Chiamami come ti pare

di E niente
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




ATTO I
Il guaio è che gli uomini hanno una particolare abilità nello scegliere proprio le cose peggiori per loro.
- Albus Silente



Fottuto.
La testa in una bolla di vetro, ecco come si sentiva. Il mondo fuori scorreva a velocità rallentata e poi tutto a un tratto scattava in avanti, come se qualcuno stesse incollando il fotogramma sbagliato saltando tutti quelli precedenti.
Un paragone che Clay, comunque, non avrebbe saputo fare. Clay era un mago purosangue, e di robaccia babbana non ne sapeva nulla.
Sapeva soltanto che tutto quanto aveva perso importanza e la sua capacità di concentrazione era andata a farsi benedire. Aveva occhi e testa solo per una cosa ormai, ed era un problema serio.
Insomma, quando non pensava a Pauline pensava al fatto di avere una cotta per lei. Pauline gli esauriva il tempo e le energie. E non era giusto.
Clay aveva un'alta opinione di sé, si reputava sveglio e intelligente, con dei giusti obiettivi nella vita e saldi principi, sicuro e irremovibile nella sua strada. E invece, adesso aveva Pauline in testa e tutto l'ordine perfetto in cui gli era sembrato di vivere finora sembrava stravolto. Niente era più come prima, tutte le sue certezze erano crollate lasciando il vuoto. Clay aveva paura.
Perché proprio Pauline? Perché proprio quella scema, quella nanetta sciocca, impulsiva, screanzata, irriverente, mentalmente instabile, mai innocente, deviata fin dalla nascita, dalla chioma talmente tanto folta da togliere posto alla materia grigia nel cervello? Pauline andava in giro con un cartello invisibile che la etichettava come non interessante a fini amorosi, anzi, stacci alla larga magari. Nessuno poteva innamorarsi di un soggetto del genere, Clay avrebbe biasimato chiunque ci fosse cascato.
Tant'è, Clay ci era cascato lo stesso.
Ma non lo voleva ammettere! Accettare una cosa del genere avrebbe significato rinnegare se stesso e i suoi principi, rinnegare suo padre, rifiutare il suo nome, e non eravamo mica in Romeo e Giulietta, dai. Pauline non valeva la pena di tutta quella fatica.
Pauline non era meritevole d'amore, ecco. Almeno, per non sembrare crudeli, Clay era sicuro che non si meritasse il suo, di amore.
E mentre il mondo fuori andava avanti come se niente fosse, il corpo del giovane Clay era il campo di battaglia tra cervello e cuore, ragione e sentimento. Clayton Fisher stava passando dei giorni orribili, scioccato perché non capiva come era arrivato a cacciarsi in quella situazione - ma davvero? Proprio io? - e sconvolto perché non riusciva a uscirne fuori.
Se il ragazzo incolpava di tutto ciò la sua sciocca e inutile compagna di Casa, noi possiamo tranquillamente affermare che l'unico responsabile era proprio Clay stesso. Clay stava girando il suo personalissimo film mentale dell'orrore e, almeno per una volta, Pauline, con quel casino, non c'entrava davvero nulla.
E questo lui lo sapeva. Il pensiero di essere artefice della propria disfatta non piace a nessuno, infatti Clay lo relegava nell'angolo più remoto della sua psiche. Brutto pensiero, cattivo, vai via! Ma quello era pronto a tornare alla carica ogni qualvolta un barlume di coscienza si accendeva nella mente di Clay, e il ragazzo tornava a vederci chiaro.
Sce-mo! Sce-mo! Sce-mo!
A Clay non restava che digrignare i denti.
Per quanto riguarda il suo povero corpo, be', diciamo che ne aveva vissuto tempi migliori. Il suo stesso organismo sembrava ricacciare l'idea di sentimenti amorosi verso Pauline come se fosse un'infezione virale, e il tutto si traduceva con cardiopalmo, tachipnea, parestesie, e una leggera febbriciola la sera prima di andare a letto. Insomma, Clay era una drama queen al punto da sforare nel patologico.
Nessuno sembrava essersene accorto, comunque. Quello era il quinto anno, e i ragazzi del quinto anno - i Corvonero, soprattutto - erano tutti un po' fuori di testa in quel periodo. Che Clay fosse un po' più irritabile del solito non sembrava strano a nessuno, bastava girargli al largo e no problem.
Tuttavia, Mandy se ne era accorta.
La Caposcuola aveva un occhio rapace e nulla sfuggiva al suo controllo: se uno dei pulcini Corvonero aveva qualcosa che non andava, sicuramente non poteva sperare di mancare i suoi radar. Giunta all'ultimo anno di scuola, Mandy aveva fatto chiarezza nella sua testa e ormai sapeva che il suo futuro sarebbe stato la Magimedicina. Si aggirava sempre con i libri del mestiere in mano e passava quanto più tempo possibile a fare l'ombra di Madama Chips. Perché oltre leggere l'importante era fare pratica.
«Che hai? Non mangi?» chiese Mandy a Clay mentre erano a tavola.
«Ho mangiato» rispose Clay ammassando il cibo nel piatto così che occupasse meno spazio.
«Ma mangi? Stai sciupato» insistette lei, rilevando nel ragazzo un certo nervosismo.
«Sto bene.»
«Ti stai torturando le mani» notò, e il Prefetto subito smise di grattarsi il dorso della mano e nascose il rossore sotto al tavolo. Con l'altra mano si coprì la bocca mentre tossiva.
«Sei raffreddato?»
«No, mamma.»
Mandy, con un approccio razionale e scientifico e con il suo solito modo di fare materno e preoccupato, stava rapidamente scartando tutte le ipotesi fino ad arrivare alle cause di malessere prettamente psicologiche. «Hai pensieri che ti preoccupano?»
A quel punto Clay ne aveva le palle piene, ma non fece in tempo a sbuffare che il suo sguardo cadde proprio dove stava cercando di non guardare da quando il pranzo era iniziato. Pauline stava tirando molliche di pane nel brodo di Anne senza che Anne se ne rendesse conto.
Benedetta ragazza, poteva riuscire a restare ferma un minuto?! Tre giorni prima lo aveva schizzato con la pozione urticante "per sbaglio", costringendolo ad andare in infermeria; giusto il giorno precedente, invece, si era fatta rincorrere per tutta la Torre, dopo avergli rubato il pacco di Api frizzole per mangiarsene la metà. Pauline levitava a mezzo metro dal pavimento, e aveva pensato bene di puntare dietro di sé la bacchetta sparando un getto di aria. Andava avanti come un razzo, sfrecciando a destra e a sinistra: Clay non aveva idea di come fermarla. Era stata una delle cose più stupide che avesse fatto finora.
Pauline era un'idiota.
Però, tuttavia, eppure.
Però Clay, prima di essere schizzato con la pozione, aveva vissuto la lezione di Pozioni in uno stato di perenne agitazione, legato unicamente alla presenza di Pauline al suo fianco - quasi che si aspettasse un tiro mancino dalla sua compagna di banco?
Tuttavia, Clay ammetteva che l'idea di partire come un razzo per tutta la Sala Comune lo aveva fatto ridere. Pauline era stata divertente - se solo lui non fosse stato la vittima del suo scherzo.
Eppure, quando Clay si rendeva conto di essersi incantato, be', vuoi o non vuoi, c'era sempre Pauline nei paraggi che magari non stava facendo niente di male, magari mangiava in Sala Grande o studiava in silenzio sui libri a lezione, o magari respirava e basta, ma era lì.
Era lì - e Clay si sentiva morire.
«Non sarà che sei un po' in ansia per gli esami? Ti preoccupano i compiti?» chiedeva intanto Mandy.
«Può darsi.»
«È normalissimo, sai? Soprattutto per uno come te, che ha sempre preso bei voti. Ti senti un po' sotto pressione, è così?»
Clay annuì.
Mandy si aprì in un caloroso sorriso. «Non ti preoccupare: tu studi da sempre, vedrai che andrà tutto bene.»
Non hai capito un'acciderbolina! Non può andare bene, una cosa così!
Clay stirò un sorriso e abbassò lo sguardo.

Dopo essere rientrato in Sala Comune portandosi dietro pensieri poco confortanti, mentre Clay sedeva con i pugni sotto il mento e i gomiti puntellati sulle ginocchia, Pauline era arrivata all'improvviso, urtando il puf su cui era seduto e facendolo quasi cadere.
Le aveva rivolto un'occhiataccia e aveva sentito il cuore accelerare, mentre il suo cervello urlava no, no, no!
«Scusa, Prefettissimo, avevi un'aria troppo concentrata e dovevi essere disturbato per forza. Se non lo avessi fatto io, ci avrebbe comunque pensato Syd con la cerbottana.»
«Cerbottana?»
Pauline indicò in alto verso Syd che sporgeva dal soppalco, con un tubicino in bocca stile sigaro cubano e un'aria apparentemente indifferente.
«L'ha costruita nell'ora di Storia della Magia. Ne va molto fiero. A che stavi pensando?» chiese subito lei, sedendosi sul tappeto di fronte al puf.
«A niente.»
«Uh-uh, c'è una nuova ragazza?»
Il sorriso di Pauline si allargò come quello di chi finalmente ha trovato qualcosa da fare in un pomeriggio pieno di noia.
«Non c'è nessuna ragazza» ribatté Clay bruscamente, cercando di stroncare la conversazione sul nascere.
«Come si chiama? È una Corvonero?»
«Paul, non rompere!»
«Oh, e andiamo? Non ti sei mai fatto problemi a dire chi è il tuo obiettivo! Non sarà mica una Corvonero davvero, stavolta?»
«Paul» sospirò Clay.
«Odino!» esclamò Pauline, carica di aspettative. «È Mandy, vero?»
L'aria sconvolta di Clay doveva essere più che eloquente, valeva come un no, ma Pauline gli mise una mano sulla spalla con fare consolatorio.
«Stai tranquillo, anche se è mia amica, non glielo dirò.»
«Ma cosa…»
«Ottima scelta, comunque!»
Sei completamente fuori strada, ciccia!
Finalmente Clay si decise a risponderle a tono, facendo appello a tutta la sua naturale eloquenza, ma ormai era troppo tardi, perché entrambi furono presi di mira da una scarica di palline di carta zozze di saliva, amorevolmente tirate da Syd, e tutto quel discorso su Mandy e su un'ipotetica ragazza del cuore venne messo da parte.

***

In un brevissimo colloquio con Abigail, Clay credette di aver trovato l'idea che avrebbe messo a tacere i suoi dubbi una volta per tutte.
Perché Clay era intelligente, razionale e controllato, ed era così che doveva affrontare la situazione.
Di testa. Pugno fermo. Sangue freddo.
«E quella sarebbe?» aveva chiesto ad Abigail, quando l'aveva trovata a scrivere fitta fitta su una pergamena due colonne di parole.
«CLAY! NON DEVI GUARDARE!»
Il ragazzo indietreggiò, con l'improvvisa paura di essere colpito in faccia da uno schiaffo. Abigail era diventata tutto a un tratto molto aggressiva, furiosa come non si sarebbe mai aspettato.
Tuttavia, Clay guardò il pericolo, sprezzante e disinvolto, e con una buona dose di faccia tosta ebbe il coraggio di chiederle:
«È una lista di pregi e difetti?»
Al ché la ragazzina stava già sguainando la bacchetta, una minaccia che valse più di mille parole.
Clay se la cavò per un pelo, riuscendo a dire la cosa giusta per placare la furia omicida:
«Scusa! Non volevo ficcare il naso nelle tue cose, giuro!»
«Ah no, eh? Avrai buttato l'occhio per sbaglio, immagino?!»
«Pensavo stessi facendo il compito di Aritmanzia che ti avevo dato. Volevo vedere come te la cavavi, tutto qui!»
«Be', la prossima volta pensaci bene prima di avvicinarti alle mie spalle di soppiatto… per la miseria, nemmeno quell'impicciona di Annabelle avrebbe avuto il coraggio di farlo.»
Abigail gli riservò un'occhiata penetrante e corrucciata, mentre posava la bacchetta sul tavolo. «E comunque ho risolto il quesito. È nella borsa.»
Clay si schiarì la voce prima di farle i complimenti.
Per essere una di quarto anno, Abigail se la cavava alla grande in un sacco di materie, da profonda secchiona qual era, e con il suo studio aveva anticipato molti argomenti e bruciato un po' di tappe. Spesso la piccoletta chiedeva ai ragazzi di quinto di essere messa alla prova con i loro compiti, e in particolare faceva riferimento soprattutto a Clay che, modestamente parlando, era il migliore del suo anno.
Abigail continuava a fissarlo con il suo sguardo pungente, tenendo la sua lista stretta al petto con fare possessivo. «Puoi prenderlo. La mia borsa non morde.»
«Tu sì, però.»
Lo sguardo di Abigail, se possibile, si fece ancora più minaccioso, e Clay decise subito di fare come aveva chiesto. Afferrò la pergamena nella borsa e si sedette al suo fianco per esaminare il compito di Aritmanzia.
Concentrato com'era, non si accorse che Abigail sospirava.
«Quanto hai letto?» si sentì chiedere, e Clay rispose distratto che non aveva ancora finito, ma gli sembrava fatto tutto bene.
«No, intendo… la lista.»
Clay sollevò il naso dalla pergamena e la guardò, chiedendosi se potesse prendersi il lusso di coglionare allegramente Abigail come era tentato di fare, o se il gioco non valesse la candela.
«Be', vediamo, c'era scritto dolce, comprensivo, simpatico, qualcos'altro che non ricordo, e poi buffone, stupido, idiota, incosciente, impiccione, fissato… mi sta sfuggendo qualcosa, credo.»
Abigail scosse la testa, sconvolta. «Credevo che avessi sbirciato un pochino, non letto tutto quanto!»
«Be', per capire cos'era ho dovuto leggerla tutta…»
Vide il braccio della ragazza muoversi fulmineo verso la bacchetta, e la bloccò.
«Ehi! Calma! Giuro che non dico a nessuno!»
«Con un confundus sarei molto più tranquilla al riguardo» ribatté lei. «Lo vuoi un confundus? Sono molto brava, ti ricordo che ho un Eccezionale in incantesimi.»
«Non metto in dubbio la tua bravura, ma grazie lo stesso.»
«Accidenti!» sospirò Abigail sconsolata. «Ma tu e Syd vi dite tutto, e Syd non lo deve assolutamente sapere!»
Clay capì subito perché Syd non lo doveva assolutamente sapere. Ed era perché quell'idiota del suo amico aveva hobby strani, tipo accoppiare le persone ed elaborare piani per spingerle a innamorarsi davvero. Forse Syd credeva di essere generoso e disinteressato, un buon samaritano, un angelo sceso dal cielo (Cupido!), ma per Clay quel ragazzo era sadico punto e basta.
«Tranquilla, capisco perfettamente. Giuro solennemente che mai e poi mai Syd verrà a sapere di questa storia.»
E veramente su Clay si poteva fare pieno affidamento: era un ragazzo onesto e ligio al dovere, aveva la qualità di pesare le parole che diceva e, in sostanza, non era in grado di dire né fare cazzate.
Abigail, che era dotata delle stesse qualità, si sentì molto più sollevata.
Il discorso non finì lì, ma anzi, quello fu il pretesto per Clay di confrontarsi da pari a pari con una persona che forse sarebbe stata in grado di capirlo senza giudicarlo.
«Sai, io e Syd non ci diciamo davvero tutto: anch'io gli tengo nascoste un po' di cose.»
E così, Clay si era ritrovato a parlare della sua cotta per una ragazza generica che lo metteva un po' in difficoltà. Era solo per confrontarsi, non certo per chiedere un parere su Pauline, ma per sapere se il metodo della lista dei pregi e dei difetti funzionasse.
«Be', con me non tanto» rispose Abigail.
Clay si chiese chi diamine fosse il soggetto dei sogni amorosi di Abigail, che fosse stupido, idiota, buffone e quant'altro. Doveva essere un tipaccio.
Ma d'altronde, anche Pauline era un tipaccio.
Quando, tutto solo, nella calma della biblioteca, provò davvero a stilare una lista, la colonna dei difetti si riempì all'istante. Ed era tra l'altro molto simile a quella che aveva compilato Abigail, assurdo!
Non sarà che ad Abigail piace Pauline? L'ho sempre detto che Paul è un tipo mascolino, non c'è da sorprendersi.
Non era proprio così. Nessuno pensava a Pauline in senso amoroso, ma proprio nessuno, a parte Clay.
Il soggetto delle turbe psichiche di Abigail, inoltre, venne scoperto due anni dopo. La ragazza all'epoca era solo all'inizio dei suoi tormenti!
Ma questa è un'altra storia.

***

Clay era rimasto a riflettere su quella vicenda più del previsto. Perché di pregi ne aveva trovati giusto tre in croce, ma erano pregi che sembravano valere oro ai suoi occhi.
Spensierata
Buona amica (a volte)
Divertente (a volte)

Clay non sapeva esattamente da quando aveva cominciato a trovare Pauline divertente, ma era meglio non chiederselo. Sapeva solo che quando lo faceva ridere, la sua risata trattenuta era sempre molto più di una risata, c'era dietro un misto di dolcezza e tenerezza che Pauline gli suscitava.
E che sarebbe stato meglio non provare affatto.
Era la stessa dolcezza che gli stringeva il cuore quando la trovava al suo fianco a fare i compiti di Astronomia, o quando aiutava Bernie a finire i compiti, o quando si rendeva buona e servizievole con Mandy, o ancora quando aiutava Syd a mettere in atto i suoi piani diabolici. Perché era vero che metà delle volte Pauline e Syd erano due pazzi furiosi da legare e imbavagliare, chiudere in cella e buttare la chiave, ma era anche vero che per le stupidaggini avevano una complicità invidiabile.
In fondo, Clay, nel suo ruolo da prefetto, si trovava bene a fare la guardia, a gettare sempre un occhio nella loro direzione e controllare che non stessero combinando niente di pericoloso o illegale, a sorvegliarli anche se fingeva di lamentarsi. Gli piaceva. Soprattutto Pauline, che metteva sempre alla prova la sua sveltezza, la sua prontezza di riflessi e la sua abilità in incantesimi. Era un buon allenamento per la mente e per il corpo. E, be', era anche un ottimo modo per ammazzare la noia.
Poi doveva ammetterlo, Pauline sapeva rivelarsi un'amica: forse un'amica un po' bislacca, molto entusiasta e disponibile ad aiutare gli altri in faccende losche - affari in cui Clay non si immischiava se non per mettere i bastoni fra le ruote.
Ma Pauline era un'amica anche quando sorvolava sull'orgoglio e il malumore di Clay che gli impedivano di chiedere aiuto - come quando aveva terminato per lui il disegno per Erbologia, seppur masticando parolacce. Quando la professoressa Sprite lo aveva bonariamente ripreso per essersi fatto aiutare, Clay era arrossito fino alla punta dei capelli; non era particolarmente dotato né in Erbologia né in disegno, ed era palese che ci fosse la mano di Pauline su quella pergamena. Ma con che serietà Pauline aveva mantenuto la sua faccia di bronzo di fronte alla professoressa! Quanto era stata impudente!
Okay, forse Clay stava divagando un po' troppo nei pensieri. Doveva rimanere più concentrato. Sveglia! La lista!
Quindi sì, quei tre pregi c'erano, e potevano anche essere sottolineati ed evidenziati con l'inchiostro rosso, da quanto piacevano a Clay. Tuttavia, la bilancia pendeva inesorabilmente dal lato dei difetti, era lampante.
Forse Clay avrebbe dovuto fare una lista di pregi e difetti di qualche altra ragazza, forse così si sarebbe reso conto meglio che stava dando i numeri e che Pauline non gli piaceva affatto. Qualsiasi ragazza avrebbe dato una lista migliore di Pauline, perfino Annabelle!
Poi, parliamoci chiaro, non era nemmeno bella. Il fatto che Clay si fosse fissato con lei, be', era semplicemente prova della sua magnanimità e del suo buon cuore: se Pauline era carina forse era solo perché Clay era largo di giudizi, non per altro. Di certo non poteva mettere bella nella lista dei pregi, non sarebbe stato oggettivamente realistico.
Chiuso nell'interiorità delle sue macchinazioni, Clay era appena giunto alla conclusione che no, Pauline non meritasse affatto tutto quell'interessamento da parte sua, e decise che se la sarebbe dimenticata in men che non si dica. Poi, la sua attenzione fu attratta dalle maniche della propria divisa, anzi, dalla divisa stessa, che passava dal blu, all'arancione, al rosa shocking, al bianco a pois rossi, al verde lime.
Aveva le allucinazioni, senz'altro.
Invece no. Era Pauline che agitava la bacchetta a cinque metri di distanza da lui, con una rotazione del polso pigra e noncurante. Chissà da quanto tempo gli stava trasfigurando la divisa in mille colori diversi, e lui, che era sovrappensiero, non se ne era nemmeno accorto.
Non riuscì a reagire. Fissava a tratti la divisa a tratti lei, ma rimase immobile e senza energie. Era la prima volta in cinque anni che si dimostrava completamente passivo di fronte alle provocazioni senza senso di Pauline.
La ragazza parve preoccuparsi.
«Prefetto, t'appost?»
«Hai rotto le pluffe.»




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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***





ATTO II
Deve capire: capire è il primo passo per accettare, e solo accettando si può guarire.
- Albus Silente




Che ci crediate o no, Clay era riuscito a lasciar perdere Pauline per tutto il resto dell'anno scolastico. Del resto era facile, quando si comincia a pensare ragionevolmente, e si tiene occupata la mente in altri modi.
Quello era stato l'anno dei G.U.F.O., e Clay si era impegnato come un matto. Ci aveva messo anima e corpo per dimostrare a tutti che sì, non era mica lo studente migliore del suo anno tanto per dire. Lo era davvero, eccome se lo era!
Non c'era più spazio per pensare a quella stupida di Pauline, quella stupida che non si sa come aveva strappato un Accettabile in Pozioni e - udite udite! - un Oltre Ogni Previsione in Aritmanzia. Pauline e l'Aritmanzia, che sembravano due mondi a parte, si erano incontrati giusto il giorno dell'esame e avevano ottenuto un ottimo risultato.
Quella ragazza aveva una fortuna sfacciata.
Ma non ci aveva più pensato, durante l'estate. No.
Clayton Fisher, nell'estate dei suoi sedici anni, era cresciuto. Si era dato da fare. Aveva conosciuto ed esplorato mondi nuovi, tagliato traguardi e incrementato la sua autostima. La sua ombra vestiva taglia XXXL.
Aveva un'aurea potentissima.
E poi, finalmente gli cresceva una barba degna di questo nome! Sì!
…ma l'avrebbe comunque tagliata a zero, perché doveva dare l'impressione dello studente modello. Non si poteva avere tutto dalla vita.
Tornato a scuola, Clay aveva cominciato ad aggirarsi con la sua spilla da prefetto appuntata sulla divisa con orgoglio, e camminava a testa alta e a passo sicuro, investito dal potere della barba invisibile. Si sentiva sereno, sicuro di sé, benevolo nei confronti di tutti. Aveva più occhi puntati addosso rispetto agli anni precedenti, ne era consapevole e ne era compiaciuto.
Certo, finché non si voltò e non si accorse che Syd stava dietro di lui e imitava la sua camminata e le sue movenze, non si era reso conto di essersi un tantino montato la testa.
E vabbè, pazienza. Succede sempre ai migliori.

E Pauline? Non gli faceva nessunissimo effetto!
Pauline chi? Quella nanerottola che girava con un nido di capelli crespi e gonfi in testa, che trangugiava il caffellatte a colazione, che sbadigliava nelle ore di Trasfigurazione, che si faceva cogliere impreparata da Vitious e che faceva saltare in aria il suo calderone e la faccia di Piton il primo giorno di lezione?
Non gli interessava minimamente.
Non gli faceva neanche ridere, nemmeno un po'.
Era solo una tizia a caso come tante, e non era nemmeno bella. Ecco.

E questa fu la fase 1, la fase dell'indifferenza. Non durò a lungo.

La fase 2, da fine settembre, fu quella dell'accettazione passiva e della minimizzazione, del mantenimento delle distanze e del "sì, mi sta simpatica, ma solo questo"; "sì, mi fa incazzare, ma solo questo", "sì, facciamo i compiti insieme, ma solo questo".
Clay credeva che tutto fosse tornato alla normalità quando si era ritrovato di nuovo a inseguire Pauline esortandola a lasciar andare il topo di Bernie, che, con il benestare del suo padrone, levitava con addosso un reggiseno azzurro.
Clay aveva aiutato Pauline a fare un calcolo difficile, okay, ma cosa ne sapeva lui che le serviva per la pozione restringente da applicare alla biancheria intima di Annabelle?
Mentre disarmava Pauline, facendole volare la bacchetta, e mentre il topo cadeva sul pavimento e spariva sotto i divani, i tappeti e i cuscini nella Sala Comune, mentre Annabelle urlava impazzita pronta a caricare Pauline e fare a botte alla babbana, mentre Syd si spaparanzava sulla sedia dichiarando che "quella routine gli era mancata da morire", Clay dovette prendersi un attimo di pausa.
Ora che la Caposcuola Mandy non c'era e la situazione ricadeva in mano ai prefetti - che erano lui e quella disgraziata di Annabelle - doveva raccogliere tutta la serietà di cui era capace per mettere ordine nella Sala Comune Corvonero.
Come avrebbe fatto Mandy.
No, non ne sono capace.
Il tifo era scatenato, con fischi e incitazioni alle due combattenti, mentre il resto della Sala Comune veniva messo a soqquadro alla ricerca del topo di Bernie: volavano cuscini e per Merlino, qualcuno doveva tenere a bada i gatti.
In un lampo di genio, quello che i suoi compagni sembravano non avere (con tutto che dovevano essere Corvonero, in teoria), Clay urlò un accio topo, e in attimo si ritrovò il povero Sir Lawrence tra le mani, spaventato e scombussolato, abbigliato con un reggiseno perfettamente su misura.
«E brava Pauline: la taglia è giusta» commentò, mentre cercava di sfilarlo al povero topino, più agitato che mai. Lo restituì a Bernie avvisandolo che Sir Lawrence aveva inevitabilmente perso quattro anni di vita, gli diede qualche pacca sulla schiena, e poi lo lasciò per dedicarsi al mini-reggiseno.
Dopo averlo fatto tornare di dimensioni normali con un abile reverte prolungato fino al punto giusto - le dimensioni di Annabelle, per come le stimava - capì che forse aveva invertito le priorità.
Pauline e Annabelle si stavano ancora ammazzando sul pavimento della Sala Comune.
«Ehi!» urlò, cercando di disperdere la folla, per farsi strada verso le due combattenti. Agitò in aria il reggiseno e riuscì ad attirare l'attenzione, anche se, chissà perché, tutti lo guardavano ridendo.
«Vi levate di torno?? Grazie, gentilissimi… Paul, Anne, smettetela!»
Quando riuscì a separarle, schiantandole verso i lati opposti della stanza, finalmente poté prendere fiato.
Era in qualche modo riuscito a ristabilire l'ordine, e si sentiva molto più vicino spiritualmente a Mandy di quanto non si fosse mai sentito negli anni precedenti.
Avanzò come una furia verso Pauline, scarmigliata e ricoperta di graffi, per riversarle addosso tutto il suo risentimento. Le disse che non ci si diverte a scapito degli animali, che tutto quel casino era colpa sua, che avrebbe dovuto pensarci due volte prima di fare scherzi stupidi. Pauline, ancora seduta per terra, ascoltava in silenzio, massaggiandosi la testa; le stava nascendo un bel bernoccolo ed era tutta colpa dello schiantesimo di Clay.
Ma il Prefetto non era in vena di chiedere scusa.
Per la verità sentiva anche una certa preoccupazione per lei, se non anche un minimo di divertimento per la situazione in sé. Solo che non poteva mica farsi vedere rammollito, su!
Poi però arrivò Annabelle, con un occhio nero, a reclamare il suo reggiseno. Stizzita com'era, la ragazza fece per andarsene, a passi tuonanti, verso il dormitorio; invece tornò indietro per urlare a Clay che aveva sbagliato taglia, che nessuna ragazza poteva mai essere così abbondante di seno e che lui era un pervertito.
Sissignore, pervertito.
Clay si sentiva così estraniato che non seppe ribattere alcunché. Annabelle si voltò di scatto per andarsene, facendo mangiare a Clay i suoi capelli. E Clay decise che, be', l'ora del cazziatone era finita.
«Come stai? Ti fa male la testa? Vuoi che ti accompagni in infermeria?» chiese a Pauline, e sentendosi rassicurato dalla ragazza, aggiunse che l'idea della pozione restringente era stata formidabile e le era riuscita anche molto bene, tanti complimenti e continua così.
«Naturalmente non ripeterò queste parole un'altra volta. Tu hai una commozione cerebrale, e non ricorderai nulla di quello che ho detto» sancì, mentre Pauline annuiva incerta con la fronte aggrottata. La condusse personalmente in infermeria, guadagnandosi un suo sorriso allegro e riconoscente, e improvvisamente Clay capì perché Mandy, in tutti quegli anni, aveva sempre trattato Pauline come un piccolo tesoro da proteggere.
Perché Pauline era una stellina.
O forse è meglio dire che anche Clay si era preso una bella commozione cerebrale. Probabile.

Fine della fase 2. Clay non era indifferente a Pauline; ci era fin troppo affezionato.

La fase 3 arrivò a ottobre, ed era la fase del "che caspio vuole quello lì??"
«Da quando in qua Pauline e Weasley Secondo sono amici?»
Syd rifilò un'occhiataccia al suo amico, ma Clay non se ne accorse, troppo preso a osservare Pauline che chiacchierava amabilmente con Charlie. A un certo punto gli parve di vedere che si scambiavano qualcosa; la faccenda era più losca che mai. Sicuramente c'era qualcosa di brutto sotto.
«Fanno entrambi la collezione delle figurine delle Cioccorane. Stupido» spiegò Syd, bloccando sul nascere tutte le più oscure fantasie di Clay.
«Ora che se le sono scambiate potrebbe anche andarsene.»
«Se a loro piace chiacchierare tu non puoi farci niente» ribatté Syd.
Pauline stava ridendo fragorosamente, buttando la testa all'indietro.
«Quello è un flirt in piena regola! Non mi dire che non l'hai visto!» si lagnò Clay.
Syd girò la pagina della sua rivista di moda babbana e prestò attenzione ai nuovi capi della collezione autunno-inverno.
Clay capiva che quella di Syd era un'indifferenza tutta studiata, esattamente come capiva che non aveva alcun senso prendersela se Charlie non se ne andava e se Pauline parlava con lui.
Ma aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno. Anche se quel qualcuno era Syd.
«A Pauline piace Charlie? O è il contrario?»
Syd sbuffò. «E se si piacessero entrambi? Sarebbe un problema?»
Clay ci pensò su.
«Certo che sì. Sarebbe un problema, eccome.»
Syd alzò la testa dalla rivista per rivolgergli un'occhiata scettica, pronto a sentire la sparata del suo amico.
E Clay spiegò la sua teoria, con assoluta serietà.
«Ma è chiaro. Pauline che se la intende con il capitano Grifondoro. Sicuramente Weasley vuole sapere qualcosa sulla nuova squadra che abbiamo messo su, per questo sta addosso a Pauline.»
Syd scosse la testa e tornò a guardare il giornalino.
«Il Quidditch non c'entra un emerito botubero, e tu lo sai bene. Non riesci ad inventarti niente di meglio?»
«Be', allora di cos'è che parlano?»
Syd sembrava informato, e Clay era improvvisamente curioso.
«Non so di cosa parlino, ma so che parlano spesso. Dall'anno scorso, pure. Mentre tu eri troppo occupato a far finta che non ti interessasse» rimarcò Syd, «lei, intanto, faceva amicizia con Charlie Weasley.»
Clay si accigliò, punto sul vivo, ma soprattutto non gli piaceva la piega che la conversazione stava prendendo. Sapeva dove Syd voleva andare a parare, perché era lì che andava a parare sempre.
Infatti, come di consueto, Syd terminò il suo discorso con una frase a effetto, una delle sue solite allusioni ambigue che tanto irritavano il povero Clay:
«E magari, mentre tu sei impegnato a negare tutto quello che dico io, la nostra Pauline e Weasley Secondo passano al gradino successivo.»
«Qual è il gradino successivo??»
«Pensavo fossi tu l'esperto in materia» lo stuzzicò Syd, inclinando la testa di lato con fare saccente.
Clay aveva una faccia che era l'espressione pura del dolore. «Pensi davvero che vogliano fare altri gradini insieme?»
«Perché non vai a chiederglielo direttamente, e non la smetti di rompermi i cogl…?»
Clay lo zittì con una manata dietro la testa.
«Adesso sembro io quello pettegolo, ma sappiamo bene che sei tu, sei sempre tu, il pettegolo della situazione. Puoi prendere in giro chi vuoi, ma io so che la moda babbana non ti interessa per niente. Quella rivista è tutta una copertura, ti serve per spiare la gente. E sono sicuro che stavi spiando proprio quei due.»
Syd annuì, per niente scalfito dalle accuse. «E io sono sicuro che tu vorresti tanto sapere di più su di loro, ma che non hai le palle di ammettere perché ti interessa così tanto. E la verità è che…»
Clay non ascoltò la fine della frase, preferì girare i tacchi e lasciare Syd e i suoi evidenti problemi mentali lì, in Sala Grande. Insieme a Pauline e Charlie Weasley che non la smettevano di parlarsi, porca Circe.

Fine della fase 3. Il maledetto Syd aveva ragione. E, pian piano, arrivò l'accettazione, pura e semplice.

Intanto, per quanto Clay si fosse sforzato di preservare la routine del loro rapporto (Pauline fa cose - Clay la blocca; e poi ricorrersi; litigare; farsi i dispetti; fare i compiti insieme; schiantarsi; crollare esausti sul divano; ricominciare da capo) non era tutto come prima.
Si era aggiunto un inatteso quanto gradevole passatempo: parlare.
Weasley Secondo non aveva l'esclusiva in questo senso. A quanto pare, anche due come Clay e Pauline, che non erano abituati ad affrontare discorsi personali, potevano cominciare a intendersi e a parlare del più e del meno, anche di questioni private, e passare il tempo insieme in maniera tranquilla e innocua.
Riuscire a parlare con Pauline lo stupiva non poco, ma pian piano stava diventando una cosa normale.
Ed era straordinario.
Parlavano del futuro, di come si vedevano fuori da Hogwarts. Clay si vedeva Magiavvocato, proprio come suo padre, mentre Pauline aveva un'idea di sé molto più nebulosa, e cercare insieme lavori strani che Pauline avrebbe potuto fare divenne un ottimo allenamento di fantasia. Spia dei servizi segreti. Domatrice di Schiopodi Sparacoda. Piratessa dell'Oceano Indiano. Donna delle pulizie.
Parlavano di come vedevano gli altri, e notavano quanto diverse fossero le loro esperienze.
Abigail è geniale, diceva lui; Abigail è insicura, diceva lei.
Annabelle è una ragazza seria e affidabile, diceva lui; Annabelle è invidiosa e criticona, diceva lei.
Charlie Weasley è brutto, diceva lui; Charlie Weasley è un gran figo, diceva lei.
Syd è un cretino, diceva lui; Syd è un cretino, già, diceva lei.
Parlavano delle loro famiglie, di quanto fosse bizzarra la famiglia di Pauline secondo Clay.
«Nah, dici così solo perché siamo babbani. In realtà, la mia famiglia è piuttosto ordinaria.»
Alla fine, si scoprì che erano i genitori di Clay quelli strani.
Clay le spiegò che i suoi tecnicamente erano divorziati, ma vivevano ancora insieme, e nella loro ultima lettera raccontavano che meditavano di sposarsi ancora.
«Non sono matti da legare?» chiese il ragazzo; ma Pauline aveva trovato quella storia molto interessante e aveva chiesto i dettagli. Parlare della storia di amore e di odio dei suoi genitori con Pauline era stato, per Clay, un po' imbarazzante, ma anche liberatorio. Era come tagliare un traguardo, dire ecco, siamo riusciti a parlare anche di questo, adesso lei sa che i miei genitori sono due pazzi furiosi e non fanno altro che litigare, ma in fondo si vogliono bene.
Come noi.
E non appena lo aveva pensato, Pauline aveva commentato: «Sai, non mi piacciono molto le storie d'amore. Però, questa è davvero forte.»
E così, Clay si era ritrovato a pensare a loro due nel futuro, a chiederle di sposarsi e poi di divorziare e poi di sposarsi magari un'altra volta. Era una cosa che avrebbero benissimo potuto fare nei trent'anni a seguire.
Era assurdo, ma gli era sembrato anche di sentire il click degli ingranaggi che andavano al loro posto. Gli sembrava assolutamente perfetto, e lui si era bevuto il cervello!
Era sbagliato in mille modi diversi! Era sbagliato perché era troppo giovane per pensare al matrimonio, era sbagliato perché era molto sicuro di non volersi mai sposare nemmeno da vecchio, era sbagliato perché non poteva sul serio pensare di rifare gli stessi errori dei suoi genitori come se fosse una cosa bella ed era sbagliato, sbagliatissimo, pensare a Pauline in quel modo.
Non era nemmeno sicuro che lei gli piacesse sul serio.
E non aveva la minima idea se lei potesse ricambiare o no.
Gli sembrava un'immensa follia e a tratti voleva davvero uscire dalla sua testa e ritornare come prima. Prima, quando Pauline era solo un'insulsa ragazzina rompibolidi che somigliava molto più a un maschio e non gli interessava affatto in quel dannato senso.
Paradossalmente, parlare con il suo migliore amico non gli sarebbe servito a niente se non a peggiorare le cose: Syd era sempre in agguato, lo fissava costantemente perché sapeva che stava cedendo, e voleva essere presente nel momento della sua rottura. Fottuto idiota.
Paradossalmente, se c'era qualcuno che avrebbe potuto aiutarlo davvero, quello era il suo peggiore nemico: Frank. Il fratello di Pauline sarebbe impazzito di gelosia e gli avrebbe spaccato di nuovo il cranio (1), Clay sarebbe andato da madama Chips e, dopo una settimana di cure e riposo, probabilmente sarebbe uscito come nuovo.
O forse non c'era davvero niente da fare.

In un attimo di follia, si confidò con l'unica persona con cui sarebbe stato praticamente inutile parlare.
«Sai, credo che mi piaccia Pauline.»
Bernie lo aveva fissato, sostenendo che sì, lo sapeva già.
«Ma hai capito quello che ho detto?»
«Forse no. Puoi ripetere di nuovo?»
Clay aveva sbuffato e si era maledetto per aver cominciato quella conversazione che non lo avrebbe portato da nessuna parte.
«Mi piace Pauline! Mi piace!»
«Ma ti piace nel senso che ti sei innamorato?»
Ugh. «Credo… sì. Sono innamorato.»
«Oh, accidenti.»
Bernie rimase interdetto per un po', fissando il vuoto, prima di pronunciare, con assoluta serietà, l'ardua sentenza.
«Perderemo tutti contro Syd.»
«Che COSA?»








***
1. Frank Marshall è il fratello di Pauline, ha un anno in più ed è in una casa diversa (lui Grifondoro, lei e tutti gli OC finora citati sono Corvonero).
Frank e Pauline sono babbani di nascita, ma la loro madre è in realtà una Magonò.
Si narra che Frank Marshall, nel lontano 1984, in una partita Grifondoro-Corvonero lanciò uno dei suoi mirabolanti tiri a effetto e il bolide finì in testa a Clay. Il giocatore colpito e affondato ebbe un trauma cranico e una delle degenze più lunghe in tutta la storia di Hogwarts, ma grazie al pronto intervento di Madama Chips non ci fu nemmeno bisogno di ricorrere all'ospedalizzazione al San Mungo. Tuttavia, da allora e per il resto della sua permanenza in squadra, Frankie divenne l'incubo di tutti i giocatori a Hogwarts, in particolare Clay e il resto dei corvi.
Ma questa è un'altra storia.


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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***






ATTO III
Tempi scuri e difficili ci attendono. Presto dovremo scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
- Albus Silente




«Perderemo tutti contro Syd.»
«Che COSA?»


Bernard spiegò a Clay la situazione, visto che il Prefetto sembrava esserne all'oscuro.
C'era in gioco una scommessa, da circa un anno, sul fatto che Pauline e Clay si sarebbero messi insieme entro la fine del loro settimo anno a Hogwarts. Era stata proposta da Syd, e praticamente solo Syd parteggiava per questa fazione. Tutti quanti erano sicuri del contrario, e scommettevano sul fatto che i due NON si sarebbero mai fidanzati.
Mentre Bernard spiegava che era parsa a tutti una scommessa ridicola, perché la questione era ovvia (fottutamente ovvia!), Clay gli chiese di fare i conti su quanti soldi avrebbe ricevuto Syd e quanti ne avrebbe eventualmente dovuti sborsare se avesse perso. Bernard - che era il solo e unico gestore del Banco delle Scommesse - sfilò il quadernetto dei conti da sotto il mantello e si mise pazientemente a contare.
Cinquantotto galeoni.
Tutta la scuola si era messa in gioco in una scommessa contro Syd, l'Idiota, e Clay non ne sapeva nulla.
Improvvisamente capiva tutto l'accanimento che c'era dietro l'atteggiamento minatorio del suo amico. Non solo Syd non si faceva i fatti suoi, ci lucrava anche!
Non solo lo aveva subdolamente spinto a innamorarsi di Pauline, ma avrebbe guadagnato la schifosissima cifra di cinquantotto galeoni!
Quel pezzo di sterco di drago, calpestato dagli zoccoli duri degli gnu di montagna!
Clay ebbe la tentazione di ignorare qualsiasi problema avesse con Pauline, ponendosi il limite dei M.A.G.O.; dopo i M.A.G.O. poteva pure fidanzarsi con Pauline, ma prima dei M.A.G.O. non avrebbe dovuto assolutamente lasciar vincere a Syd la scommessa.
Sì, certo, come no…
Ma chi voleva prendere in giro? Clay non sapeva nemmeno se Pauline, in fin dei conti, lo desiderava nella stessa maniera in cui lui desiderava lei. Clay e Pauline, molto semplicemente, avrebbero potuto benissimo non fidanzarsi mai, in nessun tempo, né prima né dopo la fine della scuola, perché le possibilità che Clay potesse piacere a Pauline erano irrisorie. Infinitesime. Briciole di pane per sfamare i piccioni.
Ecco.
Quel pensiero stava diventando troppo ricorrente e lo stava logorando. Non gli era mai successo di sentirsi così abbattuto; abbattuto era riduttivo. Diciamoci la verità: Clay sarebbe volentieri scoppiato in lacrime nascosto dietro una statua. Era diventato emotivo come una tredicenne in crisi ormonale. Lui aveva sedici anni, quasi diciassette, ed era un uomo, per la barba di Merlino!
Bernie interruppe le sue elucubrazioni mentali con un avviso spiacevole.
«Sai che anche Vitious partecipa?»
«COSA?»
Clay odiava ripetersi, ma, davvero, COSA?? Cosa poteva farci lui se l'unica cosa che poteva fare era chiedere COSA??
Bernie gli mostrò una riga del suo quadernetto: Prefetto Mitchell, 2 galeoni.
«Quando Annabelle partecipa con due galeoni vuol dire che uno lo mette lei, l'altro è del prof.»
«Ma cosa stai dicendo? Il professore non potrebbe mai partecipare!»
«Non potrebbe mai partecipare pubblicamente. Clay, non ti facevo così ingenuo.»
Farsi dare dell'ingenuo da Bernie era il colmo.
Clay aveva gli occhi fuori dalle orbite, bastava un colpetto sulla nuca e sarebbero caduti per terra, rotolando sul pavimento lucido.
Quando Bernard aveva aperto il banco delle scommesse, l'anno precedente, a Clay era pure venuto il dubbio di essere in dovere, in quanto prefetto, di dover chiudere un'attività del genere. Era illegale, non poteva farsi scoprire da Vitious e dagli altri prof!
Poi era stato redarguito e supplicato dai suoi compagni. Adoravano tutti il banco delle scommesse, e non c'era niente di male nel divertirsi un po'. Syd e Pauline lo avevano perfino accusato di essere un guastafeste, e per di più di rovinare una delle poche cose buone che Bernie fosse riuscito a combinare.
"Ti rendi conto che ha creato un business? Che potrebbe portarselo avanti anche al di fuori di Hogwarts? Che questo potrebbe essere il lavoro della sua vita?"
Ecco, grazie ai sensi di colpa gentilmente offerti dai due cretini, adesso si ritrovava nella spiacevole situazione di voler cancellare tutti i traffici di Bernie e inimicarsi così metà della scuola, compreso Vitious.
Odiava tutti dal profondo del cuore.
«Ah, guarda qui» aggiunse Bernie mostrandogli un altro rigo della tabella. «Anche Pauline partecipa.»
A Clay parve di sentire le parole al rallentatore. Aaaanchee Pauuuliiiine parteeeeciiiipaaa.
Gli occhi saettarono sulla sua firma, e sulla cifra accanto.
Aveva scommesso 4 galeoni. Il massimo dell'importo.
Quello fu un colpo duro da reggere.

Seguirono per Clay giorni di depressione e apatia.
Non faceva i compiti. Alle ronde, si aggirava per i corridoi bui del castello come un'anima in pena. Agli allenamenti di Quidditch era una frana totale, quando colpiva il bolide con la mazza ci metteva così poca energia che finiva per roteare su se stesso come una trottola. Non mangiava più con gusto, nemmeno la crostata ai mirtilli, che per lui era la cosa più buona del mondo.
Ma, come si dice? Dai momenti di crisi nascono le cose migliori?
No, vero? Non era così.
Vabbè, il senso si è capito.
Clay ci mise il suo tempo, ma alla fine risorse come l'araba fenice dalle sue stesse ceneri, e rinacque giovane e gagliardo, spietato e spudorato, più deciso e agguerrito che mai.
Aveva un obiettivo in testa, e quell'obiettivo era Pauline. Era determinato a conquistare il suo cuore o a perire nell'impresa, da cavaliere valoroso quale era.
Non aveva più paura.

Ma come si approcciava una come Pauline?
In genere Clay non aveva mai avuto problemi a capire come comportarsi - per esempio, aveva regalato dei fiori a Eloise in quarto anno ed erano stati molto graditi; in quinto anno aveva pronunciato una serie di apprezzamenti e complimenti da vero galantuomo a Debby, e l'estate precedente aveva rivolto occhiate casualmente interessate a Ursula, mentre con Valerie aveva funzionato un approccio molto più diretto.
Stavolta, nel dubbio, decise di non farsi mancare nulla. Decise di usare un approccio per gradi.

[Grado 1]
Pur essendo malauguratamente a conoscenza della pianta preferita di Pauline, Clay aveva deciso di optare per i fiori: un po' perché il gesto romantico per eccellenza era donare un bouquet, e non certo una pianta in vaso, ma soprattutto mosso dalla pietà. Pietà di sé.
Clay era contrario alle piantagioni illegali di erbe da fumare a scopo ludico. Facevano un brutto effetto alle persone, Pauline ne era un chiaro esempio. Non doveva farle un regalo simile, non era certo costretto.
Tuttavia, chiudendo gli occhi, aggrottando le sopracciglia, scuotendo la testa, Clay si sforzava di pensare a qualcosa di diverso dalla maria, ma non venne a capo di nulla.
Davvero, non sapeva quali fossero i fiori preferiti di Pauline. Alla fine, pensò ragionevolmente che la ragazza, così insensibile com'era, non avesse una passione per nessun fiore in particolare: né rose, né gigli, né girasoli, né margherite. Risolse la questione in fretta, riflettendo sul fatto che quello non doveva essere un gesto eclatante: bastava regalarle un mazzo qualsiasi, un simbolo.
Cardi selvatici, raccolti dall'orto del Guardiacaccia.
Glieli fece trovare in camera, in maniera del tutto anonima, accompagnati da un bigliettino che non generasse incomprensioni:
A Pauline, spero che ti piacciano.
Il giorno seguente, a mensa, aveva sentito Annabelle lamentarsi di non aver mai ricevuto fiori, e che chiunque li avesse mandati a Pauline era decisamente un povero fesso. Pauline era super sicura che fosse tutto uno scherzo, architettato magari da suo fratello Frank, mentre Syd aveva passato tutto il tempo a guardare in cagnesco il tavolo dei Grifondoro - probabilmente ce l'aveva con Charlie Weasley.
Insomma, nessuno aveva capito una cippa.
Bernie aveva aperto una scommessa su chi potesse essere il mittente dei fiori, e quasi tutti avevano scommesso su Frank Marshall, convinti dalle motivazioni di Pauline.
Anche Frank Marshall aveva scommesso su Frank Marshall. Dei due fratelli, Clay non sapeva chi fosse il più idiota.
Risultato: il pensiero floreale non aveva colto nel segno. Clay doveva impegnarsi più di così.

[Grado 2]
Il passo successivo erano gli apprezzamenti.
Clay doveva risultare casuale e disinvolto, esattamente come era stato con le sue precedenti ragazze, infilando apprezzamenti qua e là che Pauline, magari, avrebbe colto. Così la ragazza si sarebbe accorta di lui e tra loro sarebbe sbocciato l'amore (coff coff).
Una cosa per volta.
Peccato che fare apprezzamenti a Pauline non fosse affatto una cosa semplice.
«Complimenti per la zucca gigante di Halloween, è un'opera monumentale. Però, potresti per favore farla un po' più piccola? Non c'è spazio per entrare in Sala Comune.»
«Quello scoppio è stato proprio forte, eh? Boom! Com'è che è esploso il calderone? Cosa stavi preparando di bello?»
«Bella maglia! Sì, mi piacciono le cose… larghe, comode… La usi come pigiama? Ah, è la maglia di tuo fratello?»
«Una settimana a lavare i cessi del secondo piano? Che dire, una punizione con i fiocchi! Stavolta ti sei davvero superata!»

Più Clay perseverava nella sua missione, e più tutti quanti rimanevano confusi dalla faccenda. Il Prefetto è ammattito? È una nuova tecnica di psicologia inversa? Oppure sta cercando di accaparrarsi il favore di Pauline con un'astuta operazione di lecchinaggio, per addomesticarla?
Nessuno ci capiva niente, di nuovo. Pauline, però, sembrava un po' più insospettita e cauta nei suoi confronti. Che non era proprio il risultato sperato da Clay, ma era pur sempre qualcosa! Ora, Clay doveva solo insistere.

[Grado 3]
Forse stava insistendo un po' troppo.
Osservarla di sottecchi, cercare di agganciare il suo sguardo, provocarla silenziosamente: era questo il piano. E lo faceva sempre: a pranzo, a lezione, in Sala Comune, in biblioteca, a cena. Clay sperava di creare un dialogo muto e allusivo, ma i classici "sguardi furtivi" funzionano solo se c'è uno scambio tra due persone. Se l'altra persona continua ad ignorarti, è come dialogare con il muro.
Dagli sguardi furtivi, Clay era passato alla fissazione persistente. Il suo obiettivo divenne continuare a tenere gli occhi puntati addosso a Pauline fino allo sfinimento, finché la ragazza non si accorgesse di… be', di lui.
Ma lo sfinimento era ormai vicino. Sottoporsi a questo gioco non era affatto divertente. Dopo quattro giorni Clay si era già stufato. Cercare di farsi capire attraverso vie così traverse e fuori mano non gli piaceva affatto, non era da lui. Se Pauline non voleva proprio rendersi conto di come stavano le cose, doveva metterla faccia a faccia con la verità.
Stava giusto riflettendo su come creare l'occasione giusta per un confronto del genere, quando Pauline parve stancarsi, finalmente.
Un giorno, a pranzo, Pauline ricambiò con uno sguardo lungo e penetrante. Squillo di trombe, danze tribali, urla di giubilo! E pazienza se l'occhiata che Clay subì era un'occhiata poco contenta. Per dirla tutta, era proprio scocciata, sì, era un'occhiataccia in piena regola, una Signor Occhiataccia da "cazzo vuoi?"; ma vallo a dire a Clay e alle sue interiora che facevano parkour.
Il ragazzo si era agitato, finalmente succedeva qualcosa!
E durante il pasto, si svolse finalmente quel "dialogo muto" in cui le loro coscienze trovarono un punto di incontro, un'intesa, una comunione.
Pauline ricambiava, anche se il suo sguardo non aveva niente a che fare con quello di Clay: aveva le sopracciglia aggrottate, sembrava a tratti preoccupata, stranita, dubbiosa, infastidita, distoglieva lo sguardo e fissava le pupille altrove, cambiava posizione in evidente disagio. Intanto Clay si sporcava il maglione con il sugo, incurante, e rispondeva alle chiacchiere degli altri con cenni di assenso puramente distratti.
«Mi raccomando, stasera puntuali alle cinque sul campo! Vi voglio carichi e in formissima!» diceva Nell, la capitana della squadra Corvonero.
«Clay? Sei con noi?»
«Attualmente è su Marte a cercare l'acqua.»
Syd si beccò uno spintone da Clay, che si era trovato casualmente ad ascoltare uno sprazzo di conversazione. Siccome Syd stava portando alle labbra il succo di zucca, la bevanda finì per sporcare Annabelle, alla sua destra, e Annabelle andò su tutte le furie. Syd, che veramente non la sopportava, lo prese come pretesto per dirsene quattro e sfogare un po' di cattiveria quotidiana. In breve, quel tratto di tavolata fu impegnato in conversazioni accese che calamitarono l'attenzione dei presenti.
Quando Pauline si alzò, dopo aver finito in fretta e furia il suo pasto, nessuno se ne accorse. La ragazza lanciò un'occhiata di sfida al Prefetto, poi si voltò verso l'uscita a passo lesto. Clay non perse un attimo: raccolse le sue cose e la seguì.
«Ma dove vai, hai lasciato il piatto a metà!»
Come se gli importasse!

[Grado 4]
La ragazza coprì in breve tempo le scale, voltandosi indietro e sentendosi braccata come un coniglio alle prese con un lupo. Alla fine di tutte le emozioni prevalse la seccatura, e si fermò di colpo, a metà del corridoio deserto, posizionando le mani sui fianchi.
«Parla!» chiese, anzi, pretese, di fronte alla figura di Clay che la raggiungeva ad ampie falcate. «Cosa c'è? Non avrò mica fatto qualcosa di grave? Ho forse bruciato il tuo compito di Incantesimi senza volerlo? No, perché poi mi sono premurata di disperdere le ceneri fuori dalla finestra…»
«Eh?»
«Chi te l'ha detto? Syd?»
«Eh??»
Clay non capiva, ma che accidenti stava dicendo Pauline? Cosa c'entrava il compito di Incantesimi, in quel momento? Poi capì, ma non si scompose. Non era quello il punto.
«Non sei arrabbiato» constatò la ragazza, facendo scivolare le mani giù dai fianchi. «E allora? Perché mi fissi? Sono giorni che mi fissi! Benedetto Merlino, sei inquietante! Giuro che se vedessi un Molliccio adesso assumerebbe la tua forma!»
E così Pauline si era accorta di lui già da tempo: Clay incamerò la notizia, sollevando le sopracciglia per la sorpresa.
«…non sei un Molliccio, vero?»
«No.»
«Oh, bene, sai parlare» commentò lei, per niente entusiasta.
Clay non voleva portarla molto per le lunghe. Quella era la resa dei conti, gli era rimasta una sola cosa da fare: essere diretti.
«Scusa se sono sembrato un po' perso, ultimamente. Ho avuto da pensare. Ho pensato molto,» ripeté, «e ho capito che mi piaci.»


Preciso. Coinciso. Niente da aggiungere.
Pauline voltò il viso di tre quarti, socchiudendo gli occhi. Sembrava sospettosa.
«Io ti piaccio?»
Clay annuì.
Pauline si prese qualche secondo di riflessione, prima di rispondere.
«Be', ma è chiaro. È normale, voglio dire.»
Clay credette di non aver sentito bene. Come, prego?
«Non c'era bisogno di dirselo, così diventa un po' imbarazzante. Ma se proprio ci tieni: ti voglio bene anch'io, sciocchino.»
Così dicendo, Pauline gli mollò un pugno sulla spalla.
«Segnatelo, non te lo ripeterò un'altra volta!»
Pauline gli sorrise, amichevole.
Amichevole. E Clay passò dalle stelle alle stalle in un baleno.


Fischio nelle orecchie.
Vuoto cosmico.
Pausa.
È il cervello di Clay che va in tilt, questo. Le molle saltano, le sinapsi si staccano e si muovono come formiche sperdute sul pavimento, che hanno perso la traccia perché qualcuno ha passato lo straccio.
Ohibò, ora come si fa a trovare la strada di casa?



Si riprese pian piano, e si accorse che stava camminando senza una meta apparente. Pauline era al suo fianco, e cianciava del più e del meno, blaterava come per riempire un vuoto.
Il vuoto era lui, che non rispondeva.
Era già tanto se riusciva a sorridere, tirando gli angoli delle labbra all'insù. Annuiva, per sembrare più convincente (ma che diavolo sta dicendo?).
Pauline non aveva capito il senso profondo delle sue parole. O aveva finto di non averle capite, chissà? Ma comunque, la ragazza aveva - volutamente o no - frainteso.
Quella era stata l'ultima opportunità per lasciar tutto così com'era, fare finta di niente e salvaguardare tutto quello che erano stati loro due fino a quel momento, e lui l'aveva colta al volo. Era stato un fulmineo barlume di coscienza, e Clay aveva accettato la friendzone con rassegnazione e puro senso del dovere.
Dopo quel barlume, aveva spento il cervello, e si era ritrovato chissà come insieme a Pauline che, probabilmente, lo stava ubriacando di sciocchezze mentre lo riaccompagnava alla Torre.
E Clay si stava lasciando trascinare passivamente.
Si riebbe dalla catalessi quando sentì che Pauline lo stava scimmiottando.
«Ho pensato, ho pensato molto, e poi ho capito che mi piaci… ammazza se ce ne hai messo di tempo! Mi hai fatto prendere un colpo!»
Clay non vedeva l'ora di tornare nella sua stanza.
«Che poi, quanto ci voleva a capire che siamo amici, noi due… sono anni che ci conosciamo, suvvia!»
Finché non era connesso con la realtà andava pure bene, ma ora Clay non sapeva per quanto tempo era disposto ad ascoltare quel discorso senza senso.
Si ripromise di mantenere la calma, di staccarsi emotivamente dalla situazione e dalla ragazza che camminava al suo fianco.
Paul. Doveva riprendere a chiamarla Paul. Era da un po' che non la chiamava così: era giunto il momento di ristabilire l'ordine, di riportare la situazione a un anno addietro, quando Clay disprezzava serenamente la sua compagna di Casa e la appellava al maschile.
«Smettila di prendermi in giro, Paul.»
Pauline parve molto sollevata da quelle parole, le prime che il Prefetto avesse pronunciato da cinque minuti a quella parte. Tornò più carica e positiva, continuò a sommergerlo di parole e riprese la sua normale andatura saltellante; Clay capì che, finalmente, si stava rilassando.
Era tutto sotto controllo. Il punto era autoconvincersi che andava tutto bene così, e resistere. Resistere fino a che non sarebbe tornato in camera. Resistere fino alla notte. Resistere fino alla fine dell'anno, resistere fino alla fine della scuola.
Clay non aveva mai imparato a mentire per le cose importanti. Be', voleva dire che avrebbe imparato a farlo.
Stava davvero rinunciando a Pauline?
Sì. La risposta era sì.


Durò poco.
Il tempo di girare l'angolo, e Pauline disse una cosa che lo sconvolse non poco.
«Mi piace, quando mi chiami Paul, perché non è sbagliato.»
Clay drizzò le antenne.
«All'inizio me la prendevo, ti ricordi? Ma poi ho capito che non mi dava fastidio per niente. Anche quando stavi sempre lì a ricordarmi che sono piatta come una tavola, e che non sembro proprio una femmina.»
Clay ricordava, ma gli sembrava un tempo così lontano! Quel ragazzo avrebbe potuto essere un'altra persona, perché Clay sentiva un profondo senso di estraniamento rispetto al sé quattordicenne.
«In fondo avevi perfettamente ragione. Io non sono come le altre ragazze, sono meno femminile. E a volte sento che non me ne frega proprio nulla di essere femmina, potrei benissimo essere un maschio.»
Clay si bloccò in mezzo alle scale.
«Frena. Tu - no, aspetta - tu sei un maschio?»
Pauline ci pensò su.
«Ecco, non so come spiegare. A volte non mi sento né maschio né femmina, oppure tutte e due le cose, chi può dirlo? Insomma, alla fine non è nemmeno importante!»
No, certo. Non era importante.
Perché allora Clay non riusciva a staccarle gli occhi di dosso?
«Adesso cos'è quella faccia?»
«Quale faccia?» chiese Clay, con una faccia da pesce lesso.
«Quella faccia! Mi stai fissando come se avessi un terzo occhio in fronte!»
«No.»
Pauline ignorò la sua risposta.
«Maledizione! Oh, sono proprio una stupida. Non avrei dovuto dirti niente. Avrei dovuto immaginarlo.»
Poi, si voltò, irruente e in posizione di attacco:
«Clayton, se provi a dire anche solo una parola in giro ti affatturo. Nessun altro lo deve sapere! Perché, se nemmeno tu l'hai presa bene, allora non c'è speranza che questa sia una cosa normale. E non provare a prendermi in giro per questa storia!»
«Chi, io?»
«E chi sennò?»
«Giuro che non ti voglio offendere» affermò Clay, che almeno di una cosa era sicuro.
«Dimmi allora a cosa stai pensando, con quell'espressione traumatizzata!»
«Sto pensando che sono innamorato di un maschio.»
Oplà.
Erano fermi sulle scale già da un pezzo, ormai.
Nel religioso silenzio che seguì, perché entrambi ammutolirono, sentirono i quadri bisbigliare fra loro. Avevano un pubblico, indesiderato per giunta, ma entrambi lo ignorarono, sopraffatti da quanto stava accadendo.
«Ma… avevamo detto che siamo amici!» sussurrò Pauline.
Clay scosse la testa, facendo schioccare la lingua sugli incisivi.
«No, bimba, quello lo hai detto tu.»
Pauline balbettò sillabe sconnesse, mentre Clay gongolava intimamente, felice di averla sconvolta.
Felice come un bambino dispettoso che soffia sulle candeline di suo fratello, felice di mettere i bastoni fra le ruote, felice di rompere le uova nel paniere.
Felice di aver rovinato tutto, che cazzo ti ridi? Idiota!
«Ma-ma-ma-ma tu non puoi… tu mi stai prendendo in giro!»
«No.»
«Guarda che è uno scherzo di merda!»
«Non è uno scherzo.»
«E finiscila! il gioco è finito!»
«Non è un gioco.»
Pauline aveva una faccia tra lo sconvolto e il raccapricciato. Una sorta di Testa di Medusa come l'aveva dipinta Michelangelo Merisi, gli mancava solo la cornice - che, la chioma di serpenti vaganti ce l'aveva già.
Ma era lei quella impietrita. Clay era tutto intero, vivo e vegeto, respirava e si sentiva calmo e determinato.
Lui le aveva già passate, quelle emozioni, tempo fa. Ed era davvero uscito da quella fase.
La afferrò rudemente per le spalle, dandole qualche scossone brusco.
«Ehi, ci sei? Mi senti? Pauline? Paul? Come caspio ti devo chiamare?»
«Chiamami come ti pare» rispose lei, spingendo con le mani Clay per allontanarlo - peccato che lui le avesse artigliato le spalle e non aveva intenzione di mollarla.
«Ti sto per chiedere una cosa che non ho mai avuto bisogno di chiedere, a nessuna, capito?»
Clay era impazzito?
Pauline era atterrita. Trovò solo il coraggio di esprimere tutto il suo disappunto spalancando gli occhi come due fanali, e dentro le pupille ci si poteva leggere chiaramente: non ti azzardare.
Clay chiuse gli occhi. Li riaprì.
«Posso baciarti?»


La risposta non fu affermativa.
Furono due mani che staccarono gentilmente a una a una le sue dita, per liberare le spalle.
Un busto che si piegava all'indietro, ancora a fronteggiarlo, ma mettendo più distanza possibile da lui.
Uno sguardo così serio da apparire quasi neutro.
Due labbra serrate e stirate, che si aprirono solo per articolare:
«Non voglio.»















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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***






ATTO IV
Esistono molti tipi di coraggio. Affrontare i nemici richiede notevole ardimento. Ma altrettanto ne occorre per affrontare gli amici.
- Albus Silente




Syd Ellis aveva un sogno: comprarsi uno skateboard.
Non uno qualsiasi, ma uno di quelli magici! Li fabbricava una ditta di Boston, e un suo cugino americano gli aveva spedito via gufo un volantino con tutti i modelli in vendita. Diversi colori, dimensioni e prezzo.
«Dici che me lo posso permettere?» chiedeva a Bernie, puntando il dito su uno dei modelli.
Non ci voleva un genio a rispondergli di no, da dove diavolo poteva cacciarsi centotrentasette galeoni?
L'unica soluzione per lui erano le scommesse, ovvio. Ma le sue speranze si scontravano con Pauline e Clay, che proprio non ne volevano sapere di mettersi insieme.
Syd viveva in un mondo infame.
Bernie si mise a contare i soldi che Syd poteva ricavare al massimo, se fosse riuscito a vincere tutte le scommesse in gioco entro la fine dell'anno.
A una poltrona di distanza Clay rideva sotto i baffi, consapevole che i conti di quel disgraziato di Syd sarebbero finiti inevitabilmente in rosso.
I suoi piani, i suoi film mentali (di dubbio gusto) sarebbero andati in fumo, perché Clay avrebbe disatteso le sue aspettative. E Syd se lo meritava.
Se non altro, da quello schifo di situazione senza via d'uscita, qualcosa di buono ne veniva fuori.
Sto sprofondando nella merda, vero, ma Syd verrà con me.
Risata da antagonista disneyano. Strascico di risata sguaiata. Strascico che si trasforma in un singulto. Pianto dirotto.

***

Quando Pauline lo aveva piantato, una settimana prima, nel bel mezzo di un corridoio qualsiasi, Clay era rimasto interdetto per un bel po'.
«Ragazzo, ragazzo! Sveglia!»
«Ma è un Prefetto! Per tutti i corvi!»
«Forza, cavaliere, corri a riconquistare la tua bella!»
«Sir Cadogan, non mi pare il caso…»
«Sciocchezze! Alle donzelle piace farsi desiderare! Quello era un chiaro segnale assertivo!»
«Sir Cadogan, sia ragionevole. Un rifiuto è un rifiuto.»
«Ma che peccato! Povero ragazzo, gli ha spezzato il cuore!»
«Quindi è già finito lo spettacolo? Che barba.»
Clay scosse la testa. Tutto poteva sopportare, ma non i quadri che si facevano beffa di lui.
Camminò a passi lesti verso non sapeva dove. L'importante era allontanarsi dal luogo del delitto.
Ah, poi diede un calcio a un'armatura. L'armatura rispose con un calcio più forte, e Clay si ritrovò sul pavimento a gemere sconsolato, tenendosi lo stinco.
Se era vero che gli veniva reso sempre pan per focaccia, perché era stato ferito così? Eh, Merlino, Odino, e voi altri maghi delle sfere alte? Cosa aveva fatto di male, Clay, per meritarsi questo??

***

Clay, nel suo intimo, era una terribile drama queen. Ma quando era con gli altri non poteva mica farsi vedere in quello stato! E così, erano ormai sette giorni che il ragazzo faceva di tutto per mantenersi il più normale possibile.
Svolgeva i suoi doveri con un eccesso di cura e passava il resto del tempo tacendo ostinato. Ispirato dall'organizzazione capillare di Abigail, stilava ogni mattina una lista con gli obiettivi da portare a termine nel corso della giornata.
Alzarsi: fatto
Lavarsi: fatto
Colazione: fatta
Forse Abigail aveva un disturbo ossessivo-compulsivo, anche se a ben vedere la ragazza non aveva mai avuto bisogno finora di ricordarsi di bere e mangiare e di sciacquarsi la mattina: l'agenda di Clay era un po' troppo dettagliata, ma era quello di cui il ragazzo aveva bisogno al momento.
Ordine. Procedure da eseguire. Disciplina e niente distrazioni inutili e dolorose.
L'obiettivo non scritto di ogni giornata era stare alla larga da Pauline Marshall: non guardarla, non parlarle, non avvicinarsi nemmeno per sbaglio.
Clay se ne andava in giro a testa alta senza guardare in faccia nessuno, con l'aria più determinata e scocciata che mai.
Clay non conosceva gli stadi del dolore, altrimenti avrebbe riconosciuto di essere regredito, pian piano, dalla fase della depressione a quella della rabbia.
Naturalmente un simile comportamento non poteva passare inosservato. Specialmente dal momento che la prima partita del campionato si avvicinava, e gli allenamenti di Quidditch si intensificavano.
Clay si era tramutato in una bestia, più in forma che mai. Pure troppo.
«Non so cosa tu abbia in mente, ma questa tua aria da cattivo ragazzo ti dona un sacco. Le pulzelle ti guardano» gli faceva notare Syd, indicando un gruppo di ragazze sugli spalti che guardavano gli allenamenti.
Clay non rispondeva, sfrecciando e colpendo bolidi a destra e a manca con un'energia fuori dal comune, lasciando a Syd nient'altro da fare se non bivaccare sulla scopa trascinandosi dietro la mazza inutilizzata. In realtà a Clay non andava davvero di correre da un lato all'altro del campo, ma l'idea di picchiare i bolidi era rinfrescante, l'unica cosa buona di quel periodo.
«Fisher, datti una calmata!»
«Ma che ha?» chiese il povero cercatore, ingiustamente preso di mira per la quinta volta consecutiva.
«A me non interessa quello che ha» disse Nell. «L'importante è che NON gli passi. Lo voglio così carico anche sabato prossimo, contro i tassi.»
«E io invece vorrei arrivarci vivo, a sabato prossimo!»

***

Il buono e gentile Clay era diventato scontroso e arrogante, taciturno e solitario. Syd aveva provato una volta sola a chiedergli cosa non andasse, per puro senso del dovere, ma era stato mandato malamente a farsi friggere e, da allora, si sentiva autorizzato a non immischiarsi più. L'unica cosa che faceva era andare in giro a lamentarsi di quanto fosse lunatico Clay, e tutti gli davano man forte.
Tranne Annabelle, che sembrava nuovamente essersi innamorata del bel Prefetto per quello che, come la chiamava Syd, era "il fascino degli stronzi".
«Ohi, Mitchell, di nuovo appresso a Clay? Ma vuoi darti una svegliata?»
«Vuoi farti gli affari tuoi, brutto idiota? Cosa ne capisci tu?»
Syd capiva abbastanza, in verità: capiva che Clay, quando si comportava così, attirava l'attenzione delle sue compagne. E capiva anche che Clay ne era consapevole, e gli piaceva pure: sentirsi gli occhi addosso gli alzava l'autostima. Perciò, qualunque fosse il motivo del suo malessere, Clay avrebbe continuato a comportarsi così finché la sua boria non sarebbe tornata ai livelli massimi.
E sembrava averne ancora per molto.
Syd era già stufo.
«Se non fai qualcosa per smontare quel pallone gonfiato» annunciò a Pauline, «gli infilerò il manico della scopa su per il culo.»
«Come vuoi, ma dopo sabato!» ribatté il capitano.
Syd ignorò Nell, perché non era a lei che si era rivolto: aspettava un cenno di Pauline, che invece taceva.
«Allora?» incalzò.
«Stavolta pensaci tu» rispose Pauline.
Con piacere.

Quando Clay entrò in dormitorio, con quel solito fare funesto e scontroso, non aveva capito che Syd aveva in mente un piano per farsi odiare definitivamente, senza possibilità di assoluzione.
Aveva messo il primo piede in camera, doveva aver pestato qualcosa - un tappeto? - non sapeva bene cosa, perché si era ritrovato a innescare una serie di eventi come un domino - quella era una trappola, un agguato, e Clay non poteva crederci!
Era caduto all'indietro, aveva sbattuto la testa allo spigolo della porta - chissà se questo era previsto - mentre un secchio d'acqua gli si rovesciava addosso e delle funi lo avvolgevano insalamandolo; qualcuno lo aveva spinto indietro e si era ritrovato a ruzzolare giù per le scale, per poi finire in un calderone, a sbattere nuovamente la testa contro il rame.
Il colpo di grazia glielo diede qualcun altro, un altro ignoto complice, che decise di dare un sonoro colpo al metallo stile gong, facendo rimbombare… tutte le cose. Il calderone risuonava, la testa risuonava, le budella risuonavano…
In tutto quell'inferno, Clay percepiva come lontanissime le risate e le urla dei suoi compagni di Casa, da chi era divertito a chi invece era preoccupato. L'unica cosa che Clay capiva per certo era che Syd era un uomo morto. E tutti gli altri, pure.
Doveva solo riuscire a cacciare la testa fuori dal calderone, togliersi le funi di dosso e mettersi in piedi; poi non ci avrebbe messo molto ad affatturare il suo pessimo migliore amico e a spedirlo in infermeria a suon di calci.
Peccato che in quel momento Clay non fosse in grado di muovere un muscolo.
Sentì l'urlo di Annabelle la furia che partiva all'attacco da sola contro Syd e i suoi compagni di stanza, probabilmente per vendicarlo, e mentre qualcuno di loro veniva schiantato sulle pareti della Sala Comune, Abigail fu l'unica a degnarsi di aiutarlo.
«La mia bacchetta?» chiese, ma capì presto che Abigail, mentre lo slegava, gliel'aveva abilmente fregata. Non fece in tempo a urlarle contro i peggiori insulti: la ragazza gli intimò di rimanere buono seduto mentre metteva a posto gli altri (testuali parole).
E così anche la piccola Abigail dimostrava di essere all'altezza del ruolo di Prefetto che le era stato affidato, mentre la rivolta veniva sedata in un battibaleno e a Clay non rimaneva niente altro che serrare i denti e meditare vendetta.
Lo colpì un pensiero improvviso: il fatto che Pauline, per la prima volta, non era stata minimamente coinvolta nell'ennesimo spettacolo disastroso che aveva avuto luogo in Sala Comune.
La cercò con lo sguardo e per un attimo pensò che si trovasse al sicuro in biblioteca; invece era in angolo ad osservare la scena da lontano.
E stava guardando lui, con uno sguardo che purtroppo gli era indecifrabile. Curiosità? Compassione? Tristezza? Odio?
Clay rimase folgorato, accorgendosi che quella settimana di allontanamento forzato e di rigido autocontrollo non lo avevano portato a migliorare la sua situazione. Il dolore era rimasto, la voglia di piangere pure. Pauline era ancora, per lui, la più brutta ragazza e la più bella visione. E ora, guardarla aveva l'amaro sapore della sconfitta.
A Clay non piaceva perdere. Purtroppo, doveva ammetterlo, aveva perso.

***


Da quel giorno, Clay tornò normale: era semplicemente triste, profondamente scosso e tremendamente abbattuto come qualsiasi ragazzo venga rifiutato malamente dalla sua cotta immane.
E la partita contro i tassi andò uno schifo, con sommo rammarico del capitano.
Almeno l'obiettivo di Syd era stato raggiunto: smontare il suo amico pezzo per pezzo e abbassarlo al grado di comune mortale non era facile, ma evidentemente il pessimo scherzo che aveva ideato ai danni di Clay aveva dato i suoi frutti.
Certo, quella sera si erano azzuffati e avevano smesso di parlarsi per un paio di giorni, ma Syd confidava che Clay sarebbe tornato il solito, prima o poi. Doveva solo dargli il tempo di sanare il suo orgoglio ferito da Merlino-sa-cosa; ma per quello, Clay doveva pensarci sa solo.
Syd aveva fatto la sua parte, ed era stato sfiancante. Poteva ritenersi soddisfatto.

«Ci parli tu con Clay per vedere che gli passa per la testa?»
No, Syd non era soddisfatto. E aveva rivolto la domanda a Pauline.
Pauline non sembrava molto contenta dell'idea. Ancora prima di pronunciare qualsiasi cosa, il suo volto era diventato una maschera di insofferenza.
«Non sei tu, il suo amico?» chiese, insolente.
Syd scosse la testa. «Noi non parliamo di queste cose.»
«Di quali cose?»
«Uffa! Senti, tesoro: noi non parliamo mai dei nostri problemi, chiaro? E Clay adesso ha un problema, si vede lontano un miglio» spiegò Syd, in quella che sembrava essere una gara a chi era più insofferente. Esalò tragicamente: «Ma non ne parleremo mai!»
Pauline poteva benissimo ribattere che la loro amicizia faceva veramente schifo, ma gli premeva di più sottolineare di non essere la confidente del cuore di Clay, non esattamente.
«Almeno provaci, cribbio!»
Pauline si immusonì, mostrando un'espressione contrariata di facciata mentre intanto inseguiva una serie di pensieri che le davano il tormento da un po'.
Syd, incurante, rincarò la dose, blaterando sciocchezze su come lei fosse, in realtà, fondamentale per Clay.
«Clay adesso non è in sé. Credimi, se dividessi la stanza con lui non saresti in grado di sopportarlo. Entra in bagno e non ne esce più. Gli parli e non ti ascolta. Lo provochi e non reagisce. Strascica i piedi per terra. Fissa il vuoto. È una fottuta ameba.»
Syd sospirò, per poi fissare Pauline negli occhi e dirle, con tono supplichevole: «Va' a smuoverlo. Fammi questo piacere. Non lo sopporto più.»

***


Non è che Pauline stesse cercando di ignorare la situazione. Il suo vivere spensierato aveva dei limiti: i limiti erano i compiti - quelli che arbitrariamente decideva di fare - le regole della scuola - e anche queste, non erano necessarie proprio tutte - e, infine, la felicità dei suoi amici.
Clay era rimasto ferito, e Pauline non poteva sentirsi a posto con la coscienza.
Anche se, a ben vedere, Clay era davvero un amico? Stentava a crederci lei stessa. Era pur vero che talvolta aveva provato con lui un forte legame, ma erano occasioni rare, occasioni che la coglievano di sorpresa - e no, non poteva essere paragonata all'intesa che aveva con suo fratello, con Mandy, o con Syd.
Con Clay andare d'accordo era, il più delle volte, un'impresa che le costava un enorme sforzo - anche se dall'esterno lei non doveva poi apparire molto collaborativa. La verità è che ci teneva a quel rapporto anomalo, qualunque cosa fosse, e non si era mai posta il problema di delinearlo con più chiarezza, né di appioppargli un'etichetta.
L'etichetta "amici" non l'aveva mai convinta molto.
Ma quella "amanti" la convinceva ancora meno - le sembrava una di quelle assurdità che solo Syd ubriaco era capace di pronunciare (e l'aveva fatto, in realtà, pure da sobrio). O uno di quei brutti sogni premonitori che Bernie talvolta faceva e poi le raccontava.
Come quando Bernie aveva sognato Clay che strappava via le erbacce dall'orto di Hagrid per farne un mazzo di fiori, e poi era successo davvero.
Lei e Clay, amanti.
Posso baciarti? Voleva davvero rispondergli di no, o forse ci doveva ripensare? Forse le serviva tempo per apprezzare l'assurdità della cosa.
A Pauline piacevano le assurdità, le davano un senso di soddisfazione malsano. Quando le venivano in testa la facevano sempre ridere. Quando poi trovava un modo per realizzarle, si sentiva la strega più perfida e deficiente dell'universo.
E le piaceva da morire.
Perciò Pauline ci stava pensando, ci stava pensando sul serio, e macinava pensieri vecchi stracciandoli e riscrivendone altri di senso opposto, e tornava indietro sui suoi passi, e osservava Clay da lontano, e ripercorreva la memoria riesaminando questioni che non credeva mai di dover riguardare, e si stancava troppo, francamente.
No, non era fatta per questo lavoraccio. Ne stava uscendo pazza.
Pauline non aveva la soluzione a tutto, non sapeva davvero quello che voleva e sentiva solo che, continuando sulla strada dell'introspezione, non lo avrebbe capito mai. Il verbo pensare decisamente non le si addiceva: serviva solo a confonderle le idee.
Quello che le serviva erano nuovi stimoli, nuovi input. Era finalmente arrivato il momento di agire, come piaceva a lei.

***

Clay stava trascinando i piedi verso la biblioteca, pronto per una sessione di studio pre-verifica che sinceramente lo entusiasmava poco.
Quando notò Pauline che gli si affiancava i suoi occhi si spalancarono, pieni di sorpresa e terrore.
Che volesse riprendere a studiare con lui, come facevano un tempo?
Clay continuò guardingo a camminare, e Pauline proseguiva alla sua destra cercando con evidente sforzo di mantenere la sua andatura lenta e di non accelerare.
È esaltata, notò il ragazzo, e aveva ragione. Pauline aveva l'aspetto di una molla caricata e pronta a scattare - sì, ma cosa voleva da lui? Perché diamine non parlava?
Il suo battito aveva preso ad accelerare, furioso. Clay non ebbe il tempo di registrare l'informazione: Pauline gli afferrò il braccio e fece virare la sua direzione bruscamente.
Entrarono nell'aula di Aritmanzia, Pauline chiuse la porta alle sue spalle e lo spinse verso lo stipite.
In trappola.
«Devi stare fermo.»
«Come sarebbe a dire?» ribatté il ragazzo, agitatissimo.
«Fermo, ho detto!»
Avrebbe potuto benissimo spingerla via: lui era molto più grande, fisicamente non c'era storia. Non gli sembrava educato, forse, maltrattare una ragazza. In realtà se c'era una vittima lì era lui: a giudicare da come Pauline si era avvicinata, quello era un assalto in piena regola.
Peccato che Clay, a vedersela a un palmo dal naso, non aveva né la forza né la voglia di ribellarsi.
«Non ti muovere» soffiò lei, in punta di piedi, aggrappandosi alle sue braccia.
E Clay rimase davvero immobile, manco l'avessero pietrificato con la magia.
Fu un bacio strano, un misto di irruenza e rigidità. Una roba da veri inesperti, una definizione che effettivamente si addiceva a una come Pauline. Ma quel comportamento da pesce lesso di Clay, be', era imperdonabile.
Gli ci volle qualche secondo per rinvenire e accorgersi che Pauline, la sua Pauline, lo stava veramente baciando. Da schifo, ma lo stava baciando.
E che quello non era assolutamente modo di comportarsi. Si doveva assolutamente sciogliere! Doveva, anzi, voleva rispondere!
Le afferrò il volto con trasporto e si era già abbandonato alla più pura felicità, quando fu bruscamente interrotto da un forte dolore all'addome.
Pauline lo aveva colpito e si era allontanata. «Ti ho detto di stare fermo!»
«Cosa? Come faccio a stare fermo?» chiese, risentito.
«Non lo so! Ma ci devi riuscire!» sbuffò Pauline. «Tu vai troppo forte, e io con queste cose non ci so fare.»
Clay avrebbe voluto veramente ridere, perché Pauline che ammetteva di fare pena con i baci era una cosa da scrivere sui muri: si meritava di essere presa in giro.
Peccato che non ci riusciva. Non riusciva a prenderla in giro, Clay era completamente soggiogato.
Pauline gli ripeté di stare fermo, e Clay lottò con tutte le sue forze per obbedire, mentre riceveva baci, flebili e lenti, sul lobo dell'orecchio, sullo zigomo, sulla palpebra chiusa, sul naso.
Clay era a tanto così dall'urlarle che le avrebbe volentieri staccato la faccia a morsi, altro che moine del cavolo, e che se voleva un ragazzo con cui scambiarsi bacetti sulla guancia avrebbe fatto meglio a chiedere a Charlie Weasley. Ma non poteva dirle niente del genere, perché tutta quella tenerezza lo stava sciogliendo; sentiva le ginocchia cedere, e mentre si aggrappava ai suoi fianchi si ritrovò a sussurrare il suo nome.
Patetico. Pauline si fermò ad aspettare che Clay continuasse la frase, ma il ragazzo non riusciva a dire proprio un bel nulla. Poteva solo rimanere in attesa, e sentire il cuore battere furioso contro le costole. Pauline ci mise una mano sopra, e fu il gesto più rassicurante che Clay ricevette, in tutto quel marasma di eventi che gli stavano capitando.
Quando riuscì a rendersi partecipe di quel che gli stava accadendo, stringendola a sé - com'era piccola! - e affondando il naso sulla sua guancia - cioè, quando riuscì a farlo senza che lei gli azzannasse il labbro - quello fu probabilmente, per Clay, il culmine della felicità.
E quando, in seguito, si ritrovò a pensare all'intera faccenda - durante la cena, mentre ritornava in Sala Comune, mentre faceva la doccia e intanto Syd bussava furiosamente alla porta del bagno, e perfino una volta steso a letto cercando un sonno che non arrivava - Clay capì che tutta quella fatica era valsa la pena.
Questa era l'unica cosa intelligente che riusciva a pensare, il resto della sua testa era tutto un Pauline, Pauline, Pauline e mi ha baciato, mi ha baciato, mi ha baciato.
***


Insomma, la storia di due innamorati (o uno soltanto?) quando giunge al felice momento della congiunzione dei due verso una cosa sola (più o meno) poi dopo si fa noiosa a narrarsi, quindi termina qui. Sappiate che, da lì in poi, Clayton e Pauline vissero insieme alti e bassi continui, diversamente percepiti dai due (solitamente Pauline era quella che minimizzava e Clay quello che tramutava tutto in tragedia), perciò litigavano anche su come percepivano i loro litigi ("Sei poco seria!", "Mi stai spappolando i neuroni!") finché gli alti e bassi non divennero una consuetudine troppo difficile da abbandonare.
Una vita insieme portata avanti per inerzia, insomma - ma in qualche modo, felice.








***
Salve, dieci lettori contati che vi ritrovate a leggere questa robetta qui. Ci tengo solo a precisare che scrivere questa parte mi ha imbarazzato un sacco e che non ho idea di come sia venuta, semplicemente è così che l'ho sempre immaginata. Molto, molto patetica! Mi sento in dovere di scusarmi.
Un altro problema molto evidente di questo capitolo è il finale: non so scrivere i finali. Mi è venuta fuori questa cosa e ve la dovete far bastare per forza.
Ma tanto non è un vero finale, perché è in arrivo l'epilogo (credo di pubblicarlo a brevissimo, ci metto solo un po' a sistemarlo).
Baci baci






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Capitolo 5
*** Epilogo ***






Epilogo (per chi si chiedeva che fine avesse fatto Syd)




Pauline non era per niente romantica, non poteva farci nulla. Le gioie di stare in pubblico con la dolce metà, prendergli la mano, passeggiare per i corridoi e nel parco, stendersi all'ombra di un albero e stare abbracciati: erano desideri che non le passavano nemmeno per l'anticamera del cervello.
Quello che le piaceva di Clay, era che potevano tranquillamente continuare la loro solita routine, bisticciando per le questioni più stupide, e poi potevano risolvere le loro scaramucce appartandosi in uno dei tanti angoli bui che pullulavano nel castello.
Baciare Clay le piaceva da impazzire, quello sì.
Il povero Clay, ahilui, si era ritrovato incastrato in una situazione per lui del tutto anomala: di tante ragazze che aveva frequentato nel corso della sua breve vita, nessuna relazione si era mai mantenuta sui toni della spensieratezza più totale.
Clay era un ragazzo serio per definizione, e i gesti romantici in una relazione che per lui era importantissima gli mancavano eccome. Purtroppo, quello che aveva capito era che non poteva pretendere troppo da Pauline. Poteva soltanto accaparrarsi le sue conquiste pian piano, a furia di tentativi.
Un giorno aveva insistito con il chiederle: «Siamo fidanzati, sì?», perché voleva questa conferma, soltanto per venire ogni volta messo a tacere a suon di baci. Solo alla fine del loro incontro, Pauline gli aveva chiesto:
«Cosa intendi tu con "fidanzati"?»
Clay ci aveva pensato su. Doveva trovare una definizione che andasse bene a entrambi. Un compromesso.
«Significa che io bacio solo te e tu baci solo me.»
«Ci sto.»
Ed era già tanto.

Dopo un mesetto, Clay aveva anche cominciato a pretendere con la forza qualche abbraccio; inizialmente Pauline sembrava agitarsi come un'anguilla chiedendogli di lasciarla stare, ma Clay aveva capito che non poteva sottostare a tutti i desideri della sua ragazza anaffettiva.
L'aveva stretta più forte e non c'era verso, per Pauline, di potersi liberare: quando si staccarono dall'abbraccio, se tale poteva essere chiamato, Clay aveva la divisa sgualcita e il segno di un morso sul naso. Clay non aveva idea del motivo per cui Pauline fosse così reticente nei gesti di affetto verso di lui - perché poi, quando c'era da abbracciare Frank, Syd e Bernie il problema non sussisteva affatto. In ogni caso, qualsiasi fosse il problema, be', Pauline doveva assolutamente farselo passare! Bah!
E alla fine, insistendo giorno dopo giorno, mese dopo mese, la situazione era migliorata. Doveva ammetterlo, addomesticarla non era stato semplice, ma ora finalmente poteva esser contento di tutte le volte che Pauline allungava le braccia e gli stringeva il busto, o gli si accasciava sopra con fare scherzoso, o gli permetteva di scioglierle i nodi tra i capelli, o si stendeva sulle sue gambe e passava lentamente il dito sul suo collo.
Pauline era più dolce e tranquilla adesso, più permissiva nei gesti d'affetto e anche più pronta a ricambiarli. A Clay ricordava un gatto randagio: non poteva chiederle di più di così, poteva soltanto conquistarsi il suo affetto poco per volta.

Oh, naturalmente tutto questo era segreto!
Non ci fu nemmeno bisogno di parlarne. Pauline non sopportava le effusioni in luogo pubblico, almeno, non quelle che la riguardavano in prima persona; Clay, dal canto suo, aveva deciso di mettere da parte il sapore di normalità in quella relazione di coppia in favore delle ombre.
Doveva ammetterlo, se da un lato era frustrante, dall'altro gli consentiva di sentirsi l'amante segreto di una relazione sordida e peccaminosa, e in qualche modo gli risultava eccitante e sì, accettabile. Era un romanticismo diverso da quello a cui era abituato, ma poteva farselo bastare.

Per la verità qualcun altro seppe della cosa.
Erano ormai al loro settimo anno quando Annabelle Mitchell, curiosa per natura, aveva deciso di seguire i due amanti e spiarli e sì, li aveva visti iniziare una focosa e appiccicosa sessione di… urgh! La scena era così fuori dai canoni della decenza che non riuscì a trattenere un urlo. E i due cocchi si voltarono di scatto.
Non ne parlarono affatto. Si guardarono, muti e immobili, per alcuni secondi; negli occhi di Annabelle, era chiarissimo il senso di schifo profondo, l'idea di quei due insieme - ma non erano gatto e cane? - era di una indecenza ineffabile. Fu sconcertante, raccapricciante, vomitevole, la più nera delle scoperte.
Alla fine, a vederli stretti stretti, con le loro guance sovrapposte e gli occhi spalancati - come quelli che hanno i cani di notte prima di essere investiti dal Nottetempo - Annabelle si ritrovò a pensare una sola parola: "ridicoli".
Lo pensò così forte che credette di averlo pronunciato ad alta voce, ma se ne fregò altamente. Si voltò con uno sbuffo, creando il solito vortice d'aria con quella sua coda di cavallo, e lasciò i due piccioncini senza aggiungere altro.
Alla fine non ne parlarono mai, ma davvero mai, nemmeno nei giorni successivi. Si poteva dire che l'argomento veniva caldamente evitato - nella pratica Annabelle evitava entrambi come la peste: si alzava dal tavolo quando uno dei due arrivava, cambiava il posto quando Pauline le si sedeva affianco a lezione, cambiava i turni delle ronde pur di non dover fare il turno con Clay.
Comunque, poco importava.
Annabelle era una persona estremamente solitaria, e pur ficcanasando nei fatti altrui, aveva un modo strano di essere riservata, un modo che prevedeva che i segreti da lei scoperti restassero sempre e solo suoi. D'altronde, non avendo amici del cuore, la Prefetto non aveva di che chiacchierare con nessuno.
E così, a sapere della faccenda ora erano in tre: Clay, Pauline e Annabelle.

Oh be', non proprio.
Certo, era vero che Annabelle Mitchell era una delle ragazze più sole di tutta Hogwarts - forse al secondo posto dopo Mirtilla Malcontenta - ma un amico ce l'aveva.
E mica un amico qualsiasi. Un pezzo grosso, con agganci ovunque e una lingua lunga lunga.
Sì, nessuno si aspettava che il professor Vitious fosse un tipo così incline alla chiacchiera, fatto sta che la sua preziosa spia tra gli studenti - Annabelle Mitchell, appunto - era molto solerte nel riferirgli i pettegolezzi più gustosi di Hogwarts.
Annabelle scopriva qualcosa e la spartiva in due. Poi, Vitious elargiva a tutti spalancando le braccia.
Un giorno Vitious prese da parte Clay e gli fece tutto un discorso sulla vita e sul destino, sulle scelte difficili, sui M.A.G.O. e su quanto le relazioni amorose possano influire negativamente sulla qualità dello studio, persino sul futuro dei giovani maghi. Era un discorso un po' pieno di argomenti, forse: Vitious aveva messo un po' troppa carne sul fuoco e Clay faticava davvero a capire il senso di tutto.
«Mi scusi professore, non ho capito cosa c'entra suo cugino che fa lo Spezzaincantesimi con il pollo che c'è stasera per cena.»
«C'entra, perché se il motivo per cui non deciderai di fare lo Spezzaincantesimi è che stai perdendo la testa dietro alla signorina Marshall, sei un povero pollo!»
La sorpresa di Clay fu indicibile, certamente, ma nulla poté compare la sua espressione di sgomento quando il professor Piton lo rimproverò a lezione per il suo piccolo errore di distrazione che aveva finito per generare un piccolo scoppio e un piccolo boom! - un boato stracciatimpani che le mandragore possono solo accompagnare.
«Signor Fisher, non starà mica prendendo le orme della sua ragazza?»
Naturalmente tutti gli studenti si erano guardati tra di loro, con una domanda in faccia: "Clay è fidanzato?"
E mentre Clay tossiva a più non posso, per il fumo e per la saliva che gli era andata di traverso, Pauline metteva su la peggior faccia da schiaffi:
«Syd, ragazzi, si sta riferendo a Syd.»
Il tutto finì con un borbottio di "ah giusto", "dev'essere così", "quindi Syd vuole cambiare sesso?", e nessuno, ma proprio nessuno, pensò che la ragazza in questione potesse invece essere Pauline. Era davvero un pensiero inconcepibile.
Insomma, proprio nessuno sembrava saperlo, tranne Vitious. E Piton. E la McGranitt, che guardava Clay e scuoteva la testa. E la Sprout, che vedeva i due lavorare sullo stesso terriccio e ammiccava sorniona a Pauline. E Madama Bumb, che alla partita Corvonero-Grifondoro aveva chiesto a Pauline "tifi per il tuo ragazzo o per tuo fratello?", prima di ricordarsi che ormai Frank Marshall era fuori da Hogwarts.
I professori, tutti quanti, sapevano. Ma gli studenti, all'infuori di Annabelle, rimasero all'oscuro fino alla fine.

***


La fine dell'anno portava con sé un carico di aspettative verso le vacanze estive per tutti gli studenti, e un carico infinito di materie da studiare per gli studenti del Settimo anno: se c'era qualcosa di peggio dei G.U.F.O., erano i M.A.G.O.
Il più esaurito mentalmente, però, era senz'ombra di dubbio Syd Ellis. E mica per lo studio.
No, Syd non aveva preoccupazioni di grossa sorta, un po' perché non conosceva l'ansia da prestazione, un po' perché non aveva bisogno di studiare come un matto per farsi valere agli esami, e un po' perché la sua vita dopo Hogwarts, per quanto indefinita, non lo avrebbe mai preoccupato davvero.
Syd non sapeva cosa avrebbe combinato dopo la scuola; sapeva solo che gli sarebbe venuto in mente qualcosa, prima o poi.
Quello che lo angosciava era altro: giorno dopo giorno, la data della scadenza della scommessa, la più grande scommessa che aveva creato, si avvicinava. E lui stava perdendo.
Stava perdendo, e non sapeva con quali soldi avrebbe potuto pagare l'immensa cifra di settanta galeoni tondi tondi - a tanto era salito l'ammontare della vincita.
Però, quarantasei galeoni ce li aveva.
Quarantasei galeoni ce li aveva, e gli sarebbero bastati per una Passaporta di sola andata per la Romania, o per l'Albania, o la Polonia: erano gli Stati più economici da raggiungere. Una volta scappato lì si sarebbe rifatto una vita, e magari avrebbe trovato il modo di guadagnare abbastanza denaro da estinguere il debito con i suoi compagni di scuola.
Prima o poi sarebbe riuscito a tornare in patria, sigh.
Oppure, senza farsi troppi film mentali, avrebbe chiesto un prestito ai suoi e avrebbe trovato il modo di restituire i soldi più avanti.
O forse non avrebbe dovuto mai più restituirli. D'altronde, i signori Ellis stravedevano per lui. Syd era proprio un cocco di mamma.
Il punto però era che la sconfitta bruciava. Syd aveva puntato sui cavalli migliori, e stavano perdendo. Ne aveva fatti di accoppiamenti in tutti e sette i suoi anni di carriera scolastica, e ci aveva sempre azzeccato. Syd abbinava i suoi compagni tra loro come se si trattasse di abbinare una maglietta a delle scarpe - lui con lei, questo con quello, quell'altra con questo qui…
Clay e Pauline erano un suo fallimento professionale, non solo economico: ne andava del suo onore di Cupido.
Perciò, negli ultimi giorni si era fatto più pressante che mai con i suddetti amici - "ma sicuro sicuro che non ti piace? Ma non potete comunque provarci? Un bacino? Una poderosa limonata sul tavolo in Sala Grande? Gnente gnente??"
Clay e Pauline, in un attimo di tranquillità in cui erano riusciti a sfuggire alle persecuzioni di quel pazzo, si ritrovarono per forza di cose a scambiare i loro pareri riguardo la situazione.
«Forse dovremmo…»
«Ma quel babbuino non si merita tutti quei soldi!»
«Ma se non facciamo niente andrà veramente in debito…»
«Ma se lo diciamo a tutti quello ci farà una fortuna!»
«Clay. Non fare l'invidioso.»
«Non è questione di invidia! Se quello vince, chi lo sopporta dopo?» a quel punto Clay si esibì in una imitazione molto riuscita di Syd blaterando "ve l'avevo detto! L'ho sempre saputo! Suca!" e Pauline dovette convenire che era molto somigliante.
Alla fine arrivarono a una decisione. O meglio, l'ebbe vinta Pauline, come sempre.


L'ultima cena ad Hogwarts per i ragazzi del settimo anno, Pauline sganciò la bomba come se niente fosse nel mezzo della conversazione. Fu talmente tanto silenziosa che nessuno si allarmò: tra chi pensava di non aver capito bene, e chi invece pensava giustamente a uno scherzo, ognuno aveva le sue buone ragioni per lasciar perdere.
Peccato che Syd fosse scattato in piedi, mettendosi a correre tra le tavolate con le braccia spalancate al grido di "MA VIENI!"
«Ma che fa, quello?»
«Ma mica sarà vero?»
«Che cosa?»
«Pauline e Clay stanno insieme.»
«Che COSA??»
I due sfortunati ragazzi furono bombardati dalle domande dei compagni. Gli studenti degli altri tavoli si alzavano per raggiungere l'epicentro del pettegolezzo, mentre Syd girava intorno come un satellite impazzito.
«Sì, sì, sììììì! Chi è che non ne sbaglia mai una? Eh? Eh??»
Abigail agitava il braccio di Pauline con la stessa energia di un campanaro la domenica mattina, e francamente Pauline non ne poteva più di tutta quella calca. Si alzò dalla panca, si scrollò tutti di dosso ignorando le loro domande, lasciando il povero Clay accerchiato, e al suon di "permesso, e levatevi!" arrivò da Syd.
«Settanta galeoni, mamma mamma!» ululava quello.
«Sessantasei, cicciobello. Ti ho fatto il favore di farti ricco, almeno non chiedere di avere anche i miei, di galeoni.»
Il sorriso di Syd si allargò sempre più. Il figlio di satana si esibì in una risata malefica.
«Scordatelo! Hai perso anche tu!»
Pauline, oltraggiata, dapprima non seppe fare altro che boccheggiare. Poi urlò a pieni polmoni: «NON È VERO! NON È VERO! IO E CLAY NON STIAMO INSIEME!»
«Zitta, imbecille!»
«ERA UNO SCHERZO!»
«ZITTA!»
La Sala Grande era impazzita. Clay, che per tutto quel tempo era rimasto zitto, continuò a tacere sopraffatto dalla piega che gli eventi avevano preso.
La svolta arrivò quando tutti cominciarono ad accorgersi che in quel casino, be', c'erano anche i professori.
Vitious si avvicinò a Bernie quatto quatto. «Signor Quirke, sarebbe così gentile da prestarmi il suo quadernetto delle scommesse?»
Bernard fu costretto a consegnare il misfatto, e Vitious, dopo essere salito sulla panca - anche se, a dirla tutta, era comunque troppo basso per farsi vedere da tutti - stracciò il quaderno.
La mandibola di Bernand cascò in basso come se volesse fargli divorare l'universo.
«Lo spettacolo è finito! Tutti a sedere!»
Gli studenti, con il loro carico di incredulità e confusione, si misero a tacere e tornarono ai loro posti.
Vitious scese a terra con un oplà grazioso ma pieno di rancore.
«Ellis e Marshall, siete sempre i soliti, fino alla fine. È un vero peccato non potervi dare alcuna punizione, ormai, ma domani sarò ben lieto di spedirvi via da questa scuola con un sonoro calcio nel sed-»
«Filius, suvvia, hanno capito» lo rabbonì Silente.

***


E be', per il povero Syd finì così. Dovette accontentarsi della soddisfazione di aver accoppiato i due cretini, che era quello che agognava da tre anni di sangue e sudore, tre anni in cui tutti lo avevano preso per pazzo mentre lui sosteneva tenacemente la sua posizione. Meritava quei soldi? Fino all'ultimo galeone, né più né meno. Eppure, di quei settanta galeoni, nemmeno l'ombra.
Questa fu un'ingiustizia tremenda.
«Dai Bernie, non piangere» disse Pauline mettendogli un braccio attorno al collo. «Sono certa che l'anno prossimo riuscirai a riaprire il Banco delle scommesse. Non ti abbattere.»
Mentre consolava l'amico, Pauline schioccava occhiatacce a Syd e Syd le restituiva una linguaccia.
E questa, signore e signori, fu la nuova generazione di Maghi e Streghe adulti e diplomati che Hogwarts sfornò nell'anno 1990.










***
L'ho già detto che non so scrivere i finali, sì?
A chiunque fosse particolarmente stupito dall'incredibile creatività di questo epilogo - o dagli immensi viaggi mentali che sono in grado di fare senza stupefacenti in corpo, forse è più esatto dir così - ricordo che questa storia ha come generi il "demenziale" e come avvisi l'OOC, che in questo caso è grande come una casa, per via del professor Vitious.
No, non c'è l'avviso OOC? Provvedo subito.
E niente raga, per quanto schifo faccia questo finale (o meglio, anche questo finale), non so fare di meglio davvero. Sorry.






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