Stargate Atlantis - Vecchi Nemici

di Lady_Whytwornian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelte ***
Capitolo 3: *** Lost and Found ***
Capitolo 4: *** Contatti ***
Capitolo 5: *** Noi due soli ***
Capitolo 6: *** Memorie ***
Capitolo 7: *** Revenge ***
Capitolo 8: *** Reset ***
Capitolo 9: *** Casa ***
Capitolo 10: *** Spiegazioni ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sheppard si svegliò sudato. Non era la prima volta. Negli ultimi tempi accadeva sempre più spesso.
Si guardò allo specchio: no…non poteva essere. L’immagine che vedeva riflessa non era la sua, ma di qualcuno che sapeva essere morto. Che doveva essere morto…
Aprì il rubinetto e si gettò in faccia dell’acqua gelata. Doveva essere un incubo. Sì. Sicuramente lo era. In realtà lui stava ancora dormendo e stava rivivendo un terribile incubo.
Aveva paura a riaprire gli occhi. Lo fece lentamente come se non volesse vedere realmente quello specchio. Aprì prima un occhio. Nulla. Forse era davvero in un incubo. Poi aprì anche l’altro. Tutto normale. Allora – pensò cercando di rassicurarsi - era proprio un sogno.
Si vestì e decise di andare a fare colazione. Era presto, ma non aveva più sonno.
Anche Teyla arrivò di buon’ora.
- Che aspetto orribile hai… una brutta nottata?
- No…solo un sogno…un brutto sogno…
Non se la sentiva di raccontarle cosa vedeva da più di una settimana a questa parte. Lo stesso incubo che si ripeteva ed era sempre più vero. Ma in fondo cosa poteva dirle? Lo avrebbe preso per pazzo. O forse stava davvero diventando pazzo? Probabilmente nell’intero universo esisteva solo un altro essere che poteva capire quello che stava provando. Un essere con cui poter parlare di quello che stava provando in questi giorni. Ed era ancora più da pazzi pensare una cosa simile.
Trascorse la giornata con attività di routine. Per fortuna nulla di impegnativo. Non ne avrebbe potuto reggere lo stress.
Arrivò la sera e si diresse verso il suo alloggio. Si fermò davanti alla porta prendendo un profondo respiro: non era sicuro di voler andare a dormire. E se fosse tornato?
Cercò di convincersi che gli incubi in realtà non avevano mai ucciso nessuno e men che meno facevano diventare reali le persone sognate. Sicuramente non facevano resuscitare i morti…Rivisse per un attimo il duello in cui si erano affrontati. In quella piazza. Ricordava lo sguardo fermo di Koyla e riusciva anche a sentire gli occhi dei suoi compagni puntati su di lui. Lo sparo. Sì. Era morto.
Si sdraiò cercando di convincersi di questo e lentamente la stanchezza ebbe il sopravvento.
E di nuovo quel corridoio buio, quell’umidità che penetrava nelle ossa. La cella. Quell’odore di muffa. Scosse la testa. No. Non di nuovo. Non era possibile!
E poi la dura sedia dove veniva legato e imbavagliato e quella voce: - Nutriti di lui…
- No! - Tutto ciò era molto reale per John che si svegliava ogni volta da tali sogni urlando e tremando.
D’istinto si guardò il petto per assicurarsi che non ci fossero i segni della mano del Wraith. La vecchia cicatrice era ancora lì a memoria di quei giorni ma non stava sanguinando. Se ne assicurò passandoci la mano sopra.
Si alzò, si passò le mani tra i capelli bagnati. e andò verso il bagno. Una doccia. Sì. Era quello che ci voleva. Una bella doccia. Si spogliò e si mise sotto il getto dell’acqua. Per un attimo pareva che con essa scivolasse via anche il ricordo della visione che lo stava ormai tormentando da troppo tempo. Prese l’asciugamano e se lo mise in cintura e tornò davanti allo specchio. Non aveva il coraggio di guardare. Per alcuni minuti rimase in silenzio con lo sguardo basso ed entrambe le mani appoggiate sul lavabo. Poi sollevò lo sguardo e non ebbe più dubbi: era ben più di un incubo. Il viso che ora lo stava guardando dallo specchio stava ridendo di lui. Quel ghigno che non avrebbe mai dimenticato.
- Sheppard…ci vediamo di nuovo… e questa volta non fallirò.
- Kolya…
- Sono già qui…Sono sempre stato qui…
Guardò terrorizzato il volto che ben conosceva. Arretrò incredulo.
Questa volta non aveva dubbi. Qualcuno che era in grado di essere Kolya era entrato nella sua mente.
E se fosse stato in grado di impadronirsene?
Rimase a lungo a pensare seduto sul suo letto. Cosa avrebbe potuto fare?
- Non è possibile. Non può essere reale. Forse sono impazzito.
Parlava a voce alta come per esorcizzare il suo nemico. Poi arrivò a dire una cosa che non avrebbe mai pensato di fare in tutta la sua vita. Il suo pensiero andò a colui con il quale aveva condiviso quell’esperienza.
Doveva solo trovare un modo per fargli arrivare un messaggio. L’idea che gli venne era folle, ma era l’unica che poteva funzionare.

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Capitolo 2
*** Scelte ***


Contemporaneamente dall’altra parte della galassia
Elbereth sta discutendo animosamente con il suo comandante in capo.
- Non accetto un tuo simile comportamento! Non ti darò mai questo permesso!
Qualche giorno prima Guide aveva avuto la più strana conversazione che gli fosse mai capitata. Era stato raggiunto sul suo incrociatore da un messaggio proveniente da uno dei suoi adoratori: un umano, un certo colonnello John Sheppard, voleva parlargli e lo avrebbe aspettato in quel villaggio. Era sorpreso e incuriosito: decise di raggiungerlo pur prendendo tutte le precauzioni del caso. Ricordava fin troppo bene come era andata l’ultima volta.
- Grazie per essere venuto – gli disse John quando lo vide entrare – e prima che tu me lo chieda, sono da solo e disarmato.
- Cosa vuoi colonnello Sheppard? – chiese il wraith senza tanti preamboli.
- Ho bisogno di aiuto…del tuo aiuto…
- Divertente….
- Ascoltami, se non fosse assolutamente necessario non ti avrei cercato…
- Ho da fare… - e si voltò per ansarsene.
- Koyla…
Il Wraith rimase immobile in silenzio. Sentì il suo respiro accelerare: quello che stava succedendo a lui quindi non era un caso. Un uomo che sapeva essere morto era in qualche modo tornato. E li stava tormentando entrambi nuovamente.
Si voltò lentamente sospirando. Forse, dopotutto, era questa la spinta necessaria che aspettava per proseguire nella sua decisione.
- Sheppard…mi sono sempre chiesto se e quando sarebbe venuto questo momento e a quanto pare siamo entrambi disposti a rischiare tutto per cercare di capire chi o cosa ci sta ancora torturando…
- Non capisco…che stai dicendo?
- Voglio prendere una nave e dirigermi verso un pianeta che credo possa darmi e a questo punto darci, le risposte alle nostre domande… probabilmente sarà l’ultima cosa che farò. Non credo che avrò molte chance di restare vivo. Ma ormai ho deciso e a quanto pare anche tu…
Rimase a riflettere. La presenza dell’umano non era stata prevista, ma forse avrebbe potuto tornargli utile.
- Non capisco
- La mia azione non sarà di certo perdonata
Sheppard era confuso. Non avrebbe mai pensato che la vendetta personale potesse essere un sentimento che un Wraith poteva provare. Anzi, non era mai stato certo che i Wraith potessero provare qualcosa che fosse lontanamente simile ad un sentimento. Ma la voce di Guide lo aveva tradito. Quell’esitazione era chiara: era disposto ad andare contro il volere della sua regina per vendicarsi. Avrebbe preso un alveare. Di sicuro non sarebbe stato accolto a braccia aperte se fosse mai tornato. Però quello che gli aveva detto era vero: aveva deciso anche lui e anche lui sarebbe andato contro gli ordini pur di capire cosa gli stesse succedendo e mettere la parola fine a tutto questo. Non era mai riuscito a trovare il coraggio di parlarne con nessuno. Chi poteva mai capire qualcosa che non riusciva nemmeno a spiegare a se stesso?
- Sheppard…non fare finta di pensare…riattiverò per un attimo il mio segnalatore. Io sarò già a destinazione e ti aspetterò per un giorno Se non ti vedrò arrivare, significa che avrai preso un’altra decisione. Ed io proseguirò nella mia.
Non aveva mai accettato le conseguenze dei suoi anni di prigionia: la sua voglia di vendetta era superiore alla sua obbedienza alla sua regina.
Sapeva che la sua disobbedienza gli sarebbe costata molto cara. Forse la vita. Ma il pensiero di Kolya era diventato per lui un’ossessione. Lo voleva a tutti i costi.
Avrebbe pagato care le sue azioni, ma per quanto lui volesse resistere, la sua mente non era più capace di pensare ad altro.
Al suo rientro parlò con Elbereth nella speranza di ottenere il suo permesso a procedere nel suo intento. Ma senza risultati.
Prese una delle navette e raggiunse una delle navi alveari in orbita e che gli era fedele, dove il suo secondo, Starlight, gli era molto più che obbediente per dovere, gli era anche amico. Sapeva che lo avrebbe aiutato senza fare troppe domande.
Quando arrivò in sala comando, il comandante in seconda fece per lasciagli la plancia di comando, ma Guide gli fece solo un cenno per fargli capire che non era ancora il tempo di andare. Aveva bisogno di riflettere. Un’ultima volta. Poi non si sarebbe potuto più tornare indietro.
Si recò nel suo alloggio. Sospirò. Andò davanti all’enorme finestra e si mise ad osservare le stelle che riempivano l’intero specchio. Le stelle…La sua memoria tornò nuovamente alla sua lunga prigionia. Quanto gli erano mancate. Era uno spettacolo per il quale valeva la pena di rischiare tutto; persino morire.
Annuì. Sì. Ormai aveva preso la sua decisione.
Se poi fosse rimasto ancora vivo, avrebbe accettato la punizione a lui riservata, qualunque essa fosse. Voleva prendersi ancora qualche momento, non tanto per essere certo di ciò che voleva fare, su questo non aveva più dubbi, ma semplicemente per riprendere il controllo totale della sua mente che per un momento era stata invasa da un’ondata di emozioni. Non era abituato a questo. Tornò nella sala comando e questa volta prese posto sulla consolle di comando che gli era stata prontamente ceduta dal suo secondo.
Digitò le coordinate per il salto nell’iperspazio. Da quel momento sapeva che sarebbe stato ufficialmente ricercato come disertore se non come traditore. Lui e il suo equipaggio che lo stava seguendo senza discutere.
Aveva comunque deciso che si sarebbe preso interamente la responsabilità. Se necessario avrebbe barattato la sua vita per quella dei suoi sottoposti.
Elbereth ricevette la notizia che uno dei suoi alveari aveva lascito l’orbita e aveva effettuato il salto nell’iperspazio senza comunicare coordinate e senza alcun permesso.
- Così hai deciso, Guide…perché ne hai fatto un caso personale?
- Mia signora – chiese l’ufficiale che le aveva portato la notizia – come dobbiamo procedere?
Elbereth rimase a lungo a riflettere prima di dare una risposta: non poteva lasciar correre. Anche se si trattava di Guide.
- Ha disobbedito ad un mio ordine diretto e non posso accettare questo. Da questo momento Guide è ricercato per tradimento. Lui e tutti gli ufficiali della nave. Attivate tutte le intelligence per rintracciarli. Date loro la possibilità di arrendersi e di rientrare. Garantite l’immunità all’equipaggio se il comandante si consegnerà senza discutere. Di lui me ne occuperò io personalmente.
- Se non dovesse arrendersi?
- Il destino di tutti sarà segnato dalla scelta di uno. Ma sono certa che non lascerà che venga distrutto un interno equipaggio.
Il comandante portò una mano al petto e chinò la testa. Era molto meravigliato di questa decisione. Tutti sapevano della relazione che esisteva tra la regina e Guide ed era alquanto sorpreso. I suoi pensieri non rimasero nascosti a Elbereth.
- Non comprendo la tua perplessità. Prima di essere il mio consorte è un mio suddito e sottoposto. Non gli è in ogni caso concesso approfittare della sua posizione per disobbedire e fare a suo piacimento. Forse sarei stata più indulgente se avesse preso una navetta e se ne fosse andato da solo; ma ha preso un intero alveare per i suoi scopi personali, mettendo a repentaglio la vita di altri ufficiali e guerrieri oltre che di una intera nave. Questo non lo posso accettare in nessun caso. Se dovesse tornare vivo non lo dimenticherà mai. Probabilmente per lui potrebbe essere meglio morire nella sua ricerca di vendetta.

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Capitolo 3
*** Lost and Found ***


Guide aprì gli occhi. Aveva portato il suo alveare dove voleva.
La finestra dell’iperspazio si era appena richiusa. Fece un profondo respiro. Ora doveva solo definire un’orbita adeguata di parcheggio: adeguata ai suoi scopi. Doveva essere assolutamente certo che fosse il pianeta giusto. Era passato molto tempo e, anche se i ricordi erano ancora vivi, poteva tuttavia aver commesso uno sbaglio. La spia al suo servizio che gli aveva comunicato le coordinate lo aveva rassicurato confermandogli che quello era uno degli avamposti Genii usato come prigione. Lui stesso, quando era al servizio dei Genii, ci aveva prestato servizio, e quindi aveva potuto descriverglielo nei particolari. Man mano che procedeva nei dettagli, Guide si era convinto che fosse il posto giusto da andare, e adesso che era arrivato voleva esserne assolutamente sicuro.
Si abbassò in un’orbita al limite delle capacità della nave. Le sue lunghe ad agili dita correvano veloci sul pannello di comando. Stava analizzando le informazioni che i sensori di acquisizione stavano inviando al computer di bordo. La sua mente era completamente assorbita da questa attività.
Aveva intuito le preoccupazioni del suo equipaggio. Stava inseguendo un incubo e li aveva trascinati con sé senza dare alcuna spiegazione.
Certo – si disse – un comandante non era solito fornire i dettagli ai propri sottoposti e non era nemmeno tenuto a giustificare le proprie azioni e decisioni. Ma questa volta potevano pagarla cara. Tutti.
Per un attimo il suo pensiero corse alla sua regina.
Elbereth. Lei aveva più volte rischiato molto pur di salvarlo. Forse se ne avesse parlato di nuovo con lei prima di prendere questa decisione. Magari avrebbe acconsentito a lasciarlo partire.
Abbassò la testa e chiuse gli occhi – Elbereth – sussurrò.
Ma ormai era troppo tardi per qualsiasi ripensamento.
Gli riapparve nella mente il ghigno di Koyla e questo bastò a convincerlo a continuare nella sua folle impresa.
Anche volendo, non sarebbe mai stato in grado di dare spiegazioni al suo equipaggio. Stava inseguendo qualcosa che andava ben oltre la sua comprensione: un sentimento che era molto di più della ricerca della vendetta.
L’esperienza e, soprattutto, l’istinto, lo avevano riportato su questo pianeta. Qui, ne era certo, avrebbe trovato le risposte di cui aveva bisogno per acquietare la sua mente. E non solo. A quanto pare anche l’umano con cui aveva condiviso quella prigionia e tortura aveva le stesse necessità. Forse avrebbe potuto capire meglio quanto stava provando nel momento in cui ne avrebbe parlato con Sheppard.
Doveva tornare dove tutto era iniziato: dove aveva perso la sua posizione di prestigio tra i wraith e dove aveva conosciuto qualcuno che per la prima volta gli aveva fatto mettere in discussione tutto quello in cui credeva.
A lungo aveva valutato i rischi in cui sarebbe incorso: sapeva che avrebbe rimesso in discussione il suo ruolo a fianco della regina e non solo. Ma non poteva più ignorare i tormenti cui era sottoposta la sua mente. Non poteva isolare in un angolo remoto quei ricordi sperando che si affievolissero a sufficienza d non riemergere mai più.
Doveva affrontarli prima che prendessero il sopravvento.
Tornò a concentrarsi sui dati dei sensori e alla fine annuì con decisione. Un sommesso ringhio di soddisfazione diede voce ai suoi pensieri.
Il secondo ufficiale voltò appena la testa verso il suo comandante cercando di non apparire indiscreto ma cercando allo stesso tempo di comunicare che era in attesa degli ordini.
Avrebbe voluto dire molte cose al suo superiore: erano partiti senza alcuna autorizzazione, erano sicuramente ricercati come disertori, l’alveare aveva viaggiato al limite delle sue possibilità, lo scafo non avrebbe retto ancora a lungo, erano ben al di fuori dei loro territori, se non li avesse trovati una nave mandata da Elbereth, sicuramente li avrebbe trovati un alveare rivale.
Ma sapeva anche che non era il caso di affermare l’ovvio ad un comandante così esperto.
Guide riusciva a percepire la riluttanza del suo primo ufficiale e tutte le perplessità che affollavano la sua mente e che si tratteneva dal chiedere. Queste aumentarono nel momento in cui gli fece sapere che non avrebbe preso una scorta.
- Ho bisogno di stare solo – sentiva che alla fine il suo secondo meritava fiducia e soprattutto gli doveva qualche spiegazione dato che lo aveva trascinato in un’impresa quasi certamente senza lieto fine – È qualcosa che devo affrontare per mettere fine ad una storia iniziata molto tempo fa di cui sto ancora pagando le conseguenze.
L’amicizia che legava i due wraith era evidente dal tono della conversazione e dal fatto che era stata effettuata a voce alta. Nella sala comando erano loro due soli e questo aveva permesso la confidenza che Guide aveva fatto.
- Guide, sei sicuro di quello che stai facendo?
- Sì, Starlight. Sono comunque convinto che non c’era altra strada.
Il fatto che usassero i loro nomi rendeva ancora più evidente il profondo legame che esisteva tra i due. Entrambi avevano combattuto molte battaglie insieme ed erano su quell’alveare dai tempi della guerra con gli Antichi.
- Non temere. La responsabilità sarà comunque tutta mia.
- Io temo per te. E per le conseguenze cui andrai incontro.
Guide abbassò lo sguardo: - Alcune volte vinci, altre volte impari
Starlight sapeva che questo voleva chiudere una conversazione che era andata ben oltre le aspettative del suo comandante.
Si inchinò rispettosamente grato della fiducia che gli aveva riposto.
- Ti lascio il comando della nave – la conversazione ora era passata a livello telepatico segnale che sottolineava la formalità del colloquio. Aggiunse la raccomandazione di portare l’alveare a distanza di sicurezza e di cercare un’orbita sicura all’ombra dei satelliti che circondavano il pianeta.
Portò la mano al petto e nuovamente inchinò la testa. Sollevò appena lo sguardo per vedere il suo comandante e amico sparire ad ampi passi dalla sala comando e dirigersi verso la baia di approdo delle navette.
Poco dopo una di esse lasciò l’alveare e si diresse decisa verso la superficie del pianeta. Man mano che si abbassava il profilo del paesaggio cominciava a rendersi visibile. La luce del giorno rischiarava i boschi che ricoprivano per buona parte quelle terre.
Passò sopra le cime degli abeti fino ad arrivare nei pressi di una radura dove si trovavano i resti di edifici chiaramente in disuso da molto tempo. Alla loro vista provò un fremito di profonda rabbia. Per un attimo rivisse il senso di abbandono e di disperazione che avevano caratterizzato la sua esistenza in quel posto. E la fame. Un dolore indescrivibile gli attanagliò l’animo.

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Capitolo 4
*** Contatti ***


John non aveva fame. Aveva deciso di recarsi comunque nella sala della mensa per cercare di rendere il più possibile normale anche questa giornata.
Si era lavato senza guardarsi allo specchio e per evitare ogni contatto con la sua immagine riflessa non si era nemmeno rasato.
Quando Teyla lo raggiunse dopo aver fatto la sua solita ginnastica mattutina rimase alquanto sorpresa.
- Oggi sei in tenuta relax?
John si passò le mani sulle guance. Era conscio che la lunghezza della sua barba non era proprio regolamentare…
- Avevo la pelle irritata. Forse una reazione allergica…
Teyla lo guardò con occhi pieno di biasimo e rimarchevoli che lui ricambiò con uno sguardo supplichevole. Le trasmettevano un solo messaggio: lascia stare, ti prego. Non chiedere altro.
Finì il caffè e si alzò scusandosi. Non era dell’umore adatto per intavolare una qualsiasi discussione, men che meno su di lui.
Quello che lo stava preoccupando era che invece si faceva strada nella sua mente un solo nome, un solo individuo con cui invece avrebbe parlato volentieri. Si meravigliò molto di se stesso. Non avrebbe mai creduto in vita che avrebbe voluto confidarsi e parlare di quanto gli stava accadendo con un alieno pallido e succhiavita, un Wraith con il quale aveva condiviso più di una esperienza.
- Devo essere impazzito – diceva tra sé – mi sto convincendo che cercare Todd è stata la miglior soluzione.
E si meravigliò ancora di più quando si rese conto che stava valutando come poterlo raggiungerlo più presto.
Camminava per Atlantide senza una chiara meta in mente, semplicemente stava girando attorno senza scopo. Senza sapere come, i suoi passi lo condussero verso il laboratorio di McKay.
Rodney era assorto nella lettura di alcuni dati sul suo tablet e quasi si scontrò con John.
- Scusami. Non ti avevo visto – gli disse senza alzare lo sguardo – poi - John – lo salutò. E realizzando come si presentava: - che aspetto orribile che hai. Sei sempre peggio…non hai pensato di andare dal medico a farti vedere? Magari stai covando qualcosa…Ho sentito che gira una specie di influenza e che è molto aggressiva. Magari te la sei beccata…Oppure hai mangiato qualcosa che non va o che era avariato. È facile che succeda in questi casi, quando si vive in una stazione come questa…
- Basta! Ti prego… non ho niente. Non sto male! Anzi…sto benissimo!
Urlò alzando le mani e voltandosi per andarsene.
Non riusciva a farlo smettere di parlare ed essere così sgarbato probabilmente era l’unico modo per farlo tacere.
McKay lo guardò e poi gli disse: - ok. Ok. Va bene. Come vuoi… Volevo solo interessarmi. Scusa se mi sono preoccupato…
Tornò ai dati del tablet con malcelato disappunto.
John si bloccò di colpo e poi fu come illuminato.
- Rod! Rod! – disse correndogli dietro – Ehm…scusa, hai ragione…senti…se io dovessi contattare qualcuno…insomma se dovessi rintracciare qui qualcuno in questa galassia…come potrei fare? E senza dover dare spiegazioni a nessuno…tu ne sei capace…vero?
McKay lo guardò con molta sorpresa: - Devi contattare una donna? Hai combinato qualcosa di cui poi potresti pentirti? È per questo che hai quella faccia così lunga? Aspetta – schioccò le dita per aiutare a richiamare alla memoria un nome che gli stava sfuggendo - Il comandante dei Viaggiatori? Aspetta, come si chiamava? Lorrin?
Sheppard scosse la testa. Magari, pensava. Forse non sarebbe stato neanche troppo male. O forse sì? Stava davvero diventando pazzo.
- No. No…niente di tutto questo…Io…ecco…dovrei mettermi in contatto con… - poi abbassò il tono della voce e con un sussurro disse - …con Todd…
McKay spalancò gli occhi: - Todd?! – disse urlando.
- Shshhh! – gli disse prendendolo da parte e guardandosi attorno – non urlare…
- Vuoi contattare…Todd?!! – chiese Rod assottigliando la voce per cercare di non farsi sentire.
- Ti prego…puoi aiutarmi? È importante…
McKay lo stava guardando indeciso se fosse diventato pazzo o se avesse voglia di scherzare. In questo caso il suo senso dell’umorismo era decisamente fuori luogo.
Ma gli occhi di Sheppard erano realmente imploranti. Voleva trovare veramente un modo per contattare quel wraith.
McKay si portò le mani sul viso. Non poteva crederci: - devi essere impazzito…non ci sono altre spiegazioni…
- Allora? Puoi aiutarmi?
- Posso provarci; non so se funzionerà e nemmeno se contatteremo il Wraith giusto. Forse…ripeto…forse…posso.
Prese John per un braccio e letteralmente lo strattonò fino ad un angolo del laboratorio. Si guardò attorno assicurandosi di essere solo e che nessuno potesse ascoltare quello che gli stava dicendo. Poi prese un dispositivo che teneva gelosamente custodito sottochiave e glielo mostrò come se fosse un gioiello prezioso. Era lo stesso trasmettitore che Guide aveva dato loro tempo prima per poterlo rintracciare.
- Ho cercato di recuperare le frequenze su cui lavora. Non è stato un lavoro facile. Ci sono vari problemi e per verificare la fattibilità dobbiamo prima conoscere: la larghezza di banda del segnale da trasmettere, la scelta della modulazione e quindi la larghezza di banda del canale, in che gamma di frequenza vale a dire con quali caratteristiche di propagazione, il collegamento punto-punto ed a che distanza è posto il ricevitore..
- Va bene, Rod…e…
- Sì. Giusto. Quello che proverò a fare è di aprire questo canale, sperare che trasmetta la cosa giusta e che dall’altra parte ci sia ancora Todd a ricevere. Poi veditela te…Non voglio neanche sapere perché vuoi chiamarlo.
Sheppard lo guardò con aria di vero ringraziamento. McKay collegò il trasmettitore e lo inizializzò in modo che iniziasse a collegarsi e a trasmettere.
- E adesso è tutto tuo…
John ebbe un attimo di esitazione che Rod colse subito: - non ti preoccupare. Ho fatto in modo che non sarà rintracciato…da nessuno…
Il segnale fu inviato e non dovette aspettare troppo: Guide aveva appena riattivato il suo segnalatore e un puntino luminoso si accese sullo schermo che John stava guardando.
Gli bastò un attimo per capire dove doveva andare. Se lo ricordava benissimo.
Poi quel punto lampeggiante sparì. Ma non serviva altro.

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Capitolo 5
*** Noi due soli ***


John rimase a fissare ancora per un attimo lo schermo su cui si era acceso il segnale di Guide.
Il Wraith aveva preso la sua decisione andando contro la regina: per lui significava quasi certamente la morte in un caso o nell’altro.
Ora spettava a lui decidere cosa fare: certo, nel suo caso probabilmente se la sarebbe cavata con una nota di biasimo, nella peggiore delle ipotesi con un processo e il ritorno sulla Terra. Di certo non se lo sarebbero mangiato. Sorrise. Ma era comunque un sorriso amaro. Veramente si stava preoccupando per la sorte di quel wraith? Tornò a concentrarsi sul da farsi.
Avrebbe dovuto continuare a vivere con quella voce nella sua testa? E se invece di una voce fosse una minaccia reale? In questo caso poteva giustificare meglio le sue azioni.
Andò direttamente nell’hangar dei jumpers. Non avrebbe digitato direttamente l’indirizzo dallo stargate di Atlantide, quindi inserì il primo che gli venne in mente.
Si giustificò all’ultimo con: - devo verificare un’informazione appena ricevuta – ignorando apertamente le inutili proteste del signor Woosley.
Il tempo di raggiungere quel mondo remoto e di digitare nuovamente. Questa volta inserì le coordinate volute e fu inghiottito dal portale.
Riemerse da uno Stargate che riconobbe subito. Di questo ne era certo. Atterrò nello spiazzo verde, imbracciò il mitra ed uscì. Non sapeva dove dirigersi. Todd gli aveva detto che lo avrebbe aspettato un giorno. Ma non gli aveva detto dove. Lui aveva dato per scontato che lo avrebbe aspettato allo Stargate, ma adesso non ne era più sicuro.
Biasimò se stesso per non aver fatto altre domande a quel Wraith.
Si guardò attorno: si era fatta notte e nel cielo nessuna luna a rischiarare il buio più profondo. Guardava il cielo stellato sopra di lui.
Poi una voce alle sue spalle: - È uno spettacolo meraviglioso, non è vero colonnello?
John si voltò di scatto e dalla penombra emerse il viso di Guide.
- Le stelle, intendo…
E fece un ampio gesto con il braccio contemplando la volta celeste.
- La luce delle stelle è memoria preziosa e pura. La luce bianca dell’eternità.
John alzò nuovamente gli occhi: doveva convenire con lui.
- E quindi uscimmo a riveder le stelle… - gli rispose Sheppard – sì. Hai ragione…
- Sapevo che saresti venuto…
- Pazzo di un Wraith…
- Non meno di te, John… - replicò Guide
Per un attimo gli occhi ambrati e inquisitori del wraith rimasero a fissare il volto dell’umano. Cercava di capire quanto fosse determinato nel perseguire uno scopo, il suo scopo, che a questo punto era diventato comune. Alla fine, ne uscì un sommesso ringhio di approvazione.
- Molto bene. Tu cosa rischi?
- Bah…una lavata di capo… - Sheppard cercò di minimizzare – e tu invece?
- Tutto. Fino alla vita…Ma ne vale la pena… Le ferite del corpo con il tempo guariscono. Le ferite dell’anima con il tempo ti cambiano. Le mie ferite non sono mai guarite, Sheppard. Ho aspettato a lungo e cercato e cercato ancora…Ammetto che la tua presenza non era stata calcolata, ma in fondo potresti tornarmi utile.
- Non ci provi neanche a far finta di nascondere il tuo completo interesse…
- Non è nella natura dei Wraith fingere…
John rimase in silenzio a guardare quella creatura che sapeva essere infida e opportunista.
- Qual è il tuo piano?
- Prima Sheppard, se non ti dispiace, potresti dirmi cosa ti ha spinto a cercarmi?
John si avvicinò al Wraith tenendo un dito sul grilletto. Non sapeva ancora se fosse da solo o se questa fosse una trappola. Guide sorrise. Era facile entrare nella mente degli umani, prenderne possesso e carpire ogni loro segreto pensiero, ogni loro desiderio.
- Sono venuto da solo, colonnello, e sono anche disarmato…
- Scusa sai, ma il fatto che tu sia senza armi non è certo di conforto per me…
Guide aprì le braccia: - allora sparami, se questo ti farà sentire meglio e più al sicuro. Ma ti consiglio di riflettere bene e di ponderare le conseguenze della tua scelta: poi mi dovrò nutrire per permettere alle mie ferite di rimarginarsi in fretta. Non posso permettermi di non essere nel pieno delle mie forze.
John puntò l’arma contro il Wraith. Si aspettava che da un momento all’altro uscissero dei guerrieri che si erano nascosti per proteggere il loro comandante. Ma nessuno si mosse. Erano solo loro due.
- Siamo solo noi due, John.
Sheppard abbassò il suo P90 e si sedette.
- Come l’ultima volta: abbiamo un accordo. Poi ognuno per la sua strada…
Si sedette anche il Wraith: - Poi ognuno per la sua strada…a qualunque cosa porti…
Guide chiuse gli occhi. La sua scelta avrebbe portato solo alla morte. Pensava a tutto quello che aveva fatto fin’ora. Era vissuto per più di diecimila anni. Come soldato aveva combattuto molte guerre, come scienziato aveva accresciuto la conoscenza del suo popolo con ricerche e scoperte. Aveva stretto le alleanze più improbabili per raggiungere il suo scopo. Sempre per il bene della sua razza. Si era nutrito di migliaia di essere umani, ma Sheppard era diverso. Si era sempre chiesto come si sarebbe comportato se un giorno si fossero affrontati. Malgrado si fossero incontrati varie volte alla fine era sempre stato per collaborare in un modo o nell’altro. Non si erano mai incontrati come avversari. E in cuor suo aveva sempre sperato che ciò non succedesse mai. Si chiedeva se fosse stata la stessa cosa anche per il colonnello.
- Allora John. Perché mi hai cercato? Mi hai espressamente chiesto aiuto…
Sheppard ora non sapeva se pentirsi della sua scelta, ma ormai l’aveva fatta.
Il Wraith percepì la sua riluttanza: - Colonnello. Ogni cosa nella tua vita è un riflesso di una scelta. Se vuoi un risultato diverso, fa una scelta diversa…Abbiamo entrambi fatto una scelta: la stessa. Ed entrambi pagheremo le stesse conseguenze.
John doveva convenire nuovamente con lui. La sua logica era inattaccabile. Ripensava alle notti insonni ad Atlantide, gli incubi e al fatto che riteneva Todd come l’unico essere in tutto l’universo che avrebbe capito il suo stato d’animo.
- Capisco… - si limitò a dire Guide.
John dimenticava sempre le loro capacità telepatiche. Almeno così facendo gli aveva risparmiato di raccontargli le ultime settimane trascorse evitando di guardarsi allo specchio per non vedere il riflesso di un’altra persona. Probabilmente lo avrebbe creduto pazzo anche lui.
- No. Non credo tu sia pazzo…
- Allora qual è il piano?
- Colonnello…non mi dirai che ti sei messo in viaggio alla ricerca di Kolya senza sapere da dove cominciare e cosa fare?
- Perché tu lo sai?
- Ci sto pensando da molto più tempo di te…ero solo impegnato in altre faccende più incombenti…

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Capitolo 6
*** Memorie ***


Decisero di muoversi. Avrebbero dovuto cercare a piedi il passaggio che avevano usato per fuggire dai loro aguzzini. La foresta era troppo folta per poter cercare quell’ingresso con le navette.
Si addentrarono tra gli alberi prendendo una precisa direzione che entrambi ben ricordavano.
Guide si muoveva molto velocemente e con agilità tra il sottobosco. I suoi ricordi di cacciatore stavano emergendo e l’ebbrezza dell’inseguimento stava prendendo il sopravvento. Ricordava quando, giovane ufficiale, si esercitava nell’inseguimento di un Runner. Sorrise. Pensandoci bene non gli sarebbe dispiaciuto sfidare le sue abilità con il Satedano che ora faceva squadra con gli umani di Atlantide.
John faticava a stargli dietro. Poi improvvisamente il wraith si fermò. Fece pochi passi e guardò con disgusto i resti a terra di ossa umane.
- Cosa c’è? – gli chiese John
Guide prese un profondo respiro. Ai suoi piedi quello che restava dei loro inseguitori. Spostò lo sguardo verso un tronco. Lì aveva preso da Sheppard tutto quello che poteva, portandolo ad un passo dalla morte. E sempre lì aveva ripagato il suo debito riportandolo alla condizione iniziale.
- Ci sono molte cose che non sai sui wraith.
Anche Sheppard stava rivivendo tutti quei momenti. Il panico di sentire la vita che se ne andava, sentire gli anni che uscivano.
- Sì. Ci sono molte cose che ancora non so sui wraith
Osservò ancora quelle reliquie accorgendosi che i suoi sentimenti nei loro confronti non erano molto dissimili da quelli che provava il wraith. Era questa la conferma di quanto aveva sempre pensato? Il rispetto che lui in fondo provava per questa creatura aliena derivava dal fatto che vedeva la versione wraith di John Sheppard?
- Da questa parte.
Proseguirono in silenzio fino ad arrivare ad una radura vicino ad un gruppo di edifici. Si appostarono dietro alcune rocce.
Il luogo pareva abbandonato da molto tempo. Probabilmente lo era stato poco dopo la loro fuga. Ma continuava ad essere impregnato di quell’aura malefica che si era sviluppata in anni di perpetuate torture e prigionie.
La luce delle lune per un attimo illuminò il volto del wraith. Sheppard potè vedere tutta la rabbia che cercava di mantenere controllata. Si chiese se anche lui avesse lo stesso aspetto. Se anche lui avesse lo stesso odio negli occhi.
Guide fece un lungo e profondo respiro dietro il quale c’erano molte, moltissime parole.
- Ricordo anch’io – disse in tutta risposta John – di là… - e fece un breve cenno con il capo.
Si avvicinarono ancora fino a raggiungere la pesante botola di ferro davanti l’edificio principale che chiudeva uno degli accessi ai sotterranei.
- Prima che proseguiamo, non te l’ho detto prima, perché immaginavo che tu lo sapessi già, ma ho affrontato Koyla in un villaggio. Gli ho sparato. E l’ho ucciso
Un grugnito di conferma uscì dalla gola del wraith: - lo so
Sheppard si ricordò che l’intelligence dei wraith non aveva nulla da invidiare a quella umana. Le loro spie erano ben distribuite in tutta la galassia e soprattutto non riconoscibili e la lealtà ai loro padroni era assolutamente non questionabile.
Perché allora si trovavano entrambi di nuovo in quel luogo di morte tormentati dallo stesso fantasma?
Quella prigionia si era rivelata molto diversa per entrambi rispetto alle loro precedenti esperienze. Aveva portato alla luce i loro istinti primordiali di sopravvivenza e di conservazione.
Spalancarono l’ingresso e una scaletta in ferro arrugginita fece capolino dal buio. I loro sensi furono colpiti pesantemente dall’odore di chiuso e morte che l’apertura della botola aveva liberato.
- Molto bene – disse Guide – scendiamo.
- A te l’onore – gli rispose John
I pesanti scarponi del wraith calpestarono quei gradini ancora una volta. Ogni passo gli costava enorme fatica. La prima volta che era passato di lì era in catene e ferito gravemente, ma il dolore che provava era lo stesso.
Aspettò che l’umano scendesse a sua volta e poi si incamminò deciso lungo un corridoio.
Era passato molto tempo da quando aveva percorso per la prima volta quella strada, ma non aveva dimenticato nulla. Ed ora che era tornato tutti i pensieri e i ricordi che aveva a lungo confinato negli angoli più nascosti della sua mente riemergevano con violenza.
John si guardava attorno fidandosi della memoria del wraith. Lui ricordava solo di essersi svegliato in una cella con un gran mal di testa.
Camminarono per diversi minuti. Nella semioscurità illuminata solo dalla pila di John si sentiva solo il suono dei loro passi attutito dagli innumerevoli strati di polvere che si erano depositati negli anni.
Il loro cammino li condusse in una stanza che gelò il sangue ad entrambi. Davanti a loro le due celle che li avevano accolti. Jhon solamente per qualche giorno, Guide invece aveva trascorso in quella fredda e umida gabbia molti di quei giorni. Un tempo difficilmente misurabile con gli standard umani.
Poteva provare nuovamente il dolore della fame che bruciava dentro e che lentamente lo avrebbe portato alla follia.
John non poté fare a meno di notare i pugni del wraith che si stavano serrando per contrastare la rabbia che saliva impetuosa al solo ricordo.
Guide scaricò tutta la tensione sferrando un pugno contro la parete di quella maleodorante stanza.
John riusciva a percepire tutto l’odio che in quel momento stava attraversando la mente del wraith.
Di nuovo i resti delle guardie di cui si era nutrito. Ricordava come avesse preso le loro vite con avidità. Aveva così finalmente soddisfatto il bisogno di placare la fame che lo divorava da così tanto tempo e contemporaneamente aveva ottenuto vendetta sui suoi aguzzini.
Lanciò loro un ultimo sprezzante sguardo e poi alzando gli occhi verso Sheppard gli disse – di qua. Non è qui che troveremo le risposte che stiamo cercando.
John convenne con il wraith. Dovevano recarsi altrove e in cuor suo sapeva anche dove.
Percorsero il corridoio che entrambi conoscevano. John sentiva il cuore che gli pulsava in gola. Ricordava quando camminava scortato dalle guardie dei Genii, lui e il wraith sapendo cosa lo aspettava.
Si bloccarono davanti l'ingresso della sala che stavano cercando; entrambi potevano ancora sentire l’atmosfera di dolore e odio.
Guide entrò per primo nella stanza avvicinandosi lentamente alla sedia su cui Sheppard era stato legato. Anche John si mosse in quella direzione guardando con rinnovato orrore quel posto.
- Quante cosa sono successe da allora.
Sfiorò i braccioli e lo schienale con le sue lunghe affusolate dita come per cercare di assorbirne i ricordi.
- Sì – ripose John - e l’ultima cosa che mi sarei aspettato era di tornare qui in compagnia dello stesso wraith
Guide annuì – invero…
Il wraith passò ad osservare quanto era rimasto in quella stanza. Era rimasto tutto come ricordava, anche se la sua mente era offuscata dalla fame aveva ben impresso nella memoria ogni singolo particolare di quel luogo.
Ripercorreva ogni singola azione, ogni momento e si chiedeva cosa sarebbe successo se la sua strada non avesse mai incrociato quella di Sheppard, un umano proveniente da un’altra galassia che gli aveva più volte mostrato di possedere un senso dell’onore che raramente aveva trovato in quelli che aveva avuto occasione di incontrare nella sua lunga vita.
Un senso dell’onore che assomigliava molto di più a quello che esisteva tra la sua razza.
Adesso però il suo unico e probabilmente ultimo scopo era quello di far tacere una volta per tutte quella voce che da tempo gli risuonava nella mente portandolo quasi alla follia. La stessa voce che aveva portato qui anche Sheppard.
Dovevano trovare la sua origine per il bene di entrambi. Solo così sarebbero potuti tornare alla normalità

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Capitolo 7
*** Revenge ***


Restarono in piedi in quella stanza ascoltando in attesa di sentire il più piccolo rumore che potesse rivelare la presenza di qualcuno. Nulla. Solo il completo silenzio in cui si poteva percepire benissimo il loro respiro. Sheppard pensò che se si fosse ascoltato più attentamente si poteva sentire anche il battito del loro cuore. Sentiva che il suo stava per esplodere.
Silenzio. Solo un assordante silenzio.
Si guardarono entrambi sopresi. Non era quello che si aspettavano.
- Che facciamo ora? – chiese Sheppard
Il Wraith sospirò. Non sapeva cosa rispondere. Vide delle sedie, poltrone usurate che erano servite quando era l’ufficio di Koyla. Si diresse verso una di queste e si sedette.
- Aspettiamo. Ci deve essere un motivo se entrambi abbiamo voluto recarci esattamente in questo posto.
Sheppard, seppur con riluttanza, dovette convenire che era la scelta migliore in quel momento.
- Sai John Sheppard, non sapevo cosa aspettarmi quando ho deciso di tornare qui.
Smise di parlare e si limitò ad osservare l’umano
John immaginò che questo fosse un modo per cominciare una conversazione che, sebbene riluttante, doveva ammettere desiderava fare da molto tempo.
- Ho vissuto gli ultimi giorni in preda ad incubi – iniziò John – negli specchi vedevo il riflesso del volto di Koyla mentre nei miei pensieri vedevo il tuo di volto!
Il wraith sospirò. Sentiva che Sheppard aveva solo iniziato a riversargli contro il fiume di pensieri che lo tormentava da così tanto tempo. Pensò che la cosa migliore fosse lasciarlo sfogare.
- Mi svegliavo e il primo pensiero era guardarmi se non avessi il segno della tua mano stampato sul mio petto.
Guide annuì. Ma non disse nulla. Non che Sheppard si aspettasse commenti da parte sua. Anzi. Non li avrebbe nemmeno ascoltati. Ora aveva iniziato a manifestare tutta la sua rabbia repressa non avrebbe nemmeno voluto essere interrotto da spiegazioni più o meno opinabili e comunque basate su parametri “wraith”.
Era chiaro ad entrambi che era giunto il momento di confrontarsi. Nemici e alleati nello stesso tempo. E questo durava da anni. Nessuno dei due aveva mai voluto ammettere che con buona probabilità in uno scontro non si sarebbero mai uccisi a vicenda e questo li disturbava profondamente
- Credo di capire che ci sono cose che ti rodono dentro, John Sheppard. Cose che riguardano soprattutto…me…
Lo sguardo del wraith era pieno di sorpresa.
- No! Tu non puoi capire. Sei…sei un wraith!
- Sarò anche un wraith John Sheppard, ma non sono una macchina. Sono un essere vivente come te. E come te voglio sopravvivere. Non siamo poi così diversi come tu credi.
Guide stava lentamente riprendendo il pieno controllo di sé. La voce di Koyla aveva finalmente smesso di tormentare la sua mente ed ora i suoi pensieri fluivano liberi.
Anche la mente di John si era rasserenata, ma invece che beneficiare della pace ritrovata si stava concentrando sull’altra storia che non aveva ancora metabolizzato: il suo rapporto con il wraith. Ed ora tutto stava venendo a galla e non sarebbe riuscito a fermarlo anche avesse voluto.
- No. Non siamo simili. Tu hai sempre e solo pensato al tuo bene e a quello del tuo alveare. Non ti ha mai nemmeno sfiorato l’idea di fare qualcosa per venirci in aiuto. Anche in questo caso: sono stato io a cercarti. Perché non hai fatto tu la prima mossa una volta tanto? Sapevi benissimo che riguardava entrambi.
Guide si voltò con uno sguardo misto tra il divertito e la rabbia. Un ghigno si stampò sul suo volto e una bassa risata uscì dalla sua bocca: - Ah! Sì! Ricordo benissimo come è andata la volta che sono stato io per primo a contattarvi. Sono stato fatto prigioniero, il mio alveare è andato distrutto. Cos’altro ho dimenticato?
- Ma alla fine hai ottenuto ciò che volevi. Sei riuscito a rubare ai Replicanti gli ZPM
Guide sbuffò dallo sdegno: - Dopo di che sono stato tradito e fatto nuovamente prigioniero da voi.
Si alzò in piedi. Il solo ricordo della sua detenzione sulla Terra gli aveva risvegliato sensazioni che cercava di tenere sepolte nella profondità della sua mente.
Il nervosismo di Guide pareva essere contagioso. Anche John scattò e si mise camminare avanti e indietro. Sentiva crescere in lui un misto di ansia e rabbia.
- Uccidi il wraith – ripeteva una voce nella sua mente.
Ora stava girando in tondo: la testa gli stava esplodendo: - Uccidi. Uccidi il wraith!
Alzò gli occhi iniettati di sangue verso quella creatura che ora lo stava osservando con uno sguardo curioso.
Prese il coltello e lentamente prese a muoversi verso Guide.
- Cosa credi di fare? Non puoi battermi. Sono più forte di te.
- Questo è da vedere… Non ho paura di te
- Lo so…perché tu sei come me
Guide guardava divertito l’umano. Oh. Sì. Aveva iniziato lui il combattimento. Non avrebbe avuto alcun ripensamento. Poteva finalmente nutrirsi di Sheppard senza remore. Poi la sua mente tornò lucida. Scosse la testa come per scacciare dei pensieri indesiderati
- Fermati Sheppard! Aspetta.
Mise le mani avanti per fermarlo. John venne colto di sorpresa da questo gesto inaspettato.
Anche John ebbe come la sensazione di risvegliarsi da un sogno.
- È questo posto! – continuò Guide– è questo maledetto posto. Dobbiamo liberarci dei fantasmi del passato. A quanto pare su entrambi pesano le conseguenze di quanto è successo
John continuava a non capire
- Non è razionale, certo. Ma Koyla è morto. È stato ucciso da te. Quindi tutto questo accade nella nostra testa. Siamo noi che dobbiamo mettere la parola fine.
Sheppard guardava il wraith sempre più incredulo. Non riusciva a credere che un essere razionale come quello stesse parlando di spettri che popolavano le loro menti e che guidavano le loro azioni. Parlava di emozioni e di sentimenti.
- E secondo te cosa dobbiamo fare?
Il wraith tornò a sedersi. La sua mente era combattuta. Era qualcosa di assolutamente impensabile: nemmeno tra coloro che si consideravano fratelli si arrivava a tanto. Chiuse gli occhi e con voce calma iniziò il suo racconto.
- È successo…tempo fa. Potrei quantificarlo con almeno cinque vite di un essere umano. Un niente per noi. Sicuramente un tempo lungo per voi. Il mio alveare era impegnato in una raccolta. Decisi di scendere anch’io. Presi una navetta. E quella fu una decisione fatale.
Sospirò profondamente.
- Venni colto di sorpresa. Mi stavano attaccando da più fronti. Avrei potuto comunque facilmente sovrastarli ma riuscirono a stordirmi con qualcosa, forse una nostra stessa arma. Non persi completamente i sensi, ma, come ti dissi allora, permisi loro di prendermi vivo. Ed iniziò così la mia lenta agonia. Il continuo ripetersi dei cicli era l’unica indicazione che avessi del tempo che passava. Ricoprivo un ruolo dominante nella società wraith e la consapevolezza che stavo perdendo tutto alimentava ancora di più il mio tormento. E poi la fame. Un fuoco che mi bruciava e consumava da dentro lentamente ma inesorabilmente. Giorno dopo giorno.
Alzò lo sguardo verso il colonnello Sheppard che stava per dire qualcosa, ma venne fermato da Guide: - No colonnello. Non giudicare. Non puoi capire. E se riuscissi a capire allora non giudicheresti.
- No. È vero. Non capisco. E tu…
Stava per riversare contro il wraith tutta la sua frustrazione. Tutto il dolore provato mentre lui si stava nutrendo della sua vita. Tutta l’angoscia che quell’esperienza ancora alimentava.
Ma si fermò. Si sentiva improvvisamente appagato. Non riusciva a spiegarsi da dove venisse quella sensazione di serenità che lo stava avvolgendo.
Guide annuì: - Sì. Posso sentirla anch’io. Dobbiamo portare a termine la nostra vendetta. Resta solo un’ultima cosa da fare.

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Capitolo 8
*** Reset ***


Guide prese alcune granate che aveva portato con sé. Chiaramente aveva a lungo studiato la struttura, pensò John, osservando come sceglieva accuratamente dove posizionare ogni carica.
Sheppard non nascose la sorpresa.
- Sapevo che mi sarebbero servite – gli disse il wraith senza distogliere lo sguardo dalla sua attività.
- Perché non semplicemente arrivare con la tua nave e aprire fuoco contro l’edificio?
- Non sarebbe stata la stessa cosa.
John tirò fuori il suo C4: - ho avuto la tua stessa idea. Solo perché non avevo una nave a mia completa disposizione.
Terminarono rapidamente di sistemare le cariche e, dopo aver dato un ultimo sguardo a quella stanza maledetta, uscirono all’aperto.
Si allontanarono a distanza di sicurezza. Entrambi avevano un detonatore in mano.
- Finiamola qui – disse John
Il boato sordo dell’esplosione sotterranea risuonò tutto intorno. Un innaturale silenzio ne seguì subito dopo e portò la pace ad entrambi.
Rimasero a guardare la polvere sollevata che usciva dall’ingresso e dalle prese d’aria nel terreno e che veniva dispersa dal vento. Sentivano che con essa venivano dispersi i loro incubi.
- È ora di tornare – commentò secco Guide – abbiamo ottenuto la nostra vendetta.
- Sì – John annuì sospirando Guardò il telecomando che aveva in mano e lo gettò via - Sì. Adesso è finalmente finita. Possiamo andare.
Si inoltrarono nella foresta senza voltarsi, seguendo il cammino a ritroso. Nessuno dei due però pareva aver fretta di tornare.
Guide si fermò e alzò lo sguardo verso il cielo. Rimase come ad ascoltare l’aria. – Pioverà – disse.
Il temporale li raggiunse molto più velocemente di quanto si aspettassero. Il vento gelido sferzava i loro volti e la pioggia li aveva resi fradici. John vide l’entrata di quella che sembrava una grotta. Indicò a Guide l’apertura: - È meglio metterci al riparo ed aspettare che pass – urlò per sovrastare il rombo dei tuoni.
Controllarono rapidamente che non fosse abitata per evitare spiacevoli sorprese e quando ne furono certi si sistemarono cercando un posto asciutto dove poter accendere un fuoco.
La legna bruciava crepitando e John tese le mani per scaldarle verso la fiamma che ardeva vivissima.
- Cosa farai adesso? – chiese al wraith
-Tornerò da Elbereth, dalla mia regina.
Rimase un attimo in silenzio fissando il fuoco con sguardo malinconico. Poi continuò: - Implorerò per la vita del mio equipaggio e le dirò di disporre della mia a suo piacimento
- Tu invece?
- Rientro ad Atlantide. Poi si vedrà. Quasi sicuramente mi aspetta la Corte Marziale
Cercò di sdrammatizzare alzando le spalle come se non fosse nulla di preoccupante anche se sapeva che probabilmente aveva messo la parola fine alla sua esperienza nella galassia di Pegaso e alla sua carriera militare.
Prese una barretta energetica dalla tasca del giubbino e d’istinto ne offrì un pezzo a Guide
- Vuoi?
- Grazie, ma non mi nutrirebbe
- Giusto. Abitudine. A proposito – disse dando un morso - Non è che adesso ti viene fame vero?
Guide scosse la testa e, guardando divertito John gli disse:
- No Sheppard. Non ne ho bisogno – e poi causticamente aggiunse: - mi nutro solo quando mi è necessario.
Guide ascoltava in silenzio evitando lo sguardo di Sheppard. Fissava qualcosa nelle fiamme del fuoco che ardeva davanti al suo volto. Il riflesso rossastro sul suo viso rivelava quello che nel buio non si sarebbe potuto vedere: la miriade di pensieri che stavano attraversando la mente del wraith. I ricordi. I dubbi che lo attanagliavano. I rimpianti di quanto non fatto o detto. E se invece fosse lui che stava diventando simile a John?
Ancora una volta Guide rivolse uno sguardo sarcastico all’umano.
- Mi sono sempre fidato di te John Sheppard. Credimi. Mi sono fidato oltre ogni limite anche a rischio della mia stessa vita.
Mentre parlava si guardava le mani e accarezzava dolcemente il suo palmo destro. Rifletteva su come quanto dipendesse la sua esistenza dall’integrità della sua mano e su quanto quella stessa mano incutesse terrore negli umani. Vita e morte insieme.
- Eppure, tu non riesci ad accettarlo. Perché?
John non si aspettava che il wraith tornasse sull’argomento. Evidentemente riteneva che non fosse ancora concluso o che ci fosse ancora qualcosa di sospeso che doveva essere chiarito.
La sua replica non si fece aspettare: - Come posso fidarmi di un essere che non ci penserebbe due volte a nutrirsi di me se ne sentisse la necessità? Come posso fidarmi di qualcuno che mi vede come “cibo”? Che tu ti fida di me o meno non cambia assolutamente nulla. Ti comporteresti con me come faresti con qualsiasi altro essere umano.
Todd alzò lo sguardo. Era sorpreso da quanto gli stava dicendo. Aveva sempre pensato che tra loro due esistesse una specie di tacito accordo dove nessuno dei due avrebbe nuociuto all’altro. Socchiuse gli occhi fino a ridurli a due fessure e guardò dritto verso Sheppard.
- Ah. Ecco. Ora capisco. Quindi il tuo atteggiamento nei miei confronti è sempre stato guidato da quanto è successo la prima volta che ci siamo incontrati, sebbene non fossi stato io a cercare lo scontro.
- Nemmeno io se è per questo.
John si alzò in piedi. Il ricordo bruciava ancora. Si portò istintivamente una mano al petto come per controllare che non ci fossero ferite sanguinanti.
- Io non posso negare ciò che sono e nemmeno posso rinnegare la mia natura. Sono costernato che quanto è successo ti abbia procurato tanta afflizione. Ma come ti dissi allora: chi è da biasimare? Il Wraith o il suo padrone?
Lo sguardo di Guide era diventato freddo e penetrante. Per un attimo i suoi occhi rivelarono a John la vera natura dell’essere che aveva davanti a sé. Tuttavia, non si scoraggiò e lo incalzò:
- Non hai idea di cosa possa voler dire sentirsi portare via la vita. Attimo dopo attimo…
Il wraith sospirò.
- No. Hai ragione – abbassò lo sguardo - Non ancora almeno…
Sheppard guardò sorpreso il Wraith. Il tono con cui aveva detto le ultime parole era pieno di angoscia e rassegnazione.
- Ah. Certo. Come credi che verrò punito al mio ritorno?
- Non tornare allora…la galassia è grande.
- E dovrei condannare il mio equipaggio a vivere in esilio per sempre? Passare di mondo in mondo per quello che ci serve per nutrirsi e poi vagare come reietti? Sapere che ogni volta che incontrerò un altro alveare quasi sicuramente dovrò ingaggiare battaglia? No, colonnello. No…Non posso far pagare a loro qualcosa che è solo mio.
Sheppard ricordò l’espressione di Guide sulla nave alveare che stava precipitando quando gli disse che non c’era nulla da fare per il suo equipaggio. Era sbalordito per quel grado di rispetto che teneva nei confronti dei suoi subordinati. Non pensava che un wraith potesse anche solo minimamente pensare una cosa simile.
– E cosa farai allora?
Guide osservò a lungo il fuoco crepitare e le sue fiamme danzare nell’oscurità. John si chiese se stesse mai pensando di uccidersi se mai fosse tornato vivo.
Il Wraith spostò il suo sguardo negli occhi di Sheppard e spalancò gli occhi con un’espressione tra il divertito e l’attonito.
- Uccidermi? ...No. Non potrei. Colonnello… - rise, ma era un riso amaro – No…mi ero ripromesso che se avessi avuto successo sarei tornato dalla mia regina chiedendo pietà per gli ufficiali e i guerrieri che sono a bordo del mio alveare. Come ti ho già detto baratterò la loro vita con la mia se necessario…
Gli brillavano gli occhi. John per un attimo ebbe l’impressione che fossero pieni di lacrime. Guide si alzò di scatto e andò verso l’apertura della grotta. Non avrebbe voluto dare ulteriori spiegazioni o risposte a domande indiscrete.
- Le stelle…Sono uno spettacolo meraviglioso. Ne è valsa la pena anche solo per rivederle un’ultima volta.
- Sì – gli disse John – ricordo.
- Adesso credo che sia meglio che tu dorma – cambiò discorso per distogliere l’attenzione– io farò il primo turno di guardia
John annuì. Avrebbe voluto chiedergli - guardia da cosa? - ma socchiuse gli occhi in tempo comunque per vedere il wraith che si abbandonava alla sua disperazione.
Il mattino dopo il sole sorse illuminando l’erba ancora bagnata dalla pioggia della notte precedente. Una brezza frizzante entrò nella grotta dove avevano trovato riparo sollevando la cenere con le ultime braci rimaste.
- Lo stargate non è lontano – disse il wraith. E senza aggiungere altro si incamminò seguendo una precisa direzione seguito in silenzio da Jhon.
- È buffo vero? – commentò Guide mentre si apriva lo scudo organico della sua navetta.
- Cosa?
- Che finisca tutto dove tutto è iniziato
John allungò la mano verso il wraith che gliela strinse annuendo.
- Se la regina dovesse risparmiarmi sai come trovarmi
- Ascolta, stavo pensando. Non ho così fretta di tornare ad Atlantide. Non ho ancora una storia che possa reggere per salvarmi dalla corte marziale. Potrei venire con te. Avrei tempo per pensare e farmi venire qualche idea e magari potrei anche aiutarti con la regina. Non so, dire qualcosa in tua difesa. Ho condiviso con te questa pazzia. Abbiamo entrambi subito profonde ferite
John, mentre sentiva queste parole uscire dalla sua bocca, nella sua mente si stava dicendo che doveva essere diventato pazzo. Probabilmente stava ancora subendo gli effetti del posto.
- Non puoi. Non posso garantire per te
- La tua regina mi è sembrata un essere ragionevole – sono impazzito si ripeté.
- No John Sheppard. Sono certo che troverai una storia credibile da raccontare ai tuoi superiori. Io non sarò altrettanto fortunato. Spero solo di avere una morte rapida.
Sollevò gli occhi al cielo.
- La mia nave è arrivata. Addio colonnello John Sheppard. È stato un onore.

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Capitolo 9
*** Casa ***


Guide salì sulla sua navetta e rapidamente si diresse verso la nave in orbita. John salì di corsa sul jumper e dopo averlo occultato decise di seguire il wraith.
- Sì. Confermo. Devi essere impazzito John – disse tra sé mentre affiancava il dardo ed entrava nella baia di attracco non visto.
Il dardo atterrò dolcemente con l’eleganza che lo contraddistingueva dovuta anche all’eccezionale abilità del pilota.
Lo scudo organico si aprì; Guide rimase un momento a riflettere prima di alzarsi ed uscire dal posto di pilotaggio.
Una strana sensazione però lo disturbava. Rimase fermo come ad ascoltare qualcosa che aveva percepito. Qualcosa di diverso che non apparteneva alla sua nave. Ne conosceva ogni angolo. Riusciva a sentirla. Sapeva benissimo da dove venisse ogni rumore, ogni sussurro. E questo era nuovo. E inaspettato. Si voltò verso il jumper. Anche se era occultato sentiva la sua presenza e soprattutto sentiva la mente di Sheppard.
- Sheppard! – ringhiò – devi essere impazzito!
John uscì dal portellone posteriore che aveva già aperto e dal quale osservava la scena per scegliere il momento migliore per scendere
Uscì muovendosi con circospezione dato che non poteva sapere se ci fossero guardie con l’ordine di sparare a chiunque non fosse della nave. E nemmeno poteva sapere se Guide avrebbe accolto bene la sua presenza.
- Sì. È effettivamente quello che mi sono detto anch’io – rispose guardandosi attorno.
- Perché?
- Non lo so nemmeno io. Ma mi è parsa a cosa giusta da fare.
Guide fece un profondo respiro: - Inaspettato davvero. Dunque, benvenuto sul mio alveare. Ci aspetta un viaggio il quale riserberà molte più sorprese di quante immaginate. Sei sicuro di quello che fai?
- Sì. Abbastanza – rispose John
- Molto bene allora - il tono della sua voce esprimeva tutta la perplessità e scetticismo che aveva al riguardo - Come preferisci. Seguimi
Non era insolito avere umani a bordo, quindi la presenza di John era ignorata cosa che lo disturbava non poco dato che in questo modo non riusciva a capire se fosse o meno in pericolo.
Camminava affiancato al wraith che incedeva con passo rapido e deciso. Ogni volta che incrociavano un ufficiale, questi chinava il capo in segno di rispetto. John iniziava a capire quanto realmente fosse importante Todd.
Si concentrò maggiormente ad osservare il wraith che tante altre volte aveva già visto: la prima volta nella prigione dei Genii, ad Atlantide, sulla Terra, su vari alveari.
Gli pareva molto diverso da come lo ricordava in quei frangenti: più deciso, intimidatorio, autoritario. Meno compiacente. In pratica più “Wraith”. Il suo portamento era fiero ed altero. Nulla a che vedere con quello tenuto ad Atlantide o sulla Terra e attraverso i suoi occhi poteva percepire la mente determinata e scaltra che controllava ogni sua azione e pensiero. Il lato che Todd gli aveva sempre nascosto: altero, insolente, impassibile. Un freddo comandante wraith.
Prima raggiunsero la sala comandi dove Guide ordinò al suo secondo di tracciare la rotta e di prepararsi per il salto nell’iperspazio. Avrebbe solo dovuto attendere il suo comando.
Il primo ufficiale chinò il capo: - come ordini.
Adesso veniva la parte più difficile. Doveva contattare Elbereth, ma voleva farlo in privato.
- Colonnello Sheppard, ti devo chiedere di lasciarmi solo. Quei due guerrieri ti scorteranno ad un alloggio che puoi occupare fintanto che sarai mio ospite. Stiamo per lasciare questo mondo; non abbiamo più nulla da fare qui. Ti consiglio di cogliere l’occasione per riposare.
John si limitò ad annuire. Immaginava che dovesse chiamare la regina e di certo non sarebbe stata una conversazione piacevole.
Guardò Sheppard uscire dalla sala comandi e poi si diresse verso un’altra stanza. Un greve ringhio si spense in gola e poi aprì un canale di comunicazione. Non ci volle molto per avere risposta dall’altra parte. Un viso a lui sconosciuto gli disse di rimanere in attesa: avrebbe passato la comunicazione nella sala del trono se la regina avesse acconsentito.
Poco dopo il volto famigliare di Elbereth si materializzò sullo schermo. Immediatamente chinò il capo in un profondo inchino portandosi una mano al petto.
- Mia signora…
- Guide. Mi devi molte spiegazioni. E devono essere tutte convincenti.
- Sì. Certo – non aveva il coraggio di alzare lo sguardo – Mi consegno e mi rimetto alla tua mercé. Devo solo dare l’ordine di saltare nell’iperspazio. Poi lascerò il comando al mio secondo e mi ritirerò nel mio alloggio.
- Sai cosa ti aspetta?
- Sì. Ti chiedo solo pietà per il mio equipaggio
- Questo sarà da vedere
- Capisco
La comunicazione venne interrotta bruscamente: evidentemente non c’era altro da dire.
John intanto rifletteva nel suo nuovo alloggio. L’ospitalità di Todd nei suoi confronti in fondo non era cambiata. Si guardò attorno: chiaramente qualcuno aveva ricevuto l’ordine di fargli trovare il necessario per rendere il suo viaggio confortevole almeno per gli standard umani. Un vassoio riempito con frutti era stato messo sul tavolo. Erano state portate anche delle coperte dato che l’ambiente dell’alveare risultava freddo e umido. Gli umani abitualmente erano tenuti nelle celle di stasi mantenute ad una temperatura adatta.
C’erano anche molte candele accese dato che non serviva una grande illuminazione ai wraith e quindi gli ambienti dell’alveare si trovavano in una costante penombra.
Si sedette sul letto che trovò stranamente accogliente e, in un certo qual senso, avvolgente. Rimase a pensare mentre mangiava quella che assomigliava ad una mela: cosa sarebbe successo adesso? Si ripeté per l’ennesima volta che doveva essere diventato matto. Cosa pensava di fare? Cosa pensava Todd di fare?
- Devo concordare cosa dire con lui – disse ad alta voce – le nostre versioni devono essere uguali.
Poi scosse la testa – ma che stai dicendo? La mente di una regina non può essere facilmente presa in giro.
Si sedette nuovamente e poi si rialzò in piedi: - però forse dovrei sapere come vorrà gestire la cosa. Devo parlare con lui.
Uscì dal suo alloggio guardando a destra e sinistra. Nessuna guardia, nessuno a controllare i suoi movimenti.
Iniziò a vagare per i corridoi ancora una volta ignorato.
Era così assorto che non si accorse del wraith che si era fermato e che lo stava fissando. Sentendosi osservato si voltò e si trovò davanti gli occhi inquisitori dell’ufficiale.
- Vorrei vedere Todd…
L’ufficiale wraith rimase in silenzio.
- Ehm, giusto. – si rese immediatamente conto che sicuramente non era conosciuto con il nome che lui stesso gli aveva dato tempo prima - Il vostro comandante
- Adesso? Ha chiesto di non essere disturbato
- Portami da lui – poi aggiunse – per favore.
L’ufficiale annuì. Dopotutto il comandante pareva avere una certa considerazione per questo umano.
Percorsero vari corridoi fino a fermarsi davanti ad una porta. Bussò e attese.
- Avevo chiesto di non essere disturbato – disse una voce dal suo interno poco dopo.
- Sì comandante. L’umano di Atlantide ha insistito.
Silenzio. Poi si percepirono dei passi all’interno che si dirigevano verso di loro. Un lieve bip e la porta si aprì.
- Va bene. Entra Sheppard
L’ufficiale che lo aveva accompagnato si spostò di lato dopo aver fatto un inchino e poi sparì.
John si guardò attorno. Anche nell’alloggio di Guide c’erano delle candele accese.
- Mi piace osservare la loro fiamma – disse inaspettatamente il wraith dopo essersi seduto – mi aiuta a riflettere.
John notò che si era tolto la pesante e lunga giacca di pelle. Non aveva mai avuto occasione di vederlo senza, a parte durante la prigionia sulla Terra quando gli fecero indossare l’uniforme da carcerato. Non pensava che in condizioni “ordinarie” i wraith potessero togliersela.
Invece Guide aveva tolto anche gli stivali e disteso le lunghe gambe sul tavolino davanti ad una poltrona dall’aspetto comodo.
Le dita affusolate e artigliate delle mani erano rivolte verso l’alto e i polpastrelli tamburellavano ritmicamente uno contro l’altro. Lo sguardo fisso sulle luci tremolati davanti a lui.
John rimase in silenzio e visto che il wraith non pareva aver intenzione di proseguire alcun discorso, prese l’iniziativa: - cosa farai una volta arrivati?
La domanda venne accolta con un basso ringhio di disappunto: - Dimmi, John Sheppard, perché dovrei condividere questo con te? 
Gli occhi inquisitori del wraith fissavano il volto di Sheppard. Guide sapeva che in qualche modo i suoi pensieri trasparivano attraverso il suo volto. Sentiva che, sebbene fosse in grado di mantenere un forte controllo sulla sua mente, doveva essere molto cauto nell’abbassare il livello di accesso. Portare in superficie ricordi che erano stati rinchiusi nei recessi più remoti della sua mente poteva renderli accessibili a chiunque avesse interesse ad approfittare di un momento di debolezza. Era sempre molto cauto nell’aprire questo tipo di porte. E soprattutto nel condividere cose che anche se non considerava emozioni erano comunque in grado di generare in lui un certo turbamento.
John si sedette, sebbene non gli fosse stata offerta alcuna sedia. In un’altra occasione Guide avrebbe trovato il gesto estremamente irritante, ma adesso si trovava in una condizione di estrema benevolenza e accettazione.
- Non è qualcosa di cui parlerò ora.
John non avrebbe demorso così facilmente e quando questo fu chiaro anche al wraith finalmente gli rispose: - John Sheppard, ti confesso che non avrei permesso un simile comportamento nemmeno al mio più caro fratello, men che meno ad un umano. Tuttavia, le circostanze sono tali da farmi essere più…accomodante.
Il cambio di stato dell’alveare venne percepito da entrambi: - Siamo usciti dall’iperspazio. Ora l’attenzione di tutti sarà concentrata sulla rigenerazione dello scafo e sulla manutenzione ordinaria.
John non riusciva a comprendere il senso di quell’affermazione.
Guide chiuse gli occhi: stava valutando cosa raccontare di più a Sheppard. Soprattutto come. Aprire la sua mente poteva esporlo a rischi. I tradimenti subiti lo avevano profondamente segnato e condividere con quell’umano le sue preoccupazioni poteva essere molto rischioso. In una situazione di guerra civile come quella in cui la società wraith era coinvolta non era facile sapere di chi ci si potesse fidare
- Ora posso parlare con un certo livello di confidenza. Il mio equipaggio è interamente impegnato e difficilmente qualcuno potrà raggiungermi.
Ancora John non riusciva a capire ma questo fatto venne completamente ignorato da Guide.
- Non posso nascondere quanto è successo alla mia regina. La sua mente ha un potere che va ben oltre la mia capacità di controllo. Ho già risposto alla tua domanda: chiederò la grazia per il mio equipaggio. Poi farà ciò che vorrà della mia vita. Cosa vuoi ancora?
John volle osare; sentiva che tutto sommato il vecchio wraith che aveva difronte era disponibile ad ulteriori confidenze.
- Elbereth. Perché non mi racconti di più di lei? Questo mi permetterebbe di interagire con lui in maniera più efficace. Ho già incontrato altre regine e non è mai andata molto bene. Magari questa volta sarà diverso…
Guide sospirò: - Un alveare raggiunge la sua completezza, la sua massima potenza con una regina. Pure l’equipaggio riceve maggiore forza. Noi siamo un tutt’uno con esso ed esso è parte di noi. Siamo indissolubilmente legati con l’alveare. L’ambiente stesso è fonte di nutrimento per noi, per la nostra coscienza e i nostri pensieri sono di sostentamento per l’alveare.
Un alveare è debole da solo. Per questo ho cercato di formare forti alleanze: per compensare la mancanza di una regina.
John avrebbe voluto obbiettare che senza una regina lui era il comandante indiscusso del suo alveare e che in questo modo non doveva rispondere a nessuno del suo operato, ma si tenne l’osservazione per sé. Non gli pareva questo il momento di contraddire il wraith.
- Ed Elbereth?
- Prima di essere una regina è stata ed è tutt’ora un comandante. E prima che tu dica altro i Wraith non costruiscono legami personali – irruppe prepotentemente Guide - non sono preda delle emozioni che invece guidano le azioni degli umani. Anche se… talvolta… si sviluppano dei rapporti profondi tra alcuni di noi.
Todd fissò la luce della candela che aveva difronte. Era molto sorpreso con sé stesso di aver ammesso questo fatto.
- Ti lascio con i tuoi pensieri
John tornò nel suo alloggio. C'era molto su cui riflettere soprattutto su quello che il wraith no aveva voluto dire.
Si addormentò cullato dal sommesso mormorio dei motori al minimo dell’alveare che garantivano il mantenimento della posizione mentre lo scafo organico lentamente si rigenerava riparando i danni causati dall’esposizione alle radiazioni dell’iperspazio.
Il cambio improvviso di stato lo risvegliò Erano tornati nell'iperspazio e la prossima fermata era anche l'ultima.
Il tempo passava senza che nessuno venisse ad interessarsi di lui. Dalla piccola finestra poteva vedere le luci bianche e blu che brillavano e che scorrevano regolari. Poi finalmente di nuovo le stele. Erano arrivati a destinazione.
Sheppard questa volta uscì dall’alloggio e si diresse verso la sala comando dove Guide era già arrivato. Voleva dare un ultimo sguardo allo spettacolo che già conosceva: - Casa - si limitò a dire.
Rimase ad ammirare tutte le navi alveare in orbita a quel pianeta. John era ammutolito davanti ad un tale spiegamento di forze.
- Ti è chiaro ora John Sheppard? Quello che tu stai vedendo è ciò che definisce la nostra esistenza. Un esilio sarebbe peggio della morte. Il nostro essere, la nostra vita è nel collettivo dell’alveare ed esso trae l’intera sua essenza dalla regina.
John cominciava a farsi un’idea più precisa della società wraith e delle regole alla base di essa. Elbereth doveva essere veramente una grande regina se riusciva a tenere sotto il suo comando così tante navi.
- Sì – gli disse Guide – è una grande regina. Come sai un alveare una regina. Eppure lei ha più di trenta navi sotto il suo controllo. Più di trenta comandanti che hanno chiesto e ottenuto la sua guida e protezione.
- Perché?
- Perché lei è in grado di farlo

 

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Capitolo 10
*** Spiegazioni ***


La sala controllo era stata già allertata che sarebbero giunte nell’hangar a nord due navicelle: una wraith e un ospite.
Una squadra di sicurezza era già pronta ad attenderli.
Guide venne scortato direttamente in cella in uno degli edifici che erano sul pianeta. Mentre il secondo in comando era stato convocato davanti alla regina. Prima però voleva parlare con Sheppard: due droni lo accompagnarono attraverso i corridoi che costituivano il complesso e alla fine lo lasciarono davanti ad un ingresso.
- Avanti, colonnello John Sheppard. Ti stavo aspettando
Entrò e con sorpresa si trovò in una sala molto luminosa con un’ampia finestra che dava sulle montagne che si trovavano a nord dell’edificio principale e sul lago che si stendeva davanti. Nessun drone di guardia. Elbereth stava ammirando il paesaggio. Sheppard guardandosi attorno si stava facendo molte domande sull’origine di quegli edifici: non era di certo wraith. Ma non era quello il momento di discutere sull’architettura. Mosse qualche altro passo in direzione della regina non sapendo bene come avrebbe reagito.
Si aspettava di ricevere lo stesso trattamento avuto durante i suoi precedenti incontri con le altre regine. Invece
si voltò e rimanendo appoggiata al davanzale gli chiese: - Perché sei venuto qui?
Sheppard venne quasi colto di sorpresa: - Una domanda diretta, così? Niente minacce? Niente: “in ginocchio”? Di solito è la prima cosa che mi viene detta…
- Lo preferisci? Per me non è un problema.
John si rese conto che non sarebbe stato un colloquio come quelli cui era abituato e che la regina era di poche e dirette parole.
- Potrà sembrarti strano, ma questi giorni trascorsi condividendo una così strana esperienza, mi hanno fatto molto riflettere. Siamo stati entrambi torturati dallo stesso uomo. Io sono l’unico che possa capire cosa ha passato e forse l’unico a capire perché abbia preso una simile decisione. Probabilmente è anche dovuto al fatto che sto ancora cercando una versione accettabile per i miei superiori.
- E hai ritenuto più sicuro venire sul mio pianeta? Notevole. Cosa speri di ottenere? – sibilò la regina
- Almeno di essere ascoltato
- Va bene. Ti ascolto
John descrisse quello che aveva provato: la tortura mentale prima e fisica poi. Immaginava che in fondo fosse stato lo stesso per il Wraith. Raccontò poi degli incubi, delle notti insonni, della decisione di contattare chi aveva condiviso la prigionia, del loro ritorno in quei sotterranei e dell’effetto che aveva avuto su entrambi. Quel luogo era malvagio. Era l’unica parola che gli era venuta in mente per descriverlo.
Elbereth rimase in silenzio per tutto il tempo a riflettere. Poteva essere l’occasione per iniziare a discutere un accordo con Atlantide. Ma non voleva correre troppo: non sapeva ancora se potesse o meno fidarsi di questo umano.
Alla fine annuì: - Chiaro
Di nuovo si aprì la porta della sala e due guardie entrarono scortando un wraith che John riconobbe subito come il secondo in comando sull’alveare di Guide.
Elbereth si avvicinò al primo ufficiale: - Ebbene?
Starlight teneva lo sguardo abbassato: - Mia signora. Rispetto molto il mio comandante. È stato mio maestro. E lui rispetta me e l’intero equipaggio – poi aggiunse dopo aver pensato – Ed è un amico.
- Molto bene.
Poi si rivolse verso i due guerrieri: - Portatemelo! – ordinò.
Andarono verso la cella dove era tenuto Guide. Lui era seduto immobile ad attendere il suo destino. Sapeva che era solo questione di tempo.
Quando li vide arrivare si alzò in piedi e si avvicinò alle sbarre.
- Dunque. È ora…
Aprirono la porta e si spostarono di lato per farlo uscire.
- …Sì… – Aveva risposto più a sé stesso che altro.
Lo presero per un braccio - Non serve… - disse rivolgendo loro uno sguardo fiero e severo mentre si liberava con uno strattone.
Lo scortarono fino alla sala del trono e si fermarono sulla porta. Guide esitò un attimo poi entrò.
Vide che il suo secondo in comando era già stato portato davanti alla regina.
Elbereth andò verso di lui. Calma, fissandolo negli occhi. Non dovette dirgli nulla: si piegò ai suoi piedi.
- Ti prego mia regina. Rendi salva la vita all’equipaggio che mi ha seguito.
- Il primo ufficiale avrebbe dovuto rifiutarsi, avrebbe dovuto deporti dal comando. Imprigionarti come disertore e consegnarti – Manteneva un tono calmo e distaccato- Era suo dovere. Perché dovrei perdonare una simile mancanza deliberatamente compiuta?
- Ti prego…Fa di me ciò che vuoi...ma concedi loro la grazia…
John assisteva attonito alla scena. Guide gli aveva detto cosa avrebbe fatto al suo ritorno, ma non pensava che stesse dicendo sul serio.
Elbereth si mosse verso Starlight. Si avvicinò e gli passò le sue lunghe dita sul volto fermando poi il palmo sul suo petto.
Guide non si voltò nemmeno: - ha solo obbedito ai miei ordini. Ti supplico mia regina. Prendi la mia di vita. Sono l’unico che deve pagare.
- E sia. – spostò lo sguardo verso Starlight - Torna sull’alveare e aspetta i miei di ordini
Il wraith chinò il capo portando una mano al petto e fece per uscire. Si girò a guardare il suo comandante e amico.
- Lui è affar mio – ringhiò Elbereth tornando da Guide.
- Grazie mia signora – Sospirò e lentamente iniziò a sbottonarsi la pesante giacca in pelle nera.
- Che stai facendo?
- Ti facilito il compito – rispose con tono fermo ma rassegnato.
- Dammi una giustificazione.
- Durante la mia lunga prigionia nei sotterranei dei Genii ho perso tutto. Il mio prestigio, il mio posto tra i wraith, il mio rango.
Elbereth ascoltava mentre camminava attorno a lui. Gli si avvicinò alle spalle e gli mise le mani sul collo. Guide chiuse gli occhi e deglutì. La frequenza del suo respiro era aumentata e l’arteria sul collo pulsava visibilmente. Forse, pensava, almeno gli sarebbe stata data una morte rapida. Invece Elbereth si spostò e andò verso la finestra.
- Tu dici di aver perso tutto? Davvero? Il tuo secondo era disposto a morire per te. Un ufficiale che considera il suo comandante come un amico. Un equipaggio intero che lo segue senza dire nulla ma solo per il suo prestigio. Un comandante cui si obbedisce perché rispettato. E dici di aver perso tutto?
Guide scosse la testa: - non so cosa rispondere mia regina.
Era chiaro che Elbereth stava volutamente prendendo tempo. John la stava osservando: sapeva che se avesse voluto lo avrebbe già ucciso.
- Cosa dovrei fare? Tu cosa faresti al mio posto?
Guide in passato aveva già punito ufficiali che l’avevano deluso con il loro comportamento o con una loro mancanza relegandoli a ruoli secondari e togliendo loro ogni autorità. Ma non era questo cui alludeva e lui lo sapeva benissimo.
- Valuta con saggezza le tue parole prima di rispondere – lo incalzò Elbereth.
- Se un mio ufficiale avesse trasgredito ad un mio ordine diretto… sarebbe morto…
Le lunghe falangi bianche di Elbereth si avvinghiarono al collo del wraith: - Non provare mai più a disobbedirmi – disse stringendo la gola.
- No, mia signora. Non succederà – la voce era strozzata e le parole gli morivano in bocca.
- Non ci sarà una prossima volta – Strinse maggiormente - Non sarò più così comprensiva.
- Sì, mia signora.
Lasciò la presa. Guide si piegò a terra cercando di riprendere fiato. Tossì violentemente facendo poi un respiro profondo.
Elbereth si rivolse poi alle guardie: - Riportatelo nella sua cella!
Guide si rialzò in piedi chinando la testa. Poi seguì i due guerrieri in silenzio.
Sheppard guardò la regina che gli diede una inattesa spiegazione: - Non posso permettermi di perdere un comandante esperto e capace come lui. D’altra parte, non posso nemmeno permettere che un atto di premeditata insubordinazione passi impunito.
- Cosa gli succederà adesso?
- Lo lascerò a riflettere nella sua cella per un po’ di tempo.
John si chiese cosa mai volesse dire per un wraith “un po’ di tempo”; Elbereth continuò inaspettatamente: - Il fatto di essere il mio consorte non gli consente di fare i propri comodi. Immagino che non sarai accolto tanto diversamente dai tuoi superiori.
- In effetti il mio rimandare era anche dovuto whoa, whoa…un attimo…consorte? Ho capito bene?
- Sì. – aveva risposto con noncuranza e con un tono che non ammetteva ulteriori commenti. Poi continuò: - Allora ti darò qualcosa di valido da raccontare. Seguimi.
- È qui che avete portato McKay? Giusto?
- Corretto.
Percorsero altri corridoi in silenzio. John si chiese come avessero potuto sopportare Rodney e la sua loquacità. Però poi si disse che i wraith avevano sicuramente metodi persuasivi molto più efficaci di quelli che poteva mettere lui in atto. Sorrise al pensiero mentre continuava a guardarsi intorno.
- Vedo che vi siete dati da fare. Ma come fate ad accedere a questa tecnologia?
- Sicuramente il dr. McKay vi avrà ampiamente dettagliato il suo periodo di permanenza qui, ma come avevo detto anche a lui, non vi riguarda. Credo che troverai invece interessante chi sta lavorando con noi.
Si fermarono in un ampio spazio sul quale si aprivano varie porte. Elbereth si diresse verso un ingresso:
- Dopo di te – gli fece cenno con la mano
John ammutolì.
- Ho voluto dargli un’altra possibilità. L’ho trovato in fin di vita sulla terraferma quando ve ne siete andati. Non è stato facile. Il suo odio per umani e wraith era profondamente radicato in lui.
- Colonello Sheppard
- Michael. Tu sei morto. Eri morto.
- Mi spiace di averti deluso
A John iniziarono ad essere chiare molte risposte: Michael era uno scienziato di prim’ordine. Nulla toglieva che avesse trovato un modo di impiantare la tecnologia ATA nei wraith.
Tutto questo poteva diventare estremamente pericoloso per Atlantide.
- Abbiamo trovato questo laboratorio abbandonato tempo fa. Un posto ideale per portare avanti ricerche. Un laboratorio abbandonato in un posto abbandonato. Ma le sorprese che questo pianeta ci aveva riservato non erano finite. Quando siamo arrivati credevamo che fosse disabitato. E lo era effettivamente, per lo meno nel senso che tutti diamo a pianeta abitato. Facendo poi ulteriori indagini, man mano che procedevamo con la sua esplorazione, abbiamo trovato alcune colonie di quello che vi è noto come insetto Iratus.
- Niente di speciale. Qui ci sono luoghi adatti al suo sviluppo. Quello che invece ci ha sorpreso – continuò Elbereth – è stata la scoperta di un essere simbiotico. Viveva a stretto contatto degli Iratus nutrendosi gli uni degli altri senza soccombere. Abbiamo raccolto alcuni di questi esemplari e li abbiamo studiati a lungo. Sono emerse interessanti proprietà e applicazioni.
Ora John aveva più di un argomento da portare ad Atlantide. Era certo che Elbereth gli avesse nascosto molto più di quanto gli aveva permesso di vedere. Ma solo il poco che aveva condiviso la rendeva estremamente pericolosa. McKay aveva sicuramente lavorato sulle naniti e chissà su cosa altro. Ed ora Michael era tornato.
Non aveva il coraggio di farle la domanda che gli pulsava nella testa: lo avrebbe davvero lasciato andare dopo tutto quello che gli aveva fatto vedere? Perché?

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