La ballata dell'usignolo e delle fiamme di _ A r i a (/viewuser.php?uid=856315)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una fredda notte d'autunno ***
Capitolo 2: *** Riflessioni notturne ***
Capitolo 3: *** Insonnia ***
Capitolo 4: *** Quel filo che ci unisce ***
Capitolo 5: *** La prima neve ***
Capitolo 6: *** Attento a quel che sogni ***
Capitolo 7: *** Ricamo prezioso ***
Capitolo 8: *** Le illusioni danno forma alla realtà ***
Capitolo 9: *** Regalo ***
Capitolo 10: *** Decisioni pericolose ***
Capitolo 11: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 12: *** Frenesia ***
Capitolo 13: *** Conseguenze ***
Capitolo 14: *** Mantieni l'incanto ***
Capitolo 15: *** Richiesta ***
Capitolo 16: *** La promessa ***
Capitolo 17: *** Partenza ***
Capitolo 18: *** Lungo la strada ***
Capitolo 19: *** Proteggervi ***
Capitolo 20: *** Distruzione ***
Capitolo 21: *** Trattieni il fiato ***
Capitolo 22: *** Via di fuga ***
Capitolo 23: *** Non è ancora finita ***
Capitolo 24: *** Conta dei danni ***
Capitolo 25: *** Sulla via del ritorno ***
Capitolo 26: *** Rientro a palazzo ***
Capitolo 27: *** Questione irrisolta ***
Capitolo 28: *** Solo suo ***
Capitolo 29: *** Scritto nelle stelle ***
Capitolo 30: *** La vera magia ***
Capitolo 31: *** Epilogo – un caldo pomeriggio d'estate ***
Capitolo 1 *** Una fredda notte d'autunno ***
La
sera portava in sé la quiete.
Il silenzio dell’autunno, rotto soltanto dal fruscio del
vento e
dal crepitio delle foglie cadute a terra, assieme allo scoppiettio
della legna nel camino, era tutto ciò che riusciva a sentire
in
quel momento.
Era difficile che nell’enorme castello in pietra non ci fosse
alcun rumore, nessun brusio di domestici né frastuoni
provenienti dalle cucine, eppure quando era ormai notte e tutti gli
abitanti si erano ritirati nelle loro stanze, quel silenzio era totale,
riempiva chi restava sveglio fin nelle ossa.
E, a quell’ora, l’unico a non aver ancora preso
sonno era il padrone della dimora.
A Enji Todoroki la notte non era mai piaciuta. Era popolata da fenomeni
che non comprendeva, per questo preferiva il giorno, quando ogni cosa
era avvolta dalla luce del sole, ed era chiara, palese. Forse era
proprio ciò che non riusciva a spiegare che lo irritava
maggiormente.
Però il silenzio gli era sempre piaciuto. Riusciva a
trovarlo
solo di notte, quando tutti intorno a lui riposavano, ed erano quelli i
momenti in cui riusciva a ragionare con maggiore lucidità.
E, nell’ultimo periodo, aveva un disperato bisogno di
riflettere.
Non era facile essere il sovrano di un regno così vasto come
il
suo, ma si era impegnato da sempre per raggiungere il suo scopo, e se
adesso era il più influente tra i governanti delle lande
circostanti lo doveva probabilmente a tutti quegli anni di sacrifici.
Il suo perenne cipiglio furioso non gli procurava grande
popolarità o affetto da parte dei popoli, ma di quello non
se ne
era mai curato troppo.
Il suo problema, tuttavia, era che tutto il potere e
l’influenza
che aveva accumulato nel corso degli anni comportavano anche gravose
responsabilità. Era onorato di farsene carico, ma
più il
tempo passava e più queste avevano cominciato lentamente a
sottrargli ore di sonno.
Così, lentamente, le sue preoccupazioni avevano cominciato a
mangiucchiargli il cervello, a togliergli sollievo e riposo, al punto
che quelle questioni di cui si occupava di giorno finivano per
riempirgli i pensieri anche la notte.
Si chiedeva quale fosse stata l’ultima volta in vita sua in
cui
si fosse sentito in pace. Con se stesso, con il regno, con il resto del
mondo. Era sempre stato al centro di un’enorme battaglia, e
ora
all’orizzonte se ne profilava una ancora più
grande.
A questo pensava, tenendo in una mano un calice di vino, mescendo
lentamente quel liquido scuro come sangue, ruotando appena il polso e
applicando lo stesso movimento al recipiente vitreo.
Da secoli, i territori del mondo erano divisi e affidati al controllo
di eminenti governanti. Nel corso degli anni, alcuni di loro erano
riusciti a conquistare e sottomettere altre regioni, annettendole a
quelle che già possedevano. I suoi vessilli ricoprivano
più della metà dei territori conosciuti, e questo
gli
aveva garantito il prestigio che aveva sempre ambito. Quando era il
momento di prendere una decisione importante, il suo parere aveva
notevole peso.
Adesso, però, si stava avvicinando qualcosa di troppo grande
e fuori dalla portata di qualsiasi monarca.
Enji portò il calice alle labbra e bevve un sorso di vino.
La
bevanda aveva un sapore intenso, corposo, e l’aveva sentita
scivolare giù per la gola.
Aveva bisogno di riflettere…
Peccato che, evidentemente, il destino non fosse della sua stessa idea.
Aveva sentito dei colpi picchiettare alla finestra, e si era ritrovato
subito ad alzare nuovamente le palpebre, sottratto dalle sue
riflessioni. Aveva ruotato il capo, lanciando uno sguardo alle proprie
spalle, ritrovandosi a intravedere una figura che ben conosceva.
Un giovane dai capelli e gli occhi dorati lo guardava,
dall’altro
lato del vetro. Si teneva le braccia strette attorno al corpo, cercando
di ripararsi dal gelo della notte, mentre sul suo volto campeggiava il
solito sorriso fin troppo scaltro.
Probabilmente chiunque altro si sarebbe spaventato nel vederlo
comparire a svariati metri d’altezza – la sala da
pranzo in
cui si trovava adesso era in uno dei piani superiori del castello
–, nel cuore della notte e soprattutto fluttuante a
mezz’aria, ma non Enji, che era ormai abituato a quasi tutte le sue
stranezze.
Comprese le grosse ali vermiglie, dalle quali proveniva la piuma che,
da qualche minuto a quella parte, aveva continuato a impattare contro
la vetrata.
Enji era stato quasi tentato di lasciarlo lì. Alla fine,
però, s’era alzato, andando ad aprire la finestra.
Se possibile, il ragazzo gli aveva rivolto un sorriso ancora
più grande.
«Buonasera, mio re», si era introdotto,
conciliante.
«Posso entrare o il mio destino è quello di
rimanere qui
fuori a morire di freddo?»
Il solito fare
melodrammatico, si era ritrovato a valutare tra
sé il re.
«Entra», aveva concesso, quasi ringhiando, con un
tono cupo.
Gli occhi del ragazzo erano stati attraversati da scintille impazienti
e, l’istante successivo, le grosse ali s’erano
mosse,
spingendo in avanti il corpo esile. Non appena l’aveva visto
entrare, pentendosi già di averglielo permesso, Enji
s’era
limitato a richiudere la finestra. Non l’avrebbe mai ammesso,
ma
effettivamente l’aria che entrava da fuori era gelida
–
l’inverno, in fin dei conti, era alle porte.
Nel mentre, il nuovo arrivato aveva attraversato la stanza saltellando,
fino a raggiungere il camino. Una volta giunto lì davanti,
restando in piedi, aveva allungato le braccia verso l’alto,
stiracchiandole pigramente, facendo probabilmente qualcosa di simile
anche con le ali, che si erano dispiegate alle sue spalle. Il calore
delle fiamme sembrava avere un effetto benefico su tutto il suo corpo.
«Mh…» Il ragazzo aveva chiuso
gli occhi, come
incantato. «Sono giorni che viaggio senza sosta, sono
esausto.
Sento tutto il corpo indolenzito, le braccia, le gambe, le
ali…»
Enji era tornato a sedersi, recuperando dal tavolo il calice di vino.
«A volte mi domando ancora perché continuo a farti
lavorare per me», aveva commentato, con aria rassegnata.
Il ragazzo aveva spostato lo sguardo subito nella sua direzione,
osservandolo con quegli occhi dorati e liquidi, sempre così
pieni di ammirazione. Ammirazione di cui, per la maggior parte delle
volte, Enji non sapeva neppure se sentirsene degno, seppure certamente
lo lusingasse.
«Come perché?», aveva domandato,
avvicinandosi al
tavolo quasi trotterellando. «Nessuno sarebbe in grado di
muoversi così rapidamente attraverso i tuoi
territori.»
Era vero. Come sempre, del resto.
Keigo Takami, questo il nome di quel ragazzino impertinente, era
entrato nella sua vita facendo un gran baccano, e vi faceva ormai parte
da diversi anni. Lo aveva conosciuto in uno dei territori
più a
ovest del regno, e sebbene la sua popolazione fosse alquanto
belligerante e non gli avesse mai giurato completamente
fedeltà,
quel ragazzino si era messo al suo servizio fin dal primo momento.
Non lo aveva mai deluso.
Keigo si era seduto sul tavolo, sottraendogli il calice di vino dalle
mani con un gesto rapido.
«Posso?»
«No.»
«Ottimo.» Il ragazzo si era portato il calice alle
labbra,
prendendo un gran sorso e assaporandolo con gusto e lentezza. I suoi
occhi dorati continuavano a fissare Enji con
quell’espressione
furba, che ogni volta finiva per farlo innervosire. «Come mai
sveglio a quest’ora tarda della notte, mio re? I soliti
pensieri che ti angustiano?»
Enji aveva sbuffato sonoramente, per poi poggiare il gomito sul
bracciolo della sedia e adagiare una guancia sul palmo della mano
aperta. Come ogni volta, era rimasto affascinato dalle ali del ragazzo.
Non era una rarità che, nel loro mondo, vi fossero creature
bizzarre, dalle più stravaganti peculiarità. Le
ali di
Keigo, però, avevano qualcosa di unico, ipnotico, ed Enji
non
era mai stato immune al loro fascino. Fin dal loro primo incontro non
era riuscito a fare a meno di restare incantato da quelle ali dalle
piume vermiglie, rosse come sangue, o come fiamme, e ogni volta perdeva
il conto del tempo che passava a rintracciare tutte le sfumature che si
rincorrevano al loro interno. Le loro capacità, poi, erano
incredibili: poteva percorrere in volo in brevissimo tempo distanze
che, per degli uomini a piedi, avrebbero richiesto forse mesi di
marcia. Inoltre, le piume erano affilate e tutto sommato resistenti, il
che le rendeva una buona arma sia in attacco che in difesa.
Non era combattere però ciò che spingeva
principalmente
Enji ad avvalersi dei servigi di Keigo. Come aveva detto anche il
ragazzo, nessuno riusciva a muoversi tanto rapidamente quanto lui e, se
si trattava di viaggiare attraverso territori vasti come quelli in
possesso di Enji, allora Keigo era la persona che faceva al caso suo.
Poteva portare in quei luoghi messaggi in tempi straordinariamente
brevi o, come in questo caso, recapitarli al suo re.
«Non ti offro vitto e alloggio per divagare», aveva
tagliato corto. «Dimmi quello che hai scoperto.»
«Dritto al punto come al solito, eh?», aveva
commentato il
ragazzo. Aveva posato il calice – sul quale si era premurato
di
poggiare le labbra nello stesso punto di quelle del suo re –
sul
tavolo, dopodiché era sceso e aveva mosso alcuni passi
attraverso la stanza. «D’accordo. Purtroppo non
porto buone
notizie. Come sospettavamo, le voci che parlano di nemici in
avvicinamento al confine nord del regno sono vere. Dapprima si sarebbe
trattato di pochi elementi di scarsa rilevanza, ma col passare del
tempo si sta tramutando in un gruppo più organizzato, al
momento
impegnato a stringere alcune alleanze.»
Le preoccupazioni erano subito tornate ad affacciarsi nella mente di
Enji. Aveva sentito parlare di persone dalla forza straordinaria ordire
una ribellione nei suoi confronti, e temeva che, seppure fosse riuscito
a radunare un numero di uomini superiori a quello dei nemici, le loro
forze non sarebbero bastate a sopraffarli.
«Non è tutto», aveva ripreso Keigo, con
un tono
grave così insolito per lui. «Alcune delle persone
con cui
ho parlato mi hanno detto di aver sentito che la loro intenzione
è quella di attaccare prima che l’ultima neve si
sciolga.»
Il volto di Enji s’era incupito maggiormente. La primavera
sembrava così lontana, ora che il lungo inverno era alle
porte
ma il mite autunno non gli aveva ancora lasciato del tutto il posto,
eppure, se pensava a tutto quello che c’era da preparare per
scampare a un assedio, a una battaglia, a qualsiasi scenario avesse in
serbo per loro il destino, il tempo che rimaneva a loro disposizione
gli sembrava così poco…
Keigo si era voltato, turbato dal silenzio del re. Si era aspettato,
conoscendolo, che gli avrebbe subito impartito degli ordini, delle
disposizioni su come muoversi, magari gli avrebbe chiesto di viaggiare
fino a qualche regno vicino per convocare degli alleati, oppure di
organizzare le difese del palazzo. Invece, cercandolo con lo sguardo,
lo aveva trovato ancora immobile sulla sedia, pensieroso,
l’espressione corrucciata.
Keigo aveva riflettuto, ritrovandosi a constatare che non
l’aveva mai visto così preoccupato.
Il ragazzo, che, mentre camminava, era tornato a fermarsi davanti al
grande camino che la stanza ospitava, era tornato indietro sui propri
passi.
«Mio re», l’aveva richiamato gentilmente,
inginocchiandosi dinanzi a lui, quando si era ritrovato nuovamente al
suo cospetto. «Non tormentarti con questi pensieri, non
stanotte.
Domattina avremo modo di riflettere su quale sia la strategia migliore
da attuare. Adesso però devi rilassarti, altrimenti non
sarai
abbastanza lucido per approntare un buon piano.»
Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo.
Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era
traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché
gli
permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se
stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno,
a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco.
«D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato,
il suo
sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché
dovrai
anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio
ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la
tensione.
notes
allora. io non so bene da dove partire.
sono... quattro anni dall'ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa su
questo fandom? da efp invece manco da quasi un anno. oddio, ma me lo
ricordo ancora come si usa l'editor? spero sia una di quelle cose che
non dimentichi una volta imparate, tipo andare in bicicletta--
comunque hello,
io sono aria, nice to
meet ya! se mi conoscete già, io vi chiedo
perdono per essere di nuovo qui a infestarvi con il mio disagio.
prima di tutto ci tengo a precisare che sono la persona meno costante
del mondo, ed è un dramma, soprattutto quando si decide di
partecipare al writober. una storia al giorno per tutto il mese, la
sfida è cominciare il primo di ottobre e arrivare fino in
fondo,
al trentuno. in teoria è fattibile, se uno pensa "dai, mi
scrivo
trentuno drabble, al massimo delle flash, e il gioco è
fatto",
ma no, signori, a noi qui piace complicarci la vita, per cui via di
long strutturata, con capitoli tutti collegati tra loro e di minimo
mille più
o meno parole ciascuno. sì, mi voglio molto
bene, debbo dire.
tra l'altro probabilmente sto azzardando ancora di più
perché avrei potuto scrivere su altri fandom su cui ho
lavorato
di recente, ma no, my hero academia, per di più con due
personaggi su cui difficilmente qualche anno fa avrei potuto immaginare
di fissarmi.
perché? oh, non chiedetemelo, non l'ho ancora capito con
esattezza neanch'io. la mia vita stava procedendo tutto sommato
tranquilla – nah, in
realtà quel periodo era un gran bel casino –
quando all'improvviso, sei mesi fa, boom,
congiunzione astrale favorevole e io sono finita perdutamente
innamorata di loro. cioè, principalmente di hawks,
calpestami
signore mio-- aehm.
fatto sta che me li ritrovavo –
no, forse è più corretto dire me lo ritrovavo,
tanto il colpevole dell'efferato misfatto è principalmente
il polletto
(cit) alato – dovunque.
su twitter, nella vita reale... quindi boh. in sostanza ho ripreso a
leggere il manga e adesso mi sono fissata ancora di più. voi
non
lo sapete, ma mentre sto scrivendo queste note mi è venuta
una
risata nervosa. è da una vita di tempo che vorrei parlare di
loro sul mio account twitter, perché veramente, pensarci
è l'unica cosa che mi rende felice ormai. mi hanno tirata
fuori
da un periodo orrendo, ma mi mordo costantemente la lingua e mi dico
"no, dai, lascia stare, non scatenare flame assurdi a caso". e quindi
niente, tutto imbottigliato dentro fino ad ora. assurdo, eh?
però sono felice di essere "uscita allo scoperto" col
writober.
sì, buttarmi per la prima volta a scrivere su di loro una
storia
tutto sommato lunga okay,
non è del tutto vero, ho già scritto altro, solo
che non l'avevo pubblicato è una follia, ma in
un certo senso sento che a loro lo devo.
tornando a noi, forse quello di oggi è uno dei prompt che ho
centrato di più partiamo benissimo.
ne approfitto anche per dire che, al momento in cui sto scrivendo
queste note, la storia non è ancora finita. nella giornata
in
cui questo prologo sarà online conto di aver raggiunto i
venti
prompt stilati (foreshadowing?), per cui poi dovrò
proseguire
scrivendo/editando/pubblicando contemporaneamente. ho l'ansia e il
terrore di non riuscire a concludere niente, però la trama
c'è, la voglia d'impegnarmi nel progetto pure, quindi boh,
speriamo bene. also sì, parlando della trama tornare con
un'au
non era esattamente quello che avevo in mente, ma okay, magari
più avanti ci sarà modo di rifarsi.
questa sarà la storia più lunga che io abbia mai
pubblicato, ora che ci penso. e mi dispiace un sacco (sì out
of
the blue) di aver sostituito endeavor-san
e number
one con mio
re, ma temo fosse più azzeccato al contesto.
vbb, per adesso mi fermo qui per non straparlare. vi avviso che in
questi angoletti potrebbero esserci spoiler sulla trama del manga,
visto che sto seguendo le uscite e magari il giovedì qualche
sclero a caso mi parte. con la storia invece andate tranquilli, ho
adattato all'universo alternativo alcune cose canoniche ma si tratta di
roba che comunque si sapeva già da tempo, per cui non ci
dovrebbero essere problemi. in ogni caso, per gli spoiler qua sotto
metterò accurati disclaimer, tranquilli.
grazie a tutti quelli che decideranno di seguirmi in questa follia, e
grazie soprattutto a fanwriter.it che come al solito indice iniziative
spaziali (era dalla writing week che non partecipavo, mi siete mancati,
dannati). ci vediamo domani sera –
ah, sì, uso
la lista in cui si pubblica di notte. l'ho già detto che mi
piace complicarmi la vita, sì?
see ya
aria
|
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Capitolo 2 *** Riflessioni notturne ***
La
vita era strana. Keigo l’aveva sempre pensato.
Aveva attraversato i corridoi del palazzo nel buio più
totale, gettando occhiate furtive oltre le grandi finestre, vetri
circondati da eleganti cornici di pietra, ma era tardi ormai, e non era
riuscito a vedere granché. Lo avevano sempre affascinato,
così come le dimensioni imponenti dell’intera
dimora. Sapeva che, da quelle parti, a circondare il palazzo,
c’erano ampi giardini, e poi, oltre le mura, si aprivano
vasti territori, molti dei quali sotto il controllo dell’uomo
che serviva.
L’uomo a cui aveva votato tutta la sua vita, fin dal primo
momento in cui lo aveva visto. L’uomo che, a partire da
allora, aveva sempre servito fedelmente, indipendentemente dal
territorio in cui era nato e cresciuto.
Era stato assurdo ma aveva capito subito quanto il suo destino fosse
quello di servirlo. Gli era bastato vederlo, così forte,
così imponente, avvolto in un mantello rosso come fiamme
– quelle stesse fiamme che sapeva evocare – per
capire che non c’era nessun’altra persona al mondo
di cui potesse fidarsi che non fosse lui.
Il loro era un mondo basato sulla forza degli elementi. Quegli elementi
che lo modellavano, ogni giorno, disegnando nuovi paesaggi, ma quegli
stessi elementi potevano distruggerlo in un istante.
A nord c’era l’acqua. L’acqua che, con
imponenti dighe e sistemi di costruzione, veniva trasportata in tutti i
regni, e dava da vivere ai popoli. Il nord però era anche il
regno più freddo, molte delle terre sorgevano tra alte
montagne dove l’inverno era estremamente rigido e durava
molto più a lungo.
Il nord era anche il luogo dove si stavano rifugiando in quel momento i
nemici che progettavano di attaccarli. Quel pensiero fece correre un
brivido lungo la schiena di Keigo.
A est sorgevano le terre popolate da coloro che erano in grado di
controllare l’elemento della terra. Tutto ciò che
si poteva fare in superficie – correre, costruire, ma anche
attirare i metalli, ad esempio – era relegato in questo
territorio. Lì, durante la primavera, sbocciavano i
più belli, appariscenti e profumati, e in generale il clima
era prevalentemente mite e generoso con gli uomini che vi abitavano.
A sud, dove si trovava adesso, c’era il regno del fuoco. Un
elemento temibile, distruttivo, assolutamente più pericoloso
e ingestibile rispetto agli altri. Ovviamente era l’elemento
del loro re, il loro scontroso, irascibile e introverso re, che nel
corso degli anni si era assicurato il controllo sulla maggior parte
degli altri territori anche grazie alle fiamme che riusciva a evocare.
C’erano zone aspre, più interne e inospitali, dove
sorgevano vulcani dalla lava incandescente, e altre, come quella in cui
si trovava il palazzo reale, decisamente più tranquille, ma
tutte erano accumunate da estati particolarmente torride. Anche adesso,
mentre si trovavano ormai nel pieno dell’autunno, il clima
continuava a essere gradevole, e l’aria manteneva un certo
tepore.
A Keigo era sempre piaciuto il sud, soprattutto in autunno.
Infine c’era l’ovest, la terra da cui Keigo
proveniva. Questa era caratterizzata dall’elemento
dell’aria, e un forte vento la squassava costantemente, in
ogni periodo dell’anno. In quei territori, oltre a chi
controllava venti e correnti d’aria, c’era anche
chi fluttuava o chi, proprio come Keigo, poteva volare.
Keigo non aveva mai amato particolarmente l’ovest, e appena
aveva avuto la possibilità di trasferirsi al sud
l’aveva colta al balzo, tuttavia avrebbe mentito se avesse
detto di non conservare ricordi piacevoli.
In particolare, per l’appunto, era stato proprio
lì che aveva incontrato Enji per la prima volta.
Fin da subito, vedendo quell’uomo Keigo aveva avvertito una
speranza tanto pura quanto incommensurabile. Aveva pensato che,
seguendolo, avrebbe trovato un futuro migliore di quello che gli si
prospettava rimanendo per sempre a ovest. Gli aveva offerto i propri
servigi, aveva volato per lui in ogni angolo del suo regno, portando
messaggi, obbedendo ai suoi ordini.
In un certo senso, però, Keigo aveva sempre desiderato di
poter essere a sua volta una speranza per il suo re. Di servirlo senza
riserve, di aiutarlo a governare sui suoi territori senza che nessuno
lo contrastasse.
Ecco perché, ora che una minaccia cominciava a premere ai
confini dei suoi possedimenti, Keigo non riusciva a non sentirsi
preoccupato.
Voleva ripagarlo per la sua benevolenza, per
l’opportunità che gli aveva offerto permettendogli
di trasferirsi al sud, di servirlo, senza deluderlo mai, per quegli
anni in cui era stato sempre al suo fianco occupando con lo scorrere
del tempo un ruolo d’importanza maggiore.
Non poteva permettere che accadesse nulla di male.
notes
che ridere. abbiamo cominciato ieri e già ci
sono capitoli brevi.
okay nella mia testa questa cosa doveva essere diversa, ma mi ricordo
che quando ho buttato giù il secondo capitolo volevo
già mollare tutto perché non mi convinceva. poi
non l'ho fatto, però vbb, è rimasto bruttarello
così.
vi ricordate quando nelle note di ieri aveva scritto che le stavo
buttando giù il 30 settembre e che per il 1 ottobre contavo
di andare avanti? ecco, non è stato così. in
pratica sto avendo un mare di problemi tecnici, infatti ringraziamo lo
spirito santo se sto continuando a pubblicare, per di più
ieri non so quanti mental breakdown ho avuto per questa storia e
niente, alla fine ho risolto per miracolo ma i problemi non se ne sono
andati, anzi, oserei dire che sono peggiorati. in ogni caso, si va
avanti, o almeno ci si prova.
mi sono fatta uno schemino, e se riesco a rispettarlo per
martedì dovrei essere riuscita a stilare tutta la long.
spero con tutto il cuore di farcela, anche perché editare,
pubblicare e scrivere in contemporanea diciamo che non è una
passeggiata di piacere.
comunque, su questo capitolo non c'è da dire molto. il
prompt è la speranza, e ho cercato di far sì che
per entrambi i protagonisti fosse rappresentata dall'altro. in
realtà avevo paurissima di rendere tutto in maniera banale,
per questo ho cercato una risoluzione forse più particolare
ma temo che la resa non sia delle migliori, rip.
in più ho usato questo capitolo, un po' di passaggio, per
spiegare la divisione del regno, che rispecchia forse dei canoni molto
basilari del genere fantasy, ma ehi, ammetto di non essere un'esperta
di quest'ultimo, per cui è già tanto il risultato
che ho ottenuto.
piccola considerazione che mi sono dimenticata di inserire nelle note
precedenti: mi rendo conto di essermi scelta due personaggi
nient'affatto semplici, nel senso che (senza spoiler) entrambi in canon
hanno combinato la loro abbondante dose di errori. che vi devo dire,
evidentemente più un personaggio sbaglia e più io
mi sento attratta dal suddetto.
okay, credo di aver detto tutto, salvo stramazzamenti al suolo vari ci
si vede domani.
aria
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Capitolo 3 *** Insonnia ***
Non
riusciva a prendere sonno.
Continuava a rigirarsi tra le lenzuola, senza sosta, eppure, nonostante
la stanchezza per i lunghi giorni di viaggio senza soste, sembrava
essere divenuto incapace di lasciarsi andare al riposo.
Keigo aveva lanciato via le coperte, che si erano ammucchiate in fondo
al letto, dopodiché s’era alzato e, rivestitosi in
fretta, aveva optato per un giro nel palazzo.
Conosceva quel posto così bene ormai che, nonostante la sua
notevole estensione, non v’era alcun rischio che si perdesse.
Era vero, però, che gli immensi corridoi del palazzo, di
notte, sembravano essere un altro luogo.
Era l’unico ad attraversare quegli ambienti nel cuore della
notte, ovviamente. Poco male, s’era detto: osservare il
castello era un’attività che aveva sempre trovato
gradevole. Il silenzio lo portava a domandarsi dove si trovassero tutti
gli abitanti del palazzo in quel momento, ma conosceva fin troppo bene
la risposta – e, mentre ci pensava, aveva sentito lo stomaco
aggrovigliarsi in una morsa. Mentre cercava di scacciare quel pensiero
via dalla sua mente, s’era reso conto che probabilmente non
ci sarebbe riuscito, non per quella notte. Sconsolato, si
lasciò sfuggire un sospiro stanco, dopodiché
recuperò una candela che era rimasta accesa, su un
candelabro abbandonato sopra a un tavolino in mezzo a uno dei corridoi,
dopodiché decise di avviarsi nuovamente verso la sua camera.
Quando vi era giunto, l’aveva trovata esattamente come
l’aveva lasciata, avvolta nel buio più totale. La
luce della luna filtrava dalla finestra, ma l’ambiente era
comunque illuminato fiocamente, e la debole fiamma della candela non
rischiarava molto di più. Keigo aveva attraversato
la stanza, fino a che non aveva raggiunto la finestra. Scostando i
pesanti tendaggi che drappeggiavano sui lati, s’era seduto
sul davanzale.
Per qualche istante, era rimasto ad osservare la candela. La sua
lunghezza era assai ridotta, segno che doveva essere rimasta accesa per
diverse ore, inoltre lungo di essa erano colate abbondanti
quantità di cera.
Keigo era rimasto per diversi istanti, come incantato, a osservare la
fiammella della candela danzare ondulando. Era un movimento lento,
pacato, ipnotico. Si chiese chi avesse acceso quella candela
– in teoria sarebbe potuto essere stato chiunque, visto che
la maggior parte degli abitanti del palazzo possedeva un potere legato
al fuoco, tuttavia a Keigo piaceva illudersi che fosse stato Enji.
Al pronunciare quel nome nella propria mente, Keigo si sentì
sussultare. Chiuse gli occhi, riflettendo che, in fondo, se prima
s’era incupito mentre camminava per i corridoi era per un
motivo simile.
Aveva conosciuto l’uomo che ora serviva diversi anni prima,
quando ancora abitava ad ovest. Un giorno, col sole ormai alto nel
cielo, una delegazione da sud era giunta nei loro territori. Keigo,
come sempre, era ad allenarsi nel volo su una delle alture rocciose che
caratterizzavano la regione in cui era cresciuto – fatta di
enormi canyon rocciosi e sabbie rossastre, elementi che nei secoli
venivano modellati facilmente dal vento.
Lungo le strade era accorso un gran clamore, poteva vederlo chiaramente
mentre planava alto sopra una vallata. Già prima che
giungessero al centro abitato, aveva intravisto una carovana di
carrozze proseguire sicure lungo la vecchia strada dissestata.
Incuriosito, s’era gettato in avanti in picchiata, volando
verso la direzione in cui aveva previsto che sarebbero arrivati. Quando
era giunto nella piazza principale, aveva trovato una nutrita folla che
si era già radunata in attesa. La voce doveva essersi sparsa
in fretta. Tutti parlavano con fare concitato, trepidante: sembrava che
una delegazione dal regno del fuoco stesse per giungere lì,
e che, tra gli altri presenti, vi fossero anche il re e la regina.
Alcuni, a quella notizia, non erano stati affatto entusiasti,
perché se i regnanti si erano scomodati a intraprendere un
viaggio così lungo significava solo che avessero intenzione
di proporre loro di diventare un territorio annesso ai possedimenti del
sud, e nessuno, a ovest, era favorevole all’idea,
giacché da sempre lì la libertà aveva
avuto un forte valore. Keigo, dal canto suo, provava una certa
indifferenza al riguardo, tuttavia per lungo tempo aveva sentito
parlare dei regnanti del sud, e ora era davvero curioso di poterli
finalmente vedere in prima persona.
Nel momento in cui le carrozze avevano fatto ingresso
all’interno della piazza principale, Keigo aveva notato
subito quanto fossero sfarzose. Illuminate dalla luce del sole,
apparivano abbaglianti, e sembravano essere ricoperte da una miriade di
squame fiammanti di drago. Dalla folla si erano levate grida di
acclamazione – per quanto l’ovest tenesse alla
propria indipendenza, ricevere in visita la famiglia reale del sud era
pur sempre un evento emozionante – e tutti presero ad
agitarsi convulsamente, tanto che ora Keigo faticava a vedere davanti a
sé. Avrebbe potuto alzarsi in volo per osservare meglio la
scena, ma era così compresso tra gli altri presenti che non
v’era modo ora che riuscisse ad aprire le ali, inoltre
probabilmente se lo avesse fatto qualcuno gli avrebbe lanciato contro
qualche maledizione – non che gliene importasse poi molto,
certo. In ogni caso, mise su una smorfia infastidita, e attese.
La carovana si arrestò. Sulla prima carrozza viaggiavano il
re e la regina, quella successiva invece era occupata dai loro tre
figli, due maschi e una femmina. A scendere per primo era stato proprio
il re, che era apparso sulla piazza con un’espressione fiera,
solenne, mentre tutti intorno a lui gli tributavano acclamazioni.
In quel momento, Keigo aveva sentito un tumulto sollevarsi nel proprio
cuore.
Non aveva mai visto nessuno come quell’uomo. Fiamme rubizze
danzavano sul suo volto, ma ad aver stregato maggiormente il giovane
ragazzo dell’ovest erano stati i suoi occhi.
Occhi cerulei, di un azzurro intenso come quello del mare.
In quell’esatto momento, aveva capito che lo scopo della sua
vita sarebbe stato servire quel re venuto dal sud.
A ripensarci adesso, Keigo avvertiva un dolore sordo al petto.
Era stato chiaro fin dal primo secondo quali fossero i sentimenti che
provava per quell’uomo. Nessuno l’aveva mai
stregato a tal punto, e Keigo aveva viaggiato a lungo, attraversando
tutti e quattro i regni.
Eppure, esattamente come poco prima in corridoio, non riuscì
a fare a meno di sentire un dolore cieco.
I ricordi proseguivano, mostrando la regina che scendeva dalla
carrozza. C’era qualcosa di profondamente triste e
malinconico nella sua espressione, sebbene mascherato dal leggero
sorriso in cui le sue labbra erano incurvate per via
dell’occorrenza. Capelli argentei e pelle
d’alabastro, la regina di ghiaccio giunta dal nord per
coronare con un matrimonio l’alleanza tra due antiche
famiglie aveva raggiunto con passo leggero e silenzioso il marito,
avvolto in un pesante mantello purpureo.
Fin dalla prima volta in cui li aveva visti assieme, Keigo aveva avuto
la percezione che il loro rapporto fosse tutt’altro che
felice. Avevano tre figli, sì, eppure gli occhi dei due
coniugi sembravano non incontrarsi mai. Rei teneva lo sguardo basso,
quasi intimorita, fissando il terreno che calpestava; le iridi cerulee
di Enji, invece, saettavano da una parte all’altra della
folla, come saggiando quella gente che avrebbe voluto piegare sotto al
suo controllo.
Nessuno dei due sembrava provare un minimo di apprensione o interesse
per l’altro.
A Keigo quell’aspetto era apparso curioso fin da subito.
Negli anni, tuttavia, aveva capito che quella prima impressione
corrispondeva alla realtà.
Il rapporto tra i due coniugi risultava essere gelido, a tratti
inesistente. Rei non prendeva mai parte alle decisioni sul regno,
rimaneva a testa bassa e in silenzio ad ascoltare le parole del marito.
I due non parlavano mai. Anzi, a dir la verità, a non
parlare mai era Rei.
Forse era questo che faceva sorgere quella sorta di stizza nel cuore di
Keigo.
Prima, in corridoio, aveva sentito qualcosa montare dentro di
sé nel momento in cui aveva immaginato il re nel proprio
letto, assieme alla sua consorte. Un sentimento che conosceva fin
troppo bene, ormai.
Gelosia.
Fin dal primo istante in cui l’aveva visto, Keigo
s’era sentito irrimediabilmente attratto da Enji. Aveva
voltato le spalle al proprio popolo, l’aveva seguito e
servito lealmente per tutti quegli anni, salvo sentire i propri
sentimenti accrescere con lo scorrere del tempo.
Era innamorato di lui.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere lui quello a trovarsi disteso
accanto al re, adesso. Avrebbe venduto la propria anima al diavolo pur
di sentire le mani di quell’uomo scorrere sul proprio corpo,
anche solo per una notte.
Era impossibile, lo sapeva bene. Il re non avrebbe mai potuto
ricambiare i suoi sentimenti. Enji poteva avere tutti i difetti che i
suoi detrattori gli imputavano, certamente tuttavia non avrebbe mai
potuto tradire sua moglie.
Soprattutto non con quel servitore venuto dall’ovest che
passava il tempo infastidendolo con le sue punzecchiature.
Così Keigo si faceva bastare anche solo momenti come quello
di poche ore prima, quando aveva poggiato le labbra nello stesso punto
del calice in cui l’avevano lambito quelle
dell’uomo. A suo modo, era qualcosa di esaltante, che faceva
correre brividi d’adrenalina lungo la sua schiena.
Gli occhi di Keigo si persero oltre la finestra, sui boschi che
correvano verso regni distanti. La luna illuminava d’argento
gli aghi di alcuni abeti, laggiù, lontani.
Keigo si portò di nuovo la candela, quasi del tutto
consumata, davanti al volto. Vide un ultimo rivolo di cera scivolare
giù, e depositarsi nel piattino su cui l'aveva appoggiata.
Chissà se l’ha davvero accesa il re, si
ritrovò a domandarsi ancora una volta.
Keigo soffiò sulla candela, che subito si spense, lasciando
la stanza nuovamente al buio.
Per il tempo che gli rimaneva, avrebbe fatto meglio a riposare un
po’. Il giorno successivo si preannunciava piuttosto
estenuante.
notes
sai cosa mi sono dimenticata di dire fino a questo
momento? che spero con tutta me stessa che non ci siano errori.
nel senso. io sto ricontrollando cinquantamila volte prima di
pubblicare, ma già sto avendo dei problemi tecnici
allucinanti col computer, mettici pure che i tempi sono abbastanza
stretti... insomma, io cerco di fare del mio meglio, poi se proprio
qualcosa sfugge temo di non poterci fare più di tanto.
oggi è una giornata un po' meh. ho fatto una fatica
allucinante a mettermi al pc e scrivere i capitoli che mi ero
prefissata. non so alla fine come ci sia riuscita, ma here we are.
prima di parlare del capitolo, una precisazione che non mi pare di aver
fatto finora. la storia vorrebbe mantenere un aspetto medieval fantasy,
ho fatto un po' di ricerche per cercare di essere quanto più
accurata possibile, ma non so quanto ci sto riuscendo alla fine della
fiera. potrei giustificarmi dicendo che alla fine dove non arriva
l'aspetto puramente storico si sostituisce quello fantastico, ma non so
se possa suonare solo come una giustificazione.
parlando del capitolo, invece, non so quanto ci sia da dire. il prompt
della candela spero che almeno un poco si intraveda, quanto a hawks,
invece, sì, è palesemente sottone, ma
dov'è la novità?
qui ho cercarre di introdurre un po' la storia del primo incontro tra
keigo e la famiglia reale, che sarà ripreso più
avanti. per ora, questo è quanto potete sapere.
in realtà non ho molto altro da aggiungere. l'ho detto, sono
un po' scoraggiata, speriamo che le cose migliorino quando
avrò finito di scrivere tutti i capitoli e avrò
meno lavoro da fare, ormai manca sempre meno.
per ora è tutto, ci vediamo domani.
aria
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Capitolo 4 *** Quel filo che ci unisce ***
La
mattina seguente era stato risvegliato da un raggio di sole che gli
aveva colpito in pieno il volto.
Keigo aveva bofonchiato rumorosamente, coprendosi il viso con un
braccio e vagando con l’altro lungo il materasso, alla
ricerca del lenzuolo, che aveva intenzione di tirarsi fin sopra il capo.
Quei pensieri che gli mangiucchiavano il cervello avevano finito per
tenerlo sveglio quasi tutta la notte, togliendogli il riposo. E, dopo
l’ultimo viaggio al nord, Keigo era piuttosto certo di averne
disperatamente bisogno, di un po’ di riposo.
In tutta onestà, tornare a palazzo era la sua croce e
delizia. Rivedere Enji gli riempiva sempre il cuore di gioia, tuttavia
dovergli restare distante ogni volta, trattenersi quando avrebbe voluto
solamente spingersi qualche centimetro più avanti e
sfiorargli le labbra con le proprie, o pensare al corpo di Rei disteso
accanto a quello dell’uomo, la notte, nel loro letto, lo
logorava come un pugnale che si conficcava nella sua carne.
Il ragazzo si era tirato a sedere sul letto, indugiando ancora un poco
prima di alzarsi. Pensava al sole, che faceva capolino tra le montagne
distanti, e pensava al re, quel re che adorava così tanto ma
che non avrebbe potuto mai avere, e che inconsapevole finiva perfino
per togliergli il sonno la notte.
Come sei ridotto male,
Keigo, si ritrovò a pensare tra sé,
prendendosi la testa tra le mani.
A giudicare dalla posizione del sole, ancora basso nel cielo, doveva
essere piuttosto presto. Se si sbrigava, sarebbe stato solo al tavolo
della colazione e, considerando che non aveva voglia di incrociare
alcun membro della famiglia Todoroki di prima mattina, doveva muoversi
in fretta.
Balzò giù dal letto, attraversando la stanza fino
a raggiungere un grande armadio, dove erano riposti dei vestiti che
erano stati realizzati apposta per lui. Le rare occasioni in cui si
lasciava prendere dalla malinconia e rimaneva a palazzo per
più giorni, quella era la camera che solitamente occupava,
affidatagli diversi anni prima. Di solito Keigo preferiva viaggiare
lontano, tenere i propri pensieri occupati, perché la
vicinanza a Enji lo rendeva… debole. Completamente suo
succube, perso nel desiderio di averlo, sebbene la consapevolezza che
ciò non sarebbe potuto mai avvenire.
In ogni caso, quando era a palazzo alloggiava lì.
Recuperò alcuni indumenti puliti, dopodiché li
poggiò sul letto e cominciò a spogliarsi. I suoi
vestiti, dopo il lungo viaggio, non erano ridotti affatto bene: gli
stivali erano impiastrati di fango – quando i ghiacci del
nord si scioglievano, il terreno sottostante finiva per riempirsi di
pozzanghere acquitrinose –, mentre sui vestiti che erano
stati spazzati dal vento freddo era ancora impregnata della polvere
rossastra. La camicia candida, in particolare, non sembrava essere
messa affatto bene.
Keigo gettò tutto in un angolo della stanza, certo che i
domestici del palazzo se ne sarebbero occupati. Poi, una volta rimasto
nudo, si avvicinò al catino di zinco.
Era, come al solito, posato su uno sgabello di legno, davanti alla
piccola scrivania che si trovava a ridosso della parete opposta a
quella contro cui premeva appena la testiera del letto a baldacchino.
Sopra allo scrittoio era appeso uno specchio, dalla forma ovale e
circondato da una cornice dorata. In quel momento, sulla superficie si
riflettevano i pesanti drappeggi azzurri del letto. Keigo mosse qualche
passo in avanti, fino a che non vide la propria immagine nello
specchio. Si ritrovò ad arricciare le labbra, in disappunto.
Aveva una pessima cera. Il volto era pallidissimo, e sotto agli occhi
erano comparse occhiaie violacee, segno di quei giorni estenuanti di
viaggio e dell’ultima notte trascorsa insonne. I capelli,
poi, erano un completo disastro: il vento li aveva tormentati, fino a
renderli ancor più intricati del solito, un vero e proprio
ammasso dorato, senza capo né coda. Le ali, in compenso,
sembravano essere piuttosto in forze, sebbene le piume fossero un poco
arruffate.
Il ragazzo sospirò, con fare esausto, dopodiché
affondò le mani nell’acqua del catino. Sgorgava
gelida nelle cucine, direttamente dagli acquedotti del nord, e i catini
venivano riempiti d’acqua fresca e pulita ogni sera al
tramonto, così che tutti gli abitanti del castello potessero
usufruirne a loro piacimento. Il tepore del palazzo la riscaldava,
così al mattino aveva una temperatura decisamente
più gradevole. Qualcuno, probabilmente uno dei domestici,
aveva lasciato un panno che era rimasto lì a mollo per tutta
la notte. Keigo lo recuperò, strizzandolo bene e poi
cominciando a passarselo su tutto il corpo, pensando che quella potesse
essere una buona idea.
Scivolò sulla sua pelle pallida, passando sul petto, le
spalle, la schiena, tutti punti in cui aveva riportato delle cicatrici
nel corso di lunghi anni di battaglie. Indugiò in
particolare sui fianchi e sul collo. Teneva gli occhi chiusi, e si
ritrovò a sospirare immaginando la presa forte delle dita
del re sui primi o la scia umida che le sue labbra avrebbero lasciato
sul secondo.
Si ritrovò ad alzare le palpebre di scatto. Non si sarebbe
ammonito per quei pensieri, perché si conosceva, sapeva che
era nella sua natura adagiarsi su di essi e non avrebbe mai smesso di
farlo, tuttavia si sentì quasi in colpa, ricordandosi che
no, nulla di ciò su cui gli piaceva fantasticare sarebbe mai
avvenuto, doveva metterselo in testa una buona volta per tutte.
Eppure… non riusciva a darsi per vinto. C’era una
parte di sé irrimediabilmente attratta dal re che non
avrebbe mai smesso di adularlo, di cercare di conquistarlo almeno
finché non fosse riuscito a portarlo nel proprio letto.
Se solo fosse stato possibile…
Sconsolato, Keigo lasciò cadere il panno umido nuovamente
nell’acqua, per poi asciugarsi e rivestirsi in fretta.
Aveva quasi dimenticato che, quella mattina, la sua missione sarebbe
stata quella di sedersi al tavolo della colazione prima
dell’arrivo di un qualsiasi membro della famiglia Todoroki.
Prevedibilmente, la sua missione fallì miseramente.
Una volta arrivato alla sala da pranzo, la stessa della notte
precedente, aveva trovato Enji già seduto a capotavola.
Keigo non ne fu troppo sorpreso. In anni di lavoro al suo fianco, aveva
imparato che il re era una persona estremamente mattiniera.
Oltre all’uomo, comunque, non c’era traccia del
resto della famiglia Todoroki. Per quanto Keigo si fosse perso nelle
proprie fantasie, continuava a essere relativamente presto.
Per un momento, il ricordo della sensazione – seppur
immaginata – delle dita dell’uomo che gli
stringevano i fianchi costrinse Keigo ad abbassare lo sguardo.
La sala da pranzo era inondata dalla luce dorata del mattino. Keigo
l’attraversò in silenzio, tenendo lo sguardo basso
fisso sul pavimento, consapevole che, per quanto avesse cercato di
darsi una ripulita, il suo aspetto continuasse a risultare terribile.
Enji era seduto nella stessa posizione in cui Keigo l’aveva
lasciato la sera precedente, la guancia poggiata al palmo della mano,
il gomito puntellato sul bracciolo della sedia. Perfino la seduta era
la stessa della sera precedente, tanto che Keigo si ritrovò
a domandarsi se non fosse rimasto lì per tutta la notte, a
riflettere, senza essersi accorto della venuta dell’alba.
L’unico mutamento che il ragazzo era riuscito a riscontrare
era che, adesso, l’uomo osservava il paesaggio fuori dalla
finestra. Lo sguardo pareva perso nel vuoto, e a Keigo
sembrò di intravedere in quelle iridi cerulee da cui era
irrimediabilmente attratto un velo di tristezza.
Keigo avrebbe voluto strapparla via dai suoi occhi, se solo avesse
potuto. Aveva l’impressione che, come la sera precedente,
fosse ancora preoccupato per quella gente al nord che minacciava di
attaccarli.
Doveva trovare una soluzione. Non sopportava di vedere quello sguardo
così spento.
«Buongiorno», si decise finalmente a salutarlo, col
solito tono allegro, andando ad accomodarsi a una delle sedie alla sua
sinistra.
Enji sembrò essersi accorto della sua presenza solo in quel
momento.
«Buongiorno», ricambiò, austero,
voltandosi a osservarlo.
Keigo si ritrovò a sorridere. Quando erano da soli sentiva
di poter essere veramente se stesso. Non che per tutto il resto del
tempo si sforzasse di fingere di essere un’altra persona,
solo che, tra loro, certe formalità non c’erano
mai state sul serio, e Keigo era ormai certo del fatto che non fossero
mai piaciute a nessuno dei due. Si era sempre sentito grato, ad
esempio, del fatto di essere uno dei pochi che potesse dare del tu al
re senza rischiare di venire incenerito.
Il ragazzo cominciò a servirsi. Il tavolo era già
stato riccamente imbandito, poteva scegliere tra i più vari
alimenti e bevande. C’era frutta fresca a volontà,
pane caldo e fragrante appena sfornato, latte bianco che era stato
probabilmente munto poco prima – non distanti dal castello,
infatti, c’erano anche le stalle dei mugnai che rifornivano
la famiglia reale ogni mattina. Keigo si versò il latte in
una tazza, mentre recuperò da un vassoio una fetta di una
torta nella quale non aveva la minima idea di cosa ci fosse. La morse
per assaggiarla: aveva un sapore fresco, di pere, e forse anche di un
qualche formaggio, ma non riuscì a riconoscere quale fosse.
Sembrò accorgersi solo in quel momento di quanto avesse fame.
Nel frattempo, lanciò un’occhiata in direzione del
re. Enji era tornato a osservare il panorama fuori dalla finestra, con
lo stesso sguardo immalinconito di poco prima. Sembrava che
l’arrivo di Keigo non fosse riuscito minimamente a
risollevarlo, e la cosa gettò il ragazzo in una sorta di
sconforto. Di solito riusciva sempre ad alleggerire i suoi pensieri, ce
l’aveva fatta anche la sera precedente. Allora
perché quella mattina non succedeva lo stesso?
Keigo tornò a pensare al giorno in cui l’aveva
conosciuto per la prima volta. Aveva capito da subito come ci fosse un
filo a collegarli. Aveva cercato di intercettare per tutto il tempo gli
occhi azzurri del re tra la folla, e aveva atteso a lungo che tutti
avessero smesso di ronzargli attorno per avvicinarsi a lui.
Quando finalmente si era ritrovato al suo cospetto, Keigo si era
profuso in un ampio inchino.
«Maestà», s’era introdotto.
«Permettetemi di offrirvi i miei servigi.»
Il re e la regina erano stati fatti accomodare su due troni, sopra una
pedana di legno nella piazza principale. Enji si era portato una mano
al mento, riflettendo attentamente.
«Il tuo popolo non sembra avere alcuna intenzione di
servirmi», aveva commentato. «In cosa saresti
diverso tu?»
Sul volto di Keigo, ancora rivolto a terra, era comparso un sorriso.
Per la verità si poteva dire che non avesse atteso altro che
una domanda del genere.
«Beh, ecco… oserei dire che sono diverso in tutto»,
aveva risposto. Keigo aveva dispiegato le grandi ali cremisi alle
proprie spalle, strappando alla corte del re dei mormorii ammirati.
Enji, al contrario, non sembrava essere particolarmente sorpreso.
Teneva le braccia conserte, osservando il ragazzo con
un’espressione critica.
Keigo non ci aveva dato troppo peso. Si era librato in aria, fluttuando
sopra alla folla.
«Le mie ali mi rendono incredibilmente veloce. Posso
percorrere la stessa distanza che un uomo compie a cavallo per giorni
in meno della metà del tempo», aveva spiegato.
«In più, posso controllare le mie piume. Posso far
si che si distacchino dalle mie ali, ed essendo robuste e resistenti
posso usarle come armi. Sono ottime sia in attacco che in
difesa.»
Ciò detto, il ragazzo s’era esibito in una
dimostrazione pratica. Aveva chiuso gli occhi, ordinando mentalmente a
una delle sue piume più lunghe di staccarsi dalle ali.
Queste gli aveva subito obbedito, e Keigo ne aveva approfittato per
afferrarla al volo. L’istante successivo aveva preso a
vorticare rapidamente in circolo sopra alla piazza, mostrando anche
alla gente con cui aveva sempre vissuto quanto fosse migliorato, in
quei mesi in cui s’era allenato da solo.
All’improvviso s’era lanciato in picchiata in un
punto della piazza, dove si trovava un banchetto su cui era esposta
della frutta. Il ragazzo aveva recuperato una mela, per poi lanciarla
in alto, mentre volava di nuovo davanti al re.
Prima che la mela potesse atterrare al suolo, Keigo l’aveva
tagliata in due metà precise, senza nemmeno guardarla. Aveva
allungato una delle due metà al re, guardandolo dritto negli
occhi cerulei con i propri dorati, colmi di sfrontatezza, mentre si era
portato l’altra alle labbra, mordendola con gusto.
Quella era solo un giochetto di prestigio, lo sapeva bene. Poteva fare
molto di più per impressionare il suo re, ed era pronto a
dargliene prova, se solo gli avesse permesso di seguirlo.
Ancora adesso, Keigo non sapeva se Enji avesse lasciato che li
seguisse al sud perché sinceramente colpito dalle sue
abilità o per quei suoi modi che, a uno sconosciuto,
potevano apparire presuntuosi.
Ma non gli importava. Era felice che, per tutti quegli anni, Enji gli
avesse permesso di rimanere al suo fianco per servirlo.
Keigo si era portato la tazza di latte alle labbra, bevendolo
avidamente, assetato.
Aveva seguito quel filo che li univa, percorrendo la distanza che li
separava, e non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lui.
notes
io non ho capito esattamente per quale motivo ieri non
sono riuscita a mettere il link del terzo capitolo nel commento su fb,
spero che fanwriter.it abbia pietà di me. giuro che oggi
m'impegno di più!
comunque! oggi sto un po' meglio d'umore rispetto a ieri. l'unica cosa
che mi turba è che non sono particolarmente soddisfatta dei
capitoli che ho scritto, ma ehi, verranno pubblicati verso la fine del
mese, quindi mi giocherò allegramente la carta della
stanchezza.
per il resto, due cose belle: è molto probabile che domani
finirò effettivamente di scrivere questa long (ancora non ci
credo help), mentre tra due giorni potrò pubblicare... un
capitolo molto bello. eheh, non vi spoilero niente, per ora.
parlando di questo, di capitolo, abbiamo approfondito il primo incontro
tra questi due. ora che ci penso, c'è qualche elemento in
comune con il loro primo incontro canonico, e urlo,
perché la cosa non era assolutamente intenzionale.
quello che più mi premeva, in realtà, era
sottolineare appunto quanto Keigo si senta debole per Enji,
perché sì dai, penso sia palese che sia
così. ammetto che la parte del catino è stata
molto divertente da scrivere, ahah.
quanto al prompt di oggi, invece, la parola era filo. allora, da quando
questi due sono entrati a far parte della mia vita dico sempre che
hanno riscritto il mio concetto di anime gemelle, e come dice taylor
swift one single thread
of gold tied me to you. per me questi due sono
sempre stati legati da un filo ed erano destinati a incontrarsi, se
siete in pari col manga forse sarete d'accordo con me. quindi
sì, l'interpretazione del prompt è stata quella
metaforica del filo del destino. dico sempre che Keigo è
sottone, ma la verità è che forse io lo sono
più di lui – solo che per
entrambi, lol.
per oggi è tutto. grazie a chiunque stia seguendo la storia
♥
a domani, e non vi nascondo di essere super
elettrizzata!
aria
|
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Capitolo 5 *** La prima neve ***
La
neve era arrivata troppo presto.
Una mattina, quando dicembre non era cominciato che da pochi giorni, i
domestici – i primi a svegliarsi, all’alba, per
occuparsi delle varie faccende del castello – avevano trovato
ad attenderli grandi fiocchi bianchi che scendevano dal cielo lenti,
cauti, adagiandosi al suolo sofficemente, come se fossero stati della
stessa consistenza di piume.
A terra lo strato nevoso era già piuttosto spesso, e
ciò doveva significare che i fiocchi dovevano essere
cominciati a cadere già nella notte, nel silenzio
più totale, mentre il cielo era ancora nero e illuminato
soltanto dalle stelle.
L’arrivo della nevicata era stata accolto con gioia dalla
maggior parte degli abitanti del castello.
Il re, invece, ne era rimasto profondamente turbato.
Se le voci di cui era stato informato erano vere, quando a primavera
quella neve si sarebbe sciolta il suo regno sarebbe stato vittima di un
terribile attacco.
Da giorni aveva cominciato a pianificare delle strategie. Se fossero
arrivati fino al palazzo, avrebbe dovuto fortificare le difese che lo
circondavano. Il suo intento, tuttavia, era di battere
l’avanzata sul tempo, andando incontro a quei nemici e
fermandosi prima che potessero proseguire oltre. Certo, il successo di
quell’operazione dipendeva tuttavia dal fatto che avrebbero
dovuto tassativamente sconfiggere, quando vi si sarebbero trovati di
fronte, quella minaccia venuta dal nord. In caso contrario, la strada
per il palazzo reale sarebbe stata spianata dinanzi a loro.
Enji distolse lo sguardo da un cespuglio spoglio, privo di foglie ma
sui cui rami nudi ed esili si era comunque posata della neve. Quella
mattina era uscito presto, senza avvisare nessuno e senza nemmeno aver
messo prima qualcosa sotto ai denti. Aveva bisogno di pensare, e la
quiete dei boschi innevati non troppo distanti dal castello gli era
parsa un’ambientazione perfetta per farlo.
Non era normale che ci fosse la neve al sud. Anche d’inverno,
le temperature non scendevano mai in maniera radicale, garantendo una
stagione mite. Difficilmente si raggiungeva lo zero, e ancora
più raro era vedere la neve, lì.
A ben pensarci, in tutto quel periodo non c’era assolutamente
niente di normale.
Il re era stato strappato dai suoi pensieri dall’improvviso
frastuono che aveva sentito alle sue spalle.
Voltandosi, aveva intravisto la minuta figura di Keigo farsi strada tra
gli alberi, agitando vistosamente le braccia per farsi notare.
«Sei uscito di buon mattino!», l’aveva
salutato, raggiungendolo, il respiro che si condensava in piccole
nuvolette.
Enji si era lasciato sfuggire un grugnito. «Come mi hai
trovato?», aveva domandato, fissando un punto davanti a
sé per non incontrare le iridi dorate del ragazzo.
Keigo si era stretto nelle spalle. «Le impronte»,
aveva risposto con ovvietà. «Ne hai lasciate
così tante a partire dal castello che non ho dovuto far
altro che seguirle.»
Questa volta il re si era voltato a osservarlo. Il ragazzo, come lui,
aveva avuto l’accortezza di abbigliarsi con dei vestiti
piuttosto pesanti, compresi i mantelli, azzurro quello di Keigo, mentre
Enji ne aveva uno rosso, colore dello stemma della casa reale e delle
sue fiamme. «E sei venuto fin qui a piedi?», aveva
domandato, con un tono che era suonato più rude di quel che
avrebbe voluto.
Keigo non ne era sembrato particolarmente sorpreso. Ormai era abituato
alla natura burbera dell’uomo. «I rami di questo
bosco sono troppo bassi, volare fin qui sarebbe stata
un’impresa», aveva ammesso, ed Enji aveva notato
solo in quel momento quanto stesse tenendo le ali vicino al corpo per
farsi strada tra gli alberi. «Ma non mi dispiace aver
camminato un po’! Più mi guardo intorno e
più ho l’impressione di trovarmi in un luogo
incantato.»
Come a voler sottolineare il concetto, il ragazzo aveva allargato le
braccia, quasi desiderando di abbracciare gli alberi e il terreno
innevati intorno a loro. Probabilmente anche lui doveva essersi reso
conto di quanto fosse strano che la neve fosse caduta lì, ma
era piuttosto bravo a non darlo a vedere: sul suo volto, infatti,
traspariva soltanto una certa gioia fanciullesca, mista a eccitazione,
dovuta a quell’evento inatteso.
In realtà, Keigo era preoccupato. Sapeva cosa significasse
la neve per il suo re, e soprattutto cosa avrebbe comportato il suo
scioglimento, una volta giunta la primavera.
Non appena si era svegliato, affacciandosi alla finestra e ritrovandosi
a osservare quello spettacolo, il suo primo pensiero era volato a Enji.
Sapeva che ne sarebbe stato turbato, così era scattato a
cercarlo, ma dopo aver fatto il giro del palazzo si era reso conto che
non fosse lì. Arrivato all’ingresso, aveva trovato
la soglia socchiusa, e fissando con attenzione i giardini
s’era reso conto della presenza, a terra, di alcune impronte.
Non aveva avuto il minimo dubbio che fossero quelle del re.
Aveva capito che, per Enji, la neve voleva solo dire che il tempo che
avevano a disposizione per prepararsi all’imminente attacco
nemico stava per scadere. Da giorni vedeva il re corrucciarsi, sempre
più cupo seduto sul suo trono, riflettere su quali fossero
le misure migliori da adottare. Era stato dato l’ordine di
innalzare enormi palizzate di legno attorno al castello, inoltre tutti
i migliori combattenti delle contee sottomesse erano stati convocati a
palazzo. Avrebbero formato l’esercito che sarebbe avanzato
verso nord, cercando di arrestare la calata nemica.
Nonostante questo, tuttavia, il re continuava a non sentirsi
tranquillo, Keigo glielo leggeva chiaramente in faccia. Non erano
riusciti a raccogliere molte informazioni riguardo a quei nemici, e
doversi ritrovare a combattere così, pressoché al
buio, era decisamente sconveniente.
Per tutto il tempo, Keigo s’era impegnato a rimanergli al
fianco. Ci teneva a supportarlo, a rendergli gli incarichi meno
gravosi, almeno un poco.
Enji, tuttavia – come sempre, d’altronde
– era granitico. Non permetteva a nessuna emozione di
trasparire all’esterno, concentrandosi piuttosto nel
preparare le difese, al fine di non lasciare impreparato il proprio
regno. Sapeva che doveva dimostrarsi forte agli occhi del suo popolo,
era ciò che aveva sempre fatto.
Solo che Keigo temeva che questa volta tutto il suo impegno non sarebbe
bastato. Un singolo errore, sottovalutare gli avversari, mettere un
piede in fallo, avrebbe comportato perdere l’appoggio degli
alleati. E, senza di loro, difficilmente sarebbero riusciti ad
arrestare l’avanzata nemica.
Ecco perché Keigo era lì. Voleva con tutte le sue
forze farsi carico almeno di una parte delle preoccupazioni del suo re.
Voleva alleggerire quel peso, rasserenarlo almeno un poco.
Aiutarlo era tutto ciò che desiderava.
Intorno a loro, i fiocchi di neve continuavano a scendere lenti. Nel
momento in cui Enji si era voltato nella sua direzione, Keigo ne aveva
sentito uno posarsi sulla punta del suo naso. Aveva chiuso gli occhi,
ridacchiando, e allungando la testa verso l’alto ne aveva
cercati altri, continuando a tenersi ben stretta attorno al collo una
sciarpa di lana per proteggersi dal freddo.
Osservando quella scena, sul volto del re era spuntato un sorriso
appena accennato.
Era davvero difficile definire il rapporto che lo legava a quel
ragazzo. Keigo viveva a corte da anni, ormai, ed era l’unico
a cui il re permettesse di prendersi determinate libertà. Se
qualunque altro suo servitore si fosse messo a scherzare in sua
presenza allo stesso modo del ragazzo, probabilmente si sarebbe
ritrovato all’istante senza lavoro.
Keigo no, però.
Era il primo a cui Enji si rivolgeva quando aveva bisogno di un
consiglio per la gestione dei vari regni che amministrava, anzi, forse
addirittura l’unico. Si fidava ciecamente di lui, e non
l’avrebbe mai ammesso ma si sentiva quasi…
sollevato al pensiero che fosse tornato a corte in un periodo
così complesso.
Anche quei modi insolenti e provocatori che aveva sempre avuto,
così poco adatti per rivolgersi a un re, in
realtà non lo infastidivano più. Si era abituato
alla natura sfacciata del ragazzo, e per la verità non gli
dispiaceva troppo.
Era tutto complicato. Il modo in cui vedeva Keigo, come le cose tra
loro fossero sempre andate così veloci, il poco tempo che
rimaneva.
Rei che, in una stanza lontana del castello, probabilmente ancora
riposava, distesa nel letto che Enji condivideva con lei.
Quel pensiero strinse lo stomaco del re in una morsa, di colpo
sentendosi in colpa per come s’era sentito rassicurato
quando, poco prima, aveva visto le labbra di Keigo piegarsi in un
sorriso.
L’uomo tornò a incupirsi quasi subito, puntando lo
sguardo a terra.
«Faremo meglio a tornare a palazzo», aveva tagliato
corto, già voltandosi e riprendendo a camminare verso i
giardini.
Keigo era rimasto per un momento bloccato sul posto, confuso, cercando
poi di recuperare il terreno che il re aveva già messo tra
loro.
«Mh, sì!», aveva convenuto,
raggiungendolo e mettendosi a camminare al suo fianco, sorridendogli
raggiante mentre si lasciavano alle spalle il paesaggio innevato del
bosco.
notes
oggi ho due notizie, una buona e una cattiva.
quella buona: come aveva programmato, oggi sono finalmente riuscita a
portare a termine questa storia! sono circa 60 pagine e 40.000 parole,
e confesso che inizialmente non aveva affatto immaginato che il
progetto per il writober potesse rivelarsi così ampio. a
volte penso che avrei potuto rendere meglio qualcosa, ma ormai
è andata, già aver portato il tutto al termine
è un gran traguardo! confesso che avevo paurissima, di
solito le storie che continuavo a scrivere mentre pubblicavo non
vedevano mai la fine, però evidentemente stavolta avevo una
strada più chiara da percorrere davanti a me. poi vbb, se
proprio qualcosa non mi convince penso di essere ancora in tempo per
sistemarla, in ogni caso – evviva, ce
l'ho fatta! adesso come premio voglio andare in un negozio e prendere
il peluche bellissimo a forma di pinguino che ho visto un po' di tempo
fa, mh.
quella cattiva: mi è venuto il raffreddore, e anche un gran
mal di gola. ringraziamo mio padre che me li ha passati, rip. adesso ho
il terrore di dover rimanere di nuovo un mese a letto malata come
quest'inverno ;-; facciamo che se i capitoli finali della storia non mi
saranno (secondo il giudizio di chi legge la storia) venuti bene daremo
la colpa a questo, sì!
per il resto, parliamo del capitolo. il prompt di oggi era neve, e
diciamo che ci sono andata a nozze viste le premesse che ho impostato
all'inizio della storia. in realtà può sembrare
che nel capitolo non succeda molto, ma visto che la minaccia che
tormenta i nostri eroi (in tutti i sensi lol) ha a che vedere con la
neve, e con l'esattevva con il suo scioglimento, direi che parlarne
è stato molto importante. vbb inutile negarlo io riesco solo
a pensare a quello che succederà domani e mi va il cervello
in pappa all'idea, ma okay, questo passaggio serviva pure per mostrare
un po' il punto di vista di Enji riguardo a Keigo, ma okay, credo di
aver fallito miseramente.
bene, vi do appuntamento a domani. sappiate che sto già
ghignando malefica, ahah, non vedo l'ora che arrivi!
come al solito grazie a tutt* quell* che spendono un po' del loro tempo
per leggere questa storiai ♥
see you!
aria
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Capitolo 6 *** Attento a quel che sogni ***
Era
notte fonda.
La neve aveva ricominciato a cadere copiosa, il vento che la
trasportava con furia e la faceva vorticare davanti alle finestre prima
di permetterle di cadere a terra.
Nel silenzio più totale, rotto soltanto dal rumore netto
delle raffiche forti del vento, era cullato il sonno degli abitanti del
castello, tutti profondamente addormentati con tranquillità.
Tutti, eccetto uno.
Keigo si rigirava tra le coperte, come incapace di darsi tregua.
Dormiva, lo si capiva dai suoi occhi chiusi, ma non si poteva dire che
il suo fosse un sonno tranquillo.
L’espressione sul volto era contratta, e più volte
dalle sue labbra erano scivolati dei gemiti.
Se qualcuno lo avesse visto in quelle condizioni avrebbe potuto pensare
che fosse preda di un incubo. La natura dei suoi sogni, in
realtà, era ben diversa.
Ogni volta, tornare a palazzo era un azzardo anche per quello, lo
sapeva bene. La vicinanza di Enji non… lo condizionava solo
in bene. Intercettare il suo sguardo, nelle varie sale del castello,
passare del tempo assieme, e poi quel sorriso, che Keigo aveva visto
spuntargli in volto mentre camminavano, attraverso il bosco inondato di
neve… era davvero troppo.
Sapeva che non si sarebbe dovuto lasciare andare a certi pensieri, ma
aveva pur sempre bisogno di sfogarsi, o sentiva che sarebbe impazzito.
E poi, finché fossero rimasti racchiusi nella notte e nei
suoi sogni, non avrebbero fatto del male a nessuno, no?
Così ecco che, quando i suoi occhi si chiudevano, come
quadri in movimento iniziavano a dipingersi e a danzare scene
accuratamente dettagliate.
Veniva da chiedersi se fossero davvero sogni.
Era come se qualcuno, nelle tenebre, facesse colare del liquido
– simile a inchiostro nero, ma pieno di sfumature di diversi
colori – da una boccetta di vetro. Lentamente,
quell’ammasso confuso sembrava diventare più
chiaro, e la scena prendeva a formarsi davanti ai suoi occhi.
Il sogno era quasi sempre lo stesso. Potevano variare alcuni dettagli,
ma non la sostanza.
Keigo era lì, osservava la scena, ma non riusciva a vedere
chiaramente il proprio corpo. In compenso, davanti a sé,
distingueva nitidamente un baldacchino dai tendaggi e le lenzuola
purpuree, e sul letto stavano avvinghiate due figure.
La prima, un corpo forte, possente, ne sovrastava un altro,
più snello. Keigo non aveva bisogno di guardare meglio per
essere certo che l’uomo che vedeva solo di spalle fosse il
suo re – avrebbe riconosciuto ovunque quei fasci di muscoli
che vedeva guizzare ovunque, sulle spalle, lungo la schiena, troppe
volte s’era concesso con eccessiva indulgenza di lasciar
vagare il proprio sguardo su quella muscolatura così
definita.
Lo vedeva muoversi con sicurezza, e la stanza era invasa da gemiti, una
tonalità troppo acuta però perché
potesse pensare che a lasciarseli sfuggire fosse il re.
Era in quel momento che la prospettiva da cui osservava la scena
sembrava cambiare improvvisamente, e ora, anziché alle
spalle delle due figure, si trovava al loro fianco, in basso
– inginocchiato, forse.
La persona distesa sul materasso aveva gli occhi chiusi, e il cuscino
su cui teneva poggiato il capo era invaso da capelli dorati. La schiena
leggermente inarcata, riceveva con accondiscendenza le spinte
dell’altro uomo dentro di sé, mentre dalle labbra
socchiuse sfuggivano, come aveva sentito, gemiti.
Keigo aveva avvertito un tuffo al cuore nel momento in cui
s’era reso conto che la figura distesa sotto al re era
proprio lui.
Stava sognando di fare l’amore con Enji.
Nella notte, il suo volto ancora incosciente s’era
imporporato appena per l’imbarazzo.
La scena era maledettamente accurata, sentiva il letto cigolare, le
lenzuola frusciare, i loro ansiti fondersi assieme. Era tutto
così reale che, a tratti, gli sembrava di sentire il re
affondare in sé. Nel sogno aveva serrato gli occhi, gemendo
di piacere, sperando tuttavia che quella scena potesse sparirgli da
davanti.
Subito dopo, si era risvegliato, ansimando. Aveva capito subito di non
trovarsi più nel sogno, perché adesso era
nuovamente nella sua camera avvolta dalle tenebre.
Si era tirato a sedere sul letto. Respirava ancora affannosamente, e
sentiva il cuore martellargli nel petto. Si era passato una mano alla
fronte, trovandola madida di sudore.
Era troppo. Tutta quella storia era davvero troppo da sopportare.
Andava avanti da tempo. Dal primo istante in cui l’aveva
conosciuto, aveva capito che Enji Todoroki esercitasse su di lui un
fascino che nessun altro aveva. Più passavano gli anni e il
tempo che trascorreva al suo fianco, più i sentimenti che
nutriva nei suoi confronti accrescevano. Magari all’inizio
era stata davvero solo ammirazione, adesso però sapeva bene
che si trattava di qualcosa di più profondo, più intenso.
Quando passavano più tempo del solito l’uno
accanto all’altro, poi, la situazione peggiorava, si faceva
più nitida, più ingorda.
Sì, desiderava
fare l’amore con il suo re. Ogni sguardo che
lasciava sulla sua pelle lo sentiva bruciare, ogni
ritaglio di tempo che gli concedeva trascorrendolo con lui lo faceva
sentire onorato.
Il pensiero che quelle, per quanto minuziose, fossero solo fantasie e che non
si sarebbero mai potute avverare, però, lo logorava.
Era per questo che, per quanto quei sogni fossero in grado di colmarlo
di piacere, a volte avrebbe preferito potervi fuggire.
Tutta quell’illusione lo distruggeva. Sapeva che non poteva
avere Enji, lui aveva già Rei al suo fianco, inoltre non
esisteva alcuna possibilità che, in ogni caso, il re potesse
ricambiare i suoi sentimenti.
Allora perché
farsi del male così? Perché sognare di fare
l’amore con lui, se poi non potrò mai averlo?
Keigo se lo domandava spesso, affranto, senza riuscire a darsi una
risposta. S’era rimproverato mille volte per quelle fantasie
fin troppo licenziose, perché sapeva che non avrebbero
potuto mai realizzarsi, eppure ogni volta queste tornavano a
presentarsi, malefiche.
Forse, la verità era che Keigo non riusciva a dispiacersi
fino in fondo di quei pensieri. Aveva una malcelata passione per quel
perdersi nelle proprie sordide fantasie.
Si diceva che era uno sfogo. Finché avesse avuto quei sogni,
avrebbe relegato in essi il desiderio che aveva per Enji.
In fin dei conti, che
male poteva fare un sogno?
Il ragazzo si era lasciato sfuggire una risata esausta, mentre tornava
a distendersi con la schiena sul letto.
Voleva restare aggrappato a quegli scampoli di piacere ancora per un
po’, senza alcuna intenzione di lasciarli sfuggire.
notes
aiuto. che stanchezza.
mi è tipo salita la febbre, in più oggi sono
andata veramente in missione a prendere il peluche che volevo. sono
tornata poco fa, sono esausta, sto editando adesso e prego con tutta me
stessa di non star lasciando errori, rip.
comunque. questo è il capitolo che non vedevo di pubblicare.
finalmente è qui, lol.
immagino che adesso comprendiate perché fossi tanto ansiosa
al pensiero di postarlo, ahah. non appena ho visto il prompt sogno ho
deciso che dovevo mettere questa scena, così eccoci qua.
che poi oh, per me una cosa del genere a hawks potrebbe capitare
benissimo anche in canon. ve l'ho già detto che è
un sottone, sì?
e così eccolo a sognare qualcosa che forse non dovrebbe,
soprattutto visto che riguarda il suo re. keigo è abbastanza
convinto che i suoi sogni non diverranno mai realtà, ma
sarà davvero così?
per oggi temo che non mi dilungherò oltre perché
qui sta per scoppiare un temporale e se salta la corrente sono finita
perché il mio pc funziona solo se collegato
all'alimentazione – sì, ho
dei grandi mezzi a disposizione, lo so.
come al solito ringrazio tutte le persone che si fermano anche solo per
dare un'occhiata alla storia, non sapete che carica mi date! grazie a
chi sta seguendo quest'avventura, ci vediamo domani –
e ora corro a riposare, yeah!
aria
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Capitolo 7 *** Ricamo prezioso ***
Enji
avrebbe voluto darsi pace.
Era un pomeriggio piuttosto tranquillo, il sole mite già
piegava verso ovest e il cielo si era tinto di una tonalità
aranciata. Quel colore intenso aveva finito per invadere anche la sala
del trono, infrangendosi a terra in mille gocce luminose.
Il castello era invaso da un gran silenzio. Aveva visto Keigo per
l’ultima volta quel mattino, quando avevano concordato che il
ragazzo avrebbe passato in rassegna i vari lavori che fervevano attorno
al castello, dopodiché era scomparso, allontanandosi in
direzione dei boschi, dove si stavano organizzando dei presidi contro
le orde nemiche.
Senza la risata cristallina del ragazzo, il silenzio del palazzo
sembrava insopportabile.
La sala del trono era un’enorme stanza a pianta rettangolare,
lasciata perlopiù senza arredi. Era il luogo dove venivano
accolti gli ospiti più influenti, e dove si svolgevano gli
annunci solenni. Dalla parte opposta alla porta, percorsa una lunga
distanza, si raggiungevano i troni del re, il più grande, e
della regina, uno scranno dalle dimensioni leggermente più
esigue rispetto all’altro, posto alla sua sinistra. Le due
sedute erano collocate sopra a pochi scalini di pietra, bassi, e quella
del re aveva una posizione centrale.
Dagli scalini scendeva un sottile tappeto rosso, che ricopriva in parte
il pavimento della stanza. Per il resto, escluso un grande
candelabro di ferro nero, le cui candele erano al momento spente, che
pendeva dal soffitto e alcune sedie che venivano portate lì
all’occorrenza, quando degli ospiti giungevano a corte, la
stanza era pressoché spoglia. Il vero punto focale della
sala, tuttavia, erano le grandi finestre che correvano sia a sinistra
che a destra. Lunghi vetri piombati si susseguivano l’uno
dietro all’altro, incastrati tra le mura di pietra e
terminando tutti in un arco lievemente puntuto.
Tutte quelle finestre rendevano l’ambiente estremamente
luminoso, tanto che lì, di giorno, non era necessario
utilizzare altri tipi di illuminazione.
Una voce sottile richiamò Enji alla realtà.
«Papà?»
Per Enji fu come risvegliarsi da un lungo sonno.
Quel pomeriggio, Fuyumi era rimasta con lui nella sala del trono. Sua
figlia era seduta a terra, su uno degli scalini, e teneva in grembo la
piccola cornice circolare del telaio su cui aveva passato il tempo a
ricamare. Lo stava guardando attentamente, quasi preoccupata, ed Enji
si era reso conto che doveva stare osservandolo già da un
po’ di tempo.
Il re si era portato una mano al volto, stringendo appena le palpebre
tra pollice e indice. «Scusa, Fuyumi», si era
ritrovato a giustificarsi. «Temo di essermi perso nei miei
pensieri.»
La ragazza si era ritrovata a sorridere, comprensiva. Lentamente,
s’era alzata in piedi, salendo sui gradini fino a raggiungere
il trono del padre.
Tra i suoi tre figli, Fuyumi era quella con cui aveva un rapporto meno
travagliato. La ragazza aveva preso tutto da Rei, le assomigliava in
ogni tratto, negli occhi grandi e dolci, nell’indole docile,
nei modi gentili. Entrambe controllavano il ghiaccio, magia complessa
che solo alcune popolazioni che abitavano l’estremo nord
domavano. Inoltre, i loro capelli avevano la stessa candida
tonalità, eccezion fatta per alcune sfumature rossastre che
Fuyumi aveva ereditato da Enji.
Come con i popoli che controllava, Enji non era mai stato tenero
nell’educazione e nel rapporto con i suoi figli. Fuyumi era
quella che gli portava meno rancore per questo. Shoto era arrivato a un
punto in cui preferiva lasciarsi tutta quella storia alle spalle, e per
quanto lo facesse soffrire ancora cercava di accantonarla con
indifferenza, mentre Natsuo era quello che tra i tre continuava a
provare più rabbia.
Rei gli aveva detto, in passato, che lui e Natsuo avevano un carattere
molto simile, di natura irascibile, ed Enji cominciava a pensare che
avesse ragione.
Fuyumi si era appoggiata a un bracciolo del trono con un fianco,
posando la fronte contro quella del padre. Enji gli aveva avvolto un
braccio attorno alla vita, attirandola maggiormente a sé.
«Sei preoccupato per i nemici che minacciano di
attaccarci?», aveva domandato la ragazza.
Enji aveva annuito. Aveva cercato di far trapelare la notizia il meno
possibile, ma i lavori di adeguamento delle mura del castello e il
recente viavai di cavalieri erano stati impossibili da nascondere.
Aveva dato la notizia alla sua famiglia una sera a cena, dicendo loro
di cercare di non allarmarsi più del dovuto. Natsuo gli
aveva rinfacciato quanto fosse debole, nel momento in cui dei nemici
partivano dal nord e arrivavano fin laggiù senza incontrare
quasi nessuna resistenza. Forse Rei l’aveva rimproverato per
quell’affermazione, troppo impertinente da rivolgere al
proprio padre e re, ma Enji non lo ricordava. In realtà
Natsuo aveva ragione, non aveva mai provato a negarlo. Era stato
debole, aveva messo la sua famiglia in pericolo per… quale
motivo, esattamente?
Fuyumi gli aveva accarezzato i corti capelli rossi, alla base della
nuca. Era finito con una guancia affondata nel vestito morbido di sua
figlia. Era bianco, come la neve, come i suoi capelli, e numerosi
merletti correvano lungo di esso, nel colletto finemente ricamato,
sull’ampia gonna che, un poco vaporosa, scendeva fino alle
sue minute e aggraziate caviglie. Fuyumi era così abile nel
ricamo che Enji non stentava a immaginare che avesse cucito lei stessa
quel vestito.
Non si era mai concesso particolari esternazioni d’affetto
con i suoi figli, ecco perché la situazione come quella che
stava vivendo gli sembrava inusuale. Era bella, però. Si
sentiva come se Fuyumi stesse tessendo una tela e vi stesse
intrappolando lì tutte le sue preoccupazioni. Era piacevole.
«Non dovresti», aveva commentato la ragazza.
«Tu sei forte, papà. Vedrai che riuscirai a
respingerli senza troppi sforzi.»
Dalle labbra di Enji era scivolato un sospiro profondo. Avrebbe voluto
rimaner ancorato a quelle parole, stringerle fino ad assorbirle in
sé, a crederci veramente.
«Mi dispiace», aveva mormorato. Non era mai stato
bravo a chiedere scusa, troppo egoista per questo, e il più
delle volte aveva finito per non farlo, senza riuscire a vincere
l’orgoglio. La verità era che si sentiva
mortificato. «Mettervi in apprensione era davvero
l’ultimo dei miei desideri.»
«Papà, stai scherzando?» Fuyumi si era
lasciata sfuggire una risata soave, simile a uno scampanellio. Si era
scostata appena dal corpo del padre, per poterlo guardare negli occhi.
«Sappiamo che vuoi il meglio per il nostro regno. Abbiamo
fiducia in te.»
La ragazza aveva sciolto con gentilezza l’abbraccio.
S’era voltata, facendo per scendere nuovamente giù
dai gradini e tornare ai suoi ricami.
«Fuyumi», l’aveva richiamata Enji.
«Sì?», aveva risposto lei, voltandosi a
osservarlo.
Enji aveva sorriso. Era incredibile il modo in cui sua figlia riuscisse
a capirlo, come fosse in grado di dirgli esattamente ciò di
cui aveva bisogno al momento giusto.
«Grazie. Per tutto», aveva affermato.
Dietro a quelle parole, in realtà, si celavano molti
significati. Grazie per essermi rimasta accanto, almeno tu. Grazie per
aver almeno cercato di perdonarmi.
Fuyumi aveva ricambiato il suo sorriso, gli occhi che scintillavano di
una luce incantevole.
«Figurati!», aveva concluso, raggiante.
L’istante successivo si era seduta nuovamente sullo scalino
di pietra, tornando ai ricami sul telaio incorniciato.
notes
ahh, oggi mi sento decisamente meglio.
mi è piaciuto scrivere questo capitolo! per tutto il tempo
ho percepito un'atmosfera dolce, delicata. sì, diciamo che
c'è un distacco netto da quello di ieri, ahah.
ma quanto è bello il personaggio di Fuyumi? no, parliamone,
perché io sono profondamente innamorata di lei. sono felice
di essere riuscita a inserirla all'interno di questa storia, e
già da qui comunque abbiamo avuto un accenno agli altri
fratelli Todoroki, anche se la questione verrà approfondita
nei prossimi capitoli. sì, potrei aver leggermente edulcorato il
passato di famiglia, ma ehi, è un'au, avevo bisogno di
prendermi un po' di libertà ;-;
comunque, in merito al rapporto che Shoto, Fuyumi e Natsuo hanno con il
padre ho cercato di attenermi quanto più possibile al canon,
nonostante tutte le differenze che ci sono qui. personalmente sono
abbastanza soddisfatta del risultato, poi vbb, non so se l'ultima
parola spetta a me.
il prompt merletto mi ha dato l'opportunità di inserire
nella trama un nuovo personaggio, quello di Fuyumi per l'appunto. mi
piace l'idea di associarle il ricamo come passatempo, soprattutto in
questo setting, credo che la rispecchi molto.
il prossimo capitolo mi entusiasma decisamente meno, ma sto pensando
che si sta avvicinando sempre di più un'altra cosa che
attendo parecchio... uhuh.
come al solito, grazie a tutti quelli che seguono la storia!
a domani
aria
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Capitolo 8 *** Le illusioni danno forma alla realtà ***
Supervisionare
i lavori intorno al castello non era male.
Aveva proposto a Enji di lasciare che a occuparsi di
quell’incarico fosse lui, così nel mentre il re
avrebbe
avuto tempo per riflettere su quale sarebbe stato il prossimo passo da
compiere.
Keigo era felice di essere lì da solo. Era
l’ennesima
dimostrazione di quanto Enji si fidasse di lui, al punto da lasciargli
controllare in totale autonomia l’andamento della messa in
sicurezza del suo
palazzo.
Gli stivali di Keigo erano affondati nel fango. In alcuni punti, dove
veniva più calpestata, la neve si era sciolta, mischiandosi
al
terreno sottostante.
In realtà, c’era anche un altro motivo per cui
Keigo era
lieto di essersi allontanato per qualche ora da solo dal palazzo, ed
era il suo esserne triste.
Sì, perché per quanto il pensiero che Enji lo
ritenesse
abbastanza valido da poter svolgere quell’incarico da solo lo
riempisse d’orgoglio, non riusciva a non sentire la mancanza
dell’uomo.
E questo non andava bene.
Si era ripetuto di dover abbandonare quelle fantasie su di lui e sul
suo re, eppure non ci riusciva. Continuava a pensare a quei sogni che
lo perseguitavano di notte, ai loro corpi avvinghiati, e a sentirsi
così straordinariamente eccitato da quell’idea.
Non sarebbe mai potuto succedere, era ovvio che i suoi sentimenti non
fossero ricambiati – eppure non riusciva a lasciar andare
quei
sogni, si aggrappava a essi e alla sensazione di piacere che gli
lasciavano in corpo.
Per questo motivo, era arrivato alla conclusione che, forse, evitare
Enji per un po’ fosse la cosa migliore da fare. Il palazzo
era
enorme, ma in un modo o nell’altro finivano sempre per
incontrarsi, e ogni volta che ce l’aveva davanti tornava a
pensare a quel corpo che lo sovrastava, in sogno, e a quelle labbra che
gli baciavano il collo…
Stare assieme nella stessa stanza stava diventando un’ardua
impresa. Lo era sempre stato, quando si fermava a sud più
del
solito e quei sogni tornavano a tormentarlo.
Keigo aveva scacciato via con fermezza quei pensieri dalla propria
mente. Dopotutto, era lì per dimenticarsene, almeno per un
po’.
Era tornato a voltarsi in direzione dei manovali che, attorno alle
mura, stavano portando pietre pesanti e tronchi di alberi, alti, senza
più rami e appuntiti in cima. Aveva srotolato davanti a
sé la pergamena su cui era disegnato il progetto per
rafforzare
le difese del castello e delle abitazioni circostanti. Era fiero di
quelle idee, visto che anche lui vi aveva collaborato, suggerendo
alcune soluzioni. Stava procedendo tutto per il meglio,
perciò
aveva deciso di potersi concedere una piccola pausa per passeggiare
attraverso i boschi.
Era tutto come l’aveva lasciato, l’ultima volta che
era
stato lì con il re. Candido, calmo, immutabile.
Allontanandosi
dai cantieri attorno alle mura, i rumori che provenivano da
lì
giungevano nel bosco lontani, ovattati. Keigo aveva chiuso gli occhi,
godendosi per un po’ quella quiete senza pensare a niente.
Forse sarebbe dovuto partire. Era una parte immancabile in ogni suo
ritorno a sud. Quando la vicinanza a Enji – e i pensieri che
ne
scaturivano – diventava insopportabile, subito cercava un
compito, una via di fuga, che lo portasse lontano da palazzo.
Però non voleva farlo, adesso. Non riusciva a privarsi della
vicinanza del re, stavolta. Per di più, andarsene in un
momento
così critico era inconcepibile – agli occhi di
Keigo,
sarebbe valso come un tradimento. Senza contare che, per quello che gli
era parso di capire, il re sembrava essere il primo a sentirsi
allietato dal suo ritorno.
A tali condizioni, andarsene era davvero impossibile.
Keigo aveva sospirato, riaprendo gli occhi e ricominciando a camminare
attraverso il bosco. Gli era sembrato di riuscire a riconoscere solo in
quel momento la zona in cui si trovava.
Era una vecchia radura, non troppo distante dai giardini del palazzo. I
primi tempi in cui era giunto al sud spesso era sgattaiolato via dal
palazzo per andare lì e allenarsi un po’ nel volo,
in
solitudine.
I ricordi lo avevano avvolto con un pizzico di nostalgia. Riguardando
indietro a quei giorni, vedeva un se stesso più giovane e
immaturo, che aveva pregato fino allo sfinimento un re venuto da
lontano perché lo portasse con sé.
Lo stesso re che amava, ora.
Keigo aveva corso fino a raggiungere il centro dello spiazzo, e una
volta lì si era fermato, piroettando su se stesso. Aveva
allargato le braccia, e chiudendo gli occhi aveva alzato il
capo
al cielo, una risata che gli era sfuggita dalle labbra. Ah, come si
sentiva libero, in quel momento…
Aveva sollevato nuovamente le palpebre, ritrovandosi a osservare un
cielo imbiancato, che minacciava di nuovo neve a breve. Sugli aghi dei
verdi abeti attorno a sé vedeva ancora impigliati alcuni
fiocchi.
Il ragazzo aveva sorriso sornione, portando le braccia dietro alla
schiena. Forse, ancora per un poco, potevano considerare la minaccia
nemica lontana.
Un pensiero era balenato nella mente di Keigo. Aveva spostato
nuovamente lo sguardo sugli alberi attorno a sé, cercandone
uno
in particolare. Era scattato in avanti, esaminando i vari tronchi. Era
sicuro che fosse lì, da qualche parte…
Si era messo a girare attorno a tutti gli alberi, osservandone
attentamente la corteccia. Quando aveva trovato quello che cercava, le
sue labbra si erano aperte in un ampio sorriso.
C’era un’incisione, su un tronco. Ricordava
esattamente
quando l’aveva fatta. Era un pomeriggio assolato, ed era
arrivato
a corte ormai da un paio d’anni. Era corso ad allenarsi
lì
come al solito, ma in quell’occasione, complice la calura
estiva,
non riusciva a darsi da fare. Così aveva ordinato a una
delle
sue piume di volargli in mano e, per passare il tempo, aveva inciso due
iniziali su un tronco. La sua, e quella del re.
Era una cosa piuttosto sfacciata da fare. Chiunque sarebbe potuto
passare lì e vederle, ma Keigo s’era detto che
difficilmente avrebbero potuto ricondurre quelle due iniziali sul legno
a lui o, tantomeno, al re.
Era passato tanto tempo da quando la sua piuma aveva scalfito la
corteccia, eppure le due lettere non sembravano averne risentito. Il
muschio era cresciuto ovunque tranne che su di esse, e pioggia o
umidità non le avevano danneggiate in alcun modo.
Keigo si era seduto a terra. Aveva osservato l’incisione con
una
certa incredulità, e un sorriso gli aveva increspato le
labbra.
Aveva passato le dita dove il legno era stato scalfito, saggiando le
scanalature del tronco sotto la propria pelle.
Amava Enji da così tanto tempo da sembrargli quasi buffo.
Aveva
trascorso giorni interi lì, ad allenarsi, a diventare sempre
più veloce e più forte per lui, per compiacerlo,
perché fosse fiero di lui.
Chissà cosa aveva sperato di ottenere.
I suoi pensieri si erano incupiti, un brivido gli era corso lungo la
schiena. Tornava sempre allo stesso punto.
Il re non l’avrebbe mai guardato con gli stessi occhi con cui
Keigo lo fissava. Non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti. Non
avrebbe mai potuto volere lui. Era inutile pensare a tutti i sacrifici
che aveva compiuto nel corso degli anni solo nell’ottica di
voler
suscitare in lui un sentimento diverso dalla sola ammirazione. Per lui,
lavorare per Enji era prima di tutto una grande fonte
d’orgoglio,
per via della fiducia che il re riponeva in lui.
E questo valeva più di ogni altra cosa.
Keigo si era chiesto cosa avrebbe dovuto fare con
l’incisione.
Aveva pensato che, forse, avrebbe fatto meglio a cancellarla: avrebbe
solo dovuto raschiare la corteccia con le unghie, o fenderla con una
delle sue piume, e ogni traccia della sua esistenza sarebbe sparita
all’istante.
Il ragazzo aveva avvicinato la mano al tronco. Lo aveva accarezzato per
un’ultima volta, lì dove c’erano le
iniziali.
La sua mano era stata scossa da un fremito. No, si era detto.
Aveva allontanato le dita dall’albero, con un sospiro
rassegnato.
Non aveva coraggio sufficiente per farlo davvero. Cancellare quelle
iniziali per lui aveva lo stesso significato di arrendersi, e non era
ancora pronto a farlo.
Forse non lo sarebbe stato mai.
Cancellarle significava rinunciare a Enji. Rinunciare alla speranza
che, un giorno, potesse ricambiare i suoi sentimenti. Rinunciare a
quelle fantasie che popolavano le sue notti e che forse, in fin dei
conti, non gli sembravano poi così terribili.
Temeva di non poter ancora vivere senza tutto questo. Dopotutto,
guardare in faccia la realtà era molto più
difficile che
cullarsi ancora tra quelle illusioni.
Keigo si era alzato, spazzolando via muschio e neve dai propri vestiti.
Era tornato ad avviarsi verso le mura e i lavori attorno a esse,
lasciandosi il bosco alle spalle.
Le due iniziali erano rimaste a dimorare sul tronco
dell’albero.
notes
l'angolino oggi comincia male, a tratti malissimo.
la cosa buffa è che mi sono messa davanti al pc tipo un'ora
fa,
ed ero tutta sorpresa, tipo "wah oggi sono in anticipo, se finisco
troppo presto che si fa?". turns
out che adesso sono le sette, e io veramente mi
sto disperando più del solito. vbb.
come avevo anticipato, questo erauno dei capitoli che mi convinceva
meno già al tempo della stesura. il prompt incisione l'ho
usato
per questa scritta sull'albero, e okay, non so se sia un inserimento
troppo debole.
che già che hawks si metta a incidere certe cose su un
albero
non so quanto sia ic. voglio dargli due attenuanti (o forse darle a
me), ovvero che era più giovane e che, in generale,
è un
clown anche in canon, quindi boh, magari può starci. se devo
essere sincera, oggi stavo riflettendo e mi sono resa conto che
è quasi più ooc un suo comportamento che
sarà
nell'aggiornamento di domenica, paradossalmente uno dei capitoli che
attendo con maggiore ansia.
la cosa che mi ha portato via più tempo nell'editing,
però, è stata la consecutio temporum. non so,
oggi ho
l'impressione di aver combinato un macello. ho provato a sistemare, ma
ora la situazione mi sembra pure peggiore, quindi boh, help, sul serio.
tra l'altro ho visto un mezzo errore pure nel capitolo di domani, mi sa
che mi conviene sistemarlo prima che me ne dimentichi.
comunque! con questo aggiornamento abbiamo finalmente raggiunto una
settimana di pubblicazione uwu devo dire che procediamo spediti, yeah.
okay, disperazione a parte per oggi siamo a posto. domani
c'è
l'ultimo capitolo che mi farà sclerare in maniera
più
moderata, perché poi nel trittico 10/11/12 ottobre
arriveranno finalmente
alcuni degli aggiornamenti che preferisco. eheh, stay tuned!
come al solito grazie a tutt* quell* che si fermano a
leggere
a domani
aria
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Capitolo 9 *** Regalo ***
I
giorni trascorrevano veloci, troppo veloci.
Tutti avrebbero voluto avere più tempo, ma dicembre era
già arrivato, e la primavera si avvicinava sempre di
più.
Enji aveva richiamato a corte tutti gli alleati di cui disponeva,
consapevole che, se voleva avere una possibilità contro chi
li minacciava, avere dalla propria parte un esercito nutrito di uomini
sarebbe stato a suo vantaggio. I cavalieri soggiornavano nei sobborghi
non troppo distanti dal castello e, a dir la verità, Keigo
non li aveva mai visti tutti assieme a corte – veniva, di
tanto in tanto, qualche delegazione dei vari regni a conferire col re,
e viste le diverse distanze che intercorrevano tra il sud e le contee
controllate da Enji erano arrivati in giorni differenti. Per il resto,
gli era giunta voce che molti fossero divenuti avventori abituali delle
taverne locali.
Quel pensiero gli aveva strappato un sorriso.
Era pomeriggio inoltrato. Aveva terminato il suo giro tra i cantieri
delle mura quella mattina, e adesso era tornato a palazzo, ritrovandosi
però senza niente da fare. Così si era fermato
sulla terrazza d’ingresso, affacciandosi al balcone e
osservando da lì l’immensa distesa dei giardini
reali che si dispiegava davanti ai suoi occhi. Due scalinate
congiungevano nel punto in cui ora stava sostando, mentre alle sue
spalle c’era una finestra di vetro dalle dimensioni
ciclopiche, che dava accesso all’interno del palazzo. Al
momento, una delle due ante era socchiusa, lasciando entrare una brezza
leggera.
Se non pensava ai nemici sempre più vicini e ai lavori
incessanti nei paraggi, quell’atmosfera sarebbe stata
così tranquilla. La neve ancora giaceva sui prati
perfettamente tagliati, nei bassi cespugli curati, tra i delicati
roseti. Era una vista così soave che avrebbe voluto poterla
conservare per sempre dentro di sé.
«Ti godi il panorama?»
Keigo si era ritrovato a sobbalzare. Così assorto tra i suoi
pensieri, non aveva minimamente avvertito il rumore dei passi che si
avvicinavano.
Voltandosi, aveva trovato Enji a osservarlo, sulla soglia
d’ingresso. Aveva le braccia incrociate al petto, ma non
riusciva a rintracciare sul volto la solita espressione severa.
Sembrava tranquillo: negli occhi azzurri non c’erano segni
d’ira, e le labbra erano piegate in un sorriso appena
accennato.
Avrebbe voluto poter essere solo immensamente felice nel vederlo
così, bellissimo, davanti a sé, eppure Keigo si
ritrovò a pensare che era insolito. Negli ultimi giorni era
stato così teso, e vista la situazione critica in cui il
regno versava non riusciva a spiegarsi quell’espressione
rilassata.
Keigo aveva ricambiato il suo sorriso. «Beh, è
così raro vedere il giardino del palazzo reale innevato che
sarebbe stato davvero un peccato perderselo!», aveva
risposto, chiudendo gli occhi e rivolgendo al re uno dei suoi migliori
sorrisi raggianti.
Enji si era lasciato sfuggire un grugnito, ma non aveva aggiunto altro.
Si era staccato con la schiena dallo stipite della finestra a cui
s’era appoggiato, e lentamente aveva cominciato a scendere
giù da una delle due scalinate. Keigo non era rimasto a
pensarci a lungo, e pochi istanti dopo lo stava già seguendo.
Il re si era incamminato attraverso i giardini. «Hai
già effettuato la tua ronda di controlli?», aveva
domandato, camminando lentamente e guardando dritto davanti a
sé.
«Mh mh», aveva confermato Keigo, portandosi le
braccia dietro alla schiena.
«E?», l’aveva incalzato il re. Stavolta
si era voltato a guardarlo, rallentando fino a fermarsi.
«E… i lavori procedono», aveva risposto
il ragazzo. Aveva ripreso a camminare, superando l’uomo.
«Le palizzate sono state quasi tutte innalzate. Nei villaggi
nei dintorni stiamo cercando di mettere al sicuro la popolazione, e
stiamo allestendo dei presidi per tutelare i confini.»
Enji l’aveva raggiunto con delle ampie falcate.
«Che vuol dire quasi
tutte?», aveva sibilato, e Keigo stavolta aveva
riconosciuto quel tono minaccioso di cui, in verità, non
aveva mai avuto paura. «Se restiamo indietro
rischiamo…»
Questa volta a fermarsi era stato Keigo.
«È tutto sotto controllo»,
l’aveva rassicurato. «I lavori procedono con ritmo
serrato. Non temere.»
Keigo aveva avvertito una stretta al petto. Quegli occhi azzurri non
erano arrabbiati, erano… preoccupati. Preoccupati di non
essere all’altezza. Preoccupati di non essere abbastanza.
Preoccupati di aver messo potenzialmente in pericolo di vita fin troppe
persone.
Keigo non era riuscito a trattenersi, e aveva sollevato una mano in
direzione del volto dell’altro. Attorno agli occhi di Enji si
erano formate delle piccole rughe d’espressione. Gli
succedeva sempre, quando s’innervosiva. Senza riuscire a
fermarsi, le dita di Keigo le avevano accarezzate. Si era ritrovato a
sorridere – era dannatamente bello anche in quel momento.
Gli occhi del re erano sembrati attraversati dalla sorpresa,
e Keigo era parso tornare consapevole delle proprie azioni
solo in quel momento. Aveva ritratto la mano, distogliendo lo sguardo.
Che diavolo gli era preso? Si era sempre potuto permettere di prendersi
un mare di libertà con Enji solo perché lui
gliel’aveva concesso, ma doveva stare attento a non tirare
troppo la corda, e con quell’iniziativa aveva paura di averlo
fatto.
Si mordicchiò il labbro inferiore, guardandosi attorno. Si
erano fermati davanti a un grande vaso bianco, che conteneva dei fiori
dall’aspetto incantevole.
«Gigli?», aveva domandato Keigo, confuso.
«In questo periodo dell’anno?»
Il re si era stretto nelle spalle. «Le temperature miti qui a
sud permettono alla fioritura di durare più a
lungo», aveva spiegato, stupito da quella domanda.
«Credevo lo sapessi.»
«Giusto», aveva concordato, accarezzando i petali
di un fiore.
A ben pensarci, era stata una domanda una domanda sciocca, ma in quel
momento aveva solo voluto cambiare argomento e cercare di lasciarsi
alle spalle l’imbarazzo per quel gesto impulsivo di poco
prima.
«Sono stupendi», aveva commentato, sorridendo in
direzione dei fiori.
Mentre era di spalle, non poteva accorgersi che lo sguardo di Enji era
ancora puntato su di lui. «È un miracolo che il
gelo non li abbia rovinati», si era ritrovato a riflettere.
«Già», aveva confermato il ragazzo.
«Sono un simbolo di regalità, giusto?»
Il re sembrò rifletterci per alcuni istanti.
«Sì», aveva risposto.
«Perché?»
Le dita di Keigo erano scivolate sul lungo stelo di uno dei gigli.
C’era qualcosa di affascinante e ipnotico nel modo in cui,
candide e affusolate, si muovevano.
Poi, d’improvviso, aveva reciso il fiore, con un movimento
rapido della mano. Enji lo aveva osservato avvicinarselo al volto, e
inspirarne a fondo il profumo, gli occhi chiusi.
«Un fiore regale», aveva ripetuto, pensieroso.
«Regale come il nostro re. Il mio re.»
A quelle parole, gli occhi di Enji erano stati nuovamente invasi dalla
sorpresa.
Prima che potesse domandargli qualcosa, Keigo gli aveva porto il fiore.
«Un dono per te», aveva spiegato, rivolgendogli un
sorriso luminoso.
Enji aveva accettato il fiore, osservandolo con cura mentre se lo
rigirava tra le mani. Keigo aveva ragione, era davvero molto bello.
Dopo quella sosta, avevano ripreso la passeggiata. Erano rimasti in
silenzio per un po’, prima di tornare a confrontarsi sui vari
preparativi di difesa.
notes
c'era qualche problema coi verbi anche qui, ma che--
buonasera! nonostante i miei struggles
grammaticali dell'ultimo periodo, che tra l'altro neppure oggi sono
sicura di essere riuscita a sistemare perché c'è
una frase che continua a suonarmi male e vbb, il tema dell'angolino
oggi sarà un altro, ovvero: attinenza al contesto storico o
presunta tale.
faccio un esempio. nel capitolo quattro, dove ho accennato alla
colazione, mi sono fatta cinquantamila pare su cosa avesse senso che
fosse sul tavolo della colazione e cosa no –
per dire, penso che siamo tutt* d'accordo nel sostenere che hawks sia
una coffee person,
no? ecco, visto che però l'ambientazione è pseudo
medievale e, per l'esattezza, un momento in cui la scoperta
dell'america era ancora ben lontana, ho preferito mettergli in mano una
tazza di latte. anche per le descrizioni del castello, altro esempio,
ho fatto diverse ricerche sull'architettura. per eventuali buchi di
trama ho sempre pensato che mi sarei potuta giustificare alludendo al
fatto che, in fin dei conti, questo è un universo fantasy,
quindi magari qualche libertà in più
può starci.
ecco, nel caso del prompt giglio però diciamo che la mia
mente è andata un po' in confusione, perché non
sapevo come incastrarlo con la trama. l'unica cosa che mi è
venuta in mente è stato sfruttare il mio adorato linguaggio
dei fiori, ricordandomi però solo adesso che questo "metodo
di comunicazione" appartiene all'età
vittoriana, per cui un periodo ben distante dal medioevo :') la
sola speranza a cui posso aggrapparmi è che alcuni fiori
simboleggino determinati concetti da un periodo antecedente a quello
che va da circa metà ottocento fino alla fine del secolo,
durante il quale sono divenuti un mezzo per scambiarsi messaggi. nel
caso specifico del giglio mi viene in mente che è spesso
comparso negli stemmi di alcune casate nobiliari, per cui toh, questa
potrebbe essere una soluzione. altrimenti ammetto di aver fatto un buco
nell'acqua e amen.
vbb, non è questo che a noi interessa, però. come
vi avevo promesso, da domani le cose prenderanno una piega... assai
interessante, ma non è ancora arrivato il momento di svelare
le mie carte.
intanto ringrazio come al solito chi lascia anche solo una fugace
occhiata alla storia. vi do appuntamento a domani!
aria
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Capitolo 10 *** Decisioni pericolose ***
Era
ormai dicembre inoltrato.
Le difese erano state aumentate, e la maggior parte del tempo ormai
Keigo la trascorreva facendo ricognizioni nelle zone limitrofe del
palazzo, accertandosi che non ci fossero indizi di una presenza nemica
nei paraggi.
Fortunatamente, per ora non aveva riscontrato nulla del genere. Planava
per ore sui vasti boschi nelle vicinanze, e quando atterrava in zone
meno impervie cercava resti di cibo o di fuochi accesi per la notte,
che avrebbero significato senza troppi dubbi presenza esterna.
Non c’era niente d’insolito in giro,
però, e questo l’aveva assicurato. Marciando a
piedi in direzione delle terre del sud s’impiegavano mesi,
partendo da nord. Lui, volando, sarebbe riuscito a coprire quella
stessa distanza in poche settimane, ma era compatibile con la minaccia
che pendeva sopra le loro teste, l’attacco sferrato quando
l’ultima neve dell’inverno fosse stata sul punto di
sciogliersi, e dunque a primavera, che avessero ancora molta strada
davanti da percorrere.
Dopo la solita serie di controlli giornalieri, Keigo era rientrato a
palazzo. Quando l’enorme portale d’ingresso si era
richiuso alle sue spalle, aveva tirato un sospiro di sollievo nel
sentire la propria pelle venire avvolta da un’ondata di
calore. Ultimamente, il gelo non voleva saperne di lasciare in pace le
terre del sud, come un’avvisaglia di quel pericolo che calava
e incombeva sopra di loro.
Il ragazzo si sfilò il mantello, ricoperto da un leggero
strato di brina, e lo posò su una poltroncina di velluto
all’entrata. Poco dopo, un’anziana domestica gli
andò incontro, prendendo in consegna la sua cappa bluastra
– Keigo immaginava che l’avrebbe poggiata su una
sedia, davanti a un cammino acceso e scoppiettante, così che
potesse tornare presto ad essere ben calda e confortevole.
«Il re ha chiesto di voi», gli aveva comunicato.
«Al momento è nelle sue stanze.»
Keigo l’aveva ringraziata per avergli recapitato quel
messaggio, dopodiché l’aveva osservata
allontanarsi. Era rimasto piuttosto perplesso, dopo aver ricevuto
quell’informazione. Enji l’aveva cercato? Forse
voleva essere informato della situazione delle misure di difesa, ma
sapeva che gli avrebbe fatto rapporto quella sera, dopo cena, come
sempre.
Keigo si strinse nelle spalle, e si avviò in fretta
attraverso il castello. Era certo che, se Enji desiderava parlargli con
così tanta urgenza, doveva trattarsi di qualcosa
d’importante.
Si lasciò svelto alle spalle l’ampio ingresso, i
suoi tappeti rossi fiammanti, i grandi lampadari di cristallo che
irradiavano l’atmosfera di luce aranciata. Conosceva
così bene il palazzo ormai che muoversi al suo interno era
quasi come un riflesso naturale, per lui. Aveva salito uno
dopo l’altro i gradini alti della scalinata che conduceva al
piano superiore, e una volta lì aveva svoltato a destra,
proseguendo attraverso il lungo corridoio che portava alle camere da
letto. Il re e la regina occupavano l’ultima stanza a
sinistra su quel piano.
Mentre proseguiva, la luce che entrava dall’ampia finestra
alla fine del corridoio si faceva sempre più intensa. Aveva
tonalità biancastre, le stesse che avevano invaso il cielo
da quando la neve aveva cominciato a cadere.
In effetti, non si era ancora fermata. In quell’inverno
così insolitamente rigido per il sud, quella primavera che
di recente aveva riempito tutti di inquietudine sembrava ancora lontana.
Keigo tornò a chiedersi quale fosse il motivo per cui il re
l’avesse fatto convocare. Aveva disatteso uno dei suoi
ordini? Non gli sembrava fosse possibile, in tutti quegli anni a corte
adempiere pienamente ai propri compiti era stata la priorità
di Keigo, complici anche i sentimenti che provava per Enji.
Quel pensiero lo fece tentennare di colpo. E se il re avesse compreso
la natura dei suoi gesti? Ultimamente era stato parecchio impulsivo,
soprattutto quando aveva allungato una mano verso il suo viso per
lasciargli quella carezza… oppure poteva aver trovato le due
iniziali, camminando nel bosco… ah, avrebbe dovuto
cancellarle, lo sapeva.
E se anche fosse stato così, cosa avrebbe potuto
significare? Enji non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, per cui
perché l’aveva cercato? Voleva chiedergli di
lasciare la corte?
A quel pensiero Keigo avvertì un tonfo sordo nel petto. Non
poteva immaginare di abbandonare il palazzo. La sua vita lì
era tutto ciò che aveva, Enji era tutto ciò che
aveva. Ricordava ancora quanto l’avesse adulato, quando era
giunto a ovest, pregandolo di portarlo con sé a
sud…
No, si disse. Era inutile fasciarsi la testa prima ancora di aver
parlato con lui. Keigo scosse la testa, continuando a camminare
finché non giunse davanti alla porta della camera del re.
Le grandi ante di legno erano verniciate di un rosso intenso, con
alcuni dettagli dorati tutt’intorno. Raramente era entrato
là dentro, erano state più le volte che vi era
passato e, attraverso la porta socchiusa, aveva intravisto
l’interno della stanza, e l’unica cosa che
ricordava perfettamente era il grande letto a baldacchino dai tendaggi
purpurei – lo stesso che, ogni notte, tornava a vedere in
quei sogni che lo tormentavano. Keigo deglutì a vuoto,
nervoso, una mano già sulla maniglia dorata della porta.
Cercò di farsi coraggio, e l’aprì.
«Mi hai fatto chiamare?», aveva domandato, mentre
la porta ancora si apriva.
La stanza era piuttosto in penombra. Nonostante si avvicinasse la sera,
non c’erano candele accese da nessuna parte, e
l’unica fonte d’illuminazione risultava essere una
grande finestra, da cui filtrava il candore del cielo, esattamente come
quella in corridoio. Il letto era come lo ricordava, come lo vedeva
ogni notte nei propri sogni, imponente, immacolato, nemmeno mezza piega
a solcare le lenzuola pesanti, i maestosi drappeggi cremisi
che scivolavano giù lungo delle colonne di legno verniciate
d’oro.
Della regina, come al solito, non sembrava esserci traccia. Rei era
sempre stata una figura evanescente, anche a corte.
Enji, invece, era in fondo alla stanza, accanto a un armadio. La
finestra nelle vicinanze colpiva con la scarsa luce del tardo
pomeriggio il suo corpo.
Keigo si ritrovò a trattenere il fiato non appena si accorse
che era a torso nudo.
Il re si era voltato nella sua direzione. «Non si usa
più bussare?», aveva commentato, con quello che
doveva essere un rimprovero, ma la sua voce non era suonata affatto
burbera come al solito.
Keigo aveva distolto in fretta lo sguardo, trovandosi a posarlo sul
primo oggetto che gli era capitato a tiro, una cassettiera dorata dalla
parte opposta della stanza. «Credevo che dovessi parlarmi di
qualcosa…», si era limitato a giustificarsi,
debolmente.
Enji si era lasciato sfuggire un verso infastidito, ma alla fine era
tornato a osservare l’armadio, in cerca di qualcosa con cui
coprirsi.
Keigo aveva chiuso gli occhi, non avrebbe dovuto voltarsi, lo sapeva
bene… ma non era riuscito a trattenersi.
Mentre il re era ancora di spalle, ne aveva approfittato per sbirciare
nuovamente. Quella visione non avrebbe fatto altro che peggiorare
l’accuratezza dei suoi sogni, ma era così
difficile resistere.
Non aveva mai visto una schiena tanto possente. Più
l’osservava, e più gli sembrava imponente,
scolpita nella roccia. I muscoli delle braccia e del dorso guizzavano,
mentre continuava a rovistare tra gli indumenti.
Gli occhi di Keigo indugiarono sulla spalla destra del re. Finora ne
aveva solo sentito parlare, e quella era la prima volta che vedeva il
marchio.
Chi era destinato a regnare nasceva con una sorta di tatuaggio,
chiamato marchio reale. Era sulla sua pelle fin da prima che nascesse,
e quando veniva al mondo era già visibile. Cresceva con gli
anni, ingrandendosi, come un arto o in generale una parte del corpo.
Quello di Enji, ovviamente, era una fiamma, lingue di fuoco che si
sprigionavano salendo verso l’alto. Erano immobili, ma
sembravano muoversi, ipnotiche come le vere fiamme che il re era in
grado di creare.
Enji aveva estratto finalmente una camicia dall’armadio,
indossandola e nascondendo alla vista di Keigo la sua schiena nuda.
«Ad ogni modo, sì, dovevo parlarti»,
aveva ripreso il re, infilando i bottoni nelle asole. «Ho
provato a cercarti oggi pomeriggio, ma mi hanno detto che eri ancora
fuori a controllare la situazione.»
Keigo si era tormentato le mani dietro alla schiena. Passava le
giornate lontano da palazzo per evitare di pensare a Enji, ma se quando
tornava si ritrovava davanti questo…
«Sì, sono arrivato poco fa», aveva
ammeso. «Perché? È successo qualcosa
d’importante? Novità dai confini? I nemici si
stanno avvicinando?»
«No, niente del genere.» Enji si era finalmente
rivestito del tutto. Aveva chiuso l’armadio, avvicinandosi al
ragazzo. «È occorsa una… circostanza per cui
Rei si è convinta che fosse opportuno organizzare un
banchetto per il solstizio d’inverno.»
L’espressione di Keigo era divenuta corrucciata.
«Un… banchetto?», aveva domandato,
confuso.
«Sì», aveva confermato il re.
«Ritiene che ringraziare le rappresentanze dei nostri regni
alleati che ci hanno garantito il loro aiuto in un momento
così complicato sia il minimo che possiamo fare per
sdebitarci.»
«Oh», aveva commentato il ragazzo. «Non
è un’idea un po’ pericolosa, viste le
minacce che ci stiamo trovando ad affrontare ultimamente? Nel senso,
non vorrei che qualcuno riuscisse a superare i controlli e a
infiltrarsi a palazzo, sarebbe disdicevole…»
«Lo so, sono d’accordo con te», aveva
ammesso Enji, fermandosi a pochi passi da lui. Keigo riusciva ad
avvertire il calore del suo corpo così vicino, lo avvolgeva
completamente. «Però non sono riuscito a dirle di
no. Di recente non… sono stato particolarmente attento alle
esigenze della mia famiglia, temo.»
Keigo era sorpreso da quella confessione. Enji non si era mai lasciato
andare a grandi particolari sul rapporto col resto della famiglia
reale, con lui – con nessuno, per la verità.
«E ne stai parlando con me perché vorresti che
fossi io a occuparmene, giusto?», aveva domandato,
comprendendo finalmente perché il re avesse richiesto di
parlargli.
«Sì», era stata la conferma di Enji.
«Non potrei chiederlo a nessun altro. So che ti occuperesti
della sicurezza del palazzo in maniera ineccepibile. Io… mi
fido di te, Keigo.»
Quell’ultima affermazione aveva fatto vacillare Keigo. Il
ragazzo aveva sollevato lo sguardo, sorpreso, fissando intensamente il
suo re. Aveva sempre percepito di godere della piena fiducia
dell’uomo, sentirselo dire in quel modo, così
diretto, tuttavia, era stato ben diverso. Aveva sentito il proprio
cuore battere più veloce.
Keigo si era ritrovato a guardare fisso negli occhi Enji. Quegli occhi
cerulei erano così umani, in quel momento. Il consueto
rigore era lontano, e Keigo vi leggeva dentro ogni cosa, la
preoccupazione, l’avanzata nemica che incedeva…
Non avrebbe mai potuto dirgli di no. Indipendentemente da quello
sguardo, a cui si sentiva incatenato, non aveva mai rifiutato gli
incarichi che gli aveva affidato. Non c’era motivo per cui
dovesse cominciare a farlo adesso.
«Sarà un onore per me», aveva risposto,
senza staccare lo sguardo dagli occhi del re, ipnotizzato.
Enji gli aveva sorriso. «Ti ringrazio», aveva
mormorato.
Poco dopo, il re l’aveva congedato, dandogli appuntamento
come sempre per quella sera a cena.
Quando era uscito dalla stanza, Keigo si era ritrovato a cercare aria
con dei respiri profondi. Non si era accorto di aver trattenuto il
fiato fino a quel momento.
Allontanandosi attraverso il corridoio, cercò senza successo
di cancellare dalla propria memoria l’immagine della schiena
nuda del re.
notes
e finalmente eccolo, uno dei capitoli che attendevo con
maggiore ansia!
anzitutto, la lunghezza è aumentata rispetto ai precedenti
aggiornamenti, ma quello che mi preme sottolineare è che
sì, la situazione sta prendendo una piega assai particolare.
prima di parlare del capitolo in sé, volevo analizzare un
attimo i comportamenti di keigo negli ultimi capitoli,
perché ugh, a tratti ho paura che sia ooc. passi che non
abbia cancellato le iniziali sull'albero perché alla fine
trovo che sia canonicamente sfacciato, passino la carezza e il giglio
dello scorso aggiornamento per lo stesso motivo,
però ho una paura assurda che sia strano che qui, trovandosi
davanti a una situazione del genere, non si sia lasciato neanche
sfuggire una delle sue solite battutine! e dire che ero partita
così bene, col primo capitolo... vbb che qui c'è
un rapporto di subordinazione tra i due, però in parte
è così anche nel canon...
in realtà non è nemmeno questa la cosa che mi
convince meno, ma il fatto che, se semplicemente i ruoli in questa
scena fossero stati invertiti, forse sarebbe stato tutto molto
più ic. voglio dire, se fosse stato endeavor a entrare in
camera di hawks e a trovarlo senza camicia avrebbe avuto senso keigo
che fa la provocazione sul non aver bussato ed enji che s'impanica e
cerca di guardare da un'altra parte, o almeno oh, io la penso
così. però ormai la scena l'avevo immaginata
così e avendola già scritta non mi andava di
rimaneggiarla, quindi boh, spero sia accettabile lo stesso.
venendo al prompt, sì, oggi era tatuaggio, e mi ha un po'
messa in crisi perché non sapevo come adattarlo al contesto
fantasy, quindi è nata molto a caso questa storia del
marchio che affiora sulla pelle di chi è destinato a
regnare. un altro dei motivi per cui penso che sarebbe stato meglio se
avessi invertito i ruoli qui è che forse sarebbe stato
più sensato se ad avere un marchio fosse stato keigo, visto
che viene da un villaggio ad ovest e non so, magari poteva starci che
lì avessero determinate usanze e bla bla bla. lo vedi, sta
uscendo fuori un altro modo (forse più intelligente) di
usare questo prompt. sembra quasi che io stia buttando giù
un'altra storia nelle note, ahah.
ma pensiamo alle cose serie! siamo arrivati al decimo capitolo di
questa ff, doppia cifra uu tra l'altro domani inizia la settimana e
arriverà il capitolo che forse segnerà la svolta
di tutta la storia... ma non vi anticipo altro. sì, sto
sogghignando se volete saperlo.
intanto, come sempre ringrazio chiunque abbia letto e vi do
appuntamento a domani
okay, posso
tornare ai miei mental breakdown
aria
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Capitolo 11 *** Punto di non ritorno ***
La
sera del solstizio d’inverno il castello si era ritrovato
invaso da ospiti.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta in cui Keigo
l’aveva vista in quel modo. Nell'ultimo periodo, la
tensione che aleggiava nell’aria aveva reso
l’atmosfera cupa, quasi insopportabile.
Quella sera, però, i giorni passati sembravano un ricordo
lontano.
La sala per i ricevimenti del palazzo era stata addobbata con i fiori
più belli e freschi del giardino reale. Dei musici giunti da
est riempivano la stanza di note, e coppie di dame e cavalieri
danzavano mentre dalla cucina andavano e venivano piatti ricolmi di
pietanze deliziose.
Il tavolo della famiglia reale era in fondo alla stanza. I due principi
e la principessa, al momento, erano al centro della sala, e i tre
ballavano assieme, circondati dagli altri commensali.
L’ultima volta che aveva visto il re e la regina, lasciando
la stanza, Keigo li aveva scorti invece mentre erano ancora seduti al
loro tavolo. Nessuno dei due mangiava o beveva, né
sembravano in procinto di scambiare una parola. Sul volto di Rei
c’era un sorriso leggero, appena accennato, mentre osservava
la sala e gli ospiti danzanti, forse alla ricerca dei propri figli.
Enji, invece, era teso, forse perfino nervoso. Keigo aveva
l’impressione che, nonostante le ingenti misure di sicurezza
che avevano adottato, la preoccupazione per un eventuale attacco non
gli fosse mai passata del tutto.
Quanto a Keigo, doveva ammettere che in parte condivideva i timori del
suo re. Continuava a pensare che un evento del genere potesse far fin
troppa gola a dei nemici che non aspettavano altro che poterli
attaccare, così aveva deciso di passare la serata lontano da
cibi deliziosi e musica allegra, preferendo perlustrare il palazzo per
evitare infiltrazioni.
C’era anche un altro motivo, in realtà. Dopo il
colloquio di quel pomeriggio, nella camera del re, Keigo aveva faticato
ancor di più a togliersi dalla mente quei sogni che lo
tormentavano, e che ora gli si palesavano davanti agli occhi anche di
giorno. La schiena nuda del re compariva di nuovo nei suoi pensieri, e
proprio come succedeva di notte la vedeva muoversi sopra di
sé, sopra al suo corpo chino e pervaso dal piacere.
Era una storia difficile da gestire. A tratti vedeva tutto in maniera
così nitida che finiva per mancargli il fiato. Cercava
spesso di distrarsi, di passare tempo all’esterno, di
cambiare aria, ma difficilmente quel poco bastava per liberarsi dal
tormento.
Così, vedere Enji seduto accanto a Rei, avvolta nel suo
meraviglioso vestito turchese, non sarebbe stato che
l’ennesimo supplizio, quella sera. Perché era la
dimostrazione che le sue erano solo fantasie, e che non si sarebbero
mai potute avverare.
Sconsolato, aveva sospirato profondamente, continuando a camminare. Era
sceso a controllare il piano inferiore, ma tutto sembrava tranquillo,
nessuna presenza insolita in giro, nessun rumore sospetto. Forse non
c’era davvero niente di cui preoccuparsi, quella sera.
Keigo si era fermato davanti a una grande finestra. La notte del
solstizio d’inverno, come sempre, sembrava più
buia di ogni altra. Due grandi lanterne erano state accese e pendevano
ai lati del portone d’ingresso, e solo loro rischiaravano un
poco le tenebre. Fuori, la neve continuava a cadere, lenta e
abbondante, depositandosi sui gradini della scalinata o sopra alle
carrozze degli ospiti.
Era un’atmosfera calma, quieta. Keigo si era seduto sul
davanzale della finestra, a osservare per un poco quello scenario
sereno. Sembrava l’unica cosa in grado di tranquillizzarlo,
in quel momento, di trascinarlo via dai suoi pensieri pieni di
preoccupazioni…
«Non sei a goderti la festa che hai organizzato?»
Una voce aveva rotto il silenzio. Keigo si era ritrovato a sobbalzare,
ed era stato sul punto di richiamare a sé una delle sue
piume. Qualcosa, però, l’aveva fermato, forse il
suo sesto senso.
Aveva percepito quelle parole depositarsi nella sua mente, e subito
aveva compreso a chi appartenesse la voce che aveva sentito. Sul suo
volto era comparso un sorriso leggero.
«Sei teso», aveva constatato Enji, avvicinandosi a
lui.
Keigo aveva scrollato le spalle. «Anche tu lo sembravi, poco
fa», aveva commentato, ricordando l’espressione
nervosa che aveva intercettato sul volto dell’uomo, uscendo
dalla stanza. «Cosa c’è, mio re? Temi
per un attacco stasera?»
«Suppongo che sia la stessa angoscia che tormenta anche
te», era stata la considerazione di Enji. «Ti ho
visto allontanarti e mi sono preoccupato. Pensavo fosse successo
qualcosa… sei stato infastidito da uno degli ospiti,
o…»
«No, no!» Il ragazzo era balzato in piedi
all’istante. «Non è successo niente del
genere, sul serio! Piuttosto… credo di non essere molto
dell’umore per godermi una festa, stasera.»
Lo sguardo di Keigo era volato a posarsi a terra, sul pavimento. In
realtà c’era un altro motivo, lo sapeva bene. Non riesco a guardare in
direzione del tuo tavolo e a vederti seduto accanto alla tua regina
senza pensare a quanto ti desideri…
Di questo, tuttavia, non poteva parlargliene, lo sapeva bene. Era tutto
così complicato…
«Capisco», aveva commentato Enji.
«Nemmeno io, in realtà.»
Keigo aveva inclinato la testa leggermente di lato, sorridendo
comprensivo al re. «Adesso dovresti tornare alla
festa», gli aveva ricordato. «Di sicuro gli altri
commensali si staranno chiedendo dove…»
Non era riuscito a finire la frase. Aveva sentito con chiarezza la voce
morirgli in gola.
Mentre parlava, Enji aveva allungato una mano nella sua direzione. Gli
aveva accarezzato una guancia, e Keigo aveva sentito una sensazione di
calore irradiarsi immediatamente in tutto il suo corpo.
«Io… non sono convinto di voler tornare di
là», aveva confessato, osservandolo intensamente.
Keigo aveva sentito i propri respiri farsi sempre più
rapidi. Avrebbe dovuto dirgli che non c’era problema,
dopotutto lui era il re e poteva fare tutto ciò che voleva,
ma forse per la prima volta in vita sua non riusciva a pronunciare una
singola parola. Le sue labbra erano state attraversate in superficie da
un leggero fremito.
Enji si era chinato in avanti. I loro volti, in quel momento, erano
vicinissimi, come non lo erano mai stati prima d’ora. Le
guance di Keigo si erano tinte di un lieve rossore – se ne
era chiesto il motivo, visto che non era mai stato incline a lasciar
trasparire le sue emozione, o almeno non di quel genere.
«Perché ti sei fermato?», aveva
domandato, gli occhi socchiusi che s’erano persi a osservare
le iridi del re, di quell’azzurro brillante. C’era
una scintilla, al loro interno, che era certo di non aver mai visto
prima.
«Perché non voglio fare qualcosa che non
desideri», aveva risposto, sfiorando con la punta del naso
quella dell’altro. «Non voglio rovinare la tua
purezza…»
«Questa è la scusa peggiore che avresti potuto
inventare», aveva obiettato Keigo. «Guardami, sono
qui, è tutta la vita che non aspetto altro che questo
momento…»
«Sì, ma…» Il re aveva
indugiato ancora un momento. «Non sono perfetto come mi hai
idealizzato…»
Keigo gli aveva passato un dito su una guancia. «Non
m’importa», aveva replicato. «Io credo a
Enji che ho sempre visto. E questo mi basta.»
Il re era sembrato finalmente convinto da quelle parole. Aveva chiuso
gli occhi e, lentamente, si era sporto in avanti, sfiorando le labbra
di Keigo con le proprie.
Il ragazzo era certo di star sognando. Non era possibile,
non… tutto ciò era sempre accaduto soltanto nei
suoi sogni, dopotutto.
Aveva sentito le labbra di Enji muoversi lentamente sulle sue. Non si
sarebbe mai aspettato quella dolcezza da parte sua, era
davvero… troppo. Le gambe gli avevano ceduto, ma il re lo
aveva sostenuto prontamente, stringendogli le braccia attorno alla
vita, e accarezzandogli la schiena con le mani, tracciando con le dita
percorsi dove la pelle attraversava le ali. Un gemito era sfuggito
sulle labbra di Keigo.
Quando il re si era staccato appena da lui, aveva riaperto subito gli
occhi, cercando lo sguardo ceruleo dell’altro.
Sul volto di entrambi era dipinto un sorriso, e i due si erano
scambiati un’occhiata complice.
notes
signori, il limoneeeee–
cominciamo la settimana col botto, come promesso! mado, undici capitoli
per arrivare a questo punto. generalmente faccio finire la gente
assieme dopo... tre capitoli di una long? quindi questa è
decisamente la cosa più slow burn che abbia mai scritto in
vita mia. poi penso al fatto che c'è gente che scrive dei pg
che si scambiano il primo bacio dopo 50+ capitoli e capisco che
no, lo slow burn non sarà mai il mio genere. anche
perché magari dopo quel primo bacio uno si immagina che le
cose procedano con una certa calma, e invece no, signori, da qui
è tutta discesa.
di questo però magari ne parliamo tra poco. adesso andiamo
con calma anche
se non so se ci riuscirò, sono ancora un po' incredula–
il prompt di oggi. purezza. ammetto che quando l'ho visto
ho subito pensato che avrei potuto sfruttarlo in questo modo, anche se
la vera scintilla è stata col prossimo prompt (ma ehi,
niente spoiler, questo è un argomento per domani!). spero
che l'utilizzo non sia troppo debole but, oh well,
questo è quel che sono riuscita a cavar fuori dalla mia
testolina. comunque, uhm, non ho molto da dire, se non che il discorso
che keigo fa a un certo punto, quello del "io credo a enji che ho
sempre visto" etc lo vedo molto ic. cioè, per me a un certo
punto potrebbe farglielo veramente nel manga, non me ne sorprenderei,
ahahah.
e niente, per oggi credo che sia tutto. sto un po' tanto in ansia per
domani perché... beh, succedono /cose/, e spero con tutta me
stessa di non fare danni di alcuna sorta. la cosa bella è
che veramente dopo la storia sarà tutta in discesa, vi
conviene prepararvi a qualsiasi cosa!
come sempre ringrazio chiunque si sia fermato a leggere, spero che la
storia vi stia piacendo!
ci vediamo domani, uhuh
aria
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Capitolo 12 *** Frenesia ***
Enji
aveva chiuso a chiave la porta della stanza di Keigo.
Gli invitati erano ancora tutti riuniti nella sala del banchetto, ma
non voleva correre il rischio che qualcuno, accorgendosi della sua
assenza, decidesse di andare a cercarlo.
Non voleva essere disturbato, in quel momento.
Keigo si era seduto sul bordo del letto. Enji lo aveva raggiunto in
fretta, gli sembrava di non poter più restare lontano da lui
troppo a lungo.
Aveva poggiato la fronte su quella del ragazzo. Lo aveva visto chiudere
gli occhi e, come poco prima in corridoio, aveva posato le labbra sulle
sue. Keigo si era disteso sul letto, ed Enji lo aveva sovrastato subito.
Vedeva quegli occhi color oro socchiusi, come se non volessero perdersi
neppure un suo movimento, e questo lo faceva impazzire. Aveva sollevato
il tessuto della camicia e lo aveva ammucchiato in alto, accarezzando
finalmente quella pelle nuda, il suo petto scolpito. Non si era accorto
di averlo desiderato tanto, e così a lungo.
«Mh…» Keigo aveva mugugnato contro le
sue labbra. «Tutto questo supera di gran lunga i miei
sogni…»
La voce era impastata per via dei baci che continuavano a scambiarsi.
Enji era sceso, posandogli le labbra sul collo. Aveva lasciato una scia
umida sulla pelle del ragazzo, che aveva gemuto un po’
più forte.
«Che sogni?», aveva domandato Enji, incuriosito.
Keigo aveva inarcato tutto il corpo verso di lui. «Dei sogni
in cui mi prendi»,
aveva risposto, tremando appena. «Più tempo ti
passo accanto e più sono frequenti. Negli ultimi tempi non
mi hanno dato tregua.»
Enji aveva serrato con maggiore forza le gambe attorno ai suoi fianchi
minuti. Perché l’idea che certi sogni riempissero
le notti di Keigo lo coinvolgeva tanto?
Aveva lasciato che una fiammella si accendesse sul suo indice, e
lentamente aveva cominciato a tracciare la linea della colonna
vertebrale del ragazzo, sentendo il tessuto bruciarsi sotto il suo
tocco.
Keigo gli era sobbalzato tra le braccia. «Ti ricordo che le
mie piume possono bruciare, mio re», l’aveva
redarguito il ragazzo.
«Ti ricordo che me
lo ricordo», l’aveva rassicurato Enji,
posandogli un bacio sulle labbra. «Dimmi di più
dei sogni. Quando hai cominciato a farne?»
Keigo era sorpreso. Non immaginava che quella storia gli sarebbe potuta
interessare tanto. «Sono passati tanti anni ormai, non lo
ricordo con esattezza…», gli aveva confidato. Il
tessuto della camicia, sotto il calore della fiamma, si era
sfilacciato, liberando anche le ali del ragazzo. Enji l’aveva
recuperato e lasciato cadere a terra, lentamente, il fuoco che nel
mentre s’era già spento.
Il re si era chinato fino a raggiungere il suo orecchio, mentre le mani
gli accarezzavano il petto. «E ti sei toccato dopo averci
sognato fare certe cose?», aveva mormorato, affascinato dal
tremore che aveva sentito percorrere il corpo del ragazzo.
Keigo aveva sentito il volto avvampare di vergogna. Da quando in qua
era diventato così pudico, lui che aveva passato tutta la
sua vita a essere sfacciato con chiunque?
«Sì», aveva ammesso, grato che
l’uomo non avesse gli occhi fissi nei suoi, in quel momento
– avrebbe visto delle emozioni che non vi aveva mai
incontrato.
Vulnerabilità, probabilmente.
«Anche mentre eri sotto il mio stesso tetto?», gli
aveva domandato ancora. «Mentre ero a poche stanze di
distanza da te?»
Keigo aveva deglutito a vuoto. Quel pensiero l’aveva sempre
riempito di senso di colpa, perché era ingiusto, era
sbagliato, perché in quei momenti Rei era distesa accanto a
Enji, nel loro letto.
Eppure, nonostante questo, non era comunque riuscito mai a trattenersi.
«Sì», aveva confessato ancora, sentendo
il volto caldissimo.
Enji aveva sentito un fremito percorrergli tutto il corpo. Quel
pensiero era sconvolgente. Gli strinse ancora le gambe attorno ai
fianchi, sollevando finalmente il volto per poterlo guardare di nuovo
negli occhi, quegli occhi di oro liquido che ora sembravano brillare
più del solito, mentre lo fissavano, il volto arrossato.
«Mi fai impazzire», aveva ammesso, catapultandosi
nuovamente a baciare le sue labbra.
Stavolta, il bacio era stato più famelico. Keigo aveva
sentito il fiato mancargli in corpo, e aveva dischiuso appena gli
occhi, cercando quelli del suo re.
Enji lo fissava con attenzione. Sembrava bere ogni movimento del
più piccolo. Avrebbe voluto vedergli gli occhi sempre
aperti, anche quando il suo corpo sarebbe stato pervaso dal piacere.
Era così ammaliato da quegli occhi color oro. Non voleva
perdersene nemmeno un battito di ciglia.
Ordinò alla propria camicia di prendere fuoco, attento a non
ferire in alcun modo Keigo. Quando l’indumento era svanito,
aveva sentito le mani del ragazzo posarsi sul suo petto e scoprirlo con
interesse, accarezzarlo in ogni punto. Il re aveva sbuffato fiato
caldo, spingendo più a fondo nel materasso il corpo dedito
sotto di sé. Keigo lo aveva sentito strofinare i fianchi
contro i suoi, e questo gli aveva provocato nuovi gemiti, che erano
suonati ovattati contro le labbra dell’uomo.
Il re aveva avvertito chiaramente che il bisogno di essere toccato del
ragazzo si stava facendo impellente. Gli aveva abbassato i pantaloni,
in fretta. «Come sei eccitato…»,
l’aveva punzecchiato, accarezzandolo tra le cosce nude.
«Mh… è da così tanto che mi
fai questo effetto…» Keigo aveva cercato di
stringere le gambe. «Prendimi, Enji…»
Quella era la prima volta che lo chiamava per nome. Enji se ne
stupì, ma suonava così bene, sulle sue
labbra…
«Non avere fretta», l’aveva calmato,
facendogli divaricare nuovamente le gambe. «Prima devo
prepararti per bene.»
Aveva cominciato a stimolarlo lentamente. Le palpebre erano tornate a
calare su quel mare d’oro, mentre la stanza si riempiva di
gemiti sempre più frequenti, sempre più acuti.
Enji cercava di continuo di incontrare i suoi occhi, voleva osservare
le sue reazioni, capire come muoversi per farlo stare ancora
meglio…
Quando aveva affondato il primo dito in lui, aveva sentito il ragazzo
lasciarsi sfuggire un mugolio più forte contro le sue
labbra. Non ci aveva dato peso, era tutto così caldo e
intenso, in quel momento… era certo di non aver mai provato
tanto piacere prima d’ora. Aveva cominciato a muoversi
lentamente, cercando i suoi punti più sensibili. Per essere
sicuro che fosse preparato abbastanza, aveva aggiunto un secondo dito.
Si muoveva lentamente, tenendo conto di tutte le reazioni
dell’altro, cercando di comprendere come compiacerlo
maggiormente.
«F-fammi tuo, mio re…»,
l’aveva implorato Keigo, cercando le sue labbra.
Enji aveva ritratto le dita da lui. S’era sfilato anche
l’ultimo indumento che gli era rimasto, per poi avvicinarsi
alla sua entrata.
Anche lui non riusciva più a resistergli.
«Forse non l’hai ancora capito, ma tu sei
già mio», aveva mormorato sulle sue labbra.
«Sei stato mio fin dal primo momento in cui ho ricambiato il
tuo sguardo. Avevo già deciso di portarti con me prima
ancora che me lo chiedessi.»
Keigo l’aveva sentito scivolare dentro di sé, e un
nuovo gemito, ancora più forte degli altri, aveva raggiunto
le sue labbra.
«C-che vuol dire che avevi già deciso di portarmi
con te?», aveva domandato, sbigottito. «A-allora
perché ti sei fatto pregare per
settimane…?»
Enji aveva sogghignato, le labbra vicinissime a quelle del ragazzo.
«Perché così era più
divertente», aveva confessato, con un pizzico di sadismo.
I grandi occhi d’oro di Keigo si erano spalancati a
dismisura, ma presto erano stati costretti a chiudersi, travolti dal
piacere nel momento in cui Enji aveva cominciato a muoversi dentro di
lui.
Era tutto così caldo. Enji sentiva il proprio corpo sul
punto di andare in fiamme, ma stava cercando con tutte le sue forze di
trattenersi, terrorizzato al pensiero di poter ferire in qualche modo
Keigo. Il ragazzo, sotto di sé, aveva mosso le piume
arruffate, e lentamente aveva circondato la schiena dell’uomo
con le grandi ali rossastre, mentre gli stringeva le braccia al collo,
per sentirlo più vicino a sé. Enji si era sentito
profondamente emozionato da quel gesto, e mentre lo baciava aveva
cominciato a spingersi più velocemente dentro di lui.
Quando aveva raggiunto l’apice, a Keigo era sembrato come se
in quell’istante ogni tassello nella sua vita fosse andato al
suo posto. Aveva atteso così tanto quel momento, dicendosi
che non sarebbe mai potuto succedere, e invece adesso era finalmente
suo.
Lui ed Enji avevano fatto l’amore.
Enji era stato travolto dal piacere mentre era ancora dentro di lui.
Aveva posato la testa sul cuscino, accanto a quella del ragazzo,
respirando in affanno.
Keigo non si era mai sentito così tranquillo come in quel
momento. Aveva chiuso gli occhi, lasciando che un torpore esausto
s’impadronisse del suo corpo.
«Ti amo», aveva mormorato, già
scivolando nel sonno.
Enji aveva sorriso. Aveva avvolto i loro corpi con le coperte pesanti,
tenendo ben stretto a sé il corpo del ragazzo.
Non avrebbe mai permesso che gli accadesse nulla di male.
notes
okay, tergiversiamo un pochino.
anzitutto volevo ringraziarvi di cuore perché già
da ieri ho notato che il prologo ha superato le 100 views e weee non me lo
sarei mai aspettato minimamente, grz çwç
... oddio, ho finito gli argomenti con cui tergiversare. di
già. okay, suppongo di doverne parlare...
quando ho detto che la strada ora sarebbe stata in discesa intendevo
questo e MI DISPIACE. no, sono seria.
nel momento in cui ho analizzato la lista ho pensato che questo sarebbe
stato il prompt perfetto per far succedere una cosa del genere,
perché, insomma, se tu mi dici oro e io ho deciso di usare
questi due pg è ovvio che mi metterò a parlare
degli occhi di hawks. perché sono sottona? assolutamente
sì. e niente, ho cercato di nominarli più volte,
quindi spero di non aver cannato completamente il compito.
il problema è tutto il resto, i guess. cioè,
sì, sono felice di aver scritto una scena del genere
perché li amo e blablabla, però penso che sia
nota a tutti la mia incapacità di destreggiarmi in
descrizioni di questo
genere. io potrei anche dirvi che in vita mia credo di aver scritto
scene molto più particolareggiate, e in generale non penso
che postarne debba creare imbarazzo. ho una sorta di politica
personale, però, per la quale mi sono ripromessa di non
pubblicare mai roba troppo esplicita su efp, semplicemente
perché ritengo di essere una frana nello scriverne. penso
che per paranoia (o forse per onestà) aggiungerò
comunque la nota lime alla storia, ma mi sono impegnata per cercare di
restare quanto più blanda possibile. poi sono onesta, ho
letto gente scrivere rating rosso divinamente (anche su questi due),
per cui sappiate che vi adoro. so che non tutti siamo capaci di fare
qualsiasi cosa, e questo evidentemente è il mio limite, ahah.
però dai, adesso che è andata posso lasciarmelo
alle spalle e stare più tranquilla. anche perché
mh, oltre alla questione dell'oro negli occhi volevo concentrarmi sui
loro discorsi (sì, palesemente hawks non riuscirebbe a
tacere nemmeno in questo caso) e personalmente sono un poco soddisfatta
di come ho reso lo scambio di battute sulle ali che possono prendere
fuoco, perché già in canon questa cosa
è vera e mi fa pensare ai primi capitoli in cui sono apparsi
insieme e ahhh. feels.
come sempre ringrazio chi passa per leggere e SKSTE se oggi vi ho
lasciato questa schifezzina.
adesso vado a sotterrarmi, o fuggo in qualche angolo remoto del mondo.
ci vediamo domani se riesco a uscire fuori dalla fossa che mi
sarò scavata da sola, cià
aria
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Capitolo 13 *** Conseguenze ***
La
mattina successiva, il cielo era illuminato da una luce chiara, fioca.
Entrava appena nella stanza, filtrando dalla finestra per via delle
tende lasciate aperte, ma non era stato questo a svegliarlo.
Keigo aveva riaperto gli occhi lentamente. Si sentiva estremamente
riposato, non ricordava di essere mai stato così, neppure
dopo una lunga dormita di ritorno da giorni di volo.
Aveva schiuso lentamente gli occhi sul mondo, le sue iridi dorate che
avevano osservato ciò che lo circondava.
Il suo volto era adagiato sul cuscino a poca distanza da quello del re.
L’uomo sembrava ancora profondamente addormentato, e riposava
accanto a lui tranquillo, le braccia ancora strette attorno alla vita
di Keigo.
Il ragazzo sentì la mente cominciare a ragionare rapida.
Ricordava perfettamente ogni dettaglio della notte precedente. Lui ed
Enji si erano appartenuti, finalmente.
Keigo sentì il cuore battere un po’ più
veloce.
Era rimasto per tutta la notte a dormire accanto a lui. Poteva sembrare
una cosa stupida, ma per Keigo voleva dire tanto: sarebbe potuto
sgattaiolare via nella notte, fare finta che quello che c’era
stato tra di loro non fosse mai esistito.
Invece era rimasto.
Sentiva il respiro del suo re infrangersi tra i propri capelli, sbuffi
di fiato caldo che dalle narici scivolavano tra fili dorati.
Era adorabile. Non c’era nulla in lui che non fosse calore, e
Keigo l’aveva provato sulla propria pelle – ed era
stato bellissimo.
Aveva mosso un’ala, circondando la schiena del re, come a
voler ricambiare il suo abbraccio. Agitando appena le piume, gli aveva
accarezzato la schiena.
Aveva sentito Enji mugugnare nel sonno. Istintivamente, gli era venuto
da sorridere.
Il re aveva riaperto gli occhi piano. Keigo aveva osservato ogni
istante di quella scena, non riusciva a sopportare l’idea di
perdere anche solo una sfumatura di quelle iridi color oceano al
risveglio.
Trovandolo accanto a sé, Enji aveva accennato un sorriso.
«Buongiorno», aveva mormorato. C’era
qualcosa d’incredulo nella sua voce, che di prima mattina era
più profonda del solito.
Keigo gli aveva lasciato un bacio sulle labbra.
«Buongiorno», l’aveva salutato a sua
volta. «Perdonami, non volevo svegliarti.»
Il re non sembrava molto dispiaciuto di quel risveglio. Aveva passato
una mano tra i capelli dorati del ragazzo. «Sono felice di
aver passato la notte qui», aveva confessato.
Keigo aveva sorriso pieno di felicità a
quell’affermazione, ma mentre quelle parole risuonavano nella
sua mente un lampo di consapevolezza aveva attraversato i suoi occhi.
Enji era rimasto tutto il tempo lì. Non era tornato alla
festa, né in camera sua, da Rei, per dormire con lei.
Per quanto quella fosse una cosa meravigliosa, che faceva emozionare
Keigo e gli faceva pensare che, forse, il re ricambiasse i suoi
sentimenti, sapeva che la loro era una situazione complicata.
Qualcuno li stava cercando da ieri sera? C’erano stato
problemi con la festa?
Enji doveva aver intuito i suoi pensieri, perché gli aveva
posato un bacio sulla fronte.
«Penso che Rei abbia coperto la mia assenza», gli
aveva spiegato. Quella era più che altro una speranza, ma
non riusciva a darsi nessun’altra giustificazione al fatto
che se ne fosse potuto rimanere lì tranquillo fino a quel
momento.
Keigo aveva sospirato, poggiando una guancia sul braccio del re.
Pensare alle implicazioni di quella notte che avevano passato assieme
era l’ultima cosa di cui voleva occuparsi, adesso. Non voleva
pensare a Rei, né al resto della famiglia reale,
perché dubitava di avere anche solo una
possibilità rispetto a loro. Immaginava che sarebbe sempre
stato l’altro, quello da cui rifugiarsi nelle notti insonni,
mentre per il resto del mondo sarebbe sempre rimasta la bella
– solo in apparenza – famiglia felice di facciata.
E in realtà gli stava bene così. Sapeva che non
poteva avere pretese, e anche solo quella notte gli era sembrata un
dono. Eppure non riusciva a non provare una certa tristezza al pensiero
che, forse, il cuore di Enji non gli sarebbe mai appartenuto del tutto.
«Che ore saranno?»
La domanda di Enji l’aveva riportato alla realtà.
Keigo si era voltato, osservando il cielo bianco, che ancora prometteva
neve.
«Mh, a giudicare dalla luce penso che sia appena passata
l’alba», aveva mugugnato il ragazzo. La sua voce
era ancora un po’ impastata di sonno.
Enji gli aveva sbuffato fiato caldo tra i capelli. «Forse
dovrei tornarmene nelle mie stanze prima che ci siano troppi domestici
in giro», aveva valutato.
Keigo aveva ruotato nuovamente il capo in direzione
dell’uomo. Gli dispiaceva il pensiero di vederlo andare via,
ma sapeva che sarebbe stato sconveniente se qualcuno l’avesse
visto uscire dalla camera del ragazzo. «Sì,
però devo farti una domanda», aveva annunciato.
«Stanotte hai bruciato la tua camicia. Posso sapere come hai
intenzione di tornare in camera tua senza averla indosso? Non posso
nemmeno prestartene una io, anche se avessimo avuto la stessa taglia,
se qualcuno ti avesse visto con i miei vestiti sarebbe stato un
disastro lo stesso.»
Enji l’aveva guardato sorpreso, per poi distogliere lo
sguardo, con aria colpevole. Detestava ammetterlo, ma Keigo era sempre
stato più sveglio di lui.
«Non ci ho pensato», aveva ammesso il re.
«Qua a terra dovrebbe esserci ancora la mia giacca, ma andare
in giro per il castello con solo quella indosso è comunque
un rischio…»
Keigo aveva ghignato furbescamente. «Fortuna che ci sono
io», aveva valutato.
Il ragazzo aveva fatto volare una delle sue piume sopra alle loro
teste. «Posso far percorrere a una mia piuma la strada da qui
fino alla tua camera. Controllerò ogni rumore,
così da capire se c’è qualcuno in giro.
Ovviamente farò attenzione a non farmi beccare»,
aveva proposto.
Il re l’aveva guardato con un cipiglio ammirato e perplesso.
«Sì, potrebbe funzionare», aveva
approvato.
Keigo aveva annuito. Senza attendere oltre, aveva chiuso gli occhi,
ordinando alla piuma di muoversi.
Conosceva bene la strada, per cui non era stato difficile muoverla.
Dopo che era sgattaiolata sotto la porta, l’aveva fatta
muovere attraverso i corridoi passando molto vicino al suolo, dove
c’erano tappeti rossi che, visto il colore, erano perfetti
per mimetizzarla. Una volta arrivata davanti alla stanza del re,
l’aveva accostata alla porta, in cerca di un qualsiasi tipo
di rumore, un respiro, il fruscio di un corpo tra le lenzuola, dei
passi, tuttavia non era riuscito a riscontrare niente del genere.
«Sembra che non ci sia nessuno», aveva concluso,
mentre aveva già richiamato a sé la piuma.
«Anche nei corridoi niente tracce di persone in vista.
Sarà ancora talmente presto che i lavori nel castello non
sono cominciati.»
«Ha senso. Probabilmente Rei è nelle stalle, le
piace fare visita ai cavalli al mattino», era stato il
commento di Enji, mentre si alzava e cominciava a recuperare i vestiti
sparsi a terra.
Sapeva che lasciarlo andare fosse la cosa giusta da fare in quel
momento, e Keigo era felice di essere riuscito ad aiutarlo con i suoi
poteri, tuttavia nel vederlo rivestirsi non riusciva a non provare una
certa tristezza.
Quando aveva finito, Enji si era voltato a osservare il ragazzo e,
notando l’espressione intristita che si era formata sul suo
volto, si era chinato a lasciargli un bacio sulla fronte.
«Riposa ancora un po’, è
presto», gli aveva consigliato. «Ti aspetto al
tavolo della colazione.»
Keigo gli aveva rivolto un ultimo sorriso prima di vederlo andare via.
Poi, quando la porta si era richiusa silenziosamente alle spalle del
re, il ragazzo si era ributtato pesantemente tra le coperte.
Era tutto così complicato, ma troppo bello per rinunciarvi.
notes
che ridere, oggi rispetto a ieri
sono centomila volte più tranquilla.
voglio dire, la parte sconveniente ormai è andata, mi pare
che sostanzialmente sia andata pure bene, per cui... yeah?
in compenso qui arriva il mio amato angst. ve l'ho mai detto che
è il mio genere preferito? beh, immagino che sia
normale, viste le otp che mi scelgo.
il prompt di oggi era respiro, e ho deciso di sfruttarlo per mostrare
un po' l'aftermath
delle azioni dei nostri cari due protagonisti. le cose sono ben lontane
dall'essere tranquille e risolte, ma ehi, ci sarà modo di
vederlo nei prossimi giorni.
a tal proposito, fatemi ragionare. i prossimi due capitoli serviranno
per mettere in evidenza alcuni dei componenti della famiglia Todoroki
di cui per ora non abbiamo ancora parlato approfonditamente, mentre col
finire della settimana possiamo quasi dire che si chiuderà
l'arco narrativo che ci ha accompagnati finora. da lunedì si
cambia completamente setting, mentre tra una settimana esatta
sarà il turno di un capitolo che potrebbe piacere a diverse
persone.
sfortunatamente, però, non posso fare alcuno spoiler ~
come al solito grazie per aver letto, ci vediamo domani sera!
aria
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Capitolo 14 *** Mantieni l'incanto ***
Mancava
poco più di due mesi alla primavera.
Enji sentiva il peso delle sue responsabilità farsi sempre
più insopportabile. I suoi doveri di re nelle mansioni di
tutti i giorni, i nemici che si facevano sempre più vicini.
E poi c’era Keigo.
Keigo che l’aveva attirato a sé quasi con un
sortilegio, fin dal primo giorno in cui si erano incontrati. Keigo che,
finalmente, era suo, ma questo aveva raddoppiato i suoi problemi.
Quella mattina si era avviato a colazione con più pensieri
nella testa del solito. Il mantello purpureo gli scendeva pesante sulle
spalle, dondolando seguendo il passo della sua andatura regolare.
Aveva trovato Rei seduta al tavolo. Aveva davanti a sé una
tazza di tè vuota, probabilmente doveva aver finito di fare
colazione e si era attardata un poco lì, visto che aveva lo
sguardo perso mentre osservava il panorama fuori dalla finestra.
«Buongiorno», l’aveva salutata Enji,
occupando il proprio posto abituale.
Rei si era voltata a osservarlo. Sembrava così persa nei
propri pensieri da non essersi accorta dell’arrivo del marito.
«Buongiorno», aveva mormorato a sua volta.
C’era qualcosa in Rei che andava oltre il suo aspetto
incantevole. Era… delicata, eterea, in ogni cosa che faceva,
nelle parole che sceglieva per parlare, nei sorrisi che rivolgeva agli
altri, colmi della stessa gentilezza per chiunque.
Aveva un carattere molto diverso da quello del marito, scontroso lui,
cordiale lei. In comune avevano forse solo quella profonda tendenza
alla riservatezza, che negli anni aveva creato non pochi pettegolezzi
su di loro.
Enji avrebbe voluto chiederglielo. Avrebbe voluto sapere
perché lo avesse coperto alla festa, perché ormai
era certo che fosse andata così. Però non aveva
il coraggio di farlo: sapeva che questo avrebbe portato a parlare di
argomenti che non voleva tirare fuori, così stava preferendo
glissare.
C’era qualcosa di profondamente triste, negli occhi di Rei.
C’era sempre stata in lei un certa espressione malinconica
velata, forse perché sentiva la mancanza della sua terra,
forse perché quel matrimonio si era rivelato una gabbia
dorata che aveva intrappolato lei ed Enji.
Enji, tuttavia, sospettava che adesso ci fosse qualcosa di diverso, in
quell’espressione.
Sperava di sbagliarsi, ma aveva l’impressione che Rei sapesse
già la verità.
Era sempre stata una donna intelligente, e forse s’era resa
conto da tempo del rapporto speciale che intercorreva tra lui e Keigo.
Poteva aver notato che, la sera della festa, dopo il suo allontanamento
era scomparso anche il consigliere di corte. Non ci sarebbe voluto
molto per collegare le due faccende.
Rei però non aveva mai fatto menzione della cosa in sua
presenza. Per di più, alla festa lo aveva coperto, dicendo
che il re quella sera si era ritirato prima nelle proprie stanze a
causa di un malore, e lei stessa, sempre così poco propensa
a occuparsi dell’aspetto sociale della famiglia reale, aveva
intrattenuto i loro ospiti, passando il tempo a conversare con loro.
Enji non aveva idea del perché lo avesse fatto,
né comprendeva il motivo del suo continuare a mantenere un
atteggiamento tollerante nei suoi confronti, adesso.
L’unica spiegazione plausibile che riusciva a darsi era che,
dato il carattere mite della donna, il suo intento fosse quello di
chiudere un occhio a riguardo.
C’era un problema, però.
Enji non aveva mai amato Rei, e lo stesso valeva per la sua consorte.
Il loro matrimonio era stato principalmente un’unione
d’interesse, e anche se aveva portato certamente
ciò per cui era stato progettato –
un’alleanza tra due potenti famiglie, una del nord e
l’altra del sud del regno, e un figlio, Shoto, che potesse
controllare entrambi gli elementi, sia ghiaccio che fuoco –,
tuttavia in esso non c’era mai stato amore tra i due coniugi.
Invece adesso c’era Keigo.
Se Enji avesse dovuto indicare qualcuno per cui avrebbe fatto ogni
cosa, sarebbe stato di sicuro il ragazzo.
Avrebbe dovuto parlare con Rei di quanto stava succedendo, ne era
certo. Tuttavia non riusciva a trovare il coraggio necessario per farlo.
Forse sua moglie avrebbe perfino potuto perdonarlo. Enji
però non voleva essere costretto a rinunciare a Keigo,
né a doverlo allontanare da palazzo. Potevano farlo?
Sapeva che la cosa giusta da fare era dire la verità
– ma non l’aveva fatto.
Si era detto che era per proteggere Keigo, perché non voleva
metterlo in una situazione spiacevole, né che in qualche
modo potesse perdere il proprio incarico a corte a causa sua, ma sapeva
che tutto ciò tutelava principalmente se stesso.
C’era anche un altro aspetto da considerare. Voleva tenere
nascosto quel che stava succedendo tra loro ancora per un po’
perché era così bello, non voleva che cambiasse.
Lontano da sguardi indiscreti, da parole taglienti, poteva custodirlo
come un tesoro, e sapeva che l’avrebbero fatto brillare come
solo loro erano in grado di fare.
Per questo era rimasto in silenzio, cominciando a mangiare. Avrebbe
parlato con Rei di tutto questo, perché sua moglie era stata
sempre condiscendente con lui e non meritava che la facesse soffrire
ancora una volta.
Però non adesso. Non ancora, si era detto.
notes
mi sono ricordata di una cosa!
non l'ho ancora detto, ma mentre la sto pubblicando questa è
diventata ormai ufficialmente la storia più lunga che abbia
mai postato su efp! i miracoli del writober uwu
finalmente parliamo di un altro componente assai importante della
famiglia Todoroki, ovvero Rei. mi è piaciuto tantissimo
scrivere di lei, volevo mostrare quell'aura molto delicata che,
personalmente, le ho sempre visto attorno, spero di esserci riuscita.
canonicamente è un personaggio anche fragile, con delle
grosse ferite alle spalle, però ho la speranza che
riuscirà un giorno a trovare la forza per superarle, forse
in parte ci sta già riuscendo. spero di averle reso
giustizia, in ogni caso la ritroveremo anche più avanti.
sì, i Todoroki piano piano si sono presi sempre
più spazio all'interno della storia. inizialmente non era
questo il piano, ma ehi, chi sono io per lamentarmi?
comunque, il prompt celare lo avevo inteso inizialmente come il
desiderio da parte di Enji di nascondere alla sua famiglia la relazione
con l'adorabile consigliere di corte ancora per un po', ma ora mi rendo
conto di averlo inserito anche nel parlare della tendenza alla
riservatezza dei due coniugi. quasi quasi mi faccio pat pat sulla
spalla da sola.
btw ugh, mi rendo conto che Enji sta un po' tirando la corda, insomma,
mantenendo questo segreto non fa propriamente del bene alle persone a
cui tiene. ci sarà una risoluzione per tutto questo? ah,
perché dovrei dirvelo? magari andando avanti con la storia
si saprà.
(tornando al punto di prima, sono dell'idea che, alla fine, nell'opera
originale è Enji stesso a causare la rovina della sua
famiglia, lo so. qui tendo a non parlarne perché
è un'AU e voglio tenermi il beneficio del dubbio
nell'analizzare quest'aspetto qualora un giorno dovessi pubblicare
qualcosa riguardante l'universo canonico, però i personaggi
pieni di difetti mi hanno sempre affascinata, così eccomi
qui)
come al solito vi ringrazio perché, veramente, sto ricevendo
un sacco di supporto per questa storia e non me l'aspettavo! di solito,
complice il fatto che sono solita frequentare fandom un po'
più spopolati, mi sono abituata all'essere ignorata, e
invece stavolta non è così e... niente, grazie
mille, davvero! può sembrare una cosa sciocchissima ma mi
dà un sacco di carica!
domani arriva un altro personaggio che, capitolo dopo capitolo, si
è conquistato il suo spazio degno di nota all'interno della
storia, probabilmente potete già immaginare di chi si
tratta. io sono contenta, perché per quanto mi piaccia da
quando ho iniziato a vedere l'anime (quindi nel 2017, credo) questa
è la prima volta che compare in una mia storia. e niente,
spero che la sua resa sia convincente, ahah.
ci vediamo domani!
aria
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Capitolo 15 *** Richiesta ***
Era
un pomeriggio assolato.
Enji l’aveva passato nella biblioteca del palazzo. Leggere
non era mai stata una sua passione, e in effetti quel luogo e tutti i
libri che vi si trovavano gli apparivano pressoché
sconosciuti.
Era ormai gennaio inoltrato. La neve non era più caduta da
dicembre, ma fortunatamente il sud poteva ancora tirare un sospiro di
sollievo. Per quanto il sole facesse capolino da dietro grandi nuvoloni
bigi, era sempre molto pallido. Le temperature continuavano a tenersi
basse, soprattutto la notte, e lo scioglimento della neve poteva dirsi
ancora un poco lontano.
Il re era turbato, tuttavia. Non amava l’idea di restare ad
aspettare, esporre il proprio regno a una minaccia che nessuno riusciva
a quantificare, così aveva palesato l’intenzione
di andare loro incontro, bloccandoli a metà strada nelle
terre dell’est, così da impedire loro di calare
completamente a sud.
L’idea non era stata accolta con favore da tutti gli alleati,
soprattutto quelli che provenivano da regni dell’est. Il re,
tuttavia, aveva espresso il proprio volere, e nessuno aveva la
possibilità di contraddirlo.
Sarebbe partito anche lui. Per quanto quella minaccia
l’avesse preoccupato fin dal primo momento in cui ne era
venuto a conoscenza, temeva di aver preso la situazione troppo alla
leggera, temporeggiando fino a quel momento. Aveva esposto il suo regno
e la sua famiglia a un pericolo enorme.
E poi era il re. Doveva scendere in campo al fianco dei suoi soldati,
per infondere loro coraggio, perché era questo
ciò che ci si aspettava da un buon leader – ed
Enji non aveva alcuna intenzione di disattendere quel compito.
Per la verità, dirigersi ad est gli arrecava anche un altro
vantaggio, ovvero partire assieme a Keigo con la certezza che il
ragazzo sarebbe stato al suo fianco. Era pur sempre uno dei migliori
guerrieri dell’esercito reale, lasciarlo a corte con delle
premesse del genere sarebbe stato impensabile.
Inoltre, aveva la necessità di allontanare se stesso e il
ragazzo dal palazzo. Aveva paura che, dopo la festa del solstizio,
potessero cominciare a circolare strane voci sul loro conto, e credeva
che, al confine, sarebbe stato in grado di tenerlo lontano da eventuali
pettegolezzi.
Un contingente di guardie scelte sarebbe comunque rimasto a guardia del
castello, qualora la loro spedizione fosse fallita e i nemici, dopo
averli sopraffatti, avessero continuato la loro discesa verso sud
– e questo sarebbe successo di sicuro, se non fossero
riusciti a fermarli.
Enji aveva sospirato rumorosamente. Non mancava molto alla partenza, il
giorno doveva ancora essere stabilito con esattezza ma tutti a corte
erano consapevoli che fosse imminente.
Come al solito, Keigo era sparito quella mattina. Nei dintorni tutti i
preparativi erano stati ultimati, ma prima di lasciarsi il palazzo alle
spalle era necessario essere certi che non ci fosse neppure una falla
nelle loro difese. Enji era sollevato nel sapere il ragazzo distante
dal castello, perché più tempo passavano assieme
più sospetti sulla vera natura del loro rapporto potevano
instillare, tuttavia ora, nel tedio del pomeriggio, gli mancava
terribilmente.
Avevano continuato a concedersi dei momenti
d’intimità, in quel periodo, anche se senza
sfociare nella passione con la stessa intensità della prima
volta. Enji continuava a scivolare nella sua camera, di notte, e
lì era incapace di togliere le mani dal suo corpo,
accarezzarlo, stimolarlo. Le loro labbra sembravano non volersi
staccare mai, e dopo restava spesso a dormire accanto a lui.
Sapeva di non star comportandosi correttamente con lui. C’era
qualcosa a trattenerlo, dal concedersi di nuovo completamente a lui, e
sapeva che si trattava della situazione con Rei. Avrebbe dovuto
chiarirla, se non voleva ferire ulteriormente… beh, tutti.
Il re aveva sospirato di nuovo. Tra le mani stringeva alcuni pezzi
della sua armatura. Non amava molto indossarla, preferiva difendersi
con le proprie fiamme in battaglia, tuttavia aveva pensato che stavolta
avrebbe fatto meglio a portarla con sé, visto che non aveva
idea di cosa sarebbero stati in grado di fare i nemici che si sarebbero
ritrovati davanti. Non era certo la prima volta che prendeva parte a
una battaglia: molti dei regni che ora portavano il sigillo della casa
reale nei loro stendardi erano stati conquistati con le armi. Portava
cicatrici di guerra sul suo corpo, e lo stesso valeva per Keigo
– ed Enji aveva scoperto che amava sfiorarle, e il ragazzo
adorava quando lo faceva…
La porta della biblioteca si era aperta, ed Enji aveva sollevato in
fretta lo sguardo. Per un momento aveva quasi sperato che potesse
trattarsi di Keigo, tuttavia poco dopo era rimasto sorpreso quando
aveva visto entrare Shoto.
Anche il giovane principe non sembrava aspettarsi di trovarlo
lì. «Padre», aveva mormorato brevemente,
chiudendo la porta della biblioteca dietro di sé.
Shoto Todoroki era la rappresentazione di ciò che suo padre
non sarebbe mai potuto essere. Se confrontato alle fiamme
dell’uomo, il potere di suo figlio era nettamente superiore.
In lui albergavano il ghiaccio e il fuoco. Aveva ricevuto entrambe le
straordinarie capacità dei suoi genitori, e sapeva
sfruttarle al meglio. Non c’era da sorprendersi che,
nonostante fosse il più giovane della famiglia, tutti
riconoscessero in lui il successore della stirpe reale.
Shoto non era solo immensamente potente. Suo figlio era magnanimo, mite
e altruista, tutte doti di un buon governante. Non c’era
dubbio che avesse ereditato il carattere da Rei.
Proprio per via delle sue enormi capacità, tuttavia, Enji
l’aveva addestrato duramente fin da quando era piccolo per
essere il suo successore. Se si era dimostrato perlopiù
freddo nei confronti di Natsuo e Fuyumi, evitandoli e non dimostrando
loro l’affetto che meritavano, con Shoto era stato
implacabile, costringendolo ad allenarsi duramente, concedendogli quasi
nessun momento di riposo, finché non era stato in grado di
controllare perfettamente entrambi i suoi poteri.
Non c’era da meravigliarsi che il ragazzo provasse
risentimento nei suoi confronti. I loro rapporti erano stati spesso
conflittuali, e solo adesso che aveva compiuto sedici anni Shoto
sembrava aver cominciato a palesare l’intenzione di ricucirli.
Da sempre la biblioteca era stato uno dei luoghi preferiti di Shoto nel
palazzo. Aveva perso il conto delle volte in cui si era rifugiato
lì, e aveva ormai letto quasi tutti i preziosi volumi
presenti all'interno. A ben pensare, non c’era da
sorprendersi che fosse entrato là. Lo stesso non poteva
dirsi di suo padre, e proprio per questo Shoto era stato sorpreso
quando, dopo aver setacciato ogni stanza del palazzo, l’aveva
trovato proprio lì.
«Shoto», l’aveva salutato
l’uomo, ancora sorpreso di esserselo ritrovato davanti.
«Cercavi me?»
«In realtà sì», aveva ammesso
il ragazzo. Il giovane principe aveva attraversato la stanza, guardando
nel mentre il padre fisso negli occhi – quegli occhi di cui
uno era speculare al suo, del suo medesimo azzurro, mentre
l’altro era dello stesso colore di quelli di Rei.
«Ah, sì?» Enji aveva aggrottato le
sopracciglia, sinceramente stupito da quell’affermazione.
«E… di cosa volevi parlarmi?»
Shoto si era seduto sulla poltrona di velluto verde di fronte a lui.
«Di quella», aveva risposto, muovendo un cenno del
capo in direzione del padre.
Se possibile, Enji si era sentito ancora più confuso.
«Non ho capito», aveva ammesso.
«L’armatura», aveva spiegato brevemente
il ragazzo.
Enji aveva abbassato lo sguardo sul proprio grembo, come ricordandosi
solo in quel momento dei pezzi che stava lucidando. Mentre era rimasto
assorto nei suoi problemi, il panno con cui li stava lucidando non gli
s'era mosso dalla mano.
«Oh», si era limitato a mormorare.
Shoto aveva congiunto le mani in grembo, spingendosi col busto in
avanti per continuare a parlare con lui. «Voglio che mi porti
con te ad est», aveva annunciato, con tono perentorio.
Enji aveva subito sollevato lo sguardo di nuovo su di lui.
«Cosa? Non se ne parla. È troppo pericoloso,
non…»
«Ma se non mi permetti d’imparare come
potrò un giorno occuparmi di tutto questo?», aveva
obiettato il ragazzo.
«Non sappiamo neppure quale sia la natura dei nostri
nemici… e poi tu sei destinato a prendere il mio posto, in
futuro, non possiamo rischiare di…»
«Sei tu che mi hai allenato fin da quando ero un
ragazzino!», aveva sbottato Shoto. «Hai sempre
detto che il mio potere è più forte del tuo,
allora perché non mi permetti di aiutarti? I nemici vengono
dal nord, potresti avere bisogno di tutta la potenza di fuoco
disponibile, ma proprio perché non conosciamo le loro
capacità il mio ghiaccio potrebbe esserti utile!»
Enji si era morso un labbro. Sapeva che aveva ragione, ma il pensiero
di esporlo a un rischio del genere lo preoccupava.
«Sei troppo giovane…», aveva aggiunto,
sprofondando nella poltrona.
Shoto aveva corrugato la fronte. La protesta del padre stavolta era
stata molto più debole, e in fin dei conti il ragazzo era
consapevole di avere ragione. Doveva insistere solo un altro
poco…
«Permettimi di venire con te», l’aveva
pregato ancora. «Papà…»
Enji aveva chiuso gli occhi. Non si sarebbe mai potuto perdonare se
fosse successo qualcosa a suo figlio. Era sempre stato severo con lui,
ripetendosi che era per il suo bene, ma adesso cominciava a sospettare
che dietro a tutte le sue mosse ci fossero stati solo gli interessi di
palazzo. Nonostante tutto, Shoto aveva comunque allungato una mano
nella sua direzione, concedendo a entrambi il beneficio del dubbio che
forse sì, era ancora possibile recuperare il loro legame.
Ecco perché non poteva deluderlo.
Se l’avesse respinto adesso, sarebbe equivalso a mettere un
altro muro tra loro, ora che erano riusciti a far crollare gli altri.
E, forse, non ne valeva la pena.
«E sia», concesse. «Ma non dovrai mai
allontanarti dalle mie fila, ed eseguirai i miei ordini senza
discutere.»
Enji aveva riaperto gli occhi, cercando subito la figura di suo figlio.
Shoto aveva annuito deciso.
«Grazie», aveva sospirato il ragazzo.
Poi, senza preavviso, gli aveva rivolto l’accenno di un
sorriso.
Enji si era sentito così debole davanti alla piega dolce di
quelle labbra, forse come mai prima d’ora.
In quel momento, aveva capito che avrebbe fatto di tutto per
proteggerlo.
notes
l'angolino del disagio oggi
comincia col racconto di me che stanotte ho faticato ad addormentarmi
perché ho cominciato a farmi venire delle paranoie assurde,
tipo "ohmmioddio e se mi si cancella dal pc il capitolo che devo
pubblicare domani?".
ci tengo a precisare che tutti i capitoli della storia sono stati messi
al sicuro in memoria da almeno due settimane :)
comunque yeah, finalmente è arrivato uno dei personaggi che
attendevo con più ansia! non vedevo l'ora di introdurlo, sul
serio.
ovviamente, si tratta di Shoto. prima di editare il capitolo avevo
molte preoccupazioni per una cosa, adesso invece si sono spostate tutte
da un'altra parte.
come ho già spiegato, il passato della famiglia Todoroki qui
è leggermente
indorato, e temevo di aver esagerato con questo "addolcire
la pillola". d'accordo, con un'AU ci si possono permettere pur sempre
delle piccole variazioni, ma non mi andava di allontanarmi troppo
dall'universo canonico. rileggendo mi sono un po' tranquillizzata su
questo, però in compenso mi è venuto un altro
terrore, ossia che il dialogo sia troppo breve e che Enji cambi idea
con eccessiva fretta. però magari anche qui mi preoccupo
troppo, vbb.
parlando di preoccupazioni varie ed eventuali, come sempre il mio
pensiero va ai verbi, che nonostante abbia ricontrollato
diciassettemila volte ormai inizio a temere di star dimenticandomi la
grammatica italiana--
e spero veramente di aver reso bene il personaggio di Shoto, ci tenevo
e ci tengo un sacco anche ora! all'inizio non avevo immaginato che
potesse avere un ruolo importante all'interno della storia, ma mentre
andavo avanti con la stesura, complice forse l'affetto che provo per
lui, mi sono resa conto che, come dicevo ieri, si è
guadagnato uno spazio sempre maggiore. per cui lo rivedremo sicuramente
in seguito, yeah!
parlando del prompt di oggi, diciamo che è un'altra di
quelle cose che c'era il rischio potessi cannare. l'armatura,
però, viene menzionata quando si vede Enji che la sta
lucidando, dopodiché è un po' tutto il pretesto
da cui nasce il discorso tra il re e suo figlio, quindi forse
può andar bene così...?
sono due capitoli che non si vede il mio adorato Hawks,
chissà se nel prossimo rimedierò ~
per oggi credo di aver detto tutto. come al solito grazie a chiunque
stia leggendo questa storia ♥
a domani!
aria
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Capitolo 16 *** La promessa ***
Un’altra
mattina di controlli, un’altra mattina in giro per i dintorni.
Keigo camminava in fretta, lasciandosi alle spalle il viale
d’ingresso del castello. Aveva pensato che le cose, dopo
quella prima notte, sarebbero diventate più semplici, invece
ora gli sembrava tutto molto più complicato.
Non riusciva a capire fino a che punto Enji lo desiderasse,
perché continuava a cercarlo, ma quando erano insieme era
come se qualcosa lo fermasse.
Aveva l’impressione che lo stesse facendo per lui, ma avrebbe
voluto dirgli che non ce n’era bisogno.
Il problema era che il tempo stringeva sempre di più.
Mentre attraversava i giardini, aveva notato come la neve si stesse
sciogliendo, e ormai non rimanevano che alcuni radi cumuli. Quando
Keigo aveva recapitato il messaggio della minaccia, avevano ipotizzato
che le ultime tracce di neve si sarebbero sciolte con
l’arrivo della primavera.
Questo, però, valeva forse per i territori più a
nord del regno.
Lì al sud quel momento sembrava essere molto più
vicino. Significava che l’attacco era imminente?
Non lo sapevano. Per questo, avevano deciso di battere
l’avanzata nemica sul tempo andandovi incontro,
così da scongiurare che l’invasione dilagasse fin
nei territori a ridosso del palazzo.
Keigo non aveva idea se definire o meno quella strategia lungimirante.
Sì, forse li avrebbero fermati, e se così
avessero fatto proprio il gioco dei nemici? Nel malaugurato caso in cui
non fossero riusciti a sconfiggerli, chi li avrebbe fermati dal calare
al sud?
Non lo sapeva e, in mancanza di quelle risposte che non riusciva a
darsi, aveva deciso di concentrarsi unicamente per far sì
che tutto funzionasse alla perfezione. Doveva focalizzarsi sulla difesa
del regno e nient’altro, perché se si fosse
distratto per pensare alla situazione con Enji sapeva già
che non avrebbe risolto nulla.
L’unica cosa certa era che la partenza verso est era
imminente. Per questo, prima di lasciare il palazzo Keigo aveva ancor
più motivi per accertarsi che tutto fosse sotto controllo.
I sassolini del viale stridevano scontrandosi sotto le suole dei suoi
stivali, ma mentre era già quasi arrivato al cancello
d’ingresso, aveva sentito alcuni passi seguirlo in fretta.
Keigo aveva chinato la testa all’indietro, ritrovandosi a
osservare la figura di Enji che si avvicinava sempre di più
a lui.
«Già sveglio, mio re? È ancora
presto», aveva commentato, continuando a fissarlo in quella
posizione scomoda.
«Ti stavo cercando», aveva replicato Enji,
sbuffando fiato caldo dal naso, spazientito. Keigo aveva osservato il
suo respiro condensarsi in nuvolette di fumo. «È
stata decisa la data della partenza.»
Keigo aveva tirato un respiro affilato. Aveva spostato nuovamente lo
sguardo davanti a sé, ma adesso le sue gambe non volevano
più saperne di muoversi.
Aveva sperato che ci fosse ancora tempo, e invece sembrava essere
esaurito. Partire significava andare incontro a dei nemici, e Keigo non
sapeva se avrebbero fatto ritorno.
Significava che, forse, lui ed Enji non avevano più tempo.
«Ah», aveva commentato, sentendo di colpo la gola
secca. «E quando sarebbe?»
Enji, nel frattempo, lo aveva raggiunto. «Domattina
all’alba», aveva risposto, in tono grave.
Keigo si era sentito come se una spada gli avesse trapassato il petto.
Era veramente finita così? Aveva puntato lo sguardo a terra,
tentando di cacciare indietro i pensieri che lo stavano assillando.
Aveva scosso la testa, cercando di riprendersi. La mattina successiva.
Ottimo, doveva passare da tutti i presidi, quelli attorno alle mura,
quelli a guardia nei sobborghi circostanti, assicurarsi che fossero
tutti in posizione, dopodiché sarebbe dovuto tornare al
castello, preparare una borsa con pochi averi essenziali… se
si fosse mosso in volo avrebbe fatto prima. Keigo aveva dispiegato le
ali, preparandosi a partire. Stava per spiccare il volo, quando aveva
notato alcune bacche, nei cespugli accanto al cancello. Forse avrebbe
fatto meglio a prenderne qualcuna, dopotutto si preannunciava un giro
lungo e stancante, e avere qualcosa da mangiare per recuperare le
energie mentre era in volo gli era sembrata una buona idea.
Aveva fatto per avvicinarsi a uno dei cespugli. Enji l’aveva
visto appena in tempo, e subito si era lanciato su di lui.
«No!», aveva esclamato, stringendogli il polso tra
le dita. «È belladonna!»
Keigo si era voltato a osservarlo. Era da giorni che non si trovavano
più così vicini.
«Cosa…?», aveva domandato, confuso.
«È una pianta pericolosa, è meglio non
mangiarne le bacche», aveva spiegato Enji, lasciandosi
sfuggire un sospiro pesante. «Si dice che serva a scacciare
gli spiriti maligni, per questo Rei mi aveva chiesto di piantarne
alcuni cespugli vicino all’ingresso del castello, tanti anni
fa…»
A sentire il nome della regina, un velo di tristezza aveva invaso gli
occhi di Keigo, che subito aveva chinato il capo verso il basso. Che
sciocco, eppure aveva sentito il cuore battergli più forte
quando il re era corso a fermarlo…
Enji aveva compreso di aver commesso un errore nel momento in cui aveva
nominato Rei. Aveva notato il ragazzo incupirsi, e si era maledetto per
questo. Quando l’aveva visto sul punto di cogliere le bacche,
però, non aveva capito più nulla. Era stato
pervaso dal terrore di perderlo, così aveva agito
d’impulso, scattando nella sua direzione.
Il re si era ritrovato a sospirare. Si era lasciato guidare
dall’istinto, e chiudendo gli occhi aveva avvicinato una mano
al volto del ragazzo. Prima che potesse comparire qualcuno nei paraggi,
gli aveva cinto la vita con un braccio e l’aveva condotto con
sé dietro a un cipresso lì accanto.
Keigo gli aveva rivolto uno sguardo sorpreso, Enji poteva vedere il
mare d’oro nei suoi grandi occhi scintillare.
L’aveva sollevato lentamente da terra, afferrandolo per il
colletto della camicia, per poi posare un bacio sulle sue labbra.
Il ragazzo aveva chiuso gli occhi, aiutandosi con un paio di battiti
d’ali per restare sollevato. Iridi cerulee e dorate celate
dalle palpebre, le labbra si erano sfiorate lentamente. C’era
qualcosa di diverso in quel bacio, qualcosa di più profondo.
Forse era stata la paura di perderlo di poco prima, o quella che ormai
da tempo aleggiava sopra alle loro teste, oppure il senso di colpa per
tutta la situazione in cui lo aveva tirato in mezzo, tuttavia Enji
l’aveva baciato in maniera delicata, quasi come se temesse di
vederlo scomparire davanti ai propri occhi da un momento
all’altro.
Si era separato appena da lui, per poterlo osservare. Quando Keigo
aveva socchiuso gli occhi, Enji aveva trovato quell’oro
liquido, così caldo e abbagliante, ad attenderlo.
«Voglio dire la verità a Rei», gli aveva
confessato. «Voglio stare con te. Torneremo da est sani e
salvi, non esiste un’altra possibilità.»
Gli occhi di Keigo si erano riempiti di meraviglia. Aveva carezzato i
capelli dell’uomo, alla base della nuca.
Avrebbe voluto dirgli tante cose in quel momento. Che l'amava, che
sarebbe voluto rimanere per sempre al suo fianco, ma le parole
sembravano essere divenute incapaci di scivolare dalle sue labbra.
Aveva pensato al cespuglio di belladonna alle sue spalle, ai suoi fiori
rossi come le fiamme del re.
Erano proprio momenti come quello di poco prima che gli facevano
ricordare cosa l’avesse affascinato tanto di Enji, in tutti
quegli anni. Era quel senso di protezione, che riusciva a infondergli
ogni volta, e a volte Keigo pensava che non potesse esistere niente di
più intenso.
Prima che potesse allontanarsi, il re gli aveva lasciato
un’ultima carezza in volto. Spiegando le sue ali e spiccando
il volo verso il cielo, Keigo aveva portato con sé il
ricordo del calore di quelle dita.
notes
siamo ufficialmente arrivati a
metà writober! caspita, il tempo sta letteralmente volando.
ed è anche tornata la nostra cara coppietta! mi mancavano,
lo confesso çwç
questo è stato uno dei capitoli che mi ha permesso di fare
qualche ricerchina! da quello che ho capito, infatti, in epoca
medievale la belladonna era chiamata l'"erba delle streghe". le bacche
di questa pianta contengono alcaloidi, che possono causare disturbi
dell'equilibrio, eccitazione e allucinazioni (ecco perché
Enji dice che si tratta di una pianta pericolosa). l'associazione con
le streghe viene dal fatto che la belladonna era frequentemente
utilizzata nelle loro pozioni, in particolare degli unguenti che erano
solite spalmarsi sul corpo. quello che più mi ha
interessata, però, è la credenza che questa
pianta avesse la capacità di scacciare gli spiriti maligni,
e che per questo ne venissero piantati dei cespugli all'inizio dei
viali.
ho deciso di riprenderla qui, e ho pensato che fosse carino che, ad
avere l'idea di piantarla, fosse stata Rei. non so, magari in
quest'universo la credenza di cui parlavo prima è diffusa
nelle terre del nord da cui proviene la nostra regina uu
per il resto, in realtà non ho molto da dire oggi,
sarà che sono un po' giù di morale. la partenza,
come viene detto in questo capitolo, è imminente, la vedremo
già nel capitolo di domani.
anche oggi ho lottato con la consecutio, spero di averla spuntata. ah,
cogliendo la palla al balzo per parlare di possibili errori, volevo
tutelarmi per un possibile buco di trama: nel capitolo dieci ho detto
che chi è destinato a regnare nasce con un marchio sulla
pelle, mentre nell'ultimo aggiornamento ho fatto menzione al motivo per
cui Shoto è stato designato come l'erede al trono, ossia i
suoi poteri molto forti. in realtà mi piace immaginare che
la sua potenza sia una cosa in più, probabilmente il marchio
era già presente sulla sua pelle.
anche oggi ringrazio chi si ferma qui a leggere. ci vediamo domani,
pronti a partire!
aria
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Capitolo 17 *** Partenza ***
La
mattina successiva, all’alba, l’esercito era
schierato davanti al castello.
Gli scudieri avevano sellato i cavalli, e ora la maggior parte della
guardia reale montava su di essi, compreso il re e suo figlio minore,
destinato un giorno a prendere il suo posto.
Quel giorno Keigo aveva preferito muoversi in volo. Le fila
dell’esercito erano serrate, a terra lo spazio su cui
muoversi scarseggiava, e poi dall’alto avrebbe potuto avere
una visuale migliore su tutti i presenti – e individuare
più facilmente delle minacce, qualora se ne fosse presentata
una, così da poter difendere prontamente Enji.
Per quanto lo sguardo di Keigo continuasse a volare in direzione del
re, non poteva non constatare la vasta estensione delle forze che
avevano chiamato in campo.
Si trovavano a combattere contro una minaccia che non erano nemmeno
riusciti a identificare, eppure nessuno degli alleati aveva voltato le
spalle al re, dimostrando la loro fedeltà.
Cavalieri dalle armature scintillanti, le spade affilate, gli schinieri
ben saldi potevano essere scorti ovunque lo sguardo si posasse. Lunghe
lance pendevano nelle loro mani, mentre le braccia e i toraci erano
protetti dagli scudi. Molti stendardi svolazzavano nell’aria,
la maggior parte di essi riportando simboli di fiamme, a dimostrare
l’affiliazione alla casa reale.
Keigo aveva osservato compiaciuto quella difesa armata. Era
rassicurante la consapevolezza che, nonostante il suo carattere
tutt’altro che amabile, tutta quella gente fosse comunque
accorsa fin lì per prestare il loro aiuto a Enji. In fondo,
più fossero stati, maggiore sarebbe stata la
possibilità di riuscita dell’impresa. Un sorriso
gli era spuntato sul volto, mentre continuava a spostarsi in aria con
grazia.
Le ali si muovevano con scatti lenti, sopra quel luogo che conosceva
così bene. D’improvviso, però, una
corrente d’aria più forte delle altre lo aveva
travolto, facendogli perdere per un poco l’equilibrio.
L’aveva riacquistato in fretta, volteggiando sicuro, per poi
voltarsi alle proprie spalle, da dove era giunta quella folata.
Esterrefatto, era stato costretto a spalancare gli occhi.
Da dietro alle torri del castello, infatti, aveva visto avvicinarsi
l’enorme figura di un drago in volo.
Quando quest’ultimo si era ritrovato a planare sopra alle
loro teste, l’intero piazzale era stato oscurato dalla sua
maestosa ombra. Il capo di tutti i presenti si era sollevato verso
l’alto, a osservare quello spettacolo ammaliante.
Keigo si era lanciato in volata verso il basso, raggiungendo Enji e
Shoto.
«Ma che…», aveva sentito mormorare il
principe.
«Ryuko Tatsuma, una degli alleati più potenti del
nostro regno», aveva spiegato Keigo, incrociando le braccia
al petto. Nel frattempo si era girato in direzione di Enji.
«Non sapevo che l’avessi contattata.»
«Ho preferito parlare personalmente con lei. Ha un
carattere… molto forte, non volevo che apprendendo la
notizia in un’altra maniera decidesse di non
appoggiarci», aveva spiegato il re.
Su questo Keigo era perfettamente in accordo con lui. Ryuko portava
sulle proprie spalle il peso di un intero regno. Era insolito,
perché da sempre tutti i regni erano sempre stati
convenzionalmente governati da uomini, eppure lei si era rivelata una
governante piena di giustizia.
Il suo regno si trovava nelle terre del sud e, in effetti, il suo
potere dipendeva dal fuoco. Era in grado, infatti, di trasformarsi in
un drago, e poteva replicare in tutto e per tutto le sue
capacità. Squame di un grigio perlaceo ricoprivano la sua
pelle, indurendola, e artigli possenti le permettevano di difendersi.
Quando si erano ritrovati a dover conferire con lei per regolare alcune
questioni inerenti alla coesistenza dei due regni, era stato chiaro che
si trovassero di fronte a una donna tenace, che aveva difeso
strenuamente l’indipendenza delle proprie terre, ottenendola.
Enji era rimasto molto colpito dalla sua indole.
Il drago aveva superato i confini del castello, atterrando in una
radura poco distante, decisamente più spaziosa.
«Comunque mi deludete, vostra grazia», aveva
commentato Keigo, rivolgendosi al giovane principe. «Un
giorno sarete a capo di questo regno e non riuscite a riconoscere
neppure uno dei vostri più importanti alleati?»
Shoto gli aveva lanciato un’occhiata in tralice, e la cosa
non era sfuggita a Keigo, che si era ritrovato a sorridere di sottecchi.
Enji aveva osservato tutta la scena senza commentare. In cuor suo, era
felice che le due persone a cui più teneva andassero
d’accordo, o che almeno provassero a farlo. Averli con
sé in quell’impresa era certamente un grande
supporto, tuttavia da questo dipendeva un profondo senso di
responsabilità. Se fosse accaduto loro qualcosa di male, non
sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
Il re aveva sbuffato fiato caldo dal naso. «In ogni caso,
dovremmo essere tutti, adesso», aveva commentato, alludendo
al numeroso esercito.
Keigo si era guardato ancora una volta intorno. «Mh
mh», aveva concordato, voltandosi da una parte
all’altra, la borsa di cuoio con pochi effetti personali che
aveva portato con sé che nel mentre sbatteva contro il suo
fianco con un ritmo regolare. «Sì, direi che ci
siamo.»
«Allora possiamo procedere», aveva annunciato il re.
Con ciò, aveva sollevato una mano in aria e, a quel segnale,
aveva spronato il suo cavallo, muovendosi in avanti. Non aveva dubitato
neppure per un secondo che il resto dell’esercito
l’avrebbe seguito.
Shoto era stato il primo a scattare dietro di lui. I due cavalli della
famiglia reale si muovevano a un’andatura lenta, e Keigo con
faceva affatto fatica a stare loro dietro in volo.
Il ragazzo si era voltato per un’ultima volta in direzione
del castello. Da quando era tornato lì,
quell’autunno, quella era la prima volta che se lo lasciava
alle spalle con la consapevolezza che non vi avrebbe fatto ritorno, una
volta giunta la sera.
Quante cose che erano cambiate, nel corso di quei mesi… i
nemici che li minacciavano, quella spedizione che ora si apprestavano
ad affrontare, e soprattutto il suo rapporto con il re.
Keigo era tornato a puntare il proprio sguardo in avanti, volando senza
fretta. Aveva piena fiducia in Enji, e se il suo re gli aveva
assicurato che avrebbero fatto ritorno al palazzo, allora lui gli
avrebbe creduto ciecamente.
Il contingente si era lasciato alle spalle il castello, immergendosi
sempre di più nel fitto della boscaglia.
notes
argh, stasera sono un po' in
ritardo!
considerate che sono seduta sopra una pila di vestiti che sta sopra una
sedia, nella mia camera sembra che sia esplosa una bomba e devo finire
di mettere a posto un sacco di pacchetti. insomma, mi sono trasferita.
sono tipo stanchissima, ma almeno non ho più le mani sporche
di vernice come oggi pomeriggio.
boh, non vale come giustificazione ma facciamo che se c'è
qualche errore è per questo. io comunque ho controllato,
quindi spero di no!
vbb, per il prompt di oggi diciamo che me la sono giocata facile,
perché quando ho visto la parola drago ho pensato subito
"ehi, ma in mha c'è Ryukyu!". e niente, il gioco
è fatto.
posso dire che mi piace Hawks che punzecchia Shoto? sì, lo
dico. tra l'altro questa cosa si ripresenterà anche nel
capitolo di domani perché niente, ho trovato interessante
approfondire una dinamica che per la realtà, in canon, non
ha avuto per ora molto modo di essere esplorata.
e well, niente, si parte! adesso il setting cambia un po', per ora
siamo stati abituati a vedere i personaggi agire in un contesto molto
statico, cioè quello del castello, ma avevo preannunciato
che le cose erano destinate a variare, così eccoci qua.
per oggi il mio cervello non riesce a farsi venire in mente nient'altro
da scrivere, per cui mi fermo qui. ringrazio chi sta leggendo e vi do
appuntamento a domani, come sempre ~
vado a tuffarmi sul letto ma temo che si alzerà una nuvola
di polvere, uff
aria
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Capitolo 18 *** Lungo la strada ***
L’est
li aveva accolti con immense distese di boschi.
A ben pensarci, dopo settimane di viaggio, a Keigo sembrava di non
vedere più da molto tempo nulla che fosse diverso da un
bosco verde e rigoglioso.
Foreste di querce si alternavano a faggi e ad abeti, a seconda
dell’altitudine a cui si trovavano, e sebbene si fossero
spostati a est, dove le temperature non conservavano la mitezza del
sud, avevano potuto constatare che anche lì della neve
restavano solo vaghe tracce, soprattutto dove la vegetazione si faceva
più fitta e la luce faticava a filtrare.
Come sempre, i due rappresentanti della casa reale facevano strada al
resto dell’esercito, seguiti a breve distanza dal consigliere
di corte.
«Siamo sicuri che questo sia il sentiero giusto?»,
aveva domandato il principe, probabilmente esausto al pensiero di non
vedere da giorni una radura aperta e inondata dal sole.
Keigo non poteva dargli torto, in realtà. Il sentiero che
stavano percorrendo in quel momento attraversava un rigoglioso bosco di
abeti. Il terreno era morbido e scuro, gli stivali sembravano
affondarvi all’interno. A Keigo sembrava che gli alberi, con
i loro aghi e i rari rami spogli, facessero di tutto per ghermirlo,
rendendogli difficile volare. Aveva controllato ancora una volta la
mappa, solo per accertarsi di nuovo che sì, erano
perfettamente in linea sul percorso che era stato stabilito dovessero
percorrere.
«Oh, come mai tanta apprensione, vostra grazia?»,
aveva domandato, lasciando un piccolo colpetto col gomito al fianco del
principe. «Dubitate forse delle risorse della vostra
corte?»
«Giuro che quando sarò re la prima cosa che
farò sarà sollevarti dai tuoi
incarichi», aveva commentato Shoto, senza una particolare
inflessione nella voce.
Keigo si era portato una mano alle labbra, occultando una risata.
Adorava quel ragazzo. Era felice che Shoto fosse partito insieme a loro.
Tra i ragazzi della famiglia reale, quella con cui andava maggiormente
d’accordo era Fuyumi. Aveva sempre ritrovato nella ragazza un
carattere molto simile al proprio, e questo aveva concesso loro di
stabilire un buon rapporto. Per Shoto provava un profondo rispetto,
riconosceva in lui un immenso potere ed era fiducioso al pensiero che
un giorno, a sostituire Enji a capo della famiglia reale ci sarebbe
stato lui.
Natsuo, invece, era quello con cui aveva stabilito un rapporto
più debole. Aveva ereditato il carattere turbolento del
padre, ma per quanto Enji continuasse a sopportare Keigo nonostante
passasse il tempo a portarlo all’esasperazione, Natsuo non
l’aveva mai tollerato granché. Keigo poteva
contare sulla punta delle dita le volte in cui si erano scambiati una
parola, e ogni volta Natsuo si era dimostrato ostile nei suoi confronti.
Infine c’era Rei. L’amata regina, madre dolcissima
e donna comprensiva.
Anche con lei Keigo non aveva mai conferito molto. La sposa del re
aveva un’aura incantevole, in grado di irradiare tutto il suo
fascino delicato. Era estremamente riservata, l’aveva vista
il più delle volte in ambito di occasioni ufficiali, e ogni
volta si era rivelata magistrale, calandosi abilmente in ogni
situazione.
Le rare volte in cui s’erano parlati al di fuori di occasioni
formali, Keigo aveva riscontrato in lei la medesima gentilezza di
sempre. Aveva un sorriso stupendo, in grado di mettere a proprio agio
chiunque, e quando parlava sembrava scegliere con attenzione ogni
singola parola da rivolgere al proprio interlocutore.
Era, senza dubbio, una donna dal fascino indiscutibile, e Keigo
rivedeva molto dei modi pacati di lei in Shoto, soprattutto per come il
ragazzo si poneva con gli altri. A dire la verità, il
ragazzo aveva probabilmente preso molti aspetti caratteriali da
entrambi i genitori: nonostante un’indole tendenzialmente
mite, infatti, in momenti di criticità era deciso,
coraggioso, e questo gli ricordava in tutto e per tutto il re.
Non c’erano dubbi sul perché Shoto fosse un
ragazzo così facile da apprezzare, né che un
giorno sarebbe stato un ottimo re.
Enji, nel frattempo, aveva osservato quel nuovo scambio, un sorriso che
per un momento aveva attraversato le sue labbra. C’era
qualcosa nel modo in cui suo figlio e Keigo si relazionavano, che lo
faceva sentire profondamente in pace.
«Questo potrebbe essere un buon punto», aveva
valutato, guardandosi attorno. «Potremmo ordinare
all’esercito di stabilirsi qui.»
In effetti, il luogo che avevano raggiunto aveva tutte le carte in
regola per passarvi la notte. Il terreno era sufficientemente
pianeggiante per piantarvi le tende, e tra gli alberi non mancava lo
spazio per i soldati e i fuochi da allestire. Inoltre, nel silenzio
della boscaglia, rotto solamente dal vento leggero e dallo sporadico
canto di qualche uccello, poteva udire il rumore di un corso
d’acqua che scorreva placido, non troppo distante da
lì, forse a meno di un’ora di cammino alla loro
destra. Contando anche la neve, che potevano mettere nelle borracce e
aspettare che si sciogliesse per bere, le risorse idriche di sicuro non
scarseggiavano. Quanto al cibo, in un bosco come quello la selvaggina
non mancava, e forse avrebbero potuto raccogliere anche qualche fungo o
bacca in giro. Per i fuochi, invece, la legna per accenderli non
mancava là attorno, ma visto che la maggior parte della
spedizione era composta da persone che potevano controllare le
fiamme, quello non sarebbe certamente stato un problema.
«Ottimo», aveva commentato Keigo. Il ragazzo aveva
estratto una borraccia e, dopo aver bevuto un sorso d’acqua,
l’aveva subito riposta nella borsa. «Allora volo a
informare che possiamo fermarci e di iniziare a sistemare le
tende.»
Le ali di Keigo avevano frullato brevemente, prima che il ragazzo
scattasse all’indietro tra le fila dell’esercito.
Enji e Shoto erano rimasti a osservarlo, mentre nel silenzio avevano
sentito il bubbolio cupo di un gufo sopra alle loro teste.
notes
capitolo corto oggi ~
come avevo preannunciato, abbiamo visto di nuovo Shoto e
Hawks interagire. e boh, sarò scema io ma questi due insieme
mi fanno spaccare-- in compenso, abbiamo avuto anche una panoramica
della famiglia reale vista con gli occhi di Keigo: ammetto che
è affascinante, per me, cercare d'immaginare che tipo di
rapporto potrebbe avere con ciascun Todoroki.
a proposito di panoramiche, direi che quella che predomina il capitolo
è senza dubbio la descrizione geografica. per la prima volta
dall'inizio della storia abbiamo cambiato regno, spostandoci a est dal
sud. il clima è mite ma non quanto quello da cui provengono
i nostri eroi, e la vegetazione è diversa, più
rigogliosa. dovete immaginare una prevalenza di piante di origine
tropicale nel regno del fuoco, mentre qui, dove il dominio è
quello della terra, troviamo molte più conifere. i boschi ci
sono anche a sud, lo abbiamo visto, ma mentre immagino che l'est possa
avere anche piante del sud e viceversa, è chiaro che alcune
piante che crescono in un regno non ci siano nell'altro.
discorso intricato, non credo che interessi a nessuno e forse mi sono
capita solo io, VBB
il prompt di oggi, comunque, era sentiero, e oltre ad averlo
materialmente attraversato ne hanno anche parlato, dando vita a quello
scambio di battute che mi fa ridere forse più di quanto
dovrebbe.
mh... il capitolo di domani sarà interessante, non tanto per
ciò che succede in sé quanto per il finale. non
vi spoilero niente, ma un po' soffro e un po' sogghigno per i prossimi
aggiornamenti. sarà una settimana faticosa, mettiamola
così.
come sempre vi ringrazio per star seguendo questa storia, vi do
appuntamento a domani!
aria
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Capitolo 19 *** Proteggervi ***
Le
tende in giro per il bosco sembravano tante piccole casette di lenzuola
che svolazzavano tra i rami degli alberi.
Qualcuno, all’interno, aveva acceso delle lanterne, per
parlare rischiarati dalla loro luce prima di cadere nel sonno. Chi era
rimasto di guardia si era seduto attorno a un fuoco, tenendo le armi
vicine a sé, e controllavano attentamente che non ci fossero
avvicinamenti da nessuna direzione.
I cavalli, dopo essere stati portati ad abbeverarsi al ruscello poco
distante, riposavano ora con le redini ben annodate ai tronchi degli
alberi.
«Sei sicuro che non sia un problema?»
Keigo era inginocchiato a terra, sopra a una coperta pesante. I suoi
occhi sembravano così grandi, quella sera, di un oro liquido
come due lune.
Con sua grande sorpresa, Enji gli aveva chiesto di restare a dormire
nella sua tenda. Pensava che, in presenza dell’esercito
– e soprattutto di Shoto – lo avrebbe tenuto a
distanza, per cui era rimasto piuttosto spiazzato da quella richiesta.
Enji sedeva davanti a lui, lo sguardo fisso sulla lanterna che
illuminava la tenda. Gli bastava osservare intensamente la piccola
fiammella, e quella prendeva subito a danzare seguendo il ritmo che lui
gli dettava solo pensandolo. Visti i suoi immensi poteri, per lui
quello era un giochetto da ragazzi.
«Perché dovrebbe?», aveva domandato,
ordinando al fuoco di assumere delle dimensioni più minute.
«Sono il loro re, non penso che avranno nulla da
obiettare.»
Keigo sapeva che aveva ragione, ma era anche preoccupato. Fino a quel
momento Enji aveva preso ogni precauzione nel mostrarsi troppo vicino a
lui in pubblico, soprattutto dopo quello che era successo tra di loro.
Quel cambiamento repentino, per quanto fosse lieto di poter riposare
assieme a lui, gli faceva sospettare che ci fosse qualcosa sotto.
Che Enji fosse preoccupato per la sua incolumità, e che
preferisse averlo al proprio fianco per accertarsi che fosse tutto a
posto.
Era un pensiero che lo faceva sentire lusingato, ma al tempo stesso gli
infondeva una certa angoscia. Perché Enji era
così in allerta? Possibile che la minaccia fosse vicina?
Keigo aveva pensato a Shoto, che riposava nella tenda accanto alla
loro, e aveva avvertito un groviglio di emozioni annodarsi nel suo
stomaco.
Il principe non li aveva visti coricarsi assieme. Nonostante tutto,
Keigo si era ritrovato a domandarsi cosa avrebbe potuto pensare se
l’avesse saputo.
Il ragazzo s’era infilato sotto alla coperta pesante
con un sospiro stanco. Si era sistemato su un fianco, così
da poter osservare sia il suo re che la fiammella, che danzava ancora
ipnotica all’interno della lanterna.
La notte sembrava estremamente tranquilla. Gli ultimi crepitii dei
fuochi accesi si stavano spegnendo, ben occultati per nascondere le
loro tracce a eventuali persone di passaggio in quella zona, e oltre di
essi l’unico altro rumore che si poteva percepire era il
canto di qualche uccello notturno. In lontananza, tra il fruscio delle
fronde degli abeti, il ruscello continuava a scorrere, mentre una
candida luna piena scintillava nel cielo scuro.
Si sentiva che, in quel luogo, la primavera era già alle
porte. Nonostante fosse ormai notte, le temperature non erano affatto
sgradevoli. Tutto quell’insieme avrebbe fatto crollare Keigo
addormentato nel giro di un istante, se solo non avesse avuto i sensi
così in allerta.
Forse lo stesso doveva valere anche per Enji. Il re, sospirando con
aria grave, aveva sfoderato appena la propria spada.
«Posso vederla?», aveva domandato Keigo, senza
riuscire a trattenersi.
Enji aveva sollevato lo sguardo nella sua direzione. Era sorpreso di
vederlo ancora sveglio, era certo che, una volta distesosi, la
stanchezza avrebbe preso il sopravvento e sarebbe subito crollato
addormentato.
Senza aspettare una risposta, Keigo si era mosso con dei piccoli
saltelli tra le coperte, fino a raggiungere il suo re. Si era
inginocchiato davanti a lui e, lo sguardo fisso sulla lama,
s’era perso ad osservare la spada.
Quell’arma era, in un certo senso, leggendaria. Aveva seguito
il re in tutte le sue spedizioni, era lei che aveva domato le molte
popolazioni che erano asservite alla corona e che, adesso, li avevano
seguiti fin lì.
L’elsa era di fattura pregiata. In oro, finemente lavorata,
in essa erano incastonati dei rubini scintillanti. Il loro intenso
colore rosso, ovviamente, richiamava le fiamme che il re poteva
sprigionare.
La lama, invece, era in argento purissimo. Sotto la luce baluginante
della lanterna, Keigo vedeva la spada risplendere di una luce quasi
abbagliante, incantevole. Quell’arma affilata era stata
protagonista di così tante imprese. Ora che ce
l’aveva davanti agli occhi, Keigo non riusciva a fare a meno
di sentirsene ammaliato.
Era sempre stato abituato a combattere con le sue piume, ma quella
spada non aveva loro niente da invidiare in quanto a forza e resistenza.
Il ragazzo aveva posato le dita sulla lama, percorrendola
dall’elsa fino ad arrivare alla punta. Per quanto ci fosse
qualcosa d’ipnotico in quel gesto, Enji aveva posato in
apprensione la mano sopra a quella del ragazzo, arrestando i suoi
movimenti. Il filo della spada era così terribilmente
acuminato, aveva il terrore che potesse ferirsi involontariamente.
Al tocco sempre così caldo della pelle del re, Keigo aveva
sollevato lo sguardo, osservandolo. Gli occhi turchesi
dell’uomo erano attraversati da una strana sfumatura, che
raramente vi aveva trovato in quegli anni in cui aveva lavorato al suo
fianco, se non nell’ultimo periodo.
«Sei preoccupato, mio re?», aveva domandato, in un
flebile mormorio.
Enji aveva ricambiato intensamente il suo sguardo. «Non
è per me che temo», aveva ammesso. «Gli
unici per cui sono preoccupato siete tu e Shoto.»
Keigo gli aveva sorriso comprensivo. Il re aveva rinfoderato la spada,
per poi circondare il volto del ragazzo con le mani.
Si era avvicinato a lui, baciandolo con premura. Erano passati giorni
dall’ultima volta in cui l’aveva fatto, e quel
gesto sembrava essere mancato parecchio a entrambi. Keigo gli aveva
stretto le braccia al collo, mentre Enji l’aveva aiutato a
distendersi nuovamente sotto alle coperte, sistemando entrambi su un
fianco, di modo che potessero continuare a guardarsi negli occhi. Nel
mentre, ne aveva approfittato per infilare le mani sotto alla camicia
del ragazzo, accarezzando la pelle della sua schiena nuda e
strappandogli un sospiro accennato.
«Voglio proteggervi», aveva sentito
l’uomo mormorare sulle sue labbra.
«Lo so», gli aveva assicurato Keigo,
accarezzandogli la base della nuca.
Gli angoli delle labbra del re si erano curvati appena verso
l’alto. «Dormi, adesso»,
l’aveva incoraggiato. «Io resto qui accanto a
te.»
Keigo aveva sorriso a quelle parole. Si era rannicchiato con entusiasmo
contro il petto dell’uomo, beandosi del calore che sentiva
venire irradiato da lì, e una volta chiusi gli occhi si era
sentito scivolare in fretta nel sonno. Respirava tranquillo, riposando
quieto in quell’atmosfera che s’era creata intorno
a loro. Immersi in una pace del genere, era certo che nulla di male
sarebbe potuto accadere loro.
Sfortunatamente, ben presto fu costretto a ricredersi.
notes
okay, sono in ansia.
buonasera, carissim*! come va? tutto bene? la settimana è
cominciata in maniera soddisfacente?
ah, tenere questi due separati per un paio di capitoli è
stata una sofferenza. sì, lo so, alla fine non è
che fossero poi così distanti l'uno dall'altro, ma adoro
vederli più in intimità, non posso negarlo. devo
dire che mi piace anche solo immaginarli così, a dormire
l'uno accanto all'altro e... sapete? questa è una cosa su
cui riflettevo un paio di giorni fa: per me è proprio canon
che provino entrambi un forte desiderio di proteggere l'altro. Enji che
dice a Hawks di proseguire l'indagine sui nomu assieme a qualcuno, o
che inizia a pensare a lui dopo che gli ha consegnato il libro... ci
stanno altre piccole cosette che mi fanno urlare, tipo all'inizio del
volume 27 e altra roba che invece sarà nel 30, che
uscirà da noi a inizio dicembre (ma è meglio che
non mi metta a pensare al volume 30 o mi viene un'ulcera). per Hawks
invece mi viene in mente soprattutto il capitolo 299, e la sua
conclusione – i prossimi due volumi
gioie e dolori per me, veramente –;
comunque non aggiungo altro per non spoilerare, chi sa sa, chi non sa
amen. spero che se siete in pari coi capitoli sarete d'accordo con me.
comunque, ho cercato di mettere in evidenza in questo capitolo il senso
di protezione reciproco di cui parlavo poco sopra. in realtà
è stato un po' un pretesto per mettere in mezzo il prompt di
oggi, argento (che ho nominato parlando della spada di Enji, quindi
boh, non so se sia stato sfruttato in maniera debole). in compenso ci
è anche uscita fuori una scena più tranquilla,
per cui forse non è tutto da buttare.
dal finale, però, si intuisce che c'è poco da
rilassarsi. ebbene, ci siamo: domani sarà finalmente ora di
postare quel
capitolo, e a dire la verità lo attendo da un po'. non credo
nemmeno che mi sia venuto in maniera così tremenda –
cioè oddio, non lo so, magari lo rileggo e scopro che
è orrendo –,
però ho come l'impressione che domani
mi troverete qui nell'angolino a lamentarmi parecchio,
chissà perché.
vbb per oggi mi taccio che ho già detto troppo. vi ringrazio
come al solito per aver letto e vi do appuntamento per
i miei scleri a domani :)))
aria
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Capitolo 20 *** Distruzione ***
Nel
cuore della notte, un boato assordante aveva riempito l’aria.
Keigo aveva aperto gli occhi di scatto, e gli era sembrato di non
trovare lo stesso mondo che aveva lasciato prima di chiuderli.
Qualcosa di grosso stava succedendo. Adesso all’esterno si
stava propagando un gran frastuono, accompagnato dal clangore metallico
delle spade.
Un vento impetuoso si era abbattuto sulla tenda, spazzandola via. Keigo
aveva serrato con forza le palpebre, cercando di proteggere lo sguardo
da polveri che gli avrebbero ridotto la visuale.
Aveva sentito la voce di Enji tuonare accanto a sé.
«Che diavolo sta succedendo?», aveva imprecato
l’uomo, recuperando in fretta la spada che aveva poggiato
accanto a sé.
Non c'era stato tempo per rispondere. In un istante, la radura era
stata invasa da fiamme altissime, e calde come Keigo non ne aveva mai
viste finora.
Fiamme azzurre.
Non si trattava di un potere appartenente a nessuno dei loro alleati
del sud, ne era certo. Li aveva visti battersi in passato, e nessuno
aveva dato prova di possedere un potere tanto forte.
Un potere così forte da superare anche quello del re.
«Riesci a domarle?», aveva domandato Keigo. Si
guardava attorno spostando gli occhi rapidamente, come un animale
braccato che cerca la fuga. Era una situazione pessima, alzarsi in volo
era un rischio troppo grosso da correre, se le fiamme avessero
raggiunto le sue ali mentre era sollevato da terra si sarebbe ritrovato
a precipitare, e difficilmente sarebbe riuscito a rimanere in vita.
Attorno a loro era già scoppiato uno scontro serrato. I
nemici erano centinaia, e Keigo non aveva la più pallida
idea di come fossero riusciti ad arrivare fin lì senza che
nessuno si accorgesse di loro.
Enji aveva steso un braccio di fronte a sé, ma presto
un’espressione furiosa era spuntata sul suo volto.
«No!», aveva risposto, quasi ruggendo per la
rabbia. «Non riesco a capire come…»
Non era riuscito a finire la frase. Qualcosa – qualcuno
– si era avventato su di lui rapido come una saetta. Il re
aveva appena fatto in tempo a sfoderare la spada, parandosi
dall’assalto, salvo però vederla liquefarsi sotto
a delle fiamme blu, di una potenza e un calore inaudite. Enji aveva
ringhiato, evocando le proprie fiamme e lasciando che gli avvolgessero
l’intero braccio, tuttavia anche così era
difficile respingere quell’attacco.
«E così tu saresti il famoso re?»
Enji si era ritrovato ad osservare il suo assalitore con espressione
allibita. Chi diavolo era quel tipo?
Non aveva mai conosciuto un individuo così potente. Non gli
era mai giunta voce di qualcuno in grado di generare fiamme
così calde da raggiungere una colorazione bluastra, nel suo
regno, ed era impossibile che provenisse da un altro luogo,
perché le fiamme erano dominio dei soli abitanti delle terre
del sud. Eppure quel tipo era riuscito a sciogliere la sua spada, e
questo era assurdo, perché era stata forgiata in maniera
apposita, nelle fucine del sud, affinché potesse sopportare
anche le temperature più estreme senza subire alcun danno.
Il suo assalitore ghignava, con espressione folle. I suoi occhi
scintillavano, ed erano della stessa tonalità delle sue
fiamme. Ciuffi indomabili di capelli neri gli ricadevano scomposti sul
volto, mentre in diversi punti in cui i vestiti ampi e scuri lasciavano
intravedere la pelle il re aveva notato segni evidenti di gravi ustioni.
«Si può sapere chi sei?», aveva
domandato Enji, faticando a respingere l’impeto
dell’assalto.
Il misterioso sconosciuto, che all’apparenza aveva un aspetto
giovane, dimostrando circa una ventina d’anni, aveva evocato
le proprie fiamme con maggiore intensità, come a volersi
prendere ancor più gioco del re. «Se proprio ti
serve un nome, allora puoi chiamarmi Dabi», aveva dichiarato.
Enji era riuscito a malapena a scacciarlo indietro. Il ragazzo non
sembrava per nulla in difficoltà.
Keigo, nel frattempo, era rimasto a osservare la scena con aria
sbigottita. Il suo re non riusciva a respingere un nemico? Davvero
quell’individuo era così forte?
Doveva riflettere. C’era un corso d’acqua nelle
vicinanze, se fossero riusciti a spingere quel tipo fin lì
forse avrebbero avuto qualche possibilità di salvezza. Il
problema era che, tutto intorno a loro, era scoppiata una battaglia:
non c’era un singolo soldato che non fosse impegnato a
combattere con qualcuno, in quel momento. Keigo aveva sentito, nel
fitto del bosco, un ruggito mostruoso, stridente, seguito da tonfi
sordi e forti spostamenti d’aria. La sua mente li aveva
collegati subito a Ryuko: i soldati nemici dovevano forse star cercando
di arrampicarsi su per il suo corpo nella forma di drago, e lei
probabilmente provava a scrollarseli di dosso.
«Enji!» Keigo aveva gridato sopra al fragore delle
fiamme, cercando di farsi sentire. Doveva assolutamente metterlo al
corrente dell’idea che aveva avuto, che spostarsi verso il
torrente poteva essere una buona idea, che se invece fossero rimasti
lì in mezzo al bosco non avrebbero fatto altro che
peggiorare la loro situazione, perché il terreno era
ricoperto di aghi e fogliame secco che s’infiammava con una
facilità disarmante, e se davvero neppure Enji poteva
controllare quelle fiamme blu allora non muoversi avrebbe potuto anche
portarli a soccombere.
Purtroppo, per quanto la sua voce avesse richiamato
l’attenzione del re, aveva fatto lo stesso anche con il loro
nemico. Dabi aveva ghignato, e Keigo si era reso conto di aver commesso
una leggerezza tremenda, e forse lasciato scoperto un fianco di Enji.
Chi mai avrebbe chiamato
per nome il proprio re?
Gli occhi azzurri di Dabi, adesso, erano puntati soltanto su di lui.
Keigo non capiva. Da dove era uscito fuori quel tizio?
Perché era così potente? Come diavolo era
possibile che nessuno di loro, in tutti quegli anni, avesse mai sentito
parlare di qualcuno tanto potente? Che fosse cresciuto al sud, Keigo lo
escludeva categoricamente: in tutti gli anni in cui aveva lavorato a
corte, non era mai venuto a conoscenza dell’esistenza di un
individuo tanto potente. Se fosse vissuto nelle terre governate da
Enji, di sicuro non sarebbe sfuggito alle sue conoscenze. Ma
com’era possibile che qualcuno che controllava il fuoco,
peraltro in una maniera tanto impetuosa, fosse riuscito a sopravvivere
lontano dal sud?
Il ragazzo aveva steso una mano in avanti. Doveva aver capito che tra
il re e quel maldestro servitore alato esisteva un profondo legame.
Enji aveva compreso con orrore le sue intenzioni, tuttavia non era
riuscito a fare nulla per fermare la mossa successiva
dell’avversario.
«Tu non mi servi, uccellino», aveva tagliato corto,
perentorio.
Dalla sua mano si era sprigionata una fiamma dalla potenza inaudita.
Aveva preso a correre, propagandosi sul terreno in direzione di Keigo.
Il ragazzo non aveva potuto far altro che vederla arrivare,
perché schivarla sarebbe stato impossibile.
«No!», aveva sentito gridare Enji, sopra al clamore
della folla.
Si era aspettato che le fiamme lo avrebbero avvolto, riducendolo in
cenere. Invece, il loro unico intento sembrava quello di spingerlo via,
lontano da lì. Forse voleva combattere contro il re senza
avere nessuno intorno a disturbare.
Keigo si era ritrovato a rotolare a terra. D’improvviso non
riusciva più a capire cosa fosse il sopra, e cosa il sotto:
davanti ai suoi occhi, gli aghi degli abeti si confondevano col
terriccio del suolo e col cielo buio della notte, che ora era stato
invaso da nuvole scure di fumo che saliva dalle fiamme blu, che
bruciavano ogni cosa incontrassero sul loro cammino.
I cavalieri erano troppo impegnati a combattere per accorgersi di lui.
Keigo vedeva i loro schinieri scintillare nella notte, così
vicini alla sua faccia, e subito dopo già tremendamente
lontani.
Doveva aver battuto contro un grosso sasso a terra, perché
mentre rotolava aveva avvertito un dolore atroce propagarsi dal suo
fianco sinistro. Aveva chiuso gli occhi, imprecando tra i denti. Le
ali, per di più, non sembravano essere messe meglio: alcune
fiamme le avevano raggiunte, bruciando almeno la metà delle
piume. Rotolando, s’era riempito di terriccio, che le
appesantiva impedendogli anche i movimenti più semplici che
gli avrebbero permesso di fermarsi.
Così aveva continuato a rotolare, anche quando il terreno si
era piegato in una brusca discesa. Si sentiva inutile, sarebbe dovuto
essere a proteggere il suo re, invece era lì, a rotolare in
maniera pietosa. Aveva cercato di ancorarsi al suolo per fermarsi, ma
il terriccio era troppo umido, e aveva finito solo per trovarsene una
grossa quantità sotto le unghie. Peraltro, perdeva di
continuo il contatto col terreno, finendo a fissare ora il cielo ora
gli alberi, ruzzolando sempre più velocemente.
Aveva intravisto a malapena il fiume sotto di sé. Prima che
potesse rendersene conto, l’acqua l’aveva avvolto,
cercando di farsi strada verso i suoi polmoni.
notes
oggi metto l'avvertimento *SPOILER* per
paranoia.
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CARBONELL–
aehm,
buonasera gente!
finalmente è arrivato il capitolo 20, e con lui anche un po'
di azione. come potete vedere, l'ennesimo genere che non so scrivere –
okay, in realtà quando stavo
lavorando alla storia pensavo di essermela cavata meglio, invece a
rileggere ora mi pare tutto raffazzonato--
ciao, Dabi. suppongo che trovarti in questa storia fosse inevitabile.
chiariamoci, nutro dei sentimenti contrastanti nei suoi confronti.
sì, la conosco la sua storia, posso anche dargli ragione,
temo però che il mio vero problema sia il fatto che,
nonostante tutto, continua a non convincermi al 100%. temo di non
poterci fare niente, alla fine è una questione di gusti
personali.
e sì, sono stata più gentile di horikoshi, ho
fatto bruciare solo metà delle piume di Hawks, non tutte. mi
mancano le sue alucce, rip.
il prompt di oggi era sottosopra, e all'inizio ero terrorizzata al
pensiero di non averlo centrato minimamente, poi mi sono dilungata un
po' nella descrizione di Keigo che rotola giù dal pendio e
mi sono più o meno tranquillizzata.
tra l'altro sì, Keigo, sei un clown, perché oltre
a rotolare malamente giù per una collina ti sei fatto
beccare da un nemico e con una facilità disarmante.
complimenti.
comunque niente, STA ANDANDO TUTTO MALEE, STA ANDANDO TUTTO MALEE, STA
ANDANDO TUTTO MALEE–
non ho altro da aggiungere oggi, vorrei passare in gran volata ai
capitoli successivi per ovvie ragioni. in realtà una cosa da
dire ci sarebbe, ma magari la approfondiamo andando avanti con la
storia.
spero che gli sviluppi vi siano piaciuti, vi do appuntamento a domani!
aria
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Capitolo 21 *** Trattieni il fiato ***
Non
riusciva a respirare.
A Keigo mancava l’aria, e la sentiva sostituirsi in fretta
con l’acqua. Aveva cercato di agitarsi convulsamente, senza
tuttavia avere la minima idea dell’esito che potessero avere
i suoi sforzi, visto che non riusciva ancora a riaprire gli occhi.
Dimenandosi, aveva cominciato a dibattere con foga braccia e gambe,
provando a indirizzare il proprio corpo verso quella che gli pareva
essere la superficie. Non gli era stato chiaro come ce l'avesse fatta,
anche perché ora l’acqua inzuppava i suoi vestiti,
appesantendoli e rendendogli così il corpo più
facile da trascinare verso il fondo, tuttavia era riuscito a riemergere.
Tornato a galla, ansimava affannosamente. Si era portato una mano agli
occhi, cercando di ripulirsi la visuale, e aveva provato a farsi
un’idea.
Da quel punto, poteva vedere tutta la radura. Il bosco sembrava sul
punto di bruciare interamente. I nemici erano tanti, ma il numero
doveva essere inferiore all’esercito reale e ai suoi alleati.
Ciononostante, stavano per sopraffarli, avendo giocato a loro vantaggio
il fatto di averli colti di sorpresa. Keigo non riusciva ancora a
spiegarsi come fosse stato possibile, forse conoscevano quel territorio
meglio di loro, tuttavia quella non era la sua preoccupazione
principale, al momento.
Dovevano trovare un modo per andarsene di lì.
Se neppure Enji era in grado di controllare quelle fiamme,
allora non c’era davvero nulla che potessero fare. Dovevano
battere in ritirata, se non volevano finire tutti carbonizzati.
Keigo aveva cominciato subito a nuotare verso la riva. Il fiume era
percorso da correnti assai impetuose, tuttavia doveva cercare di
raggiungere nuovamente la terraferma, non poteva certo rimanere
lì in eterno.
Gli era balenato per la mente il pensiero che, forse, Dabi era
già riuscito a sopraffare Enji. Un brivido gelato gli era
corso lungo la schiena. Aveva cominciato a muoversi più
velocemente, ansimando mentre agitava braccia e gambe con una gran foga.
Non poteva permetterlo.
Arrivato a riva, dalla sua gola erano sgorgati dei colpi di tosse
febbrili. Il suo corpo si era accasciato mollemente al suolo, percorso
da fremiti.
Anche lì, la battaglia infuriava. Gli alleati della corona
sembravano essere piuttosto in difficoltà, mentre i nemici
li attaccavano da ogni parte. Keigo aveva intravisto una ragazza
bionda, dall’aspetto assai giovane, lanciare dei pugnali in
direzione di un cavaliere avvolto dall’armatura. Nonostante
l’imponente protezione, l’uomo sembrava essere
alquanto in difficoltà, poiché la ragazza era a
differenza sua libera da quella corazza pesante, per cui i suoi
movimenti erano più agili e veloci, così da non
dare tregua all’altro con quel ritmo incalzante.
Così non andava. Keigo doveva trovare una soluzione.
Anzitutto, doveva raggiungere nuovamente Enji. Aveva bisogno di
rallentare in qualche modo l’assalto di Dabi, sempre
augurandosi che il re stesse ancora riuscendo a tenergli testa,
così da permettere a Enji di ordinare la ritirata.
Gli serviva un diversivo. E, forse, sapeva chi poteva fornirglielo.
Keigo avevano lasciato vagare lo sguardo nello spazio circostante.
Quando aveva intravisto la figura della persona che stava cercando,
aveva sentito un sollievo immenso invadergli il petto.
Shoto era lì, poco distante da lui. Alcuni nemici stavano
cercando di avvicinarsi al principe, ma lui li aveva fermati
all’istante, generando da terra uno spesso blocco di ghiaccio
che li aveva avvolti, arrestando i loro movimenti. A ben guardare, non
sembrava essere affatto in difficoltà. Shoto aveva espirato,
e una piccola nuvoletta d’aria fredda era fluttuata a
mezz’aria accanto a lui.
Il sollievo nel vedere il giovane principe sano e salvo aveva fatto
comparire un sorriso sul volto di Keigo. Quel ragazzo era incredibile,
non c’era dubbio.
«Vostra grazia!», lo aveva chiamato, cercando di
attirare la sua attenzione.
Shoto gli aveva rivolto uno sguardo dubbioso. Sembrava sorpreso di
vederlo lì.
Keigo si era alzato in fretta da terra. Prima di avvicinarsi al
ragazzo, aveva recuperato un arco. Accanto alla riva del fiume,
infatti, giaceva il corpo morto di un soldato, all’apparenza
uno dei loro alleati dell’est. Tornare tra i nemici
più agguerriti praticamente disarmato, dal momento che buona
parte delle sue piume erano finite carbonizzate, non gli era sembrata
una scelta molto oculata. Aveva recuperato anche la faretra, sfilandola
dalla schiena di quel corpo inerte. Non faceva i salti di gioia al
pensiero di toccare un cadavere, ma erano in guerra, non poteva certo
aspettarsi una passeggiata di piacere.
Di morti, per la verità, ce n’erano diversi, lungo
il fiume, sia di alleati della corona che di nemici. La vera
carneficina, tuttavia, doveva essere all’interno del bosco,
dove si trovava Dabi e dove, evidentemente, quest’ultimo
stava concentrando tutte le sue forze.
Indirizzando ciascuna di esse contro Enji, ovviamente.
Keigo aveva trattenuto un ringhio tra i denti, avvicinandosi a Shoto.
Era furioso, e il dolore al fianco non gli dava tregua, ma in un
momento come quello non poteva permettersi di distrarsi.
«Da dove sono sbucati fuori? Com’è
possibile che siano così forti?», aveva domandato
il principe, afferrando Keigo al volo e sorreggendolo una volta che
l’aveva raggiunto. Il consigliere di corte era in pessime
condizioni: metà delle sue ali erano carbonizzate, e
appariva piuttosto dolorante, oltre che ricoperto di terra. Shoto
l’aveva visto precipitare giù da un pendio, e
ipotizzava che avesse urtato col corpo contro qualcosa di duro.
«Non ne ho idea, ma c’è qualcosa che mi
preoccupa ben più di questo!», aveva tagliato
corto Keigo. «Vostro padre è rimasto bloccato
all’interno della foresta, e al momento sta affrontando uno
dei nemici più forti.»
Sul volto del principe era apparsa un’espressione ancor
più preoccupata. «Non vorrai correre in suo
soccorso in queste condizioni…», aveva mormorato,
incredulo.
«E cosa dovrei fare, lasciarlo là a morire? Non se
ne parla, è fuori discussione!», aveva replicato
immediatamente Keigo. «Vede quelle fiamme blu? Sono del
nemico che sta attaccando vostro padre! Il re ha tentato di domarle, ma
sono così forti da sfuggire perfino al suo
controllo.»
Shoto l’aveva fissato, sconvolto. Com’era possibile
che qualcuno sapesse generare delle fiamme più potenti di
quelle di suo padre? Chi era? Perché non ne aveva mai
sentito parlare prima? Di sicuro non proveniva dal sud,
perché altrimenti ne sarebbero stati al corrente, ma allora
come…?
«Posso provare a evocare ghiaccio e fuoco
contemporaneamente!», aveva proposto Shoto. «Forse
così le fiamme si…»
«Non è questo quello che ci serve!»,
l’aveva interrotto Keigo. «Dobbiamo riuscire a
raggiungere vostro padre. Una volta lì, dovrete bloccare
l’attacco del nemico che sta assalendo il re con il vostro
ghiaccio. Questo ci permetterà di guadagnare del tempo
perché l’altro, sciogliendolo con il fuoco, lo
tramuterà in acqua, che inumidirà il terreno,
rendendolo inadatto a infiammarsi. Allora vostro padre potrà
ordinare la ritirata all’esercito, così da
lasciarci questo bosco alle spalle il più velocemente
possibile!»
Shoto aveva fissato Keigo, colmo di perplessità. La sua era
una buona strategia, tuttavia c’era una criticità
che gli balzava davanti agli occhi in maniera evidente.
«Il piano potrebbe funzionare», aveva concesso.
«Tuttavia il numero delle probabili
vittime…»
«Non m’importa!» Il corpo di Keigo era
stato scosso da alcuni violenti colpi di tosse, e Shoto lo aveva
sostenuto agilmente. «Come primo cavaliere della guardia
reale, la mia priorità è quella di estrarre da
qui il re e suo figlio sani e salvi! Per il resto, se avete un piano
migliore del mio, prego, sono aperto a suggerimenti!»
Shoto si era morso un labbro, nervosamente. No, non ce
l’aveva un’idea migliore. Possibile allora che
buona parte dei loro alleati lì presenti non avessero
scampo…?
Prima che potesse accorgersene, un nemico aveva cercato di avvicinarsi
a loro. Keigo aveva estratto in fretta una freccia dalla faretra,
incoccandola e scagliandola dritta nella sua direzione.
L’uomo, privo di armatura, era stato colpito in pieno petto,
per poi cadere a terra, esanime.
«Dobbiamo muoverci!», l’aveva incalzato
Keigo. «Evocate ghiaccio e fuoco assieme, create
dell’acqua e indirizzatela contro le fiamme, così
riusciremo a farci strada fin nella radura!»
Shoto aveva sentito i propri respiri accelerare, tuttavia sapeva che,
oltre quella proposta da Keigo, non sembravano esserci altre soluzioni.
Così, aveva puntato entrambe le mani davanti a
sé, evocando fiamme rubizze dalla sinistra e ghiaccio dalla
destra. I due elementi si congiungevano in un punto poco distante,
davanti a sé, creando un getto d’acqua pura che,
colpendo le fiamme blu, le spegneva istantaneamente.
Il principe non poteva evocare a lungo entrambi i propri poteri, Keigo
lo sapeva bene. Anche quello era uno degli aspetti che aveva tenuto in
considerazione nel momento in cui aveva elaborato quella strategia.
Adesso, però, il loro obiettivo doveva essere quello di
trarre il re in salvo da lì. Shoto aveva cominciato a
risalire lungo il pendio da cui, poco prima, Keigo era finito per
ruzzolare, trascinando con sé il corpo indebolito
dell’altro ragazzo. Quando qualche nemico faceva per
avvicinarsi a loro, Keigo gli scoccava prontamente contro una freccia,
e se poteva Shoto incendiava o ricopriva di ghiaccio queste ultime, per
renderle letali. Procedendo così, erano riusciti a falciare
almeno una dozzina di uomini. A frecce ultimate, Keigo aveva imprecato
tra i denti, ordinando a una delle sue piume di volargli in mano e
difendendo il principe e se stesso brandendola come una spada. Nel
mentre, il numero di soldati nemici che aveva annientato era aumentato,
arrivando circa a venti.
Arrivati finalmente nella radura, sia Shoto che Keigo avevano avuto la
percezione di ritrovarsi davanti a una carneficina. A terra, infatti,
giacevano decine, forse centinaia, di corpi morti, sia tra i loro
alleati che tra i nemici.
Enji era ancora in piedi, e la lotta tra lui e Dabi stava continuando.
Lingue di fuoco rosse e blu danzavano in ogni direzione, ma se il re
appariva alquanto affaticato, il suo avversario continuava a muoversi
rapidamente, schivando gli attacchi nascondendosi prima dietro a un
albero e poi a un altro, ghignando nel mentre con sadismo.
Probabilmente avrebbe potuto continuare a combattere in quel modo
ancora per molto. Enji, invece, sembrava sul punto di ricevere il colpo
di grazia.
Non c’era più tempo.
«Ora!», aveva ordinato Keigo, perentorio.
Shoto si era limitato a eseguire il suo ordine. Dalla mano destra aveva
evocato una quantità di ghiaccio immane, che aveva
letteralmente spaccato a metà la radura. Alcune punte del
blocco arrivavano fino alla cima degli alberi più alti nelle
vicinanze, e il re era stato separato in maniera netta dal suo
avversario.
Enji si era voltato nella loro direzione. In un primo momento era
apparso sollevato nel vederli sani e salvi, ben presto tuttavia si era
reso conto delle condizioni preoccupanti in cui versava Keigo, e un
espressione di puro terrore si era dipinta sul suo volto. Il ragazzo,
però, l’aveva fissato intensamente, nei suoi
grandi occhi dorati sembrava galleggiare la disperazione che aveva
visto disseminata in tutto il bosco.
Come Enji aveva sospettato, non sarebbero mai riusciti a sopraffare i
nemici. A quel punto, restava una sola cosa da fare.
«Ritirata! Fuggite, via di qui!», aveva urlato, la
voce che si era propagata con un’eco potente attraverso tutto
il bosco.
notes
oggi solo disperazione, perché non lo so se ho
combinato qualche casino coi verbi e non riesco a capirlo. che fatica.
togliamoci subito l'altra nota dolente, ossia il prompt. l'arco a
esserci c'è, il problema è che come al solito
temo di averne fatto un uso troppo debole. si vede in due occasioni,
quando Keigo lo prende e successivamente mentre lo usa, però
effettivamente oltre al fatto che se ne serve ben poco non sono
comunque convinta in generale al 100% della resa che ne ho fatto qui.
vorrei consolarmi dicendo che alla fine mi sono complicata la vita da
sola (no, aspetta, questo non mi sta consolando affatto) scegliendo di
scrivere una long strutturata anziché una storia
(drabble/flash/os) per ogni prompt, così da mettere in
maggior risalto questi ultimi, perché alla fine ci sta che
invece nel mio caso ci sia una trama da mandare avanti etc. vbb, il
lato positivo è che per esempio nel capitolo di domani il
prompt è già più centrale, eheh.
abbiamo avuto altre interazioni tra Keigo e Shoto, e qui li abbiamo
visti più seri, data l'ambientazione concitata della
battaglia. devo dire che una parte che invece mi ha dato più
soddisfazione scrivere è stata quella in cui c'è
Keigo che cerca di non annegare, credo che la resa lì mi sia
venuta in maniera migliore.
comunque sì, a Hawks frega solo di tirar fuori Enji da
lì, rip.
il piano che viene ideato da Keigo per raggiungere di nuovo la radura
è molto arronzato, non so nemmeno se in linea teorica
potrebbe funzionare o meno. e ancora più insicurezze ho sul
fatto di Shoto che usa ghiaccio e fuoco contemporaneamente,
perché già mentre scrivevo ho avuto questo lapsus
della serie "ma sa farlo? l'ha già fatto in
passato?". ho provato a dare un'occhiata nel manga oggi per vedere se
riuscivo a trovare qualcosa ma non mi sembra di aver visto nulla (sto
correndo mentre edito, tra l'altro sto già in ritardo rip),
quindi facciamo che qui sa farlo.
tra l'altro la giustificazione/salvagente che mi sono data è
"riesce a farlo solo per breve tempo". lasciamo perdere.
per quanto riguarda il capitolo di domani ho da dire solo che se vi
aspettate che l'azione sia finita qui vi sbagliate di grosso. e mi
dispiace un sacco, visto che, come avrete potuto appurare anche voi in
questi giorni, non me la cavo affatto bene a trattare tale genere, ma
ehi, questo passa il convento.
come al solito ringrazio chiunque stia seguendo la storia, anche
perché adesso mancano solo dieci giorni, siamo
decisamente a buon punto!
a domani :3
aria
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Capitolo 22 *** Via di fuga ***
Andarsene
dalla radura non sembrava affatto semplice.
I nemici li avevano circondati completamente, e quelle immense fiamme
blu sembravano avere tutte le intenzioni di sbarrare loro la strada.
Approfittando del diversivo creato da suo figlio, Enji era scattato di
lato, avvicinandosi alla coppia che aveva visto raggiungere il bosco
arrancando.
Shoto sembrava tutto sommato in forze, e fortunatamente non vedeva
ferite sul suo corpo. Keigo, al contrario, aveva un aspetto dolorante,
i vestiti madidi d’acqua e buona parte delle sue piume erano
andate perdute.
«Stai bene?», aveva domandato, raggiungendo i due
ragazzi.
Keigo aveva barcollato. Poco prima Shoto aveva allentato appena la
presa sul suo corpo, e ora si era ritrovato a perdere
l’equilibrio. Stava per cadere al suolo, ma il re
l’aveva afferrato prontamente, cingendogli la vita con un
braccio.
«N-non sono nelle condizioni di volare», aveva
ammesso, sentendosi profondamente deluso da se stesso.
«Non fa niente», l’aveva rassicurato il
re. «Hanno tagliato le redini ai cavalli, ma per fortuna dopo
il terrore iniziale alcuni di loro non sono scappati. Ne recuperiamo
due, io posso portarti con me.»
Keigo aveva annuito debolmente. Shoto, nel frattempo, era riuscito a
domare due destrieri, distribuendo numerose carezze sui loro musi.
Quel ragazzo era davvero incredibile. Aveva da sempre avuto un talento
naturale con quegli animali.
«Presto, muoviamoci!», aveva sollecitato gli altri
due uomini con sé.
Il principe era montato agilmente in groppa al cavallo, imitato dal
padre. Enji aveva aiutato Keigo a salire, permettendogli di stringersi
a lui.
Avevano spronato i cavalli, che subito erano schizzati rapidi in avanti.
Nel frattempo, però, le fiamme blu di Dabi avevano sciolto
il ghiaccio, e subito il nemico s’era messo alle loro
calcagna.
Mentre i cavalli si lasciavano in fretta la strada alle spalle, Keigo
aveva cercato di gettare un’occhiata dietro di sé.
Fortunatamente, molti dei loro alleati erano riusciti a mettersi in
salvo, compresa Ryuko, che volava sopra alle loro teste. Con
l’allontanamento del nemico più potente dal campo
di battaglia, aveva senso che molti di loro fossero riusciti a prendere
la fuga. Quelli che non c’erano riusciti, però,
dovevano essere rimasti nel bosco, e forse erano stati divorati dalle
fiamme.
Quel pensiero aveva provocato una stretta nelle viscere di Keigo. Il
ragazzo si era stretto istintivamente al petto del suo re, cercandovi
protezione. Enji doveva essersene accorto, perché mentre
spronava l’animale a galoppare più in fretta aveva
passato velocemente una mano tra i capelli dorati del ragazzo, cercando
di rassicurarlo.
Mentre correvano, però, alcuni boati li avevano raggiunti
alle spalle.
Keigo, Enji e Shoto si erano voltati, constatando con orrore che Dabi
li stava inseguendo, spingendosi in avanti con le sue fiamme.
«Perché non riusciamo a seminarlo?»,
aveva domandato Shoto. Il principe aveva lanciato del ghiaccio, che
tuttavia il loro nemico aveva schivato abilmente.
Enji aveva trattenuto un ruggito basso tra i denti. «Non lo
so!», aveva ammesso, senza nascondere la sua frustrazione.
Poco dopo aveva allungato una mano nella direzione di Dabi,
preparandosi ad attaccarlo con il proprio potere.
«Non usate le fiamme, o andrà di nuovo tutto a
fuoco!», li aveva redarguiti Keigo, con le poche forze che
gli rimanevano.
Il re e il principe lo avevano fissati sbigottiti. In effetti era una
conseguenza logica, ci sarebbero potuti arrivare perfettamente da soli,
eppure ancora una volta si erano ritrovati costretti a constatare la
sagacia del ragazzo.
Shoto aveva imprecato tra i denti. Non poteva alzare una barriera di
ghiaccio come quella di poco prima, perché così
facendo avrebbe ostacolato anche la ritirata dei loro alleati. Per di
più, quando utilizzava troppo a lungo i suoi poteri finiva
per indebolirsi progressivamente.
Anche Enji sembrava nella stessa situazione. Sentiva i polmoni in
fiamme, gli mancava il respiro.
Keigo si era preso la testa tra le mani, cercando di pensare in fretta.
L’ideale sarebbe stato sbarrare la strada ai nemici quando
tutti gli alleati fossero passati, così da mettere quanto
più terreno possibile tra loro e gli altri nel mentre, ma
come…?
Il ragazzo aveva preso le redini dalle mani del re, costringendo il
cavallo a una deviazione improvvisa verso ovest. Shoto, poco distante
da loro, era sembrato spiazzato da quella mossa quanto i loro nemici,
tuttavia aveva imitato in fretta la direzione del cavallo del padre,
seguendolo.
Enji, nel frattempo, sembrava in disappunto sulla strategia di Keigo.
«Che stai facendo?», aveva domandato, urlando per
farsi sentire sopra al ruggito del fuoco e del vento. «Il
castello reale è a sud, non…»
«E tu li vuoi mandare esattamente nella direzione da cui
cercavamo di respingerli?», aveva replicato Keigo.
«Stanno seguendo noi, non proseguiranno verso il castello.
Conosco queste zone, ho studiato attentamente le mappe mentre eravamo
in viaggio, e mi è venuto in mente un modo per liberarci di
loro!»
Enji l’aveva osservato attentamente, pieno di preoccupazione.
Aveva posato una mano sul fianco sinistro del ragazzo, e il suo volto
era stato nuovamente deformato dalla paura quando aveva avvertito le
proprie dita macchiarsi con una copiosa quantità di sangue.
«Keigo…», aveva mormorato, terrorizzato.
«Devi fidarti di me!», aveva insistito il ragazzo.
Si era voltato a osservare il suo re. Aveva visto la preoccupazione in
quelle iridi cerulee, ma Enji aveva intercettato in quegli occhi dorati
che amava solo una cieca determinazione.
E Keigo era stato certo che non avrebbe obiettato oltre.
Il ragazzo era tornato a guardare davanti a sé. Aveva
entrambe le gambe su un solo fianco del cavallo, ma sentiva Enji alle
sue spalle spronarlo.
«Shoto!», aveva chiamato Keigo, rivolgendosi al
principe.
Voltandosi, l’aveva trovato alle proprie spalle, poco
distante da loro.
«Poco lontano da qui c’è un grosso
strapiombo», aveva annunciato. «Quando arriviamo
lì, evoca una lastra di ghiaccio che ci accompagni nella
discesa, e scioglila subito dopo, così che non possa
seguirci!»
Il principe e il re lo avevano fissato con sgomento.
«Vuoi che ci buttiamo giù per un
precipizio?», aveva domandato Enji, sbigottito.
«E i nostri alleati?», aveva insistito Shoto.
«Non possiamo lasciarli a morire‒»
«Hanno continuato verso sud!», aveva fatto notare
loro Keigo. «Quando abbiamo deviato eravamo troppo staccati
da loro, per cui non se ne sono accorti e hanno proseguito lungo il
sentiero che avevamo stabilito! Per favore, fidatevi di me! Sto solo
cercando di salvarvi!»
Era vero. Quella deviazione avrebbe concesso ai loro alleati di
guadagnare terreno, perché finché Dabi
fosse stato impegnato a inseguirli avrebbero avuto il tempo necessario
per allontanarsi e mettersi in salvo verso sud. Loro, nel frattempo,
dovevano essere abbastanza fortunati da seminarlo una volta per tutte,
così, quando sarebbe tornato indietro sulle tracce
dell’esercito reale, non avrebbe più trovato
nessuno da sterminare.
Era folle, ma era l’unico piano che gli era venuto in mente.
Non aveva la più pallida idea se avrebbe funzionato o meno,
ma al punto in cui erano non avevano altra scelta che provarci e basta.
Il re e il principe continuavano a fissarlo, pieni di incertezze. In
effetti non c’era nulla di convenzionale nel comportamento di
Keigo, né nel piano che aveva ideato e né
tantomeno nel modo in cui si era rivolto al re e al principe,
abbandonando per la prima volta le formalità con
quest’ultimo.
Tuttavia erano in una situazione disperata, e in quel momento non
c’erano altre soluzioni.
Non avevano altra scelta.
In lontananza, vedevano già gli alberi diradarsi. La strada
sembrava interrompersi in maniera improvvisa, lasciando il posto al
cielo notturno, come se lì il mondo terminasse, e chi
l’aveva creato avesse dimenticato di aggiungere un pezzo.
Keigo aveva cavalcato in quell’esatta direzione, seguito a
poca distanza da Shoto. Il cavallo, trovandosi in prossimità
di un dirupo, aveva fatto per fermarsi, ma Keigo aveva sentito Enji
alle proprie spalle spronarlo, e l’animale a quel punto si
era buttato comunque in avanti.
La sensazione di cadere nel vuoto era stata terribile. Erano
tremendamente in alto, e la vertigine li aveva accompagnati assieme al
vento e a un nodo allo stomaco per i primi istanti. Sentire la terra
mancare sotto ai piedi era tremendo, come accorgersi di non avere
più certezze.
Poi, gli zoccoli dei cavalli si erano ritrovati a scivolare su qualcosa
di duro e freddo. Non appena si lasciavano un pezzo di ghiaccio alle
spalle, le fiamme lo divoravano subito, sciogliendolo.
Quando avevano toccato il suolo incolumi, Keigo era stato il primo a
esserne sorpreso. Enji aveva spronato subito il cavallo a ripartire in
avanti, intenzionato a mettere quanta più distanza possibile
tra loro e Dabi.
Quest’ultimo, era rimasto sulla cima del dirupo, a osservarli
mentre si allontanava. Keigo non era certo del perché lo
avesse fatto, aveva l’impressione che, se avesse voluto,
avrebbe potuto continuare a inseguirli, proteggendosi
dall’impatto in caduta con le sue fiamme. Forse non voleva
farlo, oppure, semplicemente, non poteva.
I cavalli avevano galoppato ancora a lungo, immergendosi sempre di
più in un territorio privo di vegetazione, ma ricco di
canyon e rocce rossastre. Solo quando erano stati certi di aver messo
tra loro e il nemico una distanza sufficiente, avevano permesso ai
destrieri di rallentare.
Shoto era crollato sulla groppa del suo cavallo, esausto.
notes
mi dovete
far editare quando ho fame, noto decisamente di più gli
errori. non sono convinta della correttezza solo in un punto, ma penso
di non aver fatto neppure un lavoro così tremendo, dai.
in realtà, devo dire che il capitolo mi pare pure venuto
meglio rispetto a quello di ieri da un punto di vista di tempistiche
narrative. e, come avevo preannunciato, il prompt qui è
decisamente più centrato, perché la fuga
è il fulcro della vicenda.
i nostri beniamini, tra l'altro, riescono a mettersi in salvo,
però chissà se i problemi saranno finiti qui per
loro o meno.
mi sono
dimenticata di dirvi che, ieri, avevo inserito un piccolo cameo.
lo avete rintracciato?
altra bella notizia: ieri potrei aver buttato giù una one
shot. ora non so quando postarla, perché il giorno perfetto
sarebbe il 31 ottobre, ma devo già mettere l'epilogo di
questa long. vbb dai guardiamo il lato positivo, questi due continuano
a ispirarmi.
come sempre ringrazio chi sta seguendo, e spero che gli aggiornamenti
non vi stiano deludendo. manca sempre meno alla conclusione, uhuh ~
ci vediamo domani!
aria
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Capitolo 23 *** Non è ancora finita ***
All’improvviso
era diventato tutto buio.
Keigo era sicuro di essere da solo, perché non vedeva
più né il re né il principe accanto a
sé.
Si trovava su una collinetta brulla, arida, e guardandosi attorno non
riusciva a vedere alcunché. In lontananza, udiva un
gracchiare roco di corvi.
Quell’atmosfera non aveva niente di pacato. In ginocchio a
terra, gli unici colori che distingueva erano il rosso della sabbia e
il nero del cielo.
Non prometteva niente di buono.
Poi, qualcosa sembrava essere cambiato. Nubi torve avevano cominciato a
vorticare con impeto nel cielo. L’aria si era fatta gelida,
Keigo si era stretto le braccia al corpo per ripararsi dal freddo.
Davanti a lui era comparsa la figura di Dabi. Il ragazzo aveva
ghignato, stendendo una mano in direzione di Keigo, proprio come nel
bosco.
Keigo aveva cercato di urlare, ma dalle sue labbra non era uscito alcun
suono.
«Puoi creare altro ghiaccio?»
Enji si sentiva un immenso egoista per quella richiesta. Dopo che Keigo
aveva perso i sensi, lui e Shoto avevano cercato in fretta un riparo
per la notte, così da potersi occupare di lui. Si erano
rifugiati all’interno di una caverna, grati di aver trovato
un’insenatura naturale tra quei canyon altissimi.
«Sono esausto», aveva ammesso il ragazzo.
«Però per Keigo posso farlo. Dopotutto, non
saremmo vivi se non fosse stato per lui.»
Suo figlio aveva ragione. Dopo che erano fuggiti, il suo aiuto gli era
stato fondamentale.
Si era domandato se sarebbe riuscito a medicare Keigo, senza di lui.
Shoto gli aveva passato il pezzo di ghiaccio. «Bene, ora a
scioglierlo posso pensarci io…», aveva commentato.
Le mani gli tremavano tantissimo. Vedeva Keigo agitarsi sotto di
sé, in preda alla febbre, e sentiva tutta la sua solita
sicurezza andare in frantumi. Non si era mai sentito così
vicino a perderlo come dopo quella notte…
«Papà, lascia fare a me», aveva
replicato poco dopo Shoto. «C’è mancato
poco che morissi, la scorsa notte. Forse dovresti
riposarti…»
Keigo aveva aperto gli occhi, gridando. Sentiva gli ultimi brandelli di
quel sogno strapparsi e abbandonare il suo corpo, tuttavia non riusciva
ancora a stare tranquillo.
Era come se tutto il suo corpo stesse andando in fiamme. La testa gli
vorticava, avvertiva la pelle madida di sudore. Aveva cercato di
tirarsi a sedere, ma gli erano mancate le forze.
Svegliandosi, aveva udito le voci di Enji e Shoto parlare, ma le
ricordava ovattate, come un ricordo distante, e non era riuscito a
captare nemmeno una parola del loro scambio di parole.
«T-tornerà…!», aveva
annaspato, tremando forte.
Enji gli aveva circondato il corpo con le braccia, facendolo rimanere
disteso a terra. Intanto, Shoto aveva cominciato a far sciogliere il
ghiaccio, avvicinandolo alle labbra del ragazzo.
«Shh, lo so.» Il re gli aveva accarezzato la
fronte. «Non agitarti. Ti ho chiuso la ferita sul fianco col
fuoco appena ci siamo fermati, ma ti è salita la febbre. Se
ti muovi così finirai per farla alzare ancora di
più, o per riaprire il taglio e farlo sanguinare di nuovo.
Rilassati, va tutto bene, sei qui con noi. Ora devi solo riposarti per
rimetterti in forze. Non ho alcuna intenzione di lasciarti morire
qui.»
A quelle parole, Keigo era sembrato tranquillizzarsi. Aiutato da Enji,
era tornato a distendersi a terra, sulla pietra dura. Non era affatto
una sistemazione comoda, sfortunatamente però non avevano
potuto trovare di meglio. Coperto dal mantello del re, il ragazzo aveva
finito per sprofondare nuovamente nel sonno, mentre il principe gli
aveva fatto scivolare dell’acqua fresca in gola per
dissetarlo.
Enji gli aveva accarezzato di nuovo la fronte bollente. Era un gesto
che aveva continuato a fare per tutto il giorno.
Shoto, nel frattempo, era tornato a sedersi a terra, poggiando la
schiena contro la parete rocciosa.
«Un presagio?», aveva domandato il ragazzo,
riflettendo sulle parole di Keigo di poco prima.
Enji non aveva idea di che cosa si trattasse. Aveva sentito parlare, in
passato, delle sviluppate capacità di veggenza dei popoli
dell’ovest, tuttavia non aveva mai sospettato che anche Keigo
potesse possederne.
Di sicuro, fin dal primo istante in cui Dabi aveva smesso di inseguirli
era stato certo che i conti con lui non fossero affatto risolti. Se
davvero lui e i suoi compagni volevano attaccare il regno, lo avrebbero
fatto comunque, in un modo o nell’altro. Al momento non
riusciva ancora a spiegarsi perché, la scorsa notte, avesse
smesso d’inseguirli, tuttavia per ora preferiva occuparsi
della salute di Keigo.
«Ha detto una cosa simile, stanotte.»
Nell’udire la voce di Shoto, Enji aveva sollevato lo sguardo
in fretta, ricercando gli occhi di suo figlio.
«Quando eravamo nel bosco, ha detto che non aveva intenzione
di lasciarti morire», aveva spiegato il principe,
giocherellando nervosamente con le proprie dita. «Mi
è tornato in mente solo adesso, quando ti ho sentito
pronunciare una frase simile.»
Enji aveva trattenuto il respiro per un momento.
«Beh, alla fine sono sempre il suo re», aveva
commentando, fingendo noncuranza. «È normale che
dica una cosa del genere.»
In realtà c’era altro dietro quelle parole, Enji
lo sapeva bene. Aveva abbassato nuovamente lo sguardo, tornando a
osservare Keigo riposare, agitandosi perfino nel sonno.
Aveva lasciato scivolare un dito su una sua guancia rossa, con
apprensione.
notes
stasera
l'angolino del disagio comincia con le due pare sceme che mi hanno
accompagnata nelle ultime ventiquattr'ore. la prima: ma non
è che ci sono stati dei giorni in cui ho postato il prompt
sbagliato (subito smentita perché ogni giorno c'è
il post sul gruppo di fanwriter.it dove metto il link del capitolo e
c'è il riassunto dei vari prompt, però
è bastato questo pensiero per togliermi il sonno)? la
seconda: non è che si percepiscono dei cambi di stile man
mano che si va avanti con la storia? questa è una cosa
più complessa, perché sicuramente la scrittura
potrebbe risentire dei cambi di genere e/o ambientazione,
però spero che lo sbalzo non si percepisca troppo.
comunque buonasera, car*, come ve la passate? spero meglio di Keigo in
questo capitolo rip,
povero pikkolo ancyelo
capitolo breve, a questo giro, lo so. il prompt di oggi era presagio, e
come potete vedere l'ho sfruttato per sottolineare qualcosa che forse
avevamo già immaginato, ovvero che no, la minaccia che ci
accompagna dall'inizio della storia è tutt'altro che risolta.
in compenso abbiamo visto altre interazioni di Shoto col padre, e a
quanto pare prendersi cura di Hawks è l'unica cosa che li
mette d'accordo (lol, non li biasimo sinceramente)
sì comunque se volete faccio la sottona e vi dico che Enji
che si preoccupa per Keigo mi fa fare cose strane al cuoricino. tra
l'altro questa cosa è canon ragazz*, io non--
il prossimo capitolo dovrebbe servire a chiarire un paio di cose, e se
non erro dovrebbe essere un po' più lunghino di questo (mi
sa che qui era iniziato il periodo in cui postavo e scrivevo
contemporaneamente, ero esausta, se il risultata lascia un po' a
desiderare forse è per questo VBB NON MI VOGLIO GIUSTIFICARE)
in ogni caso, ci vediamo domani, e come al solito grazie a tutt* quell*
che si fermano a leggere la storia! ♥
aria
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Capitolo 24 *** Conta dei danni ***
Quando
Keigo aveva riaperto gli occhi, non aveva idea di quanto tempo fosse
passato.
Aveva osservato il posto in cui si trovava, cercando di trovare delle
risposte alle mille domande che gli ronzavano in testa. Sentiva la
schiena tremendamente indolenzita, doveva essere appoggiata su una
superficie molto dura. Roccia, forse?
Per la verità, c’era roccia un po’
ovunque, attorno a sé. Di lato, sul soffitto…
forse si trovava in una grotta.
Solo che, se fosse stata una normale grotta, avrebbe avvertito attorno
a sé la presenza di aria umida, invece, esclusa una lieve
frescura, gli sembrava di sentir provenire aria calda e secca da un
punto non molto distante da sé, che tuttavia non riusciva a
localizzare con estrema chiarezza. Probabilmente si trattava della
fenditura d’ingresso.
Da lì proveniva anche della luce, ma non gli sembrava essere
quella del sole. Considerando quali fossero i suoi compagni di viaggio,
c’era la possibilità che si trattasse di un fuoco.
Pensare al re e al principe gli aveva provocato l’improvviso
desiderio di alzarsi. Aveva cercato di mettersi in piedi, ma fin da
subito si era reso conto della difficoltà che gli procurava
perfino quel semplice gesto.
Aveva gettato uno sguardo a un punto del suo corpo da cui aveva sentito
provenire una fitta lancinante di dolore. Gli era tornata alla mente la
ferita al fianco, e vedendo delle bende improvvisate avvolte sopra di
essa aveva intuito di essere stato medicato. Le fiamme di Enji dovevano
aver chiuso il taglio, e quei brandelli di tessuto bianco sembravano
essere stati strappati dalla camicia dell’uomo. Keigo aveva
cercato di ragionare, arrivando alla conclusione che, se adesso gli
girava così tanto la testa, era probabilmente anche a causa
della grande quantità di sangue che aveva perso.
Il ragazzo aveva provato nuovamente a mettersi in piedi, stavolta
aiutandosi con gli oggetti che era riuscito a rintracciare intorno a
sé. In realtà non c’era
pressoché nulla in quel luogo, ma gli speroni di roccia non
mancavano, così aggrappandosi a uno di essi era riuscito
finalmente a sedersi.
Osservando meglio la roccia, ne aveva potuto cogliere la
tonalità sanguigna. Non aveva mai visto caverne di quel
colore, tranne che tra alcuni canyon a ovest, e la teoria che avessero
raggiunto la zona più belligerante del regno sembrava
confermata dall’aria secca che aveva avvertito poco prima,
tipica di quel luogo.
Questo significava che il suo piano aveva funzionato. Aveva pensato
che, lasciandosi l’est alle spalle, sarebbero riusciti a
trovare aiuto nei territori a ovest. Perlomeno, era ancora vivo, e
qualcuno assieme a lui, per cui la strategia non doveva essere stata un
totale fallimento.
Aveva provato di nuovo a mettersi in piedi, riuscendoci stavolta. La
ferita tirava e doleva, ma non sembrava sul punto di sanguinare di
nuovo. In compenso si sentiva debolissimo, la testa continuava a
girargli e faticava a mantenere l’equilibrio. Aveva avuto la
febbre alta nei giorni precedenti? Era probabile, avrebbe spiegato la
spossatezza e il sudore che avvertiva ancora attaccato alla pelle.
Rimanendo col corpo poggiato alla parete, si era lentamente fatto
strada in avanti, verso l’ingresso della caverna e quella
luce che vedeva provenire da lì.
Fuori era notte. Il cielo era terso, si potevano vedere benissimo le
stelle che, osservate da lì, sembravano diamanti
lontanissimi.
Alte pareti di roccia rossa si rincorrevano a perdifiato nei dintorni.
Quello era senza dubbio uno dei territori situati nella parte
occidentale del regno, Keigo non ne aveva alcun dubbio – per
anni si era allenato in un luogo del genere. Era felice di essere
arrivato fin lì, ma questo comportava delle domande a cui
riusciva a rispondersi solo con delle ipotesi, per ora.
La fonte di luce che aveva intravisto dall’interno della
caverna era, come aveva immaginato, un fuoco. Ad accenderlo,
apparentemente, era stato Shoto, che si trovava accanto a esso.
«Allora, come procedono le cose?»
Keigo si era appoggiato con la schiena all’ingresso della
grotta, incrociando le braccia al petto. Dopo giorni di silenzio, anche
pronunciare quelle poche parole si era rivelato uno sforzo assai
complesso.
Shoto aveva sollevato lo sguardo di scatto, sorpreso nel sentire quella
voce.
Vedere Keigo in piedi, in verità, sembrava averlo
destabilizzato ancora di più.
«Ti sei svegliato…», aveva commentato,
incredulo. Poi, subito dopo, si era alzato in fretta in piedi, andando
incontro al ragazzo. «Vieni, siediti qui, non sei nelle
condizioni di compiere sforzi.»
Keigo aveva accettato con garbo il braccio del principe attorno alla
propria vita, lasciandosi accompagnare nei movimenti finché
non si era ritrovato seduto a terra, accanto al fuoco.
«Per quanto ho dormito?», si era informato subito.
Lo terrorizzava il pensiero di aver riposato troppo a lungo,
perché col nemico alle calcagna c’era poco da
stare sereni.
«Tre giorni», aveva risposto Shoto. «In
realtà faccio un po’ fatica a stabilirlo con
certezza, qui il tempo sembra scorrere in maniera
diversa…»
Keigo aveva annuito. Sapeva perfettamente a cosa si riferisse il
ragazzo: il tempo, a ovest, sembrava come deformato, scorreva
più denso rispetto alle altre zone del regno. A volte era
difficile percepire il salto dal giorno alla notte, perché
avveniva in maniera talmente graduale da risultare quasi impercettibile.
Il principe gli aveva porto una borraccia, e Keigo l’aveva
presa con piacere. Aveva bevuto un sorso d’acqua abbondante,
sentiva una gran sete, come se avesse la gola in fiamme.
«Bevi pure quanto vuoi», l’aveva
incoraggiato Shoto. «Per fortuna assieme ai cavalli siamo
riusciti a recuperare delle scorte di acqua, per cui almeno queste per
ora non scarseggiano. E poi ne hai bisogno: finché eri
malato ho sciolto il mio ghiaccio, facendolo colare direttamente nella
tua bocca, e ti abbiamo tenuto idratato così. Hai avuto una
febbre tremenda, temevamo che la ferita non fosse stata curata a dovere
e c’era la possibilità che tu non ti riprendessi.
È un miracolo che ti sia svegliato…»
Keigo aveva messo per un momento la borraccia da parte,
riflettendo sulle parole del ragazzo. Anche
l’ipotesi della febbre era corretta. In compenso, adesso si
sentiva decisamente più riposato. Dovevano riprendere il
cammino in fretta, non potevano aspettare che qualche nemico ci
ripensasse e decidesse comunque di attaccarli lì.
«Dov’è adesso tuo padre?»,
aveva domandato, senza riuscire a trattenersi.
Shoto gli aveva rivolto un’occhiata guardinga, e per un
momento Keigo aveva temuto di essere stato troppo avventato. Tuttavia
era in sincera apprensione per Enji, e finché non avesse
ricevuto notizie sulle condizioni dell’uomo non sarebbe
riuscito a quietarsi.
«Si è allontanato nei dintorni in cerca di
provviste di legna», aveva spiegato il principe.
«Il nostro fuoco qui è molto debole, senza del
legno a sostenerlo brucia con molta difficoltà.»
Keigo sapeva che Shoto aveva ragione, tuttavia al momento di salvare
loro la vita non era riuscito a trovare nessun’altra
soluzione.
Le regioni ad ovest erano impervie. Era difficile trovare piante o
animali di cui cibarsi, perché il clima non ne favoriva la
presenza. La terra era prevalentemente arida, e le strade erano di
difficile percorrenza. Non esattamente un luogo in cui cercare rifugio,
dopo essere scampati a un nemico.
Però, Keigo non era riuscito a trovare soluzioni migliori.
Al momento della fuga, tutto ciò a cui era riuscito a
pensare era stato mettere in salvo il re e suo figlio. Il resto, poco
importava.
Shoto si era stretto le ginocchia al petto con le braccia.
«Posso farti una domanda?», aveva chiesto, gentile
come sempre. «Siamo a ovest, giusto? Le terre in cui sei
nato.»
Keigo aveva annuito con vigore. «Sì, e anche
quelle dove ci siamo incontrati per la prima volta, vostra grazia.
Mentre fuggivamo, ho pensato che fosse la scelta migliore possibile, in
quel momento», aveva commentato, mentre gli tornava alla
mente il ricordo di Shoto che scendeva dalla carrozza, quella volta a
ovest. A volte a Keigo sembrava di ritrovare quello stesso sguardo un
poco impaurito negli occhi del principe. «Secondo voi,
perché il nemico non ci ha seguito fin qui? Non è
sembrato strano anche a voi?»
Shoto ci aveva riflettuto sopra per qualche momento. «In
effetti sono giorni che ci penso», aveva ammesso, sistemando
meglio della legna tra le fiamme. «Non sono riuscito a darmi
una risposta, però.»
«Io ho una teoria», gli aveva confessato Keigo.
«Quando ho iniziato a sentire delle voci
sull’attacco che qualcuno voleva sferrare al sud, in giro si
diceva che i nemici stessero stringendo delle alleanze al nord. Mi
viene da pensare che abbiano provato a fare la stessa cosa ad ovest,
solo che qui la gente è parecchio diffidente, tanto che
molti paesi, tra cui quello in cui sono cresciuto, non si sono mai
piegati completamente nemmeno al volere della casa reale. Forse hanno
fatto lo stesso con i nostri nemici, al che hanno stipulato con loro
una sorta di patto di non belligeranza: non li avrebbero ostacolati,
purché i territori dell’ovest non fossero stati
invasi. Ed ecco perché Dabi non si è buttato
dietro di noi giù dal dirupo.»
Shoto si era portato una mano al mento, pensando a quelle parole.
«Sì, in effetti ha senso», aveva
convenuto. Il ragazzo aveva sospirato pesantemente, poggiando i palmi
delle mani a terra. «E ora, cosa dovremmo fare secondo
te?»
«Penso che la scelta migliore sia tornare a sud»,
aveva spiegato Keigo. «Al momento attuale, aspettarci un
attacco è impossibile: durante la battaglia ad est ci sono
state un sacco di vittime, sia sul nostro fronte che in quello nemico.
Ora come ora Dabi e gli altri hanno bisogno di riorganizzare le forze,
sono rimasti in pochi per lanciarsi verso sud. Noi, d’altro
canto, non possiamo sconfinare nuovamente a est, perché
correremmo il rischio di incappare nella loro ritirata e, quasi
certamente, in uno scontro che difficilmente potremmo vincere. A questo
punto, penso che ci toccherà proseguire qui a ovest,
costeggiando il confine finché non arriviamo
all’altezza del Cammino del Re, la strada che conduce al
regno del sud e che arriva fino al castello. È un percorso
un po’ più lungo, però paradossalmente
anche il più sicuro che mi viene in mente al
momento.»
Shoto aveva annuito. Keigo aveva la capacità di trovare
sempre la soluzione migliore, era incredibile.
Keigo, in compenso, si sentiva incredibilmente in pena. Voleva trovare
il piano più adatto per portare in salvo il suo re e il
principe, tuttavia sapeva che il pericolo non era affatto scampato.
Enji si stava caricando da solo le spalle della minaccia di Dabi, e
questo non andava bene. Ora che Keigo si era risvegliato, aveva
intenzione di fare qualsiasi cosa pur di aiutarlo.
In alto, sopra di loro, le stelle avevano continuato a risplendere
placide.
notes
vbb
facciamo finta che io non stia editando dopo aver avuto un mental
breakdown.
buonasera! come state? mancano esattamente sette giorni alla fine del
writober, è elettrizzante! **
e finalmente alcuni nodi stanno venendo al pettine, visto che
è stato spiegato perché Dabi non ha continuato a
inseguire i nostri protagonisti. ma andiamo con ordine.
legno è un altro di quei prompt che nella storia ci
è entrato un po' di striscio, mi dispiace. purtroppo
è andata così con quelli su cui non sapevo
esattamente cosa scrivere, rip.
in compenso abbiamo avuto una chiacchierata tra Keigo e Shoto
(sì sto cercando di divagare ignoratemi) ** se ve lo state
chiedendo sì, secondo me il principino ha una mezza idea di
cosa ci sia dietro alla complicità tra suo padre e il caro
consigliere di corte ~
per quanto riguarda il modo in cui Keigo è stato curato,
è stato Enji a darmi l'idea, quando si occupa
così delle ferite di Mirko nel volume 28, capitolo 269 (per
una volta ho trovato tutto e posso fare le cose professionali, yes).
per cui niente, ora ho l'headcanon che in caso di necessità
non esiterebbe a cauterizzare le ferite anche a Keigo, ma diciamoci la
verità, non serviva un headcanon per questo, quell'uomo
è già sufficientemente sottone per lui, lo si
poteva intuire.
per stasera mi fermo qui, ma prima vi chiedo: cosa pensate che possa
succedere adesso ai nostri eroi?
vi ringrazio come sempre per star seguendo questa storia, vi do
appuntamento a domani per l'ultima settimana di aggiornamenti (sigh)
aria
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Capitolo 25 *** Sulla via del ritorno ***
Attraversare
l’ovest non era stata affatto una passeggiata. Keigo aveva
cercato di avvertire i suoi compagni di viaggio al riguardo, ma
sospettava che la situazione fosse stata loro chiara solo nel momento
in cui si erano ritrovati ad affrontarla seriamente.
Ad ovest tutti si erano dimostrati piuttosto diffidenti. Quando avevano
avuto la necessità di rifornirsi presso alcuni commercianti,
l’unico che era riuscito a contrattare con questi ultimi era
stato proprio Keigo.
In un’occasione, ricordava che un’anziana signora
l’aveva osservato con sospetto.
«Perché un ragazzo dell’ovest si prodiga
così tanto per i reali del sud?», aveva domandato,
consegnandogli una busta con i prodotti che aveva acquistato con alcune
monete d’oro.
Keigo le aveva sorriso, con aria affabile. «Perché
io servo il mio unico e solo re, nessun altro», aveva
risposto, senza esitare.
Quando aveva raggiunto di nuovo Shoto ed Enji all’esterno, il
re sembrava accigliato. «Che ti ha chiesto?»,
s’era informato, aiutando il ragazzo con le provviste.
«Oh, niente d’importante!» Keigo si era
passato una mano davanti al volto, schernendosi.
In realtà, tutto ciò era accaduto mentre erano in
viaggio già da parecchi giorni. All’inizio, quando
si erano rimessi in cammino, ad attenderli non avevano trovato altro
che distese infinite di roccia. Muoversi in quelle condizioni era stato
piuttosto duro, perché escluso per qualche volatile che
riuscivano a cacciare di tanto in tanto non avevano avuto a
disposizione altri tipi di cibi. L’acqua, in quel territorio
arido, non si trovava neppure col più ardente dei desideri,
ma fortunatamente Shoto riusciva ancora a crearla, generando
contemporaneamente ghiaccio e fuoco, anche se doveva prendersi delle
lunghe pause tra un uso dei poteri e l’altro.
Così, cercavano di bere piccole razioni alla volta, per
conservare più a lungo possibile quel liquido prezioso.
Dopo che Keigo si era rimesso da quella febbre, a versare nelle
condizioni peggiori era stato Enji. Si era trascurato per concentrarsi
sulle condizioni di salute del suo servitore, nei giorni successivi
alla battaglia, ma contro Dabi aveva usato una poderosa
quantità di fuoco, ritrovandosi così esausto. A
tratti gli mancava ancora il respiro, avrebbe voluto bere molta
più acqua ma s’impegnava a resistere, per non
sottrarne ai suoi compagni di viaggio.
Un re non si dimostrerebbe mai egoista in tal senso, dopotutto,
soprattutto non in una situazione di tale difficoltà.
Keigo continuava a viaggiare a cavallo assieme a loro. Le sue piume,
dopo essere state bruciate dalle fiamme blu di Dabi, stentavano ancora
a ricrescere. A volte cavalcava assieme a Shoto, sistemandosi alle
spalle del figlio del re, in altre occasioni permetteva a Enji
di trasportarlo, nella medesima posizione che aveva adottato quando
erano fuggiti dal bosco.
Più i giorni passavano, e più Enji vedeva
l’intesa accrescere tra Keigo e Shoto. Quando, quella notte,
era rientrato con la legna e aveva trovato suo figlio a conversare con
il ragazzo, aveva sentito il cuore colmarsi di sollievo. Era subito
corso verso di loro, per accertarsi delle sue condizioni.
Dopo averlo visto in preda a quella febbre così alta, aveva
temuto a lungo che non si sarebbe più risvegliato. Lo strano
scorrere del tempo a ovest, inoltre, gli aveva fatto sembrare i giorni
e le notti immensamente più lunghi, così che gli
era parso che Keigo fosse rimasto incosciente ancor più a
lungo di quanto non lo fosse stato in realtà.
Così, ora che la sua salute sembrava essere migliorata, Enji
si sentiva molto più tranquillo. Avrebbe pensato anche a se
stesso, ma in quel momento dovevano prima cercare di fare ritorno a sud.
Imboccare finalmente il Cammino del Re era stato un conforto immane.
Una volta arrivati a sud, proseguire era stato molto più
semplice: la sua gente si era dimostrata leale e riconoscente per gli
sforzi che aveva compiuto a est. Nonostante ne fossero usciti
visibilmente danneggiati, infatti, avevano pur sempre scongiurato
l’invasione nemica, almeno per il momento. Come segno di
gratitudine, ovunque si fermassero tutti si prodigavano
nell’offrire loro ristoro, pasti caldi e abbondanti, frutti
dolci e succosi che solo in quel territorio crescevano.
Tornati finalmente nel loro regno, avevano constatato senza troppe
sorprese che ormai lì la neve s’era sciolta del
tutto. Nei boschi o ai lati delle strade, dove i raggi del sole avevano
faticato ad arrivare, alcuni cumuli erano sopravvissuti un poco
più a lungo, ma le temperature ormai si erano tramutate
completamente in quelle primaverili, così anche le ultime
candide tracce erano scomparse.
Erano stati informati che, inoltre, Ryuko e altri alleati avevano fatto
da tempo rientro al sud, e che alcuni di loro li attendevano a palazzo
per conferire. Enji non aveva dubbi che volessero discutere lo scontro
avvenuto a sud e le sue disastrose conseguenze, tuttavia aveva cercato
di non preoccuparsene più del dovuto, perlomeno non per ora.
Era già un miracolo che fossero arrivati vivi fin
lì, dopotutto. Era pronto ad assumersi tutte le sue
responsabilità, ma prima doveva riuscire ad arrivare al
castello.
Non tanto per se stesso, quanto per i ragazzi che viaggiavano con lui.
Shoto, nell’ultimo periodo, aveva dato fondo a ogni riserva
del suo potere per accertarsi che l’acqua non mancasse mai.
Arrivati a sud l’aiuto dei loro sudditi gli aveva permesso di
respirare un poco, ma prima di allora, non aveva fatto altro che
accumulare una quantità di stanchezza immane.
E poi c’era Keigo. Keigo che, sfuggiti all’attacco,
gli era svenuto tra le braccia, rimanendo incosciente per giorni. Enji
sentiva di dover essere grato per poterlo ancora avere accanto a
sé, e che c’era mancato poco che il ragazzo non
riuscisse a salvarsi. Quando erano partiti dal sud, gli aveva promesso
che sarebbero tornati sani e salvi, e avevano rischiato seriamente che
nessuno dei due facesse rientro a palazzo.
Enji si sentiva tremendamente in colpa, per questo perdere di vista il
ragazzo anche solo per un secondo era diventato un sacrificio
insopportabile.
Poi, finalmente, dopo giorni e giorni di cammino, avevano visto il
palazzo reale stagliarsi di fronte a loro.
In quel momento, Enji si era ritrovato a sentirsi sollevato come mai
prima di allora. Un sospiro era scivolato fuori dalle sue labbra,
osservando le torri che correvano alte verso il cielo, perfettamente
intatte.
Significava che i nemici non erano arrivati fin lì.
Significava, come aveva potuto già constatare attraversando
il resto del regno, che il sud era salvo, che la sua famiglia era salva.
Keigo gli aveva esposto la sua teoria per cui i nemici si
fossero ritirati nuovamente a nord per progettare un altro attacco, ed
Enji si era ritrovato ad essere d’accordo con lui. Prima di
allora, però, anche loro sarebbero dovuti essere pronti.
Enji e Shoto avevano spronato i cavalli a correre più veloci.
Quando erano arrivati al castello, i cancelli si erano spalancati
dinanzi a loro, mentre qualcuno aveva già ordinato di aprire
il portone d’ingresso.
notes
sto
capitolo è inutile.
oh, buonasera, e buona ultima settimana di writober a tutti!
in realtà forse sono troppo dura, questo capitolo non
è propriamente
inutile. abbiamo avuto uno spaccato del regno dell'ovest, in
più c'è una panoramica del viaggio di ritorno dei
tre.
poor Keigo, tocca fare tutto a lui. Enji non è visto di buon
occhio a ovest (e non solo lì) e questo è il
risultato! in compenso, non credo che a lui dispiaccia più
di tanto.
il prompt di oggi era sospiro, ed è quello di sollievo che
Enji si lascia sfuggire quando finalmente, dopo aver percorso tanta
strada, vedono il castello davanti a loro.
yay, si torna alla vita di corte, così non posso
più lamentarmi degli sbalzi stilistici causa diversa
ambientazione. in compenso, col fatto che mentre scrivevo ero sempre
più stanca, ho paura che la lunghezza dei capitoli possa
accorciarsi, anche se forse non è completamente un male,
magari almeno così si vede di più il focus sui
prompt... vbb le mie solite paranoie, ignoriamole.
domani c'è una piccola sorpresina, anche se forse
è una cosa che si poteva già intuire. in
più notiziona, ho già deciso i titoli per tutti i
capitoli che mancano **
grazie come sempre per star seguendo la storia, ci vediamo domani
♥
aria
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Capitolo 26 *** Rientro a palazzo ***
Arrivati
ai piedi delle grandi scale in pietra, finalmente erano scesi da
cavallo.
Sembrava un miraggio poter toccare nuovamente il suolo, e nello
specifico sentire dopo un tempo che era parso infinitamente lungo sotto
la suola degli stivali i sassolini dei viali del castello.
Enji aveva aiutato Keigo a rimettersi in piedi. La ferita al fianco era
ormai guarita, ma con la fatica del viaggio quella sensazione di
stanchezza faticava a scomparire.
La prima a raggiungerli era stata Fuyumi. La gonna vaporosa del vestito
si muoveva assieme alla ragazza, mentre lei correva in fretta verso di
loro.
«Papà!», aveva gridato.
La ragazza si era gettata tra le braccia del padre, stringendosi forte
a lui. Enji era rimasto parecchio sorpreso da quel gesto, ma aveva
comunque ricambiato l’abbraccio. Fuyumi doveva star
rilasciando il suo potere, perché Enji aveva cominciato ad
avvertire una sensazione fresca avvolgergli il petto. Si era sentito
sollevato all’istante, i suoi polmoni ne avevano
così bisogno…
Rei e Natsuo erano arrivati poco dopo Fuyumi, con passo decisamente
più calmo ma affrettandosi comunque a raggiungerli. Si erano
subito avvicinati a Shoto: la regina gli aveva accarezzato il volto con
apprensione, mentre suo fratello gli aveva stretto una spalla con fare
simpatetico. Per quanto tra loro Shoto fosse quello ad aver riportato
il minor numero di danni fisici, al momento era stremato, e aveva un
disperato bisogno di riposo.
Keigo aveva osservato il quadretto della famiglia reale allontanarsi
verso l’ingresso del palazzo. Si era domandato se fosse stato
meglio restare lì, all’esterno, e lasciare loro
l’intimità necessaria in quella riunione. Alla
fine, nonostante tutto, li aveva seguiti, non perché volesse
guastare il loro incontro ma in quanto servitore del re: non avrebbe
avuto senso congedarsi se non fosse stato Enji a ordinargli di farlo.
Così li aveva seguiti in silenzio, lentamente, restando a
qualche passo di distanza da loro. Li vedeva salire su per le scale,
Fuyumi ancora tutta stretta al padre mentre Natsuo aiutava Shoto a
proseguire.
Alla fine avevano fatto ingresso nella sala del trono. Il re e la
regina si erano accomodati sui loro scranni; Fuyumi s’era
seduta sul bracciolo di quello del padre, e continuava ad accarezzargli
il viso con una certa incredulità, Shoto invece
s’era appoggiato con un fianco al trono della madre e Natsuo
era in piedi, poco lontano da loro. Keigo, al contrario, era rimasto
immobile, praticamente all’ingresso della stanza. Si sentiva
un completo pesce fuor d’acqua, tra quegli sguardi pieni di
gioia e quei sorrisi.
«Sono così sollevata», aveva confessato
Fuyumi. «Dal confine sono giunte delle voci tremende,
pensavamo di avervi perduti…»
«C’è mancato poco, in realtà.
Non fosse stato per Keigo…» Enji si era fermato di
colpo, come se un pensiero gli fosse balenato per la mente solo in quel
momento. Aveva cercato la figura del ragazzo attraverso la stanza,
finché non l’aveva trovato, fermo
all’ingresso. «Che fai laggiù?
Avvicinati.»
Il ragazzo aveva mosso qualche passo incerto attraverso la stanza,
sotto lo sguardo attento di tutti i Todoroki. Arrivato in
prossimità dei troni, si era inginocchiato sopra al lungo
tappeto rosso. Nel chinarsi, aveva celato abilmente la smorfia di
dolore che quel movimento aveva quasi fatto comparire sul suo volto.
«Mio re, voi mi attribuite meriti che non mi
competono…», aveva ammesso, chinando il capo in
segno di rispetto.
«Stai scherzando?» A parlare, questa volta, era
stato Shoto. «Se non fosse stato per lui adesso difficilmente
saremmo qui. Senza contare la strategia che ha ideato per permetterci
di fuggire! Per me meriterebbe un encomio, quantomeno!»
Tutta la famiglia reale aveva sorriso nella sua direzione. Keigo aveva
avvertito su di sé i loro sguardi pieni di riconoscenza, e
se ne era sentito quasi imbarazzato. Avrebbe voluto poter dire loro
che, davvero, non c’era assolutamente bisogno di niente del
genere…
I loro discorsi, tuttavia, erano stati presto interrotti. Dal corridoio
che conduceva alla sala del trono, infatti, avevano sentito giungere un
rumore concitato di passi.
«Gli alleati…», aveva mormorato Fuyumi.
«Stavo quasi per dimenticarmi di avvertirvi. Sono arrivati da
alcuni giorni…»
Enji aveva chiuso gli occhi un momento. Avrebbe voluto avere
più tempo per quei discorsi, e immaginava già che
cosa dovessero dirgli, imputandogli la colpa del fallimento a est e
criticandolo per non essere fuggito assieme all’esercito. Era
pronto a pagare il peso delle proprie responsabilità, ma
avrebbe voluto potersi prima riunire degnamente con la sua famiglia.
Quando era tornato a sollevare le palpebre, diverse persone avevano
già fatto ingresso nella sala del trono. A capeggiare la
comitiva, sembrava esserci Ryuko Tatsuma, quel giorno nella sua forma
umana.
«Vostra maestà.» La donna
s’era inchinata brevemente, ormai al cospetto del re.
«Sono lieta di vedervi finalmente fare ritorno.»
Keigo, che nel frattempo si era rialzato in piedi, aveva notato una
scintilla attraversare lo sguardo di Enji. Forse era stato infastidito
dalle parole di Ryuko e da ciò che sottendevano –
il ritardo nel rientrare a corte, la mancata ritirata assieme
all’esercito e l’assenza di appoggio a
quest’ultimo –, tuttavia aveva cercato di
ignorarlo, cosa insolita per lui.
Forse era solo ancora troppo stanco dopo i recenti eventi, aveva
valutato tra sé Keigo.
«Già», aveva commentato il re. Se
possibile, Fuyumi si era stretta ancor di più a lui.
«È stato un lungo viaggio.»
L’espressione sul volto di Ryuko si era fatta meno tesa.
Possibile che fosse soddisfatta solo con quella semplice affermazione?
«Non ne dubito», aveva concesso la donna.
«Se fosse possibile, vorrei informarvi di un fatto avvenuto
mentre eravamo ad est. Credo che potrebbe interessarvi.»
Enji aveva puntellato un gomito sul bracciolo del trono, affondando la
guancia nella mano chiusa a pugno. In quel momento avrebbe preferito di
gran lunga concedersi un bagno caldo e un lungo riposo, ma non poteva
certo trascurare le esigenze del suo popolo. «Spiegati
pure», l’aveva incoraggiata.
Gli occhi della donna si erano accesi della sua solita determinazione.
«È successo mentre ci stavamo
ritirando», aveva cominciato. «Io stavo volando
sopra al fiume, per cui ho avuto una visuale piuttosto chiara di tutta
la faccenda. All’improvviso è stato come se tutti
gli alberi del bosco avessero cominciato a sgretolarsi. Sono tornata
indietro per cercare di capire cosa fosse successo, ma fermo in mezzo
alla desolazione, dove prima cresceva una radura rigogliosa,
c’era solo un ragazzo dagli occhi cremisi. Io… non
avevo mai visto nessuno di così tanto potente. Ho
l’impressione che fosse il loro capo, e credo che
quell’onda distruttiva sarebbe potuta benissimo arrivare fino
a noi, se solo lui l’avesse voluto. Probabile che si
trattasse solo di una sorta di avvertimento.»
Keigo e tutta la famiglia Todoroki erano sembrati impallidire a quella
notizia. Qualcuno che avrebbe potuto disintegrarli
all’istante, se solo l’avesse voluto? Davvero tra i
loro nemici si nascondeva qualcuno così potente?
«C’è dell’altro»,
aveva ripreso Ryuko. «Abbiamo ritrovato a terra un brandello
di tessuto nero. A giudicare dall’aspetto carbonizzato,
potrebbe appartenere al nemico che avete affrontato.»
Ryuko aveva mosso qualche passo in avanti, porgendo il lembo di stoffa
al re. Enji se l’era fatto consegnare, osservandolo
attentamente: rigirandolo tra le dita, aveva avuto
l’impressione che potesse effettivamente provenire dalla
giacca di Dabi, considerando che era bruciato tutt’attorno
non stentava a crederlo.
Il ricordo di quel ragazzo sembrava aver turbato sia Keigo che
Enji, come se fiamme azzurre potessero tornare a danzare davanti ai
loro occhi in quel preciso istante.
Dabi… nessuno di loro aveva idea di dove fosse finito dopo
aver smesso di inseguirli. Dovevano ancora verificare
l’ipotesi del patto di non belligeranza stipulato tra
l’ovest e i loro nemici formulata da Keigo, tuttavia non
erano riusciti a darsi, in tutti quei giorni, una spiegazione per il
particolare accanimento che quel ragazzo aveva riservato alla famiglia
reale. Mentre gli altri combattenti avevano puntato in maniera
indistinta i membri dell’esercito reale, lui si era fin da
subito lanciato all’attacco di Enji. Non aveva ingaggiato
scontri con nessun altro, e li aveva inseguiti perfino quando erano
fuggiti.
Era un comportamento molto particolare, forse aveva perfino messo in
difficoltà i suoi stessi alleati.
«Fuoco?», aveva domandato Rei, osservando sorpresa
la stoffa, ancora tra le mani del marito.
«Sì», aveva confermato Shoto.
«Non ne avevo mai visto di così
potente…»
Enji aveva sollevato di nuovo lo sguardo su Ryuko.
«Informazioni sul loro ritiro?», aveva chiesto.
«Non molte, in realtà», aveva ammesso la
donna. «È come se si fossero volatilizzati nel
nulla… a tal proposito, vostra maestà, per quanto
riguarda il nostro
ritiro… all’inizio avevo molte
perplessità in merito, tuttavia si sono riscontrate molte
meno perdite di quelle che avevo immaginato. Suppongo che la
tempestività dell’ordine abbia giovato a nostro
favore.»
Enji era stato sorpreso da quelle parole. Credeva che, dopo il
fallimento, gli alleati si sarebbero mostrati molto più
ostici nei loro confronti. Tuttavia, se ciò non era
accaduto, il merito era di una sola persona, Enji lo sapeva bene.
Il re si era voltato in direzione di Keigo. Il ragazzo gli aveva
restituito il suo stesso sguardo stupito.
Li aveva salvati tutti.
notes
stanno
succedendo un sacco di cose belle, ma io non me le sto godendo affatto.
buonasera, guys. l'aggiornamento di oggi, finalmente, ci dà
modo di parlare di alcune cose.
vbb, partiamo dal prompt, ovvero frammento. l'ho usato ovviamente per
il lembo della giacca di Dabi – e, lo
dico da subito, nella long (o perlomeno in quel che ne rimane) non
farò riferimento a ciò che viene rivelato su di
lui nel volume 30, non lo specifico per non fare spoiler ma voi sapete a cosa mi sto
riferendo. semplicemente
perché mi sarei complicata troppo la vita, però
comunque, se volete immaginare una sottotrama che bene o male si
ricolleghi al canon in
quel senso potete farlo, anche perché,
sinceramente, era il mio intento, però come vi dicevo stavo
stretta coi tempi e non volevo mettermi in una situazione ancor
più difficile, servirebbe una long a parte per parlare di tutto, plus diciamo
che in generale preferisco un po' fare finta di nulla, ahah.
dannati casini della famiglia Todoroki--
c'è stato anche un piccolo colpo di scena finale con la
rivelazione di Ryuko, se proprio vogliamo essere onesti. eh
sì, da qualche parte durante la battaglia era presente anche
il caro Shigaraki, e lui e Dabi non erano gli unici villain presenti.
ricordate che vi avevo detto che nel capitolo 21 era presente un cameo?
si trattava di Toga, chiaramente (la ragazza che combatte contro il
soldato in armatura e che Keigo intravede dopo che è
precipitato). vbb forse era scontato che a creare problemi fossero
loro, ahah.
in compenso i nostri protagonisti sono finalmente tornati al castello,
e c'è stato anche un bel momento di ricongiungimento. le
cose sono ancora lontane dall'essersi sistemate, ma già
domani magari un passettino in avanti lo facciamo.
io ho l'impressione di star dimenticandomi qualcosa che volevo dire ma
pazienza, ormai è andata così ahah. vi ringrazio
come al solito per aver letto, ci vediamo domani!
aria
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Capitolo 27 *** Questione irrisolta ***
Si
era appoggiato alla parete esterna del castello, osservando i giardini
estendersi davanti ai suoi occhi.
Durante la battaglia ad est, aveva temuto che non sarebbe
più riuscito a godersi uno spettacolo del genere. La
primavera aveva ormai inondato il sud, e mentre i venti caldi
accarezzavano la pelle di chi vi abitava, i fiori avevano preso a
sbocciare, colmando l’aria coi loro profumi.
Nella luce rossastra del tramonto, quello spettacolo appariva ancora
più incantevole.
L’atmosfera era così pacata, eppure Enji faticava
ancora a rilassarsi. Continuava a vedere quelle fiamme blu danzare
davanti ai suoi occhi, avvolgere e distruggere qualunque cosa
incontrassero sul loro cammino, avanzare verso Keigo e sospingerlo via,
lontano…
Dabi… Enji sentiva di avere un grosso conto in sospeso con
lui, e aveva tutte le intenzioni di saldarlo.
«È un panorama splendido, non trovi?»
Enji si era ritrovato a sobbalzare, non aveva sentito nessuno
avvicinarsi. Per un momento le fiamme avevano baluginato nei suoi
occhi, ma subito si era affrettato a spegnerle.
Rei non era apparsa particolarmente turbata da
quell’avvenimento.
«Vostra maestà», l’aveva
salutato, chinando il capo con reverenza.
Enji l’aveva osservata attentamente. Era da tanto tempo che
sua moglie non lo cercava per parlargli, era piuttosto sorpreso di
quella sua iniziativa. La regina si era fatta strada sul terrazzo,
camminando col suo solito passo lento e aggraziato. Indossava un
vestito azzurro, dalla stoffa in apparenza leggera ma impreziosita da
una miriade di cristalli scintillanti. Il suo aspetto così
ricercato sembrava rappresentare alla perfezione Rei, così
come il potere di ghiaccio che possedeva.
«Non mi aspettavo di trovarti qui», aveva ammesso
la regina. «Pensavo che fossi a un consiglio per organizzare
l’esercito in vista di altri possibili attacchi nemici o
qualcosa del genere.»
Enji aveva sbuffato, il suo respiro caldo che s’era perso
nell’aria primaverile. Da sempre Rei era stata fin troppo
pacifista, rispetto a lui, l’ennesimo aspetto che
difficilmente li aveva fatti trovare d’accordo.
Enji s’era chiesto se il loro matrimonio si fosse mai potuto
considerare una vera e propria relazione. I silenzi di Rei, la propria
attitudine a padroneggiare… non c’era mai stato
equilibrio, tra loro. Così diversi, così
distanti…
Keigo era stato il primo in grado di farlo ricredere. Quel ragazzino
impertinente che s’era sempre rivolto a lui con
quell’insolenza, punzecchiandolo, finché
Enji era caduto nella sua trappola dolcissima, al punto da non essere
più infastidito da lui, oppure ritrovandosi terrorizzato al
pensiero di perderlo. Non aveva mai pensato di poter provare dei
sentimenti tanto intensi per qualcuno, eppure con lui era successo.
Sapeva di aver mantenuto solo in parte la promessa che gli aveva fatto.
Sì, erano tornati al castello, sani e salvi, tuttavia
c’era ancora qualcosa che doveva fare: dire la
verità a Rei.
Ed Enji desiderava
farlo. Voleva vivere il suo rapporto con quel ragazzo, senza segreti.
«Rei, devo parlarti di una cosa…», aveva
ammesso.
La regina aveva sorriso, con fare sornione. I suoi occhi erano inondati
dalla luce calda del tramonto. «E questa cosa sarebbe la tua
relazione con Keigo?»
Enji si era voltato a guardarla, sobbalzando. Aveva sentito il proprio
volto andare a fuoco – letteralmente, visto che alcune fiamme
avevano cominciato a danzare su di esso. «Eh?»,
aveva domandato, in difficoltà.
La donna aveva continuato a sorridere, avvicinandosi un poco di
più a lui. «Beh, se volevi che passasse
inosservata forse saresti dovuto stare più
attento», aveva commentato. «Siete sempre insieme,
dove va uno c’è anche
l’altro… era difficile non farsi venire qualche
sospetto.»
Enji l’aveva osservata assottigliando lo sguardo. Davvero era
così evidente? Aveva cercato di farsi vedere il meno
possibile assieme a Keigo, nei mesi precedenti, per non destare
sospetti, evidentemente tuttavia qualcosa nel suo piano non aveva
funzionato.
«E… cosa pensi al riguardo?», si era
informato, cercando di sembrare cauto.
Sua moglie aveva continuato a sorridergli con gentilezza.
«Niente, in realtà», aveva ammesso.
«Il nostro non è mai stato un matrimonio felice, e
se ci siamo amati non ce ne siamo nemmeno accorti. Io non porto rancore
nei tuoi confronti, Enji, e se tu puoi essere felice, beh…
io in realtà sono lieta per te.»
Gli occhi di Enji si erano riempiti di meraviglia.
«Che… che significa?», aveva domandato,
senza riuscire a trattenersi.
«Che se tu hai scelto lui io sono pronta a farmi da
parte», aveva spiegato, socchiudendo gli occhi.
«Certo, non so bene come cambieranno le cose per il regno,
forse su questo tu saprai qualcosa di più, però
per il resto io sono disposta a trasferirmi in un’altra
stanza, così se vorrete potrete dormire assieme. Non credo
che in casa qualcuno sarà infastidito da
questo…»
Enji l’aveva osservata incredulo, senza riuscire a
comprendere veramente le sue parole. Davvero per lei non era un
problema che avesse una relazione con un’altra persona, e
addirittura era disposta a farsi da parte?
La regina sembrava sul punto di rientrare nel castello, ma Enji aveva
avvertito l’impulso di fermarla.
«Rei?», l’aveva richiamata.
La donna aveva voltato appena la testa per osservarlo.
Enji si era trovato a esitare per un momento.
«Perché fai tutto questo per me?», aveva
domandato infine.
La donna gli aveva rivolto un sorriso luminoso.
«Perché anche tu meriti di essere felice,
Enji», aveva risposto, con disarmante dolcezza. «Ce
lo meritiamo entrambi, secondo me.»
Enji era rimasto spiazzato da quelle parole. Prima di riuscire ad
aggiungere qualsiasi altra parola, Rei era sparita nuovamente
all’interno del palazzo, lasciandolo sul terrazzo in preda al
proprio stupore.
notes
"Perché?"
bro perché tra quattro giorni finisce la storia.
buonasera, people. in questa serata in cui sono giusto un poco
infuriata per una roba, arriva un capitolo (cortissimo) che potrebbe
sembrare insignificante, però forse, in fin dei conti, non
lo è del tutto.
il prompt era tramonto, io sto editanto mentre il cielo è
ancora tinto di rosa e d'arancio e il discorso avviene in
un'ambientazione simile. non so voi, ma il mio OCD è
appagato.
sì comunque Rei per me è più sveglia
di quei due, per me aveva capito che provassero qualcosa l'uno per
l'altro molto prima di loro. e d'accordo, forse è troppo
semplicistico che si faccia da parte così, ma la
storia sta per finire e voglio solo un happy ending per i miei lomls, e
poi oggettivamente parlando per me pure nel manga l'unica che potrebbe
dare una smossa alla situazione è Rei. lasciatemi sognare.
in realtà non ho molto altro da dire, se non che il capitolo
di domani è un po' bellino, dai.
see you tomorrow
aria
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Capitolo 28 *** Solo suo ***
Era
una notte particolarmente serena.
Keigo se ne stava disteso nel letto, osservando le tende bluastre del
suo baldacchino. Gli sembrava essere passata
un’infinità di tempo dall’ultima volta
in cui se n’era potuto restare lì, beato, a
riposare tra quei comodi cuscini.
Gli eventi degli ultimi tempi gli tornavano alla mente con la violenza
di onde che s’infrangono contro gli scogli, quando il mare
è in tempesta: lo scontro, le fiamme, Dabi. Gli sembrava
ancora un miracolo essere sopravvissuto a quell’inferno
cobalto, così come aver attraversato l’ovest, le
sue terre ventose, la sua siccità, ed esserne uscito
incolume. Sapeva che, adesso, il suo corpo esausto avrebbe solo avuto
bisogno del meritato riposo, ma era tormentato da quelle immagini, che
gli impedivano di rilassarsi, di lasciarsi andare alla stanchezza.
Aveva sospirato stancamente, incrociando le braccia sul cuscino, sotto
alla testa.
Quando aveva sentito bussare piano alla porta, aveva creduto che si
fosse trattato di un’allucinazione. Ciononostante, si era
alzato comunque, dicendosi che controllare era uno scrupolo lodabile e,
in fin dei conti, era già sveglio, per cui non vi aveva
visto un gran disturbo.
Era stato piuttosto sorpreso di trovare Enji sulla soglia. Si era
abituato, negli ultimi mesi, a sentire il re scivolare nella sua camera
nella notte, senza chiedergli il permesso, e Keigo
gliel’aveva concesso ogni volta, perché non
c’era piacere più grande per lui di trascorrere il
tempo assieme.
Per cui ora vederlo lì, tra l’altro con
un’espressione di disagio sul volto, gli era sembrato strano.
«Buonasera, mio re», l’aveva salutato
subito, come per una loro piccola abitudine che continuava a ripetersi.
Enji aveva cercato i grandi occhi dorati del ragazzo nel buio della
notte. «Posso entrare?», aveva domandato, cortese.
Keigo aveva allungato un braccio all’interno della stanza,
quasi come a volergliela mostrare – anche se negli ultimi
mesi aveva imparato a conoscerla in maniera fin troppo accurata, lo
sapeva bene. «Certo», aveva concesso, e avrebbe
voluto aggiungere che entrare in ogni singola stanza di quel palazzo
gli era permesso, dopotutto era il re, alla fine però aveva
decioe per quella volta di sorvolare.
Enji aveva mosso qualche passo incerto all’interno della
stanza, e Keigo l’aveva osservato attentamente mentre
chiudeva la porta. Era curioso, si era aspettato che si sarebbe
semplicemente diretto verso il letto, invece sembrava intenzionato a
rimanere lì, in piedi, immobile in mezzo alla camera.
Enji si era portato le braccia dietro la schiena, mentre la luce della
luna che giungeva dalla finestra colpiva il suo corpo. «Devo
parlarti», aveva ammesso.
Keigo era sembrato sorpreso. «Nel cuore della
notte?», aveva domandato, allarmato. «È
successo qualcosa? I nemici…»
«No, non si tratta di questo», l’aveva
rassicurato il re. «Io… ho parlato con Rei. Di
noi.»
Il ragazzo era sembrato immobilizzarsi sul posto. Enji aveva parlato
con la regina della loro relazione? Era andata male? Era lì
per dirgli…
«In che sen…»
«Ha detto che l’approva.»
Keigo aveva sentito il respiro mancargli per un momento.
Per primo aveva desiderato che le cose tra lui ed Enji potessero essere
diverse, ma non aveva mai creduto fino in fondo che potesse succedere.
Non sapeva neppure se Enji avrebbe mai parlato davvero con lei, se si
sarebbe fatto bastare quella loro relazione clandestina. Forse Keigo se
la sarebbe fatta andare bene comunque, ma ricordava lo stesso il dolore
che aveva avvertito ogni volta che aveva visto il re scivolare fuori
dalla sua camera.
«Oh», aveva mormorato, ancora incredulo riguardo a
tutto quel discorso.
Enji gli aveva rivolto un sorriso appena accennato. Sembrava aver colto
le sue perplessità, così aveva cominciato ad
avvicinarsi a lui.
«Quando ti ho detto che voglio stare con te, l’ho
fatto perché ci credo veramente, in quelle
parole», aveva ammesso. «Ora non conosco con
certezza il futuro che si prospetta davanti a noi, ma so che voglio
affrontarlo avendo te al mio fianco.»
Keigo aveva abbassato per un momento lo sguardo, ma si era ritrovato a
sollevarlo nuovamente poco dopo, quando Enji lo aveva raggiunto e
carezzandogli una guancia aveva inclinato il suo viso di modo da poter
cadere dritto nel fondo di quegli occhi dorati. Gli era mancato tenerlo
così vicino, e ora era tutto più bello,
perché sentiva che nel farlo non c’erano catene a
legarlo.
«Voglio te», aveva ripetuto il re, chinandosi a
baciare le sue labbra.
A Keigo sembrava essere passata un’eternità
dall’ultima volta in cui l’aveva baciato. Aveva
chiuso gli occhi, stringendosi a lui e beandosi di quella sensazione di
calore che aveva subito cominciato a pervaderlo per via della vicinanza
al corpo del re.
Enji l’aveva sollevato da terra, stringendogli le braccia
attorno alla schiena. Aveva affondato le mani tra quel che restava
delle sue ali, piccole piume rosse che ancora faticavano a ricrescere.
Una morsa gli aveva stretto il cuore a quel pensiero.
Keigo aveva sentito il proprio corpo venire disteso con cura sul letto,
ed Enji sovrastarlo di lì a poco, come intenzionato a non
fargli sentire più a lungo la propria mancanza. Il ragazzo
ne era stato grato, e aveva cominciato a slacciargli la camicia.
Il re era stato più veloce e, sfilato ogni bottone dalle
asole, aveva spostato le mani sulla schiena di Keigo, accarezzandola in
ogni punto. Quella pelle così liscia e candida gli era
mancata da morire. Voleva poterla toccare, ancora e ancora,
all’infinito. Era certo che non sarebbe mai stato sazio di
lui, e che lo stesso potersi dire del ragazzo.
«Non vedevo l’ora… di essere ancora tuo
così», aveva commentato Keigo, con un sospiro
estatico.
Enji gli aveva sbuffato il suo respiro caldo sulle labbra.
«Non ho alcuna intenzione di privarti di nuovo a lungo di
questo piacere in futuro, sta’ tranquillo», gli
aveva assicurato.
Keigo gli aveva rivolto il suo solito sorriso scaltro. «Ne
sono felice, mio re», aveva commentato.
Enji aveva sbuffato, ma alla fine era sceso a baciare le labbra del
ragazzo.
Se il prezzo per stare con Keigo era la sua sfacciataggine, allora
forse era disposto a pagarlo.
notes
sì
vbb io mi devo prendere le pausette sclero mentre edito
perché mannaggiaacarbonella. io fino a qualche mese fa non
ero così sottona e mai mi sarei immaginata di diventarlo per
sti due, 'tacci loro.
mado mi erano mancati i momenti d'intimità tra loro. gli
ultimi capitoli sono stati un macello dietro l'altro, necessitavo una
pausa (o un premio?). e poi, se proprio vogliamo dircela tutta, sto
avvertendo un po' una loro carenza nel manga, quindi compensiamo
così.
metteteci pure che quando ho visto il prompt toccare i miei occhi hanno
cominciato a brillare, perché bro, dobbiamo dircelo, questo
è davvero un gran buon svolgimento del compito. scusate,
sono di parte (ma penso si sapesse, uhuh).
devo dire che comunque i prossimi capitoli saranno tutti abbastanza
tranquilli e più o meno sulla scia di questo,
perciò... yeah?
in ogni caso, spero che lettura continui ad essere di vostro grado, ci
vediamo domani!
aria
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Capitolo 29 *** Scritto nelle stelle ***
Era
come se ogni cosa fosse andata al posto giusto.
La tensione della battaglia ad est era andata via via scemando. C'era
comunque ben poco da stare tranquilli, lo sapeva: potevano essere
sorpresi da un nuovo attacco in qualsiasi momento.
Questo, però, non sembrava essere destinato a succedere,
almeno non nell’imminente futuro. L’ansia di una
nuova battaglia era stata sostituita dall’incertezza del non
sapere quando e dove si sarebbe tenuto il prossimo scontro. Era
logorante, e con ogni probabilità i loro nemici avevano
scelto in maniera apposita quella strategia, così si
sarebbero trovati con le menti indebolite, e colpirli sarebbe stato
molto più facile.
Keigo aveva sospirato pesantemente. Era sera tarda, avrebbe fatto
meglio a rientrare e andare a riposarsi, quei pensieri però
continuavano a tenerlo sveglio. Così, aveva optato per una
passeggiata nell’aria fresca della notte del sud.
L’estate era alle porte. I roseti in fiore davano mostra di
tutto il loro splendore, e sull’erba del giardino la rugiada
che si depositava la sera evaporava subito ai primi raggi di sole del
mattino successivo, tanto erano caldi.
Era un clima così mite e sereno che portava a rilassarsi, ma
tutti a corte ormai sapevano bene che, finché i conti con
Dabi e il resto dei nemici non fossero stati chiusi, avrebbero fatto
meglio a restare vigili.
Diverse squadre di ricerca erano partite dal castello. Le
perlustrazioni si erano concentrate principalmente a nord, ormai palese
alleato di quegli individui dalle capacità terrificanti che
avevano attaccato la corona, tuttavia non era stato possibile trovare
neppure una traccia minuscola. Come era stato riferito loro quando
erano rientrati al castello, sembravano essersi volatilizzati nel nulla.
Non poteva essere così, però, Keigo ne era certo.
Dovevano solo star attendendo l’occasione giusta e, quando
meno se lo fossero aspettati, li avrebbero colpiti…
Un altro sospiro stanco era sbocciato sulle labbra del ragazzo. Se
fossero riusciti ad arrivare fin nelle terre del sud, dubitava che
sarebbero riusciti a respingerli.
Se fosse capitato qualcosa a Enji, o al resto della famiglia reale, non
se lo sarebbe potuto perdonare.
C’era mancato veramente poco, ad est. Il re era stato messo
in seria difficoltà dai poteri del suo avversario, e questo
non poteva accadere di nuovo. Se solo pensava a quanto era stato vicino
a perderlo…
Il ragazzo aveva serrato gli occhi per un momento. Non si trattava
neppure di una questione dei sentimenti che provava per Enji, o forse
anche di quello. In primo luogo, però, si era guadagnato il
ruolo di servitore a corte per difendere la famiglia reale e, beh,
c’erano davvero parecchie cose che poteva recriminarsi
durante l’ultima battaglia.
Aveva sollevato nuovamente le palpebre, posando il proprio sguardo
sulla magnifica porzione di cielo che poteva osservare da
lì. Quella notte la visuale era limpida, mostrando la
miriade di stelle che scintillavano, assieme, ovviamente, alla luna.
Il cielo migliore che avesse mai osservato era quello visibile dal
palazzo reale, a sud, senza ombra di dubbio. Lì le stelle
sembravano vicinissime, come se potesse toccarle con le dita.
Era stato da sempre affascinato dal cielo notturno. Lo aveva osservato
a lungo anche a ovest, tuttavia non vi aveva trovato lo stesso fascino
che riscontrava invece lì a sud. Gli piaceva osservare gli
astri, sapeva perfino riconoscere alcune costellazioni, non sapeva
però se per questo potesse definirsi un esperto.
Aveva puntellato i gomiti sul parapetto di pietra della terrazza,
adagiando il mento sui pugni chiusi. Osservava quello spettacolo con
espressione ammirata, quasi desiderando di potersi perdere
all’interno di esso.
Ancora con lo sguardo perso rivolto al cielo, aveva sentito un tessuto
pesante adagiarsi sulle sue spalle.
«Capisco che a sud l’aria si riscaldi molto
più in fretta», aveva commentato una voce dietro
di lui «ma la notte fa ancora piuttosto freddo. Tieni,
copriti col tuo mantello.»
Keigo aveva sorriso di quella premura, stringendosi il mantello al
corpo. Nel frattempo, una figura si era affacciata accanto a
sé sul balcone, riempiendo l’aria con un calore
gradevole.
«Non riesci a dormire senza averti al mio fianco, mio
re?», aveva domandato Keigo, i grandi occhi dorati che
luccicavano come stelle nella notte.
Enji si era stretto nelle spalle.
Rei era stata di parola. Dopo la conversazione di quel pomeriggio,
aveva fatto approntare un’altra camera all’interno
del palazzo, ritirandosi per dormire sempre lì. Keigo,
invece, era stato progressivamente invitato dal re a riposare presso le
stanze dell’uomo. Nessuno aveva ancora fatto caso alla cosa,
erano stati piuttosto riservati in merito, ma sapevano che prima o poi
avrebbero dovuto tirar fuori quell’argomento, soprattutto con
i ragazzi. Non era giusto nascondere loro una cosa tanto importante.
Forse sarebbe giunto il momento opportuno, e allora ne avrebbero
discusso tutti assieme.
«Ero in apprensione per te», aveva ammesso
l’uomo. «Sei preoccupato?»
Keigo gli aveva rivolto un leggero sogghigno. «Lo siamo
tutti, no?», aveva replicato.
Quello era poco ma sicuro. Finché le minacce al confine non
fossero state risolte, sarebbe stato impossibile stare tranquilli. Il
re, chiaramente, era quello con più problemi sulle spalle:
era lui a doversi occupare di tutta la sicurezza del regno, e dopo lo
scontro a est temeva che la fiducia in lui potesse calare.
Sì, alla fine erano riusciti a limitare i danni, tuttavia
portarsi in avanti era stato un azzardo fin troppo rischioso.
Keigo aveva visto lo sguardo di Enji incupirsi. Succedeva spesso, in
quei giorni, e sapeva che a preoccupare entrambi erano quelle fiamme
blu. C’era anche il potere di disintegrare ogni cosa che era
stato accennato loro da Ryuko, però, e tra i due non sapeva
quale fosse più temibile.
Il ragazzo si era spinto in avanti, posando un bacio leggero sulle
labbra del suo re. Voleva che sentisse che era lì, accanto a
lui, e che si sarebbe volentieri fatto carico di tutte le sue
preoccupazioni.
«Il cielo stanotte è meraviglioso», gli
aveva fatto notare. Con una mano aveva stretto il palmo
dell’uomo, mentre l’altra si era distesa in
direzione della volta celeste. «Lo vedi quel punto
lassù? Quello è Saturno. Si vede incredibilmente
bene, stasera…»
Enji aveva ridotto a una fessura lo spazio tra le palpebre, cercando di
affinare lo sguardo per osservare meglio ciò che il ragazzo
gli aveva indicato. Non era decisamente un esperto del cielo e
quant’altro, se avessero chiesto a lui l’avrebbe
scambiato per una stella un poco più grande. Keigo, invece,
sembrava saperne molto di più di lui, e si era ritrovato a
chiedersi se fosse una caratteristica comune a chi viveva nel regno
dell’aria conoscere così bene gli astri.
«Non sapevo che te ne intendessi», aveva commentato
il re. «E sentiamo, cosa ci leggi in questo cielo?»
Keigo si era portato le braccia dietro alla schiena. «Che
sono perdutamente, irrimediabilmente innamorato di te», aveva
ammesso, gli occhi dorati che fissavano l’uomo sognanti.
«Visto? Anche le stelle sanno di noi.»
Enji aveva sbuffato, fingendo di essere spazientito.
«Sei davvero un piccolo insolente», aveva
replicato, chinandosi su di lui. I loro volti, adesso, erano
incredibilmente vicini.
Keigo gli aveva rivolto un sorriso scaltro. «Ah,
sì?», aveva domandato. «Lo sei forse
anche tu, allora, visto che sei pazzo di me?»
Enji aveva ghignato in risposta. «Rivolgerti così
al tuo re è vilipendio», l’aveva
schernito.
Il ragazzo aveva scosso appena la testa. «Nah»,
aveva replicato. «Dopotutto, io dico solo la
verità.»
Questa volta, a baciarlo era stato Enji. Gli aveva scaldato le labbra
con dedizione, mentre entrambi avevano chiuso gli occhi,
così coinvolti in quel bacio. Il re gli aveva accarezzato
tutta la schiena, dove lo sapeva essere particolarmente sensibile, e
aveva lasciato che il ragazzo si stringesse a lui, emozionato. Keigo si
era sollevato sulla punta dei piedi, aiutandosi un poco con la spinta
delle piccole piume che gli rimanevano per restargli più
vicino.
Separandosi, gli aveva lasciato un ultimo sbuffo di fiato caldo sulle
labbra.
«Ci vieni adesso a dormire con me?», gli aveva
chiesto l’uomo.
Gli occhi di Keigo l’avevano fissato, più intensi
di qualsiasi stella. «Non potrei mai deludere una simile
richiesta», aveva ammesso, con voce adorante.
notes
e dopo il
capitolo 16, un grande ritorno con l'angolo delle ricerchine!
quando ho visto che il prompt di oggi era saturno mi sono impanicata
perché "bro, ma nel medioevo erano a conoscenza di
saturno?". l'ho inteso come pianeta, ovviamente, perché la
divinità mi sembrava ancora più difficile da
incastrare – se non erro nel 380 d.C. entra in vigore
l'editto di Tessalonica, che proibisce i culti pagani. ho sempre detto
di non volermi attenere alla storia in senso stretto perché,
trattandosi di un fantasy, mi potevo prendere delle libertà,
però almeno da questo punto di vista ho cercato di essere
accurata. scartata la lettura del prompt in quanto divinità,
rimaneva quella che riguarda il pianeta. facendo delle ricerche ho
scoperto che era un pianeta già conosciuto
nell'antichità, e che è visibile a occhio nudo,
per cui mi sono detta che okay, ci sta metterlo così.
l'unica perplessità che mi rimane è "chi ha dato
al pianeta il nome saturno?", perché ho provato a cercare
qualcosa ma stavolta non ho trovato niente. quindi sì,
stavolta ho deciso di giocarmi la carta del "è un fantasy" e
facciamo che il nome c'era già, lol.
e quindi niente, ci siamo beccatə questi due scemi che guardano le
stelle ** e posso dire che secondo me lo scambio di battute
sull'insolenza è la cosa più ic che abbia scritto
su loro due finora? o meglio, diciamo che per buona parte della long ho
rivisto molto di più il tipo di rapporto che hanno attualmente nel
manga, invece qui potrebbero essere tornati tranquillamente ai primi
tempi della loro conoscenza.
grazie come al solito a tuttə per aver letto, ci
vediamo domani uu
aria
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Capitolo 30 *** La vera magia ***
Era
stata forse la primavera più difficile della sua vita.
Il nuovo attacco pendeva sopra alla sua testa come una spada, e non
aveva la più pallida idea di quando quest’ultima
sarebbe calata.
D’altro canto, però, sapeva di avere al suo fianco
il più dolce dei sollievi.
Avere Keigo a palazzo era un conforto immane. Sapeva che, se
l’avesse saputo lontano, a cercare notizie sui loro nemici,
sarebbe stato molto più in apprensione, e ragionare gli
sarebbe stato difficile.
Come consigliere, aveva libero accesso alla sala del trono in qualsiasi
momento della giornata. Lavoravano su delle grandi mappe del regno che
erano riusciti a procurarsi, e tenendosi in contatto con chi stava
cercando le tracce dei nemici a nord, valutavano quali potessero essere
i punti da controllare, perché più adatti per
nascondersi. Purtroppo, i grandi territori ghiacciati del nord erano
vastissimi, e pattugliarli tutti stava richiedendo loro
un’immensità di tempo, in compenso quelle lunghe
giornate avevano il pregio di essere rese piacevoli dalla presenza di
Keigo.
Chiudendo gli occhi, riusciva quasi a vedere la sua figura esile, china
su un tavolo di legno, un compasso nella mano mentre misurava la
distanza tra un luogo e l’altro. Di tanto in tanto, mentre
ragionavano, il ragazzo sollevava il capo dalle carte, rivolgendogli un
sorriso raggiante.
Era la vista migliore che Enji riuscisse a immaginare.
Di notte, poi, dormire assieme, tenendo il corpo dell’altro
stretto tra le braccia gli faceva sentire il cuore un poco
più leggero. Poteva dimenticarsi per qualche ora di tutti i
problemi che li attanagliavano, e gli incubi sembravano solo lontani
ricordi.
Non si era mai sentito così leggero come da quando Keigo era
entrato così
tanto a far parte della sua vita. Ogni cosa di lui lo
affascinava: quella risata, simile a uno scampanellio, le piume rosse
che tremolanti rimanevano tenaci attaccate al suo corpo, e poi i suoi
occhi.
Occhi dorati, enormi e luminosi.
Di così belli non ne aveva mai visti, Enji ne aveva avuto la
certezza fin dal primo momento in cui aveva incontrato quello sguardo
tra la folla, a ovest. In essi, poi, aveva sempre visto così
tanta ammirazione per la propria persona da non poter che sentirsene
lusingato.
Per lui, la consapevolezza di avere Keigo al proprio fianco era
fondamentale, perché non c’era nessuno al mondo in
cui riponesse maggiore fiducia, né qualcuno che si fidasse
di lui tanto quanto quel ragazzo.
E poi Keigo l’amava. Quella, in assoluto, era la
più straordinaria delle cose.
Poteva avvertire quel sentimento intenso vibrare attraverso ogni parte
del corpo del ragazzo.
Enji si era sentito così a lungo un mostro, aveva
allontanato chiunque da sé coi suoi modi bruschi ritenendo
di non aver bisogno della loro compassione, figurarsi
l’affetto.
Con Keigo non era successo.
Giorno dopo giorno, aveva scavato la corazza durissima che il re aveva
creato attorno a sé, riuscendo a scalfirla fino al punto in
cui si era creato un angolino tutto suo nel cuore dell’uomo.
Esclusi i suoi figli, Keigo era il primo per cui aveva sentito di
provare qualcosa di tanto intenso.
Sapeva che non sarebbe potuto essere diversamente, dopotutto. Non
c’era nulla, in quel ragazzo, che non fosse amabile. Quando
si voltava a osservare qualcuno, aveva sempre in volto un sorriso
così luminoso da scaldare anche il più
irriducibile cuore di ghiaccio.
Era una cosa così facile da credere. Tutto, in lui, sembrava
scintillare, come i suoi occhi dorati.
Un ragazzo dal cuore d’oro, capace di far star bene chiunque
lo circondasse.
Per la verità, Enji aveva sempre avvertito che in lui si
celasse una sorta di incanto.
Ormai, tuttavia, era consapevole che il vero incanto aveva luogo quando
erano assieme, loro due.
notes
il fatto di
essere arrivata praticamente alla fine della trama mi dà
modo di focalizzarmi maggiormente sui prompt, che sì, prima
erano trattati, però ora forse se ne coglie di
più l'impatto. a risentirne, però, è
la lunghezza dei capitoli, che sì è visibilmente
accorciata. pro e contro, insomma. non ho ancora capito se tutto questo
sia un bene o un male, tbh.
il prompt di oggi era incanto e sì, stavolta ho dato fondo
alla mia, di sottonaggine, e con forse un po' troppa indulgenza ho
fatto una leggera
sviolinata su Hawks, con tanto di chiosa (eccessivamente?) smielata.
vbb, è andata così.
comunque. questo è il penultimo capitolo della storia, per
cui – ebbene sì signori –
domani pubblicherò l'epilogo. c'è solo un piccolo
dettaglio, sorto negli ultimi giorni e che, quando ho deciso di
lanciarmi nell'impresa del writober non avevo minimamente messo in
conto, ovvero che domani sarò tutto il giorno fuori casa
perché vado al Lucca comics (torno dopo quattro anni,
sniff). conto comunque di postare la sera, una volta tornata a casa –
anzi, farò assolutamente così, non ho intenzione
di interrompere la mia regolarità nella pubblicazione
proprio ora che siamo arrivati alla fine –,
però voi nel dubbio fate il tifo per me.
per cui posso finalmente dirlo: ci
vediamo domani sera con l'ultimo
capitolo.
come sempre, grazie a tuttə per star
accompagnandomi in quest'avventura çwç
aria
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Capitolo 31 *** Epilogo – un caldo pomeriggio d'estate ***
L’estate
era la stagione del regno del fuoco.
In quel periodo, il sud si riempiva del profumo paradisiaco dei fiori,
mentre il sole splendeva caldo nel cielo. La pelle degli abitanti del
regno si tingeva di ambrato, e i viali si riempivano di voci allegre,
passi leggiadri, vestiti soffici che svolazzavano leggeri
nell’aria.
Dei nemici, nessuno aveva più avuto notizie. A quel punto,
era probabile che Dabi e gli altri avrebbero attaccato con
l’arrivo dell’inverno, quando chi aveva il potere
delle fiamme sarebbe stato più in difficoltà a
causa del gelo.
Era un pomeriggio mite e soleggiato. Enji sedeva solo nella sala del
trono, lasciando che il silenzio lo colmasse.
In quei giorni, il palazzo ferveva di attività. I giardini
del castello apparivano come i più rigogliosi esistenti, e
tutti si prodigavano per riempirli di cure. Chi non aveva le
capacità per occuparsene, si limitava semplicemente a girare
tra di essi, godendo della loro bellezza.
Il re aveva avvertito alcuni colpi raggiungere la porta, e poco dopo
questa si era dischiusa appena.
Sull’uscio, aveva fatto capolino il volto incorniciato da
indomabili ciocche dorate di Keigo.
«Mi cercavi?», aveva domandato, incuriosito.
Sul suo volto c’era un’espressione dubbiosa. I suoi
grandi occhi color oro scrutavano il re, cercando di carpirne
l’umore.
«Sì», aveva confermato l’uomo,
all’apparenza imperscrutabile. «Vieni
pure.»
Keigo aveva chiuso il grande portone alle proprie spalle, per poi
muovere passi svelti attraverso la stanza. Sentiva il lungo tappeto
rosso scivolare sotto di sé, soffice.
Non aveva idea del perché Enji l’avesse convocato.
Aveva provato a rintracciarne il motivo sul suo volto, tuttavia quel
giorno appariva illeggibile.
Arrivato al cospetto del re, Keigo aveva fatto per inchinarsi, ma
quest’ultimo aveva allungato una mano nella sua direzione. Il
ragazzo aveva posato il palmo in quello dell’uomo titubante,
e l’istante successivo l’aveva sentito attrarlo a
sé.
Era stato sorpreso da quel gesto. Enji difficilmente era incline a
lasciarsi sfuggire esternazioni romantiche dove, tecnicamente, chiunque
avrebbe potuto vederli, ciononostante la vicinanza al suo re lo rendeva
sempre grato, per cui non poteva che esserne lieto.
Aveva pensato che volesse parlare con lui mentre era in piedi, avere i
suoi occhi dorati alla stessa altezza dei propri, invece quando aveva
visto la mano posarsi in grembo era stato ancora più
stupito. Nonostante un attimo di esitazione, si era comunque accomodato
sulle sue gambe.
Keigo si era subito sentito al settimo cielo al pensiero. Aveva
gongolato allegramente, per poi accoccolarsi contro il petto caldo
dell’uomo.
«Mh», aveva mugugnato il giovane. «A cosa
devo l’onore?»
Il re aveva affondato una mano tra i suoi capelli dorati.
«Rei è in giardino a prendersi cura delle sue
rose. Shoto, Fuyumi e Natsuo, invece, sono usciti per una passeggiata a
cavallo», aveva spiegato. «Anche se fossero stati
qui, però, non ti avrei comunque tenuto distante da me. Sono
arrivato a un punto in cui ho deciso che mi farò una ragione
di qualsiasi cosa la mia famiglia decida di pensare di me.»
Keigo aveva giocato distrattamente col colletto della camicia di Enji,
passandoselo tra le dita. Quelle parole, era inutile negarlo, avevano
suscitato in lui un’emozione fortissima. Non dovevano
più nascondersi – Enji non voleva
più farlo.
Un calore piacevole aveva iniziato a diffondersi nel suo petto, e Keigo
si era lasciato pervadere da quella sensazione.
Enji sentiva la mente vuota come non gli capitava da mesi. Il peso
leggero di Keigo sulle gambe era l’unica cosa che rimaneva
ancora ad ancorarlo alla realtà, altrimenti aveva
l’impressione che, fosse stato per lui, sarebbe potuto finire
a galleggiare nello spazio.
«Non sapevo neppure che Rei coltivasse delle rose»,
aveva ammesso, con un tono un po’ amareggiato. Non aveva mai
mostrato interesse per le passioni della sua consorte, al punto che a
volte credeva di aver condiviso per anni il letto con
un’estranea. Avevano raggiunto un accordo, che stabiliva che
la famiglia di Rei avrebbe comunque potuto far valere la propria
opinione in merito a decisioni future per il regno. La regina e i suoi
figli avrebbero continuato a dimorare presso il castello reale,
d’altronde però Enji non era mai stato
intenzionato a impedirlo loro. Per il resto, lui e Keigo erano
praticamente liberi di vivere la loro relazione come meglio credevano.
«Io sì!», aveva esclamato Keigo.
«L’ho sentito dire da alcuni domestici. Non ho
dubbi a immaginare che siano stupende!»
Enji era d’accordo con lui. Poteva quasi vedere davanti agli
occhi le dita soavi di Rei sfiorare i petali di una rosa rossa,
lasciando su di essa un leggero strato di brina e rendendola bellissima.
Keigo era rimasto ad ascoltare il cuore battere nel petto
dell’uomo, con un ritmo regolare, quasi ipnotico. Avrebbe
potuto continuare a farlo in eterno.
«Mio re», l’aveva chiamato piano, con
quelle parole che erano scivolate fuori dalle sue labbra come
un’abitudine che tornava a ripetersi. «Sei
preoccupato?»
Enji aveva respirato profondamente. Era una domanda che, negli ultimi
tempi, si era posto spesso anche lui. Gli era sembrato di aver
attraversato una tempesta, e di essere rimasto in piedi per miracolo.
Ora, però, nell’aria mite dell’estate,
gli era parso quasi come se tutte le preoccupazioni potessero
dissolversi nel nulla.
«No», aveva ammesso. «Io credo in te,
Keigo. Finché ci resteremo accanto, nulla di male
potrà accadere.»
Il ragazzo aveva sollevato il capo di scatto, sorpreso. Nei suoi occhi,
grandi come tazze da tè, l’oro sembrava
galleggiare, attraversato da miriadi di emozioni.
«Anche io credo in te, Enji, tantissimo!», aveva
dichiarato, solenne. «Voglio restarti accanto per sempre.
Affronterò con te tutte le sfide che il destino ci
riserverà in futuro!»
Sul volto di entrambi era spuntato un sorriso tranquillo. Il re gli
aveva accarezzato la fronte, per poi lasciarvi un bacio leggero. Poco
dopo, le sue labbra erano scese appena più in basso,
sfiorando adoranti quelle del più giovane.
Quando il nemico fosse tornato, li avrebbe trovati a combatterlo,
insieme.
Dal fondo della stanza, due figure potevano essere viste sedute sul
trono, distanti, felici.
notes
e... fine.
lo confesso, spuntare la casellina che indica che la storia
è completa mi trasmette sempre un forte senso di
soddisfazione, però stavolta vale un po' di più,
perché è la long più lunga che abbia
mai postato sul mio profilo, perché è su un
fandom su cui non pubblicavo da anni e tra l'altro ci sono tornata con
dei personaggi che non avevo mai trattato, perché finalmente
sono riuscita a portare a termine il writober, una sfida che mi ero
sempre prefissata di affrontare ma che poi, per un motivo o per un
altro, saltava sempre, perché mentre sto editando (adesso
sono le 18:45 del 31 ottobre 2021 e, oh, a proposito, buon halloween!)
ho un mal di testa tremendo visto che stanotte non ho dormito e poi ho
passato tutta la giornata in fiera a stancarmi. ah, che bella la mia
vita.
per l'ultimo giorno il prompt era credere, e l'ho sfruttato parlando di
quanto questi due credano l'uno nell'altro. per me questo è
canon, gente, per cui non potevo fare diversamente.
lo confesso, sarà la stanchezza ma adesso che ho riletto mi
son quasi commossa. sono felice di essere riuscita ad arrivare alla
fine di quest'avventura, è stato bellissimo. tra l'altro, se
ci fate caso, la storia è cominciata in autunno e insieme ai
nostri due personaggi abbiamo attraversato tutte e quattro le stagioni,
l'inverno, in cui esplode la loro passione (a discapito del clima
freddo), la primavera con la battaglia e infine l'estate nella
conclusione. sì, era voluto.
ringrazio tuttə quellə
che si sono fermatə ad aprire la
storia, spero che la lettura vi sia stata gradita. mi auguro tantissimo
di poter tornare presto a pubblicare di nuovo su di loro,
perché è stata un'esperienza che mi ha fatto
tanto bene, loro
mi fanno bene.
(anche se, lo dico da subito, non penso che questa long avrà
un seguito. sì, la cosa dei nemici è morta un po'
così, vbb)
un grazie va anche a fanwriter.it, al lavoro pazzesco che hanno fatto
come sempre e alle liste fantastiche che mi hanno ispirata un sacco e
mi hanno dato modo di postare finalmente una storia su endeavor e
hawks, e di sconfiggere un sacco di miei pare!
vi ringrazio ancora, spero di ritrovarvi in futuro (e di non essermi
dimenticata di aggiungere altro) ♥
aria
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