The Hanging Tree di vermissen_stern (/viewuser.php?uid=234591)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Hanging Tree ***
Capitolo 2: *** Famiglia ***
Capitolo 3: *** Seconda Possibilità ***
Capitolo 4: *** Soddisfare gli Impulsi ***
Capitolo 1 *** The Hanging Tree ***
Resident Evil Village è uscito ormai da
quasi un
mese e noto con disappunto che qui nel sito non sono ancora presenti
storie riguardanti uno dei miei personaggi preferiti, ossia Karl
Heisenberg. Avrei preferito che la Capcom desse possibilità
di
allearsi con un personaggio così carismatico, peccato che
non sia
successo e alla fine ho deciso di scrivere questa oneshot what if su
di lui ambientata dopo la fine della storia canonica. Come ho messo
nelle note è una storia ovviamente spoiler per chi non ha
giocato/visto il gioco, e non ho usato un beta reader per cui
prendete il mio lavoro per quello che è. Buona lettura!
Il pesante carro merci si mosse a fatica lungo la
strada fangosa e malconcia che dall'entroterra di quella sperduta
valle di anime abbandonate stava risalendo i picchi più alti
e meno
umidi delle montagne ancora innevate. Una via percorsa da ben pochi
sventurati che avevano abbastanza fegato, o follia, da volersi
allontanare dai territori di Madre Miranda e dalle sue quattro case
che le avevano giurato fedeltà nel corso dei decenni
– se non
addirittura secoli – eppure quell'ingombrante carretto
coperto
pareva fregarsene degli ammonimenti sparsi lungo il ciglio di
suddetta strada. Non per ultimi teschi di animali e uomini agghindati
in modo parodistico per segnalare la presenza dei territori lycan.
Se nei secoli indietro si
parlava di strane creature che si aggiravano per quelle strade
sterrate e impetuose, ben oltre lo spauracchio dei
“semplici”
banditi sulla bocca dei forestieri che vivevano oltre le montagne,
per tutta la regione si era sempre trattato di una realtà
con cui
fare i conti quotidianamente. Senza contare altre creature
raccapriccianti che si erano aggiunte nel corso di più di un
secolo
a causa della follia di una sacerdotessa e della sua impossibile
missione,.. Ma a quanto pare al corpulento viandante solitario non
sembrava turbare più di tanto la cosa.
Alla guida dell'imponente
carro coperto era presente un cocchiere dall'altrettanta stazza
fisica importante che, come a voler rimarcare il fatto di possedere
un mezzo tanto pittoresco quanto massiccio, faceva sfoggia di un
ventre voluminoso tenuto a stento stretto da vestiti ormai troppo
piccoli per lui. Le dita grassocce e ricoperte di anelli d'oro e
pietre preziose tenevano ben salde le redini dei suoi due cavalli da
tiro con una forza che nessuno gli avrebbe mai conferito, mentre le
poderose bestie da soma si limitavano a sbuffare nuvole di vapore
dalle narici a causa dell'aria umida e gelida di quel mattino ormai
morente. Unico loro segno dell'effettiva fatica che stavano facendo
nel lasciare quella morente valle di lacrime.
Il pittoresco mercante
aveva molto probabilmente un nome e un cognome, ma oltre quel suo
volto paffuto e lo sguardo di una vecchia volpe che sapeva il fatto
suo l'unico nome che era concesso di conoscere ai suoi clienti
–
attuali e futuri – era semplicemente “il
Duca”.
Proseguiva con passo lento
ma sicuro, sia per evitare ai suoi destrieri fatica inutile su quella
strada difficile, sia per evitare che la sua preziosa mercanzia
potesse in qualche modo cadere dalle mensole di legno e dalle pile di
vettovaglie che riempivano quasi del tutto l'ambiente interno
riducendo di molto lo spazio vitale per il corpulento mercante.
Restava giusto il posto per un letto dalle coperte di velluto rosso e
una stufa a legna economica che gli consentisse di prepararsi ottimi
pasti. Tutto il resto aveva la precedenza sul suo stile di vita
ozioso, tintinnando ad ogni sobbalzo non voluto e ad ogni vibrazione
dovuta ad una strada con fin troppe buche e fango.
Forse troppe vibrazioni in
effetti, accompagnate da un sibilo che ricordava quello di un
bollitore sul fuoco nonostante sulla sua stufa in ghisa non fosse
presente nessun strumento da cucina e nessun fuoco acceso. Mai quando
il mercante era in viaggio.
Se solo il Duca avesse dato
una occhiata più specifica alle sue mensole cariche di
pregiata
mercanzia da poco acquisita si sarebbe accorto che, uno dei suoi
tesori in cristallo sormontato da un grosso nucleo di
metallo
– un manufatto alquanto insolito per essere stato fatto da
mano
umana – aveva cominciato a vibrare pericolosamente e a
diventare
sempre più incandescente. Proprio come se sotto la base di
cristallina pietra bianca fosse stato acceso l'intero fuoco
dell'inferno, solo che in questo caso vi era solo una polverosa
superficie in legno che iniziò a vibrare assieme
all'artefatto
alieno, la cui sfera metallica si stava facendo sempre più
rossa
come se fosse appena stata forgiata dall'inferno. Incredibilmente
chiassosa come centinaia di anime intrappolate in una sfera deforme.
Subito dopo quella
crescente cacofonia di suoni e colori – che portarono i
cavalli ad
innervosirsi non poco – ci fu un botto come se mille
bicchieri di
cristallo si fossero rotti come petardi, anticipati prima da un lampo
improvviso che illuminò il carro per una frazione di secondo
e poi
da uno schianto sordo che portò i cavalli ad impennarsi al
rumore
improvviso. Solo le forti mani del Duca tennero salde le loro redini,
all'apparenza incurante dell'incredibile frastuono di vetri rotti e
pentole rovesciate, piuttosto concentrato a calmarli con moine che di
solito si concedono a cuccioli terrorizzati. Riuscendo
incredibilmente nel suo intento.
Una volta che i turbolenti
equini ebbero modo di calmarsi calò un silenzio quasi
irreale
nell'area, rotto solo dagli ultimi rimasugli di cocci che rotolavano
via e dai tintinni che si quietavano, lasciando solo un sibilo
stranamente umano nel suo esprimere dolore e rauche imprecazioni.
“Hm... a questo punto
stavo iniziando a chiedermi quando sarebbe successo...”
nel dirlo il corpulento
mercante inarcò un sopracciglio e allungò il suo
impercettibile
sorriso agli angoli della bocca, voltando a fatica i rotoli di grasso
che componevano la sua schiena per poter far slittare una finestrella
in legno che dava all'interno del carro, così da poter dar
una
occhiata ai danni e dare un benvenuto nel caso ce
ne fosse
stato bisogno.
Alcune vettovaglie si erano
riversate a terra, cose di poco conto alla fin fine, ma ciò
che
all'apparenza colpì maggiormente i suoi occhi chiari fu
l'ombra di
un uomo disteso sul vecchio tappeto persiano che copriva le vecchie
assi di legno. La figura di una persona nuda, rannicchiata e
tremante, umida di una sostanza lattiginosa semitrasparente –
diventando cristallina in alcuni punti della pelle di quello che era
un uomo con molte cicatrici – riuscendo a malapena ad alzare
lo
sguardo verso quel fascio di luce che gli stava disturbano gli occhi
color acciaio. Il viso era ricoperto di capelli grigi appiccicati da
quella strana sostanza collosa, nonostante non apparisse come un uomo
avente raggiunto la terza età, e la gola giovane di nascita
non
riusciva a pronunciare come si deve le bestemmie che avrebbe voluto
pronunciare.
“Cos... cazz...?”
“Ah! Bentornato
nuovamente tra di noi... lord Heisenberg!”
per un momento l'uomo
ancora tremante a terra – dal fisico atletico e dai muscoli
tirati
per il dolore – non capì a cosa o a chi si stesse
riferendo quella
voce dal tono lievemente sarcastico, quasi mellifluo, ma poi i
ricordi iniziarono a magnetizzarsi prepotentemente... e una smorfia
di disgusto si materializzò sull'ispida barba di quello che
fu un
tempo Karl Heisenberg nel sentir pronunciare tanto
il suo
titolo quanto il suo nome.
I ricordi di una vita
passarono le ramificazioni del suo cervello infetto, partendo da
quelli più primordiali e innocenti fino a quelli
più recenti e
cupi, prima di emettere un sospiro di rassegnazione dopo quel lungo
attimo di smarrimento in cui a stento ricordava il proprio nome fino
a pochi secondi fa. Adagiando la schiena su logoro tappeto macchiato
e strofinandosi la faccia con entrambe le mani, cercò di
fare mente
locale su cosa fosse successo nelle ultime quarantotto ore da
portarlo nudo e tremante dentro la carrozza del Duca.
Poi se ne ricordò, con uno
scintillio sinistro negli occhi così chiari da ricordare le
tonalità
dell'acciaio, venendo però preceduto da un mercante
all'apparenza
divertito da quell'innaturale rinascita.
“A quanto pare l'istinto
di sopravvivenza del vostro cadou ha avuto la
meglio sulle
vostre decisioni avventate, mio signore” proseguì
il corpulento
mercante, incurante dell'irritazione che si affacciò sul
volto del
lord decaduto “e a livello di memoria cellulare direi che non
vi
manchi nulla a livello fisico... il che promette bene per voi! E
ditemi, cosa ne pensate della vostra memoria ritrovata?”
“penso che faresti meglio
a startene zitto, cazzo!”
la mezza minaccia sibilata
a denti stretti fece ridere di gusto il padrone del carro fin troppo
loquace, pur comunque non replicando a quell'offesa mosso da una
saggezza recondita. Ma oltre sapere di essere sopravvissuto al suo
tentato colpo di stato doveva sapere urgentemente qualcos'altro.
“Gli altri... dove sono?
anche loro...”
“A dire il vero non si
sono ancora risvegliati dal loro torpore, mio signore£ lo
interruppe
il corpulento cocchiere. Un tempo una simile mancanza di rispetto
sarebbe costata la vita a chiunque “Chissà...
magari ci
impiegheranno più tempo a riformarsi, oppure non lo faranno
affatto... ma nel frattempo avrei piacere che non li toccaste. Sa, ho
già dei potenziali compratori interessati ai loro
resti”
Ottimo, era l'unico dei
quattro signori al comando della folle sacerdotessa ad essere rimasto
effettivamente in vita, mentre gli altri ancora giacevano nelle loro
tombe di cristallo sacrificati da una falsa dea per un suo
più
squallido bisogno materiale. E per quanto fosse tentato di
distruggere i resti dei suoi disprezzabili fratelli e sorelle,
notandoli con la coda dell'occhio in alcune casse aperte imbottite di
paglia, volle comunque dar retta al Duca e a quella che non sembrava
esattamente una richiesta cortese. Dopotutto non sapeva ancora in che
condizioni era, a malapena riusciva ad avere un pensiero logico che
non fosse una tempesta di ricordi dolorosi che gli pungevano le
terminazioni nervose delle meningi, quindi era il caso di
incominciare a piccoli passi chiedendo delle cose più
basilari o
capire in che condizioni fosse il suo fisico attuale. Solo dopo
avrebbe rimesso a posto quel casino che era la sua vita.
Cercò quindi di mettersi
almeno sulle ginocchia, aiutandosi con le braccia e facendo leva sul
letto ancorato allo scafo del carro, rendendo la cosa comunque
difficile viste la gambe deboli – come se non le avesse mai
usate –
e il mezzo che si era nuovamente messo in moto ad uno schiocco delle
briglie trattenute dallo stesso Duca. Ora intento a guardare la
strada dissestata lasciando al proprio lord l'intimità di
cui aveva
bisogno per ritornare a familiarizzare con un mondo che pensava di
aver lasciato.
“E la stronz-cioè,
Madre Miranda?! lei è... ancora qui?”
Una volta sedutosi sul
materasso imbottito di canapa volle sbrogliare un altro nodo
piuttosto fondamentale, e la sua voce ancora roca faticò un
poco con
una domanda che lo tormentava da quando era tornato alla luce in modo
prematuro, mordendosi in tempo la lingua nell'ingiuriare il nome di
una donna che aveva solo finto di amare per decenni interi, ma che in
realtà detestava con tutto se stesso per avergli rovinato la
vita in
tutti i sensi. Uno strano senso di rispetto il suo –
fastidioso
come un veleno ormai insinuatosi profondamente in lui come un dogma
istintivo – che continuava a portarsi appresso sempre e
comunque
quando si trattava di parlare di lei con chiunque non fosse se
stesso. Forse si trattava tanto di istintivo, e odioso, rispetto nei
confronti dell'unica vera figura femminile che avesse condizionato la
sua crescita quanto di puro istinto di conservazione di fronte a
possibili nemici che potessero mettergli i bastoni tra le ruote con
la sua nobile causa... ma alla fine, come a breve
avrebbe
scoperto, sarebbe stata solo un'altra pietra da lasciarsi alle spalle
proprio come per i suoi "fratelli".
“In un modo o nell'altro
Madre Miranda è riuscita nei propri intenti... Si
è ricongiunta con
la sua vera famiglia, anche se temo non nel modo in cui lei lo aveva
immaginato”
per quanto la risposta del
Duca fosse abbastanza criptica – arrivata alle orecchie di
Heisenberg con un certo ritardo come a volersi studiare per bene le
parole da pronunciare di fronte ad un lord di cui ancora non aveva
visto nessuna manifestazione elettromagnetica avvolgergli le membra
ancora umide – senza ombra di dubbio fu abbastanza
cristallino nel
rivelargli che quella puttana fosse morta nel
portare avanti
un piano a cui diverse persone si erano decisamente contrapposte. Non
per ultimo il più giovane dei suoi figli, nonchè
quello che
rasentava quasi la perfezione dopo molteplici esperimenti disastrosi,
e che aveva pagato con la vita lo scotto di aver provato a ribellarsi
a lei anche usando metodi tutt'altro che puliti. Ma in fin dei conti
aveva imparato da quella stessa madre malevola a giocare sporco,
giusto? Quindi perchè avrebbe mai dovuto sentirsi in colpa?
Massaggiandosi le tempie
con una mano non volle dare al momento un nome alle emozioni che gli
stavano smuovendo lo stomaco, concentrandosi piuttosto a coprirsi con
una delle coperte presenti e darsi una prima sistemata. Era ancora
troppo poco lucido – secondo i suoi punti di vista
– per poter
accettare tutte quelle stronzate pensando che il suo cervello gliela
avrebbe fatta passare liscia. Aveva comunque ricevuto le informazioni
che gli interessavano, aveva appena appurato di essere ancora vivo in
un mondo che lo credeva probabilmente morto senza più
antagonisti a
tormentarlo, e tutto questo non poteva che andare a suo vantaggio.
Eppure...
“Se le interessa mi sto
dirigendo verso la fattoria dei Whateley per questioni d'affari. Sa,
credo che la vedova del signor Wilbur sarà ben contenta di
poterle
dare ristoro”
Karl non era uno stupido, e
conosceva abbastanza bene il mondo esterno – grazie ai
traffici
sottobanco dello stesso Duca che negli anni gli aveva fornito ogni
genere di bene da un mondo che Miranda aveva preferito tenere al di
fuori di quel loro microcosmo contaminato dal male – ma
avrebbe
preferito tenersi lontano da quella fattoria e della banda di zotici
matti che la abitavano. Le storie che giravano su di loro erano
alquanto bizzarre e imbarazzanti.
Per quanto la loro valle
fosse annidata tra i Carpazi e protetta tanto dall'impervia natura
quanto dalle selvagge creature che la popolavano – figlie
della
mente distorta di Madre Miranda – era chiaro che il villaggio
non
poteva sopravvivere a lungo isolato com'era dal mondo esterno.
Proprio per questo motivo esistevano uomini come il Duca e famiglie
come i Whateley che si preoccupavano di rifornire del necessario la
popolazione locale. Il primo con la vendita al dettaglio lungo tutto
un percorso insidioso mentre i secondi si limitavano a recepire la
preziosa merce dal mondo esterno e rivenderla poi ad un Duca con
più
misteri che rivelazioni.
La sacerdotessa dunque
chiudeva un occhio su certe cose, in quanto Karl sapeva che –
ipocritamente – anche lei aveva i suoi contatti con il mondo
esterno. Ma forse ella stessa si aspettava un colpo basso da uno dei
suoi lord... e subdolamente aveva fatto in modo che suo
“figlio”
Heisenberg abbassasse la guardia per sbarazzarsi anche di lui con-
Neppure il tempo di
terminare quella sequenza si pensieri che avvertì
chiaramente il
carro fermarsi. Non gli ci volle però molto per capire che
la
carovana era finalmente sopraggiunta a destinazione dopo quella che
doveva essere stata un'altra ora di viaggio rimasta nel più
completo
silenzio. Un gesto cortese da parte del corpulento mercante il voler
lasciar riflettere in pace il proprio ospite, ma era effettivamente
giunto il momento anche per lui di pensare al prossimo passo.
“Eccoci arrivati, lord
Heisenberg! La prego di non spaventarsi troppo per
quello che
vedrà... so che conosce i Whateley per fama, ma dubito che
sia a
conoscenza della loro accoglienza nei riguardi dei forestieri”
il diretto interessato non
capì a cosa il Duca si stesse riferendo, rimanendo
abbastanza basito
da volersi comunque mettere sull'attenti con le gambe ancora
tremanti, ed osservando dallo spiraglio principale che dava alla
seduta del cocchiere volle vedere con i propri occhi. Ciò
che vide
era solo un agglomerato di vecchie case di legno che componevano la
fattoria, dalle travi del tetto marcite a causa dell'umidità
fredda
e pungente di quei luoghi, e un insolito albero contorto su cui
rimanevano i resti di un'altalena. Ma che da dove si trovava lui
sembrava un cappio per impiccagioni.
La cosa lo mise abbastanza
in allarme visto che ancora non sapeva se poteva fidarsi del Duca, e
sentendo dei passi sul suolo fangoso e una voce arcigna in seguito
parlare con il mercante non riuscì proprio a trattenere un
sibilo di
tensione tra i denti stretti.
“... e poi i botti e poi
ancora le esplosioni!” fece una donna dalle sembianze di una
vecchia megera. Dai capelli bianchi come la neve raccolti in una tesa
capigliatura e gli occhi rossi dovuti forse alla gotta
“temevo che
a questo giro il commercio fosse ormai un lontano ricordo come lo
stesso villaggio a valle... ma a quanto pare caro Duca continuate a
portarci qualcosa”
“mia cara signora
Whateley! Il commercio non si ferma mai!” la grassa risata
del Duca
martellò per un momento nel cervello dolorante di Karl a
causa della
loro vicinanza “Ho delle vettovaglie che saranno sicuramente
di
vostro interesse, oltre che un ospite che quasi sicuramente
necessiterà delle vostre... premure”
Quel bastardo obeso era
forse intenzionato a venderlo ad una banda di mentecatti?! Il tono
che aveva usato con quella strega bianca non gli piacque minimamente,
senza contare che era...
“Madre! Il Duca ci ha
portato un uomo!!”
“Un uomo! Un uomo!”
“Un uomo bello!!”
non fece neppure in tempo a
ultimare le proprie linee di pensiero che una angoscia ben
più
grande si palesò nel momento in cui una luce accecante non
si
materializzò alle sue spalle. Costringendolo per questo a
voltarsi
di scatto sulla difensiva nonostante la luce del sole gli
bruciò gli
occhi ancora sensibili.
Qualcuno aveva aperto le
ante posteriori del pesante carro merci, e oltre il cigolio dei
cardini poco oliati il povero lord decaduto poté finalmente
osservare tre giovani donne dallo sguardo affamato e predatorio.
I loro sorrisi a trentadue
denti e i loro occhi dalle iridi dorate erano sgranati come pochi
dall'eccitazione. E più che avere fame di carne umana come
avrebbero
potuto averla le “figlie” di Alcina Dimitriescu
– decisamente
più eteree e pallide rispetto alle atletiche fattrici dagli
avambracci pronunciati, come in un dualismo insano tra la morte e la
vita – queste sembravano più che altro affamate di
cazzo.
Il suo.
“Non-provate-a-toccarmi!!”
Heisenberg scandì con
lentezza omicida quelle parole fulminando con il suo gelido sguardo
quelle boscaiole affamate, stringendosi di più nella coperta
di
velluto rosso e cercando con la coda dell'occhio il primo oggetto di
metallo da lanciare loro contro. La vista gli cadde per un secondo su
un pentolino metallico ancora appoggiato alla stufa in ghisa, e
vedendo che una delle ragazze – tutte dai capelli rossi
raccolte in
crocchie semplici e scompigliate e dalle lunghe sottane rattoppate
–
stava già salendo sul carro con un certo entusiasmo decise
di averne
avuto abbastanza.
Era tempo di vedere se,
oltre alla sua forma fisica completa, erano tornati a loro posto
anche i suoi temuti poteri. Ma cercando di fare leva su quello che
un tempo gli riusciva facile come respirare, muovendo il metallo a
proprio piacimento e facendo impazzire le centraline elettriche,
tutto ciò che riuscì a fare fu semplicemente di
farlo tremare sul
posto e avvertire un mal di testa così forte da portarlo
letteralmente a cadere a terra con un guaito risentito.
Si sentì pervaso da una
miriade di scosse elettriche come se il suo intero corpo si fosse
improvvisamente intorpidito per uno sforzo che non era ancora pronto
a fare, non trovando neppure la forza di tirare pugni quando quelle
megere lo raggiunsero con foga e ridendo come matte. In tempi meno
sospetti sarebbe anche rimasto lusingato di una simile attenzione da
parte di qualche bella ragazza, ma in questo caso avrebbe fatto
volentieri a meno di essere abbrancato dagli artigli di quelle arpie
in un momento di debolezza così umiliante che lo faceva
sentire come
un... normale essere umano. Cosa che non era più da molto, molto
tempo, ormai. E che lo portò per questo a urlare ogni genere
di
imprecazione mentre le sue ammiratrici lo legavano con le sue stesse
coperte come se fosse stato un salame.
“Lasciatemi!
Lasciatemi andare maledette puttane!! O giuro su dio che-!!”
“per l'amor del cielo,
ragazze! Limitatevi a far fare un bagno caldo a lord Heisenberg
finché non si sarà ripreso! O il mio bastone
sarà l'ultimo delle
vostre preoccupazioni!”
quando l'anziana matriarca
ruggì quei comandi nonostante la voce gracchiante e non
più giovane
ci fu come un miracolo. Le tre robuste boscaiole si fermarono di
colpo una volta scese dal carro con un bottino trattenuto tra le loro
braccia come se fosse stato un tappeto arrotolato –
osservando
l'anziana genitrice rimasta accanto ad un mercante dal sorriso
compiaciuto – sgranando gli occhi ora non più
allegre come bambine
di fronte a una ciotola di caramelle ma ben più preoccupate
delle
conseguenze di azioni fin troppo avventate.
“Si, madre”
si limitarono a borbottare
scontente quelle, una dopo l'altra, chiudendosi poi in un
imbarazzante silenzio che lasciò attonito lo stesso
Heisenberg che,
nonostante la ramanzina, non venne liberato da quella presa ma
anzi... issato sulle loro spalle come se stessero trasportando un
lungo tronco.
In quel momento non seppe
dire se aveva voglia di scuoiare o meno il Duca per l'assurda
situazione in cui l'aveva buttato senza preavviso – in fin
dei
conti ora aveva ben altro a cui pensare tra ospitalità
discutibile e
poteri che faticavano a riaffacciarsi – ma vedere quel
grassone
sfacciato salutarlo con una mano mentre lo trascinavano in casa gli
fece venir voglia optare per la prima, discutibile, opzione.
“Che cazzo di
situazione...”
[…]
Alla fine dovette ammettere
a se stesso che poteva anche andargli peggio quel giorno. Le figlie
della megera erano state di parola non molestandolo più del
dovuto,
se escludevano un paio di sculacciate con gli asciugamani a fine
bagno, e mostrando una certa professionalità nel strigliare
il loro
signore così come son solite fare le lavandaie con le
lenzuola
sporche. Spazzolate energiche e quasi dolorose nel mentre che era
immerso in un catino di legno pieno d'acqua e sapone di Marsiglia,
cantando un paio di canzoni popolari per farsi passare la fatica nel
rimuovere quei cristalli e quel muco disgustoso che permeava la pelle
leggermente abbronzata di Heisenberg. I segni di una rinascita
miracolosa voluta da un parassita che si rifiutava di far morire il
proprio guscio, ora rintanato nel suo petto e perfettamente fuso con
il suo sistema nervoso lasciando solo l'ennesima cicatrice sulla sua
pelle. Non c'era mai stato nessun piano B in tutto questo, aveva
fatto tutto quel mostriciattolo che gli era stato cucito addosso
dalla stessa sacerdotessa nera.
Una volta che le boscaiole
ebbero finito con lui gli lasciarono la privacy di cui aveva bisogno,
sentendosi finalmente grato di non avere più i loro occhi
addosso e
di poter riflettere in santa pace davanti allo specchio del bagno. Si
passò una mano tra i capelli bagnati soppesando le emozioni
contrastanti che minacciavano di manifestarsi in un momento all'altro
tra una risata di pura gioia sarcastica a una rabbia funesta dal
voler prendere a pugni il suo stesso riflesso.
Era stata tutta una perdita
di tempo. In quel momento non poteva fare a meno di pensarla
così.
Anni spesi a collezionare
una armata di golem creati dai cadaveri dei contadini che morivano e
gli venivano portati per la cremazione, tra successi e imbarazzanti
fallimenti. Il cimitero al villaggio si era ormai riempito
già un
secolo prima, quindi per forza di cose all'ingegnere autodidatta
venne affidato l'odioso business della cremazione dei corpi che tale
non era... donando alle sventurate famiglie dei malcapitati solo
un'urna di latta contenenti le ceneri della sua stufa in ghisa. Un
gesto vile quanto necessario, se voleva crearsi di nascosto un
esercito che potesse competere contro Madre Miranda e lo strapotere
che aveva sul suo Dio Nero ancorato nelle viscere del sottosuolo da
radici primordiali. Il parassita divino venerato dai primi uomini che
giunsero in quella valle già prima di apprendere l'arte
della
scrittura.
Un rancore fermentato nel
corso degli anni fin dalla sua prima giovinezza, mentre i ricordi
della sua vita passata – prima del Villaggio e prima del
cadou.
Prima di essere rapito e condotto in un mondo a lui alieno –
rischiavano di perdersi nell'alone della muffa sollevata da
quell'arpia a cui mostrare benevolenza se voleva sopravvivere.
Poi era arrivata lei, la
bambina perfetta – una straniera in terra
altrettanto
straniera ma dal corredo genetico impeccabile – su cui
Miranda
puntava tutta la missione della sua vita – riportare alla
luce
quella figlia portata via crudelmente dall'influenza spagnola
più di
un secolo prima, innestando la sua coscienza in un corpo più
che
perfetto per ospitarla – decretando per questo
l'annichilimento di
tutto un mondo che fino a quel momento si era inginocchiato a lei
portando le mani al cielo nell'atto di chiamarla a gran voce nella
più totale disperazione. Una bambina che Heisenberg non
disprezzava
e neppure adorava, ma che avrebbe tanto voluto usare in un modo non
propriamente accettabile quanto comunque sicuro per la piccola.
Perchè ci teneva lui, sempre e comunque, a puntualizzare di
essere
differente dal resto della sua famiglia.
Un vero peccato che il
padre della mocciosa non gli avesse dato il permesso di poterla
sfruttare a proprio vantaggio – gli aveva persino fatto la
cortesia
di coinvolgerlo nel proprio piano – e alla fine il suo
smisurato
ego, e un carattere permaloso come quello di un bambino, lo aveva
portato a voler comunque tentare il tutto per tutto da solo.
E aveva fallito.
La rabbia di non essere
stato lui a uccidere quella donna miserabile stava oscurando il suo
giudizio ben più logico, quello di sentirsi sollevato di far
parte
ancora di quel mondo e non di essere stato assimilato da una terra
contaminata purgatorio di molte altre anime in pena.
“Cazzo!!”
il pugno destro si abbatté
con forza a fianco dello specchio appannato e rovinato, colpendo le
piastrelle di un brutto color oliva mentre la sua voce uscì
con un
ruggito incrinato di chi non è capace di controllare le
proprie
emozioni se messo alle strette. L'evidente formicolio che gli
attraversò il dito mignolo e tutto il palmo tramutandosi a
breve in
dolore gli ricordò per l'ennesima volta qualcosa di
fondamentale.
Qualcosa che la stessa signora Whateley prontamente
pronunciò una
volta che fece capolino sull'uscio della porta del bagno lasciata
deliberatamente aperta, tenendo tra le mani alcuni capi di vestiario
da consegnare al proprio signore.
“Perchè crucciarsi, mio
signore? Siete vivo, gli altri sono morti, e comunque non è
più un
vostro problema”
appoggiò gli abiti su un
vecchio sgabello in vimini e da una sporta in tela che portava a
tracolla ne estrasse alcuni stivali da far provare al proprio ospite.
Tutto questo incurante del fatto che Heisenberg fosse mezzo nudo al
suo cospetto, coperto solo da un asciugamano legato ad una vita
incisa di cicatrici passate.
“Tutta questa roba un
tempo apparteneva al mio vecchio Wilbur – che riposi in pace
–e
dubito che a un morto possa in qualche modo servire... ma a un vivo?
Diamine, certamente lei non sembra appartenere alla prima
categoria!”
“Nnnh... vecchia, io non
credo tu riesca a capire” disse stancamente lui,
massaggiandosi
l'attaccatura del naso con l'indice e il pollice. Non era in vena di
sentire altre stronzate moraliste per quel giorno “ho speso
decenni
per questo cazzo di momento... decenni interi cazzo... e ora mi dici
che non dovrei essere umanamente imbufalito?!”
l'anziana donna dal volto
rugoso come il tronco di un albero non disse nulla per svariati
secondi, guardandolo con una espressione non dissimile dal
compatimento che si ha nei confronti di un cucciolo disubbidiente,
prima di avvicinarsi verso la sgangherata finestra che dava nella
corte principale dove era ben visibile il contorto albero morto e la
sua logora corda appesa ad una delle ramificazioni nodose.
Lo indicò con una certa
insistenza, passando i propri occhi rossi prima su quel presagio di
morte e poi di nuovo sul proprio sire caduto in disgrazia e sempre
più irritato da quella sua presenza incomprensibile.
“lo vede quello mio
signore? Quello è l'albero in cui il mio povero Wilbur
è morto
ormai più di venti anni fa... rimasto impiccato a quella
corda di
altalena nel mentre che cercava di montarla per le mie ragazze. Era
una domenica uggiosa, ed è successo mentre io le bambine
eravamo
andate a messa giù al villaggio... e diamine se avrei voluto
essere
a casa per godermi lo spettacolo!”
una volta che vide una
parziale attenzione da parte di Heisenberg – un sopracciglio
inarcato per quelle che potevano essere le farneticazioni di una
vecchia megera – l'anziana padrona di casa
continuò la sua breve
storia con un sorriso arcigno ritornando verso lo sgabello di vimini
e appoggiandoci sopra una serie di cappelli sempre estratti dalla
borsa a tracolla.
“in quaranta anni di
matrimonio ho pensato più e più volte a come
cercare di far fuori
mio marito cercando di non farmi scoprire e sopraffare da lui... e un
giorno, semplicemente, ci ha pensato il beffardo destino a togliermi
via questo piacere” selezionò alcune calze di lana
e le depositò
sugli stivali in pelle ancora perfettamente robusti. Una per ogni
stivale abbinato “certo, all'inizio ero particolarmente
furiosa
della cosa, distrutta direi, ma con il tempo ho capito che non c'era
piacere più grande che non avere i sensi di colpa per la
morte di un
vecchio bastardo”
per quanto Karl Heisenberg
fosse arrabbiato più con se stesso che con il resto del
mondo
dovette ammettere a se stesso che quelle parole gracchiate in maniera
melliflua gli furono di certo effetto. Forse ora a caldo non avrebbe
realizzato come avrebbe voluto, ma come una spina conficcata nella
carne la vecchia vedova aveva sicuramente centrato il succo del
discorso per alzare il morale al suo signore. Della morte di Madre
Miranda non aveva colpe, e mai avrebbe assaporato l'amara esitazione
nel darle il colpo finale – se mai ne avesse avuta
– dovendola
forse solo “ringraziarla” per avergli donato un
potere che si era
sacrificato lui al suo posto per permettergli di tornare a vivere
quella vita che aveva abbandonato quando era stato rapito da bambino.
Una sequenza di ricordi che
si stava facendo sempre più agrodolce e consapevole
dell'incerto
futuro da uomo libero che lo aspettava, avendo per questo compreso di
aver avuto dal “destino” una seconda
possibilità, interrotto
solo dal potente suono di svariati rotori che portarono a far vibrare
i vetri delle finestre di tutta la casa durante il loro passaggio.
Quando entrambe le figure si avvicinarono alla finestra del bagno
poterono vedere alcuni elicotteri militarti che si dirigevano verso
l'interno della valle, ove ancora sbuffi di fumo nero risalivano il
cielo, ignorando per ora quella fattoria e i suoi inquietanti
abitanti. La morte di Madre Miranda stava attirando più
persone del
dovuto, e questo non era un bene per nessuno.
“Dirò alle mie figlie di
sellare uno dei nostri stalloni più robusti il prima
possibile.
Consideratelo un ultimo regalo da parte nostra lord
Heisenberg”
fece la matriarca, avvicinandosi con passo svelto per quanto gliene
concedeva l'età all'uscita del bagno sgangherato
“questa valle non
è più sicura per nessuno ormai...”
[…]
Quando uscì dalla fattoria
il carro del Duca con tutti i suoi averi era sparito già da
un
pezzo, forse anche complice l'improvviso frastuono di elicotteri
militari che aveva squarciato la quiete di quel grigio mattino oppure
semplicemente aveva concluso lì le sue commissioni, ma Karl
era
abbastanza sicuro che un giorno le loro strade si sarebbero
incrociate nuovamente. Uomini come quel mercante bastardo erano
difficili da inquadrare, e ancor meno da uccidere... un po' come lui
alla fin fine.
Una volta scelti gli abiti
che più gli si conformavano – tra cui un trench
non dissimile da
quello che aveva un tempo ma di colore nero – uscì
in veranda con
la sua solita spavalderia e un sigaro trattenuto nelle labbra
sfregiate, altro regalo che si era ritrovato tra i vestiti
ammucchiati e che la vecchia Whateley aveva tanto insistito
affinchè
lui si tenesse. La sacca da viaggio che aveva a tracolla parlava
chiaro, le ragazze avevano avuto premura di non fargli mancare nulla
ovunque egli avesse voluto andare.
Con gli occhi finalmente
protetti da un paio di occhiali da sole consunti e un cappello in
pelle logora che doveva mimetizzare i suoi tratti ad un occhio
più
attento, il fu lord Karl Heisenberg si preparò a montare sul
cavallo
grigio che gli avevano preparato per la prima volta consapevole di
non aver più catene che lo tenessero legato a quel luogo di
inferno
men che meno i ricordi a cui, comunque e istintivamente, tentava di
tenere ancora legati a sé. Alla fine lo sapeva, la vecchia
aveva
ragione, il tempo avrebbe attenuato le nuove cicatrici e le avrebbe
appese al cappio proprio come la corda su cui si era impiccato il
vecchio Whateley.
“Sarà un vero peccato
non vederla più da queste parti, lord Heisenberg”
piagnucolò una
delle boscaiole, che con mani callose teneva ben salde le redini di
uno stallone perplesso per il nuovo padrone. Mentre le altre
fanciulle finivano di fissare le sacche alla sella “avete
già in
mente una meta specifica o vi serve una mappa?”
Quante premure da parte di
villani che ancora lo consideravano un dio sceso in terra, proprio
come voluto dalla stessa sacerdotessa eretica per tutti i suoi figli,
ma poco propenso da sbatterle in faccia questa realtà vista
l'accoglienza che comunque gli era stata data.
“Ho sentito che la Russia
è splendida in questo periodo dell'anno” fece
sardonicamente lui,
abbassandosi lievemente la tesa del cappello in un accenno di saluto
elegante “mi raccomando ragazze, fate le brave mentre io sono
via,
hm?!”
era chiaro che non sarebbe
mai più ritornato da quelle parti, ma sentire quelle ragazze
sopprimere una risata isterica dall'eccitazione lo portò a
sorridere
in maniera particolarmente divertita. Non aveva mai avuto particolare
simpatia per gli abitanti di quella terra corrotta – li
considerava
complici dei traffici di Miranda con la loro devozione cieca e
insostenibile, non provando pena per loro neppure quando
arrivò il
momento della loro fine – eppure stranamente non vi fu
malizia a
circondargli quella barba incolta e la sua boccaccia volgare.
Partì dunque di gran voga
frustando il cavallo con le briglie, assaporando quel vento gelido
che gli sferzava il volto e le vesti come una ventata di
libertà e
anonimato che lo stavano aspettando oltre quelle nebbie grigie che
circondavano le montagne. Sapeva solo di essere vivo, sapeva inoltre
di non possedere più catene, e che il mondo per lui non
aveva più
confini.
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Capitolo 2 *** Famiglia ***
Incredibile
ma vero ho scritto un altro capitolo. O per meglio dire, un'altra
oneshot. Può darsi che in futuro possa scrivere ancora di
Karl
Heisenberg e del suo viaggio in libertà, ma per ora
accontentatevi
di questo. Apparirà in questo capitolo una nonOTP che a
quanto pare
qua da noi nessuno apprezza ma non importa, alla fin fine li vedrete
solo qui e basta.
Buona
lettura!
Le sue
giornate si susseguivano come le stagioni. Lente e inesorabili,
patendo il caldo estivo sotto il pesante trench fino ad avvertire
brividi profondi durante la notte nel suo sacco a pelo facendolo
–
in entrambi i casi – imprecare in modo silenzioso.
E
straordinariamente, era bizzarro il modo in cui riusciva ad
apprezzare anche quei momenti fastidiosi durante il suo viaggio
erratico in un mondo che conosceva solo tramite le cartine
geografiche e le fotografie dei libri didattici che era riuscito ad
ottenere nel corso degli anni.
Partendo
dall'entroterra rumeno aveva superato la Moldavia attraverso percorsi
sterrati se non addirittura abbandonati, tra sentieri battuti dai
cercatori di funghi locali ad antiche strade romane, fino a
raggiungere le coste del Mar Nero trovandosi per questo nella
turbolenta Ucraina. Aveva sentito dire che una trentina di anni prima
c'era stato un incidente in una centrale termonucleare da quelle
parti, ricordava giusto i titoli nel frontespizio di alcuni vecchi
giornali ingialliti che era riuscito a recuperare sottobanco, per cui
non era particolarmente ansioso di imbattersi in qualche mutazione
radioattiva che potesse dargli noia a lui e al suo cavallo. Non ora
che aveva giusto un fucile da caccia con se – usato davvero
poco
visto che aveva solo una scatola di munizioni – e i suoi
poteri
facevano progressi molto lenti nel tornare... ma per sua fortuna
Chernobyl era a parecchi chilometri di distanza da dove si trovava
lui, e attualmente Karl Heisenberg stava attraversando percorsi
turistici per gli amanti del trekking o delle gite a cavallo.
Le sue
giornate erano scandite da una quiete e da una noia che una tempo
avrebbe trovato sicuramente frustranti, impegnato com'era a
realizzare i propri progetti nel profondo della sua fabbrica facendo
quasi tutto da solo, mentre ora passava dal fischiettare allegramente
in quelle che erano passeggiate tranquille fino a spronare il proprio
destriero in galoppate intense e apparentemente senza meta.
Si stava
divertendo come un adolescente ad una gita scolastica fuori porta,
assaporando ogni aspetto di quella libertà ottenuta con il
sangue e
con il sacrificio – non per forza di cose suo, ma non era
esattamente pentito – sentendosi ogni giorno sempre
più vivo
e rilassato come non gli capitava da quando era finito in quel buco
infernale in Romania.
Era in
viaggio da circa un mese e mezzo – segnava i giorni su un
taccuino
che usava anche come diario – e attualmente era riuscito a
sopravvivere bene in mezzo alla natura limitandosi a creare trappole
per conigli efficienti, limitando così le sue provviste in
scatola,
o pescando i pesci dei corsi d'acqua quando ne incontrava uno.
Facendosi anche il bagno o il bucato a seconda delle esigenze. Di
certo, ora che non aveva più di che complottare contro Madre
Miranda
e aveva decisamente più tempo libero, non stava per giorni
interi
senza vedere una doccia limitandosi solo a cambiarsi le mutande in
quel lasso di tempo. Ora che non aveva più bisogno di
strizzarsi le
meningi a lavorare nella sua fabbrica di merda si era reso conto che
tuffarsi in un lago incontaminato in mezzo al nulla, senza neppure
gli slip addosso, era qualcosa di straordinario... se si escludevano
le volte in cui si era ritrovato qualche sanguisuga attaccata ai
polpacci, facendolo bestemmiare come solo lui sapeva fare.
Il problema
principale rimaneva forse il suo autocontrollo. Era un uomo sulla
quarantina con gli impulsi di un adolescente, cosa questa imputabile
anche alla sua lunga permanenza in Romania contro la sua
volontà fin
da quando era un bambino, ma quel lungo periodo in solitaria gli
stava facendo fare pace con il cervello. Se aveva imparato a
sopravvivere alla corte di Madre Miranda – imparando a non
cercare
di scappare più da bravo bambino ubbidiente –
poteva farlo anche
nel mondo esterno non sfogando in faccia al prossimo le proprie
frustrazioni che non poteva esternare di fronte a una madre venefica.
Nei casi in
cui incontrava degli escursionisti si limitava a salutarli con un
cenno del capo o a togliersi il cappello nel caso incontrava delle
signore a passeggio, di rado si fermava a chiacchierare con qualcuno
solo nel caso in cui necessitava di avere indicazioni per non
sbagliare strada. Quel giorno però era la prima volta che si
fermava
ad aiutare per davvero qualcuno, ma forse il suo istinto da
macchinista non poteva ignorare il grido di aiuto di una vecchia Jeep
Wrangler piantonata a ridosso della strada sterrata e secca.
[...]
Con le mani
sporche di grasso Karl Heisenberg si apprestò a soffocare
una
imprecazione e a spingere le dita più in
profondità in
quell'ammasso di tubi di gomma e olio bruciato che era il motore di
un veicolo in panne. Non che gli stesse dispiacendo mettere le mani
su qualcosa del genere – l'ingegneria in fin dei conti era la
sua
più grande passione, ed era riuscito nel tempo ad applicarla
anche
al corpo umano nel costruire golem di carne e ferro – ma
maledì
comunque i progettisti di quel modello di Jeep per aver messo la
sonda del metano in culo al mondo.
“So
pilotare un elicottero ma non ho la più pallida idea di come
si
armeggia un motore in panne... ironico, non trovi?”
“Trovo
più ironico che il progettista di questa merda
molto
probabilmente non ha neppure la patente! Fighetti figli di
papà!”
l'uomo
dalla pelle olivastra e dagli ispidi capelli tendenti ormai verso il
grigio rise di gusto, porgendo uno straccio sporco al meccanico di
fortuna una volta che ebbe finito di sistemare quello che doveva
sistemare pur comunque non propriamente soddisfatto del risultato.
Forse più tardi ci avrebbe dato nuovamente una occhiata se i
proprietari del mezzo glielo avessero permesso. Altrimenti li avrebbe
mandati a fancu-no! Era meglio imparare a contenersi.
Per andar
dietro a quel mezzo l'ingegnere si era dovuto sbarazzare tanto del
trench quanto della camicia a righe, rimanendo in canotta bianca con
già ampi aloni di sudore a macchiare la trama del tessuto.
Con il
volto libero da cappello e occhiali da sole stava rischiando grosso
nel mostrare le proprie fattezze a dei perfetti sconosciuti –
perchè il suo piano iniziale una volta abbandonata la
Romania era di
restare il più anonimo possibile – ma per quel
giorno decise di
passare oltre vista l'allegra famigliola felice a cui aveva prestato
aiuto. Sembravano innocui.
Marito e
moglie con due simpatiche bestioline al seguito,
due bambine
aventi probabilmente tra i dieci e i sette anni, in gita di piacere
lungo la costa del Mar Nero e le campagne limitrofe e ora intente a
dar da mangiare al suo stallone sotto l'occhio attento di una madre
piuttosto gnocca nonostante l'età non più
giovanissima.
Carlos
Oliveira e sua moglie, Jill Oliveira
– in precedenza
nota con il cognome Valentine, ma questo Karl non poteva saperlo
–
si erano presentati così in modo un po' sospettoso nei
confronti di
uno sconosciuto che sembrava più un senzatetto piuttosto che
un
eccentrico turista tedesco in cerca di avventura.
In quel
lungo mese di viaggio si era studiato un background da raccontare
agli ignari interlocutori che avrebbe magari incontrato durante il
suo peregrinare – durante le sue notti solitarie impegnato
tanto a
prepararsi la cena quanto a spostare dadi di ferro e viti sul terreno
rischiarato dal fuoco da campo con la sola forza del suo debole campo
magnetico, allenandosi e vedendo progressi – e quello che era
riuscito a elaborare era una storiella tanto patetica quanto comunque
convincente.
Per tutti
lui sarebbe stato Klaus Herbert, metalmeccanico
della
Volkswagen con una grandissima passione per l'ingegneria meccanica a
cui, però, non era mai conseguita una laurea a causa della
vigente
povertà della sua famiglia d'origine. Dopo una decina d'anni
nella
casa automobilista ha ottenuto un bel gruzzolo come risarcimento
dalla stessa a causa di un brutto incidente in fabbrica che gli aveva
lasciato decisamente un sacco di cicatrici poco eleganti. Decidendo
di sfruttarli per concedersi una lunga pausa di riflessione in giro
per l'Europa.
Una
storiella di fantasia che avrebbe sicuramente fatto abboccare il
ciclista della domenica, ma come avrebbe ben presto capito –
anche
se comunque l'aveva già intuito già guardando i
due coniugi – far
bere certe stronzate a dei veterani era alquanto
difficile.
Per quanto potessero sembrare una tipica famigliola americana in
vacanza nel vecchio continente il linguaggio del loro corpo parlava
di gente abituata ad avere che fare con un ambiente... piuttosto
militare. E questo poteva essere un problema alla lunga.
“Fatto...
ho tamponato il problema con il sondino elettronico, ma vi consiglio
di rottamare questo bidone il prima possibile”
borbottò
Heisenberg, pulendosi come poteva le mani con lo straccio
precedentemente consegnatogli e riponendolo poi nella cassetta degli
attrezzi con un gesto stizzito “a meno che non vogliate
ritrovarvi
nuovamente a piedi in mezzo al nulla, si intende... meglio cambiare
pagina”
Carlos non
disse nulla, tirando fuori un semplice sorriso mentre appoggiava le
natiche al cofano ancora aperto della Jeep e contemplava la moglie
che rimproverava le piccole di non annoiare troppo il cavallo.
“Fortunatamente
rottamare un'auto è più facile che cambiare
pagina... ma questo
suppongo valga per tutti. Anche per i soldati”
l'ex
mercenario fu ben attento a non dare un linguaggio del corpo
sbagliato nei confronti di quello che poteva essere tanto un
amichevole meccanico quanto un ex soldato come lui, riuscendo almeno
in parte a non mettere a disagio il proprio ospite pur vedendo i suoi
occhi chiari incupirsi. Heisenberg lasciò cadere un
silenzioso gelo
tra i due, nel mentre che si risistemava almeno gli occhiali da sole
sul setto nasale in modo tale di avere una sorta di
“protezione”
tra lui e quegli scomodi individui.
Un tempo
molto probabilmente non avrebbe avuto remore a schiacciare quell'auto
malandata sulla testa di quel portoricano impiccione con la sola
forza del proprio pensiero maligno, finendo la mogliettina con i
rottami metallici e lasciando le due mocciose ad un destino incerto
in un mondo alquanto crudele. Dopotutto gli era già capitato
di fare
cose del genere tra le nebbie dei Carpazi spegnendo i sogni di fuga
di coloro che non volevano sottostare alla volontà di Madre
Miranda,
dando spettacolo del proprio sadismo represso nei confronti della
sacerdotessa nera.
Ma i suoi
giorni da dio sceso in terra erano al momento finiti –
sapendo bene
che in una possibile colluttazione con quei due tizi probabilmente
sarebbe stato lui ad avere la peggio – e tutto quello che
poteva
fare era di frugare nelle tasche dei pantaloni alla ricerca di un
sigaro mezzo consumato da potersi accendere così da sbollire
la
tensione crescente, trovando insolito che fosse lo stesso Oliveira ad
offrirgli il proprio accendino. Approfittando anche lui di
quell'insolita pausa per concedersi una sigaretta clandestina lontano
dalle lamentele di una compagna che non voleva avere fumi poco
salubri a contaminare la salute delle figlie.
“La mia
storia è davvero così pessima?” fece ad
un certo punto Karl, dopo
aver sbuffato una nuvola di fumo nel cielo azzurro. La voce bassa e
risentita.
“Non
così
pessima... purtroppo però riesco a riconoscere un soldato
quando ne
vedo uno” dette una lunga tirata alla propria sigaretta
rigirandosi
poi il filtro tra l'indice e il pollice “porti sulla pelle le
mie
stesse cicatrici, lo stesso sguardo consumato e lo stesso passo
disinvolto... in che reggimento eri?”
“Hm, non
ero proprio in un esercito... era più a conduzione familiare”
borbottò l'ingegnere, agitando il sigaro in modo elegante
per
spiegare quel concetto “quel genere di organizzazioni che ti
fanno
sentire importante e indispensabile ma che poi ti buttano nel cesso
il giorno dopo”
“Le
conosco, sono le peggiori... e non ti biasimo se hai deciso di
mollare. In fin dei conti è quello che abbiamo fatto sia io
che mia
moglie”
“Oh,
quindi anche lei...”
“Sì.
Io
tuttavia ho lasciato quell'ambiente molto prima della mia
Jill”
l'ex soldato borbottò quelle parole come se quest'ultima
potesse in
qualche modo sentirlo, voltandosi a guardare la propria famiglia
colta in un momento spensierato “lei ci credeva davvero in
quello
che faceva, ma sai com'è... noi uomini esterniamo con la
rabbia le
nostre frustrazioni, le donne invece assorbono tutto come
spugne”
Heisenberg
non poteva sapere quale fosse la storia di fondo di quei due
mercenari allo sbando, ma si rilassò nel constatare che
comunque era
riuscito a “nascondersi”abbastanza bene ai loro
occhi
spacciandosi per un soldato come loro. Il buon Carlos non poteva
immaginare che quelle sue cicatrici non erano dovute allo scoppio di
una granata quanto, piuttosto, ad errori giovanili nel cercare di
imparare ad usare i propri poteri magnetici. E lo sguardo duro andava
di pari passo con la sua spavalderia ed arroganza quando si trattava
di nascondere agli altri ciò che provava realmente in
determinati
frangenti, specie quando in passato aveva a che fare con i suoi
putridi “fratelli” e parenti indesiderati.
Oliveira
non conosceva i retroscena di quel suo nuovo amico, così
come lo
stesso Karl non sapeva che tanto il portoricano quanto la mogliettina
dal culo sodo avevano avuto a che fare con il famoso
“incidente”
di Racoon City decenni prima. Ma se Carlos aveva deciso di rinunciare
a quella vita precaria da mercenario tra orrori e complotti –
preferendo dedicarsi a fare l'istruttore privato in tecniche di
sopravvivenza e autodifesa – per quanto riguardava Valentine
la
faccenda era ben diversa e più personale.
Dopotutto la sua
città natale, compresa la sua famiglia, era stata
annichilita da una
testata atomica per contenere gli effetti dell'infezione che aveva
fatto collassare l'intera cittadina in mano alla Umbrella
Corporation, e quest'ultima non aveva pagato il prezzo che Jill si
aspettava.
Non le era
bastato vedere la compagnia fallire e venire smantellata in molte
altre succursali con il beneficiare dello stesso governo degli Stati
Uniti... no, lei era decisa a combattere fino al midollo quel male
incurabile trovando la sua rovina quando riuscì a trovare il
responsabile di tutti i suoi incubi peggiori. Albert Wesker
l'aveva usata come un giocattolo sperimentale per tre lunghi anni nei
quali la stessa Jill non avrebbe saputo dire cosa le avesse
effettivamente fatto o cosa lei avesse fatto e agito sotto suo
stretto comando, alternando momenti di ricordi lucidi ad altri di
totale blackout. Ma dopo quell'atroce esperienza non era più
riuscita a riprendersi del tutto, e i suoi colleghi e amici facente
parte pure loro dell'esercito non erano riusciti a starle dietro come
avrebbero voluto.
Carlos era
stato l'unico sempre presente nella sua vita travagliata, sempre
pronto ad ascoltare i suoi sfoghi frustrati o a consolarla la notte
quando si svegliava da un incubo che, grazie al cielo, stava
cominciando a non riaffacciarsi più. L'unica angoscia
rimasta che
attraversava il volto di Jill era quando i suoi occhi azzurri si
spostavano sulle figlie che aveva concepito con quello che in breve
era diventato suo marito.
Il solo
pensiero che quell'essere avesse lasciato il
proprio segno
anche in loro, nonostante tutti gli esami clinici scongiurassero il
contrario, era un tormento che rischiava di sfociare nell'ossessione.
Mostrando per questo un atteggiamento piuttosto protettivo nei loro
confronti, nonostante le piccole mostrassero i tratti somatici di
Carlos e gli occhi della loro stessa madre, nonché lo stesso
temperamento.
Come
conscia dello sguardo premuroso del proprio compagno la donna
lasciò
momentaneamente le fanciulle a dare fieno ad un cavallo piuttosto
tranquillo, dirigendosi verso i due uomini intenti a parlottare in
modo stretto.
“Allora
miei baldi giovani, come andiamo con questo vecchio cassone?
C'è
ancora speranza?”
Carlos fu
lesto a spegnere la propria sigaretta a terra, mentre Heisenberg
approfittò della protezione fornita dalle lenti rotonde dei
suoi
occhiali da sole per guardare meglio Jill e le sue forme. Continuando
a fumare il suo sigaro cubano fino in fondo.
“Riusciremo
ad arrivare in albergo e magari anche fermarci in spiaggia prima.
Dopodiché dovremo dire addio alla tua vettura mi
amor, mi
dispiace per il tuo lutto!”
la mezza
battuta di Carlos fece ridacchiare Heisenberg, gustandosi la faccia
accigliata della donna da incorniciare assolutamente. Per loro
fortuna però Jill era di buon umore, ricordandosi che la
“prematura”
morte del suo mezzo avente più di dieci anni era stata
scongiurata
proprio da quell'eccentrico turista.
“Sopporterò
la perdita... ma prima vorrei comunque ringraziare il nostro ospite
per averci almeno provato” per quanto la donna avesse ancora
delle
riserve verso quel tipo strano sapeva che doveva comunque
ringraziarlo in qualche modo per toglierselo definitivamente dai
piedi “Abbiamo del liquore alla liquirizia nella ghiacciaia
che
aspetta di essere ancora stappato. Magari...”
“Accetto
ben volentieri l'invito, mia signora”
chinò
lievemente il capo in un gesto di pseudo reverenza – che non
si
venisse a dire che non sapeva essere galantuomo – constatando
che
un goccio di qualcosa di forte, un qualcosa che gli stava mancando
terribilmente in quel lungo viaggio, era un modo ottimo per
congedarsi da loro e da una conversazione possibilmente spinosa.
[…]
Tutto
sommato non era stata una brutta giornata, ma era chiaro che avrebbe
dovuto riguardarsi un attimo il proprio background per renderlo ancor
più credibile. Una bugia su un'altra bugia non avrebbe
certamente
aggravato la sua posizione, dopotutto lui era un uomo morto per il
resto del mondo... giusto?
Anche se
aveva temuto il peggio aveva apprezzato il pagamento in alcoolici, e
le mocciose non furono così irritanti quando provarono a
fargli
delle domande piuttosto ingenue e tenute a stento a freno dalla
madre. Alla fine tra lui e il portoricano si erano scolati mezza
bottiglia – nulla di così potente alla fine, ma
Heisenberg non
aveva mai assaggiato nulla di simile. Fresco e vellutato, ma dal
sapore deciso – tra chiacchiere più leggere e
battute da “ragazzi”
che portarono Jill a mostrarsi un po' contrariata a causa del loro
lato infantile latente in ogni uomo che conosceva.
Alla fine,
comunque, ognuno se ne andò per la propria strada. E quando
la notte
calò in mezzo a quella natura incontaminata il vagabondo
trovò
riparo in una piccola grotta scavata naturalmente nel fianco di una
collina sassosa. Ovunque attorno a lui regnava un silenzio irreale
interrotto solo dal canto dei grilli nascosti negli ampi cespugli e
dallo scoppiettio di un fuoco da campo che attirava ignare falene
pronte a sacrificarsi tra quelle seducenti lingue di fuoco.
Seduto su
una bassa roccia Karl era più impegnato a far galleggiare un
pentolino di metallo piuttosto che scaldarci dentro un barattolo di
fagioli, così concentrato nel fare una cosa un tempo
così semplice
da non rendersi neppure conto dei rivoli di sudore che gli scendevano
giù per la fronte. Stava facendo progressi nel ritornare a
padroneggiare i propri poteri, e questo lo rendeva piuttosto felice
nonostante fossero un dono della stessa Miranda.
Poteva
essere in effetti un fattore controverso, in quanto ricordava per
bene i dolorosi esperimenti con il cadou a cui era stato sottoposto,
ma quel dannato parassita era ormai parte di lui e della sua vita...
e proprio riguardo quest'ultima aveva molto per essergli grato. Un
rapporto simbiotico parassitario unico, perfetto persino per la
stessa sacerdotessa del Dio Nero, a cui Heisenberg non era
intenzionato a rinunciarci.
“Bè?!
Hai visto che roba?!” con sguardo entusiasta
osservò il proprio
destriero intento a brucare pigramente dei germogli vicino ad una
siepe, tentando così di attirare la sua attenzione
“sto facendo
progressi stupido coglione! Non dovresti essere contento del tuo
padrone?”
di tutta
risposta lo stallone, ora libero sia dalla sella che dal resto
dell'attrezzatura, si limitò a scuotere la criniera e a
nitrire
basso – in uno strano gesto di disappunto che l'ingegnere
colse
benissimo – portando per questo lo stesso Karl a perdere la
concentrazione e portare il manufatto dritto sulla fronte come se
fosse stato colpito da un sasso. Al forte colpo seguì un
furioso
ruggito e un altrettanto nitrito divertito, con l'infido cavallo che
mostrò addirittura i denti nel vedere il proprio padrone
ferito.
“Dovrei
lanciartelo in testa, sai?! Bestiaccia ingrata...”
la voglia
di lanciargli addosso quel pentolino di latta con la propria
telecinesi era alquanto forte, eppure decise di lasciar perdere
perchè non aveva decisamente voglia di farsi venire un altro
mal di
testa come quello che aveva rischiato di farsi venire quel giorno.
Sentir parlare di famiglia lo disgustava ad oltranza nonostante
quella che aveva visto oggi era una famigliola disgustosamente
felice.
Crescendo
in un ambiente chiuso e forzato come quello in Romania lo aveva
praticamente estraniato da qualunque tipo di espressione affettuosa
riuscendo solo a comunicare, qualora avesse avuto interesse in
qualche fanciulla del villaggio, in modo fisico nei
confronti
del prossimo. Era venerato come un dio tanto per volontà
della
stessa Madre Miranda quanto per il fatto che si vociferasse che lui
–
così come i restanti suoi “fratelli”
– fosse un discendente di
uno dei quattro re che fondarono il loro regno segreto tra i Carpazi
più di mille anni prima. Ma non era ciò che aveva
sempre
desiderato.
Odiava il
concetto di “famiglia” per quello che implicava la
sua crescita e
la sua vita, ma ricordava ancora qualcosa di più genuino non
dissimile da quello che aveva visto oggi, in un ricordo primitivo di
bambino in età prescolare. Pochi attimi a cui si era sempre
aggrappato con una disperazione tipica dei prigionieri rancorosi,
ricordando nello specifico il volto di sua madre – la sua vera
madre – che si china su di lui sorridendogli e porgendogli
quello
che doveva essere un gelato al cioccolato.
Ricordi del
genere sono destinati a scomparire dalla mente di un bambino a causa
dell'ovvia crescita. Un fattore naturale a cui, però, Karl
Heisenberg aveva deciso di non rinunciarci mai. Sperando nel suo
animo innocente che un giorno sua madre venisse a salvarlo dalla
strega cattiva ed infine, praticamente mezzo secolo dopo con un cadou
che lo portava a invecchiare davvero molto lentamente, a sperare che
fosse morta arrivando ormai ad odiare quel ricordo ora così
stucchevole che lo aveva comunque tenuto in vita con una speranza mai
sopita.
Allora
perchè continuava a pensarci?
Sbuffando
seccato decise che per quella sera ne aveva abbastanza di far
faticare il cervello per simili stronzate nostalgiche, e che alla fin
fine simili ricordi erano ormai decisamente inutili in quanto fuori
dal Villaggio maledetto e dalla muffa che lo circondava. Lontano dal
suo Dio e dalle sue radici che, come viticci maligni, avevano
influenzato la vita di quel microcosmo dannato.
Decisamente,
lui non era un uomo fatto per avere una famiglia... ma per godersi
quella libertà che gli spettava di diritto senza ombra di
dubbio.
Si avviò
all'ingresso della grotta sdraiandosi sul suo sacco a pelo pur non
entrandoci dentro, ma anzi decidendo di far scorrere le mani lungo la
camicia iniziando a sbottonarsela e facendo tintinnare in breve tempo
la fibbia dei suoi pantaloni da lavoro. Aveva un gran bisogno di
sfogarsi e voleva farlo in quel momento, in quanto tutto quel pensare
gli aveva causato una emicrania e un nervosismo che doveva stemperare
in qualche modo... e magari pensare alla mammina
incontrata
quel giorno, con tutte le curve al loro posto nonostante
l'età non
più giovanissima, era un buon punto da cui cominciare.
“Ehi...!
Ignoranza a quattro gambe!” berciò lui,
attirandosi
momentaneamente le attenzioni del grigio destriero “ho voglia
di
farmi una pippa, vedi di girare al largo!”
La bestia
gli dette retta a modo suo, dandogli le spalle e brucando altrove con
un nitrito di puro disgusto nell'avere un umano così poco
educato e
selvatico. Una vera tragedia che gli esseri umani
non
godessero di uno stile di vita più semplice come poteva
goderlo lui,
brucando germogli freschi e defecando dove più lo aggradava.
Sicuramente sarebbero stati più felici anziché
mettersi berciare in
quella loro lingua così... primitiva!
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Capitolo 3 *** Seconda Possibilità ***
Questo
capitolo non avrebbe dovuto esistere, in quanto doveva essercene un
altro molto probabilmente più lungo e ugualmente violento,
ma
l'ispirazione mi ha preso e dunque ecco qui una terza oneshot!
Ringrazio vivamente Taiyou_no_Himiko per avermi fatto da beta reader,
mentre a tutti voi auguro buona lettura.
Il
pregiato sigaro cubano che Karl Heisenberg teneva tra le labbra quasi
si spezzò quando i suoi bianchi incisivi ne incisero la
superficie
ruvida, aspirò con una certa tensione le secche foglie in
fiamme
facendo brillare le braci come un piccolo sole nel marasma di quella
notte ben poco silenziosa. Qualcosa cantava oltre i cespugli di
quella spoglia prateria, risate sguaiate di uomini audaci, e se mai
l'avessero accolto era tutto da vedere. La lingua, purtroppo, non la
conosceva.
Era
frustrante notare che in qualche modo si era perso lungo la strada,
ma ora sapeva che si era spinto un po' troppo a est della Georgia
–
o forse era finito in Armenia? – andando probabilmente a
toccare il
confine con l'Azerbaigian e da lì in poi avrebbe
probabilmente
sfiorato le coste del mar Caspio incontrando prima o poi la
fantomatica Via della seta. L'idea di poter galoppare fino alle
mitiche sabbie dorate di Samarcanda lo affascinava, ma il suo piano
iniziale era – e rimaneva– di andare verso nord e
non aveva
intenzione di far affaticare ancora di più un cavallo che
evidentemente non apprezzava i climi troppo secchi.
Un
altro mese e mezzo era passato da quando aveva incontrato gli ultimi
turisti lungo le strade sterrate dell'Ucraina – tenendo loro
compagnia con del liquore alla liquirizia davvero singolare –
incontrando in seguito per lo più cacciatori della domenica
a cui si
era unito per chiacchierare un po' e raccontarsi a vicenda
spacconerie da uomini, facendosi consigliare bene sui sentieri adatti
da seguire per evitare noie con le guardie che pattugliavano le
strade. I percorsi battuti dai bracconieri erano stati tanto
provvidenziali quanto la principale causa del disorientamento che lo
aveva portato fuori strada, ma non era un gran problema. In fin dei
conti se la stava prendendo comoda con quella sua imprevista vacanza,
riposando quando gli capitava nei rifugi di caccia incustoditi
–
concedendosi così una dormita rilassante in un letto vero
– e
approfittando di quelle porte che si aprivano al suo magico tocco per
rifornirsi di tutto quello di cui aveva bisogno.
In
fondo non era come rubare, se le porte si aprivano da sole... e
capitava che soggiornasse in queste baracche anche per diversi
giorni, giusto il tempo di far riposare il proprio stallone e di
fumarsi un sigaro in santa pace sulla veranda di casa, sfruttando
quei pigri momenti di relax per affinare ancor meglio le proprie arti
elettromagnetiche e sentendosi sempre più sicuro nel far
danzare il
metallo attorno a sé.
Se
si escludeva la sensazione di fatica che ancora lo accompagnava dopo
ogni sforzo, era comunque un notevole progresso, soprattutto se
riusciva ad accartocciare un’intera auto abbandonata alla
stessa
maniera con cui si piegava un sottile foglio di carta.
Il
potere di un dio nelle mani di un mortale. Un dono che poteva portare
ad essere tanto audaci quanto incoscienti.
Tuttavia,
quando era in viaggio era decisamente un’altra cosa. Ben
sapendo di
dover tenere gli occhi aperti quando aveva a che fare con degli
sconosciuti dalle facce meno raccomandabili della sua. Come stava
accadendo in quella notte senza luna e senza stelle, con le nubi che
nascondevano il vuoto cosmico in un pesante sudario afoso, avvertendo
strascicate canzoni popolari che accompagnavano il passo prudente del
suo grigio destriero.
Heisenberg
parlava correttamente sei lingue – il tedesco era forse
l’unica
con cui aveva più difficoltà, nonostante fosse la
sua lingua
originaria – ma quello che stava udendo ora era qualcosa di
più
simile all'arabo. Una lingua a lui ignota.
Il
cavallo sbuffò per il nervosismo quando lingue di fuoco
iniziarono a
farsi notare al di sopra dei cespugli secchi e le prime immagini di
un improvvisato accampamento militare si mostrarono attraverso le
lenti rotonde dei suoi occhiali da sole. Alcuni degli uomini radunati
attorno al falò – circa una decina, se si
contavano anche quelli
che gironzolavano per il perimetro esterno – si accorsero un
po'
per volta della sua presenza in quanto la zona in cui si trovava lui
era un po' sopraelevata . Gli occhi arrossati dall'alcool di quegli
improbabili cacciatori si posarono sulla sua figura in ombra non
appena sentirono i passi del cavallo avanzare placidi verso la loro
direzione, un modo elegante di far notare la propria presenza a
quegli uomini che, come gli suggeriva l’istinto, non gli
sembravano
affatto amichevoli.
Velati
borbottii si alzarono dagli uomini seduti sui tronchi secchi e sui
massi trascinati fino a quella catasta di legno su cui ardeva la
carcassa di una pecora – probabilmente la cena del gruppo
– e
qualcuno si lamentò apertamente con i due che avrebbero
dovuto
pattugliare meglio il perimetro, anche se in realtà quelle
improvvisate guardie erano annebbiate dai fumi dell'alcool quanto i
loro compagni.
“Salute
a voi, compagni.” fece improvvisamente Heisenberg, spezzando
così
il silenzio in russo. “C'è posto anche per un
viandante solitario
al vostro falò?”
Si
piegò lievemente sul pomello della sella per far in modo che
quel
drappello di uomini in terra straniera come lo era lui potessero
scrutarlo meglio, mostrando qualcosa di assolutamente diabolico ai
loro occhi. Un sorriso smagliante e predatorio incorniciava la sua
barba incolta, dietro le lenti degli occhiali da sole tinte di
arancione, sulle quali si riflettevano le scoppiettanti lingue di
fuoco del falò, nascondevano occhi di ghiaccio e il cappello
a tesa
larga ormai logoro non rendevano bene le fattezze dell'uomo che li
stava approcciando in modo apparentemente amichevole.
“Dipende,
sei un turista?”
Quello
con la barba più lunga e lo sguardo torvo fu il primo a
parlargli in
un russo piuttosto elementare e Heisenberg fece molta fatica a non
ridergli in faccia. Non potevano sapere che attraverso quelle lenti
scure li stava osservando bene, così come il loro campo
base. Giusto
un paio di grosse tende e una vecchia camionetta usata per gli
spostamenti, alla base del cassone da carico quello che restava di
una razzia violenta e – molto probabilmente –
ordinata da terze
parti.
Che
fossero atti di terrorismo o mercenari al soldo di qualche signorotto
locale in cerca di vendetta verso i contadini suoi rivali non era
dato saperlo, ciò che tuttavia il vagabondo poté
ben vedere erano
le salme incatenate a terra e trascinate fin lì in un gioco
sadico
che Heisenberg comprendeva solo in parte.
Il
corpo di un uomo robusto giaceva a pancia in su, la bocca sporca di
sangue poteva ben indicare di cosa fosse morto, mentre le sue braccia
legate con una catena d'acciaio al cassone del mezzo erano contorte a
causa di un trascinamento brutale. Stessa sorte era toccata al
compare più giovane, forse il figlio o un altro sventurato a
cui era
stata tagliata la gola in un ultimo atto di presunta misericordia.
Gli occhi ribaltati all'indietro mostravano solo una sclera ancora
bianca e luccicante come due fari nella notte.
L'unica
vittima ancora in vita era quella che forse avrebbe fatto meglio a
morire prima di tutti gli altri, dato che aveva le fattezze di una
ragazzina appena sbocciata nella pubertà. I suoi capelli
erano stati
tagliati via in segno di puro spregio – o per meglio dire
rasati,
come si fa con una pecora indisciplinata – picchiata come un
cane
nel fango, il volto sporco di terra e sangue e rigato da lacrime
ormai seccate e gli abiti da lavoro lacerati dalla foga di
“amanti”
indesiderati come brandelli di pelle di un animale seviziato.
Un
fiore appena nato e subito calpestato. In tutta quella scena
poté
immaginarsi la furia di quei lycan civilizzati che vivevano oltre i
Carpazi.
Scene
non dissimili da quelle che avevano forgiato la sua vita all'interno
di quel villaggio senza nome di sciatti devoti contaminati dal Dio
Nero. Bambini scomparsi, uomini macellati, donne violentate... ma per
i lycan era una cosa abbastanza giustificabile – la satira
dell'uomo che ritorna alla natura o la bestialità umana
rappresentata nella sua più estrema parodia. Esperimenti
falliti di
una sacerdotessa corrotta . Tuttavia, nel quadro che si
apprestò ad
osservare quella notte non vide nulla che potesse in qualche modo
essere riconducibile alla pura sopravvivenza in un mondo ostile o una
natura contaminata dal male, bensì solo una visione
narcisistica
della tipica malvagità umana del forte contro il debole.
Del
sadico contro il remissivo, in un copione già visto e
vissuto fino
alla noia.
Disgustoso.
“Non
sono un turista, sono un mercante!” fece finalmente
Heisenberg,
scendendo agilmente dal cavallo e scivolando giù per la duna
ghiaiosa. “Vendo soprattutto, uhm, magie... vi va di fare uno
scambio?”
Per
quei briganti da due soldi, Heisenberg era un uomo spacciato a
prescindere dalla risposta che avrebbe dato loro, i loro sguardi
truci avevano già sentenziato la sua condanna a morte ben
sapendo
che non si erano dati la premura di nascondere i loro crimini come si
deve.
“Quale
scambio?”
Alcuni
borbottii perplessi si levarono dal gruppo quando il capo
continuò
con l’inutile conversazione con quell'eccentrico infedele,
mentre
altri ancora ridacchiavano maliziosi pur comunque allungando di
soppiatto le mani verso le proprie armi nascoste sotto le giacche da
cacciatore. Poco entusiasti di udire una risatina beffarda da parte
di quell'ospite cencioso, desiderosi di commettere quello in cui
eccellevano meglio. Persino l'ultima sopravvissuta alla cieca furia
di quei guerriglieri mercenari sapeva quale destino avrebbe atteso
quel folle.
Per
quanto fosse ferita e sotto shock – senza più
lacrime da versare
ma abbastanza saggia da starsene china in posizione fetale –
la
ragazza ebbe comunque il coraggio di alzare lo sguardo verso Karl
rispecchiandosi nelle sue lenti arancioni per un breve
istante.
L'aveva
vista, non avrebbe fatto finta di nulla. Intuendo fin da subito che
ciò che le era toccato sarebbe accaduto di nuovo... ma
ingenuamente
la piccola aveva confuso le vittime.
“Bè,
facciamo così.” Heisenberg dette un'ultima boccata
ad un sigaro
ormai consumato del tutto, per poi calpestarci sopra con il tacco
dello stivale destro. “Voi mi fornite gentilmente le
indicazioni
per raggiungere la Russia senza troppi preamboli e io in cambio vi
mostrerò dei trucchetti divertenti.”
Ovviamente
una ventata di ilarità si diffuse in quel drappello ora non
più
così rilassato, arrivando ad alzarsi in piedi e facendo
capire al
loro sventurato ospite che il tempo delle chiacchiere era ormai
finito. Ignorarono il fatto che il vagabondo aveva estratto da una
tasca interna del proprio trench nero un coltellino a farfalla,
piccolo ma ugualmente letale, tenendolo perfettamente in equilibrio
su due dita avvolte da un guanto di pelle consunto. Era chiaro che
quella sera il macchinista in pensione aveva voglia di divertimento
sfrenato.
“Non
ci interessa la magia!” Il pseudo comandante del gruppo si
alzò a
fatica dal suo tronco rinsecchito, aiutandosi con il fucile da caccia
usato a mo’ di bastone. “Ora tu muori e –
aaaaah!”
“Mmh,
facciamo che inizi prima tu?”
Quello
che gli uomini assistettero quella notte fu esattamente ciò
che
Heisenberg aveva predetto. Una magia agli occhi delle persone
ignoranti; un semplice fattore biologico, invece, per chi era a
conoscenza della sua natura singolare.
Sotto
gli sguardi allibiti dei presenti che erano abbastanza vicini da
osservare meglio la scena che si stava svolgendo di fronte a loro, il
cui volto mutò in un’espressione di puro orrore,
il coltello era
schizzato dalle dita di Heisenberg fino a piantarsi con un suono
umido nella gola del loro comandante in capo. Un colpo ben assestato
sotto il mento barbuto fece affondare la lama talmente in
profondità
che persino il manico metallico penetrò nello strato
adiposo,
portando lo sventurato brigante a sgranare gli occhi, conscio che
quegli ultimi istanti di vita li avrebbe spesi ad osservare il
sorriso malato del suo assassino.
La
morte sopraggiunse solo quando la lama si sfilò via ad un
comando
telepatico del suo proprietario, ritornando al volo tra le sue mani,
staccandosi così dall'arteria recisa da cui
fuoriuscì un intenso
spruzzo scarlatto che si levò oltre la sua persona. Un forte
schizzo
dettato dalla paura e dall'adrenalina che portarono il cuore di quel
brigante a pompare in preda al più cieco terrore, andando a
macchiare il terreno polveroso sotto di lui – alcune gocce
riuscirono a raggiungere Heisenberg nonostante la distanza
considerevole tra i due, ma l'oscurità delle sue vesti le
inglobarono, decretando la fine di quella amicizia stroncata ancor
prima di nascere sotto un tappeto rosso sangue.
Nel
momento in cui il corpulento comandante cadde senza vita a pancia in
giù, il resto dei briganti si svegliò dal torpore
causato
dall’alcool, urlando crepitante come le furiose lingue del
falò
che stavano lambendo le carni della pecora ormai carbonizzate,
imbracciando l'artiglieria per puntarla contro quell’uomo che
non
accennava a smettere di ridere.
La
piccola vittima, ancora legata a delle pesanti catene, batté
i denti
terrorizzata nel vedere i briganti fare fuoco su quello stregone
cencioso, rannicchiandosi ancora di più quando
sentì i botti e le
urla che avevano accompagnato sia il suo rapimento che la perdita
della sua innocenza di bambina e chiudendo gli occhi disperata per
quelli che le sembravano dei secondi interminabili e strazianti.
Poi
li riaprì solo quando uno strano silenzio cadde sul campo
base, così
gelido e innaturale che avrebbe ben preferito ascoltare gli scoppi di
fucili e pistole piuttosto che osservare i volti contorti dalla paura
dei briganti che fino a poche ore prima avevano mostrato il peggiore
dei sorrisi che si poteva offrire ad una ragazzina come
lei.
Quell'uomo
doveva davvero essere un mago come affermava di essere, non c'era
altra spiegazione plausibile su ciò che i suoi occhi verdi
stavano
guardando, poiché di tutti i proiettili che gli erano stati
sparati
addosso nessuno era riuscito minimamente a scalfirlo, fermi a
mezz'aria a ruotare pigramente su se stessi come smarriti in un
invisibile campo magnetico. Infatti, a pochi centimetri da essi, Karl
Heisenberg batté le mani sinceramente divertito dall'impegno
che
quelle guardie assassine gli avevano dedicato.
Sarebbero
tutti morti in quella notte senza stelle e lo avrebbero fatto al
suono del suo applauso teatrale.
“Devo
dedurre che nessuno di voi saprà darmi le giuste
indicazioni.” Si
tolse gli inutili occhiali da sole per mostrare loro tutto il cinismo
che traspariva dai suoi occhi color acciaio, con un’aria da
onnipotente dio dai poteri ritrovati. “Oh, bè...
suppongo non vi
dispiacerà se vi mostro comunque alcuni dei miei
trucchetti.”
Con
un semplice ed elegante movimento del polso, Heisenberg
conficcò
ogni proiettile nelle membra del suo legittimo proprietario, tra le
urla di dolore e fughe scalmanate per evitare un qualcosa che non
poteva essere evitato.
I
proiettili di grosso calibro penetrarono la pelle e la carne
svuotando intestini e budella, trapassando cuori e spaccando crani
come cocomeri maturi da cui saltò fuori la materia grigia
che si
spiaccicò a terra a pochi centimetri dalla ragazzina che non
si
trattenne dal gridare a sua volta. Non aveva mai visto un cranio
aperto dal pallettone di un fucile da caccia grossa prima d'ora,
così
come non sapeva che un corpo umano potesse ancora muoversi dopo
proprio come una rana a cui era stata rimossa la testa per
divertimento.
Era
così impegnata ad osservare gli spasmi morenti di un soldato
ormai
bello che andato da non essersi resa conto al supplizio a cui
andò
incontro il resto dei briganti. Non vide dunque i proiettili che
attraversarono i loro arti spezzando le ossa e i denti, cavando loro
gli occhi e riducendoli a poltiglie salmastre a contatto con il ferro
rovente che distruggeva i loro volti. Una cacofonia di urla e
imprecazioni che durò relativamente poco, durante il quale
uno degli
sventurati urlò più a lungo quando
accidentalmente cadde sul grande
falò su cui ardevano alte fiamme, prendendo fuoco come una
torcia
umana e dimenandosi selvaggiamente tra i tronchi riarsi.
Contorcendosi nel dolore più atroce e portando le fiamme
lungo il
sentiero che il macchinista aveva deciso di percorrere, una lenta
camminata mentre gli sventurati uomini che avevano deciso di
affrontarlo cadevano uno dopo l'altro attorno a lui.
Sangue,
ferro e fuoco. Lo spettro della sua vita passata si era palesato per
una notte lasciando che solo il rumore dei suoi stivali sostituisse
un silenzio improvviso dopo che gli ultimi briganti erano stati fatti
a pezzi. Calpestò polvere e braci ardenti, non curandosi che
le
punte in metallo dei suoi calzari si sporcavano di frattaglie ancora
fumanti e si diresse verso l'unica sopravvissuta rimasta intenta ad
osservare quell'innaturale mattanza.
La
piccola pensò che ormai fosse giunto anche il suo turno di
essere
macellata da un folle dio della morte, chiedendosi se le sue risate
stentoree sarebbero state le ultime cose ad accompagnarla
nell'aldilà. Ma dopo che il forestiero si fermò
davanti a lei,
oscurandola con la propria ombra e sorridendole in modo sornione,
avvertì chiaramente i polsi farsi meno pesanti.
Le
catene che l'avevano tenuta legata all'autocarro erano scivolate via
come l’acqua di una torrente, liberandole finalmente i polsi
che
bruciavano di dolore a causa della pelle escoriata in più
punti.
“Hmm,
suppongo che neppure tu sappia la strada. Dico bene,
ranuncolo?”
Si
piegò giusto un attimo per prenderla per la collottola di
quella che
un tempo era una camicia per tirarla su, constatando che restava
comunque in piedi a fatica nonostante le gambe non recassero segni
evidenti di fratture. Sapeva di non essere un uomo capace di mettere
a proprio agio il prossimo, ma la piccola sventurata non
reagì come
ci si poteva aspettare in un momento del genere. Forse era lo shock
dello spettacolo allestito da un egocentrico showman, uno stupore
macabro che poteva tanto ammutolire quanto portare alla pazzia
qualunque persona sana di mente.
Ma
forse la giovane che ora lo stava fissando con i suoi occhioni
spalancati non era più una persona da definirsi
“normale”... non
dopo quello che aveva visto e subito. Il destino l’aveva
costretta
a crescere in fretta il giorno in cui era stata rapita e vedendola
annuire timidamente portò Heisenberg ad inarcare un
sopracciglio
piuttosto sorpreso.
“Conosco...
conosco la strada, signore... posso accompagnarla?”
deglutì
vedendo il lampo del dubbio nei suoi occhi chiari. Ora che lo
osservava meglio il suo volto presentava pure diverse cicatrici
procurate chissà come “M-ma ora non riesco a
spiegare... perciò
le faccio vedere e basta.”
Per
un momento l'ex ingegnere rimase stupito da così tanta
intraprendenza giovanile, ma forse poteva intuire il suo bisogno di
allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte e da
una
prigionia coatta e violenta. Heisenberg non necessitava della
compagnia di qualche moccioso traumatizzato, ma avrebbe mentito a se
stesso se avesse negato di essersi per un attimo rivisto in quella
ragazzina distrutta. Se per lui quello sguardo speranzoso non si era
più riaffacciato su un volto che si era fatto sempre
più vecchio
con l'avanzare dell'età adulta, vederlo su quella creatura
distrutta
gli fece un effetto... diverso.
“Perfetto
allora, prendi il necessario che partiamo subito! Non voglio far
brontolare ulteriormente il mio cavallo.”
[…]
Un'alba
grigia si stagliò sulle campagne della Georgia quel giorno,
ancora
ignara della mattanza che si era consumata giusto quattro ore prima e
che aveva lasciato dietro di sé solo corpi spogliati dai
propri
averi e dalle proprie membra, il risultato di quello che poteva
sembrare essere un regolamento di conti tra varie bande di
briganti.
In
sella al suo grigio destriero, Karl Heisenberg stava ancora cercando
di capire cosa effettivamente lo avesse portato a prendere con
sé la
piccola creatura, ora intenta a mangiare un tozzo di pane seduta
davanti a lui, concentrata nell'osservare le sconfinate file di viti
con i grappoli d'uva non ancora maturi ma che già
cominciavano a
pendere sui rami secchi, colto da un momentaneo senso di disagio per
aver compiuto un gesto piuttosto inusuale.
Non
era avvezzo ad atti caritatevoli – non ne aveva mai ricevuti
e ogni
suo gesto gentile nascondeva sempre qualche secondo fine – ma
arrivare a costringere qualcuno a fare qualcosa per lui? Era
più
propenso ad un non molto velato ‘vaffanculo’ che
mettersi a
picchiare una ragazzina inerme.
“Siamo
sicuri che questa sia la strada giusta, ranuncolo?”
“Hm-m.”
fece lei con la bocca piena, deglutendo e parlando solo in seguito
con voce sottile e limpida. “Questa strada la percorrono i
contadini, non le guardie... quelle basta solo corromperle.”
Riguardo
a quello non c’erano problemi, aveva in effetti avuto premura
di
saccheggiare i portafogli e gli averi di quei mentecatti mutilati e
aveva fatto indossare alla ragazzina un completo da caccia di riserva
trovato dentro una delle tende, quindi ad un occhio meno attento
sarebbe stato come vedere una famiglia di cacciatori di ritorno da
una trasferta notturna. Un padre e un figlio per somma ironia della
sorte.
“Signore?”
“Hm?
Che c'è?”
“Non
dirò a nessuno quello che ho visto, lo giuro.”
Il
flusso di pensieri cupi e malinconici venne interrotto da una piccola
discussione da parte della ragazzina a cui tra l’altro
Heisenberg
non si era premurato di chiedere il nome di battesimo, ma in fin dei
conti poco importava. Avrebbe lasciato quella creatura rovinata alle
cure del primo centro cittadino che avrebbe incontrato appena toccato
il suolo russo, intuendo perfettamente che la gratitudine
offertaglisi sarebbe stata il silenzio d'oro che solo le donne
rancorose sapevano usare.
“Eh
eh eh... so bene che non lo dirai a nessuno, principessa!”
Abbassò
lo sguardo per osservare per un attimo la testa rasata di una bambina
che appoggiava timidamente la schiena contro il suo petto, poi decise
di alleggerire l’atmosfera con un argomento più
interessante.
“Piuttosto, hai mai ascoltato musica decente in vita tua?
Perché
devo ancora incontrare gente che conosce i Powerwolf da queste
parti!”
Forse
qualcosa dentro di lui era cambiato durante quei mesi di viaggio
–
o forse era rimasto il solito opportunista disposto a qualsiasi cosa
pur di raggiungere i propri obiettivi – ma se era vero che
aveva
ricevuto una seconda possibilità dalla vita, allora non
vedeva
perché non potesse averla anche la ragazzina che si stava
portando
dietro... uno specchio ancora sporco di ciò che lui stesso
era stato
da bambino, pieno di cicatrici su una pelle inspessita dalle
disgrazie.
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Capitolo 4 *** Soddisfare gli Impulsi ***
E siamo arrivati
alla quarta oneshot con una coppia, questa si, completamente fuori di
testa! Ma ho trovato davvero divertente scrivere di loro due, e
ancora una volta devo ringraziare Taiyou_no_Himiko per avermi fatto
da beta reader <3
A tutti voi invece
auguro buona lettura!
Karl Heisenberg se
le ricordava bene, le feste che venivano organizzate in
quell'entroterra infernale in cui era stato costretto a crescere.
Erano almeno tre le ricorrenze che si seguivano nel villaggio
governato un tempo da Madre Miranda, quasi tutte nate con lo scopo di
rendere omaggio alla sua persona, e lui era sempre stato contrario a
presenziarle anche solo una volta durante la sua permanenza
involontaria.
Troppo impegnato a
farsi gli affari propri – così erano spinti a
credere l'ignaro
popolino che dimorava in quel villaggio senza nome – per
occuparsi
di gente e tradizioni che alla fin fine disprezzava proprio per
quella loro vicinanza a Miranda.
Una situazione non
dissimile da quella che si mostrò quel tardo pomeriggio ai
suoi
occhi, con il sole appena tramontato a ovest e i lampioni da poco
accesi ad attirare le prime falene notturne, attraverso le colonne di
una vecchia struttura in cemento che faceva da porticato ad una festa
aperta a tutti. Il suono degli strumenti musicali ben accordati e il
gran chiacchiericcio della gente ammassata nella pittoresca piazza
principale intenta a bere e a divertirsi lo lasciarono per lo
più
con un vago senso di noia addosso, ma la curiosità lo
prevalse
comunque, conscio che quella festa non era dedicata ad un falso dio o
ai suoi blasfemi signori.
“Tsk, ecco
spiegato perché in questo cazzo di paese non c'è
neppure una stanza
d'albergo libera...”
Due settimane fa
aveva lasciato la sua piccola guida alle amorevoli cure di un
convento di suore ortodosse non appena aveva toccato il suolo russo,
dicendo loro una mezza verità sull'aver trovato quella
ragazzina
ferita come unica sopravvissuta ad un attacco incrociato di briganti
giù al confine con l'Azerbaigian. Venne ben accolta da
quelle donne
di fede timorose e l'ingegnere fu adeguatamente ricompensato con una
scorta di viveri per il suo viaggio.
Non avendo altro da
fare in quel paesello di confine, decise di accettare quell'umile
dono e di continuare a girovagare senza meta piuttosto soddisfatto di
come alla fine le cose stavano andando per lui. I suoi poteri si
stavano rafforzando ogni giorno, sapendo di dover dipendere da quel
mostriciattolo che aveva in petto ancora per molto e, nonostante il
consueto velo di inquietudine che tale riflessione portava, non
poteva fare a meno di sentirsi ora più completo. Se in pochi
secondi
era riuscito a sterminare un intero drappello di briganti –
anche
se, tecnicamente parlando, lui non aveva toccato nessuno, né
premuto
nessun grilletto – chissà cos'altro avrebbe potuto
fare nell'arco
di altre due o tre settimane, se non addirittura un anno intero speso
a perfezionarsi... avrebbe trovato un nuovo scopo per sfruttare i
propri poteri o li avrebbe limitati per evitare possibili effetti
collaterali?
“Magari potrei
limitarmi a trovare da mangiare per il mio gallo.
Non sarebbe
una cattiva idea!”
Il suo flusso di
pensieri gloriosi venne sostituito da altri decisamente più
impuri,
ma perfettamente normali per un uomo ancora nel pieno dei suoi anni.
Dopo essersi lasciato alle spalle il paesello di confine, aveva
continuato a galoppare per altre due settimane in totale solitudine
fino a giungere in una cittadina piuttosto grande e nel mezzo di una
festa tanto colorata quanto sentita, ma a parte quel piccolo
dettaglio era da quando aveva lasciato la Romania che non aveva
ancora avuto il piacere di godersi la compagnia femminile. Quindi
magari quella sera poteva prendere due piccioni con una fava se
avesse giocato bene le sue carte, per quanto gli facessero schifo
sagre e festeggiamenti vari.
Doveva trattarsi di
un festival o qualcosa del genere, dato che i vari cartelloni
pubblicitari in giro per le strade semi deserte parlavano di
un’organizzazione non governativa – una certa
‘Terra Safe’ di
cui Heisenberg non aveva mai sentito nominare – che avrebbe
presenziato all'evento, ma francamente non poteva importagliene
niente.
Aveva altri progetti
in mente che non prevedevano di trascinarsi dietro uno stallone che
non ne voleva più sapere di essere tirato per le briglie.
L'idea di dormire
sotto le stelle o dentro una stalla per l'ennesima volta non lo
entusiasmava troppo, ma quello era il prezzo da pagare per essere
arrivati alle sette di sera in una cazzo di cittadina nel bel mezzo
di una festa; tuttavia i suoi occhi chiari intravidero qualcosa di
potenzialmente interessante ai bordi di quella calca di gente
colorata intenta a divertirsi.
Vicino alle colonne
di cemento erano stati disposti alcuni tavolini da esterno –
tutti
appartenenti ad una bettola lì vicina che stava vedendo
aumentare i
suoi incassi quella notte – e nell'angolo più in
ombra,
distanziata dagli altri come a volersi estraniare dal resto
dell'allegra calca, una donna vestita di rosso se ne stava in
disparte versandosi vodka nel bicchiere come se fosse acqua.
L'abito semplice ed
elegante le arrivava fino alle ginocchia in un'ampia gonna ad
armonica, mentre le scarpe dal tacco basso che la donna portava ai
piedi tamburellavano al ritmo di quella musica popolare che a quanto
pareva non disprezzava del tutto. Non era più giovanissima,
Heisenberg gliele avrebbe dato una quarantina d'anni, ma ai suoi
occhi restava comunque attraente. Lui non era un uomo con la puzza
sotto il naso, gli bastava semplicemente che non fossero più
alte di
lui.
Lasciò le briglie
del cavallo e quest’ultimo si limitò a scrollare
la sua candida
criniera e ad avviarsi a brucare in un parchetto vicino –
dove i
primi avventori della festa si erano già accasciati
sull’erba alta
a smaltire una precoce sbornia – mentre l’uomo si
dirigeva con
passo spavaldo verso la sua piacevole conquista.
“Se continui a
bere così, poi andrai a fare compagnia agli ubriaconi
dall'altra
parte della strada e la serata è appena
cominciata.”
Si presentò a lei
con un tono di voce abbastanza alto affinché la donna
potesse
notarlo, venendo accolto da uno sguardo sorpreso oscurato solo in
parte da un velo di irritazione che fece capolino sul suo viso.
Emozione che durò poco, poiché fu subito
sostituita da una
curiosità crescente per quel nuovo forestiero audace e
pittoresco.
La donna lo squadrò da capo a piedi con i suoi occhi azzurri
ancora
vispi, nonostante l’età, e una cosa le era chiara
sin dalla prima
occhiata: non era un uomo del posto.
“Magari è quello
il mio obiettivo.” fece la donna, osservando con un
sopracciglio
alzato quel vagabondo prendere posto sulla sedia di fronte a lei
senza che le avesse chiesto il permesso. “Ma visto che sei
qui...ti
va di farmi compagnia, cowboy? Se vuoi, anche il tuo cavallo
può
partecipare.”
Sullo sfondo di quel
piccolo siparietto comico, un nitrito simile a una risata
colpì i
timpani sensibili di Heisenberg, seguita da una più breve e
soffocata della donna che stava cercando di abbordare. A quanto
pareva, quella creatura stagionata non era poi così persa
nei suoi
pensieri se si era accorta del suo arrivo ancora prima che gli
venisse in mente di importunarla. Si ripromise mentalmente di mandare
al mattatoio quel fottuto cavallo una volta che non avrebbe
più
avuto bisogno di lui.
“Sembro davvero un
pesce fuor d’acqua? Eppure mi sembra di avere un aspetto
alquanto
vissuto!” Si dette una scrollata al proprio trench consumato
raddrizzando la schiena da bravo galletto qual era, portando comunque
il buonumore all’annoiata straniera.
“Direi che non sei
il solo a essere fuori posto qui, tante chiacchiere su un palco e ora
l'unica cosa che voglio fare è bere, cosa che, senza ombra
di
dubbio, mi avrebbe dato un risultato più concreto.”
Heisenberg non poté
fare a meno di percepire una nota di amarezza nella voce della donna
in rosso, intuendo che era parte integrante della sceneggiata
allestita per quella sera. Un impegno preso in gioventù con
molto
entusiasmo si era trasformato, dopo decadi, in un miraggio
malinconico. Un’illusione per quella che era una missione
impossibile già in partenza, lasciando il posto alla
disillusione e
ai finti sorrisi di circostanza. Ma in fin dei conti non era stato
così anche per lo stesso Karl?
“Sai, ero del tuo
stesso parere fino a non molto tempo fa.” Si tolse gli
occhiali da
sole, mostrandole uno sguardo straordinariamente serio giusto per un
momento. “Ti direi di non perdere la speranza e altre cazzate
simili...ma mentirei se ti dicessi che non ho mai avuto il bisogno di
scolarmi una bottiglia di vodka in tutta la mia vita.”
Indicò il
bicchiere in mano alla sua interlocutrice con un cenno del dito
indice avvolto da un guanto di pelle consunto, prima di incrociare di
nuovo lo sguardo della donna che ora tradiva una leggera stanchezza
sia fisica che mentale.
Ci fu un breve ma
intenso silenzio tra i due, interrotto da un’allegra ballata
popolare suonata da una banda di musicisti, prima che il sorriso
ancora perfetto si riaffacciasse sulle labbra della donna che
girò
la testa per quel che basta per attirare l'attenzione di un cameriere
intento a servire altri tavoli.
“Allora che ne
dici di scolarcela assieme, mister cowboy?”
Un invito che
Heisenberg non poteva proprio rifiutare, essendo ben conscio che i
suoi desideri reconditi dovevano essere gli stessi della donna dal
triste sorriso.
[…]
“Quindi mi stai
dicendo che non ti è mai capitato di salire su un palco da
ubriaca?
Stento a crederlo.”
“No, però mi
è
capitato di ridere come una scema quando mi sono immaginata l'intera
platea in mutande!”
La roca risata di
Heisenberg si fece sentire in quella strada deserta divisa tra la
campagna e l’ambiente cittadino, immaginandosi –
tra i fumi
dell'alcool – come sarebbe stato fantasticare sulla sua
discutibile
famiglia con indosso solo biancheria intima durante una delle loro
occasionali riunioni. Probabilmente avrebbe riso così forte
che la
stessa Madre Miranda lo avrebbe cacciato via per aver rovinato un
evento così sacro. Avesse saputo prima che esisteva un
metodo così
semplice per stemperare l’atmosfera, l’avrebbe
sicuramente già
usato soltanto per far perdere le staffe alla gigantesca Alcina
Dimitrescu!
Forse era l'alcool a
renderlo così spensierato, o forse era il caldo che lo stava
portando a sventagliarsi con il suo stesso cappello, ma in quel
momento avrebbe continuato all'infinito ad ascoltare le disavventure
di una donna che condivideva gli stessi sentimenti del suo
accompagnatore alticcio.
Non avevano bevuto
eccessivamente quella notte, almeno non così tanto da
perdere la
testa, dal momento che erano ancora capaci di avere una discussione
logica – seppur interrotta ogni tanto da risate fragorose
–
riuscendo a camminare sulle loro gambe senza barcollare ad ogni passo
strascicato. Erano rimasti a quel tavolo più o meno per un
paio
d'ore, spese a finirsi una bottiglia intera di vodka per poi
cominciarne un'altra, bottiglia che ora era tenuta tra le mani della
donna che aveva deciso di togliersi le scomode scarpe eleganti per
poter camminare meglio, prima di decidere di lasciare il paese per
schiarirsi meglio le idee nel motel in cui la sua piacevolissima
organizzazione aveva preso alloggio.
Un luogo abbastanza
isolato, vicino a quella che era una stazione dei treni trafficata
più che altro da vagoni merci arrugginiti, ma piuttosto
comodo se si
voleva prendere il treno puntualmente ogni mattina.
“E tu, mister
Herbert?” domandò lei con la
falsa identità che Heisenberg
le aveva dato. Si umettò le labbra per il modo forse un po'
troppo
sensuale con cui lo pronunciò. “Non c'è
davvero mai stato un
momento davvero imbarazzante della tua vita?”
Heisenberg la guardò
ridacchiando, con la mente rivolta alle stupide storie che le aveva
raccontato riguardanti la sua infanzia tra i Carpazi senza mai
specificare per intero nomi di persone e luoghi, modificandoli per
convenienza, ma dato che le cose stavano cominciando a prendere una
piega a dir poco piacevole, decise di raccontarle un episodio
avvenuto all'incirca una decina d’anni prima.
“Bè, in effetti
sì. Devi sapere che mia sorella Alice,
la riccona dal culo
grosso di cui ti ho parlato, aveva un fottuto teatro dentro la sua
magione. Almeno una volta alla settimana allestiva spettacoli
teatrali a cui tutta la famiglia doveva assistere ed erano talmente
noiosi che il più delle volte mi addormentavo. E il fatto di
essere
confinato nella piccionaia non aiutava a seguire quella
merda.”
Tolse di mano la bottiglia di vodka dalla sua accompagnatrice e ne
diede un lungo sorso per aiutarsi a riordinare meglio le idee.
“Tuttavia, ehm, era garantito agli ospiti un servizio
impeccabile
da parte della servitù di quella stronza e... ti ho
già detto che
le sue cameriere erano tutte giovanissime donne?”
Un sorrisetto
piuttosto ambiguo si formò sulla sua barba incolta,
attirando
l'attenzione della donna in rosso che si fermò per un
istante a
guardarlo a bocca aperta tra lo sconcerto teatrale e un crescente
divertimento che la stava facendo sentire sempre più la
pancia
andarle a fuoco. Intuì che l’uomo aveva trovato un
modo per
divertirsi lo stesso durante quegli spettacoli tediosi, anche se
ovviamente l’aveva fatto con la complicità di
cameriere più o
meno consenzienti.
“Sei decisamente
un pessimo fratello per aver fatto una cosa del genere!” Il
suo
tono di voce rasentava un’indignazione volutamente falsa, dal
momento che era genuinamente intrigata dal racconto. “Ma di
certo
sei più divertente del mio.”
“È davvero un
uomo così noioso?”
“Quando ci si
mette sì, soprattutto da quando ha letteralmente sposato il
suo
lavoro.”
La voce della donna
si incupì momentaneamente nel rivangare episodi di un
passato
tutt’altro che sereno, poi strappò di mano al suo
interlocutore –
tra l’altro con una rapidità sorprendente
– l'appiccicosa
bottiglia di vodka per finirne il contenuto. A due passi dalla porta
che portava a una provvisoria dimora in quel modesto motel
decisamente fuori mano, i due si fermarono sul marciapiede,
consapevoli di essere perfettamente arrivati al punto di svolta di
una serata fuori dagli schemi. Le prossime battute sarebbero state
cruciali, in quanto potevano decretare una gloriosa vittoria per
entrambi o una cocente sconfitta che avrebbe condotto alla
provvidenziale sbornia dal sapore triste.
Con le spalle
appoggiate alla porta di legno – dalla verniciatura simile al
colore del vestito che indossava – la donna fissò
con occhi
languidi l’uomo che non tardò a farsi
pericolosamente più vicino
con uno sguardo decisamente predatorio, incorniciato dai capelli
argentati che gli coprivano parzialmente il viso. Un viso a suo dire
bello, nonostante le misteriose cicatrici presenti su di esso,
trovandosi ancora una volta a desiderare di mordicchiargli quella sul
labbro inferiore, totalmente incurante di quanto fosse sbagliato
quello che stava per fare. Ma dopotutto, come aveva sperimentato
negli ultimi vent’anni o quasi, la vita era troppo breve per
non
volersela godere appieno.
“Sai, mi stavo
chiedendo una cosa.”
“Hmm, vai
avanti.” fece lui con tono basso, poggiando le mani guantate
sulla
ruvida superficie della porta ai lati della testa della sua preda. Il
volto sempre più vicino a quello della donna dalle guance
arrossate
e dallo sguardo bruciante di desiderio nato – in parte
– anche
dall'abuso di alcool. Le punte dei rispettivi nasi quasi si
sfioravano e tutto il linguaggio del corpo di Heisenberg lasciava
intendere intenzioni potenzialmente pericolose.
“Potresti essere
così gentile da mostrarmi l'esatta dinamica
su come hai
intrattenuto quelle giovani cameriere o è chiedere
troppo?”
Un invito tutt'altro
che sottile – certamente l'ex ingegnere non si era
risparmiato
certe oscenità gratuite sotto il tetto di
un’ignara “sorella”
durante quegli spettacoli pallosi – a cui non seppe dare
risposta,
poiché furono i suoi stessi gesti a parlare per lui, mossi
da una
fame ancestrale che non riuscì più a trattenere.
Oltre a quel punto
non c'era più autocontrollo e non si sarebbe fermato
– neanche se
quella donna provocante lo avesse supplicato ormai sopraffatta dalla
sua potenza – finché non si sarebbe sentito
appagato.
Agguantò il volto
della sua nuova amante avvicinandolo al suo, facendo aderire le sue
labbra sfigurate a quelle ben più delicate di una donna
famelica
quanto lui, le cui mani sottili, già impegnate ad andare in
esplorazione sotto il pesante trench di un uomo disperato di contatto
carnale, stuzzicarono il punto giusto quando riuscirono a infilarsi
sotto la sua camicia, mentre il fuoco divampava nel suo basso ventre,
alimentato dalla danza selvaggia delle loro rispettive lingue. E per
quanto amasse ogni singolo momento che stava assaporando, era ben
conscia di dover consumare quel lauto pasto nell’ombra
discreta
della sua semplice stanza.
A malincuore la
donna dovette temporaneamente staccarsi da quell’abbraccio
primordiale e lussurioso, sentendo il suo compagno protestare con un
basso ringhio risentito mentre rovistava in fretta e furia nell'unica
tasca del suo vestito estivo in cerca delle chiavi. Un indumento
già
pesantemente stropicciato a causa delle audaci carezze di un
Heisenberg piuttosto bestiale – incapace di trattenersi dal
toccarle le cosce anche in un momento simile – la cui
eccitazione
era già evidente attraverso il tessuto dei pantaloni da
lavoro.
Fu poi con un
sospiro di sollievo – o forse di estasi quando il suo amante
le
accarezzò un punto particolarmente sensibile – che
la donna riuscì
a spalancare le porte di casa e a trascinarsi dietro un uomo ancora
affamato delle sue fresche labbra.
Sarebbe stata una
lunga notte e sarebbe stata tutta per loro.
[…]
Lui e il mal di
testa erano amici di vecchia data. Spesso, anni prima, esagerava con
il rum durante il suo lavoro notturno in fabbrica e quando poi gli
capitava di dormire sopra i suoi intricati progetti e appunti
disordinati, ecco che il fantomatico cerchio alla testa arrivava
puntuale.
Quindi sì, anche
quel mattino avvertì quel proverbiale fastidio alle tempie
che lo
portò a borbottare maldicenze e a toccarsi l'attaccatura del
naso
con il pollice e l'indice destro, prima di constatare che quel lieve
mal di testa era dovuto unicamente all'abuso di alcool, mentre il
resto del suo corpo era avvolto da un’incredibile sensazione
di
benessere, come sollevato da diversi chili che non pensava di avere.
Lenzuola ancora
umide coprivano delicatamente le sue membra rilassate e l'odore
inconfondibile del sesso gli colpì le narici ancor prima del
suono
di un respiro ritmico e profondo che veniva dal lato destro del
letto. Ricordava bene quello che era successo la notte scorsa e, a
parte il classico minuto di smarrimento mattutino, non poté
fare a
meno di ammirare la donna ancora immersa nel mondo dei sogni. Quattro
round in una sola notte era qualcosa che nessuna persona sana di
mente si sarebbe mai aspettata da una tipetta come lei; ma il bello
delle donne mature era quello di possedere una certa esperienza e una
forza che le portavano a trattare bene anche uomini esigenti come
lui, senza togliere nulla alla freschezza delle fanciulle.
Quest’ultime Heisenberg le paragonava ai confetti.
Tuttavia la sua
compagna si era dimostrata a momenti più famelica di lui,
arrivando
quasi a prosciugarlo di ogni energia lasciandogli il ricordo
piacevole di una nottata spesa letteralmente a combattere tra le
lenzuola sfatte e macchiate di sudore e di altri fluidi corporei.
Mugugnando con fare compiaciuto, scivolò accanto a lei,
scostando le
lenzuola dalle sue spalle per ammirare meglio quel capolavoro di
succhiotti e di lividi causati da morsi che lui stesso le aveva
lasciato su quella pelle ancora tonica – dal collo fino alle
scapole, premurandosi di lasciarne alcuni anche in mezzo alle gambe
–
e si chinò a baciarli uno ad uno con una delicatezza
estrema,
solleticandole la pelle con la sua ruvida barba. Gesto che la fece
svegliare con calma in un abbraccio che non tardò ad
arrivare,
osservando il suo amante con uno sguardo stanco e contornato da
occhiaie.
“Hmm...hai un
aspetto orribile.”
“Allora siamo in
due, principessa!”
Gli scappò una
risata a quel bizzarro buongiorno, non perdendo tempo a cercare di
nuovo quelle labbra simili a boccioli di rosa per poterle depredare
meglio. La tentazione di entrambi era, ovviamente, quella di
concedersi un altro momento di intimità insieme prima che le
loro
strade si separassero definitivamente.
L’incantesimo tra
i due si ruppe quando ad un certo punto qualcosa di molto grosso
bussò l'unica finestra presente in camera, non una ma ben
quattro
volte, costringendoli a sciogliere il loro abbraccio e a sussultare
colti completamente alla sprovvista. Non sembravano colpi di nocche o
di un oggetto contundente, era impossibile saperlo con certezza in
quanto una pesante tenda scura ne copriva i vetri appannati, ma tanto
bastò ad Heisenberg per imprecare infastidito e saltare
fuori dal
letto ancora caldo.
“Herbert... che
succede?”
“Di tutti i
rompicoglioni esistenti sulla Terra...” camminò ad
ampie falcate,
nudo come un verme, verso la giacca buttata sul pavimento,
rovistandoci dentro velocemente. “dovevo essere proprio
accompagnato...” Da una tasca estrasse una scatolina in legno
e con
una certa irritazione spostò le pesanti tende
affinché potesse
confrontarsi con il suo peggior nemico. “dal cavallo
più
rompicoglioni cagato dal culo di una giumenta in calore!”
Con somma sorpresa
della donna che si rannicchiò istintivamente nel letto
avvolgendosi
con le lenzuola stropicciate, ecco che dai vetri di una finestra
ormai spalancata dal suo amante furioso apparve il grosso muso di
quello che in effetti pareva proprio essere un cavallo di notevoli
dimensioni.
“Oh... è il tuo
cavallo? Perché è qui?”
La donna ricordava
vagamente la presenza della bestia la sera prima, il rumore dei suoi
zoccoli sull'asfalto usurato mentre l’animale li seguiva in
silenzio a pochi metri da loro ascoltando la loro vivace e frivola
conversazione. Una creatura che, a quanto pareva, sembrava avere
più
di un motivo per essere arrabbiato con il suo padrone – a
giudicare
dal modo in cui scosse la testa e colpì il muro con gli
zoccoli
anteriori mettendo ben in vista le briglie che non gli erano state
tolte, si direbbe che fosse proprio così – ma
questi decise di
chiedergli scusa, per così dire, estraendo dalla scatola
consunta un
sigaro cubano per ficcarglielo direttamente tra le labbra sporgenti.
“E va bene! Mi
dispiace non averti tolto l'attrezzatura ieri sera.” Sotto
gli
occhi esterrefatti della donna, Heisenberg accese il sigaro in bocca
dell'animale senza neppure far ruotare la rotella dell'accendino in
acciaio, ma grazie al cielo nessuno se ne accorse e il cavallo
cominciò a fumare, nel vero senso della parola, con gusto.
“Per
farmi perdonare oggi porto io la sella, ok? E ora smamma!”
Finalmente
soddisfatto, l'imponente cavallo decise di levare le tende
continuando a fumare il sigaro in santa pace. Cosa che fece anche il
suo padrone, il quale se ne accese uno per calmare i nervi.
“Scusami per
prima.” disse lui, sbuffando una nuvola di vapore che si
perse
nell’aria della mattinata grigia, non suonando propriamente
imbarazzato, ma solo molto scocciato per una situazione di cui si
stava già scordando.
“Uh, penso sia ok.
Solo che, sai, non avevo mai visto un cavallo fumare.”
La donna si rilassò,
iniziò a connettere i neuroni e si tirò su a
sedere sul bordo del
letto massaggiandosi le tempie e cercando di sistemarsi i capelli
castani spettinati. In tutta risposta l'uomo fece spallucce –
ruotando le scapole delle spalle ancora umide di sudore e schioccando
le ossa del collo in un modo che fece rabbrividire un poco la donna.
“Questo perché
sono un coglione, ho provato a fargliene fumare uno per gioco e ora
quel figlio di un'asina scellerata ha sviluppato una sorta di
dipendenza e almeno una volta al giorno gliene do uno.”
Una cosa talmente
assurda che in un primo momento la donna stentò quasi a
credere,
poi, dopo aver capito che razza di uomo fosse, scoppiò in
una risata
divertita, cosa che non sembrò infastidire il suo amante,
anzi anche
lui colse l'occasione di ridere della sua stessa idiozia di aver
avviato al tabagismo uno stupido cavallo.
“Ohi Claire,
perché diavolo quel cavallo si è allontanato
dalla tua finestra con
un sigaro in bocca? Voglio dire–ma che cazzo?!”
Come se quella
mattina non fosse già iniziata in modo bizzarro, ora si
poteva dire
che stesse proseguendo sempre peggio a causa di un nuovo arrivato che
portò Claire Redfield – cognome non pervenuto al
povero Karl –
ad emettere uno squittio sorpreso e a balzare in piedi con tutte le
lenzuola appiccicate al suo corpo come un sudario. Il volto di Claire
divenne paonazzo per l’imbarazzo nel constatare che dalla
finestra
aperta la sua sboccata vice, Moira Burton, stava fissando con aria
sconvolta ora lei, ora il suo imperturbabile amante.
Anzi, a dirla tutta
lo sguardo dell'ex ingegnere era un misto di noia e fastidio per la
comparsa di quello stridulo folletto, continuando a starsene
beatamente nudo davanti alla finestra vestito solo del sigaro e la
sua rada peluria scura che attraversava alcune zone del suo corpo.
“Sciacquati la
bocca, ragazzino!” sbottò lui,
sbuffando in faccia alla
povera Moira una nuvola di tabacco dalle sfumature violacee.
“Sei
in presenza di adulti, qui!”
“Sono una ragazza,
coglione!” fece imperterrita lei, tossendo
ripetutamente con
le lacrime agli occhi. “E stai sventolando il cazzo davanti
a–”
“Se sei una
ragazza ancora peggio, perché alla tua età
dovresti già sapere
com'è fatto il corpo di un uomo, quindi vedi di non rompere
i
coglioni al tuo capo se ha deciso di divertirsi con l'esemplare
migliore della specie!”
Agli occhi di Claire
era come assistere ad un battibecco tra due adolescenti, sebbene
entrambi fossero ormai adulti – almeno fisicamente,
trovandolo
divertente e seccante allo stesso tempo. Essere la presidentessa di
Terra Safe poteva essere davvero estenuante alle volte,
perciò Moira
non se la sentiva di biasimare Claire se per una volta aveva deciso
di scaricare la tensione con il primo sconosciuto che aveva
abbordato.
“Uff... Moira, per
favore. Possiamo parlarne quando mi sarò fatta una doccia? A
proposito, che ora è?”
“Le sette e
mezza.” rispose Moira, ingoiando il rospo e irrigidendosi
nella
postura. “Il treno ci aspetta per le nove!
Quindi–”
“Sentito, bimba?
Abbiamo una doccia che ci attende.”
Con il più
mellifluo dei sorrisi, Heisenberg soffiò quelle ultime
parole
addosso ad una sbigottita Moira, prima di chiuderle le ante della
finestra in faccia. Qualunque fosse stato il problema, avrebbe dovuto
aspettare i loro comodi, per cui Moira non poté fare altro
che
ruotare gli occhi e tornare in camera sua per preparare le valigie.
“Tsk! E poi la
ragazzina sarei io!”
[…]
Non c'era nulla da
dire sulla stazione ferroviaria della grossa cittadina abbandonata in
mezzo alle campagne russe se non forse per la sua architettura che
rievocava i fasti dell'Unione Sovietica, così come buona
parte degli
edifici pubblici ancora rimasti in piedi decadi dopo dalla caduta del
Comunismo. Un nostalgico senso di potere, fasti antichi ormai
sgretolati come il regno morente di Madre Miranda portarono
Heisenberg ad osservare quelle strutture in cemento e metallo con un
moderato interesse.
Con la pesante sella
in cuoio calata sulla spalla destra e le briglie strette nella mano
sinistra, Heisenberg fu abbastanza galantuomo da accompagnare la sua
amante fino al bordo della banchina di carico dove un pesante treno
passeggeri era fermo in attesa del cambio del macchinista.
“Sei stato molto
gentile a volermi accompagnare.” fece titubante Claire, ora
con
indosso degli abiti più consoni e un maglione color porpora
che
copriva i segni della nottata di passione trascorsa insieme ancora
presenti sulle spalle, avvertendo una nota di nostalgia per un addio
inevitabile. “Sai, se tu avessi avuto un cellulare, magari
avremmo
potuto–”
“Scambiarci i
numeri? Eh, molto carino, tesoro! Ma questo vecchio vagabondo non
è
molto avvezzo alla tecnologia.” disse Heisenberg con un gran
sorriso, ma era chiaro che forse, in fin dei conti, era meglio
così.
Del resto lui stesso era consapevole di avere dei limiti nelle
relazioni umane. “Mi basta sapere che mi terrai nel cuore a
lungo e
che penserai a me ogni volta che sarai tra le braccia di un altro
uomo.”
La sua “modestia”
fece arrossire Claire che tentò di soffocare una risata
così
fragorosa che avrebbe potuto attirare l’attenzione di una
Moira che
non aveva smesso di essere sospettosa nei confronti di
quell'eccentrico barbone, ma ciò che era successo quella
notte era
stato più di una semplice scopata e a modo suo voleva
conservarne un
ricordo da tenere tutto per sé.
“Bè, almeno ti va
di fare una foto insieme? Un ricordo che non condividerei con
nessun’altro al mondo.”
Il sorriso
strafottente di Heisenberg si spense per lasciare spazio ad
un’espressione più seria e leggermente
contrariata; il pensiero
che una sua foto potesse circolare liberamente non lo aggradava
più
di tanto, ma qualcosa nello sguardo da cerbiatta della donna gli
diceva che non era rimasta tanto indifferente al suo fascino
magnetico.
“Hmmm, non pensavo
di piacerti così tanto, ranuncolo.”
“Potrei dire lo
stesso di te, sai? Certi segni sulla pelle non si lasciano per
nulla.”
Claire l’aveva
preso un po' alla sprovvista, doveva ammetterlo, e nonostante il buon
senso gli stesse suggerendo di dissuaderla anche a costo di
insultarla e di strapparle di mano il cellulare, proprio non ce la
faceva ad essere cattivo con lei. Una situazione certamente non priva
di rischi, ma neppure lo stesso Heisenberg voleva che si dimenticasse
tanto facilmente di lui. O forse qualcosa dentro di lui stava
finalmente cambiando, ma questo non poteva ancora saperlo.
“Tsk, non riesco
proprio a dire di no ad una donna.” sospirò lui,
sul cui volto
tornò il suo caratteristico sorriso strafottente a
incurvargli
lievemente gli angoli della bocca. Decise quindi di accontentare la
sua amante togliendosi il cappello e gli occhiali anche per questioni
prettamente strategiche. Nessuno, neppure i militari che avevano
cercato di assaltare la sua fabbrica, sapeva che aspetto avesse al di
fuori dei suoi orpelli, senza i quali forse sarebbe stato
più
irriconoscibile. “Molto bene, principessa! Facciamoci questa
foto,
ma mi devi promettere che la terrai sempre vicino al tuo cuore,
intesi?”
Con un sorriso dolce
come il miele, l'ignara Redfield estrasse da una tasca del trolley
uno smartphone che maneggiò con pochi semplici gesti. Una
foto che
li ritraeva assieme nell'atto di sorridere all'obiettivo di una
fotocamera digitale come due vecchi amici, seguita da un bacio rubato
da parte dello stesso Heisenberg che decise così di
congedarsi.
“Addio,
principessa! E mi raccomando, vedi di stare attenta agli
sconosciuti!”
Una battuta di
spirito rivolta soprattutto al modo in cui si erano conosciuti,
quanto bastò per strappare una risatina sarcastica alla
donna
intenta a salire sul pesante treno fumante. Un ultimo saluto da parte
sua dal mezzo in movimento prima di sparire dentro il finestrino,
probabilmente richiamata dalla sua petulante assistente.
Heisenberg rimase
sulla banchina di imbarco ancora per un po’ di tempo
finché il
treno non scomparve all'orizzonte, dopodiché si rimise il
capello e
gli occhiali sorridendo tra sé nel ripensare a
quell’avventura
che, fra tutte, era di certo quella che gli sarebbe mancata di
più.
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