Voglia

di PapySanzo89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cuore o pesca ***
Capitolo 2: *** Singhiozzo ***
Capitolo 3: *** Ma di testa ***



Capitolo 1
*** Cuore o pesca ***


Personaggio A vede per la prima volta Personaggio B nudo, e sul suo corpo trova un dettaglio terribilmente carino

 

Il gruppo Facebook lo trovate qui: https://www.facebook.com/groups/337102974212033, non siate timidi e venite a dare un’occhiata uwu

 

 

 

 

 

 

 

John sale le scale il più velocemente possibile destreggiandosi fra le borse della spesa e quelle delle medicine, sa meglio di chiunque altro che lasciare Sherlock a casa da solo in condizioni simili non giova a nessuno e si sentirà più tranquillo solo quando lo avrà sotto gli occhi.

Contrariamente a quanto ci si possa aspettare da un individuo come Sherlock (incline al non dormire per giorni interi, mangiare pochissimo e correre per tutta Londra in maniche di camicia a dicembre) il consulente non è incline ad ammalarsi spesso (John vorrebbe poter condurre degli esperimenti a riguardo e in cuor suo teme che Sherlock ne sarebbe pure entusiasta) ma quando succede ovviamente non può essere qualcosa di tranquillo come un banale raffreddore, no. Ovviamente deve essere un’influenza in piena regola, fatta di montagne di fazzoletti smoccolati lanciati in giro nella stanza (fortunatamente quella di Sherlock, perlomeno non deve avere germi sparsi per casa), febbre quasi a 40, tosse, catarro, brividi, mal di testa, senso di nausea (con conseguente vomito, mica ci si può aspettare solo il senso di nausea) e vertigini.

Insomma: quando Sherlock Holmes decide di fare qualcosa la fa sempre in grande.

John apre la porta dell’appartamento e tende un orecchio verso camera di Sherlock mentre appoggia le buste sul tavolo della cucina. Non ci sono starnuti o colpi di tosse e John prende questo come un buon segno ma non c’è nemmeno il russare che ormai è diventato una costante quando il consulente dorme (e questo non lo ammetterà mai ad anima viva ma la prima volta che ha trovato Sherlock nel mondo dei sogni, sfinito dalla malattia e con il naso completamente tappato dal raffreddore a russare sonoramente, lo ha trovato in qualche modo tenero e si è ritrovato a provare un po’ di pena per lui -e ciò non è avvenuto prima solo perché Sherlock è riuscito a comandarlo a bacchetta pure da malato) e si domanda cos’è che può tenere Sherlock sveglio e occupato quando dovrebbe già aver iniziato a chiamare John  a gran voce per la noia dell’esistenza terrena e dell’essere confinato in quel letto.

“Sherlock?” domanda a voce non troppo alta in modo tale da non disturbarlo (Dio non voglia!) se l’altro sta veramente dormendo.

Non c’è nessun tipo di risposta e John si avvicina aprendo di poco la porta socchiusa e dando un’occhiata all’interno: il letto sfatto è la sola cosa che gli dà il benvenuto, del consulente investigativo non c’è nemmeno l’ombra.

John spalanca la porta e urla il nome dell’altro come se potesse davvero servire a qualcosa e si guarda freneticamente attorno, uscendo poi dalla stanza e notando che cappotto e sciarpa sono ancora appesi all’ingresso (anche se purtroppo questo non conferma nulla) e il cellulare è in carica sul ripiano della cucina dove lui stesso lo aveva messo quella mattina per tenere lontano Sherlock da eventuali distrazioni. E Sherlock avrebbe anche potuto uscire di casa con 40 di febbre e senza cappotto, ma non sicuramente senza cellulare.

 

John apre la porta del bagno senza troppe cerimonie e Sherlock è lì, addormentato con la testa ciondoloni di lato nella vasca.

 

Lestrade non lo considererebbe nemmeno omicidio, John è sicuro di poterla passar liscia questa volta, potrebbe uccidere Sherlock Holmes ed è sicuro che una giuria di suoi pari gli darebbe ragione e pure una pacca sulla spalla perché a John è quasi venuto un infarto a vedere questa scena e non trova giusto continuare a vivere così.

 

Fa dei respiri profondi per calmarsi e apre e chiude i pugni perché gli prudono le mani e pensa a ogni modo possibile e immaginabile per svegliare Sherlock passando dal gettarlo malamente sott’acqua ad urlargli nelle orecchie che se gli rifà nuovamente una cosa simile è la vera volta che lo ammazza.

Ma la respirazione funziona (perlomeno non ha più intenti omicidi) e si avvicina alla vasca in due falcate portando lo sguardo su uno Sherlock dormiente.

Sherlock, le guance arrossate probabilmente dalla febbre ancora non scesa, non si accorge nemmeno della mano di John che va a toccargli la fronte (decisamente troppo calda) e John si preoccupa del tempo che Sherlock è rimasto immerso in quell’acqua perché la temperatura non è esattamente delle più invitanti.

“Un’ora. Sono stato via un’ora e cosa diavolo del stai a letto e riposa non era abbastanza chiaro?” John sbuffa sonoramente e prova a svegliare Sherlock con un leggero scossone, Sherlock non fa niente di più che lamentarsi con un mugugno. John sbuffa più sonoramente.

“Avrò bisogno di un po’ di collaborazione qui” si toglie il cappotto e lo getta malamente sul lavandino, tirandosi poi su le maniche del maglione e scuotendo nuovamente Sherlock, questa volta chiamando il suo nome a voce un po’ più alta.

Sherlock sbatte le palpebre un paio di volte e poi si volta in sua direzione e rimane qualche istante a fissarlo, come a cercare di metterlo a fuoco. “John?” chiede, perché evidentemente John non è già abbastanza preoccupato delle sue condizioni, adesso ci si mettono pure le domande ovvie di mezzo.

“Sì, John. Il tuo dottore. Coinquilino. Migliore amico. Quello che ti ha chiesto di stare buono per il tempo di andare a fare la spesa ed è stato completamente ignorato per fare un bagno

Sherlock non sembra minimamente colpito dalla cosa e John non si sorprende nemmeno più.

“Puzzavo” si difende l’altro, come se questo bastasse, come se avesse in qualche modo senso.

John scuote la testa ma lascia perdere perché non ha davvero le energie per questo.

“Perfetto. E adesso lasciami indovinare, non riesci nemmeno ad alzarti?”

Sherlock lo guarda con aria di sfida (come può fare un uomo con un febbrone da cavallo) e alza il mento. “Esattamente”

John ride perché davvero non può fare altro.

“Allora, al mio tre cerca di darti una spinta” dice mentre va a coprire il water con un asciugamano di modo che Sherlock non si sieda direttamente sulla plastica fredda e poi si chiana in avanti sul detective mettendogli le braccia sotto le ascelle.

“Pronto?”

Sherlock annuisce lievemente e John sa che non potrà pretendere chissà quale sforzo dall’altro.

“Uno… Due…” al tre Sherlock cerca di darsi una spinta reggendosi con le mani sui bordi della vasca ma tutto ciò che riesce ad ottenere è lasciarsi cadere direttamente su John con ben poca grazia, fortunatamente il dottore se lo aspettava e regge il suo peso come niente fosse, aiutandolo poi il più velocemente possibile ad uscire dalla vasca e a sedersi sul water per poi coprirlo con l’accappatoio.

Sherlock è sfinito e John vorrebbe dirgliene di nuovo quattro ma si morde la lingua, almeno per adesso.

Ed è così che la nota, completamente a caso, mezza nascosta dall’accappatoio, una piccola voglia che assomiglia terribilmente a un cuore sulla parte bassa del fianco di Sherlock (e se deve essere del tutto onesto con se stesso i suoi occhi non dovrebbero essere a quell’altezza) e per qualche secondo rimane lì a fissarla, come rincretinito, finché Sherlock non starnutisce e si chiude a riccio nell’accappatoio e a quel punto John si dà dell’idiota per averlo lasciato lì al freddo.

Dà una mano a Sherlock ad asciugarsi e vestirsi e poi lo riaccompagna in camera facendolo distendere e coprendolo col piumone fin sotto il mento.

“Vado a farti del tè, poi cercherai di mangiare almeno un paio di biscotti secchi e prenderai le medicine, siamo d’accordo?”

Sherlock non fa in tempo ad annuire che si è già addormentato. John sorride tra sé e sé e va a mettere su l’acqua per il tè.

 

***

 

Adorabile.

E cerca di non pensarci.

Adorabile.

E cerca di pensare a un sinonimo che non lo faccia sembrare un teenager alla prima cotta.

Adorabile.

E a quanto pare non riesce a pensare a nessun altra parola abbastanza calzante. Perché una voglia a forma di cuore è adorabile ma adorabile non è una parola che si associa bene a Sherlock Holmes.

O, per meglio dire, non dovrebbe farlo. Ma quante volte John si è ritrovato a pensare che Sherlock sia adorabile? (Indizio: troppe), quante volte si è ritrovato a fissare il consulente investigativo e a trovare il suo broncio adorabile? (troppe), i suoi capelli ingestibili? (troppe), i maledetti zigomi alti? (troppe), le mani lunghe e sottili? (troppe), il sorriso che gli rivolge ogni volta che risolve un caso e John è lì ad ammirarlo? (è già stato detto ‘troppe’?)

E ovviamente vuoi che Sherlock non abbia un’adorabile voglia a forma di cuore sul fianco?

John è sicuro che non ci dormirà la notte.

 

***

 

“John, ho mal di testa e tu stai pensando troppo rumorosamente, se vuoi te la faccio vedere di nuovo, basta che smetti di pensarci”

Sherlock, un bozzolo fatto di coperte e fazzoletti, si rannicchia contro il fianco del dottore che è seduto a letto (sopra le coperte) con un libro in mano accanto a lui perché ‘John, mi annoio, tienimi un po’ di compagnia’.

Il libro è fermo sulla stessa pagina da più di mezz’ora e John ha letto la stessa riga dieci volte prima di concedere la sconfitta e ricominciare a pensare alla voglia di Sherlock.

Questo però non vuol dire che lo ammetterà mai ad alta voce.

“Di cosa parli?” chiede infatti, chiudendo il libro e scostando di lato i capelli un po’ troppo lunghi del consulente per sentirgli ancora una volta la fronte, finalmente un po’ più fresca. Sherlock chiude gli occhi al tocco e si sporge un po’ verso la mano del dottore che non gli nega niente e gli fa un due coccole, anche se abbastanza stranito dalla cosa.

“Della voglia. E tu lo sai benissimo. Quella a forma di pesca”

“Di cuore”

Gli occhi del consulente si aprono e si fissano in quelli di John.

“Pesca”

“Cuore”

“Pesca”

“Cuore”

“E poi dici di non essere sentimentale”

“Non è questione di essere sentimentali, Sherlock, è evidentemente un cuore” come lo si potrebbe confondere con una pesca, per John, è incomprensibile e perché diavolo ne stanno discutendo?

“Chiederemo l’opinione di una terza parte e vedremo chi avrà ragione”

“Non credo che faremo niente del genere, no” e la mano di John che stava accarezzando i capelli di Sherlock si ritrova improvvisamente sulla schiena di quest’ultimo a stringerlo possessivamente contro di sé.

Ma Sherlock sta male e forse può farlo passare per un gesto casuale, forse può…

Ma lo sguardo che gli lancia Sherlock non ha niente dello sguardo febbricitante di qualche giorno prima e John sa che si è rovinato con le proprie mani. Un braccio di Sherlock esce dalle profondità delle coperte e va a cingere il fianco di John e un sorriso sornione che non promette nulla di buono si fa largo sul viso del detective.

Sì, John è decisamente fregato, ma forse questa volta nel modo migliore.

 

***

 

“Pesca”

“Cuore”

 

 

 

 

Fine.

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Capitolo 2
*** Singhiozzo ***


Personaggio A ha il singhiozzo. Per ore. Giorni.

 

 

 

 

 

Tutto ha inizio su una scena del crimine.

È una tipica giornata uggiosa di marzo e nessuno si aspetta nulla di diverso da Londra e tutto sta andando a meraviglia.

O questo almeno si può dire dal punto di vista di Sherlock che corre allegramente avanti e indietro sulla banchina del fiume e osserva tre cadaveri che non hanno apparentemente nulla in comune tranne il fatto che a tutti mancano i calzini. Meno felice è John, costretto giù dal letto alle tre del mattino dopo dieci ore di turno in ambulatorio per coprire una collega e adesso infossato fino a metà polpaccio nel fango per dare uno sguardo più da vicino ai corpi perché Vossignoria aveva dei dubbi e non sia mai che si sporchi le costose Oxford appena comprate (e sia mai che faccia una spesa siccome ha soldi da buttare ma è un discorso che hanno fatto più volte e a quanto pare il buon gusto non è cosa per tutti, John. E chissà se il buon gusto si può mangiare per cena).

Fatto sta che Sherlock ha un’illuminazione e finalmente tutto gli diventa chiaro, tutto si collega, tutto ha finalmente senso.

“Lestrade!” urla anche se il DI è a nemmeno un metro da lui e il pover’uomo si avvicina, un caffè bollente in mano perché è sveglio da troppe, davvero troppe ore e non ha più l’età o le energie per stare dietro a Sherlock a quell’ora del mattino.

John si avvicina quasi trotterellando e Sherlock trova la scena adorabile ma tiene la cosa per sé e si riconcentra sul caso. Siccome sa che John è terribilmente stanco sarà magnanimo e farà meno l’esibizionista del solito (anche se questo toglie gran parte del divertimento, ma per John…), e non dovrebbero forse dargli un premio per miglior compagno dell’anno solo per quello? Sherlock è convinto di sì.

“Il caso è piuttosto semplice, oserei dire banale”

“Hic”

Il suono distrae Sherlock che si volta verso John che si è messo una mano davanti la bocca e lo guarda ad occhi spalancati come se avesse commesso un terribile oltraggio.

Sherlock lo guarda storto per qualche istante e poi torna a rivolgersi a Lestrade.

“Pensavamo non fossero collegati ma-”

“Hic”

“-è evidente la natura della loro-”

“Hic”

“-unione che deriva dal fatto che nessuno-”

“Hic”

“-indossi-”

“Hic”

“JOHN!”

 

***

 

Il singhiozzo di John continua per diverse ore e Sherlock si sente diviso tra la preoccupazione e la voglia di tappargli le vie respiratorie per sempre. Sono tre giorni che non dorme tra vari esperimenti e il caso di quella notte e adesso che è stato risolto e non ha più esperimenti da fare il suo corpo vuole solo riposare ma il continuo singhiozzare di John non glielo permette. E John non è un idiota e se ne accorge e inventa una scusa per lasciare la camera da letto e andarsene in soggiorno da solo con il suo singhiozzo, Sherlock si sente talmente in colpa che lo raggiunge, mette su il bollitore per fare il tè e va a circondare le spalle di John con un braccio portandolo a sé e con l’altro apre Chrome sul telefono e cerca dei rimedi contro il singhiozzo.

 

***

 

Rimedio numero uno: Fare prendere uno spavento/cogliere di sorpresa chi ha il singhiozzo.

 

Beh, questo consiglio certamente non è stato scritto da qualcuno che aveva come paziente un ex-medico militare.

 

Sherlock alza gli occhi dallo schermo del telefono e li porta a John, seduto pacificamente sulla sua poltrona mentre non riesce nemmeno a bere il suo tè  per colpa dei tremori dovuti al singhiozzo, e pensa a cosa potrebbe succedere se solo provasse a spaventare John.

Nel migliore dei casi si ritroverebbe con un naso rotto, nel peggiore John -colto di sorpresa- prenderebbe la pistola e gli sparerebbe.

Nessuna delle due gli sembra una grande idea.

Però… coglierlo di sorpresa…

Sherlock si alza dalla sua poltrona e appoggia il telefono sul tavolino, John alza gli occhi dalla tazza di tè per guardare cosa sta facendo l’altro ma vedendo che il consulente non fa niente di particolare posa di nuovo gli occhi sulla tazza come a far sì che questa resti ferma il tempo necessario per bere un tè ormai tiepido, e Sherlock ne approfitta per avvicinarsi e quando John meno se lo aspetta lo prende per il colletto della camicia. lo trae a sé e lo bacia. E se John non resta sorpreso da questo… Ma John semplicemente lo guarda, sorride e gli occhi fanno quella strana cosa che sanno fare solo gli occhi di John e sembrano illuminarsi (e qui è Sherlock che si sorprende, come ogni volta che John lo guarda in quella maniera perché è così… intensa) ma alla fine singhiozza di nuovo.

 

Sherlock torna a sedersi in poltrona e mette il broncio.

 

***

 

“Sei sicuro di non aver sollevato maiali quando non ti stavo guardando?”

“Sì, Sherlock, ne sono abbastanza sicuro. E dove diavolo avrei potuto trovarlo un maiale su una banchina in pien- hic- in pieno centro città?”

“Non lo so, tu riesci sempre a sorprendermi, sicuramente avresti potuto fare anche una cosa del genere”

John lo guarda per qualche istante come colpito da quello che Sherlock ha appena detto (perché?) e poi gli sorride, felice.

Sherlock sente qualcosa scaldarglisi nel petto e se lo sente che sta per aprire bocca e dire una di quelle cose assolutamente smielate e prive di ogni logica.

Ma John singhiozza di nuovo.

Cielo, se dovranno andare avanti vent’anni in quella maniera dovrà iniziare a portare i tappi per le orecchie.

 

***

Rimedio numero due: bere un bicchiere d'acqua a piccoli sorsi

 

Va bene, forse non è stata un’idea brillante fare bere a John quasi tre litri d’acqua (e ora John dopo il singhiozzo si ritrova pure attaccato alla porcellana del water a vomitare) ma a sua discolpa sembrava che la cosa stesse funzionando e John nemmeno lo ringrazia per gli sforzi che sta facendo nell’aiutarlo.

 

Sherlock si siede accanto al water con lui e gli massaggia la schiena mentre John riversa tutta l’acqua dello stomaco nel gabinetto.

 

 

***

Rimedio numero tre: trattenere il fiato il più a lungo possibile

 

“John, sappiamo entrambi che puoi fare di meglio!”

John, dopo il secondo tentativo fallito di trattenere il respiro, lo guarda col fiatone e Sherlock non è del tutto sicuro di trovare rassicurante quello sguardo.

“Se non ti conoscessi meglio, crederei che stai -hic- tentando di amm -hic- ammazzarmi” poi sembra riflettere su ciò che ha appena detto “Aspetta, in realtà non -hic- sono poi così sicuro del contrario”

Sherlock alza gli occhi al cielo e si siede accanto a lui sulla sedia in cucina.

“Proviamo ancora una volta” dice, mentre gli viene un’idea che potrebbe collegarsi benissimo col il rimedio numero uno (e John in quel momento non ha una pistola, quindi al massimo si può ritrovare con un naso rotto, ma a questo punto piuttosto di sentire un altro singhiozzo il naso rotto gli va benissimo)

John fa un respiro profondo e poi un altro e alla fine trattiene. Contano entrambi venti secondi e quando Sherlock vede che John sta per cedere allunga le mani e va a tappargli naso e bocca portandosi dietro la schiena di John così da non poter essere colpito facilmente.

John si dimena, tira delle gomitate ma Sherlock incassa i colpi con molta dignità.

Alla fine John gli sviene tra le braccia (Sherlock farà ammenda per questo ma è sicuro che anche John concorderà sul fatto che ne è valsa la pena con il singhiozzo finalmente fuori dalle loro vite dopo ore di sofferenza) e Sherlock lo distende sul divano, alzandogli le gambe sul bracciolo.

Il consulente lo guarda mentre pian piano John rinviene e un sorriso si fa largo sul viso di Sherlock

“Giuro su -hic- Dio che -hic- questa -hic- me la -hic- paghi!”

 

Sherlock è quasi tentato di gettare la spugna.

 

***

 

Sono dodici ore, trentadue minuti e ventiquattro secondi che John ha il singhiozzo e Sherlock è ormai convinto che l’unica cosa possibile da fare sia andare in ospedale.

Guarda John seduto sul divano con le occhiaie marcate, le spalle chine in avanti di stanchezza e il petto che sussulta ad ogni singhiozzo e Sherlock si sente stringere il petto.

Si siede per terra davanti a John e gli prende le mani, accarezzandole.

“Vuoi provare -hic- un altro rimedio trovato su internet?” John solleva un angolo della bocca e Sherlock solleva una mano per accarezzargli i capelli. John indugia su quel tocco e cerca di fare un sospiro profonda ma viene bloccato da un ulteriore singhiozzo.

“John, credo sia il caso di andare in ospedale”

Il dottore allora sospira (e questa volta ci riesce) ma non dice niente. Sherlock sa benissimo che -da paziente- John sopporta male gli ospedali quanto lui.

“Stavo pensando la stessa cosa” risponde dopo qualche istante, ben consapevole di non volerci andare.

Si alzano entrambi e vanno in camera a cambiarsi.

Sherlock sente gli occhi di John addosso non appena si toglie la maglietta e si volta verso di lui, le sopracciglia alzate e un mezzo sorriso.

“Ti pare il momento?” dice, anche se per la verità anche per Sherlock ogni momento è un momento buono per certe attività ricreative.

John sorride e gli si avvicina, cingendogli i fianchi.

“Volevo solo vedere il mio cuore porta fortuna”

“È una pesca!”

John rotea gli occhi.

“È un cuore, lo sai tu e lo so io e chiamerò tua madre per avere man forte su questo”

Sherlock sbuffa e lascia perdere la questione (per il momento) perché ci son cose più urgenti da portare a termine.

Ed è solo dopo qualche istante che si accorge del silenzio che regna in camera e del fatto che John sia riuscito a dire due frasi di fila senza singhiozzare.

Rimane in silenzio ancora qualche istante mentre John lo guarda con aria scettica, come non capendo cosa stia succedendo.

E dopo qualche altro istante Sherlock pare perdere la pazienza.

“Davvero? Bastava questo?!” dice indicandosi la voglia e poi John che se ne sta pacifico con le mani ancora attorno ai fianchi di Sherlock.
John fissa la voglia e poi gli occhi di Sherlock.

“Visto, dev’essere per forza un cuore, fa miracoli!”

Sherlock alza gli occhi al cielo e decide che siccome sono entrambi mezzi svestiti tanto vale continuare e vestirsi del tutto.

John non sembra avere rimostranze.

 

***

 

“Cuore”

“Pesca”

 

 

 

Fine.

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Capitolo 3
*** Ma di testa ***


Personaggi A a causa di un farmaco è più petulante che mai. Personaggio B lo sopporta pazientemente.

 

 

 

 

 

 

“Sto male”

John sospira all’ennesima dimostrazione di quanto Sherlock può essere petulante alle volte ma non dice niente, poggia il cellulare sul comodino cosicché anche l’ultima luce della stanza sia spenta e si volta verso Sherlock che si è coperto fin sopra la testa col piumone.

“Sherlock” dice sottovoce perché a quanto pare il consulente non è sensibile solo alla luce ma anche ai suoni forti “esci da lì o starai ancora peggio”

Il consulente non pare ascoltarlo e lamenta ancora dolori allucinanti. John non stenta a crederlo.

Finito nel Tamigi dopo un volo di tre metri da sopra un ponte Sherlock se n’è uscito completamente zuppo nell’unica giornata dove a Londra il vento ha deciso di colpire più forte. Strano che si sia tutto risolto con un semplice mal di testa e non una corsa al più vicino pronto soccorso.

John, con più delicatezza possibile, alza il piumone per scoprire quel poco che può vedere del viso dell’altro (nonostante sia pieno giorno ha chiuso le tapparelle e le tende in soggiorno per non far entrare nemmeno uno spiraglio di luce) e per prima cosa nota le labbra strette in un broncio e le sopracciglia aggrottate. John passa un indice tra le sopracciglia e cerca si farle rilassare.

“Non ti aiuterà il mal di testa stare così imbronciato” sussurra e Sherlock a quel punto apre di poco gli occhi.

“John…” sospira solo e non serve dire molto altro, il tono lamentoso e il labbro inferiore sporgente dicono abbastanza.

John passa una mano tra i capelli di Sherlock e quello gli si fa più vicino, premendoglisi contro il fianco e nascondendo il viso sulla spalla di John.

“Le medicine devono aver fatto effetto se riesci di nuovo a spiccicar parola”

Sherlock fa un minuscolo cenno con la testa (il più che può fare in quel momento) e passa un braccio attorno alla vita di John.

“No, sto male. Sto malissimo. Sono un caso disperato che sta per morire e tu non stai facendo niente a riguardo, beandoti della mia enorme sofferenza”

“Sì, è proprio così”

“Non essere accondiscendente”

John ride piano.

“Non vedo cos’altro potrei fare se non darti ragione in momenti come questi”

Sherlock si alza di poco e cerca con occhi mezzi chiusi quelli di John.

“Allora ammetti che è una pesca”

“Mai”

John ride di gusto e con delicatezza fa riappoggiare Sherlock su di sé, accarezzandogli i capelli e le spalle.

“Cerca di dormire un po’, Sherlock, il mal di testa passerà prima”

Sherlock mugugna qualcosa ma a quanto pare è davvero troppo stanco per fare qualcosa di più e si addormenta sulla spalla di John parlando di pesche.

John sorride, scuote la testa e pensa che non usciranno mai da quell’impasse. Ma gli va bene così.

 

 

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

Note autore:

Devo dire che è un sacco che non scrivo divertendomi così tanto (quindi grazie Ross per queste idee XD) e sono felice di aver partecipato a questa challenge del weekend. Mi ci voleva <3

Non ho idea se il fandom sia ancora attivo o meno, ma sono felice di scrivere ancora su questi due e in modo così spassionato. Insomma, sono felice che la quarta stagione non abbia rovinato proprio tutto :’D

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