La Nuova Strega || HP₁

di Josy_98
(/viewuser.php?uid=1146734)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** 12. ***
Capitolo 13: *** 13. ***
Capitolo 14: *** 14. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Nel piccolo sobborgo inglese di Little Whinging una dolce bambina di nome Honey aveva trovato, diversi anni prima, una coppia che l’aveva accolta e cresciuta, adottandola dopo la morte della sua famiglia biologica. In quei dieci anni passati insieme Magnolia Crescent non era cambiata affatto. Soltanto le foto sparse per casa denotavano quanto tempo fosse passato: con il trascorrere degli anni erano aumentate, e se all’inizio i soggetti erano solo marito e moglie, da quel giorno di diverso tempo prima le foto con la bambina avevano invaso quella casa tranquilla.

Dato il lavoro di Stefan Price, e le sue parentele, tutta l’Inghilterra sapeva dell’adozione di quella splendida bambina dai capelli rossi che, crescendo, era diventata il sole di quella famiglia; anche lei, e nessuno se ne crucciava. La dolce ragazzina di dieci anni, infatti, aveva sempre trattato la coppia in modo normale, accettando tranquillamente di non sapere niente dei suoi genitori naturali e vivendo la sua vita con due genitori che le volevano bene dimostrandoglielo ogni giorno; era la prima, infatti, a dire di essere felice di essere stata adottata dai signori Price perchè, a suo dire, le donavano tutto l’amore del mondo. Inoltre i suoi genitori naturali non li ricordava, in quanto era piccola quando morirono, perciò non ne sentiva la mancanza. Anche se, in realtà, delle volte credeva di sognarli, sentiva che erano loro le due persone che vedeva, nonostante i volti fossero sfocati, e che il calore che avvertiva alla mano ogni volta era qualcosa a cui teneva. Accettava quei sogni con tranquillità, sapendo che la loro assenza non era voluta, in quanto morti, e non li odiava. Ma non odiava nemmeno i Price per averla adottata. Anzi, li ringraziava perchè, così facendo, avevano fatto in modo che lei crescesse insieme a una coppia che le voleva bene davvero, donandole così una famiglia.

Una dimostrazione del loro affetto sincero era che non la costringevano mai a vestirsi in un modo se non voleva, a differenza di altre ragazzine del loro ceto sociale; infatti, quando era obbligata a partecipare a un ricevimento dell’alta società, Honey preferiva un abito semplice e poco appariscente, mostrando la sua indole dolce e riservata e apparendo al contempo perfettamente a suo agio in mezzo all’aristocrazia finendo, volente o nolente, al centro dell’attenzione. I giornalisti la adoravano nonostante le sue apparizioni pubbliche fossero ridotte al minimo, desiderio dei genitori di darle una vita il più normale possibile. Per questo cercavano di ignorare le stranezze che ogni tanto capitavano; come quella volta, al suo quinto compleanno, in cui un’aristocratica insopportabile le regalò un orrendo vestitino rosa confetto e senza sapere come diventò verde smeraldo; o come quando, semplicemente toccandola, riportò in vita una gardenia morta da una settimana. Per non parlare dei suoi capelli che ricrescevano in poche ore dopo averli tagliati, almeno erano perfettamente lisci e ordinati, o la particolare empatia che sembrava caratterizzarla. Erano tutti casi, o coincidenze per loro; niente di rilevante.

Col tempo tutti quei ricordi finirono in foto sparse per casa a testimonianza della felicità di quella famiglia, come per dimostrare l’importanza che aveva l’ultima arrivata nelle loro vite.

Quel sabato in particolare era il giorno che Honey aspettava da settimane, ancora più del suo compleanno che sarebbe stato un mese e otto giorni dopo, perché finalmente sarebbe andata allo zoo passando tutta la giornata con entrambi i suoi genitori. A causa del lavoro del padre, infatti, capitava di rado che riuscissero a passare una giornata tutti e tre insieme senza venire interrotti da una chiamata del suo ufficio. Honey non glielo aveva mai fatto pesare, però, perchè ogni volta che era a casa passava tutto il suo tempo con lei recuperando quello perso. Così quella mattina si alzò presto, tutta pimpante e fece colazione come tutti gli altri giorni, poi uscì di casa con i suoi genitori, felice per la giornata che li aspettava.

Quel sabato lo zoo era pieno di famiglie, merito anche del bel sole presente. Passarono la mattinata ammirando diversi animali nel loro habitat, e nonostante si sentissero osservati a causa della loro popolarità non richiesta, riuscirono a divertirsi come non facevano da tanto, senza preoccuparsi di eventuali paparazzi o di problemi politici; pranzarono al ristorante dello zoo, prendendo anche tre bei ghiaccioli al limone per rinfrescarsi un po’ dopo aver passato diverse ore sotto il sole.

Nel pomeriggio andarono all’acquario, molto più fresco rispetto all’esterno, e si divertirono a osservare le varie specie presenti nelle tre diverse sale. Era la parte preferita di Honey, perchè era come entrare in un altro mondo. Si stavano dirigendo verso il serpentario quando il telefono del sig. Price iniziò a squillare e lui lo tirò fuori dalla giacca scusandosi con la moglie e la figlia per quell’imprevisto di lavoro. Honey chiese se poteva andare avanti intanto che lui risolveva la questione e, una volta ottenuto il permesso, corse verso l’edificio. Fece in tempo a perdere di vista i suoi genitori in mezzo ai visitatori che una folla urlante uscì correndo dal serpentario. Honey si avvicinò curiosa facendo solo qualche metro dopo l’ingresso prima di trovarsi davanti il più grosso serpente che avesse mai visto strisciare libero sul pavimento verso di lei. A differenza degli altri che erano scappati lei rimase ferma a fissarlo, inclinando la testa da una parte.

“Un boa constrictor.” mormorò tra sè. “Un gran bel serpente, uno dei più pericolosi al mondo.” Aveva letto quelle informazioni da qualche parte e le erano rimaste impresse senza un motivo logico.

Il serpente si fermò davanti a lei, alzandosi fino ad avere la testa all’altezza di quella di Honey. “Sono lusingato. Posso chiederti dov’è il Brasile?”

La giovane non si aspettava certo che lui l’avrebbe capita, ma non si stupì troppo: non era la prima stranezza che le capitava, dopotutto. “Dall’altra parte del mondo. Adesso sei in Inghilterra, un’isola nel nord Europa, e il Brasile si trova in sud America. Hai un oceano da attraversare.” gli rispose. “Vuoi andare a casa, vero?” gli chiese, percependo come si sentiva.

“Sssì.”

“Ti consiglio di prendere una nave allora, riuscirai a salirci di nascosto più facilmente.”

Il boa annuì. “Grrrazie amiga.”

“Di niente.”

Il boa uscì e Honey si addentrò ancora più all’interno dell’edificio sentendo in lontananza un uomo sbraitare contro il custode del serpentario che sembrava sotto shock, probabilmente a causa della fuga del boa, mentre una donna emotivamente scossa stava bevendo qualcosa da una tazza, probabilmente del tè. I suoi genitori la raggiunsero che era quasi alla fine del giro e una volta usciti decisero di tornare a casa. In auto Honey spiegò che un boa constrictor era scappato e per quel motivo le persone erano fuggite via spaventate, tralasciando la chiacchierata, e loro dissero che l’importante era che nessuno si fosse fatto male.

 

*

 

Passarono le settimane, la scuola finì e arrivò luglio, il mese più caldo dell’anno. Honey entrò in cucina per fare colazione come tutte le mattine e si accorse subito di una leggera tensione presente nell’aria, ma pensò che fosse dovuto a un qualche problema di lavoro di suo padre. Il sig. Price, infatti, era il fratellastro e avvocato del primo ministro, motivo per cui erano sempre sotto i riflettori.

“Hai litigato con lo zio sul lavoro, papà?” chiese infatti mentre si sedeva per mangiare.

“No tesoro, non ho litigato con lo zio.”

“E allora che succede?” domandò.

I suoi genitori si guardarono per un lungo istante prima che la madre prendesse una grossa busta di pergamena giallastra e la posasse sulla tavola davanti a lei. “Stamattina è arrivata questa.”

Honey spostò l’attenzione sulla busta leggendone il ricevente:


Mrs. Honey Price

Cameretta

2 Magnolia Crescent

Little Whinging

Surrey


Era senza dubbio una lettera per lei così. dopo aver osservato perplessa i suoi genitori, che non avevano distolto gli occhi da lei neanche un attimo, prese in mano la busta e la studiò attentamente. Era spessa e pesante, chiusa sul retro da un sigillo in ceralacca porpora mentre l'inchiostro con cui era scritto il suo indirizzo era verde smeraldo. Sul sigillo era presente uno stemma araldico: una grossa H circondata da un leone, un corvo, un tasso e un serpente. Dopo un attimo di titubanza aprì la busta e tirò fuori una lettera, sempre in pergamena, e iniziò a leggerla:


SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Direttore: Albus Silente (Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Esorcista, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Confed. Internaz. dei Maghi)

 

Cara Mrs. Price,

siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in attesa della Sua risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Con ossequi,

Minerva McGranitt

Vicedirettrice

 

Honey osservò la lettera in silenzio non sapendo cosa dire. Non può essere vero, non ha senso. La magia non esiste. Continuava a pensare. Alzò lo sguardo sui suoi genitori che attendevano una sua reazione. “Cos’è? Uno scherzo in anticipo per il mio compleanno?”

Lucinda Price, sua madre, sospirò sedendosi al suo fianco. “No tesoro. Nessuno scherzo. La magia esiste e io conosco quel mondo perchè ne facevo parte.”

Honey sgranò gli occhi, facendo scivolare il foglio sul tavolo. “Cosa?”

“Ascoltami per favore, poi potrai dire quello che vuoi.” la ragazzina annuì. “Io sono nata in una famiglia di persone con i poteri magici, ma più crescevo più era evidente che io, questi poteri, non li avevo. Nel mondo della magia quelli come me si chiamano Maghinò e non sono così rari come alcuni vogliono far credere. Per alcune famiglie, quelle che si definiscono Purosangue, i maghinò sono un’onta, un insulto alla Nobile Stirpe dei maghi. Fortunatamente io non ebbi molti problemi a quei tempi e scelsi di abbandonare quel mondo e vivere con una famiglia babbana, cioè una famiglia di persone senza poteri, che aveva due figlie, una delle quali si rivelò essere una strega.”

“Aspetta. Quindi in una famiglia di maghi può nascere qualcuno senza poteri e in una famiglia di… babbani… può nascere qualcuno con i poteri?” domandò, confusa, la ragazzina.

“Sì. Quella bambina lo scoprì con il tempo, aveva sei anni in meno di me e ha avuto modo di abituarsi alla cosa; aveva un amico con cui passava le sue giornate a parlare del mondo della magia e io spesso mi univo a loro spiegandogli la mia esperienza. Quando poi conobbi tuo padre, Stefan, e ci innamorammo gli raccontai tutto di me, anche che ero una maganò. All’inizio non ci credette, ci misi un po’ a convincerlo. Fu Silente ad aiutarmi, così come mi aveva aiutata in precedenza a trovare una famiglia che si prendesse cura di me.

Il tempo passava, ero felice e non sentii quasi più parlare di quel mondo di cui non avevo mai fatto veramente parte. Fino a quando non sei arrivata tu. Sai che ti abbiamo adottata, ma non ti abbiamo mai detto come: ti trovammo una mattina fuori dalla porta di casa con una lettera di Silente in cui ci chiedeva di prenderci cura di te, perchè la tua famiglia era morta a causa della guerra che aveva imperversato per anni fino a quel momento e che avresti potuto sviluppare dei poteri in futuro. Disse che voleva che tu vivessi una vita normale, finché non fosse stato sicuro che tu appartenessi a quel mondo. Io gli diedi ragione, non volevo che ti sentissi come me, rifiutata dal mondo a cui credevi di appartenere, e così non ti abbiamo mai detto niente fino ad ora.”

“Quindi mi stai dicendo che sono davvero una strega?” chiese Honey, ricapitolando.

“Sì.”

“E che i miei genitori sono morti in una guerra di cui non sapevo niente?” domandò di nuovo.

“Sì. La guerra era stata causata da un mago oscuro che voleva prendere il potere e i tuoi genitori sono delle vittime delle sue azioni.”

“Ma non sapete se erano maghi o babbani.” concluse.

“Esatto. Tu potresti essere una purosangue o una mezzosangue, per usare le parole di quegli snob. Mezzosangue non è un termine che usa la gente comune: è una specie di insulto, i purosangue snob lo usano per denigrare i nati babbani o i maghi che hanno un genitore babbano e uno mago. Ma ci sono molte famiglie purosangue a cui questa distinzione non interessa: sei hai dei poteri sei un mago, se non li hai se un babbano.”

“Ok.” disse Honey.

“Ok?” chiese Lucinda, stranita. Non era esattamente la reazione che si aspettava.

“Ok.”

Lucinda e Stefan si scambiano un’occhiata confusa.

“E ora che succede?” chiese Honey.

“Succede che il trenta verrà una persona che ti accompagnerà a comprare le cose per la scuola e ti spiegherà tutto ciò che devi sapere e che, magari, a me è sfuggito. Sempre se vuoi andare a Hogwarts ovviamente.” spiegò Lucinda alla figlia.

Honey aprì la bocca ma la richiuse senza sapere cosa dire. “E se non fossi adatta?” domandò, infine, con l’incertezza nello sguardo.

“Amore mio, certo che sei adatta. Altrimenti non avresti mai ricevuto la lettera.” la tranquillizzò la madre abbracciandola. “Penso sia normale che tu abbia paura, dopotutto è un mondo nuovo, ma secondo me dovresti andarci. È giusto che tu sappia chi sei e che conosca il mondo di cui fai parte.”

“Lo credi davvero?” la madre annuì. “Ok.” si staccarono e Honey prese il secondo foglio dalla busta, aprendolo.


SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

 

Uniforme

Gli studenti del primo anno dovranno avere:

Tre completi da lavoro in tinta unita (nero)

Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno

Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)

Un mantello invernale (nero con alamari d’argento)

N.B. Tutti gli indumenti degli allievi devono essere contrassegnati da una targhetta con il nome.

 

Libri di testo

Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:

Manuale degli Incantesimi, Volume primo, di Miranda Gadula

Storia della Magia, di Bathilda Bath

Teoria della Magia, di Adalbert Incant

Guida pratica alla Trasfigurazione per Principianti, di Emeric Zott

Mille Erbe e Funghi Magici, di Phyllida Spore

Infusi e Pozioni Magiche, di Arsenius Brodus

Gli Animali Fantastici: dove trovarli, di Newt Scamander

Le Forze Oscure: guida all’autoprotezione, di Dante Tremante

 

Altri accessori

1 bacchetta magica

1 calderone (in peltro, misura standard 2)

1 set di provette di vetro o cristallo

1 telescopio

1 bilancia d’ottone

Gli allievi possono portare anche un gufo, o un gatto, o un rospo.

Si ricorda ai genitori che agli allievi del primo anno non è consentito l’uso di manici di scopa personali.


“E dove si compra tutta questa roba?” domandò curiosa.

“In una via di Londra a cui hanno accesso i maghi. Per questo noi non possiamo venire. E poi tu non sai come arrivarci. Magari l’anno prossimo verremo con te, ma quest’anno ci andrai con Hagrid.”

“E chi è?”

“La persona di cui ti parlavo prima. È il Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts. È un po’ particolare, ma è anche una delle persone migliori che conosca.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. ***


Le giornate seguenti passarono tra il caldo, le domande di Honey sul mondo magico e le risposte di Lucinda, che cercava di spiegarle tutto ciò che poteva; fu così che Honey venne a sapere che esisteva un Ministero della Magia, il cui ministro si relazionava con il Primo Ministro inglese in modo da tenere i babbani all'oscuro dell'esistenza dei maghi e, allo stesso tempo, le cose sotto controllo; così come esisteva la Gringott: la banca dei maghi, in cui lavoravano i folletti.

Finalmente arrivò il trenta luglio. Honey era tesa, non sapendo cosa aspettarsi; così quando dalla porta d'ingresso entrò un uomo gigantesco, con una barba incolta e aggrovigliata e una criniera lunga e scomposta che gli ricoprivano quasi del tutto il viso su cui si distinguevano gli occhi scuri che scintillavano, rimase senza parole; e non per il suo aspetto ma perchè, per una qualche strana ragione, le era familiare, come se l'avesse già visto ma non ricordasse dove; scacciò con forza quel pensiero dalla sua mente: era impossibile che l'avesse già visto, un uomo così non si dimentica. Il gigante si abbassò per accomodarsi in soggiorno dopo aver salutato i signori Price.

"Ah, tu sei Honey." disse vedendo la giovane.

Lei si fece avanti con calma continuando a osservarlo. "E lei deve essere Hagrid."

"Lei? Non darmi del lei, non mi piace. Dammi del tu, come tutti. Sono il Custode delle Chiavi a Hogwarts. Naturalmente saprai tutto di Hogwarts."

"L'indispensabile: che è una scuola di Magia e che devo andare a studiarci."

"Beh, è già qualcosa. Se penso che all'altro non gli fanno nemmeno leggere la lettera..." borbottò, poi si schiarì la voce. "Bene, ora devi dirmi se ci vuoi andare oppure no. Dobbiamo mandare una risposta, sai."
"Me lo ricordo. Hanno scritto di inviare una risposta via gufo entro domani, ma io non ho un gufo."

"Non ti preoccupare, ce l'ho io." Hagrid iniziò a cercare nelle numerosissime tasche interne dell'enorme pastrano che indossava finchè da una di esse non tirò fuori un gufo in carne e ossa con le penne arruffate, una lunga penna d'oca e un rotolo di pergamena. "Ora ci scrivo a Silente e poi la mandiamo."

 

Silente,

Honey ha detto che ci viene; la sto portando a comperare quello che serve.

Qui il sole splende. Spero che Lei stia bene.

Hagrid

 

Arrotolò la pergamena e la porse al gufo che volò fuori dalla finestra aperta del soggiorno.

"Bene, meglio che andiamo. Domani devo essere da un'altra parte ed è molto lontano."

Hagrid si diresse verso la porta aspettando Honey. La ragazza si voltò verso i genitori che le stavano porgendo un discreto quantitativo di denaro che mise via.

"Non sappiamo quanti soldi ti serviranno; in ogni caso prima Hagrid ti porterà a cambiarli alla Gringott perchè i maghi hanno una valuta diversa dalle sterline. Stai vicina a lui e vedrai che non ti perderai. Cerca di divertirti, noi ci vediamo più tardi. Ok?" spiegò Lucinda.

"Ok mamma."

Honey abbracciò entrambi i suoi genitori poi seguì Hagrid all'esterno. Si diressero verso la fermata della metropolitana per prendere il treno che li avrebbe portati nel centro attivo di Londra.

Una volta risalite le scale malandate che conducevano fuori, camminarono per una via brulicante di traffico e piena di negozi, fino ad arrivare a un piccolo pub che passava inosservato, situato tra una libreria e un negozio di dischi; probabilmente c'era un incantesimo che permetteva solo ai maghi di vederlo perchè i passanti non ci lanciavano neanche un'occhiata per sbaglio.

"Eccoci arrivati. Il paiolo magico. Un posto famoso." disse Hagrid prima di entrare.

Honey lo seguì guardandosi intorno. Per essere un posto famoso era molto buio e dimesso; c'erano alcuni uomini al bancone che parlavano con il vecchio barman e delle vecchie signore in un angolo che bevevano sherry; quando notarono Hagrid il barman, un omino completamente calvo, lo salutò sorridendo, così come gli altri; a quanto pare lo conoscevano tutti.

"Hagrid, il solito?" gli chiese il barman mentre Honey stava ferma dietro di lui continuando a studiare l'ambiente.

"Non posso Tom, sono in servizio per Hogwarts." disse il gigante spingendo avanti la ragazza in modo che la vedesse.

"Una giovane strega? Mi sembra familiare." l'uomo la scrutava pensieroso, così come il resto del locale.

La ragazza non sapeva cosa dire, così stette in silenzio aspettando che Hagrid la tirasse fuori dall'impiccio in cui l'aveva messa.

"Tra i babbani è molto conosciuta, è la nipote del primo ministro." spiegò il gigante.

All'uomo si illuminarono gli occhi. "Ma certo, la piccola Price. A quanto pare la piccola aristocratica è una di noi, che piacevole acquisto."

A quelle parole la ragazza fece una smorfia. Non si era mai sentita parte del mondo dei ricchi e sentirsi apostrofare come un'aristocratica non le piaceva per niente, ma ingoiò il rospo e stette in silenzio seguendo Hagrid che si dirigeva verso il retro del negozio, continuando a sentire gli occhi del barman e dei clienti su di sè mentre passava. Arrivarono in un piccolo cortile circondato da un muro in cui non c'erano altro che un bidone della spazzatura e delle erbacce.

"Perchè gli hai detto che sono la nipote del primo ministro? Non sono un'aristocratica e non mi piace che gli altri lo pensino." chiese la ragazza guardandosi intorno.

"Anche se il primo ministro è un babbano e riguarda soprattutto il loro mondo è conosciuto anche tra di noi, così come le persone che gli ronzano intorno. Volevo che tu sapessi che non sei famosa solo tra i babbani ma anche tra i maghi, ecco." le spiegò il guardiacaccia.

"E non bastava dirmelo?" gli domandò.

"Non avrebbe reso l'idea. Hai visto come ti studiavano, non saranno gli unici a farlo. Molti ti si avvicineranno solo per la posizione che ricopri, non voglio che ti fai fregare." rispose lui, pratico.

"Conosco quella gente e sono sempre riuscita a cavarmela, ormai ho imparato a riconoscere i viscidi. Ma non voglio che mi vedano come un'aristocratica. Non ho mai sopportato quel mondo."

"Questo sta a te farglielo capire." Hagrid tirò fuori il suo ombrello e si voltò verso il bidone della spazzatura iniziando a contare i mattoni sul muro. "Tre verticali... due orizzontali... bene, sta indietro Honey."

La ragazza fece qualche passo indietro mentre Hagrid batté sul muro tre volte con la punta dell'ombrello. Il mattone che aveva colpito vibrò e si contorse finché non apparve un buco che si allargò sempre di più fino a raggiungere le dimensioni di un arco abbastanza largo da far passare il gigante. Al di là dell'arco si trovava una strada selciata, tutte curve, di cui non si vedeva la fine.

"Benvenuta a Diagon Alley!" disse il gigante.

Sorrise alla meraviglia di Honey e si infilò nel passaggio, subito seguito dalla ragazza che non faceva altro che guardarsi intorno. Gettando un'occhiata alle sue spalle Honey notò il passaggio rimpicciolirsi e tornare un muro compatto.

Il negozio più vicino a loro aveva una pila di calderoni vicino all'ingresso, illuminati dal sole, e l'insegna diceva: Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli.

"Te ne servirà uno." disse Hagrid. "Ma prima andiamo a cambiare i soldi."

"Alla Gringott, giusto?"

"Esatto."

Proseguirono per la strada con Honey che non poteva fare a meno di guardarsi intorno. Da ogni parte in cui si girasse era evidente l'appartenenza al mondo magico e lei non poteva non esserne affascinata. Passarono accanto a un negozio buio la cui insegna diceva: Emporio del Gufo: gufi selvatici, barbagianni, gufi da granaio, gufi bruni e civette; si sentiva provenire un richiamo basso e soffocato.

Molti ragazzi, più o meno dell'età di Honey, tenevano i volti incollati a una vetrina in cui erano esposti manici di scopa e mentre passavano loro accanto li sentirono parlare.

"La Nimbus Duemila è la scopa più veloce di tutte."

Hagrid vedendo che li ascoltava spiegò. "Parlano di un manico di scopa. Oltre che per spostarsi sono usati per il Quidditch."

"Cos'è?"

"Lo sport dei maghi ovviamente." Allo sguardo confuso della ragazza continuò. "Si gioca in aria, cavalcando manici di scopa e con quattro palle. Difficile spiegarne le regole."
"Sembra davvero un bel gioco." commentò la ragazza.

"Oh, lo è. Magari ci giocherai anche tu. Anche a Hogwarts tengono un torneo."

Continuando a percorrere la via in direzione della banca Honey vide negozi che vendevano di tutto: abiti, telescopi e strumenti d'argento che non aveva mai visto; in alcune vetrine erano stipati barili ripieni di pupille d'anguilla o milze di pipistrello; oppure pile di libri d'incantesimi, rotoli di pergamena, penne d'oca, bottiglie di pozioni, globi lunari e tante altre cose che non facevano altro che meravigliarla di più.

"Ecco la Gringott." disse Hagrid dopo un po'.

Honey alzò lo sguardo osservando l'enorme edificio di marmo bianco che aveva davanti. Dietro un portale di bronzo, che indossava un'uniforme scarlatta, c'era quello che sembrava un folletto.

"Sì, è un folletto." Rispose Hagrid alla tacita domanda della ragazza mentre salivano le scale d'ingresso diretti verso di lui. Era più basso di Honey di quasi tutta la testa, con un viso dal colorito scuro e dall'aria intelligente, una barba a punta e dita e piedi molto lunghi e si inchinò al loro passaggio. Ora si trovavano di fronte a una porta d'argento su cui erano incise delle parole:

 

Straniero, entra, ma tieni in gran conto

Quel che ti aspetta se sarai ingordo

Perchè chi prende ma non guadagna

Pagherà cara la magagna

Quindi se cerchi nel sotterraneo

Un tesoro che ti è estraneo

Ladro avvisato mezzo salvato:

Più del tesoro non va cercato.

 

"Bisogna essere davvero matti a cercare di rapinare questa banca." disse Hagrid.

"Perchè?"

"Magie... incantesimi... dicono che a guardia delle camere blindate ci sono i draghi. E poi bisogna trovare la strada... la Gringott si trova centinaia di chilometri sotto Londra. Molto più giù della metropolitana. Anche se riesci a mettere le mani su un bel bottino, prima di vedere la luce fai in tempo a crepare di fame." Spiegò lui. "Perbacco, mi piacerebbe avere un drago. Lo desidero da quando ero piccolo."

"Sul serio?"

"Sì. Ora andiamo."

Attraversarono la porta d'argento ritrovandosi in un grande salone marmoreo in cui un centinaio di folletti, seduti su alti scranni dietro un lungo bancone, scribacchiavano su grandi libri maestri, pesavano le monete su bilance di bronzo ed esaminavano pietre preziose con la lente. C'erano troppe porte per poterle contare e altri folletti erano impegnati ad aprirle e chiuderle per far entrare e uscire le persone. Hagrid e Honey si avvicinarono al bancone.

"Salve." disse Hagrid a un folletto che in quel momento era libero. "Siamo venuti a fare un cambio."

"Bene. Qualcuno vi assisterà nella pratica. Unci-Unci." chiamò un altro folletto che li condusse in un'altra sala, in cui era presente una scrivania con sopra un libro contabile. Il folletto si sedette da un lato e fece cenno agli ospiti di accomodarsi nelle sedie di fronte. Hagrid preferì rimanere in piedi, quelle sedie sembravano piuttosto fragili.

"Bene. Quanto volete cambiare?" domandò loro il folletto.

Honey guardò Hagrid non sapendo cosa rispondere; non aveva idea di quanti soldi avrebbe speso.

"Cambiali tutti quelli che ti hanno dato, dopo possiamo cambiarli di nuovo."

La ragazza tirò fuori il denaro e lo depose davanti al folletto che cominciò a contarlo e quando ebbe finito segnò il numero in una fila del libro mastro e poi le consegnò un gran numero di monete d'oro, d'argento e di bronzo che si affrettò a mettere nella borsa.

"Quelli d'oro sono galeoni." le disse Hagrid. "Diciassette falci d'argento fanno un galeone, mentre ventinove zellini fanno una falce; facilissimo no?"

"Più o meno." mormorò lei.

Tornarono nel salone e prima che si allontanassero la ragazza ringraziò il folletto. Una volta fuori Hagrid prese in mano la situazione.

"Potremmo andare per la tua uniforme." disse Hagrid dirigendosi verso il negozio di Madama McClan.

La proprietaria era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.

"Hogwarts, cara?" chiese lei non appena vide Hagrid. "Ho tutto l'occorrente. Non so quante uniformi ho preparato oggi." disse facendo salire Honey su uno sgabello; poi le infilò una lunga tunica nera dalla testa e cominciò ad appuntarla per farla della giusta lunghezza.

"Ecco fatto, mia cara." disse dopo un po' facendola scendere e dopo aver impacchettato l'acquisto uscirono dal negozio entrando in un altro poco dopo, chiamato Il Ghirigoro. C'erano scaffali pieni di libri che arrivavano al soffitto di tantissimi tipi diversi: rilegati in pelle e grossi come lastroni di pietra, foderati in seta e piccoli quanto un francobollo, con dei simboli strani, e alcuni addirittura con le pagine bianche. Si diressero verso il commesso, mettendosi in fila, per ordinare i libri che le sarebbero serviti. Mentre aspettavano il loro turno entrò una famiglia numerosa che si mise in fila dopo di loro.

"Salve Hagrid!" la voce di un uomo li fece voltare.

"Giorno Arthur." rispose il gigante a quello che sembrava il padre di famiglia. Era un uomo quasi calvo, ma dai capelli rossi come il resto della famiglia; era magro, portava gli occhiali e indossava un lungo abito verde.

"Non pensavo di trovarti al Ghirigoro. Cosa ci fai qui?" domandò lo sconosciuto.

"Sono in servizio per Hogwarts. Aiuto Honey a comprare le cose per la scuola." disse il gigante dando una manata sulla spalla della ragazza facendola traballare. Sette paia di occhi si puntarono su di lei che, a disagio, decise di ricambiare lo sguardo dell'uomo. Lui, come la donna, che probabilmente era la moglie, sbiancò mentre continuava a osservarla con fin troppa insistenza.

"Per la barba di Merlino! È identica a..."

Hagrid starnutì bloccando la frase e si voltò a guardarla. "Honey loro sono i Weasley. Arthur, Molly e i loro figli: Percy, i gemelli Fred e George, Ron e Ginny. I ragazzi verranno a scuola con te. Anche Ron è al primo anno se non sbaglio."

"Sicura che non siamo parenti? Hai i capelli rossi anche tu." mentre gli adulti avevano iniziato a parlare tra loro, uno dei gemelli aveva fatto quella battuta continuando a fissarla incuriosito e lei gli sorrise.

"Non ne ho idea. Non so chi siano i miei genitori biologici, sono stata adottata."

Lui fece una faccia strana."Scusa non lo sapevo. Mi dispiace."

"Non importa." fece un gesto con la mano per confermarlo. "Sto bene con i miei genitori adottivi, sono brave persone." Inclinò la testa da un lato passando lo sguardo da lui all'altro gemello più volte. "Tu sei Fred o George?"

"Io sono Fred, ovviamente. E la mia copia più brutta è George." disse facendole l'occhiolino mentre l'altro gli tirava uno scappellotto.

"Non dargli retta, sono io il più bello." protestò.

"Non è vero, sono io."

"No, sono io."

Avrebbero continuato ancora se Honey non li avesse zittiti. "Io credo che la più bella sia Ginny."

"Grande!" le sorrise il più giovane. "Nessuno era mai riuscito a farli rimanere senza parole. Io sono Ron, comunque. Lasciali perdere, sono due pagliacci."

"Io li trovo simpatici."

"Grazie sorella!" Fred le passò un braccio attorno alle spalle. "Finalmente qualcuno che ci apprezza." poi si volse verso la più piccola. "Non ti offendi se la chiamo sorella, vero?"

Lei scosse la testa. "Solo se posso chiamarla sorella anch'io."

Tutti si volsero a guardare Honey, ancora stretta dal braccio di Fred. Perchè no? Si disse. Mi trovo bene con loro, e Hagrid si fida. Mi sembrano brave persone.

"Per me va bene, ho sempre voluto dei fratelli." ammise. "Almeno a Hogwarts conoscerò già qualcuno."

"Non preoccuparti, noi siamo l'elite della scuola, il duo migliore in circolazione." si vantò George indicando se stesso e il gemello.

"Sì, il duo combinaguai della scuola." si intromise Percy guardando la Price. "Questi due passano tutto il loro tempo a fare scherzi e a perdere tempo."

La ragazza alzò le spalle. "Almeno sarà difficile annoiarsi."

"Ma io ti adoro!" Fred la alzò da terra facendola girare. "Dove sei stata tutto questo tempo?"

Lei rise. "Tra i babbani e sotto i riflettori. Per questo so rispondere così bene alle persone."

"Che vuol dire sotto i riflettori?" chiese Ron. "Chi saresti tu?"

"La nipote del primo ministro." ammise lei facendo una smorfia. E ai loro occhi sgranati si affrettò a mettere in chiaro le cose. "Ma non mi importa niente. Non sono un'aristocratica come quella gente. Voglio bene a mio zio ma non faccio parte di quel mondo."

I gemelli sospirarono all'unisono.

"Menomale." disse uno.

"Temevamo di dover cambiare opinione su di te classificandoti come nobile barbosa." completò l'altro.

Prima che potesse rispondere, Honey venne chiamata da Hagrid: toccava a loro, e dopo aver ordinato i libri, salutarono la famiglia Weasley uscendo dal negozio.

Successivamente comprarono il calderone, la bilancia e un telescopio pieghevole in ottone; poi passarono dalla farmacia, il cui pessimo odore di uova fradice e cavoli marci venne ripagato dalle cose interessanti che aveva: allineati lungo le pareti c'erano vasi di erbe officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti; per terra era pieno di barili contenenti robe viscide; fasci di piume, zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Chiesero all'uomo dietro il bancone una provvista di alcuni ingredienti fondamentali per preparare pozioni, poi uscirono spuntando la lista delle cose da prendere.

"È rimasta la bacchetta magica. E dato che domani è il tuo compleanno voglio prenderti un regalo."

Honey si bloccò in mezzo alla strada e si voltò a guardare Hagrid. "Come fai a sapere che domani è il mio compleanno?"

Hagrid balbettò qualcosa prima di rispondere. "Silente... Silente sa sempre tutto."

Lei lasciò perdere il disagio del gigante. "Non sei obbligato a comprarmi un regalo Hagrid. Non mi conosci nemmeno."

"Lo so che non devo, ma voglio farlo. Avevo pensato a un animale, un gufo. Tutti vogliono un gufo: sono utili, portano la posta e tutto il resto."

Un quarto d'ora dopo uscirono dall'Emporio del Gufo con una grossa gabbia che conteneva una civetta nera come la notte, profondamente addormentata con la testa sotto l'ala. Honey non riusciva a smettere di sorridere per quel regalo inaspettato, continuando a ringraziare il guardiacaccia.

"Ma di niente, mi ha fatto piacere. E ora ci rimane solo Olivander... è l'unico posto per comprare una bacchetta magica; vai da Olivander e avrai il meglio parlando di bacchette." disse lui.

Il negozio del fabbricante di bacchette era angusto e sporco. Un'insegna a lettere d'oro scortecciate sopra la porta diceva: Olivander: Fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.. Nella vetrina polverosa era esposta una sola bacchetta, appoggiata su un cuscino di velluto color porpora stinto.

Il loro ingresso venne accolto da un lieve scampanellio. Era un luogo piccolo e vuoto, tranne per una sedia traballante. Honey si guardò intorno, osservando le migliaia di scatoline strette impilate in ordine fino al soffitto.

"Buon pomeriggio." disse una voce sommessa facendola girare di scatto. Di fronte a lei c'era un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che illuminavano la penombra del negozio come due astri lunari.

"Salve." disse lei, stranamente tranquilla. C'era una strana atmosfera in quel luogo, sembrava impregnato di magia, e lei si sentiva piuttosto a suo agio. Forse per la sua empatia particolarmente sviluppata che le faceva percepire distintamente le emozioni dell'uomo che aveva di fronte a cui si erano appena illuminati gli occhi.

"Interessante..." mormorò studiandola. "Lei sembra quasi..."

Hagrid si mosse dietro di lei attirando la sua attenzione, ma la ragazza non ci fece caso, era troppo concentrata sul vecchio. Il fabbricante di bacchette riportò l'attenzione su di lei continuando a studiarla.

"Honey Price. Ho sentito parlare di lei. Sentivo che l'avrei incontrata presto. Vediamo un po'." tirò fuori dalla tasca un lungo metro a nastro con le tacche d'argento. "Qual è il braccio con cui usa la bacchetta?"

"Ehm... sono ambidestra, signore."

"Interessante. Alzi un braccio, così." misurò la sua lunghezza dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all'ascella e ripeté tutto anche con l'altro braccio, misurando anche la circonferenza della testa mentre spiegava. "Ogni bacchetta costruita da Olivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, Mrs Price. Usiamo peli di unicorno, penne della coda della fenice, e corde del cuore di draghi. Non esistono due bacchette costruite da Olivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago." si allontanò cominciando a cercare fra le bacchette. "È la bacchetta che sceglie il mago, sa?" tornò porgendole una bacchetta. "Provi questa. Noce e piuma di fenice, dieci pollici, abbastanza flessibile; la prenda e la agiti."

Honey la prese in mano, ma prima che potesse fare qualsiasi cosa Olivander gliela tolse allontanandosi. Tornò con un'altra bacchetta.

"Provi questa. Quercia e corda di cuore di drago, nove pollici, bella flessibile."

Honey fece per provarla ma si ripeté la scena di prima.

"No no, ecco: crine di unicorno, otto pollici, rigida. Avanti la provi."

E per la terza volta si ripetè la stessa scena.

"Una cliente difficile eh? Non si preoccupi, Mrs Price, troveremo la bacchetta giusta per lei. Ora mi chiedo... sì, perchè no... combinazione inusuale..." borbottava tra sè tornando con una quarta bacchetta. "Sambuco e piuma di fenice, dodici pollici, flessibile."

Honey la prese in mano e un calore improvviso colpì le sue dita. La alzò sopra la testa e la abbassò sferzando l'aria polverosa e una scia di scintille rosse e oro si sprigionò all'estremità come un fuoco d'artificio, proiettando sulle pareti riflessi di luce. Honey osservò la bacchetta, studiando ogni più piccolo dettaglio: era elegante, lucida; a causa del suo colore chiaro dato dal tipo di legno sembrava quasi risplendere; assomigliava molto a un pugnale dalla lama sottile con l'impugnatura a forma di quella che sembrava essere una fenice. Era elegante, raffinata, ma allo stesso tempo semplice. L'adorava.

"Sì, così! Molto bene." esclamò Olivander. "Ma che strano..." mise la bacchetta di Honey in una scatola e la avvolse in della carta borbottando. "Davvero strano... chi mai avrebbe pensato... proprio lei... possibile..."

"Scusi? Potrei sapere cosa c'è di strano?" chiese Honey.

Olivander la fissò con i suoi occhi argento. "Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, Mrs Price. Una per una. Si da il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della sua bacchetta abbia prodotto altre due piume, solo due. È veramente curioso che lei sia destinata a questa bacchetta, visto che una delle sue gemelle apparteneva al più pericoloso mago oscuro che si sia mai visto."

Honey lo guardò non capendo.

"Sì, tredici pollici e mezzo, legno di tasso. Lei mi ricorda molto una persona che combattè fino all'ultimo l'Oscuro Signore, e venne uccisa proprio da quella bacchetta. Curioso come accadano queste cose. È la bacchetta che sceglie il mago. Lo ricordi. Credo che lei ci riserverà grandi sorprese Mrs. Price... dopotutto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ha fatto grandi cose... terribili, ma grandi."

Honey rabbrividì con una strana sensazione addosso e non capendo a cosa si riferisse Olivander; dopo aver pagato sette galeoni per la bacchetta uscì dal negozio seguita da Hagrid.

Era quasi ora di cena quando si rimisero sulla via del ritorno ripercorrendo Diagon Alley e riattraversando il passaggio nel muro, fino al Paiolo Magico a quell'ora deserto.

Una volta fuori dalla stazione di Little Whinging Hagrid tirò fuori un grosso orologio da taschino e guardò l'orario.

"Perbacco è già tardi!" rimise l'orologio in una tasca interna e si voltò verso la ragazza. "Ce la fai ad arrivare a casa? Devo andare in un posto e ho un sacco di strada da fare. Quella famiglia di scriteriati non sta ferma un attimo e mi sarà difficile trovarli."

Honey scrollò le spalle. "Certo, devo solo attraversare un paio di strade e sono a casa."

"Bene." le porse una busta. "Questo è il biglietto per Hogwarts. 1o settembre, King's Cross, binario nove e tre quarti..."

Honey lo interruppe. "Che binario è?"

"Un binario magico. Devi attraversare il muro tra i binari nove e dieci per arrivarci. Le informazioni sono tutte sul biglietto. Se hai problemi, spediscimi una lettera con la tua civetta, lei saprà dove trovarmi. A proposito, come la vuoi chiamare?"

Honey sorrise. "Atena, come la dea greca. La civetta è il suo simbolo."

"Mi piace. A presto Honey."

E prima che lei potesse rispondere Hagrid era sparito.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. ***


L'ultimo mese prima della partenza Honey lo trascorse come al solito. O quasi. Il giorno del suo compleanno parlò con il primo ministro, raccontandogli le novità e non potè fare a meno di rimanerci male quando un lampo di terrore attraversò gli occhi dello zio. Gli spiegò che era sempre lei e che non era cambiato niente, ma ci volle la rivelazione di sua madre sul suo passato perchè si tranquillizzasse. Il ricevimento tenuto per l'occasione non fu diverso dagli altri: abiti lunghi e gioielli, smoking, snob dal sangue blu e paparazzi dappertutto. Una noia mortale, ma serviva per le apparenze. Nemmeno i suoi, infatti, andavano matti per quel tipo di feste.

I giorni a seguire furono del tutto normali. Dopo un po' di titubanza zio e nipote si ritrovarono ancora più uniti e mentre lui continuava con il suo lavoro, lei si informava più che poteva su quel nuovo mondo di cui era entrata a fare parte leggendo i suoi libri di scuola e appassionandosi alla magia. Adorava soprattutto Incantesimi, Pozioni e Trasfigurazione e non vedeva l'ora di seguire le lezioni. Aveva scoperto anche molte cose interessanti, come il nome di quel mago oscuro di cui parlava Olivander: Voldemort. Sul libro di Storia della Magia era spiegato anche come era stato sconfitto, così scoprì la storia di Harry Potter, il Ragazzo Che È Sopravvissuto. Lesse che la sua famiglia era stata uccisa da Voldemort quando aveva solo un anno e che quando tentò di uccidere lui non ci riuscì e per questo il ragazzo era diventato famoso in tutto il mondo magico. Pensò che fosse triste essere conosciuto per essere rimasto orfano. Scoprì anche che erano nati lo stesso giorno, coincidenza che la fece sorridere.

Le settimane passavano e il giorno della partenza si avvicinava sempre più, facendo provare alla giovane strega un misto di ansia e aspettativa. Il baule era pronto, con i vestiti, i libri e tutto ciò che poteva servirle, era riuscita a infilarci anche la custodia del suo prezioso violino; così come era pronta la gabbia di Atena, che in quel periodo era stata libera di volare in giro come preferiva. Honey non voleva farla sentire in trappola, perciò aveva fatto di tutto per legare con la civetta, riuscendoci: spesso infatti le si poteva trovare insieme all'aperto, in giardino, Honey seduta sotto un albero con un libro in una mano mentre con l'altra accarezzava le piume della sua nuova amica che se ne stava tranquilla al suo fianco o sulla sua spalla. Era un animale davvero fedele.

Il 1o settembre Honey si svegliò eccitata. Era il giorno della partenza e non stava più nella pelle dall'emozione. Si vestì con abiti normali, decidendo di indossare sul treno la divisa da strega. Scese a fare colazione, poi aspettò impaziente che i suoi fossero pronti, chiudendo solo all'ultimo Atena nella sua gabbia. Partirono intorno alle dieci e mezzo, in ritardo perchè la macchina non voleva collaborare avendo deciso di guastarsi proprio quel giorno. Arrivarono alla stazione di King's Cross che mancavano dieci minuti alle undici e, dopo aver messo il baule e la gabbia su un carrello, si salutarono: i signori Price uscirono per andare al lavoro, mentre Honey si fece largo tra la folla di persone fino ad arrivare ai binari nove e dieci. Fu in quel momento che vide delle chiome rosse a lei familiari e decise di avvicinarsi. Notò un ragazzino dai capelli scuri correre verso lo spartitraffico che separava i due binari e sparire e capì che quello era il muro di cui le aveva parlato Hagrid il mese prima.

"Buongiorno signori Weasley." disse fermandosi accanto a Ron. "Gli altri sono già passati?"

"Buongiorno cara. Sì, manca solo Ron. Tu sai come raggiungere il binario?" rispose la signora Weasley.

"Hagrid me l'ha spiegato, più o meno, e ho appena visto un ragazzo passare." disse indicando lo spartitraffico.

"Bene, allora vai avanti tu. Noi ti seguiamo."

Honey si volse verso il suo nuovo amico sorridendo. "Ci vediamo dopo."

Poi corse verso il muro e prima che potesse schiantarsi lo attraversò ritrovandosi davanti una locomotiva a vapore scarlatta ferma davanti a un binario pieno di gente. Un cartello alla testa del treno diceva: Espresso per Hogwarts ore 11. Dietro di lei, sopra un arco in ferro battuto che aveva preso il posto del tornello, c'era scritto Binario Nove e Tre Quarti. Era arrivata, ed era in tempo.

Si osservò intorno mentre cercava un posto libero; le prime due carrozze del treno erano già piene di ragazzi con i genitori che li salutavano dalla banchina; il cicaleccio della gente e il rumore dei bauli era sovrastato dai versi di gufi e civette e bisognava stare attenti a dove si camminava per non calpestare i gatti che passeggiavano tranquillamente tra i maghi. Caricò le sue cose su un vagone verso il fondo del treno, poi decise di farsi un giro. Voleva trovare i gemelli e Ron. Li trovò poco dopo vicino ai genitori, fuori dal treno che si salutavano. Non fece in tempo a raggiungerli che il treno fischiò, così decise di salire sullo scompartimento più vicino; avrebbe raggiunto quello con le sue cose durante il viaggio. Il treno si mosse e Honey osservò la stazione allontanarsi sempre di più. Un leggero bussare sulla sua spalla la riscosse.

"Scusa, hai per caso visto un rospo? L'ho perso."

Un ragazzino con occhi e capelli scuri e la faccia tonda le era di fronte con un'espressione sconsolata.

"No, mi dispiace. Se vuoi ti aiuto a cercarlo." propose lei con la sua solita gentilezza.

"Non fa niente, tranquilla; lo troverò prima o poi. Io sono Neville." la rassicurò lui.

"Honey. Sei del primo anno anche tu?" gli chiese.

"Sì. Voglio rendere orgogliosa la nonna. Lei è una grande strega."

"Sicuramente lo diventerai anche tu."

"Lo spero. Continuo a cercare il mio rospo." si volse pronto ad andarsene. "Ciao Honey."

"Ci vediamo Neville."

Dopo quello strano incontro decise di andare nel suo vagone. Mentre camminava nel corridoio del treno qualcuno inciampò e le finì addosso, facendole sbattere la testa contro il vetro.

"Lee fai attenzione!"

Quella voce lei la conosceva.

"Accidenti scusa, sono inciampato."

Un ragazzo con i capelli ricci la stava aiutando a rimettersi in piedi, mentre con una mano teneva un contenitore.

"Tranquillo, può capitare. Non mi sono fatta niente." minimizzò lei.

"Ciao Honey." da dietro le spalle del ragazzo spuntarono le facce dei gemelli. "Quando sei arrivata?"

"Prima di Ron e dopo di voi." rispose.

"Davvero?" chiese uno.

"Non ti abbiamo vista." continuò l'altro.

Era divertente osservarli parlare, perchè finivano sempre uno le frasi dell'altro.

"Io sì." affermò.

"E non ci hai salutati?" chiese George.

Fred fece un gesto teatrale. "Ci hai spezzato il cuore."

"Sicuri di averne uno da spezzare?" li provocò lei sorridendo e facendo ridere l'altro ragazzo.

"Simpatica. Io sono Lee, un amico di questi due svitati."

Lei lo squadrò da capo a piedi con fare indagatore. "Questo vuol dire che anche tu sei uno svitato."

I gemelli scoppiarono a ridere mentre lei tentava di rimanere seria.

"Accidenti, certo che sai come rispondere, eh?" commentò il ragazzo, mentre un sorriso si faceva spazio sul suo volto.

"È un dono naturale."

"Andremo molto d'accordo, già lo so."

"Sono Honey, comunque." si presentò la ragazza.

"E io sono incantato."

Lei scoppiò a ridere. "Si vede proprio che siete amici."

"Ehi, vuoi fermarti nel vagone con noi?" chiese Fred. "Lee ha una tarantola gigante." indicò il contenitore in mano al ragazzo.

Lei si ricompose spostando indietro i lunghi capelli lisci che le impedivano la visuale. "No, grazie dell'invito. Ho lasciato le mie cose in un vagone più indietro. E poi volevo salutare Ron, se lo trovo."

"Dovrebbe essere in un vagone in fondo." disse George.

"Grazie ragazzi."

Si girò per andarsene ma Fred la fermò. "E non ci saluti?"

"Come dovrei salutarvi?" chiese alzando un sopracciglio.

"Nel modo giusto." rispose furbescamente l'altro gemello. "Ricordi? Adesso sei come nostra sorella."

"E... quindi?" chiese lei titubante. Da loro poteva aspettarsi di tutto.

"Quindi vieni qui!" esclamarono entrambi racchiudendola in un grande abbraccio. Ok, questo non se l'aspettava. Rimase ferma qualche secondo, troppo sorpresa per reagire, poi ricambiò l'abbraccio appoggiando il mento sulle loro spalle unite. Era una sensazione piacevole. Si chiese se si sarebbe sentita così se avesse avuto un vero fratello.

"Grazie ragazzi." li baciò entrambi su una guancia.

"Ricordati che noi, da adesso, siamo i tuoi fratelli maggiori." le disse uno.

"Quindi puoi sempre contare su di noi." finì l'altro.

"Va bene."

Sciolsero l'abbraccio.

Honey si rivolse al terzo ragazzo. "Sei fortunato ad averli come amici Lee." poi se ne andò verso il suo vagone.

Ci mise poco a raggiungerlo, passando vicino a diversi scomparti da cui proveniva il chiacchiericcio tipico dei ragazzi. Una volta infilata al suo interno si accorse di Ron e di un altro ragazzino seduti uno di fronte all'altro che chiacchieravano. Al suo ingresso si zittirono e si volsero a guardarla. Ron sorrise.

"Ciao Honey." esclamò.

"Ecco dov'eri Ron. Ti ho cercato per tutto il treno e tu eri qui." poi si volse verso l'altro ragazzino. Aveva i capelli scuri sparati in tutte le direzioni, gli occhi verdi e portava degli occhiali da vista con la montatura tonda. Quando i loro occhi si incrociarono uno strano senso di familiarità la avvolse. Non aveva mai sentito niente del genere prima, era come se avesse appena ritrovato una parte di sè. Si riscosse da quei pensieri. "Ciao io sono Honey. Tu sei il ragazzo che ha attraversato dopo Fred e George, vero?"

Lui sgranò gli occhi. "E tu come lo sai?"

"Ho riconosciuto i tuoi capelli. Ho attraversato dopo di te." si sedette accanto a Ron. "Di cosa parlavate? Ron ha una faccia stravolta."

I due ragazzi si guardarono negli occhi, poi si volsero verso di lei.

"Ha detto il nome di Tu Sai Chi." disse Ron.

"Voldemort?" chiese lei non capendo.

Ron sgranò gli occhi. "Anche tu?"

"Cosa?" disse lei spostando gli occhi da uno all'altro. "Che ho detto?"

"Io non lo dico per fare il coraggioso o cose del genere. Semplicemente non sapevo che non si dovesse dire." disse il moro.

Lei lo guardò non capendo. "Non si deve dire? Ma è solo un nome."

"Sì, ma tra i maghi non si dice." spiegò Ron.

"Non lo sapevi neanche tu?" chiese il ragazzo moro.

Lei scosse la testa. "Avevo letto qualcosa su Storia della Magia, ma non avevo capito che il terrore fosse a questi livelli. Il nome non ha niente a che fare con la persona in sè. Per quanto ne sappiamo poteva anche chiamarsi Papera di Gomma, e alla gente avrebbe fatto paura lo stesso. Non è il nome a definire chi sei. Poi secondo me se lo è inventato per mettere paura alla gente." commentò.

"E funziona." disse Ron. "Quindi, per favore, non ditelo più."

"Impareremo." acconsentì lei.

"Già..."

Honey si volse verso il moro. "Cosa c'è?"

"Ho un mucchio di cose da imparare. Scommetto che sarò l'ultimo della classe." Honey poteva sentire lo sconforto del ragazzo serpeggiare verso di lei e invaderla, oltre alle emozioni di tutti i presenti sul treno. Doveva decisamente imparare a gestire quella cosa, o avrebbe passato tutto il tempo con il mal di testa.

"Ma no, vedrai. Ci sono molti ragazzi che vengono da famiglie Babbane e imparano abbastanza velocemente." disse Ron.

"Siamo sulla stessa barca. Anch'io ho vissuto tra i babbani." commentò la ragazza tentando di rincuorarlo.

"Davvero?" chiese lui. "Hai un'aria familiare, in effetti."

Lei sospirò consapevole. "È normale. Mi avrai sicuramente visto sui giornali o in tv." fece una smorfia contrariata. "Succede quando sei la nipote del primo ministro. E non credere che sia bello, la maggior parte del tempo è una scocciatura."

"Sempre meglio essere famosi per quello che per aver perso i genitori in una guerra di cui non ti ricordi niente." mormorò lui.

"Sei Harry Potter, vero?" gli chiese.

"Già." commentò semplicemente lui.

"Mi dispiace per i tuoi genitori. Al tuo posto mi sentirei nello stesso modo." considerò lei.

Lui la guardò sorpreso.

"Che c'è? Ho detto qualcosa di male?" gli chiese.

"Non vuoi chiedermi niente di quella notte?" domandò Harry, sorpreso.

"Scherzi? Faccio già abbastanza incubi strani di mio senza aggiungerci anche i tuoi. Senza offesa. E poi sarebbe una mancanza di rispetto nei tuoi confronti. Dopotutto sei solo un ragazzo che ha perso la famiglia quando era piccolo e so perfettamente come ci si sente ad essere orfani. I miei genitori sono morti che avevo un anno e non ricordo niente di loro. Non so neanche la causa della morte." rivelò lei sotto gli sguardi sorpresi dei due. "A volte credo di averli sognati, però. I volti erano sfocati, non li vedevo bene, ma sentivo che erano loro. Era un calore inconfondibile." un fievole ma malinconico sorriso le apparve sul volto.

"Mi dispiace." commentò Harry, capendo perfettamente come si sentiva.

"Non è colpa tua. Sono stata fortunata. I miei genitori adottivi mi hanno dato tutto l'amore di cui avevo bisogno." ammise. "Una cosa però voglio dirtela: quando ho letto di te su Storia della Magia ho scoperto che siamo nati lo stesso giorno. Strana coincidenza, vero?" gli disse sorridendo.

"Hai ragione, è strano."

Stettero in silenzio per un po' osservando il panorama di campi e viottoli passargli accanto, immersi nei loro pensieri.

 

****

 

Intorno alla mezza la porta dello scompartimento del treno si aprì mostrando una donna sorridente e con due fossette sulle guance.

"Desiderate qualcosa dal carrello?" domandò loro.

Honey la notò a malapena mentre continuava a osservare fuori. Ripensare ai suoi genitori biologici le aveva lasciato una strana sensazione addosso. Non riusciva a fare a meno di pensare al sogno di cui aveva parlato; aveva tralasciato una parte importante: vedeva i suoi genitori, anche se sfocati, ma poco dopo sfociava tutto in un incubo; un lampo di luce verde li faceva sparire e uno strano calore alla mano destra era l'unica cosa che non la faceva crollare nella disperazione. Ogni volta si chiedeva cosa significasse quel sogno, così come gli altri che faceva, ma non sapeva darsi una risposta.

Qualcosa la colpì alla testa facendola voltare. Non potè fare a meno di stupirsi quando vide lo scompartimento pieno di confezioni di dolci sparse su tutto il sedile e Harry e Ron che la guardavano.

"Cosa?" chiese.

"Ti abbiamo chiamata un sacco di volte, ma non ti voltavi." disse Ron.

Lei scrollò le spalle. "Scusate, stavo pensando."

Si spostò accanto a Harry osservando delle figurine che erano poggiate sul sedile. Silente, Morgana, Circe, Cliodna la druida, Merlino, Paracelso, Alberico il Grunnion e Hengist il folletto dei Boschi. Prese in mano quella di Silente, curiosa di vedere che aspetto avesse il mago di cui aveva sentito parlare da Hagrid e da sua madre così bene. Aveva un naso lungo e adunco su cui erano poggiati degli occhiali a mezzaluna; i capelli, la barba e i lunghi baffi erano fluenti e argentei e gli occhi erano di un azzurro penetrante. Sotto i suoi occhi scomparve ma lei non si stupì, sua madre le aveva parlato delle foto in movimento dei maghi.

Una mano contenente una confezione di gelatine apparve nella sua visuale. "Vuoi? Ron ne ha trovata una ai cavoletti di Bruxelles."

La ragazza guardò dentro il pacchetto e ne scelse una marrone striata di bianco; la mise in bocca e la masticò sotto l'attenzione degli altri due. Quando sentì il sapore i suoi occhi si illuminarono.

"Noce di cocco! Io adoro le noci di cocco." esclamò, gustandola.

"Che fortuna." disse Ron.

Passarono molto tempo ad assaggiare le gelatine, mentre chiacchieravano del più e del meno, e ne trovarono ai gusti caffè, erba fresca, pepe, fagioli in scatola, toast, fragole e curry. Si accorsero a malapena che ora non erano più in mezzo ai campi ma stavano attraversando boschi e colline coperte di verde.

Dopo un po' Neville passò a chiedere se avessero visto un rospo; a quanto pare non l'aveva ancora trovato. Quando uscì Ron commentò qualcosa riguardo al rospo e al suo topo, poi tirò fuori una bacchetta malandata e disse che avrebbe provato a far diventare giallo l'animale. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, però, la porta dello scompartimento si spalancò facendo entrare di nuovo Neville, accompagnato da una ragazzina con indosso la sua nuovissima uniforme.

"Avete visto un rospo? Neville ha perso il suo." aveva folti capelli scuri, i denti davanti piuttosto grandi e un tono autoritario.

I tre negarono di nuovo ma lei aveva gli occhi fissi sulla bacchetta di Ron.

"State facendo una magia? Vediamo."

Si sedette mentre Ron stava fermo, tra la sorpresa e la confusione.

"Ehm... va bene." si schiarì la gola. "Per il sole splendente, per il fior di corallo, stupido topo, diventa giallo!"

Agitò la bacchetta ma non successe niente. Crosta era sempre grigio e addormentato.

"Sei sicuro che sia un incantesimo?" chiese l'ultima arrivata. "Comunque non funziona, o sbaglio? Io ho provato a fare alcuni incantesimi e mi sono riusciti tutti. Nella mia famiglia nessuno ha poteri magici; è stata una vera sorpresa quando ho ricevuto la lettera, ma mi ha fatto un tale piacere, naturalmente, voglio dire..."

"Hai finito?" la interruppe Honey. Le ricordava troppo le boriose ragazzine nobili con cui aveva sempre a che fare, delle principessine viziate che credevano di sapere tutto.

"Come scusa?" l'altra ragazza era sconvolta.

"Non sei l'unica che viene da famiglie Babbane, non c'è bisogno di vantarsi tanto. Se ti sei studiata a memoria tutti i libri buon per te, a me è bastato leggerli. E se stavi per dire che Hogwarts è la migliore scuola di magia del mondo non sprecare il fiato, lo sapevamo già."

Lei la guardò attonita per qualche secondo poi si voltò verso i due ragazzi che cercavano di non ridere. "Io sono Hermione Granger, e voi?"

"Ron Weasley." borbotto il rosso.

"Harry Potter." disse Harry.

"Davvero? So tutto di te, naturalmente. Sei citato in Storia moderna della magia, Ascesa e declino delle Arti Oscure e anche in Grandi eventi magici del Ventunesimo Secolo."

"Sul serio?" chiese Harry confuso.

Honey alzò gli occhi al cielo e ignorò la risposta di Hermione, limitandosi a prendere la sua divisa dal baule.

"E tu chi sei?"

Honey si voltò verso la castana. "Dici a me?"

"Sì, ovvio. Sei l'unica che non si è presentata."

"Perchè finora non mi era stato chiesto di farlo." si scambiò uno sguardo con i ragazzi tentando di nascondere un sorriso. "Sono Honey Price, il piacere è tutto tuo." le disse sfornando il sorriso più falso che le riuscì mentre l'altra sbiancava. L'aveva riconosciuta, ovviamente. "E ora, se non ti dispiace, vorrei cambiarmi. Penso che manchi poco all'arrivo."

Hermione se ne andò seguita da Neville mentre Ron si sbellicava dalle risate.

"Sei stata grande. Ci credo che Fred e George ti adorano."

"Non ho fatto niente di che. Ho conosciuto principessine viziate peggiori di lei. Se uscite cinque minuti mi cambio, comunque."

"Certo." disse Harry portandosi dietro Ron.

Una volta indossati gonna, camicia, felpino e cravatta li fece rientrare e iniziarono a discutere dei dormitori chiedendosi in quale sarebbero finiti. Poi parlarono dei lavori dei fratelli più grandi di Ron, Charlie studiava draghi in Romania e Bill lavorava per la Gringott, finendo poi a parlare di Quidditch. Honey finalmente riuscì a scoprire come si giocava. Ron si stava divertendo a spiegare le parti più interessanti del gioco quando la porta si spalancò di nuovo facendo entrare tre ragazzi che lei non aveva mai visto. Quello al centro era pallido e con i capelli d'un biondo chiarissimo e stava osservando Harry come se stesse studiando una strana specie.

"Per tutto il treno vanno dicendo che Harry Potter si trova in questo scompartimento. Sei tu?"

"Sì." rispose il moro.

Honey stava studiando gli altri due ragazzi: sembravano guardie del corpo, posizionati ai lati del biondo, erano tarchiati e con l'aspetto cattivo.

"Oh, questi sono Tiger e Goyle." disse il biondo indicando prima uno e poi l'altro. "E io mi chiamo Malfoy. Draco Malfoy."

A Honey scappò un sorrisetto mentre Ron cercava di dissimulare una risatina con un colpo di tosse. Non ci riuscì molto bene, perchè Draco lo guardò.

"Trovi buffo il mio nome, vero? Non c'è bisogno che chieda a te come ti chiami. Mio padre mi ha detto che tutti i Weasley hanno capelli rossi, lentiggini e più figli di quelli che si possono permettere." si rivolse di nuovo a Harry. "Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono molto migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate?... In questo posso aiutarti io."

Allungò la mano per stringere quella di Harry ma venne interrotto da Honey che esplose in una fragorosa risata cogliendo tutti di sorpresa. Harry e Ron sapevano che era lì ovviamente, ma gli altri non l'avevano ancora notata, o più probabilmente avevano fatto finta che non ci fosse. Cercò di calmarsi ma il modo di porsi di quel ragazzo le ricordava troppo un piccione che si atteggiava come un pavone e questo pensiero la fece scoppiare di nuovo a ridere.

"Hai finito?" chiese Malfoy stizzito da quell'interruzione.

La ragazza fece dei respiri profondi tornando in sè ma si poteva vedere ancora un lieve sorriso derisorio a incorniciarle le labbra. Quando incontrò gli occhi del biondino si accorse di quanto erano profondi e si sarebbe incantata a guardarli se non avesse avuto bene impresso nella mente il suo atteggiamento.

"Scusami." disse ancora sorridendo. "Ma un ragazzo che da ascolto al padre quando dice certe frasi non può fare a meno di sembrarmi uno di quei figli di papà che non hanno idea di come gira il mondo e finiscono sempre per fare brutte figure. E, credimi, ne conosco parecchi. Secondo quello stupido ragionamento dovrei essere una Weasley anch'io ma, per quanto mi piacerebbe avere dei fratelli, appartengo a un'altra famiglia decisamente migliore della tua, a prescindere dalla quantità di sangue magico che contiene."

Malfoy sgranò gli occhi mentre i suoi amici si irrigidirono.

"Come ti permetti?" il suo tono era davvero sconcertato. Sembrava che nessuno gli avesse mai risposto così. "Chi ti credi di essere, tu, per parlarmi in questo modo?"

Lei sorrise tranquilla mentre il biondo si arrabbiava sempre di più. "Una persona. Che a differenza tua sa cosa siano l'educazione e il rispetto, aggiungerei. Ti parlo in questo modo perchè il mio rispetto tu, pollo che si atteggia a pavone, non te lo sei guadagnato." disse. "Anche se, in realtà, sembri più un furetto." commentò studiandolo dalla testa ai piedi con sguardo critico.

"Se fossi educata ti presenteresti." commentò con disprezzo il biondino.

"Se tu fossi educato non mi avresti ignorata fino ad ora per cercare di farti bello davanti a Harry." lo bloccò lei. "E comunque mi chiamo Honey Price."

La reazione del biondo non tardò ad arrivare, infatti divenne ancora più bianco di quanto fosse già. Dubitava che un purosangue, come sembrava lui, seguisse i pettegolezzi Babbani, quindi doveva aver sentito qualcosa sul treno. A quanto pare non erano girate voci solo su Harry ma anche su di lei, solo che non sapevano in che scompartimento fosse.

Honey incrociò le braccia. "Che c'è? Non dici niente? Forse volevi pavoneggiarti senza successo anche davanti a me? Mi spiace dirtelo ma hai fallito in pieno. Tu che dici, Harry?"

"Credo di essere capace di capire da solo chi sono le persone sbagliate, grazie." rispose gelido alla domanda che gli aveva fatto Malfoy e dando ragione alla sua amica.

"Io ci andrei piano se fossi in voi." disse il biondo lentamente. "Se non diventate più gentili farete la stessa fine dei genitori di Potter. Neanche loro sapevano come ci si comporta. Continuate a frequentare gentaglia come i Weasley e quell'altro Hagrid là, e diventerete nè più nè meno come loro."

"Ripetilo!" Ron aveva la faccia del colore dei suoi capelli.

"Oh, oh, e adesso che cosa fai, ci prendi a pugni?" ghignò Malfoy.

"Sì, se non uscite immediatamente di qui." intimò Harry con più coraggio di quanto non se ne sentisse addosso, visto che Tiger e Goyle erano molto più grossi di lui, Ron e Honey. La ragazza si limitò a osservare la scena a braccia incrociate consapevole che un suo intervento non sarebbe servito. I ragazzi erano perfettamente in grado di cavarsela da soli con le parole.

"Ma noi non abbiamo nessuna voglia di andarcene, vero, ragazzi? Abbiamo finito tutte le cose da mangiare e vedo che qui ne avete un bel po'."

Goyle fece per prendere le Cioccorane posate vicino a Ron... Questi fece un balzo in avanti, ma non aveva fatto in tempo a sfiorare Goyle che quest'ultimo emise un grido lacerante.

Crosta, il topo, gli stava appeso a un dito, i piccoli denti aguzzi piantati nel polpastrello... Tiger e Malfoy si ritrassero mentre Goyle faceva roteare Crosta, ululando e, quando finalmente il topo si staccò andando a sbattere contro il finestrino, tutti e tre scomparvero immediatamente.

"È stato un piacere!" gli urlò dietro Honey ridendo.

Forse avevano creduto che tra i dolci avrebbero fatto capolino altri topi, o forse avevano udito dei passi. Infatti, un attimo dopo era entrata Hermione Granger.

"Che cosa diavolo è successo, qui?" chiese guardando tutti i dolci per terra e Ron che raccoglieva Crosta per la coda.

"Penso che me l'hanno fatto fuori." disse Ron a Harry e Honey. Poi lo guardò più da vicino. "No... è incredibile... si è addormentato di nuovo!"

E difatti, era proprio così.

"Conoscevate già Malfoy?" chiese Honey.

Harry le raccontò del loro incontro a Diagon Alley.

"Ho sentito dire della sua famiglia." disse Ron cupo. "Sono stati tra i primi a tornare dalla nostra parte dopo che Tu-Sai-Chi è scomparso. Dissero che erano stati stregati. Papà non ci crede. Dice che al padre di Malfoy non serviva una scusa per passare dalla Parte Oscura." poi, volgendosi a Hermione: "Possiamo esserti utili in qualcosa?"

"Dovete sbrigarvi a vestirvi; vengo dalla cabina della motrice e il macchinista mi ha detto che siamo quasi arrivati. Non avete mica fatto a botte? Sareste nei guai prima ancora di arrivare!"

"È stato Crosta, non noi." disse Ron guardandola storto. "Ti spiacerebbe uscire mentre ci cambiamo?"

"Va bene... Sono venuta qui soltanto perché là fuori c'è gente che si comporta in un modo molto infantile, e corre su e giù per i corridoi." disse Hermione con voce altezzosa. "A proposito, hai il naso sporco, lo sapevi?"

Ron continuò a guardarla mentre usciva. Honey sbirciò fuori dal finestrino. Stava calando la sera. Le montagne e le foreste si stagliavano contro un cielo violaceo. Sembrò che il treno rallentasse.

"Adesso esco anch'io, così vi cambiate." disse lei chiudendosi la porta alle spalle e osservando il paesaggio all'esterno.

Una voce che risuonò per tutto il treno la distrasse. "Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente."

Dopo neanche un minuto Harry e Ron uscirono dallo scompartimento con le divise indosso e si unirono tutti e tre alla calca di ragazzi.

Quando il treno si fermò la gente si diresse verso lo sportello e uscì fuori, nel buio della sera.

Honey rabbrividì all'aria gelida della notte. Poi, sopra le teste degli studenti, si accese una luce, e la ragazza udì una voce familiare: "Primo anno! Primo anno da questa parte! Tutto bene, Harry? Honey?" il faccione peloso di Hagrid sorrideva radioso sopra il mare di teste. "Coraggio, seguitemi... C'è qualcun altro del primo anno? E ora attenti a dove mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!"

Scivolando e incespicando, seguirono Hagrid giù per quello che sembrava un sentiero ripido e stretto. Da entrambi i lati il buio era così fitto che Honey pensò che il sentiero fosse fiancheggiato da folti alberi. Non parlarono molto durante il tragitto. Neville, il ragazzo che ancora non aveva ritrovato il suo rospo, tirò su col naso un paio di volte.

"Fra un attimo: prima vista panoramica di Hogwarts!" annunciò Hagrid parlando da sopra la spalla. "Ecco, dopo questa curva!"

Ci fu un coro di "Ohhhh!" Lo stretto sentiero si era spalancato all'improvviso sul bordo di un grande lago nero. Appollaiato in cima a un'alta montagna sullo sfondo, con le finestre illuminate che brillavano contro il cielo pieno di stelle, si stagliava un grande castello con molte torri e torrette.

"Non più di quattro per battello." avvertì Hagrid indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Honey seguì Harry e Ron accomodandosi su una di esse, e vennero raggiunti da Hermione.

"Tutti a bordo?" gridò Hagrid che aveva un'imbarcazione personale. "Bene... Si parte!"

Le barchette si staccarono dalla riva, scivolando sul lago liscio come vetro. Tutti tacevano, lo sguardo fisso sul grande castello che li sovrastava. Torreggiava su di loro, man mano che si avvicinavano alla rupe su cui era arroccato.

"Giù la testa!" gridò Hagrid quando le prime barche raggiunsero la scogliera; i ragazzi obbedirono e i battelli li trasportarono attraverso una cortina d'edera che nascondeva una grande apertura sul davanti della scogliera stessa. Poi attraversarono un lungo tunnel buio, che sembrava portare dritto sotto il castello, e infine raggiunsero una sorta di porto sotterraneo dove si arrampicarono tra scogli e sassi.

"Ehi, tu! È tuo questo rospo?" fece Hagrid che stava controllando le barche via via che i ragazzi scendevano.

"Oscar!" gridò Neville al settimo cielo tendendo le mani. Poi si arrampicarono lungo un passaggio nella roccia, preceduti dalla lampada di Hagrid, e finalmente emersero sull'erba morbida e umida, proprio all'ombra del castello. Salirono la scalinata di pietra e si affollarono davanti all'immenso portone di quercia.

"Ci siamo tutti? E tu, ce l'hai ancora il tuo rospo?" Hagrid alzò il pugno gigantesco e bussò tre volte.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. ***


La porta si spalancò all'istante facendo apparire una strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo. Aveva un volto molto severo, e il primo pensiero di Honey fu questo: è una persona che bisogna evitare di contrariare.

"Ecco qua gli allievi del primo anno, professoressa McGranitt." disse Hagrid.

"Grazie, Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io." spalancò la porta. La sala d'ingresso era così grande che ci sarebbe entrata comodamente tutta la casa di Honey. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle della Gringott, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena, e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori. I ragazzi seguirono la professoressa Mcgranitt calpestando il pavimento tutto lastre. Honey udiva il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto della scolaresca doveva essere già arrivato - ma la professoressa Mcgranitt condusse quelli del primo anno in una saletta vuota, oltre la sala d'ingresso. Ci si assieparono dentro, molto più pigiati di quanto normalmente avrebbero fatto, guardandosi intorno tutti nervosi.

"Benvenuti a Hogwarts." disse la professoressa Mcgranitt. "Il banchetto per l'inizio dell'anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nei vostri dormitori. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, il vostro dormitorio sarà un po' come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di dormitorio, dormirete nei locali destinati al vostro dormitorio e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo del vostro dormitorio. I quattro dormitori si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuno ha la sua nobile storia e ciascuno ha sfornato maghi e streghe di prim'ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti al vostro dormitorio, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell'anno, il dormitorio che avrà totalizzato più punti verrà premiato con una coppa, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro al dormitorio cui verrà destinato. La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell'attesa, vi suggerisco di farvi belli più che potete." E così dicendo, i suoi occhi indugiarono per un attimo sul mantello di Neville, che era abbottonato sotto l'orecchio sinistro, e sul naso sporco di Ron. Honey controllò di non avere niente fuori posto. "Tornerò non appena saremo pronti per la cerimonia." disse la professoressa Mcgranitt. "Vi prego di attendere in silenzio."

Uscì dalla stanza e Honey notò Harry deglutire al suo fianco.

"Di preciso, in che modo ci smistano per dormitorio?" chiese a Ron, agitato.

"Una specie di prova, credo. Fred ha detto che fa un sacco male, ma penso che stesse scherzando."

Honey sorrise di nascosto. Sua madre gliene aveva parlato anche se non aveva mai partecipato, quindi era piuttosto tranquilla; Harry, invece, sembrava stesse per avere un infarto da un momento all'altro. Gli strinse leggermente la mano di nascosto, per rassicurarlo, e venne pervasa dalla stessa sensazione che l'aveva colta sul treno la prima volta che lo aveva guardato negli occhi; per la seconda volta decise di scacciarla. Gli lasciò la mano dopo che lui ebbe ricambiato la stretta e si guardò intorno: vide, ma soprattutto sentì, che tutti gli altri ragazzi erano terrorizzati quanto lui. Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Hermione Granger che stava spiattellando a bassa voce, con parlantina inarrestabile, tutti gli incantesimi che aveva imparato, chiedendosi di quale dei tanti avrebbe dovuto servirsi. Honey, invece, teneva gli occhi fissi sulla porta tentando di trasmettere agli altri un po' di tranquillità, senza successo. Ormai ogni momento era buono perché la professoressa Mcgranitt tornasse per condurli all'interno. Poi accadde una cosa che la fece spaventare... Dietro di lei, molti ragazzi gridarono.

"Ma che cosa...?" disse Harry ancora al suo fianco, sorpreso.

Honey si sentì mancare il fiato, e come lei tutti gli altri. Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra loro e quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e grasso stava dicendo: "Io dico che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un'altra possibilità..."

"Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Pix tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi lo sai, non è neanche un vero e proprio fantasma... Ehi, dico, che cosa ci fate qui?"

Un fantasma in calzamaglia e gorgiera aveva d'un tratto notato gli studenti del primo anno. Nessuno rispose.

"Nuovi studenti!" disse il Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso. "In attesa di essere smistati, suppongo." Alcuni annuirono in silenzio. "Spero di vedervi tutti a Tassorosso!" disse il Frate. "Sapete? È stato il mio dormitorio."

"E ora, sgombrare!" ordinò una voce aspra. "Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento."

La professoressa Mcgranitt era tornata. Uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.

"Mettetevi in fila e seguitemi." ordinò la professoressa Mcgranitt agli allievi del primo anno. Honey si mise in fila dietro a un ragazzo dai capelli color sabbia, con Harry e Ron dietro di lei. Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la sala d'ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande. Honey, nonostante avesse letto Storia di Hogwarts, non aveva mai immaginato in vita sua che potesse esistere un posto tanto splendido e sorprendente. Era illuminato da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz'aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti. I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d'oro scintillanti e in fondo alla sala c'era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti. Fu lì che la professoressa Mcgranitt accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Honey alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di velluto nero trapunto di stelle attraverso cui, con difficoltà, riusciva a scorgere le travi del vero soffitto. Udì Hermione bisbigliare: "È per magia che somiglia al cielo di fuori! L'ho letto in Storia di Hogwarts." Lei lo sapeva, ma le era comunque difficile credere che ci fosse un soffitto, e che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto.

Rapidamente Honey abbassò di nuovo lo sguardo, mentre la professoressa Mcgranitt, senza fare rumore, collocava uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno. Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un vecchio cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie. Per qualche secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:

 

Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete

io ve lo giuro che mi scappello

se uno più bello ne troverete.

Potete tenervi le vostre bombette

i vostri cilindri lucidi e alteri,

son io quello che al posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c'è pensiero che nascondiate

che il mio potere non sappia vedere,

quindi indossatemi ed ascoltate

qual è la casa in cui rimanere.

Forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è a Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori

quei tipi astuti e affatto babbei

che qui raggiungono fini ed onori!

Venite dunque senza paure

E mettetemi in capo all'istante

Con me sarete in mani sicure

Perché io sono un Cappello Parlante!

 

Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.

"Allora dobbiamo semplicemente provare il cappello!" sussurrò Ron a Harry e Honey. "Giuro che Fred lo ammazzo: non ha fatto che parlare di una gara di lotta libera!"

Honey si lasciò scappare una risatina. Immaginava che avrebbe reagito così. Nonostante avesse sempre saputo in cosa consisteva la prova, Honey non era per niente tranquilla. Sembrava che il cappello chiedesse molto e al momento, lei, non si sentiva né coraggiosa, né intelligente né altro. Se solo il cappello avesse nominato un dormitorio per gente che si sentiva poco sicura di sé, quello sarebbe stato il posto giusto per lei.

A quel punto, la professoressa Mcgranitt si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena. "Quando chiamerò il vostro nome, voi metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati." disse. "Abbott Hannah!"

Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa...

"TASSOROSSO!" gridò il cappello.

Il tavolo dei Tassorosso, a destra, si rallegrò e batté le mani quando Hannah andò a prendervi posto. Honey vide il fantasma del Frate Grasso salutarla allegramente con la mano.

"Hossas Susan!"

"TASSOROSSO!" gridò ancora il cappello, e Susan si affrettò ad andare a sedersi accanto a Hannah.

"Boot Terry!"

"CORVONERO!"

Questa volta, a battere le mani fu il secondo tavolo da sinistra; molti allievi del dormitorio di Corvonero si alzarono per stringere la mano a Terry, quando egli ebbe preso posto tra loro.

Anche 'Brocklehurst Mandy' fu assegnata a Corvonero, ma 'Brown Lavanda' fu la prima nuova Grifondoro e il tavolo all'estrema sinistra esplose in un evviva generale; tuttavia Honey notò che i gemelli fischiavano. Poi 'Bulstrode Millicent' diventò una Serpeverde e lei osservò incuriosita l'unico dormitorio che sapeva essere mal visto da tutti gli altri.

"Finch-Fletchley Justin!" continuò a chiamare la Mcgranitt.

"TASSOROSSO!"

Honey notò che qualche volta il cappello gridava all'istante il nome del dormitorio e altre volte, invece, ci metteva un po' a decidersi. 'Finnigan Seamus', il ragazzo dai capelli color sabbia che la precedeva nella fila rimase seduto quasi per un minuto prima di venire dichiarato un Grifondoro.

"Granger Hermione!"

Hermione arrivò quasi di corsa allo sgabello e si pigiò il cappello in testa con gesto impaziente.

"GRIFONDORO!" gridò il cappello. Ron emise un gemito, evidentemente infastidito.

Poi fu chiamato il ragazzo che perdeva continuamente il suo rospo, Neville Paciock, il quale, lungo il percorso verso lo sgabello, cadde. Con lui, il cappello impiegò molto tempo a decidere. Quando finalmente gridò "GRIFONDORO!", Neville corse via senza neanche toglierselo dalla testa, e tra scrosci di risa dovette correre a consegnarlo a 'Macdougal Morag'.

Malfoy si presentò con aria tracotante, quando venne chiamato il suo nome, e fu esaudito immediatamente: il cappello gli aveva appena sfiorato la testa quando gridò: "SERPEVERDE!" Malfoy andò a unirsi ai suoi amici Tiger e Goyle, con aria molto compiaciuta.

Ormai erano rimasti in pochi.

"Moon"... "Nott"... "Parkinson"... poi due gemelle, "Patil" e "Patil"..., poi "Perks, Sally Anne"..., e infine...

"Potter Harry!"

Mentre Harry si avvicinava allo sgabello, la sala fu percorsa d'un tratto da sussurri simili allo scoppiettio di tanti piccoli fuochi.

"Potter, ha detto?"

"Ma proprio quell'Harry Potter...?"

Il cappello ci mise un paio di minuti a emettere la sua sentenza. Honey vide Harry stringere le mani ai bordi dello sgabello, come se si stesse aggrappando per non cadere, e si chiese cosa stesse pensando. Poi il cappello esclamò "GRIFONDORO!"

Harry se lo tolse e lo appoggiò sullo sgabello, e Honey lo osservò dirigersi verso il tavolo di Grifondoro, mentre i ragazzi applaudivano come ancora non avevano fatto per nessuno. Percy si alzò addirittura per stringergli la mano, mentre i gemelli urlavano "Potter è dei nostri! Potter è dei nostri!" Aspettò di vederlo sedersi davanti al fantasma con la gorgiera che avevano visto prima, poi tornò a concentrarsi sulla Mcgranitt. Seguendo l'ordine alfabetico probabilmente sarebbe dovuto toccare a lei, ora. Erano rimasti solo in quattro da smistare e Ron sarebbe stato dopo, ovviamente.

"Price Honey!" disse, infatti, la Mcgranitt appena tornò il silenzio.

Honey avanzò verso lo sgabello e ci si sedette sopra; l'ultima cosa che vide prima che il cappello le coprisse gli occhi fu la sala piena di gente che bisbigliava e allungava il collo per guardarla meglio, come avevano fatto con Harry. A quanto pare giravano molte più voci su di lei di quanto credesse. L'attimo dopo, era immersa nel buio. Rimase in attesa.

"Ehm..." le sussurrò una vocina all'orecchio. "Vedo molto coraggio. E anche un gran cervello. C'è talento, oh sì... e un bel desiderio di mettersi alla prova. Molto interessante... Allora, dove ti metto?" Honey strinse i pugni sulle gambe. "Sei davvero difficile, ragazza. Interessante... Vedo un talento molto particolare, e qualcosa di veramente familiare. Ho visto una testa molto simile alla tua, anni fa. La stessa mente brillante, la stessa gentilezza, lo stesso coraggio. Le assomigli davvero molto. Ma dove ti metto?"

Honey pensò: "Va bene tutto ma, ti prego, non Serpeverde!"

Non aveva niente contro i Serpeverde, ma le sarebbe dispiaciuto avere problemi con i suoi nuovi amici o essere divisa da loro, e aveva la sensazione che sarebbe successo se fosse finita in quella casa.

"Non a Serpeverde, eh?" disse la vocina cha la ragazza aveva capito appartenere al cappello. "Ne sei proprio così sicura? Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c'è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c'è dubbio... No? Be', potrei metterti a Corvonero, con un cervello come il tuo ti troveresti a tuo agio, e riusciresti tranquillamente a sfamare la tua sete di conoscenza. Oppure Tassorosso, vedo che sei sempre molto gentile e disponibile ad aiutare gli altri e in quella Casa troveresti degli spiriti affini." Honey lanciò un'occhiata a Harry, pensando che le sarebbe dispiaciuto essere separata da lui. "Se la metti così... meglio GRIFONDORO!"

Honey udì il cappello gridare l'ultima parola a tutta la sala. Mentalmente lo ringraziò, poi se lo tolse dalla testa e si avviò con passo più tranquillo verso il tavolo dei Grifondoro dopo averlo riappoggiato sullo sgabello. Il sollievo di essere stata scelta per quel dormitorio, insieme a Harry, e non per Serpeverde o per una qualsiasi delle altre Case era tale che a malapena si accorse di essere stata salutata da un applauso fragoroso quasi quanto quello di Harry. I gemelli erano i più felici e continuavano a urlare e sbracciarsi finchè lei non li raggiunse; poi la stritolarono in un abbraccio come avevano fatto sul treno e la fecero sedere in mezzo a loro e davanti a Percy. Harry era quasi di fronte a lei, così, e non era vicino al fantasma con la gorgiera.

Ora poteva vedere bene il tavolo delle autorità. All'estremità più vicina a loro sedeva Hagrid, che incrociò lo sguardo col suo e le fece un segno di vittoria a cui Honey rispose con un sorriso. E là, al centro, su un ampio scranno d'oro, sedeva Albus Silente. La ragazza lo riconobbe subito per via della figurina che Harry aveva trovato nella Cioccorana, sul treno. La chioma argentea di Silente era l'unica cosa, in tutta la sala, che luccicasse quanto i fantasmi.

E ora erano rimaste solo tre persone da smistare. 'Turpin Lisa' divenne una Corvonero e poi fu il turno di Ron. Il ragazzo aveva assunto ormai un colorito terreo. Honey incrociò le dita sotto il tavolo e si scambiò uno sguardo con Harry che le fece intuire che anche lui aveva fatto lo stesso; un attimo dopo il cappello gridò: "GRIFONDORO!"

Honey batté le mani forte con tutti gli altri, mentre Ron si accasciava sulla sedia vicino a quella di Harry. "Ben fatto, Ron, ottimo!" si congratulò Percy Weasley pomposamente da sopra la testa di Harry, mentre 'Zabini Blaise' veniva mandato a Serpeverde. A quel punto, la professoressa Mcgranitt arrotolò la sua pergamena e portò via il Cappello Parlante. Albus Silente si era alzato in piedi. Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.

"Benvenuti!" disse. "Benvenuti al nuovo anno scolastico di Hogwarts! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre! Grazie!" E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti. Honey si guardò intorno meravigliata: il tavolo si era riempito di pietanze di tutti i tipi.

"Ma... è un po' matto?" chiese Harry incerto a Percy.

"Matto?" gli fece quello con disinvoltura. "È un genio! Il miglior mago del mondo! Ma è un po' matto, sì. Patate, Harry?"

Harry rimase a bocca aperta. Di colpo, i piatti davanti a lui erano pieni zeppi di pietanze e lui non se n'era accorto. Honey non aveva mai avuto problemi di fame, la sua famiglia era fin troppo ricca per i suoi gusti, ma non aveva mai visto niente del genere. Si riempì il piatto e cominciò a mangiare. Era tutto squisito.

"Ha l'aria di essere molto buona." disse il fantasma con la gorgiera in tono triste, guardando Harry che tagliava la bistecca.

"Ma perché, tu non puoi...?"

"Sono circa quattrocento anni che non mangio." disse il fantasma. "Naturalmente, non ne ho bisogno, ma uno finisce col sentirne la mancanza. Forse non mi sono presentato. Sir Nicholas de Mimsy-Porpington al tuo servizio. Il fantasma ufficiale di Grifondoro."

"Io lo so chi sei!" disse d'un tratto Ron. "I miei fratelli mi hanno parlato di te... Tu sei Nick-Quasi-Senza-Testa."

"Preferirei che mi chiamassi Sir Nicholas de Mimsy..." cominciò a dire tutto impettito il fantasma, ma Seamus Finnigan dai capelli color sabbia lo interruppe.

"Quasi senza testa? Come è possibile essere quasi senza testa?"

"Mai letto un horror?" chiese Honey, che non aveva difficoltà a immaginarlo.

Sir Nicholas sembrava estremamente stizzito, come se la conversazione non stesse prendendo la piega da lui desiderata.

"Così." disse irritato rispondendo alla domanda di Seamus. Si afferrò l'orecchio destro e tirò. Tutta la testa gli si staccò dal collo e gli ricadde sulla spalla come se fosse incernierata. Qualcuno aveva evidentemente provato a decapitarlo, ma non lo aveva fatto a dovere. Tutto compiaciuto per gli sguardi sbalorditi che lesse sui loro volti, tranne che su quello di Honey, con un movimento deciso Nick-Quasi-Senza-Testa si rimise la testa sul collo, tossì e disse: "Allora... nuovi Grifondoro! Spero che ci aiuterete a vincere il campionato di quest'anno. Non è mai successo che Grifondoro non vincesse per tanto tempo: Serpeverde ha vinto la coppa per sei anni di fila! Il Barone Sanguinario sta diventando a dir poco insopportabile... ehm... sarebbe il fantasma di Serpeverde."

Honey gettò un'occhiata al tavolo dei Serpeverde e vide, lì seduto, un orribile fantasma dallo sguardo fisso e vuoto, il volto macilento e gli abiti tutti imbrattati di sangue argentato. Era seduto proprio vicino a Malfoy che - Honey lo notò con piacere - non sembrava molto soddisfatto per l'assegnazione dei posti.

"Come ha fatto a coprirsi tutto di sangue?" chiese Seamus molto interessato.

"Non gliel'ho mai chiesto." disse con delicatezza Nick-Quasi-Senza-Testa.

"Saggia scelta." disse Honey tranquilla, continuando a mangiare.

Nick-Quasi-Senza-Testa si voltò verso di lei. "Tu perchè non eri sorpresa?" le chiese. "Della mia testa, intendo."

Honey alzò le spalle, indifferente. "Ho letto diversi libri babbani. Alcuni erano storie horror e si parlava anche di persone senza testa." spiegò lei tranquilla.

"Capisco."

Quando tutti si furono rimpinzati a più non posso, gli avanzi del cibo scomparvero dai piatti lasciandoli puliti e splendenti come prima. Un attimo dopo apparvero i dolci. Montagne di gelato di tutti i gusti immaginabili, torte alle mele, pasticcini al miele, bignè al cioccolato e ciambelle alla marmellata, zuppa inglese, fragole, gelatina, dolci di riso... Mentre Honey prendeva un bignè al cioccolato, il discorso tornò sulle famiglie.

"Io sono un... mezzosangue." raccontava Seamus. "Papà è un Babbano. Mamma non gli ha detto di essere una strega fino a dopo sposati. È stato un bel colpo per lui!"

Tutti risero.

"E tu, Neville?"

"Be', io sono stato allevato da mia nonna, che è una strega." prese a raccontare Neville, "Ma in famiglia per molto tempo hanno pensato che io fossi soltanto un Babbano. Il mio prozio Algie ha cercato per anni di cogliermi alla sprovvista e di strapparmi qualche magia - una volta mi ha buttato in acqua dal molo di Blackpool e per poco non affogavo - ma non è successo niente fino a che non ho avuto otto anni. Zio Algie era venuto a prendere il tè e mi teneva appeso per le caviglie fuori da una finestra del secondo piano, quando zia Enid gli offrì una meringa e lui, senza farlo apposta, mi lasciò andare. Ma io caddi in giardino, e rimbalzando arrivai fino in strada. Tutti erano felici, mia nonna piangeva per la contentezza. E avreste dovuto vedere le facce, quando sono stato ammesso qui... perché pensavano che non avessi abbastanza poteri magici, capite? Zio Algie era così contento che mi ha comperato il rospo."

"Honey, tu invece sei cresciuta tra i babbani, vero?"

"Sì. I miei mi hanno adottata quando ero piccola e non ho saputo niente fino a quando non ho ricevuto la lettera. È stato strano scoprirlo, ma almeno si spiegavano gli strani episodi che si erano verificati durante gli anni." spiegò lei, tranquilla, sotto l'attenzione di tutti. "Ricordo che al mio quinto compleanno una ricca snob mi regalò un orrendo vestito rosa confetto, era davvero brutto, e quello diventò verde smeraldo senza un apparente motivo. Oppure un giorno, due anni fa credo, ho toccato una gardenia semi-rinsecchita e quella è fiorita sotto i miei occhi. Non sarebbe stato così strano se non fosse che era inverno, fuori c'era la neve, e la gardenia era praticamente morta. I miei hanno sempre ignorato queste cose, classificandole come coincidenze; ma quando è arrivata la lettera è stato tutto chiaro." finì lei, modificando un po' la realtà dei fatti.

Dall'altro lato del tavolo, Percy Weasley e Hermione stavano parlando delle lezioni ('Spero proprio che comincino subito, c'è tanto da imparare, a me interessa in modo particolare la trasfigurazione, sai, quando un oggetto viene cambiato in qualcos'altro, naturalmente è ritenuta una pratica molto difficile... Si comincia dalle cose più semplici, che so, trasformare fiammiferi in aghi e cose del genere...').

A un certo punto Honey alzò di nuovo lo sguardo verso il tavolo delle autorità. Hagrid era tutto intento a bere dal suo calice. La professoressa Mcgranitt conversava con il professor Silente. Il professor Raptor, di cui Harry le aveva parlato sul treno, parlava con un altro insegnante dai capelli neri e untuosi, il naso adunco e la pelle giallastra. Accadde all'improvviso. L'insegnante dal naso adunco guardò dritto negli occhi di Harry, oltre il turbante di Raptor, poi fissò quelli di Honey e un dolore acuto attraversò la fronte della ragazza, che fece una smorfia.

"Ah!" esclamò Harry nello stesso istante passandosi una mano sulla fronte.

"Che cosa c'è?" chiese Percy.

"N-niente." disse lui mentre Honey lo osservava con la coda dell'occhio rimanendo, però, concentrata sull'insegnante.

Il dolore era svanito così come era venuto. Più difficile da scuotersi di dosso fu la sensazione che Honey aveva provato per via dello sguardo dell'insegnante... la sensazione di conoscerlo.

"Chi è l'insegnante che sta parlando col professor Raptor?" chiese Harry a Percy.

"Oh, ma allora conosci già Raptor! Non c'è da stupirsi che sia così nervoso; quello è il professor Piton. Insegna Pozioni, ma non gli piace; tutti sanno che fa la corte alla materia di Raptor. Piton sa un sacco di cose sulle Arti Oscure."

Honey non osservò più Piton, ma ebbe la sensazione di avere i suoi occhi addosso più spesso di quanto volesse.

Finalmente scomparvero anche i dolci e il professor Silente si alzò di nuovo in piedi. Nella sala cadde il silenzio.

"Ehm... solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibo e di bevande. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno. Gli studenti del primo anno devono ricordare che l'accesso alla foresta qui intorno è proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a ricordarlo anche loro." e gli occhi scintillanti di Silente scoccarono un'occhiata in direzione dei gemelli Weasley.

"Chissà perchè la cosa non mi sorprende." mormorò Honey facendo sghignazzare i gemelli.

"Inoltre, Mr Gazza, il guardiano, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che è vietato fare gare di magia tra classi nei corridoi. Le prove di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell'anno scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra del suo dormitorio è pregato di contattare Madama Bumb. E infine, devo avvertirvi che da quest'anno è vietato l'accesso al corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa." Harry rise, ma fu uno dei pochi a farlo.

"Non dirà mica sul serio?" Honey lo sentì chiedere piano a Percy.

"Forse." disse Percy aggrottando la fronte in direzione di Silente. "È strano, perché in genere lui dice sempre la ragione per cui non abbiamo il permesso di andare da qualche parte... la foresta è piena di bestie pericolose, questo lo sanno tutti. No, penso che almeno a noi prefetti avrebbe dovuto dirlo."

"E ora, prima di andare a letto, intoniamo l'inno della scuola!" gridò Silente. Honey notò che agli altri insegnanti s'era come gelato il sorriso sulle labbra. Silente diede un colpetto alla sua bacchetta magica, come se stesse cercando di scacciarne una mosca dalla punta, e ne fluì un lungo nastro d'oro che si sollevò alto in aria, sopra i tavoli, e cominciò a contorcersi a mo' di serpente, formando delle parole. "Ognuno scelga il motivetto che preferisce" disse Silente. "Via!"

Tutta la scuola intonò:

 

Hogwarts, Hogwarts del nostro cuore,

te ne preghiamo, insegnaci bene

giovani, vecchi, o del Pleistocene,

la nostra testa tu sola riempi

con tante cose interessanti.

Perché ora è vuota e piena di venti,

di mosche morte e idee deliranti.

Insegnaci dunque quel che è richiesto,

dalla memoria cancella l'oblio

fai del tuo meglio, a noi spetta il resto

finché al cervello daremo l'addio.

 

Ognuno terminò la canzone in tempi diversi. Alla fine, erano rimasti solo i gemelli Weasley a cantare a un ritmo lento da marcia funebre; Honey dovette tirare una gomitata ad entrambi per farli smettere, pensando che volessero farla diventare sorda. Silente diresse le ultime battute con la bacchetta magica e, alla fine, fu uno di quelli che applaudirono più fragorosamente.

"Ah, la musica." disse asciugandosi gli occhi. "Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa."

Aprendosi un varco tra la ressa che si attardava ancora in chiacchiere, i Grifondoro del primo anno seguirono Percy, uscirono dalla Sala Grande e salirono al piano di sopra passando per la scala di marmo.

Honey cominciava a sentire la stanchezza farsi spazio nel suo corpo, ma si fece forza, consapevole che tra poco avrebbe potuto riposare. Aveva troppo sonno per stupirsi del fatto che i ritratti lungo i corridoi bisbigliavano e si facevano segno, al loro passaggio, o che un paio di volte Percy fece passare i ragazzi attraverso porte nascoste dietro a pannelli scorrevoli e arazzi appesi alle pareti; fortunatamente aveva sempre avuto una gran capacità di orientamento, quindi non se ne preoccupava troppo. Salirono altre scale, sbadigliando e strascicando i piedi quando si fermarono di colpo. Un fascio di bastoni da passeggio fluttuava a mezz'aria davanti a loro e, quando Percy fece per avvicinarsi, quelli cominciarono a menargli colpi all'impazzata.

"Pix." sussurrò Percy a quelli del primo anno. "Un Poltergeist." poi, alzando la voce: "Pix... fatti vedere!" rispose un suono potente e volgare, come quando si fa uscire di colpo l'aria da un pallone. "Vuoi che vada dal Barone Sanguinario?"

Ci fu uno schiocco e un omino dai neri occhi maligni e una gran bocca apparve galleggiando nell'aria a gambe incrociate, e afferrò i bastoni.

"Oooooooh!" esclamò con una risata maligna. "Pivellini del primo anno. Ma che bello!" si gettò a capofitto su di loro. Tutti si chinarono per schivarlo.

"Vattene, Pix, o dirò tutto al Barone, sta' sicuro!" gli ringhiò Percy.

Pix svanì con una linguaccia, lasciando cadere i bastoni sulla testa di Neville. Lo udirono allontanarsi di corsa, sbatacchiando le armature al suo passaggio.

"Dovete guardarvi da Pix." disse Percy mentre riprendevano a camminare. "Il Barone Sanguinario è l'unico che riesca a controllarlo; Pix non dà retta neanche a noi prefetti. Eccoci arrivati."

All'estremità del corridoio, era appeso il ritratto di una donna molto grassa, con indosso un abito di seta rosa.

"La parola d'ordine?" chiese.

"Caput Draconis." disse Percy, e il ritratto si staccò dal muro scoprendo un'apertura circolare. Passarono tutti, aiutandosi con le mani e coi piedi - Neville ebbe bisogno di una spinta - e sbucarono nella sala di ritrovo di Grifondoro, una stanza accogliente a pianta rotonda, piena di soffici poltrone. Percy indicò alle ragazze una porta che conduceva al loro dormitorio, e un'altra ai ragazzi. In cima a una scala a chiocciola - era chiaro che si trovavano in una delle torri - finalmente trovarono i loro letti: cinque letti a baldacchino circondati da tende di velluto rosso scuro. I loro bauli erano già stati portati su. Troppo stanchi per parlare, indossarono il pigiama e si infilarono sotto le coperte.

"Buonanotte Honey." mormorò Hermione da dietro i tendaggi.

"Buonanotte Hermione." rispose lei prima di addormentarsi.

Forse aveva mangiato un po' troppo, perché fece un sogno molto strano. Indossava il turbante del professor Raptor, e il turbante le parlava senza posa, dicendole che doveva trasferirsi a Serpeverde immediatamente, perché a quello era destinata. Honey gli rispondeva che no, non voleva andarci; allora il turbante diventava sempre più pesante e Honey cercava di sfilarselo dalla testa, ma quello la stringeva sempre più facendole molto male; e c'era anche Malfoy che si faceva beffe di lei, mentre era alle prese col turbante, e poi Malfoy si tramutava nell'insegnante dal naso adunco, Piton, che rideva in modo stridulo e glaciale. Poi ci fu un bagliore di luce verde e Honey si destò, madida di sudore e scossa dai brividi. Ancora quel lampo di luce verde che le faceva accapponare la pelle, come sempre. Si girò dall'altra parte e riprese sonno, e quando si svegliò, il mattino seguente, non conservava il minimo ricordo del sogno, se non per le sensazioni che le aveva fatto provare.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. ***


Il giorno dopo, da quando Honey ebbe lasciato il dormitorio, fu inseguita da una miriade di bisbigli. I ragazzi, in fila fuori delle classi, le lanciavano occhiate e poi cominciavano a parlare con i vicini. Honey cercò di non farci caso, concentrata sul percorso da seguire per arrivare in classe. Nonostante fosse abituata alle occhiate continue a causa di suo zio, non le piacevano tutte quelle attenzioni e avrebbe preferito che la ignorassero. Non pensava che avrebbe suscitato tutto questo scalpore tra i maghi, ma non aveva nè il tempo nè l'interesse per preoccuparsene. Era impegnata, con Hermione al suo fianco, a trovare le classi delle sue lezioni, quindi non prestava molta attenzione agli altri ragazzi.

A Hogwarts c'erano centoquarantadue scalinate: alcune ampie e spaziose; altre strette e pericolanti; alcune che il venerdì portavano in luoghi diversi; altre con a metà un gradino che scompariva e che bisognava ricordarsi di saltare. Poi c'erano porte che non si aprivano, a meno di non chiederglielo cortesemente o di non far loro il solletico nel punto giusto, e porte che non erano affatto porte ma facevano finta di esserlo. Molto difficile era anche ricordare dove fossero le cose, perché tutto sembrava soggetto a continui spostamenti: i personaggi dei ritratti si allontanavano continuamente per farsi visita l'uno con l'altro, e Honey avrebbe giurato che le armature camminassero.

Neanche i fantasmi contribuivano a rendere più semplice la situazione. Era assai sgradevole quando uno di loro, all'improvviso, scivolava attraverso una porta che un ragazzo stava cercando di aprire. Nick-Quasi-Senza-Testa era sempre felice di indicare ai Grifondoro la giusta direzione, ma Pix il Poltergeist, se lo incontravi quando eri in ritardo per una lezione, era capace di farti trovare due porte sprangate e una scala a trabocchetto. Ti tirava in testa il cestino della carta straccia, ti sfilava il tappeto da sotto i piedi, ti lanciava addosso pezzi di gesso oppure, avvicinatosi di soppiatto, ti afferrava il naso e strillava: "PRESO!" Fortunatamente a Honey non aveva mai fatto niente del genere, ma la ragazza lo aveva visto agire su altri studenti.

Ancor peggio di Pix, se possibile, era il custode Argus Gazza. Harry e Ron le raccontarono di essere riusciti a prenderlo per il verso sbagliato fin dalla prima mattina: Gazza li sorprese mentre cercavano di passare per una porta, che sfortunatamente risultò essere l'entrata al corridoio del terzo piano di cui era vietato l'accesso agli studenti. Non volle credere che si fossero smarriti, convinto com'era che stessero cercando di forzarne l'entrata di proposito, e minacciò di rinchiuderli in prigione, se non fosse stato per il professor Raptor che passava in quel momento e li salvò.

Gazza possedeva una gatta di nome Mrs Purr, una creatura color polvere, tutta pelle e ossa, con due occhi sporgenti come fari, spiccicata al suo padrone. La gatta pattugliava i corridoi da sola. Bastava infrangere una regola di fronte a lei, mettere appena un piede fuori riga, ed eccola correre in cerca di Gazza, il quale puntualmente appariva due secondi dopo, tutto ansimante. Gazza conosceva i passaggi segreti della scuola meglio di chiunque altro (tranne forse i gemelli Weasley) ed era capace di sbucare fuori all'improvviso al pari dei fantasmi. Gli studenti lo detestavano, e desideravano con tutto il cuore di riuscire ad assestare un bel calcio a Mrs Purr. Honey l'aveva vista vagare nei corridoi piuttosto spesso, ma se ne teneva furbamente alla larga.

E poi, una volta che uno riusciva a trovare la classe, c'erano le lezioni.

Ogni mercoledì a mezzanotte bisognava studiare il cielo stellato con i telescopi e imparare il nome delle stelle e i movimenti dei pianeti. Tre volte alla settimana, ci si doveva recare nella serra dietro al castello per studiare Erbologia con una strega piccola e tarchiata, la professoressa Sprite, con la quale i ragazzi imparavano a coltivare tutte le piante e i funghi più strani, e a scoprire a cosa servivano.

Indubbiamente, la lezione più noiosa era Storia della Magia, l'unico corso tenuto da un fantasma. Il professor Ruf era già molto, molto vecchio quando si era addormentato davanti al camino della sala dei professori e, la mattina dopo, alzatosi per andare a fare lezione, si era lasciato dietro il corpo. Ruf non la finiva più di parlare con voce monotona, mentre i ragazzi prendevano nota di nomi e date, facendo una solenne confusione tra Emeric il Maligno e Uric Testamatta. Persino lei faceva fatica a seguirlo, nonostante la storia le fosse sempre piaciuta.

Invece il professor Vitious, l'insegnante di Incantesimi, era un mago basso e mingherlino che doveva salire sopra una pila di libri per vedere al di là della cattedra. All'inizio della prima lezione prese il registro e, quando arrivò al nome di Harry diede un gridolino eccitato e ruzzolò giù, scomparendo alla vista. La professoressa Mcgranitt era ancora diversa. Honey aveva avuto ragione di pensare che era meglio non contrariarla. Severa e intelligente, fece un bel discorsetto ai ragazzi nel momento stesso in cui si sedettero per ascoltare la sua prima lezione.

"La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts." disse. "Chiunque faccia confusione nella mia aula verrà espulso e non sarà più riammesso. Siete avvisati."

Poi trasformò la sua cattedra in un maiale e viceversa. Tutti rimasero molto impressionati e non vedevano l'ora di cominciare, ma ben presto si resero conto che ci sarebbe voluto un bel po' di tempo prima che diventassero capaci di trasformare un mobile in un animale. Presero un mucchio di appunti complicati, dopodiché a ciascuno fu dato un fiammifero che dovevano provare a trasformare in un ago. Alla fine della lezione la professoressa Mcgranitt passò tra i banchi e mostrò alla classe che quello di Hermione era diventato tutto d'argento e acuminato, gratificandola con uno dei suoi rari sorrisi; poi passò davanti al banco di Honey e si fermò; la ragazza alzò lo sguardo e vide un lampo di sorpresa passare nelle sue iridi: sul banco faceva bella mostra di sè un ago d'argento perfettamente appuntito; la professoressa Mcgranitt lo prese e lo osservò bene, poi lo mostrò alla classe congratulandosi con la ragazza. Era l'unica ad essere riuscita completamente nel compito, stupendo i compagni.

Il corso che tutti non vedevano l'ora di frequentare era Difesa contro le Arti Oscure, ma le lezioni di Raptor si dimostrarono un po' una barzelletta. L'aula odorava fortemente di aglio: tutti dicevano servisse a tenere lontano un vampiro che egli aveva incontrato in Romania, e che temeva che sarebbe tornato un giorno o l'altro a prenderlo per portarlo via. Il turbante, così disse ai suoi allievi, lo aveva ricevuto in dono da un principe africano, come pegno di gratitudine per averlo liberato di un fastidioso zombie; ma loro non erano così sicuri che quella storia fosse vera. Tanto per cominciare, quando Seamus Finnigan aveva chiesto a Raptor di raccontare come aveva fatto a scacciare lo zombie, lui era diventato tutto rosso e aveva cominciato a parlare del tempo. E poi avevano notato che intorno al turbante aleggiava uno strano odore, e i gemelli Weasley insistevano che anche quello era imbottito d'aglio, perché Raptor fosse protetto ovunque andasse. Harry confidò a Honey di essere molto sollevato nel constatare che non era poi così indietro rispetto agli altri. Molti venivano da famiglie di Babbani e, come loro, non sapevano di essere streghe o maghi. C'era così tanto da imparare che anche persone come Ron non erano poi molto avvantaggiate.

Il venerdì successivo fu un giorno importante per Harry e Ron. Finalmente riuscirono ad arrivare alla Sala Grande per colazione senza perdersi neanche una volta e Honey gli fece un piccolo applauso per prenderli in giro.

"Cosa abbiamo oggi?" chiese Harry versandosi lo zucchero nel tè.

"Pozioni doppie con i Serpeverde." disse Ron. "Il capo del dormitorio Serpeverde è Piton, e quelli di Serpeverde dicono che lui li favorisce sempre... vedremo se è vero."

"Quanto vorrei che la Mcgranitt favorisse noi." disse Harry. La professoressa Mcgranitt era la direttrice del dormitorio Grifondoro, ma questo non le aveva impedito, il giorno prima, di dargli una montagna di compiti.

In quel momento arrivò la posta. Oramai Honey ci aveva fatto l'abitudine, ma il primo giorno era rimasta alquanto impressionata quando un centinaio di gufi avevano fatto irruzione all'improvviso nella Sala Grande, durante la colazione, descrivendo cerchi sopra i tavoli finché, individuato il proprio padrone, non gli avevano lasciato cadere in grembo lettere e pacchetti. A Honey, Atena aveva portato una lettera dei suoi genitori che le chiedevano se stava bene e come avesse trovato la scuola e lei gli aveva risposto nel dettaglio, scrivendo anche che faceva parte dei Grifondoro, chiedendo a loro come stavano e di salutarle lo zio. Atena si fermava sempre sulla sua spalla, a colazione, e si faceva dare un pezzetto di toast prima di tornare a dormire nella grande voliera insieme agli altri pennuti della scuola. Edvige faceva lo stesso con Harry, anche se lui non aveva ancora ricevuto della posta. Ma quella mattina Edvige si posò fra la zuccheriera e la coppetta della marmellata d'arancia, lasciando cadere un biglietto sul piatto di Harry. Atena, invece, atterrò sulla spalla di Honey come sempre, lasciando cadere sul tavolo tre buste: una dei suoi genitori, una dello zio e una di Hagrid. La ragazza si concentrò sull'ultima:

 

oney (c'era scritto con una calligrafia tutta scarabocchi),

so che il venerdì pomeriggio sei libera: ti va di venire a prendere una tazza di tè con me intorno alle tre? Voglio sapere tutto della tua prima settimana. Mandami la risposta con Atena.

Hagrid

 

Honey vide Harry che scriveva qualcosa sul retro del biglietto che aveva ricevuto.

"Ti ha scritto Hagrid?" chiese.

Lui alzò lo sguardo. "Anche a te?"

Lei annuì. "Digli che accetto anch'io, non c'è bisogno di mandare due risposte."

Harry riprese a scrivere: "Sì, grazie, ci vediamo più tardi. Viene anche Honey." E la consegnò a Edvige perché la recapitasse.

Meno male che avevano la piacevole aspettativa del tè con Hagrid, perché la lezione di Pozioni non fu particolarmente gradevole. Honey aveva letto il libro di Pozioni, a casa, e si era incuriosita molto su quella materia, ma l'unica cosa che aveva capito molto chiaramente durante quella lezione, come tutti gli altri ragazzi, era che il professor Piton odiava profondamente Harry. Per il resto sembrava una materia interessante.

Le lezioni di Pozioni si svolgevano in una delle celle sotterranee. Qui faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato a far venire loro la pelle d'oca anche senza tutti quegli animali che galleggiavano nei barattoli di vetro lungo le pareti.

Come Vitious, anche Piton iniziò la lezione prendendo il registro, e sempre come Vitious, giunto al nome di Harry si fermò.

"Ah, vedo." disse con voce melliflua, "Harry Potter. La nostra nuova... celebrità."

Draco Malfoy e i suoi amici Tiger e Goyle nascosero un ghigno dietro la mano. Piton passò il nome di Honey senza dire niente, finì di fare l'appello e alzò lo sguardo sulla classe. Aveva gli occhi neri come quelli di Hagrid, ma del tutto privi del suo calore. Erano gelidi e vuoti, e facevano pensare a due tunnel immersi nel buio.

"Siete qui per imparare la delicata scienza e l'arte esatta delle Pozioni." cominciò. Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma ai ragazzi non ne sfuggiva una: come la professoressa Mcgranitt, Piton aveva il dono di mantenere senza sforzo il silenzio in classe. "Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia. Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza del calderone che bolle a fuoco lento, con i suoi vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che scorrono nelle vene umane ammaliando la mente, stregando i sensi... Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, la gloria, addirittura la morte... sempre che non siate una manica di teste di legno, come in genere sono tutti gli allievi che mi toccano."

Anche questo discorsetto cadde nel silenzio. Honey poteva vedere con la coda dell'occhio Hermione seduta sul bordo della sedia accanto a lei che sembrava non vedesse l'ora di dimostrare che lei non era una 'testa di legno'.

"Potter." disse Piton d'un tratto. "Che cosa ottengo se verso della radice di asfodelo in polvere dentro un infuso di artemisia?"

Honey non osò voltarsi nella sua direzione, tantomeno muoversi di un millimetro, gli occhi di Piton erano particolarmente fulminanti; invece Hermione era già lì con la mano alzata, trepidante.

"Non lo so, signore." disse Harry.

Le labbra di Piton si incresparono in un ghigno. "Bene, bene... è chiaro che la fama non è tutto." ignorò la mano alzata di Hermione. "Proviamo ancora. Potter, dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi una pietra bezoar?"

Accanto a Honey, Hermione alzò di nuovo la mano più in alto che poteva senza alzarsi dalla sedia, ma Harry non aveva la più pallida idea di che cosa fosse un bezoar. Cercò di ignorare Malfoy, Tiger e Goyle che si sbellicavano dalle risate.

"Non lo so, signore."

"Immagino che tu non abbia neanche aperto un libro prima di venire qui, vero, Potter?"

Honey sapeva che Harry li aveva aperti i libri, qualunque ragazzo curioso l'avrebbe fatto, ma sapeva anche che lui non aveva la sua memoria e che quindi non si ricordava niente di ciò che aveva scorso.

Piton continuava a ignorare la mano fremente di Hermione. "E... Potter, qual è la differenza tra l'Aconitum napellus e l'Aconitum lycoctonum?"

A questo punto, Hermione si alzò in piedi con la mano protesa come se volesse toccare il soffitto. Honey alzò gli occhi al cielo. Quella ragazza si comportava come una di quelle so-tutto-io che la irritavano tanto nelle scuole private in cui andava prima. Anche lei sapeva le cose, ma non cercava di mettersi in mostra.

"Non lo so." disse Harry tranquillamente. "Ma penso che Hermione lo sappia. Perché non prova a chiederlo a lei?"

Alcuni risero; Harry colse lo sguardo di Seamus e Seamus ammiccò. Ma Piton non lo trovò affatto divertente.

"Sta' seduta!" ordinò secco a Hermione facendole abbassare la mano. Poi spostò lo sguardo su Honey. "Price. Un'altra celebrità." disse facendo gelare nuovamente l'aula. "Perchè non rispondi tu?"

La ragazza abbassò lo sguardo riflettendo e prese a giocare con la penna. "Asfodelo e artemisia insieme fanno una pozione soporifera molto potente chiamata Distillato della Morte Vivente." rispose stupendo tutti, professore compreso. "Un bezoar è una pietra che si trova nella pancia delle capre e che salva da molti veleni. Mentre l'Aconitum napellus e l'Aconitum lycoctonum, sono la stessa pianta, nota anche con il semplice nome di aconito. Credo." rispose pensierosa. Quando non ricevette risposta smise di giocare con la penna e alzò lo sguardo puntandolo in quello del professor Piton. "Ho sbagliato?" chiese confusa.

Negli occhi di Piton era passato un lampo che nessuno aveva notato, talmente era stato veloce a cancellarlo. "No." disse secco. "Be'? Perché non prendete appunti?" ci fu un improvviso rovistare in cerca di penne e pergamene. Anche Honey si mise a scrivere distogliendo, finalmente, gli occhi da quelli del professore, nonostante avesse risposto correttamente. Sovrastando il rumore, Piton disse: "E al dormitorio di Grifondoro verrà tolto un punto per la tua faccia tosta, Potter."

Col procedere della lezione di Pozioni, la situazione dei Grifondoro non migliorò. Piton li divise in coppie e li mise a fabbricare una semplice pozione per curare i foruncoli. Intanto, avvolto nel suo lungo mantello nero, si aggirava di qua e di là per la classe, osservandoli pesare ortiche secche e schiacciare zanne di serpente, muovendo critiche praticamente a tutti tranne che a Malfoy, che sembrava stargli simpatico, e a Honey, a cui non rivolse più la parola. Aveva appena cominciato a dire agli altri di osservare il modo perfetto in cui Malfoy aveva stufato le sue lumache cornute, quando il sotterraneo fu invaso da una nube di fumo verde acido e da un sibilo potente. Non si sa come, Neville era riuscito a fondere il calderone di Seamus trasformandolo in un ammasso di metallo contorto, e la loro pozione, colando sul pavimento di pietra, bruciava le scarpe degli astanti facendoci dei buchi. In pochi secondi, tutti i ragazzi erano saltati sugli sgabelli, salvo Neville, che si era bagnato con la pozione quando il calderone si era bucato e adesso piangeva di dolore, mentre sulle braccia e sulle gambe gli spuntavano bolle infiammate.

"Ma che razza di idiota!" sbottò Piton mentre con un sol tocco della sua bacchetta magica ripuliva il pavimento dalla pozione versata. "Suppongo che tu abbia aggiunto gli aculei di porcospino prima di togliere il calderone dal fuoco. Non è così?"

Neville frignava perché le bolle avevano cominciato a spuntargli anche sul naso.

"Portalo in infermeria!" intimò Piton a Seamus in tono sprezzante. Poi si girò verso Harry e Ron, che avevano lavorato accanto a Neville. "E tu, Potter... perché non gli hai detto di non aggiungere gli aculei? Pensavi che se lui sbagliava ti saresti messo in luce, non è vero? E questo è un altro punto in meno per i Grifondoro."

La cosa era così ingiusta che Harry aprì bocca per ribattere, ma Ron gli diede un calcio da dietro al loro calderone. "Non esagerare." gli soffiò a bassa voce. "Ho sentito dire che Piton può diventare molto cattivo." Anche Honey gli fece un cenno con la testa per fargli capire di lasciar perdere.

Un'ora dopo, lasciato il sotterraneo, mentre risalivano le scale, la mente di Honey galoppava e si chiedeva cosa fosse stata quella sensazione che aveva sentito arrivarle dal professor Piton dopo che gli aveva risposto, mentre sentiva l'umore di Harry sottoterra perchè in una sola settimana, aveva fatto perdere due punti a Grifondoro... Ma perché Piton lo odiava tanto?

"Su col morale." disse Ron. "Piton non fa altro che togliere punti a Fred e a George. Posso venire con voi a trovare Hagrid?"

Alle tre meno cinque avevano lasciato il castello e avanzavano attraverso il parco. Hagrid viveva in una casetta di legno al limitare della foresta proibita. Fuori della porta erano poggiati una balestra e un paio di stivali di gomma.

Quando Harry bussò, dall'interno si udì un raspare frenetico e una serie di latrati sempre più forti. Poi risuonò la voce di Hagrid che diceva: "Qua, Thor... qua!" La sua grossa faccia pelosa apparve da dietro la porta socchiusa, prima che la spalancasse. "Aspettate un attimo!" disse. "Sta' giù, Thor!"

Li fece entrare, cercando di trattenere per il collare un enorme cane nero, di quelli usati per la caccia al cinghiale. La casa era formata da un'unica stanza. Dal soffitto pendevano prosciutti e fagiani; sopra una piccola catasta di legna già accesa c'era un bollitore di rame e, in un angolo, un letto imponente coperto con una trapunta a patchwork.

"Fate come se foste a casa vostra." disse Hagrid lasciando andare Thor che si avventò dritto dritto su Ron, cominciando a leccargli le orecchie. Al pari di Hagrid, Thor non era poi così feroce come sembrava.

"Ti presento Ron." disse Harry a Hagrid, mentre questi versava dell'acqua bollente in una grande teiera e disponeva alcuni biscotti su un piatto.

"Ci conosciamo." disse il guardiacaccia, memore dell'incontro al Ghirigoro. "Ho passato metà della vita a dar la caccia ai tuoi fratelli gemelli per la foresta."

Per poco i biscotti non gli spezzarono i denti, ma Honey, Harry e Ron finsero di gradirli moltissimo, mentre facevano a Hagrid il resoconto delle prime lezioni. Thor aveva poggiato la testa sulle ginocchia di Harry e gli sbavava addosso, tutto contento.

I ragazzi godettero molto a sentire Hagrid chiamare Gazza 'quel vecchio scemo'.

"E quanto alla gatta, Mrs Purr, una volta o l'altra la presento a Thor. Lo sapete che ogni volta che vado su alla scuola mi segue dappertutto? Non riesco a levarmela dai piedi... Gazza la aizza."

Harry raccontò a Hagrid della lezione di Piton. E Hagrid, al pari di Ron, gli disse di non prendersela, perché a Piton praticamente non andava a genio nessuno degli studenti.

"Ma a me, sembrava proprio che mi odiasse." disse Harry.

"Sciocchezze!" esclamò Hagrid. "E perché mai?"

Eppure Honey non poté fare a meno di notare che Hagrid, nel pronunciare quelle parole, evitava il loro sguardo; inoltre riusciva a sentire il suo disagio.

"A Honey, invece, non ha detto niente." intervenne Ron.

"In che senso?" chiese Hagrid.

"Beh..." disse lei. "Quando Harry non ha risposto alle domande, il professor Piton si è rivolto a me."

"E tu che gli hai detto?"

"Ho risposto."

"L'ha lasciato di sasso." aggiunse Ron. "In effetti hai lasciato tutti di sasso. Hai risposto nel modo giusto e hai anche chiesto se avessi sbagliato."

"Davvero?" chiese Hagrid incredulo.

"Sì." ammise lei alzando le spalle, non capendo cosa ci fosse di strano. "Lui non aveva più detto niente, e non è che fossi sicura al cento per cento di ciò che avevo detto, quindi l'ho chiesto. Dopotutto non avevo studiato, sono andata a memoria cercando di ricordarmi ciò che avevo letto nel libro di Pozioni dopo averlo comprato con te."

"E lui che cos'ha detto?" chiese Hagrid ancora più incredulo.

"Ha detto un no secco, poi ci ha detto di prendere appunti." intervenne Harry. "E mentre preparavamo la pozione, criticava tutti tranne Malfoy, che veniva continuamente elogiato, ma a lei non ha più detto una parola."

"È anche vero che se la stava cavando davvero bene." aggiunse Ron.

Hagrid evitò di nuovo il loro sguardo e assunse un'espressione pensierosa e i ragazzi si chiesero se ci fosse qualcosa di strano in quello che gli avevano appena raccontato, ma prima che potessero fargli qualche domanda lui cambiò argomento.

"E tuo fratello Charlie, come sta?" chiese a Ron. "Mi stava molto simpatico... con gli animali era fantastico."

Honey si chiese se Hagrid l'aveva fatto apposta a cambiare argomento, ma non disse niente ignorando la sensazione che aveva sentito arrivare da lui. Mentre Ron raccontava a Hagrid che lavoro faceva Charlie con i draghi, vide Harry prendere un pezzetto di carta che era stato lasciato sul tavolo, sotto la teiera, e iniziare a leggerlo, così si avvicinò. Era il ritaglio di un trafiletto dalla Gazzetta del Profeta:

 

ULTIMISSIME SULLA RAPINA ALLA GRINGOTT

Proseguono le indagini sulla rapina avvenuta alla Gringott il 31 luglio scorso a opera di ignoti maghi o streghe dalle Arti Oscure. Oggi i folletti della Gringott hanno ripetutamente affermato che nulla è stato trafugato. Anzi, la camera di sicurezza che i rapinatori avevano preso di mira era stata svuotata il giorno stesso. 'Ma tanto non vi diremo che cosa conteneva; quindi, se non volete guai, non ficcate il naso in questa faccenda': così ha dichiarato oggi pomeriggio il folletto portavoce della Gringott.

 

Honey ricordò che, sul treno, Ron aveva detto che qualcuno aveva cercato di rapinare la Gringott, ma senza dire in che data. "Hagrid!" esclamò Harry "La rapina alla Gringott è avvenuta il giorno del mio compleanno! Forse è successo quando c'eravamo noi."

Non c'erano dubbi: anche stavolta Hagrid evitò lo sguardo di Honey e Harry che lo osservavano insistenti, ed era addirittura più a disagio di quando Harry aveva detto che Piton lo odiava. Bofonchiò qualcosa e offrì loro un altro biscotto. Honey rilesse il trafiletto: "Anzi, la camera di sicurezza che i rapinatori avevano preso di mira era stata svuotata il giorno stesso." Si scambiò uno sguardo con Harry, entrambi ripensavano a quello che il ragazzo le aveva raccontato sul treno quando avevano parlato della loro prima esperienza nel mondo magico: Hagrid aveva vuotato la camera numero settecentotredici... questo, beninteso, se prelevare il lurido pacchetto che c'era dentro si poteva definire svuotarla. Era di quello che i ladri andavano in cerca?

Quando i ragazzi fecero ritorno al castello per cena, le loro tasche erano stracolme di biscotti che erano stati troppo beneducati per rifiutare, e Honey si disse che nessuna delle lezioni frequentate fino a quel momento le aveva dato tanto da pensare quanto quell'ora trascorsa a prendere il tè con Hagrid. Hagrid aveva ritirato il pacchetto appena in tempo? E ora dove si trovava? E poi, c'era qualche cosa su Piton che Hagrid sapeva e non voleva dire loro? E cos'erano quelle sensazioni sul professore e su Hagrid che aveva sentito?

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. ***


Harry non avrebbe mai creduto possibile incontrare un ragazzo più odioso di Dudley; questo, prima di conoscere Draco Malfoy. Honey, dal canto suo, era più incline a ignorarlo, abituata com'era a quel tipo di persone. Eppure, i Grifondoro del primo anno frequentavano con i Serpeverde soltanto il corso di Pozioni e quindi, per fortuna dei ragazzi, non gli toccava sopportarlo troppo a lungo. O per lo meno, fu così fino a quando, nella bacheca della sala di ritrovo di Grifondoro, non comparve un avviso che li fece gemere di disperazione. Il giovedì successivo sarebbero iniziate le lezioni di volo, a cui Grifondoro e Serpeverde avrebbero partecipato insieme.

"Ti pareva!" commentò cupo Harry accomodandosi accanto a Honey a colazione. "Mi mancava solo questa: rendermi ridicolo a cavallo di un manico di scopa sotto gli occhi di Malfoy."

Aveva desiderato imparare a volare più di qualsiasi altra cosa al mondo.

"Non sai ancora se ti renderai veramente ridicolo." disse Ron con grande buonsenso, mentre Honey annuiva concorde. "Comunque, ho sempre sentito Malfoy vantarsi di quanto è bravo a giocare a Quidditch, ma scommetto che sono tutte balle."

Certamente Malfoy parlava molto del volo. Strepitava lamentandosi del fatto che agli allievi del primo anno non fosse consentito di entrare a far parte della squadra del proprio dormitorio, e millantava avventure mirabolanti che finivano sempre con lui che sfuggiva per un pelo ai Babbani, volando via a bordo di un elicottero. Ma non era il solo: a sentire Seamus Finnigan, pareva che da bambino non avesse fatto altro che scorrazzare per la campagna a cavallo del suo manico di scopa. E anche Ron raccontava a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo di quella volta che, a cavallo della vecchia scopa di Charlie, era quasi andato a sbattere contro un deltaplano. Chiunque provenisse da una famiglia di maghi non faceva che parlare del Quidditch. Ron aveva già avuto una grossa discussione con Dean Thomas, che apparteneva al dormitorio suo e di Harry, a proposito delle partite di calcio. Non riusciva a capire che cosa ci fosse di tanto eccitante in un gioco che prevedeva una sola palla e dove non era permesso volare. Harry aveva raccontato a Honey, facendola ridere, di averlo sorpreso a stuzzicare il poster della squadra di calcio del cuore di Dean, nella speranza di far muovere i giocatori.

Neville non era mai salito in vita sua su un manico di scopa, perché sua nonna non gli aveva mai neanche permesso di toccarne uno. Personalmente, Honey pensava che la signora avesse le sue buone ragioni, visto che Neville riusciva a procurarsi una quantità incredibile di incidenti anche quando stava con entrambi i piedi per terra.

Hermione Granger era nervosa quanto Neville al pensiero di volare. Il volo non era certo una cosa che si potesse imparare a memoria sui libri. Intendiamoci bene, non che lei non ci avesse mai provato. Giovedì, durante la colazione, li aveva rintontiti a forza di leggere notizie e informazioni sul volo in un libro della biblioteca intitolato 'Il Quidditch attraverso i secoli'. Neville pendeva letteralmente dalle sue labbra, nel disperato tentativo di carpire qualcosa che potesse aiutarlo a reggersi in sella alla scopa, ma gli altri furono più che contenti quando l'arrivo della posta interruppe la conferenza di Hermione.

Lucinda Price aveva scritto a Honey che era sicura sarebbe stata bravissima, e che il volo le sarebbe piaciuto, dandole anche qualche consiglio basandosi sull'esperienza che aveva avuto prima di scoprire che fosse una maganò. Honey non aveva detto niente a nessuno, a causa del fatto che la verità sulla madre doveva rimanere un segreto, anche se non sapeva perchè.

Dopo il biglietto di Hagrid, Harry non aveva ricevuto più missive, a differenza della ragazza, cosa che naturalmente Malfoy non aveva mancato di notare. A lui, il suo gufo reale portava sempre pacchi di dolci da casa, che il ragazzo apriva con gioia maligna alla tavola dei Serpeverde.

Quel giorno, il barbagianni portò a Neville un pacchetto da parte della nonna. Lui lo aprì tutto eccitato e mostrò una palla di vetro, che sembrava piena di fumo bianco.

"È una Ricordella!" spiegò il ragazzo. "Nonna sa che dimentico sempre le cose... Questa ti dice se c'è qualcosa che hai dimenticato di fare. Guardate: uno la tiene stretta così, e se diventa rossa... Oh!" e tutta la sua eccitazione svanì perché la Ricordella era diventata d'un tratto scarlatta. "...vuol dire che hai dimenticato qualcosa..."

Neville stava sforzandosi di ricordare che cosa mai avesse dimenticato, quando Draco Malfoy, che proprio in quel momento passava accanto al tavolo dei Grifondoro, gli strappò di mano la palla, facendo alzare gli occhi a Honey.

Harry e Ron balzarono in piedi. Entrambi speravano in una buona occasione per fare a pugni con Malfoy, ma la professoressa Mcgranitt, che fiutava i guai prima di ogni altro insegnante, piombò come un fulmine.

"Che cosa succede qui?"

"Professoressa, Malfoy mi ha preso la Ricordella."

Tutto corrucciato, Malfoy rimise prontamente la palla sul tavolo.

"Stavo solo guardando." disse, e se la svignò con Tiger e Goyle al seguito.

"Comunque." disse Honey attirando gli sguardi su di sè. "Penso che voglia dirti che hai dimenticato di indossare la mantella." concluse indicando prima la Ricordella poi lo stesso Neville, che indossava tutti gli indumenti della divisa tranne quello da lei citato.

 

****

 

Quel pomeriggio, alle tre e mezzo, Honey, Harry, Ron e gli altri Grifondoro correvano giù per le scale alla volta del campo, per la prima lezione di volo. Era una giornata chiara e ventosa, e l'erba si piegava sotto i loro passi, mentre scendevano di corsa giù per la collina verso un pianoro dalla parte opposta del parco, in direzione della foresta proibita, le cui chiome ondeggiavano, nere, in lontananza.

I Serpeverde erano già arrivati, e per terra c'erano anche venti manici di scopa ordinatamente disposti in tante file. Honey aveva sentito Fred e George Weasley lamentarsi delle scope della scuola, dicendo che, se uno volava troppo alto, alcune cominciavano a vibrare, oppure sbandavano leggermente a sinistra, facendole intuire che dovevano essere piuttosto vecchi.

Giunse l'insegnante, Madama Bumb. Era una donna bassa, coi capelli grigi e gli occhi gialli come un falco.

"Be', che cosa state aspettando?" sbraitò. "Ciascuno prenda posto accanto a un manico di scopa. Di corsa, muoversi!"

Honey abbassò lo sguardo sulla sua scopa. Era vecchia, e alcuni rametti sporgevano formando strani angoli, come quella di Harry accanto a lei.

"Stendete la mano destra sopra la vostra scopa." disse Madama Bumb guardandoli tutti, "E dite: 'Su!'"

"SU!" gridarono in coro.

A Harry, la scopa saltò immediatamente in mano, seguita da quella di Honey, ma furono due delle poche. Quella di Hermione Granger si era limitata a rotolare per terra e quella di Neville non si era neanche mossa. Forse i manici di scopa, come i cavalli, lo sentivano quando avevi paura, pensò la ragazza, memore di ciò che le aveva scritto la madre; c'era stato un tremito, nella voce di Neville, che aveva tradito il suo desiderio di rimanere con i piedi piantati in terra. A quel punto, Madama Bumb mostrò a tutti come montare il manico di scopa senza scivolare verso il fondo, e poi passò in rassegna la scolaresca per correggere la presa. Harry, Honey e Ron se la godettero un mondo quando disse che erano anni che Malfoy usava la presa sbagliata.

"E ora, quando suonerò il fischietto, datevi una spinta premendo forte i piedi per terra." disse Madama Bumb. "Tenete ben salde le scope e sollevatevi di un metro circa; poi tornate giù inclinandovi leggermente in avanti. Al mio fischio... tre... due..."

Ma Neville, nervoso e sovreccitato com'era, nel timore di rimanere a terra, si diede la spinta prima ancora che il fischietto avesse sfiorato le labbra di Madama Bumb.

"Torna indietro, ragazzo!" gridò lei, ma Neville si stava sollevando in aria come un turacciolo esploso da una bottiglia... tre metri... sei metri... i ragazzi videro che era terreo in volto mentre guardava il suolo che si allontanava sempre più, videro che gli mancava il fiato, poi lo videro scivolare dal manico, e... WHAM! Un tonfo, uno schianto sinistro e Neville era lì sull'erba, faccia a terra, come un fagotto informe. Il suo manico di scopa salì sempre più in alto e poi si allontanò come andasse alla deriva, verso la foresta proibita, scomparendo alla vista. Madama Bumb era china sul ragazzo, come lui con il viso sbiancato dalla paura.

"Polso rotto." la udirono bofonchiare. "Coraggio, mio caro... non è niente, alzati." poi si rivolse al resto della classe. "Nessuno si muova mentre io lo accompagno in infermeria. Lasciate le scope dove si trovano, o verrete espulsi da Hogwarts prima di avere il tempo di dire "Quidditch". Andiamo, caro."

Neville, con il volto rigato dalle lacrime e reggendosi il polso, si avviò zoppicando insieme a Madama Bumb, che lo cingeva con il braccio.

Non erano ancora fuori della portata di voce che Malfoy scoppiò in una sonora risata. "Avete visto che faccia, quel gran salame che non è altro?"

Gli altri Serpeverde si unirono a lui nel prenderlo in giro.

"Chiudi il becco, Malfoy!" sbottò Calì Patil.

"Oh, non prenderai mica le difese di Paciock!" disse Pansy Parkinson, una ragazza Serpeverde dai lineamenti duri. "Non avrei mai creduto che proprio a te, Calì, stessero simpatici i piagnucolosi, e per di più ciccioni."

"Guardate!" disse Malfoy facendo un balzo in avanti e raccogliendo qualcosa fra l'erba. "È quello stupido aggeggio che la nonna ha mandato a Paciock."

La Ricordella brillò al sole, mentre lui la teneva sollevata.

"Dà qui, Malfoy." disse tranquillamente Harry. Tutti tacquero all'istante per godersi la scena, mentre Honey sospirò pesantemente, immaginando già cosa sarebbe successo.

Malfoy ebbe un sorriso maligno. "Penso che la metterò in un posticino dove Paciock dovrà andarsela a riprendere... cosa ne dite, per esempio... della cima di un albero? O del tetto, magari."

"Dammela!" gridò Harry, ma Malfoy era già balzato in sella al suo manico di scopa ed era decollato. Non aveva mentito: volava proprio bene; tenendosi in quota all'altezza dei rami più alti di una quercia, gridava: "Vienitela a prendere, Potter!"

Harry afferrò la sua scopa.

"No!" gridò Hermione Granger. "Madama Bumb ci ha detto di non muoverci... Ci caccerai tutti nei guai!"

Harry la ignorò. Sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie e inforcò la scopa.

"Almeno fai attenzione." lo ammonì Honey prendendolo per un braccio e aspettando che annuisse prima di lasciarlo.

La ragazza fece qualche passo indietro e lo osservò calciare forte il suolo e via, levarsi in alto, con il vento che gli scompigliava i capelli e gli sfilava di dosso gli abiti... e si rese conto, mentre lui sollevava leggermente la punta del bastone per salire ancora più in alto, che Harry stava leggermente sorridendo e che sembrava tremendamente a suo agio. Lo sentiva come se fosse stato accanto a lei. Ron urlò ammirato, sorpreso come lei della semplicità con cui Harry riusciva a volare, ma nessuno dei due distolse l'attenzione dal loro amico. Harry virò con decisione in modo da trovarsi di fronte a Malfoy, a mezz'aria, che aveva l'aria esterrefatta. Nonostante l'altezza i ragazzi riuscivano a sentire quello che stavano dicendo.

"Dammela." gli gridò Harry "O ti butto giù da quel tuo manico di scopa!"

"Ah, sì?" rispose l'altro con un ghigno che però non dissimulava la sua preoccupazione.

Ma Harry, chissà come, sapeva che cosa fare. Si piegò in avanti, afferrò saldamente la scopa con entrambe le mani e partì come una freccia in direzione di Malfoy. Malfoy fece appena in tempo a scansarsi; Harry invertì la rotta bruscamente tenendo ben salda la sua cavalcatura. Qualcuno, alla destra di Honey, batté le mani, ma lei non distolse l'attenzione dai due sospesi in volo.

"Niente Tiger e Goyle a salvarti l'osso del collo quassù, eh, Malfoy?" lo apostrofò Harry.

Sembrò che anche a Malfoy fosse venuto in mente lo stesso pensiero. "Prendila, se ci riesci!" gli gridò, gettando la palla di vetro in aria e poi lanciandosi di nuovo in picchiata verso terra.

Honey comprese subito cosa sarebbe successo: vide, come al rallentatore, la palla sollevarsi in aria e poi cominciare a ricadere giù e Harry chinarsi in avanti e puntare il manico della scopa verso il basso; un istante dopo lei si era irrigidita a causa della preoccupazione mentre intorno a lei gli altri ragazzi gridavano e Harry stava acquistando velocità in una picchiata precipitosa, alla rincorsa della palla. Honey vide Harry allungare la mano, e a pochi metri da terra afferrare la Ricordella, appena in tempo per raddrizzare la scopa, per poi atterrare dolcemente sull'erba stringendola in mano, a pochi passi da loro.

"HARRY POTTER!"

Honey ebbe un tuffo al cuore più brusco di quanto fosse stata la mossa di Harry. La professoressa Mcgranitt avanzava a passo di corsa verso di loro. Il ragazzo si mise in piedi, tremante.

"Mai... da quando sono a Hogwarts..." la Mcgranitt era quasi senza parole per l'indignazione e gli occhiali le lampeggiavano furiosamente. "Come osi... avresti potuto romperti l'osso del collo..."

"Non è stata colpa sua, professoressa..."

"Taci, signorina Patil..."

"Ma Malfoy..."

"Basta così, Weasley. Potter, seguimi immediatamente."

Honey gli appoggiò una mano sulla spalla stringendogliela leggermente per fargli coraggio. Con il suo 'dono', infatti riusciva a percepire qualcos'altro oltre allo spavento e alla preoccupazione della professoressa; qualcosa che sembrava quasi orgoglio, o eccitazione. Forse entrambe. Harry la osservò un istante prima di affidarle la Ricordella in modo che venisse restituita a Neville. A nessuno dei due sfuggirono le facce trionfanti di Malfoy, Tiger e Goyle, mentre lui si allontanava come inebetito dietro alla professoressa Mcgranitt, in direzione del castello.

Honey passò il resto della lezione a discutere con Ron su cosa credevano che sarebbe successo a Harry, mentre tentavano di ignorare i commenti di Malfoy e dei Serpeverde, che erano più che sicuri che Harry sarebbe stato espulso. Honey, però, era sicura che non sarebbe successo.

 

****

 

"Stai scherzando?"

Era l'ora di cena. Harry aveva appena finito di raccontare a Honey e Ron quello che era accaduto quando aveva lasciato il campo di allenamento con la professoressa Mcgranitt. Ron era rimasto con un boccone di pasticcio di carne a mezz'aria, dimenticando di metterselo in bocca e la ragazza non aveva potuto evitare di ridere dell'amico.

"Cercatore?" disse il rosso. "Mai quelli del primo anno... Tu devi essere il più giovane giocatore del dormitorio da..."

"Da un secolo." disse Harry cacciandosi in bocca un grosso pezzo di pasticcio. Era particolarmente affamato, dopo le emozioni di quel pomeriggio. "Me l'ha detto Baston."

Ron era talmente stupefatto, talmente impressionato che non riusciva a staccare gli occhi da Harry, e continuava a guardarlo a bocca aperta.

"Comincio l'allenamento la settimana prossima." disse Harry. "Solo, non ditelo a nessuno. Baston vuole mantenere segreta la cosa."

"Ecco perchè mi sembrava eccitata, quasi euforica." mormorò Honey, non accorgendosi che l'avevano sentita.

Prima che i ragazzi potessero chiederle qualcosa, però, Fred e George Weasley entrarono in quel momento nella sala, scorsero Harry e si avvicinarono in fretta.

"Complimenti." disse George a bassa voce. "Ce l'ha detto Baston. Anche noi siamo nella squadra... Battitori."

"Ve lo dico io, quest'anno la coppa la vinciamo noi." disse Fred. "È da quando Charlie se n'è andato che non vinciamo più, ma quest'anno la squadra promette bene. Devi essere proprio bravo, Harry; Baston stava praticamente saltando di gioia quando ce l'ha detto."

"Voi non l'avete visto." commentò Honey. "Sembrava un tutt'uno con la scopa."

"Bene, ora dobbiamo andare. Lee Jordan è convinto di aver trovato un nuovo passaggio segreto per uscire dalla scuola."

"Scommetto che è quello dietro alla statua di Gregory il Viscido che abbiamo scoperto la prima settimana. Ciao!"

Fred e George erano appena scomparsi quando si presentò qualcuno molto meno gradito: era Malfoy, regolarmente seguito da Tiger e Goyle.

"L'ultimo pasto, Potter? Stai per prendere il treno e tornare dai Babbani?"

"Vedo che sei molto più coraggioso, ora che sei tornato coi piedi per terra e hai i tuoi amichetti al fianco." rispose Harry con freddezza.

"Con te sono pronto a battermi in qualsiasi momento, da solo." disse Malfoy. "Se vuoi, anche stanotte. Un duello tra maghi. Soltanto bacchette... niente contatto fisico. Be', che cosa c'è? Non hai mai sentito parlare di duelli tra maghi?"

"Certo che ne ha sentito parlare." disse Ron voltandosi bruscamente. "Io sono il suo secondo, e il tuo chi è?"

Malfoy squadrò Tiger e Goyle valutandone la stazza. "Tiger." disse. "Ti va bene a mezzanotte? Ci troviamo nella sala dei trofei, che non è mai chiusa a chiave."

Quando Malfoy se ne fu andato, Ron e Harry si guardarono.

"Che cos'è un duello tra maghi?" chiese Harry. "E che vuol dire che sei il mio secondo?"

"Beh, il secondo è quello che prende il tuo posto se muori." disse Honey intromettendosi per la prima volta da quando era arrivato Malfoy, mentre Ron, disinvolto, cominciava finalmente a mangiare il suo pasticcio di carne ormai freddo.

Poi, cogliendo l'espressione sul viso di Harry, Ron si affrettò ad aggiungere: "Ma si muore soltanto nei duelli veri, sai, i duelli tra maghi veri. Il massimo che potrete fare, tu e Malfoy, sarà mandarvi addosso un po' di scintille. Nessuno di voi due conosce abbastanza magia per farvi male sul serio. Comunque, scommetto che si aspettava che tu rifiutassi."

"E se agito la bacchetta e non succede niente?"

"Butta via la bacchetta e dagli un bel pugno sul naso." suggerì Ron. Mentalmente Honey non potè che dargli ragione, nonostante pensasse che fosse una pessima idea presentarsi a quell'incontro.

"Chiedo scusa."

I tre ragazzi alzarono lo sguardo. Era Hermione Granger.

"Ma è possibile che in questo posto non si riesca a mangiare in pace?" disse Ron.

Hermione lo ignorò e si rivolse a Harry.

"Non ho potuto fare a meno di sentire quel che vi stavate dicendo con Malfoy..."

"E ti pareva?" bofonchiò Ron.

"... e non dovete assolutamente andare in giro di notte per la scuola. Pensa ai punti che farete perdere ai Grifondoro se vi beccano... e vi beccano di sicuro. È davvero egoista da parte vostra."

"E davvero non sono fatti tuoi." rimbeccò Harry.

"Ciao, eh!" la salutò Ron.

"Ha ragione." disse Honey appena Hermione si fu allontanata e facendoli voltare verso di lei per fulminarla con lo sguardo. "Non fate quelle facce. Non avete pensato che potrebbe essere una trappola del Furetto Antipatico per incastrarvi, farvi beccare e togliere punti alla nostra casa, magari facendovi finire anche in punizione?" i due ragazzi si scambiarono uno sguardo, leggermente a disagio, facendole alzare gli occhi al cielo. "Evidentemente no." sospirò.

"Ma non è possibile!" esclamò Ron. "Malfoy non può essere così intelligente."

"Credimi Ronald, conosco i tipi come lui. Il Furetto Antipatico aveva esattamente quello sguardo di chi ha in mente qualcosa di losco. Pensateci bene e fate attenzione." li mise in guardia, prima di uscire dalla Sala Grande per tornare nel suo dormitorio e rispondere all'ultima lettera dei suoi genitori, passando prima in infermeria per vedere come stava Neville e restituirgli la Ricordella; il ragazzo la ringraziò per avergli fatto visita e le raccontò che madama Chips aveva detto che lo avrebbe dimesso dopo un ultimo controllo, finita la cena, così si salutarono e Honey si diresse alla torre di Grifondoro.

 

****

 

Quando Honey si svegliò, quella notte, e si mise a sedere sul letto per riprendere fiato dopo l'ennesimo incubo, si accorse subito che qualcosa non andava: Hermione non era nel suo letto. Honey ripensò a ciò che era successo a cena e comprese che poteva significare solo una cosa: Harry e Ron erano andati all'incontro con Malfoy e Hermione gli era andata dietro nel tentativo di fermarli. In sostanza: una pessima idea seguita da un'altra pessima idea. E lei, pur essendo una persona intelligente, adorava le pessime idee. Si mandò al diavolo mentalmente poi, cercando di non svegliare le sue compagne di stanza, si alzò e uscì dal dormitorio e dalla Sala Comune, voltandosi infine verso il ritratto della Signora Grassa che la osservava curiosa.

"Puoi aspettare che torni, prima di andare in giro?" domandò la ragazza. "Devo recuperare dei miei amici cretini."

"Va bene, ma fai in fretta." acconsentì la Signora Grassa con uno sbuffo.

"Grazie." disse Honey prima di correre verso la sala dei trofei.

Era quasi arrivata quando sentì un miagolio poco distante da lei che la fece fermare. Proveniva dal corridoio della stanza dei trofei e comprese che Gazza era sulle tracce dei suoi amici. Malfoy doveva aver fatto una soffiata, come lei aveva pensato. Corse all'angolo e osservò Gazza entrare nell'aula seguito dalla gatta.

"Annusa qua dentro, ciccina, potrebbero essere nascosti in un angolo." diceva a Mrs. Purr.

Honey approfittò della sua distrazione e corse dall'altra parte del corridoio, nascondendosi dietro l'angolo e sporgendosi quel tanto che bastava per tenere d'occhio la situazione. Quando vide Harry, seguito da Ron, Hermione e Neville, venire nella sua direzione si fece indietro, nascondendosi nell'ombra; i quattro la raggiunsero appena in tempo, l'attimo dopo Gazza entrò nella sala dei trofei.

"Sono qui, da qualche parte." lo udì borbottare sotto gli ansimi degli altri. "Probabilmente nascosti."

Lei avanzò piano appoggiando una mano sulla spalla di Ron, che fece un salto terrorizzato, e l'altra sulla sua bocca per impedirgli di urlare. Harry, Neville e Hermione si voltarono di scatto verso di loro, ma quando la videro tirarono un sospiro di sollievo, sollevati, facendola ghignare.

"Da questa parte!" bisbigliò loro, Honey, facendogli segno di seguirla in silenzio e cominciando a sgattaiolare lungo la galleria. Sentivano avvicinarsi Gazza. D'un tratto, Neville lanciò un gridolino di terrore e spiccò la corsa... incespicò, afferrò Ron per la vita e franarono entrambi sopra un'armatura. Honey imprecò a bassa voce.

Il baccano e lo strepito furono tali da svegliare l'intero castello.

"CORRETE!" gridò Harry e tutti e cinque si misero a correre per la galleria, senza guardarsi indietro per vedere se Gazza li stesse seguendo. Girarono dietro lo stipite di una porta, percorsero un corridoio, e poi un altro, Honey in testa, senza la minima idea di dove si trovassero o di dove stessero andando. Passarono attraverso un arazzo, lacerandolo, e si ritrovarono in un passaggio nascosto, lo percorsero a precipizio e sbucarono vicino all'aula di Incantesimi, che sapevano essere lontana mille miglia dalla sala dei trofei.

"Credo che lo abbiamo seminato." ansimò Harry appoggiandosi contro la parete fredda e asciugandosi la fronte. Neville era piegato in due, e ansimava senza riuscire a riprender fiato.

"Ve l'avevo detto, io." mormorò Honey premendosi una mano sul petto. "Ve l'avevo detto!"

"Dobbiamo tornare alla torre di Grifondoro il più in fretta possibile." disse Ron.

"Malfoy vi ha ingannato." disse Hermione a Harry. "Te ne rendi conto, non è vero? Non ha mai avuto la minima intenzione di battersi con te... Gazza sapeva che qualcuno si sarebbe trovato nella sala dei trofei; Malfoy deve avergli fatto una soffiata."

"Ripeto: ve lo avevo detto!" ripetè Honey.

Harry pensò che le ragazze avessero ragione, ma non era disposto a dirglielo. "Andiamo."

La cosa non sarebbe stata tanto semplice. Non avevano fatto neanche una decina di passi che il pomello di una porta cigolò e qualcosa schizzò come una pallottola fuori da un'aula di fronte a loro. Era Pix. Li vide ed emise uno squittio di contentezza.

"Zitto, Pix... per piacere... o ci farai espellere." disse Harry.

Pix ridacchiò. "In giro per il castello a mezzanotte, pivellini? Ah, ah, ah! Sciocchi e insulsi, sarete espulsi!"

"No, se non ci fai la spia, Pix. Ti prego!"

"Dovrei proprio dirlo a Gazza." disse Pix con voce serafica, ma gli occhi gli brillavano di cattiveria. "È per il vostro bene, sapete?"

"Ma levati di mezzo!" sbottò Ron colpendolo con forza... ma fu un grosso errore.

"Pezzo di cretino!" sibilò Honey dandogli una sberla sulla nuca e facendolo gemere di dolore.

"ALLIEVI fuori dalle camerate!" cominciò a gridare Pix. "ALLIEVI fuori dalle camerate, nel CORRIDOIO degli INCANTESIMI!"

Si tuffarono sotto di lui e spiccarono una corsa con tutta la forza che avevano nelle gambe, dritti verso l'estremità del corridoio, dove andarono a sbattere contro una porta... chiusa a chiave.

"Siamo arrivati al capolinea." disse Ron sconfortato mentre spingevano inutilmente cercando di aprirla. "Siamo perduti! È la fine!"

Udirono dei passi: era Gazza, che correva più in fretta che poteva verso il punto da cui provenivano le grida di Pix.

"Vi decidete a fare qualcosa?" sbottò Hermione.

"Siete maghi, o cosa?" comandò ironica Honey, afferrando la sua bacchetta per poi colpire il lucchetto e sussurrare: "Alohomora!"

Il lucchetto scattò e la porta si spalancò davanti a loro, la oltrepassarono spintonandosi, la richiusero velocemente e vi pigiarono contro l'orecchio, rimanendo in ascolto.

"Da che parte sono andati, Pix?" stava chiedendo Gazza. "Svelto, parla!"

"Di' 'per favore'."

"Non farmi perdere tempo, Pix. Dimmi, dove sono andati?"

"Non ti dirò un bel niente se non me lo chiedi per favore." disse Pix con la sua fastidiosa cantilena.

"E va bene... per favore!"

"NIENTE! Ah-ha! Te l'avevo detto che non avrei detto niente se non dicevi per favore! Ha ha! Haaaa!" e i ragazzi udirono Pix allontanarsi con un sibilo mentre Gazza, furente, lanciava maledizioni.

"Crede che questa porta sia chiusa a chiave." bisbigliò Harry. "Penso che siamo salvi... E piantala, Neville!" infatti, era un minuto circa che Neville tirava la manica della vestaglia di Harry. "Che cosa c'è?"

Harry si voltò... e vide chiaramente che cosa c'era. Tirò per la manica Honey, facendo voltare anche lei e la ragazza si pietrificò al suo fianco, mentre anche Hermione e Ron si giravano. Per un attimo, Honey fu pronta a giurare di essere precipitata in un incubo: era troppo, dopo tutto quel che aveva passato fino a quel momento. Non si trovavano in una stanza, come aveva creduto. Erano in un corridoio. Il corridoio proibito del terzo piano. E ora, capivano perché fosse proibito.

Stavano fissando dritto negli occhi un cane mostruoso, un bestione che riempiva tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste. Tre paia di occhi roteanti, dallo sguardo folle; tre nasi che si contraevano e vibravano nella loro direzione; tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva come tante funi viscide dalle zanne giallastre. Era lì, perfettamente immobile, tutti e sei gli occhi fissi su di loro, e Honey capì che l'unica ragione per cui non erano ancora morti era che la loro improvvisa comparsa lo aveva colto di sorpresa, sorpresa che però stava superando rapidamente, riusciva a sentirlo.

Al suo fianco, Harry brancicò in cerca del pomello della porta: tra Gazza e la morte sicura preferiva Gazza a quanto pare, e lei era d'accordo. Caddero all'indietro... Honey richiuse la porta sbattendola e ripresero a correre, anzi quasi a volare, lungo il corridoio. Gazza doveva essere andato a cercarli in qualche altra direzione perché non lo videro da nessuna parte, ma di quello non si preoccuparono affatto. L'unica cosa che volevano fare era mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel mostro. Non smisero di correre fino a che non ebbero raggiunto il ritratto della Signora Grassa, al settimo piano.

"Ma dove diavolo eravate, tutti quanti?" chiese lei guardando le vestaglie che gli pendevano dalle spalle e i volti congestionati e madidi di sudore.

"Te l'avevo detto che andavo a recuperare dei cretini, no?" rispose Honey mentre tentava di riprendere fiato.

"Non fa niente... grugno di porco, grugno di porco." ansimò Harry interrompendole e il ritratto scivolò di lato. Si inerpicarono su per il passaggio e raggiunsero la sala di ritrovo; qui si lasciarono cadere, tremanti, sulle poltrone.

Passò del tempo prima che qualcuno parlasse. Anzi, Neville aveva tutta l'aria di uno che non avrebbe mai più proferito parola.

"Che cosa lo tengono a fare, un mostro come quello, chiuso a chiave in una scuola?" disse infine Ron. "Se mai c'è stato un cane che ha bisogno di fare del moto, è proprio lui."

Hermione aveva ritrovato il fiato e anche il suo solito caratteraccio.

"Ma dite un po', voi non avete l'abitudine di usare gli occhi?" sbottò. "Non avete visto dove poggiava le zampe?"

"Il pavimento?" suggerì Harry. "No, a dire la verità non gli ho guardato i piedi. Ero troppo preso dalle sue teste."

"No, non il pavimento. Stava sopra una botola. È evidente che quel Cerbero fa la guardia a qualcosa." si intromise Honey mentre Hermione si alzava guardando Harry e Ron con odio.

"Quel cosa?" domandò Ron fissando Honey con espressione stranita.

"Cerbero, Ronald." ripetè lei prima di spiegare meglio. "È un cane a tre teste della mitologia greca, ed è il guardiano degli Inferi. Non credevo esistessero davvero, nel mondo magico."

"Spero che siate soddisfatti di voi stessi. Avete corso il rischio di essere uccisi... o peggio ancora, espulsi. E ora, se non vi dispiace, io vado a letto." si intromise Hermione prima di voltarsi verso le scale del dormitorio delle ragazze. "Ti aspetto di sopra, Honey."

Ron la guardò allontanarsi, a bocca aperta.

"No, non ci dispiace affatto." disse. "A sentire lei, sembra che le abbiamo chiesto noi di seguirci!"

"Io vi avevo detto di non andarci." gli fece notare nuovamente Honey, prima di accingersi a seguire la compagna. "Dovete stare più attenti. Potrei non esserci, la prossima volta, a salvarvi le chiappe." concluse, lasciandoli soli in Sala Comune.

Mentre si infilava a letto, Honey ripensò al cane e alla botola a cui faceva la guardia e intuì, ripensando a ciò che sapeva, che il pacchetto che Hagrid aveva prelevato dalla Gringott doveva trovarsi proprio lì sotto.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. ***


Il giorno dopo, quando Malfoy vide Harry e Ron ancora a Hogwarts, stanchi, ma allegri come non mai, non riusciva a credere ai suoi occhi. A dire il vero, dopo averci dormito su, Harry e Ron erano arrivati alla conclusione che l'incontro con il cane a tre teste era stata una splendida avventura, e avevano detto a Honey che non vedevano l'ora di averne un'altra. Nel frattempo, Honey aveva informato Harry e Ron dell'idea che aveva sul pacchetto che sembrava essere stato trasferito dalla Gringott a Hogwarts, e quindi i tre ragazzi passarono un bel po' di tempo a fare congetture su cosa poteva aver bisogno di una sorveglianza così stretta.

"È una cosa o molto preziosa o molto pericolosa." commentò Ron.

"O tutt'e due." concluse Harry.

Ma dal momento che l'unica informazione certa che avevano sull'oggetto misterioso erano le sue dimensioni, circa sei centimetri di lunghezza, senza ulteriori indizi, non avevano molte possibilità di indovinare che cosa fosse. Né Neville né Hermione mostravano il minimo interesse per l'oggetto misterioso custodito dentro la botola, sotto le zampe del cane. Tutto quel che importava a Neville era di non trovarglisi più a tiro.

Hermione si rifiutava di parlare con Harry e Ron, ma era talmente prepotente e saccente, secondo loro, che i due ragazzi consideravano il fatto un'insperata fortuna. Honey, invece, non aveva nessun problema con la ragazza; anzi, dall'inizio dell'anno si erano ritrovate spesso in Sala Comune o in biblioteca per studiare assieme. Honey la trovava una piacevole compagnia, nonostante anche lei sopportasse poco quel fare da so-tutto-io che la caratterizzava. Hermione stava cercando di moderarsi, da quel lato, quindi Honey confidava nel fatto che avrebbe imparato a controllarsi. Era sicura che, così facendo, avrebbe fatto amicizia con molti altri ragazzi.

Il desiderio più grande di Harry e Ron, comunque, era di trovare un modo per farla pagare a Malfoy e, con loro grande soddisfazione, quell'occasione si presentò circa una settimana più tardi, con la distribuzione della posta. Quando, come di consueto, i volatili invasero la Sala Grande, l'attenzione generale fu attratta immediatamente da un pacco lungo e sottile, trasportato da sei grossi barbagianni. Come tutti, anche Honey era curiosa di sapere che cosa contenesse, e si stupì quando gli uccelli scesero in picchiata e lo lasciarono cadere proprio accanto a lei e davanti a Harry, facendogli cadere per terra la pancetta affumicata. Quelli non avevano fatto in tempo ad allontanarsi, che ecco arrivare un altro barbagianni con una lettera, che lasciò cadere sopra il pacco. Mentre Harry apriva la lettera, a Honey passò in mente un'idea assurda: quel pacco sembrava un manico di scopa. Ma non poteva esserlo, si disse, nessuno del primo anno può averne uno. Quando Harry le passò il biglietto e lo lesse, però, comprese che aveva intuito giusto:

 

NON APRIRE IL PACCO A TAVOLA.

Esso contiene la tua nuova Nimbus Duemila, ma non voglio che gli altri sappiano che hai ricevuto in dono un manico di scopa, altrimenti ne vorranno uno anche loro.

Oliver Baston ti aspetta questa sera alle sette al campo di Quidditch, per il tuo primo allenamento.

M. Mcgranitt

 

"Lo sapevo." mormorò a Harry mentre passava a sua volta il biglietto a Ron. Harry aveva difficoltà a nascondere la gioia mentre Ron lo leggeva.

"Una Nimbus Duemila!" sospirò invidioso Ron. "Non ne ho mai neanche toccata una!"

Lasciarono la sala velocemente, impazienti di scartare il pacco in separata sede prima dell'inizio delle lezioni, ma nella sala d'ingresso trovarono l'accesso alle scale sbarrato da Tiger e Goyle. Malfoy afferrò il pacco dalle mani di Harry e cominciò a tastarlo.

"Ma questo è un manico di scopa." disse restituendolo sgarbatamente a Harry, con un misto di gelosia e di dispetto dipinti sul volto. "Questa volta sei rovinato, Potter, a quelli del primo anno non è permesso possederne di personali."

Ron non riuscì a trattenersi. "Non è una vecchia scopa qualunque." disse. "È una Nimbus Duemila. Cosa dicevi tu, Malfoy, che a casa hai una Comet Duecentosessanta?" Ron sorrise a Honey e Harry. "Le Comet fanno un sacco di scena, ma non sono certo al livello delle Nimbus."

"Ma che cosa ne vuoi sapere tu, Weasley, che non ti puoi permettere neanche mezzo manico!" lo rimbeccò Malfoy. "Immagino che tu e i tuoi fratelli dovete mettere da parte un rametto alla volta."

Prima che Ron potesse rispondere, il professor Vitious apparve accanto a Malfoy.

"Niente liti, spero, vero ragazzi?" squittì.

"Professore, a Potter è arrivato un manico di scopa." disse Malfoy tutto d'un fiato.

"Già, proprio così." disse il professor Vitious sorridendo a Harry soddisfatto. "La professoressa Mcgranitt mi ha raccontato tutto sulle circostanze speciali, Potter. E che modello è?"

"Una Nimbus Duemila, signore." disse Harry lottando per non ridere alla faccia inorridita di Malfoy. "Ed è proprio a Malfoy che lo devo." soggiunse indicando il ragazzo.

"Ironico, non è vero?" domandò sarcastica Honey lanciando un'occhiata a Malfoy, prima di salire le scale seguita da Harry e Ron che tentavano di soffocare le risate per la rabbia e la confusione che Malfoy non era riuscito a dissimulare.

"Be' è proprio vero." disse Harry tutto gongolante quando furono in cima alla scala di marmo. "Se non avesse rubato la Ricordella di Neville, ora non sarei nella squadra..."

"E magari pensi che questa sia la ricompensa per avere infranto le regole!" gli arrivò proprio da dietro una voce irata. Hermione stava risalendo rumorosamente le scale lanciando sguardi di disapprovazione al pacco che Harry teneva in mano.

"Mica starai dicendo a noi?" fece Harry.

"Dai, non smettere proprio adesso." disse Ron, "Ci fa talmente piacere!"

"Hermione, questo è diverso. Lo sai anche tu." le fece notare Honey, con calma.

Hermione si allontanò sdegnosa, col naso all'aria.

Quel giorno, Honey ebbe qualche difficoltà a rimanere concentrata sulle lezioni. Continuava ad andare con la mente alla richiesta che aveva fatto a Harry: poter essere presente al suo allenamento per vedere l'espressione di Baston una volta che si fosse reso conto di quanto fosse bravo il suo amico. Harry aveva accettato tranquillo, e quella sera la ragazza dovette cenare di corsa, accorgendosi della smania del ragazzo. Seguì Harry e Ron su per le scale fino al loro dormitorio, per andare a scartare finalmente la Nimbus Duemila.

"Wow!" sospirò Ron quando il manico di scopa rotolò sul copriletto di Harry.

Anche Honey, che pure ignorava tutto dei manici di scopa, pensò che era meraviglioso. Sottile e scintillante, con una maniglia di mogano, aveva una lunga chioma di rametti perfettamente diritti e in cima, in lettere d'oro, la scritta Nimbus Duemila.

Mancava poco alle sette e faceva già scuro quando Honey e Harry lasciarono il castello per avviarsi al campo di Quidditch. Non erano mai stati dentro allo stadio. Tutt'intorno c'erano centinaia di sedili a gradinate, per dar modo agli spettatori di vedere dall'alto lo svolgimento della partita. A ciascuna delle estremità del campo c'erano tre pali d'oro con degli anelli in cima. A entrambi ricordarono i bastoncini di plastica attraverso i quali i ragazzini dei Babbani soffiavano le bolle di sapone; ma questi erano alti circa quindici metri.

Troppo smanioso di volare di nuovo per aspettare l'arrivo di Baston, Harry montò sul suo manico e si dette la spinta coi piedi per decollare, mentre Honey si avvicinò al bordo del campo osservandolo. Harry sembrava davvero libero, in quel momento, riusciva davvero a sentirlo. Così come sentì la sorpresa di Oliver Baston, mentre il ragazzo la affiancava portando sotto braccio una grossa cassetta di legno.

"Ehi, Potter, scendi giù!" gridò lui aspettando che Harry atterrasse vicino a lui.

"Molto bene!" commentò Baston con gli occhi che gli scintillavano. "Ora capisco che cosa intendeva la professoressa Mcgranitt... tu possiedi veramente un talento naturale. Questa sera ti insegnerò soltanto le regole; poi, parteciperai agli allenamenti della squadra tre volte alla settimana."

"Te l'avevo detto." sorrise Honey. "Sapevo avresti fatto quella faccia." commentò.

"Quale faccia?" chiese Baston.

"Quella di un innamorato!" Honey scoppiò a ridere. "Posso vedere le stelline nei tuoi occhi."

"Che spiritosa, Price." sorrise il capitano. "Piuttosto, perchè tu sei qui?"

Lei alzò le spalle. "Ho chiesto a Harry di poter venire per vedere la tua espressione." ammise candida. "Poi volevo sapere, finalmente, quali diamine fossero le regole del Quidditch perchè è uno sport che mi incuriosisce. Non sarò d'intralcio, giuro." promise.

"D'accordo." acconsentì Baston; poi aprì la cassetta che conteneva quattro palle di dimensioni diverse. "Bene." disse. "Ora, il Quidditch è abbastanza facile da capire, anche se giocare non lo è altrettanto. Ci sono sette giocatori per parte. Tre di loro si chiamano Cacciatori."

"Tre Cacciatori." ripeté Harry, mentre Baston tirava fuori una palla di colore rosso brillante, all'incirca delle dimensioni di un pallone da calcio.

"Questa palla si chiama Pluffa. I Cacciatori si lanciano la Pluffa e cercano di farla entrare in uno degli anelli per fare goal. Dieci punti ogni volta che la Pluffa passa per uno degli anelli. Mi segui?"

"I Cacciatori si lanciano la Pluffa e segnano quando la fanno passare attraverso gli anelli." recitò Harry. "Insomma... sarebbe un po' come la pallacanestro su manici di scopa con sei anelli, ho capito bene?"

"Che cos'è la pallacanestro?" chiese Baston curioso.

"Un gioco babbano, lascia perdere." si affrettò a dire Honey. Sarebbe stato difficile spiegarglielo e non avevano tempo da perdere, quei due.

"Ogni squadra ha un giocatore che si chiama Portiere... Io sono il Portiere del Grifondoro. Il mio compito è volare intorno agli anelli e impedire agli avversari di segnare."

"Tre Cacciatori e un Portiere." ripeté Harry, ben deciso a ricordare tutto. "E giocano con la Pluffa. Va bene, questo l'ho capito. E le altre a che cosa servono?" chiese indicando le tre palle rimaste nella scatola.

"Ora te lo faccio vedere." disse Baston. "Prendi questa."

Porse a Harry una piccola mazza, che assomigliava proprio a una mazza da baseball.

"Ora vi faccio vedere a che cosa servono i Bolidi." disse Baston. "I Bolidi sono questi due."

E mostrò ai ragazzi due palle identiche, nere come l'inchiostro e leggermente più piccole della Pluffa rossa. Honey notò che sembravano volersi liberare dalle cinghie che le tenevano ferme nella scatola.

"State indietro." li avvertì Baston.

Si chinò e ne liberò una. La palla nera schizzò in aria all'istante, altissima, e poi si diresse dritta dritta verso la faccia di Harry. Lui la colpì con la mazza per cercare di impedirle di rompergli il naso, e la rilanciò zigzagando in aria; la palla vorticò sopra le loro teste e poi si diresse su Baston, che ci si tuffò sopra e riuscì a inchiodarla al suolo.

"Vedete?" disse ansimando Baston, che rimetteva a fatica il Bolide dentro la scatola legandolo saldamente. "I Bolidi schizzano da una parte all'altra cercando di disarcionare i giocatori dalla scopa. Ecco perché ci sono due Battitori per squadra - i nostri sono i Weasley - per proteggere i loro compagni di squadra dai Bolidi, e dirottarli contro l'altra squadra. Allora... pensi di aver capito tutto?"

"Tre Cacciatori cercano di segnare con la Pluffa; il Portiere difende i pali della porta; i Battitori tengono i Bolidi lontani dalla squadra." snocciolò Harry a memoria.

"Molto bene. Tu hai capito?" disse Baston a Honey.

Lei annuì. Non era poi così complicato, alla fine.

"E... senti: i Bolidi hanno mai ammazzato qualcuno?" chiese Harry sperando di mantenere un tono disinvolto.

"A Hogwarts, mai. Abbiamo avuto un paio di mascelle rotte, ma niente di più. Ora, l'ultimo componente della squadra è il Cercatore, e quello sei tu. E tu non devi preoccuparti né della Pluffa né dei Bolidi..."

"Sempre che non mi spacchino la testa..."

"Non devi preoccuparti, i Weasley sono più che all'altezza dei Bolidi... voglio dire... sono due Bolidi in forma umana."

"Non posso che darti ragione." disse Honey.

Baston pescò dentro la cassa e tirò fuori la quarta e ultima palla. A confronto con la Pluffa e i Bolidi era piccola, delle dimensioni di una grossa noce. Era d'oro lucente e aveva due tremule alucce d'argento.

"Questo." disse Baston. "È il Boccino d'Oro."

"Fammi indovinare." lo interruppe Honey. "È la palla più importante di tutte."

"Precisamente." commentò Baston. "È molto difficile prenderla perché è velocissima e non si distingue bene. Compito del Cercatore è acchiapparla. Tu, Harry, devi muoverti a zigzag tra Cacciatori, Battitori, Bolidi e Pluffa per prendere il Boccino prima del Cercatore dell'altra squadra, perché chi lo prende per primo fa guadagnare alla sua squadra altri centocinquanta punti, e quindi la squadra vince quasi sempre. Ecco perché ai Cercatori vengono fischiati tanti falli. Una partita di Quidditch termina soltanto quando il Boccino viene acchiappato, e quindi può andare avanti per intere settimane... Mi pare che il record sia stato di tre mesi, e hanno dovuto fare continue sostituzioni perché i giocatori potessero riposarsi un po'. Questo è tutto. Domande?"

Harry e Honey scossero la testa. Harry aveva capito molto bene quel che doveva fare, e il problema stava proprio nel farlo. Honey, invece, pensava che per lui non sarebbe stato poi così difficile, una volta allenatosi un po'.

"Per stasera, non ci alleneremo con il Boccino." disse Baston riponendolo con cura nella cassa; "È troppo buio e potremmo perderlo. Proviamo con qualcuna di queste."

Tirò fuori da una tasca un sacchetto di comuni palle da golf e, pochi minuti dopo, lui e Harry volteggiavano in aria, con Baston che tirava le palle da golf il più forte possibile in ogni direzione perché Harry le prendesse, mentre Honey si godeva lo spettacolo dal basso. Harry non ne mancò neanche una e Baston era... al settimo cielo. Mezz'ora dopo, s'era fatto buio pesto e dovettero smettere di giocare.

"La Coppa del Quidditch porterà il nostro nome, quest'anno." disse Baston felice mentre arrancavano verso il castello. "Non mi sorprenderebbe che tu diventassi più bravo di Charlie Weasley, e lui avrebbe potuto giocare per la nazionale, se non se ne fosse andato a caccia di draghi." poi si rivolse a Honey. "Tu come te la cavi con il volo?"

Lei aprì la bocca, ma la richiuse senza dire niente. Poi alzò le spalle. "Non ne ho idea." disse. "A causa dell'infortunio di Neville non ho ancora mai avuto una vera lezione."

"Ma ti interessa questo sport, hai detto."

"Sì, è vero. Mi piace, ma non so se lo giocherò mai, nonostante vorrei provare. Diciamo che, prima, mi piacerebbe vedere come me la cavo a volare."

 

****

 

La risposta alla domanda 'Come se la cava Honey nel volo?' arrivò a malapena dopo una settimana. Era un sabato pomeriggio e la ragazza aveva deciso di uscire un po' nel parco per suonare il suo violino, dato che non lo faceva da prima della sua partenza. Volendo provare qualcosa di diverso, però, chiese a Harry se poteva prestarle la sua Nimbus, spiegandogli cosa aveva in mente e promettendogli di fare attenzione. Harry accettò a patto che potesse ascoltarla suonare; così, dopo aver preso la Nimbus e il violino, si diressero nel parco, fermandosi sotto un albero vicino al Lago Nero. Harry spiegò brevemente a Honey come alzarsi in volo rimanendo a un metro da terra, poi la ragazza tirò fuori il violino dalla sua custodia, lo accordò e si mise a cavallo della Nimbus. Si diede una leggera spinta con i piedi, tenendo in una mano violino e archetto mentre l'altra era saldamente stretta attorno al manico della scopa. Una volta stabilizzatasi a circa un metro da terra si voltò verso Harry.

"Tranquillo." gli disse mentre lasciava la presa sulla scopa e si preparava a suonare. "Sono stabile, ho capito come funziona. Non cadrò, puoi sederti."

Harry le diede ascolto e si sedette, appoggiando la schiena al tronco dell'albero alle sue spalle. Honey si guardò intorno per qualche secondo, osservando i pochi ragazzi che, come loro, erano all'aperto; poi si distanziò un po' da Harry e si concentrò sul violino e sui suoni che aveva intorno a sè, chiudendo gli occhi. Sapeva fosse un azzardo, non avendo mai volato prima, ma sapeva anche che Harry le avrebbe impedito di farsi male. Così fece un lieve sospiro e si lasciò andare, cominciando a riprodurre una musica babbana che aveva sentito alla radio. Se non ricordava male si chiamava 'Nothing Else Matters' ed era di un gruppo chiamato Metallica. Non sapeva perchè le fosse venuta in mente proprio quella, ma non se ne preoccupò, dopotutto le piaceva quella canzone. Si estraniò dal mondo intorno a lei, concentrandosi sulla canzone. Non si accorse degli altri ragazzi che si erano voltati a guardarla, nè di Harry che la chiamava. Tantomeno si accorse di non essere più a un metro da terra, ma di stare volando, lentamente, a una considerevole altezza in giro per il parco, spandendo la musica in ogni direzione. Aveva attirato persino l'attenzione di alcune persone all'interno del castello, studenti e fantasmi, che si trovavano vicino all'ingresso o alle finestre che si affacciavano nella sua direzione. Erano tutti incantati e increduli. Non si vedeva tutti i giorni, infatti, una ragazzina volare a occhi chiusi mentre suonava il violino, incurante di dove stesse andando.

Harry la stava seguendo a piedi, e si era accorto che la scopa si stava dirigendo verso il campo da Quidditch dove, in quel momento, si stava allenando la squadra di Serpeverde, e aveva già capito che stavano per esserci dei problemi. In quel momento, infatti, Marcus Flitt, il capitano della squadra Serpeverde, si voltò verso Honey e le lanciò contro la Pluffa con tutta la forza che aveva, nell'esatto momento in cui lei smise di suonare e tornò alla realtà. Non le ci volle molto per capire di non essere più a un metro da terra e ringraziò mentalmente Harry quando, urlando, la avvertì della Pluffa in arrivo. Si spostò appena in tempo, lanciando un'occhiataccia a Flitt, prima di tenersi stretta al petto il violino e di lanciarsi all'inseguimento della Pluffa, che riuscì a prendere senza troppa difficoltà qualche metro più in basso. Comprese subito perchè Harry si sentisse così bene quando volava: era davvero liberatorio. Si risollevò in aria tenendo in una mano la Pluffa e sotto l'altro braccio il violino, con la mano che impugnava l'archetto stretta attorno al manico della Nimbus. Una volta stabilizzatasi di nuovo, si voltò verso Flitt.

"Ti si è fuso il cervello, pezzo di cretino?" gli urlò contro, infuriata. "Avresti potuto distruggermi il violino!"

"Noi, qui, ci stiamo allenando, ragazzina!" sbraitò lui in risposta. "Non abbiamo bisogno di te che ci distrai."

Lei assottigliò lo sguardo, passandolo su ogni componente di quella squadra. "Ti prego." gli disse, sprezzante. "Non dirmi che durante le partite c'è silenzio, perchè non ci crederei nemmeno se fossero giocate e viste da sordomuti. O da morti."

"Stavi comunque per invadere il campo!" rispose lui con lo stesso tono. "E uno stupido violino non vale quanto il tempo del nostro allenamento. Ora ridammi la Pluffa!"

A quelle parole, qualcosa scattò nella mente della ragazza. Quello era qualcosa che non poteva perdonargli: il violino era tutto ciò che le rimaneva di suo nonno, morto cinque anni prima e che le aveva fatto conoscere il mondo della musica facendola appassionare e donandole, appunto, il violino che era appartenuto a lui. Il suo violino era sacro, e nessuno poteva permettersi nemmeno di sfiorarlo senza il suo permesso, figuriamoci tentare di distruggerlo.

"Rivuoi la tua Pluffa?" mormorò abbastanza forte da farsi sentire. "Te la do io, la tua Pluffa."

Calcolò la distanza che separava lei, Flitt, il resto della squadra e gli anelli, si diede della pazza suicida con il pensiero per ciò che le era venuto in mente di fare, strinse meglio la presa su archetto, Pluffa e violino, e partì dirigendosi spedita verso Flitt. Lo schivò all'ultimo lasciandolo fermo a imprecare dietro di lei, mentre gli altri componenti della squadra le si lanciavano addosso. Schivò anche loro, andando dritto verso gli anelli e lanciando la Pluffa in quello di mezzo. Appurato di averlo centrato, si voltò verso Flitt.

"Forse è meglio che vi alleniate, hai ragione." disse schernendolo. "Dopotutto dubito che i giocatori delle altre squadre si facciano battere da un'undicenne che vola per la prima volta." poi si abbassò di quota fino ad atterrare accanto a un Harry con la bocca spalancata, che teneva in mano la custodia del suo violino, mentre Flitt, alle sue spalle, fumava di rabbia.

Fu in quel momento che si accorse della folla che la osservava. Non c'era solo Harry, ma anche Ron, Hermione, i gemelli che le sorridevano e molti altri ragazzi appartenenti a tutte e quattro le case. Per non parlare della persona che la fissava immobile davanti a lei, mortalmente pallida, facendola pietrificare. Ora si spiegavano anche lo strano silenzio che li permeava e le emozioni contrastanti che la stavano colpendo.

"Professoressa McGranitt!" esclamò sorpresa e a disagio Honey, senza sapere bene cosa dire.

La ragazza, infatti aveva sgranato gli occhi stupita, non aspettandosi di vederla lì, men che meno di vedere tutti quei ragazzi. Senza considerare il fatto che non sapeva nemmeno come fosse finita vicino al campo da Quidditch o perchè ci fosse tutta quella gente. Guardò Harry in cerca di una spiegazione, ma lui era ancora sconvolto da ciò che era appena successo. Prima che la McGranitt potesse dire qualcosa, però, Baston uscì dal gruppo di ragazzi con uno sguardo infervorato e le si avvicinò.

"Sei stata fantastica!" esclamò fermandosi con il volto a una spanna dal suo.

"Eh?" mormorò lei, non capendo. "Di cosa parli?"

Lui la guardò confuso. "Come di cosa parlo? Di quello che hai appena fatto!"

Lei guardò gli altri in cerca di una spiegazione che, però tardava ad arrivare. Così si rivolse direttamente alla McGranitt che stava lentamente riprendendo il suo colorito normale.

"Professoressa..." mormorò piano. "Credo di non capire."

Per la seconda volta, però, le fu impedito di rispondere.

"Vedi, sorellina." disse Fred cominciando finalmente a spiegare. "Noi." indicò il gruppo di studenti alle sue spalle. "Eravamo al castello quando abbiamo sentito la musica del tuo violino e siamo usciti per vedere da dove provenisse."

"Immagina la nostra sorpresa quando ci siamo resi conto che tu stavi svolazzando ad occhi chiusi a diversi metri d'altezza, in giro per il parco, suonando il violino come se fossi nella tua camera." continuò George. "Perchè non ci hai detto che volavi così bene? È grandioso!" domandò.

"Perchè non lo sapevo." disse Honey grattandosi il retro del collo mentre tentava di fare mente locale. "Aspettate un attimo." li bloccò prima che potessero continuare, mettendo entrambe le mani avanti che stringevano ancora archetto e violino. "Io facevo COSA?" quasi urlò, incredula, prima di voltarsi verso Harry. "Perchè diamine non mi hai fermata?"

Lui chiuse, finalmente, la bocca e alzò le mani in segno di resa. "Ci ho provato, ma sembrava che non mi sentissi."

Lei chiuse gli occhi, dandosi mentalmente dell'idiota. "Certo che non ti sentivo, perchè quando suono il mondo esterno sparisce." spiegò. "Non mi sono neanche resa conto di essermene andata in giro per il parco."

"Poi Harry ha urlato e la McGranitt è corsa fuori giusto in tempo per vedere te che schivavi la Pluffa di Flitt, ti tuffavi in picchiata per riprenderla e il numero che hai fatto per restituirgliela. Abbiamo anche sentito quello che vi siete detti." aggiunse Fred, spiegando la presenza della professoressa.

Ops. Ora la McGranitt mi uccide. Pensò la ragazza voltandosi a guardare l'insegnante, che adesso stava passando lo sguardo da lei a Harry, a Baston e alla squadra di Serpeverde ancora in sella alle sue scope. Sembrava che stesse rimuginando su qualcosa.

"Tornate tutti al castello!" ordinò infine. "Anche voi, sì." disse rivolta alla squadra di Serpeverde. "E dieci punti in meno a Serpeverde per la tua bravata, Flitt. La signorina Price avrebbe potuto farsi molto male se l'avessi colpita. Price aspetta." fermò la ragazza prima che potesse rientrare e la osservò. "Stai bene?" le chiese.

"Sì, professoressa." rispose Honey, stranita. Non si aspettava quella domanda, ma era sincera; dopotutto la Pluffa l'aveva mancata.

"Vorrei che tu prendessi in considerazione l'idea di entrare nella squadra di Grifondoro come Cacciatrice."

"Come, scusi?" chiese Honey. "Sta scherzando?"

"Nient'affatto. Hai lo stesso talento del signor Potter e credo che saresti molto utile nella squadra. Credo che anche Baston sia d'accordo, a giudicare da come ha reagito prima." le fece notare con uno strano scintillio negli occhi. "Ne parlerò con il Preside, se sei d'accordo."

Honey ci pensò su qualche secondo, poi annuì inebetita. Non riusciva a crederci. E dire che pensava che sarebbe stata punita.

"Perfetto." continuò la McGranitt facendole un sorriso. "Mi occuperò di farti avere una scopa come quella di Potter, ma dovrai impegnarti."

"Certo professoressa, ci conti." acconsentì lei, prima di correre verso il castello.

 

****

 

Forse per tutte le cose che aveva da fare, con gli allenamenti di Quidditch tre sere a settimana oltre alla gran quantità di compiti, Honey stentava a credere che fossero passati quasi due mesi da quando era arrivata a Hogwarts. Al castello si sentiva come a casa sua, tanto quanto con i suoi genitori adottivi. Inoltre gli allenamenti con Harry erano uno spasso, Baston era stato contentissimo quando lo aveva saputo; per non parlare dei gemelli, che non perdevano mai l'occasione di ricordare a tutti come aveva battuto i Serpeverde. Senza contare il fatto che, ormai, tutti si erano abituati a sentirla suonare in giro per il castello o nel parco, ed erano stati in molti a complimentarsi con lei chiedendole di continuare a farlo. A quanto pare ascoltarla era un buon modo per rilassarsi, secondo loro. Anche le lezioni stavano cominciando a diventare sempre più interessanti, ora che avevano imparato a padroneggiare le nozioni fondamentali.

La mattina di Halloween fu Hermione a svegliarla, a causa di un incubo che stava facendo. Mentre percorrevano i corridoi per andare a lezione si accorsero del profumo delizioso di zucca al forno che aleggiava intorno a loro ed entrambe non videro l'ora che arrivasse il momento di andare a cena, immaginando le prelibatezze che avrebbero mangiato.

Inoltre, durante la lezione di Incantesimi, il professor Vitious aveva annunciato che li riteneva pronti a far volare gli oggetti, una cosa che morivano dalla voglia di provare fin da quando gli avevano visto far girare vorticosamente per la classe il rospo di Neville.

Per l'esercitazione, il professor Vitious divise la scolaresca in coppie. Il compagno di Harry fu Seamus Finnigan (il che fu un sollievo per lui, dato che Neville aveva già cercato di cavargli un occhio). Ma a Ron toccò Hermione Granger. Era difficile dire chi dei due fosse più scontento della cosa. Lei non aveva più rivolto la parola a nessuno dei due dal giorno in cui era arrivato il manico di scopa di Harry. Honey, invece, (con cui Hermione parlava ancora) era in coppia con Dean Thomas e non le dispiaceva. Era un ragazzo simpatico ed era un nato babbano, cosa che li accomunava, in un certo senso. Non che a uno dei due importasse poi molto, in realtà. Semplicemente potevano parlare di cose babbane senza preoccuparsi di spiegare anche quelle più elementari.

"Non dimenticate quel grazioso movimento del polso che ci siamo esercitati a ripetere!" strillò il professor Vitious, arrampicato, come al solito, sopra la sua pila di libri. "Agitare e colpire, ricordate, agitare e colpire. Un'altra cosa molto importante è pronunciare correttamente le parole magiche... Non dimenticate mai il Mago Baruffio che disse "s" invece di "z" e si ritrovò steso a terra con un orso sopra il petto."

Era molto difficile. Harry e Seamus agitarono e colpirono, ma la piuma che avrebbero dovuto mandare verso l'alto era sempre lì sopra il banco. L'impazienza di Seamus fu tale che il ragazzo la stuzzicò con la bacchetta magica e le appiccò fuoco... e Harry dovette spegnerlo con il cappello facendo ridere Honey. Anche a Dean risultava difficile, mentre lei non ci aveva ancora provato. Ripetè nella sua mente l'incantesimo mentre riproduceva il movimento del polso che gli aveva insegnato il professor Vitious, poi fissò l'attenzione sulla sua piuma escludendo i rumori esterni.

"Wingardium Leviosa." mormorò muovendo la bacchetta.

La sua piuma prese a sollevarsi verso l'alto sotto lo sguardo di tutta la classe, rimanendo sospesa a circa un metro e mezzo sopra la sua testa.

"Molto bene." si complimentò il professor Vitious. "La signorina Price ci è riuscita, vedete?"

Ron, nel banco accanto, riprese a provare, ma non aveva molta fortuna.

"Wingardium Leviosa!" gridò agitando le lunghe braccia come un mulino a vento.

"No. Fermo, fermo fermo. Così caverai l'occhio a qualcuno." lo bloccò Hermione facendo chiudere gli occhi per un secondo a Honey. Ron non sarebbe stato paziente quanto lei. "Per di più sbagli pronuncia. È Leviòsa, non Leviosà."

"Fallo tu, visto che sei una sapientona!" la rimbeccò Ron.

Hermione si rimboccò le maniche della tunica, agitò la bacchetta magica e disse: "Wingardium Leviosa!"

La piuma si sollevò dal banco e rimase sospesa in aria a circa un metro e mezzo sopra le loro teste, affiancando quella di Honey che non aveva ancora cessato l'incantesimo.

"Molto bene!" gridò il professor Vitious battendo le mani. "Avete visto? Anche miss Granger c'è riuscita!"

Alla fine della lezione Ron era di pessimo umore.

"Non c'è da stupirsi che nessuno la sopporti." disse a Harry e Honey mentre si facevano largo nel corridoio sovraffollato. "Quella ragazza è un incubo, parola mia!"

Harry si sentì battere su una spalla da qualcuno che lo superò. Era Hermione. Le intravide il volto... e si rese conto con stupore che era in lacrime.

"Credo che ti abbia sentito." disse a Ron.

"E allora?" rispose lui, ma aveva l'aria un po' imbarazzata. "Deve essersi resa conto che non ha amici."

Honey gli diede uno scappellotto sulla nuca, facendolo gemere. "Pezzo di cretino." gli disse. "Non hai la minima idea di cosa significhi la parola tatto. E lei ha un'amica: io." poi si allontanò seguendo Hermione.

La raggiunse solo quando entrarono nel bagno delle femmine e cercò di calmarla, ma Hermione non la smetteva di piangere.

"Ron è un cretino, lascialo perdere." le disse.

"Non è solo lui. Lo pensano tutti che sono una terribile so-tutto-io." rispose Hermione continuando a piangere. "Pensano che sono insopportabile."

"E tu lasciali pensare. Ti piace studiare, non vedo dove sia il problema. Anche a me piace."

"Sì, ma tu piaci a tutti." le fece notare la riccia.

"Forse la differenza sta nel fatto che non mi vanto con le altre persone di quello che so." cercò di spiegarle gentilmente. "Ne avevamo già parlato, ricordi?"

Hermione annuì e Honey la abbracciò.

"Andiamo a lezione?" le chiese sciogliendo l'abbraccio.

"Vai tu. Io ti raggiungo." rispose Hermione.

Ma entrambe sapevano che non si sarebbe presentata a nessuna delle lezioni del pomeriggio perchè aveva bisogno di stare sola. Mentre si avviavano verso la Sala Grande per la festa di Halloween, Honey raccontò a Harry e Ron che Hermione stava ancora piangendo nel bagno delle femmine e voleva essere lasciata in pace. A questa notizia, Ron si sentì ancora più imbarazzato, ma un attimo dopo erano nella Sala Grande, dove le decorazioni per Halloween fecero loro dimenticare Hermione.

Un migliaio di pipistrelli si staccò in volo dalle pareti e dal soffitto, mentre un altro migliaio sorvolò i tavoli in bassi stormi neri, facendo tremolare le candele dentro le zucche. Le pietanze del banchetto apparvero all'istante nei piatti d'oro, come era avvenuto per il banchetto di inizio anno.

Honey si stava servendo le patatine fritte, quando il professor Raptor entrò nella sala di corsa, con il turbante di traverso e il terrore dipinto in volto. Tutti gli sguardi erano puntati su di lui mentre si avvicinava alla sedia del professor Silente, inciampava sul tavolo e con un filo di voce diceva: "Un Troll... nei sotterranei... pensavo di doverglielo dire."

E si accasciò a terra svenuto.

Nacque un tumulto. Ci vollero diversi petardi viola della bacchetta magica del professor Silente per ripristinare il silenzio.

"Prefetti!" tuonò, "Riportate immediatamente i ragazzi nei rispettivi dormitori. Immediatamente!"

Percy era nel suo elemento. "Seguitemi! Voi del primo anno, rimanete uniti. Non avete ragione di temere il Troll se seguite i miei ordini. Fate largo, passano quelli del primo anno. Scusate, scusate, sono un prefetto."

"Ma come ha fatto a entrare un Troll?" chiese Harry mentre salivano le scale.

"Non chiederlo a me. Si dice che siano esseri veramente stupidi." disse Ron. "Forse è stato Pix, per fare uno scherzo di Halloween."

"Ne dubito." disse Honey. "Persino Pix ha un limite, anche se non so quale sia."

Incontrarono vari gruppi di ragazzi che si affrettavano in direzioni diverse.

Come furono riusciti a farsi largo a spintoni tra una folla di Tassorosso agitatissimi, all'improvviso Honey si fermò facendo voltare gli altri due.

"Hermione!" esclamò con il panico negli occhi.

"Che cosa le è successo?" chiese Ron.

"Non sa del Troll." capì Harry.

"Io vado a cercarla." disse Honey riprendendo il controllo.

Ron si morse il labbro.

"E va bene!" esclamò. "Ma è meglio che Percy non ci veda."

Piegandosi velocemente, si confusero col gruppo dei Tassorosso che andavano nella direzione opposta, sgattaiolarono verso un corridoio laterale deserto e spiccarono una corsa verso il bagno delle femmine. Avevano appena svoltato l'angolo, quando udirono dei passi rapidi dietro di loro.

"Percy." sibilò Ron spingendo Harry e Honey dietro a un grosso grifone di pietra.

Tuttavia, guardando meglio, non videro Percy, bensì Piton, il quale attraversò il corridoio e sparì dalla vista.

"Che cosa diavolo sta facendo?" sussurrò Harry. "Perché non è giù nei sotterranei con gli altri insegnanti?"

"E che ne so io."

"E chissenefrega." aggiunse Honey.

Purtroppo, però, gli altri due gli andarono dietro, così lei fece lo stesso alzando gli occhi al cielo; percorsero furtivi il corridoio successivo, il più silenziosamente possibile, seguendo l'eco dei passi di Piton che si andavano affievolendo.

"Si sta dirigendo al terzo piano." disse Harry, ma Ron gli prese la mano, bloccandolo.

"Non sentite uno strano odore?"

Honey annusò l'aria e le giunse alle narici un orrendo fetore, un misto di calzini sporchi e di gabinetto pubblico non pulito da tempo.

E poi lo udirono: un cupo grugnito e i passi strascicati di piedi giganteschi; all'estremità di un passaggio sulla sinistra, qualcosa di enorme avanzava verso di loro. Si ritirarono in ombra e lo stettero a guardare mentre si ergeva da una pozza di luce lunare.

Fu una visione orripilante. Alto più di tre metri, aveva la pelle di un color grigio granito senza sfumature, il corpo bitorzoluto come un sasso, con in cima una testa piccola e glabra, come una noce di cocco. Le gambe erano corte e tozze come tronchi d'albero e i piedi piatti e ricoperti di corno. L'odore che emanava da quella creatura era incredibile. Aveva in mano un'immensa clava di legno che strascinava per terra per via delle braccia troppo lunghe.

Il Troll si fermò vicino a una porta e guardò dentro. Agitò le lunghe orecchie cercando, con la sua mente limitata, di prendere una decisione; poi, con andatura goffa e lenta, entrò.

"Ragazzi..." mormorò Honey atterrita, il volto bianco come un cencio.

"La chiave è nella toppa." bisbigliò Harry ignorandola. "Potremmo chiuderlo dentro."

"Buona idea." disse Ron nervoso.

"Ragazzi..." ripetè piano lei.

Gli altri due, strisciando lungo il muro, raggiunsero la porta, che era aperta; avevano la bocca secca e pregavano in cuor loro che il Troll non avesse deciso di uscire. Con un grande balzo, Harry riuscì ad afferrare la chiave, chiuse la porta e la sprangò.

"Ecco fatto!"

Tutti ringalluzziti dalla vittoria, risalirono di corsa il passaggio ma Honey li bloccò.

"Ragazzi!" esclamò perentoria, con voce preoccupata, attirando finalmente la loro attenzione. "Che razza di idioti siete? Quello è il bagno delle femmine!"

In quel momento udirono qualcosa che raggelò loro il sangue nelle vene: un acuto grido di terrore, che proveniva dalla stanza che avevano appena chiuso a chiave.

"Oh, no!" esclamò Ron pallido come il fantasma del Barone Sanguinario.

"Hermione!" esclamarono a una sola voce.

Fecero dietrofront, ripercorsero all'impazzata il corridoio fino alla porta e girarono la chiave, annaspando per il panico. Honey la spalancò, tesa, e tutti e tre si precipitarono dentro.

Hermione Granger stava rannicchiata contro la parete opposta e aveva tutta l'aria di essere sul punto di svenire. Il Troll avanzava verso di lei e, nella sua marcia, strappava via dal muro i lavandini.

"Maledizione!" esclamò Harry disperato rivolto a Honey e Ron, e afferrato un rubinetto, lo scagliò con tutta la forza che aveva contro la parete.

Il Troll si fermò a pochi metri da Hermione. Si girò goffamente, sbattendo gli occhi con espressione ottusa per vedere che cosa avesse provocato quel rumore. I suoi occhietti malvagi videro Harry. Esitò, poi decise di dirigersi verso di lui, cosa che fece brandendo la clava.

"Ehi, tu, cervello di gallina!" gridò Ron dal lato opposto della stanza, scagliandogli contro un tubo di metallo. Sembrò che il Troll non si fosse neanche accorto del corpo contundente che lo aveva colpito alla spalla, ma che avesse udito il grido; si fermò di nuovo, volgendo ora il suo grugno orrendo verso Ron, e dando così il tempo a Honey di aggirarlo.

"Dai, corri, corri!" gridò Honey a Hermione, cercando di tirarla verso la porta. Ma la ragazza era paralizzata, incollata al muro, con la bocca spalancata per il terrore.

Le grida e il frastuono sembrarono rendere furioso il Troll. Emise un altro barrito poderoso e si avviò veloce in direzione di Ron che era il più vicino e non aveva vie di scampo.

A quel punto, Harry fece una cosa al tempo stesso molto coraggiosa e molto stupida: presa la rincorsa, spiccò un salto e cercò di aggrapparsi al collo del Troll, cingendolo con le braccia da dietro.

Il Troll non si accorse che Harry gli si era attaccato; ma non poté ignorare il pezzo di legno che gli venne infilato su per il naso. Quando Harry aveva spiccato il salto aveva la bacchetta magica in mano, e quella si era introdotta in una delle narici del bestione.

Ululando di dolore, il Troll cominciò a roteare la sua clava e a menar colpi, con Harry sempre aggrappato alla schiena che cercava di vendere cara la pelle; da un momento all'altro, avrebbe potuto scrollarselo di dosso o assestargli una tremenda mazzata con la clava.

Hermione, terrorizzata, si era accasciata al suolo, ma Honey riuscì a spostarla un attimo prima che la clava la colpisse; Ron tirò fuori la bacchetta magica e, senza sapere neanche che cosa avrebbe fatto, udì la propria voce gridare il primo incantesimo che gli veniva in mente: "Wingardium Leviosa!"

La clava sfuggì improvvisamente dalle mani del Troll, si sollevò in aria, in alto, sempre più in alto, poi lentamente invertì direzione e ricadde pesantemente sulla testa del suo proprietario, con uno schianto assordante. Il Troll vacillò e poi cadde a muso avanti con un tonfo che fece tremare tutta la stanza.

Harry si rimise in piedi, così come Honey che era stata sbalzata via dal colpo del Troll. Tremavano e gli mancava il fiato. Ron era lì, immobile, con la bacchetta ancora alzata, a contemplare il proprio operato.

La prima a parlare fu Hermione. "E'... morto?"

"Non credo." disse Harry. "Credo che lo abbiamo semplicemente messo K.O.." si chinò sul mostro e gli estrasse la bacchetta dal naso. Era coperta di una sostanza che sembrava una colla grigia tutta grumi. "Puah! Caccole di Troll!" e ripulì la bacchetta sui calzoni del bestione.

"RAZZA DI IMBECILLE!!" urlò Honey contro Hermione, spaventandola. "PERCHÈ DIAMINE SEI RIMASTA QUI?" nonostante la sovrastasse a causa del fatto che Hermione fosse ancora per terra, Honey non era arrabbiata; si era preoccupata da morire quando aveva saputo del Troll e la sua amica non era tornata. Quello era solo un modo per sfogare le sue emozioni.

Un improvviso sbattere di porte e un gran rumore di passi obbligarono tutti e quattro ad alzare lo sguardo. Non si erano resi conto di quale e quanto baccano avessero fatto, ma naturalmente, di sotto, qualcuno doveva aver sentito il frastuono e i barriti. Un attimo dopo, la professoressa Mcgranitt faceva irruzione nel locale, seguita da Piton e da Raptor che chiudeva il terzetto. Raptor lanciò un'occhiata al Troll, emise un flebile gemito e si sedette rapidamente su una tazza del gabinetto tenendosi una mano premuta sul cuore.

Piton si chinò sul mostro. La Mcgranitt guardava i ragazzi. Honey non l'aveva mai vista tanto arrabbiata. Aveva le labbra livide. La speranza di Harry e Ron di guadagnare cinquanta punti per i Grifondoro svanì all'istante.

"Che cosa diavolo credevate di fare?" chiese la Mcgranitt con una furia glaciale nella voce. Harry guardò Ron, che stava ancora con la bacchetta sospesa in aria, poi Honey che si teneva un braccio contro il corpo ancora incombente su Hermione, come per continuare la sua sfuriata. "Avete corso il rischio di venire ammazzati. Perché non eravate nel vostro dormitorio?"

Piton lanciò a Harry uno sguardo rapido e penetrante, prima di osservare Honey dalla testa ai piedi. Harry abbassò il suo a terra, mentre Honey continuava a non cambiare posizione. Entrambi, però, avrebbero voluto che Ron mettesse giù quella bacchetta magica.

Poi si sentì una vocina flebile. "La prego, professoressa Mcgranitt... erano venuti a cercare me."

"Signorina Granger!"

Finalmente, Hermione era riuscita a mettersi in piedi.

"Ero andata in cerca del Troll perché... perché pensavo di essere in grado di affrontarlo da sola... perché... sa... ho letto tutto sull'argomento."

A Ron cadde la bacchetta di mano. Hermione Granger che mentiva sfacciatamente a un insegnante!

"Se non mi avessero trovato, sarei morta. Harry gli ha infilato la bacchetta nel naso distraendolo, mentre Honey gli impediva di colpirmi e Ron l'ha steso con un colpo della sua stessa clava. Non hanno avuto il tempo di andare a chiamare nessuno. Quando sono arrivati, il Troll stava per uccidermi."

Harry e Ron cercarono di darsi l'aria di sapere tutto da prima. Honey rimase esattamente nel punto in cui era prima, senza muovere un muscolo. La sua espressione da 'adesso ti faccio a fette, mi hai fatto prendere un colpo brutta idiota.' doveva essere piuttosto chiara.

"Be'... in questo caso..." disse la Mcgranitt guardandoli tutti e quattro. "Signorina Granger, piccola incosciente, come hai potuto pensare di affrontare da sola un Troll di montagna?"

Hermione chinò la testa. Honey era senza parole: Hermione era l'ultima persona al mondo capace di infrangere una regola, ed eccola là, a fingere di averlo fatto, per scagionare loro. Era come se Piton avesse cominciato a distribuire caramelle.

"Signorina Granger, per questo a Grifondoro verranno tolti dieci punti." disse la professoressa Mcgranitt. "Mi hai molto delusa. Se non sei ferita, torna immediatamente alla torre di Grifondoro. Gli studenti stanno finendo di festeggiare Halloween nei rispettivi dormitori."

Hermione strinse la mano libera a Honey e uscì.

La professoressa Mcgranitt si rivolse a Harry, Honey e Ron. "Bene, torno a dire che siete stati fortunati, ma non molti allievi del primo anno avrebbero saputo tenere testa a un Troll di montagna così grosso. Vincete cinque punti ciascuno per Grifondoro. Il professor Silente ne sarà informato. Potete andare."

"Un momento." disse Piton, facendoli gelare sul posto. "La signorina Price va portata in infermeria." continuò attirando l'attenzione sulla ragazza, che sgranò gli occhi non pensando che qualcuno si fosse accorto che fosse stata ferita.

"Sei ferita, Price?" domandò la McGranitt analizzandola e fermando la sua attenzione sul braccio che teneva fermo con l'altra mano.

"È solo un taglio, professoressa. Niente di grave." rispose la ragazza.

"Tuttavia dev'essere medicato, perciò ti accompagno in infermeria mentre i tuoi compagni torneranno al dormitorio. Andiamo."

Harry e Ron corsero via dopo averle rivolto uno sguardo e Honey seguì la McGranitt lungo i corridoi fino ad arrivare in infermeria.

"Madama Chips." chiamò la professoressa non appena entrarono.

La guaritrice uscì dal suo ufficio e si avvicinò squadrando Honey. Sporca di polvere e calcinacci e bagnata d'acqua non doveva avere un bell'aspetto.

"Cos'è successo?" domandò loro.

Honey le mostrò il taglio sul braccio, poco sotto la spalla. "Mi sono tagliata e la professoressa mi ha portata qui perchè venissi medicata." mormorò.

"Santo cielo!" esclamò Poppy osservando la ferita. "Come te lo sei fatto?" il taglio era lungo diversi centimetri, perdeva sangue e bruciava da morire, ma Honey non si mosse quando lo esaminò.

"Diciamo che ci sono stati dei problemi in bagno e sono finita su della ceramica tagliente." spiegò semplicemente lanciando un'occhiata di sottecchi alla McGranitt ancora accanto a lei.

Non aveva spiegato ai professori come si fosse ferita, e non voleva che pensassero fosse colpa di Hermione.

Madama Chips la fece sedere su un lettino e andò a prendere l'occorrente per fasciarla.

"Sei stata molto coraggiosa a interporti fra il Troll e la tua amica." disse la McGranitt, sorprendendola.

Honey fece una smorfia. "Io direi, piuttosto, di essere stata egoista."

"E come mai?" domandò la McGranitt, osservandola.

Honey alzò le spalle. "Non volevo perdere qualcuno che amavo, non lo avrei sopportato, quindi ho fatto di tutto per impedirlo."

"Capisco." mormorò la professoressa.

 

****

 

Quando finirono di medicarla, la lasciarono tornare al dormitorio e lei corse via, fermandosi solo quando raggiunse il ritratto della Signora Grassa.

"Grugno di porco." disse, ed entrò.

La sala di ritrovo era gremita di gente e molto rumorosa. Tutti stavano mangiando le pietanze spedite su dalle cucine. Harry, Ron e Hermione erano vicino alla porta, e la aspettavano con dei piatti pieni di cibo in mano.

"Come stai?" le domandò Hermione prima ancora che potesse sedersi.

"Tranquilla, è solo un graffio. Madama Chips ha detto che potrò toglierla tra qualche giorno." rispose mostrando loro la benda che le ricopriva il braccio dal gomito alla spalla. "Allora..." aggiunse passando lo sguardo su tutti e tre. "Avete risolto le vostre stupide divergenze?"

Ci fu un silenzio pieno d'imbarazzo, nel quale i tre si osservarono, poi annuirono.

"Bene." disse Honey. "Perchè altrimenti ve le avrei fatte risolvere io."

E gli altri tre furono felici di averlo fatto, perchè quella sembrava proprio una minaccia.

Da quel momento, Hermione Granger divenne loro amica. Dopotutto era impossibile condividere certe avventure senza finire col fare amicizia, e mettere K.O. un Troll di montagna alto quattro metri è fra quelle.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. ***


All'inizio di novembre cominciò a fare molto freddo. Le montagne intorno alla scuola si tinsero di un grigio glaciale e il lago divenne una lastra di gelido metallo. Tutte le mattine il terreno era coperto di brina. Dalle finestre delle scale dei piani superiori si vedeva Hagrid intento a scongelare i manici di scopa nel campo da Quidditch, infagottato in un lungo pastrano di fustagno, guanti di pelo di coniglio ed enormi stivali foderati di castoro.

La stagione del Quidditch era iniziata. Quel sabato, Honey e Harry avrebbero giocato la loro prima partita dopo settimane di allenamento: Grifondoro contro Serpeverde. Se avesse vinto, il Grifondoro avrebbe rimontato la classifica, passando al secondo posto nel campionato dei dormitori.

Quasi nessuno li aveva visti giocare, perché Baston aveva deciso che, essendo le armi segrete della squadra, non si doveva sapere della loro presenza in campo. Ma non si sa come, la notizia che avrebbero giocato come Cacciatrice e Cercatore era trapelata, e loro non sapevano che cosa fosse peggio: sentirsi dire che si sarebbero certamente comportati da campioni o che qualcuno, a terra, avrebbe dovuto correre su e giù tenendogli sotto un materasso.

Era veramente una fortuna, per Harry, essere diventato amico di Hermione. Senza lei e Honey, non avrebbe saputo come fare con i compiti, visto che Baston imponeva alla squadra allenamenti frequenti con breve preavviso. La piccola Cacciatrice, infatti, non aveva troppi problemi con lo studio e ne approfittava per spiegargli insieme a Hermione le cose che non capiva. Inoltre gli aveva anche prestato il libro Il Quidditch attraverso i secoli, una lettura molto interessante che aveva già finito.

Grazie a quel libro impararono così che esistevano settecento modi di commettere un fallo a Quidditch, e che durante una partita di campionato mondiale, nel 1473, si erano verificati tutti quanti; che in genere i Cercatori erano i giocatori più piccoli e più veloci e che gli incidenti più gravi sembravano capitare proprio a loro; che sebbene i giocatori morissero di rado durante una partita di Quidditch, si aveva notizia di arbitri svaniti nel nulla e ricomparsi nel deserto del Sahara a distanza di mesi.

Da quando i tre ragazzi l'avevano salvata dal mostro, Hermione era diventata un po' meno rigida per quanto riguardava l'osservanza delle regole, il che la rendeva molto più simpatica, ricevendo l'approvazione di Honey che cercava di farli andare d'accordo dall'inizio dell'anno. La vigilia della prima partita di Harry e Honey, si trovavano tutti e quattro fuori nel cortile gelido, durante la ricreazione, e Hermione e Honey avevano fatto apparire per incanto un fuoco di un azzurro splendente, che si poteva trasportare tenendolo in un barattolo della marmellata. Ci si stavano scaldando tutti e quattro la schiena, quando Piton attraversò il cortile. Honey notò immediatamente che zoppicava. I ragazzi si strinsero intorno al fuoco per impedirne la vista; erano sicuri che fosse proibito.

Purtroppo, l'espressione colpevole che portavano dipinta in faccia attirò l'attenzione di Piton. Il professore venne avanti. Non aveva notato il fuoco, ma sembrava che stesse cercando un pretesto per rimproverarli.

"Che cosa nascondi là dietro, Potter?"

Era il volume Il Quidditch attraverso i secoli. Harry glielo mostrò.

"È proibito portare fuori dagli edifici scolastici i libri della biblioteca." disse Piton. "Dammelo. Cinque punti in meno per Grifondoro."

"Questa regola se l'è inventata." borbottò Harry risentito mentre Piton si allontanava zoppicando. "Mi chiedo che cosa si è fatto alla gamba."

"Non lo so, ma spero che gli faccia molto male." commentò Ron amareggiato.

Quella sera, la sala di ritrovo di Grifondoro era tutta un brusio di voci. Harry, Honey, Ron e Hermione sedevano insieme vicino a una finestra. Hermione stava correggendo i compiti di Incantesimi di Harry e Ron. Lei non avrebbe mai permesso che copiassero ('Altrimenti, come imparate?') ma chiedendole di correggerglieli, i due ragazzi riuscivano a ottenere comunque le soluzioni esatte. Per quella volta avevano deciso di lasciare fuori Honey, forse consapevoli del fatto che li avesse già aiutati per i compiti di Trasfigurazione, Difesa Contro le Arti Oscure e Pozioni.

Harry si sentiva irrequieto. Avrebbe voluto riavere Il Quidditch attraverso i secoli per distrarsi dal pensiero della partita dell'indomani, che lo rendeva nervoso. Ma perché mai doveva aver paura di Piton? Alzandosi, comunicò a Ron e a Hermione che intendeva andargli a chiedere di restituirglielo.

"Meglio te che io." dissero a una voce Ron e Hermione, ma Harry aveva idea che Piton non glielo avrebbe rifiutato, se alla richiesta fossero stati presenti altri insegnanti.

"Aspetta, vengo anch'io." disse Honey alzandosi. "Dopotutto il libro te l'ho prestato io."

Si recarono davanti alla sala dei professori e bussarono. Non ottennero risposta. Bussarono ancora. Niente. Chissà che Piton non avesse lasciato il libro là dentro? Valeva la pena tentare. Harry socchiuse la porta e sbirciò. Una scena orribile gli si parò davanti agli occhi. Honey si abbassò sulle ginocchia per spiare da dietro Harry.

Piton e Gazza erano nella stanza, soli. Piton si teneva il mantello sollevato al di sopra delle ginocchia. Aveva una gamba tutta maciullata e sanguinante. Gazza gli stava porgendo delle bende.

"Dannato coso." stava imprecando Piton. "Come si fa a tenere a bada tutte e tre le teste contemporaneamente?"

Harry cercò di chiudere la porta senza far rumore, ma...

"POTTER!"

Con il volto contorto dall'ira, Piton si abbassò rapidamente l'abito per nascondere la gamba. Harry inghiottì. Honey tirò mentalmente un sospiro di sollievo: Piton e Gazza non l'avevano vista.

"Mi chiedevo soltanto se potevo riavere indietro il mio libro." disse Harry, la voce quasi tremante per essere stato scoperto.

"ESCI FUORI! FUORI!"

Harry e Honey se ne andarono prima che Piton avesse il tempo di togliere altri punti a Grifondoro. Risalirono di corsa le scale.

"Ci siete riusciti?" chiese Ron quando li ebbero raggiunti. "Che cosa è successo?"

Bisbigliando a voce bassissima, Harry raccontò quel che avevano visto.

"Sapete che cosa significa questo?" chiese affannosamente alla fine. "Il giorno di Halloween, Piton ha cercato di eludere la sorveglianza del cane a tre teste! Ecco dove stava andando quando lo abbiamo visto... sta cercando di impadronirsi della cosa a cui il cane fa la guardia! E sono pronto a scommettere il mio manico di scopa che è stato lui a far entrare il Troll, per creare un diversivo!"

Hermione lo ascoltava con gli occhi sbarrati. Honey era riflessiva.

"Ti sbagli." disse la rossa.

"No... non lo farebbe mai." le diede man forte la castana. "Lo so, non è molto simpatico, ma non cercherebbe mai di rubare qualcosa che Silente tiene sotto stretta sorveglianza."

"Ma sentite un po', ragazze, credete davvero che tutti gli insegnanti siano dei santi, o roba del genere?" rimbeccò Ron. "Io sono d'accordo con Harry. Penso che Piton sia capace di tutto. Ma che cosa sta cercando? E a che cosa fa la guardia quel cane?"

"Non tutti gli insegnanti sono dei santi o roba del genere, Ron." disse Honey pensando al professor Raptor: per quanto sembrasse un tranquillo e docile insegnante a lei non piaceva. "Ma non credo che Piton sia una cattiva persona. Non penso andrebbe contro Silente." poi si alzò dirigendosi verso l'uscita della sala comune.

"E adesso dove vai?" domandò Harry guardandola stranito.

"A riprendermi il libro. Prima non mi hanno visto e voglio fare un tentativo." rispose lei.

"Fai in fretta." le disse Hermione. "Non manca molto al coprifuoco."

Lei annuì, poi uscì dalla sala comune, ripercorrendo i corridoi che aveva passato con Harry poco prima. Si fermò di fronte all'aula professori, fece un bel respiro e bussò.

"Avanti." la voce gelida del professor Piton la raggiunse attraverso il legno.

Honey aprì la porta, non sapendo cosa aspettarsi. Una volta osservato l'interno della stanza tirò mentalmente un sospiro di sollievo: Piton stava correggendo dei compiti e il professor Vitious, poco lontano, faceva lo stesso. Di Gazza non c'era più traccia.

"Price." squittì Vitious attirando l'attenzione di Piton. "Non dovresti essere nel tuo dormitorio? Hai una partita importante domani."

Honey fece un paio di passi avanti sotto lo sguardo dei due professori, uno curioso e l'altro penetrante. Era ovvio che entrambi sapessero del suo ruolo di Cacciatrice nella squadra di Grifondoro.

"Ehm... sì, ero lì." mormorò cauta. "Ma poi Harry mi ha detto che non era ancora riuscito a chiedere al professor Piton se poteva riavere il libro Il Quidditch Attraverso i Secoli, così sono venuta io."

Vitious spostò lo sguardo sul collega, che ora la fissava apertamente con un sopracciglio alzato.

"E perchè mai sei venuta tu a richiedere la restituzione di un libro che ho requisito a Potter?"

Honey alzò le spalle. "Perchè il libro l'ho prestato io a Harry, e volevo restituirlo in biblioteca prima della partita di domani." rispose tranquilla e tremendamente sincera.

Piton dovette accorgersene, perchè sbuffò e le porse il libro precedentemente nascosto dai compiti. Lei lo prese, ringraziò il professore e uscì tornando in sala comune.

Quando Harry, Ron e Hermione la videro ritornare con il bottino vollero sapere come avesse fatto a farselo ridare nei dettagli, e lei li accontentò dicendosi fortunata per il fatto che ci fosse anche il professor Vitious, altrimenti dubitava che ci sarebbe riuscita.

Lasciò il libro a Harry, che voleva leggerlo per smorzare la tensione che lo attanagliava, raccomandandogli di restituirglielo la mattina dopo prima di scendere a colazione, in modo che lei lo riportasse in biblioteca come aveva detto ai professori. Poi salutò i ragazzi, sostenendo che andava a dormire, nonostante passò almeno un'ora a rigirarsi fra le coperte ripensando alla faccia che aveva fatto Piton quando Harry gli aveva visto la gamba.

Non aveva cambiato idea, credeva ancora che Piton non sarebbe mai andato contro Silente, ma si chiedeva perchè fosse andato dal cane a tre teste al posto che cercare il Troll.

Si addormentò che ancora non aveva trovato una risposta.

 

****

 

All'alba dell'indomani, la giornata si presentava luminosa e fredda. La Sala Grande era piena del profumo delizioso delle salsicce fritte e dell'allegro chiacchiericcio dei ragazzi che non vedevano l'ora di assistere a una bella partita.

Era lì che stava entrando Honey in quel momento, dopo essere passata dalla biblioteca.

"Grazie del conforto morale, Seamus." sentì dire da Harry mentre si accomodava sulla panca accanto a lui, salutandoli.

Decise di fare una colazione leggera, ma abbondante, in modo da non sentirsi male durante la partita. Harry, d'altro canto, era troppo teso per mangiare qualcosa, nonostante avessero tutti cercato di convincerlo a spiluccare almeno un boccone.

Per le undici, tutta la scolaresca era sugli spalti, intorno al campo di Quidditch. Molti erano armati di binocoli. Anche se i sedili potevano sollevarsi in aria, a volte era comunque difficile seguire quel che succedeva in campo.

Ron e Hermione si unirono a Neville, Seamus e Dean, il tifoso del calcio, che erano sulla gradinata più alta. Per fare una sorpresa a Honey e Harry, avevano dipinto un grosso striscione, ricavato da uno dei lenzuoli che il topo Crosta aveva rosicchiato. Sopra ci avevano scritto Potter e Price siete tutti noi, e sotto Dean, che era molto bravo a disegnare, aveva schizzato un grosso leone, simbolo di Grifondoro.

Poi Hermione aveva fatto un piccolo, ingegnoso incantesimo per cui i colori apparivano cangianti.

Nel frattempo, negli spogliatoi, Honey, Harry e il resto della squadra si stavano cambiando e indossavano la loro divisa scarlatta (i Serpeverde avrebbero giocato in verde).

Baston si schiarì la voce per intimare il silenzio.

"Allora, ragazzi..." disse.

"...e ragazze." completò la Cacciatrice Angelina Johnson.

"E ragazze." convenne Baston. "Ci siamo."

"Il gran giorno è arrivato." disse Fred Weasley.

"Il gran giorno che tutti aspettavamo da tanto." gli fece eco George.

"Il discorso di Baston lo sappiamo a memoria." spiegò Fred a Harry e Honey. "Eravamo nella squadra anche l'anno scorso."

"Chiudete il becco, voi due!" disse Baston. "Quella di oggi è la squadra migliore che Grifondoro ha avuto da anni. Vinceremo. Lo so." Li guardò come a dire: 'Altrimenti dovrete fare i conti con me.'.

"Bene. È ora di entrare in campo. In bocca al lupo a tutti."

Honey e Harry seguirono Fred e George fuori dagli spogliatoi sperando che le ginocchia non gli si piegassero per l'emozione ed entrarono in campo salutati da grandi ovazioni.

Ad arbitrare la partita sarebbe stata Madama Bumb che, ritta in mezzo al campo, aspettava le due squadre brandendo in mano la sua scopa.

"Mi raccomando a tutti, voglio una partita senza scorrettezze." disse una volta che le due squadre furono riunite intorno a lei.

Sembrava rivolgersi in modo speciale al capitano dei Serpeverde, Marcus Flitt, il tipo che aveva quasi colpito Honey con la Pluffa. La ragazza sentì una mano stringerle il braccio e, quando si voltò, Harry le indicò le tribune di Grifondoro, dove sventolava lo striscione fatto dai loro amici e non riuscì a reprimere un sorriso.

"In sella alle scope, prego!"

Honey salì in arcione alla sua Nimbus Duemila.

Madama Bumb soffiò forte nel suo fischietto d'argento. Quindici scope si levarono in volo, in alto, sempre più in alto. La partita era iniziata.

"...e la Pluffa è stata intercettata immediatamente da Angelina Johnson del Grifondoro... che brava Cacciatrice è questa ragazza, e anche piuttosto carina..."

"JORDAN!"

"Chiedo scusa, professoressa." a commentare la partita era Lee Jordan, l'amico dei due gemelli Weasley, sorvegliato a vista dalla professoressa Mcgranitt. "...La ragazza si muove davvero veloce, lassù. Effettua un passaggio puntuale a Honey Price, un'ottima scoperta di Oliver Baston, che tutti ricordiamo ha battuto l'intera squadra di Serpeverde solo qualche settimana fa... indietro alla Johnson e... no, la Pluffa è stata intercettata dal capitano del Serpeverde Marcus Flitt, che se la porta via: eccolo che vola alto come un'aquila... sta per... no, bloccato da un'ottima azione del Portiere del Grifondoro Baston, e il Grifondoro è di nuovo in possesso della Pluffa. Ed ecco la Cacciatrice del Grifondoro Katie Bell... bella picchiata intorno a Flitt, poi di nuovo su... AHI!... deve averle fatto male quel colpo di Bolide dietro la testa! La Pluffa ritorna al Serpeverde. Ecco Adrian Pucey che parte a tutta birra verso i pali della porta, ma è bloccato da un secondo Bolide lanciatogli contro da Fred o George Weasley, non riesco a distinguere chi dei due... comunque, davanti a lei il campo è sgombero, e si allontana e letteralmente vola via - schiva un micidiale Bolide... è davanti alla porta - vai, Honey! - il Portiere Bletchley si tuffa... manca il bersaglio... IL GRIFONDORO HA SEGNATO!"

L'aria gelida fu saturata dall'applauso dei Grifondoro e dalle urla e dai fischi dei Serpeverde.

"Spostatevi un po', voi, scorrete più giù."

"Hagrid!"

Ron e Hermione si strinsero per far posto a Hagrid vicino a loro.

"Finora ho guardato dalla mia capanna." disse Hagrid mostrando orgogliosamente un grosso binocolo che gli pendeva sul petto, "Ma non è mica lo stesso che allo stadio! Il Boccino finora non s'è visto, eh?"

"No." disse Ron. "Finora Harry non ha avuto un granché da fare. Honey, invece, ha appena segnato!"

"Be', almeno s'è tenuto fuori dai guai; è già qualcosa." disse Hagrid portandosi il binocolo agli occhi e puntandolo verso il cielo, alla ricerca di Harry che appariva come un puntino lontano lontano.

In alto, sopra le loro teste, il ragazzo correva qua e là a cavallo della scopa, strizzando gli occhi per avvistare il Boccino. Questo faceva parte del piano di gioco che aveva messo a punto insieme a Baston.

"Tieniti fuori tiro finché non vedi il Boccino." gli aveva detto Baston. "È inutile esporsi ad attacchi prima del necessario."

Quando Honey aveva segnato, Harry aveva fatto un paio di giri della morte per dare sfogo all'euforia. Ora era tornato a scrutare il campo in cerca del Boccino. A un certo punto, aveva intravisto uno sprazzo dorato, ma era soltanto un riflesso dell'orologio da polso di uno dei gemelli Weasley, e un'altra volta un Bolide aveva deciso di schizzare verso di lui come una palla di cannone, ma lui l'aveva schivato e Fred Weasley si era messo a inseguirlo.

"Tutto bene da quelle parti, Harry?" aveva avuto il tempo di gridargli, mentre colpiva furiosamente il Bolide indirizzandolo contro Marcus Flitt.

"Palla ai Serpeverde." stava dicendo Lee Jordan, "Il Cacciatore Pucey schiva due Bolidi, due Weasley e il Cacciatore Bell, e avanza veloce verso... aspettate un attimo... ma quello non era il Boccino?"

Un mormorio percorse gli spalti, mentre Adrian Pucey lasciava cadere la Pluffa, troppo preso a seguire con lo sguardo il lampo dorato che gli aveva sfiorato l'orecchio sinistro ed era passato oltre.

Harry lo vide. In un impeto di eccitazione, si tuffò in picchiata dietro quella scia d'oro. Anche il Cercatore del Serpeverde, Terence Higgs, lo aveva avvistato. Testa a testa, si lanciarono entrambi alla rincorsa del Boccino, e intanto sembrava che i Cacciatori avessero dimenticato il loro ruolo, sospesi a mezz'aria, tutti intenti a guardare.

Harry era più veloce di Higgs: vedeva la pallina rotonda che ad ali spiegate risaliva davanti a lui. Diede un'accelerata potente... WHAM! Un boato di rabbia venne dai Grifondoro, sotto di loro.

Marcus Flitt aveva bloccato Harry di proposito e la scopa di Harry sbandò, mentre il ragazzo cercava disperatamente di reggersi in sella.

"Fallo!" gridarono i Grifondoro.

Madama Bumb si rivolse a Flitt con parole irate e poi ordinò un rigore a favore del Grifondoro. Ma, come era da aspettarsi, in tutta quella confusione il Boccino era scomparso di nuovo.

Giù, sugli spalti, Dean Thomas stava gridando: "Arbitro, mandalo fuori! Espulsione! Cartellino rosso!"

"Guarda che non siamo mica a una partita di calcio." gli ricordò Ron. "A Quidditch non si possono espellere i giocatori... E poi, che cos'è un cartellino rosso?"

Ma Hagrid era dello stesso parere di Dean. "Bisognerebbe cambiare le regole. Flitt avrebbe potuto buttare di sotto Harry."

Intanto, Lee Jordan trovava difficile mantenersi distaccato. "Quindi... dopo questa lampante e ignobile scorrettezza..."

"Jordan!" ringhiò la professoressa Mcgranitt.

"Voglio dire, dopo questo fallo palese e schifoso..."

"Jordan, ti avverto..."

"E va bene. Flitt per poco non ammazza il Cercatore del Grifondoro, il che naturalmente può succedere a chiunque, quindi un rigore per i Grifondoro, battuto da Price che mette in rete senza difficoltà per la seconda volta e il gioco prosegue, con i Grifondoro ancora in possesso di palla."

Accadde quando Harry evitò un altro Bolide che gli passò pericolosamente vicino alla testa. La sua scopa, d'un tratto, ebbe uno scarto pauroso. Per una frazione di secondo, il ragazzo credette di essere sul punto di cadere. Si afferrò stretto stretto al manico della scopa serrando le ginocchia. Non aveva mai provato niente di simile.

Poi accadde di nuovo. Era come se la scopa stesse cercando di disarcionarlo. Ma una Nimbus Duemila non decideva da sola, tutto d'un tratto, di disarcionare il suo cavaliere. Harry cercò di tornare indietro verso i pali della porta del Grifondoro; aveva una mezza idea di chiedere a Baston di far fischiare un intervallo. Ma poi si rese conto che la scopa non rispondeva assolutamente più ai comandi. Non riusciva a sterzare. Non riusciva a dirigerla dove voleva. Zigzagava nell'aria dando dei violenti scossoni che stavano per disarcionarlo.

Lee stava ancora commentando. "Palla al Serpeverde... Flitt ha la Pluffa... oltrepassa Price... supera Bell... viene colpito in faccia da un Bolide, spero che gli abbia rotto il naso... ma no, professoressa, sto solo scherzando... il Serpeverde segna... oh, no..."

I Serpeverde esultavano. Nessuno sembrava essersi accorto che la scopa di Harry si stava comportando in modo strano. Lentamente, a sbalzi e a strattoni, lo stava trasportando sempre più in alto, lontano dal gioco.

Honey aveva perso la concentrazione, durante quell'azione, a causa di una sensazione, e si era fatta superare da quel pallone gonfiato di Flitt. Si stava guardando intorno, cercando di capire cosa potesse mai essere, quando alzò gli occhi al cielo sopra di lei e si fermò con la scopa a mezz'aria. Fu un atto talmente strano da fare, nel bel mezzo di una partita, che gli altri giocatori la imitarono e seguirono il suo sguardo per capire cosa non andasse.

Nel giro di qualche secondo gli occhi di tutti furono puntati su Harry. La sua scopa aveva cominciato a fare le capriole, mentre lui riusciva a stento a reggersi in sella. Poi tutti gli spettatori trattennero il fiato. La scopa aveva dato uno strattone fortissimo e Harry era stato disarcionato. Ora il ragazzo penzolava giù, reggendosi al manico con una sola mano.

Honey cominciò frenetica a guardarsi intorno, analizzando attentamente le persone sulle tribune. Da quello che aveva imparato sulle scope in quelle settimane, solo una potente magia nera avrebbe potuto avere un effetto del genere su una scopa e nessuno dei ragazzi sarebbe stato in grado di farlo. Aguzzò la vista quando vide qualcosa di strano nella zona dei professori. Si avvicinò velocemente alla tribuna di Grifondoro, chiamando Hermione che, come lei, aveva iniziato a osservare il pubblico con il binocolo. Fortunatamente erano tutti troppo impegnati a osservare Harry per farci caso.

"Ma che diavolo state facendo?" chiese Ron con la faccia livida. "Tu dovresti essere in campo!"

"Hai visto, Hermione?" domandò Honey ignorando l'amico.

"Lo sapevo!" ansimò l'altra. "Piton... guarda!"

Ron afferrò il binocolo. Piton stava sulla gradinata dirimpetto alla loro. Teneva gli occhi fissi su Harry e mormorava qualcosa sottovoce. Però non era l'unico a tenere gli occhi fissi su Harry a quel modo, e lei non sapeva cosa pensare.

"Sta combinandone una delle sue... sta facendo il malocchio alla scopa." disse Hermione.

"E ora che facciamo?" chiese Ron.

"Lascia fare a me." disse Hermione.

"Aspetta." la fermò Honey facendole segno di avvicinarsi. Quando furono una accanto all'altra, per quanto lo permettesse il suo essere su una scopa, Honey avvicinò la bocca all'orecchio dell'amica. "Anche Raptor tiene lo sguardo fisso su Harry come Piton." Hermione fece per protestare, ma lei l'anticipò. "Non so chi sia dei due a fare il malocchio a Harry, e so che tu credi sia Piton. Ti chiedo solo di colpire Raptor 'per sbaglio' quando gli passi accanto. Per sicurezza."

Hermione annuì, poi si defilò. Prima che Ron potesse proferire un'altra sola parola, Hermione era scomparsa e Honey era tornata in campo, gli occhi fissi su Harry. La scopa stava vibrando così forte che sarebbe stato praticamente impossibile tenercisi attaccato ancora a lungo. Gli spettatori erano tutti in piedi, e guardavano inorriditi, mentre i gemelli Weasley volavano in soccorso dell'amico, cercando di trarlo in salvo su una delle loro scope, ma invano: ogni volta che gli si accostavano, la scopa di Harry faceva un balzo più in alto. Allora scesero di quota e si disposero in cerchio sotto di lui, sperando di riuscire ad afferrarlo al volo quando fosse caduto. Marcus Flitt, impossessatosi della Pluffa, segnò cinque volte senza che nessuno se ne accorgesse.

"Dai, Hermione, sbrigati!" mormorava Ron disperato.

Hermione si era fatta largo tra gli spettatori per raggiungere il palco dove si trovava Piton e ora stava correndo lungo la fila di sedili alle spalle di lui; non si fermò neanche per chiedere scusa al professor Raptor, quando lo urtò 'per sbaglio' facendolo cadere a faccia avanti. Una volta raggiunto Piton, si accucciò, tirò fuori la bacchetta magica e bisbigliò alcune parole scelte con cura. Dalla bacchetta sprizzarono delle fiamme blu che andarono a colpire l'orlo dell'abito di Piton.

Ci vollero forse trenta secondi perché Piton si rendesse conto di aver preso fuoco. Un improvviso grido di dolore fece capire alla ragazza che aveva ottenuto il suo scopo. Richiamò il fuoco e lo rinchiuse in un piccolo barattolo, se lo mise in tasca, e rifece il percorso inverso. Piton non avrebbe mai saputo quel che era successo.

Ma era bastato. Che fosse stato lo spintone a Raptor o il fuoco su Piton, su in aria, Harry riuscì d'un tratto a rimettersi a cavallo della sua scopa. Honey tirò un sospiro di sollievo, poi vide con la coda dell'occhio un baluginio dorato vicino a terra e capì cosa avrebbe fatto Harry, prima ancora che il ragazzo si muovesse. Sbarrò gli occhi, ma non riuscì a dire niente.

"Neville, ora puoi guardare!" disse Ron. Per tutti gli ultimi cinque minuti Neville aveva singhiozzato col viso nascosto nella giacca di Hagrid.

Harry stava scendendo in picchiata verso terra quando gli spettatori lo videro mettersi una mano a coppa sulla bocca come se stesse per dare di stomaco: cadde carponi sul terreno di gioco, tossì... e qualcosa di dorato gli cadde in mano. Honey sorrise, cominciando a esultare come una matta, scendendo di quota per avvicinarsi a lui.

"Ho preso il Boccino!" gridò, infatti, Harry agitandolo sopra la testa, e la partita terminò nel caos generale.

"Non l'ha preso, l'ha quasi inghiottito." strillava Flitt ancora venti minuti dopo, ma tanto non aveva importanza. Harry non aveva violato nessuna regola e Lee Jordan stava ancora annunciando a squarciagola il risultato: il Grifondoro aveva vinto per centosettanta a sessanta. Ma tutto questo Honey e Harry non lo udirono. Erano nella capanna di Hagrid insieme a Ron e a Hermione, e si stavano facendo preparare una tazza di tè.

"È stato Piton." spiegava Ron. "Honey, Hermione e io lo abbiamo visto; stava lanciando una maledizione sulla tua scopa, borbottava e non ti levava gli occhi di dosso."

"Ah, no. Non mettermi in mezzo, Ronald." protestò Honey alzando le mani e lanciando un'occhiata a Hermione.

"Stupidate!" disse Hagrid che non aveva sentito una sola parola di quel che era accaduto a un passo da lui, sugli spalti. "E perché mai Piton doveva fare una cosa del genere?"

Harry, Ron e Hermione si guardarono l'un l'altro, chiedendosi che cosa dovessero dirgli, mentre Honey alzava gli occhi al cielo; stava diventando una situazione assurda. Harry decise per la verità.

"Io e Honey abbiamo scoperto qualcosa sul suo conto." disse a Hagrid. "Il giorno di Halloween, ha cercato di eludere la guardia del cane a tre teste. E quello lo ha morso. Crediamo che volesse rubare quello che il cane sorveglia, qualunque cosa sia."

Honey sbuffò, contrariata. E l'avevano messa in mezzo. Di nuovo.

Hagrid si lasciò cadere di mano la teiera. "E voi che ne sapete di Fuffi?"

"Fuffi?"

"Quel coso ha un nome?"

"Sì... è mio... l'ho comperato da un tizio, un greco che ho incontrato al pub l'anno scorso... L'ho prestato a Silente per fare la guardia a..."

"Sì?" disse Harry, desideroso di saperne di più.

"Non dovevo dirlo. No, non chiedetemi niente altro." disse Hagrid scontroso. "È una cosa segretissima!"

"Ma Piton sta cercando di rubarlo!"

"Stupidate!" tornò a ripetere Hagrid. "Piton è un insegnante di Hogwarts, vuoi che faccia una cosa del genere?"

"E allora perché poco fa ha cercato di ammazzare Harry?" gridò Hermione.

"Hermione..." quello di Honey era un avvertimento.

A quanto pareva, però, gli avvenimenti di quel pomeriggio le avevano fatto cambiare idea sul conto di Piton.

"Senti un po' Hagrid, io lo capisco quando qualcuno sta facendo il malocchio; ho letto tutto sull'argomento! Bisogna mantenere il contatto visivo, e Piton non batteva neanche le palpebre. L'ho visto benissimo!"

"E io vi dico che prendete un granchio." disse Hagrid accalorandosi. "Non so perché la scopa di Harry si è comportata in quella maniera, ma Piton non cercherebbe mai di ammazzare uno studente!"

"Hermione!" ringhiò Honey strattonandola per un braccio. "Sai benissimo che non era l'unico." sibilò.

"E ora statemi bene a sentire tutti e quattro." continuò Hagrid come se niente fosse. "Vi state immischiando in cose che non vi riguardano. È pericoloso. Scordatevi del cane, dimenticate a cosa fa la guardia. È tutta una faccenda fra Silente e Nicolas Flamel..."

"Aha!" disse Harry. "Allora c'è di mezzo qualcuno che si chiama Nicolas Flamel!"

Sul volto di Hagrid si dipinse un'espressione furente e indispettita. "Non dovevo dirlo. Non dovevo proprio dirlo." continuò a borbottare mentre li rimandava al castello.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9. ***


Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello di Hogwarts si svegliò sotto una coltre di neve alta più di un metro. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e i gemelli Weasley erano stati puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Raptor dovunque andasse rimbalzando sul dietro del suo turbante.

I pochi gufi che riuscivano a fendere il cielo temporalesco per consegnare la posta dovevano poi essere curati da Hagrid prima di poter riprendere il volo.

Tutti quanti non vedevano l'ora che cominciassero le vacanze.

Mentre nella sala di ritrovo di Grifondoro e nella Sala Grande ardevano fuochi scoppiettanti, i corridoi pieni di spifferi erano gelidi, e un vento sferzante faceva sbattere le imposte nelle aule. Il peggio erano le lezioni del professor Piton, che si tenevano nei sotterranei, dove il respiro si condensava in nuvolette e tutti cercavano di starsene il più vicino possibile ai calderoni bollenti.

"Mi dispiace proprio tanto." disse un giorno Draco Malfoy, durante la lezione di Pozioni. "Per tutti quelli che a Natale dovranno restare a Hogwarts perché a casa nessuno li vuole."

Parlando guardava dalla parte di Harry. Tiger e Goyle ridacchiarono. Harry, che stava dosando della polvere di spina dorsale di pesce-leone accanto a Honey, li ignorò. Lei, invece, alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente sapendo che l'indifferenza sarebbe stata l'arma migliore da usare contro di lui. Dal tempo della partita a Quidditch, infatti, Malfoy era diventato, se possibile, ancora più antipatico.

Deluso per la sconfitta di Serpeverde, aveva cercato di suscitare l'ilarità di tutti con una battuta, e cioè che la volta successiva Harry sarebbe stato sostituito come Cercatore da una rana dalla bocca larga. Ma poi si era reso conto che non faceva ridere nessuno, perché tutti erano rimasti ammirati dal modo in cui Harry era riuscito a rimanere in sella alla sua scopa nonostante quella cercasse di disarcionarlo. Per cui, Malfoy, geloso e gonfio di rabbia, era tornato a punzecchiare il compagno con la scusa che non aveva una vera e propria famiglia.

Che Harry non sarebbe tornato a Privet Drive per Natale era vero, Honey, Ron e Hermione lo sapevano da giorni.

La settimana prima, la professoressa McGranitt aveva fatto il giro dei dormitori per preparare l'elenco degli studenti che sarebbero rimasti per le vacanze, e Harry aveva dato subito il suo nome e la cosa sembrava non dispiacergli per niente. Anche Ron e i suoi fratelli sarebbero rimasti, perché i signori Weasley andavano in Romania a trovare Charlie. Honey aveva mandato una lettera ai suoi genitori, chiedendo loro il permesso per rimanere, e loro avevano acconsentito, aggiungendo che ne avrebbero approfittato per fare quella vacanza in montagna, da soli, che rimandavano da tempo. Nonostante quello sarebbe stato il primo Natale che passava lontano dalla sua famiglia, Honey non poteva che essere felice.

Quando lasciarono i sotterranei alla fine della lezione di Pozioni, i ragazzi trovarono un grosso abete che bloccava il corridoio. I due enormi piedi che sbucavano da sotto l'albero e il rumore ansimante fecero capire loro che dietro c'era Hagrid.

"Ehi, Hagrid, serve una mano?" chiese Ron ficcando la testa tra i rami.

"Nooo, ce la faccio da solo, Ron, grazie tante."

"Ti spiacerebbe tanto toglierti di mezzo?" fece dietro di loro la voce strascicata e glaciale di Malfoy. "Che cosa c'è, stai cercando di guadagnare qualche spicciolo, Weasley? Forse speri di diventare anche tu guardiacaccia quando te ne andrai da Hogwarts... la capanna di Hagrid deve sembrarti una reggia, in confronto a dove abita la tua famiglia."

Ron si buttò a testa bassa contro Malfoy proprio mentre Piton saliva le scale.

"WEASLEY!"

Ron, che aveva afferrato Malfoy per il davanti della tunica, lasciò la presa.

"Ci è stato tirato, professor Piton." disse Hagrid sporgendo il faccione irsuto da dietro l'albero. "Malfoy insultava la sua famiglia."

"Quale che sia la ragione, Hagrid, fare a pugni è contro le regole di Hogwarts." disse Piton con voce flautata. "Cinque punti in meno a Grifondoro, Weasley, e ringrazia il cielo che non te ne tolga di più. Levatevi di torno, tutti quanti!"

Malfoy, Tiger e Goyle passarono di corsa accanto all'abete, spargendone gli aghi dappertutto e sfoderando un sorriso compiaciuto.

"Gliela faccio vedere io." disse Ron digrignando i denti contro Malfoy che ormai gli dava le spalle. "Uno di questi giorni, gliela faccio vedere io..."

"Non ne vale la pena." lo bloccò Honey.

"Li odio tutti e due, Malfoy e Piton." disse Harry.

"Nah, Piton non è così male." commentò lei beccandosi tre occhiate stralunate dai suoi amici.

"Su, basta coi musi, è quasi Natale!" disse Hagrid. "Adesso sapete che cosa facciamo? Vi porto a vedere la Sala Grande. E' tutta una festa!"

Così, seguirono Hagrid e il suo albero fino alla Sala Grande, dove la professoressa McGranitt e il professor Vitious erano tutti indaffarati a sistemare le decorazioni natalizie.

"Ah, ecco Hagrid con l'ultimo albero... Mettilo in quell'angolo laggiù, ti spiace?"

La sala era davvero uno spettacolo. Dalle pareti pendevano ghirlande d'agrifoglio e di pungitopo, e tutto intorno erano disposti non meno di dodici giganteschi alberi di Natale, alcuni decorati di ghiaccioli scintillanti, altri illuminati da centinaia di candeline.

"Wow." disse Honey, studiando ogni minimo particolare. "Sembra il gala di beneficenza che organizza sempre mio zio per Natale. Lo aiutavo sempre con le decorazioni, anche se con la magia dev'essere più divertente."

"Quanti giorni mancano alle vacanze?" chiese Hagrid.

"Soltanto uno." rispose Hermione. "E questo mi fa venire in mente... Honey, Harry, Ron, manca mezz'ora al pranzo, dobbiamo andare in biblioteca."

"Ah, già, è vero." disse Ron distogliendo lo sguardo dal professor Vitious, che dalla sua bacchetta magica stava facendo uscire festoni di bolle che si depositavano sui rami del nuovo albero.

"In biblioteca?" chiese Hagrid seguendoli fuori del salone. "Prima delle vacanze? Dite un po', ma non è che esagerate con lo studio?"

"È solo una piccola ricerca." minimizzò Honey, tentando di nascondere i loro piani.

Peccato che Harry parlò in contemporanea con lei. "Non è per studiare." gli spiegò tutto allegro. "È da quando ci hai parlato di Nicolas Flamel che stiamo cercando di scoprire chi diavolo è."

Honey gli diede uno scappellotto sulla nuca e lui gemette di dolore, massaggiandosi la zona colpita.

"Che cosa?" Hagrid sembrava sconvolto. "Statemi bene a sentire... Ve l'ho già detto... lasciate perdere. Che cosa custodisce il cane non sono affari vostri."

"Vogliamo soltanto sapere chi è Nicolas Flamel, tutto qui." disse Hermione.

"A meno che non voglia dircelo tu, così ci risparmi la fatica." soggiunse Harry. "Abbiamo già sfogliato centinaia di libri e non l'abbiamo trovato da nessuna parte... Dacci almeno una dritta! Io so soltanto che il suo nome l'ho letto da qualche parte."

"Anch'io." concordò Honey. "Ma per quanto mi impegni, non riesco proprio a ricordare dove. Ed è davvero frustrante, io non dimentico mai niente."

"Ho le labbra cucite." disse Hagrid categorico.

"Allora, non ci rimane che scoprirlo da soli." disse Ron. Lasciarono Hagrid con l'aria contrariata, e si avviarono di corsa verso la biblioteca.

Era vero che, da quando Hagrid se l'era fatto sfuggire di bocca, avevano sfogliato libri su libri in cerca di quel nome perché in quale altro modo avrebbero potuto scoprire che cosa stava cercando di rubare Piton (secondo le idee strampalate di Harry, per lo meno)? Il guaio era che non sapevano da dove cominciare, ignorando quel che Flamel poteva aver fatto per essere citato in un libro. Non compariva in Grandi Maghi Del Ventesimo Secolo, e neanche in Esponenti Di Rilievo Della Magia Del Nostro Tempo; non era citato in Scoperte Importanti Della Magia Moderna, né in Rassegna Dei Recenti Sviluppi Della Magia. E poi, naturalmente, c'era il problema delle dimensioni della biblioteca; decine di migliaia di volumi; migliaia di scaffali, centinaia di stretti corridoi. Il paradiso, per qualcuno come Honey, ma in quel momento sembrava più un piccolo inferno.

Hermione tirò fuori un elenco di materie e di titoli che aveva deciso di cercare mentre Ron si avviava lungo un corridoio e cominciava a estrarre libri a caso dagli scaffali. Harry si aggirava invece nel Reparto Proibito, mentre Honey andò nel reparto Rune e Simboli seguendo una sensazione. Dopo qualche minuto passato a leggere i titoli di vari volumi che si trovava di fronte, notò con la coda dell'occhio Harry uscire velocemente dalla biblioteca e si chiese cos'avesse combinato quando vide Madama Pince arrivare dalla stessa parte del ragazzo con un piumino per la polvere in mano.

Passati altri cinque minuti venne affiancata da Ron e Hermione e tutti e tre decisero di raggiungere Harry, dopo l'ennesimo buco nell'acqua, e di andare a pranzo.

"Continuerete a cercare mentre sono via, non è vero?" chiese Hermione. "E se trovate qualcosa mi mandate un gufo."

"E tu potresti chiedere ai tuoi genitori se sanno chi è Flamel." disse Ron. "Chiedendo a loro non si corrono rischi."

"Questo è poco ma sicuro, visto che fanno i dentisti tutti e due!" rispose Hermione facendo ridere Honey.

Una volta iniziate le vacanze, i ragazzi si divertivano troppo per pensare a Flamel. Harry e Ron avevano il dormitorio tutto per loro, Honey era rimasta da sola in stanza, e la sala di ritrovo era molto meno affollata del solito, per cui potevano accaparrarsi le poltrone migliori, quelle vicino al camino. Stavano lì seduti per ore e ore di fila, mangiando qualsiasi cosa si potesse infilzare su un forchettone e arrostire alla fiamma - focaccine, salsicce, caldarroste - e architettando stratagemmi per far espellere Malfoy: tutte cose di cui era molto divertente parlare, anche se difficilmente avrebbero funzionato.

Ron cominciò anche a insegnare a Harry e Honey a giocare a scacchi magici. Le regole erano esattamente come quelle degli scacchi dei Babbani, tranne che i pezzi erano vivi, per cui diventava un po' come comandare delle truppe in battaglia. La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia. Come tutto quello che gli apparteneva, anch'essa un tempo era stata di qualche membro della sua famiglia, in quel caso suo nonno. E tuttavia, giocare con dei pezzi vecchi non era affatto un problema: Ron li conosceva talmente bene, che non aveva difficoltà a convincerli a fare quel che voleva lui.

Invece Harry giocava con gli scacchi che gli aveva prestato Seamus Finnigan, e i pezzi non avevano la minima fiducia in lui. Ancora non era un bravo giocatore, e loro non facevano che gridare consigli contraddittori che finivano per confonderlo: "Non mi mandare da quella parte, non vedi che lì c'è il cavallo di quell'altro? Manda lui; lui possiamo permetterci di perderlo!"

Honey solitamente leggeva, durante quelle partite, e si godeva lo spettacolo. Adorava gli scacchi, altra cosa che le aveva insegnato suo nonno, ma il fatto di non riuscire a ricordare dove avesse letto di Nicolas Flamel la infastidiva e, in un modo o nell'altro, finiva sempre con il pensarci. Quindi aveva lasciato a Harry l'onere di 'combattere' contro Ron a scacchi.

La mattina di Natale, Honey si svegliò presto e decise di buttare giù dal letto quei dormiglioni dei suoi amici, così si diresse nel loro dormitorio e aprì la finestra facendo entrare il freddo di dicembre.

"Buongiorno!" esclamò facendo lamentare i due ragazzi. Lei sbuffò. "Eddai, ragazzi. È Natale! Alzate le chiappe."

"Solo se tu chiudi la finestra." borbottò Ron coprendosi fin sopra le orecchie per nascondersi dal freddo pungente.

Lei alzò le spalle. "Okay." acconsentì richiudendo la finestra e avvicinandosi ai loro letti. "Buon Natale!"

"Buon Natale!" rispose Ron ancora assonnato, mentre Harry si buttava giù dal letto e si infilava la vestaglia osservando incredulo la pila di regali in fondo al suo letto.

"Anche a te." aggiunse il corvino. "Ma... avete visto che roba? Ho ricevuto dei regali!"

"E che cosa ti aspettavi, un mazzo di rape?" disse Ron voltandosi a guardare i suoi regali, che erano molto più numerosi di quelli di Harry. "I tuoi li hai già aperti?" domandò a Honey.

Lei scosse la testa. "Sono venuta direttamente qui, non li ho nemmeno guardati. Vado a prenderli e li apro con voi." e si defilò, ritornando poco dopo con diversi pacchetti.

Harry le fece spazio sul suo letto e lei gli si sedette accanto, preparandosi ad aprire il primo. Era dei suoi genitori e insieme era allegata una lettera con una foto di loro due davanti a una finestra da cui si vedeva un bellissimo paesaggio montano innevato. I due adulti sorridevano felici, abbracciandosi, e lei non potè che esserne contenta. Decise di leggere la lettera più tardi, sicura che contenesse i racconti dettagliati delle loro vacanze, e aprì il pacchetto: era una bellissima palla di vetro con la neve del posto in cui erano ed era fatta davvero bene; all'interno della sfera si vedeva la riproduzione di una montagna ricoperta di neve, mentre sulla base erano state dipinte delle abitazioni e delle caratteristiche del luogo con i vari nomi. Erano andati in Italia, sul Monte Rosa, e lei sorrise ripensando a quante volte gliene avevano parlato: ci erano stati per il viaggio di nozze, dopotutto.

Appoggiò la palla di neve sul letto e prese il secondo pacchetto. Era avvolto in una spessa carta da pacchi, con su scarabocchiato: 'A Honey da Hagrid'. Dentro c'era un flauto di legno rozzamente intagliato.

Evidentemente, Hagrid lo aveva lavorato con le sue mani. Honey ci soffiò dentro... faceva un suono simile al verso di una civetta.

Harry si voltò verso di lei. "Te l'ha mandato Hagrid?"

"L'ha regalato anche a te?" domandò di rimando lei.

Harry annuì e i due si sorrisero.

"Molto carino da parte loro." disse Harry rigirandosi una moneta da mezza sterlina in mano. Aveva aperto il pacchetto dei suoi zii e, a quanto pare, non si aspettava niente di diverso.

Ron era affascinato dalla moneta.

"Questa poi!" disse. "Che forma strana! Ma davvero sono soldi?"

"Puoi prenderli se vuoi." lo incoraggiò Harry ridendo della contentezza di Ron. "Allora, ho aperto quello di Hagrid e quello dei miei zii... e questi altri, chi me li manda?"

"Credo di sapere da chi viene quello." disse Ron arrossendo leggermente e indicando un grosso pacco informe. "Da mia mamma. Le ho detto che non ti aspettavi nessun regalo, e allora... Oh, no!" gemette poi, "Ti ha fatto un maglione alla Weasley!"

Harry aveva aperto il pacchetto e ci aveva trovato un pesante maglione di lana lavorato ai ferri, color verde smeraldo, e una grossa scatola di caramelle mou fatte in casa.

"Ci fa un maglione per uno tutti gli anni." disse Ron scartando il suo, "E i miei sono sempre color melanzana."

"Ma che gentile!" disse Harry assaggiando una caramella, che era molto gustosa.

"Credo che l'abbia mandato anche a me." osservò Honey prendendo un pacco informe come quelli dei suoi amici. "Anche se mi chiedo come mai... ci siamo viste una sola volta." lo aprì e, al suo interno, trovò un pesante maglione lavorato ai ferri come quello dei ragazzi, con la differenza che il suo era di un caldo color marrone, come i suoi occhi, con sfumature dorate. Honey sorrise sentendone la morbidezza: sembrava il pelo di un cucciolo. "Devo assolutamente ringraziarla, è bellissimo."

Anche il pacco successivo conteneva dolci: una grossa scatola di Cioccorane da parte di Hermione.

Le rimanevano due pacchetti: quello di suo zio, che conteneva un bellissimo braccialetto d'argento con un ciondolo a forma di violino, e un pacchetto sconosciuto.

Honey lo prese in mano e tastò. Era molto leggero, sembrava una scatola di piccole dimensioni. Lo scartò.

Harry, al suo fianco, fece lo stesso con il suo ultimo pacchetto, altrettanto misterioso.

Da quello del ragazzo ne scivolò qualcosa di fluente e grigio argento che cadde a terra formando un mucchietto di pieghe lucenti. Ron rimase senza fiato.

"Ne ho sentito parlare, di quelli." disse in un sussurro, lasciando cadere la scatola di Tuttigusti+1 che aveva ricevuto da Hermione. "Se è quel che penso... sono molto rari e veramente preziosi."

Honey spostò lo sguardo dal proprio pacchetto al tessuto finito per terra, incuriosita.

"Che cos'è?" domandò in contemporanea con Harry che raccolse da terra lo scintillante tessuto argenteo.

"È il mantello che rende invisibili." disse Ron, e sul volto gli si era dipinto un timore reverenziale.

"Tu scherzi!" obiettò Honey. "Sono rarissimi e particolarmente difficili da creare."

"Ne sono sicuro... provalo Harry!"

Harry se lo gettò sulle spalle, Honey sgranò gli occhi incredula e Ron diede un grido.

"È come dico io! Guarda giù!"

Harry si guardò i piedi, ma quelli erano spariti. Corse allo specchio. Non c'erano dubbi: l'immagine che gli rimandò lo specchio era fatta soltanto di una testa sospesa a mezz'aria sopra un corpo completamente invisibile. Si tirò il mantello sulla testa e Honey non lo vide più.

"C'è un biglietto!" disse Ron d'un tratto. "È caduto un biglietto."

Harry si tolse il mantello e lo prese. Scritte con una grafia stretta e sinuosa che non aveva mai visto prima, si leggevano le seguenti parole:

 

"Questo me l'ha affidato tuo padre prima di morire. È giunto il momento che torni a te.

Fanne buon uso.

Buon Natale."

 

Non c'era firma. Harry rimase a fissare la lettera, mentre Ron guardava estasiato il mantello.

"Darei qualsiasi cosa per averne uno." disse. "Ma proprio qualsiasi cosa. Beh, che ti succede?"

"Niente." lo rassicurò Harry. Era molto perplesso. Chi gli aveva mandato il mantello? Era veramente appartenuto a suo padre? Si voltò verso Honey. "E nel tuo cosa c'è?"

Lei aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse, riportando l'attenzione sul pacchetto che non aveva nemmeno finito di scartare. Una volta tolto l'involucro si ritrovò in mano una piccola scatolina di legno intagliato, molto pregiata. La aprì e sgranò gli occhi sorpresa: al suo interno, poggiato su un cuscinetto di velluto verde smeraldo, faceva bella mostra di sè un paio di meravigliosi orecchini pendenti composti entrambi da cinque libri impilati uno sopra l'altro con le copertine di colore diverso: rossa quello in cima, blu il secondo, marrone chiaro e dorato il terzo, verde smeraldo il quarto e marrone scuro l'ultimo.

C'era un biglietto all'interno del coperchio e lei lo prese.

"Harry..." chiamò subito dopo aver lanciato un'occhiata a ciò che vi era scritto. "Passami il tuo biglietto." lui lo fece in silenzio e lei li studiò attentamente per qualche minuto. "Santa madre di tutti gli alberi da bacchette!" esclamò alla fine.

"Che cosa c'è?" domandò Harry.

Honey continuava a passare lo sguardo da un biglietto all'altro, senza davvero leggerli. "Sono... sono stati..."

"Sono stati, cosa?" chiese Ron, confuso.

Honey prese un profondo respiro. "Sono stati scritti dalla stessa persona." disse, infine, sorprendendoli.

"Che cosa?!" Harry prese i due biglietti e li studiò attentamente, e non potè che darle ragione: era la stessa grafia stretta e sinuosa del suo biglietto. In quello di Honey, tuttavia, c'era scritto:

 

"Tuo padre li regalò a tua madre per il loro anniversario. È giusto che li abbia tu.

Sono incantati.

Buon Natale."

 

Anche in quel biglietto non c'era nessuna firma.

La mano di Honey che teneva il cofanetto cominciò a tremare, allarmando i due ragazzi.

"Che ti succede, Honey?" domandò Ron.

"Stai bene?" chiese Harry.

"Chiunque abbia scritto quei biglietti conosceva i miei veri genitori." mormorò lei non spostando lo sguardo da quegli orecchini mentre gli occhi le diventavano lucidi.

"Come lo sai?" domandò Harry, cauto.

Lei indicò il biglietto con la mano libera. "Sono incantati. I miei genitori non hanno poteri, quindi non possono avere niente a che fare con oggetti incantati. Non ne abbiamo in casa. Chiunque mi abbia mandato questi orecchini conosceva i miei veri genitori. E, a quanto pare, facevano parte del mondo magico."

Prima di poter dire o pensare qualsiasi cosa, la porta del dormitorio si spalancò e Fred e George Weasley entrarono come due bolidi. Harry nascose velocemente il mantello, e Honey fece lo stesso con gli orecchini prima di passarsi le mani sugli occhi per nascondere le lacrime. Nessuno dei due se la sentiva di parlarne con altri, ancora.

"Buon Natale!"

"Ehi, guarda... anche Harry ha un maglione alla Weasley!"

Fred e George indossavano due maglioni blu, uno con una grossa F in giallo, e l'altro con una G.

"Quello di Harry è più bello del nostro, però." disse Fred tenendolo aperto perché lo vedessero. "Naturalmente, mamma ci mette più impegno se non sei della famiglia."

"E tu, Ron, perché non ti sei messo il tuo?" chiese George. "Su, dai, mettilo anche tu, sono bellissimi e caldi. Il tuo dov'è Honey?"

"Io odio il color melanzana." piagnucolò Ron sconfortato, mentre se lo infilava dalla testa.

Lei alzò gli occhi al cielo, prendendo il suo maglione e infilandolo. "Fatemi indovinare..." disse ai gemelli. "Siete stati voi a dire a vostra madre di farmene uno, vero?"

"Certo che sì, sorellina." affermò Fred con un sorriso. "Ti aspettavi davvero che non dicessimo niente quando passi tutto il tempo con Ron e con noi?"

"Sul tuo, Ron, non c'è nessuna lettera." osservò poi George. "Segno che mamma crede che tu non ti dimentichi come ti chiami. Ma neanche noi siamo stupidi... sappiamo benissimo che ci chiamiamo Gred e Forge!"

"Che cos'è tutto questo chiasso?"

Percy Weasley infilò la testa dentro la stanza con aria di disapprovazione. Si vedeva che anche lui aveva cominciato a scartare i suoi regali, perché, come i fratelli, si era buttato sul braccio un maglione bitorzoluto, che Fred afferrò subito.

"P come Prefetto! Infilatelo anche tu, dai, ce li siamo messi tutti! Anche Honey e Harry ne hanno avuto uno."

"Ma io... non... voglio..." bofonchiò, mentre i gemelli gli infilavano a forza il maglione dalla testa, mandandogli gli occhiali di traverso.

"Oggi, levati dalla testa di sederti al tavolo dei prefetti!" disse George. "Il Natale si passa in famiglia."

E lo trascinarono via di peso, in quattro, approfittando che aveva le braccia imprigionate nel pullover. Honey si limitò a seguirli con un sorriso sul volto.

Un pranzo di Natale come quello, Honey non l'aveva mai visto in vita sua. Quelli di suo zio avevano tutti un menù fisso e prestabilito, che non era mai cambiato nel corso degli anni, mentre lì sui tavoli della Sala Grande c'erano un centinaio di grassi tacchini arrosto, montagne di patate arrosto e bollite, vassoi di oleose salsicce alla cipolla, zuppiere di piselli al burro, salsiere d'argento con salse dense e saporite alla carne e al mirtillo, e montagne di petardi magici disposte a intervalli lungo la tavola. Quei fantastici petardi non avevano niente a che fare con quelli insignificanti, da Babbani, e che tutt'al più contenevano giocattolini di plastica e insulsi cappellini di carta. Quando Harry, con l'aiuto di Ron, fece scoppiare un petardo magico, quello non si limitò a fare 'bum!', ma sparò come un cannone avvolgendoli in una nuvola di fumo blu, mentre da dentro schizzavano fuori un tricorno da Contrammiragli, e una miriade di topolini bianchi vivi. Intanto, alla Tavola delle autorità, Silente aveva barattato il suo cappello a punta da mago con una cuffia a fiori e stava ridendo a crepapelle di una storiella che il professor Vitious gli aveva appena letto.

Ai tacchini seguirono i dolci di Natale flambé. Poco mancò che Percy non si rompesse un dente su una moneta d'argento nascosta nella fetta che gli era toccata. Harry non perdeva d'occhio Hagrid (lanciando ogni tanto gomitate a Honey perchè lo osservasse anche lei), che a forza di versarsi bicchieri di vino stava diventando sempre più paonazzo, finché baciò addirittura sulla guancia la professoressa Mcgranitt, la quale, con grande sorpresa dei ragazzi, rise e arrossì, incurante del cilindro sulle ventitré.

Quando finalmente Honey si alzò da tavola, era carica di tutti gli strani oggetti venuti fuori dalle confezioni dei petardi, fra cui un pacchetto di palloncini luminosi a prova di spillo, un kit 'fai-da-te' per far spuntare le verruche e una scacchiera magica tutta nuova, completa di pezzi. I topolini bianchi fuoriusciti dal primo petardo che avevano fatto scoppiare Harry e Ron erano scomparsi, e Honey fu assalita dall'atroce dubbio che potessero diventare il pranzo natalizio di Mrs Purr.

Honey, Harry e i fratelli Weasley trascorsero un pomeriggio felice a giocare a palle di neve all'aperto. Poi, infreddoliti, bagnati e senza fiato, tornarono a scaldarsi davanti al fuoco della sala di ritrovo di Grifondoro, dove Harry inaugurò la sua nuova scacchiera (trovata dentro un altro petardo) facendosi dare una spettacolare batosta da Ron. Ma ebbe il sospetto che le sue sconfitte non sarebbero state così irrimediabili se Percy non avesse cercato di aiutarlo con tanto impegno.

Dopo la merenda a base di tè, panini al tacchino, focaccine, zuppa inglese e dolce di Natale, erano tutti troppo satolli e assonnati per aver voglia di fare qualsiasi cosa prima di andare a letto, se non assistere allo spettacolo di Percy che rincorreva Fred e George per tutta la torre del dormitorio, perché i due monelli gli avevano preso il suo distintivo da prefetto.

Quando tutti si furono ritirati, Honey non potè fare a meno di prendere gli orecchini e studiarli, ripensando, come aveva fatto tutto il giorno, al biglietto e a chi lo aveva scritto, chiedendosi se davvero aveva conosciuto i suoi genitori biologici e com'erano loro.

Con un sospiro mise gli orecchini dentro il cassetto del comodino, prese il libro che ci aveva lasciato sopra e tornò in sala comune, consapevole che in quel momento non sarebbe mai riuscita a dormire. Si accomodò su una delle poltrone davanti al fuoco e si immerse nella lettura, sperando di stancarsi presto e riuscire ad addormentarsi.

Dopo meno di un'ora sentì qualcuno scendere le scale del dormitorio maschile, ma quando si voltò non vide nessuno. Tuttavia vide chiaramente il buco coperto dal ritratto aprirsi e sentì la Signora Grassa strillare un 'chi va là?'

Scosse gli occhi, capendo che Harry aveva deciso di provare il mantello e si riconcentrò sulla sua lettura, mentre una parte della sua mente si preoccupava per l'amico sapendo che sarebbe sicuramente finito nei guai.

 

****

 

"Honey." qualcuno la scuoteva per una spalla con foga. "Honey, svegliati!"

Si risvegliò con una strana sensazione di nostalgia addosso, ma non riusciva a ricordare cos'avesse sognato. Harry la osservava eccitato con un esemplare di Ronald Weasley semi addormentato accanto. Il fuoco nel camino era ancora acceso, anche se più flebile.

"Harry...?" disse confusa mentre cercava di fare mente locale. "Che succede?"

"Devi venire a vedere!" esclamò lui mentre la osservava rimettersi lentamente a sedere.

"Cosa?" domandò lei. "E che ore sono?"

"Non lo so."

"È ora di dormire!"

Dissero in contemporanea i due ragazzi davanti a lei con espressioni ben diverse in volto.

Honey sbuffò. "Avete intenzione di spiegarvi o devo lanciarvi dentro il camino?"

I ragazzi rabbrividirono.

"Non pensarci neanche!" esclamò Ron. "E comunque, è ora di colazione. Ti sei addormentata qui."

"E io devo raccontarvi una cosa." riprese Harry con una strana luce negli occhi.

"Davvero?" i due annuirono. "Datemi due minuti, mi cambio e andiamo." disse alzandosi e dirigendosi verso il suo dormitorio.

Quando passò accanto a Harry, sentì delle strane emozioni venire da lui così gli lanciò un'occhiata. Sembrava eccitato, felice ma anche triste. Si chiese cosa fosse successo per farlo sentire così...

Una volta arrivati in Sala Grande, e accomodati al loro tavolo, Harry raccontò loro cos'era successo quella notte e dov'era andato: spiegò loro della sua visita al reparto proibito in cerca di informazioni su Nicolas Flamel, che era quasi stato beccato, ma che grazie al mantello era riuscito a scappare. Poi disse che era finito in questa stanza in cui aveva trovato uno specchio che gli aveva mostrato la sua famiglia. Honey e Ron rimasero sorpresi e confusi da quella rivelazione. Com'era possibile una cosa del genere?

"Avresti anche potuto svegliarci." disse Ron seccato.

"Potete venire stanotte. Ho intenzione di tornarci, voglio mostrarvi lo specchio." rispose Harry, a entrambi.

"Mi piacerebbe molto conoscere il tuo papà e la tua mamma." disse Ron incuriosito.

"E io voglio conoscere tutta la tua famiglia Weasley al completo. Potrai presentarmi gli altri tuoi fratelli e tutti quanti."

"Loro puoi vederli quando ti pare." disse Ron. "Basta che tu venga a trovarmi a casa quest'estate. Ma può anche darsi che lo specchio mostri soltanto le persone morte. Che peccato, però, non aver trovato Flamel... Dai, prendi un po' di pancetta o qualcos'altro. Perché stamattina non mangi niente?"

Harry aveva lo stomaco chiuso. Aveva conosciuto i suoi genitori e quella notte li avrebbe rivisti. Honey lo comprendeva, ma c'era qualcos'altro. Qualcosa che lo turbava. Ma, per quanto si sforzasse, la ragazza non riusciva a capire di cosa potesse trattarsi. Sospirò, e si ripromise di stargli vicino come poteva ,dato che per lui non doveva essere una situazione facile.

La notte seguente si nascosero tutti e tre sotto il mantello e dovettero camminare molto lentamente per permettere a Harry di ritrovare la strada che aveva percorso, partendo dalla biblioteca. Vagarono per circa un'ora nei corridoi immersi nel buio.

"Sto morendo di freddo." disse Ron alla fine. "Lasciamo perdere e torniamo indietro."

"No!" sibilò Harry. "So che è qui, da qualche parte."

Honey non disse niente, ma riusciva a sentire la stanchezza del rosso e la frustrazione del moro. Si limitò ad avvolgere le mani attorno alle braccia di entrambi, che le erano ai lati, e a stringerle leggermente in segno di conforto.

Passarono accanto al fantasma di una strega spilungona che scivolava nella direzione opposta, ma non videro nessun altro.

Proprio quando Ron ricominciava a lamentarsi dei piedi gelati, Harry si fermò a fissare un'armatura.

"È qui... proprio qui... sì!"

Aprirono la porta. Harry si lasciò cadere il mantello dalle spalle e corse verso lo specchio, fermandocisi davanti. Ron lo raggiunse subito, curioso. Honey, invece, studiò l'ambiente attorno a loro, ignorando quasi totalmente le loro voci. La stanza aveva l'aspetto di un'aula in disuso. Le oscure sagome dei banchi e delle sedie erano accostate lungo le pareti e c'era anche un cestino per la carta straccia capovolto. Lo specchio era appoggiato al muro, di fronte a loro, e sembrava che qualcuno lo avesse messo lì per nasconderlo. Era un oggetto meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d'oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. In cima, portava incisa un'iscrizione: 'Emarb eutel amosi vout linon ortsom'. Honey la studiò attentamente, riflettendo sul suo significato.

Nel frattempo Harry si era fatto da parte, lasciando a Ron il posto davanti allo specchio che contemplava la propria immagine come pietrificato.

"Ehi, quello sono io!" esclamò poi, attirando completamente l'attenzione della ragazza, che smise di riflettere sulla frase incomprensibile.

"E vedi tutta la tua famiglia intorno a te?" chiese Harry, curioso quanto lei.

"No... sono solo... Ma è diverso... sembro più grande... sono diventato capoclasse!"

"Che cosa?"

"Sono... Porto il distintivo, come quello che usava Bill... e tengo in mano la coppa del dormitorio, e la coppa del Quidditch... Sono anche capitano della squadra di Quidditch!" continuò, eccitato.

Ron distolse a forza lo sguardo da quella visione prodigiosa e guardò Harry tutto emozionato.

"Che dici, questo specchio fa vedere il futuro?"

"E com'è possibile? I miei sono tutti morti..." rispose lui, sconfortato. "Fammi guardare un'altra volta."

"Senti, tu l'hai avuto tutto per te la notte scorsa. Lasciami guardare ancora un po'!" protestò Ron.

"Ma tu ti vedi semplicemente con in mano la coppa di Quidditch! Che cosa c'è di tanto interessante? Io voglio vedere i miei genitori."

"Ehi, non mi spingere!"

Honey si mise in mezzo, fermandoli. "Zitti!"

Un rumore improvviso, fuori del corridoio, l'aveva messa sull'attenti. I ragazzi, infatti, non si erano resi conto che avevano parlato a voce molto alta.

"Svelti!"

Honey riuscì a coprire tutti e tre col mantello, proprio nel momento in cui apparivano sulla porta gli occhi fosforescenti di Mrs Purr. I ragazzi si immobilizzarono e furono colpiti da uno stesso pensiero: il mantello funzionava coi gatti? Dopo quella che parve un'eternità, la gatta voltò la coda e se ne andò.

"Non siamo al sicuro... potrebbe essere andata a cercare Gazza. Sono certo che ci ha sentiti. Dai, andiamocene!"

E Ron spinse Harry e Honey fuori della stanza.

 

****

 

La mattina dopo, la neve non si era ancora sciolta e loro erano tranquillamente accomodati sulle poltrone in sala comune.

"Vuoi fare una partita a scacchi, Harry?" chiese Ron.

"No." rispose Harry.

"Perché non andiamo a trovare Hagrid?"

"No... vacci tu..."

Honey rimase in silenzio, leggendo un libro che le aveva inviato la madre, ma ascoltò attentamente la conversazione.

"Io lo so a che cosa stai pensando, Harry: a quello specchio. Ma questa notte non ci tornare." disse Ron.

"E perché no?"

"Boh. So solo che ho una sensazione strana... e poi troppe volte te la sei cavata per il rotto della cuffia. Gazza, Piton e Mrs Purr fanno la ronda. Credi di essere al sicuro solo perché non ti vedono? E se ti vengono a sbattere addosso? E se fai cadere qualcosa?"

"Mi sembri Hermione!"

"Dico sul serio, Harry, non andare."

Ma Harry aveva un chiodo fisso in testa: tornare davanti allo specchio. E non sarebbe stato certo Ron a fermarlo. Honey lo sapeva. Così come sapeva che quello specchio era particolare e che non avrebbe lasciato che Harry ci andasse da solo.

Quella terza notte Harry, quando scese le scale del suo dormitorio, vide Honey ferma davanti al buco del ritratto con le braccia incrociate.

"O vengo anch'io o tu resti qui." disse perentoria.

Harry sorrise prima di gettare il mantello su entrambi. Riuscirono a trovare la strada molto più rapidamente della sera precedente. Harry camminava così in fretta da fare più rumore di quanto consigliasse la prudenza, Honey faticava a stargli dietro, ma non incontrarono nessuno.

Ed eccolo di nuovo fermo davanti allo specchio studiandone l'immagine che solo lui poteva vedere con uno sguardo triste e felice allo stesso tempo. Lei, invece, riprese a riflettere sulla scritta.

"Allora... di nuovo qui, ragazzi?"

Honey sentì i pensieri nel suo cervello azzerarsi. Si guardò alle spalle in contemporanea con Harry e vide che, seduto su uno dei banchi appoggiati al muro, c'era nientemeno che Albus Silente. Non l'avevano neanche notato, troppo concentrati sullo specchio, anche se per diversi motivi.

"Io... io non l'ho vista, signore." disse Harry, colpevole.

"Strano: essere invisibili rende miopi!" osservò Silente, e Honey si sentì sollevata nel vedere che sorrideva.

"Allora." disse Silente lasciandosi scivolare giù dal banco per venirsi a sedere a terra accanto a Harry. "Tu, come centinaia di altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello Specchio delle Brame."

"Non sapevo che si chiamasse così, signore." ammise Harry mentre a Honey una lampadina si accendeva in testa.

"Suppongo però che ormai tu abbia capito a che cosa serve." continuò Silente.

"Sì... be'... ci vedo la mia famiglia..."

"E il tuo amico Ron ci si è visto capoclasse."

"E lei come lo sa...?" chiese Harry.

"Io non ho bisogno di un mantello per diventare invisibile." disse Silente con dolcezza. "Capisci adesso che cos'è che noi tutti vediamo nello Specchio delle Brame?"

Harry scosse la testa.

"Allora te lo spiego. L'uomo più felice della terra riuscirebbe a usare lo Specchio delle Brame come un normale specchio; vale a dire che, guardandoci dentro, vedrebbe se stesso esattamente com'è. Cominci a capire? E tu, Honey?" domandò alla ragazza, che era rimasta in piedi vicino a loro.

"Ci vediamo dentro quel che desideriamo... le cose che vogliamo..." disse Harry, lentamente.

"Non è esatto." mormorò Honey. "Non proprio. 'Mostro non il tuo viso ma le tue brame.' È questo che dice la scritta sulla cornice."

"E sai cosa significa?" le chiese Silente con voce gentile.

"Che mostra quello che una persona desidera di più." rispose lei. "Ecco perchè Harry vede la sua famiglia. Perchè non l'ha mai conosciuta. E Ron..." sospirò. "Probabilmente si sente oscurato dai suoi fratelli maggiori, quindi lo specchio gli ha mostrato di essere il migliore. Avevo letto di questo specchio, una volta, ma non pensavo si trovasse qui."

"Esattamente." confermò il preside. "E tuttavia questo specchio non ci dà né la conoscenza né la verità. Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi, rapiti da quel che avevano visto, oppure hanno perso il senno perché non sapevano se quel che esso mostra è reale o anche solo possibile. Domani, lo Specchio delle Brame verrà portato in una nuova dimora, e io ti chiedo, Harry, di non cercarlo mai più. Se mai ti ci imbatterai di nuovo, sarai preparato. Ricorda: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non vi rimettete addosso quel meraviglioso mantello e non ve ne tornate a letto?"

Harry si alzò in piedi.

"Signore... professor Silente... Posso farle una domanda?"

"Certo! Me ne hai appena fatta una!" Silente sorrise. "Comunque, puoi farmene anche un'altra."

"Lei che cosa vede, quando si guarda in quello specchio?"

"Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana."

Harry lo guardò incredulo. Honey sapeva che fosse una bugia. Sentiva chiaramente le emozioni contrastanti che emanava il preside: un misto di amore, tristezza, rimorso, mancanza e senso di colpa mescolati insieme. Fu una bella batosta da sopportare.

"I calzini non bastano mai." disse Silente. "È passato un altro Natale, e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri."

Honey alzò le spalle, cercando di scacciare quelle emozioni non sue. "I libri sono belli."

"Questo è vero." concordò Silente.

"Honey." la chiamò Harry. "Tu cosa vedi nello specchio?"

La ragazza rimase spiazzata da quella domanda. "Non lo so." rispose. "Non ci ho mai guardato."

"E non vuoi farlo?"

"Sinceramente? Non esattamente..." ammise, a disagio, sotto lo sguardo sorpreso dell'amico.

Silente la studiava con i suoi penetranti occhi azzurri, ma sembrava sapesse esattamente il motivo.

"E perchè?" chiese Harry, non riuscendo a capire.

"Credo di sapere esattamente cosa vedrò." rivelò lei. "E non sono sicura di volerlo."

"Se non ti senti pronta non devi guardare." disse Silente con tono tranquillo e comprensivo. "Lo farai quando lo sarai."

Poi li rispedì in dormitorio e Honey non potè fare a meno di riflettere sulle emozioni di Silente e sul suo comportamento. Si chiese cosa, del suo passato, lo facesse sentire così angosciato e le dispiacque per lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10. ***


Silente aveva convinto Harry a non andare di nuovo in cerca dello Specchio delle Brame, e per il resto delle vacanze di Natale il mantello che rende invisibili rimase piegato in fondo al suo baule.

Harry sperava di poter dimenticare facilmente quel che aveva visto nello specchio, ma non ci riuscì. Cominciò ad avere incubi notturni. Non faceva che sognare i suoi genitori che scomparivano in un lampo di luce verde, mentre una voce stridula rideva in modo sinistro.

"Visto? Silente aveva ragione: quello specchio può farti diventare pazzo." disse Ron quando Harry gli raccontò i suoi sogni.

Honey fece una smorfia. "Non farci caso. Io faccio sogni del genere praticamente ogni notte e non ho mai guardato in quello specchio." affermò stupendo i suoi amici, che non sapevano niente dei suoi costanti incubi notturni.

Hermione, che era tornata il giorno prima dell'inizio del nuovo trimestre, vedeva le cose in un altro modo. Era divisa fra l'orrore al pensiero di Harry che, invece di starsene a letto, andava in giro per la scuola per tre notti di fila portandosi pure dietro Honey ('Se Gazza vi avesse beccato!') e la delusione per il fatto che non avevano neanche scoperto chi fosse Nicolas Flamel.

Avevano quasi abbandonato ogni speranza di trovare Flamel nei libri della biblioteca, sebbene Honey sapesse perfettamente di aver letto quel nome chissà dove. All'inizio del trimestre, si rimisero a sfogliare libri ogni volta che avevano ricreazione. Harry e Honey avevano ancor meno tempo a disposizione degli altri due, perché erano ricominciati gli allenamenti di Quidditch.

Baston faceva lavorare la squadra sempre più duramente. Neanche la pioggia incessante che aveva preso il posto della neve riusciva a smorzare la sua foga. I gemelli Weasley si lamentavano che Baston stava diventando un fanatico, ma Harry stava dalla sua parte. Se avessero vinto il prossimo incontro, stavolta contro il Tassorosso, per la prima volta da sette anni avrebbero superato il Serpeverde nel campionato dei dormitori. Honey trovava la cosa divertente quindi non se ne lamentava mai, nonostante spesso si ritrovasse sfinita alla fine degli allenamenti. Per movimentare di più le cose aveva persino cominciato ad allenarsi ad occhi chiusi, in modo da aumentare la percezione di ciò che aveva intorno a sè senza aver bisogno di spostare continuamente lo sguardo da una parte all'altra del campo. All'inizio le era risultato talmente difficile che si era beccata diversi bolidi dei gemelli, che si erano scusati fino a esasperarla, ma più allenamenti faceva più le diventava facile. Grazie anche alla sua capacità di percepire le emozioni altrui riusciva a sentire le persone intorno a sè con una discreta facilità. Il difficile era sentire oggetti come le tribune o i pali delle porte, che faceva ancora fatica a schivare. Confidava, però, nel fatto che in partita non avrebbe mai giocato con gli occhi chiusi. Quell'allenamento le serviva solo per avere più consapevolezza di dove fossero i compagni e gli avversari, facilitandole così il gioco.

Poi, durante una sessione di allenamento particolarmente funestata dalla pioggia e dal fango, Baston dette una cattiva notizia alla squadra: si era appena arrabbiato moltissimo con i gemelli Weasley, che continuavano a piombarsi addosso in picchiata a vicenda, facendo finta di cadere dalle scope.

"Ma volete piantarla di fare confusione!" strillò. "Questo è precisamente il genere di sciocchezze che ci farà perdere la partita! Stavolta l'arbitro è Piton, che certo non mancherà di trovare tutte le scuse per togliere punti al Grifondoro!"

A quelle parole, George Weasley cadde per davvero dalla scopa.

"L'arbitro è Piton?" esclamò con la bocca ancora impastata di fango. "E da quando in qua fa l'arbitro per le partite di Quidditch? Se per caso superiamo il Serpeverde, sarà tutt'altro che imparziale."

Anche il resto della squadra atterrò accanto a George per lamentarsi.

"Non è colpa mia." disse Baston. "Dobbiamo semplicemente fare in modo di giocare senza scorrettezze, per non offrire a Piton nessun pretesto per stuzzicarci."

Honey continuava a pensare che fosse strano e si chiedeva come mai Piton avesse deciso di arbitrare una partita, soprattutto perchè non era di Serpeverde. Inoltre sentì Harry molto turbato dalla notizia e quando lui corse via, mentre il resto della squadra rimase indietro per chiacchierare come accadeva sempre al termine dell'allenamento, Honey lo seguì sapendo benissimo dove sarebbe andato.

Appena raggiunsero la sala di ritrovo di Grifondoro, trovarono Ron e Hermione che giocavano a scacchi. Gli scacchi erano l'unico gioco in cui a Hermione capitasse mai di perdere, il che, secondo Harry e Ron, ogni tanto le faceva bene.

"Aspettate un attimo prima di parlare." disse Ron quando Harry si sedette accanto a lui e Honey accanto a Hermione. "Ho bisogno di concen..." poi vide l'espressione che si era dipinta sul volto di Harry. "Ma che ti prende? Hai una faccia spaventosa!"

Parlando a bassa voce, in modo che nessun altro sentisse, Harry rivelò ai due amici dell'improvviso, infausto desiderio di Piton di fare l'arbitro di Quidditch.

"Non giocare." disse subito Hermione.

"Datti malato." aggiunse Ron.

"Fa finta che ti sei rotto una gamba." suggerì Hermione.

"Rompitela davvero." rincarò Ron.

"Finitela!" li bloccò Honey.

"Non posso." rispose Harry. "Non c'è un Cercatore di riserva. Se io mi ritiro, il Grifondoro non può proprio giocare."

"Honey potrebbe giocare al posto tuo." disse Ron.

"Non pensarci nemmeno." lo fermò subito la diretta interessata. "Non giocherò al posto di Harry a causa della vostra stupida teoria."

"Ma..." cominciò Hermione.

"No." esclamò lei. "Se proprio volete che Harry stia il meno possibile sul campo insieme a Piton, gli basterà prendere il boccino il più veloce che può." disse. "Dopotutto, prima prende il boccino prima la partita finisce. E nessuno si potrà lamentare in qualche modo." osservò.

In quel preciso istante, Neville piombò nella sala di ritrovo. Non si capiva come avesse fatto a passare dal buco dietro il ritratto, perché aveva le gambe bloccate insieme da quello che riconobbero immediatamente come l'Incantesimo della Pastoia: probabilmente aveva fatto tutta la strada fino alla torre di Grifondoro a balzelloni, come un coniglio.

Tutti si rotolarono dalle risate salvo Hermione e Honey, che scosse la testa e gli fece subito un controincantesimo. Le gambe di Neville si sciolsero dagli invisibili laccioli e lui si mise in piedi tutto tremante.

"Che cosa ti è successo?" chiese Hermione mentre lo accompagnava a sedersi vicino a Harry e a Ron.

"Malfoy." rispose Neville con voce tremula. "L'ho incontrato fuori della biblioteca. Ha detto che stava cercando qualcuno su cui sperimentare il trucco."

"Dannato furetto!" mormorò Honey facendosi, però, sentire da tutti e provocando altre risa.

"Va dalla professoressa Mcgranitt!" lo esortò Hermione. "Raccontale tutto!"

Ma Neville scosse la testa. "Non voglio altri guai." bofonchiò.

"Ma Neville, devi tenergli testa!" disse Ron. "Quello è abituato a passare sopra al prossimo, ma questa non è una ragione per prosternarsi davanti a lui e rendergli più facile il compito."

"Non hai bisogno di dirmi che non sono abbastanza coraggioso per far parte della squadra del Grifondoro: ci ha già pensato Malfoy." fece Neville con voce strozzata mentre Honey si alzava per colpire la nuca di Ron con una sberla, facendolo gemere.

Harry si cacciò una mano nella tasca del mantello e ne estrasse una Cioccorana, l'ultimissima della scatola che Hermione gli aveva regalato a Natale. La porse a Neville, che sembrava sull'orlo delle lacrime.

"Non preoccuparti." disse Honey, dolcemente, mettendogli un braccio attorno alle spalle. "Sono certa che un giorno gli dimostrerai quanto sei coraggioso. A lui e a tutti quelli che sostengono il contrario."

"Tu vali dodici Malfoy." continuò Harry. "È stato il Cappello Parlante ad assegnarti a Grifondoro, non è vero? E Malfoy, dov'è finito? In quella fogna di Serpeverde."

Le labbra di Neville si stiracchiarono in un debole sorriso, mentre scartava la Cioccorana. "Grazie, ragazzi... Credo che me ne andrò a letto. Vuoi la figurina, Harry? Tu fai la collezione, no?"

Mentre Neville si allontanava, Harry dette un'occhiata alla figurina del Famoso Mago.

"Un'altra volta Silente." fece. "È stato il primo che ho mai..."

Ma le parole gli si strozzarono in gola. Fissò il retro della figurina. Poi alzò gli occhi su Honey, che lo osservava curiosa chiedendosi perchè fosse così euforico, Ron e Hermione.

"L'ho trovato!" bisbigliò. "Ho trovato Flamel! Ve l'avevo detto che quel nome l'avevo già letto da qualche parte! È stato sul treno, venendo qui a Hogwarts. State a sentire: 'Il Professor Silente è noto soprattutto per avere sconfitto nel 1945 il mago del male Grindelwald, per avere scoperto i dodici modi per utilizzare sangue di drago e per i suoi esperimenti di alchimia, insieme al collega Nicolas Flamel.'!"

"Aspetta." lo fermò Honey, voltandosi verso Hermione. "Ma non era quello della Pietra Filosofale?" l'amica sgranò gli occhi, sorpresa e confusa allo stesso tempo. "Ma sì." continuò. "Penso sia scritto sul libro che hai sul comodino."

Hermione saltò su. Non aveva quell'aria euforica dalla prima volta che avevano ricevuto i voti per i loro esercizi.

"Restate lì!" disse, e corse difilato su per le scale diretta ai dormitori delle ragazze. Harry e Ron ebbero appena il tempo di scambiarsi un'occhiata perplessa che lei era già di ritorno a tutta velocità, portando fra le braccia un enorme e vecchio librone.

"Non ho mai pensato di guardare qui dentro!" sussurrò tutta eccitata. "Questo l'ho preso dalla biblioteca qualche settimana fa, quando cercavo una lettura un po' leggera..."

"Leggero, quello?" esclamò Ron, ma Hermione gli disse di star zitto finché non avesse trovato qualcosa, e cominciò a girare febbrilmente le pagine borbottando fra sé e sé. Alla fine trovò quel che cercava.

"Lo sapevo! Honey ha ragione!" esclamò prima di voltarsi verso l'amica. "E tu come facevi a saperlo?"

"Una volta non riuscivo a dormire e mi sono messa a leggerlo."

"Adesso possiamo parlare?" fece Ron imbronciato. Hermione lo ignorò e si concentrò sul capitolo del libro.

"Nicolas Flamel." mormorò in tono d'importanza. "È l'unico di cui si sappia che ha fabbricato la Pietra Filosofale!"

Ma, come quando l'aveva detto Honey, non sortì precisamente l'effetto che si aspettava.

"La che?" chiesero Harry e Ron a una voce.

"Uffa, ma voi due non sapete leggere? Guardate: leggete che cosa dice qua."

Spinse il librone verso di loro, e i due ragazzi lessero:

 

La disciplina dell'alchimia si occupa di fabbricare la Pietra Filosofale, una sostanza leggendaria dai poteri sbalorditivi. La pietra è in grado di trasformare qualsiasi metallo in oro puro e per giunta produce l'Elisir di Lunga Vita, che rende immortale chi lo beve.

Nel corso dei secoli si è parlato molto della Pietra Filosofale, ma l'unica che esista attualmente appartiene a Nicolas Flamel, noto alchimista e appassionato di opera lirica. Flamel, che l'anno scorso ha festeggiato il suo seicentosessantacinquesimo compleanno, conduce una vita tranquilla nel Devon insieme alla moglie, Peronella, che ha seicentocinquantotto anni.

 

"Capito?" disse Hermione quando ebbero terminato. "Di certo, il cane fa la guardia alla Pietra Filosofale di Flamel! Scommetto che ha chiesto a Silente di custodirla, perché sono amici e lui sapeva che qualcuno ne era in caccia. Ecco perché ha voluto far portare via la Pietra dalla Gringott!"

"Una pietra che fabbrica l'oro e rende immortali!" esclamò Harry.

"E ci credo che Piton le dà la caccia! Chiunque vorrebbe possederla."

"Personalmente io no." commentò Honey. "E dubito che anche Piton sia interessato."

"E ci credo che non trovavamo Flamel in quella Rassegna dei recenti sviluppi della magia." aggiunse Ron, ignorandola. "Se ha seicentosessantacinque anni, non è poi tanto recente! Voi che ne dite?"

La mattina seguente, a lezione di Difesa dalle Arti Oscure, mentre ricopiavano diverse ricette per la cura del morso di lupo mannaro, Harry e Ron continuarono a parlare di quel che avrebbero fatto con una Pietra Filosofale se l'avessero avuta. Solo quando Ron disse che ci si sarebbe comprato un'intera squadra di Quidditch, a Harry tornò in mente Piton e la partita imminente.

"Scenderò in campo." disse ai suoi amici. "Altrimenti, tutti quelli del Serpeverde penseranno che ho troppa paura per affrontare Piton. Gliela farò vedere... se vinciamo, gli cancellerò il sorriso dalla faccia."

"Sempre che loro non cancellino te dal campo da gioco!" commentò Hermione.

Honey sbuffò e le diede una gomitata, facendole cenno di dover smettere con quella stupida idea.

 

****

 

Via via che si avvicinava il giorno della partita, però, il nervosismo di Harry non faceva che aumentare, nonostante quel che aveva detto a Honey, Ron e a Hermione. Neanche gli altri giocatori della squadra erano tanto tranquilli. Persino Honey era un po' agitata, anche se per un motivo diverso. L'idea di superare il Serpeverde nel campionato dei dormitori faceva sognare: erano sette anni che non succedeva, ma ci sarebbero riusciti con un arbitro così poco imparziale?

Harry non sapeva se fosse tutta un'idea sua oppure no, ma gli sembrava di imbattersi in Piton dovunque andasse. A volte si chiedeva persino se Piton lo stesse pedinando, nel tentativo di sorprenderlo da solo. Le lezioni di Pozioni si stavano trasformando in una specie di tortura settimanale, tanto Piton lo assillava. Era mai possibile che avesse intuito che avevano scoperto la storia della Pietra Filosofale? Harry non capiva come, ma a volte aveva l'agghiacciante sensazione che Piton sapesse leggere nel pensiero. Personalmente, Honey era sempre più convinta che fosse paranoico e non mancava occasione per cercare di calmare il suo amico.

 

****

 

Il pomeriggio seguente, quando Ron e Hermione gli augurarono buona fortuna all'ingresso dello spogliatoio, Harry era ben consapevole che i due si stavano domandando se l'avrebbero mai rivisto vivo, nonostante Honey avesse tentato di convincerli più volte che sarebbe andato tutto alla grande. Mentre si infilavano la tenuta da Quidditch e prendevano le loro Nimbus Duemila, Honey vide che Harry era molto distratto e che non aveva ascoltato nemmeno una parola del discorsetto d'incitamento pronunciato da Oliver Baston.

Nel frattempo, Ron e Hermione si erano trovati un posto a sedere sugli spalti vicino a Neville, che non riusciva a capire perché avessero quelle facce da funerale, né perché entrambi si fossero portati alla partita la bacchetta magica. Honey non aveva la minima idea che Ron e Hermione, in gran segreto, si erano esercitati a fare l'Incantesimo delle Pastoie. L'idea gli era venuta dal fatto che Malfoy se n'era servito contro Neville, ed erano prontissimi a usarlo anche con Piton, se questi avesse dato l'impressione di voler fare del male a Harry.

"Allora, tieni bene a mente la formula magica: 'Locomotor Mortis'." soffiò Hermione all'orecchio di Ron mentre questi si nascondeva la bacchetta nella manica.

"Lo so." ribatté Ron seccato. "Piantala di tormentarmi."

Tornati negli spogliatoi, Baston aveva preso da parte Harry.

"Non per metterti sotto pressione, Potter, ma mai come oggi abbiamo bisogno di acchiapparlo subito, quel Boccino. Vedi di concludere il gioco prima che Piton riesca a regalare troppo vantaggio al Tassorosso."

"Ehi, là fuori c'è tutta la scuola!" esclamò Fred Weasley dopo aver fatto capolino fuori della porta. "C'è persino... mi venga un colpo! Anche Silente è venuto a vederci!"

Honey, che stava stringendo la chiusura di un guanto, uscì fuori a controllare, seguita da Harry. Fred aveva proprio ragione: quella barba argentea era inconfondibile.

A Harry venne quasi da ridere per il sollievo. Era salvo. Era semplicemente impossibile che Piton si azzardasse a cercar di fargli male, se fra il pubblico c'era Silente.

"Sei più tranquillo, adesso?" gli mormorò Honey. Lui annuì. "Ricorda comunque quello che ti ho detto."

Forse era per la presenza del preside che Piton aveva l'aria così inviperita quando le due squadre entrarono in campo. Lo notò anche Ron.

"Non gli ho mai visto in faccia un'espressione tanto feroce." confidò a Hermione. "Ehi, guarda, partono. Ahi!"

Qualcuno gli aveva dato una botta alla nuca. Era Malfoy.

"Uh, Weasley, scusa tanto, non ti avevo visto." e Malfoy rivolse un largo, maligno sorriso a Tiger e Goyle. "Mi chiedo quanto a lungo resterà in sella Potter questa volta. Si accettano scommesse! Tu che ne dici, Weasley?"

Ron non rispose; Piton aveva appena assegnato un rigore al Tassorosso perché George Weasley gli aveva spedito addosso un Bolide. Hermione, che teneva le mani in grembo con tutte le dita incrociate, aveva gli occhi socchiusi e fissava Harry, che sorvolava il campo da gioco descrivendo cerchi in aria come un falco, nella speranza di avvistare il Boccino d'Oro.

"Sai come penso che facciano, per scegliere chi gioca per il Grifondoro?" disse Malfoy a voce alta qualche istante dopo, mentre Piton regalava un altro rigore al Tassorosso senza motivo. "Scelgono quelli che gli fanno pena. E difatti ci gioca Potter, che non ha i genitori, ci giocano i Weasley, che non hanno il becco d'un quattrino... anche tu dovresti far parte della squadra, Paciock, visto che non hai cervello."

Neville si fece paonazzo ma si limitò a girarsi per guardare Malfoy dritto in faccia.

"Io ne valgo dodici come te, Malfoy." balbettò.

Malfoy, Tiger e Goyle si sbellicarono dalle risate, ma Ron, sempre senza osare distogliere lo sguardo dal gioco, sibilò: "Cantagliele, Neville."

"Ehi, Paciock, se il cervello valesse tanto oro quanto pesa, saresti più povero di Weasley... ed è tutto dire!"

Ron aveva già i nervi tesi fino al punto di rottura, ansioso com'era per via di Harry. "Ti avverto, Malfoy: un'altra parola e..."

"Ron!" esclamò Hermione all'improvviso. "Harry...!"

"Eh? Che cosa, dove?"

Harry aveva appena effettuato una picchiata spettacolare, passando accanto a una Honey sorpresa che riuscì a schivarlo per miracolo mentre si dirigeva verso i pali avversari con la Pluffa, salutata con applausi dal pubblico rimasto col fiato sospeso. Hermione balzò in piedi, con le dita incrociate in bocca, mentre Harry planava a tutta velocità verso terra.

"Sei fortunato, Weasley: Potter deve aver visto una monetina caduta in terra!" fece Malfoy.

A quel punto, Ron scattò. Prima che Malfoy si rendesse conto di quel che succedeva, gli fu addosso e lo scaraventò a terra. Neville esitò, poi scavalcò il sedile per venirgli a dare manforte.

"Forza, Harry!" gridava Hermione, salita in piedi sul suo sedile per seguire con lo sguardo il ragazzo mentre si avventava contro Piton. E non si accorse nemmeno di Malfoy e Ron che si rotolavano a terra sotto il suo sedile, né dei tonfi e delle grida provenienti da Neville, Tiger e Goyle, trasformatisi in un unico vortice di pugni.

Intanto, su per aria, Piton sterzò il suo manico di scopa appena in tempo per scorgere qualcosa di rosso che gli sfrecciava accanto mancandolo di pochi centimetri. Un istante dopo, Harry emerse dalla sua picchiata, le braccia levate in alto in segno di trionfo, tenendo saldamente in mano il Boccino.

Le gradinate esplosero in un urlo di gioia: era un record, nessuno ricordava che il Boccino d'Oro fosse mai stato conquistato tanto rapidamente.

"Ron! Ron! Ma dove ti sei cacciato? La partita è finita! Harry ha vinto! Abbiamo vinto! Il Grifondoro è in testa alla classifica!" strillava Hermione, improvvisando un balletto sul suo sedile e abbracciando Calì Patil, che sedeva nella fila davanti.

Harry saltò giù dalla sua scopa, a trenta centimetri da terra. Non riusciva a crederci. Ce l'aveva fatta: la partita era finita dopo essere durata appena cinque minuti. Mentre i giocatori del Grifondoro sfilavano sul campo, Honey lo affiancò.

"Che ti avevo detto?" gli disse. "Sapevo che sarebbe andato tutto alla grande!"

"Sì, forse avevi ragione tu..." mormorò lui, in risposta, facendole un sorriso.

Scorsero Piton che atterrava poco distante da loro, livido e con le labbra strette. Poi sentirono una mano posarsi sulle loro spalle e, quando levarono lo sguardo, si videro davanti il volto sorridente di Silente.

"Ottima prova." disse Silente a Harry a bassa voce, in modo che solo loro potesse udirlo. "Mi fa piacere vedere che non sei stato tanto a rimuginare su quello specchio... anzi, ti sei dato da fare. Eccellente!"

Piton sputò per terra, carico di rancore.

 

****

 

Honey fu l'ultima a uscire dallo spogliatoio diretta alla rimessa per lasciarci la sua Nimbus Duemila. I gemelli erano stati i primi a correre via, parlottando di cibo e di una festa che volevano organizzare, e, ben presto, erano stati seguiti da tutti gli altri componenti della squadra. Persino Harry era andato via, dicendole che l'avrebbe preceduta, ancora incredulo, euforico, felice e soddisfatto per quello che era successo durante la partita. Si era persino scusato per averla quasi investita, congratulandosi con lei per la fantastica schivata riuscita grazie al suo allenamento a occhi chiusi. Lì per lì, infatti, lei non l'aveva neanche visto e si era limitata a schivare in automatico l'ostacolo che aveva percepito avvicinarsi a lei.

Quando arrivò al castello vide Harry, Ron e Hermione che la aspettavano e appena le furono davanti Harry la prese per un braccio trascinandola all'interno di una classe vuota, seguito dagli altri due.

"Harry!" esclamò Honey togliendo il braccio dalla presa dell'amico. "Che diamine ti prende?"

"Devo dirvi una cosa."

Poi raccontò loro di aver seguito Piton nella Foresta Proibita e di aver assistito a una conversazione fra lui e Raptor in cui il professore di pozioni minacciava l'altro per sapere come si neutralizzava Fuffi, aggiungendo che avrebbero fatto presto un'altra chiacchierata del genere.

"Allora avevamo ragione, si tratta proprio della Pietra Filosofale! E Piton sta cercando di costringere Raptor ad aiutarlo a rubarla. Gli ha chiesto se sapeva come fare per eludere la sorveglianza di Fuffi, e ha anche accennato agli 'abracadabra da quattro soldi' di Raptor. Io credo che, a parte Fuffi, la sorveglianza della pietra sia affidata anche a qualcos'altro: probabilmente un sacco di incantesimi assortiti... e Raptor dovrebbe fare non so che magia nera per permettere a Piton di fare il colpo..."

"Secondo me hai sentito male." disse Honey. "Non credo che Piton farebbe mai una cosa del genere a Silente, ha troppo rispetto per lui. Inoltre a me Raptor non piace per niente. Una volta ho incontrato un uomo che aveva una doppia personalità che mi ha mandato delle sensazioni davvero stranissime, come emozioni che venivano da più persone diverse invece che da una. Raptor mi dà la stessa sensazione." ammise con un brivido. "Solo più oscura. Molto più oscura."

"Non è possibile che Raptor sia malvagio. Voglio dire... l'hai visto?" disse Ron, scettico sull'opinione dell'amica. "Piton, invece, sembra proprio il tipo che farebbe una cosa del genere."

"Solo perchè è sempre serio e cupo non vuol dire che sia cattivo." gli fece notare lei, ma il ragazzo era fermamente convinto di ciò che diceva.

"Allora voi pensate che la pietra sia al sicuro solo se Raptor gli dice di no..." fece Hermione in tono allarmato, riferendosi a Harry e Ron.

"Entro martedì prossimo, la faccenda sarà risolta." sentenziò Ron.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11. ***


Ma Raptor doveva essere più coraggioso di quanto credevano. Nelle settimane successive sembrava farsi sempre più pallido e smunto, ma resisteva. Secondo Harry, per lo meno.

Ogni volta che passavano per il corridoio del terzo piano, Harry, Ron e Hermione accostavano l'orecchio alla porta per controllare che dentro Fuffi ringhiasse ancora, facendo sospirare Honey ogni volta. Piton si faceva vedere in giro di malumore come al solito, il che certamente significava che la Pietra era ancora in salvo. In quei giorni ogni volta che Harry incrociava Raptor lo gratificava di una sorta di sorriso di incoraggiamento e Ron aveva cominciato a redarguire quelli che ridevano della balbuzie del professore. Personalmente Honey li trovava piuttosto ridicoli, ma si asteneva dal commentare a causa del fatto che nessuno dei due credeva alla sua idea secondo cui il professore di pozioni era innocente.

Hermione, invece, aveva altre cose cui pensare oltre la Pietra Filosofale. Aveva cominciato a fare il programma dei ripassi e a dividere i suoi appunti per argomenti e attribuire un colore diverso a ciascuno. A Harry e a Ron non sarebbe mai passato per la testa, ma lei continuava a pungolarli perché facessero lo stesso.

"Ma, Hermione, agli esami mancano secoli!"

"Dieci settimane." precisò impaziente Hermione. "Dieci settimane non sono secoli, e per Nicolas Flamel sono un attimo."

"Ma noi non abbiamo seicento anni come Flamel." le ricordò Ron. "E comunque, si può sapere a che cosa ti serve fare il ripasso, visto che sai già tutto?"

"A che cosa mi serve? Ma sei matto? Ti rendi conto che questi esami dobbiamo passarli per andare al secondo anno? Sono molto importanti, avrei dovuto cominciare a studiare un mese fa, non so proprio che cosa mi ha preso..."

"Ma dai! Nemmeno Honey si dà tanta pena."

Purtroppo pareva che gli insegnanti la pensassero come Hermione. Li caricarono di tanti di quei compiti per le vacanze di Pasqua, che quanto a divertimento non assomigliarono di certo a quelle di Natale. Era difficile rilassarsi con Hermione accanto che recitava i dodici usi del sangue di drago e si esercitava nei movimenti della bacchetta magica. Bofonchiando e sbadigliando, Harry e Ron trascorsero la maggior parte del tempo libero con la ragazza in biblioteca cercando di portare a termine i compiti delle vacanze aiutati da Honey che, fortunatamente per loro, sembrava molto più propensa dell'amica ad aiutarli e a farli insieme.

"Questo non riuscirò mai a ricordarmelo." esplose Ron un pomeriggio, poggiando la penna d'oca e guardando nostalgico fuori della finestra della biblioteca. Era la prima vera, bella giornata di sole che avevano avuto da mesi. Il cielo era di un tenue color non ti scordar di me e nell'aria c'era il profumo dell'estate imminente.

Harry, che stava cercando la voce 'Dittamo' nel volume Cento Erbe E Funghi Magici, non alzò gli occhi dai libri se non quando udì Ron esclamare: "Hagrid, che cosa ci fai tu in biblioteca?"

Honey, che a sua volta non gli aveva rivolto la minima attenzione, distolse lo sguardo dal libro di pozioni e lo spostò sul guardiacaccia. Hagrid era apparso, nascondendo qualcosa dietro la schiena. Sembrava assolutamente fuori posto nel suo pastrano di fustagno.

"Sto solo a dare un'occhiata." disse con una voce ambigua che attrasse subito la loro attenzione. "Voi, piuttosto, che cosa ci fate qui?" di colpo, parve farsi sospettoso. "Non starete mica ancora dietro a Nicolas Flamel, vero?"

"Oh, quello lo abbiamo scoperto secoli fa." disse Ron dandosi arie d'importanza, "E sappiamo anche a che cosa fa la guardia il cane, a una Pietra Filos..."

"Shhhh." Hagrid si guardò intorno furtivo per vedere se qualcuno fosse in ascolto, mentre Ron gemeva a causa dello scappellotto che gli aveva dato Honey. "Non dovete parlare ad alta voce di questa cosa, si può sapere che cosa vi prende?"

"In realtà..." disse Harry, "... volevamo chiederti alcune cose su come è sorvegliata la Pietra, a parte Fuffi..."

"SHHHHHH!" fece di nuovo Hagrid mentre anche Harry si massaggiava la nuca sotto lo sguardo contrariato di Honey, che aveva colpito anche lui. "Sentite... venite a trovarmi più tardi. Badate bene, non vi prometto di dirvi niente, ma voi piantatela di frugare qua dentro; gli studenti non devono sapere. Si penserà che sono stato io a dirvelo..."

"A dopo, allora." disse Harry.

Hagrid se ne andò caracollando col suo passo goffo.

"Ma che cosa nascondeva dietro la schiena?" chiese Hermione pensierosa.

"Pensi che avesse a che fare con la Pietra?"

"Non credo." disse Honey. "Ma nasconde sicuramente qualcosa."

"Io vado a vedere in che reparto è stato." disse Ron che ne aveva abbastanza di studiare.

Un attimo dopo era di ritorno con una pila di libri che lasciò cadere sul tavolo.

"Draghi!" sussurrò. "Hagrid stava consultando la letteratura sui draghi! Guardate qui: Specie di draghi della Gran Bretagna e dell'Irlanda... Dall'uovo agli inferi: guida pratica per l'allevatore di draghi."

"Hagrid ha sempre desiderato un drago, me lo ha detto fin dalla prima volta che ci siamo conosciuti." disse Honey.

"Sì, l'ha detto anche a me." confermò Harry.

"Ma è contro le nostre leggi." disse Ron. "L'allevamento dei draghi è stato dichiarato fuori legge dalla Convenzione degli Stregoni del 1709, questo lo sanno tutti. difficile non farsi notare dai Babbani se alleviamo un drago in giardino, e comunque non si possono addomesticare: troppo pericoloso. Dovreste vedere le bruciature che si è beccato Charlie in Romania coi draghi selvatici'.

"Aspetta! In Gran Bretagna esistono draghi selvatici?' chiese Harry.

"Ma naturalmente." disse Ron. "Il Verde Comune del Galles e il Nero delle Ebridi. Il Ministero della Magia ha il suo bel da fare a tenere la cosa segreta. E noialtri, dobbiamo continuare a fare incantesimi sui Babbani che li hanno intravisti, affinché ne perdano il ricordo."

"Ecco qualcosa su cui hai studiato." scherzò Honey con un sorriso facendogli l'occhiolino mentre gli altri ridevano.

"Ma allora, che cosa diavolo ha in mente Hagrid?"

Un'ora dopo, quando bussarono alla porta del guardiacaccia, furono sorpresi nel vedere che tutte le tende erano tirate. Hagrid chiese: "Chi va là?" prima di farli entrare e poi si richiuse velocemente la porta alle spalle.

Dentro si soffocava dal caldo. Benché la giornata fosse tutt'altro che fredda, nel camino ardeva un fuoco scoppiettante. Hagrid preparò del tè per i ragazzi e offrì loro panini alla donnola, che rifiutarono.

"Allora, volevate chiedermi qualcosa?"

"Sì." disse Harry. Non era il caso di menare il can per l'aia. "Ci chiedevamo se potevi dirci da che cosa è protetta la Pietra Filosofale, oltre che da Fuffi."

Harry lo guardò aggrottando le sopracciglia.

"Certo che non te lo posso dire." rispose. "Primo, non lo so neanch'io. Secondo, ne sapete già troppo e quindi non ve lo direi in nessun caso. Quella Pietra è qui per una buona ragione. Poco ci è mancato che dalla Gringott non la rubassero... penso che a questo ci siete arrivati, no? Però, mi venisse un colpo se capisco come avete fatto a sapere di Fuffi."

"Dai, Hagrid, magari non ce lo vuoi dire, ma lo sai. Tu sai tutto quel che avviene in questo luogo." lo adulò Hermione con voce calda e suadente. Honey borbottò qualcosa di incomprensibile mentre la barba di Hagrid ebbe un fremito: i ragazzi avrebbero giurato che il gigante stesse sorridendo. "Ci chiedevamo soltanto chi si sia occupato della protezione." proseguì Hermione. "Cioè, volevamo sapere, a parte te, di chi può essersi fidato Silente al punto da lasciarsi aiutare."

Il petto di Hagrid si gonfiò d'orgoglio a queste ultime parole. Harry e Ron lanciarono a Hermione un'occhiata raggiante. Honey borbottò di nuovo. Hagrid doveva essere stato di sicuro un Grifondoro, l'orgoglio era quello.

"Beh... immagino che non c'è niente di male se vi dico questo... Vediamo un po'... Silente ha preso Fuffi in prestito da me... poi alcuni degli insegnanti hanno fatto degli incantesimi: la professoressa Sprite... il professor Vitious... la professoressa Mcgranitt..." e mentre li elencava faceva il gesto di contarli sulle dita, "Il professor Raptor... e naturalmente anche Silente ha fatto qualcosa. Aspettate un attimo. Ho dimenticato qualcuno. Ah, sì, il professor Piton."

"Piton?"

"Ve l'avevo detto." mormorò Honey.

"Già. Sentite un po', non è che state ancora rimuginando cose strane sul suo conto, no? Guardate che Piton ha dato una mano a proteggere la Pietra: non ha nessuna intenzione di rubarla!"

"Io non l'ho mai pensato, ma dubito che questi tre abbiano cambiato idea in proposito. Sono parecchio testardi, sai?" commentò Honey facendo alzare un sopracciglio al guardiacaccia.

Honey sapeva che Harry, Ron e Hermione la pensavano diversamente da lei. Se Piton era al corrente della necessità di proteggere la Pietra, non doveva aver avuto difficoltà a scoprire quali sistemi di sorveglianza avessero escogitato gli altri insegnanti. Probabilmente, sapeva tutto... a eccezione, a quanto pareva, dell'incantesimo di Raptor e del modo per evitare le ire di Fuffi. Ecco cosa ronzava per la mente di quei tre. Honey pensava che il freddo li avesse rincitrulliti e che avessero torto marcio, ma non sapeva come convincerli. Sicuramente, però, concordava con loro sul fatto che qualcuno volesse rubare la pietra. La differenza era che, invece di Piton, pensava che fosse Raptor il possibile ladro. Più passava il tempo più quell'uomo non le piaceva. E anche il fatto che sembrasse sempre più pallido non la convinceva per niente.

"Tu sei l'unico che sa come si fa a tenerlo buono, vero, Hagrid?" chiese Harry in tono ansioso, riportando Honey alla realtà. "E non lo diresti a nessuno, no? Neanche a uno degli insegnanti?"

"Non lo sa anima viva, solo io e Silente." disse Hagrid tutto fiero.

"Beh, è già qualcosa." sussurrò Harry agli altri per non farsi sentire. Poi disse: "Hagrid, non è che si potrebbe aprire una finestra? Sto scoppiando di caldo."

"Impossibile, Harry, mi dispiace." disse Hagrid.

Harry notò che lanciava un'occhiata di sbieco al focolare. Lo guardò anche lui. "Ehi, Hagrid, e quello che cos'è?"

Ma sapeva già di che cosa si trattasse. Proprio al centro del caminetto, sotto il bollitore, c'era un enorme uovo nero. "Oh." disse Hagrid giocherellando nervosamente con la sua barba. "Quello... ehm..."

"Tranquillo, lo sappiamo già." lo fermò Honey. Hagrid sembrò ancora più nervoso.

"Dove l'hai preso, Hagrid?" chiese Ron chinandosi sul focolare per vedere l'uovo da vicino. "Dev'esserti costato una fortuna."

"L'ho vinto." disse Hagrid. "Ieri sera. Sono sceso al villaggio per farmi qualche bicchierozzo e mi sono messo a giocare a carte con uno straniero. Anzi, a dir la verità mi pareva che era molto contento di disfarsene."

"Ma che cosa farai, quando si schiude?" chiese Hermione.

"Beh, mi sono dato un po' alla lettura." disse Hagrid estraendo un librone da sotto il materasso. "In biblioteca ho preso questo: Allevare Draghi Per Lavoro E Per Hobby... Naturalmente è un pochino superato, ma dentro c'è proprio tutto. Bisogna tenere l'uovo nel caminetto acceso, perché a quanto pare le mamme drago scaldano i loro piccoli col fiato... Poi, quando si schiude, ogni mezz'ora bisogna dare al piccolo un secchio di brandy mescolato a sangue di pollo. E qui, vedete?, spiega come riconoscere le diverse specie dall'uovo... Il mio, sembra, è un Dorsorugoso di Norvegia. Una specie molto rara."

Aveva un'aria tutta compiaciuta, ma Hermione non lo era altrettanto.

"Hagrid, tu abiti in una capanna di legno." osservò.

Ma Hagrid non l'ascoltava. Canticchiava allegramente mentre attizzava il fuoco.

 

****

 

E così, adesso avevano un'altra cosa di cui preoccuparsi, e cioè quel che sarebbe potuto accadere a Hagrid se qualcuno avesse scoperto che nascondeva nella sua capanna un drago di contrabbando.

"Mi domando com'è vivere una vita tranquilla." sospirò Ron, una delle tante sere di fila che passarono a sgobbare sulla montagna di compiti che gli avevano dato. Ormai Hermione aveva cominciato a compilare programmi di ripasso anche per Harry e Ron, facendoli diventare matti. Honey, fortunatamente, l'aveva scampata, ma per il semplice motivo che Hermione la riteneva in grado di ripassare senza la sua supervisione, dati i voti alti che aveva. Passava comunque tutto il tempo con loro, aiutandoli come poteva con le cose che non capivano e che Hermione non gli spiegava.

Poi un mattino a colazione Edvige portò a Harry un altro messaggio di Hagrid. Dentro c'erano soltanto tre parole: 'Si sta schiudendo.'

Ron aveva voglia di saltare Erbologia e di andare difilato alla capanna, ma Hermione non volle neanche sentirne parlare.

"Senti un po', Hermione, quante volte in vita nostra potremo vedere schiudersi un uovo di drago?"

"Ma abbiamo le lezioni! Ci cacceremo nei guai, ed è ancora niente in confronto a quel che capiterà a Hagrid quando si scoprirà quel che sta facendo!"

"Oh, piantala!" sussurrò Harry.

"Dateci un taglio!" esclamò Honey zittendo tutti e tre. "Vi ricordo che qui anche i muri hanno le orecchie."

Lanciò un'occhiata significativa in direzione di Malfoy, che era a pochi metri di distanza e si era fermato di colpo per ascoltare. Quanto aveva udito di quel che avevano detto? A Honey non piacque affatto l'espressione della sua faccia. Ron e Hermione fecero litigando la strada fino all'aula di Erbologia, e alla fine la ragazza acconsentì a scendere da Hagrid con gli altri tre durante la ricreazione. Quando si udì la campana del castello che annunciava la fine della lezione, tutti e quattro lasciarono cadere contemporaneamente gli attrezzi da giardinaggio e si affrettarono ad attraversare il parco fino al margine della foresta. Hagrid li accolse col volto arrossato per l'eccitazione.

"Il draghetto è uscito quasi del tutto." li accompagnò all'interno.

L'uovo era posato sul tavolo, inciso da crepe profonde: dentro c'era qualcosa che si muoveva e dall'interno proveniva un curioso ticchettio. Tutti trascinarono le seggiole vicino al tavolo e stettero a guardare col fiato sospeso.

D'un colpo si udì raschiare e l'uovo si spaccò in due. Il draghetto cadde sul tavolo con un piccolo tonfo. Non era esattamente quel che si dice grazioso. A Honey parve assomigliasse a un piccolo ombrello nero tutto raggrinzito. Le ali, coperte da aculei, erano enormi a confronto del corpicino esile e nero come la pece. Aveva il muso allungato, narici larghe, due cornini appena accennati e sporgenti occhi arancioni. Il draghetto starnutì e dal naso gli uscirono un paio di scintille.

"Non è adorabile?" mormorò Hagrid tendendo una mano per accarezzare la testa dell'animale. Questo fece per mordergli le dita scoprendo zanne acuminate. Honey pensò, tra sè e sè, che, a parte il rischio di essere mangiati, quell'esserino non era affatto male. Tuttavia si tenne quel pensiero per sè, consapevole che i suoi amici l'avrebbero guardata come se fosse stata pazza.

"Che Dio lo benedica... guardate, riconosce la mamma!" disse Hagrid.

"Hagrid." disse Hermione, "Quanto ci mette esattamente un Dorsorugoso della Norvegia a crescere?"

"Domanda legittima." mormorò Honey.

Hagrid stava per rispondere, quando il volto gli si fece improvvisamente pallido: balzò in piedi e corse alla finestra.

"Che cosa c'è?" chiese Harry.

"C'era qualcuno che spiava attraverso le tendine... un ragazzino... è partito di corsa verso la scuola."

Harry corse alla porta e guardò fuori. Honey lo affiancò in meno di un secondo. Anche a distanza, era impossibile non riconoscerlo.

Malfoy aveva visto il drago.

 

****

 

C'era qualcosa nel sorrisetto beffardo che Malfoy portò dipinto in faccia per tutta la settimana seguente, che innervosiva molto Honey, Harry, Ron e Hermione. I tre passarono gran parte del tempo libero nella capanna semibuia di Hagrid, cercando di farlo ragionare.

"Senti, lascialo andare." lo esortava Harry. "Liberalo."

"Ma non posso." rispondeva Hagrid. "È troppo piccolo. Morirebbe."

Guardarono il drago. Nel giro di una settimana la sua lunghezza si era già triplicata. Dalle narici continuavano a uscirgli volute di fumo. Hagrid aveva trascurato i suoi doveri di guardiacaccia, tanto da fare aveva con il drago. Il pavimento era coperto di bottiglie di brandy vuote e di penne di pollo.

"Ho deciso di chiamarlo Norberto." disse guardando il drago con gli occhi lucidi. "Mi riconosce davvero: guardate. Norberto! Norberto! Dov'è la mamma?"

"Ma siamo sicuri che sia maschio?" chiese Hermione a nessuno in particolare.

"Spero vivamente di sì." commentò Honey. "Ho letto da qualche parte che le femmine sono più aggressive."

"È andato fuori di testa." mormorò Ron all'orecchio di Harry.

"Hagrid." disse Harry ad alta voce. "Da qui a quindici giorni, Norberto sarà lungo quanto la tua casa. Malfoy potrebbe andare in qualsiasi momento a spifferare tutto a Silente."

Hagrid si morse le labbra.

"Lo so... lo so che non potrò tenerlo per sempre, ma non posso mica buttarlo via, no?"

Harry si volse di scatto verso Ron.

"Charlie!" esclamò.

"Stai diventando matto pure tu' disse Ron. 'Io sono Ron, hai presente?"

Honey, che aveva capito al volo cosa passava per la mente di Harry, intervenne. "Ma no! Charlie... tuo fratello! In Romania. Quello che studia i draghi. Potremmo mandare Norberto da lui. Charlie potrebbe allevarlo e poi liberarlo nella foresta."

"Geniale!" commentò Ron. "Che ne dici, Hagrid?"

Alla fine, Hagrid acconsentì a mandare un gufo a Charlie per chiedergli se andava bene.

 

****

 

La settimana seguente trascorse lenta. Giunse mercoledì sera: Hermione, Honey e Harry erano seduti insieme nella sala di ritrovo, molto tempo dopo che tutti gli altri se ne erano andati a letto. L'orologio a muro aveva appena suonato la mezzanotte, quando si aprì di colpo il buco dietro il ritratto. Ron comparve da chissà dove, togliendosi di dosso il mantello che rende invisibili. Era stato giù alla capanna di Hagrid per aiutarlo a dar da mangiare a Norberto, che adesso divorava topi morti a carrettate.

"Mi ha morso!" disse mostrando loro la mano fasciata in un fazzoletto insanguinato. "Non riuscirò a tenere in mano una penna d'oca per una settimana. Ve lo dico io: il drago è l'animale più orribile che ho mai visto, ma da come lo tratta Hagrid, si direbbe un tenero coniglietto bianco. Quando Norberto mi ha morso, Hagrid mi ha rimproverato che l'avevo spaventato. E quando sono uscito gli stava cantando la ninna nanna."

Si udì bussare alla finestra, ormai non più illuminata.

"Edvige!" esclamò Harry, affrettandosi ad aprirle. "Deve avere la risposta di Charlie!"

I tre accostarono le teste per leggere il messaggio, che diceva:

 

Ron, come stai? Grazie della lettera. Sarei lieto di prendere con me il Dorsorugoso norvegese, ma non sarà facile farlo arrivare fin qui. Credo che la cosa migliore sia affidarlo a certi amici miei che verranno a trovarmi la settimana prossima. Il problema è che non debbono farsi vedere a trasportare un drago di nascosto.

Potresti far salire il Dorsorugoso sulla torre più alta, a mezzanotte di sabato? Loro possono venirti incontro lì e portarselo via finché fa buio.

Mandami una risposta al più presto.

Tanti baci,

Charlie

 

Si guardarono.

"Abbiamo il mantello che rende invisibili." disse poi Harry. "Non dovrebbe essere troppo difficile... mi pare che il mantello sia grande abbastanza da coprire due di noi e Norberto."

Quella settimana era stata talmente dura che gli altri tre furono subito d'accordo con lui: avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di disfarsi di Norberto... e di Malfoy.

 

****

 

Ma vi fu un intoppo. La mattina dopo, la mano di Ron si era gonfiata fino a diventare il doppio dell'altra. Il ragazzo non era certo di far bene ad andare da Madama Chips: e se si fosse accorta che si trattava di un morso di drago? Comunque, al pomeriggio non aveva più scelta: la ferita era diventata di un brutto color verde. A quanto sembrava, le zanne di Norberto erano avvelenate.

A fine giornata, Honey, Harry e Hermione si precipitarono in infermeria dove trovarono Ron a letto, in condizioni pietose.

"Non è soltanto la mano." sussurrò. "Anche se mi sento come se mi stesse per cadere. Malfoy ha detto a Madama Chips che voleva prendere in prestito uno dei miei libri, e con questa scusa è venuto a farsi quattro risate alla faccia mia. Non ha smesso un attimo di minacciare di spifferare da che cosa sono stato morso... Io avevo detto che era stato un cane, ma non penso che la Chips mi abbia creduto. Non avrei proprio dovuto picchiarlo, alla partita di Quidditch: è per questo che adesso se la prende con me." concluse Ron.

Harry, Honey e Hermione cercarono di calmarlo.

"Entro la mezzanotte di sabato sarà finito tutto." disse Hermione, ma la cosa non parve tranquillizzarlo minimamente. Anzi, Ron si tirò su a sedere e gli venne una gran sudarella.

"A mezzanotte di sabato!" esclamò con voce arrochita. "Oh no... oh no... mi è appena tornato in mente che... dentro il libro che Malfoy mi ha chiesto in prestito c'era la lettera di Charlie! Adesso sa che stiamo per disfarci di Norberto."

Honey, Harry e Hermione non ebbero neanche il tempo di rispondere. In quel preciso istante, entrò Madama Chips e li mise alla porta, dicendo che Ron aveva bisogno di dormire.

 

****

 

"Ormai è troppo tardi per cambiare il nostro piano." disse Honey a Harry e Hermione. "Non abbiamo tempo di mandare un altro gufo a Charlie, e questa potrebbe essere la nostra unica possibilità di far sparire Norberto. Dobbiamo rischiare. E comunque, abbiamo il mantello che rende invisibili, e Malfoy non ne sa un bel niente."

"Sì. ma siamo in tre." fece notare Hermione. "E sotto il mantello non ci stiamo insieme a Norberto."

"Potrebbe non essere necessario, per me." rispose Honey. "Sto lavorando su un incantesimo. Mi riesce." continuò prima che la interrompessero. "E non è pericoloso, ma devo riuscire a farlo durare più tempo."

Quando andarono giù da Hagrid per dirgli tutto, trovarono Thor seduto fuori della porta con la coda bendata. Hagrid parlò loro attraverso la finestra.

"Non vi faccio entrare." spiegò. "Norberto è in vena di dispetti... ma io so bene come trattarlo."

Quando gli dissero della lettera a Charlie, gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma forse poteva essere perché Norberto gli aveva appena morso una gamba.

"Ahi! Tutto a posto, mi ha preso sullo stivale... è soltanto un gioco... in fin dei conti, è ancora piccolino."

In quella, il piccolino picchiò con forza la coda sul muro, facendo sbattere le finestre. Quando Harry, Honey e Hermione ripresero la strada del castello, non vedevano l'ora che arrivasse sabato.

 

****

 

Quando giunse il momento di dire addio a Norberto, avrebbero anche potuto provare pena per Hagrid, se non fossero stati tanto preoccupati al pensiero di quel che avrebbero dovuto fare. Era una notte molto buia e nuvolosa, e arrivarono alla capanna con un po' di ritardo perché avevano dovuto aspettare nel salone d'ingresso che Pix la smettesse di giocare a tennis contro il muro e si togliesse di torno.

Hagrid aveva già sistemato Norberto dentro una grossa cassa.

"Gli ho messo un bel po' di topi e di brandy per il viaggio." disse con voce soffocata. "E dentro ho messo anche il suo orsacchiotto, se mai si sente solo."

Dall'interno della cassa provenivano rumori sinistri.

"Dubito che quell'orsacchiotto sia ancora vivo." mormorò Honey.

"Addio, Norberto!" singhiozzò Hagrid mentre Harry e Hermione ricoprivano la cassa con il mantello che rende invisibili e ci si infilavano sotto anche loro. "La mamma non ti dimenticherà mai!"

Honey, invece, puntò la bacchetta verso il suo corpo e mormorò qualche parola, assumendo l'aspetto di ciò che aveva alle sue spalle.

"Accidenti!" esclamò Harry. "Honey sei invisibile!"

"Non proprio." disse lei. "Questo è un Incantesimo di Disillusione. Permette di mimetizzarsi con l'ambiente circostante. Ho pensato che fosse adatto, visto che è notte. Sarà abbastanza difficile vedermi."

Neanche loro capirono mai come fecero a trascinare quella cassa su fino al castello. Era quasi mezzanotte quando sollevarono la cassa con dentro Norberto per farle salire la scalinata di marmo e la trascinarono attraverso l'ingresso e lungo i corridoi bui. Poi un'altra scala, e un'altra ancora: neppure la scorciatoia che conosceva Harry servì a facilitare il compito.

"Ci siamo quasi!" esclamò il ragazzo ansimando, quando raggiunsero il corridoio situato al disotto della torre più alta.

Davanti a loro qualcosa si mosse così all'improvviso che gli fece quasi cadere di mano la cassa. Dimenticando di essere quasi invisibili, si ritrassero nell'ombra e rimasero a guardare le sagome scure di due persone impegnate in una colluttazione a tre metri da loro. A un tratto si accese un lume. Honey pregò Merlino che il suo incantesimo reggesse.

Era la professoressa Mcgranitt, in vestaglia scozzese e retina per i capelli, che teneva saldamente Malfoy per un orecchio.

"In castigo!" gridò. "E venti punti in meno a Serpeverde! Come ti permetti di andare in giro di notte a questo modo!"

"Professoressa, lei non capisce... sta arrivando Harry Potter... ha un drago!"

"Ma che sciocchezze! Come osi raccontare balle del genere! Avanti, Malfoy... riferirò tutto al professor Piton!"

Dopo quel che avevano udito, salire la ripida scala a chiocciola che conduceva in cima alla torre sembrò loro la cosa più facile del mondo. Soltanto quando furono usciti fuori nell'aria fredda della notte Harry e Hermione si tolsero di dosso il mantello, lieti di poter finalmente tornare a respirare come si deve. Hermione improvvisò una specie di balletto mentre Honey tornava visibile.

"Malfoy si è beccato una punizione! Sono talmente contenta che mi metterei a cantare!"

"Evita." le consigliò Harry.

"Ti prego." concordò Honey.

Sempre ridendosela per la sorte di Malfoy, rimasero in attesa, mentre Norberto si agitava nella sua cassa. Dopo circa dieci minuti, videro sbucare di colpo dall'oscurità quattro manici di scopa.

Gli amici di Charlie erano dei tipi simpatici. Mostrarono a Honey, Harry e Hermione i finimenti che avevano fabbricato in modo da poter volare con Norberto sospeso fra di loro. Tutti dettero una mano per assicurare la cassa a quei sostegni, e alla fine Honey, Harry e Hermione strinsero la mano agli altri ringraziandoli sentitamente.

Finalmente, Norberto se ne andava: seguendolo con lo sguardo, lo videro allontanarsi e scomparire.

Allora scesero di nuovo la scala a chiocciola, col cuore leggero, adesso che si erano liberati del drago. Norberto se n'era andato, Malfoy era in castigo... ormai, che cosa avrebbe potuto guastare la loro felicità?

La risposta li attendeva in fondo alla scala. Appena misero piede nel corridoio, dalle tenebre sbucò all'improvviso la faccia di Gazza.

"Ben, bene, bene." mormorò. "Vedo che ci siamo cacciati di nuovo nei pasticci!"

Avevano lasciato sulla torre il mantello che rende invisibili. E Honey non aveva riattivato l'incantesimo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12. ***


Le cose non avrebbero potuto andare peggio di così.

Gazza li portò giù al primo piano, nello studio della professoressa McGranitt, dove si sedettero in attesa senza scambiarsi una parola.

Hermione tremava. Harry era teso e silenzioso, probabilmente cercava di trovare una scusa plausibile al loro girovagare notturno. Honey aveva già un'idea in mente. E, sorprendentemente, non era del tutto una bugia.

In ogni caso, non sapeva proprio come avrebbero potuto fare per tirarsi fuori dai pasticci. Dubitava che, anche se la McGranitt le avesse creduto, non sarebbero stati puniti. Erano in trappola. Come avevano potuto essere così stupidi da dimenticarsi il mantello? La professoressa McGranitt non avrebbe mai accettato nessuna delle scuse che potevano addurre per essere scesi dal letto ed essersi messi a girare per la scuola a notte fonda, per non parlare poi di quando erano saliti sulla torretta più alta, che serviva da osservatorio astronomico, l'accesso alla quale era proibito salvo che in orario di lezione. Se a ciò si aggiungeva Norberto e il mantello che rende invisibili, si capiva che potevano anche cominciare a fare i bagagli. La sua scusa non sarebbe stata sufficiente, proprio no.

I ragazzi avevano creduto che le cose non potessero andar peggio? Ebbene, si erano sbagliati. Quando la McGranitt apparve, Neville era con lei.

"Ragazzi!" esclamò questi nell'istante in cui vide gli altri tre. "Vi stavo cercando per avvertirvi! Ho sentito Malfoy dire che vi avrebbe beccato, e ha detto che avete un dra..."

Harry scosse violentemente il capo per far segno a Neville di tacere, ma la professoressa McGranitt l'aveva visto. A vederla lì, torreggiante sopra le teste di tutti e quattro, non ci si sarebbe stupiti se le fossero uscite fiamme dal naso, come a Norberto.

"Non me lo sarei mai aspettato da nessuno di voi. Gazza dice che eravate su all'osservatorio. L'una del mattino! Esigo una spiegazione."

Era la prima volta che Hermione non riusciva a rispondere alla domanda di un insegnante. Stava lì in piedi a fissarsi le pantofole, immobile come una statua.

"Credo di sapere che cosa è successo." disse a un certo punto la McGranitt. "Non ci vuole certo un genio per capirlo. Avete raccontato a Malfoy chissà quali balle a proposito di un drago, nel tentativo di attirarlo fuori del letto e di combinare qualche pasticcio. Comunque, l'ho già pescato. Presumo vi sembri divertente che Paciock, qui, abbia sentito le vostre storie e ci abbia anche creduto!"

Honey incrociò lo sguardo di Neville e tentò di dirgli, sempre senza parlare, che non era vero, perché Neville aveva un'espressione attonita e ferita. Povero Neville, sempre così maldestro! Honey sapeva bene quanto doveva essergli costato cercare di raggiungerli al buio per avvertirli.

"Ehm... veramente..." mormorò Honey attirando gli sguardi dei presenti. "Penso che sia colpa mia, professoressa."

Harry e Hermione la guardavano ad occhi spalancati, chiedendosi cosa stesse facendo, mentre Neville la osservava terrorizzato. La McGranitt la studiava in silenzio.

"Colpa tua, Price?" le chiese, infine, dopo quelli che parvero attimi interminabili.

Lei annuì. "Vede..." cominciò a spiegare. "... in realtà è un po' imbarazzante..." si grattò la nuca, a disagio. "... sono sonnambula."

Se li avesse guardati in quel momento la McGranitt avrebbe letto negli occhi di Harry, Hermione e Neville lo sconcerto più totale. Ma in verità Honey non stava mentendo, era davvero sonnambula.

"Non è la prima volta che mi succede." continuò ignorando gli sguardi increduli dei suoi amici e quello scettico della professoressa. "I miei hanno avuto un bel daffare a tenerlo nascosto ai giornali. Sa, sono sempre a caccia di novità, quelli." fece una smorfia. "Ho avuto episodi davvero gravi. Ricordo che una volta mi sono svegliata sul tetto di casa, con i miei che mormoravano cercando di farmi scendere senza farmi cadere di sotto. Altre volte mi svegliavo a diversi quartieri di distanza da casa, che camminavo con loro al mio fianco, preoccupati neri che potessi fare qualcosa di stupido mentre dormivo." continuò sotto lo sconvolgimento dei presenti. "Mi hanno detto che era come se stessi cercando qualcosa. Tutte le volte. Cosa non lo saprei dire, sinceramente. Io non ricordo niente dei sogni che faccio durante questi episodi, so solo che mi sveglio e non sono nel mio letto. Ed è la stessa cosa che è successa stasera: mi sono svegliata in cima alla torre con Harry da un lato e Hermione dall'altro che cercavano di riportarmi di sotto. Ammetto di essermi spaventata quando ho visto dove fossimo."

"E come mi spieghi la storia del drago, signorina Price?" chiese la McGranitt, non completamente convinta. Honey dubitava seriamente che le avesse creduto davvero.

"Oh, quello è semplice." rispose lei, tranquilla e con un sorriso. "Malfoy deve averci sentito mentre parlavamo del fratello di Ron, Charlie, che studia i draghi in Romania e deve aver capito chissà cosa. Neville deve aver sentito Draco parlare con i suoi amici e si è sicuramente preoccupato per noi. Mi dispiace che sia stato coinvolto in questa confusione." quando la professoressa rimase in silenzio aggiunse. "Se non mi crede può chiederlo ai miei, anche adesso. O meglio domattina, dubito che adesso siano svegli. Comunque loro potranno confermarle che è la verità. Li ho spaventati a morte più spesso di quanto avrei voluto. Era da tanto che non mi capitava più, quindi avevamo pensato che questi episodi fossero finalmente passati." alzò le spalle con fare innocente. "A quanto pare avevamo torto. Il fatto che Malfoy sia uscito la stessa nottata in cui i miei amici hanno cercato di recuperare una me sonnambula è solamente una coincidenza."

La McGranitt rimase in silenzio a lungo, studiando il suo volto e quello dei suoi compagni, che cercavano di non farle capire che non sapessero niente di quella storia. Neville sembrava grato che lei avesse cercato di difenderlo.

"Sono indignata." disse, infine, la McGranitt. "Cinque studenti che si alzano e vanno in giro nella stessa nottata! Non si è mai sentito niente del genere! Quanto a te, signorina Granger, credevo che avessi più senno e avresti chiamato un insegnante per risolvere il problema della tua amica. E tu, Potter: credevo che Grifondoro significasse qualcosa di più per te. Adesso, andrete in castigo tutti e quattro... sì, anche tu, Paciock, perché nulla ti autorizza ad andartene a zonzo per la scuola di notte, specie di questi tempi! È troppo pericoloso! Domani manderò un gufo ai tuoi genitori, Price, per assicurarmi che tu mi abbia detto la verità! E in più, toglierò cinquanta punti a Grifondoro."

"Cinquanta?" esclamò Harry con voce strozzata dando voce ai pensieri di Honey: avrebbero perso il vantaggio, quel vantaggio che avevano conquistato con l'ultima partita a Quidditch.

"Cinquanta punti a testa." precisò la McGranitt, respirando pesantemente con quel suo naso a punta.

"Ma professoressa... la prego..."

"Non può..."

"Non sarai tu a dirmi quello che posso e non posso fare, Potter! E adesso, tornatevene a letto tutti quanti. Mai e poi mai ho provato tanta vergogna per degli studenti di Grifondoro."

Duecento punti in meno! Grifondoro sarebbe finito all'ultimo posto della classifica. Nel giro di una sola notte, avevano mandato a monte la possibilità che il loro dormitorio vincesse la coppa. Honey aveva l'impressione che il mondo le fosse crollato addosso. Aveva evitato che venissero espulsi, ma a quale prezzo? Come avrebbero potuto rimediare a una cosa del genere?

Quella notte non riuscì a chiudere occhio. Si girava e rigirava nel letto cercando di rilassarsi, senza successo. Aveva il terrore di ciò che sarebbe accaduto quella mattina, quando tutti si sarebbero accorti di quello che avevano combinato. I Grifondoro li avrebbero odiati, come le altre case. I Serpeverde, invece, molto probabilmente li avrebbero ringraziati. Grazie ai punti che avevano appena perso, adesso erano loro in testa alla classifica.

Il mattino seguente, passando accanto alle gigantesche clessidre che segnavano il punteggio di Grifondoro, gli studenti in un primo momento pensarono che si trattasse di un errore. Com'era possibile che il dormitorio avesse improvvisamente duecento punti in meno del giorno prima? Poi cominciò a spargersi la voce: Harry Potter, il famoso Harry Potter, l'eroe di ben due partite a Quidditch, aveva fatto perdere loro tutti quei punti insieme a Honey Price, la piccola formidabile cacciatrice. Loro e un altro paio di imbecilli del primo anno.

Di colpo, dopo essere stati due dei ragazzi più amati e ammirati dell'intera scuola, Harry e Honey divennero i più odiati. Come Honey aveva previsto, anche quelli di Corvonero e di Tassorosso gli si rivoltarono contro, perché tutti quanti avevano sperato che il Serpeverde perdesse il campionato dei dormitori. Dovunque i ragazzi andassero, venivano segnati a dito, e i compagni non si davano neanche la pena di abbassare la voce quando li insultavano. Quelli del Serpeverde, invece, applaudivano al loro passaggio, fischiavano e dicevano in tono entusiasta: "Grazie, Potter. Grazie, Price. Vi siamo debitori!"

L'unico che rimase loro vicino fu Ron.

"Di qui a poche settimane si saranno scordati tutto. Fred e George gli hanno fatto perdere tanti di quei punti, da quando sono qui... eppure i compagni gli vogliono ancora bene."

"Però non hanno mai fatto perdere a Grifondoro duecento punti in un colpo solo! O no?" rispose Harry affranto.

"Be'... effettivamente no." ammise Ron."Ma è vero che Honey ha detto di essere sonnambula?"

"E tu come lo sai?" chiese la ragazza.

"Me l'ha detto Neville." rispose il rosso. "Era così dispiaciuto per i punti che avete perso che l'ha raccontato a Seamus, Dean e altri ragazzi. Penso che cominceranno a parlarne tutti già domani. Ma come ti è venuta in mente una scusa del genere?"

Honey sospirò. "Non era una scusa. Quello che ho raccontato alla McGranitt è vero. Mi è successo più volte di essere sonnambula."

"Sul serio?" chiese Harry.

Lei annuì. "Di solito capitava intorno al periodo tra luglio e agosto o tra ottobre e novembre, anche se a volte capitava anche in altri periodi dell'anno. Quest'anno, però, non era successo in nessuno dei due casi; è per questo che credevamo fossero finalmente finiti. Ovviamente..." continuò facendo loro un segno d'intesa. "... a quanto pare non era così, o non mi sarei ritrovata sulla torre all'una del mattino. Dubito, comunque, che agli altri importi qualcosa."

Era un po' tardi per rimediare al danno, infatti, ma Harry giurò a se stesso e a Honey che da allora in poi non si sarebbe più immischiato in cose che non lo riguardavano. Doveva piantarla di andarsene in giro di nascosto a cacciare il naso qua e là. Provava tanta vergogna che andò da Baston a offrirgli le sue dimissioni dalla squadra di Quidditch. Quando Honey lo sentì gli diede dell'idiota, sapendo che Baston non avrebbe mai accettato le sue dimissioni. Inoltre vincere tutte le partite e guadagnare punti era l'unico modo per rimediare al danno, anche se solo in parte.

Ma anche il Quidditch sembrava non divertire più Harry. Durante gli allenamenti i compagni di squadra non gli rivolgevano la parola, e se dovevano parlare di lui, lo chiamavano 'il Cercatore'.

Anche Hermione e Neville se la passavano male. Non quanto Harry, perché non avevano neanche lontanamente la sua notorietà; ma nemmeno a loro nessuno rivolgeva più la parola. In classe, durante le lezioni, Hermione aveva smesso di attirare l'attenzione degli altri: stava a testa china e studiava in silenzio.

Honey era quella a cui importava di meno dell'opinione altrui. I compagni di squadra non la snobbavano come facevano con Harry, ma si limitavano a passarle la palla senza dire una parola. Del resto della scuola non le importava niente.

Harry era quasi contento che non mancasse molto agli esami. Aveva da ripassare un sacco di lezioni e questo distoglieva la sua mente dai guai. Lui, Honey, Ron e Hermione se ne stavano fra loro, studiavano fino a notte fonda, cercando di mandare a memoria gli ingredienti di complicate pozioni, gli incantesimi e gli scongiuri di ogni genere, le date di grandi scoperte magiche e di rivolte di folletti...

Poi, a circa una settimana dall'inizio degli esami, la risoluzione che Harry aveva preso - cioè di non immischiarsi in cose che non lo riguardavano - fu messa alla prova in maniera inattesa.

Honey stava raggiungendo Hermione in biblioteca per chiederle informazioni su un argomento di Trasfigurazione quando venne affiancata da un Harry agitato che la prese per un braccio, facendole quasi cadere i libri che portava e trascinandola di corsa dai loro amici all'interno della biblioteca.

Hermione stava interrogando Ron in astronomia quando loro gli si sedettero accanto e Harry raccontò quello che aveva sentito: Raptor che singhiozzava mentre veniva minacciato da qualcuno e che scappava da un'aula vuota, pallido e sul punto di scoppiare in lacrime, mentre cercava di rimettersi il turbante nel verso giusto. Harry disse che la porta all'estremità opposta da cui era uscito Raptor era spalancata, ed era sicuro che da lì ne fosse uscito Piton per non farsi vedere.

Honey sbuffò.

"Dunque, Piton ce l'ha fatta!" esclamò Ron. "Se Raptor gli ha insegnato a spezzare il suo incantesimo anti-Magia nera..."

"Però, c'è sempre Fuffi." obiettò Hermione.

"Forse Piton ha scoperto come eludere la sua sorveglianza senza chiedere niente a Hagrid." disse Ron alzando gli occhi sulle migliaia di volumi che li circondavano. "Scommetto che qua dentro, da qualche parte, c'è un libro che spiega come fare per mettere fuori combattimento un gigantesco cane a tre teste. E allora, che cosa facciamo, Harry?"

Negli occhi di Ron era tornata a brillare la luce dell'avventura; ma prima che potesse rispondere, lo fece Hermione al posto suo.

"Và da Silente. È quello che dovremmo aver fatto già da un sacco di tempo. Se tentiamo qualcosa noi, ci sbattono fuori di sicuro."

"Non avete prove." gli ricordò Honey.

"Raptor ha troppa paura per darci corda e ammetterlo." continuò Harry, fermamente convinto della sua teoria. "Basta solo che Piton dica di non sapere come ha fatto a entrare quel mostro a Halloween, e che lui al terzo piano non ci è neanche andato vicino... Secondo voi, a chi crederanno, a lui o a noi? Che noi non possiamo soffrire Piton, non è precisamente un segreto. Silente penserà che ci siamo inventati tutto per farlo licenziare. Gazza non ci aiuterebbe per tutto l'oro del mondo: è troppo amico di Piton, e dal suo punto di vista, più studenti vengono rispediti a casa, meglio è. E poi, non dimenticate che noi non ne dovremmo proprio sapere nulla, né della pietra né di Fuffi. Sarà dura spiegare come l'abbiamo saputo."

Hermione aveva l'aria convinta, ma Ron no.

"Ma se cerchiamo di fare una piccola indagine..."

"No." ribatté secco Harry. "Abbiamo già indagato abbastanza."

"Su questo sono d'accordo." commentò Honey.

E ciò detto, Harry tirò a sé una mappa di Giove e cominciò a mandare a memoria i nomi delle sue lune, mentre Honey apriva uno dei libri che si era portata dietro e cominciava a leggere un capitolo sulla trasfigurazione animale.

 

****

 

Il mattino seguente, Honey, Harry, Hermione e Neville, sedendosi al tavolo della colazione, trovarono dei messaggi a loro indirizzati. Erano tutti identici, e dicevano:

 

Per punizione, andrete in cella d'isolamento a partire dalle undici di stasera. Presentatevi al signor Gazza nel salone d'ingresso.

Prof.ssa Mcgranitt

 

Nella gran confusione suscitata dalla retrocessione di Grifondoro, i ragazzi avevano dimenticato che li attendeva il castigo. Honey temeva quasi che Hermione protestasse perché avrebbero perso un'intera nottata di ripasso. Ma la ragazzina non disse una parola: al pari suo e di Harry, anche lei sentiva che se l'erano meritata.

Quella sera alle undici, salutarono Ron nella sala di ritrovo e scesero nell'ingresso insieme a Neville. Gazza era già lì ad attenderli, e con lui c'era Malfoy. Harry aveva dimenticato che anche Malfoy si era beccato la stessa punizione e fece una smorfia facendo sorridere Honey.

"Seguitemi." disse Gazza, accendendo un lume e conducendoli fuori. "Adesso credo proprio che ci penserete due volte, prima di violare di nuovo il regolamento della scuola, eh?" fece in tono di scherno. "Se volete sapere come la penso io, i migliori insegnanti sono il lavoro duro e le punizioni... proprio un peccato che non ne diano più spesso come una volta... Allora ti appendevano al soffitto per i polsi e ti ci lasciavano per qualche giorno! Ho ancora le catene in ufficio: le tengo ben oliate, nel caso che servano... Allora, andiamo, e non sognatevi di filarvela proprio adesso: se ci provate, sarà peggio per voi."

Si avviarono attraverso il parco immerso nell'oscurità. Neville non la smetteva di tirare su col naso. Intanto, Honey si domandava quale tremendo castigo avrebbero dovuto subire. Doveva essere qualcosa di veramente orribile, altrimenti Gazza non avrebbe avuto quel tono gongolante.

La luna splendeva in cielo, ma ogni tanto una nube le passava davanti oscurandola, e sprofondava anche loro nel buio. Davanti a sé, Honey scorse le finestre illuminate della capanna di Hagrid. Poi udirono un grido in lontananza.

"Sei tu, Gazza? Sbrigati, che voglio incominciare."

Honey sentì Harry sospirare di sollievo, e ne comprese subito il motivo: non sarebbe stato poi tanto male, se gli toccava ripassare con Hagrid.

Quel sollievo dovette riflettersi nell'espressione del suo volto, perché Gazza disse: "Non penserai mica che siete venuti a divertirvi insieme con quello zoticone? Beh, levatelo dalla testa, ragazzo: è nella foresta che vi sto portando, e non so neanche se tornerete tutti interi."

A quelle parole, Neville diede un flebile lamento, e Malfoy si fermò, incapace di proseguire.

"Nella foresta?" ripeté, e non col suo solito tono sicuro. "Ma non si può mica andarci di notte... ci sono in giro un sacco di bestie strane... lupi mannari, dicono."

Neville strinse la manica del mantello di Harry ed emise un suono strozzato.

"È quello che ti fa paura, eh?" fece Gazza con la voce che tradiva la sua gioia maligna. "Ai lupi mannari dovevi pensarci prima di combinare tutti quei pasticci, non credi?"

Hagrid emerse dalle tenebre e si avvicinò a loro, seguito a ruota da Thor. Portava in mano la sua grossa balestra, e una faretra piena di frecce a tracolla.

"Era ora." disse. "È già mezz'ora che vi aspetto. Tutto bene? Honey, Harry, Hermione?"

"Io non li tratterei con tanta confidenza, Hagrid." disse Gazza freddamente. "In fin dei conti sono qui per essere puniti."

"Forse è per questo che siete in ritardo, signore?" chiese Hagrid a Gazza aggrottando le sopracciglia. "Perché ha perso tempo a fargli la lezione? Ma non è compito suo, questo. Lei ha fatto la sua parte, da qui in avanti me ne occupo io."

"Allora io torno all'alba." disse Gazza. "...a riprendere quello che ne resta." aggiunse poi malignamente.

Dopodiché si voltò e riprese la strada del castello, con il lume che ballonzolava nel buio. A quel punto, Malfoy si voltò verso Hagrid.

"Io in quella foresta non ci metto piede." disse, e Honey sogghignò nel sentire che nella sua voce c'era una nota di panico.

"Ci andrai, eccome, se vuoi restare a Hogwarts!" ribatté Hagrid in tono feroce. "Avete combinato un guaio, e adesso dovete pagare."

"Ma questa è roba da servi, mica da studenti. Io pensavo che ci avrebbero dato degli esercizi o roba del genere... Se lo sapesse mio padre, quel che mi state facendo, lui..."

"...ti direbbe che a Hogwarts si è sempre fatto così." lo rimbeccò Hagrid. "Figuriamoci: esercizi! E a che cosa servirebbero? No: farete qualcosa di utile, oppure vi sbatteranno fuori. Se credi che tuo padre preferisce vederti espulso, tornatene al castello e fa le valigie. Avanti, adesso!"

"Vorrei proprio vedere la faccia del padre se lo facesse." sussurrò Honey a Harry, facendolo sorridere.

Ma Malfoy non si muoveva. Guardò Hagrid con aria infuriata, ma poi abbassò gli occhi.

"Allora." disse Hagrid. "Adesso statemi a sentire bene, perché quel che faremo stanotte è molto pericoloso e non voglio che correte rischi. Venite un momento con me."

Li condusse fino al margine della foresta. Tenendo alto il lume, additò uno stretto sentiero serpeggiante, che scompariva fra il fitto degli alberi, immerso nell'oscurità. Una brezza leggera scompigliò loro i capelli, mentre si sporgevano a sbirciare fra la folta vegetazione.

"Guardate lì." fece Hagrid. "Vedete quella roba che luccica per terra? Quella roba argentata?"

"Ma quello non è sangue di unicorno?" domandò Honey, sorpresa. Non pensava lo avrebbe mai visto.

"E tu come lo sai, signorina?" le chiese Hagrid.

Lei alzò le spalle. "Ho letto la descrizione in un libro e l'ho riconosciuto."

"Sì, esatto." confermò il guardiacaccia. "Là dentro c'è un unicorno ferito. È la seconda volta che succede, questa settimana. Mercoledì scorso ne ho trovato uno morto. Noi cercheremo di andare a salvarlo, povera bestia. Ma forse dovremo abbatterlo, per non farlo più soffrire."

"E se chi ha ferito l'unicorno ci trova prima lui?" fece Malfoy, incapace di non lasciar trasparire la paura dalla sua voce.

"Niente che vive nella foresta può farvi del male, se siete con me o con Thor." rispose Hagrid. "E poi, non lasciate mai il sentiero. Bene: adesso ci divideremo in due gruppi e seguiremo le tracce ognuno da una parte. C'è sangue dappertutto: l'unicorno ferito deve vagare almeno dalla notte scorsa."

"Io voglio Thor." disse rapidamente Malfoy, adocchiando i lunghi denti del cane.

"D'accordo, ma ti avverto che è un gran vigliacco." disse Hagrid. "Allora io, Harry, Honey e Hermione andremo da una parte, e Draco, Neville e Thor dall'altra. Se uno dei due gruppi trova l'unicorno, sprizza subito delle scintille verdi. Va bene? Adesso tirate fuori le bacchette magiche e fate un po' di esercizio... bene così... e se qualcuno si trova in difficoltà, mandi delle scintille rosse, e tutti verremo ad aiutarlo. Allora, fate molta attenzione. Andiamo."

La foresta era nera e silenziosa. Dopo aver fatto un po' di strada, giunsero a un bivio nel sentiero di terra battuta: Honey, Harry, Hermione e Hagrid presero a sinistra, mentre Malfoy, Neville e Thor andarono a destra.

Avanzavano in silenzio, occhi a terra. Di tanto in tanto, un raggio di luna, filtrando attraverso i rami alti degli alberi, illuminava una macchia di sangue blu-argenteo sulle foglie secche. Honey sentì chiaramente che Hagrid era molto preoccupato.

"Può essere stato un lupo mannaro a uccidere gli unicorni?" gli chiese Harry.

"Macché, i lupi mannari non sono così veloci." rispose Hagrid. "Acchiappare un unicorno non è mica facile. Sono creature con grandi poteri magici. Prima d'adesso non avevo mai sentito dire che un unicorno è rimasto ferito."

Passarono accanto a un tronco d'albero ricoperto di muschio. Honey udì uno scrosciare d'acqua: là vicino doveva esserci un torrente. Lungo il sentiero serpeggiante, continuarono a trovare macchie sparse di sangue di unicorno.

"Tutto bene, Hermione?" sussurrò a un certo punto Hagrid. "Non ti preoccupare, se sta davvero male non può essere andato lontano, e noi riusciremo a... PRESTO, nascondetevi dietro quell'albero!"

Hagrid afferrò Hermione e Honey, che a sua volta prese Harry per un braccio, e li trascinò via dal sentiero, perché si riparassero dietro un'altissima quercia. Poi estrasse una freccia dalla faretra, la infilò nella balestra e sollevò l'arma, pronto a colpire. Rimasero tutti e quattro in ascolto. Là vicino c'era qualcosa che strisciava sulle foglie secche: dal suono sembrava un mantello che toccasse per terra. Hagrid cercò di aguzzare lo sguardo per vedere più in là, lungo il sentiero buio, ma dopo qualche secondo il rumore svanì.

"Lo sapevo." mormorò. "Qua c'è in giro qualcosa che non ci dovrebbe essere."

"Un lupo mannaro?" suggerì Harry.

"Macché, quello non era un lupo mannaro, e non era neppure un unicorno." rispose Hagrid cupamente. "Va bene, seguitemi, ma state attenti."

Ripresero ad avanzare ma più lentamente, tendendo l'orecchio al minimo rumore. All'improvviso, in una radura poco più avanti, qualcosa senza dubbio si mosse.

"Chi è là?" gridò Hagrid. "Fatti vedere... sono armato!"

Quello avanzò nella radura... ma era un uomo o un cavallo? Fino alla cintola era un uomo, con barba e capelli rossi, ma dalla vita in giù aveva un corpo di cavallo di un bel marrone castagna, con una lunga coda rossastra. Honey, Harry e Hermione restarono a bocca aperta.

"Ah, sei tu, Conan." disse Hagrid in tono sollevato. "Come va?"

Fece un passo avanti e strinse la mano al centauro.

"Buona sera a te, Hagrid." disse Conan. Aveva una voce profonda e malinconica. "Non è che volevi colpirmi?"

"Non si è mai troppo cauti, Conan." rispose Hagrid dando un colpetto alla sua balestra. "In giro per questa foresta c'è qualcosa che non mi torna. Oh, a proposito, ti presento Harry Potter, Honey Price e Hermione Granger. Studiano su alla scuola. E questo è Conan, ragazzi, un centauro."

"L'avevamo notato." disse Hermione con un filo di voce.

"Buona sera." fece Conan. "Allora, voi tre siete studenti? E dite un po': in quella scuola si studia molto?"

"Ehm..."

"Un po'." disse Hermione timidamente.

"Un po'. Beh, è già qualcosa." sospirò Conan. Poi rovesciò il capo all'indietro e guardò il cielo. "Marte è molto luminoso, stasera."

"Già." fece Hagrid guardando anche lui in alto. "Senti un po', Conan, sono proprio contento che ti abbiamo incontrato, perché c'è in giro un unicorno ferito. Tu hai visto niente?"

Conan non rispose subito. Continuò a fissare il cielo, poi tornò a sospirare.

"Le prime vittime sono sempre gli innocenti." disse. "Così fu nei secoli dei secoli, così è adesso."

A Honey quella frase non piacque per niente. Le aveva lasciato una strana inquietudine addosso.

"Già." fece Hagrid. "Ma tu hai visto niente, Conan? Niente di strano?"

"Marte è molto luminoso stanotte." ripeté Conan mentre Hagrid gli lanciava un'occhiata impaziente. "Non capita spesso."

"Va bene, ma io intendevo niente di strano un po' più terra terra." riprese Hagrid. "Insomma, non hai notato niente?"

Ancora una volta, Conan ci mise un po' prima di rispondere. Alla fine disse: "La foresta nasconde molti segreti."

Dietro Conan, fra gli alberi, si udì un fruscio che indusse Hagrid ad alzare di nuovo la balestra; ma era soltanto un altro centauro, stavolta con i capelli e il corpo nero, e con un aspetto più feroce di Conan.

"Ehilà, Cassandro." disse Hagrid. "Come ti va?"

"Buona sera, Hagrid, spero tu stia bene."

"Non c'è malaccio. Senti un po', ho appena fatto la stessa domanda a Conan: hai mica visto qualcosa di strano da queste parti, ultimamente? Pare che in giro c'è un unicorno ferito: tu ne sai niente?"

Cassandro si avvicinò a Conan. Poi volse lo sguardo verso il cielo.

"Marte è molto luminoso stasera." disse in tono piano.

"Questa solfa l'avevamo già sentita." rispose Hagrid seccato. "Beh, se uno di voi due vede qualcosa, me lo faccia sapere, d'accordo? Noi ora andiamo."

E così dicendo uscì dalla radura, seguito da Honey, Harry e Hermione, che si voltarono per guardare Conan e Cassandro fino a quando la visuale fu ostruita dagli alberi.

"È davvero impossibile." stava dicendo Hagrid in tono irritato. "Avere una risposta chiara da un centauro. Sono sempre lì che guardano le stelle. Di quel che succede quaggiù, non gliene importa un fico secco."

"Ma qui nella foresta, ce ne sono molti di quelli?" chiese Hermione.

"Oh, beh, parecchi... Per lo più se ne stanno per i fatti loro, ma per fortuna si fanno vivi, quando ho voglia di scambiare una parola con qualcuno. Badate bene, i centauri sono dei gran cervelloni... sanno un sacco di cose. Solo che non sono tanto chiacchieroni."

"E quello che abbiamo sentito prima, credi che fosse un centauro?" chiese Harry.

"A te è sembrato rumore di zoccoli? Macché. Secondo me era quello che va in giro ammazzando unicorni... Non si è mai sentito niente del genere prima d'ora."

Honey rimase in silenzio per tutto il tempo, cercando di analizzare quella strana inquietudine che le aveva lasciato la frase di Conan.

Avanzarono nella foresta fitta e buia. Harry, nervoso, non la smetteva di guardarsi indietro. Aveva la sgradevole sensazione che qualcuno li stesse osservando. Honey non ci aveva fatto caso più di tanto, troppo immersa nelle sensazioni contrastanti che le mandava la foresta, ma sapeva che Harry era contento che con loro ci fosse Hagrid con la sua balestra. Avevano appena oltrepassato una curva del sentiero, quando Hermione afferrò il braccio di Hagrid.

"Hagrid, guarda! Scintille rosse! Gli altri sono in difficoltà!"

"Voi tre aspettatemi qui!" gridò Hagrid. "Non vi allontanate dal sentiero, torno subito a prendervi!"

I tre ragazzi lo sentirono correre via, facendo scricchiolare il sottobosco al suo passaggio, e rimasero a guardarsi terrorizzati, fino a quando non udirono più niente attorno a loro, salvo il frusciare delle foglie.

"Non pensi che gli sia successo qualcosa, vero?" sussurrò Hermione.

"Se si tratta di Malfoy non me ne importa proprio niente, ma se capita qualcosa di brutto a Neville... In fin dei conti, se lui è finito qui, la colpa è nostra."

"Non penso sia qualcosa di serio." disse Honey. "Malfoy urlerebbe terrorizzato, altrimenti."

I minuti passavano con lentezza esasperante. Sembrava che il loro udito si fosse fatto più acuto del solito: le orecchie di Honey coglievano ogni sospiro del vento, ogni scricchiolio di rametti. Ma che cosa stava succedendo? E dov'erano gli altri? Alla fine, un gran rumore di rami spezzati annunciò il ritorno di Hagrid, seguito da Malfoy, Neville e Thor. Hagrid era furioso. A quanto pareva, Malfoy, per fare uno scherzo, si era avvicinato a Neville da dietro e l'aveva afferrato. Dalla paura, Neville aveva perso la testa e aveva fatto scoccare le scintille.

"Ormai, dopo tutto il baccano che avete fatto voi due, saremo fortunati se riusciremo a trovare qualcosa. D'accordo, adesso i due gruppi si scambiano. Neville, tu stai con me e con Hermione, e voi, Honey e Harry, andate con Thor e con questo cretino. Scusatemi." aggiunse poi bisbigliando rivolto ai due. "Ma spaventare voi è un po' più difficile, e noi questa missione la dobbiamo concludere."

E così, Honey e Harry si incamminarono verso il folto della foresta insieme a Malfoy e a Thor. Camminarono per quasi mezz'ora, addentrandosi sempre di più, fino a quando seguire il sentiero divenne quasi impossibile, tanto erano fitti gli alberi. A Honey sembrò che le macchie di sangue si facessero più frequenti. C'erano schizzi sulle radici di un albero, come se quella povera creatura ferita si aggirasse là attorno. Davanti a sé, attraverso i rami intricati di un'antica quercia, Honey scorse di nuovo una radura.

"Guardate..." mormorò Harry nello stesso istante, tendendo il braccio per fermare Malfoy. Per terra c'era qualcosa di bianco che scintillava. Si avvicinarono con grande circospezione.

Era proprio l'unicorno, ed era morto. Honey non aveva mai visto nulla di così bello e così triste. Cadendo, le lunghe zampe affusolate si erano divaricate formando angoli strani, e la criniera bianco perla era sparsa sulle foglie scure.

Harry aveva già fatto un passo verso l'unicorno, quando un fruscio lo fece fermare di colpo. Honey gli prese la mano di riflesso, senza pensarci. Ai margini della radura, un cespuglio fremette... Poi, dall'ombra, uscì una figura incappucciata che avanzò strisciando come un animale da preda. Honey, Harry, Malfoy e Thor rimasero impietriti. La figura incappucciata si avvicinò all'unicorno, chinò il capo sulla ferita che si apriva nel fianco dell'animale e si mise a berne il sangue.

"AAAAAARGH!"

Malfoy si lasciò sfuggire un grido agghiacciante e schizzò via, e con lui Thor. L'incappucciato alzò il capo e puntò lo sguardo su Harry, con il sangue dell'unicorno che gli colava sul petto. Poi si alzò in piedi e gli si avvicinò a rapidi passi. Harry non riusciva a muoversi per il terrore mentre Honey cercava di farlo indietreggiare lentamente insieme a lei.

In quel momento, Harry le venne addosso barcollando mentre una fitta di dolore le trapassò la testa. Cercò di accantonare quel tormento passandosi una mano sulla fronte, dove Harry l'aveva colpita con una testata.

Dietro di sé Honey udì un rumore di zoccoli al galoppo, e qualche cosa li superò con un balzo piombando addosso all'incappucciato.

Harry cadde in ginocchio trascinandola con sè e spaventandola a morte, e ci vollero un paio di minuti prima che qualsiasi cosa l'avesse colpito passasse e la tranquillizzasse. Quando il ragazzo si riprese la figura era scomparsa. Davanti a loro c'era un centauro, ma non Conan, né Cassandro; dall'aspetto era più giovane, e aveva chiome biondo chiarissimo e un corpo da sauro.

"Tutto bene?" disse il centauro aiutando Honey a rimettersi in piedi.

"S-sì, grazie... ma che cos'era quello?" chiese Harry mentre afferrava la mano che Honey gli porgeva e si rimetteva in piedi.

Il centauro non rispose. Aveva occhi di un blu stupefacente, come pallidi zaffiri. Guardò Harry con attenzione, soffermandosi a osservare la cicatrice che gli spiccava livida sulla fronte.

"Ma tu sei il giovane Potter!" esclamò. "Fareste bene a tornare da Hagrid. A quest'ora la foresta è un posto pericoloso, specie per te. Sapete andare a cavallo? In questo modo farete più in fretta. Mi chiamo Fiorenzo." aggiunse poi mentre piegava le zampe anteriori perché Harry e Honey potessero salirgli in groppa. Lui le avvolse i fianchi con le braccia per dare più stabilità ad entrambi.

Improvvisamente, si udì di nuovo un rumore di zoccoli al galoppo, che proveniva dall'estremità opposta della radura. Dal folto degli alberi uscirono di gran carriera Conan e Cassandro, con i fianchi ansimanti e coperti di sudore.

"Fiorenzo!" tuonò Cassandro. "Che cosa stai facendo? Hai in groppa due esseri umani! Ma non ti vergogni? Sei forse un mulo qualunque?"

"Ma tu lo sai chi è questo?" disse Fiorenzo indicando Harry. "È il giovane Potter. Prima se ne va da questa foresta e meglio è. E con lui la sua amica."

"Che cosa gli hai detto?" chiese Cassandro a denti stretti. "Ricordati bene, Fiorenzo, noi abbiamo giurato di non ribellarci al cielo. Non abbiamo forse letto quel che accadrà nel movimento dei pianeti?"

Conan scalpitava nervosamente.

"Sono certo che Fiorenzo era convinto di agire per il meglio." disse con quella sua voce malinconica.

Cassandro, adirato, scalciò con le zampe posteriori. Honey li osservava con sguardo attento, analizzando le loro emozioni e chiedendosi cosa stava succedendo tra quei tre.

"Per il meglio! E questo che cosa c'entra con noi? I centauri si occupano di ciò che è stato predetto! Non è compito nostro correre qua e là come asini, inseguendo esseri umani che si sono smarriti nella nostra foresta!"

All'improvviso, Fiorenzo si impennò sulle zampe posteriori per l'ira, e Harry dovette stringere la presa attorno a Honey, mentre lei si aggrappava alle spalle del centauro per restare in sella.

"Ma non vedete quell'unicorno?" esclamò Fiorenzo rivolto a Cassandro. "Non capite perché è stato ucciso? Forse i pianeti non vi hanno rivelato quel segreto? Io mi ribello contro ciò che si aggira per questa foresta, Cassandro, proprio così, e al fianco degli esseri umani, se è necessario."

Fiorenzo si voltò di scatto e, mentre Honey e Harry si reggevano come meglio potevano per non cadere, partì al galoppo tuffandosi nella foresta e lasciandosi alle spalle Conan e Cassandro.

Harry non aveva la minima idea di quel che stava succedendo. Honey aveva qualche idea, qualche brutta idea, ma sperava di sbagliarsi.

"Ma perché Cassandro è tanto arrabbiato?" chiese Harry. "E poi, da che cos'è che ci avresti salvato?"

Fiorenzo rallentò l'andatura e si mise ad andare al passo, consigliò ai ragazzi di tenere giù la testa per schivare gli eventuali rami bassi, ma non dette risposta alla domanda. Avanzarono in silenzio attraverso gli alberi, e Honey pensò che il centauro non volesse più parlare. Ma mentre attraversavano un punto dove il bosco era particolarmente fitto, il centauro si fermò di colpo.

"Harry Potter, ma tu lo sai che cosa ci si fa con il sangue di unicorno?"

"No." rispose Harry, stupito da quella strana domanda. "Noi abbiamo usato soltanto il corno e i peli della coda, a lezione di Pozioni."

"Io sì." disse Honey. "Il sangue di unicorno mantiene in vita una persona anche se è a un passo dalla morte. Ma il costo da pagare è alto. Dato che si uccide un essere puro e indifeso per salvarsi, dall'istante in cui il sangue tocca le labbra della persona che lo beve, quella non vivrà che una vita a metà, una vita dannata." spiegò a Harry.

"Sì. E questo perché uccidere un unicorno è una cosa mostruosa." continuò Fiorenzo. "Soltanto uno che non ha niente da perdere e tutto da guadagnare commetterebbe un delitto del genere."

Harry fissava la nuca di Fiorenzo, che la luce lunare chiazzava d'argento, mentre Honey si osservava intorno.

"Ma chi potrebbe essere così disperato?" si domandò ad alta voce, Harry. "Se uno finisce dannato per sempre, meglio morire, no?"

"Vero." concordò Fiorenzo. "A meno che non ti basti restare vivo per il tempo necessario a bere qualcos'altro... qualcosa che ti restituisca tutta la tua forza e il tuo potere, qualcosa che fa sì che tu non possa morire mai. Signor Potter, tu lo sai che cosa è nascosto dentro la scuola, in questo preciso momento?"

"La Pietra Filosofale!" risposero Harry e Honey, insieme.

"Ma certo... L'Elisir di Lunga Vita!" continuò Harry. "Però non capisco chi..."

"Non ti viene in mente nessuno che abbia atteso molti anni per tornare al potere, che si sia aggrappato alla vita aspettando la sua grande occasione?"

Era come se un pugno di ferro si fosse improvvisamente serrato attorno al cuore di Harry. Honey riuscì chiaramente a sentirlo irrigidirsi dietro di lei, mentre serrava la presa attorno al suo busto senza accorgersene. Anche lei aveva capito. Aveva temuto quella verità dal momento in cui aveva visto quell'essere bere il sangue dell'unicorno prima di avvicinarsi a loro.

"Vuoi dire..." fece Harry con voce strozzata. "... che era Vol..."

"Honey! Harry, tutto a posto?"

Hermione correva verso di loro lungo il sentiero, seguita da Hagrid tutto ansimante.

"Ma noi stiamo benissimo." rispose Harry per entrambi quasi senza sapere quel che diceva. "L'unicorno è morto, Hagrid, e sta nella radura lì dietro."

"A questo punto, io vi lascio." mormorò Fiorenzo, mentre Hagrid si affrettava nella direzione indicata per vedere l'unicorno. "Adesso siete al sicuro."

Harry scivolò giù dalla sua groppa e aiutò Honey a fare lo stesso.

"Buona fortuna, Harry Potter." disse Fiorenzo. "È già successo che i pianeti venissero letti in modo errato, anche dai centauri. Spero che questa sia una di quelle volte."

"Sì, anch'io." mormorò Honey sovrappensiero, attirando il suo sguardo.

Dopo averle lanciato un'occhiata penetrante, il centauro si voltò e caracollando si addentrò nel folto della foresta, lasciandosi alle spalle Honey e Harry scossi dai brividi.

 

****

 

Mentre aspettava il loro ritorno, Ron si era addormentato nella sala di ritrovo immersa nell'oscurità. Quando Harry lo svegliò bruscamente, scuotendolo, gridò alcune parole sconnesse a proposito di un fallo a Quidditch. Ma nel giro di pochi secondi era perfettamente sveglio, e ascoltava Harry spiegare a lui e a Hermione che cosa era successo nella foresta.

Harry non riusciva a sedersi. Andava su e giù a grandi passi davanti al fuoco. Tremava ancora. Honey, dal canto suo, si era limitata ad avvicinarsi alla finestra e a osservare fuori in silenzio. Non aveva più detto una parola da quando Fiorenzo li aveva lasciati.

"Piton vuole rubare la Pietra per conto di Voldemort... e Voldemort aspetta nella foresta... e pensare che per tutto questo tempo abbiamo creduto che Piton volesse soltanto arricchirsi..." diceva Harry continuando a fare avanti e indietro.

"Piantala di pronunciare quel nome!" sussurrò Ron terrorizzato, come se credesse che Voldemort potesse udirli.

Ma Harry non lo ascoltava.

"Fiorenzo ci ha salvato, ma non avrebbe dovuto farlo... Cassandro era arrabbiatissimo... parlava di interferenze con quello che predicono i pianeti... Probabilmente, secondo i pianeti Voldemort sta per tornare... Secondo Cassandro, Fiorenzo avrebbe dovuto lasciare che Voldemort mi uccidesse... Credo proprio che anche questo fosse scritto nelle stelle."

"Ma la pianti di pronunciare quel nome?" sibilò Ron.

"Quindi, adesso non mi resta che aspettare che Piton rubi la Pietra." proseguì Harry febbrilmente. "E a quel punto Voldemort potrà venire a farmi fuori... Beh, immagino che Cassandro sarà soddisfatto."

Hermione aveva un'aria molto spaventata, ma gli offrì una parola di conforto.

"Harry, tutti dicono che Silente è l'unica persona di cui Tu-Sai-Chi abbia mai avuto paura. Se c'è in giro Silente, Tu-Sai-Chi non ti torcerà un capello. Ma comunque, chi ha detto che i centauri hanno ragione? A me sembra roba da chiromanti, e anche la professoressa McGranitt ha detto che quella è una branca della magia molto imprecisa."

Prima che avessero finito di parlare, il cielo si era rischiarato.

Andarono a letto esausti, con la gola che doleva. Ma le sorprese di quella nottata non erano finite.

Quando Harry scostò le lenzuola, vi trovò sotto, piegato con cura, il mantello che rende invisibili. A esso era attaccato un biglietto che diceva: 'In caso ti serva. Bella la storia della tua amica.'.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13. ***


Nonostante la sua enorme capacità di comprendere le emozioni altrui, Honey non capì mai come fece Harry a superare gli esami senza dare di matto vivendo nella quasi certezza che da un momento all'altro Voldemort stesse per piombargli fra capo e collo. E invece i giorni passarono lenti, e non vi era il minimo dubbio che Fuffi fosse ancora vivo e vegeto dietro quella porta sprangata. Faceva un caldo micidiale, specie nella grande aula dove si svolgevano gli scritti. Per l'esame avevano ricevuto penne d'oca speciali, nuove di zecca, che erano state stregate con un incantesimo particolare per impedire loro di copiare.

Gli esami comprendevano anche esercitazioni pratiche. Il professor Vitious li aveva chiamati a uno a uno nella sua aula per vedere se erano capaci di eseguire lo speciale Tip-tap dell'Ananasso sulla scrivania. La professoressa McGranitt li stette a guardare mentre trasformavano un topolino in una tabacchiera: se la tabacchiera era carina si guadagnavano punti, se aveva i baffi se ne perdevano. Piton li rese quasi tutti nervosi fiatandogli nel collo mentre cercavano di ricordare come si fabbricava la pozione che fa dimenticare le cose.

Honey aveva un forte mal di testa, in quei giorni, probabilmente causato dallo stress emotivo che le trasmetteva Harry e dalla preoccupazione di Ron e Hermione che si aggiungeva a tutto il resto, ma fece del suo meglio, finendo per essere piuttosto soddisfatta dei risultati.

Siccome Harry non riusciva a dormire, Neville era convinto che soffrisse di un grave esaurimento da esami. Ma la verità era che veniva puntualmente svegliato dal solito incubo, solo che adesso era peggio che mai: vi appariva una figura incappucciata che gocciolava sangue. Lo aveva raccontato a Honey fin nei minimi particolari e lei aveva cominciato a fargli compagnia in Sala Comune, dove entrambi finivano per addormentarsi davanti al fuoco e venivano puntualmente svegliati dai loro amici la mattina successiva. Ron e Hermione gli avevano detto che non potevano continuare in quel modo, si sarebbero stancati troppo, ma Honey non se ne lamentò mai nonostante spesso finissero in strane posizioni e si svegliavano doloranti. Almeno Harry riusciva a non avere incubi, così.

Ron e Hermione non sembravano ossessionati quanto Harry dalla Pietra Filosofale, ma Honey pensò che fosse perchè non potevano capire appieno la sua situazione. Harry la viveva in prima persona e lei la sentiva come se in pericolo ci fosse lei stessa. Naturalmente, anche loro erano atterriti nel pensare a Voldemort, ma almeno la notte non avevano incubi, ed erano talmente impegnati a ripassare le lezioni che non avevano il tempo di scervellarsi a pensare che cosa potesse combinare Piton, o chiunque altro.

L'ultimo esame fu quello di Storia della Magia. Dopo aver passato un'ora a rispondere a domande su qualche vecchio mago svitato, inventore del calderone che si mescola da sé, sarebbero stati liberi, liberi per una settimana intera, prima che uscissero i risultati.

Quando il fantasma del professor Ruf ordinò loro di riporre le penne d'oca e di arrotolare le pergamene, Honey non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Forse il mal di testa lancinante che la colpiva da giorni sarebbe finalmente passato.

"È stato molto più facile di quanto credessi." disse Hermione mentre si univano alla folla dei compagni che sciamavano fuori, sul prato assolato. "Era perfettamente inutile imparare a memoria il Codice di Comportamento dei Lupi Mannari del 1637 e studiare la rivolta di Elfric l'Avido."

"Non posso credere che hai imparato le nozioni a memoria." commentò Honey. "Se lo facessi io me le dimenticherei dopo una settimana."

"Perchè, tu come studi?" le chiese Hermione.

"Lo sai come, abbiamo studiato insieme praticamente tutti i giorni dall'inizio dell'anno. Sto attenta in classe, prendo appunti, li rileggo qualche volta e faccio uno schema. Così imparo le cose e non le dimentico più."

"Incredibile che ti basti rileggere un paio di volte i tuoi appunti. Io devo studiare molto di più se voglio prendere dei voti decenti." si lamentò Ron.

"Lei ha una buona memoria, Ronald." disse Hermione.

Hermione si divertiva sempre a rivedere gli esercizi dopo l'esame, ma Ron le disse che gli faceva venire mal di stomaco, e così si diressero verso il laghetto e si stesero comodamente sotto un albero.

I gemelli Weasley e Lee Jordan stavano facendo il solletico ai tentacoli di un calamaro gigante che si crogiolava nell'acqua tiepida e poco profonda. Honey si immaginò il calamaro che avvolgeva i gemelli con i tentacoli e li buttava nel lago e sorrise.

"Niente più ripassi!" disse Ron con un sospiro di sollievo, stiracchiandosi sull'erba. "Potresti anche smetterla di fare quel muso, Harry! Abbiamo davanti una settimana intera, prima di scoprire quanto siamo andati male. Inutile preoccuparsi adesso!"

Harry si stava stropicciando la fronte. Probabilmente era la cicatrice che gli faceva male. Ultimamente gli succedeva spesso.

"Come vorrei sapere che cosa significa!" disse con uno scatto di rabbia. "Questa cicatrice non la pianta di farmi male... mi è già capitato, ma mai tanto spesso."

"Và da Madama Chips." suggerì Hermione.

"Non sono mica malato." rispose Harry. "Credo che sia un avvertimento... significa pericolo incombente."

Ron aveva troppo caldo per arrabbiarsi.

"Rilassati, Harry: Hermione ha ragione, la Pietra è al sicuro fino a che c'è in giro Silente. In ogni caso, non abbiamo mai avuto alcuna prova che Piton abbia scoperto come eludere la sorveglianza di Fuffi. Una volta si è quasi fatto strappare una gamba: vedrai che aspetterà prima di riprovarci. E prima che Hagrid abbandoni Silente, Neville avrà fatto in tempo a entrare nella nazionale di Quidditch."

"Sempre che sia Piton che stia tentanto di rubare la pietra." mormorò Honey con le braccia incrociate appoggiate sulle ginocchia, il mento sopra di esse.

Aveva lo sguardo perso verso il lago e stava riflettendo. Non riusciva a togliersi dalla testa che mancasse un tassello, in quel puzzle incasinato che si erano ritrovati tra le mani. Tuttavia non riusciva davvero a capire di cosa si trattasse.

Anche Harry aveva la sua stessa sensazione e quando tentarono di spiegarsi, Hermione commentò: "È l'effetto degli esami. Io la notte scorsa mi sono svegliata, e prima di ricordarmi quello che avevamo fatto, ero già arrivata a sfogliare metà dei miei appunti sulle Trasfigurazioni."

"No, non è quello." Honey era convinta che quella fastidiosa sensazione non avesse nulla a che fare con lo studio.

Mentre rifletteva, con la coda dell'occhio vide un gufo svolazzare nel luminoso cielo azzurro, diretto alla scuola, con un messaggio stretto nel becco ma non ci fece caso più di tanto.

Stava ancora pensando quando un lampo passò nella sua mente rendendo improvvisamente tutto più chiaro. In quello stesso istante Harry balzò in piedi con uno scatto.

"Ma dove vai?" chiese Ron in tono sonnacchioso mentre anche Honey si alzava in piedi. "Che vi prende?"

"Mi è venuta in mente una cosa." rispose Harry. Era impallidito. "Dobbiamo immediatamente andare a trovare Hagrid."

"E perché?" disse Hermione tutta ansimante mentre tentava di stare al passo con loro.

"A voi non sembra un po' strano..." proseguì Harry mentre risalivano il declivio erboso. "... che la cosa che Hagrid più desidera al mondo sia un drago, e che si presenti uno sconosciuto che per caso si ritrova un uovo di drago in tasca? Quanta gente c'è che va in giro con in tasca uova di drago, visto che è vietato dalla legge dei maghi? È stato fortunato a incontrare Hagrid, non vi pare? Oh, ma perché non ci ho pensato prima?"

"Ma che cosa ti frulla per la testa?" chiese Ron.

Ma Harry, con Honey affianco, attraversando speditamente il parco diretto verso la foresta, non rispose.

Hagrid era seduto in poltrona davanti alla porta di casa; aveva le maniche e le gambe dei pantaloni arrotolate e stava sgusciando piselli in una grossa ciotola.

"Salve!" disse sorridendo. "Finiti gli esami? Avete tempo di fermarvi a bere qualcosa?"

"Sì, grazie." disse Ron, ma Harry lo bloccò.

"No, abbiamo fretta. Hagrid, devo chiederti una cosa. Sai quella notte che hai vinto Norberto? Che aspetto aveva lo straniero con cui hai giocato a carte?"

"Boh." rispose Hagrid, vago. "Non si è mai tolto il mantello."

Quando si accorse che tutti e quattro lo fissavano allibiti, alzò un sopracciglio.

"Non è mica una cosa tanto strana, di gente bizzarra ce n'è tanta al pub della 'Testa di Porco', giù al villaggio. Poteva essere un trafficante di draghi, no? Comunque, in faccia non l'ho mai visto, si è sempre tenuto il cappuccio."

Harry si lasciò cadere a terra, vicino alla ciotola di piselli. "E di che cosa avete parlato, Hagrid? Gli hai mai accennato a Hogwarts?"

"Può darsi." rispose Hagrid aggrottando le sopracciglia nello sforzo di ricordare. "Sì... Mi ha chiesto che mestiere facevo e io gli ho detto che facevo il guardiacaccia qui... Allora ha chiesto di che genere di creature mi occupavo. Io gliel'ho detto... e ho anche detto che avevo sempre desiderato avere un drago... Poi... non ricordo tanto bene, perché quello non faceva che offrirmi da bere. Vediamo... sì, allora ha detto che lui aveva un uovo di drago e se lo volevo potevamo giocarcelo a carte... Però dovevo promettergli che lo tenevo bene: non voleva che finiva al chiuso in qualche casa... Allora io gli ho detto che, dopo Fuffi, tenere un drago era la cosa più facile del mondo..."

"E lui... ha mostrato qualche interesse per Fuffi?" chiese Honey, dopo un momento di esitazione, cercando di mantenere calmo il tono della voce.

Sapeva esattamente cosa stava pensando Harry, era la stessa identica cosa che pensava lei. Beh, più o meno.

"Beh, sì... Insomma, anche dalle parti di Hogwarts, non è che capiti spesso di incontrare cani a tre teste, no? Allora gli ho detto che Fuffi era buono come il pane, se uno sapeva calmarlo. Bastava un po' di musica, e lui si addormentava come un angioletto..." di colpo, un'espressione di orrore si dipinse sul volto di Hagrid. "Accidenti, non ve lo dovevo dire!" farfugliò. "Dimenticate tutto! Ehi... ma dove andate?"

Honey, Harry, Ron e Hermione non scambiarono neanche una parola finché non si fermarono nel salone d'ingresso, che dopo il prato assolato parve loro molto freddo e cupo.

"Dobbiamo andare da Silente." disse Harry. "Hagrid ha raccontato a quello straniero come si fa a eludere la sorveglianza di Fuffi, e sotto quel mantello c'era o Piton o Voldemort..."

"O Raptor." aggiunse Honey.

"Dev'essere stato facile, dopo aver fatto sbronzare Hagrid. Spero solo che Silente creda a quello che gli diciamo. Fiorenzo potrebbe darci manforte, sempre che Cassandro non glielo impedisca. Dov'è lo studio di Silente?" continuò Harry, ignorandola.

Si guardarono attorno come se sperassero di scorgere un cartello che indicasse la direzione giusta. Nessuno gli aveva mai detto dove abitasse Silente, né conoscevano nessuno che fosse stato spedito da lui.

"Basterà che..." cominciò Harry, ma all'improvviso una voce risuonò nel salone.

"Che cosa ci fate qui dentro, voi quattro?"

Era la professoressa McGranitt, che portava una grossa pila di libri.

"Vogliamo vedere il professor Silente." disse Hermione con un coraggio che Honey non si aspettava minimamente.

"Vedere il professor Silente?" ripeté la McGranitt come se quella richiesta le apparisse molto sospetta. "E perché?"

Honey trattenne il respiro e Harry, accanto a lei, deglutì. Che dire?

"Beh, sarebbe un segreto..." disse lui, ma subito rimpianse di averlo detto, perché le narici dell'insegnante cominciarono a fremere.

"Il professor Silente è uscito dieci minuti fa." disse poi in tono gelido. "Ha ricevuto un gufo urgente dal Ministero della Magia ed è subito partito in volo per Londra."

Honey impallidì.

"Se n'è andato?" fece Harry in tono affranto. "Proprio adesso?"

"Potter, il professor Silente è un grandissimo mago, la sua presenza è richiesta da molte parti..."

"Ma questo è importante!"

"Quel che voi avete da dirgli sarebbe più importante del Ministero della Magia, Potter?"

"Senta, professoressa..." fece Harry gettando all'aria ogni prudenza. "... è a proposito della Pietra Filosofale..."

La McGranitt poteva aspettarsi di tutto, tranne quello. I libri che reggeva le caddero di mano e lei non si dette neanche la pena di raccoglierli.

"E voi, come lo sapete?" farfugliò.

"Meglio che non glielo diciamo, mi creda." disse Honey.

"Professoressa: io penso, anzi lo so di certo, che Pit..." Honey diede a Harry una gomitata nello stomaco. "Che qualcuno si prepari a tentare di rubare la Pietra. Dobbiamo parlare con il professor Silente."

La professoressa gli scoccò un'occhiata carica di un misto di orrore e di sospetto.

"Il professor Silente sarà di ritorno domani." disse infine. "Non so proprio come abbiate fatto a scoprire la storia della Pietra, ma state pur certi che nessuno può rubarla, è troppo ben protetta."

"Ma prof..."

"So quel che dico, Potter." tagliò corto la McGranitt. Poi si chinò a raccogliere i libri che le erano caduti. "E adesso, vi consiglio di tornarvene tutti fuori a godervi questo bel sole."

Ma loro non seguirono il suo consiglio.

"È per stanotte." disse Harry quando si fu accertato che la professoressa McGranitt non era più a tiro di voce. "Stanotte Piton ha intenzione di passare attraverso la botola. Ha trovato tutto quello che gli occorre, e per di più adesso Silente è fuori circolazione. È stato lui a mandare quel gufo: ci scommetto che al Ministero della Magia resteranno a bocca aperta quando vedranno arrivare Silente."

"Sorvolerò sulla vostra fissazione che sia Piton il colpevole." disse Honey. "Ora dobbiamo pensare a un piano per impedire che la Pietra venga rubata."

"Ma noi, che cosa possiamo..."

A Hermione, le parole si gelarono in gola. Honey alzò lo sguardo. Harry e Ron si voltarono di scatto.

Davanti a loro, c'era Piton.

"Buon pomeriggio." disse in tono calmo.

I quattro ragazzi lo fissavano.

"Non bisognerebbe stare al chiuso, in una giornata come questa." proseguì lui con uno strano sorriso forzato.

"Stavamo..." cominciò Harry, senza avere la minima idea di come continuare.

"Voi dovete stare più attenti." fece Piton. "Se ciondolate così, la gente può pensare che state combinando chissà cosa. E Grifondoro non può mica permettersi di perdere altri punti, no?"

Harry arrossì. Si voltarono per tornare fuori, ma Piton li richiamò.

"Sei avvisato, Potter: fatti pescare un'altra volta ad andare in giro di notte, e mi occuperò personalmente di farti espellere. Buona giornata."

E si allontanò, diretto verso la sala professori.

Fuori, sui gradini di pietra, Harry espose il suo piano.

"Allora, ecco che cosa dobbiamo fare." sussurrò in tono d'urgenza. "Uno di noi terrà d'occhio Piton: aspetterà fuori dalla sala professori, e se esce lo seguirà. Sarà bene che lo faccia tu, Hermione."

"E perché proprio io?"

"Ma è evidente." interloquì Ron. "Puoi far finta di aspettare il professor Vitious, no?" e proseguì con una vocetta stridula: "'Oh, professore, sono tanto preoccupata, ho paura di aver dato la risposta sbagliata alla domanda 14b...'."

"E piantala!" rimbeccò Hermione, ma poi accettò di andare a sorvegliare le mosse di Piton.

"Noi invece ci apposteremo fuori del corridoio del terzo piano." concluse Harry rivolto a Ron. "Dai, vieni."

"Vi farete beccare di sicuro." disse Honey.

"Tu che farai?" le chiese Ron.

"Cercherò il professor Raptor. Sono ancora convinta della mia idea." rispose lei facendo sbuffare gli altri tre.

Quando tornò in Sala Comune, una quindicina di minuti dopo, trovò Harry, Ron e Hermione con le facce afflitte che la aspettavano. A quanto pare la McGranitt li aveva beccati e il piano per sorvegliare Piton era fallito. Lei raccontò loro di aver trovato Raptor in preda a un'ansia incontenibile, cosa che non aveva molto senso secondo il suo parere, ma gli altri la attribuirono al fatto che Piton gli avesse estorto il modo di superare la sua prova.

"Beh, ci siamo, no?" disse Harry. Gli altri tre lo guardarono allibiti. Era pallido e gli brillavano gli occhi. "Io stasera vado e cerco di arrivare alla Pietra prima di lui."

"Tu sei matto!" esclamò Ron.

"Non puoi farlo!" disse Hermione. "Dopo quel che hanno detto Piton e la McGranitt? Sarai espulso!"

"E chi se ne importa!" gridò Harry. "Ma non capite? Se Piton si porta via la Pietra, Voldemort torna! Non avete sentito che cosa è successo quando ha tentato di fargli le scarpe? Non ci sarà più una Hogwarts da cui essere espulsi! La raderà al suolo, o la trasformerà in una scuola di Magia Nera! Ormai, perdere punti non ha più importanza, non lo capite? O credete forse che, se il Grifondoro vince il campionato dei dormitori, lui lascerà in pace noi e le nostre famiglie? Se mi pescano prima che io riesca a prendere la Pietra, beh, dovrò tornarmene dai Dursley e aspettare che Voldemort mi venga a cercare. Come dire che morirò un po' prima del previsto, visto che io con la Magia Nera non voglio aver niente a che fare! Guardate: io stanotte passo attraverso quella botola, e nulla di quel che direte potrà fermarmi! Ve lo ricordate o no, che Voldemort ha ucciso i miei genitori?"

E li guardò con occhi fiammeggianti.

Honey sbuffò. "Sei un po' melodrammatico, lo sai? In ogni caso non pensare di farlo senza di me."

"Hai ragione, Harry." disse Hermione con un filo di voce.

"Userò il mantello che rende invisibili." concluse Harry. "È una bella fortuna averlo recuperato."

"Ma basterà a coprirci tutti e quattro?" chiese Ron.

"Come, tutti e quattro?"

"Oh, falla finita, mica penserai che ti lasciamo andare da solo? Honey ha già detto che viene, ora lo diciamo noi."

"Levatelo dalla testa." disse Hermione in tono spiccio. "Come pensi che faresti ad arrivare alla Pietra senza di noi? Sarà meglio che vada a sfogliare i miei libri, potrei trovare qualcosa di utile..."

"Ma se ci pescano, sarete espulsi anche voi."

"Non se posso evitarlo." ribatté la ragazza in tono cupo. "Vitious mi ha detto in gran segreto che al suo esame ho preso centododici su cento. Con un voto del genere, non mi butteranno fuori. E nemmeno Honey." aggiunse guardandola. "Lei ha preso centodieci." disse facendo comparire sul volto dell'amica un'espressione totalmente stupita.

 

****

 

Dopo cena, i quattro, nervosissimi, si sedettero ciascuno per suo conto nella sala di ritrovo. Nessuno venne a seccarli; nessuno dei loro compagni di dormitorio aveva più niente da dirgli, dopo la gran quantità di punti che gli avevano fatto perdere. Honey si accorse che era la prima sera che la cosa lasciava Harry indifferente. Hermione sfogliava i suoi appunti nella speranza di ritrovare qualcuno degli incantesimi che quella notte avrebbero dovuto spezzare. Harry e Ron quasi non aprirono bocca. Entrambi pensavano a quello che stavano per fare. Honey faceva finta di leggere un libro. In realtà aveva lo sguardo fisso sulle fiamme scoppiettanti del camino, la mente proietta verso ciò che stavano per fare. Lentamente, via via che i compagni se ne andavano a letto, la sala si svuotò.

"Meglio prendere il mantello." borbottò Honey quando Lee Jordan si decise finalmente ad andarsene, stiracchiandosi e sbadigliando.

Harry corse di sopra, nel loro dormitorio già buio. Tirò fuori il mantello, e poi lo sguardo gli cadde sul flauto che Hagrid gli aveva regalato per Natale. Se lo mise in tasca per usarlo con Fuffi: di cantare, non se la sentiva proprio e dubitava che Honey avrebbe preso il suo violino, avrebbero rischiato che si rompesse e lei non l'avrebbe mai permesso. Poi tornò di corsa nella sala di ritrovo.

"Il mantello sarà il caso di mettercelo qui, ed essere ben certi che ci copra tutti e quattro... Se Gazza nota anche soltanto un piede che se ne va a spasso per conto suo..."

"Io potrei usare l'Incantesimo di Disillusione, nel caso in quattro fossimo troppi." aggiunse Honey.

"Che cosa state facendo?" disse una voce dall'angolo della stanza.

Da dietro una poltrona emerse Neville, stringendo in mano il suo rospo Oscar, che a quanto pareva aveva tentato l'ennesima fuga verso la libertà.

"Niente, Neville, niente." disse Harry affrettandosi a nascondersi il mantello dietro la schiena.

Neville fissò le loro facce su cui si dipingeva un'espressione colpevole.

"State uscendo un'altra volta." disse.

"No, no." fece Hermione. "Macché uscendo. Senti, Neville, perché non te ne vai a letto?"

Honey guardò con la coda dell'occhio la pendola, accanto alla porta. Non potevano permettersi di perdere altro tempo: forse, proprio in quel momento, Raptor stava suonando la ninnananna a Fuffi.

"Non potete uscire." insisté Neville. "Vi pescheranno un'altra volta, e Grifondoro sarà nei guai più di prima."

"Non capisci." disse Harry. "È importante."

Ma Neville stava chiaramente raccogliendo le forze in vista di un gesto disperato.

"Non vi permetterò di farlo!" esclamò mettendosi in piedi davanti al buco dietro il ritratto. "Sono disposto anche a fare a pugni!"

"Neville!" sbottò Ron. "Togliti da là e non fare il cretino..."

"Non darmi del cretino!" ribatté Neville. "Credo proprio che non dovresti violare le regole un'altra volta. Guarda che sei stato proprio tu a insegnarmi a tener testa agli altri!"

"In effetti..." mormorò Honey.

"Sì, ma non a noi." disse Ron esasperato. "Neville, non sai quel che fai."

Fece un passo avanti e Neville lasciò cadere il rospo Oscar, che si allontanò a grandi balzi.

"E allora dai, prova a picchiarmi!" esclamò Neville alzando i pugni. "Sono pronto!"

Harry si volse verso Honey e Hermione.

"Fate qualcosa." disse in tono disperato.

"Ci pensi tu?" sospirò Honey. Le dispiaceva per Neville, ma non avevano molta scelta.

Hermione si fece avanti. "Neville, scusami, scusami tanto." Poi alzò la sua bacchetta magica. "Petrificus Totalus!" gridò puntandola contro Neville.

Le braccia del ragazzo si bloccarono con uno scatto lungo i fianchi; le gambe si strinsero insieme. Il suo corpo s'irrigidì come uno stoccafisso, e il povero ragazzo ondeggiò paurosamente per poi cadere in avanti, lungo disteso e tutto d'un pezzo.

Honey corse verso di lui e lo girò. Le mascelle di Neville erano talmente serrate insieme che non riusciva a parlare. Solo gli occhi si muovevano, volgendo sui compagni uno sguardo inorridito.

"Ma che cosa gli hai fatto?" bisbigliò Harry.

"L'Incantesimo della Pastoia Total-Body." rispose Honey ammirando il lavoro dell'amica.

"Oh, Neville, mi dispiace tanto." aggiunse Hermione con tono sconsolato.

"Abbiamo dovuto farlo, Neville, non c'è tempo di spiegare." disse Harry.

"Capirai dopo, Neville." disse Ron mentre lo scavalcavano e si coprivano con il mantello che rende invisibili.

"Se torniamo vivi." commentò cupa Honey prima di venire trascinata sotto il mantello dalla mano di Harry.

Ma lasciare il compagno steso immobile per terra non sembrava molto di buon auspicio. Nervosi com'erano, vedevano Gazza nell'ombra di ogni statua, e in ogni alito di vento che soffiava a distanza credevano di sentire Pix che piombava su di loro.

Giunti ai piedi della prima scalinata, avvistarono Mrs Purr appiattata sull'ultimo gradino.

"Oh senti, diamole un bel calcio, per una volta." soffiò Ron all'orecchio di Harry, ma questi scosse la testa nello stesso istante in cui Honey gli diede una gomitata nello stomaco. Mentre l'aggiravano con circospezione, Mrs Purr puntò su di loro i suoi occhi simili a fari, ma non fece niente.

Non incontrarono nessun altro fino a quando non furono saliti al terzo piano. A metà della rampa c'era Pix che, ballonzolando a mezz'aria, scostava il tappeto nella speranza che qualcuno ci inciampasse.

"Chi è là?" chiese a un tratto mentre salivano. Poi socchiuse i maligni occhi scuri. "Anche se non vi vedo, lo so che siete lì. Siete mostricini, fantasmini o insulsi studentini?" si sollevò in aria e rimase lì a galleggiare, sempre fissandoli con gli occhi socchiusi. "Qua c'è in giro qualcosa che non si vede. Dovrei chiamare Gazza. Già, proprio così."

Improvvisamente, Harry ebbe un'idea.

"Pix." disse piano, con voce roca e contraffatta. "Il Barone Sanguinario ha le sue buone ragioni per rendersi invisibile."

Pix rimase tanto scioccato che stava per cadere giù dall'aria. Ma si riprese in tempo e rimase a galleggiare a trenta centimetri dai gradini.

"Oh, mi scusi tanto, Eccellenza Sanguinaria!" disse con voce untuosa. "È stato un deplorevole errore... non l'avevo vista... E per forza non l'avevo vista: lei è invisibile... Signore, perdoni l'innocente scherzetto di un povero vecchietto...!"

"Ho da fare qui, Pix." fece Harry sempre gracchiando. "Per questa notte, veda di starsene alla larga."

"Ma certo, signore, ci conti, signore." rispose Pix levandosi in alto. "Spero che passi una buona nottata, barone: io non la disturberò."

E se la filò senza guardarsi indietro.

"Geniale, Harry!" bisbigliò Ron.

"Se tu non l'avessi fatto, lo avrei stordito con un incantesimo." aggiunse Honey beccandosi tre occhiate sorprese. "Che c'è? Conosco l'Incantesimo Confundus, l'ho letto da qualche parte, inoltre non abbiamo tempo da perdere."

Così, qualche istante dopo, giunsero appena fuori del corridoio del terzo piano... e la porta era già aperta.

"Ecco fatto: ci siamo." disse Harry a bassa voce. "Piton è già riuscito a entrare evitando Fuffi." Honey alzò gli occhi al cielo ma non commentò.

Alla vista della porta aperta, tutti e quattro si immaginarono quello che stavano per vedere. Sotto il mantello, Harry si rivolse ai tre compagni.

"Se volete tornare indietro, non vi darò torto." disse. "Potete anche prendervi il mantello, tanto io non ne ho più bisogno."

"Certo che sei proprio un idiota." disse Honey.

"Non fare lo scemo." aggiunse Ron.

"Veniamo con te." rincarò Hermione.

Harry spinse la porta.

Mentre questa scricchiolava, giunse alle loro orecchie un brontolio sordo. L'enorme cane si mise a fiutare nella loro direzione con tutti e tre i nasi, anche senza vedere di chi si trattava.

"Che cos'è quella cosa ai suoi piedi?" bisbigliò Hermione.

"Sembra un'arpa." fece Ron. "Deve averla lasciata qui Piton."

"Piton con un'arpa?" commentò Honey. "Davvero improbabile."

"Probabilmente, quella bestia si sveglia quando uno smette di suonare." commentò Harry. "Beh, cominciamo..."

Si portò alle labbra il flauto di Hagrid e cominciò a soffiarci dentro. Non era un vero e proprio motivo, eppure fin dalla prima nota le palpebre del cagnone cominciarono a socchiudersi. Harry suonava quasi senza riprendere fiato. Lentamente il brontolio cessò: il cane oscillò un poco sulle zampone e poi cadde in ginocchio. Alla fine scivolò a terra, profondamente addormentato.

"Continua a suonare." consigliò Ron a Harry mentre sgusciavano fuori da sotto il mantello e strisciavano verso la botola. Passando accanto alle tre teste gigantesche del cane, sentirono il suo fiato caldo e puzzolente.

"Credo che in tre riusciremo ad aprirla." disse Ron sbirciando oltre il dorso dell'animale. "Vuoi andare tu per prima, Hermione?"

"Manco per sogno!"

"E va bene." Ron strinse i denti e scavalcò con circospezione le zampe del cane. Poi, chinatosi, tirò forte l'anello della botola, che si spalancò all'istante.

"Che cosa vedi?" chiese Hermione ansiosa.

"Niente, solo buio... non c'è modo di scendere, dovremo saltare giù."

Harry, che stava sempre suonando il flauto, fece un cenno a Ron per attirare la sua attenzione e indicò se stesso.

"Vuoi andare tu? Ma sei proprio sicuro?" disse Ron. "Non so neanche quant'è profonda la buca."

"Vado io." disse Honey. "Harry sarà il secondo. Dà il flauto a Hermione, così evitiamo che Fuffi si svegli."

Harry le passò lo strumento. Nei pochi secondi di silenzio che trascorsero, il cane si agitò ed emise una specie di grugnito, ma non appena la ragazza prese a suonare, tornò a dormire profondamente. Harry lo scavalcò e affiancò Honey che già guardava giù nella botola. Il fondo non si scorgeva neanche. Lei gli fece un cenno, poi si calò attraverso l'imboccatura, fino a quando non rimase appesa solo per le punte delle dita.

Poi, rivolgendosi a Harry che era pronto a seguirla, disse: "Se mi succede qualcosa, non venitemi dietro. Andate dritti filati alla voliera dei gufi e mandate Atena da Silente. Siamo intesi?"

"D'accordo." fece Ron.

"Ci vediamo tra un attimo." aggiunse Harry.

"Lo spero..."

E Honey mollò la presa. Con il volto sferzato da un'aria fredda e umida, precipitò in basso, sempre più in basso, finché... FLOMP. Era atterrata su qualcosa di soffice, che produsse uno strano tonfo attutito. Si tirò su a sedere e si tastò intorno alla cieca: i suoi occhi non si erano ancora abituati a tutto quel buio. Aveva l'impressione di stare seduta su una specie di pianta. La cosa non le piacque neanche un po'. Estrasse la bacchetta.

"Lumos." mormorò facendo un po' di luce per guardarsi meglio intorno. Non essendo morta si apprestò a comunicarlo agli altri. "Tutto a posto!" gridò in direzione della lucina piccola come un francobollo che era l'imboccatura della botola. "Si atterra sul morbido, più o meno, potete saltare!" poi riprese a guardarsi intorno senza muoversi di un millimetro. Aveva l'impressione di sapere esattamente cosa fosse quella pianta.

Harry atterrò accanto a lei dopo qualche secondo e Ron lo seguì immediatamente, finendo lungo disteso accanto a lui.

"Che cos'è questa roba?" furono le prime parole che disse.

"Boh! Sembra una pianta. Immagino che sia stata messa qui per attutire la caduta." disse Harry. Honey non era per niente convinta. "Dai, Hermione, tocca a te!"

In lontananza, la musica cessò. Si udì il cagnone abbaiare forte, ma ormai la ragazza era saltata. Atterrò vicino a Honey, dall'altra parte rispetto a Harry.

"Dobbiamo trovarci metri e metri sottoterra, al disotto della scuola." osservò subito.

"È stata proprio una bella fortuna che ci fosse questa pianta." commentò Ron.

"Io non direi." osservò Honey.

"Fortuna?" strillò Hermione nello stesso momento. "Guardatevi un po'!"

Balzò in piedi e cercò di appoggiarsi alla parete umida. Fu uno sforzo immane, perché nell'istante stesso in cui era atterrata, la cosiddetta pianta aveva cominciato ad avvolgerle attorno alle caviglie certi tentacoli simili a serpenti. Quanto a Harry e a Ron, non se n'erano accorti, ma avevano le gambe già strette nella morsa di quelle lunghe propaggini. Honey, invece, sembrava perfettamente in grado di muoversi. Nessuno dei quattro sapeva spiegarsene il motivo.

Hermione era riuscita a divincolarsi prima che la pianta la immobilizzasse del tutto, e adesso guardava inorridita i due ragazzi tentare di strapparsi di dosso i tentacoli della pianta: ma più si sforzavano, più quella rinsaldava la presa.

"State fermi!" ordinò Honey capendo perchè la pianta non l'avesse attaccata. "Questo è il Tranello del Diavolo!"

"Oh, ma quanto sono contento che sappiamo come si chiama: è davvero molto utile!" fece Ron in tono sarcastico, inclinandosi all'indietro nel tentativo di evitare che la pianta gli si avvinghiasse al collo.

"Più ti divincoli, più in fretta ti uccide." spiegò lei. "Ecco perchè non mi ha attaccata. Io non mi sono mossa di un centimetro quando sono atterrata."

"Zitti!" li fermò Hermione. "Sto cercando di ricordare come si fa ad ammazzarla!"

"Beh, spicciati, non respiro più!" disse Harry col fiato mozzo, cercando di divincolarsi dalla pianta che gli si avvinghiava intorno al torace.

"Vediamo: Tranello del Diavolo, Tranello del Diavolo... Che cosa diceva la professoressa Sprite? Honey un aiutino?"

"Che la pianta ama il buio e l'umido..." mormorò lei rimanendo il più immobile possibile e osservando le liane avvolgersi sempre più strette attorno a Harry e Ron.

"E allora accendete un fuoco!" esclamò Harry sempre più in difficoltà.

"Già... certo... ma non c'è legna!" gridò Hermione torcendosi le mani.

"Ma sei diventata matta?" ruggì Ron. "SEI una strega, sì o no?"

Honey, che aveva già la sua bacchetta in mano, l'agitò nell'aria, bofonchiò qualcosa e sparò contro la pianta un getto di fiamme color campanula, le stesse che Hermione aveva usato su Piton. Nel giro di pochi istanti, i due ragazzi avvertirono la presa che si allentava, mentre la pianta si ritraeva dalla luce e dal calore. I tentacoli si accartocciarono sbattendo e srotolandosi dai loro corpi, e i due riuscirono finalmente a liberarsi.

"Fortuna che a lezione di Erbologia state sempre attente, ragazze." disse Harry appoggiandosi al muro accanto a loro e asciugandosi il sudore dalla faccia.

"Già." fece Ron. "E fortuna che Hermione non perde mai la testa in situazioni di emergenza... 'Non c'è legna!'... ma insomma!"

"Da questa parte." riprese Honey, additando l'unica via di uscita che si scorgesse: un passaggio fra due pareti di pietra.

A parte i loro stessi passi, l'unico altro rumore era un lieve gocciolio di acqua che scorreva lungo le pareti. Lo stretto corridoio procedeva in discesa.

"Non sentite niente?" bisbigliò Ron.

Honey tese l'orecchio. Si udiva un lieve fruscio e tintinnio, che sembrava provenire dall'alto.

"Credete che sia un fantasma?" chiese Harry.

"Non saprei... dal rumore sembra un battito d'ali."

"In fondo c'è una luce... vedo qualcosa che si muove."

"Non è un fantasma." disse Honey. "Sentirei le sue emozioni."

Raggiunsero l'estremità del passaggio e davanti a loro videro una camera tutta illuminata con il soffitto a volta, alto sopra le loro teste. Era piena di uccellini dagli splendidi colori, come gemme, che svolazzavano e volteggiavano per tutta la stanza. Sul lato opposto vi era un pesante portone di legno.

"Pensate che ci attaccheranno se attraversiamo la camera?" disse Ron.

"Probabilmente." rispose Harry. "Non sembrano molto cattivi, ma immagino che se scendessero tutti insieme in picchiata... Beh, non c'è nient'altro da fare... Parto io."

Inspirò profondamente, si coprì il viso con le braccia e spiccò la corsa per attraversare la camera. Si aspettava di sentirsi piombare addosso da un momento all'altro becchi acuminati e artigli, ma non accadde nulla. Raggiunse incolume il portone. Tirò la maniglia, ma quello era chiuso a chiave.

Gli altri tre lo seguirono. Si misero a tirare e a scuotere il portone nel tentativo di aprirlo, ma non si mosse neanche quando Hermione provò con la formula magica: Alohomora. Honey quasi ignorò i suoi amici, troppo concentrata su quegli strani uccelli scintillanti.

"E adesso?" fece Ron.

"Questi uccelli... non è possibile che siano qui soltanto per bellezza." osservò Hermione.

"Questi non sono uccelli!" esclamò Honey a un tratto. "Sono chiavi! Chiavi alate! Guardate bene!"

"Allora, questo vuol dire che..." Harry e Honey si guardarono attorno per la stanza, mentre gli altri due scrutavano lo sciame di chiavi. "Ma sì: guardate! Prendiamo i manici di scopa! Dobbiamo acchiappare la chiave che apre il portone!" concluse Harry.

"Ma queste sono centinaia!" disse Hermione.

Ron esaminò attentamente la serratura. "Quella che cerchiamo dev'essere una grossa chiave vecchio tipo... probabilmente d'argento come la maniglia."

I quattro afferrarono un manico di scopa ciascuno e, balzati in sella, si dettero la spinta e si sollevarono da terra fino a ritrovarsi in mezzo a quella nube di chiavi volanti. Tesero le mani cercando di afferrarne qualcuna, ma quelle erano stregate e gli sfuggivano, alzandosi e abbassandosi così rapidamente che era quasi impossibile prenderne una.

Ma non per nulla Harry era il Cercatore più giovane da un secolo a quella parte: aveva un vero e proprio talento per avvistare cose che gli altri non vedevano neppure. Dopo aver zigzagato per circa un minuto attraverso quel turbine di piume di tutti i colori dell'arcobaleno, notò una grossa chiave argentata che aveva un'ala piegata, come se fosse stata già catturata e infilata bruscamente nella serratura.

"È quella." gridò agli altri tre. "Quella grossa... lì... no, là... quella con le ali azzurro chiaro... e le piume tutte arruffate da una parte."

Ron si precipitò a tutta velocità nella direzione che Harry gli indicava, sbatté contro il soffitto e rischiò di cadere dalla sua scopa.

"Dobbiamo circondarla!" disse Honey senza mai distogliere lo sguardo dalla chiave con l'ala rovinata. "Ron, tu sorvegliala da sopra... e tu, Hermione, resta sotto e impediscile di scendere... Harry cercherà di prenderla e io di bloccarle la via di fuga. Forza: uno, due, TRE!"

Ron scese in picchiata, Hermione schizzò verso l'alto, la chiave schivò tutti e due e passò sotto Honey, che si era messa a testa in giù nel tentativo di acchiapparla. Harry si gettò all'inseguimento. Quella partì come una freccia verso il muro. Harry si chinò in avanti e con un rumore sinistro la inchiodò con una mano sulla pietra. Le grida di giubilo di Honey, Ron e di Hermione echeggiarono sotto la volta della vasta camera.

Atterrarono in gran fretta e Harry corse verso il portone, con la chiave che gli si dimenava in mano. La infilò senza tanti complimenti nella serratura e la girò: funzionava. Nel momento preciso in cui la serratura si aprì con uno scatto, la chiave si sfilò e volò via di nuovo, tutta ammaccata dopo essere stata acchiappata per due volte.

"Pronti?" chiese Harry ai suoi compagni, mentre aveva ancora la mano sulla maniglia del portone. I tre annuirono, e lui tirò fino ad aprirlo.

La camera accanto era talmente buia che non si distingueva un bel niente. Ma mentre vi entravano, fu improvvisamente invasa da una gran luce, e la scena che si parò loro dinanzi fu stupefacente.

Si trovavano sull'orlo di un'enorme scacchiera, dietro ai pezzi neri, tutti molto più alti di loro e scolpiti in quella che sembrava pietra. Di fronte a loro, all'estremità opposta del vasto locale, c'erano i pezzi bianchi. Honey Harry, Ron e Hermione ebbero un lieve brivido: erano altissimi e privi di volto.

"E adesso, che cosa facciamo?" sussurrò Harry.

"Ma è chiaro, no?" disse Ron. "Dobbiamo iniziare a giocare e via via attraversare la stanza fino ad arrivare dall'altra parte."

Dietro i pezzi bianchi si scorgeva un'altra porta.

"E come facciamo?" chiese nervosa Hermione.

"Penso..." rispose Ron. "... che dovremo far finta di essere anche noi dei pezzi degli scacchi."

Si diresse verso un cavallo nero e tese la mano per toccarlo. D'un tratto, la pietra di cui era fatto prese vita. Il cavallo si mise a raspare a terra con la zampa, e il cavaliere chinò il capo coperto dall'elmo per guardare Ron.

"Dobbiamo... ehm... dobbiamo venire con voi per attraversare?"

Il cavaliere nero annuì.

"Questa è sicuramente opera della McGranitt. Una prova tanto impegnativa quanto sadica, come una partita a scacchi magici dal vivo, poteva essere ideata solo da lei." commentò Honey studiando la macabra bellezza di quella scacchiera. "Magnifico."

Ron si voltò verso i suoi compagni.

"Qua bisogna pensarci bene..." disse. "Credo che dovremo prendere il posto di quattro dei pezzi neri..."

Honey, Harry e Hermione rimasero in silenzio, osservandolo mentre rifletteva. Alla fine, Ron disse: "Beh, non vi offendete, eh?, ma nessuno di voi è molto bravo a scacchi, a parte Honey..."

"Figurati se ci offendiamo." ribatté subito Harry. "Dicci soltanto che cosa dobbiamo fare."

"Allora, Harry, tu prendi il posto di quell'alfiere, e tu, Hermione, mettiti vicino a lui, al posto di quella torre."

"E tu?"

"Io farò il cavallo." disse Ron.

Sembrava che i pezzi degli scacchi li avessero sentiti, perché a quelle parole un cavallo, un alfiere e una torre voltarono le spalle ai pezzi bianchi e se ne andarono dalla scacchiera lasciando tre caselle vuote, che vennero occupate da Harry, Ron e Hermione.

Ron si voltò verso Honey, che lo osservava in attesa di sapere quale posto avrebbe dovuto prendere. Lei lo stava già fissando e, dalla sua espressione, comprese subito cosa stava per dire.

"Te la senti...?" le chiese.

Lei annuì, fidandosi ciecamente delle capacità del suo amico.

Ron sospirò. "D'accordo, allora. Tu sarai la regina."

Il pezzo in questione prese vita e si allontanò dalla scacchiera, affiancando gli altri.

"Siete sicuri?" disse Harry allarmato. "La regina è il pezzo che rischia di più."

"Ma è anche il più potente." spiegò Ron. "Honey è davvero brava a scacchi e così potrà aiutarmi se io, da questa prospettiva, non noto qualche mossa rischiosa." Honey annuì ancora tranquillizzandoli, nonostante fosse parecchio tesa. "I bianchi muovono sempre per primi, a scacchi." aggiunse Ron lanciando un'occhiata al lato opposto dell'enorme scacchiera. "E difatti, guardate..."

Un pedone bianco era avanzato di due caselle.

Ron cominciò a dirigere le mosse dei neri, che si spostavano silenziosamente seguendo i suoi ordini. Honey pregò tutti i maghi del passato che nessuno di loro si facesse male e che vincessero quella partita.

"Harry... muoviti diagonalmente di quattro caselle verso destra."

Il primo shock vero arrivò quando fu mangiato l'altro loro cavallo.

La regina bianca lo sbatté a terra e lo trascinò via dalla scacchiera: rimase immobile, faccia a terra.

"Ho dovuto lasciarglielo fare." disse Ron con aria sconvolta. "Così tu, Hermione, sarai libera di mangiare quell'alfiere. Dai, muoviti."

Ogni qualvolta perdevano un pezzo, i bianchi si mostravano spietati. Ben presto i pezzi neri cominciarono ad allinearsi contro il muro, inerti come pupazzi. Per due volte Ron si accorse appena in tempo che Harry e Hermione erano in pericolo. Frattanto, mandava Honey da una parte all'altra della scacchiera, mangiando tanti bianchi quanti erano i neri che avevano perso.

"Ci siamo quasi." borbottò a un tratto. "Fatemi pensare... fatemi pensare."

La regina bianca volse verso di lui la testa senza volto.

"Ron..." mormorò Honey, pallida in volto, dopo aver esaminato attentamente i pezzi rimasti e le loro posizioni. "Non vorrai mica..."

"Sì..." disse piano Ron. "È l'unico modo... devo lasciarmi mangiare."

"NO!" esclamarono Harry e Hermione. Honey stava analizzando le possibili mosse e contromosse per trovare una soluzione alternativa.

"Ma a scacchi è così!" tagliò corto Ron. "Bisogna pur sacrificare qualche cosa! Ora farò un passo avanti e lei mi mangerà... e voi sarete liberi di dare scacco matto al re, Harry!"

"Ma..."

"Volete fermare Piton, oppure no?"

"Ron..."

"Sentite, se non vi sbrigate quello ruba la Pietra!"

"Non c'è un'altra soluzione." disse Honey tristemente dopo aver studiato le possibili mosse.

"Pronti?" gridò Ron, pallido ma con aria decisa. "Io vado... ma ricordate: non restate in giro a ciondolare, dopo che avrete vinto."

E così dicendo, fece un passo avanti e la regina lo colpì. Gli diede una forte botta in testa con il braccio di pietra e il ragazzo cadde a terra di schianto. Hermione si lasciò sfuggire un grido, ma rimase ferma sulla sua casella. La regina bianca trascinò Ron da una parte: il ragazzo sembrava proprio K.O.

"Harry, spostati di tre caselle a sinistra." disse Honey lentamente.

Tutto tremante, il ragazzo la ascoltò. A quel punto, il re bianco si tolse la corona di testa e la gettò ai piedi di Harry. I neri avevano vinto. I pezzi si divisero in due gruppi e ciascun gruppo si inchinò all'altro, lasciando intravedere la porta aperta in fondo alla stanza. Gettando un'ultima occhiata disperata in direzione di Ron, rimasto indietro, Harry e Honey spiccarono la corsa, ma si fermarono quando si accorsero che Hermione era corsa da Ron.

"Voi andate avanti!" gridò. "Io mi occuperò di lui."

"Sei sicura?" domandò Harry.

"Porterò Ron fuori di qui." confermò.

"Usate le scope della stanza delle chiavi per risalire la botola e sfuggire a Fuffi. Poi avverti Silente." disse Honey.

Lei annuì e i due, varcata la porta, si diressero di gran carriera lungo il corridoio.

"E se Ron...?" mormorò Honey.

"Andrà tutto bene." disse Harry, cercando di convincere soprattutto se stesso. "Secondo te, che cos'altro ci manca?"

"Beh, la Sprite il suo tiro ce l'ha già giocato, con il Tranello del Diavolo... A stregare le chiavi sarà stato senz'altro Vitious... La McGranitt ha fatto una Trasfigurazione ai pezzi degli scacchi facendoli diventare vivi... Ci manca l'incantesimo di Raptor e poi quello di Piton..."

Intanto erano giunti davanti a un'altra porta.

"Tutto bene?" sussurrò Harry.

"Và avanti tu." rispose Honey riprendendo fiato.

Harry spinse la porta.

Le loro narici furono invase da un odore nauseabondo, che costrinse entrambi a coprirsi il naso con il mantello. Con gli occhi pieni di lacrime videro, steso per terra davanti a loro, un troll ancor più grosso di quello con cui avevano già avuto a che fare. Giaceva inerte con un bernoccolo insanguinato in testa.

"Meno male che non abbiamo dovuto vedercela anche con questo." mormorò Harry mentre, con circospezione, scavalcavano una delle zampone massicce. "Vieni, qui dentro non si respira."

Aprì la porta successiva tirandola a sé. Quasi non avevano il coraggio di guardare quel che avrebbero trovato. E invece non c'era nulla di particolarmente spaventoso: erano in una stanza con un tavolo su cui erano allineate sette bottiglie di forme diverse.

"Qua c'è lo zampino di Piton." fece Harry. "Che cosa dobbiamo fare?"

Varcarono la soglia e immediatamente, nello strombo della porta alle loro spalle, si accese un fuoco fiammeggiante. Non era un fuoco qualsiasi: era viola. Nello stesso istante, fiamme nere si sprigionarono dalla soglia della porta seguente. Erano in trappola.

"Guarda!" Honey afferrò un rotolo di carta posato sul tavolo accanto alle bottiglie. Harry si sporse oltre la sua spalla per leggere quello che c'era scritto:

 

Davanti a voi è il pericolo, dietro la sicurezza

Due tra di noi vi aiutano, usate la destrezza

Una sola, di sette, vi lascerà avanzare

Se un'altra ne berrete, vi farebbe arretrare

Due son piene soltanto di nettare d'ortica

Tre, assassine, s'apprestano alla loro fatica.

Scegliete o resterete per sempre tra i supplizi.

Per aiutarvi a scegliere, vi diamo quattro indizi:

Primo, seppur subdolamente il velen non si svela,

Il vino delle ortiche alla sinistra cela;

Secondo, differenti sono quelle agli estremi

Ma per andare avanti rimangono problemi;

Terzo, come vedete, non ve n'è una uguale

Sol di nana e gigante il vin non è letale;

Quarto, la seconda a dritta e la seconda a sinistra

Sono gemelle al gusto, ma diverse alla vista.

 

Honey rilasciò un gran sospiro incredibilmente sollevata, e Harry, allibito, vide che sorrideva: era proprio l'ultima cosa che a lui sarebbe venuto di fare.

"Geniale!" disse la ragazza. "Questa non è magia: è logica. Si tratta di una sciarada. Ci sono tanti grandi maghi che non hanno un briciolo di logica: loro sì che resterebbero bloccati qui in eterno."

"E anche noi, vero?"

"Ovviamente no." disse Honey. "Su questa carta c'è scritto tutto quello che ci serve sapere. Sette bottiglie: tre contengono veleno, due vino, una ci farà attraversare sani e salvi il fuoco nero e una ci aiuterà a superare quello viola per tornare indietro."

"Ma come facciamo a sapere da quale bere?"

"Dammi un attimo."

Honey lesse e rilesse la carta più volte. Poi si mise ad andare su e giù lungo la fila di bottiglie, borbottando fra sé e sé e indicandole ogni tanto col dito. Alla fine, batté le mani.

"Ho capito!" esclamò, uno scintillio soddisfatto negli occhi. "Quella più piccola ci farà attraversare il fuoco nero... per raggiungere la Pietra."

Harry guardò la bottiglia più piccina.

"Dentro c'è abbastanza da bere per entrambi." osservò.

Si scambiarono un'occhiata.

"E qual è che ci farà tornare indietro attraversando le fiamme viola?"

Honey indicò una bottiglia panciuta, all'estremità destra della fila.

"Bevi tu per prima." disse Harry. "Sei sicura che sia quella giusta?"

"Certo." rispose Honey. Dopodiché bevve una lunga sorsata dalla bottiglietta e fu scossa da un brivido. Per un attimo le sembrò di essere al Polo Nord tanto forte fu la sensazione di essere invasa dal ghiaccio.

"Non sarà mica veleno?" fece Harry tutto ansioso.

"No, ma sembra ghiaccio."

Harry inspirò profondamente e prese la bottiglia più piccola. Volse il viso verso le fiamme nere.

"Arriviamo!" disse, e poi vuotò la bottiglietta in un sorso solo.

Posò la bottiglia e prese la mano di Honey con la sua, stringendola. Se per farsi coraggio o incoraggiare lei, Honey non lo capì. Probabilmente entrambe. Fecero un passo avanti; strinsero la presa sulla mano dell'altro, videro le fiamme nere che lambivano i loro corpi, ma non ne avvertirono il calore... Per un istante non videro altro che fuoco nero... poi si ritrovarono dall'altra parte, nell'ultima stanza.

Dentro c'era già qualcuno... ma non era Piton. E non era neanche Voldemort.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14. ***


Era Raptor.

"Lei!" esclamò Harry col fiato mozzo stringendo involontariamente la presa attorno alla mano di Honey.

"Te l'avevo detto..." mormorò lei.

Raptor sorrise. Non un solo muscolo gli si mosse sul volto.

"Io." disse calmo. "Mi stavo proprio chiedendo se ti avrei incontrato qui, Potter. Non sono neanche sorpreso di vederti con Price. Voi due sembrate vivere in simbiosi."

"Ma io pensavo... Piton..."

"Chi, Severus?" Raptor rise, e non fu la sua solita risatina tremula, bensì una risata fredda e tagliente. "Sì, Severus sembra proprio il tipo giusto, non è vero? È talmente utile averlo qui a svolazzare dappertutto, come un pipistrello gigante! Con lui in giro, chi sospetterebbe mai del po-povero, ba-balbettante p-professor Ra-Raptor?"

Honey sospirò. "Ti avevo detto anche questo."

"Ma Piton ha tentato di uccidermi!" continuò Harry non riuscendo ad accettare la realtà.

"No, no, no! Sono stato io. La tua amica Miss Granger mi ha urtato involontariamente quando è corsa ad appiccare il fuoco a Piton, durante la partita a Quidditch. Con quello spintone ha interrotto il mio contatto visivo con te: ancora pochi secondi, e sarei riuscito a disarcionarti dalla scopa. Anzi, ci sarei riuscito anche prima, se Piton non avesse continuato a borbottare controincantesimi nel tentativo di salvarti."

"Piton cercava di salvarmi?"

"Ma certo." disse Raptor, sempre in tono gelido. "Perché credi che volesse arbitrare lui la tua seconda partita? Cercava di evitare che io ci riprovassi. Veramente buffo... Non c'era bisogno che si desse tanta pena. Non avrei potuto fare niente comunque, con Silente che assisteva alla partita. Tutti gli altri insegnanti pensavano che Piton stesse cercando di ostacolare la vittoria del Grifondoro, lui si è reso veramente impopolare... e che gran perdita di tempo, visto che nonostante tutto, stanotte ti ammazzo." Raptor schioccò le dita.

Dal nulla apparvero delle funi che si avvolsero strette intorno a Harry.

"Relascio." esclamò Honey puntando la bacchetta sulle funi. Fortuna che non l'aveva più riposta dopo aver superato il Tranello del Diavolo. Quelle caddero a terra liberando Harry e Honey si volse verso Raptor. "Non è stato un caso che Hermione l'abbia urtata, quel giorno. Le ho detto io di farlo. Lei non mi è mai piaciuto. Ho sempre avuto la sensazione che ci fosse altro in lei." assottigliò lo sguardo. "Anche adesso."

Raptor la studiò attentamente per la prima volta da quando erano arrivati. Fino a quel momento tutta la sua attenzione era stata su Harry.

"Sei davvero una ragazza sveglia." disse infine. "Non hai idea di quanto sia vera la tua frase. Ma non mi impedirai di prendere la Pietra. Vi ucciderò entrambi." affermò. "Siete troppo ficcanaso per continuare a vivere. Andarvene in giro a quel modo per tutta la scuola, il giorno di Halloween! Per quanto ne sapevo io, mi avevate visto benissimo mentre venivo a sincerarmi di che cosa ci fosse a guardia della Pietra."

"Allora il troll l'ha fatto entrare lei?"

"Ovviamente." mormorò Honey senza abbassare la bacchetta.

"Ma certamente." confermò Raptor. "Ho un talento speciale con i troll, io... Avrete visto senz'altro che cosa ho fatto a quello della stanza qua accanto. Ma purtroppo, mentre tutti correvano dappertutto cercando di stanarlo, Piton, che già sospettava di me, è venuto dritto filato al terzo piano per intercettarmi, e non solo il mio troll non vi ha fatto a pezzi, ma neanche il cane a tre teste è riuscito a staccare la gamba a morsi a Piton come si deve. E ora aspettate un attimo e fate silenzio. Devo esaminare questo specchio molto interessante. Ma prima... Expelliarmus!" la bacchetta di Honey volò via e lei si ritrovò senza difese. "Sei troppo pericolosa con quella, tu. So che conosci molti più incantesimi di una normale studentessa della tua età."

Poi si voltò e solo in quell'istante Honey si rese conto dell'oggetto che si trovava alle spalle di Raptor. Era lo Specchio delle Brame.

"Lo specchio è la chiave per trovare la Pietra." mormorava Raptor mentre tastava la cornice. "Figuriamoci se Silente non escogitava una cosa del genere... ma tanto lui è a Londra... e per quando sarà tornato, io sarò già molto lontano."

Tutto quello a cui Honey riusciva a pensare era di continuare a impegnare Raptor nella conversazione, impedendogli di concentrarsi sullo specchio.

"Ho visto lei e Piton nella foresta..." uscì a Harry. Probabilmente anche lui aveva pensato la stessa cosa.

"Già." rispose Raptor indolente, girando attorno allo specchio per osservarlo da dietro. "All'epoca, mi stava addosso, cercando di scoprire fino a che punto fossi arrivato. Ha sempre sospettato di me. E ha cercato di spaventarmi... come se fosse stato possibile, con il Signore Voldemort dalla mia parte!" Raptor venne fuori da dietro lo specchio e ci guardò dentro avidamente. "Vedo la Pietra... La offro al mio padrone, ma dov'è la Pietra?"

"Ti avevo detto che avevi capito male..." mormorò Honey.

Harry si mosse leggermente verso di lei, facendole cenno di avvicinarsi piano al professore. Dovevano impedire a tutti i costi che Raptor dedicasse tutta la sua attenzione allo specchio.

"Eppure, mi è sempre sembrato che Piton mi odiasse tanto..."

"Oh, per odiarti, ti odia." disse Raptor con tono di noncuranza. "Ci puoi giurare che ti odia. Era a Hogwarts con tuo padre, lo sapevi? Si detestavano cordialmente. Però non ti ha mai voluto morto. Price sembra stargli simpatica, invece. Evento più unico che raro, a dire la verità."

"Eppure professore, qualche giorno fa io l'ho sentita singhiozzare... Pensavo che Piton la stesse minacciando..."

Per la prima volta un fremito di paura attraversò il volto di Raptor.

"A volte..." disse. "... trovo difficile seguire le istruzioni del mio padrone... lui è un mago grande e potente, mentre io sono debole..."

"Intende dire che era insieme a lei in quell'aula?" disse Harry col fiato mozzo.

"Lui è con me ovunque io vada." disse Raptor in tono pacato. "Lo incontrai all'epoca in cui giravo il mondo. Allora ero un giovanotto scervellato, pieno di idee ridicole sul bene e sul male. Il Signore Voldemort mi ha dimostrato quanto avessi torto. Bene e male non esistono. Esistono soltanto il potere e coloro che sono troppo deboli per ricercarlo... Da allora l'ho sempre servito fedelmente, benché lo abbia deluso molte volte. Ha dovuto essere molto duro con me." Raptor d'improvviso rabbrividì. "Non perdona facilmente gli errori. Quando ho fallito il colpo alla Gringott lui ne è stato molto dispiaciuto. Mi ha punito... Ha deciso di tenermi sotto più stretta sorveglianza..."

La voce di Raptor si spense.

Honey rabbrividì. "Oh Santo Merlino!" mormorò mentre il suo volto perdeva lentamente colore. Una strana idea le si era andata formando nella mente, ma sperava vivamente di sbagliarsi. In caso contrario... era davvero raccapricciante.

Raptor imprecava a bassa voce. "Io non capisco... la Pietra è o non è dentro lo specchio? Che devo fare? Devo romperlo?"

Harry cercò di spostarsi verso sinistra per trovarsi di fronte allo specchio senza che Raptor lo notasse, ma incespicò e cadde. Honey lo aiutò ad alzarsi mentre lui le spiegava la conclusione a cui era arrivato sullo specchio: loro volevano trovare la pietra prima di Raptor, perciò se si fossero specchiati avrebbero dovuto vedere loro stessi nell'atto di trovarla; il che voleva dire che avrebbero visto dov'era nascosta. Honey annuì, capendo le sue intenzioni, mentre Raptor continuava a ignorarli e a parlare tra sé e sé.

"Vediamo un po', che cosa fa questo specchio? Come funziona? Padrone, aiutami!"

E con tremendo orrore, Honey sentì una voce rispondere, una voce che sembrava provenire dallo stesso Raptor.

"Usa il ragazzo... Usa il ragazzo..."

Raptor si voltò verso Harry e Honey. "Sì... Potter... vieni qui."

Lui non si mosse mentre Honey stringeva una mano attorno al suo braccio per impedirgli di fare un passo.

"Vieni qui. O farò del male alla tua amica." ripeté Raptor. "Guarda nello specchio e dimmi che cosa vedi."

Harry si liberò delicatamente dalla presa di Honey e si avviò lentamente verso Raptor. Si voltò a osservare Honey, che scuoteva la testa in silenzio cercando di fargli capire di non dire una parola, poi chiuse gli occhi, andò a mettersi davanti allo specchio e li aprì di nuovo.

Honey non seppe cosa vide ma, all'improvvisò, sentì un peso scivolarle nella tasca dei pantaloni. Si irrigidì nell'esatto istante in cui Harry fece un profondo respiro e comprese subito che, chissà come, la Pietra era finita nella sua tasca. Rimase immobile, in attesa della mossa di Harry, che sentiva ancora più preoccupato di quanto fosse prima.

"Ebbene?" disse Raptor impaziente. "Che cosa vedi?"

"Vedo Silente che mi stringe la mano." disse Harry, inventando tutto di sana pianta. "Io... ho appena fatto vincere a Grifondoro la coppa del campionato."

Raptor imprecò di nuovo.

"Togliti di mezzo!" disse. Spostandosi di lato, Harry lanciò un'occhiata a Honey che annuì lentamente per confermare ciò che lui, sicuramente, già sospettava.

Entrambi guardarono di sottecchi la porta, chiedendosi se sarebbero riusciti a scappare, ma aveva avuto solo il tempo di raggiungere Honey, quando una voce stridula parlò, nonostante Raptor non avesse aperto bocca.

"Sta mentendo... sta mentendo..."

"Potter, torna subito qui!" gridò Raptor. "Dimmi la verità! Che cosa hai visto?"

La voce stridula parlò di nuovo. "Fammi parlare con lui... faccia a faccia..."

"Padrone, ma voi non ne avete la forza!"

"Certo che sono abbastanza forte... per questo."

Honey non riusciva a muovere un muscolo, esattamente come Harry ancora al suo fianco. Pietrificati, guardarono Raptor che gli si avvicinava e incominciava a svolgersi il turbante. La stoffa di cui era composto cadde a terra. Senza quel copricapo, la testa di Raptor sembrava stranamente piccola. Poi lentamente, Raptor fece dietro-front.

Honey avrebbe voluto essere cieca ma sfortunatamente ci vedeva benissimo. Nel punto dove normalmente avrebbe dovuto trovarsi la nuca del professore, c'era un volto, il volto più orrendo che la ragazza avesse mai visto. Era bianco come il gesso, con occhi rossi che mandavano bagliori, e per narici due fessure, come un serpente.

"Alla faccia della doppia personalità." mormorò pallida in volto.

"Harry Potter..." sibilò quella cosa fissando Harry e lanciandole, allo stesso tempo, un'occhiataccia.

Harry cercò di arretrare di un passo, ma le gambe non gli rispondevano. Finì addosso a Honey che, tuttavia, quasi non ci fece caso. Era troppo orripilata da ciò che aveva davanti.

"Lo vedi che cosa sono diventato?" disse il volto. "Pura ombra e vapore... io prendo forma soltanto quando posso abitare il corpo di qualcuno... Ma ci sono sempre state persone disposte ad aprirmi il cuore e la mente... Il sangue di unicorno mi ha rinvigorito, nelle scorse settimane... Hai visto quando il fedele Raptor l'ha bevuto per me, nella foresta... Una volta che sarò entrato in possesso dell'Elisir di Lunga Vita, potrò crearmi un corpo tutto mio... E ora, veniamo a noi... Perché non mi dai quella pietra che hai in tasca?"

Harry e Honey si scambiarono uno sguardo. Allora non sapeva chi dei due ce l'avesse. Arretrarono all'unisono.

"Non fare l'idiota." ringhiò il volto verso Harry. "Meglio che ti salvi la vita e ti unisci a me... altrimenti farai la stessa fine della tua famiglia! Loro sono morti implorando la mia clemenza..."

"BUGIARDO!" gridò Harry d'un tratto afferrando il braccio di Honey e spostandosi ancora più indietro.

Raptor camminava volgendo loro le spalle, cosicché Voldemort poteva continuare a vedere i ragazzi. Ora quel volto maligno sorrideva.

"Ma che cosa commovente..." sibilò. "Io apprezzo sempre molto il coraggio... Sì, ragazzo, i tuoi genitori erano coraggiosi... Per primo ho ucciso tuo padre: lui aveva ingaggiato un'intrepida lotta... Tua madre, invece, non era necessario che morisse... stava solo cercando di proteggervi... E ora dammi quella pietra, se non vuoi che sia morta invano."

"MAI!"

Harry balzò verso la porta lambita dalle fiamme, tirandosi dietro Honey, ma Voldemort gridò: "PRENDILI!", e un istante dopo Honey sentì la mano di Raptor stringersi intorno al suo polso, buttandola a terra. Harry per poco non le finì addosso, ma riuscì a rimanere in piedi mentre Raptor cercava di immobilizzarli entrambi. Honey aveva un forte dolore alla testa, probabilmente a causa del colpo che aveva preso, e sentì Harry gridare e lottare contro Raptor.

"Scappa!" le urlò. "Porta via la Pietra!"

Raptor lasciò la presa sui ragazzi e Harry cercò di aiutare Honey a risollevarsi, mentre entrambi lo osservavano piegato in due per il dolore e intento a guardarsi le dita, che si stavano riempiendo di vesciche a vista d'occhio. Honey era riuscita, finalmente, a rimettersi in piedi nonostante lo stordimento e recuperare la bacchetta quando sentirono di nuovo la voce di Voldemort.

"Prendili! PRENDILI!" continuava a gridare con voce stridula.

Raptor estrasse la bacchetta e la puntò contro Honey.

"CRUCIO!"

Lei si piegò in due colta da un immenso e bruciante dolore, strillando come non aveva mai fatto in vita sua. Le sembrava di essere infilzata da migliaia di lame incandescenti e, allo stesso tempo, sentiva come se qualcuno le stesse bruciando i nervi con delle fiamme. La sua mano era stretta talmente forte attorno alla bacchetta che credette di spezzarla. Gli occhi le si erano riempiti di lacrime e sentiva in bocca il sapore del sangue: doveva essersi morsa la lingua. Voleva solo che smettesse.

Harry si scagliò contro Raptor, nel tentativo di distogliere la sua attenzione da Honey. Funzionò, ma Harry si ritrovò lungo disteso per terra accanto a Honey con le mani di Raptor attorno al suo collo. Honey non riusciva più nemmeno a muoversi, a causa della Maledizione, ma ciò non le impedì di vedere Raptor torcersi in preda agli spasimi attraverso le lacrime che non aveva versato.

"Padrone, non riesco a trattenerlo... le mie mani... le mie mani!"

E Raptor, pur continuando a tenere inchiodato il ragazzo a terra con le ginocchia, mollò la presa sul suo collo per contemplarsi inorridito i palmi delle mani. Anche Honey li vide, seppur sfocati: erano bruciacchiati, con la carne al vivo, rossa e lucente. Persino l'aria sapeva di carne bruciata e sangue.

"E allora ammazzalo, idiota, poi uccidi anche lei e facciamola finita!" gridò Voldemort con la sua voce stridula.

Raptor alzò la mano per eseguire un sortilegio mortale, ma Harry, istintivamente, gli afferrò la faccia...

"Aaaaaaahhhhhh!"

Raptor gli rotolò via di dosso, e questa volta anche il volto gli si era coperto di vesciche. A quel punto Honey capì: Raptor non poteva toccare Harry senza provare un atroce dolore. La loro unica speranza, quindi, era che lui non lo mollasse: quel contatto doloroso gli avrebbe impedito di fare incantesimi.

Dovette comprenderlo anche Harry, perchè balzò in piedi, afferrò Raptor per un braccio e lo tenne più stretto che poteva. Raptor gridava e cercava di scrollarselo di dosso. Honey udiva soltanto le terribili strida di dolore di Raptor e Voldemort che gridava: "UCCIDILI! UCCIDILI!".

Sentì Harry cadere accanto a sè. Aveva ancora la bacchetta in mano, ma non riusciva a muovere un muscolo e la vista divenne sempre più sfocata col passare dei secondi, fino a quando il buio prese il sopravvento sul dolore e gli odori. Con il suo ultimo pensiero sperò che Harry stesse bene.

 

****

 

Quando riprese coscienza di sè sentì delle voci, anche se non capì chi fossero nè di cosa stessero parlando, e si accorse subito di essere distesa su una superficie morbida. Comprese di essere ancora viva. Sospirò e un gemito le sfuggì dalle labbra. Sentiva dolore in ogni singola parte del corpo. Qualcosa si mosse, vicino a lei, e con una certa fatica riuscì a sollevare le palpebre e a mettere a fuoco ciò che aveva attorno a lei.

Si rese conto di essere nell'infermeria del castello, il letto su cui era distesa era ricoperto da candide lenzuola di lino e con la coda dell'occhio vide, sul comodino accanto sè, una montagna di dolciumi di ogni tipo. Si chiese cosa ci facesse lì tutto quel cibo.

Un movimento al limite del suo campo visivo, dall'altra parte del letto rispetto ai dolci, attirò la sua attenzione e lei volse lentamente la testa in quella direzione cercando di ignorare le fitte che la colpivano ogni volta che provava a spostare una parte del corpo. Solo in quel momento si accorse della presenza di Albus Silente in piedi accanto a lei che la osservava con un sorriso.

"Harry..." provò a parlare, seppur con fatica. "Harry... sta bene?" chiese immediatamente puntando il suo sguardo serio in quello sollevato del preside.

"Honey!" una voce dietro Silente attirò immediatamente il suo sguardo.

Harry era semi disteso nel letto accanto al suo, quasi interamente coperto dalla figura di Silente, e la osservava preoccupato. "Honey, come stai?"

Lei aprì la bocca ma non ne uscì nessun suono. La tremenda sensazione provata a causa della Maledizione Cruciatus si fece spazio nella sua mente, paralizzandola. Probabilmente non l'avrebbe mai dimenticata.

"Buon pomeriggio, Honey." disse Silente con tono tranquillo, porgendole un bicchiere con una cannuccia. "Penso sia il caso che tu beva un po' d'acqua prima di riprovare a parlare."

Lei bevve lentamente qualche sorso, sentendo la sua gola in fiamme placarsi un po'.

"Grazie." sussurrò debolmente mentre il preside riappoggiava il bicchiere sul comodino di Harry, pieno di dolci come il suo.

"Da..." si schiarì la voce. "Da quanto siamo qui?"

"Come ho appena detto a Harry, tre giorni." rispose il preside. "Mr Ronald Weasley e Miss Granger saranno molto sollevati di sapere che avete ripreso entrambi i sensi. Erano preoccupatissimi."

"E perchè sembra che qualcuno abbia svaligiato un intero negozio di dolci?" sussurrò ancora Honey, facendolo sorridere.

"Quelli sono pegni di affetto dei vostri amici e ammiratori." disse Silente illuminandosi in volto. "Quello che è accaduto giù nei sotterranei tra voi e il professor Raptor è segretissimo, quindi naturalmente tutta la scuola ne è al corrente. Credo che i vostri amici Fred e George Weasley abbiano cercato di mandarvi la tavoletta di una tazza del gabinetto: devono aver creduto che vi sareste divertiti. Ma Madama Chips non l'ha giudicata una cosa molto igienica, e quindi l'ha confiscata."

Honey fece una smorfia. "Tipico dei gemelli."

"Ma signore, la Pietra..."

"Vedo che non è facile distrarti, Harry, ora che hai visto che la tua amica sta bene. Molto bene, parliamo della Pietra. Il professor Raptor non è riuscito a portarvela via. Io sono arrivato in tempo per impedirlo, anche se devo ammettere che ve la stavate cavando molto bene da soli."

"Merito di Harry." mormorò Honey con un filo di voce. "Io ero fuori combattimento."

"Ma lei ci è arrivato sul luogo dell'appuntamento? Ha ricevuto la civetta da Hermione?"

"Ci dobbiamo essere incrociati a mezz'aria. Non avevo neanche messo piede a Londra, che ho capito subito che il luogo dove dovevo andare era quello che avevo appena lasciato. Sono arrivato giusto in tempo per togliervi di mano a Raptor..."

"Ah, è stato lei!" esclamò Harry.

"Ho temuto di essere arrivato troppo tardi."

"C'è mancato poco. Non ce l'avrei fatta a lungo a tenerlo lontano dalla Pietra..." ammise Harry.

"Non dalla Pietra, ragazzo, da voi! Lo sforzo che avete fatto per poco non vi è costato la vita. Soprattutto quando mi sono reso conto che Raptor aveva usato la Maledizione Cruciatus su Honey. Per un orribile momento, ho temuto che fosse così. Quanto alla Pietra, è andata distrutta."

"Distrutta?" ripeté Harry come inebetito. "Ma il suo amico, Nicolas Flamel..."

"Ah, sapete di Nicolas?" disse Silente con un tono di voce che sembrava deliziato. "Avete fatto proprio le cose per bene, eh? Beh, Nicolas e io abbiamo fatto due chiacchiere, e abbiamo deciso che era la cosa migliore."

"Ma questo significa che lui e sua moglie moriranno, non è così?"

"Dispongono di una quantità sufficiente di Elisir per sistemare i loro affari, dopodiché... ebbene sì, moriranno."

Silente sorrise vedendo lo sguardo allibito che si era dipinto sul volto di Harry. Honey comprendeva perchè Silente fosse così tranquillo a riguardo, ma capiva anche Harry e la sua sorpresa. Tuttavia si sentiva troppo debole per fornirgli una spiegazione e lasciò che se ne occupasse Silente.

"Per uno giovane come te, sono sicuro che tutto questo sembrerà incredibile, ma per Nicolas e Peronella è proprio come andare a dormire dopo una giornata molto, molto lunga. In fin dei conti, per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura. Sapete.." aggiunse guardando anche Honey. "... la Pietra non era poi una cosa tanto prodigiosa. Sì, certo: tutti i soldi e tutta la vita che uno può volere... Sono le due cose che la maggior parte degli esseri umani desidera più di ogni altra... Ma il guaio è che gli uomini hanno una particolare abilità nello scegliere proprio le cose peggiori per loro."

Harry, steso a letto, sembrava aver perso la parola. Passava lo sguardo dal preside a Honey, ancora visibilmente preoccupato per la salute della sua amica. Silente canticchiò un motivetto e sorrise guardando il soffitto.

"Signore?" disse Harry. "Stavo pensando... Ehm, anche se la Pietra non c'è più, Vol... voglio dire, Lei-Sa-Chi..."

"Chiamalo pure Voldemort, Harry. Bisogna sempre chiamare le cose con il loro nome. La paura del nome non fa che aumentare la paura della cosa stessa."

"D'accordo, signore. Dicevo, Voldemort cercherà qualche altro modo per tornare, non è vero? Voglio dire, non se n'è mica andato per sempre, no?"

"No, Harry, non se n'è andato per sempre. È ancora là fuori, da qualche parte, forse in cerca di un altro corpo da abitare... Visto che non è veramente vivo, è impossibile ucciderlo. Ha lasciato morire Raptor: ha tanta poca compassione per i seguaci quanto per i nemici. Comunque, se voi avete ritardato il suo ritorno al potere, la prossima volta ci vorrà semplicemente qualcun altro che sia in grado di sostenere quella che sembra una battaglia persa... Ma se il suo desiderio di potere continuerà a venire ostacolato, forse non lo riconquisterà mai più."

Harry annuì, ma smise subito, perché quel movimento gli faceva dolere la testa. Honey non ci provò neanche, a muoverla.

Poi Harry disse: "Signore, ci sono alcune altre cose che mi piacerebbe sapere, se lei può rispondermi... cose sulle quali vorrei sapere la verità."

"La verità..." sospirò Silente. "È una cosa meravigliosa e terribile, e per questo va trattata con grande cautela. In ogni caso, risponderò alle tue domande, a meno che non abbia ottime ragioni per non farlo, nel qual caso ti prego di perdonarmi. Ma non mentirò."

"Bene... Voldemort ha detto di avere ucciso mia madre soltanto perché lei cercava di impedirgli di uccidere me. Ma lui perché voleva farmi fuori?"

Questa volta, Silente fece un sospiro ancora più profondo. Lanciò un'occhiata a Honey prima di riconcentrare lo sguardo su Harry. "Purtroppo, alla prima domanda non posso rispondere. Non oggi. Non ora. Un giorno lo saprai... ma per adesso, Harry, non ci pensare. Quando sarai più grande... Lo so che non sopporti di sentirtelo dire, ma... quando sarai pronto, lo saprai."

Harry era ben consapevole che sarebbe stato inutile discutere. "Ma allora, perché Raptor non poteva toccarmi?"

"Vedi, tua madre è morta per salvarti. Ora, se c'è una cosa che Voldemort non riesce a concepire, è l'amore. Non poteva capire che un amore potente come quello di tua madre, lascia il segno: non una cicatrice, non un segno visibile... Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c'è più. È una cosa che ti resta dentro, nella pelle. Raptor, che avendo ceduto l'anima a Voldemort era pieno di odio, di brama e di ambizione, non poteva toccarti per questa ragione. Per lui era un tormento toccare una persona segnata da un marchio di tanta bontà."

A quel punto l'attenzione di Silente fu attratta da un uccellino che si era posato sul davanzale della finestra, il che lasciò a Honey il tempo di scacciare mentalmente il senso di malinconia che l'aveva invasa sentendolo parlare.

Dopo qualche secondo Harry disse: "E il mantello che rende invisibili... lei sa chi me l'ha mandato?"

"Ah... si dà il caso che tuo padre lo abbia lasciato a me, e io ho pensato che avrebbe potuto farti piacere averlo." gli occhi di Silente ammiccarono. "Sono cose utili... Quando era qui, tuo padre lo usava soprattutto per sgattaiolare in cucina e far fuori qualche buon bocconcino."

"E... ci sarebbe ancora un'altra cosa..."

"Avanti, spara!"

"Raptor ha detto che Piton..."

"Il professor Piton, Harry."

"Sì, lui... Raptor ha detto che lui mi odia perché odiava mio padre. È vero?"

"Beh, sì, direi proprio che si detestavano. Più o meno come te e Malfoy. Ma poi, tuo padre ha fatto una cosa che Piton non gli ha mai perdonato."

"E cioè?"

"Gli ha salvato la vita."

"Che cosa?"

"Già..." fece Silente in tono sognante. "Strano come funziona la mente delle persone, non trovi? Il professor Piton non sopportava di dovere qualcosa a tuo padre... Io credo che quest'anno si sia tanto impegnato a proteggerti solo perché in quel modo credeva di mettersi in pari con tuo padre. Dopodiché, avrebbe potuto tranquillamente tornare a odiarne la memoria... Credo che Honey ti abbia messo in guardia più volte su questo punto, durante l'anno." continuò facendolo arrossire a disagio e spostando l'attenzione di entrambi sulla ragazza.

"Credo di non aver mai detto tante volte la frase 'te l'avevo detto' come ho fatto nei sotterranei, quando abbiamo visto Raptor e lui ha cominciato a spiegare dettagliatamente tutto quello che aveva fatto." commentò lei con la voce ancora debole e un luccichio compiaciuto nello sguardo.

"Tu, mia cara, hai una straordinaria capacità di leggere le emozioni delle persone." disse Silente. "Il tuo è davvero un talento particolare."

"Ehm... un'altra domanda, signore!" disse Harry.

"Un'altra sola?"

"Come ho fatto a tirare fuori la Pietra dallo Specchio? E perchè è apparsa nella tasca di Honey?"

"Ah, sono proprio contento che tu me lo chieda. È stata una delle mie idee più brillanti... e, detto fra noi, è tutto dire! Vedi, soltanto chi avesse voluto trovare la Pietra... bada bene: trovarla, non usarla... sarebbe stato capace di prenderla. Altrimenti lo Specchio gli avrebbe rimandato l'immagine di uno che fabbrica oro o che beve Elisir di Lunga Vita. Devo dire che certe volte il mio cervello mi sorprende... Per quanto riguarda la seconda domanda, devo dire che la cosa mi ha sorpreso, all'inizio. Ma poi ho capito: tu, Harry, volevi la pietra il più lontano possibile da Raptor e lo Specchio ha sentito il forte legame che vi lega. Penso che tu, inconsciamente, abbia voluto che la pietra fosse nella tasca di Honey perchè hai completa fiducia in lei, così come lei ha completa fiducia in te. Il vostro è un legame davvero molto raro, dovete farne tesoro."

Dopo aver riflettuto su quelle parole a Honey venne in mente un particolare.

"Professore..."

"Dimmi."

"Ha detto che il mantello dell'invisibilità lo ha mandato lei a Harry... questo vuol dire che è stato lei a mandarmi gli orecchini?" chiese in un sussurro.

Lo sguardo di Silente divenne serio. "Sì."

"Quindi conosceva i miei genitori biologici."

Non era una domanda ma Silente rispose lo stesso. "Sì, li conoscevo. Ed erano due delle persone più coraggiose che io abbia mai incontrato. Ma non posso dirti di più, per il momento. Un giorno, quando anche tu sarai più grande, ti parlerò di loro e di come sono morti. Sappi solo che ti amavano immensamente."

Lei annuì. "Vorrei chiederle una cosa, se posso..."

"Avanti, chiedi pure."

Honey sospirò lentamente, trattenendo un gemito a causa delle fitte di dolore. "Vorrei guardare nello Specchio."

"Ti senti pronta?" domandò lui, di rimando.

Lei annuì.

"Molto bene. Prima del banchetto, domani, potrai farlo. Verrò a prenderti io."

"La ringrazio."

"Beh, adesso basta con le domande. Propongo che voi cominciate ad assaggiare qualcuno di questi dolci. Ah! Gelatine Tuttigusti+1! Da giovane ho avuto la sfortuna di trovarne una al gusto di vomito, e da allora devo dire che per me hanno perso ogni attrattiva... Ma se prendo una bella caramella mou, non dovrei correre rischi... Voi che dite?" sorrise e si cacciò in bocca un cubetto dal bel colore ambrato. Appena l'ebbe masticata, esclamò: "Povero me! Cerume!"

 

****

 

Madama Chips, la capo-infermiera, era una donna simpatica ma inflessibile.

"Solo cinque minuti." implorò Harry.

"Nemmeno per sogno!"

"Ma ha lasciato entrare il professor Silente..."

"Beh, che c'entra: lui è il direttore, è una cosa completamente diversa. Avete bisogno di riposo. Alla tua amica serviranno ancora diversi giorni prima che il dolore svanisca del tutto."

"Ma mi sto riposando. Guardi, sono qui steso a letto e Honey non si muoverà di un centimetro e... Oh, la prego, Madama Chips..."

"E va bene." acconsentì lei. "Ma soltanto cinque minuti."

E lasciò entrare Ron e Hermione.

"Honey! Harry!" Hermione sembrava sul punto di gettargli le braccia al collo, ma Honey fu terribilmente felice che si trattenesse, perchè anche solo il pensiero di muovere un dito le provocava dolorose fitte in tutto il corpo. "Oh, ragazzi, eravamo sicuri che ce l'avreste... Silente era talmente preoccupato... soprattutto dopo aver visto le tue condizioni, Honey..."

"Tutta la scuola non parla d'altro." disse Ron. "Ma che cosa è successo veramente?"

Era uno dei rari casi in cui la storia vera è ancor più strana e appassionante delle voci incontrollate. Honey lasciò che fosse Harry a raccontare loro tutto, troppo debole per spiegare; gli parlò di Raptor, dello Specchio, della Pietra e di Voldemort. Ron e Hermione erano un pubblico ideale; trattenevano il fiato al momento giusto, e quando Harry disse quel che c'era sotto il turbante di Raptor, la ragazza cacciò un urlo.

"Allora, la Pietra non c'è più?" commentò Ron alla fine. "Quindi Flamel dovrà morire..."

"È quello che ho detto anch'io, ma Silente dice che... com'era?..."

"'Per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura.' Così ha detto." mormorò Honey.

"Io l'ho sempre detto che è un po' svitato." disse Ron, che pareva molto colpito dal livello di follia del suo eroe. "Sei sicura di stare bene?" aggiunse, poi, osservando Honey. "Sei davvero pallida."

Lei annuì.

"E di voi due, che cosa ne è stato?" chiese Harry.

"Beh, io ho fatto rinvenire Ron, e c'è voluto un bel po' di tempo..." disse Hermione. "Quando siamo corsi su alla voliera per mandare il messaggio a Silente, lo abbiamo incontrato nel salone d'ingresso. Sapeva già tutto, e ha detto soltanto: 'Harry e Honey gli sono andati dietro, vero?' Poi si è precipitato su al terzo piano."

"Voi pensate che lui abbia voluto farvi fare tutto questo intenzionalmente?" disse Ron. "Intendo dire, quando ti ha fatto avere il mantello di tuo padre, eccetera..."

"Beh..." esplose Hermione. "... se è così... voglio dire, è terribile... potevate anche rimanerci."

"No, non è così." disse Harry pensieroso. "È un tipo strano, Silente. Penso che abbia voluto darci una possibilità. Sapete, credo che sappia più o meno tutto quel che accade qui. Perciò doveva essergli abbastanza chiaro che noi ci avremmo provato, e invece di fermarci, ci ha insegnato tanto da darci una mano. Non credo sia un caso, il fatto che ci abbia lasciato scoprire come funzionava lo Specchio: probabilmente, ha pensato che era mio diritto affrontare Voldemort, se ce la facevo..."

"Sì, Silente lo va strombazzando ai quattro venti." disse Ron tutto orgoglioso. "Sentite, dovete rimettervi in piedi per la festa di fine anno di domani. Il conteggio dei punti è stato ultimato, e naturalmente i Serpeverde hanno vinto: voi mancavate all'ultima partita di Quidditch e, senza di voi, Corvonero ci ha stracciati... Ma almeno il rinfresco sarà ottimo."

In quel momento, entrò di corsa Madama Chips.

"Siete rimasti quasi quindici minuti, e ora... FUORI!" disse in tono che non ammetteva repliche.

 

****

 

Dopo una buona nottata di sonno, Harry si sentì quasi tornato alla normalità. Honey, invece, aveva ancora forti dolori dappertutto.

"Voglio andare alla festa." disse Harry a Madama Chips mentre questa era occupata a rimettere in ordine le molte scatole di dolci sul tavolino. "Possiamo, no?"

"Il professor Silente dice che bisogna darvelo, questo permesso." disse in tono un po' sdegnoso, come se a parer suo il professor Silente ignorasse quanto potessero essere rischiose le feste. "Ma Honey dovrebbe rimanere, è ancora troppo debole e pallida. Comunque, qui ci sono altre visite per voi."

"Che bellezza!" disse Harry per tutti e due. "Chi è?"

Mentre parlava, Hagrid era sgattaiolato dentro la stanza. Come sempre, quando si trovava in un luogo chiuso, sembrava troppo grosso per starci tutto. Si sedette nello spazio vuoto tra i due letti, lanciò un'occhiata ai ragazzi e poi scoppiò in lacrime.

"È stata... tutta... colpa... mia... maledetto me!" singhiozzò con la faccia tra le mani. "Sono stato io a dire a quel malvagio come sfuggire alla sorveglianza di Fuffi! Proprio io gliel'ho detto! Era l'unica cosa che non sapeva, e io gliel'ho detta! Voi potevate morire! E tutto per un uovo di drago! Giuro che non berrò più neanche un goccio! Mi meritavo d'essere buttato fuori e mandato a vivere fra i Babbani!"

I ragazzi si scambiarono uno sguardo, sconvolti.

"Hagrid!" disse Harry scosso, vedendo Hagrid tremare di pena e di rimorso, con i lucciconi che gli rotolavano giù per la barba. "Dai, Hagrid, l'avrebbe scoperto lo stesso. Parliamo di Voldemort: l'avrebbe scoperto anche senza che glielo dicessi tu!"

"Avete rischiato di morire!" singhiozzò Hagrid. "E poi, non dire quel nome!"

A quel punto Harry e Honey gridarono con quanto fiato avevano, quello di lei molto meno di quello di lui: "Voldemort!"

Hagrid rimase talmente sconvolto che smise di piangere. "Io l'ho conosciuto, e lo chiamo per nome." continuò Harry. "Dai, Hagrid, consolati: abbiamo salvato la Pietra, ora non c'è più e lui non può usarla. Su, prendi una Cioccorana, ne ho a vagoni..."

Hagrid si asciugò il naso con il dorso della mano e disse: "Questo mi fa tornare in mente che ho un regalo per te."

"Non sarà mica un panino alla donnola, eh?" disse Harry con un filo d'ansia, e finalmente Hagrid accennò una risatina incerta.

"No. Ieri Silente mi ha dato una giornata di libertà per fabbricarlo... anche se naturalmente faceva bene a buttarmi fuori... A ogni modo, questo è per te..."

Sembrava un bel libro rilegato in cuoio. Harry lo aprì, curioso. Era pieno di foto magiche: da ogni pagina, suo padre e sua madre gli sorridevano salutandolo con la mano. Honey sentì una vagonata di emozioni terribilmente dolci inondarla come un fiume in piena. Per poco non le vennero le lacrime agli occhi.

"Ho mandato gufi e civette a tutti i vecchi compagni di scuola dei tuoi genitori, chiedendogli delle foto... Sapevo che tu non ne avevi... Ti piace?"

Harry non riusciva a parlare, ma Hagrid capì ugualmente.

 

****

 

Dopo qualche ora Silente venne a prendere Honey come le aveva detto il giorno prima. Madama Chips non era per niente d'accordo, ma si limitò a dirle di fare attenzione e di non sforzarsi perchè era ancora debole.

Con l'aiuto del preside, Honey lasciò l'infermeria dopo aver detto a Harry che sarebbe tornata in modo da andare in Sala Grande insieme per il banchetto.

Silente la condusse attraverso le scale e i corridoi del castello e lei fu segretamente felice che fossero deserti e che tutti gli studenti fossero fuori a godersi la bella giornata. Quando arrivarono di fronte all'aula in cui, in precedenza, Harry aveva trovato lo Specchio, Honey sorrise.

"Dove tutto è cominciato." mormorò mentre Silente apriva la porta e la accompagnava dentro, prima di lasciarla davanti allo Specchio.

Dopo qualche secondo Honey vide delle persone prendere forma accanto al suo riflesso. Erano quasi tutte più alte di lei, e i volti non erano riconoscibili, ma seppe esattamente chi fossero nel momento in cui li vide. Sorrise mentre una lacrima le scivolò lungo la guancia.

"Li vedi?" chiese Silente dopo un po'.

"Sì. E no." rispose lei. "I volti non sono chiari, ma riesco comunque a vedere le loro figure e i loro colori." spostò lo sguardo dalla lunga chioma di quella che sapeva essere sua madre e lo spostò su quella del padre, molto più corta e scura.

Pur non vedendoli riusciva a percepire i loro sorrisi. Accanto al padre erano presenti le figure di altri due uomini, entrambi con i capelli scuri come quelli dell'uomo accanto a sua madre. Dietro di loro molte altre persone erano visibili. Il resto della sua famiglia.

Davanti a tutti, accanto a lei, qualcosa attirò la sua attenzione. Fu talmente inaspettato che il suo cuore cominciò a battere a un ritmo forsennato e lei sgranò gli occhi. Poi, dopo parecchi minuti, distolse lo sguardo e lo pose su Silente.

"Credo che lo Specchio sapesse che non fossi ancora del tutto pronta." gli disse. "Per questo non mi ha mostrato i loro volti. Va bene così. Grazie per avermi permesso di guardarlo."

Silente sorrise. "Vieni. Ti riaccompagno da Harry."

Quando raggiunsero l'infermeria Honey si fermò prima di entrare e si voltò verso Silente.

"Professore... so che quel giorno lei ha mentito riguardo a quello che vede nello Specchio, così come so che non sono affari miei." gli disse. "Non ho idea di chi sia morto, nè perchè lei si senta tanto colpevole." ammise, sorprendendolo. "Ma spero che lei un giorno possa accettare il suo passato e liberarsi di quel peso."

"Sei una ragazza davvero intelligente. Il tuo è proprio un dono." disse Silente senza cambiare l'espressione con cui l'aveva guardata per tutto il tempo. Tuttavia Honey intravide i suoi occhi leggermente più lucidi. "Ma credo che questo peso non svanirà mai."

Honey sospirò. "Penso che lei e il professor Piton vi assomigliate molto più di quanto vedano le persone, probabilmente più di quanto voi stessi vi siate resi conto. Anche lui prova emozioni molto simili alle sue."

Dopo che Silente si fu congedato, Harry volle sapere cos'avesse visto e Honey gli raccontò tutto. O quasi...

Quando fu il momento di andare in Sala Grande, i ragazzi si avviarono da soli alla festa di fine anno. Erano stati trattenuti dalle assidue cure di Madama Chips, che aveva insistito per dargli un'ultima controllata e aveva ripetuto a Honey le sue raccomandazioni, quindi la Sala Grande era già piena. Era bardata a festa con i colori di Serpeverde, verde e argento, per festeggiare il fatto che aveva vinto la coppa per il settimo anno di fila. Un immenso stendardo con il serpente di Serpeverde copriva la parete dietro alla Tavola delle Autorità.

Quando Honey e Harry entrarono, lei ancora molto pallida e appoggiata a lui che la aiutava a camminare, ci fu un improvviso silenzio: poi tutti cominciarono a parlare ad alta voce. Loro si infilarono velocemente in due posti rimasti liberi tra Ron e Hermione al tavolo di Grifondoro, facendo finta di non vedere che tutti gli altri erano in piedi e li guardavano.

Per loro fortuna, di lì a pochi istanti Silente arrivò e il brusio si spense.

"Un altro anno è passato!" iniziò Silente con tono allegro. "E io devo tediarvi con una chiacchierata da vecchio bacucco, prima che possiamo affondare i denti nelle nostre deliziose leccornie. Che anno è stato questo! Si spera che adesso abbiate la testa un po' meno vuota di quando siete arrivati... E ora, avete tutta l'estate davanti a voi per tornare a vuotarvela, prima che cominci il nuovo anno... Ora, se ho ben capito..." proseguì. "... deve essere assegnata la coppa del dormitorio, e la classifica è questa: al quarto posto Grifondoro, con duecentocinquantadue punti; terzo Tassorosso con trecentocinquantadue punti; secondo Corvonero, con quattrocentoventisei punti e primo Serpeverde, con quattrocentosettantadue."

Un boato di ovazioni e battimani esplose dal tavolo di Serpeverde. Honey vide Draco Malfoy che batteva il suo calice sul tavolo, e quella visione la nauseò. Non sopportava che quel Furetto Antipatico avesse vinto.

"Sì, sì, molto bene, Serpeverde." continuò Silente. "Ma ci sono alcuni recenti avvenimenti che vanno presi in considerazione."

La stanza piombò nel silenzio più assoluto. A quelli di Serpeverde si gelò il sorriso sulle labbra.

"Ehm..." disse Silente. "... ho alcune comunicazioni dell'ultimo minuto da fare, a proposito del punteggio. Vediamo un po'. Ecco... Primo, a Mr Ronald Weasley..." Ron si fece tutto rosso in faccia: sembrava un ravanello gravemente ustionato dal sole. "... per la migliore partita a scacchi che si sia vista a Hogwarts da molti anni a questa parte, attribuisco al Grifondoro cinquanta punti."

Gli applausi dei Grifondoro raggiunsero quasi il soffitto incantato; le stelle, da lassù, sembravano fremere. Si sentiva Percy dire agli altri prefetti: "È mio fratello, sapete? Il mio fratello più piccolo! Ha passato la prova alla scacchiera gigante della McGranitt!"

Finalmente si fece di nuovo silenzio.

"Secondo, a Miss Hermione Granger... per il lucido uso dell'intelletto mentre altri erano in grave pericolo, attribuisco al dormitorio di Grifondoro cinquanta punti."

Hermione si nascose il viso tra le braccia; Honey sentì la commozione provenire da lei colpirla come una sberla. Alla tavola di Grifondoro, i ragazzi non stavano più nella pelle... avevano guadagnato cento punti!

"Terzo, a Miss Honey Price... per avere usato freddamente la sua logica di fronte al fuoco e per aver sostenuto un amico nonostante la forte minaccia, attribuisco al Grifondoro sessanta punti."

Un boato scosse la sala mentre i ragazzi del tavolo di Grifondoro applaudivano senza fermarsi. Honey non potè credere a quello che aveva appena sentito. Così avevano quattrocentododici punti.

"Quarto, a Mr Harry Potter..." proseguì Silente. Nella sala non si udì più volare una mosca."...per il suo sangue freddo e l'eccezionale coraggio, attribuisco al Grifondoro altri sessanta punti!"

Il frastuono divenne assordante. Quelli che erano riusciti a fare il conto mentre gridavano a squarciagola, sapevano che il Grifondoro aveva raggiunto quattrocentosettantadue punti, esattamente come il Serpeverde. La coppa sarebbe stata loro... se soltanto Silente avesse dato a Harry un punto in più!

Silente alzò la mano. Pian piano nella sala si fece di nuovo silenzio.

"Esistono molti tipi di coraggio." disse Silente sorridendo. "Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici. E pertanto... attribuisco dieci punti a Mr Neville Paciock."

Chi si fosse trovato fuori della sala avrebbe potuto credere che ci fosse stata un'esplosione, tanto fu il baccano che scoppiò alla tavola del Grifondoro. Harry, Ron e Hermione si erano alzati in piedi gridando e battendo le mani, mentre Neville, bianco come un cencio per lo shock, scompariva sotto un capannello di compagni che cercavano di abbracciarlo. Prima di allora, non aveva mai vinto neanche un punto per Grifondoro! Honey, che si era limitata ad applaudire a causa del suo corpo ancora debole, tirò per un braccio Harry indicandogli Malfoy, il quale non avrebbe potuto apparire più stupefatto e inorridito se qualcuno gli avesse fatto l'Incantesimo della Pastoia Total-Body.

"Ciò significa..." riprese Silente sovrastando l'uragano di applausi dei Corvonero e dei Tassorosso, anche loro al settimo cielo per la sconfitta di Serpeverde. "... ciò significa che dovremo ritoccare un po' quelle decorazioni!"

Batté le mani, e istantaneamente le decorazioni verdi si fecero scarlatte e quelle d'argento divennero d'oro; l'enorme serpente di Serpeverde scomparve, lasciando il posto al leone rampante di Grifondoro. Piton stringeva la mano alla professoressa McGranitt con stampato in volto un orribile sorriso stiracchiato. Il suo sguardo incrociò quello di Harry prima di incatenarsi a quello di Honey, e la ragazza ci lesse così tante emozioni contrastanti dentro che fu costretta a distoglierlo per prima.

Quella fu la serata più felice della sua vita: meglio ancora che aver vinto a Quidditch, meglio del Natale, meglio che sconfiggere i troll di montagna... quella serata, non l'avrebbe dimenticata mai più.

A Honey era passato di mente che non erano ancora usciti i risultati degli esami; ma quelli puntualmente arrivarono. Con loro grande sorpresa, sia Harry che Ron erano stati promossi con ottimi voti; quanto a Hermione, com'era da prevedere, risultò l'alunna migliore dell'anno insieme a Honey. Persino Neville riuscì a passare per il rotto della cuffia: i buoni voti che aveva preso in Erbologia avevano compensato quelli disastrosi in Pozioni. Avevano sperato che Goyle, stupido quasi quanto cattivo, venisse buttato fuori; ma anche lui venne promosso. Era un gran peccato ma, come disse Ron, nella vita non si poteva avere tutto. In compenso il dolore dovuto alla Maledizione Cruciatus stava lentamente, e finalmente, svanendo.

Poi, un bel giorno, i loro guardaroba si svuotarono di colpo, i bauli si riempirono, il rospo di Neville fu trovato acquattato in un angolo dei bagni; a tutti gli studenti vennero distribuiti avvisi scritti di non usare la magia durante le vacanze ("Spero sempre che si dimentichino di darceli." aveva detto Fred Weasley tutto triste). Hagrid si presentò per accompagnarli giù al porticciolo sul lago, dove li attendeva una flottiglia di barche per traghettarli; tutti salirono a bordo del Hogwarts Express, ridendo e chiacchierando mentre la campagna filava via sempre più verde e ordinata. Honey riuscì a suonare il suo violino per la prima volta dopo lo scontro con Voldemort, spandendo la sua dolce melodia per tutto il treno e incantando gli altri ragazzi come al solito; poi si rimpinzarono di caramelle Tuttigusti+1 mentre guardavano sfrecciare le città dei Babbani fuori dal finestrino; si tolsero di dosso i mantelli da mago e rimisero giacche e cappotti; poi, finalmente, giunsero al binario nove e tre quarti della stazione di King's Cross.

Ci volle un po', prima che tutti si allontanassero dal binario. Al tornello c'era un anziano vigile tutto rugoso che li fece uscire a due o tre alla volta, in modo che non attirassero l'attenzione saltando fuori tutti insieme da un muro e non suscitassero allarme fra i Babbani.

"Dovete venire tutti e tre a trovarci, quest'estate." disse Ron. "Vi manderò un gufo."

"Grazie." disse Harry. "Sarà piacevole pregustare questo programma."

"Non vedo l'ora." concordò Honey.

La gente li urtava mentre procedevano verso i cancelli, pronti a rientrare nel mondo dei Babbani. Qualcuno gridò:

"Ciao, Harry!"

"Ci vediamo, Potter!"

"Sei ancora una celebrità." gli fece Ron con un sorrisetto.

"Ma non dove sono diretto, sta pur tranquillo." fece Harry di rimando.

"Purtroppo, io sì." commentò Honey con una smorfia mentre sentivano diversi ragazzi che salutavano anche lei come avevano fatto con Harry.

Lei, Harry, Ron e Hermione uscirono insieme dai cancelli.

"Eccolo, mamma, è lì, guarda!"

Era Ginny Weasley, la sorellina di Ron, ma non era il fratello che indicava.

"Harry Potter!" strillò. "Guarda, mamma, vedo..."

"Sta zitta, Ginny, è maleducazione segnare a dito la gente." Mrs Weasley li guardò dall'alto e sorrise. "Allora, è stato un anno duro?" chiese.

"Molto." rispose Harry. "Signora, volevo dirle grazie per le caramelle e il maglione."

"Ma figurati, caro."

"Anch'io. Il maglione è davvero fantastico." disse Honey.

"Mi fa davvero piacere. I gemelli mi hanno scritto non so quante volte, ricordandomi di fartelo, perchè pensavano che mi sarei dimenticata."

"Ehi!" si lamentarono Fred e George facendoli ridere.

"Siete pronti?"

Era Vernon, lo zio di Harry. Era paonazzo in volto, baffuto, e visibilmente arrabbiato per la faccia tosta di Harry, che nel bel mezzo di una stazione affollata di gente comune andava in giro con una civetta in gabbia. Dietro di lui c'erano quelli che dovevano essere sua zia Petunia e Dudley, il cugino a cui Hagrid aveva fatto crescere la coda da maiale.

"Honey?" sentirono chiamare da una coppia poco distante.

"Sono qui." si sbracciò lei mentre i suoi genitori le si avvicinavano. Stefan e Lucinda Price erano esattamente come se li ricordava. Sorridenti ed emotivamente caldi com'erano sempre stati.

"Voi dovete essere i parenti di Harry!" fece Mrs Weasley, riferendosi ai Dursley. "E voi i genitori di Honey." aggiunse verso gli ultimi arrivati.

"Esattamente." risposero i genitori di Honey, sorridendo cordiali.

"In un certo senso." rispose, nello stesso momento, Vernon. "Spicciati, ragazzo, non abbiamo mica tempo da perdere." e si avviò.

Harry rimase indietro per scambiare un ultimo saluto con Honey, Ron e Hermione.

"Allora ci vediamo quest'estate."

"Spero che tu... ehm... faccia buone vacanze." disse Hermione lanciando un'occhiata dubbiosa a zio Vernon, ancora incredula che qualcuno potesse essere tanto antipatico.

"Ma sicuro." rispose Harry, e i tre compagni rimasero meravigliati di vedergli spuntare in volto un largo sorriso. "Loro mica lo sanno, che non abbiamo il permesso di usare la magia a casa. Mi divertirò un mondo con Dudley, quest'estate..."

"Se la cosa diventa insopportabile, scappa da me." disse Honey con un sorrisetto sul volto. "Abitiamo a poche strade di distanza..."

 

 

****

Angolo Incantato:

Sono felice di essere riuscita a finire il capitolo e a pubblicarlo oggi, in onore dei genitori di Harry morti il 31 ottobre del 1981.

Spero che la storia vi sia piaciuta e mi auguro che, quando lo pubblicherò, leggerete anche il sequel come avete fatto qui.

A presto.

Josy

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3986173