The several sides of the same coin

di Crepuscolina13
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il rituale delle cicatrici ***
Capitolo 2: *** La vita di un Re vale molto di più di quella di un servo ***
Capitolo 3: *** Prometto di proteggerti ***
Capitolo 4: *** Sognami ***
Capitolo 5: *** Adesso lo sapete ***



Capitolo 1
*** Il rituale delle cicatrici ***


Rating: Giallo
Genere: Romantico, malinconico
Note: Missing moments
Contesto: Seconda stagione NdA: nella storia non si fa nessun riferimento alla magia di Merlin, ognuno è libero di immaginare se Arthur sia ancora allo scuro oppure già lo sappia. Buona lettura <3
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Merlin amava tutto di Arthur, letteralmente tutto.

Amava i suoi pregi e i suoi difetti indistintamente, amava ogni singolo secondo che trascorreva con lui, sia che fossero i secondi di una ramanzina o quelli di quando restavano abbracciati nel letto dopo aver fatto l’amore.

Certo Merlin amava tutto di Arthur, però aveva i suoi momenti preferiti come quello che stavano avendo proprio in quel momento.

Era notte inoltrata, lo si capiva dalla luce lunare che filtrava dalla finestra che era stata lasciata leggermente aperta perché era quasi primavera e per un qualche mistero della natura Arthur era sempre bollente e quando Merlin gli restava abbracciato finiva sempre per riscaldarsi a sua volta.

La notte era l’unico momento in cui potevano essere finalmente liberi di essere sé stessi.

Durante il giorno dovevano continuare a fingere di essere il principe ereditario di Camelot e il suo servo devoto, niente paroline dolci, niente sguardi languidi, niente tocchi e soprattutto niente baci, ma la notte chiudevano la porta e tutto il resto rimaneva fuori e a quel punto potevano iniziare a svestirsi, letteralmente, di tutte le maschere che avevano indossato durante il giorno.

Ogni notte la prima cosa che Arthur faceva sempre era abbracciarlo, perché dio solo sa quanto gli era mancato il contatto fisico con l’uomo che amava più di qualsiasi altra persona avesse mai amato in tutta la sua breve vita. Mentre per Merlin, la prima cosa che faceva sempre era accarezzare i capelli biondo miele di Arthur perché dio solo sa quanto aveva dovuto trattenersi dall’evitare di farlo nei momenti più improbabili, come ad esempio durante le riunioni con il consiglio reale nelle quali Arthur assumeva sempre quell’aurea così regale e autoritaria che lo faceva innamorare di lui sempre di più.

La seconda cosa che facevano entrambi poi era baciarsi, automaticamente i loro visi si posizionavano nel giusto modo mentre le loro labbra si cercavano e finalmente dopo ore e ore di agognato desiderio si univano.

La terza cosa che facevano entrambi era spogliarsi e unirsi fino a diventare tutt’uno.

Poi dopo che i loro desideri carnali erano ben più che soddisfatti finalmente si ritrovavano a parlare. Si dicevano tutto quello che si erano dovuti trattenere dal dire durante il giorno.

Merlin diceva sempre frasi del tipo “Ti ho già detto mille volte che devi stare più attento durante gli allenamenti, non mi importa se è tutta una finzione perché le spade rimangono ugualmente ben affilate” al che Arthur rispondeva sempre con una risatina e un’alzata di occhi.

Poi veniva il turno di Arthur anche se per lo più erano sciocchezze dette solo per veder arrossire il bellissimo volto dell’uomo che amava.

“E tu dovresti smetterla di piegarti sempre a novanta gradi quando devi raccogliere qualcosa da terra, ti ho già insegnato che devi piegare le ginocchia così non mi verrà la tentazione di scoparti in quell’istante, ma tu continui a farlo” e allora Merlin arrossiva e gli dava dell’idiota.

“Guarda non ti rispondo neanche” ribatteva poi e così all’infinito.

Parlavano di tutto e di più, di ogni singola cosa che gli passasse per la mente.

Poi il sonno iniziava ad arrivare e le palpebre si facevano sempre più pesanti.

A quel punto sapevano entrambi che c’era un rituale molto importante da portare a termine. Ogni notte prima che si addormentasse, Merlin accarezzava con la punta di un dito ogni singola cicatrice da battaglia di Arthur e il principe ogni volta si sentiva rinato, come se ogni giorno che passava un pezzettino della sua pelle stesse guarendo anche se fisicamente le cicatrici rimanevano immutate.

Merlin amava accarezzare quelle cicatrici perché gli ricordavano che la vita dell’uomo che amava era in costante pericolo ma gli ricordavano anche che era molto bravo a ritornare sempre a casa da lui.

Arthur invece amava farsi accarezzare quelle cicatrici perché erano le uniche parti esteticamente brutte del suo corpo e in quel modo non solo sapeva che Merlin amava anche quelle ma gli piaceva il fatto che lui fosse l’unica persona al mondo autorizzato a compiere un simile gesto.

A volte Merlin andava oltre e prendeva a baciarle una per una.

“Arthur sei così bello” sussurrava nel mentre e Arthur sapeva già di essere bello, tutti glielo dicevano costantemente, ma per lui era vero solo quando glielo diceva Merlin. A quel punto chiudeva gli occhi e si lasciava andare come burro nelle mani del ragazzo e a volte se la stanchezza non era insormontabile facevano di nuovo l’amore.

Infine, finalmente si addormentavano, l’uno nelle braccia dell’altro finché il sole faceva capolino e allora iniziava di nuovo l’ennesima giornata di finzione.

Ma quello rimaneva l’unico momento che condivideva esclusivamente con Merlin.

Aveva fatto sesso con altre persone oltre a lui, ma nessuna di quelle aveva mai avuto il permesso di toccare e accarezzare in quel modo tutte le sue cicatrici.

Per il mondo sarebbero sempre stati sbagliati, il loro amore sarebbe sempre stato visto come orribile e corrotto, sapevano di non poter avere una vita normale e sapevano anche che prima o poi Arthur si sarebbe dovuto sposare con una donna.

Per loro due non ci sarebbe stato nessun lieto fine e per questo cercavano di godersi e rendere prezioso ogni singolo istante che passavano insieme.
 
Per cui, in tutti quei momenti in cui la vita avesse riservato loro solo sofferenza e tristezza sapevano che però nessuno gli avrebbe mai potuto portato via quello, il tocco amorevole di Merlin lungo le cicatrici rosee del principe di Camelot.

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Capitolo 2
*** La vita di un Re vale molto di più di quella di un servo ***


Rating: Giallo
Genere: Romantico, Angst
Note: what if?
Contesto: Quarta stagione

LA VITA DI UN RE VALE MOLTO DI PIU' DI QUELLA DI UN SERVO

Il suo servo aveva sempre avuto quel tipo di comportamento.

Era successo più volte nel corso degli anni che Merlin avesse ritenuto la sua vita più importante della propria.

Il momento più clamoroso, quello di cui Arthur aveva memoria per primo era stato quando uccidendo un unicorno aveva rilasciato una maledizione su tutta Camelot e lui era stato costretto a superare vari test per fare in modo di salvare il suo popolo.

In quell’occasione Merlin era stato a pochissimo dal bere un calice avvelenato che poi aveva bevuto Arthur stesso tramite un inganno, perché era stato lui ad uccidere l’unicorno per cui le conseguenze sarebbero dovute ricadere su di lui e lui soltanto.

Situazioni simili si erano ripetute una o due volte ad ogni anno ma negli ultimi mesi Arthur aveva notato che questo tipo di eventi tendevano a ripetersi sempre più spesso e la cosa stava iniziando a infastidirlo.

Una volta ad una cena di stato Merlin aveva insistito per assaggiare tutto il suo cibo.

Non ce ne era assolutamente bisogno visto che attorno al tavolo aveva solo alleati, non era una cena di riappacificazione con qualche nemico di cui ancora non si fidava completamente anzi.

Quella sera erano presenti solo Re e ufficiali di cui Arthur si fidava molto e di cui era anche amico per cui non c’era proprio nessuna possibilità che qualcuno volesse avvelenarlo ma il suo servitore aveva insistito fino a farlo dannare.

-Merlin non essere ridicolo come tuo solito, non ho bisogno che tu assaggi il mio cibo, inoltre sarebbe irrispettoso verso i miei ospiti, in questo modo mostrerei di non avere nessuna fiducia in loro- ma Merlin aveva preso un piccolo sgabello di legno e si era accomodato alla sua destra come se nulla fosse.

-Non ci si può mai fidare in queste circostanze, è molto meglio che io assaggi tutto per primo- e allungando un braccio aveva afferrato il suo bellissimo calice d’oro dando un sorso al suo vino.

-Mhh delizioso- aveva commentato poi con uno di quei sorrisi circostanziali quando sapeva di averne combinata una delle sue ma voleva fare finta di nulla.

-mErlin- lo aveva rimproverato a voce Arthur prima di guardarsi attorno sperando che nessuno dei reali presenti al banchetto avesse prestato attenzione a loro due.

Il servo poi approfittando della sua distrazione aveva mangiucchiato anche un po’ di pollo e un boccone di patate lesse per poi dare un morso alla fetta di pane.

-Bene non sono avvelenati, potete iniziare a mangiare Sire- e con quello Merlin si era congedato sparendo alle sue spalle come se nulla fosse.

Tutta quella scenetta non aveva avuto il minimo senso per Arthur ma poi non ci aveva più ripensato.

Ma adesso che stava mettendo insieme i pezzi, quella cena stava diventando un tassello molto importante.

Una volta era successo che rientrato nella sua camera aveva trovato il servo con indosso la sua armatura reale.

-Merlin ma che diavolo fai? -

Arthur era rimasto stupefatto anche perché quell’armatura era fatta su misura per il proprio corpo per cui indosso al ragazzo che era molto più piccolo di corporatura stava malissimo.

-Oh Mio Signore perdonatemi ma a Camelot è giunta voce che nei regni vicini abbiano tentato di uccidere un principe deponendo una polvere mortale e quasi invisibile sulla sua armatura da guerra, nel momento che il principe l’ha indossata il veleno è penetrato nella sua pelle e l’ha ucciso-.

Arthur aveva alzato un sopracciglio andando nel mentre a sedersi sul bordo del letto per togliersi gli stivali.

-Questa storia è assurda e fatico a credere che sia vera, e poi perché te la sei messa addosso? Non potevi semplicemente… chessò lavarla?-

Ma il ragazzo dai capelli corvini aveva scosso la testa.

-No Sire dovevo esserne sicuro, non penso che un tale veleno andrebbe via con un misero lavaggio-

Arthur aveva ridacchiato per prenderlo in giro.

-Giusto perché dimenticavo che tu sei molto esperto in materia di veleni mortali…. Per favore Merlin non fare l’idiota e togliti la mia armatura di dosso-

Al che, il servo per fortuna aveva obbedito e una volta riposta in modo adeguato la ferraglia da guerra aveva lasciato le sue stanze.

E comportamenti di quel genere si erano andati a intensificarsi nel corso del tempo.

Una volta lui e i suoi cavalieri si trovavano sulla strada del ritorno verso casa quando come al solito avevano incrociato un fiume da guadare. In quei giorni però aveva piovuto parecchio per cui era più che logico che il fiume si fosse ingrossato parecchio e il punto in cui di solito erano abituati a guadare li aveva preoccupati un po’.

-Mio Re la corrente sembra troppo forte, forse è meglio fare il giro largo e passare per le montagne- gli aveva suggerito Leon.

-Si forse sarebbe meglio, ma questo comporterebbe 4 giorni in più di viaggio e i nostri cavalli sono già molto stremati… no è meglio provare ad attraversare adesso, la decisione è mia per cui io sarò il primo ad andare- ed essendo un ordine, i suoi cavalieri non avevano osato fiatare, nonostante quello mettesse in pericolo la vita del loro sovrano.

Mentre lui e Leon ancora ne stavano discutendo sentirono all’improvviso un nitrato e videro Merlin già a metà percorso, con le cosce completamente immerse nell’acqua, mentre cercava con fatica di calmare il cavallo, giustamente spaventato dall’acqua impetuosa.

-mErlin!! Che diavolo stai facendo? Non ti ho dato il permesso di andare per primo!- Arthur era stato costretto ad urlare per superare il fragoroso frastuono dello scorrere dell’acqua.

Merlin si era girato verso di lui sorridendogli e alzando un pollice in su gli aveva fatto segno che stava andando tutto bene.

-Certo che ne ha coraggio da vendere- aveva commentato Percival alle sue spalle non capendo però quanto il biondo fosse arrabbiato.

-Non mi importa quanto sia coraggioso, non è un cavaliere e non è suo compito fare queste cose, lui cucina la nostra cena, lava le nostre vesti e pulisce la nostra merda! È solo uno stupido servo- ed avendo usato quella parola scurrile, tutti i suoi cavalieri avevano immediatamente capito quanto fosse su tutte le furie e nessun’altro aveva osato dire più nulla.

Quando Merlin riuscì ad arrivare alla riva opposta fece loro segnale che la via era sicura così Arthur, muovendosi per primo, insieme ai suoi guerrieri aveva attraversato finalmente il fiume.

-Che diavolo ti è saltato in mente di fare!- Arthur lo aveva incenerito con lo sguardo e Merlin sembrò ritrarsi dalla paura.

-Perdonatemi Sire, volevo solo assicurarmi che il passaggio fosse sicuro per voi e per il vostro destriero- aveva balbettato il servo.

-Non ti ho ordinato di fare una cosa simile, quello era un mio compito e tu sei stato molto stupido, avresti potuto morire!-

-Ma non è successo- e gli aveva sorriso quasi vittorioso come se quelle parole potessero risolvere la situazione.

Ma ad Arthur quel comportamento aveva fatto arrabbiare ancora di più così dopo aver recuperato una corda contenuta nella sella del proprio cavallo era ritornato da Merlin per legargli i polsi insieme.

-Ma cosa…- aveva cercato di obbiettare il ragazzo nonostante non stesse impedendo al Re di legarlo.

-Per punizione tornerai a Camelot a piedi, così imparerai che non devi fare cose così stupide-.

-Ma Sire…-

-Fa silenzio-.

Nessuno dei cavalieri aveva osato dire nulla quando Arthur aveva legato l’estremità della corda al proprio cavallo, insieme al cavallo marrone di Merlin.

Poi quando tutti furono ritornati sulle proprie selle aveva dato il segno di ripartire e quel giorno il giovane mago fu costretto a seguire a piedi la comitiva del Re che fortunatamente stava conducendo i cavalli a passo d’uomo.

Ad Arthur era dispiaciuto farlo stancare in quel modo ma la paura di perderlo era stata tanta.

Più il giovane Pendragon ci pensava e più gli venivano in mente decine e decine di momenti in cui Merlin era sembrato incredibilmente poco attaccato alla propria vita solo per permettere che nessuno potesse nuocere al suo Re.

Come quella volta che il regno era stato attaccato dai Dorocha sfuggiti quando il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti era stato strappato da Morgana.

Insieme ai suoi cavalieri si era recato all’Isola dei Beati consapevole di dover sacrificare la propria vita per ricucire il velo e riportare l’equilibrio nel mondo.

Alla fine, la sua vita era stata salvata dal valoroso sacrificio di Sir Lancelot ma ricordava bene cosa Merlin gli avesse detto in quell’occasione.

“Non dovete sacrificarvi, prenderò io il vostro posto”*

“Merlin” lo aveva rimproverato lui trovando la sua frase assurda, il popolo era suo ed era lui l’erede al trono, toccava a lui salvare tutta la sua gente.

“Cos’è la vita di un servo rispetto a quella di un principe?” gli aveva risposto lui con assoluta convinzione e dedizione tanto che Arthur si era sentito profondamente toccato dall’affetto e dalla fiducia che Merlin sembrava riporre nei suoi confronti nonostante trovasse la frase assurda.

“Beh è difficile trovare un buon servitore” aveva contraccambiato lui cercando come al solito di portare la profonda conversazione che stavano avendo su un livello più ironico e scherzoso.

“Non sono così bravo”.

“Vero”.

Giorni dopo la morte di Lancelot era venuto a sapere che il suo cavaliere aveva fermato Merlin giusto in tempo perché mentre lui era incosciente il servitore aveva davvero offerto la propria vita in sacrificio alla Guardiana del velo.

Non glielo aveva rivelato Merlin però, era venuto a saperlo tramite Ginevra la quale aveva preteso dal suo amico un dettagliato racconto degli eventi che avevano portato alla morte di Sir Lancelot.

Arthur era stato davvero colpito da quella scoperta e quell’evento si era quindi aggiunto alla lunga lista di momenti in cui Merlin aveva mostrato un comportamento fin troppo arrendevole.

Tutti quei racconti, come tessere di un mosaico si potevano facilmente ricondurre ad oggi, quando tutto ciò era diventato fuori controllo ma anche incredibilmente chiaro.

L’ennesimo stregone, infatti, era venuto a chiedere la sua vendetta per delle azioni che suo padre, ormai deceduto, aveva commesso.

Ma Arthur ci era abituato, le colpe dei padri ricadevano spesso sui loro figli.

Il regno era infatti afflitto da una terribile epidemia che aveva già fatto i suoi primi morti ed era già chiaro a tutti che quella fosse opera della magia. A conferma di ciò Gaius non aveva trovato nessun rimedio medicinale per far guarire le persone da quel terribile morbo che affliggeva i loro polmoni.

Poi l’antico stregone si era presentato nella sua sala del trono per fare la sua richiesta.

-Uther Pendragon ha sterminato tutto il mio popolo, adesso sono qui per avere la mia giustizia, per cui Voi, Arthur Pendragon, consegnatevi volontariamente a me, una volta che il vostro sangue scorrerà sulla mia lama il vostro popolo sarà immediatamente guarito dalla malattia-

-Accetto- aveva risposto ovviamente Arthur.

Eroico e coraggioso, così era sempre stato e così sarebbe sempre stato.

Tra i membri della sua corte e dei suoi cavalieri si era subito iniziato a spargere un leggero mormorio di voci, quasi tutti erano contrari alla sua decisione, non potevano rimanere senza un Re in un momento di simile bisogno ma Arthur non aveva scelta.

-NO! Prendete me al suo posto- si era poi intromesso Merlin e il sovrano aveva perso la calma.

-Lasciatemi!- aveva ordinato alla sua corte alzandosi dal proprio trono.

-Adesso!- aveva poi insistito per convincere i suoi fedeli cavalieri e alla fine era riuscito ad ottenere la sala solo per se, Merlin e il malvagio stregone.

-Merlin che diavolo stai facendo? Stanne fuori- aveva poi afferrato il servitore per un braccio e scuotendolo aveva cercato di farlo desistere.

-No Sire, non potete farlo, Camelot ha bisogno del suo sovrano, Voi siete il Re in passato e Re nel futuro, colui che unificherà le terre di Albion-.

Merlin lo aveva guardato con occhi pieni di profonda fiducia, orgoglio e qualcos’altro che ancora non riusciva a cogliere.

-Smettila con queste sciocchezze e vattene- gli aveva risposto con severità spingendolo a lato con poca grazia tanto che lo aveva fatto cadere a terra.

Arthur si era sentito subito in colpa, non era stata sua intenzione spingerlo così rudemente ma spesso si dimenticava di quanto Merlin in realtà fosse fisicamente delicato.

-La vita di un Re vale molto di più di quella di un servo-

E nonostante lo avesse appena fatto cadere a terra Merlin continuava a volersi sacrificare per lui, nonostante lo usasse come sguattero personale costringendolo ogni giorno a eseguire tutti i suoi ordini senza dirgli mai un grazie o ricompensandolo con dolci parole.

Come era possibile meritarsi una tale fiducia? Arthur era un Re, questo era vero, ma al mondo c’erano tante altre persone migliori di lui come ad esempio Merlin. Merlin era un uomo migliore di quanto lui potesse mai poter sperare di diventare e per questo alle sue orecchie quelle parole non trovavano il minimo senso.

-Merlin devi smetterla con questo atteggiamento, tu non devi sacrificare la tua vita per la mia sono stato chiaro? Tu non mi devi niente-.

Inginocchiandosi di fianco a lui lo aveva afferrato per la sporca sciarpa rossa che portava sempre al collo in modo da poterlo sballottare.

-Vi devo tutto invece, Voi siete il mio signore ed è mio compito proteggervi- aveva sussurrato mentre i loro visi si erano inconsapevolmente avvicinati.

-Se non la smetti con queste insensatezze ti taglio la lingua- lo aveva minacciato sperando che con la violenza gli avrebbe fatto cambiare idea, che forse ricordando quanto lui potesse essere crudele e meschino nei suoi confronti, avrebbe potuto finalmente recuperare un po’ di sanità mentale.

-Accetto lo scambio- aveva pronunciato lo stregone all’improvviso facendo voltare entrambi nella sua direzione.

-Che cosa?? Pensavo volessi la mia vita! Merlin non ha colpe, non osate avvicinarvi! - Arthur si era rialzato in piedi e sguainando la spada si era messo a protezione del suo servitore.

-Sbagliate Arthur Pendragon, la mia vendetta richiedeva la vostra sofferenza e adesso ho deciso che prendere la vita del vostro amato soddisferà la mia fame di giustizia- al che il Re aveva emesso una leggera risata.

-Il mio amato? mErlin?- aveva chiesto come se il pensiero fosse per lui inconcepibile.

-Il senso di colpa per la sua morte vi tormenterà finché avrete vita e tanto mi basta- e nel mentre il suo servo si era rialzato da terra e gli aveva poggiato una mano con delicatezza sul polso così da fargli riporre la spada.

-Arthur vi prego, lasciatemelo fare, vi supplico, la mia vita senza di Voi non avrebbe senso per cui preferisco morire adesso-.

A quelle parole il cuore del biondo aveva preso a battere in modo insolitamente veloce e schiudendo le labbra si era messo a fissare il suo migliore amico cercando una risposta attraverso i suoi occhi.

-Merlin- aveva sussurrato incredulo riconoscendo infine nelle sue iridi quello che da sempre gli era sfuggito riguardo il loro rapporto.

Merlin lo amava, lo amava come un marito ama la propria moglie e nonostante avesse sempre saputo dentro di sé che il loro rapporto era speciale solo in quel momento era riuscito ad arrivare a tale conclusione.

E mentre, la sua mente e il suo cuore stavano ancora elaborando quella scoperta, Merlin aveva fatto altri passi avanti fino ad arrivare di fronte all’antico e malvagio stregone.

Si sentiva completamente paralizzato incapace di prendere una decisione, incapace di capire quello che il suo cuore desiderasse davvero.

Con orrore stava assistendo alla morte del suo amato valletto e non stava facendo assolutamente nulla per impedirlo.

Il tempo sembrò poi rallentare mentre lo stregone pronunciava le sue mistiche parole di morte.

Tutte le volte in cui Merlin aveva cercato di sacrificare la sua vita per farlo vivere si stavano andando a fondere con tutti i loro intimi momenti, le risate, le prese in giro, i discorsi di incoraggiamento, il rincorrersi di sguardi notturni attorno ad un fuoco, il continuo bisogno di toccarsi anche se pur con semplici sfioramenti o pacche sulle spalle.

Tutto adesso stava iniziando ad assumere un suo scopo, un filo conduttore che collegava e che univa la sua vita a quella del servo.

Arthur ripensò ai ricordi di Merlin sull’orlo di morte, tutte le volte che era stato in fin di vita a causa di veleni o ferite quasi mortali e a come si era sentito in quelle circostante.

A come si era sentito nell’immaginare la propria vita senza la costante presenza di Merlin ad illuminare le sue giornate e ad accompagnare le sue avventure.

Impensabile.

Inconcepibile.

Inaccettabile.

Assurdo.

Excalibur, la sua fidata spada che aveva il potere di contrastare la magia si mosse insieme al suo braccio destro come se fossero tutt’uno e senza ripensamenti Arthur l’affondò nel corpo caldo dello stregone decretando così la sua morte.

Merlin sorpreso aveva singhiozzato di fronte a quella spietata scena.

-Arthur cosa avete fatto!- lo aveva rimproverato ma lui incurante delle sue proteste lo aveva afferrato per la sua misera giaccia marrone portandoselo contro.

-Tu non te ne vai da nessuna parte, tu non hai il permesso di abbandonarmi sono stato chiaro? E questo è un ordine Merlin, la tua vita mi appartiene e non puoi decidere di sbarazzartene quando più ti aggrada, tu sei al mio servizio e al mio più totale controllo, tu sei mio-.

Il ragazzo smettendo di respirare lo aveva guardato sorpreso negli occhi e poi era arrossito.

Nessuno dei due aveva pronunciato la parola amore; eppure, entrambi avevano capito quello che era davvero successo in quella stanza.

Arthur aveva continuato a guardarlo negli occhi, solo adesso consapevole dei propri sentimenti nei confronti di quel ragazzo totalmente indispensabile alla sua vita.

Il sovrano aveva provato l’irrefrenabile impulso di baciarlo ma sapeva che se avesse compiuto un simile gesto tutto sarebbe cambiato tra di loro e sapeva anche che un simile amore andava tenuto nascosto.

Merlin non avrebbe mai potuto sedere accanto a lui sul trono.

Così Arthur aveva fatto l’unica cosa che gli era concessa di fare, aveva fatto cadere la spada insanguinata a terra producendo così un rumore metallico che echeggiando si era diffuso in tutto il salone, poi con grande solennità aveva preso la mano di Merlin deponendo sul suo dorso un elegante bacio.

Aveva chiuso gli occhi, trattenendosi qualche secondo nel respirare l’odore della sua pelle.

Poi aveva riaperto le palpebre per unire nuovamente i loro sguardi.

-Non lasciarmi mai- aveva pronunciato prima di lasciar andare la sua mano per poi allontanarsi.

Solo allora a gran voce aveva dato ordine ai suoi cavalieri di rientrare nella stanza.

E in mezzo alla folla aveva notato come il suo servitore fosse ritornato completamente padrone del proprio corpo comportandosi come se niente fosse successo, ma poi i loro occhi si era incrociati ancora ed entrambi avevano sorriso.

Da adesso niente sarebbe più stato come prima.

 

 

 

 

 

*parole tratte dalla 4x02

 

 

 

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Capitolo 3
*** Prometto di proteggerti ***


Rating: Arancione

Genere: Dark

Contesto: Terza Stagione

Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza

 

 

PROMETTO DI PROTEGGERTI

 

Merlin ed Arthur avevano una relazione segreta ormai da mesi e nonostante le varie complicanze erano sempre riusciti a cavarsela.

Pensavano di essere stati bravi a nascondere le proprie tracce, addirittura si ritenevano furbi, ma qualcuno doveva averli visti per poi aver fatto la spia al Re.

Uther quindi li aveva scoperti, e tutto successe in un attimo.

Il minuto prima, Arthur si era inginocchiato davanti al suo ragazzo e gli aveva preso il pene nella bocca perché l’uomo adorava il modo in cui riusciva a far gemere e godere il corvino con poche semplici mosse delle labbra, e dall’altra parte, Merlin si eccitava nel vedere il futuro Re di Camelot inginocchiato ai suoi piedi.

Nella sua semplice vita di contadino e poi di valletto reale, quella era una cosa che non succedeva di certo tutti i giorni, e a volte si divertiva a prendere la testa di Arthur con una mano per poi spingerla contro la sua lunghezza.

Certo, poi il Principe gliel’avrebbe fatta pagare, ma a lui andava bene così perché in quei pochi istanti poteva sentire il proprio sesso ben piantato dentro la gola del biondo e la cosa lo faceva sentire incredibilmente potente, un tipo di potere che di solito provava solamente quando usava la magia.

In quei momenti si sentiva davvero l’uomo più potente ad aver mai camminato sulla Terra, ma per fortuna era buono e non aveva sentimenti conquistatori, per cui ridimensionava il proprio ego e tornava ad usare la magia in segreto.

Il minuto dopo la porta delle stanze di Arthur si spalancarono e Uther apparve seguito da un manipolo di guardie.

Arthur si scostò immediatamente da Merlin ritornando con uno scatto in piedi, con il dorso della mano si pulì il mento sporco di saliva, mentre il corvino si portava le due mani a coprirsi le proprie nude intimità.

-Padre…- mugolò Arthur totalmente sconvolto e anche imbarazzato di essersi fatto vedere in simili atteggiamenti, inginocchiato davanti ad un servo, mentre faceva un pompino ad un uomo.

Uther, con lo sguardo pieno di rabbia, entrò nella stanza e si avvicinò con furia al figlio. Con un veloce movimento del polso diede uno schiaffo al biondo, così forte da farlo cadere a terra.

-Arthur! - si ritrovò ad urlare Merlin di fronte a quella violenza e fu allora che lo sguardo nero del Re si fermò su di lui.

-Arrestatelo! - gridò alle guardie che non ci misero un millisecondo a circondarlo e a trascinarlo via.

Merlin ebbe solo il tempo di riallacciarsi i pantaloni.

Prima di uscire dalla stanza il Re gli si avvicinò e gli strattonò la testa tirandolo per i capelli.

-Ti pentirai amaramente di aver corrotto mio figlio! - gli disse con rabbia omicida e Merlin fu percorso da brividi di paura.

Sarebbe finita male, molto male, e sapeva che a questo punto l’unica chance che aveva per salvarsi era quella di usare la magia, ma prima avrebbe dovuto parlare con Arthur.

E forse, ironicamente, Uther avrebbe avuto più pietà di lui nel saperlo un mago piuttosto che un deviato.

Quando venne sbattuto nella cella prese un violento colpo alle spalle e per le ore successive ella non smise di fargli male.

Il dolore era così forte che non riusciva neanche a concentrarsi per fare un incantesimo di guarigione.

Inoltre, la preoccupazione per la sorte di Arthur gli annebbiava il cervello e non riusciva a pensare ad altro, solo a che tipo di sorte il padre avesse in serbo per loro.

Arthur dopo lo schiaffo era rimasto a terra ed aveva leggermente perso i sensi.

Quando dopo alcuni minuti riprese coscienza di chi fosse e di dove si trovasse Merlin era sparito, ma il padre, in piedi, lo troneggiava e lo guardava con una tale angoscia che mai Arthur aveva intravisto prima nei suoi occhi.

-Alzati- gli disse il Re di Camelot e lui prima si mise in ginocchio, poi lentamente si rialzò in piedi.

Il suo occhio sinistro stava già diventando nero.

-Dov’è Merlin? - ebbe il coraggio di chiedere, preoccupato per le sorti del suo amante.

Merlin, il suo Merlin, il suo servo fedele, il suo migliore amico, l’uomo di cui era innamorato ma a cui non si era mai dichiarato.

Sapeva che da adesso in poi le cose sarebbero state molto, molto diverse.

-Non puoi ucciderlo- riuscì a mormorare quando dal Padre non arrivò nessuna risposta.

Solo il pensiero lo distruggeva, avrebbe fatto di tutto per potergli salvare la vita.

-Non posso?? Sono il Re di Camelot e lui ti ha corrotto! Ti è entrato nella mente e ti ha reso un viscido peccatore- l’uomo gli gridava puntandogli un dito contro e Arthur cercò di mostrarsi risoluto e determinato come era sempre stato.

-Ti prego padre, mi sposerò, troverò una moglie e avrò molti eredi, te lo giuro, posso sposarmi anche domani, ma non puoi ucciderlo, non è colpa sua, non ha fat..- un altro schiaffo gli arrivò in faccia, questa volta spaccandogli il labbro inferiore che iniziò a sanguinare.

-No, quella feccia ti ha contagiato con il suo male ed è mio compito guarirti-.

Arthur era confuso, non capiva che cosa intendesse, ma non ebbe l’opportunità di chiederlo perché all’ennesimo ordine del Re le guardie lo presero sottobraccio e lo portarono nelle segrete.

Il suo cuore batteva forte contro le proprie costole.

Era spaventato. Spaventato per se e per Merlin.

Aveva paura di perdere il suo titolo come erede ed era terrorizzato che Uther potesse uccidere l’uomo che amava.

Ma come un raggio di luce intravide il ragazzo, padrone del suo cuore, tra le sbarre della cella accanto alla sua.

-Merlin! - gridò esterrefatto e attraverso le sbarre di metallo le loro mani si trovarono e si strinsero, i loro occhi tornarono a casa e le loro labbra sorrisero.

-Arthur-

-MI dispiace, mi dispiace così tanto, non riuscirò mai a farlo ragionare, devi scappare, appena ne hai l’opportunità scappa!-

-No, scordatelo, non ti lascerò, non lo farò mai-

-Merlin ti prego non fare l’idiota, devi farlo o lui ti ucciderà-

-Non ti lascio-.

Arthur era il suo Re, il padrone del suo destino e il signore della sua anima.

A quel punto rimasero entrambi in silenzio, consapevoli che qualsiasi cosa avessero detto non sarebbe servita a far cambiare idea all’altro.

Ma Merlin sapeva che a quel punto l’unica soluzione era usare la magia e rivelarsi.

Forse così si sarebbe salvato la vita ma lui e Arthur non avrebbero più potuto stare insieme. Arthur non poteva scappare con lui, doveva rimanere a Camelot e diventare Re, era quello il suo destino.

-Arthur qualunque cosa succederà, qualsiasi cosa farò, sappi che io ti…-

Stava per confessare i suoi sentimenti e dirgli che lo amava, ma i passi degli stivali di pelle di Uther contro la pietra lo fecero fermare.

Senza dire niente, una guardia entrò nella cella di Merlin portandolo fuori e posizionandolo proprio di fronte a quella in cui era rinchiusa Arthur, i suoi polsi vennero avvolti da del gelido ferro e poi legati al soffitto tramite una catena attaccata alla roccia.

Infine la guardia strappò la camicia del servo lasciandolo nudo dalla vita in su, poi se ne andò.

A quel punto nelle segrete rimanevano solo loro tre.

-Padre cosa vuoi fare? - chiese spaventato il biondo.

Vedeva Uther troppo sconvolto e in quelle condizioni sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa.

-Ucciderlo non basterà, prima devo farti guarire Arthur, devo annientare quella parte malata di te che ha corrotto il tuo onore e deviato la tua mente-.

Merlin deglutì a vuoto mentre l’aria umida e gelata dei sotterranei lo trapassava attraverso la pelle nuda.

Solo a quel punto Uther mostrò loro una frusta fatta di pelle ruvida e dura.

Arthur si lasciò scappare un singhiozzo.

-Padre punisci me, ti prego, è colpa mia ma non lo farò più te lo giuro-

-No, non servirebbe a nulla- e senza aggiungere altro il primo colpo di frusta calò sulla pelle bianca, candida ed immacolata del giovane servo.

Dalle labbra di Merlin uscì un grido pieno di dolore e sofferenza.

Lui non era un soldato, non era addestrato a resistere alle torture, qualsiasi dei suoi cavalieri avrebbe potuto resistere ad ore di indicibili sofferenze ma Merlin..no..sarebbe crollato dopo pochi minuti.

E Arthur aveva visto tanti uomini venir torturati ma quella volta fu diverso.

Quello era il suo Merlin a soffrire. Il suo dolce, piccolo, innocente Merlin.

-Smettila!!! Ti prego!! Non serve a niente, smettila! - e Arthur gridava, gridava e si disperava ma il padre non si fermava e continuava a colpire, colpire e colpire.

Alla decima frustata, ormai stanco, fece una pausa per riprendersi e finalmente prestò attenzione al figlio ormai piangente.

-Arthur guardati, guarda il modo in cui ti sei ridotto. Eri un uomo fiero e valoroso una volta e adesso sei solo una femminuccia succhia cazzi, ma non è colpa tua, sei stato corrotto, il male ti è entrato dentro, ma io ti guarirò figlio mio, presto sarà tutto finito-.

Uther gli fece una carezza sulla guancia prima di riprendere a torturare il suo amato.

Merlin manteneva ancora uno spiraglio di coscienza anche se il dolore era ovunque.

La pelle gli andava a fuoco ed ogni frustata era sempre più dolorosa della precedente.

La sofferenza lo faceva affogare, gli impediva di reagire.

Ormai non sentiva neanche più i propri urli o le parole di Arthur e Uther.

Tutto intorno a lui era diventato inconsistente tranne il dolore.

Quello era forte e presente, era l’unica cosa a cui riuscisse a pensare.

Avrebbe voluto morire.

Le frustate ripresero ed il cuore di Arthur sanguinava sempre di più ad ogni ennesimo grido che sentiva uscire dalle labbra di Merlin.

-Padre ti supplico! Abbi pietà! Io lo amo! Lo amo! Lo amo! Padre fermati ti prego! Fallo per me! Ti prego ti prego ti prego…- iniziò a singhiozzare quando le frustate non si fermarono ma anzi presero ad essere ancora più veloci e violente.

La schiena di Merlin ormai non esisteva più, al suo posto solo muscoli e sangue che scorreva fino a terra, formando una pozza di un odore ferroso che gli faceva venire la nausea.

Quella era la prima volta che ammetteva ad alta voce di essere innamorato del suo servo e non solo non era servito a niente, ma probabilmente Merlin neanche lo aveva sentito.

Il suo sguardo era vacuo, come se non fosse presente.

I suoi urli iniziarono ad affievolirsi finché non si fermarono completamente.

Ormai era diventato un sacco inconsistente di carne che ancora sobbalzava ogni volta che veniva colpito dalla frusta.

-Ti sbagli Arthur! Non è amore, non te ne rendi conto? Non puoi amare un uomo, è innaturale. Questo è il male che parla per te. Devi combatterlo, combatti! Sei più forte di così, io credo in te avanti!-.

In tutte quelle insensatezze, di una cosa suo padre aveva ragione.

Avrebbe combattuto ma non contro Merlin, piuttosto per Merlin.

L’amore che provava per quel ragazzo era il sentimento più vero che avesse mai provato in tutta la sua intera vita e non era possibile che fosse frutto della malvagità.

No, quell’amore era puro e dolce, nato dopo anni e anni di amicizia, di risate, di condivisione.

Erano il cuore l’uno dell’altro.

Non avrebbe mai ritirato le proprie parole, mai, e quello gli lasciava un’unica possibilità.

Avrebbe combattuto sì, ma contro suo padre.

In qualunque modo possibile.

-Merlin! Merlin mi senti? Resisti ti prego, fallo per me, ti amo, ti amo hai capito stupido idiota?! Resisti! Combatti! -.

-Arthur smettila, più insisti nel dire queste sciocchezze più io vado avanti. Guardalo Arthur, non gli resta molto, qualche altro colpo e morirà. È un debole, come tutti quelli della sua specie- e il Re sputò sulla schiena martoriata prima di riprendere a colpirla.

-NOOO smettila smettila ti supplico padre, basta, basta, lo amo! E’ tutta la mia vita! -.

Ed è vero, Merlin era debole, mingherlino e senza muscoli, e forse non era neanche degno di venir chiamato uomo perché provava piacere nel venir penetrato come le donne, ma lui possedeva una cosa che nessuno aveva.

La magia.

E non semplice magia curativa come quella di Gaius.

No. Lui era il mago più potente ad essere mai nato.

E nonostante quella tortura potesse aver distrutto il suo corpo umano, la sua anima era forte, ed antica e quella non si sarebbe mai arresa.

Quella lo avrebbe mantenuto sano perché Merlin non era nato per vivere una vita sua, no.

Merlin era nato per servire e proteggere un uomo.

L’uomo che avrebbe reso Re conducendolo ad una grandezza che nessun mortale aveva mai raggiunto prima.

Avrebbe reso il suo nome una leggenda che sarebbe stata raccontata e venerata finché il mondo non avesse cessato di esistere.

Le parole disperate di Arthur furono accolte dalle orecchie umane di Merlin e arrivarono fino alla sua coscienza, ancora viva e protetta dalla magia.

Arthur lo amava, finalmente glielo aveva detto.

E lui lo amava con altrettanta potenza e non avrebbe mai potuto permettere che la loro storia finisse in quel modo.

Merlin sarebbe morto volentieri pur di proteggere Arthur ma adesso era diverso.

Adesso, per proteggere il suo Re, doveva vivere.

I suoi occhi si spalancarono di scatto mentre l’aria entrò con un verso nei suoi polmoni.

Quello attirò l’attenzione dei due Pendragon che si trovarono davanti ad una visione assolutamente terrificante.

Gli occhi di Merlin erano gialli, no, color oro.

Erano completamente dorati e splendenti.

Arthur spalancò a sua volta gli occhi mentre Uther si ritrovò a fare qualche passo indietro, spaventato.

La pelle bianca del servo prese ad illuminarsi di un bianco non umano.

L’onda traslucida e brillante si mosse sotto l’epidermide del corvino fino ad arrivare alla sua schiena e allora qualcosa di impossibile avvenne.

Le ferite iniziarono a guarire. La pelle tagliata in due si fuse di nuovo insieme.

Il sangue scomparve e la schiena di Merlin tornò perfetta, integra, intoccata.

-Stregoneria! - gridò terrorizzato ed esterrefatto Uther.

Poi uno schiocco violento e sordo risuonò nei sotterranei e le manette di ferro, attorno ai polsi di Merlin, si ruppero in due e poi caddero a terra.

Adesso il mago era libero ma i suoi occhi erano ancora accesi da una luce innaturale.

La sua pelle risplendeva ancora di potere.

Arthur nonostante lo shock nello scoprire che la persona che pensava di conoscere di più al mondo, in realtà gli aveva mentito per tutto il tempo, trovò la scena assolutamente affascinante.

Merlin era bello, e invincibile.

Uther tirò fuori la spada puntandola contro il giovane ragazzo, ma ad un gesto di Merlin il pezzo di metallo sfuggì alle mani del Re per poi cadere a terra.

Lo stregone si avvicinò ad Uther e senza toccarlo fisicamente, ma usando una forza invisibile, lo strinse per il collo iniziando a soffocarlo.

-Uther Pendragon, per decenni hai fatto soffrire il mio popolo, per anni hai ucciso i miei figli, ma adesso non ti permetterò più di farlo-.

E non era Merlin che parlava nonostante fossero le sue labbra a muoversi.

Era la magia dentro di lui che lo controllava, a parlare.

La magia che governava la natura e risiedeva nei cuori di ogni creatura magica.

Uther, impossibilitato a parlare, si portò inutilmente le mani alla gola cercando di rompere quella magia che lo stava lentamente portando alla morte.

Arthur, impassibile, osservava la scena senza emettere un suono.

Non sapeva cosa pensare.

Il volto di Merlin si voltò verso di lui e gli sorrise.

-Figlio mio- lo chiamò prima di aprire la porta della sua cella con uno schiocco di dita.

-Sono io ad averti fatto nascere e ad averti fatto dono di Merlin, lui ti appartiene e ti porterà alla gloria, siete destinati a stare insieme. Ma tu devi proteggerlo. Promettimi che non permetterai più che venga fatto del male né a lui né a me-.

La magia continuava a guardarlo attraverso gli occhi di Merlin ed Arthur cos’altro avrebbe potuto fare se non acconsentire?

A volte era stato stupido ma qui era chiaro cosa stesse succedendo.

Merlin era uno stregone, lo aveva protetto da sempre, e adesso l’energia cosmica che lo rendeva così potente lo stava supplicando di prendersi cura di lui e non c’era altra cosa al mondo che Arthur avrebbe desiderato fare.

-Lo prometto, lo giuro, nessuno vi farà più del male-.

-Bene, allora devi uccidere Uther Pendragon- e la magia sparì dagli occhi di Merlin.

Arthur in un istante uscì dalla cella, ormai aperta, e riuscì a prendere il corpo di Merlin prima che cadesse a terra.

-Arthur… - mugolò il ragazzo confuso aggrappandosi a lui.

-Cos’è successo? -.

-Niente piccolo, adesso starai meglio- gli disse accarezzandogli con tenerezza la fronte.

Solo una volta che fu certo che riuscisse a reggersi in piedi, smise di abbracciarlo così da prestare attenzione al padre.

Uther era rannicchiato a terra e tossiva.

La forza magica attorno al suo collo era stata interrotta e adesso stava cercando di recuperare quanto più ossigeno possibile.

Merlin invece era confuso, non si ricordava molto.

Si portò una mano alla schiena trovandola completamente guarita, doveva essere stata la sua magia e Arthur doveva averlo visto per forza.

Il suo Arthur adesso sapeva eppure non sembrava guardarlo con disgusto o rabbia. Nei suoi occhi leggeva solo amore.

-Arthur chiama le guardie! Dobbiamo ucciderlo adesso! È una minaccia per tutta Camelot- riuscì a dire il Re mentre lentamente cercava di mettersi in piedi.

Arthur si chinò a raccogliere la spada del Re dal pavimento, poi lo prese per un braccio e lo aiutò ad alzarsi.

-Avete ragione padre, dobbiamo ucciderlo, è un uomo troppo malvagio e non merita di continuare a vivere, ha causato troppa sofferenza, sofferenza di cui io sono stato complice perché non vi ho mai impedito di condannare a morte uomini, donne, bambini e anziani completamente innocenti-.

Gli occhi di Uther si spalancarono nel capire che non stava parlando di Merlin ma di lui stesso.

-Arthur sei forse impazzito? Sono tuo padre! Il tuo Re! -.

I due uomini si guardarono negli occhi.

-È vero, lo siete, ma per me queste due parole non significano più niente-.

Arthur portò indietro il braccio e poi con un colpo secco e veloce conficcò la spada nello stomaco di Uther.

Rigirò la lama nella ferita continuando a guardare lo sguardo tradito del padre.

Poi tolse la spada e lo lasciò cadere a terra, facendo poi qualche passo indietro.

Merlin dietro di lui, completamente scioccato da ciò che il biondo aveva appena compiuto, si portò le mani alla bocca.

-Arthur...cosa avete fatto- riuscì a mormorare non riuscendo a credere ai propri occhi.

Il biondo si girò verso di lui e con espressione severa gli si avvicinò.

-Ti ho protetto, nessuno ti farà più del male, te lo prometto-.

Merlin non sapeva cosa rispondere.

-Ma sono un mago- disse quindi, come se invece di protezione si fosse aspettato ulteriori torture e sofferenze.

-Si lo sei, e te la farò pagare per non avermelo mai detto, ma ti amo e tu mi appartieni-.

La voce di Arthur era fredda, probabilmente perché ancora sconvolto per ciò che aveva fatto, ma nonostante quello, le sue mani si strinsero in modo dolce attorno al suo volto e poi lo baciò.

-Ti amo anche io- e solo allora gli venne in mente di contraccambiare la sua dichiarazione d’amore.

Possibile che non glielo avesse mai detto prima d’ora? Eppure era sempre stato così chiaro.

-E amerai solo me, per il resto della tua vita-.

Il cuore di Merlin perse un battito, mentre tutto il suo corpo gli implorava di inchinarsi e sottomettersi al padrone della sua esistenza.

-Si sire- rispose senza il minimo dubbio.

Aveva sempre saputo che avrebbe donato tutta la sua intera esistenza ad Arthur.

Prima come servo e adesso invece come compagno e amante.

-Il Re è morto- mormorò allora contro le sue labbra.

-Lunga vita al Re-.

 

 

Nda: questa storia è nata dopo aver visto questa fan art in giro su Internet.

(non ho idea chi l’abbia creata). Mi ha colpito così tanto che appena l’ho vista le parole si sono praticamente scritte da sole.

Nonostante il tema un po’ cupo spero comunque di aver fatto un buon lavoro.
Fan Art che ha ispirato la storia

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Capitolo 4
*** Sognami ***


Rating: Verde

Genere: Malinconico, Romantico

Contesto: Quarta Stagione

 

 

                                  SOGNAMI

 

Quell’ennesima missione era stata stancante e difficile un po’ per tutti ma particolarmente per Arthur.

Erano parecchi giorni che non dormiva, e quando lo faceva era circondato da incubi a causa di tutte le preoccupazioni che portava sulle proprie spalle.

Proteggere il regno da tutti i suoi nemici, soprattutto da morgana.

Quel pensiero lo tormentava.

Era Re solo da qualche mese e ancora non era abituato a gestire tutte quelle enormi responsabilità ed ansie continue.

Per cui, quando i cavalieri trovarono una radura abbastanza ampia da poterli ospitare, Arthur poggiò il mantello a terra e stendendosi provò a dormire sapendo che i suoi uomini avrebbero pensato all’allestimento del campo.

I guerrieri di Camelot, anche dalle profonde occhiaie che segnavano il volto del loro Re, avevano ben capito quanto fosse stanco, per cui prestarono particolare attenzione nel non fare troppo rumore.

Ben presto accesero un bel fuoco ristoratore così da permettere a Merlin di cucinare loro una bella cena che riempisse i loro stomaci brontolanti.

Ovviamente il servitore avrebbe lasciato da parte una porzione così che anche il Re potesse mangiare una volta risvegliato.

Durante il pasto i valorosi uomini iniziarono a parlare del più e del meno.

Per lo più discorsi che riguardavano la caccia, la guerra e il sesso.

Merlin, unito insieme a loro nel cerchio attorno al fuoco, li ascoltava in silenzio e ogni tanto rideva alle loro battute.

Alcune volte Arthur, distante da loro solo qualche metro, interrompeva le loro conversazioni con qualche gemito di sofferenza. Si capiva che probabilmente stava avendo l’ennesimo incubo.

-Mi dispiace vederlo così, è diverso dall’Arthur che ho conosciuto la prima volta che sono venuto a Camelot- commentò Gwaine a un certo punto con tristezza.

-È comprensibile, è diventato Re da poco, suo padre è morto in modo tragico, ed è in guerra con la sua sorellastra- commentò Percival dopo aver inghiottito il suo boccone di zuppa.

-Tu che ne pensi Merlin? Passi con lui più tempo di noi…. Pensi che riuscirà a tornare l’Arthur spensierato di una volta? - gli domandò poi Leon e tutti gli occhi dei cavalieri si catapultarono sul giovane ragazzo, in attesa di una risposta.

-Si…penso di sì, sono sicuro che una volta che avremo fermato Morgana e la pace sarà ristabilita ritornerà a sorridere come suo solito-.

Gli uomini soppesarono le sue parole da cui si lasciarono convincere facilmente e annuirono essendo d’accordo con lui.

Una volta chiarite le loro preoccupazioni tornarono a conversare amichevolmente anche perché i sospiri di Arthur si erano fermati.

Poi nel silenzio della notte il biondo sussurrò il suo nome.

-Merlin…-.

-Uh si è svegliato…meglio che gli porti la cena...- borbottò il giovane, pronto ad alzarsi in piedi.

-In realtà credo che stia ancora dormendo- osservò Elyan, visto che il Re sembrava essere rimasto immobile.

-Oh…- così Merlin si risedette al suo posto vicino a Gwaine, ma Arthur lo chiamò di nuovo.

-Merlin….- e questa volta la voce sussurrata era strana, non lo stava semplicemente chiamando, stava…. Gemendo il suo nome.

Il giovane mago incredulo lanciò un‘altra occhiata al biondo ma poi nel rivolgersi di nuovo verso il fuoco trovò i cavalieri che di nuovo lo stavano fissando.

-Che c’è? - balbettò a disagio nel ritrovarsi al centro dell’attenzione di tutti.

-Il Re ti chiama- ridacchiò Percival a quel punto mentre gli altri ridendo sotto i baffi ripreso a mangiare la calda zuppa.

-Già l’ho sentito- balbettò il corvino non capendo perché si sentisse così in imbarazzo.

-Ahhhh…Merlin..mhhh-.

E questa volta il servitore diventò totalmente paonazzo mentre tra i cavalieri iniziarono ad alzarsi altre piccole risatine.

-Mi sa che il Re questa volta sta facendo bei sogni- disse Gwaine dando una spintonata a Merlin che sembrava volersi scavare una fossa sottoterra.

-Già ma non su tua sorella Elyan- ridacchiò Percival.

-Eddai!- gli rispose quello lanciandogli la ciotola di legno, ormai vuota, in testa.

-Ahia!- si lamentò l’armadio di muscoli.

Probabilmente quello stava per diventare uno dei momenti più imbarazzanti di tutta la sua vita e lui neanche ne aveva colpa.

Dentro di sé, sentire Arthur che gemeva il suo nome nel modo in cui, in teoria, un uomo avrebbe dovuto fare solamente tra le calde braccia di una bella donna, lo faceva impazzire di gioia.

Era innamorato del biondo da praticamente …beh dalla prima volta che lo aveva visto.

Ma da quel momento aveva sempre tenuto ben a mente che una relazione che andasse al di là dell’amicizia tra di loro era impossibile, ma di certo non si aspettava che il loro rapporto sarebbe cresciuto in quel modo.

All’inizio, i primi anni di servizio per Arthur erano stati normali, con lui che gli salvava la vita in gran segreto senza ricevere neanche un grazie, e poi tutto ricominciava da capo.

Ma poi erano incredibilmente diventati migliori amici e adesso la loro amicizia era cresciuta fino ad un tale livello per cui non stavano mai separati per più di qualche ora. Arthur richiedeva il suo parere su tutto, e quello lo faceva sentire voluto, apprezzato e rispettato ma allo stesso tempo gli distruggeva l’anima.

Il loro rapporto era strano e complicato e quando Merlin ci pensava finiva sempre per farsi venire un gran mal di testa.

-Mer…lin..- e che cavolo ma quell’asino reale non riusciva a stare con la bocca chiusa neanche mentre dormiva??

I cavalieri continuarono a ridere e la cosa lo metteva sempre più a disagio.

Sotto sotto sapeva che tutti loro si erano resi conto dei sentimenti che nutriva verso il Re ma per fortuna nessuno aveva mai voluto parlarne.

Fino a quella sera a quanto pare.

-Merlin dai diccelo… tu e Arthur avete mai..?- insinuò Gwaine inserendo l’indice sinistro all’interno di un cerchio creato dall’indice e dal pollice destro, mimando così un rapporto sessuale.

-Che cosa?!! No no assolutamente no- si sentiva le guance andare a fuoco.

-Però ti piacerebbe- chiese Elyan curioso.

-Ma cosa… no certo che no come vi viene in mente una cosa del genere- balbettò il ragazzo col cuore a mille e la pelle ricoperta dalla peluria eretta a causa dell’emozione.

-Guarda che non devi vergognartene, alla fine sono gusti… una volta ho visto Lord Cambridge infilare la lingua nella bocca del suo servitore, per cui non sareste di certo i primi e sicuramente non gli ultimi- mormorò Leon.

-Una volta ho baciato un uomo- sbottò di botto Gwaine -Ma non so se lo rifarei, quella sera ero parecchio ubriaco e sono sicuro di preferire ancora le dolci e calde fanciulle-.

-Sul serio?! Prima o poi finirai per morire per il troppo idromele- esclamò leggermente scioccato Elyan.

-Pagherei per morire in quel modo- commentò pronto il diretto interessato, e tutti scoppiarono in una grassa risata.

-Alla fine è solo sesso, se tu e Arthur volete spassarvela in attesa che lui si sposi …- continuò Percival – Chi siamo noi per giudicare? - finì Leon.

-….ahh…Mer…lin-

-Oddio ti prego fallo smettere- esclamò Elyan alzandosi in piedi.

-Meglio andare a controllare il perimetro- concordò Leon e tutti i cavalieri si alzarono per poi sparire velocemente nelle tenebre della notte.

Merlin non aveva più parlato ma i commenti dei suoi amici continuavano a ripetersi in continuazione nella sua mente.

Da quando avevano una mentalità così aperta? Aveva sempre pensato che lo avrebbero picchiato e ridicolizzato e invece…. Invece lo avevano addirittura motivato a farsi avanti??

Sicuramente si era congelato l’inferno.

L’ennesimo gemito di Arthur lo riportò al presente.

Doveva decisamente farlo smettere, ne andava anche della sua sanità mentale.

-Sire? Sire svegliatevi… è pronta la cena- furono quelle tre ultime parole finali a facilitargli il compito, altrimenti col cavolo che sarebbe riuscito a fargli aprire gli occhi.

-Mhh? Quanto ho dormito? - chiese con la voce assonnata tirandosi a sedere, Merlin si allontanò immediatamente per poi porgergli la ciotola piena di zuppa.

-30 Minuti? - ipotizzò non essendone molto sicuro.

-30 minuti? E per quale diavolo di motivo mi hai svegliato? E i cavalieri dove sono? - tipico di Arthur lamentarsi da appena sveglio.

-Non volevo vi si freddasse la zuppa… sono andati a controllare il perimetro-

-Tutti e cinque? -.

Merlin rispose con un’alzata di spalle.

-Va tutto bene? Sembri strano-.

Accidenti ad Arthur e al suo formidabile intuito, riusciva sempre a leggergli attraverso gli occhi, tranne per quando si trattava della magia, anzi a volte Merlin sospettava che avesse già capito tutto e semplicemente facesse finta di nulla.

-Si tutto bene, ma se ne sono andati perché stavate russando e li disturbavate- rispose allora con la prima bugia che gli venne in mente.

-Cosa?? Io non russo mErlin-.

Alzò automaticamente gli occhi al cielo, malediceva ogni volta l’orgoglio dei Pendragon.

-Beh, allora non era proprio un russare… più un parlare ecco- si corresse quindi per evitare di farlo alterare.

-Parlavo nel sonno? Cavolo devo essere proprio distrutto allora, di solito mi succede quando sono esausto- lui annuì ed esaurita tutta la sua curiosità, Arthur optò per riempirsi la bocca con il cibo ormai tiepido.

Passarono qualche minuto nel silenzio, e quando la zuppa fu finita, e quindi la sua lingua smise di essere impegnata, Arthur riprese con l’interrogatorio.

-Che cosa ho detto? -.

Merlin trasalì e il cuore prese a battergli fortissimo.

Avrebbe potuto mentire, avrebbe potuto dire che aveva mormorato il nome di Ginevra e Arthur sarebbe ritornato a dormire con la pancia piena.

Ma le parole dei cavalieri gli risuonavano nella mente, forse anche lui era di quell’opinione? E poi per quale diavolo di motivo aveva gemuto il suo nome?

Anche lui lo desiderava? No, impossibile, impossibile.

Eppure…

-Chiamavate il mio nome- e si morse immediatamente le labbra per evitare di aggiungere qualcos’altro di compromettente.

Con la coda dell’occhio vide Arthur trattenere il respiro sorpreso, per poi abbassare gli occhi.

-Allora stavo sicuramente avendo un incubo, sei così fastidioso che mi tormenti anche la notte-.

Arthur la mise sullo scherzo e Merlin si lasciò andare subito ad una risatina per interrompere l’imbarazzo momentaneo che si era creato.

-Ma la vostra voce era dolce per cui non penso fosse un incubo-.

Dolce! Aveva appena riassunto i gemiti del Re come dolce. Che idiota.

-Pff stento a crederlo- rispose convintissimo il biondo, poi però il dubbio lo attanagliò.

-Dolce in che senso? - a quel punto Merlin arrossì e la vista d’aquila di Arthur se ne accorse subito, e quell’osservazione cominciò a fargli muovere qualche ingranaggio nel cervello.

-Merlin rispondimi- dovette richiamarlo con voce autoritaria dopo un minuto di silenzio.

-Ansimavate- la sua voce fu come un sussurro, ma di nuovo l’udito da cacciatore del biondo non ebbe difficoltà a sentirlo.

-Non posso controllare cosa sognare e a volte la mente ci fa immaginare cose strane, una volta ho sognato un gatto con quattro occhi e …..-

-Sire non dovete giustificarvi- lo interruppe Merlin cercando di tenere a bada l’ansia.

-Potete sognare quello che volete ed inoltre…- codardo, codardo, codardo -Inoltre anche io vi sogno- lo aveva detto, lo aveva detto sul serio.

Nel silenzio della notte, tutto quello che Merlin riusciva a udire era il comprimersi ed estendersi del suo organo pompante.

Arthur si alzò in piedi e venne a sedersi vicino a lui, lasciando comunque un metro abbondante di distanza.

-Mi sogni all’interno di un incubo? - domandò con voce delicata il Re.

I due non osavano guardarsi.

-No, non potrei mai, siete sempre nei miei sogni più belli- e a quel punto Merlin non poteva proprio mentire, si rifiutava.

Ed inoltre un momento simile non sarebbe mai più ricapitato; certo, tante volte restavano da soli nella foresta ma mai così, immersi in quell’atmosfera assolutamente liberatoria ed emozionante.

La mano di Arthur si spostò pericolosamente vicino alla sua come se volesse stringerlo, ma poi si ritirò con uno scatto.

Il Re non accennava a voler continuare la conversazione e lui non poteva permettere che tutto finisse così, in un limbo sospeso.

-Pensate che sia strano? Che io vi sogni? - la sua voce era tremolante eppure straordinariamente decisa allo stesso tempo.

-Assolutamente no, penso che sia bello…. Quando io ti sogno sto bene, mi tieni compagnia anche mentre dormo- e Merlin sarebbe potuto morire in quell’esatto momento ma sarebbe morto con un sorriso sulle labbra.

Sentiva le orecchie andare a fuoco così come le guance ed uno strano movimento strizzargli lo stomaco.

-Inoltre… chiamami egoista ma se potessi esprimere un desiderio sarebbe quello di farti sognare solo me e me soltanto-.

-Testa d’asino presuntuosa- disse Merlin ridendo ed anche Arthur si abbandonò ad una lieve risata.

Poi involontariamente i loro occhi si incontrarono.

Entrambi erano stati molto bravi a non farlo accadere, evitando i propri sguardi come se potessero pietrificare come quelli di Medusa, poi si erano distratti e adesso…

L’azzurro di Arthur era assoluto, dolcemente avvolgente, ed adesso si stava anche dilatando, inglobando la pupilla del Re come a volerla sommergere.

Le sue labbra, morbide e rose, erano piegate all’insù.

I suoi capelli biondi luccicavano alla luce del fuoco trasformandosi nell’oro dei propri occhi magici.

-Non vorrei mai sognare nessun’altro all’infuori di voi Arthur, io sono il vostro servo, il vostro amico, il vostro confidente; sarò qualsiasi cosa voi vogliate che io sia e vi sarò fedele finché non esalerò il mio ultimo respiro-.

Vide chiaramente il pomo d’Adamo del Re sobbalzare mentre i suoi polmoni smettevano per qualche istante di ingrandirsi e rimpicciolirsi.

-Qualsiasi cosa io voglia? - domandò Arthur dopo aver ripreso a respirare.

-Qualsiasi- ribatté Merlin senza ombra di dubbio e senza la minima esitazione.

-E se io ti baciassi, tu cosa faresti? -.

Il cuore di Merlin, battente come le ali di un colibrì, gli diede le forza necessaria per non svenire di botto.

-Ricambierei-

-E ne saresti felice?-

-Si-

-Bene-.

Tutto qui? Arthur sembrò come ritirarsi. Non sapeva come faceva a saperlo, ma sapeva che per Arthur la conversazione era finita qui. Ma per Merlin era inaccettabile. Ci erano voluti decenni solo per scambiare quelle semplici parole, con la testardaggine che entrambi condividevano ci sarebbe voluto un altro decennio prima di poterne riparlare.

Nel mentre il biondo si era alzato in piedi e Merlin scattò in posizione eretta imitandolo, in preda ad un attacco di pura follia.

-Arthur baciatemi! -

Il diretto interessato si girò a guardarlo come se fosse stato una creatura innaturale.

-Non posso-.

La sua voce era chiara e decisa, senza indecisione.

Lo stomaco lo stava uccidendo dall’interno e il cuore sembrava voler scoppiare contro il costato.

Aveva dovuto chiederlo, aveva dovuto farlo.

Sapeva che era sbagliato, irrispettoso, stupido, egoistico e senza senso, eppure non poteva rinunciarci. Non aveva ispirazioni nella vita, se non quella di restare al fianco di Arthur per sempre e magari, un giorno, di poterlo baciare. Solo una volta. Almeno una.

-Vi prego…io..- si sentiva pronto, pronto a rivelargli ciò che provava nei suoi confronti. L’adrenalina che scorreva nel suo sangue gli stava dando il coraggio necessario per farlo, e l’avrebbe fatto se Arthur non lo avesse bloccato.

-Non posso, non chiedermelo mai più-.

Quel rifiuto gli fece abbassare gli occhi che subito iniziarono a pizzicare. Faceva male, faceva maledettamente male. Non sapeva che fare. Non sapeva più che dire. Adesso Arthur non l’avrebbe più voluto. L’avrebbe esiliato. Non l’avrebbe mai più visto. Stare lontano da lui avrebbe finito per ucciderlo.

-Maledizione Merlin! - il grido rabbioso di Arthur lo scosse e lo convinse a rialzare gli occhi. Le mani del biondo erano strette a pugno.

-Ho detto che non posso, ma pensi che io non voglia?? Lo vorrei con tutto me stesso ma non posso! - il cuore di Merlin era ormai allo stremo, come se fosse stato picchiato e malmenato per ore e ore.

Arthur fece due passi verso di lui. Adesso erano pericolosamente vicini.

-Io ti sogno, ti sogno ogni maledetta notte, tormenti il mio sonno da anni. Mi chiami, mi preghi, mi baci e mi tocchi. Ed è tutto così bello che mi sento completo, felice, me stesso, ma poi mi sveglio e so che tutto questo non sarà mai possibile. Ed ogni notte ricomincia tutto da capo. Mi stai rovinando la vita lo capisci? Sei la rovina della mia esistenza e a volte ti odio così tanto per questo. Ti odio perché sei così fottutamente bello ed eccitante che a volte la voglia di farti mio è così forte che sono costretto a nascondermi da qualche parte per potermi masturbare.

Ti odio perché ogni volta che andiamo in battaglia vorrei rinchiuderti nella torre più alta di tutta Camelot così che nessuno possa nemmeno osare sfiorarti.

Il pensiero di perderti mi terrorizza, a volte è così forte e paralizzante che non riesco a pensare ad altro.

Adesso lo capisci quello che mi fai? E non posso baciarti, perché se lo facessi non riuscirei a fermarmi, nessuno ci riuscirebbe, ucciderei chiunque provasse ad allontanarmi da te, lascerei addirittura il trono per te, ma so che sarebbe sbagliato e io non sono così, non voglio essere così-.

Merlin non aveva idea di come rispondere, era umanamente impossibile avere una risposta adeguata ad una dichiarazione simile.

Merlin sapeva solo di essere la persona più felice e allo stesso tempo quella più distrutta del loro mondo.

-Grazie…grazie per avermelo detto-.

Mai, mai, mai avrebbe mai potuto immaginare non solo che Arthur ricambiasse i suoi sentimenti ma anche che lo desiderasse con tale ardore.

E il fatto che non sarebbe mai potuto succedere niente tra di loro gli andava bene.

Certo lo faceva arrabbiare, e gli faceva venire voglia di incendiare il mondo, ma lo capiva, lo rispettava e lo approvava.

Il destino di Albion e di Arthur erano molto più importanti dei loro sentimenti.

A Merlin bastava sapere di essere stato, almeno in parte, desiderato dal suo tanto amato Re.

-E tu? Non mi dici nulla? - Merlin sorrise.

Arthur era in cerca di rassicurazioni e lui gliele avrebbe date con grande piacere.

-Vorreste che vi dicessi che vi amo? - Arthur singhiozzò preso di sorpresa.

-Mi sembrava superfluo dirvelo perché vi amo da anni e ve lo dimostro ogni singolo giorno Arthur. Morirei per voi e lo dico sul serio, anzi ve l’ho già dimostrato numerose volte. Senza di voi la mia vita è priva di scopo e felicità. Voi siete la ragione per cui mi alzo dal letto la mattina, voi siete la prima persona a cui penso una volta aperti gli occhi, e l’ultima prima di chiuderli la notte. Capisco le vostre ragioni e le condivido, continuerò ad essere il vostro servo fedele e non dovremo mai più riparlarne. Accetterò tutto quello che deciderete eccetto lasciarvi. Non intendo abbandonarvi e …-.

Fu un attimo.

Arthur ringhiò precipitandoglisi contro e poi le loro labbra si incontrarono.

Quelle del Re l’aggredirono, le forzarono ad aprirsi e gli rubarono il fiato.

Merlin, a causa dello stupore, ci mise qualche secondo in più ad elaborare il tutto ma poi le sue mani non esitarono ad immergersi nella giungla selvaggia dei suoi capelli dorati, se lo tirò contro facendo cozzare i loro corpi e le mani di Arthur, che prima gli stavano accarezzando dolcemente il volto passarono a strizzargli le natiche e Merlin si ritrovò a gemere estasiato.

I suoi baci erano impossibili, illegali, bellissimi.

Merlin aveva il terrore che presto avrebbe aperto gli occhi per poi scoprire che niente di tutto quello era mai successo. Quello l’avrebbe devastato. Avrebbe preferito morire sulla picca piuttosto che sapere di aver sognato tutte le dolci e romantiche parole che il biondo gli aveva rivolto.

Nella foga del bacio i denti di Merlin morsero il labbro inferiore del Re tanto forte da ferirlo e farlo sanguinare.

Il dolore e il sapore del sangue fece riprendere lucidità all’uomo che lo allontanò di scatto.

Nella sua smorfia di sofferenza intravide un sorriso di gioia e poi di devastante terrore.

-Non succederà di nuovo, non ne riparleremo mai più-.

E così fu.

Era doloroso ma Merlin sapeva che era la scelta migliore. Rispettò il suo silenzio e si separarono proprio poco prima che i cavalieri ritornassero dal loro giro di ispezione. Capirono subito che qualcosa non andava ma non osarono fare domande.

Quella notte, tremante a causa del freddo, Merlin pianse.

Pianse perché era umano, ed era arrabbiato con il destino che gli aveva fatto conoscere l’amore della sua vita per poi dirgli che non poteva averlo.

Ma nonostante tutte quelle lacrime, lui sorrise.

Aveva sempre saputo di non poter mai essere suo, ma mai avrebbe immaginato di poter avere l’onore di baciare Arthur Pendragon.

Avrebbe conservato quel ricordo con cura, orgoglio e gelosia.

Sarebbe stato il suo miglior amico, lo avrebbe aiutato a diventare il Re in passato e il Re in futuro, e la notte si sarebbe ricompensato sognando e rivivendo quel magico momento che avevano avuto l’opportunità di condividere.

Aveva avuto un bacio e Merlin se lo sarebbe fatto bastare.

Perché se la vita ti offre un sogno che supera qualsiasi tua aspettativa, non è giusto lamentarsi perché poi finisce.*

 

 

*citazione da Twilight

 

Allora…avevo questa storia lasciata a metà praticamente da mesi e oggi mi sono ritrovata a concluderla, così, di botto. E proprio oggi ho scoperto che è il compleanno di un’italiana super talentuosa e super attiva nel fandom, che ogni giorno ci regala delle bellissime fan art Merthur senza mai chiedere niente in cambio. Per cui ho pensato che per ringraziarla potrei dedicargli questa storia (che spero sia uscita decentemente).

Scusate ma i finali malinconici e devastanti mi escono proprio naturali.

E niente “@Papysanzo”, questa storia è per te.

Buon compleanno! (anche se per quando pubblicherò la storia probabilmente sarà già passata la mezzanotte).

 

 

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Capitolo 5
*** Adesso lo sapete ***


Rating: verde

Contesto: post quinta stagione/futuro

 

            ADESSO LO SAPETE

 

I polmoni di Arthur si gonfiarono e il Re aprì di scatto gli occhi respirando pura e vera aria.

Di colpo si mise a sedere e guardandosi attorno scoprì di trovarsi in una specie di chiesa diroccata, davanti a lui il grande Drago lo guardava curioso.

Di istinto il Re strisciò lontano da lui cercando istintivamente la propria arma di cui purtroppo non sembrava esserci traccia.

-Non dovete avere paura di me grande Re-.

Arthur si trovò a sobbalzare nell’udire quella voce mistica e non umana.

I draghi potevano parlare? E da quando? Ma dettaglio ancora più importante, come faceva ad essere ancora vivo? Arthur lo aveva riconosciuto e ricordava bene di averlo ucciso durante l’assedio alla sua Camelot.

-Dove mi trovo?!- esclamò il Re, deciso nel non mostrarsi debole o spaventato.

-E come fai ad essere vivo? -.

Il Drago rise. Il Drago rise? I Draghi potevano ridere?

-Non lo sono infatti…. Qual è l’ultimo ricordo che possedete? -.

Che strana domanda.

Arthur lentamente si mise in posizione eretta osservandosi le mani.

Aveva indossa i propri abiti da battaglia ma della spada ancora niente.

Poi, non poté fare a meno di esaudire la richiesta del Drago e ….

Flashback confusi passarono di fronte ai suoi occhi, ma erano troppo veloci ed inafferrabili.

-Io…- non sapeva cosa dire, voleva solo capire dove diavolo si trovasse.

Attraverso le finestre ed il tetto in rovina del santuario non riusciva a vedere il cielo ma solo un bianco accecante, era inquietante.

-Concentratevi-.

Ma cosa pretendeva da lui quel Drago? Lo aveva forse rapito? Forse…

Una fitta dolorosissima e bruciante esplose all’altezza del suo addome. Subito si portò la mano sulla pancia sicuro di trovarci del sangue ma niente, non era ferito eppure gli faceva male.

Chiuse gli occhi e Mordred gli conficcò la spada nello stomaco.

Si piegò in due dal dolore ma riaprendo gli occhi constatò di ritrovarsi ancora all’interno della chiesa insieme al Drago.

-Ma cosa!?-

“No! Arthur! Restate con me”.

-Merlin???-

Si guardò subito intorno per cercare di capire da dove provenisse la sua voce ma niente, di lui non c’era traccia. Ma lo aveva sentito, ne era sicuro. Avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque.

“Non posso perderlo! È mio amico!”.

Di nuovo, era lui! Ne era sicuro.

Poi una consapevolezza.

Aveva ancora poco chiaro i ricordi delle sue ultime ore, ma il tono della voce di Merlin gli aveva suggerito la giusta risposta.

La sua voce era sofferenza pura, qualcosa di brutto doveva essergli capito e poi realizzò ciò che da quando aveva aperto gli occhi gli era sembrato strano, innaturale.

Il suo cuore non batteva.

-Sono morto- e non era una domanda.

-Sì Arthur Pendragon- gli rispose il drago con voce più delicata, quasi dolce e comprensibile.

-Sono nel mondo dei morti? - era l’unica spiegazione possibile, sentiva di non star sognando.

Un altro flashback; il volto di Merlin piangente così vicino al suo. Lo stava abbracciando e confortando nei suoi ultimi istanti di vita.

Piano piano stava rimettendo insieme i pezzi della mappa.

-Si, ma ancora per poco-.

-Che cosa significa? -

-Fa parte della vostra profezia, voi siete il Re in passato e Re in futuro, la vostra morte e la vostra rinascita sono state predette molto prima che voi veniste al mondo-.

Quel nome gli era familiare, lo aveva sentito dire una volta da Merlin, ma allora non ne aveva capito il vero significato.

Aveva sempre saputo di aver grandi responsabilità in quanto Re e di essere considerato speciale da alcuni, ma poteva essere così importante da sconfiggere addirittura la morte? Gli sembrava impossibile.

-Sto per tornare in vita? -

Mordred lo aveva tradito, si era schierato con Morgana e poi lo aveva ucciso.

Quel ricordo gli spezzò il cuore.

-Si-

-Ma perché? Camelot è nei guai? - era l’unico motivo valido per cui la vita terrena lo rivolesse indietro.

-Camelot non esiste più-.

Il volto selvaggio del drago sembrava mortalmente serio, ma la sua mente non poteva davvero accettare che quelle parole fossero la verità o altrimenti ne sarebbe stato distrutto.

-Arthur- la pausa del Drago fu quasi teatrale -Sei morto da mille e cinquecento anni-.

Il suo cuore morto non batteva, per cui non ci furono cambiamenti apprezzabili all’interno del suo corpo, altrimenti si sarebbe accasciato a terra in preda ad un attacco di cuore se avesse potuto.

-Cosa..pe..pperché?-.

Non aveva bisogno di respirare eppure si sentiva come soffocato, come se non riuscisse più a restare tutto d’un pezzo.

-Siete stato via per mille e cinquecento anni, ma adesso Albion richiede il vostro ritorno-.

In mezzo a quelle parole apparentemente senza senso Arthur realizzò poi il vero significato di ciò che aveva appena appreso.

Tutti quelli che aveva mai conosciuto erano morti a loro volta. Non esistevano più. Camelot non esisteva più, il suo intero mondo non esisteva più.

Avrebbe voluto piangere, ma sentiva di non poterlo fare.

Il suo corpo non aveva liquidi.

Non ricevendo risposta il Drago continuò.

-La magia è il filo che tesse il mondo, senza di essa la vita cesserebbe di esistere.

Voi siete nato dalla magia e adesso la vostra vera madre richiede il vostro aiuto in cambio-.

Quelle parole fecero male.

Ormai il dolore era diffuso ad ogni parte del suo corpo fantasma.

Conosceva le vere cause che avevano portato alla sua nascita, ma non gli faceva piacere ricordarle.

-La magia sta morendo ed il vostro compito è quello di riportarla di nuovo in vita-.

Ironico.

Suo padre aveva dedicato tutta la propria vita ad estirpare la magia dalle sue terre e adesso invece era suo dovere riportarcela?

Il destino aveva davvero un morboso senso del divertimento.

-Merlin vi aiuterà in questo-.

Merlin????? Aveva dato per scontato che fosse morto insieme a tutti gli altri.

Poi ricordò l’ultimo tassello, forse il ricordo più importante di tutti.

Merlin era un mago.

Il mago più potente ad aver mai camminato sulla terra.

-Merlin…?- il drago sembrò intuire quale sarebbe stata la sua domanda.

-Merlin è vivo e vi sta aspettando... ma prima dovete conoscere la verità-.

e poi il drago aprì le proprie enormi fauci non per sputare fuoco, ma per alitargli contro il proprio respiro ancestrale e mistico.

 

“Sophia era bellissima, ne era totalmente incantato e innamorato, poi lei lo baciò e lo affogò all’interno del lago di Avalon.  Ma lui non era davvero lui. Stava solo assistendo alla scena da un terzo punto di vista, come se stesse vedendo una rappresentazione di un’opera teatrale. Una messinscena. Ma sapeva che quei ricordi erano reali. Non c’era niente di inventato, quel momento era avvenuto davvero una vita fa.

Merlin si fece avanti, sconfisse la ragazza con la propria magia e poi si buttò nel lago per salvarlo. Merlin lo chiamava e con tutta la forza che aveva in corpo riuscì a tirarlo fuori dalle acque che sembravano volerlo richiamare a sé.

Merlin lo aveva salvato, ma lui non si ricordava questa parte.

Ma certo, come poteva? Era privo di senso.

Ed eccoli a Camelot, Merlin alla gogna dopo essersi preso la colpa dell’assenza del principe.

Merlin bevve dal suo calice avvelenato. Era lui la luce che lo guidava attraverso l’oscurità. I suoi poteri erano davvero così potenti?

Il ricordo cambiò di nuovo e l’istante dopo erano ad Eldor.

La mano di Merlin si alzò, i suoi occhi brillarono di quel bellissimo oro ed un tornado spazzò via i loro nemici. Sembrava così fiero e così potente. Possibile che non si fosse mai accorto di niente? Adesso sembrava così chiaro e limpido.

Will era morto e si era preso la colpa al suo posto. Come aveva potuto essere così cieco?

Di nuovo Merlin cerca di sacrificarsi per lui, eppure era colpa sua, era stato lui ad aver ucciso l’unicorno. Merlin lo aveva avvertito.

E non finiva qui.

Arthur era a letto morente a causa di un veleno. Merlin lo fece bere dalla coppa della vita in cambio della propria. Come era possibile che gli fosse così completamente devoto? Non se lo meritava.

Cornelius Sigan? Lo ricordava solo di volto.

Eppure, in quel momento era steso a terra, quasi privo di vita.

Merlin accorre a salvarlo e si confronta con l’uomo. Lui lo invita ad usare i propri poteri per conquistare Camelot, Arthur non meritava i suoi servigi, e di questo adesso ne era pienamente convinto. Ma Merlin non accetta, lui è buono, non è il potere ciò che cerca.

Morgause gli apparve davanti, ricordava bene le sue parole. Parole che adesso sapeva bene essere vere. Ed anche Merlin lo sapeva, aveva sempre saputo la verità, per quale diavolo di motivo non glielo aveva mai detto?

Poi la scena cambiò, lui stava per uccidere il proprio padre, la rabbia gli annebbiava la mente e poi Merlin che lo ferma.

“Sta cercando di manipolarvi, è ciò che vuole, le magia è malvagia”.

Non ricordava quelle parole eppure era avvenuto davvero.

Merlin aveva preferito sacrificare la propria felicità, condannare la propria esistenza da libero stregone pur di non fargli commettere quell’errore.

Quanto gli era costato pronunciare quelle parole?

Balinor era il padre di Merlin? Come poteva non averlo capito? Lo vide piangere e la sua sofferenza gli lacerò in due l’anima. Quel giorno era diventato il Signore dei Draghi eppure continuava a comportarsi da servo.

Aveva scacciato il drago?? Dunque, il drago non era morto, eppure gli aveva dato il credito di ciò. Arthur era stato osannato per mesi grazie alla sua testimonianza.

Arthur l’ammazzadraghi, ma il drago non era mai morto.

Era stato Merlin ad aver salvato Camelot.

E poi uno dei momenti più dolorosi di tutta la sua vita.

La morte di suo padre ed il mago…il vecchio mago era Merlin!! I suoi occhi! I suoi maledetti occhi erano identici, come diavolo aveva fatto a non realizzarlo??

Aveva davvero cercato di salvare la vita del Re ma Morgana aveva fatto in modo che ciò non avvenisse.

E nonostante la sofferenza che provava nel rivedere la morte del padre, il dolore nei lapislazzuli blu di Merlin non era niente a confronto.

Arthur avrebbe potuto rendere la magia legale, il sogno del mago era stato a pochi istanti dall’essere finalmente realizzato e invece lui aveva rinnegato tutto.

Doveva essere stato orribile. Aveva sempre incolpato quel mago per la morte di Uther ed invece era stata la propria sorellastra.

Il padre si trasformò nel fantasma che aveva evocato, lo stavano cercando nelle cantine e poi… “I was born with it”*.

Quella voce, così piena di orgoglio e fierezza lo fece rabbrividire. Fu bello vederlo in quella nuova luce. Nella veste del grande e potente Mago che era e che era sempre stato.

Il Re aveva cercato di avvertirlo ma non c’era riuscito ed il sospiro di sollievo che uscì dalle labbra di Merlin non gli sfuggì, non questa volta.

Quanto gli era costato vivere in tutti quegli anni all’interno di una menzogna?

Poi Ginevra lo avvelenò. No, era stata Morgana ma attraverso le mani della sua regina. Avevano davvero imprigionato Merlin? Come si erano permessi? E poi lui lo aveva salvato, di nuovo. Era evaso, si era arrampicato a mani nude lungo le pareti del palazzo ed era venuto a salvarlo.

Avrebbe dovuto prevedere che il ricordo più doloroso sarebbe stato l’ultimo.

La vita di Mordred era appesa ad un filo.

Merlin conosceva la sua vera identità e sapeva che sarebbe stato l’artefice della sua morte. E Merlin per la prima volta smette di essere Merlin.

Della sua compassione e del suo ottimismo non ce n’è più traccia.

Se ne fosse in grado ucciderebbe il druido con le proprie mani pur di salvarlo.

E poi l’opportunità.

Arthur ha l’occasione di rendere legale la magia, Merlin potrebbe essere finalmente libero, non dovrebbe più nascondersi eppure…

Quel momento lo ricordava bene.

“There can be no place for magic in Camelot”*.

E per certi versi questo era un sacrificio ancora peggiore di cedere la propria vita per lui, adesso stava rinunciando a tutta la sua esistenza per lui.

Come aveva fatto a non vedere il cuore di Merlin spezzarsi in quell’esatto istante?

E non era valso a niente perché poi Mordred si era ripreso e lo aveva ucciso.

Come doveva essersi sentito in tutti quegli anni che gli erano rimasti da vivere? Sicuramente si era sentito sommergere dalla colpa.

E poi altri mille piccoli momenti.

Rami che cadevano dagli alberi, lance che deviavano direzione, fuochi che divampavano dal nulla, aliti di vento nei momenti più convenienti.

Merlin. Era sempre stato Merlin e lui non se ne era mai reso conto.”

 

-Adesso lo sapete-.

La voce del Drago lo fece risvegliare da quella specie di sogno.

Sì, adesso lo sapeva e non l’avrebbe più dimenticato.

-Sì lo so-.

-E’ stato creato per voi, prendetevene cura, avrete bisogno di lui per compiere il vostro destino ma prima dovrete salvarlo da se stesso-.

-Che cosa significa? -.

Merlin stava male? Ma poi la domanda più importante di tutte.

-Anche lui è ritornato in vita? -

-No, Emrys non è mai morto, è immortale e sta aspettando il vostro ritorno da secoli-.

Sembrava impossibile. Immortale? Era davvero così potente?

Ne fu quasi orgoglioso, ma ancora non sapeva quanto in realtà ciò lo aveva distrutto.

Nel mentre il Drago lo stava lentamente conducendo verso la porta d’uscita dal santuario.

-Andate e salvatelo, salvateci tutti-.

Arthur intuiva che non sarebbe stato affatto facile.

Ci sarebbero stati parecchi ostacoli.

In fin dei conti era morto da più di un millennio e la sua casa non esisteva più.

La Terra sarebbe stata un posto molto diverso da ciò di cui aveva memoria.

Ma Merlin lo stava aspettando e quello era tutto ciò che aveva bisogno di sapere.

Con Merlin al suo fianco avrebbe affrontato di tutto, perfino la morte, anzi, l’aveva già fatto.

Poggiò la mano, ricoperta dai propri guanti di pelle, sulla maniglia della porta che si piegò sotto il suo peso.

Merlin aveva bisogno di lui e finalmente avrebbe potuto ripagarlo per tutto ciò che aveva sacrificato in suo nome.

Forse non ci sarebbe mai riuscito ma lo avrebbe ringraziato per ogni giorno a venire.

Ringraziarlo per averlo sempre protetto, per essergli stato sempre fedele, per non aver mai vacillato nemmeno nei suoi momenti più oscuri, ringraziarlo per essere stato il migliore amico che si potesse mai desiderare di avere.

L’apertura fece un click e lentamente iniziò a spingere la porta.

E poi un ultimo ricordo.

“Vi amo”.

Non aveva udito la sua voce dirlo ma mentre le sue palpebre si stavano chiudendo per l’ultima volta aveva letto con facilità le labbra del mago.

Stava morendo e Merlin, mentre lo teneva stretto a sé, gli aveva confessato di amarlo.

Merlin lo amava.

La porta si aprì completamente, una luce bianca e forte lo costrinse a portarsi un braccio davanti agli occhi.

Merlin lo amava. Come aveva fatto a non capirlo prima?

Sorrise ed il suo cuore riprese a battere.

Tu tum. Tu tum.

 

 

 

 

 

*Tradurre queste iconiche frasi penso sia un grave crimine per cui ho preferito lasciarle in inglese.

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