Venti di guerra di BlueBell9 (/viewuser.php?uid=1148742)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 2: *** Vecchie ferite ancora aperte e sanguinanti ***
Capitolo 1 *** La quiete prima della tempesta ***
1
Questa
one shot appartiene alla serie Someone you loved.
«Non
credo che Evan sia stato una delusione» afferma distaccato.
Negli
occhi verdi di Julian brilla uno scintillio di rabbia.
«Lo
giustifichi?» gli chiede monocorde.
Lui scrolla le spalle,
calmo.
«Lo comprendo».
«E questa è una debolezza» sostiene
l'uomo del dipinto, la voce vibrante di acredine. «Se vuoi davvero
essere intoccabile, non devi amare nessuno».
Qualcuno
l'ho amato, pensa
lui, il volto di pietra e gli occhi di un azzurro gelido. E
mi è stato portato via.
Lance
sobbalza, spalancando gli occhi di colpo e svegliandosi all'istante
quando sente qualcosa
buttarsi
sul materasso accanto a lui. La mano corre immediatamente ad
afferrare la bacchetta riposta sotto il cuscino, le dita che
stringono il legno, pronta a scattare per lanciare incantesimi.
È
solo nel momento in cui mette a fuoco, nonostante la scarsa luce
presente nei Dormitori di Serpeverde, il sorriso sul viso che si
trova a un palmo dal suo, che si rende conto che non c'è nessun
pericolo all'orizzonte.
Se non quello di essere circondato da una
massa di imbecilli.
«Sei una cretina» sentenzia secco, lasciando
andare la bacchetta e passandosi quella stessa mano sul volto, così
da scacciare gli ultimi rimasugli di sonno. «La prossima volta ti
schianto» promette in un borbottio malevolo, girandosi a pancia in
su.
Egle ridacchia per nulla turbata dalla minaccia, sistemandosi
meglio sul piumone al suo fianco.
«È
ora di alzarsi, La
La Land»
cinguetta deliziata, spostandogli un ciuffo di capelli scuri che gli
ricade scompigliato sulla fronte.
Lance
la inchioda con un'occhiata gelida e tagliente.
«Che io sia
dannato quando ho accettato di vedere quella roba» sibila a denti
stretti, alludendo al film che hanno guardato insieme l'anno prima e
che gli ha fatto guadagnare quell'orrido soprannome. «Tutto solo
perché ti eri fissata che doveva essere un capolavoro» continua con
spregio, ricordando con un moto di stizza quella pellicola ridicola
che ha rischiato seriamente di farlo addormentare sulla poltrona del
cinema.
Egle si volta sul fianco, scrollando le spalle.
«A me
è piaciuto» rivela leggera, giocherellando con una ciocca dei
capelli castani. «Forse il finale era un po' prevedibile ma l'ho
trovato godibile. Molto meglio dei tuoi film splatter» insinua
serena, lanciandogli uno sguardo che non nasconde l'ironia.
«Non
sono splatter».
«Allora diciamo assurdi».
«Perché?»
«Lance,
c'è gente che viene divorata da squali e dinosauri geneticamente
modificati!»
Lui piega le labbra in un sorriso luminoso.
«Lo
so» conferma entusiasta, di buon umore, chiudendo le palpebre per un
momento e stiracchiandosi la schiena. «Io li trovo rilassanti»
rivela distratto.
«Il che dovrebbe far sorgere dei dubbi sulla
tua sanità mentale» constata lei, sarcastica, avvicinandosi così
da scoccargli un bacio leggero all'angolo delle labbra.
Quando si
allontana invece che approfondire quel contatto, Lance si
acciglia.
«Perché hai già addosso la divisa?» chiede accorto,
aggrottando appena la fronte.
Egle si lascia sfuggire un sorriso
malizioso.
«Perché se mi fossi presentata qui in camicia da
notte, sappiamo entrambi che non ci saremmo più alzati da questo
letto» sottolinea, accarezzandogli una guancia con la punta delle
dita.
«Ogni tanto si può saltare qualche lezione» ribatte lui,
spassionato.
«Non quella di oggi» replica lei, intransigente.
«Ho Trasfigurazione» spiega spiccia.
Lui inarca un sopracciglio,
beffardo.
«Sono indeciso» comincia leggero. «Non so se mi
ecciti questo tuo lato diligente o mi secchi a morte» ammette con
una smorfia di fastidio.
Egle piega le labbra in un
sorriso divertito.
«Beh, La
La Land»
sospira amabile. «Puoi perdere quei pochi minuti che abbiamo per
porti questa domanda o possiamo fare altro. Cosa scegli?» chiede
sbattendo le ciglia, maliziosa.
*
Quando
quella mattina di fine ottobre Dominique scende per fare colazione in
Sala Grande, ha già un diavolo per capello.
Ha passato tutta la
notte a logorarsi gli occhi sui libri di Incantesimi, così da
arrivare pronta alla lezione di quel giorno, che le hanno procurato
delle occhiaie che ha dovuto nascondere con un po' di correttore onde
evitare di sembrare un Infero.
Inoltre sono almeno tre giorni che
non dorme bene.
Ovvero da quando ha avuto l'ultimo incontro con
Lance.
Seduta al solito posto alla tavolata di Grifondoro, sta per
versarsi una tazza di tè bollente quando lo sguardo – nemmeno a
farlo apposta – le scivolano in fondo alla Sala.
E quello che
vede non le piace affatto.
Rimane immobile, con la teiera sospesa
a mezz'aria e la tazzina vuota mentre lo smarrimento lascia ben
presto posto all'irritazione. Assottiglia le palpebre e serra le
labbra mentre una luce di follia le balugina negli occhi
azzurri.
«Scarlett» chiama con un tono da dittatore sanguinario,
appoggiando con eccessiva forza la teiera sul tavolo, al sicuro. «Che
cosa sta facendo la Greengrass?» domanda imperiosa.
L'amica,
seduta accanto a lei, alza il viso ancora assonnato dalla tazza di
caffè che stava svogliatamente mescolando. Con profonda
concentrazione, strizza gli occhi per focalizzare quello che sta
succedendo al tavolo dei Serpeverde.
«Civetta con Rosier»
risponde apatica. «Bella roba!» esclama con genuino disgusto,
facendo una smorfia. «Solo i Purosangue possono accoppiarsi tra
cugini» sentenzia nauseata.
«Aspetta» la blocca Dominique,
brusca, le sopracciglia corrugate. «Che intendi?» pretende di
sapere inferocita.
«Sono fidanzati» rivela l'amica, spiccia,
addentando con gusto una fetta di plumcake. «Fidanzamento combinato,
da quello che ho capito» continua con la bocca piena.
Lei rimane
paralizzata sul posto.
Per l'incazzatura si dimentica persino di
respirare, assumendo un'inquietante sfumatura violacea sulle
gote.
«Stanno insieme?» indaga con gelida calma.
Scarlett –
probabilmente troppo presa dal cibo per accorgersi del pericolo –
annuisce, senza incrociare quelle iridi azzurre che promettono morte
e atrocità.
«Non lo sapevi?» replica quieta. «Se vogliamo dire
così, poi» aggiunge in un brontolio contrariato.
Dominique le
indirizza uno sguardo assassino.
«Ovvero?» chiede scandendo
lentamente quell'unica parola.
«Che si vedono anche con altri»
svela l'amica, secca, scuotendo il capo con quello che pare
ribrezzo.
«Cioè si tradiscono a vicenda?»
«No, credo che
loro la chiamino relazione aperta» la contraddice l'altra, sicura.
Sbuffa, tornando al suo caffè. «La Greengrass prima si vedeva con
Hager di Tassorosso. Era una cosa passeggera, come tutte le sue
frequentazioni» precisa pettegola. «Quando si stufa della novità,
spezza il cuore e torna sempre da Rosier. Tipo adesso» constata
saputa. «E lui fa lo stesso. A quanto pare gli piacciono stronze»
deduce insofferente, come se non riuscisse davvero a capire che cosa
ci sia di sensato in un simile comportamento.
Il che potrebbe
anche spiegare perché, per più di una settimana, Dominique non si sia
mai accorta di una ragazza che gravitava intorno a Lance.
Logico,
perfettamente logico, se la Greengrass era concentrata su altro.
Lei
rimane trincerata dietro un silenzio astioso e inquietante, incurante
del cibo sul tavolo e della confusione che anima la Sala Grande di
prima mattina.
Lo sguardo è incollato a Lance e alla Greengrass,
che, seduta composta al suo fianco, gli sta accarezzando i capelli
neri mentre gli racconta qualcosa.
E lui la osserva con due occhi
di un azzurro così limpido che non ha mai visto e il viso disteso in
un'espressione serena.
Con me non ha mai sorriso
così...
Dominique continua a
fissare ossessionata quello spettacolo disgustoso con iridi
spiritate.
In fondo, lei e Lance si sono visti solo un paio di
volte quindi non è affatto il caso di prendersel-
Io
lo ammazzo, promette
sanguinaria, storcendo con furia il viso.
*
«Rosier».
«Dominique».
«Vieni».
«Prego?»
«Ora»
abbaia lei, velenosa, cercando comunque di trattenersi
dall'urlare visto che sono in Biblioteca e Madama Pince ha il brutto
vizio di comparire appena sente delle frequenze sonore che
oltrepassano la sua soglia dell'accettabilità. La sua, per
intenderci. «Alza il culo da lì» rincara sgarbata.
Lui, per
tutta risposta, inarca un sopracciglio e si appoggia meglio allo
schienale della sedia.
«No,
non ci siamo» dichiara tranquillo, incurante dell'occhiata al
vetriolo che gli viene rivolta. «Prova così: Lance,
saresti così gentile da concedermi un po' di tempo? E
magari potrei anche accontentarti» suggerisce sarcastico.
Dominique
serra le labbra, fremente d'ira.
«Alzati o faccio una scenata»
sibila minacciosa.
«Fai pure» provoca Lance, senza scomporsi,
sfidandola con un sorriso che sa di pura arroganza.
Cala un
silenzio plumbeo al tavolo della Biblioteca, dove entrambi – l'uno
seduto, l'altra in piedi – si trovano. Indifferente all’aver
attirato o meno delle occhiate incuriosite – è abituata ad aver
addosso gli sguardi degli altri –, si inumidisce la bocca e alza il
mento.
«Lance» lo avvisa rabbiosa, sentendo le mani
prudere.
«Sì, è il mio nome» conferma lui, stoico, ampliando
quel sorriso beffardo. «Ma non è quello che ti ho chiesto» le fa
notare quasi dolce.
Rimangono per una manciata di secondi a
squadrarsi, chi con la voglia di farsi strada nel sangue e chi
divertito a morte.
Infine Dominique, intuendo che l'unico modo per
sbloccare quella situazione assurda sia compiere un microscopico
passo indietro, sbuffa seccata e storce il viso in una smorfia che
tradisce tutta la sua irritazione.
«Puoi venire?»
«L'ho
fatto, se ricordi».
«Lance!»
Lui si lascia andare a una
risata moderata, divertito dall'allusione squallida per quello che è
successo quella sera alla Torre di Astronomia. Spinge indietro la
sedia e si alza, seguendola mansueto tra gli scaffali colmi di libri,
così da poter parlare con un minimo di discrezione.
«Sentiamo»
esordisce rilassato, quando sono al riparo dagli sguardi degli
altri studenti, incrociando le braccia al petto e appoggiandosi con
la schiena al mobile di legno. «Che ho fatto anche stavolta?»
domanda ironico, riferendosi al loro precedente incontro, fuori dalle
mura di Hogwarts, quando aveva scorto sul suo viso tutta la rabbia
per l'idiozia che aveva raggiunto.
Non
che abbia fatto dei progressi, pensa
lei, malevola. Sei
sempre più idiota!
«C'è
qualcosa che devi dirmi?» domanda già sul piede di guerra.
Lance
piega le labbra verso il basso, sbalordito.
«Riguardo a?» indaga
attento.
«Alla Greengrass» risponde Dominique, a bruciapelo.
Lui
rimane un attimo immobile, prima di inarcare un sopracciglio e
lasciarsi sfuggire un sorriso incredulo.
«Ah» esala sereno,
recuperando alla svelta il buon umore. «Quindi il problema sarebbe
la tua gelosia?» deduce svagato.
Dominique serra la mandibola,
stringendo anche i pugni lungo i fianchi.
«Io non sono gelosa»
sputa fuori, irascibile, sbranandolo con lo sguardo. «Semplicemente
non mi piace essere presa in giro» sentenzia dura.
«Quando lo
avrei fatto?» replica lui, perdendo quel sorriso e irrigidendo i
lineamenti in un'espressione seria. «Quando ti avrei presa in giro?»
continua interessato.
A lei quasi scappa da ridere per l'assurdità
della situazione.
«Magari nel momento in cui non mi hai detto che
sei fidanzato?» recrimina tagliente, scandendo ogni parola con
enfasi.
Lui rimane immobile, compassato.
«E quindi?» ha il
coraggio di ribattere, posato. «Qual è il problema?»
«Ma
davvero non capisci o sei solo idiota?» sbotta Dominique, al limite
della sopportazione. Sta facendo una fatica enorme per trattenersi
dall'urlare e picchiarlo. «Io non sono la seconda scelta di
nessuno!» sottolinea acida.
«Okay».
«Non
dirmi okay solo per tenermi buona!»
bercia stridula.
«Finiscila
di urlare» la rimprovera Lance, esasperato. «Salazar, mi fai venire
mal di testa!» geme scornato, chiudendo gli occhi con una smorfia
di sofferenza.
«E tu finiscila di fare il tonto» rimbecca lei,
caustica. «Avresti dovuto dirmelo!» si incaponisce ferrea.
Lui
la scruta con quei due gelidi occhi azzurri, in silenzio.
«Quando?»
chiede risoluto, abbassando il tono della voce, staccando la schiena
dallo scaffale per avanzare verso di lei. Dominique lo osserva con
una punta di smarrimento, indietreggiando per riflesso, finché non si
trova con le spalle contro il legno del mobile, in trappola.
«Nell'aula di Storia della Magia, nel corridoio dei sotterranei,
fuori dal Lumaclub, mentre stavamo scopando o in quella stamberga?»
riprende serio, alludendo all'abitazione di Hagrid, avvicinandosi
ancor di più fino a trovarsi a un soffio dal suo corpo e appoggiare
una mano accanto alla sua testa. «Esattamente quando avrei dovuto
dirtelo?» domanda pratico, guardandola dritta in volto.
Forse
quando hai iniziato ad essere qualcos'altro che una semplice
distrazione, vorrebbe
rispondergli ma è una debolezza che riesce a malapena ad ammettere a
se stessa.
E non permetterà a Rosier di venire a conoscenza e
gongolare della sua umiliazione.
«La Greengrass sa di me?»
tergiversa, quindi, cercando di mantenere un tono di voce freddo.
«Sa
che mi vedo con qualcuna» conferma lui, diretto, facendole ancora
più male.
Lei deglutisce, abbassando le iridi, nervosa.
«E le
sta bene?» sonda prudente.
Lance scrolla le spalle,
placido.
«Perché non dovrebbe?» rilancia indifferente.
Come
diavolo fa a condividere qualcuno come te?
«Dominique»
la chiama lui e lei si trova a risollevare gli occhi chiari, così da
tornare a guardarlo in faccia. «Fai prima a dirmi cosa vuoi sentirti
dire» le consiglia brutale, percependo il suo malessere.
«Niente»
risponde secca, di slancio. «Non voglio sentire assolutamente
niente» ribadisce testarda, suonando patetica persino alle sue
orecchie.
Lance abbozza un sorriso sarcastico.
«Allora non hai
motivo di essere arrabbiata, no?» provoca lieve,
deliziato.
«Infatti» conferma lei, acida. «Non sono
arrabbiata».
«Bene».
«Bene».
«Ora
che hai finito di fare la pazza isteric-» si interrompe, per
allontanarsi così da bloccare lo schiaffo che si stava per abbattere
sulla sua guancia. «Va bene che mi piace farlo violento ma non in
Biblioteca. Troppi testimoni da Obliviare e
detesto essere interrotto proprio sul più bello» ridacchia,
ignorando l'occhiata gelida e il viso livido di lei.
«Al
momento c'è solo una cosa che vorrei fare di violento» gli confida
Dominique, sanguinaria. «Ed è ucciderti» stabilisce implacabile,
tra i denti.
Lui riprende a ridere come l'essere ripugnante che
è.
«Addirittura? Sembri troppo amorevole per non essere
incazzata» sospira gongolante, fregandosene di farla irritare ancor
di più. «Dai, ti lascio, almeno puoi passare il resto del
pomeriggio a prepararti per torturare il malcapitato che ti ha
invitato ad andare a Hogsmeade domani» concede magnanimo,
liberandole il polso ma senza accennare a mettere ulteriore distanza
tra loro.
«Tu con chi ci vai?» esige di sapere lei,
dispotica.
«Jude» risponde Lance, automaticamente. «Poi, forse,
si aggiungono anche altri» osserva impassibile.
Dominique lo
fissa quasi con compatimento.
«La Greengrass?» chiede con aria
di sufficienza.
«No, dovrebbe uscire con-» si blocca, sbattendo
un paio di volte le ciglia e facendo una smorfia seccata. «Ah no! È
vero che ha mollato quel perdente di Tassorosso» si corregge svelto.
«Sì, allora dovrebbe venire anche Egle» ammette rilassato.
«Tranquilla, non ti chiederò di unirti» la grazia
canzonatorio.
«Meglio così» afferma Dominique, altezzosa.
«Perché avrei declinato l'invito» decreta velenosa.
«Lo so»
la sorprende lui, morbido. «Di certo hai di meglio da fare che
passare il pomeriggio con discendenti di Mangiamorte e Serpeverde»
aggiunge con gli occhi azzurri illuminati dal divertimento.
Lei
serra le palpebre, nervosa.
«È così» assicura gelida. «Ora,
se non ti dispiace...» dice, facendogli un cenno con le
sopracciglia, così che la lasci libera.
Lance la fissa una
manciata di secondi, continuando a sorridere con quel suo modo di
fare che gli addolcisce i lineamenti, prima di fare un passo
indietro, concedendole l’opportunità di andarsene.
«Prego»
concede cordiale.
Dominique lo fissa con furia, prima di voltargli
le spalle e allontanarsi da lì il prima possibile.
Perché ha la
sensazione che sia sempre lui a vincere dai loro incontri?
*
«Quanto
hai sentito?» domanda Lance, un minuto dopo che Dominique è svanita
oltre il fondo del corridoio, girandosi all'indietro giusto il tempo
per vedere il cugino scivolare tra quelle due file di
scaffali.
«Abbastanza da farmi un'idea» risponde Jude, onesto.
«Sicuro che sia una buona mossa irritarla?» domanda con vaga
apprensione, aggrottando la fronte.
Lui sorride imperturbabile.
«È
abituata ad essere sempre accontentata» spiega razionale, inarcando
per un istante entrambe le sopracciglia con eloquenza. «Impazzisce
se le viene negato qualcosa. E non c'è soddisfazione nell'ottenere
una vittoria senza fatica» conviene sicuro.
L'altro lo fissa con
due occhi verdi incerti.
«È una strategia azzardata» sottolinea
ansioso.
«Tutto questo piano è un azzardo» fa notare Lance,
concreto, scrollando le spalle.
Jude annuisce, prima di stemperare
quella serietà con un sorriso luminoso.
«Azkaban si fa sempre
più vicina, eh?» domanda ironico.
«Dipende da come ce la
giochiamo» replica lui, leggero. «I Rosier non sono soliti finire
in una cella» ricorda con un certo orgoglio.
«No, infatti»
conferma il cugino, asciutto. «Preferite essere sepolti in una bara
piuttosto che darla vinta all'avversario» afferma esasperato,
scuotendo la testa con disapprovazione. «Siete un po' drastici sotto
questo versante» borbotta tra sé mentre l'altro scoppia a ridere.
*
«Che
sia dannato lui e tutti quelli della sua stirpe! Godric, spero che
bruci tra le fiamme dell'inferno!»
«Che ti ha fatto
Rosier?»
«Non pronunciare quel nome» lo ammonisce Dominique,
livida, i capelli arruffati per esserseli continuamente torturati con
le dita e gli occhi azzurri scintillanti di ferocia. «Lo odio!»
ringhia con fervore, storcendo il viso in un'espressione terribile,
riprendendo la sua marcia da una parete all'altra della stanza mentre
sputa veleno.
Louis, comodamente sdraiato sul suo letto a
baldacchino del Dormitorio Maschile, si limita a ridacchiare a bassa
voce.
«Certo, e io ci credo» commenta ironico, ignorando di
avere una belva assetata di sangue a pochi metri da lui e sfogliando
con pigrizia la pagina del giornale di Quidditch che ha tra le mani.
«Lo odi talmente tanto che ci hai scopato» ritorce distratto.
Lei
si blocca di colpo, fissandolo truce.
«Ti diverte vedermi in
questo stato?» indaga brutale, digrignando i denti.
Lui scrolla
le spalle, placido.
«Un po' sì» ammette infame, soffocando
quell'attacco di riso che minaccia di sfuggirgli dalle labbra e che
la porterà a saltargli addosso con l'intenzione di spedirlo
all'altro mondo. «Mi è concesso dire che Rosier se la sta giocando
bene?» chiede divertito.
Dominique continua a guardarlo offesa a
morte, prima di sospirare e assumere un'espressione abbattuta. Si
avvicina al letto, per poi abbandonarsi sul materasso e puntare gli
occhi in alto.
Louis alza la schiena, preoccupato di vederla in
quello stato catatonico da quasi un minuto e sondandole il volto con
attenzione.
«Ti piace davvero» deduce quasi sconvolto,
aggrottando le sopracciglia.
Lei arrossisce appena sulle gote,
deglutendo nervosa.
«Mi sono piaciuti in molti» replica,
schernendosi dietro quella verità.
«È vero» conferma l'altro,
serio. «Ma non come lui o non staresti così» continua con quella
sicurezza che la porta a orientare le iridi verso il gemello, così
da specchiarsi in due occhi altrettanto azzurri. «Non c'è nulla di
male ad ammetterlo» le sussurra, avvicinandosi al suo fianco e
allungando una mano per sfiorarle la guancia in una carezza
rassicurante.
«Ammettere cosa?» chiede Dominique, con una punta
di veleno a inasprirle la voce.
«Che il rapporto che avete non ti
basta» decreta Louis, confortante, senza smettere un momento di
fissarla e facendole martellare il cuore nel petto per il terrore di
pronunciare ad alta voce quella realtà che lei non riesce ad
accettare. «Non è sbagliato quello che vuoi» la incoraggia
benevolo.
«E cosa voglio?» pretende di sapere, velenosa,
sedendosi di colpo sul letto e scrutando l'altro dall'alto in basso.
Si sistema anche quelle ciocche di capelli che le sono ricadute sul
volto, così da poter squadrare il fratello con due occhi gelidi.
Lui
non sembra essersela presa per quell'attacco repentino. Si limita a
sospirare, alzando la schiena dal materasso così da avere entrambi i
volti quasi alla stessa altezza.
«Innamorarti di un altro»
spiega calmo, appoggiando una mano chiusa a pugno sul ginocchio. «Non
è un tradimento nei confronti di Etienne» assicura dolce, andando
dritto al punto.
«Avevamo detto che non ne avremmo mai più
parlato» sbotta Dominique, con veemenza, sentendo la necessità di
prendere aria.
Si allontana dal letto, muovendo qualche passo per
il Dormitorio, il respiro affannoso e gli occhi che si spostano
inquieti da una parte all'altra. Torna con una mano a sistemarsi i
capelli ramati, riprendendo a torturarli.
«Anche se lui ti ha
respinto, non significa che non ti innamorerai mai più di nessuno»
insiste suo fratello, caparbio.
«Invece
è così» ribatte lei, sentendo la voce strozzarsi in gola,
voltandosi all'indietro. Sostiene lo sguardo che le viene rivolto con
quella che spera sia un'espressione affatto toccata. «Magari
succederà ma non sarà nemmeno paragonabile a quello che ho provato
per... lui»
termina desolata, abbassando la testa per nascondere il principio di
pianto che sta già iniziando a inumidirle gli occhi.
Sente
suo fratello alzarsi dal materasso e avvicinarsi, stringendola in un
abbraccio rassicurante che sa di dolcezza e calore. Solo dopo aver
appoggiato la testa contro il petto dell'altro, si permette di
chiudere gli occhi e abbassare le difese, mostrando un viso
vulnerabile e terrorizzato.
«Rosier ti piace più degli altri»
mormora Louis, la bocca premuta contro i suoi capelli, scoccandole un
bacio leggero sul capo.
«Non abbastanza» mugugna Dominique, in
risposta.
Lui sospira, stringendola ancor di più quella
morsa.
«Prova a conoscerlo» le suggerisce piano, appena
udibile.
«Non mi sembra una buona idea».
«E perché?»
domanda Louis, cauto.
Dominique si allontana solo quanto basta per
pulirsi le tracce delle lacrime che le sono sfuggite da sotto gli
occhi. Scuote il capo, incapace di articolare una risposta sensata,
poi, esausta e vinta dal bisogno di confidarsi, si costringe a dire
quello che l'assilla da quando ha lasciato la Biblioteca.
«Ho la
sensazione che se gli concederò una possibilità lui…» si
interrompe, la voce spezzata e gli occhi azzurri baluginanti di
terrore. «Lui finirà per distruggermi» si costringe a rivelare,
sollevando le iridi azzurre e umide sul gemello.
"Non
volevo provare niente, mai più.
Ma
qualcuno... continuava a dirmi che andava bene provare
sentimenti...
non importava quanto facessero male.
Che
sono i nostri sentimenti a renderci umani... buoni o cattivi...
e
di non perdere mai la speranza."*
Aveva
ragione: Lance sa esattamente come distruggerla.
E, ironia della
sorte, lo fa con una disinvoltura assurda, come se non gli costasse
nemmeno fatica. Pare una bomba: esplode, lascia macerie dietro di sé e nemmeno si
preoccupa dei feriti, perché il suo compito è solo devastare.
Le
vittime sono solo danni collaterali, niente di cui preoccuparsi.
Lei
non dovrebbe nemmeno rimanerci male perché, per quel poco che lo
conosce, sa che la gentilezza e la premura non fanno parte del suo
carattere.
E allora perché quando vede quella scena, le sembra
quasi che il cuore le si fermi nel petto?
*
Dominique
ha il volto di pietra, seduta alla composta alla sedia di uno dei
tanti tavoli dei Tre Manici di Scope.
Il locale è gremito di
studenti felici di passare un giorno fuori dalle mura di Hogwarts,
che creano un chiacchiericcio allegro che lei sente a malapena. Gli
occhi fissi a contemplare la sua ordinazione – intonsa, non ha
bevuto nemmeno un sorso di quel calice di Acquaviola – e le dita
che tamburellano sul legno del tavolo, sono stati un incentivo tale
per essere lasciata in pace dagli altri ragazzi con i quali è
uscita.
E se qualcuno è stato così coraggioso da osare
rivolgerle la parola, uno guardo obliquo e gelido è stato più che
sufficiente per rimettere in riga l'idiota di turno.
La verità è
che anche lei è irritata dal suo stesso comportamento.
Sa che non
dovrebbe provare quel groviglio di sentimenti fastidiosi e infuocati
che si trascina dietro dalla discussione con suo fratello e Lance. E
se è propensa a perdonare il primo, consapevole che le abbia fatto
versare qualche lacrima solo per il proprio bene, non è altrettanto
magnanima con il Serpeverde.
Perché il pensiero che Lance sia
fidanzato, le provoca un bruciore al petto e la tentazione di
picchiarlo a sangue.
E il ricordo di lui e della Greengrass che si
baciano, nella via principale di Hogsmeade, le fa venire il
voltastomaco per la nausea.
Che grandissimo
bastardo!
Sollevando le iridi
azzurre verso il fondo del tavolo, dove Scarlett sta allegramente
civettando con un ragazzo di Tassorosso che puntava da tempo,
Dominique decide che ha sprecato fin troppo tempo per partecipare a
quella ridicola uscita di gruppo e che l'amica di certo non potrà
rimproverarla se taglia la corda.
Si allontana quindi dopo aver
fatto qualche rapido cenno di saluto con il capo, dirigendosi verso
l'ingresso del locale con l'intenzione di lasciarsi alle spalle
quell'atmosfera calda e insopportabile.
All'ultimo, però, decide
che non ha nessuna voglia di affrontare il gelo di fine ottobre che
ammanta la Scozia. Quindi, dopo aver tentennato una manciata di
istanti davanti alla porta, retrocede fino a trovare uno sgabello
libero e prende posto di fronte al bancone.
Nascosta dalla folla
che sciama all'interno dei Tre Manici di Scopa e al sicuro dalle
occhiate – prima tra tutte, quella di Scarlett –, si permette di
rilassare le spalle e fare un respiro liberatorio.
Ordina
distratta la prima cosa che le viene in mente a uno dei tanti
dipendenti che Madama Abbott – una porzione di Zuccotti che non
assaggerà neppure – mentre sente quella fosca e sgradevole
sensazione crepitarle di nuovo addosso, incollandosi alla pelle e
facendole assumere un'espressione mortificata sul viso.
Appena
scorge qualcuno occupare lo sgabello accanto al suo, recupera
all'istante una maschera di altezzosa imperturbabilità.
«Pessima
uscita» commenta quel qualcuno, spensierato.
Dominique gli
concede a malapena uno sguardo con la coda dell'occhio, prima tornare
a puntare le iridi di fronte a sé.
«Grandissima deduzione»
replica acida, giocherellando con uno di quei dolcetti senza
portarselo alle labbra.
Evidentemente il suo tono non è
abbastanza scortese da allontanare Cameron Boot, il quale, dopo un
istante di silenzio, ridacchia.
Lei corruga le sopracciglia,
interdetta, mentre volge il volto verso di lui, chiedendosi cosa ci
sia mai di così divertente.
«È per via di Dever?» domanda
quello, delicato, con ancora quel sorriso a incurvargli le labbra,
alludendo a Mason. «Vi siete lasciati, no?» continua attento.
«E
quindi?» replica Dominique, sferzante, fulminandolo malevola.
«Mi
dispiace che tu ci stia male».
Lei proprio non riesce a
trattenere una risata di puro scherno.
«Ti
svelo un segreto» confida, sporgendosi nella sua direzione e
assumendo un tono complice. «Se ho
lasciato
Mason»
precisa, calcando volutamente quelle due parole. «È perché non me
ne importava più nulla. Spiacente di deluderti, Boot, nessuno può
ferirmi» dichiara quasi dispiaciuta.
Questo
non è vero, la
corregge una vocina dentro di lei. Etienne
lo ha fatto e Lance... è sulla buona strada per ottenere quel
potere.
Scrolla il capo con un guizzo di fastidio,
cercando di scacciar via anche quella considerazione.
Che
vada al diavolo lui e la Greengrass, pensa
livida, indirizzando tutta la sua rabbia verso quello che è il vero
responsabile del suo stato d'animo.
«Meglio
così» approva Cameron, allegro, facendole sbattere le ciglia e
strappandola dalle sue riflessioni. Torna a guardarlo con un
sopracciglio inarcato, altera. «Allora perché non riesci a
divertirti?» indaga bonario.
Come spiegare all'affascinante
ragazzo che ci sta palesemente provando che ti stai lambiccando il
cervello per un altro che, per inciso, detesti?
Dominique lo fissa
con attenzione, impassibile.
E dire che c'era un tempo in cui
aveva trovato Cameron Boot persino bello.
Ora,
guardandolo, non prova nulla.
Sì,
ha gli occhi azzurri ma quelle iridi non sono baluginanti di una
sfumatura gelida che ormai considera familiare. I suoi capelli sono
castani e ricci, non corvini e lisci. E i tratti del volto, per
quanto armoniosi, non ricordano minimamente quelli di Lance.
Insomma,
è carino ma non è lui.
Si costringe a sorridere mentre ingoia
quel boccone amaro fatto di realizzazione e accettazione.
«Sono
solo di cattivo umore» minimizza annoiata, scrollando le spalle.
«Capita» sostiene alzandosi dallo sgabello con grazia.
«Aspetta»
la blocca Cameron, afferrandola per un braccio. Non stringe le dita
intorno al suo polso, ma le provoca comunque un briciolo di fastidio. Se
la presa fosse stata più salda, probabilmente Dominique non ci
avrebbe pensato due volte a scrollarselo di dosso e mandarlo al
diavolo. Curioso che non abbia fatto lo stesso il giorno prima con
Lance, la cui morsa era molto più ferrea. «Non credo che tu sia
affatto così insensibile» afferma sicuro, assolutamente serio.
Lei,
suo malgrado, sorride. Scuote appena il capo, prima di afferrargli il
viso tra le mani e scoccargli un bacio leggero sulle labbra.
«Sei
carino, Cameron» lo grazia morbida, quando si allontana, osservando
con divertimento lo smarrimento che è comparso negli occhi
dell'altro e la sua espressione ebete. «Ma uno come te lo divorerei
in un sol boccone» decreta quasi gentile, prima di lasciarlo andare,
liberarsi da quella presa e uscire dal locale senza guardarsi
indietro.
Solo quando si trova all'esterno, si permette di
lasciarsi sfuggire un sospiro sconsolato. Respira a pieni polmoni
l'aria gelida e, ignorando il fastidio dei fiocchi di neve di quella
nevicata di fine ottobre, si incammina per High Street.
Infilandosi
il cappello, che aveva riposto in una tasca del giubbotto scuro e
abbottonandoselo fino al collo, Dominique si ricuce addosso
un'espressione annoiata.
Ignora gli altri studenti che stanno
percorrendo con lei la strada innevata, si ferma un momento ad
osservare la vetrina di Scrivenshaft. In realtà nemmeno vede le
piume pregiate esposte, la mente che torna ad ossessionarsi
sull'unico pensiero che la tormenta dall'inizio della
giornata.
Ovvero che cosa fare con Lance.
E cercare di
cancellare l'immagine di lui e la Greengrass che si baciano, che si è
ormai incisa a fuoco nella sua testa.
«Deve essere stato un
appuntamento desolante a giudicare dalla tua faccia» sostiene una
voce distaccata, che conosce fin troppo bene, alle sue
spalle.
Dominique si riscuote con un sussulto, colta di sorpresa,
e solleva il capo così da incrociare lo sguardo dell'altro sul
riflesso della vetrina.
«Affatto» risponde secca, assumendo
un'espressione dignitosa, drizzando le spalle. Prova un principio di
irritazione quando si accorge con orrore che il cuore ha aumentato i
battiti. «Anzi... ho parlato con un ragazzo davvero carino e ci
siamo anche baciati» rivela per indispettirlo, dimostrando tutti i
suoi quindici anni.
Lance inarca le sopracciglia, prima di
sfoderare un sorriso provocatorio.
«Ah sì?» domanda
sarcastico.
«Sì» conferma lei, attenta ad osservare ogni minima
reazione dell'altro. Giusto per capire se quello che gli ha appena
detto è in grado di provocargli anche un pochino di
fastidio.
«Quindi Martin è stato definitivamente mandato al
mattatoio» deduce lui, posato. «Buon per te» aggiunge
spassionato.
«Mason» corregge Dominique, secca. «E di lui non
mi importa nulla» ripete per la seconda volta a distanza di pochi
minuti.
Lance amplia quel sorriso, deliziato.
«Come ti avevo
detto» ricorda trionfante, alludendo a quanto successo nella capanna
di Hagrid.
«Evita quel tono gongolante, Rosier» lo fredda lei, voltandosi di colpo e avvampando per l'irritazione. «Mi dà sui nervi» confessa, infastidita
a morte.
«E questo dovrebbe essere un deterrente per smettere?»
replica lui, intrigato.
«Perché sei qui?» sbotta Dominique,
velenosa, fissandolo con un cipiglio terribile. «La tua uscita con
la Greengrass è andata tanto male?» serpeggia aggressiva.
Lance
scrolla le spalle, noncurante.
«Non è che io e Egle stiamo tutto
il tempo appiccicati» rivela sereno. «E poi perdonami se non so
resistere alla tentazione di punzecchiarti» ammette amabile,
rischiando seriamente di farla arrossire e non per la
rabbia.
«Lusingata» commenta lei, piatta.
«Dovresti» le
rivela lui, leggero. «È un privilegio che non concedo a
tutte».
Dominique solleva le sopracciglia, per nulla
impressionata.
«E questo dovrebbe importarmi, perché?» replica
con sufficienza.
Lance evita di ribattere, si limita a guardarsi
intorno con due occhi gelidi.
«Sicura che sia una buona idea?»
commenta vigile. «Farti vedere a parlare con me» spiega
coinciso.
Lei boccheggia, presa alla sprovvista, prima assumere
un'espressione odiosa.
«Un insulto non si nega mai a nessuno»
ribatte, conscia di quello che le ha voluto far notare. E, con un
guizzo di sincerità, ammette che non è pronta a confessare nemmeno
a se stessa quello che prova, figuriamoci farlo capire al resto della
scuola.
«Specie
se a un Serpeverde
discendente di un assassino»
termina lui, giocoso, riprendendo a sorridere rilassato. «Beh,
perché sei qui?» le chiede spiccio.
Dominique
aggrotta la fronte, interdetta.
«Che intendi?» domanda sbattendo
le ciglia.
«Se
hai trovato un ragazzo
carino»
sottolinea Lance, con quell'irritante aria di superiorità, ripetendo
le sue esatte parole. «Perché non sei con lui in qualche posto
isolato?» chiede sfacciato.
«Mi
stai dando della facile?» indaga lei, mordace, stringendo con
disappunto le labbra.
«Nah» si lascia sfuggire lui, genuino,
arricciando il naso in una smorfia. «Ma capirei se avessi voglia di
divertirti. Hai quindici anni» sottolinea leggero.
Non
te ne importa niente, realizza
Dominique, sentendo la gola stringersi e gli occhi inumidirsi per un
motivo che non riesce a spiegarsi.
«Invece
di fare quella faccia incazzata, potevi risparmiarti tutti questi
giochetti e chiedermelo» se ne esce Lance, sbrigativo, facendole
alzare gli occhi per incontrare i suoi con un guizzo di
confusione.
«Che cosa?» articola a fatica, presa alla
sprovvista.
Lui la guarda con grande pazienza.
«Di venire a
Hogsmeade con te» spiega lentamente, come se lei non fosse in grado
di fare un collegamento così semplice.
Dominique si acciglia,
sbattendo più volte le palpebre.
«Credevo che fossi impegnato»
sostiene concreta, punta sul vivo.
«Lo ero» ammette Lance,
serio. «Ma avrei trovato del tempo per te» concede
magnanimo.
«Risparmiati lo sforzo» sbotta lei, brusca, ignorando
lo stomaco che si è stretto in una morsa assolutamente
sgradevole. «Non sono la tua seconda scelta» ribadisce
perentoria.
«Me lo hai già detto» ricorda lui, placido,
inarcando le sopracciglia. «Mi sfugge il perché tu me lo stia
ripetendo» afferma con eloquenza.
Lo sai il perché.
Solo ti fa comodo far finta di non capirlo.
«Non
farlo» lo avverte Dominique, velenosa. «Non crederti così
importante. Posso avere di meglio» afferma squadrandolo con
supponenza.
«Certo che puoi» concede Lance, con l’aria di chi
sta dando ragione al proprio interlocutore perché è un idiota, un
sorriso divertito da morire stampato sulle labbra. «Ma non è detto
che tu voglia» commenta spietato, godendo nel vederla
arrossire.
Dominique freme, al limite della sopportazione.
Gli rivolge quindi un'occhiata di fuoco, prima di voltargli le
spalle e iniziare a camminare per la strada principale con la testa
alta e l'espressione bellicosa di chi avrebbe voglia di strappare i
reni a morsi al primo malcapitato di turno.
«E ora dove vai?»
domanda lui, tampinandola e raggiungendola con dei
rapidi passi.
«Torno al Castello» decreta lei, inflessibile.
«Di
già?» la prende in giro Lance e quel tono beffardo è la goccia che
fa traboccare il vaso. Dominique si volta nella sua direzione. «Vuoi
davvero sprecare il resto del pomeriggio a Hogwarts?» continua,
sprezzante del pericolo.
«Si può sapere che cosa vuoi da me?»
gli si rivolta contro, violenta, vomitandogli addosso tutta la sua
frustrazione e ira che ha accumulato per tutto il pomeriggio. «Se
pensi che continuerò a scodinzolarti dietro per elemosinare un
briciolo di attenzione, hai proprio capito male» sbraita furiosa
mentre lui guarda un punto imprecisato al di là delle sue spalle,
corrugando le sopracciglia prima con sospetto e poi con
attenzione.
Dominique manco ne accorge, troppo impegnata a
incamerare ossigeno per cercare di scacciare via quei tremori
violenti che le hanno invaso il corpo e che le annebbiano la mente. È
solo quando sente delle grida di terrore e lo scoppio di qualche
incantesimo che, sbarrando gli occhi, si gira.
Davanti a lei si
para lo spettacolo di un mucchio di uomini incappucciati in mantelli
bianchi che, con le maschere sul volto e le bacchette in mano,
scagliano fatture contro gli studenti presenti in High Street,
creando un caos infernale che quasi le mozza il fiato in gola.
Rimane
congelata sul posto, spaventata e incredula allo stesso tempo, mentre
la via si riempie di duelli, urla e sangue. Vede dei ragazzi scappare
per le stradine laterali, alla ricerca di un modo per scappare da lì
e quegli uomini avanzare nella neve chiazzata di rosso.
Con la
coda dell'occhio ne intravede uno dirigersi verso di lei e,
nonostante sappia bene cosa dovrebbe fare, rimane paralizzata mentre
lo guarda alzare la bacchetta.
Un fiotto di luce rossa colpisce
l'uomo al petto, facendolo schiantare con un tonfo sordo contro la
parete di un edificio e stramazzare al suolo, e Dominique si sente
afferrare il braccio bruscamente.
«Muoviti» sibila Lance,
gelido, strattonandosela dietro e spingendola in una delle vie che
dalla strada principale creano quel labirinto di vie che è diventata
Hogsmeade dopo la guerra. «Tira fuori la bacchetta e vedi di non
rallentarmi» le ordina secco.
Dominique annuisce, recuperando
l'arma dalla tasca del giubbotto e impugnandola in una stretta
spasmodica mentre l'altra mano cerca per riflesso quella di lui.
«Non
possiamo Smaterializzarci?» propone in affanno, cercando di stare al
passo dell'altro.
Lance scuote il capo, guardandosi le spalle
prima di procedere la marcia verso un riparo sicuro.
«Sarebbe
inutile» sentenzia seccato. «Hanno eretto due barriere. Non si
entra né si esce da Hogsmeade» afferma sicuro, il viso teso.
Lei
deglutisce, il cuore in gola.
«E quindi quale sarebbe il
piano?»
«Sopravvivere» risponde lui, distaccato, prima di
concederle un'occhiata distratta. Torna a fissarla dopo un secondo,
voltando la testa di scatto quando si rende conto del terrore che le
distorce i lineamenti. Lo vede serrare le labbra con fastidio,
lasciandosi sfuggire uno sbuffo lieve. «Evita quella faccia
spaurita: sei con me» afferma risoluto, forse nel maldestro
tentativo di essere incoraggiante.
Alt,
mettete giù i forconi e la bacchetta!
Okay che sono un po’
cattiva ma non così tanto. Lo so che questa serie è composta di os
ma questa era decisamente troppo lunga e temevo di annoiare se avessi
pubblicato un papiro infinito.
Quindi ho deciso di dividerla in
due parti e, visto che la seconda è quasi pronta, vorrei pubblicarla
settimana prossima così da chiarire almeno una parte dei dubbi che
vi saranno inevitabilmente venuti.
So che qualcuno vorrà la mia
testa per questa scelta. Ne sono consapevole ma non potevo fare
altrimenti.
(C'è
gente che vorrà la mia testa anche per altro ma
fortunatamente so come salvarmi!)
Per quanto riguarda la
parte su Julian: non sono impazzita. Mi rendo conto che qui c'è una
contraddizione rispetto a quello che ho scritto in Familie
kommt zuerst ma
vi assicuro che è tutto calcolato.
Vorrei
ringraziare Ciuscream che ha avuto la pazienza di leggersi questo
delirio e farmi notare tutte le sviste. E spero che mi perdonerà per
come si sta comportando il Rampollo Rosierino.
Alla
prossima,
Blue
*
citazione di The Vampire Diaries.
|
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Capitolo 2 *** Vecchie ferite ancora aperte e sanguinanti ***
Venti di guerra - Ferite ancora aperte e sanguinanti
Vi
avverto: questa seconda parte è lunga. Vi consiglio di mettervi
comodi se volete davvero intraprendere la lettura.
Dominique
sente il cuore martellarle furioso nel petto mentre segue Lance in
quel reticolato di stradine labirintiche che è diventata Hogsmeade.
Sebbene
il fiato corto, non accenna a diminuire il passo. Il panico la spinge
a muovere una gamba dietro l'altra e a controllare costantemente
all'indietro, così da essere sicura che nessuno di quei pazzi li
stia seguendo. E non importa se la neve rende più difficoltosa la
marcia o se i vicoli stretti sembrano quasi provocare una leggera
claustrofobia, perché il desiderio di sopravvivere è più forte di
ogni cosa.
Mai
come in questo momento è felice di non essere da sola.
Sebbene
Lance sia teso quanto lei – ha i lineamenti irrigiditi e lo sguardo
vigile di chi si aspetta un attacco da un momento all'altro –, è
di conforto sapere che può contare su di lui.
Anche
perché – siamo oneste –, a differenza sua, è lucido e
concentrato nello sforzo di sopravvivere.
Se
dipendesse da lei, invece, davanti al nemico, probabilmente farebbe
fatica persino ad evocare un semplice Incantesimo Scudo, terrorizzata
com’è.
«Dove
stiamo andando?» chiede, la voce rauca a causa della bocca asciutta.
Lui
sta per risponderle quando un grido atroce li blocca lì, in mezzo a
quel vicolo stretto. Lance le lascia immediatamente la mano,
precipitandosi in quella direzione sotto gli occhi sbarrati di lei.
Dopo
un attimo di spaesamento, ignorando il suo cervello che le ordina di
rimanere lì – al
sicuro –,
Dominique lo segue con la paura che le scivola sotto pelle, facendola
rabbrividire e rendendo più tremante e incerta la presa sulla
bacchetta.
Una
volta svoltato l'angolo, si ritrova in un piccolo incrocio di tre
stradine. Fa a malapena in tempo a vedere un lampo di luce rossastra,
che l'uomo con il mantello e cappuccio bianco viene scaraventato
brutalmente contro la parete in pietra di un edificio, afflosciandosi
al suolo in una posa scomposta.
Ruotando
il capo a sinistra, Dominique sussulta quando si rende conto che
Lance è accovacciato accanto a qualcuno sdraiato sulla neve, la
schiena appoggiata a un barile di legno. Solo quando si avvicina
riconosce il ferito come Jude Burke.
«Sembra
peggio di quello che è» sentenzia Lance, pratico, dopo aver
sollevato il maglione del cugino e aver studiato quel taglio
sanguinante che, dal fianco al ventre, gli squarcia la pelle. «Dovevi
stare più attento» recrimina aspro, passandoci sopra la punta della
bacchetta e mormorando un incantesimo.
Jude
sbuffa, piegando le labbra in una smorfia sofferente.
«Mi
ha colto di sorpresa» biascica a bassa voce. A giudicare dal suo
colorito pallido e dal respiro spezzato, Dominique dubita che la
ferita sia superficiale. «Non ho avuto il tempo di reagire» si
giustifica in un soffio.
Lance
serra la mandibola, rigido, fissando con palese preoccupazione la
pancia dell'altro.
«Dobbiamo
andarcene da qui» decreta autoritario, mettendosi un braccio del
cugino sulle spalle e appoggiando la mano destra – quella che non
impugna la bacchetta – all'altezza del fianco, issandolo con fatica
in piedi. «Se restiamo allo scoperto, siamo un facile bersaglio»
constata analitico, lanciando continue occhiate malevola intorno. «Ho
bloccato il sangue, almeno non lasceremo delle tracce sulla neve»
svela spiccio.
Dominique
annuisce, inquieta.
«Lasciami
qua: ti rallenterei e basta» mugugna Jude, esausto, sforzandosi di
tenere gli occhi aperti.
«Sì,
così ti ammazzano» replica lui, sarcastico, scuotendo il capo con
irritazione e fissandolo per un istante spazientito. «Come se non
sapessi quello di cui sono capaci» considera amaro, storcendo il
viso in una smorfia furiosa. «Non fare il coglione, non ti
abbandono» afferma irremovibile, tornando a degnarla della sua
attenzione. «Almeno tu vedi di renderti utile. Dubito di riuscire a
difendere tutti e tre, se ci dovessero attaccare» ammette
contrariato, il volto indecifrabile, indicandole con un cenno del
mento la strada da percorrere.
Dominique
lo segue, il viso corrucciato dall’angoscia mentre grossi e pesanti
fiocchi di neve riprendono a cadere dal cielo, nascondendo le tracce
del loro passaggio.
*
«Non
chiudere la porta» ordina Lance quando entrano in un’abitazione
apparentemente abbandonata nel quartiere residenziale di Hogsmeade.
Dominique
si trattiene a stento dallo starnutire a causa della mole di polvere
che ricopre ogni superficie di quello che dovrebbe essere un salotto,
i cui pochi mobili presenti sono coperti da teli bianchi.
Togliendo
con un movimento secco e brusco della mano, lui libera il tavolo dal
tessuto candido e, con un minimo di delicatezza concessa dallo
sforzo, stende Jude, privo di sensi, lì sopra.
«Di
chi è questo posto?» domanda lei, cauta, avvicinandosi con un velo
di incertezza e le gambe molli.
«Di
mio padre» risponde Lance, sbrigativo, mentre solleva di nuovo il
maglione del cugino per valutare meglio la ferita. Lo osserva serrare
la mascella con disappunto, le labbra piegate in una morfia tesa. «Lo
ha comprato qualche anno fa ma non lo ha ancora ristrutturato»
spiega distratto, in un borbottio a malapena udibile, prima di
tentare un Incantesimo Curativo.
Notando
la mano sinistra dell’altro tremare visibilmente, Dominique non ci
pensa due volte ad alzare il braccio destro che aveva disteso
lungo il fianco.
«Lascia,
faccio io» si offre spiccia, spingendolo via senza garbo, in maniera
tale da poter studiare meglio e con occhio critico la ferita. «Ho
seguito un corso di soccorso al San Mungo, quest’estate e la
precedente» spiega algida quando lo intravede inarcare le
sopracciglia con scetticismo. «Sicuramente sono più preparata di
te» rinfaccia insopportabile.
Lance
si guarda bene dal commentare, anche se è palese che non sia affatto
convinto.
Tuttavia
decide di non iniziare una discussione e, con un movimento rapido del
polso, accende il fuoco nel camino presente nel locale, per poi
creare una barriera sulla porta d’ingresso – che rimane comunque
aperta –, così da impedire che qualcuno entri e che il calore
esca.
Ignorando
i brividi per la temperatura polare in cui è immersa l’abitazione,
Dominique prende un paio di respiri profondi per calmarsi e
concentrarsi solo su come curare l’altro. Non ha mai affrontato una
lesione del genere, abituata solo a qualche graffio e livido che il
volontariato nell’ospedale magico le ha permesso di affrontare e
sapere guarire. Però, grazie ai tomi di Magia Curativa che è solita
divorare nel tempo libero, può dire di avere una conoscenza sopra la
media della disciplina rispetto ai suoi coetanei.
E
se avesse dell’Essenza
di Dittamo,
probabilmente non dovrebbe ricorrere al suo repertorio di sortilegi
per cercare di tamponare il sangue e bloccare l'emorragia in corso.
Dopo
aver fatto apparire delle bende e aver fasciato il fianco di Jude, si
volta nella direzione di Lance. Rimane un secondo basita quando lo
vede accovacciato sul pavimento, mostrandole le spalle, e solo quando
si avvicina nota che sul pavimento – dove la polvere è stata
rimossa – c’è una perfetta riproduzione della cartina di
Hogsmeade.
«Come
sta?» domanda lui, puntandole addosso le iridi azzurre e gelide.
Dominique
si inumidisce le labbra, nervosa.
«Ha
bisogno di cure al più presto» risponde onesta, sbottonandosi il
giubbotto a causa del caldo che si sta diffondendo nel salotto. «Ho
fatto quello che potevo ma sono un Guaritore. Perché stai
consultando questa mappa?» chiede perplessa, adocchiando incuriosita
quelle linee nere.
«Prima
dall’attacco – quando tu starnazzavi come un’oca –, ho notato
che sono state erette due barriere. Una blu e una rossa, il che
impedirà agli Auror di Smaterializzarsi qui e a noi di scappare»
constata Lance con disappunto, corrugando le sopracciglia e tornando
a concentrarsi sul disegno. «Per mantenere attivi dei simili
incantesimi contemporaneamente e per un tempo sufficiente per fare i
loro comodi, questi idioti avranno posizionato quattro dei loro agli
angoli della città. È l'ipotesi più logica» afferma saputo,
picchiettando la bacchetta sul legno del pavimento. «Questo
significa che se riusciamo a metterne fuori gioco almeno uno, le
barriere cadranno» decreta sicuro, socchiudendo gli occhi azzurri
per riflettere su quale strategia utilizzare.
Lei
strabuzza i suoi, sconvolta.
«Ma
per far ciò bisognerebbe tornare là fuori» sottolinea in panico,
la voce stridula.
«Già».
«Possiamo
aspettare che qualcuno venga a darci una mano» suggerisce Dominique,
svelta, cercando di trovare un'alternativa a quella follia. «Voglio
dire… Madama Abbott, uno degli adulti sicurament-»
«Non
hai notato che nelle strade c’erano solo studenti?» la blocca lui,
brusco, fissandola quasi con compatimento. «Avranno lanciato qualche
incantesimo che impedisca a chi si trova dentro un edificio di uscire
e combattere» deduce seccato. «Almeno si sono evitati la
scocciatura di scontrarsi contro gli adulti».
Dominique
sbatte le palpebre.
«Per
questo non hai chiuso la porta» ragiona, analizzando quanto lui ha
fatto prima e trovando un senso in quell'ordine apparentemente
inspiegabile. «Non ci pensare nemmeno» lo avvisa inflessibile,
storcendo il viso in una smorfia bellicosa.
Lance
inarca le sopracciglia, affatto impressionato dal quello slancio di
feroce determinazione. Appoggia le mani sulle ginocchia, alzandosi in
piedi e avvicinandosi di nuovo al tavolo.
«Jude?»
lo chiama piano, a bassa voce, scuotendolo delicatamente per la
spalla.
L'altro
apre gli occhi verdi, appannati dalla confusione.
«Bohort?»
domanda flebile, in un sussurro spezzato.
Anche
se le dà le spalle, Dominique lo vede chiaramente
sussultare.
«No»
lo contraddice lui, dopo un momento di silenzio tetro, la voce
indecifrabile. «Lance» precisa piatto.
Jude
si acciglia, stringendo le palpebre forse nel tentativo di metterlo
meglio a fuoco.
«Lance»
ripete fioco, riconoscendolo, sfarfallando le ciglia nello sforzo di
tenere gli occhi aperti.
«Vado
a chiamare aiuto ma ho bisogno che tu stia sveglio, d’accordo?»
domanda Lance, amabile, pronunciando con lentezza quelle parole, così
da assicurarsi che vengano sentite e comprese.
«No,
scordatelo» sbotta Dominique, inserendosi di prepotenza in quella
conversazione e cancellando con delle rapide falcate la distanza che
li separa. «Loro sono troppi e noi siamo solo in due» gli fa notare
tagliente.
Lui
si gira nella sua direzione, lo sguardo gelido.
«Ci
vado da solo» decreta distaccato. «Tu resti qui con Jude»
sentenzia irremovibile.
«No»
si ribella incollerita, scuotendo con enfasi il capo. «Non te lo
lascio fare!» si ostina testarda.
«Sai,
inizio a pensare che tu ti stia prendendo troppe libertà» inizia
Lance, sarcastico e insopportabile, fissandola con una luce negli
occhi che le fa tremare il cuore per la paura. «Non ti devo chiedere
il permesso e tu non mi puoi impedire di fare nulla» termina con
quel fare che la sfida a contraddirlo, giusto per dimostrarle quanto
si sbagli.
Dominique,
sebbene dentro senta le viscere rabbrividire, si sforza di non mutare
espressione.
«Si
chiama buonsenso» recrimina affilata, alzando il mento con
arroganza.
«La
mia, sopravvivenza» precisa lui, impassibile. «E attualmente è più
importante del tuo buonsenso»
aggiunge rude.
Lei
rimane in silenzio, il petto sconquassato da una serie di emozioni
contrastanti. Da una parte le viene quasi voglia di sciogliersi in
una risata isterica, tanto le pare assurda la situazione, dall'altra
non può fare a meno di provare un'amarezza bruciante nel rendersi
conto della cocciutaggine dell'altro.
«Credevo
che i Purificatori non esistessero più» è l'unica cosa che riesce
a dire, rievocando dalla memoria una serie di articoli riguardanti
quegli uomini mascherati che in nel post guerra avevano scosso
l'Inghilterra.
Lance
piega le labbra in un sorriso per nulla divertito.
«Magari»
sospira amaro, scuotendo la testa e puntando le iridi altrove. Le
sembra che siano più distanti e fredde che mai, volte a rivivere
qualcosa che non ha il lusso di sapere. «Probabilmente non
smetteranno finché non avranno eliminato ogni discendente dei
Mangiamorte. Dovresti essere contenta» insinua crudele, tornando a
guardarla e assumendo un'espressione beffarda. «Ti stanno facendo un
favore a tentare di far fuori quelli come me» termina brutale, con
una crudeltà che la colpisce in pieno.
Dominique
non batte ciglio, anche se dentro al petto sente un dolore sordo. La
sorprende la facilità con cui riesce a ferirla con poche e studiate
parole.
«Stanno
solo restituendo il favore per quello che i tuoi antenati hanno
fatto» ribatte velenosa, rifiutandosi di sentirsi in colpa per
qualcosa che non dipende da lei.
Era
prevedibile,
pensa,
invece, insensibile. Il
Mondo Magico ha subito due guerre solo perché degli idioti fissati
con la purezza del sangue pensavano di poter decidere chi dovesse
vivere e chi morire. Dopo la sconfitta di Voldemort, il Ministero è
stato troppo morbido con le famiglie coinvolte, conclude
inclemente.
Lance
arcua un sopracciglio, ampliando quel sorriso denigratore.
«Evan
aveva ragione» sostiene leggero, facendole sbattere le palpebre e
corrugare la fronte per lo sbigottimento. «Non siete migliori di
noi» spiega nauseato, voltandole le spalle per dirigersi verso la
porta.
Forse
è a causa del panico che prova nel guardarlo avvicinarsi all'uscita
dell'abitazione o forse anche per quella punta di senso di colpa che
sta disperatamente tentando di soffocare, che Dominique sente la
testa farsi più leggera e sa
già
cosa sta per succedere.
La
pelle si intorpidisce mentre l'udito, il tatto, l'olfatto e il gusto
sembrano inibirsi. Non la vista, no, quella mai.
Nella
sua mente – esattamente come se lo avessi davanti agli occhi –
vede un'immagine sfuocata e confusa, che diventa velocemente sempre
più nitida e reale.
Nell'incrocio
dove hanno trovato Jude, si trovano due Purificatori. Hanno la
maschera bianca sul viso e sono accucciati sulla neve, intenti a
studiare con attenzione quella macchia rossa che spicca sul bianco.
Un
altro sta aiutando quello che Lance aveva attaccato a rialzarsi,
pretendendo di sapere che cosa fosse successo.
«Credo
fosse uno solo» risponde questo, sofferente, la voce che esce a
fatica da sotto la maschera. «Maledettamente veloce» aggiunge
rabbioso.
«Uno
di loro?» domanda l'altro, interessato.
«Purosangue»
conferma il Purificatore, rimettendosi in piedi con fatica. «Solo
quei bastardi ti prendono alle spalle».
Vede
quello che deve essere il capo drizzare le spalle e il trionfo
illuminargli gli occhi castani.
«Signori,
attenzione» esordisce quasi emozionato, ad alta voce. «C'è una
preda nei dintorni. Dividiamoci in due gruppi e separiamoci: sarà
più facile braccarla».
«Mi
vuoi rispondere?»
Domique
sbatte gli occhi, la visione che scompare all'improvviso esattamente
com'è venuta.
Si
ritrova di nuovo in quel salotto polveroso, dai mobili coperti e uno
studente ferito sdraiato e incosciente sull'unico tavolo presente.
«Come?»
articola in un bisbiglio, fissando vacua Lance.
Lui,
che si è avvicinato quando deve averle posto quella domanda che lei
non ha sentito, la osserva con palese spazientimento.
«Ho
detto che una volta che le barriere saranno cadute, di uscire e
lanciare un Periculum»
ripete irritato, continuando a studiarla con l'aria di chi sta però
cercando di capire cosa sia successo. «Conosci l'incantesimo, no?»
domanda secco.
Lei
si ritrova ad annuire come un'automa.
«Sì»
conferma remissiva, le iridi puntate verso il pavimento per evitare
di guardarlo in faccia.
Ora
come ora non ha la forza per sostenere quella discussione che, non ha
dubbi, avverrà presto.
Lance
rimane fermo, in piedi davanti a lei. Da quel poco che riesce ad
intravedere a causa anche della testa incassata tra le spalle e dello
sguardo basso, carico di vergogna, Dominique rimane sorpresa quando
lo scorge voltare il busto per muoversi di nuovo verso la porta.
Lo
afferra di riflesso per un braccio, in panico, stringendo la manica
del mantello con forza e affondando le unghie nel tessuto pesante.
«Ci
sono quattro Purificatori qui vicino» lo informa disperata, gli
occhi azzurri sbarrati.
«Probabile»
concede lui, preso alla sprovvista.
Dominique
scuote il viso, terrorizzata.
«No,
è così» insiste concitata, non rendendosi conto di aver quasi
urlato. «Non puoi uscir-»
«Domi»
la blocca Lance, fermo, interrompendo quel fiume di parole dettate dalla
paura che minaccia di strariparle dalla bocca e inchiodandola sul
posto con un sguardo intimidatorio. «Lasciami» ordina piatto,
abbassando le iridi a indicare la mano che è ancora aggrappata al
suo mantello.
Lei,
seppur esitante, ubbidisce, il viso corrucciato in una smorfia
dolente.
Si
sforza di aprire le labbra, cercandosi di scacciare via quella
frustrazione mista a paura che le scorre nel sangue ma tutto si
ritrova a non riuscire ad emetter e nemmeno un suono.
Boccheggia,
sconvolta dal non riuscire a fare una cosa tanto semplice.
Decide
quindi di lanciargli un'occhiata supplicante – così poco da lei –,
sperando che sia sufficiente dal farlo desistere dal compiere quella
missione suicida.
Tuttavia
il volto di Lance è rimasto impassibile, sebbene le sue iridi siano
baluginanti di qualcosa che assomiglia vagamente all'incertezza.
«Me
lo dici quando torno» le va incontro, più morbido, prima di
voltarle le spalle e uscire da quel rifugio sicuro. «Fai in modo che
Jude sopravviva fino all'arrivo dei soccorsi» è l'ultima cosa che
gli sente dire, prima che sparisca dalla sua vista.
Dominique
annuisce, il cuore pesante.
Perché
tanto lo fai. Torni.
*
Respira
a pieni polmoni l’aria gelida del pomeriggio, incanalando quanto
più ossigeno possibile.
La
mano che stringe la bacchetta è pronta a scattare, gli occhi vigili e la mente lucida.
È
paradossale ma si trova molto più a suo agio in una delle tante
strade innevate di Hogsmeade piuttosto che immobile in quel rifugio,
ad attendere con i nervi tesi i soccorsi e sperare che Jude resista.
Chissà
se anche Evan si sentiva così prima di uno scontro, riflette
quasi distratto, il cervello occupato a scrutare l’ambiente
circostante e analizzare anche i più piccoli dettagli. Di
sicuro l'addestramento che ho ricevuto mi torna utile.
Mentre
scivola silenzioso accanto alla parete degli edifici che costeggiano
il vicolo, Lance non riesce proprio a trattenersi dal sorridere. È
appena accennato e non si vede a causa del volto coperto.
Utilizzare
la Trasfigurazione per cambiare il colore del mantello e trasformare
un sasso in una maschera bianca, così da confondersi con quei
Purificatori, gli è sembrata un’idea del tutto naturale.
D’altronde
non esiste l’onore in guerra.
Vince
chi riesce ad uccidere l’altro.
«Dimenticati
dell'onore, ragazzo» esordisce il prozio Julian, lapidario,
fissandolo con due occhi verdi dalla tela del ritratto. Lance lo
ascolta con attenzione, seduto a gambe incrociate sul pavimento di
quella che è sempre stata la Sala dei Duelli di Rosier Castle. «Sono
solo sciocchezze per gli stolti. In duello, l'unica priorità è
rimanere vivi» afferma pragmatico, arricciando con disgusto le
labbra. «Usa ogni debolezza dell'avversario a tuo vantaggio e
scordati della correttezza».
Questo
è uno dei tanti consigli che gli ha suggerito Julian, dal momento in
cui ha scovato il suo ritratto in una stanza abbandonata a Rosier
Castle.
All’inizio
aveva pensato che fosse stato suo padre a relegarlo lontano da tutti,
in un angolo sperduto della casa. Solo con il tempo si è reso conto
che il suo prozio si era imposto quell’esilio di sua spontanea
iniziativa.
Abbassa
le spalle, simulando una posa rilassata quando incrocia uno di quegli
idioti che sperano tanto di pareggiare i conti – non sanno che in
realtà hanno scatenato un’altra spirale di odio e rancore, e che
non sarà certamente lui a fermare quel fiume di sangue – al
termine del vicolo che immette su Hight Street.
«Vieni
con me, dobbiamo controllare che non ci siano problemi alle barriere»
gli abbaia contro rauco e lui non può fare a meno di trattenere un
moto di stizza nel sentire quella feccia dargli ordini. Quelli come
quella merda meritano di diventare cibo per i vermi. Facile fare i
gradassi e attaccare degli studenti invece che adulti in grado di
difendersi. Ma
ai deboli piace giocare facile, pensa
quasi con pietà,
li fa sentire potenti.
«Fra poco arriveranno gli Auror. Cerchiamo di muoverci e trovare
quanti più Purosangue possibile. Quei bastardi si nascondono peggio
dei ratti nelle fogne» ringhia disgustato.
Quando
gli volta le spalle, certo di trovarsi in presenza di un alleato,
Lance si china leggermente in avanti, così da poter raggiungere lo
stivale e afferrare la bacchetta che è lì nascosta.
Mette
via la sua nella tasca del mantello e prova una strana sensazione –
un grumo di feroce esaltazione e timore reverenziale – nello
stringere quel legno scuro. Nemmeno si accorge di piegare le labbra
in un sorriso deliziato.
«Impero»
sussurra
a bassa voce, osservando l’altro drizzare le spalle e tornare a
guardarlo in faccia. Sotto la maschera intravede due occhi vacui
fissarlo, in attesa di ordini. «Ascoltami bene. Andremo dai tuoi
compagni che proteggono quello che controlla le barriere e quando
vedrai che ti avranno riconosciuto e abbassato la guardia, dovrai
fare una piccola cosa per me» afferma quasi dolce, sospirando di
piacere.
«Certo»
risponde quello meccanico, in balia del suo incantesimo.
Lui
continua a sorridere, facendogli un cenno del braccio per invitarlo a
indicargli la strada da percorrere
Dominique
non riesce a fare a meno di mangiarsi le unghie.
È
un’abitudine disgustosa che credeva di aver perduta ma che ogni
tanto - quando il livello di stress raggiunge il picco - torna a fare
capolino.
Osserva
Jude Burke, steso immobile sul tavolo del salotto, febbricitante di
febbre e vittima di un'emorragia che lo sta rendendo sempre più
debole.
L’unica
cosa che può fare è pronunciare un incantesimo che gli allevierà
per qualche tempo la sua sofferenza, anche se non lo aiuterà a
salvarsi.
Getta
ansiosa un’occhiata fuori dalla finestra, dove il cielo di ottobre
è violaceo a causa di quelle barriere che hanno tagliato fuori
Hogsmeade dal resto del mondo.
In
piedi accanto al tavolo, non può fare a meno di aspettare che
quell’incubo finisca presta.
Nemmeno
sapere che Louis e gli altri suoi cugini sono al sicuro – grazie a
delle rapide chiamate attraverso lo Specchio Gemello che porta sempre
con sé – riesce a tranquillizzarla e a tamponare il panico di
quell'attesa snervante.
«Evan
sapeva come generare la paura nel nemico. Oserei dire che il suo
fosse quasi un talento naturale, estremamente prezioso quando ci si
trova in guerra. Perché sprecare energie inutili quando si può
manovrare l’avversario per fargli fare il lavoro al tuo posto? Con
il tempo scoprirai che le persone sono estremamente facili
da manipolare».
Dividi
et impera. Sarà anche la strategia bellica più vecchia del mondo ma
funziona sempre, pensa
Lance quando la sua marionetta attacca quello che manteneva attive le
barriere, facendole crollare al suolo coperto di neve e spezzando gli
incantesimi all’istante gli incantesimi che isolavano Hogsmeade.
Nel
secondo che segue, dove gli altri Purificatori osservano il suo
inebetiti, talmente sconvolti dal reagire, lui non può fare a meno
di sorridere. Sa che è una questione di attimi primi che gli Auror
si Smaterializzano per cui, dal suo nascondiglio all’angolo di una
stradina, dissolve immediatamente la Trasfigurazione, facendo tornare
nero il suo mantello e una pietra la maschera che ha indossato.
Sta
riponendo la bacchetta al sicuro nel suo stivale, riprendendo dalla
tasca quella che ha acquistato quando aveva dodici anni nel momento in cui delle
grida acute squarciano l’aria.
Sì,
riflette
distratto, scuotendo con noncuranza il capo, effettivamente
una gola tagliata e del sangue possono fare questo effetto.
«La
paura non è una debolezza, ragazzo. Solo gli sciocchi non la temono.
Il vero nocciolo è che non bisogna cadere in balia di essa, bisogna
imparare a dominarla e ad assaporarla negli occhi nel nemico. Non
farti impietosire da suppliche o patetiche preghiere. Ricordati
queste parole quando rischierai di provare un briciolo di
compassione: che non osino più,
mai
più».
*
«Le
ripeto che sto bene, non è assolutamente necessario che perda il suo
tempo»
«Dominique,
piantala» la redarguisce maman,
secca, seduta accanto a lei in uno dei tanti lettini che costellano
l’Infermeria, gremita di studenti e di genitori. «Sei forse una
Guaritrice?» si informa severa.
«Non
ancora» risponde lei, velenosa, trattenendosi a stento dallo
sbuffare. «E non è necessario esserlo per vedere che non ho nemmeno
un graffio» sottolinea con lo stesso tono, corrugando le
sopracciglia.
Appena
le barriere sono cadute, come d’accordi con Lance, è uscita
dall’abitazione in cui si era rifugiata per lanciare in aria un
Periculum.
Non ha dovuto attendere molto prima che un paio di Auror giungessero
in suo soccorso.
Ormai
al sicuro – da quello che ha capito, i Purificatori si sono
dispersi quando gli uomini di zio Harry hanno fatto irruzione nel
villaggio –, si è fatta docilmente condurre fino ad Hogwarts, dove
c’era una folla di genitori spaventati aspettava con i nervi a fior
di pelle notizie riguardanti i figli.
Alcuni
dei quali non hanno avuto la mia stessa fortuna, constata
concreta, scrutando con le iridi chiare tutti i letti occupati da
ragazzi che hanno il corpo coperto da bende candide e sono privi di
sensi.
«Tu
e Bill siete uguali» riprende Fleur, polemica, alzando gli occhi al
cielo per l’esasperazione. «Sempre a minimizzare quando si tratta
della vostra salute»
Forse
sei tu ad essere iperprotettiva,
vorrebbe risponderle Dominique ma si morde la lingua per cedere a
quella tentazione.
Osserva
con nervosismo le dita sporche del sangue di Jude Burke.
«Credevo
che i Purificatori fossero stati arrestati tutti» dice, invece,
ripensando a quegli uomini con il cappuccio e mantello bianco.
L’altra
le rivolge un’occhiata attenta e affilata.
«Tu
come sai di loro?» indaga imperiosa, corrugando le sopracciglia.
Dominique
storce il viso in un’espressione eloquente.
«Ogni
tanto qualche giornale ne parla, soprattutto ricordando quello che è
successo a Diagon Alley» svela con sufficienza, sistemandosi una
ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio. «Allora?» la esorta
spazientita.
«Lo
saranno presto» taglia corto Fleur, una luce ardente e combattiva a
illuminarle gli occhi azzurri. «Ci penserà tuo zio» decreta
inflessibile, alludendo a Harry.
Lei
non ne è tanto convinta.
«Sono
già sfuggiti agli Auror una volta e se dovesse accadere di nuov-»
«Dominique,
ci penseranno gli adulti» la blocca sua madre, dura e sferzante,
intimidendola con un’occhiata. «Tu devi solo riposarti e
dimenticare quanto è successo».
Sta
già per replicare, incapace di tenere a freno la lingua, quando
l’urlo di uno studente, sdraiato a un paio di lettini di distanza,
rimbomba nell’Infermeria e fa sussultare i presenti per lo
spavento.
Approfittando
del momento di confusione che è seguito, dove tutti hanno
inevitabilmente orientato l’attenzione a quel povero ragazzo che
sta coraggiosamente patendo gli incantesimi di Madama Chips per farsi
rimettere in sesto, Dominique, con disinvoltura e ben attenta a non
provocare il benché minimo rumore, scivola via da quell’angolo
dove sua madre l’ha costretta a stare ferma e imbocca l’uscita
nel minor tempo possibile.
Una
volta fuori dall’Infermeria, si dirige ad ampie e disperate falcate
verso i sotterranei del Castello. Ha controllato più volte con lo
sguardo che Lance non fosse tra i feriti, ragion per cui è convinta
che lo troverà nella Sala Comune di Serpeverde.
Taglia
per i ritratti, utilizzando tutte le scorciatoie possibili, finché
non arriva al piano terra. Con passi talmente rapidi da avere il
fiato corso, sta girando l’angolo per raggiungere l’ultimo
corridoio che porta all’ingresso di Hogwarts.
Voltato
l’angolo, si immobilizza di colpo.
Sbatte
un paio di volte le palpebre, come per accertarsi di non aver preso
un abbaglio, e un sorriso spontaneo le nasce sulle labbra. Abbassa le
spalle, rilassando la postura, mentre un’esplosione di sollievo si
dirama nel petto.
Lance
è lì, davanti a lei, a una decina di passi di distanza. Sta bene,
non sembra aver riportato ferite o danni da quella missione suicida
che ha cocciutamente deciso di intraprendere.
Le
viene da ampliare il sorriso quando vede quegli occhi azzurri gelidi
e baluginanti di divertimento.
Con
il cuore più leggero, Dominique gli si avvicina. Dimenticando di
essere in un corridoio, dove chiunque potrebbe vederli insieme,
rimane per un istante immobile nel momento in cui gli è di fronte.
Poi, appoggiandogli le mani sulle spalle, si alza sulle punte dei
piedi per raggiungere la bocca dell’altro.
Non
lo fa con la solita bramosia, e in seguito si sorprenderà di questo
ma non ora. L’unica cosa che riesce a pensare è che è in salvo –
con
lei
-
e che può finalmente tornare a respirare, lasciando svanire l’ansia
dovuta all’incertezza di non sapere che cosa fosse successo una
volta che lui ha lasciato l’abitazione in cui lei e Jude si erano
nascosti.
Con
il sangue che le pompa più velocemente nelle vene – è un
controsenso sentirsi calme e al contempo elettrizzate –, Dominique
si lascia sfuggire un mugugno di piacere quando Lance appoggia
le mani sui suoi fianchi, tirandosela contro, abbassando leggermente
il capo così da ricambiare meglio il bacio e sfiorarle di nuovo con la
lingua il labbro inferiore.
«Se
ottengo ogni volta questa accoglienza» esordisce lui, svagato, nel
momento in cui si separano per prendere fiato. «Ricordami di
rischiare la vita più spesso» termina leggero.
Lei
si scioglie in una risata bassa e moderata, che si porta via le
ultime briciole di tensione che le era rimasta appiccicata addosso.
«Stai
bene» afferma lieve, non badando affatto a quanto sia morbido il suo
tono.
«Sto
bene» conferma Lance, rilassato, non accennando a lasciarle i
fianchi. «Come vedi, non c'era bisogno di preoccuparsi» sottolinea
compiaciuto, le iridi scintillanti di trionfo per aver avuto ragione.
«Allora, cos'è che dovevi dirmi?» chiede, alludendo a quando l'ha
vista esitare in quella casa a Hogsmeade, poco prima che lui uscisse
dalla porta.
Dominique
tentenna, inumidendosi le labbra.
Vorrebbe
aggiungere qualcosa – vorrebbe davvero – ma le parole le
rimangono incastrate in gola. Si limita quindi ad abbassare lo
sguardo, turbata dall’incapacità di sostenere quello dell’altro
e percependo ormai svanita quella bolla di pace nella quale era stata
precedentemente avvolta.
Con
la mente lucida si rende conto orripilata che gli è corsa incontro,
baciandolo di slancio e con quella gioia feroce che di solito rivolge
solo a Louis.
Che
diavolo mi sta succedendo? È
la domanda che le esplode in testa e alla quale nemmeno vuole
rispondere.
«Dominique!»
Si
volta di scatto quando la voce di sua madre le giunge alle orecchie.
Svelta si allontana da Lance, sistemandosi con disagio una ciocca dei
capelli ramati che le è finita davanti gli occhi mentre Fleur si avvicina a loro.
«Si
può sapere che diavolo ti è passato per la testa?» la rimprovera
maman, aspra, e in un’altra circostanza quel tono l’avrebbe
disturbata talmente tanto da scatenare una guerra. Invece in
quell’occasione, Dominique non reagisce. Si limita a fissarsi le
punte delle scarpe, il volto arrossato per l’imbarazzo. «Fuggire
dall’infermeria come una ladra! Ti rendi conto dello spavento che
mi sono presa quando mi sono accorta che non eri più al mio fianco!
E tu chi sei?» indaga, voltando il viso verso il Serpeverde e
corrugando la fronte, accigliata.
Quando lo vede piegare le labbra in un sorriso cordiale ma con
quell’aria di chi sta gongolando come un infame perché sa che
metterà nei casini l’altra nel momento in cui aprirà bocca.
Stringe
i pugni lungo i fianchi, allarmata e con la tentazione di saltargli
addosso per impedirgli di parlare.
«Lance».
Dominique ussulta quando sente quell'unica parola gelida e affilata come una
coltellata. Si gira all’indietro lentamente, il volto preoccupato e
il respiro corto.
Si
ritrova a fissare un uomo alto, avvolto in un pesante mantello scuro da
viaggio, dall’altro capo del corridoio. Quello che la impressiona
di più non è la somiglianza con il ragazzo che le sta accanto ma
quegli occhi che sembrano impregnati di ghiaccio e quasi assorbono la
poca luce delle fiaccole.
Una
sensazione tetra le cade addosso di colpo, facendola sentire piccola e
vulnerabile.
Deglutisce,
spaventata da morire.
«Vati»
risponde
Lance, noncurante, anche se ha perso il sorriso.
Il
mago degna lei e sua madre di una veloce occhiata, prima di fare un
cenno del capo al figlio.
«Vieni»
ordina secco, incamminandosi nella direzione dalla quale è venuto.
Lance
sospira, il volto teso e gli occhi indecifrabili. Le pare quasi di
scorgere il desiderio di ribellarsi ma è un lampo che dura solo un
istante, perché in quello seguente lui ubbidisce, scoccandole un
rapido e freddo cenno di saluto.
*
«Raccontami
quello che è successo».
«Lo
sai quello che è successo o non saresti qui».
«Lance».
Lui,
il fondoschiena appoggiato contro un banco, non può fare a meno di
fissare suo padre che, immobile a due passi di distanza, ricambia con
uno sguardo scuro e penetrante. Nonostante ormai siano alti uguali,
c'è sempre quel misto di timore che si trascina fin da bambino
quando vede quelle iridi gelide puntate addosso.
Si
limita quindi a sospirare senza emettere rumore, prima di iniziare a
parlare.
«Si
sono Smaterializzati all'improvviso» esordisce, la voce distaccata.
«Credo che fossero una dozzina e che, prima di attaccare, abbiano
lanciato gli incantesimi per impedire a chi si trovava all'interno
dei locali e abitazioni, di uscire e combattere. Molto probabilmente
volevano vedersela solo con degli studenti» deduce, piegando le
labbra in basso, in una smorfia che esprime tutto il suo disprezzo.
Codardi,
è la parola che preme per uscire dalla sua bocca.
«Poi?»
lo sprona suo padre, sollecito. «So che hanno eretto delle barriere
per impedire l'intromissione degli Auror» aggiunge, inclinando il
capo e scrutando a fondo, con attenzione.
Lance
annuisce, non stupendosi che conosca quell'informazione.
Probabilmente l'avrà sentita in qualche corridoio del Ministero
prima di precipitarsi a Hogwarts.
«Due»
precisa spiccio. «Servivano per evitare che la gente si
Smaterializzasse dentro e fuori Hogsmeade».
Suo
padre serra le palpebre, aggrottando anche la fronte.
«Come
fai a sapere che erano due?» domanda titubante, prima che un lampo
di consapevolezza gli attraversi il viso e stringa con forza la
mascella. «Dimmi che non hai fatto quello che penso» ringhia tra i
denti, abbassando per un attimo le palpebre per imporsi calma.
Lui
gli scocca uno sguardo sferzante.
«Che
cosa avrei dovuto fare?» attacca gelido, sentendo la rabbia
ribollire nelle vene.
«Ti
avevo detto di mantenere un basso profilo» tuona l'uomo, fremente di
rabbia, avvicinandosi di un passo. Con tutta probabilmente, se non
avesse insonorizzato l'aula nella quale si sono ritirarti per poter
parlare con la certezza di non essere a portata di orecchio da parte
di qualche impiccione – quadri compresi –, non si sarebbe mai
lasciato andare a simili confessioni.
Lance
si alza in piedi, fronteggiandolo.
«L'ho
fatto» sibila in risposta, il viso livido. «Ho preso tutte le
precauzioni necessarie per non attirare l'attenzione ma stavolta non
avevo scelta: Jude stava perdendo troppo sangue, gli Auror potevano
non arrivare in tempo» spiega pratico, fomentandosi.
Suo
padre lo fissa per un momento, in silenzio.
«Sei
stato tu a far cadere le barriere» deduce svelto, restando immobile.
«Sei andato a combattere» continua, l'irritazione che torna a
colorargli la voce.
Lui
scrolla le spalle, spostando per un attimo le iridi a sinistra mentre
si inumidisce la bocca.
«Non
avevo scelta» ripete inflessibile, affatto pentito delle sue
azioni. «E sapevo come infrangere quelle protezioni. Me lo hai
insegnato tu, ricordi?» provoca impudente.
L'altro
inarca un sopracciglio, trafiggendolo con uno sguardo che non sa bene
come decifrare.
«Che
incantesimi hai usato?» pretende di sapere, imperioso.
«Stupeficium,
Protego,
la solita roba per nulla incriminante».
«Solo?»
Lance
socchiude appena le iridi azzurre e gelide.
«Fai
prima a formulare la vera domanda» lo sfida con un velo di sarcasmo,
consapevole di alimentare la furia del genitore.
Suo
padre lo scruta a lungo con due occhi gelidi.
«Hai
utilizzato la sua bacchetta, vero?» indaga tagliente.
«Rispondi!» ordina impetuoso al silenzio che segue.
Lui
inarca le sopracciglia, prima di voltare il capo a sinistra.
«Maledizione
più, maledizione meno» mormora distaccato, le iridi che tornano a
incrociare quelle scure. «Dubito che a Evan dispiaccia» ironizza
asciutto.
«Da
quando le pratichi?» ribatte l'altro, impallidendo per la rabbia.
«Julian» sibila, a denti stretti, abbassando per un momento le
palpebre. «È stato un errore permettere al suo ritratto di
gironzolare indisturbato per Rosier Castle. Ti ha plagiato» conviene
tra sé, caustico.
«Non
la pensavi così quando ti ha addestrato» replica Lance, spietato,
storcendo le labbra in una smorfia a metà tra la beffa e
l'incredulità.
«Erano
tempi diversi» stabilisce suo padre, brusco. «C'era la guerra»
spiega stringato.
«Anche
adesso» prorompe lui, gelido. «O hai dimenticato?» chiede
sferzante, senza riuscire a trattenersi dall'alludere a quello.
Contempla
l'uomo fremere, incamerando aria dai polmoni per cercare di scacciare
il nervoso che gli scuote le membra e gli ha fatto serrare con forza
i pugni lungo i fianchi.
«Non
farlo, Lance» lo redarguisce, a denti stretti, avvertendolo del
pericolo al quale sta andando incontro con tanta scelleratezza. E
lui, ancora una volta, sente dentro di sé quella strisciante
sensazione di inadeguatezza che l'ha accompagnato per tutta
l'infanzia. Non così debole, si è promesso quasi dieci anni prima,
mai più così debole. «Non costringermi a punirti» continua
feroce, trafiggendolo con un'occhiata di pura furia. Lo vede
abbassare per un istante gli occhi, ragionando su quali saranno i
possibili scenari futuri. «Gli Auror ti interrogheranno, lo faranno
con tutti quelli che erano per strada a Hogsmeade. Quando ti faranno
le loro domande, ricordati di non cambiare mai versione e-»
«So
come funzionano gli interrogatori» lo blocca Lance, brusco, quasi
irritato di essere ritenuto incapace di gestire quella situazione.
«Questo
non è un gioco».
«Ti
sembra che stia giocando?» chiede affilato, gli occhi azzurri
gelidi.
Suo
padre prende un respiro profondo, abbassando le spalle.
«Mi
sembra che tu ti stia comportando come un ragazzino che brama la
guerra senza sapere che cosa significhi davvero» sbotta aggressivo,
fissandolo quasi con compatimento e facendogli crescere nel petto un
fastidio bruciante e smanioso di distruggere. «Andrò a casa dopo
essere passato a vedere come sta Jude. E la bacchetta di Evan tornerà
a Rosier Castle con me» stabilisce definitivo, allungando una mano e
facendogli cenno di consegnargliela. «Avanti, dammela!» ordina
inflessibile.
*
«Temevo
ti fosse successo qualcosa».
Louis
glielo sussurra tra i capelli ramati e Dominique non può fare a meno
di sorridere, confrontata da quell’abbraccio amorevole che è in
grado di scaldarle il petto e donarle un senso di quiete.
Dopo
quella giornata, solo Godric sa quanto ne abbia bisogno!
«Ero
al sicuro» biascica contro il maglione dell’altro, le braccia che
lo stringono all’altezza della vita. Poi allontana, quel tanto che
basta per incamerare più aria possibile, abbassare le palpebre e
guardarlo dritto in faccia. «Sono tornate» mormora in un sussurro
debole, terrorizzata a morte.
Lui
aggrotta la fronte, perplesso, le iridi chiare baluginanti di
incredulità.
«Impossibile»
sentenzia logico, scuotendo il capo per scacciare via quei dubbi
assurdi. «Non eravamo insieme» puntualizza riflessivo.
«Lo
so» concorda lei, nervosa, deglutendo ansia e paure. «Ma è già
successo una volta» ricorda piatta.
«È
stato quasi dieci anni fa».
«Questo
potere non segue uno schema».
Louis
scuote appena il capo, distogliendo per un istante lo sguardo.
«Domi,
non c'è nulla di sbagliato nell'avere delle visioni» tenta
conciliante, sorridendole con dolcezza.
Lei
scuote il capo, nervosa.
«Non
voglio vedere» sentenzia irremovibile, ad alta voce, fissandolo con
decisione. «Voglio essere normale» afferma sconsolata,
sentendo un'incredibile macigno pesarle sulle spalle e la voglia
irrefrenabile di piangere.
*
«Vedrò
di tranquillizzare tua madre».
«Va
bene».
«Sarebbe
il caso di scriverle una lettera in cui l'assicuri che sei rimasto
illeso».
«D'accordo».
«E
prenditi cura dei tuoi fratelli».
«Come
sempre, vati».
Suo
padre annuisce, avvolto nel suo tetro mantello da viaggio. Continua a
fissarlo mentre attorno a loro, sciami di genitori preoccupati si
accingono a salutare i figli e uscire dal cancello – aperto
gentilmente dalla Preside per facilitare quelle riunioni familiari –
per Smaterilizzarsi lontano da Hogwarts.
«Bene»
riprende l'uomo, schiarendosi la gola e scacciando quel velo di
imbarazzo che è inevitabilmente calato. Sta per voltargli le spalle
e allontanarsi ad ampie falcate, quando si volta di nuovo nella sua
direzione. «Mi dispiace» aggiunge impacciato, dopo un momento di
incertezza mentre lui non può fare a meno di sgranare gli occhi
sconvolto «Speravo che tu non la vivessi, la guerra» termina
desolato.
Lance
si ricompone rapidamente, riparandosi dietro un’espressione dura e
indifferente.
«Questa
non è la guerra» lo contraddice insofferente. «Solo un branco di
idioti che sperano di farci sparire solo perché qualche Mangiamorte
gli ha portato via un parente» decreta nauseato.
Suo
padre piega gli angoli della labbra verso il basso.
«A
volte le guerre partono proprio da qualche scintilla che poi divampa
in un incendio indomabile» sottolinea accorto. «Dopo quello che è
successo a Diagon Alley, questi Purificatori dovevano sparire»
sussurra brutale, stringendo la mascella con rabbia.
«Non
è detto che non lo facciano in seguito» rilancia lui, morbido, una
luce sanguinaria baluginante nelle iridi chiare. «Hanno provato ad
ucciderci più volte ma noi siamo ancora qui» dichiara con chiaro
compiacimento.
«E
non dimentichiamo» promette l’uomo, inflessibile.
E
nemmeno perdoniamo, pensa
tra sé, lasciandosi sfuggire un sorriso che non lascia presagire
nulla di buono.
*
Dominique
è immobile, avvolta nel mantello della divisa – prontamente
riscaldato da un incantesimo – e con la sciarpa della propria Casa
al collo.
Tornare
a indossare la divisa scolastica dopo la giornata che hanno avuto, è
stato di grande conforto. Perché lei sa bene, e lo sanno anche gli
altri studenti, che stare ad Hogwarts significa contare sulla
protezione delle mura centenarie e dei docenti.
Il
vento freddo che si leva dalla Foresta Proibita le ha congelato il
viso, tuttavia non accenna ad allontanarsi dal parapetto della Torre
di Astronomia né a mutare espressione.
Sente
una rabbia dentro di sé che le alza la temperatura corporea e che la
rende totalmente immune al gelo della notte. Il sollievo che ha
provato poco meno di due ore prima ha lasciato il posto ad una furia
cieca e feroce.
«Quello
che hai fatto» esordisce schiarendosi la gola, così evitare che la
sua voce risulti rauca e flebile. Storce le labbra in una smorfia
inviperita mentre scuote il capo. «È stato così... così…»
«Grifondoro?»
le viene in soccorso Lance, ironico, al suo fianco, appoggiato con i
gomiti al parapetto.
Dominique
gli scocca un'occhiata di fuoco mentre l'altro continua a fumarsi
beato la sigaretta che ha tra le dita.
«Idiota»
precisa
piccata. «Potevi morire!» lo rimprovera aspra, ancora incredula che
l’altro si sia gettato nello scontro come se fosse la cosa più
naturale del mondo.
Lui
scrolla le spalle, per nulla turbato da quell'eventualità.
«In
tal caso, avrei fatto in modo di trascinarne quanti più possibile
all'inferno con me» afferma distaccato, piegando le labbra in un
sorriso mentre inclina il capo verso di lei. «Stile Evan» scherza
svagato.
Dominique
serra i pugni lungo i fianchi, tremante di rabbia.
«Non
sei divertente» sentenzia sferzante. «Nemmeno un po'».
Ancora
non riesce a spiegarsi quello che ha visto.
Lance
non ha esitato un istante ad uscire dalla casa dove loro hanno
trovato riparo ad Hogsmeade. È vero, ha preso quella decisione per
salvare suo cugino ma il modo in cui lo ha fatto e si è diretto
verso l'uscita... era come se non avesse paura, come se fosse
preparato
a
quello che l'aspettava.
E
poi lo sguardo che aveva negli occhi...
Si
è abituata a quel azzurro, a vederci gelo e ironia, eppure, quando
lui le ha ordinato di obbedirle... c'era qualcosa di spietato, di
oscuro in quelle iridi chiare.
Dominique
deglutisce, turbata, mentre si inumidisce le labbra.
Non
riesce a scrollarsi di dosso quella sensazione spiacevole che le è
rimasta appiccicata alla pelle
«Era
arrabbiato?» chiede flebile, cercando di scacciare quei pensieri
inquietanti e, al contempo, soddisfare il desiderio di sapere
qualcosa in più della vita dell'altro. «Tuo padre» precisa
spiccia.
Lo
vede scuotere il capo con noncuranza.
«Sembra
un uomo duro» butta lì cauta, consapevole di muoversi alla cieca su
un terreno che sa
potrebbe
essere fragile come una lastra di ghiaccio.
«Lo
è» conferma lui, distaccato, inspirando una nuova boccata di fumo.
«Ma ci vuole bene. Solo che non è molto bravo ad esternare i suoi
sentimenti e agli estranei appare freddo ed insensibile» continua
con sicurezza, guardando dritto davanti a sé.
Lei
socchiude appena le palpebre, confusa.
«È
sempre stato così?»
«No».
«Davvero?»
«Una
volta era più morbido».
«Sembrava
sul serio arrabbiato» ripete Dominique, aggrottando la fronte al
ricordo dell’espressione rigida e degli occhi gelidi dell’uomo.
Le pare di percepire ancora i brividi scivolarle lungo la colonna
vertebrale.
«Era
solo spaventato» la corregge Lance, lieve, guadagnandosi di nuovo la
sua attenzione e il suo sguardo. «Temeva ci fosse successo qualcosa»
spiega semplicemente, alludendo anche ai suoi fratelli.
Dominique
annuisce, respirando a pieni polmoni quell’aria gelida.
«Gli
vuoi molto bene» butta fuori piano, ponderata, abbassando il capo
per nascondere la bocca contro la lana della sciarpa.
Lui
gira il viso nella sua direzione, un sorriso che gli distende i
lineamenti.
«Non
dovrei?» replica placido. «È mio padre» aggiunge come se fosse
una spiegazione naturale e sensata.
«Quindi
andate molto d'accordo» deduce lei, simulando casualità mentre si
sente fremere per la curiosità di conoscerlo meglio senza però
darlo a vedere.
«In
realtà, litighiamo spesso» la contraddice Lance, leggero, aspirando
l’ultima boccata di fumo prima di far scomparire la sigaretta con
un Evanesco.
Dominique
sbatte le ciglia, sbigottita.
«Ah
sì?» si lascia sfuggire, perplessa. «E perché?» indaga
tentennante.
Lui
le rivolge quel suo tipico sorriso appena accennato e invitante che
le scalda il cuore, facendolo battere più velocemente nella gabbia
toracica.
«Vati
dice
che ho problemi con l'autorità e che non perdo occasione per
sfidarlo» illustra sbrigativo.
«Ed
è vero?»
«Forse
sì» ammette Lance, divertito, abbassando per un momento lo sguardo.
Mentre lo osserva con lo stomaco che le si contrae in una fitta, lei
si rende conto che Louis ha perfettamente ragione: sa davvero poco
sul suo conto, quasi nulla. Eppure quel nulla
le
piace da impazzire. «Come facevi a sapere che c'erano dei nemici
all'incrocio?» domanda a bruciapelo, risollevando gli occhi per
incontrare i suoi e facendola sussultare per la sorpresa di essere
stata beccata in pieno a fissarlo.
Dominique
boccheggia, in preda al panico.
«Li
avevo intravisti all'andata» farfuglia in un borbottio incerto e per
nulla convincente.
Lui
piega le labbra in una smorfia seccata, irritato da quella bugia
palese.
«Non
è vero» sentenzia sicuro. «Non c'era nessuno all'andata» ricorda,
scrutandola con un tale sguardo che la fa rabbrividire e deglutire
per la paura.
Lei
rimane per un momento vulnerabile, prima di storcere il viso in una
smorfia astiosa.
«Chi
è Bohort?» ribatte, allora, impetuosa.
Lo
vede allargare le pupille con un punta di smarrimento, prima di serrare
le palpebre e fissarla truce.
«Come?»
scandisce gelido.
«Bohort»
ripete Dominique, sfrontata, incurante della minaccia che sente
sospesa sopra la sua testa. «Jude ha pronunciato questo nome quando
era mezzo incosciente» spiega rapida, sicura che quel nome
rappresenti qualcosa.
Lance
la fissa con il volto indecifrabile e due occhi azzurri che sembrano
gridare furia, prima di girarsi a guardare dritto di fronte a sé.
Dominique osserva la tensione irrigidirli i lineamenti, il respiro
più lento – forse un tentativo per calmare la rabbia che, è certa,
lo sta scuotendo dall’interno – e i pugni serrati lungo i fianchi.
Consapevole
di aver toccato un nervo scoperto, decide di porre fine a quella
tensione pesante quanto un macigno che è appena calata tra di loro.
Promettendo di indagare in seguito, si inumidisce le labbra e cerca
di trovare al volo un argomento per stemperare l’atmosfera.
«Tu
gli assomigli?» domanda cauta. «Ad Evan, intendo» precisa pratica.
Lui
abbassa leggermente le spalle, assumendo una posa appena più
rilassata.
«Evan
aveva gli occhi verdi e i capelli castani» risponde meccanico, senza
guardarla.
Dominique
si appunta mentalmente la reazione che l'altro ha avuto appena ha
cambiato argomento.
«La
prima volta che abbiamo parlato mi hai detto che gli criticavi il
fatto che avesse amato troppo» ricorda con assoluta precisione, decisa a intraprendere quella strada, alludendo a quanto successo
nell’aula di Storia della Magia quasi due settimane prima. «Ho letto
qualche accenno su di lui: parlano solo delle azioni atroci che ha
commesso, non una parola buona su quello che ha detto o fatto»
rivela, facendo una smorfia indispettita.
«I
libri di storia non dicono tutto».
«I
diari sì?»
«No»
concede Lance, indulgente. «Sai solo quello che chi li ha scritti vuole
conservare nel tempo» riconosce concreto.
Dominique
piega il capo di lato, facendosi coraggio.
«Chi
ha amato?» indaga esitante.
«Una
sola donna».
«Davvero?»
replica lei, profondamente scettica. È abituata a lasciarsi andare a
piaceri fugaci, che svaniscono nel giro di qualche settimana. Un
amore che consuma e longevo, si è sempre detta, è qualcosa che
esiste solo nei libri e nelle serie tv. Nella realtà nessun
sentimento è capace di sfidare e rimanere immune al tempo. «Solo
una?» ripete, inarcando un sopracciglio con sarcasmo.
Lance
le restituisce lo stesso sguardo.
«Solo
liebchen»
confida a bassa voce. «Emme» chiarisce, davanti alla confusione
generata da quel nomignolo che a lei non dice assolutamente niente.
«Mai
sentita» confessa Dominique, aggrottando la fronte, infastidita
dalla sua ignoranza. «Tutta questa storia mi pare assurda» si
lascia sfuggire corrucciata.
«Perché?»
replica lui, morbido. «È così assurdo scoprire che qualcuno
capace delle peggiori atrocità, era anche in grado di amare?»
continua imperterrito.
«Tu
pensi che l'amava ma potrebbe non essere stato così» riflette lei,
pensierosa.
«No»
la contraddice Lance, inflessibile, non con arroganza ma con
sicurezza. «Io so
che
l'amava» continua certo. «E so che ha fatto quanto era in suo
potere per fare in modo che lei sopravvivesse alla guerra» termina
in un sussurro.
«Ma
Emme è morta comunque» deduce Dominique, sveglia.
Lui
annuisce.
«Più
di un decennio dopo» conferma distaccato, scrollando le spalle.
«Evan non ha potuto impedirlo. Era già in una bara» afferma
indelicato. «Ah, tra l'altro, era una di voi» aggiunge con
casualità.
Lei
strabuzza gli occhi.
«Di
noi?» ripete spaesata.
«Dei
buoni» spiega Lance, spiccio.
Dominique
boccheggia, incapace di pronunciare qualsiasi parola.
«E
allora come ha fatto ad amare un Mangiamorte?» domanda allibita,
quando riacquista il controllo, senza accorgersi di essersi
avvicinata all'altro e di scrutarlo con una vorace curiosità dipinta sul
volto.
Lui
scuote la testa, noncurante.
«Credo
che per lei fosse solo Evan» afferma lieve, storcendo le labbra in
una smorfia pensierosa. «Erano cresciuti insieme, da piccoli erano
persino promessi, penso che fosse del tutto naturale innamorarsi
di lui» racconta impassibile.
Lei
si lascia sfuggire uno sbuffo di stizza.
«E
Evan ha scelto Voldemort» serpeggia velenosa.
«No»
la contraddice Lance, stupendola di nuovo e piegando le labbra in un
sorriso beffardo. «Non quando si trattava di Emme. Lui non l’ha
mai lasciata andare» decreta con tale forza in da risultare
indiscutibile.
Dominique
rimane ferma a studiarlo, attenta.
«Sembri
contrariato» dice dubbiosa, serrando appena gli occhi.
«Si
vede, vero?» ribatte lui, lasciandosi sfuggire un accenno di sorriso
per nulla divertito, prima di tornare serio. «Penso che amarla sia
stato il suo errore più grande. Non è stata la guerra ad ucciderlo,
è stata lei. Emme lo rendeva avventato, folle, stupido»
elenca insensibile.
«Sei
crudele» lo rimprovera lei, blanda.
«Solo
pragmatico» precisa Lance, leggero. «Ma capisco che ci sono persone
che non si riescono a smettere di amare, per quanto si dovrebbe»
conclude in un mormorio appena udibile, scuotendo il capo con quella
che pare tristezza.
Dominique
schiude le labbra, cercando di dare un senso a quell’informazione.
«Come
la Greengrass?» chiede affascinata, sporgendo ancor di più il viso
a sinistra.
Lui
inarca le sopracciglia, guardandola con quella compassione che fa
scoppiare all’istante quella bolla di interesse che l’aveva
intontita e riportandola brutalmente alla realtà, a quella sera
fredda nella Torre di Astronomia.
«Stai
guardando la cosa dalla prospettiva sbagliata. La realtà è molto
più semplice» la sbeffeggia con un ghigno. «Evita di fare altre
domande indiscrete. Oggi hai ficcato abbastanza il naso nella mia
vita» l’anticipa, bloccando sul nascere la replica al vetriolo che
le stava già sfuggendo dalla punta della lingua.
Dominique
si rinchiude dietro un’espressione di sufficienza, drizzando la
schiena con quella che ritiene grande dignità. Nemmeno si rende
conto che presto l’irritazione per i modi dell’altro lascia lo
spazio a dubbi che le pungolano la coscienza e che la portano a
corrugare le sopracciglia, inquieta.
Si
ritrova a ragionare su quanto lui le ha detto qualche attimo prima,
riferendosi a Evan e a questa Emme.
Dare
tutto quel potere ad un'altra persona è da folli, decreta
convinta, non capacitandosi di come le persone possano essere così
stupide. Ti
distruggerà, prima o poi. Sono poche le persone delle quali ci si
può davvero fidare. Io ho Louis, Etienne…
Alza
di riflesso le iridi su di Lance, incrociando il suo sguardo gelido e
– davvero
– non vorrebbe provare quel brivido di piacere che le si è
insinuato sotto pelle, nel sangue e nella mente. Perché prendersi
una cotta – o peggio – per l'altro è un errore madornale, ne è
perfettamente conto, ma non riesce a frenarsi dal provare qualcosa.
L’apatia
è sempre stata sua amica, una corazza dietro alla quale nascondersi
ed essere intoccabile dal resto del mondo.
Non
è salutare che mi piaccia così tanto,
pensa
irritata, piegando le labbra in una smorfia scontenta.
La
soluzione migliore – quella che la sua ragione non fa altro che
suggerirle da quando è stata portata in Infermeria – sarebbe
allontanarsi da Lance e prendere le distanze da quello che prova. Il
tempo è la medicina più efficace per farsi passare quell’orribile
grumo di sentimenti che non ha fatto altro che rafforzarsi quando lo
ha rivisto nel corridoio del Castello, salvo e di nuovo
con
lei.
Eppure
non vuole. Perché il desiderio di averlo accanto è più forte di
ogni cosa.
Ignorando
quel richiamo al buon senso si spinge verso l’altro, circondandogli
il torace con le braccia e affondandoci contro il viso.
«Calo
d'affetto?» ironizza lui, implacabile, e può immaginare il sorriso
beffardo che ha assunto.
«Sta
zitto, Lance».
"Non
è un crimine amare ciò che non puoi spiegare."
The
Vampire Diaries
Voi
capite perché l'ho dovuta dividere in due parti?
Perché
una os di quasi trenta pagine è troppo persino per me. Okay che sono logorroica ma a tutto c'è un limite!
Già mi
girano perché sono stata costretta a rimandare una scena alla
prossima storia (ho dovuto non tanto per la lunghezza – una pagina
in più non fa questa grande differenza – ma perché contiene uno
spoiler. E sono troppo curiosa di leggere le vostre ipotesi prima di
fornirvi la soluzione sul perché del piano malefico di Lance).
Vabbè,
passiamo alla storia.
Nel
mio headcanon – da quale consiglio sempre di tenersi alla larga
perché è un gran casino – immagino che dopo la vittoria di Harry,
le famiglie che sostenevano Voldy non se la siano passata molto bene.
Qualche Mangiamorte sarà stato arrestato, qualcuno sarà scappato
all'estero ma credo che l'opinione pubblica non sia stata soddisfatta dei
provvedimenti presi dal Ministero.
Magari
l'odio e il sospetto verso i Purosangue si sono estesi anche a quelle
famiglie che non si sono schierate durante il secondo conflitto, tra
cui i Rosier. Evan, per me, è stato l'ultimo Mangiamorte di questa famiglia.
Dopo di lui non ce ne sono stati altri.
Anche
se terminata la prima guerra, la famiglia è rimasta neutrale, la
fama che Evan e Julian hanno fatto guadagnare al loro cognome non è
stata delle migliori. Di conseguenza penso che, alla fine della
Seconda Guerra Magica, i Rosier abbiano continuato ad essere additati
come Mangiamorte e seguaci dell'Oscuro.
Per
la cronaca: Lance e i suoi fratelli sono gli ultimi Rosier rimasti.
Non esistono altri discendenti o rami cadetti. Se loro muoiono, la
dinastia si estingue.
(Giusto
per dare quel tocco di tragicità)
Chi
segue anche Condannati si sarà sicuramente accorto
dell'accenno a Evan ed Emme (più l'ormai ricorrente lui non l'ha
mai lasciata andare). Ci saranno ancora riferimenti a loro ma non
compariranno come personaggi, a differenza di Julian (che tornerà,
eccome se tornerà).
Come
al solito vi ringrazio per la pazienza con cui sopportate i miei
ritardi e spero di non deludervi con la prossima os.
Un
abbraccio e buona domenica,
Blue
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