❝ everything is shattering and it's my mistake ❞

di erislytherin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 20191101 ***
Capitolo 2: *** 20191105 ***
Capitolo 3: *** 20191108 ***
Capitolo 4: *** 20191111 ***
Capitolo 5: *** 20191223 ***
Capitolo 6: *** 20191230 ***
Capitolo 7: *** 20170927 ***
Capitolo 8: *** 20171105 ***
Capitolo 9: *** 20191230 ***
Capitolo 10: *** 20171106 ***
Capitolo 11: *** 20181003 ***
Capitolo 12: *** 20181111 ***



Capitolo 1
*** 20191101 ***


— Secondo me non riesci nel tuo intento se ti butti da lì. —

Mi giro con la stessa espressione apatica che ho da mesi, forse da anni, verso la voce che ha interrotto l’inquietante silenzio che si era formato attorno a me. Neanche il mio cuore si è degnato di accelerare il suo battito, anche solo per lo spavento. Pensavo di essere solo.

— Non è abbastanza alto per morire. —

Sbuffo leggermente, voltandomi di nuovo. Tanto comunque con questo buio e i miei occhi che hanno deciso di vedere il mondo attraverso una patina grigia non sono riuscito a scorgere nessuno. Guardo giù, verso il basso di quel ponte da dove sto per fare finta di scivolare accidentalmente. Merda, ha ragione.

— No, dico davvero, e lo dico per te. A meno che tu non sia uno di quelli a cui piace il dolore e quel genere di cose lì. Cioè ovviamente okay ti sarai tagliato un paio di volte giusto per vedere cosa prova la gente e perché lo fa. Ma scommetto che non ti sia piaciuto. —

Sto facendo di tutto per isolare la mia mente dal suono fastidioso che esce dalla bocca di questa ragazza che, per quanto ne so, potrebbe essere pure un’allucinazione. Sento dei passi procedere lenti sulla neve, attecchita al terreno già da qualche giorno, verso di me.

— E poi davvero, hai voglia che i tuoi ti mandino dallo strizzacervelli? Cioè ragiona un attimo, se ti butti e non muori dovrai rispondere a un sacco di domande. “Oh mio dio mio figlio è un depresso”, già la vedo tua madre. Però ops, forse ho appena fatto una figura di merda perché se tu sei qui non è detto che tu abbia dei genitori ad aspettarti. Vabbè il senso è che non moriresti, non subito. —

È uno scenario piuttosto surreale, quasi da film: io, in piedi sul ciglio di un ponte da cui ormai non passa più nessuno da un po’ di anni; la luce fievole di un solo inutile lampione a illuminare lo spazio vicino a me; una ragazza, in uno spesso giubbotto verde scuro e un cappellino rosa cipria con un pompon, a coprire i suoi capelli castani, mani in tasca e stivali alti neri, e che improvvisamente sta tendendo una mano verso di me. Ma quando è venuta così vicino?

Quindi vieni giù da lì, dai. Prendimi la mano e te lo mostro io un posto dove potresti suicidarti. —

Dalla mia bocca esce una specie di ridacchio di scherno, questa situazione è talmente surreale che non la capisco. Non mi posso nemmeno togliere la vita in pace. Scendo per conto mio, senza ovviamente avere nessun tipo di contatto con lei, e cammino nella direzione opposta.

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Capitolo 2
*** 20191105 ***


Non ho un’idea precisa di quando tutto sia cominciato. Non mi ricordo del momento esatto e del motivo per cui ho iniziato ad avere brutti pensieri che mi martellavano la testa. No, non sono uno di quei ragazzi con un passato difficile, delle morti sulle spalle, o robe pesanti del genere. Sono un ragazzo normale, di una famiglia normale, che vive una vita normale. Ed è proprio questo il problema. Il non sentirsi speciali, il non sentirsi davvero bravi in qualcosa, il sentirsi “mai abbastanza”.

L'altra sera su quel ponte non volevo davvero davvero togliermi la vita. Ma dopo un brutto litigio con i miei genitori per i soldi che stanno sborsando per mantenere la mia vita universitaria volevo solo il gelido freddo di novembre nella mia testa. I passi e l’istinto, e forse il destino, mi avevano portato in quel posto abbandonato: sembrava quasi uno scenario post apocalittico, chissà quale evento antropologico era capitato in quel luogo per renderlo così desolato.

Suona la sveglia, anche se ovviamente non ho chiuso occhio, nemmeno stanotte. Dove avevo letto che le persone depresse dormivano tanto? Deve essere stato un articolo decisamente sbagliato.

Mi alzo in fretta e furia e decido di andare in università con la tuta con cui ho dormito. Una veloce spazzolata ai miei capelli castani, infilo il pc nello zaino ed esco di casa, tanto erano già tutti usciti prima di me. Il bus che mi porterà alla stazione dei treni che mi porteranno in università è ovviamente in ritardo, ed è ovviamente pieno di altra gente che come me, tutte le mattine, si infila le stesse cuffie nelle orecchie e prende lo stesso posto su quel mezzo di trasporto blu. La monotonia fa schifo.

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Capitolo 3
*** 20191108 ***


— Sono 17500 won, grazie. — dico, a testa bassa, mentre finisco di battere l’ultimo articolo. Dei mandu surgelati alle verdure. Ma dai, chi è che li preferisce a quelli alla carne?

Una mano femminile con le unghie dipinte di nero mi porge i contanti, e non so per quale motivo, ma alzo la testa. I miei occhi ne incrociano un paio color cioccolato nascosti da degli occhiali oro tondi, la ragazza indossa una felpa oversize altrettanto nera e ha il cappuccio sopra i capelli castani che le scivolano lunghi sul petto, ma è comunque inconfondibile.

— Ah, quindi quando non cerchi di suicidarti lavori qui? E pensare che avevo fatto domanda anche io e hanno preferito te al mio posto. —

Accenno a una risata, come quella sera sul ponte, mentre inarco il capo verso destra. Le sue mani lavorano veloci e mettono nella busta gli alimenti che ha appena comprato e che io ho battuto senza farci troppo caso, ma intravedo anche una maschera per capelli, un burro cacao, delle calze, delle bende.

— Sei sempre così assertiva? —

Si ferma di colpo e riprende a incastrare i nostri occhi.

— Non avevo mai conosciuto nessuno che sapesse il significato di quella parola. —

Prende il resto per infilarselo in tasca, afferra la borsa e mi fa un cenno con la mano, mentre esce dal convenience store.

— E ciao anche a te, estranea. — sussurro tra me e me, in un mezzo sorriso. Comincio a pensare che il destino possa esistere.

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Capitolo 4
*** 20191111 ***


Forse lo so quando tutto è cominciato. O meglio, quando tutto è riaffiorato nella mia testa, tutti quei pensieri di quando ero una piccola ragazzina di 14 anni. È riaffiorato tutto quando Jeon Jeongguk esattamente un anno fa mi disse quattro precise parole, ma che mi sembrarono mille. “Sparisci dalla mia vita.” Prima di lui non avevo mai incontrato nessuno con cui mangiare delle patatine fritte alle due di notte, con cui fare dei duetti pazzeschi in macchina mentre andavamo nei nostri soliti posti, con cui dire la stessa cosa nell’esatto momento, con cui allenarci assieme fino allo sfinimento. Eppure, nonostante la sintonia, nonostante l’amicizia, nonostante i momenti passati assieme, era tutto finito, in un battibaleno. Per lui io non esistevo più, e questo mi faceva sbarellare. Com’è fottutamente possibile che una persona sia così importante per te, sia fondamentale, sia tutto, e invece tu per lei non sia niente? Com’è possibile questo divario tra i sentimenti? Soprattutto dopo un anno di relazione?

È da un anno che sopravvivo in bilico a un burrone. Con la voglia perenne di saltare giù, ma senza abbastanza coraggio e forza di volontà per farlo. Esattamente come a 14 anni.

Sto camminando verso la stazione dei treni che mi porteranno al bus che mi porterà a casa, avvolta nel mio amato giubbotto verde scuro e persa nei miei pensieri. Questi 25 minuti di camminata dall’università a qui sono sempre stati la morte, una di quelle cose che contribuiscono a farmi odiare la monotonia dei miei giorni sempre uguali. Ma quasi urlo quando inaspettatamente, qualcuno mi prende la cuffietta dall’orecchio destro, sfilandomela, e prendendomi a braccetto.

— Ciao estranea. —

Dalla voce profonda lo riconosco. E’ il ragazzo-suicida-commesso. Ah.

— Com’è che non ti ho mai visto prima e ora ti sto vedendo tre volte in due settimane? Ciao anche a te, ragazzo-suicida-commesso. —

— Ah, vedo che mi hai dato dei nomignoli carini. Siamo una coppia ufficiale quindi? —

— Sì, ma voglio essere io quella sassy. Sono io quella che fa le battutine inopportune. —

Sento un risolino e con la coda dell’occhio noto un mezzo sorriso. Ma non mi sono ancora girata del tutto.

Si ferma improvvisamente, strattonandomi leggermente all’indietro, e io sono sempre più allibita. Non solo è un quasi suicida, ma è anche pazzo. Meraviglioso.

— Quanto tempo hai? —

— Hai delle cattive intenzioni nei miei confronti? —

Lo sento ridacchiare, di nuovo.

— Se non vieni con me non lo scoprirai mai. —

— È esattamente quello che direbbe una persona con cattive intenzioni nei miei confronti. —

Lo guardo finalmente negli occhi e mi si blocca il respiro. Perché per quanto questo ragazzo di fronte a me sia diverso, dai capelli lisci rosso fuoco che gli ricadono sugli occhi e il sorriso quasi demoniaco, ha lo stesso tipo di sguardo di Jeon Jeongguk. Tagliente, profondo, pronto all’avventura, ma anche un po’ perso, complicato e insicuro. E io non sono mai stata più in bilico di così.

— Se vuoi ti dico il mio nome, così in caso potrai denunciarmi. Sono Kim Taehyung. —

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Capitolo 5
*** 20191223 ***


— Ti ho preso una cosa. —

Le mie mani tremano leggermente mentre le porgo il pacchettino che ho fatto con cura; ma forse è solo il freddo. Dopotutto, è quasi Natale e siamo seduti su una fottutissima panchina di un fottutissimo parchetto vicino alla nostra dannatissima università. Sì, abbiamo scoperto di frequentare la stessa università, anche se lei è un anno più grande di me, ma ovviamente non ci siamo mai visti prima. E l’unica parola che mi viene in mente è destino.

Fa quell’espressione stupita e imbarazzata che in queste settimane ho imparato a conoscere.

— Ma perché dai! E se mi dici “per Natale” ti pianto qui. — prende il pacchettino e lo appoggia sulle sue ginocchia.

— Finiscila di fare la dura, non ti riesce proprio per niente. Lo so quanto ti piacciano i regali. —

La guardo, e ridacchiamo.

— Sì però lo apro a Natale, ovviamente. — abbassa lo sguardo e capisco che mi sta per dire qualcosa che la mette a disagio.

— Io però non ti ho preso nulla. Perché faccio schifo a fare i regali tanto quanto mi piace riceverli. —

— Guarda che ti ho preso una stronzata. Una di quelle cose per cui tu sgrani gli occhi ma che in realtà non sono nulla di che. L’ho visto, e ti ho pensata. In più, ero con un’altra persona in quel momento ed è stato lui a darmi l’idea, in effetti. —

Aggrotta leggermente le sopracciglia e sento di stare per arrossire.

— E chi è questo bel manzo adesso? Se è una nuova fiamma e non me l’hai detto ti picchio! — con il gomito mi dà dei piccoli colpetti e io voglio solo sotterrarmi.

Con lei non c’è mai stato bisogno di fare coming out; penso l’abbia sempre intuito e saputo, ma decido comunque di chiederglielo. Anche perché in realtà, non sono ancora certo al 100% della mia sessualità… Diciamo che finora ho sempre trovato più ragazzi che ragazze, ma non disdegno del tutto l’idea.

— Mi spieghi come mai con te non c’è mai stato bisogno di dirti che sono mi piacciono i ragazzi? —

— Beh, ora me l’hai detto. E scusa eh se ti stalkero su Instagram, sono pur sempre una donna, dai potrai anche sembrare super figo e un sacco etero con quei selca e il tuo aspetto da figo, ma le frasi? Le prendi dai cioccolatini per caso? — si mette a ridere punzecchiandomi e non posso fare a meno di ridere a mia volta, nonostante io voglia seriamente scavarmi una buca e infilarmi sotto terra in questo momento.

— In più, sono settimane che ci parliamo e vediamo tutti i santi giorni, facciamo lo stesso tragitto per l'università, mangiamo assieme, usciamo e andiamo al noraebang… Se fossi stato un ragazzo etero qualunque ci avresti almeno già provato con me. — arrossisce violentemente spalancando un po’ gli occhi e aggiunge velocemente:

— Non che io sia tutta questa bellezza, sia chiaro! Cioè intendevo dire che di solito gli uomini ci provano a prescindere… Ma comunque… Chi è questo ragazzo? — si posiziona con il viso tra le mani a coppetta, proprio come a volerne sapere di più. Sbuffo leggermente, comunque sorridendo, e scuoto la testa.

— Innanzitutto tu sei bellissima, punto. E come hai detto tu io non sono un ragazzo etero qualunque, quindi… Comunque, l’ho conosciuto a scuola di canto, sai che ho iniziato tipo tre settimane fa… Ha un paio di anni in meno di me, capelli scuri e un po' lunghi, li raccoglie spesso in un mezzo codino, braccio tatuato… Fa il personal trainer in una palestra di boxe ad Hongdae, ma gli piace cantare e anche lui ha iniziato da poco. E non so, ci hanno fatto fare un duetto assieme e… Hai presente quando anche solo lo sguardo di una persona ti manda in pappa il cervello e senti quella fastidiosa ma bellissima morsa allo stomaco, che inizialmente vuoi che vada via ma poi capisci che è esattamente quello che stai cercando? Ecco, lui è bravissimo a farti provare questa sensazione. — la vedo sbiancare leggermente e il suo sorriso si affievolisce ma non ci faccio troppo caso. Decido di continuare.

— È un ragazzo semplicissimo, davvero, ma è anche un po’… misterioso. Diciamo che non mi ha raccontato molto del suo passato, per ora… Però starebbe molto simpatico anche a te. In realtà siamo usciti qualche volta ma easy, da amici, tipo dopo canto, anche perché non riesco nemmeno a capire se lui sia gay o meno… Vuole fare il duro e tutto quanto ma non ci riesce, esattamente come te! Spesso flirta, fa battutine… Il che mi fa pensare ci sia interesse da parte sua, — mi metto a ridacchiare al pensiero, ma lei è immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Dopo mezzo secondo scuote la testa come per riprendersi e io inarco le sopracciglia, confuso.

— E come si chiama questo ragazzo molto misterioso che fa boxe, canta, è tatuato e che starebbe molto simpatico anche a me? — ha una voce quasi meccanica, e mi sto preoccupando. C’è visibilmente qualcosa che non quadra.

— Ehm… Jeon Jeongguk. Perché? — la vedo deglutire ma poi, esattamente come prima, scuote la testa e alza le spalle.

— Così. Per dare un nome a questo ragazzo misterioso. — non mi convince per nulla.

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Capitolo 6
*** 20191230 ***


È il mio compleanno, anche se lo reputo un giorno come tutti gli altri. I miei genitori vorranno uscire a cena, per giocare alla famiglia felice, ma per quest’anno ho preso fortunatamente altri impegni, stavolta ho degli amici con cui uscire. Mi vedrò con Eri per cena, e con Jeongguk uscirò dopo cena. Una sorta di appuntamento. A lei non l’ho ancora detto, non so mi sembra strana ogni volta che lo nomino e questo mi fa stare male. Non voglio scendere nei particolari perché altrimenti me ne avrebbe già parlato, ma è come se questa storia le ricordasse un avvenimento brutto del suo passato, come quando mi ha raccontato del suo ex, uno stronzo colossale che l'anno scorso l’ha mollata perché voleva iniziare l’università “senza vincoli” e se n'è andato, dopo un anno di relazione, con un letale "sparisci dalla mia vita". E poi ha droppato anche l'università. Un coglione, insomma, ma lei ci sta ancora un po' sotto quindi non affrontiamo spesso l’argomento. Ogni tanto le propongo di organizzare delle uscite con dei ragazzi che conosco ma lei li rifiuta tutti.

Mi sto preparando, quando sento la notifica di Kakao. Sorrido come un idiota nel vedere quel nome sul mio schermo e il messaggio “mi sto pure facendo bello per te, guarda come mi hai ridotto”. Non gli ho detto che oggi è il mio compleanno, infatti non mi ha fatto gli auguri, ma mi fa piacere stia prendendo la nostra uscita di stasera come un vero appuntamento. Nell’ultimo periodo le battutine e i flirt, soprattutto durante le lezioni di canto dove lo vedo due volte a settimana, e durante i tragitti in cui mi riaccompagna a casa dopo la lezione, sono decisamente aumentati facendosi più… espliciti. Non sono ancora convinto della sua omosessualità al 100%, mi dà più vibes da bisessuale, ma comunque quello che mi dice e come me lo dice sono abbastanza esplicativi. Mi guardo allo specchio e vedo che sono arrossito, dio santo Taehyung datti un contegno. Lo conosci da nemmeno un mese e già fai il sottone. Mi arriva un’altra notifica, questa volta da Eri. Sorrido, mentre apro la chat. “KIM TAEHYUNG quanto cazzo sono feliceeeeee è il tuo compleannoooo ahhhh e 2 minuti e partooooooo fatti trovare prontooooooOoOoOoO AUGURI PABOOOOooO I LOVE YOU” rido sommariamente e le rispondo “ahahahaha come farei se tu non ci fossi! Sono già pronto baka”. È sempre così esplicita e solare, quando si tratta di me, e tutto sommato sono davvero davvero felice che quel giorno mi abbia fermato sul ponte. Ora che ci penso però, non le ho mai chiesto cosa ci facesse lei lì. Magari glielo chiederò stasera.

Mi do un’ultima ritoccata, mi scompiglio giusto un poco i capelli ora tinti di nero e con la permanente fatta qualche giorno fa e mi metto il giubbotto e le scarpe.

— Mamma, papà, io vado! — mi affaccio in cucina e li saluto, i quali ricambiano augurandomi di nuovo buon compleanno. Sorrido ed esco di casa.

Dopo pochissimo, vedo due fari entrare nella mia via, e capisco che è lei.

Già, non solo abbiamo scoperto di andare nella stessa università, ma anche di abitare in due quartieri molto vicini tra loro, nella zona di Mapo-gu. Prendiamo lo stesso bus blu, lo stesso treno. E fino a un mese fa, non ci eravamo mai incrociati. Destino, è di nuovo l’unica parola che mi viene in mente in questi momenti.

Accosta di fronte a me e scende velocemente, per poi abbracciarmi fortissimo.

— Tanti auguri! — mi ripete, di nuovo, per poi staccarsi. Le do un enorme bacio sulla guancia.

— Per quante volte ancora lo dovrai ripetere? —

— Fino a quando il tuo compleanno non sarà finito. Sei uno schianto, comunque. — mi fa l’occhiolino ed entriamo in macchina, ridendo.

 

*

 

Dopo una mezzoretta di strada, dovuta principalmente al traffico di Seoul, in cui non abbiamo fatto altro che cantare assieme, in macchina, per tutto il tragitto, parcheggio e arriviamo al luogo della nostra cena. Un normalissimo ristorante vietnamita nella zona di Itaewon, nulla di trascendentale, ma volevamo entrambi provarlo ed è stato Taehyung a propormelo.

Sto cercando in tutti i modi di cancellare qualsiasi pensiero non riguardi Taehyung stasera, voglio dedicare la serata a lui. Non voglio pensare a come il cantare assieme ci sia venuto naturale, a come le nostri voci si siano mischiate perfettamente, a come, ancora una volta, tutto questo mi ricordi Jeongguk. E come io stia mentendo a Tae, dato che non gli ho mai rivelato che il suo Jeongguk… Bè, era anche il mio Jeongguk. E non ho la minima intenzione di farlo, dato che a Tae ho raccontato della nostra storia e rottura, tralasciando particolari che potevano ricondurlo al suo Jeongguk, e lui lo reputa un coglione di prima categoria.

Mi prende a braccetto ed entriamo nel ristorante, dove ci sediamo e ordiniamo, mentre parliamo del più e del meno, dell’università, degli esami, delle vacanze di Natale. Poi mi fa una domanda a un certo punto che mi spiazza un pochino.

— Non te l’ho mai chiesto Eri perché non ne abbiamo più parlato. Ma… Cosa ci facevi anche tu su quel ponte, la notte in cui hai provato a fermarmi e in cui ci siamo visti la prima volta? —

Lo guardo di sottecchi, è molto serio e pacato nelle sue parole, misurato.

— Bé… L’aria in casa si stava facendo pesante, e ho semplicemente vagato in giro per la città per fare una passeggiata. Credo sia stata pura casualità. —

Destino. — lo sento sussurrare. E io mi metto a ridere di gusto. Una risata non molto positiva, però.

— Ci credi davvero? — mi fa spallucce in risposta.

— Perché no? Credo ci sia un motivo per cui ci siamo incontrati. Non so, non riesco più a credere alle coincidenze. — faccio un risolino sarcastico in risposta. Decisamente non ci credo nemmeno io, non più.

— Credo di essere estremamente d’accordo con te, le coincidenze non esistono. — rispondo, lanciando una frecciatina che non coglierà mai, e l’argomento si chiude qui, per fortuna.

Tra un boccone e l’altro, tiro fuori un piccolo pacchetto, un piccolo pensiero che ho voluto regalargli.

— Non cominciare a prendermi in giro, lo sai che non sono brava con i regali, “l'ho visto e ti ho pensato” cit. — mi affretto a dire, mentre lui ride e prende il pacchetto, cominciando a scartarlo e ringraziandomi, dicendomi che non dovevo. Lo guardo meglio, i suoi capelli ora tinti di nero un po’ mossi e scompigliati, la camicia nera di seta sbottonata fino al terzo bottone, gli orecchini argento e quel velo di matita nera sugli occhi, quello che basta per intensificare lo sguardo. Kim Taehyung, perché sei gay? Lo maledico nella testa e deglutisco, non mi posso di certo innamorare di lui…

— Eri. Ma è… bellissimo! È perfetto, grazie. — mi dice, mentre si infila l’anello d’argento semplice che gli ho regalato assieme a degli orecchini in coordinato. Ho notato che è decisamente un tipo da accessori, specialmente anelli e orecchini, e quando ho visto questo anello semplicissimo ma elegante accompagnato da dei piccoli cerchi per le orecchie, ho pensato a lui.

— Non è vero che non sei brava a fare i regali. Hai capito la mia passione per gli accessori senza che te lo dicessi. — gli faccio l’occhiolino mentre si avvicina per stamparmi un sonoro bacio sulla guancia, che ricevo sorridendo.

— Comunque, c’è una cosa che non ti ho detto, ed è anche il motivo per cui ti ho fatta guidare stasera… — mi dice un po’ titubante e faccio un cenno col capo di modo da invitarlo a continuare a parlare.

— Hai presente il pub qui vicino, quello dove ci sono i giochi gratis, che ha aperto qualche mese fa? È di fronte all’izakaya dove siamo stati settimana scorsa. —

— Mh mh. — dico  a mo’ di consenso e annuisco. E mi irrigidisco perché ho capito perfettamente dove vuole andare a parare. Ma cerco di trattenermi il più possibile. È il posto dove Jeongguk la sera fa il barista, da circa due mesi. Quando siamo stati in quell’izakaya di fronte, settimana scorsa, lui non era di turno. Ahh, io e le mie doti da stalker.

— Beh, Jeonggukie mi ha detto di lavorare lì e quindi lo passo a salutare dopo la nostra cena. Mi ha anche detto che stacca prima così possiamo “uscire assieme”. — fa le virgolette. — A canto gli ho detto che oggi sarei venuto in zona e lui mi ha proposto di uscire… — mi dice, visibilmente preso ed emozionato. Io sto morendo dentro ma cerco di fare il possibile per mandare giù il groppo che ho in gola. “Jeonggukie”. Sorrido.

— Un appuntamento quindi? — sottolineo, facendo un sorriso ammiccante. Si fa piccolo nelle sue spalle e mi annuisce, portando poi gli occhi in alto e facendo un sorriso buffo. Mi metto a ridere.

— Sei estremamente carino, Kim Taehyung. E ti meriti tutta la felicità del mondo. — gli dico sorridendo ma con tono serio, mentre gli scompiglio i capelli. Non voglio che JK si comporti male anche con lui, decisamente non glielo permetterò.

 

*

 

Stiamo finendo la nostra cena e mi arriva un messaggio da Jeonggukie.

“Sei ancora al ristorante? Io stacco tra 5 minuti, potrei venire da te.” sorrido e mando un veloce messaggio. Perfetto, così lui ed Eri potranno finalmente conoscersi! Così posso togliermi ogni dubbio che in questo periodo mi è ronzato nella testa…

“Sì, ti mando la posizione. Stiamo finendo, quindi tra 5 minuti è perfetto.”

Io ed Eri continuiamo a parlare di tutto, senza mai fermarci, ridendo e scherzando. Dopo qualche minuto, vedo la testa di Jeonggukie fare capolino nel ristorante, dato che io sono seduto rivolto verso la porta ed Eri è di fronte a me, dando le spalle all’entrata. Gli faccio un cenno, ed Eri si gira, non capendo.

E da questo momento, sono io a non capire.

Jeonggukie si blocca, all’entrata del ristorante, gli occhi fissi su di lei, il viso pietrificato e serissimo. Eri ha la stessa reazione, si è irrigidita e vedo che sta incominciando a tremare. Dopo secondi che mi sembrano interminabili, lei si gira in fretta e furia verso di me, con gli occhi fuori dalle orbite e il colorito decisamente troppo pallido, respirando affannosamente, e Jeongguk avanza lento verso di noi. Sono decisamente confuso, ma sapevo che c’era qualcosa che non andava, e il mio acconsentire a Jeongguk di venire qui era anche un modo per capirlo e confermare, o meno, i miei sospetti.

— …T-Taehyung, ciao. — mi saluta lui, guardandomi brevemente per poi tornare con lo sguardo su Eri. È proprio lei che mi anticipa prima che io potessi dire qualsiasi cosa, alzandosi velocemente dal suo posto.

— Piacere, io sono Erica. — tende la mano ancora tremante a un Jeongguk decisamente confuso, il quale la fissa quasi esterrefatto, e dopo secondi interminabili la stringe. — J-Jeongguk. Piacere mio. —

Cos’è tutta questa tensione? Cosa sta succedendo? È davvero quello che penso? Ti prego, fa che non lo sia.

— Bene, io andrei Tae. Non ti preoccupare, ho già pagato quando sono andata in bagno. Buona serata! E ancora auguri di buon compleanno, pabo. — mi dice in fretta e furia, dandomi un bacio sulla testa, raccogliendo le sue cose e scappando di corsa prima che potessi fermarla o dirle qualsiasi cosa. Credo la mia faccia si sia trasformata in un punto di domanda gigante. Mi giro verso Jeongguk ma lui è ancora fisso con lo sguardo sulla porta, da dove Eri è uscita qualche secondo fa.

— Che cos’era… quello? — cerco di chiedergli, ma lui si gira verso di me con sguardo perso, di nuovo.

— Mh? — mi dice, come se non mi avesse sentito.

— Vi conoscete per caso? — è così palese che si conoscano, altrimenti non si sarebbero minimamente comportati così. Sapevo c’era qualcosa sotto, ma… Ora ho paura di sapere esattamente cosa. Perché forse l'ho sempre sospettato.

— No… Cioè… Sì. Aspettami un attimo, Taehyung, scusa. — e Jeongguk esce correndo dal ristorante, lasciandomi lì, senza spiegazione.

 

*

 

— Dai, nuna, solo cinque minuti. Domani arriverò mezzora prima, lo prometto! — sto supplicando la mia capa per farmi staccare prima, vorrei fare una sorpresa a Taehyung e andare a trovarlo al ristorante. Anche perché è con una sua “amica” e sono terribilmente curioso di capire innanzitutto chi sia, e poi se è davvero un’”amica”. È evidente che io piaccia a Taehyung, e questa cosa mi fa impazzire, ma è altrettanto evidente che mi piaccia parecchio pure lui e… Oh, Jeongguk, quanto stai diventando sottone! Non lo eri da un po’.

La mia capa mi guarda eloquente.

— Va bene, JK. Solo perché sei tremendamente carino. Domani attacchi alle sei! — annuisco sorridendo e ringraziandola, per poi mandare veloce un messaggio a Tae, prendendo le mie cose.

Mi risponde subito, inviandomi la posizione, che seguo per raggiungerlo finalmente. Sento l’ansia salirmi e fermarsi sulla pancia, emozioni che non avrei creduto di riuscire più a provare, non dopo quello che era successo l'anno scorso… Ma perché così tanto, e soprattutto per un ragazzo che conosco da pochissimo?

Entro nel ristorante, vedendolo, mi sta facendo un cenno. Il problema è che tutto si blocca quando la ragazza, l’amica di Taehyung, si gira per guardarmi. Perdo il respiro, perdo il battito, perdo la cognizione del tempo. È Eri. La mia Eri. E lo sapevo cazzo, lo sapevo che c’era qualcosa che non andava, quello che Taehyung mi raccontava di lei era troppo, troppo simile alla Erica che conosco anche io. Alla Erica a cui ho spezzato il cuore in mille pezzi, alla Erica che ha spezzato anche il mio, di cuore. Si gira di scatto e allora decido di avanzare cauto, senza riuscire a toglierle gli occhi di dosso.

— …T-Taehyung, ciao. — lo saluto, guardandolo veloce, per poi tornare con il mio sguardo su di lei. Cosa faccio? La saluto? Faccio finta di niente? Mi guarda negli occhi, alzandosi veloce e porgendomi la sua mano.

— Piacere, io sono Erica. — la guardo stranita, ma poi capisco il suo gioco e la afferro titubante. Solo questo tocco mi sta facendo accelerare il battito. Non vuole far sapere nulla a Tae, ma credo sia palese e chiaro come il sole anche per lui che qualcosa non va.

— J-Jeongguk. Piacere mio. —

— Bene, io andrei Tae. Non ti preoccupare, ho già pagato quando sono andata in bagno. Buona serata! E ancora auguri di buon compleanno, pabo. — dice lei veloce, lasciandogli un bacio sulla testa e correndo fuori dal ristorante, sotto i miei occhi confusi. Ah, quindi è pure il compleanno di Taehyung. Fantastico.

— Che cos’era… quello? — mi chiede proprio lui, ma è come se non lo sentissi. Mi giro verso Tae con sguardo perso.

— Mh? —

— Vi conoscete per caso? — rincara la dose. Sì Taehyung, ma non ho capito cosa posso dirti e cosa no. E l’hai capito benissimo.

— No… Cioè… Sì. Aspettami un attimo, Taehyung, scusa. — ho bisogno di parlarle, di capirci qualcosa, quindi corro fuori dal ristorante e la vedo in lontananza alla mia destra, credo abbia appena smesso di correre. Corro veloce, più veloce che posso, andando a sbattere con le persone che si trovano sul mio percorso e sentendo le loro imprecazioni nei miei confronti, per poterla raggiungere prima che si infili in macchina e lo faccio proprio mentre sta per aprire la portiera. Mi ci piazzo davanti, chiudendola, e lei urla per lo spavento. Siamo quasi appiccicati, ma non faccio nemmeno in tempo a pensarlo che lei si allontana, di poco.

— Dio santo, sei pazzo per caso? — mi urla addosso, portandosi una mano sul petto. Finalmente ci guardiamo negli occhi, a distanza ravvicinata, con il respiro corto, io per la corsa e lei per lo spavento. E non solo.

— JK, cosa cazzo ci fai qui? Torna da Taehyung, adesso. — mi dice ferma, allontanandosi di più. Mi ha chiamato JK e il mio cuore continua a non volersi fermare.

— Io non… Eri… Cazzo. Sei tu. Sei… tu. — non so davvero cosa dire.

— Già. Non l’avevi ancora capito? No perché io lo so da un pezzo ormai e non ho la minima intenzione di dirgli la verità. — ridacchio sarcastico.

— Beh, credi che Taehyung non abbia capito che c'è qualcosa di strano, dopo stasera? Era chiaro come il sole che… —

— Senti… Che cosa vuoi esattamente? — taglia corto lei. È che… non lo so nemmeno io.

— …Non… Non lo so. —

— Bene, vedo che non sei cambiato durante quest'anno. Fai quello che vuoi con Taehyung, ma non osare spezzargli il cuore come hai fatto con me, sia chiaro. Ti spezzo tutte le ossa che ti ritrovi se osi ferirlo, sono diventata ancora più brava a boxare e non ho paura di salire su un ring, lo sai. — mi sposta con forza, per poi salire in macchina e partire. Quindi ha continuato a esercitarsi nonostante fosse il nostro sport in comune, nonostante ci fossimo conosciuti così… Un flashback mi parte nella testa, mentre vedo la sua macchina sparire nel traffico di Seoul.

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Capitolo 7
*** 20170927 ***


— E questo è il ring. Ma nel tuo caso ci salirai solo per gli allenamenti con l'istruttore, dato che mi hai detto che il tuo obiettivo non è gareggiare. Hey, Jeonggukie! — mio padre, ovvero il proprietario della palestra, urla il mio nome e io ritorno con la mente al mondo reale. Cerco di tornare a respirare normalmente, dopotutto stavo boxando al sacco. Mi giro verso di lui e noto una ragazza con lui: pantaloni neri, stivali neri, felpa nera estremamente oversize, capelli lunghi legati in una mezza coda, orecchini e anelli argento. Siamo vestiti esattamente allo stesso modo. I nostri occhi si incrociano per un attimo, poi mio padre riprende a parlare.

— Se ti senti abbastanza a tuo agio ad allenarti con un personal trainer maschio, direi che Jeongguk fa al caso tuo. Siete anche vestiti uguali! — tolgo velocemente il guantone destro e le porgo il pugno che lei ricambia.

— Direi che va benissimo! Sono Erica. — mi dice offrendomi un ampio sorriso.

— Jeongguk, come avrai capito. — ridacchiamo.

— Bene, continuiamo il giro, poi ti metterai d'accordo con lui per la prima lezione. — annuisce al mio vecchio e se ne vanno, mentre io continuo a seguirli con lo sguardo. Rimetto poi il mio guantone e riprendo a boxare.

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Capitolo 8
*** 20171105 ***


Entro trafelata in palestra, sono leggermente in ritardo per la mia ormai solita lezione domenicale. Oggi è il mio compleanno ed ero a cena con i miei genitori quindi ho perso un po' la cognizione del tempo. Sono le 9pm passate, corro fino allo spogliatoio, getto veloce le mie cose nell'armadietto, prendo la borraccia ed esco, cercando JK. Lo vedo seduto su una panchina, si sta già fasciando le mani. Corro verso di lui.

— Scusa scusa scusa sono in ritardo. — gli dico facendolo sobbalzare, per poi fasciarmi le mani. Lui si mette a ridere.

— Capisci che questi dieci minuti di ritardo non valgono nulla dato che rimarremo in questa palestra per tre ore post chiusura come al solito? — mi metto a ridere anche io, effettivamente da quando abbiamo iniziato abbiamo passato qui dentro tutte le domeniche sere. Jeongguk è il figlio del proprietario e teoricamente la palestra chiude alle 10, ma noi stiamo sempre qui fino a mezzanotte, almeno. E io pago solamente un'ora.

— I vantaggi di allenarsi con il figlio del proprietario… — gli faccio l'occhiolino e ci sistemiamo sul ring, tra una risata e l'altra. Iniziamo con il solito riscaldamento, ormai ci sto prendendo la mano. Fare boxe è un qualcosa che mi ha sempre incuriosita. Una volta scoperta questa palestra, dovevo solamente iscrivermi. Ed è stata decisamente la scelta migliore che potessi fare. Mi piace estremamente tanto, posso liberare la mente e JK è un personal fantastico. Diciamo che ci siamo subito trovati benissimo assieme… E potrei aver preso una piccola piccolissima cotta per lui. In fondo, vederlo sempre con una canottiera nera, i suoi tatuaggi che gli ricoprono tutto il braccio destro in mostra, sudato e con i capelli lunghi raccolti in un bun… Si ferma improvvisamente e mi guarda. Okay, forse lo stavo fissando un po' troppo intensamente.

— Che c'è? — mi chiede sospettoso ma sorridendo.

— Assolutamente nulla JK, — mi affretto a rispondergli e poi continuo il mio allenamento, e la conversazione si chiude lì.

Dopo un'ora abbondante sul ring, decidiamo di fare una piccola pausa. I clienti se ne sono andati tutti e la palestra è di nuovo completamente nostra, semi buia per non far capire all'esterno che c'è ancora qualcuno.

Jeongguk mi passa la mia borraccia e la afferro, sfiorandoci le mani. Cristo santo Erica datti un contegno.

— Non hai mai nulla di meglio da fare la domenica sera? — mi chiede dal nulla.

— Bè potrei farti la stessa domanda… Ma comunque no. Boxare è la cosa migliore del mondo da fare. —

— Migliore che stare, che ne so, con il tuo ragazzo? —

Mi metto a ridere e quasi mi strozzo con l'acqua che sto bevendo.

— Quale ragazzo, esattamente? — si gira verso di me e mi guarda.

 

*

 

Quindi non ha un ragazzo.

— Ragazza? — voglio essere 100% sicuro.

Scuote la testa. — Sono effettivamente bisex e grazie per non averlo dato per scontato, ma sono single. Come mai sei così curioso stasera? —

Sono in difficoltà. "Perché mi sto prendendo una cotta per te e mi piaci? Perché siamo uguali e non mi sono mai trovato meglio con una ragazza? Perché voglio chiederti di uscire ma sono troppo timido per farlo?" Devo trovare una scusa, alla svelta. Decido di fare spallucce.

— Curiosità. — annuisce abbassando lo sguardo, forse mi sembra… Delusa? Magari è solo la mia impressione.

Mi alzo e le porgo la mano, che prende un po' titubante. Per fortuna il rossore del mio imbarazzo è nascosto dal rossore per l'allenamento. Torniamo sul ring, per riprendere a boxare. È davvero migliorata tantissimo e faccio quasi fatica a starle dietro. Il suo sguardo concentrato sui miei movimenti mi fa deconcentrare, a tal punto che non schivo un suo colpo, prendendomelo in faccia.

— JK! Oddio! Scusa! — si blocca subito per venirmi vicino e controllarmi, mi prende il viso con entrambe le mani, avvolte dai guantoni e mi guarda ispezionandomi, i nostri visi vicinissimi e il suo sguardo che mi controlla.

— Sto diventando più brava di te per caso? Perché non hai schivato? —

— Mi sono distratto. — mi esce spontaneo, naturale, la mia voce si è però abbassata di qualche ottava. Incrocia finalmente i suoi occhi con i miei e la vedo deglutire. Siamo ancora maledettamente vicini, non riesco a distogliere lo sguardo dal suo.

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Capitolo 9
*** 20191230 ***


— Bene, vedo che non sei cambiato durante quest'anno. Fai quello che vuoi con Taehyung, ma non osare spezzargli il cuore come hai fatto con me, sia chiaro. Ti spezzo tutte le ossa che ti ritrovi se osi ferirlo, sono diventata ancora più brava a boxare e non ho paura a salire su un ring, lo sai. — sono sempre stata brava a lanciare frecciatine, però così era un po' troppo da sottona. Gli ho praticamente detto che non l'ho dimenticato. Lo sposto con la forza e salgo in macchina, partendo velocemente per andare non so dove. Non ho la minima voglia di tornare a casa ma mi dovevo allontanare da lì. Purtroppo mi riaffiorano dei ricordi mentre guido per le strade illuminate e trafficate di Seoul, praticamente senza meta.

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Capitolo 10
*** 20171106 ***


Il mio compleanno è terminato da una mezzora e io e JK abbiamo appena deciso di andarci a bere qualcosa. Sono nello spogliatoio che cerco di rendermi leggermente più presentabile di così, fallendo miseramente dato che sono bagnata dalla doccia appena finita e non ho nessun cambio con me. Sento bussare alla porta, per poi vedere una mano che afferra una maglia e una felpa - rigorosamente nere - spuntare.

— Non sto guardando giuro, ho solo effettivamente pensato che tu non abbia un cambio. Tengo sempre qualcosa di scorta qui di mio, se vuoi. —

— Cominci a leggermi nel pensiero, eh, te lo stavo proprio per chiedere. Grazie. — affermo mentre prendo gli indumenti di Jeongguk. La sua mano si ritira e chiude la porta con un "Ti aspetto qui fuori, spengo tutto intanto." Mi vesto velocemente, mi guardo un'ultima volta allo specchio ed esco.

JK mi aspetta con una sigaretta tra le labbra fuori dalla palestra. Me ne accendo una anche io mentre lui chiude a chiave il tutto e ci dirigiamo assieme verso la sua macchina.

— Che facciamo, posso lasciare la mia macchina qui e la vengo a prendere più tardi? —

— Sei pazza? Ti riporto io a casa carissima, non ti lascio di certo guidare alle 4 del mattino. Domani ti vengo a prendere e ti riporto qui. — ridacchio mentre lui mi prende il borsone per poi lanciarlo piano nel suo bagagliaio.

— Hai già deciso che staremo fuori fino alle 4? Magari sono una noia mortale e ti verrà voglia di tornare a casa tra 3, 2, 1… — stavolta ride lui mentre mi apre la portiera.

— Scema, se fossi stata noiosa non saremmo stati assieme tutte le domeniche per 4 ore consecutive. —

Durante il viaggio verso un pub a Itaewon non facciamo altro che cantare. Cantare divinamente tra l'altro, facendo dei duetti meravigliosi e non credo di essere stata più felice di così.

— Non sapevo sapessi cantare. Da Dio, tra l'altro. — gli dico tra una canzone e l'altra e lui ridacchia un po' imbarazzato.

— È per questo che stiamo uscendo no? — sorrido mentre lo guardo, anche se mi è venuta una morsa allo stomaco alla parola “uscendo”. Quindi stiamo uscendo. Continuo a guardarlo, non riesco a smettere perché è decisamente bello. Il classico cliché del ragazzo alla guida, estremamente sexy.

— Cazzo devo chiamare mia madre! — mi ricordo improvvisamente che non l'ho minimamente avvisata! Che le racconto? Aiuto. Mando un veloce messaggio del tipo "Mamma scusa ho fatto tardi in palestra sto uscendo a bere qualcosa con degli amici per il mio compleanno, non aspettarmi sveglia!”

 

*

 

Con la coda dell’occhio leggo veloce il messaggio, mi è venuto automatico.

— Con “degli amici”, eh? — mi guarda sospirando ma sta sorridendo.

— Dai su, figurati a dirle “esco con il mio personal trainer” cosa penserebbe, su… — decido di giocare un pochino, mentre siamo quasi arrivati e cerco parcheggio.

— Cosa penserebbe, sentiamo. — l’ho messa in difficoltà e sorrido un po’ vittorioso mentre la guardo veloce, alzando un sopracciglio.

— Ehm. Okay che sei più piccolo di me ma non credevo ci fosse bisogno di spiegarti certe cose. — ouch. Okay scherzavo, non l’ho decisamente messa in difficoltà e ha vinto lei. Mi metto a ridere, scuotendo la testa.
 

*
 

Siamo alla terza bottiglia di soju condivisa, sono quasi le tre del mattino e io ed Eri non abbiamo fatto altro che parlare, ridere, scherzare, raccontarci cose. Non esiste il silenzio tra noi, abbiamo sempre cose da dirci e non posso far altro se non sprofondare nella mia immensa cotta per questa ragazza. La sto guardando attentamente mentre mi racconta di un aneddoto di quando era al liceo, ho la testa appoggiata sulla mano e, probabilmente, gli occhi troppo a cuore perché si ferma e mi guarda eloquente.

— Non dirmi che sei già ubriaco, JK. — scuoto la testa velocemente anche se un po’ brillo lo sono, e le sorrido.

— Mi stanno venendo in mente delle cose da dirti ma sono tutte super sdolcinate e a te non piacciono ste cose. L’alcool mi rende meno timido del solito, lo sai, però sei dannatamente bella e io ho mi sono preso un’enorme, immensa, gigantesca cotta per te. —

Cazzo. Cazzo come mi sono uscite queste parole?! Non ci posso credere l’ho detto, okay, okay. Sgrano gli occhi, cosa che fa anche lei, e per la prima volta in questa serata rimaniamo in silenzio. Non dura molto però, perché non faccio nemmeno in tempo a capire cosa sia successo che mi ritrovo le sue labbra incollate alle mie. Non faccio decisamente obiezioni e la bacio come si deve, con le mie mani infilate nei suoi capelli e il mio cuore che sobbalza leggero nel mio petto.

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Capitolo 11
*** 20181003 ***


Sto boxando al sacco, come ogni pomeriggio, rendendomi disponibile in caso qualche cliente abbia bisogno. Ma non posso fare a meno di notare con la coda dell’occhio tre signori, in giacca e cravatta, entrare dalla porta. Attirano la mia attenzione perché non è decisamente un abbigliamento che vedo tutti i giorni, qui in palestra. Non ci faccio troppo caso, ma poi uno dei tre entra nell’ufficio di mio padre e gli altri due rimangono fuori, a mo' di bodyguard, ai due lati della porta e allora mi allarmo. È un comportamento decisamente insolito. Mi interrompo e mi avvicino verso la porta che separa la sala vera e propria della palestra con il corridoio degli uffici e gli spogliatoi, mettendomi in una posizione tale da controllare la porta e faccio finta di sistemare dei pesi lì vicino. I due signori non mi degnano nemmeno di uno sguardo, come se non provassero alcun tipo di emozione, come se fosse il loro lavoro. Aspetto cinque minuti buoni ma non succede nulla; poi, un tonfo, come se fosse caduto qualcosa, o qualcuno. Corro verso la porta ma i due tizi mi bloccano immediatamente, e il loro sguardo mi fa gelare il sangue nelle vene.

— Papà? Tutto okay?! — urlo, ma forse sarebbe stato meglio non l’avessi fatto.

— Papà? Oh, ma c’è anche tuo figlio! — sento una voce profonda e maligna dire dall’interno. Non faccio in tempo a fare nulla, la porta si apre e l’uomo mi prende violentemente per la maglia, tirandomi dentro e sbattendo di nuovo la porta per chiuderla. Mio padre è a terra, con labbro e sopracciglio completamente insanguinati. Mi fiondo immediatamente su di lui.

— Papà! Oddio, cos’è successo? Come stai?! — mio padre non riesce nemmeno a guardarmi in faccia, e l’uomo in piedi davanti a noi ride.

— Jeon, lo sai, sono un uomo molto potente, non farmelo ripetere. Non ho paura di usare tutti i mezzi che ho per riavere tutti i miei soldi. E vediamo, tu devi essere Jeongguk, vero? —

Sono confuso, non sto capendo assolutamente nulla. Soldi? Mio padre ha dei debiti con persone poco raccomandabili? Cosa sta succedendo?

L’uomo si accovaccia, fino a guardarmi negli occhi.

— Un così bel ragazzo, mi spiacerebbe così tanto ammazzarti. — non riesco nemmeno a deglutire, sono immobile ma sento di star iniziando a tremare. Mi sto incazzando. Mi alzo e lo guardo dall’alto.

— Chi è e cosa vuole da mio padre? — dico cercando di essere il più fermo e duro possibile. Lui mi guarda, rimanendo accovacciato, sorridendo e accennando a una risata. Ovviamente non gli sto mettendo paura. Mio padre è ancora immobile, guarda ancora il pavimento.

L’uomo sospira e poi si alza.

— Almeno vedo che hai più fegato del tuo vecchio. Quindi lo dico anche a te, caro Jeongguk… Se non mi restituite i miei fottuti 5 miliardi di won entro la fine dell’anno faccio saltare in aria questa cazzo di palestra, il tuo cazzo di cervello e anche quello di… Aspetta, come si chiama la tua ragazza? Erica Kim, qualcosa del genere giusto? — se prima ero spaventato, ora non sento più nulla. Il suo nome è uscito dalle labbra di questo - non saprei nemmeno come definirlo, uomo no di certo - e non ho più battito, non ho più respiro, non ho più sangue nelle vene. Come cazzo fa a sapere chi è Eri? Ci ha spiati per tutto questo tempo?! E soprattutto chi cazzo è? L’uomo si accorge probabilmente della mia espressione di completo e puro terrore e si mette a ridere, per poi darmi dei colpetti, forti, sulla testa. Ma il dolore fisico non è nulla rispetto a ciò che sto provando in questo momento.

— Dai Jeongguk, perché questa faccia! Anzi, JK, non è forse così che ti chiama? Basta che rispetti i termini e non le torcerò nemmeno un capello. Però se glielo dici… Quello è tutto un altro discorso. Credo in te, ragazzo! — e, come se quella appena detta fosse la frase più normale del mondo, si gira ed esce dalla porta, con i due uomini al seguito. Io sono completamente bloccato, con lo sguardo fisso nel vuoto, non riesco a processare, non riesco a pensare a nulla. Cosa dovrei fare?

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Capitolo 12
*** 20181111 ***


Ho cercato di ritardare questo momento quanto più ho potuto. Ma dopo la visita di ieri di Min, l’uomo che sta minacciando me, mio padre e la mia fottuta ragazza, non posso più continuare a metterla in pericolo. Min mi ha fatto capire che sa dove abita, sa dove va in università, sa chi sono i suoi genitori. E ha capito che il modo per piegarmi completamente alla sua volontà è minacciare lei. In questo mese ho cercato di fare di tutto per allontanarla, di modo che fosse lei a lasciarmi, ad andarsene, a odiarmi. Ho pensato che così sarebbe stato più semplice, sarebbe stato più immediato, che lei si sarebbe stancata di me e del mio comportamento. Stavo deliberatamente facendo lo stronzo, sotto minacce di Min, e purtroppo mi usciva talmente bene che lei ci stava credendo. Ci credeva, ma non abbastanza da mollarmi, semplicemente litigavamo, ogni giorno, rompendo quel bellissimo rapporto che in questo anno avevamo creato, snaturando quel bene e quell’amore che io continuo a provare per lei. E forse anche lei per me, per questo non riusciva ad andarsene.

Ma oggi devo farlo. Devo lasciarla andare, devo fare in modo che non mi stia più vicino, che Min non abbia più modo di spiarla e di vederla e di minacciarla. Lei è solo in pericolo se continuerà a stare con me. La sto aspettando in un café a Sinchon, oggi è sfortunatamente il Peppero Day e quindi è pieno di coppiette che si scambiano i suddetti dolci. Appena la vedo entrare, felpa nera oversize, cappellino e mascherina che la praticamente nascondono, mi agito. Tutta la convinzione che mi ero costruito fino a quel momento se ne sta andando. La verità è che la amo da morire, ma non posso più farlo. Si siede veloce al nostro tavolo e toglie la mascherina, e posso finalmente vedere quanto abbia pianto. Non ci vediamo da qualche giorno.

— Hey. — mi dice, senza nessuna emozione.

— Ciao. — ed eccolo, il silenzio che mai pensavo potesse crearsi tra noi. Dai Jeongguk, hai ripetuto questo discorso talmente tante volte, ce la devi fare. Fai finta che sia lo specchio. Lei mi anticipa.

— Senti JK, ti prego… Perché non vuoi dirmi cosa c’è che non va? —

Sospiro e inizio il mio discorso, preparato e imparato a memoria.

— Mi sono accorto che… Non funzioniamo più come prima. E non credo si possa riparare. — abbassa la testa per un secondo e poi la rialza, guardando di lato.

— E di questo mi sono accorta anche io. La domanda è perché, quando è iniziato, qual è il moti- —

— Perché ho iniziato l’università e non voglio più vincoli. Voglio divertirmi, voglio pensare a me, voglio godermi questi anni. — cerco di essere il più scocciato possibile, ma sto morendo dentro. La sto letteralmente uccidendo, ha iniziato a piangere, ma questo è l’unico modo. Mi odierà, mi lascerà, potrà iniziare una nuova vita, sarà lontana da ogni pericolo.

— Jeongguk… Ti prego. Non puoi essere serio. N-non puoi… — farfuglia, sconvolta, ferita.

— Sono più che serio. Non ce la faccio più! —

— Come puoi essere serio! Hai detto di amarmi. Hai detto di essere felice, e in un solo mese hai completamente cambiato idea. C’è un’altra persona? Ti sei innamorato di qualcun altro? P-perché se non è così non capisco come sia possibile! — sta già singhiozzando e io non credo di reggere.

— Potrebbe esserci. Forse sì, forse no, ed è proprio questo il punto. Voglio vedere altre persone, non voglio più stare con te. È finita. — il mio tono è glaciale. La sua espressione è terrificante, arrabbiata, delusa, infinitamente triste e confusa. Ma, come già avevo previsto, non si dà per vinta.

— J-jeongguk ti prego! Capiamo assieme sta cosa, possiamo vederci di meno, possiamo… —

E io aggiungo l’ultima, letale frase. Che spezza il suo cuore, ma spezza anche il mio, in mille pezzi.

— Smettila di piagnucolare e sparisci dalla mia vita! Non voglio più vederti. Non voglio passare un altro minuto con te. Non sei più niente per me, niente! Continua per la tua strada ma non cercarmi più, non parlarmi più, dimenticami, hai capito? Sparisci dalla mia vita! — mi alzo in piedi e me ne vado, non curante di tutti gli sguardi puntati su di noi, correndo fuori, dove finalmente posso scoppiare in un pianto disperato. Faccio qualche metro e mi nascondo in un vialetto, per poi appoggiarmi al muro, mettendo le mani nei capelli e continuando a piangere, imprecando e maledicendo quell’uomo che mi ha costretto a lasciarla andare. Ora che Eri è fuori pericolo, posso fare di tutto per distruggerlo con le mie stesse mani. Min, sei un uomo finito.

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