Un bicchiere ed un matrimonio di troppo

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Madame de Soisson ***
Capitolo 2: *** Alla ricerca della verità ***
Capitolo 3: *** Verde rame ***
Capitolo 4: *** Amore e Aringhe ***
Capitolo 5: *** Una giornata senza fine ***
Capitolo 6: *** Ah, l' amour! ***
Capitolo 7: *** Di azzeccagarbugli ed altre idee ***
Capitolo 8: *** Un anello... e una sorpresa inaspettata ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo: Madame de Soisson ***


La festa di inaugurazione del locale che Alain, insieme alla sorella Diane ed al di lei compagno avevano rilevato e sistemato fu, a tutti gli effetti , un successo. Ci avevano lavorato molto tempo, dedicando inventiva,  energia e soldi nel progetto ; rappresentava, il tutto,  un sogno che avevano da tempo e che finalmente aveva visto la propria realizzazione ed alla cui presentazione aveva partecipato tanto l'esponente del jet set quanto la persona comune rendendolo così un luogo neutro, senza etichette, ma molto molto apprezzato.
I festeggiamenti- a seguito del concerto di una band emergente, dei soliti discorsi e di una piccola sfilata , giusto per fare cornice  - erano durati fino a tarda notte. Dopo di chè, quando anche l'ultimo ospite se ne fu andato, Alain e Andrè -  il suo migliore amico- erano tornati nella casa che condividevano da quando avevano lasciato l'esercito qualche anno prima, per un piccolo incidente che li aveva costretti a mesi e mesi di ospedale….solo che invece di dirigersi ognuno nella propria, ampia stanza – ricavate da ambienti dell’ open space  separati tra loro da pareti in vetro -  erano finiti a dormire in quella di Alain, nell’ unico grande letto matrimoniale presente. ..E fu in quel letto che Andrè si risvegliò, la mattina, con un gran cerchio alla testa e la bocca impastata.

Aprì gli occhi bofonchiando parole dapprima incomprensibili , riferite a sé stesso , alle bottiglie bevute e ad una impellenza molto, ma  molto presente. Infine, si decise ad alzarsi e, con falcate ampie, raggiunse il luogo destinato alle sue esigenze fisiologiche. Cosa fosse successo la sera precedente se lo ricordava a malapena: ne aveva fatte di sbronze - anche in compagnia di Oscar, ma questa è un’ altra storia - e   mai, mai gli erano parse  così devastanti…
In ogni caso, fatto ciò che doveva  e lasciato campo libero ai pensieri, pensò solo a tornarsene a letto quindi , dato che era mezzo nudo e non faceva caldissimo, si affrettò a rientrare sotto le coltri. E li che ebbe…la prima sorpresa.
A quanto pare, la notte l’ aveva passata con Alain.
Niente di strano, beninteso, non era la prima volta che per necessità o per caso condividevano un letto; ciò che gli parve strano fu, osservare sulle mani di Alain, una vera d’ oro, lucente, brillante.
E questa? ….cosa diavolo hai combinato, Alain? Pensò, infilandosi sotto le coperte ed appoggiando la testa sul cuscino; tuttavia, li per li non trovò una risposta plausibile e nemmeno si sforzò a cercarla: troppo era il sonno, infatti e crollò, poco dopo, ancora esausto, non svegliandosi che un paio di ore più tardi, dimentico di tutto.
 
“Buondì” disse Alain non appena lo vide, già seduto al tavolo tondo di quell’ open space, situato in fondo alla stanza e visibile dal letto,  i cui ambienti erano divisi solo che una parete di vetro in quel momento spalancata.
“Buondì” rispose Andrè, sedendosi sul bordo del letto e stiracchiandosi
“ ehi, Alain, ma che ore sono? …ne hai una idea?”
“Sono le tredici e venti” rispose l’ altro “ ed il caffè è pronto, se lo vuoi…”
Andrè sbadigliò e si alzò camminando lentamente fino al tavolo ; appena sceso dal letto, tuttavia, si accorse di qualcosa che le ore precedenti non aveva notato. Vicino al letto, alla porta d’ entrata – posta ad una certa distanza – e perfino sopra le foglie della pianta di ficus..vi erano una quantità inimmaginabile di indumenti intimi femminili delle varietà e tessuti più disparati. Tra questi, una parrucca ed un paio di tacchi decisamente troppo alti per qualsiasi essere umano.
Andrè, di solito riservato ed in un certo senso pudico, così diverso da Alain e dal suo carattere prorompente , si fermò e osservò il tutto.
“…cosa è successo? Cosa è tutta questa ro…questa roba?” domandò.
L’ amico sollevò lo sguardo dal giornale che stava leggendo e fissò a sua volta i pizzi ed i merletti, dando poco peso al tutto.
“Credo provengano dalla sfilata di ieri sera, Père Andrè rispose , prendendolo in giro “ dai, non essere così sconvolto, non ho infilato nessuna donna  in questa camera. Non ti voglio così male, mio caro. So che sei fedele alla tua Oscar….”
Andrè sollevò le sopracciglia, scosse il capo; accettò per buona la spiegazione di Alain e finalmente lo raggiunse.
“E’ stata una bella serata, ieri… direi che l’ inaugurazione è proprio riuscita” gli disse, non appena si fu seduto. Allungò una mano verso la bottiglia in vetro del latte e ne versò un po' nella tazza.  
Alain sorrise.
“Si, lo credo anche io…ora staremo a vedere se saremo in grado di reggere: Diane ed il suo compagno ci tengono molto. Certo, ieri abbiamo magari un po' esagerato ma sai…attirare gente è indispensabile. Il Club avrà una vita diurna , destinata ad un pubblico come dire più… ricercato ed io…mi occuperò della sua versione notturna” disse.
Andrè sorseggiò il caffè e si augurò che la stramba idea dei fratelli de Soisson funzionasse. Se lo meritavano.
“ A proposito, come mai Oscar non è venuta?” domandò.
Andrè alzò le spalle.
“Non saprei, davvero. Le ho mandato l’ invito parecchio tempo fa…” rispose; un velo di malinconia coprì i suoi occhi e Alain preferì non andare oltre conoscendo i trascorsi travagliati; si alzò e andò a recuperare altri biscotti.
Fu in quel momento che Andrè vide l’ anello, la cui presenza aveva temporaneamente scordato.
Subito rischiamò l’ attenzione di Alain.
“Ma quell’ anello?” domandò, indicando con lo sguardo la mano sinistra dell’ amico “ …che cosa mi rappresenta? Da quando lo hai? Non  ci ho mai fatto caso…”
Alain, di ritorno, fissò la sua mano.
“Non ricordo di averlo mai avuto…..” rispose, per poi zittirsi dopo poco guardando le mani di Andrè “Ne hai uno anche tu, comunque…”
I due amici si guardarono,  sorpresi.

“…non te ne eri accorto?” chiese Alain.
Andrè, che non sapeva se ridere o piangere, fece segno di no con la testa.
“Sarà stata una trovata di Diane, anche se non capisco il nesso con la serata…” disse Alain; infine, senza dare più peso alla cosa, disse che di li a poco sarebbe uscito per alcune commissioni e invitò Andrè a fermarsi quanto volesse. Si avviò dunque verso una stanza dalla quale uscì con alcuni vestiti ed entrò in bagno per farsi una doccia ma…dopo nemmeno un minuto, Andrè se lo ritrovò davanti praticamente nudo, pallido, sconvolto.
“Che succede?” domandò sgranando gli occhi.
La testa pulsava, aveva uno strano presentimento e non vedeva l’ora di tornarsene a dormire.L’ amico era in piedi davanti a lui, muto. Il braccio sollevato e teso reggeva, tra le dita, un foglio di carta dal colore indefinibile, risultato di un mix tra ketchup e cognac.

“Cosa è questa cosa?”  fu la richiesta di Andrè.

“Leggi. Era appallottolato dentro la tasca dei miei jeans” rispose Alain.

L’ altro afferrò il foglio, i cui caratteri scritti in piccolo e coperti dalle  macchie si rivelarono all’ inizio parecchio difficili da decifrare; dopo diversi tentativi in cui lesse e rilesse quelle frasi, tuttavia, riuscì a venirne a capo ed il suo colorito…divenne simile a quello di Alain.

“…Co…cosa significa?” chiese ancora, Andrè.Se avesse visto i fantasmi decapitati degli ultimi reali di Francia avrebbe avuto meno timore.

Alain dapprima non rispose. Strappò il foglio dalle mani dell’ amico, gli diede una lettura, fissò Andrè. Poi, all’ improvviso, il colore tornò sul suo viso e scoppiò in una grassa risata.

“Significa che sei divenuta Madame De Soisson, mia cara. Anche se io, a dire la verità, apprezzo le bionde… per te posso fare una eccezione” rispose.
 
Andrè lo fissò, indeciso se prenderlo a pugni o meno. Si stava sentendo male.
“Alain, che diavolo..che diavolo hai combinato?” domandò all’ amico. Le vene gonfie iniziarono a pulsare, sul collo.

“Io? Ne so quanto te, mio caro…” rispose.

Preso dallo sconforto, Andrè tornò verso il letto.
Una volta seduto, prese a fissare al finestra davanti a sé cercando di fare mente locale. Cosa poteva essere tutta…tutta quella storia?
Ed ora, cosa sarebbe successo ancora? Come ne sarebbero usciti?
Alain lo lasciò solo e, ridendo, tornò alle sue occupazioni.
Quando tornò lo trovò però ancora li, come imbambolato. Aveva tolto la fede poggiandola sul comodino.
Certo, pure lui era curioso di sapere come fosse accaduta una cosa simile ma, a suo parere, Andrè se la stava prendendo troppo. Era sicuramente uno scherzo, non poteva essere vero quindi…cercò di risollevargli il morale e di trovare una soluzione.
“Oggi chiamerò Diane, le chiederò se si ricorda qualcosa…tu rimani pure qui, quanto vuoi. E non preoccuparti, vedrai che risolveremo tutto…ora però devo andare, a più tardi…” disse , dando una pacca sulle spalle all’ amico.
Andrè annuì, incapace di parlare; stava pensando ad Oscar.
Cosa le avrebbe detto?...non erano ufficialmente legati e tantomeno una coppia ma…questo intoppo avrebbe potuto rovinare tutto. Era molto – comprensibilmente – preoccupato.

“Ehi, Andrè…mi è venuta in mente una cosa” sentì dire, poco dopo, da Alain. Si voltò, dunque, vedendo l’ amico sulla porta.

“Che c’è?”
 
“…puoi stare tranquillo, sai? Il matrimonio non è stato consumato…” disse.

Andrè afferrò la prima cosa che trovò e la scagliò contro la porta , nel frattempo già richiusa…ma il rumore del bicchiere in frantumi non riuscì comunque a coprire le risate di Alain che, in quel momento, stava scendendo le scale.


 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Alla ricerca della verità ***


“Si può sapere dove ti sei cacciato, Andrè? Tua nonna ed io ti aspettavamo, stamane; anche Xavier, al lavoro, mi ha chiesto dove tu fossi finito… “


La voce di Oscar, da principio simile a quella di una sirena – non nel senso omerico, purtroppo per lui che si sarebbe fatto volentieri interdire da una siffatta creatura accettando anche di morire tra le sue braccia , metaforiamente parlando  – calò, man mano che la frase si sviluppava, fino quasi ad apparire come un rimprovero.
Andrè, in preda al panico, era rimasto in silenzio: poi, collegate in modo consono le sinapsi del suo cervello troppo su di giri per offrire una risposta coerente,  fece sentire la sua voce.
“Perché, dovevo essere al lavoro, stamane?” disse , cercando di fare mente locale. Eh, forse si….mi ero completamente scordato di questo piccolo particolare  si rispose, prima che Oscar intervenisse.
“Direi proprio di si. Il capo della sicurezza mi ha detto che avresti dovuto presentarti stamane alle nove…io sono già in giro, se vuoi passo a prenderti…” le rispose lei.
 Mi dispiace, ieri sera mi sono sposato contro la mia volontà ed ora sto meditando sul mio avvenire  avrebbe dovuto dire se voleva essere sincero; ma non era il caso…
“Oscar, perdonami. Ero convinto di averti detto che oggi sarei stato assente. Ti prego, scusami anche con Xavier e digli che domattina sarò puntuale. Tu come stai? Come mai non sei venuta alla festa, ieri sera?” rispose, invece.
“Quale festa? È per questo motivo che oggi non ci sarai?” domandò lei.
“Ehm…L’ inaugurazione del locale di Alain, Oscar…ti ho fatto avere
l’ invito a casa, l’ ultima volta che sono passato a trovare Nanny.” rispose.
Dall’ altro capo del telefono non arrivò alcuna risposta, per lo meno non subito.
“…mi dispiace, Andrè…sono stata molto presa dal lavoro…” rispose lei.
..:E come al solito, ti sei dimenticata di tutto e tutti finì la frase Andrè…quindi,  impantanati in una conversazione giunta ai soliti convenevoli che in breve tempo si esaurirono, si salutarono.

Accidenti, Oscar, mancavi solo tu! borbottò tra sé; ma fu felice che lei non avesse assistito alla ridicola pagliacciata che senz’ altro avevano offerto lui e Alain la sera precedente: non avrebbe più avuto il coraggio nemmeno di guardarla in faccia.
Anche se tra loro, ufficialmente, non vi era altro che una semplice amicizia – almeno era ciò che lei diceva – gli intimi sentimenti dell’ uomo già da tempo avevano virato verso ben altri lidi; la amava, struggendosi dignitosamente giorno e notte e, seppure al momento non vi fossero le condizioni, sperava in un futuro di riuscire a dichiararsi….quindi, questa maledetta faccenda aveva da risolversi. In primis, perché si trattava solo ed esclusivamente di un gioco. Secondariamente (e non per importanza, certamente) perché non voleva che niente e nessuno potesse adombrare  il rapporto con lei.

Sospirò, Andrè.

Si chiese come Alain potesse prenderla così sul ridere  ma si trovò più arrabbiato di prima; pensò, dunque, di farsi una doccia e calmarsi, forse; in seguito avrebbe cercato di capire cosa fare:
Tornò nella sua stanza, recuperando biancheria e vestiti, quindi entrò in bagno e si preparò per la doccia; quando fu pronto, andò in cucina per prendersi un altro caffè. Infine, raccolti e sistemati in un sacchetto i cocci di vetro davanti alla porta – dei quali si stava dimenticando – si lasciò cadere sul divano, i capelli ancora umidi e profumati: li, davanti ai suoi occhi ed a poca distanza, i suoi occhi si posarono sul maledetto foglio di carta che giaceva sul pavimento.
Si rialzò.
Lo raccolse.
Non ebbe coraggio di leggerlo un’ altra volta: si limitò a prenderlo e infilarlo in tasca  e, d’ istinto afferrò la giacca appoggiata alla sedia poco distante.
Uscì di casa.
Il sole primaverile fu piacevole, sulla pelle, così come il profumo dei fiori che, come ogni anno in quel periodo, iniziavano a sbocciare nelle rare aiuole del quartiere. Ne aspirò il profumo, fece alcuni passi e raggiunse la sua macchina: non riusciva a stare in casa, sarebbe andato al locale e li aspettato Alain, sempre non fosse già passato.


 
 
Quando arrivò, dopo una mezz’ora di traffico, la macchina di Alain e quella di Diane erano già li. Il locale, ufficialmente, avrebbe aperto l’indomani e sicuramente stavano sistemando le ultime faccende burocratiche e non solo.
“Ah, eccoti. Ti avrei chiamato tra un attimo…mi sono dilungato e non ho ancora cercato nulla” disse Alain andandogli incontro. Il posto, per quanto potesse ricordarsi della sera prima, appariva spoglio.
Andrè raggiunse gli amici seduti ad un tavolino di fronte al bancone.
Posò le chiavi sul tavolo e prese posto, silenzioso, incrociando le braccia sul petto.
“Cosa dovresti cercare?” domandò Diane, evidentemente non ancora informata, facendo passare o sguardo dall’ uno all’ altro. Le dita inanellate picchiettavano la superficie del tavolo.

Alain si alzò in piedi, mise le mani in tasca, fece alcuni passi.
“Diane” esordì “ ieri… cosa è successo durante la serata? Sai…i ricordi miei e di Andrè arrivano fino ad un certo punto….” disse prendendola larga e  grattandosi il capo, un po' in difficoltà, guardando la sorella, sul cui volto era comparso un sorriso.
“…eh, ci credo; con tutto quello che avete bevuto, mi stupisco di vedervi qui come se nulla fosse, lucidi e pimpanti…” rispose.
Andrè si intromise nel discorso.
“…dunque?” domandò, impaziente.
Diane non rispose subito, ma li osservò ancora.
“L’ ultima volta che vi ho visto prima di occuparmi della sfilata…beh, siete stati voi due, con una corona d’ alloro in testa  ed un gonnellino  di banane cinto in vita. Vi tenevate a braccetto e con le mani libere ognuno di voi reggeva una bottiglia di champagne e…beh, vi siete dati da fare per intrattenere le persone con canti che preferisco non ripetere” disse.  Andrè alzò gli occhi al cielo.
“Ti prego, non andare oltre” disse, rosso in viso. Alain era al limite della sopportazione e ben presto scoppiò a ridere , con le lacrime agli occhi.

“Dunque non ti ricordi… niente altro?” domandò Andrè.

“No. Con tutte le cose che avevo per la testa…Ma perché queste domande?”

Alain, ormai perso, era chino su sé stesso e non la smetteva di ridere. Toccò ancora una volta ad Andre – i cui sudori freddi ed un tremore convulso si erano impossessati improvvisamente di lui  – il compito di andare diretto al punto.

“Diane” disse fissandola negli occhi, serio “ a quanto pare io e tuo fratello, ieri sera, ci siamo sposati”.
 
La donna sgranò gli occhi.

“Scusami?” bisbigliò, guardando suo fratello che gradualmente stava recuperando la propria dignità “ tu e….tu e quell’ energumeno cosa avreste fatto?”
Andrè sbuffò , impaziente; questa volta, tuttavia, fu Alain a parlare.

“Stamane, al nostro risveglio, abbiamo notato di avere due fedi al dito e , come se non bastasse, nella tasca dei miei jeans ho trovato un regolare …dossier de mariage “. Stavolta, gli occhi di Diane sembrarono quasi volere uscire dalle orbite; non sapendo che fare, impacciata, prese a giocare con i capelli chiari.
“Ma come è successo? …” chiese.
“E’ quello che vorremo sapere anche noi” rispose Andrè, ormai stremato da quella situazione “ tu…non hai proprio alcuna idea?”
Lei negò, dapprima.
Poi sembrò illuminarsi.
“Devo chiedere ad Horace” disse riferendosi al compagno “ si  è occupato lui delle attrazioni esterne. Può essere che abbia organizzato qualcosa di simile, conoscendolo. Io ho organizzato la sfilata ed alcune attrazioni, Alain si è occupato delle vettovaglie e Horace dell’ intrattenimento…aspetta, lo chiamo” disse d’ un fiato.

Andrè ed Alain si guardarono.

“Mi auguro di risolvere tutto entro oggi…non posso pensare di essere diventato la moglie di un essere simile” disse Andrè , sempre più cupo.
“…sappi che nemmeno tu sei il mio sogno erotico, Andrè…” rispose di rimando l’ altro.
L’ aria si stava facendo sempre più tesa; cosa ne sarebbe stato di loro?
Andrè iniziò a passeggiare nervosamente avanti ed indietro per il locale; andò dietro al banco, si versò una discreta dose di gin e lo buttò giù d’ un colpo.
“Non ti è bastato quello di ieri sera?” gli domandò Alain. L’ altro lo fulminò con lo sguardo.

Fortunatamente, dopo breve tempo tornò Diane.
“Forse ho trovato chi ha officiato il vostro matrimonio. Horace mi ha riferito di aver allestito, tra le altre cose, una piccola cappella in stile Las Vegas…alcuni suoi amici hanno così insistito…credo che…credo che tutto sia successo li” rispose.
I due amici si guardarono ancora, sopresi.
“…e?” domandarono all’ unisono “dai, Diane, parla, per l’ amor del cielo!”

“Dovreste andare da  Le beau Victor” rispose trattenendo a stento una risata.

“E chi è?” chiese Alain.
La sorella lo guardò sorpresa.

“Ma come? Non lo conosci? E’ il miglior Coiffeur di Parigi, i suoi saloni si trovano dislocati per tutto il centro…” rispose.
“Dovremo andare da un parrucchiere?” chiese Alain. Lei annuì.
Andrè non aspettò oltre.  Tornò al tavolino, afferrò le chiavi e prese a camminare verso  l’ uscita.
“Ehi, Andrè, dove stai andando?” domandò Alain, ancora fermo al suo posto.

Andrè girò sui tacchi, lo fissò.

“A farmi uno shampoo! Che fai, non mi segui, Stallone?” disse, prima di scomparire fuori dalla porta ancheggiando vistosamente.
 
“Fratellone mio, questa volta tu e il tuo amico l’ avete combinata davvero grossa “disse Diane  osservando Andrè; poi, ridendo, tornò alle sue incombenze come se nulla fosse lasciando che il fratello corresse appresso all’ amico. 

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Capitolo 3
*** Verde rame ***




Andrè e Alain giunsero facilmente nei pressi del salone che, attraverso un sms, Diane aveva indicato loro come quello di Monsieur Victor de Girodelle, chiamato con molta modestia Le beau Victor; una volta risolta la solita guerra dedicata al parcheggio scesero quindi dalla macchina , raggiungendo a grandi passi le Salon. Solo li si fermarono. Serviva capire come comportarsi; cosa dire, cosa fare.

“Lascia fare a me” disse Andrè, che già aveva notato le intenzioni di Alain “ non voglio che ci siano fraintendimenti ed equivoci”.
Alain lo guardò di sottecchi.
“Scusa, che intendi?” domandò l’ altro prendendo il pacchetto di sigarette dalla tasca ed accendendone una “ vorresti dire che io non sarei in grado di fare nulla?”
Andrè si allontanò da lui. Il fumo delle sigarette lo infastidiva.

“No, so benissimo che hai moltissime qualità” disse “ tuttavia ho il timore che, appena entrati, più che rivolgerti al Monsieur in questione tu possa invece soffermarti sulle sue assistenti, perché di sicuro ne avrà….” rispose Andrè. Alain sbuffò nuvolette bianche di fumo e lasciò cadere l’ argomento. L’ amico non aveva tutti i torti.
“Bene, allora” disse, appoggiandosi con la schiena al muro li vicino “ …come avresti intenzione di agire?”
Andrè si guardò in giro quasi potesse trovare l’ ispirazione nella luce rossa del  semaforo posto ad una ventina  di metri da dove erano loro. Poi tornò a fissare l’ amico.
“Gli dirò semplicemente la verità: chiederò della sua presenza alla festa e di come possa essere legato al…al nostro dossier de Mariage.” Rispose.
Alain annuì.
“Bene, allora. Andiamo da questo Monsieur de Rotelle”.
Andrè lo corresse.
“…De Girodelle, Alain. De Girodelle” precisò;  Alain fece spallucce e, dopo aver spento la sigaretta nel primo portarifiuti a disposizione, entrarono. Ad accoglierli trovarono una ragazza dai capelli chiari trattenuti in un elaborato chignon la quale, non appena li vide, andò loro incontro.
“Come posso esservi utile?” domandò con fare affettato. Aveva tra le mani una cartelletta.
“Desidero conferire con Monsieur Victor, per favore” disse Andrè. La ragazza annuì.
“Avete un appuntamento?” domandò.
Andrè fissò Alain.
“No, lo abbiamo conosciuto ieri sera ad una festa e vorremo fargli un saluto…” rispose pronto.
Nemmeno a farlo apposta, il tanto rinomato parrucchiere  non si trovava distante da li. Annunciato da una nuvola di profumo, per prima cosa comparvero i suoi capelli e, a seguire, tutto il resto “Miei caaaari” esordì, allargando le braccia e andando loro incontro come se fossero vecchi amici  “ ….allora siete stati di paaarola” disse. Il modo di allungare le vocali provocò quasi un attacco di orticaria ad Alain.
Andrè deglutì e, probabilmente, stava anche impallidendo.
Alain, al suo fianco, decise di stare al gioco, mentre cominciava a grattarsi viso e braccia.
Siamo rovinati  pensò Andrè in quel momento. Ma lasciò fare. Le beau Victor andò loro incontro, sfiorando le guance con due baci finti finiti nell’ aria; poi, presi entrambi sottobraccio, con una piroetta al limite dell’ acrobatico che per poco non fece ruzzolare a terra tutti, li condusse nel salone.
“Non credevo avreste mantenuto la promessa…ieri sera eravate come dire…alticci. L’ ultimo ricordo che ho di voi è…il vostro didietro coperto solo da un gonnellino di banane” disse , ridacchiando.
“Ah si?” rispose Andrè fingendosi sorpreso “ ….la prego di scusarci se per caso ….si, insomma….l’ abbiamo importunata?”  
“Importunato? State scherzando, amico mio: siete stati, entrambi, una compagnia piacevole e spassosa” rispose di rimando lui, voltandosi verso Andrè. Una ciocca di capelli lunghi, cotonati e profumati uscì dalla massa  di capelli ed andò a finire sulle labbra di Alain che, per poco, non soffocò.
“…Noi…ecco…vorremmo farle alcune domande” disse quest’ ultimo sputacchiando fili biondo cenere. Victor si fermò e lo osservò.
“Sono a vostra completa disposizione ma prima venite, non sia mai che Victor non sia ospitale” disse di fatto spingendoli verso l’ interno.
Confusi, i due proseguirono forzatamente finchè lui non li fece accomodare.

Il salone era un ambiente aperto le cui postazioni erano collocate sapientemente affinchè i lavoranti non si intralciassero a vicenda; davanti a sé Andrè ne contò quattro. In fondo alla stanza, alla sua destra, vide una postazione lavatesta parzialmente oscurata da una parete in vetro e, più in la, altri posti.
Girodelle, compiaciuto, lasciò che i suoi ospiti si guardassero intorno; infine, disse loro che avrebbe fatto preparare un caffè.
“Ma petite, per favore, avresti voglia di fare un caffè? ’” chiese, seduto dove’ era.
 A chi si rivolgesse fu un mistero presto svelato. : “Oggi è passata a trovarmi la mia cliente preferita. Fa parte di una altolocata famiglia parigina… ho chiesto a lei di farvi il caffè cosicché possiate conoscerla, credo non abbia nulla in contrario” disse. Alain e Andrè si fissarono e poi sorrisero all’ uomo. Soprattutto Alain, indomito e impenitente avventuriero.
“Bene, Ditemi, ora. Come posso esservi utile?” domandò accavallando teatralmente le gambe l’ uno sull’ altra.
“Si tratta di…un matrimonio celebrato all’ eterno del locale…sa, vi era una piccola struttura…si insomma Horace ci ha detto che possiamo chiedere informazioni a lei. Conosce per caso l’ officiante? “ domandò Andrè.
Girodelle alzò gli occhi al cielo.
“Certo. L’ ho proposto io al compagno di Diane, caro ragazzo. Ho detto che poteva essere un diversivo interessante…diverse coppie ne hanno approfittato. Io no…al momento…non ho un compagno ” rispose. Il suo sguardo si posò su Alain, che, turbato, cercò subito di cambiare argomento.
“..Potrebbe dirci come contattarlo?” chiese, dunque.  
Girodelle prese un telefonino dalla tasca dei pantaloni palazzo e cominciò a scorrere il display.
“Credo di si…ma…c’è qualche problema?” chiese” non siete della …Finance o altro, vero?”
Andrè sorrise.
“No, non. Non si preoccupi. Ecco, vede…ieri sera eravamo, come ben sa, su di giri e…ci siamo sposati…”  rispose abbassando man mano la voce.

“CONGRATULAZIONIIIIIIIIIIII!” esultò Victor. Gli altri due uomini avrebbero voluto scomparire: anche se era presente una sola persona, si sentirono fortemente in imbarazzo. Troppo tardi.
“Ehi, Victor…chi è che si è sposato?” domandò, da un punto non ben precisato, una voce femminile.
Andrè impallidì.
“Ah, mia cara, vieni.  E’ già pronto il caffè?” rispose lui. La donna non rispose ma si palesò, dopo pochi attimi.

Ed il vassoio con i due tazzine di finissima porcellana cadde per terra.
Victor fissò la donna.
Andrè, inebetito, fece altrettanto.

“Oscar….” Balbettò. Lei rimase a fissarlo senza dire una parola.

“….era…era dunque questo l’ impegno che avevi?” disse, atona. Andrè asserì.
 
“Vi conoscete? “ domandò Victor.
Oscar annuì.
“Si, siamo cresciuti insieme. Ora lui lavora come consulente nell’ azienda della mia famiglia, data la nostra formazione da ex militari …si occupa della sicurezza….” Rispose.
Alain, che in quel momento si sentì di troppo, senza dire nulla si alzò e raccolse i cocci da terra e li posò su un ripiano poco distante, per tornare al centro della sala.
“Dunque…cosa è accaduto, di grazia?” chiese lei, prendendo il posto di Alain. Andrè evitò il suo sguardo: certo, non aveva fatto nulla di male ma saperla così vicina… e al corrente di quanto accaduto…lo demoralizzò non poco.
“Vorrei saperlo anche io…” disse sottovoce, mettendo il broncio.
Ma all’ improvviso una risata esplose, letteralmente, dalla bocca di Oscar, lasciandolo basito. La guardò con espressione interrogativa.
“Scusami, Andrè. Anche tu, Alain…ho cercato di rimanere seria ma pensarvi in questo stato….” disse, tra le risate “ vedete..è la cosa più divertente che abbiate mai combinato!”
Andrè alzò il viso, incontrando gli occhi azzurri di Oscar.

“Divertente?” domandò “ per me è una tragedia….”disse.
Alain, in piedi davanti al gruppetto di persone, intervenne.
“Su, Andrè: una tragedia proprio non direi. Ci sono cose ben più gravi al mondo…” disse posando una mano sulla sua spalla. Andrè in tutta risposta di alzò e uscì dal locale.

Uno scherzo? E’ questo, Alain? E poi…essere scoperti da Oscar…anche questo lo trovi divertente? Io amo Oscar, vorrei non mi avesse mai visto in questo stato. Cosa potrebbe pensare di me? Si domandò , in preda allo sconforto. Non riuscì a controllarsi.

Fu lei, tuttavia, alcuni minuti più tardi, a rispondere alle sue domande;  Andrè se la ritrovò di fianco che neppure se ne accorse.
“Andrè, che ti prende? “ chiese la donna.

“Niente, Oscar. Ma avrei preferito che tu non venissi a sapere nulla” rispose sincero.
“Cosa c’è di male? Oh, beh, non è una cosa che capita tutti i giorni ma… ci sta” disse lei. Come quanto erano bambini, lei cercava sempre di consolare l’ amico, così riservato, timido, fin troppo serio per la sua età. La stessa cosa fece in quel momento. L’ uomo fissò l’ amica.
Le loro mani si unirono, dopo molto tempo.
Dopo molti anni.
“Se vuoi, vi aiuterò anche  io a risolvere la questione” disse “ così poi..il tuo cuore sarà più leggero. Ma..scusa la domanda: hai reagito in questo modo perché…perché hai qualcuno e hai paura che possa scoprirti?” domandò.
Lui tolse la mano da quella di Oscar.
“Ah, è così…”
“Si….ho timore che possa giudicarmi e non vorrei perdere la sua stima” mentì Andrè.
Oscar annuì e poi si allontanò, per rientrare.
“Quando una persona vuole bene ad un’ altra, accetta tutto. Anche questo” disse; infine, sparì oltre la porta a vetri.
Andrè parve un poco sollevato; prese un sospiro ed entrò, raggiungendo gli altri.
 
“Victor ha trovato ciò che cerchiamo” disse Alain non appena lo vide.
“Si. Dovrete andare a Montmartre, però. Hans ha un negozio di chincaglierie scandinave in quella zona. Se mi fornite un numero di telefono vi darò la posizione esatta” rispose Victor. Alain si sacrificò e fornì il numero di telefono all’ uomo, in modo da ricevere quanto richiesto.
“Bene, andiamo!” disse quindi Andrè, impaziente, girando i tacchi. Alain tuttavia lo fermò.
“Ma come…non hai detto che volevi farti uno shampoo?” gli disse.
L’ altro maledì l’amico, in silenzio, augurandogli un gran movimento di intestini possibilmente nel momento meno opportuno della sua giornata; infine, fece segno di no con la testa.
Troppo tardi: un querulo ed entusiasta Victor lo stava già trascinando verso le postazioni.

Quando uscirono di li, mesti come pochi, Andrè aveva una improbabile capigliatura dalle punte color verde rame e dalle sue narici usciva tanto di quel fumo che pareva di essere a Pamplona durante i giorni de l’ Encierro.

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Capitolo 4
*** Amore e Aringhe ***


 
Silenziosi come si trovassero ad un corteo funebre, i tre amici si misero in viaggio.

Alain alla guida ( Andrè era troppo impegnato ad osservare nello specchietto del lato passeggeri i suo ricci verdognoli) e Oscar seduta sul sedile anteriore percorsero gli ennesimi , ulteriori chilometri di quella tarda mattinata.
“Se tutto va bene, prima di sera avremo risolto la faccenda” disse Alain, un occhio alla strada ed uno all’ amico “ ….dai Andrè, smettila di osservarti: mi piaci anche così, sai?”
Andrè lo guardò malissimo. Oscar sorrise.


“Lascialo stare, Alain… gli passerà “ disse Oscar “ a proposito… matrimonio a parte, come è andata l’ inaugurazione?” domandò.
“Bene, grazie. C’ era moltissima gente; sia Diane che Horace sono rimasti soddisfatti. Ci abbiamo investito molto…ma tu…perché non c’eri? “ rispose, scalando finalmente la marcia che fino a quel momenti li aveva costretti ad un movimento prima- seconda-terza-seconda…
“Devi scusarmi, Alain, ma ho avuto un impegno e ho perso di vista
l’ orologio” disse lei, sincera. L’ altro annuì.
“…ci sarà occasione di vederci con calma, eh? Andrè, magari già una di queste sere potreste venire a cena, offriamo anche questo servizio…che dici?” disse Alain per coinvolgerlo. Lui rispose con qualcosa di molto simile ad un grugnito e il resto del viaggio passò, più o meno, nel silenzio più totale. Una volta giunti nei pressi di Montmartre e percorso il boulevard de Clichy e passata place Pigalle si infilarono in una delle stradine alla loro sinistra. Il posto in questione era non molto distante dalla funicolaire.

“Arrivati” disse Alain, fermando la macchina e sospirando di sollievo.
Il suo stomaco brontolava per la fame.
“Forza , andiamo allora” rispose Andrè scendendo dalla macchina.
Oscar lo fissò con molta tenerezza.
“Andrè, fermati. E’ mezzogiorno passato, mi sa che il negozio di quel tale è chiuso: mangiamoci qualcosa, poi andiamo” le disse la donna. Andrè si voltò verso di lei e , per la prima volta, sorrise.
“Sta bene…” rispose. Alain gli fece eco.

Come un qualsiasi gruppo di amici, dunque, i tre si avviarono a cercare un bistrot che, nella zona, non mancavano di certo; quando trovarono il menù di loro gusto si fermarono e , trovato un posto, si accomodarono.

Sembrò di essere tornati ai tempi del liceo, dove si erano conosciuti.
Quante volte, di  nascosto dal severo Generale , erano usciti di casa con lo zaino colmo di libri per poi nasconderlo in cantina e andarsene a spasso insieme ad Alain? Oscar sorrise ancora, ripensando a quelle occasioni; anche Andrè, parlandone, sembrò aver recuperato un po' dell’ equilibrio che gli serviva.

Finito il pranzo, davanti all’ ennesimo caffè, Alain si accese una sigaretta.

“… Andrè, hai percaso con te il dossier?” domandò porgendo la mano tesa. L’ altro infilò la mano in tasca alla giacca e prese il foglietto stropicciato; Alain lo aprì e lesse ad alta voce il nome.
“Hans…. Fersen…mi pare” disse. Oscar gli prese il foglio dalle mani e lesse a sua volta.
“Si, credo proprio di si” disse; pensierosa, osservò quanto vi era scritto “ ma scusate, perché non vi rivolgete ad un avvocato?”
 
Alain ed Andrè la fissarono.
“Oscar, mia cara, non ho intenzione di mandare all’ aria la mia reputazione…” rispose Alain per entrambi.
“Quale reputazione? Tu non hai una reputazione!” rispose, di rimando, Andrè.
Alain respirò a fondo.
“Credo che finita questa storia, Andrè, dovrai proprio cercarti una nuova casa! Sono stufo di te . Voglio anche io uscire da questa storia” esclamò. Alcune persone sedute accanto al loro tavolo di girarono per guardarli.
“Perché? Perché dico la verità?” lo sfidò, Andrè.  I due si fronteggiarono per un po', tra battibecchi e battutine; se Alain aveva preso sul ridere la storia, Andrè ancora era di malumore e non riusciva ad uscire dalla girandola di pensieri e preoccupazioni che si creavano in continuazione nella sua mente. Oscar lasciò fare, in fondo era una questione tra loro due; ma vedendo che alla situazione pareva non esserci fine, si alzò e si allontanò.

Le dispiaceva molto, per Andrè.
 Lo conosceva e capiva cosa potesse passargli per la testa; allo stesso tempo, tuttavia, pensò a chi , di tanto importante,  potesse preoccuparlo così tanto….in effetti, si sentiva un po' gelosa. Chi era questa donna?
Da quando se n’ era andato a vivere da solo – nonostante il padre di Oscar gli avesse offerto , in nome dell’ amicizia che lo legava alla nonna di lui storica governante dei De Jarjayes , una dependance poco distante dalla villa – lui…era cambiato. Un tempo condividevano tutto; liberi e spensierati, passavano le loro giornate a studiare, leggere, passeggiare. Di tanto in tanto accompagnavano Marron ad Arras, il suo paese natale (e luogo dove Andrè nacque); perfino le vacanze, facevano insieme, di tanto in tanto.
Ma da un po' di tempo, da qualche anno, le cose non erano più come prima e, alla fine, ora a malapena si frequentavano.

“Oscar…”
Alain la stava chiamando.
L’ uomo gli fece segno , toccando l’ orologio, che era giunta l’ora di andare; lei tornò dai due amici.

“Scusatemi, dovevo fare una telefonata” mentì. Alain la guardò e sorrise mentre Andrè ed i suoi capelli verde rame erano già distanti.
“Facciamo in fretta, questa storia lo sta demoralizzando parecchio” disse lui; Oscar annuì. Così, ripresero il loro cammino fondendosi ai sempre presenti turisti e, tra un bar ed una esposizione di quadri, finalmente arrivarono.
“Il civico corrisponde, ma non vedo particolari insegne” disse Andrè, guardando la porta davanti a sé. Non vi erano vetrine, ma solo quella porta, semiaperta; fissò gli altri e poi aprì. Davanti a sé trovò un piccolo corridoio e, in fondo, un’ altra piccola porta a vetri. La spinse.

Il verso di una gru con evidenti problemi di raucedine si diffuse per l’ ambiente, facendo rizzare i peli di qualsiasi essere umano nel giro di un paio di chilometri. Oscar, Andrè e Alain si fissarono.
“Oh, scusate. Devo far aggiustare quel campanello ormai da tempo, ma ogni giorno rimando…”
Una voce alla loro destra li raggiunse. Si voltarono all’ unisono e, a pochi metri di distanza, tra cavallini colorati, sacchetti di dolci ed essenze un uomo dai capelli chiari sorrise loro.
“Buongiorno, Monsieur…stiamo cercando una persona. Fersen.” Disse Oscar, con voce soave.
L’ uomo posò una ciotola che aveva per le mani dalla quale proveniva l’ odore di pesce sicuramente andato a male da almeno un paio di ere geologiche (1)
“Sono io. Come posso esservi utile?” rispose.  L’ uomo era gentile e sobrio rispetto a quanto si erano aspettati dopo l’ avventura Girodelle. Andrè sorrise.
“Mi chiamo Andrè Grandier, lui è Alain de Soisson e lei Oscar, Oscar François de Jarjayes. Siamo qui per un matrimonio” disse, l’ animo sollevato.
Girando in tondo alla scrivania e passando attraverso una fila di scaffali sulla quale erano posati, oltre ai citati cavallini rossi, anche file di boccette di essenza e chincaglierie di legno di vario genere, Fersen si avvicinò al gruppetto.
“Ah, siete voi dunque le persone che mi ha mandato Girodelle….venite, seguitemi” disse, affabile. Tornò sui suoi passi e girò a sinistra, dove una scrivania ed un pc facevano bella mostra. Alain aprì la fila. A seguire, Oscar e Andrè. Fersen andò a sedersi dietro la scrivania e gli altri si accomodarono su alcuni sgabelli dondolanti.
“…Ditemi, dunque. Che genere di cerimonia vorreste? Io avrei pensato a qualcosa di esotico, per toglierci di dosso il grigiore cittadino….che so, potremo allestire una finta spiaggia in place Vendome” esordì. Alain fu preso, chissà perché, dal consueto attacco di orticaria.
“no, no!” esclamò Andrè al limite di un pianto ormai imminente“ non ci siamo capiti…”
“Desiderate qualcosa di più sobrio? Una semplice cerimonia in un parco? Un matrimonio ai piedi del Kebnekaise (2) forse?” intervenne, mostrando l’ intera arcata dentaria
“NOOOO!” rispose Andrè ormai allo stremo, alzandosi in piedi e chiedendo silenziosamente aiuto agli altri due “ non voglio sposarmi! “
Lo svedese lo fissò con aria interrogativa.

“Lei è la sposa, scommetto. Si calmi, vedrà che andrà tutto bene…molte persone hanno reagito allo stesso modo. Caramella?” disse, porgendo una scatola di latta colma di mentine all’ uomo in piedi davanti a lui.
Oscar, come tutti travolta dall’ inaspettata esuberanza dell’ uomo, intervenne.

“Ciò che Monsieur Grandier le sta dicendo è che…insomma, siamo qui per annullare un matrimonio”

Alain , che fino ad ora se ne era stato zitto e vagava per il locale cercando una qualsiasi pomata o unguento che potesse dare sollievo al continuo prurito, li raggiunse. Era in maniche di camicia ed emanava un vago sentore di iperico ed aringa; nella mano aveva un tubetto giallo e blu.

“Può aiutarci?” disse, rivolgendosi a Fersen.
Questi accese il pc ed iniziò a picchiettare convulsamente le dita sulla tastiera.
“Certo. Vi avviso; io posso fornirvi gli estremi per la separazione legale ma, per il divorzio in senso stretto, vi è un preciso iter da seguire. Ci vorranno sei mesi circa. Inoltre…non ho molta esperienza in matrimoni poliamorosi, potrebbe esserci anche qualche complicazione” rispose. Ed era tremendamente serio.
Alain fissò Andrè.
Poli…che?” domandò Alain.
“..Il matrimonio tra due o più persone…non siete qui per questo?” domandò lo svedese.
No!  Ad esserci sposati siamo io e Grandier” rispose l’ altro.
Fersen si lasciò andare contro lo schienale della poltrona, meditabondo, per alcuni istanti.
Poi si levò in piedi.
“Ora mi ricordo di voi! “ disse “ i due con il gonnellino….eppure….eppure il bacio che vi siete scambiati sembrava così vero…”
“Quale..bacio?” domandò Andrè. La risposta andò a vuoto perché Oscar , decisa più che mai, intervenne. Ora basta ! pensò.
“Per favore” disse alzandosi “ ci fornisca quanto richiesto, al resto penseremo noi” disse. Fersen annuì: digitò alcuni comandi sul computer e, dopo pochi istanti, consegnò loro un foglio.
Alain, Andrè e Oscar si alzarono, silenziosi; domandarono se fosse previsto un compenso e, ricevuta risposta negativa, uscirono da li raggiungendo la macchina.
“Ti porto da Victor? Dove hai la macchina, Oscar?” domandò Alain mentre si allacciava le cinture di sicurezza.
“Sono arrivata in taxi… lasciami pure alla prima fermata della metro, mi arrangerò” rispose. Andrè, silenzioso, prese posto nei sedili anteriori.
“Possiamo accompagnarti” rispose Alain mettendo in moto.
“Si, sarebbe una ottima idea” disse Andrè.
Ad Oscar non restò che accettare; erano le tre di pomeriggio, non aveva alcuna voglia di tornare in ufficio. Sarebbe tornata a casa ripensando agli strani avvenimenti di quel giorno e pensò che stare con Andrè, sempre che avesse accettato, sarebbe stata buona cosa quindi decise che una volta arrivati a casa lo avrebbe invitato ad entrare.

Un po' di quiete sarebbe servita ad entrambi.



(1) piatto tipico svedese, si tratta di aringhe acide ottenute con la fermentazione
(2) nome del più altro ghiacciaio svedese, che io sappia.
aadisco

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Capitolo 5
*** Una giornata senza fine ***


Grazie, grazie a tutte voi per le recensioni. Come al solito vi chiedo di portare pazienza, cercherò di rispondere  a tutti! 




“Alain, sei proprio sicuro di non volere entrare, un attimo?” domandò Oscar una volta arrivati davanti casa. Vi era parecchio traffico a quell’ ora; guardò la strada e poi fissò Oscar.
“Mi fermerei volentieri ma… devo tornare da mia sorella, domani apre ufficialmente il locale e vorrei definire alcune cose….ed  a giudicare dal traffico è un miracolo se arriverò entro sera” rispose. La donna sorrise.
“D’ accordo. Allora…ci vediamo presto !” rispose; poi attese che Andrè scendesse dalla macchina e, insieme, salutarono ancora una volta Alain. Poi si voltò verso di lui.
“Sono contenta che tu abbia accettato il mio invito: è da tempo che non passi di qui. Un mese, due?” disse.
Andrè annuì.
“Cinque, a dire la verità. Lo so….sono un pessimo amico ed un pessimo nipote” rispose, producendo un sorriso amaro e passandosi una mano tra i capelli.
“…anche io ho fatto la mia parte ” rispose Oscar, quasi in colpa “ ma ora…senti: mi sono permessa di prendere un paio di giorni di riposo per entrambi. Ho parlato con Xavier, ha detto che non ci sono problemi…ho fatto bene? Così possiamo stare un po' insieme…”
Andrè le sorrise; onestamente la faccenda lo aveva mandato talmente in confusione che per un attimo si era dimenticato di tutto e tutti.
“Grazie, Oscar “ rispose. I due rimasero a guardarsi, quasi impacciati, per un tempo indefinito. Poi, dal nulla, Oscar iniziò a camminare; frugando nella borsa recuperò le chiavi aprendo  il piccolo cancelletto a fianco di quello più grande e, silenziosamente, percorsero poi  il viale d’ ingresso che conduceva alla villa, immersa nel verde.
“Ti fermerai anche a dormire?” gli domandò lei mentre si avvicinavano alla casa.. Andrè fu colto alla sprovvista.
“…io…non so… non vorrei…”
Oscar pensò che forse aveva altri programmi, magari con quella donna…a cui tutto il giorno aveva pensato. Si scusò.
“Perdonami Andrè, a volte ho il vizio di fare e dire le cose per gli altri; se hai altri impegni non preoccuparti…” disse; poi gli girò le spalle ed aprì la porta di casa.

Ma che stai dicendo, Oscar? Cosa hai capito? Non hai inteso ancora che quella donna…sei tu e che sono felice di passare del tempo con te?  pensò l’ uomo.  Lei era già entrata e lo stava attendendendo, quindi la raggiunse.
“…Oscar, per me….” Stava iniziando a dire. Ma una voce lo interruppe.

“Aaaaaandré! Nipote mio! “
La nonna, mestolo alla mano ed il solito abito, gli corse incontro. Quando
 l’ abbracciò, sprigionò un profumo misto di besciamella e lavanda.
“Nonna! Come stai?” rispose lui. Le era mancata,  quella vecchina…
“Bene, ragazzo mio…ma…ma…cosa sono quei capelli? Che hai fatto?”
Andrè, notando che stava mettendo mano alla sua arma di distruzione di massa, arretrò di qualche passo.
“Nanny…cara Nanny…il nostro Andrè…ecco…ha fatto un esperimento. L’ ho portato dal mio parrucchiere e questo è il risultato. Non è carinissimoooo?” intervenne Oscar. L’ uomo tirò un sospiro di sollievo, la nonnina prese le distanze e guardandolo di sottecchi disse sarà….; in un battibaleno quindi tutto tornò più o meno normale.
“Ti fermerai a cena? Resterai qui anche a dormire?” lo incalzò Marron.
“Se non è troppo disturbo, si” rispose Andrè. Oscar, anche se non ne conosceva il motivo , si sentì sollevata. Voleva stare con lui. Posò la borsa su di una poltrona poco lontana e prese la sua giacca e quella dell’ uomo, portandole nel guardaroba.
Quando tornò  Andrè era da solo, ancora in mezzo al corridoio.
“Nonna è tornata in cucina. La cena sarà servita intorno alle sette” disse.
“…e tu hai intenzione di stare fino alle sette li in piedi?” domandò lei sorridendo. Andrè sorrise di rimando.
“…andiamo a fare due passi?...il tempo è buono e sono solo le quattro…mi devi raccontare un po' di cose…per esempio dirmi di questa donna quella donna che tanto ti fa patire” propose Oscar, prendendolo sotto braccio e conducendolo verso il giardino d’ inverno, sul retro della casa.
Quale donna, Oscar? Non ti sei accorta di nulla? Pensò lui. Ma non disse nulla: se solo si fosse sbilanciato, avrebbe dovuto confessargli il suo amore….
“Non c’è nessuna donna, Oscar “tagliò corto lui “ o, meglio…lei non sa di me…ma io… io sono comunque in difficoltà….” rispose.
Oscar continuò a camminare, lo sguardo fisso a terra.
“Avevo inteso…. Insomma, fuori dal salone di Victor…”
“…un momento di debolezza. Dai Oscar, vorrei vedere te, dopo una serata alcolica, ritrovarti a letto con il tuo migliore amico e scoprire che ti sei sposato con lui…mi sono lasciato prendere dal panico, ecco…” rispose. In realtà ho una tale confusione nella testa che la metà basta; sarebbe semplice, potrei parlarti chiaramente ma…non ne ho il coraggio disse tra sé mentre camminavano raggiungendo il piccolo spazio, ad uso esclusivo di Oscar dove un  paio dichaise longue, un tavolo ed alcune sedie erano disposti qui e la tra le piante di ficus, orchidee, rose. Andrè pensò che era rimasto tutto esattamente come lo ricordava.
Oscar andò a sedersi su una delle poltrone ed Andrè fece lo stesso.
“Ti ricordi quando, da bambini, venivamo qui per nasconderci da mio padre?” disse lei.
Andrè si sistemò la camicia. Faceva caldo li dentro; arrotolò le maniche fino al gomito.
“Certo che si. Come potrei? Te ne inventavi sempre una ed io..ti appoggiavo in tutto e per tutto. Quanto li abbiamo fatti tribulare, i tuoi genitori…” rispose con un velo di malinconia. Anche lei sembrava dello stesso avviso.
“Ora…come stai? Seratine a parte, insomma” domandò lei.
Andrè fissò la quercia che, al di la del vetro, torreggiava nel giardino in fioritura.
“Bene, direi. Convivere con Alain non è sempre facile, lo conosci come è fatto e vedi cosa combina…ma è come un fratello, per me… dopo il lavoro, la mia vita è fatta di alcune semplici cose: una corsa nel parco oppure la palestra; tv e lettura. Semplice. Tanto mi basta.” disse.

Oscar sembrò pensierosa.  Le sue labbra si mossero quasi volessero articolare una parola ma, per due volte, non ne uscì nulla. La terza volta, finalmente, si decise.

“Perché non sei rimasto qui? Sai che sei come un figlio, per mio padre.: affetto e  un tetto dove stare non ti sarebbero mancati”

Andrè tornò con lo sguardo sul viso di Oscar. Dovresti saperlo, il perché. Siamo grandi, ormai…
“Non volevo pesare sulla tua famiglia. Avete già fatto molto per me” rispose , invece“ tu, Oscar , piuttosto: come stai? Ci vediamo sempre di sfuggita….”
La donna si alzò, camminando avanti ed indietro davanti a lui, le braccia incrociate sul petto la cui camicia scura metteva in risalto le forme.
“Bene, direi. Tra un mese parto per Dubai, starò li per qualche tempo. Mia madre ha avviato un import-export di prodotti francesi, di lusso;  va molto di moda ora…così mi ha chiesto di verificare alcune cose per lei. Prenderò una aspettativa dal lavoro ma poi rientrerò, eh!” rispose.  Si sforzò anche di sorridere; ma Andrè, scosso per la notizia, sembrò non notarlo.
“Ne sono felice…! ” rispose, tuttavia. Sei mesi non sono molti pensò, inoltre, allo stesso tempo, quasi volesse consolarsi in anticipo
Oscar lo ringraziò. “Perché non vieni con me?” aggiunse.
Andrè chinò il capo osservandosi le scarpe. Notò che la punta di quella sinistra si era rovinata.
“…mi piacerebbe; ci penserò” le disse. In cuor suo, gli pareva un sogno.
 Oscar sembrò essere felice di questa sua decisione e, lasciandosi prendere, iniziò a parlare dicendo che avrebbero potuto fare shopping, andare al mare. Magari avrebbero potuto trovare nuove prospettive lavorative….
 
“AAARRGH!”
 
Un verso ferino, acuto, arrivò alle loro orecchie.

“Oddio! E ora che c’è?” si domandò lei, correndo verso l’ interno della casa con Andrè appresso.

Nanny era ferma, nel corridoio.
Ai suoi piedi il telefono cordless si era aperto in due; Andrè si chinò per raccogliere le pile ce erano fuoriuscite dalla sede e, quando si rialzò, si trovò davanti gli occhi spiritati della nonna. Da li, dal basso, Nanny assomigliava ad un titano.
“Che c’è?” domandò appoggiando pile e telefono sul mobiletto alla sua sinistra. Marron, rossa in viso, fece presagire un imminente infarto.
“Nonna, parla! Che cosa c’è?” domandò Andrè per l’ ennesima volta.


“No-non mi hai detto che ti sei sposato, disgraziaaaaaatooooo! Chi è lei?” gli urlò in faccia minacciosa.
Andrè arretrò.
“Oscar, ti prego, aiutami! “ implorò sibilando le parole tra i denti per non farsi sentire.
“Nonna, è tutto un equivoco. Vieni in cucina, ti spiegheremo tutto” disse allora lei, prendendola sotto braccio. Nanny posò lo sguardo sull’ uno e sull’ altra, capendoci sempre meno.
“Oscar…tu che c’è centri in questa storia, vero?” chiese “ oppure....voi…vi siete sposati…. voi due, ammettilo!!! ….e non avete detto niente?”
Andrè ed Oscar si fissarono.
Lui, pallido. Lei, sconcertata.
“Nonna, ti prego. Andiamo in cucina come ha detto Oscar: ti spiegheremo tutto” disse il nipote. Marron, ancora poco convinta,  li seguì: il  trio si avviò quindi nella stanza accanto.
Una volta accomodati Oscar afferrò del caffè e ne versò in abbondanza a tutti e tre,  raggiungendoli al centro della stanza dove si sedette.
“Dunque, ripartiamo” disse posando il vassoio. Poi si  spostò una ciocca di capelli dietro l’ orecchio e fissò i suoi interlocutori.
Nanny teneva il capo chino.
I due pensarono che potesse essersi calmata e Andrè iniziò a raccontare ma, prima di tutto, volle capire chi avesse telefonato.

“Un avvocato di nome Connard” rispose la nonnina. Andrè alzò gli occhi al cielo.
Un nome, un programma…

“Cosa voleva?” domandò  l’ uomo.
“Dice che ha avuto il numero di casa da Alain de Soisson. E’ un suo amico e vi può aiutare con la storia del matrimonio….” Rispose Nanny.
L’ uomo fissò Oscar.
“Probabilmente lo ha chiamato mentre era in macchina….Nonna, ti ha detto altro?” intervenne lei.
Nanny tirò fuori il fazzoletto dalla tasca dell’ enorme gonna e si soffiò il naso rumorosamente.
“…n-n-no…solo che dovresti chiamarlo al più presto…ma Andrè, dimmi la verità, cosa è questa storia? Prima i capelli verdi, ora il matrimonio….”
La vecchina si segnò ed iniziò a bisbigliare.

E adesso che gli dico? Per fortuna che doveva essere un momento rilassante, questo….pensò. Valutò pro e contro e poi decise di dire la verità.
“…Nonna…sai che al giorno d’ oggi possono sposarsi anche le persone dello stesso sesso, vero?” disse Andrè. Oscar spalancò gli occhi e trangugiò il caffè rimasto nella tazza, versandone subito dell’ altro.
“Certo. Mi pare giusto” rispose la donna, stupendoli.
Andrè prese respiro.

“Ecco…Mi sono sposato con un uomo” disse d’ un fiato.

Nanny lo fissò.
Oscar fissò Nanny.
“Cosa hai fatto?” domandò la vecchina scandendo bene le parole e fissando il nipote.
“Ho sposato un altro uomo. Solo che…non l’ ho fatto apposta…vedi, visto che avevo bevuto un po' troppo –“



Nanny finì  a terra con un gran botto.
“Nonna? Nonna?” pronunciò lui con voce tremula.
I ragazzi si alzarono, all’ unisono, spaventati.
Andrè si portò accanto alla donna e le sollevò testa e busto; Oscar uscì dalla stanza per recuperare il suo smartphone e, dopo pochi secondi, rientrò.
“Sembra sia solo svenuta, ma la botta…. Credi sia meglio chiamare una ambulanza o il medico?” domandò Andrè, voltandosi nella sua direzione; Oscar, tuttavia, era già all’ opera e stava comunicando all’ operatore i dati necessari affinché trovassero la casa.
“Arriveranno tra 5 minuti al massimo” disse seria,  posando il cellulare sul tavolo; in quel mentre, Nanny aprì gli occhi.

“Nonna…nonna! Sei svenuta…stai bene?” domandò in modo apprensivo Andrè. La donnina sorrise.

“Certo!” rispose, sicura come pochi “ ma…lei chi è? Ci conosciamo?
Ad Andrè si gelò il sangue. “Sono tuo nipote…” disse con un filo di voce.

“Lei? Io non ho nipoti! ” rispose pronta lei, con voce soave, pacifica. Allora intervenne Oscar.

“Nanny, di me ti ricordi? Sai quanti anni hai? Dove ti trovi?” chiese. Si avvicinò alla donna, al fianco dell’amico e, infine, si accucciò prendendo la mano di Marron.

“Che domande! Mi chiamo Marron Glace, vedova Grandier. Ho  70 anni e ci troviamo a Parigi. Sono la governante del Conte Jarjayes e tu sei Oscar, tuo padre voleva un maschietto ma ahimè sei nata tu, per questo ti ha chimata così…Siamo nel 1789 ” rispose.
Oscar sgranò gli occhi ma, date le circostanze e non sapendo come agire in quei casi, sorrise annuendo. Andrè, invece, fu preso da uno strana sensazione e, alzatosi, corse nel corridoio gridando dentro sé ed al contempo compiendo gesti irripetibili e …sconvenienti. Ci mancava solo questa!  Pensò, rientrando in cucina, mentre il suono delle sirene si faceva sempre più vicino. Oscar si alzò per azionare l’ apertura automatica del cancello e si avviò verso la porta.
 
“Andrè, tu rimani li” disse “ io vado loro incontro”.
L’ uomo annuì: tempo cinque minuti, infermieri e paramedici entrarono e, una volta controllati i parametri vitali , optarono per il ricovero in ospedale della vecchina.
“Possiamo venire con voi?” domandò Andrè.
Una delle donne, forse la responsabile, annuì; quindi, l’ uomo lasciò che uscissero ed una volta caricata la donna sulla lettiga salì insieme a loro, facendo segno ad Oscar che l’ avrebbe chiamata presto. Lei annuì.

Mio padre voleva un maschietto ma ahimè..sono nata io? Che avrà voluto dire ? pensò Oscar, nel frattempo, rientrando in casa.
Mah…si disse, facendo spallucce; quindi, prese una rivista e tornò in cucina, in attesa di nuovi sviluppi.

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Capitolo 6
*** Ah, l' amour! ***


,,, Allons enfants de la Patrie,
Le jour de gloire est arrivé!
Contre nous de la tyrannie,
L’étendard sanglant est levé!

L’étendard sanglant est levé!
Entendez-vous dans les campagnes
Mugir ces féroces soldats?
Ils viennent jusque dans nos bras
Egorger nos fils et nos compagnes!

 
“André, dimmi che non è Nanny”.
La voce di Oscar dall’ altro capo del telefono era un misto di disperazione e ilarità ed  povero André - appresso alla nonna ormai da cinque ore- chiuse gli occhi.

“Si, Oscar. E’ lei”  rispose, rassegnato.

“Sta bene, dunque?

”André uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé e si appoggiò ad essa.
“Fisicamente, sta meglio di me e te: le hanno fatto alcuni controlli quali lastre, tac e via dicendo…. Diagnosi: una leggera commozione cerebrale. Sulla perdita di memoria, la valuteranno tra qualche giorno una volta , escluse alcune cose. Le hanno anche somministrato dei calmanti ma…è più sveglia di prima! “disse.
La sua voce e le  forze dell’ uomo merano ormai al lumicino; nella testa, in quell’istante una fila di puffi nudi ballavano il samba nemmeno fosse Capodanno.

“André, ascolta. Credo che sia al sicuro e controllata: vieni a casa e riposati, tornerai da lei in mattinata” propose Oscar; era preoccupata per il suo amico, oltre che per  la  nonna.
“…E’ sempre valido l’ invito?” domandò Andrè.
“Certo. Lo sai… ed ho paura a stare da sola. Vengo a prenderti?”
André sorrise, teneramente. Alla stessa stregua di quando eravamo bambini…pensò.

“…Non disturbarti Oscar, prendo un taxi. Senti, hai mangiato? Perché io ho una fame da lupo e mi fermerei a prendere qualcosa sulla strada o magari prima di salire in macchina...”.  Mentre parlava, rientrò nella stanza. Diede una ultima occhiata alla nonna, le sorrise, uscì. Torno presto, pensò tra sé.  Del resto la vecchina era in quel momento immersa in una conversazione immaginaria con Robespierre e non  
l’ avrebbe nemmeno ascoltato.
“Ho mangiato qualcosina ma ti faccio compagnia. Allora…ti aspetto?”
“Ti manderò un messaggio quando parto” rispose Andrè; una volta chiusa la conversazione quindi si recò dagli infermieri di guardia per chiedere alcune informazioni e comunicare che sarebbe tornato l’ indomani,  dopo di che uscì. Alcuni taxi stavano aspettando poco lontani; si recò dal primo e salì a bordo, sincerandosi del fatto che potesse fare una sosta sul percorso e, finalmente, dopo un’ oretta arrivò a casa.
Oscar aveva aperto il cancellino e lo stava aspettando; lui percorse la distanza tra cancello ed entrata trascinando i piedi, tanto era esausto.
“Fa ancora freschino, la sera” disse la donna  prendendo la borsa con il cibo dalle sue mani.
“Già… in ospedale pareva di essere ai tropici…”
“Nanny come stava quando l’ hai lasciata?”
 Andrè non rispose. Lo fece quando entrarono in casa, pochi secondi dopo.

“Stava parlando con Robespierre” rispose;  Oscar faticò a trattenere una risata e si infilò in cucina seguita da Andrè; dove sistemò il sushi e posò i piatti sul tavolo.

“Sai Oscar…mi sento in colpa” disse lui  una volta seduto, lo sguardo basso sul contenuto del piatto.
“Non è colpa di nessuno, non crucciarti… è accaduto e basta.” rispose , sempre pratica, Oscar; lui la fissò. Silenziosamente, poi, iniziò a mangiare e la donna fece lo stesso. Il clima era comprensibilmente teso ed entrambi erano molto preoccupati per l’ anziana congiunta;solo verso la fine della cena ricominciarono a scambiarsi alcune parole.
“Domattina riposati, andrò io da tua nonna: credo avrà bisogno di un necessaire, sei partito in tutta fretta e nemmeno ci abbiamo pensato ….” Disse Oscar.  André pensò fosse una buona idea e si disse d’ accordo; infine, aiutò Oscar a sparecchiare, portando i piatti nel lavello.
“Vuoi un caffè? Un te?” domandò lei. Andrè , appoggiato con la schiena al mobile della cucina,si stava stiracchiando.
“Vorrei solo lanciare queste scarpe lontano ed infilarmi in un letto…” rispose
“ …però…si, dai, un caffè lo prendo…correrò il rischio…”
Oscar sorrise, afferò due tazzine; poi si fermò, improvvisamente, e si girò nella direzione dell’ uomo.
“Andrè, vai pure nella tua stanza a metterti comodo: io intanto preparo una cioccolata…come quando eravamo piccini. Sei d’ accordo? Su, vai. Ci vediamo in sala tra un momento” disse. L’ uomo fece come disse Oscar e,  pregustando già il dolce sapore della bevanda che tanto amava, raggiunse la sua camera; non appena aprì la porta, una vaga malinconia si fece strada.
Quanti ricordi… sono passati tanti anni dall’ ultima volta che ho dormito in questo letto eppure…tutto è come allora. La scrivania ha ancora lo stesso lume, le mie vecchie scarpe da ginnastica sono ancora sotto il letto, nella loro scatola pensò, gironzolando a vuoto. Si, era passato davvero tanto tempo…e tanti pensieri avevano visitato e poi lasciato la sua testa.
Malinconia, gioia, risate.
Tutto era ancora saturo di emozioni.

Fece alcuni passi all’ interno, aprì l’ armadio. Accarezzò con le mani alcuni dei vestiti che erano rimasti li e vi trovò una tuta da ginnastica,  quindi la provò: calzava quasi perfetta anche se il suo corpo era cambiato molto, rafforzandosi e modellandosi. Una volta pronto, tornò da Oscar che già lo aspettava seduta accanto al camino, le preziose porcellane posate sul tavolinetto dalle quali proveniva in profumo dolce e speziato allo stesso tempo.

“Per questo profumo potrei rinunciare a tutto…o quasi!” disse non appena mise piede nella stanza. Oscar alzò il viso dalla rivista che stava leggendo.
“…mi ricordo quella tuta. L’ abbiamo acquistata insieme ai grandi magazzini, la nostra prima uscita da soli…quanto eravamo piccoli?Anche se tu…eri già piuttosto alto…” disse.
“E’ un po' corta ora  e …un pochino stretta sulle gambe ma…meglio di niente” rispose. Poi, andò a sedersi.

“Che giornata…dormirei per secoli! “ disse lasciandosi cadere di peso e reclinando il capo appoggiandolo allo schienale. I capelli, ancora un po' lunghi scesero sulle sue spalle formando onde morbide.
Oscar lo fissò con tenerezza.
Felice di averlo li, provava il desiderio di abbracciarlo, di ritrovare quella confidenza perduta con il tempo…di ridere, scherzare; lui notò l’ espressione vaga della donna, prese una tazza e l’ allungò ad Oscar.
“Tieni”  disse.
Le loro mani si sfiorarono per una frazione di secondo e la tazza faticò a restare in equilibrio.
“Grazie” rispose lei, le guance imporporate, portando la tazza verso le labbra. Andrè fece lo stesso.
Un silenzio irreale, fatto di pensieri e desideri, li avvolse.
Il tempo sembrò fermarsi, i loro pensieri si fecero da parte lasciando da parte a sensazioni sempre più forti.

“Mi sei mancata, Oscar. Mi sei mancata ogni giorno, ad ogni alba, tramonto. Mi sei mancata ad ogni respiro. Ma non potevo rimanere…” disse Andrè.

Lei non sembrò sorpresa.
Lo guardò negli occhi.

“Anche tu mi sei mancato, Andrè…molto. Ma…perché dici così? Perché non sei rimasto? Avremmo condotto la nostra vita come sempre…” Rispose chinandosi in avanti per posare la tazza ormai vuota sul tavolo.
Possibile, Oscar, che tu non capisca? O vuoi proprio sentirtelo dire? Pensò l’ uomo facendo lo stesso; poi, si alzò. Camminò verso la finestra, dando le spalle alla donna.

“…non mi rispondi?” domandò ancora la donna.

“Non posso farlo ora, Oscar. Non posso risponderti in questo momento, non me la sento” disse; era la verità. Non era ancora giunto il momento, almeno non per i tempi dell’ uomo, o almeno così credeva.  Si voltò verso Oscar e si accorse,
dall’ espressione, che la risposta non era stata soddisfacente.

“Forse è ora che vada a dormire” disse, allora, lui. Oscar annuì.
“Buonanotte, Andrè”.“Buonanotte, Oscar”.…e detto ciò, ognuno prese in silenzio la via verso la propria camera; ma fu un cammino lento, meditabondo. Era palese ad entrambi – lo era  più che mai – che prima o poi avrebbero dovuto chiarirsi  sia da una parte sia dall’ altra. I sentimenti spingevano in questa direzione ma…chi avrebbe fatto il primo passo? E poi? Cosa li attendeva, oltre…oltre le parole e le emozioni?

Entrarono nelle loro camere, quasi in contemporanea, infilandosi a letto, prendendo immediatamente sonno. La giornata era stata più che pesante.

Verso le due, tuttavia, Andrè si svegliò: gli era parso di sentire dei rumori.
Non accese la luce, ma rimase in attesa, silenzioso. Non si accorse che il nemico era più vicino di quanto pensasse; lo scoprì quando provò ad alzarsi ed incontrò la resistenza delle coperte.

Oscar.

Oscar era stesa accanto a lui, i capelli legati in una coda,  il viso rilassato e la bocca semiaperta; l’ espressione che aveva era quanto di più bello avesse mai visto.
Il suo cuore a momenti uscì dal  petto ed in quell’ attimo , come se gli occhi di lui le avessero ustionato la pelle, Oscar aprì gli occhi, incontrando quelli di Andrè, sorridenti.

“Avevo paura. Mi terresti qui con te?” disse.  Il tono di voce, le parole…tutto era ben lontano dai giochi di seduzione che, talvolta, le donne potevano mettere in atto e che l’ uomo aveva sempre odiato; questo Andrè lo sapeva bene. Tornò nel letto e si stese su un fianco, così da poterla vedere.
“Oscar, mi hai fatto prendere un infarto” disse dolcemente per mitigare la tensione che, in quel momento, poteva essere tagliata da un  coltello.
“Non volevo….scusami…ma ho così tanto bisogno di te! Andrè, mi sei mancato tantissimo; ho combattuto con tutta me stessa ma…non riesco a stare lontana da te. Sentivo il bisogno di averti accanto così… eccomi. Non…non giudicarmi…” rispose lei volgendo gli occhi verso il basso, timida.

Andrè rimase senza parole.
Ancora una volta.

“…. Vieni qui” le disse, semplicemente, sistemandosi affinchè potesse accoglierla tra le sue braccia. Oscar si allungò e lo raggiunse. Era così bello, stare li, con lui….
Per alcuni minuti, nessuno fiatò.
Fu lui a prendere l’ inziativa.
Guardando dritto davanti a sé, sentendo il peso del corpo di lei accanto al suo, fece fatica a trattenersi. Lasciò cadere le ultime barriere e mise da parte tutto il resto.
“…questa è la risposta alla tua domanda di prima” disse pronunciando lentamente le parole, prendendo la mano della donna e portandola verso il suo viso.
“ Oscar, io me ne sono andato perché…perché i miei sentimenti, per te, non sono più quelli del ragazzo che conoscevi. Sono cresciuti, se prima vi era una fiamma, ora c’è un fuoco caldo, le cui fiamme divampano e lambiscono ogni mia fibra ogni volta che sento anche solo pronunciare il tuo nome….puoi capirmi? Capisci, ora, perché sono stato lontano da te?”


Oscar non parlò. 

I suoi occhi ora cercarono quelli di lui, i loro corpi si staccarono per un attimo mettendosi l’ uno di fronte all’ altro, in ginocchio, quasi si stesse compiendo qualcosa di sacro.

“Andrè…io…tu…. “ balbettò Oscar. Andrè posò una mano sulle labbra della donna.
“…lascia che questo momento vada come deve. Se vuoi restare, stai. Se le mie parole ti hanno spaventata o turbata, vai. Accetterò ogni tua scelta…come ho sempre fatto”  disse.


Oscar rimase.
Restò ferma dove era, sottolineando il suo volere; Andrè sorrise.

“Niente sarà più come prima. Lo sai questo, vero?”. Lei annuì, lentamente.
I due si presero per mano; all’ unisono, si stesero insieme, vicini, abbracciati.
“….Sai Andrè, quando mi hai parlato ieri mattina, da Victor, credevo che tu…avessi una persona accanto. E che il tuo atteggiamento , le tue paure…fossero per questa persona. Mi sono sentita…gelosa. Non ridere, ti prego, di me…”

Andrè si avvicinò a lei.  La baciò.

Oscar non si ritrasse: rispose a quel gesto come fosse la cosa più naturale al mondo, permettendo a nuove sensazioni di avvolgerla.

“Cosa fai, ti vergogni? Tu che spacchi il mondo solo con uno sguardo?”  disse
l’ uomo con voce bassa e carica di emozione ; la donna che amava  si rifugiò quindi, ancora tra le sue braccia, finchè altri baci non la raggiunsero ed  i loro corpi non si unirono e le anime,  da troppo tempo rinchiuse all’ interno di gabbie dorate, riuscirono allora a vagare e volare libere ricorrendosi, sfiorandosi, fondendosi.







Il mattino dopo, il primo a svegliarsi fu lui. Ancora incredulo per quanto accaduto, per prima cosa si sincerò che lei fosse li e.  quando la vide, distesa, un lembo di pelle lasciata nuda dal lenzuolo, i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Non lo avrei mai pensato, sai, Oscar?  Fino ad ora eri un sogno, un qualcosa di irraggiungibile… sono scappato da te, si, ma l’ ho fatto perché avevo paura di un rifiuto ; ora però non voglio perdermi un solo istante di ciò che il destino ha in serbo per noi. Se me lo permetterai, ti starò accanto tutta la vita….pensò.
 Lei, in quell’ esatto istante, aprì gli occhi.
“Buongiorno, Andre…sei sveglio da molto?” domandò, la voce impastata dal sonno.
“A dire la verità no….ti stavo osservando e  stavo pensando ad alcune cos-“ iniziò a dire: ma il suono di un telefono, improvviso e scomodo, si fece sentire e imponendosi sempre più . Andrè afferrò lo smartphone, sbuffando. Notò che era il  numero dell’ ospedale.
Fissò Oscar, fissò il telefono.  Infine rispose.

“Monsieur Grandier…” disse una voce di uomo, mesta.

“…E’ accaduto qualcosa a mia nonna?” domandò lui, preoccupato.

“…a dire la verità si. Temiamo che, approfittando di un momento di distrazione, Madame Grandier sia uscita dall’ ospedale…La cerchiamo senza sosta da tre ore ormai” . Andrè guardò l’ orologio. Segnava le undici meno un quarto.
“Accidenti, ma cosa aspettavate a dirmelo?” disse, alterato.
L’ uomo all’ altro capo del telefono rimase in silenzio per un attimo.
“…deve scusarci ma la sua parente…è iperattiva! Ci siamo solo che distanziati un attimo da lei  ed …. E’ Sparita!” si sentì rispondere.
“…Va bene. Arrivo subito” rispose allora risoluto, tagliando corto. Si alzò in piedi e recuperò i vestiti; il tempo di una doccia e sarebbe partito.

Oscar nel frattempo si era messa a sedere.“Cosa è accaduto? “ domandò preoccupata.
“Nonna è scappata dall’ ospedale, stamattina” rispose quando ormai era davanti alla porta del bagno “ devo andare da loro e poi… senti, credi che i ragazzi
dell’ agenzia potrebbero darci una mano? Tanto anche se chiamiamo la gendarmeria… quella prima di 24 ore non si muove. Cosa dici?”
Oscar fece cenno di si ed il suo cervello si mise in moto all’ istante, valutando chi potesse dare loro una mano: in fondo, anche se il lavoro che lei e Andrè svolgevano era di tutt’ altro tipo, gli uomini e le donne a loro disposizione erano comunque formati per simili casi.
“Vai a farti la doccia. Ci penso io” disse; Andrè tornò da lei e le posò un bacio a fior di labbra.
“Pensavo di… di regalarti una giornata più tranquilla…” le disse un po' triste.
 “Non ti preoccupare, pensiamo a Nanny. Abbiamo tutto il tempo a nostra disposizione” rispose Oscar.
Così Andrè, rassicurato ed agitato allo stesso tempo, si infilò in bagno; prese una doccia velocissima ed uscì.
“Credo proprio che si debba prendere la tua macchina” disse “ mi dai le chiavi? Così ti aspetto già li”Oscar si alzò, uscì dalla stanza e tornò con le chiavi in mano.
“A dopo, farò presto” gli disse; infine, racchiusa la porta dietro le proprie spalle, uscì.

Maledizione nonna, dove ti sei cacciata? Pensò. La vecchina usciva di rado ormai e, che lui sapesse, non aveva molto conoscenze in città. Una vecchia parente, forse, sua coetanea; il figlio di lei, Serge. Niente altro.
Aspettò che arrivasse Oscar, dunque, confrontandosi con lei ed esprimendo le sue idee; entrambi furono concordi che la prima cosa da fare fosse recarsi in ospedale e, solo in seguito, valutare le varie opzioni.
“Ho chiamato i ragazzi, Andrè. Aspettano le nostre indicazioni per muoversi.” disse non appena salita in macchina; lui asserì e , praticamente nell’ immediato, partirono. Giunti all’ ospedale, raggiunsero il reparto indicato e vi trovarono, ad aspettarli, uno dei medici.
“Mi dispiace” disse andando loro incontro” ma, al momento, ancora non l’ abbiamo trovata; la guardia giurata che staziona all’ ingresso tuttavia non si ricorda di averla vista passare. Potrebbe essere ancora qui, in altri reparti… alcuni miei colleghi si trovano ora qui accanto, in medicina e ortopedia…”
Andrè , visibilmente provato, cercò di dissimulare la rabbia crescente.
“… Lei dunque esclude che possa essere uscita?” domandò.
“Escluderlo no. Molto improbabile, direi, piuttosto ” rispose il giovane medico in tenuta da sala operatoria.
Oscar e Andrè si guardarono e  quasi fosse un tacito segnale, la donna prese il telefono chiamando  in agenzia. Con affermazioni precise e secche domandò ai volontari di cercare nella zona intorno all’ ospedale. Detto ciò, chiuse la conversazione e , come ultima cosa, inviò alle varie persone una foto recente di Marron.
“Bene…. diamoci da fare. Oscar, tu vai in quella direzione; io percorrerò quella opposta. Se hai notizie chiamami” disse Andrè; quindi senza aggiungere altro si allontanarono.
La ricerca durò forse due orette. Di Marron non vi era traccia.
Camere, spazi comuni, ascensori e, ancora, cantine e ripostigli…tutto fu battuto a tappeto ed anche per quanto riguardava l’ esterno i colleghi di Oscar e Andrè fornirono risposte negative.
“…Eppure non può essere molto lontana” pronunciò l’ uomo, sconsolato. Oscar lo abbracciò e cercò un posto dove sedersi.
“Siamo qui da parecchio, abbiamo tutto il tempo.  Ritentiamo una ricerca; poi, se ancora non la troviamo …allora ti accompagnerò dalla Gendarmeria. Non possiamo fare altro….”
Andrè annuì.
 Non che avesse molta scelta. Strinse la mano della donna  per una frazione di secondo e, senza attendere oltre, si alzò ed iniziò a camminare.

Dove sei, Nanny? Si domandò Oscar; poi, anche lei riprese la ricerca…ma tutto sembrò portare allo stesso risultato di prima.
 Nulla.
 Niente di niente.

Oscar e la donna  si ritrovarono ancora all’ entrata principale.

“Ma dove si sarà cacciata?” domandò Andrè  guardandosi intorno. Poco distante Hervé si presentò davanti a lui; sembrava portasse notizie.  Il volto disteso sorrideva.

“….dov’è? “ chiese Andrè.

“Qui vicino c’è un parchetto, Madame è seduta su di una panchina in compagnia di un uomo”.
“Un uomo???!!” esclamarono sia Oscar che Andrè, all’ unisono.  Occhi sgranati ed una espressione stupita sul viso, apparvero quasi sotto shock.
“Beh…andiamo!” disse Oscar. Hervé fece strada. Tempo dieci minuti e poterono osservarla: la donna se ne stava tranquilla seduta accanto ad una persona.

“Ma è….Fersen! che ci fa qui, con lanonna?” Oscar, sempre più stupita, allungò il passo e raggiunse la strana coppia.
“Nanny! Monsieur Fersen! “ esclamò invece Andrè, non appena li raggiunse e  furono abbastanza vicini. La donna li vide. Fersen prese le stampelle che aveva posato accanto a sé e si alzò, salutandoli.Solo allora i presenti notarono una caviglia che sembrava ingessata.
“Buongiorno, che piacere rivedervi!!!” disse  la vecchina come se nulla fosse successo. Marron  poi posò gli occhi sul nipote, infine su Oscar e Fersen.
“Vi conoscete? “ chiese con una espressione beata e pacifica “ E’ così un bravo ragazzo!… sapete, ieri sera si è rotto una gamba per salvare un piccione che, entrato in casa da una finestra lasciata aperta, si è incastrato con la zampettina nell’ affumicatoio per le aringhe; nel liberarlo e riportarlo alla finestra, questo bel giovanotto  è scivolato su una buccia di banana…Non ha forse un gran cuore? Sacrificarsi per una creaturina innocente….”
I presenti si fissarono. Fersen sorrideva beato, gongolando.

“Nonna, ti prego!  Prima Robespierre, ora le aringhe…non so quanto possa resistere prima di impazzire a mia volta ! ” esclamò Andrè avvicinandosi e afferrando la sua mano; Nanny, tuttavia, arretrò.
“Mi lasci, screanzato!!!!” urlò ,  afferrando rapidamente la stampella del suo nuovo amico – togliendo l’ appoggio e facendo si che rovinasse a terra come un sacco di farina -  per darla in testa ad Andrè. Quest’ ultimo fece appena in tempo a schivarla.
“Nonna…Nonna!... sono io. Sono Andrè!” gli urlò di rimando  schivando i colpi sempre più ravvicinati. Dovette intervenire ancora una volta Oscar, per calmarla; si avvicinò a Marron e, parlandole all’ orecchio, la allontanò.

“Si è fatto male?” domandò invece  Andrè, porgendo una mano a Fersen.
Questi negò; afferrò prima la mano e poi  la stampella che l’ altro gli porse, ringraziandolo.Se fosse o meno malconcio non lo diede a vedere;
“E’ una cara donna” disse, anzi, sorridendo e osservandola andare via.
“Si, cara e pazza come un cavallo!... Mi dica, cortesemente.…posso sapere…da quanto siete qui?” domandò Andrè.
Il suo interlocutore sembrò pensarci su. Per un momento fissò un lampione vicino.
“A dire la verità, non molto. Mi hanno dimesso un’ ora fa ed ero fermo qui ad aspettare una persona. La sua tenera nonnina mi ha raggiunto forse ….da tre quarti d’ ora, credo” rispose.“A proposito” riprese poi “ lei ed i suoi compagni…siete riusciti a risolvere qualcosa?”
Andrè, in quel momento distratto da Oscar e dalla nonna che se la stavano ridendo alla grande, negò. “Non abbiamo ancora avuto tempo” rispose; poi congedò senza tanti complimenti  Fersen e si avvicinò alle due donne.

“Forza, riportiamola dentro” disse, risoluto, fissando Oscar.
La nonna a sua volta gli riservò una occhiata che avrebbe incenerito chiunque seduta stante.
Bambina cara, di a quest’ uomo di andare via. Ma perché ci sta sempre appresso?” domandò Nanny facendosi piccola piccola e nascondendosi dietro la sua protégé.
“Marron, davvero non riconosci tuo nipote? Il tuo Andrè?” chiese Oscar. La vecchina negò.

L’uomo, demoralizzato, sospirò e prese sottobraccio la nonna.

“…Non importa…ora torniamo dentro, i medici vorranno di sicuro visitarti” disse.
Quindi piano piano, i tre tornarono tra le corsie. Solo più tardi e dopo avere ringraziato i colleghi decisero di tornare a casa ma, soprattutto, si ricordarono che prima di sera avrebbero dovuto  chiamare l’ avvocato per quella storia.
“Sono così stanco” disse Andrè, fissando la strada “…che dici se…andiamo da Alain? Poi ti riporto a casa e….”
“Fermati ancora da me, se vuoi…ci tengo.  Con calma poi tornerai a casa tua” rispose pronta Oscar “ …se ti va, naturalmente.” Si apriva una nuova fase della sua…della loro vita; anche se partita decisamente con il botto e mille imprevisti,  Andre sorrise, felice.
“Certo che mi va, Oscar. Mi piacerebbe dividere la mia vita intera con te” disse, senza più remore, senza più filtri.
Oscar guardò il suo Andrè.

“Non torniamo a casa, non ancora. Facciamo… una passeggiata a Versailles?” domandò lei. L’ uomo annuì.

“Andrei in capo al mondo con te. Ti amo, Oscar….” disse poi, distogliendo gli occhi dalla strada per guardarla.
Gli occhi di Oscar brillarono come stelle.

“Credo…credo di amarti anche io, Andrè” rispose lei con un filo di voce, quasi tremante.

Tanto bastava.
Per quel giorno, decisero, avrebbero lasciato fuori ulteriori pensieri; la nonna era al sicuro e loro…loro si erano finalmente ritrovati.
0303 Disclaimer: l' immagine da me riprodotta è stata ispirata ad una foto trovata sul web. Poichè non sono riuscita a risalire all' autore, mi metto a disposizione sin d' ora per i relativi crediti qualora si presentasse. Immagine realizzata con procreate effetto acquerello ,trementina e sfumino.

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Capitolo 7
*** Di azzeccagarbugli ed altre idee ***


 
Una settimana circa dopo il fattaccio, Marron tornò a casa.
La memoria parzialmente ritrovata fu un sollievo per tutti e fu deciso - di comune accordo tra i  genitori di Oscar, lei stessa ed Andrè -  che da quel momento la donna sarebbe vissuta in quella casa ma, volente o nolente, come una persona di famiglia quale era: avrebbe lasciato il posto di governante a Louise, una donna che da anni collaborava con la famiglia.
Georgette, la madre di Oscar, fu irremovibile.La cara Nanny che con molto amore l’ aveva aiutata nel crescere le figlie e nel goveranre una casa non avrebbe più dovuto fare nulla ma si sarebbe goduta la pensione. Per Andrè fu una notizia bellissima; sua nonna, l’ unica persona rimasta in vita della famiglia, avrebbe finalmente potuto riposarsi.


 
“Non so ancora come ringraziarvi, Oscar. Se tua madre non si fosse impuntata, nonna avrebbe ripreso a fare come sempre…ma non è più giovane; se ne deve rendere conto e …riposarsi. “

Poche sere più tardi e seduti ai tavolini più esterni  del plateatico esterno al locale di   Alain – unico posto dove potevano trovare un po' di tranquillità dalla folla che riempiva quel posto– i due stavano sorseggiando un drink. L’ aria di un marzo piuttosto caldo sfiorava la loro pelle; Oscar prese il bicchiere che teneva in mano e lo posò sul tavolino; poi, si lasciò andare contro lo schienale della sedia.
“….Già da tempo mia madre desiderava si prendesse un po' di riposo. Questa occasione , anche se ci ha fatto spaventare…è servita. Nanny potrà risposarsi…a proposito, quando ha il controllo?” domandò.
“Domani andrò a parlare con il medico . Stando alle sue parole, il 90% della memoria è stata recuperata ma ha, come dire, da lavorare sulla memoria recente quindi dovremo fissare alcuni appuntamenti per la terapia” disse.
Oscar aggrottò le sopracciglia.
“…da quello che ho capito,  i suoi ricordi del passato sono ben presenti; non riesce tuttavia ad immagazzinare informazioni recenti. Il dottore , al momento delle dimissioni, mi ha assicurato che con terapia e psicofarmaci potrebbe riprendersi….ma non so….”rispose Andrè. Lui cercava di farsi forza: in realtà, però, le preoccupazioni gli toglievano parecchie ore di sonno.

Oscar gli prese la mano.

“Vedrai che tutto si risolverà! Nanny è forte… a  proposito, Andrè: dopo la visita dovresti andare dall’ avvocato.  Vi aspetta alle 15. Ho già avvisato Alain…”. L’ uomo annuì.
“Speriamo che anche questa faccenda si risolva: comincia a pesare…” disse.  Oscar lo fissò.
“Certo che però, anche voi….ma quanto avete bevuto?”
Il compagno alzò gli occhi al cielo e aprì le braccia.
“…non ne ho idea! Quando dico che proprio non ricordo nulla…è così. Solo sprazzi, momenti… e poi quella mattina, appena svegli…sai che angoscia?” rispose. Oscar a quel punto non riuscì a trattenersi: una risalta argentina uscì dalla sua gola, con sommo disappunto di Andrè che, tuttavia, cominciò a ridere anche senza volerlo.
“Guarda, di tutto ho pensato. Ma mai e poi mai che avrei sposato Alain!” esclamò. Per un istante, le varie preoccupazioni si fecero da parte…almeno finchè la voce di Alain non si fece ascoltare.

“Perché mai, non ti piaccio? Guardami, guarda che glutei e che fisico!” disse.
I due si voltarono verso la voce dietro le loro spalle; Alain era li, arrivato da chissà dove, che si tastava il …didietro con fare lascivo.
“Cretino!” disse Andrè allungando tuttavia  la mano per tastare a sua volta. Alain diede una piccola pacca sulla mano dell’ amico e poi scoppiarono a ridere. Infine, l’altro uomo  li raggiunse e si accomodò accanto a loro.

“Ti dirò, Andrè: se tu fossi una donna, un pensierino lo farei…” disse ammiccando. Oscar, ridendo, si mise in mezzo.
“Mi dispiace…è già occupato. E non considero i…triangoli! ” disse.
 Alain,  nemmeno tanto sorpreso, sorrise.

“AH!  Ma guarda, mi hai appena sposato e già mi tradisci….non ci sono più gli uomini di una vol-….Andrè, scusami….dimmi una cosa…tu faresti la donna o l’ uomo?” disse Alain. Le mani si allungarono verso Andrè e Oscar lasciò fare: voleva godersi il siparietto.
 
 
“LA VUOI PIANTARE?” intervenne Andrè allontanando la sé le mani di Alain, simili a tentacoli.
“Va bene, ba bene…” rispose l’ altro “ che carattere!!!”
Andrè sbuffò; un gruppetto di persone che aveva seguito divertito la scena scambiò alcune battute con loro. Quando tutto si fece tranquillo e dopo aver ordinato altri cocktail, Alain tuttavia si fece serio.
“Tua nonna come sta?” domandò.
“Ne stavo giusto parlando con Oscar: abbastanza bene, ma credo che si andrà avanti per un po'. Domattina andrò dal medico poi potremo andare dall’ avvocato. Ma dimmi: è affidabile?” domandò  Andrè.
“ E’ l’ avvocato di mia sorella e  me lo ha consigliato perché è un tipo alla mano e l’ha aiutata diverse volte con successo. E’ un tipo forse un  po' strano ma davvero affidabile. Sta in Rue de Passy” rispose.  Ad Andrè per poco non andò di traverso ciò che aveva appena bevuto.
“non è la zona del Trocadero?” domandò .
“Più o meno. In realta il Trocadero si trova più avanti…” rispose.
Andrè ebbe una strana sensazione. Speriamo bene….pensò tra sé; tuttavia, l’ ansia non lo abbandonò per tutta la notte.




L’ indomani, Alain bussò e poi aprì la stanza di Andrè facendo entrare un delizioso aroma di caffè.
“Andrè, sveglia. Se vogliamo fare tutto, conviene che ti alzi: ti accompagnerò io in ospedale poi ci mangeremo qualcosa sulla strada” disse, pimpante. Andrè allungò la mano da sotto le coltri e afferrò la sveglia. Le nove meno un quarto. Come un automa e recuperata un minimo di attività cerebrale si alzò, sedendosi sul letto. Fissò la finestra davanti a se e poi, nemmeno sentisse il peso del mondo sulle proprie spalle, si alzò con uno slancio.
“A che ora sei rientrato, stanotte? Non ti ho sentito” disse con voce ancora impastata ad Alain.
“Saranno state le quattro, credo…e tu?” rispose quest’ ultimo facendo l’ occhiolino.
“Poco prima di te” rispose Andrè seguendolo in cucina. Sul tavolo, il caffè era già pronto nella tazza.
“Hai tu il foglio che ci ha dato Monsieur Fersen?” gli domandò Alain, prendendo posto. Andrè annuì.
“Perfetto. Io bevo il caffè e vado a recuperare la macchina – che non ricordo dove ho parcheggiato – poi andremo. Ti aspetto giù” disse. Finì allora di allacciarsi la camicia, tolse pelucchi inesistenti dai pantaloni e poi, afferrata la giacca, uscì.
Andrè finì dunque di fare la sua colazione poi lo raggiunse; meno di due ore dopo arrivarono all’ ospedale.

Qualche ora dopo e molto più sollevato dalle parole dello specialista,  Andrè ed Alain si trovarono sotto un palazzo signorile. Dopo aver riaccompagnato la nonna a casa si erano fermati li per un boccone, vista l’ insistenza di Oscar e Madame Georgette; infine, dopo l’ ennesimo e forte caffè, si erano messi in moto.

“Vuoi venire con noi?” domandò Oscar ad Andrè prima di lasciarla.
“No, andate voi. Io più tardi dovrò uscire con mia madre per alcune commissioni. Ci vediamo più tardi” rispose lei. Un bacio veloce e sempre gradito fu il loro saluto.
Ora, davanti a piccole insegne  dorate  ed elencate in una ordinata fila accanto al portone, Alain leggeva ad alata voce i nomi incisi con caratteri arzigogolati.
“Terzo piano” disse ad un certo punto, alzando gli occhi sul grande palazzo.   Andrè lo precedette ed iniziò a camminare finchè non trovarono, alla loro destra, una grande scala in marmo. Scalino dopo scalino, quindi, raggiunsero il piano; il tempo di riprendere fiato e controllare che fossero presentabili ed entrarono. Una donna avvolta da un tailleur nero e con una acconciatura in tinta , dopo avere consultato una agenda, li fece accomodare.
Lo studio , ricavato negli spazi di quello che fu sicuramente un appartamento, era arredato con gusto; l’ unica cosa che richiamava alla memoria il fatto che fosse uno studio legale  erano riviste di settore posate sul tavolino. Per il resto, mobili chiari in tinta con la boiserie ee il  parquet lo rendevano un ambiente raffinato.

Attesero li circa una ventina di minuti, silenziosi; alla fine di questi, un uomo distinto in abito scuro – quasi certamente uscito da una sartoria- si presentò davanti a loro.
“Voi dovreste essere Monsieur Grandier e Monsieur De Soisson, suppngo. Per il…divorzio. Corretto?” domandò scrutando alcuni fogli che la segretaria, diligentemente, gli aveva fornito alcuni attimi prima.
“Si. Siamo noi” rispose Andrè.
“Bene, accomodatevi nel mio studio.” disse allora l’ avvocato facendo strada;
ed i due si alzarono, dunque, per recarsi all’ interno di una stanza posta alla fine di un corridoio. La luce che entrava dalle finestre, alte e coperte da tendaggi di damasco beige,  mise in risalto una scrivania ordinata il cui unico vezzo pareva essere una cornice colorata. Presero posto nelle sedie davanti a quella scrivania dopo che l’ avvocato fece lo stesso.
“Bene. Dunque, io qui leggo che vorreste procedere con il divorzio. Voi sapete che per l’ ordimento francese la séparation légale  mette fine alla coabitazione tra i coniugi  ma i doveri e diritti relativi si mantengono?” domandò. Gli occhietti vispi sotto lenti spesse incutevano ai due un leggero timore.
“Si, certo. Ecco, vede…è stato tutto un equivoco; per questo ci siamo rivolti a lei” disse Andrè. Era talmente nervoso che le mani iniziarono a sudare. Prese allora l’ iniziativa Alain che, per filo e per segno, narrò tutto.  L’ uomo davanti ai due ascoltò tutto con attenzione poi si alzò e prese, da una libreria li vicino, quello che doveva essere un codice; restando in piedi lo aprì, lesse alcune cose e lo richiuse di colpo.


“C’è un problema” disse, serio. Gli occhi si posarono prima su Alain e poi su Andrè.

“…quale?” domandò quest’ ultimo.
 Se in quel momento si fosse trovato al cospetto dei fucilieri della Bastiglia il 14 di luglio di un paio di secoli prima avrebbe avuto meno terrore.
“…Uno dei due dovrebbe prendersi un altro avvocato; dopo di che, io ed il collega procederemmo con il divorzio semplicemente producendo un accordo tra le parti” rispose.
Andrè ed Alain si fissarono, un filino sollevati. Poteva andare peggio.
“Non vi è proprio alcuna alternativa?” domandò Andrè.
“No, mi spiace. Una volta fatto questo, però, le assicuro che nel giro di quarantotto ore il vostro matrimonio sarà annullato….Tuttavia prima di procedere la professione  mi impone di farvi alcune domande, non posso fare alcuna eccezione anche se il quadro è chiaro” disse; riprese posto quindi, attendendo un cenno di riscontro.

“Dica pure”. All’ unisono, Alain ed Andrè risposero.

Connard prese un foglio e afferrò una stilografica tra le molte che teneva nel taschino della giacca; tolse il tappo ed iniziò a scrivere data e luogo.

“ Perfetto. Allora…. Partiamo. Il tetto coniugale è stato abbandonato? il matrimonio è stato consumato?” chiese.
Alain cominciò a grattarsi, come al solito.

“Signore, noi…insomma, è stato tutto un grande equivoco” intervenne.

“Mi spiace…è la prassi. Dovreste rispondere…” 
 
“…il tetto coniugale non è stato abbandonato. Il matrimonio non è stato consumato, ovviamente….” Rispose Alain, sempre più inquieto.

Connard li fissò con una espressione strana, poi annuì.

“ Per quale motivo? Vi sono impedimenti di natura fisica ? Nulla che si possa risolvere?” chiese, ancora.

“In che senso?” La voce di Andrè si fece sempre più stridula.

“…fisicamente, il vostro ehm, come dire, disturbo…ha qualche problema medico?”

Alain guardò Andrè, poi fissò il professionista
.
“ Ma…ma  come si permette?  Vuole proprio rendere onore al suo cognome* o è serio? E poi… poi non è un disturbo, ma un amico fedele perfettamente funzionante! Povero caro, hai sentito come ti ha chiamato?” esclamò Alain abbassando gli occhi alla patta dei pantaloni.  Andrè si coprì il viso con le mani, scuotendo la testa. Se avesse potuto piangere senza distruggere definitivamente la sua reputazione, lo avrebbe fatto all’ istante.

“ALAIN! Calmati, ti prego” implorò.
L’ amico tornò a sedersi, L’ avvocato, che dallo spavento era arretrato tirando con sé la sedia, si riavvicinò.Non fece alcuna menzione alla frase di Alain riguardo il suo nome ma si  sistemò gli occhiali, schiarì la voce e proseguì.
“…sono domande necessarie…” disse quasi scusandosi. Alain nemmeno lo guardò in faccia.

“ Una ultima cosa: siete convinti di ciò che fate?”

“Si. La prego, Avvocato, sia clemente: questa storia si sta trasformando in una barzelletta! Senta: non siamo due amici, abbiamo fatto una cavolata. Amiamo il genere femminile e non abbiamo nulla in contrario a ciò che un uomo o una donna preferiscono fare sotto le coperte e nella loro vita ma…la prego!!!! Faccia qualcosa!” sbottò Andrè cadendo in ginocchio. L’ uomo, senza perdere per un solo secondo il consueto l’ aplomb, si alzò e invitò l’ interlocutore a fare lo stesso.
“Verdò di fare il possibile, ma voi dovrete comunque trovare un altro avvocato. Questo è il mio biglietto da visita” disse porgendo un cartoncino color arcobaleno ad Alain. Gli uomini  si salutarono e strinsero la mano ed in quel mentre, da una porta laterale che nemmeno avevano notato, avanzò all’ improvviso una figura con indosso un colorato caftano e recante un vassoio sul quale erano posate una tazzina ed un bollitore.
“Caro, ti ho portato un te“ disse. Alain sgranò gli occhi.
“Ma è Fersen?” chiese sottovoce, avvicinandosi all’ orecchio di Andrè. Quest’ ultimo rispose, mantenendo lo sguardo sul nuovo arrivo e con un sorriso di circostanza:
“Si , è lui…”
“Vogliate scusarmi: non credevo che mio marito fosse occupato” cinguettò il mangiatore di aringhe. Andrè notò che non portava più il gesso.
“Come sta la sua gamba?” domandò, per cortesia.
“Bene, grazie. Al posto del gesso i medici hanno optato per una fasciatura…” rispose posando il vassoio sulla scrivania. Connard seguiva il discorso curioso.
“Vi conoscete?” domandò alla moglie…marito…insomma, al suo amore. Fersen annuì.
“Li ho sposati io…non ricordi? Ti ho parlato di loro ieri sera a cena, chiedendoti di fare qualcosa…”
Connard parve ridestarsi.Una volta che Ferse si fu accomodato con un gran fruscio di stoffe, invitò i due giovani a sedersi.
“Vi prego di scusarmi: non ho fatto mente locale e collegato i vostri nomi. Sentite: tornate da me lunedì. Vedrò di preparvi l’ atto per le diciassette” disse. Fersen sorrise. Andrè ed Alain, sempre più stupiti e confusi, si alzarono.
“D’ accordo. Grazie mille” disse Alain. Infine, finalmente, lasciarono quel posto senza nemmeno pagare la parcella, gentilmente offerta.


“Dimmi che non ho visto Fersen. Dimmi che non è un incubo!” disse un Andrè basito fissando le scale davanti a sé.
“Eh no. Era lui ed è tutto reale….” Rispose Alain “…ma…quei due, secondo te, si sono messi d’ accordo? Uno sposa le persone e l’ altro le separa?”
“Non lo so e non lo voglio sapere: andiamo a casa, Alain. Ho molte cose da fare prima di partire per Dubai” tagliò corto Andrè.

Alain si fermò, in bilico su due scalini.
“Dubai? Pensavo ci andasse solo Oscar…” domandò.
“…ci andrò anche io.” Rispose.
Alain sorrise.
“Ed il lavoro? Cosa farai? “
“ Prenderò una aspettativa, anche Oscar lo farà” rispose.
I due amici si abbracciarono.
“Vi auguro tanta fortuna e felicità” disse Alain tenendo stretto l’ amico; infine, fischiettando, tornarono alla macchina.
 
Non appena rientrò a casa, Andrè telefonò a Oscar.
“Ciao, Oscar. Senti, sono appena tornato. Tu dove sei?” domandò mentre si levava le scarpe.
“…Ho fatto un salto da mia sorella Victoire, stiamo tornando a casa ora. Abbiamo fatto un po' di shopping ed un salto in sede, maman aveva dimenticato una cosa…Tu? Come è andata?” rispose. In sottofondo si poteva sentire il rumore della radio. Andrè raggiunse la propria stanza e si gettò sul letto.
“…Se te lo racconto non ci credi…ma credo che entro lunedì sera tutto sarà risolto. Stasera, a cena, ti racconterò tutto” rispose.
“A cena? Andiamo a cena?” domandò lei.
“Si: cosa ne pensi? Fattibile?”
“Certo. A che ora?”
“Alle otto. Ah, Oscar: mettiti comoda. Faremo una passeggiata a cavallo, prima…”
Oscar non rispose; un breve silenzio scese tra loro.
“Ci sei? “ chiese Andrè.
“Si, ci sono. Mi sto solo chiedendo cosa tu abbia in mente” rispose la donna.
“Vedrai! A più tardi, amore mio” concluse Andrè; la donna lo salutò e chiuse la conversazione.

Vedrai, Oscar, vedrai pensò l’ uomo, il buonumore ritrovato: di li a poco sarebbe uscito e, tenendo fede a ciò che aveva pensato durante il ritorno a casa, sorrise compiaciuto preparandosi ad uscire di nuovo. Avrebbe chiesto a Oscar di sposarlo, non appena ricevuto il foglio di divorzio. 

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Capitolo 8
*** Un anello... e una sorpresa inaspettata ***


 
“SI.”
 
La risposta di Oscar si fece sentire chiara e limpida come il cielo che, inaspettatamente colmo di stelle, vegliava su di loro. Andrè, in ginocchio davanti a lei, sorrise emozionato:  senza mai lasciarle le mani  al cui anulare sinistro aveva infilato poco prima un anello con tre pietre dal color zaffiro , si alzò e la abbracciò, tenendola stretta.
Chiuse gli occhi.
Gli sembrò di volare.
“Se sono stato precipitoso, dillo senza problemi” sussurrò, la voce appena percettibile. Oscar, il capo appoggiato sulla spalla dell’ uomo, rispose con voce tremante.
“No. Non lo sei stato; non ci crederai ma…sai quante volte l’ ho immaginato, questo momento?”
Andrè aprì gli occhi, sorpreso. Trovò quelli di lei ed un magnifico sorriso ad attenderlo.

“Oscar….tu….”

“Sai, è ’ qualcosa di strano. Come se…ti amassi da sempre. Non ho bisogno di tempo, di prove: da una vita ti conosco e ti conosce il mio cuore…” rispose, lei.

“Per me è lo stesso” disse Andrè.
Le loro mani si strinsero ancora di più.

“Ti piace?” domandò poi, riferendosi all’ anello. Lei annuì.
“E’ magnifico” rispose.
Per un attimo, infinto e piacevole, rimasero in silenzio ascoltando solo che  il suono lento, dolce  dei rispettivi cuori. Poi Andrè tornò verso i cavalli e raccolse il cestino dove una bottiglia e due bicchieri ormai vuoti erano stati posati-
“…Abbiamo ancora una cena, Oscar…non è ancora finita, la sera…” disse; lei, che lo osservava sognante a pochi metri di distanza, lo raggiunse.
“…Me ne stavo quasi dimenticando”
“…Sei sempre dell’ idea?” domandò lui. Lei annuì. Un altro bacio suggellò il momento.
Risalirono a cavallo, dunque, percorrendo a ritroso il percorso compiuto un paio di ore prima. Il sentiero, rischiarato dal fuoco di alcune torce, li condusse senza problemi verso le scuderie del maneggio dove Rosalie e Bernard – vecchi compagni di scuola che Oscar  aveva rivisto volentieri dopo moltissimo tempo – li attendevano per condurli presso l’ Agritourisme. Non appena li videro, sorrisero.
“E’ andato tutto bene?” domandò Bernard.
 Era appoggiato alla macchina che li avrebbe portati all’ agriturismo ed accanto a lui vi era un bimbetto vispo dai capelli chiari, François. Avrà avuto si e no sei anni.
Andrè fissò la vecchia conoscenza. Annuì.
“ Lasciate pure i cavalli a Marianne, ci penserà lei; voi venite con me, Rosalie vi aspetta”.
Oscar  si avvicinò per salutare il piccolo, poi fissò Andrè con aria interrogativa.
“…Andrè, che cosa hai in mente? Ma soprattutto, come hai fatto ad organizzare tutto questo in poche ore?” domandò felice.
Andrè le prese la mano.

“Diciamo che ho avuto fortuna, molta fortuna” rispose “ se non ci fossi riuscito stasera, mi sarei inventato comunque qualcosa….”

“Grazie. Grazie di tutto” rispose allora lei; e non fece più domande, perché non volle più perdersi un solo istante di quei momenti preziosi e irripetibili. Solo più tardi, dopo la cena consumata di comune accordo nella stanza dove tutto era rimasto come un tempo – ad eccezione naturalmente delle comodità di stampo ed uso moderno, necessarie e gradite –  e dove lei ed Andrè  in quel momento  erano stesi abbracciati nel letto ecco, solo allora cercò gli occhi dell’ uomo, silenziosa.
“Cosa c’è, amore mio?” chiese Andrè allungando la mano a sfiorare con le dita la schiena di Oscar.
“Niente, Andrè. Stavo solo pensando a tutto questo…” rispose.
“Hai…hai forse qualche ripensamento?” domandò l’ uomo, un poco preoccupato.
“No, affatto. Solo che tutto ciò non mi sembra vero, faccio ancora fatica a realizzarlo…ma è bellissimo, Andrè. Non ti crucciare.” L’ uomo sospirò, dentro sé, di sollievo.
“Dobbiamo solo stabilire la data…..” buttò li.
Oscar si voltò, tornò a stendersi accanto a lui, su di un fianco, in modo da poterlo vedere.
“…Pensavo…pensavo al nostro ritorno a Parigi , tra sei mesi…perché verrai anche tu a Dubai, giusto?” chiese. Andrè annuì e chiese: “… perché non prima?”
“Prima? Ma manca pochissimo tempo e ci sono molte cose da fare…” obiettò lei, effettivamente preoccupata.
“Oscar, non c’è bisogno di chissà quale cerimonia….Se sei d’ accordo, a mio avviso potremmo organizzare qualcosa nel giardino della villa, unendo cerimonia e festa….” rispose l’ uomo. Sempre attento alle esigenze di Oscar, avrebbe esaudito qualsiasi desiderio quindi, se lei avesse detto che preferiva rimandare, lo avrebbe accettato senza alcun problema.
Oscar  ci pensò ,gli occhi chiari fissi sull’ anello che portava al dito.
“Non è che voglia fare chissà chè ma sai, voglio pensarci bene.  In ogni caso, Grandier, non ti preoccupare! Ormai ti ho già detto di sì…” rispose poi risollevando così  l’ animo del compagno e avvicinandosi per baciarlo, cosa assai gradita . Ad un tratto, però, Oscar si allontanò da Andrè, pensierosa.
“E adesso che ti prende?” domandò l’ uomo.

“Ma… il divorzio? Sei sicuro che le carte saranno pronte in tempo? Non fido di quel Connard…a proposito, credi che dovremmo invitarlo?” disse.

Andrè, che non vedeva l’ ora di riassaporare le labbra e la pelle soffice di lei, sollevò il lenzuolo e lo tirò oltre il capo di entrambi.

“Oscar François De Jarjayes, ti ordino di fermare il tuo delizioso e immenso cervello e badare a questo pover’ uomo che niente altro anela che un tuo bacio. Sono stanco di parlare…” disse , in tono scherzoso. Oscar scoppiò a ridere; infine, seguì il consiglio di lui e la serata, nonché la notte, passò senza più alcun pensiero o interrogativo.
 


Il giorno seguente, di ritorno a casa, tuttavia ripresero l’ argomento. Oscar sembrò aver cambiato idea.
“Credo sia davvero una buona idea la tua, Andrè. Una cerimonia tranquilla e senza fronzoli, come siamo noi, sarebbe l’ ideale” gli disse. Andrè , sorpreso ma non più di tanto, sorride compiaciuto: ora, non restava altro che aspettare. Non appena Connard avesse fatto pervenire ad Alain e Andrè il via libera, avrebbero dato l’ annuncio ufficiale.
“E’ fatta, allora? Tra poco sarai la Signora Grandier?” disse.
Oscar lo guardò.
“Per il resto della vita, se tu lo vorrai” rispose.
 


I fogli tanto agognati non si fecero attendere: anche se in leggero ritardo sui tempi,, Fersen e Girodelle si presentarono a casa Jarjayes, intorno alle otto di sera del mercoledì successivo.
“Benvenuti. A cosa devo questa visita?” domandò loro Oscar, accogliendoli in casa. Andrè era tornato nella sua abitazione  circa due ore prima perché aveva promesso ad Alain di aiutarlo al locale con i turni dei ragazzi della sicurezza e doveva cambiarsi d’abito.
“Perdona l’ orario e l’ improvvisata”  disse Girodelle,  più in confidenza, offrendole un mazzo di fiori  per scusarsi del disturbo“ l’ avvocato è bloccato a casa, problemi alla schiena…e la sua segretaria si è dimenticata di inviare ad Andrè ed Alain ciò che aspettavano. Ha incaricato Hans di farvi pervenire il tutto ed io lo accompagno.  So che avrebbero voluto riceverlo in fretta così…eccoci qui” rispose lui.
Madame e Nanny, sedute in salotto a chiacchierare,  raggiunsero le persone  nell’ atrio.
“Non fai accomodare i tuoi ospiti, Oscar? Oh, Victor, che piacere rivederti” disse.
“E’ un piacere anche per me,  Madame Georgette. Riguardo al resto non preoccupatevi, siamo solo di passaggio” rispose Victor, con modo affabile. Nanny nel frattempo si era avvicinata a Fersen per salutarlo e gli stava domandando lumi sulla frattura che si era provocato e che ora pareva essere guarita.
“Victor, devi scusarmi. Sono rimasta così sorpresa che non ti ho neppure invitato ad entrare” si scusò Oscar “ prego, accomodatevi. Chiamo Louise perché ci porti qualcosa…”
Victor e Fersen si guardarono, dopo di che annuirono, seguendo Madame e Oscar in sala. Nanny li seguì.  

“Tieni, è tutto in questa busta” disse Victor una volta seduto porgendo il piccolo plico tra le mani di Oscar. Lei lo ringraziò, posò il tutto sul tavolino e prese il caffè che Louise aveva da poco portato.
“Mio marito ha fatto il prima possibile” disse Fersen. Nanny, curiosa, intervenne.
“Lei è sposato? Non me lo aveva detto” disse. L’ altro sorrise.
“Si, Madame. Da qualche anno. Quando sono arrivato a Parigi dalla Svezia conoscevo già Jean…Connard. L’ avvocato” nicchiò.
“E lei? E’ sposato anche lei?” domandò a Victor. Quest’ ultimo negò.
“Sono sposato con il mio lavoro e poi…non ho ancora trovato la persona giusta” rispose. Oscar si domandò solo in quell’ attimo quale orientamento l’ amico potesse avere. Non che le importasse, anzi; però, era curiosa.
“Nanny, il nostro Victor non ha mai tempo di uscire da quei locali “ intervenne la madre di Oscar “ ….credo che questa sera sia l’ unica sera che si sia concesso da un po' di tempo a questa parte…”
Victor si aggiustò i capelli.
”Si. Sono sempre molto impegnato: più tardi, per esempio, andrò nel locale di Alain. La sorella ha organizzato una piccola sfilata di moda, così, per promuovere il locale…ed io mi occuperò ovviamente di capelli e trucco” disse. Poi si girò verso Oscar con aria furbetta.
“….Hai da fare, stasera?” domandò.
La donna, intenta ad osservare Nanny che pareva essere rapita dalla chioma fluente di Girodelle abbandonando in totale solitudine il suo vecchio amico Fersen, a momenti sobbalzò.
“Dici a me? Oddio…è vero che altre volte mi sono prestata…non saprei. Ti serve una testa nuova? ” rispose.
“Si, e tu oltre ad essere una bellissima donna hai pure dei capelli fa-vo-lo-si!” rispose.
Oscar non rispose.  Tuttavia dopo pochi attimi le venne in mente una cosa: avrebbe potuto rivelare a Girodelle del matrimonio e quindi…studiarsi una acconciatura ad hoc.
“…Ma si, si può fare” disse, alzandosi “ dammi solo un attimo che mi preparo. Torno quasi subito: poi, se volete, possiamo andare”.
Detto ciò, tornò in camera sua dove si infilò qualcosa di più consono e chiamò Andrè. La conversazione si aprì con un gran trambusto in sottofondo.
“Ciao, Andrè. Ascolta, tra un attimo verrò al locale” disse, alzando la voce per farsi sentire.
“Va bene, ti aspetto: io ne ho per un po', più tardi ci sarà la sfilata e devo coordinare alcune cose con Lucien. Come mai hai deciso di uscire?” rispose il suo uomo.
“Eh, appunto per questo: Girodelle è passato da casa con Fersen ed ha portato un plico per te ed Alain…. Le carte del divorzio! Comunque…dai, ti spiego con calma dopo!”
“….ah, davvero? Bene! Così potremo ufficializzare la nostra decisione.Ti aspetto, allora!” rispose. Chiusa la telefonata, Oscar tornò quindi di sotto. Girodelle, Fersen e Nanny la stavano aspettando.
“Nanny...vie…vieni anche tu?” domandò non appena vide che la donna  indossava il soprabito e , intenta davanti allo specchietto da borsetta, si dava il rossetto.
“Si, perché? Ora che sono in pensione credi che la mia massima aspirazione sia rimanere a casa a fare la calza?” rispose, con i solidi modi spicci. Oscar guardò la madre ed entrambe risero.
“Lasciala fare” le sussurrò quest’ ultima, accompagnando tutti verso la porta; la compagnia, dunque, si mise in moto.
 
“Ehm…Cosa ci fa qui la nonna?”


Il viso di Andrè, felice per aver appena saputo che ormai, da qualche ora, non era più Madame de Soisson, non appena vide la congiunta cambiò colore.
Tra un andirivieni di persone e camerieri e la cacofonia provocata da voci e musica, si guardò in giro smarrito.
“E’ stata una sorpresa anche per me e, sappilo, mi ha pure sgridata quando le ho chiesto cosa intendesse fare….” rispose Oscar. La vecchina si avvicinò ad entrambi, tenendo la borsetta stretta con entrambe le mani. Una nuvola di lavanda per un secondo tolse loro il respiro,
“Nonna, ti trovo bene. Vuoi qualcosa da bere? Vuoi sederti?” le domandò Andrè, premuroso, facendo attenzione che nessuno la urtasse e cingendole le spalle con un braccio.
“No, grazie. Sto bene così” rispose, guardandosi in giro “ ….senti Oscar…ma quel bel giovanotto, Victor…? Dove è andato?”
“Nanny, è dietro le quinte. Tra poco lo raggiungerò, alla fine della sfilata arriverà il mio turno….”
Andrè si strinse alla nonna e fissò Oscar. Siamo già arrivati alla confidenza….pensò preoccupato tra sé.
“Hai già detto qualcosa?” domandò subito dopo, cambiando argomento, con un filo di voce. La donna fece segno di no con il capo.
“Bene! Senti… io…ora devo andare. Oscar, ci ritroviamo qui e ne parliamo con calma?” domandò.

“Ed io? Che faccio nel frattempo?” chiese  Nanny. Oscar cercò Fersen per potergliela affidare,  ma non lo trovò.
“Puoi venire con me , mi aspetterai. Ci vorrà una oretta, però…” disse. La nonnina sorrise e, poco dopo, seguì Oscar dietro le quinte del palchetto improvvisato in un angolo del locale.
“….Vi ho sentito, sai?” disse alla sua Oscar mentre camminavano facendosi strada tra la gente.

“A che proposito, Nanny?” domandò l’ altra donna.

“ Tu e Andrè vi volete sposare, giusto? Non sono poi cos’ vecchia e rintronata: mi sono accorta dell’anello che porti al dito ma soprattutto di come…come vi guardate negli ultimi tempi. Perché non mi avete detto nulla?” domandò.
Le due donne si trovavano ora proprio a ridosso dei camerini, ovvero della zona in cui erano sistemate le modelle. Oscar notò che Alain si stava sincerando personalmente della consistenza di alcuni tipi di lingerie in compagnia di una ragazza mora e riccia e alzò gli occhi al cielo, per poi rispondere alla sua governante.
“…E’ stata una sorpresa anche per me, è accaduto sabato scorso. Aspettavamo alcune carte, prima di ufficializzare il tutto” disse.  Nanny allungò una mano e accarezzò teneramente il viso di Oscar. Nel mentre, la voce di Fersen si fece sentire:
“Oscar, Victor ti attende” disse. La giovane fece un cenno di riscontro all’ uomo e si avviò da Girodelle, seguita dalla nonna di Andrè che, dopo averla lasciata nelle mani del parrucchiere sparì, seguendo lo svedese , verso le sedie davanti al piccolo palco.


 
Intorno alla una, finalmente, si concluse il tutto.
Il locale si stava svuotando ed ovunque si sentivano saluti e risa.Oscar fu impegnata per un’ ora, come aveva preventivato e, durante questo tempo, ebbe anche tempo di parlare con Girodelle che accolse con un gran sorriso la notizia delle nozze e con il quale iniziò a fantasticare di trucco, parrucco & Co.
Quando lo raggiunse, Andrè la attendeva seduto al bancone parlottando con Alain e altre due persone che lei non conosceva.  Andrè la baciò con trasporto,incurante di tutto e tutti e sorprendendo la stessa donna.
“Alain, dobbiamo dirti una cosa”  disse, poi, tenendo per mano Oscar “ …visto che da stasera sono un uomo libero io e Oscar abbiamo deciso di sposarci. Cioè, ecco, non so se mi sono spiegato ma il senso è questo….”. Era impacciato come non mai ma, per una volta, Alain non lo prese in giro: anzi, sorrise sorpreso  e scese dal bancone per andare ad abbracciarlo.
“Ne sono felice! Ma… perché non sapevo nulla? Vecchia volpe… avevo inteso che il tuo cuore si struggesse per una donna ma…non credevo fosse Oscar. Ancora complimenti, ragazzi. State benissimo, insieme…perché non ci ho pensato?” disse.
Poi strinse la mano ad Oscar.
“…diciamo che è stato un colpo di testa. Ancora nessuno lo sa, a parte te…” rispose Andrè.
“….e tua nonna. Ha capito tutto, Andrè” disse Oscar intrufolandosi nella conversazione. Andrè la fissò sorpreso.
“Si, mentre mi accompagnava per la sessione di trucco…mi ha rivelato di aver capito tutto…” disse sorridendo.
“Ora dove sta, a proposito? Vorrei parlarle anche io…” disse Andrè.
Si guardò intorno, cercandola,  ma non la vide.
Tempo dieci minuti e il suo sorriso si tramutò in terrore: allentò il nodo della cravatta e slacciò i primi bottoni della camicia, in fame d’ aria.
“Non ti preoccupare, sarà nel giardino esterno” disse Alain “Ora mando una delle ragazze a cercarla….”

Andrè, tuttavia, non sembrò accettare la spiegazione e si alzò in piedi.

“Dopo l’ ultima esperienza… vado io a cercarla. ” disse. Oscar a sua volta si alzò; quindi, senza nemmeno salutare i presenti,  presero a camminare lungo tutto il perimetro del locale.
“Qui non cè ” disse Andrè osservando i divanetti “ e non la vedo nemmeno la…” aggiunse, indicando la zona della sfilata dove alcuni ragazzotti stavano smontando la struttura.
“Deve essere in giardino, per forza” rispose allora Oscar; allungò il passo e superato Andrè, si trovò sul plateatico esterno.  Nanny era li…e non era sola.
In piedi a pochi metri di distanza, la donna e Girodelle stavano, come se nessuno li vedesse, cinguettando amabilmente tête-à-tête ed a entrambi brillavano gli occhi.

Si girò, Oscar, per fermare Andrè.

Troppo tardi; l’ uomo li aveva ormai  visti e , con una mossa repentina, la sua mano aveva  afferrato ciò che restava di una bottiglia di vino lasciata sul tavolo  da chissà chi e in quel momento ne stava trangugiando il contenuto a grandi sorsate.

Alain, che li aveva raggiunti, guardò la scena.

“Credo che a questo punto i matrimoni potrebbero essere anche due….” disse, ridendo. Il viso di Andrè era una maschera di cera.
“E’ meglio se andiamo a casa” disse, solo; poi, andò verso sua nonna.
“…Sono grande abbastanza. Mi accompagnerà a casa questo bel giovanotto, vero?” disse, cinguettando come un usignolo in amore.
Oscar corse verso Andrè: visto il colorito delle sue gote, pensò che fosse una buona idea sorreggerlo.
“Ma sta succedendo davvero?” chiese l’ uomo ad Oscar. Lei annuì.
Senza dire altro, si presero per mano. Oscar sorridente, Andrè un po' meno.
“Ma…ma…” bofonchiò, quest’ ultimo, mentre camminava.
Oscar si fermò. Lo baciò.

“Andiamo a casa, Andrè. Dobbiamo pensare ad nostro matrimonio” disse raggiante. Ciò sembrò calmarlo; quando rientrarono, la preoccupazione per il fine serata di Nanny li aveva abbandonati da almeno una mezzora durante la quale non avevano fatto altro che baciarsi, ad ogni sosta, ad ogni semaforo rosso. 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***



 
«Lakmé: Dôme épais le jasmin
Mallika: Sous le dôme épais où le blanc jasmin
L.: À la rose s'assemble,
M.: À la rose s'assemble,
L.: Rive en fleurs, frais matin,
M.: Sur la rive en fleurs, riant au matin,
L.: Nous appellent ensemble.
M.: Viens, descendons ensemble.
L.: Ah! glissons en suivant
M.: Doucement glissons; De son flot charmant
L.: Le courant fuyant;
M.: Suivons le courant fuyant;
L.: Dans l'onde frémissante,
M.: Dans l’onde frémissante,
L.: D'une main nonchalante,
M.: D’une main nonchalante,
L.: Gagnons le bord,
L.: Où l'oiseau chante,
M.: Où la source dort.
L.: l'oiseau, l'oiseau chante.
M.: Et l’oiseau, l’oiseau chante.
L.: Dôme épais, blanc jasmin,
M.: Sous le dôme épais, Sous le blanc jasmin…
(continua)
 
Una leggera brezza, il sole ancora tiepido sulla pelle, Oscar camminava lenta dando il braccio – come uso – al padre. Il viso rilassato, nell’ incedere  sembrava  volasse leggiadra, avvolta da un abito bianco la cui forma a sirena  ne metteva in risalto la bellezza senza essere volgare e  senza eccesso alcuno.  La sua mano sinistra reggeva un bouquet di rose bianche, poggiato delicatamente sul ventre.
La musica, scelta dalla madre e apprezzata dagli sposi,  accompagnava ogni suo passo.
Il capo chino e  lo sguardo modesto a metà strada tra i suoi passi ed Andrè la rendevano ancora più bella. Sul capo, dove Girodelle aveva posato le sue preziose mani, un piccolo velo appena appoggiato sullo chignon e fermato da boccioli di rose scendeva morbido sulle spalle scoperte.

“Sei bellissima, figlia mia… ” le sussurrò il padre lungo il percorso “ Andrè è un uomo fortunato! …e non solo per questo…perché tu sei tutto ciò che un uomo possa desiderare.”
Oscar voltò leggermente il capo in direzione del padre, notando che gli occhi dell’integerrimo uomo tutto d’ un pezzo si erano velati di lacrime. Sorrise.
“Grazie “ bisbigliò, la voce calma , solo un po'tremante per l’ emozione. I due si fissarono con intensità; poi, la mano del padre consegnò la donna al suo futuro marito. Erano , infatti, arrivati a pochi metri dal gazebo in cui Andrè e l’ officiante , in quel momento girato di spalle, attendeva:
Jarjayes sfiorò con le labbra il dorso della mano di Oscar, poi le baciò la fronte; infine, si fece da parte per lasciare la donna insieme ad Andrè.

“E’ tua…come lo è stata da sempre, del resto” disse il genitore.

Andrè, stupito, lo guardò.
Poi fissò Oscar: tante erano le parole d’ amore che avrebbe voluto pronunciare , in quel momento. Si presero le mani, occhi negli occhi.
Infine, si voltarono all’ unisono verso l’ officiante.

“Penvenuti, cari amici!
Ziamo qui riunita , in questo sabato marzolina, per festecciare ciò che di più importanta ci zia al monto: l’ amora. Zi, quel zentimenta folle che ci fa perdere la huvud* e ogni racionevole  racione, che riempie la nostre giornate, che fa girare tutto a felocità folla…..”

 
La platea di invitati si zittì.

Le bocche aperte, spalancate, gli occhi fuori dalle orbite…tutti lasciarono ciò che stavano facendo – chi parlottava, chi fissava i due quasi sposi …- per ascoltare ma più che altro vedere l’ elemento che, davanti a loro, sostituiva  Monsieur Disleuil…

Andrè, praticamente paralizzato nel tight scuro che avvolgeva la sua figura e con un sorriso al limite dell’ isteria, si guardò in giro. Oscar, l’ unica a mantenere il sangue freddo, fece lo stesso.

“Chi è …questo ?” domandò a bassa voce alla prima persona che le capitò a tiro, ovvero Alain, testimone di Andrè.
“….E’ il fratello di Fersen, Fabian.  Monsieur si è sentito male dopo aver mangiato l’impepata di cozze in un ristorante italiano, ieri sera…e questo è ciò che abbiamo trovato , per così dire , al volo.
L’ officiante li fissò, sorridente.
Andrè, Alain e Oscar fecero un cenno di assenso con la testa.

“E ora?” domandò Andrè . Nel frattempo, un brusio si levò dagli ospiti.
Oscar si girò, fissò sua madre e suo padre, Nanny…

“Ed ora andiamo avanti…che altro ci resterbbe da fare?” disse senza mai perdersi d’ animo. 
“Io…io…no-no-no- non ci credo….” Balbettò Andrè. Il suo colorito era passato da roseo a verdognolo, in tinta con le punte dei capelli. Alain si avvicinò al suo orecchio.
“Andrè, ascoltami bene… Fabian non è poi tanto male, a parte qualche difetto di pronuncia….o questo o rimandare la cerimonia” disse effettivamente un po' a disagio.  I tre si fissarono, ancora. Il brusio, tra gli invitati, aumentava.

Alain si allontanò un attimo dagli amici.

“Perdonatemi, gente: questa piccola pausa è dovuta al fatto che ho dimenticato gli anelli ! “ disse, inventandosi una scusa al  momento. Ci fu chi tra gli amici, fischiò; chi applaudì. Monsieur Jarjayes si picchiò il palmo della mano sulla fronte.
Fabien sorrise ad Oscar e Andrè. I due si fissarono, ancora. Oscar sorrise.
“…beh, non si dica che il nostro sia un matrimonio noioso” disse. Probabilmente fu sentita, perché da amici e parenti arrivò una risata fragorosa. Nel mentre, Alain si allontanò giusto un attimo per giustificare il piccolo contrattempo che si era inventato e, quando tornò, tutto poté proseguire.

Pene! “ esclamò Fabian facendo impallidire zia Juliette e zia Clotilde, sorelle della madre “ ora noi pozziamo continua, zi?!?”
Andrè prese un sospiro. Fissò Nanny, presa dal controllare i ricci a Girodelle. Capì che quella giornata sarebbe stata un po' tutta così… e si rassegnò.
“Che Dio ce la mandi buona disse sottovoce ad Oscar. Lei alzò gli occhi al cielo.

“Si, vada avanti” risposero poi, all’ unisono.

 “Ecco. Dunque, benvenuti a tutti, auguro zia una giornata di gioia; vogliamo fare a questi due giovani un grande anguria per loro felicità? Prego, Monzier Alain, viene avanti a due tuoi amici…”.
Alain fece come richiesto.
“Tu hai detto di volere dire loro alcune parola, prima che cerimonia vada avanti con scambio anello che hai preza, vero?”
Alain si fece avanti. Annuì.
“Si” rispose quest’ ultimo “ Oscar, Andrè, vorrei solo fare due parole. So che dopo sarà tutta una girandola di eventi: saluti ai parenti, la cena…e poi la partenza per Dubai…ecco perché mi intrometto ora. Abbiate pazienza”
Andrè accolse l’ intervento dell’ amico con gioia e curiosità mentre Oscar, mano nella mano con il suo uomo, li fissava.

“…Sono stato sposato con te per poco, Andrè…” esordì Alain ridacchiando e facendo l’ occhiolino ad Andre, interrotto subito dalle risate provenienti dalle sorelle di Oscar – o almeno due di esse, Hortense e Josephine – “ ma ti conosco da sempre. Sei un uomo sincero, leale. Hai un cuore grande e conosci il valore delle parole amicizia e amore. Anche tu Oscar, sei una persona splendida. Fin dal primo momento che vi ho visto insieme ho capito che eravate, come dire…destinati: quindi… ragazzi, vi auguro un bene infinito. Vi auguro di realizzare  i vostri sogni, di svegliarvi la mattina con il sorrido sulle labbra. Spero che possiate restare così come siete e formare una coppia in cui è due a fare uno, e non il contrario….questo è il mio augurio. Ah, naturalmente…spero abbiate il buon cuore di invitarmi a Dubai per una vacanza…” concluse.

Andrè ed Oscar si strinsero accanto all’ amico, abbracciandolo. Ma il più piccolo dei Fersen li richiamò a dovere.
Ehm…dovremo proseguira” si sentirono dire, dopo pochi istanti.
“Mi scusi, ci stavamo dimenticando…” rispose Alain prendendo la parola al posto di Andrè “ mi scusi, vada pure avanti….”
Fabian Fersen, anni 22 e una zazzera bionda a coprire gli occhi, si schiarì voce; poi un suono gutturale uscì dalla sua gola.
“Si sente male?” domandò un Andrè sempre più sudato. Oscar riuscì a malapena a trattenere una risata. Ma ormai…erano in ballo.
“Credo sia qualche canto beneaugurante sciamanico” disse la voce di Victoire, sorella e testimone. Oscar annuì; rimasero quindi in ascolto finchè ciò che pareva una renna con i calcoli renali sembrò aver trovato la pace eterna.
Ora, per favore, prendete gli anelli” disse l’ officiante tornando serio, prima di girarsi a prendere alcuni nastri colorati poggiati su un tavolino accanto a lui” e poi giratevi, guardanto Oscar in occhio…”
Andrè fece come disse. Alain posò gli anelli sul tavolino.
Fersen junior li raggiunse, dunque; legò i nastri inorno ai loro polsi e poi, in un francese che non si aspettavano così perfetto, pronunciò la formula di rito. Infine, sciolse il nastro; allungò la mano e prese gli anelli.
“Ora tu, Andrea, prendi la mano di Oscare e pronuncia la tua promessa” disse.

Andrè afferrò la mano sinistra della sua amata. Il viso, tornato sereno e di un colorito normale, si posò su di lei regalandole un bacio.

 “Oscar, mia amata, ti conosco da sempre. Siamo cresciuti insieme, abbiamo condiviso le nostre strade, ci siamo allontanati. Ma i nostri cuori non sono mai stati distanti ed ora…ora sono riuniti. Ti amo, Oscar, non so e non voglio dire altro: ogni mia parola sarebbe superflua. Ti dono questo anello, amore mio, simbolo del mio amore.
Fu dunque il turno di Oscar. Posato il bouquet tra le mani della sorella, prese l’anello destinato ad Andrè e lo infilò al suo anulare.

“Per molto tempo non mi sono resa conto che ciò di quanto potessi desiderare di più al mondo era, ed è sempre stato, davanti a me. Non ho riconosciuto l’ amore, per alcuni brevi istanti; ma ti ringrazio per aver preso le mie mani, avermi parlato, avermi condotta verso la strada che ora ci vede qui, uniti, insieme.  Ti prometto il mio amore, ti prometto me stesa. Ti amo, Andrè…e ti amerò per sempre”. Fabien, che si era messo da parte per lasciare il momento ai due sposi, tornò da loro.
“Ziete ora uniti, da adesso e per zempre” disse sorridendo; alle loro spalle , una marea di coriandoli esplose.
“….E’ vero? Ci siamo riusciti? Ci siamo sposati?” disse Andrè, chinandosi su Oscar e sollevandola tra le sue braccia.
“Penso proprio di si” rispose lei “ ma ora…ora dove mi porti?” domandò.
Andrè sorrise.
“Al tavolo degli sposi, ma voglio farlo con stile!” rispose Andrè iniziando a camminare.
Nanny, Madame e Monsieur Jarjayes, parenti e amici si fecero da parte; nella pioggia di coriandoli che ancora continuava a cadere su di loro, presero dunque posto…e la festa, finalmente, ebbe inizio.
Tutto trascorse, dunque, senza più intoppi: la cerimonia che all’ inizio li aveva sorpresi, quasi spaventati, sarebbe stata per sempre nei loro ricordi.
“Zpera di non avere fatto danni”  disse loro Fabien, timidamente, quando li raggiunse con il fratello e Connard per rinnovare gli auguri. Oscar sorrise.
“Non si preoccupi, Fabian. E’ stata una cerimonia fuori dal comune..” disse. Un Fersen sobriamente vestito in doppiopetto scuro,  stretto al marito, ringraziò loro di tanta magnanimità.
“Ha iniziato da poco, grazie per avergli dato questa opportunità” disse. Andrè a sua volta lo rassicurò e, anche questo piccolo fuoriprogramma, finì negli annali di una giornata che davvero non avrebbero dimenticato.

Balli, danze, buon cibo…tutto questo accompagnò sposi ed invitati verso la sera che ormai stava scendendo.
I nipoti di Oscar correvano liberi per il giardino, rallegrando con le loro vocine tutti coloro che li osservarono; Nanny, poco distante da loro, parlottava con le zie di Oscar.
“Mi mancheranno” disse Andrè, guardandosi intorno.
“Anche a me…” fece eco Oscar “ pensare che…che domani a quest’ ora saremo a Dubai…mi fa girare la testa!”
Andrè strinse la mano della donna.
“… a che ora arriverà il taxi?” domandò.
“Alle tre” rispose lei.
Andrè si alzò.
“…dove vai, ora? “ chiese Oscar.
Il neo marito fece una sorta di inchino.
“Vorrei invitarla ad un ballo, se non è già impegnata con qualcuno…” disse, imitando i damerini settecenteschi. Oscar si alzò “ non vorrà chiudere questa giornata senza un ballo, mi auguro…”Oscar si alzò, restando al gioco.Si inchinò a sua volta e sorrise.
I due andarono quindi verso lo spazio dove già Alain si stava dando da fare, danzando con Sabrine, la fidanzata di Xavier, e quest’ ultimo. Appena li vide fece loro spazio e, con un gesto, alzò la mano in direzione del dj che si era portato dal locale che, invece di un classico valzer, fece partire la classica musica da discoteca ad un volume che riuscì a coprire perfino il suono di una ambulanza che ,nei pressi, stava transitando.
Il tempo, tra risate e danze, passò più in fretta di quanto si aspettassero. Girodelle, Fersen ed il marito, Victoire, Hortense furono gli ultimi tra gli invitati a lasciare la pista da ballo; infine toccò a loro che, fermatosi in mezzo al gruppo di persone rimaste fino a quel momento, pensarono bene di salutare tutti.
“Vi ringraziamo, di cuore. Ringraziamo chi c’è e anche chi è stato colto dal sonno o dai fumi
dell’ alcol” disse Andrè, sull’ allegro andante “ però ora…dobbiamo partire. Ci vediamo tra sei mesi…” disse.  Oscar si strinse a lui. I presenti dedicarono loro un applauso e poi si fermarono a salutarli; dopodiché, finalmente, riuscirono a raggiungere la loro stanza.
“Credo non me lo scorderò per il resto della vita” disse Oscar entrando, levandosi le scarpette di raso e maneggiando con la cerniera del vestito. Andrè , dietro di lei, la aiutò e prese a baciarle la schiena.
“Nemmeno io” rispose, tra un bacio e l’ altro “ però ora, prima di partire, avrei qualcosa da dire e fare…anzi farti…”.
Oscar lasciò a cadere a terra il vestito e Andrè allungò la mano per spegnere la luce. Prima di partire, effettivamente, avevano un impegno molto, molto importante.
 
***


La vita a Dubai fu, per i primi periodi della luna di miele ed anche dopo, un lungo, eterno sogno.
Giunti sul posto in una delle rarissime giornate di pioggia  - che secondo le previsioni del mese, avrebbero potuto raggiungere al massimo un numero pari a otto – andarono, sin da subito, ad alloggiare nella casa che Oscar aveva trovato presso la zona residenziale della città; il tempo di cambiarsi ed erano risaliti su di un aereo per visitare il resto del paese. Per una ventina di giorni, si lasciarono alle spalle qualsiasi cosa godendo solo di loro stessi e delle bellezze che gli occhi coglievano; ma anche quei giorni passarono, arrivando alla normalità ed alla vita di tutti i giorni. Ma questo non turbò né cambiò nulla, logicamente: al mattino, mentre Oscar usciva per i vari sopralluoghi che si era prefissata di compiere oppure si trovava in riunione con qualche futuro partner commerciale, Andrè si dedicava al relax come letture, piccole passeggiate; talvolta, invece rimaneva in casa , dando una mano ad Oscar per quanto riguarda incombenze pratiche, d’ ufficio. Alla sera, infine, quando lei tornava, una cena fuori e lunghe camminate sulla spiaggia mano nella mano, immaginando il loro futuro…Cosa avrebbero potuto chiedere, di più?
Fu in una di queste giornate, quando ormai si trovavano a Dubai da tre, forse quattro mesi, che ricevettero una telefonata: Nanny li avrebbe presto raggiunti. Non so ancora quanto vivrò, voglio godermi la vita aveva detto ad un Andrè stupito. Hai ragione, nonna, le aveva risposto
quest’ ultimo. Per Oscar fu una notizia bellissima. Avrebbe fatto bene, a nonna e nipote, stare insieme…gli ultimi tempi e le problematiche di salute della nonna li avevano fatti preoccupare molto. Quindi, un venerdi mattina di luglio e con la calura che già si stava facendo opprimente, Andrè si alzò presto , cercando di non svegliare Oscar: era il suo unico giorno di riposo e voleva che si riposasse….l’ aveva vista molto stanca, nei giorni precedenti. Si preparò, quindi…ed una
mezz’ ora dopo , presa la macchina che i due avevano noleggiato a lungo termine, partì. La città era ancora addormentata, per lo meno in quella zona. Fu piacevole viaggiare in macchina. Quasi rilassante.
Arrivò in aeroporto con largo anticipo.
Dopo aver parcheggiato, si avviò in direzione del gate dove, di li ad una oretta, sarebbe comparsa Nanny ; nell’ attesa, decise che sarebbe andato a comprarle un mazzo di fiori.Così fece e , quando finalmente annunciarono l’apertura dei gate, si preparò ad accogliere la vecchina.
Intorno a sé aveva molta gente.
Un via vai di voci e di nazionalità , per un attimo, lo stordì….ma finalmente, quando ormai gran parte delle persone se ne era andata, la vide: nsolitamente allegra e vestita di un completo in lino dai colori chiari, camminò spedita verso il nipote.
“Nonna, sono felice di rivederti! E’ andato bene il viaggio?” domandò Andrè porgendole i fiori. La donna lo abbracciò forte  e si guardò in giro.
“Grazie , caro, tutto bene. Oscar non c’è?” domandò.
“Sta dormendo, è il suo unico giorno libero. Ma...nonna…” disse guardandosi in giro “ non hai portato alcuna valigia?

La vecchina fece segno dietro di sé.

“…a quelle ci pensa Victor” disse, come se nulla fosse.
“…Vi…vivi…vivictorchiiiiiiiiiiii?” balbettò Andrè.
Nanny lo fissò, torva.
Victor de Girodelle” rispose, come se nulla fosse.
Andrè fece buon viso a cattivo gioco.
“…e, di grazia, cosa ci fa Girodelle qui, con te, con le tue valigie?”
Nanny lo fissò sorpreso.

“Ma come, non hai ricevuto il mio telegramma? Ci siamo sposati tre giorni fa. No, non dire niente, nipote mio: non giudicarmi, ma lasciami vivere la mia vit-“
La vecchina si zittì.
Un gran tonfo le fece abbassare gli occhi ai suoi piedi, dove Andrè era giusto, appunto, svenuto.
“Temo sia stata una notizia un po' forte, mio caro” disse, rivolgendosi al giovane marito nel frattempo sopraggiunto. Girodelle fissò Andrè, sdraiato a terra. Una folla di curiosi si avvicinò.
“Lo credo anche io,  ma cherie” rispose lui posando le valige a terra, avvicinandosi all’ uomo e sollevandogli la testa.
“Ha perso i sensi. Forse è meglio chiamare una ambulanza…ci sarà un medico, in aeroporto?” chiese.
Girodelle e Nanny si fissarono, preoccupati. Infine, un uomo in divisa arrivò, fortunatamente, in soccorso.




Andrè si risvegliò in un letto di ospedale; accanto a lui, Oscar. Aveva il viso pallido, occhiaie profonde.

“…Cosa mi è successo?” domandò.  Guardò la stanza, in cui risiedeva solo lui. Dalla finestra si potevano notare i palazzi circostanti ed un cielo pezzato da nuvole.
“…Hai battuto la testa…ora come stai? Hai dolore da qualche parte?” rispose lei.
Andrè si tastò, constatò che non aveva nulla di rotto, a parte un forte dolore al collo. Nella mente rivide la scena e gli ultimi istanti prima di svenire.
“…Mia nonna….oddio, Oscar…la nonna, dove è?” domandò.
Lei sorrise.
“E’ fuori, con…con Victor” rispose “ ….certo che….certo che ha fatto…una bella sorpresa!”
Andrè appoggiò il capo sul cuscino. Una fitta gli fece, per un attimo, chiudere gli occhi.
“Altro che sorpresa. Avrebbe potuto farmi venire un infarto…” rispose.
Oscar si avvicinò e gli prese la mano.
“…non ti preoccupare. Sono così teneri…” disse.
“Teneri un corno. Hanno trent’ anni di differenza…” rispose lui.
Oscar sospirò.
“Cosa importa? L’ amore è amore, Andrè…. Capisco sia difficile accettarlo, ma è giusto e sacrosanto che tua nonna possa rifarsi una vita…” rispose.

Andrè pensò che non aveva tutti i torni, e che avesse esagerato, nelle sue reazioni. Ma tutto sarebbe stato difficile da digerire. Oscar pensò bene di cambiare argomento. Il tempo, forse, avrebbe aiutato il marito a comprendere e accettare le cose.
“Se tutto va bene, ti dimetteranno entro sera” disse, quindi. Andrè annuì. La fissò.

“Oscar…mi sembri stanca. C’è qualcosa che non va?” domandò.
I gesti, le parole, perfino l’ incedere dei suoi passi gli sembravano diversi. Che questa storia l’ avesse colpita, anch’essa, più di quanto potesse immaginare?

“No, non c’è nulla: sto benissimo” la rassicurò lui “ ho solo un leggero mal di testa…ma sono stata dal medico, due giorni fa. Tranquillo. Dice che è un momento di debolezza e che passerà…un po' di riposo e cibo sano potrebbero servire…”.
Andrè fu sollevato.

“…Non mi hai detto nulla: avrei potuto accompagnarti. Perché ci sei andata da sola?” domandò lui. Al contempo, afferrò un bicchiere d’ acqua e ne prese una gran sorsata.
La donna si avvicinò, si chinò. Baciò il marito le cui labbra fresche regalarono una piacevole sensazione; infine, prese la mano di Andrè e la posò sul ventre.
“Ecco, Andrè…il matrimonio di tua nonna non è l’ unica sorpresa di oggi. Aspettiamo un figlio, Andrè” disse.
Mai voce, mai frase sembrò più soave, all’ uomo. Per un attimo i suoi occhi vagarono per la stanza, realizzando le parole che aveva appena ascoltato. Poi tornarono a posarsi su quel ventre. Su quelle mani unite.

“no…non è uno scherzo, verso?” chiese incredulo. Lei negò.

Aprì le braccia, Andrè, per accogliere Oscar e abbracciarla forte. La fece stendere accanto a sé, delicatamente. E quando i loro visi si sfiorarono, finalmente, parlò.
“Mi hai reso la persona più felice su questa terra, Oscar François de Jarjayes: niente, davvero, può più turbarmi, ora. Io…io ancora non ci credo: diventeremo genitori! “ esclamò.
Gli occhi di Oscar lasciarono cadere alcune lacrime sul viso di Andrè.

“Ti amo. Per la vita, ed oltre!” sussurrò lui.
“Ti amo, amore mio” rispose Oscar.

Insieme, abbracciati, dimenticarono quindi per un attimo tutto ciò che era accaduto. Ripensarono ai giorni passati insieme, alla loro gioventù; pensarono al matrimonio, a quei giorni così intensi. Tutto questo mentre i raggi del sole si posarono, leggeri, su di loro, filtrando da nuvole di passaggio. Regalando loro un bellissimo, sereno avvenire.
 
 
 
 
 

 




 

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