Hogwarts Mystery - The secret life of Hogsmeade

di nevertrustaduck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Got a secret, can you keep it? ***
Capitolo 2: *** Better lock it in your pocket ***



Capitolo 1
*** Got a secret, can you keep it? ***


Daisy era sicura che ci fossero modi ben peggiori per iniziare il nuovo anno scolastico, ma doveva ammettere che ricevere un messaggio anonimo non era mai stato in cima alla lista dei suoi desideri.

Non aveva neanche fatto in tempo a svegliarsi per bene che quel biglietto aveva attirato la sua attenzione, ben incastrato nel telaio della finestra della sua camera da letto.


So cosa hai fatto.


Così recitava il messaggio scritto con dei ritagli di giornale incollati sul foglio alla bell’e meglio. 
Molto conciso e decisamente troppo vago. Sufficientemente minaccioso da poter essere ricollegato al peggiore degli scenari.
Eppure non aveva mai fatto parola con nessuno della sua vita prima del trasferimento.

Quando i suoi genitori le avevano comunicato che sarebbero andati a vivere a Hogsmeade, Daisy aveva davvero creduto che quella potesse essere l’occasione perfetta per ricominciare. In un ridente villaggio della campagna scozzese nessuno avrebbe parlato di Sale Maledette, di suo fratello Jacob o di quello che era successo a Londra appena un anno prima. 
Evidentemente il mondo era più piccolo di quanto immaginasse.

Aveva infilato di corsa il messaggio tra le pagine della sua agenda ed era corsa a scuola, lasciandosi tormentare dai dubbi durante tutto il tragitto. Parte di lei si domandava chi potesse essere il mittente misterioso e come avesse fatto ad avere delle informazioni sul suo conto, la parte più razionale, invece, cercava di spiegare il gesto come un semplice scherzo di dubbio gusto. Ad ogni modo, doveva venire a capo della faccenda il prima possibile.

Non sapeva se parlarne o meno con qualcuno. I suoi genitori erano già abbastanza impegnati al lavoro e, dopo la storia di Jacob, sicuramente non volevano avere altri grattacapi. I suoi nuovi amici, d'altro canto, avrebbero ascoltato volentieri tutta la storia, ma Daisy ancora non si sentiva pronta a vuotare il sacco. Era arrivata a Hogsmeade solo da pochi mesi e uno stupido messaggio criptico non le avrebbe portato via la calma e la leggerezza che l'avevano accolta.

Jacob avrebbe saputo cosa fare. Ne avrebbe parlato volentieri con lui se solo non fosse scomparso, smettendo per giunta di rispondere ai suoi messaggi. Sospirò ed entrò nel cortile della scuola, ci avrebbe pensato più tardi.

Hogwarts si stagliava nella sua possente imponenza verso il cielo terso di fine estate, il cortile iniziava a popolarsi di studenti e un brusio crescente riempiva l’aria di entusiasmo e di anticipazione per il nuovo anno.

Daisy si diresse verso il vecchio platano, il punto dove aveva iniziato a ritrovarsi con Andre e Penny prima dell’inizio delle lezioni. 
Penny Haywood e Andre Egwu erano state le prime persone con le quali aveva stretto amicizia. Entrambi facevano parte del consiglio studentesco e, coinvolgendola negli eventi che avevano organizzato, erano riusciti a farla sentire a casa fin da subito.
Come previsto, li trovò lì ad aspettarla, che parlavano tra loro con fare cospiratorio.

Non appena Penny la vide, le corse incontro e le buttò le braccia al collo, rischiando di farle perdere l’equilibrio. Era impossibile non sorridere di fronte al suo entusiasmo.

“Ehi, guarda che ci serve tutta intera!” Le ricordò Andre alle sue spalle. 

Come al solito, il ragazzo aveva deciso di far sfigurare l’intera scuola indossando un blazer e una sciarpa leggera coordinata al colore della cintura. Avrebbe potuto mettere anche un sacco dell’umido e farlo diventare una capo di tendenza, d’altronde c’era un motivo se era stato soprannominato “il mago dello stile”.

“Allora, di chi stavate sparlando?” chiese Daisy ridacchiando. Sapeva bene che quei due, quando erano insieme, sapevano trasformarsi nelle allegre comari di Hogsmeade.

“Stavo solo raccontando a Penny che quest’estate qualcuno si è intrufolato di notte nel giardino di Hogwarts” le spiegò Andre. “Ma pioveva così tanto che uno dei rami del platano si è spezzato e per poco non l’ha preso in testa”.

“Gazza ha visto tutto” si affrettò a confermare Penny.

“E chi era?”

“Non si sa, l’ha visto solo di sfuggita, ma adesso tutti chiamano il nostro alberello il platano picchiatore. Non è divertente?” continuò l’altra con una risata. Poi smise all’improvviso, restando imbambolata a fissare un gruppo di studenti.

Daisy si voltò in quella direzione, scoprendo che l’interesse di Penny era rivolto ad alcuni membri della squadra di nuoto che stavano camminando nella loro direzione. Riconobbe Skye Parkin, una delle atlete più brave, e Barnaby Lee, un ragazzo che faceva parte del loro gruppo più esteso di amici. Probabilmente avevano qualcosa da dire ad Andre, visto che anche lui faceva parte della squadra.

“Ehi, Andre” disse infatti Skye quando i due li ebbero raggiunti. “L’allenamento di oggi è confermato, ci vediamo dopo”. La velocità che la caratterizzava in vasca faceva capolino dai modi sbrigativi che usava sulla terraferma. Era un tipetto scattante, con le punte dei capelli corti colorate di un azzurro brillante.

“A dopo, allora” rispose Andre, prendendo nota.

Barnaby la salutò con un cenno della mano, a cui Daisy rispose con un sorriso. Erano usciti insieme un paio di volte in primavera, ma da allora erano rimasti semplici amici.
Penny rimase immobile per tutto il tempo, tenendo stampato in faccia un sorriso che ormai iniziava quasi a sembrare una smorfia.

“Visto? È semplice” disse Andre bisbigliando non appena i due si furono allontanati abbastanza. “È possibile salutare qualcuno senza andare completamente nel panico” continuò, rivolgendosi a Penny.

“Non sono andata nel panico!” sbottò lei risentita. “Sono solo una grande fan della squadra di nuoto. Il padre di Skye Parkin è stato un campione olimpico, non so se mi spiego” continuò prendendo a girare nervosamente tra le dita una delle trecce bionde.

“Guarda che non c’è niente di male se hai una cotta per lei” le ricordò il ragazzo.

Penny incrociò le braccia e alzò gli occhi al cielo spazientita. “Quante volte devo ripetertelo? Non ho una cotta per Skye!” disse alzando il tono solitamente pacato di un paio di decibel.

Daisy aveva già assistito a quel teatrino almeno una decina di volte. Andre voleva divertirsi a fare da Cupido e Penny negava ogni cosa, di volta in volta più infervorata.

Di certo quando Skye era nei paraggi si comportava sempre in modo strano, ma questo non significava che avesse una cotta per lei, forse la metteva soltanto in soggezione. Se non fosse stato così, Daisy era sicura che Penny non avrebbe esitato a parlarne con lei e con Andre, visto che erano i suoi amici più fidati. O almeno così diceva sempre.

“Ma quella è Merula Snyde?” chiese Penny all’improvviso, probabilmente per cercare di distogliere l’attenzione da sé.

“Chi?” Chiese Daisy, non avendo mai sentito quel nome.

Penny le indicò con un cenno del capo la ragazza che stava entrando a scuola in quel momento. Era esile e vestita di scuro, con i capelli corti spettinati. Nella frangia aveva un ciuffo più chiaro e si guardava intorno accigliata. Daisy pensò che stesse affrontando il rientro a scuola con fin troppa serietà.

“Merula Snyde. Fa l’ultimo anno come noi, ma è andata via da scuola più o meno quando sei arrivata tu. L’avrai mancata per un soffio” si affrettò a spiegare Andre.

“E perchè è andata via?”

“Nessuno lo sa, non è un tipo socievole. Credo che parli solo con l’amica di tua sorella” disse il ragazzo, rivolgendo a Penny l’ultima frase.

“Già, non me lo ricordare” sospirò lei. “Non mi piace molto l’influenza che Ismelda ha su Bea”.

Beatrice era la sorella minore di Penny e non stava esattamente seguendo le sue orme per diventare la prossima rappresentante del consiglio studentesco. Penny pensava che sua sorella stesse avendo soltanto una fase di ribellione, ma aveva capito che impedirle di passare del tempo con Ismelda avrebbe soltanto peggiorato la situazione.

Daisy poteva capire quel tipo di apprensione. Si ricordava di come suo fratello tenesse particolarmente a conoscere i suoi amici, per accertarsi che non la facessero finire in qualche guaio. Ironia della sorte, alla fine nei guai c’era finito lui.

La campanella suonò, avvisandoli che le lezioni sarebbero cominciate a breve.

“Andiamo” disse Daisy esortando gli altri due. “Sarà meglio non fare tardi”.

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Capitolo 2
*** Better lock it in your pocket ***


Il rientro a scuola era stato meno pesante di quanto Merula avesse immaginato. Certo, le occhiate indagatrici e i bisbigli concitati che aveva suscitato tornando a camminare per i corridoi non erano stati un ricevimento in pompa magna, ma perlomeno nessuno si era azzardato a rivolgerle mezza parola.

Sapeva che circolavano le voci più svariate riguardo la sua assenza, ma Merula sapeva anche che cercare di far cambiare idea a quella manica di stupidi chiacchieroni era solo fatica sprecata. Hogsmeade era un minuscolo villaggio pieno zeppo di pettegoli e sarebbe sempre rimasto così. Non vedeva l'ora di diplomarsi e di andarsene il più presto possibile da quel buco nero che intrappolava la gente in una vita mediocre. Lei non aveva alcuna intenzione di rimanere bloccata lì per sempre, non quando sapeva di essere la studentessa più brillante di Hogwarts e di avere il potenziale per fare grandi cose.
Ma se da un lato questa consapevolezza l’aveva spinta a dare sempre il meglio di sé, dall’altro l’aveva isolata un po’ dal resto dei suoi coetanei. Non che a lei importasse, ovviamente. Del resto non poteva farci niente se i suoi compagni erano dei piccoli invidiosi consapevoli che non sarebbero mai arrivati al suo livello.

Quel pomeriggio si era trattenuta a scuola oltre l’orario delle lezioni, ma non per lavorare a qualche compito extra, come le era già capitato di fare in passato.
No, la scuola era ricominciata da appena un paio di giorni. Il vero motivo che l’aveva spinta a non tornare subito a casa dopo il suono della campanella era stato il coro.

Merula aveva segnato il suo nome sul foglio delle audizioni in un impeto d’impulsività e così adesso si trovava su una delle poltroncine del teatro a tormentarsi le unghie in preda all'agitazione.

Le era sempre piaciuto cantare, aveva iniziato per imitare sua madre quando le cantava la ninna nanna per tranquillizzarla e poi aveva continuato per tenersi compagnia quando i suoi genitori partivano, lasciandola sola. Però doveva ammettere che cantare tra le quattro mura di casa sua era ben diverso dal farlo su un palco, per giunta di fronte ai propri compagni di scuola. Fece un respiro profondo per calmarsi.

“Ma tu guarda," disse a un tratto una voce spiacevolmente familiare. “C’è Merdula”.

La sola e unica persona che aveva coniato quel triste soprannome e che continuava imperterrita ad usarlo dai tempi delle medie non poteva essere altri che Emily Tyler.
Se Regina George avesse avuto una figlia con Satana probabilmente avrebbe avuto i capelli corvini e una smorfia beffarda perennemente stampata sul viso. Sembrava che Emily un giorno si fosse alzata e avesse deciso di avere come unico obiettivo nella vita quello di incarnare il tipico cliché della stronza del liceo. Poteva avere mille difetti (e Merula avrebbe saputo elencarli dal primo all'ultimo in ordine alfabetico, ad una velocità che avrebbe fatto impallidire anche lo stesso Eminem), ma era davvero brava a restare nel personaggio, questo bisognava concederglielo.

Merula sospirò, ormai ci aveva fatto il callo.

Emily ridacchiò, masticando rumorosamente la gomma che aveva in bocca.

“Non pensavo che Vitious si riducesse a tanto per riempire l'ultimo posto rimasto. Vuole davvero far provare cani e porci" disse poi alzando gli occhi al cielo.

Merula sapeva che non valeva la pena arrabbiarsi con persone del genere, ma non si sarebbe di certo lasciata sminuire così.

“E tu in quale delle due categorie pensi di rientrare, Emily?”

La sua provocazione doveva essere andata a segno, perché l'altra la guardò furente, aprendo la bocca come una graziosa triglia indignata.

“Io faccio già parte del coro. Sono solo venuta a controllare che ci siano candidati degni del mio livello" precisò Emily. “Fossi in te non mi scomoderei neanche a provare".

“Come al solito, nessuno ha chiesto il tuo parere” ribattè Merula alzandosi, volendo mettere fine a quella conversazione. “Devo andare in bagno, fammi passare”.

“Ma certo, vai pure, non vorrei che te la facessi sotto per un po' di competizione" disse Emily liberando il passaggio. Poi buttò i capelli oltre le spalle con un gesto deciso e si incamminò verso le prime file del teatro.

Merula alzò gli occhi al cielo e uscì dal teatro a passo di carica. A volte essere una persona razionale richiedeva tutto l’autocontrollo che aveva a disposizione. Davvero non riusciva a spiegarsi come mezza scuola potesse voler essere amica di una persona del genere. Certo, Emily proveniva da una famiglia ricca, ma Merula non credeva che fosse tanto stupida da non accorgersi che la gente stesse con lei solo per ottenere qualcosa in cambio. Non ci avrebbe messo la mano sul fuoco, ma comunque…

Talmente era assorta nei suoi pensieri che non solo non si accorse di essere arrivata al bagno, ma neanche che la porta si stesse aprendo di scatto. Realizzò troppo tardi cosa stava accadendo e così non riuscì ad evitare il colpo che prese in pieno viso, perdendo l’equilibrio.

“Ehi!” Urlò indignata, cadendo con un tonfo.

“Oh, scusami!” Esclamò una voce femminile quasi all'unisono.

“Sta’ un po’ attenta!” abbaiò Merula portandosi una mano alla fronte. Lo spigolo della porta l'aveva colpita alla base del naso, provocandole un dolore che si era diffuso per tutta la testa.

“Mi dispiace, vado un po' di fretta" si scusò nuovamente la ragazza inginocchiandosi accanto a lei.

Merula alzò lo sguardo, trovando una ragazza sconosciuta che la guardava preoccupata di rimando. Aveva i capelli di un viola brillante che le scendevano sulle spalle in onde scomposte e la maglia gialla a maniche corte che indossava metteva in risalto la sua carnagione olivastra. A giudicare dall'aspetto, sembrava avesse la sua stessa età, eppure Merula era certa di non averla mai vista prima, se ne sarebbe sicuramente ricordata.

“Ma non mi dire" bofonchiò poi scontrosa. 

“Non hai letto il cartello? C’è scritto di fare attenzione perché è rotta” disse la ragazza indicando un cartello attaccato alla porta.

“Tu che dici?”

Merula scosse la testa, era piuttosto evidente che non avesse letto quello stupido cartello.

A pensarci, neanche lei aveva troppo tempo da perdere. Se voleva partecipare alle audizioni, doveva uscire da quella situazione alla svelta. Fece per alzarsi, ma un improvviso giramento di testa la costrinse di nuovo a terra.

“Dovresti andare in infermeria" suggerì la ragazza.

“Non c’è bisogno" replicò Merula inclinando la testa all’indietro. La fronte non smetteva di pulsarle a intermittenza.

“Hai un taglio in fronte, credo che ce ne sia proprio bisogno, invece”.

Merula scostò la mano dal viso, scoprendola sporca di sangue. Un rivolo caldo le corse lungo il naso, a conferma di quanto aveva detto la sconosciuta.

Sbuffò irritata. Poteva solo sperare che il coro avesse preso una piega macabra in sua assenza, dovendosi presentare in quello stato alle audizioni. 

Si alzò in piedi, ma evidentemente si mosse troppo in fretta, perché la testa prese a girarle di nuovo. Imprecò sottovoce, sperando che l'altra non si fosse accorta della vertigine. Per i suoi gusti era fin troppo apprensiva.

“Pensi di farcela da sola? Hai bisogno di aiuto?”

La ragazza la guardava preoccupata, come se temesse che le si potesse aprire in due la testa da un momento all’altro. A Merula quell’atteggiamento iniziava a dare non poco sui nervi.

“Non ho bisogno di un bel niente, ce la faccio benissimo da sola" ribatté infatti ritraendosi.

Entrò in bagno prima che l’altra avesse occasione di replicare e si avvicinò allo specchio per controllare la situazione. Scoprì così di avere un taglio vicino al sopracciglio e del sangue che continuava a scenderle lungo il naso. Imprecò di nuovo, gettando lo zaino a terra. Se doveva presentarsi alle audizioni in quello stato, avrebbe fatto meglio a cantare Thriller al posto dell’inno di Hogwarts.

Aprì il rubinetto, lasciò correre l’acqua per qualche istante e poi si sciacquò il viso. Fece per prendere della carta per tamponare il sangue, ma trovò solo un rotolo vuoto. Certe cose non cambiavano mai.

Si chinò a prendere un fazzoletto dallo zaino, quando qualcosa a terra catturò la sua attenzione. Era un foglietto piccolo e spiegazzato, dimenticato poco distante dalla porta. Aprendolo si poteva leggere un messaggio scritto con dei ritagli di giornale. Per quanto Merula lo trovasse curioso, non aveva tempo per analizzarlo a fondo, così lo ripiegò e lo mise in tasca. Chissà, forse avrebbe potuto tornarle utile.

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