John si alzò di
malavoglia, ma lo segui lo stesso. Lui avrebbe
voluto approfondire l'argomento, ma Steve non gliene diede il tempo. Percorsero il
lungo corridoio silenziosi,
uscirono e attraversarono il parco dirigendosi verso un edificio grigio
dalle
ampie vetrate: la mensa, riconoscibile dall’ andirivieni di
soldati e reclute. Affiancarono
il viale alberato, quando arrivò un'auto nera con targa
diplomatica. Steve
sospirò profondamente, cambiando espressione in volto. "Quando si parla
del lupo..."
Mormorò a denti stretti.
John lo guardò curioso e
ancor di più stupito, quando il passeggero
sceso dall'auto si incamminò verso di loro.
Era un Generale. Aveva il portamento tipico da ufficiale,
ma elegante.
Fece loro cenno di fermarsi e
Steve ubbidì. Sembrava una persona
autorevole che non passava inosservata, e non ammetteva rifiuti.
Fissò Cooper sarcastico,
e non si presentò affatto.
"Bene Maggiore, allora questo è il
nostro nuovo dottore, vedo che siete già in ottimi rapporti."
Volse lo sguardo verso il medico.
Lo osservò attento. Si rivolse
in modo gentile al nuovo arrivato. " Come trova la Cittadella,
Capitano?"
John fu sorpreso di come si fosse
rivolto a Steve, lo giudicò un
po' bizzarro, ma rispose con sicurezza.
"
La trovo molto ben organizzata, non credevo fosse così
efficiente,
Signore."
Il generale si stampò un
sorriso ironico in faccia.
"Risposta diplomatica dottor
Roberts."
John
si stupì che sapesse
il suo nome.
" Tranquillo so già un
bel po' di cose su di lei. Non mi
fraintenda è per puro lavoro, la sicurezza per me conta
molto. Ma adesso vi
lascio, visto che probabilmente dovrete pranzare.” Girò il capo
accennando un saluto ironico all’indirizzo
di Steve. “Maggiore
Cooper! Conto di
vederla più tardi insieme al buon
dottore nel mio ufficio. Mi sembra che non sia al corrente di alcune
cose, vero?
" Salutò rapidamente e se ne andò.
Cooper era scuro in volto
mormorò qualcosa del tipo. "Dottore:
capirà più tardi, non mi chieda niente."
Il pranzo fu leggero e veloce, il
Maggiore gli parlò della
Cittadella e di qualsiasi argomento futile, ma non accennò
minimamente all'
incontro di prima. Né John decise di chiedergli nulla.
"Bene dottore che ne dice di andare
a conoscere il nostro
Generale?" Steve
malvolentieri si
alzò e ritornò all' argomento che aveva evitato
per tutto il pranzo.
"Mi sembrava non fosse molto
contento di andare da lui."
John
fissò curioso il Maggiore, che gli
rivolse un mezzo sorriso, scandì le parole sarcastico. “Il Generale
è abituato a dare ordini mio buon
dottore, e il suo era senza possibilità di replica!"
Steve fece due passi e lo
aspettò.
"Avviamoci John, al generale non piace aspettare." Si mise
il
berretto e si avviò seguito da Roberts.
Rapidamente giunsero presso gli
uffici della direzione che erano
situati nello stesso palazzo dove avevano i loro studi. Il corridoio
che
percorsero era simile a quello, ma l'arredamento era molto
più classico. Un
grande arazzo si intravedeva alla fine del corridoio, che aveva dai
lati grandi
finestre che si affacciavano nel cortile alberato. Giunsero alla
penultima porta
e Steve si girò aspettandolo. Sulla destra
c’era la scrivania di Nora, la segretaria del
generale. Ora però la sua
postazione era vuota, così Steve bussò
velocemente alla porta e senza aspettare
risposta entrò seguito dal dottore sorpreso da
quell’entrata impetuosa.
Il Generale era in piedi dietro
alla scrivania. Lo studio era grande,
aveva ampie finestre dai lati. Un divano chiaro era sistemato sotto la
parete
adornata con dei quadri raffiguranti soldati e cavalieri in antiche
battaglie.
La libreria alle sue spalle occupava buona parte della stanza. Verso il
fondo
sulla destra c'era una porta finestra che dava su di un terrazzo il cui
tetto
era ricoperto da una massa di glicini, che dava sul chiostro alberato
sottostante.
"Non potevi essere che tu Steve ad
entrare senza aspettare
l’invito.”
Il Generale guardò scocciato
il Maggiore. "Sempre
così incivile.
Si accomodi Capitano, mio fratello è un vero maleducato."
John rimase sbalordito, ecco
perché il Generale gli sembrava così
familiare! Era il fratello di Steve! In effetti non si era presentato.
"Edward ama fare scena, John."
Steve scosse la testa
sconsolato. "Lui è Edward Michael Cooper, Generale
sovrintendente della
Cittadella nonché mio complicato fratello."
John era rimasto senza parole.
Anche Edward Cooper era alto, ma un pò
più magro del fratello. Ora
che il generale era senza berretto, poteva
notare i suoi capelli neri corti come quelli di Steve, con qualche filo
bianco
sulle tempie. Sembrava appena rasato ed era curato nel vestire.
Incuteva al
primo impatto soggezione e autorità forse dovuta al suo
lungo passato militare,
i suoi occhi castani chiari erano però velati di una strana
tristezza. Edward
Cooper lo fissava in modo acuto e John
si sentì scrutato nel profondo, aveva l'impressione di
essere valutato e soppesato,
e in quel momento era lui il suo bersaglio.
John alleggerì la
situazione con un sorriso cordiale. "Beh,
sono nel bel mezzo di una riunione famigliare, mi sembra che siate
parecchio
affiatati o mi sbaglio?”
" Via dottore, semplici divergenze
tra fratelli, chi non ne
ha." Edward
guardò il Steve ridendo,
ma lui invece era serio e per niente divertito.
Steve sibilò irritato,
fissandolo in tono di sfida. "
Fratello, che ne diresti di ascoltare il dottore. Sistemando le
cartelle del
suo predecessore ne ha trovata una un poco discutibile."
"Bene, dottor Roberts cosa ha
trovato? Il suo predecessore
era diciamo, un pò sopra le righe." Edward si fece serio in
volto, si sedette
dietro alla scrivania, mentre il dottore si accomodò sulla
poltrona di fronte. Steve
era rimasto in piedi vicino alla
finestra, e li osservava attento.
Roberts
capì perché Steve, nel
suo ufficio si era innervosito alle domande sulle decisioni finali su
Norbury,
il responsabile era suo fratello, in quanto comandante della
Cittadella. Ma si
preparò comunque a parlare con schiettezza.
"Si tratta della cartella di
Reginald Norbury, ho trovato
delle incongruenze soprattutto sullo stato di salute del ragazzo che
non
dovrebbe nemmeno essere alla Cittadella viste le sue condizioni. I
referti
parlano chiaro, il suo cuore non è adatto a questo tipo di
lavoro. Non solo è
pericoloso per lui, ma potrebbe rendergli difficile svolgere un lavoro
stressante come quello di un ufficiale. Potrebbe solo affrontare un
lavoro di
ufficio, e non credo ne sarebbe molto contento viste le aspettative
della
famiglia." John era stato il più conciso possibile.
Edward lo aveva ascoltato senza
scomporsi. I suoi occhi si erano
fatti stretti, poi rispose piatto.
"La famiglia Norbury è
pari d'Inghilterra, ed è una spina nel
fianco dottore. Per quanto avessi avvisato il suo predecessore questi
si lasciò,
per così dire convincere e diede parere favorevole
all'ingresso del ragazzo per
un periodo limitato di circa tre mesi. Ma poi prolungò
ancora la data e cambiò
il referto medico. Mi fidai di lui e lasciai correre, e fu un errore.
La
famiglia Norbury decise di elargire alla Cittadella
un’ingente donazione,
nemmeno tanto velata perché il ragazzo rimanesse qui. In
pratica il bene di
molti accettando sostanzialmente un ricatto."
Steve era sconcertato, sapeva
dell'integrità del fratello, lo
fissò stupito. Edward se ne accorse e si
spazientì.
"Avanti Steve, non farti venire
idee sbagliate." Il
generale sospirò irritato. "Me ne sto occupando
già da tempo. Adesso con
l'arrivo del nuovo dottore vedo la possibilità di chiarire
questa brutta
situazione. Perché se ho capito bene John, lei non vuole
appoggiare questa valutazione
e la vuole rivedere, giusto?"
"Ha capito bene generale, intendo
sistemare la questione,
rivedendo il ragazzo e la valutazione precedente." John era deciso.
"Steve le darà una mano,
perché Norbury ha molti amici qui,
magari non sinceri, ma pericolosi."
Edward
cercò l'approvazione
di Steve, che annuì.
"Bene, mio
caro dottore la congedo, vorrei scambiare due parole con mio fratello,
se non
ha altro da dirmi."
"Nient’ altro Generale,"
ridacchiò John
mentre usciva.
" Preferisco non assistere alle vostre amabili schermaglie. Buona
fortuna
Maggiore. Generale i
miei saluti."
Il dottore si avviò
soddisfatto verso l’uscita, chiuse la porta
mentre guardò per pochi secondi i due fratelli che
sembravano perplessi.
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