the origins ☽

di erislytherin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 01 ⏤ Power. ***
Capitolo 3: *** 02 ⏤ Revenge. ***
Capitolo 4: *** 03 ⏤ Memories. ***
Capitolo 5: *** 04 ⏤ Irreparable. ***
Capitolo 6: *** 05 ⏤ Green. ***
Capitolo 7: *** 06 ⏤ Nightmare. ***
Capitolo 8: *** 07 ⏤ Anger. ***
Capitolo 9: *** 08 ⏤ Heartbeat. ***
Capitolo 10: *** 09 ⏤ Prediction. ***
Capitolo 11: *** 10 ⏤ First. ***
Capitolo 12: *** 11 ⏤ Dance. ***
Capitolo 13: *** 12 ⏤ Second. ***
Capitolo 14: *** 13 ⏤ Preparation. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



Si svegliò di soprassalto. Non sapeva come, né perché, ma le faceva male tutto, ogni singola parte del corpo. Non riusciva a vedere niente, era buio pesto in quel maledetto posto dove si trovava. Non sapeva dove si trovasse, non sapeva che anno fosse, che nome avesse. Non si ricordava niente, soprattutto non si ricordava chi l'avesse portata lì. Che poi, dov'era “lì”? Cercava di sforzarsi, ma le faceva solo male la testa.

Ma aveva ancora un lampo di luce verde negli occhi.

Cercò di alzarsi in piedi, nonostante il dolore, tastando con le mani il pavimento. Era freddo e umidiccio, probabilmente erano semplici piastrelle. Notò che, invece, le pareti erano formate da mattoni, sembravano vecchi, semi rotti, consumati e mal ridotti.

Improvvisamente, una leggera brezza le mosse i capelli, facendoli scivolare sulla schiena nuda. Prese consapevolezza del fatto che indossava solo un misero vestito che le riusciva a coprire a malapena il seno, arrivando fino a metà coscia. Girò la testa verso il venticello e, sempre tenendosi a quei mattoni sbriciolati, cominciò a camminare. Appena fatti due piccoli passi, però, con il piede destro toccò l'altra parete della stanza.

Si sentiva rinchiusa, soffocata, in un ambiente così piccolo.

Senza aria.
Senza luce.
Senza rumori.
Silenzio.

Solo tanto silenzio, ma molti pensieri che volavano nella sua testa, che pulsava sempre di più. Poggiò le mani in avanti e toccò qualcosa, se possibile, più freddo del pavimento stesso. Inferriate. Chiuse gli occhi, li riaprì, li richiuse. Il risultato era lo stesso. Nero. L'unico colore—non colore che riusciva a percepire in quel momento.

Un'altra leggera soffiata di vento la colpì. Si aggrappò alle inferriate con tutte e due le mani, con un improvviso bisogno di aria. Sentiva la pelle sudaticcia e appiccicosa, ma non riusciva nemmeno a ricordarsi che periodo dell'anno fosse. Perché non si ricordava nulla? Inspirò a fondo quella dolce aria fresca, che le bruciò i polmoni. Sentì nuovamente dolore dappertutto, soprattutto al braccio sinistro. Le pizzicava e le bruciava allo stesso tempo. Ma non le importò, sentiva che quell'aria era tutto ciò di cui aveva più bisogno. Voleva parlare, dire qualcosa, sentire la sua voce. Aprì la bocca, ma non le uscì niente. Era come se non ci riuscisse. Stava per sedersi di nuovo sul pavimento, scivolando con la schiena sulla parete, quando vide un piccolo puntino bianco nell'angolo in basso di quella che voleva essere una finestra. Una finestra da carcerati, pensò. Sono in prigione?

Di nuovo, si affacciò, per vedere chi fosse, ma vide solo un puntino di luce che sembrava molto molto lontano. Magari lo era veramente. Non sentiva niente, non un rumore, non una voce, né dei passi. Silenzio.

Il puntino si fermò e per un momento pensò che fosse rivolto verso di Lei. Rimase immobile, incapace anche di reagire o cercare aiuto. Poi, d'improvviso, così come era sbucato, corse in avanti fino a sparire.

Si appoggiò e si accucciò nell'angolo della stanza più vicino alla finestra.

Mise le mani fra i capelli e si accorse che erano lunghi, crespi, evidentemente sporchi e sudati. Appoggiò la fronte sulle ginocchia nude, cercò di coprirsi con quello straccio che aveva indosso, ora leggermente bagnato per le lacrime che le stavano scendendo, e si addormentò, i pensieri inghiottiti dal buio.

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Capitolo 2
*** 01 ⏤ Power. ***



 

Che cosa hai intenzione di fare, ora? — esclamò, arrabbiata, una donna dalla voce stridula, alta, che tagliò il silenzio creatosi poco prima.
— Oh, stai zitta. E' solo colpa tua! — replicò una voce maschile, bassa; l'esatto contrario dell'esclamazione precedente.
— E' colpa mia se il Lato Oscuro è caduto, di nuovo?! Ospiti una sporca e sudicia Auror in casa e tu osi ancora rivolgere la parola a me? —
— Sai benissimo perché è qui! Ha permesso al Signore Oscuro di vivere! L'Avada Kedavra non ha funzionato neanche su suo fratello, e se non fosse stato per Lei, il Nostro Signore sarebbe morto, ora! —
— Oh, ti prego, risparmiati. Questa è storia vecchia. — sbuffò la voce stridula.
— Calmatevi! E' inutile litigare tra di noi. Non si risolve niente. — una voce più materna interruppe quell'incessante incalzare di esclamazioni.

Sbuffi e sospiri si levarono nell'aria da parte di tutti i presenti. In tutto, erano in cinque. Un uomo abbastanza alto, dai lunghi capelli biondo—cenere, avvolti in una coda bassa. Era il proprietario della grande casa in cui si trovavano, nonché il secondo a parlare. Al suo fianco, una donna, dai capelli castano-grigi, ma con alcune mèche bionde, tirati indietro con una mezza coda; espressione triste, ma severa e austera. Davanti all'uomo, un'altra donna. Esattamente l'opposto. Capelli neri e ricci, più verso il crespo, tutti arruffati sopra la testa. Eccentrica ed esagerata, la donna dalla voce stridula. Continuava a muoversi, a camminare, a gesticolare e a ridere, in modo cattivo. Una perfetta pazza!

In disparte, due ragazzi, al massimo 15 anni, ascoltavano, senza guardare gli adulti. Un ragazzo biondo cenere come il padre e una ragazza dai capelli castani, molto chiari, le scivolavano lungo le spalle, lisci. Non parlavano tra di loro, non ce n'era bisogno. I loro sguardi dicevano già tutto. Lui guardava in basso, fissandosi le scarpe marroni. Continuava ad avere sempre più paura di ciò che stava succedendo in quel periodo. Le “assemblee” notturne lo tenevano sveglio più del dovuto. Era coinvolto più del dovuto. Lei guardava a destra. Sembrava fissare il ragazzo, ma in realtà guardava oltre la finestra. Oltre al mondo che c'era là fuori. Era annoiata, sì: annoiata di tutti quei discorsi sulla Mezzosangue Auror insolente. Chi era lei per pretendere di inserirsi in tutti i discorsi della sua famiglia? Già la odiava senza nemmeno conoscerla.

Avevano tutti un mantello nero avvolto sulle spalle e un segno particolare sul braccio sinistro che esternamente non si sarebbe potuto vedere.

Era calato uno strano e cupo silenzio in quella sala sfarzosa. Al centro di essa, gli adulti, sopra ad un tappeto che occupava quasi tutto il pavimento, si guardavano insistentemente. Al di sopra delle loro teste, un lampadario esagerato per quella camera, che, in fondo, non era né una sala, né una camera da letto in sé: era solo un piccolo atrio, riservato alle discussioni veloci, che in quel periodo erano il loro pane quotidiano.

C'era un enorme armadio antico, di legno scuro, di fronte alla finestra che la ragazza guardava. Di fianco ad essa, una scala andava verso il basso, sempre di legno scuro. A spezzare quel silenzio, il suono di alcuni passi provenienti proprio dalla scala giunsero alle orecchie dei presenti. Passi leggeri e veloci e, in un attimo, una figura nera comparve nella stanza.

La luce molto intensa illuminava quel viso, rendendolo più pallido di quanto già non lo fosse. Era molto in contrasto con i capelli corvini che gli ricadevano morbidi, arrivando non più in basso delle spalle, e con il solito mantello.

— Mi volete spiegare che cosa è successo ieri notte? —
Parlò lento, scandendo bene ogni singola parola, con voce bassa e nasale ed una specie di cantilena, con la quale parlava di solito.
— Mi prendi in giro, Lucius? Contraddire il volere del Signore Oscuro? Doveva essere uccisa! — esclamò, rivolgendosi all'uomo dai capelli biondi. Lucius, era il suo nome.
— Abbiamo appena finito una battaglia, e hanno clamorosamente vinto loro. Non pensi che un'Auror in casa possa esserci d'ostacolo? Non accetterà mai di diventare una spia! — ribadì la nuova figura dai capelli neri, in tono leggermente arrabbiato, senza però scomporsi più di tanto.

Lucius abbassò la testa, sentendosi in colpa. Aveva rapito la ragazza, l'altra notte, alla fine della battaglia. Le aveva tolto la memoria e l'aveva rinchiusa in una delle stanze di quella stessa grande casa. Riteneva che Lei avesse qualcosa di speciale: aveva salvato la vita al Signore Oscuro molto tempo fa, 13 anni fa. Ma Lui non si era neanche degnato di ricompensarla.

Lei era cresciuta, da quel giorno. Aveva fatto delle scelte che l'avevano portata esattamente a dove si trovava la scorsa notte: a combattere contro quelle stesse persone che poi l'avrebbero rapita. Aveva scelto di stare dalla parte del Bene. Ma rimaneva comunque l'unica Auror che il Cappello Parlante aveva mandato tra gli Slytherin, ad Hogwarts, anche se con indugio.

— Questa discussione non ci porterà a nessuna conclusione, Severus. Ma non hai visto cos'è in grado di fare? Che bacchetta usa? A quali incantesimi riesce a sfuggire?

Severus Piton aprì la bocca per interromperlo, ma si bloccò appena pronunciò l'ultima domanda. Sì, ne era stato colpito anche lui, e non poco. Lucius ne approfittò: avanzò lentamente nella stanza, verso il viso pallido.

— Pensaci: una ragazza, dalla loro parte, ma Slytherin, che riesce a proteggersi dall'Avada Kedavra come se fosse un semplice Expelliarmus. Che grande arma potrebbe essere, per noi. —

 


Si risvegliò per l'ennesima volta. Incubi su incubi la tormentavano. Incubi sul non—ricordo. Non ricordava nulla, nemmeno il suo nome. Aveva ancora gli occhi chiusi, non voleva aprirli. Non voleva rivedere di nuovo il buio. Voleva svegliarsi e sapere che il sole era sorto di nuovo. Li socchiuse, e riuscì a scorgere il pavimento.

La stanza era esattamente come se l'era immaginata. Piccola, in mattoni, la piccola finestra con l'inferriata. La parete di fronte alla finestra era occupata da una porta molto grande, in legno vecchio molto scuro, con una grande serratura.

Si alzò velocemente, incurante dell'incessante dolore al braccio sinistro che continuava ad avere, e, facendo una sola e non molto grande falcata, raggiunse la porta. Era chiusa, ovviamente. Si stupì di se stessa per aver provato addirittura ad aprirla.

Si sedette per terra. Doveva fare qualcosa. Aveva sete. Aveva fame. Le sanguinava il braccio ed era ferita un po' dappertutto. E sentiva che il posto dove si trovava era pericoloso. Improvvisamente, le balenò una parola nella mente: Alohomora. Che cosa voleva dire? Questo non se lo ricordava. Se possibile, c'era ancora più silenzio di quella notte. Infatti sussultò quando il suo stomaco brontolò. Aveva fame, aveva sete. Tutto ad un tratto sentì delle voci. Una maschile e una femminile.

— Bill, fermati! Hai sentito papà, deve essere lasciata lì. — Uno sbuffo.

— Draco, non ho intenzione di liberarla! Andrebbe a spifferare tutto al suo caro presidino di Hogwarts. —

...Hogwarts? Era un nome familiare per Lei. Lo aveva già sentito, ma non riusciva a ricordare esattamente in quale circostanza.

— Voglio solo divertirmi un po', fratellino... Non capita spesso di avere una di loro in Casa. —

Era una voce sadica quella che proveniva da Bill Malfoy, la primogenita. Bill aveva già visto più volte la prigioniera: ovvio, chi non l'aveva vista? Insomma, era una contraddizione unica. Era la più grande arma e nemica dei “buoni”, al tempo stesso. Era per tutti una grande scoperta, una strega brillante, piena di talento. Ma il fatto che il Cappello Parlante l'avesse smistata tra gli Slytherin, aveva portato tutti a pensare che ci fosse qualcosa di malvagio in Lei. Non esitavano, però, a sfruttarla quando c'era da combattere contro i “malvagi”. Tutto ciò, Bill lo sapeva dai discorsi che sentiva in casa sua. Non le aveva parlato di certo! Faceva pur sempre parte della famiglia che aveva fatto cadere il Signore Oscuro. Anzi, era stata lei stessa, quando quattro anni fa Voldemort aveva tentato di nuovo di uccidere il ragazzo, il famoso Harry Potter, e quell’insolente si mise in mezzo, aiutando il fratello chissà come e sconfiggendo l’Oscuro Signore una volta per tutte.

Bill era una perfetta Deatheater: sadica al punto giusto, non curante del pericolo o del male che poteva arrecare agli altri, pensava a se stessa prima di tutto e alla sua sopravvivenza, scaltra, veloce e rapida. Sapeva nascondersi o scappare a seconda dell'occasione e si comportava sempre com'era più consono fare. Ed era proprio per questo che il Signore Oscuro aveva deciso di farla diventare una parte importante dei suoi seguaci, anche se aveva solamente 15 anni.

Di suo fratello, Draco Malfoy, non si poteva dire lo stesso: era cresciuto con la vigliaccheria nelle vene. Era diventato un Deatheater solo per non essere escluso da tutta la sua famiglia. Faceva il gradasso, si comportava come se fosse il migliore e come se andasse sempre tutto alla perfezione, ma in realtà i problemi del Lato Oscuro lo opprimevano sempre di più. Aveva paura, soprattutto della morte. L'esatto contrario della sorella maggiore Bill.

La prigioniera continuava a sentirli parlare. Sentiva le loro voci sempre più vicine. Sapeva che stavano parlando di lei, e alcune parole le vagavano pesanti nella mente: Hogwarts, Silente, Auror, Deatheaters. Harry Potter.

Improvvisamente le voci, ora troppo vicine, si erano zittite. Sentiva degli affanni al di là della porta. Stavano per entrare, ovviamente.

Alohomora. —

Si stupì e trasalì quando sentì quella parola. Quella parola che aveva solo pensato poco prima. Vide una leggera luce giallo—arancio nel buco della serratura e sentì quest'ultima aprirsi. Con un rumore fastidioso, la porta si spalancò, mostrando ai suoi occhi due volti molto familiari. Bill e Draco Malfoy! Hogwarts! Slytherin! Hogwarts, la sua scuola. Un Cappello Parlante l'aveva messa fra gli Slytherin. Tutti però, si sedevano lontano da lei, troppoSi rannicchiò nell'angolo della stanza, tremando leggermente. Bill Malfoy fece un passo ed entrò.

— Bene, bene, bene. Ma guarda chi abbiamo qui! — Bill sorrise. Non era un sorriso molto rassicurante, però.

Draco cercava di fermarla, appoggiando la sua mano sul braccio destro della sorella. Lei impugnava la bacchetta, e il fratello aveva paura che potesse fare qualcosa di non molto carino. La Deatheater si accucciò davanti alla prigioniera, sempre con il solito sorrisetto sadico. Puntò la bacchetta verso di Lei.

Crucio. — sussurrò semplicemente.




Angolo dell'autrice
Allora, devo fare una precisazione che in molti di voi mi hanno chiesto: il nome "Bill". Questo nome non è stato deciso nel momento in cui scrivevo, ma dato che l'ispirazione per questa storia mi è venuta parecchio (ma davvero parecchio) tempo fa e si basa su "esperienze personali" (?), il nome Bill era già stato destinato per quel personaggio. Quindi può anche essere un nome da maschio, ma la sorella di Draco Malfoy DOVEVA chiamarsi Bill ;D Non so se mi sono spiegata, LOL ;)
Ah, volevo fare un ringraziamento speciale a xLumosFlame, ovvero la mia prima recensione di tutta la mia vita! GRAZIE MILLE! :D

erislytherin.

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Capitolo 3
*** 02 ⏤ Revenge. ***



 

Bill voleva fargliela pagare. Era tutta colpa sua! Sua, se la sua famiglia era stata screditata. Sua, se il Signore Oscuro era caduto. Doveva morire, doveva essere uccisa! E aveva intenzione di farlo Lei. Era il suo compito, e l'avrebbe fatto. Tolse la bacchetta dalla sua faccia e sputò per terra. Sentiva di provare un sentimento forte per Lei, non riusciva a spiegarselo. Dal primo momento che l'aveva vista, aveva sentito subito che c'era qualcosa che provava per Lei. Era odio. Un odio puro, spietato, assoluto. Un odio vero. Quando la guardava, vedeva la sua nemica più grande, il suo obiettivo finale, ciò che doveva eliminare al più presto per arrivare in cima. Ciò che la distolse dall'odiarla, in quel momento, fu proprio la prigioniera: non aveva parlato. Non aveva urlato, non aveva fatto nessun segno. Non si era neanche mossa. Non piangeva. Era ferma. Ferma immobile; ma si era stupita anche Lei stessa. Lei sapeva che quel “Crucio” era una cosa che le avrebbe fatto molto male. Ma ciò non avvenne: non provava dolore, non sentiva niente.

Draco era rimasto a bocca aperta. Sapeva che Lei poteva sfuggire all'Anatema che Uccide, l'ultima delle Tre Maledizioni Senza Perdono, ma anche questo... Era troppo potente per dei maghi del quarto e quinto anno di Hogwarts. Sebbene fosse anche Lei del quinto anno, come la primogenita Malfoy.

—Cosa... Come... Come hai fatto?!— sussurrò prima Bill e poi alzò la voce, fino ad urlare.
—Christe, come hai fatto?!— ripeté, stavolta urlando di più.

Dunque è così che mi chiamo, Christe. Pensò la prigioniera. Christe scosse velocemente la testa, come per dire che non lo sapeva. Anche se avrebbe voluto molto parlare. Ora conosceva anche il suo nome, si stava ricordando anche a che famiglia appartenesse, chi fosse... Si alzò improvvisamente in piedi, con una velocità che non si ricordava di avere. Ora conosceva chi aveva di fronte: nemici, le diceva la sua mente brillante. Nemici, scappaFece un passo, e poi un altro, molto veloci, per raggiungere la porta, ma al di fuori di essa c'era un uomo alto dai capelli biondi: Lucius. Scappa, corri! Cominciò a correre verso destra, verso una luce, quando sentì un'esclamazione. Si sentì colpire forte alla schiena, ed era come se tutte le forze la stessero abbandonando. Cadde in ginocchio, poi per terra, e svenne.

 

 

Erano tutti riuniti attorno ad uno stretto e lungo tavolo, in una stanza semi—buia, anch'essa molto elegante e sfarzosa. Lucius Malfoy guardava tutti i presenti con altezzosità. Ora che aveva la loro nemica numero uno in pugno, si sentiva invincibile. Era sempre stato avvolto da un velo di paura, orgoglio e vigliaccheria. Sapeva, però, che portare la ragazza al cospetto di tutti i Deatheater era per lui un grande onore. Così lo avrebbero venerato e considerato alla pari di Lord Voldemort, in sua assenza.

—Bill, vai a prenderla. —

Lei non se lo fece ripetere due volte, andò con passi piccoli e decisi in uno sgabuzzino per le scope, di fianco alla stanza dove vi erano tutti i seguaci del Signore Oscuro.

—Wingardium Leviosa. —

Non aveva intenzione di sollevarla di peso, di toccarla. Non sapeva perché, ma la prima volta che lo fece aveva sentito come una scossa... Un legame. Così le era sembrato, ma forse era solo una sua impressione. La fece volteggiare nell'aria, la appoggiò non molto dolcemente al centro del tavolo. Era ancora addormentata, non aveva ancora recuperato i sensi dalla mattina. Forse non è così forte come pensavamo; questo era un pensiero comune, ma soprattutto di Bill.

Quest'ultima non si era ancora seduta vicino al padre, quando Christe fece uno scatto per impugnare la bacchetta di Lucius, appoggiata sul tavolo, e si alzò in piedi, puntandola verso i presenti. Nessuno aveva avuto il tempo di schiantarla, erano rimasti tutti meravigliati dalla forza che aveva la ragazza.

—Calma, calma. Non c'è bisogno di essere maleducate, ragazzina. — disse Lucius Malfoy, alzandosi lentamente.

Christe puntò la sua bacchetta verso di lui, lanciando uno schiantesimo. Anche se per poco, riuscì a evitarlo.

—Vogliamo usare le maniere forti? Non hai paura di mischiarti con i grandi, ragazzina? —

Lei lo guardò per un attimo. Ragazzina...

—Pensi di saper usare la tua bacchetta con destrezza, di saper duellare, invece sei solo una sporca mezzosangue, ragazzina. Crucio! —

Cominciava a ricordare altro. Poi scosse forte la testa.

—Ecco quello che si meritano gli sporchi Auror come te, ragazzina! Crucio! —

Si ricordava tutto. Si guardò un attimo intorno. Era lì! Si era combattuta lì, l'ultima battaglia! Malfoy Manor. Il luogo dello scontro. Stava combattendo, aveva ucciso un Deatheater, uno di loro, non sapeva quale. Lucius voleva fargliela pagare, stava duellando con Lei. Più che altro, cercava di scagliare Maledizioni Senza Perdono verso di Lei. Ma Lei non sentiva niente, neanche quando la colpivano. Improvvisamente, le tornarono in mente molte altre cose, più che altro parole alla rinfusa: Slytherin, Hogwarts, Silente, Harry Potter, Lily e James, Avada Kedavra.

Aveva solamente due anni quando successe: Lord Voldemort uccise i suoi genitori. Non che fosse un evento tragico: lei non se li ricordava nemmeno e se l'era cavata piuttosto bene da sola. E a sentire cosa dicevano gli zii Vernon e Petunia su di loro, non si comportavano di certo bene con lei, piuttosto prediligevano Harry. Loro lo adoravano, e Lei era sempre rimasta la seconda in tutto. Come competere con Harry Potter, il sopravvissuto, il prescelto: e di Lei, chi aveva mai parlato? Certo, come far sapere che un'Auror aveva salvato la vita al Signore Oscuro, quella notte? Come poter anche solo pensare che una Slytherin potesse essere buona?

Le risate di Lucius la fecero tornare a quel momento.

—Cos'hai, mmh? Cominci a ricordare molte cose, vero? Sei molto più forte di quanto ci aspettassimo... Ascolta me, Christe. Perché stare dalla loro parte, eh? Perché stare dalla parte di chi ti disprezza? Ti usano, solo perché sanno dei tuoi incredibili poteri! Non sei utile a nient'altro, per loro, che senso ha combattere al loro fianco? Che senso ha combattere con chi non ti ha mai apprezzato davvero? Unisciti a noi! —

Aprì entrambe le braccia, mostrando tutti i presenti, tutti i Deatheaters. Per un istante, un solo istante, Christe pensò fosse la cosa giusta da fare: unirsi a loro. Dopotutto, anche se non tutti gli Slytherin erano cattivi, ci doveva pur essere un motivo se il Cappello Parlante, quel giorno, aveva sussurrato stupefatto “Slytherin. E’ la tua casa”. Dopotutto, suo fratello Harry non l’aveva fatta sentire a suo agio, sapeva che anche lui, in realtà, sangue del suo sangue, non la apprezzava. Dopotutto… Scosse la testa e scacciò il pensiero.

—Mai. — sussurrò piano, lieve, con voce roca. Non aveva ancora parlato da quando aveva recuperato i sensi per la prima volta. Si stupì quando sentì la sua voce. Non aveva intenzione di dire niente a quelle persone.

—Oh Lucius è tutta una perdita di tempo! — urlò arrabbiata Bellatrix, alzandosi dalla sedia e poi salendo sul tavolo. Cominciò a camminarci sopra molto lentamente, ad ogni passo una parola. Christe si girò verso di lei puntandole la bacchetta contro.

—Uccidiamola. Ora! Lo farò io se sei troppo codardo da farlo tu stesso. —

Con un balzo scese dal tavolo e più veloce della luce esclamò: —Avada Kedavra! —

Un lampo di luce verde invase tutta la stanza. Per almeno dieci secondi, non si poteva vedere niente lì dentro: troppa luce. Appena tornò la visibilità, tutto era come prima dell'Anatema che Uccide. L'incantesimo aveva avuto un effetto straordinario contro quell'esile ma forte corpo di Christe. Nessun graffio, nessuna ferita, nessun dolore. Christe aveva semplicemente fatto un gesto con il braccio, aveva portato la sua bacchetta dal basso verso l'alto, per proteggersi. Senza però pronunciare nessun incantesimo, nessun “Protego Horribilis”. Bellatrix deglutì rumorosamente e si rimise seduta al suo posto.

Era ufficiale, nelle menti di quasi tutti i presenti aleggiava un unico pensiero: Christe doveva diventare una servitrice del Signore Oscuro. Solo così potevano avere qualche speranza di governare il mondo. E il fine avrebbe giustificato qualsiasi mezzo.

 

 

Per la prima volta in vita sua Bellatrix non riuscì a dire niente per tutto il giorno. Non riusciva a dire una sola parola, non si comportava come suo solito, non cruciava chi le passava a fianco. Semplicemente camminava per le strade di Notturn Alley, diretta da “Borgin & Burke”. Comportamento insolito per la Deatheater più frivola e inconsueta fra tutti.

Appena entrò, alla sua vista apparvero Narcissa e Lucius Malfoy, Augustus Rookwood (un infiltrato oscuro nel Ministero della Magia), Rodolphus Lestrange (marito di Bellatrix) e Antonin Dolohov (uno dei Deatheater più forti e fedeli della cerchia). Le discussioni di quei giorni erano ormai sempre le stesse: come fare per avere Christe dalla loro parte.

Tra poco sarebbe iniziata Hogwarts, era Agosto inoltrato. E con le recenti vicissitudini non erano sicuri di poter mandarci i fratelli Malfoy. Ma ovviamente il buon vecchio Lucius voleva un'istruzione per i suoi figli: così se ne uscì con un'idea che non era affatto male, se curata nei minimi dettagli.

—Potremmo modificarle la memoria, in modo da non farle mai più sapere chi sia davvero— le parole gli uscirono così in fretta come la sua idea gli balzò nella mente —potremmo chiedere a Bill di darci una mano ad Hogwarts, nel tenerla lontana da Silente e da Potter, anche se penso proprio che quell'uomo sappia già che cosa succederà. —

E aveva ragione: Silente era un uomo più che intelligente, non c'erano dubbi, ma alla fine si scopriva sempre che già sapeva cosa stava accadendo, come se avesse programmato anticipatamente la vita di ognuno e le sapesse tutte a memoria. Albus Silente, il preside di Hogwarts, sapeva benissimo dov'era Christe e che cosa le stava capitando. Sapeva anche che i seguaci del Signore Oscuro avrebbero fatto di tutto pur di averla con loro. Il motivo per cui non interveniva, però, forse era oscuro anche a lui… (Ma i Grifondoro sono sempre i più buoni eh, certo. ndA)

Quella notte, di ritorno da “Borgin & Burke”, mentre Lei dormiva profondamente su quel pavimento di quella piccolissima cella in cui si era svegliata dopo l'epica battaglia, compirono l'atto. Lo fece Bill. Un incantesimo di memoria, semplice, efficace, potente. Lei era brillante negli incantesimi. I risultati li avrebbero visti il giorno dopo. E non c'era nessuna garanzia che avrebbe funzionato.




Angolo dell'autrice
Sono proprio una scema, ho messo il capitolo 3 al posto di questo D: Ahah, avete avuto un po' di tempo per leggere il megaspoiler! :D Buona lettura ;)

erislytherin.

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Capitolo 4
*** 03 ⏤ Memories. ***



 

Si svegliò ancora quando era buio. Sentiva una fresca brezza, probabilmente sarebbero dovute spuntare le prime luci dell'alba. Si alzò immediatamente in piedi appena notò dove si trovava e scese le scale, come se conoscesse quel posto da una vita intera. Era ignara di ciò che era successo quella notte: non aveva neanche la minima idea che fosse successo qualcosa. Era solo perplessa, nel vedere che aveva dormito nella cella dei prigionieri e non nel suo bellissimo e molto comodo letto a baldacchino in seta verde e argento, un'esatta copia di quelli di Hogwarts, ma a casa suaScese tutte le scale, attraversò due corridoi e molte stanze, e si trovò in sala, dove aveva intenzione di andare. Sul tavolo c'era già la colazione pronta, e Lucius e Narcissa discutevano già animatamente, incuranti di chi stavano per trovarsi davanti.

—Padre, perché ho dormito nella cella dei prigionieri? — Christe si avvicinò al tavolo e prese del succo di zucca.

Lucius si zittì immediatamente, appena sentì la sua voce; o meglio, la sua prima parola. Si girò molto lentamente con gli occhi semi—sbarrati, ma senza dare alcun segno di eccessivo stupore o perplessità. Narcissa deglutì rumorosamente. A Christe sembrò che avesse quasi paura di Lei.

—Già, anche io sono rimasta scioccata appena mi sono svegliata. Sarà stato l'ennesimo scherzo di Draco nei miei confronti. Voglio che tu lo punisca. Altrimenti lo farò io. Non può sempre fare così. —

Un'altra voce femminile si aggiunse a quella di Christe. —Giorno. — Guardò Bill, che proveniva esattamente da di fronte a lei.

—Ciao. Almeno tu parli, i nostri genitori sembrano pietrificati. —

Bill la guardò e per poco non scoppiò a ridere. Quella notte l'aveva infarcita di così tanti ricordi, che era quasi impossibile tenerli tutti in quella testa.

—Piaciuto lo scherzetto di Draco? — la scherzò Bill, che sapeva perfettamente che non c'era mai stato nessun scherzetto.

—Io prima o poi lo uccido, anche se dovrebbe essere mio fratello. —

Bill si sedette al tavolo e cominciò a fare colazione, tra varie occhiate dei genitori e molte risate trattenute. Sapeva di dover dare parecchie spiegazioni. Con un'espressione alquanto perplessa, Christe fece per andare in camera sua, quando si imbatté in Draco. Il ragazzo non fece nemmeno in tempo ad accorgersi di Christe quando lei, con uno scatto fulmineo, sguainò la sua bacchetta e la puntò sulla gola di Draco, che la fissò imperterrito e con un velo —ma anche più di uno— di paura sul volto. La vigliaccheria si faceva sentire.

—Se solo ti azzardi a farmi un altro scherzo del genere, giuro che ti ritroverai a fare lo sguattero ad Hogwarts come un elfo domestico. E non ti conviene. —

Come se niente fosse se ne andò, lasciando in mezzo al corridoio immobile quello che credeva essere suo fratello. Nel frattempo, Lucius e Narcissa guardavano Bill con sguardo assassino. Le avevano solo chiesto di far credere a Christe di essere una Deatheater, non di farle credere di essere una Deatheater Malfoy. Quello era troppo, sarebbe stato troppo difficile per loro gestire il tutto sotto gli occhi vigili di Silente. Anche uno stupido come Potter si sarebbe accorto che avevano fatto il lavaggio del cervello a sua sorella. E suo malgrado —bè, di Potter, logicamente— non c'era niente da fare per far tornare Christe come un tempo.

—Sarebbe stato più divertente, infatti lo è.—

Bill accennò ad una risata, maledettamente sadica. Lucius si alzò di scatto, sembrava volesse aggredire la figlia. —Non voglio una Potter in famiglia. —

—Lei non lo è più, padre, non capisci? Lei pensa fermamente di far parte di questa famiglia, nella sua testa ha una nuova vita, che parte dall'inizio. L'ho infarcita di tantissimi ricordi, mai accaduti, logicamente, ma lei pensa di sì. Sarà più facile per noi tenerla lontana da Potter se lei pensa che sia il nemico. In più, con un aiuto all'interno del corpo insegnanti… Silente è nostro. —

Eccola, la mente brillante di Bill: se non fosse stata così sadica, spavalda e senza quella voglia di diventare grande e potente, sarebbe stata senza dubbio una Ravenclaw. Lucius e Narcissa si diedero un'occhiata d'intesa, ne avrebbero parlato con gli altri quel giorno, ma senza i ragazzi. Dovevano fare compere per Hogwarts; ahimè, quella era la realtà che li aspettava: Bill non voleva assolutamente andarci. Preferiva occuparsi degli affari oscuri e loschi di Lord Voldemort, con la sua famiglia. Ne avevano discusso più di una volta, e zia Bellatrix era sempre stata a favore dell’idea di Bill di non proseguire gli studi ma diventare a tutti gli effetti una Deatheater. Anche per questo adorava la zia Bellatrix: sicuramente sarebbe cresciuta come Lei, e non era di certo un difetto. Bellatrix era la più fedele e leale fra i Deatheater. Ma non solo fra i seguaci, la zia Bella era la più fedele e leale persona che Bill avesse mai conosciuto.

 

 

—Puah, Diagon Alley. Potrei morire ogni volta che ci vengo. Odio i negozi. E la gente. E la gente nei negozi. — continuò ad esclamare Christe. Era tutto il pomeriggio che diceva cose del genere, si sentiva cattiva nell'animo. Bill aveva sempre quel solito sorrisino sadico impresso sul volto, e Draco non poté fare a meno di sentirsi frustrato di avere un'altra sorella. Continuava a guardarla, più che altro fissarla incessantemente; non si spiegava il fatto di come la sua vera sorella, di certo potente anche lei ma forse non quanto Christe, avesse potuto far credere ad una strega intelligente e forte come Christe che ora fosse una Malfoy. Improvvisamente, quei pensieri si fermarono, e la mano sinistra di Draco si alzò e si posò sulla schiena di Christe, tra i suoi folti e lunghi capelli castani, e poi la fece scorrere fino al suo fianco, in modo da cingerli.

—Christe, c'è qualcosa che dobbiamo dirti, tutti noi. Andiamo da “Borgin & Burke”. — le sussurrò nell'orecchio. Si staccò leggermente. —Vai avanti tu, io e Bill dobbiamo ancora prendere le ultime cose. —

Così velocemente come la mise, tolse quella mano. Guardò immediatamente Bill, che impugnava saldamente la bacchetta, in direzione di Draco. Aveva appena pronunciato la parola ImperioVidero Christe girare verso il sud di Diagon Alley e appena ebbe svoltato l'angolo, Bill scoppiò in una fragorosa risata.

—Oh, Christe, c'è qualcosa che dobbiamo dirti! — canzonò Bill, imitando Draco.

Continuò a ridere così tanto che dovette piegarsi in due.

—Non è stato divertente. — Draco deglutì rumorosamente.

—E perché io sto ridendo, allora? — e continuò, non la smetteva.

Sarebbe stato tutto molto normale, se qualcuno di estraneo li avesse visti: fratello e sorella che ridono allegramente per un sciocco scherzetto. Avevano molto da nascondere, quei due. Riuscirono a raggiungere Christe prima che Lei entrasse, così varcarono la soglia insieme, Draco —suo malgrado— in mezzo a sua sorella e alla loro peggior nemica. All'interno c'erano Lucius, Narcissa, Bellatrix e Severus. Solo loro quattro.

Lucius andò verso i ragazzi con un mezzo sorriso e cinse le spalle a Christe, portandola verso delle sedie. Si sedettero l'uno di fronte all'altro, Bellatrix che continuava a toccare e a spostare tutte le cianfrusaglie di quel posto, Cissy che tentava di farla stare a posto, Bill che ancora pensava allo scherzo precedente e Draco... Draco semplicemente non voleva pensare.

—Christe, vedi, ci sono delle... faccende... che la... nostra... famiglia è stata incaricata di fare. — Il vecchio Lucius parlava molto più lentamente del solito, con quel suo timbro da “dannato”, e la sua voce suadente.

Christe annuiva attentamente. Qualunque cosa le fosse stata richiesta, se era per il Signore Oscuro, l'avrebbe fatta. Qualunque.

—Come ben sai, il Signore Oscuro non è al pieno delle sue, come dire, forze, ecco. —

—Sono pronta se dobbiamo riportarlo nel suo corpo. Se dobbiamo farlo rinascere. Voglio farlo. — lo interruppe Christe, con ritmo incalzante.

Lucius alzò una mano, come per dirle di tacere. Per quanto Christe ricordava, lo faceva sempre con loro...

—E' un lungo processo, non basta farlo... Rinascere, dal nulla. Serve un procedimento, un incantesimo, e siamo tutti d'accordo che devi essere... tu... a compierlo. —

Bill abbassò violentemente lo sguardo. Frustrazione, delusione, rabbia. Erano parole che le balenavano nella mente. Christe annuì, gli occhi illuminati di una nuova luce.

—Quest'anno, ad Hogwarts, si terrà il Torneo Tremaghi. Voglio, noi tutti lo vogliamo, che tu faccia diventare Harry uno dei tre campioni. Ti spiegheremo più avanti il perché e le modalità per farlo. Per ora, devi solo fare questo. Bè, ovviamente... con l'aiuto incessante... dei tuoi fratelli. — Bill e Draco furono trapassati dà un'occhiata malefica.

—Ti andrebbe di farlo? Per il Signore Oscuro? – le chiese Lucius, quasi come se non riuscisse ancora a credere che l’incantesimo di Bill aveva funzionato. A tutti gli effetti. Non riusciva ancora a capire: sua figlia era davvero così potente? Lo era sempre stata? O era tutta una tattica di Christe, che in realtà era perfettamente cosciente?

—Per il Signore Oscuro questo e altro. – disse risoluta la ragazza.

Lucius si tirò su le maniche della tunica e si strofinò le mani, impaziente di procedere nel piano. Gli occhi di Christe balenarono all’avambraccio sinistro del padre, e una domanda le sorse spontanea.

—Padre, mi stavo chiedendo... Perché io e Draco non abbiamo il Marchio Nero? — gli sussurrò, in modo da non far sentire a tutti. Anche se era abbastanza impossibile, dato che l'unico rumore che si poteva percepire erano i loro respiri.

—Il Signore Oscuro è molto debole, ma sono sicuro che appena ti vedrà, non vedrà l'ora di marchiarti. — Lucius si alzò, senza far alcun accenno al Marchio di Draco.

Lasciarono tutti Notturn Alley e tornarono a Malfoy Manor tramite Metropolvere, per preparare i bagagli.

Tra tre giorni sarebbero dovuti partire per Hogwarts, e Christe era determinata a diventare una vera e propria Deatheater prima di ciò, anche se già se lo sentiva nell'anima di essere parte della cerchia. Sentiva davvero di appartenere totalmente a quel mondo, che non c’era assolutamente nulla di strano o di anormale. Come mai però quella mattina i suoi genitori si erano comportati in quella maniera strana? Come se avessero quasi paura di lei, se la temessero, come se fosse stata un'estranea? Sarà stata la mia immaginazione. E con quello strano pensiero in testa, si addormentò tra le morbide lenzuola di seta del suo letto a baldacchino.




Angolo dell'autrice
Volevo come al solito ringraziare tutti coloro che mi hanno recensito, siete davvero fantastici! :D Come promesso, ho postato il capitolo prima di quanto mi aspettassi, perchè ho scritto parecchio in questi giorni; ve l'ho già detto che le ore di filosofia o storia sono fantastiche per “prendere appunti”? ;)
Un ringraziamento speciale va a quella burlona di Nathair, ovvero la mia compagna di banco, che aveva recensito senza dirmi di essere lei! Lei è un po' la Musa ispiratrice, quindi è anche grazie a lei se ora posso scrivere e postare questa ff. :)
Andate a leggere un po' anche la sua meravigliosa storia ;)
Grazie ancora per aver iniziato e continuato a seguire la mia storia, sarò ripetitiva, ma è davvero importante per me!

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Capitolo 5
*** 04 ⏤ Irreparable. ***


Angolo dell'autrice
Oddio, lo so, lo so. Quasi due mesi dall'ultimo capitolo ma voi non immaginate neanche quanto sono stata presa dalla scuola! Sicuramente in queste vacanze scriverò come un treno, e posterò ogni settimana, lo prometto! :D Spero che non vi siate scordati di me, o della mia storia, e spero che nonostante il tanto tempo trascorso vi piaccia ancora come un tempo. E ricordate, accetto anche le critiche, quindi per qualunque cosa, io sono qui, pronta, a leggere le vostre recensioni :3
Buona lettura ;D




 

Bill continuava ad andare avanti e indietro per la stanza. Guardava il grande orologio a pendolo della sala, che segnava mezzanotte meno cinque minuti. Fissò per un attimo Draco, seduto su una sedia, intento a guardare insistentemente il pavimento.

—Quando pensi finirà? — Bill era impaziente, e si sentiva anche un po' in colpa. Ma non era solo quello. Insomma, stava facendo marchiare una tra le più potenti streghe di quel periodo. Ed era anche un'Auror; chissà che avrebbe detto Potter una volta scoperto, quando sarebbe arrivato il momento dell'incontro con sua sorella. Ma non era solo quello.

—Bill, calmati, per favore. La cerimonia avveniva a mezzanotte alla dimora dei Riddle, mi sembra stupido da parte tua pensare che potrebbero arrivare da un momento all’altro. —

Esclamò Draco, spazientito a sua volta dall'impazienza di sua sorella. Attesero così per almeno mezz'ora, pensando, sbuffando, stando in silenzio. A quel punto, sentirono un rumore di passi tipicamente femminile. Neanche il tempo di pensare chi fosse, che Christe spuntò, indossando un lungo mantello nero. Era molto seria, ma anche molto eccitata e determinata; sentiva il sangue che pulsava violentemente nelle vene e gli occhi infuocati. Li alzò e guardò i fratelli con sguardo magnetico. Si alzò lentamente la manica del braccio sinistro; Bill e Draco la guardavano con molto interesse, soprattutto Draco. Lui non era stato marchiato... Ma non era solo quello.

Alzò la tunica fino al gomito, sulla pelle pallida c'era un tatuaggio nero lucido: un teschio e un serpente che usciva dalla sua bocca, e danzando si attorcigliava e finiva all'altezza del polso. Christe portò il braccio vicino al viso e, chiudendo gli occhi, ne annusò l'odore. Sapeva di inchiostro fresco, sangue e terrore. Poi, sempre con la medesima calma, ripose il braccio al suo posto e si andò a sedere sul divano, osservando i fratelli. Draco la raggiunse in un battibaleno, senza guardarla; istintivamente guardò Bill, ma non c'era nessuna aria di “Imperio” in quella stanza. Deglutì rumorosamente.

 

 

Londra, 1 Settembre. Per quasi tutte le persone del mondo poteva non significare niente. Era semplicemente l'inizio di un nuovo mese. Ma per streghe e maghi di età compresa fra gli undici e i diciassette anni era il giorno di tornare a scuola. Sì, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Draco si stupì, e non poco, quando vide che l'armadio di Christe nella stanza delle due non—sorelle era pieno dei suoi vestiti ed effetti personali. Certo che Bill aveva pensato proprio ad ogni cosa. Già, quella camiciola bianca a righine verde smeraldo che Christe aveva appena indossato se la ricordava molto bene, lui.

Volarono fino a King's Cross, facendo attenzione a non essere visti, anche se i babbani erano troppo stupidi per potersi accorgere che qualcosa volava sopra le loro teste. I loro bauli li aspettavano già sull'Hogwarts Express, nel loro scompartimento, quello che tutti avevano denominato “Lo scompartimento degli Slytherin”. O meglio, così era chiamato: ciò che tutti erano portati a pensare era “Lo scompartimento dei Deatheater”; ma questo non potevano dirlo.

Bill e Draco continuavano a lanciarsi sguardi d'intesa; ora il lavoro sporco toccava a loro. Dovevano fare in modo che Harry non la notasse, ma questo era abbastanza impossibile. Almeno che non si parlassero durante il viaggio. Non dovevano mai lasciarla da sola.

Si guardarono un po' intorno, erano le undici meno dieci minuti, quando Draco scorse in lontananza Harry Potter e i suoi due amici, che aveva sempre attaccati come la colla: Ronald Weasley, un patetico mago che proveniva da una famiglia non benestante come i Malfoy, capelli rossi e toga di seconda mano; ed Hermione Granger, una strega tutto cervello e niente altro, capelli castani crespi e arruffati sopra la testa, sempre in cerca di modi per far prevalere la propria intelligenza.

Fu proprio lei, infatti, a fare segno a Potter di guardare verso i Malfoy. Gli tirò la manica del maglione, con un'espressione esterrefatta. Potter e Weasley si voltarono nello stesso momento, ed ebbero la stessa reazione. Harry stava già scattando verso la sorella, quando Draco spinse Christe sul treno appoggiandole la mano sul fianco.

—Andiamo dentro, prima che prendano il posto vicino al finestrino. Sai che è mio. — accennò ad un sorriso, debole e poco marcato.

—E sai che l'altro è mio. —

Si guardarono per un attimo e poi si diressero verso il loro scompartimento, vicino alla testa del treno. Si sedettero l'uno di fronte all'altra, ed erano soli. Draco stava pregando che sua sorella arrivasse il più presto possibile. Non aveva intenzione di stare solo con leiBill era ancora sul binario, in mezzo alla stazione, ad aspettare la reazione di Potter. Lui la guardava con sguardo assassino, e quando riuscì a scansarsi da Ron e Hermione —che sapevano ogni cosa—, andò con passo veloce verso di lei e le puntò la bacchetta addosso.

—Cos'hai fatto a mia sorella? — le sussurrò.

Bill sorrise e con la mano abbassò la bacchetta di Harry.

—Sta molto meglio, ora che non ha più nessun tuo ricordo, fidati Potter. — e con un ghigno salì sul treno, arrivando nello scompartimento e trovando Draco e Christe che tentavano di non guardarsi molto insistentemente. Si sedette vicino a Draco, la presenza di Christe la faceva ancora un po' irritare.

Arrivarono anche i loro amici Slytherin: Theodore Nott, Blaise Zabini, Tiger e Goyle, Pansy Parkinson. Erano solo nomi e visi nelle tre teste dei Malfoy. Bill notò la faccia sconvolta di tutti i presenti appena si accorsero che c'era anche Christe Potter. Draco fece segno che dopo avrebbe spiegato loro ogni cosa. Tutto sommato il viaggio sull'Espresso andò bene; Potter non venne, Bill era molto preoccupata che ciò fosse accaduto. Ma l'unica persona che ebbe il coraggio di passare fu "Qualcosa dal carrello, cari?", che appena guardò chi c'era dentro se ne andò.

 

 

—Harry, non farlo. Ti spiegheremo tutto noi...— Era l'ennesima frase di Hermione, che però ora ebbe effetto. Harry si risedette al suo posto, vicino a Ron, accanto al finestrino.
—...Voi? Come potete farlo...? Sapevate qualcosa e non mi avete detto nulla? —

Hermione e Ron si guardarono e abbassarono lo sguardo immediatamente. La Granger chiuse la porta dello scompartimento e guardò prima Ron poi Harry.

—Hanno rapito Christe, quella notte, a Malfoy Manor, durante il combattimento, come sai. Ma Silente pensava l'avessero uccisa, invece hanno fatto qualcosa di peggio...—
—Se l'avessero uccisa non sarebbe rimasto più niente della mia famiglia. Cosa può esserci di peggio? —
—Hanno fatto esattamente questo, l'hanno tolta dalla tua famiglia. Harry, non l'hai vista? Come stava con Draco, Bill... Sembrava a suo agio. —

Hermione non voleva dirgli tutto subito. Voleva far arrivare l'amico alla conclusione da solo... Non voleva sputargli in faccia la verità. Ma si sa, gli uomini sono molto meno delicati.

—Le hanno fatto il lavaggio del cervello, Harry. Le hanno modificato la memoria. — esclamò Ron all'improvviso, come se si volesse togliere un peso sullo stomaco.

Harry ricevette queste parole come se fossero lama tagliente. Un pugnale esattamente al centro del petto. A differenza di quanto lei pensasse, Harry teneva molto a sua sorella, e non si capacitava di come tutti avessero enormi pregiudizi su di lei a causa della Casa dov'era finita. Slytherin non sfornava solo maghi oscuri, e Christe ne era la prova: almeno, fino a poco tempo fa...

—Sempre delicato, Ronald. — commentò Hermione. —Comunque sì, è così. Silente dice che Bill le ha fatto un incantesimo potentissimo, magia oscura di alto livello. Ho cercato qualche informazione sull'argomento ma non ho trovato nulla. Le sta facendo credere di essere una Deatheater, Harry! E... Una... Una Malfoy. — Hermione deglutì.

Harry rabbrividì. Al solo pensiero che sua sorella credeva di essere parte di una famiglia del genere... Gli faceva ribrezzo.

Ron si avvicinò all'amico. —Non si sa come, ma Silente pensa che forse Tu—Sai—Chi l'ha anche...—

Harry ci era arrivato. Non voleva crederci. Non poteva essere vero. Com'era potuto accadere? Perché non erano andati a salvarla? Perché Silente non aveva fatto nulla?

—...Marchiata. E' ufficialmente una di loro, quindi. L'ho persa per sempre. — sussurrò.

 

 

Il viaggio fu molto lungo e noioso. Per qualche strano motivo —o qualche strano incantesimo— Draco e Christe erano seduti vicini. La ragazza era stata in silenzio per quasi tutto il viaggio, solo Bill sembrava abbastanza sollevata da poter interloquire con i compagni. Il minore dei fratelli Malfoy faceva finta di guardare fuori dal finestrino. In realtà fissava Christe e si chiedeva come si sentisse. Non si ricordava della sua vita, ne stava vivendo una nuova, aveva anche un Marchio Nero quando prima combatteva contro chi ne aveva uno. Si domandava se nel profondo si sentisse a suo agio, o se non voleva essere cattiva, o se era stata obbligata da Voldemort ad avere il Marchio Nero. Si chiese se ne sentisse il peso, l'importanza, se il serpente che le strisciava sotto la manica sinistra le procurava un certo fastidio...

Ad interrompere questi pensieri, però, fu l'Espresso, che si fermò tutto d'un tratto. Erano arrivati. Si alzarono tutti e infilarono le loro divise. Uscì prima Bill dallo scompartimento, per assicurarsi che Potter non arrivasse. Bloccò l'uscita a Christe e a Draco, cominciando a blaterare senza senso su chi poteva essere il nuovo professore di Difesa Contro Le Arti Oscure, dopo che Remus Lupin si era licenziato lo scorso anno. Fece uscire tutti quanti dal treno, e poi scortò i due fratelli all'uscita, sempre prestando attenzione. Era molto agitata, e pensava che non ce l'avrebbe fatta per tutto l'anno a compiere il suo dovere, soprattutto se Draco rimaneva lì imbambolato lontano da Christe.

Arrivarono alle carrozze, che per quasi la maggior parte delle persone erano trascinate dal nulla assoluto. Lei, così come Christe, Draco, e chiunque avesse visto morire qualcuno, vedeva degli eleganti Thestral legati alle carrozze. Raggiunsero la Sala Grande in poco tempo, nel momento esatto in cui il Cappello Parlante stava finendo di cantare. Cominciarono ad avviarsi verso il loro tavolo, ma ovviamente, in quel momento, c'era troppo silenzio. Si sentivano infatti rimbombare per tutta la Sala i loro passi. Tutti si girarono verso di loro, Albus Silente già li fissava da un po'.

Harry fu l'unico che abbassò la testa, per poi rivolgere uno sguardo pieno di rabbia verso Bill, che sogghignò leggermente. Christe diede un'occhiata fugace al tavolo dei Gryffindor, scorgendo lo sguardo triste di Weasley. Girò quasi subito la testa in avanti, chiedendosi perché avesse guardato verso di lui. Si sedettero velocemente e il preside con un colpo di tosse raccolse di nuovo l'attenzione dei presenti. Spiegò come al solito le regole generali della Scuola, quando all'improvviso fu interrotto da un tuono, e le porte della Sala Grande si spalancarono.

Entrò un uomo con un mantello, che zoppicò rumorosamente verso Silente. Il suo volto era pieno di enormi cicatrici, ma la cosa più interessante erano gli occhi: uno era normale, l'altro era bianco con al centro un iride blu lucente, fissato come una benda. Si strinsero la mano e poi Silente avvertì tutti che quello era il nuovo professore di Difesa Contro Le Arti Oscure, Alastor Moody, detto Malocchio.

Christe sorrise debolmente. Lei sapeva tutto, al contrario di Bill, alla sua destra, che guardava lo straniero, e Draco, alla sua sinistra, che cercava di capire che cosa volesse dire quel sorriso.

Silente riprese a parlare. —Come stavo dicendo, nei prossimi mesi avremo l'onore di ospitare un evento assai emozionante, un evento che non ha luogo da più di un secolo. E' con grandissimo piacere che vi informo che il Torneo Tremaghi quest'anno si terrà ad Hogwarts. Il Torneo Tremaghi è una competizione di magia fra tre grandi scuole: Hogwarts, Beauxbatons e Durmstrang. Viene scelto un solo mago per ogni scuola, e i tre campioni si sfideranno in tre prove magiche. Le due scuole arriveranno ad Ottobre, e ad Halloween si eleggeranno i tre campioni. —

E continuò e continuò, dando informazioni che molte persone ritenevano importanti.

—...Il limite di età per i partecipanti è dai diciassette anni in su, e... –

Si alzò una rumorosa protesta quasi subito placata dal tono di voce di Silente.

—...Un giudice imparziale deciderà i campioni... –

E ancora e ancora e ancora. Ai fratelli Malfoy questo non interessava. Avevano altre cose con cui occupare la loro mente. Furono ben felici, infatti, quando il preside annunciò che era l'ora di andare nei propri Dormitori.

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Capitolo 6
*** 05 ⏤ Green. ***


Angolo dell'autrice
*Chiede umilmente venia*
Lo so, l'ultima volta che ho postato è stata il 7 Dicembre, e sono passati quasi due mesi D: Ma il tempo è davvero poco, sono stata male tanto durante questo inverno e non ho scritto molto D: Settimana prossima c'è la settimana dei recuperi nella mia scuola, dove chi non ha debiti (tipo io, ecco) esce tutti i giorni alle 12 (fuck yeah!) e non fa niente, sostanzialmente. Quindi scriverò tantissimo, anche perché ho tante tante tante cose in mente! In questo capitolo ci sono dei punti dove non capirete molto, e nei prossimi capitoli non verrà spiegato tutto subito. Ma nell'impostazione che ho io in testa, fidatevi, un giorno scoprirete tutti gli arcani ;) Grazie mille a tutti quanti per recensire o solo anche leggere la mia storia! Lo ripeterò fino alla nausea! Bè, ora vi lascio al capitolo ;)
Buona lettura!




 

Erano passate settimane dall'inizio della scuola. Gli studenti avevano ripreso le solite lezioni, tutto era tranquillo. Ovviamente, c'era un velo di preoccupazione e agitazione in vista del Torneo Tremaghi. Tutti —o almeno quasi— aspettavano Ottobre con trepidazione. Insomma, non era da tutti i giorni ospitare un evento magico così importante.

Christe sapeva esattamente cosa doveva fare. Aveva ripassato tutto il piano nei minimi dettagli, fino alla fine, considerando tutti i modi possibili in cui si poteva svolgere. Ma aveva bisogno di consultarsi con zia Bellatrix. Era l'unica con cui Christe se la sentisse di parlare di una cosa tanto importante.

Bill e Christe stavano frequentando la lezione di Pozioni, in quel momento solo, ahimè, teorica. Christe odiava le lezioni teoriche... Se si chiama Pozioni è perché bisogna farle, non studiarle su un libro. Lanciò a Piton uno sguardo di disprezzo. E molto probabilmente non era solo per la lezione... Prese tutto ad un tratto un foglio di pergamena, intinse la penna d'oca grigiastra e marroncina nell'inchiostro e cominciò a scrivere:

 

“Per B.L.

28 Settembre, ore 4.30am, camino della Sala Comune. E' urgente.

C.M.”

 

Infilò la lettera nella sua borsa e continuò a seguire la lezione, incurante dello sguardo penetrante di Bill. ...C'era sicuramente qualcosa che le stava nascondendo.

Tra un pensiero e l'altro, le lezioni per quel giorno terminarono. Le due sorelle stavano attraversando il cortile per raggiungere la biblioteca, quando videro Potter e i suoi patetici amici di fronte a Draco, Tiger e Goyle.

Stavano discutendo, o meglio, Draco insultava Weasley, com'era suo solito fare. Non che ci si poteva comportare diversamente con Weasley, sia chiaro.

—E c'è anche la foto, Weasley! —

Il biondo si riferiva ad un articolo della Gazzetta del Profeta, probabilmente sulla famiglia Weasley. Christe e Bill, che stavano in disparte ma ascoltavano interessate la scena, videro sul giornale la foto di Arthur e Molly Weasley, i genitori di Ron e di altre migliaia di figli rossi e inutili come lui, a “casa” loro.

—Bè, sempre che si possa chiamare casa! — continuava a schernirlo.

Ron era fermo impassibile. Che altra reazione poteva permettersi?

—Vai al diavolo, Malfoy. — disse ad un certo punto Harry, pieno di risentimento nei suoi confronti. Non solo a causa di Ron, ma soprattutto di tutto il dolore che provava per Christe. Ma questo poteva saperlo solo lui...

—Oh, certo, sei stato da loro quest'estate, vero, Potter? E dimmi, sua madre è davvero così grassa o è solo la foto? — Draco e i due amici cominciarono a ridere di gusto.

—Hai presente tua madre, Malfoy? —

A questa affermazione di Harry, Bill e Christe si avvicinarono meccanicamente a Draco, sempre rimanendo però dietro a Harry, Ron e Hermione.

—Quella faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l'ha sempre avuta o è solo perché era con te? — continuò Potter.

Le due sorelle scattarono.

—Vediamo, vediamo un po', Potter. Prima di schernire le madri altrui, dovresti pensare alla tua, di madre. — esclamò Bill, più acida di una vipera.

Draco si girò di scatto verso Bill, e lei fece lo stesso. Aveva fatto una mossa troppo azzardata. Christe e Harry erano esattamente l'uno di fronte all'altra.

—Ma come può farlo, Bill? — cominciò Christe, guardando la sorella. Spostò poi lo sguardo verso, bè, suo fratello, aggiungendo: —...E' morta. —

Nell'istante in cui i suoi occhi verdi incontrarono gli occhi verdi di Potter, fu scossa da un brivido, e un lampo di luce altrettanto verde le riempì la mente. Strizzò più volte gli occhi come per togliersi quell'immagine dalla testa e, dopo poco, cominciò a camminare verso di lui, a testa alta, non che la distanza fosse molta; poi lo urtò con una spalla, con superbia, e camminò sempre più velocemente, superando il trio e arrivando in biblioteca più veloce della luce.

 

 

Due giorni dopo era il 28 settembre, giorno dell'incontro con zia Bellatrix. Christe sarebbe andata a dormire, per poi sgattaiolare fuori dalla camera all'orario prestabilito. Non aveva ricevuto nessuna lettera di risposta, ma sapeva benissimo che il messaggio era stato ricevuto dalla persona giusta.

Era troppo in fermento, non riusciva a seguire la noiosa lezione di Cura delle Creature Magiche di Hagrid. Ma un evento inaspettato sviò per un attimo i suoi pensieri dal trepidante incontro: gli Slytherin e i Ravenclaw stavano lavorando molto allegramente con degli Schiopodi Sparacoda, inutili esseri simili ad aragoste, quando si sentì una risata fragorosa partire da Christe. Stava guardando come Bill maneggiava destramente uno Schiopodo, gli toccava il dorso e arrivò alla coda senza accorgersene, e questa scoppiò, provocando alla Deatheater un taglio sul palmo sinistro. Hagrid si girò immediatamente, e, correndo allarmato verso la Malfoy, cominciò a sbraitare e ad agitarsi. La prese per il polso e la portò vicino alla sua capanna. Gli studenti stavano facendo molto casino perché alcuni Schiopodi erano scappati dalle loro vasche. Erano presi dal panico, e Hagrid non sapeva esattamente cosa fare. Alzò il viso verso la collinetta che portava al Castello, e, nemmeno a farlo apposta, il Trio delle meraviglie, Potter — Ron — Hermione, apparve magicamente. Hagrid si illuminò; cominciò ad urlare i loro nomi e a invitarli ad andare vicino a lui.

Il ragazzo dagli occhi verdi si diresse verso di loro, ma appena vide Bill e Christe rallentò; non voleva vedere sua sorella, non dopo il loro incontro – scontro con Draco e non se c'era Bill. Aveva bisogno di parlarle, voleva dirle tutta la verità, voleva riaverla.

—Harry, Harry più vicino! Com'è la cura per un taglio dello Schiopodo? — chiese Hagrid, sempre con quel fare da contadinotto.

—Dovresti saperlo tu, insegnante. — rispose Bill, prima che Potter potesse anche solo aprir bocca, annoiata per tutta quell'inutile scenata.

—Hagrid, deve essere portata in infermeria! —

—Oh, hai ragione Hermione. Ma come faccio, insomma...— e cominciò a guardarsi in giro —gli Schiopodi, la lezione... Ron, Hermione, Christe, datemi un aiuto con questi affarini. Harry, tu portala da Madama Chips. —

Potter strabuzzò gli occhi, così fece anche Bill. Christe semplicemente scoppiò in una gelida risata di disgusto, una risata degna di Bellatrix.

Hagrid fece segno ad Harry di andare via, incurante delle frasi di Bill come: —Posso farcela anche da sola! —

Ma il ragazzo non poté fare a meno di seguirla. Arrivarono in infermeria, ma Madama Chips non c'era.

—Ah, inetti professori di Hogwarts. — sbuffò Bill, e si sedette su di un letto, erano tutti vuoti, stranamente.

—Se non ti piace questa scuola nessuno ti costringe a restare. —

—Purtroppo per te, quest'anno ho uno scopo ben preciso da conseguire, quindi devo rimanere qua. —

—E cosa sarebbe, rubare le sorelle? —

—Sta solamente meglio senza di te, Potter, finiscila. E anche tu, dì la verità: ora sei il Prescelto, il solo. —

Harry abbassò lo sguardo. —No. Ora sono solamente solo. —

—Oh, povero cucciolo! — la ragazza scoppiò in una risata nervosa. Non voleva stare lì con lui, non voleva che le chiedesse nulla, non voleva parlare di Christe.

Avrebbe invece voluto affrontarlo, combattere, ucciderlo. Ma sapeva che non doveva, non adesso, lui serviva ancora. Ma soprattutto sapeva che non poteva; e ciò la faceva sentire estremamente inutile.

Cominciò a pensare se anche lui sapeva della profezia; ma come può? si disse. In realtà, anche lei non doveva esserne al corrente. Ne era venuta a conoscenza casualmente, mentre era in corso una riunione a Malfoy Manor, due anni prima. Dopo l'ennesimo attacco da parte degli Auror nei confronti dei Malfoy, i suoi genitori erano più screditati che mai al cospetto di ciò che rimaneva di Voldemort. Così suo padre fece di tutto per riacquistare rispetto per la sua famiglia: viaggiò in lungo e in largo, si documentò, cercò di tutto per poter far rinascere l'Oscuro Signore e sconfiggere una volta per tutte Potter. E dopo mesi, trovò un piccolo indizio, una piccola profezia. "E il Prescelto sconfitto sarà solo dal sangue del suo sangue." Se tutto ciò fosse vero o meno, la ragazza non poteva dirlo. Sta di fatto che l'Oscuro Signore aveva preso la faccenda molto seriamente... Motivo per cui ora Christe era esattamente dove si trovava.

—Dimmi solo una cosa. Solo una, e poi non chiederò più niente a te, o a Draco. —

Bill annuì  distratta e svogliata.

—E' davvero stata marchiata da Voldemort? E' davvero una di voi? —

A Harry mancava l'aria solo a pensare a una cosa del genere, figuriamoci a chiederlo alla Deatheater di Hogwarts per antonomasia. E figuriamoci a sapere se era vero.

Bill lo guardò con disgusto, come faceva ogni volta. Provava un odio innato per lui, esattamente come per Christe. Anzi, con Christe era ancora più forte; quel legame che aveva sentito quando l'aveva toccata per la prima volta, solamente un mese prima circa, a casa sua, continuava a sentirlo ogni volta che si guardavano, si parlavano. Si chiedeva più volte se anche lei sentisse qualcosa del genere.

Bill si alzò e guardò Harry. —Si, lo è. Ma prima che tu possa pensare a qualche controllo della mente o simili, fermati. Io ho tolto il tuo ricordo. Non le ho immesso la mia fede o la mia dedizione al Lato Oscuro. Se lei ora ha questo,— si alzò la manica sinistra e mostrò a Potter il Marchio, nero sbiadito dovuto alla mancanza di Voldemort —è solo perché l'ha voluto lei. Nessuna maledizione, nessuna costrizione. Se Christe è stata smistata fra gli Slytherin, un motivo ci sarà. È vero, non tutti sono cattivi... Ma a quanto pare lei è davvero una di noi. —

Superò Harry, ancora scioccato da tutto quel veleno nelle parole della ragazza, sbattendo la spalla contro di lui. Prese delle bende e, mentre si fasciava la mano, se ne andò, a testa alta.

Il ragazzo dagli occhi verdi la guardò per un attimo mentre camminava altezzosa per il corridoio. Quando sparì dietro l'angolo, diede un pugno al vaso sul comodino di fronte a lui, urlando e facendolo cadere. Poi si sedette per terra, arrabbiato e deluso, facendo cadere sul pavimento due lacrime amare.

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Capitolo 7
*** 06 ⏤ Nightmare. ***



 

Al termine delle lezioni scesero tutti in Sala Grande per la cena. Bè, tutti tranne Bill, che era stata avvistata da Madama Chips ed era dovuta tornare in infermeria per qualche altra ora. La ragazza non la considerò una grande sfortuna, visto che almeno Potter se n'era andato. Quindi Christe e Draco fecero la loro entrata in Sala Grande da soli.

Si accomodarono al solito posto, e in un attimo Blaise Zabini, Pansy Parkinson, Tiger e Goyle si avvicinarono a loro, cominciando a blaterare cose senza senso sul Torneo Tremaghi. Christe guardò Draco mentre lui era intento a parlare con il suo amico Blaise, e rimase a fissare quei suoi occhi grigi, così cupi, così ingannevoli, così preoccupati e che non facevano trasparire sentimenti o emozioni di alcun tipo. O almeno, non a chi non lo conosceva abbastanza bene.

—C'è qualcosa che non va, Christe? —

Per un momento, avrebbe voluto parlargli di quello che le era capitato con Potter. Ma tutto ad un tratto si dimenticò di ogni cosa e si fermò su un pensiero: preferiva di gran lunga quegli occhi grigi a quelli di Harry...

Scosse la testa. —Tutto normale, nella sua anormalità. —

Draco la fissò, soffermandosi particolarmente sulle sue labbra carnose incurvate in un leggero sorriso.

—...Mi sono persa qualcosa? —

Entrambi sobbalzarono e si girarono di scatto, e videro l'ultima sorella Malfoy in piedi, con la mano destra appoggiata sulla sedia di Draco, e la sinistra, quella fasciata, su quella di Christe.

—La cena è appena iniziata, siediti qui, Schiopoda. — esclamò Christe, che si mise a ridere. Oh, di certo quell'infortunio non gliel'avrebbero fatto passare bene.

Draco non poté fare a meno che ridere a sua volta, dando il cinque alla non—sorella.

La Deatheater con una mano fasciata si limitò a lanciare uno sguardo fulmineo a tutti e due che, secondo lei, erano ancora troppo vicini.

 

 

Christe e Draco erano seduti l'uno di fronte all'altro, in silenzio, su due divanetti verde smeraldo della Sala Comune degli Slytherin. Erano poco più delle nove di sera ed erano soli. Si sentivano solamente il rumore delle onde, dovuto alla vicinanza al lago di Hogwarts, lo scoppiettio del fuoco del camino, che riscaldava amorevolmente l'atmosfera, e le penne d'oca dei due Malfoy che scivolavano elegantemente sui fogli di pergamena.

Stavano facendo compiti su compiti di Trasfigurazione da tutta la sera, solo per colpa dell'odio che la McGranitt provava per la loro Casa... O meglio, la loro fede.

—'Sera! —

Si spaventarono entrambi all'esclamazione di Blaise Zabini, che arrivava con Bill dalla Sala Grande. Il ragazzo si sedette accanto a Christe e cominciò a guardare i suoi compiti.

—Mi fa schifo la McGranitt. Anche a voi del quinto anno ha dato compiti in più? —

Bill si stupì per un attimo, mentre si sedeva sul bracciolo del divanetto dov'era seduto Draco. Perché per Blaise era normale che Christe si trovasse lì?

Mentre loro discutevano sulla scuola, Draco scrisse su un foglio: “Gliel'ho detto. Poi ti spiego.” La sorella annuì impercettibilmente.

Christe continuava a muovere nervosamente la gamba. Voleva che l'orario stabilito per l'incontro con zia Bellatrix arrivasse presto, voleva stare da sola in quel momento. O per lo meno, non con Blaise e Bill...

Come se l'avesse letto nella mente, Blaise si alzò. —Io vado a letto. Tiger ha rubato delle caramelle Tutti i gusti +1 poco fa, vediamo chi becca quella al sapore di vomito! Draco, vieni con me? —

La falsa Malfoy alzò leggermente lo sguardo dalla pergamena per un attimo e incrociò i meravigliosi occhi grigi di Draco. Quando vide che il biondo si stava alzando, abbassò nuovamente lo sguardo e tornò a fare i compiti.

Se ne andarono salutando, e il silenzio calò di nuovo in quella stanza.

Bill non voleva andarsene; o almeno, non senza la sorella. Sapeva che stava tramando qualcosa, e voleva scoprirlo a tutti i costi. E fremeva nel chiederle cosa stesse succedendo con Draco; c'erano troppi sguardi o parole non dette fra loro due, e aveva paura che tra di loro... Fu scossa da un brivido di disgusto.

Christe, a sua volta, voleva raccontare alla sorella di Potter. Di quando aveva visto quella luce verde inondarle la mente.

Ah, se i loro pensieri si fossero potuti sentire! In quella stanza ci sarebbe stato un gran fracasso.

—Bill. — disse Christe con un filo di voce.

La Malfoy alzò lo sguardo e la guardò eloquente.

—Ti ricordi quando abbiamo affrontato Potter, Weasley e Granger per difendere Draco? —

Lei annuì, ma Christe non parlò. Si prese dei minuti di silenzio.

—Ho incrociato gli occhi di Potter e… —

—Cos'è, ti sei innamorata di Potterino? — esclamò Bill, e cominciò a ridere; era molto brava a fuorviare dal discorso principale.

—Bill, sono seria! — disse in un soffio Christe.

La sorella la guardò eloquente, come per dire di continuare.

—Non so cosa fosse ma... Ho sentivo come un legame. E ho visto una luce verde. —

Caspita. Dette così, quelle parole assumevano un tono insignificante. E la risata di Bill le fece sembrare ancora più senza senso.

—Bill, sono seria! —

Lei continuò a ridere.

—Non hai un minimo di ironia, Christe. — Si alzò, squadrandola.

—Me ne vado a dormire, cosa che dovresti fare anche tu, prima che alcuni studenti possano sospettare che tu stia tramando qualcosa. —

Le lanciò un'occhiata eloquente e se ne andò. Ma non l'avrebbe lasciata lì, sola, ancora per molto. Sicuramente l'avrebbe spiata. Si diresse con passi lenti verso camera sua e si sdraiò sul suo dolce letto, cercando di non chiudere occhio. Anche se il rumore delle onde era alquanto rilassante... Nel frattempo, Christe si trovò immersa in un inquietante silenzio. L'orologio della Sala Comune segnava appena le 10 PM. Che cosa avrebbe fatto per sei ore ancora? Sbuffò e si sdraiò sul divanetto, mentre la luce del camino si affievoliva e i suoi occhi si facevano sempre più pesanti...

 

 

Si trovava in un luogo inquietante. Probabilmente una stanza.

Era tutto scuro, buio, silenzioso. Non c'era la minima luce, non si vedeva nulla. E non si ricordava perché in realtà fosse lì. A dire il vero, non riusciva a pensare. Non sapeva che cosa pensare. Tutto ad un tratto, luce. Proveniva dalla grande porta della piccola stanza. Due figure nere entrarono da essa. Era certa fossero un maschio e una femmina, non sapeva perché ma lo intuiva. Sul petto del maschio spuntava una rosa bianca.

Alzarono le maniche sinistre di quello che doveva essere un mantello, e la pelle nuda presentava un tatuaggio. Un teschio ed un serpente. Ah, lo conosceva molto bene quel Marchio...

Si stava alzando per andare verso di loro, quando, improvvisamente, la stanza si allargò e divenne tutto bianco. Dalla parte opposta alle due figure, apparvero due bambini: la bambina aveva lunghi capelli ricci castani, gli occhioni verdi che incrociavano quelli altrettanto verdi del fratello minore.

La rosa cadde dal petto del ragazzo in mantello nero e si frantumò, come se fosse stata di vetro. E poi...

Un boato.
Una luce verde.
Una figura incappucciata.
Morte.

 

 

Si svegliò di soprassalto. Sentiva un leggero brusio, ma poi un rumore decisamente più forte la fece quasi ribaltare dal divano.

Si alzò e si guardò in giro, non vedendo nessuno.

—Sono qui, alla buon’ora! — Christe si girò velocemente verso il camino, dove una voce infastidita aveva appena schiacciato il silenzio.

—Bellatrix? — mormorò stupita la ragazza. —Ma come...? —

—Oh, ma come ma come ma come! — piagnucolò la voce.

Christe si sedette davanti al camino. Era attonita: vedeva il viso di Bellatrix attraverso le fiamme.

—Non ho molto tempo, quindi muoviti e dimmi cosa devi dirmi. Su! —

—Il piano è cambiato. Ho ingaggiato un altro Deatheater per svolgere il compito che avrei dovuto svolgere a Hogwarts. Ma per quanto riguarda i dettagli... Sono rimasti gli stessi. Sai cosa intendo. —

Bellatrix guardò eloquentemente Christe.

—Molto bene. Avviserò l'Oscuro Sign...—

—Oh, non ce n'è bisogno. E' già al corrente di ogni cosa, anzi, ha voluto intervenire personalmente in questa faccenda. Ovviamente, si è rivelato soddisfatto, e si è congratulato con me per la scelta effettuata. In fondo, sarò molto meno esposta di quanto non lo fossi nel piano originario. —

La Deatheater nel fuoco si irritò. —Il Signore Oscuro è intervenuto senza avvisarmi? Ah, sentiamo, se posso sapere, chi sarebbe questo giovane Deatheater a cui è permesso prendere il posto di Christe Malfoy? — le parole uscirono in un sussurro maligno, seguito da un sorriso mefistofelico.

—Il figlio del nostro Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. Il Signore Oscuro ha provveduto a farlo evadere dalla casa del padre e ad avvisarlo su ciò che era chiamato a fare. E' il nostro nuovo insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure. —

Bellatrix fece il broncio. In tutti i modi con cui tentava, non riusciva mai a superare la ragazza. Ma poi rifletté bene sulle parole della ragazza.

—Moody? —

—Pozione polisuc...—

Christe si girò di scatto verso la scala, opposta al caminetto. Vide un'ombra. Quando si girò di nuovo verso il fuoco, Bellatrix era già sparita.
Si lanciò sul divano, sdraiandosi e facendo finta di dormire. Sentì dei passi, e poi un respiro affannoso esattamente di fronte a lei. La figura sospirò e si sedette sul divanetto di fronte. Christe cominciò ad avere sonno, e si addormentò.





Angolo dell'autrice
Non credo che molti di voi leggeranno questo capitolo, in fondo sono passati moltiiiissimi mesi D: ma sono stati un inferno D: ora che inizieranno le vacanze avrò sicuramente più tempo per scrivere ;) continuerò a postare anche se nessuno di voi la leggerà ùù ma se lo fate, recensite :) sarebbe davvero una fantastica cosa ;)
erislytherin.

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Capitolo 8
*** 07 ⏤ Anger. ***



Dopo l'incontro con Bill Malfoy nell'infermeria del giorno precedente, Harry aveva un assoluto bisogno di stare da solo. O meglio, di stare con l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto capire come si sentiva: Albus Silente.

Un po' disorientato e con gli occhi stanchi, in quel pomeriggio plumbeo, Harry stava vagando per i corridoi per raggiungere lo studio del preside, quando la professoressa McGranitt si piantò davanti a lui con il suo solito sguardo severo.

—Il professor Silente desidera parlarti, Signor Potter. —

Il ragazzo seguì la McGranitt e arrivò presto nello studio. C'era un intenso odore di liquirizia nell'aria.

—Harry. — esclamò il preside a braccia aperte, in piedi dietro la grande scrivania, guardandolo da sopra gli occhiali.

Il ragazzo indugiò, poi si accomodò sulla poltrona di fronte ad essa come Silente lo aveva invitato a fare con un cenno della mano.

—Harry. — ripeté. —Come stai? — si sedette.

Lo studente accennò una risata triste. Gli occhi verdi si abbassarono e combatterono contro Harry per far affiorare quelle lacrime trattenute da troppo tempo. Ma Harry vinse.

—Professore, lei lo sa. Non ha bisogno di chiedermelo. —

—Ma tu hai bisogno di rispondere. —

Il ragazzo sbuffò, si alzò e diede un pugno ad un suppellettile che si trovava di fronte a lui, che cadde rumorosamente. Il preside sobbalzò.

—Perché l'hanno fatto?! Non si rendono conto che era l'unica persona rimasta della mia famiglia? A loro interessa solo il potere, solo dominare e annientare, nient'altro! Voldemort ha preso i miei genitori, e ora anche lei! E' una Deatheater, professore. Perché se sanno che Bill e Draco sono due Deatheater non li rinchiudono ad Azkaban? Non avrebbero fatto tutto questo se fossero stati in prigione! —

Silente non aveva mai visto Harry in quello stato. Era furioso, arrabbiato, amareggiato, deluso... Triste. Si sentiva in conflitto anche con i suoi migliori amici, Ron e Hermione, che sembravano non voler fare assolutamente nulla per aiutare sua sorella. Volente o nolente, Harry era l'unico che vedeva sua sorella per la persona buona e determinata che era. Potente, certo; ma non cattiva. E non importava in quale Casa fosse stata smistata.

Avrebbe voluto correrle incontro, abbracciarla, dirle la verità. Dirle che non doveva essere cattiva, che non era lei quella persona, che gli mancava terribilmente... E come se non bastasse, era diventata una Deatheater a tutti gli effetti. E quel Marchio non si poteva togliere tanto facilmente, di certo non con la verità. Ormai era troppo tardi.

Accettando l'evidenza, si sedette di nuovo e portò le mani sulla testa, affondando le dita nodose nei soffici capelli corvini. Silente fu presto di fianco a lui. Gli mise la mano sulla spalla, in segno di conforto. Non sapeva dire altro... Piuttosto, non voleva dire altro. Perché in realtà il caro professor Silente sapeva molte più cose di quelle che dava a vedere di sapere.

—Harry, la riporteremo con noi. Te lo prometto. Non crucciarti. Non possiamo pensare che quella ragazza sia ancora la nostra Christe, ora come ora. Arriverà il momento in cui la faremo tornare. —

Il ragazzo dagli occhi verdi sollevò lo sguardo verso il preside. Fece per aprire la bocca, per dire che quella ragazza era ancora a tutti gli effetti sua sorella, che in quel modo la stavano solo abbandonando, ma lo scricchiolio della porta annunciò l'entrata sobbalzante e zoppicante del professor Alastor Moody.

—...Albus, dovrei parlarti. —

Trafisse Harry con uno sguardo cinico, il quale si alzò e con un saluto taciturno tornò alla sala comune dei Gryffindor.

 

 

Christe si svegliò di soprassalto. Si scoprì, aveva molto caldo. Guardò la coperta, che non aveva quando si era addormentata. Sull'angolo in basso a sinistra erano ricamate delle iniziali argentate: D.M.

Sussultò. Erano appena le sei del mattino, aveva dormito solamente per due ore.

Stava ancora fissando la coperta, quando un respiro profondo la spaventò: guardò semplicemente davanti a sé e vide suo fratello Draco che stava dormendo sul divanetto. Era sdraiato sulla schiena, il braccio sinistro dietro la nuca e quello destro cadeva morbidamente dal divano. I capelli biondi erano arruffati sopra la testa. Ad un tratto le palpebre si aprirono per mostrare i suoi profondi occhi grigi. Erano un mare in tempesta, in cui Christe era completamente annegata.

—Buongiorno. —

La ragazza si limitò a sorridergli. Non riusciva a fare altro, quegli occhi erano paralizzanti.

Si alzò lentamente e si mise seduto accanto a lei.

—Buongiorno, Draco. —

 

 

Un mese dopo arrivò il fatidico 30 ottobre. Tutta la scuola era in trepidazione per il Torneo e per l'arrivo delle scuole “avversarie”.

Maghi e streghe correvano da una parte all'altra della scuola per vedere meglio. Bè, non che lo spettacolo fosse stato brutto: Durmstrang arrivò su una gigantesca nave che spuntò dal nulla dal mezzo del lago, mentre Beauxbatons fece la sua entrata su carrozze turchine guidate da cavalli bianchi alati.

Draco e Christe stavano osservando ciò che stava accadendo attraverso uno degli archi del porticato, quando arrivarono Bill e Blaise.

Si salutarono con un cenno del capo. Christe notò che Potter, Weasley e Granger stavano guardando la scena dal porticato di fronte al loro. Non voleva incrociare gli occhi di Harry, non di nuovo. Sarebbe stato disgustoso.

Dopo il loro maestoso arrivo, Silente invitò tutti quanti ad entrare nella Sala Grande. Ad aspettarli, c'era un festoso e attraente banchetto. Christe e Draco si sedettero automaticamente al loro solito posto, seguiti a ruota da Bill e Blaise e tutti gli altri.

La ragazza dagli occhi verdi era molto agitata. Quella notte avrebbero dovuto compiere l'atto. Voleva lasciare i fratelli all'oscuro di tutto. Loro non sapevano che Voldemort le aveva ordinato di eseguire un tale compito. E tale compito sarebbe dovuto iniziare quella notte.

Finito il banchetto, Silente ordinò a tutti di fare silenzio.

—Il momento è giunto. Il Torneo Tremaghi sta per cominciare. Lasciate che vi presenti il signor Bartemius Crouch, Direttore dell'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale, e il signor Ludo Bagman, Direttore dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. —

Christe guardò attentamente Moody. Ricambiò lo sguardo furtivamente, per poi puntarlo su Crouch.

Padre e figlio nella stessa stanza, e solo due persone —forse tre— sapevano...

—La giuria sarà composta da me, il signor Crouch, il signor Bagman, il professor Igor Karkaroff, preside di Durmstrang e Madame Maxime, preside di Beauxbatons. Ora il forziere, Mastro Gazza. —

Gazza portò davanti a Silente e agli altri professori un baule di legno tempestato di pietre preziose.

—I campioni verranno scelti da un giudice imparziale... Il Calice di Fuoco. —

Silente batté tre volte con la bacchetta sul forziere, che si aprì. Prese una vecchia coppa dal suo interno e la posò sul coperchio del forziere. Dalla coppa spuntavano scintillanti fiamme bluastre.

Dopo che Silente finì di spiegare varie regole del Torneo e altre indicazioni, furono tutti invitati a ritornare nei rispettivi dormitori.

Christe fece per alzarsi, quando vide una scena interessante: tutta la scuola di Durmstrang, Karkaroff in primis, si era fermata davanti a Harry. Guardò istintivamente Bill, poi lo sguardo passò su Moody, che si era messo tra Harry e Karkaroff, e stava discutendo con quest'ultimo.

—A meno che tu non debba dire qualcosa a Potter, Karkaroff, è il caso che tu ti sposti. Stai bloccando il passaggio. —

Igor se ne andò, seguito da Durmstrang e da tutti gli altri studenti. Christe era piacevolmente compiaciuta dell'intervento del suo “piccolo schiavo”.

Sorpassò Bill e Blaise e si accostò a Draco.

 

 

Il giorno dopo, si svegliarono tutti in agitazione. I ragazzi al di sopra dei diciassette anni avrebbero potuto tentare di ricevere la gloria eterna. Sicuramente ci avrebbero provato tutti, senza sapere a cosa realmente stessero andando incontro.

Christe era seduta su una sedia tra quelle intorno al Calice di Fuoco, e stava semplicemente studiando un libro di Incantesimi, quando tutto ad un tratto calò un silenzio tombale. Evidentemente era entrato qualche pezzo grosso. Considerando le persone che in quel momento risiedevano a Hogwarts, probabilmente si trattava del Cercatore più famoso del mondo, Viktor Krum. Durmstrang. La ragazza non alzò neanche lo sguardo.

Draco entrò esattamente nel momento in cui Krum varcava la soglia dell'età, un incantesimo imposto da Silente per verificare l'età effettiva di coloro che mettevano il proprio nome nel Calice. Il ragazzo notò degli scambi di sguardi fra la Granger e il Cercatore, ma solo perché dietro di loro c'era chi a lui interessava realmente raggiungere. Camminò verso la sorella, incurante dell'immobilità di tutte le altre persone. Prese una sedia, si sedette di fianco a lei e le rubò il libro che teneva sulle gambe. Christe gli lanciò un'occhiata eloquente.

—Sono cose da grandi. Non le capiresti. — e il libro tornò al suo posto originario.

—Non vantarti solo perché sei di qualche mese più grande di me. —

—Otto mesi non sono “qualche mese”. — La ragazza sorrise, incurante degli sguardi puntati su di loro. Com'era possibile che a nessuno fosse venuto in mente di andare da Christe e dirle semplicemente che quella non era la sua vita? Che lui non era suo fratello, che quella non era la sua fede, che quella non era lei. Bè, semplice. Avevano paura di lei. Christe non aveva nessuna sorta di amico o amica ad Hogwarts, c'erano solo persone che le stavano intorno perché la temevano. Sapevano tutti la storia del suo passato, di ciò che aveva fatto. Aveva solo due anni quando Voldemort venne per la prima volta ad uccidere la sua famiglia. Era al corrente di una profezia, secondo cui un ragazzo nato alla fine di luglio avrebbe potuto annientarlo. E l'Oscuro Signore non poteva permettersi nulla del genere. Per prima cosa, uccise i loro genitori. Poi si piazzò davanti a Harry, un innocente bambino, pronunciando due semplici parole. Avada Kedavra. Ma qualcosa andò storto, non funzionò, e l'incantesimo prese a rimbalzare nella stanza. Voldemort tentò di ripararsi dietro la piccola Christe, che venne colpita dall'incantesimo ma, non si sa come, ne uscì indenne. E il Signore Oscuro insieme a lei. Troppo attonito per portare a termine il suo compito, Lord Voldemort decise di andarsene, e progettare un attacco ben più potente e strutturato. Dopo ben nove lunghi anni, in cui Voldemort e i Deatheater agivano nascondendosi nell'ombra, in attesa di un'occasione, quest'ultima si ripresentò. Il Signore Oscuro tentò ancora una volta di uccidere il ragazzo, pensando poi di poter guadagnare la ragazza come seguace. Ma le cose andarono diversamente: Christe riuscì a proteggere il fratello, reindirizzando l'Anatema che Uccide a Voldemort stesso, che finì per essere poco più di uno spirito. Da quel momento, tutti furono esterrefatti dall'abilità di Christe di sfuggire non una ma ben due volte alle Maledizioni Senza Perdono, riuscendo a salvare il fratello da morte certa e sconfiggendo il più grande mago oscuro di tutti i tempi. Eppure, tutte le buone azioni compiute in passato erano scomparse quando il Cappello Parlante disse “Slytherin”, sussurrandolo, quasi come se neanche lui ci stesse credendo davvero. Era stato uno sbaglio? Una coincidenza? Oppure la semplice realtà? Il fatto certo è che ora Christe si sentiva più felice che mai, con quella fede nella mente, e il riflesso di Draco negli occhi.





Angolo dell'autrice
(che strano scrivere queste parole) Emh... Buongiorno? Lo so, lo so, sono passati ANNI. E mi ero ripromessa di aggiornare di nuovo quando avrei finito la storia, ma poi non l'ho più fatto. Né aggiornare, né finire di scrivere. Ma ho ancora qualche capitolo che aspetta di vedere la luce del sole di EFP, quindi eccomi qui. Non so perché stia aggiornando, considerando che non leggerà nessuno questa storia; EFP è cambiato moltissimo, così come le persone che una volta lo popolavano. Ma, ecco, volevo comunque rendere pubblica questa storia così tanto importante per me (tra l'altro in questo esatto momento sto guardando Harry Potter e il Calice di Fuoco, mi sa che non è affatto una coincidenza). Chissà, un giorno magari la finirò davvero. Nel frattempo, capitolo 7, benvenuto al mondo.

erislytherin.

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Capitolo 9
*** 08 ⏤ Heartbeat. ***



Christe non dormiva, non ne avrebbe avuto il motivo. Si sarebbe dovuta comunque svegliare nel cuore della notte per compiere ciò che il Signore Oscuro le aveva ordinato. Anche se l'orario prestabilito con il Deatheater infiltrato a Hogwarts non era ancora arrivato, si alzò comunque senza fare alcun rumore e uscì dalla Sala Comune degli Slytherin. Hogwarts era silenziosa e particolarmente inquietante di notte. Si diresse lesta verso la Sala, curando di non essere seguita da nessuno, e quando arrivò, si trovò di fronte a una porta completamente spalancata. Si stupì molto e guardò all'interno, ma non era ancora arrivato nessuno. Si accomodò sulla sedia dove nel pomeriggio si era seduto Draco e studiò il Calice. Attorno a esso, la linea dell'età tracciata da Silente splendeva nel buio e illuminava parzialmente la stanza, insieme alla luce blu emessa dalle fiamme. Era un'immagine molto tranquilla e soporifera.

—Avanti. — e poi si chiuse la porta. —Facciamo in fretta. Ho sonno. — Christe si alzò.

—Ciao Barty.—

—Professor Alastor Moody, prego. Forza! — La ragazza alzò un sopracciglio e dalla felpa prese un pezzo di pergamena. La fece levitare nell'aria e con la bacchetta scrisse un nome, un nome molto conosciuto, che sicuramente il Calice non avrebbe rifiutato: “Harry Potter”.

Passò il foglio a Moody sempre senza toccarlo e, passandoglielo, notò che la porta della Sala era semiaperta. La pergamena cadde a circa due pollici di distanza dalla linea dell'età. Con passi veloci la ragazza di diresse verso la porta e la spalancò. Due occhi grigi brillavano colpevoli nel buio. Christe afferrò il biondo per la maglia strascinandolo all'interno e con un colpo di bacchetta richiuse silenziosamente la porta. Draco non riuscì nemmeno a chiedere spiegazioni che si trovò legato e imbavagliato a una sedia, senza possibilità di muoversi. Non aveva mai visto sua sorella così concentrata e indaffarata. Si, ma per cosa?

Con un “Wingardium Leviosa” non pronunciato, Moody fece levitare verso di lui la pergamena e la prese con due dita. Attraversò incolume la linea dell'età e attese. Christe era visibilmente allarmata.

—Qualcosa non va? —

Moody scosse la testa e fece cadere la pergamena all'interno del Calice e uscì in fretta dal cerchio, allontanandosi il più possibile. Non successe nulla per svariati secondi. L'aria era tesa, i tre maghi trattenevano il respiro. Poi, di colpo, la fiamma del Calice si fece sempre più alta e sempre più rossa, viola, bianca, e infine di nuovo blu.

Un sorriso compiaciuto attraversò il viso di Christe. Si girò verso Moody ma lui era già sparito. Ora doveva semplicemente andarsene al più presto, ma si accorse che Draco era ancora lì, che fissava stupefatto il Calice, non capendo. Christe sbuffò e con un colpo di bacchetta lo slegò.

—Perché lo hai fatto? E che cos'era?!—

—Fai silenzio. E non sono affari tuoi. Andiamocene prima che ci scoprano. —

—Adesso che lo so sono affari miei! Non andartene! Christe! — ma era troppo tardi, la ragazza era già sparita.

Draco uscì dalla porta e venne inghiottito dal buio.

—Lumos. —

Il ragazzo aveva paura; insomma, non sapeva cosa avrebbe trovato in giro per il castello, di notte. I fantasmi non si vedevano, i quadri dormivano, le scale non si muovevano. Sobbalzò quando sentì un lupo ululare al di fuori delle mura.

—Christe, esci! Dove sei? —

Il ragazzo scese verso la sua sala comune, ma inciampò in qualcosa che fece un gran rumore.

—Vuoi farci scoprire per caso?! — sentì una voce provenire da dietro. Si girò ma non vide nessuno.

—Dove sei? —

Improvvisamente si sentirono dei passi e i fratelli udirono una voce che sembrava proprio quella del professor Piton.

Draco si sentì afferrare per la maglia – di nuovo – e fu trascinato presumibilmente in uno stanzino per le scope. La porta si richiuse.

La bacchetta di Christe si illuminò, mostrando al biondo il volto della sorella, che gli imponeva di fare silenzio. Attesero per un po', Christe fissava la porta e Draco fissava Christe. Sembrava che il pericolo fosse passato, così la ragazza si girò e si andò a sedere sul davanzale della finestra, guardando al di fuori di essa. E il nero era l'unico colore non—colore che lei vedeva. Un flashback le attraversò la mente e sobbalzò, non sapendo se fosse realtà o immaginazione.

Draco fece qualche passo verso di lei. Appoggiò le mani sulle spalle della ragazza, che girò il viso verso gli occhi grigi. E tutto si fermò.

Draco si avvicinava; Christe lo aspettava. In una mano teneva ancora la bacchetta accesa, che conferivano al volto di Draco una luce che non gli aveva mai visto prima. Le loro labbra erano letalmente, orribilmente vicine.

—Nox. — sussurrò lei. I battiti del loro cuore erano gli unici rumori che si percepivano.

La porta si aprì cigolando e la bacchetta di Piton illuminò il volto dei due fratelli.

 

 

Christe si svegliò di soprassalto, in una stanza non sua, in un letto non suo. Si sedette sul letto stropicciandosi gli occhi, poi girò lo sguardo verso destra e notò che in quel letto non c'era solo lei. Dei capelli biondi e due occhi grigi spuntavano dalle coperte.

—Draco! — sussurrò allarmata. —Mi hai fatto prendere un colpo. —

Si sdraiò di nuovo di fianco al ragazzo, che si girò completamente verso di lei.

—Buongiorno. Pronta per sapere i tre fortunati campioni? —

Annuì distrattamente. Era più preoccupata di sapere perché si trovasse lì.

—Sarà meglio tornare nella mia stanza. — Il ragazzo la guardava. Christe si alzò, prese la sua bacchetta e senza fare alcun rumore uscì dalla stanza.

Davanti alla porta della propria camera c'era Bill, a braccia conserte, con uno sguardo tagliente e preoccupato.

—Dove sei stata? —

Christe sbuffò e scansò la sorella, troppo imbarazzata per rispondere. Oh, ho messo il nome di Potter nel Calice e poi ho dormito con nostro fratello, sai, è un vero schianto. Fece una risatina, per aver davvero pensato a una cosa del genere, si vestì e andò velocemente verso la Sala Comune.

 

 

Ecco giunto il momento. Finalmente, si sarebbe scoperto se il piano della Deatheater avesse funzionato. Tutte e tre le scuole erano lì, nella Sala Grande, in trepidante attesa per il fatidico momento. Tutti gli studenti bisbigliavano tra di loro, chi più emozionato di diventare ben presto uno dei campioni e chi più amareggiato per non essere riuscito nemmeno ad avvicinarsi al misterioso Calice di Fuoco.

—Finalmente! — la sonorità del timbro di Silente avvolse tutta la Sala e mise a tacere tutti i brusii.

—Finalmente è giunto il momento. Tra pochissimo, i tre Campioni verranno estratti e da questo momento dichiaro ufficialmente aperto il Torneo. Che inizino le danze! —

Con un colpo di bacchetta, il Preside fece calare la giusta atmosfera, abbassando la luminosità delle torce. Il fuoco del Calice risplendeva come mai aveva fatto. Improvvisamente, il fuoco divenne di un vermiglio acceso e crebbe, per poi sputare un leggero pezzettino di pergamena rotondo, un po' bruciacchiato, che cominciò a roteare, per poi cadere nel palmo della mano di Silente. Lo lesse, e con molta calma ma fermezza, pronunciò le seguenti parole:

—Il campione della scuola di Durmstrang è... Viktor Krum! —

Un boato si sollevò. Christe roteò gli occhi: era assolutamente prevedibile. Molto probabilmente era stato addirittura l'unico della sua scuola ad aver messo il suo nome nel Calice.

Poi altri due bigliettini, uno dietro l'altro. Christe stava cominciando a tremare, sapeva benissimo che il nome di Potter non poteva uscire così tranquillamente dal Calice.

—Il campione della scuola di Beauxbatons è... Fleur De la Coeure! Mentre quello di Hogwarts è... Cedric Diggory! —

—Stiamo scherzando, un Tassofesso per rappresentare la nostra scuola? — intervenne Bill, sovrastata dalle acclamazioni generali. Draco fissava Christe, appoggiando una mano sulla coscia della ragazza sotto al tavolo, in modo da non farsi vedere, soprattutto da Bill.

—Sì certo, complimenti campioni! Tuttavia, non fatevi distrarre da tutta questa notorietà. Sicuramente, il compito che vi è stato assegnato non è... –

Silente si interruppe perché qualcosa non andava. Le fiamme del Calice avevano preso un certo vigore, cominciavano ad alzarsi sempre più in alto, diventando blu, poi viola, poi rosse, passando a ogni tipo di sfumatura dell'arancio, per poi espellere un bigliettino. Un altro. Un quarto. Draco cominciò a fare pressione con la mano sulla coscia della sorella. Sapeva benissimo cosa stava per accadere. E poi, due semplici parole pronunciate da Silente fecero zittire tutta la Sala Grande.

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Capitolo 10
*** 09 ⏤ Prediction. ***



—Harry Potter. —

Tutti si guardavano esterrefatti. Non poteva essere.

—Harry Potter! — urlò Silente.

Weasley e la Granger guardavano il ragazzo dagli occhi verdi pietrificati. Harry si alzò dal suo posto e andò verso Silente, lo oltrepassò dopo aver ricevuto un'occhiata dal preside che non aveva bisogno di spiegazioni e raggiunse gli altri campioni. Nessuno voleva dire qualcosa, nessuno poteva. Silente era ancora lì, fermo, in mezzo alla Sala, vicino al Calice che aveva appena sputato il nome di Harry, scritto da una Deatheater su un pezzo di pergamena. Draco strinse la mano di Christe sotto il tavolo. Lei tentava di assumere un'espressione neutrale, annoiata. I suoi occhi incrociarono quelli di Weasley, che rimase a fissarla per un po' di tempo. Christe era riuscita anche a dividere i due amici per la pelle, Ron e Harry, Potter e Weasley.

Ah, erano ben lontani i tempi in cui Potter si azzuffava amichevolmente con Ron solo per dire “Tratta bene mia sorella, è un privilegio che sia la tua ragazza ora.” E invece adesso Ron era costretto a guardarla da lontano, quando solamente pochi mesi fa poteva avere il lusso di tenerla fra le braccia. Lei era nella braccia di qualcun altro, ora. Era nelle braccia di Malfoy. E come biasimarla? Ma Christe non si ricordava tutto ciò. A Lei era stato tolto tutto.

Dopo poco tempo, tutto il corpo insegnanti, preside compreso, se ne andò verso i Campioni, per chiedere spiegazioni a Harry. E i prefetti e i caposcuola invitavano i ragazzi ad andare nei propri dormitori, una volta finita la cena. Weasley rimase in Sala Grande per moltissimo tempo, e non era per mangiare. Aveva mandato via la Granger e gli altri Gryffindor con un “voglio stare da solo”, e si era messo a fissare Christe. Forse non era davvero solo frustrato da Potter e dalla sua solita mania di protagonismo. Bill e Blaise se ne andarono quasi subito, mentre Draco aspettava che Christe fiatasse semplicemente per dire qualunque cosa.

La ragazza si sentiva particolarmente osservata. Poche persone c'erano in quella stanza ma in quel momento sentiva il bisogno naturale —non riusciva a spiegarsi il perché— di andare da Weasley.

—Draco, se vuoi vai pure. Vorrei stare un po' qui. Devo finire di leggere un libro e tua sorella vorrà sicuramente dormire, e in Sala Comune ci sarà un baccano assurdo. Arriverò tra poco. — disse calma. Draco le diede inspiegabilmente un bacio sulla fronte e se ne andò.

Quando la Sala Grande divenne davvero vuota, la Deatheater si avvicinò cautamente a Weasley, che fissava per terra, o probabilmente si era addormentato. Non voleva sedersi vicino a lui in realtà, aveva un po' schifo e si sentiva un po' stupida ad aver fatto una cosa del genere.

—Ciao. —

Strano a dirsi, fu il rosso a parlare per primo. Christe non sapeva cosa dire. Si sedette semplicemente a due sedie di distanza da Ronald.

—Perché sei qui? Cosa vuoi? Tanto non ricordi. —

Christe sbuffò. Era stata una pessima idea andare da lui. Si alzò.

—Non lo so. Forse avevo bisogno di parlarti, ma non saprei cosa dire. Non lo so, è stato stupido. E poi di cosa dovrei ricordarmi, scusa? —

In quel momento Ronald avrebbe voluto davvero dirglielo. Poi si ricordò delle parole di Harry. Silente gli aveva detto di far presente a Ron e a Hermione che non dovevano interferire in nessun modo nel piano dell'Oscuro Signore. Doveva andare così. Weasley si alzò bruscamente dalla sedia. In quel momento, non gli importava di Harry, o di Silente, o di Tu—Sai—Chi.

—Di noi, Christe. Di me e di te. Di quando stavamo... insieme. Ma tanto è tutto inutile. Ti hanno fatto il lavaggio del cervello! Bill, e i Malfoy! Non sei più te stessa! —

Christe scoppiò in una fragorosa risata. Lei e Weasley? Impossibile.

—Troppa burrobirra Weasley? O sei sconvolto per il tuo amichetto Potter? Magari è la volta buona che va a fare una visitina ai suoi genitori, tu che dici? —

—Ora basta! Mio Dio Christe che ti è successo? Ritorna in te per favore! —

—Sono sempre stata in me, Ron. Sempre. — ribatté lei, molto calma, senza guardarlo.

Ron capì. Forse era qualcosa di sbagliato, ma c'era una frase nascosta sotto quella appena pronunciata da Christe. La ragazza si diresse verso il portone per andarsene, quando venne afferrata da una mano e un bacio Weasley la travolse.

 

 

Il giorno dopo, le tre Scuole erano in fermento. Chi andava in giro correndo facendo scommesse sul vincitore, chi aveva già preparato slogan e gadget anti—Potter. Tutto ciò mise Christe di buonumore. Proprio lei stava camminando altezzosa nel corridoio, diretta alla biblioteca dove avrebbe dovuto incontrare Draco, quando la Granger – si, proprio la Granger – la afferrò per un braccio e, senza guardarla negli occhi, le sussurrò uno spaventato “Silente vuole vederti nel suo ufficio.”

Christe sapeva benissimo cosa il preside voleva da lei. Girò i tacchi e in un battibaleno si trovava nello studio silenzioso di Silente.

—Suvvia, Silente. Non mi faccia aspettare decenni. So benissimo cosa vuole chiedermi. —

Il preside volteggiò verso la ragazza, con sguardo triste e amareggiato.

—D'accordo allora. Andrò subito al nocciolo della questione. Hai messo tu il nome di Harry nel Calice di Fuoco? —

Christe stava per aprire la bocca, ma il preside la zittì, continuando a parlare.

—No, forse non è questa la domanda adatta. So benissimo che è stato Voldemort a darti un impiego così pericoloso e allo stesso tempo importante, non è così? La vera questione è se hai deciso tu stessa di diventare ciò che sei diventata. Ti è stato imposto? Come hanno fatto ad entrare nella mente della più brillante strega che io abbia mai conosciuto? —

Mentre Silente pronunciava queste parole, camminava lentamente attorno a Christe, scrutando ogni suo singolo dettaglio. Voleva vedere il Marchio, e sapeva che lei glielo avrebbe orgogliosamente mostrato.

—Sa, Silente, mi sono sempre chiesta come fa a sapere sempre tutto. Saggezza? Anzianità? Spero solo di diventare una saputella piena di sé come è lei, un giorno. —

Christe si sedette alla sedia della cattedra dell'ufficio. Si sentiva estremamente importante a stare lì dentro.

—Vuole vedere il mio Marchio, giusto? Il mio braccio sinistro si sta consumando da quanto lo sta fissando. Ma sa una cosa, signor preside? No. Non sono stata affatto costretta, a fare proprio nulla. Nulla. Che ci sia sangue da Deatheater che scorre nelle mie vene, lo sapevo fin dall'inizio. Sono una Slytherin. E, anche se non tutti gli Slytherin sono malvagi... Bè, purtroppo io sono una dei cattivi. —

Silente cominciò a camminare pensieroso fino al Pensatoio, un oggetto magico molto utile che permette di rivedere i propri ricordi.

—Bè Silente, se questo era quello di cui voleva parlarmi, credo che sia stato un discorso alquanto inutile, non trova? —

Christe fece per dirigersi verso la porta, non ne poteva più di stare lì dentro. L'odore di liquirizia misto a gentilezza le stava bruciando il naso.

—Un'ultima domanda, Christe. — disse lentamente il preside, rimanendo fermo di fianco al pensatoio.

—Più che una domanda, è un mio dubbio. So che sei una strega potente e brillante, piena di risorse. E sai che io riesco a vedere e a conoscere tutto. Mi stavo chiedendo, Bill è davvero così potente da togliere dei ricordi e da rimpiazzarli con altri a suo piacimento, immettendo la sua fede, le sue paure e i suoi rimorsi? —

Christe sobbalzò e aprì la porta. Prima di uscire, sussurrò alcune parole verso Silente.

—Non so di cosa stia parlando. —

Abbassò lo sguardo e se ne andò furtivamente.

Silente rimase in silenzio, prese la bacchetta e la appoggiò sulla sua tempia, estraendo un filamento bianco—grigriastro, per poi buttarlo nel Pensatoio.

—Esattamente come pensavo. —

E rimase tutta la notte a fissare quel ricordo.

 

 

Christe era molto turbata. Ritornò silenziosa verso la Sala Grande, era ormai ora di cena. Si sedette di consueto tra Bill e Draco e non pronunciò praticamente nemmeno una frase di senso compiuto. Era scossa. Sapeva benissimo che Silente era un mago molto potente, ma a tal punto da sapere praticamente ogni sua mossa, ogni loro mossa... Era sconcertante. Proprio il preside fece il suo solenne ingresso in Sala Grande.

—Molto bene studenti. Tra pochissimi giorni si terrà la Prima Prova. Evento alquanto atteso ma nello stesso tempo molto, molto spaventoso. E pericoloso. Vorrei ricordare a tutti i campioni che c'è in gioco la loro vita. E, sebbene non tutti i campioni abbiano scelto questa via, — Christe si sentì trafiggere dallo sguardo di Silente — ahimè così sarà. —

Sulla Sala Grande regnava un silenzio tombale. Erano tutti molto preoccupati, le persone muoiono in questo Torneo! Draco guardò Christe con la coda dell'occhio con uno sguardo altrettanto allarmato. Come faceva ad essere così serena con la consapevolezza di aver messo a morte un'altra persona? Sì, certo, anche lui odiava Potter, dopotutto era un nemico di famiglia, giusto? Dopotutto, era fedele anche lui al Signore Oscuro, no? Dopotutto, doveva accettare ciò che era la sua famiglia, non è così?

Draco abbassò lo sguardo.

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Capitolo 11
*** 10 ⏤ First. ***



Ecco il momento. Era finalmente arrivato. Il vero inizio del Torneo. Christe sprizzava gioia da tutti i pori, Potter ce l'avrebbe fatta oppure sarebbe morto miseramente durante la prima prova? Il ragazzo dagli occhi verdi aveva avuto una soffiata dal guardiacaccia, Hagrid. Draghi. Quattro draghi, uno per ogni "campione". Ma Christe sapeva bene anche questo.

Ormai tutte e tre le scuole avevano preso posto in quella che sembrava un’arena circolare, dove da una parte c’era una tenda per la preparazione degli sfidanti. Christe sentiva lo strano e insensato bisogno di andare da Potter, per augurargli buona fortuna. Si alzò dal suo comodo posto tra Bill e Draco e si diresse furtiva verso la tenda dei campioni. Spiò da uno strappo l’interno. Krum e Diggory erano seduti su quelle che sembravano delle brandine, con lo sguardo fisso nel vuoto. Fleur non faceva altro che camminare avanti e indietro per la stanza, con Madame Maxime che tentava di rassicurarla. Potter era in piedi in un angolo della stanza, intento a mangiarsi le unghie. Christe fece il giro attorno alla tenda per andare verso la direzione di Potter e, badando a non farsi vedere da nessuno, infilò la testa nell’apertura della tenda. Potter poteva sentire il respiro della giovane sul suo collo. Lei si avvicinò al suo orecchio e sussurrò.

—Buona fortuna, Potter. Vedi di non farti mangiare dall’Ungaro Spinato. –

Non diede nemmeno il tempo a Harry di voltarsi o di replicare, che Christe se ne andò in un battito di ciglia. In quel momento, Ludo Bagman e Silente fecero il loro ingresso nella tenda. Il primo aveva in mano un sacchettino di velluto che si muoveva insistentemente, il secondo fece radunare i quattro campioni in cerchio, attorno a Ludo.

—Bene, campioni, siete emozionati? Ah, mai quanto me cari ragazzi! Cominciamo da te, Fleur. – e gli porse il sacchetto, aperto. Fleur guardò Madame Maxime con sguardo impaurito, poi, con un gesto tremolante, infilò la mano nel sacchetto ed estrasse un piccolo oggettino. Si muoveva. Sputava fiamme. Emanava un odore di zolfo. Era un piccolo drago.

—Oh, il Gallese Verde. – il modellino aveva il numero due al collo.

Poi toccò a Krum, che, senza battere ciglio, estrasse il Petardo Cinese. Aveva il numero tre. Cedric estrasse il numero uno, il Grugnocorto Svedese. Harry trasalì, e si chiese come faceva a sapere Christe che a lui sarebbe capitato proprio l’Ungaro Spinato. Con il numero quattro.

Quindi, il primo fu Cedric. Riuscì a prendere l’uovo dopo circa quindici minuti. Poi fu il turno di Fleur, un’esecuzione pessima secondo Christe. Si chiedeva insistentemente come mai la Delacour si fosse proposta per il Torneo se era così vigliacca e piena di paura. Poi Krum. E infine Potter. Uscì tutto spaventato dalla tenda e sguainò la bacchetta.

—Accio Firebolt! –

—Mossa intelligente. – commentò Bill, senza farsi sentire troppo.

Appena la scopa arrivò, Harry ci saltò sopra e da quel momento sembrava proprio nel suo elemento. Tutta la paura se n’era andata, come se non fosse mai esistita. Anzi, si stava quasi divertendo. “E’ una semplice partita di Quidditch. Certo, ho un drago come bolide, ma è pur sempre simile a una partita di Quidditch.” Continuava a ripetersi il ragazzo nella mente. Harry tentò più volte di avvicinarsi all’uovo d’oro, ma il drago non glielo permetteva. Ad un certo punto, l’Ungaro Spinato prese ad agitare la sua grande coda, in direzione di Harry, che aveva le spalle al muro.

—Confundus. – sibilò Christe con una mano sulla bocca, e il drago, al posto che scagliare la sua coda spinata su Harry, si colpì in testa, barcollando e poi stramazzando al suolo KO, dando la possibilità al ragazzo di prendere l’uovo d’oro e fuggire.

Ludo Bagman, il commentatore, non riusciva a decidere se era più strabiliato delle abilità di Harry sulla scopa o del fatto che il drago si fosse messo KO da solo. La folla era comunque in delirio.

 

 

—Come hai potuto? Era la volta buona che poteva rimanerci secco! –

—Bill, smettila di sbraitare, ti prego. –

Le sorelle erano nella loro stanza, da sole. Dopo la prima prova, gli studenti erano tornati nella Sala Grande per la cena, e poi tutti nei rispettivi dormitori. Era stata una giornata intensa. Tutti continuavano a chiedersi come aveva fatto l’Ungaro Spinato a colpirsi da solo, gli Slytherin più di tutti. Quando nella Sala Comune rimasero solo i tre fratelli, Draco chiese alle ragazze se erano state loro.

—Mi stai davvero chiedendo questo, Draco? Io che aiuto Potter? Nemmeno in un universo parallelo! Se prendo chi l’ha aiutato, giuro che... –

—Sono stata io. – affermò Christe. E Bill andò su tutte le furie, le fece una ramanzina che durò un’eternità. Draco si stufò e andò a dormire, così fecero le ragazze.

—Potter deve arrivare vivo fino alla fine del Torneo. Non potevo farlo ammazzare! – ripetè per l’ennesima volta Christe.

—Sicura che sia solo questo? Che non ci sia dell’altro? –

Christe si mise a ridere fragorosamente.

—Altro cosa, Bill? Sei per caso gelosa? –

Bill si gettò sul letto, chiudendo le tende e addormentandosi, con un pensiero strano in testa.

 

 

—Io non ho intenzione di andarci. –

—Oh, e perché no Bill? Staresti così bene con un abito da cerimonia! –

—Finitela! Sarà una cosa frivola e ridicola, e io odio le cose frivole e ridicole. –

—Oppure hai paura che nessuno ti inviti? –

Sembravano davvero tre fratelli intenti a ridere e a scherzare sul ballo del Ceppo. E invece avevano molte cose da nascondere. Durante la giornata precedente, il professor Piton aveva avvertito i suoi studenti che si sarebbe tenuto un evento importante, il Ballo del Ceppo, la sera di Natale. Bisognava partecipare a coppie, in un abito da cerimonia, e si doveva ballareLa maggior parte degli Slytherin, a questa affermazione, cominciò a ridere sprezzante e disgustata. Quando Piton minacciò di dare compiti extra, tutta l’aula si ammutolì. Bill, Draco, Christe e Blaise si stavano dirigendo verso il giardino, per una piccola pausa. Ad un certo punto, interrompendo la conversazione sui draghi, Blaise si mise davanti a Bill, fermando il gruppo. Si schiarì la voce.

—Bill, vuoi venire al ballo con me? – Prima che la ragazza potesse rispondere, continuò:

—Lo so, lo so, i balli ti fanno schifo e blablabla, però pensavo che magari se andassimo insieme sarebbe tutto un po’ più divertente, non credi? –

Alzò le sopracciglia e sorrise, in attesa di una risposta. Christe si stava trattenendo per non scoppiargli a ridere in faccia, mentre Draco aveva semplicemente un sorriso dipinto sul viso, il più bello che Christe avesse mai visto. Bill stava cominciando ad arrossire violentemente, ma rimaneva comunque in silenzio. Passarono interminabili secondi.

—Sarà molto imbarazzante, ma okay. Non avevo comunque niente di meglio da fare. – disse, la voce un po’ tremante per l’imbarazzo, o forse non solo…

Christe scoppiò finalmente in una fragorosa risata, che contagiò l’intero gruppo.

—Okay, Draco, adesso tocca a te! – esclamò Blaise, strizzando l’occhiolino all’amico e guardando poi Christe, che smise improvvisamente di ridere.

—Mmm, non avrei voluto chiedertelo in questo modo, però… – il ragazzo dai capelli biondi si girò verso Christe.

—Mi chiedevo se, per caso, ti andrebbe di venire al ballo con me. In fondo, sei mia sorella e sarebbe un modo per stare insieme…– e poi aggiunse subito —…nel senso, con Bill e Blaise. –

Christe stava cercando un modo carino per rispondergli.

—Umh, Draco… A dire il vero, sono già stata invitata al ballo da qualcun altro e… – abbassò lo sguardo.

—…E io ho detto di sì. –

Un altro silenzio imbarazzante precipitò nel giardino. Per quanto Christe morisse dalla voglia di andare con Draco, sentiva che la cosa giusta da fare sarebbe stata andare con chi gliel’aveva chiesto per primo.

—Mi spiace, Draco. Davvero. –

Gli diede un bacio sulla guancia teneramente e si diresse verso il porticato, lasciando il ragazzo un po’ imbarazzato e ingelosito.

—Wao, chi se lo sarebbe mai aspettato? Ragazzi, ora devo andare a lezione, se arrivo in ritardo la McGranitt mi trasformerà in un orologio! – con questa frase e con un cenno della mano Blaise si congedò dai fratelli.

—Chi avrà chiesto a Christe di andare al ballo? Ma soprattutto, quando è successo?! Deve stare sempre con uno di noi due! – Bill era furiosa.
—E se è stato Potter? Ma ci pensi? Mossa geniale quella di chiederglielo, ma avresti dovuto farlo prima! –
—Non è stato Potter. – affermò in tono grave Draco. Bill lo guardò eloquente, ma Draco se ne andò, lasciando la sorella senza una risposta precisa.

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Capitolo 12
*** 11 ⏤ Dance. ***



La Vigilia di Natale. Le tre scuole erano in fermento per il Ballo del Ceppo, che si sarebbe tenuto l’indomani. Bill e Blaise sembravano fare coppia fissa, anche se non c’era nessuna traccia di un relazione. Non si poteva dire lo stesso di Christe e Draco. La ragazza ogni tanto spariva, dicendo di dover studiare da sola. Così per il fratello erano più le volte in cui faceva il terzo incomodo, piuttosto che stare con Christe.

Era pomeriggio inoltrato, la neve bianca brillava sotto la luce del sole. Christe e Draco erano in Sala Grande a giocare agli scacchi dei maghi. Draco stava miseramente perdendo.

—Scacco matto. Di nuovo. E’ un po’ noioso giocare con te. – esclamò Christe, sistemando gli scacchi per un’altra partita. Alzò gli occhi e vide un ragazzo andarsene dalla Sala Grande. Lo sguardo di Christe era ricambiato.

—Un’altra? – chiese Draco. Christe improvvisamente cambiò idea e si alzò.

—No, facciamo un’altra volta, ora devo andare. – raccolse la sua borsa e ci infilò dentro le sue cose.

Draco si girò, e quando vide chi era il ragazzo che era appena uscito dalla Sala a sua volta si alzò, ma, prima che potesse dire qualsiasi cosa, la sorella era già uscita.

 

 

Si ritrovarono la sera, nella Sala Comune degli Slytherin. Bill e Blaise erano appartati su una poltrona a parlarsi amorevolmente, mentre Draco era seduto, da solo, sul divano, ad aspettare Christe, la quale dopo la cena li aveva congedati con un “Torno verso le dieci, ci vediamo in Sala Comune” e se l’era svignata. Alle dieci e mezza, si sentì un rumore di passi e lei fece il suo ingresso. Draco la fulminò con lo sguardo, mentre Bill e Blaise la salutarono velocemente, per poi andare nei loro dormitori. Christe non voleva restare da sola con lui, sapeva che era arrabbiato e che le avrebbe fatto molte domande, così si avvicinò alla scala che portava ai dormitori.

—Christe, verresti un attimo qui accanto a me? –

La ragazza lo guardò attentamente, prendendo una decisione. Dopo qualche secondo, si sedette vicino a lui. Improvvisamente, Draco la abbracciò, tirandola a sé.

—Vieni con me al ballo. Stai con me. Non con lui. Ti prego. – Christe arrossì violentemente alla dolcezza e alla sensualità di quelle parole. Alzò lo sguardo verso di lui e notò che i suoi occhi grigi erano più profondi del solito. Avrebbe tanto voluto rispondere sì.

—Lo so, lo so. Io andrò con Pansy, visto che me l’ha chiesto lei, prima che potessi invitarti. Avrei accettato solo se tu non lo avresti fatto, perciò… Però alle undici e mezza sarai mia. Nessuna eccezione. – le baciò dolcemente la fronte, poi si alzò e il ragazzo dagli occhi grigi scomparve nel buio della Sala Comune, lasciando Christe leggermente accaldata e molto, molto indecisa. Si distese sul divano e, dopo innumerevoli ore a fissare il camino scoppiettante, quando il fuoco si spense, si spense anche Christe in un dolce e piacevole sonno.

La mattina dopo, Bill si svegliò per prima, scese nella Sala Comune e trovò Christe seduta sul divano immersa nei suoi pensieri.

—Buon Natale, sorella! – Christe si svegliò di soprassalto come da una specie di trance.

—Oh. E’ vero, è Natale. – la ragazza si alzò e andò velocemente in camera per prepararsi, poi scese in Sala Grande raggiungendo gli altri, tenendo in mano tre pacchetti.

Entrò, si sedette al suo solito posto tra Draco e Bill e aspettò che Silente finisse il suo discorso augurio di Natale per consegnare i regali. Ne consegnò uno a Bill, uno a Draco e l’altro a Blaise.

—Okay, questi sono i miei regali per voi, non sono niente di che, però… —

I tre ragazzi ringraziarono estasiati, poi aprirono i loro regali. Per Bill e Blaise, Christe aveva regalato una sciarpa uguale per entrambi, con i colori di Slytherin e qualche ricamo prezioso personalizzato. Sapeva benissimo che Bill amava le sciarpe, come quel giorno in cui aveva nevicato e Bill… Bill aveva… Ecco… In quel momento non riusciva a ricordare bene cos’avesse fatto Bill, ma era abbastanza sicura che adorasse le sciarpe.

Fu il turno di Draco, che scartò elegantemente la carta e poi aprì la piccola scatola quadrata verde smeraldo. Al suo interno trovò una rosa bianca, molto profumata, assieme ad un bigliettino che diceva “Per stasera.” Il ragazzo si limitò ad arrossire e a sorriderle gentilmente.

—Ora tocca a me! – esclamò Draco, porgendo un regalo ai tre. Neanche a farlo apposta, aveva regalato a Bill e Blaise un morbido cappellino. Poi Christe scartò il suo regalo e ci trovò al suo interno una collana e un bracciale entrambi a forma di serpente, insieme ad un polsino decorato con una rosa bianca e un bigliettino “Per stasera.” Christe era davvero stupita. Incrociò i suoi occhi con quelli di Draco, non c’era bisogno di parlare.

Da un altro tavolo, lontano, un ragazzo guardava la scena tristemente.

 

 

E fu così che Draco la vide. Stava scendendo le scale, guardandosi intorno. Indossava un vestito lungo, color verde smeraldo, con un leggero strascico. La scollatura a cuore le risaltava il seno e le larghe spalline le cingevano perfettamente le spalle. Portava la collana, il bracciale e il polsino che Draco le aveva regalato quella mattina. I lunghi capelli raccolti in uno chignon alto, puntati con una spilla, anch’essa argento e a forma di serpente, le conferivano un’aria elegante e molto femminile. Le labbra dipinte di un rosso scuro intenso e le palpebre leggermente truccate le risaltavano i grandi occhi verdi. Scese lentamente le scale, alzandosi il vestito e mostrando le scarpe argentate con il tacco, e una cavigliera. In quel momento, tutti gli occhi erano puntati su di lei. E i suoi erano puntati su una sola persona. Draco. Indossava uno smoking molto elegante nero, con una camicia bianca al di sotto, e la sua rosa bianca appuntata sul petto. Era incantevole. Ma, alla vista di Pansy Parkinson, in un grande abito suntuoso rosa, che lo prendeva sottobraccio e lo portava all’interno della Sala preposta per il Ballo, Christe si fece immediatamente triste.

Ronald Weasley la aspettava estasiato in fondo alle scale, rivolgendole un dolce sorriso. Quando Christe arrivò, lui le porse il braccio e fecero il loro ingresso in Sala.

Bill e Blaise erano semplicemente sconvolti, così come Potter e la Granger, che facevano coppia con Calì Patil e Viktor Krum. A dire il vero, tutta Hogwarts era assolutamente allibita. Perfino Silente non riusciva a credere ai suoi occhi.

—Non farci caso. Sei bellissima. – le disse gentilmente Ron.

—E’ normale che ci guardano tutti. Ma non dovrebbero essere abituati, visto che fino a un anno fa stavamo insieme? –

Si sistemarono attorno alla pista da Ballo, dove i quattro campioni con i loro rispettivi partner erano già in posizione, in attesa della musica. Silente fece un cenno della mano e la Sala si animò. Potter era imbranato come sempre, mentre cercava di danzare. Christe dovette trattenersi dal ridere. Silente e la McGranitt cominciarono a ballare, seguiti dai professori, Bill e Blaise, Draco e Pansy e altri studenti. Ron guardò Christe eloquente, così, mano nella mano, si appropinquarono al centro della Sala. Iniziarono a volteggiare, ma Christe non vedeva l’ora delle undici e mezza. Si sentiva un po’ stupida ad aver accettato l’invito da Weasley, ma quel bacio, quel bacio aveva cambiato tutto. Sentiva uno strano legame con Ron, un qualcosa che non riusciva a spiegarsi fino a quando lui le aveva rivelato che fino a poco tempo fa stavano insieme. Lei gli aveva subito creduto, le era venuto d’istinto. Perciò di tanto in tanto si nascondevano da occhi indiscreti semplicemente per chiacchierare, studiare, passare del tempo insieme, senza mai parlare di Potter o Bill o della fede o… di Draco. Il suo pensiero fisso. Si può essere innamorati di un fratello?

—Hey, Chris. Allora? Ti andrebbe di andare? – Esclamò Ron, interrompendo il flusso di pensieri.

—Come? –

—A Hogsmeade, domani. Mi chiedevo se ti andava di fare un giro… —

—Domani non posso, Ron. Dovrei fare un sacco di compiti e prepararmi per i G.U.F.O. … —

Ron annuì sconsolato, e per tutta la serata ballarono senza mai fermarsi, senza mai parlarsi. Christe era da un’altra parte, voleva essere da un’altra parte.

Alle undici, la musica cambiò e divenne Rock, molto più movimentata di un ballo classico.

—Vado a prendere qualcosa da bere, arrivo subito! – e con questa frase, Christe si dileguò.

Cercò tra la folla ma non riuscì a trovarlo. Si avvicinò al bancone delle bevande e prese un succo di zucca. Stava riappoggiando il bicchiere sul tavolo quando una mano la prese per il polso e la trascinò fuori. Christe sorrise.

—Non potevo aspettare un’altra mezzora. Dove l’hai lasciato il rosso? –

—Non ti preoccupare di Weasley. –

Draco la trascinò fuori, in giardino, lontano da occhi indiscreti. Camminarono per un po’ di tempo per allontanarsi dalla folla, oltrepassando i cancelli di Hogwarts e la capanna di Hagrid, fino ad arrivare alla Foresta Proibita. Si addentrarono, fregandosene dei rumori sinistri di galoppi e ululati, e giunsero ad un albero molto grande, con le radici sporgenti.

—Non dovremmo essere qui. — sussurrò lei, appoggiandosi all'albero con la schiena e ammirando le stelle.

—Paura, Malfoy? — bisbigliò sensualmente lui, avvicinandosi sempre di più a Christe. La ragazza si limitò a sorridere e ad arrossire violentemente, mentre Draco appoggiava le labbra sulle sue, cingendola con un braccio e stringendola a sé.

Quel bacio, quella coppia, quei momenti insieme, erano tutto quello che c’era di più sbagliato. E di più giusto. In quel momento, i due ragazzi si scordarono di essere fratelli per mezzo di un incantesimo, si scordarono del fatto che avevano duellato uno contro l’altro durante l’Ultima Battaglia, si scordarono del fatto che provenivano da due famiglie diametralmente opposte, acerrime nemiche. Dopo svariati minuti, si staccarono, per poter appoggiare le loro fronti una contro l’altra, dolcemente. Rimasero nella Foresta Proibita per almeno un’altra ora, a parlarsi, baciarsi, ridere e scherzare come se fossero stati una coppia normale. Poi gli ululati si facevano sempre più frequenti, perciò decisero che era meglio andarsene. Mano per mano, ripercorsero la via per raggiungere il Castello, ma proprio fuori dal Cancello, videro due persone che entrambi conoscevano bene duellare e urlarsi contro.

—Combatti! Vigliacco! Sai solamente parlare! Vediamo cosa può fare il Prescelto! –

—So che sei stata tu! So che sei una Deatheater! E so che l’avete trasformata in un mostro! –

Bagliori grigi e rossi uscivano da entrambe le bacchette, ma Bill e Potter smisero immediatamente di duellare quando videro Christe e Draco, mano per mano, che li stavano guardando.

Per qualche secondo, era come se il tempo si fosse fermato. Potter fissava allibito Christe e Draco, non solo perché si tenevano inspiegabilmente per mano, ma perché sua sorella gli mancava terribilmente. La coppia si sciolse subito e Bill li fulminò con lo sguardo. Christe sguainò la bacchetta in men che non si dica e la puntò contro Potter. Draco si allontanò di qualche passo.

—Cosa vorresti fare, eh Potter? Ora che hai sconfitto un drago pensi di poter uscire vivo da un duello contro Bill? –

—Christe, ti prego ascoltami. Non sei chi credi che tu sia. Tu sei… —

Crucio! – era stata Bill a pronunciare quell’incantesimo. Potter cadde e cominciò a dimenarsi e a urlare di dolore. La musica alta copriva i suoi lamenti. Bill staccò la bacchetta da Harry, e lui si riprese leggermente.

—Christe, tu sei mia… —

—Stai zitto. Stupeficium! – Un’altra volta, Potter crollò a terra, facendo un volo di qualche metro, dopo essere stato schiantato da Christe. Ora il duello era tra loro due. Potter si rialzò a fatica.

Incarceramus! – urlò il ragazzo quasi senza forze, ma prima che l’Incantesimo potesse effettivamente arrivare a destinazione (avrebbe colpito Christe con delle corde, che l’avrebbero stretta e legata), lei fece il controincantesimo Diffindo senza nemmeno pronunciarlo, si limitò ad agitare la bacchetta.

Exulcero! – urlò Christe, e la fattura colpì di striscio Potter, che si era scansato, provocandogli solamente qualche ustione sulla parte destra del viso. Gli incantesimi continuarono, tra Confringo! di Potter e controincantesimo Evanesco! di Christe, tra tentati schiantesimi del ragazzo, tra Protego non pronunciati della ragazza… Dopo circa una mezzoretta, Harry cercava di non stramazzare al suolo esausto, mentre a Christe non si era spostato nemmeno un capello. Bill e Draco guardavano la scena esterrefatti e incuriositi, cercando di tenere lontano tutte le persone che volevano uscire. Bill era stranamente soddisfatta. Era riuscita a mettere l’uno contro l’altra i fratelli più famosi del Mondo Magico. Ad un certo punto, la voce di Harry squarciò l’aria, da quanto era tagliente.

Avada Kedavra! – ma si pentì subito di quello che aveva fatto. –No! Non volevo! –

Il lampo di luce verde uscì immediatamente dalla bacchetta di Potter e immerse Christe. Per alcuni terribili secondi né Harry né Draco né Bill riuscirono a vedere nulla. Poi, la luce svanì, e Christe emerse, più forte e combattiva di prima. Senza nemmeno un graffio. Sorrise a Potter e cominciò a scagliargli addosso schiantesimi sempre più potenti, fin quando non crollò definitivamente a terra, respirando a malapena. Christe di avvicinò e si abbassò, per potergli parlare viso contro viso.

—Come… Hai… Fatto… — le chiese Potter, malandato.

—Come, non ti ricordi? Quella notte, quella luce verde di Voldemort contro di noi… Io che ti proteggo e Voldemort che ne subisce le conseguenze… Cosa non si fa per un fratello… — sussurrò Christe, con voce prepotente.

—Tu… Tu sai… E sei comunque… Una di loro… — dopo queste parole, Harry chiuse gli occhi, svenendo. Christe si alzò, puntò la bacchetta su Harry e, senza pronunciare nulla, un filamento grigio perlato uscì dalla bacchetta e si posò sulla mente di Harry, per poi tornare indietro. Finito l’incantesimo, raggiunse Draco e Bill.

—Perché gli hai tolto la memoria? – le chiese Bill furiosa, ma Christe continuò imperterrita a camminare a passo svelto, seguita dai fratelli che attendevano una risposta, mentre sempre più persone accorrevano attorno a Harry, cercando di soccorrerlo.

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Capitolo 13
*** 12 ⏤ Second. ***



Tutto sommato la serata del Ballo del Ceppo non poteva dirsi essere andata male. La ragazza dagli occhi verdi non aveva ancora dato un motivo ai fratelli per il fatto di aver tolto la memoria a Potter, ma ciò non sembrava essere un problema perché effettivamente Potter si ricordava ancora del combattimento. In realtà, la ragazza aveva tolto il ricordo di una parte, o meglio di una frase che durante il duello le era scappata.

Le settimane e i mesi seguenti furono parecchio strani. Christe era entrata finalmente nelle grazie della maggior parte degli Slytherin, che si congratulavano con lei per aver spedito Potter in infermeria, il quale rimase lì per ben tre settimane.

Weasley, dopo l’accaduto, non voleva più rivolgerle la parola, comprensibilmente. Non che fosse una grave perdita per Christe, che non sembrava affatto turbata da tutto ciò, forse solo leggermente triste. Ma tutta la tristezza del mondo svaniva, appena lei si perdeva nel grigio degli occhi di Draco. Non era più accaduto nulla da quel Natale, non si erano più dati un bacio, ma appena i due fratelli si trovavano l'uno accanto all’altra, era come se stessero insieme da molto, molto tempo. E ciò a Bill non poteva che fare piacere, visto che sarebbe significato che Christe non avrebbe passato mai più un secondo da sola. E dato che l’ultima volta che i Malfoy l’avevano lasciata sola aveva finito per avere una relazione clandestina con un Weasley, era sicuramente una buona cosa.

Era un freddo mattino di Marzo, da lì a pochi giorni avrebbe avuto luogo la Seconda Prova del Torneo Tremaghi. Christe passeggiava con Bill sotto il porticato, stavano raggiungendo Draco e Blaise fuori dalla loro aula di Difesa Contro Le Arti Oscure. Stavano per svoltare l’angolo quando udirono tre voci inconfondibili. Il trio delle meraviglie. Bill fece segno alla sorella di fermarsi, sia perché non voleva uno scontro faccia a faccia con i fratelli Potter, sia per origliare la loro conversazione.

—Harry, la seconda prova è tra pochi giorni, possibile che tu non ne sia ancora venuto a capo? – esclamò la voce stridula e piena di saccenza della Granger.

—Hermione, quante volte me lo dovrai ancora chiedere? No, non ne sono venuto a capo. Ogni volta che provo ad aprire questo dannato uovo… — improvvisamente, il porticato si riempì di urla stridule e molto fastidiose.

—…Ecco cosa succede. Sempre così. – rispose svogliatamente Harry, mentre le urla cessavano.

—Hai provato a parlarne con gli altri campioni? Non so, tu hai dato una soffiata a loro sui draghi, magari loro potrebbero…—

—Ron, sarebbe come ammettere che non è capace di fare le cose da solo! –

Christe sbuffò piano. Odiava la Granger, con tutto il suo cuore. Quel fare da so—tutto—io, saccente e con la puzza sotto il naso. E comunque, ancora una volta, avrebbe dovuto dare una mano a Potter, come sempre. Christe svoltò l’angolo, ammutolendo i Gryffindor. Avanzando lentamente verso di loro, sotto lo sguardo fulmineo e attento di Bill, sussurrò:

—Prova a farti un bagno, Potter, per rimuginare sulle cose… Nell’acqua calda. Il bagno dei Prefetti sarebbe un posto meraviglioso da far vedere a quell’uovo… —.

Guardò intensamente Potter negli occhi. Ma stavolta nulla. Nessun legame. Nessun lampo di luce verde. Molto meglio così.

Avevano superato di molto il trio, quando la voce pungente della Granger risuonò.

—Se lo odi così tanto da aver messo il suo nome nel Calice, perché lo stai aiutando? –

Bill guardò violentemente la sorella, che proseguì il suo cammino come se non avesse udito nulla.

 

 

Era una serata come un’altra all’interno della Sala Comune degli Slytherin. Fuori il lago nero era stranamente molto più tranquillo del solito. Il fuoco scoppiettava allegramente nel caminetto, e i Malfoy con Blaise e Pansy erano appollaiati sul divano a compilare pergamene su pergamene per un compito noiosissimo di Storia della Magia. Bill e Blaise erano abbracciati amorevolmente, ormai erano davvero diventati una coppia (non che si vedessero spesso effusioni, sia chiaro). Pansy sembrava seccata da come Draco e Christe erano letalmente vicini, così ben presto se ne andò nella sua stanza, ma non senza salutare Draco con un sonoro bacio sulla guancia. Christe fulminò entrambi con lo sguardo.

Erano ormai le undici meno un quarto di sera, quando il quadro che proteggeva l’entrata dalla Sala Comune, con un cigolìo, si aprì. Era Albus Silente. Bill balzò in piedi, mentre Christe fece finta di niente.

—Lo sai perché sono qui. Sai qual è la seconda prova. – cominciò sussurrando il Preside, rivolto verso la ragazza.

Draco lo guardò incerto, ma anche lui sapeva. Christe gli aveva accennato che Silente sarebbe venuto a prenderla, la sera prima della seconda prova. Bill stava per aprire bocca ma Christe la fermò con un cenno della mano. Si alzò svogliatamente dal divano, diede un bacio sulla testa a Draco, accompagnato con una carezza da parte del ragazzo e guardò Silente.

—Poteva semplicemente scegliere Weasley, senza complicare le cose. Lui non sarà contento di tutto ciò. —

—Non ho paura di Tom, Christe. Non ne ho mai avuta. —

Christe annuì consenziente e seguì il Preside senza più guardarsi indietro. Quando il quadro si chiuse di nuovo, Bill cominciò a chiedere spiegazioni a Draco. Blaise sgattaiolò nel dormitorio, lasciando i due fratelli soli.

—I quattro campioni hanno un'ora sola di tempo per nuotare nel lago nero in cerca di un tesoro. Una persona per ogni campione. — disse il ragazzo calmo, alzandosi e piazzandosi davanti alla finestra, guardando una Sirena che passava silenziosa.

—Quindi ovviamente Silente ha pensato che fosse una buona idea scegliere Christe per Potter. Fantastico, direi. Un'altra complicazione. — sbraitò Bill.

—Non c'è nulla di cui preoccuparsi. Sa cavarsela benissimo da sola, l'abbiamo visto al Ballo del Ceppo. E da quel duello non ci sono state ripercussioni. Perciò, andiamo a dormire, domattina ci sveglieremo, aspetteremo che lo strazio della seconda prova sia finito, e torneremo a fare i nostri compiti di Storia della Magia, tutti insieme, come se non fosse successo nulla, d'accordo? —

Bill si stupì di come Draco fosse cresciuto in questi mesi. Non avrebbe mai sentito una frase così diplomatica uscire dalla bocca di Draco prima... Di incontrare Christe. Che Bill lo volesse o no, l'aveva reso una persona migliore... Una persona più forte. Più Deatheater.

La ragazza annuì e si diressero insieme verso le rispettive stanze.

 

 

La mattina dopo, Draco e Bill erano in Sala Grande per la loro solita colazione. Solo che stavano architettando un piano per... Aiutare Potter.

—Sappiamo che deve arrivare incolume alla fine della Terza Prova. Lo so, Bill, aiutarlo non piace nemmeno a me... Ma in mancanza di Christe il lavoro sporco lo dobbiamo fare noi. Mi ha dato precise istruzioni su questa mattinata, me ne parla da settimane. — bisbigliò Draco, attento a non farsi sentire da orecchie indiscrete.

—Settimane? Da quando Christe è al corrente di come si svolgerà questa prova? — Bill era esterrefatta. La odiava ancora di più in quel momento, se era possibile.

—In realtà da come mi racconta... Ha già pianificato quasi tutto anche per lo svolgimento della Terza Prova. Ma tornando a noi. Hai rubato l'alga branchia come ti avevo detto? —

Bill sbuffò. —Secondo te non riesco a rubare un'alga da un semplice elfo domestico? O meglio, da quello che era il nostro elfo domestico? — la ragazza posò l'alga sul tavolo. Draco la guardò, pensando che non avrebbe mai voluto inghiottire una cosa simile.

—Okay, ho capito. Scendo io nel Lago Nero perché qui qualcuno è troppo vigliacco. — Bill si riprese l'alga e, infastidita, si diresse verso il luogo verso cui tutte le Scuole erano dirette: una piattaforma di legno sul Lago Nero.

Dopo qualche minuto, Draco la seguì, assorto nei suoi pensieri.

 

 

—Molto bene! È tutto pronto per cominciare. Avete un'ora per superare gli abissi e cercare il vostro tesoro! A partire da... Ora! — dopo le parole di Silente, si sentì un colpo di cannone e i quattro campioni, con un tuffo, entrarono nel Lago. Mentre la situazione non si era ancora calmata del tutto, Bill, da un angolino isolato della piattaforma e nascosta da Draco e Blaise, ingoiò l'alga branchia e si gettò. L'acqua del lago fu come una lama gelida e tagliente sul corpo. L'alga branchia ci mise qualche minuto per la trasformazione, minuti in cui a Bill sembrò di soffocare e affondare sempre più giù. Una volta presa confidenza con le mani e i piedi palmati, si addentrò in profondità alla ricerca di Potter. Non fu difficile trovarlo: a quanto pare era ancora ai piedi della piattaforma che cercava di capire come funzionassero i piedi palmati. Che idiota.

Dopo un po' cominciò a muoversi e a cercare i tesori. Bill gli stava alle calcagna senza farsi notare da nessuno, praticamente spianandogli la strada, eliminando quelle alghe che avrebbero potuto inghiottirlo, uccidendo qualche sirena e allontanando i mostri marini; non tutti però. In men che non si dica, arrivò presto ai tesori. Quattro tesori per quattro campioni: Christe per Potter, la sorella di Fleur per quest'ultima, la Granger per Krum e Cho Chang (chi?) per Diggory. Christe era l'unica dei quattro tesori con gli occhi aperti. Sembrava... Assolutamente sveglia e cosciente. E ciò fece rabbrividire Bill.

Potter rimase imbambolato per almeno un quarto d'ora, fissando semplicemente gli ostaggi, facendosi superare sia da Cedric che da Krum. Bill era sempre più innervosita e sconcertata dalla mancanza di ambizione di Potter. Battuto pure da un Tassofesso. Che vergogna. L'ora era quasi finita, e della quasi Veela di Beauxbatons nemmeno l'ombra. Potter si guardò attorno per altri cinque minuti e poi con delle scintille rosse fuoriuscite dalla bacchetta ruppe le corde che tenevano legate sia Christe che la sorella di Fleur, facendole emergere dal Lago Nero, mentre l'orologio di Bill segnava un'ora esatta. Be, almeno non è stato squalificato. Le sirene però, cominciarono ad accerchiarlo e a spingerlo sempre più giù, mentre l'effetto dell'alga branchia svaniva, sia quello di Potter che quello di Bill. Non c'era nient'altro da fare: Bill nuotò il più velocemente possibile da Potter e con la bacchetta tentò di scacciare più sirene possibili, uccidendole. Il ragazzo non capiva: perché Bill era li? E perché proprio lei lo stava aiutando? Rimase imbambolato mentre Bill sterminava tutte le sirene, dandogli tempo e spazio per riemergere. La ragazza cercò di trattenere il fiato nuotando verso l'alto, riuscendo a malapena e con poche forze a raggiungere il punto della pedana da cui era scesa. Stava ancora cercando di riprendersi quando sentì Silente annunciare che Potter aveva raggiunto il secondo posto per aver salvato due ostaggi.

Draco aiutava Bill a sistemarsi senza farsi vedere da nessuno, quando arrivò Christe, tutta bagnata e avvolta da un paio di asciugamani, che con un incantesimo fece apparire Bill come se non avesse mai solcato gli abissi. La ragazza rimase senza parole.

—Per fortuna stai bene. — sospirò Draco, abbracciandola e dandole un bacio sulla testa. Christe arrossì leggermente, ricambiando l'abbraccio.

—Si, e per fortuna anche questo strazio è finito. Siete stati magnifici. Bill sei stata fantastica. Ora riprendiamoci e andiamocene, vi devo parlare. —

E si allontanarono, con Draco ancora abbracciato a Christe e Bill ancora un po' scossa.

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Capitolo 14
*** 13 ⏤ Preparation. ***



Quella sera, ci fu una grande cena con un ricco buffet nella Sala Grande. Tutti festeggiavano, tutti in delirio per la fine della seconda prova. Diggory era il favorito, era primo in classifica, un diciassettenne molto promettente, seppur fosse un Hufflepuff. Krum e Potter erano pari merito al secondo posto, anche se quel babbeo di un Gryffindor non se lo meritava proprio. Di Fleur nemmeno parlarne, era strano che non l'avessero ancora squalificata. Tutti in subbuglio, tutti felici. Tranne Christe. Beveva tranquilla e silenziosa il suo succo di zucca, ma la sua testa era tutt'altro che in silenzio. Aveva bisogno di un piano. Un buon piano per raggiungere lo scopo del Torneo. Draco e Bill sapevano che qualsiasi frase avessero detto, non sarebbero riusciti a calmarla, perciò optarono per rimanere in silenzio.

Il banchetto durò per altre due, interminabili ore. Quando si fece mezzanotte, molte persone cominciarono a tornare nei propri dormitori. Christe pensava, con le mani incrociate tra di loro, gli indici appoggiati sulle labbra e i gomiti sul tavolo, guardando il tavolo dei Gryffindor. Come avrebbe fatto a portare Potter nel luogo prestabilito, senza gli altri campioni, senza che Silente o nessun altro se ne accorgesse?

—Christe, andiamo? — domandò Blaise, alzandosi dal tavolo con Bill e Draco.

La ragazza si limitò a fare cenno di no con la testa. Bill e Blaise se ne andarono, Draco aspettò altri cinque minuti, sbadigliando. Era esausto.

—Vai pure, Draco. Ti raggiungerò tra massimo una mezz’oretta. — disse calma lei, sorridendogli. Il ragazzo arrossì, annuì e se ne andò.

Dopo altri dieci minuti, nella Sala Grande erano rimasti solamente lei, Potter e un paio di Ravenclaw. La ragazza si alzò, con molta calma. Fissando Potter, incredulo e anche un po' spaventato, si mise seduta di fronte a lui, sul tavolo dei Gryffindor.

—Ho visto Bill, là sotto. Mi ha seguito, mi ha aiutato. — bisbigliò il ragazzo. Christe era nella stessa posizione di prima, semplicemente pensava. Un imperio avrebbe funzionato? L'avrebbe convinto a smaterializzarsi dopo la terza prova? No. Ci voleva qualcosa di meno invasivo.

—Sta zitto, Potter. O vuoi fare la fine dell'ultima volta? — sussurrò Christe.

Improvvisamente, un passo zoppicante ruppe il silenzio. Alastor Moody fece il suo ingresso in Sala Grande. Christe si alzò di soprassalto.

—Si, si, professore. Ce ne andiamo. — disse Potter tranquillo.

—Voi due, con me. Adesso. —

La ragazza lo fulminò con lo sguardo. Cos'aveva intenzione di fare? Con Potter proprio lì. Avrebbe dovuto modificargli la memoria di nuovo. I ragazzi cominciarono a seguirlo. Moody li stava portando fuori, nel buio totale. Solo i raggi della luna illuminavano debolmente le chiome degli alberi della Foresta Proibita. Erano diretti proprio lì.

—Abbiamo un problema. Un enorme problema. La maledizione Imperius è svanita. E ha capito tutto. — sussurrò Moody, procedendo a passo svelto.

—Chi ha capito tutto? Di cosa sta parlando signore? — Christe sbuffò sonoramente.

—Quanto sei noioso, Harry. Lo sei sempre stato. Cosa dobbiamo fare con te, ora? — la ragazza si fermò davanti a lui, sguainando la bacchetta. Ma prima che potesse lanciare qualsiasi incantesimo, Potter venne colpito alle spalle da uno schiantesimo, che lo fece cadere in avanti, mostrando il responsabile. Se possibile, i capelli di Draco erano ancora più lucenti sotto la luna. I suoi occhi brillavano di luce propria. La ragazza accennò a un sorriso.

—Mi occupo io di Potter, fino al vostro ritorno. —

Christe annuì e continuò a seguire Moody.

—Com'è possibile che si sia liberato della maledizione? —

—Forza di volontà. Solo così è possibile liberarsi, a quanto pare. Dopo la seconda prova, oggi pomeriggio, Potter era con Krum, stavano tornando al castello. Io ero poco più indietro, non lo perdo mai di vista. Gli sto facendo da mentore, così come mi avevi chiesto. Ad un certo punto, Crouch spunta correndo in direzione di Potter... Erano gli unici nei paraggi. Comincia a urlare e a sbraitare di voler vedere Silente. Mi sono insospettito, così ho accelerato e li ho raggiunti. Ho mandato Potter a cercare Silente, ho neutralizzato Krum, non che ci sia voluto molto, e ho trascinato Crouch nella foresta. —

Cominciavano a sentirsi dei lamenti. Dopo qualche altro minuto, i due raggiunsero un albero molto grande con le radici sporgenti... Christe arrossì. Ma tornò subito seria quando vide Bartemius Crouch, legato e imbavagliato all'albero. Con la bacchetta lo slegò.

—Non ti azzardare a fiatare o ti uccido all'istante. — sussurrò la ragazza. —Allora, cosa dobbiamo fare con... —

—Ti ho protetto! E aiutato! Ti ho fatto evadere da Azkaban, e tu come mi ripaghi? Figlio ingrato! Tenti di uccidermi! —

—Mi hai tenuto prigioniero per molto tempo. E se non fosse stato per l'Oscuro Signore, sarei ancora lì. Perciò finiscila, padre. Non vali nemmeno uno zellino più di me. —

Christe si stava spazientendo. Draco era rimasto solo con Harry per troppo tempo. E benché negli ultimi tempi Christe lo avesse aiutato negli incantesimi e nei duelli, Potter era molto più bravo e lo sapeva benissimo.

—Finiamola con questa farsa. Peccato, se non ti fossi liberato dalla maledizione Imperius saresti stato un utile servitore all'interno del Ministero. — Christe si mosse lentamente, allontanandosi da Crouch leggermente. E poi, senza pronunciare nessun incantesimo, un bagliore verde uscì dalla bacchetta della ragazza. Avvolse Barty Crouch Senior, che si accasciò a terra e spirò, con gli occhi spalancati.

 

 

Potter si stava svegliando. Ormai Christe e il professor Moody si erano addentrati nella Foresta. Draco era rimasto solo, un po' spaventato. Ma era pronto. Christe lo aveva addestrato. Era cresciuto, sapeva combattere. Non se la sarebbe data a gambe levate.

—Cosa... Cosa succede? — bisbigliò Potter, mentre cercava di rialzarsi.

—Dov'è mia sorella? E il professor Moody... Cosa voleva da lei? —

—Che lagna che sei, Potter. Expelliarmus. — la bacchetta di Harry schizzò all'indietro, chissà dove. Harry era disarmato. E non aveva mai visto Draco così, con quell'ardore negli occhi, quella voglia di combattere. Era lui stavolta a non voler combattere. Era esausto. Non ce la faceva più.

—Non ho intenzione di duellare con te, Draco. — il ragazzo dagli occhi grigi era sull'attenti, la bacchetta puntata verso il viso di Harry.

—Dovremo comunque aspettare. Ma non ho intenzione di sentirti lagnare. Petrificus totalus. — Harry cadde all'indietro con un tonfo, nello stesso momento in cui si intravide un lampo di luce verde tra le folte chiome della Foresta. Qualcuno era stato ucciso. Il cuore di Draco cominciò a palpitare, temendo per Christe. Dopo un quarto d'ora abbondante, la ragazza e il professor Moody fecero ritorno. Harry era ancora steso per terra.

—Bravo Draco, vedo che hai tutto sotto controllo. — Christe si mise di fianco a Draco e modificò la memoria di Potter... Di nuovo. Diede a Moody il compito di riportarlo nel suo dormitorio e i due Malfoy si diressero verso il castello.

—Ti spiegherò tutto, vi spiegherò tutto. Ma ora andiamo a dormire, domani sarà una giornata intensa e sicuramente problematica... E... —

Christe era improvvisamente in affanno. Le girava la testa e stava cominciando a vedere tutto nero. Non riusciva a capire perché stesse provando quella terribile sensazione di vuoto, di malessere. Insomma, aveva già ucciso altre persone ma... Era stato diverso. Era stato... Alienante. Non aveva provato nulla. Nessuna emozione in assoluto. E questo la faceva innervosire e anche un po' spaventare. Cominciò a respirare affannosamente. Draco la fermò e si parò davanti a lei, mettendole le mani sulle spalle.

—Hey, Chris! Calma. Calmati un attimo. Non ti ho mai vista così. Rientriamo. —

Senza dire una parola, si ritrovarono in camera di Draco. Era notte fonda, per cui Blaise, Tiger e Goyle, compagni di stanza di Draco, dormivano profondamente a tende chiuse. Draco, badando a non fare rumore, fece stendere la sorella nel suo grazioso ed elegante letto a baldacchino, si tolse la maglia e la raggiunse, chiudendo le preziose tende di seta verde.

Christe era ancora sotto shock, anche se non riusciva a capire bene il perché. Aveva semplicemente ucciso un uomo. Da lì a poco ne avrebbe dovuto uccidere un altro e di sicuro non poteva avere questo tipo di reazione. Fissava il soffitto insistentemente, con troppi pensieri per la testa. Draco le accarezzava il viso e ogni tanto le sfiorava la fronte con le labbra. Diamine, la Deatheater più in gamba, più letale e spavalda di tutte... In shock per aver ucciso un uomo. Draco era preoccupato, cosa poteva averla turbata così tanto? Voleva darle un bacio, voleva consolarla, voleva starle vicino. Voleva poter andare in giro per Hogwarts mano nella mano con lei, senza tutte quelle preoccupazioni, senza quelle complicazioni. Doveva molto a Christe, perché da quando l'aveva conosciuta, non era passato giorno senza che Draco non avesse imparato qualcosa. Negli ultimi mesi aveva imparato incantesimi che non aveva nemmeno mai sentito pronunciare. Era quasi riuscito a sostenere la maledizione Imperius. Non avevano ancora provato le altre due maledizioni, ma Christe non era proprio intenzionata a scagliare un Cruciatus contro di lui.

Piano piano, gli occhi verdi della ragazza si chiusero, così anche Draco si sdraiò del tutto di fianco a lei, cercando di prendere sonno. Prima, però, con la mano delicatamente girò la testa di lei ed appoggiò le labbra sulle sue. Christe rispose al bacio molto volentieri.

 

 

Il giorno dopo, la ragazza si svegliò di soprassalto. Il sole era appena sorto, si intravedevano i raggi attraversare il lago nero. Era quasi certa di aver fatto un bruttissimo sogno, dove la persona che lei uccideva era... Draco. Scosse la testa, per allontanare questo orribile pensiero e si alzò. Anche Blaise era in piedi, ma fortunatamente era già vestito.

—Che ci fai qui? — le sussurrò, un po' stranito. Christe alzò le spalle, raccolse le sue cose e si fiondò all'uscita. Rientrò nella sua stanza e si sedette nel suo letto. Era arrivato il momento di preparare la terza prova.

Dopo un'ora buona di pensieri e strategie, anche Bill si svegliò.

—Oggi andremo a Hogsmeade. Vi devo parlare di una questione molto importante ed urgente. Non ce la posso fare da sola, ho bisogno del vostro aiuto. — sussurrò Christe alla sorella, che annuì seria e insieme raggiunsero Draco, Blaise e gli altri in Sala Grande per la colazione.

—Buongiorno! — esclamò il ragazzo dagli occhi grigi, come se fosse tutto normale. Christe arrossì e non poco, al ricordo della sera prima. Era normale, avere una relazione clandestina con suo fratello? Si sedette al suo solito posto, tra Bill e Draco. La ragazza si stupì però, quando vide Pansy arrivare sorridente e sedersi di fianco a Draco dall'altro lato, schioccandogli un bacio sulla guancia.

Era sabato, per cui le lezioni non ci sarebbero state. Christe aveva programmato di andare a Hogsmeade con i fratelli, rintanarsi in un pub e discutere della Terza Prova.

—Allora Draco, hai preso tutto? Così appena finiamo andiamo subito. — esclamò Pansy, prima che Christe potesse aprire bocca. Andare dove? E perché tutto ad un tratto Draco dava conto a Pansy Parkinson? Si, okay, era stato il suo ripiego per il Ballo del Ceppo, ma... Christe non pensava che la cosa era andata oltre. Non voleva nemmeno immaginarlo. Draco notò con la coda dell'occhio che la ragazza si stava innervosendo.

—Ho lasciato la bacchetta nella mia stanza, appena finiamo, vado a prenderla e possiamo andare a Hogsmeade. — rispose lui, in tono pacato. In realtà non era successo nulla tra Draco e Pansy, ma si erano visti qualche volta, da soli, dopo il Ballo. E benché lei fosse per la maggior parte del tempo logorroica, irritante e sicuramente non all'altezza di Christe, a volte sapeva farlo stare bene, sapeva fargli dimenticare tutti i problemi di Christe, di Bill e dei Deatheater. Mentre, stando con Christe... Riaffiorava tutto quanto. Avevano solamente quindici anni. A quindici anni non si dovrebbe pensare a come uccidere una persona, a come governare il mondo.

La colazione proseguì in silenzio. Una volta finito, i tre Malfoy si diressero nella Sala Comune. Una volta accertati di essere soli, Christe intervenne.

—Ho bisogno di parlarvi. A entrambi. Per cui andremo a Hogsmeade, ai Tre manici di scopa. Ho... Abbiamo un compito da svolgere. Non me ne posso più occupare da sola. —

Draco deglutì. Non aveva assolutamente voglia di discutere di Potter, ma aveva visto Christe la sera precedente. Non le avrebbe permesso di continuare da sola.

—D'accordo. Ci vedremo nel pomeriggio, ora ho un impegno. Oppure, se preferite iniziare a parlarne voi due, vi raggiungerò più tardi. Chris, potresti aggiornare Bill sui fatti di cui io sono già al corrente. — disse calmo il ragazzo. Christe si stava innervosendo sempre di più. Perché voleva passare del tempo con la mediocrità di Pansy? Annuì distrattamente, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo mentre Draco usciva dalla stanza, ad occhi bassi.

Le ragazze decisero che sarebbero andate a Hogsmeade nel pomeriggio, così rimasero in Sala Comune per svolgere alcuni compiti assegnati da Piton. A pranzo scesero per mangiare un boccone velocemente e poi si diressero a Hogsmeade.

Aspettarono Draco ai Tre manici di scopa, il quale arrivò con quindici minuti di ritardo, come Christe gli fece ben notare, si appartarono in un angolino triste e silenzioso e la ragazza cominciò a spiegare.

—Innanzitutto, Voldemort mi ha affidato il compito di portare Potter in un certo luogo, in un preciso momento, e solo facendogli affrontare il Torneo lo avrebbe potuto raggiungere. Come ben sapete, non è al massimo delle sue forze, senza un corpo stabile in cui risiedere. Per questo motivo, Potter, alla fine della Terza Prova, dovrà essere nel cimitero di Little Hangleton, da solo. Il vostro compito sarà tenere lontano dalla Coppa e da Potter gli altri campioni. — la ragazza si fermò, vedendo tre burrobirre arrivare verso di loro. Madama Rosmerta gliele consegnò in fretta, dileguandosi al più presto. Si poteva avere paura di un branco di ragazzini di quindici anni?

Prima che Christe continuasse, Bill pose una domanda.

—Si, ma non ci hai detto in cosa consiste la Terza Prova. E come fai a saperlo, soprattutto. —

—Moody... Non è Moody. È il figlio del signor Crouch. Be, era... In ogni modo, conoscete entrambi la storia di Crouch Jr. Era evaso da Azkaban grazie ai genitori. Voldemort l'ha scoperto grazie a Bertha Jorkins. Così è riuscito a liberarlo, in modo che io avessi una spalla nel corpo insegnanti. Ma quel ragazzo è pazzo, l'Oscuro Signore non si fidava a lasciare tutto il compito nelle sue mani. — sorseggiò la sua burrobirra. Le rimase un po' di schiuma sul labbro, che Draco provvide a togliergli, passandole il pollice sulle labbra. Bill accennò a una risata.

—Continua Chris, o potrei vomitare. — esclamò sprezzante e divertita.

La sorella non ebbe nessuna reazione e continuò il discorso.

—La Terza Prova si svolgerà all'interno di un labirinto, molto pericoloso. All'interno ci saranno creature mistiche, spaventose, che sottoporranno ai campioni degli enigmi da risolvere. Per andare oltre e cercare la Coppa, si devono risolvere questi enigmi. —

—Altrimenti? — chiese Draco, schiarendosi la voce.

La ragazza alzò le spalle.

—È un problema vostro. Che Potter riesca a risolvere tutti gli enigmi. Il vostro compito è questo: far toccare a Potter la coppa, facendolo arrivare per primo, senza farsi scoprire e bloccando gli altri campioni. Io provvederò a stregare la Coppa in modo che sia una passaporta e a preparare ciò che ci sarà a Little Hangleton. D'accordo? —

I Malfoy annuirono. Bill era agitata, entusiasta, ma nello stesso tempo contrariata. Perché Voldemort non aveva chiesto a lei di occuparsi di un compito del genere? E perché proprio ora Christe aveva deciso di avere bisogno del loro aiuto. Decise di chiederglielo.

La ragazza guardò istintivamente Draco, che conosceva la risposta a quella domanda.

—L'altra sera, io e Chris ci siamo imbattuti in Potter e Moody, che ci ha trascinato fuori dal castello. Mentre mi occupavo di Potter, lei e Moody sono entrati nella Foresta Proibita, dove Moody aveva legato il signor Crouch, che aveva scoperto che, be, che Moody era in realtà suo figlio. L'unica opzione è stata eliminarlo. E... —

—E l'ho ucciso io. L'ho trasfigurato in un osso e l'ho seppellito. E ora ti metterai a ridere, Bill, ma sì, mi sono spaventata. Perché non avevo mai ucciso nessuno... Senza provare alcun tipo di emozione. —

Non voleva rivelare altro. Non voleva rivelare cosa sarebbe dovuto accadere di lì a qualche settimana nel cimitero. Sarebbe stata una sorpresa. Christe e Draco finirono le loro burrobirre nell'esatto momento in cui Blaise entrò dalla porta cigolante e li vide.

—Hey ragazzi! Che fate qui, soli soletti seduti al tavolino più brutto e scomodo di tutti? —

Ma notando le facce dei fratelli, pensierose e ansiose, si accorse che forse aveva interrotto qualcosa.

—Se ho interrotto un incontro di cervelli, ci vediamo più... —

—No Blaise, abbiamo appena concluso. — affermò Christe, sfoggiando un finto sorriso e alzandosi per cedere il posto al ragazzo, che si sedette e schioccò un bacio sulla guancia di Bill, che sorrise e arrossì.

—Ci vediamo più tardi ragazzi, io torno al Castello. Divinazione mi chiama. —

—Ti seguo, Chris. Non mi pare il caso di fare il terzo incomodo. — strizzò l'occhiolino in direzione della coppia e seguì a ruota la ragazza.

Uscirono insieme dal locale e si incamminarono per tornare ad Hogwarts.

—Chris... Sinceramente non so bene cosa dirti, o se ti devo un qualche tipo di spiegazione ma... Non c'è e non è accaduto assolutamente nulla con Pansy. Ogni tanto, mi piace staccare la spina e parlare con persone... — Draco stava cercando un termine che non fosse normale —... Con persone non coinvolte. —

La ragazza annuì un po' distratta. Ma aveva capito benissimo ciò che Draco intendeva.

—Con una persona normale. E non con tua sorella. —

Draco deglutì rumorosamente. Camminavano vicini, uno accanto all'altra. Lui le sfiorò piano la mano, ma lei la ritrasse subito. Sentiva un bruciore in fondo alla gola, che stava salendo pian piano, la vista si stava appannando. Ma lo capiva. Come poteva non farlo?

Stare con Pansy lo avrebbe allontanato da questi pensieri su Potter, sul Torneo, sulle responsabilità di essere un Deatheater. E come biasimarlo? La ragazza abbassò la testa e accelerò il passo, lasciando Draco dietro di lei. Loro non avrebbero mai potuto parlare di cose normali. Il solo fatto che loro stessero insieme non era normale. E tutto ciò la faceva morire di gelosia.

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