The best of Youth

di SnidgetCielo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The best of Youth.

Prologo

1993
 

Buio.
Sentì l'umido gelo della pietra sotto il suo palmo.
Da quanto dormiva? Non riusciva a ricordare.
Si avvicinò verso un lato del rettangolo che lo teneva prigioniero da ormai dodici anni.
Dodici. Si sorprese di esser riuscito a contare così tanti giorni, settimane, mesi.
Si chiese perchè non fosse impazzito prima. Si rispose: e pensò che sarebbe stata meglio la pazzia, piuttosto che continuare a martellare il suo cervello col motivo per cui era lasciato a marcire nell'antiporta dell'inferno, per non cadere loro preda.
Tastò il pavimento lurido con entrambe le mani, e le sue dita si trovarono infilate nella minestra di ossa, ormai fredda: l'ora del pasto era passata da ore.
Si ritirò nell'angolo da cui si era risvegliato, appoggiando la testa sul muro.
Loro sarebbero tornati, di lì a poco. Concentrandosi, avrebbe già potuto sentire l'aria putrida del corridoio raggelare. Rabbrividì.
Si chiese perché, da un po' a questa parte, loro avessero smesso di fargli visita spesso come prima: forse stava davvero impazzendo. E se così fosse stato, lui non era più di loro gradimento.
Si chiese cosa fosse peggio: non riuscì a trovare una risposta, questa volta.
 
Luce.
Era fioca, quasi impercettibile: ma c'era.
Forse aveva dormito ancora. Loro non erano ancora arrivati: il freddo e lo sgomento lo avrebbero svegliato.
La luce era flebile, impalpabile. Aleggiava bluastra a mezz'aria, e prese forma nell'angolo opposto a quello in cui era coricato. Si allungò sul muro e assunse sembianze umane.
Nella cella era scivolata una figura femminile, tenue ed evanescente. Aveva un volto familiare: i lunghi capelli lisci le ricadevano sulle spalle, e i grandi occhi scuri gli sorridevano, nonostante le labbra sottili fossero serrate in un'espressione incolore.
Sirius Black non si chiese se fosse un'allucinazione, o un vero fantasma.
Semplicemente, nell'oscurità di quella cella, sorrise.
 
Sei ancora qui.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


The best of Youth
 
Capitolo I
Lezioni ad Hogwarts

1977
 

Marlene McKinnon era sempre stata una gran dormigliona. Questa sua caratteristica, associata alla sua totale incapacità di gestire lo scorrere del tempo, la rendevano naturalmente propensa al ritardo.
Quando quella mattina di Febbraio aprì gli occhi, si meravigliò ancora una volta di trovarsi nel suo letto: l'ultima cosa che ricordava era la pagina 415 del suo manuale di Incantesimi da cui stava disperatamente tentando di imparare l'Incantesimo di Evanescenza Parziale, in vista degli imminenti G.U.F.O., distesa a pancia in giù sul ricco tappeto davanti al camino in pietra della vermiglia Sala comune di Grifondoro.
Si alzò dal letto sbigottita, versando un po' d'acqua nella ciotola di porcellana appoggiata al suo comodino.
Diede uno sguardo al Dormitorio vuoto delle studentesse del quinto anno e quando, con una stretta allo stomaco, posò gli occhi scuri sulla sua sveglia, capì che anche se si fosse materializzata alla lezione di Pozioni in quell'istante, avrebbe comunque avuto un ritardo di quindici minuti. Mentre optava per entrare durante la pausa della prima ora, si spogliò della tuta che indossava dalla sera prima e vestì sbrigativamente la sua uniforme, smagliando nella fretta la calza destra, precipitandosi ancora scalza per le scale che conducevano alla Sala Comune, anch’essa vuota.
Raggiunta la Sala Grande, trovò Amelia Bones sedere al suo tavolo (nonostante quest'ultima appartenesse alla casa dei Corvonero), con aperto davanti lo stesso volume su cui si era addormentata la sera prima. Davanti a lei, Lily Evans, affiancata dalle sue compagne di Dormitorio Mary MacDonald ed Emmeline Vance, leggeva l'ultima copia della Gazzetta del profeta, con una bacchetta di liquirizia in bocca. Lily, di un anno più grande di Marlene, godeva di estrema popolarità tra gli studenti del suo anno non solo per la sua bellezza, ma anche per essere una delle più brillanti streghe nei suoi anni ad Hogwarts: e ciò nonostante fosse nata da genitori Babbani. Era anche al centro delle chiacchiere di molte altre streghe per il suo rapporto con Severus Piton, Serpeverde del suo stesso anno, e per essere il centro delle attenzioni del chiacchieratissimo e affabilissimo cugino di Marlene, James Potter. Lily aveva preso in simpatia Marlene un pomeriggio del suo terzo anno, dopo che lei, ragazzina paffuta e occhialuta a cui aveva rivolto soltanto qualche saluto, lo aveva rimproverato per il comportamento petulante e invasivo che amava riservarle. Nonostante non perdesse occasione di battibeccare con suo cugino e di rabbuffarlo in merito alle sue scorribande con gli altri studenti Grifondoro (si facevano chiamare, presuntuosamente, i “Malandrini”), Lily poteva cogliere il forte legame di affetto che li univa, e questo gli permetteva di sopportare meglio la spocchia del ragazzo.
Marlene scavalcò con una gamba la panca e si sedette precipitosamente, lasciando cadere con un tonfo la tracolla e appoggiando i libri di Pozioni sul tavolo ancora imbandito per la colazione.
«Per quale motivo Dorcas non mi ha svegliata?» esclamò con tono irritato, mentre imburrava frettolosamente una fetta di toast abbrustolita, ma ormai fredda.
«Bhe, buongiorno anche a te, bella addormentata» trillò Amelia, mentre continuava a vivisezionare il suo pudding.
«Sei in ritardo» sentenziò Lily Evans, senza alzare gli occhi dall'articolo della Gazzetta.
«Lo.. so.. chomp...» mugugnò Marlene a bocca piena.
«Hai di nuovo fatto tardi sui libri, non è così?» chiese Amelia.
«Sì, ma non siete state voi a portarmi in Dormitorio?» chiese Marlene, guardando Lily.
«A dire il vero, no» rispose Lily, con sguardo interrogativo «...Dorcas ti ha trovata stamattina nel tuo letto, con le coperte rimboccate.»
Marlene corrugò la fronte in un'espressione perplessa, poi distese le sopracciglia in un’espressione più serena.
«Dopo la lezione del Lumacone, dovrete spiegarmi una cosa sul Sectio Pereat» mugolò, mentre afferrava un fazzoletto per pulire le dita dal burro del toast che aveva ingurgitato.
Amelia, che seguiva con lei il corso della professoressa Vitious, le chiese cosa trovasse di così difficile nell'Incantesimo di Evanescenza Parziale.
«Non lo so! Ieri ho puntato la bacchetta sulla scopa di James, volevo far sparire i ciuffi strappati del suo crine, ma è sparita per intero!» bofonchiò la ragazza, mentre afferrava sbrigativamente una tazza di caffè, buttandone un po' sul tavolo.
«Hai pronunciato la formula correttamente?» chiese Lily, mordendo di nuovo la sua bacchetta di liquirizia.
«Certo» rispose Marlene, con tono offeso. Ma prima che Lily la interrogasse di nuovo sulla formula, sentì un'altra stretta allo stomaco, che le preannunciò l'errore fatto sulla scopa del cugino.
«Hai palesemente detto “Crini spezzati Sectio Pereat”?»
«Ehm...» mugulò Marlene, aprendo la bocca in un gran sorriso colpevole. 
Amelia, che non mancava mai di rimproverare Marlene per la sua distrazione, sbuffò, inarcando le folte sopracciglia nere in un'espressione di disapprovazione.
«A volte mi chiedo come tu riesca ad avere certi voti, McKinnon» borbottò.
«Ora capisco perché Potter si dibatteva come un goblin che ha perso il suo oro, ieri sera» affermò Lily, senza nascondere un sorrisetto compiaciuto.
«Oh, ma risolverò tutto, vedrete» disse Marlene, «Mio fratello gliene spedirà una nuova questa mattina. Vedrete, sarà felicissimo!»
Si alzò goffamente dal tavolo, sì da spostarlo un poco in avanti. Nell'afferrare la borsa avvicinò il viso a quello delle sue amiche.
«Magari evitiamo di raccontare dei miei esercizi sulla sua scopa a James» si raccomandò sottovoce, strizzando l'occhiolino.
«La pausa di Lumacorno è finita da un minuto» la incitò Lily, tornando al suo giornale.
«Cazzo!» imprecò Marlene, prendendo i libri che aveva appoggiato al tavolo e correndo fuori dalla Sala. Ma non appena voltato l'angolo, batté la fronte contro un alto ostacolo. Scrollò la testa, tirando indietro i lunghi capelli cinerei. Alzando lo sguardo disorientato, vide un sorrisetto ghignante e fastidiosamente familiare.
«Black!» esclamò arrabbiata, stringendo i pugni, «Possibile che tu sia sempre in mezzo ai piedi?»
Sirius Black era insolitamente alto, per i suoi sedici anni. Dal suo primo giorno ad Hogwarts, Marlene non l’aveva mai visto indossare l’uniforme in maniera ordinata e completa. A volte, divertiva ad annodare la cravatta sopra qualche maglietta Babbana (su una le era sembrato di riconoscere il simbolo del Mantello Invisibile, da cui partivano due linee, una sottile, bianca, alla destra del mantello, e l’altra alla sua sinistra, più spessa, con tutti i colori dell’arcobaleno. Non gli aveva mai chiesto cosa rappresentasse davvero). Altre volte, come quella mattina, passeggiava per i corridoi con la camicia sbottonata, e la canottiera in bella vista, senza mantello e senza cravatta. Sirius Black l’aveva resa l’oggetto prediletto delle sue burle non appena aveva varcato le porte del castello di magia e stregoneria. Alcune erano blande e stupide, come lui; altre, più cattive, si riferivano alla sua forma fisica o agli occhiali spessi (infinitamente più spessi di quelli di suo cugino) che era stata costretta ad indossare sino al quarto anno, quando sua madre l’aveva portata a curare la grave miopia in un prestigioso istituto di Medimagia francese. Eppure, con sorpresa e sollievo da parte sua, da qualche tempo Sirius Black aveva smesso di indirizzargli nomignoli alla presenza dei suoi compagni di Casa, e si limitava a ficcare il naso sulle sue frequentazioni amorose, quasi si trattasse di un fratello maggiore in preda ad una morbosa gelosia. Marlene era caduta nella trappola soltanto una volta, quando, confidandogli imbarazzata che si sarebbe vista con uno studente Tassorosso del suo stesso anno ai Tre Manici di Scopa per una Burrobirra, lui e suo cugino gli avevano trasformato il naso in un grugno, e, non paghi, gli avevano fatto crescere un codino arricciato da maiale. Lui non solo non le aveva più rivolto la parola, ma, se la vedeva in giro per i corridoi, cambiava strada con passo affrettato.
«Dovresti fare più attenzione quando corri, Fossette» aveva detto Sirius quando Marlene gli aveva rivolto l’ennesimo sguardo iracondo, mentre stiracchiava le lunghe braccia dietro alla testa. 
Marlene odiava quel soprannome che Sirius Black le aveva affibbiato dai primi giorni di scuola: alludeva alle enormi fessure che tagliavano le guance tonde della ragazza quando sorrideva; la maggior parte dei suoi compagni, al primo anno di scuola, avevano cominciato ad utilizzarlo – assieme ad altri soprannomi galanti che lo stesso le aveva attribuito – nei suoi confronti, spesso ignorando il suo vero nome.
Emise un sospiro arrabbiato, e fece per sorpassarlo: ma lui continuava a spostarsi con lei, in modo da ostruirgli il passaggio, con un atteggiamento tanto provocatorio da farla indispettire ancora di più.
Allora Marlene si fermò, lo prese per le braccia e lo spostò di peso – con non poca fatica – accanto alla parete, riuscendo finalmente ad oltrepassarlo e correre via, dietro le risate del ragazzo.
«Di nuovo in ritardo?» gli gridò Sirius Black.
«Oh, taci, una volta per tutte!»

 

Entrò nell'aula buia ed umida del sotterraneo in tutta fretta, facendo cigolare rumorosamente la porta. Il Professor Lumacorno stava in piedi, come solitamente faceva anche per le lezioni non pratiche. La prima a voltarsi fu Dorcas Meadowes; quando incontrò i vivaci occhi azzurri della sua compagna di stanza, le riservò un gesto della mano minaccioso, passando l’indice sotto la gola. Digrignando i denti, sillabò “Ti ammazzo”. Dorcas sorrise, voltandosi verso il professore, i cui occhi nebulosi si erano intanto diretti verso la figura di Marlene apparsa dalla porta.
«Oh, signorina McKinnon!» esclamò sotto i baffi da tricheco.
«Anche lei ci delizia della sua presenza, oggi?»
«Mi scusi..» disse a mezza voce la ragazza, abbozzando un sorriso.
«Non si preoccupi, signorina. Stamattina mi sento particolarmente misericordioso: per questo, non toglierò punti alla sua Casa. Prego, prenda posto: ve n'è uno qui davanti, accanto al signor Black» disse, indicando il sedile vuoto alla destra di Regulus Black. 
Marlene camminò impacciata verso di esso, sotto lo sguardo curioso dei compagni, e sprofondò sullo sgabello con un sospiro di fatica.
Il pallido ragazzo afferrò la piuma d’oca e, intingendola nel calamaio, prese a scrivere su di una pergamena posta a metà del banco che stavano dividendo.

Ricordami di non tenerti il posto la prossima volta che decidi di fare più di un'ora di ritardo.

«Mi dispiace!» rispose lei a voce alta, attirando di nuovo l'attenzione del Professor Lumacorno, che le lanciò un'occhiata torva. 
Regulus Black sogghignò divertito, quando il mago si fu voltato nuovamente alla lavagna.
«Sei un vero disastro» bisbigliò.
«E' lui che mi odia» borbottò Marlene, prendendo piuma e calamaio e cominciando a ricopiare frettolosamente gli appunti dal quaderno di Regulus.
Le lezioni del professor Lumacorno erano, per Marlene, interminabili: la mancanza di pazienza e la poca propensione all'accuratezza e alla delicatezza nel trattare gli ingredienti la rendevano totalmente incapace di seguire il corso con lo stesso profitto che otteneva nelle altre materie.
Per questo adorava lavorare assieme a Regulus, che, nella sua pacatezza e precisione, consegnava sempre le pozioni migliori.
Ma se la loro amicizia era nata – potrebbe dirsi – per convenienza, si era velocemente trasformata in un'affinità che andava molto oltre a calderoni e bezoar: Marlene adorava parlare con Regulus, perché, a differenza sua, sembrava sempre sapere cosa dire, ed era sempre in grado di consigliarle la cosa migliore da fare; e a Regulus piaceva ascoltare Marlene, guardarla infiammarsi di rabbia per i più piccoli problemi con le amiche – o “questioni di principio”, come le chiamava lei – e ancora di più amava vederla meravigliarsi per le cose più scontate, quotidiane, impercettibili agli occhi di tutti gli altri – come il giorno in cui trovò un piccolo frammento di Avversaspecchio sulla riva del lago, troppo piccolo per poter essere utilizzato: era l'anno prima, e Marlene l'aveva visto luccicare al sole. 
Lo teneva ancora dentro al cassetto.
La loro era indubbiamente un'amicizia insolita, dato che entrambi avevano le proprie conoscenze più strette all'interno delle rispettive Case. Inoltre, ove le uniche relazioni tra studenti di Case diverse avevano per lo più carattere amoroso, pareva assolutamente inconsueto che una Grifondoro e un Serpeverde potessero trascendere la storica rivalità che le legava per un pranzo al sacco tra "amici".
C'era soltanto un altro esempio di un rapporto tanto bizzarro, in tutta la scuola, e riguardava Lily Evans e Severus Piton - e, anche in quel caso, le chiacchere su un presunto interesse amoroso dell'uno per l'altra non erano mai cessate del tutto. Ma poco importava: nessuno dei due era troppo attento ai commenti degli altri studenti. 
Quel giorno, Marlene e Regulus pranzavano seduti sulle arcate del chiostro principale, mentre la neve si scioglieva sotto i raggi ancora tiepidi del sole.
A Regulus piaceva molto anche guardarla mangiare: Marlene era tremendamente vorace, e spesso le rimanevano residui di cibo tutt'intorno alla bocca. Sembrava ogni volta una bambina a Mielandia.
Regulus ridacchiò, attirando l'attenzione della ragazza.
«Cosa c'è?» gli chiese.
«Hai il succo di zucca fino alle orecchie» rispose lui, pacatamente, ma senza smettere di sorridere. Marlene strabuzzò gli occhi, e prese un fazzoletto, passandoselo sulle guance tornite.
Mentre rialzava lo sguardo, vide suo cugino, James Potter, percorrere il corridoio col petto gonfio e l'aria insopportabilmente boriosa, reduce dall'ultima vittoria di Quidditch contro i Corvonero, seguito da Remus Lupin, che sembrava più malandato del solito; Peter Minus rimbalzava dietro di loro, e lo sguardo perennemente malizioso Sirius Black seguiva il corteo, chiudendolo. 
Con un sospiro di sollievo, James non la vide (era una pessima bugiarda, e non voleva che la interrogasse sulla sua scopa), mentre Remus abbozzò un sorriso, chinando educatamente la testa castana in un cenno di saluto. Sirius Black, invece, aveva proiettato lo sguardo vivace su di lei, e Marlene se ne era accorta: alla vista del fratello minore, desistette lo sguardo con un rapido gesto del viso rabbuiato, volgendo gli occhi altrove.
La ragazza li guardò allontanarsi, prima di rivolgersi di nuovo a Regulus: sapeva che tra lui e Sirius non correva buon sangue, ma non credeva che arrivassero al punto di ignorarsi totalmente.
«Da quando tu e tuo fratello vi evitate così?» chiese, a voce bassa. 
«Così come?» chiese Regulus, senza alzare i vivaci occhi verdi dal foglio di pergamena che stava rileggendo da oramai dieci minuti.
«Così!» esclamò Marlene, indicando la direzione in cui era andato il gruppo di Grifondoro.
«Figurati, neanche l'ho notato» rispose lui, atono, senza staccare gli occhi dalla pergamena. Marlene gliela rubò dalle mani sgraziatamente, stropicciandola, al fine di avere una reazione da parte del suo inespressivo interlocutore.
«Sei completamente rimbambita?» esclamò lui, guardandola con astio.
«E' il tema di Storia della Magia sul Frate Grasso per domani!»
«Hai tutto il tempo di riscriverlo. E poi lo sai già a memoria: è mezz'ora che lo stai rileggendo» rispose  Marlene, con tono presuntuoso.
«Da quanto tempo non parli con tuo fratello?» continuò.
«Non sono affari tuoi» disse lui freddamente.
«Non capisco proprio come possiate far finta di non conoscervi... sarà pure un idiota, ma è tuo fratello» disse Marlene, pensando al suo, di fratello, che aveva finito la scuola l’anno prima che lei vi entrasse, e che le mancava terribilmente, da quando si era trasferito a Mahoutokoro a studiare la Trasfigurazione Asiatica.
«Hai detto una cosa corretta, alla fine: è un idiota» aveva risposto Regulus, riappropriandosi della pergamena che gli era stata illegittimamente e sgraziatamente sottratta.
«Chissà come ha fatto vostra madre a farvi odiare così tanto..» borbottò lei, sperando che Regulus non l'avesse sentita. Marlene non riusciva proprio a non dire le cose che pensava, anche quando lei stessa riconosceva con scomoda certezza che sarebbe stato meglio tacere. Questo le causava spesso guai e fraintendimenti da cui riusciva a tirarsi fuori sempre in modo molto maldestro. Regulus alzò di nuovo gli occhi verdi su di lei, e Marlene avvertì dallo sguardo feroce che quella volta non avrebbe fatto eccezione.
«Non nominare più mia madre» le ordinò freddamente.
Marlene sussultò. 
«Volevo solo dire che..»

«Non mi interessa cosa volevi dire. Non farlo più»
«..non devi proprio credere a tutto quello in cui crede la tua famiglia, tutto qui!» si giustificò.
«E tu sei una che va molto contro corrente, non è vero, Marlene?» rispose Regulus, velenoso.
«Soprattutto quando tua madre ti ha costretta a partecipare a quel ballo di San Valentino dell'anno scorso per presentarti ai migliori rampolli, figli di quei corrotti dei dirigenti del Ministero. Non è così? Ma non sembravi molto dispiaciuta, quando poi tuo padre ti comprò l'ultima Comet in commercio»

Marlene abbassò gli occhi, offesa.
«Dovresti metterti a studiare, piuttosto che impicciarti degli affari altrui» concluse Regulus, tornando sul suo adorato tema sul frate grasso.
«Hai ragione» fece lei, ferita, alzandosi e raccogliendo la sua roba. 
«E tu dovresti affrontare i problemi, invece di far finta che non esistano!» esclamò, prima di correre via.
Aspettò di sentire i suoi passi sparire, prima di alzare gli occhi verso il cielo terso e reclinare la testa verso la colonna dell'arcata sotto cui era seduto.

«Allora? Che cosa vogliamo fare questo pomeriggio?» esclamò leggiadro James, percorrendo i corridoi brulicanti di studenti.
«Non lo so, Ramoso...» fece Remus con tono ironico e con lo sguardo indispettito «che ne pensi se ce ne andassimo a lezione, ad esempio?»
Sirius emise un sospiro annoiato.
«Insomma, Lunastorta, non credo che ci servano altre lezioni di Cura delle creature magiche. Tu dovresti essere il primo a convenire con me su questo»
«La lezione di Cura delle creature magiche era stamattina, Sirius» puntualizzò Remus «l’abbiamo già saltata, quella. Sapete qual è una lezione che non possiamo saltare? Trasfigurazione. E comincia tra mezz’ora»
«Sei  la solita palla al piede, Lupin...!» bofonchiò James, ma le parole gli andarono di traverso su per la gola, quando vide Lily Evans camminare verso di loro. Si passò una mano dietro la nuca e inarcò il sopracciglio destro in un’espressione che voleva essere sensuale, ma che finiva per dimostrarsi soltanto stupidamente grottesca. 
«Salve, Evans» sorrise con voce forzatamente profonda.
Lily non lo degnò di uno sguardo. Con gli occhi di smeraldo scintillante fissi su Remus e la bocca serrata in un’espressione atona, abbozzò un: «Non mi parlare», poi tornò a rivolgersi a Lupin, con un grande sorriso dipinto sulle labbra.
«Vedo che stai meglio!» esclamò, d’un tratto allegra.
«Si, e ho anche una cosa per te» sorrise Remus, mentre frugava nella tracolla avvizzita alla ricerca di qualcosa. Estrasse una pergamena accuratamente arrotolata e sigillata con della cera scarlatta, e la porse alla ragazza.
«Questa è la relazione dei Prefetti che mi hai chiesto la scorsa settimana»
James vide gli occhi di Lily brillare, prima che questa raccogliesse la pergamena dalle mani di Remus e aprisse ancor di più le sue labbra in un sorriso estasiato.
«Non so come tu faccia, Remus, davvero!» esclamò Lily Evans, intrecciando le dita delle mani, «Sei il migliore!»
«E’ solo il mio dovere...» sospirò Remus, con un sorriso imbarazzato.
«Tutto merito mio, Evans! Lui era ridotto sul letto e io ho scritto tutto quello che lui...»
Con un fruscio dei vaporosi capelli rossi, Lily si voltò verso James, improvvisamente tornata seria.
«Ti ho detto che non devi parlarmi» fece greve, prima di allontanarsi a grandi passi.
«Ma è ver...!» gridò James, ma la cravatta che ciondolava molle sul colletto aperto della camicia della sua uniforme si era stretta sul suo collo all’improvviso, sotto il comando della bacchetta esperta di Lily Evans.
Con un gesto del polso, la bacchetta di Sirius allentò la sua agonia.
«Avrei dovuto essere io Prefetto!» aveva quindi detto James, indirizzando una linguaccia a Lupin, che insieme a Peter rideva divertito.
«Non avresti comunque avuto speranza, Ramoso» sospirò Sirius, rinforcando la bacchetta nella tasca dei pantaloni.
«Non finché Mocciosus continua a dirle che sono un maiale!» ghignò James, mentre continuavano a camminare dietro la guida esperta di Remus, che li stava dirigendo verso l’aula della professoressa McGrannitt, «A proposito, dov’è quella serpe?» 
«Io credo che dovresti preoccuparti di un’altra serpe, al momento» disse Sirius.
«Non hai visto tua cugina con mio fratello?»
«Si, certo!» fece James, con tono ovvio.
«Segue con lui la metà dei corsi, contando quelli facoltativi. E tuo fratello è un Mocciosus mancato solo per l’olio che puoi strizzare via dai suoi capelli. Devo dire che quelli di Regulus sono un po’ crespi. Non ci vedo niente di male se si è trovata il suo Remus» disse, e passò la mano tra i capelli castani di Remus, che aveva abbassato la testa in segno di rassegnazione.
«Non lo so, James» sospirò Sirius.
«Secondo me è il caso di dargli una piccola lezione. Giusto per ricordargli qual è il suo posto, come abbiamo fatto per Canon l’anno scorso»
James si fermò di scatto, e anche gli altri lo fecero. Rimase a fissare il vuoto, mentre si rivolgeva a Peter.
«Qual è il secondo articolo del Codice Magicamente Meticoloso dei Malandrini?»
«”Niente scherzi a parenti, neanche se Serpenti. Al massimo una battutina, neanche troppo piccolina”» aveva balbettato Peter, prima che James si voltasse verso Sirius con sguardo serio.
«Non puoi tirare in ballo il Codice» aveva risposto Sirius, con le mani incrociate al petto «il primo articolo del Codice dice che non si parla del Codice»
«Con gli altri! Sirius! Quante volte te lo devo spiegare?»
«E quante volte io dovrò spiegarvi di non gironzolare rumorosamente per i corridoi quando dovreste già trovarvi in classe?»
La voce aspra della professoressa McGrannitt aprì un varco nelle quattro pance dei ragazzi. La figura lunga e affilata della strega era spuntata dietro di loro, fuori da una pesante porta di legno, e li scrutava con occhi vigili e per nulla sorpresi.
«Stavamo giusto andando, professoressa!» si sbrigò a spiegare James, passando una mano tra i capelli arruffati con gesto innocente.
«Allora immagino che abbiate dimenticato dov’è la mia aula» li ammonì la McGrannitt, indicando l’interno della stanza nascosta dalla porta da cui era uscita.
Con la testa bassa e un sospiro sconfitto, i Malandrini entrarono nell’Aula di Trasfigurazione.
E così aveva fatto Marlene, che dopo quell’infelice scambio di battute serpentine con Regulus aveva raggiunto Dorcas Meadowes e Amelia Bones nell’aula di Difesa contro le Arti Oscure, quell’anno presieduta da Rufus Scrimgeour, un giovane mago che stava nel frattempo frequentando l’ultimo anno di addestramento Auror. Imprevedibilmente d’anticipo, quando prese posto accanto a Dorcas, il professor Scrimgeour non era ancora arrivato.
Dorcas farfugliò qualcosa su quanto fosse dispiaciuta di non averla né svegliata, né tanto meno aspettata per la lezione di Lumacorno, ma si sorprese nel sentire Marlene sospirare un “fa niente”, il suo nervosismo già proiettato su qualcun altro.
«Problemi con il tuo ragazzo Serpeverde?» aveva chiesto Amelia, facendo capolino con la nuca dal banco accanto al loro.
«Quante volte ve lo devo dire» sospirò Marlene, nervosa. 
«Regulus non è il mio ragazzo»

«Oh, chi vuoi prendere in giro, McKinnon» aveva trillato Dorcas. 
«Nessun Serpeverde si prenderebbe il disturbo di rivolgerci la parola, se non per interesse personale»

«Non può essere interessato ad avere un’amica?» aveva risposto Marlene, voltandosi.
«D’altronde, tutti i suoi compagni di Casa sono così tremendamente seri»
«Già, certo. E’ la stessa scusa di Lily, ma almeno lei Mocciosus lo conosce da prima della scuola...»
«Sai che a Lily non piace che lo chiami così» aveva detto Marlene atona.
«Bhe, allora è una fortuna che non sia qui, no?» rispose Dorcas con un sorriso, facendole l’occhiolino. «Ma seriamente, Marlene, sai essere così ingenua, a volte...»
Dorcas Meadowes era indubbiamente una delle ragazze più graziose che Marlene avesse mai visto. I piccoli ma vivaci occhi azzurri erano contornati da lunghi capelli dorati, e aveva lunghe gambe dritte, con somma invidia dell’amica, che, nonostante la superasse in altezza di una decina di centimetri, aveva fianchi larghi e caviglie tozze. Non era un segreto perché avesse tanto successo con i ragazzi: accanto ad un fisico particolarmente sviluppato per la sua età, sapeva essere particolarmente civettuola e disinibita con loro, nonostante le sue amiche sapessero che era tutt’altro che stupida. Lei sapeva cosa volessero i ragazzi, e sapeva anche come darglielo, quando voleva. Al suo quinto anno, aveva già collezionato diverse relazioni, e ogni San Valentino riceveva pile di lettere d’amore dai suoi spasimanti. Aveva anche rischiato di ingerire qualche filtro d’amore anonimo, arrivatole direttamente nel Dormitorio e prontamente sequestrato da Amelia Bones.
Marlene la conosceva da quando erano in fasce. Prima di loro, anche i rispettivi padri il medesimo Dormitorio ad Hogwarts. Callum McKinnon e Theodore Meadowes, dopo la scuola, avrebbero entrambi cominciato a lavorare al Ministero della magia. Theodore era presto arrivato a capo del Dipartimento per i mezzi di trasporto magici, mentre Callum, dopo un lungo periodo passato nel Dipartimento per la Cooperazione Internazionale Magica (ruolo che gli aveva permesso di conoscere la madre francese di Marlene), era approdato all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.
A differenza di loro due, Amelia Bones era una Mezzosangue di prima generazione. Suo padre, un Auror, aveva sposato una Babbana di buona famiglia gallese, con cui aveva avuto lei e suo fratello Edgar, che aveva frequentato Hogwarts negli stessi anni di Maximilian, il fratello maggiore di Marlene.
Marlene e Dorcas si erano sedute nel suo stesso vagone, a King’s Cross, il primo settembre del 1972. Da quel momento, nonostante Amelia fosse stata smistata in Corvonero, come suo padre e suo fratello prima di lei, erano diventate inseparabili, tanto che Marlene e Dorcas le permettevano di entrare nella torre di Grifondoro con una certa disinvoltura. Le altre tre compagne di Dormitorio, d’altronde, non avevano avuto molto da ridire. Se c’era una cosa per cui Marlene andava fiera della propria casa, era il clima di intima fratellanza che era riuscito ad instaurarsi sin dai suoi primi giorni nel castello. Le compagne avrebbero coperto i loro inganni alla Signora Grassa, e loro avrebbero ricambiato il favore al primo momento utile. Se c’era qualcosa, invece, di cui non andava proprio fiera, era l’estrema e presuntuosa propensione di suo cugino e dei suoi compagni ad infrangere le regole, così da relegare la sua casa sempre all’ultimo posto nella Competizione per la Coppa delle Case.
«Oh, Dorcas, sei tu ad essere ingenua» aveva sghignazzato Amanda, mentre giocherellava con la sua piuma d’oca, intingendola ripetutamente nel calamaio alla sua destra, la testa svogliatamente appoggiata sulla mano sinistra.
«Sono sicura che Marlene lo fa solo per farsi vedere dall’altro Black» disse provocatoria.
Le guance di Marlene si infiammarono immediatamente, mentre rivolgeva uno sguardo accigliato ad Amelia. 
«Ma... di cosa stai parlando?» esclamò stizzita.
«Oh andiamo, McKinnon» aveva risposto Dorcas «Non c’è ragazza ad Hogwarts che non abbia dedicato almeno una settimana a pensare a Sirius Black!»
«Non io» sbottò Marlene, infastidita, ma fu seguita dalle risate soffocate di Dorcas e Marlene.
«D’altronde, la tua strategia potrebbe anche funzionare» fece Dorcas, improvvisamente seria, mentre con la mano si massaggiava il mento rotondo.
«Immagino che siano ai minimi termini, l’uno con l’altro, da questo Natale»
Marlene si voltò ancora una volta, finalmente presa dalla conversazione.
«Che cosa vuoi dire?» chiese interrogativa.
«Non lo sai?» fece Amelia, lasciando la piuma dentro al calamaio.
«Pare che Sirius se ne sia andato di casa, durante le vacanze. Bertha Jorkins lo ha spifferato in giro per tutti i corridoi della scuola»
Marlene sussultò. Improvvisamente, la reazione di Regulus alla sua domanda non le parve così eccessiva. Mentre rimpiangeva la sua idiozia, il Professor Scrimgeour era entrato in classe, e Amelia aveva raddrizzato la schiena, solitamente incurvata su qualche scomoda, pesante lettura. I suoi occhi di nocciola brillavano di una luce improvvisa. Il Professor Scrimgeour era un uomo ancora piuttosto giovane e di innato portamento, e questo era abbastanza per poter essere apprezzato dalle studentesse. Amelia lo trovava anche sorprendentemente bravo, e il fatto che insegnasse una delle sue materie preferite ne accresceva il fascino ai suoi occhi. Marlene e Dorcas erano costrette a sedere al primo banco, durante le sue ore, il che era risultato tanto proficuo per Marlene quanto terribilmente noioso per Dorcas. 
«Spero tanto che rimanga anche per il prossimo anno» aveva sospirato Amelia alla fine della lezione, mentre raccoglievano le proprie cose.
«E’ qui solo per i crediti promessi da Silente» mugulò Dorcas. 
Dato che nessuno sembrava voler coprire la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure da qualche decennio, il preside di Hogwarts, Albus Silente, aveva promesso una ricompensa in crediti professionali per ogni mago o strega che avesse voluto cimentarsi nell’impresa. Tuttavia, la speranza di avere una cattedra stabile nella materia era rimasta del tutto vana, dato che, per un motivo o per un altro, qualunque professore finiva per abbandonare il lavoro alla fine dell’anno accademico.
Marlene era rimasta in silenzio, fino a quando Amelia non le aveva passato un’energica gomitata al braccio.
«Stai bene, Marlene?»
No, non stava bene. Non ricordava niente dell’Incanto Reducto che Scrimgeour aveva spiegato nelle quattro ore precedenti, e questo avrebbe significato un’altra nottata sui libri. Aveva passato la lezione a riflettere su quanto aveva detto a Regulus, e si sentiva un verme per essere stata così superficiale.
Marlene annuì debolmente, mentre uscivano dall’aula. I corridoi pullulavano di studenti finalmente liberi dopo la faticosa giornata di lezione. Mentre si dirigevano verso la Sala Grande, sentirono delle grida provenire dal fondo del corridoio. Gli studenti si mossero veloci verso le pareti, e Marlene vide suo cugino e gli altri Malandrini correre per il corridoio, seguiti da versi inferociti di quelli che sembravano animali. Dietro i Malandrini, le enormi teste di due cinghiali imbufaliti ringhiavano su corpi umani vestiti dell’uniforme e del mantello dei Serpeverde, che Marlene riconobbe dalla stazza come appartenenti a Mulciber e Avery. I cinghiali correvano forsennatamente dietro i ragazzi Grifondoro, seguiti da un’esausta professoressa McGrannit.
La lezione di Trasfigurazione doveva aver dato i suoi frutti.

Regulus rientrò nel sotterraneo di Serpeverde solo dopo un'ora dallo scoccare del coprifuoco. Si era dilungato in biblioteca alla ricerca di un dannato testo di Pozioni nella Biblioteca, concludendo la sua ricerca senza successo. Mentre attraversava la Sala buia, pensò che fosse strano come quella stanza non riuscisse mai ad essere del tutto illuminata, né del tutto buia. La luce filtrava in modo strano, lì, sotto al lago: come se non riuscisse mai a fendere le acque verdi, né queste riuscissero ad impedirle di penetrare il vetro delle finestre. Vide la sagoma sfocata di una Sirena avvicinarsi alla finestra sulla destra del camino in fondo alla stanza. Una volta arrivato nel dormitorio, si distese sul letto, noncurante dei compagni che già dormivano profondamente.

Regulus Arcturus Black.

Un bagliore verde gli attraversò gli occhi. Una voce roca, sibilante, continuava a ripetere il suo nome, martellandogli la testa. 
Fu buio. 
La voce continuava a chiamarlo, incessantemente. Poi, un urlo inumano, un latrato orripilante. Si svegliò zuppo del suo sudore. Si tirò a sedere sul letto, e guardò il suo orologio. Quel bagliore di smeraldo continuava ad occupare i suoi sogni da troppo tempo. Poggiò lo sguardo sul suo comodino, e vide due buste intatte. Aprì la prima, rompendo il sigillo di cera della famiglia Black.

Adorato figlio mio,
Io e tuo padre siamo entusiasti di aver ricevuto la tua notizia: è un orgoglio per noi sapere che fai ancora una volta parte del “Lumaclub”.
Siamo certi che l'Insigne professor Lumacorno avrà per te la considerazione che meriti.
I tuoi successi scolastici e la serietà che metti negli impegni che prendi ci rendono fieri.
Ti prego di non desistere dallo straordinario percorso che stai intraprendendo, e di non farti suggestionare dalle stranezze di tuo fratello, che ci ha causato tanto dolore e imbarazzo.
Ti invito ad evitarlo, e ti rassicuro sul fatto che i tuoi trionfi evidenziano come tu sia il germoglio sano e robusto della nostra gloriosa discendenza.
Con infinita stima e amore, tua madre

Walburga Black
Toujours Pur

La lesse rapidamente, prima di strapparla e afferrare la bacchetta per bruciarla. La fronte continuava a premere, come se il cervello volesse uscirgli dagli occhi. Le parole della madre non l'avevano reso più felice; anzi. Sentiva una fitta allo stomaco e le spalle sempre più pesanti ormai ogni volta che riceveva una sua lettera. Si passò una mano tra i capelli, e raccolse dal comodino la seconda lettera. Era molto più piccola, di filigrana azzurra, ed era stropicciata, come se fosse rimasta piegata in un libro pesante e dimenticata lì da molto tempo. La aprì. C'era un piccolo fumetto raffigurante Lumacorno che teneva in mano una fialetta: il disegno prese a muoversi, e il professore si versò il contenuto della fialetta sopra la testa. La pelle cominciò a sciogliersi, mentre la bocca di contorceva in un ghigno addolorato. Regulus voltò il biglietto: pensò che doveva averla scritta di fretta, quando riconobbe la calligrafia disordinata.

 Scusa per oggi.
Ho preso “Desolante” all'ultimo esame di Educazione.ù
Il compito di Pozioni per la settimana prossima lo facciamo insieme?
Posso darti una mano con quel ciccione del frate: la metà delle cose che hai scritto sono Babbanate.

McK.


La fronte non gli pulsava più. Nell'oscurità del dormitorio di Serpeverde, Regulus Arcturus Black sorrise.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


The best of Youth

Capitolo II 
Invito al Lumaclub


«Lily mi ha detto che andrai alla cena che il professor Lumacorno ha organizzato per la settimana prossima»
«Si.. umpf... ero un po'... indecisa... ma.. ho deciso di andare» rispose Marlene, ansimando, mentre cercava di tenere il passo di Amelia, che proseguiva nella direzione del campo da Quidditch.
Dall'inizio dell'anno scolastico la costringeva ad accompagnarla ogni domenica mattina nelle sue corse intorno al castello. Amelia era una delle Battitrici della squadra di Corvonero, e le piaceva sempre iniziare la giornata con un paio di giri di riscaldamento, prima di allenarsi per le imminenti partite; Marlene non era di certo entusiasta quanto lei, ma l'amica non l’aveva lasciata libera di decidere se seguirla o meno.
«Se non ti muovi, non entrerai mai nella squadra» fece Amelia, distaccandola.
«Non voglio entrare in squadra!» si lamentò Marlene, con la lingua penzoloni per la fatica e la milza dolorante che implorava pietà piccandole contro la pancia.
«Avevo capito di sì. O almeno, tuo padre...»
«Esatto, mio padre, Amelia.» rispose lei, secca.
Amelia tacque per qualche minuto.
«Forse dovresti uccidere i tuoi genitori. A quel punto staresti bene» disse poi, con tono scherzoso.

«A volte lo penso anch'io» disse Marlene in un sorriso, vergognandosi un po' per le parole che stava pronunciando.
«E allora? Questa storia del Lumaclub? Come ci sei entrata?» disse l'altra, cambiando argomento.
«Non ci sono entrata» rispose Marlene prontamente. Avanzarono all’interno del campo di Quidditch, dove la squadra di Grifondoro stava terminando il loro allenamento: Marlene poteva sentire gli ululati eccitati di suo cugino, James Potter, che svolazzava nella coltre di nuvole bianche con la nuova scopa che suo fratello gli aveva regalato per il compleanno.
«Come sarebbe a dire che non ci sei entrata?» chiese Amelia, mentre aggrottava le folte sopracciglia brune in un’espressione interrogativa sin troppo familiare a Marlene. Lei sprofondò nell'erba, e alzò gli occhi verso i giocatori, piccoli come mosche dal terreno verde su cui era distesa.
«E' stato Regulus ad invitarmi» spiegò, mentre i suoi polmoni cercavano tutto l’ossigeno che potessero contenere nell’aria.
«Lumacorno dà a tutti i suoi ospiti la possibilità di portare qualcuno»
Pensò a quando, la settimana precedente, mentre studiava da sola in biblioteca, era rotolata sul suo libro di Trasfigurazione una rosa rossa. Quando l'aveva toccata con la punta delle dita, i petali aveva cominciato a scolorire, fino a divenire bianchi; l'aveva toccata ancora ed era diventata blu.
Regulus era seduto davanti a lei da un po', e la guardava giocare col fiore, sorridente. Lei aveva alzato lo sguardo su di lui, con un largo sorriso e gli occhi di una bambina divertita, e gli aveva fatto cenno di uscire dalla sala di lettura.
Potevi evitare di reciderla, ora morirà” gli aveva detto, indicandogli la rosa.
C'è un Incantesimo. E se lasci il gambo riposare in una pozione ben fatta, non morirà” le aveva spiegato Regulus, con un sorrisetto compiaciuto.
Sai che è troppo complicato per me” aveva sbuffato lei, “Ad un tratto il tuo regalo mi sembra una presa in giro
Non lo è” aveva risposto lui.
Ma se vuoi la ricetta della pozione devi farmi un favore
Ah, quindi la pozione devo pure farmela da sola?”.

«Oh, ora ha tutto molto più senso» ridacchiò Amelia, mentre annuiva compiaciuta, «Ti regala dei fiori e ti invita a cena»
«Dal Professor Lumacorno, Amy!» specificò Marlene, lungi dal voler suscitare fraintendimenti con l'amica.
«Ma a te fa schifo Pozioni!»
«Lo so, ma era la prima volta che mi chiedeva un favore. Mi sarei sentita un'infame a negarglielo»
Amelia si lasciò andare in un risolino divertito.
«Ci sarà proprio da ridere. Sai, vorrei tanto esserci anch'io, ma confido nella presenza di Lily»
«Siete più velenose di un Runespoor, voi» borbottò Marlene.
Amelia le si buttò addossò, colpendola alla pancia.
«Senza di noi saresti morta il secondo giorno, ad Hogwarts, con quella testa vuota che ti ritrovi» sorrise Amelia, e guardò in alto: la squadra scarlatta stava riscendendo sul campo.
«Devo andare, gli allenamenti cominceranno a momenti e io devo ancora prendere l'attrezzatura» disse, prima di rialzarsi e camminare verso lo spogliatoio.
«Ci vediamo a pranzo, ok?»
Marlene annuì con la testa. Quando la ragazza era già a metà campo, gridò: «Amy!»
«Che vuoi?» le urlò lei.
«Credi che stia facendo un errore accettando quell'invito?»
«No! Credo solo che lui sia cotto di te!» rispose l'altra, senza voltarsi.
Regulus, cotto di lei? Non era neanche sicura di piacergli, i primi tempi: probabilmente la trovava irritante e presuntuosa. Neanche lei aveva visto di buon occhio Regulus, quel ragazzino sempre mesto, composto, educato, con un nome troppo grande per lui. 
La famiglia Black era stata indicata da  Cantankerus Nott come una delle Sacre Ventotto, ovvero come una delle poche famiglie rimaste a conservare il sangue magico in tutta la sua purezza – qualsiasi cosa volesse dire. Quando, appena undicenne, aveva chiesto a suo padre cosa comportasse mantenere il sangue puro, incuriosita dalle chiacchere diffuse da Bertha Jorkins, Serpeverde di qualche anno più grande di lei, lui aveva eluso la domanda nascondendo gli occhi bruni dietro la Gazzetta del Profeta. A quanto le era sembrato di capire da quelle chiacchere, i Black erano pronti a tutto pur di mantenere la loro purità: anche a sposarsi tra consanguinei. A quel punto Marlene aveva rifuggito qualsiasi ricerca o pensiero in merito, disgustata dal solo pensiero di dover sposare James Potter per mantenere il suo albero genealogico "pulito".
Si chiese se non fosse per quegli strani rapporti familiari che Regulus era così pallido ed emaciato in volto, con gli zigomi importanti in rilievo sul viso scarno e privo di guance. Eppure aveva colto subito la somiglianza con Sirius negli occhi affilati e scintillanti, e dal colore scuro dei suoi capelli. 
Quando, al secondo anno, seduta accanto a lui, la professoressa Sinistra aveva commissionato loro un lavoro di Astronomia, si era imbattuta nella Costellazione del Leone, e aveva trovato la stella con cui il silenzioso compagno condivideva il nome.
Da quel giorno, Regulus Arcturus Black aveva catturato la curiosità di Marlene.
"Perché hai lo stesso nome di una stella?"
"Non lo so, la mamma dice che li ha scelti per me e mio fratello perché dobbiamo risplendere in questi tempi bui segnando la strada ai veri maghi. Ma non ho capito bene a cosa si riferisse"
"La tua mamma è un po' strana"  aveva constatato la ragazzina in tono sincero, passando l'indice sopra la stella traccia sulla pergamena.
"Però ti ha dato un bel nome. Un nome importante"

Babbanate.

Distolse quel pensiero dalla testa, e si rialzò dal prato.
Sentì un turbine d'aria arrivarle dalla spalla destra e spettinarle i capelli; ne seguì uno dal lato sinistro.
«Chi è il fortunato innamorato di mia cugina?» chiese James Potter, con l'aria accattivante, scendendo con un balzo dalla sua nuova scopa fiammante. Sirius era dietro di lui, ancora stretto nelle sue protezioni da Battitore, e teneva la mazza dietro alla testa, con entrambe le mani.
«Proprio nessuno, James» gli sorrise Marlene.
«Non credevo ti avrei mai vista su un campo di Quidditch» sorrise Sirius, studiandola da capo a piedi con lo sguardo cristallino. Marlene arrossì e fece per ribattere, ma James fu più lesto. 
«Così la sottovaluti, Sir! Lène è una Cacciatrice molto abile. Mi ha dato spesso del filo da torcere in campo»
«Allora dovrebbe partecipare alle Gare di Selezione il prossimo anno, dato che la Adams si diplomerà» disse Sirius, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Non sono così sicura di volerlo fare, a dire il vero..» bofonchiò Marlene, evidentemente in imbarazzo.
«Allora devo dedurre che tu non sia poi così brava e che tuo cugino stia soltanto facendo il ruffiano per il prossimo compito di Storia della Magia» la provocò ancora lui. Già da qualche anno Marlene svolgeva i compiti del professor Ruf per suo cugino, quando Remus, in un raro impeto di rabbia, si rifiutava di fargli copiare il proprio. James si passò una mano tra i capelli ribelli e scuri, abbassando gli occhi in un'espressione dispiaciuta.
«Non posso più chiederle i compiti di Storia della Magia, dopo che Ruf ci ha tolto venticinque punti a testa accorgendosi che il compito era di Marlene»
Ma Marlene non stava già più ascoltando e, dopo la provocazione di Sirius, aveva gonfiato le guance e aggrottato la fronte in un'espressione di evidente irritazione. 
«Sarei in grado di mandarti fuori campo al secondo minuto di gioco»
«Dimostramelo» le sorrise Sirius, venefico.
James Potter lanciò sorridente il suo manico di scopa verso Marlene, che lo prese al volo e lo cavalcò, prima di alzarsi in volo con un sussulto. Sirius raccolse il baule dei Bolidi, che fremevano nelle cinture di cuoio che li trattenevano fermi nelle loro conche.
«Hey, Sir» lo chiamò James, improvvisamente serio, «Non esagerare con lei» 
«Sta' tranquillo, Ramoso» sorrise lui, strizzandogli l'occhio, «Voglio solo vedere cosa sa fare»
Liberò i due Bolidi, e lanciò la Pluffa in aria, che con uno scatto repentino Marley rubò subito. Sirius si alzò in aria e batté il primo Bolide, indirizzandolo verso di lei.
Con una piroetta in aria, Marlene lo seminò, tenendo ancora ben stretta la palla di cuoio rosso sotto il braccio destro. Continuava verso l'anello più alto, senza riuscir bene a controllare la velocità del nuovo missile del cugino, ma era sicura di riuscire segnare dei punti in meno di un minuto.
L'altro Bolide le si pose davanti a pochi metri di distanza. Con un soffio al cuore, Marlene abbassò la testa e il manico della scopa, che virò in bassa quota. La rialzò, e quando fu a tre metri di distanza dall'anello, lanciò la Pluffa, segnando un punto.
Riscese a raccoglierla, quando vide che i due bolidi, ora insieme, sfrecciavano paralleli nella sua direzione. Passò dentro l'anello di destra, serpeggiò in quello al centro, poi in quello di sinistra.
Scese in picchiata.
James trepidò per un attimo, subito prima che, a pochi centimetri dai ciuffi d'erba, Marlene rialzasse la scopa, planando non troppo dolcemente sul prato.
Sirius si lasciò andare in una risata entusiasta.
La ragazza scavalcò la scopa con un sospiro di fatica e di appagamento, guardando Sirius con aria altezzosa.
«Sei soddisfatto, Black?»
James scoppiò in un ululato vanaglorioso. Abbracciò Marlene con la mano libera dalla scopa, gli occhiali da Cacciatore che tiravano indietro i ciuffi di capelli ribelli dalla fronte imperlata di sudore.
«E’ fatta, Marlene! Non ho neanche bisogno di fare le preselezioni per il ruolo della Adams! Comincerai ad allenarti con noi dalla settimana prossima!»
«James, io... io non credo che tu possa escludere del tutto le preselezioni» balbettò Marlene, mentre riprendeva fiato.
«Posso farti allenare come Riserva. Finché non ti metto in campo, nessuno potrà dire niente! E poi, essere il capitano della squadra avrà i suoi privilegi, o sbaglio?» rispose fermamente James, ancora sorridente, spettinandola con la mano che aveva appoggiato alla sua spalla. 
Sirius li guardò giocare, e tirò la bocca in un sorriso spigoloso, abbassando gli occhi.
«Hai dato quel biglietto di San Valentino ad Evans per me?» chiese James, mentre ancora la stringeva.
«Si, ma non l'ha neanche aperto. Ha agitato la bacchetta verso di me e mi si è bruciato tra le mani» disse Marlene, scoppiando a ridere.
James la lasciò, con aria affranta, guardando verso Sirius, anche lui sogghignante.
«Deve proprio odiarti» gli disse, mentre James si rivolgeva di nuovo verso Marlene.
«Oh Marley, Marley! Ti prego, ti supplico!» la implorò, cadendo in ginocchio, sotto gli occhi sbigottiti della cugina.
«Convinci Lily Evans ad uscire con me! Un'ora soltanto, mezz'ora! Il tempo di una Burrobirra! Ti prego, Marley, fallo per me, anche solo per ringraziarmi del posto che hai ottenuto nella Squadra!»
«Cosa?!?!» esclamò Marlene, con una risata nervosa, «James, se questa storia del Quidditch è una scusa per insistere con Lily Evans, mi tiro subito fuori!»
Si staccò dalla presa del cugino, e si allontanò, nella direzione di Sirius, che continuò a tenere abbassati gli occhi, anche quando, arrivata alla sua altezza, le bisbigliò:
«Bel lancio destro, McKinnon»
Lei, d'altra parte, continuò a camminare, mentre gli rispondeva con un basso ma deciso "grazie"

 

Il giorno della cena di Lumacorno la sera calò placida, cospargendo il cielo terso in un manto di stelle. La giornata era stata calda, e una lieve brezza si era alzata dal Lago Nero. Regulus la sentì passargli tra i capelli, appoggiato alla finestra aperta del corridoio del sesto piano, a pochi metri di distanza dalla porta dell'ufficio del professore. Estrasse l'orologio da taschino che teneva in tasca: erano già dieci minuti che aspettava. Si era ripromessso di aspettarla soltanto per cinque.
Entrerò da solo, se non sarai lì alle 19.00 in punto!
Allora sarò li prima che l'orologio suoni l'ora!” le aveva sorriso, correndo via.
Bugiarda che non era altro. Sbuffò, poi sentì dei passi veloci lungo le scale.
Marlene ansimò sfiancata, ma sorridendogli. Si era ripromesso di rimanere serio, ma quel sorriso, ogni volta, era contagioso.
«Lo so, lo so» cominciò lei, prima che lui potesse ammonirla.
«Sono in ritardo, ma sono soltanto dieci minuti. L'ultima volta hai aspettato mezz'ora»
Regulus pensò che era davvero carina. Aveva tirato i capelli indietro con un cerchietto dorato tempestato di farfalle che quasi impercettibilmente muovevano le ali, scoprendo così il viso armonioso – giurò persino di averle visto un po' di trucco sugli occhi e sulle labbra – e indossava un grazioso vestito di seta nera.
«Sei davvero molto elegante» gli disse in un sorriso, guardandolo nella camicia bianca e il completo di panciotto e pantaloni blu notte.
«Anche tu non sei male» aveva risposto Regulus, prestandole il braccio.
«Peccato che il ritardo non sia mai di classe»
«E allora perché si dice “in elegante ritardo”?» chiese Marlene, buffa. Regulus non riuscì a trattenere una risata, mentre bussava alla porta di Lumacorno.
Videro subito gli altri ospiti, con al centro il professore, accomodati intorno ad un grande tavolo circolare.
«Signor Black!» squillò Lumacorno, con un gran sorriso, che si ridusse quando vide la sua nuova invitata. 
«Ho sospettato che sarebbe stato accompagnato dalla signorina McKinnon dal primo minuto di ritardo che ha fatto»
«Mi dispiace, Professore» sorrise Marlene, con voce quieta.
«E' solo colpa mia, ancora una volta. Regulus stava aspettando me»
«Da vero gentiluomo!»
Regulus ricambiò il sorriso del professore. Lily Evans, seduta accanto a Severus “Mocciosus” Piton – che anche quella sera, nonostante avesse provato a pettinarsi, aveva un aspetto incommensurabilmente sgradevole –, aveva lasciato vuoti due posti alla sua destra: i due vi presero posto.
La cena passò più tranquillamente di quanto Marlene potesse aspettarsi, comunque infastidita dagli atteggiamenti di Lumacorno, che con quegli incontri esclusivi non solo dimostrava di non aver alcun ritegno nel rendere palese la sua preferenza per una cerchia ristretta di studenti, ma di ponderare queste sue preferenze non soltanto sulla base di chi aveva attitudine alla sua materia – quella sera, al tavolo di Horsace Lumacorno, c'erano studenti molto meno portati di lei in Pozioni – ma anche (e soprattutto) sulla base dei loro cognomi: c'erano figli di banchieri e pozionisti famosi, nipoti di Ministri della Magia, e c'era anche lei.
Zio Orazio”, come amava chiamarlo Dorcas, passava in rassegna gli alberi genealogici dei suoi ospiti, chiedendo notizie di parenti che supponeva di conoscere e che gli studenti avevano a malapena sentito nominare. Quando pensò che presto sarebbe toccato a lei, arrivò la domanda.
«E suo padre, McKinnon? So che vanta di gran prestigio all'interno del Ministero, ma non ho mai avuto il piacere di sapere di cosa si occupi» chiese Lumacorno, mentre, con uno schiocco di dita, i piatti scomparivano, lasciando spazio a grandi coppe di gelato.
«E' stato a capo del Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici Internazionali, professore. Ora ha un ruolo di rilievo nel Dipartimento di Applicazione della Legge Magica»
«Un titolo lodevole. D'altronde, la casata McKinnon decanta grandi nomi, malgrado non ci sia alcun accademico particolarmente famigerato..» disse, con tono falsamente dispiaciuto, e con un velo di malignità nella voce, quasi a voler trovare una spiegazione (scientifica, persino!) alla poca dimestichezza di Marlene nella materia.
«Non che io ricordi, professore» rispose Marlene, con tono fermo, mentre un calore collerico le pervadeva lo stomaco. Regulus aveva percepito quella rabbia dal tono troppo pacato della sua voce, e gli poggiò delicatamente la mano sul ginocchio, nel vano tentativo di farla desistere.
«Ma mia madre era piuttosto portata nel suo ramo, in effetti. Aveva il massimo dei voti in “Philtres et Distillats”, a Beauxbatons» disse, cogliendo l'accorgimento di Regulus, con un sorriso educato. Horace Lumacorno scoppiò in una risata fragorosa, lasciando sbigottita l'intera tavolata.
«Filtri d'amore e pozioni per ridurre l'avvizzimento della pelle: questi sono gli unici intrugli magici che insegnano a Beauxbatons»
Dentro di lei, Marlene sentì esplodere qualcosa.
«Potremmo addirittura discutere sulla possibilità di chiamare quella roba magia!...» bofonchiò Lumacorno in un mezzo sorriso. 
Mantenne la bocca aperta per continuare il discorso, ma non fece in tempo, perché Marlene McKinnon aveva bisogno di vomitare a tavola quello che pensava veramente.
«Mi scusi, professore, ma quale sarebbe il suo programma ideale d'insegnamento? O meglio, quali dovrebbero essere, dato che è palese che lei tiene due corsi completamente separati» chiese, cercando di mantenere ferma la voce, mentre Lumacorno rialzava gli occhi verso di lei, esterrefatto.
Sentì Lily Evans trattenne il respiro e avvertì gli sguardi attoniti del resto della tavolata.
«Che cosa sta insinuando, McKinnon?» gli chiese Lumacorno con un sibilo.
«E' evidente che non ha alcun ritegno a favorire una parte degli studenti. Quindi, mi dica, quale programma sarebbe più adatto a loro e quale all'altra gran parte, mi permetta di dirlo, di studenti?»
«Dovresti scegliere con più cura le tue amicizie, signor Black» disse il Professore a Regulus, che teneva gli occhi bassi e pregava che quella serata finisse il più presto possibile.
«E' evidente che la signorina McKinnon ti frequenta solo per riuscire a prendere una pietosa sufficienza nella mia materia»
«Ho preso Oltre Ogni Aspettativa nel suo ultimo compito individuale!» gridò Marlene. Il ricordo delle ore passate sul manuale di Pozioni per quel compito la fecero fremere a tal punto da tenersi a stento sulla sedia.
«E le posso assicurare che non ce ne saranno altri, per lei!» rispose Lumacorno, ormai scarlatto in viso per l'imbarazzo e la collera.
Poi, si rivolse di nuovo verso Regulus.
«“Tanto gentile e tanto onesta pare, la donna mia”... Grande poeta, il signor Dante. Per essere solo un Babbano ne sapeva molto sulle donne. Avrebbe qualcosa da impararti, Regulus!»
«Oh, ma perché non la finisce, vecchio Lumacone bavoso?!» urlò Marlene, scattando in piedi.
Lily e Regulus non riuscirono più a trattenere il proprio avvilimento e, con un sospiro, appoggiarono entrambi la fronte sul palmo delle mani.

 

«E poi?»
Dorcas ed Amelia erano stese a pancia in giù sul letto di Marlene, mentre lei si spogliava.
«E poi ha detto una cosa del tipo: “Se sei capace di riferirti così ad un insegnante, sarai capace anche di accettarne le conseguenze!”»
«Quindi?»
«Quindi.. cinquanta punti in meno ai Grifondoro e un mese di punizione» disse Marlene, con tono colpevole.
«Oh, andiamo, Marlene!» sbottò Dorcas, mentre Amelia scuoteva la testa, in segno di disapprovazione.
«Tutti preoccupati per la Coppa, non è così?! Ma nessuno si preoccupa del fatto che dovrò estrarre bava di Streeler per dieci ore a settimana!» esclamò Marlene, ancora evidentemente arrabbiata, mentre raccoglieva dal baule una vecchia tuta grigia. 
«E poi, che ci fa qui Amelia dopo il coprifuoco?! Sapete quanti punti potremmo perdere per questa violazione? Ognuno di noi commette un'effrazione ogni tanto!»
«Forse hai un po' esagerato, Lène» fece Lily, pacatamente,  chiudeva il suo manuale di Trasfigurazione e si alzava dal letto di Dorcas, pronta a raggiungere il suo Dormitorio.
«Si è permesso di parlare male della mia famiglia!» le rispose Marlene, rossa in viso, voltandosi verso di lei.
«Bhe.. oddio.. ora non esageriam...»
«Ha messo in discussione la mia amicizia con Regulus!»
«Se si tratta di questo, il Lumacone non è l'unico a farlo» proferì Amelia, con tono ingiustificatamente serio.
«Che cosa vuoi dire?» chiese Marlene, mentre si infilava la tuta.
«Oh, andiamo, Lène! È sotto gli occhi di tutti che tu e Regulus vi piacete»
«Magari... state già... insieme, e non ce lo vuoi dire... perché... te ne vergogni» fece Dorcas, succhiando una Gelatina TuttiGusti+1.
«E non se ne vergognerebbe senza motivo» asserì Amelia, sarcastica.
«Io. E. Regulus. Non. Stiamo. Insieme» proferì Marlene in sua difesa, scandendo bene le parole.
«Siamo solo amici. E voi siete invidiose perché non siete abbastanza di ampie vedute per stringere amicizia con un Serpeverde!»
«Io shono shtata con un Sherpeverde!» bofonchiò Dorcas, con la bocca riempita di gelatine.
«Louish Zabini, shettimo anno, l'anno shcorso»
«Come fai a capire di che gusto sono quelle gelatine se ne metti in bocca cinquanta alla volta?» chiese Lily, divertita.
«E perchè a Lily non dite niente? Anche lei è amica di Mocciosus!» fece stizzita Marlene, indicando l'amica, che gli ordinò di smetterla di utilizzare quel soprannome.
«Lily e Severus sono diversi» spiegò Amelia. Si alzò in piedi sul letto a baldacchino. La scarsa altezza le permetteva persino di poter saltellare un po', mentre volteggiava con le mani a mezz'aria, a voler imitare una ballerina di walzer. 
«Nessuno dei due è Purosangue come voi. Voi siete la classe nobiliare, gli altolocati, i “Toujours Pour”. Siete uno status sociale, non una semplice coppia di amici – e noi  Mezzosangue siamo sempre di più ad Hogwarts; per questo potreste non essere visti di buon grado» 
Con un ultimo salto, si ributtò accanto a Dorcas, riservando a Marlene uno sguardo saccente.
Dorcas si voltò verso di lei, deglutendo, guardandola basita. 
Marlene rimase per un attimo immobile, come per metabolizzare le parole dell'amica.
«Wow, ancora non credevo di dovermi preoccupare anche qui di come devo comportarmi, con chi devo parlare, con chi non devo parlare...» sbuffò Marlene, raccogliendo il suo libro di Incantesimi.
«D’altra parte, la mia famiglia non è tra le Sacre Ventotto»
«Oh, andiamo Lène, stavo solo...»
«Sapete? Tutto questo parlare stasera mi sta dando il...»
«Vomito!» esclamò Dorcas, pimpante.
«Esatto!»
«Ehm, io parlavo della Gelatina...» spiegò la bionda ragazza, imbarazzata.
Marlene appoggiò con una mano il libro sopra alla spalla destra e si voltò verso l'uscita.
«Me ne vado a studiare. Se beccano Amelia qui, ci costerà più di cinquanta punti, vecchie megere»

Era più che scontato che la notizia della disastrosa serata del professor Lumacorno facesse il giro della scuola in meno di un giorno: ciò che non era prevedibile, invece, era il fatto che i Grifondoro erano troppo occupati a congratularsi con Marlene per aver fatto infuriare il professore, per metterla alla forca dopo aver fatto perdere alla Casa cinquanta punti. Sembravano tutti entusiasti del suo comportamento, e altrettanti parevano condividere i suoi sentimenti sui noti favoreggiamenti del Capo della Casa di Serpeverde; tutti, tranne i Serpeverde. Marlene aveva chiesto a Regulus cosa si mormorasse nel dormitorio, ma lui le aveva risposto che, al solito, non gli interessava cosa dicesse la gente.
«E tu, cosa dici?» gli aveva chiesto poi, provocatoria.
«Dico che sei una testa calda» gli aveva risposto lui. Le lanciò un'occhiata seria. 
«E che dovresti imparare a controllarti»
«Si, ma senza di me non ti divertiresti così. Perché, ammettilo, ti sei divertito» gli aveva detto Marlene, strizzandogli l'occhio. Anche Regulus, allora, si era sciolto in un sorriso.
«Quel sorriso vuol dire che mi porterai anche alla prossima cena del Lumacone?»
«Non credo, Marlene»

Nel pomeriggio di quel caldo lunedì dell'ultima settimana di scuola prima delle vacanze primaverili, i mormorii sull'“impresa” di Marlene McKinnon erano arrivati anche alle orecchie dei Malandrini, che ci avevano riso su durante la lezione di Incantesimi: James aveva gonfiato e aveva denominato la cugina "la Prima Malandrina". Sirius Black, però, voleva saperne di più: da quanto ricordasse, Pozioni era la materia che Marlene odiava di più, o quella in cui eccellesse di meno. Poco cambiava, dato che riusciva a compensare la sua sfacciata avversione all’ubbidienza verso i professori con il duro lavoro e dei voti eccelsi. Non riusciva comunque a spiegarsi come mai Lumacorno l’avesse voluta alle sue cene elitarie, soprattutto dopo che le recenti vicissitudini avevano dimostrato quali fossero i sentimenti che l’una serbava nei confronti dell’altro.
Dato che Remus non aveva potuto partecipare alla cena per la luna piena, si era addentrato nella Biblioteca, dopo la fine della lezione, e si era seduto accanto a Lily Evans, con in mano un giglio, che le aveva appoggiato davanti al calamaio.
«E' da parte di James» si sbrigò a dire.
«Che originalità» aveva commentato la ragazza acidamente, senza alzare gli occhi dalla sua pergamena.  Lui aveva aspettato un po' li accanto, senza proferire parola.
«Che ti serve?» chiese lei algida, senza staccare lo sguardo dal compito.
Sirius sobbalzò, pronto a fare la sua domanda.
«La McKinnon non ha mai fatto parte del Lumaclub. Con chi era, l'altra sera?»
«Perché ti interessa sapere se Marlene accompagnava qualcuno?»
«Sono stato io a farti la domanda per primo» le rispose lui, sfoderando un irresistibile sorriso spigoloso.
«Potresti farla a lei, questa domanda» ribatté Lily, visibilmente infastidita.
«Lo sai anche tu che non mi risponderebbe. Allora, l'hai invitata tu?»
La ragazza sbuffò, la testa poggiata sulla mano sinistra, mentre con l'altra intingeva la piuma argentata nel calamaio, per riprendere a scrivere sulla pergamena.
«Oh, andiamo, Evans!» le sussurrò lui con tono impaziente. Alzò delicatamente la mano, portandola più vicina al suo viso, e con le dita le passò una ciocca di capelli cremisi dietro all'orecchio. La ragazza sussultò, sorpresa dal gesto inatteso. 
«Ti prometto che James Potter ti lascerà in pace da qui alle vacanze pasquali, se me lo dici!» le sorrise ancora Sirius.
Vide il viso avvamparle.
«E' venuta con tuo fratello, Sirius!» disse lei, con la voce alterata dall'imbarazzo che quel tocco delicato le aveva procurato. Chiuse fragorosamente il libro e arrotolò la sua pergamena, sotto gli occhi vitrei di Sirius. 
«E bada bene che Potter mi stia lontano per almeno un mese, altrimenti riferirò la tua domanda direttamente a Marlene!» lo minacciò, ancora collerica, mentre si allontanava lungo il corridoio della biblioteca. 

Come al solito, Regulus fu il primo ad uscire dallo spogliatoio, alla fine dell'allenamento serale dei Serpeverde.
Guardò il cielo indaco, constatando come si stessero allungando le giornate. 
Abbassò gli occhi limpidi mentre sorpassava l'entrata al campo di Quidditch, e passò uno sguardo sul verde prato che si estendeva alla destra del castello. L'erba alta veniva percossa dal vento ormai primaverile: pensò di aver avuto un'allucinazione quando vide un'ombra nera stagliarsi in mezzo alla distesa. Sussultò, mentre vedeva l’ombra assumere le fattezze di un grande cane scuro. 
Di nuovo, un brillante fulgore color smeraldo gli attraversò gli occhi, sibilando.
Li chiuse, stropicciandoseli, e riguardò sul punto in cui aveva visto l'animale: non c'era niente.
Pensando fosse solo uno scherzo dettato dalla stanchezza, si incamminò verso l'entrata al Castello, e percorse il corridoio principale, illuminato dalla luce rossastra delle fiaccole. Sentì dei passi leggeri provenire dal fondo del corridoio, ma non diede loro molta attenzione.
«Come sono andati gli allenamenti?»
La voce di suo fratello lo sorprese mentre voltava l'angolo.
Sirius era appoggiato al muro di pietra, le braccia conserte e lo sguardo basso.
«Che cosa vuoi?» gli chiede lui con insolito sgarbo, senza rispondere alla falsa cortesia della domanda che gli aveva posto.
«Tu passi un sacco di tempo con la McKinnon, non è vero?» gli chiese Sirius, inasprendo il tono di voce. 
«Non dovrebbe interessarti con chi scelgo di passare il mio tempo» rispose Regulus, freddo. Sirius abbozzò un sorriso che aveva il sapore di una minaccia.
«Devi lasciarla in pace» gli ordinò, con tono ostile.
«Non pensavo che ti interessasse. Non stai con quella Corvonero del settimo anno, adesso?» 
«Lei non c'entra niente in questa storia»
«Oppure sei semplicemente geloso, perché Marlene è forse l'unica ragazza della scuola che ha un po' di cervello. O almeno, quel che le basta per non sbavarti dietro. Non riesci a tollerare che ci sia anche solo una ragazza a scuola che preferisca un altro Black all'infuori di te»
Sirius serrò i pugni, accigliato, e si avvicinò alla figura di Regulus, che rimase immobile, i suoi occhi verdi brillanti e gelidi.
«Avanti, fallo. Colpiscimi, se non riesci ad affrontare in altro modo questa conversazione» gli disse, stendendo un sorriso su di un angolo della bocca, senza staccare lo sguardo dall’espressione furiosa del fratello.
«Se provi a toccarla con un dito, io ti giuro che...»
«...che cosa farai? Sono l'ultima persona che potrebbe farle del male. E lo sai anche tu»
Il viso di Sirius si distese, abbandonando l'espressione collerica. Regulus attese che l'iracondia fosse del tutto scomparsa dai suoi occhi, prima di parlare ancora.
«Non si tratta veramente di lei, non è vero?» chiese.
Sirius esitò. Mosse l'angolo della bocca in un sorriso tirato.
«Allontanati da lei, fratellino. È l'ultimo avvertimento che ti do» gli disse in tono più pacato, spostandosi indietro e allontanandosi sull'Ala nord del castello.
Ma prima che la sua figura sparisse nel buio della notte, Regulus la frenò.
«Tornerai a casa, per le vacanze?»
Sperò che quell'invito risuonasse nelle orecchie di Sirius come il grido disperato di aiuto che strepitava dentro di lui.
Sirius si fermò, senza voltarsi, e abbassò la testa.
«Con un po’ di fortuna, non metterò mai più piede in quel posto»
Quelle parole rimasero sospese a mezz'aria, come un altro, ultimo addio; Regulus le sentì entrare nel petto, spezzandolo in due.
«Buonanotte, Regulus»



 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


The best of Youth

Capitolo III 
Nuovi incontri

 

Aprile, 1977
Londra, Grimmauld Place n° 12

 

Regulus.

Regulus.


Regulus Arcturus Black!

 

Si svegliò di soprassalto. Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore, ed emise un lungo sospiro; riusciva ancora sentire i battiti frementi del suo cuore, quando vide aprirsi un debole spiraglio di luce dalla porta della sua stanza.
La piccola e ricurva figura di Kreacher lo fissava dal fondo della camera di Regulus.
«Signor Padrone» biascicò l'elfo, tenendo gli occhi bassi. «La sua madre richiede la presenza di te per la colazione che Kreacher aveva appena preparato»
Regulus lo guardò, distendendo le labbra in un debole sorriso.
«Scendo subito, Kreacher, dillo pure alla signora»
L'elfo alzò i grandi occhi verdastri per guardarlo, e contrasse la bocca in una smorfia che voleva essere un sorriso. Uscì dalla stanza, attento a non fare rumore nel chiudere la porta.
Regulus si passò una mano dietro al collo, mentre scostava le lenzuola e usciva dal letto. Gettò un occhio alla cornice sul suo comodino, in cui lui e Sirius, dieci anni prima, giocavano nel cortile dietro casa con delle Gobbiglie.
Il volto fanciullesco e così sorprendentemente sereno di Sirius era coperto di macchie verdognole e maleodoranti.
Era uno dei pochi ricordi che aveva di suo fratello felice.

Sorrise.

Prima di tornare ad Hogwarts, ogni volta, nascondeva la cornice di ottone nel cassetto del comodino gremito di libri e piume d'oca, a cui aveva applicato l'incantesimo di Estensione Irriconoscibile. Walburga Black aveva dato fuoco ad ogni singola immagine del suo primogenito il Natale precedente, e non avrebbe sopportato trovare una foto come quella in camera di suo fratello. E quando tornava da Hogwarts, ogni volta, Kreacher, l'unico che entrava nella stanza di Regulus durante la sua permanenza a scuola, e l'unico a sapere dell'incantesimo del cassetto, prendeva la cornice e la rimetteva al suo posto, rivolta verso il cuscino del letto.
Si vestì in fretta, ma con la calma che lo contraddistingueva, e scese al piano inferiore.
Sua madre lo raggiunse nel corridoio, con un sorriso pacato.
«Buongiorno, stella mia» lo salutò, abbracciandolo e posandogli un bacio sulla guancia.
Regulus ricambiò il sorriso, e la guardò: continuava a trovarla sorprendentemente bella, anche rinchiusa nelle austere vesti della padrona del n° 12 di Grimmauld Place. I ricci capelli mori striati di deboli segni di anzianità erano raccolti in una crocchia elegantemente precisa, e i suoi occhi grigi avevano il vivido scintillio che Regulus riusciva a riconoscere soltanto in quelli, identici, di Sirius.

Trasparenti, come due gocce d'acqua gemelle.

«Vieni a fare colazione, abbiamo ospiti» gli ordinò con premura, conducendolo in sala da pranzo.
Al lungo tavolo erano seduti Narcissa, la sua bellissima cugina, e Lucius Malfoy, che teneva la mano affusolata su quella bianca della ragazza. L'aveva visto più volte nelle cene che Walburga teneva durante le festività e nelle serate estive, e a casa di Narcissa.
Era presto – e senza particolare fatica – arrivato alla conclusione che Lucius Malfoy era intenzionato a prendere in moglie sua cugina.
«Buongiorno» salutò educatamente il ragazzo, con un gran sorriso.
«Cuginetto!» esclamò la bionda ragazza, ricambiando il sorriso e alzandosi per raggiungerlo.
«Sei sempre più bello, non è così?» gli disse, dandogli un bacio sulla guancia scarna.
«Buongiorno, Regulus» disse Lucius, abbozzando un piccolo sorriso.
«Su, siediti, tesoro» fece Walburga, accostandosi alla cucina. Raccolse una teiera che sbuffava vapore sul fornello, e la posò sul tavolo, prima di prendere il servizio di tazzine da tè dalla lucida credenza di legno alle spalle di Regulus.
«Pare che i ragazzi abbiano delle grandi notizie per noi, Regulus»
Regulus volse lo sguardo verso Lucius, mentre Narcissa sorrideva: le iridi del mago erano talmente chiare che sembrava sparissero, lasciando posto alle sole piccole pupille nere.
Walburga Black aveva finito di servire il tè. Regulus afferrò la tazzina, e soffiò al suo interno, per raffreddare il liquido pungente.
«Allora?» chiese, sorseggiando la bevanda.
«Io e Lucius ci sposiamo, zia»
Gli occhi chiari di Walburga si illuminarono.
«E' meraviglioso» esclamò Narcissa, pacatamente, mentre  si alzava una seconda volta per abbracciarla.
«Congratulazioni» sorrise Regulus, senza troppo entusiasmo: «Le nostre rispettive famiglie devono essere molto fiere di voi»
«Ti ringrazio, ragazzo» sorrise Lucius Malfoy, scostando i lunghi capelli di platino dalla spalla. Rivolse uno sguardo gelido verso la fidanzata, che ricevette il messaggio.
«Zia, ci terrei tanto a vedere il tuo corredo da sposa» chiese la ragazza, conducendo la zia fuori dalla stanza.
Lucius aspettò sentirle salire al piano superiore, prima di scostare la tazzina del tè.
«Narcissa è una ragazza bellissima. E molto intelligente» sorrise, mentre si alzava e andava verso la credenza, prendendo due piccoli bicchieri di vetro, che suo padre usava di solito per bere del Whiskey Incendiario con gli amici dopo cena.
«Ma ci sono cose di cui non puoi discutere con le donne» sospirò, posando i bicchierini sul tavolo e estraendo dal mantello verde smeraldo una fiaschetta d'argento, su cui campeggiava inciso un serpente dagli occhi di rubino.
Aprì la fiaschetta, e versò il contenuto rossastro nei due bicchierini, spostandone poi uno nella direzione di Regulus. Lui lo guardò attonito.
«Signor Malfoy, non so se è l'ora adatta a del Whiskey Incendiario» sorrise pacatamente.
«Ma questo non è Whiskey, Regulus» sorrise Lucius, ricambiando con sguardo di sfida.
Capì che doveva bere. Annusò il liquido, e riconobbe l'odore di uno scotch particolarmente forte. Lo buttò giù, e Lucius fede altrettanto. La gola gli bruciò, prima di rimanere improvvisamente secca.
«Scotch Esuberante. Veniva prodotto illegalmente dai folletti di Campbeltown, prima che il Ministero confiscasse tutto il liquore e mettesse a fuoco la distilleria. Questo è il poco che ne rimane in tutta l'isola» spiegò Lucius, con un ghigno divertito.
«La famiglia Malfoy ha molto da spartire con la tua, Regulus. Ancora rimango sorpreso dal fatto che il nostro matrimonio sia il primo a sigillare il legame tra le nostre casate»
Lo sguardo di Regulus era rimasto sul suo bicchiere, ormai vuoto, mentre tentava di capire dove volesse arrivare.
«Due tra le casate più antiche di Maghi Purosangue, Regulus»
Sorrise nuovamente, mentre Regulus assumeva un'espressione particolarmente seria. «Tua madre mi ha detto che sei un ottimo studente, e che ti destreggi bene soprattutto con le Arti Oscure»
«Difesa. Difesa contro le Arti Oscure, signor Malfoy. Si insegna questo, ad Hogwarts»
Ancora una volta, Lucius Malfoy distorse la bocca in un ghigno sorridente.
«Certo. Non c'è comunque da stupirsi della tua bravura. Non è soltanto la fama e la ricchezza che hanno reso grandi queste famiglie»
Di certo no. Regulus Black era, per la prima volta, d'accordo con quel serpente a sonagli che aveva davanti. Lucius si alzò di nuovo, e si affacciò dall'ampio finestrone, scostando le bianche tende di seta, e gettando l'occhio sulla strada londinese ormai gremita di Babbani.
«Il mantenimento della purezza del sangue di un Mago, alla base della nostra comune, parallela discendenza, permette al mago stesso di sviluppare, potenziare le sue abilità magiche
»
Gli occhi vitrei di Lucius Malfoy si rivolsero ancora una volta al ragazzo, la testa ancora inclinata verso il vetro della finestra, la mano destra leggera ad aggrappare le tende di seta bianca, quella sinistra stretta sulla testa di serpente d'argento all'estremità del suo bastone.
«Non sei d'accordo con me, Regulus?» 
«Sono d'accordo con lei, Signore» rispose Regulus, con voce ferma.
«Dimmi, Regulus: quanti studenti di sangue non puro vedi ad Hogwarts, ogni giorno?»
«Moltissimi, Signore»
«Hai mai pensato a quanta potenzialità, quanto talento, vengono sprecati ogni, singolo giorno in quell'istituto? » chiese ancora Lucius, alzando il destro dei suoi biondissimi sopraccigli.
«No, signor Malfoy»
«L'istruzione dovrebbe concentrarsi solo su pochi, meritevoli e abilissimi ragazzi. Purosangue, ovviamente. La qualità dello studio sarebbe migliore, non credi?»
«Non importa cosa io credo, Signore. Le persone di sangue misto sono sempre più numerose»
«Importa eccome quello che tu credi, Regulus! Soprattutto ora!» esclamò Lucius, che con un balzo era arrivato vicino a Regulus, protendendosi col busto verso il suo viso. Si risedette davanti al ragazzo, fissando i rubini del serpente della sua fiaschetta.
Ancora una volta, la vista di Regulus fu accecata da un bagliore di smeraldo. Socchiuse gli occhi, sbigottito. Lucius era ancora di fronte a lui, e lo fissava attraverso i suoi occhi di ghiaccio.
«Tu conosci Tom Orvoloson Riddle, Regulus?»

 

Villa McKinnon, Berkshire


La prima cosa che sentì, quella mattina, furono le zampe di Arya che premevano sulla sua guancia, in cerca di attenzioni: aprì gli occhi che erano le prime luci dell'alba.
Avvertì un inaspettatamente familiare profumo di biancospino. Non ricordava di avere essenze con quell'odore, ma era sicura di averlo sentito altre volte, anche ad Hogwarts, proprio al momento della sveglia mattutina.
Riuscì a riaddormentarsi solo quando la piccola gatta demordette dai suoi intenti famelici e scese dal suo letto, alla ricerca di qualcosa da poter rovesciare.
Le sembrò passato soltanto qualche minuto, quando sentì sua madre entrare cantando nella camera e tirare le spesse tende di velluto blu, lasciando entrare la luce del giorno.
«Buongiorno, raggio di sole» la salutò con voce squillante.
«Maman...» bofonchiò, riparandosi sotto le lenzuola «Che ore sono?» chiese con uno sbadiglio.
«
Il est plus de 21 heures, mà petite» rispose la signora McKinnon, raccogliendo l'uniforme di scuola, abbandonata lascivamente su di una poltrona all'angolo della stanza. Si sedette sul letto e afferrò le lenzuola, tirandole fino a scoprire il volto della figlia, che, senza arrendesi, si aggiustò sotto ad un cuscino.
«Devi alzarti, tesoro. Avremmo ospiti tra breve» la ammonì la madre, con un sorriso dolce. Intanto, dietro alla padrona di casa, era entrato un altro, grassoccio gatto, che senza poca fatica si era accomodato tra le gambe di Marlene.
«Quali ospiti?» chiese la voce fiacca della ragazza da sotto il cuscino.
«Bhe, tuo padre tornerà da Londra a momenti e poi, vu que demain c'est Paques, ho pensato di organizzare un petite déjeuner...» si spiegò la donna, mantenendo una pacatezza nella voce tanto delicata da apparire giustificatoria.
«Oh, maman!» sbottò Marlene, lanciando via il cuscino e guardando la madre «Ancoeur
«E' solo una piccola festicciola tra amici» si giustificò la donna, guardandola dolcemente.
«Mais je ne suis rentrée que la nuit derniere» si lamentò lei, sbattendo le mani sul materasso, in segno di disapprovazione.
«Infatti vorrei proprio sapere come sei tornata! Non potevi andare da tua padre, visto che era in città?» chiese la madre, con un tono leggermente più severo. Marlene sbuffò, ricadendo tra i cuscini.
«E poi, tuo padre porterà un ospite. Tiene molto a fartelo conoscere» continuò, mentre si alzava dal letto.
«E chi sarebbe?»
«Mais aucun, è solo il figlio di un amico di tuo padre.. si diplomerà ad Hogwarts quest'estate e probabilmente sarà il suo nuovo praticante al Ministero..»
«Tu e papà state ancora cercando di affibbiarmi un mago riccone che possa sposarmi appena diplomata, n'est ce-pas?» chiese Marlene, immobile nel letto, evidentemente infastidita dalla notizia dell'ospite.
«De quoi tu parles...!» squillò la madre, con tono poco convincente. «Forza, vestiti, tesoro. Gli altri non aspettano che vederti» le ordinò, aleggiando fuori dalla stanza.
Marlene si rialzò a sedere sul letto, e carezzò il dorso di un altro grosso gatto, ancora tra le sue gambe, che cominciò a fare fusa particolarmente rumorose. «Tu hai voglia di scendere, Achille?» gli si rivolse lei, amorevolmente. «Neanch'io sai? Vorrei solo sprofondare in questo letto» sbadigliò.
Sentì uno strano rotolio provenire dal corridoio, e vide spuntare dalla porta una piccola pallina sbilenca, di color marrone, che le somigliò molto ad una di quelle cacche che da piccola vedeva trasportare dagli scarabei stercorari in giardino: ed emetteva anche lo stesso spiacevole olezzo.
Chi mai porterebbe una Caccabomba in cas...”
Un'altra pallina le arrivò dritta in fronte, sporcandole il viso. Ne seguì un'altra sulla guancia, e una sulla mano. Un'ultima pallina colpì Achille che, con un gesto sin troppo agile per la sua mole, scese dal letto e corse via, impaurito. Marlene urlò, mentre le facce sghignazzanti di James Potter e Sirius Black facevano capolino dalla sua porta.
«Che cazzo ci fate voi qui?» gridò Marlene.
«Buongiorno, Principessina» la salutò il cugino, simulando un lungo inchino che apparse agli occhi di Marlene canzonatorio.
«Ha gradito il dolce risveglio?»
«Caccabombe» spiegò Sirius, con un largo sorriso divertito, mostrando un'altra pallina di cacca in mano
«Direttamente dall'emporio di Zonko. Letali»
«Dovresti correre a lavarti, Marley. Ci vorrà una vita a togliere quell'odore, e il tuo spasimante sarà qui a minuti» continuò James, col suo solito tono burlesco.
«Brutti farabutti...» gridò Marlene, alzandosi goffamente dal letto e correndo fuori dalla porta. I due ragazzi si gettarono giù dalla scala a chiocciola. Sirius lasciò cadere l'ultima Caccabomba su un gradino, e, nella fretta dell'inseguimento, Marlene la centrò in pieno: la pallina le esplose sotto il piede, liquefacendosi e facendola scivolare sulle scale. La ragazza si rialzò sul fondo, continuando ad imprecare: «Siete completamente pazzi! Vi prenderò tanto, e rimpiangerete..!»
«Cosa dovrebbero rimpiangere?»
Marlene si voltò, e vide suo fratello sorriderle raggiante.
«Max!» esclamò lei, con un gran sorriso, correndo ad abbracciare suo fratello. «Quando sei arrivato dal Giappone? Sei sempre più bello!».
Ed era vero. Maximilian, il rampollo di casa McKinnon, era alto ed elegante come il padre, ma aveva ripreso l'eccezionale bellezza della madre: i biondi capelli ricci gli ricadevano sulle spalle, e gli occhi blu brillavano come zaffiri.
«Proprio ora» sorrise lui, ricambiando l'abbraccio e odorando la nuca della sorella, aggrottando la fronte: «Folletto, ma tu puzzi di...»
«E' colpa di tuo cugino!» si lamentò lei, additando la porta della cucina, dove i due erano scappati. «Permetterai a quel porco di trattare così la tua sorellina?»
«Certo che no!» rise lui
«Lo vado a prendere, così posso trasformarlo in un maiale, e potrà rotolarsi nei suoi liquami per tutto il tempo»
«Max!» esclamò James, uscendo dalla porta della cucina, a braccia aperte, come se niente fosse accaduto. Maximilian ricambiò l'abbraccio, battendo una mano sulla schiena del giovane Potter. Sirius era dietro di loro, e guardava ridacchiante Marlene arrossire di rabbia. «Come stai, …? Non ti vedo da un anno!»
«Lo so, amico, ma a Mahoukotoro c'è molto da fare» sorrise Maximilian, evidentemente fiero del posto che gli era stato assegnato sedici mesi prima presso la scuola di stregoneria giapponese.
«Devi raccontarmi tutto!» esclamò James, passando un braccio sulle spalle del cugino, e dirigendosi verso la cucina «E le giapponesi, come sono?» chiese, malizioso.
«In effetti.. ho delle novità...»
«Lui è Sirius! Sirius Black! Ti ricordi?» lo interruppe di nuovo James, indicando l'amico, che ancora osservava Marlene, impietrita dalla collera.
«Si, certo, come stai?» salutò Maximilian, porgendo educatamente la mano al ragazzo.
«Bene, grazie» rispose Sirius, altrettanto garbatamente, stringendola.
«Tutto questo è molto carino, davvero!» sbottò Marlene, raccogliendo l'attenzione
«Non dovevi trasformarli in maiali?» chiese, rivolta al fratello.
«Certo, folletto» le rispose lui, prestando evidente poca attenzione agli intenti vendicativi della sorella
«Vatti a dare una sciacquata, provvedo io a loro» disse con un gran sorriso, entrando in cucina con James. Sirius le gettò un'altra occhiata, prima di voltarsi. Marlene lo guardò con aria di sfida, e sibilò: «Non è finita qui»
«Sto tremando dalla paura» rispose il ragazzo, sorridendole.
Ci mise mezz'ora a togliersi di dosso quell'odore nauseabondo. Entrò in cucina ancora in pigiama, con palese disapprovazione della signora McKinnon.
«Marlene! Sei ancora in pigiama?»
«Ho avuto un contrattempo, mamma. Qualcuno ha deciso di farmi puzzare come lo sterco di un Ippogrifo, stamattina» disse, rivolgendo un'occhiata cattiva verso James e Sirius, che sedevano assieme a Max sull'isolotto di pietra nera, davanti ad una tazza di caffè e qualche toast abbrustolito. Si sedette davanti a loro, e afferrò un barattolo di Crema Bicolore appoggiata lì sopra. Sua madre gliela tolse dalle mani. 
«Non puoi continuare a mangiare queste schifezze, tesoro»
Sirius e James ridacchiarono.
«Mamma!» si lamentò Marlene.
«Chiamerò subito Mrs. Blatherwick, che ti preparerà un ottimo infuso di Pungitopo e Verga d'Oro» disse, mentre appoggiava il barattolo in una mensola alta della dispensa.
«Hey, maman!» esclamò Maximilian, riportando l'attenzione della signora McKinnon su di lui.
«Posso parlarti in privato?» le chiese, alzandosi dall'isolotto. Con la bacchetta dietro alla schiena, fece aprire la dispensa, e il barattolo di Crema levitò silenziosamente verso le mani di Marlene. Max strizzò l'occhio alla sorella, mentre conduceva la madre nella stanza accanto.
Marlene aprì l'agognata confezione e cominciò a mangiarne il contenuto cremoso con un piccolo cucchiaio da caffè.
«Quella roba ti farà ingrassare il culo a dismisura» sentenziò James, ridacchiando.
«Che.. ci fa lui.. qui?» chiese accigliata Marlene, con la bocca piena di crema.
«Sirius si è trasferito da me» disse James con entusiasmo. «Quindi ho pensato che sarebbe stato carino portare anche lui al brunch di famiglia!»
«Ma è una cosa passeggera, no?» chiese Marlene, leggermente allarmata, lanciando un'occhiata veloce a Sirius, che la guardava mangiare con un sorrisetto insopportabile.
«Affatto! I miei stanno pensando di adottarlo!» esclamò di nuovo James, squillante.
«Hai capito, Marley?» sorrise Sirius, alzandosi. «Diventeremo cugini»
Fece il giro dell'isolotto e si accostò a lei, mentre James finiva il suo caffè. «E sai come si dice, no? Non c'è cosa più divina...» cominciò, malizioso, ma Marlene non lo fece proseguire, strattonandolo via. «Non ti avvicinare, porco!» esclamò, rivolgendosi poi a James con aria indignata: «Permetti che mi parli così?»
«Lo sai com'è. E poi non ha detto niente di male... io lo prenderei come un complimento: Sirius è uno molto pignolo per quanto riguarda le ragazze» spiegò James, con aria innocente.
«Mi avete fatto passare l'appetito» mugulò Marlene, alzandosi. «Sinceramente non credo che esista qualcuno di più pervertito»
«Dovresti abituarti» continuò Sirius, sedendosi sullo sgabello accanto al suo.
«Da oggi credo che ci vedremo molto spesso anche al di fuori della scuola»
«Ma tu non ce l'hai una casa tua?» rispose lei, rivolgendoglisi con fare spazientito. Sirius abbassò lo sguardo, con un sorriso molto più tirato di prima, rabbuiandosi di colpo. James stava seduto dall'altra parte del tavolo, e aveva d'un tratto assunto un'espressione mesta.
Marlene ebbe la spiacevole sensazione di aver detto qualcosa di tremendamente stupido.
«Dov'è la mia bambina?» proferì una voce dalla stanza accanto, rompendo il gelo che era caduto nella stanza. Marlene si rivolse verso la porta, vedendo entrare una signora grassoccia, con un piccolo berretto grigio aggrovigliato tra gli ispidi ricci fiammanti, con un gran sorriso bianco a dividerle le vivide guance rosse.
«Nana!» gridò la ragazza.
«Tesoro caro, come stai? Vedo che non avevo ragione ad aver così paura che non ti dessero da mangiare in quel posto! Guarda che fianchi hai messo su!» la rimproverò la governante, pizzicandole un fianco. Marlene arretrò, e sentì sogghignare James e Sirius.
«Nana, smettila!» le disse a mezza voce, evidentemente imbarazzata.
La signora Blatherwick si sciolse in un largo sorriso affettuoso
«Oh, la mia bambina! Sei sempre più bella! Bianca e rossa come una mela!» disse, stringendola sotto le braccia corpulente. Sirius e James continuavano a ridere.
«Oh, ho così tanto da fare!» esclamò, mentre permetteva a Marlene di svincolarsi dalla sua presa. Cominciò a razzolare sopra alla cucina, accorgendosi solo in un secondo momento della presenza dei due ragazzi
«Che cosa ci fate voi, ancora nella mia cucina?» abbaiò.
«Buonsalve anche a lei, Signora!» ricambiò James, mimando un inchino con la testa.
«Ci mancavate solo voi, stamattina!» borbottò la signora, agitando la bacchetta sulle tazze di caffè dei ragazzi e facendole volteggiare verso l'acquaio: «Con tutto quello che ho da fare.. tua madre è tutta su di giri, continua a ripetere di questo brunch da giorni! E l'ho dovuta sentire io, dato che tuo padre è a Londra da una settimana...» bofonchiò ancora, mentre tutte le stoviglie volavano via da tutte le parti della cucina.
Un giulivo strillo femminile, seguito da risate altrettanto squillanti, li fece trasalire.
«Ecco, cosa ti ho detto? Ride e strilla come una Mandragola appena estirpata!»
La signora McKinnon rientrò nella stanza seguita dal primogenito. Aveva l'aria anche più euforica del solito e gli occhi lucidi: si avvicinò a Marlene abbracciandola. «Devi andarti a vestire, tesoro!» le ripetè, tirando su col naso.
«Maman, stai bene?» chiese Marlene, assecondando l'abbraccio, senza capire. Lanciò un'occhiata al fratello, che aveva un'espressione piuttosto tronfia e gli fece cenno di aspettare, per capire il bizzarro atteggiamento della madre.
«On ne peut mieux!» disse, singhiozzando.
Sentirono il portone di casa aprirsi, e delle voci maschili avvicinarsi alla cucina. John McKinnon entrò nella stanza, seguito da un giovane di bell'aspetto.
«Buongiorno, signori» salutò elegantemente, e si avvicinò alla figlia, carezzandole la testa.
«Ciao, pa'» lo salutò Marlene. «Com'è andato il viaggio?»
«Il ritorno è sempre meglio dell'andata» commentò con un ghigno sorridente. Il signor McKinnon era un uomo facilmente distinguibile per l'eleganza e lo sguardo sottile.
L'apparenza solitamente torva lo separava molto dalla moglie, che sembrava sempre talmente raggiante da sembrare stupida. Diplomatosi ad Hogwarts col massimo dei voti, capitano della squadra di Grifondoro, aveva seguito un periodo di formazione presso il Ministero della Magia, sotto la guida di Bartemius Crouch nel Dipartimento di Applicazioni delle Leggi Magiche. Proprio sotto la sua ala, durante una visita di cortesia all'istituto Beauxbâtons avrebbe poi conosciuto Carla, che sarebbe di lì a qualche anno sarebbe diventata sua moglie. L'innato fiuto per gli affari e la fedele perseveranza nel lavoro lo portarono presto a capo del prestigioso Corpo delle Convenzioni dei Commerci Magici Internazionali.
Non vi era dubbio che John McKinnon fosse un vincente, e che avesse educato i figli con lo stesso furore con cui inseguiva i suoi obiettivi lavorativi.
Abbracciò Max e la signora McKinnon, e si rivolse verso James chiedendogli se erano migliorate le sue prestazioni sportive di cercatore. Salutò educatamente Sirius, poi presentò il suo ospite.
«Lui è Amos Diggory, il mio futuro allievo nonché figlio di un carissimo amico di vecchia data» disse, col petto gonfio, indicando il giovane accanto a lui. Amos era popolare ad Hogwarts per due cose: per rivestire il ruolo di capitano nella squadra di Tassorosso – cosa che, assieme all'altezza e allo sguardo magnetico, lo rendeva particolarmente piacente agli occhi delle ragazze – e per essere un gran borioso: passava le giornate a vantarsi delle sue abilità con la scopa, con la bacchetta, con le pozioni – era arrivato a giurare di aver inventato un nuovo intruglio, sotto la guida di Lumacorno, che gli avrebbe permesso di migliorare ulteriormente le sue prestazioni sportive e mentali. La chiamava coffee, ed era un liquido marroncino ed estremamente amaro. Lily l'aveva smascherato, confidandosi con le altre, e sostenendo che si trattava di una bevanda Babbana poco nota nel Mondo Magico.
«Amos, penso che tu conosca già James e Sirius» lo introdusse John. James e Sirius lo salutarono senza particolare entusiasmo.
«Loro invece sono mia moglie, il mio primogenito.. e lei è la piccola di casa, ancora in pigiama» fece, senza nascondere una nota di disappunto nella voce. Amos, dopo aver salutato garbatamente Carla e Maximilian McKinnon, si avvicinò a Marlene, facendole un delicatissimo baciamano: lei sentì divampare l'imbarazzo sul suo viso, mentre Sirius e James assistevano divertiti, ma silenziosi. La signora McKinnon soffocò un risolino esaltato.
«Marlene, vero?» fece Amos, guardandola con un lieve sorriso.
«Si... ehm.. ciao» rispose Marlene, scansando la mano.
«Beh, visto che dovremo aspettare ancora un po' per mangiare, che ne diresti di una bella partita di Quidditch?» propose il signor McKinnon, dando una pacca sulla spalla di Amos, con i piccoli occhi volpini rivolti verso James e Sirius, che acconsentirono entusiasti.

Di lì a poco Marlene avrebbe felicemente scoperto che anche la famiglia di Dorcas era stata invitata al brunch. La ragazza arrivò in camera sua in un grazioso vestito di tulle verde prato, e si gettò sgraziatamente sul letto ancora sfatto di Marlene, che stava tentando di entrare nel suo di vestito, un abito violetto che la madre le aveva fatto cucire per l'occasione.
«Quindi oggi festeggeremo il tuo fidanzamento con un tizio che a malapena hai visto a scuola?» chiese Dorcas, mentre faceva volare una Gobbiglia a mezz'aria, che Kisa tentava maldestramente di catturare.
«Dovranno passare sopra al mio cadavere, per Merlino!» esclamò Marlene, con tono evidentemente alterato. «Sto per compiere sedici anni. A malapena so come si pomicia; non sono neanche sicura che mi sia mai interessato qualcuno»
«Beh, Sirius ti interessa...» borbottò l'amica.
«Ma quando mai...!» sbottò l'altra, mentre malediva la zip del vestito.
«Però Regulus sì!»
«Dorcas!» esclamò Marlene, voltandosi verso la ragazza «Non so come devo dirtelo...»
«Non sono l'unica a pensare che ci sia qualcosa di più tra voi. Anche Amelia lo crede»
«Amelia è paranoica»
«Lui.. ha una luce strana negli occhi quando ti guarda» sospirò Dorcas, alzandosi dal letto con un balzo e affacciandosi dalla finestra, che dava sul campo privato di Quidditch di villa McKinnon, dove i ragazzi stavano giocando.
«E poi, se fosse come dici te, non vedo proprio di cosa dovresti lamentarti. Lui è un gran bel pezzo di mago. Probabilmente è anche molto ricco, visto che te lo ha portato a casa tuo padre...»
«Di solito non sono i figli che portano a casa le persone che vogliono sposare?»
«Ti ha liberato di un gran bel peso, dai retta a me» rise Dorcas.
Marlene sbuffò, spazientita, lasciando la chiusura del vestito.
«Basta!» sbottò.
«Io non ci sarò a questo maledetto brunch, per la barba di Merlino» Dorcas accorse in suo aiuto, puntando la cerniera con la bacchetta: questa si richiuse con un fragoroso ZACK!, e Marlene sentì stringersi dentro al vestito, reclinando la testa all'indietro.
«Allora? Va meglio?» chiese Dorcas.
«Sì, certo» disse Marlene, muovendosi rigidamente verso la porta. «Se trattengo il fiato per quattro ore, allora probabilmente riuscirò a rimanere dentro questa cosa fino alla fine di questo dannato brunch!»

 


Scesero nel terrazzo al piano inferiore, sull'ala sud della villa, dove era stato servito in banchetto. Il lungo tavolo d'ottone era imbandito di pietanze di ogni tipo e bevande colorate, ed accoglieva già qualche decina di Maghi e Streghe, più e meno famosi personaggi della Società Magica. Sopra ad esso era stato allestito un candido gazebo, da cui pendevano piccole uova colorate e piumate, che aleggiavano a mezz'aria.
Dorcas riempì il suo piatto di dolciumi, mentre Marlene prese due bicchieri di sciroppo di ciliegia. Si sedettero su di una panchina fuori dal gazebo, godendo del caldo sole di quel sabato di inizio aprile. John Mckinnon e Jamie Meadows, il padre di Dorcas, parlavano animatamente di affari assieme ad altri maghi bacucchi del Ministero, mentre sua madre riceveva i complimenti delle streghe presenti, tutte elegantissime. James e Sirius, accostati ad un angolo del gazebo, ridacchiavano con la bocca piena.
«Tuo cugino e il suo amichetto sono un bel bocconcino, in abiti formali» constatò Dorcas, incrociando lo sguardo affilato di Sirius.
«Sono due idioti, Dorcas. Lo sai cosa penso delle amicizie di mio cugino» sentenziò Marlene, tenendo gli occhi bassi.
«Le amicizie di tuo cugino non potrebbero essere migliori!» squillò l'altra, alzando le lunghe e folte sopracciglia bionde.
«Piuttosto, ho trovato un modo per veicolare al meglio il tuo caratteraccio»
«Quale caratteraccio?» chiese Marlene, con un largo sorriso.
«Il tuo, signorina Bastian Contrario. Mi hanno chiesto di te a scuola, dopo il casino con zio Luma..»
«Sono stati i miei quindici minuti di gloria, lo ammetto» ridacchiò Marlene, facendo un sorso di succo.
«Non capisci. Loro ti vogliono come loro Portabandiera!» esclamò.
Marlene aggrottò la fronte, in un'espressione perplessa: stava per chiedere spiegazioni, quando percepì l'ombra di qualcuno alle sue spalle.
«Chi non la vorrebbe come Portabandiera?»
Marlene e Dorcas voltarono i visi verso la fonte di ombra, e videro l'alta presenza di Amos Diggory sorridere loro. Indicò Marlene e guardò Dorcas aprendo ancor di più il suo sorriso.
«Posso rubartela per qualche minuto?» chiese Amos.
Dorcas ridacchiò con faccia sorpresa, assentendo con la nuca.
«Divertitevi» bisbigliò a Marlene, che le lanciò un'occhiata infuocata. Si alzò, facendo attenzione che il vestito troppo stretto e corto non le lasciasse scoperta mentre si alzava.
«Il viola ti dona molto, Marlene» la adulò, mentre passeggiavano verso il cortile alberato.

E' glicine, idiota.

«Come a te l'oro, Amos»
Marlene lanciò uno sguardo alla cravatta scintillante del ragazzo. Si voltò un attimo indietro, e vide Dorcas che aveva raggiunto i due goliardici ragazzi, e ora ridacchiavano tutti e tre insieme, scrutando lei e l'alto ragazzo dal gazebo.
«Tuo padre non fa altro che portare le tue lodi. Dicono che tu sia un'eccezionale studentessa»
«Bhe, ogni padre è innamorata della propria figlia» rispose imbarazzata Marlene.
«Qual'è la tua materia preferita?»
«Cura delle creature magiche, suppongo, ma anche Rune Antiche mi piace molto» sorrise.
«Oh...» fece Amos, digrignando i denti «Non proprio il mio campo, devo ammetterlo. Odio Cura delle creature magiche da quando ci hanno portato un Camuflone..»

Scimmione contro scimmione. Uno scontro alla pari.

«..Pensa che mi ha aggredito appena mi sono avvicinato. Creature orribili» sorrise.
Hai provato ad accarezzargli il dorso, deficiente?
«Ti facevo più una tipa da Aritmanzia, o da Trasfigurazione»
«Sono brava in Trasfigurazione» rispose Marlene, non riuscendo a trattenere un brivido alla parola “Aritmanzia”.
«Devi essere davvero molto intelligente, allora» sorrise.
Marlene distorse la bocca in un sorrisetto imbarazzato. Trasfigurazione era certamente una delle materie più complicate del corso di studi di Hogwarts, ma da quando era diventato l'indice di intelligenza di una persona? Sorrise al pensiero dell'estrema superficialità del ragazzo con cui stava passeggiando, e guardò avanti, per cercare di nascondere il più possibile il suo disprezzo.
«Ehm.. di cosa vorresti occuparti del Ministero?»

 


«Credi che arriveranno subito al dunque?»
«Sarebbe così noioso, altrimenti»
«Scherzate, vero? Marley non si concederebbe mai a quel gorilla»
«Che c'è, sei geloso di mia cugina?»
«Certo che no» sbottò Sirius, rispondendo alla provocazione di James Potter: «La reputo soltanto abbastanza.. avveduta per finire sotto le lenzuola con quel misero “AcchiappaPluffe”. Penso che prima dovrebbe almeno vedere quanto male si muove in campo»
«Marlene ha frequentato ragazzi per molto meno» sentenziò ridendo Dorcas.
«Avresti dovuto vederla la scorsa estate ad Hog's Head, durante il concerto delle Sorelle Stravagarie. Non riusciva a scollarsi da Jonathan Snowide, il moretto Corvonero con l'aria sempre ansiosa che si è diplomato l'anno scorso»
Sirius fremette, sentendo un brivido che gli percorreva la schiena.
«L'avessi saputo, gli avrei dato del filo da torcere, a quello» bofonchiò James.
«Sei tu ad essere geloso della tua parente, Potter» ridacchiò Sirius.
Videro Marlene e Amos ripercorrere il viale verde di prato verso la loro direzione. Si tenevano per mano. Un nuovo fremito.
John McKinnon li raggiungeva a grandi falcate, nel suo elegantissimo abito sartoriale. Si avvicinò a Diggory, e lui assentì, prima di fare un nuovo baciamano a Marlene, e allontanarsi assieme al padre. Lei aspettò che si voltassero completamente, prima di correre verso Dorcas.
«Allora, com'è questo principe azzurro?» chiese Dorcas, particolarmente divertita dall'aria iraconda di Marlene.
«Che razza di coglione» esclamò lei, per tutta risposta.
«Quale finèsse, signorina McKinnon» ridacchiò Sirius, facendo un sorso di Whiskey Incendiario «o forse dovrei già chiamarti signorina Diggory?»
«Non cominciare Black, non sono proprio in vena per starti a sentire»
Sirius sorrise, mentre James era stranamente serio: «Ti ha.. per caso.. toccata
«Per Merlino, James, certo che no!» sbottò Marlene, aggrottando la fronte
«Come puoi credere che mi farei toccare da quel gorilla bigotto
«Visto?» fece Sirius, con l'aria beffarda di chi non sbaglia mai
«Che vi avevo detto?»
Marlene si voltò verso Sirius, guardandolo dapprima con aria turbata, per poi socchiudere i grandi occhi scuri in un'espressione indagatrice.
«E cosa, precisamente, avevi detto, Black?»
Sirius si tirò indietro, capendo di essere stato tradito dalla sua perpetua presunzione.
«Ho solo... fatto notare ai signori qui presenti che sei troppo.. com'è che si dice? Sessualmente insensibile per poterti concedere una prima scappatella col tuo aitante futuro fidanzato» spiegò, con un ghigno sorridente.
Tutti e tre percepirono che la pelle di Marley stava aumentando di temperatura.
«Mi stai dando della frigida
«Non è il termine che propriamente ho usato. E non mi hai mai dato modo di ricredermi» sorrise Sirius, con fare malizioso.
«Ed io invece non nasconderò dietro termini troppo aulici che ti farò cagare nelle mutande proprio lì dove ti ritrovi, senza bisogno della bacchetta, se non ti smaterializzi immediatamente fuori dalla mia portata visiva» fece Marlene, con i denti digrignati.
Dorcas sbuffò nel suo bicchiere, divertita, mentre Sirius si avvicinava pericolosamente alla faccia paonazza di imbarazzo e di rabbia dell'amica.
«Non potresti farlo, Fossetta. Non sei capace di fare una cosa del genere a me» sorrise sfacciatamente.
James lo strattonò via prendendolo sotto un braccio.
«Stanno per servire il dolce, Sir, non credi sia il caso di avviarci verso il banchetto?» fece, prevenendo il macello che sua cugina stava per mettere in atto.
«Non esiste cosa più dolce, Ramoso» bisbigliò Sirius, ancora col suo spigoloso sorriso beffardo, facendo attenzione a farsi sentire dalla sola Marlene, che non indietreggiava, ma si ostinava a mantenere il contatto visivo rabbioso con l'audace Black.
«Dolce?! Arrivo anch'io!» esclamò Dorcas, improvvisamente allegra.
«Tu rimani qui, Meadowes» ordinò Marlene, mentre Sirius le si allontanava sorridente.
Li guardarono allontanarsi verso il gazebo.
«Idiota di un Black» bofonchiò Marlene, atona. «Non crede che sia in grado di farlo, non è vero?»
Dorcas la guardava senza capire quando lei scocchiò le dita, fissando ancora l'alta figura di Sirius, ormai lontano. Anche Dorcas guardò, e vide Sirius paralizzarsi in mezzo al prato e fermare James, che lo guardava impietrito. Il cugino sbottò in una risata fragorosa, mentre Sirius lo pregava di star zitto. James lo prese a braccetto, tentando malamente di trattenere le risate, mentre Marlene e Dorcas notavano che il passo elegante di Sirius Black aveva lasciato spazio ad una camminata grottesca, impalata, fatta di piccoli passi, come se quello si fosse...
«Non. Dirmi. Che l'hai fatto. Davvero» fece Dorcas, impietrita, subito prima di far risuonare una risata cristallina.
Marlene non rispose. Rimase con le braccia conserte, e rubò il bicchiere di succo di zucca dell'amica, bevendone con aria estremamente compiaciuta.

 


Sirius e James tornarono poco dopo, e le due ridacchiarono quando videro un paio di jeans chiari di James addosso all'amico, che ora lanciava occhiate gelide a Marlene, facendola sentire molto a disagio.
Aveva forse esagerato?
Ovviamente no.
Mentre rifletteva, Maximilian McKinnon richiamò l'attenzione degli ospiti, facendo tintinnare una forchetta sul bicchiere di cristallo che teneva in mano.
«Amabilissimi Streghe e Maghi qui presenti» cominciò, con un sorriso smagliante.

«Vorrei anzitutto ringraziare mia madre...» fece, indicando la bella Strega seduta alla sua destra, accanto ad una ragazza dai tratti orientali e il lunghi capelli corvini, che si era alzata assieme a Maximilian.
«Chi è quella?» chiese Dorcas, interrogativa, a Marlene.
«Non ne ho la più pallida idea» rispose la ragazza, sincera.
«...come al solito ha organizzato questa piccola riunione con l'eleganza e la bellezza che la contraddistinguono. E proprio sfruttando questo gaio evento volevo presentarvi Harumi Shinozaki...»
«Sarà una sua collega giapponese che ha trovato il modo di farsi una vacanza» bisbigliò acida Marlene, sorseggiando dal suo bicchiere.
«Non mi pare proprio che la guardi come si guarda una collega, Lène» rispose Dorcas, prima di venire zittita da una vecchia strega corpulenta e l'aria accigliata seduta vicino a lei: la ragazza rispose con una smorfia infastidita, non appena la strega si fu voltata verso Maximilian. Marlene osservò come suo fratello si voltava verso la bellissima ragazza giapponese, e sentì i suoi battiti accelerare, sgranando gli occhi.
«Secondo me è la sua ragazza» sentenziò Dorcas, abbassando gli occhi.
«Maximilian non ha ragazze» rispose Marlene, imperativa.
«Se lo dici tu...» fece Dorcas, non troppo convinta, mentre la strega si voltava di nuovo, con sguardo burbero.
«Insomma, signora, si può sapere qual'è il suo problema, per le mutande di Merlino?» fece ora la ragazza, rispondendo all'espressione infastidita della signora.
«... è con immenso orgoglio e felicità che vi invito tutti a condividere la nostra gioia...»
«Oh, andiamo, Dorcas! Ha soltanto ventun'anni!»
«..nell'annunciarvi il nostro matrimonio!» concluse Maximilian.
Gli applausi fragorosi che esplosero riuscirono a coprire il tonfo che fece il cuore di Marlene all'interno del suo petto. Rimase freddata da quell'annuncio fastidiosamente sorprendente, mentre osservava la madre scoppiare in lacrime e il padre alzarsi per abbracciare il primogenito. James e Sirius si alzarono, ululando di orgoglio, mentre Dorcas si voltava verso Marlene, ancora gelida, trattenendo una risata fragorosa.
«Favoloso» sentenziò atona Marlene.
«Mio fratello si sposa. E vengo a saperlo assieme a tutta la Società Magica. Veramente favoloso»

 
 
Ciao a tutti.
Con non poca fatica sto tentando di mantenere un buon ritmo nella pubblicazione dei capitoli, perchè trepido all'idea di sapere cosa ne pensate - ritmo che molto probabilmente andrà sempre più scemando, dato che preappelli ed esami si avvicinano T^T.
Nonostante questo breve inciso, io volevo cominciare ringraziando tutti quelli che hanno (anche per sbaglio) cliccato sul titolo di questa cosa/narrazione: grazie per aver raggiunto le 100 visualizzazioni del primo capitolo e del prologo, grazie a chi l'ha inserita nelle seguite, chi nelle ricordate e addirittura all'utente (unico, ma importantissimo) che l'ha inserita tra le Preferite.
E, naturalmente, a chi ha recensito.
E' davvero un grande onore, in qualsiasi caso, sottoporre le mie cose/storie ai vostri occhi.
Passiamo alla storia: ambienti familiari, in questo capitolo. O quasi.
Ancora una volta si instaura un parallelo nelle vite di Marlene e Regulus: ospiti inattesi, notizie (in)attese.
C'è chi reagisce meglio e sa come comportarsi, chi invece non ci sta proprio.
La narrazione è ancora intrisa di irreale comicità, visto che siamo ad un passo dalla Prima Guerra Magica (anche se nessuno sembra accorgersene, e me ne rendo conto): il mio è ancora un lavoro di caratterizzazione, caratterizzazione di  ragazzi, con tutta la loro immaturità, orgoglio, paura, sfacciataggine.
Regulus si staglia tra tutti come uno che è cresciuto troppo presto, che è costretto a celare la sua fanciullezza in un cassetto.
Marlene non ha proprio tempo di pensare che sta crescendo, anche se anche a lei si presenta davanti un futuro troppo repentino: e non ha tempo perchè è troppo impegnata ad arrabbiarsi.
Dorcas, Amelia, Lily e i Malandrini sono testimoni delle sue "esplosioni", ma avvertono la presenza "pericolosamente" vicina di Regulus, che non li convince affatto.
Che fare?
Appuntamento alla prossima puntata!

Ora smetto di fare l'idiota, e vi do un'altra piccola coordinata.
La famiglia McKinnon è (chiaramente) ispirata alla famiglia Bernaschi de "Il Capitale umano", capolavoro di Virzì che non riesco a fare a meno di riguardare. E riguardare. E riguardare.
Una madre di origini italo-francesi giuliva come un'oca, un padre estremamente ambizioso che non accetta di perdere in alcun campo della vita, e un bellissimo fratello, che ha riscosso successo in Giappone. 
E sì, ho fatto cagare Sirius nelle mutande. Prometto che non accadrà più, ma a volte anche l'orgoglio dei Black va scalfito.

Sono pronta a sottopormi al vostro giudizio.
Se vi fa schifo quello che sto scrivendo, scrivetelo.
Se non vi crea poi tanto disgusto, ancora scrivetelo.

Oppure passate a leggere e basta, che sono contenta uguale :3
Buona lettura!

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


The best of Youth

Capitolo IV 
Il più caldo dei colori


 

«Andiamo, Marlene, ne parli come se si trattasse di un funerale! È pur sempre un matrimonio!»
Le lunghe dita di Dorcas Meadowes si muovevano tra le pagine giallastre della gazzetta con scatti repentini, mentre Lily Evans, con una matita tra i capelli, leggeva il suo manuale di Trasfigurazione. Arya, la piccola femmina di Kneazle di Marlene McKinnon, era acciambellata tra le sue gambe, e dormiva placidamente. E Marlene McKinnon, che aveva ancora una volta il viso increspato in una smorfia di disapprovazione, era piegata sul suo baule, mentre cercava goffamente un asciugamano pulito.
«Dovresti essere felice per tuo fratello, Lène» sospirò Lily, senza distogliere lo sguardo dal suo libro. «Scommetto che Numi..»
«Harumi
«Harumi, scusa. Scommetto che Harumi è una ragazza deliziosa»
Marlene alzò gli occhi verso la rossa compagna di stanza, aggrottando le sopracciglia in un'espressione contrariata.
«La conosce da appena sei mesi, e vuole sposarla questo Natale!» ribattè con tono altisonante.
«Magari è stato amore a prima vista» sbadigliò Dorcas, manifestando tutto il suo disinteresse per la questione: erano tornate ad Hogwarts soltanto da pochi giorni, e Marlene non aveva fatto altro che riempire le loro orecchie di lamentele e proteste contro il matrimonio annunciato dal fratello di lei, durante le vacanze. Marlene, d'altro canto, era talmente sconvolta da sentirsi oltraggiata dalla notizia del fratello, e da non potersi accorgere di risultare quasi pedante alle orecchie delle compagne.
«Non esiste l'amore a prima vista» sbottò, mentre raccoglievauna piccola ampolla di shampoo dal suo baule. 
«Quell'ammaliatrice orientale si sta solo servendo di mio fratello»

Dorcas scoppiò in una fragorosa risata, ed anche Lily la seguì, con un vivido sorriso: alzò i suoi occhi verdi sulla ragazza accigliata di fronte al suo letto.
«E' naturale che tu sia gelosia di tuo fratello, Lène» disse.

«Non sono gelosa di nessuno, io!» borbottò Marlene, dirigendosi a grandi passi verso il bagno, e sbattendo la porta con fragore.
«Lène» sentì chiamarsi da dietro la porta «Quando esci devo parlarti di quella cosa che non ho potuto dirti alla Festa di Fidanzamento di Max»
Gelosa, lei?
Non era mai stata gelosa di nessuno, se non dei suoi animali. Semplicemente, non avrebbe mai creduto che suo fratello si sarebbe sposato: figuriamoci se avesse potuto credere che avrebbe sposato una ragazza giapponese, che aveva conosciuto probabilmente meno di sei mesi fa, con un preavviso così esiguo! Maximilian si sarebbe trasferito in Giappone definitivamente, e lei non l'avrebbe più rivisto: forse avrebbe continuato a tornare per farle visita a Natale, ma, a poco a poco, anno dopo anno, si sarebbero allontanati sino a diventare due estranei l'uno per l'altra.

Temeva che suo fratello si sarebbe presto trasformato nel ricordo di qualcuno a cui voleva bene. Il loro legame, che tenevano ben saldo, sarebbe divenuto cenere, e le sarebbe scorso via, tra le dita.
Per non parlare dei suoi genitori: ora che Maximilian si sarebbe sposato, le pressioni sul suo fidanzamento si sarebbero fatte sempre più soffocanti. L'avrebbero costretta a sposare quel Camuflone di Diggory, e sarebbe rimasta incinta prima che potesse capire come era successo: per un momento, dietro all'acqua della doccia che scorreva sulle sue palpebre, vide sé stessa, con un bambino in braccio e altri due rincorrersi intorno alle sue gambe, con la spalla sporca di vomito e i segni di stanchezza solcarle il viso.
Rabbrividì, prima di scrollare via quell'immagine dalla testa, assieme al balsamo profumato con cui aveva massaggiato la testa fino a quel momento. Uscì dalla doccia, avvolgendosi nell'accappatoio e strizzando via l'eccesso di acqua dai capelli con l'asciugamano: lo buttò poi a terra, asciugando il pantano che aveva creato sul pavimento, e uscì dal bagno, esordendo.
«Sono solo preoccupata per lui. Se sposa quella Geisha Miwaku-sha non tornerà mai a riscattare il posto che merita al Ministero»

«Non hanno preso in considerazione di trasferirsi insieme qui, in Ingh...» chiese Dorcas, che si interruppe quando alzò gli occhi per incontrare la figura ancora gocciolante d'acqua di Marlene. 
A dire il vero, il suo sguardo si era imbattuto qualcosa di molto più insolito della semplice presenza dell'amica: tra le lunghe ciocche bagnate della ragazza, quelle più lunghe e spesse brillavano di un vivacissimo color ceruleo.

«L'hanno preso in considerazione, in effetti» fece Marlene, piegata ancora una volta sul suo baule, alla disperata ricerca di una spazzola. Non notò la manifesta perplessità scolpita sul volto di Dorcas, mentre si rialzava.
«Ma credono sia meglio rimanere a Tokyo, almeno fin quando Maximilian non terminerà il suo incarico a Mahoutokoro. Ma posso giocarmici i capelli che gli assegneranno un ruolo ordinario in quella scuola ai confini del mondo!» borbottò.
Mentre si incamminava nuovamente verso il bagno, continuando a lamentarsi ad alta voce, Dorcas afferrò una Gobbiglia dal comodino, per richiamare l'attenzione di Lily: la piccola sfera si abbattè su Kisa, e le imbrattò il pelo cinereo col suo puzzolente liquido. Prima di balzare giù dal letto La “gatta” strinse le unghie intorno al polpaccio di Lily, che con una smorfia di dolore alzò lo sguardo verso quello conturbato di Dorcas, che le indicò Marlene. Anche lei, a quel punto, sbiancò.

Marlene aveva lasciato la porta del bagno aperta, e aveva abbassato la testa per pettinare i lunghi capelli.
«Ma sapete che vi dico? Proprio non mi interessa. Devo solo aspettare un altro anno. Tra poco più di un mese compierò sedici anni, e tra un anno ancora sarò maggiorenne: potrò andarmene di casa, farmi crescere la barba ed entrare in un circo babbano. Ho sentito che viaggiano per chilometri e chilometri, visitano tutti i continenti: così potrò andare a trovare Max» ridacchiò, rialzandosi e scuotendo i capelli all'indietro.
Lily e Dorcas non sapevano se essere più intontite per i discorsi insensati di Marlene o per il fatto che non si fosse ancora accorta dell'improbabile sfumatura che avevano assunto i suoi capelli. La ragazza si affacciò dalla porta del bagno, con un grande sorriso.

«Sto scherzando, ragazze!» fece sorridente; ma non ci fu risposta da parte delle compagne, che continuavano ad osservarla inebetite, come se fossero state Pietrificate. Marlene aggrottò la fronte, confusa dall'improvvisa, totale laconicità delle due.
«Avete visto un Dissennatore, per caso?»
«Ma... Marley» balbettò Lily «I... i tuoi capelli...»
«Sono belli?» chiese Marlene, sorridente. Corse dentro la doccia e raccolse l'ampolla blu.
«Deve essere un balsamo nuovo, non avevo mai visto questa confezione. Mia madre si fa inviare un sacco di prodotti di bellezza da Madame du Savon, che ha un negozio di profumi nel Quartiere magico di Parigi. Merlino solo sa quanto spende in queste schif...»

Si era rivolta di nuovo in bagno, e aveva passato il palmo della mano sopra al velo di umidità depositatosi sullo specchio sopra al lavandino: così aveva scorto, finalmente, la terribile novità che aleggiava sulla sua testa. Aprì la bocca, paralizzata dalla vividezza di quell'azzurro, e vi pose davanti le mani, tremolanti per lo spavento.
«La nuova mode parisienne ha come imperativo i capelli blu, quest'anno?» sghignazzò Dorcas, riprendendo coscienza di sé.
Lily si alzò dal letto e corse al bagno, con fare urgente, e si pose dietro a Marlene, che ancora aveva le mani sopra la bocca e gli occhi sbarrati di fronte alla sua immagine.

«Lène, non è una cosa irreversibile..» sospirò, mentre Marlene affannava dei lunghi sospiri ansiogeni. «Dobbiamo solo capire cosa c'era in quella.. soluzione, e poi potremmo cucinare un Antidot..»
«SONO BLU!» Marlene urlò talmente forte che la saliva arrivò fino allo specchio. Strinse i pugni per la rabbia, mentre Lily abbassò gli occhi, trattenendo una risata. «HO I CAPELLI BLU! GUARDALI!»
Emmeline Vance e le gemelle Siamsky, allarmate dalle urla, si erano affacciate alla camera di Dormitorio.
«E' un colore che ti ha sempre donato molto» fece Dorcas, alzandosi anche lei dal letto.
«E' successo qualcosa?» chiese Emmeline, con aria preoccupata.
«Non posso presentarmi da nessuna parte, conciata così! Dovrò restare a marcire dentro questo dormitorio per sempre. La mia vita è finita!»
«Marlene ha una crisi di identità» rispose Dorcas, inarcando le folte sopracciglia.

Ci volle una giornata intera, e tutta la notte successiva, per convincere Marlene McKinnon ad uscire dal Dormitorio femminile di Grifondoro. Tutte le ragazze che l'avevano assistita quella sera avevano tirato fuori le storie più assurde ed imbarazzanti di studentesse che, tra un Incendio di troppo e una Pozione sbagliata, non se l'erano passata meglio di lei in quel momento.
E lei, dal canto suo, sembrava inconsolabile, anche quando Lily riconobbe nel balsamo colpevole del misfatto frammenti di piume di Jobberknoll (che rendevano gli effetti dell'intruglio particolarmente permanenti) e dei pungiglioni di Celestino, e cominciò a teorizzare un antidoto, rassicurandola che si trattava di una pozione particolarmente semplice e realizzata piuttosto sbrigativamente, a detta sua.

Marlene era talmente frastornata dalla situazione che non le venne subito in mente che potesse trattarsi di uno scherzo di cattivo gusto, ma pensò bene che fosse più plausibile che avesse lavato i suoi capelli con il concime che la signora Blatherwick utilizzava per le Giunchiglie Strombazzanti in giardino.
Alla fine, chiese a Dorcas di prestarle un berretto, e lei gliene regalò uno dei tanti che aveva, azzurro anch'esso, con delle nuvole bianche e vaporose che giravano intorno alla testa, rincorrendosi. Marlene aveva guardato il cappello, sconcertata da quel colore che sembrava perseguitarla, e aveva poi rivolto un'occhiata cagnesca a Dorcas.
«Mi stai prendendo in giro?» le aveva sibilato.
«E' il mio berretto preferito!» si era giustificata la bionda
«E lo sto dando a te!»
«E' una soluzione provvisoria, soltanto finchè non creiamo l'antidoto» aveva spiegato Lily, con aria comprensiva e col malriuscito intento di sembrare rassicurante. Marlene non aveva accettato di buon grado, ma pensò che era meglio farsi vedere con un berretto azzurro, piuttosto che con quei capelli: una ragazza dalla chioma colorata era insolita anche nel mondo Magico, figurarsi ad Hogwarts, dove il regolamento sanciva con estrema serietà l'obbligatorietà della divisa proprio a garanzia dell'eguaglianza degli studenti. Cosa avrebbe pensato la McGrannitt, se l'avesse vista conciata un quel modo? Il ridicolo berretto di Dorcas non l'avrebbe preservata dalle beffe, ma almeno non sarebbe incorsa in debiti scolastici.. forse.

La mente navigava, mentre faceva colazione in Sala Grande, in mezzo a Dorcas e Lily, che raccontavano l'accaduto ad Amelia, che a stento tratteneva in gola le risate.
Aveva visto suo cugino e gli altri Malandrini trottare all'interno della stanza, e aveva avvertito un tuffo al cuore, conscia che non si sarebbe salvata dalle loro stupide canzonette derisorie.
«Buongiorno, mio splendido Giglio Infuocato» aveva trillato James Potter, accostandosi a Lily, che gli aveva rispondo alzando la bacchetta, senza voltarsi neanche a guardarlo in volto.

«Sparisci, Potter, o ti Schianto direttamente in classe»
«Nottataccia?» chiese lui, beffardo.
«In realtà, era stata una splendida giornata, fino ad ora» spiegò Lily, dedicandogli uno sguardo particolarmente velenoso: «La tua stupida voce è riuscita a rovinarla. Dovrei pensare a Trasfigurarti in un pesce, un giorno di questi»

«Per te, mi tramuterei in qualsiasi cosa. Anche in un cervo» fece lui con tono suadente, alzando una delle scure sopracciglia.
Passò una mano tra i capelli confusi, mentre Lily gli premesa la bacchetta sul naso, incitandolo: «Sparisci»

Le altre sghignazzarono divertite, prima che qualcosa afferrasse il berretto di Marlene, tentando di sfilargliero: lei aggrappò le sue mani ai bordi del berretto, tenendolo fermo.
«Cosa nascondi, sotto questa.. cosa, Fossetta?» chiese Sirius, distendendo il suo caratteristico sorriso spigoloso.
«Non hai mai indossato berretti»

«Li indosso ora» sbottò Marlene «ho deciso che adoro tutti i cappelli più ridicoli mai cuciti»
Il calcio di Dorcas le arrivò dritto al polpaccio destro, e trattenne un mugolìo di dolore.
«Una passione insolita, la tua» sospirò Sirius.
«Magari, una sera di queste, potrei salire al Dormitorio femminile, così potrai farmi vedere la tua collezione di cappelli stravaganti»

«Contaci» borbottò lei, con tono scettico, voltandosi verso il suo pasto.
«Andiamo, McKinnon» continuò, imperterrito: «anche James vuole sapere cosa nascondi sotto quelle nuvolette»
Marlene arrossì di vergogna e di sdegno, e balzò in piedi, facendo sussultare Dorcas, Amelia e Lily. «Non nascondo niente! Non ho bisogno di nascondere niente, io!» sbottò, prima di allontanarsi verso l'uscita. Le altre si alzarono mestamente. Dorcas scrutò Sirius, con espressione accigliata.
«Quel berretto è bellissimo» fece con tono imperativo, prima di allontanarsi, assieme alle altre.
I Malandrini rimasero a guardarle uscire dalla Sala Grande, prima di scoppiare in una fragorosa risata.

«Questa volta l'abbiamo fatta incazzare di brutto, Felpato» sogghignò James.
«Era quello che volevamo, no?» Sirius prese una fetta di toast imburrato, azzannandola con espressione furfante.
«Come al solito, avete esagerato» constatò Remus in un sorriso.

«Mi ha fatto cagare nelle mutande, Lunastorta» replicò il ragazzo, improvvisamente serio.
«E credi che tingere i capelli di blu, per una ragazza, non sia l'equivalente di quello che lei ha fatto a te?» gli chiese con fare arguto.
Sirius ridacchiò: «Certo!»

Remus scosse la testa: «Se sei fortunato, probabilmente non ti rivolgerà mai più la parola. Hai un'ottima strategia per corteggiare una ragazza»
«Non volevo corteggiarla» borbottò Sirius, mentre James alzava gli occhiali e fissava Remus.
«E nessuno ha detto che dovrà mai saperlo» ghignò.
Peter sussultò, e Remus guardò i suoi compagni con espressione grave.
«N-non.. non v-volete dirglielo?» balbettò Peter.
«Ovviamente no» sbadigliò Sirius. Remus battè un pugno sul tavolo di legno.
«Non siate ridicoli, per Morgana!» sbottò, infuocato: «Assumetevi le vostre responsabilità. Vi do tempo fino alla finale di domenica per dire la verità a Marlene»
«Oh, andiamo, Lupin!» borbottò James, mentre Sirius sbuffava tutta la sua disapprovazione.
«Felpato!» gli si rivolse Remus, ancora particolarmente accigliato, incontrando gli occhi trasparenti e annoiati.
«Promettimi che glielo dirai»

 

«Promettimi che non lo dirai a nessuno»
La brezza leggera di fine aprile increspava la superficie argentea del Lago Nero, percorrendolo in tutta la sua lunghezza, fino a raggiungere la riva, dove Marlene e Regulus sedevano, da soli.
«Cosa non dovrò dire a nessuno?» chiese Regulus, sorridendole.
«Perchè porti uno stupido berretto di lana con questo sole?»

«C'è un motivo se devo portarlo!» sbottò la ragazza, stringendo i pugni.
«Non vedo proprio l'ora di scoprire questo motivo»
Davanti al divertimento del suo amico, Marlene abbassò gli occhi, con fare timido.
«Devi anche promettermi di non ridere»

Regulus strinse il sorriso, e si appoggiò all'indietro, tenendo le mani sul terreno nero ed umido.
«La tua confessione sembrava interessante: devi farla, prima che diventi noiosa»
Marlene rimase con lo sguardo basso, mentre si sfilava il berretto e mostrava a Regulus i suoi capelli. Lui strinse gli occhi verdi in un'espressione turbata, ma non poté nascondere un certo spasso alla vista della chioma inevitabilmente, incommensurabilmente blu. Marlene lo guardava arrabbiata.

«Hai promesso che non avresti riso»
«Non ho promesso niente» rispose Regulus in una risata.
«Che.. come diavolo hai fatto?»
«Non lo so, non lo so!» gridò Marlene, disperata.
«C'era questa ampolla nel mio baule, ed ero sicura che fosse un nuovo balsamo per capelli, che l'avesse messo lì dentro mia madre. Lei tocca sempre il mio baule: deve essersi sbagliata, aver fatto casino con tutti quei suoi intrugli...» farfugliò confusamente: «Le altre hanno detto che non è poi così male..» sospirò, con la voce rotta dai nervi.

«Le altre ti direbbero che staresti bene anche dopo una Fattura Pungente»
«Sì, Regulus, lo direbbero» gli si rivolse, con tono arrabbiato. 
«Perchè sono mie amiche, e le amiche ti dicono quello che vuoi sentirti dire quando sei abbattuta»
Regulus smise di sorridere, e le rivolse uno di quegli sguardi che riuscivano sempre a metterla in soggezione.
«Questo non è vero» proferì, atono.
«E tu lo sai bene»

Marlene sussultò, e sorrise, ricordando il motivo per cui era tanto legata a quel ragazzo.
«Hai ragione, scusa» disse, con tono gentile.
Anche Regulus, allora, abbozzò un sorriso nervoso: «Ti preparerei l'antidoto, ma sai meglio di me che i G.U.F.O. sono vicini»
«Non devi preoccuparti, mi aiuterà Lily con questo»
Si grattò la testa, con i capelli blu che, elettrizzati, scappavano indomiti.
«Non so, però, per quanto riuscirò a nasconderli sotto questo coso, che prude da morire, oltretutto»
«Hai pensato che potrebbe essere uno scherzo di pessimo gusto?»
«Impossibile» proferì Marlene
«Ho fatto al lucchetto del baule un incantesimo di protezione. Lo chiudo sempre, una volta aperto. E poi mi piace pensare di piacere a tutti» ammise, in un largo sorriso.
Anche Regulus sorrise, guardando le profonde fossette che le solcavano le guance, e che lei odiava.
Anche conciata così, pensò, riusciva ad essere sorprendentemente bella.

 

Ancora volta, il risveglio fu improvviso e confuso: sentì un turbine di spavento prendergli la bocca dello stomaco quando si accorse che la sveglia non aveva fatto il suo dovere, prima di ricordare a sé stessa che era domenica, e che non doveva correre da nessuna parte.
Quando inspirò profondamente, come per riprendere fiato dall'essere scampata dal pericolo di un quotidiano ritardo, sentì di nuovo quell'odore: era più forte ed aspro dell'ultima volta, e poteva avvertirlo distintamente, incastrato nella trama del cotone candido del lenzuolo. Pensò che, ancora una volta, il sonno l'aveva colta mentre scriveva il tema di Rune Antiche per il lunedì che sarebbe arrivato poco dopo, nella Sala Comune, sulla grande scrivania che, a quell'ora della notte, non era richiesta come nelle ore del giorno.
Si stiracchiò, senza dar troppo peso, ancora una volta, al fatto che si fosse svegliata nel suo letto senza ricordarsi come ci era arrivata. Che soffrisse di sonnambulismo? Era plausibile: il sonno di Marlene McKinnon era talmente profondo che avrebbe stentato a svegliarsi anche se un Troll avesse fatto incursione nel dormitorio.
Ringraziò il cielo che fosse domenica, prima di ricordare che quella era la prima domenica di maggio. A quel punto, balzò in piedi con un urlo, e scese dal letto, per partecipare alla finale Grifondoro-Tassorosso del Campionato di Quidditch di Hogwarts.


Quando arrivò al campo, le squadre erano già cambiate e pronte per essere presentate. Regulus, Piton e Goyle si stavano dirigendo verso gli spalti e la videro correre verso gli spogliatoi, per recuperare l'attrezzatura di protezione: solo Regulus la riconobbe da dietro, per i capelli ancora cerulei.
«Marlene!» gridò, mentre la raggiungeva.
«Oh, ciao!» gli rispose con un sorriso nervoso: «Sei venuto per la partita? Sono contenta. Spero che tiferai Grifondoro, per una volta. Ora scusami Regulus, devo scappare, altrimenti la Adams mi comprimerà fino a farmi diventare la sua nuova Pluffa personale» urlò in un soffio. Regulus si aggrappò all'orlo dorato della manica della sua divisa di squadra, e la fece voltare di nuovo.
«Lène, i tuoi capelli..»
Per la seconda volta, quella mattina, Marlene sentì tutto il suo esofago stringersi in una morsa agghiacciante. Ebbe un fremito di terrore, e mollando di getto il borsone, si portò le braccia sulla testa nel disperato tentativo di coprirsi, alzando anche la scopa che aveva in mano e colpendo col manico il mento di Regulus. 
«Dovevo vedermi con Lily ieri sera nel bagno di Mirtilla. Che idiota, l'ho completamente dimenticato»
Regulus si teneva il mento, dolorante, e la guardava inebetito: «Bhe, puoi usarlo come diversivo, durante la partita»
«Si, certo» Marlene lasciò cadere la scopa e afferrò il cappuccio del suo mantello che le ricadeva sulla schiena, portandoselo sopra la testa.
«Me la caverò, vedrai!» 

Raggiunse la squadra che stava per entrare in campo, e la Adams la guardò torva.
«Ah, buongiorno McKinnon! Non credevo che le riserve avessero la possibilità di prendersela comoda alla finale di Campionato»
«Scusa, Heles» proferì mortificata, stando attenta a tenere il cappuccio sopra la testa. Alla sua vista, James si voltò verso Sirius, che rispose allo sguardo con un sorriso maligno.
Videro il grande portone di legno lasciar entrare la luce accecante del mattino, e i giocatori inforcarono le scope, mentre Silente presentava le rispettive squadre in campo. I compagni di Marlene spiccarono il volo verso il cielo, al centro del campo, mentre lei, Emmeline Vance e Gregory Packard raggiungevano lo spalto più basso sull'ala destra del campo, destinata alle riserve della squadra di Grifondoro.
Vide Amos Diggory salutarla dal campo, accanto ad un'altra ragazza, riccia e dalla splendente divisa dorata: il vice-capitano dei Tassorosso si chiamava Rebecca Griffins, e frequentava il terzo anno Durante la Marlene ebbe modo di notare che le voci sulla furia e la bramosia di vittoria che mostrava in campo erano totalmente fondate. Nonostante fosse, come lei, una Cacciatrice (il ruolo meno aggressivo del gioco), Rebecca riusciva a seminare i Bolidi e depistare gli avversari con una semplicità sconcertante: notò che anche Heles ebbe qualche difficoltà, quando avanzava a piè sicuro verso l'anello più alto con la Pluffa in mano, e lei gliela sfilò dall'incavo del braccio con un colpo deciso, facendola cadere direttamente tra le mani di Amos.

«Marley! Marley!»
Sentì la voce di Lily dalla tribuna sopra alla sua. Alzò la testa, e vide la rossa inveire contro di lei.
«Dove diavolo eri ieri sera? Sono riuscita a trovare una Soluzione Schiarente»
Marlene vide apparire davanti ai suoi occhi un barlume di speranza.«L'hai portata dietro?»
«No, sciocca, vuoi farti uno shampoo in mezzo al campo?» gridò Lily.

 


La squadra Tassorosso conduceva il gioco con un disavanzo di cinquantatre punti, quando la scopa del capitano Adams incontrò un funesto Bolide, a metà campo, e planò pesantemente a terra: gli infiermeri spuntarono dai tendoni rossi e dorati, e trasportarono via Heles, mentre James, quale vice, prendeva in mano la situazione. Si scaraventò verso la tribuna delle riserve, e sorrise a Marlene, che aveva pregato di non dover giocare quella partita.
«E' la tua iniziazione, cuginetta» gridò lui, invitandola ad entrare in campo. Si avvicinò ancora, mentre Marlene tentava di farlo desistere, lo pregava di scegliere qualcun altro.
«E togliti quel maledetto mantello!»
Gli passò una mano dietro la testa e fece cadere il cappuccio, scoprendo a tutto il campo di Quidditch il terribile segreto che si celava al di sotto.
«James!» urlò Marlene arrabbiata, mentre tirava i capelli indietro per raccoglierli in una coda scompigliata: magari, da legati, le persone li avrebbero notati meno.
«Forza, muoviti, abbiamo bisogno di te»

«Voglio che tenete quei Bolidi impazziti alla larga dai Cacciatori. Voglio che fate rimpiangere a quella fanciulla di Amos Diggory di essere nata. E voglio anche che depistate quello stupido Cercatore-in-erba. Ci siamo capiti?» tuonò James, rinchiuso nel cerchio che aveva formato con i compagni della squadra.
«Tu, Lène, e tu, Baston, dovete assolutamente tenere tranquilla quella chimera della Griffin. Rompetele le palle, incendiate la sua scopa, fate quello che vi pare: dovete addomesticare quel cane da caccia»
Tutti scoppiarono in una risata, e sciolsero il cerchio, rimontando a cavallo delle rispettive scope. Marlene stava infilando i guanti, con gli occhi bassi, quando Sirius Black le afferrò la coda, con un forte strattone.
«Stai tranquilla, Puffetta. Io e i miei Bolidi terremo il tuo Principe Azzurro lontano da te e dalla tua Comet» le sussurrò sorridente.
Marlene rispose al sorriso, ancora più nervosa di prima.

«L'unico che deve stare lontano da me sei tu, Black. E se non mi chiami più così, nessuno si farà male» lo minacciò, prima di salire in cielo.

«Professoressa McGrannitt, chi è la deliziosa ragazza dai capelli Blu dei Grifondoro?»
La professoressa McGrannitt accostò gli occhiali quadrati agli arguti occhi, corrugando le labbra sottili. 
Alzò le sopracciglia in un'espressione sorpresa.
«Suppongo sia la McKinnon, anche se.. è sicuramente insolito vederla in quelle.. condizioni» 
«Un'avanguardista, oserei dire» sorrise Albus Silente.
La Griffin le era addosso ormai da un quarto d'ora.
E da un quarto d'ora stava passando e ricevendo ripetutamente la Pluffa a e da Thomas Baston, senza riuscire a conquistare più di un metro di campo.  Sirius e Will riuscivano a tenere i Bolidi fuori dalla loro traiettoria, ma Amos e Rebecca si stavano rivelando anche più duri di quanto immaginasse. E James era sparito.

Fece cenno a Thomas di salire e gli parlò all'orecchio con enorme fatica. Aveva ancora la Pluffa: la fece cadere sotto di lei, facendola raccogliere al ragazzo, che sfrecciò nella direzione degli anelli di Grifondoro. A quel punto, Rebecca e Amos erano talmente sbigottiti che fermarono le scope, cercando di capire cosa stesse succedendo.  Anche gli altri giocatori di Grifondoro aveva notato, con spavento, che il Cacciatore della loro squadra stava andando nella direzione sbagliata. Sirius guardò Marlene alzarsi in aria, e lei ricambiò lo sguardo, pregando Merlino che capisse.
E Sirius Black capì: sentì il rumore sfrecciante del Bolide dietro di lui, e si preparò a scatenarlo contro i Cacciatori dorati. Amos e Rebecca scapparono dai Bolidi, mentre Marlene sfrecciava sopra la porta di Grifondoro. Thomas lanciò la Pluffa davanti all'anello più alto. La ragazza dai capelli blu si buttò in picchiata sulla Pluffa, e continuò a cadere, fino a sfiorare il prato del campo, e lo percorse, bassa, fino ad arrivare lì, dove Rebecca e Amos le impedivano l'avanzata.
Riuscì a proseguire, dato che i Cacciatori di Tassorosso erano ancora alle prese con i Bolidi. Lanciò la Pluffa nell'anello più alto, lo sorpassò e la raccolse.
A quel punto, sentì lo squillo delle trombe sovrastare le urla degli spettatori, e vide James riscendere, con la bocca aperta in un sorriso e il Boccino tra i denti, in uno dei suoi consueti gesti di esibizionismo.

La Sala Comune era stata già imbandita di festoni carmini e dorati che coprivano i preziosi arazzi alle pareti e festeggiavano dal camino la squadra vincitrice. La grande scrivania era stata apparecchiata delle migliori leccornie di Mielandia: qualcuno era anche riuscito a portare anche Burrobirra e Whiskey Incendiario.
James e Sirius impedirono a Marlene anche di cambiarsi, e la portarono di peso direttamente alla festa.
Le ragazze li avevano seguiti con striscioni e coriandoli.
«Che cosa ti ha detto Amos?» le chiese Dorcas, mentre versava del Whiskey per lei e le compagne.
«Che ho giocato bene e che con questi capelli non mi aveva riconosciuta» rise Marlene.
«Mi ha chiesto come è successo che mi sono combinata così. Gli ho risposto che non ne avevo idea.»

Scoppiarono a ridere. Dorcas le poggiò una mano sulla spalla, e si avvicinò al suo viso.
«Devo parlarti, Lène, da più di una settimana»
Marlene si stava voltando verso di lei, quando Sirius sbucò alle spalle di Dorcas, prendendola di mira.
«Sono desolato di dovervi interrompere, ragazze. Ma c'è una novellina, tra voi, che deve adempiere ad un Rito di Iniziazione» sorrise malandrino.
Cinse la ragazza con entrambe le mani e alzandola di peso, e la mise sulla spalla destra, tra le urla e le minacce inefficaci di lei, e la trasportò vicino al fuoco.
Sirius le sorrise, chinandosi poi sulla brace, e intingendo due dita nella cenere.
Toccò con quelle dita la fronte della ragazza, immobilizzata dall'imbarazzo per la vicinanza al bellissimo ragazzo, e disegnò un cerchio.
«La Pluffa» le sussurrò, mentre gli altri iniziavano un coro infuocato.
Poi passò alla guance, dove segnò un tratto lungo, che terminava un una grassa virgola.
«Le scope» continuò, sorridente, ancora chino su di lei. Marlene respirò profondamente, e avvertì un profumo insolitamente familiare.
Avendolo così vicino, non poté fare a meno di pensare che...
Gli altri membri della squadra avevano cominciato a battere un ritmo incalzante su dei piccoli tamburi.  Marlene vide suo cugino entrare dal Dormitorio maschile con la Pluffa della partita in una mano e la sua scopa nell'altra: t
eneva la cravatta dell'uniforme annodata sulla fronte, come fosse una tiara. Si mise davanti a leì e alzò una mano, facendo cenno a tutti di tacere: e tutti fecero silenzio.
«Marlene Astrid McKinnon, Cacciatrice della fierissima casa di Grifondoro» proferì con tono solo fintamente solenne.
«Oggi vieni battezzata col fuoco nella nostra famiglia»
«Nessuno mi aveva parlato di un battesimo» ridacchiò lei.
Guardò Heles, che era distesa sul divano alla sua destra, con il piede rotto e la testa comodamente posata sulla mano, che le sorrideva con aria di compassione.
«Essendo l'iniziazione una mia invenzione, cuginetta, sono io a presiedere la cerimonia» continuò James. Le porse la Pluffa, e lei la afferrò.
«Questa è la tua gloria, il tuo onore, la tua storia» fece, prima di bisbigliargli: “Ripeti dopo di me
«O-oh...» fece la ragazza, schiarendosi la voce «Questa è la mia gloria, il mio onore, la mia storia» ripeté.
«Sarai la guerriera nella pioggia, la compagna del vento, la sposa del sole»
«Sarò.. la guerriera nella pioggia.. la.. compagna del vento.. la sposa del sole.. Oh, andiamo, Jaimie, è così stupido»
«E' il tuo giuramento, stupida!» la rimproverò James, altisonante. Le indicò la Pluffa, e le ordinò di baciarla. Trattenendo le risate, obbedì.
«Da oggi sarai la Cacciatrice dalla chioma blu!» La Sala di Grifondoro esplose in urla fragorose, mentre Marlene si lamentava per l'imbarazzante soprannome. James le sorrise un'ultima volta e raccolse la scopa, levandosi a mezz'aria nella Sala, fino a raggiungere la scrivania imbandita, dove Lily e le altre stavano applaudendo. La ragazza dalla folta chioma rossa non fece in tempo ad intimargli di allontanarsi, che lui l'aveva cinta per la vita, e le aveva lasciato un bacio sull'angolo della bocca.
Lily si voltò adirata, estraendo la bacchetta e Schiantando James contro la libreria all'angolo.
Marlene rise, prima che Sirius le passasse un piccolo bicchierino di carta, con del liquido rossastro al suo interno. Lo annusò: aveva l'odore pungente dello Scotch che suo padre teneva in cantina. Guardò il ragazzo che gli aveva offerto il liquore: lui alzò il bicchiere, e le sorrise.

«La Salamandra! Marley!» sbottò Dorcas, con i movimenti sgraziati e la voce altisonante tipici di chi ha esagerato con il Whisky Incendiario.
Lily la teneva per un braccio, sulle sue spalle e le toglieva i capelli biondi dalla larga bocca: «Devi ricordarti della Salamandra
«Certo, Dorcas, me ne ricorderò»
Ormai, in Sala Comune, erano rimaste loro tre e altrettanti, silenziosi ragazzi.
Sirius, Remus e Peter toglievano silenziosamente i festoni dalle alte pareti, mentre James sonnecchiava, ubriaco, sul divano, davanti alle braci ormai morenti.
Dorcas aveva sicuramente esagerato, quella sera, e Lily stava disperatamente tentando di portarla nel Dormitorio.
Vi riuscì soltanto quando lei si fu assicurata che Marlene doveva trovare una.. salamandra, dopodiché Dorcas fu ben felice di farsi trascinare fino al suo letto.
La ragazza rimase nella Sala, a raccogliere i bicchieri a terra e ordinare alla scopa di ripulite il disastro lasciato dalla folla di studenti in festa.
Sirius la guardò togliere la tovaglia dalla scrivania, e lanciò un'occhiata a Remus.
Con un sorriso disteso, il ragazzo pallido fece cenno a Peter.
«Bhe, noi abbiamo finito coi festoni. Seguiamo le tue compagne e ce ne andiamo a dormire. Buona notte, Marlene» salutò con tono educato.
«Buona notte, ragazzi!»
«Io vi raggiungo subito» si sbrigò a dire Sirius.
Per qualche lungo, interminabile, gelido minuto, calò un silenzio imbarazzato nella Sala. A romperlo erano solo i rumori delle mani che lustravano superfici e accartocciavano bicchieri e il russare molesto di James, completamente abbandonato al suo sonno. Marlene ridacchiò.
«Ha sempre ronfiato come un maiale»
«Sì» rise il ragazzo, voltato dall'altro lato, 
«Alcune notti non riesci proprio a chiudere occhio»

Decise di sfruttare il fatto che lei avesse rotto quel silenzio assordante, e le si rivolse una seconda volta.
«Sai, sei stata brava oggi, in campo. L'idea del cambio di direzione è stata... geniale» ammise, con un filo di voce.
«Bhe» rispose Marlene, con un sorriso imbarazzato .
«Non avremmo potuto fare molto, se tu e Will non aveste colto quello che volevamo fare»

«Non mi riferisco solo a questo» sorrise Sirius malandrino, voltandosi verso di lei
«Con la tua nuova chioma hai distratto tutti gli avversari, persino il Cercatore.  
Così hai agevolato di gran lunga la caccia al Boccino di James, Puffetta»
«Non usare quel soprannome!» gli intimò lei.
Sirius sorrise. Si voltò verso di lei e si avvicinò, e questo la costrinse a posare i piatti di carta che stava raccogliendo.

Le arrivò a pochi centimetri di distanza, e le prese tra le dita affusolate una ciocca di capelli cerulei.
«Una volta, durante una lezione di Divinazione, prima che finissi di bere il mio tè, divenne di questo colore» spiegò, con voce roca, abbozzando un sorriso.
Marlene seguiva il movimento delle sue dita con la coda dell'occhio, rapita dall'argento deò suo sguardo.
«Non so come la Vablatsky se ne accorse, ma venne subito da me, mi rubò la tazza dalle mani e mi guardò.. bhe, sai come fa lei, no?» rise Sirius, senza smettere di guardare quel ciuffo che teneva in mano.
«Mi disse una cosa curiosa: mi disse che il blu è il più caldo dei colori...»
Marlene sussultò, mentre Sirius continuava a intrecciare i suoi capelli tra le dita.
«Io risi, perchè ci misi un po' capire cosa volesse dire...» continuò.
«In realtà ci misi un po' a capire. Pensai che fosse una delle sue solite uscite da svitata. Poi pensai al blu del cielo di primavera, al blu dei laghi della Cornovaglia, a quello del mare d'estate...»
«Il mare non è blu. È solo un riflesso»
Sirius sorrise, e lasciò scivolare via dalle sue dita i capelli di lei.
«Un riflesso bellissimo» sussurrò, allontanandosi con un sorriso.
Marlene tremava. Era confusa da quel racconto, dalle sue mani che si erano avvicinate così tanto, dagli occhi che non smettevano di fissarla. Sapeva che un momento così non sarebbe più tornato: doveva chiedergli spiegazioni, ma non sapeva da dove cominciare. E la convinzione che se non avesse trovato il coraggio di farlo, quella domanda l'avrebbe perseguitata per sempre, la rendeva ancora più nervosa.
Respirò profondamente.
«Come fai a superare l'Incantesimo delle Scale del Dormitorio?»
Sirius le dava nuovamente le spalle, e fece finta di prestare poca attenzione alla domanda, mentre tentava di rialzare James, per trascinarlo nel suo letto.
«L'Incantesicosa?»
«Glisseo: l'Incantesimo che vi tiene lontani dal Dormitorio femminile. So che sei tu a portarmi a letto, quando faccio tardi sui libri e mi addormento davanti al fuoco»
Sirius scoppiò in una fragorosa risata, che fece sussultare Marlene.
«Se avessi accompagnato a casa tutte le ragazze che ho visto addormentarsi fuori dal proprio letto, sarei ancora in giro a rimboccare le coperte a qualcuna»
«Allora dimmi che non è vero, Black» sorrise lei, infastidita dalla sua superbia.
«Non fraintendermi, non ti ho mai visto portarmi in camera. Sappiamo entrambi che le mie urla, se me ne fossi accorta, avrebbero raggiunto Dublino»
«E allora, da cosa l'avresti capito?» chiese Sirius, con un sorriso scettico, poggiandosi sul divano.
«Dal tuo odore» rispose Marlene, cristallina.
La spontaneità di quella risposta lo spiazzò completamente Sirius, devastando qualsiasi difesa messa da lui in atto sino a quel momento. Sgranò gli occhi, come se vederla meglio significasse poterla comprendere maggiormente, scavare più affondo in lei. Per un momento, penso di far cadere tutto con una fragorosa risata, ma si ritrovò incapace di ridere. Fu Marlene, invece, a sorridere.
«Si sente sempre la mattina, quando mi sveglio. Rimane su di un lembo del lenzuolo, o sul cuscino. È debole, ma riesco sempre a riconoscere un odore nuovo»
Lui le si stava avvicinando nuovamente, a piccoli, lenti passi.
«E di cosa profumerei?» le chiese, in un sussurro.
«Biancospino. Assomiglia molto al biancospino. A volte è più pungente, come ieri sera: si mescola all'odore di quello Scotch che mi hai offerto prima»
Lei rise, a anche Sirius lo fece. Desiderò baciarla, ma si trattenne.
«Non voglio chiederti perchè lo fai, Sirius» sorrise nuovamente Marlene, scrutandolo dal basso, con i grandi occhi scuri.
«Volevo solo dirti che non c'è bisogno che mi riporti in Dormitorio, quando mi addormento. Sto bene, davanti al camino»
Sirius tremò, chiedendosi perchè il suo nome, quel nome che odiava con tutto sé stesso, pronunciato da Marlene McKinnon, suonasse così bene.
Per un attimo, volle dirle tutto: tutto quello che oramai provava da mesi. Ma cosa dirle, voleva prenderla e farla sua per sempre, perchè d'altronde non c'era proprio bisogno di dire niente. Eppure, ebbe subito paura: era la prima volta che temeva di non essere voluto da una ragazza. Sentì un nodo prendergli la gola, e la bocca seccarsi, a quel pensiero.
 Ripensò a quello che gli aveva detto il fratello, quella notte, nel corridoio.
Non riesci a tollerare che ci sia anche solo una ragazza a scuola che preferisca un altro Black all'infuori di te.”
Credette che potesse essere vero.
E anche se Marlene si fosse concessa a lui, non era sicuro del fatto che non l'avrebbe ferita.
Sirius Black non credeva nell'amore: le ragazze lo divertivano, ma non erano in grado di muovere qualcosa in più in lui.
Anche Marlene lo divertiva, lo divertiva più di qualsiasi altra ragazza avesse mai conosciuto - e forse anche per questo non si meritava di essere ferita come tutte le altre.
Sorrise, e decise di rispondere ad una domanda diversa da quella che lei gli aveva posto all'inizio della conversazione.
Infilò la mano nella tasca destra dei pantaloni, ed estrasse una piccola ampolla di vetro, riempita fino all'orlo di un liquido cristallino.
La porse a Marlene, che la guardò, interrogativa.
«Tieni. L'ha fatta Remus: mettila sui capelli bagnati, e torneranno del noioso colore che hanno sempre avuto» sorrise.
Marlene lo guardò ancora, mentre la verità le si palesava nitida davanti agli occhi.
«Cosa... t-tu.. Remus?»
«Oh, no. Remus non ha fatto niente, mi ha solo costretto a dirti la verità. L'idea è stata mia, James mi ha aiutato. L'abbiamo messa nel tuo baule la sera dopo la festa»
Marlene lo guardò torva per un attimo, mentre Sirius aspettava sorridente che scoppiasse.
«OHPERGODRIC, BLACK
Il suo ruggito fu così forte che svegliò James con un sobbalzo.
«Si può sapere cosa diavolo hai in testa? Sei completamente fuso? Mi hai fatto diventare i capelli blu!»
«Puoi chiamarla vendetta» disse lui, tranquillo «Non è stato carino quello che mi hai fatto alla festa di tuo fratello»
«SEI UN INCUBO!» gridò ancora lei, stringendo i pugni. «Stai molto attento con me, Black, o prima o poi sarò costretta ad UCCIDERTI!»
Guardò poi James, alzando un dito in segno di ammonimento.
«E tu, stupido idiota, vedi di tenere il tuo cagnaccio da compagnia lontano da casa mia. Se vuoi condividere le sue pulci, non costringere anche me a soffrire il suo prurito!»
Si voltò verso la tromba delle scale, e la percorse a passi pesanti, prima di sbattere la porta del suo dormitorio.
«Gliel'hai detto?» sbadigliò James, stiracchiandosi.
«Già» fece Sirius, osservando dalla finestra la curva ombrosa delle colline stagliarsi sul cielo blu rame che precedeva l'alba.
«L'ha presa bene»
 Ancora una volta, quella sera, senza aver niente di cui essere felice, Sirius Black sorrise.
 
 

Note dell'autrice: Voglio subito premette e ringraziare lenemckinnon, che è stata prima fonte di ispirazione col suo "I hear the bells" per questo capitolo. L'idea dello scherzo è di questa fantastica autrice, Signori, io l'ho solo reinterpretata e riveicolata ai fini della mia stupida storia.
La storia, appunto. Io la lascio a voi, scrivendovi solo poche righe sul perchè ho scritto un altro scempio come quelli precedenti.

E' ancora un capitolo con poca evoluzione, me ne rendo conto, e spero portiate pazienza. Poca ma fondamentale evoluzione: perchè qui Sirius Black si trova davanti a qualcosa da cui non può difendersi col suo sorrisetto del ca**o, qualcosa davanti al quale è costretto a cedere. Può continuare ad ignorare quello che prova (ed in effetti è questa la strada che intende proseguire), ma questo non significa che la cosa lo faccia star bene.
Marlene, dal canto suo, non prende abbastanza sul serio gli atteggiamenti di Sirius, non perchè non li comprenda, ma perchè li interpreta erroneamente. Lo ha smascherato, ma non ha preteso spiegazioni da lui. Non vuole spiegazioni: sa che Sirius Black non fa per lei, e lei non fa per Sirius Black, semplicemente. O almeno lo crede.
Il titolo è chiaramente ispirato al fumetto di Julie Maroh "Le bleu est une couleur chaud", che ha ispirato il più famoso film del 2013 di Abdellatif Kechiche "La vita di Adele". Film potente e meraviglioso, consigliato a tutti.
Spero che le fan di Regulus mi perdoneranno se in questo capitolo lui è quasi totalmente assente T^T
Recensite soprattutto quello che vi fa schifo, perchè mi rendo conto della stupidità di questa.. cosa.
Baci stellari.
S n i d g e t

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


The best of Youth

Capitolo V
Salamandre ed altre creature

Nella sua testa, continuava a pronunciare il suo nome.
L'immagine di quell'uomo era ancora vivida nella sua mente: la presenza maestosa aveva ottenebrato la stanza, e lo sguardo penetrante l'aveva investito subito. Aveva sorriso, mentre si sedeva al suo stesso tavolo: Regulus non avrebbe mai dimenticato quel primo incontro.

Tom Orvoloson Riddle era un uomo di bell'aspetto: i grandi occhi chiari brillavano sul viso lungo ed elegante; le labbra sottili erano racchiuse in un sorriso disteso, e i lunghi capelli dorati erano accuratamente pettinati all'indietro, ricadendogli sulle spalle. Regulus aveva subito avvertito che quell'apparenza così elegantemente serena celava intenzioni molto meno galanti. L'aveva salutato con garbo, e lui, come era solito, aveva ricambiato con altrettanta cortesia l'educato gesto. Mentre Lucius introduceva a Regulus il suo ospite e viceversa, gli occhi verdi e acuti si erano mossi veloci sulla figura del ragazzo, come se stessero cercando di penetrare sotto la carne, le ossa, l'anima: riusciva a percepire il gelo di quella vivisezione.
Quando Lucius aveva cominciato ad idolatrare la nobile ed antica casata dei Black, come lui si sentiva ripetere da quando era venuto al mondo, il signor Riddle lo aveva congedato con un algido gesto della mano. Lucius era rimasto imbalsamato nella sua posizione, finché non aveva compreso che la sua presenza non era più desiderata.
«Continuano a dirmi le stesse cose su di te, sulla tua famiglia, su tuo fratello. Peccato per lui, sarebbe potuto...» aveva sibilato, con voce roca e tono annoiato.
«E' lei che entra nei miei sogni, non è vero?»
Gli occhi di Tom Riddle si erano estesi in un'espressione meravigliata, che lasciò presto spazio ad un largo sorriso.
«E' eccezionale che tu l'abbia capito, Regulus. Riconoscere la presenza di qualcuno nei proprio sogni non è affatto...»
L'ulteriore domanda di Regulus aveva però gelato il suo stupore.
«Come fa?»
La sua fronte, allora, si era corrugata in una curva accigliata, e i suoi occhi si erano oscurati.
«Sei un giovane di talento, Regulus Arcturus Black. Se vuoi apprendere i segreti della magia, della vera magia, è con me che devi venire. È me che devi seguire»

 
 
«Regulus?!»
Sbatté le palpebre, e mise a fuoco le piccole linee parallele del suo testo di Rune Antiche. Voltò la testa verso la fonte del richiamo: Marlene lo osservava con un sorriso non troppo convinto e gli occhi spalancati. La luce calda di quel luminoso pomeriggio di inizio giugno penetrava dalle ampie vetrate del corridoio, ricoprendo di oro i lunghi capelli incastrati in una treccia disordinata. Nel voltarsi, il sole aveva colpito anche gli occhi di Regulus, illuminandoli di un verde più intenso del solito: i raggi accecanti l'avevano costretto a stringere lo sguardo sulla delicata figura femminile.
«Stai bene, Reg?» gli chiese, abbozzando un sorriso più largo.
«S-si, certo» mormorò lui; tornò ad impugnare la piuma nera che aveva poggiato sulla pergamena, e su cui aveva lasciato una sbavata macchia di inchiostro. Marlene sospirò.
«Allora torna ad ascoltarmi, altrimenti non passerò mai questi G.U.F.O.»
«Sei più che pronta per sostenere la prova di Rune Antiche, Marlene. E lo sai anche te» sentenziò Regulus, atono, mentre arrotolava la pergamena e la posava elegantemente nella sua cartella.
«Perchè, piuttosto, non ripassiamo la preparazione dell'Antidoto Generico? O magari qualche Pozzo Comunicante..»
Il sorriso di Marlene, a quella proposta, increspò le labbra in un ghigno capriccioso.
«Ti prego, Regulus, no!» piagnucolò.
«E' stato un errore continuare a seguire Aritmanzia... E Pozioni, bhé... con Pozioni non posso proprio farci niente. Devo per forza seguirla, ma perché devi infliggermi queste pene per il solo fatto che non sono la cocca del Lumacone come te?»
«Gli esami riguardano tutte le materie di studio, Marlene»
«O quasi» sbuffò la ragazza, allontanando dei ciuffi che le molleggiavano sulla guancia.
«Avrei così voluto una Giratempo, quest'anno..»
Regulus scoppiò in una risata fragorosa.
«A malapena riesci ad arrivare in tempo a colazione, la mattina. Davvero credevi che dessero a te la Giratempo?»
La risposta gli arrivò dritta sul braccio, stretta nel pugno minuto di Marlene.
«Non prendermi in giro. E poi, neanche tu l'hai ottenuta» sbottò la ragazza.
Regulus continuava a ridere. La osservò di nuovo: per la prima volta da settimane era riuscito ad allontanare il ricordo di quel volto dai suoi occhi. Ed era tutto merito di Marlene.
«Su, forza. Stavamo parlando del Marchio Runico Semi Indelebile. Una volta riconosciuto il Marchio, potrete procedere con la sua cancellazione. Questa pratica fa sì...»
«Marlene..»
«..Regulus» sorrise lei in risposta a quel richiamo. 
La mano affusolata di lui passò sul manuale che la ragazza stava faticosamente tenendo aperto sulle ginocchia; le labbra di Marlene si riunirono in un'espressione interrogativa, mentre lui continuava a fissarla.
Fu un attimo interminabile per entrambi. Avrebbe voluto ringraziarla di portare un velo di serenità – ogni giorno, da quando la conosceva – nella sua vita; ma qualcosa gli bloccava le parole in gola. Regulus Black era troppo orgoglioso per poterle confessare che lei era sempre stata l'unica fonte di felicità da quando era ad Hogwarts - da quando lui se n'era andato, o forse da quando le furiose litigate tra lui e i suoi genitori l'avevano portato a desiderare di essere lui stesso il primo ad andarsene da Grimmauld Place. Regulus Black era stato troppo orgoglioso per pregare suo fratello di restare, mentre lui inveiva maledizioni contro la madre distrutta dalla rabbia e dal dolore, e girava la maniglia d'ottone bruno dell'ingresso del numero 12 per l'ultima volta, in quella gelida nottata di fine dicembre.
Troppo orgoglioso, o forse, semplicemente, troppo codardo. Per tanto tempo si era chiesto da quale parte di quel confine sottile fosse finito.
«Marlene Astrid McKinnon!»
La voce squillante di Dorcas Meadowes ruppe quel piccolo, immenso momento di silenzio.
«Che cosa c'è ora?» sbuffò Marlne, voltandosi.
«E' un'ora che ti sto cercando! Devi venire con me!» le intimò Dorcas, afferrandole il braccio e strattonandola via.
Il libro di Rune Antiche cadde a terra con un tonfo, mentre Regulus dedicava uno sguardo torvo a Dorcas.
«Finiamo domattina, Reg?!» fece Marlene, piegandosi goffamente a raccogliere il suo manuale a la cartella.
«Qualcuno sembra avere particolarmente fretta, oggi!»

Dorcas la condusse fino al settimo piano, correndo verso la parete in fondo al corridoio. Marlene la seguiva col cuore in gola e senza aver più una singola particella di ossigeno nei polmoni.
«Si può.. anf.. si può sapere... puff.. perché abbiamo dovuto correre così?» sospirò con fatica, mentre osservava i Troll dell'arazzo alla sua sinistra massacrare con le loro grandi clave il povero Barnaba.
«Ti ho detto che dovevo parlarti!» inveì Dorcas. «Ma non ho mai avuto modo. È ora che tu le conosca..»
«Conoscere... chi...?!»
«Lo vedrai..» Dorcas le poggiò una mano sulla schiena e la spinse verso i mattoni della parete. Marlene cercò di divincolarsi, sorpresa dal gesto inconsueto dell'amica.
«Si può sapere dove vuoi spingermi? Vuoi sfracellarmi contro la parete?!» strillò Marlene arrabbiata. Ma Dorcas non sembrava prestarle molto ascolto. «Marlene, devi pensare ad una tua necessità. Una necessità vera»
«Ma di che diavolo parli?»
«Forza, concentrati!» la intimò Dorcas, mentre la prendeva per mano e la faceva camminare lungo il corridoio, davanti al muro a cui aveva cercato di inglobarla. Mentre giravano e continuavano a camminare davanti a quel muro, Marlene capì. Pensò che aveva seriamente bisogno di bere, mentre ripetevano quella assurda camminata avanti ed indietro per il corridoio. Alla terza volta, poi, una piccola crepa alla base del muro di pietra cominciava a crescere. Marley la vide acquisire la forma di un arco, e trasformarsi in un'enorme porta di pietra. Dorcas sorrise, stringendo i grandi occhi di cobalto.
«Ci siamo» Poggiò le mani sull'anta di pietra e spinse, prima di prendere, ancora una volta, per mano Marlene, e condurla all'interno. Si trovarono davanti ad un'enorme stanza bianca, ai cui lati l'acqua zampillava da fontane scavate nella pietra. Al centro della stanza stava un gruppo di studenti, che si guardavano intorno spaesati: vi riconobbe Amelia e Lily.
«Chi diavolo ha trasformato la Stanza in un parco acquatico?!» chiese una voce tanto squillante da risultare fastidiosa alle orecchie di Marlene.
La ragazza bbassò lo sguardo, imbarazzata.
«Mi dispiace..» borbottò, tenendo gli occhi sulle sue scarpe «Avevo sete..»
Dorcas le poggiò una mano sulla spalla, e la condusse verso la proprietaria di quella voce irritante. Era una ragazza minuta, con ispidi capelli castani ed un grosso naso adunco, che separava i rotondi occhi infossati e scuri. La fronte e gli zigomi erano costellati di piccole cicatrici concentriche, presenti di un'acne malcurata. Era bassa, ma aveva un corpo armonioso ed atletico, che Marlene invidiò sin dal primo momento in cui aveva posato l'attenzione sulle gambe magre e dritte.
«Marley, questa è Julia»
Le labbra sottili di Julia si tirarono in un sorriso che a Marlene apparve poco sincero.
«Ciao, Julia» salutò Marlene, sorridendo nel modo più sincero che poteva.
«E' stata una bella partita, quella di domenica» si complimentò Julia, educatamente. Marlene la ringraziò, imbarazzata.
«Julia è a capo del S.A.L.A.M.A.N.D.R.A., Marley» spiegò Lily, accanto a lei.
«Della.. Salamandra?»
«Sostegno Associativo-Lenitivo per Animali Magici Ambigui Nonchè Deturpati, Rapiti o Abbandonati» recitò la piccola ragazza, con il petto gonfio e l'aria superba.
«E' la prima associazione a tutela delle Creature Magiche con più di due croci nella Classificazione Ministeriale. Anche i Draghi e i Metalupi devono essere protetti»
«Non potrei essere più d'accordo» fece Marlene, sorseggiando un bicchiere di acqua che intanto Dorcas le aveva porto, trovando una giustificazione alla
 saccenteria della sua nuova conoscenza nello scintillio del blu e dell'argento della sua cravatta alla luce bianca del lampadario sopra di loro.
"Peccato che i Metalupi siano estinti da secoli.." pensò.
«Naturalmente noi vogliamo operare sul campo: vogliamo smascherare i mercenari, liberare le creature, impedire che le loro.. parti preziose vengano vendute. Sai quanti draghi vengono tenuti in cattività nelle profondità della Gringott? E che in alcune case di maghi Purosangue gli Elfi domestici vengono decapitati, quando diventano troppo vecchi per lavorare? Vogliamo fermare questo scempio, ma non abbiamo ancora i mezzi per farlo»
«Si tratta di un'associazione ancora molto ristretta e.. limitata» spiegò Amelia, che era accanto a Julia «E io ho parlato al nostro Presidente del tuo talento con gli animali..»
«Il mio.. talento?» balbettò Marlene, spiazzata.
«Oh, andiamo, Marley!» sbottò Dorcas «Hai tenuto testa ad un Ippogrifo al secondo anno!»
«E' un po' diverso dall'andare a salvare draghi nelle viscere della Banca dei Maghi» ribatté Marlene.
«Sono d'accordo con Lène» proferì Lily «E' un nobile intento, ma alle vostre rivendicazioni non basterà il sostegno dei soli studenti..»
«Avere dalla nostra il corpo studentesco e qualche Caposcuola potrebbe essere un ottimo inizio, comunque» ribatté Amelia, chiaramente animata dal dibattito.
«Si, e potremmo interpellare la Professoressa Sylvester, così che interceda per noi davanti alla McGrannitt e a Silente»
Marlene rabbrividì al norme di Lyanna Sylvester, docente di Cura delle Creature Magiche. Era l'unica insegnante che temesse davvero ad Hogwarts. Ricordò la brutta discussione che aveva avuto con lei l'anno precedente, quando aveva portato in classe un Runespoor e lo aveva decapitato delle sue tre teste, per permettere agli studenti di studiare l'anatomia della particolare diramazione. Il suo sdegno manifesto per quel macabro assassinio le erano costati un mese di punizioni e la possibilità di diventare Prefetto di Grifondoro l'anno successivo. Per il resto, la Professoressa Sylvester, donna severa ed evidentemente sadica, ma altrettanto obiettiva, riconosceva le ammirevoli doti di Marlene nella sua materia, e non mancava di metterla spesso alla prova con compiti di solito più complicati di quelli che riservava al resto della classe.
«Se pensate che la Sylvester vi darà il suo consenso, siete delle sciocche» esordì, mentre il dibattito era divampato come un incendio in un fienile.
Julia, Amelia e Dorcas, al centro di quel tripudio di idee e polemiche, si voltarono verso di lei.
«E anche se ve lo desse, non vi basterà avere il corpo docente dalla vostra parte»
«Cosa.. cosa vuoi dire?» chiese Dorcas, socchiudendo i grandi occhi blu.
«Io... io...» balbettò una debole voce femminile, prima che Marlene potesse ribattere. Si voltò a sinistra, e vide una minuta ragazza con l'uniforme dorata dei Tassorosso e i capelli lunghi e arruffati fare qualche passo avanti, tenendo gli occhi bassi e con le guance arrossate dalla timidezza.
«Io credo che Marlene McKinnon voglia semplicemente dire che.. avremmo bisogno di un consenso dall'alto... tipo.. dal Ministero»
«Esattamente! Grazie... uhm?» fece interrogativa Marley.
La ragazza alzò gli occhi cerulei verso di lei, e rispose, arrossando nuovamente: «Alice... Alice Fortescue»
«Grazie, Scout!» esplose di nuovo Marlene, rivolta verso gli sguardi crucciati dei suoi interlocutori.
«Questa.. cosa che volete fare è una rivendicazione politica!»
«Questa.. cosa..?!» ripeté Julia, con tono sprezzante. «Per te.. è soltanto una.. cosa
Lily e Dorcas abbassarono lo sguardo, intimorite dalla possibile continuazione di quella conversazione.
«Non fraintendermi, Julia, ma mi sembra che abbiate delle intenzioni sin troppo serie. Insomma..» ridacchiò «entrare alla Gringott, liberare draghi! Non saprei proprio da dove potreste cominciare..».
Al suo sorriso, però, non seguì quello del resto dei congregati, come sperava sarebbe accaduto. Evidentemente imbarazzata, richiuse le labbra e distolse lo sguardo dagli occhi sprizzanti sdegno di Julia.
«Che cosa consiglieresti, allora, fenomeno?» fece Amelia, torva.
Marlene fu sorpresa dall'acidità di quella domanda.
«Bhe... per me avete due scelte. O vi fate strada con petizioni e feste per la raccolta fondi, per poi arrivare nei meandri della Burocrazia Magica e presentare proposte di legge valide..»
«Ma così ci vorranno anni!» sbottò un'altra voce, che animò i bisbigli di tutta la stanza.
«...oppure potete diventare un gruppo di anarchici violenti che protestano contro il sistema, vi beccate un processo davanti al Wizengamot e magari anche qualche anno ad Azkaban, se vi capita una Corte particolarmente conservatrice» concluse Marlene, ribattendo ai bisbigli.
«Bene, allora.. grazie per il tuo consulto tecnico!» sbottò Julia, sorridendo acidamente. Poi si voltò verso Dorcas, senza abbassare la voce.
«Non capisco proprio perché tu abbia portato questa alla nostra riunione»
«Scusami...?!»
Julia non la degnò neanche di una risposta, mentre Dorcas e Amelia si avvicinavano a lei e il mormorìo riesplodeva nella stanza. Prima che la facessero voltare e la conducessero con una certa insistenza verso l'ingresso, Marlene fece in tempo a piroettare la bacchetta all'interno della tasca ampia del suo mantello. Sbirciò le gambe lunghe di Julia Sunpetyr traballare prima di incrociarsi su loro stesse, e si voltò con un sorrisetto compiaciuto.
«Insomma, Marlene... cosa ti è preso?» le chiese Dorcas quando furono abbastanza lontane da non essere ascoltate.
«Cosa deve essermi preso?» ribatté, strabuzzando gli occhi in un'espressione indignata.
«Julia prende molto sul serio questa “cosa”. Noi prendiamo molto sul serio questa “cosa”, come l'hai chiamata tu» replicò Amelia, visibilmente adirata.
«Oh, andiamo, ragazze!» sbuffò Marlene, borbottando.
«Non volevo offendere nessuno, sapete che è una cosa che potrebbe interessarmi davvero, penso solo che..»
«“Potrebbe” interessarti?» fece Amelia, alzando il tono di voce.
«Allora attenderemo sue notizie! Non so se hai capito che vogliamo agire subito
«Agire dove? Come? A malapena vi conoscete!»
«Marlene ha ragione, ragazze» affermò la quieta voce di Lily, alle spalle di Dorcas e Amelia. «Non sono organizzate, non vogliono sottostare ad alcuna regola.. per quanto ne sappiamo potrebbe essere soltanto una scusa per aprirsi delle porte al Ministero dopo essere usciti da Hogwarts»
«E anche fosse?» sbottò Dorcas, prima di rivolgersi nuovamente a Marlene.
«Ci stai o no, McKinnon?»
Le sue amiche non la chiamavano mai per cognome – preferivano quasi affibbiarle l'affettuoso soprannome che Sirius Black le aveva dato al primo anno – e sapeva bene che le rare volte in cui capitava era per qualche guaio che aveva combinato. Ma quel pomeriggio, Marlene si sentiva tanto tranquilla con la sua coscienza che cominciò ad irritarsi per l'atteggiamento ostile che le stavano serbando le compagne. Sbuffò, prima di acquistare  un'espressione gelida.
«Devo pensarci su, ragazze. La compagnia non mi pare delle migliori, se posso essere sincera»
Amy corrugò le folte sopracciglia scure esternando la sua ostilità, mentre Dorcas piegò la bocca in un ghigno di dispiacere.

La forchetta sprofondava nella fetta di roastbeef così brutalmente che il suo tintinnio sul piatto diede a Lily l'impressione che la ceramica stesse per rompersi.
«Sono completamente impazzite!» esclamò Marlene, mentre tagliava la carne con la stessa furia.
«Ad una settimana dagli esami, l'unica cosa che conta sono i Draghi, e gli Elfi domestici e le Manticore. Magari vorranno pure adottare dei Lupi Mannari!»
«Non essere dura con loro» sorrise Lily, gentile.  «E' un bellissimo progetto, è solo che..»
«E' solo che non sanno da dove cominciare!» sbottò l'altra, molto meno garbata, mentre masticava il roastbeef  
«E quel che è peggio, è che non interessa loro chiederselo!»
Lily poggiò la sua forchetta sul piatto, e distese le braccia lungo il corpo, unite. Le serbò un lungo sguardo di smeraldo, con le labbra appena socchiuse.
Marlene alzò gli occhi sul suo debole sorriso, poi tornò con voracità sul suo pasto, chiedendole: «Che c'è?»
«Sei arrabbiata, ma non perché Amelia e Dorcas perdono tempo con questa cosa del S.A.L.A.M.A.N.D.R.A.» rispose Lily.
«E per cosa dovrei essere arrabbiata, allora?»
«Sei arrabbiata perché Julia Sunpetyr ci ha pensato prima di te»
Marlene tacque.
«Sappiamo tutti quanto tu ami le Creature Magiche. Sei la migliore, nessuno riesce a tenere a bada un Ippogrifo come hai fatto tu al secondo anno, e un Camuflone l'anno successivo. L'anno scorso ti ho visto prendere un Boa tra le mani senza un attimo di esitazione! Hai un talento naturale con quegli animali: ti piacciono, e tu piaci a loro. E credi che se qualcuno dovrebbe gestire un'associazione del genere, quella dovresti essere soltanto tu» spiegò Lily, mentre guardava Marlene arrossire dall'irritazione e dall'imbarazzo.
«E' soltanto che le tue ambizioni cedono il passo alla timidezza, alla paura di non essere all'altezza, al fatto che pensi che sia inutile, addirittura stupido perdere tempo con le Creature Magiche»
La ragazza rimase a fissare il piatto ormai vuoto, mentre Lily allargava un sorriso compiaciuto sul suo viso.
«Hai finito, Lily?» sorrise poi, lanciandole delle briciole di pane.
Lily sorrise.
«Sono brava a capire le persone, Marlene. E capisco anche che Amanda e Dorcas hanno visto in questa cosa un'opportunità più per te, che per loro»
«Un... un'opportunità?»
«L'opportunità di fare quello che veramente vuoi fare, Marlene. Senza che nessuno te lo impedisca»
Marlene sussultò.
Come al solito, Lily aveva ragione. Non aveva mai avuto il coraggio di chiedere ai suoi il permesso di passare l'estate nelle riserve scandinave di draghi, nonostante fosse il suo sogno da quando, a tre anni, in vacanza, aveva accarezzato il dorso di un cucciolo di Verde Gallese. Sapeva quale sarebbe stata la risposta. Il futuro di Marlene McKinnon era stato programmato sin dalla sua nascita: i suoi genitori erano stati tanto magnanimi da lasciarle decidere tra Guaritore e Giudice del Wizengamot. Lei aveva accettato passivamente, quasi di buon grado: si trattava pur sempre delle più alte professioni a cui qualsiasi mago avesse mai potuto aspirare. Non foss'altro che nessuna Pozione, nessuna pratica giuridica le avrebbero mai dato lo stesso piacevole brivido che le aveva percorso le dita, il braccio e tutto il dorso al tocco delle squame lisce di quel cucciolo di drago.
Maledetta secchiona.
Allontanò lo sguardo verso il soffitto stellato della Sala Grande, poi lo riabbassò lungo il tavolo di Grifondoro. Sentì il cuore precipitarle nelle viscere quando incontrò il ghiaccio degli occhi affilati di Sirius Black, che la guardava mentre giocherellava con la bacchetta. Rivolse gli occhi di nuovo su Lily, che continuava a fissarla con l'aria di chi ha già capito tutto.
«Ma che.. per Merlino, Evans! Smettila di fissarmi in quel modo!»
«Potter oggi non mi ha rivolto parola»
«Non sei contenta?» fece Marlene, prima di ridacchiare. 
«O forse no.. l'ho sempre saputo che hai un debole per mio cugino»
«Non dire stupidaggini, Marlene» fece Lily, improvvisamente seria.
«Non mi ha importunata soltanto perché Black gliel'ha impedito. E ho il presentimento che gliel'abbia impedito perché sono con te»
«Con me? E perché mai?» fece Marlene, mentre si sentiva avvampare.
«Dovresti dirmelo tu» rispose la ragazza, scostando una ciocca di capelli fiammeggianti dietro l'orecchio mentre faceva scivolare gli occhi di smeraldo verso i Malandrini.
«E' da quando sono arrivati che Black non ti stacca gli occhi di dosso»
Marlene fece ruotare gli occhi verso i ragazzi, e ancora una volta fu congelata dall'argento dello sguardo di Sirius.
Di nuovo, sentì il cuore sbatterle in basso. Ebbe la spiacevole sensazione di aver bisogno di vomitare il roastbeef che aveva massacrato fino a qualche minuto prima. Si alzò di scatto, facendo sussultare due ragazzine del primo anno che le erano accanto.
«E' proprio ora che io vada!» esclamò «I G.U.F.O. non si preparano da soli!»
Si allontanò goffamente verso l'uscita, mentre Lily sorrideva beffarda.

 

Nella sua testa, continuava a pronunciare il suo nome.
Il Boccino gli svolazzava a qualche millimetro dal naso. Il suo ronzìo, quasi impercettibile, sembrava riempire l'intero Dormitorio.
Marlene McKinnon.
Marlene McKinnon era stata l'oggetto prediletto delle sue burle sin dal primo anno. Amava guardare le sue guance tornite arrossire di rabbia e di imbarazzo. Un giorno, però, aveva cominciato a desiderare di veder arrossire quelle guance per qualcos 'altro.
Marlene McKinnon era la cugina del suo migliore amico, e sembrava incredibile quanto potesse somigliare a James, a volte: lo pensava spesso, mentre la osservava sonnecchiare in Sala Comune, con la bocca socchiusa e le mani abbandonate tra i capelli lisci e lucidi.
Marlene McKinnon era la migliore amica di suo fratello: aveva cominciato ad invidiarlo – per la prima volta, in vita sua 
– quando li aveva visti rincorrersi sul ciglio dell'acqua, un giorno di primavera in cui il tepore del sole aveva asciugato la sponda sud del lago. Ci volle altro tempo perchè si rendesse conto di quanto fossero legati l'un l'altra: allora, lo aveva minacciato di starle lontano. Magari sarebbe potuto diventare lui il suo migliore amico, se solo avesse messo da parte quel sorriso arguto e quelle parole affilate.
Se solo avesse..
Invece era rimasto ad osservarla nelle notti infinite di studi, mentre rientrava da qualche incontro galante. La prima volta l'aveva trovata abbandonata sul tappeto di fronte al camino assieme agli altri, di ritorno da un'estenuante nottata di luna piena. Aveva detto agli altri che si sarebbe occupato di lei, e aveva ingannato le scale passando per un piccolo passaggio che conduceva al Dormitorio femminile e la cui entrata
 sconosciuta a molti, ma non alla loro mappa – era coperta da un largo arazzo di porpora. Gli piaceva rimboccarle le coperte e guardarla dormire nel suo letto. Aveva paura di quanto gli piacesse. Nessuno doveva saperlo.
Ma Marlene McKinnon era più sveglia di quello che si aspettasse, e aveva capito tutto. E se prima riusciva a pensare a lei solo in quei pochi minuti notturni che dedicava a metterla a letto, ora i suoi pensieri ricadevano sempre sul suo viso.
Il Boccino smise di ronzare, risvegliandolo da quel sonno vigile. Remus Lupin gli sorrideva, seduto sul suo stesso letto, con la piccola sfera dorata tra le mani.
«James si arrabbierà molto, se saprà che lo hai fatto svolazzare in giro»
«Sai quanto me ne importa» borbottò Sirius, ancora disteso sul suo letto, con le mani sotto la nuca e lo sguardo perso sul soffitto.
Remus gli serbò un sorriso pacato.
«A cosa pensi, Sirius?»
«Pensavo...» sbuffò lui, mentre si guardava il pugno chiuso e aggrottava la fronte 
«Se mi colpisco ad un occhio e mi faccio male, sono forte o sono debole?» 
«Se fai una cosa del genere, sei un'idiota. Ecco cosa sei» rise Remus, e anche Sirius lo fece, distendendo il pugno e tornando a infilare la mano tra la sua nuca e il cuscino.
«E sei un idiota anche se non chiedi a Marlene di uscire» 
Sirius sussultò, tornando improvvisamente serio.
«Ma di che diavolo stai parlando, Lupin?» sbottò beffardo «C'è stata la luna piena la settimana scorsa, pensavo che fossi tornato in te!»
Remus continuò a sorridergli.
«Oggi non le hai staccato gli occhi di dosso, Sir»
«Ha una faccia buffa, tutto qui»
«Ha una bellissima “faccia buffa”, non puoi negarlo» Ancora una volta, Remus Lupin aveva ragione.
Marlen McKinnon non era la ragazza più ambita della scuola. Non era la più alta, non era affatto tra le più magre, né tra le più atletiche: non era più bella di molte altre con cui era uscito. Eppure, c'era una luce strana nei suoi occhi che non aveva mai visto in nessuno: i
l suo sorriso era in grado di regalargli una serenità che non riusciva più ad avere da quando era bambino. E la cosa più bella era che lei non aveva la più pallida idea dell'effetto che quegli occhi avevano su di lui. C'era qualcosa in quella maledetta ragazza che l'aveva portato a venerare ogni centimetro che le apparteneva. Era stato bravo a nasconderlo, fino a quando Remus Lupin non se ne era accorto.
Maledetto secchione.
Con il fratuono di due Bolidi che infrangono una parete di pietra, James e Peter irruppero nel Dormitorio. James strillò quando vide il Boccino fuori dalla sua preziosa custodia, e si sedette sul viso di Sirius, che implorava il suo perdono.
«James, Sirius vorrebbe dirti qualcosa»
«Oltre a dirmi perché rovista tra le mie cose? Quello è stato il primo boccino che ho catturato! Hai in mente cosa significhi, stupido cane?» sbottò James, alzandosi dal viso dell'amico.
«Riguarda Marley» fece Remus, beccandosi un'occhiata gelida di un affannato Sirius Black. Gli occhi scuri di James si illuminarono, accompagnati da un largo sorriso.
«Era ora! Finalmente hai deciso di chiederle di uscire?»
Sirius Black sentì le viscere attorcigliarsi. Impallidì di fronte al tono ovvio dell'amico, mentre Remus se la rideva di gusto. 
 Anche Peter sembrava aver afferrato la serietà della situazione, e lui capì di aver fallito miseramente nel tentativo di lasciar fuori gli amici dalla faccenda.
«Smettetela, per Merlino!» tuonò all'improvviso, alzandosi dal letto. Quella reazione improvvisa ammutolì le battute e gli scherni dei compagni.
«Il tuo prezioso Boccino era incastrato sotto al letto, ha ronzato per tutta la notte e non mi ha fatto chiudere occhio. Quando l'ho trovato aveva un'ala piegata. E non voglio chiedere di uscire ad una ragazza che mi ha fatto cagare nelle mutande ad una festa!»
«Mia cugina è l'unica ragazza che sia riuscita a farti arrossire» sorrise James, gonfiando il petto con tono fiero.
Sirius avvampò nuovamente: afferrò il boccino e lo tirò con violenza verso James, centrandolo in fronte.
«Falla finita, Ramoso» fece, mentre usciva dal dormitorio, sbattendo la porta.

«Guarda che lo sappiamo tutti che non è colpa del mio Boccino se non hai dormito stanotte!»

 

Al ritorno dai suoi allenamenti, quella sera, aveva trovato Dorcas e Amelia nella Sala Comune. Aveva cercato di ricucire una conversazione, ma i suoi tentativi erano stati vani. Le sue amiche erano ancora chiuse in una delusione che lei a malapena comprendeva, e che la faceva arrabbiare ancora di più. Pensò che andasse bene così, almeno finchè non avesse avuto una risposta per loro.
S.A.L.A.M.A.N.D.R.A., che stupido nome” pensò, mentre aspettava che la scala davanti al dipinto della Signora Grassa finisse di ruotare, per poter scendere verso il parco.
Dovevano essere pazze, se credevano davvero di poter rivendicare i diritti degli animali senza l'aiuto di qualcuno all'interno del Ministero. Probabilmente, neanche il contributo di Silente sarebbe bastato.
Fu scossa da un tremore rabbioso quando pensò che tutte quelle ragazze avrebbero vomitato al solo pensiero di dover raccogliere delle Lumache Cornute. Se amavano gli animali, potevano adottare un Crup, o un Kneazle: magari potevano prendere una creatura abbandonata al negozio di Madame Terrièr, a Londra, che da anni si prendeva cura degli animali magici maltrattati e lasciati a morire sul ciglio della strada. Era davvero necessario tentare in tutti i modi di finire arrostite nelle viscere della Gringott da un Drago abbruttito e violento? Non poteva nascondere che quell'idea la eccitava, ma era una fantasia talmente improbabile che preferiva allontanarla subito dai suoi occhi. Si chiese se volesse veramente allontanare quella proposta: era lei a volerlo, o era la figlia perfetta della perfetta famiglia di Purosangue? I suoi non avrebbero mai approvato: era questo che aveva pensato, sin dall'inizio. Da quando Julia Sunpetyr le aveva citato l'acronimo improbabile della sua improbabile associazione.

«Forse dovresti uccidere i tuoi genitori. A quel punto staresti bene»

Le parole di Amelia le risuonarono tra le tempie come un rullo di tamburi. Si sentì un'enorme idiota a non aver capito prima perché si era adirata così tanto con lei. Seduta sul basso muro marmoreo delle arcate del chiostro, scrutando la macchia scura della Foresta Proibita che si stagliava sotto il cielo stellato, mentre la brezza gentile di giugno le scompigliava i capelli e faceva danzare l'erba, Marlene McKinnon si chiese, ancora una volta, cos'è che volesse veramente dalla sua vita. Si chiese se ciò che voleva potesse essere compatibile con quello che i suoi genitori volevano per lei. Mentre rifletteva sull'improbabilità di vedersi all'altare con Amos Diggory di lì ad un anno, la sua attenzione fu catturata dal respiro ansimante di una creatura che avvertì pericolosamente vicina.
Abbassò lo sguardo alla sua destra, e vide un grosso cane nero, col pelo corto e lucido. Teneva le orecchie basse e la osservava con la lingua penzoloni e lo sguardo bonario, e scodinzolava come un cucciolo divertito. Anche lei lo osservò per un po', interrogativa. Poi sbuffò.
«L'ho sempre detto, io, che Sirius Black somiglia a un cane
L'animale chiuse la bocca e chinò la testa, e Marlene sorrise. Scese dal muretto e si accasciò sulle ginocchia, col viso all'altezza del muso del cane.
«Senza offesa, cucciolo. Tu sei molto più bello di quell'ammasso di testosterone senza neuroni» sorrise, carezzandogli la testa. Il cane rispose affettuosamente, leccandole la guancia. Poi si divincolò dalle piccole mani affettuose, e prese a trottare scodinzolante verso la Foresta. Marlene fece per richiamarlo, e il cane si fermò a guardarla per un istante, prima di riprendere il cammino verso gli alberi. Lei si guardò intorno, incerta se seguirla o meno. Non ebbe l'impresione di avere molta scelta, quando il cane la riprese con un abbaio. Gli corse dietro, addentrandosi tra i pini secolari bagnati dall'oscurità della notte, calcolando quanti punti le avrebbe tolto la McGrannitt a seconda che l'avesse trovata fuori dalla Sala Comune dopo una, due o tre ore. E se non fosse riuscita più ad orientarsi, lì dentro? Era un'ipotesi a cui non voleva neanche pensare, quindi la ingoiò con la saliva che le bagnava la bocca.
La luce della luna penetrava tra gli esigui spazi che le fronde riservavano al cielo, tingendo di un'aura spettrale il terreno dissestato e le radici larghe come tronchi di quercia. Il cane continuava a camminare, mentre Marlene tentava goffamente di seguirlo, inciampando tra un ramo e una pietra. Sentì degli ululati solitari, ma non ebbe paura.
Il cane si fermò di fronte ad un albero visibilmente più grande e folto degli altri. Le sue radici si esponevano dal terreno umido disegnando nodi e cunicoli tutt'intorno al tronco spesso. Il cane nero si avvicinò all'albero, annusando il terriccio. Alzò la testa, guardando Marlene rinchiudersi nel suo mantello. Capì che voleva che si avvicinasse: lo fece. Il cane aveva riabbassato la testa su di un piccolo buco creato della radici: si chinò su questo. Dal buco uscì una piccola creatura, simile al cucciolo di una volpe. Il pelo argentato risplendeva anche nell'oscurità dell'antro, le ampie orecchie erano piegate sulla testa dalla paura, ma gli occhi neri scintillavano di curiosità per la nuova conoscenza. Marlene sorrise come una bambina di tre anni. Fece qualche passo indietro, e abbassò la mano tra le foglie vecchie che giacevano a terra, aspettando che il cucciolo si avvicinasse. Quello esitò per un po', osservando il cane nero, che intanto lo leccava affettuosamente sul dorso. Si avvicinò a stento, con qualche guaito gioviale: annusò le dita di Marlene e si avvicinò ancora, fino a finire tra le sue gambe, in cerca di calore.
Non avrebbe mai dimenticato la morbidezza di quel primo contatto.
Ebbe paura che il cuore le stesse esplodendo dalla troppa tenerezza e innocenza che teneva tra le piccole dita. I nervosismi della giornata e degli esami si sciolsero davanti a quei piccoli occhi scintillanti alla ricerca di un riparo.
Marlene lo prese in braccio, e pensò che non l'avrebbe lasciato in balìa dei predatori notturni. Pensò che, probabilmente, non l'avrebbe lasciato più. 
Il cane la seguì scodinzolando, mentre si allontanava verso l'estremità della foresta.
In quel momento, forse per la prima volta in tutta la sua vita, Marlene McKinnon sapeva esattamente cosa doveva fare.





 
Note dell'autrice: Non uccidetemi. C'è un motivo più che valido se è una vita che non aggiorno.
Gli esami mi stanno uccidendo; mi sono presa mezza giornata per completare questo capitolo, però vi debbo già avvertire che prima dell'11 Giugno non potrò più aggiornare
. Ho aggiornato per rispetto vostro e perchè oramai sono completamente drogata dei vostri commenti!
In questo capitolo ci sono tre PoV diversi, come spero che abbiate capito (non l'ho puntualizzato perchè è una cosa che proprio non mi piace, pastricciare il capitolo con scritte tipo "Regulus PoV", "Sirius PoV". Lo so, lo so: ancora un capitolo con zero evoluzione, non succede niente di che.
Avete ragione: ma prima o poi questa storia partirà, ve lo assicuro.
Giusto qualche precisazione:
- Lo so che S.A.L.A.M.A.N.D.R.A. fa schifo come acronimo, perdonatemelo, ma ci ho voluto anni a trovare qualcosa che potesse andare! L'associazione è chiaramente ispirata al C.R.E.P.A. di Hermione.
- Perchè se Amelia è Corvonero, entra nella Sala Comune dei Grifondoro? Naturalmente perchè le amicizie più strette le ha in Grifondoro. Tecnicamente non ho ancora studiato bene se possa farlo o meno, il problema non mi si è ancora posto.


E poi bho, se mi viene qualcos'altro da precisare, aggiorno subito!
Per tutte le domande e le critiche su quanto schifo faccia questa cosa, potete commentare.
Buona lettura!
S n i d g e t 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


The best of Youth

Capitolo VI 
Il profilo della luna


 

1993

«Sei cambiato, Sirius» 
Ancora una volta, lei gli era davanti. La sua immagine aveva riempito la gabbia di un calore improvviso, un bruciore così intenso da essere quasi fastidioso. Ma Sirius restò in silenzio, inarcando le labbra in un ampio sorriso. Appoggiò la testa all'angolo umido.
«Hai un vecchio, ormai, di fronte»
Poi, voltò il viso verso la figura, senza perdere il sorriso.
«Tu, invece, sei identica a dodici anni fa»
Provò tristezza nel proferire quelle parole: sapeva bene perché lei era rimasta la stessa ragazza che aveva conosciuto fuori da quella prigione stantìa.
«Neanche la morte ha potuto niente su di te»
Lei abbassò lo sguardo, sorridendo.
«Il tuo sorriso non è cambiato»
«Neanche il tuo»
Di nuovo, l'uomo distese le labbra in un sorriso.
«Perchè sei qui?»
«Perchè hai dimenticato»
«Non ho dimenticato. Mai.» ribattè Sirius, con tono serio.
«Non dimenticherò mai»
Era vero. La certezza della sua innocenza era l'unica cosa in grado di mantenerlo in vita. E aveva fatto così tanta fatica, a focalizzare, per dodici anni, soltanto quegli ultimi, brevi avvenimenti. Aveva fatto così fatica a non pensare a lei. I primi anni, ad Azkaban, cercava di aggrapparsi ai loro momenti insieme, a quando l'aveva conosciuta, all'ultima estate prima dell'autunno di morte che li aveva separati per sempre – come foglie ancora troppo verdi portate via dallo stesso ramo dalla furia gelida del vento dell'Ovest. Ma i Dissennatori si erano nutriti degli ultimi attimi di letizia di Sirius Black, portandoglieli via, divorandoli. Faceva così male che avrebbe preferito divorassero lui. E aveva deciso di impiegare i restanti anni ad allontanare quei momenti, a cercare disperatamente di ricordare di dimenticarla.
«Hai dimenticato chi sei, Sirius» continuò il fantasma, aleggiando verso di lui.
«Io non sono nessuno» rispose Sirius, atono, voltando lo sguardo dall'altra parte.
«Non sei forse lo stesso con cui passavo quelle gelide notti di dodici anni fa, ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai arrivato?»
La guardò ancora una volta: lei si era accasciata accanto a quello che rimaneva del suo corpo, e si era avvicinata al suo viso.
«Mi parli di una vita lontana, che a malapena ricordo di aver vissuto»
«..Era la tua vita, Sirius. La nostra vita»
Sirius tacque, e alzò una mano: la avvicinò al volto candido del fantasma, che rimase immobile. Le due dita incontrarono l'ombra bluastra, e percepirono il gelo di quella visione.
Rabbrividì, e scostò la mano.

«Ricordi i tempi della scuola?»
Lei seguì il suo sorriso, e lui vi riconobbe le piccole rientranze sulle guance che tanto adorava. Ai tempi della scuola, che aveva appena riportato alla memoria, erano l'oggetto con cui soleva schernirla, solo per continuare a nascondere una debolezza che non permetteva di riconoscere a sé stesso.

«Ricordo»

«Allora, non avresti mai detto una cosa del genere.. su di noi»
Le sue labbra si distesero ancora, mentre gli occhi imbevuti di dolcezza si abbassavano ancora una volta sul volto scarno del prigioniero.
Anche Sirius sorrise, voltando lo sguardo verso il buio impenetrabile della purulenta cella.

«Allora, tu eri così innamorata di lui..»

 

1977

Alice Fortescue annodò la treccia in cui aveva meticolosamente acconciato la chioma castana, e si alzò dal letto su cui sedeva. Prese dalla mensola due grandi vassoi di vetro, che poco prima aveva chiuso con della carta argentata, e si apprestò verso l'uscita della Sala Comune di Tassorosso. Risalita dalla botte, inebriata dall'odore delle cucine, percorse il corridoio indorato dalle fiaccole. Salì in superficie, e fu inondata dalla luce del tardo pomeriggio d'estate. Vide il professor Lumacorno chiacchierare animosamente con la professoressa Sprite: li salutò con un largo sorriso.
Sentì le risate goliardiche di un gruppo di ragazzi, accostati al muretto del portico, poco prima della Sala Grande. Salutò timidamente il ragazzo più alto, Frank Paciock, Grifondoro, che aveva conosciuto qualche settimana prima, al parco, dopo aver trovato una Ricordella nel prato. Frank arrossì, mentre i suoi compagni la osservavano interrogativi. Davanti ai giganteschi portoni della Sala, tentò di salutare anche Julia Sunpetyr, troppo presa da una crisi isterica che il colore dei festoni preparati da alcune ragazze del terzo anno le aveva provocato: apparentemente, sembrava ci fosse molta differenza tra il grigio topo e il grigio fango.
Stava camminando lungo la navata principale, quando vide Amelia Bones, Dorcas Meadowes e Marlene McKinnon all'estremità del tavolo di Grifondoro, alle prese con dei cartelloni con l'anagramma della loro associazione: la accolsero con un largo sorriso.
«Ho portato i biscotti» sorrise Alice, appoggiando i vassoi sopra al legno consumato del tavolo.
«Oh per Merlino!» esplose Dorcas «Sono arrivati i biscotti!».
La ragazza arraffò uno dei vassoi, lo scoprì della carta che ne celava il prezioso contenuto e rubò due larghi dischi di pastafrolla e goccie di cioccolato.
«I biscotti.. chomp.. dei Tassorosso... sono.. chomp... leggendari!»
«In sala stanno ancora preparando i festoni dei partecipanti di Tassorosso, saranno qui tra poco più di un quarto d'ora»
«Grazie mille, Alice» le sorrise Marlene, carezzandole la testa con fare divertito.
«Ti va di darci una mano con questi?» fece altrettanto cordialmente Amelia, mentre faceva levitare dei lunghi coriandoli argentati tra le candele che penzolavano a mezz'aria nel soffitto infinito della Sala Grande. I coriandoli andarono ad intrecciarsi ad una delle candele, formando un fiocco perfetto. Alice Fortescue sorrise, impugnando la sua bacchetta e seguendo i movimenti di Amelia.
«Hai visto la nostra presidentessa, Alice?»
«S-si.. mi sembra parecchio.. emozionata per la festa» biascicò la ragazzina, tenendo gli occhi bassi.
«Non devi essere sempre così carina, Alice!» la ammonì Marlene.
«Già..» biascicò Dorcas, con la bocca ancora piena di frolla «è meglio.. chomp.. dire che.. è andata completamente fuori di testa»
«Da quando ha saputo che avrebbe partecipato Lionella Wild, si è comportata come se volesse un biglietto di sola andata per il reparto Janus Thickey del San Mungo1» fece Amelia, puntando la bacchetta sui vassoi di biscotti e portandoli lontani dalle fauci di Dorcas.
«Non rimarrà niente da mangiare, se non tieni a freno la tua ingordigia!» tuonò, colpendola tra capo e collo.
«Chi.. chi è Lionella Wild?» chiese Alice.
«E' a capo della Divisione Animali dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche.» spiegò Lene. «Una vecchia compagna di scuola della McGrannitt e della Sprite. Sono state loro a proporci la sua presenza»
«Si.. e qualcuno sta rischiando di perdersela» brontolò Dorcas. «Dov'è Lily?»
«Non ne ho la più pallida idea» sospirò Amelia «L'ho sentita piangere nel bagno di Mirtilla Malcontenta, ieri sera. Ho provato ad entrare, ma non voleva saperne»
Marlene aveva sgranato gli occhi, e ascoltava attenta. 
«Cos'è successo?»
«L'alterco con Mocciosus l'ha distrutta»
«Di che stregoneria state parlando?» insisté Marlene, alzando la voce.
«Non sai niente dell'altro giorno?» esplose Dorcas, facendo sussultare tanto Marlene quanto la piccola Tassorosso al suo fianco.
«I Malandrini hanno preso di mira il povero Piton, l'hanno appeso al vecchio salice sulla riva est del lago e gli hanno tirato i pantaloni»
«Idioti» ridacchiò Marlene, evidentemente divertita.
«Lily è intervenuta in difesa di Piton e... e...»
«E lui l'ha chiamata “Sporca Mezzosangue”» concluse Amelia con poche, amare parole.
Marlene sentì un tuffo al cuore.
«Quando.. quando sarebbe successo?»
«Subito dopo la fine dell'ultima prova scritta degli esami, questo mercoledì»
«Per Merlino, Lene, tu dov'eri?»
Provò a ricordare: per lei, i G.U.F.O. erano finiti soltanto quel giovedì; per questo, probabilmente, era evasa dalla realtà per concentrarsi sulle poche ore che le rimanevano prima degli esami. Era così presa dall'ansia e dalla preoccupazione, prima degli esami, da eclissare qualsiasi cosa fosse in grado di respirare intorno a lei. Se ne rese conto solo in quel momento, in cui si accorse, con un tonfo al cuore che aveva il peso del senso di colpa, della totale assenza di Lily, in quei giorni.
Sentirono un improvviso baccano provenire dall'entrata alla Sala, e videro i Malandrini entrare scomposti e sorridenti, mentre si avvicinavano al tavolo di Grifondoro.
«Che diavolo di stregoneria è questa?» tuonò James, afferrando un cartellone inneggiante al libero lavoro dei folletti nelle miniere.
«E' ora di cena, che cosa state facendo?»
«E' la festa delle Salamandre» fece Dorcas serenamente.
«Sala.. Salamandre?»
«Sostegno Associativo-Lenitivo per Animali Magici Ambigui Nonchè Deturpati, Rapiti o Abbandonati»
Ci fu un attimo di gelido silenzio prima che la fragorosa risata di Sirius risuonasse sulla navata principale della Sala.
«E' davvero l'associazione con il nome più stupido dell'intero Mondo Magico»
«Allora potrebbe piacerti» fece prontamente Marlene, lanciandogli un'occhiata maligna
«Agli stupidi piacciono cose stupide»
Si sentì gelare dallo sguardo, seppur sorridente, del ragazzo.
«Dov'è la Evans? Ancora non l'ho vista dall'altro giorno» fece James, mentre giocherellava con i pochi coriandoli argentati ancora rimasti sul tavolo.
«E non la vedrai presto, pezzo di un cretino!» tuonò Amelia. «Lily è ancora sconvolta da quanto è successo l'altro giorno al lago. Stagli alla larga, se non vuoi...»
Amy si fermò, quando sentì le dita di Marlene stringersi intorno al suo polso. Si voltarono verso l'entrata, mentre Lily Evans entrava nella nuvola dei suoi lunghi capelli, che ondeggiavano fiammeggiando intorno la testa china. Evitò i ragazzi e si sedette tra le ragazze, alzando il viso e rivelando gli occhi ancora arrossati.
«Scusate per il ritardo, stavo riordinando il mio baule» si spiegò con un largo sorriso «Posso ancora fare qualcosa per aiutare?»
«Evans!» la salutò James, prendendo posto accanto a lei «Perchè quegli occhioni rossi?»
Tutti quanti, intorno all'estremità del tavolo osservavano la sfacciataggine di James e avvertivano quanto duramente sarebbe stata punita di lì a poco.
«Davvero te la sei presa per il veleno che ha sputato quel serpente a sonagli di Mocciosus? Perché se è così gliela faccio pagare, Evans, ti giuro che..»
L'urto delle mani di Lily su tavolo fu più rumoroso di quanto potessero immaginare. Fece sussultare persino James Potter, mentre Alice sentì chiaramente il cuore che tentava disperatamente di uscirgli dalla gola.
«Voglio che tu te ne vada, James Potter» disse con voce bassa, ma ferma.
«L-Lily, io..» balbettò James.
«Dovevi già esserti alzato. Vuoi per caso un invito?»
Lily estrasse la bacchetta e con un rapido gesto del braccio schiantò James lungo il pavimento di mattoni chiari. Il suo corpo andò a cadere sopra al tavolo, a
qualche metro di distanza. Si alzò in piedi sul tavolo, cercando di darsi un contegno.
«Andiamo, Lily, non puoi...!»
«Vattene!» gridò nuovamente Lily, senza abbassare la bacchetta di un centimetro.
James Potter la guardò affranto, tirando un sospiro. Scese sulla panca, e poi sul marmo, prima di voltare le spalle a suoi compagni. Solo quando fu scomparso dietro la porta, Marlene ebbe il coraggio di guardarsi intorno: Peter si era nascosto dietro al mantello di Remus, che aveva abbassato lo sguardo. Sirius sedeva alla sua destra, e anch'esso teneva gli occhi bassi. Dorcas aveva ancora le mani tra i capelli, mentre Amelia aveva coperto la bocca. Le altre ragazze nella stanza avevano assistito con lo stesso silenzio intriso di terrore. Nessuno aveva mai visto una ragazza porsi con tanto astio verso qualcuno. Era un atteggiamento sconsiderato, e sicuramente un comportamento che nessuno, in quella stanza, si sarebbe aspettato da Lily Evans: se fosse stato presente un insegnante – l'insegnante sbagliato – gli sarebbe costato l'espulsione, al sesto anno di Hogwarts.
Lily abbassò lentamente il braccio e riprese compostamente il suo posto, senza aprire bocca, ma afferrando uno dei cartelloni del tavolo e riprendendo a lavorare su quello. Aveva un piccolo riccio di compiacimento stretto sull'angolo della bocca. Marlene pensò che sarebbe stato meglio non chiedere; sarebbe stato meglio non parlare affatto.
Con un veloce sguardo ad Amanda, capì che lei pensava la stessa cosa.
«Si preannuncia una serata piuttosto.. movimentata» sorrise Sirius, rivolto a Marlene.
«Sei ancora qui?» rispose lei, mentre passava due scatole di Puffole Pigmee da regalare alla festa a Alice Fortescue. «Mio cugino avrà bisogno di te, non credi?»
«James può cavarsela anche da solo» sorrise Sirius.
«Non avrei mai pensato che avresti partecipato a una cosa del genere»
«Mi hanno fatto una proposta piuttosto convincente»
«Da quando ti interessano gli animali?»
Marlene alzò le sopracciglia - ma non lo sguardo dalle sue faccende.
«Da tutta la vita.. più o meno»
«Sai, un po' di tempo fa ho sentito delle voci di corridoio, una sciocca storiella. Mi hanno detto che un cucciolo di volpe artica sarebbe scesa dal Nord fino a raggiungere la Foresta proibita»
La ragazza si fermò, alzando lo sguardo verso il suo interlocutore: la osservava con occhi affilati e un fastidioso sorrisetto.
«Scommetto che ti piacerebbe tanto vederla»
Rimase a guardarlo ancora, mentre richiamava Alice e le chiedeva di sostituirla nell'aiutare Lily con gli ultimi festoni.
Afferrò il mantello di Sirius Black e lo trascinò via, verso la porta d'ingresso.
«Si può sapere che cosa stai facendo, per Morgana?!» chiese a denti stretti e il fuoco nelle orbite.
«Sono settimane che non mi rivolgi la parola, e ora mi segui di notte? Sei forse impazzito?»
Lui sorrise sfacciatamente, affilando il suo sguardo sul viso paonazzo di Marlene.
«Non ti ho seguita, Fossette. Ti ho solo proposto un'uscita al chiaro di luna alla ricerca di un esemplare più unico che raro»
Si avvicinò ancora un po' al profilo della ragazza.
«Non è una volpe, è troppo grande per essere una volpe. E lo sai bene anche te, dato che mi segui di notte.» fece Marlene, spingendolo aggressivamente lontano da lei: «Sei una sorta di psicopatico?! Prima mi rimbocchi le coperte a letto, e ora mi segui di notte? Che diavolo di problemi hai?»
Sirius non aveva smesso di ridere.
«Ti sto solo chiedendo di uscire, McKinnon»
Sussultò. Le sue guance e la fronte arrossirono così tanto da assumere un colorito violaceo, e lei sapeva che se si fosse accarezzata la pelle, sarebbe rimasta scottata. Col tempo, Marlene McKinnon aveva imparato che poteva aspettarsi qualsiasi cosa da Sirius Black, e aveva cercato di comportarsi di conseguenza: ma in quel momento le parve di realizzare che non c'era proprio modo per evitare quella fastidiosa sensazione di imbarazzo di fronte agli atteggiamenti imprevedibili di lui. L'unica cosa che riusciva a pensare, dopo quell'assurda richiesta, era quale incantesimo avrebbe dovuto inventare per non farsi mettere a disagio così da lui.
Poi riflettè: se non riusciva a difendersi da quegli “attacchi”, allora doveva attaccare anche lei.
Ed affrontarlo ad armi pari.
«N-No. No Black, non voglio uscire con te!» farfugliò Marlene, abbassando lo sguardo.
Non avrebbe dovuto distogliere gli occhi da lui, lo sapeva bene: ma Marlene McKinnon non aveva mai saputo raccontare bugie.
«Andiamo, McKinnon» sorrise Sirius, riaccostandosi a lei.
«Certo che vuoi uscire con m
La sua impudenza di quel ragazzo l'aveva sempre disturbata, ma questo Sirius Black aveva nei suoi confronti un atteggiamento fastidiosamente invadente rispetto alle altre volte. Si scostò dal ragazzo e voltò lo sguardo lontano dai suoi occhi d'argento, verso l'entrata: scorse l'uniforme perfettamente ordinata e lo sguardo lucente di Regulus. Anche il ragazzo, seguendo gli occhi di lei, lo vide, ma stette attento a non mostrare la collera che lo assaliva davanti a Marlene. E lei intanto si era girata di nuovo, e ora lo guardava con occhi brillanti.

Quanto avrebbe voluto che quegli occhi brillassero per lui.

«Devo andare, Black» si congedò.
«Dov'è che vai?» chiese lui, togliendo le mani dalla tasca.
«A parlare con una persona»
Sentì la stretta ferma delle dita di Sirius sul polso, e sussultò. Quando incontrò di nuovo il suo viso, Sirius continuava a sorridere, nonostante sentisse la rabbia salire dallo stomaco e pervadergli la gola. Ma il rossore d'imbarazzo sulle gote di Marley era salito negli occhi, inondati di rabbia.
«Scherzi, Marlene?» chiese, stentando il sorriso. «Quello è un viscido schifoso»
La luce collerica degli occhi di Marlene avvampò, e Sirius smise di sorridere.
«Finirà col ferirti, come Mocciosus ha fatto con Lil..»
Con un strattone, Marlene si svincolò dalla sua presa, e fece qualche passo indietro.
«Non credo sarei in grado di definire mio fratello un “viscido schifoso” neanche se ammazzasse i nostri genitori»
Fu Sirius a sussultare, mentre Marlene raggiungeva la figura ormai lontana di Regulus lungo il corridoio.
Si sporse dalla grande porta di mogano, e cercò tra le teste degli studenti quella mora, ormai così familiare, di Regulus. Corse verso l'ala nord, strattonando maldestramente qualche ragazzo, quando lo vide.
Lo afferrò per la manica del mantello, ottenendo la sua attenzione: quando si voltò, la sua espressione era più insofferente del solito.
«Ciao» sorrise Marlene, tentando di passar sopra a quell'espressione.
Regulus non rispose.
«Eri... eri venuto a vedere i lavori?» continuò lei, sorridendo.
«Mi hai chiesto di passare. Sono passato» rispose freddamente.
«Verrai stasera» fece Marlene «Non è vero?»
Regulus sembrò indisporsi ancora di più.
«Ti ho già detto che non è roba per me...»
«Ma che Pluffe mi significa?!» tuonò Marlene, aggrottando le sopracciglia scure.
«Me lo hai promesso, Regulus Arcturus Black
Lui girò lo sguardo verso il chiostro. Marlene aveva puntato i piedi a terra e, invece, lo fissava torva.
«Devo mettere in dubbio la tua parola, Reg?!» continuò con voce alta.
«Se la smetti di strillare come una lattante, ci vengo»
Vide la collera svanire dal suo viso. Senza che potesse adottare una contromisura, Marlene gli si buttò al collo.
«Grazie! Grazie! Grazie!» esclamò lei «Vedrai che dopo stasera riuscirai a convincerti a non riservare a Kreacher il trattamento dei suoi precedenti colleghi!»
«Scollati, Marley» implorò lui «Non sei propriamente un peso piuma..»
Ricadde a terra, ma non aveva perso il sorriso.
«Lo so che cosa stai cercando di fare»
Regulus sbuffò: guardandola, potè vedere che continuava a sorridere.
«Che cosa blateri, adesso?»
«Stai cercando di infastidirmi, così mi arrabbierò e ti dirò che non voglio più vederti. E tu non sarai più obbligato a venire a questa “stupida cosa”»
«Ti crei delle storie, dentro quella piccola testa poco dotata...»
«Non ci riuscirai, caro mio!» Marlene aveva alzato l'indice nella sua direzione, puntandoglielo proprio sotto il naso. Con una piroetta, gli diede le spalle e trotterellò verso la Sala Grande.
Guardandola camminare in modo così buffo, non riuscì a trattenere un sorriso.

Anche lui si voltò dalla parte opposta, e si diresse verso l'esterno. Il sole di giugno era ancora alto, e sfiorava le vette morbide delle colline intorno al castello: il Lago Oscuro era bagnato di mille sfumature fiameggianti, ma sempre meno roventi. Si sedette sull'erba seccata dall'estate, ascoltando la brezza salire dall'acqua.
Sapeva che stava per essere stata interrotta dall'acidula voce di una donna, ma non credeva sarebbe successo di lì, a un attimo.
Senza voltarsi, la invitò a sedere; lei rifiutò. Piuttosto, gli chiese di alzarsi.
«Ti trovo bene, cugina» sorrise, senza troppo entusiasmo.
La bellezza di Bellatrix Black non eguagliava quella di sua sorella Narcissa, ma era comunque stata una strega di straordinario aspetto. Si era sposata quando Regulus aveva appena otto anni, subito dopo la scuola, con un ricco mago Purosangue, il cui bell'aspetto non riusciva a nascondere un sadismo profondo, che a Regulus aveva l'impressione la cugina avesse sempre ammirato. Rodolphus Lestrange era solito lodarsi delle crudeli torture che infliggeva a quei Babbani che, nelle sue passeggiate notturne a Londra, avevano cominciato a fare troppe domande.
Era ancora un bambino, quando ascoltava quelle storie dell'orrore.
La bellezza di Bellatrix aveva cominciato a scemare poco dopo il matrimonio: era dimagrita eccessivamente, e i capelli la cui lunghezza (vincolata da una lontana consuetudine della sua famiglia, che impediva alle donne maritate di accorciarla), una volta scura come il carbone, tradiva ora un ingrigimento precoce, così come i suoi occhi di topazio.
«Anche tu non sei male, cuginetto» sorrise, con una nota di malizia: «Ma non sono l'unica ad essersene accorta»
Regulus trasalì. Che lei avesse...?
«Chi è lei? Non mi pare di conoscerla..»
«Lei chi?» chiese freddamente.
«La mocciosa che ti era al collo, cuginetto...» sorrise Bellatrix.
«Non è nessuno»
Capì che avrebbe potuto essere convincente solo quando vide come si allargava il sorriso di sua cugina.
«Si può sapere perché tanta urgenza? La scuola finisce tra una settimana..»
«Il Signore Oscuro mi manda ad avvisarti»
Sussultò nel sentire come lo aveva chiamato.
«Avvisarmi? Stai per uccidermi?» chiese, abbozzando un sorriso.
«Sei il cugino sbagliato, mi dispiace»
La fragorosa risata della strega riecheggiò tra le tempie di Regulus, scorrè lungo la sua gola, si infilò nel sangue e avvolse le ossa, raggelandolo completamente. Fece finta che si trattasse soltanto del cattivo senso dell'umorismo che Bellatrix aveva sempre dimostrato di possedere.
L'espressione della strega divenne improvvisamente seria.
«Comincerai a lavorare da Magie Sinister lunedì. Dovrai essere lì alle cinque. Lui verrà da te una volta al giorno, tre volte alla settimana. Assieme al signor Burke, ti istruiranno su tutto. Tutto ciò che devi sapere»

Tutto ciò che devo sapere?

Il signor Riddle gli aveva detto che avrebbe passato l'estate lavorare al negozio del signor Burke, ma non immaginava che avrebbe seguito delle lezioni. La cosa lo eccitava e lo terrorizzava al tempo stesso.
«Togliti quella faccia da Ramora2 lessa, Regulus Arcturus»
Il sorriso della strega era scomparsa. Al suo posto, un'espressione arcigna si annidava sul viso consumato.
«Sei stato scelto per divenire un suo allievo, e per servire il signor Burke come lui ha fatto prima di te. Pensavi fosse un gioco, per caso?»
«No di certo» esclamò Regulus, immediatamente. «So cosa devo fare, e sono totalmente convinto»
«Buon per te, allora» 
Con un rapido gesto del braccio sinistro, Bellatrix alzò la bacchetta in aria. Prima che si smaterializzasse, il sorriso di sua cugina gli regalò un ultimo, brusco brivido. 
«Un ultimo consiglio, cugino caro. Tieni quella ragazzina fuori da questa storia»
Con una lieve piroetta, sparì dalla sua vista.
Il tempo di alzare gli occhi, e il sole era già scomparso.

 

La notte scintillava tra stelle cadenti rosse, gialle e verdi, nella Sala Grande.
Striscioni di un ricco smeraldo e di magenta, su cui campeggiava una salamandra dorata, facevano bella mostra di sè sulla pietra delle pareti. I quattro, lunghi tavoli erano stati rimossi, per lasciar spazio ad un grande palco sul lato ovest della sala, mentre quello dei professori, rialzato, erano rimasto al suo posto, e gli insegnanti osservavano banchettanti i loro studenti ballare al ritmo delle note delle Sorelle Stravagarie.
Mentre Lily ed Alice si occupavano di offrire biscotti e regalare Puffole Pigmee ai ragazzi, Marlene e Dorcas, appena fuori, in piedi sopra alla base del drago di pietra alla destra della porta, incitavano i passanti con un o striscione inneggiante l'abolizione della caccia ai Graphorn. Marlene continuava a girare la testa da una parte all'altra del corridoio, ansiosa.
«Datti pace, Marley, ti prego» la esortò Dorcas, prima di urlare: «Usate le vostra, di corna, per le pozioni! E lasciate ai Graphorn le loro»
Marlene sorrise.
«Sai bene come dare un messaggio alla folla, non è vero?»
«Io so come attirare l'attenzione, almeno»
La sottile bocca della ragazza si allargò in un sorriso sbarazzino, mentre si voltava verso l'amica, mentre lo sguardo famelico si abbatteva sulla calca di studenti.
«Mentre la tua, di attenzione, è totalmente altrove, stasera»
Marley sospirò.
«Mi dispiace, Dorcas. Davvero. E' che...»
«Aveva fatto una promessa che non ha mantenuto. Pazienza, hai qui noi. La serata sta andando bene: abbiamo raccolto un sacco di firme, e tantissime offerte. Te lo ricordi ancora lo scopo di questa serata, no? Raccogliere fondi, perché altrimenti l'associazione è spacciata. E divertirsi, perché altrimenti non ha senso avere sedici anni e aver finito gli esami. E dire cose assurde alle persone, terrorizzandole, perché altrimenti non ci divertiamo: ad esempio, potremmo dire che, se ignoreranno questo manifesto, domattina si sveglieranno con un corno di Graphorn al posto del naso»
Marley rise fragorosamente. 
«E magari a Black Jr. glielo facciamo crescere veramente, alla fine della serata» sorrise Dorcas, con voce dolce.
«Hai ragione». 
Fu allora che Marlene alzò il manifesto in alto e urlò a gran voce.
«Mai più pelliccie di Graphorn a Natale!»
La risata di Dorcas le risuonò nell'orecchio destro
«No, non fa proprio per te»
Mentre ancora battibeccavano su cosa fosse meno appropriato dire per attirare l'attenzione dei ragazzi, un suono fragoroso, simile allo schiocco di mille dita, provenì dall'interno della Sala, ponendo fine alla musica assordante del palco diretto dalle Sorelle Stravagarie.

La voce della McGrannit risuonò nella Sala, rimbalzando dalle pareti di pietra: si tuffò fuori dalla porta e investì il corridoio.
«E' il discorso» disse Marlene, e scese dal piedistallo del drago, lasciando il cartellone. Afferrò tanto frettolosamente la mano di Dorcas che la fece quasi cadere dal piedistallo. Si fece strada tra gli studenti e, bloccata dalla calca, fu costretta a fermarsi per potersi guardare intorno, alla disperata ricerca di una via d'uscita.
«Vorrei ringraziare il Preside, per aver permesso questa festa..»
«Marley, si può sapere cosa stai cercando di fare?»
«...E le Sorelle Stravagarie, per allietare la nostra serata con le loro.. melodie stravaganti»
«Sto cercando di avvicinarmi, saranno tutte lì sotto. Non voglio perdermi il discorso della Wild!»
Si guardava attorno, Marlene, mentre il cuore cominciava a palpitarle. Lo scopo dell'associazione a cui aveva aderito con così poco entusiasmo le stava a cuore più di quanto non desse a vedere: e l'appoggio di Lionella Wild era fondamentale, essenziale alla sopravvivenza stessa delle Salamandre.
«Vorrei rendere noto che tutto il denaro raccolto dalle ragazze, questa sera, sarà devoluto al reparto Divisione Animali dell'Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche del Ministero della Magia. E ora passerei la parola alla nostra ospite: una strega eccezionale, che ha saputo e sa sempre far valere i diritti degli Animali Magici quali creature alla pari dei Maghi e delle Streghe. Lionella Wild!»
L'applauso fu pacato e fioco; come anche Julia aveva confessato di temere, la maggior parte degli studenti non conosceva neanche il motivo della festa organizzata, e, una volta rivelato loro, sarebbe aleggiato fuori dalle orecchie con la stessa velocità ed indifferenza con cui vi era entrato.
Marlene e Dorcas si guardarono intorno: i visi dei ragazzi palesavano la loro noia.
Una donna bionda, dalla pelle diafana e un piccolo paio di occhiali rettangolari, si era alzata dal tavolo dei professori per oltrepassarlo e raggiungere la professoressa McGrannitt: indossava un lungo mantello nero drappeggiato di fiori d'argento. Dalle maniche sporgevano i polsini di una camicia luminosa come le sue mani, lunghe e nude. Aveva il naso lungo e dritto, e due piccoli, vivaci occhi verdi; le labbra rotonde erano distese in un sorriso benevolo. Nonostante Marlene sapesse avere una certa età, dato che era noto che era la strega, in tutto il Ministero, ad essere rimasta a capo del suo reparto per più di mezzo secolo, la trovava bellissima.

Maledizione.

Un'improvvisa reverenza le era esplosa dentro, accompagnata dall'invidia per Julia Sunpetyr, in piedi con quel suo orribile sorriso supponente accanto alla professa, e le mani magre ad applaudire. L'idea di conoscere Lionella Wild - di cui aveva letto la biografia a soli otto anni, dopo aver fino il manuale di Newt Scamander -  la eccitavano più dell'idea di una stanza piena di Bacchette alla Liquirizia. Guardò il palco delle Stravagarie, a qualche metro alla sua sinistra: era rialzato e rivestito, all'estremità, di tende di velluto nere alte più di un metro.
L'idea si tramutò subito in un altro strattone al braccio di Dorcas.
«Passeremo da sotto il palco!» le gridò, mentre strattonava studenti per raggiungerlo.
«E' per me un onore tornare come ospite nella mia scuola..»
«Mi sembra un'idea geniale, Marlene, davvero!»
«..Quando la Professoressa McGrannit e la Professoressa Sprite sono venute da me, non credevo..»
«E' l'unico modo che abbiamo per avvicinarci ancora!»
Superarono qualche altro studente e Marlene inciampo' in un piccolo gradino, proprio sotto al palco, tirando Dorcas con sé, a terra.
Quando si rialzarono dalla maldestra caduta, si accorsero che sotto la tenda non erano da sole: sotto il palco, in uno spazio molto più largo di quanto potesse fisicamente esserci, James Potter, Sirius Black, Remus Lupin e Peter Minus erano chini su di una grossa scatola di legno, piena di petardi ed esplosivi sfavillanti. Avevano acceso un piccolo lume, troppo fioco da poter essere percepito dall'esterno, ma abbastanza luminoso per far vedere a Marlene gli autori del futuro sabotaggio.
«James!» gridò, rialzandosi e aggrottando le sopracciglia.
«Ciao, cuginetta!» sorrise.
«Che diavolo state facendo?!» continuò, con la voce che le faceva male, per quanto stava strillando.
«Shhh! Possibile che non capisci che ci scopriranno, Fossette
«Avete fatto un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile qui sotto? Siete dei geni!» esultò Dorcas entusiasta, gettando le braccia al vento, prima di ricevere un'occhiata cagnesca da Marlene.
«E' stata un'idea del nostro brillante Lupin!» esclamò James, che indicava il ragazzo magro, seduto ad un angolo, mesto, mentre continuava a mescolare la polvere di diversi petardi, aperti davanti alla scatola, facendo roteare la bacchetta sopra di loro.
«Remus Lupin
» sogghignò Marlene, guardandosi intorno.
«Un mascalzone vestito da prefetto...
 Che cosa sono quelli? Non vorrete dare fuoco alla scuola?! Metti giù quella roba, Black!» strillò, notando Sirius alle prese con un grande tubo di cartone che assomigliava ad un enorme razzo scarlatto.
«Tranquilla, per Merlino!» fece lui, indifferente al tono iracondo di lei: «E' solo per ravvivare un po' la festa»
«La festa non va ravvivata! È un evento serio, e voi rischiate di ucciderci tutti. O peggio, di buttare a monte giorni e giorni di duro lavoro!»
«Mi fai vedere come si fa?» chiese Dorcas a Sirius, avvicinandosi a lui, sotto agli occhi increduli di Marlene.
«DORCAS!»
«Rilassati, per l'amor di Merlino!» ripeté il ragazzo, mentre faceva accomodare Dorcas sopra la sua coscia sinistra, senza alzare gli occhi felini dalla sua occupazione. Intanto, James aveva ordinato a Peter di prendere il razzo dorato alla sinistra della scatola, mentre la voce di Lionella Wild risuonava intorno al loro rifugio, ovattata dalle tende che lo nascondevano agli occhi degli altri: e proprio quella voce rinsavì in Marlene la consapevolezza che non solo si stava perdendo il discorso dell'anno, ma che, ancora una volta, la colpa era tutta di suo cugino e dei cretini che si portava dietro dal primo anno di scuola. La rabbia non gli fece notare che, accanto a lei, Peter Minus stava goffamente installando un piccolo sostegno per il razzo, diretto proprio verso la tenda.

Inspirò.
«Ok. Allora, possiamo concluderla in due maniere.»
Alzò l'indice medio, e fissò un punto imprecisato, mentre i ragazzi, in meticoloso silenzio, continuavano nei loro lavori.
«Potete mettere via quella roba, rimuovere l'Incantesimo e uscire di qui in mezzo minuto. Oppure posso lasciarvi far esplodere la Sala Grande, uccidendoci tutti o facendoci espellere!»
«Sei.. come al solito.. esagerata, cugina cara!»
James si era alzato, e stava aiutando Peter ad installare l'enorme razzo rosso sul piedistallo appena montato.
«Avete deciso di partire col botto, immagino» commentò Remus, atono, ancora seduto in disparte con un braccio appoggiato sugli occhi.
«Ti senti bene, Remus?» chiese Dorcas, ancora seduta delle ginocchia di Sirius, notando la fievolezza della voce di Lupin, che sorrise in risposta.
«Certo, Dorcas. Sono solo un po' stanco»
Mentre osservava il pallore del suo viso e le profonde linee violacee che solcavano gli zigomi magri del ragazzo, Marlene sentì qualcosa ronzare attorno al suo orecchio: si voltò verso le tende che ricoprivano il sottopalco, e vide un minuscolo passerotto di carta fluttuare all'altezza del suo naso. Il passerotto cinguettò per un attimo, prima di volare contro il suo profilo e aprirsi completamente.
«C'è posta per te, McKinnnon!» sorrise Sirius, che intanto aveva fatto scendere Dorcas, e estraeva dalla tasca dei suoi jeans scuri un accendino d'argento.
Marlene diede loro le spalle, e tenne tra le mani il piccolo biglietto. Dalla scrittura minuta e precisa comprese subito di chi fosse.

Devo parlarti.
Incontriamoci a mezzanotte, al solito posto.
R.

«Non puoi accendere la miccia se prima non hai conficcato il razzo nel terreno, Felpato!»
La voce di suo cugino la ridestò dai suoi pensieri.
«Qui non c'è terreno, Ramoso! Ricordi? Siamo dentro la scuola! Ci sono mattoni a terra» Sirius pigiò il pavimento di marmo con la scarpa. 
Cos'è che Regulus doveva dirle? Perché non era venuto alla festa? D'un tratto, Marlene comprese che la sua assenza e i motivi del loro incontro dovevano essere inscindibilmente collegati. Guardò il suo orologio, e notò che mancava poco meno di un'ora alla mezzanotte. Da quanto tempo era lì sotto con quegli idioti? Quanto del discorso di Lionella Wild aveva perso, mentre Julia splendeva accanto a lei, prendendosi il merito del lavoro di tutte? 
Ebbe un brivido di rabbia – e gelosia. Scrollò la testa e gridò.
«Ok, ora basta!» esclamò, afferrando razzo rosso per il bastone di legno all'estremità. Dagli sguardi esterrefatti di suo cugino e dei suoi amici, sentì il bisogno di guardare il razzo: era già acceso, e stava per esplodere. Dorcas strillò, e Marley, per la paura, lo buttò a terra.
Il razzo esplose con un fischio, e lacerò le tendine del palco. Con un balzo, le due ragazze e i Malandrini si proiettarono fuori dal nascondiglio: il fuoco salì a mezz'aria, lasciando fortunosamente illesi gli studenti e ammutolendo Lionella Wild. Le fiaccole verdi, rosse e dorate si confusero in un'immagine dapprima indistinta, che volteggiò sopra le candele e si aprì in due enormi ali. Un drago enorme era apparso nel cielo magicamente stellato della Sala Grande, tra gli strilli e gli applausi degli studenti. La testa del drago di luce si abbassò verso di loro, e con una piroetta si buttò in picchiata sulla folla, con una velocità impressionante. Gli studenti terrorizzati si abbassarono tra le urla, spintonandosi fuori dalla Sala. Il dragò li sorvolò, uscendo dalla Sala e catapultandosi tra le arcate del chiostro principale; poi risalì in alto, verso il cielo, ed esplose in milioni di coriandoli di fuoco, in uno spettacolo memorabile.
La folla si era spinta fuori, e aveva assistito allo spettacolo pirotecnico con un sospiro di sollievo e urla di entusiasmo. Lionella Wild aveva applaudito con una risata fragorosa, mentre, accanto a lei, Minerva Mcgranitt, con sguardo felino, si era guardata intorno, alla ricerca dei responsabili. I suoi occhi esperti sapevano già dove posarsi, ma non immaginavano di trovare, altrettanto sporchi della fuliggine prodotta dallo scoppio, i volti di Dorcas Meadowes e Marlene McKinnon.



«Mi chiedo che cosa vi sia passato per quella testa vuota»
Marlene pensò che la voce della professoressa fosse terribilmente calma, date le circostanze. Le sue dita affusolate strisciarono lungo la scrivania, e raggiunsero una scatola di Zenzerotti, rivestita di tartan verde e blu; la trovarono vuota, e il disappunto arricciò le labbra sottili di Minerva McGranitt.
«Ma, d'altronde, c'era da immaginarselo. Avrei dovuto provvedere da me a rinchiudervi nella vostra Sala Comune»
Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black, James Potter, Marlene McKinnon e Dorcas Meadowes erano in piedi di fronte alla scrivania, e tenevano le braccia conserte e il viso, ancora sporco di fuliggine, basso. La Professoressa McGranitt batté lievemente il palmo della mano sul mogano scuro del tavolo, e si alzò in piedi, girandogli intorno.
«Quello che mi rincresce - e che naturalmente era imprevedibile da parte mia - è sorprendere assieme a queste canaglie due signorine della mia Casa»
Marlene sentì sussultare Dorcas, e avvertì lo sguardo gelido dell'anziana strega su di loro.
«Come vi è venuto in mente di prendere parte ad un così indignitoso, scioccamente goliardico scherzo?!»
«Professoressa, vi posso assicurare che le ragazze non c'entrano...»
«Mi è forse sfuggito il momento in cui ti ho concesso il permesso di parlare, signor Potter?» proferì gelidamente la Professoressa.
«Escludo che abbiate congegnato voi gli ordigni: sono troppo ben fatti, persino per delle menti criminali come le vostre. Ma ciò non vuol dire che le vostre azioni rimarranno impunite. Potrò chiedere la vostra sospensione da qui alla fine della scuola per introduzione di materiale non autorizzato all'interno di Hogwarts, ma so che questo vorrebbe dire anicipare le vostre vacanze estive, ed io non voglio compiacervi. Si tratterebbe di un premio, piuttosto che di una punizione»
La strega passò la mano sopra la bocca stretta, fissando un punto indefinito, in fondo alla stanza.
«Quanti punti possiede Grifondoro più della Casa attualmente sotto di essa?»
«Si riferisce alla Classifica della Coppa delle Case?» balzò Dorcas, allarmata. «Professoressa, non può farlo! Non può toglierci tutti i punti che ci allontanano da Corvonero! Finiremmo per essere gli ultimi qualificati!»
«Si dà il caso, signorina Meadowes, che possa fare quello che voglio coi punti della Casa che dirigo: anche consegnarla ad una disfatta completa, se ritengo che i suoi appartenenti non meritino alcun tipo di onore»
«Per uno stupido fuoco di artificio...» bofonchiò Sirius. Gli occhi vividi della professoressa McGranitt, allora, si diressero verso di lui, fulminandolo.
«Cosa sta blaterando, signor Black? Si ritenga molto fortunato, che nessuno si sia fatto male! Questa festa è costata molto alle ragazze dell'Associazione, e voi stavate per rovinare tutto»
Marlene respirò profondamente, prima di intervenire.
«In realtà, Professoressa, non credo che i ragazzi volessero sabotare la festa. Magari volevano soltanto.. movimentarla un po'» sorrise.
«Non creda di essere divertente, McKinnon»
«Non voglio esserlo, professoressa. I ragazzi mi avevano accennato la cosa questo pomeriggio, ed io ho acconsentito, dopo essermi assicurata che non fosse niente di pericoloso. Il fatto è che i fuochi sarebbero dovute essere trasportati nel cortile, prima di essere esplosi, ma qualcosa è andato storto...»
«E comunque non si è fatto male nessuno, e la nostra ospite ha apprezzato!» esclamò Peter, balbettante.
«Si! Era veramente entusiasta!» Fece Dorcas, estraendo quello che sembrava un biscotto sbriciolato dalla sua tracolla, e tendendo la mano aperta verso la strega, con un largo sorriso. 
«Vuole uno Zenzerotto?»
La McGranitt serrò le labbra in un'espressione ancor più severa, e rivolse di nuovo lo sguardo verso Marlene.
«Trovo alquanto sconcertante il fatto che non abbia sentito il bisogno di avvertire me o un altro professore di questa vostra iniziativa, McKinnon. E sono ancor più sorpresa dal fatto che sia stata proprio lei, a creare tanto disagio! Non le nasconderò che il tuo comportamento mi ha delusa»
Marlene abbassò gli occhi, in segno di rispetto per le parole della professoressa McGranitt, ma non provò vergogna. Aveva mentito, e non sapeva neanche bene il perché di quella bugia; aveva soltanto pensato che fosse la cosa che avrebbe nuociuto meno alla sua Casa.
E avrebbe comunque avuto modo di riconquistare la fiducia della professoressa al successivo esame in Trasfigurazione.
«Venti punti in meno a Grifondoro, per la tua grave mancanza di giudizio» proferì grave la strega, voltandosi poi verso i ragazzi.
«E spero che sia chiaro che non ci saranno altre conseguenze per voi soltanto per la fortuna sfacciata di non aver causato nessuna particolare lesione ai presenti o di non aver demolito la Sala Grande. Ma non abusate della mia pazienza.»
Gli studenti ringraziarono in coro, prima di essere congedati dalla professoressa McGranitt: percorsero lo studio uno dietro l'altro e, mentre si voltava per andarsene, Dorcas, l'ultima della fila, lasciò lo Zenzerotto sulla scrivania della professoressa, serbandole un largo sorriso.
«Che diavolo di problemi hai per tenere degli Zenzerotti nella borsa?» bisbigliò Marlene, subito fuori dalla studio, preceduta dai Malandrini.
«E' per i cali di zucchero, ho la pressione bassa»
«Hai la testa vuota, piuttosto» rispose la ragazza, guardando il suo orologio da polso.
Era quasi la mezzanotte.
«Devo proprio andare»
«Dobbiamo tornare dalle ragazze! Julia starà ancora strillando!» esclamò Dorcas.
«Coprimi, ok? Devo risolvere una questione, prima»
Dorcas annuì con un sorriso stretto, e lasciò che si allontanasse. Ma Sirius no: quando la vide sorpassarlo, affrettò il passo, per raggiungerla. La fermò solo dopo svoltato l'angolo, chiamandola in un bisbiglio.
«Perchè quella bugia, Fossette?» sorrise il ragazzo.
«Non era la prima volta che ci trovavamo di fronte a Minerva, te lo posso assicurare»
«Per evitare che seppellissi vivo te stesso e tutti gli altri con la tua presunzione, Black» rispose Marlene, con un piccolo ghigno in viso.
«Sembrava la cosa più intelligente da fare per salvare tutti quanti da una più che semplice espulsione»
«Ed io te ne ringrazio, McKinnon» sorrise Sirius, appoggiato con le spalle al muro in pietra dietro di lui.
«E volevo scusarmi per oggi»
Marlene sussultò, totalmente sorpresa da quell'atto di gentilezza di Sirius Black.
«Mi sono reso conto di essere stato... troppo invadente»
«Lo sei stato» sorrise Marlene.
«Ed io accetto le tue scuse»
«Uscirai con me, quindi?»
Sirius inclinò un po' la testa, sorridendo in modo audace. Anche Marlene sorrise.
«Non sono ancora completamente fuori di testa, Black»
Guardò ancora una volta l'orologio, e scappò via, sparendo nel buio del corridoio.

 

La vide ai piedi del lago. Avvicinandosi, notò che i suoi piedi si muovevano nell'acqua cristallina della riva, facendola zampillare. Non le servì voltarsi per avvertire la sua presenza.
«Avevi promesso che saresti venuto»
Regulus abbassò gli occhi e allungò le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Sono venuto, ma tu eri impegnata»
«Essere dei pessimi bugiardi è forse l'unica cosa che abbiamo in comune» rispose lei greve, prima di voltarsi.
«Sarei dovuta rimanere con le altre a festeggiare, piuttosto che raccogliere il tuo invito» sorrise.
Allungò la mano verso di lui, che prontamente la raccolse.
«Ma voglio, devo farti vedere una cosa»
Afferrò le sue scarpe dal terriccio umido. Le infilò e camminò davanti a lui.
«E' andata bene, ho saputo» proferì Regulus, timidamente. Alzò gli occhi giusto un attimo, per controllare che lei non si voltasse per rispondergli.
«Meglio di quanto immaginassi. Abbiamo raccolto un sacco di soldi e di firme. E, nonostante tuo fratello e mio cugino abbiano fatto di tutto per demolire la scuola, la signora Wild ha promesso di essere la nostra Portavoce al Ministero»
«Fantastico»
Non vi fu una risposta immediata. Continuavano a camminare al chiarore bluastro della luna. In quei momenti di assordante silenzio, Regulus guardò a terra, per allontanare i suoi sensi di colpa, e pensò che mai aveva visto la luce notturna delineare la sua sagoma così precisamente. Avrebbe voluto essere anche lui così preciso, nel dirle tutto quanto. Nello spiegargli perché non era andato alla festa. Nel dirgli a cosa aveva pensato, quella sera, disteso nel suo letto, con le tende del baldacchino chiuso, nella più assoluta oscurità dei suoi pensieri. Dopo tutto quel buio, la luce della luna sembrava accecante.
«Sai» fece Marley d'un colpo, facendo trasalire Regulus. Si era fermata, e, voltandosi, poté vedere che sorrideva.
«Non devi essere per forza gentile ed educato, in tutte le occasioni e con tutti, Reg. Non devi esserlo con me. Lo so che non te ne fregava niente, di stasera»
«Non è vero» ribatté lui, prontamente.
«Voglio sapere di stasera, se è stato qualcosa di importante, per te
Lo guardò come non aveva mai fatto prima, mentre il suo sorriso svaniva. Fu una sensazione strana per lei: per la prima volta, le parve difficile interpretate le parole di Regulus. Nell'oscurità, riusciva a percepire solo il bagliore dei suoi occhi.
Abbozzò un nuovo sorriso.
«Bene. Perché questo è molto più importante»
Erano arrivati davanti alla capanna di Hagrid. Marlene si avvicinò all'uscio, e si chinò a terra, piegandosi sulle ginocchia. Frugò nella sua tracolla, e vi raccolse qualcosa di lungo e sottile, dal profilo irregolare: a Regulus assomigliò ad una striscia di carne secca. Allungò delicatamente la mano verso una piccola porticina intagliata nel legno dell'entrata.
Le luci della piccola capanna erano spente, e dall'interno provenivano rumori lunghi e soffocati: il buon gigante dormiva profondamente.
Emise un fischio profondo. Ma dalla fessura non uscì niente. Ritentò. Al terzo fischio, una piccola creatura, dal pelo vaporoso e bianco, si affacciò timidamente. Annusava curioso la bacchetta di carne che Marlene teneva in mano, mentre lei gli si rivolgeva affettuosamente.
L'animale guardò Regulus, dubbioso, e indietreggiò, per girare intorno al braccio di Marlene e accucciarsi sotto le sue ginocchia, reclamando con una zampetta il suo pasto.
«Non è bellissimo?» chiese Marlene, con un largo sorriso. 
«L'ho trovato un paio di settimane fa, nella Foresta»
Regulus era rimasto in piedi, e guardava Marlene carezzare la nuca della creatura, con le mani in tasca, e l'aria per niente intenerita.
«Cosa sei andata a fare, da sola, nella Foresta?»
«Io... non lo so. C'era una cane, un cane nero, qui fuori, una sera»
Regulus sobbalzò.

Non è possibile.

«Voleva che lo seguissi. L'ha trovato lui, probabilmente..»
«Devi portarlo via, Marlene. Qui non può stare» la interruppe bruscamente.
«Ho già parlato con Hagrid. Lo terrà lui, quest'estate. E quando tornerò ad Hogwarts..»
«Non hai capito» continuò Regulus, greve: «E' una creatura delle Terre Desertiche. Non può stare ad Hogwarts»
Marlene ruotò il viso in alto, verso la sagoma di Regulus, scostando via i capelli che le ricadevano sul viso. «E che dovrei fare? Abbandonarlo a sé stesso?»
Regulus rimase in silenzio; lei capì che non avrebbe detto nient'altro, e corrugò la fronte in un'espressione arrabbiata.
«Stai scherzando, Reg? Avresti il cuore di abbandonarlo?»
«Non è uno dei tuoi stupidi Kneazle, Marlene! Vuoi capirlo o no?» tuonò il ragazzo, facendola sussultare. Indicava l'animale, che, spaventato dall'improvviso cambio di toni tra i due, aveva smesso di mangiare, e rimaneva accucciato sotto di lei.
«Non è neanche una Volpe Artica, non sai neanche tu cosa sia, quel mostro!»
«Non chiamarlo così!» urlò Marlene, alzandosi in piedi. Il cucciolo, derubato del suo nascondiglio, corse verso la piccola fessura della capanna da cui era silenziosamente uscito.
«Se mangia carne essiccata a pochi mesi, che cosa mangerà quando sarà un adulto?»
Ma Marlene non lo ascoltava più. Aveva visto la creatura scappare, ed era rimasta a fissare la porta scura.
Solo dopo qualche secondo si voltò nuovamente verso di lui, e lui capì subito che era furiosa.
«Hai la minima idea di quanto ci abbia messo a portarlo fuori dalla Foresta? A conquistarmi la sua fiducia?! Che cosa c'è di sbagliato in te, Reg, si può sapere?»
Era arrabbiata. Aveva passato le ultime notti ad infrangere il coprifuoco, a rischiare l'espulsione, pur di star accanto alla piccola creatura rinvenuta sul letto della foresta. La reazione poco entusiasta di Regulus l'aveva ferita profondamente
«Hai detto che non vuoi che io sia gentile, Marlene, non lo sarò. Devi smetterla di comportarti come se avessi dieci anni. Devi smetterla di raccontare bugie a te stessa. Devi smetterla di sorvolare i problemi. Prendi una decisione, in vita tua»
«Ah si? E tu, quante decisioni hai preso, nella vita?»
«Oh, io la mia decisione l'ho già presa, e da tempo»
«E quale sarebbe?»
«Sei tu. Sei sempre stata tu. Ma sei troppo sciocca per riconoscere cosa provano le persone che ti stanno intorno. Hai fatto lo stesso con Lily, no?»
«Non ti azzardare, Reg. Non ti azzardare a mettere in ballo le mie amiche»
«E ti prendi troppo, troppo sul serio per riconoscere che, come tutte le altre, sei perdutamente innamorata di mio fratello»
Marlene sobbalzò. In un momento, l'ira che le impediva di capire le parole del ragazzo sembrò svanire. Come poteva aver scavato così in fondo? Come poteva aver capito qualcosa che tentava di nascondere persino a sè stessa da così tanto tempo, forse da prima di conoscere Regulus?
«Forza, ammettilo» la esortò lui, nuovamente. Ma lei non rispose: rimase immobile, con le labbra socchiuse e l'espressione sbigottita. Allora Regulus rise di gusto, una risata di quelle che lasciano l'amaro in bocca, quando si sa di avere ragione, e tuttavia si farebbe qualsiasi cosa, pur di essere nel torto.
«Sei proprio come tutte le altre» 
La reazione di lei fu subitanea: lo schiaffo risuonò sullo zigomo magro con uno schiocco, e fu abbastanza forte da causare una piccola roteazione della sua testa. Rimase con gli occhi chiusi per un attimo, mentre lei ritirava la mano, ma non lo sguardo infuocato. Poi, prima che lei potesse accorgersene, le aveva costretto il polso della mano violenta tra le dita.
Con un mugolìo di dolore, Marlene tentò di divincolarsi dalla presa, ma la presa di lui era più forte di quanto potesse immaginare.
«Mi fai male, Regulus» disse, con tono più fermo possibile.
Non vi fu risposta: il ragazzo continuava a stringerla, sebbene avesse potuto percepire una minima diminuzione di forza nella sua presa.
Una coltre di nuvole aveva ammantato la luna, nascondendo ad Hogwarts la sua argentea luminescenza. Guardandolo in viso, Marlene si accorse che di Regulus non era rimasta che un ombra scura, illuminata solo dal baglio fulgido di smeraldo dei suoi occhi. Una luce che, con terrore, si accorse di non aver mai riconosciuto in quegli occhi.
Frastornata, urlò di nuovo.
«Lasciami, Reg...!»
Lui l'aveva strattonata a sé, e non aveva fatto fatica ad incontrare le sue labbra. Le premette il viso contro il suo, quando sentì lei divincolarsi. Strinse la presa intorno le sue braccia, costringendola in un abbraccio, mentre continuava a baciarla. Vi fu un piccolo, impercettibile momento, in cui Marlene ebbe voglia di abbandonarsi completamente a lui, e quando Regulus avvertì la rigidità del suo corpo affievolirsi, allentò la presa.
Ma Marlene non ebbe il coraggio di sciogliersi: colse l'occasione per spingersi via da lui, e retrocedette di qualche passo, con le mani che circondavano la bocca e gli occhi strabuzzati dalla sorpresa.
Regulus non sembrava altrettanto meravigliato: aveva la stessa espressione ferma di prima, ma aveva abbassato lo sguardo.
«Mi dispiace»
«Che... che cosa significa?» balbettò Marlene, in un sussurro.
«Che non posso più starti accanto, Marlene» proferì Regulus, ancora una volta, gelido come la pietra. Le diede le spalle, e rimirò la luna, che continuava a colorare d'argento il profilo del castello.
«Per anni ho vissuto accanto a te, e ho provato dell'affetto per te, soltanto per te.. mi dispiace di averti mentito su questo...»
Marlene era rimasta immobile, mentre sentiva i suoi occhi bagnarsi, e le lacrime percorrere la forma rotonda delle sue guance. 
«... ma sono stato il secondo per tutta la mia vita. Sono secondo in lui per tutto. E non starò accanto a te, anche ove questa mia confessione cambiasse i tuoi sentimenti nei miei confronti. Non starò con te perchè non puoi avere mio fratello. Non quando ho passato metà della mia vita ad amarti
»
Regulus richiuse il suo mantello, e ripose le mani in tasca.
«Addio, Marlene» proferì in un soffio, mentre cominciava a percorrere il viale verso il castello. 
Lei lo guardò scivolare via nella notte, finché il bagliore biancastro della luna non fu più sufficiente a delineare la sagoma della sua figura.

 

In the darkness before the dawn
In the swirling of this storm
When I'm rolling with the punches and hope is gone
Leave a light, a light on

 

 


 


Buona sera a tutti.
E' imbarazzante scrivere queste poche righe. Mi trovo nella sgradevole situazione di non aver mantenuto una promessa fatta, ossia quella di scrivere quest'estate. So che non si tratta di un best seller e che le vostre vite sono andate avanti molto tranquillamente anche senza la mia "storia", ma mi sento comunque molto in imbarazzo, e ho una (fottuta) grandissima paura di non ricevere recensioni positive di questo capitolo. Sono tornata al punto di inizio, praticamente!
Si ricomincia, allora. Con la promessa di essere un po' più puntuale. Perchè altrimenti questo progetto non lo terminerò mai.
Il capitolo è diviso in due parti, per mie scelte stilistiche e per dare uno stacco tra la fine dell'anno e l'inizio di quello successivo. Sto scrivendo molto velocemente la seconda parte, perchè, come molti altri capitoli, lo ho tutto in testa, e devo trovare solo il tempo (e la voglia) di metterlo per iscritto.
Un paio di note dal testo:
1
Un’ala dell’ospedale dedicata ai pazienti di “lungadegenza” che di solito è chiusa a chiave. I maghi e le streghe che vi sono internati hanno subito un danno permanente non curabile.
2La Ramora è un pesce dell'Oceano Indiano, direttamente da "Animali Magici: dove trovarli".

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


The best of Youth

Capitolo VII 
Posta via Gufo


 
Non fece che evitarla per tutto il resto della settimana. Ed anche lei lo evitava, prendendo il banco più lontano dal primo al centro, di fronte alla cattedra, dove era solita sedere assieme a lui.
Ma Marlene riconobbe che era molto più bravo Regulus, in quel gioco di imposti silenzi e di perenne indifferenza: ogni tanto alzava la testa, in Sala Grande, durante i pasti, cercando una sua occhiata fugace, un movimento inconsueto, qualsiasi gesto che l'avrebbe convinta che quella notte, davanti alla capanna di Hagrid, c'era stata davvero.
Che non si fosse appena risvegliata da un sogno durato quattro anni.
Perché davvero Marlene McKinnon cominciò a dubitare di esser mai stata amica di Regulus Black: e finì per convinsersene, perché se le parole di quella notte si fossero rivelate vere, Regulus non aveva mai visto in lei un'amica.
Non la sfiorò il benché minimo pensiero di raccontare di quella notte alle sue amiche, che d'altronde non notarono l'indifferenza che l'uno serbava all'altra. E come avrebbero potuto, in una settimana? Tutta la casa di Grifondoro parlava di come James Potter avesse aspettato, sotto la pioggia battente di un temporale notturno, con un mazzo di gigli bianchi in mano, sciupati dall'acqua e dal vento, che la finestra della stanza del dormitorio in cui dimorava Lily Evans si aprisse. Lei si era affacciata qualche volta, attenta a nascondere il viso dietro le spesse tende di velluto purpureo, guardandolo sempre con diffidenza e rancore. Marlene e le altre erano lì con lei, quella notte.
Il giorno dopo sarebbero tornati a casa.
Riunitasi alla famiglia, e appreso che avrebbe trascorso, come d'uso, la maggior parte dell'estate in Costa Azzurra, dalle cugine francesi, Marlene si convinse, solo per un istante, che il colore cristallino del mare e le spiagge dorate l'avrebbero distratta da ciò che le era capitato.
Ma non vi fu molta pace, per i suoi pensieri, quell'estate.
Di notte sognava quell'incontro, e le parole di Regulus le rimbombavano dentro come tamburi. Non riusciva a perdonarsi di non aver mai ascoltato le ammonizioni delle sue amiche – e forse neanche loro glielo avrebbero perdonato, se fossero venute a conoscenza di quell’incontro. Tentava sconsolatamente di capire come avesse fatto a non accorgersi mai di nulla, di aver veramente creduto che anche per lui fosse solo un'amicizia.
E perché Regulus aveva voluto allontanarla così, di punto in bianco, senza spiegazioni?
Non posso più starti accanto” aveva detto.
Davvero Regulus si sentiva così ferito? Davvero aveva inconsciamente giocato coi suoi sentimenti fino a condurlo a non tollerare più il loro rapporto?
I sensi di colpa non tardarono a mutare nella rabbia rancorosa che accompagna sempre l'assenza di spiegazioni. D'altronde, non le era stata lasciata alcuna motivazione che potesse considerarsi lecita ed esauriente: se l'avesse avuta, non si sarebbe crogiolata nei suoi pensieri, e avrebbe goduto anche lei della pausa estiva.
Dopo la prima settimana in Francia, decise di scrivergli. Gli chiese cosa stesse facendo, se avesse trovato qualche impiego estivo o se fosse partito anche lui per qualche luogo esotico – conosceva già la risposta; i Black non erano soliti andare in vacanza, preferendo rimanere sigillati nella loro fortezza di Grimmauld Place anche nell'intero periodo estivo.
Non ricevette risposta.
Arrabbiata ancora all'inizio della seconda settimana, trovò la quiete per scriverne un'altra, dai toni sempre amichevoli, in cui gli raccontava di come avesse trafugato dal Reparto Proibito della Biblioteca di Hogwarts un manualetto di Pozioni - nella speranza di alzare i propri voti, uniche vere cicatrici sulla pagella illibata - e che glielo avrebbe prestato con piacere.
Anche per quella settimana, non arrivarono gufi a casa delle cugine francesi, tanto che Marlene cominciò a inveire contro il sistema postale di quella “terra dimenticata dalla magia”.
Passarono cinque giorni prima che le venisse voglia di scriverne una terza, quasi identica all'ultima che aveva stilato. La domenica mattina, di ritorno dalla Gufiera, la cugina più piccola appoggiò sulla tovaglia di pizzo dell'ingresso una dozzina di lettere sigillate e legate con uno spago, e cominciò a distribuirle. C'erano due lettere indirizzate a lei: una proveniva dal Giappone, dove suo fratello stava terminando l'ultimo mese di lavoro. L'altra era di Dorcas, dall'Irlanda, che le raccontava di come le Holyhead Harpies avessero clamorosamente. battuto i Caerphilly Catapults dopo non meno di otto ore di partita. Le ci erano volute altre sei ore per farsi strada attraverso le tende dei vari atleti, solo per poter incontrare Glynnis Griffiths, la leggendaria cercatrice che nel 1953 aveva catturato il Boccino a discapito degli Heidelberg Harriers, dopo una settimana dal fischio d’inizio, ora allenatrice delle Arpie più spietate della storia del Quidditch britannico-irlandese. Assieme alla lettera c’era una foto che ritraeva Dorcas, con il volto dipinto di verde e d’oro, accanto alla donna, e una piccola dedica intestata proprio a Marlene.
Schiacciata dall’invidia per l’amica e dalla delusione di non aver ricevuto, ancora una volta, notizie da Londra, decise di non rispondere a nessuno dei due.
La notte francese era afosa, e l’aria calda le si appiccicava addosso con un lieve manto di sudore. Una delle sue cugine le aveva ceduto la sua camera in mansarda, e nonostante fosse abituata ad appollaiarsi nella stanza più alta della casa (come lo era quella della magione nel Berkshire), l’estate la rendeva claustrofobica e soffocante.
​Così si svegliava la notte, 
alzandosi di soprassalto, con l'aria mozzata in gola, confondendo la brezza calda con il respiro di Regulus.
Tre mattine dopo che il ragazzo era arrivato a disturbare le sue notti, gli scrisse la terza lettera. Non sapeva bene cosa raccontargli, se non la perturbante sensazione di averlo avvertito accanto a sé, nelle ultime notti. Decise di scriverlo, e pensò che non si sarebbe spinta oltre, nel descrivere i suoi sentimenti, né con lui, né con sé stessa.
Aspettò invano una risposta, bighellonandosi tra un bagno al mare e una noiosa lettura di Incantesimi. Ripromettendosi di non impazzire davanti alla finestra, fissando la Gufiera spesso vuota, decise di rispondere a Dorcas e a suo fratello, che l’avrebbe raggiunta nell’ultima settimana di vacanze.
Il lunedì arrivò una nuova lettera, di Amanda. Le raccontò di come aveva trascorso una settimana da Lily, a Cokeworth. La calligrafia era ancora più piccola e illeggibile del solito, e fu facile per Marlene desumere quanto in fretta l’avesse scritta: le raccontava di come suo cugino James si fosse presentato sotto casa di Lily, accompagnato da Sirius e Peter, completamente ubriaco, professando tutto il suo amore per la ragazza. Amy le aveva scritto di come fosse la prima volta che vedeva Lily arrossire così prepotentemente.
I suoi capelli non erano niente in confronto alla sua faccia. James continuava a urlare dalla strada, a scongiurarla di dargli un’altra opportunità, di uscire con lui almeno una volta. Lei è stata un po’ in silenzio, lontana dalla finestra, mentre io incitavo quei tre idioti di andarsene, e Black continuava a sorridere, quella faccia da schiaffi. Merlino, quanto avrei voluto ammazzarlo di Schiantesimi! Ma quando mi sono voltata, Lily non c’era più. Era scesa dalle scale correndo e quando mi sono affacciata. era avvinghiata al collo di James! Te lo saresti mai aspettato?!
Per Morgana, neanche Black rideva più!
 
Marlene aspettò con ansia che arrivasse quell’ultima settimana di vacanza. La sua famiglia l’aveva raggiunta in Costa Azzurra, e finalmente poteva trascorrere le giornate ad esercitarsi a Quidditch con suo fratello.
Sai Reg, penso che sono gli ultimi, brevi, importanti istanti in cui potrò averlo tutto per me
Aveva ripreso a scrivergli. Una parte di lei non riusciva ad accettare che non le stesse rispondendo; ma la verità è che si sentiva sola al mondo, e aveva disperatamente bisogno di condividere le sue emozioni con qualcuno. E Regulus era sempre stato il solo, ed unico, ad ascoltarla incondizionatamente; più di quanto lei non avesse mai fatto nei suoi confronti. Allora le scriveva delle sue giornata, di quanto avesse voluto dar fuoco ai biondissimi capelli delle cugine con una sventolata della bacchetta, o a come avesse selezionato per loro soltanto le Gelatine dai gusti più vomitevoli. Continuava a sperare che lui, quelle lettere, le stesse almeno leggendo.
La sola speranza bastava a farla sentire ascoltata.
Continuò a scrivergli per tutto il mese di agosto, finchè l’aria non divenne più fresca e le giornate più corte.
 

Il primo settembre, al binario 9 e ¾ di King’s Cross,si sentì inavvertitamente adulta, osservando i piccoli aspiranti maghi sparire dietro alle grosse valigie e i genitori premurosi.
Riconobbe la chioma fluente di Lily, e fece per raggiungerla, quando la vide sorridere verso un ragazzo molto più alto di lei, dai capelli ribelli e il sorriso splendente: James le porse la mano, prima di accompagnarla all’interno del vagone. Con un tonfo al cuore, Marlene si rese conto di non essere pronta ad affrontare la nuova situazione amorosa che coinvolgeva suo cugino e una delle sue migliori amiche. Sentì le piccole mani di Dorcas picchiettarle la testa.
«Com’è andata l’estate, Musona?» le sorrise, prendendola per mano e conducendola verso il vagone da cui erano appena entrati Lily e James.
«Hai passato tutto il tempo a studiare, non è vero? Hai saputo delle novità? Sarà un anno piuttosto interessante..»
«Dorcas, possiamo entrare in un altro vagone, per favore?»
Marlene la seguiva a stento, tra la gente che si accalcava accanto al treno.
«E non ti ho ancora detto chi è stato nominato Caposcuola! Non ci crederai mai..»
«Dorcas…!» esclamò Marlene, mentre strattonata dall’amica, inciampava sul gradino del vagone.
«E tu invece, hai ricevuto le mie lettere? Perché non hai risposto? Ti saresti divertita alla finale…»
La smilza ragazza si faceva strada tra gli studenti, continuando a tenerla per il braccio. Cominciò a fare capolino con la testa in tutte le cabine, alla ricerca di qualcuno; quando arrivarono alla fine del vagone, aggrottò la fronte in un’espressione delusa.
«Non capisco proprio dove siano» brontolò.
«Se ti riferisci a Lily e James, dovresti sapere che i Caposcuola hanno un vagone riservato soltanto a loro»
La voce di Amanda risuonò nel fondo del vagone, costringendo le due a voltarsi. Marlene la trovò dimagrita, e i capelli corvini erano più lunghi e lucenti, ma continuava a indossare jeans larghi e strapparti e delle scarpe da tennis sbiadite e consumate.
«Lily e James?» chiese, sbalordita, Marlene, dopo averla salutata.
«Credevo che Remus sarebbe stato…»
«…il nuovo Caposcuola assieme a Lily? La cosa ha sorpreso tutti, ma penso che Silente abbia voluto riconoscere a Potter i suoi meriti sportivi»
«Sorpresa!» tuonò Dorcas, alzando le mani sopra la testa. «Ora andiamo alla ricerca del carrello; comincio ad avere fame»
Prese sotto braccio Amy, e si avviarono verso la cabina in cui era accomodata.
A differenza di Dorcas, che aveva soltanto un piccolo zaino da spalla, Marlene non era mai stata in grado di contenere la propria valigia: il baule continuava a incastrarsi negli spigoli del corridoio del treno e a schiacciare i piedi dei passanti. A fatica lo trascinò dentro la cabina, dove Dorcas ed Amy si erano assettate e parlavano freneticamente del nuovo, romantico scoop.
In silenzio, Marlene prese posto davanti a loro, cercando di seguire il labiale di Dorcas, dato che la velocità della sua lingua non le lasciava distinguere le parole.
«Insomma, nessuno pensava che sarebbe successo, men che meno loro, è stato uno schock, non vedo l’ora di vedere come li guarderà la McGrannitt, e la tipa che sbavava dietro James? Quella del terzo anno, che lo seguiva dopo ogni partita fino alla porta dello spogliatoio e lo aspettava lì fuori? Merlino, si sarà strappata tutti i capelli»
«Black si sentirà abbandonato»
«Si… in effetti ho sempre pensato che prima o poi avrebbero fatto coming out. E Remus, come l’avrà presa? Io ci sarei rimasta male al suo posto, ma magari è troppo onesto pure per prendersela col suo migliore amico… il carrello è qui!»
Senza aver finito di parlare, Dorcas si catapultò fuori dalla cabina, trascinando con sé Amanda.
Marlene sospirò profondamente, e prese la cartella, cercando nervosamente il quaderno e una penna. Quando estrasse la piuma con la mano, vide che le sue dita erano completamente unte di liquame nero.
Fantastico” pensò. “E' soltanto la terza volta che rovescio la boccetta d’inchiostro dentro questa cartella”.
Era ancora con la mano alzata, rovistando nella cartella alla ricerca dell’imputata, quando una voce fastidiosamente familiare la fece trasalire, e la boccetta che aveva appena afferrato con la mano ancora pulita cadde a terra, finendo di imbrattare il pavimento. Rotolò fino all’ingresso della cabina, e Sirius Black la fermò col piede.
«Ben trovata, Fossette»
Marlene storse il naso in risposta a quel sorriso accattivante.
«Era già una cattiva mattinata senza di te, Black»
«Cos’hai combinato alle mani?» chiese, con aria divertita, mentre raccoglieva la boccetta.
«Non è niente, ho solo deciso di riverniciare la mia stupida cartella»
Il ragazzo fece qualche passo avanti, e si sistemò davanti a lei. Le tolse la cartella di mano, estrasse i libri e la sua bacchetta. puntandola verso l’interno della cartella.
«Gratta e netta».
Con un sibilo, la bacchetta emanò una piccola luce violacea.
«Potevo farlo anche da sola, grazie» disse Marlene, mentre lui le restituiva la borsa.
«Non sai proprio apprezzare un gesto carino da parte mia nei tuoi confronti, vero?»

Teneva gli occhi bassi, sentendo quelli curiosi di lui su di sé, mentre rimetteva a posto i libri nella cartella.
«Non vedo alcun motivo per cui tu dovresti essere carino con me»
«Perché non dovrei? Ci conosciamo da sei anni, ormai» sorrise Sirius, col braccio appoggiato al davanzale del finestrino, che sosteneva la testa, pigra e reclinata.
«Forse ci siamo conosciuti anche prima. Le famiglie del nostro rango si frequentano a vicenda. Magari ti ho vista quando eri ancora un fagottino informe con le trecce»
Marley sospirò lentamente, cercando di far notare il meno possibile il suo nervosismo. Com’era possibile che non fossero ancora partiti da Londra, e Sirius Black la stesse già portando all’esasperazione? Si sentiva stanca della scuola ancora prima di arrivarci.
«Eri grassa da bambina?» chiese il ragazzo, insistendo contro l’ostentata indifferenza di lei:come al solito, riuscì nell’intento di ottenere una reazione.
Marley alzò il viso accigliato, e buttò da una parte la cartella, mentre gli si rivolgeva.
«Senti, Black, che cosa vuoi?»
«Voglio solo capire se ti conoscevo prima della scuola» sorrise Sirius, con sguardo innocente.
«No, ci siamo conosciuti il primo Settembre 1972, era il mio primo giorno di scuola ed è stato l’ultimo giorno sereno della mia vita»
«E perché mai?»
«Perché ti ho incontrato, razza di lumaca viscida!» gridò Marlene, prima di sbuffare. Si voltò a guardare il vapore della locomotiva dipanarsi nell’aria fragrante, pregando che se il suo poco fantasioso insulto bastasse a farlo andar via. Sirius invece rimase in silenzio, con quel suo sorrisetto audace sempre cucito sulla bocca sottile, e la guardava come un gatto che ha giocato troppo col topo, finendo per ucciderlo.
«Bhe, non eri esattamente magra, se non ricordo male»
«Non lo sono mai stata, Black! Vuoi uscire di qui per favore?» gridò Marlene, avvampando di rabbia e di vergogna, e sventolando il braccio verso l’uscita della cabina.
«Volevo solo dirti che ti trovo bene, adesso» rise il ragazzo.
«L’estate ti ha fatto bene»
Marlene rimase in silenzio, pregando la sua faccia di non diventare troppo paonazza, e continuò a scrutare oltre il vetro.
«Sei stata al mare, no? Hai passato lì il compleanno? Avremmo potuto festeggiare, se solo avessi chiamato. Saremmo potuti venire da te per un fine settimana»
«Non vedo perché avrei dovuto farlo»
«Bhe, siamo tutti amici, no? Io, te, Lily, James, Remus, Dorcas…»
«No Black» replicò lei, riservandogli un’altra occhiata «non siamo amici. Io e te non saremo mai amici. E il solo fatto che Lily stia temporaneamente con James…»
«Temporaneamente?» sorrise lui.
«Temporaneamente. Il fatto che stiano insieme da due mesi non ci rende amici, e non vedo come potrebbe»
«Hey, ma hai visto come si guardano? Credi veramente che non durerà tra loro?»
«Non so se durerà o meno, non so niente di come andranno le cose, e non mi interessa. L’unica cosa che so è che io te non siamo amici, non saremo mai amici. E mi dispiace che tu ti senta solo perché il tuo migliore amico, che è probabilmente anche l’amore segreto della tua vita, ora stia…»
«Cosa?» ridacchiò Sirius, divertito.
«In qualsiasi caso, non è un mio problema se ti senti abbandonato da James»
«Io non mi sento abbandonato da James, tantomeno è il mio amore segreto» rise lui.
«Mi piacciono le ragazze, Fossette. E mi piacciono soprattutto quando sono abbronzate..»
La sua mano aveva smesso di sorreggere la testa. Allungò il braccio verso di lei, e con la punta delle dita sfiorò il lembo di ginocchio che appariva dallo strappo dei jeans di lei. Marlene lo guardò muovere le dita, paralizzata, incapace di controbattere ad un gesto così lento e delicato.
«E mi piace da impazzire farle arrabbiare»
Sirius, che guardava le sue gambe, alzò gli occhi al suo viso.
«Non mi hai mai dato una risposta alla mia proposta dell’anno scorso, alla vostra festa»
Marlene sapeva esattamente a cosa alludesse.
«Non è vero. Ti ho dato subito la mia risposta»
«Non è una risposta che posso accettare, Fossette» sorrise lui, suadente
«Il problema di essere un Black è che non ci arrendiamo di fronte a un rifiuto»
Fece per avvicinarsi al suo viso, ma qualcosa sbattè prepotentemente contro la porta, creando un frastuono terribile.
«Hey, Lene! Abbiamo preso le tue Cialde al Caramello preferite!» stridette Dorcas, entrando nella cabina. Lei ed Amy, che reggevano con le braccia una dozzina di dolci differenti, rimasero fermo sulla porta aperta, mentre osservavano Sirius pericolosamente vicino al corpo di Marlene e il viso violaceo della ragazza. Non dissero niente, ma arrancarono qualche passo indietro e uscirono ancora una volta. Mentre la porta si chiudeva, Marlene sentì spezzarglisi il fiato in gola quando vide Regulus al di là del vetro della cabina.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e sparì dalla sua vista, e lei capì che la mano di Sirius era ancora appoggiata alla sua gamba. La scostò con uno schiaffo.
«Ancora lui?» replicò Sirius, con un tono di voce molto più austero.
«Ti avevo detto che dovevi stragli lontana»
«Scusa, Black, io devo proprio andare ora» fece lei freddamente, afferrando la giacca e alzandosi in piedi.
«Cos’è? State insieme?» chiese, alzandosi anche lui.
«No, non stiamo insieme»
Marlene stava uscendo dalla cabina, e gli dava le spalle. Sirius fu più svelto, e passò il braccio sopra di lei, appoggiandolo alla porta ed impedendole di uscire.
«Puoi dirmelo, se state insieme. Almeno posso passare il resto del mio tempo a convincerti di quanto stupida sia questa relazione»
Marlene era furiosa. Sentì quelle parole entrarle nella testa e rimbombare, ancora, e ancora, sino a farle male. Continuava e vedere la mano di Sirius sulla sua gamba, le sue parole calde e sottili, ma era sorpresa da non trovarvi alcuna eccitazione da parte sua, nessuna felicità, solo noia e disappunto. Stava ricevendo quelle attenzioni che aveva sempre celatamente cercato, e non aveva mai ricevuto. Ed ora che finalmente gli si porgevano davanti, le trovava sterili ed insignificanti. Era offesa da come lui pretendesse di imporsi nella sua vita, in quel momento, dividendola dalla sola persona da cui, ora, avrebbe voluto ricevere lo stesso tipo di trattamento, lo stesso tipo di gelosia. Si voltò tanto repentinamente che la sua treccia sferzò leggermente il volto di Sirius.
«Io e Regulus non stiamo insieme. E anche fosse, non sarebbero affari tuoi. Sono abbastanza matura da poter decidere con chi passare il mio tempo e giudicare le mie relazioni» tuonò freddamente «Io non voglio uscire con te, Sirius Black, che tu accetti questa risposta o meno. Meglio, non voglio parlare con te, non voglio avere a che fare con te e soprattutto non voglio che tu ti interessi della mia vita privata. Non sono il tuo giocattolo»
Lui rimase a guardarla, infiammato di rabbia. Era abbastanza sbigottito da allentare la mano dalla porta, così che lei potesse approfittarne per aprirla. Ma sembrava che ancora non avesse finito, con lei. La afferrò per il polso tanto forte da farle male.
«Dove credi di andare, adesso?»
«Lontana da te!» gridò lei, pestandogli un piede con quanta forza aveva. Mentre lui scattava indietro, Marley afferrò la bacchetta, e gliela puntò al naso.
«Non sto scherzando, Black! Lasciami in pace. E la prossima volta che mi toccherai con quella mano, sarà l’ultima volta che la userai!» disse, con tono minaccioso, prima di rimettere a posto la bacchetta e uscire dalla cabina.
Aveva visto Regulus andare verso la fine del vagone. Si fece spazio tra gli studenti, squadrando con gli occhi le nuche dei ragazzi, il più velocemente possibile, finché non lo raggiunse: lo afferrò per la manica, e gli occhi di smeraldo di Regulus la fecero avvampare.
«Ciao… ciao» ripeté Marlene, mentre cercava di avvicinarsi a lui. Regulus si scansò, come se avesse visto un fantasma.
«Ciao, McKinnon» disse con un filo di voce, tenendo lo sguardo basso.
Marlene avvampò di rabbia.
«Ah, ora sono McKinnon?» disse, cercando di mantenere la calma e il tono di voce basso.
«Perché non hai risposto alle lettere? Che fine hai fatto per tutta l’estate? Le hai ricevute, almeno?»
«Ho avuto da fare» fece lui, freddamente.
«Reg, quello che hai visto.. quello non è reale. Io odio tuo fratello, non è come hai detto quella sera al lago. Oh, ma possiamo parlarne? In privato? Lasciami almeno spiegare!» fece lei, repentina, vomitando parole su parole, mentre lui apriva la cartella. Smise di parlare solo quando vi estrasse un pacchetto di lettere legato con uno spago, intatte. Marlene riconobbe la sua scrittura. Regulus gliele porse.
«Credo che queste siano tue»
Lei le guardò, ammutolita, mentre il ragazzo le voltava le spalle e scompariva, ancora una volta, tra i mantelli neri degli studenti che affollavano il corridoio dell'Hogwarts Express.

Non le aveva mai aperte.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


 
The best of Youth

Capitolo VIII
La puntuale goffaggine di Marlene McKinnon


 
There's a drumming noise inside my head
That starts when you're around
I swear that you could hear it
It makes such an all mighty sound

Settembre 1977

E le giornate di primo autunno passavano lente ed inesorabili. I colori caldi della nuova stagione avevano intiepidito i mattoni freddi del cortile interno, e la brezza ancora leggera si insinuava tra i corridoi.
Marlene si sentì sollevata nello scoprire che doveva condividere coi suoi coetanei verde-argentati soltanto il corso di Trasfigurazione, in quel primo semestre; questo non le risparmiò l’imbarazzo di trovarsi nella stessa stanza con Regulus per due ore consecutive.
Continuava a battere freneticamente la gamba, sbattendo lievemente il ginocchio col legno duro del banco, tantoché, un giovedì, mentre accompagnava la sua danza con una nevrotica tortura al labbro inferiore, fini per mordersi dolentemente, quando Dorcas, che non riusciva a scrivere tanto il banco tremava, le schiaffeggiò la nuca per farla smettere.  
Continuava a tormentare sé stessa con domande che si era già posta più volte, ma a cui non riusciva a trovare risposta. Regulus non era mai stato un ragazzo troppo aperto, ma non avrebbe mai immaginato un atteggiamento tanto ostile; non sapeva se essere più allibita o offesa dal fatto che non avesse neanche sfiorato quelle lettere. Immaginò che le avesse aperte, lette, per poi richiuderle con un Incantesimo, giusto per non darle la soddisfazione di sapere che, sì, le aveva lette.
Soltanto per continuare a farla crogiolare nel suo brodo.
Che pezzente sarebbe stato – allora!
Ma valeva la pena continuare a inseguire qualcuno che voleva soltanto ferirla?
No, non era quella la spiegazione, pensava Marlene.
La verità – forse – era che lei per troppo tempo era stata cieca, e lui – per troppo tempo – paziente. La verità era che, per tutti quegli anni, era stata accanto ad una persona che pretendeva di conoscere, ma non conosceva del tutto. Era forse questa, la ragione del comportamento di Regulus? Che quell'allontanamento se lo fosse quasi meritato?
Marley rimaneva confusa, conscia soltanto di una cosa: voleva le sue stupide spiegazioni.
 
Poteva guardarla crogiolarsi, al suo posto, con la coda dell’occhio.
Era così imbarazzantemente evidente, pensava. Eppure era contento che ancora non avesse cercato un contatto.
Avrebbe chiesto spiegazioni – ne era sicuro – che però lui non poteva darle.
Era molto meglio così: era stato molto meglio sotterrare tutto sotto al bagliore della luna.
Prendersela con lei, con la sua mancanza di perspicacia – utilizzare a proprio favore quella sua mancanza di coraggio nell’ammettere cosa realmente provava, da quando l’aveva conosciuta.
Era molto meglio così.
La verità, al contrario, non le sarebbe piaciuta.
Regulus Arctorius Black doveva pensare a sé stesso, al suo onore, alla gloria sua e del suo nome.
L’estate era stata soffocante, buia e puzzolente, a Notturn Alley; aveva incontrato e venduto oggetti magici dalla dubbia utilità – se non quella di causare danni gravi e permanenti a cose, o persone – a lupi mannari, stregoni marinai e vecchie streghe con diamanti al posto dell’occhio mancante. Tom Riddle passava ogni venerdì, quando il sole era già calato, e gli portava un nuovo libro. Lui gli serviva del tè e parlavano su quello che Regulus aveva studiato, tra un cliente e l’altro, sul libro che gli aveva lasciato la settimana precedente.
Poi, un mattino di metà luglio, uscendo dal numero 12 di Grimmauld Place, aveva visto un familiare gufo grigio appollaiato sulla cassetta della posta: sulla zampa destra era legata, con un nastro azzurro, una piccola lettere gialla.
Aveva riconosciuto subito la calligrafia, e fu felice di aver visto il gufo prima di sua madre.
Percorse la strada per il lavoro due volte più veloce, ed entrò nel negozio di Magie Sinister. Si diresse in bagno, e solo lì estrasse la lettera dalla tasca posteriore dei pantaloni. Solo lì – si accorse che aveva il fiato corto.
Quando ebbe finito di leggerla, la richiuse, estrasse la bacchetta e la sigillò.
Di lì, ogni martedì mattina, Regulus aspettava il gufo di Marlene, e ripeteva quel singolare rituale; alla fine dell’estate, aveva ripreso le lettere, gelosamente custodite nella propria cartella, e le aveva legate assieme.
Non c’era maggiore gioia – né maggior dolore – nel leggere ciò che lei gli aveva scritto. L’aveva sognata spesso, e aveva desiderato vederla. Ma la sua strada era un’altra, ed era diversa da quella di Marley. Non c’era più spazio per la sua ilarità, nella vita di Regulus.
Non c’era più spazio per i pomeriggi di primavera passati al lago; non c’era più spazio per le sue stupide battute sulla calvizie prorompente del professor Lumacorno; non c’era più spazio per i sorrisi che solo lei sapeva regalargli.
Regulus si sarebbe diplomato e sarebbe diventato, grazie a Riddle, uno dei più potenti maghi del suo tempo. Avrebbe rivestito un ruolo importante al Ministero – forse un giorno, avrebbe potuto competere per la carica di Primo Ministro – e avrebbe governato sul mondo magico con correttezza e rigore.
Questo era Regulus Black – seppur continuasse a sognarla.
E quei sogni, da cui si risvegliava sempre lucido di sudore e senza fiato, finivano sempre allo stesso modo: lei veniva morsa dal serpente.

 
 ♦

«Io proprio non capisco!» esclamò Dorcas, infilzando con la forchetta un pezzo di un polpettone di frattaglie di color purpureo
«E' davvero possibile che questa roba sia commestibile?»
«Puoi sempre mangiare un po’ di verdura» commentò Lily, girando la propria minestra.
«Preferisco digiunare» rispose Dorcas, buttando la forchetta le piatto. Poi si voltò verso Marlene, che continuava a muovere i piedi sotto al tavolo – con lo sguardo fisso sulle candele che aleggiavano a mezz’aria nella Sala Grande.
«Giuro che ti amputo le gambe, se non la smetti, Marley!» gridò Dorcas, afferrandole una coscia.
«Si può sapere che hai? È successo qualcosa con Black, sul treno?»
Marlene sembrò prendere coscienza tutto d’un tratto.
«Certo che no» rispose violentemente.
«Che cosa sarebbe dovuto succedere?»
«Non lo so, Marley, dimmelo tu» controbatté con altrettanta forza Dorcas.
«Sono due settimane che te ne stai zitta, a malapena mangi, eviti qualsiasi approccio, non vieni alle riunioni delle Salamandre…»
Lily, intanto, aveva lasciato da parte la sua minestra, e guardava Marlene dall’altra parte del tavolo.
«Che fine ha fatto Regulus Black, Marley?» chiese. Marlene voltò il volto verso di lei, con un’espressione sorpresa.
«Noi… noi non ci frequentiamo, al momento» rispose.
«Ed è una tua… o una sua scelta?»
Poteva sentire le sue guancie arrossire, mentre Dorcas si agitava e sputava spergiuri su Regulus, su come gli avrebbe fatto pentire di averla trattata male – senza che Marlene avesse proferito una parola.
Non fu mai così contenta di vedere suo cugino, che, nel frattempo, aveva sorpreso Lily da dietro, circondandole le spalle in un caldo abbraccio.
Dietro di lui c’era Sirius, che le lanciò uno sguardo fugace, ma non proferì parola. Lily, accompagnata da lui e James, abbandonò la Sala Grance con un saluto sorridente – mentre la voce stridula di Dorcas continuava a torturare la testa di Marley.
«Si può sapere che ti ha fatto? …Ti giuro che quando lo saprò, dovrà nascondersi tanto bene che neanche Pixie potrebbe trovarlo… Ero sicura che…»
Marlene era confusa. Nella testa, un milione di parole – quelle mai lette delle sue lettere, quelle urlate di Dorcas, quelle mai dette a Regulus.
Sentiva quelle parole trasformarsi in agitazione, e l’agitazione divenire rabbia, quando vide Regulus Black alzarsi dal tavolo dei Serpeverde e proseguire verso l’uscita.
Dorcas stava ancora parlando quando lei smise di far tremolare la gamba, scavalcò la panca su cui era seduta e si alzò, andandogli incontro. Lo affiancò, senza pararglisi davanti.
«Io e te dobbiamo parlare» disse solennemente.
«Io e te non abbiamo nulla da dirci» rispose lui, gelido.
«Smettila di essere ostile. Ho diritto a farti delle domande, ho diritto ad avere delle risposte»
«E chi ti darebbe questo diritto?» chiese Regulus, con un piccolo sorriso che gli incrinava l’angolo della bocca. Sembrava corressero, tanto proseguivano veloci lungo il corridoio; Marley rischiò più volte di inciampare sui suoi stessi passi.
Maledette scapre – pensò – non mi ci abituerò mai.
«Il tuo comportamento della scorsa estate, Reg, quello mi dà il diritto» rispose Marlene, ferma «Mi hai presa con la forza e poi sei sparito»
Lui rimase zitto, e allentò il passo. Era quello il momento – pensò Marley – per pararglisi davanti e affrontarlo, finalmente, a quattr’occhi.
«Se hai ancora un minimo di affetto, o di rispetto, nei miei confronti, Regulus, tu devi spiegarmi perché non hai letto quelle lettere. E se le hai lette, perché non hai risposto» gli chiese, ammorbidendo il suo tono di voce. Regulus guardava verso il cortile, e la luce del sole risplendeva sui suoi occhi di smeraldo, socchiusi e aggrottati.
«Ho letto tutte le tue lettere» ammise – e per Marley quelle parole furono una boccata d’ossigeno.
«Ma non sapevo proprio come risponderti…» continuò, arricciando le labbra, e facendo per andarsene
«…perché non provo più niente per te»
Mentre la superava, si accorse che era la bugia peggio detta della sua vita.
Il problema era che anche Marlene se n’era accorta; lo guardò proseguire nel cortile, mentre la rabbia le saliva lungo la schiena. Si guardò intorno, e c’erano anche Dorcas e Amy, che avevano raggiunto Lily e i ragazzi. C’erano studenti di tutte le case, che approfittavano della tiepida giornata di metà settembre. Sbuffò, prima di correre verso Regulus – tanto vale che sappiano.
«Stai mentendo!» gli gridò dietro, mentre Regulus affrettava il passo
«Mi stai deliberatamente menten…»
Le grida le si fermarano a metà gola, mentre inciampava su di un mattone sopraelevato del pavimento del cortile. Fece per tirarsi su prima di cadere, ma non fece altro che prolungare l’umiliante siparietto della sua caduta, davanti ad un pubblico di studenti attenti. Fini con la faccia a terra, ma le orecchie ancora esposte– purtroppo – allo scoppio delle risate nel cortile.
Regulus si era voltato, e era corso verso di lei prima ancora che cadesse. Si accasciò su di lei, visibilmente preoccupato. Quando lei si alzò sulle braccia, con la testa ancora bassa, vide un rivolo di sangue uscirle dalla fronte. Estrasse un fazzoletto, e appoggiò l’indice sotto il mento della ragazza, per farle alzare il viso, in modo da poter pulire la ferita.
«Ma insomma, Lène, quando imparerai a stare più att..! »
Le risate si erano dissipate, quando Marlene McKinnon, alzando la testa dolorante, aveva volutamente incontrato le labbra di Regulus Black, altrettanto zittito dal bacio.
Contrariamente a tutte le previsioni, Regulus smise di lottare, e non si scostò dal volto di Marlene.
Rimase lì a baciarla, mentre Marley era ancora per terra, e lui in ginocchio di fronte a lei.
 
Sirius Black, che stava seduto sul muretto ovest del cortile, la schiena appoggiata alla colonna della volta, le braccia conserte e un’espressione accigliata sul volto – si alzò e se ne andò a passi lenti.

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


The best of Youth

Capitolo IX
Di solutidini condivise


Giovedì, 8 settembre 1977
Hogwarts, Cortile interno
Pomeriggio

 Regulus si era voltato, ed era corso verso Marlene prima ancora che cadesse. Si accasciò su di lei, visibilmente preoccupato. Quando lei si alzò sulle braccia, con la testa ancora bassa, vide un rivolo di sangue uscirle dalla fronte. Estrasse un fazzoletto, e appoggiò l’indice sotto il mento della ragazza, per farle alzare il viso, in modo da poter pulire la ferita.
«Ma insomma, Lène, quando imparerai a stare più att..! »
Le risate si erano dissipate, quando Marlene McKinnon, alzando la testa dolorante, aveva volutamente incontrato le labbra di Regulus Black, altrettanto zittito dal bacio.
Contrariamente a tutte le previsioni, Regulus smise di lottare, e non si scostò dal volto di Marlene.
Rimase lì a baciarla, mentre Marley era ancora per terra, e lui in ginocchio di fronte a lei.
Sirius Black, che stava seduto sul muretto ovest del cortile, la schiena appoggiata alla colonna della volta, le braccia conserte e un’espressione accigliata sul volto – si alzò e se ne andò a passi lenti. 

  Il suo piede si faceva più veloce man mano che si allontanava dal cortile. La rabbia che gli era esplosa nelle viscere gli aveva inebriato il cuore, i polmoni, ed era salita fino al cervello. Adesso aveva quasi l'impressione di stare correndo, mentre saliva a due a due le scale che conducevano al ritratto della Signora Grassa. Non riusciva a pensare, tanto meno riusciva a dare una spiegazione del perché fosse così furioso; o fors, non voleva ammettere l'unica ragione della sua reazione. Pronunciò la parola d’ordine, e bestemmiò Merlino quando la grassoccia dama provò a trattenerlo con un solfeggio mal riuscito. Percorse la Sala Comune ancora vuota, ed entrò nel Dormitorio maschile. Guardò il baule ancora pieno ai piedi del suo letto: non si accorse che stava urlando, mentre lo scaraventava sul pavimento con un calcio.
Rovesciò tutte le cianfrusaglie appollaiate lascivamente sul comò davanti al letto con un ampio gesto della mano, e con un pugno ruppe l'unico specchio della stanza.
Mentre guardava il sangue scendere dalle nocche, si accorse di non avere alcun motivo per avercela con suo fratello.
Non aveva alcuna ragione per biasimare Marlene.
In un attimo, si accorse che l'unica persona con cui era davvero furioso non era altro che lui.
Col fiato ancora corto, aprì il primo cassetto del mobile e vi estrasse il Libro di Trasfigurazione; lo apri furiosamente, e con altrettanto ardore prese a sfogliarne le pagine spesse, sino a che non la trovò.
Era una foto della primavera precedente, dopo la partita in cui una  Marlene dai capelli bluastri era sapientemente riuscita a depistare i Cacciatori di Tassorosso e a guadagnare tempo per James. Nell'immagine, lei era in primo piano, e i suoi occhi scuri sorridevano più delle sue labbra. Ripensò a quella sera, alla sensazione che i suoi capelli di seta avevano trasmesso alla pelle dura delle dita di lui.
Continuò a fissare l'immagine, mentre si slacciava i pantaloni, e lasciava che la sua mano scivolasse dentro le mutande.

 
1 settembre 1977
Hogwarts Express
Mattino


Amelia aveva sempre adorato Dorcas; per qualche motivo, si erano subito trovate in sintonia. La trovava irresistibilmente intelligente e adorabilmente spiritosa. Dorcas riusciva sempre a capire cosa stesse pensando, più di quanto vi riuscisse Lily, Marley, o le sue compagne Corvonero. Erano entrambe tendenzialmente inclini ai guai, e non c'era cosa più divertente del causarli assieme.
Come quando, al terzo anno, avevano portato Marlene per la prima volta da Madama Rosmerta, e si erano intrufolate dietro al bancone per preparare qualche intruglio di liquori e tisane magiche. Marlene aveva bevuto le prime tre burrobirre corrette con Whiskey Incendiario senza accorgersene e senza fare troppe storie, ma era gia ebbra quando le avevano presentato il miscuglio di loro invenzione, che aveva ingerito con altrettanta scioltezza. Non passò molto tempo prima di vederla vomitare sul cappotto di Julia Sunpetyr, e prima che Lily si accorgesse chi fossero le responsabili dell’improvviso malessere di Marlene: quella serata era costata loro dieci punti in meno a testa, per espresso volere del Prefetto Grifondoro.
Ma ne era valsa la pena, si dicevano l'un l’altra, quando la storia tornava alla loro memoria.
Così, ogni cosa, se fatta con Dorcas, acquisiva un valore diverso: anche comprare delle Api Frizzole dal carrello dell’Hogwarts Express.
«Ma lei è sicura che mi faranno alzare?» chiese Dorcas, con fare sospetto, al vecchino aggobbato alla guida del carrello
«L'anno scorso quelle che mi ha venduto non mi hanno fatta salire di un centimetro»
Il vecchino tentò di rispondere, ma Dorcas ne aveva già aperta una e aveva preso a succhiarla.
«Se tra mezz'ora non sarò salita almeno fino a toccare il soffitto del vagone, sappia che rivorrò indietro il mio Galeone»
Così Dorcas si allontanò, trascinando con sé Amy.
«Sei così sfacciata, a volte» commentò l'amica.
Dorcas reclinò la testa, e passò le brccia dietro la nuca, continuando a ciucciare morbodamente la sua caramella.
«Mio padre dice sempre che essere sfacciati è l'unico modo per ottenere qualcosa in più dalle persone»
«Tuo padre è più giullare di te, ammesso che qualcuno ci riesca»
«A proposito di giullari..» cominciò Dorcas, avvicinandosi alla cabina dei Caposcuola.
Amelia capì subito a chi si riferisse.
«Ancora ti chiedi se sia vera la mia storia su Lily e James?» chiese, scocciata dal solo pensiero che Dorcas potesse non crederle. La ragazza spalancò la bocca e i grandi occur azzurri, e aggrottò le folte sopracciglia bionde.
«Oh, ma dai, Amy! Cerro due ci credo. È solo che trovo assurdo che Lily…»
«...che Lily abbia acconsentito ad uscire con lui?» finì Amelia, allungando il passo. Dorcas annuì silenziosamente, accelerando anch’ella la propria camminata.
«….soprattutto dopo quello che è successo con Mocciosus»
«E invece, a parer mio, la rottura tra Lily e Mocciosus ha aperto la strada a James»
Le sopracciglia di Dorcas si inarcarono avvicinandosi agli occhi, e Amy capì che non stava capendo.
«Pensaci bene: Piton maltrattato da James e i suoi fidi Malandrino, Lily che accorre in suo aiuto, e lui che la scaccia via, apostrofandola Mezzosangue. Lily che rimane ferita, capisce che Piton non è stato mai realmente suo amico, e trova James a confortarla. Ed è sicura che James non sarebbe mai in grado di ferie mai come ha fatto la persona di cui si fidava di più in tutta la scuola»
Le sopracciglia di Dorcas si riallargarono, e la sua bocca si aprì in un'espressione di stupore.
«Ma certo! Così ha molto più senso!» esclamò, mentre sorpassava qualche studente nel corridoio.
 «Proviamo a esporre a Marley la tua spiegazione dei fatti, vediamo che ne pensa. Ma tu non dire che è stato tuo il merito, voglio esporle io la tua idea» le ordinò, mentre apriva la porta della cabina.
«Hey Lene abbiamo preso le tue Cialde al Caramello preferite!» stridette, entrando nella cabina. Lei ed Amy reggevano con le braccia una dozzina di dolci differenti. Una Cioccorana cadde a terra, nonostante le due ragazze fossero rimaste ferme sulla porta aperta ad osservare quanto il corpo di Sirius fosse pericolosamente vicino a quello di una Marlene  paonazza in viso.
Non dissero niente, ma arrancarono qualche passo indietro e uscirono ancora una volta.
«Che diavolo sta succedendo, quest'anno?» esclamò Dorcas, allontanandosi con larghi passi dalla loro cabina, mentre perdeva Cioccorane per tutto il corridoio.
«Avremmo dovuto intervenire?» aggiunse.
«No, assolutamente no» rispose Amelia
«Quello che abbiamo visto dà almeno una possibilità a entrambi di essere meno ipocriti l'uno con l'altra, e terrà Marlene lontana da Regulus Black»
«Perché Marlene dovrebbe starle lontana? Sono amici, e poi lui è carino»
Amelia si fermò in mezzo al corridoio, e costrinse Dorcas a indietreggiare, fermandosi davanti a lei.
«Senti, Dorcas, non so cosa sia avvenuto tra Marley e Black Junior, ma di sicuro è meglio così. Lui ne è palesemente innamorato, e questo lo pensi anche tu. È inutile che mi dica il contrario»
Dorcas abbassò gli occhi, in segno di confessione. Nel frattempo, con passo veloce Regulus Black le stava sorpassando.
«L’unica che non l'ha voluto vedere, per tutto questo tempo, è Marlene. In ogni caso, io preferisco che lui le stia lontano. Non mi piace; non riesco a capire perché, ma non mi piace»
«E preferiresti vederla accanto a Sirius? Davvero? Dopo tutto il male che le ha fatto?» chiese Dorcas. Amelia abbassò gli occhi, e sospirò lievemente.
«Io non so spiegarlo, Dorcas. Non riesco a spiegarlo neanche a te.ma ho la sensazione che Regulus potrebbe ferirla molto di più… potrebbe ferie ma nel vero sens...»
Venne strattonata da qualcuno. Spostò la testa per vedere chi fosse stato, e riconobbe Marlene fermare Regulus a pochi metri da loro. Dorcas si voltò verso di loro, e sospirò rumorosamente.
«Bhe, allora credo che dovrai impegnarti molto di più, per dividerli»
 

 ♦

 

Domenica, 4 settembre 1977
Hogwarts, Foresta Proibita
Mattino

 
 Erano le undici del mattino, ed entrambe avevano finito i loro allenamenti di Quidditch. Marlene le aveva chiesto se le andava di passare il pomeriggio con lei, dato che i corsi erano appena iniziati, e gli esami ancora lontani. Le aveva promesso una qualche sorpresa, un segreto misterioso di cui unico complice era Hagrid, e che le permetteva di riscattarsi dal fatto di non aver risposto alle lettere di Amelia per tutta l'estate.
I primi brividi dell’autunno si facevano già sentire, nella lieve brezza che saliva dal lago e attutiva il già lieve tepore dei raggi del sole.
Marlene non smetteva di parlare, e Amelia capì che era nervosa. Hagrid le accolse con una tazza di tè, e poi le accompagnò nella Foresta Proibita. Fu alla prima radura che incontrarono che Amelia vide qualcosa scintillare tra gli alberi: dapprima le sembrò una semplice, lunga pianta selvatica dai fiori bianchi, ma poi la pianta prese a muoversi, e i fiori divennero pelo, e si accorse che un lupo alto la meta di lei stava correndo verso di loro. Tentò di urlare, ma trovò la resistenza della mano di Hagrid, che le coprì l'intera faccia. Marley si sporse sorridente, e il lupo le si buttò tra le braccia, coprendole il viso di saliva.
«Gli siete molto mancata, signorina McKinnon» bofonchiò Hagrid «ma devo dire, non ho avuto problemi con lui, devo ammettere questo. Non sembra affatto un animale selvatico e antico, non lo sembra proprio. E’ affettuoso il cucciolo, signorina»
«I pacchi con le provviste sono arrivati tutti?» chiese Marlene, mentre trattava la pancia dell'animale, che intanto si era disteso, scodinzolando.
«Oh certo. Ho fatto del mio meglio, poi, per non farlo vedere a nessuno, signorina Marlene. Nessuno sa della presenza di Billy nella Foresta, neanche quella pover’anima di Argus»
Marlene si alzò, sorridendo al gigante.
«Ti ringrazio di cuore, Rubeus. Sapevo che lasciarlo a te era la cosa migliore che potessi fare»
Poi guardò Amelia, che continuava a fissare l'animale pietrificata.
«Amy, lui è Artù» sorrise.
«È un MetaLupo delle Terre Desertiche»
Solo allora la ragazza alzò lo sguardo inorridito verso di lei.
«Ma sei diventata matta?!» gridò «Hai adottato un MetaLupo? No» fece, alzando le mani, e reclinando il viso in un’espressione fuoribonda
«Non voglio sentire spiegazioni. Non voglio farmi abbindolare dalle tue chiacchere. Trovo impossibile che un MetaLupo possa essere sceso tanto a sud. E non voglio sapere come hai fatto a portarlo qui»
Marlene rise, accarezzando la testa della creatura candida.
«Io non ce l'ho portato, Amelia. L'ho trovato qui»
«No, è impossibile. Li davano per estinti. Quella.. cosa..»
«Si chiama Artù.»
«Quella Cosa non deve stare qua. Non può stare qua»
Allora Marlene prese spiegare. Spiegò come l’aveva trovato l’anno precedente, abbandonato sul ciglio alla foresta - come se un animale tanto feroce potesse effettivamente correre qualche pericolo - spiegò di aver già segnalato la sua presenza al Preside, e come lui avesse chiamato un addestratore di draghi, un suo vecchio amico che studiava le creature magiche, per esaminarlo. E poi, quello che Amy aveva avuto, per tutto il tempo, paura di sentire dalla sua bocca.
«Se lo riterrà innocuo, me lo lascerà tenere»
Amy rimase zitta, ma scosse la testa per qualche minuto.
«Non vuoi credermi?» la incalzò l'altra.
«Non so se voglio crederti, Marlene, ma è sempre così con te»
 

 

 
Hagrid le lasciò nella radura dopo aver consegnato a Marlene una grossa bistecca cruda ed un coltello. Rimasero sedute su di una roccia avvolta nell’edera, mentre Marley sminuzzava la carne per il cucciolo e la lanciava lontana da loro: Amelia non voleva che la Cosa le si avvicinasse troppo.
«Non smetterai mai di fumare quel tabicchio, vero?» chiese Marlene, mentre guardava Amelia arrotolare un foglietto di carta intorno a dei brandelli di foglie secche e marroni.
«Si chiama tabacco, Marley» rispose Amelia
«E no, non smetterò»
«Perché?»
«Perché mi piace»
Amelia estrasse la bacchetta, e la puntò all'estremità del cilindro di carta e foglie. Con un lieve sibilo, la bacchetta sputó una piccola fiammella, che accese il cilindro. Inspirò lievemente, e dalla sua bocca uscì del fumo grigio e denso. Estrasse il cilindro dalle labbra, e lo passò a Marlene; lei lo raccolse, titubante, sotto lo sguardo attento e già divertito di Amelia. Se lo mise tra le labbra e inspirò, seguendo le indicazioni dell’amica. Ebbe la sensazione di essere la canna fumaria del camino della Sala Comune, e sputò il cilindro a terra, tra la tosse e le risate di Amelia.
«Non.. cough… riesco a capire che cosa.. cough-cough… tu ci trovi...»
«I Babbani le chiamano sigarette. Fanno male alla salute, ma molti le trovano irresistibili»
«Sono..cough… strane le cose che qualcuno trova irresistibili»
«E’ vero, ma la cosa veramente strana è come alcune cose - o persone - siano irresistibili per chiunque» sentenziò Amelia, mentre si alzava a raccogliere la sigaretta.
«Ad esempio, Sirius Black»
Marlene sorrise, senza alzare lo sguardo dal suo nuovo animaletto domestico.
«Ti riferisci all'altro giorno, nel treno, vero?» le chiese, senza aspettare una risposta per proseguire.
«Non è successo niente»
Amelia espirò il fumo della sigaretta.
«No, ma potrebbe succedere. Insomma, ci sono tutti i preupposti perché succeda qualcosa...»
«Non è successo niente» insistette Marlene.
«E non succederà mai. Non sono più la bambina del terzo anno che piangeva sotto le coperte, lo dovresti sapere. Tu più di tutti dovresti saperlo, Amelia» disse con tono monitorio.
«Lo so» confermò lei, mentre faceva un'altra boccata di fumo.
«Ma io credo che Sirius sia sincero nei tuoi confronti...»
«Regulus mi ha baciata, prima dell'estate»
Il fumo le si fermò in gola; fissò l'amica, prima di cominciare a tossire.
«Quella roba ti ucciderà» borbottò Marlene, rivolgendo uno sguardo ostile al cilindro, per metà ormai consumato dal fumo e dal fuoco.
«Tu mi ucciderai!...» esclamò Amy «...se non la smetti di venirtene fuori così. Che vuol dire che ti ha baciata?»
«Mi ha baciata, e poi se n’è andato. Senza alcuna spiegazione. Non ha risposto a nessuna delle mie lettere e...»
Amelia non le permise di continuare.
«Quanti gufi gli hai mandato?»
«Uno a settimana, a volte più d’uno»
Seguì il silenzio, che si protrasse per il tempo necessario a Marlene per realizzare che si era impiccata con le proprie mani e ad Amelia di concentrare la rabbia, prima di vomitarla sull'altra.
«Anche io ti ho scritto una volta a settimana. Ma non ho ricevuto alcuna risposta» affermò fredda.
«Vuoi dirmi che hai passato l'estate a cercare Regulus Black, e ad ignorare me e le altre? È per questo che non sei venuta a trovare né me né Lily? Perché pensavi Regulus Black?»
Vide Marlene mortificarsi, ma non le importò: stette lì, algida nella sua rabbia dirompente, aspettando di poterla scatenare di fronte ad una risposta che, in ogni caso, non avrebbe trovato convincente.
«Mi dispiace di essere sparita, Amelia. Mi dispiace davvero!» esclamò Marlene.
«Ma né tu, né le altre potevate capire che cosa provavo quest'estate»
«Sai che ti dico?» fece Amy, mentre gettava lontano la sigaretta e si alzava.
«No, non capisco. Non ci riesco. E la cosa peggiore è che non voglio capire»
«Amy, io volevo parlartene; ma dovevo prima riuscire a capire da sola» si difese Marley.
«E ci sei riuscita?» chiese l'altra, di fronte a lei.
Allora Marley abbassò la testa, e fece un piccolo cerchio sulla terra sabbiosa col piede.
«Non del tutto»
Amelia rimase un attimo in silenzio, prima di lasciar esaurire quel poco di rabbia che ancora le era rimasta.
«Lo sai che ti dico, Marlene? Che è difficile farmi ricredere sulla prima impressione che ho di una persona. E sono stanca di fingere, per essere tua amica»
«Amelia...» fece Marlene, alzandosi.
«Sei arrabbiata»
«No, Marley. Sono stanca, sono stanca di fare l'amica. Per tutto questo tempo ho lasciato che tu lo frequentassi, nascondendoti quello che penso»
Allora l’espressione di Marley cambiò improvvisamente: non era più dispiaciuta, non si sentiva colpevole. Anche lei lasciò che la rabbia prendesse il sopravvento.
«E cos’è, che pensi?» chiese acida.
Amelia sospirò.
«Quel ragazzo non mi piace, Marley»
Marlene si lasciò andare in un sorriso cinico, alzando un sopracciglio in segno di sfida. Se davvero Amelia Bones, sua amica dal primo anno ad Hogwarts, non voleva che frequentasse Regulus Black, si aspettava più di un semplice apprezzamento da badante.
«Non mi piace come ti guarda, non mi piace l'influenza che ha su di te»
«Per Merlino, sembri mia madre» commentò sincera Marlene, distogliendo lo sguardo dalla sua interlocutrice con fare infastidito.
«Io non riesco a spiegarti perché abbia questa sensazione, ma sono stufa di farti credere che a me stia bene»
«E perchè dovrebbe stare bene a te?» proferì Marlene, fuoribonda.
«E’ la mia vita, e sono io a decidere le persone che ci voglio»
«Perchè io ci tengo a te!» gridò Amelia «Penso di avertelo dimostrato, in tutti questi anni. E penso che ora te lo stia dimostrando! Devi stare alla larga da lui, Marley! Finirà per ferirti!»
Erano entrambe in piedi. Bealin, soprannominato Billy, non aveva alcuna intenzione di ascoltare i battibecchi di due adolescenti nel mezzo di un bosco, e aveva preso a rincorrere le piccole farfalle sopravvissute alle piogge di fine estate.
«Se una cosa hai ragione» sorrise Marlene, inarcando le labbra in un ghigno arrabbiato.
«Tu non riesci a capire»
La sorpassò, e richiamò a sé Bealin, mentre l’abbandonava in mezzo alla radura.
 

 

Domenica, 4 settembre 1977
Torre di Astronomia
Crepuscolo

Lasciò che il fumo le entrasse nei polmoni, mentre continuava a fissare l'orizzonte verde: il sole si era già nascosto dietro le colline per cedere il passo alla notte.
Si chiedeva se fosse stata troppo dura con lei - in fondo, si conoscevano dal primo anno. Per lei, Marlene era sempre stata un libro aperto: era difficile da capire soltanto per se stessa, pensava. Sapeva come avrebbe reagito prima di lasciarsi andare alla rabbia, nella Radura.
Allora, forse era stata lei ad esagerare?
Cazzate - pensò. Il suo unico errore era stato non essere più sincera con lei prima di quella mattina.
Non ricordava con esattezza quando aveva cominciato ad odiare Regulus Black. Forse da quando, al secondo anno, aveva proposto di comporre i gruppi per l'esame di Pozioni in modo proporzionato, di modo che tutti avessero lo stesso numero di non-Purosangue al loro interno. Così, li aveva chiamati.
I nati babbani, o figli di babbani e maghi, erano più della metà ad Hogwarts, e faticavano, nonostante tutto, ad essere riconosciuti come veri e propri maghi, alla pari dei Purosangue, come amavano definirsi quelli della stessa idea di Regulus Black.
Ma Marlene non vedeva. Marlene non riusciva mai a distinguere il lato oscuro delle persone, e questo l'avrebbe ferita. Amelia lo sapeva: lei aveva imparato a conoscere la cattiveria umana già tempo prima, e questo la rendeva più forte - e più scaltra - degli altri.
Sentì la porta sibilare. Gettò la sigaretta e estrasse velocemente la bacchetta.
«Chi c’è?» tuonò. Rimase ad ascoltare il silenzio assordante della torre per convincersi che si fosse immaginata tutto. Sino a che non sentì schricchiolare le tegole di legno del pavimento, e allora ordinò alla sua bacchetta di far luce.
«Lupin!» esclamò.

Riconobbe Remus dalle profonde cicatrici che gli attraversavano il volto
«
Mi hai fatto prendere un colpo! Che ci fai qui?»
Remus sorrise, avvicinandosi al grande arco in pietra che volgeva ad occidente, e si mise a sedere dove, poco prima, era seduta Amelia.
«Potrei chiederti la stessa cosa. Io vengo qui per stare tranquillo»
«Ma va» sorrise Amelia, mentre si accingeva a rotolare un’altra sigaretta, dato che, nella paura di essere colta in flagrante da un Professore,  aveva lasciato precipitare l'altra dal balcone della torre.

«Io vengo qui per non farmi trovare. Che è un po’ la stessa cosa, dal mio punto di vista»
Remus sorrise.
«Mi dispiace per il posto da Caposcuola» continuò Amelia.
«Sarebbe dovuto andare a te»
Il ragazzo guardò verso il crepuscolo, senza smettere di sorridere.
«Un onore a cui non tengo, in realtà» rispose.
«La mia salute non è delle migliori, in questo periodo, quindi, probabilmente, non avrei potuto dedicare a quel ruolo il tempo che merita. E inoltre, così, avrò molto più tempo per studiare»
«Quello non basta mai» sorrise la ragazza. Esitò un attimo, prima di voltarsi nuovamente verso di lui.
«Tu sembri una persona intelligente. Posso chiederti una cosa?»
Non aspettò che Remus acconsentisse, e si mise seduta di fronte a lui.
«Se tu vedessi un tuo caro amico, uno come James, o Sirius, o Peter, fare qualcosa di estremamente stupido, o commettere quello che secondo te è un enorme sbaglio, come ti comporteresti?»
Remus esitò un attimo, abbassando gli occhi in un’espressione pensierosa.
«Partirei dal presupposto che loro non sanno che stanno sbagliando»
Amelia aggrottò la fronte. Allora il ragazzo rialzò gli occhi, e le sorrise gentilmente.
«Vedi, se tutti sapessimo che stiamo sbagliando, non sbaglieremmo mai. Ma questo non è possibile, non è umano. Devi lasciare alle persone, anche a quelle che ti sono più vicine, la possibilità di imparare dai loro errori»
Dopo che ebbe finito di parlare, Amelia ricambiò il sorriso.
«Sei forte, Remus Lupin» disse, rialzandosi.
«Sei proprio forte. Grazie»
Si avvicinò all’uscita della torre, lasciando al suo nuovo amico lo spazio per poter stare tranquillo.
«Amelia» la richiamò lui, tentennando un po’
«Se per caso avessi voglia di non farti trovare, e io avessi voglia di stare da solo.. ecco.. magari… potremmo non farci trovare e stare da soli insieme»
Amelia sorrise, trovando quell’invito teneramente irresistibili.
«Si, mi piacerebbe stare da sola insieme a te»

♦ 

 

Giovedì, 8 Settembre 1977
Hogwarts, Cortile interno
Pomeriggio

 Dorcas avrebbe dovuto essere lì già da mezz'ora.
Decise di non pensarci.
Fissò il libro di Incantesimi, e continuò a fissarlo per qualche minuto che le pesò come una giornata intera, senza assorbire neanche una formula.
Allora ricominciò a pensare che Dorcas era in ritardo, e che l'avrebbe strangolata con quei suoi lunghi capelli biondi.
Continuò a non leggere, sino a quando non sentì qualcuno piombare dietro. Con il cuore ancora in gola, vide Dorcas sedersi di fronte a lei, con un sorriso dispettoso.
«Ma ti sembra che dopo cinque anni tu debba continuare a farmi questo stupido scherzo?»
«È sempre molto divertente» sorrise Dorcas.
«Comunque, Marley-la-bomba è scoppiata, e sta per detonare peggio di uno Schiantesimo. Ha ammesso che Black Junior le ha fatto qualcosa»
«Ma non mi dire» fece Amelia, tornando al suo libro.
«Questa cosa non ti interessa?» chiese Dorcas, notando l'insofferenza di lei. Amy allora rialzò gli occhi accigliati sulla ragazza.
«No, Dorcas, non mi interessa! E non dovrebbe interessare neanche te. Noi ci comporteremo normalmente, agiremo normalmente, faremo tutto normalmente»
Dorcas la guardò frastornata, e poi capì.
«Tu già lo sapevi» proferì con un ghigno.
«Cosa?» chiese Amelia, fingendo di non comprendere, e senza alzare gli occhi da quella pagina di Pozione che aveva rinunciato ad assimilare.
La bionda ragazzina Grifondoro aprì le braccia a mezz’aria, coi palmi rivolti al cielo, e un’espressione sorridente che le illuminava il volto.
«Che era successo qualcosa tra loro! Che cosa, altrimenti?» esclamò.
Amelia non distaccava lo sguardo dal libro.
«Ti sbagli»
«Non mentirmi» la incalzò Dorcas, con fare impaziente.
Allora Amy chiuse il manuale di Pozioni che tanto odiava, e rivolse uno sguardo accigliato a quegli occhietti piccoli e blu che tanto amava.
«Ti sbagli. Non so niente. E se anche dovessi sapere qualcosa, come il fatto che si sono baciati l’anno scorso prima dell’estate, io non te lo direi, perché tu non ti comporteresti naturalmente, se lo sapessi»
Dorcas inspirò tutta l’aria che riuscisse a trattenere nel suo minuscolo corpicino, prima di esplodere in un’esclamazione sorpresa. Amy buttò subito il palmo della propria mano sulla sua bocca, per zittirla.
«Non posso crederci!» esclamò, dopo che la ragazza l’ebbe liberata da quel silenzio forzato.
«Neanche io posso crederci» proferì Amy, con un’espressione molto meno sorpresa – e molto meno gioiosa. Dorcas se ne accorse, e si ricompose.
«Quanto sei incazzata con lei?» chiese più mestamente.
«Un po’» affermò sincera Amelia.
«E lei quanto lo è con te?»
«Un bel po’ di più di quanto io non lo sia con lei, a mio parere. Ma è la sua vita, non posso decidere per lei»
Vide spuntare la testa corvina di Regulus Black dagli studenti accalcati sul portone d’ingresso, e poi vide quella castana di Marlene, che lo inseguiva con un’andatura goffa.
«Questa non è una cosa da te» giudicò Dorcas. Anche lei li guardava, seduta accanto all’amica sul muretto del cortile interno.
«Non sei la tipa che lascia correre, se crede che qualcuno stia commettendo un errore»
«Forse dovremmo lasciare che le persone commettano degli errori, anche quelle che ci sono più vicine. Magari potrebbero imparare qualcosa» proferì Amanda, mentre dava aria ad un pensiero che aveva il volto di Remus Lupin.
Sentirono gli schiamazzi di Marlene, e la videro inciampare in mezzo al giardino. Non fece in tempo a toccare il suolo, che il cortile era esploso in una risata fragorosa. Fecero entrambe per alzarsi, ma Regulus era più vicino ed era stato più veloce a raggiungerla.
Così, si fermarono a guardare mentre lei rialzava il viso, e gli lasciava un lungo bacio a stampo sulle labbra, e lui, in ginocchio, rispondeva al bacio.
«E adesso…?» farfugliò Dorcas.
«E adesso... stiamo a guardare» sospirò Amy.
 

 ♦

  
Riprese fiato da quel bacio senza respiro, e si alzò di scatto, sbattendo con la testa sul naso di Regulus. Lui rimbalzò in piedi e si prese il naso tra le mani. Marlene si voltò verso l’entrata e prese a correre, in mezzo alla folla ammutolita dall’imbarazzante spettacolo da lei stessa messo in scena nel cortile principale dell’unica Scuola di Magia e Stregoneria del Regno Unito. Non si lasciò distrarre dal suo nome gridato da Regulus, dietro di lei.
Corse per tutto il corridoio, fino ad arrivare all’ingresso delle Segrete. Percorse pochi scalini, e si fermò nella penombra della scalinata, con la schiena appoggiata al muro freddo e le gambe distese di fronte a lei. Solo allora si rese conto di avere il fiato corto e che il cuore le stava chiedendo prepotentemente di uscire dall’esofago. Sentì i passi veloci di qualcuno, e pregò che non fosse Regulus. Invece, i passi si fermarono all’entrata, e non dovette alzare lo sguardo dai suoi piedi, che continuava a fissare, mentre ordinava al suo muscolo cardiaco di ritornare al suo posto, per capire a chi appartenevano.
Mentre lui scendeva le poche scale che la ragazza aveva percorso, riuscì, tra i respiri profondi, a dire solo poche parole. «Perché non mi hai scritto?»
Regulus si mise di fronte a lei, con le mani nelle tasche dei pantaloni, la testa leggermente inclinata su di lato, e il lembo delle labbra attorcigliato in un piccolo, elegante sorriso.
«Perché non mi hai risposto?»
Alzando la testa, Marley svelò uno sguardo arrabbiato.
«Non era finita per me»
Regulus alzò la testa, e distolse gli occhi verdi da lei, in un sorriso scocciato che non ebbe altro effetto se non quello di irritarla ancora di più.
«Ti ho scritto ogni settimana, ho aspettato una tua risposta per tutta l’estate» gridò.
«Non è passato un giorno in cui non volessi risponderti» rispose finalmente Regulus, ammutolendola.
«Non è passata un’ora della mia estate senza che io pensassi a te»
Marley riabbassò il capo.
«Ma non hai fatto niente!» borbottò.
«No, non ho fatto niente. Hai ragione» rispose Regulus, avvicinandosi di un passo.
«Non ho fatto niente, perché pensavo di essere più forte»
Lei tentò di non dimostrare la sua confusione.
«Pensavo di sconfiggerti. Pensavo di potermi dimenticare di te. Pensavo di poter fugare dalla mia testa la tua immagine, se si fosse presentata» affermò il ragazzo, con la testa reclinata lievemente sulla spalla destra, alla ricerca del suo sguardo.
«Ma più ci provavo, più tu apparivi. Eri in ogni stanza, eri in ogni colore, era in ogni giornata col cielo azzurro. Eri in ogni Incantesimo che imparassi, in ogni boccino che catturassi durante il Quidditch»
A quella confessione, Marlene rialzò lo sguardo, per incontrare il viso candido e onesto di Regulus.
«Non riuscivo a ricordarmi di dimenticarti, Marlene»
«E perché volevi dimenticarmi, perché?» chiese lei, senza lasciare che quelle parole riuscissero a sovrastare la rabbia accumulata nei mesi passati; in un impeto di collera, si staccò dalla parete, trovandosi a pochi millimetri di distanza dalle sue labbra.
«Perché non riuscivo più a starti accanto sapendo che non eri mia» ammise Regulus.
«Non avevo capito che ero io ad essere tuo»
L’aria del Sotterraneo era calda e stagnante. La fiaccola verdognola appesa alla parete davanti a loro sembrava aver fermato il suo modo perpetuo. Nel buio del corridoio, risuonò lo schiaffo fragoroso che Marlene fece schioccare sulla guancia scarna del ragazzo. Lui non indietreggiò, ma alzò il capo, massaggiandosi la mascella con la mano e lasciando andare una risata divertita.
«Me lo meritav…»
E Marlene aveva di nuovo cercato le sue labbra, e le aveva trovate lì, calde e accoglienti.Sembravano disegnate per la sua bocca, pensò, mentre immergeva le dita nei capelli corvini di lui.

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


The Best of Youth

Capitolo X

Di nuovi appuntamenti e vecchi rancori


Sabato, 1 ottobre 1977

Qualcuno aveva visto Regulus Black rincorrere Marlene McKinnon per i lunghi corridoi che si diramavano dal cortile interno. Qualcuno, tra quelli che pensavano che stessero insieme da sempre, bisbigliava che lui avrebbe voluto lasciarla da tempo, ma che lei non ci stava proprio ad essere mollata.
Qualcuno, invece, aveva preferito non vedere; non che i cambiamenti fossero così evidenti, alla luce del giorno. L’ultimo rampollo della casata Black e l’unica figlia di Johnatan McKinnon proseguivano nella loro vita di studenti di Hogwarts nella più consueta delle maniere. Continuavano a sedersi vicino alle lezioni che avevano in comune; lui era solito riprenderla con una battuta arguta a qualche sua azione incredibilmente stupida e lei reagiva, come sempre aveva fatto, con un risolino e il dolce sguardo di chi cerca comprensione.
Continuavano a fare pranzo insieme, ai piedi del lago, quando il clima temperato dell’autunno lo rendeva ancora gradevole.
Regulus non le permetteva di essere particolarmente affettuosa a scuola, e raramente venivano visti darsi la mano; agli occhi più attenti non erano sfuggiti i baci fugaci di Marlene sulle rigide labbra di lui, o sulle sue guance esangui, quando Regulus, chino sui libri, non guardava – o fingeva di non guardare.
Nei fine settimana, quando nessuno dei due doveva allenarsi per il Quidditch della domenica, passavano i pomeriggi ad Hogsmeade: Regulus comprava qualche etto di schifezze da Mielandia, e le dividevano nel sentiero che conduceva alla Stamberga Strillante.
Era una stagione tenera, fatta di sguardi veloci e di sorrisi timidi. Parlavano di cosa piaceva all’una dell’altro, di cosa odiavano, della vita ad Hogwarts, e di cosa sarebbe accaduto una volta diplomati. Lei sognava la Svezia, dove avrebbe potuto studiare e proteggere i draghi – poco importava se le sarebbe costato un braccio, o una gamba. Regulus la ascoltava silenzioso, con un piccolo ricciolo sull’angolo della bocca, ammirandone lo sguardo sognante; non parlava mai di cosa avrebbe voluto lui, dopo Hogwarts. Gli bastava che fosse lei, a desiderare qualcosa per entrambi.
Nei fine settimana passati sulla riva del lago, Regulus riusciva a sciogliersi di più: la teneva per mano, ed era lui a baciarla, mentre timidamente lasciava scivolare la sua mano sotto al cappotto di lei, a cercare un lembo scoperto della sua pelle morbida tra i bottoni della camicia.
Dorcas e Lily la guardavano tornare alla sera, prima del coprifuoco. Lui la salutava nel cortile, stringendola in un bacio. Quando saliva in Dormitorio, Marlene accennava appena a come aveva trascorso il pomeriggio, mentre i suoi occhi raccontavano il resto. Tanto bastava alle due, che non potevano pensare a niente di meglio della sua felicità.
Per Amelia non era lo stesso. Lei e Marlene non si erano più parlate, da quando il suo rapporto con Regulus era “ufficialmente” cambiato; si limitavano a scambiarsi un freddo saluto, quando c’erano di mezzo Dorcas o Lily. Queste ultime (e in particolare Dorcas), dal canto loro, non riuscivano ad immaginare per chi delle due fosse più difficile scusarsi: decisero, comunque, che quel doloroso compito spettava ad Amy. D’altronde, era lei ad essersi intromessa nella relazione tra Marlene e Regulus, e Marlene restava libera di frequentare chi voleva.
Amy se l’era presa, quando Dorcas le aveva confidato come la pensava, ma lei, in cuor suo, non s’aspettava niente di diverso: sapeva che, alla fine, le avrebbe dato ragione.
Era un sabato pomeriggio pigro, e la pioggia di inizio ottobre aveva precluso a Marlene e Regulus di fare la loro consueta passeggiata al lago; pensarono quindi di darsi appuntamento in biblioteca, ma lei stava già pensando a come farlo desistere dallo studio mentre scendeva le scale del Dormitorio femminile di Grifondoro.
Nella Sala Comune un gruppetto di studentesse del primo anno sedeva sui divani intorno al fuoco, ed una coppia di ragazzi del terzo dibattevano animosamente riguardo all’ultima partita di campionato nazionale di Quidditch. Remus Lupin sedeva con un papiro pregno d’inchiostro e di studio ed un grande manuale alla sua sinistra, mentre Sirius Black mordicchiava una liquirizia, seduto sul davanzale dell’ampia finestra dinanzi alla scrivania su cui sedeva l’amico, assorto nella lettura di un manualetto che aleggiava leggero davanti ai suoi occhi, voltando pagine da solo.
«Ciao, Remus» fece rapida Marlene.
«Buona sera, Marlene» gli sorrise lui.
Sentì la liquirizia di Sirius spezzarsi ferocemente sotto i suoi denti.
Riuscì a resistere alla tentazione di voltarsi, e si passò la sciarpa della sua casa attorno al collo, mentre dava ordine alla Signora Grassa di aprire la porta. Si trovò davanti Amelia, altrettanto sorpresa di trovarsela davanti.
«Dorcas sta scendendo» si limitò a dire, rimanendo nel corridoio della Sala Comune.
«Si…» bisbigliò Amelia «… il che significa che dovrò aspettare un bel po’, prima che sia pronta»
Sorrisero entrambe.
«Posso sempre farti entrare io. La Signora Grassa ha un gran debito con me dopo l’ultimo solfeggio» si propose Marlene, e le fece spazio per entrare nella Sala Comune di Grifondoro, ignorando le lamentose spiegazioni della guardiana della Casa.
«Si… grazie…» Amelia entrò, fermandosi davanti a lei.
«Volevo dirti che lo so che mi odi» proferì, lasciando Marlene spaesata.
«Io non ti odio, Amy»
«Certo che mi odi, perché penso di poterti dire chi frequentare o no. E hai ragione a farlo, perché non dovrebbero essere fatti miei»
Aveva continuato guardare Marlene negli occhi, mentre ammetteva di aver torto.
«La realtà è che non mi interessa chi frequenti, con chi esci o chi ti scopi. Mi basta continuare ad averti come amica» disse, prima di superarla all’interno della Sala Comune, e poi su per le scale del Dormitorio.
Marlene la guardò allontanarsi, più sbigottita per la rapidità del discorso che per il fatto che Amelia – forse per la prima volta da quando la conosceva – le aveva dato ragione.
Voltandosi, sentì il gelido ghiaccio degli occhi di Sirius Black su di lei.

Crack.

La liquirizia si spezzò ancora sotto i suoi denti esperti, e il dolce frammento scuro prese a dondolare sulla sua lingua, mentre Amelia Bones entrava nel dormitorio e ricambiava lo sguardo. Gli occhi color nocciola scura di Amy erano tanto affilati quanto quelli cristallini di Sirius. Terminato il gioco di sguardi, la ragazza si diresse verso il fuoco, appoggiandosi senza troppa delicatezza sul bracciolo della poltrona ove era seduto Remus, curiosa di scoprire che libro stesse pazientemente sfogliando.
«E’ l’Antologia degli Incantesimi del Diciottesimo Secolo» rispose lui
«Purtroppo non sono riuscito a trovare l’edizione precedente. Pare ne siano rimaste veramente poche, dopo l’incidente del Fiammagranchio al Wizzhard Books»
Amelia socchiuse e piccoli occhi a mandorla in un’espressione perplessa.
«Di che incidente parli?»
«Qualche anno fa un Fiammagranchio stufo ed impaurito dall’orafo che lavora per Telami e Tarlatane si riparò sotto gli scaffali del magazzino della casa editrice»
«Fu come accendere un fiammifero in un pagliaio» proferì Sirius, con un sorriso divertito in bocca, il piede sinistro appoggiato sul freddo davanzale di pietra, la gamba sinistra penzoloni dondolante sino a sfiorare, con la punta delle dita, il ricco tappeto rosso disteso sul pavimento, lo sguardo annoiato dall’incessante scroscio dell’acqua sui vetri. Il manualetto a mezz’aria era dolcemente atterrato sulla sua mano, che teneva abbandonata sul fianco.
«Come on baby, light my fire…»
La voce di Dorcas risuonò squillante dalla tromba delle scale, precedendola nella Sala Comune. Aveva alle orecchie delle curiose cuffie di metallo, indubbiamente insufficienti a scaldarle le orecchie. Dall’estremità inferiore delle cuffie si diramavano delle altrettanto curiose e sottili cordicelle scure, che andavano a riunirsi in una piccola cassetta azzurra, che la ragazza teneva aggrappata alla cintola dei pantaloni. Dorcas volteggiò accanto alla poltrona e lasciò che le cuffie cadessero leggere sulle spalle coperte dai capelli biondi come il grano.
«Questa è la miglior invenzione del mondo, Amy. Non so come tu abbia potuto nascondermela per tutto questo tempo!» esclamò, mentre prendeva in mano la cassetta, rimirandone la lucentezza.
Sirius aveva girato lo sguardo verso di loro, e aveva aggrottato le sopracciglia scure.
«Che nuova diavoleria è quella?»
«E’ un PassUomo
Amelia non riuscì a trattenere un risolino divertito, e anche Remus sorrise.
Pensò al suo precedente compleanno, quando Marley glielo aveva regalato, avvolto in un pacchetto malfatto e un po’ acciaccato.

«Me lo ha portato mio fratello dal Giappone, ma credo che me lo abbia regalato solo perché non sa utilizzarlo. Neanch’io so farlo, magari tu ci riesci»

Sorrise a quel ricordo.
«Un walkman, Dorcas»
«E io che ho detto?» sorrise la ragazza, girandosi verso Sirius «Queste cose non le fanno mica nel nostro vecchio e polveroso Mondo Magico, caro mio. Devi andare dai Babbani per trovare PassUomini canterini!» concluse, riportandosi le cuffie alle orecchie e piroettando in mezzo alla stanza.
Sirius guardò i suoi capelli volteggiare dietro la schiena minuta della ragazza, prima di reclinare la testa all’indietro, con aria divertita e al contempo annoiata, e tornò a guardare la pioggia, mentre dava il colpo di grazia all’ultimo misero pezzo di liquirizia che ballava sulla sua lingua. Crack.
«Non devi preoccuparti per il tuo libro, Remus» sorrise Dorcas. 
«Potresti trovarlo alla Fiera della Magia dell'ultima domenica del mese»
«Hai ragione» osservò Amy, rivolgendo un sorriso a Remus «A quella fiera ho trovato dei libri rarissimi»
Remus ricambiò lo sguardo, prima di riabbassarlo al manuale «Magari… se non c’è il Quidditch, l’ultimo weekend del mese potremmo andarci insieme»
Amelia sentì un tonfo al petto e un improvviso calore alle guance.
«S-si.. non c’è il Quidditch nel weekend di Halloween. E comunque pensavo già di andare»
«Bene! Ora tutti hanno un appuntamento tranne me!» gridò Dorcas con un ghigno, smettendo di ballare da sola in giro per la stanza.
«Magari potremmo andare anche noi» disse Sirius con voce ferma.
Stavolta furono Dorcas, Remus ed Amy a voltarsi verso la finestra. Sirius rivolse uno sguardo affilato a Dorcas.
«Visto che questa fiera della Magia sta diventando una celebrazione anticipata di San Valentino, non vedo perché non potrei portare anche te» sorrise.
Dorcas abbassò il mento, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio paonazzo di imbarazzo, ma non smise di ridere.
«Non vedo perché no»
Le labbra del ragazzo si allungarono in un sorriso malandrino. «Allora è deciso»
Dorcas sfilò la cassetta azzurra dai suoi pantaloni di velluto, e la sventolò in aria.
«A patto che possa portare il mio PassUomo, ovviamente»
«Si chiama walkman, Dorcas»
«E io che ho detto?»

 
 ♦

Marlene cercò di togliersi la sensazione dello sguardo di Sirius Black di dosso mentre scendeva nervosamente le scale, verso la Biblioteca. Regulus la aspettava davanti all’ingresso principale, le spalle appoggiate alla legnosa colonna intarsiata di rami e foglie di quercia.
Aveva le mani intrecciate dietro di sé; stava sorridendo, fino a quando non aveva visto l’espressione di lei.
«Stai bene?» aveva chiesto, chinando un po’ la testa verso la spalla destra. Sperando che smettessero di tradire il suo nervosismo, Marlene abbassò gli occhi e abbozzò un sorriso con l’angolo della bocca.
«Si, è che questo tempo rende tutto più noioso»
Regulus tirò un sospiro esasperato, mentre le prendeva la mano e poggiava il pugno chiuso sul suo palmo.
«Tu e la tua metereopatia» sorrise; quando lasciò passare le dita negli incavi tra le dita di lei, Marley sentì il tocco crespo e sottile della carta. Abbassò gli occhi e video delle piccole tessere dorate, su cui era inciso un nome che riconobbe subito.
«Ma questi sono i biglietti per il concerto di Halloween di Blodwyn Bud ai Tre Manici di Scopa!» esclamò Marley.
«Credevo fossero finiti questa estate! Come hai fatto ad averli?»
«Con tutti i Galeoni che abbiamo lasciato da Mielandia nelle scorse settimane, ne avevamo ottenuti tre. Non che tu te ne sia accorta, perché scappavi via col bottino non appena pagato» sorrise Regulus, passandosi una mano tra i capelli corvini, mentre Marlene allungava le labbra in un risolino colpevole.
«Comunque.. sono riuscito ad estorcere due biglietti extra, quindi… immagino che, se alle tue amiche piacciono le sue canzoni… magari potresti dirlo a loro» proseguì, timidamente esitante.
«Per Merlino!» esclamò Marlene. Continuò per un momento a guardare i biglietti, prima di alzare il viso verso il suo interlocutore. Non sapeva se fosse più sorpresa per il fatto che le stesse regalando dei biglietti che credeva terminati da mesi o piuttosto dalla circostanza che voleva che Regulus Black le stesse effettivamente chiedendo di conoscere le persone a lei più care. Non era certamente un atteggiamento che si sarebbe aspettata da lui, già così poco disposto ad aprirsi con lei, che conosceva dai primi anni di scuola, così chiuso nei confronti di tutte le forme di vita che non aleggiassero nella sua stanza di Dormitorio.
«Il burbero, solitario e silenzioso Regulus Black vuole conoscere le amiche della sua ragazza?»
Regulus tentennò, arrossendo visibilmente.
«Ma no… è che Piton e Nielsen avevano già da fare, altrimenti li avrei dati a loro» disse abbassando gli occhi. Marlene sorrise, imbarazzata dal non essere riuscita a celare la sua sorpresa dietro a quel commento ironico.
«Non preoccuparti, timidone» disse, mentre riponeva i biglietti nella tasca posteriore dei suoi jeans «le mie amiche adorano Blodwyn Budd, e se vuoi posso chiedere loro di venire con noi, ma solo se tu vuoi»
Si alzò sulle punte dei piedi, stampando un tenero bacio sulle labbra sottili e candide di lui.
«Altrimenti, non avranno problemi a starsene sotto il palco a deliziare gli spettatori della loro indiscussa incapacità canora»
 
Passarono il pomeriggio in biblioteca. Marlene si dondolava annoiata tra gli scaffali, alla ricerca di qualche volume polveroso il cui titolo potesse ridestare la sua mente dall’indolenza che la ancorava: avrebbe voluto persuadere Regulus a fare qualcos’altro, ma le sarebbe dispiaciuto alzare la sua testa corvina china sul libro di Pozioni e rovinare la sua metodica concentrazione nello studio; e, anche ove, in preda ad una inaspettata spinta egoistica, avesse voluto tirarlo su dai libri, non avrebbe potuto, dopo il regalo che le aveva fatto con quei biglietti. Si limitò quindi a bighellonare in giro per la biblioteca scura ed umida, fino a quando non trovò un volume sulle proprietà curative delle squame di drago che finalmente, catturando la sua attenzione, la costrinse a sedere sul davanzale di una delle ampie vetrate del salone, dove le gocce di pioggia si rincorrevano in una danza incessante.
Quando la sera penetrò da quelle vetrate con la sua oscurità, Regulus le si avvicinò e, sorridendole al lume delle fiaccole divenute le uniche fonti luminose, la prese per mano, per accompagnarla verso la Sala grande per il pasto.
Lei non poteva fare a meno che adorarlo, in quei gesti timidi ed eleganti, gli sguardi veloci e traditori, i silenzi assordanti che lei rompeva sempre con qualche frase fuori posto.
La lasciò fuori dall’ingresso con il suo freddo profumo sulle labbra, e lei si sentì felice mentre attraversava i lunghi tavoli già imbanditi per la cena. Essendo, per una volta, in anticipo, le panche non erano ancora del tutto piene di studenti. Eppure, neanche stavolta riuscì ad arrivare prima delle sue amiche: Dorcas, in una delle sue ronde nelle cucine, aveva estorto al mastro pasticcere, uno gnomo grasso dai lunghi baffi rossicci, che il dolce, quella sera, sarebbe stata una cheesecake al burro di arachidi e datteri, e aveva costretto Lily a scendere mezz’ora prima del solito, per assicurarsi un posto davanti all’attesa delizia.
Lily fece cenno a Marlene di sedersi accanto a lei con un sorriso gentile.
«Guarda un po’ chi si vede, la nostra innamorata preferita»
Marlene sorrise, lanciando un’occhiata veloce prima a Lily, e poi a James, seduto dall’altra parte del tavolo, qualche metro più in là «E guarda un po’ chi parla. Sono quasi sicura di aver visto la tua piuma incantata scrivere un sacco di J a forma di cuore sulla tua bozza del compito di Trasfigurazione, l’altra sera»
Lily arrossì, acchiappando nervosamente il calice colmo d’acqua di fronte a sé.
«Ma.. che dici, Lene»
«Dico che ho una sorpresa per voi, vecchie fattucchiere»
«Se è per il dolce di stasera…» fece Dorcas, con la bocca piena di purè di patate «Lo sappiamo già.. dovrebbe materializzarsi da un momento all’altro»
Marlene frugò nella tasca posteriore dei suoi jeans, estraendo i biglietti.
«Ho paura che questi non siano commestibili» disse, porgendo i biglietti a Dorcas, che li agguantò con le mani sporche di purè. Marlene vide la patina dorata dei biglietti scintillare negli occhi luminosi di Dorcas. Seguì uno squittio assordante, che per un solo attimo risuonò nella Sala Grande.
«Dorcas, credo che tu mi abbia appena perforato un timpano» disse Lily, con tono severo e gentile al tempo stesso, come solo Lily era in grado di fare.
«Come… come?!» esclamò Dorcas, tenendo ancora tra le mani tremolanti i biglietti.
«Me li ha dati Regulus. Ha detto che li ha ottenuti con la raccolta punti Mielosi di Mielandia. Ne ha tre in più e mi ha chiesto se qualcuna delle mie amiche potesse essere interessata»
«Stai scherzando?! È una vita che voglio andare ad un concerto di Blodwyn Bud!»
«Esattamente… quanti soldi avete speso da Mielandia per ottenere tutti questi biglietti?» chiese Lily.
Marlene si protese sul tavolo imbandito, pretendendo i biglietti indietro da Dorcas.
«Alcuni ce li hanno regalati»
«Ok… allora quanti soldi avete speso da Mielandia perché quei tirchi coniugi Flume vi regalassero dei biglietti?» continuò Lily.
«Per Morgana, Lily Evans, non è da te esporre tuoi giudizi così personali sulle persone» fece Marlene, con un sorrisetto cinico, mentre agguantava i biglietti sporchi di purè dalle mani resistenti di Dorcas.
«Allora, ci venite o no?»
Al “sì” istantaneo di Dorcas si contrappose l’altrettanto deciso ma contrario “no” di Lily. Marlene le guardò aggrottando la fronte, mentre le due si scambiavano sguardi complici ma incoerenti, come due fuggitivi che non avessere concordato per bene cosa dire a propria discolpa nel caso in cui fossero stati catturati.
«Entrambe le risposte sono state troppo veloci per non nascondere qualcosa» disse interrogativa.
«Il concerto non è la notte di Halloween?» chiese Lily, senza staccare gli scintillanti occhi verdi da Dorcas, che la guardava perplessa.
«Si… abbiamo già programmi per la notte di Halloween?»
«Non so… Dorcas, abbiamo programmi per la notte di Halloween?» ripeté Lily, ma la sua non sembrava una domanda. In realtà, sembrava che Lily conoscesse già la risposta, e che quella stessa risposta si stesse pian piano materializzando sul viso di Dorcas. Questa, per tutta risposta, riprese ad ingozzarsi di purè, davanti allo sguardo spaesato di Marlene e quello ormai furiosi di Lily.
«Dorcas!» esclamò, severa e per niente gentile, stavolta. 
«C’è qualcosa che devi dire a Marlene?»
«O per Merlino, cosa può aver combinato stavolta che le impedisca di venire al conc-…»
«Esco con Sirius Black, quella domenica 31»
Marlene rimase in silenzio, fin quando la bocca socchiusa non si tirò in un largo sorriso e scoppiò a ridere.
«S-stai scherzando… vero?» disse, tra le risate.
«Me lo ha chiesto questo pomeriggio in Sala Comune» sibilò Dorcas, senza distogliere lo sguardo dal suo piatto.
«In… in che senso?» fece Marlene, mentre il suo sorriso si restringeva sempre di più.
«Black? Sirius Black? Misonocagatoneipantaloni-Black? Di lui stiamo parlando?»
«Sei stato tu a farlo cagare nei pantaloni, ti ricordo» fece la bionda, trovando quel poco di coraggio che le serviva per alzare gli occhi.
«Si! E tu eri con me, a ridere a crepapelle, quando è successo! Pensavo fosse abbastanza per curare almeno te dal discutibile fascino che quel merdone sembra avere sull’intera fauna femminile scolastica!»
«Non è come credi, Marlene» proferì Lily.
«James ed io andremo alla Fiera della Magia dell’ultima domenica del mese, e così anche Remus, non ci perdiamo mai quella fiera… e Remus ha invitato Amelia… così Sirius…»
L’accurata spiegazione di Lily fu interrotta dal movimento repentino di Marlene, che tirò le spalle indietro, le braccia piegate in avanti, i palmi delle mani aperti all’altezza del costato, e un’espressione ancor più interrogativa in faccia.
«Amy sta uscendo con Lupin?» chiese.
«Cosa c’è che non va con Lupin? Pensavo ti piacesse Lupin!» esclamò Dorcas.
«Quello che non mi spiego è perché io sia sempre l’ultima a sapere queste cose»
«Beh, se non stessi sempre insieme a quel Seperverde esangue, magari…»
«Dorcas!» tuonò Lily Evans.
Marlene fece appena in tempo a sentì il calore esplodergli nella pancia e salire su per l’esofago, prima che Lily aprisse le braccia in segno di sosta.
«Credo che dovremmo darci tutti una calmata. Marley, ovviamente Dorcas sarebbe molto felice di venire con te al concerto, e non riesce a ringraziarti solo perché è un’idiota…»
«Evans, la tua diplomazia ha conosciuto giorni migliori» bofonchiò Dorcas.
«… ma non credo sia saggio combinare un appuntamento tra coppie in cui siano compresi entrambi i fratelli Black»
Marlene distolse lo sguardo da Dorcas e appoggiò i gomiti al tavolo.
«Su questo siamo d’accordo, immagino»
Incrociò le braccia, e riprese a guardare Dorcas, che aveva ripreso a mangiare. A volte Marlene si chiedeva come potesse essere così magra, e si trovava ad invidiarla. Era un’invidia priva di malizia, di quelle che possono provarsi soltanto nei confronti di qualcuno a cui si è terribilmente affezionati. Eppure, il fatto che ora uscisse con Sirius – eppure…
«Perché ci esci? Insomma, Dorcas, lo sappiamo come tratta le ragazze»
«Se è per questo, sappiamo anche come Dorcas tratta i ragazzi» ammise Lily in un risolino.
«Hey…!» scoppiò Dorcas, dopo aver fatto un altro boccone di purè. Abbandonò finalmente la forchetta sul piatto con un lieve tonfo, e protese le braccia come farebbe un ladro colto sul fatto «Ragazze, non ci sono neanche ancora uscita! Non so neanche cosa sia, se sia un appuntamento, se non lo sia… non ho abbastanza segnali per capire che intenzioni abbia!»
«Oh, e quanti segnali ti servono da lui?» chiese Marlene retorica.
«E’ Sirius Black, Dorcas! È un animale bifasico! Non merita neanche di essere ricompreso tra gli organismi complessi!»
«O per Merlino, Marlene! Ma perché ti interessa così tanto? Sai che posso difendermi dai tipi come lui»
Marlene abbassò gli occhi, riconoscendo che il suo atteggiamento tradiva un interesse che non avrebbe dovuto mostrare: un interesse che andava oltre alla preoccupazione che si può avere per un’amica.
Eppure, eppure…
C’era qualcosa che continuava a ronzarle in testa, un presentimento tanto infido quanto presuntuoso che le si era infilato nell’orecchio insieme alla voce squillante di Dorcas mentre le diceva che Sirius aveva proposto l’appuntamento. Quel presentimento era entrato nel suo cervello e lì sembrava voler restare: un presentimento che aveva l’aspro sapore del risentimento e l’aspetto maliziosamente affilato di Sirius Black.

Che Black abbia chiesto a Dorcas di uscire solo per allontanarla da me?

L’aveva visto, quella mattina – o meglio, più che vederlo, aveva sentito i suoi occhi su di lei – e la cosa non le era piaciuta. Subito dopo, almeno presumibilmente, aveva chiesto a Dorcas di uscire – ma sì, doveva essere andata così, altrimenti Dorcas glielo avrebbe detto prima, o almeno Lily l’avrebbe costretta a farlo.
Non riuscì a concludere i propri pensieri, che la sua rabbia aveva già preso un’altra direzione, una direzione che aveva già preso altre volte, ma mai in maniera così funesta.
«Lo so, Dorcas» sorrise Marlene, abbassando gli occhi «mi spiace mettere in dubbio che sei capace di tenere a bada un tipo come Black»
Dorcas e Lily si scambiarono uno sguardo interrogativo, sorprese dall’apparente (e solo apparente) calma di Marlene.
«Allora, dov’è questo dolce?»


Finirono il pasto dividendo un’intera cheesecake. Quando Peter Minus tentò timidamente di chiederne una fetta, Dorcas gli si ritorse contro, in una infelice imitazione di un Wampus.
Quando fu il momento di tornare al Dormitorio, James, alzatosi, abbracciando Lily da dietro, rivolse un saluto sorridente alla cugina, che le era seduta ancora accanto. Gli sentì chiedere se fosse pronta dell’allenamento della mattina, e gli rispose con un lieve cenno del capo, mentre guardava Dorcas alzarsi e andare verso Sirius. Li guardò percorrere la navata insieme, verso il portone centrale, mentre lei si avviava nella stessa direzione con il cugino – che continuava a parlargli delle strategie che aveva studiato durante l’estate per la squadra – e la sua ragazza. Guardava Dorcas parlare animatamente tra Sirius e Peter, mentre il primo le arruffava i capelli con fare divertito. Sentì il calore aumentare nella sua pancia. Non mancò neanche di vedere Amy che riceveva un libretto rilegato in pelle dalle mani di un Remus Lupin stranamente colorito in volto. Al contrario di James, animato dall’entusiasmo delle sue nuove ed eccezionali strategie di gioco, Lily non parlava, limitandosi a seguire con gli occhi i propri passi, per lanciare, ogni tanto, qualche sguardo preoccupato a Marlene.
 
 ♦

Quando andò ad allenarsi, l’indomani mattina, si accorse che la rabbia le aveva costretto i muscoli del corpo in una dolorosa morsa. Arrivata al campo di Quidditch, vide suo cugino al centro del prato verde e curato; al suo fianco c’era Sirius, che non mancò di riservarle uno sguardo felino. Stavolta non desistette dal contraccambiare la tacita accettazione di guerra.
Era la prima volta che la squadra si allenava al completo: il primo mese di allenamento, dedicato allo sviluppo della forza e della resistenza, lo aveva trascorso esclusivamente con le sue compagne di squadra.
Non vedeva l’ora di vedere se era effettivamente migliorata, e James Potter gliene diede subito occasione, decidendo di dedicare quel primo allenamento ad uno scambio di ruoli: attribuì a Marlene il ruolo del battitore, e a Sirius quello del Cercatore.
«Forsa, Sir, consegna la tua mazza a Marley, e vediamo se sa usarla meglio di te»
Ci fu un risolino collettivo, mentre il ragazzo, con gesto sprezzante, lanciava la mazza a Marlene, che riuscì ad afferrarla al volo ed andò alla sua scopa per levarsi a mezz’aria sul campo.
Aspettò che gli altri la raggiungessero, senza preoccuparsi di memorizzare i ruoli di ognuno: d’altronde, aveva già individuato il suo obiettivo.
La Pluffa venne lanciata in aria e i Bolidi liberati. Sirius si lanciò all’inseguimento del Boccino d’Oro, sulla curva ovest del campo. Marlene avvistò la traiettoria del Bolide più vicino a lei, e, senza perdere gli occhi da Sirius, volteggiò di modo da creare un angolo di novanta gradi tra il Bolide e il suo target. Alzò il braccio che impugnava la mazza, e attese che la funesta palla le arrivasse addosso per colpirla.
Sentì la voce lontana e arrabbiata di suo cugino urlare il suo cognome, ma non distolse lo sguardo dalla palla.
Al colpo secco, il Bolide schizzò via nella direzione di Sirius, che se ne avvide appena in tempo per non veder frantumato il proprio femore. La coda della sua scopa non se la cavò altrettanto bene. Il Bolide ne spezzò parte delle sue punte, tanto da costringerlo a rientrare dal gioco. Planò delicatamente a terra, e scese elegantemente dalla scopa, senza smettere di guardare in alto, nella direzione di Marlene; lei intanto era volata via dal secondo Bolide, che la inseguiva impazzante, sino a quando James non suonò il fischietto.
Con un’imprecazione, Marlene sfruttò la distanza guadagnata dal Bolide per colpire anch’esso, lanciarlo nell’altra direzione con un urlo di sfogo, e planare a terra.
«Marley!» gridò James, la cui voce arrabbiata tradiva al contempo un velo di meravigliata ammirazione. 
«Se quella fosse stata un’azione durante la prima di Campionato contro Serpeverde, non avrei avuto niente da ridire…»
Sirius era accanto a lui, e contava i crini mancanti dalla sua scopa.
«…ma hai cercato di azzoppare il mio unico Battitore esperto! Dico, sei impazzita?»
Ancora accigliata, Marlene lanciò la mazza ai piedi di Sirius.
«Il mio allenamento finisce qui» proferì, e lasciò la squadra alle spalle.
I suoi compagni la guardarono allontanarsi.
A James, nella sua incurabilmente infantile fantasia, parve quasi di vedere del fumo nero uscirle dalle orecchie e condensarsi sulla sua testa, così da formare una nuvola densa di pioggia – nonostante il cielo fosse sorprendentemente terso.
«Ora ci vai a parlare» disse, continuando a fissare quella nuvolina allontanarsi con la testa di sua cugina. Sirius gli si voltò, la fronte aggrottata e lo sguardo sorpreso.
«Stai parlando con me?»
«No, Felpato, sto parlando con la tua scopa
» 
La mano di James fu troppo veloce per permettere a Sirius di impedirle di infierire sulla sua nuca un flebile ma sonoro schiaffo. 

«Certo che sto parlando con te!»
«E che dovrei fare io?!» esclamò Sirius, accigliato. James si voltò di scatto vero di lui, e gli puntò l’indice al petto.
«Riportare qui la mia Cacciatrice. Non so perché, ma credo che se c’è qualcuno con cui quella mina vagante potrebbe avere uno screzio in squadra…»
L’indice si ricongiunse alle altre dita, ora aperte, della mano, che si alzò sulla spalla di Sirius, battendola un paio di volte.
«… quel qualcuno sei tu»

 
 ♦

«Hey, McKinnon, perché così di fretta?»
Sirius dovette correre per raggiungerla. Era arrivata sul ciglio della collina ove si ergeva il castello e lui l’aveva chiamata urlando il suo cognome già un paio di volte, senza che lei si prendesse il disturbo di voltarsi.
«Non ho niente da dirti»
«Bhe, magari io sì»
Marlene si voltò di scatto, e prese a camminare verso di lui. Sirius le andò incontro, e si fermò a guardarla con le braccia conserte e un sorriso presuntuoso. Lei invece schiacciava l’erba verde con tutto il peso del suo corpo e della sua rabbia, muovendo le braccia avanti e indietro; lo strattonò quando gli arrivò abbastanza vicino.
«Perché non riesci a lasciarmi in pace?»
«Sei tu, che non riesci a starmi lontana» sorrise Sirius.
«Forse oggi hai tentato di uccidermi per sbarazzarti di questa ossessione una volta per tut-…»
L’ultimo strattone arrivò più violento ed impetuoso degli altri, e il ragazzo dovette fare uno sforzo per non cadere all’indietro, giù per la collina.
«Perché hai invitato Dorcas alla Fiera della Magia?»
«Perché ha un bel sedere, McKinnon» fece Sirius, dopo aver ritrovato l’equilibro, con le gambe divaricate in una posizione poco naturale.
«Per non parlare dei suoi occhi; non ho mai visto degli occhi così in tutta la mia vita. Insomma, hanno un colore diverso per ogni sfumatura del cielo» sorrise. Si spostò a monte della collina, sopra di lei, per evitare di cadere rovinosamente ad un nuovo strattone, che arrivò, ancor più violento.
Marlene sentiva  il calore della rabbia salirgli dalle viscere, percorrergli il midollo ed arrivare alla testa, che era diventata pesante.
«A te non dovrebbe interessare, comunque» rise Sirius, facendo qualche passo indietro. Marlene lo sorpassò, voltandogli le spalle e facendo per risalire la collina.
«Mi auguro per te che sia così. Brutto figlio di … mi stai facendo incazzare un bel po’, Black»
«Cos’è, McKinnon? Adesso sei gelosa? Eppure, hai avuto più di una possibilità, e le hai sprecate tutte»
Marlene non poté che girarsi nuovamente verso di lui. Alzò le braccia a mezz’aria e si protese col busto a valle, come per voler indirizzare meglio la voce verso il suo interlocutore – come se gridare non fosse ancora abbastanza.
«Perché ho l’impressione che tu esca con Dorcas solo per infastidire me?»
«Da quello che vedo, se fosse così, sarei già riuscito nell’intento prima di uscire effettivamente con lei»
Marlene era diventata paonazza. Riscese di qualche passo, tanto da raggiungerlo, e raccolse tutta la forza che aveva per strattonarlo di nuovo indietro, costringendolo a scendere già per la valle e ad aprire le braccia per non perdere – di nuovo – l’equilibrio.
«Tu. Non devi. Farle. Del male.» strillò, scandendo le parole a forza di spinte.
Le urla le si soffocarono in gola, quando Sirius le fermò i polsi nella stretta morsa delle sue dita, costringendola a guardarlo negli occhi di ghiaccio.
«Non sono io quello che fa del male alle persone, Marlene. Tu lo sei» le sibilò in un sorriso.
«Tu pretendi la mia attenzione, ma rifiuti il mio affetto. Non riesci a sopportare che ora esca con una tua amica, perché non vuoi che altre si prendano le attenzioni che spettano a te. È questo che sei»
Le risa di Marlene gli scoppiarono in faccio con un boato inaspettato e fragoroso.
«Le attenzioni che mi spettano, Sirius? Davvero? E perché mai mi spetterebbero?»
Sirius allentò la presa, ma la attrasse a sé, ancora più vicina.
Lei continuò a fissarlo, sorridendo, sfidandolo con lo sguardo.
«Non hai avuto un minimo di rispetto nei confronti di quello che provavo per te» ghignò lui con rabbia, fissandola nei grandi occhi scuri, esitando sulle microscopiche lentiggini dorate sopra gli zigomi, che le uscivano soltanto al morire dell’estate e scomparivano prima della bella stagione.
«Di quello che tu provavi, Black? Davvero?» gridò Marlene, scoppiando in una fragorosa risata.
La risata si ruppe di colpo, e lei protese il collo verso il viso del ragazzo, ricominciando ad urlare.
«Sei uno Snidget troppo cresciuto, McKinnon! Maialina-Al-Miele, Principessa-Vomitina!»
Sirius allentò la presa, mentre lei continuava a gridare gli appellativi che le aveva affibbiato nei primi tre anni ad Hogwarts. Marlene riuscì a divincolarsi dalle dita di lui, e a risalire di qualche passo la collina, senza distogliere lo sguardo, senza smettere di ripetere a squarciagola quegli insulti.
«”Peccato, McKinnon, saresti pure un bella ragazza, sotto tutto quel grasso”!»
Cercando di lottare con la morsa che gli aveva stretto il petto, Sirius non poté fare a meno di notare che gli occhi di lei si erano gonfiati di lacrime. D’un tratto, gli parve di vedere al suo posto una piccola, tozza bambina, dagli occhi luminosi ma incerti e tristi, nascosti dietro spesse lenti di vetro, i capelli costretti in un elastico dietro la nuca. Le guance erano così prominenti che finivano per scendere sotto il viso paffuto e crearle un piccolo doppio mento, e la tunica di Hogwarts le pendeva dalle braccia troppo corte.
«Per tre anni ho sopportato le tue umiliazioni! Per tre anni non ho fatto altro che sentirmi sbagliata! Avevo tredici anni!»
Marlene aveva la faccia paonazza di rabbia e di dolore, e Sirius non riusciva a capire come avesse ancora il coraggio di guardarla in viso.
Adesso aveva davanti una donna, ed era forte e fiera e feroce. I pantaloni del Quidditch le aderivano alle cosce lunghe e tornite, risalendo la vita stretta.
Lì, il maglione dorato e scarlatto della sua squadra – la sua stessa squadra – fasciava morbidamente i seni maturi. I capelli lunghi e lisci le cadevano sciolti sulle spalle ampie, ma gli occhi – gli occhi erano gli stessi di quella bambina. Non era rimasto altro che l’ombra di quella tristezza – un’ombra che aveva l’aspetto di un dolore passato e mai del tutto sopito.
«Avevo tredici anni quando ho capito che mi sarebbe bastato essere abbastanza per me, senza curarmi di cosa pensassero gli altri»
L’aveva capito mentre lavava via dai capelli il suo stesso vomito, dopo aver ingurgitato quindici Fondenti Febbricitanti, cinque Cioccorane, una Torta di Melassa e un’intera bottiglia di sciroppo di ciliegia. Ma questo non glielo disse.
«E tu, Black, una mattina sei sceso per fare colazione e ti sei accorto che quella stupida, goffa ragazzina non esisteva più; che il suo sedere, pur non essendo cambiato di molto, non ti dispiaceva affatto, e che gli erano anche cresciute le tette»
Adesso era di nuovo a qualche centimetro da lui, e teneva la testa alta, con gli occhi rossi bagnati di lacrime e di rabbia e aveva abbassato il tono della voce, sino ad arrivare ad un lieve sibilo.
«Ma soprattutto, Black, hai guardato quella ragazza e hai capito che non avevi più alcun tipo di potere su di lei, e la cosa ti ha infastidito, e in quel fastidio hai trovato il gusto di una nuova sfida, e hai messo nel mirino un diverso tipo di preda» sussurrò Marlene.
«Fino a quando lei non si è accorta che c’era qualcuno che l’aveva desiderata anche quando era una povera ragazzina impacciata e grassoccia. A quel punto non eri più solleticato: eri soltanto infastidito»
Per la prima volta in vita sua, Marlene vide lo sguardo di Sirius vacillare.
«Sono stufa dei tuoi giochetti, Sirius. Esci dalla mia vita»
Lo sguardo pietrificato di Sirius prese lentamente a sciogliersi, la testa chinandosi verso il basso, mentre gli occhi anch’essi si abbassavano, e la bocca si arricciava in un sorriso spigoloso.
«Non sono mai entrato veramente nella tua vita, Marlene. Mi dispiace solo di averti fatto del male»
«No, non è vero, Black. Il problema è che a quelli come te non dispiace mai sul serio» continuò Marlene, senza staccare gli occhi infuocati da quelli di lui. Fece qualche passo indietro, risalendo, ancora una volta, verso il castello.
«Fai quello che vuoi, con Dorcas. Sono sicura che è abbastanza sveglia da uscirne prima che un fottuto pezzo di merda come te le spezzi il cuore» concluse, prima di girarsi e correre verso l’insenatura nelle mura di pietra.
Sirius avrebbe giurato di vederla asciugarsi le lacrime con le maniche della tunica scarlatta della squadra di Quidditch.
 

C’erano pochi posti, ad Hogwarts, veramente sconosciuti. Nonostante fosse un castello di immense dimensioni, colmo di cunicoli e stanze nascoste agli occhi dei più, il fatto che fosse la dimora di maghi e streghe dalla preadolescenza sino alla primissima maturità aveva permesso alla naturale curiosità e all’incolpevole incoscienza dei suoi abitanti di esplorare ogni singolo muro di pietra che lo percorreva all’interno. Eppure, rimaneva facile perdersi, e di notte il castello era talmente buio e silenzioso quasi da sembrare disabitato.
Marley e Amelia si erano ritagliate uno spazio in quella silente oscurità, un posto in cui dividere una Burrobirra e magari parlare con sincerità. Ogni tanto si incontravano lì, quasi come se dovessero rendicontare l’un l’altra le rispettive vite. Marley era andata lì, quella sera, portando due Burrobirre in bottiglia che aveva sgraffignato dalla borsa del Quidditch di cui cugino, lasciata incustodita nella Sala Comune dopo gli allenamenti da cui era scappata quella mattina. Non avvertì neanche Amelia del fatto che sarebbe andata lì, quella sera: pensò che, eventualmente, anche un po’ di solitudine le avrebbe fatto bene.
Continuava a domandarsi se potesse essere felice come lo era con Regulus senza perdere tutte le persone a cui teneva. La gente non vedeva in Regulus quello che vedeva lei – ovvero soltanto quello che c’era veramente da vedere: un ragazzo tanto educato da apparire timido, uno dei primi della sua classe, dedito allo studio e al duro lavoro, un eccellente Battitore. L’atteggiamento schivo e serio di Regulus, paragonato alla manifesta bellezza e alla vivacità del fratello, avevano finito per dare di lui un’impressione negativa, fondata su luoghi comuni che pesavano su tutti i membri delle rispettive case per il solo fatto di appatenervi.
Eppure, Regulus non era soltanto questo.
Non poteva fare a meno di chiedersi se la popolarità di Sirius Black non avesse gettato un’ombra sul fratello, eternamente il meno bello, eternamente il meno simpatico… eternamente condannato a non permettere a nessuno di vederlo davvero.
C’era qualcosa di ingiusto in quella situazione, talmente ingiusto da apparire quasi malato
Se ne stava lì, ascoltando il flusso dei suoi pensieri, appoggiata a quel balcone che si ergeva minuto e insignificante alla fine della scala a chiocciola della torre nord, troppo fredda e umida perché gli insegnanti decidessero di tenervi lezioni o gli studenti ci passassero del tempo. Guardò la luna riflettersi sulle acque superficialmente placide del lago, quando sentì i passi familiari di Amy alle sue spalle. La pioggia era finita, pensò, prima che la ragazza parlasse.
«Hai portato le mie birre?» chiese.
Marlene non rispose, ma si chinò per raccogliere le due bottiglie ambrate da terra. Amy le prese in mano, mentre con l’altra afferrava la bacchetta per liberarle dai tappi di latta. Ne porse una a Marley, e ripose l’altra sul corrimano di pietra, bagnato dall’umidità notturna. Poi estrasse il suo borsellino in pelle, e prese a costruirsi una sigaretta.
«Me ne faresti una?» chiese Marley, mentre buttava giù un sorso di Burrobirra. Amy fece cenno con la testa, ed alzò le sopracciglia, mentre le tirava la sigaretta appena fabbricata e prendeva a costruirne un’altra.
«Siamo di cattivo umore?»
«No, ho solo voglia di imparare»
Marlene pose la sigaretta tra le labbra e la accese con uno schiocco di dita – un trucco che suo fratello le aveva imparato quando era al primo anno.
Avvertì il fumo condensarsi nella bocca e inspirò per farlo scendere alla gola. Quando lo sentì solleticarle le corde vocali, non poté fare a meno di tossire, togliendo la sigaretta dalla bocca, gli occhi pieni di lacrime. Amy si astenne dallo scoppiare a ridere, accendendo la sua sigaretta.
«Sei negata, amica mia»
Se ne stettero per un po’ in silenzio, ridendo insieme ad ogni nuovo tiro di Marlene, decisa ad imparare ad utilizzare una sigaretta e a capire come fumare potesse essere rilassante.
«Allora… Lupin, eh?» disse d’un tratto Marlene.
«Già. È una persona interessante, Lupi»
«Si, un ragazzo intelligente. Mi piace Lupin» sorrise Marlene, continuando a guardare fuori dal balcone.
«Insomma, non che abbia importanza se piace a me, l’importante è che piaccia a te, sai…»
«Marlene…»
«… perché non vorrei mai impedirti di vedere una persona a cui tieni, questo lo sai, e so che non vuoi impedirmi di stare con qualcuno perché non ti piace ma semplicemente perché non ti fidi di quel qualcuno, che alla fine è un po’ come dire che non ti piace...»
Amelia scosse la testa, interrogandosi su come una persona potesse pronunciare tutte quelle parole in così poco tempo.
«Marlene» ripetè.
«… quindi probabilmente non ne usciremo. Ma io non sono te. Io ti voglio bene. E so che anche tu me ne vuoi, non volevo intendere che penso che tu non me ne voglia... insomma, voglio dirti che io mi fido di te, e mi fido delle persone che decidi di frequentare. E mi aspetto che anche tu possa fidarti di me»
«Lo sai che non vado d’accordo con tutti»
«Lo so che non vai d’accordo con tutti»
«Ma mi fido di te, Lène»
Amelia teneva ancora la birra tra le mani, mentre, dondolando nella direzione di Marlene, le diede un colpetto di spalla sul braccio sinistro. Seguì un altro lungo silenzio, in cui ad entrambe sembrò che tutto ciò che si potesse dire fosse già stato detto, o almeno compreso dall’altra.
«Quindi… Dorcas e Sirius Black, eh?» sospirò Marlene, finendo la sua Burrobirra con un lungo sorso.
«Non durerà» fece prontamente Amelia.
«Ma certo che non durerà»

 

Ciao a tutti.
Mi presento con un certo imbarazzo dopo due anni di assenza. Dalla pubblicazione dell'ultimo capitolo sono capitate molte cose nella mia vita. In effetti troppe, per descrivervele tutte. Non sono stati anni facili, ma immagino che la vita da adulti non sia mai una passeggiata. L'importante è che io sia qui, e spero anche voi, che avete seguito questa FF (mai dimenticata e mai veramente abbandonata). Prima di pubblicare questo capitolo ho sistemato la struttura e i refusi dei capitoli precedenti, come regalo di benvenuto ai nuovi lettori. Non me lo merito, ma se ci siete - vecchi o nuovi - battete un colpo nella sezione commenti.
Per sempre vostra.

 
Snidget

 

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