IL DEMONE E LO SPIRITO DEL NORD

di fuoricontesto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL TEMPIO ROSSO ***
Capitolo 2: *** Promessa alla luna ***
Capitolo 3: *** La promessa dello spirito del nord ***
Capitolo 4: *** Duecento anni ***



Capitolo 1
*** IL TEMPIO ROSSO ***


CAPITOLO I : IL TEMPIO ROSSO  

 

Il demone Sesshomaru, figlio del generale cane Inu no Taisho, camminava tra l’erba profumata dei campi del nord, tingendoli del proprio sangue scuro. Era stato ferito giorni prima in uno scontro con il demone del vento  Kaze, che da tempo infestava le terre dell’ovest minacciando i possedimenti del suo clan. L’avversario era morto, ma lui aveva riportato  ferite che non riusciva a rimarginare. Sotto suggerimento del padre si era recato a nord, in cerca di un tempio rosso conosciuto con il nome di Kita,  in cui, si diceva, vivesse una creatura in grado di curare ogni male, demoniaco o umano che fosse. Nessuno tra i servitori di Inu no Taisho era riuscito a descrivergli questo essere ne indicargli il villaggio in cui si trovava, la leggenda infatti voleva che solo i feriti gravi riuscissero a trovarlo sul loro cammino. 

Il giovane daiyokai arrestò il passo, davanti a se si stagliava, arroccato su una montagna, un piccolo gruppo di case dai tetti d’oro. Tra queste, nonostante la vista annebbiata dal dolore, riuscì a scorgere un edificio rosso come il sangue che gli sgorgava dalla spalla. Sentendo le forze abbandonarlo decise di provare a spiccare il volo, per arrivare prima alle porte della strana cittadella. Quando i suoi piedi toccarono il sentiero di ciottoli che si stagliava davanti al varco del villaggio la sua vista era ormai  compromessa, e un velo scuro stava calando sui suoi occhi. Prima che tutto diventasse nero riuscì a distinguere delle piccole figure muoversi verso di lui. Il demone cadde a terra privo di sensi. 

 

Sesshomaru aprì gli occhi lentamente, riprendendo i sensi sentì il dolore alla spalla intensificarsi e trasformarsi in bruciore. Si voltò verso il suo arto e lo vide completamente fasciato di una strana stoffa  che odorava di erbe medicinali. Con uno sforzo che gli sembrò immane si mise a sedere e si guardò intorno. 
Si trovava in una camera da letto  rivestita di legno in cui, oltre al futon sui cui giaceva, c’era un piccolo tavolino da the su cui era adagiato un vaso di ceramica pregiata. Alla sua destra una grande vetrata gli regalava la visione di un giardino rigoglioso e ben curato. 
Fece per rimettersi in piedi ma la spalla gli faceva troppo male e dovette rassegnarsi a rimanere seduto, le porte scorrevoli della stanza si aprirono. 
Davanti a lui, come in un sogno, apparve una donna  vestita di uno yukata  rosso, finemente decorato.  I capelli corvini le ricadevano morbidi e liberi sulle spalle, incorniciandole il volto pallido su cui brillavano due occhi color oro. Nella mano sinistra  stringeva una fiala di vetro contenente una strana sostanza violetta.  Appena chiuse la porta dietro di se il suo olfatto captò uno strano odore di fiori appena germogliati e fuoco scoppiettante che gli fece arricciare il naso.
“Ti sei svegliato” constatò la sconosciuta avvicinandosi, “come ti senti?” domandò inginocchiandosi al suo capezzale e appoggiando la fiala sul tavolino. 
“Bene” rispose il demone, scrutandola con attenzione, “dove sono?”  chiese, “ sei nel tempio di Kita demone”. 
Kita, quel nome gli era famigliare, ma non riusciva a ricordare dove lo avesse già sentito.
“Ricordi come sei arrivato qui?”
“Non ci sono arrivato” disse, “stavo male e sono svenuto alle porte del villaggio” lei si tirò indietro i capelli scoprendo le orecchie leggermente appuntite, “è esatto” convenne con un sorriso, “sono stati gli abitanti del villaggio a portarti da me” spiegò estraendo una tazza dall’abito e versandoci dentro il contenuto della fiala, “e io mi sono presa cura di te”. 
La sconosciuta gli porse la tazza, “bevi” lo incoraggiò, “il sapore non è dei migliori ma ti aiuterà” il demone l’afferrò con riluttanza e fece quanto gli era stato ordinato, non prima di averla annusata per constatare l’assenza di veleno. 
“Sei reduce da una battaglia?” gli domandò incuriosita, “la tua ferita  sembra causata da una lama demoniaca” Sesshomaru si allungò per riporre la tazzina sul tavolino, “è corretto”rispose. 
“Come ti chiami?” chiese, “mi chiamo Sesshomaru” lei parve irrigidirsi, “siete il figlio di Inu no Taisho” mormorò arrossendo, “mi dispiace” si scusò con un inchino, “non vi ho riconosciuto e vi ho mancato di rispetto signore” lui la osservò leggermente perplesso, “non mi avete manicato di rispetto” disse glaciale, “e anche se fosse mi avete curato, direi che basta per colmare l’offesa” lei rialzò il capo  sollevata. 
“Vi ringrazio signore” mormorò alzandosi in piedi, “temo dovrete trattenervi qui per qualche giorno” gli comunicò, “siete un demone potente ma la vostra ferita necessita ancora di attenzione” spiegò allontanandosi, senza distogliere lo sguardo dal suo, “per qualsiasi necessità non esitate a chiamarmi”. 
“Come ti chiami?” le domandò, “devo sapere il nome di chi mi cura” lei arrossì, “mi chiamo Kaen signore” rispose, “Kaen” ripeté gustando le lettere del suo nome accarezzargli la lingua, “quanti anni avete?” lei parve irrigidirsi, “in termini umani circa 89” il demone sgranò gli occhi, “sì, non si direbbe” mormorò lei intercettando i pensieri di Sesshomaru , “infondo il mio aspetto è quello di una ragazza umana di diciannove anni” lui rimase in silenzio. Doveva aspettarselo, quando era entrata non aveva percepito odore di umano, anzi le sue narici aveva catturato quello strano profumo, che non era sgradevole alle sue narici, ma piuttosto insolito, chissà che tipo di creatura era. 
“C’é altro che volete domandarmi ?’’ lui scosse il capo, “no”  Kaen si inchinò profondamente e sparì oltre la porta scorrevole. 
Sesshomaru tornò a sdraiarsi sul Futon e richiuse gli occhi, inebriandosi della strana scia che la giovane aveva lasciato dietro di se, e suo malgrado si ritrovò a pensare che qualunque cosa fosse, era molto bella.

 

Dopo qualche giorno di cure Sesshomaru riuscì ad alzarsi e a camminare, anche se per pochi metri. Non era abituato a sentire il suo corpo così debole ne a rimanere rinchiuso in un edificio per così tanto tempo. Per distrarsi si era trovato a scambiare qualche parola con la giovane Kaen, che lo curava con attenzione e, ogni tanto, si permetteva di sorridergli. 
Gli piaceva vederla sorridere, avrebbe voluto che lo facesse più spesso ma non sapeva bene come fare, infondo i demoni non erano soliti a lasciarsi andare a quel tipo di allegria, e non aveva ben capito come funzionasse con quella strana creatura . 
 Chi sembrava riuscirci, e anche piuttosto bene, era un giovanotto bistrattato che ogni tanto si recava al tempio per prendere una medicina per la sorella. Kaen gli sorrideva sempre, e ci rideva per fino, dal giovane poi si levava una strana puzza di desiderio quando lei gli si avvicinava, un olezzo tremendo. 
Una sera pensando a quella strana creatura che lo curava si spinse fino al  giardino rigoglioso che circondava il tempio. Quel piccolo pezzo di terra era peculiare quanto Kaen, fiori di ogni tipo crescevano tra i fili d’erba  e rigogliosi alberi di ciliegio ne profumavano l’aria che sembrava soffiarvi costantemente, e accarezzare le acque del laghetto che si stagliava al centro di esso. 
Sentendosi stanco per il troppo sforzo decise di abbandonarsi sotto uno dei ciliegi che si specchiavano nell’acqua del laghetto. Assaporò con avidità l’odore di natura e libertà che tanto aveva bramato e chiuse gli occhi per qualche minuto. 
“Nobile Sesshomaru” si sentì chiamare a un certo punto dalla ragazza, “Nobile Sesshomaru” lui sospirò, “cosa c’é?” le domandò facendola trasalire, “oh siete qui” esclamò avvicinandosi, illuminata da una piccola fiammella, “non riuscivo a trovarvi e credevo ve ne foste andato”. 
“Non posso ancora volare” le fece notare cercando di non risultare troppo burbero, “fino ad allora rimarrò qui” lei si lasciò sfuggire un sorriso amaro e si avvicinò ancora di più. Solo allora il demone notò che la fiamma che la illuminava non proveniva da una torcia, ma dalla sua mano.  Rimase qualche secondo a fissare le fiamme danzare nell’aria cercando di capire come fosse possibile che una creatura dall’aspetto così gentile dominasse un’elemento distruttivo come il fuoco. 
“Sapete dominare il fuoco” constatò mentre lei si inginocchiava difronte a lui, “è così” mormorò  abbassando leggermente la fiamma, “come ci riuscite?” domandò cercando di mascherare la sua curiosità, “non lo so” rispose, “ne sono sempre stata capace”. 
“Non vi ho mai chiesto che genere di creatura siete” rammentò il demone, “oh non vi avrei saputo dare una risposta” mormorò imbarazzata, “nessuno nel villaggio sembra saperlo,  e  non ho parenti a cui chiederlo”. 
“Quello che so è che due contadini mi trovarono nelle radura qui accanto quando ero molto piccola” raccontò, “la terra era molto difficile da lavorare al tempo ma quando mi portarono qui si ammorbidì e divenne più facile da coltivare, decisero che era un segno e mi permisero di restare”. 
“Poi vedendo che non invecchiavo e riuscivo a curare le persone mi iniziarono a trattare come una specie di divinità” spiegò, “ non penso di esserlo ma non avendo certezze me lo faccio andare bene”. 
“Perdonatemi non volevo annoiarvi con queste sciocchezze” si scusò, “sono stato io a chiedervelo, tu mi hai risposto” Kaen sospirò, “nobile Sesshomaru” lui rizzò le orecchie, “dunque nemmeno il vostro fiuto riesce a capire che genere di creatura sono” lui scosse il capo, “l’unico odore che sento provenire da voi è di fiori e fuoco” lei abbassò lo sguardo , “peccato” mormorò sperando di non essere sentita. 
“Non vi ho ancora chiesto come vi sentite stasera” si ricordò cercando di cambiare argomento, “ mi sento bene” le rispose il demone, “sono arrivato fino a qui” la fanciulla sorrise, “ e riuscite anche a tornare indietro?” chiese guardandolo fisso negli occhi, “certo” lei si alzò, “bene” esclamò, “è ora di cambiare le bende e non le ho qui con me” il demone si rialzò a fatica e spavaldo camminò al suo fianco come se nulla fosse, cercando di mascherare il dolore. 
Kaen lo fece accomodare su una sedia nella piccola infermeria del tempio e prese a srotolargli le bende. 
“Credo che si sia riaperta” mormorò osservando delle piccole gocce di sangue macchiare la stoffa che stringeva la spalla del demone, “come immaginavo” esclamò quando ebbe tolto l’ultimo strato. Piccoli rivoli di liquido viscoso bagnavano la spalla muscolosa del demone, non erano paragonabili alle cascate di sangue che si era trovata davanti qualche giorno prima, ma Sesshomaru lesse una scintilla di preoccupazione nei suoi occhi.
“Devo chiuderla con il fuoco” annunciò allontanandosi in cerca di qualcosa che la potesse aiutare nel suo compito.  Da un mobiletto di legno estrasse una fiala verdognola, un tubicino di metallo e altre bende, posò il tutto sul tavolino accanto alla sedia e lo inchiodò con lo sguardo. 
“Non so quanto vi farà male” gli disse porgendoli il tubicino, “se sentite dolore stringete questo tra i denti” lui la osservò accigliato, “avete paura che vi graffi?” lei annuì, “mi è già successo” di malavoglia il demone acconsentì e se lo infilò tra le zanne, “allora comincio”.
Appena le sue dita incandescenti gli sfiorarono la pelle il demone emise un verso strozzato, “passerà” lo rassicurò continuando a sigillare i lembi della ferita. Quando terminò Sesshomaru era sudato e leggermente ansante, aveva fatto molto più male di quello che aveva immaginato. 
“Bevete” gli intimò la ragazza afferrando la fiala, “vi farà sentire meglio” senza opporre alcuna resistenza eseguì, quando il dolore fu passato lei prese a bendargli  la ferita. 
“È la stessa medicina che date a quel ragazzo?” Le chiese osservando la fiala vuota, “quello alto con gli occhi neri” lei parve irrigidirsi, “è esatto” rispose, “sua sorella soffre di una strana malattia allo stomaco e io le do qualcosa che attenui il dolore”. 
“È il vostro fidanzato?” lei arrossì, “no” mormorò imbarazzata, “sembra sia molto interessato a voi” Kaen divenne paonazza, “oh io non credo” balbettò stringendo le bende sulla spalla del demone. 
“Io ne sono convinto” lei rimase in silenzio, “ne sento l’odore” la fanciulla abbassò lo sguardo, e non disse nulla per un pò.
“Se è vero quello che dite signor Sesshomaru” disse a un certo punto, mentre finiva di bendarlo, “si sarebbe già dichiarato” il demone la fissò, “il corteggiamento degli esseri umani non è molto complicato, l’uomo aspetta di raggiungere l’età giusta poi si sceglie una compagna fertile  e la sposa” spiegò, “se fosse  stato interessato me lo avrebbe fatto sapere”. 
“E voi siete interessata?” lei scosse il capo, “quello che penso io non è importante” rispose amara, “le donne non hanno voce in capitolo” lui si spostò una ciocca di capelli argentei per consentirle di stringere bene la fasciatura, “ma voi non siete una donna” lei si irrigidì, “sembrerebbe vero” convenne  “ed questo il problema”. “non essendo umana nessuno è certo che riesca ad avere figli” confessò, “se non sei fertile ti evitano” il demone alzò il sopracciglio, “che esseri assurdi sono gli umani” commentò, “sono incapaci di controllarsi eppure si impongono di rispettare regole tanto inutili” un leggero sorriso le dipinse il volto, “è vero” concordò allontanandosi da lui per ammirare il suo operato. 
“Vi stringe troppo?” 
“No” rispose, “non mi avete ancora risposto” le ricordò, “siete interessata a quel ragazzo?” questa volta lei non abbassò lo sguardo, “no, signor Sesshomaru” disse, “ma non vedo come questo possa interessarvi” lui si alzò dalla sedia,”semplice curiosità” le rispose dirigendosi verso la porta scorrevole. 

“Buonanotte signorina Kaen”

“Buona notte signor Sesshomaru” 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Salve a tutti, 
Grazie per aver aperto questa storia un pò strampalata ed essere arrivati fino a qui! 
Spero che questo primo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi abbia incuriosito almeno un pò. Confesso che ero molto agitata all’idea di pubblicarla ma oramai siamo qui e spero che almeno possa tenervi un pò di compagnia in questi tempi di quarantena. Credo di dovervi alcune precisazioni: la storia è ambientata prima della morte del grande generale cane e dunque prima della nascita di Inuyasha. Come si vede nel terzo film della saga, la spada del dominatore del mondo (Swords of an honorable ruler) al tempo Sesshomaru era molto più giovane di come viene ritratto nell’anime, allo scopo della trama la mia storia vede un principe dei demoni certamente diverso e più grande di come ci viene mostrato nel film. Per quanto riguarda la nostra Rin, visto che ho specificato nella descrizione che la coppia di riferimento è Sessrin e dunque immagino abbiate aperto il mio elaborato anche per quello, ci sarà un pò da aspettare anche se non più di tanto visto che la mia storia si compone di (spoiler)  pochi capitoli. 

Grazie ancora per aver letto, se avete altre domande sarò felice di rispondervi. 

Al prossimo capitolo.

Furicontesto. 

 

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Capitolo 2
*** Promessa alla luna ***


CAPITOLO II: PROMESSA ALLA LUNA 

 

Un mese dopo. 

 

La permanenza di Sesshomaru si era protratta più del previsto. La ferita alla spalla  sembrava non  guarire mai, nonostante le cure premurose a studiate di Kaen. 
Date le circostanze lei e il demone avevano preso a trascorrere più tempo insieme. Passavano le loro giornate tra l’infermeria e il giardino del tempio, dove si dilungavano in lunghe passeggiata serali. 
Il  carattere gelido di Sesshomaru sembrava sciogliersi quando era in compagnia della fanciulla , si mostrava interessato ai suoi racconti, le chiedeva come aveva trascorso la giornata e degli strani intrugli che le vedeva preparare nel suo laboratorio. 
Dal canto suo Kaen non sembrava per nulla infastidita da quelle attenzioni, al contrario da quando Sesshomaru era arrivato al tempio sorrideva in continuazione  e la sua allegria sembrava indomabile. 
Di conseguenza i campi e i giardini del villaggio si erano riempiti di frutti e fiori. Nessuno riusciva a ricordare una stagione così rigogliosa, tanto che molti, donne soprattutto, si erano spinti a credere  che la divina Kaen avesse un corteggiatore. In tanti si erano avvicinati al tempio, nel tentativo di scorgere il fortunato pretendente, ma non erano riusciti a vederlo, con lei c’era solo quello strano demone dal carattere freddo e irritante, e che lei, sicuramente, neanche considerava. 

 

Una mattina  la ragazza decise di recarsi al mercato per fare scorta di erbe e cibo.
Aveva dato fondo a tutte le sue scorte nel tentativo di guarire Sesshomaru, e aveva terminato molte delle radici e delle foglie che utilizzava per fabbricare medicine e unguenti. 
 Arrivata nella grande piazza del villaggio non poté fare a meno di notare gli sguardi incuriositi degli abitanti, accompagnati da mormorii e chiacchiere. 
Quando si trovò davanti al banco della signora Asami, una donna anziana che notoriamente  detestava i pettegolezzi , e notò in lei il medesimo sguardo degli altri decise di indagare. 
“Perché mi fissate in quel modo signora Asami?” La vecchietta divenne paonazza, “oh nulla divina Kaen” balbettò, “guardavo il vostro splendido kimono, è nuovo?” La ragazza non si lasciò ingannare, “Signora Asami mi dica la verità” la incitò con dolcezza, questa sospirò “va bene”. 
“Nel villaggio alcuni si sono convinti che abbiate un corteggiatore” la ragazza arrossì, “e perché mai?” Esclamò imbarazzata, “per il raccolto” rispose, “nemmeno io riesco a ricordare un’annata così abbondante” disse, “e per giunta fuori stagione” Kaen rimase in silenzio per un pò. 
“Non dica sciocchezze signora Asami” rispose gentilmente, abbassando lo sguardo per celare un sorriso amaro, “nessuno sano di mente corteggerebbe me” la signora scosse il capo, “la vita è lunga e piena di sorprese divina Kaen” la rincuorò offrendole un sacchetto di ciliegie, “arriverà qualcuno fuori di testa un giorno” la ragazza la ringraziò con un inchino e iniziò a frugare nelle tasche del kimono, “le offre la casa” le disse la donna, “torni dai suoi pazienti” la ragazza la ringraziò ancora. 
Quando tornò al tempio si diresse nel suo laboratorio, e prese a sistemare le erbe acquistate in piccoli vasetti di vetro. 
“Ci avete messo più del solito” lei sobbalzò, lasciando che un vasetto le scivolasse dalle mani. Prima che si schiantasse sul pavimento una mano artigliata lo afferrò.
“grazie signor Sesshomaru” ringraziò riconoscendolo, “mi avete spaventata” il demone ripose l’oggetto nello scaffale davanti la ragazza. 
“Non era mia intenzione” si scusò con voce piatta.
“Siete distratta” notò, guardandola negli occhi, “stavo pensando a una sciocchezza” si giustificò, mascherando il suo stato d’animo con un sorriso, “una sciocchezza che vi rende triste” . 
“oh non è nulla” minimizzò, aprendo un vaso vuoto e inserendoci delle foglie essiccate.
“L’odore delle vostre erbe non riesce a coprire quello dei vostri sentimenti” la ribeccò il demone, lei sospirò. 
 “Al villaggio si sono diffuse delle voci davvero insolite” decise di raccontargli, evitando accuratamente  il suo sguardo. 
 “ e i miei concittadini mi guardano in modo strano” Sesshomaru aggrottò leggermente la fronte, “ credono che abbia un corteggiatore”. 
 “ Hanno avuto un raccolto molto abbondante e fuori stagione quindi pensano che io sia.. innamorata” Sesshomaru non disse nulla, “non mi da fastidio che chiacchierino lo fanno sempre” mormorò, “è che non mi piace essere fissata”. 
“Siete la creatura più bella nel raggio di miglia, lo farebbero comunque” le rispose con una naturalezza spiazzante, e per la seconda volta quel giorno si ritrovò ad arrossire.
Colta dall’imbarazzo decise di voltargli le spalle con la scusa di dover sistemare le erbe. 
“Voi invece mi sembrate stanco” mormorò, cercando di sviare la conversazione, “vi ho sentito vagare per il tempio ieri notte”.
“Sentite ancora dolore?” 
“No” rispose il demone, “dovreste riposare un pò” si azzardò a suggerire. 
“Sviate la conversazione perché vi ho offesa?” Lei trasalì. 
“Oh no signor Sesshomaru” si affrettò a ribattere, girandosi finalmente a guardarlo, “mi interessavo semplicemente al vostro stato di salute”. 
Il demone non parve per nulla convinto dalle sue parole, ma non ribatté. 
Al contrario si diresse verso la  soglia per andarsene, “farò come mi avete suggerito” e così dicendo chiuse la porta dietro di se. 
Kaen sospirò amareggiata ed osservò il suo riflesso nel vasetto che teneva tra le mani, “che sciocca che sei” si ritrovò a mormorare alla sua immagine, “davvero una sciocca”.

Quella sera Kaen consumò il pasto in silenzio, illuminata dalla luce di un’unica candela. Sesshomaru aveva insistito per farle compagnia, e se ne stava seduto in disparte, lontano dal tavolino di legno su cui mangiava. 
Non si erano scambiati nemmeno una parola, eppure il demone non ne era per  nulla infastidito.  Stare vicino alla ragazza lo faceva stare bene, la sua presenza era in grado di dissolvere ogni dolore. Forse era il profumo di erbe medicinali che emanava e che lo stordivano o forse era semplicemente lei. 
Che cosa strana, si era ritrovato a pensare più volte, quando Kaen non poteva vederlo. 
Cos’erano quelle sensazioni che da un mese a quella parte accompagnavano le sue giornate?  Cos’era la morsa che sentiva al petto ogni qual volta la vedeva sorridere ad un’altro e che gli faceva aprire la ferita alla spalla? 
Kaen non gli era indifferente, e non si vergognava ad ammettere di trovarla bellissima e persino di desiderarla. Ma lui quelle sensazioni non le aveva mai provate, non riusciva a dargli un nome e nemmeno sapeva, in concreto a cosa fossero dovute. 
“Non vi da noia vedermi mangiare?” domandò la fanciulla riscuotendolo dai suoi pensieri, “no” rispose, “il vostro silenzio è una buona compagnia” lei posò una ciotola vuota sul tavolo, “signor Sesshomaru” lo chiamò per avere ancora la sua attenzione, “ho riflettuto a lungo e credo che dovreste mettervi alla ricerca di un’altro guaritore”. 
“E perché mai?” 
“Perché non state guarendo” rispose dolcemente, “è passato un mese e la vostra ferita non si è ancora rimarginata” disse, “io purtroppo non riesco a guarirvi” il demone rimase in silenzio, poi, improvvisamente, decise di alzarsi e tenderle la mano. 
“Avete bisogno di schiarirvi le idee” le disse, “l’aria fresca vi farà bene” dopo un’attimo di esitazione lei gli afferrò la mano e lo seguì. 

 

Quella sera nel giardino del tempio soffiava una leggera brezza autunnale. 
I rami di ciliegio oscillavano sotto quel  tocco lieve, facendo cadere gli ultimi petali sopravvissuti al freddo che ora mai si stava avvicinando. Quando arrivarono davanti alle placide acque del laghetto, che riflettevano come uno specchio la volta celeste che li vegliava Kaen arrestò il passo, concedendosi di assaporare l’aria profumata del giardino. Per un meraviglio attimo cessò di pensare a quanto accaduto quella mattina, agli sguardi dei suoi concittadini e al suo destino solitario. 
L’amore non era mai stato un argomento piacevole per lei, e cercava di evitarlo come e quanto poteva.  Quando aveva assunto le sembianze di una giovane donna le era stato chiaro che non sarebbe mai stata trattata come le altre del villaggio, e dunque non avrebbe potuto aspirare ad avere un marito. Certo si era infatuata di qualche ragazzo, e qualcuno di loro  si era persino spinto a ricambiarla, illudendola di aver posto fine alla sua solitudine.  Nel giro di poche settimane o mesi però, veniva lasciata al suo destino.
 Per tutti loro non era che una parentesi, un momento di spensieratezza, un trofeo da esibire agli amici. 
Quando era riuscita a farsene una ragione aveva deciso di rifiutare ogni spasimante o aspirante tale e si era rinchiusa nel suo tempio, lontana dalle tentazioni e dalla sofferenza. Poi, come un fulmine a ciel sereno che irrompe nel silenzio della notte, Sesshomaru era piombato nella sua casa e lei si era riscoperta a fantasticare su di lui come aveva fatto in passato con altri. Non ne aveva fatto un cruccio all’inizio, infondo quello daiyokai era davvero bellissimo, con quegli occhi gialli e i capelli argentati che gli svolazzavano al vento. Poi però avevano iniziato a parlarsi, lui si era mostrato gentile con lei e come una sciocca si era ritrovata a pensarlo più spesso di quanto avrebbe dovuto, e a sperare che quegli attimi di confidenza si tramutassero in qualcos’altro. Sesshomaru però era un demone, e i demoni non si innamoravano degli esseri umani. Certo girava voce che suo padre si fosse accompagnato a una donna umana ma lei lo credeva impossibile, probabilmente quella povera sprovveduta era solo un passatempo. 
“Vi siete calmata” constatò il demone “è così” mormorò fissando la propria immagine tormentata riflessa nello specchio d’acqua, “mi ci voleva”.

Rimaseroin silenzio per molti minuti,  Sesshomaru la osservava attraverso l’acqua  cercando di scrutarne e capirne i pensieri. 
Era infelice certo, ne aveva annusato l’odore già quella mattina, quando era tornata dal mercato, e si era fatto più intenso dopo avergli suggerito di cercare un’altro guaritore. 
Era evidente che una delle ragioni della sua tristezza fosse lui, o meglio, la sua mancata guarigione. 
C’era qualcosa di detestabile in quella situazione, perché si sentiva infastidito? Perché odiava vederla infelice? O odiava sapere di essere la causa di quel malessere? 
Un’idea che solo un mese prima avrebbe giudicato folle attraversò la sua mente:   parlarle delle strane sensazioni che gli facevano riaprire la ferita alla spalla. 
Forse sarebbe riuscita a trovare una soluzione, e sarebbe tornata a sorridergli come aveva fatto durante tutta la sua permanenza. 
Il demone sorrise amaramente tra se e se, chi l’avrebbe mai detto che un giorno si sarebbe prodigato tanto per vedere il sorriso di una donna. “Vi ho omesso una cosa divina Kaen” disse a un certo punto, spezzando il silenzio, “quando mi chiedevate se sentivo altri sintomi oltre al dolore vi ho mentito” La fanciulla lo fissò stranita, “non sono sintomi fisici ma quando si manifestano la ferita si riapre” spiegò, “di fatto credo che non si tratti più di un male corporeo”. 
“Non riesco a capirvi signor Sesshomaru” mormorò lei, “mi state dicendo che si tratta di un’incantesimo?” lui scosse il capo, “ no, nessun incantesimo, almeno non credo” rispose, “sono sintomi che non mi sono famigliari”.
“Quello che so è che hanno a che fare con voi” Kaen trasalì appena, “potreste provare a descrivermeli?” Chiese con una gentilezza che lo spiazzò.
Le aveva mentito, l’ aveva resa triste eppure l’unica cosa che sembrava interessarle era curarlo dal suo male, qualunque esso fosse. 
Sesshomaru descrisse meticolosamente ogni sintomo, ogni sensazione provata, soffermandosi su come e quando si manifestassero. Le raccontò ciò che accadeva al suo corpo quando sorrideva ad un’altro, quando la pensava, quando camminavano insieme.  Ad ogni parola le guance di Kaen divenivano sempre più rosee, finché non assunsero un color porpora pieno di imbarazzo. 
“Non so davvero cosa dirvi nobile Sesshomaru” ammise abbassando lo sguardo, quando lui ebbe terminato la sua spiegazione.
 “Se foste un essere umano avrei certamente una risposta” il demone la fissò, “è forse una malattia umana?” Lei scosse la testa, lasciandosi scappare un sorriso, “oh no signor Sesshomaru” mormorò, “al contrario” lui reclinò leggermente la testa di lato, senza riuscire a capire il significato di quelle parole, ne il motivo di tanto imbarazzo. 
“Cosa mi direste se fossi un umano?” Lei si morse il labbro,  indecisa sul da farsi. 
“Vi direi che, da come ne parlate, vi si direbbe innamorato” disse, “innamorato” ripeté tra se e se, cercando di ricordare dove avesse già sentito quella parola. 
“Ha forse a che fare con quella cosa che voi umani chiamate amore?” Lei rispose di sì con un sussurro, “e che cos’è?” La fanciulla  fece un lungo sospiro, “è.. una sensazione” rispose. 
“È simile al desiderio ma è più intenso, meno... più casto” lui le rivolse uno sguardo stranito, “è una cosa che fa venire agli umani voglia di prendersi cura di un’altra persona, legarsi a lei  per tutta la vita” provò ancora, cercando di essere più chiara. 
Sesshomaru l’ ascoltò in religioso silenzio. Si rivedeva in quella descrizione piena di imbarazzo, anche se non totalmente. Eppure quelle similitudini lo fecero riflettere, forse, anche se a modo suo, aveva quella strana cosa chiamata amore. 
“Come fanno gli umani a capire di provare amore?” Domandò appena lei ebbe terminato la sua spiegazione, “oh ci sono molti modi” rispose, “ma in tutta onestà signor Sesshomaru voi siete un demone” disse, “e non ho mai sentito di un demone innamorato”. 
“Esistono molte stranezze in questo mondo” ribatté, ritornando con la memoria ad una delle ultime grandi campagne militari a cui aveva preso parte. 
Suo padre lo era mandato a chiamare, e nella sua tenda gli aveva annunciato di aver conosciuto una donna umana con cui aveva  intenzione di contrarre matrimonio. Sesshomaru non aveva dato peso a quella conversazione, pensando che quella femmina fosse l’ennesima compagna di cui si sarebbe stancato nel giro di pochi mesi. Due anni più tardi però erano rimasti legati, e dalle parole dei suoi fedeli servitori aveva intuito che Inu no Taisho non aveva avuto altre femmine, solo lei.
Che suo padre fosse anche lui capace di provare quella cosa umana? 
“Cosa mi suggerite di fare per capire?” Lei divenne ancora più rossa, “ cosa direste a un essere umano?” Domandò, “di fare chiarezza sui propri sentimenti” il demone scosse il capo, “e se vi chiedesse qualcosa di più diretto?” Insistette, “se vi dicesse di provare amore verso di voi, ma di non esserne certo, cosa gli direste di fare?”. 
“Gli direi di baciarmi” rispose, per poi mordersi la lingua, come se provasse vergogna per tale risposta. 
“Gli direste di baciarvi” ripeté il demone, “credete che un bacio possa aiutare anche me?” Lei fece segno di si con il capo. 
Sesshomaru le si avvicinò lentamente, studiando ogni suo movimento, ogni espressione nascosta. 
“E dopo?” Le domandò, “dopo succede qualcosa?” Lei, in uno sprazzo di coraggio,  non abbassò lo sguardo, ma tenne gli occhi fissi sulle iridi del demone. 
“Non lo so” rispose, “ma dovreste capirlo da solo” era una sfida? Una provocazione? Sesshomaru non lo sapeva, una voglia improvvisa di tuffarsi sulle labbra di lei lo stava scuotendo dalla testa ai piedi, rendendolo incapace di pensare. 
“Capisco” mormorò, tendendo una mano verso i capelli corvini che le ricadevano sulle spalle, “ho il vostro permesso?” Lei arrossì ma non distolse lo sguardo, “sì” mormorò, “avete il mio permesso”. 
Le labbra del demone incontrarono quelle di lei, sfiorandole con una leggerezza che non pensava potesse appartenergli. 
Una strana sensazione di leggerezza si fece largo nel suo animo sempre controllato e distaccato. Approfondì il bacio che li legava,  aspettandosi di incontrare resistenza e di doversi allontanare, Kaen al contrario lo accolse tra le sue braccia e gli permise di stringerla al suo petto. 
Si lasciò completamene trasportare da quel momento.  
Non sapeva quanto ci fosse di umano in quel gesto, in quel groviglio di emozioni che mai avrebbe immaginato di riuscire a provare, era certo solo di una cosa: voleva restare per sempre con lei, voleva vederla stretta tra le sue braccia, sentire il suo cuore battere contro il suo petto e perdersi dentro i suoi occhi dorati. 
Non seppe quantificare quanto durò quel bacio, ma quando si allontanò da lei, di malavoglia, Kaen aveva il fiato corto. 
“Vi.. vi è stato utile signor Sesshomaru?”  Balbettò scostandosi leggermente da lui, “sì” rispose cingendole la vita e guardandola negli occhi. Kaen sembrò capire, una scintilla di consapevolezza le illuminò le iridi dorate, è per un istante gli sembrò la creatura più felice della terra. 
Quello sprazzo di luce però durò il tempo di un battito di ciglia, lasciando spazio alle ombre dell’incertezza. 
Kaen fece per abbassare lo sguardo ma il demone le posò due dita sotto il mento, costringendola a guardarlo. 
“Siete turbata” constatò, non senza sorpresa. Dalla sua reazione al bacio che si erano scambiati aveva pensato che anche lei sentisse quella strana sensazione che chiamava amore ma quelle ombre nei suoi occhi lo avevano messo in una posizione di incertezza. 
“No signor Sesshomaru” rispose, “ ho solo paura” confessò, “paura di cosa?” Domandò, senza riuscire a capire il significato di quelle parole. 
“Ho paura che tutto questo non sia vero” mormorò, “che sia solo un abbaglio e che ve ne andrete come hanno fatto quelli prima di voi”. 
“Io non sono un umano” le ricordò senza riuscire a celare un velo di fastidio nella voce, “lo so bene signor Sesshomaru” rispose, “come so bene che siete un generale”. 
“Prima o dopo partirete per la guerra e resteremo lontani molto a lungo” disse, “tanto a lungo che potreste dimenticarvi di me e incontrare un’altra” il demone le si avvicinò. 
“È vero” ammise facendola sussultare, “prima o poi partirò per la guerra”. 
“Ma non voglio e non posso dimenticarvi” lei lo fissò, “potete promettermelo?” Chiese, con un leggero tono di sfida, “potete promettermi che non mi abbandonerete?”. 
“Volete che rimanga sempre qui?”
“Sarebbe troppo per voi” disse con un sorriso amaro, “avete dei doveri e non voglio esservi di intralcio” continuò, “mi accontenterei di vedervi ogni tanto”.  
Senza dire una parola Sesshomaru si alzò la manica del kimono, e con gli artigli velenosi si incise una luna piena sull’avambraccio. 
“Questa è la mia promessa” disse solenne, “la luna mi accompagna da quando sono nato e a lei sono fedele”. 
“Qualunque cosa accada verrò da voi ogni qual volta la luna avrà questo aspetto” Kaen rimase in silenzio. Quel gesto l’aveva colpita, Sesshomaru glielo leggeva chiaramente negli occhi. Nel suo clan mutilarsi la pelle in quel modo era la promessa più solenne che si potesse rivolgere. Era una pratica utilizzata dai soldati per giurare fedeltà al proprio comandante, ma lui l’aveva voluto fare per lei, e per quella strana cosa che chiamava amore. 
Kaen annullò la distanza che li divideva, arrivando a un soffio dalle sue labbra. 
“Non feritemi signor Sesshomaru” pregò, “ne morirei” lui le sfiorò una guancia con gli artigli, in un gesto delicato che non aveva rivolto a nessuno prima di lei. 
“Non ti ferirò” mormorò, “è una promessa” e così dicendo suggellò le sue parole con un bacio pieno di trasporto. E così fece per tutta la notte. 

Quando la luce illuminò il cielo, il sole li sorprese addormentati sotto un  ciliegio, stretti l’uno all’altro,  con le labbra arrossate per i troppi baci. 
Sesshomaru aprì gli occhi lentamente, la volta celeste sopra di lui iniziava a tingersi dei tenui colori del mattino e un vento fresco gli soffiava tra i capelli. Abbassò lo sguardo incontrando il viso addormentato di Kaen che per tutta la notte si era stretta a lui in cerca dei suoi baci e di calore. Circondò il suo corpo con la coda per scaldarla, memore dei tremori che l’avevano scossa nel buio e rimase ad ammirarla in silenzio. 
Quando il sole si fece alto e i suoi raggi riuscirono ad insinuarsi tra i rami del ciliegio che li ospitava Kaen aprì gli occhi.
Sesshomaru non poté fare a meno di bearsi di quell’espressione confusa che aveva dipinta sul volto diafano e ancora di più della scintilla che le illuminò lo sguardo  quando si rese conto di essere ancora stretta tra le sue braccia. 
“Siamo rimasti qui tutta la notte” mormorò, “sarete stato scomodo” il demone scosse il capo vistosamente, “affatto”. 
Rimasero in silenzio per un pò, troppo assonnati per rivolgersi qualche parola e infondo non ne avevano   bisogno. 
La fanciulla gli accarezzo delicatamente il braccio ferito, e non vedendo nel demone alcuna reazione si allontanò da lui.  
“Devo controllarvi la ferita” asserì alzandogli la manica del kimono, “riposate ancora un pò” la invitò lui cercando di scostarle la mano dall’intreccio di fasce profumate che gli ricoprivano la spalla. 
“Potrebbe essersi infettata” insistette iniziando a srotolare le bende. 
Quando ebbe rimosso l’ultimo strato un espressione di puro stupore si fece largo sul suo volto. La ferita era sparita, la pelle di Sesshomaru era immacolata come se nulla lo avesse ferito. 
“È guarita” gli annunciò in un sussurro piegato da una leggera delusione, “non vi ha nemmeno lasciato la cicatrice”. 
“E pensare che ieri sera insistevate perché trovassi un’altro guaritore” lei non sorrise a quel tentativo di scherzo, al contrario rimase in silenzio per qualche secondo, prima di tornare a guardarlo negli occhi. 
“Partirete subito non è vero?” Sesshomaru si irrigidì leggermente. 
Sì, doveva partire al più presto.  Il servitore di suo padre, un demone pulce di nome Myoga era arrivato al tempio la sera prima, per comunicargli che Inu no Taisho era in procinto di combattere un’altra battaglia, e insisteva per averlo al suo fianco. 
Quella notte aveva vagato per il tempio finché non era sorto il sole, indeciso sul da farsi. Poi, alle prime luci dell’alba aveva riferito al vecchio Myoga che avrebbe preso parte alla battaglia, ma solo in caso di guarigione. 
Non poteva tirarsi indietro, lo aveva promesso a suo padre, ed era nella sua natura mantenere le promesse.
“Sì” rispose alla ragazza, “Inu no Taisho ha bisogno di me”. 
“Speravo vi sareste fermato ancora per qualche giorno” ammise tristemente, alzandosi da terra. 
Lui fece altrettanto e le accarezzo i capelli neri come la notte con estrema gentilezza. 
Profumava di tristezza, non voleva vederlo partire era evidente, e lui l’avrebbe accontenta. 
“Non volete vedermi partire?” Lei fece segno di si con il capo. 
“Chiudi gli occhi” la invitò. 
Kaen si strinse a lui per l’ultima volta e chiuse gli occhi come le era stato detto.  
Sentì la labbra di Sesshomaru premere sulle sue, leggere come un soffio di vento. 

Quando riaprì gli occhi dell’amato non c’era traccia. 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Salve a tutti, 

Non credo ci sia molto da dire su questo capitolo, l’amore tra Sesshomaru e Kaen sembra essere sbocciato, anche se i due hanno subito incontrato delle  difficoltà.  Vedremo cosa accadrà nel prossimo capitolo, che cercherò di pubblicare quanto prima. 

Devo confessare che non sono molto entusiasta di questo capitolo, l’ho controllato e letto più volte prima di decidermi a pubblicarlo e non mi soddisfa quanto il primo, ma pazienza. 

Ci terrei a ringraziare tutte le persone che hanno letto il primo capitolo, che hanno salvato la storia e chi ha recensito. Spero continuerete a seguire la storia e che continui a tenervi compagnia in questo periodo un pò strano. 

Se avete domande, suggerimenti o avete piacere di recensire sarò felice di leggervi e rispondervi. 

Al prossimo capitolo! 

Fuoricontesto. 

 

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Capitolo 3
*** La promessa dello spirito del nord ***


CAPITOLO III: LA PROMESSA DELLO SPIRITO DEL NORD

 

Un anno dopo. 

 

La notte era da poco calata su una Kita innevata, avvolta da un gelido manto ghiacciato  su cui si rifletteva la luce pallida della luna.
Seduta nel giardino del tempio, avvolta in uno scialle di lana grezza, Kaen attendeva trepidante il ritorno di Sesshomaru, nel giorno del suo novantesimo compleanno. 
Aveva i piedi gelati e il suo corpo iniziava ad essere percosso da brividi, ma per nessuna ragione si sarebbe spostata dall’albero di ciliegio dove aveva deciso di aspettarlo. 
Lo stesso albero che li aveva visti innamorarsi e baciarsi per notti intere. 
Al ricordo Kaen non poté fare a meno di sospirare. 
Le visite di Sesshomaru erano state piuttosto irregolari negli ultimi mesi, scandite dalle battaglie che si abbattevano come pioggia incessante sull’ovest. 
Nonostante la situazione, tutt’altro che stabile e la sua benedizione, il demone aveva tenuto fede alla promessa, e ad ogni luna piena si presentava al tempio. 
Quando gli era stato possibile si era fermato per intere settimane, riempiendola delle attenzioni e premure che non  aveva potuto rivolgerle durante la lontananza. Nell’ultimo periodo, al contrario, si erano dovuti accontentare di vedersi solo per un paio di ore, a causa della guerra che incombeva sui territori del clan dei cani. 
La situazione avrebbe dovuto infastidirla o almeno rattristarla eppure Kaen non era mai stata così felice. L’amore che Sesshomaru le regalava andava aldilà del tempo e dello spazio di quella terra, delle guerre e delle divisioni tra umani e demoni. Da quando era entrato nella sua vita la solitudine era diventata un ricordo lontano, anche se non era con lei fisicamente. 
Aveva finalmente qualcuno da amare e che l’amava, qualcuno da aspettare sapendo che sarebbe tornato. 

Un’ombra possente emerse dall’oscurità che avvolgeva il giardino, ridestandola bruscamente dai suoi pensieri. 
Riconoscendola la ragazza gli corse incontro, incurante del freddo e della neve che le gelava i piedi. 
“Sei arrivato!” Esclamò entusiasta, quando fu abbastanza vicina da distinguere le iridi ambrate di Sesshomaru.  Il demone non poté fare a meno di ricambiare l’entusiasmo, sollevandola da terra e stringendola in un lungo abbraccio a cui lei si aggrappò più che volentieri, in cerca di un pò di calore. 
“Andiamo dentro” mormorò sentendola tremare tra le sue braccia,  “qui fa troppo freddo per te” . 
Entrati al tempio vennero accolti dal calore del fuoco, che bruciava vivace nella fornace del pavimento, e dall’odore di erbe medicinali di cui la casa profumava in ogni stagione. 
Mentre veniva posata a terra, accanto al focolare, sorprese l’amato lasciarsi sfuggire una raro sorriso e lo sentì assaporare, con un lungo sospiro, gli odori oramai famigliari del tempio, come se non avesse desiderato sentire altro.
Si sentì avvolgere dalla coda di lui, e si lasciò stringere ancora al suo petto, godendo del calore che emanava e di quella  vicinanza che tanto aveva bramato in quei giorni. 
“Dovevi aspettarmi qui” si sentì rimproverare, “sei gelata” Kaen sorrise, “volevo farti una sorpresa” si giustificò, il demone non le rispose, incapace di rimproverarle quel sentimentalismo masochista che aveva ereditato dagli umani che l’avevano cresciuta, e che per lei, come sapeva bene, era  la più alta dimostrazione di amore che potesse regalargli. 
“Da dove sei venuto questa volta?” gli domandò, cercando di sviare la conversazione. 
“Da un piccolo villaggio nelle terre di Edo” rispose, assecondando il tentativo, “non dissimile da questo”.
“E come si chiama questo villaggio?” Chiese curiosa, “Musashi” mormorò, “era il campo base dell’esercito delle pantere”.
“Immagino che tu le abbia sconfitte” Sesshomaru si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto, che da solo  valeva più di mille parole. 
“Tu cosa hai fatto in mia assenza?” Le domandò, “le solite cose” rispose facendo le spallucce, “l’altro giorno però è venuto in visita il nuovo signore di queste terre per chiedermi una medicina”. 
“Era accompagnato da sette caviglieri molto strani” raccontò, iniziando a ridacchiare “ma il più strano di tutti era un certo Jakotsu mi pare,  mi ha tormentata per ore chiedendomi dove avessi preso il kimono che indossavo”. 
“Credevo ne volesse uno per la sua fidanzata e gli ho indicato il sarto del paese dicendogli che ne avrebbe confezionato  uno simile se andava a mio nome” spiegò senza smettere di ridere, “il giorno dopo il sarto è venuto da me protestando per avergli mandato quello strambo che si è messo a corteggiare ogni uomo che entrava nella sua bottega, con un insistenza tale da far fuggire persino Hisui, che solitamente elemosina quel tipo di attenzioni” rise.
Sesshomaru alzò gli occhi al cielo. 
Prese a rovistare nelle tasche dell’armatura che indossava e ne estrasse una piccola scatola di legno finemente decorata, che le porse accennando un sorriso sbilenco. 
“È per te” disse, “mi pare di aver capito che oggi è il tuo compleanno”  Kaen arrossì, e la prese tra le mani, tremolanti per l’imbarazzo. 
La scatola conteneva una collana dorata di eccezionale fattura, dal filo sottile, su cui splendeva una pietra verde lavorata in modo da formare i petali di un fiore di ciliegio.
Esterrefatta la ragazza gli rivolse un occhiata di profonda gratitudine, “è splendida” mormorò, “ma non dovevi disturbarti tanto, la tua presenza era più che sufficiente” . 
“Vuoi provarla?” Domandò ignorandola, la fanciulla fece segno di sì con il capo e si voltò di spalle, scostando i lunghi capelli corvini dalla schiena. 
Sesshomaru le posò la collana sul collo  e quando ebbe sigillato la chiusura la invitò a voltarsi. 
“Come mi sta?” Domandò  con entusiasmo, “divinamente” rispose lui, osservando il gioiello brillare sul petto candido come la neve della fanciulla . 
Kaen non poté fare a meno di notare che una strana scintilla si era impossessata degli occhi del demone, una luce che non gli aveva mai visto. Sesshomaru si protese verso di lei lentamente, come volesse darle tempo di ritirarsi e fuggire.
Le sfiorò la collana con gli artigli, lei non si mosse, fece per dire qualcosa ma le labbra di lui catturarono le sue in una danza famelica.
Era un bacio diverso da quelli casti e premurosi che si erano scambiati in quei mesi, era affamato, grondante di desiderio. Kaen non era una sprovveduta, sapeva che nonostante fosse un demone Sesshomaru rimaneva un maschio, un giovane maschio solo con una ragazza che lo adorava. 
Nel profondo   sapeva di provare lo stesso dirompente desiderio, voleva essere sua quella  notte e in tutte quelle a venire se lui fosse stato d’accordo. 
Dopo un attimo di esitazione ricambiò il bacio con passione e si lasciò sistemare a cavalcioni sopra le  ginocchia dell’amato.
Sesshomaru le sfiorò con le labbra il viso, il collo, il petto, mentre con le mani le stringeva i fianchi. 
Fece per disfarsi dell’obi che le teneva stretta la veste ma si fermò. I suoi occhi ambrati incontrarono quelli dorati di lei, “Kaen” la chiamò, ridestandola dal piacevole torpore che l’aveva avvolta, “io ti desidero” mormorò, “ma ho bisogno del tuo permesso per continuare” in risposta la fanciulla sciolse l’obi lasciando che la stoffa ricadesse sulle spalle, lasciandole scoperto il seno. 
“Hai il mio permesso Sesshomaru” sussurrò. 
Senza più freni il demone l’adagiò delicatamente sul pavimento e l’amò per tutta la notte. 

  

 Alla prime luci dell’alba Kaen aprì gli occhi, ritrovandosi nuda, coperta soltanto da un lenzuolo trasparente e con il viso immerso sul materasso del futon su cui aveva dormito. 
Si voltò istintivamente dalla parte opposta del letto, in cerca degli occhi ambrati di Sesshomaru. 
Lo trovò così, profondamente addormentato su un fianco, coperto fino alla cintura dal lenzuolo e con i capelli sparpagliati sul cuscino. 
Kaen gli scostò le  ciocche argentee che gli coprivano il volto e accarezzò con gentilezza i tratti demoniaci che gli adornavano la guancia. 
È bellissimo, non poté fare a meno di pensare, arrossendo al pensiero di aver giaciuto con lui in quella notte di inverno, ricordando come le sue mani l’avevano accarezzata, le labbra baciata e i suoi occhi osservata grondanti di desiderio. 
Non era mai stata guardata in quel modo, e avrebbe dato qualsiasi cosa perché lui le rivolgesse ancora quello sguardo.
Come ne avesse udito i pensieri Sesshomaru aprì gli occhi. 
Ancora assonnato le baciò la mano con cui lo stava accarezzando e la invitò ad avvicinarsi a lui con un sussurro. Kaen ubbidì volentieri, lasciando che le possenti braccia del demone la stringessero ancora una volta.
“Abbiamo commesso peccato ieri sera” le sussurrò in un orecchio, in tono compiaciuto, “hai giaciuto con un demone” lei sorrise, “tu hai giaciuto con una creatura di cui non conosci la razza” ribatté disegnando piccoli cerchi immaginari sul petto di lui, “è molto più grave” Sesshomaru stirò le labbra in quello che doveva essere un sorriso divertito.
“Sei pentita?” Lei gli rivolse un occhiata stranita, “no” rispose, “peccare con te è bellissimo” lui la strinse di più e le posò un bacio sulla nuca, “se i tuoi dei ti sentissero ne sarebbero molto contrariati” lei ridacchiò, “avrebbero troppa paura di te per punirmi”. 
“Quanto pensavi di fermarti?” il volto del demone si rabbuiò, “partirò domani mattina” rispose.
"Allora abbiamo tempo” 
“Tempo per cosa?” Domandò mentre lei si metteva a cavalcioni su di lui.
“per peccare ancora” il demone le accarezzò i fianchi e issò la schiena dal futon.
“Kaen” la chiamò, “sei felice così?” La ragazza lo osservò perplessa, “certo che sono felice” rispose. 
“Sei felice di vivere così? Di vivere aspettandomi?”
“Sesshomaru ne abbiamo  parlato...”
“È diverso adesso” la interruppe, “io sono diverso” confessò. 
“Non mi basta venire qui ad ogni luna piena, baciarti, averti e andarmene” disse facendola diventare paonazza. 
Era la prima volta che Sesshomaru parlava di loro in modo così accalorato, aveva sempre preferito  i gesti alle parole e il loro amore si era costruito sui silenzi. 
Cos’era cambiato? Perché aveva voglia di parlare e lo faceva in quel modo?
“ E cosa vuoi di più?”
“Voglio te” rispose, “totalmente, senza condizioni”. 
“ io sono già tua” ribatté, lui scosse il capo, “intendo in senso umano” rispose. 
“ non capisco...”
“Voglio sposarti Kaen” 
Il cuore della ragazza mancò di un battito. Le gambe  iniziarono a tremarle convulsamente e si dovette aggrappare alle spalle di lui per non cadere. 
“Sposarmi” ripeté incredula, “sì” disse il demone, con una convinzione tale da mozzare il fiato.  
“Voglio che tua sia mia moglie” rispose, “come lo deciderai tu, se lo vorrai” e così dicendo fece per alzarsi ma lei lo bloccò premendogli una mano sul petto. 
“Sì” il demone la fissò per qualche secondo, “sì cosa?” Domandò, per essere certo della sua scelta, “sì ti voglio sposare”.
Sesshomaru le accarezzò il volto. 
“Sei sicura?” Le chiese ancora “per te vuol dire tutta la vita” lei gli sorrise, “lunga o corta la voglio passare con te” disse avvicinandosi a lui. 
“Ti amo” mormorò, a un soffio dalle sue labbra, “Ti amo” ripeté lui, suggellando la sua dichiarazione con un bacio     

 

 

Due anni dopo. 

 

Kaen sedeva in silenzio davanti al tavolino che troneggiava nella sala da pranzo, illuminata dalle prime luci del giorno. 
Aveva trascorso una notte tremenda, percossa dalla nausea aveva vagato per il giardino sperando che il malessere si placasse con un pò di aria fresca. 
Solo quando il cielo si era colorato dei primi raggi di sole si era sentita abbastanza bene da rientrare e prepararsi una tisana, che sarebbe stata la prima di una lunga serie. 
Sconsolata si passò una mano sul ventre, gonfio del piccolo miracolo che custodiva, cercando di trovare un pò di serenità in quella carezza triste ma colma di amore e speranza per il futuro. 
Era incinta di 6 mesi ma le sembrava di aspettare da un eternità.
Ricordava ancora il momento in cui aveva scoperto di aspettare un bambino.
Si era recata in visita da un’amica sacerdotessa che abitava nel villaggio vicino per portarle alcune erbe e annunciarle di essersi sposata l’estate prima. 
Appena arrivata la donna le aveva rivolto uno sguardo strano, come se faticasse a riconoscerla, ma l’espressione gioiosa che ne era seguita l’ aveva convinta che si trattasse solo di un impressione. Quando le aveva raccontato di aver contratto matrimonio la sacerdotessa aveva stirato le labbra e rivelato il motivo del suo sbigottimento: il suo corpo emanava un aura demoniaca molto potente, ed essendo il suo compagno un potente dayokai doveva esserne rimasta incinta. 
Kaen era rimasta spiazzata da quella rivelazione e per un ora l’aveva tartassata chiedendole se ne fosse certa, perché lei certamente non poteva avere figli. All’ennesima conferma dell’amica la fanciulla l’aveva salutata frettolosamente ed era corsa al villaggio, in cerca di Sesshomaru.
Lo aveva trovato in giardino, intento ad affilare la Katana che portava sempre con se.  
Vedendola  arrivare di lena, con il fiatone e gli occhi sull’orlo della lacrime aveva contratto il volto lasciandosi andare ad un espressione preoccupata. Dopo aver ascoltato la lieta novella si era calmato e l’aveva stretta forte a se, senza dire nulla. Il giorno dopo si era presentato con un mazzo di fiori violacei che non aveva mai visto. Aveva pensato che fossero un modo per esternare la sua felicità per il lieto evento, invece il marito si era  raccomandato di conservarli nel laboratorio e di usarne i petali in caso di bisogno. 
Dopo il terzo mese aveva imparato a sue spese che quelli erano fiori demoniaci dalle straordinarie capacità lenitive, e che suo marito, premuroso come non era mai stato, le aveva fatto avere in vista delle nausee che la gravidanza le avrebbe provocato. 
Con un sospiro portò la tisana alle labbra, ringraziando in silenzio il senso pratico di Sesshomaru, che invece di regalarle qualcosa di frivolo le aveva donato qualche ora di benessere. 
La porta scorrevole si aprì lentamente, come se chi entrava non volesse farsi sentire, ma non abbastanza da non farla voltare. 
Sesshomaru era davanti a lei, con l’aria ancora assonata e una coperta leggera tra le mani. 
“Stai male” constatò sedendosi accanto a lei e cingendole le spalle con la coperta. 
“Già” mormorò, “ma non è una grande novità” lui scosse il capo, “devi svegliarmi quando stai male” le disse, “in salute e in malattia” le ricordò indicando l’anello dorato che portava all’anulare, un gioiello prezioso che si erano scambiati durante la prima notte di nozze. 
Kaen sospirò, “sì lo so” disse, “ma stavi dormendo talmente bene che non avuto il cuore di svegliarti” si giustificò. 
Sesshomaru era rientrato la sera prima da un piccolo viaggio nelle terre dell’est, ed era arrivato stanco, desideroso di coricarsi insieme a lei e dormire. Era stato via un solo giorno, e Kaen non aveva faticato a a capire che la stanchezza era dovuta alla fretta con cui era rientrato a casa. Da quando era rimasta incinta non l’aveva lasciata mai sola per più di un giorno, e si era preso cura di lei come meglio poteva.
Il demone scosse il capo, “hai pensato a quello che ti ho detto prima di partire?” Le chiese inchiodandola con lo sguardo. 
“Sì” rispose, posando la tazza di ceramica sul tavolino, “e anche se a malincuore hai ragione” ammise, “la situazione tra umani e demoni è troppo tesa e nostro figlio crescerà meglio lontano, nel tuo castello”. 
Sesshomaru le posò un bacio sulla fronte, “staremo bene” la rassicurò, circondandola con le braccia, “il castello è grande e c’è anche un giardino” lei lasciò cadere la testa sulle sue spalle “lo so” mormorò. 
Il marito si scostò da lei con gentilezza e si alzò in piedi, “vado a dare ordine che sia disposto l’occorrente per il nostro arrivo” annunciò, “e a prendere cibo umano” lei lo seguì verso l’ingresso. 
“Ti aspettiamo” lo salutò, prima che spiccasse il volo.   

 

Ore Dopo

 

Una  nuvola di fumo copriva il cielo sopra Kita, accompagnata da un insopportabile miasma di legno bruciato e sangue. 
Sesshomaru volava raso terra lungo la prateria che circondava il villaggio, sfiorando con gli stivali l’erba verde che piano piano veniva sepolta dalla cenere. 
Tra la coltre scura che si levava dal villaggio, cercava di distinguere l’odore della moglie che però non riusciva a percepire. 
Alle porte della cittadella  gli abitanti fuggivano urlando, alcuni erano riusciti a portare con loro pochi oggetti, altri addirittura non portavano le scarpe. 
“Signore, signore” si sentì chiamare da una anziana signora che era solita servirsi dalla moglie per curare un’ulcera, “vogliono la divina Kaen! Stanno cercando lei!” Il demone si diresse velocemente verso la loro casa. 
Il tempio era avvolto dalle fiamme, e un terribile miasma di morte impregnava l’aria intorno all’edificio. Sesshomaru la chiamò attraverso il fuoco, e la cercò in ogni stanza, finché non giunse sul retro. 
Il corpo di Kaen giaceva immobile, riverso sul manto erboso che si stava colorando del suo sangue.
“Sesshomaru” mormorò quando si fu avvicinato per soccorrerla , “Sesshomaru sei qui” lui l’avvolse tra le braccia e fece per alzarla da terra, “vi porto via” gli occhi di lei si bagnarono di lacrime, e il suo corpo prese a tremare “non c’è più nessuno da portare via oltre me” . 
“È morto” il demone si pietrificò, “lo hanno strappato dal mio ventre e lo hanno ucciso” singhiozzò e per la prima volta Sesshomaru sentì una sensazione mai provata prima farsi largo nel suo animo glaciale e sempre controllato: il dolore. 
Suo figlio, il frutto del suo amore con Kaen, era morto assassinato ancora prima di venire al mondo ed essere stretto tra le braccia di sua madre. 
“Perdonami” mormorò a fatica, “erano troppi, non sono riuscita a proteggerlo” il demone non rispose e  si strappò una manica del kimono per tamponarle la ferita all’altezza del ventre, “e non riuscirò nemmeno salvare me stessa”. 
“Non dire sciocchezze” ringhiò, “tu vivrai Kaen” lei gli posò una mano fredda sul viso,“Avrei voluto che avessimo più tempo” mormorò, “avrei voluto vivere di più questa vita” poi alzò lo sguardo, ormai spento, sugli occhi ambra di lui. 
  “Devi lasciarmi andare Sesshomaru” il demone la inchiodò con lo sguardo, “mai” rispose lapidario, “ora ti porto via, troveremo un guaritore” le lacrime le bagnarono il volto pallido come uno spettro, “non ho più tempo” ripeté sforzandosi di tenere gli occhi aperti. 
“Non ti lascerò morire” la sua voce vacillava e le braccia con cui la stringeva vennero scosse da tremiti freddi. Sentiva la morte incombere su di lei, il suo odore pungente gli era entrato nelle narici, era così forte da non fargli più percepire il miasma ferroso del sangue.
“Ascoltami Sesshomaru” lo pregò con voce gentile,  “io non sto morendo” disse, “sto solo lasciando questo corpo” il marito le rivolse uno sguardo stranito, “tonerò da te”. 
“Non sai cosa stai dicendo” 
“La morte mi ha fatto ricordare” gli rispose, “mi ha fatto ricordare cosa sono” mormorò, e con le ultime forze alzò la schiena da terra e fece combaciare le loro fronti, “Brucia il mio corpo” lo pregò, “brucialo così che io possa tornare da te”. 
“Lasciami andare Sesshomaru” 
“Non voglio lasciarti andare” nel dirlo quasi gridò, “ti voglio qui, ti voglio ora” lei gli rivolse un’ultimo sorriso, “questa non è la fine ” mormorò con gli occhi socchiusi, “non è la fine”. 
“io ti amo Kaen io...” lei gli posò un dito sulle labbra, “ti amo Sesshomaru”.
 “ti amo e ti amerò ancora se lo vorrai” e così dicendo chiuse gli occhi per sempre.  
“Kaen” la chiamò scuotendola, “Kaen rimani con me” l’odore della morte però l’aveva avvolta completamente, “Kaen!” Il cuore di lei cessò di battere. 
Nubi oscure coprirono il cielo, gli alberi della valle si tramutarono in cenere,  i fiori e l’erba nei campi si annerirono. 
Dall’alto, sospesa dal vento, iniziò a scendere gelida e implacabile la neve. 
Una lacrima solitaria rigò il volto di Sesshomaru. 
Disperato e scosso dai tremori strinse il corpo dall’amata a se, chiamò il suo nome, la baciò e le accarezzò i capelli. Fu incapace di muoversi per un tempo interminabile, quando non sentì altro che vuoto dentro di se, sollevò il corpo di Kaen e si diresse a piedi fuori dal villaggio affondando nel manto nevoso che aveva coperto le strade della cittadella.
Lungo la strada si trovò davanti a sette uomini armati, con le spade sguainate e gli occhi iniettati di sangue. 
“Così sei tu il demone” mormorò compiaciuto uno di quelli, il capo.
 “Sei l’essere immondo che ha profanato il corpo della divina Kaen mettendola incinta di quel mostro” disse puntandogli contro la spada, “consegnami il suo corpo” intimò, “e ti ucciderò velocemente”. 
Qualcosa dentro il demone si incrinò. Umani, gli umani che sua moglie si era prodigata per aiutare, in alcuni casi fermando la morte incombente su di loro, l’avevano condotta ad una morte tanto violenta. 
L’odio montò nel suo animo, una furia nera, ceca, inarrestabile si fece largo in lui. 
Non poteva lasciare impunita la morte di Kaen e di suo figlio, i sette dovevano morire. 
Gli occhi di Sesshomaru divennero rossi, iniettati da una furia incontenibile. 
“Avete ucciso mio figlio e condotto a morte la mia sposa” ringhiò mentre il suo corpo veniva circondato da potenti raffiche di vento, “pagherete con la vita” il suo volto si sfigurò, assumendo le  vere sembianze di cane, e si avventò contro i guerrieri. 

Minuti più tardi il demone lasciava il villaggio, ricoperto di sangue. 
Aveva sbranato i guerrieri e spezzato le loro ossa mentre erano ancora vivi. Si era beato delle urla risuonanti nell’aria e delle suppliche di una morte veloce che non aveva concesso. 
Camminò in silenzio, incurante delle intemperie che sferzavano l’intero nord per sette giorni e sette notti, finché non giunse all’accampamento di suo padre. 
Inu No Taison lo aspettava all’ingresso, poiché ne aveva fiutato l’odore a kilometri di distanza.
Quando lo riconobbe Sesshomaru arrestò il passo. 
“Di cosa ti sei macchiato figlio mio?” Mormorò il generale, osservando il corpo senza vita che il primogenito stringeva convulsamente tra le braccia. 
“Non ho commesso alcun crimine padre” rispose glaciale, “lei era la mia sposa” il grande generale ammutolì, Sesshomaru  gli aveva comunicato anni prima  di aver contratto matrimonio con una strana creatura che sapeva dominare il fuoco, ma non aveva mai avuto occasione di conoscerla, le guerre che si erano susseguite in quegli anni lo avevano occupato interamente. 
“Gli uomini l’hanno uccisa insieme a mio figlio, tuo nipote”  spiegò, il signore dell’ovest decise di avvicinarsi al figlio, che emanava un odore che non gli aveva mai sentito addosso: quello dell’odio, mischiato con lo strano miasma che proveniva dal corpo senza vita della fanciulla.
“Era molto bella” mormorò, “merita una degna sepoltura” il figlio scosse il capo, “mi ha pregato di bruciare il suo corpo” Inu no Taisho  lasciò che un guizzo di sorpresa gli illuminasse lo sguardo, ma si ricompose immediatamente, “ e sia” acconsentì. 
Il generale fece allestire una grossa pira al centro del campo, e dispose che tutto l’esercito piangesse la moglie di suo figlio. 
Quando fu sera Sesshomaru in persona vi appiccò fuoco. 
Rimase immobile per ore ad osservare le  fiamme bruciare e consumare il corpo dell’amata, non si mosse nemmeno quando queste si assopirono, lasciandolo avvolto nell’oscurità. 
Inu No Taisho gli era rimasto accanto per tutta la notte senza proferire parola. Niente era stato capace di ferire suo figlio come la morte di quella creatura, nessuna lama demoniaca, nemmeno la sua  So unga,  sarebbe stata capace di fargli sentire il dolore che provava nell’osservare la cenere che ricopriva il luogo dove la pira aveva bruciato. 
Quando i primi raggi di sole iniziarono ad illuminare il cielo decise di parlare. 
“Mi dispiace Sesshomaru” mormorò, “tua moglie era certamente un’anima buona” il figlio non disse nulla. 
“Credo che dovresti passare del tempo con tua madre” disse, “le ho inviato una missiva per informarla dell’accaduto” per la prima volta in quella notte ,ormai terminata, il figlio si voltò a guardarlo. 
“Hai paura che scopra che la donna umana con cui hai deciso di accoppiarti è incinta?” Il suo tono era duro, distante, pregno di un odio che non gli apparteneva. 
“Ho sentito i tuoi soldati parlarne” il generale gli posò una mano sulla spalla, “non è per questo” rispose, “sono solo convinto che sarebbe meglio per te rimanere lontano da questa terra per un pò” Sesshomaru si scansò. 
“Temi che inizierò a trucidare ogni umano sulla terra?” Lo sfidò, “ho già ammazzato gli assassini che hanno ucciso la mia famiglia, non ho bisogno di rivolgere la mia ira verso altri” il generale scosse il capo, “so che non sei dedito all’ira”. 
“Temo però che il tuo odio per gli umani possa renderti ceco” 
“Ceco verso cosa?”
“Verso le responsabilità che sarai chiamato ad assumerti quando prenderai il mio posto”. 
Il figlio emise un verso irritato, “non mi dirai che hai a cuore il destino dei mortali?” Inu no Taisho fece cenno di si con il capo, e quello fu il tradimento che Sesshomaru non si sarebbe mai aspettato di ricevere. 
“Il grande Inu No Taisho preoccupato della sorte dei mortali” lo schernì, “quella femmina umana ti sta conducendo alla rovina”  il generale gli posò entrambe le mani sulle spalle. 
“Izayoi mi ha fatto capire che i miei doveri di signore dell’Ovest riguardano anche gli umani” spiegò, “una volta provavi divertimento a massacrarli” gli rammentò, “non ne vado fiero” ammise, “sono solo creature innocenti e indifese”. 
“Innocenti e indifese” ripeté Sesshomaru con un sibilo, “Gli stessi che si  divertono a portare morte tra le loro genti e ad uccidere” il suo tono era calmo, ma ad ogni parola sprigionava un odio innaturale. 
“Gli stessi che hanno ucciso la moglie del  tuo unico figlio e la sua discendenza” 
“Comprendo il tuo dolore Sesshomaru” disse, “e ti assicuro che ti avrei seguito nella tua vendetta se me lo avessi chiesto”. 
“Ma non tutti gli umani sono come le bestie che hanno portato via tua moglie” per la seconda volta si scansò da lui. 
“Se il generale dell’ovest vuole continuare a vivere nella menzogna non lo fermerò” disse, “ma non posso accettare che mio padre prenda le parti dei mortali e si prodighi  per difenderli”. 
“Sesshomaru...”
“Non aggiungere altro” lo interruppe, “sei il signore di queste terre e poi fare come ritieni giusto” disse dandogli le spalle, “la prossima volta che ci vedremo sarà perché avrò acquisito abbastanza forza per sconfiggerti e reclamare le tue spade”. 
“E certamente non le userò per venire incontro agli umani”.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Salve  a tutti! 

La scorsa settimana sono stata assente, ma eccomi qui, con un nuovo capitolo!

Direi che abbiamo dato un bel plot twist alla trama no? Anche se credo che un pò tutti si aspettassero la morte di Kaen. Personalmente mi sono un pò commossa a scrivere dell’amore tra lei e Sesshomaru, di come si è distrutto a causa di terzi e della reazione che lui ha avuto.

Immagino che ora vi starete chiedendo ancora di più cosa c’entra Rin in tutto questo, beh lei arriverà nel prossimo capitolo, che sarà anche l’ultimo. 

Intanto vi ringrazio per aver aperto anche questo capitolo, per continuare a leggere la storia e un grazie speciale a chi l’ha recensita e salvata! Vi ringrazio davvero, spero continuerete a leggere e che i miei deliri possano regalarvi qualche momento di serenità ed intrattenimento. 

Se avete piacere fatemi sapere cosa ne pensate, sarò felice di leggervi e rispondervi.  

A presto! 

 

Fuoricontesto 

 

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Capitolo 4
*** Duecento anni ***


CAPITOLO IV: DUECENTO ANNI

 

215 anni dopo.

 

Sesshomaru giaceva sanguinante ai piedi di un albero secolare nel cuore di una foresta ad Est. 
Aveva combattuto l’ennesima battaglia contro il fratellastro Inuyasha, uno scontro violento da cui era uscito sconfitto, costretto a ritirarsi come un codardo.  
I suoi occhi ambrati erano fissi su un punto indefinito della selva in cui aveva trovato rifugio. Nessuna emozione traspariva dalle sue iridi, ma al contrario il suo corpo tremava, scosso da un dolore lancinante che non aveva mai provato.
In circostanze diverse non si sarebbe nemmeno accorto di una simile ferita, e il suo braccio si sarebbe rigenerato nel giro di un giorno, ma quella lesione era diversa. Gli era stata inferta dalla zanna di suo padre, colui che lo aveva generato, e Sesshomaru sapeva bene che le ferite causate dai padri difficilmente si rimarginano. 
Ricordava ancora la prima volta che Inu No Taisho lo aveva ferito, il giorno del funerale di sua moglie, quando gli aveva rivelato di essersi affezionato agli esseri umani tanto da desiderare intercedere in loro favore.
Quel tradimento si era presto tramutato in odio, una furia culminata in quello che era stato il loro ultimo incontro, su una candida spiaggia dell’ovest su cui sferzava il gelido vento di inverno.  
Lo aveva sfidato apertamente,  intimandogli  di consegnargli Tessaiga, provocazione a cui suo padre aveva risposto con una domanda. “Sesshomaru, tu hai qualcosa da proteggere?” 
No, aveva pensato lasciando che le sue iridi fredde tradissero un guizzo doloroso.
Anni prima aveva avuto qualcosa da proteggere, qualcuno per cui sarebbe morto, e che gli era stato strappato via brutalmente.
Inu No Taisho aveva approfittato di quel momento per congedarsi, trasformandosi nella sua vera forma, per correre incontro a una morte indegna. 
Quando pensava a quell’ultima conversazione non poteva fare a meno di sentirsi disgustato, suo padre lo aveva tradito due volte: quando aveva deciso di proteggere gli umani e quando era morto per una di loro. 
Una fitta più intesa delle altre lo fece riaffiorare dai suoi pensieri.
Il sangue continuava a sgorgare copioso dal suo arto mancante come se gli fosse appena stato reciso.
L’ultima volta che aveva sanguinato tanto gli ci era voluto un mese per riprendersi, e l’amore di Kaen. 
Kaen. 
Memore della promessa che la moglie gli aveva fatto aveva vagato per anni lungo tutto il nord, viaggiando di villaggio in villaggio sfruttando la sua forma di demone cane, sperando di riconoscerla nei volti delle donne che la sera si riunivano davanti al focolare per cucire. 
Erano passati più di duecento anni ma di lei non vi era alcuna traccia. 
Qualcosa iniziò a muoversi tra le fronde. D’ istinto Sesshomaru fece per afferrare la spada ma si arrestò. 
Dai cespugli emerse una bambina umana, sporca, dalle vesti malconce il corpo coperto di lividi e graffi . Con un verso stizzito il demone tornò ad appoggiare la schiena alla corteccia dell’albero. La bambina rimase ad osservarlo incuriosita per qualche minuto, poi, come era venuta, se ne andò. 
Ritornò minuti più tardi con una borraccia di legno tra le mani.  Senza mostrare alcun timore la posò accanto al demone e con un gesto lo invitò a bere. 
Sesshomaru non la degnò di uno sguardo e rimase immobile finché la piccola non sparì nuovamente  tra i cespugli. 
Il demone osservò la borraccia  che gli era stata portata indeciso sul da farsi, aveva sete ma non aveva intenzione di accettare l’offerta della piccola umana. Solo quando fu sera e il bisogno d’acqua si fece impellente Sesshomaru afferrò la borraccia e, dopo aver constatato l’assenza di veleno, bevve. 
Sentendosi appagato e stanco si addormentò in silenzio.  
Quella notte Kaen gli apparve in sogno. Era nel suo palazzo, circondata dai servitori che la osservavano adoranti stringere al petto un bambino dai capelli argentati.  La fanciulla alzò lo sguardo su di lui, che osservava la scena da lontano, e gli sorrise. I suoi occhi però non erano del bel color oro da cui amava essere guardato, ma nocciola, come quelli di una mortale qualunque. Lui le si avvicinò piano e la strinse tra le braccia, beandosi del profumo di fiori e fuoco che emanava, e del viso addormentato del bambino. 
Quando aprì gli occhi, alle prime luci dell’alba, a stento riuscì a trattenere un’espressione di dolore. 
Era un secolo che la donna non gli appariva in sogno, e vederla così bella, circondata dal rispetto dei servi e con in braccio il figlio mai nato lo gettò nello sconforto. 
Quella era la vita che aveva progettato insieme a lei, e che non era mai riuscito  a vivere davvero. Per 3 anni aveva assaporato il dolce gusto della felicità, quella felicità che fa dimenticare della guerra,  di dover partire per combattere l’ennesima battaglia. Ora invece, a più di 200 anni di distanza, si sentiva vuoto, così infelice da aver desiderato per un secondo, quando Inuyasha gli aveva amputato il braccio, di morire per potersi ricongiungere a lei. 
Disgustato dalla sua debolezza si accarezzò l’arto per accertarsi delle sue condizioni. Il sangue era diminuito dal giorno prima e sentiva la pelle iniziare a cicatrizzare la ferita. 
L’odore di essere umano accarezzò le sue narici, la bambina del giorno prima era tornata a trovarlo. Tra le mani stringeva una grande foglia, su cui erano appoggiati alcuni germogli di soia che gli offrì con un inchino.   
“Non ne voglio” rifiutò gelido, “non voglio nulla da te” poi il suo olfatto captò un leggero odore di sangue che, a giudicare dall’intensità minima, doveva essere fresco. Per la prima volta si voltò verso di lei, nuovi graffi le ricoprivano le braccia e parte del volto. 
“Come te li sei procurati?” Domandò senza mostrare il minimo interesse, “se non vuoi dirmelo non sei obbligata” sentì la piccola muoversi accanto a lui e si voltò verso di lei. 
La bambina gli stava sorridendo. 
“Perché quell’espressione gioiosa?” Chiese gelido, “ti ho solo chiesto come te li sei fatti” il sorriso della piccina si fece ancora più ampio e gioioso, “umani” mormorò disgustato. 
Nei  giorni seguenti la piccola continuò ad andarlo a trovare, portando con se acqua e piccoli topolini che trovava qua e la nel bosco. Sesshomaru non riusciva a comprendere come, dopo i suoi rifiuti, quella piccola umana continuasse a tormentarlo con la sua presenza e, a modo suo, a prendersi cura di lui.
Aveva anche incominciato a rivolgergli piccole frasi: hai mangiato? Hai sete? Come ti chiami? Il demone non l’aveva mai degnata di una risposta, ma a lei sembrava andare bene così.  
Dopo una settimana il demone lasciò il suo giaciglio nel bosco. Il braccio gli doleva ancora ma riuscì comunque a lavarsi al fiume vicino e lasciarsi indietro la scia di sangue e sconfitta che si portava appresso da giorni. Dopo essersi sistemato era comparso il fedele Jaken, che lo aveva cercato, a detta sua,  ininterrottamente nelle terre adiacenti e per tutto il bosco insieme ad A-Un. 
I tre avevano ripreso senza molti convenevoli il cammino, fino a quando il fiuto del demone non captò uno strano odore: sangue umano mischiato a pelo di lupo e fuoco. Tra il miasma ferroso riuscì ad avvertire l’odore della piccola umana che lo aveva soccorso in quei giorni, e senza dire una parola rientrò nella foresta. 
Seguendo la traccia si trovò davanti all’albero di acero che lo aveva visto sofferente e sanguinante in quei giorni e vi trovò il corpo immobile della bambina. 
Intorno a lei giacevano ciuffi di pelo di lupo e uno strano cerchio di cenere la circondava. Il fedele Jaken si avvicinò alla piccola e la tastò con il bastone che portava sempre con se, “è ancora viva” mormorò sorpreso, “e puzza di fuoco e... fiori”Sesshomaru si irrigidì. 
Annusò meglio l’aria, quell’odore così famigliare gli accarezzò gentilmente le narici riportandolo indietro di due secoli. 
Perché quella piccola umana profumava come la sua Kaen? Le ultime parole della fanciulla tornarono a risuonare prepotenti nella sua testa. 
ti amerò ancora se lo vorrai
Se quella bambina fosse stata la sua reincarnazione? Se il suo spirito si fosse nascosto dentro quel corpicino minuscolo e debole? 
“Padrone conoscevate questa umana?” gli domandò il servitore notando la strana espressione sul volto del demone, solitamente impassibile e insensibile alle sorti degli umani.  Senza rispondergli Sesshomaru si chinò sulla bambina, le sollevò leggermente la testa da terra e attese. Questa prese a muoversi lentamente, come se si stesse svegliando da un sogno, e aprì gli occhi. Il cuore gelido del principe dei demoni mancò di un battito, le iridi della bambina si erano dorate, e l’odore di fuoco e fiori divenne più forte. Poi, improvvisamente, il miasma umano coprì il profumo che tanto aveva bramato di sentire ancora una volta e gli occhi di lei tornarono marroni come quelli di qualunque umana. 
Non aveva più dubbi, quella piccola umana era Kaen. 
La bambina si guardò intorno confusa, quando i suoi occhi si posarono su Sesshomaru il suo volto si rilassò e la confusione nei suoi occhi si attenuò.
“Mi avete salvata” mormorò accennando ad un sorriso, il demone non le rispose, le tese invece la mano  per aiutarla a rimettersi in piedi, un gesto che non passò inosservato agli occhi di Jaken, che lo fissò sbalordito. 
“Come ti chiami?” Le domandò quando si fu alzata, “mi chiamo Rin” rispose, “grazie per avermi salvata” lo ringraziò con un inchino, “hai una famiglia Rin?” Le chiese ignorando i sui ringraziamenti,  “ qualcuno da cui puoi tornare?” Lei sospirò, “no signore”.
“Tutti quelli del mio villaggio sono morti sbranati dai lupi” disse cupa, il demone le si avvicinò, “vieni con noi” le propose, Jaken spalancò ancora di più gli occhi, “mio signore ma cosa fa?” gridò, “quella bambina non può venire con noi! È umana!” Il padrone gli rivolse uno sguardo gelido che lo fece ammutolire. 
“Allora?” lei parve riflettere un secondo, “va bene!” rispose con entusiasmo. Il demone la sollevò delicatamente e la posò su A-Un, nonostante si fosse svegliata la percepiva debole e non voleva che si stancasse troppo e rallentasse il viaggio. 
“voi come vi chiamate signore?” domandò curiosa quando furono fuori dal bosco, “mi chiamo Sesshomaru” rispose il demone, cingendo le redini di A-Un, la bambina ammutolì, “noi non ci siamo mai incontrati prima vero?” lui ebbe un sussulto, “il vostro nome mi è famigliare” Jaken scosse la testa, “forse avete sentito il nome del mio padrone nei grandi racconti di guerra” la punzecchiò, “può essere” sussurrò la bambina, poi si rivolse al Kappa , “voi come vi chiamate?” il piccolo demone fece un verso stizzito, “il mio nome è Jaken, sono il servitore del nobile Sesshomaru!”.
“Perché sei così piccolo?”
“Come ti permetti?!”
“Io ho solo otto anni e tu sei più basso di me” gli fece notare, “è strano” Jaken assunse un espressione contrariata, “di un pò non ti hanno insegnato le buone maniere?” la rimproverò, “basta Jaken”  ordinò il padrone, “lasciala riposare”. 

“Padrone perché ci portiamo dietro questa bambina umana?” domandò il servo  quando la notte calò su di loro e la  piccola si fu addormentata, “è speciale” gli rispose Sesshomaru glaciale, “e non voglio più sentire domande su questo” annunciò fermandosi, “riposati anche tu” gli ordinò, “domani ci rimetteremo in cammino”. 
Quando il servo si addormentò , il demone si avvicinò alla bambina.  “tra tutte le creature tra cui potevi scegliere hai deciso un essere umano” mormorò amaro tra se e se, “non mi hai nemmeno concesso di sentire il tuo profumo” e così dicendo chiuse gli occhi. 

 

11 anni dopo 

Rin camminava tranquillamente lungo il sentiero che portava alla casa della vecchia Kaede trasportando due grosse anfore sulla schiena.
Erano anni che lei e la donna vivevano insieme, dopo la fine della guerra contro Karaku  Sesshomaru aveva insistito perché rimanesse in un villaggio umano, per essere, a detta sua, più protetta. Il demone le faceva visita ogni volta che poteva,  portando con se doni sempre più belli e lussuosi: Kimoni, scarpe, profumi, spezie e gioielli, ma anche frutti esotici, artefatti demoniaci provenienti da un paese chiamato europa, libri e fermagli per i capelli. 
La capanna della nobile Kaede si era trasformata in un museo pieno di cimeli e oggetti preziosi, tanto che più volte il demone era stato sollecitato a diminuire il quantitativo di regali, e spesso era stato accusato di viziare la piccola Rin, ma lui li aveva ignorati tutti. 

Poco lontano Sesshomaru la osservava nascosto tra le foglie della foresta. In quegli anni non  aveva rivelato a nessuno l’identità di Rin, nemmeno al servitore Jaken, che più volte si era azzardato a chiedere se avesse intenzione di prenderla in sposa  una volta raggiunta l’età da marito. Sesshomaru però non si era mai permesso nemmeno di sfiorarla, neanche quando l’anno prima  Rin aveva tentato di baciarlo, e aveva capito che si era innamorata di lui anche in quella vita. 
Avrebbe rivelato la vera identità della ragazza solo quando avesse compiuto 19 anni, l’età umana che aveva Kaen quando si erano conosciuti.
E il giorno era finalmente arrivato. 

“Sono a casa!” annunciò Rin entrando nella capanna, dove l’aspettava Kagome, “oh sei arrivata!” trillò la donna avvicinandosi a lei, “non sai quanta sete ho!” mormorò cercando di prendere una delle anfore. “ferma!” Le intimò la ragazza, “non devi fare sforzi” la donna sbuffò, “non sono fatta di cristallo!” Si lamentò accarezzandosi il ventre, “sono solo incinta” Rin sospirò, “la nobile Kaede ti ha raccomandato di stare a letto!” la rimproverò versando il contenuto delle anfore in piccole bottiglie di vetro. 
“Ma io mi annoio” esclamò esasperata, “non posso nemmeno camminare”  poi come rianimatasi prese a rovistare in un mobile della cucina, “questo è per te” disse porgendole una scatolina ricoperta di una coloratissima carta regalo, “buon diciannovesimo compleanno!” Trillò. La ragazza fissò la scatolina con curiosità, “forza aprilo!” La incoraggiò. Rin scartò il regalo con entusiasmo e ne estrasse uno strano braccialetto che pareva animato, “cos’è?” domandò, “è un orologio” rispose la donna, “indica l’ora, e ha una bussola incorporata”. 
“Viene dalla mia epoca” spiegò, “così quando partirai con Sesshomaru saprai sempre l’ora e come trovare la strada” disse, la ragazza le rivolse uno sguardo di gratitudine, “è bellissimo Kagome!” La ringraziò, “ma non credo che mi sarà possibile partire con lui” disse rabbuiandosi. 
“E perché mai?” esclamò stupita Kagome,  “lui e Kaede hanno avuto una discussione ieri sera” rispose, “li ho sentiti parlare di un posto chiamato Kita e di una donna di nome Kaen” spiegò, “poi Kaede gli ha proibito di presentarsi oggi e lui se ne è andato” Kagome le prese una mano, “sono sicura che verrà ” la consolò, “Sesshomaru non perderebbe il tuo compleanno neanche se finisse il mondo”ma le sue parole parvero non avere effetto su di lei, “e se si stesse per sposare?” Kagome la guardò stranita, “con quella Kaen” la donna sospirò, “non penso proprio”. 
“E poi a te lo avrebbe detto” Rin sospirò, “c’è qualcosa sotto” mormorò, “e sono certa che abbia a che fare con quella donna”. 
Kaede apparve nella capanna, “cosa farfugliate voi due?” gracchiò, “Kaede guarda cosa mi ha regalato Kagome!” esclamò la ragazza per distrarla, “è un aggeggio che segna l’ora” la vecchia alzò gli occhi al cielo, “sono venuta a dirti che Sesshomaru è qui fuori” annunciò, “insiste per darti il suo regalo” disse lasciando trapelare un velo di tristezza. 
“Kaede” la chiamò con gentilezza la ragazza, “se partiamo lo faremo solo tra una settimana” la rassicurò cercando di occultare il suo stupore, “lo so” mormorò la vecchia, “ora vai ti sta aspettando” Rin le posò un bacio sulla fronte e uscì. Kagome si avvicinò alla donna, “va tutto bene?” Lei scosse il capo, “siediti ragazza” le intimò facendo altrettanto, “ci sono un paio di cose che tutti voi dovete sapere. 

Fuori dalla casa di Kaede il demone aspettava la giovane accanto ad A-Un, che scalpitava  agitata. 
“Signor Sesshomaru” lo chiamò facendolo sussultare, “allora siete tornato” si lasciò scappare, “non sono mai andato via” esclamò lasciando trapelare un pò di stupore, “il tuo regalo è un pò lontano da qui” disse accarezzando l’animale, “ma torneremo in tempo per la tua festa” la rassicurò facendole segno di montare in groppa, “quanto lontano?” Chiese quando si fu sistemata su A-Un, “verso nord” rispose intimando all’animale di partire. 

Ore più tardi atterrarono in un villaggio desolato, sepolto da un gelido manto di neve. 
Le case di legno erano annerite, sfasciate,  alcune non avevano nemmeno il tetto, e tutt’intorno aleggiava una strana atmosfera, come se la morte stesse incombendo su di loro.  
La ragazza si guardò intorno spaesata, senza riuscire a spiegarsi perché Sesshomaru l’avesse condotta in un luogo così desolato e freddo. 
“Perché mi avete portata qui?” Domandò, il demone non le rispose, si limitò a farle segno di seguirlo, lei eseguì, non accorgendosi che ad ogni suo passo dalla neve nascevano fiori ed erba fresca. 
Mentre percorrevano quella che  doveva essere  la strada principale del villaggio la mente di Rin venne assalita da una strana sensazione. C’era qualcosa di inspiegabilmente famigliare in quel luogo, in quelle case malmesse e coperte dalla neve. 
Sesshomaru si fermò, davanti a loro si stagliava quello, che una volta, doveva essere stato un bellissimo tempio  di legno rosso. 
Rin ebbe un sussulto, la sensazione di famigliarità divenne più forte, tanto che sentì la mente annebbiarsi e dovette appoggiarsi al possente braccio del demone per non cadere a terra. 
“Andiamo via” mormorò, “non mi sento bene” Sesshomaru la osservò con una scintilla di malinconia che non sfuggì allo sguardo attento di Rin. 
“Non ricordi?” La ragazza ammutolì, “qui ci sei già stata” Rin si decise ad osservare meglio il tempio, combattendo con la sensazione di malessere che le scuoteva il corpo come piccoli brividi. 
La sua mente si annebbiò. 
Davanti a lei apparvero, come in un sogno, le immagini di un villaggio fiorente,  ricco di vita. Il tempio si ergeva in tutta la sua imponenza, rosso e lucido come un gioielli prezioso. Sulle scale d’ingresso sedeva una donna vestita di un kimono bianco, aveva il volto coperto da un’ombra scura, probabilmente dovuta alla folta chioma corvina che portava sciolta sulle spalle ma che le donava un aria spettrale. Tra le mani candide stringeva un vasetto di vetro in cui erano custodite piccole foglie essiccate, di cui Rin riuscì a percepire il profumo balsamico, spostando lo guardo notò che  lo teneva vicino al ventre gonfio a causa di una gravidanza. 
Rin sentì una lacrima bagnarle la guancia, quella visione era felice, e lo sembrava anche quella donna senza volto, allora perché piangeva?
“Non capisco” mormorò mentre la visione si dissolveva, “non capisco”. 
 “Quando sono stata qui?” Domandò  rivolgendosi al demone, che ancora la osservava con insolita malinconia, “è stato molto tempo fa” rispose. “Ho... ho  dei ricordi signor Sesshomaru” rivelò, “lì ci viveva una donna” il principe dei demoni prese un lungo respiro, “si chiamava Kaen”. 
“Era la donna di cui avete parlato a Kaede l’altra sera?” Il demone la osservò gelido, “cosa hai udito di quella conversazione?” La ragazza abbassò lo sguardo, “non molto” mormorò, “solo quel nome e di un  di un villaggio... mi pare che il nome fosse  Kita”. 
Il demone non rispose subito, e Rin ebbe il sentore che fosse in collera con lei. 
“Hai udito bene” sussurrò, “immagino che tu sia curiosa di sapere cosa ho detto alla vecchia sacerdotessa” La ragazza annuì, “se vuoi scoprirlo Rin” disse addolcendo il tono della voce, “devi entrare lì dentro e ricordare”. 
La giovane lo fissò esterrefatta, “ricordare cosa?” Il demone le fece segno di entrare nel tempio, “entra” disse, “la verità è lì dentro” anche se dubbiosa Rin fece il suo ingresso nel tempio. 
Come le altre case del villaggio anche quel luogo sacro era mal ridotto. I pavimenti e le pareti erano anneriti, i mobili distrutti e la cenere ricopriva ogni cosa. 
I piedi di Rin si muovevano da soli, come se conoscessero la strada. Si trovò così difronte  a un laghetto dalle acque cristalline, situato al centro del giardino del tempio. 
Non è gelato notò la ragazza allungando una mano sulla superficie.

 perché non è gelato? 

Quando le sue dita sfiorarono lo specchio d’acqua la sua mente si annebbiò. 
La memoria la portò in un giardino rigoglioso, su cui vegliavano alberi di ciliegio appena fioriti. Rivide la donna che nella sua visione precedente sedeva sulle scale del tempio, il suo volto però non era coperto, ma chinato sullo specchio d’acqua che stava al centro del giardino. 
La donna si voltò, e Rin si sentì percossa da un brivido freddo. 
Fu come vedersi riflessa in uno specchio, quella creatura era identica a lei in tutto e per tutto, ad eccezione degli occhi dorati che scintillavano sul suo volto come oggetti preziosi.  La sconosciuta le sorrise e le si avvicinò  con fare tranquillo. 
“Chi sei tu?” Domandò Rin con un filo di voce, la sconosciuta le sorrise con gentilezza, “un ricordo” rispose, “il ricordo di chi sei stata più di duecento anni or sono”. 
La ragazza rimase immobile, incapace di ribattere e muoversi. 
“ ma io sono un’umana” balbettò, “gli esseri umani non possono rinascere” la donna scosse il capo, “il tuo corpo lo è” concordò, “ma non la tua anima” Rin ammutolì, “in te c’è lo spirito della stella che scese sul nord per vegliare sui suoi abitanti” . 
“Conosco la  leggenda dello spirito del nord” ribatté, “è solo una storiella per tenere occupati i bambini”  la donna le sorrise ancora, “ricorda” mormorò posandole l’indice sulla fronte, “ricorda chi sei” una luce rossastra le avvolse e Rin, dopo duecento anni, ricordò. 
La sua vita precedente le passò davanti come in uno spettacolo di teatro. Si vide cadere dal cielo e tramutarsi una creatura dalle sembianze umane, guarire i primi pazienti, osservò le sue mani emettere fuoco per scaldarsi durante le notti di inverno, i suoi occhi  piangere a dirotto per l’ennesimo umano che l’aveva abbandonata e, infine, rivide Sesshomaru. La ragazza rimase incantata, come aveva potuto dimenticare? Come aveva potuto dimenticare i baci che si erano scambiati, gli incontri al chiaro di luna, i sorrisi che lui le rivolgeva dopo aver fatto l’amore, la gioia di aver scoperto di essere incinta, la loro felicità insieme.
In quei frammenti rivide la morte posarsi su di lei, chiamarla e portarla via dalle braccia del demone, disperato per la sua perdita. 
La luce si affievolì e Rin riemerse dalla sua visione, era rimasta immobile difronte allo specchio d’acqua, che rifletteva la sua immagine. Era la stessa ma non i suoi occhi, le iridi si erano dorate e scintillavano grazie alla luce riflessa dalla neve. 
“Rin” si sentì chiamare, la ragazza si alzò e si voltò verso il demone, che alla sua vista sussultò, “Kaen”  
Lei gli rivolse un sorriso e si avvicinò. 
“Hai aspettato così tanto Sesshomaru” mormorò accarezzandogli i segni demoniaci che gli adornavano il volto, “perdonami se ci ho messo così tanto” il demone, incapace di proferire parola, la circondò con le braccia e la strinse al suo petto con una foga e una forza tale da far pensare che temesse che sarebbe volata via.  
“Non lasciarmi più” pregò lui, in una supplica appena sussurrata, “non lasciarmi più ” la sua voce faceva trapelare emozioni che non aveva mai mostrato: dolore, speranza, gioia. La fanciulla sorrise contro il suo torace, “è una promessa Sesshomaru” mormorò scostandosi leggermente per guardarlo negli occhi color ambra, “e io mantengo sempre le promesse” le labbra di lui si stirarono in un raro sorriso. 
Le scostò i capelli dal viso e si avventò sulle sue labbra morbide, che per secoli aveva desiderato sentire  premere sulle proprie ancora una volta.
Dopo duecento anni il gelo che aveva avvolto il suo cuore si sciolse, e le tenebre del suo animo si schiarirono. 
Era di nuovo felice. 

 

 

TRE ANNI DOPO

 

Rin sedeva nella sala da pranzo, intenta a sorseggiare una bevanda chiamata caffè, un regalo che Sesshomaru le aveva portato dopo un lungo viaggio in una terra chiamata Cina.
Lei e il nuovo  signore dell’Ovest erano convolati a nozze, per la secondo volta nella loro vita, tre anni prima e aveva deciso di vivere nel castello di lui, una grande tenuta nascosta su una nuvola. 
Da quando il marito aveva assunto il vecchio incarico del padre aveva preso a viaggiare molto, verso terre sempre più lontane, per stringere alleanze e conquistare nuovi territori. In quel momento doveva trovarsi in un paese chiamato Korea, e sarebbe rientrato tra una settimana. Quando non c’era Rin aveva preso l’abitudine di recarsi nel villaggio di Musashi per brevi visite agli amici e alla sacerdotessa Kaede, per passare il tempo e non rimanere sola troppo a lungo. 
Quando lei e Sesshomaru erano rientrati da Kita, e gli abitanti avevano notato i suoi occhi dorati  temendo che il demone l’avesse trasformata in un immortale  si erano precipitati da Inuyasha che, in preda all’ira,  si era avventato senza successo sul fratellastro. 
C’era voluto parecchio per calmare gli animi e spiegare cosa realmente fosse accaduto in quelle ore, solo l’intervento della Vecchia Kaede, che aveva udito ore prima la storia dallo stesso Sesshomaru, aveva posto fine ai tumulti .
Gli amici di una vita avevano incontrato non poche difficoltà ad accettare la vera natura della ragazza tanto che ancora non avevano ben capito come chiamarla.  A Rin però questo non importava granché, avevano capito che lei era sempre la stessa e accettato il suo matrimonio con Sesshomaru, e questo le bastava. Ogni tanto Kagome, che era l’unica a saper scrivere, le spediva delle lettere per aggiornarla sugli ultimi avvenimenti a  Musashi, e su quanto stesse crescendo la figlia avuta da Inuyasha: Moroha. 
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore della porta scorrevole che si apriva. 
Kyo, la sua dama da compagnia era entrata per offrirle la colazione. 
“Buongiorno altezza” la salutò con una riverenza, non prima di aver posato un vassoio d’argento sul tavolo, “avete dormito bene stanotte?” La fanciulla annuì, “e il principino?” Rin sorrise, “è così tranquillo, ha dormito come un sasso” disse cullando il piccolo demone che teneva tra le braccia. 
“Questo di certo non lo ha preso da suo padre” la serva si lasciò scappare un sorriso divertito di cui la signora non si accorse, troppo impegnata ad osservare adorante il frutto del suo amore con Sesshomaru. 
“Vi somiglia altezza” disse la serva invitandola a mangiare qualcosa, “ha i miei occhi” convenne, “nel resto però è identico a sua maestà” disse portandosi vicino un piatto di Tamagoyaki.
La porta si riaprì. 
“Maestà” esclamò la serva inchinandosi di fronte al signore dell’Ovest appena rincasato. 
“Ben tornato” il demone le fece un cenno, “vorrei rimanere solo con mia moglie” Kyo ubbidì e lasciò la stanza in silenzio. 
“Sei tornato prima” esclamò Rin con un sorriso, “ti mancavamo?” Lui non rispose limitandosi a prendere posto accanto a lei e posarle un bacio sulle labbra. 
“Dallo a me” disse indicando il figlio, “così puoi mangiare tranquilla” lei posò il piccolo tra le sue braccia e prese a gustare il Tamagoyaki con tranquillità. 
“Hai fatto buon viaggio?” Chiese tra un boccone e l’altro, “sì” rispose, “il signore dei demoni che ho incontrato ha accettato la mia proposta” .“Dunque non si espanderà in Giappone?”
“No” rispose cullando il piccolo, “sono stato molto persuasivo” la moglie ridacchiò e posò la testa sulla sua spalla ammirandolo prendersi cura del loro bambino. 
“Vorrei andare in visita a Musashi in questi giorni” disse, “mi piacerebbe che Kaede e Kagome conoscessero nostro figlio” il demone parve rifletterci. 
Rin non visitava Musashi da mesi, più o meno da quando aveva scoperto di aspettare un figlio e aveva deciso di concedersi un pò di riposo per affrontare una gravidanza che si era rilevata tutt’altro che semplice. Sesshomaru sapeva quanto avesse sofferto la lontananza dal villaggio, tanto che durante la gravidanza aveva provato ad alleviare il suo malessere concedendo alla moglie del fratellastro, a cui Rin era molto legata,  di fare visita al loro castello. Kagome aveva acconsentito con gioia e questo certamente aveva sollevato l’animo della moglie. Poi però le nausee si erano fatte più insistenti e la stanchezza l’aveva  divorata, tanto da renderle impossibile ricevere alcuna visita se non quelle del guaritore del palazzo. La giovane  sacerdotessa aveva così preso a scriverle delle lettere da parte di tutto il villaggio, non riuscendo a leggerle era Sesshomaru che lo faceva per lei, non gli importava molto delle sorti di  quelle persone, fatta eccezione per la piccola Moroha, ma sentire tanto affetto da parte di tanta gente l’aveva aiutata durante il periodo più difficile della gravidanza e dopo la nascita del loro bambino.  Era giusto che tornasse da loro, anche solo per una breve visita. 
“Verrò con te” decise infine, “ così potrò andare a trovare mia nipote e quel bastardo di suo padre” Rin non potè fare a meno di sorridere, cosciente di quanto Sesshomaru, anche se a modo suo, si fosse  affezionato alla nipote.  
“Dopo partirai per l’Est?” 
“Starò fermo per un pò” disse il demone, “sono stato lontano troppo a lungo” Rin gli rivolse un sorriso, “questo non è vero” disse, “durante la gravidanza mi avrai lasciata sola cinque giorni, e ancora meno da quando è nato” Sesshomaru non l’ascoltò, “non viaggerò comunque per un pò”. “Ti dispiace?”
“Affatto” rispose, “non c’è niente la fuori che desideri più di quello che ho qui” e così dicendo le scostò i capelli dal volto e le sfiorò appena le labbra con un bacio. 

“Ti amo” mormorò, “ti amo anche io”.  

 

ANGOLO AUTRICE

Salve a tutti! 

 Siamo arrivati alla fine di questa piccola avventura. Finalmente Rin ha fatto la sua comparsa e ha portato un pò di luce nella vita del nostro principe dei demoni. Spero che questo ultimo capitolo vi sia piaciuto e sia stato una degna conclusione. 

Non sono brava a congedarmi quindi lo faccio ringraziando  tutti coloro che hanno seguito la storia, chi ha lasciato una recensione, chi ha saltavo il racconto tra i preferiti-ricordati-da recensire e chi, semplicemente ha letto e leggerà.

Grazie di tutto! 

A presto, forse. 

 

Fuoricontesto 

 

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