “attivarsi” ogni volta che sentiva di essere felice. Non era riuscito a trattenere lacrime e singhiozzi ed aveva pianto tanto, forse troppo. Non aveva sentito nessuno rientrare, fino a che non aveva sentito la voce di Ron nella stanza. Si era già calmato, quando lui era arrivato, ma il suo petto era ancora scosso dai singhiozzi e i suoi occhi rossi come il fuoco. L’amico, quando l’aveva visto in quello stato, aveva provato a chiedergli cosa ci fosse che non andasse, se fosse successo qualcosa con Draco, ma Harry aveva liquidato le sue domande, dicendogli che era solo stanco. Ovviamente, il suo migliore amico non gli aveva creduto, Harry non l’aveva presa bene e si era anche, ingiustamente, innervosito con lui, poi se ne era andato dal dormitorio senza dire niente.
La sala comune non era il luogo migliore dove andare, dato che c’era la possibilità di incontrare qualunque altro dei suoi amici, ma non voleva restare lì a sopportare le domande di Ron. Ed era incappato in Hermione, fantastico. «Non osare scappare, Harry Potter» lo fermò lei, quando lui fece per alzarsi dal divano senza dirle nulla. Il ragazzo deglutì e dovette risedersi accanto all’amica in uno stato di totale imbarazzo e disagio che non aveva mai provato. Non era a disagio con lei, ma era tutta la nuova e ingestibile situazione che si era abbattuta su di lui a farlo sentire così. Non era giusto, avrebbe preferito che tutto quello non fosse mai accaduto. Ma perché tutto continuava ad accadere nella sua vita? Che aveva fatto di male?
«Non ho niente» rispose.
«Sì, certo, per questo hai appena discusso con Ron, hai gli occhi rossi e gonfi e sei intrattabile da giorni, vero?» chiese la ragazza «Siamo preoccupati per te, è da quando siamo tornati che ignori sia me che Ron, che non ci parli e non ci racconti nulla. Inoltre abbiamo notato che sei un po’ distante anche da Draco» spiegò lei, sembrava avesse capito tutto, Harry non aveva idea di come avesse fatto, forse lo conosceva davvero così bene da riuscire a capire ogni cosa senza che lui le parlasse. Anche se aveva frainteso ogni cosa: non lui ad essere lontano da Draco, ma era quest’ultimo ad essere distante da lui, ma giustamente lei non poteva saperlo dato che lui non le aveva spiegato nulla. «Cosa succede? Avete litigato?»
Harry scosse la testa «Non è successo niente, Hermione».
«Harry, se non ne parli con noi, non possiamo aiutarti» gli disse l’amica, mentre Ron li raggiungeva e si sedeva di fronte a loro, guardando verso di lui con lo sguardo preoccupato.
«Harry, non sono arrabbiato per quello che è successo nel dormitorio» disse l’amico «Ma sono molto preoccupato per te» affermò, l’interpellato abbassò lo sguardo e scosse la testa «Parlaci, noi possiamo aiutarti a risolvere le cose».
Harry era confuso, triste e distrutto; non sapeva neanche come introdurre l’argomento. Non sapeva come dire ai suoi migliori amici cos’era successo con Draco ed era anche per questo che stava cercando di evitare chiunque. Quanto accaduto alcune ore prima faceva ancora male, era come una stilettata nel cuore che man mano che passava il tempo penetrava in profondità e faceva sanguinare il suo cuore.
«Non…non ho bisogno di aiuto» disse, abbassando la testa. In cuor suo sapeva che non era colpa di Draco, ma quello che gli aveva detto gli aveva spezzato il cuore e proprio non riusciva a focalizzare l’attenzione su altro, continuava a pensare a quel “non sei tu la persona che amo” e su quel “mi dispiace che tra noi non abbia funzionato” e tutte le cose che Draco gli aveva detto che, parola dopo parola, gli avevano fatto crollare il mondo addosso. Una lacrima scappò dal suo controllo ed essa scivolò lenta lungo il suo viso. Non riusciva a smettere di pensare alla conversazione che aveva avuto con l’altro e le sue parole continuavano a ripetersi nella sua mente senza sosta. Tutto era così assurdo da sembrare irreale. Non sapeva davvero cosa fare o cosa pensare. Sapeva di aver bisogno di aiuto per risolvere quella situazione, sapeva di doverne parlare con qualcuno, ma non sapeva come spiegare cos’era successo, senza far ricadere la colpa su Draco. Dentro di sé, sapeva che non era colpa sua, per quanto facesse male, era consapevole che c’era qualcosa che non andava in lui, era come se qualcuno stesse giocando con la sua mente.
«Harry… perché stai piangendo? Cosa succede?» gli chiese dolcemente l’amica.
«Ecco… diciamo che Draco… ultimamente non è in sé» provò a dire «Le… le cose non vanno bene».
«Spiega» insistette Hermione, Ron annuì incitandolo a continuare «Non giudicheremo nessuno dei due, puoi stare tranquillo» lo rassicurò «Vogliamo solo aiutarti». Harry si morse le labbra e prese un profondo respiro, prima di iniziare a raccontare tutto ciò che era successo in quegli ultimi giorni con Draco, fino a raccontarle della conversazione che avevano avuto poche ore prima, quella peggiore, quella che gli aveva spezzato il cuore. La ragazza spalancò gli occhi e si portò le mani davanti alla bocca, scioccata, mentre l’espressione dell’amico mutò in una così furiosa che Harry, per un momento, ebbe timore di lui.
«Ma sono sicuro che… non l’ha detto per sua volontà» si affrettò ad aggiungere, in difesa del suo ragazzo «Sono certo che non volesse ferirmi, ma… qualcuno sta giocando con la sua mente e io voglio scoprire chi».
«Pensi che sia sotto incantesimo?» chiese Hermione.
«Sì, lo penso… ma non so quale».
«Potrebbe essere Amortentia?» domandò Ron «Se dice di amare un’altra persona, magari…»
Harry scosse la testa «Se fosse Amortentia me ne sarei accorto, ne ho visti già gli effetti, ti ricordi quando tu l’hai presa?» Ron annuì, ricordando con orrore il giorno del suo diciassettesimo compleanno, quando aveva mangiato dei dolcetti corretti all’Amortentia destinati ad Harry ed era quasi morto. «Dev’essere qualche altro tipo di incantesimo, ma non so quale».
«Ti aiuteremo noi» disse Hermione «Scopriremo che incantesimo ha colpito Draco e lo spezzeremo, te lo prometto».
Harry annuì, guardando con riconoscenza i suoi amici e sospirò, appoggiando la testa sulla spalla di Hermione; non importava quanto lui cercasse di evitarli per non farli preoccupare, Ron e Hermione avevano sempre il sesto senso per capire se qualcosa in lui non andava. Non sapeva come sarebbe andata a finire con Draco, né sapeva cosa sarebbe successo da quel momento in poi, ma sapeva di essere fortunato ad avere sempre e costantemente il sostegno dei suoi migliori amici. Sperava solo che tutto potesse risolversi nel modo più veloce possibile e soprattutto nel modo meno doloroso.
 

 
Il giorno dopo, durante la colazione, Harry guardava con sguardo distrutto verso il tavolo dei Serpeverde. Draco era lì, ma non lo degnava di uno sguardo. Fin da quando gli aveva detto quelle cose spregevoli, da quando lo aveva “lasciato”, tutto sembrava essere tornato come prima, a quando si odiavano, a quando non si sopportavano. Faceva male, ma Harry non sapeva come porre rimedio a tutto ciò. Hermione aveva fatto delle ricerche, aveva cercato qualunque tipo di incantesimo potesse fare una cosa del genere, ma non era riuscita a trovare nulla. Blaise e Theodore si erano uniti a lei nelle ricerche, ma neanche loro avevano trovato qualcosa. Forse Remus avrebbe potuto aiutarli o anche Silente.
Harry era sempre più giù di morale, perché non riusciva a comprendere. Perché qualcuno avrebbe dovuto fare a loro una cosa del genere? Era sempre più ovvio ai suoi occhi che fosse stato qualcosa di orchestrato dalla ragazza fin dall’inizio, fin da quando si era avvicinata a Draco. Harry aveva sempre fatto bene a non fidarsi totalmente di lei, anche se il suo atteggiamento era passato soprattutto per gelosia – lui non aveva mai negato di esserlo, dopotutto – c’era sempre stato qualcos’altro che non l’aveva convinto. Ricordava bene ciò che gli aveva raccontato Draco della notte della battaglia della Torre di Astronomia, quando Voldemort era arrivato e il biondo aveva provato a reclutare i Serpeverde dalla loro parte. Molti avevano deciso di scegliere lo schieramento “giusto”, come Blaise e Theodore, mentre altri, come Pansy, si erano schierati dalla parte di Voldemort. Ma il mago oscuro era morto, perché la ragazza si era comportata così con loro? Perché voleva portargli via Draco in quel modo?
Era ancora assorto nei suoi pensieri, quando un gufo planò verso di lui e lasciò cadere una lettera. Harry non esitò un secondo ad aprirla e a leggerla: era da parte di Tonks.
 
“Caro Harry,
Oggi sono stata al Ministero per sbrigare alcune pratiche noiose e mi sono ricordata di quanto mi avevi chiesto, così ho fatto un salto da un mio collega e gli ho chiesto informazioni sulla condanna del Signor Parkinson e sul perché proprio lui fosse stato condannato al bacio del dissennatore, ma lui mi ha detto due cose: la pena capitale è stata abolita, nessun mago è mai stato sottoposto ad essa e il signor Parkinson è stato rilasciato alla fine di novembre. Non so perché la tua amica abbia detto che è stato condannato al bacio del dissennatore, ma mi preoccupa che abbia detto una bugia così grande. Ti prego, stai attento e di’ anche a Draco di stare attento, okay? Sono molto preoccupata per tutti e due, da quello che ho saputo quell’uomo è un mago molto abile negli incantesimi di manipolazione della mente.
Se avrò altre notizie, ti farò sapere. Tieni gli occhi aperti e non fidarti.
Se c’è qualcosa che non va, parlane con Remus e lascia che sia lui ad occuparsi di tutto, okay? Non farmi stare in pensiero che c’è già il tuo figlioccio che non è ancora nato a farmi preoccupare.
A presto,
N. Tonks”
 
Harry spalancò gli occhi, dopo aver letto la lettera e si voltò verso il tavolo dei Serpeverde. Senza guardare nessuno negli occhi, si alzò dal suo posto e raggiunse il tavolo. Pansy Parkinson aveva fatto qualcosa a Draco, adesso ne era certo. Era stata lei a manipolare la mente del biondo! Ecco perché il giorno prima il biondo aveva “dichiarato” di essere innamorato di lei. Adesso avevano senso un sacco di cose. Adesso capiva l’atteggiamento di Draco, il suo drastico cambiamento, il suo essere così freddo e scostante, il suo dirgli di non amarlo più… ma perché la ragazza aveva fatto una cosa del genere?
Non era stata colpa sua, lo aveva sempre saputo. Doveva scoprire cosa Pansy Parkinson gli aveva fatto, quale incantesimo aveva usato, c’era un contro incantesimo giusto?
Era ovvio che avesse mentito per farlo avvicinare a sé, adesso era ovvio il motivo per cui avesse mentito al biondo. Adesso aveva solo bisogno di far svegliare Draco dall’incantesimo e farlo ragionare, poi avrebbe riavuto il suo ragazzo e tutto sarebbe tornato come prima. O almeno così sperava.
Raggiunse in fretta il tavolo dei Serpeverde, cercò con lo sguardo il biondo e lo vide intento a parlare con la ragazza. Aveva un sorriso stupido, da ebete sul viso e il cuore di Harry si strinse davanti a quella scena. Ma non era reale, era frutto di un incantesimo, di chi sapeva quale incantesimo, ma avrebbe fatto confessare la ragazza e avrebbe trovato il rimedio.
«Draco!» esclamò con enfasi, guardando il suo ragazzo, che si voltò verso di lui con un’espressione annoiata. «Draco, sei stato ingannato, ti prego, cerca di ascoltarmi. So che dentro di te il vero te può sentirmi. Sei stato ingannato e manipolato, per favore, torna in te…»
«Potter, tu proprio non ti arrendi» affermò il biondo, scuotendo la testa «È inutile che ti comporti così, ormai ho preso la mia decisione» asserì, guardandolo con serietà dal suo posto.
«No, tu non capisci! Non è lei che ami!» insistette «Ti prego, ti prego! Lo so che puoi sentirmi, Draco!»
«Mi dispiace, non posso comandare il mio cuore» replicò il biondo e davanti a quelle parole Harry sentì qualcos’altro fratturarsi dentro di lui, quello non era Draco, lo sapeva, ma perché faceva così male? Doveva salvarlo. Non è Draco – si disse – non è lui, è sotto incantesimo. Dobbiamo spezzare l’incantesimo, ma come?
«Tu non la ami» disse con sicurezza Harry «Tu ami me».
«Te? Potter, ma ti sei visto? Chi amerebbe mai uno come te?» domandò sarcasticamente «Non io, di certo».
«Hai aspettato per mesi che fossi sicuro dei miei sentimenti per te!» insistette Harry «Mi hai comprato un telefono per sentirmi durante le feste di Natale, noi… Draco, ti prego…»
«Non so di cosa tu stia parlando».
«Smettila di prego, smettila… So per certo che non stai agendo volontariamente, sei vittima di in incantesimo, non so quale sia, ma so che ti stanno manipolando» disse all’altro, supplicandolo con lo sguardo «Ti prego, non sei in te». Avrebbe voluto essere più determinato, più forte, più sicuro, ma più vedeva le reazioni dell’altro nei suoi confronti più faceva male. Era dura convincersi che quell’atteggiamento fosse solo dovuto a un incantesimo, era dura non pensare che il biondo stesse parlando sul serio, Harry lo sapeva, ne era certo, ma era allo stesso tempo ferito e devastato da ciò che stava accadendo. Non riusciva a credere ai suoi occhi né alle sue orecchie. Quello doveva essere uno scherzo terribile.
«Pansy Parkinson ti sta manipolando, Draco, sta giocando con la tua mente!» esclamò «Come puoi essere tanto stupido da non rendertene conto? Che diamine di incantesimo ti ha fatto per averti reso un tale idiota?» domandò fuori di sé dalla rabbia. L’altro cercò di mantenere la calma, restituendo all’altro occhiate fredde, arrabbiate e indifferenti «Che cosa gli hai fatto?» chiese a quel punto alla ragazza che se ne stava lì, seduta al tavolo, con un sorrisetto soddisfatto sul volto, come se lei sapesse molte più cose di quante non ne sapesse Harry. «Perché hai deciso di rovinare la nostra vita? Draco è stato gentile con te, è tuo amico, ti ha perdonato, ti è stato accanto e tu lo hai ingannato così» continuò, aveva bisogno di sapere quale incantesimo fosse stato lanciato su Draco e sperava che la ragazza, in un momento di pura soddisfazione e godimento, confessasse tutto, ma era più brava di quanto lui immaginasse.
«Draco…» mormorò lei, guardando il biondo, quest’ultimo si alzò lentamente dal suo posto e fulminò il moro con lo sguardo, poi preso da chi sapeva quale ira a causa del suo atteggiamento, reagì alle sue parole e lo spintonò con violenza, facendolo cadere per terra, sotto gli occhi allibiti di tutta la Sala Grande, che fino a poco più di una settimana prima avevano visto la coppia più discussa e invidiata di Hogwarts essere i più adorabili e dolci piccioncini mai conosciuti.
«Sei impazzito? Come ti permetti di insultare così Pansy?» domandò il Serpeverde irritato «Lasciami in pace! Te l’ho già detto che non provo niente per te!» esclamò furioso «Smettila di accusarla ingiustamente, non è colpa sua se tra di noi non ha funzionato».
«Malfoy, adesso basta!» esclamò Ron, intervenendo in difesa del suo migliore amico «Ma che diavolo ti prende ultimamente? Sembri essere tornato lo stesso stronzo di qualche anno fa!»
«Weasley, non ti ci mettere anche tu» disse freddamente il Serpeverde «Piuttosto di’ al tuo amico di lasciarmi in pace».
«Sei davvero uno stronzo» affermò scuotendo la testa. Ron non riusciva a sopportare la vista di Harry ridotto in quelle condizioni, aveva provato a trattenersi e a non intervenire, ma quando aveva visto Draco spingere l’altro in quel modo non ci aveva visto più e più lo sentiva parlare con disprezzo del suo amico, più sentiva la rabbia montare in lui. Una rabbia che verso il biondo aveva provato solo quando erano nemici e si odiavano, solo quando il biondo aveva chiamato Hermione “sporca sanguemarcio”. In quel momento, sentiva la stessa rabbia ribollire nelle sue vene. Era stato suo amico, gli aveva consigliato come comportarsi con Harry per corteggiarlo e lui…? Gli aveva promesso che non lo avrebbe mai fatto soffrire, incantesimo o non incantesimo, Ron provava una rabbia inclassificabile in quel momento.
«Non è colpa mia se questo qui ha così tanti problemi da essersi attaccato a me così tanto» disse ancora il Serpeverde con tono dispregiativo «Che illuso, come poteva credere che io amassi lui?»
Il rosso sentì tutta la rabbia raggiungere il suo pugno stretto e senza pensarci ulteriormente su, colpì il biondo dritto sul naso, facendolo traballare all’indietro, senza però farlo cadere.
«Ron, basta!» esclamò Harry, seduto sul pavimento, sconvolto per quanto accaduto, si sentiva umiliato, ferito, affranto, il suo cuore era in frantumi, ma sapeva che non era colpa di Draco, Ron non poteva prendersela con lui, per quanto in quel momento stesse male «N-Non è colpa sua…» deglutì, poi guardò l’altro cercando il suo sguardo con le lacrime che minacciavano di uscire dai suoi occhi «D-Draco, ti prego…» lo supplicò «N-Non farmi questo…» un singhiozzo sfuggì al suo controllo e sperò che nessuno lo avesse sentito, era umiliante, ma era altamente impossibile che nessuno lo avesse visto, dato che erano al centro della Sala Grande. Harry si morse il labbro inferiore per trattenere la sua frustrazione e per evitare di piangere di nuovo, anche se sentiva gli occhi pizzicare. Draco lo aveva spinto via, lo aveva respinto e adesso lo guardava con disprezzo. Non sapeva cosa facesse più male, in quel momento.
Non si accorse neanche dei movimenti che avvenivano attorno a lui, non si accorse di Remus che si alzava dal suo posto al tavolo dei professori e lo raggiungeva, fino che non sentì la sua voce vicina. Dannazione, aveva visto tutto?
«Adesso basta!» esclamò il professore di Difesa contro le Arti Oscure, raggiungendo i due ragazzi e mettendosi davanti al suo figlio adottivo «Non so cosa vi stia succedendo, ragazzi, ma non mi sembra il caso di fare queste scenate davanti a tutta la scuola».
«Lo dica a lui, non mi lascia in pace».
Harry abbassò lo sguardo e, con l’aiuto di Ron, si alzò dal pavimento, senza più guardare il suo (ex) ragazzo.
«Mi dispiace» mormorò a voce bassa, deglutendo, vergognandosi di se stesso e della sua debolezza in quel momento, avrebbe dovuto prenderlo a pugni e farlo rinsavire a suon di Expelliarmus e Stupeficium, ma era rimasto bloccato quando l’altro lo aveva trattato in quel modo. Non era riuscito a reagire. «Non ti disturberò più» affermò, prima di allontanarsi da lì ed uscire dalla Sala Grande, per tornare nel suo dormitorio e rifugiarsi lì. Doveva assolutamente trovare una soluzione a quell’enorme disastro, ma non sapeva come. Ron lo seguì immediatamente, subito dopo aver visto il biondo sedersi al suo tavolo come se niente fosse appena accaduto ed aver visto Pansy Parkinson pulire il suo naso. Almeno sperava che il suo pugno gli avesse fatto male, almeno una minima parte di quanto il suo atteggiamento in quel momento stava ferendo Harry. Raggiunse il suo migliore amico e senza dire niente, gli si sedette accanto, rassicurandolo. Harry nascose il viso contro la sua spalla e Ron lo sentì singhiozzare. Harry non era uno che si lasciava andare alle emozioni così facilmente, soprattutto con gli altri, in tanti anni che lui, Harry e Hermione si conoscevano, il moro era sempre stato restio a mostrarsi debole davanti a qualcun altro.
«Andrà tutto bene, Harry» gli disse piano «Si risolverà tutto» promise «Troveremo una soluzione come sempre, va bene?» l’altro annuì senza riuscire a rispondere e Ron intuì di cosa avesse bisogno. Senza aggiungere altro, avvolse un braccio attorno alle sue spalle e aspettò che si calmasse, dandogli tutto il suo sostegno.
Harry non riuscì a calmarsi per almeno mezz’ora, fino a che non realizzò che stare lì a piangersi addosso e a soffrire senza far niente, non avrebbe riportato Draco da lui, avrebbe fatto di tutto per salvare Draco da quell’ingiusto inganno. Non importava che la “minaccia” non fosse della stessa portata, non importava che la “missione” non fosse la stessa e il fine di essa non fosse salvare il mondo magico, ma la sua vita privata, anche quella volta, Harry doveva tirare fuori lo stesso coraggio che aveva usato quando aveva affrontato Voldemort, lo stesso aveva usato quando si era gettato tra Draco e una maledizione senza perdono per salvargli la vita e doveva salvare colui che ormai reputava essere l’amore della sua vita.


 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Eccoci qui con l’ottavo capitolo di questa parte di questa storia, aka il capitolo 27! Yaaaay!
Devo ammettere che è forse è il capitolo più corto di tutti °° (cioè 10 pagine invece che le solite 12 LOL) ma spero vi sia piaciuto lo stesso! Anyway, posate i forconi e abbassate le bacchette, Draco è innocente, tutto quello che ha detto/fatto lo ha fatto contro la sua volontà e nel prossimo capitolo tutto verrà spiegato u.u
Harry è un po’ distrutto, ma capitelo, si è sentito dire delle cattiverie dalla persona che gli aveva detto che non lo avrebbe mai ferito (verrà il giorno in cui smetterò di far soffrire Harry, MA NON E’ QUESTO IL GIORNO, semi-cit.) MA MA cosa importante, ha capito che deve tirare di nuovo fuori i suoi zebedei da Grifondoro e comportarsi come se stesse affrontando Voldemort per salvare l’amore della sua vita u.u
È determinato a farlo e nel prossimo episodio ci saranno più dettagli e forse finiremo tutti di soffrire u.u
Chissà!
Stay tuned per scoprirlo!
Purtroppo domenica prossima non riuscirò ad aggiornare a causa di un impegno imprevisto nel prossimo weekend, ma tenterò di fare il possibile per pubblicare lunedì o martedì! I promise!
Intanto ringrazio con tutto il mio cuore le meravigliose persone che hanno recensito lo scorso capitolo: Ai_Amano, Eevaa, _blakeinblack11_ e Estel84. Thanks you so much! E tutti i lettori silenziosi che leggono,spendendo un click per leggere :3 love ya all!
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 28
*** Terza Parte, Capitolo 9: Break the curse. ***


Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 9: Break the curse




La confusione che provava Harry era palese. Tutti se ne erano accorti, anche se cercava di essere forte e di non pensare a tutto, era innegabile che ciò che era accaduto in sala grande lo avesse scioccato. Impossibile il contrario, il suo ragazzo lo aveva rifiutato davanti a tutti quanti, dichiarando di amare un’altra persona. Harry, dal canto suo, cercava di non focalizzare l’attenzione su quello, ma su altro: sulle ricerche e sulle indagini. Doveva scoprire assolutamente cosa fosse accaduto a Draco e cosa gli avessero fatto per fargli dimenticare tutto ciò che era accaduto tra di loro e soprattutto chi gli avesse fatto una cosa del genere, era sicuro che Pansy non avesse agito da sola, ma chi l’aveva aiutata ad architettare quel piano crudele?
Ogni volta che intravedeva Draco con la ragazza, sentiva un enorme magone nel petto e il suo cuore lacrimava e sanguinava al solo pensiero che fino a poco tempo prima lui si era comportato in quel modo nei suoi confronti. Sapeva che il biondo era vittima di un incantesimo, di una manipolazione o qualcosa del genere, ma soffriva ogni volta che lo aveva con qualcun altro. Aveva parlato con Remus di ciò che stava accadendo e il professore di Difesa gli aveva assicurato che avrebbe fatto anche lui delle ricerche a riguardo, a sua memoria non esisteva nessuna maledizione che agisse in quel modo, ma avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarlo a risolvere la situazione.
Harry davvero non si spiegava cosa fosse accaduto, davvero non riusciva a capacitarsi di come avesse fatto Pansy a stregare Draco in quel modo. Quando aveva imparato una maledizione – perché di questa si trattava, giusto? – del genere? Come aveva fatto? Quando l’aveva fatto? Avevano ipotizzato di tutto, dall’Oblivion all’Imperius, ma il comportamento di Draco non era collegabile ad esse, sembrava un mix di esse. Non era neanche Amortentia, perché quello che ostentava non sembrava un’ossessione nei confronti di Pansy, quanto un vero sentimento. Harry provava dolore ogni volta che li vedeva assieme. Il suo cuore smetteva di battere per alcuni secondi e faceva male. Cercava di essere forte, sapeva che non era colpa di Draco, sapeva che quello che gli era stato detto dall’altro era stato detto solo perché quest’ultimo era vittima di quella maledizione, eppure non smetteva di fare male. La loro relazione era durata davvero così poco? Sarebbe riuscito a spezzare la maledizione e a riprendersi Draco? . Era convinto di questo, anche se faceva male, lui avrebbe lottato per riprendersi il suo ragazzo e per farlo tornare in sé. Era ingiusto che Pansy avesse agito così alle loro spalle, ma lui non le avrebbe permesso di vincere. Dopo aver ricevuto la lettera di Tonks e dopo quello spiacevole spettacolo in Sala Grande e soprattutto dopo aver sfogato tutto il dolore che aveva provato, era andato dritto dal preside per parlargli di ciò che era accaduto. Per una volta, doveva ammettere che la scelta più saggia era rivolgersi a chi di dovere e non improvvisare. Magari Silente avrebbe potuto aiutarlo a scoprire da che tipo di incantesimo/maledizione/maleficio era stato colpito Draco. Se fossero riusciti a scoprire questo, avrebbero sicuramente fatto molto più presto a trovare anche una soluzione, un contro-incantesimo, una contro-maledizione o qualsiasi cosa utile per annullare gli effetti di quel qualunque-cosa-fosse e poter così salvare Draco. Harry sentiva ogni giorno la sua mancanza e anche se sapeva che non era colpa del biondo, faceva male. Era un dolore che non riusciva a sconfiggere, pur ripetendosi continuamente che non era colpa sua, che era stato stregato, che era innocente. Sperava solo di trovare una soluzione nel minor tempo possibile, così che il dolore svanisse, proprio per questo aveva bisogno di parlare con Silente, lui era l’unico, in quel momento, che poteva aiutarlo. Così era andato immediatamente da lui per raccontargli ogni cosa. Quando era entrato nel suo ufficio, il preside lo aveva guardato preoccupato. Doveva aver visto anche lui quello spettacolo spiacevole in Sala Grande poche ore prima, così gli aveva raccontato tutto ciò che era successo in quell’ultimo periodo e il preside gli aveva promesso che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, anche se doveva trovare prove valide per accusare Pansy Parkinson. Harry si era chiesto quali altre prove servissero, dato che aveva mentito spudoratamente su suo padre (un esperto di incantesimi di manipolazione mentale, il quale sicuramente le aveva insegnato quella maledizione) e che adesso Draco fosse completamente soggiogato da lei. Il preside lo aveva solo ascoltato, ma non aveva potuto fare altro senza alcuna prova. Così Harry, più determinato che mai, aveva deciso di trovare ogni singola prova del coinvolgimento della ragazza in quella faccenda. Se in passato aveva affrontato Voldemort ogni singolo anno, fin da quando era arrivato a Hogwarts e non si era mai arreso, non si sarebbe di certo arreso davanti a Pansy Parkinson e ai suoi piani. Ancora non capiva le sue motivazioni, il perché avesse fatto una cosa del genere ma avrebbe scoperto anche questo.
Quella volta non avrebbe fatto tutto da solo, se c’era una cosa che aveva imparato lavorando fianco a fianco con Draco e con i suoi amici era che non poteva sempre risolvere le cose da solo. Quella volta più che mai, perché ne andava dell’incolumità del suo ragazzo. Draco non aveva smesso di esserlo solo perché “aveva rotto” con lui, a causa del maleficio, Harry era perfettamente conscio di ciò. Aveva fatto male sentirsi dire quelle parole? Certo, ma questo non gli avrebbe impedito di fare qualunque cosa per risolvere ogni cosa. Infatti, dopo aver allertato preside e professore di Difesa contro le Arti Oscure, aveva “incaricato” i compagni di stanza di Draco di ricercare qualunque indizio, qualunque dettaglio utile affinché potessero capire che cosa fosse stato fatto al biondo per stregarlo in quel modo, poi aveva chiesto a Ron e Hermione di aiutarlo a fare delle ricerche per scoprire quale maledizione avesse quegli effetti, i suoi migliori amici erano stati più che disposti a fornire il loro aiuto in quella situazione, Harry era grato a tutti loro per aver deciso di collaborare con lui al fine di salvare il suo ragazzo, da solo non avrebbe saputo come fare, non avrebbe saputo come fronteggiare la situazione, era fortunato ad avere così tante persone intorno disposte ad aiutarlo.
«Questo è assurdo!» esclamò Hermione, esasperata chiudendo violentemente l’ennesimo libro che consultava quel giorno. Era un normale sabato sera, tutti e tre erano nella Sala Comune della loro Casa e stavano studiando alcuni libri di Difesa contro le Arti Oscure alla ricerca della maledizione con cui era stato colpito Draco, erano rimasti lì nonostante l’uscita a Hogsmeade di quel giorno, un po’ per le ricerche un po’ perché a Harry si sarebbe spezzato il cuore nel vedere Draco con quella tizia in giro a fare i piccioncini. «Non è possibile che esista un incantesimo del genere» mormorò scuotendo la testa «Davvero, non so più dove cercare».
«Forse dovresti riposare un po’, Herm» le disse Ron, mettendole una mano sulla spalla «È tutto il giorno che cerchiamo su questi volumi, sei stanca adesso». La ragazza annuì, appoggiando la testa sulla spalla del suo ragazzo e Harry si sentì in colpa per averla fatta stancare così tanto. Ron le cinse le spalle dolcemente e lasciò che ella si mettesse comoda e poi guardò l’amico «Troveremo una soluzione, Harry, non ti preoccupare».
Harry annuì «Mi dispiace avervi coinvolto» mormorò «Herm, dovresti davvero riposare, non devi stancarti così per me».
«Non lo faccio solo per te» replicò lei guardando l’amico «Draco è anche mio amico e ha rischiato la vita per salvare la tua, il minimo che posso fare per sdebitarmi con lui è aiutarti a trovare una soluzione per salvarlo».
Harry sospirò e annuì, ringraziando la ragazza per tutto l’aiuto che gli stava dando «Va bene, ma ora… vai a riposare» le disse con un sorriso triste sul viso. Ella annuì, dispiaciuta di vedere l’amico in quello stato. «Io resterò qui a fare altre ricerche, ma tu non dovresti affaticarti ulteriormente» le disse dispiaciuto «Troveremo una soluzione lo stesso».
«Sei sicuro di poter continuare da solo?»
Harry annuì «Sì, non preoccuparti, se non dovessi trovare nulla qui… tornerò nella sezione proibita».
Gli altri due Grifondoro lo guardarono perplessi e annuirono. Non provarono neppure ad impedirglielo, sapevano che Harry non li avrebbe ascoltati in quel momento. Era già stato nella sezione proibita, aveva già provato a cercare lì qualcosa che potesse aiutarlo, ma era stato quasi beccato da Gazza e aveva dovuto rinunciare alla “missione”, ma non si sarebbe arreso, avrebbe cercato di nuovo anche lì se necessario, tutto pur di trovare la causa dei suoi problemi di quel periodo.
«Non ti dirò di non farlo» disse appunto Hermione, guardando l’amico «Solo, sta’ attento, okay?» Harry annuì «Tutti vogliamo aiutare Draco, ma non c’è bisogno che tu venga espulso per questo».
«Silente non lo espellerà mai, lo sappiamo tutti, Herm» intervenne Ron «Chiuderà un occhio come sempre con lui».
«Grazie, ragazzi» disse Harry, guardando entrambi, riconoscente «Senza di voi non saprei cosa fare».
«Non scherzare neanche, Harry, abbiamo sconfitto Voldemort e i Mangiamorte tutti insieme, cosa vuoi che sia una maledizione?» domandò retoricamente il rosso «Ma anche tu dovresti riposare, non aiuterai così il tuo ragazzo».
«Sì, sì, consulto questi libri e vado a letto» confermò lui, annuendo distrattamente. Non voleva fermarsi, voleva continuare a studiare quei libri, quelle maledizioni, quei malefici, al fine di trovare il più velocemente possibile quello che aveva colpito Draco. Ancora non riusciva a capire il motivo per cui quella ragazza aveva fatto una cosa del genere, da dove proveniva tanto odio? Perché aveva preso di mira Draco? Lo aveva fatto per vendetta? Per cosa? Non sapeva darsi una risposta e non poteva neanche ottenerla dalla diretta interessata dato che era sempre con Draco. Non voleva ripetere la scenata della Sala Grande, non voleva essere trattato di nuovo in quel modo dal Serpeverde. Se una cosa del genere fosse avvenuta qualche anno prima, non avrebbe avuto niente in contrario, avrebbe sfidato Draco a duello e litigato con lui, magari lo avrebbe anche preso a pugni… ma adesso le cose erano diverse, il loro rapporto era diverso e l’idea di fare del male a Draco lo feriva più di qualunque altra cosa, per questo evitava di affrontare la ragazza, se solo avesse potuto le avrebbe dato del Veritaserum e l’avrebbe spinta a confessare… dannazione, avrebbe fatto qualunque cosa per capire cosa stesse accadendo, per capire cosa fosse successo a Draco e come farlo tornare in se stesso. Non sapeva davvero più dove sbattere la testa, l’unica cosa certa era che, dopo anni a Hogwarts, anche quell’anno si stava rivelando un incubo, perché ogni anno in quella scuola doveva diventare così difficile? Perché non poteva mai stare tranquillo e arrivare alla fine dell’anno come un normalissimo studente? Non era bastato aver combattuto contro Voldemort, cercato e distrutto gli horcrux, il Torneo Tremaghi, i draghi, i dissennatori, il basilisco, la pietra filosofale e tutto il resto, no, adesso doveva anche trovare la soluzione a un dannatissimo incantesimo che era stato fatto al suo ragazzo, neanche dopo un mese che loro avevano iniziato la loro relazione. Non riusciva a concentrarsi su altro né sullo studio né sul Quidditch, tutto ciò che faceva era fare ricerche su magie oscure, maledizioni, malefici e pozioni varie e seguire Draco ovunque per capire cosa gli fosse accaduto, ma non trovava mai una soluzione. E più passava il tempo, più si innervosiva, più passava il tempo più diveniva frustrato. Non era possibile, dannazione. Pansy Parkinson era stata così furba da non lasciare neanche una prova di ciò che aveva fatto in giro? No, era assurdo. La soluzione doveva essere da qualche parte e lui l’avrebbe trovata.
Non si sarebbe arreso fino a che Draco non fosse stato libero da quell’incantesimo oscuro.
Prese un profondo respiro e, quando Ron e Hermione andarono via lasciandolo solo, riprese a leggere i volumi che aveva preso dalla biblioteca. Una parte di sé sapeva che quei libri non servivano a nulla, che forse solo nella sezione proibita avrebbe trovato una risposta. Qualunque incantesimo fosse stato usato da Pansy, non l’avrebbe trovato nei libri ordinari, ma in un libro di magia oscura, uno di quelli conservati nel Reparto Proibito. Se voleva delle risposte era lì che doveva andare, doveva riprovare ad entrare in quel reparto e riuscire ad evitare Gazza e il suo maledetto gatto. Non poteva continuare a consultare libri inutili che non gli avrebbero dato alcuna risposta. Così recuperò il suo mantello dell’invisibilità – che aveva sempre con sé da quando aveva ripreso a seguire Draco – ed uscì dalla Sala Comune, dopo averlo indossato. Il corridoio era deserto, né professori né prefetti erano lì. Perfetto, pensò mentre scendeva le scale lentamente. Anche se non era tardissimo e non erano oltre il coprifuoco, preferiva evitare che lo vedessero in giro e ponessero domande scomode, per questo indossava il mantello. Sperava di non incontrare nessuno e di riuscire ad arrivare in biblioteca senza interruzioni, ma improvvisamente scorse un movimento sospetto al quarto piano. Il suo istinto gli suggerì di seguirlo e scoprirne l’origine. Poteva anche essere qualcosa che lo avrebbe portato verso la soluzione. Controllò, per sicurezza, sulla Mappa del Malandrino chi erano le persone coinvolte e quando vide che erano Theodore, Blaise, Tiger e Goyle, insieme a un’altra persona che non conosceva, un certo Daegal Fearghal, decise che valeva la pena seguirli per scoprire cosa stessero tramando tutti e cinque. C’era qualcosa che non gli tornava. Non poteva continuare a brancolare nel buio, dannazione. Harry li seguì e vide le loro ombre sparire in un’aula vuota, così la raggiunse e spiò dalla porta semi-aperta. C’era un ragazzino davanti ai quattro Serpeverde, sembrava del secondo anno, forse del terzo ed era terrorizzato dai più grandi che gli stavano davanti.
«Allora, ragazzino, vuoi confessare o no?» domandò Blaise, guardandolo intimidatorio.
«Non so niente!»
«Ti abbiamo visto, frugavi tra le cose di Draco» aggiunse Theodore «Quindi o confessi o… questi due scimmioni potrebbero farti molto male» lo minacciò indicando con la testa Tiger e Goyle, che già stavano scrocchiando le dita, pronti a picchiare quel ragazzino. Quest’ultimo era con le spalle al muro, sembrava indifeso e spaventato davanti a quattro ragazzi più grandi e forti di lui. A Harry prudettero le mani. La violenza non risolveva nulla.
«Già, e poi dov’è che andavi con quella fiala?» domandò Blaise, sottraendogli la fiala che il ragazzino aveva ancora tra le dita e portandola al naso per annusarla «Amortentia, vero? Scommetto che era per Potter» quello tacque e scosse la testa senza effettivamente rispondere «Non ti conviene mentire con noi, ti abbiamo anche visto confabulare con Pansy Parkinson e Ginny Weasley alla Testa di Porco, oggi a Hogsmeade, e sono certo che siano state loro a fornirti questa, dico bene?» continuò, l’altro rimase in silenzio, ma il suo corpo venne scosso da un brivido «Quindi o ci racconti tutto o per te saranno guai». Il Grifondoro nascosto spalancò gli occhi, stupito. Ginny? Anche lei aveva tramato alle sue spalle per portargli via Draco? Era arrivata a mettersi in combutta con Pansy Parkinson pur di ferirlo? Ma per quale motivo? Perché la sorella del suo migliore amico avrebbe dovuto tirargli un colpo così basso? Per gelosia o cosa? Non era colpa sua se non ricambiava i suoi sentimenti, non era colpa sua se alla fine si era innamorato di Draco. I sentimenti non erano qualcosa che si poteva controllare, non poteva decidere chi amare… era stato il suo cuore, alla fine, a scegliere Draco, perché loro due si completavano, non per il Nexus o per altro, ma solo perché erano come due facce della stessa medaglia. Si compensavano a vicenda… perché Ginny aveva deciso di cospirare alle sue spalle e portargli via la sua fonte di felicità? Non era giusto. Non era affatto giusto.
Adesso capiva il motivo per il quale la ragazza negli ultimi giorni si comportava in modo così gentile con lui… stupidamente aveva creduto che lei avesse deciso di essere di nuovo sua amica, come in passato e invece… lo aveva fatto solo per non fargli sospettare nulla. Davvero credeva ancora di avere qualche speranza? Eppure era stato chiaro con lei. Non la amava, non avrebbe mai potuto amarla. Voleva davvero rifilargli dell’Amortentia per costringerlo a ricambiare i suoi sentimenti? Era innamorato di Draco, questo non sarebbe cambiato con quel filtro, non avrebbe mai potuto amarla davvero perché il suo cuore apparteneva già a qualcun altro. Una rabbia che non provava da tempo ribollì nelle sue vene. Voleva delle risposte adesso e sembrava che esse fossero giunte da lui direttamente. Doveva parlare personalmente con quel ragazzino, avrebbe trovato il modo di convincerlo, magari senza usare la violenza.
«Ti hanno pagato?» domandò Theodore, irritato «Cosa ti hanno promesso in cambio del tuo aiuto?»
«N-Non ho fatto niente…» balbettò il più piccolo, spaventato. Cosa gli impediva di parlare di confessare?
«Ragazzino, non abbiamo tempo da perdere con te, quindi ti conviene confessare adesso» asserì Blaise, estraendo la bacchetta. Fu in quel momento che Harry entrò nell’aula, rivelando la sua presenza.
«Fermi» disse fermando i suoi amici «Non è così che avrete delle risposte».
«Potter, tu che ci fai qua?»
«Andavo nel Reparto Proibito e mi sono imbattuto in qualcosa di sospetto» disse il Grifondoro, entrando nell’aula «Voi» asserì poi, puntando il dito contro di loro «Ho sentito tutto, voglio sapere anche io come ci stava per finire dell’Amortentia nella mia camera e cosa questo ragazzino abbia fatto alle cose di Draco» affermò «Ma senza violenza».
«Cosa intendi fare?» chiese allora Blaise, guardandolo.
«Guarda e impara» gli disse Harry con aria da saccente, poi si rivolse al più piccolo. «Ti chiami Daegal, giusto?» gli chiese, quest’ultimo annuì «Stai bene? Ti hanno fatto male?» il ragazzo scosse la testa. Sembrava spaventato e Harry poteva capirne il motivo. Voleva aiutarlo, ma voleva anche delle risposte da lui, sperava che in quel modo potesse ottenere qualcosa e guadagnarsi la sua fiducia. Un po’ come aveva fatto Draco con Kreacher, quando erano andati a Grimmauld Place per recuperare il medaglione-horcrux. «Sei spaventato?»
«Sì…»
«Da cosa? Da Tiger e Goyle?» domandò ancora una volta. Il più piccolo annuì piano. Harry si voltò verso gli altri due e fece loro segno di allontanarsi. Perplessi, i due ragazzi si spostarono più indietro e il ragazzino sembrò tornare a respirare normalmente. Harry era confuso, sembrava davvero innocente, come poteva essere coinvolto in tutto quello che stava accadendo? Aveva bisogno di indagare più a fondo, così lo scortò verso una delle sedie per farlo accomodare, sotto gli sguardi sorpresi degli altri presenti e poi si sedette accanto a lui. Doveva mantenere la calma, solo così poteva sperare di riuscire a scoprire qualcosa. Sperava che la calma apparente e la faccia di bronzo che avevano sempre contraddistinto Draco potessero aiutarlo – era così che funzionava il dannatissimo Nexus, no? Dopotutto, il biondo a volte si comportava da perfetto Grifondoro per un motivo.
«Ti va di raccontarmi cosa sta succedendo?» domandò.
«I-Io… mi dispiace» mormorò «Non sapevo cosa stavo facendo, io…» deglutì «A-A Natale ero solo a scuola, i miei genitori sono ad Azkaban ed ero solo e tanto triste» raccontò, tremando «Pansy è stata gentile e… mi ha chiesto di farle un favore» raccontò «E io l’ho fatto… oggi lei e la ragazza Grifondoro mi hanno chiesto un altro favore e…»
«… e scommetto che non hai saputo dire di no, vero?» il ragazzino annuì ancora una volta «Cosa ti hanno fatto fare?» chiese «Qual era questo favore che dovevi fare a Pansy?»
«Io… dovevo mettere un sacchetto sotto al letto di Draco Malfoy, non sapevo a cosa servisse, lei mi aveva detto che era solo un regalo di Natale… ho scoperto dopo che non lo era» continuò a raccontare, tremando. Si vedeva quanto fosse spaventato, quanto fosse innocente. Gli dava la colpa? Assolutamente no, ma in parte quel ragazzino era responsabile di ciò che stava accadendo nella sua vita, consapevole o no, aveva aiutato quelle due arpie a rovinare la sua vita e quella di Draco, però allo stesso tempo, quel ragazzino poteva essere la sua – loro – salvezza – poteva aiutarlo a risolvere tutto. Aveva trovato la risposta a tutte le sue domande, aveva trovato il modo di aiutare il suo ragazzo a tornare in sé.
«Non credo sia colpa tua, Daegal» disse Harry «Non ti sto accusando di niente, voglio solo capire cosa è successo». Il ragazzino sembrò tirare un sospiro di sollievo, allora il Grifondoro si sentì autorizzato a porgli qualche altra piccola domanda. «Mi aiuteresti a capire cosa sta succedendo a Draco?»
«Sì…»
«Devi dirmi tutto quello che sai» disse Harry, stavolta con un tono più perentorio. Daegal annuì ancora una volta e deglutì, guardando quello che era stato il prescelto e raccontò tutto ciò che sapeva. A quanto pareva, egli era a conoscenza di tutti gli sporchi segreti di Pansy e Ginny. Draco era vittima di una complessa magia oscura, in cui rientravano un complesso filtro d’amore – che sicuramente non era Amortentia – un sacchetto per le maledizioni e un maleficio di manipolazione mentale. Il ragazzino raccontò che le due ragazze lo avevano minacciato di rivelare il suo coinvolgimento – e di farlo passare come colpevole – se non avesse continuato ad aiutarle e a tenere il segreto per loro.
«E stasera mi avevano ordinato di portare quella fiala di Amortentia» disse indicando Blaise, che aveva ancora la fiala che gli aveva sottratto «… da te, non volevo farlo, ma…»
«Non preoccuparti, Daegal» gli disse il moro «Parleremo con il preside».
«No! No, ti prego, Harry, mi faranno passare come colpevole, io non volevo… volevo solo… degli amici, non volevo fare niente di male…» disse quasi piangendo. Si vedeva chiaramente che il suo era stato un errore fatto in buona fede, era stato messo in mezzo dalle due ragazze, ma non era lui la mente del piano diabolico. Era solo un ragazzino, dopotutto.
«Non ti faranno niente, parlerò io stesso con Silente» affermò il Grifondoro «Ma tu devi venire con me e raccontare tutto quello che hai raccontato a me, puoi farlo, Daegal?» domandò guardandolo. Il giovane Serpeverde deglutì, si guardò intorno e vide Tiger e Goyle che, sebbene fossero lontani, erano ancora intimidatori. Poi sembrò riflettere sulle conseguenze di quanto aveva fatto, di quello che gli sarebbe accaduto, adesso che era stato scoperto. «Potresti essere espulso, lo sai? Sai cosa comporta l’espulsione da Hogwarts?»
«M-Mi spezzeranno la bacchetta…» mormorò il ragazzino «Ma… io ho solo tredici anni…» continuò, mentre delle leggere lacrime iniziavano a cadere dai suoi occhi «Per favore, non voglio essere espulso…»
«Io posso aiutarti, ma tu devi aiutare me» affermò il più grande «Se tu mi aiuterai e parlerai con Silente di questo, io metterò una buona parola per te e tu non sarai espulso» promise «Sarai punito, ma non espulso, te lo assicuro».
«Davvero…?»
«Te lo prometto» promise il Grifondoro «Allora, mi aiuterai?» chiese, a quel punto, con le spalle al muro, il tredicenne fu costretto ad annuire. Le scelte erano due o rischiava l’espulsione insieme alle altre due streghe o si fidava di Harry Potter e andava con lui dal preside a confessare ogni cosa e subiva la punizione… ma senza espulsione. Alla fine la decisione giusta per lui era anche la più ovvia, nessuno a quell’età voleva essere espulso.
«Bene, allora andiamo da Silente» affermò Harry, guardando gli altri quattro. Blaise e Theodore lo guardarono stupiti, come se non si aspettassero che lui potesse, effettivamente, riuscire a farlo confessare.
«Sei davvero sorprendente, Potter, non credevamo che fossi così diplomatico» gli disse Theo, ridacchiando e dandogli una pacca sulla spalla.
«Neanche io» mormorò Harry in risposta, mentre uscivano dall’aula. Tutti e sei i ragazzi raggiunsero l’ingresso dell’ufficio del preside e fu il Grifondoro a pronunciare la parola d’ordine, dato che era l’unico a conoscerla. Adesso che avevano le prove e una testimonianza di ciò che era successo a Draco, era sicuro che Silente l’avrebbe aiutato a trovare una soluzione, adesso più che mai.
 

 
«Un incantesimo come questo è difficile da spezzare…» commentò Silente, quando Daegal ebbe finito di spiegare ciò che era stato fatto a Draco «Interessante, molto interessante, è la combinazione di un potente maleficio mentale, unito a un potente filtro d’amore, l’effetto di ogni componente di questa magia oscura è stato ampliato da questo sacchetto stregato» spiegò analizzando ciò che aveva davanti. Aprì il sacchetto e ne studiò, insieme a Remus e a Piton – chiamati apposta da lui – le varie componenti. «Insidioso…»
«Possiamo salvare Draco?» domandò impaziente Harry, guardando i tre uomini che analizzavano ogni cosa che aveva portato loro, insieme ai racconti di Daegal, il giovane Serpeverde del terzo anno, complice dei piani folli (quasi falliti) di Pansy Parkinson e Ginny Weasley.
«Pazienza, Potter» berciò Piton, fulminandolo con lo sguardo. Harry avrebbe voluto rispondergli a tono, ma tacque. Non poteva inimicarsi Piton in quel momento, aveva bisogno anche del suo aiuto, altrimenti Silente non l’avrebbe mai fatto chiamare. Quando erano arrivati nell’ufficio sostenendo di avere delle novità su Draco, infatti il preside aveva fatto chiamare sia Piton sia Lupin per confrontarsi anche con loro su ciò che i ragazzi avevano da raccontare. I due professori e il preside avevano ascoltato tutto ciò che Daegal aveva raccontato e stavano riflettendo su una possibile soluzione.
Harry si torturò le mani, pur di non parlare a sproposito e si morse le labbra per il nervosismo. Aveva bisogno di uscire da lì, ma aveva anche bisogno che qualcuno gli dicesse che c’era una cura per spezzare quella maledizione. Aveva bisogno di belle notizie in quel momento. Il tempo passava inesorabile, il pendolo dell’ufficio del preside rintoccava le undici di sera, quando Piton uscì dalla stanza per recarsi chi sapeva dove. Silente guardò verso il ragazzo impaziente con occhi tranquilli e pacati.
«Non ti preoccupare, Harry, Severus sa quello che sta facendo» disse «Sono certo che è andato a prendere qualche antidoto per il filtro d’amore con cui è stato stregato il nostro Draco» spiegò.
«Fidati di noi, Harry» intervenne Remus «Troveremo anche una contro-maledizione in men che non si dica».
Il ragazzo annuì e «Scusatemi» mormorò dispiaciuto «Non vorrei essere così… infantile».
«Oh Harry, non preoccuparti, sappiamo bene quanto tu sia preoccupato per Draco e quanto tu ti sia impegnato per risolvere la situazione», egli annuì, ma incerto. Non credeva di aver fatto del suo meglio, di fatto la parte maggiore l’avevano fatta Blaise e Theodore che avevano trovato il ragazzino che aveva aiutato le due ragazze e che alla fine aveva confessato tutto. Non credeva di essersi impegnato così tanto, ma… era grato che finalmente avessero una probabile soluzione, almeno era meglio di nulla. Aveva bisogno di credere che sarebbe tornato tutto alla normalità. Voleva vivere quest’ultimo semestre in tranquillità e non impazzire per cose del genere. Aveva bisogno di avere di nuovo Draco nella sua vita, come suo ragazzo o solo come amico non importava. Gli bastava solo che lui fosse presente.
Dopo un po’ d’attesa – quasi mezzanotte – Remus esultò indicando qualcosa sull’enorme tomo che stava consultando.
«Ecco, ho trovato qualcosa» disse e tutti i presenti gli prestarono attenzione «Il primo passo fare è bruciare il sacchetto per maledizioni posto sotto al letto di Draco, poi gli dovremmo somministrare una pozione – quella che Severus sta sicuramente preparando – e poi recitare questa formula per spezzare la maledizione» spiegò, trascrivendo la formula. Harry era abbastanza bravo con le contro-fatture, ma dopo tanto allenamento, questa volta avrebbe dovuto imparare velocemente un incantesimo e farlo ad occhi chiusi, seguendo solo il suo istinto. Non aveva il tempo di impararlo bene e di esercitarsi. Si avvicinò a Remus per controllare l’incantesimo e leggere in cosa consistesse la formula. Era difficile, ma non impossibile, era abbastanza determinato da riuscire a farlo. Doveva spezzare quella maledizione.
«La cosa difficile sarà trovare il sacchetto e bruciarlo…» disse Harry mestamente.
«Ce ne occuperemo noi» disse Theodore «Siamo i compagni di stanza di Draco, riusciremo a trovarlo».
«Io so dov’è» intervenne il ragazzino, che era ancora lì sorvegliato a vista da Blaise e Theodore che non lo avevano lasciato andare dopo la sua confessione «Posso trovarlo e darlo a voi due affinché lo bruciate» disse ai due maghi che lo sorvegliavano, i quali lo guardarono perplessi e sospettosi.
«Cosa ci dice che tu non stia mentendo ora?» domandò Blaise.
«Ho paura dei due ragazzi di prima, non vi farei mai arrabbiare di nuovo, lo giuro!» esclamò il ragazzino, guardando i due più grandi «Davvero, voglio rimediare agli errori che ho fatto, permettetemi di aiutarvi!»
I due Serpeverde guardarono Harry in attesa di una risposta, se lui avesse accettato di farlo partecipare alla “missione” per salvare Draco, allora avrebbero messo subito il piano in atto. Il Grifondoro sospirò e guardò il ragazzino, le sue uniche colpe erano state: quella di sentirsi solo, quella di volere degli amici e quella di farsi raggirare da due ragazze più grandi, aveva agito inconsciamente e senza cattiveria, Harry aveva visto il terrore nei suoi occhi, quando era stato messo davanti alle conseguenze delle sue azioni e sembrava davvero pentito; aveva deciso di collaborare con lui, forse anche per evitare l’espulsione, ma non poteva fargli una colpa di questo, almeno si era pentito delle sue scelte sbagliate. Non aveva agito davvero consapevolmente, non sapeva cosa stesse facendo, fino a che non era stato messo davanti alle conseguenze di esse. Era stato complice e non artefice di quel piano e poi quando si era reso conto del suo errore, un po’ per paura, un po’ per sua volontà, aveva raccontato tutto e aveva confessato ed era stato anche disposto ad aiutarlo ad attuare il piano. Avrebbe dato una seconda chance a quel ragazzo, dopotutto, l’aveva fatto anche con Draco in passato.
«Se è vero che l’ha nascosto lui, allora saprà esattamente dov’è nascosto. Quindi con lui lo troverete con più facilità» disse il giovane mago a favore del giovane Serpeverde «Ma non farci nessun altro scherzo, Daegal».
«No! Lo giuro, non farò più errori!» esclamò con decisione.
«Allora è deciso» affermò il grifone «Voi tre andrete a cercare il sacchetto per bruciarlo e farete uscire Draco dalla sala comune con una scusa e io… farò il resto» spiegò brevemente, sperando di riuscire a memorizzare la formula della contro-maledizione. Aveva ancora il tempo per impararla bene, dato che Piton non era ancora tornato con l’antidoto per il filtro d’amore. Confidava che tutto funzionasse, doveva funzionare. Non aveva altra scelta, quella era l’unica soluzione per salvare Draco e mettere fine a tutta quell’assurda storia, ne andava della sua salute mentale.
Aveva bisogno che almeno quell’anno finisse bene, che nessun altro problema distruggesse tutti i suoi progetti, ne aveva abbastanza di problemi, maledizioni e simili, voleva solo arrivare alla fine dell’anno e prendere i M.A.G.O. e lasciare Hogwarts per ricominciare una nuova vita, possibilmente accanto al suo ragazzo, tante grazie.
Quando finalmente Piton tornò nell’ufficio di Silente, aveva tra le dita una fiala di antidoto e la consegnò a Potter, spiegandogli brevemente come avrebbe dovuto usarla. Quando tutto fu pronto, Harry guardò gli altri tre ragazzi e annuì, deciso. Dovevano mettere il piano in atto adesso, prima che fosse troppo tardi. Nessuno l’aveva detto, ma lui aveva il timore che se non fossero intervenuti tempestivamente, avrebbe perso Draco definitivamente. Ed era qualcosa che non voleva né desiderava.
«Ci siamo?» domandò agli altri tre.
«Sì, ci siamo. Non credo che il ragazzino farà scherzi» affermò Blaise «Tu sei pronto? Sappiamo quanto può essere difficile per te».
«Sì, grazie ragazzi… non ce l’avrei fatta senza di voi» disse lasciando andare un sospiro «Spero solo che possa andare tutto bene» esternò guadagnandosi delle occhiate perplesse dagli altri. Non era colpa sua, era abituato alla sfortuna, in tutti i piani che aveva ideato negli anni, c’era sempre stato qualche intoppo che gli aveva impedito di portare a termine in modo indolore qualunque cosa. Sperava che stavolta potesse essere diverso, ma l’errore era dietro l’angolo, dannazione.
«Non preoccuparti, andrà tutto bene» lo rincuorò Silente «E se tutto dovesse andare storto, caro Harry, ricordati che c’è un incantesimo che è molto più potente di qualunque altro incantesimo che tu abbia mai incontrato e che mai potrai incontrare nella tua vita» aggiunse saggiamente «Hai già avuto a che fare con esso, in passato ti ha salvato dalla morte… non pensi che possa sconfiggere qualunque tipo di incantesimo?» domandò, guardando il ragazzo, il quale spalancò gli occhi. Gli stava davvero suggerendo che l’amore, come nelle migliori favole, poteva salvare anche Draco? E come avrebbe dovuto fare? Come avrebbe potuto fare?
«Signore…? Come potrei, insomma…?» domandò deglutendo «Lui non… mi ama più, non credo che possa funzionare una cosa del genere» disse dispiaciuto e rammaricato, abbassando la testa.
«Oh, ragazzo mio» sospirò Silente «Lui è solo annebbiato dall’incantesimo, in fondo al suo cuore i suoi sentimenti sono ancora lì, esistono ancora» spiegò «Devi solo trovare… la chiave per accedere al suo cuore e spezzare l’incantesimo».
Harry rimase in silenzio, mordendosi le labbra, cercando di decriptare il messaggio che gli aveva appena dato Silente. Ma cosa voleva dire? Dove la trovava questa chiave del cuore di Draco? Come poteva trovarla? Doveva cercarla come un horcrux? E dove sarebbe dovuto andare a cercarla? Esisteva un modo per rintracciarla?
Theodore, che fino a quel momento era rimasto in silenzio con Blaise, in attesa anche loro di una risposta, lo affiancò e gli diede una leggera spallata per attirare la sua attenzione.
«Potter, credo che il preside ti stia suggerendo di pomiciare con Draco, fino a che non gli ritorna il senno» bisbigliò al suo orecchio, per non farsi sentire dall’anziano preside. Harry avvampò e scosse la testa energicamente per allontanare le assurde insinuazioni dell’amico del suo ragazzo. Ma cosa gli saltava in mente? Erano nel mondo reale, non in una favola.
«I-Io non credo che il preside intendesse… un bacio, Theo» disse imbarazzato, rendendosi conto di non aver bisbigliato solo quando vide l’espressione disgustata di Piton, quella divertita di Remus e quella affermativa di Silente.
«Credo che il signor Nott abbia ragione, Harry» confermò, invece, il preside.
«Cosa?» domandò rosso come un pomodoro «S-Signore lei crede davvero che… possa funzionare così?» chiese il mago con tono mesto «A me non sembra… insomma, è impossibile».
«Nulla è davvero impossibile, Harry, dovresti sapere che tu e Draco non siete solo innamorati, ma condividete un legame importante, un legame che si è instaurato tra di voi, perché avete una profonda connessione empatica. Solo tu puoi accedere a quella parte dell’inconscio di Draco e aiutarlo a tornare in sé».
«Lo pensa davvero, signore?»
«Se non lo pensassi davvero, non credo che te l’avrei suggerito, no?» domandò retoricamente, il ragazzo annuì «Va’, Harry e riprenditi ciò che con l’inganno ti è stato portato via ingiustamente» gli disse «Tutti noi a questo mondo meritiamo la felicità e la serenità, soprattutto tu, non dimenticarlo mai». Il ragazzo annuì e strinse tra le dita la fiala di pozione che gli era stata data da Piton, tenne a mente l’incantesimo da abbinarvi che Remus gli aveva fornito ed uscì dall’ufficio del preside, seguito dagli altri tre Serpeverde «Signor Nott, signor Zabini, potreste aiutarmi a rintracciare le signorine Parkinson e Weasley? Avrei davvero necessità di conferire con loro in privato, domattina presto» la voce di Silente fermò nuovamente i quattro ragazzi. I due interpellati annuirono e promisero al preside che avrebbero fatto del loro meglio per esaudire la sua richiesta. Dopodiché i tre Serpeverde e il Grifondoro, iniziarono a scendere la scala a chiocciola che portava fuori dall’ufficio di Silente e iniziarono a percorrere i corridoi che portavano ai sotterranei. I corridoi erano deserti, ma a Harry non importava essere beccato fuori dalla sala comune dopo il coprifuoco, dopotutto il preside e due professori sapevano tutto, non stava infrangendo alcuna regola in quel momento.
«Harry… mi dispiace davvero» disse il ragazzino, improvvisamente, mentre camminavano «Ti prometto che non mi farò mai più ingannare da qualcuno e che diventerò come te, un giorno». Harry gli sorrise e annuì, ringraziandolo nuovamente per averlo aiutato, alla fine, a venire a capo di tutta quella situazione. Era una fortuna che il ragazzo si fosse reso conto di aver sbagliato e che le sue azioni erano state totalmente errate e soprattutto che si fosse pentito di esse. Chi, secondo lui, non si sarebbe mai pentito di ciò che aveva fatto, era proprio chi il piano l’aveva ideato: Pansy e Ginny. Non voleva neanche sapere le loro motivazioni, ciò che gli aveva raccontato Daegal era più che sufficiente per convincerlo che non voleva più avere nulla a che fare con loro due.
Quando raggiunsero i sotterranei, Harry si nascose sotto al mantello dell’invisibilità e subito dopo, Daegal, Theodore e Blaise entrarono nella sala comune, il moro rimase in attesa che Draco uscisse. Sperava che tutto andasse secondo il piano e che loro riuscissero a separarlo da Pansy e a farlo uscire da solo dalla sala, altrimenti non avrebbe saputo come fare e come separarli da solo. Doveva fargli bere la pozione e recitare la formula che gli aveva detto Remus. Se questo non avesse funzionato… lo avrebbe baciato, come aveva detto Silente. Lo avrebbe fatto davvero? Avrebbe usato un mezzo così banale?
Banale o no, se mi permetterà di riavere Draco nella mia vita, lo userò – si disse. Dieci minuti dopo, vide il biondo uscire dalla sala comune di Serpeverde, bello come il sole. Era da solo. Bene, i suoi amici erano riusciti a farlo uscire da lì senza la palla al piede. Sperando che riuscissero a trovare e bruciare il sacchetto in fretta, raggiunse di soppiatto il biondo e dopo aver mormorato un Petrificus Totalus, lo nascose con sé sotto al mantello dell’invisibilità e lo trascinò via, fino all’aula di pozioni che era la più vicina. Una volta lì, chiuse la porta con un Colloportus e deglutì guardando il ragazzo immobilizzato davanti a sé e lo de-pietrificò, non poteva fargli bere la pozione da immobilizzato, avrebbe rischiato di soffocare. Voleva salvarlo, non ucciderlo.
«Potter, di nuovo tu? Non voglio più avere a che fare con te, già te l’ho detto!» esclamò «Ma che diavolo ti salta in mente? Dov’è Pansy?» chiese arrabbiato, guardando l’altro con astio.
«Non qui a quanto pare» borbottò Harry, indispettito e anche un po’ ferito da quell’ennesimo rifiuto; doveva essere forte, doveva lasciare andare la paura e attuare il piano. «Dray… lascia che ti aiuti a tornare in te» disse avvicinandosi a lui, tenendo tra le dita la fialetta di pozione. Doveva riuscire a fargliela bere, in qualunque modo, doveva portare a termine il piano nel miglior modo possibile, senza fare danni.
Il Grifondoro prese un respiro profondo, sapeva che il suo Draco non gli avrebbe mai parlato in quel modo, che a parlare in quel momento fosse la maledizione non lui e che se voleva salvarlo, doveva farsi forza e lasciare andare le sue paure. Non poteva permettere che una dannata maledizione lo portasse via da lui, non dopo tutto quello che avevano vissuto, non dopo che entrambi avevano vissuto l’inferno, non dopo che entrambi avevano trovato la felicità ed essa era stata strappata via con violenza da loro a causa dell’egoismo di altre due persone. Non avrebbe permesso a quelle due arpie di vincere, non quella volta.
«No, tu mi ascolti, stupido idiota!» esclamò il moro avvicinandosi a lui, spintonandolo «Tu sei mio, hai capito? Come io sono tuo, hai fatto di tutto per corteggiarmi e adesso mandi tutto all’aria e non mi permetti neanche di spezzare l’incantesimo? No!» esclamò con decisione «Non permetterò a Pansy Parkinson e a Ginny Weasley di vincere!» il biondo strabuzzò gli occhi e lo guardò, come se non stesse capendo il suo discorso, ma rimase immobile. «Ti prego, ti prego, Draco… torna in te» disse con tono sofferente avvicinandosi di più a lui, spingendolo con le spalle al muro con tutte le forze che aveva, il Serpeverde, scioccato, lo fece fare senza opporre resistenza «Ti prego, io ti amo, lo sai che ti amo, e anche tu mi ami…» deglutì «Per favore, ricorda chi ami davvero…» sussurrò con tono dolce e disperato, una lacrima sfuggì al suo controllo e cercò lo sguardo del suo ragazzo che, immobile davanti a lui, lo fissava senza muovere un muscolo; si disse che quello era il momento di agire – sicuramente i tre Serpeverde erano riusciti a trovare il sacchetto e a bruciarlo, per questo Draco sembrava così assente e accondiscendente – non poteva perdere altro tempo, doveva essere rapido ed efficace. Velocemente stappò la fiala di antidoto e la portò alle labbra dell’altro, che, incantato, la bevve senza opporre resistenza. La contro-maledizione doveva essere portata a termine rapidamente, soprattutto adesso che Draco aveva bevuto la pozione, Harry doveva affrettarsi a terminare ogni cosa, prima che fosse tardi, prima che l’effetto svanisse e lui perdesse per sempre il suo Draco. Quell’eventualità andava evitata ad ogni costo.
Così, senza più alcuna esitazione, il Grifondoro afferrò la sua bacchetta e la strinse tra le dita, poi si affrettò a recitare l’incantesimo che gli aveva detto Remus, sperando di pronunciarlo nel modo corretto, senza rischiare di uccidere Draco. Per lunghissimi minuti non successe nulla, poi il Serpeverde chiuse gli occhi e quando li riaprì, sembrava diverso, era immobile, non parlava, i suoi occhi sembravano vitrei e vuoti. Harry deglutì, terrorizzato che qualcosa fosse andato storto. Aveva sbagliato qualcosa? Aveva recitato male l’incantesimo? No, no era sicuro di aver fatto tutto nel modo corretto… no, doveva aver funzionato… forse mancava un pezzo? Fu in quel momento che decise che avrebbe fatto una prova.
Incerto e tremante, si avvicinò di nuovo all’altro ragazzo e gli fece salire lentamente le mani sulle spalle, le intrecciò dietro alla sua nuca, poi lo avvicinò a sé e infine unì le loro labbra in un dolce bacio. Draco lo lasciò fare e rimase inizialmente di stucco, pietrificato, immobile, ma poi, come se si fosse risvegliato da un’ipnosi, lentamente ricambiò il bacio e allungò le braccia attorno ai fianchi dell’altro. Quando ritornò definitivamente in se stesso, la presa sul Grifondoro divenne più decisa e lo strinse a sé approfondendo il bacio in modo più passionale. Quando Harry sentì Draco ricambiare il suo bacio in quel modo e sentì la sua stretta attorno ai fianchi, tirò un sospiro di sollievo e lente lacrime di sollievo, iniziarono a scivolare lungo le sue guance.
Ce l’aveva fatta, aveva spezzato la maledizione e salvato Draco.
Era così felice in quel momento…
Nell’aula di pozioni, durante quella fredda serata invernale, il suo cuore aveva ripreso a battere, perché finalmente aveva ritrovato l’amore del suo ragazzo che, meschinamente, gli era stato portato via. Anche quella volta, era riuscito a vincere contro la magia oscura. Aveva ragione Silente, l’amore era davvero l’incantesimo più potente esistente nell’universo.
 

 
Quando le labbra di Harry toccarono le sue, Draco parve risvegliarsi. Fin da quando erano entrati nell’aula di pozioni si era sentito strano. Prima aveva sentito un peso venire via da sé, come se avesse ripreso a respirare dopo un lungo periodo di apnea, poi aveva bevuto quella pozione somministratagli da Harry e poi aveva udito quell’incantesimo pronunciato da lui, ma non aveva realizzato di essere libero dalla maledizione. Solo dopo aver sentito la pressione delle labbra del suo ragazzo sulle sue, aveva realizzato di essere libero, di poter essere di nuovo se stesso, di non avere più l’altro dentro di sé, aveva realizzato che tutto fosse finito solo in quel momento. E una nuova sensazione di felicità esplose dentro di lui. Era tutto finito, finalmente. Tutto.
Quelle ultime settimane erano state un inferno, sembrava che un’altra persona fosse entrata in lui, mentre lui stesso era ancora cosciente. Non poteva fare niente per impedire all’altro di fare le cose che aveva fatto. Per giorni, gli era sembrato di annegare, che quella personalità avesse preso il sopravvento. Non era cambiato improvvisamente, ma non poteva agire per sua volontà, per quanto si sforzasse, non riusciva a fare altro se non quello che l’altro voleva. Respingere Harry, vederlo soffrire, vederlo piangere, dirgli di non amarlo… aveva fatto male. Tutto aveva fatto male, era stato come ricevere una pugnalata in pieno petto. Il pugno di Weasley per un momento l’aveva fatto tornare in sé, ma l’attimo dopo l’altro aveva ripreso il sopravvento. Non aveva capito cosa gli stesse accadendo, la sua mente era offuscata, le sue azioni non corrispondevano a quello che realmente voleva. Era stato colpito di qualcosa, qualche incantesimo che non conosceva. Ricordava la sera che erano tornati a Hogwarts, dopo aver accompagnato Harry alla Torre di Grifondoro ed aver aspettato che oltrepassasse il quadro della Signora Grassa, era tornato nei sotterranei. Aveva parlato con Blaise e Theodore che lo avevano bonariamente preso in giro per il suo essere uno stupido piccioncino con Harry, alludendo al loro modo di comportarsi sul treno. Sinceramente, Draco non aveva pensato a come li avrebbero visti gli altri, semplicemente voleva dimostrare al moro tutto l’amore che provava per lui, anche in modo imbarazzante. Tenerlo in braccio, condividere con lui i dolci erano tutte cose che non aveva mai fatto con nessuno, ma che con Harry sembravano giuste. Era giusto che il suo ragazzo fosse felice e si sentisse amato. Questo era quello che aveva detto ai suoi amici, che avevano ridacchiato un po’ per il su essere tremendamente sdolcinato, ma le loro velate prese in giro nascondevano sempre affetto e felicità per lui. Più di una volta i suoi amici gli avevano detto che meritava di essere felice, dopo tutto ciò che aveva vissuto, dopo l’incubo che era stata la sua vita al Manor. Ricordava di aver risposto ai suoi amici per le rime, come al solito e che gli altri due gli avevano detto che sarebbero andati in Sala Grande, ricordava di aver risposto che li avrebbe raggiunti in poco tempo, prima doveva salutare Pansy e assicurarsi che stesse bene. Quando era giunto in Sala Comune, aveva incontrato l’amica che lo aveva abbracciato e gli aveva detto che le era mancato, così l’aveva invitata a sedersi con lui sul divano e chiacchierare un po’, prima di andare in Sala Grande per la cena, lei ne era stata entusiasta. Avevano parlato per dieci minuti, poi lei gli aveva chiesto di assaggiare qualcosa di preparato da lei e lui aveva accettato, senza pensare che potesse esserci qualcosa di sbagliato in quello. Aveva bevuto il contenuto del bicchiere e si era sentito strano, ma niente di che. Non aveva notato che mentre beveva, la ragazza mormorava le parole di un incantesimo. Poi aveva sussurrato qualcosa al suo orecchio, qualcosa che riguardava Harry e che l’aveva fatto sentire arrabbiato, ma non ricordava esattamente cosa avesse detto, ma qualcosa di legato al suo ragazzo visto in compagnia di un’altra persona. Dentro di sé sapeva che non era vero, perché lo aveva appena lasciato davanti al quadro della Signora Grassa e l’aveva visto entrare, prima di andare via. Eppure l’altro non l’aveva pensata come lui. Non aveva capito di essere stato maledetto. Non l’aveva capito fino a che non era arrivato in Sala Grande e Harry gli era corso incontro abbracciandolo e lui l’aveva respinto freddamente. Dentro di sé aveva urlato, avrebbe voluto prenderlo tra le sue braccia e scusarsi con lui per quello. Non avrebbe mai voluto comportarsi così.
Nei giorni seguenti, le cose erano peggiorate. Si comportava da perfetto stronzo – così com’era in passato – ma non voleva. Era come se qualcun altro vivesse e si comportasse in quel modo al posto suo. Non avrebbe mai voluto ferire il suo ragazzo e i suoi amici. Poteva sentire Harry avvicinarsi ogni volta e respingerlo quando lui voleva solo parlargli gli faceva male, ma non poteva fare altrimenti. Era stato un incubo. Ogni volta che l’altro abbracciava Pansy o che si comportava in modo dolce con lei, dentro di sé Draco stava male. Poteva immaginare il dolore di Harry in quei momenti, voleva ribellarsi, voleva tornare in se stesso, ma non riusciva mai, era come se il vero se stesso, ancora cosciente, fosse stato relegato da qualche parte dentro di lui, e quest’altro avesse preso il sopravvento.
Quando Harry lo aveva fronteggiato in Sala Grande, aveva sperato di poter essere abbastanza forte da sconfiggere l’ingombrante presenza dentro di sé, ma questa era stata più forte. Aveva respinto Harry in malo modo, gli aveva detto di non amarlo, di non averlo mai amato. Draco aveva provato a ribellarsi con tutte le sue forze, ma non era riuscito a liberarsi. Ti prego, Harry, ti prego, non sono io, non è vero, non ascoltarlo – avrebbe voluto urlare, ma la sua voce era rimasta intrappolata dentro di lui, le parole crudeli dell’altro avevano ferito Harry. E aveva ringraziato Weasley per il pugno. Meritava di peggio, davvero di peggio. Dopo tutto quello che aveva fatto per conquistare Harry, per farsi accettare da lui e guadagnarsi la sua fiducia, ecco che il piano ben congegnato di qualcun altro si intrometteva tra di loro e impediva loro di vivere la loro felicità, faticosamente conquistata. Ad un certo punto, aveva creduto che il moro si fosse arreso, non lo aveva più visto tentare di approcciarsi a lui, anzi. Più di una volta l’aveva intravisto con la rossa Weasley e tutto ciò che rimaneva di sé e del suo vero cuore aveva sanguinato e sofferto. L’aveva già sostituito? Aveva creduto alle parole crudeli dell’altro ed era andato avanti? Beh, dopotutto, chi dopo essere stato rifiutato in quel modo davanti a tutti, dopo essere stato pubblicamente umiliato, avrebbe perso altro tempo dietro alla persona che l’aveva ferito così tanto?
Non di certo Harry Potter.
E invece… si era dovuto ricredere. Era ovvio che Harry non si fosse arreso. L’aveva capito in quel momento, quando il peso di quell’altra personalità era svanito nel nulla e il suo vero se stesso era riemerso. Le lacrime di Harry contro la sua guancia bruciavano e davvero il senso di colpa dentro di lui aumentò a dismisura.
Automaticamente, come se le sue braccia fossero abituate a fare esattamente quello, afferrò il moro per i fianchi e lo avvicinò a sé, ricambiando il suo bacio disperato. Fu come tornare a respirare, le labbra di Harry si muovevano in sincrono alle sue, le mani dell’altro erano aggrappate disperatamente alle sue spalle, il suo respiro affannoso si mischiava a quello del suo ragazzo e voleva che quel momento di puro benessere non finisse mai. Aveva bisogno di quello.
Pansy gli aveva tirato un colpo davvero basso, il motivo non lo aveva ancora capito, ma non gli interessava in quel momento, l’importante era riavere Harry con sé, al suo fianco. Lui era stato gentile con lei, le aveva permesso di entrare nella sua cerchia di amici, era stato comprensivo e di supporto, lei invece lo aveva pugnalato alle spalle, cospirando contro di lui e contro il suo ragazzo per separarli. Stavolta non sarebbe riuscito a perdonarla, ne era certo. Se desiderava vendetta, perché mettere in mezzo anche Harry? Cosa c’entrava lui tra di loro? Non gli importava quanto avessero voluto ferire lui, lo avrebbe potuto accettare, purché non ferissero la persona da lui amata. Non poteva neanche pensare il viso distrutto di Harry, quando l’altro gli aveva detto di non amarlo. Non voleva mai più vederlo in quelle condizioni, non voleva più essere la causa delle sue sofferenze e del suo dolore. Harry meritava la felicità, accanto a lui o meno non importava, purché gli altri lo lasciassero in pace e gli permettessero di vivere la sua vita senza ulteriori problemi, senza doversi proteggere costantemente dal mondo. Lui l’avrebbe protetto volentieri, se non gliel’avessero impedito nelle ultime settimane. Si sentiva in colpa per averlo fatto soffrire, per non averlo protetto da quel dolore, se avesse potuto, sarebbe tornato indietro nel tempo e avrebbe impedito a Pansy di attuare il suo diabolico piano. Non poteva fare altro che accettare le conseguenze di quanto accaduto e tentare di farsi perdonare, se il Grifondoro non avesse voluto tornare con lui, l’avrebbe capito e quella volta avrebbe accettato a malincuore la sua decisione e non avrebbe più insistito. Per una volta che era felice, per una volta che aveva trovato la persona giusta per lui, ecco che qualcuno aveva deciso di rovinargli la vita e di portargli via l’unica cosa bella che gli era capitata in anni.
«Harry…» sussurrò a bassa voce, il tono dolce, amorevole, suo, quando per necessità di ossigeno si separarono. Harry alzò lo sguardo verso di lui, i suoi occhi erano cerchiati di rosso, le lacrime ancora rigavano le sue guance. Draco deglutì sentendosi ancora responsabile per tutto quello e pose delicatamente le sue mani sulle sue guance, per eliminare le tracce delle lacrime dal suo viso «Mi dispiace…» disse in un sussurro «Mi dispiace così tanto…»
«S-Sei tornato?» domandò Harry, incerto, staccandosi da lui e appoggiando una mano sulla sua guancia. Immediatamente, il calore di quel gesto scaldò il cuore di Draco, che annuì piano. Anche se il bacio era stato una più che valida risposta, aveva il bisogno disperato di sentirselo dire. Draco poteva capirlo, quegli ultimi infernali giorni dovevano essere stati terrificanti anche per lui, sicuramente era stato male e nonostante ciò… lo aveva salvato. «Draco, sei davvero tu?» chiese come conferma. Draco avvertì un vero bisogno disperato nella sua voce.
«Sì» rispose con sincerità, guardandolo negli occhi, incatenando i loro sguardi l’uno dentro l’altro «Sono qui, mi dispiace, ma sono davvero io ora…» sussurrò dolcemente, accarezzandogli le guance «Sono io, Harry, non piangere… va tutto bene adesso». Gli occhi di Harry si riempirono di nuovo di lacrime e un singhiozzo di sollievo lasciò le sue labbra, prima che il ragazzo affondasse il viso contro il petto del più alto, nascondendo le sue lacrime e il suo stato pietoso contro la sua maglietta, disperatamente il moro strinse le braccia attorno ai suoi fianchi per sentirlo più vicino. Il sollievo era evidente e quel pianto era liberatorio. Stava sfogando tutto il dolore che aveva provato in quei giorni, in cui si era fatto forza per trovare una soluzione per aiutarlo. Draco poteva capirlo, poteva percepirlo, così allungò le braccia attorno alle sue spalle e lo strinse a sé dolcemente, cullandolo piano tra le sue braccia per proteggerlo da tutto ciò che lui gli aveva fatto. Iniziò a mormorare al suo orecchio parole di scuse, parole dolci e di conforto, cercò in tutti i modi di consolarlo, fino a che il moro non si calmò solo dopo parecchio tempo. Draco restò lì, a stringerlo e a confortarlo, fino a che non fu calmo. Aveva bisogno di sapere che stesse bene.
«Perdonami, ti prego» mormorò piano al suo orecchio «Non volevo farti del male, io…»
«L-Lo so che non è stata colpa tua…» rispose Harry «Mentirei se dicessi che non ha fatto male, ma so che non sei stato tu il responsabile, eri vittima di un incantesimo terribile» mormorò, alzando lo sguardo su di lui, circondando il suo viso con le proprie mani «Va tutto bene, sei tornato te stesso, questo è l’importante».
«Cosa ho fatto nella vita per meritare te al mio fianco?»
«Sei stato molto fortunato…» rispose il moro ridacchiando «… o molto sfortunato, a seconda dei punti di vista» asserì poi, più triste «Dispiace anche a me per quello che ti è successo… anche Ginny era coinvolta…»
«Non è neanche colpa tua, Harry» replicò Draco, guardandolo negli occhi «Non potevi sapere che quella ragazza fosse così ossessionata da te da arrivare a tanto». Il Grifondoro annuì e abbassò lo sguardo, incapace di mantenere il suo in quell’altro, come se si sentisse davvero colpevole e responsabile per tutto, anche le sue mani lasciarono il volto del biondo, cadendo a peso morto lungo i suoi fianchi. Dannato Grifon-idiota. «Ehi, guardami, Harry» mormorò il Serpeverde, prendendogli il mento tra le dita, costringendolo quasi a farsi guardare negli occhi «Se esiste un responsabile per tutto questo, sono Pansy e Ginny, sono loro che ci hanno messo in quella situazione. Tu non c’entri niente».
«Dici così, ma sai anche tu che tutte le persone che mi circondano poi finiscono per essere maledette o peggio…» disse, tenendo lo sguardo basso «Penso di portare sfortuna a chiunque mi stia intorno, non dovresti… perdere altro tempo con me». Draco spalancò gli occhi davanti alle sue parole e scosse energicamente la testa «Sarebbe meglio per tutti e due…»
«Harry, smettila di colpevolizzarti» disse Draco con il tono di voce fermo «Non è stata colpa tua. Sono stato io a ferire te anche se inconsapevolmente, smettila di fare così».
«Ma… se non fosse stato per me, Ginny non ti avrebbe fatto nulla e…»
«E l’avrebbe fatto Pansy» lo interruppe «Erano d’accordo perché volevano separarci, perché forse nelle loro menti contorte, se fossimo stati lontani, avremmo potuto amarle o qualcosa del genere… non lo so e non mi importa ora come ora. Ma so con certezza che non sei tu il colpevole di tutta questa storia, tu non hai fatto niente, Harry» Draco vide un’altra lacrima scivolare sulla sua guancia e la catturò con il proprio pollice, accarezzandogli piano lo zigomo «Non è colpa tua, non incolparti inutilmente».
Il moro annuì e deglutì, prima di abbracciare di nuovo, con forza, il suo ragazzo. Draco non esitò neanche un secondo a ricambiare a sua volta l’abbraccio con la stessa forza e la stessa determinazione del più basso. Entrambi in quel momento avevano bisogno di quella stretta, di quell’abbraccio, di quell’amore.
«Come ti senti?» gli chiese Harry dopo un po’ «Vuoi andare in infermeria? L’incantesimo è svanito del tutto?»
«Credo di sì…» mormorò Draco, guardandolo «Ma forse, per sicurezza, sarebbe meglio che io andassi in infermeria, che intruglio mi hai dato?»
«Un antidoto al filtro d’amore» spiegò il moro «Non ti preoccupare, l’ha preparato Piton, io te l’ho solo somministrato».
Il biondo annuì, sollevato e abbracciò di nuovo il suo ragazzo. Santo cielo, quanto gli era mancato.
«Capisco… allora mi accompagni da Madama Chips… e resti con me?»
Harry sorrise e lo guardò «Non ti posso lasciare da solo, potrebbero stregarti di nuovo» disse, ricambiando la stretta.
«Il mio impavido Grifondoro, sempre pronto a proteggere gli altri» mormorò Draco con il naso tra i suoi capelli «Ho decisamente bisogno della tua protezione, dovresti davvero restare con me per tutta la notte».
«Non ho intenzione di andare da nessuna parte, Draco» replicò Harry con decisione, senza lasciarlo andare. Impiegarono davvero troppo tempo per separarsi l’uno dall’altro, entrambi avevano troppo bisogno di stare insieme, di recuperare il tempo perso, di parlare. Avrebbero dovuto parlare ancora di quanto accaduto in quelle ultime settimane, ma in quel momento erano solo felici di essersi finalmente ritrovati, di aver spezzato la maledizione e di essere di nuovo insieme. Harry accompagnò Draco in infermeria, come al solito Madama Chips si indispettì per l’orario, ma spiegarono velocemente la situazione e lei immediatamente ricoverò Draco per fargli tutti gli accertamenti possibili. Harry non lasciò il suo fianco per tutto il tempo. Dopo aver stabilito che stesse bene, la medimaga decise di tenerlo ugualmente tutta la notte in osservazione, per assicurarsi che non subisse alcun effetto collaterale causato dall’antidoto o dagli incantesimi a cui era stato sottoposto. Harry rimase lì per tutto il tempo. Quando la medimaga tornò a dormire, egli sgusciò nel letto dov’era sdraiato Draco e si accoccolò accanto a lui, appoggiando la testa sul suo petto, per ascoltare il battito del suo cuore, come aveva fatto quando avevano dormito insieme a casa sua, durante le feste di Natale. Subito, il biondo gli mise un braccio attorno alle spalle e lo strinse a sé. Era una bella sensazione, gli era mancata.
«È così che hai intenzione di proteggermi? Dormendo su di me?» chiese ironicamente il Serpeverde, solleticando il fianco del suo ragazzo, facendolo ridacchiare sommessamente.
«Ti farò da scudo con il mio corpo» promise Harry, stringendosi a lui «Ho così tanto bisogno di te, adesso…»
Draco sapeva che quella non era un’accusa, sapeva che il tono di Harry era più da “finalmente ti ho ritrovato e non ti lascio andare”, ma il senso di colpa per quello che gli aveva fatto, tornò a bussare alla sua mente a farlo sentire come il peggiore degli stronzi sulla faccia della terra. Non avrebbe mai voluto fargli del male, dannazione.
«Mi dispiace, Harry» mormorò mortificato il biondo «Ero cosciente per tutto il tempo… ho visto quanto ti ho fatto male e mi dispiace… non avrei mai voluto farti così tanto male…»
Harry prese delicatamente la mano libera di Draco nella sua e iniziò a giocare con le sue dita, poi gli pose un bacio delicato sul dorso. «Deve essere stato un incubo per te…» disse piano, comprensivo. Draco davvero non meritava il suo amore, cosa aveva fatto di così positivo nella vita da meritare un ragazzo come lui accanto? Davvero, era incredibile. «Ne vuoi parlare?» domandò dolcemente.
«Era come se qualcun altro fosse dentro di me e mi impediva di… fare qualunque cosa» spiegò lui deglutendo «Volevo ribellarmi, ogni volta, ma non riuscivo mai a farlo… era davvero orribile». Harry gli strinse la mano nella sua e intrecciò le loro dita, baciandogli poi le nocche «Ehi…»
«Adesso siamo insieme e non permetterò a nessun altro di mettersi tra di noi» promise «Mi dispiace aver abbassato la guardia e aver permesso che questo accadesse» affermò con decisione «Nessuno ci dividerà mai più».
«Ti amo» disse Draco, sorridendo dolcemente «Davvero tanto».
«Anche io ti amo, Draco» replicò Harry, avvicinando i loro visi «Mi dai un bacio ora?»
Il Serpeverde sorrise e annuì con decisione, prima di unire le loro labbra in un dolce bacio. Aveva ragione Harry, avevano abbassato la guardia e si erano fidati delle persone sbagliate, avevano permesso a qualcuno di intromettersi nella loro vita, ma non sarebbe più accaduto, anche lui non avrebbe permesso a nessun altro di intromettersi e separarli. Glielo promise silenziosamente, mentre lo baciava e cercava di trasmettergli tutto l’amore che provava per lui attraverso quel bacio.
Poco dopo, quando si separarono dal bacio, si strinsero di nuovo l’uno all’altro su quello striminzito lettino, tuttavia riuscirono ad incastrarsi perfettamente e ad addormentarsi lì profondamente, consci che il loro amore avesse superato un’altra durissima prova.


 


To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Chiedo umilmente perdono per non essere riuscita ad aggiornare la settimana scorsa ç_ç purtroppo, come avevo anticipato ho avuto un weekend impegnativo e anche la settimana appena trascorsa lo è stata. Tra l’altro, proprio lunedì scorso è arrivata la mia mamma che non vedevo da tipo, boh 4 mesi forse. Poi, come sapete, sto facendo la tesi (la storia infinita, il relatore mi ha cambiato due volte argomento e AAAAH STO IMPAZZENDO) e dopo mesi di incontri online, incontrerò il relatore in presenza. NON AVETE IDEA DEL PANICO! Ma okay, se non si fosse capito, è stata una settimana d’infern… ehm una settimana un po’ impegnativa… ma sono tornata! Yaaaay! Meno male che ho i capitoli già scritti, che devono solo essere corretti... lol ho malapena il tempo per respirare ultimamente ç_ç BUT eccoci qua con il nono capitolo della terza parte, aka il 28esimo capitolo di questa storia. 28, qualcuno crede davvero che io sia arrivata a pubblicare così tanto in questo periodo? Non credevo che questa storia potesse diventare così lunga e invece… here we are.
E, come avevo promesso, voi dovete sempre fidarvi di me, Harry è riuscito a salvare Draco, anche se Theodore e Blaise hanno fatto il lavoro sporco e hanno trovato LA SPIA. E sì qualcuno ci aveva preso sulle presunte colpevoli del misfatto. Sono state proprio Pansy e Ginny perché volevano riprendersi i loro bellocci e dividerli. Ma l’amore trionfa sempre! :D e questi due piccini sono pronti a vivere la loro vita serenamente, senza che qualcun altro si intrometta in essa. Sono piuttosto convinti di questo. E più uniti che mai. (e sì. Se ve lo state chiedendo ci saranno delle conseguenze per le due streghe, nel prossimo capitolo ne parlerò, qui non siamo in un drama BL dove i reati non vengono puniti PFT)
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo, prima dell’epilogo. Eh sì, siamo arrivati alla fine di questa storia lunghissima ç_ç sono già triste, anche se devo pubblicare ancora due capitoli ç_ç ma risparmiamo le lacrime per la fine ufficiale, suvvia.
Anyway spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la riconciliazione tra i due sia stata soddisfacente :D
Intanto, ringrazio dal profondo del cuore le persone che continuano a supportarmi con le loro meravigliose recensioni: Estel84, _blakeinblack11_, Ai_Amano, Eevaa e Puffalanovita. Grazie a tutti voi per il supporto e per essere sempre qui ogni settimana! Grazie anche a chi continua a leggere la storia silenziosamente e chi ha aggiunto la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie a tutti!
See you on Sunday :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 29
*** Terza Parte, Capitolo 10: Just you and me forever. ***


 Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.

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Take my hand

Terza Parte: Is this love?

Capitolo 10: Just you and me forever




Draco aprì gli occhi, sentendo un peso familiare contro il proprio corpo, un ciuffo di capelli scuri che solleticava il suo collo e un braccio avvinghiato attorno ai suoi fianchi; un sorriso spontaneo nacque sulle sue labbra, quando si rese conto di chi era la persona accanto a sé: Harry. Il suo ragazzo non era andato via per tutta la notte, restando, come aveva promesso, accanto a lui, senza lasciarlo da solo neanche un istante, al punto tale che si era addormentato su di lui, in quella scomoda posizione. Harry lo stringeva con insolita forza, come se avesse paura che potesse svanire da un momento all’altro e Draco sospirò, al ricordo di quanto accaduto. La notte appena trascorsa non aveva alleviato il senso di colpa che provava nei confronti del suo ragazzo per quanto era successo a causa di Pansy e Ginny, che avevano tentato di separarli. Che ne avesse la colpa o meno, Draco si sentiva responsabile per la sofferenza causata al Grifondoro. Che fosse stato l’artefice o no di quel piano, che ne avesse fatto parte volontariamente o involontariamente non faceva alcuna differenza: in meno di un mese aveva infranto tutte le promesse che aveva fatto al suo ragazzo, appena pochi giorni dopo avergliele fatte.
Harry dormiva ancora, sembrava tranquillo e rilassato finalmente, anche se si vedeva dal suo viso che era anche stanco e provato da tutto quanto. Doveva essere stato straziante per lui vederlo in atteggiamenti romantici con qualcun altro. Non poteva immaginare quanto avesse sofferto Harry in quelle settimane, ma poteva farsene un’idea, una parte di sé sapeva perfettamente cosa aveva provato il suo ragazzo: il famoso senso d’abbandono che lo accompagnava fin dall’infanzia. Come aveva visto anche dai suoi ricordi, Harry non aveva mai avuto una figura presente costantemente che lo aiutasse nei momenti difficili, tutte le persone che erano entrate nella sua vita, in un modo o nell’altro, lo avevano abbandonato. Draco non avrebbe mai voluto essere tra queste. Non avrebbe mai voluto causare tanto dolore al suo Harry, voleva solo che lui fosse felice, che non provasse mai più quelle sensazioni. L’aveva promesso a se stesso, quando aveva deciso di provarci con lui, l’aveva promesso a Harry, quando quest’ultimo aveva accettato di dargli una chance. E lui aveva rovinato tutto, come sempre.
Che avesse agito volontariamente o meno, si sentiva ugualmente colpevole, si sentiva come una di quelle tante persone che aveva abbandonato Harry. Il Grifondoro aveva perso così tanto durante la sua vita, sebbene fosse ancora giovane, non meritava di soffrire ancora a causa di qualcuno. Sapeva con certezza, che avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare, per far dimenticare a Harry ogni cosa sgradevole che gli aveva detto quand’era vittima dell’incantesimo, che avrebbe fatto di tutto per essere di nuovo degno del suo amore e di nuovo degno di fiducia.
Sospirò e con la mano libera, accarezzò delicatamente il fianco del ragazzo addormentato accanto a sé. Voleva che Harry sapesse che i suoi sentimenti nei suoi confronti non era cambiati, nonostante tutto quello che era successo, non erano cambiati neanche quando era sotto incantesimo, anche se così era sembrato. Quello che aveva distrutto Draco era stato l’essere stato consapevole per tutto il tempo di cosa stesse accadendo, ma essere stato anche impotente, senza poter far nulla per evitare che tutto quello accadesse. Era consapevole che avrebbero dovuto parlarne, che avrebbero dovuto risolvere le cose prima che tutto tra di loro potesse tornare alla normalità, ma era grato di poterlo tenere tra le braccia e poter sentire il suo calore contro il suo corpo. Gli era mancato e sapeva di essere mancato anche lui all’altro.
Avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per far dimenticare al moro quel brutto periodo, per fargli dimenticare le cose brutte accadute, per fargli dimenticare le parole crudeli che gli erano state rivolte. Sapeva anche che entrambi avrebbero dovuto parlare con le due ragazze artefici di tutto quel terrificante piano, entrambe dovevano loro molte spiegazioni sui motivi che le avevano spinte a fare una cosa del genere. Cosa era stato? Vendetta? Ossessione? Cosa? Perché avevano deciso di rovinare la loro vita e la loro relazione? Perché non potevano permettere loro di essere felici? Draco davvero non capiva cosa fosse accaduto, cosa avesse sbagliato nei confronti di Pansy per spingerla ad odiarlo in quel modo. Le era stato accanto quando aveva saputo di suo padre, l’aveva trattata con gentilezza, l’aveva invitata a casa sua per Natale, anche se lei aveva rifiutato il suo invito, l’aveva trattata esattamente come aveva imparato a trattare ogni suo amico e lei lo aveva pugnalato alle spalle? Non riusciva a farsene una ragione, non riusciva a capacitarsi di quanto una persona potesse essere meschina e crudele. Certo, lui stesso era stato crudele in passato, era stato una persona orribile e detestato da tutti quanti, tuttavia aveva imparato che diffondere odio non portava che a altro odio e da quando Harry lo aveva salvato nel bagno di Mirtilla Malcontenta, da quando gli aveva permesso di cambiare via e di diventare una persona migliore, Draco aveva capito che la via dell’odio non era mai quella giusta, sposare le cause giuste, comportarsi in modo corretto lo avevano portato ad affrontare sfide dure, certo, contro se stesso, contro le sue stesse paure, contro suo padre, contro Voldemort, ma lo avevano portato anche ad avere degli amici, ad avere una persona da amare. Lui era cambiato, ma evidentemente c’erano delle persone che covavano ancora dentro di sé odio e spiacevoli sentimenti, che mettevano quell’odio davanti a tutto e ne facevano la loro ragione di vita, come lui aveva fatto in passato, quando ancora Harry non faceva parte della sua vita. L’aveva ammesso ad alta voce per la prima volta quando aveva affrontato i giudici infernali, durante la sua sesta prova per accedere al limbo per salvare Harry: il Grifondoro aveva portato la luce nella sua vita, lo credeva adesso più che mai, e lui non gliene sarebbe mai stato abbastanza grato. Voleva che lui per il moro rappresentasse la sua stessa luce. Avrebbe rimediato ai suoi stessi errori e avrebbe fatto in modo che mai più qualcuno si intromettesse in quel modo tra di loro, che nessun altro cercasse di separarli in modo così crudele.
Nonostante tutto, in quel momento era felice di averlo tra le sue braccia e per questo non riuscì a resistere e abbassò leggermente la testa, lasciando un bacio tra i suoi capelli, mentre la sua mano non smetteva di accarezzargli il fianco. Un leggero mugugno raggiunse le sue orecchie e lentamente il moro aprì gli occhi.
«Ehi…» biascicò con la voce impastata dal sonno, alzando lo sguardo sull’altro «Sei già sveglio?»
«Mh, sono sveglio da un po’» rispose Draco, rivolgendogli un tenero sorriso «Non riuscivo più a dormire, troppi pensieri, suppongo» spiegò brevemente. Harry annuì e si sistemò meglio, appoggiando la testa sul suo petto, all’altezza del suo cuore. Draco sentì uno strano formicolio nel suo stomaco, qualcosa che non aveva mai provato prima. I gesti di Harry erano così dolci e spontanei che andavano oltre qualsiasi sua aspettativa.
«Perché non mi hai svegliato?» chiese Harry «Vuoi parlare di questi pensieri che ti tormentano?»
«Volevo farti riposare ancora un po’» rispose l’altro, il moro annuì «Ne parliamo dopo, okay? Sto ancora… metabolizzando» aggiunse, per rispondere alla sua seconda domanda. Harry annuì e, dopo avergli lasciato un bacio all’altezza del cuore, si sistemò meglio per poterlo guardare negli occhi, senza però alzarsi dal letto.
«Puoi dirmi qualsiasi cosa, lo sai, vero?» domandò, guardandolo con uno sguardo colmo di quello che Draco non sapeva definire altrimenti se non come amore «Non ti giudicherò né altro, voglio solo che tu stia bene».
Draco portò una mano sulla guancia di Harry con delicatezza e annuì lentamente. Per Salazar, cosa ho fatto nella mia vita per meritare un ragazzo come lui? – si chiese, perdendosi nello sguardo del suo ragazzo. Aveva fatto così tanti errori, che non credeva che uno come lui potesse avere tanta fortuna in amore.
«Lo so, dammi solo il tempo di metabolizzare quanto è accaduto… poi sarai il primo con cui ne parlerò».
Harry annuì sorridendo e gli diede un leggero bacio a stampo, prima di accoccolarsi di nuovo accanto a lui. Draco rimase di stucco, avrebbe preferito approfondire il contatto, ma Harry non gliene aveva dato il tempo. Tuttavia, aveva bisogno di sentire la sua voce, di parlare con lui, per questo decise di spostare la conversazione su altro. Voleva solo parlare con lui di qualsiasi cosa non fosse quello che era accaduto, anche se sapeva perfettamente di doverlo fare.
«Hai dormito bene?» chiese poi, accarezzandogli i capelli.
«Sì, benissimo» rispose Harry, stringendosi a lui e appoggiandosi meglio sul suo petto. Draco pensò che avrebbe potuto usarlo anche come letto e non se ne sarebbe mai lamentato «Sei stato un ottimo cuscino» scherzò, pizzicandogli il fianco.
Il Serpeverde ridacchiò di cuore, ringraziando mentalmente l’altro per aver assecondato la sua scelta di voler parlare d’altro. «Lieto di averti fatto da cuscino, allora» replicò «Resterai così per molto?» domandò poi.
«Uhm finché me lo permetterai» asserì Harry, stringendo di nuovo il braccio attorno al suo petto e abbracciandolo forte. Draco pensò che quello era esattamente ciò di cui entrambi avevano bisogno. Coccole. Non importava che fossero ancora nell’infermeria, su un letto così striminzito che a stento ci stavano in due, tutto quello che voleva fare era tenere stretto a sé il suo ragazzo e non lasciarlo andare mai. Una parte di sé desiderava che tutto quello non finisse mai, che loro potessero essere sempre così felici, anche alla fine della scuola, magari dopo i M.A.G.O. avrebbe potuto proporre a Harry di andare a vivere insieme, di trovare un appartamentino da rendere il loro nido d’amore. Stava diventando troppo sentimentale, ma per sua fortuna, quelli erano solo pensieri, ma che non gli dispiaceva potessero diventare reali.
«Dray?»
«Mmh?»
«Come ti senti?» chiese Harry, dopo alcuni minuti di silenzio «Intendo… non voglio farti parlare di ciò che stai pensando, o metterti a disagio, voglio solo sapere se stai risentendo degli effetti dell’incantesimo, se ho sbagliato qualcosa…»
Draco sorrise dolcemente e gli baciò la guancia. Il suo insicuro e adorabile Harry. Temeva di aver fatto qualche errore, che lui potesse risentirne in qualche modo. Era così premuroso.
«Sto bene, sto davvero bene, non preoccuparti» rispose Draco «Penso che Madama Chips appena arriverà confermerà tutto, ma hai fatto un ottimo lavoro, il tuo incantesimo è stato eseguito perfettamente». Vide le guance di Harry diventare più rosse davanti alle sue parole e un piccolo sorriso soddisfatto si impossessò delle sue labbra.
«Grazie al cielo, sono così felice di non aver fatto alcun disastro» replicò il moro «Aspetterò la conferma di Madama Chips, ma sono già sollevato a sentirti parlare così» aggiunse, dandogli un leggero bacio sul collo. Draco sentì un brivido percorrere tutto il suo corpo, tutto quel contatto con Harry lo stava solo mandando in paradiso, quella mattina. Era così felice, così sollevato che stessero tutti e due bene, così felice di averlo di nuovo tra le braccia… e anche se era grato che le cose tra di loro si fossero sistemate e che fossero andate per il meglio, la sua mente non poteva evitare di pensare a quanto le sue azioni avessero fatto soffrire l’altro, a quanto gli avesse fatto del male sotto incantesimo.
«Mi dispiace, Harry» sussurrò al suo orecchio.
«Di cosa?» chiese il moro alzando lo sguardo su di lui «Ti ho già detto che mi basta sapere che stai bene, del resto mi parlerai quando te la sentirai, quando sarai sicuro di volerne parlare».
«Sono serio, Harry, mi dispiace per ciò che è successo e per averti fatto del male».
«Draco, ti sei già scusato per questo» replicò il Grifondoro «Non c’è bisogno che continui a farlo, so che non è stata colpa tua e non ti accuso di niente».
«Ma tu stesso hai detto che ha fatto male» ribatté Draco, guardandolo «Mi dispiace per questo».
«Certo che ha fatto male, è stato come… come essere colpiti da più Cruciatus contemporaneamente, ma non è stata colpa tua, smettila di incolparti per qualcosa che non hai fatto». Il biondo scosse la testa e Harry sospirò. «Possiamo lasciarci tutta questa cosa alle nostre spalle e smettere di soffrire? Non abbiamo bisogno di sofferenza, nessuno di noi due ne ha bisogno» lo pregò, mordendosi le labbra. «Sono stanco dei problemi, sono stanco di stare male… possiamo solo essere felici e basta? Come un attimo fa?»
«Ho bisogno di sapere che mi perdoni, Harry» mormorò Draco «Vorrei lasciarmi tutto alle spalle anche io, ma so che dobbiamo parlarne, dobbiamo affrontare la questione, altrimenti… altrimenti…» Harry non gli permise neanche di finire la frase, in un attimo si rigirò tra le sue braccia, spostandosi su di lui e gli prese il viso tra le mani, baciandolo dolcemente sulle labbra. Draco rimase con gli occhi spalancati per alcuni istanti, prima di avvolgere le sue braccia attorno alle spalle dell’altro e chiudere gli occhi, per ricambiare il bacio. Oh, quelle settimane senza baciarlo erano state dure, gli era mancato davvero tanto e adesso… non voleva staccarsi da lui neanche per un momento.
«Devo prenderlo come un sì?» domandò il Serpeverde, quando si staccarono l’uno dall’altro per necessità d’ossigeno. Harry annuì, sorridendo apertamente. Draco si sentì finalmente sollevato, anche se avrebbe preferito sentirlo dalle sue labbra, sentire chiaramente ad alta voce che lo perdonava.
«Affinché sia chiaro» disse Harry, guardandolo negli occhi, come se gli avesse letto nel pensiero «Non penso che sia colpa tua, non l’ho mai pensato» aggiunse «Ma se hai bisogno di sentirmelo dire, allora la risposta è sì. Ti perdono» affermò, portandogli una mano sulla guancia «Non sentirti in colpa, okay?» chiese, accarezzandogliela dolcemente. Draco annuì, sentendosi più sereno adesso. Harry lo aveva perdonato, non c’era verso che le cose potessero andare male, da quel momento in poi. Gli prese di nuovo il viso tra le mani e quella volta gli regalò un nuovo bacio, più sentito e meno insicuro del precedente, affondando le dita tra i suoi capelli scuri, cercando di fargli sentire quanto in realtà lo amasse e quanto fosse felice in quel momento per aver ottenuto il suo perdono. Harry sorrise contro la sua bocca e ricambiò il bacio con la stessa intensità, fino a che qualcuno non li interruppe con un colpo di tosse. Draco sobbalzò, aveva dimenticato che erano in infermeria e che chiunque avrebbe potuto vederli. I due maghi si separarono imbarazzati e si ritrovarono a fronteggiare Madama Chips che li guardava con le braccia conserte al petto.
«Ci scusi, Madama Chips» biascicò Harry, alzandosi dal lettino, grattandosi la nuca imbarazzato. La medimaga rivolse loro un breve sorriso e poi invitò il moro a spostarsi, cosicché lei avrebbe controllato le condizioni di Draco. Harry non se lo fece ripetere due volte e si spostò dal lettino, restando però in piedi accanto al suo ragazzo. Il biondo non riuscì a staccare gli occhi da lui per tutto il tempo. Quando la donna finì di visitarlo, gli diede un tonico e infine gli disse che poteva tornare alle sue abituali attività, perché secondo lei stava bene e non aveva riportato alcun effetto collaterale.
«Andiamo a fare colazione?» chiese a Harry, sorridendogli. Quest’ultimo annuì e gli prese la mano, intrecciando le loro dita, poi uscirono dall’infermeria, mentre percorrevano il corridoio per raggiungere la Sala Grande, Tiger e Goyle bloccarono loro la strada. Per puro istinto, Harry strinse la mano di Draco, pronto a proteggerlo. Anche se di fatto non erano loro i nemici da sconfiggere.
«Ragazzi, finalmente vi abbiamo trovato» disse Goyle «Silente vuole vedervi nel suo ufficio» comunicò. I due ragazzi si guardarono perplessi e annuirono. Se il preside voleva vederli in quel momento, voleva dire che era davvero una questione importante. Invertirono il loro percorso e si diressero verso l’ingresso dell’ufficio del preside, quasi in silenzio, preoccupati entrambi da ciò che avrebbero potuto sentire. Non sapevano cosa volesse il preside da loro, forse voleva parlare con loro di ciò che era accaduto? Draco iniziò a temere di poter subire qualche punizione. Volevano davvero punirlo? O volevano la sua versione dei fatti? Avrebbe dovuto raccontare ciò che era successo?
Era preoccupato in quel momento, molto preoccupato.
«Andrà tutto bene» gli disse Harry, quando raggiunsero il gargoyle, prima di pronunciare la parola d’ordine «Non lascerò che ti accada niente, se diranno qualcosa contro di te, ti proteggerò io».
Draco deglutì e annuì, incapace di fare altro. Era già accaduto in passato, ogni volta che si trovava davanti all’ufficio del preside per un motivo o un altro e vi accedeva era sempre per qualcosa di negativo. E aveva paura che anche quella volta fosse una del genere. La prima volta gli era stata la missione di aiutare Harry con l’Occlumanzia, la seconda quella di salvare Harry dall’Oltretomba… e adesso sarebbe stato punito per essere stato stregato da quelle due arpie? Non aveva una risposta alle sue domande, solo il preside avrebbe potuto dargliela, eppure con Harry al suo fianco si sentiva un po’ meno spaventato. Il moro gli strinse con forza la mano e quando il gargoyle liberò l’entrata della scala a chiocciola, entrarono iniziando a salire le scale mano nella mano. Fino a che Harry avesse tenuto la sua mano saldamente, tutto sarebbe andato bene. Prima di accedere all’ufficio, Draco avvicinò il suo ragazzo a sé e lo strinse in un forte abbraccio.
«Non mi lasciare solo» mormorò al suo orecchio, tremando.
«Mai» promise Harry, stringendolo a sua volta. Draco annuì, fidandosi delle parole del suo ragazzo e finalmente riuscì ad accedere con lui all’ufficio del preside. Quando vi entrarono, subito i due ragazzi notarono il preside, la professoressa McGranitt, il professor Piton, Pansy e Ginny che erano lì in attesa di qualcosa. Draco sentì una strana rabbia farsi largo in lui, si era fidato di quella ragazza… e lei invece lo aveva tradito.
«Oh Harry, Draco, venite ragazzi, accomodatevi» li accolse Silente, facendo loro cenno di entrare nell’ufficio. I due ragazzi obbedirono e raggiunsero il centro della stanza, un po’ spaventati. Le due ragazze immediatamente notarono le loro mani intrecciate e una sorta di rabbia comparve sui loro visi. Harry invece strinse maggiormente la mano di Draco, con aria soddisfatta, assumendo un’espressione fiera. Draco dovette trattenere una risata alla vista di quell’espressione, sembrava dire non avrete mai ciò che è mio.
«Signore, è tutto okay?» domandò poi Harry rivolgendosi al mago anziano «Abbiamo fatto qualcosa di sbagliato?»
«No, Harry, non preoccuparti, volevo farvi solo alcune domande, circa… le recenti attività delle qui presenti signorine Weasley e Parkinson». Harry deglutì, annuendo. Temeva che, nonostante tutto ciò che aveva fatto, le due ragazze non venissero punite come meritavano. Draco sospirò e decise che, qualunque cosa fosse successa, avrebbe accettato il suo destino, purché non gli portassero via di nuovo Harry. Gli strinse la mano per infondergli coraggio, non capiva davvero il motivo per il quale Silente avesse fatto chiamare entrambi, se volevano punirlo, perché farlo davanti a Harry?
Il preside guardò entrambi e cercò di tranquillizzarli con lo sguardo, ma senza molto successo, tuttavia il loro non fu un colloquio lungo, anzi. Le domande furono brevi, concise. Draco si aspettava di essere accusato di aver praticato magia oscura con le due ragazze, di essere espulso, di essere punito… e invece no. Non fu accusato di nulla, gli fu solo chiesto conferma di ciò che Harry aveva già detto, gli fu chiesto di raccontare l’esperienza vissuta e tutto ciò che ricordava di quei giorni in cui era stato sotto incantesimo. Fu chiesto a Harry come avesse scoperto tutto e in quel momento arrivarono anche Theodore e Blaise con un ragazzino della loro casa, il quale confermò tutte le parole di Harry, doveva essere stato lui la spia. Ricordava di averlo visto aggirarsi intorno a Pansy qualche volta… era vergognoso che avesse approfittato di un ragazzino per portare a termine i suoi scopi. Draco si sentiva disgustato di essere stato suo amico.
Fu chiesto alle due ragazze cosa le avesse spinte ad agire in quel modo e Draco aprì le orecchie per capire. Voleva sapere cosa le avesse spinte a comportarsi così, a decidere di volerli dividere, a decidere di rovinare la loro relazione. La risposta di Pansy gli fece accapponare la pelle: vendetta. Lei voleva vendicarsi perché a causa sua, dopo la sconfitta di Voldemort e la condanna, sebbene breve, di suo padre, la sua famiglia aveva perso tutto. Aveva pianificato con suo padre la vendetta per separarlo da Harry e avvicinarlo alla sua famiglia, in modo che lui la sposasse e le donasse la sua eredità, Draco rimase con gli occhi spalancati e sentì solo le dita del suo ragazzo stringersi attorno alla sua mano, per sostenerlo. Non credeva di poterci rimanere così male, davvero, aveva sempre creduto di essere un cuore di pietra, invece… era più sensibile di quanto si aspettasse. Ginny invece voleva solo riconquistare Harry e allontanarlo da lui, in modo da poter fare la sua mossa, peccato che entrambe avevano fatto un enorme errore di valutazione: avevano sottovalutato la potenza del loro amore, la volontà di Harry di salvarlo dal loro maleficio e tutto ciò che li univa. Non erano riuscite nel loro piano, per fortuna perché Harry non si era arreso e aveva lottato per trovare una soluzione a tutto. Draco non avrebbe potuto essere più fortunato, senza di lui sarebbe ancora in balia di quella maledizione.
Dopo ancora qualche minuto, fu discussa la “sorte” delle sue ragazze ed essa non poteva che essere una: l’espulsione per aver praticato le arti oscure a scuola e per aver causato tanti danni, inoltre avevano agito senza pensare alle conseguenze delle loro azioni: nessuna delle due poteva sapere quali effetti collaterali potesse avere quella maledizione su Draco. Nessuno dei due ragazzi coinvolti riuscì a dire niente, per un momento Draco immaginò che Harry potesse dire qualcosa per salvare la Weasley, che potesse parlare in favore delle due ragazze, ma così non fu. Doveva essere troppo deluso dal comportamento della sorella del suo migliore amico per poter dire qualcosa. Probabilmente Ron se ne sarebbe fatto una ragione, avrebbe capito il punto di vista di Harry, di certo non poteva fare niente contro una decisione presa dal preside. La delusione doveva bruciare tantissimo in lui, se persino lui non riusciva a metterci una buona parola. Draco non riusciva nemmeno ad immaginare quanta delusione provasse il suo ragazzo in quel momento, quanto ci fosse rimasto male. Anche lui era rimasto deluso dal comportamento di Pansy, l’aveva trattata come un’amica, per poi scoprire che da sempre aveva solo puntato a stregarlo per poter prendere la sua eredità. Se lei fosse stata sincera con lui e gli avesse detto di aver bisogno d’aiuto, Draco sarebbe stato in prima fila a cercare di aiutarla, ma così… no. Così aveva sbagliato, neanche lui riusciva a trovare delle parole per giustificare le loro azioni. Erano state egoistiche, meschine, crudeli. Avevano ferito più di una persona, avevano reso un inferno la vita di più persone e avevano usato la magia oscura. Non voleva neanche sprecare fiato per due persone del genere. Voleva solo tornare alle sue normali attività, voleva studiare, prendere i M.A.G.O. uscire da Hogwarts, andare a vivere con Harry ed essere felice con lui. Voleva lasciarsi tutto alle spalle, anche quella storia. Come aveva detto Harry poco prima, potevano lasciarsi tutto alle spalle ed essere felici? Dannazione sì, se lo meritavano tutti e due. Avevano bisogno di tranquillità, di serenità, di pace. Quando il preside chiese se avessero qualcosa da dire, entrambi scossero la testa, incapaci di proferire parola. Allora, Silente li mandò via, augurando loro una buona giornata. Così, senza farselo ripetere due volte, i due giovani maghi uscirono dall’ufficio e si diressero in Sala Grande in silenzio, ognuno a metabolizzare la delusione appena subita. Entrambi avevano ancora molto da digerire e metabolizzare, ma il tempo sarebbe stato clemente con loro e presto quella delusione avrebbe smesso di fare tanto male e sarebbe diventata solo un lontano ricordo, alla fine, si sarebbero supportati a vicenda, sempre. Draco era preoccupato per Harry, sapeva che il suo silenzio nei confronti della rossa, avrebbe causato qualche attrito con Ronald e temeva che questo potesse buttarlo ancora più giù. Entrambi erano tesi quando arrivarono al tavolo dei Grifondoro. Hermione spalancò gli occhi quando li vide arrivare insieme e con una gomitata chiamò Ron, che alzò lo sguardo su entrambi. Draco era pronto a fare a botte con lui pur di proteggere Harry, quella volta non avrebbe permesso che venisse di nuovo umiliato davanti a tutti.
«Harry, Draco!» esclamò Hermione «Come state, ragazzi? Theodore ci ha aggiornati su tutto quanto! Mi dispiace per quello che è accaduto e non aver potuto fare di più per aiutarvi».
«Non preoccuparti, Hermione» le disse Draco «Stiamo bene entrambi, anche se…» lanciò uno sguardo a Ron, che ancora non aveva proferito parola. Harry, al suo fianco, era teso. Non aveva neanche risposto alla domanda di Hermione, tant’era preoccupato per la reazione del suo migliore amico a ciò che era appena accaduto. Draco invece era all’erta. Non voleva che ferisse il suo ragazzo o lo insultasse in alcun modo, non voleva neanche dare spettacolo lì dentro, visto ciò che era successo in Sala Grande qualche settimana prima…
Il rosso si alzò e raggiunse Harry, mettendogli una mano sulla spalla «Mi dispiace per quello che ha fatto mia sorella» disse, invece, sorprendendo tutti i presenti «Quando ho saputo che era coinvolta, ero così arrabbiato… ma non con te. Ha mandato all’aria tutto quello che i miei ci hanno insegnato per seguire Pansy Parkinson» continuò a scusarsi «Voglio solo che tu sappia che mi scuso per lei e il suo comportamento da parte di tutta la mia famiglia. Non meritavi un colpo tanto basso e mi vergogno per lei, per quello che ti ha fatto» disse ancora. Harry era scioccato all’udire le sue parole, non si aspettava che Ron si comportasse così, Draco era stupefatto, si aspettava di dover combattere contro di lui e proteggere Harry e invece…
«Ron, non è colpa tua…. Tu non hai fatto niente» disse «Anzi, mi dispiace non aver potuto impedire… che venisse espulsa, ma non sapevo cosa dire». Ron scosse la testa, negando le sue parole.
«Non dire assurdità, non devi scusarti di nulla» replicò infatti «Io avrei dovuto capire le sue intenzioni e fermarla, invece… non mi sono accorto di niente, sono stato il solito stupido. Avrei dovuto essere più attento, un amico migliore per te» asserì poi, guardandolo «Quindi mi dispiace, spero che tu possa accettare le mie scuse». Harry non rispose, Draco lo vide spalancare gli occhi per un attimo, essi sembravano pieni di lacrime non versate e senza dire nulla, abbracciò l’amico. Il Serpeverde davanti a quella scena si sentì sollevato e tirò un sospiro di sollievo. Tutto si era risolto per il meglio, fortunatamente. «Spero di non doverti più prendere a pugni per rimettere nel tuo cervello il buon senso, Malfoy» disse poi rivolto a lui, una volta che si furono separati dall’abbraccio. Draco ridacchiò, passando le braccia attorno ai fianchi di Harry e avvicinandolo a sé per stringerlo, guadagnandosi delle occhiate curiose dagli altri due Grifondoro, e udendo la risatina imbarazzata, ma felice del suo Grifondoro. Non esisteva suono più bello di quello.
«No, Weasley, anzi grazie per avermi tirato un pugno quella volta, l’altro aveva davvero esagerato» disse riconoscente al rosso. Si sarebbe preso a pugni da solo, se avesse potuto. Harry non meritava di essere trattato in quel modo e lui aveva decisamente meritato quel pugno.
«Puoi dirlo forte» replicò Ron «Ma so che non è stata colpa tua» aggiunse «Mi scuso anche con te per il comportamento di mia sorella, è stato davvero inappropriato e scorretto» disse dispiaciuto, abbassando la testa.
«Non è colpa tua, Ron» gli disse infatti il biondo «Tranquillo, davvero. L’importante è che sia tutto finito».
Ron annuì energicamente «Non far soffrire Harry, okay?» non era neppure una domanda da porre. Draco non avrebbe mai più fatto soffrire Harry, così annuì senza aggiungere altro e poi tutti e due si strinsero la mano pacificamente. Subito dopo, Draco tornò a stringere il suo ragazzo, lo lasciò andare solo dopo avergli dato un bacio sulla guancia. Entrambi poi si sedettero l’uno accanto all’altro per fare colazione. Draco non poteva credere che finalmente tutto fosse tornato alla normalità per lui. Presto, quella spiacevole sensazione dovuta alla delusione sarebbe passata e avrebbe lasciato spazio solo alla felicità dovuta all’amore della persona che aveva accanto.
Restarono a parlare con gli altri Grifondoro per un po’, poi si unirono a loro anche Theodore e Blaise e qualcuno fece una battuta sul fatto che i Serpeverde si stavano appropriando del tavolo dei Grifondoro, scatenando risate generali tra tutti i presenti. Improvvisamente, Draco sentì il fiato di Harry contro il suo orecchio e rabbrividì, possibile che quel ragazzo gli facesse sempre quell’effetto?
«Dray?» soffiò al suo orecchio, facendogli venire la pelle d’oca «Che ne diresti di sgattaiolare via da qui e andare nella Stanza delle Necessità? Voglio stare un po’ solo con te» mormorò in modo che gli altri non potessero sentire «Coccole?» aggiunse in un soffio. Draco si scostò leggermente da lui e lo guardò per un attimo: Harry gli stava rivolgendo uno sguardo dolce, così ammaliante che, nonostante la sua buona volontà, non riuscì a contrastare. Non poteva dirgli di no. E poi non dispiaceva neanche a lui prendersi un day off completo e trascorrerlo in compagnia di Harry. Dopotutto, era domenica, avevano appena passato delle settimane difficili, tutti e due. Avevano bisogno di riposare e di stare un po’ insieme privatamente, per recuperare il tempo perso per colpa di Pansy e Ginny. Dal giorno dopo avrebbero ripreso tutte le loro attività scolastiche – e sicuramente avrebbe dovuto aiutare Harry a recuperare tutto ciò che non aveva fatto in quelle settimane, se conosceva bene il suo ragazzo, si era così tanto concentrato a cercare un modo per spezzare la maledizione, che aveva trascurato compiti e lezioni – quindi l’altro non dovette neanche insistere troppo.  
Draco era decisamente d’accordo.
Così si avvicinò a sua volta al suo orecchio e sussurrò in risposta: «Andiamo via subito» lo assecondò. Vide il volto del suo ragazzo illuminarsi e poi lo vide alzarsi in fretta, invitandolo a fare lo stesso, perché non avevano assolutamente tempo da perdere. Draco inventò una scusa su due piedi con gli altri ragazzi del gruppo e lo seguì immediatamente.
«Come se non sapessimo che vogliono recuperare il tempo perso» disse Blaise, scuotendo la testa.
«Già, credono che siamo così stupidi?» aggiunse Theodore.
«Lasciamoli nella loro convinzione» intervenne Ron, divertito «Non c’è bisogno che sappiano che li conosciamo troppo bene». Gli altri ragazzi annuirono e ridacchiarono, continuando la loro colazione.
Peccato che i due diretti interessati non sentirono nulla di quella breve conversazione, troppo impegnati a raggiungere il settimo piano e la Stanza delle Necessità pronti per una sessione di coccole che sarebbe durata tutta la giornata.
 

 
Dopo aver risolto “l’incidente” causato da Pansy e Ginny e dopo la loro espulsione, sia Harry che Draco avevano deciso di lasciarsi alle spalle tutto quello che era accaduto e di ricominciare esattamente da dove si erano fermati. Soprattutto Harry era stato fermo sulla decisione di volersi lasciare tutto alle spalle e di non voler più pensare a quanto accaduto, sosteneva di averne bisogno lui in prima persona e sosteneva che ne avesse bisogno anche Draco. Avevano bisogno di serenità e di affrontare quegli ultimi mesi di scuola con uno stato d’animo diverso.
Quegli ultimi mesi erano volati, tra lezioni, test, compiti, partite ed allenamenti di Quidditch. Gli esami per i M.A.G.O. si avvicinavano, così come l’ultima partita di Quidditch di quella stagione. Grifondoro era in finale contro Corvonero. Serpeverde aveva perso solo perché Draco non aveva potuto prendere parte alla partita e non era arrivata in finale come tutti gli anni. Per Draco non era stato un enorme problema. Non aveva particolare interesse per il Quidditch, in passato vi aveva giocato solo per dare del filo da torcere a Harry, quell’anno aveva ripreso solo per mantenere la promessa fatta a lui, ma fin da quando aveva salvato Silente da quella maledizione, aveva realizzato che il suo futuro era nella Medimagia, infatti aveva anche iniziato ad aiutare Madama Chips di tanto in tanto con i suoi pazienti, per prendere dimestichezza con la materia. La donna gli aveva detto che era davvero portato e che se avesse voluto, avrebbe fatto grandi cose. Per questo motivo, per lui il Quidditch era passato in secondo piano… e poi, era più felice di vedere Harry soddisfatto per la vittoria della sua squadra, piuttosto che esserlo per la propria. L’amore gli aveva davvero fatto male, era stato sempre competitivo e lo era ancora, certo, ma adesso accettava più facilmente la sconfitta. Preferiva di gran lunga gioire con lui piuttosto che gioire contro di lui. Certo, avrebbe potuto gioire con lui anche di una sua personale vittoria, ma così… rendeva felice anche lui. Vedere Harry così allegro, felice e soddisfatto dopo una partita, faceva esplodere il suo cuore di gioia. Sapeva quanto era importante per lui il Quidditch. E sinceramente, anche se un po’ avrebbe voluto sfidarlo per un’ultima volta durante una finale – la loro ultima finale – era così fiero del suo ragazzo che quel sentimento oscurava qualsiasi altra sensazione. Una cosa era certa, sarebbe stato in prima fila a tifare per lui, quando sarebbe giunto il giorno della partita. E qualcosa gli diceva che il suo ragazzo avrebbe intrapreso quella strada, una volta finita la scuola. Poteva già immaginare la loro vita fuori di lì, avrebbero avuto un appartamento a Diagon Alley o una piccola casa a Godric’s Hollow – non ne avevano ancora parlato, in realtà, neanche gliel’aveva chiesto… – ed entrambi avrebbero avuto orari diversi, avrebbero passato la maggior parte della giornata lontani, dato che Draco avrebbe studiato Medimagia e Harry avrebbe seguito la sua strada, qualunque essa fosse; la sera si sarebbero ritrovati nel salotto, raccontandosi a vicenda le rispettive giornate. Sì, era un bel futuro da immaginare, davvero bello. La loro relazione andava bene, benissimo a dire la verità. Spesso avevano qualche contrasto su quelle che entrambi potevano considerare sciocchezze, ma finivano subito per chiarire qualsiasi discussione e per fare pace nel giro di poche ore. Dopo tutto quello che avevano vissuto entrambi, nessuno dei due voleva che simili sciocchezze influenzassero negativamente la loro relazione. Niente, adesso, avrebbe potuto separarli.
Draco sorrise e sospirò felice, appoggiando la testa all’albero dietro alle sue spalle, mentre accarezzava i capelli di Harry, che, sdraiato sul prato, aveva la testa appoggiata sulle sue gambe, mentre reggeva un libro di Trasfigurazioni. Il primo esame dei M.A.G.O. sarebbe stato quello della professoressa McGranitt ed entrambi volevano superarlo al meglio. Avevano deciso di studiare insieme fino a quel giorno, tuttavia quella giornata di maggio era troppo bella da sprecare all’interno della biblioteca, così avevano deciso di studiare all’aperto.
«Mmh, se continui ad accarezzarmi i capelli in quel modo, finirò per addormentarmi» disse Harry, abbassando il libro e alzando lo sguardo verso il suo ragazzo, che abbassò il proprio per guardarlo negli occhi. Gli occhi verdi dell’altro brillavano, come se il sole, che in quel momento splendeva sopra le loro teste, li facesse essere ancora più luminosi.
«Riposati, allora» asserì scherzosamente, continuando ad accarezzargli i capelli. Avere la mano infossata in quel nido per gufi che era la testa del suo ragazzo era la cosa più rilassante che avesse mai fatto.
«Draco!» esclamò il Grifondoro, contrariato. Il biondo non riuscì a trattenere un sorriso nascere sulle sue labbra, quella quotidianità era qualcosa che amava profondamente, che gli scaldava il cuore e lo faceva sentire a casa, anche se era chilometri e chilometri lontano dalla sua. «Non scherzare, sono serio. Se non finisco di studiare questi capitoli, sono spacciato».
«Penso che tu ti stia sottovalutando troppo, sai?»
«Non dici sempre che è per la mia stupidità che non sono stato smistato in Corvonero?»
Draco rise, scuotendo la testa. «Certo che è per quello e, no tesoro, non sarai mai un Corvonero, ma non sei stupido come credi» disse per rincuorarlo «I tuoi voti ultimamente sono migliorati, persino in Pozioni» continuò «Non sarai intelligente quanto me, ma puoi superare decentemente gli esami dei M.A.G.O.» disse «Fidati di me» affermò, abbassandosi leggermente su di lui e baciandogli la fronte. Harry sorrise al gesto e chiuse gli occhi per godersi la sensazione. Anche Draco era inebriato da essa, la primavera non era arrivata solo come periodo dell’anno, ma anche tra di loro e aveva fatto sbocciare il fiore più bello, il loro amore e più passava il tempo, più cresceva e diveniva forte. L’amore era una cosa che non aveva mai provato prima, eppure gli riempiva così tanto il cuore da farlo sentire una persona diversa, una persona migliore, anche se in fondo restava sempre se stesso.
«Ti interrogo se vuoi» disse sorridendo «Così capisci che non sto mentendo».
Harry annuì, per un momento a Draco parve che stesse riflettendo su qualcosa, ma poi scosse la testa, come se volesse scacciare quel pensiero dalla sua mente «Va bene, interrogami. Ma fammi tutte domande difficili».
«Ovviamente» replicò Draco. Aveva sulla punta della lingua la domanda: Cosa stavi per dirmi? – ma essa rimase bloccata nella sua gola, quando vide lo sguardo del suo ragazzo dirgli che ne avrebbero parlato quando sarebbe stato sicuro di parlarne. Qualunque cosa fosse, Draco sperava solo che non nuocesse alla loro relazione né che Harry volesse lasciarlo. Aveva sempre il terrore di perderlo, dopo tutto quello che era successo quell’anno. L’indecisione dell’altro, i suoi sentimenti contrastanti, l’incidente con le altre due streghe, tutto aveva nutrito e ingrandito la sua paura. Era felice di com’era la sua vita. Era soddisfatto di essa, ma aveva sempre il timore che l’altro potesse lasciarlo per un qualsiasi motivo. Era irrazionale, non avrebbe voluto avere certi dubbi, eppure essi continuavano a tornare, soprattutto quando Harry esitava a dirgli le cose, quando sembrava che stesse per dirgli qualcosa di importante, ma poi si tirava indietro. Era frustrante, ma Draco sapeva di dover aspettare i suoi tempi. Qualunque cosa fosse, ne avrebbero parlato e l’avrebbero risolta insieme. Lo avevano promesso entrambi.
Scacciando dalla mente le sue preoccupazioni, Draco rubò il libro di Trasfigurazioni del suo ragazzo e iniziò ad interrogarlo sugli argomenti che presumibilmente sarebbero stati chiesti all’esame. Harry neanche se ne accorgeva, perché dubitava troppo delle sue capacità, ma aveva imparato quasi tutto alla perfezione. Draco non aveva dubbi che avrebbe superato l’esame con minimo un “Oltre ogni previsione”. Soprattutto in quell’ultimo mese, aveva visto il suo ragazzo impegnarsi duramente per recuperare ogni lacuna che aveva nelle varie materie, gli era stato accanto e lo aveva aiutato a studiare ogni giorno. Non capiva perché, ma gli faceva piacere vederlo così dedito allo studio. Sperava solo che non decidesse di intraprendere la carriera da Auror. Chiaramente lo avrebbe supportato sempre, anche in quello, ma non poteva negare a se stesso che l’idea di vederlo, in futuro, a lottare contro maghi oscuri gli faceva venire la pelle d’oca e non in senso positivo. Tuttavia, era inutile iniziare a preoccuparsi già per una cosa del genere. Non aveva ancora parlato del loro futuro e lui poteva capirlo, era qualcosa che spaventava entrambi.  
Rientrarono al castello solo quando il sole tramontò, Draco avrebbe mentito se avesse detto di non aver trovato per niente romantico lo stare lì, seduti sul prato ad aspettare che il sole tramontasse solo per osservarlo insieme. Il tempo a Hogwarts stava passando così velocemente che neanche se ne accorgevano e presto sarebbe finito.
Raggiunsero la Sala Grande mano nella mano, salutando di tanto in tanto i loro compagni di scuola che incontravano. Non erano soliti dimostrare pubblicamente il loro affetto, anche se qualche volta, gli era capitato di abbracciarsi nei corridoi o di scambiarsi qualche fugace bacio prima di una lezione. Entrambi ne erano molto felici, nessuno dei due sopportava le coppie troppo esplicite. Loro preferivano dimostrarsi affetto in modo silenzioso, soprattutto dopo quanto era accaduto a causa di Pansy e Ginny. Quella volta non erano stati abbastanza cauti nel proteggersi, così avevano deciso di comune accordo di non mostrare troppo la loro relazione, di tenerla privata. Non negavano di stare insieme, se veniva chiesto loro, ma non lo dicevano mai esplicitamente, anche se praticamente tutta Hogwarts ormai sapeva di loro. Ai loro amici sembrava che il loro ragionamento non avesse senso, per loro invece era l’unico modo che avevano per proteggersi a vicenda dagli invidiosi, adesso che andavano ancora a scuola. Quello che non aveva senso per gli altri, per loro ne aveva molto, invece. Se non avessero mostrato troppo esplicitamente di stare insieme, gli invidiosi – che sicuramente c’erano ancora, Draco avrebbe messo la mano sul fuoco per questo – non erano tentati di cercare di distruggere la loro relazione, così come avevano fatto le due ragazze in passato.
Una volta entrati in Sala Grande, raggiunsero ognuno il proprio tavolo e raggiungendo i rispettivi amici.
Quelle ultime settimane di scuola sarebbero state difficili, ma anche emozionanti, Draco ne era certo. Scambiò un fugace sguardo con il suo ragazzo dal suo tavolo e gli fece un sorriso.
Non vedeva l’ora che arrivasse la prossima sessione di studio con lui.
 
Harry era sulle nuvole. Da quando le cose tra lui e Draco erano tornate alla normalità, non c’era un giorno che non si sentiva felice. Vivo. Adorava studiare con lui in giardino, seduti sul prato oppure in riva al Lago Nero. I M.A.G.O. si avvicinavano e, sorprendentemente per se stesso, aveva fatto tutto il possibile per studiare la maggior parte di nozioni possibili, di recuperare la maggior parte di lacune che aveva per superare con decenza gli esami. Per una volta, aveva qualcuno da rendere fiero e questo gli riempiva il cuore di motivazione. Non solo Draco, ma anche Remus. E il piccolo Teddy che era nato da appena un mese. Harry si era emozionato tantissimo, quando aveva raggiunto il San Mungo con Remus e Dora gli aveva permesso di tenere in braccio il bambino. Gli era sembrato di avere un fratellino e la sua sensazione era stata incrementata dalle parole di Dora, che gli aveva detto che era felice che suo figlio avesse un “fratello maggiore adottivo” come lui. Harry aveva sentito il suo cuore riempirsi di gioia, di felicità, di affetto. Mai in tutta la sua vita aveva sentito di avere qualcosa di più vicino a una famiglia. E aveva deciso che quel bambino avrebbe avuto un buon modello, che sarebbe stato un “bravo fratello maggiore” per lui. La prima cosa di se stesso che doveva migliorare era il suo rendimento scolastico. Non che fosse pietoso, ma… non era eccellente. Voleva davvero sorprendere tutti. Draco era stato al suo fianco per tutto il tempo, lo aveva sostenuto, lo aveva aiutato a studiare e a migliorare almeno un po’, in vista dell’esame. Gli ultimi test erano andati oltre le sue aspettative e anche quelle dei professori. Era davvero fortunato ad avere un ragazzo intelligente come Draco al suo fianco. Ancora non aveva idea di cosa avrebbe fatto dopo Hogwarts, contava di prendersi del tempo per pensarci bene. Da un lato c’era il suo desiderio di seguire le orme di suo padre, di diventare un Auror, di combattere contro il male per proteggere il mondo magico e la sua famiglia, dall’altro c’era il Quidditch, lo sport che più lo aveva aiutato a ricordare chi era, a ritornare in sé nei momenti di dubbio. E poi c’era ancora la grande incognita riguardante lui e il suo ragazzo. Harry sapeva, era certo che desiderava condividere tutta la sua vita con lui, ma non voleva affrettare le cose. Non ne avevano mai parlato, in realtà. Era un argomento che nessuno dei due toccava mai, forse ne erano entrambi spaventati… e Harry non sapeva davvero cosa pensare. Più e più volte aveva tenuto sulla punta della lingua le parole da dirgli, ma… non aveva mai avuto il coraggio di farlo. Anche quel pomeriggio, stava per chiederglielo, ma la paura gli aveva bloccato il respiro e le parole non erano uscite. Aveva richiuso la bocca, cambiando argomento. Sapeva che Draco se ne era accorto, aveva visto il suo sguardo mutare, ma non era riuscito a parlare, non era riuscito a confessare ciò che il suo cuore desiderava. Prima o poi avrebbe trovato il coraggio di parlarne, lo sapeva. Per fortuna, il suo ragazzo era comprensivo e non gli metteva mai fretta di parlare di determinate cose, gli lasciava sempre molto spazio per riflettere e per prendersi i suoi tempi, non gli faceva mai alcuna pressione. Il problema era che Harry aveva paura che stesse tirando troppo la corda, che Draco si accorgesse che stava rimuginando su qualcosa e che lo forzasse a parlarne per paura che lui volesse lasciarlo… il suo scopo era tutt’altro, solo che non riusciva mai a trovare le parole giuste per introdurre l’argomento. Hermione gli aveva detto di non fasciarsi troppo la testa, di raccogliere tutto il suo coraggio e di parlarne con Draco, non doveva avere paura di affrontarlo, dopotutto voleva passare il resto della sua vita con lui, in futuro avrebbero dovuto parlare anche di altre cose serie, importanti, non poteva avere paura di parlare con lui della loro relazione. Harry lo sapeva a sua volta, ma aveva il terrore che l’altro gli dicesse che era troppo presto, che non potevano già fare un passo del genere… lo bloccava. Dannazione, il suo essere uno “stupido Grifondoro” – come lo definiva Draco con uno dei suoi migliori epiteti – avrebbe dovuto aiutarlo a tirare fuori il coraggio e parlare di quell’argomento, ma… non ci riusciva. Era bloccato.
“Non devi avere paura, Harry” – gli aveva detto Ron – “Che Merlino mi maledica, Draco ti ama. Farebbe di tutto per te, hai già fatto di tutto per te, non rifiuterebbe una proposta del genere”. Una parte di Harry lo sapeva, ma quella fifona e codarda non voleva esporsi così tanto. Non voleva rovinare le cose, in realtà, tutto andava bene e non voleva che niente intaccasse la loro relazione, ma doveva prendere una decisione. Doveva parlargliene… altrimenti il dubbio avrebbe attanagliato la sua mente e non ne sarebbe uscito mai più. Così, dopo un’attenta riflessione, Harry decise: gliene avrebbe parlato dopo la partita di Quidditch, aveva ancora quattro giorni per metabolizzare e prepararsi il discorso e se avesse vinto, sarebbe stato il suo modo di festeggiare. Magari un po’ della sua “fortuna sfacciata” sarebbe stata dalla sua parte quella volta e Draco avrebbe accettato senza problemi la sua proposta. Sì, avrebbe fatto così.
Così nei giorni seguenti, iniziò ad allenarsi duramente durante il giorno, continuando a studiare per gli esami, senza perdere di vista nessuno dei suoi obiettivi e iniziò ad abbozzare il “discorso” che avrebbe dovuto fargli, durante la sera. Dormiva poco, ma era per una buona causa. Tutto doveva essere perfetto. I M.A.G.O. si avvicinavano e con essi la fine della scuola, e anche se era ancora incerto su cosa fare del suo futuro, una cosa era sicura: Draco doveva far parte di esso. Non gli interessava altro. Già immaginava lui e Draco convivere insieme, discutere per le sciocchezze – magari per l’arrendamento che alla fine avrebbe scelto il biondo – e fare pace nella loro camera da letto. Per tutta la vita aveva desiderato di essere felice, di avere qualcuno che rendesse le sue giornate valide, che rendesse ogni suo giorno indimenticabile e finalmente lo aveva trovato: Draco. Aveva bisogno di quel futuro, aveva bisogno che iniziasse il prima possibile, che si avverasse, ma per farlo sapeva di dover superare anche i suoi stessi limiti. Doveva parlare con Draco di ciò che immaginava, doveva dirgli che voleva vivere con lui, voleva trovare una casa che andasse bene per entrambi, in cui entrambi si sentissero a casa propria. Per questo doveva dare il meglio di sé, doveva far capire all’altro di avere quel desiderio, doveva renderlo partecipe… eppure… ancora si bloccava come un idiota. Di cosa aveva paura? Di cosa si spaventava? Era Draco. Doveva smetterla di preoccuparsi così tanto – i suoi amici gliel’avevano detto un sacco di volte – e farsi coraggio. Era il suo ragazzo, dopotutto, non un estraneo.
Quel pensiero lo rese ancora più consapevole, così la mattina della partita era più carico che mai. Era teso, certo, quella non era solo l’ultima partita del campionato… ma anche la sua ultima partita a Hogwarts con i Grifondoro. Anche se avesse continuato a giocare come professionista, quando avrebbe scelto cosa fare della sua vita, non avrebbe più giocato in quella squadra, per la sua casa, tuttavia si sentiva anche emozionato. Giocare con i suoi compagni per l’ultima volta gli scatenava infinite emozioni.
«Come sta il mio campione preferito?» domandò Draco, entrando di soppiatto nello spogliatoio. Harry sobbalzò per la sorpresa, ma poi si voltò verso il suo ragazzo con un sorriso smagliante sul viso. Era felice di vederlo.
«Magnificamente».
«Si vede lontano due miglia che sei teso, Potter, non pensare di ingannarmi» disse il biondo, avvicinandosi a lui.
«Non mi dispiacerebbe un incoraggiamento in questo momento» mormorò Harry, mordendosi il labbro inferiore. Draco gli si avvicinò sorridendo e avvolse le braccia attorno ai suoi fianchi, avvicinando l’altro a sé, stringendolo in un dolce abbraccio. Immediatamente, il Grifondoro sentì parte della sua tensione lasciare il suo corpo, si rilassò appena e sorrise stringendo a sua volta l’altro ragazzo. Draco lo strinse e gli diede un bacio sulla testa, poi una sulla fronte e questo ebbe l’effetto di una pozione calmante, i suoi nervi subito si rilassarono e sentì la tensione, che aveva provato per tutta la mattinata, iniziava a scemare. Harry strinse di più Draco a sé e inalò il suo profumo dolce, sorridendo e dandogli un bacio sul collo scoperto, ringraziandolo per quell’incoraggiamento.
«Se vinco la partita…» iniziò, alzando lo sguardo su di lui «Ti farò una domanda».
«Come sei serio» fece Draco, pizzicandogli giocosamente un fianco «Non vuoi chiedermi di sposarti, vero?»
Harry arrossì e lo spinse lontano da sé, appoggiandogli le mani sul petto «Draco!» esclamò.
«Sto scherzando, suvvia!» replicò l’altro divertito, avvicinandosi di nuovo a lui e avvolgendo un braccio attorno ai suoi fianchi «Puoi chiedermi quello che vuoi, Harry» disse poi, tornando serio «Non ti dirò di no».
«Non sai neanche cosa voglio…» Draco gli appoggiò un dito sulle labbra per zittirlo, dopodiché, cogliendolo di sorpresa, lo baciò dolcemente sulle labbra. Harry chiuse immediatamente gli occhi e avvolse le braccia attorno al collo dell’altro, rispondendo al bacio con intensità, dimenticandosi che entrambi fossero nello spogliatoio. Infatti, dopo pochi minuti, un colpo di finta tosse li fece sobbalzare e separare. Entrambi incontrarono lo sguardo interrogativo di Ron e degli altri cinque membri della squadra di Quidditch che li fissavano con gli occhi spalancati. I due si separarono senza dire nulla.
«Ero qui solo per augurarvi buona fortuna» fece Draco.
«Certo» replicò sarcasticamente Ron, guardandolo e scuotendo la testa «Ho visto come ci auguravi buona fortuna».
«Taci, Weasley» berciò verso il rosso, poi guardò verso il suo ragazzo e gli fece l’occhiolino «Sarò in prima fila sugli spalti, farò il tifo per te» gli disse, prima di dargli un altro leggero bacio a stampo e uscire dallo spogliatoio per raggiungere, appunto, gli spalti. Harry arrossì e lo ringraziò, schiarendosi la voce prima di rivolgersi agli altri ragazzi della squadra e sorridere incoraggiante.
«Allora… siamo pronti? Andiamo a vincere questa finale!» esclamò ai suoi compagni di squadra. Tutti annuirono e lo seguirono fuori, sul campo. Fu una partita indimenticabile. Harry sentì per tutto il tempo l’adrenalina scorrere nelle sue vene, sentiva la voce di Draco che tifava per lui, poteva sentire l’affetto dei suoi amici, la fiducia della sua squadra… era una sensazione che non aveva mai provato, se non con il Quidditch. Inseguire il boccino, sentire il vento tra i capelli, la sensazione di libertà che provava sulla scopa… erano tutte cose che lo facevano sentire bene, felice. Realizzò durante quella partita che il Quidditch era il suo futuro. E quando le dita si chiusero attorno al boccino dopo quattro ore di partita, la soddisfazione e le urla di gioia dei suoi compagni di squadra e l’incoraggiamento del suo ragazzo dagli spalti che applaudiva e urlava il suo nome… lo fecero sentire vivo, realmente vivo.
Esultò più di quanto potesse immaginare, esultò con i suoi amici, con la squadra, con Draco – quando quest’ultimo scese dagli spalti e lo raggiunse per congratularsi con lui – con la McGranitt che applaudiva per la loro vittoria, con Silente che annuiva saggiamente, applaudendo anche lui pacatamente per non dimostrare la sua palese preferenza. Festeggiò con i suoi compagni di casa, con i compagni di squadra e tutti gli altri, quella sera in sala comune.
Tutto di quella giornata fu indimenticabile, ma lo fu ancor di più quando Draco gli disse .
«Allora, cosa mi dovevi chiedere?» domandò il Serpeverde, quando la calma tornò, quando si ritrovarono da soli, su un divanetto della sala comune. Erano semi-sdraiati, Harry aveva la testa sulla pancia di Draco e quest’ultimo gli accarezzava i capelli – la posizione preferita del Grifondoro – e si stavano godendo la tranquillità, dopo tanto caos.
Harry strinse gli occhi, prese un respiro profondo e si mise seduto, guardano il suo ragazzo dritto negli occhi.
«Vuoi venire a vivere con me, dopo i M.A.G.O.?»
«Dovevi chiedermi questo?» domandò Draco sorpreso, spalancando gli occhi. Harry annuì, mordendosi le labbra, in attesa di una risposta. «Stupido, era quello che volevo chiederti anche io, una volta diplomati» affermò, sorridendo felice, prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo, facendo crollare anche l’ultima paura di Harry. Ormai non c’era più nulla che potesse spaventarlo, finalmente quel futuro che aveva tanto desiderato, iniziava ad avverarsi. E Draco ne avrebbe fatto parte, perché sarebbe stato al suo fianco.
 

 
Le ultime settimane erano volate. Gli esami erano passati senza che i ragazzi se ne accorgessero e in un battito di ciglia, l’ultimo giorno a Hogwarts era giunto. Draco non poteva credere che fosse realmente il suo ultimo giorno in quella scuola. L’aveva odiata in passato, ma piano piano essa aveva assunto un nuovo significato per lui, soprattutto in quell’ultimo anno: era diventata la sua seconda casa. Una volta non l’avrebbe mai pensato, ma quel luogo… gli sarebbe mancato. Anche se non vedeva l’ora di iniziare la sua vita con Harry, come coppia ufficiale. Avrebbero affittato e condiviso un appartamento per iniziare – per abituarsi – e poi, in futuro, avrebbero acquistato una casa. Era emozionato all’idea di iniziare quella nuovissima avventura accanto al suo ragazzo. Quel posto lo aveva visto crescere, lo aveva visto sbagliare e maturare, lo aveva visto cambiare radicalmente, lo aveva visto innamorarsi e lottare per il suo amore. Tante piccole e grandi cose erano contenute tra le pareti di quel castello e Draco lo sapeva, non sarebbero mai svanite, i ricordi e le esperienze che aveva vissuto, lo avrebbero sempre accompagnato, sia le buone che le cattive. Era il momento di dire addio a Hogwarts, ma questa sarebbe rimasta sempre nel suo cuore, avrebbe sempre fatto parte di lui.
Tutti loro avevano superato alla grande gli esami, dovevano solo aspettare la consegna dei diplomi e la cerimonia di quella sera, poi sarebbe tutto finito. Una strana tristezza invase il suo petto al pensiero che non avrebbe più potuto camminare per quei corridoi. Frequentare Harry aveva rotto qualcosa dentro di lui. Non avrebbe mai creduto di poter essere così sentimentale nei confronti di quel castello e invece eccolo lì, a percorrere per l’ultima volta quei corridoi con un enorme magone nel petto, stava raggiungendo la Sala Grande per partecipare alla cerimonia finale, l’ultima a cui avrebbe partecipato. Sette anni prima aveva partecipato allo Smistamento… adesso aveva superato i M.A.G.O. e stava per ricevere il diploma. Il tempo era volato e lui era cambiato così tanto… la sua vita era stata stravolta completamente all’interno di quel castello e non sarebbe mai stato abbastanza grato alle persone che avevano preso parte alla sua vita e l’avevano cambiata in meglio. Prima di tutti il suo ragazzo, a seguire tutti gli altri. Era entrato lì come un ragazzino spocchioso, pieno di sé, pieno di idee razziste e antiche, ma ne usciva come una persona migliore, come un uomo maturo, o quasi.
La consegna dei diplomi sarebbe avvenuta prima dell’assegnazione della Coppa delle Case, anche quella sarebbe stata l’ultima a cui avrebbe partecipato, la prima volta aveva visto la sua casa venire derubata del premio tanto ambito, adesso qualunque fosse stato il risultato, sarebbe stato felice di condividerlo con i suoi amici e il suo ragazzo.
Ormai i suoi bagagli erano già pronti per il giorno seguente, poi sarebbe finito davvero nel mondo degli adulti, ma non era spaventato, perché al suo fianco avrebbe avuto la sua spina nel fianco. Colui che ormai un anno prima gli aveva cambiato la vita e continuava a renderla… indimenticabile. Davvero, Harry era la benedizione di cui non credeva di aver bisogno. Lo amava, con tutto se stesso, ma voleva anche rendere indimenticabile quell’ultima giornata.
Per questo, dalla Guferia, quel pomeriggio aveva mandato un biglietto al suo ragazzo: “Dopo la cerimonia, vediamoci nella Stanza delle Necessità.” Aveva scritto semplicemente, sperando che l’altro capisse. Voleva che quell’ultima notte a Hogwarts fosse speciale per tutti e due. Ci aveva pensato attentamente, se voleva abbandonare per sempre il passato, se voleva uscire da lì come una persona completamente nuova, rispetto a quella che vi era entrata sette anni prima – e rispetto soprattutto al ragazzo spaventato che vi era entrato un anno prima – doveva superare quello scoglio. E sapeva che con Harry non gli sarebbe mai successo nulla di male, Harry non gli avrebbe mai fatto del male. Sapeva anche che se gliene avesse parlato prima, probabilmente il suo ragazzo gli avrebbe detto di prendersi il suo tempo, di non preoccuparsi… ma Draco voleva. Ne era certo, quella volta e avrebbe convinto anche il suo ragazzo della sua decisione. Poteva sentire ogni volta l’esitazione di Harry, ogni volta che si baciavano ed erano più intimi l’uno con l’altro, il moro si tirava sempre indietro per paura di forzarlo o di fare qualcosa di sgradevole nei suoi confronti, Draco voleva che prima di uscire da lì entrambi fossero sicuri anche di quello. Voleva che Harry sapesse che si fidava ciecamente di lui, anche per quello. Era tempo di lasciarsi alle spalle gli incubi, le paure e tutto il resto, doveva essere più forte delle sue paure e lasciarle andare per sempre. Poteva farlo, sì, con Harry era sicuro di poterlo fare.
Partecipare alla consegna dei diplomi fu emozionante, ricevere gli auguri del preside e degli altri insegnanti fu toccante. Tassorosso si aggiudicò la Coppa delle Case quell’anno, ma nessuno ne fu scontento.
Draco non avrebbe mai dimenticato gli abbracci dei suoi nuovi e inaspettati amici, il bacio che il suo ragazzo gli aveva dato per festeggiare il diploma. Non avrebbe dimenticato il suo cuore pullulante di affetto, amore, felicità.
Se Harry, un anno prima, non lo avesse trovato nel bagno di Mirtilla Malcontenta, se non avesse deciso di aiutarlo, se lo avesse attaccato invece di offrirgli il suo aiuto, non sarebbero lì. Non avrebbe visto Hermione abbracciare tutti, piangendo, perché le sarebbe mancata Hogwarts, non avrebbe visto Ron Weasley commosso, non avrebbe visto Harry così felice, mentre abbracciava i suoi amici e prometteva loro che non importava che la scuola fosse finita, la loro amicizia non sarebbe mai giunta a un termine. Non avrebbe mai creduto di potersi commuovere per l’abbraccio datogli da Blaise e Theodore, non avrebbe mai creduto di poterli chiamare amici. Se Harry non gli avesse porto la mano, non sarebbero mai stati così felici, se lui non avesse accettato la sua mano, starebbe ancora vivendo un incubo, e invece eccolo lì, felice a condividere un momento così importante con tutte le persone più significative per lui. E quando il suo sguardo si spostò su Harry che rideva – ma aveva anche le lacrime agli occhi – con gli altri, sentì il suo cuore riempirsi d’amore davanti a quella vista. Non desiderava niente di meglio se non trascorrere tutta la sua vita accanto a quel ragazzo, dannazione.
I saluti si conclusero dopo alcune ore, quando tutti iniziarono a raggiungere le rispettive Sale Comuni, Draco e Harry si scambiarono uno sguardo complice. Harry non aveva dimenticato che Draco lo aveva invitato nella Stanza delle Necessità, non aveva capito il suo fine, ma se questo significava passare l’ultima notte a Hogwarts in sua compagnia, non aveva nulla in contrario. Salutarono i loro amici e poi si diressero verso la stanza, in silenzio, tenendosi semplicemente per mano. Erano sempre molto silenziosi, quando si trattava di cose importanti, riuscivano a trasmettersi supporto a vicenda anche senza parlare. Harry era silenzioso perché si chiedeva il motivo dell’invito di Draco, quest’ultimo non parlava perché si sentiva un po’ teso. Sicuro di quello che stava per fare, ma teso. Quando raggiunsero la stanza ed essa si manifestò davanti a loro, vi entrarono in silenzio. Il letto a due piazze che era apparso aveva delle lenzuola bianche, candide, degli enormi cuscini anch’essi bianchi e un piumone, nel caso avessero avuto freddo.
«Neutro, mi piace» commentò Draco, sorridendo «La prima volta che siamo venuti qui, erano apparse tutte cose verdi, per tua gioia» disse sarcasticamente, ricordando la prima volta che erano andati lì. Un anno prima, quando la sua vita era un inferno e stava annegando nella sua disperazione, quando Harry era giunto come un angelo e l’aveva tirato fuori dal baratro. Era bastata una frase: Prendi la mia mano – aveva detto – Accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti. Mettiamo da parte l’odio, mettiamo da parte le nostre divergenze e alleiamoci contro di lui, insieme possiamo vincere.
E l’aveva fatto, l’aveva afferrata e l’aveva stretta forte, si erano alleati e… avevano vinto. Lo avevano sconfitto insieme.
«Lo ricordo… e quando siamo venuti qui per le lezioni di Occlumanzia c’erano i colori dei Grifondoro, per la tua gioia» replicò Harry, divertito dalla situazione. Ricordava bene quando erano lì e il biondo cercava di insegnargli l’occlumanzia e scavava nella sua mente, spingendolo a reagire. Questo aveva permesso al Nexus di instaurarsi tra di loro, di legarli per la vita… e aveva permesso a Draco di salvarlo dal Limbo. Ricordava ancora, quando erano laggiù, sull’uscio di quella porta e il demone aveva detto ad entrambi che non potevano guardarsi. Draco lo aveva guardato e gli aveva chiesto se si fidava di lui. Harry non aveva alcun dubbio su quello, certo che si fidava. Gli avrebbe affidato la sua stessa vita.
Prendi la mia mano, Potter e non lasciarla per nessun motivo – gli aveva detto e lui l’aveva stretta forte. Non l’aveva lasciata andare per nessun motivo e alla fine erano usciti entrambi vivi dal limbo. Draco gli aveva salvato la vita, ma non solo… l’aveva riempita di luce, di colori, d’amore, di gioia, di felicità. E anche se all’inizio Harry non ne era sicuro e cercava di respingere quei sentimenti, credendo che fossero solo causati da Nexus, adesso ne era certo.
«Harry…?» il moro alzò lo sguardo sul suo ragazzo e sbatté le palpebre, invitandolo a continuare.
«Dimmi…»
«Ti amo» disse il biondo, sincero, fiducioso, amorevole. Il cuore di Harry perse un battito davanti alla sincerità delle parole del Serpeverde. Lo sapeva, lo sentiva, l’amore che provavano l’uno per l’altro era reale.
«Ti amo anch’io, Draco» rispose nello stesso modo, sentendo che nessun’altra parola avrebbe potuto equiparare ciò che stava provando in quel momento, non esisteva una parola nel mondo magico e non che riassumesse ciò che provava per Draco, amore forse era quella che più si avvicinava ad esso. Si avvicinò lentamente a lui e circondò le sue guance con le proprie mani, guardandolo negli occhi «Qualunque cosa tu stia pensando… per me va bene» sussurrò a poca distanza dalle sue labbra «Se vuoi sdraiarti lì e coccolarmi per tutta la notte, va bene» disse, il cuore batteva fortissimo nel suo petto e non riusciva a fermarlo, era certo che Draco potesse sentirlo «Se vuoi fare altro… per me va bene lo stesso» continuò con le guance rosse per l’imbarazzo «Io sono qui con te, puoi fare quello che vuoi, Draco, non ti lascerò da solo» promise «Non sei costretto a fare nulla che tu non voglia, ma se tu mi vuoi… io sono tuo» concluse, prima di unire le loro labbra in un bacio dolce. Draco si rilassò al contatto e avvolse le braccia attorno ai fianchi del suo ragazzo, rispondendo al bacio nello stesso modo. Fu un bacio lento, romantico, amorevole, pieno di significato e di amore. Nessuno dei due si separò da esso, le loro labbra si cercavano, quasi danzavano insieme. Entrambi avevano gli occhi chiusi, era come se fossero finiti in una bolla d’amore dalla quale non volevano uscire, erano in un mondo tutto loro.
«Voglio fare l’amore con te» sussurrò Draco sulle sue labbra, facendolo rabbrividire, quando si separarono dal bacio. Il moro alzò lo sguardo su di lui, sbattendo le palpebre sorpreso, come se non si aspettasse una proposta del genere.
«Sei sicuro?» domandò.
«Mai stato più sicuro di qualcosa in vita mia…» rispose l’altro, mordendosi il labbro inferiore «E tu… lo vuoi?»
«Sì» fu la semplice risposta di Harry, prima che le sue labbra venissero catturate da quelle del suo ragazzo, in un nuovo bacio che di casto stavolta non aveva nulla. Quel bacio fu diverso da tutti quelli che si erano scambiati, fu diverso da tutti gli altri. Fu passionale, deciso, spinto. La mente di Harry si annebbiò per un attimo, mentre Draco divorava letteralmente la sua bocca. Il fiato nei polmoni era sempre più poco e lui era sopraffatto dalle emozioni. Fu ancora più sopraffatto quando Draco lo fece distendere sul letto e torreggiò su di lui.
«Sentiti libero di fermarmi quando vuoi» affermò con decisione.
«Anche tu» replicò Harry «Fermati quando vuoi, se non te la senti, non sei obbligato ad andare avanti».
«Non so cosa ho fatto nella vita per meritare un ragazzo come te» disse Draco, abbassandosi su di lui e baciandogli delicatamente il collo «Ma farò del mio meglio per esserne degno, sempre».
«Anche io…» mormorò Harry in risposta, chiudendo gli occhi quando le labbra di Draco sfiorarono il suo collo. Era la prima volta per entrambi. Non contava ciò che era accaduto in passato, era la prima volta che entrambi facevano l’amore. Fu come se Draco avesse letto nel suo pensiero – o forse Harry aveva detto quel pensiero a voce, non ne era certo – ma il biondo annuì e lo baciò con una nuova dolcezza, una nuova emozione. Lentamente, i vestiti vennero via, strato dopo strato, ogni gesto era accompagnato da un bacio, da una carezza, da un fugace movimento di bacino. Presto, i sospiri pensanti divennero gemiti e l’aria nella stanza si riscaldò. Entrambi erano nudi su quel letto, continuavano a baciarsi, toccarsi, stuzzicarsi a vicenda, senza mai andare oltre, ma sapevano di essere vicini, entrambi.
Harry era sopraffatto, ma lo era anche Draco. Quando vide il panico attraversare gli occhi del suo partner, il Grifondoro gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi, annuì solamente, come a dirgli se non te la senti, fermati subito, non importa. Io posso aspettare ancora.
Draco aprì le labbra, un sospiro uscì dalla sua bocca, poi l’ennesima domanda, il bisogno di una rassicurazione nella voce era palese e Harry lo capì. «Sei sicuro?»
«Sono tuo» rispose infatti, chiudendo gli occhi «Sono sicuro».
Draco intrecciò le loro dita, chiuse gli occhi e lasciò andare tutte le sue paure. Harry era lì con lui, sotto di lui. Gli aveva dato il permesso e lui… voleva dimenticare ogni cosa, voleva costruire nuovi ricordi, a partire da quella notte con lui. La loro ultima notte a Hogwarts.
Lo baciò ancora una volta e poi si lasciò andare, cedette alla passione, all’amore, all’eccitazione.
Fecero l’amore quella notte, per la prima volta, tenendosi le mani a vicenda, stringendosele con forza. Tennero le loro dita intrecciate fino a che Draco, stanco e sudato, cadde sul corpo del suo ragazzo, soddisfatto e appagato. Harry immediatamente avvolse le braccia attorno alle spalle dell’altro e gli baciò la pelle scoperta del collo, della guancia e di qualunque parte del suo viso che riusciva a raggiungere da quella posizione.
«Ti amo» sussurrò Draco al suo orecchio «Ti amo, così tanto» aggiunse «Grazie…» grazie per avermi salvato, grazie per aver respinto tutte le mie paure, grazie per aver scacciato quei brutti ricordi, grazie per essere qui al mio fianco, grazie per questa notte meravigliosa, grazie per far parte della mia vita, grazie per amarmi. «Grazie di tutto, Harry».
«Ti amo anch’io» mormorò Harry, stanco, assonnato, ma felice «Grazie a te, Draco». Grazie per aver accettato la mia mano, grazie per esserti fidato di me, grazie per aver condiviso questo momento con me, grazie per questa notte meravigliosa, grazie per aver stretto la mia mano, grazie per aver deciso di voler far parte della mia vita, grazie per i nuovi ricordi…
Quando i loro respiri si furono calmati, si scambiarono un leggero bacio dolce, pigro, che trasmetteva perfettamente il loro stato d’animo. Si accoccolarono sul letto e si strinsero l’uno all’altro, addormentandosi in quella posizione con le dita delle loro mani intrecciate. Fu così che trascorsero la loro ultima notte a Hogwarts, promettendosi silenziosamente che ci sarebbero stati sempre l’uno per l’altro e che nessuno dei due avrebbe lasciato andare la mano dell’altro.
 

 

Take my hand
Take my whole life too
For I can't help falling in love with you




 

To be continued...



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Buon pomeriggio e buona domenica! Lo so, sono in ritardo anche questa settimana… ma indovinate chi ha riscritto il capitolo quasi interamente perché le faceva schifo? Chi io? State indicando me? Pft… il fatto è che mi sono accorta che il capitolo era brutto, ma davvero osceno e quindi l’ho riscritto. Mantenendo la trama e alcune parti invariate, ma… credetemi, era veramente EW. Quindi invece di propinarvi qualcosa di brutto, ho preferito prendermi del tempo, sistemarlo bene e renderlo apprezzabile. Spero di esserci riuscita e di avervi regalato il finale che vi aspettavate. Spero che mi perdonerete per i continui ritardi ç_ç
E indovinate anche chi ha iniziato a scrivere la tesi? Sì, proprio la sottoscritta. Se mi seguite su FB e seguite la mia serie “le cronache di una tesista disperata”, saprete che il relatore mi ha finalmente dato l’ok per iniziare a scrivere e mi ha dato due settimane per scrivere il primo capitolo. E questo mi ha mandato in crisi profonda ma non tergiversiamo! E pensiamo alle cose importanti: il nostro capitolo.
Le due stronze sono state espulse – sì, hanno usato magia oscura, hanno infranto non so quante regole, hanno manipolato un ragazzino e fatto tutto il resto che hanno fatto – e stavolta nemmeno Harry il santo ha provato a mettere una buona parola. Pansy ha pestato i piedi alla BITCH sbagliata, baby. Adios, stronze. Mi dispiace aver fatto fare a Ginny una parte così da stronza, ma mi serviva ai fini della trama, PARDON.
Anyway, I nostri eroi hanno finalmente avuto la loro prima volta e hanno preso i M.AG.O. non siete proud di loro come lo sono io? IO TANTISSIMO I MIEI BIMBI SI SONO FATTI GRANDI ç_ç
Le tre frasi finali della canzone sono tratte dalla canzone di Elvis “Can’t help falling in love”, il titolo della storia è tratto appunto da quei tre versi della canzone, quindi mi sembrava giusto metterla lì, alla fine di questo viaggio. MA non temete, c’è ancora un capitolo che devo pubblicare.
Il prossimo capitolo che pubblicherò sarà un epilogo conclusivo, ambientato alcuni anni dopo per farvi scoprire cosa hanno fatto delle loro vite i nostri ragazzi, ma questo è ufficialmente l’ultimo capitolo della storia.
So già che mi mancherà tantissimo! Questa è come un piccolo horcrux, visto che ci lascio un pezzo della mia anima dentro, dopo tutto il tempo passato a scriverla, a fare ricerche e a sclerare sui capitoli, le lacrime amare che mi ha fatto versare, mi mancherà, ma mi mancherete tantissimo anche voi. Mi dispiace che questi ultimi capitoli siano arrivati con diversa costanza rispetto a tutti gli altri, ma questi ultimi mesi sono stati un inferno e lo saranno anche i prossimi ç_ç vi chiedo davvero scusa per tutte le volte in cui ho pubblicato tardi e non ho rispettato il giorno o ho fatto saltare l'aggiornamento. 
Per fortuna, ho ancora un capitolo da pubblicare (potrebbe essere molto lungo, MOLTO lungo), così da rimandare i saluti. Intanto per l’ultima volta, vi do appuntamento al prossimo e ultimo capitolo (se non dovessi riuscire la prossima settimana per i motivi che ormai sapete bene, sappiate che aggiornerò quella seguente, I swear!) E ringrazio dal profondo del mio cuore Estel84, Eevaa, _blakeinblack11_, Ai_Amano, Puffalanovita per le vostre bellissime recensioni e per il vostro supporto costante. Davvero, grazie infinite.
See you soon, my peps! :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
Fatto il misfatto

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Capitolo 30
*** Epilogo: For an endless time, I belong to you and only you. ***


 Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.


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Take my hand

Epilogo

For an endless time, I belong to you and only you




11 anni dopo.
 
«Il campione del Quidditch, Harry Potter, ha una nuova fiamma. Sarà vero amore o no?»
«Diffindo».
«Sarà amore tra Harry Potter e il suo compagno di squadra? L’affascinante Jason Fox?»
«Incendio».
«Il famoso campione di Quidditch fotografato in atteggiamenti romantici insieme al suo nuovo compagno.
Che fine avrà fatto il suo ex?»
«Reducto!»
Draco non ne poteva più. Erano settimane che i giorni del mondo magico riportavano quelle notizie. Tutto era partito da un articolo del Wizarding World Times, che aveva riportato la notizia di un avvicinamento tra Harry e un suo compagno di squadra, durante la trasferta in America, la notizia aveva fatto rapidamente il giro del Mondo Magico e lui si era ritrovato ad essere guardato con pietà da chiunque incontrasse, persino dai suoi stessi amici. Maledizione.
C’era chi gli diceva che non era vero, chi gli diceva che quelle erano sicuramente voci, pettegolezzi senza alcun fondamento. E Draco la pensava anche lui in quel modo, fino a che quella mattina non era arrivata la Gazzetta del Profeta e aveva visto quelle foto. Maledetti.
La prima reazione che aveva avuto era stata quella di pensare che erano tutte baggianate, che stessero solo infamando Harry con quelle dannate notizie senza alcun fondamento, la seconda reazione era stata quella di distruggere i giornali e le riviste appena arrivate senza nemmeno leggerli, ma era riuscito a vedere quelle foto… ed esse avevano fatto male davvero. Molte ritraevano Harry in atteggiamenti davvero equivochi con questo Jason Fox, chi diavolo era? Perché non aveva mai sentito parlare di lui? Era stato a tutte le partite di Harry, ma non lo aveva mai visto. Geloso? No, non era geloso. San Potter poteva fare quello che voleva, ma avrebbe dovuto essere sincero, maledizione. Draco guardò malinconicamente l’anello di fidanzamento che aveva al dito e sospirò, sentendo il suo cuore spezzarsi in mille pezzi. Dovevano sposarsi a luglio. E Harry aveva deciso di tradirlo tre mesi prima del matrimonio. Grandioso. Draco non voleva credere che fosse così, dannazione, non era da Harry un comportamento del genere e lui si fidava ciecamente del suo fidanzato, sapeva che non era capace di gesti così meschini e crudeli. Ma quelle foto… quelle foto avevano instillato il dubbio in lui e anche se cercava di metterlo via, di ignorarlo e di non pensarci, questo viaggiava nella sua mente e si insinuava sempre più crudelmente a fondo. Se quello fosse stato vero, cosa aveva spinto Harry a fare una cosa del genere?
Quando le cose tra di loro erano cambiate? Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Avrebbe dovuto stare più attento? Mostrarsi più geloso? Cosa? Non lo sapeva, era convinto che la loro relazione andasse bene, cosa aveva sbagliato?
Era iniziato tutto quando si erano separati? Draco davvero non sapeva trovare una risposta alle sue domande, ai suoi dubbi e non riusciva neanche a capacitarsi di quanto fosse assurdo tutto quello.
San Potter era partito da due mesi per la trasferta in America e Draco non capiva davvero cosa fosse successo. Si sentivano sempre, anche se a dividerli c’era il fuso orario, si scambiavano spesso messaggi e si raccontavano praticamente tutto, non era possibile che Harry lo avesse tradito, no, era impossibile.
Gli mancava, certo, gli mancava ogni volta che si separavano per il suo lavoro, ma… poi sapeva che alla fine Harry sarebbe sempre tornato da lui. E sapeva con certezza che anche l’altro sentisse la sua mancanza, dato che glielo ripeteva ogni volta che si sentivano e gli mandava spesso dei messaggi per dirgli che gli mancava.
Non aveva senso e non riusciva a trovare una spiegazione logica e razionale a tutto ciò che stava accadendo. L’unica risposta era quella che non voleva accettare, era quella che cercava di respingere da quando aveva visto quelle foto.
Ma se fosse stato vero?
Il solo pensiero che potesse essere vero, gli fece crollare il mondo addosso e riempire gli occhi di lacrime. Dannazione.
Se qualcuno, anni prima, gli avesse detto che si sarebbe trovato in quella situazione, Draco avrebbe riso. Lui soffrire per colpa di Potter? No, non avrebbe mai immaginato che potesse essere reale. Eppure, eccolo lì, dodici anni dopo, a interrogarsi o meno se Harry lo avesse tradito o meno, dopo una relazione di undici anni e una proposta di matrimonio.
Erano passati dodici anni da quel giorno, da quando Harry lo aveva trovato nel bagno in lacrime, disperato, perché non sapeva cosa fare della sua vita, perché aveva paura. Aveva fatto una scelta dettata dalla paura, ma una scelta sbagliata, che lo stava portando verso un baratro di disperazione, ma poi Harry lo aveva tirato fuori da quel baratro e lo aveva salvato. E da lì era iniziato tutto. Era iniziata la loro storia, la loro relazione, il loro legame e il loro amore. In effetti, qualcuno gliel’aveva detto che tra odio e amore la linea era alquanto sottile, apparentemente loro erano la vera e propria prova vivente che quel detto era reale. Certo, di difficoltà ne avevano attraversate, avevano avuto problemi e c’erano state sfide da affrontare, ma erano sempre stati l’uno accanto all’altro. All’inizio, per nessuno dei due era stato facile ammettere i propri sentimenti. A Draco era servito un viaggio nell’Oltretomba, una sfida continua contro se stesso per ammetterli, a Harry era servito del tempo per rendersi di conto della loro realtà e per accettarli, ma in un modo o nell’altro, ce l’avevano fatta, erano diventati una coppia. Ed erano stati felici, no? Sì, erano stati molto felici. Dopo aver finito Hogwarts, si erano presi entrambi un anno sabatico, avevano viaggiato in giro per il mondo, toccando tappe e luoghi che li avevano avvicinati ancor di più, che avevano fatto stabilire la loro relazione: avevano provato cibi stranieri, visitato luoghi magici e babbani, avevano fatto foto buffe nelle cabine per fototessere, si erano fatti stupide dediche d’amore. Harry gli aveva fatto scoprire la musica babbana ed erano andati a molti concerti, aveva scoperto il cinema e lui aveva scoperto che non solo i maghi erano in grado di far muovere le persone nelle “foto” («No, non sono fotografie, Dray, sono una serie di immagini montate insieme che danno vita a un film» «Come tante foto magiche messe di fila?» «Sì. Più o meno».) e gli erano davvero piaciuti questi “film”, alcuni erano divertenti, altri tristi, altri romantici, altri avrebbero dovuto far paura, ma con tutto quello che Draco aveva visto nell’Oltretomba era diventato quasi impassibile. Il mondo babbano non era poi così negativo come l’aveva sempre immaginato. Avevano esplorato il mondo o almeno parte di esso, era stato un anno magico, ma senza l’uso della magia. Erano stati ovunque volessero, avevano davvero passato dei momenti felici e spensierati insieme, era stato come un sogno.
Quando poi erano dovuti tornare nel mondo reale e decidere cosa fare della loro vita, Draco non aveva avuto dubbi, si era iscritto al corso di Medimagia e aveva studiato duramente per poter finire nel minor tempo possibile e iniziare a lavorare. Harry, inizialmente, si era iscritto all’accademia per Auror, perché voleva davvero aiutare gli altri ad avere una vita più tranquilla, una vita con meno pericoli, ma aveva mollato dopo solo due anni. Era bravo, a detta di tutti, ma lui non sopportava più la violenza, non voleva più combattere. Draco ne era stato in parte contento, quando Harry gli aveva detto della sua intenzione di voler diventare un Auror, il suo primo istinto era stato quello di dirgli di cambiare idea, non voleva che rischiasse di morire durante una missione o contro qualche mago oscuro, gli era bastato vederlo morire una volta, gli era bastato e avanzato, grazie tante. Quando poi Harry gli aveva detto che non ce la faceva, che combattere non era per lui, che gli provocava ansia e malessere, Draco lo aveva convinto a cambiare. Non importava che avesse studiato due anni, poteva sempre fare altro. E segretamente lo aveva iscritto a un provino per far parte dei Cannoni di Chudley, cercavano un Cercatore – lo aveva saputo da Ron, che era sempre informato sulla sua squadra preferita – e lo aveva portato lì. Harry aveva facilmente passato le selezioni e, quando gli allenatori della squadra lo avevano visto giocare, si erano letteralmente innamorati di lui. Impossibile il contrario, dopotutto. Harry aveva iniziato a giocare subito come titolare e pian piano il suo nome era diventato importante, soprattutto quando la sua squadra aveva vinto una partita nazionale. Draco non aveva mai perso una delle partite di Harry, era stato al suo fianco sia durante le vittorie, sia durante le sconfitte, aveva provato ad essere un buon supporto per l’altro, quasi quanto quest’ultimo lo era stato per lui, evidentemente si era sbagliato. Probabilmente, Harry non provava più le stesse cose che aveva provato in passato ed era davvero doloroso, quasi soffocante per quanto facesse male, ma quello che Draco non smetteva di chiedersi era il motivo per cui avesse agito alle sue spalle e non fosse stato sincero con lui. Si erano promessi a vicenda di essere sempre onesti tra di loro e di affrontare insieme tutte le sfide che la vita avrebbe messo loro davanti.
Harry non era il tipo di persona che infrangeva una promessa, non era così meschino. Forse doveva solo respirare, calmarsi e smettere di fasciarsi la testa inutilmente. Forse erano davvero solo pettegolezzi, forse doveva tranquillizzarsi, aspettare il ritorno di Harry e chiarire la situazione con lui. Forse era solo un malinteso, forse la loro relazione non era davvero finita. Doveva avere fiducia nel suo partner, anche se in quel momento gli sembrava qualcosa di difficile.
Doveva darsi un contegno, aveva un turno al San Mungo e non poteva andare lì con l’aspetto di un cadavere. Anche se aveva passato un’ora ad interrogarsi su cosa fosse accaduto, aveva gli occhi arrossati ed era certo che qualche lacrima fosse sfuggita al suo controllo. In fondo, Harry sarebbe ritornato da lì a una settimana, poteva aspettare, poteva parlarne con lui e chiarire tutta la faccenda. Cercò di autoconvincersi, dannazione, lui era Draco Malfoy, non si lasciava abbattere da quello. Aveva quasi trent’anni, non poteva reagire come un dodicenne davanti alla sua prima delusione d’amore. Doveva essere forte, fingere che niente di tutto quello l’avesse toccato e sperare che nessuno facesse domande. Se qualcuno avesse osato parlare di Harry e di tutto quello che stava succedendo, avrebbe assaggiato il suo Stupeficium.
Convinto di ciò, Draco uscì di casa e raggiunse l’ospedale magico dove lavorava fin da quando aveva finito l’accademia. Sì, perché da quando aveva finito il suo corso, aveva ottenuto il suo attestato e aveva finito il tirocinio presso il San Mungo, era diventato un guaritore ed era stato assunto presso l’ospedale magico.
Quel giorno gli toccava il turno nel reparto Incidenti da Manufatti, non gli piaceva particolarmente – ma sempre meglio del reparto Ferite da Creature Magiche, quello gli provocava dolorosi déjà-vu di lui insieme a un ippogrifo – preferiva di gran lunga lavorare nei reparti: Malattie Magiche e Lesioni da Incantesimo, imparava sempre molte cose lì ed erano maggiormente i suoi campi. Quando arrivò al San Mungo, la strega alla reception gli rivolse uno sguardo dispiaciuto e nascose la copia del Settimanale delle Streghe che aveva in mano, Draco le rivolse un cordiale sorriso e andò a mettersi il camice. Incontrò alcuni dei suoi superiori, ma ai loro sguardi pieni di pietà rispose solo con educazione, augurando loro il buongiorno e nient’altro. Non gli sfuggirono i commenti sottovoce di due infermiere, ma cercò di non pensare a ciò che aveva sentito né a ciò che le due donne avevano insinuato, doveva concentrarsi sul lavoro e non pensare a tutto quello che gli stava passando nella mente in quel momento.
Fu una mattinata piatta, senza alcuna emergenza vera, a parte un paio di Auror feriti lievemente e un pozionista a cui accidentalmente era saltato il calderone – Piton non avrebbe mai fatto un errore simile, Draco ne era certo – ma a parte questo non era accaduto niente di straordinario. Durante la pausa pranzo, alcuni dei suoi colleghi avevano provato a parlargli di quello che avevano letto sui giornali, ma lui aveva tagliato l’argomento, passando a parlare del lavoro e di ciò che avrebbero dovuto fare quel pomeriggio. Sperava che ci fosse qualche emergenza, così da avere il pomeriggio occupato e da non dover passare per forza del tempo con persone invadenti che volevano solo farsi gli affari suoi. Non era lì per fare gossip sul suo fidanzato, era lì per lavorare. Stava cercando di convincersi che non fosse accaduto niente, di ignorare quei giornali, perché razionalmente Harry non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, gliel’avrebbe fatta pagare? Certamente, ma stava iniziando a pensare davvero che fosse solo una montatura della stampa. Sapeva quanto potessero essere crudeli, lo aveva sperimentato sulla sua pelle qualche anno prima, poco dopo aver superato brillantemente il corso di Medimagia. Quando aveva fatto domanda al San Mungo, avevano voluto sapere se lui avesse mai preso il Marchio. Draco non aveva dovuto rivelare la storia della sua vita, era stato necessario mostrare l’avambraccio limpido, per fortuna Silente aveva provveduto a toglierglielo a suo tempo, prima ancora che la notizia che lui era stato davvero un Mangiamorte, anche se solo per pochi mesi, avesse fatto il giro del mondo magico. Inizialmente tutti lo avevano guardato con un po’ di diffidenza, soprattutto a causa degli articoli crudeli della Gazzetta del Profeta, che lo accusavano di usare la fama di Harry, in quanto “ragazzo che è sopravvissuto” per ridare un nome alla sua famiglia. Draco non sognava nemmeno di usare Harry per un fine tanto infimo, eppure i giornalisti ci avevano marciato su per mesi, fino a che non avevano trovato una nuova storia di cui parlare. Lui e Harry avevano imparato ad ignorare sempre i giornalisti, perché quella volta non riusciva a mettere da parte quelle sensazioni? Ah, mi esploderà la testa se continuo così.
Ripensando a quei giorni, si era reso conto che anche lui era caduto nella trappola dei giornalisti. Doveva avere più fiducia nel suo fidanzato, avevano una relazione da undici anni e stavano per sposarsi, non poteva lasciare che ogni giornale infamante lo mandasse in crisi e lo facesse sentire in quel modo. Dannazione, non era più un ragazzino insicuro di quindici anni, ma era un uomo di quasi trent’anni e doveva affrontare le cose con maturità. Prese un respiro profondo e prese la sua decisione: al ritorno di Harry avrebbero parlato di tutta quella situazione, avrebbero chiarito ogni cosa, ma lui adesso doveva stare calmo e razionalizzare ogni cosa, doveva solo mantenere la calma e tutto sarebbe andato nel verso giusto. Doveva solo tenere duro fino al ritorno di Harry e poi le cose sarebbero andate bene, doveva essere ottimista.
Concentrarsi sul lavoro, quel pomeriggio, gli parve la cosa più ovvia da fare per smettere di rimuginare. Così andò nel bagno riservato al personale, si lavò velocemente la faccia e si sistemò il camice, prima di tornare nel reparto in cui era di turno. Quando la prima emergenza arrivò, Draco si rimboccò le maniche e finalmente spense quella parte di cervello che continuava a pensare solo ed esclusivamente a quella cosa.
Erano quasi le nove di sera, quando Draco finì il suo turno di quel giorno e si incamminò per tornare casa. Alla fine era stato un pomeriggio piuttosto movimentato, avevano avuto diverse emergenze alcune gravi alcune meno e non aveva avuto il tempo di pensare a Harry, agli articoli di giornale e allo spasimante del suo fidanzato.
Ripensandoci, però, Draco iniziò ad avvertire un magone enorme dentro, aveva provato a chiamare Harry prima di riprendere a lavorare, dopo la pausa pranzo, ma l’altro non gli aveva risposto, non aveva neanche risposto al suo messaggio del buongiorno. Forse non aveva risposto a causa del fuso orario, ancora non riusciva ad imparare bene a che ora contattarlo o meno, forse per questo non aveva risposto. Aveva provato a razionalizzare le cose, aveva provato a non pensare a quegli articoli di giornale come veritieri, aveva provato a dirsi che non era successo niente, ma il solo pensiero che Harry potesse averlo tradito, gli spezzava il cuore esattamente come quella mattina. Una parte di sé sapeva che non fosse vero, che l’altro non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma l’altra parte… non riusciva a smettere di porsi quella domanda. Dopo tutto quello che avevano passato, soprattutto all’inizio della loro relazione, dopo tutti gli ostacoli che avevano superato, dopo la dannatissima proposta di matrimonio, davvero Harry gli aveva fatto una cosa tanto meschina? Tanto crudele? No. Ipotizzò anche che potesse essere qualcosa come era accaduto a lui, a scuola, a causa di Ginny e Pansy, a quel punto cosa avrebbe dovuto fare? Sarebbe dovuto andare a Hogwarts a parlare con Silente? Avrebbe dovuto chiamare Remus o Dora? Cercò di scacciare quei pensieri e di focalizzare l’attenzione su ciò che aveva razionalizzato quella mattina: doveva aspettare il ritorno di Harry e parlarne con lui e smetterla di fare supposizioni che gli facevano solo del male.
Sospirò e aprì la porta di casa. Immediatamente, notò che c’era qualcosa che non andava. Qualcuno era entrato in casa sua, mentre lui non c’era, ricordava bene di aver chiuso tutto alla perfezione e di non aver lasciato nessuna finestra aperta, ma il vento che arrivava dalla sala da pranzo suggeriva che la portafinestra che dava sul terrazzo fosse aperta. Cautamente entrò in casa, ma si tranquillizzò immediatamente, quando vide le scarpe di Harry abbandonate nel corridoio, era un dannatissimo disordinato e non riusciva proprio a togliergli l’abitudine di lasciare disordine ovunque. Ebbe la conferma che si trattasse di lui quando udì il familiare brusio della TV babbana che avevano in salotto. Probabilmente Harry si era messo a guardare qualche film, mentre lo aspettava. Ma quando era tornato? Non lo aveva avvisato?
Immediatamente, si diresse verso la sala da pranzo e si bloccò sotto la porta, un sorriso triste gli sfiorò le labbra. Harry si era addormentato sul divano ed era la cosa più adorabile che avesse mai visto. Doveva essere stanco per il viaggio…
Per un attimo, Draco mise da parte tutte le cose negative che aveva pensato, mise da parte gli articoli di giornale, le foto, i pettegolezzi e tutto il resto e restò lì ad ammirare il suo fidanzato che dormiva placidamente. Solo dopo averlo osservato ancora per un attimo, notò la sua gamba fasciata. Si era infortunato? Gli era successo qualcosa? Cosa? Perché non lo aveva chiamato? Si sarebbe occupato di lui immediatamente, perché gli aveva nascosto tutto? Cosa aveva fatto in America per tutto quel tempo? Allora quello che aveva letto sulle riviste era vero?
Draco non sapeva più cosa pensare, non sapeva più come comportarsi, era confuso, triste, ferito, arrabbiato, spaesato. Avrebbe solo voluto che tutto quello fosse un incubo. Un brutto incubo dal quale presto si sarebbe svegliato. E invece…
Avrebbe solo voluto che l’altro fosse stato sincero con lui, che gli avesse detto la verità prima di spezzargli il cuore.
Se Harry gli avesse detto che loro non potevano essere una coppia perché i suoi sentimenti per lui erano cambiati o perché aveva cambiato idea, avrebbe capito, avrebbe fatto male, lo avrebbe fatto soffrire, ma alla fine avrebbe capito e tra di loro sarebbe finita pacificamente. Invece aveva preferito mentire, aveva preferito fare le cose alle sue spalle e tradirlo in quel modo. Perché gli aveva tirato un colpo tanto basso?
C’era una sola che avrebbe dovuto fare, per salvaguardare se stesso e salvare il salvabile. Non si sarebbe ridotto ad essere il tradito della situazione, non si meritava di soffrire così, non dopo tutto quello che aveva fatto per lui, non dopo tutto quello che avevano passato insieme, meritava almeno la verità. Al suo risveglio, sarebbe stato lui a dire a Harry che tra di loro non aveva funzionato, che non poteva funzionare in quel modo e lo avrebbe lasciato, avrebbe messo un taglio alla loro relazione. Era stato bello, ma forse la loro relazione era arrivata a un punto di rottura, del quale non si era accorto e dal quale non potevano più tornare indietro. Doveva guardare in faccia la realtà e affrontarla a testa alta.
Quando gli occhi verdi di Harry si aprirono e quest’ultimo gli sorrise dolcemente, Draco rimase incantato sia dal suo sguardo che dal suo sorriso non riuscì a parlargli subito, ma poi deglutì il groppo che aveva in gola e:
«Dobbiamo parlare» disse tutto d’un fiato, la sua voce tremò leggermente, se avesse continuato a rimuginarci su, sarebbe stato solo peggio e non ne avrebbero mai parlato. «Merito di sapere la verità».
 

 
Harry sussultò. Non capiva davvero a cosa si riferisse Draco. Era stato in America per due mesi per partecipare a una nuova competizione sportiva ed era rimasto lì fino a quel giorno. Si era infortunato durante un allenamento particolarmente intenso e il suo coach, dopo averlo fatto assistere da un’equipe di guaritori esperti, lo aveva rispedito a casa con la prima passaporta internazionale disponibile, Harry non aveva potuto ribattere. Avrebbe dovuto restare in America per altri due mesi, ma alla fine era rientrato prima. Una parte di sé era stata felice di questo risvolto, già dopo due mesi sentiva la mancanza del suo fidanzato e non vedeva già l’ora di rivederlo, anche se la sua parte sportiva un po’ ne aveva risentito. Era arrivato a casa nel tardo pomeriggio quel giorno, ma non aveva trovato Draco in casa, ovviamente, aveva ipotizzato che si trovasse al lavoro – e infatti così era stato – così si era semplicemente appoggiato sul divano, aveva acceso la TV e lo aveva aspettato, ma si era addormentato improvvisamente a causa delle pozioni antidolorifiche che gli avevano somministrato e della stanchezza. Quando si era svegliato, ad accoglierlo non era stato il suo fidanzato felice di vederlo a casa prima del tempo, ma un Draco particolarmente nervoso, scosso e dagli occhi rossi.
Non appena li aveva notati, Harry era andato nel panico. Perché aveva gli occhi rossi? Cosa gli era successo? Aveva pianto? Quando? E perché? Le sue parole, poi, lo avevano spaventato ancora di più.
«Di cosa dobbiamo parlare?» chiese ancora assonnato «Che verità vuoi sapere?»
«Da quanto tempo mi nascondi le cose?» chiese bruscamente «Perché hai iniziato a mentirmi?»
Harry spalancò gli occhi, le ultime tracce di sonno sparirono completamente dal suo viso, dopo quella domanda. Di cosa stava parlando? Era successo qualcosa mentre lui era in America? Non riusciva a capire, stava ancora dormendo e stava sognando di litigare con Draco? O cosa?
«Non capisco di cosa stai parlando» replicò il moro, confuso. Davvero, non riusciva a capire perché Draco fosse così arrabbiato con lui. Cosa aveva fatto per farlo arrabbiare così tanto? C’entrava l’infortunio? Sì, probabilmente qualcuno della squadra lo aveva contattato per avvisarlo del suo rientro anticipato e di ciò che era accaduto sul campo. Dannato Fox, era stata tutta colpa sua che per sbaglio lo aveva disarcionato con un bolide. “Non puntavo a te, Harry, scusami!” – gli aveva detto, ma voluto o no, il danno ormai era stato fatto e lui non solo si era infortunato, ma non avrebbe più potuto partecipare alla competizione americana. «Ascolta, non ti ho detto dell’infortunio perché non volevo che ti preoccupassi, mentre eri al lavoro, è successo solo stamattina! O meglio… a New York erano le sette di mattina, qui penso fosse…» si fermò un attimo per fare i calcoli «… mezzogiorno, più o meno! Sono stato in ospedale fino alle undici, qui penso fossero intorno alle cinque del pomeriggio, più o meno… e il mio coach ha deciso di rispedirmi a casa» raccontò brevemente «Mi ha mandato qui con la prima passaporta internazionale disponibile, sono arrivato a casa alle sei! Ti stavo aspettando per raccontarti tutto, ma mi sono addormentato, non ti ho detto niente per non farti preoccupare, davvero» disse ancora una volta. Draco non disse niente, fumava di rabbia e Harry davvero non aveva idea di cosa fosse accaduto. Era successo qualcosa mentre era via? Aveva litigato con qualcuno? Non lo sapeva, brancolava nel buio, davvero. Draco si allontanò da lui e tornò dopo pochi minuti con alcuni pezzi di una pagina di giornale che, apparentemente, era stata distrutta da un incantesimo lacerante.
«Allora spiegami questo» disse freddamente «Da quanto va avanti la tua tresca con questo tizio?» chiese. Harry sbatté le palpebre e guardò i brandelli delle foto, perplesso. Usò un Reparo per poter osservare meglio l’immagine e spalancò gli occhi. Cosa ci faceva una sua foto in movimento con il suo nuovo compagno di squadra su quel giornale? Dagli strappi poteva leggere nel titolo le parole “nuova fiamma” “Sarà vero amore o” e nient’altro, ma gli bastarono per fargli capire cosa fosse successo. Perché la stampa aveva il dannato vizio di distorcere la realtà? Quella foto era stata scattata il giorno in cui avevano partecipato alla prima partita della competizione e l’avevano appena vinta, quindi stavano esultando tutti insieme, tutta la squadra. Perché qualcuno aveva pensato che tra di lui e quel ragazzo ci fosse qualcosa? E perché Draco credeva a quelle cose? Non aveva più fiducia in lui?
«Che diavolo significa questo, Draco?» chiese Harry, spalancando gli occhi, osservando ancora scioccato quel giornale «Non ho fatto niente, non puoi credere a queste stronzate!»
«Non mentire, Potter».
«Io non so niente di tutto questo!» esclamò, poi prese un profondo respiro cercando di calmarsi «Ascolta, Draco, amore, non ho fatto niente» disse con calma «Credi davvero alle cazzate del Settimanale delle Streghe o della Gazzetta del Profeta?» Harry cercò il suo sguardo per cercare di capire cosa gli passasse per la mente, non capiva perché Draco si fidasse di quel giornale, ma non di lui. Erano stati separati solo per due mesi, solo due, dannazione e questi erano bastati affinché mettesse in dubbio la sua sincerità? Davvero?
«Non ci credevo, fino a che non ho capito che stai continuando a mentirmi» asserì. Harry scosse la testa, scioccato. Come poteva credere che lo avesse tradito, appena sei mesi dopo la proposta di matrimonio? Come poteva credere a quelle cavolate? Come era successo? Quando il suo fidanzato aveva perso fiducia in lui?  Fu un attimo, Harry vide la rabbia di Draco tramutarsi in tristezza e i suoi occhi riempirsi di lacrime. «P-Perché non mi ami più?» fu un sussurro appena percepibile, ma che fermò il cuore di Harry. Chi aveva insinuato nella mente di Draco l’idea che lui non lo amasse? Quando era successo? Perché Draco non gliene aveva parlato subito? Si sentì in dovere di rettificare di smentire quella assurda voce che aveva destabilizzato tanto il biondo.
«Questa è la più grande cazzata che tu abbia mai detto, Draco» sussurrò Harry al suo orecchio «Io ti amo, lo sai» confessò «Ti amo fin da quando mi sono gettato tra te e una maledizione senza perdono, non ho mai smesso, anche se ci ho messo mesi a capire cosa provassi davvero» continuò «Ti ho amato per tutto questo tempo, per dannatissimi undici anni, non starò qui a sentirti dire cazzate sull’amore che provo per te, dannazione, ti ho chiesto di sposarmi!»
Repentinamente, davanti alle sue parole, la tristezza del biondo divenne nuovamente rabbia. Harry davvero non riusciva a capire il suo comportamento quella sera, l’unica cosa certa era che Draco era davvero fuori di sé, talmente tanto da non riuscire a contenere le emozioni. Maledizione.
«Vattene da casa mia!» gli urlò contro lanciandogli l’anello di fidanzamento addosso, l’altro sbiancò, mentre il suo cuore andava in mille pezzi, Draco potette sentirlo chiaramente, ma il suo si era rotto molto prima e non voleva continuare ad essere illuso da Harry Potter. Il moro raccolse l’anello, stringendolo tra le dita come se volesse proteggerlo da quel caos che era scoppiato all’improvviso in quella casa e alzò lo sguardo distrutto verso il biondo, alla ricerca di una spiegazione. «Vieni a dirmi che mi ami, quando è palese che frequenti un altro? E dimmi ci hai già fatto sesso? Immagino di sì! Mi fai schifo, Potter!»
«D-Draco…» tentò di dire il moro, ma Draco scosse la testa, non volendo sentire ciò che aveva da dire.
«Non voglio sentire più nessuna delle tue patetiche scuse!» esclamò ad alta voce, interrompendolo. Se Harry avesse parlato, se avesse detto un’altra cosa sui suoi sentimenti per lui, non sarebbe riuscito a mandarlo via, lo avrebbe stretto e, in qualche modo, lo avrebbe amato, rischiando di ferirsi di nuovo. Faceva già abbastanza male così, davvero.
«Ascoltami solo un attimo» disse Harry, cercando di prendergli la mano, il biondo scosse la testa e indietreggiò, fece per dire qualcosa, ma Harry lo precedette, esclamando con disperazione «Non ho nessun altro, quello è solo un mio compagno di squadra, un po’ appiccicoso a volte, quando esulta per la vittoria, ma è solo un mio compagno di squadra!» le sue parole sovrastarono la sua voce e lui si immobilizzò. Cosa? «E poi è etero, dannazione!»
«Certo, come no» mormorò sarcasticamente Draco, senza riuscire a credere alle sue menzogne «Sono stanco delle tue bugie. Credevo che fosse possibile, ci ho sperato davvero, ci abbiamo provato, ma non ha funzionato».
«Se vuoi interrompere la nostra relazione, non mettere me in mezzo, inventando scuse idiote» disse irritato «Ammetti che ti sei stancato di me e falla finita, Malfoy» disse «Cosa c’è undici anni con la stessa persona sono troppi? Vuoi cambiare aria? Sei libero di farlo, ma non azzardarti a darmi del traditore! Non ti ho mai tradito!»
Draco sbatté le palpebre, sentirsi chiamare per cognome non rientrava più nelle sue abitudini, dato che Harry per la metà del tempo lo chiamava per nome e per l’altra metà gli dava buffi nomignoli (Dray, amore, tesoro e tanti altri nomignoli vomitevoli) e la furia divampò come Ardemonio nel suo animo. Potter osava dargli la colpa per la rottura? Osava dirgli che si era stancato di lui? Dopo quello che lui gli aveva fatto?
«Certo, così per te è più facile lavarti la coscienza» sputò acidamente il biondo «Uno di noi due deve pur mettere fine a questa farsa» disse scuotendo la testa «Come vuoi, sì, mi sono stancato di te, ho bisogno di aria nuova dopo undici anni, è vero, non ho accettato la tua stupidissima proposta di matrimonio, sei mesi fa, è vero» disse sconfitto, scuotendo la testa, il suo cuore spezzato risuonò nella stanza «Quella è la porta, addio».
Harry lo fissò senza dire niente per un lungo istante, come se non credesse a ciò che era appena accaduto. Come avevano fatto a discutere in quel modo? A causa di un articolo? Ma perché Draco non voleva fidarsi di lui? Perché metteva in dubbio ogni cosa che gli diceva? Erano stati separati per due – frustranti, terribili, insopportabili – mesi, non poteva credere che in quel tempo il suo ragazzo avesse cambiato così repentinamente idea. Avevano intenzione di sposarsi nella pausa che Harry avrebbe preso dal Quidditch, quando sarebbe rientrato dall’America. Perché stava succedendo tutto quello? L’ex Grifondoro prese un respiro, pentendosi delle parole crudeli che aveva detto prima, non pensava davvero che Draco si fosse stancato di lui, ma sentirsi accusare in quel modo aveva fatto male, più di quanto avesse mai immaginato. Aveva bisogno di vederci chiaro in tutta quella faccenda, dovevano parlarne civilmente, senza urlarsi contro e senza accusarsi a vicenda. Era un atteggiamento controproducente e infantile, continuando in quel modo non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione. Harry prese un profondo respiro, cercando di calmarsi e poi guardò il suo compagno. Delle lacrime si erano formate agli angoli dei suoi occhi e che Merlino potesse fulminarlo in quel momento, non avrebbe fatto scivolare nemmeno una lacrima su quel bel volto. Per un attimo, si chiese come avrebbe reagito lui se la situazione fosse stata inversa. Se lui fosse stato nei panni di Draco, come avrebbe reagito a quegli articoli? Probabilmente nello stesso modo. Non per mancanza di fiducia, ma poteva immaginare cosa avesse passato il suo fidanzato, quando quegli articoli erano usciti. Probabilmente, aveva sentito persone borbottare alle sue spalle, pettegolezzi vari – soprattutto al lavoro, guaritori e infermieri sapevano essere molto pettegoli, quando ci si metteva – e probabilmente in quella situazione anche la sua fiducia avrebbe vacillato. Draco doveva aver respinto tutti i dubbi, fino a che non aveva scoperto la sua bugia sull’infortunio. Dovevano parlarne per il loro bene e quello della loro relazione. Non poteva finire a causa di pettegolezzi stupidi e infondati.
«Draco!» lo chiamò forse un po’ troppo bruscamente, l’altro sussultò «Credi davvero a quelle cazzate? Davvero? Stiamo insieme da undici anni, undici, credi davvero che potrei tradirti? Credi davvero che dopo tutto quello che abbiamo vissuto, io possa farti una cosa del genere?» Draco rimase immobile, strinse i pugni e scosse la testa. Harry sospirò e allungò una mano verso di lui, invitandolo a sedersi di nuovo accanto a lui. «Mi dispiace averti detto quelle cose prima» ammise rilasciando un respiro pesante. «Per favore, vieni qui e parliamone» disse Harry con tono più morbido, intenzionato a capire cosa stesse spaventando così tanto il suo fidanzato, ormai era ovvio che qualcosa lo spaventasse, poteva percepirlo chiaramente. Il biondo si sedette di nuovo accanto a lui e Harry, senza dire nulla, lo abbracciò forte. «Cosa c’è che non va? Parlami» gli disse piano «Lo sai che non ti farei mai una cosa simile, cosa ti sta succedendo?» Draco non rispose, ma Harry lo sentì tremare tra le sue braccia e lo strinse più forte. «Parlami, Dray…» mormorò al suo orecchio «Avevamo quasi diciotto anni quando ci siamo promessi che avremmo affrontato le difficoltà insieme, quindi parlami, sono qui con te» sussurrò «Te lo prometto, non ti giudicherò mai».
Draco deglutì, soggiogato dalla dolcezza di Harry e si strinse a lui, dando sfogo alle lacrime. «Non… non ho mai dato peso ai pettegolezzi» disse, cercando di scegliere bene le parole da dire «La prima volta che è uscita quella notizia, io… ho fatto finta di niente, anche se tutti parlavano alle mie spalle, io… sapevo che le cose erano false, che erano solo pettegolezzi» spiegò «Ma oggi è stato tremendo. Ho distrutto tutti gli articoli che arrivano, ma poi…» deglutì «Ho cercato di ignorarli e di convincermi che erano solo pettegolezzi, ma al San Mungo… li ho sentiti parlare e poi… quelle foto, maledizione, quelle foto, più pensavo ad esse, più mi convincevo che tu preferivi qualcun altro, perché magari è più giovane o…» deglutì, Harry non intervenne per smentire le sue parole, solo per dargli il tempo di riprendere fiato e lasciarlo continuare «Ho provato ad ignorare tutto e a convincermi che credendo a tutto quello, sarebbe stato come cadere nella trappola dei giornalisti, eppure… non lo so, Harry…» continuò «… non lo so cosa mi sia successo e…» prese un altro respiro «E poi quando ti ho visto a casa, infortunato, ho creduto che mi avessi mentito di nuovo e allora… ho tirato le mie conclusioni».
«… le conclusioni sbagliate» aggiunse Harry, correggendolo «Dray, amore, ascoltami per favore. Ti ricordi quello che ti ho detto quando ti ho chiesto di sposarmi?» gli chiese «Ti ricordi cosa ti ho promesso?»
Draco deglutì e annuì, guardandolo negli occhi. I ricordi di quel giorno tornarono rapidi nella mente di entrambi.
 

-

 
6 mesi prima
 
Harry era agitato. Controllò per l’ennesima volta che tutto fosse al suo posto in casa e che tutto ciò che aveva organizzato per Draco fosse in ordine. Non era un’occasione speciale, ma lui sperava che potesse esserlo in futuro, aveva architettato tutto alla perfezione. Aveva detto a Draco che sarebbe tornato a casa tardi dagli allenamenti, sapeva che il suo compagno quel giorno aveva un turno particolarmente lungo al San Mungo e che sarebbe tornato a casa tardi, aveva avuto tutto il tempo di organizzare al meglio la sua proposta. Erano due mesi che lui, Hermione e Ron andavano in giro per le gioiellerie alla ricerca dell’anello perfetto. Fin da quando lui e Draco erano andati a vivere insieme, aveva immaginato come sarebbe stato chiedergli di sposarlo. Aveva sempre fatto fatica, in passato ad aprire il suo cuore, soprattutto all’inizio della loro relazione, Draco era sempre stato quello romantico tra di loro. Per il loro primo anniversario, per esempio, Draco gli aveva organizzato una sorpresa bellissima e non solo. Draco tra di loro era sempre stato quello che aveva rivelato per primo i suoi sentimenti, quello che aveva lottato per essi. Per una volta, Harry voleva che quel ruolo toccasse anche a lui, certo, anche lui aveva dovuto lottare per la loro storia, ma senz’altro tra i due, Draco era quello che l’aveva fatta funzionare sempre. Harry voleva solo che sapesse quanto si sentiva fortunato ad averlo nella sua vita, voleva che sapesse che voleva passare il resto della sua vita accanto a lui, voleva che sapesse quanto in realtà lo amava. Ogni volta che era in compagnia di Draco, Harry si sentiva felice, anche se stavano insieme da dieci anni e mezzo, si sentiva innamorato come se fosse stato il primo giorno, ogni momento insieme a lui era speciale e ogni sforzo che facevano per passare anche solo cinque minuti insieme ne valeva la pena. Voleva sposarlo perché era la persona che amava, perché era la persona con cui voleva passare la sua vita e con cui voleva invecchiare. Poteva immaginare lui e Draco, seduti sul portico della loro casa, intenti a spiegare ai loro nipoti come si erano conosciuti, odiati, salvati a vicenda e amati.
Questi e altri erano stati i motivi che lo avevano spinto a prendere quella decisione, la più importante di tutta la sua vita. E adesso, mentre osservava il salotto con tutte le loro foto appese al soffitto e le luci soffuse e tutta l’atmosfera che aveva creato in quella stanza non poteva far altro che immaginare cosa sarebbe successo una volta che Draco fosse tornato a casa. Sperava che l’altro gli dicesse di sì, sapeva che Draco lo amava, ormai dopo tutti quegli anni il dubbio non l’aveva mai minimamente sfiorato – dopo tutto quello che avevano passato, gli sembrava anche stupido domandarsi ancora perché una persona come Draco amasse uno come lui, come potesse uno come il biondo amare uno come lui, ma dopo quasi tutti quegli anni l’aveva accettato e aveva smesso di porsi domande in merito – ma non sapeva come la pensasse sul matrimonio. Era un argomento che non avevano mai toccato, ma nel caso in cui l’altro non fosse stato pronto, aveva già un piano di riserva, quella serata non sarebbe stata un fiasco, di questo era assolutamente certo.
Harry lasciò andare un sospiro teso e toccò la tasca interna della sua giacca. La scatolina di velluto verde era lì. Harry controllò l’orario e si rese conto che Draco sarebbe arrivato da lì a un’ora. Controllò la cena che aveva preparato – grazie ai saggi consigli di Molly, che lo aveva istruito e indirizzato nella preparazione quasi perfetta di tutte le pietanze – e si complimentò con se stesso per aver curato ogni dettaglio di quella serata. Draco non si sarebbe mai aspettato quella sorpresa, Harry ne era sicuro. Desiderava la stessa felicità che anche i suoi amici avevano, Ron e Hermione si erano sposati due anni dopo aver finito gli studi a Hogwarts e avevano una bambina bellissima, Rose, di appena tre anni. Sia lui che Draco erano letteralmente innamorati di quella bimba e il sentimento era reciproco – anzi, forse lei aveva un debole maggiore per Draco, visto che il suo compagno tendeva a viziarla un po’ troppo – anche Blaise alla fine si era sposato, ma non con Neville. La loro relazione era finita subito dopo i M.A.G.O, quando Neville era stato scelto per un progetto di Erbologia per studiare le piante particolari dell’Irlanda. Blaise non aveva passato un buon periodo, ma poi grazie all’aiuto di Draco e soprattutto a quello di Theodore si era ripreso. Inaspettatamente, due anni dopo, era stato proprio con Nott che era convolato a nozze. Tutto il loro gruppo era rimasto sorpreso e scioccato dalla notizia, Theodore sembrava essere l’eterno single del gruppo e invece aveva sorpreso tutti con quel matrimonio. Harry aveva assistito a tutte le unioni dei suoi amici, li aveva supportati tutti e… adesso desiderava lo stesso per lui e per Draco. Non vedeva l’ora di vederlo e dirgli tutto quello che pensava su di lui, non vedeva l’ora di dirgli quanto lo amasse, quanto la sua sola presenza nella sua vita lo avesse reso la persona più felice dell’intero universo.
Solo in quel momento, si accorse di aver dimenticato di sistemare il mazzo di rose rosse che aveva comprato per lui, così lo prese pronto a metterlo sul tavolo, solo che in quel momento…
«Perché diavolo ti sei vestito come un damerino, Potter?» la voce di Draco lo fece sobbalzare, quando era arrivato? Aveva finito prima di lavorare? Perché non lo aveva sentito arrivare? Non si aspettava che smaterializzasse a casa, non lo faceva mai, di solito usava la Metro Polvere. «Non dirmi che mia madre ha organizzato un’altra delle sue serate di beneficenza».
«No, no…» rispose Harry «I-Io, uhm, ho… organizzato una serata speciale? Per noi due?» gli occhi grigi di Draco furono subito su di lui e il biondo si avvicinò pericolosamente al suo viso. «Non noti niente di diverso in questa stanza?» chiese. Il biondo sembrò notare solo in quel momento le decorazioni e si accigliò.
«Non è il nostro anniversario» disse, Harry scosse la testa «Neanche il mio compleanno» il moro negò ancora «Perché hai organizzato tutto questo?»
«Volevo che… uhm fosse una serata speciale… per noi?»
Draco sorrise maliziosamente, avvicinandosi a lui velocemente e avvicinandolo a sé. «Uhm… sai che mi piace quando devo toglierti vestiti che ti stanno stretti, anche se preferisco quando mi aspetti tutto nudo…» fece, togliendogli i fiori dalle mani, appoggiandoli sulla prima superficie a disposizione, poi lo avvicinò maggiormente a sé, facendo combaciare i loro corpi perfettamente, appoggiandogli le mani sulle natiche «Questo completo, poi, mette in evidenza il tuo bellissimo culo» soffiò, sorridendo maliziosamente. Premette le labbra contro le sue e Harry, di riflesso, appoggiò le mani sulle sue spalle per baciarlo meglio, però, quando Draco gli strinse con forza le natiche, facendogli scappare un gemito, Harry si separò da lui, impiegando tutta la sua forza di volontà, il suo autocontrollo, e scosse energicamente la testa.
«No, Draco… possiamo aspettare per questo, ho organizzato tutto per passare una serata speciale insieme» disse, cercando di mantenere il tono di voce fermo, anche se la sua mente e il suo cuore erano in subbuglio per il bacio mozzafiato che il biondo gli aveva appena dato, sentiva ancora le mani del biondo su di sé e aveva il fiato e il battito cardiaco accelerati, ma doveva resistere, anche se Draco lo stava guardando con desiderio e Harry si sentiva lusingato da quello sguardo, era inutile negarlo «Ho… ho organizzato una bella serata, non possiamo godercela prima?»
«È che sei irresistibile con quel completo addosso» asserì, flirtando con lui «Non è colpa mia se ho un compagno che gioca a Quidditch e ha un fisico invidiabile, oltre ad essere estremamente attraente».
Harry arrossì, le sue guance divennero rosse, fino alle orecchie «Smettila, scemo».
«Dico solo la verità» affermò, ammiccando nella sua direzione. «Quindi hai organizzato una serata romantica per noi?» chiese, Harry annuì sorridendo «E hai indossato quel completo, dannazione a te, Potter, la vita è così ingiusta».
Harry scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Draco non la smetteva mai di flirtare con lui, neanche dopo quasi undici anni insieme, la loro relazione procedeva davvero a gonfie vele. «Non ci credo, c’è anche lo champagne?»
«Certo» rispose «E ho preparato la cena con tutte le cose che piacciono a te!»
«D’accordo, mi hai convinto» replicò Draco «Dammi cinque minuti, mi faccio una doccia gelida e mi rendo bello per te» aggiunse, dandogli un leggero bacio sulle labbra. Harry sorrise e annuì, trattenendosi dal dirgli che lui era sempre bello e gli disse che lo avrebbe aspettato in salotto. Draco annuì e sparì nel bagno, Harry provvide a mettere i fiori che l’altro non aveva neanche guardato in un vaso – sarebbe stato un peccato farli appassire subito, con quello che li aveva pagati – poi si sedette sul divano in attesa. Non vedeva l’ora di fargli la proposta, di vedere la gioia sul suo viso – se Draco avesse detto sì, era certo che avrebbe pianto dalla gioia – e di mettergli quell’anello al dito.
«Eccomi qua!» esclamò l’ex Serpeverde, comparendo alle sue spalle. Harry alzò lo sguardo su di lui e restò senza fiato. Draco era davvero il ragazzo più bello che avesse mai visto in tutta la sua vita. Indossava un completo scuro, stretto che lo fasciava perfettamente nei punti giusti, mettendo in risalto il suo fisico allenato. Harry deglutì sonoramente, continuando a fargli una radiografia completa. Maledetto, lo sapeva che non gli resisteva con quel completo, lo aveva fatto di proposito, vero? «Sei rimasto senza parole, Potter?» gli chiese maliziosamente.
«Sei perfettamente consapevole di essere sexy, Draco».
«Lo so» replicò infatti, sorridendo sornione e avvicinando a lui. Repentinamente, gli mise le braccia attorno ai fianchi e lo avvicinò a sé con uno strattone, Harry deglutì e gli mise le mani sul petto, per allontanarlo leggermente da sé, prima che il suo ragazzo decidesse di saltargli addosso, come stava per fare quando era tornato dal lavoro e mettesse fine alla serata romantica. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, non voleva che la libido dell’ex Serpeverde rovinasse ogni cosa – com’era già accaduto in passato. Non era stato esattamente facile per il biondo superare il trauma che aveva subito a sedici anni, ma da quando stavano insieme e da quando avevano fatto per la prima volta l’amore, le cose erano cambiate sotto tutti i punti di vista. Mese dopo mese, anno dopo anno, era stato sempre più facile per lui lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare, Harry era stato al suo fianco per tutto il tempo, lo aveva supportato ogni giorno e aveva assistito in prima persona al cambiamento di Draco.
Il biondo annuì e si abbassò sul suo collo, lasciandogli un delicato bacio lì, dove sapeva esserci il suo punto debole, tracciò leggermente la linea della mandibola di Harry con le labbra, ci passò il naso con delicatezza, respirò il suo profumo, prima di iniziare a lasciargli dei delicati baci sul collo, sentendolo pian piano sciogliersi tra le sue braccia come la neve al sole. Draco sapeva esattamente quali punti toccare, per rendere Harry malleabile come la creta tra le sue mani.
«Sicuro di voler cenare e perdere tanto tempo?» soffiò contro il suo collo, prima di riprendere a baciarlo, mentre le sue mani armeggiavano con la camicia chiara del moro e si infilavano in fretta sotto di essa, accarezzandogli il petto.
«D-Draco…» si lamentò Harry ancora una volta, inclinando la testa all’indietro, lasciandogli campo libero. Il biondo ghignò, sapeva perfettamente che gli sarebbero bastate due moine per farlo cedere e distogliere la sua attenzione dalla cena che aveva organizzato. Senza replicare alla sua affermazione, gli lasciò un succhiotto sul collo, strappandogli un forte gemito.
«Adoro il tuo collo, lo sai…?» soffiò contro la sua pelle, il moro annuì, sentendo il corpo del biondo premere contro il proprio e si lasciò scappare un altro gemito di piacere «Sei così sexy vestito così… lo sai?» soffiò, togliendogli la giacca e aprendo con un gesto brusco la camicia, facendo saltare tutti i bottoni, per iniziare a baciargli il petto.  Harry annuì ancora. Voleva ribellarsi con tutto se stesso, perché aveva organizzato ogni cosa nei minimi dettagli, voleva trascorrere quella serata con lui, fargli la proposta… ma quando Draco si inginocchiò davanti a lui e gli aprì i pantaloni approfittando della sua distrazione, Harry non riuscì a far altro se non gemere, cedere e lasciare che egli facesse tutto ciò che più voleva con lui. Era suo.
Non si rese neanche conto che Draco li avesse semplicemente smaterializzati in camera da letto, semplicemente si ritrovò sdraiato a pancia in giù sul letto, nudo, con il biondo che gli baciava la schiena con lentezza, scendendo sempre più in basso. Gemette ad alta voce, mentre l’altro continuava a fare tutto ciò che più preferiva con lui: farlo impazzire. Lo sentì mormorare contro la sua pelle tesa, lo sentì gemere e semplicemente il suo cervello si spense, dimenticando la cena, la serata romantica che aveva organizzato, la proposta e tutto il resto; si girò verso Draco e lo coinvolse in un altro, lungo bacio appassionato sentendo il biondo ghignare contro le sue labbra e mormorare qualcosa di sconcio e per niente romantico. Le mani di Draco stavano facendo magie e lui si stava sentendo così bene, da riuscire a dimenticare tutto il resto per cinque minuti.
Vennero entrambi pochi minuti dopo, Draco crollò stanco sul corpo del suo ragazzo e alzò lo sguardo verso di lui, passò la mano tra i suoi capelli spettinati e sorrise soddisfatto, avvolgendo poi le sue braccia attorno al corpo dell’altro, sapeva che Harry amava le coccole post-sesso e lo baciò con delicatezza, trasmettendogli in quel modo tutto il suo amore.
«Io…» mormorò, poi si morse le labbra e scosse la testa, lanciò uno sguardo all’orologio sul comodino e sospirò «Mi hai ingannato anche stavolta!» esclamò piccato il moro, incrociando le braccia al petto «Draco! Avevo organizzato tutto!»
Draco rise, mettendosi seduto al centro del letto e inclinò la testa, raggiungendo con le labbra il suo collo.
«Beh, ho già consumato il dessert! Non è colpa mia se ho un ragazzo eccitante!» esclamò «E poi di cosa ti lamenti? Lo volevi anche tu, altrimenti mi sarei fermato» puntualizzò.
«Sei un idiota» borbottò, scuotendo la testa, cercando di nascondere il sorrisetto beffardo che gli era comparso sulle labbra. I suoi piani erano andati a monte, ma per una buona causa, dopotutto. «Vado a riscaldare la cena» affermò poi, alzandosi dal letto e cercando i suoi boxer.
«Non coprirti, lo sai, sei sexy quando giri nudo per la casa!»
«Draco, la smetti? Ma che hai stasera?»
Il biondo rise, scuotendo la testa e si sdraiò di nuovo sul letto, mettendo le braccia dietro alla tesa, mentre il moro raggiungeva la cucina, dopo aver indossato i boxer, per riscaldare la cena e portarla in camera da letto. Osservò velocemente la cucina e il salotto pensando di aver sprecato un sacco di tempo ad organizzare la sorpresa perfetta per Draco e alla fine… neanche se ne era accorto, beh non importava, alla fine non era niente di speciale, giusto? Aveva appena acceso il forno, quando due braccia forti lo abbracciarono da dietro e delle labbra si posarono sul suo collo per un rapido bacio.
«Ho visto il salotto solo adesso» mormorò «Hai fatto un lavoro splendido, quando hai trovato il tempo di stampare tutte quelle fotografie?» domandò.
«Uhm, ho degli aiutanti in gamba» ridacchiò «E stavo organizzando questo da un po’…»
Draco lo voltò verso di sé e lo guardò negli occhi «Davvero? Scusami se non l’ho notato prima, io…»
Harry gli mise una mano sulla guancia e gliel’accarezzò lentamente «Non importa, sono contento che ti sia piaciuto».
Il biondo annuì, nascondendo il viso contro la sua spalla. «Lo devo a qualche occasione speciale?»
«Uhm…» Harry si ritrovò a riflettere per un attimo. Ogni momento con Draco era speciale, bastava che ci fossero solo loro due. Realizzò in quel momento che non aveva bisogno di organizzare cose in grande stile per chiedergli di sposarlo, poteva anche farlo in mutande, dopo aver fatto l’amore con lui. Tutto il resto non importava, purché fossero stati insieme. Dopotutto, lui aveva provato ad essere romantico, ma alla fine tutto si era trasformato e i suoi piani non erano andati esattamente come previsto, ma… non doveva cambiare lo scopo per il quale aveva fatto tutto. «Aspettami qui» disse poi, allontanandosi da lui. Spense il forno velocemente e raggiunse il salotto, dove Draco aveva fatto cadere la sua giacca e trovò la scatolina di velluto, esattamente lì dove l’aveva lasciata. La strinse nel pugno e poi raggiunse di nuovo il suo ragazzo, che stava togliendo dal forno le pietanze che aveva messo a riscaldare.
«Dray?»
«Uhm?»
Draco si voltò verso di lui e Harry si inginocchiò in quel momento. Vide l’altro spalancare gli occhi, come se non si fosse mai aspettato un gesto del genere e sorrise soddisfatto. Per una volta, era davvero riuscito a sorprenderlo.
«Avevo organizzato tutto per farti una sorpresa romantica» disse Harry «Ma con te le cose sono sempre imprevedibili ed è una delle tante cose che amo della nostra relazione» confessò «Ti amo, Draco e desidero invecchiare insieme a te» continuò «Amo svegliami accanto a te tutte le mattine, amo il tuo broncio mattutino, amo la tua dolcezza e il tuo romanticismo, amo il modo in cui mi fai sentire da quasi undici anni» Draco aveva gli occhi spalancati e aveva mosso un paio di passi verso di lui «Amo il modo in cui mi baci, amo il modo in cui ti prendi cura di me ogni volta, amo tutto di te» aggiunse «E vorrei davvero, davvero passare il resto della mia vita con te, invecchiare con te ed essere ancora la tua spina nel fianco» si morse le labbra, per contenere l’emozione «Draco Malfoy, prometto di non farti mai soffrire, di prendermi cura di te e di renderti felice, mi vuoi sposare?»
Draco si asciugò una guancia, prima di abbassarsi alla sua altezza e baciarlo piano sulle labbra, prima di rispondere: «Sì». Come previsto, Harry iniziò a piangere per la felicità. E fu la serata più bella che entrambi avessero mai vissuto.
 

-

 
 
Ad entrambi sembrò di essere riemersi da un pensatoio, mentre i ricordi di quella sera di sei mesi prima si ripetevano nelle loro menti. Draco ricordava esattamente com’era andata quella sera, ricordava perfettamente l’amore, la felicità e tutto quello che aveva provato, ricordava anche di essere corso in camera da letto, di aver tirato fuori l’anello che aveva comprato per Harry per il loro anniversario e ricordava bene di averlo visto piangere di nuovo tra le sue braccia. Sono lacrime di felicità, gli aveva detto. Si sentiva uno stupido, un emerito imbecille per non aver pensato a quel giorno, per non aver riflettuto abbastanza sul giorno in cui si erano fidanzati ufficialmente. Avrebbe dovuto ricordare la promessa reciproca di essere sempre sinceri, di dirsi tutto, di non ferirsi a vicenda. Avrebbe dovuto imprimere meglio nella sua mente e nella sua memoria le parole di Harry, a causa di quei pettegolezzi stava quasi per perdere tutto.
«Draco…?» la voce del suo fidanzato lo riscosse, si ritrovò ad alzare lo sguardo verso di lui e a guardarlo scioccato, come si fosse appena ripreso da un lungo momento di trance, un momento di trance che era durato per tutta la giornata. Cosa gli era preso? Aveva davvero quasi lasciato andare Harry? Non ci credeva, la sua mente si era totalmente offuscata. Le parole sussurrate alle sue spalle, i dubbi, la tensione per il matrimonio, lo stress per il lavoro, lo stress per quella situazione ingestibile, lo stare da solo, gli sguardi giudicanti e… tutto si era riversato su di lui, offuscando la sua razionalità. Non aveva senso che se la prendesse con Harry, non aveva fatto niente. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato vederlo a casa con la gamba infortunata. La sua vista si era completamente offuscata e la sua mente si era impostata solo sul pensiero che se Harry gli aveva mentito sull’infortunio, allora era ovvio che gli avesse mentito anche su tutto il resto e che quindi le insinuazioni dei giornali e dei pettegoli fossero vere. Aveva completamente smesso di ragionare e di riflettere e aveva accusato Harry senza neanche ascoltarlo. Solo quando Harry lo aveva quasi implorato di ricordare quel giorno di sei mesi prima, Draco aveva ripreso a ragionare normalmente e si era reso conto di aver esagerato, non aveva alcuna scusante per il suo comportamento, aveva quasi annullato tutto perché aveva stupidamente creduto a dei pettegolezzi, Harry non meritava un trattamento del genere.
«Mi dispiace» mormorò mortificato «Non so cosa mi sia preso, Harry, non sono così, lo sai» deglutì «Solo che…» non sapeva neanche come spiegarlo, era assurdo anche solo pensare una cosa del genere «Mi dispiace».
«Non hai niente di cui scusarti, amore» gli disse l’altro, dolcemente. Sentirgli dire quel soprannome fu come balsamo per le orecchie del biondo. Di solito, quando Harry lo chiamava con dei nomignoli, lui tendeva a storcere il naso, a dirgli che era troppo smielato, ma quella sera ne aveva davvero bisogno, aveva bisogno di sentire che Harry lo amasse ancora, nonostante il suo riprovevole comportamento «Non è colpa tua, sei sotto pressione e so che sei un po’… melodrammatico» Draco gonfiò le guance, imbronciato scuotendo la testa «Dray, non preoccuparti. Ho provato ad immaginare la situazione al contrario, se io fossi stato nei tuoi panni, forse avrei reagito nello stesso modo, con la differenza che ti avrei lanciato uno Stupeficium, prima di crollare».
«Pft, tu sai usare solo l’Expelliarmus, Potter» rimbeccò, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso «Davvero, Harry, mi dispiace per averti detto tutte quelle cose ed averti quasi cacciato da casa, non lo meritavi, soprattutto nelle tue condizioni».
«Ho solo una caviglia slogata» borbottò Harry, poi lo guardò negli occhi «Stai meglio ora?»
«Dovrei chiederlo io a te» mormorò Draco, scuotendo la testa «Sì, sto bene, tranquillo, è stato solo un momento di… non so come definirlo, panico forse? Non lo so, Harry, so solo che erano giorni che sentivo quelle voci e cercavo di ignorarle con tutto me stesso, ma dopo le foto di oggi e aver sentito i miei colleghi che spettegolavano alle mie spalle… ho dato di matto» spiegò rapidamente, sperando che l’altro capisse come si era sentito e perché avesse reagito in quel modo. Non era lucido, questa era l’unica risposta valida a quello che era accaduto quel pomeriggio. Aveva perso la lucidità per un lungo momento ed era stato fortunato che il suo fidanzato non fosse andato via quando aveva provato a cacciarlo di casa e che avesse insistito per fargli ritrovare il senno. Non aveva altri modi per farsi perdonare se non quello di prendersi cura di Harry e mostrargli quanto si fosse pentito del suo atteggiamento stupido, per la sua mancanza di razionalità.
«Non preoccuparti» gli disse il moro, accarezzandogli una guancia dolcemente. Draco lo guardò negli occhi e gli rivolse un sorriso riconoscente. Non sapeva davvero cosa avesse fatto per meritare una persona come Harry nella sua vita, ma era fortunato ad averlo.
«Forza, ti porto in camera da letto» disse alzandosi dal divano e porgendo una mano all’altro, per aiutarlo ad alzarsi dal divano. Harry la strinse, senza dire null’altro e si alzò in piedi, lasciando andare un piccolo gemito di dolore quando mise il piede per terra. «Forse sarebbe meglio se tu non camminassi affatto» asserì il biondo, guardandolo traballare un po’ sulle sue gambe «Vieni, ti porto io» disse dandogli le spalle. Harry lo guardò perplesso e non disse niente, confuso. «Forza, non abbiamo tutta la serata!» l’altro non se lo fece ripetere due volte e saltò sulle spalle dell’altro, cercando di non pesare troppo su di lui. Draco afferrò le sue ginocchia, mentre Harry strinse le braccia attorno al suo collo.
«Devo farmi male più spesso, se poi ti comporti così» scherzò il moro «Diventi improvvisamente dolce, sai?»
«Sei un idiota» rimbeccò Draco «Andiamo» mormorò, iniziando a camminare verso il piano di sopra, dove si trovava la loro camera. In silenzio, salirono le scale, nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla in quel momento, entrambi stavano riflettendo su quanto accaduto nell’ultima ora e a come avessero affrontato quella breve crisi.
Draco era profondamente dispiaciuto del suo atteggiamento, non avrebbe mai voluto arrabbiarsi in quel modo con Harry, ma la perdita di lucidità aveva influito pesantemente su di lui. Raggiunta la camera da letto, fece scendere piano il suo ragazzo dalle sue spalle e lo posò sul letto. Poi estrasse la bacchetta ed eseguì un breve incantesimo diagnostico per capire quali danni avesse riportato la caviglia di Harry.
«Draco, è tutto okay, non c’è bisogno che tu ti prendi cura di me» gli disse l’altro per tranquillizzarlo «Sto bene».
«Sono un guaritore, non puoi chiedermi di non interessarmi della tua salute, soprattutto quando sei ferito e io ti ho urlato contro invece di occuparmi di te» ribatté «Lasciami lavorare» disse duramente, poi si morse le labbra e lo guardò dispiaciuto, accarezzandogli con estrema delicatezza la caviglia infortunata «Lascia che mi prenda cura di te, okay? Per favore…»
Harry lo guardò e nei suoi occhi lesse il suo reale bisogno, così annuì e si arrese, lasciando il controllo di quella cosa al suo compagno. Draco cambiò la benda, lamentandosi di chi aveva fatto quella medicazione, gli mise della pomata antinfiammatoria e controllò la prescrizione che gli avevano fatto i medimaghi americani. Storse il naso un paio di volte, ma poi annuì con convinzione e preparò tutti i medicinali e le pozioni che erano state prescritte a Harry. Lo aiutò anche a cambiarsi e passò un asciugamano umido sul suo corpo per rinfrescarlo un po’.
Ordinarono la cena d’asporto e la consumarono in camera da letto: Harry sul letto, Draco seduto su una sedia accanto al letto matrimoniale. Era un peccato che Harry avesse deciso di liberare Kreacher e che questo fosse andato a vivere con Narcissa, perché la sua indole servile lo aveva spinto verso l’ultima discendente della famiglia Black, quel giorno sarebbe stato utile avere un elfo domestico in casa.
La tempesta che si era appena abbattuta su di loro sembrava essere passata, anche se avevano ancora un sacco di cose di cui discutere, avevano ancora un sacco di cose da chiarire, ma per il momento tutto ciò che contava per entrambi era essere riusciti a riappacificarsi.
«Dray?» lo chiamò piano il moro dal letto, dopo che ebbero finito la cena, mentre l’altro si stava mettendo il pigiama. Draco alzò lo sguardo verso di lui e annuì, invitandolo a continuare la sua frase «Ehm, lo vuoi ancora?» chiese, mostrandogli l’anello che aveva portato con sé fin da quando Draco gliel’aveva lanciato addosso.
«Oh…» il biondo deglutì, aveva completamente dimenticato che in quello scatto d’ira avesse lanciato l’anello a Harry, non osava immaginare come si fosse sentito in quel momento, doveva aver creduto davvero che lui si fosse pentito di aver accettato la sua proposta di matrimonio e di avergliene fatta una a sua volta. «Mi dispiace, Harry…»
«Ci-Cioè? Non vuoi… non vuoi sposarmi più?» chiese il moro preoccupato «Okay… okay, se non ti senti pronto, possiamo aspettare» disse annuendo, più per se stesso che per l’altro «Va bene, non devi sentirti obbligato, non voglio che ti stressi, io posso aspettare». Man mano che parlava, Draco poteva sentire i cocci del cuore di Harry infrangersi e spezzarsi in altri frammenti sempre più piccoli. Si sentiva in colpa per averlo ridotto in quello stato, non era sua intenzione.
«No, no, Harry, non è come pensi tu» gli disse appunto «Mi dispiace aver reagito in quel modo e averti lanciato l’anello» spiegò «Non mi pento affatto di aver accettato la tua proposta, anzi… non avrei mai dovuto lanciartelo addosso in quel modo» si scusò ancora «Mi piacerebbe molto riaverlo».
Harry sembrò tirare un sospiro di sollievo e sulle sue labbra comparve un piccolo sorriso timido che riuscì a placare leggermente il senso di colpa di Draco, che ancora non riusciva a darsi una spiegazione per quanto gli fosse accaduto. Draco gli porse la mano e lui gli fece scivolare l’anello lungo tutto il dito, prima di prendere quella mano nella sua e baciargli tutte le nocche, iniziando da quella su cui aveva messo l’anello di fidanzamento.
«Ti amo» sussurrò il moro.
«Ti amo anch’io» replicò Draco, prima di prendergli il viso tra le mani e baciarlo dolcemente, per poi stringerlo a sé e cercare di dimenticare con lui quella brutta storia. Era stato solo un piccolo temporale che si era abbattuto su di loro, come un acquazzone estivo: devastante, ma passeggero. Nonostante avessero molto di cui parlare e su cui discutere, entrambi si sentirono sereni, soddisfatti e fieri di loro stessi per come, nella difficoltà, avevano saputo affrontare la crisi e superarla insieme, parlandone semplicemente.
 
 

 
Alcuni mesi dopo.
 
Draco osservava Harry e non riusciva a smettere di sorridere, pensando quanto fosse fortunato ad avere una persona come lui al suo fianco, una persona che adesso poteva chiamare marito, non avrebbe mai creduto che quel giorno fosse mai arrivato. Erano sposati. Lui, Draco Malfoy, era sposato con Harry Potter. Quasi gli sembrava irreale, a volte gli sembrava di essersi addormentato e di aver sognato per tutto il tempo, una felicità così era impossibile da provare.
La loro relazione non era stata sempre facile, avevano avuto la loro buona dose di problemi a causa delle rispettive insicurezze, a causa dei problemi che erano sopraggiunti, a causa di tutto ciò che li aveva circondati, ma alla fine l’eroe aveva vinto e aveva conquistato il cuore del suo principe. Un morbido sorriso si dipinse sulle labbra del biondo, mentre lo osservava parlare con Andromeda e sorriderle affabile. Probabilmente gli aveva fatto qualche domanda imbarazzante e lui, sempre cortese e mai maleducato, le aveva risposto eludendo la sua domanda con grazia. Era una tecnica che aveva imparato nel corso degli anni, tartassato dalla stampa per la maggior parte del tempo che trascorreva a Diagon Alley o a Hogsmeade, aveva imparato a gestire una sottile diplomazia anche con le persone che lo infastidivano, dopotutto era letteralmente una star del Quidditch. Anche quella mattina, quando erano usciti di casa per andare al Ministero della Magia e ufficializzare la loro unione, un gruppo di paparazzi li aveva trovati e aveva iniziato a scattare foto. Harry aveva fatto buon viso a cattivo gioco, mostrando loro il suo migliore sorriso, mentre stringeva a sé il suo quasi-marito, in modo che le nuove foto smentissero le voci che pochi mesi prima avevano fatto il giro del mondo magico e che avevano quasi intaccato la loro relazione. Draco, se ci ripensava, ancora si sentiva stupido.
Ed eccoli lì, dopo la cerimonia e ore di ricevimento nel giardino della villa di sua madre, stanchi per la giornata appena trascorsa, ma anche felici. Harry era raggiante, si era rilassato così tanto da andare contro le buone regole del bon-ton e togliersi la giacca, arrotolare le maniche della camicia fino al gomito, allentare la cravatta e sbottonare i primi bottoni della camicia, dopotutto era lo sposo, a lui tutto era concesso.
Draco restò senza fiato nel vederlo così: probabilmente era una delle cose più belle che avesse avuto la fortuna di vedere ed era suo. Dopotutto, erano state le sue parole durante la cerimonia: Draco, sono tuo – aveva detto – per tutta l’eternità, apparterrò a te e solamente a te. Draco aveva quasi rischiato di piangere dopo quella confessione, come poteva essere altrimenti? Harry non sapeva essere romantico la maggior parte delle volte, ma poi c’erano quei piccoli momenti, quelle dichiarazioni che erano in grado di fargli scoppiare il cuore di amore e di felicità. Assurdo. Era una persona estremamente fortunata, ne era perfettamente consapevole.
«Ehi Draco!» lo salutò Hermione comparendo alle sue spalle, sorridendo «Non siete sposati neanche da un giorno e Harry ti sta già trascurando? Ti annoi?» domandò divertita, guardando l’amico.
«Ehi Hermione» la salutò a sua volta, sorridendole «Oh sì, è stato rapito da mia zia e le sono grato! Visto che mi renderà la vita un inferno, meglio che per ora mi trascuri» scherzò lui, scuotendo la testa, la ragazza lo accompagnò nella risata «Sei splendida, non ho avuto modo di dirtelo prima» le disse «Allora, tra quanto arriverà il mio nipotino?»
Lei sorrise e arrossì leggermente al complimento. «Ti ringrazio» disse «Beh, questa piccola peste nascerà tra un paio di mesi» disse, sfiorando la pancia gonfia di sette mesi. Draco le sorrise felice e annuì, stava per chiedere a Hermione dove fosse la piccola Rose, quando una vocina urlò: «Zio Draco!» e una piccola peste dai capelli rossi corse nella sua direzione gettandosi tra le sue braccia. Draco rise, prendendo la bambina in braccio.
«Ehi Scricciolo!» esclamò il biondo.
«Zio, sembri un principe oggi! Sei bello! Più di zio Harry, ma non dirglielo, shhh!»
Ron sogghignò e annuì, intercettando con lo sguardo il suo migliore amico che cercava di sfuggire alle imbarazzanti domande di Andromeda, che non la smetteva di sorridere, asciugarsi le lacrime e abbracciarlo. Draco sghignazzava ogni volta che vedeva Harry in imbarazzo in quel modo, forse avrebbe dovuto raggiungerlo e salvarlo, ma poi vide anche Dora raggiungerli e Teddy aggrapparsi alla sua gamba e decise che suo marito era in buone mani. Così si voltò di nuovo verso i coniugi Weasley e sorrise, riprendendo a conversare amabilmente con loro.
«Adorabile» commentò Ron, vedendo sua figlia abbracciare Draco con forza e il biondo ricambiare la stretta affettuosamente «Con permesso, vado a salvare il mio migliore amico» scherzò, allontanandosi da Hermione, dopo averle dato un delicato bacio sulla guancia e una carezza sulla pancia. Draco ridacchiò, scuotendo la testa.
«Non ci credo che siete sposati anche voi!» esclamò Hermione, prendendo sua figlia dalle braccia di Draco «Sono così felice per voi, lo sai? Lo meritate entrambi».
«Neanche io ci credo, ma… ehi. Eccoci, qui» ammise sorridendo, mentre le sue gote si tingevano di rosso «E penso proprio che tu abbia ragione». La ragazza gli rivolse un sorriso gentile, poi due braccia forti circondarono i suoi fianchi, istintivamente il biondo, riconoscendo la presa, si rilassò e appoggiò la schiena contro il petto accogliente di Harry e si rilassò tra le sue braccia. Finalmente suo marito era scampato all’assalto ed era riuscito a raggiungerlo di nuovo.
Quasi gli era mancato, ma solo un po’.
«Hermione ha sempre ragione» puntualizzò «Su cosa stavolta?» domandò la sua voce calda, dritto nel suo orecchio, facendolo rabbrividire, dandogli un bacio sotto l’orecchio.
«Harry» sbuffò, incrociando le braccia al petto «Non vedo il motivo per cui dovrei rivelarti le mie conversazioni con Hermione». Il moro ridacchiò e gli diede un bacio sul collo, facendogli saltare il cuore in gola.
«Harry!» esclamò Draco sorpreso «C’è la bambina» protestò, indicando Rose. Harry arrossì, accorgendosi solo in quel momento che Hermione avesse in braccio Rose e fece un passo indietro, lasciando andare Draco.
«Ehm, scusa Herm» fece guardando l’amica, che rise a sua volta.
«Non preoccuparti, Harry» disse «Vado a recuperare mio marito» aggiunse «Congratulazioni ad entrambi, vi auguro tutta la felicità del mondo, ve la meritate». Entrambi sorrisero guardando l’amica e annuirono, ringraziandola. Harry voltò Draco verso di sé e il biondo gli avvolse le braccia attorno al collo.
«Allora, Signor Potter, come sta andando il suo giorno perfetto?» domandò il moro, sorridendo.
«Beh, Signor Malfoy, sta andando alla grande, grazie per l’interessamento» replicò il biondo sorridendo dolcemente «Sono davvero felice, Harry, ma non vedo l’ora di andare via e tornare a casa».
«Anche io» confessò l’altro, dandogli un bacio a stampo sulle labbra prima di abbracciarlo forte e stringerlo a sé «Posso chiedere al mio adorabile marito di ballare con me?» gli chiese dopo un po’, guardandolo negli occhi.
«Accetto solo se non mi pesti i piedi» rispose sorridendo, mentre sentiva il suo cuore battere ancora più forte nel petto.
«E sia, mi impegnerò» rispose Harry «Te lo prometto» aggiunse, prima di sciogliere il loro tenero abbraccio e trascinarlo in pista, mentre una musica romantica si espandeva nell’aria. Qualcosa gli diceva che quel te lo prometto, non si riferisse solo al ballo. Sorrise pensando che, forse, Harry gli aveva promesso, attraverso un ballo, che si sarebbe impegnato per far funzionare il loro matrimonio, come gli aveva già promesso in precedenza, per far sì che entrambi fossero felici, che si sarebbe impegnato affinché la loro relazione funzionasse fino al punto di trovarsi entrambi anziani, sul portico di una villetta a raccontare ai loro nipoti la loro storia d’amore, ad insegnare loro cosa significasse lottare per amore. Sorrise, l’immagine di quel futuro gli piaceva fin troppo.
Draco immaginò che Harry avesse organizzato quella piccola sorpresa, perché nessun altro stava ballando, nascose il viso nell’incavo del suo collo, mentre il moro gli stringeva delicatamente i fianchi e si muoveva dolcemente sulle note di quella dolce melodia. Era felice, finalmente, dopo tanto tempo, anche lui aveva trovato la felicità.
In passato, Draco non avrebbe mai immaginato di poter trovare esattamente ciò di cui aveva bisogno, finché non lo aveva trovato e in qualche modo, anche la sua favola, aveva raggiunto il tanto agognato lieto fine, il famoso vissero per sempre felici e contenti delle favole, perché Harry era tutto ciò che desiderava, tutto ciò che lo rendeva felice. Ne era stato consapevole a diciotto e adesso, a quasi trenta ne aveva l’assoluta certezza.
La festa volse al termine alcune ore dopo, la maggior parte dei loro amici era andata lì per congratularsi con loro e dare loro i loro migliori auguri, Draco e Harry si sentivano davvero fortunati, erano sposati ed erano circondati da persone meravigliose che erano sempre state pronti a supportarli e a sostenerli nelle difficoltà e che avevano gioito al loro fianco nei momenti felici. Erano felici che tutti si fossero uniti per festeggiare la loro unione, ma si sentirono entrambi sollevati quando la festa finì. Erano stanchi e volevano solo tornare a casa.
Quando si smaterializzarono a casa, Draco rimase sorpreso che Harry non li avesse smaterializzati già dentro e si chiese come mai avesse agito così, mentre apriva rapidamente la porta, ma suo marito aveva altri piani, per questo lo fermò immediatamente e, repentinamente, mise un braccio sotto alle sue ginocchia e uno dietro la sua schiena, prendendolo in braccio.
«Harry!» esclamò il biondo avvolgendo le braccia attorno al collo del marito, arrossendo «Che diavolo fai?»
«Voglio varcare la porta di casa, portando mio marito in braccio fino alla camera da letto come nei vecchi film» disse divertito. Harry emanava gioia da ogni poro, Draco poteva quasi specchiarsi nei suoi occhi tant’erano luminosi. E anche lui si sentiva così felice quel giorno, sembrava che tutta la sua vita, tutte le sofferenze e i problemi che aveva affrontato, fossero serviti a portarlo a quel giorno: il più felice della sua vita. Chi l’avrebbe mai detto che sposare Harry Potter potesse portargli tanta gioia? Sembrava uno scherzo del destino e invece era realtà. La persona che in passato aveva odiato di più, adesso era la sua fonte di gioia. Incredibile, ma vero. Il fato poteva essere riscritto, sembrava che lui e Harry fossero nati per odiarsi, erano due opposti: uno era un Grifondoro, l’altro un Serpeverde; uno si era sempre impegnato per aiutare il prossimo, l’altro aveva sempre fatto l’esatto opposto; uno aveva il cuore nobile di un principe delle favole, l’altro no; uno era il prescelto, l’altro il figlio di un Mangiamorte. Eppure, all’improvviso si erano incontrati a metà strada, si erano completati a vicenda e alla fine avevano imparato ad amarsi.
«Perché una persona, una volta, mi ha detto che il mondo non si divide in mangiamorte e persone buone, ognuno di noi ha una parte di oscurità e una di luce dentro di sé, ma ciò che siamo lo decidiamo noi» gli aveva detto Harry, quando lo aveva salvato nel bagno di Mirtilla Malcontenta e adesso Draco capiva esattamente cosa volesse dire quella frase. Non esisteva solo bianco o nero, non esistevano solo luce e ombra, Mangiamorte e Ordine della Fenice, c’era qualcosa in mezzo: la scelta. E Draco aveva fatto la scelta migliore della sua vita, quando aveva accettato la mano di Harry, in quel bagno. L’avrebbe afferrata altre mille volte, se il finale fosse stato sempre quello.
«Va bene, marito, fai quello che vuoi» accettò, avvolgendo le braccia attorno al suo collo. La situazione era abbastanza buffa perché Draco era più alto del moro di almeno dieci centimetri, ma non importava affatto in quel momento. Quando passarono attraverso la porta di casa loro come mariti, tutta la loro vita sembrò trovare un altro senso, un nuovo scopo, una nuova gioia. Era la cosa migliore che fosse capitata ad entrambi, da sempre.
Arrivare nella loro camera da letto in quel modo non fu facile come previsto, Harry rischiò di inciampare per le scale – e questo provocò una grossa risata da parte di Draco, mista a una lieve preoccupazione – ma alla fine giunsero sani e salvi in camera. Raggiungere il letto, sdraiarsi e scoppiare a ridere in sincrono fu decisamente più semplice. Entrambi erano ubriachi di felicità, gioiosi come non lo erano mai stati prima. Quando smisero di ridere, si guardarono negli occhi, specchiandosi l’uno nello sguardo dell’altro e iniziarono a baciarsi lentamente. Era sempre molto naturale tra di loro iniziare. Bastava un semplice sfioramento e le loro labbra iniziavano a cercarsi prima con dolcezza, poi con bramosia, fino a che ad entrambi non finiva l’’ossigeno dei polmoni. In quel momento, erano agevolati anche dal loro stato semi-brillo, troppi brindisi alla fine del ricevimento, avevano dato loro alla testa. Harry sentiva di avere la testa leggera, non solo per l’alcool, era anche ubriaco d’amore in quel momento. Era stata una giornata meravigliosa, dall’inizio alla fine e finalmente tra le sue braccia poteva stringere suo marito, ancora non credeva che fosse vero, ma doveva iniziare ad esserne convinto. Quello era suo marito, quella era la loro prima notte da sposati, una nuova consapevolezza si fece largo nel suo petto e nel suo cuore. Era tutto perfetto. La sua vita era perfetta.
Dopo aver ballato insieme, quando la musica era andata affievolendosi, si erano fermati al centro della pista e senza alcun imbarazzo, senza badare agli altri, si erano baciati a lungo, dimenticando tutto il mondo attorno a loro, dimenticando ogni sguardo su di loro. Harry aveva stretto a sé suo marito, sentendo una nuova felicità espandersi dentro il suo cuore, soprattutto quando quest’ultimo aveva ricambiato la stretta e il bacio con una passione tutta nuova. Le persone presenti nella sala attorno a loro erano scoppiate in un fragoroso applauso. Altri eventi si erano susseguiti, avevano abbracciato persone, avevano stretto mani, poi gli sposi avevano tagliato la torta e alla fine c’era stata una serie di brindisi che li aveva fatti quasi ubriacare. Ma tutto l’alcool del mondo magico e non avrebbe potuto far provare a Harry qualcosa di simile a quello che aveva provato quando Draco lo aveva baciato davanti a tutti, senza vergogna, senza paura, senza ripensamenti.  Spinto da quelle sensazioni, Harry ci mise poco a sovrastare Draco con il suo corpo, iniziando a spogliarlo in gran fretta, baciandogli ogni angolo di pelle libero, solo per sentire i suoi gemiti nelle orecchie. Voleva che il biondo si sentisse come lui, ubriaco d’amore e di felicità. Poteva sentire contro di sé che il suo sentimento era perfettamente ricambiato, Draco provava la stessa gioia con lui in quel momento e Harry non avrebbe potuto che esserne felice.
Quando il biondo fu libero dalla giacca ingombrante e dalla camicia, il moro iniziò un lungo percorso di baci e morsi, che partiva dal collo, fino ad arrivare alla cintura dei pantaloni, che con maestria venne slacciata. Insieme ai pantaloni.
«Ha-Harry…» gemette Draco, cercando il suo sguardo. Harry si specchiò negli occhi grigi del marito e sorrise, gli accarezzò una guancia e si abbassò su di lui e gli rubò un altro bacio. A quel punto, Draco ribaltò le posizioni e, dopo averlo baciato con passione, iniziò a liberarlo da tutti i vestiti che secondo lui erano fin troppo ingombranti.
Presto la camera da letto si riempì di gemiti e di sospiri, di lievi imprecazioni, ma soprattutto d’amore. Un amore che avvolse entrambi, facendo quasi perdere loro i sensi. Come tutto di quella giornata, anche la loro prima notte di nozze fu speciale. Draco non riusciva a smettere di sussurrare a Harry parole dolci, parole colme d’amore, non riusciva a smettere di sussurrargli quanto lo amasse, quanto fosse felice con lui in quel momento. Quando, ormai appagati e soddisfatti, si sdraiarono sul letto, Harry si accoccolò al fianco di Draco e appoggiò la testa sul suo petto, all’altezza del suo cuore e sorrise, poi allungò una mano verso la sinistra del biondo e la intrecciò con la sua, osservando entrambe le mani con la fede nuziale, era un’emozione tutta nuova. Harry in tutta la sua vita non avrebbe mai creduto di potersi sentire così felice, così legato a qualcuno e invece eccolo lì, felice e sposato con la persona più importante della sua vita.
«Ci credi che siamo sposati?» domandò in un sussurro. Draco sorrise e gli diede un bacio sulla testa, tra i capelli.
«È come un sogno che diventa realtà» rispose, deglutendo «Se dodici anni fa, mi avessero detto che un giorno sarei stato felice nello stesso letto con te, avrei riso» scherzò coinvolgendo anche suo marito, che ridacchiò «Lo sai? Prima di te, tendevo a non aprire il mio cuore e a non mostrare mai agli altri ciò che provavo davvero, perché mi era stato insegnato che i sentimenti erano fonte di debolezza, che mostrarli significava essere deboli» disse ancora, accarezzandogli a spalla con il braccio destro, avvolto attorno alle sue spalle «Poi sei arrivato tu e mi hai… cambiato. Mi hai salvato, letteralmente» continuò, Harry sentiva il suo cuore battere troppo forte e le sue gote diventare rosse. Non poteva evitare di farlo, ogni volta che Draco iniziava a parlargli in quel modo, l’emozione lo travolgeva sempre «Grazie a te ho scoperto l’amore e ho capito che esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti non è un male né un segno di debolezza, anzi. È tutto fuorché questo, i miei sentimenti per te sono la mia forza» aggiunse «Eppure, Harry, non ho parole per descrivere quello che provo per te. Non ho parole per esprimere tutto l’amore e la felicità che provo adesso» disse ancora «Posso solo dire che ti amo e sarebbe anche riduttivo, ma sono felice di poterti chiamare marito».
Harry singhiozzò. Tutto il discorso di Draco gli aveva fatto venire i brividi e lo aveva commosso al punto tale che non era riuscito a trattenere le lacrime. Erano parole che lo avevano toccato nel profondo, diverse volte aveva sentito Draco proclamare il suo amore nei suoi confronti, ma in quel modo, con quella dolcezza, con quella sincerità… mai. «Ehi, non piangere…»
«Sono lacrime di gioia» mormorò Harry, alzando lo sguardo su di lui, guardandolo negli occhi «Draco, io prima di te non sapevo neanche cosa fosse l’amore. Credevo di saperlo, ma… tu mi hai aperto gli occhi, mi ha conquistato in ogni modo, mi hai salvato la vita, affrontando quel viaggio fino all’Oltretomba… Draco, nessuno prima di te mi aveva fatto sentire così amato, così voluto, così desiderato» continuò, cercando il suo sguardo, vedendo delle lacrime formarsi anche negli occhi dell’altro «Sei mio marito, ma non solo, tu… sei tutto per me» continuò «Sei sempre stato tutto ciò di cui avevo bisogno, sei stato un nemico in passato, sei stato un amico nel momento del bisogno, sei stato una spina nel fianco, ma… sei l’amore della mia vita, sei l’unica persone che conta per me… sei la mia famiglia, Draco» continuò. Alcune lacrime scivolarono anche sul viso del biondo, Harry gli mise le mani sulle guance e provò a scacciarle e a cancellarle «Ti amo, ti amo più di quanto tu possa immaginare e sì, hai ragione, dire ti amo è riduttivo. Ti amo così tanto che è inquantificabile a parole» concluse. Draco quasi singhiozzava e Harry si morse le labbra nel vederlo così «Ehi, non piangere…» disse imitando le sue parole di poco prima.
«Sono lacrime di felicità» replicò Draco sorridendo, prima di chiudere gli occhi e baciarlo di nuovo dolcemente.
Le lacrime di gioia ancora scorrevano rapide sulle loro guance, si mischiavano tra di loro e quel bacio fu il primo di una lunga serie di baci bagnati di lacrime che i due neo sposi si scambiarono quella sera. Per entrambi era stato come affrontare un lungo viaggio che aveva avuto solo una meta; una vita difficile vissuta da ognuno dei due con le proprie esperienze sia negative che positive, esperienze che sembravano averli portati solo in quella direzione, fino a quel momento: al loro tanto desiderato lieto fine, proprio come quello delle favole.
 

 
 
8 anni dopo
 
«Papà! Papà!»
Un bambino di undici anni saltò sul letto dei suoi genitori, urlando felice. Draco grugnì, aprendo gli occhi e scosse la spalla del marito con forza, per svegliarlo. Sapeva esattamente che giorno era e cosa stava accadendo e soprattutto perché loro figlio, Scorpius James Malfoy-Potter era così felice e pimpante, alle… - Draco diede una rapida occhiata alla sveglia sul suo comodino per capire che ore fossero e grugnì di nuovo – alle cinque e mezza del mattino.
«Papà! Svegliatevi!» esclamò il bambino, allegro «Papà! Oggi è il primo settembre, se non vi alzate faremo tardi!» urlò, continuando a saltare sul letto, in preda alla gioia più totale. «Papà!»
Draco grugnì ancora una volta, mentre Harry si destava in quel preciso istante. Avevano adottato quel piccolo terremoto un anno dopo essersi sposati, quando avevano realizzato che la loro casa fosse troppo vuota, entrambi desideravano donare il loro amore ad un’altra creatura e così alla fine, dopo diversi consulti, dopo aver parlato con diverse persone e con le loro famiglie, avevano optato per l’adozione. Era stato amore a prima vista per entrambi. Il bambino aveva solo quattro anni quando lo avevano adottato, l’orfanotrofio non aveva idea di chi fossero i genitori né sapeva se fosse figlio di due purosangue, mezzosangue o nati babbani, era stato abbandonato alla nascita e per quattro anni aveva vissuto in quell’orfanotrofio senza neanche avere un nome. Harry si era sentito subito infinitamente legato a quella storia, anche lui era orfano, ma lui aveva avuto la fortuna di essere stato trovato da Hagrid, anche se non era stato altrettanto fortunato nel crescere con quella famiglia. Draco ricordava bene di aver visto suo marito piangere dopo aver sentito la storia di quel bambino. Nel momento in cui avevano firmato tutte le carte ed avevano ottenuto la custodia di Scorpius, entrambi lo avevano immediatamente sentito parte della loro famiglia. Per ottenere l’adozione ufficiale ci era voluto un po’ più di tempo, ma alla fine erano diventati una famiglia. Né a Harry né a Draco importava l’origine del bambino, nel momento in cui era entrato in casa loro, era diventato loro figlio. Che fosse nato babbano, purosangue, mezzosangue o mago-no non importava. Draco per tutta la sua vita aveva creduto che le distinzioni di sangue fossero importanti, fino a che non si era innamorato di Harry e aveva capito che quelle discriminazioni erano pura follia, ma quando aveva stretto quel bambino a sé la prima volta, aveva davvero compreso cosa significasse amare qualcuno incondizionatamente, a prescindere da qualsiasi altra cosa. Si era chiesto più volte come avesse fatto suo padre ad avere una mente così chiusa, così limitata. Sua madre, invece, era stata felicissima della notizia, neanche a lei importava lo “stato di sangue” del bambino, nel momento in cui lo aveva visto, lo aveva chiamato nipote e aveva provato ad insegnargli la parola nonna, fino a che Scorpius non aveva imparato a pronunciarla perfettamente. Draco avrebbe giurato di aver visto sua madre piangere di gioia. Quando lo aveva preso da parte e lo aveva ringraziato per il regalo che gli aveva fatto, Draco quasi non si era commosso anche lui: sua madre, quella che in passato era stata una donna tutta d’un pezzo, fredda e quasi glaciale – soprattutto quando Lucius viveva ancora con loro – era felice di essere diventata nonna. Anche se quel bambino non era “biologicamente” loro, Draco, Harry e tutta la loro famiglia allargata, lo amavano allo stesso modo. Teddy Lupin lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, Remus e Dora si sentivano quasi come dei nonni per lui – e così si facevano chiamare, di fatto – dato che avevano praticamente adottato Harry, quando Voldemort era stato sconfitto definitivamente; Ron, Hermione, tutti i Weasley e tutti i loro amici lo consideravano come un nipotino, Draco e Harry non avrebbero potuto essere più felici di così, avevano temuto che la scelta di adottare un bambino, piuttosto che provare ad averne uno “naturale” non fosse ben accolta dagli altri, ma si erano sbagliati e questo aveva permesso ad entrambi di vivere quel periodo nella pace più completa. Il giorno che Scorpius era diventato a tutti gli effetti loro figlio, Draco ricordava bene la scena di lui e Harry, stretti in un abbraccio forte accanto al letto in cui il bambino dormiva, che piangevano lacrime di gioia e soddisfazione. Avevano una famiglia loro. Draco sapeva quanto questo avesse colpito Harry nel profondo, lui all’età di Scorpius viveva in una famiglia che lo odiava, che lo trattava male, che non gli concedeva neanche un abbraccio.
E ancora, Draco ricordava bene il giorno in cui aveva visto Harry piangere – in silenzio, da solo nella camera da letto – la prima volta che Scorpius gli aveva chiesto un abbraccio. L’ho stretto, Draco – gli aveva detto in lacrime – l’ho stretto e non l’ho lasciato andare fino a che non me l’ha chiesto lui… non volevo che cercasse una coperta che sostituisse l’abbraccio. Draco aveva sentito come un pugno colpire il suo stomaco. Erano passati anni, ma ricordava ancora il dolore e la tristezza che aveva provato quando aveva visto quei ricordi di Harry, in cui aveva solo quattro anni e aveva chiesto un abbraccio come regalo di compleanno. Non aveva potuto fare a meno di stringere suo marito e rassicurarlo. Tu non farai mai mancare nessun abbraccio a nostro figlio, okay? Tu sarai un padre straordinario, lo so con certezza – gli aveva detto – E io sarò qui per stringerti ogni volta che ne avrai bisogno e sono sicuro che anche lui ti abbraccerà ogni volta che vorrai… okay? – Harry aveva annuito, ma Draco non lo aveva lasciato andare fino a che non si era calmato e aveva smesso di piangere. Forse non si sarebbero mai liberati del loro passato, ma sapevano che insieme potevano almeno provare a mettere tutto da parte e guardare al futuro con occhi più maturi e con speranze diverse.
Il giorno che Scorpius aveva ricevuto la lettera per Hogwarts quasi avevano pianto tutti di gioia, si erano sentito così fieri del loro bambino. Non potevano desiderare niente di diverso per lui se non la scuola in cui si erano conosciuti e avevano imparato ad amarsi. Andare a Diagon Alley con Scorpius era stato divertente e indimenticabile, Draco conservava gelosamente le foto che avevano scattato quel giorno. Anche se gli studenti del primo anno non potevano avere una scopa personale, Draco e Harry avevano deciso di regalare al loro bambino la scopa migliore in circolazione la Firebolt Comet 2017. Era l’ultimo modello uscito in commercio e sembrava essere una delle scope migliori esistenti, era un manico di scopa utilizzato anche dalla squadra di Quidditch che Harry allenava, dopo essersi ritirato dalle competizioni sportive. Avevano insistito per fargli avere un gufo personale, in modo che potessero comunicare con lui più facilmente, ma Scorpius aveva insistito – e per un attimo, a tutti e due era sembrato di avere un Draco Malfoy undicenne in miniatura davanti – per avere un gatto e loro non avevano saputo dirgli di no. Forse lo viziavano troppo, ma sapevano anche educarlo, quando era necessario. Scorpius non era un ragazzino maleducato, anzi, l’essere cresciuto praticamente insieme a Nonna Narcissa – soprattutto nei periodi in cui Draco e Harry erano sobbarcati di lavoro – aveva favorito il suo apprendimento delle buone maniere e di un perfetto decoro.
E poi il primo settembre era arrivato in fretta. Scorpius era cresciuto troppo in fretta, secondo il parere dei suoi genitori, che avrebbero preferito che lui restasse un bambino di quattro anni per tutta la vita.
«Papà, insomma! Vi alzate? Faremo tardi!»
«Scorpius, il treno non partirà prima delle undici, abbiamo tutto il tempo» gli rispose Harry, grugnendo appena e schiarendosi la voce. Draco ridacchiò e annuì, confermando le parole del marito.
«E se poi facciamo tardi e perdo il treno come papà Harry al secondo anno? Zio Ron mi ha raccontato tutto, vi siete schiantati sul muro! Non voglio schiantarmi sul muro!»
«Non ti schianterai sul muro, il passaggio era chiuso perché Dobby lo aveva chiuso con la magia» replicò Harry, guardando il figlio «Non faremo tardi, te lo prometto».
Il bambino si sedette sul letto, ai piedi dei genitori e si imbronciò, incrociando le braccia al petto. Nelle espressioni era la fotocopia di Draco, lo stesso broncio, lo stesso sopracciglio alzato in modo disgustato, quasi lo stesso sorriso.
«Forza, andiamo a fare colazione per prima cosa» disse Harry, alzandosi. Si voltò verso Draco e gli sorrise, dandogli un bacio sulla tempia «Tu dormi ancora un po’, ci penso io qui».
«Bleah! Papà!» esclamò teatralmente il ragazzino «Siete più sdolcinati di Teddy e la sua ragazza, ma voi siete vecchi!»
«A chi hai dato del vecchio, signorino?» domandò Draco, mettendosi seduto sul letto, scambiando un’occhiata complice con il marito al suo fianco che annuì, divertito anche lui.
«Voi due! Siete vecchi!» rispose Scorpius divertito. I due genitori scoppiarono a ridere, Draco lo afferrò per un braccio, trascinandolo tra le sue gambe e iniziando a fargli il solletico, mentre Harry lo imitava. Il bambino scoppiò a ridere e a cercare di liberarsi dalla presa dei genitori che, divertiti continuavano a fargli il solletico. La risata di quel bambino era puro balsamo per le loro orecchie, non avrebbero potuto chiedere nulla di meglio per loro e per la loro famiglia. Scorpius era un bambino estremamente sarcastico, vivace, allegro e solare. Non avrebbero potuto essere più felici nella loro via.
«Allora, chi è vecchio?» chiese Harry dopo un po’.
«Zio Ron è vecchio! Anche zio Blaise! Non voi!» rispose Scorpius ancora scosso dalle risate. I due genitori si fermarono annuendo soddisfatti per la risposta ottenuta, ma il ragazzino aveva ancora un asso nella manica, si alzò in fretta dal letto e corse via urlando: «Invece no, ve l’ho fatta! Siete voi i vecchi!»
Draco e Harry si scambiarono un’occhiata divertita e si alzarono, inseguendolo per la casa, pronti a dargli un’altra dose di solletico come punizione per le sue insinuazioni.
La mattinata comunque volò via in fretta, né Draco né Harry si aspettavano che il tempo potesse trascorrere tanto velocemente, dopo la colazione controllarono che nel baule di Scorpius non mancasse nulla, che avesse tutto il necessario e che tutto fosse sotto controllo. Lasciarlo andare era difficile per tutti e due, ma sapevano che dove stava andando, sarebbe stato al sicuro. Silente era andato in pensione da anni ormai, la McGranitt – nuova preside – e Piton – nuovo vicepreside – non permettevano che gli studenti venissero esposti a rischi inutili. Non c’erano troll pazzi liberati la notte di Halloween, non c’erano enormi serpenti pericolosi che strisciavano nelle tubature né ragni giganti né pericolosi dissennatori. Draco e Harry erano tranquilli sotto quel punto di vista, ma lasciare andare il loro prezioso bambino era davvero difficile per entrambi, anche se sapevano che Remus sarebbe stato il suo insegnante di Difesa e avrebbe sempre avuto un occhio particolare nei suoi confronti – anche se Non farò preferenze, Scorpius, capito? Solo perché sono tuo nonno, non significa che io ti dia un trattamento di riserva - Harry e Draco sapevano che sarebbe stato al sicuro a Hogwarts, ma dopo tutto quello che entrambi avevano vissuto tra quelle mura, un po’ di preoccupazione sembrava essere più che lecita, no?
Arrivarono alla stazione in perfetto orario, attraversarono il binario senza alcun problema – Visto? Te l’avevo detto che non ci saremmo schiantati da nessuna parte – e raggiunsero il treno. Draco non voleva lasciare andare Scorpius, sapeva che gli sarebbe mancato troppo, così lo abbracciò con forza.
«Papà, così mi metti in imbarazzo» mormorò il ragazzino. Il padre scosse la testa e non lo lasciò andare per una manciata di minuti, durante i quali Scorpius cercò di liberarsi della sua presa, con scarsi successi. Poi fu la volta di Harry, che ottenne lo stesso trattamento. Harry si ritrovò a ridacchiare, pensando che pochi anni prima era il bambino stesso a chiedergli di abbracciarlo forte. Adesso… era cresciuto e si imbarazzava, davvero quell’atteggiamento sembrava essere perfettamente Made in Malfoy family. Aveva passato troppo tempo con Narcissa, ne era sicuro.
«Mi raccomando» disse Harry, inginocchiandosi davanti a lui «Comportati bene e salutami la preside McGranitt».
«Va bene!» esclamò Scorpius sorridendo «Papà! Non te l’ho mai chiesto, ma secondo te… in che casa mi smisteranno?»
«Serpeverde, sei tale e quale a tuo padre» asserì indicando con la testa Draco, che gongolava annuendo, fiero del fatto che il suo ragazzo avesse buone possibilità di portare avanti la tradizione di famiglia.
«E se poi mi mettono in Grifondoro? Non voglio essere uno stupido grifone!»
«Draco!» esclamò Harry voltandosi verso il marito «Cosa insegni a tuo figlio?»
«La verità» asserì il biondo, inginocchiandosi accanto al marito, mettendo le mani sulle spalle del ragazzino. «Scorpius, tranquillo, in qualsiasi casa finirai, noi saremo fieri di te. Non importa, guarda tua zia Hermione, lei è sempre stata la strega più brillante del nostro anno, eppure era una Grifondoro» gli disse sorridendo «Teddy è stato un Tassorosso, ma pensi che abbia qualcosa in meno rispetto agli altri?»
«No! Teddy è figo!» esclamò «Allora voglio essere Tassorosso come lui!»
«Non è la tua casa che determina che persona sarai in futuro, okay?» fece il padre sorridendo «L’importante è che tu stringa amicizie importanti e che tu le custodisca per sempre nel tuo cuore» affermò, accarezzandogli la guancia «E chissà, magari anche tu un giorno incontrerai l’amore della tua vita tra quei corridoi».
«Papà!» «Potter!» l’esclamazione simultanea dei due, fece scoppiare Harry in una fragorosa risata. Erano davvero identici sotto molto punti di vista, anche se Scorpius era fisicamente diverso da entrambi, con il tempo aveva acquisito un sacco delle caratteristiche dell’atteggiamento di Draco e di Harry, anche se quelle di quest’ultimo erano meno evidenti. Nessuno poteva mettere in discussione di chi fosse figlio quel ragazzino.
«Ehi, ho solo detto la verità!»
«Sdolcinato» «Bleah!» di nuovo, parlarono all’unisono, facendo ridere ancora di più Harry, che si ritrovò ad abbracciare entrambi, avvolgendoli tra le sue braccia con forza. Draco sorrise contro il suo collo e annuì, comprendendo il suo stato d’animo in quel momento. Provava la stessa identica cosa.
«Oh, ma che bel quadretto familiare!» esclamò Ron, comparendo alle loro spalle «Non vi trovavo, pensavo foste in ritardo!» esclamò «Rose non fa che dire che faremo tardi».
«Perché stavamo facendo tardi, papà! Vero, mamma?»
«Ronald, ha ragione tua figlia, stavi perdendo troppo tempo» asserì Hermione scuotendo la testa. Harry e Draco si alzarono dall’asfalto e salutarono i loro amici. Era un’emozione nuova quella. Anni prima si erano incontrati lì per andare a Hogwarts, adesso erano riuniti lì per salutare i loro bambini che partivano per il loro primo anno.
«Zio Harry, zio Draco!» esclamò Rose abbracciandoli, mentre Scorpius correva ad abbracciare Ron e Hermione. Harry scambiò uno sguardo complice con i suoi amici. Neanche se avessero voluto farlo di proposito, sarebbero riusciti ad organizzare quella cosa: i loro figli, della stessa età, che partivano per Hogwarts. Quando il fischio del treno si udì per tutta la stazione, con un sospiro, Harry e Draco accompagnarono Scorpius sul treno, aiutandolo con il suo baule, poi lo salutarono definitivamente e scesero dal treno, lo videro dal finestrino iniziare a parlottare con Rose e sorrisero entrambi, soddisfatti e felici. Pochi minuti dopo, il treno partì e Harry cercò la mano di suo marito, che capì subito e la strinse nella sua, intrecciando le loro dita.
«Andrà tutto bene, dopotutto è nostro figlio, no?»
Harry annuì «Sì, andrà tutto bene» affermò, guardando il marito e sorridendo. Per un attimo, si toccò la cicatrice sulla fronte con la mano libera e sorrise, pensando che non gli facesse più male da ormai diciannove anni.
Andava tutto bene.


 

The end.



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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Hola peps!
Sono viva, non preoccupatevi! Ma questo mese è stato… UGH. Assurdo. Perdonatemi se sono sparita.
Eccoci giunti all’epilogo della storia. Purtroppo le scorse settimane sono state un po’ impegnative (anzi diciamo pure quest’ultimo mese in generale) a causa della scadenza del primo capitolo della tesi e di tutta una serie di impegni che ho avuto. Ah, essere una laureanda ç_ç anyway, oltre alla tesi, si sono aggiunti due fattori: il fatto che non fossi soddisfatta dell’epilogo che mi ha portato a riscriverne molte parti e il non voler salutare questa storia. Sì, è stupido, ma non volevo metterle fine. Questa storia mi ha accompagnato per un lungo e confuso periodo e fa parte della mia routine da ormai più di un anno (ho iniziato a scriverla nel marzo del 2020, sì, proprio quel periodo lì ugh) e mi ha accompagnato per momenti difficili e non volevo ancora salutarla. Inoltre, proprio per questo volevo che l’epilogo fosse perfetto per Harry e Draco e non fosse qualcosa di cui non ero soddisfatta. E lo sono, adesso, lo sono davvero. Mi dispiace avervi fatto aspettare, ma eccoci qui. Spero che l’attesa ne sia valsa la pena. BTW.
Wow, che incredibile viaggio che è stato questa storia, vero? Siamo partiti dal sesto anno, dalla scena che a me fa girare sempre le scatole e siamo arrivati qui. Siamo partiti dalla domanda “e se riscrivessimo il destino?” e alla fine abbiamo ottenuto una risposta. Sì, ce l’hanno fatta. Hanno riscritto la storia e hanno superato tutte le loro sfide. Draco e Harry sono felici, sposati, hanno un figlio meraviglioso e dei nipoti che li adorano e vivono la loro vita serenamente, anche se ogni tanto litigano. (Draco: non sono io che litigo, è Potter che flirta con altri alle mie spalle. Harry: Non flirto con altri! Sono le persone che fraintendono! Io sono solo gentile. Draco: Gentile sto cazzo, Potter. Io: Avete finito di battibeccare anche qui?)
Peps siamo arrivati alla fine. E io neanche ci credo.
Sono così triste che voi non potete neanche immaginarlo, questa storia mi ha fatto compagnia in uno dei periodi più stressanti – e anche belli – della mia vita, quando l’ho iniziata a pubblicare avevo ancora un esame da fare e la tesi sembrava solo un miraggio e avevo ricevuto un sacco di no da probabili relatori, ero molto abbattuta lo confesso, ma adesso è tutto diverso,  sto lavorando alla tesi, ho un relatore bravissimo (anche se mi fa sclerare e non risponde mai alle mail ç_ç) e tra pochi mesi mi laureerò e non ci credo. Sono così emozionata che voi non potete davvero immaginarlo. E questa storia è sempre stata il mio porto sicuro nei momenti difficili, per questo è ancora più difficile salutarla per me.
Ho sudato su questa storia, sono stata presa da mille ricerche (manco fosse stata la mia tesi davvero ahah) soprattutto per la seconda parte e tutti i riferimenti mitologici, mi ha fatto impazzire e piangere, ma siamo arrivati alla fine. Ho riflettuto più volte sulla divisione dei capitoli, sulla divisione delle parti e su ogni singolo titolo che ho dato a tutte le sue componenti. È nel complesso la storia più lunga che io abbia mai scritto. 30 capitoli, tutti di almeno 10k parole, se non di più alcuni, l’ho iniziata a scrivere durante il primo lockdown, e anche se nel frattempo avevo messo mano ad altre storie, ho sempre continuato a scriverla, pezzo dopo pezzo, parte dopo parte.  Quando l’ho finita, non ero completamente soddisfatta e la terza parte è stata rivoluzionata (e anche l’epilogo è molto diverso dall’originale che avevo scritto), ma… eccoci qua. Giunti alla fine di questo lungo viaggio, iniziato ad ottobre e finito oggi.
Non credevo che questa storia potesse arrivare a tanto, come sempre credo nei miei progetti, nelle scelte che faccio di scrittura, ma sono anche consapevole che molte persone possono reputare pesante il leggere dei capitoli così lunghi (tipo quest’epilogo conta 17 pagine, quasi 18). Io sono stata fortunata, perché ho avuto voi al mio fianco, che non vi siete mai lamentati della lunghezza dei capitoli, che mi avete incoraggiata a continuare con la pubblicazione, che siete stati pazienti anche nei miei ritardi dell’ultimo periodo. Voi che con i vostri commenti, le vostre osservazioni, i vostri complimenti mi avete motivata, spronata ad andare avanti, che mi avete supportata. Io volevo solo “sistemare” il “Sectumsempra” e poi è nata TMH. Davvero, non trovo neanche le parole per ringraziare tutte le persone anzi no le mie PEPS (<3) che negli ultimi sette/otto mesi sono state al mio fianco. E a quello di Draco e Harry, che in questi lunghissimi trenta capitoli hanno costruito la loro storia d’amore, si sono salvati a vicenda e hanno imparato ad amarsi e a capirsi a vicenda. Grazie anche da parte dei miei Harry e Draco per tutto il supporto che avete dato loro e per gli insulti che a volte, giustamente, si sono beccati.
Harry resterà sempre il nostro #MaiCorvonero. (ormai tutti lo chiamano così, ma questo affettuoso soprannome è nato tra le note delle mie storie quindi sono molto proud di questa cosa u.u)
Io non so come ringraziare tutti voi che costantemente siete stati al mio fianco, fin dall’inizio di questa storia. (seguono lunghi ringraziamenti quindi se volete skippate al vostro nickname ahah)
Estel84 e Eevaa, le temerarie che sono state qui dal giorno unissimo e non hanno mai mollato, capitolo dopo capitolo, mi hanno supportato in ogni modo sempre con bellissime parole. Vi ringrazio dal profondo del mio cuore per essere state al mio fianco per tutto questo tempo, per aver deciso di seguire questa lunghissima storia, per essere state sempre e costantemente al mio fianco e per il vostro supporto costante, vi ringrazio per tutti i complimenti e tutte le recensioni che mi avete lasciato. Avete tenuto duro fino alla fine, siete due veterane! Grazie davvero <3
Puffalanovita che è arrivata a metà della prima parte, ma da allora è stata un supporto costante, sempre presente in ogni capitolo e ha tenuto duro fino alla fine. Grazie infinite per le tue recensioni e i tuoi complimenti. <3
Ai_Amano e _blakeinblack11_ che, nonostante siano arrivate tra la fine della seconda parte e l’inizio della terza, hanno dato un supporto costante a questa storia e alla sottoscritta, con i loro commenti e il loro entusiasmo, sempre presente in ogni recensione che hanno lasciato. Grazie infinite per aver seguito e aver commentato fino ad adesso questa storia e per tutto il supporto che mi avete dato. <3
Infine vorrei ringraziare anche le persone che hanno lasciato uno o più commenti nel corso della storia, anche il vostro sostegno è stato molto apprezzato: Himeko82, tidi, Bubbi2512, Haxensays, Sereously, Beatrix Granger, Fabiana21 (se ve lo state chiedendo sì, ho cercato tutti i nomi di tutte le persone che hanno lasciato anche solo un commento, spero di non averne dimenticato nessuno, in quel caso ringrazio anche voi!)  e grazie anche a tutti i lettori silenziosi, che hanno solo speso un click per leggere la storia, a coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, tra preferite e tra le ricordate. Grazie a tutti per il prezioso supporto a questa storia e a quest’autrice un po’ idiota.
Grazie anche alle canzoni thailandesi che hanno dato il titolo a quasi tutti i capitoli della terza parte (tranne alcuni… XD)
Non vorrei mai finire queste note, né vorrei cliccare la spunta della storia “completa”, ma se da una parte sono triste perché questo viaggio è finito, dall’altra sono contenta e soddisfatta perché sono riuscita a portare a termine una storia di più di 300k. Non avevo mai raggiunto un risultato così e sono davvero soddisfatta.
Spero che l’epilogo vi sia piaciuto e sia stato all’altezza degli altri capitoli della storia, che dia una degna conclusione a questa storia iniziata al sesto anno di Harry e Draco. Spero che i miei Harry e Draco vi abbiano lasciato qualcosa e che io come autrice vi abbia lasciato qualcosa. Spero che questa storia vi abbia tenuto compagnia in questi periodi incerti e di avervi strappato almeno un sorriso nei momenti tristi.
Sembra un messaggio d’addio, ma non lo è. È solo un arrivederci, until we meet again. (Estel84, scusa la cit. ma volevo troppo farlo AHAH) mi prenderò un piccolo periodo di pausa dalla pubblicazione per poter finire la tesi in pace e poi tornare a lavorare sulle altre storie che ho in corso per Harry e Draco (credevate che questa sarebbe stata l’ultima? EBBENE NO!) Non so dirvi quando tornerò precisamente, dipende da quanto tempo impiegherò a scrivere la tesi e poi a finire le altre storie, ma tornerò. Questa è una minaccia. LOL Per non perdervi alcun tipo di aggiornamento, l’invito a seguirmi su FB è sempre valido (Chiara Efp) e niente. Queste note stanno diventando più lunghe dell’epilogo… (Draco: Sì, infatti, taglia! Tutti vogliono sapere come va a finire la storia, non perdere tempo a scrivere queste note. Io: Draco, posso sempre decidere di ucciderti male, OKAY? AH no, l’ho già fatto in una storia. NON DIMENTICARLO. Draco: Harry, proteggimi dall’autrice pazza! Harry: *arriva a suon di Expelliarmus*)
Bene, PEPS, penso di aver detto tutto quello che volevo dire. Grazie a tutti per il supporto e per aver seguito questa storia, grazie per essere stati con me e per aver sclerato male su questa storia insieme a me.
Grazie infinite per il supporto e per tutte le belle parole che mi avete detto.
See you soon, my peps! :3
Love ya all <3
#StaySafe
 
E per l’ultima volta… (fino al mio ritorno)
 
 
Fatto il misfatto

 

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