the Wolves of the North

di Nymeria87
(/viewuser.php?uid=943800)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1
Sotto il dominio della Regina del Nord, una delle prime leggi che fu cambiata fu quella di successione: dopo la grande guerra contro gli Estranei e la presa di Approdo del Re, delle dodici famiglie di quella regione, che avevano prestato giuramento a Casa Stark ne erano rimaste nove, mentre dei quattro clan delle montagne soltanto uno; molte famiglie non avevano più eredi maschi in vita e la Lupa Rossa, decise così di validare la linea di successione per ramo femminile, garantendo agli eredi di acquisire il nome della famiglia della madre, eliminando la precedenza ereditaria da parte dei figli maschi sulle figlie femmine.
Sansa aveva dato grande prova delle sue capacità politiche ed organizzative, era riuscita a riassegnare i terreni e le fortezze prive di famiglie occupanti senza scontentare nessuno, inoltre la nuova legge sulla successione aveva garantito al popolino una continuità rispetto ai Lord che avevano servito tutta una vita, destando un benvolere comune.
La regina Sansa era amata sia dal suo popolo che dai suoi Lord e Lady alfieri sparsi per tutto il Nord, eppure, quando rientrava tutte le sere nelle sue stanze, si sentiva terribilmente sola.
Jon era confinato alla Barriera, Arya aveva preso il largo alla ricerca di mete inesplorate e Bran risiedeva ad Approdo del Re, governando i sei regni restanti di Westeros.
Ancora sentiva il sangue ribollirle nelle vene pensando a quella giornata, alla facilità con cui i Lord di Westeros avevano acconsentito all’ingiustizia di esiliare Jon al Castello Nero, come se non fosse stato lui a uccidere la Madre dei Draghi, concedendo a tutti loro di vivere la loro vita senza che nulla cambiasse; e ancora poteva sentire la stretta urgente delle sue braccia attraverso i vestiti, quando aveva ricambiato il suo abbraccio prima di prendere il largo verso il Forte Orientale, per ritornare a quella fredda fortezza del Nord. Sansa sospirò frustrata e malinconica, mentre Wylla prese a pettinarle i capelli.
Quella ragazza era stata una sorpresa di Casa Manderly quando, sulla via del ritorno, avevano attraccato a Porto Bianco con Arya; come spirito era assolutamente affine a sua sorella: coraggiosa, ostinata, senza peli sulla lingua e dall’intelligenza acuta seppur leggermente ribelle; aveva un anno in meno di Sansa, nipote del Lord di Nuovo Castello, era solita tingersi i lunghi capelli biondi di verde, tenendoli sempre acconciati in una treccia morbida sulla spalla. Era una ragazza sveglia e aveva raccontato loro, con occhi fervidi, molte vicende di quando Robb era ancora Re; Sansa pensò che probabilmente anche lei all’epoca era rimasta ammaliata dal fascino di suo fratello e fu molto lusingata quando apprese da Lord Manderly, che la ragazza desiderava entrare a far parte della sua corte a Grande Inverno. Fu così che Arya prese accordi per la sua nave con il vecchio Lord di Porto Bianco; la chiamò Vento Grigio, in onore Robb e rimase a Nuovo Castello per preparare l’imminente partenza, salutando Sansa con la promessa di tornare, un giorno, in qualsiasi modo possibile.
Quando Sansa e Wylla proseguirono il viaggio dalle sponde di Coltello Bianco, furono raggiunte da una vecchia conoscenza di Casa Stark: Meera Reed aveva cavalcato per raggiungerle con il fine di prestare i suoi servigi a Lady Sansa, in memoria del legame che aveva avuto con Bran e della premurosa ospitalità che Sansa aveva avuto per lei tempo addietro. Meera si era rivelata una grande risorsa, guadagnandosi presto il ruolo di Maestro d’Armi a Grande Inverno, in cui non si era mai smesso di allenare anche le fanciulle dal tempo in cui Jon era stato proclamato Re del Nord; Sansa di questo era incredibilmente orgogliosa e per quanto la riguardava, Meera le aveva insegnato ad usare l’arco lungo oltre che i rudimenti dell’uso del pugnale, che poteva essere sempre tenuto nascosto dalle gonne o essere utilizzato a corte distanze. Aveva prsino iniziato a tenerne uno sotto il cuscino e uno legato al polpaccio: per vecchie abitudini, entrambi erano in vetro di Drago, forgiati a CapoTempesta da Lord Gendry in persona sotto sua richiesta.
Wylla e Meera si rivelarono presto grandi confidenti e ottime amiche, presiedevano sempre ai suoi incontri assieme al maestro Wolkan e a Tharon Lash, nominato capitano della guardia della Regina. Tharon era un giovane uomo di venticinque anni che si era distinto nelle ultime battaglie tra i soldati di Jon ed era infatti stato lui stesso a fargliene nome nell’unica, singola lettera che le era giunta da Castello Nero poco prima della sua incoronazione.
 
Il primo anno di regno passò velocemente, i festeggiamenti durarono tre giorni ma non risultarono dispendiosi: Sansa volle coinvolgere anche il popolino di Città dell’Inverno e le danze, la musica e il cibo furono messi a disposizione di tutti da tutti. Il suo auto-regalo fù rimettere in agibilità il giardino di vetro, per poter coltivare le rose d’inverno e frutta e verdura che necessitava di ambienti più caldi per crescere. Per i festeggiamenti del secondo anno, da Approdo del Re, assieme a Ser Brienne, arrivarono tre carichi di frutti del sud e una cassa intera di limoni che Sansa fù felice di condividere con chiunque. I doni più rilevanti che Brienne portò con se però, furono le sue parole, troppo confidenziali per essere affidate a corvi messaggeri.
 
“Jon è a Nord della Barriera con il Popolo Libero?” chiese sconcertata Sansa mentre Wylla la aiutava ad infilare la veste da camera blu oltremare; “forse è per questo che non hai mai ricevuto risposta alle tue lettere Sans”. Brienne si stupì del nomignolo che la ragazza rivolse alla Regina del Nord, ma lei non sembrò dargli minimamente peso mentre la scrutava pensierosa prima di rivolgersi nuovamente alla bionda: “da quanto tempo è al di là della Barriera?” chiese celermente; “Re Brandon mi ha detto che è partito il giorno seguente che liberò l’unico corvo con legata alla zampa la lettera indirizzata a Vostra Grazia” rispose Brienne con una leggera riverenza del capo.
“Brienne, non preoccuparti dell’etichetta, almeno non nelle mie stanze personali, te ne prego: qui siamo in confidenza e tu sei sempre stata una fedele amica per me” le sorrise dolcemente Sansa.
Brienne sorrise a sua volta e la guardò chiudersi la veste per mezzo di un fermaglio col sigillo di due meta-lupi, uno a difesa dell’altro, nell’esatta replica della corona che ancora indossava; gli occhi di Sansa scrutavano un punto indistinto di fronte a lei, mentre Wylla si apprestò a toglierle la corona per adagiarla su un cuscino di velluto argentato; “cosa pensi di fare?” chiese la guardia reale, interrompendo il silenzio di quelle grandi stanze.
Sansa incontrò lo sguardo della donna, poi quello di Meera, seduta in un angolo, intenta ad intagliare il manico di un pugnale; gli occhi di Wylla erano curiosi mentre si avvicinò a lei, iniziando a sciogliere la semplice acconciatura che Sansa portava.
La Regina del Nord fuggì da quegli sguardi in attesa e sostò con i suoi occhi lucenti sulla corona che giaceva accanto al suo letto.
Due anni che non ho tue notizie, due anni di assoluto silenzio. Da cosa stai fuggendo Jon?
 
“Bran non ti ha detto altro?” chiese Sansa guardando Brienne, “il perchè Jon sia andato oltre la Barriera? Il perchè non sia tornato al Castello Nero?”.
“Tuo fratello mi ha solo detto di dirti che le Terre dell’Eterno Inverno aspettano lo sguardo della Regina del Nord; immagino sia propenso affinchè tu vada” le disse Brienne con un sorriso tenue.
Sansa accolse le sue parole con un cenno d’assenso, ancora pensierosa. Deglutì in silenzio, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri inquieti; guardò Meera, che aveva smesso di intagliare il manico che teneva tra le mani e percepì al contempo quelle agili di Wylla mentre districavano le ultime trecce della sua acconciatura.
Rilasciò un sospiro frustrato, con gli occhi e le dita andò a studiarsi il fermaglio che teneva chiusa la sua veste da camera e si chiuse nei suoi pensieri.
Anche i tuoi giorni sono animati da fantasmi?
Circondato da un popolo intero e irrimediabilmente solo, come mi sento io?
Dei Jon, mi manchi così tanto...
 
“Verrai con me Meera?” chiese Sansa alzando lo sguardo sulla ragazza.
“Sono l’unica di cui hai veramente bisogno Mia Signora: l’unica che sia già stata là; inoltre non ti avrei mai lasciato andare senza di me. Immagino che il mio destino sia semplicemente legato a quelle terre” sorrise amaramente la ragazza Reed.
“Dovreste portare anche Tharon con voi” suggerì Wylla, “la presenza di un uomo potrebbe essere necessaria, inoltre è una vecchia conoscenza di Jon...”.
“Certo, come se avessimo sempre bisogno di loro vero Wyl?” chiese Meera non riuscendo a trattenere il sarcasmo; “piantala Meera, lo sai quanto preferirei che quel ragazzo stesse qui con me invece che presso il vostro seguito” rispose la silfide dai capelli di giada, con un tono che non lasciava dubbi all’interpretazione, “sappiamo tutte il tuo valore sul campo, dico solo che...non si sa mai” concluse abbassando le lunghe ciglia.
Sansa si voltò verso di lei, la mano ad alzarle il viso affichè potesse incontrare i suoi occhi: “hai preso parte a tutti i miei consigli con i Lord del Nord e sai come agirei in tutte le situazioni Wylla: aiuterai il Maestro Wolkan a tenere Grande Inverno? Farai questo per me?” chiese Sansa con occhi frementi.
“Farei qualunque cosa per te Lady Sansa, devo il nome della mia Casa agli Stark di Grande Inverno, non c’è niente che non farei per essere degna dell’onore di cui ci avete fatto dono negli anni” asserì la ragazza Manderly prendendo le mani di Sansa, “se mi chiedi di fare da castellana in tua assenza lo farò, ma... Cercate solo di non stare via troppo a lungo, morirei di malinconia per l’assenza di entrambe” sorrise mestamente in conclusione prima di abbracciarla.
Sansa, sciolta dall’abbraccio, le depositò un fresco bacio sulla fronte: “non fare niente che io non farei, sei sveglia ed intelligente Wylla e hai la mia piena fiducia” la rassicurò prima di tornare a rivolgersi Brienne: “conto di riuscire a partire tra una settimana, spero vorrai rimanere per i resto dei festeggiamenti, così
potremmo avviarci assieme e salutarci al bivio della Strada del Re”,
“sarei onorata di poter festeggiare con te Lady Stark!” sorrise la donna con occhi vibranti dello stesso colore degli zaffiri: lo stesso colore blu delle acque circostanti la sua isola natia.












Note dell'autrice:
innanzitutto ben ritrovati e perdonate l'infinita attesa per questo prequel che in diversi mi avevate richiesto.
Colgo l'occasione per ringraziare nuovamente Vanessa1995 che mi aveva affidato l'idea di She Wolf e mi ha aiutata a delineare i punti salienti di questa nuova long.
Ho deciso di introdurre alcuni personaggi già incontrati dei libri come Wylla Manderly, la ragazza dai capelli tinti di verde e fervida sostenitrice di casa Stark dai tempi di Robb (puro, giuro purissimo caso: ho introdotto il personaggio a marzo, non avevo la minima idea che Joe e Sophie avrebbero deciso di chiamare Willa la loro primogenita, ma la cosa mi ha fatto schizzare dal divano di felicità quando l'ho scoperto) e riportare a GI anche Meera, inoltre ho voluto introdurre un nuovo personaggio, totalmente inventato: Tharon, Capitano della guardia della Regina che conoscerete meglio nel prossimo capitolo.
Spero che questo capitolo incontri il vostro piacere nella lettura, se tutto rimane così, il prossimo arriverà lunedì.
Non dimenticate di recensire: le recensioni alimentano l'estro degli autori e possono regalare epifanie di nuovi punti di vista non considerati prima, ogni critica è ben accetta purchè costruttiva!
Un bacio sulla fronte dalle mura di Grande Inverno a tutti voi!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


2.

Tharon Lash, a venticinque anni compiuti era stato designato come Capitano della guardia della Regina; era il secondogenito del Maestro d’armi dei Glover ed era cresciuto a DeepwoodMotte assieme al primogenito di Lord Robett e al Bastardo di casa Hornwood a cui era particolarmente legato e che divenne, a seguito della legittimazione da parte della Regina, l’erede di casa Hornwood a soli diciannove anni.
Tharon era un giovane uomo, agile e slanciato, dai folti capelli castani lunghi fino alle spalle e caldi occhi bruni, capaci di far capitolare ogni ragazza che si aggirasse a corte, nonostante si animassero solo per una in particolare: una fanciulla dai capelli di un insolito color malachite ed un sorriso luminoso come una perla di fiume. Wylla Manderly faceva parte di una casata antica e nonostante ricambiasse i suoi sorrisi, Tharon non osava certo sperare in un futuro con lei e quando la Regina gli comunicò del loro imminente viaggio, fu quasi sollevato nell’apprendere che Wylla sarebbe rimasta a Grande Inverno per fare le veci della Lupa Rossa. La comitiva era formata solo dalla Regina, da lui e da Meera Reed, ragazza per cui nutriva un profondo rispetto e una sincera ammirazione; nonostante fosse l’unico uomo all’interno del gruppo, quando furono avvicinati dalla meta-lupa appartenuta a Lady Arya, mentre sostavano nei pressi di Lungo Lago, Tharon cedette lo sguardo alle due donne che viaggiavano con lui, rimanendo ammaliato dall’assenza di timore che la Regina Sansa parve dimostrare ad ogni passo verso la belva.
La grande bestia dal manto grigio semplicemente annusò la sua mano quieta, per poi alzare il muso ad annusare, nell’aria circostante, gli altri due accompagnatori della ragazza; infine, come niente fosse andò ad acciambellarsi sotto un albero distante da loro, quel che bastava per monitorarli con occhi e fiuto. Nymeria li accompagnò a distanza per tutto il loro viaggio, accostandosi a Sansa solo quando furono nei pressi del Castello Nero.
Stefron Dross detto il Moro, per il suo incarnato olivastro, presidiava la fortezza e anche se non fu troppo contento nell’incontrare nuovamente un meta-lupo, li accolse rudemente ma con tutti i crismi del caso, facendo preparare per loro le migliori stanze nella Torre del Re. Dopo una notte passata tra le mura del Castello Nero, il piccolo gruppo fu pronto a ripartire e il pesante cancello della galleria sotto i cristalli della Barriera si chiuse nuovamente con un tonfo sordo, lasciandoli di fronte alla verdeggiante distesa della Foresta Stregata.
 
 
L’affetto per lei era esistito da sempre, da quando per la prima volta aveva incontrato i suoi occhi celesti tra le braccia della balia, era solo mutato e cresciuto nel tempo e tenuto ben celato attraverso il suo solito cruccio adombrato; non sapeva se fosse un riflesso dell’amore che gli era stato negato da Lady Catelyn e nonostante le azioni e gli sguardi pungenti di lei, continuassero a ricordargli quanto egli non appartenesse legittimamente alla famiglia Stark, le voci del popolino tormentavano i suoi pensieri calamitandogli l'attenzione verso gli angoli più insidiosi della sua mente, facendo crescere il lui il dubbio che quello che si dicesse dei Bastardi corrispondesse a verità: dominati dalla lussuria, dalla menzogna e dalla debolezza. Jon era cresciuto tentando di screditare quelle credenze, bramando l’approvazione di Lord Stark, eppure anno dopo anno, non era riuscito a slegare il pensiero di Sansa dalla parola proibita.
Non si poteva dire che non avesse tentato di arginare le sue pulsioni trasferendole prima su Ross e poi su Ygritte, la quale, per quanto si fosse convinto di amarla, si era soltanto rivelata una pallida proiezione dell’amore per colei che aveva desiderato da sempre. Con la sua visione del mondo, troppo estrema e categorica, Ygritte aveva palesato quanto in realtà fossero diversi l’uno dall’altra e nonostante il reale trasporto che Jon aveva provato per lei, quando anni dopo aveva potuto riabbracciare Sansa, aveva compreso che niente avrebbe mai potuto competere con quelle emozioni che lei gli destava.
Baciata dal fuoco...
Anche il rosso dei capelli era diverso, un tono più luminoso, ramato ma meno aranciato di quello di Ygritte e alla fine la rivelazione delle sue origini Targaryen era giunta in un momento i cui i giochi erano già disposti sul tavolo: aveva dovuto aggiustare il tiro ma non aveva calcolato l’instabilità emotiva di Daenerys e se per un momento aveva pensato che in un futuro sarebbe potuto rimanere al Nord, con la sua vera famiglia, con Sansa e finalmente libero di amarla poichè assolto da possibili accuse di nutrire per lei un sentimento incestuoso, aveva dovuto scendere a patti con il suo cuore e sacrificare il suo desiderio per mantenerla in vita e al sicuro.
Nessuno può proteggermi, nessuno può proteggere nessuno...
Ma Jon non si sarebbe tirato indietro, mai per lei!
 
In quelle lande senza fine, che piano piano andavano a rivelare il terreno sotto la neve, Jon non aveva sperato di vederla realmente di fronte a lui, in sella ad una cavalla bianca, avvolta nel mantello scuro bordato da immacolate pellicce di volpi del Nord e con il viso incorniciato dal cappuccio morbido che andava a scoprire le guance magnificamente arrossate dal freddo.
Si infilò la sacca a tracolla, non abbandonando con lo sguardo la figura che sostava a cavallo di fronte a lui per neanche un momento; il fantasma di un sorriso sulle sue labbra piene mentre continuava ad osservarla con sguardo perso.
“Avanti!” una manata di Thormund andò a colpirlo alla schiena ridestandolo da quel languore, “non vorrai fare attendere la tua Lady del Sud” lo canzonò il Bruto, facendo rilasciare a Jon un mezzo sorriso, prima che la realtà gli ripiombasse sulle spalle: “è una Regina ora, la Regina del Nord veramente, non del Sud...” constatò lui tra il divertito e l’amareggiato.
“Una Regina che ha cavalcato fin qui per riportarti indietro, amico mio”,
“non tornerò indietro Thormund” rispose Jon voltandosi appena, mantenendo comunque gli occhi sulle tre figure di fronte a lui.
“Oh, si che lo farai: non ho intenzione di sopportare ancora a lungo i tuoi muti lamenti: mai visto nessuno nel tuo stato, neanche il tuo lupo ti sopporta più” sogghignò il bruto prima di incamminarsi verso l’accampamento.
 
Jon si fece coraggio e mosse i suoi passi verso il piccolo gruppo in attesa; gli occhi fissi su Sansa nonostante  fu Tharon a staccarsi dalle due nobildonne per approcciarsi per primo a lui: “Mio Signore” lo salutò a mezzo inchino. Jon lo accolse con una mano sulla spalla ridestandolo nella sua posizione iniziale: “non chiamarmi così Tharon, è bello rivederti” gli disse con tono lieto; “il piacere è mio nel vederti sano e salvo, Jon” rispose quindi il Capitano. Jon lo squadrò, riconoscendo l’abbigliamento tipico del Nord con il mantello bordato di pelliccia di lupo, l’unico simbolo di fedeltà che era consentito portare a chi prestava i suoi servigi alla nobile Casa Stark. I suoi occhi indugiarono poi sulla figura di Sansa dalle iridi fulgide e celesti, in completo contrasto con le sue gote dipinte di rosso dal vento del Nord, mentre si apprestava a scendere da cavallo aiutata da una ragazza dai capelli castani e vestita con abiti da viaggio che Jon non riconobbe.
“Hai protetto la Mia Signora a quanto vedo” disse cercando di celare le sue emozioni contrastanti, mentre tornava a scrutare gli occhi nocciola di Tharon, il quale accolse le sue parole con una sommessa risata: “veramente è la Regina che ha difeso me” affermò lui facendo un cenno col capo verso gli alberi alla sua sinistra; Jon seguì confuso il suo sguardo fin quando non intravide occhi gialli, splendenti come monete al sole, circondati da un manto grigio; Nymeria uscì allo scoperto e dopo aver incontrato lo sguardo di Jon, alzando il muso per fiutare l’aria, si diresse nuovamente verso il folto del bosco. Jon liberò un sorriso continuando a guardare la bestia allontanarsi prima di rivolgersi all’amico: “Thormund vi sta aspettando all’accampamento” disse prima di spostarsi leggermente per accogliere la ragazza che stava conducendo i cavalli nella loro direzione: “Mia Signora...”,
“sono Meera Reed, e non c’è bisogno che ti rivolga a me con inutili appellativi” lo interruppe prontamente lei, senza astio nella voce, solo un pacato distacco.
“Proseguite per l’accampamento e lasciate pure i cavalli, troveranno chi potrà occuparsene” disse lui prima di lasciargli libero passaggio e tornare a voltarsi per incontrare finalmente la Regina del Nord.
 
Sembravano vivere in un utopia, eppure eccoli li, l’uno di fronte all’altra, incapaci di gesti e parole, quasi potessero risultare insignificanti o inadeguate a giustificare tutte quelle sensazioni che provavano in quel frangente. Jon scrutò la commozione negli occhi della cugina, ma non osò sperare che il loro incontro potesse minimamente replicare quello avvenuto anni fa nel cortile di Castello Nero.
Abbassò leggermente il capo in segno di rispetto: “Vostra Grazia”.
Quelle parole furono pronunciate come uno scudo di freddo metallo, asciugando velocemente le lacrime dallo sguardo di Sansa.
Non c’è trasporto nella sua voce, solo distacco.
Perchè le tue parole sono sempre così gelide, così contrastanti rispetto ai tuoi occhi...
Ancora adesso, dopo due anni.
 
Sansa deglutì, alzando di poco il mento pronta a fronteggiarlo.
É la Regina che vuoi?
“Non mel’hai resa per niente facile Jon” asserì costernata ma con occhi di ghiaccio.
“Immagino sia stato Bran a scomodarti per riportarmi indietro; mi chiedo solo il perchè tu abbia accettato” replicò lui imperturbabile, con una punta di astio nel tono e un mezzo sorriso che non celava l’amarezza di quelle parole.
“Credi che io non condivida il tuo disappunto? Credi che non sappia perchè ti sei lasciato tutto alle spalle o che non abbia ritenuto ingiusto che tu fossi punito per averci salvati tutti? Credi che non abbia mosso le montagne per farti tornare a casa?” arguì ferocemente lei alzando la voce, mentre mosse febbrilmente i pochi passi che la separavano da lui, provocando la ricaduta del cappuccio sulla schiena, rivelando così le splendide ciocche ramate dei suoi fulgidi capelli.
Jon arretrò col corpo alla violenza di quella visione, al profumo fiorito che si libero dai capelli di lei: neanche nei suoi sogni la ricordava così bella.
Schiuse le labbra per prendere aria prima di serrarle celermente: “immagino tu sia stanca per il lungo viaggio” le disse fuggendo da quegli occhi vibranti, “potrai riposarti nella mia tenda, se ti compiace: alloggerai lì per tutto il tempo che riterrai necessario” concluse con un cipiglio amaro guardando fisso in un punto indefinito, come a trattenersi dal dar voce ai suoi veri pensieri mentre le porgeva la mano, palmo verso l’alto, in attesa di farle strada, cercando di non incrociare i suoi occhi.
Sansa lo guardò impietrita prima di serrare a sua volta le mandibole ed espirare frustrata. Andò con le mani ad alzarsi lievemente l’abito prima di muovere i suoi passi ignorando la mano tesa di Jon, il quale la seguì snervato, mordendosi le labbra piene prima di raggiungerla.










Note dell'autrice:
vi lascio in sospeso così...lo so, lo so.... prometto che arriverà presto anche il terzo capitolo.
Qui ho voluto giocare sulla palese incapacità di comunicare tra loro di questi due benedetti ragazzi: Jon nonostante sia visibilmente abbagliato dal rivedere la cugina, non riesce ad agire liberamente e si chiude in se stesso, come abbiamo visto da sempre, e Sansa si indispettisce comprendendo perfettamente il suo atteggiamento, come sempre!
Sono rimasta fedele sia alla serie che alla mia SheWolf, ovvero qui la discendenza di Jon non è stata ancora palesata: lo sanno gli Stark, lo sanno Thormund e  Brienne (nella serie questo non è specificato, io sono andata a sentimento essendo Brienne molto vicina a Sansa e Thormund molto vicino a Jon) in più lo sanno anche Meera e Wylla in quanto fedeli amiche di Sansa, ma nessun'altro oltre a loro (ovviamente eccetto Sam e Gilly ma non ho avuto modo di introdurli in questa long).
Per il resto fatemi sapere che ne pensate!!!!!
Grazie di leggermi!
Un abbraccio di slancio e trasporto nel cortile di CastleBlack a tutti voi!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


3
Gherte aveva i capelli cenere e grandi occhi chiari come cristalli di ghiaccio: quando fece il suo ingresso alle spalle di Meera nella tenda di Jon, la scrutò per un momento soffermandosi sui suoi colori fulgidi e vibranti: “quindi è vero che la Lupa Rossa è venuta in visita nelle Terre Libere” disse schiudendo le labbra a forma di cuore in un sorriso abbozzato.
“Sai chi sono?” chiese retorica Sansa cercando di capire se ci fosse astio nel suo tono.
“Vuoi scherzare? Capelli come i tuoi su abiti del genere sono difficili da dimenticare” ghignò la ragazza che doveva avere qualche anno in meno di Sansa, “e se sei ospite di Jon Snow occupando la sua tenda, puoi essere solo la sua Lady Stark” continuò inclinando il bel volto tondo a soppesarla.
Sansa cercò di celare l’effetto che quelle parole sortirono su di lei, si sentiva studiata nei minimi dettagli da quello sguardo curioso e non aveva alcuna intenzione di risultare intimorita in qualche maniera; Meera nel frattempo le fu dietro le spalle per aiutarla a sganciare il copri collo di lamelle di metallo, indossato in modo così elegante da Sansa, da sembrare quasi una collana emersa dai flutti e composta da lucenti scaglie di pesce. Non che si dovesse difendere dai Bruti, ma aveva ormai imparato l’impatto che i simboli avevano sulla gente e una Regina che indossava abiti con richiami militari, sembrava incutere più rispetto e destare più ascolto, sopratutto sul genere maschile.
Gherte intanto continuava a guardarla in silenzio, mentre Sansa si toglieva i guanti e il corpetto di pelle, andando a riporli accanto al mantello.
“Mi hai parlato di una grotta con una fonte calda qui vicino poco fa” la richiamò Meera, “puoi dirci dove si trova, in modo tale che la Mia Regina possa farsi un bagno per riprendersi dal viaggio?” chiese senza troppi giri di parole.
“Vi accompagno io” rispose risoluta Gherte rivolgendosi a Meera, “sarà più facile tenerla libera da intrusioni con me vicina”, condusse i suoi occhi su Sansa, “ma tu, indossa il mantello e teni coperti i capelli Regina del Nord, in tanti ancora sognano di te e delle tue grazie: non rendercela difficile” concluse prima di uscire dalla tenda.
Sansa scambiò uno sguardo sconcertato con Meera, la quale alzò le spalle incurante, prima di sganciarle la cintura e riporla con gli altri indumenti. La Regina del Nord recuperò il mantello ed ebbe cura di allacciarlo lateralmente sulla spalla per coprire l’intera veste ad ogni passo; evitò di sciogliesi la treccia e nascondere meglio i capelli sotto il cappuccio.
“Quale abito Sans?” chiese Meera d’un tratto.
Sansa soppesò la sacca che giaceva abbandonata sulla panca alla sua destra; non aveva intenzione di indossare niente di troppo complesso, era con Jon che aveva bisogno di parlare e voleva risultare il più accogliente possibile, senza che il suo ruolo si interponesse tra di loro come un pesante ostacolo. In quel loro breve primo incontro l’aveva percepito troppo distante per sentirsi a suo agio e di certo non voleva proseguire su quella linea di incomprensioni che ormai calcavano entrambi da troppo tempo.
“La tunica color latte andrà bene” rispose schiarendosi leggermente la voce, “e la veste grigia con i ricami delle rose d’inverno”.
Il grigio degli Stark, colore che avrebbe dovuto indossare anche Jon e un ricamo di quel fiore che aveva sancito l’inizio di tutto: blu come un sogno ma così pieno di spine da riportarti alla realtà delle cose.
 
Sansa scacciò quei pensieri dalla mente ed uscì dalla tenda inciampando in Gherthe accucciata a terra, intenta a liberare dell’ultima neve, alcune piantine dai boccioli rosati ancora chiusi.
“Ti intendi di fiori?” chiese Sansa alla ragazza.
“Elleboro” asserì questa alzandosi in piedi, “bellissimo fiore Lady Stark, ma non fidarti è una pianta tossica, va maneggiata con cura” si voltò a guardarla, “un po’ come te probabilmente” le sorrise impudente prima di voltar loro le spalle: “seguitemi” intimò celere.
 
 

“Ragazzo, non hai speranze” ghignò Thormund, facendosi beffe del suo sguardo crucciato mentre era intento a spazzolare il cavallo della cugina, “stai tirando a lucido quella povera bestia da più di mezz’ora e sempre dallo stesso fianco” continuò il bruto.
Jon in risposta si staccò dal cavallo gettando senza impeto la striglia in un angolo, portando le mani ai fianchi e gli occhi al cielo, mentre inspirava snervato: “non so come comportarmi” ammise sconfitto tornando a guardare il rosso, “ho cercato di buttarmi tutto alle spalle, di dimenticare ed andare avanti, finalmente libero da tutte le complicazioni, dai ruoli, dal potere... e poi eccola davanti a me dopo quasi due anni” e le parole gli morirono in bocca. L’immagine di Sansa, bella da far male gli tornò alla mente e lui non potè fare altro che mordersi le labbra, abbassando il capo dalla vergogna di quei pensieri che in tutto quel tempo non era ancora riuscito a sotterrare.
“Davvero pensavi che non l’avresti più rivista? Che non sarebbe venuta a cercarti?”.
“Speravo solo di essere pronto ad affrontarla quando sarebbe successo” confessò lui, occhi scuri al suolo.
Thormund si avvicinò dandogli una sonora pacca sulla spalla: “senti ragazzo, non credo che abbia fatto tanta strada per andarsene a mani vuote, devi parlarle e sopratutto prima devi farti un bagno” ghignò divertito “sei diventato troppo selvatico dopo due anni tra il Popolo Libero”.
 
Yrga gli allungò degli abiti puliti, era una donna tra le più anziane con fili d’argento a cadenzare il nero dei suoi lunghi capelli, una tra le poche a tenere a bada Thormund con il solo uso della sua lingua tagliente, ma per Jon aveva una innata simpatia e amava salutarlo con un carezza sul viso prima di lasciarlo andare alle sue consuete faccende.
Con gli abiti puliti tra le braccia, il ragazzo si avviò lungo il fiume, risalendolo fino alla grotta al cui interno si trovava la sorgente. Jon preferiva l’entrata da basso: la grotta era talmente grande che l’acqua defluiva formando quattro grosse vasche nella parte più alta, fino ad originare una cascata di oltre tre metri che creava una sorta di laguna dall’acqua più fresca, per poi sfociare all’esterno e formare il fiume che costeggiava l’accampamento. Jon si fermava sempre nella laguna, l’acqua più calda era solitamente prediletta dalle donne e lui amava la sua privacy oltre che rispettare quella altrui; quel giorno comunque sembrava non esserci nessuno nelle vasche calde, non sentinva nessun suono o rumore, poggiò quindi gli abiti puliti su una roccia e spogliandosi mise a bagno quelli sporchi. Si immerse silenzioso nell’acqua fino a crogiolarsi nel tepore e abbandonarsi alla piacevolezza dell’oblio. Reclinò il capo per bagnarsi i capelli, poi umetto il viso con le mani e iniziò ad eliminare lo sporco dal suo corpo con una pezza bagnata. Si accostò alla roccia umida, vicino alla cascata, appoggiandosi con la schiena per sostenersi meglio. La parete di pietra riluceva di micro cristalli incastonati in essa, come un cielo stellato. Quella visione e quel silenzio erano totalizzanti e il ricordo di un’altra grotta, fissa in un tempo lontano, gli tornò inevitabilmente alla mente.
Jon si scostò dalla parete, nuotando fin sotto alla cascata, come a lavarsi di dosso quei tristi pensieri, ma il getto d’acqua non sembrò abbastanza: si immerse e rimase in apnea, guardando il mondo subacqueo attraverso quel nebuloso filtro dovuto alla schiuma della cascata. All’improvviso, la visione di una sirena avvolta da infinite bollicine gli balenò d’avanti agli occhi, facendolo velocemente tornare in superficie per inalare aria.
Una ragazza, sicuramente una ragazza che probabilmente non aveva idea mi trovassi qui.
Inspirò cercando di dominare l’imbarazzo e mettere insieme le giuste scuse da pronunciare quando vide un manto di lucidi capelli di un rosso inequivocabile riemergere di fronte a lui.
Gli Dei sanno essere crudeli...
E Sansa non smise di nuotare verso la roccia con ampie e lente bracciate a rana, mentre Jon pregava che rimanesse coperta dall’acqua, almeno fino a quando non fosse riuscito a tornare in sè per palesare la sua presenza. Quando lei arrivò a toccare il bordo con le mani, si scostò i capelli dalla schiena portandoseli sulla spalla destra in un gesto di fascino, quasi a fermare il tempo mentre rivelava la sua pelle lucente di latte, costellata da delicate efelidi rossicce che le percorrevano le forme sinuose...
Jon intuì le sue intenzioni proprio quando le braccia nivee della ragazza, si poggiarono sulla pietra a palmi aperti, pronte ad accogliere il suo peso per risalire dall’acqua: “perdonami Mia Signora” si annunciò Jon voltando le spalle per evitarle un maggior imbarazzo; sentì la cugina ripiombare con un tuffo velocemente nella laguna mentre metteva insieme parole sconnesse a causa della sorpresa.
“Oh...per gli Dei, Jon!” balbettò lei coprendosi con le mani nonostante l’acqua arrivasse all’altezza delle spalle, “non ti ho visto, pensavo...pensavo di essere sola qualdo mi sono tuffata” gli occhi che vagavano imbarazzati da una parete all’altra evitando di fissarsi sulla figura del ragazzo.
“Si, beh, anche io...” ammise borbottando lui, cercando di non voltarsi troppo.
“Cioè mi hai vista?” chiese lei con occhi sgranti, d’un tratto ancora più imbarazzata.
“No, no...cioè si, ma non ho visto niente in realtà tel’assicuro” rispose lui incapace di capire se voltarsi o meno per riuscire a convincerla di quanto non avesse visto, “scusa Sans, posso voltarmi?” chiese nervoso.
“Oh, beh tanto ormai...” borbottò lei ad occhi bassi, “ma resta dove sei, quest’acqua è fin troppo limpida” asserì allarmata.
Jon si volto non riuscendo a trattenere un mezzo sorriso, causato dalle parole della ragazza: “perdonami, non pensavo potessi esserci anche tu, davvero” disse con occhi sinceri, prima di distoglierli velocemente. Sansa non gli chiese perchè avesse aspettato a palesarsi a lei, non voleva imbarazzarlo ma quella domanda rimase sospesa nella sua mente come una nuvola.
Il ragazzo spalancò le braccia in segno di resa: “volevo darmi una sistemata prima di poter parlare con te stasera, rendermi un minimo presentabile...” ammise leggermente imbarazzato.
“E con chi vorrai parlare stasera Jon, con me o con la Regina del Nord” chiese lei con occhi di ghiaccio, non dimentica della fredda accoglienza che le aveva riservato quella mattina.
“Sansa...” sospirò lui chiudendo gli occhi per un momento, quasi sofferente dall’idea di dover discutere nuovamente con lei, “non era mia intenzione farti venire fino qui” disse tornando a guardarla.
Sansa, non comprendendo appieno quelle parole si irrigidì, sentendo sulla pelle quella distanza che lui sembrava costruire tra loro ancora una volta, fredda come la lama di un pugnale. Non poteva farci niente, più lui la metteva alla prova, più lei si sentiva in dovere di valicare quei confini; senza pensarci troppo iniziò a muoversi lentamente verso la sponda opposta, esattamente dove si trovavano i vestiti che Jon aveva messo a bagno. Recuperò uno di essi e se lo avvolse attorno prima di incedere verso il ragazzo che non era stato in grado di fare altro se non guardarla, cristallizzato in una muta agitazione.
La linea delle sue spalle, il collo libero alla luce chiara che filtrava da una lontana apertura della grotta.
“Chiariamo una cosa Jon” cominciò lei, sibilando le parole tra le mascelle contratte: “se sono venuta fin qui è perchè ho seguito le mie di intenzioni, non certo le tue!”.
Labbra rosee e così vicina che quasi Jon poteva contarle le ciglia folte.
Quello sguardo allarmato fece ripiombare Sansa alla realtà di quel preciso istante: si era avvicinata troppo, solo per dare più enfasi alle sue parole; lo aveva fatto in automatico ma solo in quel momento si era resa conto che gli era tanto, troppo vicina, quasi da poterlo toccare se solo avesse alzato un braccio; così immensamente vicino da poter vedere il colore delle vene del collo, la nervosa muscolatura dei bicipiti tesi, la linea dei pettorali e fu costretta a richiamare celermente lo sguardo ad incontrare gli occhi di lui, incorniciati dai ricci scuri che gli ricadevano sulla fronte, umidi e costellati da goccie d’acqua come rugiada.
Sansa si sentì arrossire e sbattè più volte le ciglia per riprendersi da quell’epifania; serrò le labbra e cercò di deglutire senza che lui potesse accorgersene: “in ogni modo, se fossi così gentile da proseguire il tuo bagno per un’altra mezz’ora buona  e darmi il tempo di sistemarmi te ne sarei grata; quando vorrai parlare mi troverai nella tua tenda” disse la ragazza allontanandosi per raggiungere una roccia più agevole per la risalita, “vestita ovviamente” aggiunse inconsciamente, voltandosi ad incontare nuovamente quelle iridi scure e pentendosene subito dopo.
Come mi è venuto di precisare una cosa così indubbia...
Jon era ancora intento a scrutarla, silenzioso, quasi in apnea e Sansa sentì il suo sguardo incendiarle i tratti di pelle ancora esposti.
“Ti spiacerebbe voltarti così che possa uscire senza espormi ulteriormente?” chiese lei con tutta la sua imbarazzata gentilezza senza osare guardarlo.
“Ah, certo, io...vado a lavarmi sotto il getto della cascata” disse Jon riprendendosi dalla sua immobilità mentre si muoveva a lunghe bracciate.
Sansa represse un sorriso divertito, si voltò per assicurarsi che il cugino fosse a più larga distanza e vedendolo voltato, risalì velocemente prima di avvolgersi la veste bagnata di lui sul corpo, giusto per essere sicura che fosse un minimo coperta; non si accorse dello sguardo di Jon, incapace di non accompagnarla fino a quando non sparì dietro le rocce.












Nota dell'autrice:
eccoci ad un nuovo capitolo, fondamentale per far riprendere a Jon e Sansa quella dimensione di approccio reciproco più famigliare e meno formale: i due hanno bisogno di confrontarsi ma non possono farlo se entrambi rimangono fermi e cristallizzati dai loro ruoli, la messa a nudo fisica dell'incontro nella grotta è uno specchio della messa a nudo dei loro animi, non possono celarsi dietro maschere ed è un confronto totalmente puro e alla pari il loro, talmente tanto limpido da richiamare a forza lo slancio inconscio che provano l'uno per l'altra.
Il prossimo capitolo si farà interessante!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


4.

I ricami screziati di blu si originavano dalla parte superiore delle spalle fino a ramificarsi in un roseto di boccioli lungo tutta la schiena; i petali sembravano bagnati dalla rugiada laddove rilucevano i fili d’argento. Nella sua eleganza, avvilupata da quel tessuto dal sapore antico, Sansa era radiosa mentre si spazzolava i lunghi capelli di rame; era seduta su una panca e probabilmente ancora non si era accorta della sua presenza all’interno della tenda, Jon si schiarì quindi la voce per annunciarsi e la ragazza si voltò ad accoglierlo, riponendo la spazzola dentro un panno di velluto rosa.
 
Lo fissò con occhi grandi e immensamente brillanti per un lungo momento, poi abbassò lo sguardo e si lisciò peighe invisibili sulla veste: “ho pensato a lungo a cosa dirti quando ti avrei rivisto” iniziò, non riuscendo ancora ad alzare gli occhi, “quel giorno al porto... è stato così veloce, avrei voluto dirti innumerevoli cose ma tu ti eri già rifugiato dietro uno scudo di freddezza” e finalmente lo guardò, attraversandolo da parte a parte come se i suoi occhi fossero pugnali carichi di risentimento: “stamattina ho avuto la stessa accoglienza Jon e in un momento avrei voluto schiaffeggiarti per avere una reale razione da parte tua” sibilò inarcando le sopraciglia.
Lui rimase a guardarla, pugni serrati lungo i fianchi mentre un peso andava a depositarsi sul petto al richiamo di quel giorno sul molo.
Sansa sospirò prima di alzarsi in piedi, occhi ancorati al pavimento mentre si rigirava l’anello con l’emblema del metalupo all’anulare sinistro; solo in quel momento Jon potè apprezzare la rafinatezza dell’abito che indossava: l’allacciatura laterale partiva dal colletto ed era fermata da tre spille d’argento all’altezza della clavicola, all’attaccatura del seno sinistro e alla vita, come ad avvolgerla in un abbraccio; la casacca terminava a mezza coscia disegnando morbide onde di tessuto lungo i fianchi e la tunica sottostante era di un bianco lattiginoso, tenue e dal sapore di casa. Jon non potè far altro che ammirarla in silenzio e bearsi di quella visione, come tutte le volte che l’aveva vista indossare un abito nuovo, immancabilmente ideato da lei.
Gli tornò alla mente il ricordo dell’abito blu oltremare con lo stemma di casa Stark ricamato sul petto...
Mi piace il disegno del metalupo...
 
Sembrava passato un secolo da quei tentativi di approccio che si erano scambiati al Castello Nero; era successo troppo e si erano nascosti troppe cose nonostante avessero promesso di fidarsi l’uno dell’altra, con un bacio sulla fronte a sugellare quella promessa, un bacio che era durato qualche secondo di troppo e che aveva rivelato ad entrambi qualcosa di più, nonostante nessuno dei due ne avesse mai parlato apertamente.
“E cosa mi diresti se potessi tornare indietro Sans?” disse lui inclinando leggermente il viso per cercare lo sguardo di lei che non tardò ad arrivare: occhi limpidi capaci di vincolarti oltre ogni tempo e spazio, così lucenti da sublimare quel trasporto che lui cercava di celare attraverso il tono amaro della sua voce.
“Cosa poresti aggiungere a tutto quello che già sapevo o che potesse sortire qualche differente responso?” chiese avanzando un passo ed alzando irrimediabilmente il tono della voce.
“Ti urlerei di non andare, idiota!” replicò ancora più acuta lei, mentre gli occhi celesti cercavano di trattenere le lacrime, “ti esorterei ad ignorare tutto e tutti, recandoti a Grande Inverno, con me, al luogo a cui appartieni da sempre” concluse a voce rotta.
Jon si ammutolì di colpo.
Vorrei poter tornare indietro e gridare a me stessa “non andare, idiota!”.
 
Un mezzo sorriso gli illuminò per un istante l’angolo destro delle labbra, mentre il ricordo di loro gli balenò nel cuore.
“Jon, per gli Dei, perchè credi che Bran abbia acconsentito ad esiliarti al Catello Nero, se non per farti tornare in qualche modo a casa? Il Nord è sotto il dominio degli Stark da sempre e i Guardiani della Notte hanno sempre giovato dell’accoglienza di casa nostra, anche per lunghi periodi” continuò lei, ripresa la calma: “ti ho scritto miriadi di lettere in questi due anni chiedendoti di raggiungermi, ma tu hai varcato la Barriera ancora prima che potessero posarmi sul capo la corona del Nord” asserì con amarezza fugando il suo sguardo.
“Sai bene che non avrei mai potuto farlo, non dopo tutto quello che è successo, non dopo aver immolato così tante vite ad Approdo del Re per una causa sbagliata. Troppe vittime innocenti e non sarò mai capace di fare ammenda per questo...” rispose lui in un soffio sofferente.
Sansa lo raggiunse in due ampie falcate, andando a trattenerlo dalle braccia per collimare la sua attenzione: “mi dispiace, mi dispiace per quello a cui hai dovuto assistere quell’infausto giorno; ho cercato di farti capire...”.
“Pensi che non sapessi che era pericolosa? Perchè credi che avessi tutta quella premura di allontarla da Grande Inverno se non per proteg...”
“Per proteggere me?” chiese incredula lei anticipandolo in un’epifania.
Ti proteggerò, lo prometto.
“Hai acconsentito ad accompagnarla a Sud per proteggere me?” domandò con fervida necessità di sapere.
Jon serrò la mascella, assottigliando le labbra mentre si specchiava negli occhi cerulei della cugina: “eri alquanto intenzionata a sfidarla apertamente ogni volta che ne avevi l’opportunità Sansa, ignorando deliberatamente la sua autorità...” cercò di dire lui in giustificazione.
“La sua autorità? Non ha mai avuto diritto di autorità sul Nord, Jon e tu lo sai” ringhiò rabbiosa lei, “inoltre non ha mai fatto niente per meritare la mia fiducia incondizionata” rispose voltandosi prima di allontanarsi nuovamente da lui e riprendere il controllo del suo respiro.
“Come pensi che potessi sedare il suo animo quando tu caparbiamente la contrastavi ogni volta?” chiese lui d’un tratto adirato.
“E tu come pensi che potessi essere d’accordo con lei, quando dimostrava di non avere il minimo senso delle necessità dello stesso popolo che declamava di voler governare e proteggere? Dovevo starmene zitta come tutti quegli incapaci, volutamente ciechi e sordi, di cui si era circondata?” asserì furiosa Sansa, “inoltre, per quanto riguarda il metodo per sedare il suo animo” continuò con un umbra di disgusto sul viso, “sono certa che abbia potuto godere appieno di ogni tuo tentativo” concluse velenosa, senza avere la capacità di trattenersi.
Jon non ci vide più dalla collera a quelle parole, mordendosi le labbra incedette fino a raggiungerla, tanto da farla indietreggiare di qualche passo dal timore di aver osato troppo: “Ho fatto quello che ho dovuto fare per sopravvivere, My Lady” ringhiò lui a fior di labbra, facendo sue quelle stesse parole che Sansa aveva pronunciato tempo addietro in presenza di Lyanna Mormont, quando la ragazzina li aveva ricevuti presso Isola dell’Orso, “e per proteggere la nostra famiglia e i popoli del Nord”concluse lui.
A quel punto fu il turno di Sansa nel trattenere il respiro.
Sbattè ripetutamente le palpebre, riprendendo coscienza della sua voce e dei suoi pensieri: “perdonami, non volevo schernirti... ma fa ancora troppo male Jon” sibilò lei con occhi umidi prima di disancorarsi dai suoi.
“Non ho mai avuto intenzione di tradire il Nord, Sansa. Non mi sono mai davvero inginocchiato a dirla tutta” disse con occhi al soffitto della tenda, mentre tentava di soffocare un sorriso che sarebbe stato alquanto fuori luogo: “pensi che l’abbia amata? Davvero credi che fossi così cieco?” chiese con voce più calma tornando a guardare la cugina, “mi avevi detto di essere più attento e più astuto se non ricordo male”.
Gli occhi di lei si incatenarono ai suoi, soppesando quelle parole e metabolizzando l’implicito significato.
...ora dimmi: chi ha manipolato chi?
 
“Perchè non me ne hai parlato?” domandò infine, galoppando col pensiero.
Jon quasi sorrise incredulo: “meno persone ne fossero state al corrente, più possibilità avrei avuto nel tentare di convincere tutti della realtà della cosa, lei compresa; inoltre non dimenticarti che tra la sua cerchia di consiglieri appariva anche Lord Varis” rispose il ragazzo, quasi sollevato da quella ammissione.
“Davos ne era al corrente?” chiese Sansa guardandolo sotto una luce diversa.
“Forse ha iniziato a sospettarlo, verso la fine” replicò lui valutando nuovamente quella possibilità.
Lesse quasi una luce d’ammirazione negli occhi di lei, tanto da sentirsi rianimato in fondo all’animo, come se una sua approvazione potesse lenirgli le infinite ferite che gli costellavano il cuore.
“Ho sempre pensato che la mente strategica tra noi due fossi io; infondo tu avevi la conoscenza militare, il coraggio sul campo di battaglia, l’innata capacità di maneggiare la spada” sorrise Sansa, “ora mi rendo conto che hai imparto il Gioco del Trono forse ancora meglio di quanto l’avessi imparato io”.
“Si, avevo iniziato a giocare, per quanto il mio obbiettivo fosse completamente estraneo al potere ed esclusivamente rivolto più a Nord rispetto ad Approdo del Re”.
“Mi spiace aver tradito la tua fiducia con Tyrion” ammise Sansa tutto d’un tratto.
Jon rimase in silenzio riuscendo solo a deglutire.
“Speravo potesse salvarti, tutti sapevano quanto tu fossi migliore di lei e Tyrion era l’unico a poter fare la differenza: con Varys avrebbe potuto facilmente indebolire le pretese al trono di quella pazza”.
“Che tu voglia crederlo o no, nonostante tutto ho provato un’infinita pietà per Danerys”.
La Regina del Nord a quelle parole si irrigidi nuovamente: “pietà?” chiese incredula ringhiando.
“Danerys è stata vittima del Gioco del Trono più di chiunque altro, tel’assicuro” tentò di spiegare Jon ad una Sansa riluttante e sconcertata: “per gli Dei Jon, ma ti stai ascoltando?” chiese in preda alla nausea che quelle parole le provocarono.
“No Sansa, ascoltami tu: se fossi sopravvissuta al fuoco e avessi riportato in vita creature che si ritenevano estinte, non ti saresti considerata una predestinata? Se chiunque di fronte a te si fosse inginocchiato con completa devozione e ti avesse adorato come una Dea, inondandoti le orecchie di miele e di facile potere, non avresti pensato di poter avere tutto, semplicemente perchè tutto era sempre stato tuo di diritto? Daenerys era debole e volubile perchè le era stato detto che il mondo era suo per linea dinastica e che in qualche modo, tutta quella grazia le era stata tolta ingiustamente. Si è sempre mossa in favore di chi non aveva niente, agendo d’impulso e senza farsi troppe domande, proprio perchè riteneva che la sua giustizia ed il suo giudizio fosse universale e quindi esule da ogni spiegazione o ragionamento logico. Come avrei potuto non avere pietà della sua drammatica ingenuità. Non ti nego che ho pianto per lei quando le ho conficcato la lama nel cuore: ho pregato tra le lacrime affinchè potesse perdonare il mio tradimento, poichè  anche io, avevo sfuttato la sua debolezza più grande per poterla avvicinare: avvicinare quel tanto che bastava da essere sicuro di non sbagliare il punto in cui trafiggerla” concluse Jon, straziato dal tormento.
Sansa inspirò metabolizzando le sue parole: “eppure l’hai fatto” sottolineò freddamente, non riuscendo a condividere appieno il suo punto di vista, acciecata dalla gelosia nei confronti della Madre dei Draghi.
“Aveva annunciato alle sue truppe che avrebbero marciato fino a Grande Inverno per liberare Westeros da ogni oppressore, certamente Arya te ne avrà parlato” la esaudì lui, muovendo i passi ad incontrarla, “quello che non sai, è che mi ha chiesto di essere al suo fianco in ogni cosa, senza dare possibilità di scelta a chi non l’avesse pensata come lei” sospirò Jon sfinito, “ed entrambi sappiamo che tu eri la prima della lista, l’unica figura in cui aveva trovato ostilità invalicabile e che esigeva risposte concrete a domande a cui non sarebbe stata in grado di rispondere in maniera efficace. Sei sempre stata intelligente Sansa ma hai iniziato a palesarlo fin troppo e soprattutto, a farlo in sua presenza; lei mi ha solo posto di fronte ad un bivio che per me aveva un’unico possibile esito” cocluse in un sorriso amaro.
 
Hai scelto me.
 
Avrei sempre scelto te.
 
Ti proteggerò, lo prometto.
 
Sansa rilasciò un sorriso sospeso in un sospiro: “avevo ragione dopotutto, saresti stato un buon Re...”  affermò lei sedendosi sulla panca mentre continuava a guardare un punto indefinito in lontananza.
Jon si avvicinò prendo posto accanto a lei: “ho sentito molte voci che dicono che te la cavi bene anche tu, Regina dal Nord” le sussurrò accomodante, dandole una leggera spallata d’intesa.
La vide sorridere di un vero sorriso, uno dei suoi, delicato e talmente pieno di grazia da illuminare l’intera stanza: “mi ero fatta una promessa in passato, quando ancora ero ostaggio tra le grinfie di Cersei” confessò lei regalandogli uno sguardo, “mi promisi che se mai fossi diventata Regina avrei fatto in modo che tutti mi amassero” concluse timidamente, come se stesse rivelando il più ingenuo dei suoi sogni di ragazzina.
“É difficile non amarti, Sansa Stark” si lasciò sfuggire lui senza pensarci, quando gli occhi larimar della cugina gli rivelarono l’intensità delle parole che aveva appena pronunciato.
Jon si ritrasse impercettibilmente da lei, realizzando l’elettricità che era passata attraverso i loro sguardi.
La ragazza distolse i suoi e si schiarì leggermente la voce: “quando i raccolti vanno bene, la primavera si avvicina e non si soffre la fame è più facile amare il tuo regnante” soprassedette lei affabile, “non è il popolino a preoccuparmi, quanto i Lord del Nord” ammise in un soffio.
“Cosa vuoi dire?” chiese Jon realmente interessato.
Sansa trattenne il respiro prima di avere il coraggio di pronunciare le parole che stava per dire: “al Nord serve un Erede, Jon”.
In un attimo percepì il sangue risalirgli nelle vene, sobbollire mentre il suo corpo si tese come una corda e gli occhi si assottigliarono; le mascelle contratte per la rabbia mentre già si vedeva armato di Lungo Artiglio, intento a decapitare chiunque avesse osato alzare un dito su di lei.
Maledetti Lord, pensano forse di avere qualche pretesa al seggio degli Stark?
Come se Sansa non avesse sofferto abbastanza per mano di uomini abbietti.
“Spiegati” ringhiò furente, cercando di mantenere il controllo.
“Devo dare un Erede al Nord e la maniera più efficace per farlo...” affermò alzandosi ed incedendo di qualche passo per dargli le spalle, “è per via matrimoniale” disse infine voltandosi a guardarlo.
 
Jon era chiuso in un silenzio di scudo, mentre non smetteva di fissarla.
“Oh...non ho intenzione di risposarmi, te lo assicuro: le gioie del matrimonio sembrano non fare per me” asserì ironica la ragazza, quasi infastidita lei stessa dal dover affrontare tale argomento, “inoltre se prendessi uno dei Lord per marito, sono sicura che il mio ruolo quale Regina del Nord si ridurrebbe, nel giro di qualche anno, ad una mera carica rappresentativa. Se ci fosse qualcuno in grado di regnare onorevolmente e con il cuore buono ma fermo, potrei anche accettarlo, ma nessuno dei Lord al momento possiede queste qualità. Quindi non mi rimane... che un unica altra opzione...”.
Jon si sentì il sangue gelare e la furia scatenarsi nel petto come un divampare di Alto Fuoco, quando i suoi pensieri anticiparono le parole di lei. Deglutì rabbioso per reidratare la sua gola fattasi secca all’improvviso: “e sarebbe? Vuoi per caso trovarti un amante tra i Bruti mentre sei qui?” propruppe velenoso, sconvolgendola con il suo tono strafottente mentre si alzò dalla panca in un gesto di scherno, “non hai che da chiedere sai, faranno a gara per possedere anche solo per una notte la Regina del Nord baciata dal fuoco” ringhiò tra i denti. A quelle parole, veloce la mano di Sansa si mosse per colpirlo sul viso, quando quella di Jon ne arrestò la traiettoria ghermendole il polso. Rimasero a guardarsi con rabbia per un lungo secondo, scambiandosi tutto il risentimento che provavano l’uno per l’altra: ira, delusione e anche qualcosa di più prorompente e simile all’adrenalina ma molto più intensa e pericolosa. Sansa cercò di divincolarsi dalla sua stretta ed indignata, volle calcare ulteriormente la mano, mossa da chissà quale slancio di rivalsa: “ora che ci penso non sarebbe un’idea così spregevole” asserì con un sorriso di sfida, “potrebbe risaldare i rapporti col Popolo Libero senza troppa fatica” replicò letale inarcando un sopraciglio.
Jon in un sorriso di beffa le lasciò il polso, prima di avvicinarsi col viso ad incatenarla all’oscurità delle sue iridi: “credo che sia ora, per te, di andare a dormire Vostra Grazia: la fatica del lungo viaggio ti stà portando a sragionare” le ringhiò in un soffio caldo, così tanto vicino da inondare sue labbra rosee.
Un brivido percorse la schiena della Regina del Nord, sonorizzando il suo respiro accelerato, prima che Jon uscisse in uno scatto dalla tenda, lasciandola sola in compagnia dei suoi pensieri confusi.








Nota dell'autrice:
Io a dire la verita gli abiti di Sansa li ho tutti disegnati per riuscire a descriverli meglio, un giorno quando imparerò ad inserire le immagini, forse riuscirò a pubblicarli!
In questo capitolo direi che finalmente si scoprono le carte in diversi ambiti, la perpetua fedeltà di Jon a casa Stark, la visione che lui aveva di tutta la questione Daenerys e la sua reazione alla confessione di Sansa riguard alla richiesta ricevuta di dare un erede al trono del Nord.
fatemi sapere cosa ne pensate!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. ***


L’aria del mattino fuori dalla tenda, profumava di legna e pane caldo, una brezza frizzante le carezzò le guance e attraversò i capelli di Tharon, pronto a scortarla ovunque avesse voluto andare.
Sansa gli sorrise amabilmente e lui chinò il volto in rispetto, fu in quel momento che sopraggiunse Meera riferendo alla giovane Regina dove avrebbe potuto trovare Thormund Veleno dei Giganti. Sansa la ringraziò e la lasciò alle sue occupazioni mentre si diresse verso la parte più a Nord dell’accampamento.
Il suolo era perennemente umido, ma ormai la neve si stava sciogliendo e sottili fili d’erba novella iniziavano a fare capolino tra le rocce e il terreno; non c’era bisogno del mantello: il calore dei fuochi e gli assembramenti garantivano una temperatura piacevole sin dal mattino. Sansa si sistemò la stola di pelliccia sulla spalla destra mentre incedeva tra i bruti: quando gli occhi del Popolo Libero si scontravano con la sua figura, il brusio di voci si placava e il fruscio delle sue vesti sembrava accompagnare il suo nobile avanzare come una musica antica; prodigava sorrisi affabili e sguardi carichi di rispetto per quel popolo che aveva dato così tanto aiuto in ogni loro battaglia; Tharon la seguiva a pochi passi di distanza comprendendo quanto Sansa avesse bisogno di camminare tra quella gente e ripristinare la fiducia che li aveva legati un tempo. Alcuni azzardavano qualche gesto di rispetto verso la giovane Stark, qualche bambino si prodigò addirittura a scortarla per un breve tratto ponendole domande sulla grande battaglia avvenuta due anni prima contro gli Estranei. Sansa accolse tutti con estrema dolcezza e quando chiese ad una donna se era giusta la direzione da seguire per trovare Thormund, questa le rispose chiamandola Regina Lupo.
Lo trovarono nella prima radura, intento a brandire un’ascia e a spaccare legna.
“Thormund Veleno dei Giganti” lo chiamò con un sorriso lei.
Il Bruto si bloccò con l’ascia a mezz’aria a guardarla, poi un sorriso gli si allargò sul volto e l’ascia finì conficcata subito dopo nella corteccia di un tronco di quercia in un colpo secco: “ce ne hai messo di tempo Lupa Rossa” ghignò lui, prima di dare uno sguardo a Tharon, “anche se preferivo la tua precedente guardia del corpo” constatò leggermente deluso, prima di riprendere a colpire il tronco.
“Brienne manca molto anche a me” sorrise Sansa ricordando le dubbie attenzioni che quel gigante rosso prodigava all’erede di Tarth, “ma Tharon la sostituisce egregiamente, ha combattuto al nostro fianco nella battaglia di Grande Inverno” continuò la ragazza prima che Thormund intervenisse nuovamente, “ecco dove l’avevo gia visto, i due anni del tuo regno sembrano avergli giovato, o forse era solo il fango e il sangue di quella notte infinita che lo guastavano in viso”.
“Quella è stata una battaglia che ha sfigurato anima e corpo di molti; mi ritengo fortunato ad esserne uscito bene” replicò Tharon con un sorriso affabile.
“Una grande battaglia ragazzo, qualcosa che sicuramente racconterai ai tuoi figli!” sorrise di rimando il Bruto, avvicinandosi un poco. Le parole di Thormund riportarono alla mente di Sansa la discussione della sera prima con Jon e sentì l’esigenza di parlargli in tutta discrezione. Allontanò Tharon, chiedendogli di attenderla all’accampamento.
Il rosso non le tolse gli occhi di dosso per tutto il tempo, come a voler registrare ogni micro espressione del suo viso e quando Tharon fu abbastanza lontano, Sansa si voltò finalmente a guardarlo con occhi intensi ma senza sapere da dove cominciare.
“Vuoi sapere del ragazzo vero? Di come sel’è cavata quando è arrivato al Castello dei Corvi” domandò lui retorico, poggiandosi l’ascia sulla spalla.
Sansa si strinse nella stola e si umettò impercettibilmente le labbra come per parlare: “prova risentimento nei miei confronti e non lo biasimo, davvero...”.
“Senti ragazza, se pensi che cel’abbia con te per essere stato mandato in quell’umida e fetida roccaforte, sei totalmente fuori pista” la esaudì lui.
Lo sguardo fulgido di Sansa si ancorò agli occhi azzurri del Bruto: due toni di celeste a specchio gli uni degli altri come a leggersi dentro: “non ho avuto una bella accoglienza Thormund, come posso pensare che non cel’abbia con me?”.
“Oh, ma lui cel’ha con te, cel’ha a morte con te Lupa Rossa, ma non per il motivo che credi tu!” ghigno lui equivoco, “avrebbe potuto farti dormire ovunque ma ha voluto concederti la sua tenda e ti assicuro che sei la prima femmina che ne ha varcato la soglia; in compenso ora devo sopportare io i continui movimenti delle sue notti insonni” concluse lamentandosi mente riprendeva a spaccare la legna.
Sansa metabolizzò quelle parole in silenzio,
cel’ha a morte con me?
Eppure fu un’altra la domanda a cui diede voce per prima: “mi stai dicendo che dopo di lei non c’è stata nessun’altra?” chiese con occhi fissi al suolo.
“Dipende cosa intendi ragazza, ma in entrambi i casi la risposta sarebbe no” rispose criptico lui.
“Come sarebbe a dire in entrambi i casi?” chiese Sansa non comprendendo.
“Se mi chiedi se il suo letto è stato scaldato da qualche altra femmina dopo la Madre dei Draghi, la risposta è no. Se mi chiedi se il suo cuore è stato mai occupato da qualche altra donna al di fuori di te e di tua sorella Arya, la risposta è sempre no” Sansa cercò di trattenere lo slancio interno che quelle parole le provocarono quando il bruto continuò: “oh, non che non ci siano state ragazze attratte dal suo bel viso e dai suoi ricci scuri, più di una ha cercato di coinvolgerlo in qualcosa di più di un bagno, alla fonte nella grotta...”
Sansa arrossì di colpo.
“...ma Jon è stato cresciuto al sud e a volte ha troppo rispetto per le grazie altrui, anche quando gli vengono offerte senza troppe cerimonie” sogghignò Thormund.
Sansa sorrise a sua volta, sarebbe stato inutile ricordare al bruto che Grande Inverno era il nord per loro, inoltre quel sorriso fu utile a mascherare il sollievo che la riscaldò, prima che il rosso tornasse a provocarla: “ora dimmi tu, Regina del Nord, sei forse venuta a riprenderti ciò che è tuo?” chiese sornione inchiodandola al suo sguardo penetrante. Sansa si sentì quasi mancare a quell’attacco frontale, serrò le labbra alzando il mento come a riprendere possesso del suo ruolo: “Jon deve tornare al Castello Nero, è li che è stato mandato a...” scosse la testa come a rifiutare le parole che stava per pronunciare, “scontare la sua punizione” continuò con tono ironico, “ma ho intenzione di garantire per lui con mio fratello Bran, lasciandogli così libero movimento lungo tutti i domini del Nord” rispose remissiva.
Thormund la soppesò per un momento prima di affondare nuovamente l’ascia nella corteccia della quercia: “dovrai offrirgli qualcosa di più di una passeggiata di tanto in tanto al di fuori di quel castello; i confini sono pur sempre confini e si trasformano in gabbie agli occhi di un uomo che ha assaporato bellezza della libertà”.
Sansa lo ascoltò in silenzio osservandolo prodigarsi per il suo lavoro: “ha trascorso troppo tempo con il Popolo Libero per potersi inginocchiare di nuovo, ma questo la ragazza dai capelli d’argento non lo sapeva” disse Thormund tornando a guardarla: “neanche la straordinaria bellezza dei suoi occhi viola è riuscita a confonderlo” concluse prima di ammucchiare la legna da un lato.
Sansa si morse impercettibilmente le labbra a sentir nominare Daenerys in quei termini, eppure anche Thormund sembrava a conoscenza del fatto che Jon non l’avesse mai amata veramente, ne tantomeno riconosciuta come legittima erede al Trono di Spade.
D’un tratto le balenò in mente la seconda domanda: “quindi tu sai perchè cel’ha con me?” chiese quasi reticente.
Thormund in tutta risosta riprese con i colpi d’ascia, senza voltarsi a guardarla: “lo destabilizzi Lupa Rossa, l’hai sempre fatto anche senza saperlo, lo mandi fuori di testa e questo lo fa infuriare a morte perchè sei l’unica che riesce a sconvolgerlo a tal punto”.
“Beh lui non è certo da meno” replicò lei indispettita mentre incrociava le braccia al petto, cercando di dominare il nervosismo; Thormund ridacchio sotto i baffi nel vederla agitarsi: “dagli tempo, fatti un giro nell’accampamento, gli parlerai stasera! Per il momento lascialo riflettere: la tua visita è stata inaspettata anche se prevedibile”.
Sansa accolse le sue parole con un sospiro, quando sentì dei passi avvicinarsi; voltandosi vide Gherte accompagnata da Meera: “ne servirà molta di più per la festa, Rosso” chiamò la Bruta rivolgendosi a Thormund.
“Di che parli ragazza?” chiese lui neanche voltandosi.
“Marran, Damian e gli altri sono tronati dalla caccia; pare che si siano fatti seguire da un orso alto più di tre metri fino ai pressi dell’accampamento, per poi braccarlo dai lati e finirlo con un colpo di lancia dritto nel collo. Secondo Svalla la carne d’orso aiuta la virilità lo sapevi?’” ridacchiò la bionda.
“Se è della mia virilità che ti preoccupi posso dartene prova in qualunque momento” rispose il bruto scoccandole un’occhiata laterale ma senza darle troppa attenzione.
“Non è la mia virtù che sono venuta a preservare, Rosso...”,
“allora probabilmente ti sei dimenticata della fine che questa dolce Lady ha fatto fare al suo precedente marito: si sa difendere da sola Gherte e sa difendere il suo branco tel’assicuro” asserì Thormund guardando Sansa negli occhi, che quasi percepì una velata approvazione.
La bionda serrò le labbra accusando il colpo.
“Inoltre, devo dedurre che non hai notato la belva dal manto grigio che si sta aggirando anche in questo momento tra gli alberi”, a quelle parole anche Sansa andò a cercare tra le fronde con lo sguardo, finchè non riconobbe Nymerya e i suoi occhi gialli.
“C’è sempre un metalupo in difesa di lei” concluse Thormund tornando nuovamente su Sansa, occhi al suo viso dove ancora giaceva l’ombra di un sorriso a scaldarla.
“Sarà meglio che ti lasciamo finire il lavoro” sentenziò Gherte amara, prima di voltarsi in direzione dell’accampamento. Sansa fece un cenno a Meera e insieme si incamminarono dietro la bruta.
“Lupa Rossa” vociò Thormund facendola voltare: “lascialo riflettere, alla festa avrai modo di parlargli”.
Sansa gli fece un cenno in assenso: “sono felice che abbia potuto contare sulla tua amicizia, Thormund Veleno dei Giganti” gli cantò lei prima di raggiungere Meera.













Note dell'autrice:
rieccoci con uno squarcio su Thormund; ho voluto sfruttarlo a dovere essendo l'ultima spalla rimasta a Jon. Sansa aveva bisogno di qualche rassicurazione e di una visione esterna che potesse arrivare dalla persona che è stata più vicina al cugino e con cui ha condiviso gli ultimi due anni. Inutile dire che Thormund patteggia decisamente per la Jonsa! 
La presenza di Nymeria mi è anch'essa fondamentale, è come se Arya fosse li per lei anche quando non può esserci fisicamente e riesce a ricondurmi sempre alla She Wolf.
Rimango in attesa dei vostri pareri!!!
Baci appassionati dalla cima della Barriera a tutti!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. ***


“Sapevi che ha fatto rimettere in sesto il giardino di vetro?” chiese Tharon a Jon, mentre questi finiva di correggere un ragazzino sull’inclinazione da mantenere per un giusto affondo laterale.
“Come dici?” rispose Jon avvicinandosi per lasciare campo libero ai ragazzi per esercitarsi.
“La Regina Sansa, ha ripristinato il giardino di vetro, ci coltiviamo ortaggi e limoni e ovviamente le rose d’inverno” continuò il giovane.
“Mi ricordo del giardino di vetro, ma Lord Stark non ci permetteva di andarci, era in disuso a quel tempo...” cerò di ricordare Jon.
“Mia madre mi disse che era sorto in celebrazione alla nascita di Lady Lyanna; lei era solita passarci il suo tempo quando non era a cavallo o non giocava con i fratelli”.
Jon si irrigidì sentendo parlare di sua madre in maniera del tutto inaspettata, non che Tharon potesse saperlo ovviamente.
Fu a quel punto che la vide, Sansa stava rientrando dalla prima radura, scortata dalla bruta Gherte e da Meera; la regalità le si addiceva, le donava come la stola di pelliccia che si trovava adagiata sulla sua spalla destra. Indossava una casacca con chiusura asimmettrica sul fianco, color antracite e decorata con bottoni d’argento, la spalla sinistra era rinforzata da uno spallino da cui si originavano numerosi fili ritorti come catene, che lo collegavano alla chiusura del bavero; il punto vita era ben delineato ed ogni piega e ripresa sembrava esserle stata cucita addosso. Il drappeggio del tessuto ricadeva lungo i fianchi in morbide onde come ad avvolgerla delicatamente e lasciarle spazio per i movimenti grazie alla veste sottostante, di un grigio più chiaro, che componeva la gonna fino alle caviglie.
Il fatto che fosse così bella era per lui una maledizione, non riusciva a distaccare lo sguardo dalla sua figura longilinea mentre una fitta di aspra gelosia gli annebbiò la mente al pensiero che potesse presto concedersi a chicchessia; nessuno era degno di lei, nessuno adeguato o minimamente adatto a toccare quella pelle di alabastro o a concedere le giuste intime carezze al suo corpo, nessuno avrebbe avuto la capacità di venerarla come lei meritava, nessuno.
Jon arricciò le labbra, infastidito dai suoi stessi pensieri, si rivolse repentino a Tharon: “ti va di allenarti con me?” chiese diretto, nella speranza che un po’ di esercizio potesse liberargli la mente.
“É sempre un onore potermi battere con te” gli sorrise lui con un guizzo di sfida negli occhi bruni, mentre si liberava la cinta dal fodero della spada.
 
 
Sansa era intenta a chiedere a Gherte delle usanze dei bruti nei momenti di festa, voleva sapere di più di quel popolo che l’aveva di continuo affascinata durante i racconti di Jon; “non aspettarti di contare i passi per ballare Regina Lupo, durante le nostre feste è la musica che ti trasporta col suo ritmo, non abbiamo mosse prestabilite, devi solo lasciarti andare alla melodia e al ritmo, sempre che tu ci riesca” le sorrise provocante la bruta passandole davanti prima di deviare il suo percorso, “aspettami nella tenda di Jon, ti porterò una sorpresa” vociò a gran voce prima di dileguarsi.
Sansa si fermò ad osservarla con un sorriso stupito prima che Meera le si accostasse: “mi è simpatica, ci intendiamo ma la capisco poco” disse la ragazza rivolgendosi alla sua Lady che rilasciò una risata sommessa, “Sans ti dispiace se passo dai cavalli? Voglio essere sicura che siano trattati a dovere” chiese incontrando il suo sguardo. “Vai pure Meera, non ti distoglierò dalla tua visita quotidiana alle stalle” sorrise la Lady conoscendo bene la delicata inclinazione alla cura dell’amica di casa Reed.
Guardò Meera allontanarsi, costeggiare lo steccato che delimitava il campo per le esercitazioni e con un tuffo al cuore si accorse dei ricci scuri di Jon, del suo corpo in movimento mentre assestava colpi vigorosi con la spada da allenamento; neanche si prestò ad osservare il suo avversario, era calamitata da lui, dal suo sguardo concentrato e dai colpi di fendete che prodigava coinvolto. La mente corse ad un passato che sembrava lontanissimo, quando lo aveva visto allenarsi a Grande Inverno, in vista della battaglia della Lunga Notte e il solo pensiero la dilaniò spezzandola in due: sentì il petto farsi pesante e le lacrime mozzarle il respiro; un nodo alla gola stretto e pungente e non riuscì a fare altro se non voltarsi e dirigersi nell’intimità della tenda di Jon prima di crollare per terra e scoppiare in singhiozzi, annegando nella malinconia di tempi che non sarebbero più tornati.
Non seppe quanto tempo passò ma piano piano sentì un calore avvolgerla, un respiro caldo a calmarla e quando aprì nuovamente gli occhi, si specchiò in quelli rubini di Spettro, accoccolato a lei, in attesa di lei.
Sansa neanche pensarci lo abbracciò sprofondando nel suo pelo di latte, una nuoola calda e soffice che era sempre stata di conforto per lei, soppratutto nel periodo in cui Jon era a lontano Roccia del Drago; ben presto, sentì la ruvida lingua del lupo leccarle la faccia prima che potesse infrangere i suoi tormenti in una risata d’argento.
 
Gherte giunse poco dopo, accompagnata da una donna anziana di nome Yrga: “devi indossare qualcosa di più adatto Mia Signora o nessuno avrà il coraggio di farti ballare stasera, avvolta in quei vestiti raffinati” le sorrise la giovane bruta mentre l’altra adagiava sul giaciglio alcuni abiti che aveva rimediato per lei, “Yrga non è istruita ma non sbaglia mai una misura di abiti” le spiegò la ragazza.
“Mi serve qualcosa per stringere l’abito Gherte, e una fascia lunga per acconciarle i capelli” decretò la donna senza neanche guardare Sansa.
“Ma non c’è bisogno, davvero...” tentò invano la ragazza.
“Sei sempre una Regina e il nostro popolo non è così stolto da dimenticare Lady Stark, ti aiuterò io stessa a preparati e concedimi di acconciare quei meravigliosi crini di fuoco: sii buona e rendi felice questa povera vecchia” le sorrise mestamente l’anziana donna.
Sansa sorrise grata di rimando, sentendosi lusingata dal particolare trattamento che tutti sembravano riservarle.
Il Nord non dimentica, ma neanche il Popolo Libero.
“Sarò felice di accontentarti allora” rispose la giovane Lady, “e per quanto riguarda la cintura per l’abito, potete utilizzare una delle mie se vi compiace” suggerì delicata mentre si lasciò svestire, sentendosi tornare ancora ragazza.
 
Quando Jon tornò dal suo bagno post allenamento, trovò Thormund ad attenderlo nella tenda: “allora sei pronto per uno stufato di Orso ragazzo?” chiese ghignando accogliendolo con una sonora pacca sulla schiena.
“Non sono molto in vena di festeggiamenti a dire il vero...” rispose Jon agitandosi i capelli con la mano per eliminare le ultime gocce d’acqua; “tu no, ma io sì!” rispose il bruto in una grossa risata, “ho avuto diversi segnali da una certa Moglie di Lancia prima che venissi qui” gli confessò con malizia scoccandogli un’occhiata degna di lui.
“Ti ricordo che l’hai detto anche due lune fa e alla fine non hai concluso niente” gli sorrise sarcastico Jon,
“Taci ragazzo, piuttosto vedi di sistemare le cose con la tua Lupa Rossa o ti toccherà dormire all’aperto stanotte” asserì diretto il bruto.
Jon rimase inchiodato a fissarlo, “beh che ti prende? qualcosa dev’essere successo tra voi se la fanciulla è venuta dritta a chiedermi di te questa mattina; vi siete azzannati di nuovo vero?” constatò il rosso senza troppe cerimonie.
Jon deglutì, incapace di decidere da dove iniziare: “i Lord vogliono che Sansa dia al più presto un erede al trono del Nord” disse sprezzante, incapace di guardare il bruto negli occhi.
La grassa risata di Thormund non tardò ad arrivare: “ecco spiegato il tuo muso lungo Snow!”.
“Non c’è niente da ridere Thormund” replicò lui con sguardo adombrato e disgusto in gola.
“Oh si invece, mi chiedo se questo basterà a farti venire a patti con quello che veramente vuoi ragazzo, perchè tu, io, e lui” sottolineò il bruto afferrandogli il cavallo delle braghe, “sappiamo che lei non è tua sorella e che mai la è stata, non quanto la giovane Arya” continuò staccando la presa e fissandolo nelle iridi scure, “quindi fai pace con il tuo onore perchè non è mai venuto meno e reclamala come l’uomo che sei, prima che qualcun altro lo faccia al tuo posto” concluse il rosso prima di uscire dalla tenda.













Nota dell'autrice:
piccolo capitolo di transizione.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. ***


Il profumo speziato della carne si fondeva con quello balsamico della foresta e quello dell’aria fresca della sera; i fuochi e la brace incandescente, rilasciavano danzanti scintille lucenti di un rosso carminio, illuminando i volti ridenti del Popolo Libero. Erano stati allestiti diversi fuochi attorno ai quali si potevano inalare profumi diversi a seconda delle modalità di cottura dell’ingrediente principale; l’immensa pelle dell’orso era stata pulita dai residui di carne e di sangue ed ora, giaceva legata ben tesa ad una cornice di legno, per essere ammirata da tutti, in attesa che si asciugasse e procedere alla concia.
 
Jon era seduto su di un ceppo, intento ad accrezzare distrattamente Spettro steso ai suoi piedi, mentre ascoltava Thormund raccontare una delle sue numerose avventure, quando da sotto le dita sentì il suo bianco amico ridestarsi, alzare il muso e drizzare le orecchie, d’un tratto attento, prima di sgusciare via da lui ed incamminarsi verso la parte opposta del fuoco. Jon girò lo sguardo per cercare di capire cosa avesse colto l’attenzione del metalupo e attraverso lo scoppiettio delle lingue incandescenti del falò, intravide l’incedere di una figura ancestrale, come una visone di quelle streghe ammaliatrici, che erano solite assumere le fattezze di giovani donne dal viso d’angelo per legare al loro volere intrepidi cavalieri con la sola forza dello sguardo; erano le incantatrici che abitavano i racconti della vecchia Naan e Jon, esattamente come i malcapitati di quelle storie, si alzò lentamente dalla sua posizione per guardare meglio, come clamitato da una forza misteriosa.
Vide Sansa approcciarsi a Spettro con una carezza lieve, quando questi le si trovò a portata e quasi gli parve di percepire le seriche dita di lei tra i suoi stessi capelli, in un brivido estatico; un sorriso a rischiararle il viso ed un calore interno andò a scaldare le ossa di Jon, che rilasciò un sospiro frustrato e quasi sofferto senza che neanche se ne rendesse conto.
Indossava abiti del Popolo Libero eppure manteneva la regalità che da sempre la contraddistingueva. Toni grigi di diverse cromie la avvolgevano, i colori di casa Stark declinati in una gonna larga, insolitamente corta a coprirle il ginocchio ma stretta in vita da una delle sue cinture di pelle; una stola di pelo a scaldarle le spalle e i capelli raccolti in code e trecce, liberandole il viso grazie ad una fascia morbida che perfettamente si sposava col rosso dei suoi crini e nonostante la semplicità delle vesti, era tutto furchè ordinaria.
 
Guardò il suo viso alzarsi a curiosare intorno, incontrando lo sguardo di Meera, che seduta su di un tronco disteso non lontano da lei, era intenta ad intagliare animaletti di legno commissionati dai bimbi più piccoli. Vide Tharon avvicinarsi ed inchinarsi alla sua Regina, la quale lo salutò con un sorriso affettuoso; lo vide parlare con lei ed osservò Sansa sorridere e replicare qualcosa mentre si lisciava e rimirava gli abiti che le erano stati offerti. Nonostante provasse simpatia per lui e lo ritenesse un uomo fidato e corretto, tanto da averlo suggerito lui stesso come Capitano della Guardia, Jon provò un retrogusto amaro in bocca nel vederlo così in confidenza con la cugina; impercettibilmente iniziò a morsicarsi l’interno guancia prima di vederla muoversi ad osservare curiosa le pietanze che le donne stavano cucinando. La guardò parlare e sorridere e vide anche come gli uomini si voltavano al suo passaggio o alzavano i corni invitandola a brindare con loro. Vide Marran ergersi in tutta la sua altezza mentre si sistemava i folti capelli e vide Damian, euforico dalla caccia, sciolto nella parlantina, intento a raccontare come avevano attorniato l’orso prima di finirlo, cercando di calcare la mano sulle dinamiche per affascinare la deliziosa ascoltatrice. Tra risate, commenti e manate di approvazione, Jon vide Sansa sorridere e complimentarsi con loro mentre brindava il loro compagnia; i palmi presero a pizzicargli e i nervi ad irrigidirsi, poi i tamburi iniziarono a suonare e quando i corni si unirono al ritmo, accompagnati da canti antichi e vocalizzi primordiali, qualcuno iniziò finalmente a ballare alla luce dei fuochi.
Damian non perse tempo, prese la mano di Sansa trascinandola con se e facendola roteare su se stessa; la ragazza riuscì a malapena a rifilare il corno che teneva in mano alla prima persona che gli capitò a tiro, prima di ritrovarsi totalmente coinvolta da quelle danze, tra le braccia di Damian che la conduceva fieramente e senza troppe cerimonie. Se Sansa ne fosse imbarazzata, non fù cosa che diede a vedere, il delizioso rossore delle sue guance poteva essere comunque dato dal latte fermentato o dalla frenesia di quella danza a cui non era solitamente avvezza; quello che terrorizzò Jon fù riconoscere in lei, una fulgida giovane donna che sembrava essersi d’un tratto liberata da quelle opprimenti sovrastrutture che il suo rango le imponeva: ad ogni giravolta Sansa rideva e lo faceva tra le braccia di un’altro.
Un ringhio interno, basso e feroce si fece strada dentro il petto di Jon, prima che una mano sulla spalla lo riportò al di fuori dei suoi tormenti.
“Sembra che tua sorella di trovi bene qui tra il Popolo Libero” ghignò Thormund in sfida aperta.
“Cugina” rispose Jon senza neanche voltarsi a guardarlo.
“Sorella, cugina, in ogni caso pare che le piaccia la compagnia del nostro cacciatore di Orsi” decretò Thormund dandogli una sonora pacca sulla spalla come a calcare le sue parole.
“Sembrerebbe di si” replicò fra i denti Jon, mentre ancora osservava i due e meditava su quale dito della mano gli avrebbe frantumato per primo, se solo avesse catturato con lo sguardo un qualsiasi gesto troppo inappropriato da parte di Damian.
Come in un prolungamento dei suoi stessi pensieri, ad un tratto Spettro iniziò ad infrapporsi tra Sansa e la sua controparte, fino a che la ragazza non dovette cedere alle richieste del metalupo e con la scusa di assaggiare una delle pietanza preparata della donne, liberarsi dalla presa ferma di Damian, con la promessa che avrebbe ballato ancora.
Spettro le agguantò tra le fauci un lembo della gonna, trascinandola via dal caos dei bagordi.
Jon, osservando da lontano, aveva goduto soddisfatto di quanto i sui pensieri si fossero allineati in un propizio frangente con quelli del metalupo.
Avanzò verso di loro senza che Sansa se ne accorgesse fino a che non se la ritrovò davanti.
Occhi azzurri e grandi ad incontrare i suoi più scuri e sottili nel contemplarla.
“Jon...” respirò lei colta alla sprovvista, mentre un sorriso imbarazzato andava ad apparirle in viso ed inconsciamente portava una mano a sistemarsi una treccia dell’intricata acconciatura.
Jon rimase un momento a guardarla, affogando in una dimensione parallela nella quale Sansa rimaneva al suo fianco, tra il Popolo Libero, sorridendogli caldamente mentre danzava tra le sue braccia, prodigandogli un bacio ad ogni suo risveglio, al quale ne conseguivano naturalmente altri e più appassionati, nell'intimità della loro tenda...
Avrebbe dovuto fugare da quei pensieri e da quel languore che gli sussurrava la mente, ma Sansa era troppo bella quella sera e lui era troppo soddisfatto di averla tutta per se, lontano dalla frenesia della festa anche se per poco, ma soprattutto sotto gli occhi di tutti.
Che sappiano, che tutti vedano e che non ci provino neanche a pensare di potere avere una chance con la Lupa Rossa, Regina del Nord.
Jon sentiva gli sguardi su di loro e in risposta azzardò un passo lento verso Sansa, andò a recuperare la mano di lei, intenta a sistemarsi l’acconciatura e con una mossa ardita la fece roteare su se stessa, allontanandola appena per poterla guardare meglio, mai lasciandole la mano. Lei sorrise divertita ed ammaliata da quel gesto plateale, davvero inconsueto per Jon che però accolse con zigomi stesi e lievemente rosati mentre manteneva la posa: “ti piace?” gli chiese tornandolo a guardare, lusingata dal suo sguardo che già le preannunciava la risposta.
“Ne vedo ogni giorno a centinaia di donne vestite così...”
"ma...” chiese in tutta risposta lei inarcando le soppraciglia, avvicinandosi di un passo prima che un sorrisetto comparisse sul suo viso: temeraria e alla ricerca di qualcosa di più.
Jon arricciò le labbra per trattenere una risata compiaciuta; fugò il suo sguardo per un attimo mentre con la lingua andò ad umettarsi il labbro inferiore prima di tornare a guardarla ed avvicinarsi a sua volta: “ma tu indossi qualunque cosa come se fosse intessuta di sogni e di miele, Mia Signora” le sussurrò lui, iridi scure ed avvolgenti in un tono roco e basso della voce, che arrivò a toccare le corde più profonde dell’animo della ragazza.
Sentì Sansa trasalire e tendersi nella schiena, come se un brivido l’avesse percorsa da sotto gli abiti.
Vide Damian osservarli in lontananza ed iniziare a muovere i suoi passi verso di loro; gli scoccò un’occhiata dura in ammonimento, prima di stringere ancora la mano della cugina e voltarsi per trascinarla via.
“Jon, ma che...” cercò di trattenerlo lei.
“Dobbiamo parlare” sentenziò fermo lui, continuando a muovere i suoi passi verso la tenda che le aveva ceduto per la notte.
La condusse dentro e chiuse i lembi dell’ingresso ponendo Spettro di guardia.
“Jon, ma...E la festa? Non voglio recare offesa a...”
“nessuna offesa, sono io che ti ho portata via e per una buona ragione” si voltò ad affrontarla lui.
Lei lo soppesò, donandogli la sua più completa attenzione: “bene allora, di cosa volevi parlarmi? Ho promesso diverse danze stasera e...”
“e sceglierai il tuo amante in base a come danza?” chiese lui con tono derisorio e leggermente irritato.
Sansa si portò le mani ai fianchi assottigliando lo sguardo: “non credo che la cosa ti riguardi Jon” rispose d’un tratto più nervosa.
“Mi riguarda eccome, invece” intervenne aggressivo lui, “ho promesso di proteggerti e lo farò sempre Sansa, è l’unico giuramento a cui sembra io riesca a tener fede e non lascerò che qualcun altro possa farti del male” ringhiò sommesso arrivando ad un palmo di naso da lei.

Il su profumo anticipò il suo incedere: cuoio, legna bruciata e una punta amara leggermente agrumata.
Sansa respirò la sua furia, la gelosia delle sue parole e la frustrazione elettrica delle sue mani che cercavano di trattenersi dal toccarla.
Si inabissò nel suo sguardo di pece, scuro come il peccato e luminoso come l’assoluzione.
Tutto di lui le dava alla testa, l’aveva sempre fatto e a giudicare dal tormento di Jon la cosa doveva essere sicuramente reciproca, ma osò calcare la mano per assicurarsene.
“Ma loro non devono farmi del male, Jon” lo provocò con voce di seta e labbra maliziose.
Fulminee le mani di lui arrivarono a trattenerla per le braccia: “smettila di fare così Sans”,
“così come?” chiese in sfida lei tra i denti,
“come se lo facessi deliberatamente per farmi impazzire” si lasciò sfuggire lui frustrato.
Fu un momento e gli occhi di Sansa si posarono sulle labbra di Jon prima di dischiudere le sue e tornare a guardarlo con occhi grandi e iridi improvvisamente più scure e profonde: “ma io lo faccio, deliberatamente, per farti impazzire”.
Lo sguardo del ragazzo vagò sugli occhi di lei mentre la sua mente registrava il significato di quelle parole; inclinò leggermente il viso, incredulo: “Sans?” sussurrò quasi guardingo, aggrottando le sopracciglia.
Portò le dita affusolate a ghermirgli la casacca per trattenerlo a se, per paura che potesse scappare nuovamente da lei, le fronti ad incontrarsi a sostegno l’una dell’altra. Conosceva quello sguardo, c’era desiderio nei suoi occhi ma troppo onore a surclassarlo e il  corpo di Sansa ora voleva di più: “coraggioso, gentile e forte...” ricordò in un respiro sommesso lei a occhi socchiusi, mentre le parole si infrangevano sulle labbra piene di Jon.
“Cosa?” cercò di chiedere lui, ma fu un attimo e le labbra di lei si scontrarono con sue in bacio dalla brama disperata, un bacio che Jon non si sarebbe aspettato mai.
Le mani di Sansa gli arrivarono al collo prima che le dita si insinuassero sulla nuca e tra i ricci scuri, quelle di Jon risposero al bacio prima che la sua mente potesse realizzare e arrivarono ad avvolgerla per la vita incatenandola ancora di più a se, schiudendo le labbra solo leggermente, come a chiederle quell’accesso che gli venne concesso con estrema rapidità.
Fu una danza che dalla perdizione passò velocemente all’urgenza estrema della passione, permettendo ad entrambi di assaporarsi l’un l’altro, tra tocchi e carezze.

Per gli Dei, il suo profumo di fiori, gli era mancato tanto da fargli male, ma la freschezza ardente dei suoi baci era un sapore totalmente nuovo, che Jon non si sarebbe mai immaginato... Stava davvero accadendo?
Jon aprì gli occhi e con enorme sforzo si distaccò da quel paradiso in terra; si ritrovò a fissare il viso di Sansa con gli occhi ancora socchiusi e le labbra deliziosamente arrossate così come le gote.
"Sansa?" chiese senza sapere cosa aggiungere ulteriormente.
"Non sai da quanto tempo avrei voluto farlo..." sussurrò lei con occhi umidi prima che lui in uno slancio emotivo tornasse a baciarla, con ancora più enfasi, per dar voce a quel desiderio reciproco che era rimasto inespresso e gelosamente custodito nella parte più nascosta di lui.
Un gemito di piacere uscì dalle labbra di Sansa, nonostante il bacio non venne mai interrotto e quando Jon sentì le mani di lei iniziare a slegargli i lacci del farsetto, anche le sue iniziarono ad adoperarsi con la fibbia della cintura di lei per liberarla dagli abiti.
“Sei sicura?” chiese lui titubante, interrompendo il bacio per un istante prima che lei riprendesse a cercarlo e ad incitarlo con la sua lingua; “mai stata più sicura di qualcosa” sussurrò urgente ad occhi socchiusi non riuscendo a stare lontana dalle labbra di lui, mentre ancora armeggiava con i lacci.
A quelle parole lui non riuscì a trattenere la sua foga, la prese per la vita, facendola girare fino a che non la addossò con la schiena a uno dei grandi pali che sostenevano la tenda. Sansa godette quasi dell’urto quando sentì le labbra di Jon indugiare prepotentemente a vezzeggiarle il collo: “solo gli Dei sanno per quanto tempo ho atteso questo momento...” gemette lei mentre lui continuava a lambirle la pelle con la lingua; le sue mani grezze sotto le gonne a ghermirle le cosce e carezzare bramose ogni strato di pelle.
“Potrei prodigarmi per te all’infinito, Mia Signora” le sussurrò voglioso lui, prima che Sansa potesse recuperargli il viso tra le mani e tornare a baciarlo su quelle labbra carnose che tanto agognava.
Jon si accostò ancora di più a lei, forzando il suo corpo sul suo e lasciando che il desiderio parlasse per lui visto che le labbra erano intente in ben altre occupazioni.
Sansa trasalì da quanto esplicita fosse la sua smania, ma la accolse in tutta risposta ancorandogli una gamba al fianco, come a dargli libero accesso alla parte più intima di se: “fa l’amore con me Jon” sussurrò lei con occhi languidi e una voce impastata dal desiderio.
Jon si staccò appena per incontrare i suoi occhi, dilaniato nel dar voce alle sue emozioni contrastanti: “non posso darti quello che vuoi Regina del Nord: non sarò padre di un figlio che non posso crescere come mio” le disse lui, con voce quasi feroce nella sua ferita aperta, “per quanto io ti voglia Sans, per quanto io ti abbia sempre voluta, non sarò il padre fantasma per i tuoi Lord”.
Sansa inaspettatamente gli catturò nuovamente le labbra, riconducendolo nei meandri della passione, come se Jon le avesse rivolto le parole più belle di questo mondo.
Le sue delicate e abili mani a prodigarsi per slacciargli l’allacciatura dei pantaloni.
Jon andò urgente a prenderle il viso tra le mani, per far cessare quella tortura e avere una risposta effettiva dalla cugina: “hai sentito quello che ho detto?”.
Sansa si fermò richiamando le mani a se: “non ti voglio per i mie Lord, non ti voglio per far crescere un figlio nel mio grembo, se tu non vuoi: ma ti voglio Jon e ti voglio adesso” disse lei liberandosi della stola di pelo, dalle maglie stratificate e della gonna ampia fino a che non restò totalmente nuda di fronte a lui.
Jon trattenne il respiro a quella visione celestiale che cercava di annebbiargli la mente da tutta quella logica che fino ad un minuto prima, sosteneva tutti quei dubbi che sembravano assillarlo.
La sua pelle diafana risplendeva alla luce fioca e guizzante delle candele che sembravano decantarne una morbidezza ultraterrena. Con un ulteriore gesto, Sansa si slegò l’acconciatura dalla stoffa che tratteneva i suoi capelli, lasciando che le ricadessero sulla schiena, ancora in parte intrecciati.
Jon si allontanò ancora di un passo, quando lei ne avanzò due per cercare di raggiungerlo: “lo vorrei un figlio da te non lo nego: ne vorrei a decine in realtà, vorrei sentirli crescere dentro di me e ascoltare le loro voci risuonare per le mura di Grande Inverno, vorrei ammirarli giocare dalla balconata che si affaccia sul cortile” continuò lei con occhi lucidi, “ma se per te è un problema non te lo chiederò nuovamente” sussurrò con un velo di tristezza negli occhi, mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.
“Sansa, non fraintendere...”,
“non mi interessa” lo interruppe lei raggiungendolo, “non mi interessa ora e non preoccupartene oltre Jon: sono prossima alla mia luna di sangue, quindi non c’è pericolo di una gravidanza” ammise lei, leggendo l’espressione tormentata del cugino.
Jon serrò le labbra, soppesandola sofferente quando lei andò a prendergli la mano, solo per condurla sul suo corpo, sul suo collo, fino a farla discendere sul seno e regalargli quel calore che lui tanto anelava.
Un sospiro frustrato fuoriuscì dalle sue labbra, prima che lei potesse ripetere ancora, con occhi languidi: “fai l’amore con me Jon” facendo crollare in un attimo tutte le barriere che lui aveva tentato nuovamente di frapporre tra loro, raggiungendola in un bacio bramoso e stringendola a se prima di prenderla in braccio e condurla sul suo letto di pellicce, mentre imperterrito continuava a godere dell’edenico calore della sua pelle di seta e dei suoi baci afrodisiaci.
 













Nota dell'autrice:
scusate l'attesa ma ero in ferie e mi sono presa una pausa su ogni fronte, ma direi che ho ripagato con un capitolo che mette finalmente tanta carne (d'orso) al fuoco, e che fuoco!
Davvero intenso questo capitolo, quello che ne uscirà sconvolgerà diversi equilibri come già sappiamo da SheWolf, l'evoluzione della storia tra Sansa e Jon sembra quasi completa ma in realtà non è così, nei prossimi capitoli avremo necessariamente alcuni sbalzi temporali, vi aspetto al prossimo capitolo!
Un abbraccio accogliente dal cortile di Grande Inverno a tutti!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. ***


Erano svegli, accoccolati l’uno all’altra sotto le coperte di pelliccia; Sansa distesa su un fianco a dargli le spalle e Jon dietro di lei, che con le dita le carezzava la serica pelle del braccio mentre le labbra non riuscivano a distaccarsi dal suo collo niveo.
In quel languore senza tempo, nessuno dei due sapeva connettere la mente ad un frangente che non fosse quello attuale del momento; i giorni e le ore sembravano susseguirsi senza meta, solo quando si ritrovavano a condividere baci e mani e pelle, ogni cosa sembrava riprendere valore ed andare al giusto posto.
Non passava giorno che Jon non la corteggiasse per ore con il solo fine di condurla in qualche radura o qualche poso isolato da tutti, per poterla stringere e vezzeggiare lontano da occhi indiscreti: non voleva girassero voci sulla Regina del Nord, non voleva in alcun modo nuocerle, la voleva semplicemente qualche istante per se, forse ancora incredulo di potersi abbandonare alle sue labbra vermiglie senza ulteriori indugi.
Nel tepore della sua tenda, lei era assorta nei suoi pensieri mentre continuava a carezzargli l’avambraccio la cui mano era intenta a girarle il viso, per incontrare il suo possessore in un bacio lungo e languido e carico di avvolgenti promesse.
Sansa si voltò col corpo per agevolargli il compito, mentre sentiva le dita di lui arrivare a percorrerle il fianco nel vezzeggiarla. Sorrise attraverso il bacio, prima di sgusciare fuori dalla sua presa e recuperare la veste di lino che giaceva a terra.
Sentì Jon imprecare dalla frustrazione del suo scontento e non riuscì a non voltarsi nuovamente ridendo.
“Cosa dovrai mai fare di così importante per sfuggirmi in questo modo?” chiese lui ancora coricato di schiena, mentre con i palmi andava a coprirsi gli occhi massaggiandosi la fronte.
Vederlo così inerme, accattivante nel completo disarmo della sua nudità e dilaniato dal desiderio di lei, era un richiamo troppo dolce e sensuale da potervi resistere.
Sansa indossò la veste e liberò i capelli al di sopra di essa, poi con l’eleganza di una pantera ombra gattonò lenta sul letto, fino a porsi a cavalcioni su di lui ed incatenarlo alle sue cosce.
Un sorriso silenzioso si era fatto strada sul viso di Jon, quando aveva percepito il peso della ragazza nuovamente sul letto. Aveva preferito fare finta di niente per scoprire le intenzioni di Sansa, fino a che, sentendola sui suoi fianchi, si era alzato velocemente col busto, agguantandola in vita per evitare che potesse fuggire nuovamente: “che cosa vuoi, Lupa Rossa?” chiese provocante, consapevole dell’effetto che quel nomignolo aveva su di lei.
La vide leccarsi le labbra e sfuggire dai suoi occhi e dal brivido che quelle parole le davano ogni volta: “dobbiamo parlare Jon e sai bene che non ne siamo capaci senza vestiti addosso” disse sarcastica lei prima di tornare a guardarlo.
“La mia lingua è tua Stark, libera di farne quello che vuoi” rispose malizioso lui, inarcando un sopraciglio per soppesare la sua reazione.
Sansa alzò gli occhi al cielo cercando di mantenersi ancorata ai suoi propositi: “per quanto allettante sia la tua cortese proposta...”
“mmm” mugugnò lui andando a lambirle di baci la pelle del collo,
“sono costretta a declinare” continuò lei staccandolo dalla sua occupazione.
Ci fu un attimo di silenzio in cui Sansa incatenò quelle gemme larimar, al suo sguardo ancora ebbro di desiderio: “devo tornare a Grande Inverno, Jon” disse seria, deglutendo l’amaro di quelle parole.
Lo vide cambiare espressione, adombrarsi mentre serrava le labbra e andava a prenderle le mani che sostavano sul suo collo; fugò i suoi occhi celesti voltando appena il viso: “lo so...” sussurrò frustrato prima di deglutire quell’amara consapevolezza.
Sansa lo richiamò in un bacio dal sapore melanconico e dilaniato: “è quasi un mese che sono qui ormai, e per quanto piacevole possa essere...” sospirò, tormentata dal pensiero di quelle notti e quei giorni passati tra le braccia di lui, come se fossero semplicemente Sansa e Jon, senza doveri e responsabilità, semplicemente innamorati e liberi di condividere la vita che avevano sempre voluto, lontani dal mondo reale e da ciò che esso pretendeva da loro.
“Torna con me” chiese titubante, ben consapevole della reazione che avrebbe avuto da lui.
“...non posso Sans, lo sai bene” replicò Jon scostandola prima di alzarsi dal letto, iniziando a rivestirsi a sua volta.
“Perchè? Ti ho spiegato le ragioni di Bran, non ti ha mai rimandato al Castello Nero per confinarti nuovamente tra i Guardiani della Notte”,
“non posso comunque, i Lord del Nord non mi accetterebbero mai, non di nuovo”.
“Questo non è vero” replicò urgente lei scendendo dal letto e avvicinandosi a lui, “erano pronti ad uccidere per te, quando eri prigioniero ad Approdo del Re”.
Sansa sospirò, frustrata dal mutismo di lui e dalla sua stessa incapacità di farlo ragionare: “per quanto restii all’inizio per averti visto mettere da parte la corona, il fatto che tu abbia debellato la dominazione tirannica che Daenerys cercava di apportare, è stato come un atto di pura fedeltà al regno del Nord, ti ha redento agli occhi di tutti e ogni abitante, ogni Lord era pronto a dare la propria vita per riaverti”.
Jon sospirò snervato voltandosi a darle le spalle, testa bassa come sconfitto da tutto ciò che tentava di ripiombargli addosso e che pensava di aver abbandonato per sempre: “non ci riesco Sans...non posso farlo”, la sentì avvicinarsi dietro di lui, fino a che non percepì le sue mani lungo le braccia e la sua testa che si abbandonava sulla sua schiena: “Jon...” sussurro lei, prima che lui potesse voltarsi e accoglierle il viso tra le mani.
“Non posso venire a Grande Inverno, ti prego non chiedermelo Sans”,
“allora torna al Castello Nero” chiese lei prendendogli la mano, “non come Guardiano della Notte ma come uomo libero, nelle terre del Nord; potrai aiutarmi nel mantenere il rapporto con il Popolo Libero e anche con i Guardiani: non ti nego che quel Sefron Dross mi dai non pochi grattacapi...”.
Jon le accarezzò le ciocche ramate, studiandole il viso in una carezza invisibile: “mi stai chiedendo di essere un tuo ambasciatore, Mia Signora” chiese ironico lui, anche se il suo sorriso velato, lasciava sfuggire tutta la dolcezza che provava verso di lei e verso i suoi tentativi di tenerlo in qualche modo con se.
La dura verità e che non sapeva quanto avrebbe resistito lui, nel saperla lontana.
Ora che conosceva ogni centimetro della sua pelle, ogni cicatrice ed ogni efelide rossiccia, sarebbe stato un tormento pensarla altrove, circondata da una calca di pretendenti a farle la corte.
“No Jon, quello che voglio dire è che...”,
“come farai per la questione dell’erede?” chiese urgente lui con occhi di brace, estrapolando la questione dalla proiezione dei suoi stessi pensieri.
Sansa riprese consapevolezza di se e di ciò che rappresentava: “sono comunque la Regina del Nord; ho già una mezza idea di come affrontare la questione con i Lord senza prendere marito o trovarmi un amante che non sia tu” replicò determinata lei, attirandolo a se con gli occhi prima di aggiungere in un sussurro “ho bisogno di te Jon, ho bisogno di averti vicino...”.
Jon la prese per la vita in risposta, possessivo, come se la sensazione della sua pelle potesse confermargli quelle parole di melassa: “dillo ancora...” chiese tra il bramoso e l’incredulo.
“Pensavi non fosse così prima?” domandò lei arricciando le sopracciglia, “ho bisogno di te Jon, ho sempre avuto bisogno di te, il pensiero di te era l’unica cosa che mi ha sempre aiutata ad andare avanti” aggiunse carezzandogli la barba incolta, “la mancanza di te invece mi stava portando alla follia, tanto che mi sono inabissata anima e corpo nella ricostruzione dell’interno Nord; addirittura a Città dell’Inverno dicono che io sia sposata al popolo” concluse sorridendo amaramente.
La presa di Jon le si strinse ancora di più sui fianchi: “e quanto ci potremmo vedere Sansa? Quanto spesso?” le sussurrò lui sulle labbra, socchiudendo appena gli occhi ed inclinando il viso, avvicinandosi sempre di più, come in supplica dei suoi baci, mentre le sue mani iniziarono a vagare lascive lungo il suo corpo, lentamente.
Sansa iniziò a respirare più intensamente percependo il desiderio di lui e quel contatto di brace: “quando vorrai...”, sentì il suo tocco fermo lungo la schiena, poi il distaccarsi di una mano, che proseguì vellutata sul fianco fino ad arrivare a carezzarle il seno sotto la sottile veste di lino; “quando vorrò io...” continuò lei esitante e col respiro ancorato alla sensazioni che il suo corpo le riportava, mentre Jon continuava ad irretirla con le dita e con lo sguardo avido, sempre più scuro e avvolgente, “ogni qual volta ne avremo bisogno” ansimò lei in conclusione, annullando quella distanza dilaniante e fiondandosi finalmente sulle sue labbra piene che tanto bramava per se, infrangendo i suoi pensieri nella passione che tornò a dominare entrambi, mentre a trattativa conclusa, Jon la conduceva nuovamente nell’oblio del suo letto di pellicce.









Note dell'autrice:
perdonate l'attesa, ma sembra che ogni giorno diventi sempre più caotico.
Eccoci all'interno della tenda di Jon, dove tutto è accaduto e dove continua ad accadere; siamo ad una svolta della storia, da questo momento in poi saranno necessari alcuni sbalzi temporali notevoli che ci porteranno al concepimento della piccola Lyla.
Avverranno anche alcuni accadimenti che ci porteranno verso la definizione degli equilibri trattati nella SheWolf e che spiegheranno le necessarie assenze. non aggiungo altro...
Un saluto speranzoso dalla balaustra dei cortili di GI

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. ***


Sulla via del ritorno verso il Castello Nero, assieme alla Regina Sansa, Meera e Tharon scortati dalla silenziosa Nymeria, Jon Snow cavalcava un destriero scuro, così in contrasto col bianco manto di Spettro che lo precedeva.
Le dinamiche per cui si fosse accodato anche Thormud Veleno dei Giganti non erano del tutto note: a Sansa aveva detto di volersi recare presso quei bruti che si erano stanziati al Dono di Brandon per sapere come andavano le cose e la Regina non aveva di certo obiettato alla sua pittoresca compagnia.
Aveva lasciato il Popolo Libero con rinnovato affetto, Gherte addirittura le aveva detto, sempre bruscamente come nei suoi modi,  che forse un giorno la sarebbe andata a trovare a Grande Inverno; Yrga le aveva fatto dono degli abiti che Sansa aveva indossato durante la fatidica Festa e l’aveva salutata con una carezza dolce al viso, esattamente come aveva fatto con Jon.
Sansa non sapeva chi fosse realmente al corrente della situazione tra loro: Tharon doveva essere ancora all’oscuro in qualche modo, ma sicuramente Meera, con la sua perspicacia, aveva intuito qualcosa; non sapeva fino a che punto Bran le avesse parlato delle sue visioni del passato e delle origini di Jon, ma per scoprirlo aveva deciso di aspettare fino a che non fosse tornata a Grande Inverno. Lei e Wylla erano le uniche con cui si sarebbe potuta sentire libera di parlarne, avrebbe voluto poterlo dire anche ad Arya, nonostante sapesse bene quanto la cosa avrebbe potuto turbarla: sua sorella aveva da sempre avuto un rapporto completamente fraterno con Jon, libera da quel distacco e infrastrutture che invece avevano condizionato Sansa durante la maggior parte della loro infanzia.
Sarebbe sato difficile per lei capire, eppure Sansa sapeva che neanche una cosa del genere avrebbe potuto separarle ormai: erano lontane fisicamente è vero, ma avevano passato così tante esperienze traumatiche insieme o da sole, che niente avrebbe mai più potuto dividerle. Si erano allontanate bambine e ricongiunte da donne, in tutta la loro piena consapevolezza, qualche divergenza di opinioni ci sarebbe sempre stata ma il rispetto e l’amore che provavano l’una per l’altra non avrebbe mai permesso loro di perdersi nuovamente, non in maniera definitiva almeno, men che meno a causa di Jon.
Sansa si voltò per un momento a guardarlo: stava ridendo assieme a Tharon ad una qualche battuta di Thormund e si ritrovò a sorridere anche lei vedendolo così rilassato, con i lieamenti distesi e gli occhi socchiusi mentre cercava di trattenere il cavallo in un’andatura rettilinea.
Jon alzò lo sguardo incontrando quello di lei e sembrò contemplarla per un momento prima che la voce di Meera, di ritorno dall’avanscoperta, la richiamasse inaspettatamente.
“Non ci crederai Sans ma ho trovato un posto riparato per fermarci” conclamò la ragazza galoppandole affianco; Sansa le sorrise, leggermente arrossita dall’idea di essere stata colta nell’atto di fissare il fratello in modo così esplicito, ma Meera sembrò non farci caso, continuandole a parlare della grotta ampia che aveva appena scoperto.
Una volta arrivati nei pressi del luogo, Thormund slegò la sua ascia lunga dalla sella del cavallo apprestandosi ad andare a far legna mentre Meera sembò aver deciso tutto d’un tratto, di insegnare a Tharon come cacciare i conigli centrandoli con le frecce negli occhi.
Jon, dopo aver legato il suo cavallo aiutò Sansa a smontare dalla sua e insieme decisero di esplolrare la grotta. Accese una torcia e condusse la Regina del Nord per mano, sempre più all’interno.
“Pensi che Meera sappia?” chiese Jon, evitando di girare troppo attorno all’argomento.
“Potrebbe in effetti: non so quanto Bran le dicesse delle sue visoni, ma sembra così propensa a non fare domande...”sorrise Sansa, “Meera osserva molto, non parla ma osserva ed è altamente intuitiva” concluse sorridendo lei.
“Le sei affezionata”constatò Jon, “e ti fidi di lei” sempre accoglienti le sue parole.
“Mi fido di lei come mi fidavo di Brienne” ammise Sansa “e anche di Wylla” aggiunse.
Jon si ritrovò così a chiederele della ragazza Manderly e Sansa gli spiegò di come si erano incontrate e di quanto la amasse, tanto da affidarle la loro stessa casa.
“Da come ne parli potrei esserne quasi geloso” scherzò Jon specchiandosi nel cristallo degli occhi di lei, mentre con la mano libera le andava a cingere la vita, addossandola alla parete di pietra e facendosi più vicino; Sansa si inumidì le labbra, accogliendo piacevolemte le sue attenzioni: “oh, puoi stare tranquillo, il suo cuore è completamente assuefatto da Tharon, te lo posso assicurare e credo che la cosa sia assolutamente reciproca” rise Sansa, prima che lui potesse sussurrarle un sarà meglio per lei e fiondarsi sulle sue labbra in un bacio che prometteva oblio e piaceri di un altro mondo.
Sansa rispose a quella malia, aggrappandosi alle sue spalle per mezzo del mantello e lui non potè fare altro che lasciar cadere la torcia per accoglierla a dovere, mentre il bagliore scarlatto faceva danzare le loro ombre.
Quando Jon si distaccò da lei, rubandole un mugugno di protesta, dovette allontanarsi per un momento e sbattere le ciglia per riprendersi dalla visione della ragazza: Sansa era circondata da una parete lucente che sembrava aver inglobato in se il rosso tiziano dei suoi capelli. Jon si chinò a roccogliere la torcia e fece voltare Sansa verso quello che sembrava un qualche giacimento infinito di rubini, incastonati nella roccia.
La ragazza rimase senza parole a quella visione, mentre Jon si apprestava con la mano a toccare la parete; la percorse  fino al suolo, andando ad illuminare anche quello, fino a che non si apprestò a raccogliere una gemma grande come un bocciolo di non ti scordar di me.
Si rialzò, e con un gesto automatico lo porse a Sansa la quale accolse quel dono tra le mani, incatata a rimirarne i bagliori screziati.
Dopo un silenzio che sembrò durare secoli Sansa parlò con un filo di voce: “se a sud della barriera sapessero di questo posto sarebbe un massacro” affermò titubante, quasi spaventata, voltandosi nuovamente alla parete, figurandosi al posto dei rubini infinite goccie di sangue.
Jon la fece voltare celermente verso di se e lesse tormeto e paura negli occhi di lei: “questo posto non appartiene a nessuno ma è nelle terre oltre la barriera Jon: devi dirlo a Thormund, solo il Popolo Libero ha il diritto di decidere cosa farne, non possiamo rischiare che i nostri popoli si ritrovino nuovamente in guerra per giacimenti di questo tipo; inoltre al Popolo Libero una merce di scambio come queste gioverebbe molto di più” concluse ferma Sansa, parlando con la voce della Regina del Nord.
Jon le restituì uno sguardo fiero e un sorriso mesto ma orgoglioso, tornò a circondarle la vita prima di incontrarla nuovamente in un bacio: “farò come chiedi Sans, ma questa tienila per te” asserì accennando alla gemma che la ragazza teneva ancora in mano, “un ricordo di questa grotta e di quanto tu abbia diritto di essere Regina, meritando l’amore e il rispetto anche di chi non ti riconosce come propria”.
Sansa arrossì, comprendendo bene ciò che Jon sottintendesse con quelle parole, un tacita approvazione che valeva così tanto per lei; abbassò lo sguardo sulla pietra che ancora teneva tra le dita: “è lucente come gli occhi di Spettro”, sorrisero entrambi a quella perfetta associazione.
“Vorrà dire che quando la indosserai penserai a me” le sussurrò Jon facendole chiudere le mani sul rubino, in un gesto delicato delle sue mani inguantate.
Sansa lo guardò intensamente, avvertendo sulla pelle la melanconia della loro separazione; cacciò indietro il dispiacere e tento di restituirgli un sorriso, prima di muovere i sui passi verso l’ingresso della grotta, stringendo il rubino nel palmo come avrebbe voluto fare con lui, custodendo gelosamente quel dono inatteso.







Nota dell'autrice:
chiedo venia per l'interminabile attesa ma è un periodo abbastanza pieno qui.
Meera ha indubbiamente compreso qualcosa e a breve avremo il vero e proprio primo distacco tra Jon e Sansa.
In ogni modo i più attenti ricnosceranno subito la gemma che Jon dona a Sansa, in SheWolf pareva effettivamente molto importante e quando Jon glie la vede addosso è alquanto turbato, quasi da fuggirne ala vista, ma non vi svelo oltre.
Un caldo abbraccio nel vento d'inverno!
a presto...spero!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. ***


Una volta giunti a Catello Nero, non fu una sorpresa la fredda accoglienza di Stefron Dross, soprattutto riguardo al ritorno di Jon e del suo metalupo; tutti conoscevano il suo ruolo nella battaglia della Lunga Notte, tutti sapevano dei suoi trascorsi quali 998° Lord Comandante dei Guardiani della Notte e delle circostanze della insolita cessione di ruolo, se così si poteva definire, al suo compianto confratello Edd Tollet, morto in quella sanguinosa battaglia, fatidica per molte altre anime.
 
La Regina del Nord intercedette per lui, mettendo in chiaro la posizione di Jon quale uomo libero, non vincolato al giuramento dei Guardiani, se ancora cen’era uno; Jon avrebbe potuto viaggiare liberamente nei confini del Nord, collaborando per la ricostruzione del Castello Nero e della confraternita grazie anche agli aiuti che sarebbero presto arrivati da Grande Inverno e dalle altre città; avrebbe assoldato uomini e mantenuto rapporti con il Popolo Libero, oltre ad essere occhi e le orecchie della stessa Sansa riguardo i confini più a nord del suo regno. Non mettendo, tutto questo, in discussione la sua autorità, il Moro non ebbe niente da ridire, anzi, fu talmente sollevato che annunciò di voler ribattezzare la torre del Re, Torre della Regina, in onore della generosità della sovrana del Nord, garantendole che avrebbe fatto in modo di restaurarla e renderla accogliente per la sua prossima visita.
Sansa regalò un affabile sorriso a quell’uomo che chiaramente non voleva far altro che mantenere il suo ruolo senza troppe intrusioni, cosa che non era certo nei suoi piani; dopo essersi riposata e aver cenato al tavolo d’onore con Jon al suo fianco, chiese solo se quella notte avrebbero potuto aprire nuovamente i cancelli sotto la Barriera per lei, poichè prima di partire l’indomani, voleva fare visita al giardino degli antichi Dei al limitare della foresta. Stefron Dross acconsentì senza indugi e anzi si propose lui stesso a guida della sua scorta; Sansa declinò gentilmente, replicando che Jon e Spettro sarebbero stati più che sufficienti e che inoltre non voleva distoglierlo dalle numerosi obblighi che sicuramente necessitavano della sua più completa attenzione.
 
 
Quando dopo qualche ora, giunsero alla remota radura del parco degli Dei, il tempo sembrò rallentare.
Spettro decise subito di dileguarsi per andare in esplorazione, lasciando Jon ad assicurare i cavalli ad una albero; Sansa era accostata all’albero, con occhi cielo rivolti al volto intagliato, in un assordante silenzio.
Sembrava immersa in un sogno, con quei capelli rossi scarlatti e lo sguardo in contemplazione; Jon posizionò due torce sul terreno umido, ormai immemore del tappeto di neve che era solito ricoprirlo, si avvicinò a Sansa, circondandole la vita con le braccia e stringendola a se, accostando il viso alle sue guance ad inalare il fresco profumo della sua pelle candida.
“Una luna d’argento per i tuoi pensieri, Mia Signora” le sussurrò all’orecchio.
Vide Sansa abbozzare un sorriso, mentre con le mani si stringeva alle sue braccia e gli occhi non smettevano di rimirare la resina rossa del volto intagliato.
“Mi chiedevo se Bran sapesse, quando ha mandato Brienne a dirmi di te” rispose lei dolcemente.
Jon portò i suoi occhi a scrutare le fronde carminie che li avvolgevano, riportando alla mente la figura di quello che una volta era stato suo fratello minore, seduto sulla sua sedia con ruote, quel giorno al molo, così distaccato e avvolto da un aura ultraterrena: “ti ricordi cosa dissi a Bran qundo ci salutammo ad Approdo del Re?” le chiese tra i capelli.
Sansa si voltò tra le sue braccia per incontrarlo in tutta la sua attenzione.
“Gli dissi - mi dispiace non essere stato qui quando avevi più bisogno di me - e lui rispose semplicemente -eri esattamente dove dovevi essere – come se le sue parole fossero la cosa più ovvia del mondo” le sorrise tristemente Jon, “ho pensato molto a lungo, durante la navigata, al significato di quelle parole, al fatto che forse, siamo veramente parte di un grande disegno dove tutti gli eventi che affrontiamo ci portano a fare scelte che ci condurranno verso il nostro posto nel mondo...” continuò pensieroso Jon, “e forse, anche in questo caso, siamo esattamente dove dovremmo essere” le sorrise dolcemente, portando una mano a carezzarle i capelli.
Sansa lo studiò a lungo, specchiandosi in quelle iridi grigie, così profonde e che avevano spesso fatto capolino nei suoi sogni, a tradimento dei suoi stessi sentimenti durante quei due lunghi anni di separazione.
Lo incontrò in un bacio, un bacio dolce e confortante inizialmente, in cui entrambi si abbandonarono al calore dell’altro, al sapore dell’altro, fino a chè una brama più intensa coordinò quella danza avvolgente, e i baci non divennero assaggi e poi morsi quasi volessero divorarsi l’un l’altro senza saziarsi mai.
La presa di Jon sulla schiena di lei divenne più stretta quando le mani di Sansa si inabissarono nei suoi ricci scuri; i mugugni della Regina del Nord si infransero sulle labbra di Jon, in una melodia incantatrice, capace di disarmare il suo raziocinio come il canto di una sirena; la fece indietreggiare, incatenandola all’albero del cuore. Sansa quasi sussultò quando la sua schiena andò a cozzare col tronco bianco, si distacco dalle labbra di Jon e lui prese a percorrerle i fianchi lentamente, soffermandosi su ogni piega di tessuto, come a sensibilizzare il suo tatto ad ogni superficie che ricopriva il corpo di Sansa, beandosi del rossore che andava ad irradiarsi dalle sue guance.
In tutta lentezza, spostò la mano destra sul corpetto di lei, allargando il palmo e facendo una leggera pressione col pollice sul centro dell’addome fino ad arrivare allo sterno, chiudendola infine attorno al suo seno. Le labbra di lei si schiusero per liberare un sospiro frustrato, mentre i suoi occhi azzurri imploravano di più. Veloce Jon portò la mano libera ad incatenarsi dietro al collo di lei, reclamandola in un bacio affamato mentre Sansa armeggiava fremente liberandolo dalla cinta della spada, prima che lui le agguantasse le gonne, alzandole quel tanto da carezzarle le cosce e facilitare quell’intenso, agognato e straordinario contatto, necessario a dare sollievo alle frustranti attese di entrambi.
 
Quanto tempo sarebbe passato prima di rivedersi ancora, prima di potersi perdere l’uno del profumo dell’altro, prima di sentirsi finalmente completi anche solo per poche ore?
Erano tutte domande senza risposta a cui in seguito, avrebbero pensato a lungo entrambi, nella solitudine delle loro stanze, fino al loro prossimo incontro, ma per quel momento e per quella notte, alla fervida luce della luna piena e al cospetto degli antichi Dei, nulla esisteva se non loro due soli.
 
La mattina seguente la Regina del Nord e il suo piccolo seguito, lasciarono il Castello Nero qualche ora prima dell’alba; si separarono da Thormund presso Il Dono di Brandon, sostando presso l’insediamento il necessario per riposarsi prima di proseguire verso la strada del Re.
Nymeria li lasciò una volta accostata Foresta del Lupo, silenziosa come era giunta e quando finalmente raggiunsero i cancelli di Grande Inverno, Wylla a stento si trattenne dal fiondarsi ad abbracciare la Regina, accostandosi a lei con occhi lucidi e labbra serrate mentre non riusciva a fare altro che continuare a stringerle le mani, commossa dall’emozione di rivederla.
Quando finalmente la lasciò alle attenzioni di Maestro Wolkan già intento ad aggiornarla sugli ultimi eventi, si accosto alla cavalla della Regina, per condurla verso le scuderie assieme a Meera che iniziò a raccontarle del viaggio e a descriverle le lande a nord della Barriera.
“Siete stati via così a lungo che stavo iniziando a preoccuparmi sul serio” si lamentò Wylla prendendo a braccetto l’amica, “temevi che non le riportassi a casa sane e salve, trecciolina?” le sussurrò alle sue spalle, la suadente voce del Capitano. Wylla si voltò quasi allarmata da quella inaspettata vicinanza, prima che Meera si dileguasse con una scusa lasciandoli soli.
Lo sguardo di Tharon attendeva una risposta mentre un sorriso sornione iniziava a dipingergli il viso, assistendo allo sforzo di lei nel mantenere il controllo delle sue espressioni. Wylla si morse il labbro prima di poter finalmente alzare lo sguardo: “non ho mai dubitato di voi Capitano, anche se vi siete fatti attendere; in ogni modo sono felice di riavervi tutti a casa” replicò lei con voce alta e acuta.
“In ogni modo, ho un dono per voi Mia Signora” disse Tharon allungandole un involto che aveva slacciato dalla cinta. Wylla inarcò le soppraciglia bionde in sorpresa, prima di accettare il dono e scostare la pezza di lino che avvolgeva il contenuto. “Sono alghe” spiegò Tharon, “il mercante che me le ha vendute mi ha garantito una pigmentazione verde giada” continuò lui guardandola rilassare il viso in un sorriso radioso.
Gli occhi di Wylla erano luminosi di gioia e Tharon si rese subito conto di aver bramato quello sguardo dal giorno della loro partenza. “Il tuo gesto mi...”cercò di ringraziarlo lei mentre cercava di mettere insieme le parole, quando vide con la coda dell’occhio la mano del capitano indugiare con l’estremità della sua treccia, rigirandosi il ciuffo tra le dita: “mi sei mancata anche tu, Mia Signora” concluse in un soffio lui prima di allontanarsi.
 
Una volta rientrata al castello, Wylla corse nelle sue stanze a riporre il dono di Tharon dentro un piccolo scrigno affianco al suo letto, dopo di chè chiamò alcune servette per comandare un bagno caldo per la Regina. Quando Sansa finalmente rientrò nelle sue stanze, Wylla già la attendeva con Meera.
“Devi raccontarmi tutto Sans, sai che Meera non ha le tue capacità descrittive: salta tutti i dettagli” la prese in giro la turchina mentre aiutava la giovane Lady a togliersi di dosso gli abiti da viaggio.
“In realtà Wylla, la nostra Regina deve dei dettagli anche a me...” rispose Meera incontrando lo sguardo attento di Sansa, prima che un sospiro divertito potesse liberarsi dalle labbra.
Sansa entrò nel bacile di rame, rigirandosi le parole nel palato, alla ricerca di come iniziare quella conversazione che sapeva e voleva poter fare con le sue confidenti.
“A quali dettagli ti stai riferendo Meera?” chiese divertita Sansa finalmente avvolta dal tepore dell’acqua.
“Non credo si tratti di un dettaglio...” replicò consapevole la ragazza Reed con occhi caldi e intensi, “sappi colo che sono a conoscenza delle circostanze della sua discendenza, quindi non hai di che temere Mia Regina” concluse in un timido sorriso.
Vide Sansa distendere il viso, grata e felice prima che Wylla chiedesse delucidazioni sull’enigmatico scambio di battute tra le due, e fu così che tra le calde pareti delle stanze padronali, Sansa si confidò con le sue amiche più care riguardo a Jon e all’evoluzione del loro rapporto.
Riuscirono ad uscire dalle sue stanze solo a sera inoltrata per mettere qualcosa nello stomaco, tante erano le domande e i dubbi e le circostanze di quella relazione sbocciata giorno dopo giorno, alimentata da un affetto incondizionato e dal timore di perdersi a vicenda dopo essersi ritrovati; l’animo guerriero di Wylla si alimentava della passione di tutti gli eventi che Jon e Sansa avevano dovuto affrontare insieme, mentre Meera ascoltava attenta, celando le sue emozioni ed eclissando il pensiero di Bran nei meandri più remoti della sua mente: Sansa irradiava una felicità che lei forse non avrebbe provato mai e nonostante era appagata da quella visione, non riusciva a reprimere il doloroso ricordo degli occhi vacui di Bran, quando erano stati specchio della completa assenza di ogni attaccamento terreno che il ragazzo aveva mai potuto provare in passato.
 
Da quel giorno, le missive da Castello Nero iniziarono a riprendere con frequenza, dopo un mese dalla loro ritorno, i progressi nella restaurazione procedevano bene e dopo due mesi, la notizia che il Popolo Libero avesse iniziato a fare scambi commerciali, iniziò a garantire una fruttuosa fiducia con la gente del Nord, appianando le numerose divergenze che tanto avevano dato problemi in passato.
 
Jon arrivò a Grande Inverno il giorno in cui Sansa incontrò Thormund per redigere un contratto di cessazione al Popolo Libero, di una delle terra appartenuta a uno clan delle montagne, caduto ed estinto a causa della guerra della Lunga Notte.








Nota dell'autore:
Ed eccoci dinuovo anche in questa long!
Dovevano separarsi, lo sapevamo, ma ho preferito regalare loro un ultimo momento di intimità.
Sansa, con le sue capacità diplomatiche riesce a tirare dalla sua parte anche il restio capitano dei Guardiani dell Notte, in modo da garantire una permanenza più facilitata anche a Jon. Assistiaimo poi ad un bellissimo scambio tra Wylla e Tharon (adoro Wylla, vel'ho già detto?) e alla confessione di Sansa rispetto a ciò che la lega realmente a Jon.
Un piccolo scorcio su ciò che accade i mesi seguenti, un'ulteriore apertura dal e verso il Popolo Libero, e finalmente la prima visita di Jon!
Vi aspetto al prossimo capitolo, sperando che non siate voi a dovermi attendere troppo!
Un caro e affettuoso saluto dal parco degli Dei.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3938260