Orange Zest

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Easter egg ***
Capitolo 2: *** Nella tana di BigFoot ***
Capitolo 3: *** Candle ***
Capitolo 4: *** Mi casa es tu casa ***
Capitolo 5: *** Let It snow ***
Capitolo 6: *** Magic Box ***
Capitolo 7: *** Eve'ning Shower ***
Capitolo 8: *** Jumanji ***



Capitolo 1
*** Easter egg ***


EASTER EGG

Giorno: 18 dicembre
Stanza: Cucina
Prompt: Lucine di Natale / "Quando ero piccolo avevo paura di Babbo Natale. Ora è lui che ha paura di me" [Jean-Paul Malfatti]
Ringraziamenti: Non sarà una novità ma è sempre un piacere, ringraziare Zomi e Jules per il loro costante supporto e aiuto, condito di splendidi suggerimenti. E grazie a tutti voi che state leggendo, sperando di rendere il vostro Natale un po' più Natale anche quest'anno. Un bacio grande. Page.





 
1 dicembre 2020
dodicesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

«It's beginning to look a lot like Christmas...»
Izou odiava il Natale.
«...everywhere you go»
Poiché il narratore è esterno e onnisciente, l'uso del verbo al passato senza riferimenti temporali potrebbe trarre in inganno.
«Ma che giorno è?»
Perché Izou odiava il Natale, sì, da bambino. Ma Izou non era più un bambino da parecchio tempo.
«Buongiorno polvere di stelle!»
E non odiava più il Natale.
«Shandia, sei così innaturalmente allegro e positivo in questo periodo» sorrise serafica Ishley, entrando in cucina con i capelli ancora sfatti e un disperato bisogno di fare colazione. «Dovrei farti un video e usarlo per ricattarti il resto dell'anno»
«Se vuoi mi metto vicino alla finestra c'è una bella luce. Oh e qui c'è il tuo the, Ishley-chan»
Ishley lo fissò con gli occhi blu profondo sgranati.
«Non c'è un modo per averti così sempre?»
«Averlo così come?» domandò Koala, ben più sprint dell'amica, nonostante anche lei fosse appena sveglia.
«Positivo»
«Se è positivo dobbiamo isolarlo!»
«Non positivo in quel senso, imbecille! E poi tu ti isoli già da solo, cosa vuoi da me?!» urlò verso la porta della cucina Izou, perdendo per un attimo l'aura di gioia e buoni sentimenti che gli si appiccicava addosso ogni anno a partire dal 25 di novembre circa. «Ma che fa già in piedi?»
«Credo pipì e sta già tornando a letto» mormorò Koala, osservando la cucina, il tonfo di una delle porte della zona notte a confermare la sua previsione.
«Ma così non si può continuare, dobbiamo fare qualcosa!» allargò le mani Izou.
«Ho finito le idee. Ma tu a che ore ti sei svegliato per fare tutto questo?» indagò Koala, studiando le lucine che ora ornavano il mobilio della stanza. «Ti sei superato»
«Piace?!» ghignò soddisfatto il moro, portandosi accanto all'amica e coinquilina.
«Sono tutta un brivido di festa ora» gli diede un colpo d'anca lei.
«Quest'anno volevo che fosse tutto perfetto!»
No, Izou non odiava più il Natale e da quando aveva scoperto quanto fosse mille volte più rinfrancante amarlo, era diventato uno spacciatore di spirito natalizio, dentro e fuori casa.
«Non è quello che dici tutti gli anni?» si accigliò Ishley, mentre Koala tirava la marmellata di arance amare fuori dal frigo.
«Ma quest'anno ho perfezionato la perfezione» strinse il pugno, il braccio piegato al petto.
«E a Babbo Natale hai chiesto anche un po' di umiltà?» si informò Koala, andando ad accomodarsi al bancone insieme a Izou e Ishley
«Ci ho pensato ma sono stato troppo cattivo quest'anno, non me ne avrebbe portata» si strinse nelle spalle lui, strappando una risata alle due amiche.
«Scherzi a parte, grazie Izou. Ne avevo proprio bisogno» ammise Ishley, dondolando una gamba penzoloni dallo sgabello, mentre inzuppava un biscotto alle spezie nell'infuso all'arancia rossa.
«Si beh...» sorrise Izou, buttando un occhio dentro la propria tazza. «Sapete, ho pensato che non ce lo potremo vivere fuori e così era bello portarsi più Natale possibile in casa. So che non bastano le decorazioni ma...» la mano di Koala sulla sua guancia, dolce come la sorella maggiore che era per tutti loro, lo interruppe.
«Le decorazioni fanno casa» gli sorrise. «Sarà un Natale diverso ma almeno siamo insieme no?»
«Io sono contenta di festeggiare con voi» ammise Ishley con una stretta di spalle.
«Magari potremmo provare a coinvolgere i nuovi vicini» si illuminò Izou, lanciando un'occhiata alla parete che divideva in due la casetta bifamiliare. «A proposito, Ish, sai se poi l'hanno affittata quei tuoi... conoscenti?»
Izou si scambiò un'occhiata con Koala, un solo momento di esitazione nella voce. Era un argomento alquanto delicato, quello di quei "conoscenti" perché suddetti "conoscenti" erano conoscenti di Ishley perché amici di Sabo. E Sabo era passato nella vita di Ishley come un terremoto. Rapido e devastante.
Non c'era stato il tempo di trasformare la conoscenza in qualcosa di più, ma Ishley era una delle persone più disponibili e altruiste che mai Izou avesse conosciuto e non si era quindi stupito, quando la coinquilina aveva avvisato uno dei suddetti "conoscenti" che il loro padrone di casa stava per mettere in affitto l'altra metà della bifamiliare, dopo aver scoperto su Dialbook che cercava un nuovo posto per sé e altri due amici.
«A-ah» scosse il capo Ishley, accettando un cucchiaino della preziosa marmellata di Koala.
«Ho solo visto il camion dei traslochi due settimane fa ma i nuovi vicini no. Poi è ricominciato il lockdown e non mi sembrava il caso di andare di persona a presentarmi, cioè la gente è impazzita, potevano anche accogliermi spianandomi un fucile a canne moz...»
«Ehi ma cos'è?!»
«...ze»
Un tonfo, un crepitio e un boato interruppero l'amena colazione del trio, che senza troppo scomporsi si voltò verso la fonte del rumore, niente meno che la parete in cartongesso. La parete che divideva la villetta in due.
La parete in cui si era appena aperto un buco, all'altezza a cui ci sarebbe stata bene una finestra, abbastanza grande da poterci passare attraverso.
Occhi sgranati e toast, biscotto, tazza a mezz'aria, Koala, Izou e Ishley attesero immobili che la sottile polvere d'intonaco sollevata dallo schianto si diradasse, usando quel breve intervallo per metabolizzare che c'era un buco nel muro della loro cucina.
E al di là del buco un ragazzo dai capelli rossi e uno dai capelli mori. Uno sconvolto, l'altro impassibile. Uno armato di martello, l'altro di tazza in ceramica e una mano al fianco. Che fissavano il buco nel muro.
«Pen?» Ishley sgranò gli occhi. «Law!»
«A quanto pare i conoscenti hanno affittato» sussurrò Izou a Koala, mentre Ishley si alzava per avvicinarsi e vagava con gli occhi sulla parete.
C'era un buco nel muro. E con il lockdown, nessuno sarebbe potuto andare a ripararlo.
«Mi toccherà abbinare le calze al maglione per stare in casa» sospirò la moretta, ignara dell'occhiata che Pen, il rosso martello munito, le stava lanciando. Anche se l'occhiata non era per lei e neanche era per Law, quando Pen si girò verso Law.
Law che sapeva per cos'era l'occhiata, ma che era troppo impegnato a fissare il buco nel muro, con l'aria di uno che stava per afferrare, forse, il senso della vita.
«C'è un buco nel muro»
«E oltre al buco hai guardato?!» vibrò Pen, indicando a braccio teso mentre Law prendeva un sorso di caffè e osservava.
Oltre il muro, c'era Ishley che discuteva con un ragazzo moro e slanciato, dai tratti delicati, il quale era indignato con lei perché a suo dire, l'abbinamento calze/maglione avrebbe dovuto già farlo a prescindere da degli estranei con cui avrebbero dovuto dividere la cucina per tutte le feste.
C'era una ragazza minuta e dall'aria frizzante che stava rovistando in un cassetto.
E poi c'erano ghirlande, vetrofanie, alberelli e un quantitativo di lucine di Natale appese a ogni anta, maniglia e gancio, a creare un disegno anche piuttosto armonico, in grado di illuminare la cucina senza l'ausilio di lampade. La cucina di entrambi gli appartamenti.
E Law sapeva per cos'era l'occhiata di Pen, perché Pen non era più un bambino ma lui il Natale lo odiava ancora e molto visceralmente, e con esso tutte le manifestazioni ad esso connesse, e il buco nel muro aveva appena aperto il passaggio a un maniaco del Natale.
«Avranno sicuramente delle luci per addobbare anche il buco» annuì convinto Law prima di rivolgersi ai vicini. «La parete da noi è verde, se può essere utile per l'abbinamento»
«Che cosa...» riuscí a boccheggiare Pen prima che un barattolo di qualcosa con infilato dentro un cucchiaino, gli venisse porto direttamente sotto il naso. Un'etichetta sobria con il disegno di una girandola da cui penzolava un mandarino e la scritta "Belle Mere" in corsivo in cima.
«Marmellata di arance amare, direttamente da Cocoyashi. È la migliore del mondo, volete provare?» sorrise la ragazza minuta e frizzante.
«Molto volentieri» si fece avanti Law e Pen sapeva che tutta quella flemma e quella loquacità, erano tutti sintomi che era sommamente divertito dalla situazione. Ma a conti fatti il buco nel muro c'era e quella ragazza sembrava molto gentile e quindi forse poteva fare uno sforzo di ignorare l'accozzaglia di decorazioni che lo guardavano dalla cucina dei vicini, ridare il giusto peso alle cose e provare la marmellata di arance amare. Non era colpa dei vicini se la parere si era rotta, non era per fare un dispetto a lui che la cucina era così agghindata e non era come se gli addobbi potessero penetrare anche dal loro lato.
Due lucine entrarono nel suo campo visivo, insieme a una spina e una mano affusolata che inserì la spina in una presa a muro subito oltre il buco. Dal loro lato.
«Che stai facendo?» domandò Pen, lievemente allucinato e martello stretto in mano ma Izou era troppo impegnato ad ammirare il suo capolavoro finalmente completo ora che poteva accendere anche l'ultima fila di lucine.
«La perfezione» esalò soddisfatto mentre Ishley si avvicinava.
«Mi spiace Pen, Izou è un po'...»
«Molesto?»
«A volte sì»
«Solo a volte?!»
«Ehi! Kay, così mi ferisci! Ma comunque...» tornò a ghignare girandosi verso Pen. «Sento puzza di Grinch» si appoggiò con il braccio alla parete, sporgendosi appena oltre il buco. «Non preoccuparti, amico. Anche io odiavo il Natale. Da bambino avevo addirittura paura di Babbo Natale. Ora è lui che ha paura di me. E noi abbiamo taaaaanto tempo per lavorarci»
Pen tremò. Non era possibile, doveva essere un incubo. E quello che stava per impadronirsi di lui un attacco isterico in piena regola a cui avrebbe anche ceduto se solo il suo secondo coinquilino non fosse arrivato di corsa proprio in quel momento, insieme a Bepo, il samoiedo bianco di Law che, però, in realtà, era un po' di tutti e tre.
«Ragazzi ma che è successo? Ho sentito un tonfo e...» le parole gli morirono in gola quando vide il buco nel muro. Ma fu niente in confronto a quello che provò quando mise a fuoco chi c'era oltre il buco nel muro, che lo fissava di rimando con lo stesso shock in volto.
«Sabo...»
«Ish?»
L'attacco isterico di Pen decise di tornarsene quiescente, per rispetto all'improvviso silenzio che era appena calato nelle due cucine, mentre Law finiva di spalmarsi due gallette di riso con la marmellata, Bepo scodinzolava, gioioso di avere dei nuovi amici, e Izou si schiariva la gola, cercando qualcosa da dire che non fosse troppo imbarazzante o comunque che lo fosse meno di quel silenzio.
«Beh che dire, ragazzi. Sarà un piacere condividere le feste con voi» 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Nella tana di BigFoot ***


NELLA TANA DI BIGFOOT

Giorno: 19 dicembre
Stanza: Camera da letto
Prompt: "Che mi regali per Natale?" "Niente. E tu?" "Niente" "Visto?! Abbiamo gli stessi gusti" [Twitter, ImDisagiato]/ Boxer
Avviso importante: Questo capitolo presenta un'ingente quantità di OOC ma non mi pento di nulla. È la prima volta che riesco a usare questo trio, la cui origine nel mio cuore è sconosciuta, ma che adoro alla follia. Spero gradirete anche voi. Un bacio grande. Page.





 
9 dicembre 2020
ventesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

La pandemia era arrivata una mattina di sole. Nessuno lo sapeva, in realtà, e nessuno sarebbe stato in grado di ricordare l'esatto momento in cui aveva preso coscienza del suo arrivo. 
Semplicemente, una mattina di sole, ciò che non lo era mai stata era diventata normalità. 
Mascherine e gel per le mani, darsi il gomito al posto della mano, stare in casa per fare il bene di tutti. 
La pandemia era arrivata una mattina di sole e aveva cambiato tutto. E quello che all'inizio era stato difficile da digerire, in poco tempo era diventato la nuova realtà. 
In pochi mesi, quando la seconda e la terza ondata si erano ripresentate con gli stessi danni ma meno paura, quello che in primavera era sembrato un mondo alle porte dell'Apocalisse, era il mondo dove tutti ora vivevano. E il tempo aveva preso a scorrere per tutti più lentamente ma era un cambiamento con cui tutti erano dovuti scendere a patti. 
E chi non lavorava da casa, aveva dovuto imparare a impiegare quella enorme quantità di tempo. Una volta trovato il modo di salvare la propria attività, quel tempo diventava una risorsa inestimabile per dedicarsi ad attività da tempo accantonate o mai intraprese, anche se desiderate. Era diventato terreno fertile per ampliare i propri orizzonti, imparare una nuova lingua, farsi una cultura cinematografica o letteraria. 
Era tempo regalato, da usare per migliorarsi. 
O per poltrire a letto.
Poltrire a letto, tutto il santo giorno. 
Kira non era decisamente il tipo da sentirsi in colpa per questo. Quell'anno non c'erano state neanche le vacanze, e nonostante la seconda ondata aveva potuto recuperare in estate i lavori persi in primavera all'officina. Con la terza ondata aveva dovuto richiudere e, avendo vissuto molto male il primo lockdown, Kira era un uomo drenato. 
Ma ora poteva finalmente rifarsi e recuperare le energie perdute. E non che allora il Piombo Ambrato fosse una benedizione, ma se lui riusciva a trovare del positivo in una situazione difficile, non vedeva perché non farlo.
In fondo a lui il periodo che precedeva il Natale faceva venire da sempre una gran voglia di casa e quell'anno poteva finalmente godersela appieno. Non c'era niente di male. 
Certo, non usciva dalla camera da letto per più di un totale di diciassette minuti al giorno, ma come aveva fatto notare Izou qualche giorno prima, era autoisolamento, era solo prudente. 
Anche Koala, dopotutto, aveva smesso di provare a convincerlo ad alzarsi, e se Koala aveva smesso doveva voler dire che andava bene. Era logico e lineare. E comunque non era nemmeno vero che non faceva niente. 
Aveva fatto le flessioni il giorno prima. Tipo cinque. Forse.
Si rigirò tra le coperte, grattandosi un calcagno con il piede opposto. Kira adorava stare a letto, immerso nel tepore che serpeggiava tra il lenzuolo e il materasso e sapeva che era il giorno della doccia ma in fondo erano solo le undici e mezza, poteva aspettare ancora un quattro o cinque ore. Avrebbe potuto se un pensiero non avesse disturbato il suo sonno.
Doveva andare a vedere come stava Ishley. 
Sabo era rispuntato fuori, non aveva capito come, dove, quando visto che erano in quarantena ma da quello che aveva mitragliato Izou in un momento di condivisione con lui, il poco che aveva capito era che Sabo era ripiombato nella vita di Ishley senza preavviso. E Kira teneva ai suoi coinquilini, a tutti e tre ma soprattutto a Ishley, e non ricordava quanto fosse passato esattamente da quando Izou lo avevo aggiornato però aveva il dubbio legittimo che fosse ora di alzarsi per andare da lei. 
Un paio d'ore e ci sarebbe andato, decise, rigirandosi di nuovo piuttosto tentato di schiacciare un altro pisolino. Intento in cui sarebbe riuscito se la porta della camera non si fosse aperta senza che neanche chi la stava aprendo si fosse premurato di bussare. 
«...'ndi, se anche tu odiavi il Natale, perché ora sei così... festoso?»  
Kira aprì un occhio. Per la posizione in cui si trovava il letto, nella penombra dov'era immerso e con il piumone a coprirlo quasi interamente, era facile non notarlo a meno di non essere consapevoli della sua presenza. E i suoi coinquilini lo erano ma insieme a Izou in camera stava entrando un tizio che Kira mai aveva visto. Forse si era perso un pezzo, perché era piuttosto certo non avessero preso in casa un nuovo coinquilino prima del lockdown. 
Studiò il tipo rosso di capelli, ciuffo ribelle, occhi verdi allungati. Era certo di non averlo mai visto ma parlava con Izou come se si conoscessero e questo era strano. 
«Beh perché quando sono cresciuto ho capito che non aveva senso rovinarsi il Natale per paura che il forno prendesse fuoco di nuovo» 
«Prendesse fuoco?» 
«Sì, non lo so neanche io come sia potuto succedere. Fatto sta che in attimo di distrazione e puff! Mesi e mesi di decorazioni e pianificazione per posizionarle tutte nel posto più adatto per ciascuna letteralmente in fumo» 
Kira studiò Izou gesticolare mentre si avvicinava all'armadio e un ricordo un po' confuso di quando Izou era andato a raccontargli di Sabo gli attraversò la testa. Poteva anche essere tutta una sua strana produzione mentale ma nello sforzarsi a ricordare qualcosa riguardo un buco nel muro e o nuovi vicini gli venne alla mente. 
«...'vicinato a un pezzo di cartoncino o di feltro per anni, ma dov'è?!» protestò Izou con il busto infilato dentro all'armadio, mentre Kira processava che il buco doveva essere grande abbastanza da farci passare una persona e che il rosso doveva essere uno dei nuovi vicini. E anche Sabo. 
«Niente non li trovo»
«Tu non mi stai dicendo qualcosa» affermò il tipo rosso, guardando fisso Izou, che si appoggiò con la spalla all'armadio. 
«Io non ti sto dicendo qualcosa» confermò con un mezzo sorriso. 
«Vi lascio la camera?»
Pen saltò come una molla, perché d'altronde non aveva contemplato che dal letto, addossato alla parete più in ombra della stanza, si issasse un armadio di quasi due metri biondo, con una massa tanta di capelli che si confondeva con il piumino.
«Kira-kun, buongiorno! Lui è Pen! Pen-chan, ti presento Kira!» 
«Piacere di conoscerti»
«Ehi amico» alzò una mano Kira, mentre con l'altra rovistava tra le coperte, da cui estrasse un pacchetto di patatine già aperto. «Vuoi? Ci vuole qualcosa da sgranocchiare mentre racconta questa storia» sorrise a Pen che si scambiò un'occhiata con Izou, sommamente disgustato. 
«Da quanto sono lì?»
«Mh? Non ne ho idea» rispose a bocca piena il biondo, grattandosi una natica prima di prendere un'altra manciata di patatine con la stessa mano.«Ma che stavi cercando?» 
«I tuoi boxer augurali con l'alce. Tu non li usi e volevo regalarli a Pen, per aiutarlo a entrare meglio nello spirito natalizio» affermò Izou, con l'aria di uno che non trovava affatto strana la cosa e ignaro dell'occhiata sconvolta di Pen. 
Kira provò un moto di compassione per lui. Era chiaro che fino a quel momento non aveva avuto idea della situazione in cui si stava infilando. E forse non aveva ancora idea che Izou era in grado di prendergli la taglia con solo uno sguardo alle sue chiappe. 
«Sono qui» avvisò Kira, aprendo il secondo cassetto del comodino, quello delle cianfrusaglie, ed estraendo una specie di casco bianco e azzurro, una manciata di cavi, un pacchetto di noccioline e dei fazzoletti usati. «Oh toh, questi magari li butto»
«Magari?!» 
«Eccoli!» roteò in aria l'indumento rosso, con elastico marrone in tinta con la renna stampata proprio sul pacco, e li tese verso Pen che si fece violenza per non spalmarsi sull'armadio, neanche Kira lo stesse minacciando con una fiamma ossidrica. 
«N-no grazie! Passo! Non mi servono e comunque non penso bastino a farmi piacere il Natale. Non penso basterebbe neanche un miracolo» 
«Oh su dai, Pen-chan!» gli diede una spallata Izou. «Guarda che ci sei più vicino di quanto pensi. E poi a me il Natale piace e io e te abbiamo un sacco di cose in comune» 
«Tipo?» si accigliò Pen. 
«Beh tipo... Tu cosa mi regali per Natale?» 
Pen sbattè le palpebre confuso. «Beh... niente» ammise prima di venire assalito da un terribile dubbio. «Perchè?! Tu cosa mi regali?»
«Niente!» lanciò le mani in aria Izou con un sorrisone. «Visto?! Abbiamo gli stessi gusti!» 
Pen lo fissò immobile e Kira avrebbe giurato di essere in grado di vedere gli ingranaggi nella sua testa girare furiosi, per capire cosa fosse preferibile fare tra darsela a gambe o cedere all'impulso di ridere. 
Ma dopotutto era quel periodo dell'anno e anche Kira si sentiva più empatico. 
«Amico» gli fece cenno con la testa a indicare il materasso, un invito a sedersi accanto a lui. 
Pen si avvicinò ed esitò un solo istante, prima di sedersi attentissimo a non toccare il piumino con le mani. Ai pantaloni poteva sempre dare fuoco più tardi. 
«Patatina?» 
«Come se avessi accettato» declinò prima di volgere gli occhi, insieme a Kira, su Izou.
«Allora questa storia?!» lo incitò Kira, nonostante la conoscesse già e Izou scosse il capo divertito, mentre si sedeva su un puff, dopo aver gettato a terra i vestiti di Kira lì sopra ammassati. 
«I miei abitano in una strada privata. E in fondo alla via c'è casa Newgate. E c'era il signor Edward che tutti gli anni si vestiva da Babbo Natale ma già una decina di giorni prima di Natale e si faceva vedere per il quartiere. Lo faceva per i figli, no? E niente, a parte che io già lo trovavo inquietante, una volta io ero uscito a buttare la spazzatura e lui stava per saltare fuori vicino a casa nostra e io l'ho visto no?» gesticolava Izou, tenendo viva l'attenzione di Pen. «E così mi avvicino e tipo credo che sia spaventato più lui di me all'inizio, non si era aspettato di venire scoperto da un bambino per giunta. Che poi io con i suoi figli ci giocavo. E così in preda al panico fa la risata e poi mi chiede se voglio andare al Polo Nord con lui, che se voglio mo adotta» sgranò gli occhi Izou. «E io ho pensato "ma cosa vuole questo da me?!", cioè io stavo bene con i miei, no, che non volevo andare al Polo Nord! E niente, per un po' di anni ho avuto il terrore che volesse rapirmi e quando spuntava in giro quasi morivo si ansia» sorrise Izou, ma era solo un pallido riflesso delle risate che prorompevano da Kira e Pen. 
«Oh Roger!» si asciugò gli occhi il rosso. «Questo è uno degli aneddoti più surreali che abbia mai sentito!» scosse la testa riavviandosi il ciuffo. «Ma lo fa ancora?» 
«Credo di sì, per i nipoti. La loro casa è enorme e i figli ci passano tutte le vacanze di Natale con le famiglie. Di solito li vedo perché vado dai miei ma quest'anno...» Izou, il sorriso malinconico, abbassò gli occhi al pavimento ma solo per un attimo. «Ma anche così, sono sicuro che sarà un Natale speciale. Di certo sarà diverso dal solito» annuì convinto, incrociando gli occhi di Pen che sembrava scrutarlo. Si fissarono qualche istante prima che Izou si girasse verso Kira. «E tu? Non è ora di lasciare la caverna?» 
«Oh dai, Izou! Dieci giorni di nullafacenza non hanno mai ucciso nessuno!» 
«Dieci giorni?! Ma che giorno pensi che sia oggi?!» 
«Non so con precisione» rifletté Kira, grattandosi il torace con la mano sotto alla maglietta. «Ma siamo a fine novembre più o meno no?» 
Pen sgranò di nuovo gli occhi, incredulo. Credeva si sarebbe finito di stupire prima o poi, ma quella casa nascondeva un'assurdità dietro l'altra.
«Ma sei serio?!»
«Perchè?»
«Siamo al nove di dicembre!»
«Oh» mormorò Kira e Izou si illuse che stesse finalmente riflettendo sul fatto che forse era stato a letto un po' troppo. «Beh tanto oggi mi dovevo già alzare. Devo fare la doccia e parlare con Ish. A proposito...» girò gli occhi da uno all'altro.  «Come sta Ish?»
«Annegata nella marmellata di arance amare»
«Se la litiga con Law»
«Ha detto a Lindbergh che è l'amore della sua vita» 
«E noi lo abbiamo trovato che dormiva acciambellato su Sabo» si grattò la nuca Pen. «E dire che a vederla così, non sembra neanche turbata»
Mica come Sabo, che aveva disseminato la casa di palline antistress e penne. Perché così passava la giornata. In una mano la pallina antistress e nell'altra la penna, a rigirarsela tra le dita e picchiettarla a ogni andata e ritorno in cinque tappe. Sabo era un prestigiatore e non lo sapeva. 
«Ishley è fatta così. È tutta sorrisi e lentiggini ma non sai mai cosa frulla in quella testolina» spiegò Izou, incrociando gli occhi di Kira senza nascondere il dispiacere per la loro amica. 
«Ci parlo io» riaffermò Kira. «Dopo la doccia magari»
«Eh magari»
«Okay. Allora ci vediamo tra due ore» si ributtò lungo disteso. 
«Kira-kun!»
«Eddai, non puoi essere serio!» 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Candle ***


CANDLE

Giorno: 20 dicembre
Stanza: Bagno
Prompt: “Una candela di Natale è una bella cosa: non fa rumore ma dolcemente offre se stessa" [Eva Logue] / Euforia





 
14 dicembre 2020
venticinquesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

Ishley e Sabo si erano incontrati per caso. Chi crede nel fato penserà che ci fosse il suo zampino. 
Ma in un racconto in cui il fato non può smentire o confermare si può soltanto dire che Ishley e Sabo si erano incontrati per caso. 
Lui era salito sul tram dalla porta giusta e lei aveva alzato gli occhi al momento giusto. Incastrato tra una sciarpa e un cappello il sorriso più dolce del mondo, due occhi enormi e profondi e lentiggini come cacao su una torta. L'aveva guardata lasciare il posto a un gioviale vecchino e quando Ishley si era girata verso di lui, per caso appunto o perché si era sentita osservata, i polmoni di Sabo avevano smesso per un attimo di funzionare e il sorriso di Ishley si era fatto più caldo, più dolce, più tutto, solo e apposta per lui. 
Non le aveva mai chiesto perché gli avesse sorriso così e mai, quando le cose erano precipitate, si era pentito tanto di qualcosa prima. 
Certo quando Ishley era scesa dal tram e lo aveva salutato agitando le dita, come una fata intenta a spargere polvere di stelle, dietro di sé aveva lasciato un messaggio nella condensa del finestrino, che filtrava le luci di Natale. 
Il suo numero di telefono e la scritta "Chiamami" e a Sabo era venuto il dubbio di aver capito il perché di quel sorriso. 
E anche di essersi innamorato. 
Si era lanciato sul vetro e aveva cancellato il numero dopo averlo salvato e poi l'aveva chiamata. Ovviamente Ishley aveva risposto, ovviamente si era fatta trovare, perché lei era così.
Si buttava testa avanti, rischiava, viveva e si faceva vivere. E Sabo l'aveva vissuta per undici idilliaci mesi.
Reclinò la testa all'indietro sul bordo della vasca, occhiando alle decorazioni che avevano trasformato il bagno. Nel giro di un paio di settimane, Izou era riuscito a penetrare fino a lì e le uniche stanze che ancora resistevano alla colonizzazione natalizia erano le loro camere da letto, una battaglia che Izou non aveva intenzione di perdere senza lottare, soprattutto se si trattava della stanza di Pen. 
Non era neanche così male e Sabo gradiva particolarmente le candele elettriche sul bordo largo della vasca. Dopo la pesante giornata di smartworking che aveva avuto, farsi un bagno caldo immerso nella penombra era un balsamo per l'anima. Se solo Sabo fosse riuscito a smettere di pensare e ripensare incessantemente alla stessa cosa forse sarebbe stato anche riposante. 
Avrebbe dovuto leggere o fare un cruciverba per provare a distrarsi ma Sabo sapeva già che non sarebbe servito a niente. Niente, all'infuori del lavoro, riusciva a distrarlo dal pensiero che Ishley era lì a pochi metri, vera, concreta, tangibile. 
Si erano scambiati appena pochi convenevoli e trattenuti sorrisi, là dove Sabo avrebbe voluto dirle che era pentito della scelta presa e che i quattordici mesi dopo la loro rottura erano stati i peggiori della sua vita e, dopo quindici giorni, cominciava a essere al limite. 
Forse, se l'avesse avuta lì in quel momento, non si sarebbe trattenuto più anche se Ishley non dava segni di aver vissuto altrettanto male la fine della loro storia o di pensare ancora a lui. 
E andava bene così. Se Sabo fosse riuscito a dirle cosa pensava e come si sentiva, se lo sarebbe fatto bastare. Non aveva mai preteso, in fondo, che lei lo aspettasse né ci aveva sperato. 
Girò appena il capo verso la porta. Non fosse stato così perso nei propri pensieri, così tanto da fare bastare un rumore anche impercettibile per risvegliarlo, non si sarebbe neanche accorto della porta che si apriva. Ma a Sabo venne il dubbio di non essersi affatto risvegliato ma di stare proprio  sognando in piena fase REM, quando vide Ishley scivolare attraverso la porta socchiusa. 
Silenziosa come un fiocco di neve, il maxi maglione a coprirle appena le cosce, gli occhi incantenati ai suoi. 
Sabo sapeva che avrebbe dovuto dire qualcosa. Avrebbe dovuto ma Ishley, senza fare alcun rumore, chiuse a chiave la porta, sfilò il maglione, lasciò cadere gli slip e si avvicinò sicura, fino a immergersi nell'acqua bollente di fronte a lui. 
Era così bella. I capelli tirati su in fretta e furia, il viso un po' imperlato di sudore per l'umidità del bagno, le labbra schiuse a raccogliere più ossigeno. 
Era così bella e gli si stava offrendo così dolcemente. 
La scarica lo attraversò micidiale quando le sue mani trovarono la pelle già bagnata di Ishley, che tremava come le fiammelle accese alle sue spalle. Ishley tremava e anche lui tremava, dentro, di un tremito che sapeva tanto di euforia e di una felicità che non si sarebbe azzardato ancora a provare. 
Ma non poteva più fermarsi ormai e Ishley non voleva che lo facesse. Si allungò su di lui, verso le sue labbra, cercando con il proprio corpo tutto il contatto che poteva.
Lo voleva. 
Da quindici interminabili giorni, Ishley lottava con la voglia di lui e, alla fine, si era arresa. 
Ne aveva bisogno. Aveva bisogno delle sue labbra sulla gola, della sua voce nelle orecchie, delle sue dita su di lei, dentro di lei, ad accenderla e farla bruciare senza mai consumarla. 
Come in quegli undici idilliaci mesi. Ishley non era mai stata più felice. E nei quattordici che erano seguiti, Ishley non era mai stata più malinconica e certa che le mancasse un pezzo. 
Avevano scelto insieme. Una scelta obbligata, certo, ma insieme. La promozione di Sabo era arrivata nel momento più sbagliato ma forse la cosa più sbagliata l'avevano fatta loro. 
Sabo sfilò le dita da lei e posò i palmi sui suoi fianchi, l'acqua calda non faceva che accentuare l'impressione che Ishley si stesse sciogliendo come cera tra le sue mani. 
Non ci credevano alle storie a distanza ma di distanza in quel momento non c'era neanche l'ombra. 
Sabo era lì, Ishley era lì. Così stretti e legati insieme dai gemiti sincronizzati che riempivano l'aria satura del bagno. La sola voce con cui potevano osare in quell'attimo rubato. 
Sabo era caldo, era solido. Era suo. Almeno in quel momento, Sabo era suo.
Con un gesto fluido come un'onda, Ishley alzò la mano a sfilare lo spillone incastrato nei ricci mori, che come rivoli d'acqua si srotolorano verso di lui, ad avvolgerlo con il loro profumo e il loro calore. A nasconderlo da occhi indiscreti, a tenerlo al sicuro. A farlo solo suo. 
I movimenti si fecero sempre più sconnessi ma a Sabo quella di Ishley su di lui sembrava una danza, che lo guidava. Come una fiamma che si agita nel buio e, anche se senza un senso, disegna il movimento più bello del mondo, rischiarando le tenebre. 
Ne voleva ancora. Ne voleva di più. Ne voleva sempre. 
Di Ishley, dei suoi baci, dei suoi ansiti, del suo calore. 
Avrebbe voluto dirglielo ma niente usciva dalla sua bocca che non fossero suoni sconnessi. Non riusciva a dire nemmeno il suo nome. Forse era la paura di spezzare l'incantesimo, forse ad avergli tolto la voce era proprio quell'incantesimo in cui voleva sprofondare ancora di più, come ancora di più stava sprofondando in lei. 
Avrebbe voluto dilatare l'attimo, non farlo finire mai ma Sabo non aveva più nessun controllo su di sé, sugli affondi del suo bacino che la cercavano, insaziabili come la sua lingua che non aveva ancora smesso di assaporarla nonostante mancasse il fiato a entrambi. 
Ishley si puntellò con le braccia al bordo della vasca mentre Sabo la stringeva con tutta la forza che aveva. Non voleva smettere, non voleva. 
Voleva sentire solo Ishley soffocare il piacere contro di lui, non anche se stesso. Ma Sabo non aveva più nessun controllo su di sé e anche senza voce, il corpo della meraviglia tra le sue braccia gli stava indicando la via e lui poteva solo seguirla. 
L'oblio lo avvolse un momento dopo di lei, mentre già Ishley si cominciava ad abbandonare a lui anche con il corpo e non più solo con la mente. 
Per troppo poco. 
Sabo fece appena in tempo a riprendere coscienza di sé, di dove si trovava, dell'acqua in cui erano immersi, delle candele sul bordo della vasca. Di Ishley sul suo petto e di quello che era appena accaduto. 
Fece appena in tempo a sollevare le mani per accarezzarla, ad aprire la bocca per chiamarla, che Ishley si sollevò con uno scroscio da lui. Uscì dalla vasca, infilò gli slip e il maglione e, fradicia e silenziosa, se ne andò com'era arrivata. 
Lasciandolo lì, interdetto e solo, con una manciata di candele elettriche a fargli compagnia. 
 
 
 
 
 
 

***





A Ishley era sembrato di essere tornata ai tempi della scuola e della squadra di atletica mentre attraversava il disimpegno che, dalla loro parte, portava al loro bagno. 
La pelle ancora umida e non solo di acqua, il maglione appiccicato addosso, fastidioso e pesante, come i pensieri che le affollavano la testa.
Sembrava impossibile che pochi istanti prima si fosse sentita leggera e libera come una goccia d'acqua. Le gocce d'acqua che ora grondavano dai suoi capelli e dal bordo del maglione, sulle sue gambe e giù sul pavimento, di leggero e libero non avevano niente. 
Aveva fatto un disastro e lasciato la scia ma fermarsi prima non sarebbe comunque stata una soluzione. Doveva arrivare al loro bagno per potersi asciugare e fare finta che non fosse successo assolutamente niente, da qualche parte dentro di sé davvero convinta che fosse possibile. 
D'altra parte, non sapeva neppure cosa le fosse preso, attraversare il buco per andare a cercarlo, né aveva messo in conto di trovarlo in quella situazione. 
Appogiò la fronte alla porta chiusa a doppia mandata, decisa ad almeno provare a dimenticare l'accaduto. 
«Sirenetta?» 
Ishley si girò di scatto, gli occhi grandi e il respiro affannato, verso Kira che la guardava nel riflesso dello specchio con il rasoio in mano. 
Ishley sapeva di non avere speranze. Fuori non pioveva e lei era fradicia e non vedeva come giustificare una condizione del genere senza dire la verità. Ma soprattutto, era inutile cercare di mentire a Kira che la conosceva come le proprie tasche e a cui era sicuramente bastata una sola occhiata nello specchio per sapere che qualcosa non andava. 
«Kira» la voce rauca non sembrava neanche la sua. «Ho fatto un casino» 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Mi casa es tu casa ***


MI CASA ES TU CASA

Giorno: 21 dicembre
Stanza: Lavanderia
Prompt: A è la Cindy Chi Lou del Natale. B il Grinch





 
16 dicembre 2020
ventisettesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

«Where are you Christmas, why can't I find you, why have you gone away...»
Gli indumenti di tutti i colori volteggiavano nell'aria crepitante, sotto il suo sguardo attento che pure cercava di dissimulare disinteresse.
«...where is the laughter, you used to bring me...»
Si portò il toast alla bocca, studiando i movimenti senza peso che seguivano la musica nascosta nelle parole della canzone cantata a cappella. 
«...why can't I hear music play»
Koala di certo aveva il suo singolare modo di piegare i vestiti, e non era riferito al fatto che li piegava in due trasversalmente e poi in tre in direzione perpendicolare. Cioè che colpiva Law del modo in cui Koala piegava i vestiti era la leggerezza con cui la faceva. La leggerezza con cui faceva tutto, dal cantare una canzone allo svuotare l'asciugatrice, come se neanche lui fosse lì seduto sulla lavatrice, armato di spuntino e gli occhi fissi su di lei, anche se di sbieco. 
«È buono il toast?» 
Law girò appena il viso verso di lei, dando un altro morso al panino. Il toast era buono, il che era un evento straordinario, perché Law odiava il pane, non ne capiva il senso. Ma quella marmellata di arance amare avrebbe reso buono qualunque supporto edibile. 
D'altronde, aveva finito le gallette di riso e, dopo il turno, non aveva voglia di aspettare che Pen e Sabo tornassero dalla spesa. E se anche si fosse imposto di aspettare, e ci sarebbe tranquillamente riuscito, la merenda sarebbe stata troppo noiosa senza due chiacchiere con qualcuno che, finalmente, non gli faceva venire voglia di invocare la selezione naturale dopo i primi due minuti di interazione. In una parola, Koala. 
«M-mh» mormorò a labbra strette, osservandola suddividere i vestiti. 
Law doveva ammettere che trovava geniale l'organizzazione che avevano ideato per la lavanderia. Tra la lavatrice e l'asciugatrice avevano messo un tavolino lungo e a due piani, che faceva da supporto. E tutto verso l'asciugatrice, due sopra e due sotto, quattro ceste di quattro colori diversi, viola, turchese, porpora e grigio, dove suddividere i vestiti in base al proprietario. Quella grigia, rischiava seriamente di trasbordare. 
«Credevo che Eugene fosse uscito dal letargo» 
«Kira» lo corresse lei, con un sorriso. 
«Ma si chiama Eugene» 
«Ma lui preferisce Kira. C'è la marmellata di arance amare in quel toast?» 
«È esatto»
«Quella che era nel nostro frigo?»
«Precisamente» si girò a guardarla Law e Koala si strinse nelle spalle. 
«Mi casa es tu casa. Comunque sì, Kira è uscito dal letargo, per quanto io stessa stenti a crederlo, ma i suoi vestiti sono così enormi che bastano tre felpe e la sua cesta è già piena» 
Law non rispose, non era necessario. La stava guardando e tanto bastava a Koala per sapere che stava ascoltando. 
«E quindi a cosa si deve il ritorno alla civiltà di Eugene?» 
«Miracolo di Natale» sbattacchiò appena nell'aria una gigantesca maglietta. «Ishley per gli amici» aggiunse poi, cercando lo sguardo di Law che si fece trovare. 
Un'occhiata fu sufficiente a Koala per avere conferma che, qualunque cosa fosse successo nelle ventiquattro ore precedenti, Sabo doveva c'entrare qualcosa. E anche Law stava cercando risposte anche solo generiche riguardo cosa fosse accaduto al proprio amico. 
Non che avessero intenzione o interesse a ficcare il naso negli affari loro. Se avessero voluto confidarsi li avrebbero ascoltati, a ognuno il suo, ma, appurato che probabilmente si trattava di un gigantesco malinteso, e presa coscienza che poteva valere la pena spingerli a parlarsi, non c'era molto altro da dire o non dire sull'argomento. 
«Immagino sia il solo miracolo di Natale che possiamo aspettarci a questo giro» Law scrollò le spalle. «Kira che torna alla civiltà, intendo» mormorò con lo sguardo improvvisamente perso nel vuoto. 
«O tu che chiami Kira, Kira» ribatté Koala, dopo averlo osservato di sottecchi qualche istante. «In fondo quest'anno dobbiamo ridimensionare tutti le nostre aspettative» si avvicinò alla lavatrice e ci saltò sopra, sedendosi accanto a Law e rubando una piccola scorzetta d'arancia che stava scappando dal toast. «Voglio dire, prendi Pen» portò le due dita pizzicate alle labbra. «Magari avrà pensato che finalmente quest'anno avrebbe scampato anche le luminarie in centro. Invece ora il suo miracolo di Natale è che Izou non gli tatui da qualche parte "Merry Christmas", mentre dorme»
«Mi stai mettendo in guardia?» domandò dall'alto delle due spanne che li divideva, sopprimendo un ghigno che non si era dato la pena di nascondere. 
«Mmmmh nah» dondolò appena Koala, succhiandosi il polpastrello. «Tu non ostenti abbastanza il tuo assoluto disinteresse per il Natale e i buoni sentimenti»
«Quest'anno non ne sento il bisogno» ammise Law, ficcandosi in bocca l'ultimo pezzo di toast. «Che ha di così speciale?» domandò dopo un momento, fissando appena oltre Koala, verso i pochi indumenti non ancora piegati. 
«Beh per me...» rifletté Koala, girando gli occhi alla ghirlanda che decorava la porta dal lato interno. «...sono l'atmosfera, le canzoni e i panettoni dell'anno scorso quasi a scadenza che costano solo mezzo berry» 
«Così spirituale» 
«Certo! Infatti anche tu credi nella pace nel mondo e nel volersi bene universale, in questo periodo dell'anno» 
«Io assecondo i deliri di Pen senza correggergli il caffè con lo Xanax. Non ho nulla da rimproverarmi» ghignò quando Koala si mise a ridere, come predetto. 
Gli diede una lieve spallata prima di scivolare giù dalla lavatrice. «Non mi incanti, mr. Grinch. Tu condividi i deliri di Pen» immerse di nuovo le mani nel bucato caldo e soffice. «Ma non come gli rovinano l'umore» proseguì dando all'affermazione una lieve inflessione interrogativa.
Non aveva la presunzione di sapere esattamente cosa pensasse un uomo come Law ma era piuttosto certa dei piccoli dettagli che aveva colto. Come Law che incitava Pen ad assaggiare la marmellata di arance amare, affermava che il cielo era da neve quando l'amico era nei paraggi, e poi continuava a controllare che a nevicare iniziasse per davvero. 
«Non sono un fan del Natale ma questo non significa che mi faccia piacere che lui lo viva così male» ammise Law, senza preoccuparsi di distogliere lo sguardo, diretto e sincero come gli capitava di essere solo al lavoro. 
«Sapevo che Izou doveva aver chiesto il permesso a qualcuno di voi, prima di permettersi di colonizzare così anche il vostro lato» 
«Ho colto subito il potenziale, Kay, e avevo ragione. È la terapia perfetta. È talmente rassegnato da tutti quegli addobbi che neanche si arrabbia più» ebbe un accenno di esaltazione Law, mentre Koala scoppiava a ridere di nuovo e di cuore. 
«Ed è solo rassegnato?» guizzò con gli occhi dopo essersi calmata, cogliendo Law alla sprovvista sebbene solo per un attimo.
«Non capisco la domanda»
«Quindi non sai niente del blocco di legno preso via Amazon che mi è casualmente capitato di ritirare l'altro giorno?» 
«Posso dire di no?»
«Era a nome tuo» 
«Ciò non toglie che non so a cosa ser... Aspetta e perché lo hanno consegnato a te?» 
«Ho detto di essere tua moglie» si strinse nelle spalle, Koala, ignorando l'occhiata basita del moro. «Volevo solo fare un favore e... oh wow» si  bloccò, sollevando a due mani un paio di boxer rossi con un alce disegnata sul pacco. «Che strano, di solito non li mette mai»
«È uno scherzo» commentò piatto Law. 
«L'alce è un'applicazione in velluto» gli sorrise Koala, piegando i boxer incriminati. «Quell'anno Izou ha regalato a tutti quelli della compagnia un capo intimo natalizio» 
«Okay, informazioni non necess...»
«A me ha regalato le mutande con il vischio» proseguì Koala con apparente innocenza e Law suo malgrado si ritrovò a guardarla quando aggiunse: «Non le uso solo nel periodo natalizio» 
«Ma tu sei sempre così diretta?»
Koala sorrise, ripiegando finalmente i boxer. «Solo con le persone che trovo molto interessanti» 
«...'ic in your soul, Mr. Grinch. I wouldn't touch you...» 
«Izou falla finita» 

Si girarono verso la porta chiusa, rumore di passi veloci e di una voce arrabbiata che Law conosceva molto bene. 
Pen e Sabo erano tornati dalla spesa. E forse Sabo era rimasto fuori un altro po' con Bepo, non sarebbe stato strano. Lindbergh, comunque, non avrebbe gradito. 
«...with a thirty nine and a half foot pool...» 
E proprio perché la conosceva così bene, quella voce arrabbiata, Law poteva dire con certezza che non era poi così arrabbiata. 
«Izou!»
Anzi, sembrava si stesse trattenendo dal ridere. 
«Oggi non è giorn...»
«You're a fool one, Mr. Grinch. You're a nasty wasty skunk. Yout heart is full of unwash...»
«Oh e va bene! Va bene stasera vediamo il Grinch! Quanto sei persistente!» 

«Chissà che fa Pen di qua» 
«Quello che faccio io, probabilmente» 
«Mh» Koala si appoggiò di terga alla lavatrice, incrociando le caviglie. «Rubare la marmellata di arance amare o stare in compagnia?» domandò pensierosa e Law lo sapeva, che era una provocazione bella e buona. Ma non si risentì, soprattutto perché Koala gli stava sorridendo. 
Era quello il bello di Koala, che lo provocava ma senza esagerare e sapeva quando darci un taglio. 
«No perché stavo pensando di offrirti un the e un altro toast con la marmellata. O delle gallette di riso» gli porse il pugno chiuso che Law studiò qualche istante, prima di battere le nocche tatuate contro quelle lisce di lei. 
«Andata» accettò, saltando giù dalla lavatrice e guardò Koala stendere il braccio verso la porta ancora chiusa della lavanderia, con un sorriso diabolico. 
«After you then, Mr. Grinch»
«Oh ti prego, no!»
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Let It snow ***


LET IT SNOW

Giorno: 22 dicembre
Stanza: Salotto
Prompt: A ama la neve, B odia il freddo





 
20 dicembre 2020
trentunesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

Law non aveva mai capito il senso di avere un caminetto, elettrico o reale che fosse. 
Nell'era moderna in cui viveva, era pura estetica e che a Law piacessero le cose belle non faceva di lui un'esteta. 
Quando avevano visitato l'appartamento, non aveva visto nel caminetto un particolare valore aggiunto. Semmai un ottimo presupposto perché la casa finisse in cenere o che Bepo si desse fuoco ma quel caminetto era elettrico e, per quel che riguardava Law, meglio così che vero poi non è che lo avrebbe mai usato. 
Almeno così credeva. Come credeva che la casa non sarebbe stata addobbata, che quel periodo di festa gli avrebbe regalato solo la gioia di non doversi inventare scuse per non dover socializzare al di fuori del lavoro, che Sabo sarebbe stato eccessivamente euforico, come tutti gli anni, e che Pen sarebbe stato eccessivamente acido, come tutti gli anni. 
Law aveva sbagliato su tutto. E si era scoperto così incredibilmente rilassato da non aver provato neanche fastidio per quella rivelazione. 
D'altronde tra Sabo depresso e Pen innaturalmente di buonumore e furtivo, ci voleva qualcuno di normale in quella casa. E non che Law avrebbe mai osato definirsi normale, neppure in quello stato. 
Ma lei lo era. E in mezzo agli addobbi di Natale e il camino che Law alla fine aveva acceso, tanto per provare una cosa nuova una volta, Koala completava il quadro seduta sul loro  divano con una fetta di torta di riso a cui stava dando un morso. 
«Ma è buonissima!» sgranò gli occhi, il sapore ancora sulla lingua. 
«Ci ho messo la marmellata di arance amare» si limitò a ribattere Law.
Non era come se avesse mai avuto in programma di invitarla lì. A dirla tutta, non l'aveva neanche invitata in senso stretto. 
Aveva la giornata di riposo e gli era venuta voglia di quel dolce che sapeva di infanzia e di inverno. Che poi Sabo avesse avvisato che non mangiava e che Pen si fosse fatto un panino da portarsi in camera dov'era stato rintanato tutto il giorno, era stato un caso. Così com'era stato un caso averla trovata nella sua cucina nello stesso momento in cui lui era nella propria a mettersi insieme una cena in solitaria. Le chiacchiere erano state inevitabili, la latitanza dei suoi coinquilini era venuta fuori casualmente, e che poi Koala gli avesse proposto di mangiare insieme gli era sembrato solo naturale. 
«Sono curiosa. Sabo e Pen hanno mentito sul tuo conto o sei un clone alieno di Trafalgar Law?» guizzò con gli occhi Koala e Law la guardò di striscio, tornando poi a fissare senza vederle, le fiamme olografiche del caminetto. 
Avrebbe potuto rispondere caustico, chiederle se non si fosse fatta ormai un'autonoma idea di lui in quel quasi mese di conoscenza. Ma la verità era che Sabo e Pen non avevano mentito, e come lo sapeva lui lo sapeva anche Koala. Ed avendo Koala il privilegio di un Law ben più aperto rispetto alla media storica, osava di più della media delle sue conoscenze. 
Law non poteva biasimarla, glielo aveva concesso lui, pur consapevole di avere di fronte una creatura estremamente curiosa. Se poi Koala desiderava qualche dettaglio più approfondito, era solo reciproco scambio visto che lei si era aperta senza riserve praticamente da subito. 
«Sono uno degli uomini più tamponati della città, non sono mai dovuto stare sigillato in casa a nessun lockdown, e al tempo stesso quando stacco al lavoro ho la scusa perfetta per non dover socializzare a tutti i costi. Senza che nessuno insista per farmelo fare» ammise, con una scrollata di spalle, girandosi poi verso Koala, in attesa di un commento, che arrivò dopo un momento di riflessione. 
«Tu non sei il Grinch» lo scrutò lei. «Tu sei più tipo il vecchietto di Up. Vuoi essere lasciato in pace da tutti tranne che dal tuo cane e dai due minorenni che vivono con te» affermò, indicando con un cenno del capo verso la zona notte, da cui Sabo e Pen non erano ancora, e probabilmente non sarebbero affatto riemersi. 
Law non aveva idea di come prendere quella frase. Sapeva di essere vecchio dentro sotto certi punti di vista ed era la prima volta che qualcuno gli diceva che non era affatto il Grinch, eppure era poco incline a considerarlo un complimento. Non perché ci fosse qualcosa di male, ma perché in qualche modo sapeva che non era quello l'intento della ragazza. 
Era stata una constatazione. Quella frase era semplicemente Koala che metteva a parole un lato di lui che aveva appena scoperto e a Law quel pensiero non dispiaceva affatto. 
In fin dei conti, ormai, dividevano la casa e i drammi dei loro amici da venti giorni. Era normale che condividessero anche altro. 
«Come sta Ishley?» 
«Si tiene impegnata. Dipinge. Nella cabina armadio, dice che c'è la luce migliore» 
«Siamo circondati da artisti, insomma» 
«E non hai ancora sentito Kira quando canta il blues della sua gente» 
«È molto piacevole, immagino»
«Almeno quanto Sabo negli ultimi giorni» si mise in bocca l'ultimo pezzo di torta, Koala, mentre Law sospirava lentamente. 
«L'altro ieri mi sono quasi pentito di aver...» Law sgranò impercettibilmente gli occhi, stringendo appena le labbra. 
«Di aver?» 
Law la guardò di striscio, impassibile per alcuni istanti, per poi riaprire bocca e venire interrotto, prima ancora di aver fiatato, da Bepo che si gettava scodinzolante alla portafinestra. 
Si fissarono ancora una manciata di secondi prima di voltarsi entrambi per sbirciare oltre la testata del divano. 
«Nevica!» esalò Koala con occhi brillanti e Law percepì un piccolo brivido lungo la schiena. 
Perché, se c'era una caratteristica che Law aveva in comune con Bepo, indubbiamente era l'amore per la neve e per il freddo. E ciò nonostante in quel momento non si sarebbe voluto allontanare dal caldo salotto e dal divano rischiato dalla luce del caminetto elettrico, neppure per la sua tanto amata neve. 
«Ti sei quasi pentito di aver fatto quel buco nel muro?» 
Law si irrigidì, occhi ancora alla finestra e avrebbe potuto dargli fastidio quell'interruzione, se solo non lo avesse salvato dal pensiero che tutta quella situazione rasentava il romantico. 
Si girò a guardarla, in ginocchio sul divano, rivolta verso la testata. E la verità era che Law non si sarebbe infastidito comunque, perché il bello di quella situazione che rasentava il romantico era proprio che la stava condividendo con qualcuno. 
«Tecnicamente non l'ho fatto io» ghignò Law, colpito da quanto fosse perspicace, mentre si chinava a baciarle una spalla.
«Che fai?» lo guardò di striscio lei e Law sollevò solo lo sguardo. 
«Non c'è speranza che Sabo e Pen riemergano prima di domani ormai. Siamo soli» 
«Tecnicamente non lo siamo» 
Law segui la traiettoria dei suoi occhi, che si fermarono su Bepo, ansante vicino alla finestra. Poteva lasciarlo uscire per un po' a giocare nella neve, non si sarebbe allontanato e non esitò ad alzarsi e andargli ad aprire. Forse era stata la boccata di aria fresca ma si sentiva fin troppo euforico.
«Hai messo le mutande col vischio?» sorrise beffardo nel tornare al divano ma Koala non era da meno, in quanto a sorrisi beffardi. 
«Forse. E se anche fosse me ne sto pentendo» lo guardò eloquente e Law sospettò di avere appena ricevuto un miracolo di Natale quando ebbe l'impressione di aver capito cosa stesse facendo Koala. 
Perché probabilmente non era sembrata una situazione romantica solo a lui. E Law era conscio di quanto fosse difficile capire cosa pensasse realmente di certe situazioni, anche per Koala.
«Hai un modo tutto tuo di cercare rassicurazione» commentò Law e si sarebbe innervosito del silenzio di Koala se i suoi occhi non fossero stati così pieni di risposte e di domande, che Koala gli stava lasciando leggere. «Ho detto "quasi"» Law si allungò verso di lei e sul divano. «E io non sono un uomo da "quasi"...» la guardò sospirare suo malgrado, sdraiata sotto di lui. «...se non con le persone che trovo molto interessanti» 
Koala non riuscì a trattenere un sorriso, mentre si arrendeva e gli circondava il collo con le braccia. 
«Credevo amassi la neve»
«Sì ma tu odi il freddo» Law si abbassò a baciarla sul collo, senza scherno né provocazione nella voce. «Ci penso io» 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo autrice: Si, lo so, l'ho fatto di nuovo. Che posso dire? Neve, caminetto acceso, scaldarsi facendo cose a me ispirano questi due. Spero abbiate apprezzato e grazie per essere passati di qui. Un bacione. Page.

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Capitolo 6
*** Magic Box ***


MAGIC BOX

Giorno: 23 dicembre
Stanza: Sgabuzzino
Prompt: Coperta / "Sai di essere cresciuto quando nulla di ciò che desideri per Natale può essere acquistato in un negozio" [Anonimo]





 
21 dicembre 2020
trentaduesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

Izou era sempre stato affascinato dagli sgabuzzini. Lo sgabuzzino di nonna Mousse, nascondeva segreti e misteri di ogni genere e provenienza, banalità che diventavano magiche agli occhi di un bambino troppo creativo. 
Nonna Mousse gli aveva insegnato tante cose: come fare le stelle luminose con cui decorare la casa, la fede nel futuro, l'importanza di oggetti all'apparenza di poco conto. 
E Izou era certamente stato un bambino atipico ma pur sempre un bambino. Per questo per comprendere appieno quell'ultima lezione di nonna Mousse era dovuto diventare adultio. O per lo meno crescere abbastanza da non poter più trovare in un negozio ciò che desiderava per Natale. Crescere abbastanza da scoprire quanto un banale oggetto può valere, nel momento in cui si trasforma in un duraturo ricordo. 
E l'oggetto che aveva aperto gli occhi a Izou era stato proprio un regalo di Natale di nonna Mousse. 
Per questo Izou era alla matta e disperata ricerca del detersivo delicato, che usavano così di rado da aver deciso di tenerlo appunto nello sgabuzzino anziché nella lavanderia. Perché doveva lavare la coperta di nonna Mousse, che conservava nel suo armadio dentro ad un'apposita scatola. 
Il problema, in quel nuvoloso pomeriggio di dicembre, era che Izou non riusciva a trovare da nessuna parte il detersivo delicato. Non era al suo posto, né al posto dove tutto veniva messo quando si riportava qualcosa nello sgabuzzino e si era troppo di fretta per sistemarlo per bene. 
A dire il vero, non sembrava essere da nessuna parte e Izou non se lo spiegava perché Koala e Ishley non erano forse così ordinate come lui, ma neanche così entropiche da cacciare il detersivo chissà dove. Al contempo, che lo avesse utilizzato Kira sembrava impossibile. 
Kira non conosceva la differenza tra detersivo e ammorbidente, una volta aveva fatto una lavatrice usando lo shampoo e, in altra occasione, aveva riempito la lettiera di Lindbergh con il detersivo in polvere. 
Eppure, ciò che cercava non era lì, dove lo stava cercando e dove sarebbe dovuto essere. 
«Ma porca di quella...» Izou si bloccò nel bel mezzo dell'imprecazione, quando la porta si aprì. 
«Non mi dire, era una quasi imprecazione quella! Izou, Izou che fine ha fatto il tuo spirito natalizio?» gli sorrise con faccia da schiaffi, da sotto il ciuffo rosso. 
«Non sei nella posizione di sfottermi, Pen»
«Non lo sono?»
«Sei nello sgabuzzino di casa mia, decisamente non lo sei» ribatté un po' acido Izou, lanciandogli un'accigliata occhiata oltre la propria spalla, prima di girarsi verso di lui. «Cosa ci fai nello sgabuzzino di casa mia, Pen?» 
Pen lo fissò di rimando qualche secondo, si passò la mano nel ciuffo fulvo e smosse le spalle. «Mi serve l'olio di legno e Ish mi ha detto che era qui»
«Per...?» Izou arcuò entrambe le sopracciglia. 
«Beh per del legno. Non è evidente?» 
«A chi, al ventidue di dicembre, serve improvvisamente dell'olio di legno?» 
«A me a quanto pare» fece spallucce Pen, scivolando verso la scaffalatura, occhiando a Izou. «Ti serve qualcosa qui in alto?» 
«Non sei tanto più alto di me, sai?» rispose un po' troppo nasale il moro, che pure era consapevole che Pen, anche se non poi tanto più alto di lui, arriva agevolmente a uno scaffale in più rispetto a lui. 
«Okay, scusa!» Pen sgranò gli occhi e avrebbe alzato le mani in segno di resa se lo spazio non fosse stato così poco. «Ti sei alzato storto stamattina?» 
Izou mugugnò a labbra strette, dando le spalle a Pen, ancora in incessante ricerca del benedetto detersivo. Ora che ci rifletteva bene, Izou non era affatto certo che avesse senso continuare quella caccia, visto e considerato per cosa gli serviva la coperta, che era poi il motivo per cui volela lavarla. 
«Non ho capito» lo avvisò Pen, genuinamente interessato a ciò che Izou aveva borbottato, e che non era affatto certo di voler scandire meglio, a giudicare da come stava scrollando le spalle a disagio. 
«Izou...»
«Non è tanto stamattina» alzò la voce, Izou, senza girarsi verso di lui, prima di sgonfiarsi un po'. «Davvero ti interessa?» 
«Che cosa?» 
Izou si irrigidì quando lo sentì avanzare di un passo verso di lui, il tono perplesso, forse un filo sconvolto. 
«Izou certo che mi interessa, di che stai parlando?» 
«Del fatto che mi eviti da quattro giorni, ti dice niente?»
Izou strinse i denti, ancora caparbiamente rivolto verso la scaffalatura adiacente a quella dove stava rovistando poco prima. Non aveva diritto di pretesa, e lo sapeva, ma lui reagiva così quando veniva deluso da se stesso. 
Sapeva di avere esagerato e si odiava per non essersi fermato prima. Aveva avuto il sospetto che stesse tirando troppo la corda, con quella finta missione di vita che era più che altro un gioco, di convertire Pen al Natale. Izou aveva pensato di aver trovato qualcuno in grado di resistere anche ai suoi eccessi, una capacità che a onor del vero doveva concedere ai propri amici, ma Pen era... Pen. E forse ci aveva tenuto troppo. Forse ci teneva ancora troppo. 
La cosa probabilmente non era reciproca. 
«Non ti sto evitando. Izou davvero io...» Izou non resistette a lanciargli un'occhiata sopra la spalla, senza ancora voltarsi, proprio mentre Pen si passava la mano nel ciuffo, come faceva quando era a disagio. «Ho un buon motivo per essere stato chiuso nella mia stanza tutto questo tempo. E non sei tu. O meglio in un certo senso sì ma non... Uffffff» Pen prese fiato «Okay, so che ci conosciamo da tre settimane ma davvero, per favore, fidati di me» 
Con estrema lentezza, Izou si voltò verso di lui. Aveva imparato a gestire i propri picchi emotivi, sin dall'infanzia, deformazione da fratello maggiore ed eredità dello spirito stoico e posato di ambo i rami della sua famiglia. Ma se Izou si tratteneva, in genere, era per non illudersi troppo. 
«Non... non mi stai evitando» ripetè, a metà tra una domanda e un'affermazione da interiorizzare per bene. 
«Assolutamente no. Senti, davvero, quando ho buttato giù il muro a martellate ammetto che ho vissuto un quarto d'ora di terrore quando ho visto tutto quelle decorazioni. E okay, sì, tornando indietro lo rifarei comunque ma ti assicuro che se tornassi indietro ora, sapendo tutto quello che è successo poi, avrei solo un motivo in più per abbattere la parete» 
Pen con i propri picchi emotivi, ci combatteva ancora. Non era che fosse vittima delle proprie emozioni, ma trattenerle non era affatto semplice per lui e se appena trovavano uno spiraglio, bastava una parola per abbattere la diga. E parlare a briglia sciolta. E dire molto di più di quello che avrebbe dovuto. 
«Abbattere il muro a martellate?» si accigliò Izou, gli ingranaggi che giravano a una velocità ben superiore di quella necessaria al cervello di Pen, per riprendere il controllo sul suo corpo e smettere di tenerlo inchiodato lì. «Lo rifarei comunque? Un motivo in più?» 
Pen trattenne il fiato mentre Izou portava per un attimo gli occhi nel vuoto, lo sgranava e schiudeva le labbra in una posa di sorpresa. 
«Sei un architetto. Tu sapevi che la parete che divide le cucine è di cartongesso!»
«Izou, non è c...»
«Hai tirato giù il muro per Sabo e Ish. Lo hai fatto apposta»
«Lo abbiamo fatto apposta» Pen non riuscì a frenare la lingua e strinse le labbra ormai troppo tardi. Si concesse un istante per valutare se maledirsi, ma non ne vedeva il senso. Stava parlando con Izou in fondo. A lui poteva dirlo, probabilmente poteva dirgli tutto. «Law ha dato il suo verbale accordo, è un evento più unico che raro» si strinse nelle spalle. «Lo so che abbiamo forzato la mano, ma Sabo ha solo bisogno di parlarle, è pronto anche a un rifiuto e non si poteva più vederlo così, stava troppo male. So che è un pensiero egoista verso Ish ma non ce la potevo fare, insomma è quasi Natale! E già l'anno scorso è stato un incubo per lui» 
A Pen venne il legittimo dubbio che Izou fosse stato colto da un ictus, quando il moro rimase a fissarlo per trenta secondi con la bocca semiaperta, alla fine della sua spiegazione. 
«Iz...»
«Tu sei...» Izou prese fiato, mentre Pen lo trattaneva, preparandosi psicologicamente a una sfuriata o comunque a degli insulti. «...sei una persona meravigliosa Pen-chan» esalò Izou, lasciandolo senza parole. 
Pen sbattè un paio di volte le palpebre, non certo di aver sentito bene, ma quando riuscì a tornare in pieno possesso delle proprie facoltà cognitive non fece in tempo a chiedere a Izou di ripetere ciò che aveva appena detto. 
«Stai piangendo?» si preoccupò invece ma Izou scosse la testa, tirando su con il naso.
«Polvere negli occhi, un classico degli sgabuzzini. Io ora dovrei uscire se... Se puoi, sai...» mosse le mani a indicarlo e Pen si schiacciò più che potè contro la scaffalatura alle sue spalle. Lo spazio era decisamente angusto e perché Izou uscisse con lui dentro allo stanzino, dovettero fare praticamente un balletto. 
Ma per un qualche motivo, c'era qualcosa nell'aria per cui Pen, di uscire da quello sgabuzzino non ne aveva affatto voglia, non nell'immediato. 
«Okay» inspirò Izou, la mano sulla maniglia. «Vado a comprare il detersivo delicato» annunciò con un cenno convinto del capo, impettito come un soldato pronto alla battaglia. 
Pen sollevò un sopracciglio. «A chi, al ventidue di dicembre, serve improvvisamente del detersivo delicato?» 
«A me a quanto pare» ribatté prontamente Izou, sorridendogli da sopra la spalla prima di dileguarsi. 
Pen rimase a fissare la porta una manciata di secondi, prima di appoggiarsi allo scaffale dietro di lui, chinando appena il busto in avanti per lasciar uscire una risata. Scosse il capo mentre quella scemava, alzando gli occhi al soffito, la nuca appoggiata al legno. 
«Certo che anche tu, dear Santa, potevi farmi un regalo meno impegnativo» 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Eve'ning Shower ***


EVE'NING SHOWER

Giorno: 24 dicembre
Stanza: Cabina Armadio
Prompt: Cappello





 
24 dicembre 2020
Vigilia di Natale
trentacinquesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

Ishley aveva scoperto di amare gli acquerelli che era una ragazzina. Non ricordava con precisione quando ma ricordava molto bene l'immagine del quadro ad acquerello che le aveva aperto gli occhi. 
I primi tentativi l'avevano quasi fatta desistere ma, per fortuna, la sua caparbietà e un professore particolarmente attento, erano riusciti a liberare il suo lato più artistico e a fargli spiccare il volo. 
Ciò che più Ishley amava degli acquerelli, era come i colori si sovrapponevano senza oscurarsi, lasciando intravedere tutto per trasparenze, come una limpida confusione.
Come i sentimenti. 
Per lo meno, i suoi. Ishley aveva sempre voluto vivere appieno anche a costo di soffrire tanto, perché tanta sofferenza era il prezzo da pagare per tanta felicità. E pur lasciando le proprie emozioni a briglia sciolta, era sempre riuscita a disticarsi tra i mille colori che componevano la sua anima.
Fino a quel momento. Prima di quel momento, Ishley non si era mai sentita così limpidamente confusa. 
Si sarebbe potuto credere che fosse anche colpa delle numerose decorazioni, che erano giunte fino a quella parte della casa, pure nella cabina armadio, dove per forza di cose non potevano tenere tutti e quattro tutti i loro vestiti. La usavano per i capispalla, per gli abiti da cerimonia e per quelli particolarmente lunghi e/o delicati e, ultimo ma non meno importante, la usava Ishley per dipingere, da quando a febbraio si era trasferita lì. 
E gli addobbi di Izou, che come lui erano eleganti e sobri, per lei facevano atmosfera ed erano solo valore aggiunto. Ishley gli avrebbe apprezzati anche fossero stati dozzinali, per il semplice fatto che Izou li cresce tutti con materiali di recupero, luci comprese. 
In quei giorni gli avevano ricordato che era Natale, che era a casa, che non era sola. 
E tra decorazioni di Natale, vestiti e schizzi, non era solo la mente di Ishley a essere immersa in una limpida confusione. Se si concedeva di fantasticare su una sua eventuale futura esposizione in una qualche galleria, si immaginava un allestimento fatto di specchi, abiti e candele. 
Si fermò nella panoramica dei propri disegni, a scrutare un fondale marino di cui andava particolarmente fiera. L'uso del violetto in punti strategici della composizione, davano all'opera una marcia in più. 
Con un sospiro, Ishley si alzò dallo sgabello su cui era seduta e, senza staccare gli occhi dal disegno in questione, si portò vicino alla scaffalatura che faceva da scarpiera, il cui terzo ripiano veniva lasciato puntualmente libero per lui. 
Non si era allontanato se non per mangiare e sporcare, in quei giorni che Ishley aveva trascorso rintanata nel suo mondo immaginario, ed era sempre tornato da lei, a farle compagnia e fusa. Girò per un attimo lo sguardo verso lo specchio a unghia, studiando l'outfit semplice ma raffinato per la cena di quella così particolare Vigilia. Una cena casalinga e condivisa con chi tanto limpidamente confusa la faceva sentire, ma non poteva negare a se stessa di essersi voluta vestire più carina di quanto si sarebbe preoccupata in altra circostanza. 
Scosse il capo per non pensarci troppo, dedicando ora la sua completa attenzione a chi a suo parere la meritava sempre e comunque. 
«Ah Lindbergh» sospirò, accarezzandolo sulla testa, senza svegliarlo dal sonnellino acciambellato che si stava concedendo da circa due ore. «Per quanto mi sforzi tu sarai sempre più in capolavoro di qualunque quadro» sorrise al micio biondo, che appiattì le orecchie e tese il collo senza schiudere le palpebre, quando Ishley prese a pettinargli il pelo lungo con le dita. 
«Suppongo sarebbe fuori luogo ringraziarti e dirti che sei fin troppo gentile, vero?» 
Ishley gelò per un attimo, prima che un calore troppo noto e troppo intenso le pervadesse ogni vena, e mandò giù pesante prima di girarsi verso la porta della cabina armadio, verso di lui. 
Sabo la osservò una manciata di secondi, quasi che sapesse che Ishley si era vestita con cura solo per lui anche se contro ogni logica, un sorriso sulle labbra cauto, come il tentativo di scherzare con quella finta arroganza, che tanto l'aveva fatta ridere nell'anno più bello della sua vita fino a quel momento. 
«Posso entrare?»
«Certo» lo invitò, con un cenno del capo e un sorriso imbarazzato. 
Sentiva le guance in fiamme ma non provava il desiderio di scappare o sotterrarsi, nonostante fosse la prima volta che si vedevano dopo l'episodio della vasca da bagno. Ishley lo aveva deliberatamente evitato, e non ne andava fiera, ma era lui che era andato a cercarla e Ishley non solo non poteva ma neanche voleva scappare per sempre. 
«Come stai?»
«Come va?» 
Ishley non trattene una piccola risata quando le loro voci si sovrapposero e Sabo si accarezzò il coppino a mano piena, l'altra stretta sui manici di un sacchetto rigido a stampa natalizia, visibilmente usurato dal ripetuto uso di cui era stato soggetto negli anni. 
Sabo era sempre attento agli sprechi, era solo una delle tante cose che Ishley amava di lui. 
Non si accorse che Sabo la stava guardando né di come seguiva la traiettoria del suo sguardo fino a posare anche lui gli occhi sul sacchetto.
«È una cosa per te. Se... se posso dartela» 
Ishley risollevò gli occhi, che stavano solo studiando ogni piega e graffio che solcavano la superficie opaca dell'incarto natalizio, presa del tutto in contropiede. Non che avesse motivo di essere tanto sorpresa, anche lei gli aveva preso un regalo. Lo aveva visto per caso mentre cercava qualcosa per Kira, aveva pensato che fosse perfetto per lui ma non aveva motivo di comprarlo ovviamente. 
Pensava che non ne avrebbe avuto motivo. 
Quando lo aveva rivisto la voglia di fargli quel regalo era tornata vivida in lei, ma non poteva ignorare il dubbio che invece Sabo lo avesse fatto per circostanza. 
Ma anche così, non significava certo che Ishley non volesse il priorio regalo o non apprezzasse il gesto. 
«Mi farebbe piacere» ammise, ancora un po' a disagio ma gli occhi di Sabo sembrarono accendersi a quella risposta. 
«O-okay, allora...» infilò una mano nel sacchetto, estrando un pacchetto rettangolare, alto tre dita e incartato con cura, mentre si guardava intorno, fermando gli occhi sullo sgabello. «Non è fragile ma è meglio se ti appoggi, ecco...» mollò il sacchetto a terra, accorrendo a recuperare lo sgabello che portò davanti a lei per posarvi sopra il regalo. «Ecco» ripetè con un sorriso incoraggiante e lievemente teso. 
Ishley si fece violenza per riuscire a distogliere lo sguardo da lui, si portò i capelli dietro la schiena e si inginocchiò davanti allo sgabello, non senza un'occhiata curiosa a Sabo, che sembrava non riuscire a stare nella pelle più di lei, anche se, certo, poteva benissimo essere solo una sua impressione.
Con un gesto delicato, Ishley staccò i pezzi di scotch uno ad uno e quando scostò la bellissima carta, che sembrava essere stata scelta con la stessa cura con cui Sabo aveva maneggiato il regalo, il fiato le si bloccò per un momento in gola. 
Una valigetta di legno scuro fece capolino da sotto l'incarto, al centro la scritta in sottilissimo bassorilievo luccicava rivelando il nome dell'azienda per cui Sabo lavorava, casualmente una delle più grosse case produttrici di strumenti per la pittura: "Ideyo".
E, subito sotto, "Evening Shower" la collezione a edizione limitata di una delle più belle palette di acquerelli su cui Ishley avesse mai messo gli occhi, probabilmente la più bella in assoluto, che la casa produttrice aveva lanciato a settembre, e che era risultata già introvabile a  neanche ventiquattro ore dal lancio. 
Ishley ci aveva provato, perché come Kira sempre le ricordava, e come lei stessa pensava, la speranza è sempre l'ultima a morire, ma non si era troppo illusa. Quando le cose erano andate come predette, aveva sorriso e affermato di aver risparmiato non pochi berry, ma il pizzico per non essere arrivata in tempo non l'aveva più abbandonata. Dentro di sé, era certa che con quella palette avrebbe potuto fare dei bellissimi disegni e dare il massimo. 
Con un'attenzione quasi sacra, Ishley aprì la valigetta, lasciando scorrere i suoi occhi blu profondo sui colori dalle sfumature più originali e dal pigmento vivido e brillante. 
Erano bellissimi e ora erano suoi. Non era sicura di averlo ancora afferrato appieno.
«Ti piace?»
«Se mi pia... Sabo è, è pazzesco, io...» rialzò gli occhi a guardarlo con un sorriso che, così sincero, non sapeva da quanto non glielo rivolgeva. Per un attimo il tempo sembrò fermarsi quando i loro sguardi si incrociarono e Sabo le apparve così felice, felice della sua felicità. Per un attimo fu come se non fosse passato neanche un giorno. «Come li hai avuti» si riscosse Ishley, schiarendosi la gola. «È un pezzo con un difetto minimo che non potevano vendere?» si informò, curiosa, euforica e troppo, troppo felice che Sabo avesse pensato a lei. 
«No è uno dei pezzi dell'edizione limitata. Come dipendente mi hanno concesso di acquistarlo in prevendita» spiegò Sabo e il cuore di Ishley si fermò per un battito mentre lo stomaco le faceva una capriola. 
«Che cosa?» 
«Beh diciamo che più una prevendita era una prelazione. Come ufficio legale dovevamo evitare che qualcuno acquistasse il cofanetto solo per rivenderlo a un prezzo più alto e così abbiamo potuto tracciare gli acquisti. Quando su Raftel non ho visto nessun nome famigliare, dico il tuo ma neanche di nessuno che magari te lo poteva regalare, ho comprato quello che mi avevano tenuto da parte» 
Ishley lo ascoltò a spiegare a labbra schiuse. Era così facile e al tempo stesso così complicato immagine Sabo che faceva una cosa del genere per lei. Perché era stato quattro mesi prima, quando ancora Sabo non poteva sapere che si sarebbero rivisti, e le toglieva il fiato e la paura l'idea che Sabo avesse pensato a lei nonostante tutto. La faceva sentire invincibile. 
«È... io... grazie» esalò perché non c'era altro da dire, a parte tantissime altre cose. «Davvero, Sabo, grazie ma io non so se posso accettarlo» 
«Aspetta, aspetta! Come sarebbe che non puoi?» la frenò Sabo, senza smettere di sorridere. Forse non ne era in grado. «È il tuo regalo di Natale, andiamo non puoi dire no» si sedette anche lui a terra, dall'altro lato della sgabello. «Eddai!» 
Ishley sentì il proprio sorriso distendersi ancora di più e prese un bel respiro prima di annuire piano. «Okay. È un regalo bellissimo, Sabo, è... oddio è una delle cose più belle che mi siano mai capitate!» scoppiò a ridere a si sarebbe messa anche a saltare, possibilmente per andare ad abbracciarlo, se fosse riuscita a muoversi. 
Ma era come incollata al pavimento, la mano allo sgabello e gli occhi alle proprie ginocchia quando il momento di euforia scemò per lasciare spazio a tanti, troppi pensieri e tante, troppe domande. 
Domande che avevano bisogno di risposta. 
«Com'è Dressrosa?» chiese, grattando un lustrino della banda argentata che decorava lateralmente i suoi pantaloni. 
Il silenzio che seguì poteva indicare perplessità come anche consapevolezza, da parte di entrambi, di stare per affrontare un discorso che avevano cercato di evitare per giorni, evitandosi tra loro. A Ishley non importava. 
Le importava solo che Sabo iniziasse a parlare, perché sapeva che avrebbe rialzato gli occhi e non sarebbe più riuscita a staccarli da lui, anche perchè non voleva. Solo per qualche minuto, fintanto che erano lì, in quella parentesi sospesa, in una cabina armadio, piena di addobbi di Natale, adibita a studio per la pittura. 
«Calda. E certi giorni afosa. Spesso» precisò Sabo, sgranando appena gli occhi. «Avevo una bella vista dall'ufficio, sul Colosseum. Poi in smartworking a dire il vero è un po' come qualsiasi altra città» fece spallucce. 
«Giusto» sorrise lei. Sorrise, fino a quasi farsi venire i crampi, sorrise e continuò a sorridere anche quando il cuore le salì in gola. «Io volevo venirci. A Dressrosa dico» continuò a sorridere anche mentre quasi conficcava le unghie nel legno, mentre Sabo tratteneva il fiato e perdeva il sorriso, con l'aria di uno sicuro di aver capito male. «Volevo venirti a cercare, dopo Natale... M-mi sono detta di darmi più tempo, e poi a marzo non ne potevo più e volevo venire a Dressrosa ma questo maledetto Piombo Ambrato, la pandemia, il lockdown» mandò giù, mentre si scostava qualche ciocca dalla fronte ricoperta da una sottile patina di sudore. «Continuavo a dirmi di tenere duro, che appena riaprivano... ma i voli internazionali non ripartivano mai e io non avevo una comprovata ragione... Volevo s-solo venire da te, per parlarti. Avrei dovuto scriverti, farti una videochiamata ma se poi mi avessi risposto picche non volevo non averti rivisto almeno un'ultima volta e così ho aspettato, ho rimandato, ho continuato a sperare e alla fine...» rise Ishley, una risata nervosa e a occhi lucidi. «...alla fine sei arrivato tu qui» 
«Parlarmi di cosa?!» Sabo scattò in avanti e in ginocchio, appena realizzò che Ishley aveva fatto una pausa abbastanza lunga da inserirsi nel discorso e indagare su quella questione fondamentale. Anche se l'avrebbe ascoltata parlare per ore. 
La guardò respirare a forza, asciugarsi un occhio, farsi coraggio. 
«So come la pensi. L'ho sempre pensata come te ma...» forse non era ancora detta l'ultima parola. In fondo Sabo aveva pensato a lei. Le aveva fatto un regalo. Ci aveva fatto l'amore. «...quest'ultimo anno è stato...» Kira aveva ragione, doveva spiegarglielo come lo aveva spiegato a lui. Come lo aveva spiegato a se stessa. «Mi manca un pezzo. So che è complicato, ma non c'è paragone tra averti e essere lontani e non averti affatto» ammise con disarmante sincerità, tutto il suo mondo ribaltato dagli occhi nocciola che la osservavano di rimando, increduli.
«I-Ish...» inciampò con la lingua, la voce rauca. «Ish io sono tornato...» 
«Per Natale, lo so. Pensavamo tutti di averla scampata e invece sei rimasto invischiato in un altro lockdown, mi dispiace un sacco...»
«No! Ish no! Guardami» mormorò mentre si allungava per alzarle il viso dal mento, con gentilezza. «Sono tornato. A Raftel. Definitivamente» 
Ishley sbatté le palpebre un paio di volte, neanche conscia delle dita di Sabo che le sfioravano il labbro inferiore. 
Forse Sabo la stava ipnotizzando perché sentisse quello che desiderava di più, forse stava parlando una lingua aliena che nella lingua terrestre suonava come una cosa bellissima. 
«Ho chiesto di essere ritrasferito quest'estate e al vecchio ufficio mi aspettavano a braccia aperte» sorrise con una punta di imbarazzo, stringendosi nelle spalle. «A Dressrosa non stavo bene. Non è casa e ho sempre pensato potesse valerne la pena un paio d'anni, forse tre sai per il curriculum ma poi ho... incontrato te. Se avessi potuto sarei tornato prima ma c'era la pandemia e comunque non sapevo se tu forse era già andata oltre e poi...» Sabo si guardò intorno in difficoltà, e recuperò non appena posato gli occhi sulla valigetta. «I-il regalo, lo so, è un po' meschino, ma te l'ho preso anche per avere una scusa per venire da te, per dirti che sono tornato e che... ti amo ancora Ish. Non ho mai smesso» 
Una scarica la attraversò dalla safena al cervelletto, crepitando sulla pelle, i sensi in tempesta, come una pioggia improvvisa. E dopo la pioggia il caldo, tra le braccia di Sabo, con le labbra di Sabo sulle proprie, con le dita tra i suoi capelli. 
«Sei tornato» ripeté sulla sua bocca, sul suo collo, al suo orecchio. «Sei davvero tornato...»
«Da te. Sono tornato da te» la fermò Sabo, cercandola con gli occhi con tutta la sincerità con cui le aveva sempre parlato, tranne quando nel salutarsi le aveva detto che sarebbe stato bene. Aveva sempre saputo in cuor suo che non sarebbe stato così, che non era vero. L'unica bugia che le aveva detto, l'aveva raccontata anche a se stesso. «Non avrei mai dovuto accettare quella promozione» 
«E io non avrei mai dovuto lasciarti andare così facilmente, allora. Che senso ha? Ci è servito per capire e ora siamo qui e neanche io, Sabo. Neanche io ho mai smesso» ammise, mozzandogli il fiato che comunque non ci teneva a riprendere tanto presto a giudicare da come le si avventò sulle labbra. Ishley si aggrappò a lui, stordita sì, ma non al punto da non riconoscere l'ancestrale segnale di allarme che si attivava quando sentiva quel suono, prodotto da quella voce. 
«Ahwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww! Ommioddio, non mi fate neanche senso anche se siete etero, questo è pazzesco!» Ishley si staccò a fatica da Sabo, attraverso le nebbie che le oscuravano il cervello riusciva comunque a vedere solo lui. 
«Izou...»  
«Pen! Pen ha funzionato!!» 
Ishley avrebbe voluto protestare ma era complicato comporre più di due sillabe per volta o anche solo, per esempio, pensare. Senza contare che Sabo la stava stringendo e la stava riattirando a sé. 
«Izou che succ... Oh» 
«Pen-chan, hai visto?! Ha funzionato!» 
«Sì ho visto, Izou, ho visto abbastanza, perché non li lasciamo sol...» 
«Ma neanche per idea! Devo documentare!» 
«Ma che sta succeden... oh» 
«Kay, conosci un modo per farlo smettere?» 
«Uno forse sì ma non so se ti va a genio» 
«In che senso? Izou, piantala! Dagli privacy!» 
«Oh, Oh, Oh! Quanti bambini pessimi in questa stanza, ma non vi preoccupate, ho deciso di chiudere un occhio quest'an... oh wowowow ehi! Ehi! Ma che è, stanno facendo dry humping e non gli dite niente?» 
«Ma sono vestiti Kira!» 
«E allora? Izou ma smettila di fare foto! Monkey, ohi Monkey, datti una calmata, o lo chiudo a te un occhio!» 
«Kira, lasciali, si stanno ritrovando» 
«Mi sembra che si sono trovati benissimo Kay, possono smettere!» 
«Ma che hai fatto a Bepo?» 
«E perché la cesta dei regali è qui?» 
«Oh ma non potete essere seri? Sono Babbo Natale, no? Lo vedete il cappello!» 
Ishley si obbligò a riprendere aria e, con un sorriso sulle labbra che nessuno aveva più visto per un anno e due mesi, si girò senza lasciar andare Sabo a fare una panoramica della stanza, ora piena di vestiti, addobbi, schizzi, persone, un gatto e un cane. Vestito da renna. 
Bepo era decisamente vestito da renna, con un cerchietto con le corna d'alce assicurato dietro le orecchie e un naso da clown legato in qualche modo sopra il suo, la coda battente e l'espressione felice. Al suo fianco Kira con il costume da Babbo Natale, le sopracciglia e la barba di ovatta, e sotto braccio il cesto di vimini che avevano piazzato sotto l'albero dove posare i regali che si sarebbero scambiati quella sera. 
Ishley non riuscì a trattenere una risata, mentre incastrava la testa sotto il mento di Sabo e niente al mondo avrebbe potuto scalfire la sua gioia. Neanche Law che appariva sulla porta chiedendo di Bepo, individuava il proprio cane, l'ideatore del suo mascheramento e per finire minacciava Kira di morte lenta e dolorosa. Quella sera, potevano anche minacciare di morte il suo migliore amico, lei aveva altro a cui pensare. 
«Ma che fine hanno fatto ora?!» 
«Ci sono appena passati di fianco» mormorò piatto Law, andando a sedersi sullo sgabello dopo aver tolto il naso rosso a Bepo, senza però toccare il cerchietto. «Ish ha detto che ha il regalo di Sabo in camera» 
«E il tuo cappello invece dov'è finito Kira?» domandò Pen, sommamente divertito, soprattutto quando l'amico diede evidenti segni di non essersi neanche accorto di essere stato derubato di un pezzo fondamentale del suo costume, tanto era preso a discutere con Law. 
«Ma che...» 
«Credo servisse a Ish per fare il regalo a Sabo» avvisò Koala con un sorriso maliziosamente sereno. 
Forse dopotutto avevano avuto il loro miracolo di Natale anche quell'anno. Forse, non era neanche l'unico. 
«Va beh» sospirò Pen, quasi ghignando «Già che siamo qui e dobbiamo comunque aspettare la signora Claus e consorte...» estrasse da sotto il braccio di Kira un pacco lungo due spanne, avvolto in una luccicante carta verde bottiglia e con tanto di fiocchi e una piccola decorazione in legno a chiuderlo. «Buon Natale Izou» 
Koala non si sorprese neppure quando Law la trascinò sulle proprie ginocchia, tanto era assorbita dalla spettacolo del suo vecchio amico con espressione incredula e le mani che fremevano per prendere il proprio regalo. 
«Ma... ma Pen, avevi detto che non mi regalavi niente!» 
«Tu aprilo!» insistette Pen, stavolta con un vero e proprio sorriso, senza perdere di vista un solo movimento di Izou che apriva il pacco ed estraeva una scritta intagliata nel legno, decorata con motivi innegabilmente natalizi e, addirittura, con un minuscolo ramo di pino argentato attraccato alla prima lettera della scritta "Nothing". 
Izou stesse a fissarla qualche istante con occhi luccicanti, la bocca appena aperta, indeciso se ululare di gioia o scoppiare a ridere. 
«Ma... cioè!» scoppiò alla fine in una risata, lanciando le braccia al collo di Pen. «È stupenda!» esclamò, emozionato come raramente gli capitava persino a Natale. «E comunque, buon Natale Pen!» recuperò anche lui veloce un pacchetto dal cesto, porgendolo al diretto interessato che lo fissò per un lungo istante interdetto. 
«Izou non... andiamo! La mia è una scemata! Eravamo d'accordo di non farci niente!» 
«Ehi!» lo rimbeccò subito il moro. «Prova a ringraziarmi» 
«Cos...»
«Avanti!» 
«Ma non l'ho ancora neanche aper...»
«Pen!»
«Oh e va bene! Grazie, okay?!» 
«Oh ma figurati, non è niente» 
Pen sgranò gli occhi, l'interiore conflitto tra dargli dell'imbecille e semplicemente tirarselo addosso in un nuovo abbraccio perfettamente visibile sul suo volto. Almeno finché Kira, impaziente e curioso peggio di Lindbergh, non lo incitò ad aprire la scatola con coperchio, rivelando una stupenda coperta di splendida fattura, con motivi tribali. 
«L'ha fatta mia nonna, a mano» spiegò Izou, con affetto e orgoglio, lasciando Pen nuovamente senza parole per qualche istante. 
«Izou non puoi darla a me» 
«Certo che sì, è un regalo. È il tuo regalo Pen-chan» ribatté Izou, come se fosse una cosa così ovvia e normale che Pen si sentì quasi implodere di gioia. Avrebbe voluto dirgli che non serviva, che gli aveva già regalato il Natale, ma la verità era che voleva anche la coperta e godersi quella Vigilia e anche molti altri mattine, pomeriggi e sere a venire con Izou, e con tutti gli altri. 
Appoggiò con cura la scatola a terra e si lanciò su Izou, in un nuovo abbraccio, scaraventandolo insieme a stesso sulla mole di Kira, che li afferrò al volo e aggiunse le proprie braccia alle loro. Li guardò un momento stringersi forte, prima di alzare gli occhi verso Law e Koala, incrociando quelli della sua amica che, conoscendolo bene, sapeva che Kira stava per dire qualcosa di particolarmente profondo. 
«Ragazzi non so voi, a me tutta questa magia di Natale ha messo una gran fame» 
 
 
 
 
 
 
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EXTRA BONUS (non partecipa alla challenge)



25 dicembre 2020
trentaseiesimo giorno di lockdown - terza ondata
poco dopo mezzanotte



 

Si mosse con passo felpato attraverso il disimpegno, raggiungendo silenziosa la cucina, immersa nella quiete e nella penombra. L'unica luce veniva dai lampioni esterni che si rifrangevano sulla coltre di neve e anche l'intricato disegno di Izou dormiva pigramente, appeso alle ante della credenza. 
A Ishley non serviva più luce di così, né tanto tempo. Aveva un preciso obbiettivo e sapeva come e dove conseguirlo. Niente avrebbe potuto distrarla se non il buco nel muro delle due cucine ormai comunicanti da un mese. Il buco che aveva cambiato tutto o forse solo accelerato i tempi di qualcosa che sarebbe comunque successo. Forse erano l'euforia e l'amore, a parlare, ma Ish era certa che la pandemia sarebbe potuta durare ancora un altro anno, o altri due, e lei avrebbe comunque continuato a desiderare di tornare tra le braccia di Sabo, per tutto il tempo necessario perché potesse effettivamente accadere, come era effettivamente accaduto. 
Ma per quanto persa nel proprio mondo, non era stato esattamente il buco nel muro ad attirare la sua attenzione altrimenti focalizzata solo e soltanto sul tornare in fretta da lui. Ad attirare la sua attenzione era ciò che c'era dall'altra parte del buco. 
Calzettoni e felpa non sua, proprio come Ishley stessa, Koala era appoggiata al bancone ,della cucina adiacente alla loro, intenta a trasferire qualcosa da una ciotola più grande a una più piccola con in cucchiaio.
«Ciao Ish»
«Ciao Kay» 
Koala alzò gli occhi a sorriderle, godendosi per un attimo la visione della sua sorellina tornata finalmente tutta intera nell'anima. Poi, leggera come una fata, fluttuò di nuovo verso la credenza di quelli che in teoria dovevano essere solo i loro vicini, e recuperò un'altra ciotolina, anch'essa da riempire con ciò che c'era nella ciotola più grande. 
Ishley la osservò curiosa armeggiare e poi avvicinarsi al buco e a lei, per tenderle la ciotolina con un sorriso saputo. 
«La Nutella è finita. Se fa lo stesso, crema al mascarpone» 
Ishley spostò un paio di volte gli occhi dalla ciotolina a lei, senza neanche chiedersi come avesse letto così bene le sue intenzioni, anche perché era evidente che avessero avuto la stessa idea. 
«Ah se vuoi, prima di tornare in camera, Izou, Kira e Pen si sono addormentati abbracciati in salotto, mentre giocavano a Monopoli. C'è anche Bepo» 
«A tenerli d'occhio?» sogghignò divertita, in risposta al sorriso dell'amica.
«Precisamente» le accarezzò dolcemente una guancia. Era così bello vederla così felice. «Buon Natale, Ish» 
Ishley la guardò, gli occhi limpidi di serenità. «Grazie, Kay. Buon Natale anche a te» 
 
 
 
 
 
 

Angolo autrice: E anche quest'anno siamo giunti alla fine di questa run natalizia. È stata, più dell'anno scorso, un'emozionante corsa contro il tempo e, sì, la challenge è finita ma la storia ancora no. Se riesco, vorrei scrivere un capitolo per capodanno, ma siccome non ho la sfera di cristallo, preferisco ringraziare ora tutti quelli che mi hanno supportato.Un grazie ad Anna e a Sara e ai loro immancabili commenti. Vi rispondo eh, promesso! Voi non disperate. Un grazie a Zomi e a Jules, con cui si condivide molto di più che semplice fangirl e idee. Un grazie al FairyPiece, che rende possibile ogni anno questa iniziativa. E un grazie a tutti quelli che sono passati di qua, anche se non vi conosco e non so chi siete. E a tutti voi, spero davvero, buon Natale. Un bacione. Page.

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Capitolo 8
*** Jumanji ***


JUMANJI
31 dicembre 2020
quarantaduesimo giorno di lockdown - terza ondata



 

Il silenzio regnava sovrano in cucina, interrotto solo dal ticchettio dell'orologio e dal crepitio dei fornelli, mentre Pen annuiva a cadenza più o meno regolare, spaventosamente controllato visto chi era l'interlocutore dall'altro capo del filo. 
O forse era più giusto l'interlocutrice. 
Dopo quasi tre anni, Kira ancora non sapeva quale fosse il genere corretto per riferirsi a lei, il loro indiscusso incubo quando piombava lì in visita non annunciata, perché semplicemente era in zona.
Non che fosse una cattiva padrona di casa. Tante cose si potevano dire di Iva ma non che non fosse una fortuna vivere come affittuari in una delle sue proprietà.
Era invadente, certo, e quando distribuivano la discrezione lei era chiaramente in fila da un'altra parte, ma di certo non dove elargivano il buon gusto. 
Ma invitarla a fermarsi a cena non era poi tutta questa pena e, anzi, le serate con lei forse erano drenanti ma anche molto divertenti. 
Law, Sabo e Pen non avevano ancora avuto modo di provare l'ebbrezza di una sua improvvisata e non era dato sapere quando sarebbe stato possibile. Il lockdown, per il momento, non era ancora stato revocato. 
E forse anche per questo Pen si era senza paura offerto di prendere contatto con la loro eccentrica padrona di casa, per porre quella richiesta, che persino Koala non era così sicura di riuscire a spuntare. 
Nonostante tutte la carte che avevano deciso di giocarsi, soprattutto quella dell'amore e della famiglia allargata che non voleva rinunciare a vivere tutta insieme, non erano così sicuri che la follia di Iva avrebbe assecondato la loro di tenere, allargare, sistemare il buco nel muro. 
Di riconvertire la bifamiliare in un'unica grande casa. Decisamente troppo grande per sette coinquilini, nonostante il gatto e il cane, ma l'obbiettivo era spuntarla senza rischiare aumenti di affitto. 
Per questo Pen si era sacrificato per la causa e, pur non del tutto consapevole di a cosa stava andando incontro, era per tutti un eroe. Nonché un architetto, in grado di rassicurare Iva sulla riuscita delle modifiche senza la necessità di farle sborsare un centesimo, con conoscenze al catasto così da mettere in regola le modifiche senza bisogno di troppe scartoffie e, forse, con un personale interesse a portare a casa il risultato. 
Kira avrebbe voluto non farsi i film mentali a riguardo, sapeva che forse era solo condizionato da come li aveva trovati la notte di Natale, quando si era svegliato in poltrona all'alba delle tre. Era sicuro che al momento del crollo fossero ai capi opposti del divano, ragione per cui non si spiegava come fossero poi finiti con Izou avvinghiato a una gamba di Pen e una mano di Pen tra i capelli di Izou, se non per una consapevole e razionale scelta di almeno uno dei due. 
E certo sarebbe bastata la sola iniziativa di Izou ma Kira non era poi così sicuro di essersi solo immaginato il fatto che Pen, dal giorno dopo in poi, sembrava orbitare intorno al loro amico in modo molto diverso da prima. 
Si rese conto di non aver neanche sentito i convenevoli di saluto a fine telefonata, quando Pen abbassò il telefonino, un'espressione estremamente seria in volto, di fronte a cui i quattro presenti trattennero il fiato e Bepo continuò ad ansare. 
«Beh...» Pen si passò la mano nel ciuffo rosso e perennemente spettinato, prima di accecarli con uno smaglianote sorriso «Ha accettato» 
Urla di giubilo si levarono nella cucina, che aveva interrotto i preparativi del veglione solo per il tempo di quella telefonata, probabilmente stata la più importante di tutto l'anno. Per Pen non sembravano esserci dubbi al riguardo, visto con quanta euforia stava spiegando tutto quello che c'era da fare per trasformare il buco in una porta affinchè ne venisse un bel lavoro. E anche da come aveva abbracciato Izou quando gli era piombato addosso per festeggiare. 
«Poi possiamo provare a convincerla a trasformare le quattro singole di qua in due matrimoniali. Ho già controllato, non sono muri portanti»
«Hai già controllato?» 
«Sì! Dai sarebbe più comodo per te e Sabo e anche per Law e Kay» 
«Non gli dici niente?» la guardò Ishley, provocandola deliberatamente su quella faccenda per cui, a detta loro, non stavano insieme, ma Kay si limitò a stringersi nelle spalle. 
«Effettivamente Law è alto due metri, non sarebbe male la camera matrimoniale» 
«Ma sì, tutto è fattibile se abbiamo il permesso. E beh, ovviamente Kira e Izou si potrebbero spostare già a prescindere al posto di Law e Sabo» continuò a parlare a raffica Pen «Forse dovremo anche montare una porta qui, per non dover modificare la metratura della casa al catasto, ma mi conviene sentire Opera, anzi lo chiamo subito così gli faccio anche gli auguri di buon anno» decise, riprendendo in mano il cellulare. 
Kira lo osservò una manciata di istanti, così concentrato a cercare il numero del suo collega o chiunque fosse il tizio in questione. Il tutto con Izou ancora aggrappato al collo e un proprio braccio intorno alla sua vita. 
Okay, no, non era la sua immaginazione, ormai ne era certo ma se c'era un buon momento per trovare conferma, l'istinto gli stava suggerendo di sfruttare proprio quello.
«Izou nella camera adiacente alla tua, giusto?» domandò con nonchalance, Kira.
«Si, lo pensavo anche io» annuì Pen, chiaramente poco attento a filtrare i pensieri a cui stava dando voce e Kira sorride beffardo. 
«Così se mai farete anche voi la matrimoniale, è già dalla parte giusta e poi se non sbaglio c'è la porta comunicante» 
«Esatto! Kira ma che fai, mi leggi nel pensiero?!» gli sorrise del tutto ignaro, mentre portava il cellulare all'orecchio. «Scusate eh. Torno subito» avvisò, pronunciando le ultime due parole guardando Izou e probabilmente rivolte solo a lui che, comunque, non aveva l'aria di essere in grado di recepire nulla e sembrava aver preso una tegola in testa. 
Il silenzio tornò tombale in cucina, mentre Koala, Kira e Ishley si scambiarono occhiate sapute, soddisfatte e divertite, in attesa che Izou ritrovasse la facoltà di parlare ed esprimersi. 
«Secondo voi dovremmo fare qualcosa?» 
«Tipo, sirenetta?» 
«Non so, provargli i riflessi, chiamare un'ambulanza, porre fine alle sue sofferenze come in "Qualcuno volò sul nido del cuculo"» 
«Dagli fiducia, Ish» 
«Scusate» mormorò proprio in quel momento Izou, quasi ad avallare le parole di Koala. «Voi avete sentito? Ha detto... Ha-ha detto quello che io penso che abbia detto?» 
«Dipende da cosa pensi abbia detto» non riuscì a trattenere un sorriso Ishley, guadagnandosi un'occhiata assassina. 
«A te stare con l'avvocato fa male, e non pensare che non mi sia accorto che mi hai dato del lobotomizzato! Ragazzi! È una situazione di emergenza!» 
«Izou non temere, amico. Sono assolutamente disponibile a cedere a Pen il tuo bacio di mezzanotte, eh quanto sono magnanimo!» 
L'espressione di Izou virò dall'urgente alla calma zen, passando per l'incredulo, mentre si rendeva conto di quanto semplice fosse la soluzione al suo dubbio e, soprattutto, che di tutti era stato Kira a suggerirgliela. Forse i miracoli accadevano anche a Capodanno. 
«E, mh, quanto manca a mezzanotte?» si schiarì la gola con consumata classe.
«Sette ore e un quarto»
Izou fissò Koala, che a sua volta fissava l'orologio della cucina, fece un lieve cenno di assenso con il capo e, dopo un profondo respiro e senza una parola, partì a passo di marcia attraverso il buco e verso l'altra metà della casa. 
«Si vede che sette ore e un quarto erano troppe» fece spallucce Koala.
«Decisamente» 
«Sette ore magari resisteva, ma sette e un quarto...» 
«Che succede a Izou?» Law si palesò da dove Izou si era appena dileguato, un piccolo involto di stoffa stretto in mano. 
«Non ha resisto ad aspettare mezzanotte» 
Law fissò Ishley a sopracciglia aggrottate prima di decidere che come risposta gli andava bene, anche se non era affatto una risposta e rivelare cosa teneva in mano, aprendo davanti a sé i boxer rossi con l'alce in velluto. «Eugene, questi non sono tuoi? Erano nella nostra lavatrice» 
«No Trafalgar, non sono più miei» si svaccò di più sulla sedia, Kira, le dita intrecciate sulla nuca. «Pen me li ha chiesti e siccome io non li uso...» 
«Pen te li ha chiesti» ripeté Law, stavolta con un sopracciglio alzato, e Kira annuì una conferma. 
«Quando?» si incuriosì Koala
«Ma soprattutto perché?» 
«A questo punto sono piuttosto certo per fare una sorpresa a Izou» 
Il secondo sopracciglio di Law andò a fare compagnia al gemello inarcato, mentre tutte le informazioni andavano a posto e il moro si dirigeva al tavolo, più precisamente alla sedia libera accanto alla sua non-fidanzata. 
«Quand'è così...» mise da parte i boxer ben piegati e si sporse a baciare Koala sulla nuca, prima di svaccarsi a sua volta. «Certo, forse a questo punto dovrei avvisare Sabo di non entrare in camera di Pen senza b...»
«Oh merda! Scusate!» 
«Troppo tardi» scrollò le spalle con un ghigno fin troppo divertito, in attesa di vedere apparire l'ultimo membro non ancora giunto all'appello, occhi sgranati, sorriso tra il sorpreso e il compiaciuto, capelli perfettamente a posto.
«Ma voi avete idea di cosa succede di là?» indicò con il pollice verso il buco. 
«Ci affidiamo a delle molto accurate supposizioni» rispose Ishley, già tesa sulla sedia come ogni volta che Sabo entrava nel suo campo visivo. Sabo che le sorrise con quel sorriso che sempre le rivolgeva quando Ishley diceva qualcosa di perspicace. O qualcosa in generale. O se respirava nella sua direzione. O in qualunque altra direzione. 
«Ciao amore» veleggiò verso di lei per salutarla, come se non fossero stati insieme fino a due ore prima e Ishley scivolò subito sul bordo della sedia, per lasciargli abbastanza spazio da sedersi tra lei e lo schienale. 
«Che ci facevi in camera di Pen?» indagò divertita, Ishley, baciandolo sulla mandibola. 
«Volevo chiedergli se aveva parlato con Iva e prendere Jumanji per stasera» 
«Jumanji?» 
«Ma non si gioca in quattro?»
«Possiamo giocare a coppie» 
«O magari non serve, dipende se quei due partecipano» sgranò gli occhi Sabo, quasi a voler trasmettere in proiezione olografica ciò a cui aveva accidentalmente assistito. 
«Secondo me partecipano» fece spallucce Law. «Se a qualcuno esce la mandria imbizzarrita, si occupano del supporto acustico» 
«Law!» 
«Amico, sei irriconoscibile» sghignazzò Sabo. «Cosa si deve fare per averti sempre così?» 
«Io una mezza idea ce l'ho, ma non so se sei disponibile per quando Kay non può farlo» ammiccò verso di lui Kira, beccandosi una gomitata da Koala che però sorrideva eloquente e tantomeno stava negando. 
«Quindi voi ci state per una partita?» 
«Io sì, sai mai che riusciamo a finire il gioco per mezzanotte e salvarci per l'anno prossimo» 
«Grande Kay, questo è lo spirito giusto!» 
Sabo si sporse verso di lei per un cinque ma si bloccò con il braccio a mezz'aria quando, annunciato da un passo lievemente incespicante, Izou si ripresentò in cucina. Scarmigliato, stropicciato e trasognato. 
Nel più totale silenzio, calato per la terza volta e interrotto solo dal borbottio del pentolame, Izou si riavvicinò al tavolo e ci si sedette, sotto lo sguardo attento degli amici, di Bepo e di Lindbergh che si era elegantemente, quanto silenziosamente, acciambellato su un ripiano della cucina. 
«Beh?!» sgranò gli occhi il moro, dopo quasi dieci secondi di analisi. 
«Dovremmo essere noi a dirlo a te» 
«Sei sicuro di stare bene?»
«A giudicare da come sorride, io dico che sta benissimo» 
«Si ma dov'è Pe...» 
«Ehi ragazzi!» interruppe la domanda su se stesso Pen. Che non era più scarmigliato del solito, ed era difficile dire se la sua felpa fosse più in disordine di poco prima, ma qualcosa in comune con Izou, e che era diverso da poco prima, c'era ed era il sorriso stampato sulla sua faccia. Un sorriso che non mancò di contagiare tutti, mentre Pen sollevava una scatola di legno con fierezza. «Allora stasera Jumanji?!» 
 
 
 
 
 
 

Angolo autrice: Sono in spaventoso ritardo rispetto ai miei piani, ma purtroppo non sono riuscita a fare di meglio. Sono almeno felice di approfittarne per dirvi che spero abbiate passato buone feste, e per dire ad Ann11na che, anche se a questo capitolo avevo già pensato, se ho avuto lo slancio finale di scriverlo così lo devo alla tua recensione e in particolare al riferimento ai due cuori qui protagonisti. Quindi grazie infinite, davvero, per aver speso quel tempo per me e avermi dato la voglia necessaria per lanciarmi in questa cosa. Ti sono grata, come anche a Zomi e Jules, a costo di ripetermi, e a tutto voi che siete arrivati fin qui. Un bacione. Page.

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