Peter Pan

di Schoko26
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Peter Pan






Le storie belle - spesso - hanno un inizio triste, tetro, capace di rendere anche solo lo sboccio di un fiore un´evento unico. Speciale. Raro. Quasi fosse sinonimo di un nuovo principio.
Le storie belle - quasi sempre - migliorano verso la fine e ti regalano i „The end“ più felici, quelli che ti cambiano la vita - come nei romanzi rosa che alle ragazzine piace tanto leggere.

Ma… come poteva qualcosa cosí nascere in un terreno arido, piatto, senza radici e fondamenta? Come poteva iniziare qualcosa - qualsiasi cosa - nel tedio più totale?
Hermione Granger se lo chiedeva ogni singolo giorno. Tutte le volte quando nel suo letto apriva gli occhi nocciola come se non avesse mai dormito; come poteva lei avere un nuovo magnifico inizio se tutto attorno a lei era… morto?

Ma subito dopo aver formulato quel pensiero, sentirsi una vera merda nei confronti di chi era veramente morto dopo la guerra era quasi d´obbligo. Era una vigliacca anche solo nel pensare che dopo aver sconfitto Lord Voldemort, tutti avevano avuto il proprio lieto fine tranne lei.

I suoi giorni si susseguivano tutti uguali, identici, come se un’unica pagina fosse stata fotocopiata all’infinito. Come se il creatore del suo destino avesse avuto un ridicolo blocco dello scrittore e le pagine che componevano la sua misera esistenza erano rimaste incompiute, lasciate a se stesse senza alcuno sbocco o idea. 
E lí sí che aveva toccato completamente il fondo quando si era resa conto di sperare nella comparsa di qualche entità maligna, bisognosa solo di essere sconfitta.

Dopo un anno dalla fine della Grande Guerra, con i morti ancora freschi sotto terra, lei pensava a quello. Solo un verme sarebbe stato in grado di articolare un pensiero simile. O un qualsiasi altro risvolto macabro.
Ma…
Ma, ma, ma…! Hermione non riusciva a pensare ad altro.
Hogwarts si era presa un anno sabbatico dopo la distruzione che era avvenuta durante lo scontro contro Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte, e il Ministero - quello pulito, naturalmente - aveva avuto il suo bel da fare nell´incriminare i seguaci rimasti vivi durante lo scontro.

Lei, Harry e Ron non si erano lasciati sfuggire nemmeno un singolo processo. Carcere duro per tutti coloro che non erano stati soggiogati dalla Magia Oscura, era questo ciò che meritavano quei pazzi e senza via di scampo. Azkaban era quello che meritavano e non erano certo stati Harry, Ron o Hermione ad impedire che ci finissero. 
Harry aveva testimoniato per ore, lavorando giorno e notte gomito a gomito con gli Auror - cercando di rendere giustizia a tutti coloro che avevano trovato la morte durante quella dura ed estenuante battaglia contro il Signore Oscuro.

Gli unici che il bambino sopravvissuto aveva salvato, sorprendendo più di una persona, erano stati Narcissa e Draco Malfoy. Mentre Lucius se l’era data a gambe appena gli Auror avevano fatto irruzione nella loro bella villetta Parigina - dove si erano rifugiati proprio quando erano scomparsi durante la battaglia.
Non aveva dato spiegazioni a nessuno, nemmeno a Ron - furioso. - Ma ad Hermione non era sfuggita la lunga occhiata che il suo migliore amico si era scambiato con la Signora Malfoy, retta e fiera anche con le manette ai polsi.
E non aveva indagato. Non aveva voluto indagare. Harry sapeva cosa faceva, anche se il più delle volte non sembrava così, e lei aveva fiducia in lui. Ne aveva sempre avuta.

Dopo i processi, comunque, esattamente un anno dopo, Hogwarts aveva riaperto i battenti con la Mcgranitt come Preside e i ragazzi avevano deciso di terminare gli studi - un po´perché Hermione li aveva pressati così tanto da togliergli la vita e un po´perché avevano bisogno tutti di … spensieratezza. 
Di un ultimo anno da adolescenti, dopo aver passato un´intera vita a combattere contro qualcosa più grande di loro. Sí. Era quella la verità. Loro avevano bisogno di vivere, ma vivere come bambini, ragazzini, senza pensieri o paure.
Senza ansia o timore. 

E se per tutti, in un modo o nell’altro, era stato effettivamente così, per Hermione non era cambiato assolutamente nulla. 
Harry, con sua somma gioia, si era messo sotto con lo studio - in modo da poter sostenere l’esame per diventare Auror. Era il capitano della squadra di Quidditch e Ginny, nonostante la morte di Fred, era la roccia su cui aggrapparsi nei momenti di sconforto.
Lei era quella che animava le lezioni, che organizzava piccoli party per distrarre il resto della studentesca, addirittura capace di spronare anche suo fratello Ron - il suo ossimoro vivente. Fred aveva lasciato una grande vuoto e un trauma che il ragazzo dai capelli rossi faceva fatica a superare.

Dopo il bacio che si erano scambiati su quelle scale coperti da sangue e detriti, dove Hermione aveva fantasticato per anni - innamorata persa - lui si era completamente distaccato da lei; agli inizi aveva cercato di essere il fidanzato perfetto e la ragazza dai capelli ricci aveva apprezzato lo sforzo - caduto poi nel dimenticatoio quando lui, dopo un anno, completamente ubriaco dopo una vittoria a Quidditch, prima aveva cercato di convincerla a fare sesso poi le aveva confessato che baciarla era come baciare sua sorella. Infine Ron aveva vomitato sul suo maglione nuovo - crollando come ciliegina sulla torta addormentato come un baccalà. 

Naturalmente il giorno dopo il suo bel cervellino ancora bombardato di Strega, versato con abbondanza la sera prima, aveva cancellato allegramente l’episodio - quasi come tutela nei propri confronti. Ma Hermione era stata generosa a ricordarglielo. Con toni abbastanza alterati, capaci di fargli aumentare il mal di testa, per poi piantarlo senza tante cerimonie.
L´unica che aveva sofferto era stata naturalmente lei, rigorosamente di nascosto, sotto le lenzuola e da sola. Tutto con molta dignità. E ancora con la verginità intatta a quanto pare.

A volte le sembrava di aver perso un infinitá di tempo e non era proprio da lei. Insomma… Hermione era una persona alquanto rigida, per nulla superficiale e per anni si era dedicata anima e corpo allo studio.
La Grifondoro adorava perdersi nelle pagine che leggeva, nel profumo antico dei libri e nell´inebriante sensazione di potere che le portava il sapere. 

Ah… il sapere. Ogni singola goccia riempiva un vaso situato nella sua testa che non aveva fine - come un pozzo senza fondo - e questo le piaceva. Lei amava sentirsi così. 
Era qualcosa che non era mai riuscita a spiegare, ma che sentiva giorno dopo giorno crescerle dentro, come un´edera velenosa capace di prendere possesso di ogni suo singolo organo. Ed era così da quando ne aveva memoria, da quando aveva capito che poteva gestire ogni aspetto della sua vita, se voleva.

Quella vita che le era sempre stata un po´stretta e cattiva, cominciando dalle scuole Babbane e finendo praticamente ad Hogwarts. Ma se quegli stupidi esseri erano così concentrati a ferirla sull’aspetto fisico, i Maghi erano riusciti a portarle via qualcosa che lei reputava più importante.
La fiducia nelle sue capacità. 
Una Mezzosangue. Feccia per i Babbani e sterco per i Maghi, era quella la verità. E allora tutto aveva cominciato a prendere forma nella sua testa - mentre il puzzle della sua vita andava a costruirsi giorno dopo giorno, inesorabile, senza sosta.
Senza lasciarle alcuna pausa per i divertimenti o le frivolezze. Lei aveva un obiettivo, e quell’obiettivo andava raggiunto, punto. Non ce n’erano se o ma a quel punto.
E allora si era persa tutto. Gli anni migliori della sua vita erano scivolati via tra la guerra e i libri - tra sofferenza e sapere. 

Aveva smarrito il suo Peter Pan. 
Tutto era diventato noia per lei, mentre gli altri sembravano aver trovato il proprio posto nel mondo, nonostante i trauma che tutti si trascinavano alle spalle.
Il resto andava avanti come nulla fosse ed Hermione, nonostante corresse senza sosta, proprio non riusciva a raggiungerli - e rimaneva indietro, avvolta da quella piccola nube oscura che cominciava pian piano ad opprimerle i polmoni.

Dov´era il suo lieto fine? 
Dov´era finito il suo Peter Pan? 


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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I










Hogwarts era una scuola unica nel suo genere. Prestigiosa, costosa, ligia. Una fortezza che aveva formato grandi Maghi e Streghe, capaci di cose straordinarie - fuori dal comune. 
Silente stesso era uno dei Maghi più potenti che il suo secolo avesse mai visto. Tom Riddle, l’attuale preside Mcgranitt. Gli stessi fondatori potevano definirsi geni della Magia. 

Eppure, come in quel caso, Hogwarts poteva trasformarsi anche in uno di quei porcai come Beauxbatone - che vantava una selezione a dir poco ridicola. Come se bastassero solo grazia e bellezza per maneggiare una bacchetta; e proprio in quei momenti che Hermione riusciva ad estraniarsi completamente dalla massa, quasi a disagio nell´osservare come tutti riuscissero a lasciarsi andare tranne lei.
<< Un ballo >> ripeté, questa volta cercando di non inarcare le sopracciglia scure. 
Ginny, seduta al suo fianco, annuí con fare svogliato - giocando distrattamente con la povera colazione nel suo piatto. Era più pallida del solito in quei giorni e i capelli rossi legati con la divisa spiegazzata non aiutavano l’aspetto quasi… malaticcio.

<< Non ti senti bene? >> domandó allora, riempiendosi la tazza con del caffè ancora fumante. Aveva gli occhi puntati su di lei, come una bacchetta carica di magia e Ginny sorrise appena.
<< Sto benissimo. Questa notte ho dormito poco e il tuo migliore amico mi ha risucchiato quella poca energia positiva che avevo per litigare per non so cosa, lasciandomi così addosso una tossicità che cercavo di evitare il più possibile >> sospiro, poggiando il mento appuntito sul palmo aperto della mano e guardandola con gli occhi scuri leggermente lontani.
Giá. Harry e la sua gelosia, che quella mattina gli aveva impedito persino di presentarsi per la colazione. Incredibile. Anche se quella situazione risultava strana persino ai suoi occhi.

Dove andava Ginny tutte le sere? 
Certo, all’inizio tutti - compresa lei - le avevano lasciato il suo spazio. Era pur sempre morto suo fratello e troppe pressioni non avrebbero di certo giovato alla sua salute psichica. Ma… effettivamente, dove andava? 
Alle nove di sera precise, non un minuto in più né un minuto in meno, puff…era introvabile anche sulla Mappa dei Malandrini. E questo mandava Harry fuori di testa. Certe volte sembrava lasciar perdere - come se l´angioletto buono poggiato sulla sua spalla gli sussurrasse parole rassicuranti. - Ma altre volte diventava una iena e i loro litigi si sentivano fin nella Sala Comune.

<< Per il ballo dovresti parlarne con la Mcgranitt. Non sono io che approvo questo genere di cose >> Hermione cambió discorso e l’altra lo apprezzó molto dal sorriso solare che le rivolse.
<< Ma tu sei la Caposcuola ed é compito tuo portare questo tipo di richieste >> cinguettó la Weasley di nuovo carica. Neville, seduto a poca distanza dalle due, ridacchió - nascosto dal suo succo di zucca.

<< Ti ha proprio incastrato >> disse e la Granger non poté che dargli mentalmente ragione.
<< Ma ci sono esattamente altri sette Caposcuola a cui chiedere… perché proprio io? >> si lagnó allora la Grifondoro, che proprio non riusciva a farsi coinvolgere in quelle cose. 
Un ballo. Perché avrebbero dovuto dare un ballo? A pro di che? A metà anno, poi? In pieno regime scolastico! Solo per vedere un branco di cretini che…
<< Perché la Mcgranitt ha fiducia nel tuo giudizio e ti ascolta, ecco perché proprio tu. É solo un ballo, Hermione… abbiamo bisogno tutti di scioglierci un po´, non credi? >> 

Giá. Era vero. Lí ad Hogwarts, oltre alle piccole scaramucce che gli studenti organizzavano di nascosto, non c’era nulla a parte lo studio che potessero effettivamente fare i ragazzi. 
Il Quidditch andava bene, i festeggiamenti legali anche, ma per il resto cosa rimaneva da fare? Le uscite ad Hogsmade? 
Forse Ginny aveva ragione. Ai ragazzi serviva qualcosa da fare e chi era lei per impedire tutto quello? Oltre ad essere una piccola sfigata che non sarebbe riuscita a sciogliersi nemmeno con una dose massiccia di oppio. 
<< Okay, va bene. Dopo le lezioni andrò a parlarle >> disse e in un attimo fu soffocata da un lungo abbraccio. Ricambió con qualche pacca sulla spalla, sorridendo appena. << Sí, finirai di fare la ruffiana più tardi >> borbottò - in quei casi troppo simile al defunto professor Moody.
<< Ci conto >> ridacchió Ginny, soffiando sulla punta delle dita per mandarle un piccolo bacio volante. Hermione fece finta di scacciarlo, divertita, incontrando poi lo sguardo di Neville.

<< É stato carino da parte tua >>
Giá. Di solito lei faceva cose sempre molto carine per i suoi amici. Cercava di renderli felici o di accontentarli, anche se quelli la mandavano in bestia un giorno sí e l’altro pure.
<< Va tutto bene, Neville? >> domandó e l´altro arrossì appena - cosa che non le sfuggí.
<< Sí, va tutto bene, penso solo che tutto questo faccia bene alle ragazze. Ultimamente sono tutte giù di morale >> disse, con il suo tono timido, ma molto più sicuro di prima. 
Sembrava che l´unico a cui avesse giovato la Guerra fosse stato proprio lui. Quel ragazzino spaventato che ad undici anni aveva perso il suo rospo sull´espresso per Hogwarts ora era quasi un uomo, dal tatto delicato e il cuore forte. 
<< Anche se credo che con il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure avranno il loro bel da fare >> ora sorrideva sotto i baffi ed Hermione inarcò le sopracciglia scure.

Neville arrossì, di nuovo.
<< Cosa vuoi dire? >>
<< Beh, la professoressa di Erbologia mi ha detto che é poco più grande di noi  ed é finito su Vogue Strega per ben sette mesi consecutivi. Immagino che se con Allock sono finite tutte fuori di testa, con lui andranno a nozze >> spiegó, sorvolando sul particolare rapporto instauratosi tra lui e la professoressa Sprite - donna di grande spirito.

Lei lo aveva preso sotto la sua ala da un pezzo ormai e sembrava proprio che lo stesse istruendo a dovere per renderlo… suo sostituto. Hermione si sentí stupida per non averlo capito prima e il cuore le si riempì di orgoglio; Neville aveva sempre eccelso in quella materia ed era l’unica che lo mettesse seriamente a proprio agio, come se non riuscisse a pensare ad altro quando ne era coinvolto.

<< Sei un bel pezzo avanti, non é vero? >> chiese, sorvolando per quel momento la storia sul Professore di Difesa e sul fatto che fosse finito su Vogue Strega. Ma a chi poteva interessare una sciocchezza del genere? Doveva essere un insegnante, non un modello con la fissa per le riviste!
<< Sí, non molto però. La professoressa Sprite vuole che sia pronto per lo Stage dell’anno prossimo, in modo che lei possa andare in pensione esattamente tra tre anni - lasciandomi il suo posto >> Neville era diventato paonazzo, ma Hermione lo aveva già raggiunto - poggiandogli una mano sulla spalla e rassicurandolo.
<< É una cosa magnifica, Neville, e se mai avrai bisogno io sarò felice di aiutarti! Anzi… ho un paio di libri d´Erbologia - presi dalla sezione Proibita - che sono un mondo nuovo, posso prestarteli >> 
Quando finí di pronunciare quelle parole, il ragazzo aveva completamente cambiato espressione quella volta. Oltre ad aver superato
varie gradazioni di viola, ora si contorceva le dita - come se si sentisse in difficoltá.

<< Beh, in realtá avrei bisogno di aiuto… >>
E non l´avesse mai detto! Finite le lezioni si ritrovò non solo a recarsi nell’ufficio della Mcgranitt per esporle l’idea assurda del ballo, ma dopo avrebbe dovuto persino fare Cupido. 
Lei! Cupido!
Quelle non erano cose che le si addicevano. Forse Ginny, sfacciata com’era, non si sarebbe fatta problemi a consegnare lettere o parlare con qualcuno dei sentimenti di terzi. Ma lei. A malapena riusciva ad esternare i suoi, di sentimenti, figurarsi quelli di qualcun altro.
Eppure a quanto pare l’unica di cui si fidasse il Grifondoro era proprio lei. Quindi… 

<< Maledizione >> sbuffó, arrivando ai piedi dei grossi Gargoyles che proteggeva le scale a chiocciola - ingresso per l´ex ufficio di Silente. Pronunció la parola d’ordine - Sorbetto a limone, in onore del vecchio preside - e senza che nulla le fosse nuovo, arrivò nella sala circolare, identica a come lui l’aveva lasciata.

L´impotente arco di pietra sorretto da grandi colonne di marmo antecedevano l’immensa scrivania di cedro, ove oggetti di ogni tipo ne facevano da padrone; e seduta proprio lí, c’era la donna che le aveva fatto da Mentore, guidandola e istruendola come solo una madre generosa sarebbe stata in grado di fare.
I quadri dei vecchi presidi alle sue spalle la guardarono curiosi, compreso quello di Albus Silente - che le sorrise benevolo. Hermione ricambió di getto.

A malapena si accorse della terza presenza nella stanza, messa leggermente in disparte - impegnata a mangiucchiare i biscotti allo zenzero che alla professoressa di Trasfigurazione piaceva distribuire in casi critici.
Strano non accorgersi di Draco Malfoy. Di solito era la prima cosa che vi si notava quando si entrava in una stanza. Aveva un’aura ingombrante - e la sua figura forse lo era anche di più. 

Era seduto proprio accanto il trespolo dove giaceva il famoso Cappello Parlante, che ai biscotti non diceva mai di no, ed era dimagrito molto dai primi anni lí ad Hogwarts. La luce azzurrina del Pensatoio alle sue spalle conferiva alla sua pelle un colorito ancora più pallido, mentre i capelli ora erano legati bassi, con un fine codino di cuoio.

<< Signorina Granger, non l’aspettavo >>
Hermione distolse lo sguardo dalla figura di Malfoy per focalizzarsi sulla preside. Ancora le faceva strano vederla seduta lí, dove un tempo il grande Mago di tutti i tempi ne aveva fatto quasi la sua dimora.
<< Mi scusi, non sapevo avesse altri colloqui >> mormorò, abbassando la testa e lasciando che qualche ricciolo le coprisse il viso.
Avrebbe ucciso Ginny, di questo ne era sicura.

<< E io non sapevo di essere così richiesta, oggi. Ma il suo arrivo é quasi tempestivo, direi >>  disse la Preside, invitandola a sedersi con un gesto leggero della mano. Hermione lo fece non prima di lanciare l’ennesima occhiata verso il Serpeverde, che continuava a mangiare i biscotti ignorandola con sua solita maleducazione.
I capelli troppo biondi, la pelle troppo bianca, gli occhi troppo chiari - Draco Malfoy era tutto troppo, era quella la verità. Fin dal primo giorno che l’aveva visto, a undici anni, aveva capito che era meglio stargli lontana: Portava guai. E non si era sbagliata. Non con lui.

Lui e il suo sangue puro. Lui e il suo pensare di possedere il mondo, ma essere padrone solo della cella dorata dove era stato rinchiuso fin da bambino; doveva essere stato uno schianto per Malfoy, in effetti, scoprire che non era altro frutto di una plasmatura perfetta - pensato, partorito e modellato per servire e non governare, come aveva da sempre creduto.

<< In realtá é una richiesta „generale“ quella che sto per fare. Ho avuto un confronto con un po´ di studenti ed essendo stato il riscontro totalmente positivo, ho pensato di venire qui e parlarle, Professoressa >> si sforzò di concentrarsi sulla Mcgranitt, cercando di dimenticare gli stessi occhi di ghiaccio che in una stanza a Malfoy Manor la fissavano terrorizzati - mentre lei si contorceva sul pavimento di fine marmo per i Cruciatus della Lestrange. 
Quello… oh, quello era un ricordo che Hermione ancora faceva fatica ad affrontare, come se la sua stessa testa rifiutasse categoricamente quel giorno. Ma i flashback erano continui. Le sue stesse urla le rimbombavano nelle orecchie come se qualcun altro accanto a lei si sgolasse disperato, in cerca di un sollievo che non arrivava.

<< Malfoy mi parlava di un ballo >>
La Grifondoro annuí, sorpresa, nonostante le urla che continuavano a squassarle l’udito. << Sí, proprio così. Un ballo. Noi ci chiedevamo se fosse stato possibile allestirne uno… si stanno impegnando tutti così tanto visto l’ultimo anno e hanno bisogno tutti di leggerezza >> rispose, facendo spallucce.

Hanno. Tutti, tranne lei.
Cos´era, alla fine, la leggerezza? 
La musica? Le luci? Un vestito di foggia scintillante da mostrare al mondo intero? O i baci al sapore di un alcool versato illegalmente nel succo di zucca?
Hermione non lo sapeva. Non riusciva a spiegarselo, come se non ci arrivasse. Non era programmata per quello - era uno di quei computer Babbani difettati.

<< Credo che si possa fare >>  sillabò lentamente la Mcgranitt, poggiando il mento sulle mani rugose con fare pensoso. Era invecchiata molto alla fine di quella guerra, come se le morti e il dolore le avessero messo trent’anni di più addosso. Una coperta fatta di carne raggrinzita e ossa scricchiolanti, ma capace ancora di proteggere e amare. Capire.
<< Non é qualcosa di assurdo. Ci avevo già pensato >> continuó, sorprendendo la Grifondoro.
Si aspettava un´estenuante discussione sul come avessero bisogno di quella ridicola festa o una ramanzina per essere stata trascinata dai suoi compagni; eppure ancora una volta si era sbagliata. Forse era lei quella ridicola, tanto da non riuscire a capire i bisogni dei suoi amici.

<< Il signor Malfoy mi ha parlato di una… discussione >>
Hermione rizzó le orecchie, fissandolo ora apertamente. Lui continuava ad ignorarla, come se non fosse entrato nessuno nella stanza e questo cominciava ad irritarla. 

Ma chi cazzo si credeva di essere?
<< Che discussione? >> domandó, curiosa, incrociando le braccia al petto e cercando di mettere l’altro a disagio. Cosa che non funzionó affatto, perché Malfoy continuava a mangiarsi quei dannati biscotti come se digiunasse da secoli.
<< Nei bagni. Voci camuffate con la magia, borbottavano di un certo Bene Superiore >> e allora la Granger si irrigidì, girando la testa di scatto verso Silente.

Il Bene Superiore. 
Conosceva quella storia… quel passato turbolento che aveva distrutto - solo per poco, almeno -  l´immagine perfetta di Silente. L’amore verso qualcuno capace di terribili cose, che l’aveva trascinato all’inferno con sé.

<< Plasmare chi é giá disposto a sacrificarsi per qualcosa di più grande. Per un bene collettivo >> la voce vellutata di Silente zittí il borbottío degli altri presidi di Hogwarts, riempiendo la Sala come un antico eco.
Giá. I doni della morte, i fratelli Pervell, Voldemort.
<< E del fatto che il Mondo avesse bisogno di essere ripulito da tutti coloro che l’avevano reso invivibile. Una sorta di pensiero Riddeliano al contrario, oserei dire >> e questa volta Hermione rabbrividì. 

<< Cosa hanno detto? E tu non hai cercato di vedere chi era? >> sbottó, questa volta rivolgendo la parola al diretto interessato. Questo alzó gli occhi di ghiaccio lontani, come se il corpo fosse in quella stanza - ma la mente altrove, ovunque, in ogni luogo.
<< No. Ero troppo fatto per scoprirlo >> la sua voce era simile al ghiaccio che si rompe, andando in frantumi. Gelida, immobile e senza alcuna esitazione - nonostante avesse fatto quell’affermazione praticamente davanti alla preside.
<< Ma cosa… >>
<< Per adesso, solo in questo preciso istante, io farò finta di non aver sentito. Darò la colpa alla vecchiaia e al fatto che il mio udito non sia nelle massime condizioni, per questo sorpasseró per concentrarmi su qualcosa di più importante.
Lei ha per caso sentito qualcosa del genere in giro, signorina Granger? >> la Mcgranitt aveva fulminato Malfoy con uno sguardo che avrebbe fatto rabbrividire il defunto professor Piton in persona - e quella fu una piccola consolazione per lei - per tornare a concentrarsi sulla propria figura.

<< In realtá no. I ragazzi sono abbastanza tranquilli e mi scusi se glielo dico, ma credo che nessuno dei miei amici sarebbe capace di una cosa del genere >> e lo pensava davvero.
Ne avevano passate cosí tante che sarebbe stato assurdo imperlarsi nell´ennesima guerra contro il nulla. Cimentarsi in una vendetta che non avrebbe portato a niente di buono non era da loro. Non così. Non appellandosi a Beni Superiori e altre cazzate simili.

<< Okay. Bene. Per adesso manteniamo la calma e teniamo gli occhi aperti… vediamo l’evolversi della situazione, può anche essere che le parole siano state più forti dell’azione >> e dicendo questo, la Mcgranitt rivolse una lunga occhiata alle sue spalle - ricambiata attraverso gli occhialetti a mezzaluna di Silente.

<< Io sono solo un vecchio morto, ma oserei suggerire alla Signorina Granger e al Signor Malfoy di guardarsi le spalle a vicenda. Se ci sono ancora vecchi rancori in giro, stringere nuove amicizie e alleanze sono la soluzione e la risposta ad ogni nostra attuale domanda >> aveva il mento poggiato sulle dita sottili ed entrambi gli studenti lo guardarono - chi ammirato e chi stralunato - memore di un passato difficile da dimenticare.
<< Organizzate questo ballo, insieme. Portatemi una data e un tema e io vi farò avere tutto il materiale di cui avrete bisogno; cercate di organizzare una piccola squadra, mista naturalmente, in modo da avere aiuto con le decorazioni et similia >> 
Okay, ora si stava degenerando. 

Alleanza? Nuove amicizie? Organizzare insieme il ballo? Ma lei non aveva assolutamente intenzione di essere coinvolta! Era lí solo per convincere la Mcgranitt, non per essere l’organizzatrice di quella pazzia!
<< In realtá… >>
Non la lasció finire.
<< Arrivederci >>

E vaffanculo cara Hermione, ecco cosa. Un bel gran vai a fare in culo tra le righe, perché si alzó senza dire altro - troppo rispettosa per ribellarsi a quella decisione. 
Lo sapeva. Lo sapeva. Era troppo gentile, era quella la verità, pensó scendendo le scale a chiocciola troppo stordita per pensare ad altro. Si era fatta incastrare come una pivellina, dimenticando i sette anni in cui era stata incastrata da Harry, Ron e Silente. 
<< E tu non dici niente? >> si ricordò di Malfoy, alle sue spalle come un’ombra scura e tetra. Si girò, ora nuovamente nei corridoi mezzi vuoti e incroció le braccia al petto.

<< Cosa dovrei dire? >>
Eppure… eppure lui non era arrabbiato né sconvolto. La guardava come se la pazza fosse lei, insensibile al fatto di essere a pochi metri da quella che era stata sua nemica da anni. 
<< Hai capito cosa ha detto la Mcgranitt, vero? >> 

Draco fece spallucce, con le mani nelle tasche della divisa perfettamente stirata. Il volto smunto e leggermente spento era volto verso le grandi arcate che illuminavano la pietra di quella che ormai era diventata la loro casa ed Hermione inspiró l’aria tra i denti - cercando di mantenere la calma.
<< Sí, non sono né sordo e tantomeno stupido >> rispose il Serpeverde, poggiando le spalle al muro. Aveva un sopracciglio biondo leggermente alzato e lei era stramaledettamene sicura che si stava comportando in quel modo per farla incazzare. 

In fondo era ció che sapeva fare meglio, da sempre. Era sempre stato così tra di loro e se i primi anni Hermione si era lasciata scalfire dai pezzi di ghiaccio con cui lui era capace di ferirla ogni qualvolta che apriva bocca, negli anni aveva imparato a rispondergli a tono - ergendo uno scudo capace di renderla insensibile anche al peggiore degli insulti.
Era quasi brutto da dire, ma ci aveva fatto l´abitudine. 

<< E allora? >> sbottó e per poco non se lo mangió vivo, con i capelli ricci ritti in testa. Perché lui non si arrabbiava? Perché sembrava fregarsene altamente? 
Non era lei quella irrazionale. Quella razzista, capace di rivoltare il mondo anche solo al pensiero di dover parlare con una Sanguesporco.

<< E allora cosa? Parla con i tuoi stupidi amici e dimmi quando vogliono fare questa stupida festa.
Ci sará da divertirsi >> sbuffó, con una tale flemma da lasciarla senza parole. E la lasció lí, come una stupida, sorpassandola con il suo passo felpato e lasciando dietro di sé un leggero profumo di tabacco e caffè appena tostato.
Lo guardó allontanarsi, riuscendo solo a balbettare qualche insulto mal riuscito, mentre quello aveva alzato due dita a mo´di saluto, ignorandola come mai aveva fatto nella sua vita. O come aveva fatto probabilmente solo dall’inizio della scuola - come se avesse cercato di ignorarla di proposito, per non affrontarla.

Giá. Come se evitando di guardarla, insultarla o anche solo ritrovarsi a pochi metri da lei, potesse cancellare tutto quello che era successo l’anno prima. 
Codardo, ecco cos´era Draco Malfoy. 
Era un misero codardo incapace di affrontare qualsiasi situazione o responsabilità, pensó dirigendosi a passo di marcia verso i Dormitori - dimenticando completamente la promessa fatta a Neville ed esaurita come forse non lo era mai stata nemmeno sotto esame.

E quello non era nemmeno l’inizio.


 
***





La Sala Comune dei Corvonero era sempre stata una seconda casa per Hermione. Il soffitto - che i Corvo avevano cercato di rendere uguale a quello della Sala Grande - rimandava un cielo aranciato prossimo al tramonto; i colori argento e blu accarezzavano le pareti, i divanetti e il camino, intento a riscaldare con grandi lingue azzurrine chi vi si era accoccolato accanto.

<< Caposcuola Granger >> 
Hermione sorrise nell´esatto momento in cui sentí la voce di Michael Corner sfiorarle l’orecchio. Si girò, gli occhi bruni accesi da una nuova luce; nonostante fosse stato uno delle tante conquiste di Ginny, Michael le piaceva veramente.
Era dolce, gentile, premuroso e gli piaceva lo studio tanto quanto piaceva a lei - e questa non era una caratteristica da sottovalutare.

<< Ciao Mike, come va? >> rispose, sorridendo appena. 
Quello fece spallucce, portandole una ciocca di capelli ricci dietro l´orecchio in un gesto intimo che non la mise a disagio; era strano davvero. Di solito si lasciava andare a quei piccoli gesti solo con i suoi migliori amici. Non aveva mai concesso così tanto a nessuno, ma con Michael era diverso.
Lui era esattamente come Harry o Ron - almeno quando non faceva lo stupido - e questo la faceva sentire al sicuro, a discapito delle dicerie senza senso che dicevano gli altri. 
<< Ora che sei qui meglio. A proposito, che ci fai da queste parti? >> disse, avvolgendole un braccio attorno le spalle e trascinandola all’interno. 

Ginny, quando aveva chiuso con suo fratello Ron, le aveva chiesto addirittura se provasse qualcosa per il Corvonero… ed Hermione era scoppiata a ridere come una deficiente. Ma che le saltava in mente? 
<< Cercavo Luna. Ho qualcosa da darle >> borbottò, a disagio per l’ennesima missione in cui si era fatta invischiare. 
Neville. 

Insomma… normalmente avrebbe rifilato un NO grosso quanto una casa e a chiare lettere cubitali, ma con lui proprio non ci riusciva. 
Era una situazione delicata e conosceva abbastanza il Grifondoro da sapere che non voleva bruciare una chance con Luna per la timidezza che si trascinava dietro da quando ne aveva memoria, oramai. In quelle situazioni si assomigliavano, era come vedersi in uno specchio e non era riuscita a negargli quel favore.

<< Ehi Joffrey, dí a Milena di chiamare Luna >> disse Michael verso un ragazzino di dodici anni, mingherlino e dai capelli blu elettrico. 
<< Le ragazze stanno sperimentando nuove tinture magiche che non danneggino i capelli e quelli che ne fanno spese sono i crimini >> spiegó poi, indicando il piccoletto che si allontanava a passo veloce.

<< Non si smentiscono mai, vero? >> rise Hermione, scuotendo la testa. Le Corvonero, in particolar modo quattro studenti, che con gli esperimenti avevano fatto venire ancor di più i capelli bianchi alla Mcgranitt e Vitious - capo proprio di quella casa.
Luna, Mandy Mctass, Li Su e Milena Stewart - che era proprio la cugina di Michael, erano un gruppo che si era affiatato solo nell’ultimo anno, come se la fine di tutto avesse fatto da collante per quelle ragazze; era la gioia delle piccole cose, del nuovo, del superfluo che le univa. E questo le piaceva.

<< Proprio no. Anthony per poco non rimaneva ammazzato l´ultima volta >> rise allora il Corvo - più alto di lei di almeno due spanne. 
<< Da Caposcuola non voglio proprio sapere cosa combinano, grazie >> sbuffó Hermione, ironica, scuotendo la testa riccioluta. Erano ancora braccio contro braccio e fu così che li trovó Luna.

Biondissima, gli occhi azzurri grandi le si illuminarono quando la vide. Aveva due ravanelli come orecchini e un foulard rosa tra i capelli sempre più lunghi; la sua stranezza ora non le stonava, ma la rendeva particolare e bella ai suoi occhi.
<< Hermione >>
<< Oh, ciao Luna… scusa se sono piombata qui ma… devo darti qualcosa >> 
La Lovegood le sorrise con dolcezza e le tese la mano.
<< In realtá anch’io >> rispose, trascinandola verso i dormitori con il suo passo sognante - quasi come se lievitasse due metri da terra.
Le sarebbe piaciuto essere cosí. Lievitare, amare tutto ciò che la circondava anche se questo la ricambiava con ferite e disprezzo.
Aveva sempre ritenuto Luna stramba, troppo sensibile e particolare per i suoi gusti, ma poi… ma poi l’aveva conosciuta. E l’aveva amata. In tutte le sue mille e colorate - psichedeliche - sfaccettature.

E la invidiava. Perché lei non sarebbe mai potuta essere così. 


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