Venti di guerra

di BlueBell9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 2: *** Vecchie ferite ancora aperte e sanguinanti ***



Capitolo 1
*** La quiete prima della tempesta ***


1

Questa one shot appartiene alla serie Someone you loved.

















«Non credo che Evan sia stato una delusione» afferma distaccato.
Negli occhi verdi di Julian brilla uno scintillio di rabbia.
«Lo giustifichi?» gli chiede monocorde.
Lui scrolla le spalle, calmo.
«Lo comprendo».
«E questa è una debolezza» sostiene l'uomo del dipinto, la voce vibrante di acredine. «Se vuoi davvero essere intoccabile, non devi amare nessuno».
Qualcuno l'ho amato, pensa lui, il volto di pietra e gli occhi di un azzurro gelido. E mi è stato portato via.





Lance sobbalza, spalancando gli occhi di colpo e svegliandosi all'istante quando sente qualcosa buttarsi sul materasso accanto a lui. La mano corre immediatamente ad afferrare la bacchetta riposta sotto il cuscino, le dita che stringono il legno, pronta a scattare per lanciare incantesimi.
È solo nel momento in cui mette a fuoco, nonostante la scarsa luce presente nei Dormitori di Serpeverde, il sorriso sul viso che si trova a un palmo dal suo, che si rende conto che non c'è nessun pericolo all'orizzonte.
Se non quello di essere circondato da una massa di imbecilli.
«Sei una cretina» sentenzia secco, lasciando andare la bacchetta e passandosi quella stessa mano sul volto, così da scacciare gli ultimi rimasugli di sonno. «La prossima volta ti schianto» promette in un borbottio malevolo, girandosi a pancia in su.
Egle ridacchia per nulla turbata dalla minaccia, sistemandosi meglio sul piumone al suo fianco.
«È ora di alzarsi, La La Land» cinguetta deliziata, spostandogli un ciuffo di capelli scuri che gli ricade scompigliato sulla fronte.
Lance la inchioda con un'occhiata gelida e tagliente.
«Che io sia dannato quando ho accettato di vedere quella roba» sibila a denti stretti, alludendo al film che hanno guardato insieme l'anno prima e che gli ha fatto guadagnare quell'orrido soprannome. «Tutto solo perché ti eri fissata che doveva essere un capolavoro» continua con spregio, ricordando con un moto di stizza quella pellicola ridicola che ha rischiato seriamente di farlo addormentare sulla poltrona del cinema.
Egle si volta sul fianco, scrollando le spalle.
«A me è piaciuto» rivela leggera, giocherellando con una ciocca dei capelli castani. «Forse il finale era un po' prevedibile ma l'ho trovato godibile. Molto meglio dei tuoi film splatter» insinua serena, lanciandogli uno sguardo che non nasconde l'ironia.
«Non sono splatter».
«Allora diciamo assurdi».
«Perché?»
«Lance, c'è gente che viene divorata da squali e dinosauri geneticamente modificati!»
Lui piega le labbra in un sorriso luminoso.
«Lo so» conferma entusiasta, di buon umore, chiudendo le palpebre per un momento e stiracchiandosi la schiena. «Io li trovo rilassanti» rivela distratto.
«Il che dovrebbe far sorgere dei dubbi sulla tua sanità mentale» constata lei, sarcastica, avvicinandosi così da scoccargli un bacio leggero all'angolo delle labbra.
Quando si allontana invece che approfondire quel contatto, Lance si acciglia.
«Perché hai già addosso la divisa?» chiede accorto, aggrottando appena la fronte.
Egle si lascia sfuggire un sorriso malizioso.
«Perché se mi fossi presentata qui in camicia da notte, sappiamo entrambi che non ci saremmo più alzati da questo letto» sottolinea, accarezzandogli una guancia con la punta delle dita.
«Ogni tanto si può saltare qualche lezione» ribatte lui, spassionato.
«Non quella di oggi» replica lei, intransigente. «Ho Trasfigurazione» spiega spiccia.
Lui inarca un sopracciglio, beffardo.
«Sono indeciso» comincia leggero. «Non so se mi ecciti questo tuo lato diligente o mi secchi a morte» ammette con una smorfia di fastidio.
Egle piega le labbra in un sorriso divertito.
«Beh, La La Land» sospira amabile. «Puoi perdere quei pochi minuti che abbiamo per porti questa domanda o possiamo fare altro. Cosa scegli?» chiede sbattendo le ciglia, maliziosa.



*



Quando quella mattina di fine ottobre Dominique scende per fare colazione in Sala Grande, ha già un diavolo per capello.
Ha passato tutta la notte a logorarsi gli occhi sui libri di Incantesimi, così da arrivare pronta alla lezione di quel giorno, che le hanno procurato delle occhiaie che ha dovuto nascondere con un po' di correttore onde evitare di sembrare un Infero.
Inoltre sono almeno tre giorni che non dorme bene.
Ovvero da quando ha avuto l'ultimo incontro con Lance.
Seduta al solito posto alla tavolata di Grifondoro, sta per versarsi una tazza di tè bollente quando lo sguardo – nemmeno a farlo apposta – le scivolano in fondo alla Sala.
E quello che vede non le piace affatto.
Rimane immobile, con la teiera sospesa a mezz'aria e la tazzina vuota mentre lo smarrimento lascia ben presto posto all'irritazione. Assottiglia le palpebre e serra le labbra mentre una luce di follia le balugina negli occhi azzurri.
«Scarlett» chiama con un tono da dittatore sanguinario, appoggiando con eccessiva forza la teiera sul tavolo, al sicuro. «Che cosa sta facendo la Greengrass?» domanda imperiosa.
L'amica, seduta accanto a lei, alza il viso ancora assonnato dalla tazza di caffè che stava svogliatamente mescolando. Con profonda concentrazione, strizza gli occhi per focalizzare quello che sta succedendo al tavolo dei Serpeverde.
«Civetta con Rosier» risponde apatica. «Bella roba!» esclama con genuino disgusto, facendo una smorfia. «Solo i Purosangue possono accoppiarsi tra cugini» sentenzia nauseata.
«Aspetta» la blocca Dominique, brusca, le sopracciglia corrugate. «Che intendi?» pretende di sapere inferocita.
«Sono fidanzati» rivela l'amica, spiccia, addentando con gusto una fetta di plumcake. «Fidanzamento combinato, da quello che ho capito» continua con la bocca piena.
Lei rimane paralizzata sul posto.
Per l'incazzatura si dimentica persino di respirare, assumendo un'inquietante sfumatura violacea sulle gote.
«Stanno insieme?» indaga con gelida calma.
Scarlett – probabilmente troppo presa dal cibo per accorgersi del pericolo – annuisce, senza incrociare quelle iridi azzurre che promettono morte e atrocità.
«Non lo sapevi?» replica quieta. «Se vogliamo dire così, poi» aggiunge in un brontolio contrariato.
Dominique le indirizza uno sguardo assassino.
«Ovvero?» chiede scandendo lentamente quell'unica parola.
«Che si vedono anche con altri» svela l'amica, secca, scuotendo il capo con quello che pare ribrezzo.
«Cioè si tradiscono a vicenda?»
«No, credo che loro la chiamino relazione aperta» la contraddice l'altra, sicura. Sbuffa, tornando al suo caffè. «La Greengrass prima si vedeva con Hager di Tassorosso. Era una cosa passeggera, come tutte le sue frequentazioni» precisa pettegola. «Quando si stufa della novità, spezza il cuore e torna sempre da Rosier. Tipo adesso» constata saputa. «E lui fa lo stesso. A quanto pare gli piacciono stronze» deduce insofferente, come se non riuscisse davvero a capire che cosa ci sia di sensato in un simile comportamento.
Il che potrebbe anche spiegare perché, per più di una settimana, Dominique non si sia mai accorta di una ragazza che gravitava intorno a Lance.
Logico, perfettamente logico, se la Greengrass era concentrata su altro.
Lei rimane trincerata dietro un silenzio astioso e inquietante, incurante del cibo sul tavolo e della confusione che anima la Sala Grande di prima mattina.
Lo sguardo è incollato a Lance e alla Greengrass, che, seduta composta al suo fianco, gli sta accarezzando i capelli neri mentre gli racconta qualcosa.
E lui la osserva con due occhi di un azzurro così limpido che non ha mai visto e il viso disteso in un'espressione serena.
Con me non ha mai sorriso così...
Dominique continua a fissare ossessionata quello spettacolo disgustoso con iridi spiritate.
In fondo, lei e Lance si sono visti solo un paio di volte quindi non è affatto il caso di prendersel-

Io lo ammazzo, 
promette sanguinaria, storcendo con furia il viso.



*



«Rosier».
«Dominique».

«Vieni»
.
«Prego?»
«Ora» abbaia lei, velenosa, cercando comunque di trattenersi dall'urlare visto che sono in Biblioteca e Madama Pince ha il brutto vizio di comparire appena sente delle frequenze sonore che oltrepassano la sua soglia dell'accettabilità. La sua, per intenderci. «Alza il culo da lì» rincara sgarbata.
Lui, per tutta risposta, inarca un sopracciglio e si appoggia meglio allo schienale della sedia.

«No, non ci siamo» dichiara tranquillo, incurante dell'occhiata al vetriolo che gli viene rivolta. «Prova così: Lance, saresti così gentile da concedermi un po' di tempo? E magari potrei anche accontentarti» suggerisce sarcastico.
Dominique serra le labbra, fremente d'ira.
«Alzati o faccio una scenata» sibila minacciosa.
«Fai pure» provoca Lance, senza scomporsi, sfidandola con un sorriso che sa di pura arroganza.
Cala un silenzio plumbeo al tavolo della Biblioteca, dove entrambi – l'uno seduto, l'altra in piedi – si trovano. Indifferente all’aver attirato o meno delle occhiate incuriosite – è abituata ad aver addosso gli sguardi degli altri –, si inumidisce la bocca e alza il mento.
«Lance» lo avvisa rabbiosa, sentendo le mani prudere.
«Sì, è il mio nome» conferma lui, stoico, ampliando quel sorriso beffardo. «Ma non è quello che ti ho chiesto» le fa notare quasi dolce.
Rimangono per una manciata di secondi a squadrarsi, chi con la voglia di farsi strada nel sangue e chi divertito a morte.
Infine Dominique, intuendo che l'unico modo per sbloccare quella situazione assurda sia compiere un microscopico passo indietro, sbuffa seccata e storce il viso in una smorfia che tradisce tutta la sua irritazione.
«Puoi venire?»
«L'ho fatto, se ricordi».
«Lance!»
Lui si lascia andare a una risata moderata, divertito dall'allusione squallida per quello che è successo quella sera alla Torre di Astronomia. Spinge indietro la sedia e si alza, seguendola mansueto tra gli scaffali colmi di libri, così da poter parlare con un minimo di discrezione.
«Sentiamo» esordisce rilassato, quando sono al riparo dagli sguardi degli altri studenti, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi con la schiena al mobile di legno. «Che ho fatto anche stavolta?» domanda ironico, riferendosi al loro precedente incontro, fuori dalle mura di Hogwarts, quando aveva scorto sul suo viso tutta la rabbia per l'idiozia che aveva raggiunto.
Non che abbia fatto dei progressi, pensa lei, malevola. Sei sempre più idiota!
«C'è qualcosa che devi dirmi?» domanda già sul piede di guerra.
Lance piega le labbra verso il basso, sbalordito.
«Riguardo a?» indaga attento.
«Alla Greengrass» risponde Dominique, a bruciapelo.
Lui rimane un attimo immobile, prima di inarcare un sopracciglio e lasciarsi sfuggire un sorriso incredulo.
«Ah» esala sereno, recuperando alla svelta il buon umore. «Quindi il problema sarebbe la tua gelosia?» deduce svagato.
Dominique serra la mandibola, stringendo anche i pugni lungo i fianchi.
«Io non sono gelosa» sputa fuori, irascibile, sbranandolo con lo sguardo. «Semplicemente non mi piace essere presa in giro» sentenzia dura.
«Quando lo avrei fatto?» replica lui, perdendo quel sorriso e irrigidendo i lineamenti in un'espressione seria. «Quando ti avrei presa in giro?» continua interessato.
A lei quasi scappa da ridere per l'assurdità della situazione.
«Magari nel momento in cui non mi hai detto che sei fidanzato?» recrimina tagliente, scandendo ogni parola con enfasi.
Lui rimane immobile, compassato.
«E quindi?» ha il coraggio di ribattere, posato. «Qual è il problema?»
«Ma davvero non capisci o sei solo idiota?» sbotta Dominique, al limite della sopportazione. Sta facendo una fatica enorme per trattenersi dall'urlare e picchiarlo. «Io non sono la seconda scelta di nessuno!» sottolinea acida.
«Okay».

«Non dirmi okay solo per tenermi buona!» bercia stridula.
«Finiscila di urlare» la rimprovera Lance, esasperato. «Salazar, mi fai venire mal di testa!» geme scornato, chiudendo gli occhi con una smorfia di sofferenza.
«E tu finiscila di fare il tonto» rimbecca lei, caustica. «Avresti dovuto dirmelo!» si incaponisce ferrea.
Lui la scruta con quei due gelidi occhi azzurri, in silenzio.
«Quando?» chiede risoluto, abbassando il tono della voce, staccando la schiena dallo scaffale per avanzare verso di lei. Dominique lo osserva con una punta di smarrimento, indietreggiando per riflesso, finché non si trova con le spalle contro il legno del mobile, in trappola. «Nell'aula di Storia della Magia, nel corridoio dei sotterranei, fuori dal Lumaclub, mentre stavamo scopando o in quella stamberga?» riprende serio, alludendo all'abitazione di Hagrid, avvicinandosi ancor di più fino a trovarsi a un soffio dal suo corpo e appoggiare una mano accanto alla sua testa. «Esattamente quando avrei dovuto dirtelo?» domanda pratico, guardandola dritta in volto.
Forse quando hai iniziato ad essere qualcos'altro che una semplice distrazione, vorrebbe rispondergli ma è una debolezza che riesce a malapena ad ammettere a se stessa.
E non permetterà a Rosier di venire a conoscenza e gongolare della sua umiliazione.
«La Greengrass sa di me?» tergiversa, quindi, cercando di mantenere un tono di voce freddo.
«Sa che mi vedo con qualcuna» conferma lui, diretto, facendole ancora più male.
Lei deglutisce, abbassando le iridi, nervosa.
«E le sta bene?» sonda prudente.
Lance scrolla le spalle, placido.
«Perché non dovrebbe?» rilancia indifferente.

Come diavolo fa a condividere qualcuno come te?
«Dominique» la chiama lui e lei si trova a risollevare gli occhi chiari, così da tornare a guardarlo in faccia. «Fai prima a dirmi cosa vuoi sentirti dire» le consiglia brutale, percependo il suo malessere.
«Niente» risponde secca, di slancio. «Non voglio sentire assolutamente niente» ribadisce testarda, suonando patetica persino alle sue orecchie.
Lance abbozza un sorriso sarcastico.
«Allora non hai motivo di essere arrabbiata, no?» provoca lieve, deliziato.
«Infatti» conferma lei, acida. «Non sono arrabbiata».
«Bene».

«Bene»
.
«Ora che hai finito di fare la pazza isteric-» si interrompe, per allontanarsi così da bloccare lo schiaffo che si stava per abbattere sulla sua guancia. «Va bene che mi piace farlo violento ma non in Biblioteca. Troppi testimoni da 
Obliviare e detesto essere interrotto proprio sul più bello» ridacchia, ignorando l'occhiata gelida e il viso livido di lei.
«Al momento c'è solo una cosa che vorrei fare di violento» gli confida Dominique, sanguinaria. «Ed è ucciderti» stabilisce implacabile, tra i denti.
Lui riprende a ridere come l'essere ripugnante che è.
«Addirittura? Sembri troppo amorevole per non essere incazzata» sospira gongolante, fregandosene di farla irritare ancor di più. «Dai, ti lascio, almeno puoi passare il resto del pomeriggio a prepararti per torturare il malcapitato che ti ha invitato ad andare a Hogsmeade domani» concede magnanimo, liberandole il polso ma senza accennare a mettere ulteriore distanza tra loro.
«Tu con chi ci vai?» esige di sapere lei, dispotica.
«Jude» risponde Lance, automaticamente. «Poi, forse, si aggiungono anche altri» osserva impassibile.
Dominique lo fissa quasi con compatimento.
«La Greengrass?» chiede con aria di sufficienza.
«No, dovrebbe uscire con-» si blocca, sbattendo un paio di volte le ciglia e facendo una smorfia seccata. «Ah no! È vero che ha mollato quel perdente di Tassorosso» si corregge svelto. «Sì, allora dovrebbe venire anche Egle» ammette rilassato. «Tranquilla, non ti chiederò di unirti» la grazia canzonatorio.
«Meglio così» afferma Dominique, altezzosa. «Perché avrei declinato l'invito» decreta velenosa.
«Lo so» la sorprende lui, morbido. «Di certo hai di meglio da fare che passare il pomeriggio con discendenti di Mangiamorte e Serpeverde» aggiunge con gli occhi azzurri illuminati dal divertimento.
Lei serra le palpebre, nervosa.
«È così» assicura gelida. «Ora, se non ti dispiace...» dice, facendogli un cenno con le sopracciglia, così che la lasci libera.
Lance la fissa una manciata di secondi, continuando a sorridere con quel suo modo di fare che gli addolcisce i lineamenti, prima di fare un passo indietro, concedendole l’opportunità di andarsene.
«Prego» concede cordiale.
Dominique lo fissa con furia, prima di voltargli le spalle e allontanarsi da lì il prima possibile.
Perché ha la sensazione che sia sempre lui a vincere dai loro incontri?



*



«Quanto hai sentito?» domanda Lance, un minuto dopo che Dominique è svanita oltre il fondo del corridoio, girandosi all'indietro giusto il tempo per vedere il cugino scivolare tra quelle due file di scaffali.
«Abbastanza da farmi un'idea» risponde Jude, onesto. «Sicuro che sia una buona mossa irritarla?» domanda con vaga apprensione, aggrottando la fronte.
Lui sorride imperturbabile.
«È abituata ad essere sempre accontentata» spiega razionale, inarcando per un istante entrambe le sopracciglia con eloquenza. «Impazzisce se le viene negato qualcosa. E non c'è soddisfazione nell'ottenere una vittoria senza fatica» conviene sicuro.
L'altro lo fissa con due occhi verdi incerti.
«È una strategia azzardata» sottolinea ansioso.
«Tutto questo piano è un azzardo» fa notare Lance, concreto, scrollando le spalle.
Jude annuisce, prima di stemperare quella serietà con un sorriso luminoso.
«Azkaban si fa sempre più vicina, eh?» domanda ironico.
«Dipende da come ce la giochiamo» replica lui, leggero. «I Rosier non sono soliti finire in una cella» ricorda con un certo orgoglio.
«No, infatti» conferma il cugino, asciutto. «Preferite essere sepolti in una bara piuttosto che darla vinta all'avversario» afferma esasperato, scuotendo la testa con disapprovazione. «Siete un po' drastici sotto questo versante» borbotta tra sé mentre l'altro scoppia a ridere.



*



«Che sia dannato lui e tutti quelli della sua stirpe! Godric, spero che bruci tra le fiamme dell'inferno!»
«Che ti ha fatto Rosier?»
«Non pronunciare quel nome» lo ammonisce Dominique, livida, i capelli arruffati per esserseli continuamente torturati con le dita e gli occhi azzurri scintillanti di ferocia. «Lo odio!» ringhia con fervore, storcendo il viso in un'espressione terribile, riprendendo la sua marcia da una parete all'altra della stanza mentre sputa veleno.
Louis, comodamente sdraiato sul suo letto a baldacchino del Dormitorio Maschile, si limita a ridacchiare a bassa voce.
«Certo, e io ci credo» commenta ironico, ignorando di avere una belva assetata di sangue a pochi metri da lui e sfogliando con pigrizia la pagina del giornale di Quidditch che ha tra le mani. «Lo odi talmente tanto che ci hai scopato» ritorce distratto.
Lei si blocca di colpo, fissandolo truce.
«Ti diverte vedermi in questo stato?» indaga brutale, digrignando i denti.
Lui scrolla le spalle, placido.
«Un po' sì» ammette infame, soffocando quell'attacco di riso che minaccia di sfuggirgli dalle labbra e che la porterà a saltargli addosso con l'intenzione di spedirlo all'altro mondo. «Mi è concesso dire che Rosier se la sta giocando bene?» chiede divertito.
Dominique continua a guardarlo offesa a morte, prima di sospirare e assumere un'espressione abbattuta. Si avvicina al letto, per poi abbandonarsi sul materasso e puntare gli occhi in alto.
Louis alza la schiena, preoccupato di vederla in quello stato catatonico da quasi un minuto e sondandole il volto con attenzione.
«Ti piace davvero» deduce quasi sconvolto, aggrottando le sopracciglia.
Lei arrossisce appena sulle gote, deglutendo nervosa.
«Mi sono piaciuti in molti» replica, schernendosi dietro quella verità.
«È vero» conferma l'altro, serio. «Ma non come lui o non staresti così» continua con quella sicurezza che la porta a orientare le iridi verso il gemello, così da specchiarsi in due occhi altrettanto azzurri. «Non c'è nulla di male ad ammetterlo» le sussurra, avvicinandosi al suo fianco e allungando una mano per sfiorarle la guancia in una carezza rassicurante.
«Ammettere cosa?» chiede Dominique, con una punta di veleno a inasprirle la voce.
«Che il rapporto che avete non ti basta» decreta Louis, confortante, senza smettere un momento di fissarla e facendole martellare il cuore nel petto per il terrore di pronunciare ad alta voce quella realtà che lei non riesce ad accettare. «Non è sbagliato quello che vuoi» la incoraggia benevolo.
«E cosa voglio?» pretende di sapere, velenosa, sedendosi di colpo sul letto e scrutando l'altro dall'alto in basso. Si sistema anche quelle ciocche di capelli che le sono ricadute sul volto, così da poter squadrare il fratello con due occhi gelidi.
Lui non sembra essersela presa per quell'attacco repentino. Si limita a sospirare, alzando la schiena dal materasso così da avere entrambi i volti quasi alla stessa altezza.
«Innamorarti di un altro» spiega calmo, appoggiando una mano chiusa a pugno sul ginocchio. «Non è un tradimento nei confronti di Etienne» assicura dolce, andando dritto al punto.
«Avevamo detto che non ne avremmo mai più parlato» sbotta Dominique, con veemenza, sentendo la necessità di prendere aria.
Si allontana dal letto, muovendo qualche passo per il Dormitorio, il respiro affannoso e gli occhi che si spostano inquieti da una parte all'altra. Torna con una mano a sistemarsi i capelli ramati, riprendendo a torturarli.
«Anche se lui ti ha respinto, non significa che non ti innamorerai mai più di nessuno» insiste suo fratello, caparbio.
«Invece è così» ribatte lei, sentendo la voce strozzarsi in gola, voltandosi all'indietro. Sostiene lo sguardo che le viene rivolto con quella che spera sia un'espressione affatto toccata. «Magari succederà ma non sarà nemmeno paragonabile a quello che ho provato per... lui» termina desolata, abbassando la testa per nascondere il principio di pianto che sta già iniziando a inumidirle gli occhi.
Sente suo fratello alzarsi dal materasso e avvicinarsi, stringendola in un abbraccio rassicurante che sa di dolcezza e calore. Solo dopo aver appoggiato la testa contro il petto dell'altro, si permette di chiudere gli occhi e abbassare le difese, mostrando un viso vulnerabile e terrorizzato.
«Rosier ti piace più degli altri» mormora Louis, la bocca premuta contro i suoi capelli, scoccandole un bacio leggero sul capo.
«Non abbastanza» mugugna Dominique, in risposta.
Lui sospira, stringendola ancor di più quella morsa.
«Prova a conoscerlo» le suggerisce piano, appena udibile.
«Non mi sembra una buona idea».
«E perché?» domanda Louis, cauto.
Dominique si allontana solo quanto basta per pulirsi le tracce delle lacrime che le sono sfuggite da sotto gli occhi. Scuote il capo, incapace di articolare una risposta sensata, poi, esausta e vinta dal bisogno di confidarsi, si costringe a dire quello che l'assilla da quando ha lasciato la Biblioteca.
«Ho la sensazione che se gli concederò una possibilità lui…» si interrompe, la voce spezzata e gli occhi azzurri baluginanti di terrore. «Lui finirà per distruggermi» si costringe a rivelare, sollevando le iridi azzurre e umide sul gemello.





 "Non volevo provare niente, mai più. 
Ma qualcuno... continuava a dirmi che andava bene provare sentimenti... 
non importava quanto facessero male. 
Che sono i nostri sentimenti a renderci umani... buoni o cattivi... 
e di non perdere mai la speranza."*





Aveva ragione: Lance sa esattamente come distruggerla.
E, ironia della sorte, lo fa con una disinvoltura assurda, come se non gli costasse nemmeno fatica. Pare una bomba: esplode, lascia macerie dietro di sé e nemmeno si preoccupa dei feriti, perché il suo compito è solo devastare.
Le vittime sono solo danni collaterali, niente di cui preoccuparsi.
Lei non dovrebbe nemmeno rimanerci male perché, per quel poco che lo conosce, sa che la gentilezza e la premura non fanno parte del suo carattere.
E allora perché quando vede quella scena, le sembra quasi che il cuore le si fermi nel petto?



*



Dominique ha il volto di pietra, seduta alla composta alla sedia di uno dei tanti tavoli dei Tre Manici di Scope.
Il locale è gremito di studenti felici di passare un giorno fuori dalle mura di Hogwarts, che creano un chiacchiericcio allegro che lei sente a malapena. Gli occhi fissi a contemplare la sua ordinazione – intonsa, non ha bevuto nemmeno un sorso di quel calice di Acquaviola – e le dita che tamburellano sul legno del tavolo, sono stati un incentivo tale per essere lasciata in pace dagli altri ragazzi con i quali è uscita.
E se qualcuno è stato così coraggioso da osare rivolgerle la parola, uno guardo obliquo e gelido è stato più che sufficiente per rimettere in riga l'idiota di turno.
La verità è che anche lei è irritata dal suo stesso comportamento.
Sa che non dovrebbe provare quel groviglio di sentimenti fastidiosi e infuocati che si trascina dietro dalla discussione con suo fratello e Lance. E se è propensa a perdonare il primo, consapevole che le abbia fatto versare qualche lacrima solo per il proprio bene, non è altrettanto magnanima con il Serpeverde.
Perché il pensiero che Lance sia fidanzato, le provoca un bruciore al petto e la tentazione di picchiarlo a sangue.
E il ricordo di lui e della Greengrass che si baciano, nella via principale di Hogsmeade, le fa venire il voltastomaco per la nausea.

Che grandissimo bastardo!
Sollevando le iridi azzurre verso il fondo del tavolo, dove Scarlett sta allegramente civettando con un ragazzo di Tassorosso che puntava da tempo, Dominique decide che ha sprecato fin troppo tempo per partecipare a quella ridicola uscita di gruppo e che l'amica di certo non potrà rimproverarla se taglia la corda.
Si allontana quindi dopo aver fatto qualche rapido cenno di saluto con il capo, dirigendosi verso l'ingresso del locale con l'intenzione di lasciarsi alle spalle quell'atmosfera calda e insopportabile.
All'ultimo, però, decide che non ha nessuna voglia di affrontare il gelo di fine ottobre che ammanta la Scozia. Quindi, dopo aver tentennato una manciata di istanti davanti alla porta, retrocede fino a trovare uno sgabello libero e prende posto di fronte al bancone.
Nascosta dalla folla che sciama all'interno dei Tre Manici di Scopa e al sicuro dalle occhiate – prima tra tutte, quella di Scarlett –, si permette di rilassare le spalle e fare un respiro liberatorio.
Ordina distratta la prima cosa che le viene in mente a uno dei tanti dipendenti che Madama Abbott – una porzione di Zuccotti che non assaggerà neppure – mentre sente quella fosca e sgradevole sensazione crepitarle di nuovo addosso, incollandosi alla pelle e facendole assumere un'espressione mortificata sul viso.
Appena scorge qualcuno occupare lo sgabello accanto al suo, recupera all'istante una maschera di altezzosa imperturbabilità.
«Pessima uscita» commenta quel qualcuno, spensierato.
Dominique gli concede a malapena uno sguardo con la coda dell'occhio, prima tornare a puntare le iridi di fronte a sé.
«Grandissima deduzione» replica acida, giocherellando con uno di quei dolcetti senza portarselo alle labbra.
Evidentemente il suo tono non è abbastanza scortese da allontanare Cameron Boot, il quale, dopo un istante di silenzio, ridacchia.
Lei corruga le sopracciglia, interdetta, mentre volge il volto verso di lui, chiedendosi cosa ci sia mai di così divertente.
«È per via di Dever?» domanda quello, delicato, con ancora quel sorriso a incurvargli le labbra, alludendo a Mason. «Vi siete lasciati, no?» continua attento.
«E quindi?» replica Dominique, sferzante, fulminandolo malevola.
«Mi dispiace che tu ci stia male».
Lei proprio non riesce a trattenere una risata di puro scherno.
«Ti svelo un segreto» confida, sporgendosi nella sua direzione e assumendo un tono complice. «Se ho lasciato Mason» precisa, calcando volutamente quelle due parole. «È perché non me ne importava più nulla. Spiacente di deluderti, Boot, nessuno può ferirmi» dichiara quasi dispiaciuta.
Questo non è vero, 
la corregge una vocina dentro di lei. Etienne lo ha fatto e Lance... è sulla buona strada per ottenere quel potere.
Scrolla il capo con un guizzo di fastidio, cercando di scacciar via anche quella considerazione.
Che vada al diavolo lui e la Greengrass, 
pensa livida, indirizzando tutta la sua rabbia verso quello che è il vero responsabile del suo stato d'animo.
«Meglio così» approva Cameron, allegro, facendole sbattere le ciglia e strappandola dalle sue riflessioni. Torna a guardarlo con un sopracciglio inarcato, altera. «Allora perché non riesci a divertirti?» indaga bonario.
Come spiegare all'affascinante ragazzo che ci sta palesemente provando che ti stai lambiccando il cervello per un altro che, per inciso, detesti?
Dominique lo fissa con attenzione, impassibile.
E dire che c'era un tempo in cui aveva trovato Cameron Boot persino bello.

Ora, guardandolo, non prova
nulla.
Sì, ha gli occhi azzurri ma quelle iridi non sono baluginanti di una sfumatura gelida che ormai considera familiare. I suoi capelli sono castani e ricci, non corvini e lisci. E i tratti del volto, per quanto armoniosi, non ricordano minimamente quelli di Lance.
Insomma, è carino ma non è lui.
Si costringe a sorridere mentre ingoia quel boccone amaro fatto di realizzazione e accettazione.
«Sono solo di cattivo umore» minimizza annoiata, scrollando le spalle. «Capita» sostiene alzandosi dallo sgabello con grazia.
«Aspetta» la blocca Cameron, afferrandola per un braccio. Non stringe le dita intorno al suo polso, ma le provoca comunque un briciolo di fastidio. Se la presa fosse stata più salda, probabilmente Dominique non ci avrebbe pensato due volte a scrollarselo di dosso e mandarlo al diavolo. Curioso che non abbia fatto lo stesso il giorno prima con Lance, la cui morsa era molto più ferrea. «Non credo che tu sia affatto così insensibile» afferma sicuro, assolutamente serio.
Lei, suo malgrado, sorride. Scuote appena il capo, prima di afferrargli il viso tra le mani e scoccargli un bacio leggero sulle labbra.
«Sei carino, Cameron» lo grazia morbida, quando si allontana, osservando con divertimento lo smarrimento che è comparso negli occhi dell'altro e la sua espressione ebete. «Ma uno come te lo divorerei in un sol boccone» decreta quasi gentile, prima di lasciarlo andare, liberarsi da quella presa e uscire dal locale senza guardarsi indietro.
Solo quando si trova all'esterno, si permette di lasciarsi sfuggire un sospiro sconsolato. Respira a pieni polmoni l'aria gelida e, ignorando il fastidio dei fiocchi di neve di quella nevicata di fine ottobre, si incammina per High Street.
Infilandosi il cappello, che aveva riposto in una tasca del giubbotto scuro e abbottonandoselo fino al collo, Dominique si ricuce addosso un'espressione annoiata.
Ignora gli altri studenti che stanno percorrendo con lei la strada innevata, si ferma un momento ad osservare la vetrina di Scrivenshaft. In realtà nemmeno vede le piume pregiate esposte, la mente che torna ad ossessionarsi sull'unico pensiero che la tormenta dall'inizio della giornata.
Ovvero che cosa fare con Lance.
E cercare di cancellare l'immagine di lui e la Greengrass che si baciano, che si è ormai incisa a fuoco nella sua testa.
«Deve essere stato un appuntamento desolante a giudicare dalla tua faccia» sostiene una voce distaccata, che conosce fin troppo bene, alle sue spalle.
Dominique si riscuote con un sussulto, colta di sorpresa, e solleva il capo così da incrociare lo sguardo dell'altro sul riflesso della vetrina.
«Affatto» risponde secca, assumendo un'espressione dignitosa, drizzando le spalle. Prova un principio di irritazione quando si accorge con orrore che il cuore ha aumentato i battiti. «Anzi... ho parlato con un ragazzo davvero carino e ci siamo anche baciati» rivela per indispettirlo, dimostrando tutti i suoi quindici anni.
Lance inarca le sopracciglia, prima di sfoderare un sorriso provocatorio.
«Ah sì?» domanda sarcastico.
«Sì» conferma lei, attenta ad osservare ogni minima reazione dell'altro. Giusto per capire se quello che gli ha appena detto è in grado di provocargli anche un pochino di fastidio.
«Quindi Martin è stato definitivamente mandato al mattatoio» deduce lui, posato. «Buon per te» aggiunge spassionato.
«Mason» corregge Dominique, secca. «E di lui non mi importa nulla» ripete per la seconda volta a distanza di pochi minuti.
Lance amplia quel sorriso, deliziato.
«Come ti avevo detto» ricorda trionfante, alludendo a quanto successo nella capanna di Hagrid.
«Evita quel tono gongolante, Rosier» lo fredda lei, voltandosi di colpo e avvampando per l'irritazione. «Mi dà sui nervi» confessa, infastidita a morte.
«E questo dovrebbe essere un deterrente per smettere?» replica lui, intrigato.
«Perché sei qui?» sbotta Dominique, velenosa, fissandolo con un cipiglio terribile. «La tua uscita con la Greengrass è andata tanto male?» serpeggia aggressiva.
Lance scrolla le spalle, noncurante.
«Non è che io e Egle stiamo tutto il tempo appiccicati» rivela sereno. «E poi perdonami se non so resistere alla tentazione di punzecchiarti» ammette amabile, rischiando seriamente di farla arrossire e non per la rabbia.
«Lusingata» commenta lei, piatta.
«Dovresti» le rivela lui, leggero. «È un privilegio che non concedo a tutte».
Dominique solleva le sopracciglia, per nulla impressionata.
«E questo dovrebbe importarmi, perché?» replica con sufficienza.
Lance evita di ribattere, si limita a guardarsi intorno con due occhi gelidi.
«Sicura che sia una buona idea?» commenta vigile. «Farti vedere a parlare con me» spiega coinciso.
Lei boccheggia, presa alla sprovvista, prima assumere un'espressione odiosa.
«Un insulto non si nega mai a nessuno» ribatte, conscia di quello che le ha voluto far notare. E, con un guizzo di sincerità, ammette che non è pronta a confessare nemmeno a se stessa quello che prova, figuriamoci farlo capire al resto della scuola.
«Specie se a un Serpeverde discendente di un assassino» termina lui, giocoso, riprendendo a sorridere rilassato. «Beh, perché sei qui?» le chiede spiccio.
Dominique aggrotta la fronte, interdetta.
«Che intendi?» domanda sbattendo le ciglia.
«Se hai trovato un ragazzo carino» sottolinea Lance, con quell'irritante aria di superiorità, ripetendo le sue esatte parole. «Perché non sei con lui in qualche posto isolato?» chiede sfacciato.
«Mi stai dando della facile?» indaga lei, mordace, stringendo con disappunto le labbra.
«Nah» si lascia sfuggire lui, genuino, arricciando il naso in una smorfia. «Ma capirei se avessi voglia di divertirti. Hai quindici anni» sottolinea leggero.
Non te ne importa niente, realizza Dominique, sentendo la gola stringersi e gli occhi inumidirsi per un motivo che non riesce a spiegarsi.
«Invece di fare quella faccia incazzata, potevi risparmiarti tutti questi giochetti e chiedermelo» se ne esce Lance, sbrigativo, facendole alzare gli occhi per incontrare i suoi con un guizzo di confusione.
«Che cosa?» articola a fatica, presa alla sprovvista.
Lui la guarda con grande pazienza.
«Di venire a Hogsmeade con te» spiega lentamente, come se lei non fosse in grado di fare un collegamento così semplice.
Dominique si acciglia, sbattendo più volte le palpebre.
«Credevo che fossi impegnato» sostiene concreta, punta sul vivo.
«Lo ero» ammette Lance, serio. «Ma avrei trovato del tempo per te» concede magnanimo.
«Risparmiati lo sforzo» sbotta lei, brusca, ignorando lo stomaco che si è stretto in una morsa
assolutamente sgradevole. «Non sono la tua seconda scelta» ribadisce perentoria.
«Me lo hai già detto» ricorda lui, placido, inarcando le sopracciglia. «Mi sfugge il perché tu me lo stia ripetendo» afferma con eloquenza.

Lo sai il perché. Solo ti fa comodo far finta di non capirlo.
«Non farlo» lo avverte Dominique, velenosa. «Non crederti così importante. Posso avere di meglio» afferma squadrandolo con supponenza.
«Certo che puoi» concede Lance, con l’aria di chi sta dando ragione al proprio interlocutore perché è un idiota, un sorriso divertito da morire stampato sulle labbra. «Ma non è detto che tu voglia» commenta spietato, godendo nel vederla arrossire.
Dominique freme, al limite della sopportazione.
Gli rivolge quindi un'occhiata di fuoco, prima di voltargli le spalle e iniziare a camminare per la strada principale con la testa alta e l'espressione bellicosa di chi avrebbe voglia di strappare i reni a morsi al primo malcapitato di turno.
«E ora dove vai?» domanda lui, tampinandola e raggiungendola con dei rapidi passi.
«Torno al Castello» decreta lei, inflessibile.
«Di già?» la prende in giro Lance e quel tono beffardo è la goccia che fa traboccare il vaso. Dominique si volta nella sua direzione. «Vuoi davvero sprecare il resto del pomeriggio a Hogwarts?» continua, sprezzante del pericolo.
«Si può sapere che cosa vuoi da me?» gli si rivolta contro, violenta, vomitandogli addosso tutta la sua frustrazione e ira che ha accumulato per tutto il pomeriggio. «Se pensi che continuerò a scodinzolarti dietro per elemosinare un briciolo di attenzione, hai proprio capito male» sbraita furiosa mentre lui guarda un punto imprecisato al di là delle sue spalle, corrugando le sopracciglia prima con sospetto e poi con attenzione.
Dominique manco ne accorge, troppo impegnata a incamerare ossigeno per cercare di scacciare via quei tremori violenti che le hanno invaso il corpo e che le annebbiano la mente. È solo quando sente delle grida di terrore e lo scoppio di qualche incantesimo che, sbarrando gli occhi, si gira.
Davanti a lei si para lo spettacolo di un mucchio di uomini incappucciati in mantelli bianchi che, con le maschere sul volto e le bacchette in mano, scagliano fatture contro gli studenti presenti in High Street, creando un caos infernale che quasi le mozza il fiato in gola.
Rimane congelata sul posto, spaventata e incredula allo stesso tempo, mentre la via si riempie di duelli, urla e sangue. Vede dei ragazzi scappare per le stradine laterali, alla ricerca di un modo per scappare da lì e quegli uomini avanzare nella neve chiazzata di rosso.
Con la coda dell'occhio ne intravede uno dirigersi verso di lei e, nonostante sappia bene cosa dovrebbe fare, rimane paralizzata mentre lo guarda alzare la bacchetta.
Un fiotto di luce rossa colpisce l'uomo al petto, facendolo schiantare con un tonfo sordo contro la parete di un edificio e stramazzare al suolo, e Dominique si sente afferrare il braccio bruscamente.
«Muoviti» sibila Lance, gelido, strattonandosela dietro e spingendola in una delle vie che dalla strada principale creano quel labirinto di vie che è diventata Hogsmeade dopo la guerra. «Tira fuori la bacchetta e vedi di non rallentarmi» le ordina secco.
Dominique annuisce, recuperando l'arma dalla tasca del giubbotto e impugnandola in una stretta spasmodica mentre l'altra mano cerca per riflesso quella di lui.
«Non possiamo Smaterializzarci?» propone in affanno, cercando di stare al passo dell'altro.
Lance scuote il capo, guardandosi le spalle prima di procedere la marcia verso un riparo sicuro.
«Sarebbe inutile» sentenzia seccato. «Hanno eretto due barriere. Non si entra né si esce da Hogsmeade» afferma sicuro, il viso teso.
Lei deglutisce, il cuore in gola.
«E quindi quale sarebbe il piano?»
«Sopravvivere» risponde lui, distaccato, prima di concederle un'occhiata distratta. Torna a fissarla dopo un secondo, voltando la testa di scatto quando si rende conto del terrore che le distorce i lineamenti. Lo vede serrare le labbra con fastidio, lasciandosi sfuggire uno sbuffo lieve. «Evita quella faccia spaurita: sei con me» afferma risoluto, forse nel maldestro tentativo di essere incoraggiante.









Alt, mettete giù i forconi e la bacchetta!
Okay che sono un po’ cattiva ma non così tanto. Lo so che questa serie è composta di os ma questa era decisamente troppo lunga e temevo di annoiare se avessi pubblicato un papiro infinito.
Quindi ho deciso di dividerla in due parti e, visto che la seconda è quasi pronta, vorrei pubblicarla settimana prossima così da chiarire almeno una parte dei dubbi che vi saranno inevitabilmente venuti.
So che qualcuno vorrà la mia testa per questa scelta. Ne sono consapevole ma non potevo fare altrimenti.
(C'è gente che vorrà la mia testa anche per altro ma fortunatamente so come salvarmi!)
Per quanto riguarda la parte su Julian: non sono impazzita. Mi rendo conto che qui c'è una contraddizione rispetto a quello che ho scritto in 
Familie kommt zuerst ma vi assicuro che è tutto calcolato.
Vorrei ringraziare Ciuscream che ha avuto la pazienza di leggersi questo delirio e farmi notare tutte le sviste. E spero che mi perdonerà per come si sta comportando il Rampollo Rosierino.
Alla prossima,
Blue 



* citazione di The Vampire Diaries.




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Capitolo 2
*** Vecchie ferite ancora aperte e sanguinanti ***


Venti di guerra - Ferite ancora aperte e sanguinanti

Vi avverto: questa seconda parte è lunga. Vi consiglio di mettervi comodi se volete davvero intraprendere la lettura.




















Dominique sente il cuore martellarle furioso nel petto mentre segue Lance in quel reticolato di stradine labirintiche che è diventata Hogsmeade.
Sebbene il fiato corto, non accenna a diminuire il passo. Il panico la spinge a muovere una gamba dietro l'altra e a controllare costantemente all'indietro, così da essere sicura che nessuno di quei pazzi li stia seguendo. E non importa se la neve rende più difficoltosa la marcia o se i vicoli stretti sembrano quasi provocare una leggera claustrofobia, perché il desiderio di sopravvivere è più forte di ogni cosa.
Mai come in questo momento è felice di non essere da sola.
Sebbene Lance sia teso quanto lei – ha i lineamenti irrigiditi e lo sguardo vigile di chi si aspetta un attacco da un momento all'altro –, è di conforto sapere che può contare su di lui.
Anche perché – siamo oneste –, a differenza sua, è lucido e concentrato nello sforzo di sopravvivere.
Se dipendesse da lei, invece, davanti al nemico, probabilmente farebbe fatica persino ad evocare un semplice Incantesimo Scudo, terrorizzata com’è.
«Dove stiamo andando?» chiede, la voce rauca a causa della bocca asciutta.
Lui sta per risponderle quando un grido atroce li blocca lì, in mezzo a quel vicolo stretto. Lance le lascia immediatamente la mano, precipitandosi in quella direzione sotto gli occhi sbarrati di lei.
Dopo un attimo di spaesamento, ignorando il suo cervello che le ordina di rimanere lì – al sicuro , Dominique lo segue con la paura che le scivola sotto pelle, facendola rabbrividire e rendendo più tremante e incerta la presa sulla bacchetta.
Una volta svoltato l'angolo, si ritrova in un piccolo incrocio di tre stradine. Fa a malapena in tempo a vedere un lampo di luce rossastra, che l'uomo con il mantello e cappuccio bianco viene scaraventato brutalmente contro la parete in pietra di un edificio, afflosciandosi al suolo in una posa scomposta.
Ruotando il capo a sinistra, Dominique sussulta quando si rende conto che Lance è accovacciato accanto a qualcuno sdraiato sulla neve, la schiena appoggiata a un barile di legno. Solo quando si avvicina riconosce il ferito come Jude Burke.
«Sembra peggio di quello che è» sentenzia Lance, pratico, dopo aver sollevato il maglione del cugino e aver studiato quel taglio sanguinante che, dal fianco al ventre, gli squarcia la pelle. «Dovevi stare più attento» recrimina aspro, passandoci sopra la punta della bacchetta e mormorando un incantesimo.
Jude sbuffa, piegando le labbra in una smorfia sofferente.
«Mi ha colto di sorpresa» biascica a bassa voce. A giudicare dal suo colorito pallido e dal respiro spezzato, Dominique dubita che la ferita sia superficiale. «Non ho avuto il tempo di reagire» si giustifica in un soffio.
Lance serra la mandibola, rigido, fissando con palese preoccupazione la pancia dell'altro.
«Dobbiamo andarcene da qui» decreta autoritario, mettendosi un braccio del cugino sulle spalle e appoggiando la mano destra – quella che non impugna la bacchetta – all'altezza del fianco, issandolo con fatica in piedi. «Se restiamo allo scoperto, siamo un facile bersaglio» constata analitico, lanciando continue occhiate malevola intorno. «Ho bloccato il sangue, almeno non lasceremo delle tracce sulla neve» svela spiccio.
Dominique annuisce, inquieta.
«Lasciami qua: ti rallenterei e basta» mugugna Jude, esausto, sforzandosi di tenere gli occhi aperti.
«Sì, così ti ammazzano» replica lui, sarcastico, scuotendo il capo con irritazione e fissandolo per un istante spazientito. «Come se non sapessi quello di cui sono capaci» considera amaro, storcendo il viso in una smorfia furiosa. «Non fare il coglione, non ti abbandono» afferma irremovibile, tornando a degnarla della sua attenzione. «Almeno tu vedi di renderti utile. Dubito di riuscire a difendere tutti e tre, se ci dovessero attaccare» ammette contrariato, il volto indecifrabile, indicandole con un cenno del mento la strada da percorrere.
Dominique lo segue, il viso corrucciato dall’angoscia mentre grossi e pesanti fiocchi di neve riprendono a cadere dal cielo, nascondendo le tracce del loro passaggio.


*


«Non chiudere la porta» ordina Lance quando entrano in un’abitazione apparentemente abbandonata nel quartiere residenziale di Hogsmeade.
Dominique si trattiene a stento dallo starnutire a causa della mole di polvere che ricopre ogni superficie di quello che dovrebbe essere un salotto, i cui pochi mobili presenti sono coperti da teli bianchi.
Togliendo con un movimento secco e brusco della mano, lui libera il tavolo dal tessuto candido e, con un minimo di delicatezza concessa dallo sforzo, stende Jude, privo di sensi, lì sopra.
«Di chi è questo posto?» domanda lei, cauta, avvicinandosi con un velo di incertezza e le gambe molli.
«Di mio padre» risponde Lance, sbrigativo, mentre solleva di nuovo il maglione del cugino per valutare meglio la ferita. Lo osserva serrare la mascella con disappunto, le labbra piegate in una morfia tesa. «Lo ha comprato qualche anno fa ma non lo ha ancora ristrutturato» spiega distratto, in un borbottio a malapena udibile, prima di tentare un Incantesimo Curativo.
Notando la mano sinistra dell’altro tremare visibilmente, Dominique non ci pensa due volte ad alzare il braccio destro che aveva disteso lungo il fianco.
«Lascia, faccio io» si offre spiccia, spingendolo via senza garbo, in maniera tale da poter studiare meglio e con occhio critico la ferita. «Ho seguito un corso di soccorso al San Mungo, quest’estate e la precedente» spiega algida quando lo intravede inarcare le sopracciglia con scetticismo. «Sicuramente sono più preparata di te» rinfaccia insopportabile.
Lance si guarda bene dal commentare, anche se è palese che non sia affatto convinto.
Tuttavia decide di non iniziare una discussione e, con un movimento rapido del polso, accende il fuoco nel camino presente nel locale, per poi creare una barriera sulla porta d’ingresso – che rimane comunque aperta –, così da impedire che qualcuno entri e che il calore esca.
Ignorando i brividi per la temperatura polare in cui è immersa l’abitazione, Dominique prende un paio di respiri profondi per calmarsi e concentrarsi solo su come curare l’altro. Non ha mai affrontato una lesione del genere, abituata solo a qualche graffio e livido che il volontariato nell’ospedale magico le ha permesso di affrontare e sapere guarire. Però, grazie ai tomi di Magia Curativa che è solita divorare nel tempo libero, può dire di avere una conoscenza sopra la media della disciplina rispetto ai suoi coetanei.
E se avesse dell’Essenza di Dittamo, probabilmente non dovrebbe ricorrere al suo repertorio di sortilegi per cercare di tamponare il sangue e bloccare l'emorragia in corso.
Dopo aver fatto apparire delle bende e aver fasciato il fianco di Jude, si volta nella direzione di Lance. Rimane un secondo basita quando lo vede accovacciato sul pavimento, mostrandole le spalle, e solo quando si avvicina nota che sul pavimento – dove la polvere è stata rimossa – c’è una perfetta riproduzione della cartina di Hogsmeade.
«Come sta?» domanda lui, puntandole addosso le iridi azzurre e gelide.
Dominique si inumidisce le labbra, nervosa.
«Ha bisogno di cure al più presto» risponde onesta, sbottonandosi il giubbotto a causa del caldo che si sta diffondendo nel salotto. «Ho fatto quello che potevo ma sono un Guaritore. Perché stai consultando questa mappa?» chiede perplessa, adocchiando incuriosita quelle linee nere.
«Prima dall’attacco – quando tu starnazzavi come un’oca –, ho notato che sono state erette due barriere. Una blu e una rossa, il che impedirà agli Auror di Smaterializzarsi qui e a noi di scappare» constata Lance con disappunto, corrugando le sopracciglia e tornando a concentrarsi sul disegno. «Per mantenere attivi dei simili incantesimi contemporaneamente e per un tempo sufficiente per fare i loro comodi, questi idioti avranno posizionato quattro dei loro agli angoli della città. È l'ipotesi più logica» afferma saputo, picchiettando la bacchetta sul legno del pavimento. «Questo significa che se riusciamo a metterne fuori gioco almeno uno, le barriere cadranno» decreta sicuro, socchiudendo gli occhi azzurri per riflettere su quale strategia utilizzare.
Lei strabuzza i suoi, sconvolta.
«Ma per far ciò bisognerebbe tornare là fuori» sottolinea in panico, la voce stridula.
«Già».
«Possiamo aspettare che qualcuno venga a darci una mano» suggerisce Dominique, svelta, cercando di trovare un'alternativa a quella follia. «Voglio dire… Madama Abbott, uno degli adulti sicurament-»
«Non hai notato che nelle strade c’erano solo studenti?» la blocca lui, brusco, fissandola quasi con compatimento. «Avranno lanciato qualche incantesimo che impedisca a chi si trova dentro un edificio di uscire e combattere» deduce seccato. «Almeno si sono evitati la scocciatura di scontrarsi contro gli adulti».
Dominique sbatte le palpebre.
«Per questo non hai chiuso la porta» ragiona, analizzando quanto lui ha fatto prima e trovando un senso in quell'ordine apparentemente inspiegabile. «Non ci pensare nemmeno» lo avvisa inflessibile, storcendo il viso in una smorfia bellicosa.
Lance inarca le sopracciglia, affatto impressionato dal quello slancio di feroce determinazione. Appoggia le mani sulle ginocchia, alzandosi in piedi e avvicinandosi di nuovo al tavolo.
«Jude?» lo chiama piano, a bassa voce, scuotendolo delicatamente per la spalla.
L'altro apre gli occhi verdi, appannati dalla confusione.
«Bohort?» domanda flebile, in un sussurro spezzato.
Anche se le dà le spalle, Dominique lo vede chiaramente sussultare.
«No» lo contraddice lui, dopo un momento di silenzio tetro, la voce indecifrabile. «Lance» precisa piatto.
Jude si acciglia, stringendo le palpebre forse nel tentativo di metterlo meglio a fuoco.
«Lance» ripete fioco, riconoscendolo, sfarfallando le ciglia nello sforzo di tenere gli occhi aperti.
«Vado a chiamare aiuto ma ho bisogno che tu stia sveglio, d’accordo?» domanda Lance, amabile, pronunciando con lentezza quelle parole, così da assicurarsi che vengano sentite e comprese.
«No, scordatelo» sbotta Dominique, inserendosi di prepotenza in quella conversazione e cancellando con delle rapide falcate la distanza che li separa. «Loro sono troppi e noi siamo solo in due» gli fa notare tagliente.
Lui si gira nella sua direzione, lo sguardo gelido.
«Ci vado da solo» decreta distaccato. «Tu resti qui con Jude» sentenzia irremovibile.
«No» si ribella incollerita, scuotendo con enfasi il capo. «Non te lo lascio fare!» si ostina testarda.
«Sai, inizio a pensare che tu ti stia prendendo troppe libertà» inizia Lance, sarcastico e insopportabile, fissandola con una luce negli occhi che le fa tremare il cuore per la paura. «Non ti devo chiedere il permesso e tu non mi puoi impedire di fare nulla» termina con quel fare che la sfida a contraddirlo, giusto per dimostrarle quanto si sbagli.
Dominique, sebbene dentro senta le viscere rabbrividire, si sforza di non mutare espressione.
«Si chiama buonsenso» recrimina affilata, alzando il mento con arroganza.
«La mia, sopravvivenza» precisa lui, impassibile. «E attualmente è più importante del tuo buonsenso» aggiunge rude.
Lei rimane in silenzio, il petto sconquassato da una serie di emozioni contrastanti. Da una parte le viene quasi voglia di sciogliersi in una risata isterica, tanto le pare assurda la situazione, dall'altra non può fare a meno di provare un'amarezza bruciante nel rendersi conto della cocciutaggine dell'altro.
«Credevo che i Purificatori non esistessero più» è l'unica cosa che riesce a dire, rievocando dalla memoria una serie di articoli riguardanti quegli uomini mascherati che in nel post guerra avevano scosso l'Inghilterra.
Lance piega le labbra in un sorriso per nulla divertito.
«Magari» sospira amaro, scuotendo la testa e puntando le iridi altrove. Le sembra che siano più distanti e fredde che mai, volte a rivivere qualcosa che non ha il lusso di sapere. «Probabilmente non smetteranno finché non avranno eliminato ogni discendente dei Mangiamorte. Dovresti essere contenta» insinua crudele, tornando a guardarla e assumendo un'espressione beffarda. «Ti stanno facendo un favore a tentare di far fuori quelli come me» termina brutale, con una crudeltà che la colpisce in pieno.
Dominique non batte ciglio, anche se dentro al petto sente un dolore sordo. La sorprende la facilità con cui riesce a ferirla con poche e studiate parole.
«Stanno solo restituendo il favore per quello che i tuoi antenati hanno fatto» ribatte velenosa, rifiutandosi di sentirsi in colpa per qualcosa che non dipende da lei.
Era prevedibile, pensa, invece, insensibile. Il Mondo Magico ha subito due guerre solo perché degli idioti fissati con la purezza del sangue pensavano di poter decidere chi dovesse vivere e chi morire. Dopo la sconfitta di Voldemort, il Ministero è stato troppo morbido con le famiglie coinvolte, conclude inclemente.
Lance arcua un sopracciglio, ampliando quel sorriso denigratore.
«Evan aveva ragione» sostiene leggero, facendole sbattere le palpebre e corrugare la fronte per lo sbigottimento. «Non siete migliori di noi» spiega nauseato, voltandole le spalle per dirigersi verso la porta.
Forse è a causa del panico che prova nel guardarlo avvicinarsi all'uscita dell'abitazione o forse anche per quella punta di senso di colpa che sta disperatamente tentando di soffocare, che Dominique sente la testa farsi più leggera e sa già cosa sta per succedere.
La pelle si intorpidisce mentre l'udito, il tatto, l'olfatto e il gusto sembrano inibirsi. Non la vista, no, quella mai.
Nella sua mente – esattamente come se lo avessi davanti agli occhi – vede un'immagine sfuocata e confusa, che diventa velocemente sempre più nitida e reale.



Nell'incrocio dove hanno trovato Jude, si trovano due Purificatori. Hanno la maschera bianca sul viso e sono accucciati sulla neve, intenti a studiare con attenzione quella macchia rossa che spicca sul bianco.
Un altro sta aiutando quello che Lance aveva attaccato a rialzarsi, pretendendo di sapere che cosa fosse successo.
«Credo fosse uno solo» risponde questo, sofferente, la voce che esce a fatica da sotto la maschera. «Maledettamente veloce» aggiunge rabbioso.
«Uno di loro?» domanda l'altro, interessato.
«Purosangue» conferma il Purificatore, rimettendosi in piedi con fatica. «Solo quei bastardi ti prendono alle spalle».
Vede quello che deve essere il capo drizzare le spalle e il trionfo illuminargli gli occhi castani.
«Signori, attenzione» esordisce quasi emozionato, ad alta voce. «C'è una preda nei dintorni. Dividiamoci in due gruppi e separiamoci: sarà più facile braccarla».



«Mi vuoi rispondere?»
Domique sbatte gli occhi, la visione che scompare all'improvviso esattamente com'è venuta.
Si ritrova di nuovo in quel salotto polveroso, dai mobili coperti e uno studente ferito sdraiato e incosciente sull'unico tavolo presente.
«Come?» articola in un bisbiglio, fissando vacua Lance.
Lui, che si è avvicinato quando deve averle posto quella domanda che lei non ha sentito, la osserva con palese spazientimento.
«Ho detto che una volta che le barriere saranno cadute, di uscire e lanciare un Periculum» ripete irritato, continuando a studiarla con l'aria di chi sta però cercando di capire cosa sia successo. «Conosci l'incantesimo, no?» domanda secco.
Lei si ritrova ad annuire come un'automa.
«Sì» conferma remissiva, le iridi puntate verso il pavimento per evitare di guardarlo in faccia.
Ora come ora non ha la forza per sostenere quella discussione che, non ha dubbi, avverrà presto.
Lance rimane fermo, in piedi davanti a lei. Da quel poco che riesce ad intravedere a causa anche della testa incassata tra le spalle e dello sguardo basso, carico di vergogna, Dominique rimane sorpresa quando lo scorge voltare il busto per muoversi di nuovo verso la porta.
Lo afferra di riflesso per un braccio, in panico, stringendo la manica del mantello con forza e affondando le unghie nel tessuto pesante.
«Ci sono quattro Purificatori qui vicino» lo informa disperata, gli occhi azzurri sbarrati.
«Probabile» concede lui, preso alla sprovvista.
Dominique scuote il viso, terrorizzata.
«No, è così» insiste concitata, non rendendosi conto di aver quasi urlato. «Non puoi uscir-»
«Domi» la blocca Lance, fermo, interrompendo quel fiume di parole dettate dalla paura che minaccia di strariparle dalla bocca e inchiodandola sul posto con un sguardo intimidatorio. «Lasciami» ordina piatto, abbassando le iridi a indicare la mano che è ancora aggrappata al suo mantello.
Lei, seppur esitante, ubbidisce, il viso corrucciato in una smorfia dolente.
Si sforza di aprire le labbra, cercandosi di scacciare via quella frustrazione mista a paura che le scorre nel sangue ma tutto si ritrova a non riuscire ad emetter e nemmeno un suono.
Boccheggia, sconvolta dal non riuscire a fare una cosa tanto semplice.
Decide quindi di lanciargli un'occhiata supplicante – così poco da lei –, sperando che sia sufficiente dal farlo desistere dal compiere quella missione suicida.
Tuttavia il volto di Lance è rimasto impassibile, sebbene le sue iridi siano baluginanti di qualcosa che assomiglia vagamente all'incertezza.
«Me lo dici quando torno» le va incontro, più morbido, prima di voltarle le spalle e uscire da quel rifugio sicuro. «Fai in modo che Jude sopravviva fino all'arrivo dei soccorsi» è l'ultima cosa che gli sente dire, prima che sparisca dalla sua vista.
Dominique annuisce, il cuore pesante.
Perché tanto lo fai. Torni.


*


Respira a pieni polmoni l’aria gelida del pomeriggio, incanalando quanto più ossigeno possibile.
La mano che stringe la bacchetta è pronta a scattare, gli occhi vigili e la mente lucida.
È paradossale ma si trova molto più a suo agio in una delle tante strade innevate di Hogsmeade piuttosto che immobile in quel rifugio, ad attendere con i nervi tesi i soccorsi e sperare che Jude resista.
Chissà se anche Evan si sentiva così prima di uno scontro, riflette quasi distratto, il cervello occupato a scrutare l’ambiente circostante e analizzare anche i più piccoli dettagli. Di sicuro l'addestramento che ho ricevuto mi torna utile.
Mentre scivola silenzioso accanto alla parete degli edifici che costeggiano il vicolo, Lance non riesce proprio a trattenersi dal sorridere. È appena accennato e non si vede a causa del volto coperto.
Utilizzare la Trasfigurazione per cambiare il colore del mantello e trasformare un sasso in una maschera bianca, così da confondersi con quei Purificatori, gli è sembrata un’idea del tutto naturale.
D’altronde non esiste l’onore in guerra.
Vince chi riesce ad uccidere l’altro.



«Dimenticati dell'onore, ragazzo» esordisce il prozio Julian, lapidario, fissandolo con due occhi verdi dalla tela del ritratto. Lance lo ascolta con attenzione, seduto a gambe incrociate sul pavimento di quella che è sempre stata la Sala dei Duelli di Rosier Castle. «Sono solo sciocchezze per gli stolti. In duello, l'unica priorità è rimanere vivi» afferma pragmatico, arricciando con disgusto le labbra. «Usa ogni debolezza dell'avversario a tuo vantaggio e scordati della correttezza».



Questo è uno dei tanti consigli che gli ha suggerito Julian, dal momento in cui ha scovato il suo ritratto in una stanza abbandonata a Rosier Castle.
All’inizio aveva pensato che fosse stato suo padre a relegarlo lontano da tutti, in un angolo sperduto della casa. Solo con il tempo si è reso conto che il suo prozio si era imposto quell’esilio di sua spontanea iniziativa.
Abbassa le spalle, simulando una posa rilassata quando incrocia uno di quegli idioti che sperano tanto di pareggiare i conti – non sanno che in realtà hanno scatenato un’altra spirale di odio e rancore, e che non sarà certamente lui a fermare quel fiume di sangue – al termine del vicolo che immette su Hight Street.
«Vieni con me, dobbiamo controllare che non ci siano problemi alle barriere» gli abbaia contro rauco e lui non può fare a meno di trattenere un moto di stizza nel sentire quella feccia dargli ordini. Quelli come quella merda meritano di diventare cibo per i vermi. Facile fare i gradassi e attaccare degli studenti invece che adulti in grado di difendersi. Ma ai deboli piace giocare facile, pensa quasi con pietà, li fa sentire potenti. «Fra poco arriveranno gli Auror. Cerchiamo di muoverci e trovare quanti più Purosangue possibile. Quei bastardi si nascondono peggio dei ratti nelle fogne» ringhia disgustato.
Quando gli volta le spalle, certo di trovarsi in presenza di un alleato, Lance si china leggermente in avanti, così da poter raggiungere lo stivale e afferrare la bacchetta che è lì nascosta.
Mette via la sua nella tasca del mantello e prova una strana sensazione – un grumo di feroce esaltazione e timore reverenziale – nello stringere quel legno scuro. Nemmeno si accorge di piegare le labbra in un sorriso deliziato.
«Impero» sussurra a bassa voce, osservando l’altro drizzare le spalle e tornare a guardarlo in faccia. Sotto la maschera intravede due occhi vacui fissarlo, in attesa di ordini. «Ascoltami bene. Andremo dai tuoi compagni che proteggono quello che controlla le barriere e quando vedrai che ti avranno riconosciuto e abbassato la guardia, dovrai fare una piccola cosa per me» afferma quasi dolce, sospirando di piacere.
«Certo» risponde quello meccanico, in balia del suo incantesimo.
Lui continua a sorridere, facendogli un cenno del braccio per invitarlo a indicargli la strada da percorrere



Dominique non riesce a fare a meno di mangiarsi le unghie.
È un’abitudine disgustosa che credeva di aver perduta ma che ogni tanto - quando il livello di stress raggiunge il picco - torna a fare capolino.
Osserva Jude Burke, steso immobile sul tavolo del salotto, febbricitante di febbre e vittima di un'emorragia che lo sta rendendo sempre più debole.
L’unica cosa che può fare è pronunciare un incantesimo che gli allevierà per qualche tempo la sua sofferenza, anche se non lo aiuterà a salvarsi.
Getta ansiosa un’occhiata fuori dalla finestra, dove il cielo di ottobre è violaceo a causa di quelle barriere che hanno tagliato fuori Hogsmeade dal resto del mondo.
In piedi accanto al tavolo, non può fare a meno di aspettare che quell’incubo finisca presta.
Nemmeno sapere che Louis e gli altri suoi cugini sono al sicuro – grazie a delle rapide chiamate attraverso lo Specchio Gemello che porta sempre con sé – riesce a tranquillizzarla e a tamponare il panico di quell'attesa snervante.



«Evan sapeva come generare la paura nel nemico. Oserei dire che il suo fosse quasi un talento naturale, estremamente prezioso quando ci si trova in guerra. Perché sprecare energie inutili quando si può manovrare l’avversario per fargli fare il lavoro al tuo posto? Con il tempo scoprirai che le persone sono estremamente facili da manipolare».




Dividi et impera. Sarà anche la strategia bellica più vecchia del mondo ma funziona sempre, pensa Lance quando la sua marionetta attacca quello che manteneva attive le barriere, facendole crollare al suolo coperto di neve e spezzando gli incantesimi all’istante gli incantesimi che isolavano Hogsmeade.
Nel secondo che segue, dove gli altri Purificatori osservano il suo inebetiti, talmente sconvolti dal reagire, lui non può fare a meno di sorridere. Sa che è una questione di attimi primi che gli Auror si Smaterializzano per cui, dal suo nascondiglio all’angolo di una stradina, dissolve immediatamente la Trasfigurazione, facendo tornare nero il suo mantello e una pietra la maschera che ha indossato.
Sta riponendo la bacchetta al sicuro nel suo stivale, riprendendo dalla tasca quella che ha acquistato quando aveva dodici anni nel momento in cui delle grida acute squarciano l’aria.
Sì, riflette distratto, scuotendo con noncuranza il capo, effettivamente una gola tagliata e del sangue possono fare questo effetto.



«La paura non è una debolezza, ragazzo. Solo gli sciocchi non la temono. Il vero nocciolo è che non bisogna cadere in balia di essa, bisogna imparare a dominarla e ad assaporarla negli occhi nel nemico. Non farti impietosire da suppliche o patetiche preghiere. Ricordati queste parole quando rischierai di provare un briciolo di compassione: che non osino più, mai più».


*


«Le ripeto che sto bene, non è assolutamente necessario che perda il suo tempo»
«Dominique, piantala» la redarguisce maman, secca, seduta accanto a lei in uno dei tanti lettini che costellano l’Infermeria, gremita di studenti e di genitori. «Sei forse una Guaritrice?» si informa severa.
«Non ancora» risponde lei, velenosa, trattenendosi a stento dallo sbuffare. «E non è necessario esserlo per vedere che non ho nemmeno un graffio» sottolinea con lo stesso tono, corrugando le sopracciglia.
Appena le barriere sono cadute, come d’accordi con Lance, è uscita dall’abitazione in cui si era rifugiata per lanciare in aria un Periculum. Non ha dovuto attendere molto prima che un paio di Auror giungessero in suo soccorso.
Ormai al sicuro – da quello che ha capito, i Purificatori si sono dispersi quando gli uomini di zio Harry hanno fatto irruzione nel villaggio –, si è fatta docilmente condurre fino ad Hogwarts, dove c’era una folla di genitori spaventati aspettava con i nervi a fior di pelle notizie riguardanti i figli.
Alcuni dei quali non hanno avuto la mia stessa fortuna, constata concreta, scrutando con le iridi chiare tutti i letti occupati da ragazzi che hanno il corpo coperto da bende candide e sono privi di sensi.
«Tu e Bill siete uguali» riprende Fleur, polemica, alzando gli occhi al cielo per l’esasperazione. «Sempre a minimizzare quando si tratta della vostra salute»
Forse sei tu ad essere iperprotettiva, vorrebbe risponderle Dominique ma si morde la lingua per cedere a quella tentazione.
Osserva con nervosismo le dita sporche del sangue di Jude Burke.
«Credevo che i Purificatori fossero stati arrestati tutti» dice, invece, ripensando a quegli uomini con il cappuccio e mantello bianco.
L’altra le rivolge un’occhiata attenta e affilata.
«Tu come sai di loro?» indaga imperiosa, corrugando le sopracciglia.
Dominique storce il viso in un’espressione eloquente.
«Ogni tanto qualche giornale ne parla, soprattutto ricordando quello che è successo a Diagon Alley» svela con sufficienza, sistemandosi una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio. «Allora?» la esorta spazientita.
«Lo saranno presto» taglia corto Fleur, una luce ardente e combattiva a illuminarle gli occhi azzurri. «Ci penserà tuo zio» decreta inflessibile, alludendo a Harry.
Lei non ne è tanto convinta.
«Sono già sfuggiti agli Auror una volta e se dovesse accadere di nuov-»
«Dominique, ci penseranno gli adulti» la blocca sua madre, dura e sferzante, intimidendola con un’occhiata. «Tu devi solo riposarti e dimenticare quanto è successo».
Sta già per replicare, incapace di tenere a freno la lingua, quando l’urlo di uno studente, sdraiato a un paio di lettini di distanza, rimbomba nell’Infermeria e fa sussultare i presenti per lo spavento.
Approfittando del momento di confusione che è seguito, dove tutti hanno inevitabilmente orientato l’attenzione a quel povero ragazzo che sta coraggiosamente patendo gli incantesimi di Madama Chips per farsi rimettere in sesto, Dominique, con disinvoltura e ben attenta a non provocare il benché minimo rumore, scivola via da quell’angolo dove sua madre l’ha costretta a stare ferma e imbocca l’uscita nel minor tempo possibile.
Una volta fuori dall’Infermeria, si dirige ad ampie e disperate falcate verso i sotterranei del Castello. Ha controllato più volte con lo sguardo che Lance non fosse tra i feriti, ragion per cui è convinta che lo troverà nella Sala Comune di Serpeverde.
Taglia per i ritratti, utilizzando tutte le scorciatoie possibili, finché non arriva al piano terra. Con passi talmente rapidi da avere il fiato corso, sta girando l’angolo per raggiungere l’ultimo corridoio che porta all’ingresso di Hogwarts.
Voltato l’angolo, si immobilizza di colpo.
Sbatte un paio di volte le palpebre, come per accertarsi di non aver preso un abbaglio, e un sorriso spontaneo le nasce sulle labbra. Abbassa le spalle, rilassando la postura, mentre un’esplosione di sollievo si dirama nel petto.
Lance è lì, davanti a lei, a una decina di passi di distanza. Sta bene, non sembra aver riportato ferite o danni da quella missione suicida che ha cocciutamente deciso di intraprendere.
Le viene da ampliare il sorriso quando vede quegli occhi azzurri gelidi e baluginanti di divertimento.
Con il cuore più leggero, Dominique gli si avvicina. Dimenticando di essere in un corridoio, dove chiunque potrebbe vederli insieme, rimane per un istante immobile nel momento in cui gli è di fronte. Poi, appoggiandogli le mani sulle spalle, si alza sulle punte dei piedi per raggiungere la bocca dell’altro.
Non lo fa con la solita bramosia, e in seguito si sorprenderà di questo ma non ora. L’unica cosa che riesce a pensare è che è in salvo – con lei - e che può finalmente tornare a respirare, lasciando svanire l’ansia dovuta all’incertezza di non sapere che cosa fosse successo una volta che lui ha lasciato l’abitazione in cui lei e Jude si erano nascosti.
Con il sangue che le pompa più velocemente nelle vene – è un controsenso sentirsi calme e al contempo elettrizzate –, Dominique si lascia sfuggire un mugugno di piacere quando Lance appoggia le mani sui suoi fianchi, tirandosela contro, abbassando leggermente il capo così da ricambiare meglio il bacio e sfiorarle di nuovo con la lingua il labbro inferiore.
«Se ottengo ogni volta questa accoglienza» esordisce lui, svagato, nel momento in cui si separano per prendere fiato. «Ricordami di rischiare la vita più spesso» termina leggero.
Lei si scioglie in una risata bassa e moderata, che si porta via le ultime briciole di tensione che le era rimasta appiccicata addosso.
«Stai bene» afferma lieve, non badando affatto a quanto sia morbido il suo tono.
«Sto bene» conferma Lance, rilassato, non accennando a lasciarle i fianchi. «Come vedi, non c'era bisogno di preoccuparsi» sottolinea compiaciuto, le iridi scintillanti di trionfo per aver avuto ragione. «Allora, cos'è che dovevi dirmi?» chiede, alludendo a quando l'ha vista esitare in quella casa a Hogsmeade, poco prima che lui uscisse dalla porta.
Dominique tentenna, inumidendosi le labbra.
Vorrebbe aggiungere qualcosa – vorrebbe davvero – ma le parole le rimangono incastrate in gola. Si limita quindi ad abbassare lo sguardo, turbata dall’incapacità di sostenere quello dell’altro e percependo ormai svanita quella bolla di pace nella quale era stata precedentemente avvolta.
Con la mente lucida si rende conto orripilata che gli è corsa incontro, baciandolo di slancio e con quella gioia feroce che di solito rivolge solo a Louis.
Che diavolo mi sta succedendo? È la domanda che le esplode in testa e alla quale nemmeno vuole rispondere.
«Dominique!»
Si volta di scatto quando la voce di sua madre le giunge alle orecchie. Svelta si allontana da Lance, sistemandosi con disagio una ciocca dei capelli ramati che le è finita davanti gli occhi mentre Fleur si avvicina a loro.
«Si può sapere che diavolo ti è passato per la testa?» la rimprovera maman, aspra, e in un’altra circostanza quel tono l’avrebbe disturbata talmente tanto da scatenare una guerra. Invece in quell’occasione, Dominique non reagisce. Si limita a fissarsi le punte delle scarpe, il volto arrossato per l’imbarazzo. «Fuggire dall’infermeria come una ladra! Ti rendi conto dello spavento che mi sono presa quando mi sono accorta che non eri più al mio fianco! E tu chi sei?» indaga, voltando il viso verso il Serpeverde e corrugando la fronte, accigliata.
Quando lo vede piegare le labbra in un sorriso cordiale ma con quell’aria di chi sta gongolando come un infame perché sa che metterà nei casini l’altra nel momento in cui aprirà bocca.
Stringe i pugni lungo i fianchi, allarmata e con la tentazione di saltargli addosso per impedirgli di parlare.
«Lance».
Dominique ussulta quando sente quell'unica parola gelida e affilata come una coltellata. Si gira all’indietro lentamente, il volto preoccupato e il respiro corto.
Si ritrova a fissare un uomo alto, avvolto in un pesante mantello scuro da viaggio, dall’altro capo del corridoio. Quello che la impressiona di più non è la somiglianza con il ragazzo che le sta accanto ma quegli occhi che sembrano impregnati di ghiaccio e quasi assorbono la poca luce delle fiaccole.
Una sensazione tetra le cade addosso di colpo, facendola sentire piccola e vulnerabile.
Deglutisce, spaventata da morire.
«Vati» risponde Lance, noncurante, anche se ha perso il sorriso.
Il mago degna lei e sua madre di una veloce occhiata, prima di fare un cenno del capo al figlio.
«Vieni» ordina secco, incamminandosi nella direzione dalla quale è venuto.
Lance sospira, il volto teso e gli occhi indecifrabili. Le pare quasi di scorgere il desiderio di ribellarsi ma è un lampo che dura solo un istante, perché in quello seguente lui ubbidisce, scoccandole un rapido e freddo cenno di saluto.


*


«Raccontami quello che è successo».
«Lo sai quello che è successo o non saresti qui».
«Lance».
Lui, il fondoschiena appoggiato contro un banco, non può fare a meno di fissare suo padre che, immobile a due passi di distanza, ricambia con uno sguardo scuro e penetrante. Nonostante ormai siano alti uguali, c'è sempre quel misto di timore che si trascina fin da bambino quando vede quelle iridi gelide puntate addosso.
Si limita quindi a sospirare senza emettere rumore, prima di iniziare a parlare.
«Si sono Smaterializzati all'improvviso» esordisce, la voce distaccata. «Credo che fossero una dozzina e che, prima di attaccare, abbiano lanciato gli incantesimi per impedire a chi si trovava all'interno dei locali e abitazioni, di uscire e combattere. Molto probabilmente volevano vedersela solo con degli studenti» deduce, piegando le labbra in basso, in una smorfia che esprime tutto il suo disprezzo.
Codardi, è la parola che preme per uscire dalla sua bocca.
«Poi?» lo sprona suo padre, sollecito. «So che hanno eretto delle barriere per impedire l'intromissione degli Auror» aggiunge, inclinando il capo e scrutando a fondo, con attenzione.
Lance annuisce, non stupendosi che conosca quell'informazione. Probabilmente l'avrà sentita in qualche corridoio del Ministero prima di precipitarsi a Hogwarts.
«Due» precisa spiccio. «Servivano per evitare che la gente si Smaterializzasse dentro e fuori Hogsmeade».
Suo padre serra le palpebre, aggrottando anche la fronte.
«Come fai a sapere che erano due?» domanda titubante, prima che un lampo di consapevolezza gli attraversi il viso e stringa con forza la mascella. «Dimmi che non hai fatto quello che penso» ringhia tra i denti, abbassando per un attimo le palpebre per imporsi calma.
Lui gli scocca uno sguardo sferzante.
«Che cosa avrei dovuto fare?» attacca gelido, sentendo la rabbia ribollire nelle vene.
«Ti avevo detto di mantenere un basso profilo» tuona l'uomo, fremente di rabbia, avvicinandosi di un passo. Con tutta probabilmente, se non avesse insonorizzato l'aula nella quale si sono ritirarti per poter parlare con la certezza di non essere a portata di orecchio da parte di qualche impiccione – quadri compresi –, non si sarebbe mai lasciato andare a simili confessioni.
Lance si alza in piedi, fronteggiandolo.
«L'ho fatto» sibila in risposta, il viso livido. «Ho preso tutte le precauzioni necessarie per non attirare l'attenzione ma stavolta non avevo scelta: Jude stava perdendo troppo sangue, gli Auror potevano non arrivare in tempo» spiega pratico, fomentandosi.
Suo padre lo fissa per un momento, in silenzio.
«Sei stato tu a far cadere le barriere» deduce svelto, restando immobile. «Sei andato a combattere» continua, l'irritazione che torna a colorargli la voce.
Lui scrolla le spalle, spostando per un attimo le iridi a sinistra mentre si inumidisce la bocca.
«Non avevo scelta» ripete inflessibile, affatto pentito delle sue azioni. «E sapevo come infrangere quelle protezioni. Me lo hai insegnato tu, ricordi?» provoca impudente.
L'altro inarca un sopracciglio, trafiggendolo con uno sguardo che non sa bene come decifrare.
«Che incantesimi hai usato?» pretende di sapere, imperioso.
«Stupeficium, Protego, la solita roba per nulla incriminante».
«Solo?»
Lance socchiude appena le iridi azzurre e gelide.
«Fai prima a formulare la vera domanda» lo sfida con un velo di sarcasmo, consapevole di alimentare la furia del genitore.
Suo padre lo scruta a lungo con due occhi gelidi.
«Hai utilizzato la sua bacchetta, vero?» indaga tagliente. «Rispondi!» ordina impetuoso al silenzio che segue.
Lui inarca le sopracciglia, prima di voltare il capo a sinistra.
«Maledizione più, maledizione meno» mormora distaccato, le iridi che tornano a incrociare quelle scure. «Dubito che a Evan dispiaccia» ironizza asciutto.
«Da quando le pratichi?» ribatte l'altro, impallidendo per la rabbia. «Julian» sibila, a denti stretti, abbassando per un momento le palpebre. «È stato un errore permettere al suo ritratto di gironzolare indisturbato per Rosier Castle. Ti ha plagiato» conviene tra sé, caustico.
«Non la pensavi così quando ti ha addestrato» replica Lance, spietato, storcendo le labbra in una smorfia a metà tra la beffa e l'incredulità.
«Erano tempi diversi» stabilisce suo padre, brusco. «C'era la guerra» spiega stringato.
«Anche adesso» prorompe lui, gelido. «O hai dimenticato?» chiede sferzante, senza riuscire a trattenersi dall'alludere a quello.
Contempla l'uomo fremere, incamerando aria dai polmoni per cercare di scacciare il nervoso che gli scuote le membra e gli ha fatto serrare con forza i pugni lungo i fianchi.
«Non farlo, Lance» lo redarguisce, a denti stretti, avvertendolo del pericolo al quale sta andando incontro con tanta scelleratezza. E lui, ancora una volta, sente dentro di sé quella strisciante sensazione di inadeguatezza che l'ha accompagnato per tutta l'infanzia. Non così debole, si è promesso quasi dieci anni prima, mai più così debole. «Non costringermi a punirti» continua feroce, trafiggendolo con un'occhiata di pura furia. Lo vede abbassare per un istante gli occhi, ragionando su quali saranno i possibili scenari futuri. «Gli Auror ti interrogheranno, lo faranno con tutti quelli che erano per strada a Hogsmeade. Quando ti faranno le loro domande, ricordati di non cambiare mai versione e-»
«So come funzionano gli interrogatori» lo blocca Lance, brusco, quasi irritato di essere ritenuto incapace di gestire quella situazione.
«Questo non è un gioco».
«Ti sembra che stia giocando?» chiede affilato, gli occhi azzurri gelidi.
Suo padre prende un respiro profondo, abbassando le spalle.
«Mi sembra che tu ti stia comportando come un ragazzino che brama la guerra senza sapere che cosa significhi davvero» sbotta aggressivo, fissandolo quasi con compatimento e facendogli crescere nel petto un fastidio bruciante e smanioso di distruggere. «Andrò a casa dopo essere passato a vedere come sta Jude. E la bacchetta di Evan tornerà a Rosier Castle con me» stabilisce definitivo, allungando una mano e facendogli cenno di consegnargliela. «Avanti, dammela!» ordina inflessibile.


*


«Temevo ti fosse successo qualcosa».
Louis glielo sussurra tra i capelli ramati e Dominique non può fare a meno di sorridere, confrontata da quell’abbraccio amorevole che è in grado di scaldarle il petto e donarle un senso di quiete.
Dopo quella giornata, solo Godric sa quanto ne abbia bisogno!
«Ero al sicuro» biascica contro il maglione dell’altro, le braccia che lo stringono all’altezza della vita. Poi allontana, quel tanto che basta per incamerare più aria possibile, abbassare le palpebre e guardarlo dritto in faccia. «Sono tornate» mormora in un sussurro debole, terrorizzata a morte.
Lui aggrotta la fronte, perplesso, le iridi chiare baluginanti di incredulità.
«Impossibile» sentenzia logico, scuotendo il capo per scacciare via quei dubbi assurdi. «Non eravamo insieme» puntualizza riflessivo.
«Lo so» concorda lei, nervosa, deglutendo ansia e paure. «Ma è già successo una volta» ricorda piatta.
«È stato quasi dieci anni fa».
«Questo potere non segue uno schema».
Louis scuote appena il capo, distogliendo per un istante lo sguardo.
«Domi, non c'è nulla di sbagliato nell'avere delle visioni» tenta conciliante, sorridendole con dolcezza.
Lei scuote il capo, nervosa.
«Non voglio vedere» sentenzia irremovibile, ad alta voce, fissandolo con decisione. «Voglio essere normale» afferma sconsolata, sentendo un'incredibile macigno pesarle sulle spalle e la voglia irrefrenabile di piangere.


*


«Vedrò di tranquillizzare tua madre».
«Va bene».
«Sarebbe il caso di scriverle una lettera in cui l'assicuri che sei rimasto illeso».
«D'accordo».
«E prenditi cura dei tuoi fratelli».
«Come sempre, vati».
Suo padre annuisce, avvolto nel suo tetro mantello da viaggio. Continua a fissarlo mentre attorno a loro, sciami di genitori preoccupati si accingono a salutare i figli e uscire dal cancello – aperto gentilmente dalla Preside per facilitare quelle riunioni familiari – per Smaterilizzarsi lontano da Hogwarts.
«Bene» riprende l'uomo, schiarendosi la gola e scacciando quel velo di imbarazzo che è inevitabilmente calato. Sta per voltargli le spalle e allontanarsi ad ampie falcate, quando si volta di nuovo nella sua direzione. «Mi dispiace» aggiunge impacciato, dopo un momento di incertezza mentre lui non può fare a meno di sgranare gli occhi sconvolto «Speravo che tu non la vivessi, la guerra» termina desolato.
Lance si ricompone rapidamente, riparandosi dietro un’espressione dura e indifferente.
«Questa non è la guerra» lo contraddice insofferente. «Solo un branco di idioti che sperano di farci sparire solo perché qualche Mangiamorte gli ha portato via un parente» decreta nauseato.
Suo padre piega gli angoli della labbra verso il basso.
«A volte le guerre partono proprio da qualche scintilla che poi divampa in un incendio indomabile» sottolinea accorto. «Dopo quello che è successo a Diagon Alley, questi Purificatori dovevano sparire» sussurra brutale, stringendo la mascella con rabbia.
«Non è detto che non lo facciano in seguito» rilancia lui, morbido, una luce sanguinaria baluginante nelle iridi chiare. «Hanno provato ad ucciderci più volte ma noi siamo ancora qui» dichiara con chiaro compiacimento.
«E non dimentichiamo» promette l’uomo, inflessibile.
E nemmeno perdoniamo, pensa tra sé, lasciandosi sfuggire un sorriso che non lascia presagire nulla di buono.


*


Dominique è immobile, avvolta nel mantello della divisa – prontamente riscaldato da un incantesimo – e con la sciarpa della propria Casa al collo.
Tornare a indossare la divisa scolastica dopo la giornata che hanno avuto, è stato di grande conforto. Perché lei sa bene, e lo sanno anche gli altri studenti, che stare ad Hogwarts significa contare sulla protezione delle mura centenarie e dei docenti.
Il vento freddo che si leva dalla Foresta Proibita le ha congelato il viso, tuttavia non accenna ad allontanarsi dal parapetto della Torre di Astronomia né a mutare espressione.
Sente una rabbia dentro di sé che le alza la temperatura corporea e che la rende totalmente immune al gelo della notte. Il sollievo che ha provato poco meno di due ore prima ha lasciato il posto ad una furia cieca e feroce.
«Quello che hai fatto» esordisce schiarendosi la gola, così evitare che la sua voce risulti rauca e flebile. Storce le labbra in una smorfia inviperita mentre scuote il capo. «È stato così... così…»
«Grifondoro?» le viene in soccorso Lance, ironico, al suo fianco, appoggiato con i gomiti al parapetto.
Dominique gli scocca un'occhiata di fuoco mentre l'altro continua a fumarsi beato la sigaretta che ha tra le dita.
«Idiota» precisa piccata. «Potevi morire!» lo rimprovera aspra, ancora incredula che l’altro si sia gettato nello scontro come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lui scrolla le spalle, per nulla turbato da quell'eventualità.
«In tal caso, avrei fatto in modo di trascinarne quanti più possibile all'inferno con me» afferma distaccato, piegando le labbra in un sorriso mentre inclina il capo verso di lei. «Stile Evan» scherza svagato.
Dominique serra i pugni lungo i fianchi, tremante di rabbia.
«Non sei divertente» sentenzia sferzante. «Nemmeno un po'».
Ancora non riesce a spiegarsi quello che ha visto.
Lance non ha esitato un istante ad uscire dalla casa dove loro hanno trovato riparo ad Hogsmeade. È vero, ha preso quella decisione per salvare suo cugino ma il modo in cui lo ha fatto e si è diretto verso l'uscita... era come se non avesse paura, come se fosse preparato a quello che l'aspettava.
E poi lo sguardo che aveva negli occhi...
Si è abituata a quel azzurro, a vederci gelo e ironia, eppure, quando lui le ha ordinato di obbedirle... c'era qualcosa di spietato, di oscuro in quelle iridi chiare.
Dominique deglutisce, turbata, mentre si inumidisce le labbra.
Non riesce a scrollarsi di dosso quella sensazione spiacevole che le è rimasta appiccicata alla pelle
«Era arrabbiato?» chiede flebile, cercando di scacciare quei pensieri inquietanti e, al contempo, soddisfare il desiderio di sapere qualcosa in più della vita dell'altro. «Tuo padre» precisa spiccia.
Lo vede scuotere il capo con noncuranza.
«Sembra un uomo duro» butta lì cauta, consapevole di muoversi alla cieca su un terreno che sa potrebbe essere fragile come una lastra di ghiaccio.
«Lo è» conferma lui, distaccato, inspirando una nuova boccata di fumo. «Ma ci vuole bene. Solo che non è molto bravo ad esternare i suoi sentimenti e agli estranei appare freddo ed insensibile» continua con sicurezza, guardando dritto davanti a sé.
Lei socchiude appena le palpebre, confusa.
«È sempre stato così?»
«No».
«Davvero?»
«Una volta era più morbido».
«Sembrava sul serio arrabbiato» ripete Dominique, aggrottando la fronte al ricordo dell’espressione rigida e degli occhi gelidi dell’uomo. Le pare di percepire ancora i brividi scivolarle lungo la colonna vertebrale.
«Era solo spaventato» la corregge Lance, lieve, guadagnandosi di nuovo la sua attenzione e il suo sguardo. «Temeva ci fosse successo qualcosa» spiega semplicemente, alludendo anche ai suoi fratelli.
Dominique annuisce, respirando a pieni polmoni quell’aria gelida.
«Gli vuoi molto bene» butta fuori piano, ponderata, abbassando il capo per nascondere la bocca contro la lana della sciarpa.
Lui gira il viso nella sua direzione, un sorriso che gli distende i lineamenti.
«Non dovrei?» replica placido. «È mio padre» aggiunge come se fosse una spiegazione naturale e sensata.
«Quindi andate molto d'accordo» deduce lei, simulando casualità mentre si sente fremere per la curiosità di conoscerlo meglio senza però darlo a vedere.
«In realtà, litighiamo spesso» la contraddice Lance, leggero, aspirando l’ultima boccata di fumo prima di far scomparire la sigaretta con un Evanesco.
Dominique sbatte le ciglia, sbigottita.
«Ah sì?» si lascia sfuggire, perplessa. «E perché?» indaga tentennante.
Lui le rivolge quel suo tipico sorriso appena accennato e invitante che le scalda il cuore, facendolo battere più velocemente nella gabbia toracica. 
«Vati dice che ho problemi con l'autorità e che non perdo occasione per sfidarlo» illustra sbrigativo.
«Ed è vero?»
«Forse sì» ammette Lance, divertito, abbassando per un momento lo sguardo. Mentre lo osserva con lo stomaco che le si contrae in una fitta, lei si rende conto che Louis ha perfettamente ragione: sa davvero poco sul suo conto, quasi nulla. Eppure quel nulla le piace da impazzire. «Come facevi a sapere che c'erano dei nemici all'incrocio?» domanda a bruciapelo, risollevando gli occhi per incontrare i suoi e facendola sussultare per la sorpresa di essere stata beccata in pieno a fissarlo.
Dominique boccheggia, in preda al panico.
«Li avevo intravisti all'andata» farfuglia in un borbottio incerto e per nulla convincente.
Lui piega le labbra in una smorfia seccata, irritato da quella bugia palese.
«Non è vero» sentenzia sicuro. «Non c'era nessuno all'andata» ricorda, scrutandola con un tale sguardo che la fa rabbrividire e deglutire per la paura.
Lei rimane per un momento vulnerabile, prima di storcere il viso in una smorfia astiosa.
«Chi è Bohort?» ribatte, allora, impetuosa.
Lo vede allargare le pupille con un punta di smarrimento, prima di serrare le palpebre e fissarla truce.
«Come?» scandisce gelido.
«Bohort» ripete Dominique, sfrontata, incurante della minaccia che sente sospesa sopra la sua testa. «Jude ha pronunciato questo nome quando era mezzo incosciente» spiega rapida, sicura che quel nome rappresenti qualcosa.
Lance la fissa con il volto indecifrabile e due occhi azzurri che sembrano gridare furia, prima di girarsi a guardare dritto di fronte a sé. Dominique osserva la tensione irrigidirli i lineamenti, il respiro più lento – forse un tentativo per calmare la rabbia che, è certa, lo sta scuotendo dall’interno – e i pugni serrati lungo i fianchi.
Consapevole di aver toccato un nervo scoperto, decide di porre fine a quella tensione pesante quanto un macigno che è appena calata tra di loro. Promettendo di indagare in seguito, si inumidisce le labbra e cerca di trovare al volo un argomento per stemperare l’atmosfera.
«Tu gli assomigli?» domanda cauta. «Ad Evan, intendo» precisa pratica.
Lui abbassa leggermente le spalle, assumendo una posa appena più rilassata.
«Evan aveva gli occhi verdi e i capelli castani» risponde meccanico, senza guardarla.
Dominique si appunta mentalmente la reazione che l'altro ha avuto appena ha cambiato argomento.
«La prima volta che abbiamo parlato mi hai detto che gli criticavi il fatto che avesse amato troppo» ricorda con assoluta precisione, decisa a intraprendere quella strada, alludendo a quanto successo nell’aula di Storia della Magia quasi due settimane prima. «Ho letto qualche accenno su di lui: parlano solo delle azioni atroci che ha commesso, non una parola buona su quello che ha detto o fatto» rivela, facendo una smorfia indispettita.
«I libri di storia non dicono tutto».
«I diari sì?»
«No» concede Lance, indulgente. «Sai solo quello che chi li ha scritti vuole conservare nel tempo» riconosce concreto.
Dominique piega il capo di lato, facendosi coraggio.
«Chi ha amato?» indaga esitante.
«Una sola donna».
«Davvero?» replica lei, profondamente scettica. È abituata a lasciarsi andare a piaceri fugaci, che svaniscono nel giro di qualche settimana. Un amore che consuma e longevo, si è sempre detta, è qualcosa che esiste solo nei libri e nelle serie tv. Nella realtà nessun sentimento è capace di sfidare e rimanere immune al tempo. «Solo una?» ripete, inarcando un sopracciglio con sarcasmo.
Lance le restituisce lo stesso sguardo.
«Solo liebchen» confida a bassa voce. «Emme» chiarisce, davanti alla confusione generata da quel nomignolo che a lei non dice assolutamente niente.
«Mai sentita» confessa Dominique, aggrottando la fronte, infastidita dalla sua ignoranza. «Tutta questa storia mi pare assurda» si lascia sfuggire corrucciata.
«Perché?» replica lui, morbido. «È così assurdo scoprire che qualcuno capace delle peggiori atrocità, era anche in grado di amare?» continua imperterrito.
«Tu pensi che l'amava ma potrebbe non essere stato così» riflette lei, pensierosa.
«No» la contraddice Lance, inflessibile, non con arroganza ma con sicurezza. «Io so che l'amava» continua certo. «E so che ha fatto quanto era in suo potere per fare in modo che lei sopravvivesse alla guerra» termina in un sussurro.
«Ma Emme è morta comunque» deduce Dominique, sveglia.
Lui annuisce.
«Più di un decennio dopo» conferma distaccato, scrollando le spalle. «Evan non ha potuto impedirlo. Era già in una bara» afferma indelicato. «Ah, tra l'altro, era una di voi» aggiunge con casualità.
Lei strabuzza gli occhi.
«Di noi?» ripete spaesata.
«Dei buoni» spiega Lance, spiccio.
Dominique boccheggia, incapace di pronunciare qualsiasi parola.
«E allora come ha fatto ad amare un Mangiamorte?» domanda allibita, quando riacquista il controllo, senza accorgersi di essersi avvicinata all'altro e di scrutarlo con una vorace curiosità dipinta sul volto.
Lui scuote la testa, noncurante.
«Credo che per lei fosse solo Evan» afferma lieve, storcendo le labbra in una smorfia pensierosa. «Erano cresciuti insieme, da piccoli erano persino promessi, penso che fosse del tutto naturale innamorarsi di lui» racconta impassibile.
Lei si lascia sfuggire uno sbuffo di stizza.
«E Evan ha scelto Voldemort» serpeggia velenosa.
«No» la contraddice Lance, stupendola di nuovo e piegando le labbra in un sorriso beffardo. «Non quando si trattava di Emme. Lui non l’ha mai lasciata andare» decreta con tale forza in da risultare indiscutibile.
Dominique rimane ferma a studiarlo, attenta.
«Sembri contrariato» dice dubbiosa, serrando appena gli occhi.
«Si vede, vero?» ribatte lui, lasciandosi sfuggire un accenno di sorriso per nulla divertito, prima di tornare serio. «Penso che amarla sia stato il suo errore più grande. Non è stata la guerra ad ucciderlo, è stata lei. Emme lo rendeva avventato, folle, stupido» elenca insensibile.
«Sei crudele» lo rimprovera lei, blanda.
«Solo pragmatico» precisa Lance, leggero. «Ma capisco che ci sono persone che non si riescono a smettere di amare, per quanto si dovrebbe» conclude in un mormorio appena udibile, scuotendo il capo con quella che pare tristezza.
Dominique schiude le labbra, cercando di dare un senso a quell’informazione.
«Come la Greengrass?» chiede affascinata, sporgendo ancor di più il viso a sinistra.
Lui inarca le sopracciglia, guardandola con quella compassione che fa scoppiare all’istante quella bolla di interesse che l’aveva intontita e riportandola brutalmente alla realtà, a quella sera fredda nella Torre di Astronomia.
«Stai guardando la cosa dalla prospettiva sbagliata. La realtà è molto più semplice» la sbeffeggia con un ghigno. «Evita di fare altre domande indiscrete. Oggi hai ficcato abbastanza il naso nella mia vita» l’anticipa, bloccando sul nascere la replica al vetriolo che le stava già sfuggendo dalla punta della lingua.
Dominique si rinchiude dietro un’espressione di sufficienza, drizzando la schiena con quella che ritiene grande dignità. Nemmeno si rende conto che presto l’irritazione per i modi dell’altro lascia lo spazio a dubbi che le pungolano la coscienza e che la portano a corrugare le sopracciglia, inquieta.
Si ritrova a ragionare su quanto lui le ha detto qualche attimo prima, riferendosi a Evan e a questa Emme.
Dare tutto quel potere ad un'altra persona è da folli, decreta convinta, non capacitandosi di come le persone possano essere così stupide. Ti distruggerà, prima o poi. Sono poche le persone delle quali ci si può davvero fidare. Io ho Louis, Etienne…
Alza di riflesso le iridi su di Lance, incrociando il suo sguardo gelido e –
davvero – non vorrebbe provare quel brivido di piacere che le si è insinuato sotto pelle, nel sangue e nella mente. Perché prendersi una cotta – o peggio – per l'altro è un errore madornale, ne è perfettamente conto, ma non riesce a frenarsi dal provare qualcosa.
L’apatia è sempre stata sua amica, una corazza dietro alla quale nascondersi ed essere intoccabile dal resto del mondo.
Non è salutare che mi piaccia così tanto, pensa irritata, piegando le labbra in una smorfia scontenta.
La soluzione migliore – quella che la sua ragione non fa altro che suggerirle da quando è stata portata in Infermeria – sarebbe allontanarsi da Lance e prendere le distanze da quello che prova. Il tempo è la medicina più efficace per farsi passare quell’orribile grumo di sentimenti che non ha fatto altro che rafforzarsi quando lo ha rivisto nel corridoio del Castello, salvo e di
nuovo con lei.
Eppure non vuole. Perché il desiderio di averlo accanto è più forte di ogni cosa.

Ignorando quel richiamo al buon senso si spinge verso l’altro, circondandogli il torace con le braccia e affondandoci contro il viso.
«Calo d'affetto?» ironizza lui, implacabile, e può immaginare il sorriso beffardo che ha assunto.
«Sta zitto, Lance».   









"Non è un crimine amare ciò che non puoi spiegare."
The Vampire Diaries













Voi capite perché l'ho dovuta dividere in due parti?
Perché una os di quasi trenta pagine è troppo persino per me. Okay che sono logorroica ma a tutto c'è un limite! Già mi girano perché sono stata costretta a rimandare una scena alla prossima storia (ho dovuto non tanto per la lunghezza – una pagina in più non fa questa grande differenza – ma perché contiene uno spoiler. E sono troppo curiosa di leggere le vostre ipotesi prima di fornirvi la soluzione sul perché del piano malefico di Lance).
Vabbè, passiamo alla storia.
Nel mio headcanon – da quale consiglio sempre di tenersi alla larga perché è un gran casino – immagino che dopo la vittoria di Harry, le famiglie che sostenevano Voldy non se la siano passata molto bene. Qualche Mangiamorte sarà stato arrestato, qualcuno sarà scappato all'estero ma credo che l'opinione pubblica non sia stata soddisfatta dei provvedimenti presi dal Ministero.
Magari l'odio e il sospetto verso i Purosangue si sono estesi anche a quelle famiglie che non si sono schierate durante il secondo conflitto, tra cui i Rosier. Evan, per me, è stato l'ultimo Mangiamorte di questa famiglia. Dopo di lui non ce ne sono stati altri.
Anche se terminata la prima guerra, la famiglia è rimasta neutrale, la fama che Evan e Julian hanno fatto guadagnare al loro cognome non è stata delle migliori. Di conseguenza penso che, alla fine della Seconda Guerra Magica, i Rosier abbiano continuato ad essere additati come Mangiamorte e seguaci dell'Oscuro.
Per la cronaca: Lance e i suoi fratelli sono gli ultimi Rosier rimasti. Non esistono altri discendenti o rami cadetti. Se loro muoiono, la dinastia si estingue.
(Giusto per dare quel tocco di tragicità)
Chi segue anche Condannati si sarà sicuramente accorto dell'accenno a Evan ed Emme (più l'ormai ricorrente lui non l'ha mai lasciata andare). Ci saranno ancora riferimenti a loro ma non compariranno come personaggi, a differenza di Julian (che tornerà, eccome se tornerà).
Come al solito vi ringrazio per la pazienza con cui sopportate i miei ritardi e spero di non deludervi con la prossima os.
Un abbraccio e buona domenica,
Blue



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