Cascasse il mondo, impara a volare

di piccolo_uragano_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I - intro ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** IV. ***



Capitolo 1
*** I - intro ***


Per due che come noi non si son persi mai
E che se guardi indietro non ci crederai
Perché ci vuole passione
Dopo vent'anni a dirsi ancora di sì
E stai tranquilla sono sempre qui
A stringerti la mano
Ti amo
Andiamo
(Brunori Sas, Per due che come noi)

 

Cascasse il mondo, impara a volare 

I - Intro 


Sirius Black, accusando un mal di schiena che avrebbe negato con orgoglio fino alla morte, aprì la porta di Villa Black cercando di non far rumore, trovandovi all’interno un confortante calore artificiale. Guardandosi attorno nel salotto deserto, non potè fare a meno di notare in salotto una figura più che conosciuta appisolata su una vecchia poltrona.
Si avvicinò a Martha con un sorriso sghembo, e le accarezzò il viso con delicatezza. «Redfort, sono troppo vecchio per portarti di sopra in braccio» le disse, vedendola strizzare gli occhi. 

«Idiota» gli sorrise lei, strofinandosi il viso. «Stai bene? Remus sta bene? Hai bisogno di qualcosa?» 

Sirius scosse la testa, senza riuscire a smettere di guardarla. «Qualcuno troverebbe commovente che dopo trent’anni insieme, tu mi aspetti ancora seduta in poltrona dopo ogni notte di luna piena»

«Qualcuno troverebbe commovente che nonostante la Pozione Antilupo, Padfoot si metta a dormire sul divano della taverna di un Moony innocuo e anche un po’ vecchio» rispose Martha, imitando per riflesso lo sguardo innamorato ed il sorriso sghembo del marito. 

«Per fortuna, sono altre le cose che noi troviamo commoventi» concluse Sirius. «Ad esempio, ti fai una doccia con me?»

«Prima ti levi l’odore di cane, poi ne parliamo» sorrise Martha, alzandosi dalla poltrona e trovandosi a pochi centimetri dal viso del marito. 

«Il mio orgoglio virile è fortemente offeso» 

«Vorrai dire il tuo orgoglio canino» rise lei, baciandogli velocemente una guancia e strisciando le pantofole verso la cucina mentre si sistemava la matita che, fedelmente ad ogni più antica tradizione, aveva incastrata nei capelli. 

«Notizie della nostra prole?» domandò Sirius, seguendo la moglie come il cane fedele che sotto sotto era. 

«Robert oggi dovrebbe andare in Scozia, da quel vecchio mercante, per dei materiali. Harry farà la sua solita vita nell’ufficio del Capo Dipartimento. Kayla dovrebbe riprendere a lavorare per metà giornata, lasciando le gemelle a Fred. Anastasia è uscita prima di cena dicendo che sarebbe tornata per colazione, credo che oggi debba studiare e vedere Minerva al castello» nel raccontare il da farsi dei loro figli, con un abile incantesimo non verbale, Martha aveva preparato due tazze di caffelatte bollente e si era seduta al suo posto. 

«Minerva è un bel nome, perché non ci abbiamo pensato?» 

«Sirius, la fabbrica è chiusa» lo rimproverò la moglie senza guardarlo. 

Sirius si strinse nelle spalle e si alzò dalla sedia, vedendo dalla finestra il solito gufo che portava loro La Gazzetta del Profeta con entusiasmante puntualità. Raccolse dalla tasca dei pantaloni di velluto beige un paio di zellini, e prese dall’apposita biscottiera vicino alla finestra un biscotto da dare al volatile, mentre Martha lo scrutava con un mezzo sorriso. Lui, intanto, aveva lo sguardo fisso sulla prima pagina del quotidiano. 

«Gli occhiali, idiota» lo rimproverò la moglie. 

Lui Appellò gli occhiali da lettura in un secondo, e poi, come se si fosse reso conto di qualcosa, alzò lo sguardo con aria compiaciuta. 

«Illuminami» lo invitò Martha con pungente ironia. «Vedo un pensiero geniale nelle tue pupille» 

«Colazione io e te, come ai tempi della scuola» le disse lui, particolarmente entusiasta. «Non invecchieremo mai»

«Parla per te» gli sorrise la moglie. «Mi pentirò della notte in poltrona per la prossima settimana» 

Sirius sorrise, girando la prima pagina del Profeta. «Io, invece, sono sempre un ragazzino»

«Un ragazzino che per alzarsi dalla sedia ci ha messo il triplo del tempo che ci metterebbe di solito: anche tu ormai soffri le notti di luna piena»

Sirius scoppiò a ridere, cercando di negare l’evidenza dei fatti, e Martha rise con lui, puntandogli il dito contro per accusarlo di non saper accettare lo scorrere del tempo, mentre Anastasia, con i capelli raccolti in due trecce e la sciarpa Tassorosso, entrò in casa sorridendo genuinamente per aver trovato i genitori a ridere insieme come una coppia di adolescenti. 

O forse, come la coppia di adolescenti che sarebbero sempre stati.



Buongiorno miei prodi, vi sono mancata? 
Sono contenta di essere tornata tra voi a ricordarvi che è vero, Hogwarts sarà sempre lì per darvi il bentornato a casa, ma anche il clan Black non scherza. 
Dunque: volevo inserire un'immagine a inizio capitolo, ma non ne sono in grado (ma dai?) aspetterò con pazienza il supporto della mia tutrice tecnologica 
Always_Potter, nel frattempo, però, se siete impazienti, potete spiarla su Wattpad
Che, dire, follettini e follettine? Aggiornerò ogni primo lunedì del mese, se ne sarò in grado. Voi sentitevi liberi di ricordarmi di aggiornare nei messaggi privati, sapete che mi fa sempre piacere sentirvi. Bene, credo sia tutto. 
Ah: il prossimo capitolo è una bomba. Ve lo dico. Lo adoro. 

fatto il misfatto, 

C

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Capitolo 2
*** II. ***


Cascasse il mondo, impara a volare
 
 II. 
 

Da ormai un paio d’anni, la segretaria migliore del Quartiere Generale degli Auror era una ragazza di nome Annika.
Martha si era convinta che fosse la migliore qualche settimana dopo il suo arrivo, quando un lunedì mattina le aveva chiesto di trovare Sirius e lei non solo lo aveva trovato in tempo record, ma immaginando, grazie a delle dicerie più che note, che il famigerato Auror Black fosse di pessimo umore per essersi dovuto alzare dal letto anche quel lunedì, gli aveva portato un caffè bollente in un classico bicchiere di cartone con il tappo di plastica.
Da quel momento, Sirius i caffè li chiedeva solo ad Annika, e Martha si preoccupava di farle avere un regalo ogni Natale e anche ogni compleanno. 

Ed era stata proprio Annika a bussare alla porta dell’ufficio di Harry Potter, Capo del Dipartimento Auror, quel giovedì pomeriggio. 

«Non puoi continuare a fare così» stava sbuffando Martha, in piedi dietro alla scrivania. 

«Senti, ha fatto pena» si difese Sirius, seduto davanti alla scrivania, giocando con il Boccino che Harry teneva nel cassetto, evocando un’immagine di James di una vita precedente.
«Non puoi continuare a bocciarlo, Martha ha ragione» lo richiamò allora Harry, seduto al suo posto con le mani giunte davanti al petto. 

«Ascoltami per favore Padfoot, è la terza volta che lo bocci - e per Merlino, smettila di giocare!» strillò Martha. «Scusa, Annika» disse poi cambiando totalmente tono di voce alla ragazza, ancora in piedi sull’uscio.

«Perchè chiedi scusa ad Annika e non a me?» si lamentò allora Sirius. 

«Perchè Annika merita-» Martha afferrò al volo il Boccino che le stava svolazzando a dieci centimetri dal naso, con stupore di Harry. «… le mie scuse per avermi sentita strillare» 

«Io sono più di trent’anni che ti senti strillare!» 

«Sirius, per favore» sbuffò Harry. «Dimmi, Annika» 

La ragazza regalò loro un timido sorriso. «Mi dispiace interrompere questa riunione di famiglia» iniziò. «Ma si tratta di una situazione particolare» 

«Particolare?» si preoccupò Harry.

«Qualcuno è nei guai?»lo sovrastò Sirius, alzandosi dalla sedia di scatto.

«Sirius, per Godric, sono sicura che nessuno si nei guai» sbuffò Martha alzando gli occhi al cielo. «E se non ti calmi, ti giuro che dormi sul divano per un mese» 

«Non capisco perchè questa minaccia, abbiamo un sacco di camere da letto vuote in casa nostra» borbottò lui rimettendosi a sedere, mentre Martha cercava di mettere il Boccino nel suo cassetto incantato, il magico oggetto da gioco sfuggì alla sua presa e ricominciò a volare in giro per l’ufficio. «Posso dormire nella vecchia stanza di Harry, non è vero figliolo?» 

«Non ci pensare nemmeno» tagliò corto Harry. «Annika, per favore, raccontami di questa situazione particolare» 

«E Annika, per favore, da domani, il caffè al signor Black prendilo decaffeinato» le sorrise Martha, seguendo il Boccino con lo sguando. 

«Decaffeinato?» si incuriosì Sirius. «Signora Black, che vuol dire decaffeinato

«Che devi ascoltare Annika, perchè anche lei può perdere la pazienza» 

Sirius ruotò la sedia verso Annika mentre tentava invano di afferrare il Boccino, e le fece segno di procedere. 

«Dunque, ehm, si tratta di una domanda di ammissione» raccontò allora la ragazza, con i lunghi capelli castani raccolti in una treccia a lisca di pesce posata sulla camicia verde petrolio. 

Sirius incarnò un sopracciglio. «Una domanda di ammissione? A che cosa?»

«Al corso di addestramento Auror» rispose subito lei. «Trovo sia una domanda particolare per vari motivi, e non posso non parlarne con il dottor Potter» 

Harry piegò l’angolo della bocca sulle ultime due parole di Annika. 

Annika aveva cinque anni in più di Anastasia, aveva girato il mondo finiti gli studi ad Hogwarts, eppure era tornata a Londra, per arrossire davanti ad Harry Potter. Martha non poté che sorridere dolcemente davanti a quel rossore sulle guance della ragazza. 

«Annika, le domande per il corso vanno presentate da giugno a settembre, e devono avere in allegato il timbro di Hogwarts e i M.A.G.O. dello studente, e tutte le altre cose che sicuramente sai meglio di me, non possiamo accettare nessuno prima di settembre, e siamo appena a febbraio»

«Certo, dottor Potter, ma vede, questa domanda è stata presentata di persona questa mattina, e il mago in questione è ancora qui - intendo che è proprio rimasto qui» spiegò lei, recuperando il suo solito colorito.
Ecco perchè a Martha piaceva Annika: perchè come lei e come le sue figlie, sapeva conciliare perfettamente gentilezza e testardaggine. Annika aveva preso a cuore quella domanda, e non se ne sarebbe andata dallo studio del Capo Dipartimento fino a che non fosse riuscita nel suo intento. 

Harry e Sirius alzarono le sopracciglia allo stesso modo. «Di persona?» domandò Harry. 

«Esatto» confermò Annika, prendendo fiato. «Non c’è il timbro di Hogwarts, ma ci sono lettere di raccomandazione da, ehm ...» Annika fece apparire davanti a sé una serie di pergamene rilegate in una cartellina di cuoio con il timbro del Ministero. «Minerva McGranitt, Horace Lumacorno, e Septima Vector»

«La Vector manda lettere di raccomandazione?» si stupì Sirius. «Deve essere un pezzo da novanta, prendiamolo!» si entusiasmò, con un nuovo sorriso. 

«Hai appena bocciato un povero ragazzo per la terza volta in Segretezza e Occultamento» gli ricordò la moglie con sguardo severo. 

«E che cosa significa?» 

«Che non puoi fare sempre quello che ti pare!» 

«No, infatti, sto facendo quello che pare a Minnie, al tricheco e alla Vector, che per la cronaca, pensavo fosse morta»

«Smettila, avrà al massimo quindici anni più di te!»
Sirius sgranò gli occhi e accavallò la gamba. «Questo raccomandato è ancora qui?» 

«Sirius, non dire raccomandato» 

«Martha, amore, ha tre lettere di raccomandazione»

Harry fece cenno ad Annika di passargli la cartellina e lei finse di ignorarlo. 

«Sì, è qui fuori con il professor White» rispose, con un mezzo sorriso. «Posso fargli cenno di entrare?»

«Annika, dovevi qualche favore al professor Aaron White?» chiese Martha con un nuovo sorriso di divertimento e complicità. 

«Assolutamente no, Auror Redfort, ma se li lasciate entrare, lui ne dovrà uno a me» le rispose la ragazza con orgoglio. 

Harry scosse la testa nascondendo un sorriso con una mano passata sul viso. «D’accordo, Annika, fai cenno loro di entrare per favore - ma Sirius, Morgana, datti una calmata, e non dire raccomandato»

Sirius alzò le mani in segno di resa e si rimise seduto composto, mentre Harry confermava ad Annika la sua richiesta con un gesto della mano. Annika ringraziò con un cenno del capo e mosse qualche passo indietro, per raggiungere la porta e spalancarla, e poi, semplicemente godersi la scena. 

Aaron White, professore del corso di addestramento per Spezzaincantesimi, assomigliava sempre di più a Rosalie e Robert Redfort. Lo stesso naso lungo e stretto, le stesse labbra sottili, gli stessi occhi azzurri, e da qualche anno, le stesse zampe di gallina attorno agli occhi. Però, per dare più caratteristica al suo personaggio ormai leggendario per tutti gli studenti, aveva mantenuto i capelli lunghi tenuti in una coda bassa e gli occhiali da vista rettangolari, il cui colore della montatura era rigorosamente in tinta con la camicia o la t-shirt scelta per la giornata. 

«Mi avete stupito, devo ammetterlo» disse entrando.
Subito dietro di lui, con espressione tesa e occhi spalancati, nel suo miglior completo, Draco Malfoy, che appena entrato nello studio, afferrò il Boccino senza sforzo.
Martha sorrise e scosse la testa. Sirius rimase impassibile, e Harry ricevette finalmente da Annika la cartellina di cuoio. 

«Ecco per chi si è scomodata la Vector» disse, aprendo la cartellina mentre si sistemava gli occhiali sul naso. 

«A mia discolpa, Pot- dottor Potter, devo dire che io ho accennato l’idea di propormi per il corso di addestramento al Professor Lumacorno, e lui mi ha fatto avere le lettere di raccomandazione, senza che io chiedessi nulla» 

Harry accennò un sorriso e annuì, passando a Martha uno dei fogli. «Hai preso tutti i M.A.G.O.? Non me lo ricordavo» si stupì Harry. 

«Io lo sapevo» disse Martha orgogliosamente  infilandosi gli occhiali da vista. «Me lo ha detto Anya» 

«Oh, Anya non sa che sono qui» si affrettò a dire lui. «Non volevo altri tipi di raccomandazione» 

«Te l’ho sempre detto, Martha, che questo è un bravo ragazzo» si intromise Aaron, battendo una mano sulla spalla di Draco, così forte da farlo avanzare in avanti.

«Non ho mai negato - e sicuramente non lo ha mai negato neanche Minerva, non ha mai speso certe parole neanche per me o per i miei figli» rispose Martha con tono asettico, senza alzare gli occhi dal foglio, mentre Harry le passava una seconda pergamena, e lei annuiva pensierosa. 

«Beh ...» iniziò Harry, sfogliando le pergamene nella cartellina. «Mi hai decisamente stupito, sei praticamente l’ultima persona che mi sarei aspettato di vedere qui dentro» 

Draco abbassò la testa con aria colpevole. «Lo so»
«A testa alta, Draco» lo richiamò subito Martha. «Impara subito che un Auror tiene sempre la testa alta» 

«Martha è un’ottima insegnante, ma è severa» spiegò Aaron, tirando a Draco una gomitata amichevole. «Alcuni dicono che sia la degna erede della McGranitt» 

«Io non sono l’erede di nessuno» finse di indispettirsi Martha, sorridendo al fratello e lasciando le pergamene sulla scrivania così che Harry potesse riordinarle. «Se c’è l’erede di qualcuno, qui, Sirius è l’erede di Malocchio, sempre ammesso che riprenderà mai a respirare»

Sirius, infatti, era rimasto fermo immobile, con le gambe accavallate e le mani giunte sul ginocchio, a fissare Draco dal momento in cui era entrato. 

«Diciamo che se ci fosse un corso di Sorpresa, ti avrebbe già promosso» scherzò di nuovo Aaron. 

«E Sirius di sicuro non è famoso per regalare promozioni» gli diede corda Harry con un sorriso Malandrino, mentre Martha faceva apparire un bicchiere d’acqua davanti al marito e lo scrutava da dietro con attenzione, e Annika afferrava il bicchiere d’acqua per cercare di porgerglielo. 

«Beh, allora ...» Harry si schiarì la voce. «Per me è sì, ma non posso essere solo io a decidere, in più, siamo a metà corso, a un passo dagli esami finali, e ...» 

Gli occhi di ghiaccio di Draco si illuminarono. «Ma io posso anche iniziare a settembre, come tutti» disse subito. «Non voglio essere diverso» ammise, sottovoce. «Sono stufo di essere diverso. Sono venuto oggi perchè … è un po’ che ci penso, e quando Lumacorno mi ha mandato quelle lettere … beh, volevo tentare. Ma non sapevo quando iniziassero i corsi o altre cose, me lo ha detto Aaron poco fa»
Con sorpresa di tutti, Harry giunse le mani sul tavolo e piegò gli angoli della bocca, in un tentativo di sorridere, mentre Martha si levava gli occhiali da vista e aggrottava le sopracciglia. «Quindi davvero Anastasia non sa nulla?» 

Draco annuì con decisione. «Ne abbiamo parlato una vita fa, prima che … beh, prima. Ed era tutto in via del tutto ipotetica, potrebbe persino essersene dimenticata»

Martha, Harry e Aaron scossero la testa. 

«Anya non dimenticherebbe mai una cosa del genere» gli disse Aaron, dando voce ai pensieri di tutti. 

«Allora, ehm, il corso dura … tre anni, su carta. Ma per chi ha fatto la Guerra … ci sono degli esami appositi, per capire in quale punto del programma venire inserirti» spiegò Harry, assumendo quello che Kayla chiamava tono-da-Capo-Auror

«Io posso partire anche da zero, davvero» rimarcò il biondo. «E la Guerra non l’ho fatta … come voi, ho sicuramente imparato cose diverse» 

«Poco importa, per fortuna» rispose subito Martha. 

«Hai combattuto» gli disse Sirius in un soffio, guadagnandosi tutti gli occhi addosso. «Non importa da che parte: hai combattuto, e ora sei qui, e questo merita un riconoscimento» 

Draco aveva la salivazione azzerata, e non poteva fare altro che guardare Sirius con gratitudine. 

«Per me, l’esame puoi farlo anche domani. Ma sarò io a fartelo» 

«Lo sai che non puoi» lo richiamò subito Martha con tono grave.  «Sirius, ci sono delle regole, e per una volta in vita tua, ti pregherei di rispettarle» 

«Io devo rispettare le regole e lui può entrare a metà programma?» Sirius alzò la voce e si rivolse alla moglie, alzandosi dalla sedia. 

«Sai chi altro è entrato a metà programma? Tu e James» gli ricordò Martha con sguardo severo. «E io ho fatto praticamente solo gli ultimi tre mesi del terzo anno, perchè ero da sola»

«Scusami tanto se mi sono fatto arrestare per colpa di quel ratt-»
«Non stavo dicendo questo» lo interruppe subito la moglie. «Sto dicendo che per me e per te fu fatta la stessa eccezione» 

«Ma l’esame ce lo fece Malocchio, che ci conosceva più che bene!» 

«Malocchio non era il padre della tua fidanzata» rilanciò Martha alzando un sopracciglio. 

«Io vorrei davvero tenere Anastasia fuori da questa dinamica» cercò di farsi spazio Draco, inutilmente. 

«Loro non sono fidanzati, fidanzati significa che ci si sta per sposar- ragazzo, non ti stai per sposare, vero?!»

«No, no, no» negò subito Draco impaurito. 

«Sirius, ho detto di no» lo richiamò Martha. 

«Sarà Harry a decidere» si difese Sirius. 

«Harry è d’accordo con Martha» gli disse allora Harry, ancora seduto composto alla scrivania che palleggiava lo sguardo tra i genitori. «Fammi sapere quando sei pronto per sostenere l’esame ...» si alzò in piedi e tese la mano.
Draco, con passo timoroso, si avvicinò alla scrivania e strinse la mano. 

«… poi per me sei a bordo» concluse Harry. «Ma non posso tenerlo nascosto ad Anastasia» aggiunse, prima che Draco mollasse la presa. «Siamo d’accordo sul fatto che le cose vadano tenute separate, ma per questo vanno fatte alla luce del sole» 

«D’accordo» gli disse subito Draco senza battere le palpebre. «E, ehm … grazie» 

«Dovere» rispose Harry rimettendosi a sedere. «E che Kayla non dica mai più che sono chiuso e ottuso e tutte le cose che dice di solito»
«Ma tu lo sei, tesoro» gli disse Martha accarezzandogli la nuca. «Vieni, Draco, lascia che ti accompagni a casa - e qualcuno faccia tornare in sé mio marito, per favore»


NdA (come sempre, di dubbia utilità - o forse oggi no): bentornati su questi schermi, follettini e follettine, spero vi siate divertiti a leggere questo capitolo, senza dubbio io mi sono molto divertita a scriverlo. Il fatto che Draco diventi Auror, è Canon - incredibile, vero, che basi un mio pezzo su qualcosa di Canon?
Ma non è su questo che volevo basare le mie NdA di questo mese.
Tempo fa, quando ho chiuso Più di ieri con una nota di malinconia, vi ho confessato il mio più sincero sogno nel cassetto, ricordate?
Pubblicare un libro.
Un libro mio, con il mio nome in copertina e una storia scritta da me in ogni virgola tra le pagine. 
Vi ricordate, vero?
Ecco, tenetelo bene a mente. 
E incrociate le dita per me, e forse anche un po' per voi. 

Vi abbraccio, come sempre, e vi auguro una buona Pasqua, qualsiasi cosa voglia dire per voi. 

Fatto il misfatto, 
C


 

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Capitolo 3
*** III. ***


Cascasse il mondo, impara a volare. 

III. 

 

Narcissa si mise seduta sulla vecchia poltrona di vimini con la sua solita eleganza, stringendo tra le mani una tazza di tè bollente, stretta nel suo corpetto preferito e in un abito di velluto verde tremendamente simile a mille altri. 

Guardando il parco della Malfoy Manor, i pavoni, le statue, le siepi tenute con precisione, cercò di convincersi, come ogni anno, che quello fosse un giorno come un altro, e che, esattamente come ogni altro giorno trascorso in quella casa dalla dipartita di suo marito, le sarebbe scivolato dalle mani senza lasciare il segno. 

Ogni anno, la ricorrenza del compleanno di sua sorella Andromeda le lasciava un retrogusto amaro tra i pensieri.
Andromeda era la sorella di mezzo, e questo voleva dire tutto e niente. I loro genitori, Druella e Cygnus Black, avevano dato a tutte e tre la stessa rigida educazione, gli stessi valori, le stesse dosi di cibo, ma le tre sorelle non potevano che essere più diverse, e questo si era notato sin da subito.
Narcissa si lasciò accarezzare i capelli dal vento.
Bella era sempre stata decisamente sopra le righe, e Andromeda ne aveva notevolmente sofferto. Era un peccato riuscire a dare questa lettura così lucida solo dopo una vita intera e con ogni possibilità di risolvere gettata al vento per puro orgoglio.
Andromeda non abbracciava le idee dei suoi genitori, mentre Bellatrix ne aveva fatto degli ideali da seguire e per cui battersi.
Narcissa, la più piccola, in qualche modo ammirava la tenacia di Bella in questo, ma non poteva fare a meno di percepire il dolore di Meda e la sua lontananza, sempre maggiore, da ogni cosa che riguardasse la loro casa e la loro famiglia. 

Meda aveva appena compiuto diciassette anni quando, un lunedì sera di inizio estate, aveva colto una banale provocazione di loro padre, già anziano e stanco, ma sempre testardo e caparbio: o con noi, o contro di noi

Narcissa sorseggiò un po’ del suo tè.
Meda aveva passato la notte a piangere, e Cissy, appena quindicenne, era rimasta accanto a lei in silenzio a sentire le sue più che valide ragioni: in quella casa si sentiva in trappola, tutti non facevano che darle contro, ed esattamente come loro cugino Sirius, non credeva che la discendenza di sangue contasse sul valore o sulla bravura di un mago o una strega. E poi, c’era quel Ted che le ronzava sempre attorno a scuola: Meda non glielo aveva mai detto, ma Cissy aveva capito che tra di loro ci fosse qualcosa. 

La mattina dopo all’alba, aveva chiuso diciassette anni di vita dentro una valigia. Mentre stava lasciando una lettera sul comodino di Cissy, lei aprì gli occhi spaventata. «Ti rivedrò?» le aveva chiesto con un filo di voce. 

Meda le aveva sorriso. «Prima o poi»

Con estremo garbo, si era chinata per darle un bacio sulla fronte. Poi si era alzata, e prima di chiudere la porta della stanza dietro di sé, aveva regalato alla sorellina un ultimo sguardo colmo di lacrime. 

Cissy da quel momento in poi avrebbe sentito solo cattiverie su Meda, e non avrebbe mai trovato il coraggio di alzare la testa ed opporsi. Avrebbe conservato per tutta la vita, però, quella lettera e il ricordo di quel bacio in fronte, quello sguardo d’addio, e quella promessa mai mantenuta. 

E poi, avrebbe passato il giorno del compleanno della sorella a guardare il cielo, il parco, i pavoni, la siepe, e chiedersi come fosse stata la sua vita da quella mattina in poi. 



 

«No, no, io lo metterei qui» 

«Un po’ più a destra» 

«Oh, zitto Harry: i Portieri non sono il tuo forte» 

«Neanche i Battitori, se è per questo»

Lyall scoppiò a ridere e lanciò a Harry un’amichevole pacca sulla spalla, rischiando di far cadere la Burrobirra ancora stracolma davanti a Draco, che sogghignava compiaciuto per la sua battuta involontaria, mentre non staccava lo sguardo dall’ennesimo schema di Lyall per la prossima partita. 

«Lyall, comunque volevo dirti che io le formazioni me le sono sempre fatte da solo» puntualizzò Robert. 

«Smettila, le prime te le faceva zia Rose dall’inizio alla fine» lo smentì subito Kayla. 

«Ma poi ho imparato!» si difese allora il primogenito nascondendo un sorriso.

«Smettetela, bambini: qui si tratta di gioco di squadra» li richiamò Anya. 

«Letteralmente» sorrise Ted. «Possiamo passare a questioni più importanti?» 

«Più importanti del Quidditch?» domandarono all’unisono Harry, Robert, Draco e Lyall, attirando l’attenzione della maggior parte della clientela de I Tre Manici di Scopa in quella domenica d’inverno. 

«Si, ad esempio: il regalo di compleanno di nonna Meda» li richiamò Ted. 

«Oh Godric» sbuffò Lyall. «Cosa abbiamo comprato?»

«Ancora niente, razza di troll, è questo il punto! Ed è stasera!» 

«Stasera?» domandò Draco perplesso, con il braccio attorno ad Anastasia e la solita sana dose di ansia all’idea di stare partecipando a una riunione della seconda generazione del clan Black. «E come fate ad andarci? Cioè a … tornare al castello?» 

«Metropolvere» sbuffò Lyall. «Lo abbiamo sempre fatto» 

«E da dove passate?»

«Anastasia al suo secondo anno ha manomesso un camino al quinto piano» spiegò Ted con un ghigno. «Oppure usiamo la Stanza Vai E Vieni» 

Draco alzò le sopracciglia. «E nessuno se ne accorge?» 

«Di un camino manomesso o di una manciata di studenti che usano la Stanza? Nah» sminuì Ted raccogliendo la sua Burrobirra. «Diciamo che da più nell’occhio se ci presentiamo senza regalo» 

«Dove è Nicole?» domandò Kayla palleggiando lo sguardo tra i fratelli Lupin e la sorella. «Di solito è lei che ci salva in corsa per queste cose» 

«Nicole è fuori con … come si chiama?» Lyall guardò il fratello. 

«Brian» gli disse subito Draco, stupendo Robert e Harry per la rapidità. «Battitore Corvonero» 

«Corvo infame» scosse la testa Lyall di riflesso.

«Ben detto» gli diede corda Harry, guadagnandosi lo sguardo severo e lo sbuffo delle sorelle.

«Ci stiamo distraendo» li richiamò all’ordine Ted. «Il regalo della nonna!» 

«Ted, fai così ad ogni compleanno» lo riprese Anastasia. 

«E voi non mi aiutate mai» rispose prontamente lui. «Che ne dite di un servizio da tè da Madama Piediburro?» 

«Già fatto due anni fa» gli rispose subito Robert con uno sbuffo. «Qualche libro di cucina?» 

«No, lei cucina ad occhio, non usa ricette» gli rispose Lyall. 

«Allora un libro di ricette bianco così le può scrivere» propose Kayla. «Esistono?» 

«Prendi un ricettario comune e cancella le pagine - ma davvero hai preso i M.A.G.O.?» le sorrise la sorella. 

«Giusto» concluse Kayla. «Qualcuno ha idee migliori?» Kayla si guardò attorno, trovando una serie di sguardi confusi. «Robbie, ci pensi tu?»

«Come sempre» sbuffò il primogenito. 

«Magari fai fare ai bambini un disegno» aggiunse Anya. «Le fanno sempre piacere» 

«Hai mai visto William con dei pennarelli in mano? Sarebbe più facile chiedere un disegno a una delle gemelle»

«Se sopravvivono a un pomeriggio con Fred e George» sorrise Kayla.

«A proposito di figli, credo sia ora per me di tornare dai miei» sospirò Harry, guardando di sfuggita l’orologio che aveva al polso. «Ma mi è piaciuta molto questa riunione stile bei tempi andati» 

«Parla per te» lo richiamò subito Ted severo. 

«E poi non abbiamo detto niente nello stile dei bei tempi andati» aggiunse Kayla corrucciando la fronte. «Però, devo dire che non esistono più le mezze stagioni»

«Meglio il libro del film» aggiunse Lyall con un ghigno. 

«Come se tu avessi mai letto un libro in vita tua» lo schernì il fratello. 

«Leggo i libri di Quidditch, e leggerei i diari di Rosalie Redfort se-» 

«Te lo scordi» lo fermò subito Anya. «E poi ci sono dettagli troppo piccanti su tuo padre» 

Mentre Ted si mostrava schifato, Lyall e Kayla risero e Draco sgranò gli occhi. «Vedi, Lyall, sei intelligente ma non ti applichi» sorrise allora la giovane Black. 

«Lo sapete che qui una volta era tutta campagna?» sogghignò Robert.

«Si, quando sei nato tu» rise Lyall, guadagnandosi un sonoro schiaffo sulla schiena. 

«Chiedimi ancora aiuto per le formazioni, eh» lo schernì Robert, con la mano ancora sulla schiena del giovane Lupin. 

«Draco?» chiamò Kayla, dall’altra parte del tavolo rispetto a lui. 

Il biondo alzò gli occhi con sguardo interrogativo. 

«Un luogo comune da atmosfera dei bei tempi andati?» lo incalzò Kayla. 

«Piuttosto, Draco, tu vieni alla festa di nonna Meda?» si intromise Lyall. «Non è tipo … tua zia?»

Draco sgranò gli occhi e immediatamente Anya gli posò una mano sulla gamba, con il chiaro intento di tranquillizzarlo. 

«Lyall, ma tu pensi mai prima di parlare?» lo sgridò subito Anya. 

«Guarda che la nonna sarebbe contenta» Ted difese il fratello. «Un nipote in più è sicuramente un regalo migliore di un ricettario vuoto»

«Beh, menomale che l’idea vi piaceva!» lo rimproverò Kayla. 

«Certo che ci piace, ma sarebbe bello se-»

«Se la smettessi di spettacolarizzare la mia relazione, Lyall» si inasprì Anastasia. «Non hai pensato che una cosa del genere genererebbe imbarazzo a nonna Meda e non poche difficoltà tra Draco e sua madre?»

«Non posso andarmene se voi litigate» sbuffò Harry. 

«Io non sto litigando» gli rispose Anya. 

«Infatti hai un tono proprio adorabile» la riprese Ted. 

«Ted, se tu evitassi di pensare sempre e solo a te stesso, forse non ...»

«Ma cosa c’entrano Draco e nonna Meda con il fatto che penso solo a me stesso?» 

«Ci sono degli stramaledetti motivi se non hanno mai avuto rapporti, no?»

«L’idea è stata di Lyall, perchè te la devi prendere con me?» rilanciò Ted, mentre alcune ciocche di capelli perdevano il colore ambrato per diventare rosse fuoco. 

«Scusa, devo aver sentito male» rispose Anastasia con pungente acidità. «Mi era parso che avessi detto qualcosa su un nipote in più come regalo, ma sicuramente mi sono sbagliata» 

«Oh, Godric» Robert posò il gomito sul tavolo e si coprì il viso con la mano, sconfortato dalla piaga che la conversazione stava prendendo. 

«L’idea è stata di Lyall» ripeté Ted, alzando il tono di voce. 

«Sì, ma è più grave quello che hai detto tu» Anya quasi ringhiò, risultando tremendamente simile a Martha in quei momenti in cui Remus la chiamava “Mrs Padfoot”. 

«O forse non aspettavi altro che ricordare a tutti quanto io sia egoista» replicò acido Ted. 

«Certo, non penso ad altro da quando mi sono svegliata» scosse la testa Anastasia, serrando la mascella. 

«Perchè nessuno chiede a Draco cosa ne pensi lui?» domandò allora Robert, facendo piombare il tavolo in un silenzio glaciale. 

Draco sentì le mani riempirsi di sudore, e aprì la bocca per rispondere, ma si accorse che tutti, persino quelli del tavolo accanto, stavano guardando lui. 

«Io non … non credo sia una buona idea» si trovò ad ammettere, inaspettatamente in imbarazzo. «Non … non so quasi niente di tutta la faccenda tra lei e mia madre» 

«Chiedi a noi» rispose serio Ted. «Noi sappiamo tutto»



 

Narcissa era rimasta seduta sulla poltrona di vimini, a guardare il cielo cambiare colore ed il parco riempirsi di ombre, e proprio mentre il sole stava per tramontare dietro gli alberi, iniziò a sentire uno strano freddo tra le mani e dentro le ossa, un freddo diverso per concludere una giornata vuota, apparentemente simile a moltissime altre. Stava decidendo se rientrare oppure chiamare Kora per chiederle di portarle qualcosa per coprirsi e rimanere lì a guardare il tramonto, quando vide oltre il cancello l’inconfondibile figura di Draco, che con la testa china e le mani nelle tasche del lungo cappotto nero si avvicinava a passo lento. Il cancello si aprì da solo, riconoscendo il proprietario, e lui senza alzare lo sguardo, a metà del viale che separava il cancello dalla villa, prese a camminare verso la madre e quel tavolo di pietra, mentre una seconda sedie di vimini appariva magicamente accanto a quella dove era seduta Narcissa.

Narcissa piegò gli angoli della bocca in un tentativo di sorriso, mentre Draco prendeva posto con un lento sospiro.

«Ciao» sussurrò Narcissa. «Ceni con me?» 

Draco la scrutò per qualche secondo, con uno sguardo inaspettatamente dolce, e poi annuì. Si aprì il cappotto quel tanto che bastava per prendere la scatola di metallo con i sigari, e inciso il nome di Lucius Malfoy. Con un rapido colpo di bacchetta, accese il sigaro e tornò a guardare sua madre, lasciando che lei gli leggesse negli occhi tutti i pensieri che lo stavano tormentando. 

Narcissa lo osservò per qualche secondo, trovandosi ad apprezzare che il figlio avesse Chiuso la mente: non era sicura di voler sapere cosa lo stesse tormentando. 

«Eri con Anastasia?» 

«Sì» rispose secco lui. 

«Viene anche lei a cena?» domandò Narcissa mantenendo un tono piatto e insapore. 

«No» le disse Draco. «C’è una festa di compleanno stasera in casa Black»

Narcissa fece per dire qualcosa, ma chiuse subito la bocca e distolse lo sguardo, sentendo gli occhi di Draco fissi su di lei. 

«Non mi hai mai raccontato niente di tua sorella Andromeda» riprese Draco con tono calmo. «Ne ho sentito parlare solo per sbaglio da Bellatrix» 

«Bellatrix e Andromeda non sono mai andate d’accordo» sospirò Narcissa, con lo sguardo perso tra gli alberi dietro i quali il sole si stava per nascondere. «Io … ho voluto bene ad entrambe, in modi diversi. Avrei voluto darti dei fratelli, così adesso potresti capire queste parole»

«Non l’hai mai più vista?» domandò Draco, ignorando l’ultima frase.

Narcissa scosse la testa. «Tuo padre non voleva» 

«E tu?» 

«Io cosa?» 

«Tu lo avresti voluto?» 

Narcissa voltò di nuovo lo sguardo verso il figlio, lentamente. Sentiva il cuore battere all’impazzata e le mani riempirsi di sudore freddo: non avrebbe mai pensato di poter arrivare a parlare di Meda con Draco, un Draco adulto che fumava il sigaro e la guardava pensieroso, somigliante a Lucius solo fisicamente. Quello sguardo Lucius non lo aveva mai avuto, e sicuramente, non avrebbe mai affrontato quell’argomento con quella calma e quella nuova dolcezza, che, Narcissa ne era sicura, era tutto merito della giovane Black e della sua famiglia. 

Forse aveva avuto ragione Sirius, trent’anni prima, a scegliere Martha, a scegliere di fuggire, a scegliere di non voltarsi: forse, aveva intravisto nel suo futuro l’ombra di quella dolcezza, e aveva scelto di inseguirla, per poi un giorno farla tornare a lei, in qualche modo. 

Narcissa annuì lentamente, piegando gli angoli della bocca in un timido sorriso. 

«E perchè non la vai a trovare?» 

Narcissa perse quel mezzo sorriso e si rese conto di non avere una valida risposta per quella domanda piena di insolenza ma verità. 

«Sai, Ted e Lyall, i figli di Ninfadora, mi hanno … invitato alla festa. E mi hanno raccontato tutto quello che sanno su … su te e Andromeda» 

Narcissa perse un battito davanti a quella frase. «Tutto?» 

Draco si strinse nelle spalle e buttò fuori il fumo. «La versione di Andromeda, quantomeno»

«E me la vuoi raccontare?» 

«No, voglio sapere la tua»

Nel brusio generale, solo Martha si accorse che James e William stavano litigando, e senza dare nell’occhio, abbandonò il salotto per raggiungerli all’ingresso e cercare di farli smettere di litigare, o quantomeno convincerli che quello non fosse un valido motivo per tirarsi i capelli - qualsiasi motivo fosse. E mentre Aaron trovava un nuovo pretesto per prendere in giro Sirius, Remus e Damian ascoltavano un racconto di Nicole su quel nuovo ragazzo che stava frequentando, con la voce di Lyall che, dietro di lei, ogni tanto ripeteva “corvo infame”. Harry e Ron discutevano con Hermione e Tonks su qualcosa successo quel giorno al Quartier Generale, mentre Kayla permetteva a Lily e Violet di prendere in braccio le gemelle e cullarle, purché stessero ben sedute sul divano. Anya, a braccia incrociate contro la porta della cucina, discuteva ancora con Ted e Robert per quanto accaduto quel pomeriggio a Hogsmeade, mentre cercavano di raccontare a nonna Meda quanto accaduto, cercando ognuno di far valere le proprie ragioni, mentre lei ascoltava in silenzio, con i capelli raccolti sopra la nuca e un calice di vino rosso in mano. 

Quando il campanello suonò, il più vicino alla porta era James Sirius, che Martha aveva quasi convinto a non litigare con il cugino. Immediatamente, sia James che William si fiondarono sulla maniglia, e Martha fece appena in tempo ad alzarsi da terra, per vedere in piedi dietro la porta di Villa Black un timoroso e sempre più pallido Draco Malfoy. 

La visione di quell’ospite inatteso - o forse non così tanto - costrinse una buona metà del clan Black a interrompere ciò che stava facendo per fermarsi ad osservare la scena, senza parole. 

«Buonasera» salutò Draco con timidezza. «Spero non sia troppo tardi per accettare l’invito» 

Lentamente, tutti gli sguardi si volsero allora verso Andromeda, che teneva le mani giunte sul cuore e aveva dipinto in viso un sorriso commosso. «Non sarà mai troppo tardi» disse allora guardando Draco dritto negli occhi, quasi costringendolo ad abbassare lo sguardo. 

«La ringrazio signora Tonks, a questo proposito, ho un regalo per lei» rispose allora Draco con timidezza, mentre James e Albus lo guardavano dal basso verso l’alto con aria curiosa. 

«Spero non un altro ricettario in bianco» gli sorrise Ted. 

«Oh, no, è … in realtà non so cosa sia, me lo ha dato ...» Draco si guardò attorno, scrutando in mezzo secondo le facce di tutti i presenti per imprimersele bene in mente. «Me lo ha dato mia madre»

«Morgana» soffiò Sirius, portandosi una mano sul viso e distogliendo lo sguardo, per guadagnarsi una pacca sulla spalla da Remus e uno sguardo di richiamo dalla moglie. 

Robert sorrise compiaciuto, mentre Anya guardava Draco con un sorriso dolce, somigliante a quello di nonna Meda, che ora lo guardava con le lacrime agli occhi. 

«Intanto entra, o ti prenderai un malanno» lo invitò Martha, con un filo di voce. 

«Si, entra» la seguì a ruota Meda. «E chiamami “zia Meda”, per Salazar, te lo meriti, anche solo per essere arrivato fino qui con un regalo del genere»






NdA: Allora, allora, allora. 
Non sono mai stata credente. 
Ho ricevuto un'educazione rigidamente cattolica, ma con immenso dispiacere dei miei nonni, non ho mai sentito, davanti ad un altare, quello che sentivano loro. 
Da qualche anno a questa parte, però, mi sono resa conto che anche se non credo in qualche Dio, credo in moltissime altre cose. I segni, per esempio. Le coincidenze. 
Ecco: ho scritto questo capitolo un paio di mesi fa: avevo voglia e bisogno di dare un po' di spazio a Narcissa e alla sua storia. Quando ho iniziato questo ennesimo sequel, mi sono ripromessa che ognuno dei personaggi avrebbe avuto il giusto spazio e la dovuta attenzione. Anche Narcissa la meritava. 
Dunque, dicevo, ho scritto questo capitolo ben prima che Helen McCrory, meravigliosa interprete di Narcissa, lasciasse questa terra. Però credo non sia un caso che questo capitolo dovesse venire pubblicato oggi, a un paio di settimane dalla sua scomparsa. 
Ecco, volevo dirvi solo questo. 
Vi bacio tutti, come sempre. 

fatto il misfatto,

C

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Capitolo 4
*** IV. ***


Cascasse il mondo, impara a volare. 

IV.
 

La camera da letto di Albus e James poteva vantare tutti i colori dell’arcobaleno sulle pareti, sulle ante dell’armadio e anche tra le trapunte dei due fratelli. Anche nel buio della notte, Albus riusciva a scorgere con chiarezza il poster dei Cannons dietro la porta chiusa.
Suo padre Harry aveva dato loro la buonanotte da un pezzo, ma lui non era riuscito a chiudere occhio. Aveva riletto, per l’ennesima volta, l’Atlante di tutti gli animali del mondo che gli aveva regalato Percy mesi prima, tenendo accesa la luce sul comodino andando ben oltre le regole e rischiando un grosso, grosso castigo, ma non aveva resistito.
Era ormai più che convinto che tutti gli animali del mondo non potessero stare in un solo atlante, ma Fred e George non facevano che dire che Percy non era troppo sveglio, quindi forse lui credeva davvero che in quell’atlante potessero esserci tutti.
Non era quello, però, il fulcro della sua attenzione a quella tarda ora della notte. Per la prima volta da quando possedeva quel libro, la sua attenzione era stata attirata da un tipo di uccello a cui non aveva mai fatto particolarmente caso prima d’ora, ed era più che deciso a saperne di più. 

«James! Psssst! James!»
James dormiva come un sasso esattamente dal momento in cui Harry aveva finito di dire “buonanotte” e aveva chiuso la porta. 

«James! James! Jaaaameeees!» 

James aprì un occhio soltanto, ma riuscì comunque, anche attraverso il buio, a guardarlo torvo. «Che vuoi?»

«James, ma tu lo hai mai visto un pavone


James, Lily e Albus erano seduti ai loro posti a tavola, ognuno con la propria colazione ed il proprio bicchiere di plastica, rigorosamente di colore diverso da quello dei fratelli, ma della stessa forma, così che nessuno avesse più succo degli altri due. Ginny diceva che evitare le litigate tra fratelli era ciò in cui era sempre stata la più brava, e avrebbe trasmesso a Harry e ai loro figli tutto quello che sapeva sull’argomento. Una delle prime regole, aveva detto, era che tutti avessero la stessa quantità, qualità e tipologia di cibo, giocattoli, attenzioni e richiami. Nessuno doveva sentirsi in difetto rispetto agli altri, o tantomeno sentirsi migliore o preferito in qualche modo.
Ecco, quell’ultimo concetto sembrava sfuggire a nonna Molly, che aveva una palese preferenza per la nipote femmina, ma di contro, nonno Arthur stravedeva per i maschietti, andando a bilanciare il tutto in modo che lei non si arrabbiasse troppo.
«Mamma?» squittì la voce di Albus.

«Sì, tesoro?» 

«Mamma, io e James vorremmo vedere Draco e zia Anya, oggi, per favore»

Ginny teneva la tazza delle Holyheads Harpies con entrambe le mani davanti al viso, pronta a sorseggiare il primo tè della giornata. Si sforzò di rimanere impassibile davanti a quella richiesta, ma sentì chiaramente Harry, seduto accanto a lei, irrigidirsi e schiarirsi la voce. 

«Potremmo andare a trovare Anya e i nonni» propose allora Ginny con un sorriso accennato. «Vi va?»

«No, mamma, noi … avremmo bisogno di vedere Draco e Anya, per favore»

Per la seconda volta, Albus Severus Potter aveva chiesto espressamente di vedere Draco, e per Harry Potter questa richiesta non poteva che essere la definizione lampante di “colpo basso”: certo, le cose stavano migliorando, ma quella poteva essere una normalissima e più che tranquilla domenica di marzo passata in famiglia con i soliti, piccoli problemi di una famiglia che si sforzava di essere ordinaria - che cosa diamine c’entrava Draco Malfoy?!



 

L’inverno, su quel lato dell’Inghilterra, sembrava non volersene mai andare. Lui, personalmente, aveva un’immagine di quel periodo dell’anno molto nitida: gli ricordava qualcuno sulla porta, che non vuole uscire anche se sarebbe il momento di farlo, per paura di non lasciare traccia del suo passaggio. A volte, segretamente e quasi con vergogna, si era sentito di somigliare a quella versione dell’inverno. Aveva pensato di capirlo, e avrebbe voluto poterlo invitare a rimanere ancora per un po’.
Draco Malfoy era seduto su una delle panchine di marmo della Malfoy Manor, con i gomiti sulle ginocchia e il sigaro tra le dita, pronto a scattare in piedi al primo segnale.
Il telefono di Anya aveva preso a squillare quella mattina alle otto, quando lei ancora dormiva come una bambina. Senza aprire gli occhi, lo aveva cercato con la mano e aveva risposto con aria confusa: che cosa doveva dirle Ginny alle otto della domenica mattina? Anastasia si era messa subito seduta, e Draco si era spaventato. Lei, però, subito aveva assunto un tono dolce e mentre si scostava i boccoli scuri dalla faccia, Draco aveva capito dal suo sorriso che al telefono non poteva essere Ginny, perchè quello, era il sorriso di Anya in versione “zia”. 

Albus le aveva chiesto per favore di poter passare la domenica con lei e Draco per un motivo preciso: James gli aveva detto che Draco gli aveva raccontato di avere dei pavoni, in giardino, e lui voleva assolutamente vedere dei pavoni veri, e poi aveva detto che gli serviva un atlante più completo e forse aveva detto qualcosa contro Percy, ma Anastasia stava già ridendo e aveva fatto segno a Draco di avvicinarsi, così si era distratto e aveva smesso di origliare la voce del giovanissimo Potter al di là del telefono.
La loro domenica aveva preso allora una piega completamente diversa da quanto si aspettassero: Anastasia aveva chiuso la telefonata e gli aveva raccontato di quel desiderio espresso dai suoi nipoti, e per il modo in cui glielo aveva chiesto, Draco non aveva potuto fare altro che annuire. Solo dopo, seduto a pranzo davanti a Blaise, corso in suo soccorso probabilmente avvertito da Kayla o dalla stessa Anastasia, si era lasciato travolgere dall’ansia e dalle più irrazionali paure di come potesse andare quel pomeriggio.
In realtà, volendo essere oggettivi, stava andando piuttosto bene.

Il pavone ribattezzato Abigail da Anastasia mesi prima sembrava avere preso Albus in simpatia, mentre James allargava le braccia cercando di insegnare ad un pavone ancora privo di nome come aprire la coda per mostrargli «tutte quelle piume che hai». 

Anastasia e Blaise erano seduti accanto a lui, sulla fredda panchina, a guardare i bambini da lontano, ma con decisamente meno apprensione e ansia di quanta ne avesse lui. 

«Non credevo avrei mai visto dei bambini in questo giardino» ammise in un soffio, parlando più con sè stesso che con l’amico o la fidanzata. 

«Beh, io e te siamo stati bambini in questo giardino» gli fece notare allora Blaise. 

«Eddai, biondo» sbuffò Anastasia. «Di cosa puoi avere paura?» 

Draco tirò un lungo sospiro: ci pensava da qualche ora, ormai. Quel pensiero l’aveva pervaso piano piano, ma prima che lei tornasse con i nipoti per mano, aveva preso una forma più che nitida. 

«Che si spaventino, vedendo … questo posto»

«Non ne conoscono alcuna valida ragione» lo tranquillizzò Anastasia con una dolce carezza sul viso, mentre posava le gambe sulla sua coscia, come se fossero due pezzi di un puzzle. 

«Ehi!» strillò James girandosi verso di loro. «Ma non ce li hanno dei nomi?!»


«Era bellissimo, papà, e mi guardava dritto negli occhi, come se mi stesse ascoltando!» 

«Al, che ne dici se la settimana prossima andiamo allo zoo? A Londra, intendo, e-»

«No, no, io voglio tornare da Elvendork, gliel’ho promesso!» 

«Da … Elvendork?»

«Elvendork, papà, il pavone di Draco con cui ho parlato tutto il pomeriggio!»

«Ah, certo: Elvendork» 

«Perchè non vieni anche tu, domenica prossima?»

«Non … non credo di potere ...»

«Papà, Draco ha detto che possiamo tornare quando vogliamo» 

«Sì, Albus, d’accordo, ma ...»

«Ha detto di non farsi alcun problema, ed era molto serio quando lo diceva. E ha detto che anche lui crede che l’Atlante che mi ha regalato zio Percy non sia completo»

«Beh, che Draco dia contro a Percy non è una novità, Al»

«Davvero?» 

«Sì, non … non si piacevano, ai tempi della scuola» 

«Ah no?» 

«Mh-hm» 

«E tu?» 

«Io cosa, Albus?» 

«Tu e Draco, eravate amici?»

«Al, è tardissimo: devi dormire. Spegni quella luce, e guai se ti metti a leggere sotto la coperta» Harry sistemò la trapunta del figlio e gli accarezzò i capelli scuri e folti. «Sono … contento che tu oggi ti sia divertito. Ma adesso dormi, d’accordo?» 

«Buonanotte, papà»

Draco stringeva tra le mani un bicchiere di brandy ghiacciato, mentre guardava dalla finestra del salotto Anastasia allontanarsi con passo deciso e fiero sul viale verso il cancello, al di là del quale la nebbia ed il buio non permettevano la visuale. 

«Io mi sono divertito» concluse Blaise, lasciandosi cadere sul divano di pelle. «Anzi, perchè non fai dei figli tuoi? Mi divertirei un sacco» 

Draco piegò gli angoli della bocca e scosse la testa.
Era qualcosa a cui aveva pensato così tante volte, che ormai come argomento non gli suscitava più nessun tipo di sorpresa. «Fanne tu» rilanciò, guardando Anastasia Smaterialzzarsi senza voltarsi indietro. 

«Nah» Blaise scacciò l’idea con un gesto. «Troppo impegnativo»

Draco alzò le sopracciglia e scosse la testa, voltandosi lentamente verso l’amico. Prima che potesse ribattere in qualche modo, Kora apparve vicino al camino. «Kora si scusa per aver disturbato padron Draco e il signor Zabini, ma padrona Narcissa ...»

Draco si portò una mano sul viso: a quanto pare, Narcissa era tornata in anticipo dalla Francia, e forse aveva fatto in tempo a vedere …

«… vorrebbe parlare con padron Draco a proposito dei suoi giovani ospiti di questo pomeriggio, ehm … Kora si scusa, padrona Narcissa le ha fatto delle domande, ma Kora non ha saputo rispondere, Kora non sa chi siano i bambini ospiti di padron Draco, Kora non-»

«Non scusarti, Kora» le rispose Draco con tono calmo. «Erano i nipotini di Anastasia, ma non ti preoccupare: sarò io stesso a raccontarlo a mia madre» pesando con cura ogni parola, finì il brandy in un solo sorso e diede il bicchiere all’elfa. «Blaise, credo ci vorrà un po’» disse poi, voltandosi verso l’amico. 

«Vuoi che venga con te?» 

Draco accennò un sorriso di facciata, ma con della sincera malinconia. «No, no, figurati» rispose all’amico, mentre si alzava per raggiungere il biondo sulla porta. «Vai a casa a farti una sana dormita»

«Mi fai sapere tutto domani?» 

«Tutto, Blaise, come le ragazzine a scuola» 

Blaise scosse la testa e guardò Draco allontanarsi con passo sicuro ma lento, più che sicuro che stesse programmando le risposte più fredde possibile da rifilare a Narcissa, per cercare di accantonare le sue domande inquiete. 


NdA: non è uno dei miei capitoli preferiti, o più riusciti, ma ci tenevo a non lasciarvi senza. 
fatto il misfatto, 

C




 

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