Manhattan

di Soleil et lune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Manhattan ***
Capitolo 2: *** Saori Kido ***
Capitolo 4: *** Tra equazioni e donne ***



Capitolo 1
*** Manhattan ***


L'orologio appeso dall'altra parte della stanza segna le nove di sera, orario di punta. Fuori le macchine sono immobili, imbottigliate in un traffico senza fine, per giunta piove a dirotto e se sulla strada le macchine sono bloccate i marciapiedi sono diventati piste da corsa per povere anime in cerca di un qualche riparo. Per mia (s)fortuna non faccio parte di nessuna di queste categorie. Sono fortunato perché avrò la possibilità di non dover necessariamente correre sotto la pioggia scrosciante e anche se dovesse ancora piovere potrei prendere un taxi ed arrivare in circa quindici minuti a casa, ma sono anche sfortunato, perché il mio turno di lavoro è cominciato da due ore e fino all'una del mattino mi toccherà stare dietro alle richieste degli ubriaconi che in genere cominciano ad arrivare dopo le dieci, se sono fortunato dopo le undici. Il bar per ora è vuoto, quindi mi permetto di osservare il traffico appoggiato allo stipite della porta d'ingresso. "E' solo una strada secondaria" penso "non oso immaginare cosa possa esserci in centro". E' un lunedì sera, uno dei tanti, ormai l'unica cosa che scandisce le mie giornate sono i test e le scadenze dei compiti e ringrazio Dio di essere veloce a farli, altrimenti non potrei venire a lavorare in questo buco tre volte a settimana. Pur essendo all'ultimo anno di liceo vivo da solo, e in qualche modo devo pur mantenermi, quindi per tre volte a settimana indosso un grembiule nero e mi sforzo di non vomitare per l'alito dei clienti. Vedo che comincia ad arrivare qualcuno: è una signora ben vestita, porta un lungo cappotto nero, sotto cui si intravede l'orlo di una camicia bianca, jeans chiari e stivali marroni. Attraversa la strada a fatica, le do una mano e alla fine riesce ad arrivare sul marciapiede, poi la faccio entrare, ma prima chiude l'ombrello rosso con cui si è coperta dalla pioggia. "Ti ringrazio", dice gentilmente, è una donna molto giovane, con i capelli biondi raccolti in uno chignon alto e con un make up perfetto. Le sorrido più gentilmente che posso e vado dietro al bancone mentre lei si siede di fronte a me. "Uno spritz" dice semplicemente "analcolico", aggiunge poi. Mi metto subito all'opera, poi le chiedo, più per abitudine che per interesse: "Come mai è venuta qui signorina? In genere questo posto non è molto amato dalle donne, soprattutto giovani e sofisticate come lei", lei mi guarda e ridacchia, poi prende uno specchietto dalla borsa e si guarda mentre si aggiusta il rossetto, per poi rispondermi "In genere vado in un grazioso bar in centro, ma oggi è chiuso, quindi sono venuta qua". Annuisco mentre metto del ghiaccio nel bicchiere, poi taglio una fetta d'arancia e la metto nel recipiente in vetro prima di versare la bevanda analcolica e porgerlo alla signora. Lei lo prende e se lo mette vicino, ma non lo beve subito e prende dalla borsa un pacchetto di sigarette ed un accendino. "Posso?" mi chiede, ed io faccio segno di si, aggiungendo: "Non si preoccupi, l'odore del tabacco è l'odore migliore che sento qui", lei mi guarda e sorride, poi poggia elegantemente la sigaretta sulle labbra e la accende. Mi perdo a notare le sue mani: sui suoi polsi ci sono vari bracciali in argento e oro, sull'anulare sinistro invece una fede  e aveva le unghie colorate con uno smalto rosso ferrari. "Sposata?", le chiedo, mi sembra una donna loquace ed io non ho niente da fare, lei infatti mi risponde che si, è sposata da dieci anni e ha anche un figlio. Sgrano un poco gli occhi, avrei dato a quella donna massimo ventisette anni eppure se era sposata da dieci anni doveva essere molto più grande. La guardo sbattendo più volte le ciglia, sorpreso, e lei scoppia in una fragorosa risata. "Ho trentanove anni", mi dice manco mi avesse letto nel pensiero. "Complimenti", boccheggio io "li portate davvero bene". Lei ride ancora un po', in maniera più contenuta, e poi, dopo aver terminato di ridere fa un altro tiro. "Tu invece sarai sicuramente più giovane" dice squadrandomi dall'alto al basso, aspettandosi una risposta, che si limita ad un mio cenno del capo. "Ne ho diciotto", dico solo, e lei annuisce facendo un ultimo tiro, poi spegne la sigaretta nel posacenere e comincia a sorseggiare lo spritz. Mi allontano un po' da lei e comincio a maneggiare il vecchio portatile posto al lato del bancone, da cui metto sempre la musica. Per quanto sia vecchio e lento non è inutilizzabile, per questo lo possiamo usare ugualmente. Cerco su YouTube "Coffee Rain", una raccolta di musica dal vivo che è una sorta di radio siccome trasmette in live ventiquattro ore su ventiquattro, ogni giorno, senza fermarsi mai, e per noi baristi queste live sono un salvavita, non dobbiamo scegliere ogni volta la canzone nuova e possiamo concentrarci meglio sui clienti. "Non ti senti mai depresso lavorando qui?", mi chiede, facendomi girare un po' sorpreso, poi continua:"Sai con queste luci...questi odori...". In effetti aveva ragione: soprattutto di notte quel posto diventava il raduno degli ubriaconi di tutta Manhattan, quindi chi doveva sortirsi le loro confessioni da sbronza ero io in quanto barista, col tempo però ho imparato a non ascoltarli più di tanto, in fondo a loro bastava parlare...ed io non avevo bisogno di deprimermi ulteriormente pensando ai miei amici che si divertivano a qualche festa o che semplicemente dormivano al caldo dei loro letti. "Un po', si" rispondo "a volte è deprimente. Lei invece che lavoro fa?" "L'avvocato", mi risponde lei, un po' sovrappensiero, poi finisce lo spritz. Lo spritz costa sette dollari, ma lei mi paga con una banconota da dieci e si alza. "E' molto difficile trovare giovani baristi garbati come te, tieni pure il resto come mancia" dice, e si avvia alla porta. "Mi scusi", le chiedo appena poggia la mano sulla maniglia e riprende l'ombrello rosso, facendola fermare e guardare nella mia direzione con un leggero sorriso. "Lei...come si chiama?", dico timidamente, lei ridacchia un po' e poi mi risponde: "Natassia", poi aprendo la porta si gira ed esce dal bar, la vedo aprire l'ombrello rosso oltre la porta di vetro ed allontanarsi, poi di nuovo solo i fari delle macchine.

Dopo che Natassia se ne va la serata proseguì come le altre: per un po' viene gente che semplicemente vuole rilassarsi dopo una lunga giornata di lavoro, amici che si incontrano per bere qualcosa venti minuti prima di tornare a casa, coppie di fidanzati presi nel loro appuntamento e insomma, gente abbastanza normale. Tra le undici e mezzo e la mezzanotte vi è uno stacco e non viene nessuno, ed io so cosa significa. Le strade di Manhattan raramente sono  deserte, ma in genere a quell'ora, in quella strada dove era situato il bar, non è raro assistere a gruppi di persone che si guardano intorno con fare circospetto, e in questi casi è meglio farsi gli affari propri. 

Il bar, il cui nome è "Call me Margarita", è situato in una strada molto periferica, fa angolo ad una stradicciola molto stretta ed ogni uscita dalla strada su cui si affaccia il bar è o un vicolo o comunque una strada stretta come quella sopra citata. E' situato nella zona settentrionale di Central Park, quindi una delle zone più pericolose del distretto, e in genere dopo le undici è abbastanza difficile vedere gente qui, escludendo la gente poco raccomandabile, si intende. 

Dicevo, è da poco passata la mezzanotte e il bar è vuoto, sto scrollando la home di Instagram quando sento la campanella sulla porta tintinnare e delle risate dal timbro maschile farsi strada nel locale. "Merda...", penso tra me e me vedendo chi è entrato: è Seiya con i suoi amici, un gruppetto di sette o otto persone che insieme non formano un cervello.
"Guarda chi si vede", mi approccia Seiya guardando nella mia direzione. Alzo entrambe le sopracciglia, poi mormoro, giusto per cortesia: "Ciao ragazzi", e loro si siedono al bancone. "Da quando lavori qui?" mi chiede Seiya sporgendosi leggermente verso di me, e io gli rispondo che lavoro lì da un paio di mesi, poi lui strizza l'occhio e mi chiede: "Allora visto che lavori qui uno sconticino puoi farcelo, no?" e io gli rispondo "Mi dispiace, ma pagate come tutti", scatenando in qualche modo arcano l'ilarità generale. Asher, che è una sorta di zerbino di Seiya, dice:"Giacchè non ci fa lo sconto sarebbe stato meglio farsi servire da una bella donna", e continua a ridere, dal rossore delle gote sue e di qualche suo compagno capisco che sono già ubriachi. Seiya lo zittisce con un ceffone dietro la nuca e sia lui che gli altri continuano a ridere.
Solo uno di loro non ride: è un ragazzo con lunghi capelli biondi, la pelle abbronzata e gli occhi azzurri; indossa una giacca di pelle nera, una T-shirt azzurra, jeans chiari e scarpe da ginnastica nere, non mi pare di averlo mai visto prima. "Hyoga fatti una risata!", lo incoraggia Seiya, ma Hyoga, così pare chiamarsi il ragazzo biondo, gli risponde solo: "Seiya devi guidare dopo, non bere troppo, non ho voglia di doverti venire a trovare in ospedale domani", e a sentire quella frase molti dei suoi compagni fecero dei lamenti. "Ma tu non hai bevuto niente", risponde Seiya sornione, e fa, rivolto verso di me, "Anch'io avrei preferito una bella donna, ma ci sei tu, avrei sperato in uno sconto ma fa niente, fai un giro di brandy, offro io a tutti quanti". Annuisco e mi giro, mettendomi a lavorare. Io e Seiya da bambini eravamo vicini di casa, siamo praticamente cresciuti insieme, ma dopo che suo padre ebbe una promozione importante si trasferirono in un quartiere più ricco, e lì vivono tutt'ora. Da piccolo Seiya era una sorta di angelo, un bambino simpatico e gentile, ma alle superiori l'ho visto avvicinarsi alla squadra di football, e lì è cambiato totalmente, principalmente dopo aver conosciuto Asher, che invece era un totale idiota. Servo le bevande e riprendo a pulire i bicchieri mentre loro brindano e si divertono, ma Hyoga sembra non avere niente a che fare con loro. Non mi degna di uno sguardo, ma non guarda neanche gli altri, si limita a fissare un punto indefinito del bancone rigirandosi tra le mani un bicchierino con del brandy ancora tutto nel recipiente in vetro. Mi avvicino a lui e gli dico in tono affabile:"Se vuoi posso inserire del limone nel brandy", ma lui si limita ad alzare lo sguardo verso di me. Rimango un po' stupito da quella reazione e temo di aver fatto qualcosa di sgradito, poi lui increspa leggermente le labbra in un elegante sorriso e mi porge il bicchierino senza dire una parola. Rinsavisco e prendo dal piccolo frigo sotto il bancone un limone, ne taglio un po' e lo spremo nel brandy, poi lo riporto a quel ragazzo, che lo riprende ancor prima che lo appoggi sul bancone con un gesto deciso e lento, ma di una di quelle lentezze studiate. "Grazie caro", mi dice, e sorseggia l'alcolico, poi prende a scherzare con gli altri. Io non posso fare altro che tornare alle mie mansioni, non voglio che si sentano ascoltati da me, più che altro non mi va di far perdere clienti al Call me Margarita. Restano per una buona mezz'ora, nel frattempo anche altra gente entra nel bar, ed io mi limito a servirli, cercando di essere più discreto possibile, ma ritrovandomi, come ogni sera, a dover ascoltare le storie deprimenti di gente che conosco solo perché la loro presenza è ormai abituale qui. Verso bicchierini di vodka, rum, vendo lattine di birra e indico il bagno ogni volta che qualche ubriacone me lo chiede, pregando che non vomitino fuori dal cesso siccome dopo sarò io a pulire, ma a differenza delle altre volte, in cui i miei pensieri erano dominati principalmente da ciò che avrei dovuto fare il giorno successivo, la mia mente resta fissa sull'immagine di due occhi color del ghiaccio.
Verso l'una Seiya mi chiama di nuovo, chiedendomi il conto, dopo avermi dato i quaranta dollari che mi doveva esce con i suoi amici, ponendo finalmente fine al chiasso da loro provocato. Da quando mi ha ringraziato non ho più sentito la voce del ragazzo biondo, però quando mi avvicino al suo posto per prendere i bicchieri sporchi noto che sotto il suo c'è un bigliettino che sembra strappato da un piccolo blocco note a righe e su di esso c'è scritto: "In realtà il mio drink preferito è il Manhattan, ma grazie comunque".
"Manhattan eh...?".

 

 

 

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Capitolo 2
*** Saori Kido ***


"Caro amico, per l'amor di Gesù astieniti dallo smuovere la polvere qui contenuta. Benedetto colui che custodisce queste pietre e maledetto colui che disturba le mie ossa".
Leggo queste parole dopo aver ricevuto un cenno della professoressa, è l'epitaffio sulla tomba di William Shakespeare, lei è innamorata di lui ed anche a me la letteratura inglese non dispiace, quindi queste ore spese con lei non sono pesanti, almeno per me. Al primo banco vedo Seiya e Asher che giocherellano con della carta, la prof se ne accorge e li fissa, poi dice: "Seiya, hai voglia di continuare?". Seiya sobbalza e prende il libro, poi comincia a leggere:"Che il mondo ignorante stimi pure Spencer e Chaucer. Io venererò il dolce Shakespeare, e in suo onore metterò Venere e Adone sotto il cuscino". La professoressa sorride, va in cattedra e scrive qualcosa sul registro, poi dice a Seiya:"La pagina è sbagliata, ti metto due per esserti distratto", lasciando il ragazzo moro nell'imbarazzo più totale, ma solo io lo capisco, perché Seiya non lascia trasparire nulla dal suo viso, ma dalle mani che fanno dei piccoli scatti. Amico mio, in questo non sei cambiato affatto.
Dopo la lezione esco dall'aula di Mrs. Jones diretto al mio armadietto, una volta che ci arrivo lo apro: è un armadietto un po' spoglio, ci sono per la maggior parte libri, alcuni appunti e delle fotografie, principalmente mie e di mio fratello. Ne prendo una tra le mani, da quando mio fratello è partito per l'Inghilterra le nostre chiamate si sono fatte sempre più rare, adesso infatti si limita a spedirmi delle cartoline, ed io come uno stupido che ancora non lo mando a stendere. 
"Hey Shun", mi sento chiamare da dietro lo sportello dell'armadietto, che richiudo dopo aver preso il libro di matematica. E' Leda, un altro mio amico, il giorno prima era con Seiya ma come al solito faccio finta di non vederlo, lui me l'ha chiesto quando è con loro. So che apparentemente è biasimevole, ma c'è una ragione: Leda non vuole che esca con loro siccome Seiya ormai è diventato un totale idiota e teme che possa convincermi ad uscire con loro. Leda è più grande di me, ma è stato bocciato, ecco perché frequenta ancora il liceo, ma in un certo senso si è involontariamente proposto come sostituto di mio fratello, è alquanto protettivo e vuole evitare che diventi un idiota come quelli della squadra di football. "Abbiamo matematica insieme, oggi pomeriggio non lavori, hai voglia di darmi una mano con questi dannati logaritmi? Non ci capisco niente", mi dice, ed io in risposta lo redarguisco: "Così come non capisci niente della Rivoluzione Americana, della storia dell'arte..." poi  lui, per tutta risposta,  mi tira una gomitata. Ci avviamo insieme verso la classe di matematica, non ci parliamo, lui sta al telefono ed io non lo disturbo, eppure sbircio un po' senza che mi noti: sta scrivendo ad una ragazza. In preda alla curiosità perdo il mio solito contegno e gli chiedo: "Chi è? Una nuova ragazza?", facendolo sobbalzare; in genere odia quando la gente lo spia al telefono, ma a me lo concede, e mi risponde, tra il riso e l'imbarazzo: "E' June Anderson", io allora lo guardo sorpreso e gli chiedo "Ti è andato di volta il cervello?! June  è la figlia del preside!-" ma lui mi tappa la bocca e mi dice che lo sa, e di non urlare. June Anderson è la figlia del preside ed è stata capo delle cheerleader fino all'anno scorso, poi dopo essere caduta ed essersi procurata una bella rottura fu costretta a lasciare il gruppo, come se ciò non bastasse suo padre, il preside Anderson, era davvero protettivo, probabilmente non riusciva ad accettare che la figlia avesse ormai diciotto anni. 
Sospiro, poi gli dico: "Se ci tieni tanto a farti espellere ti basta usare Seiya come un ariete e sfondare la porta del bagno delle ragazze", lui sorride grattandosi la nuca e da lì capisco che si, era innamorato, e non poco. Ripensandoci non ha tutti i torti, June ha tutte le carte in regola per diventare una donna di successo: è bella ed ha buoni voti, inoltre ha la fama della ragazza a modo siccome non era affatto interessata a feste e simili, inoltre nel fine settimana lavora da Starbucks anche se la sua famiglia non necessita di soldi siccome sono parecchio benestanti, insomma la figlia ideale; neanche a dirlo eccola, era insieme a Shunrei, una sua amica di origini asiatiche. Shunrei Kim invece era la versione più timida ed impacciata di June: Era bella, si, con ottimi voti - e manifestava un particolare interesse nelle materie scientifiche - ma era molto timida appunto e spesso faticava ad emergere, pur essendo un membro delle cheerleader. June e Shunrei scendono le scale continuando a parlare tra loro, mentre Shunrei non ci degna di uno sguardo June gira per un attimo lo sguardo verso Leda per poi sorridere e continuare a camminare come se niente fosse. Vedo Leda continuare a fissarla con le gote rosse e il cuore in subbuglio, poi gli do un colpetto in testa per farlo rinsavire. "Uhm...io..." dice imbarazzato, ma io lo anticipo "L'hai guardata come un pesce lesso, sei innamorato perso" e lui non può fare altro che darmi ragione, poi la campanella suona e noi andiamo in classe. 

L'ora di matematica è spaventosamente noiosa, i minuti sembrano non passare mai ed io sto prestando attenzione a tutto fuorché alle parole del docente. Improvvisamente guardo fuori, soffermandomi sul cielo azzurro, poi eccoli: due occhi azzurri dal taglio affilato, due occhi meravigliosi, ma non di un azzurro normale, ma del raffinato colore del ghiaccio. Non me ne accorgo neanche, ma inavvertitamente faccio cadere un libro dal banco, attirando l'attenzione su di me. "Tutto bene Shun?" mi chiede il professore con un sopracciglio alzato, ed io annuisco più volte raccogliendo il libro. 
 

Dopo la lezione, uscendo insieme a Leda, gli chiedo: "Senti, ieri ho visto che con voi c'era un ragazzo biondo con gli occhi azzurri", lui mi guarda ed annuisce, poi mi chiede: "Parli di Hyoga giusto?" ed io annuisco; Leda ci pensa un attimo, poi dice: "Non lo conosco benissimo, so però che non frequenta questa scuola. Più o meno ha ventun'anni, però non è il più vecchio della comitiva"
"Ah no?"
"No. Vedi, di recente la cerchia si è allargata, quelli che tu hai visto sono gli amici di Seiya del club di football ma due o tre venivano dall'università. Il più grande ha venticinque anni"
"Come mai un venticinquenne esce con dei ragazzi del liceo?" chiedo un po' stupito;
"E' un tipo strano, stravede per gli anime e i manga, tanto che ogni tanto utilizza frasi in giapponese, inoltre spende un sacco di tempo con le visual novel ed adora i manga yaoi".
Rimango un po' perplesso, è strano che Seiya e gli altri escano con un tipo del genere e soprattutto mi fa strano non averlo notato, quindi gli chiedo: "Era tra i presenti ieri?" e lui mi risponde che no, ieri non c'era, aveva detto che era uscito un impegno importante però poi alla fine, aprendo Discord - un'app di messaggistica che anche io avevo ma che usavo molto poco a causa del poco tempo disponibile - lo avevano visto online da PC a giocare a Genshin Impact, un gioco che ultimamente sta spopolando. Continuiamo a parlare un bel po', ma è evidente che Leda non sappia molto del biondo a cui piace il Manhattan. 
Per il momento quindi so che quel ragazzo si chiama Hyoga e che il suo drink preferito è il Manhattan, nient'altro. "Se ti interessa" mi dice Leda "so che la sua è una famiglia benestante, molto, suo padre è il proprietario della Earth Protection Society, un'azienda che si occupa di tecnologie eco-sostenibili, ma di recente si è unito a brutti giri.", poi fece una pausa "Questo è quello che so su di lui. E' un tipo estremamente silenzioso". 
Finite le lezioni Leda si ferma per dei corsi di recupero pomeridiani, io decido di tornare a casa intenzionato a finire i compiti prima dell'arrivo di Leda, conoscendolo  impiegheremo mezz'ora per svolgere un singolo esercizio. Uscendo fuori mi ritrovo di fronte al campo da calcio e li le vedo: le cheerleaders. Sono nel pieno del loro allenamento, stanno provando una coreografia che  useranno prima della partita che tra due settimane verrà giocata dalla squadra della nostra scuola contro quella di una scuola vicina. Non sono un'amante del calcio, lo so semplicemente per i poster appesi in giro per la scuola. Il mio sguardo cade immediatamente sulla ragazza in cima alla piramide umana: Saori Kido. Saori è il capitano delle cheerleaders, la sua famiglia è una delle più ricche di tutta Manhattan, infatti ogni volta che la si vede in giro indossa abiti firmati e ha sempre un rossetto di un colore diverso, tranne a scuola, dove in genere si mantiene comunque abbastanza sobria. Saori eseguiva movimenti puliti ed aggraziati, l'uniforme le stava da Dio e i lunghi capelli color lilla legati in una coda alta incorniciavano il suo volto alla perfezione in ogni singolo movimento mentre sul viso portava un filo di trucco; tutto questo però era solo mera apparenza. Non la conoscevo bene, non ci siamo mai rivolti la parola, so solo che, oltre ad essere il capo delle cheerleader, era la ragazza più popolare della scuola. Dopo un po' la coach annuncia che avrebbero fatto dieci minuti di pausa e le ragazze si disperdono. Saori è circondata dalle sue amiche, erano quattro ragazze: la tenace Shaina, l'insopportabile Esmeralda, la dolce Miho e Marin, che era la più intelligente del quartetto. Non mi guardano, non si accorgono nemmeno della mia presenza, continuano semplicemente a chiacchierare. Dopo un po' Marin si distacca da loro e rimangono solo in quattro. "Allora Miho", dice Saori "alla fine com'è andata con Seiya ieri notte? Voglio sapere i dettagli"; Miho arrossisce un sacco, poi comincia a raccontare con voce flebile: "Ieri è venuto a prendermi tra mezzanotte e l'una, sono sgattaiolata fuori da camera mia, poi sono salita sulla sua macchina. Mi ha accompagnato a bere qualcosa, poi siamo andati nel parcheggio vicino al supermercato e...beh...", poi tace, tutte hanno capito l'antifona. "Ma non mi dire..." dice Saori, lei ed Esmeralda ridacchiano di gusto mentre Shaina la guarda scioccata facendo ammutolire Saori ed Esmeralda. Shaina, che è parecchio alta rispetto alle altre, lancia loro uno sguardo infuocato, poi prende Miho da parte e si allontana mentre Saori ed Esmeralda si sbellicano dalle risate. Sospiro, poi mi giro e faccio per andarmene, ma Saori mi chiama per nome, facendomi girare. "Come mai sei venuto qui? Per caso sei fidanzato con una del gruppo?", "Niente affatto Saori", rispondo "passavo di qui per caso". Saori mi sorride elegantemente, aggiustandosi il lip-gloss sul labbro inferiore, poi mi dice: Seiya ha detto in giro che lavori al Call me Maragarita, è vero?", io annuisco, e lei mi dice: "Qualche volta potrei passare a trovarti, non voglio che tu mi faccia sconti, ma sono sicura che siccome ci lavori tu i cocktail saranno curati quanto i tuoi quaderni, Shun"; non so cosa dire, non capisco se ci stia provando con me o altro, quindi mi limito a mormorare un ringraziamento, dopo di che le saluto e me ne vado.

Finisco l'ultima frase di spagnolo e chiudo il quaderno, sono le sette e ho appena terminato di studiare, nel mio appartamento l'unica fonte di luce è l'abat-jour vicino alla scrivania che mi fa luce mentre studio, mentre il resto della casa è totalmente buio. Mi alzo e vado ad accendere la luce della stanza, poi chiudo le tende e nel farlo mi fermo ad osservare le luci della città, sembra quasi una foto di Tumblr, è tutto così poeticamente perfetto, ma anche tremendamente triste. Non so perché, ma quest'immagine spesso mi mette una grande malinconia addosso. Leda dovrebbe arrivare a breve, ma attualmente non ci penso più di tanto, poi mi dirigo verso il telefono fisso e sollevo la cornetta con la mano, mentre con l'altra digito un numero, poi porto la cornetta vicino all'orecchio. Il telefono dall'altra parte squilla, ogni secondo è un'agonia. "Risponde la segreteria telefonica di 3-", non lascio finire la voce, riattacco. Dopo pochi secondi me ne pento, forse potrei registrare un messaggio, quindi lo ricompongo e di nuovo comincia l'agonia, poi di nuovo non risponde nessuno ma stavolta aspetto il segnale acustico per registrare il messaggio. "Ikki...", dico semplicemente "richiamami appena puoi, è tanto che non ci sentiamo, magari potresti venire a Manhattan per qualche giorno, ne sarei molto felice", poi mi fermo un attimo e mormoro "mi manchi...ci sentiamo dopo", poi riattacco, ed ecco il citofono.

 

 

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Capitolo 4
*** Tra equazioni e donne ***


ANGOLO AUTRICE: RAGA TRANQUILLI NON MI SONO SCORDATA DE "IL MISTERO DELLA FORESTA DI CHAOS", QUESTO E' SOLO QUALCOSA CHE SCRIVO NEL FRATTEMPO CHE MI INVENTO QUALCOSA PER UN FINALE FIGO, SICCOME DOPO TUTTO IL CASINO CHE HO FATTO PER QUESTA STORIA NON HO INTENZIONE DI ACCONTENTARMI DI UN FINALE SPICCIO :3
BOIIIIIII



 

"Leda sei un caso perso...capisco i logaritmi, che sono argomento nuovo, ma questo è un semplice trinomio caratteristico..." lo rimprovero constatando le sue condizioni, non è messo bene né sulle scomposizioni né sulle equazioni, inoltre non era nemmeno concentrato. "Stai ancora pensando a June vero?" gli chiedo leggermente seccato, lui annuisce con una punta di imbarazzo ma io per tutta risposta gli tiro un pugno leggero in testa e gli dico di concentrarsi, che prima finiamo meglio è. Lui mi guarda e poi si concentra ancora sul quaderno, ma appena facciamo per riprendere sentiamo un tuono e fuori comincia a piovere. "Grande..." sospiro, poi mi alzo dal tavolo e prendo due tazze, metto l'acqua a riscaldarsi e prendo due bustine di thè, ritorno poi a sedermi al tavolo e vedo che qualche cosa Leda l'ha fatta...beh, è già qualcosa. Squilla il telefono, indico a Leda cosa fare dopo e mi avvicino all'apparecchio, alzo la cornetta e mi accorgo, sorpreso, che dall'altra parte c'era Shaina.
"Ti disturbo, Shun?"
"Sono con un mio amico, ma non ti preoccupare. Piuttosto, chi ti ha dato il mio numero?"
"Seiya me l'ha passato dalla rubrica di casa sua, dopo anni aveva ancora il tuo numero"
"Oh...capisco...come posso aiutarti?"
"Ho visto che ci guardavi"
"Si"
"Hai sentito tutto, vero?"
"Mi dispiace, non volevo-"
"Tranquillo, non sono arrabbiata, ti chiederei solo di non dirlo in giro...per Miho più che altro. Vedi, io, Miho e Marin siamo cugine, la nostra famiglia è molto religiosa e se sapessero che Miho ha...avuto un incontro con Seiya, diciamo così, potrebbero non prenderla bene per niente"
"Si, lo capisco perfettamente, tranquilla, non ne avrei fatto parola con nessuno a prescindere siccome tra noi ragazzi è molto difficile che escano argomenti di questo tipo"
"Ti ringrazio"
"Figurati, allora...ci vediamo...in giro?"
"Si, ciao Shun".

La nostra conversazione è breve, torno da Leda e terminiamo l'esercizio, tuttavia entro le nove riusciamo a farli tutti tranne l'ultimo. Mi promette che lo finirà a casa e dopo aver preso le sue cose ed esce, nel frattempo fuori ha smesso di piovere. 

Lo so che non lo finirà.

Apro il frigo, è vuoto, dovrò ordinare da asporto. 

Mentre prendo il telefono per ordinare la pizza noto un messaggio di Seiya: "Hey, ti va di uscire con noi?", ebbene questa è stata la nostra chat:

Seiya: Hey, ti va di uscire con noi?

Shun: Non lo so, non conosco nessuno...

Seiya: Andiamo, stai sempre chiuso in casa!

Shun: Davvero, forse è meglio di no, non ho nemmeno finito di studiare.

Seiya: Perché noi? Dai fatti una doccia, vengo a prenderti io in macchina tra mezz'ora.

Sospiro, nemmeno la balla dei compiti ha retto, forse dovrei dare retta a Leda, ma è anche vero che è molto tempo che non passo una serata tra amici, quindi decido di provarci, anche perché non ho molta scelta. 
Mi lavo, mi metto una t-shirt bianca, leggins neri, scarpe da ginnastica bianche e una giacca di jeans, molto semplice ma carino. 

Scendo di casa, dopo non molto una BMW E92 si ferma sotto il mio portone, ed in quel contesto stona molto siccome siamo circondati da case vecchie e quasi decadenti. Seiya abbassa il finestrino e con fare sornione mi dice: "Monta in macchina Shun, ti ho riservato il posto davanti". Salgo in macchina, dentro oltre me e Seiya ci sono Asher e uno strano ragazzo: ha capelli lunghi e neri e degli occhi azzurri tendenti al verde con un taglio evidentemente orientale. "Shun, ti presento Shiryu, un mio amico, viene a scuola con noi e frequenta il corso di arte", sentendo quel nome ho un raptus: "Aspetta", dico "forse mi ricordo di te, eravamo nello stesso corso di matematica l'anno scorso", il ragazzo orientale sorride ed annuisce:"Ti avevo riconosciuto ma per evitare imbarazzo in caso mi fossi sbagliato non te l'ho chiesto. Spero ci divertiremo insieme, Shun", poi Seiya mette in moto e parte. "Siamo solo noi oggi" disse "domani nel corso di storia americana abbiamo un test e gli altri sono a casa a studiare";
"E voi? '" mi viene spontaneo chiedere ed altrettanto spontanea è la risposta di Seiya quando mi dice: "Shiryu è un secchione come te, domani copieremo da lui" e si gratta sotto il naso. Lo guardo con disapprovazione ma lui mi dà una leggera spinta: "Suvvia Shun", mi dice "stasera voglio che tu ti rilassi, dopotutto chi più di te può stare tranquillo quando a scuola non hai alcun problema?" e ride di gusto. Asher sorride e dice rivolto a Seiya: "Non essere così irruento, potresti spaventarlo" e sogghigna, al che io gli rispondo aggrottando la fronte: "Guarda che solo perché non esco molto non vuol dire che non sappia come girano le cose, anzi, potrei saperlo meglio di voi", "Smettetela ragazzi" dice poi Seiya redarguendoci "stasera ci dobbiamo divertire. Hyoga ha detto di vederci vicino a Central Park, ha detto che sarebbe venuto in moto.

Il mio cuore perde un battito: Hyoga?! Hyoga sarà  lì?! Può essere che Seiya ci abbia sentiti parlare?

Faccio finta di nulla e mi limito a guardare fuori dal finestrino ignorando Jabu che continua a stuzzicarmi. "Seiya, non è venuta Miho?", chiedo poi e il bruno mi risponde: "Miho? Ah sì, viene anche lei", con tono scocciato, allora continuo:"E' la tua ragazza giusto? Perché non è con noi? Devi andare a prenderla?", "In realtà si farà accompagnare da Hyoga" mi risponde con una scrollata di spalle, dicendomi poi di non farmi troppo problemi, perché li incontreremo per strada.

Dopo una decina di minuti ci fermiamo in una strada periferica, siamo quasi in autostrada ed è molto buio, scendiamo dalla macchina e ci mettiamo ad aspettare, poi sentiamo il ronzìo di una moto: sono Hyoga e Miho. Hyoga è vestito con una giacca in pelle nera, una t-shirt bianca, jeans neri e scarpe da ginnastica, ed è davvero bello, Miho invece porta una camicetta rosa, una gonna nera e delle scarpe col tacco bianche. "Seiya!" fa la ragazza con gioia, andando ad abbracciare il fidanzato e posandogli un dolce bacio sulla guancia, Seiya le è quasi totalmente indifferente, il massimo dello slancio affettivo rivolto alla ragazza è un braccio intorno alla vita, nulla più. "Qui vicino fanno degli alcolici spettacolari", dice Asher, indicando a Seiya una stradicciola stretta e con i muri pieni di graffiti. "Non mi piace quella strada..." dice Miho stringendosi al braccio di Seiya e guardandolo con occhi imploranti, ma quello si limita a risponderle: "Suvvia cucciola, non è niente di che, hai cinque uomini a proteggerti! Vero ragazzi?", "Ma certo!" continua Asher strizzando l'occhio all'amico, ma non risulta per niente rassicurante. Insomma, nonostante le lamentele della ragazza finiamo per entrare in quella stradicciola e poi entrare in un pub sulla sinistra. 

Avrei dovuto saperlo, alle undici sono già tutti mezzi ubriachi, gli unici sobri siamo io e Hyoga. Non ci siamo rivolti la parola da quando ci siamo visti, in effetti è imbarazzante, inoltre Hyoga sembra non essersi nemmeno accorto della mia presenza. Mi sto annoiando, la serata è molto peggio del previsto...quasi quasi rimpiango le nottate sui libri, però Hyoga mi lancia uno sguardo. "Ordina qualcosa", mi dice senza nemmeno troppa cortesia, ed io annuisco, anche se un po' irritato. Ci penso su e faccio al bar man: "Una lattina di Sprite...e un Manhattan", dico poi ricordandomi di quel foglietto a righe che mi aveva lasciato al bar; il ragazzo che ci serve mi guarda strano, ma decido di ignorarlo e apro la mia lattina. Hyoga vede il Manhattan e sorride sornione, dicendomi: "Mi stavo giusto chiedendo se te ne fossi ricordato...ad ogni modo immagino che tu non esca abitualmente con Seiya", e guardò la lattina. Mi mostrai infastidito, ma non era del tutto vero. "Non mi va di ubriacarmi se il giorno dopo ho scuola", dico cercando di darmi un'aria responsabile e Hyoga si limita ad annuire, poi torna ad ignorarmi. Mi chiedo se lo faccia apposta, perché mi da fastidio. Mi metto a smanettare sul telefono, guardo i messaggi, la mia pagina Instagram, ma oggettivamente non ho nulla da fare. Hyoga mi mette sotto il naso un bicchiere con della vodka lemon. "Sono russo", spiega "avrei piacere se tu la assaggiassi", "Non mi va" faccio stizzito e riprendendo ad ignorarlo come lui aveva fatto prima con me, ma Hyoga mi gioca un colpo basso e mi toglie la Sprite, dicendomi: "Bevila se non vuoi che Seiya e gli altri ti prendano per il culo fino al diploma".
Lo guardo male, ma non gli fa effetto, allora prendo il bicchiere e mando tutto giù: non mi piace affatto, la gola mi brucia e mi viene da tossire. Hyoga sorride divertito, poi però mi prende per un braccio e mi trascina via dal locale, quando mi lamento fa: "Stai zitto, Seiya ubriaco com'è nemmeno saprà di aver pagato per noi", ed esce. Mi passa il casco e si siede a cavallo della moto, io mi metto dietro di lui e indosso il casco, non sono mai stato su una moto. "Ti porto in un posto tranquillo", mi fa, e si avvia sgommando, avviandosi verso il centro. 

L'aria è fresca, il prato soffice, i grilli cantano una nenia dolcissima...non immaginavo che il parco a quest'ora fosse così pacifico. E' bellissimo, siamo sdraiati sull'erba e stiamo in silenzio, totalmente rilassati. "Ti annoi ancora?", mi fa il biondo sospirando con le labbra ad increspargli un sorriso, io gli rispondo, giusto per piccarlo: "Un po' meno", ma la verità è che mi sento in paradiso; Hyoga sorride e fruga nella sua tasca, prendendo una sigaretta e mettendosi seduto, dopo averla appoggiata sulle labbra la accende e comincia a fumare. "Vuoi?" mi chiede avvicinandomi il pacchetto, ma io faccio cenno di no con la testa. "Come hai conosciuto Seiya?", gli chiedo, e lui mi risponde con semplicità che avevano un amico in comune. "Che tipo è?", continuo a chiedere, allora lui sospira e mi fa: "Se ti dicessi che soffre non mi crederesti, ma è così. Ha una personalità molto infantile, è apatico, totalmente. Per lui un giorno o l'altro non fa differenza, ogni giorno va a scuola, fa il gradasso, poi la sera esce con gli amici e se ha voglia fa sesso con Miho, quella povera ragazza poi è convinta che la ami...ed io non so come dirle la verità", fa una breve pausa e riprende "se solo vedessi come le brillano gli occhi quando si parla di lui, come trema la sua voce quando pronuncia il suo nome...dire che lo adora è restrittivo, quella ragazza è pazza di lui". Non so come rispondergli, perché non conosco nessuno dei due abbastanza a fondo...posso però immaginare che quella relazione non finirà bene. Hyoga nota il mio silenzio e prese a guardarmi, poi sospira: "Scusami...se mi hai chiesto su di lui evidentemente lo conosci meno di me"; "Non fa niente", mormoro con la voce leggermente tremula a causa del suo sguardo tagliente rivolto verso di me "hai ragione, ho notato anche io il suo atteggiamento, però può essere che Miho con il suo amore possa farlo cambiare-", "Un coglione non cambia perché trova la fidanzata", mi zittisce improvvisamente leggermente seccato "queste sono cazzate scritte nei libri d'amore per compiacere orde di ragazzine", e poi guarda dritto davanti a sé facendo un altro tiro. Distolgo lo sguardo, l'aria si fa improvvisamente gelida, poi a fior di labbra mormoro un "Mi dispiace" che viene sentito forse come un sussurro, lui si gira e mi guarda, poi sorride leggermente. Comincio a sentire le palpebre farsi pesanti, la voglia di parlare scompare e lascia dolcemente sonno ad una sensazione ti torpore che lentamente abbraccia le mie membra. Sono così rilassato, così quieto...poi improvvisamente comincio a pensare meno lucidamente, ed ecco il sonno che mi coglie.

Mi sveglio che sono sotto le coperte, candide e pulite, in una stanza dalle mura bianche, i mobili in stile moderno...mi riscuoto dal torpore e...un attimo...questa non è camera mia, dove diamine sono finito?!

 

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