La leggenda del Lupo Rosso

di Kifuru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La promessa di un uomo ***
Capitolo 2: *** Incontro di valutazione ***
Capitolo 3: *** La Divisione Omega ***
Capitolo 4: *** Il Natale del dopoguerra ***
Capitolo 5: *** Orizzonti ***
Capitolo 6: *** Tattiche, Schiantesimi e Coltelli da lancio ***
Capitolo 7: *** Le armi magiche ***
Capitolo 8: *** La scelta ***
Capitolo 9: *** Tormenti ***
Capitolo 10: *** L'oscurità nel cuore ***
Capitolo 11: *** Accettazione e rinascita ***



Capitolo 1
*** La promessa di un uomo ***


1 CAPITOLO
 
La promessa di un uomo
 
Gennaio, 1998
Inghilterra, Foresta di Galloway
 
Il freddo era diventato un compagno fedele ed abituale. Ronald Weasley si era da tempo adeguato al gelo implacabile dell’Inghilterra, soprattutto al freddo che calava in piena notte, ancora più rigido, spettrale e letale. Qualche settimana prima durante le interminabili giornate di ricerca, Ron aveva potuto visitare così tanti posti selvaggi e spettacolari, anche se non c’era mai il tempo di ammirare veramente ciò che vedeva.

Il Deluminatore lo conduce senza sosta per molta strada lungo la via del ritorno. La voce della ragazza che amava lo accompagnava incessantemente come una luce nelle tenebre, fino a quando riuscì a raggiungere l’oscura Foresta di Dean. Ciò era accaduto diversi giorni prima, il giorno in cui finalmente egli riuscì a ritrovarli, il giorno in cui dovette affrontare la più terribile e difficile prova della sua giovane vita. Una prova che affrontò e che superò.

In realtà, i primi mesi di caccia agli Horcrux erano stati i più duri per Ron. La terribile ferita alla spalla, che si era procurato durante l’incursione al Ministero della Magia, lo aveva debilitato fisicamente ed emotivamente. Senza le amorevoli cure di Hermione sarebbe morto di certo, ma il peggio accadde poco tempo dopo. Il medaglione maledetto scavò a fondo su di lui, alimentò con forza le paure e gli oscuri pensieri che l’avevano da sempre tormentato. Il costante timore di non essere necessario: per la propria famiglia, per il suo migliore amico e soprattutto per la ragazza che amava. La cieca paura di non poter essere amato veramente.

Tutte le insicurezze e le paure del suo animo ebbero definitivamente la meglio su di lui sotto la malefica influenza del medaglione di Serpeverde e ciò lo condusse a commettere il peggiore errore della sua vita, una colpa che forse non avrebbe mai potuto cancellare.

In passato aveva commessi molti errori, soprattutto nel suo complicato rapporto con Hermione, ma la gravità della sua fuga superava di gran lunga ogni ragazzata del passato. Li aveva abbandonati nel bel mezzo della caccia, li aveva lasciati da soli a rischiare la vita. Il dono di Silente si era rivelato fondamentale per il ritorno di Ron e quando finalmente ciò avvenne, egli non si sarebbe mai aspettato un’immediata e definitiva resa dei conti.

In realtà, la vera lotta non fu contro l’Horcrux che l’aveva tormentato per mesi, il vero combattimento di Ron si svolse con i demoni interiori del suo passato. Il giovane Weasley vide con i propri occhi le paure più profonde del suo animo e solo con grande sofferenza riuscì alla fine a sconfiggerle e a distruggere l’oggetto maledetto. Finalmente un Horcrux in meno.

Quella notte Ronald Weasley comprese molte cose. Capì che prima ancora di essere un mago potente, egli voleva essere più di ogni altra cosa un brav’uomo, una persona che avrebbe reso orgogliosi i propri cari, un uomo che non avrebbe più fatto soffrire la ragazza di cui era follemente innamorato. Non appena calò la spada di Grifondoro con forza e rabbia sull’oggetto, che per tanto tempo aveva scavato così crudelmente sulla sua anima, Ron prese una decisione, fece una promessa solenne con sé stesso: avrebbe protetto le persone che amava ad ogni costo e non si sarebbe mai più vergognato così tanto di sé stesso.

Nei giorni seguenti accettò, nonostante il dolore emotivo, tutta l’immensa rabbia gelida e silenziosa di Hermione, perché sapeva di meritarla. Lei lo ignorava, lo trattava con freddezza, ma Ron incassò tutto, sollevato di aver avuto almeno una seconda occasione per rendersi utile in quella guerra.

 
Ron si strinse il lungo mantello intorno alle spalle, proseguendo diligentemente il turno di guardia che durava ormai da diverse ore quella notte. L’indumento era riscaldato da un utile incantesimo di Hermione e anche se non poteva ammetterlo apertamente, era contento di potersi scaldare con la brillante magia della ragazza dei suoi sogni. Leggeri passi alle sue spalle gli dissero che finalmente il suo turno era finito. Il suo migliore amico lo raggiunse in silenzio, poggiandogli una mano sulla spalla.

< < Torna dentro a scaldarti. Sei stato qui fuori al gelo per molte ore > > disse Harry Potter con voce gentile.

Il rosso si stiracchiò rumorosamente dopo tutto il tempo passato seduto su una roccia. < < Non sono così stanco. Se vuoi posso coprire anche il tuo turno. Tu ed Hermione avete passato una giornata intera impegnati nelle vostre ricerche. Avete bisogno di riposo > >.

< < Idiota > > ribatté il moro esasperato < < Tu, invece, hai passato la giornata a cacciare e a recuperare provviste per i prossimi giorni. Forse sei tu quello ad avere maggiormente bisogno di riposo > >.

Ron si passò stancamente una mano tra i folti capelli rossi, quasi fradici per il freddo e l’umidità. < < E’ solo che vorrei rendermi utile > > aggiunse imbarazzato. Harry lo squadrò comprensivo. A differenza di Hermione, lui aveva accattato immediatamente il suo ritorno, l’aveva perdonato nell’istante stesso in cui era tornato. D’altronde al momento del suo rocambolesco ritorno, Ron gli aveva salvato la vita.

< < E’ meglio dividerci sempre i turni, Ron > > disse saggiamente il moro. < < Sai bene che durante il giorno dobbiamo essere nel pieno delle forze, non possiamo permetterci alcuna debolezza. Siamo ancora lontani dalla conclusione di questa follia > >.

< < Hai ragione > > convenne Ron, ancora più a disagio < < E’ solo che…. > >.

< < Ti perdonerà, Ron > > lo interruppe con forza Harry < < Dalle solo un altro po’ di tempo e vedrai che ti perdonerà. Lo fa sempre > >.

< < Da quando vi conosco siete sempre stati così > > aggiunse il ragazzo, con una risata allegra < < Credo proprio che certe cose non cambieranno mai, Ron. Continuerete a litigare come bambini, ma il vostro legame non cesserà mai di esistere e presto si evolverà in qualcosa di più, ne sono più che certo. Devi soltanto avere pazienza, Ron. Capirai quando arriverà il momento giusto > >.

Ron sorrise amaramente, non riuscendo a trovare le parole per rispondere. Era grato al suo migliore amico per la comprensione e grazie alle sue parole una certa speranza si riaccese dentro di lui. Desiderava più di ogni altra cosa che tutto ritornasse come prima, ma se lui stesso faceva molto fatica a perdonarsi, come avrebbe potuto farlo Hermione? Abbandonata così vigliaccamente dalla persona di cui doveva fidarsi ciecamente.

< < Ci vediamo domani, Harry. Fai attenzione > >.
 
*************
 
Ron rientrò nella tenda, godendosi immediatamente il confortevole calore del fuoco incantato. I suoi occhi si posarono sulla ragazza dei suoi sogni, seduta, come era sua abitudine, nell’unico tavolo colmo di mappe e volumi che lei abitualmente consultava. Hermione alzò gli occhi solo per un attimo su di lui prima di tornare alla sua lettura, ma il giovane ebbe comunque l’impressione di vedere una nota sollievo sul suo volto.

Le orecchie del giovane assunsero un colorito scarlatto mentre si avvicinava cautamente alla ragazza. < < Hermione > > la chiamò titubante per salutarla.
Nuovamente la strega alzò gli occhi su di lui, squadrandolo freddamente per un breve momento. < < Ronald > > disse in tono gelido.

< < Non dormi? > > chiese gentilmente il rosso, ma non ricevette alcuna risposta.

< < Mi chiedevo se….. > > disse ancora Ron, quasi balbettando < < Insomma, ti serve qualcosa? Posso aiutarti in qualche modo? > >.

Hermione lo fissò rabbiosa, sbattendo una mano sulla pagina che stava leggendo. Si dimostrava ancora più furente nel vederlo così disponibile e gentile. < < L’unica cosa che mi serve, Ronald, è non essere disturbata mentre leggo e studio le nostre prossime mosse. Forse l’avrai dimenticato mentre eri via chissà dove. Noi abbiamo avuto pause, abbiamo continuato questa caccia, perciò gradirei non essere disturbata > >.

< < Inoltre > > aggiunse con una risata gelida non da lei. < < Dubito fortemente che tu possa aiutarmi nell’analizzare questi volumi, ragion per cui ti consiglio di andare a letto e non disturbarmi più. Domani dovremo partire alle prime luci dell’alba > >.

Il ragazzo sentì una dolorosa stretta al petto, un dolore che era diventato così familiare negli ultimi giorni. Tuttavia si limitò ad annuire debolmente, evitando lo sguardo furente della ragazza. < < D’accordo, allora sarò nella mia branda se avrai bisogno di me. Buona notte, Hermione > >.

A passi lenti Ron raggiunse la propria branda, mentre alle sue spalle la sua migliore amica sfogliava le pagine del grosso volume con una tale energia che il giovane pensò si stesse strappando una dietro l’altra.

< < Normalmente Hermione non tratterebbe un libro in questo modo > > penso amaramente il rosso, mentre si stendeva.

Restò per molto tempo disteso senza riuscire a prendere sonno, ricordandosi costantemente della presenza di Hermione grazie al ritmico sfogliare delle pagine. Per quasi un’ora un silenzio teso e imbarazzato dominò l’ambiente della tenda. Ron non riusciva ad addormentarsi nonostante l’enorme stanchezza. Da quando era tornato, aveva molto spesso tentato di aprirsi con Hermione, ma sempre senza successo.

Tuttavia, quella notte egli sentiva di dover fare di più, non gli importava se avesse continuato a trattarlo in quel modo, lui doveva almeno rassicurarla. Non aveva mai sentito un impulso simile e c’era il forte rischio che potesse alimentare ulteriormente l’ira di Hermione, ma questo non l’avrebbe fermato.

Si alzò di scatto dalla branda, facendo sussultare la ragazza per la sorpresa. Ron si avvicinò al tavolo con una nuova determinazione, che la stessa Hermione poté chiaramente ammirare nei suoi occhi blu, al punto da dimenticare per un momento persino la propria rabbia.

< < Hermione, sono ben consapevole degli errori che ho commesso > > iniziò il giovane, con coraggio.

< < Soprattutto di quelli che ho commesso con te. Avervi abbandonato………..averti abbandonato è stata la peggiore cosa che potessi fare in questa vita. Tuttavia sto cercando di imparare a convivere con i miei errori per porvi rimedio e lo faccio cercando di essere una persona migliore. Non posso cambiare ciò che ho fatto, vorrei tornare indietro, vorrei averti ascoltato quando hai cercato di fermarmi, ma non l’ho fatto > >.

< < Non so se troverai mai la forza per perdonarmi, Hermione, né tantomeno potrei costringerti a farlo. Però almeno posso farti una promessa qui e adesso: io non ti abbandonerò mai più, Hermione. Fin quando tu lo vorrai io resterò al tuo fianco e ti giuro che non sarò mai più un uomo che deve vergognarsi così tanto di sé stesso. Io aiuterò te ed Harry in ogni modo possibile fino alla fine.  È una promessa che manterrò ad ogni costo > >.

Hermione non riuscì più a resistere. Non c’era più rabbia nel suo volto, solo tristezza mista ad un’infinita stanchezza. Le lacrime scendevano senza che lei potesse fare nulla per fermarle.

< < Come hai osato lasciarmi? > > disse la ragazza, singhiozzando. La voce pericolosamente vicina ad un urlo di dolore e furia.

Il dolore al petto lo fece quasi cadere in ginocchio. Non voleva più farla soffrire e desiderava ardentemente che lei si potesse di nuovo fidare di lui. Si avvicinò a lei cautamente, aspettando che facesse qualcosa per fermarlo. Hermione si limitò a fissarlo addolorata, lasciandolo continuare.
Ron le posò gentilmente una mano sulla guancia, asciugando con cura le lacrime.

< < Mi dispiace tanto, Hermione. Ti renderò fiera di me e quando questa maledetta guerra sarà finita, ti giuro che ti dirò ogni cosa. Ogni cosa. Non ti nasconderò più nulla > >.

Il riferimento era chiaro e nonostante tutta la tristezza e la rabbia ancora forte, Hermione Granger sentì una ventata di speranza riaccendersi dal buio più assoluto. Era sempre così tra loro due: bastavano poche parole per far rifiorire il loro rapporto. La giovane strega era certa del fatto che alla fine della guerra non ci sarebbe stato più alcuno spazio per tentennamenti o resistenze e così finalmente la loro vita insieme sarebbe potuta cominciare. Dimenticando ogni prudenza, Ron l'abbracciò senza esitazione con un disperato bisogno di sentirla vicina. Hermione restò per un attimo immobile tra le sue braccia, forse incapace di decidersi se fidarsi o meno, ma poi si strinse a lui con forza, sbattendo la testa sul suo petto.

< < Non provare a lasciarmi di nuovo > > disse la ragazza, mentre continuava a piangere. < < Non osare mai più farlo, Ronald Weasley > >.

< < Non lo farò. Te lo giuro, Hermione. Resterò sempre al tuo fianco > > sussurrò semplicemente lui.

Restarono abbracciati per un tempo indefinito e quando finalmente si separarono, Hermione aveva finalmente smesso di piangere. Lei gli regalò il primo vero sorriso dopo settimane e Ron pensò immediatamente di poter fare qualsiasi cosa grazie a quel semplice gesto. Si avvicinò di nuovo alla branda e prima di coricarsi, sorrise anche lui alla ragazza dei suoi sogni.

< < Buona notte, Hermione. Fammi sapere se ti serve qualcosa > >.

Questa volta il rosso sentì di poter prendere sonno in breve tempo. Le emozioni che aveva provato nel manifestare con chiarezza la sua promessa lo avevano stremato più del lungo turno di guardia. Poggiò la testa sul cuscino e si ritrovò a riflettere sul fatto che un giorno avrebbe dovuto essere completamente sincero con lei. Non soltanto riguardo ai propri sentimenti, ma anche riguardo a ciò che era accaduto realmente la notte in cui aveva distrutto il medaglione.

Le ultime parole che udì Ron prima di addormentarsi non appartenevano più ad una voce triste, arrabbiata o fredda. Era un tono di voce caldo, carico di speranza e aspettativa per il futuro.

< < Buona notte stupido > > disse dolcemente la ragazza che amava con tutto il cuore.

Finalmente Ron poté nuovamente godersi un sonno sereno e riposante.
 
**********
 
Luglio, 1998
Inghilterra, la Tana

 
Dopo un’interminabile giornata al lago, Hermione costrinse il suo ragazzo a fare un’altra lunga passeggiata prima di rientrare a casa. Harry, Ginny, Ron e Hermione avevano trascorso una divertente e serena giornata nel piccolo lago situato poco lontano la Tana. Un posto splendido, dove i quattro ragazzi si rilassarono, giocarono schizzandosi a vicenda in acqua come ragazzini, chiacchierarono e tra le rispettive coppie si sbaciucchiarono senza vergogna, anche se Ron abitualmente sbuffava sonoramente nel vedere Harry baciare la propria sorellina. Ma non appena Hermione prendeva possesso delle sue labbra, Ron tendeva a dimenticarsi di ogni cosa come sempre, entrando in un mondo dove c’erano soltanto lui e la sua ragazza.

Al termine di quella lunga giornata estiva, i ragazzi stavano per rientrare a casa, quando Hermione afferrò la mano del suo ragazzo, intrecciando le dita con le sue. < < Dove credi di andare? > > chiese allegramente lei.

Ron la guardò divertito, sporgendosi per baciarla castamente. < < Che cosa hai in mente, amore? Dovremmo riposarci un po’ prima di cena > >.

< < Mi chiedevo se volessi fare una passeggiata con me prima di rientrare per la cena > > rispose Hermione con voce seducente, stringendosi a lui.

< < Voi due siete proprio disgustosi > > commentò Ginny, mentre Harry le circondava un braccio intorno alle spalle.

< < Ci vediamo più tardi > > disse Harry, avviandosi con la rossa verso casa. Il moro lanciò ai suoi migliori amici un’occhiata maliziosa. < < E cercate di non farla durare troppo questa passeggiata o la signora Weasley potrebbe venire a cercarvi > >.

< < Chiudi il becco, Harry > > sbottò Ron, le orecchie pericolosamente vicine al rosso fuoco, cosa che Hermione aveva sempre adorato.

La riccia ridacchiò di gusto, anche se le sue stesse guance avevano assunto un evidente colorito rossastro. Dopo aver saluto i due amici, Hermione iniziò letteralmente a trascinare il suo ragazzo verso le familiari campagne confinanti al piccolo giardino della Tana. Con il tramonto sempre più vicino, l’aria si fece più fresca, difatti la giovane coppia si godette pienamente la passeggiata su quei sentieri che Hermione aveva imparato a conoscere così bene durante le settimane passate.

Ron l’aveva portata a visitare i tanti luoghi della sua infanzia. Avevano trascorso intere giornate insieme a baciarsi, a ridere e a parlare con serietà o allegria a seconda delle circostanze, consolidando il loro legame già così forte dopo ben sette anni di amicizia. Ovviamente continuavano anche i loro battibecchi, ma entrambi avevano imparato ad apprezzare anche i loro soliti litigi, i quali, a differenza di quanto accadeva in passato, si concludevano con loro due aggrovigliati in intense attività amorose.

Qualche settimana prima Hermione aveva finalmente recuperato i suoi genitori in Australia, ripristinando i loro ricordi. Ignorando ogni protesta, Ron l’aveva accompagnata, supportando la ragazza nella ricerca, fino al momento in cui Hermione aveva liberato i suoi genitori dall’incantesimo che lei stessa aveva compiuto quasi un anno prima. Anche se c’erano stati diversi momenti di tensione, il viaggio era stato incredibilmente piacevole, il primo che fecero come coppia. La riccia ridacchiò come una bambina ripensando alle comiche scenate del suo ragazzo durante il volo di andata.

Tuttavia, nonostante fossero riusciti finalmente a dare inizio alla loro storia d’amore, le ferite causate dalla guerra erano ancora troppo fresche. La battaglia finale di Hogwarts aveva causato così tante vittime: Tonks, Lupin, Fred e molte altre giovani vite stroncate dalla follia di una guerra assurda.

La perdita di Fred Weasley era stata devastante per tutta la famiglia. Harry ed Hermione sostennero senza sosta quelle amabili persone dai capelli rossi, che li avevano accolti in casa da quando avevano appena undici anni. Harry fu una vera e propria roccia per Ginny, mentre Hermione si prese l’incarico di affrontare tutto il dolore del ragazzo che amava. Con la sua vicinanza, Ron trovò la forza di reagire al terribile dolore.

In realtà il più giovane maschio dei Weasley aveva dimostrato un’ammirevole forza durante i terribili giorni di lutto, sostenendo costantemente la propria famiglia, soprattutto George. Quest’ultimo non mostrava alcun segnale di ripresa, la perdita del fratello gemello lo aveva privato di una parte di sé stesso che non sarebbe mai più tornata. Eppure a piccoli passi fu proprio Ron a spronarlo a riprendere a vivere, a ricostruire ciò che Fred aveva amato, ciò per cui lui aveva combattuto sacrificando la vita: la gioia della risata. Ron e George si impegnarono strenuamente e insieme riaprirono il negozio di scherzi, cercando anche di migliorarlo e ampliarlo.

Tuttavia, quando era da solo con Hermione, soprattutto nelle ore notturne, Ron si lasciava andare in lunghe e disperate crisi di pianto, mentre lei instancabile lo teneva stretto tra le braccia, lo carezzava, gli parlava dolcemente e lo baciava asciugando le lacrime di dolore. Dopo la battaglia, Ron le aveva finalmente detto come si sentiva, le aveva detto che era perdutamente innamorato di lei. Quest’ultima era stata ben felice di ricambiare, gettandogli le braccia al collo e dichiarandosi a sua volta. D’altro canto era stata lei a baciarlo per prima.

 
Ron ed Hermione raggiunsero in silenzio mano nella mano la cima di una delle tante colline della zona, dalla quale in lontananza erano ancora ben visibili le luci di casa Weasley.

Ron si sedette sotto un grosso albero sull’erba finalmente fresca con l’arrivo sempre più vicino della sera, poggiando la schiena contro il tronco. Subito venne imitato dalla riccia che si sedette davanti a lui accoccolandosi comodamente sul suo petto. Hermione sorrise soddisfatta, quando sentì le calde braccia del ragazzo strette intorno alla propria vita.

Restarono ad ammirare il tramonto in silenzio, sereni e soddisfatti per la loro vicinanza. Ron si limitava a massaggiare pigramente la pancia della sua ragazza sotto la maglietta estiva, baciandole di volta in volta il capo.

< < Allora a cosa devo questa passeggiata? > > chiese il rosso, distendendo le gambe e stringendosi di più a lei.

Hermione ridacchiò intrecciando le dita con le sue. < < Non volevo semplicemente dividerti con nessuno per qualche ora. Va benissimo divertirci con Harry, Ginny e gli altri tuoi fratelli, ma qualche volta vorrei poter avere il mio ragazzo tutto per me > >.

< < Non posso che essere d’accordo con te > > rispose sorridente Ron, baciandole una guancia.

Hermione si girò a guardarlo, per poi posargli le mani su entrambi i lati del viso. Restò per un po’ incantata dai suoi occhi, prima di baciarlo profondamente. Sorrise contro la sua bocca, quando sentì il rosso rispondere con entusiasmo con le mani grandi e forti, che accarezzavano dolcemente la schiena e i capelli ricci ancora più selvaggi del normale dopo una giornata al lago.

< < Sai, da diversi giorni pensavo di portarti a cena a casa mia. Dai miei genitori > > disse Hermione, quando finalmente si separarono dal lungo bacio.

< < Ufficialmente come si dice solitamente > > aggiunse la strega con un sorrisetto furbo. Alzò subito esasperata gli occhi al cielo, quando vide il suo ragazzo sbiancare e tremare tra le sue braccia.

< < Oh andiamo, Ron. Non ti sembra di esagerare? > >.

< < Assolutamente terrificante > > commentò lui.

< < Hai già incontrato così tante volte i miei genitori, Ron. Sei persino venuto con me a riprenderli in Australia. Loro sanno benissimo che stiamo insieme e questa sarà una normalissima cena. Ci tengo a presentarti come si deve. Come mio fidanzato e compagno > >.

< < E’ vero, li conosco da diverso tempo > > convenne Ron, scettico < < Ma da ora in avanti per loro sarò il furfante che sbaciucchia la loro unica figlia. Credimi, amore, quando eravamo in Australia tuo padre continuava a lanciarmi strane occhiate. Oserei dire occhiate di fuoco > >.

La riccia rise di gusto, godendosi gli adorabili occhi imploranti del suo ragazzo. < < Come sei drammatico, tesoro. Mio padre non ti odia e non ti ucciderà. Anzi posso assicurarti che è già venuto a patti con la nostra relazione. Per quanto riguarda mia madre………..beh, lo sai che lei ti ha sempre adorato > >.

Ron ammirò lo sguardo appassionato di Hermione e non poté resistere alla tentazione di baciarla di nuovo. Quando arrivò a sfiorare le sue labbra, però, lei gli afferrò con forza il mento per spingerlo indietro. < < Non cercare di distrarmi con i baci, Ronald Weasley. Voglio una risposta > > disse fermamente la giovane strega, anche se nel frattempo continuava a baciare ogni parte del volto di lui, tranne la bocca.

< < Così non vale > > disse il rosso, completamente in soggezione.

< < Così come? > > chiese Hermione in tono innocente, mentre le mani esploravano petto e braccia, passando pericolosamente sotto la maglietta.

< < Non nego che sarà spaventoso e imbarazzante > > disse Ron, mentre Hermione proseguiva a baciarlo tra una parola e l’altra, < < Forse dopo la cena, tuo padre pretenderà la mia vita. Ciò nonostante sono davvero orgoglioso di potermi presentare ufficialmente ai tuoi genitori come tuo ragazzo. Pertanto credo proprio che accetterò volentieri questa cena, amore > >.

Hermione gli lanciò uno sguardo di pura gioia e felicità. Dopo avergli il volto tra le mani, lo baciò nuovamente con fervore ringraziandolo come si deve. Era molto importante per lei che Ron diventasse a tutti gli effetti un membro della sua famiglia e quello sarebbe stato il primo passo. Inoltre, anche se non lo ammetteva, lei stessa si sentiva leggermente nervosa in vista di quella cena.

Da quando erano tornati dall’Australia, i coniugi Granger erano tornati a vivere insieme alla loro figlia nella loro vecchia casa alla periferia di Londra. Hermione era stata ben felice di tornare a vivere con i suoi nel posto in cui era cresciuta, ma durante i fine settimana dormiva quasi sempre alla Tana, ufficialmente in camera con Ginny, in sostanza nella stanza di un certo rosso con le lentiggini.

D’altro canto anche Ron aveva frequentato parecchio casa Granger, anche se solitamente lo faceva soltanto quando era sicuro di evitare la presenza dei genitori di Hermione. Pertanto, quella sarebbe stata la prima vera cena come fidanzato della loro unica figlia. Il solo pensiero fece rabbrividire vistosamente il giovane.

< < Vedrai che andrà tutto bene. Devi soltanto essere te stesso > > disse Hermione, in tono confortante. Lei intuiva facilmente le sue preoccupazioni, leggeva ogni sua emozione come un libro aperto dopo così tanti anni di amicizia.

Hermione non aveva avuto le stesse paure del ragazzo, dato che i signori Weasley l’avevano sempre trattata come una figlia. tuttavia, quando era iniziata la loro relazione, la riccia provò lo stesso un certo senso di disagio e imbarazzo nei momenti in cui era presente l’intera famiglia. Probabilmente era una sensazione che sarebbe svanita con il tempo.

Ron ridacchiò di gusto, mentre si stringeva di più a lei. < < George e Ginny sostengono che in qualunque circostanza non dovrei mai essere me stesso davanti ai tuoi genitori. Dicono che potrei combinare qualche guaio > >.

< < Bah, conosci bene il loro senso dell’umorismo. Ignorali e basta, anche se forse ci sarebbe un fondo di verità in ciò che dicono > > ribatté la riccia, ridendo allegramente.

< < Sei impossibile > > scherzò Ron, ridendo anche lui. Ron fece scorrere dolcemente una mano fra i capelli arruffati della ragazza, baciandola di volta in volta. Nelle lunghe ore passate con lei si ritrovava spesso a pensare a quanto fosse fortunato ad averla, a quanto fosse stato fortunato per aver avuto una seconda occasione con la giovane e brillante strega che amava fin da quando aveva quattordici anni.

Passarono diversi minuti prima di separarsi per riprendere fiato. Ogni giorno la loro intimità fisica ed emotiva cresceva sempre di più ed entrambi erano d’accordo sul fatto di non dover mai programmare nulla nella loro relazione, soprattutto in quella sessuale. Il prossimo passo lo avrebbero fatto senza alcuna costrizione o programmazione.

Dopo il lungo ed intenso bacio, la coppia restò ancora accoccolata contro l’albero ad ammirare la bellezza del tramonto morente. Hermione si appoggiò sulla spalla di lui e Ron poté così respirare con puro godimento il familiare profumo di vaniglia proveniente dalla folta capigliatura della sua ragazza.

< < A che cosa pensi? > > chiese pigramente Hermione, carezzandogli un braccio.

< < Solitamente non sono io quello che pensa > > rispose il giovane, sorridendo amorevolmente.

< < Stupido > > esclamò lei, dandogli scherzosamente un pugno sul braccio.

< < A niente in particolare. Vorrei soltanto che questi mesi durassero……. > > ma non riuscì a proseguire. Un improvviso pensiero lo bloccò, stringendogli dolorosamente lo stomaco. Non voleva rovinare il momento.

< < Ron > > sussurrò Hermione, voltandosi per incontrare i suoi occhi azzurri come l’oceano.

< < Scusami, non volevo. Eravamo così rilassati > > si scusò sinceramente il rosso.

< < Ne abbiamo già parlato diverse volte, Ron. Pensavo fossimo d’accordo > > disse lei con cautela.

< < Sono assolutamente d’accordo con la decisione che abbiamo preso, ma questo non lo renderà più facile. Forse sono soltanto egoista> > replicò con fermezza il rosso. < < E’ vero, è soltanto un anno, però……. > >.

< < Saremo separati > > completò la ragazza per lui. < < Ti prego, Ron, se anche tu mostri questa insicurezza, io non avrei mai la forza di partire. Ho bisogno che ci fidiamo l’uno dell’altra > >.

Ron prese delicatamente il viso della ragazza tra le mani. Improvvisamente si vergognò del fatto che le sue preoccupazioni tendevano sempre in un modo e nell’altro a coinvolgere anche lei, soprattutto considerando tutte le promesse che aveva fatto nel periodo peggiore della sua vita. Decise di dover porre subito rimedio.

< < La nostra decisione è la scelta migliore, Hermione. È solo che certe volte tendo a lasciarmi sopraffare dal mio egoismo. Non ti mentirò, vorrei tanto che fossimo insieme il prossimo anno, vorrei che vivessimo insieme in un posto tutto nostro > > disse, guardandola dritto negli occhi. Con dolcezza usava i pollici per accarezzarle le guance e per asciugare qualche lacrima passeggera.

Hermione sussultò leggermente di fronte al pensiero che un giorno avrebbero avuto un posto tutto per loro. Una casa e una vita da condividere. La giovane si accorse che lo desiderava tanto da star male, lo voleva subito, non voleva aspettare un anno intero, ma forse era quella la prova che dovevano superare. Hermione doveva soltanto aggrapparsi a quel pensiero e fortunatamente Ron era pronto a supportarla.

< < Ma questo non è possibile > > continuò il ragazzo, abbracciandola con delicatezza. Hermione si sciolse immediatamente tra le sue braccia. < < Almeno non adesso. Tu hai bisogno di concludere gli studi. Sarai la migliore studentessa di Hogwarts anche quest’anno. Sarai una Caposcuola, comanderai tutti a bacchetta come piace a te > > aggiunse con un sorrisetto beffardo, guadagnandosi un altro pugno sul braccio.

< < Ma soprattutto farai ciò che hai sempre desiderato. Non potrei mai guardarti ogni giorno negli occhi sapendo di essere la causa frenante di ogni tuo sogno. Io continuerò ad aiutare George in negozio e molto presto inizierò l’addestramento Auror. Te l’ho promesso, ti renderò fiera di me, Hermione > >.

< < Io sono già fiera di te, stupido. Senza di te non saremmo mai andati da nessuna parte > > esclamò con forza la ragazza.

Il suo sciocco fidanzato dimenticava con troppa facilità quanto era stato determinante nel corso della caccia agli Horcrux. Hermione ricordò il momento in cui entrarono nella Camera dei Segreti, a quanto l’aveva ammirato mentre insieme distruggevano la Coppa di Tassorosso. Senza di lui non ci sarebbe mai riuscita. Sapeva che Ron continuava a tormentarsi per il suo abbandono, ma lei lo aveva perdonato da così tanto tempo. Ora spettava a lei fargli capire quanto lo amasse e apprezzasse.

< < Beh, allora continuerò su questa strada, amore. Entrerò nel Corpo degli Auror e ti prometto che mi impegnerò al massimo. Entrambi ci impegneremo non soltanto per noi stessi, ma soprattutto per il nostro futuro insieme. Ecco perché non potrei mai chiederti di rimanere anche se lo vorrei tanto > >.

Hermione si sentì quasi sopraffatta dai sentimenti che provava verso quel ragazzo. Quante volte le aveva ripetuto di essere fortunato ad averla, ebbene lei si sentiva allo stesso modo. Insieme a lui era pronta a fare qualsiasi cosa e non era mai stata così felice e soddisfatta della sua vita, nonostante le future difficoltà.

< < A volte mi fa impressione vedere quanto tu sia cresciuto e maturato, amore mio > > disse Hermione, con la voce tremante per l’emozione, prima di baciarlo con foga.

Ron si strinse di più a lei, felice di essere in grado di supportarla e confortarla. Non poteva negare con sè stesso che le sarebbe mancata tantissimo, ma allo stesso tempo era fermamente convinto della necessità di quella separazione. Anche se lontani, Ron e Hermione avrebbero affrontato insieme l’imminente anno pieno di cambiamenti.

Per la loro nuova vita e per il loro futuro.
 
CONTINUA
 
 
Nota dell’autore
Salve a tutti, per prima cosa grazie in anticipo a chi leggerà questo primo capitolo di una storia che da molto tempo circolava senza sosta nella mia mente malata. Personalmente i libri di Harry Potter sono stati i primi che mi abbiano veramente appassionato da ragazzino e fin dalla prima lettura sono sempre rimasto affascinato dalla figura di Ron Weasley e dal rapporto in continua evoluzione con la bella Hermione. Il migliore amico del protagonista è, almeno secondo la mia interpretazione, un eroe fallibile, pieno di insicurezze come tutti, ma alla fine riesce comunque a trovare la forza per superare le proprie paure. Forse questo prologo è stato un po’ troppo sdolcinato, ma nei prossimi capitoli ci sarà spazio per avventura e azione.
Spero che questo primo capitolo sia piaciuto e arrivederci al prossimo appuntamento.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Incontro di valutazione ***


CAPITOLO 2
 
Incontro di valutazione
 
 
Settembre, 1998
 
Inghilterra, Stazione di King’s Cross Londra
 
Il momento era arrivato, molto più velocemente di quanto avrebbero desiderato. Ron ed Hermione si erano preparati per settimane, eppure il loro arrivo alla grande stazione di Londra fu ugualmente molto doloroso. Camminavano lentamente con le mani intrecciate in un disperato tentativo di rinviare il più possibile l’inevitabile, di tardare il momento in cui si sarebbero dovuti separare per mesi. Non volevano tornare indietro nella loro decisione, ma era comunque necessaria tanta forza di volontà.

Per la prima volta nella sua vita Ron si ritrovò a fissare con odio il familiare Espresso rosso fiammante, il treno che da lì a poco avrebbe riportato Hermione nella Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Durante il corso delle ultime settimane i due giovani avevano continuato a sviluppare a fondo la loro relazione sentimentale. Esploravano a vicenda i lati più intimi dei loro caratteri e ogni giorno era trascorso sereno e felice, sebbene con qualche litigata passeggera. Sperimentarono così tanti nuovi lati del loro rapporto, dalle più semplici abitudini quotidiane a diversi modi di condurre i loro rapporti sessuali. Non erano ancora arrivati completamente a fondo, ma di certo gradualmente avevano superato molti limiti nell’intimità della loro relazione fisica.

Infine, nonostante qualche momento comico di imbarazzo e incertezza, Ron aveva finalmente instaurato un vero rapporto di vicinanza con i genitori di Hermione, i quali, come lo stesso ragazzo si ritrovò ad ammettere, lo accolsero ben presto nella loro famiglia, accettando con gioia fin dalla famosa prima cena a casa loro la sua relazione con la loro unica figlia. In fondo Ron dovette affrontare soltanto una piccola raccomandazione da parte del padre di Hermione, ma per il resto le cose andarono lisce. Anche se i dolori e i traumi della guerra restavano impressi nella memoria e nei sogni dei ragazzi, Ron ed Hermione si erano sostenuti continuamente a vicenda e quei mesi estivi si erano rivelati i più felici della loro giovinezza. Niente Voldemort, niente Horcrux: solo loro due.

Ora, Ron dovette farsi forza. Circondò con un braccio le spalle tremanti della sua ragazza, già pericolosamente vicina a scoppiare in lacrime. Con la coda dell’occhio vide Harry e Ginny impegnati anch’essi in un saluto strappalacrime pieno di baci appassionati. Almeno le due ragazze sarebbero state insieme durante l’anno, mentre Ron aveva accettato l’offerta di Harry di trasferirsi a Grimmuld Place. Era una casa antica e grande, pertanto l’eroe del mondo magico non sopportava l’idea di andarci a vivere da solo. L’antica casa dei Black era adesso molto più vivibile e meno oscura grazie all’impegno di tutti e quattro nell’eliminare i vecchi incantesimi di protezione e gli orrendi cimeli della famiglia Black.

Dopo una certa titubanza, Ron si era accorto di aver accettato con gioia la relazione tra il suo migliore amico e la sua amata sorellina, non che lei avesse bisogno del suo permesso. Ginny era una donna forte e coraggiosa, già fermamente decisa nelle sue scelte: nell’amore così come per il futuro lavorativo. Una volta ottenuto il diploma, era già fermamente convinta a portare avanti il suo più grande desiderio di infanzia: giocare a Quiddich da giocatrice professionista.

Ron distolse lo sguardo quando i due si baciarono di nuovo con passione.

< < Ron > > disse all’improvviso Hermione, fermandosi di colpo. < < Non credo di farcela. Non credo proprio di poter partire. Non senza di te > >.

Ron la strinse a sé, del tutto oppresso dal desiderio di portarla via con sé. < < Ce la farai, amore. Sei così forte, lo sei sempre stata. Tra un mese è prevista la prima visita ad Hogsmate. Nel frattempo ci scriveremo ogni giorno > > mormorò il rosso, baciandole una guancia.

< < Lo so > > sussurrò lei < < Ma non mi basta. Io voglio vivere con te. Non mi importa di nulla dei voti o dei M.A.G.O. Io voglio stare con te > >.

< < E’ la cosa migliore, Hermione > > quante volte aveva ripetuto quella frase. Una frase che si accorse di odiare con forza.

< < Ad Hogwarts c’è la tua vita. Ciò che ti ha reso quella che sei. Una strega straordinaria > > ribadì Ron, sfiorando le labbra di lei con le sue. < < Il tuo futuro parte da quella scuola. È troppo importante per te > >.

< < Sei tu la mia vita adesso > > esclamò con fermezza la riccia < < E sei anche il mio futuro > >.

< < E tu lo sei per me, amore, ma ora devi prendere quel treno > > ribatté con altrettanto forza il ragazzo, prima di baciarla con passione. Lei rispose allacciandogli le braccia attorno al collo e Ron ne approfittò per sollevarla da terra.

Per una volta nessuno dei due aveva nulla da dire sul fatto che si stessero baciando avidamente in pubblico. Entrarono in un mondo dove non esisteva nessuno a parte loro due.

< < Partirò. Prenderò questo maledetto treno > > disse alla fine Hermione, quando il bacio terminò diversi secondi dopo.

Gli afferrò con forza il davanti della camicia guardandolo intensamente. < < Però c’è ancora una cosa che mi devi promettere. Io partirò e affronterò questo lungo anno senza di te, ma lo farò soltanto se tu rispetterai una sola ed unica condizione > >.

< < Tutto quello che vuoi > > rispose Ron, poggiando la testa sulla sua. Sapeva già che cosa gli avrebbe chiesto.

Hermione lo fissava con profonda serietà, un’evidente preoccupazione era ben riflessa negli occhi castani della sua ragazza. Ron ricambiò lo sguardo concentrandosi su quei lineamenti del viso che tanto amava e che tante volte aveva baciato castamente o nel pieno della passione. Aveva cercato molte volte di tranquillizzarla, ma ogni tentativo era stato vano.

< < Voglio che tu stia attento, Ron > > dichiarò stringendogli con forza la camicia quasi a strapparla.

< < Voglio che tu stia attento ad ogni lezione teorica o pratica che sia. Se davvero dovranno mandarti in missione, voglio che tu sia preparato, pretendo che impari ogni incantesimo necessario per la tua sicurezza. Dovrai studiare, Ron, come mai nella tua vita. Voglio che tu me lo prometta qui e adesso, altrimenti non salirò mai su quel maledetto treno. Io devo sapere che sarai al sicuro, Ron e che avrai tutti gli strumenti e la preparazione necessaria per affrontare il lavoro che hai scelto > >.

Il giovane restò senza parole per qualche istante, poi sorrise con calore alla ragazza che amava, felice come non mai per aver avuto la fortuna di averla nella sua vita. L’aveva avuta nella sua vita come amica e ora era la sua compagna. Hermione non rispose al sorriso, anzi continuò a fissarlo con occhi pericolosamente seri e accesi. Ron conosceva quello sguardo e sapeva che la rabbia della sua adorabile fidanzata era pericolosamente vicina a scatenarsi.

< < Parlo sul serio, Ron > > esclamò arrabbiata la riccia, afferrandogli la mascella < < Ho accettato con me stessa il fatto che affronterai il mestiere più pericoloso e incerto del mondo magico, ma devo comunque essere certa che sarai pronto, altrimenti verrò a riprenderti io stessa in quel campo di addestramento > >.

Ron rise cercando senza successo di alleggerire la tensione. < < Anche con tutto l’addestramento di questo mondo non avrei speranze contro di te, tesoro. Però, mi piacerebbe davvero vederti affrontare un’intera divisione di Auror agguerriti solo per portarmi via da lì > >.

 < < Ronald Weasley > > disse rabbiosamente Hermione, stringendogli la mascella con una mano. Tuttavia non poté rimproverarlo come avrebbe voluto. Il bacio appassionato del suo ragazzo interruppe ogni rimprovero o insulto colorito.  Pur maledicendolo mentalmente, Hermione rispose rabbiosamente al bacio aggrappandosi con forza a lui. Quando si separarono, lei si sorprese nel vedere un’espressione profondamente seria e determinata sul viso lentigginoso e leggermente arrossato del suo uomo. Alle loro spalle i primi fischi del treno dicevano che il tempo era quasi scaduto.

< < Starò attento, amore mio, te lo prometto > > dichiarò Ron, con tutta la sicurezza possibile, posando le mani sulle spalle di lei < < Mi impegnerò al massimo per diventare un Auror che si rispetti, ma sarò anche prudente, te lo giuro. Ti renderò fiera di me, Hermione > >.

Finalmente Hermione si sciolse. < < Piantala di ripetere questa sciocchezza. Io sono già orgogliosa di te, testone che non sei altro > >.

Si abbracciarono e si baciarono di nuovo con foga, mentre i controllori invitavano gli studenti ritardatari a salire sul treno. Hermione era persino una Caposcuola.

< < Ti amo > > disse Ron, separandosi da lei con un grande sforzo.

< < Ti amo anch’io > > rispose Hermione, con un sorriso dolce e sincero, ma il volto era già pieno di lacrime.

Insieme a Ginny, Hermione Granger salì sul treno pronto a partire. Harry e Ron salirono per aiutare le ragazze con le valigie e a cercare uno scompartimento vuoto. Una volta fatto, ad entrambi servì una grande forza di volontà per scendere da quel treno. Aspettarono in silenzio sulla balaustra, osservando le rispettive compagne dal finestrino. Ron aveva cercato di resistere, ma in quel momento anch’egli cedette alla commozione. Versò lacrime amare nel vedere i primi movimenti del treno e la sua Hermione lo vide chiaramente mentre continuava ad osservarlo. Alla fine, però, entrambi si sorrisero a vicenda.

Prendendo sempre più velocità, il treno ben presto sparì all’orizzonte. Ron aveva continuato a tenere gli occhi fissi sulla sua ragazza fin dove era stato possibile e in realtà anche dopo aveva continuato ad osservare inebetito il punto in cui il treno era sparito. Dopo diversi minuti si ricordò dell’esistenza di Harry, quando quest’ultimo gli mise amichevolmente una mano sulla spalla.

< < Sono andate. Alcuni giorni ho temuto che ci avrebbero ripensato. Non è stata una decisione facile per loro > > disse Harry Potter, anche i suoi occhi fissi sull’orizzonte. < < Credi che riusciremo a cavarcela senza di loro? > >.

< < Sarà dura > > si ritrovò ad ammettere Ron con una risata amara. < < Di certo Grimmuld Place non vedrà molto ordine con i suoi prossimi inquilini > >.

< < Lo penso anch’io. Almeno non dovremo condividere la casa con incantesimi oscuri o quadri inferociti. Inoltre credo proprio che Kreacher non voglia più ucciderci o almeno lo spero > > convenne il moro, ridendo anche lui.

La tensione si alleggerì notevolmente, ma i due ragazzi restarono ancora immobili su quel binario familiare, in effetti il luogo in cui era iniziata la loro vita da maghi.

< < L’addestramento, Harry > > disse Ron, il volto improvvisamente serio e preoccupato < < E’ davvero così duro come si dice in giro? Credi davvero che possa farcela? > >.

Harry lo fissò con un’espressione intellegibile, quasi con una certa vena di superiorità. Ron si pentì immediatamente della domanda, sentendosi suo malgrado a disagio. Non intendeva esporre così tanto le sue paure anche se si trattava del suo migliore amico. Forse quella era una prima conseguenza tangibile della partenza di Hermione.

In realtà solo con lei si sarebbe sentito libero di manifestare tutti i segreti del proprio animo, tutti i suoi sentimenti, eppure c’era ancora un segreto che non le aveva confessato. Ron doveva ancora trovare il coraggio di raccontare alla sua ragazza ciò che era accaduto realmente. Hermione non l’aveva mai pressato a farlo, anche se, e di questo il rosso ne era assolutamente convinto, moriva dalla voglia di scoprirlo.

< < Sai bene che non sono autorizzato a dirti nulla. Nessuno dei cadetti può parlare dell’addestramento > > rispose il moro, forse un po’ troppo duramente.

Ron si sentì ancora più stupido e imbarazzato. Abbassò lo sguardo incapace di continuare. Harry si accorse del tono troppo severo e se ne vergognò. Dopotutto Ron aveva tutto il diritto di essere nervoso. Si affrettò a rimediare.

< < Però è buffo > > esclamò il moro con voce più allegra e amichevole < < Qualche giorno prima di iniziare l’addestramento feci la stessa domanda a Kingsley. Dopotutto ci ha offerto un’opportunità alquanto rara: partecipare all’addestramento più duro e pesante del mondo magico senza neanche il diploma. Desideravo capire perché avesse così tanta fiducia in noi? > >.

< < Dannazione, hai ucciso Voldemort, Harry > > lo interruppe Ron incredulo < < Noi tre abbiamo affrontato situazioni assurde, pericoli inimmaginabili che forse nessun Auror ha mai affrontato durante la propria carriera. Dovrà pur valere qualcosa > >.

< < E’ vero, ma tu stesso ti sei reso conto che non è abbastanza. Per questo mi hai fatto questa domanda. Credi di non avere l’attitudine o le capacità necessarie. Ho provato anch’io queste sensazioni, Ron > > osservò il moro, squadrando l’amico attentamente.

< < Kingsley ci ha scelto per la nostra esperienza sul campo, Ron, ma credimi non è tutto. Sappiamo ancora veramente poco sulla. Ho ucciso Voldemort perché ero aiutato da tanti amici e tante persone coraggiose. In uno scontro magico contro un Auror addestrato non avrei scampo, ecco perché non ti nascondo il fatto che Kingsley si sia preso una grande responsabilità. È pur sempre il capo del Dipartimento Auror di Londra > >.

< < Non è molto incoraggiante > > mormorò il rosso, mentre iniziavano ad avviarsi verso l’uscita della stazione.

< < Confermo che non posso rivelarti nulla sull’addestramento, ma almeno posso dirti questo, amico mio. Tu ce la farai senz’altro, supererai questo maledetto corso. Non mi stancherò mai di ripetertelo, Ron, tu sei una persona forte e coraggiosa. Superai anche questa prova > >.

Ron gli lanciò un’occhiata colma di gratitudine. Quanto era stato stupido in passato a sentirsi geloso di lui. Harry era il suo migliore amico, un fratello con cui era cresciuto e ora era persino diventato l’amore della vita di sua sorella. Di colpo tornò a sentirsi sicuro di sé stesso, al punto da desiderare di iniziare l’addestramento quel giorno stesso.
Avrebbe continuato ad aiutare suo fratello George in negozio nei pochi momenti liberi, ma diventare Auror era sempre stato il suo sogno.

Ronald Weasley lasciò la stazione con il cuore pieno di speranza e con il pensiero di nuovo rivolto alla migliore studentessa e Caposcuola di Grifondoro. La giovane donna che amava.
 
 
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Alcuni mesi dopo
Campo di Addestramento Auror, Londra
 
Il duello non doveva durare così tanto, ogni volta che accadeva non finiva mai bene per lui. Fin dai primi giorni di addestramento, Ron scoprì di essere molto più portato per gli incantesimi difensivi e per la strategia, però non eccelleva nell’attacco. Ciò lo aveva portato a subire diverse sonore sconfitte non solo con gli istruttori, ma anche con i suoi stessi compagni di corso.

< < STUPEFICIUM > > ruggì il rosso, mentre dalla sua bacchetta fuoriuscì nello stesso istante un intenso bagliore rosso.

Il suo avversario si chiamava Timothy Garden ed era due anni più grande di lui. Era una recluta con già tanta esperienza alle spalle, due anni di addestramento erano tanti e da cadetto è poi passato al rango di recluta e come tale aveva già ricevuto le prime missioni ufficiali.

Fin dal primo giorno di corso, Ron scoprì a sue spese che quel tipo trovava estremamente divertente tormentarlo e provocarlo in ogni modo possibile. L’amico di Potter: così veniva chiamato da lui e da altre reclute che lo accompagnavano di solito, al punto da ricordargli sgradevolmente Malfoy e compagnia. Tutti loro sembravano voler far presente il fatto che la sua presenza in quel campo di addestramento fosse dovuta unicamente alla sua amicizia con il salvatore del mondo. Nella maggior parte dei casi Ron riusciva a ignorarli senza troppa fatica, tuttavia le sconfitte in combattimento non aiutavano di certo. Il giovane Weasley non poteva nascondere il fatto che il suo avversario fosse molto più abile di lui.

Garden schivò facilmente l’ennesimo incantesimo di stordimento. Lo fece con un debole movimento di polso, per poi contrattaccare nell’istante successivo. Era quella parte dello scontro che molto presto avrebbe segnato la sconfitta del rosso, come era già capitato tante altre volte.

Gli incantesimi gli venivamo scagliati a raffica, senza tregua. Per quanto Ron avesse raffinato notevolmente i propri incantesimi difensivi, con una scarica del genere non poteva resistere all’infinito e soprattutto era impossibilitato ad attaccare il rivale. Gli attacchi erano per di più di varia natura: non solo di semplice stordimento, ma anche incantesimi di taglio che avrebbero potuto ferirlo seriamente. D’altro canto l’istruttore Edward Roberts l’aveva specificato fin dall’inizio: gli scontri di allenamento dovevano preparare alla missione, di conseguenza dovevano essere reali e potenzialmente mortali.

Ron si difese strenuamente, continuando però ad indietreggiare inesorabilmente. Alla fine la sua difesa cedette e così si ritrovò ad essere in balia del nemico. Prima lo colpì un incantesimo di taglio, che gli aprì un profondo squarcio poco sopra il ginocchio, facendolo urlare di dolore. A nulla servì il tessuto speciale dell’uniforme grigia di addestramento. Subito dopo, con le difese ormai cadute e la bacchetta abbassata, Ron venne centrato in pieno stomaco da due incantesimo di impatto, che lo fecero volare per alcuni metri all’indietro.

L’impatto a terra fu terribile. Ron si sentì svuotare l’aria dai polmoni e per diversi secondi non riuscì più a respirare.

< < Anche oggi con il culo nella polvere, amico di Potter. Non è proprio una novità > > sogghignò Timothy Garden, con aria soddisfatta. < < Davvero mi chiedo ancora che diavolo sei venuto a fare qui? > >.

Il ragazzo non poteva nemmeno ribattere nel disperato tentativo di ritornare a respirare di nuovo e correttamente. Poté soltanto udire un intenso urlo di rabbia e anche se stordito e dolorante, Ron capì subito a chi appartenesse.

< < MALEDETTO BASTARDO > > urlò come una furia la nuova recluta Harry Potter, alzando la bacchetta contro Garden.

Harry aveva completamente abbandonato il suo personale duello contro una corsista e si scagliò con forza contro l’altra recluta.

< < Experliamus > > urlò con forza il moro, ma incredibilmente un attimo prima che partisse l’incantesimo la bacchetta gli era già volata di mano.
Garden si era girato per affrontarlo, ma anche la sua bacchetta volò in aria prima di avere il tempo di scagliare un incantesimo.

< < Non tollero certi comportamenti idioti > > disse la voce rabbiosa e severa dell’istruttore Auror Edward Roberts. Con la bacchetta ancora in pugno, il mago attraversò il campo di sabbia con sguardo adirato, i suoi occhi si posarono a turno su ognuno di loro, persino su Ron sanguinante a terra. Nonostante avesse già una certa età, Roberts restava comunque un uomo forte e caparbio, da capelli lunghi e bianchi. Trasmetteva sempre un certo timore e nervosismo ai suoi allievi, ma tutti lo rispettavano come un grande Auror del passato.

< < Il tuo amico ha perso il duello, Potter > > ruggì pesantemente il vecchio istruttore. < < Quindi non avevi il diritto di interferire. Weasley si è battuto bene, ma alla fine è stato Garden a prevalere e questo fa la differenza fra la vita e la morte > >.

< < Garden ha ferito inutilmente il mio amico, signore. Il duello era già terminato > > protestò Harry alzando la voce coraggiosamente.

< < Silenzio > > sbraitò Roberts.

< < Lascia perdere, Harry > > disse debolmente Ron.

< < Chiudi il becco anche tu, ragazzo > > ringhiò Roberts, sputacchiando verso Ron. < < Vi ho già ripetuto mille volte, branco di bambocci, che la missione di un Auror è quasi sempre questione di vita o di morte, specie se si tratta di uno scontro magico. In una vera missione, a quest’ora Weasley sarebbe morto e stecchito > >.

Harry non trovò come ribattere. Guardò per un momento in cagnesco l’avversario di Ron, prima di inginocchiarsi al fianco dell’amico per aiutarlo a rimettersi in piedi. Garden osservò i due sogghignando con fare derisorio, ma poté farlo solo per un breve istante prima di precipitare in un inferno di dolore. In un gesto fulmineo, l’istruttore Roberts alzò la bacchetta senza pronunciare alcuna formula a voce. Nell’attimo successivo, la gola della giovane recluta si serrò come in una morsa d’acciaio e il ragazzo, incapace di respirare, fu costretto a inginocchiarsi a terra rantolando rumorosamente.

< < argghhhhhhh > > rantolò in totale agonia Timothy Garden.

< < Non ho mai sopportato i bastardi del tuo calibro, Garden > > dichiarò con calma il mago, muovendo leggermente la bacchetta per costringerlo ad alzare il capo.

< < Ho detto i duelli debbano essere reali e se necessario cruenti, anche a costo di farsi male seriamente. Tuttavia, non tollero nel mio corso gli idioti che deridono i propri compagni come fai tu, per cui ti consiglio di fare più attenzione da ora in avanti. Ti terrò d’occhio e le mie reazioni saranno sempre più dure > >.

Solo dopo aver concluso il suo discorso, l’istruttore abbassò lentamente la bacchetta, eliminando la morsa invisibile sulla gola della giovane recluta. Garden restò in ginocchio boccheggiante con le mani intorno alla gola, cercando di ritrovare faticosamente il respiro. Arrivò persino a sputare sangue.

< < Per oggi abbiamo concluso, buoni a nulla > > ruggì Roberts, ignorando completamente l’agonia del ragazzo. < < Continueremo l’addestramento lunedì. Godetevi il fine settimana se potete, tornerò a tormentarvi molto presto. Potter, porta Weasley in infermeria, altrimenti rischierà di morire dissanguato > >.

< < Si signore > > rispose Harry, posandosi delicatamente un braccio di Ron sulle spalle. Quest’ultimo sussultò per il dolore quando fu costretto a rialzarsi.

< < Quanto a te, Weasley. Rimettiti in sesto al più presto, sei stato convocato lunedì mattina per un altro incontro con una commissione di valutazione. L’appuntamento è alle otto in punto, cerca di essere puntuale > >.

Per Ron si trattava dell’ultimo colpo negativo di una giornata già completamente nera. Gli incontri precedenti erano quasi tutti andati male e di certo quell’ultima sconfitta non l’avrebbe aiutato per le future valutazioni.

< < Ci sarò, signore > > rispose a voce bassa il ragazzo, appoggiandosi per forza maggiore ad Harry. La ferita al ginocchio pulsava e faceva sempre più male. In poco tempo aveva perso una preoccupante quantità di sangue.

Harry portò il suo amico in infermeria, cercando di confortarlo e rassicurarlo durante tutto il tragitto. L’espressione di Ron era cupa e afflitta, per quanto apprezzasse realmente le premure del suo migliore amico. In quel momento desiderava ardentemente la vicinanza di Hermione: la sua forza, la sua gentilezza, la sua dolcezza. Desiderava tanto poter vedere con i propri occhi e non soltanto con la propria mente quei sorrisi preziosi e dolci che lei riservava soltanto a lui.

Dopo che Ron fu medicato, i due ragazzi si smaterializzarono per tornare a Grimmuld Place. Il rosso aveva sviluppato negli ultimi tempi una buona capacità culinaria, ma quella sera Harry fu ben felice di sostituirlo, cercando di migliorare l’umore dell’amico. < < Non devi arrenderti, Ron > > disse il moro mentre erano seduti a tavola.

< < Hai fatto progressi importanti. Devi semplicemente rialzarti come fai sempre e continuare l’addestramento. Migliorerai sempre di più > >.

< < I miei miglioramenti sono inconsistenti rispetto al passo dei miei compagni di corso. Rispetto anche ai tuoi, Harry. Quel bastardo non sono mai riuscito a batterlo. Neanche una volta > >.

Harry annuì comprensivo. < < Sai bene che odio trovare giustificazioni di qualsiasi natura. Tuttavia, Ron, devi convenire sul fatto che due anni interi di addestramento costituiscono un’eternità in questo campo. Rappresentano il centro dei duelli che avete sostenuto, il motivo principale per cui non riesci a batterlo. Anche se noi abbiamo molta esperienza sul campo, in due anni con gli Auror si imparano cose incredibili. Quel tipo ha questo enorme vantaggio su di te > >.

< < Cosa credi che mi diranno all’incontro con la commissione? > > chiese Ron, non riuscendo a mascherare una certa irritazione nella propria voce. Voleva davvero cambiare discorso. Gli faceva male continuare a collezionare sconfitte.

< < Sarà il solito incontro di routine, Ron. Non preoccuparti > > rispose Harry, anche se con un tono di voce non troppo sicuro.

La cena non fu proprio delle più allegre. La convivenza stava andando perfettamente tra di loro, ma quella era stata una settimana troppo impegnativa tra il lavoro in negozio e gli estenuanti allenamenti.

Fedele alla promessa fatta ad Hermione, Ron si era impegnato come mai nella sua vita, non solo nella pratica ma anche nelle noiosissime e lunghe lezioni teoriche. Aveva imparato tante cose, tra incantesimi, pozioni, strategia e altre esercitazioni sulla furtività e il travestimento. Ogni istruttore, compreso Roberts, aveva visto con i propri occhi il suo enorme impegno. Persino Harry era rimasto piacevolmente sorpreso, non avendolo mai visto così impegnato e determinato, nemmeno nel Quiddich.

Quella sera, però, Ron era eccessivamente demoralizzato. Si aspettava più progressi dopo più di due mesi di addestramento e anche se Harry aveva ragione sul fatto che diverse reclute avessero grande esperienza e molta più preparazione magica, questo non lo faceva sentire meglio. Come avrebbe potuto un giorno difendere un innocente se non riusciva mai a vincere un duello magico?

Il pensiero lo tormentava e aggrediva fortemente la sua determinazione. Era davvero tagliato per diventare un Auror? Era davvero questa la sua strada? Quella sera non riusciva proprio a trovare una degna risposta. Decise di scrivere una lunga lettera ad Hermione e per la prima volta in quella giornata così negativa scomparve ogni preoccupazione. Le raccontò tutti gli eventi della giornata, belli e brutti, persino il fatto di essere stato ferito in combattimento. Nelle settimane precedenti aveva cercato di nasconderle dettagli del genere, soprattutto i più cruenti, ciò nonostante lei riusciva sempre a scoprire la verità, nella maggior parte dei casi mettendo soprattutto Harry sotto pressione. Inutile dire che si era arrabbiata ogni volta, al punto che Ron temette nuovamente un possibile attacco di canarini inferociti quando meno se lo aspettava.
Mentre, nel silenzio della sua stanza, si dilungava nella nuova lettera da spedire, il rosso ripensò all’ultima volta che si erano visti. Qualche settimana prima c’era stata la prima visita ad Hogsmate, una giornata intensa e felice passata insieme ad Hermione, che tuttavia si concluse dolorosamente con un’altra separazione. Non l’avrebbe rivista prima di Natale.

Si addormentò molto tardi, ancora affaticato dalle ferite del giorno. Le preoccupazioni e la stanchezza della giornata l’avevano letteralmente stremato. Si addormentò immaginando il corpo caldo e sensuale di Hermione tra le sue braccia.
 
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Il campo di addestramento Auror si trovava in piena campagna, ben nascosta e lontana di diversi chilometri dai quartieri di periferia di Londra. L’edificio era alquanto spartano, quasi in disuso almeno all’apparenza e visto dall’esterno. Il campo di allenamento era immenso, interamente circondato da un potente incantesimo di occultamento. Era diviso in tante sezioni: c’era quella dei duelli, quella dedicata alle prove di sopravvivenza, le aree di studio e concentrazione, ma gli incontri di valutazione si tenevano sempre in un’apposita aula dell’edificio.

L’ufficio per gli incontri con le commissioni di valutazione si trovava all’ultimo piano. Era un’aula circolare e larga, che veniva spesso usata anche per riunioni di diversa natura. I cosiddetti incontri di valutazione avevano il preciso scopo di evidenziare le lacune non soltanto di un semplice corsista come Ron, ma anche per valutare le prestazioni di una recluta o di un Auror vero e proprio. I membri delle commissioni mutavano a seconda delle circostanze, del giorno o del soggetto che doveva essere valutato, di conseguenza Ron non poteva minimamente immaginare chi avrebbe fatto parte della commissione.

< < Spero soltanto che non sia Roberts > > pensò Ron nervoso.

Si era presentato puntuale alle otto del mattino. La porta dell’aula era chiusa, perciò si sedette in attesa in una delle sedie del lungo corridoio. Non c’era quasi mai nessuno a quell’orario, però Ron non era mai arrivato per primo nei suoi precedenti incontri di valutazione. Con sua grande sorpresa restò ad aspettare per quasi un’ora, senza che nessuno si presentasse. Pensò addirittura di aver sbagliato giorno o orario. Non era mai accaduto niente di simile prima, gli incontri a cui il rosso aveva partecipato erano sempre incentrati su una rigida formalità, a partire dall’orario stesso di presentazione. Ron percepì qualcosa di strano in tutta quella situazione.
Alla fine, però, la sua pazienza venne premiata, anche se non come avrebbe voluto. Con disappunto si ritrovò ad osservare proprio la figura di Edward Roberts avvicinarsi a grandi passi verso di lui, ma il vecchio istruttore non era solo.

Al fianco di Roberts camminava una donna alta e attraente sulla quarantina. Ron si accorse immediatamente che si trattava di una persona particolare. Il suo corpo sembrava una statua scolpita perfetta, braccia e gambe erano toniche e muscolose e i leggeri passi della donna manifestavano misteriosamente una forza fisica e mentale straordinaria. Gli bastò una semplice occhiata per capire che era pericolosa, almeno per chiunque si mettesse contro di lei. I capelli erano corti e castani, portati a caschetto e ben curati. Era indubbiamente una bella donna, cosa che sicuramente rappresentava un’ulteriore arma in favore della sconosciuta.

Quest’ultima indossava un’uniforme nera ed aderente con tanto di guanti in pelle e stivali. Non era il classico indumento degli Auror, sembrava un’uniforme speciale creata appositamente per combattere o per nascondersi nell’oscurità. Mentre i due Auror si avvicinavano lentamente lungo il corridoio, Ron si accorse con un brivido che gli occhi scuri della donna erano fissi su di lui. Lo fissava con un’intensità tale da farlo quasi indietreggiare, sembrava quasi che volesse sondare ogni sua emozione o debolezza.

Raramente gli era capitato di sentirsi così a disagio con un totale sconosciuto. Neanche Piton lo aveva mai portato a provare questa sensazione di profondo nervosismo. Fu in quel momento che ricordò, come in un lampo improvviso Ron rammentò chiaramente di averla già incontrata prima.

< < L’ho già vista durante la battaglia di Hogwarts. Era tra gli Auror e combatteva contro alcuni Mangiamorte > >.

In realtà l’aveva vista solo di sfuggita nella confusione della battaglia. Stava scappando tra i combattimenti mano nella mano con Hermione e non si era potuto soffermare troppo su di lei in quel momento.

< < Ben trovato, Weasley > > lo salutò sogghignando Roberts. < < Vedo che ti sei rimesso in piedi, anche se mi sembri ancora ancora piuttosto pallido > >.

< < Sto bene, grazie signore > > si affrettò a rispondere il ragazzo.

L’istruttore gli lanciò un’altra occhiata beffarda, prima di posare una mano sulla spalla della donna. Quest’ultima continuava a tenere gli occhi fissi su Ron. < < Bene, ma forse non lo sarai ancora per molto. Weasley, ho l’onore di presentarti l’Auror Layla Connors. È una mia vecchia amica e allieva, una delle migliori se posso dirlo. È stata lei a chiedere l’incontro di oggi > >.

Il rosso, fortemente a disagio, fece un piccolo inchino con il capo alla donna davanti a lui. < < Onorato di conoscerla…. Ehm…. signorina > >.

L’Auror gli lanciò un’occhiata gelida senza rispondere, mentre Roberts rideva di gusto. < < Quante moine inutili > > esclamò rudemente.

< < L’Auror Connors mi ha chiesto il favore di poter condurre questo incontro in completa autonomia. Non ho alcun problema con questo. Prego, Layla, sarai tu a procedere con la valutazione del nostro corsista di oggi. Posso anche congedarmi > >.

L’istruttore Auror fece per allontanarsi, ma poi si girò ancora con il suo solito ghigno. < < Ah un’ultima cosa, Weasley. Alla fine del colloquio puoi anche tornare a casa. Avrai bisogno dell’intera giornata per riflettere e per leccarti le ferite. A domani > >.

Finalmente si incamminò lungo il corridoio, continuando a ridere rumorosamente. Il suono delle risate e dei passi si spensero dopo alcuni secondi, lasciando Ron solo con quella strana Auror. La donna aprì la porta della sala senza aprire bocca, entrando nell’aula senza degnarlo di uno sguardo o alcun cenno di invito. Al colmo del nervosismo e senza sapere cosa aspettarsi, il rosso la seguì esitante all’interno. Con solo due persone, l’aula sembrava veramente immensa. L’Auror Layla Connors si era già seduta su una delle tante sedie del grande tavolo rettangolare posto al centro della sala e di nuovo si mise a fissarlo freddamente. Con i gomiti sul tavolo e le dita guantate intrecciate, la donna sembrava soppesare qualsiasi movimento del ragazzo, anche il più impercettibile.

Non avendo ricevuto alcun invito, Ron restò in piedi portandosi le braccia dietro la schiena. Sperava che non trasparisse troppo il suo nervosismo, ma di certo la donna non stava facendo del suo meglio per metterlo a proprio agio.

< < Ehm signorina > > balbettò dopo qualche minuto di teso silenzio < < Posso chiederle per quale motivo sono stato convocato? > >.

Finalmente l’Auror parlò. La voce era leggermente roca, ma il gelido tono lo fece ugualmente rabbrividire. < < No, non puoi e non osare mai più chiamarmi signorina, ragazzo. Sono un Auror del Dipartimento di Londra, potrei ucciderti con un semplice gesto qui e adesso. Sono una donna sposata e non più una signorina da tanto tempo, perciò ti consiglio di controllare meglio le tue parole da ora in avanti > >.

Ron avrebbe voluto seriamente che il pavimento lo inghiottisse all’istante. Neanche la Professoressa McGranitt lo aveva fatto sentire così a disagio e in tensione.

< < Chiedo scusa, signo……ehm Auror Connors > > disse il ragazzo balbettando.

Di nuovo Layla Connors si limitò ad osservarlo gelidamente per qualche secondo, ma all’improvviso scoppiò a ridere di gusto, portandosi una mano sulla bocca. Rise senza ritegno e senza alcuna eleganza, l’eco della sua risata invase l’intera aula. Ron era letteralmente esterrefatto con la bocca spalancata.

< < La stavo soltanto prendendo in giro, signor Weasley. È vero quello che si dice in giro, lei è proprio un bravo ragazzo > > disse tra le risate la donna. < < Può chiamarmi come le pare. È vero che sono sposata, ma non mi è mai importato nulla delle etichette. Volevo solo prenderla un po’ in giro. Prego, si sieda, signor Weasley, abbiamo tante cose importanti di cui discutere > >.

Il tono della donna era completamente cambiato. Non c’era più alcuna freddezza nella sua voce, anche se il tono era comunque serio e profondo. Ron non riusciva ancora a comprendere chi avesse di fronte: un Auror davvero capace e potente come sosteneva Roberts oppure una persona totalmente impazzita.

< < Grazie, signora > > disse ancora sconcertato il ragazzo. Sapeva di avere la faccia rossa per l’imbarazzo, orecchie comprese, ma non poteva farci nulla.

< < D’accordo, possiamo cominciare > > esclamò Layla, togliendosi i guanti e riponendoli sul tavolo che la divideva dal giovane corsista.

L’Auror impugnò la bacchetta e dopo un semplice movimento di polso apparve da nulla sopra il tavolo quello che sembrava una specie di fascicolo. Layla lo prese tra le mani con occhi calmi e riflessivi. Sembrava una persona completamente diversa rispetto a prima.

< < Dunque, signor Weasley > > esordì, mentre sfogliava lentamente il fascicolo < < Prima di questo incontro ho studiato a fondo il suo fascicolo e devo dire che l’ho trovato alquanto interessante. Durante la Seconda Guerra Magica lei, insieme al signor Potter e alla signorina Granger, è stato determinante per la sconfitta del Signore Oscuro e per la salvezza del mondo magico e di tutti noi. Chiunque con un minimo di cervello dovrebbe esserle grato per ciò che ha fatto e con dispiacere ho notato che non tutti qui dentro lo sono > >.

< < La ringrazio molto, signora > > rispose educatamente Ron, stringendosi le mani nervosamente.

< < Tuttavia questo non basta per la mia valutazione. Difatti, questo è il passato > > disse la Connors indicando il fascicolo con una sfogliata delle pagine.

< < Ora dobbiamo occuparci del presente e del futuro. Anche se lei non lo sa, ho avuto modo di osservare attentamente i suoi allenamenti e i suoi progressi qui. Lei ha iniziato circa due mesi fa e mi lasci dire che raramente nella mia carriera ho visto corsisti così determinati e impegnati nell’addestramento come > >.

< < A dirla tutta, io stessa non lo ero per niente > > aggiunse poi la donna con un sorrisetto.

< < Però > > si ritrovò Ron ad intervenire suo malgrado < < Non sempre riesco ad essere al pari con gli altri miei compagni. Forse lei ha richiesto questo incontro perché i miei miglioramenti non sono sufficienti? Forse esiste il rischio che io non sia degno di essere un Auror? > >.

Layla gli lanciò un’occhiata enigmatica e incomprensibile. < < Può darsi che sia così, signor Weasley, di certo è che non riuscirà mai a diventare un Auror se si arrenderà così presto > > replicò la Connors con voce severa < < Ma non è per questo che ho richiesto questo incontro > >.

Ron si sentiva la testa martellare, inspiegabilmente anche il cuore iniziò a battergli più forte. < < Io non capisco > >.

< < Capirà > > lo interruppe Layla con un gesto sbrigativo della mano. < < Per ora mi consenta di farle una semplice domanda. Mi dica, signor Weasey, lei cosa sa riguardo la cultura babbana? > >.

Per un momento il ragazzo pensò seriamente di aver capito male. Mai si sarebbe potuto aspettare una domanda del genere in un incontro di valutazione. < < Chiedo scusa……ha detto la cultura babbana? > >.

< < Precisamente > > confermò l’Auror, con un sorriso incoraggiante. < < Lei proviene da una famiglia di maghi, come me del resto. Di conseguenza presumo che non sia facile per lei approcciarsi con il mondo non magico > >.

< < In effetti è così > > convenne Ron, non capendo dove la donna volesse arrivare. < < Però sono cresciuto con Harry, mi riferisco al signor Potter……beh, lui è cresciuto tra i babbani > >.

< < I famosi parenti di Potter. Dei veri bastardi a quanto ho sentito dire > > commentò Layla. Ron restò molto colpito dalla schiettezza e dalla sincerità di quella donna dai modi forti e bruschi.

< < C’è dell’altro? > >.

Di nuovo il giovane si ritrovò ad arrossire. < < Ho potuto imparare molto sulla cultura babbana. La mia ragazza è nata babbana e sono cresciuto anche con lei, perciò è stata quasi sempre lei ad insegnarmi nuovi aspetti di quel mondo.

< < Lei e adesso anche suo padre > > aggiunse Ron con una punta di imbarazzo.

< < La signorina Granger, presumo > > disse Layla sorridendo con calore < < Questo è molto interessante. Immagino che da lei avrà potuto imparare molto > >.

< < Sia sulla magia che sulla cultura babbana in realtà > > rispose Ron con il cuore gonfio di orgoglio nel pensare a quanto fosse intelligente e capace la sua donna. < < Comunque grazie a lei conosco davvero tante cose della vita dei babbani. Elettricità, cucina, telefono. Ora non sbaglio più nemmeno termini e alcuni di questi aggeggi ho persino imparato ad usarli > >.

L’Auror lo ascoltava attentamente e per la prima volta Ron si sentì a suo agio.

< < Hermione mi ha persino portato a vedere i misteriosi film al cinema. Li adoro come mai mi sarei aspettato di fare > > aggiunse il rosso con una risata leggera.
Layla annuì sorridendo apertamente. < < Adoro anch’io i film. Negli ultimi anni ne ho visti a centinaia, è diventata una piacevole abitudine per me e la mia piccola famiglia, ma torniamo a noi > >.

< < Mi fa piacere constatare che lei è molto inserito nel mondo dei babbani, ma ora le chiedo…………sulla guerra? Cosa sa sulla guerra? > >.

Ancora una volta la domanda fu del tutta inaspettata. L’intera conversazione non aveva alcun senso per Ron e più cercava di capirne qualcosa più la sua testa entrava in confusione. < < Sulla guerra? > > ripeté ingenuamente. 

< < Sulla guerra babbana, signor Weasley > > spiegò pazientemente la bruna. < < Sul modo di combattere, sulle armi dei non maghi. Le sorprenderà sapere che tante delle tattiche degli Auror derivano proprio dal mondo dei babbani. Furtività, strategia, indagine e persino il combattimento. Come potrebbe un mago usare la propria bacchetta con il braccio rotto? È qualcosa che da molto da riflettere, ma ben pochi maghi lo fanni > >.

Ron l’ascoltava rapito. Dopo un primo impatto di totale smarrimento, il giovane scoprì piacevolmente di essere molto affascinato da quella donna forte e dall’intera conversazione, anche se non sapeva ancora cosa aspettarsi al termine di quell’incontro.

< < Molti maghi, nella loro infinita idiozia, credono che la nostra magia sia onnipotente, come il potere di un dio………. Mi creda non è affatto così > >.

< < La filosofia dei Mangiamorte > > interloquì Ron, con voce leggermente spezzata < < Voldomort portava avanti questa folle teoria e io ho perso un fratello per questo, così come tanti hanno perso persone a cui tenevano. So bene che un mago resta pur sempre un essere umano, nessuno di noi è invincibile > >.

< < Mi dispiace molto, signor Weasley > > disse gentilmente l’Auror. < < La guerra è stata terribile e devastante per tutti, seppur molto breve. Tuttavia, lei sa bene che la nostra lotta non è terminata. Il male esiste ancora e noi abbiamo il dovere di combatterlo > >.

< < Chiedo scusa, Auror Connors, ma non capisco proprio dove vuole arrivare > > disse il ragazzo, sperando di non risultare irrispettoso. < < Qual è lo scopo di questo incontro? > >.

Layla Connors non si scompose minimamente. Incrociò le dita, poggiando i gomiti sul tavolo. Ron sentì lo stomaco stringersi pericolosamente. < < Immagino che lei conosca la struttura del Dipartimento Auror di Londra. In realtà nella maggior parte delle città europee funziona in modo semplice. Ogni Dipartimento è composto da tante sezioni o Divisioni se preferisce > >.

< < Alcune di esse sono oggi molto famose e conosciute dalla gente. La Divisione di attacco, quella di difesa, ci sono gli esperti in erbe e pozioni, la sezione degli amministratori e strateghi e anche la maledetta Divisione degli interrogatori. A proposito, ho sempre odiato profondamente quei bastardi torturatori > >.

< < Si, è stata una delle prime lezioni. Durante la scuola, non immaginavo che ce ne fossero così tante > >.

< < Ebbene, signor Weasley > > continuò Layla, guardandolo dritto negli occhi. < < Io ho l’onore di dirigere una di queste Divisioni Auror, anche se la mia è conosciuta da ben poche persone oggigiorno. Non credo che molti maghi della sua età ne immaginano l’esistenza. Io stessa ne rimasi letteralmente sconvolta molti anni fa quando ne scoprì l’esistenza > >.

Ron era così nervoso ed emozionato da non riuscire nemmeno a parlare.

< < Si tratta della Divisione Omega, una sezione speciale di Auror. È difficile da spiegare, le posso dire come prima cosa che i membri della nostra Divisione devono trovare quello che io chiamo un punto di incontro > >.

< < Tra cosa? > >.

< < E’ molto semplice, un punto di incontro tra il mondo magico e quello babbano > >.

Il rosso sgranò gli occhi.

< < La Divisione Omega, signor Weasley, è una sezione di Auror specializzati non soltanto nell’utilizzo della magia per completare la missione. Noi siamo esperti nel combattimento corpo a corpo e nell’utilizzo di armi babbane, vecchie e nuove. È questo quello che siamo. Siamo guerrieri, signor Weasley > >.

Per un attimo Ron si sentì soffocare. Era troppo, troppe informazioni e tutte inaspettate. Ancora una volta non sapeva nemmeno come rispondere.

< < Stia attento, signor Weasley, questo non significa che un Auror della mia Divisione non utilizzi la magia. Anzi è proprio il contrario. I miei combattenti devono imparare a saper usare perfettamente entrambe le vie, devono sapersi muovere in egual modo nel nostro mondo, così come in quello non magico. In una missione saper combattere senza la magia potrebbe significare la salvezza e la riuscita della missione > >.

< < Io……. > > balbettò Ron, in piena confusione < < Io non so cosa dire. Non so cosa pensare in realtà di questo incontro > >.

< < Non devi rispondere subito, Ron > > disse Layla, chiamandolo per la prima volta per nome. < < Lasciamo perdere le inutili etichette e formalità. In effetti questo non è un semplice incontro di valutazione come avrai capito. Ciò che ti propongo è una strada dura e pericolosa. Significa dover andare in missione a combattere direttamente il nemico, mago o babbano che sia, con la magia o semplicemente con le proprie capacità fisiche e mentali. Come potrai immaginare, non è una Divisione molto conosciuta e nemmeno tanto amata data l’odierna influenza delle teorie radicali sul sangue magico e stronzate del genere > >.

< < Mi sta chiedendo di entrare a far parte della sua Divisione? Continuerei comunque l’addestramento in questo campo? > > chiese il giovane, cercando di recuperare la calma.

< < Oh, mi hai frainteso, mio caro Ron > > esclamò la donna, sorridendo gentilmente < < Non ti ho ancora ammesso nella mia Divisione, tutt’altro. Questo era solamente un incontro preliminare, quello che ti propongo è di presentarti domani mattina nella zona numero quattro del campo di addestramento. Naturalmente potrai anche rifiutarti e noi non ne parleremo mai più, ma se ti presenterai dovrai affrontare la mia prova senza discussioni > >.

A quel punto, Ron si aspettava di tutto, ma la sua mente gli disse chiaramente quale sarebbe stata la prova da sostenere. Lo sapeva ancor prima di chiedere. < < Che genere di prova dovrò affrontare, Auror Connors? > >.

< < Una prova molto semplice > > rispose Layla Connors, sorridendo ancora, questa volta, però, con pura malignità. Un sorriso da predatore.

< < Un combattimento senza magia, Ron. Tu contro di me > >.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** La Divisione Omega ***


CAPITOLO 3
 
La Divisione Omega
 
Novembre, 1998

Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Inghilterra
 
 
Gli specchi incantati si erano rivelati una trovata davvero geniale, frutto ancora una volta dell’incredibile ingegno di Hermione. La ragazza aveva deciso di impegnarsi strenuamente nella realizzazione di tale oggetto magico fin dalle prime settimane del nuovo anno scolastico. Dalle lettere aveva ben intuito quale fosse lo stato d’animo del suo ragazzo in quel periodo, ragion per cui si era impegnata in ogni suo momento libero. Per la verità, lei stessa fremeva dalla voglia di vederlo, dalla voglia di parlare con lui e ciò alimentò ancora di più l’impegno che mise nella costruzione di due complessi oggetti magici.

Le lezioni andavano bene come sempre, i suoi voti erano sempre ottimi, mentre rispettava diligentemente ogni dovere di Caposcuola. Tuttavia, nel suo tempo libero aveva cercato con grande impegno l’incantesimo giusto per portare a termine il suo obiettivo e dopo lunghe ricerche in biblioteca finalmente era riuscita a trovarlo. Una complessa formula di trasmissione che avrebbe collegato due persone a due semplici specchi. L’incantesimo avrebbe funzionato solo con le persone che lei avrebbe specificato nella stessa formula magica. Lei e Ron.

Ovviamente non era la stessa cosa di quando si trovavano insieme l’uno nelle braccia dell’altra, ma almeno così potevano vedersi e parlare per ore. Era stata una sorpresa bellissima per lui, Hermione aveva provato un’incredibile sensazione di calore e benessere quando aveva visto attraverso lo specchio l’enorme sorriso del suo ragazzo. Quel caldo sorriso che tanto amava.

Durante la giornata la strega di Grifondoro aveva spedito Leotordo per consegnare a Ron il suo specchio ed è era stato provvidenziale perché proprio quella notte nella loro prima conversazione con gli specchi incantati il suo ragazzo le raccontò gli incredibili risvolti dell’addestramento Auror. Era rimasta letteralmente a bocca aperta nel sentire la dinamica dell’ultimo incontro di valutazione. Anche lei era stata fortemente in ansia in vista del nuovo incontro di valutazione di Ron e invece, al di là di ogni previsione, si era trattato di un vero e proprio incontro di reclutamento. Per di più nella Divisione più strana misteriosa dell’intero Dipartimento Auror di Londra. Prima di allora Hermione aveva soltanto sentito parlare della Divisione Omega.

< < La Divisione Omega > > disse Hermione, osservando l’immagine del suo ragazzo riflessa nel suo specchio. < < Ho letto alcune storie e racconti su alcuni volumi. È una sezione strana avvolta in tanti misteri. Ci sono stati tempi in cui era molto apprezzata nel mondo magico e inoltre Divisioni simili non venivano impiegate solo in Inghilterra. Molti stati in passato fondavano intere guarnigioni di maghi specializzati nel combattimento corpo a corpo e nell’uso delle armi babbane > >.

< < Tuttavia > > continuò la ragazza, con il suo solito tono di voce appassionato che usava quando parlava di storia. < < Da molti anni le Divisioni dei maghi guerrieri sono valutate in modo fortemente negativo dalla comunità magica. Anche nel nostro stesso paese. Ben pochi maghi si fidano delle capacità non magiche e si dice che in passato siano accaduti molti incidenti, anche piuttosto gravi, all’interno di quella Divisione > >.

< < Credimi, Hermione > > sbottò il rosso dall’altra parte dello specchio. < < Faccio ancora fatica a credere che sia davvero successo. Non ho ancora capito se quella donna faccia sul serio o se mi sta soltanto prendendo per i fondelli > >.

Hermione aggrottò la fronte con fare riflessivo. < < Il reclutamento in una Divisione ufficiale durante l’addestramento. Non credo sia una cosa molto ricorrente, che ne pensi? > >.

< < Beh, amore, il reclutamento passa da questa fantomatica prova. Dovrei combattere contro quella donna a mani nude e io non credo sinceramente di avere qualche speranza di poter battere quella pazza furiosa senza magia. In realtà, non credo di poterlo fare nemmeno con la magia se per questo. Avresti dovuto vederla, sono sicuro che è molto pericolosa, Hermione > >.

< < Non lo so, Ron. Personalmente mi sembra strano che un’Auror perfettamente addestrata si sia scomodata tanto solo per sottoporti ad una prova impossibile da superare. Forse avrà in mente qualcos’altro, qualcosa che vada oltre la prova in sé, anche se non riesco ad immaginare che cosa voglia dimostrare > >.

Hermione osservava attentamente il suo ragazzo attraverso lo specchio. Conosceva perfettamente quell’espressione scolpita nel suo volto lentigginoso. Era nervoso e spaventato. In realtà, anche se non poteva ammetterlo per non peggiorare la situazione, lo era anche lei. Era letteralmente terrorizzata.

Durante le lunghe ore di lezione passava molto tempo a pensare e a preoccuparsi come non mai. Il ragazzo che amava e il suo migliore amico ogni giorno affrontavano prove durissime molto spesso con conseguenze terribilmente dolorose.

< < Le tue ferite come vanno?  > > chiese Hermione, preoccupata. < < Non puoi affrontare una prova del genere ferito e stanco. Non voglio che tu ti ferisca ancora, Ron > >.

Ron sospirò stancamente, capendo benissimo quali fossero le sue preoccupazioni. Al suo posto anche lui si sarebbe comportato allo stesso modo se non peggio. < < Gli infermieri del campo hanno fatto un buon lavoro. Non devi preoccuparti, amore, la ferita più grave era quella al ginocchio e si è già rimarginata dopo una sola giornata > > provò a tranquillizzarla il giovane, sapendo bene che non sarebbe stato possibile.

< < Non mi hai ancora dato una tua sincera opinione su questa faccenda > > protestò lei, fissandolo intensamente attraverso lo specchio. < < Cosa ne pensi di tutto questo? Cosa credi che ci sia sotto? Perché quell’Auror è così interessata a te? > >.

< < Come faccio a saperlo? > > replicò il rosso con una punta di irritazione nella voce. < < Non capisco perché abbia scelto me. L’intera conversazione non ha avuto alcun senso dall’inizio alla fine. Credo che l’unica cosa che posso fare è presentarmi all’appuntamento e vedere cosa succede, anche se l’idea di fare a cazzotti con quella donna non mi entusiasma per nulla > >.

< < Sei sicuro di volerlo fare? A parte la prova, la Divisione Omega non è tra le più apprezzate oggigiorno, non gode per niente di una buona reputazione ed è considerata veramente una sezione totalmente inutile per il Dipartimento Auror. Sono preoccupata per te, Ron > >.

Hermione odiava profondamente il fatto di non poter essere al fianco del suo ragazzo in un momento tanto delicato. Sapeva bene che c’era sempre Harry a coprirgli le spalle, ma non era la stessa cosa. Con ogni probabilità, se si fosse trovata davanti il bastardo che aveva ferito Ron l’altro giorno, lei non si sarebbe fermata. L’incantesimo, che gli avrebbe potuto scatenare contro, poteva benissimo essere il più pericoloso del suo repertorio, dagli effetti più dolorosi.

< < Sarà comunque una giornata di addestramento, Hermione. Mi devo presentare comunque al campo per l’allenamento ordinario, anche senza la prova di Layla Connors. È vero, sono nervoso perché non so cosa aspettarmi, però sono anche curioso di sapere cosa abbia visto in me. Perché tra tanti apprendisti abbia scelto me > >.

Hermione lo guardò arrabbiata, sapendo già dove volesse arrivare. Odiava quando si sminuiva senza ragione. Lei aveva visto con i suoi occhi quanto fosse maturato e cresciuto il ragazzo di cui si era innamorata. Quando aveva aperto da solo la Camera dei Segreti, quando aveva combattuto coraggiosamente contro i Mangiamorte e quando finalmente si decise ad amarla senza più alcun dubbio o esitazione.

Forse nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo, ma il suo Ron si era rivelato un compagno fantastico: dolce, gentile, premuroso, spiritoso e sensibile. Hermione non era mai stata così felice, ecco perché non sopportava il fatto che qualcuno potesse dubitare delle sue qualità, anche se era lui stesso a farlo.

< < Non devi dimostrare niente, Ron. Tu sei un mago fantastico, ma soprattutto sei un uomo fantastico, gentile e premuroso. Io sono già così orgogliosa di te. Per quello che hai fatto e per quello che fai ogni giorno. Tu mi rendi felice come nessuno potrà mai fare, maledetto testone > >.

Il viso della riccia era rosso fuoco per la rabbia e la frustrazione. Di fronte all’espressione scioccata di Ron, quasi cedette alla tentazione di urlargli contro con furore, poi, però, il suo ragazzo pronunciò quelle parole che non si sarebbe mai abituata ad ascoltare e che meglio di qualsiasi magia riuscivano sempre a farla stare meglio. Un brivido di piacere ed eccitazione percorse la schiena della ragazza.

< < Ti amo follemente, Hermione Granger > > disse con il sorriso più dolce e sincero.

< < Ti amo anch’io, zuccone > >.

Hermione si strinse le mani nervosamente prima di continuare. < < Per favore, amore, qualsiasi cosa accada domani, sii prudente > >.

< < Te lo prometto, Hermione > > rispose seriamente Ron, poi però ridacchiò leggermente per alleggerire la tensione. < < Tra l’altro, vada come vada, non credo proprio che un Auror possa tranquillamente fare a pezzi un semplice allievo. Restiamo ottimisti fin dove possibile > >.

Hermione lo guardò per nulla convinta, ma non poteva fare nulla per fermarlo.

Restarono a parlare di tutto e di niente fino a notte fonda. Lei sapeva bene quanto Ron avesse bisogno di dormire in vista della prova imminente, eppure entrambi continuarono a sfruttare gli specchi incantati per ore e ore, arrivando persino a dimenticare problemi e preoccupazioni.  Anche se non poteva toccarlo e baciarlo, gli specchi incantati avevano permesso ad Hermione di creare una sorta di piccola stanza di pace, dove c’erano soltanto lei e il suo adorabile fidanzato.
 
***************
 
La mattina seguente

Campo di Addestramento Auror, Londra
 
Ron aveva mangiato poco e niente. Con lo stomaco chiuso e il volto pallido, si era presentato di buon mattino al campo di addestramento insieme ad Harry. Il rosso non era ancora del tutto convinto di volersi affidare all’eccentrica e terrificante Auror in nero. Il suo migliore amico aveva cercato di confortarlo e spronarlo come sempre.

< < Non puoi sapere cosa accadrà. Affronta la prova e poi valuterai le conseguenze in un secondo momento. Fai del tuo meglio come sempre, Ron. Facciamolo entrambi > > gli aveva detto la sera prima con saggezza.

Ron si era sentito meglio e non poteva essere più grato al suo migliore amico. Tuttavia, il nervosismo restava e diventava sempre più forte mentre si avvicinava al luogo dell’appuntamento.

< < Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni? > >.

< < Ha detto che mi sarei dovuto presentare da solo. Se devo giocare, sarà meglio farlo rispettando le sue regole > >.

< < D’accordo. Sei pronto? > > domandò Harry con una punta di agitazione.

< < Vorrei risponderti di sì, ma sinceramente non credo proprio di esserlo > > rispose cupamente Ron, mentre varcavano l’ingresso della gigantesca struttura di allenamento.

< < Tuttavia, affronterò ugualmente questa prova. Farò del mio meglio, Harry > >.

< < Ora ti riconosco > > esclamò il moro, dandogli una pacca sulla spalla. < < Ci vediamo più tardi. Buona fortuna, Ron > >.

Si separarono e così il rosso si diresse con ormai una familiare sensazione di malessere allo stomaco verso il luogo dell’appuntamento. Mentre si avvicinava sempre di più all’ignoto, Ron ripensò al fatto che in passato aveva già fatto a pugni e non era mai andata a finire bene. Una prima volta risaliva al quinto anno quando, insieme a Harry e ai gemelli, si scontrato violentemente con Malfoy e compagni nel bel mezzo di una partita di Quiddich. La conseguenza fu la solita terribile punizione della Umbridge.

La seconda volta era più recente, risalente a quasi un anno prima. L’episodio richiamava eventi terribili e drammatici, una giornata terrificante che non avrebbe mai dimenticato. Terribili incubi lo riportavano spesso a quella notte, quando Hermione era stata brutalmente torturata. Come il ricordo incancellabile del suo abbandono, Ron non avrebbe mai dimenticato le disperate urla di dolore della ragazza che amava. Erano appena scappati da casa Lovegood e non avevano avuto nemmeno il tempo di allestire il campo protetto dai soliti incantesimi, quando vennero sorpresi da un gruppo di Ghermidori senza scrupoli. Il drammatico inseguimento che ne era seguito nella foresta si era concluso con la loro cattura e proprio nel tentativo di proteggere Hermione, il rosso aveva subito un duro pestaggio. Gli avevano persino rotto il naso. Si sforzò di non rimuginare su ricordi così traumatici. Aveva poche speranze di superare la prova, ma almeno avrebbe potuto affrontarla con una certa sicurezza.

Ron raggiunse in orario il luogo designato: l’area quattro del campo di addestramento Auror. Si trovava oltre i confini di uno dei tanti fitti boschetti dove abitualmente si organizzavano prove di sopravvivenza di vario genere. L’Auror Layla Connors si trovava già all’interno di una specie di ampio quadrato delimitato da tre fila orizzontali di sbarre metalliche. Il terreno era in sabbia come in tutte le aree del campo, dove normalmente si tenevano i duelli magici. Era appoggiata comodamente ad una sbarra con le braccia conserte ed era vestita con la stessa tuta nera aderente del giorno prima. Osservandola attentamente, Ron ebbe l’impressione di trovarsi dinnanzi ad una guerriera davvero implacabile e per questo non poté fare a meno di tremare leggermente mentre si avvicinava al recinto.

< < Alla fine sei venuto, Ronald Weasley > > esordì Layla Connors, sorridendo amabilmente. < < Devo ammettere che hai dimostrato un bel fegato nel presentarti qui. Dopotutto forse non ho sbagliato a puntare su di te > >.

< < Beh, signora Connors, in realtà ho pensato che in egual modo mi sarei dovuto presentare per l’addestramento di sempre, per cui eccomi qui > > disse Ron, cercando di sembrare calmo e rilassato.

La donna rise rumorosamente portandosi una mano guantata sulla bocca. < < Davvero molto spiritoso, Ron > > disse, prima di assumere un’espressione gelida e priva di emozioni. < < È un bene in certe situazioni fare qualche battuta per sdrammatizzare e limitare la tensione. Credimi, oggi dovrai affrontare una prova molto impegnativa, può anche darsi che per te si rivelerà la prova più dura di tutta la tua vita. Sei ancora in tempo per ritirarti, se vuoi > >.

< < A questo punto, signora, preferisco affrontare la prova. Vada come vada > > replicò Ron, questa volta con seria determinazione nella voce.

< < Molto bene, ammiro il tuo coraggio. Forza entra pure dentro questo grazioso recinto > >.

In quel momento il ragazzo si accorse che non c’era un cancello per entrare, perciò pensò fosse implicito il fatto di dover scavalcare la recinzione di ferro. Atterrò agilmente sul terreno sabbioso, proprio di fronte la donna.

< < Le regole del gioco sono semplici > > disse l’Auror posando le mani guantate sui propri fianchi.

< < Si tratta di uno scontro reale a mani nude, quindi non ti sarà permesso usare nessuna forma di magia. Come vedi è molto semplice > >.

Non appena finì di parlare, Layla Connors afferrò la bacchetta da una tasca della cintura della tuta, non distogliendo mai lo sguardo dal suo giovane avversario mentre lo faceva. La gettò oltre la recinzione e con occhi gelidi aspettò pazientemente che Ron facesse lo stesso. Quando questi gettò anche la sua bacchetta, egli si sentì inerme e impotente come non mai prima d’ora.

< < Per il resto, il combattimento non avrà alcuna restrizione > > aggiunse l’Auror, avvicinandosi a piccoli passi verso Ron. < < Ovviamente non potremo usare nessuna arma a parte i nostri corpi, ma tu potrai colpirmi come vorrai, sbattermi contro le sbarre di ferro e persino gettarmi sabbia in faccia. O almeno potrai tentare di farlo. Domande? > >.

Ron avrebbe risposto se ne avesse avuto la possibilità, ma gli fu impossibile farlo. Ciò che accadde fu sconcertante e traumatico, come se il mondo senza preavviso cominciasse a girare impazzito intorno ai suoi occhi. Non sarebbe stato in grado di spiegare nulla di quanto accaduto nel giro di pochi attimi, poteva solo dire che si trovava disteso sulla sabbia e dolorante in diverse parti del corpo. Ma come era accaduto?

< < So che ti è impossibile ricostruire gli ultimi due secondi della tua vita. Posso dirti, caro ragazzo, che prima di tutto ti ho tirato un pugno amorevole sul tuo bel nasino e subito dopo ho afferrato il tuo braccio sinistro con entrambe le mani. Sfruttando il mio stesso corpo ti ho fatto letteralmente svolazzare facendoti cadere di schiena sulla polvere. Hai fatto una bella capriola in effetti > >.

Ron respirava affannosamente. Tutto quello che lei aveva detto doveva essere vero, perché la caduta di schiena era stata devastante, lasciandolo quasi completamente senza fiato. Ancora a terra si portò debolmente una mano sul volto e non si sorprese nel constatare il sangue che colava copiosamente dal naso. Provò un sentimento di pura rabbia mentre tentava di rimettersi in piedi.

< < Non è stata una mossa proprio corretta, signora. Alquanto sleale, se posso dire > > disse con fatica, lanciandole un’occhiataccia.

< < Credi forse che un nemico ti chiederà gentilmente il permesso, prima di ucciderti? Cominciamo male, Weasley > > ribatté l’Auror piuttosto freddamente.

< < IN PIEDI > > urlò subito dopo, facendo trasalire il giovane.

Layla alzò una mano con fare beffardo, con due dita lo invitò silenziosamente a caricare in avanti. Ron lo fece nel pieno della furia, provando rabbiosamente a colpirla con il destro, ma andò completamente a vuoto. La donna schivò il pugno con un semplice spostamento di gambe, senza indietreggiare. Il giovane mago tentò ancora, ben consapevole di non avere alcuna tecnica o preparazione in questo tipo di combattimento, perciò cercò di essere il meno prevedibile possibile, alternando le direzioni degli attacchi. Voleva colpirla almeno una volta, ma fu tutto inutile.

L’Auror della Divisione Omega schivava e parava ogni attacco con un’agilità e grazia straordinaria. Per più di dieci minuti Ron tentò inutilmente di colpirla, stancandosi sempre di più. Gocce di sudore scorrevano dalla fronte, unendosi al sangue, per poi precipitare sulla sabbia, mentre il respiro del rosso si fece sempre più affannoso. Layla Connors, invece, si muoveva silenziosa e senza sforzo, spostandosi costantemente intorno al ragazzo. Il volto di lei era impassibile, privo della benché minima emozione, l’esatta immagine di una guerriera implacabile. Ogni suo movimento era calcolato, funzionale all’andamento di un combattimento assolutamente impari. Ron fece del suo meglio, consapevole dei propri limiti e soprattutto ben conscio di non poter avere ragione di lei. Nonostante fatica e dolore, aveva inoltre compreso che l’Auror non rispondeva ai suoi attacchi di proposito. Molto presto, però, l’avrebbe fatto, di questo il ragazzo era certo.

La sua previsione si avverò non molto tempo dopo. All’ennesimo pugno schivato, Layla Connors fece la sua mossa. Una ginocchiata in pieno stomaco e per un attimo Ron pensò di poter veramente rimettere il poco che aveva mangiato a colazione. Tuttavia, non ebbe tempo di riflettere o soffermarsi sul dolore sempre più opprimente, perché la guerriera gli centrò in pieno la mascella con un destro poderoso. Ron non finì disteso sul terreno sabbioso come prima, solo perché il suo corpo si schiantò con violenza contro la recinzione di ferro. L’impatto fu ancora più violento della prima caduta, forse si era rotto persino qualche costola.

Ancora una volta il giovane Weasley non poté nemmeno soffermarsi sulle proprie condizioni. Fece soltanto in tempo a vedere il felino balzo in avanti della donna. In quel momento Layla assomigliava terribilmente ad una belva feroce. Lei alzò agilmente la gamba destra con la chiara intenzione di rifilargli un tremendo calcio in pieno volto. Miracolosamente con il semplice istinto, Ron trovò la forza di gettarsi in avanti, evitando all’ultimo secondo un potenziale pericolo mortale, con un calcio del genere avrebbe potuto benissimo spezzargli il collo. Fu comunque una mossa dispendiosa e il rosso restò per qualche secondo disteso sulla sabbia ad ansimare.

< < Ottima schivata, Ron. Sei davvero in gamba > > esclamò Layla con allegria, come se il duello fosse estremamente divertente. Non mostrava alcuna fatica, come se non avesse fatto nulla fino a quel momento.

< < Coraggio, ragazzo. Continuiamo > >.

Ron non avrebbe mai voluto farlo, desiderava solo restare disteso, anche in quella stessa sabbia già macchiata del suo sangue. Invece fu costretto ad alzarsi e ancora una volta sentì ogni parte del suo corpo protestare, non potendosi trattenere dall’urlare per il dolore.

< < Questa volta farò molto sul serio, Ron. Perciò stai in guardia > > lo avvertì freddamente Layla.

Quest’ultima alzò le braccia pronta a scatenarsi. Incredibilmente, però, fu Ron ad attaccare per primo e lo fece con inaspettata grinta mista a disperazione. Urlava furiosamente ad ogni tentativo di attacco, anche se nessuno di essi andò mai a segno. Parata o schivata, Ron non riuscì mai a colpirla. La donna sembrava piacevolmente colpita e suo malgrado si ritrovò a sorridere, anche mentre si accingeva a rispondere con tutta la violenza e durezza possibile. Da quel momento in avanti la sfida si trasformò in un vero massacro, un pestaggio in piena regola. Il ragazzo subì, senza poter reagire e nella più totale impotenza, ogni genere di attacco fisico: dai pugni su stomaco e viso ai violenti e aggraziati calci che lo mandavano sempre al tappeto.

Mentre l’Auror lo pestava senza pietà, Ron si ritrovò a pensare quanto fosse un bene che Hermione non potesse vedere una scena del genere con i propri occhi. Ad un tratto il giovane Weasley non sentì più nemmeno il dolore, il suo corpo era diventato insensibile dopo i tanti traumi ricevuti. La donna smise di colpirlo senza proferire parola, così Ron si accasciò come un sacco vuoto contro le sbarre di ferro. Il viso del ragazzo era un’orribile maschera di sangue e anche se ormai era molto vicino a perdere i sensi, la consapevolezza di non poter fare nulla per superare quella prova, restava molto forte. In realtà egli era convinto di non averne mai avuta, fin da quando aveva scavalcato la recinsione di ferro.

I pugni guantati della guerriera erano chiusi e sporchi di sangue. Layla lo osservava attentamente con occhi freddi e indecifrabili. Si avvicinò con calma al ragazzo ormai stremato. Quest’ultimo aveva gli occhi semichiusi e a quel punto non poté fare altro che aspettare l’inevitabile. L’ennesimo pugno non arrivò mai. Layla posò cautamente una mano sulla spalla tremante del giovane, mostrando per la prima volta rimorso e amarezza sui lineamenti del proprio volto. Ancora una volta la bruna sembrava aver cambiato personalità nel giro di un attimo.

< < Raramente ho incontrato ragazzi coraggiosi e in gamba come te, Ron > > disse con voce gentile.

< < Congratulazioni, Ronald Weasley, hai superato ampiamente la mia prova. Nessuno ci riusciva da molti anni. Tu sei ufficialmente un apprendista della Divisione Omega del Dipartimento Auror di Londra > >.

Ron non era per niente sicuro di aver capito bene. La realtà intorno a sé si poteva considerare un mondo nebuloso sempre più fitto. Provò debolmente a parlare, ma nell’istante successivo perse completamente le ultime forze rimase. Cadde in avanti privo di conoscenza come un sacco vuoto. Questa volta, però, il suo corpo non precipitò rovinosamente a terra, prima che potesse accadere due braccia forti lo sorressero con cura, mentre una voce gentile, dai chiari connotati materni, accompagnava nel mondo dell’incoscienza.

< < Ben fatto, ragazzo > >.
 
**********
 

Infermeria, Campo Auror

 
Rispetto ad una semplice scazzottata, Ron aveva sicuramente vissuto esperienze molto più traumatiche e terribili. Appena undicenne aveva rischiato di essere ucciso da un mostro di pietra in una scacchiera gigante. Durante il terzo anno, una belva feroce assetata di sangue, anche se si trattava di Sirius, gli aveva quasi staccato la gamba a morsi. Nel pieno della loro prima incursione all’interno del Ministero della Magia, un altro mostro, sotto l’orribile forma di un cervello gigantesco, lo aggredì, ferendolo gravemente. Un anno dopo rischiò ancora una volta la morte per avvelenamento e quella volta ci era andato veramente vicino a lasciarci la pelle, Harry l’aveva salvato letteralmente per miracolo. Senza contare poi tutte le esperienze vissute durante la caccia agli Horcrux: lo spaccamento, i combattimenti, le fughe improvvise, la guerra e la tortura del medaglione maledetto.

A soli diciott’anni Ron portava già numerose cicatrici, alcune ben visibili, altre più nascoste e ancora più dolorose. Ogni volta che Ron era stato pericolosamente vicino a perdere la vita, il risveglio dall’incoscienza era stato il momento più traumatico e doloroso in assoluto. Anche quel giorno il risveglio forzato si rivelò a dir poco terrificante. Dopo essere stato privo di conoscenza per buona parte della giornata, la testa gli martellava senza tregua, facendolo gemere continuamente per il dolore. I Medimaghi di turno furono costretti a somministrargli ben due pozioni in una sola giornata per calmarlo. Non c’era parte del suo corpo che non gli facesse male.

Superando un breve momento di smarrimento, il giovane riuscì a riconoscere l’inconfondibile ambiente dell’infermeria del campo di addestramento. C’era già stato altre volte, ma mai ricoverato e così gravemente malandato. Non riusciva ad alzare una mano tanto era debole, eppure sentiva distintamente le fasce mediche accuratamente avvolte intorno al suo viso. Anche il torace, là dove si erano rotte diverse costole, era stato diligentemente medicato.

< < Ben svegliato, amico. Mi hai fatto preoccupare. Sei rimasto svenuto per ore > > disse una voce familiare, facendolo trasalire dolorosamente.

Nel suo stordimento, il rosso non era accorto della presenza di Harry al suo fianco. Era seduto sull’unica sedia posta accanto al letto e stava sorridendo con un’espressione che manifestava un enorme sollievo.

< < Hermione > > balbettò debolmente Ron, alzando la testa dal cuscino.

< < L’ho dovuta avvertire. Sa tutto > > si affrettò a rispondere Harry, alzando le mani per calmarlo. < < Sai che voleva essere messa al corrente dei fatti. Voleva sapere come fosse andata la prova, perciò mi ha inviato una decina di messaggi da Hogwarts, è un miracolo che non sia venuta di persona. Tranquillo, l’ho rassicurata e le ho detto che ti sei già ripreso. Ci penserai tu a raccontarle i dettagli questa sera stessa. Ti dimetteranno presto > >.

Ron sospirò stancamente, rimettendosi comodo. < < Grazie, Harry > >.

Harry gli sorrise allegramente. < < Così hai superato la prova. Una prova sostenuta contro un vero Auror addestrato. Sono fiero di te, Ron. Sapevo che ce l’avresti fatta > >.

Con i ricordi, il rosso tornò bruscamente a ciò che era accaduto quella mattina. Allora non se lo era immaginato, Layla Connors l’aveva realmente proclamato vincitore della prova e nuovo membro apprendista della Divisione Omega. Ma perché? Lui aveva perso il combattimento.

< < Mi ha fatto a pezzi, Harry > > disse il rosso, imbarazzato. < < Non sono riuscito a colpirla neppure una volta, è stato un vero massacro. Mi ha pestato come un tamburo fino a quando sono svenuto. Se dovessimo seguire alla lettera gli insegnamenti di Roberts, in una vera missione sarei sicuramente morto > >.

< < Non ho visto come è andata > > ribatté Harry, incrociando le braccia. < < Forse il vero scopo della prova non era vincere il duello, gli Auror non sono quasi mai chiari sulle loro intenzioni. Sai bene che non posso essere io a darti delle vere spiegazioni, Ron > >.

< < Difatti sono io a doverle dare > > intervenne l’Auror Connors dall’entrata dell’infermeria. Nessuno dei due ragazzi l’aveva sentita arrivare. Anche ora, mentre camminava tranquillamente lungo il corridoio di letti, la bruna appariva mortalmente pericolosa.

< < Harry Potter > > esclamò lei, con un largo sorriso < < E’ davvero un onore conoscerti. Il salvatore del mondo magico, tutti coloro che oggi vivono in pace ti devono tutto, Harry. È un bene che tu faccia parte del nostro Dipartimento > >.

Per un attimo Harry pensò che la donna lo stesse prendendo in giro, ma quando gli strinse con forza la mano, si accorse che era veramente onorata di conoscerlo.

< < L’onore è mio, Auror Connors. Anch’io ho sentito molto parlare di lei. A quanto pare non ci è andata molto leggera con il mio amico > > rispose Harry con tono educato ma risentito.

Il sorriso della donna si spense di colpo. Squadrò con estrema serietà il moro, anche se nel suo sguardo non c’era alcun risentimento, anzi una certa comprensione mista a dispiacere e rimorso.

< < Sono consapevole di averlo ferito piuttosto gravemente > > disse Layla, guardando entrambi i ragazzi. < < Non volevo farlo, ma era necessario. Un Auror deve essere pronto a subire una sconfitta e soprattutto deve essere consapevole che può essere ferito in qualsiasi momento durante una missione. Ron doveva affrontare questa realtà crudele e credimi, lui l’ha affrontata coraggiosamente come ben pochi avrebbero potuto fare. Non si è arreso di fronte ad un nemico più forte e talvolta basta semplicemente questo per portare a termine una missione o per difendere un innocente > >.

Calò un silenzio prolungato alle parole forti e appassionate dell’Auror Connors. Ancora una volta Ron rimase oltremodo confuso e sorpreso di fronte al comportamento di lei. E’ vero che l’aveva conosciuta solo il giorno prima, ma per quanto ci avesse provato, gli era stato impossibile cercare di capire quale fosse il vero stato d’animo di quella donna. Una guerriera implacabile dai modi duri e spietati, eppure allo stesso tempo dimostrava anche di essere una persona gentile e disponibile.

< < E’ vero, però, che Ron meriti ulteriori spiegazioni sulla prova che ha dovuto sostenere senza alcun preavviso e io sono disposta a spiegargli ogni cosa se avrà la bontà di ascoltarmi > > continuò Layla, rivolgendosi direttamente al ragazzo steso sull’unico letto occupato dell’infermeria.

< < Tuttavia, vorrei farlo in privato se non ti dispiace, Harry. Si tratta di una faccenda molto delicata e per quanto voi due amici fraterni senza segreti, ho il desiderio di parlare da sola con Ron. Perciò, signor Potter, vorrei chiederti gentilmente di uscire. Ovviamente poi il tuo amico sarà liberissimo di raccontarti ogni cosa > >.

Dalla sua espressione per nulla convinta, Harry non si aspettava certo una richiesta del genere e mostrava chiaramente una certa titubanza nel lasciare Ron in quelle condizioni. Lanciò un’occhiata preoccupata all’amico, ma notò che la sua attenzione era tutta per Layla Connors. Harry conosceva quello sguardo, il desiderio sfrenato di conoscere i tratti mancanti di una situazione o di una persona. Ron voleva sapere e sinceramente ne aveva tutto il diritto. Molte volte, soprattutto con Silente, il giovane mago aveva provato la frustrante sensazione di non poter conoscere tutto, che qualcuno gli nascondesse continuamente dettagli sulla sua vita nella speranza di proteggerlo.

Anche se riluttante, Harry Potter si alzò dalla sedia e dopo aver scambiato un breve cenno di intesa con il suo migliore amico si affrettò a uscire dalla sala. Esattamente come il giorno prima, Ron restò solo  e nella stessa stanza con la persona che in poche ore aveva letteralmente stravolto la sua vita, emotivamente e ora anche fisicamente.

< < Quel ragazzo è un vero amico, Ronald. Non ti ha lasciato nemmeno per un istante mentre ti rimettevano in sesto. E devo dire che ha dimostrato anche un bel fegato poco fa. Chissà, forse avrebbe persino potuto attaccarmi. Sarebbe stato interessante > > commentò la Connors con un sorriso.

< < E’ come un fratello per me. Presto entrerà ufficialmente a far parte della mia famiglia, anche se in realtà ne ha sempre fatto parte > > replicò il rosso, sorridendo a sua volta, anche se con una nota di tristezza. < < Purtroppo non sempre sono stato un buon amico come lo è stato lui. Harry avrebbe meritato di meglio. Lui ed Hermione > >.

< < Tutti commettiamo errori, Ron > > esclamò la bruna, con voce gentile e seria. < < L’importante è saperli riconoscere ed ammettere. Poi fare il possibile per rimediare, come hai fatto tu e come continui a fare ancora oggi. Nessuno è perfetto, ragazzo mio > >.

Nonostante tutta la gentilezza dell’Auror, Ron, suo malgrado, provava ugualmente una forte sensazione di disagio nel trovarsi così vulnerabile disteso su un letto d’ospedale, dinnanzi alla stessa persona che lo aveva riempito di botte. In quel momento non sapeva proprio come comportarsi, né tantomeno sapeva se doveva essere a chiedere quanto gli premeva da ormai due giorni interi.

Layla, d’altro canto, sembrò leggergli nel pensiero. < < Coraggio, chiedi pure, Ron. Non avere paura. Sono qui per risolvere ogni tuo dubbio > > disse la bruna gentilmente.

< < Cosa? > >.

< < So bene cosa vuoi sapere. Chiedi e io ti risponderò con assoluta sincerità > >.

Ron fece un respiro profondo, impressionato per il fatto che fosse così facile capire le sue emozioni o forse quella donna era molto abile e addestrato a farlo.

< < Perché io? > > si ritrovò a chiedere, senza potersi più trattenere. < < Perché ha scelto me? > >.

Layla appoggiò le mani sulle sbarre di ferro del letto per poterlo osservare attentamente. Ron notò con un brivido che i guanti di lei erano ancora macchiati di sangue. Del suo sangue.

< < Perché ne sei degno, Ron > > rispose dopo quello che sembrava un’eternità. < < Sei un ragazzo buono e coraggioso, molto più di come ero io alla tua età. Non sono stata per niente una brava persona, per molti anni > >.

< < Ma…. > >.

< < Lasciami finire > > disse Layla, severamente. < < Lo scopo della prova non era soltanto quello di valutare la tua forza e la tua resistenza fisica. Combattendo contro di te sono riuscita ad avere molte conferme. Conferme, che secondo il mio parere, si possono ottenere solo con una sana e violenta scazzottata. Sei un ragazzo in gamba, ben consapevole di ciò che è giusto, di ciò che è necessario difendere a tutti i costi > >.

< < Sono pienamente soddisfatta di come ti sei comportato oggi e sarei onorata se tu mi accettassi come tua maestra e tuo diretto superiore, così come lo sono io nell’averti accettato come mio allievo e come membro della Divisione di Auror che comando > >.

Ron sentiva il cuore battergli sempre più velocemente. Le parole di Layla Connors lo avevano riempito di orgoglio come non mai. Nessun professore ad Hogwarts lo aveva mai lodato con così tanta passione. Per la verità, prima di quel momento, solo la sua Hermione lo aveva fatto sentire così, così ben accettato e voluto. Solo lei aveva espresso così chiaramente quanto lo apprezzasse come persona e come mago con tutti i suoi difetti. Ora lo stava facendo anche un Auror addestrato del Dipartimento di Londra.

Tuttavia, Ron voleva ancora sapere, voleva conoscere ogni dettaglio. Era un bisogno troppo forte per lasciar perdere. < < Lei ha detto che aveva bisogno di conferme. Ma da dove è nato questo suo bisogno? Come è arrivata a propormi di sostenere la prova e propormi di entrare a far parte della sua Divisione? La prego, io ho bisogno di sapere > >.

Layla si sporse ancora di più in avanti, lanciandogli un’occhiataccia. < < Lascia perdere le formalità e chiamami Layla, zuccone > >.

< < D’accordo signora…..ehm Layla > >.

< < Comunque > > aggiunse, tirandosi indietro e posandosi le mani sui fianchi. < < Non ho alcuna difficoltà a risponderti, ragazzo. Per prima cosa, lascia che ti chieda io una cosa. Alcune settimane fa hai sostenuto molte prove di sopravvivenza, insieme a molti dei tuoi compagni apprendisti, alcune di esse persino nella Foresta Proibita ad Hogwarts, indubbiamente uno dei luoghi più pericolosi > >.

< < Si > > rispose Ron, aggrottando la fronte per la confusione. < < Tempo, varietà di incantesimi da usare usati, capacità di occultamento e soprattutto sopravvivere. Le prove di sopravvivenza sono le più dure e pericolose del corso, ho sentito dire che molti sono morti tragicamente in qualcuna di esse > >.

< < Esatto. Purtroppo è così > > confermò lei, con un’ombra di dolore nei suoi occhi scuri. < < Però, a dir la verità queste prove drammatiche rappresentano il tuo punto forte, Ron > >.

Ron la guardò allibito, senza sapere come rispondere.

Layla gli sorrise furbamente < < Oh non essere così modesto, Ronald. Nella maggior parte delle prove di sopravvivenza sei andato molto bene. Quasi sempre hai ottenuto punteggi molto alti, arrivando molto vicino a vincerle. L’ho visto con i miei occhi, tu non puoi saperlo ma io facevo parte della commissione di esaminatori di molte delle prove che hai sostenuto. Alcune le ho persino organizzate io stessa con trappole e creature varie. Dovresti aver capito che non ci vado troppo leggera con voi mocciosi. Le prove di sopravvivenza rappresentano ciò che si avvicina di più ad una vera missione Auror > >.

Ron era sbalordito. < < Miseriaccia > >.

< < Da quello che ho visto sembri proprio avere una certa propensione a questo di tipo di situazioni, Ron > >.

< < Lo scorso anno si è rivelato come un’unica immensa lotta per la sopravvivenza. C’è stato tempo di fare molta pratica purtroppo per tentare di sopravvivere e nella maggior parte dei casi abbiamo dovuto improvvisare > > rispose Ron, cupo.

Un pensiero improvviso lo fece scattare. < < Come fai a saperlo, Layla? Intendo come fai a sapere i miei risultati nelle prove? > >.

Ancora una volta la donna gli lanciò un’occhiata furba e beffarda. < < Ti ho osservato attentamente, Ron. Per la verità ho osservato attentamente l’andamento delle gare grazie ai potenti incantesimi di osservazione. Direi che adesso avrai intuito da dove sia nato il mio bisogno di conferma > >.

Il giovane distolse lo sguardo, lusingato e imbarazzato al tempo stesso.

< < Ora, però, parliamo di una prova in particolare, Ronald > > disse Layla, di nuovo con una serietà sconcertante. Di colpo l’espressione della bruna si fece incredibilmente appassionata, mentre con forza stringeva le sbarre metalliche del letto medico.

< < Ciò che mi interessa davvero è quello che hai fatto durante una prova in particolare, tenutasi proprio nella Foresta Proibita. Tu sai bene a quale mi riferisco? Quella famigerata gara di sopravvivenza, è stato in quell’occasione che hai attirato irrimediabilmente la mia attenzione > >.

Ron sbiancò visibilmente, muovendo poi il corpo inconsciamente per l’agitazione. Urlò per il dolore per il movimento improvviso, ma la donna non ci fece caso, continuando a fissarlo con assurda intensità.

< < Durante quella specifica prova eri sul punto di superare ogni record, io l’ho visto. Stavi mostrando pienamente quanto vali, quanto tu sia in gamba come mago e come potenziale Auror. Eri davvero sul punto di vincere una difficilissima e mortale gara di sopravvivenza con incredibile facilità, per di più si trattava di una gara organizzata da me in persona > >.

< < Hai sorpassato con arguzia e abilità anche compagni più grandi ed esperti di te. Ma ad un certo punto accadde qualcosa. Qualcosa di inaspettato. Per quale motivo non riuscisti a vincere quella prova, Ron? Voglio che tu mi risponda > >.

La domanda lo riportò bruscamente alla situazione drammatica in cui si era trovato nel cuore della Foresta Proibita. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere, d’altronde restava pur sempre una prova organizzata dal Dipartimento Auror di Londra, uno dei più sicuri e organizzati. Ciò nonostante accadde ugualmente l’impensabile e lui non ebbe alcuna esitazione. Sapeva cosa era giusto fare senza ombra di dubbio e agì di conseguenza. Ora, però, non era più così sicuro che la sua azione fosse stata ben accettata dagli esaminatori.

< < Rispondi, Ron > >.

< < Ho abbandonato la prova e non ho raggiunto il traguardo. Sono tornato indietro > > rispose il ragazzo, arrossendo senza volerlo.

< < Perché lo hai fatto? Perché hai abbandonato una corsa che avresti sicuramente vinto? In questo modo hai azzerato il tuo punteggio, ottenendo una valutazione estremamente negativa > >.

< < Perché > > si affrettò a rispondere il ragazzo, cercando di mantenere la voce ferma e lottando strenuamente contro la sensazione di malessere alla bocca dello stomaco. < < Perché mi sono fermato ad aiutare una mia compagna. Per salvarla ho pensato che dovevamo necessariamente tornare indietro. Non c’era tempo per proseguire la prova, Jane perdeva troppo sangue. Al diavolo la prova > >.

Layla sorrise calorosamente, lanciando al ragazzo un’occhiata di vero apprezzamento misto ad orgoglio. < < Jane Lidley si era ferita gravemente. Non era stata in grado di riconoscere in tempo una pericolosa trappola magica che io stessa avevo piazzato lungo il percorso. Si trattava di una trappola esplosiva e l’impatto fu molto violento. La fece schiantare contro un grosso albero e un ramo le trapassò una coscia da parte a parte. Si sarebbe senz’altro dissanguata. Forse nemmeno un esaminatore sarebbe arrivato in tempo, ma per fortuna c’eri tu > >.

< < Ti ho visto con i miei occhi, Ronald Weasley > > continuò Layla, camminando intorno al letto e sedendosi sulla stessa sedia che aveva occupato Harry poco prima. < < Senza alcuna esitazione hai interrotto la corsa verso il traguardo e la vittoria, così l’hai salvata. Hai fermato l’emorragia per quanto possibile e subito dopo te la sei caricata in spalla. Hai seguito il percorso inverso, incurante dei tuoi compagni che proseguivano come se niente fosse. Ti sei subito reso conto che, tornando indietro, avresti portato Jane da un Medimago in breve tempo, senza contare che conoscevi già il percorso e i tratti più facili da seguire > >.

< < Dei venti partecipanti a quella prova, tu sei stato l’unico a capirne il senso. L’unico a comprendere ciò che dovrebbe fare un Auror in azione. Al diavolo la missione, il punteggio o la vittoria finale. La vita di un compagno o di un innocente viene sempre prima, Ron. Tu hai affrontato pericoli inimmaginabili e hai sofferto il terribile dolore della perdita. Questo ti ha permesso di capire quanto sia importante la vita e quanto siano importanti le persone con cui la viviamo. Ecco perché ti ho scelto > >.

< < Io….. non > > balbettò Ron senza sapere cosa dire.

< < Ci tengo però a ribadire una cosa che ti avevo già spiegato, Ron > > disse con forza Layla, alzando una mano per non essere interrotta.

< < Io non ti ho offerto una strada semplice e priva di pericoli. Al contrario, dovrai affrontare pericoli e prove impegnative, cose che molti dei tuoi compagni non dovranno mai affrontare. Io ti insegnerò a combattere a mani nude, ad usare le armi babbane e soprattutto ti insegnerò a saper sfruttare le nuove doti fisiche che svilupperai, insieme alla tua magia. Sarà un duro addestramento, forse più duro rispetto a quello della maggior parte dei tuoi compagni di corso. Ma ne varrà la pena > >.

Una strana eccitazione iniziò gradualmente a salire, facendo dimenticare al ragazzo stanchezza e dolore. Aveva la concreta opportunità di far valere le proprie capacità, di acquisire la preparazione necessaria per poter diventare l’Auror che aveva sempre sognato. Un degno compagno per la sua Hermione.

< < Io non posso fare altro che ringraziarti, Layla Connors > > disse Ron, con tono solenne. < < Farò del mio meglio per non deluderti. Darò tutto me stesso > >.

< < Come mio subordinato e come mio allievo, la tua vita rappresenta una mia diretta responsabilità, Ronald > > dichiarò l’Auror, alzandosi dalla sedia.

< < Ma come membro della Divisione Omega, tu sarai responsabile di ogni azione e di ogni decisione che prenderai in missione. Questo è fondamentale per ogni Auror, ancor di più per i membri della mia Divisione. Hai capito bene, Ron? > >.

< < Ho capito e non vedo l’ora di iniziare > > rispose il rosso con assoluta sicurezza e sincerità.

< < Inizieremo la prossima settimana. In questi ultimi giorni hai già dovuto affrontare difficili prove che hanno lasciato segni concreti sul tuo corpo. Inizieremo questa nuova fase dell’addestramento quando sarai tornato nel pieno delle forze > >.

Layla Connors cominciò ad incamminarsi verso l’uscita. Gli lanciò un’ultima intensa occhiata prima di imboccare l’uscita. < < Sono sicura che diventerai un grande Auror, Ronald Weasley. Io ti aiuterò, se mi sarà possibile, ma dovrai sempre credere in te stesso > >.

La guerriera in nero non aggiunse altro. Ron la osservò assorto mentre usciva dall’infermeria, mille pensieri circolavano follemente nella sua testa come un alveare. Si sforzò di respirare profondamente, desiderando la vicinanza di Hermione come non mai. L’avrebbe vista al più presto grazie agli specchi incantati, ma non l’avrebbe potuto baciare e abbracciare come era ormai abituato a fare. Non vedeva l’ora di raccontarle tutte le novità, per tranquillizzarla e per farle vedere quanto fosse pronto e determinato per la nuova fase dell’addestramento. Per la prima volta vide una strada veramente sua, una strada che forse lo avrebbe portato a sentirsi veramente degno di essere il compagno di vita della strega più in gamba della loro generazione.

Ron era pronto e non aveva più paura.
 

 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Il Natale del dopoguerra ***



CAPITOLO 4

 
IL NATALE DEL DOPOGUERRA
 

Dicembre, 1998
Campo di addestramento Auror, Londra
 
 
L’Auror Layla Connors non aveva minimamente esagerato quando aveva parlato di un imminente passaggio verso una nuova fase dell’addestramento. Effettivamente, oltre che per Ronald Weasley, per molti giovani apprendisti si concretizzò questo passo importante, che avvicinava notevolmente le future reclute del corpo degli Auror alle prime missioni ufficiali come nuovi protettori del mondo magico. Più precisamente, ogni giovane apprendista doveva essere affidato ad un certo punto dell’addestramento alla supervisione di un Auror esperto. Come aveva bruscamente predetto la donna, quella nuova fase comportò un aumento di intensità degli allenamenti e delle prove da sostenere. I primi mesi si erano rivelati una sorta di preparazione, una sorta di allenamento preliminare sotto la severa guida di Edward Roberts.

 Ogni apprendista cominciava il proprio addestramento in un unico grande gruppo composto soprattutto dai nuovi arrivati, in attesa dei cosiddetti incontri di valutazione e di reclutamento, i quali servivano appunto a stabilire il futuro di ogni recluta. Essi non soltanto decidevano il maestro Auror dell’apprendista, ma anche la Divisione di cui avrebbe fatto parte in futuro. Gli Auror designati come maestri dovevano decidere se ammettere il singolo apprendista nel proprio gruppo per il proseguimento dell’addestramento o se rimetterlo alle amorevoli grazie di Roberts.

Nel caso in cui si venisse accettati dal nuovo istruttore, da quel momento in avanti l’allievo passava ufficialmente verso la nuova fase dell’addestramento, con un nuovo e lunghissimo programma per la giornata di allenamento: la mattina con il solito ordinario corso generale di Roberts, mentre il pomeriggio con l’addestramento speciale organizzato personalmente dall’Auror da cui si era stati scelti.

Così, si andavano a formare dei veri e propri gruppi, ciascuno diretto da un Auror di esperienza e dalle grandi capacità magiche. Harry era stato scelto alcuni mesi prima da Kingsley in persona come potenziale candidato ad entrare nella Divisione degli Incursori, indubbiamente la sezione più celebre, importante e organizzata di tutta l’Inghilterra. Il giovane salvatore del mondo magico era con ogni probabilità uno degli allievi più promettenti, dalle incredibili doti, unite ad una tale esperienza sul campo da far impallidire e tremare la maggior parte degli Auror in carica in tutta la nazione.

Di conseguenza, il regolamento del Corpo Auror inglese prevedeva questo tipo di percorso per ogni allievo. Tuttavia, anche se almeno apparentemente tutto si stava svolgendo in piena regolarità, in realtà l’anno di corso 1998-1999 aveva registrato un’incredibile novità o meglio una situazione particolarmente inusuale che non si vedeva da diversi anni nel campo di addestramento Auror di Londra. Tra i tanti gruppi di allievi regolarmente formati dagli Auror, uno di questi era formato da un solo allievo. Inoltre, come se non bastasse, quest’ultimo era un potenziale candidato alla famigerata Divisione Omega, tanto malvista e disprezzata da così tanti anni.

L’Auror Layla Connors aveva scelto unicamente Ronald Weasley come allievo, subordinato e membro del proprio gruppo di addestramento. Ron aveva accettato deciso e pronto a fare il suo meglio, ignorando con forza la derisione e gli insulti odiosi di numerosi compagni di corso. In questo modo anche lui subentrò verso la nuova fase di quel lungo percorso e lo fece insieme ad allievi promettenti e capaci. Come predetto dalla guerriera, l’addestramento si fece realmente più duro e impegnativo, a tratti quasi disumano. Ai soliti esercizi di Roberts la mattina, si erano aggiunti allenamenti massacranti per tutti durante il pomeriggio fino al tramonto.
Ron non poteva chiaramente pronunciarsi per i suoi compagni, ma per ciò che lo riguardava, il nuovo allenamento pomeridiano si rivelò subito estremo e distruttivo. Layla non ci andava mai leggera con lui, il crudele pestaggio, che Ron aveva subito solo qualche giorno prima per la cosiddetta prova di ammissione, era stato soltanto il primo di una lunga serie.

Nel corso di quei due mesi iniziali, Layla insegnò al ragazzo a difendersi e a combattere a mani nude, attraverso il richiamo di numerose discipline da combattimento babbane. Anche se c’erano ancora tanti miglioramenti da fare, Ron imparava gradualmente ad attaccare, a difendersi, a schivare, a incassare, a muoversi correttamente, a controllare la propria respirazione e le proprie energie e nel frattempo perfezionava diligentemente la propria magia. Layla Connors era implacabile, ma era anche la migliore insegnante che Ron avesse mai avuto. Nessun adulto aveva mai creduto così tanto in lui, motivandolo a superare sempre i propri limiti.

A parte il combattimento corpo a corpo, il rosso scoprì che c’erano tanti incantesimi utili che si potevano ben integrare in questo tipo di scontro. Un Impedimenta si poteva utilizzare al momento giusto non solo per bloccare il nemico, ma soprattutto per scoprire la sua guardia, per poi colpirlo con un calcio o con un pugno. Gli incantesimi di stordimento diventavano ancora più devastanti a distanza ravvicinata, ma per farlo Ron doveva appunto imparare a battersi faccia a faccia con l’avversario. Alla vecchia maniera.

< < Ricorda, Ronald > > gli ripeteva fino allo sfinimento Layla. < < Un mago che si fida soltanto del proprio potere magico sarà del tutto impotente ogni qualvolta non lo potrà usare. Ad esempio come potrebbe difendersi se perdesse la bacchetta durante la missione. Cosa credi che accadrebbe in un caso del genere? È molto semplice, il mago andrebbe incontro a morte certa > >.

Era un interrogativo che Ron non si era mai posto a scuola, forse da ragazzino anche lui inconsciamente si era sempre fidato della propria magia come di un potere assoluto e invincibile. Quanto si sbagliava. Tra le tante cose, si ritrovò a rammentare il loro secondo anno ad Hogwarts, quando Harry aveva combattuto con la spada di Grifondoro uno dei mostri più temuti e terribili del mondo magico. Anche se si trattava di un’arma speciale e dai misteriosi poteri, il suo migliore amico aveva ucciso quel mostro usando il proprio coraggio e la propria capacità di improvvisazione.

Dopo poche settimane di allenamento sotto la guida dell’Auror Connors, Ron iniziò a provare una strana e inspiegabile sensazione. Sentiva che stava progredendo continuamente e velocemente. Iniziò a fidarsi sempre di più di sé stesso e di ciò che poteva fare. Oltre ad essere un’istruttrice incredibilmente capace e severa, Layla era anche una buona motivatrice. Durante gli estenuanti duelli non smetteva mai di motivare e incitare il proprio allievo, rimproverandolo per le mosse sbagliate e lodandolo per quelle corrette. Ron era riuscito a colpirla dopo ben due mesi di tentativi che gli erano costati lividi e contusioni dolorose, ma era consapevole di dover fare ancora molta strada prima di poterla battere.

Il giovane Weasley non mentiva sul fatto di essere stato molto scettico su tutta la faccenda del combattimento alla babbana e della Divisione Omega, soprattutto durante i primi giorni di allenamento con Layla. Tuttavia si era trattata di sensazione passeggera che passò rapidamente quasi senza che Ron se ne rendesse conto.
Molto presto i risultati del suo allenamento si fecero ben vedere. Un fatto che sconvolse con forza la normalità del Campo di addestramento Auror di Londra. Un’ordinarietà che da anni nessuno era mai riuscito a sconvolgere.
 
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L’avversario era abile, proprio come Ron ricordava, dato che l’aveva già affrontato durante le prime settimane di corso. Si chiamava Gleen Klein, un ragazzo robusto e corpulento dai capelli ricci e neri. Faceva parte del gruppo di fedeli di Timothy Garden che tanto l’aveva tormentato senza mai una valida ragione. Contro Klein Ron si era battuto strenuamente in passato, così come aveva sempre fatto con Garden, ma anche con lui aveva sempre perso, bersagliato da potenti e numerosi incantesimi di attacco. Ora, Gleen faceva persino parte dello stesso gruppo di allenamento di Harry sotto la guida di Kingsley, difatti egli sembrava ancora più agguerrito e capace dell’ultima volta. Tuttavia, anche Ron era più lo stesso e lo dimostrò presto all’intero campo.

Il duello era intenso e focoso, sotto lo sguardo attento e impassibile di tanti Auror e allievi, tra cui la stessa Layla Connors. Quest’ultima osservava lo scontro fredda come il ghiaccio, senza trasparire alcuna emozione per le sorti del suo allievo. Il suo unico allievo.

Seguendo una precisa strategia, Ron combatteva a distanza, alternando con indiscussa abilità incantesimi di difesa e di attacco. Ma non era ancora abbastanza per vincere e lui lo sapeva bene.

< < EXPERLIARMUS > > urlò il rosso, tentando di aprirsi un varco nella difesa impenetrabile dell’avversario. Aveva cercato invano di disarmarlo, ma l’allievo della Divisione degli Incursori era più abile e preparato di lui in quel genere di incantesimi.

< < Diffindo > > rispose Klein con un abile movimento di bacchetta. Ron non ebbe il tempo di usare la propria e perciò fu costretto a scattare di lato.

Nonostante lo scatto, l’incantesimo di taglio gli aprì ugualmente un vistoso taglio poco sotto la spalla sinistra. Ron gemette leggermente per il bruciore intenso, ma non arretrò.

< < E’ una scena già vista, Weasley > > lo schernì Klein, con un sorriso maligno. < < Ho già visto parecchie volte il tuo sangue, mentre tu raramente hai visto il mio o quello di molti altri in questo campo. Mi chiedo perché tu voglia continuare a metterti così tanto in ridicolo? Povero bastardo, dovresti rinunciare e tornare dalla tua famiglia di falliti > >.

Ron non rispose, fissando gelidamente e con estrema calma il suo avversario. In passato egli non era mai stato in grado di contenere le proprie emozioni, la rabbia e l’odio profondo che provava ogni qualvolta veniva insultata la sua famiglia o qualsiasi altra persona a lui cara. Ora, però, era cambiato, Layla l’aveva istruito a mantenere il controllo non soltanto per sé stesso, ma soprattutto per il bene delle persone che doveva proteggere.

< < Oserei dire che sei diventato persino un tantino arrogante, Weasley > > sbottò la recluta, innervosito per il fatto di essere stata del tutto ignorato. < < Credi di essere migliore di me? > >.

Passò qualche secondo e il duello riprese. Klein aggredì con forza il rosso grazie ad ogni genere di incantesimo. Ron si difendeva in modo impeccabile, usando i propri incantesimi di difesa come uno scudo impenetrabile.

Per il momento Ron decise di non contrattaccare, continuando a studiare attentamente ogni mossa dell’avversario, fino a quando arrivò ad una semplice conclusione: l’attacco di Klein era statico e prevedibile. Presto il suo avversario si sarebbe scoperto e lui doveva farsi trovare pronto.

Nello sbalordimento generale il giovane Weasley si destreggiava con la propria bacchetta in modo sublime e dopo una serie di interi minuti di sole parate e schivate, il nervosismo dell’avversario più grande divenne ben palpabile. Il viso di Klein era rosso per la rabbia e la frustrazione crescente.

< < Dannato vigliacco > > ringhiò rabbiosamente, provando pian piano ad avvicinarsi a Ron sperando così di sorprenderlo. Alcuni degli incantesimi che gli scagliò contro erano persino mortali, ma nessuno dei presenti fermò il duello.

La situazione non mutò. Ron si difendeva con calma usando la propria bacchetta. Layla aveva compreso fin da subito il suo talento per gli incantesimi di difesa, di conseguenza si era impregnata molto per aiutarlo a perfezionarli. Ron era in grado di evocare una barriera magica invisibile e impenetrabile. Klein fu costretto ad avvicinarsi ancora colmando le distanze. Fu un errore fatale. Al momento giusto il compagno di Hermione fece la sua mossa.

Quando capì che il momento era arrivato, Ron si gettò in avanti schivando l’ennesimo incantesimo nemico. Con incredibile agilità il ragazzo rotolò sul terreno sabbioso arrivando in un’unica mossa nelle vicinanze dell’avversario furioso e non appena tornò in posizione eretta puntò la bacchetta contro di lui, mirando al suo braccio destro, quello armato che continuava a scagliare malefici di ogni genere.

< < IMPEDIMENTA > > urlò Ron e il suo incantesimo blu scuro centrò in pieno l’avambraccio di Klein.

L’arto fece un brusco movimento, ma grazie alla sua prestanza e robustezza fisica Gleen riuscì a non perdere di mano la bacchetta. Ciò nonostante, la sua guardia era completamente scoperta, proprio come Ron aveva sperato. Il rosso caricò in avanti con un balzo incredibile. Sotto lo sbigottimento generale, Ron si girò su sé stesso e completò la piroetta con un violentissimo calcio sul fianco totalmente esposto dell’avversario. Ma non finì lì, perché Ron tornò nella solita posizione di guardia rifilando una gomitata in pieno volto alla recluta con lo stesso braccio con cui impugnava la bacchetta.

Miracolosamente Klein restò ancora in piedi, ma boccheggiava affannosamente, la bacchetta abbandonata al suo fianco. Il volto sofferente e sanguinante del giovane apprendista era ben visibile a tutti i presenti. Ma dava anche segnali di voler riprendere il combattimento.

< < Experliarmus > > gridò Ron, alzando la propria bacchetta. Questa volta l’incantesimo ebbe l’effetto sperato e Klein fu disarmato. La bacchetta di quest’ultimo volò per diversi metri prima di depositarsi sul terreno sabbioso.

Con estrema freddezza, Ron puntò di nuovo la bacchetta contro Klein. Questa volta partì un accecante lampo rosso che colpì la recluta in pieno petto. Il ragazzo volò paurosamente all’indietro e quando finalmente precipitò a terra, egli aveva già perso i sensi.

Di colpo l’intero campo ammutolì. Per tutta la durata del duello i numerosi apprendisti avevano incitato a gran voce i due contendenti, mentre gli Auror studiavano attentamente le loro mosse. Per la verità le urla si erano fermate bruscamente quando Ron aveva iniziato il suo attacco finale. Nessuno dei presenti, tra giovani allievi e Auror ufficiali, aveva mai visto una scena del genere o meglio tutti tranne una.

< < A quanto pare il mio allievo ha vinto, signori miei > > disse allegramente Layla Connors ai suoi colleghi, sorridendo orgogliosa.

Le parole della donna fecero scattare quasi automaticamente un boato di gioia da parte dei compagni più stretti di Ron, i quali si affrettarono a raggiungerlo. Harry fu il primo a congratularsi con lui, rifilandogli amichevoli pacche sulla schiena. Ron stava respirando lentamente, tentando con fatica di ritornare ad un respiro regolare. Le risate e i complimenti dei compagni erano soltanto un pallido suono difficilmente udibile. Ron si sentiva accaldato, ancora troppo preso dalla foga del combattimento e anche sconvolto per la violenza che era riuscito a scatenare contro qualcuno.

Quando aveva iniziato il corso, il rosso non si sarebbe mai potuto immaginare uno scontro così violento contro un suo compagno. Layla l’aveva avvertito che abbattere un nemico senza magia era tutt’altra cosa, quasi si trattasse di un atto più bestiale che umano.

< < Ci saranno volte, Ron, in cui dovrai combattere con ogni tua energia. Per la tua vita e per quelle delle persone che devi proteggere. Non voglio mentirti, potresti anche arrivare ad un punto estremo, come purtroppo è accaduto a me tante volte. Uccidere un nemico può essere necessario alcune volte, ma resta comunque un atto terribile. Starà a te capire quali saranno i limiti da non superare mai. Sono certa che mi renderai sempre orgogliosa > >.

Le parole di Layla gridavano a gran voce nella sua testa, molto più dei commenti dei suoi compagni. Klein era un avversario violento con molta più esperienza e preparazione di lui. Per batterlo Ron non avrebbe potuto comportarsi diversamente, ma ora era ben consapevole del limite da non superare mai. Poco prima dell’incantesimo finale, Gleen Klein si trovava completamente sotto la sua mercè, anche se mostrava pallidi segnali di ripresa. Ron avrebbe potuto ferirlo molto più gravemente e a posizioni invertire, la recluta di Kingsley probabilmente avrebbe fatto molto di più che tramortirlo.

Dalla folla di persone Ron si accorse che non tutti esultavano per la sua vittoria. Molti lo fissavano con sospetto e diffidenza. Lo sguardo di Timothy Garden era di puro odio.
< < Sei stato incredibile, Ron > > commentò Harry sinceramente sorpreso. < < Concludere un duello con una mossa simile. Solo un pazzo zuccone come te poteva farlo. Ma credo che da ora in avanti mi dovrò abituare a questo tuo nuovo stile > >.

Il rosso ridacchiò leggermente, mentre iniziava lentamente a calmarsi. < < Beh, dovevo testare i risultati dei miei allenamenti. Tutti voi state sviluppando nuove abilità di lotta, io devo abituarmi a combattere con le mie. Klein è un osso duro e mi aveva già rifilato sonore batoste > >.

< < Questa volta non volevo perdere > > aggiunse Ron, con le orecchie leggermente arrossite. < < Ma non volevo nemmeno ferirlo > >.

< < Si riprenderà, l’hai soltanto tramortito e credimi, lui ad altri ha fatto ben di peggio, te compreso. Gli servirà come lezione > > disse Harry in tono pratico, mentre osservava il ragazzo svenuto che veniva portato in infermeria.

< < E’ giusto > > esclamò un altro compagno di corso. < < Vedrai che la prossima volta si guarderà bene dal prendersi gioco di te. Da quel che ho visto non è una buona idea farlo. Per nessuno > >.

< < Tutti i pestaggi che hai subito sono serviti a qualcosa dopotutto > > intervenne la Connors con fare scherzoso, avvicinandosi ai ragazzi. Quando posò gli occhi sul suo allievo, egli vide chiaramente quanto fosse raggiante ed orgogliosa.

< < Oggi, una recluta arrogante ha avuto una lezione ben meritata, magari l’avessi potuta impartire io personalmente. Possiamo soltanto sperare che la ricorderà per lungo tempo, ma ne dubito > > dichiarò la donna, tranquilla.

< < Ma non farti strane idee, Ron > > continuò Layla, dando una pacca sul capo dell’allievo. < < Devi ancora migliorare parecchio la tua preparazione sia magica che nel combattimento babbano. La tua tecnica deve essere perfezionata. Tranquillo, ci penserò io a furia di pugni e calci > >.

< < Non vedo l’ora > > ribatté Ron sarcastico, massaggiandosi il capo.

Layla sorrise sinceramente al gruppo di ragazzi, soprattutto ad Harry e a Ron. < < Ci sarà tempo per sonore e amorevoli strapazzate. Per adesso direi che vi siete ampiamente meritati le vacanze di Natale. Avrete ben due settimane di assoluto riposo, ma quando tornerete l’allenamento sarà ancora più duro > >.

Entrambi i ragazzi sospirarono stancamente.

< < Per te, Ron, in particolare ci sarà una piccola sorpresa. Una piccola novità per i tuoi prossimi allenamenti > > dichiarò con voce inquietante, con un sorriso malizioso. < < Per il momento non pensarci troppo. Se non erro tra qualche giorno vi aspetta un appuntamento romantico molto importante. Salutatemi le vostre ragazze > >.

< < Ti ringrazio per tutto, Layla > > disse sinceramente Ron, anche se leggermente preoccupato delle novità che Layla gli avrebbe fatto trovare alla fine delle vacanze. < < Buon Natale. A te e alla tua famiglia. Spero di poterla conoscere presto > >.

Layla sorrise di nuovo un po' a disagio, di colpo distolse lo sguardo, forse per nascondere un certo rossore sulle guance. Tuttavia si riprese subito, rifilando al suo allievo un’altra pacca sul capo.

< < Buon Natale, Ron. Magari, se puoi, evita di raccontare certi dettagli del tuo allenamento ad Hermione. Non vorrei trovarmi costretta a fronteggiare la strega più famosa e in gamba della nuova generazione > >.

< < Credo che sarebbe meglio evitare > > rispose il ragazzo, ridendo di gusto.
 
**************
 
Alcuni giorni dopo
Stazione di King’s Cross, Inghilterra
 
< < Sono in ritardo > > disse nervosamente Harry per quella che doveva essere la centesima volta. < < Dovevano essere qui già da un’ora. Dove diavolo sarà quel maledetto treno? > >.

< < Piantala, Harry > > borbottò Ron, con impazienza.

Il nervosismo del suo migliore amico lo stavo torturando, oltre che irritando non poco. La sensazione di malessere allo stomaco si face sempre più opprimente, mentre gli sguardi dei ragazzi erano puntati fisso su quel punto della grande stazione da cui avrebbe dovuto comparire il familiare treno rosso. Entrambi avevano cominciato seriamente a soffrire l’attesa che durava da diverse ore.

< < Sai bene che ci possono essere centinaia di motivi per il ritardo dell’Espresso di Hogwarts > > esclamò Ron, sfregandosi nervosamente le mani. < < Quel maledetto treno non è mai stato puntuale, soprattutto per i viaggi di ritorno > >.

< < Già > > sbottò il moro, con voce sarcastica < < Per l’andata è sempre puntuale e noi lo sappiamo bene visto che l’abbiamo perso una volta, rischiando di farci espellere > >.

< < Beh, per la verità quella volta abbiamo anche rischiato di farci uccidere > > concluse il rosso con un sorrisetto. Almeno tentavano di distrarsi in qualche modo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso apertamente, Ron era estremamente teso e irritato per quel ritardo. Non vedeva Hermione da così tanto tempo. Le gambe gli tremavano al solo pensiero di poterla finalmente riabbracciare. Negli ultimi tempi era diventato paradossalmente doloroso il fatto di poterla vedere solo attraverso uno specchio.

< < Avete qualche programma per stasera? > > domandò Harry, in tono cauto.

< < Niente di particolare > > rispose tranquillamente, nonostante un certo rossore nelle orecchie. < < Staremo un po’ insieme in giro per Londra e poi l’accompagnerò a casa dai suoi genitori > >.

< < Tu e Ginny che cosa farete? > > chiese subito dopo Ron, con voce falsamente sospettosa.

Dalla semplice accettazione, il ragazzo era passato all’essere realmente felice per loro. Non avrebbe potuto desiderare di meglio per sua sorella e osservandoli nel corso degli anni aveva ben compreso il profondo legame d’amore che li univa.

< < Oh….. credo che neanche noi faremo nulla di particolare. Forse una cena da qualche parte, ma senza troppe pretese > > disse l’eroe del mondo magico un po’ a disagio. Paradossalmente da qualche tempo era lui quello più in difficoltà, soprattutto quando si trattava del signor Weasley.

< < Tranquillo, amico mio. Nessuno di noi ti ucciderà per i programmi che hai giustamente organizzato con la tua fidanzata > > scherzò Ron, dando una pacca scherzosa nella spalla dell’amico. < < Non capita spesso che una ragazza riceva così facilmente la benedizione di un padre e di un esercito di fratelli matti dai capelli rossi. Non che Ginny abbia bisogno di benedizioni o approvazioni. Nessuno di noi ci tiene a subire qualcuna delle sue maledizioni > >.

Harry ridacchiò. < < Credo che vi ritrovereste tutti con la faccia piena di pustole, che per inciso è il rischio che corro ogni volta che la faccio infuriare. Tua sorella sa essere alquanto spaventosa a volte > >.

< < Beh, sempre meglio che essere attaccati da un branco di canarini impazziti e carnivori. Le mie cicatrici parlano da sole > > ribatté Ron, con un leggero brivido, facendogli vedere platealmente le mani.

L’allegra conversazione dei due ragazzi sulle lore compagne li aiutò a rilassarsi per un’altra ora abbondante, fino a quando vennero bruscamente interrotti dall’inconfondibile fischio che li fece sobbalzare entrambi all’unisono. La folla di persone in attesa nel binario nove e tre-quarti si riversò con foga vicino alla balaustra per osservare finalmente il treno in avvicinamento.

Anche Harry e Ron osservavano senza proferire parola la locomotiva che riduceva sempre di più la propria velocità fino ad arrestarsi davanti ai loro occhi. Ron sentì il cuore battere sempre più forte, raggiungendo il massimo al momento dell’apertura delle porte dei numerosi vagoni. I primi studenti iniziarono a scendere con i vari addetti che aiutavano con gli enormi bauli insieme alla folla di parenti e amici in attesa. Nella sfrenata voglia di vederla tra i tanti che scendevano dal treno, Ron dimenticò ogni cosa, anche la presenza di Harry al suo fianco.

C’erano così tante uscite tra i vari scompartimenti e pur sforzandosi, nella massa confusa di persone che si era creata non riuscì a trovare la sua ragazza tra la folla. All’improvviso, mentre era ancora intento nella sua disperata ricerca, si vide passare davanti a sé una specie di scheggia rosso fuoco impazzita. All’ultimo momento riuscì a riconoscere la sua adorata sorellina, la quale lo aveva bellamente ignorato, gettandosi con pochissima grazia tra le braccia di Harry.

Ron osservò sorridendo l’abbraccio quasi disperato dei due, prima di riposare gli occhi sempre più impazienti sul maledetto treno ancora pieno di studenti in uscita, ma qualcosa gli oscurò la vista. Una massa di ingovernabili capelli ricci gli oscurò la vista e suo malgrado il rosso non poté evitare di gemere sonoramente per il dolore e la sorpresa, quando il corpo snello e profumato della sua ragazza si gettò rudemente contro di lui. Le braccia di lei si strinsero con forza intorno al suo collo, con la fronte poggiata su una spalla.

Ron appoggiò una guancia sul capo di Hermione e ispirò profondamente tra i suoi capelli. L’odore di lei era sempre lo stesso, quello che adorava, quello che sognava da così tante notti. Si abbracciarono strettamente, entrando in un mondo tutto loro, dimenticando la confusione dell’arrivo e qualsiasi altra cosa stesse accadendo in quella stazione.

< < Ron > > sussurrò Hermione, nascondendo il viso nell’incavo del collo del ragazzo. Anche lei stava respirando con desiderio il sapore della sua pelle.

< < Mi sei mancata tantissimo, amore > > disse il ragazzo, senza sapersi trattenere oltre. Qualche lacrima cominciò a scendere dagli occhi color blu oceano del ragazzo, bagnando il familiare maglioncino che la riccia indossava, fatto con cura dalla signora Weasley in persona.

< < Non siamo mai stati così tanto separati. Fin da quando ci siamo conosciuti > > disse la giovane strega, stringendosi di più al corpo caldo del ragazzo. < < Ci sono stati giorni in cui mi sentivo soffocare, Ron. Come se mancasse costantemente una parte di me, una parte indispensabile della mia vita. Non voglio più vivere una simile esperienza, Ron > >.

Ron si tirò leggermente indietro per poterla guardare. Anche lei aveva il viso arrossato e bagnato di lacrime. Il rosso capiva benissimo come si sentisse la ragazza che amava.
Nessuno dei due fu in grado di aggiungere altro, perché in un attimo entrambi si fecero di nuovo avanti, questa volta, però, per baciarsi con un desiderio disperato, che non avevano mostrato nemmeno durante l’ultima visita a Hogsmate di diversi mesi prima. Hermione gli afferrò il viso tra le mani per poterlo baciare accuratamente e senza riserve. Si separarono soltanto quando divenne necessario il bisogno di respirare.

Ron poggiò la fronte su quella della ragazza, combattendo il desiderio di baciarla di nuovo. < < Sei bellissima > > disse semplicemente, sistemandole con cura un ricciolo ribelle dietro l’orecchio.

Lei rise di gusto, facendolo tremare per la gioia. Le mani di lei ancora dolcemente posate sulle guance del ragazzo. < < Anche tu non sei male, amore. E comunque non credo di essere cambiata molto, ti ricordo che mi hai vista ieri sera per l’ultima volta > >.

< < Attraverso un dannato specchio. Non credo proprio che sia la stessa cosa, Hermione > > obiettò il rosso, baciandola di nuovo. < < Così è molto meglio > >.

< < Pienamente d’accordo > > rispose Hermione, rispondendo ai molteplici baci con la medesima foga.

I due avrebbero continuato a baciarsi senza alcun pensiero al mondo, senza minimamente tener conto del fatto trovarsi in un luogo pubblico, se una voce sarcastica e burbera non li avesse interrotti.

< < Avete intenzione di continuare ancora per molto? > > domandò maliziosa Ginny, tra le braccia del suo ragazzo. < < Forse non l’avete notato, ma la stazione si è quasi totalmente svuotata mentre vi sbaciucchiavate senza ritegno > >.

Ron alzò gli occhi al cielo, il braccio saldamente nella vita di Hermione. A quanto pare il carattere acido di sua sorella non era per nulla cambiato < < Salute anche a te, sorellina. Finalmente ti sei accorta anche di me > >.

< < Ben trovato, imbecille > > disse Ginny, sorridendo calorosamente.

Nonostante i commenti non troppo affettuosi, fratello e sorella si abbracciarono, lasciando anche ad Harry la possibilità di abbracciare la sua migliore amica.

< < E’ bello rivederti, Harry > > disse Hermione, stampandogli un leggero bacio sulla guancia. < < Grazie per esserti occupato di lui durante questi mesi. Posso solo immaginare tutti i guai in cui si è cacciato > >.

< < Ehi > > sbottò Ron, < < Vi ricordo che io sono qui > >. Ma Hermione lo ignorò.

< < Beh, non è stato niente di nuovo > > esclamò il moro, scrollando le spalle. < < D’altronde io e te ci siamo occupati di lui per più sette anni. Lo abbiamo fatto insieme e diciamo che ti ho sostituito per un breve periodo, ma molto presto sarai tu a farlo a tempo pieno e autonomamente > >.

Harry sorrise maliziosamente ai suoi migliori amici, i quali arrossirono quasi all’unisono.

< < A quanto pare stai ereditando le frecciatine idiote tipiche della tua fidanzata, amico > > commentò Ron, con un’occhiataccia, facendo ridere tutti.

< < Va bene, va bene > > sbottò Ginny, dando una pacca sulla testa del suo ragazzo. < < Ci sarà tempo per le prese in giro e per altro. Adesso usciamo da questa maledetta stazione. Ho una fame da lupi > >.

Ginny trascinò Harry fuori dalla stazione di King's Cross ed Hermione fece lo stesso con il suo ragazzo, continuando bellamente ad ignorare le lamentele da cucciolo bastonato di quest’ultimo. Come da programma, le due coppie si separarono, già organizzati per una cena tra loro quattro per i prossimi giorni.




Ron e Hermione si incamminarono mano nella mano tra le strade trafficate e caotiche di Londra, parlando animatamente e scambiandosi continuamente baci veloci. In realtà, grazie agli specchi incantati, i due si erano aggiornati quasi ogni sera su tutto ciò che facevano e su tutto ciò che accadeva nelle loro vite, ma Ron adorava troppo ascoltare gli appassionati racconti della ragazza che amava. La voce appassionata e sicura di lei aveva il potere di farlo sentire bene e al sicuro, in pace con il mondo.

Sia quando con foga raccontava i diverbi scolastici, sia quando lei gli parlava dolcemente a pochi centimetri dalla sua bocca, la voce di Hermione aveva sempre il potere di fargli battere il cuore all’impazzata. Mentre camminavano senza una vera meta con le dita saldamente intrecciate, Ron si ritrovò a provare come sempre l’esaltante sensazione di essere davvero il più fortunato ragazzo del pianeta.

< < Quest’anno si sta rivelando più noioso del previsto > > si lamentò Hermione, facendo ridere il suo ragazzo. < < Che hai da ridere, idiota? > >.

< < Hai seguito troppe lezioni in vista dei MAGO? Senza contare i tuoi doveri da Caposcuola? Hermione, ti avevo pregato di lasciare un po’ di tempo per te stessa. Tanto sei già la migliore della scuola e non solo > >.

< < Non cominciare, Ron. E poi non è vero che sono la migliore > > lo ammonì la riccia, con sguardo severo.

< < D’accordo, d’accordo > > disse il rosso, alzando una mano in segno di pace. Sapeva perfettamente che, se avesse proseguito con eventuali rimproveri, sarebbe sicuramente scattata la solita lite e in quel momento era l’ultima cosa che voleva.

< < In realtà non è stato noioso soltanto per le tante lezioni che ho dovuto seguire > > proseguì Hermione, stringendogli la mano. < < Ho avuto tanto tempo libero, soprattutto durante la sera con un certo specchio. Forse quello che sta rendendo quest’anno vuoto è la vostra assenza, il non dovermi più occupare dei miei due zucconi > >.

Ron ridacchiò, prima di baciarle una guancia. < < Ti è mancato anche il fatto di doverci sempre fare i compiti nelle situazioni più disperate e nel giro di poche ore? O il fatto di doverci salvare la pelle per qualche nostra stupidaggine > >.

< < Beh, qualcuno doveva salvare voi due idioti dalla bocciatura, da qualche mostro tentacolare o peggio ancora dall’ira della McGranitt > > ribatté Hermione, baciandogli castamente le labbra.

< < Ma la risposta è sì, mi è mancato anche quello > > aggiunse la strega, con una punta di nostalgia.

< < Avrei tanto voluto vederti quest’anno. Vederti passeggiare tra i corridoi di Hogwarts, vederti mentre sgridavi i ragazzini o mentre correvi a perdifiato verso ogni genere di lezione. Immagino facilmente ogni scena > >.

< < Smettila di prendermi in giro, Ronald > >.

Ron ignorò le lamentele della ragazza e la fece fermare delicatamente con le mani ancora unite. < < Sapevamo che sarebbe stata dura quest’anno > > disse il rosso, con voce leggermente tremante, passando dolcemente l’altra mano sulla guancia di lei. < < Però sono felice del cammino che stiamo percorrendo. Insieme, anche se siamo costretti a passarlo separati. Sono così orgoglioso di te, Hermione > >.

Hermione si strinse a lui con forza quasi disperata. < < Avrei voluto essere con te, amore. Tutte le prove che hai affrontato, tutte le ferite e il dolore che hai sopportato. Io dovevo essere con te, Ron. Al diavolo lezioni ed esami > >.

< < Ma tu eri con me, tesoro > > rispose calorosamente il ragazzo, baciandole la fronte. < < Ogni sera, con una lettera o con uno specchio sapientemente incantato, solo tu riuscivi a farmi sentire meglio, solo tu mi regalavi la carica per affrontare la giornata successiva. Nessun altro ci riusciva, solo tu, Hermione. Con te mi sento forte e pronto a fare qualsiasi cosa > >.

Hermione non riuscì a trattenere le lacrime e non riuscì nemmeno a trattenere il desiderio sfrenato di baciarlo di nuovo con foga, lì stesso in mezzo a quella strada trafficata.
 
 
***************
 
Hermione Granger portò il suo fidanzato in una vecchia e piccola pasticceria proprio nel centro di Londra. La frequentava fin da piccola insieme ai suoi genitori, il luogo ideale per il discorso che si era programmata di fare. Un posto appartato e tranquillo, dove finalmente si sarebbe potuta liberare di quello che era diventato un peso per lei. Nella foga di riavere Ron tra le braccia l’aveva quasi dimenticato, ma una volta che il suo ragazzo prese il discorso delle vacanze natalizie, il pensiero del discorso che doveva fare tornò bruscamente nella sua mente e mentre passeggiavano tra le vie di Londra, Hermione decise che era tempo di affrontarlo una volta per tutte.

Lei non aveva mai avuto difficoltà con le parole, tranne quando si trattava di Ron. Lui era sempre stato l’eccezione per lei. L’eccezione più estenuante e felice della sua vita. Da quando stavano insieme, Hermione era riuscita a rompere molti dubbi o perplessità naturali del suo ragazzo verso il mondo babbano e usanze che lui sconosceva totalmente, forse molto più di quanto aveva fatto Layla Connors. Durante l’estate precedente, mentre si consolidava il loro nuovo legame come coppia, Ron aveva imparato ad amare il cinema, la televisione, la musica, gli elettrodomestici e addirittura i romanzi d’avventura babbani. Con l’insistenza a tratti comica di suo padre, Ron si stava persino appassionando agli sport babbani.

Tra tutto, però, Hermione non restò sorpresa nel constatare che il suo ragazzo fin da subito, senza alcuna spinta da parte sua, aveva letteralmente adorato la cucina babbana. Sia quando lo portava nei ristoranti, sia quando cucinava lei stessa senza magia, Ron era al settimo cielo, al punto che egli stesso si cimentava spesso in qualche ricetta. Talvolta, con grande disappunto della ragazza, il rosso dimostrò di essere anche particolarmente abile tra i fornelli babbani.

Così, Hermione pensò che fosse una buona idea portarlo in quella pasticceria. Ron adorava i dolci e anche se doveva affrontare un discorso importante e serio, lei non si sarebbe mai stancata di osservare le comiche reazioni di Ron, di fronte a delle pietanze che lui considerava delle vere e proprie meraviglie. Hermione era pronta a fare la sua richiesta, anche se non si sentiva per nulla sicura. Per la verità provò la sgradevole sensazione di apparire egoista in quella circostanza, ma non ne poteva proprio fare a meno. Desiderava ardentemente che Ron accettasse la richiesta che stava per fargli o che almeno provasse a capire la sua posizione.

Il primo Natale dopo la guerra, il primo Natale dopo la morte di Fred e lei stava ugualmente provando a chiedere.

Quasi inconsciamente Hermione intrecciò le dita, stringendole nervosamente. Era un gesto istintivo che faceva spesso quando era nervosa, un gesto che poteva sicuramente sfuggire a qualcuno che non la conoscesse. Certamente non poteva sfuggire a Ron, il quale si accorse di colpo della tensione che sembrava tormentare la sua ragazza.

Il rosso le afferrò amorevolmente una mano facendola trasalire. < < Amore, va tutto bene? > >.

< < Oh, sì scusa, Ron > > mormorò debolmente la giovane strega, rispondendo amorevolmente alla stretta. < < Ero soltanto sovrappensiero, perdonami > >.

< < Hermione > >.

< < Sto bene, Ron, tranquillo. Non è niente > > disse Hermione, con una punta di irritazione.

Ron la guardò confuso, di colpo con il timore di aver fatto qualcosa di sbagliato. Cercò di non alimentare la tensione ed intrecciò le loro dita sorridendole dolcemente. < < Puoi dirmi tutto, lo sai vero? Per favore, Hermione, dimmi cosa c’è che non va? > >.

Hermione gli lanciò una rapida occhiataccia, ma non era veramente sorpresa. Si conoscevano da tanto tempo e avevano imparato gradualmente a leggere le emozioni l’uno dell’altra anche senza parlare apertamente. Lei stessa sapeva riconoscere perfettamente gli stati d’animo del suo ragazzo, quando era infuriato o semplicemente quando era allegro e felice.

< < Non è nulla di grave, Ron, davvero. Devi credermi, per certi versi si potrebbe definire anche una banalità, una richiesta sciocca e infantile > > disse con voce più dolce, sperando di non scatenare litigi inutili e soprattutto fuori luogo dopo che si erano finalmente riuniti.

Ron, però, stava cominciando a spazientirsi. Si massaggiò una tempia in un’espressione di evidente confusione. < < Non posso aiutarti se non me lo consenti, amore. Per favore, dimmi cosa c’è che non va > >.

A quel punto Hermione ammise che non c’era più modo di aggirare il discorso, al contrario, nella sua solita razionalità comprese che era meglio affrontare l’argomento subito senza attendere oltre. D’altro canto l’aveva trascinato in quel locale proprio per quella ragione.

< < Ecco, io volevo parlarti > > cominciò la ragazza, con voce tremante. < < Volevo parlarti di queste vacanze, del Natale di quest’anno > >.

Ancora una volta, Ron aggrottò la fronte per la confusione. Cosa c’era di così grave da sconvolgerla nelle vacanze natalizie? Al contrario, egli sperava che i prossimi quindici giorni si sarebbero rivelati indimenticabili per loro due.

< < Cosa vuoi dirmi, Hermione? > >.

Hermione si trovò incapace a sostenere il suo sguardo. < < La questione riguarda la Vigilia di Natale. Ron, mi dispiace, ma io non verrò alla solita cena alla Tana > >.

< < Oh > > disse sorpreso Ron, dopo un attimo di esitazione. Immaginava quale fosse il problema, per cui si affrettò a tranquillizzarla. < < Capisco, non preoccuparti. Non è un problema. Possiamo vederci dopo con calma e c’è anche il pranzo di Natale > >.

A essere sinceri, il giovane non poteva sinceramente negare una certa delusione, ma aveva afferrato immediatamente la situazione. Per questo non capiva ancora per quale motivo la cosa la turbasse così tanto, forse Hermione temeva che lui si sarebbe arrabbiato, ma come poteva arrabbiarsi per una cosa del genere? Davvero Hermione credeva così poco nella sua sensibilità ed empatia?

< < Tu non capisci. Lasciami finire, Ron, ti prego > > esclamò Hermione con forza, sorprendendo ancora il ragazzo. < < Questo sarà un Natale particolare e delicato. Per tutti i noi, soprattutto per te e la tua famiglia, ma c’è una cosa che voglio che tu sappia > >.

< < I miei genitori mi hanno perdonata, Ron, nello stesso istante in cui sono tornati i loro ricordi con il mio incantesimo. Eppure quello che ho fatto a loro resta, come una ferita incurabile. Non importano i motivi, io ho usato il mio potere magico contro mio padre e mia madre, contro le persone che mi hanno cresciuta e amata. Se fossi morta durante la guerra, i miei genitori sarebbero andati avanti nella loro vita senza più alcun ricordo della loro figlia > >.

< < Hermione…. > >.

< < I miei genitori non sanno niente della magia, Ron. Eppure sono ben consapevoli del rischio che abbiamo corso e del fatto che hanno rischiato di perdere per sempre ogni ricordo della figlia. Ho visto spesso una rabbia profonda negli occhi di mio padre e un dolore ancora più terribile in quelli di mia madre. È un fatto che resterà sempre e che ricorderò per sempre, Ron> >.

< < L’hai fatto per salvarli, amore > > intervenne con voce tremante Ron, allungando una mano per carezzarle una guancia. Fortunatamente Hermione sembrò godere di quel contatto dolce.

< < Lo so, Ron, ma questo non cambia le cose. Mai lo farà > > ribatté la riccia, con una punta di rabbia nella voce, anche se non era certamente rivolta al suo amato. < < Dopo averli riportati a casa dall’Australia, io ho capito quanto mi siano mancati durante l’ultimo anno, quanto desideri averli nella mia vita in ogni modo possibile > >.

< < I tuoi genitori sono fantastici, Hermione e sono fieri di te. Non importa quanto conoscano sulla magia, loro saranno sempre orgogliosi della meravigliosa persona che sei > > disse Ron, con una tale sicurezza da far tremare visibilmente la ragazza di fronte a lui.

In quel momento Hermione desiderava soltanto baciare il suo ragazzo fino a fargli perdere i sensi, ma il suo discorso non era ancora terminato.

< < Ti prego, amore. Lasciami finire > > disse la ragazza, alzando una mano nervosamente. Ron non capiva proprio da dove provenisse così tanto nervosismo, soprattutto dopo che aveva cercato di tranquillizzarla.

< < Per molti anni, > > proseguì Hermione, con voce più sicura. < < Abbiamo avuto una sorta di tradizione a casa mia. Dopo la morte dei miei nonni, i miei hanno deciso di fissare una specie di abitudine, una tradizione familiare il giorno della Vigilia di Natale. Una serata tranquilla solo per noi tre. Io, mio padre e mia madre, senza altri parenti o amici. Loro non l’hanno mai detto apertamente, ma sono abbastanza certa che i miei genitori abbiano voluto creare una serata speciale, come un appuntamento immancabile per noi, forse l’unico per compensare la mia lontananza dal loro mondo > >.

Per un attimo Ron non riuscì quasi a respirare. Si soffermò a riflettere sul fatto che la sua Hermione avesse lasciato la propria casa d’infanzia a undici anni. L’aveva fatto anche lui, ma non con la consapevolezza di entrare in un mondo completamente sconosciuto. Allora era troppo stupido e immaturo per capirlo, Hermione aveva sempre avuto un coraggio incredibile, uno dei tanti motivi che l’aveva portato ad innamorarsi perdutamente di lei. Il coraggio di vivere tra due mondi o ancora più importante il coraggio di intraprendere una strada completamente opposta rispetto a quella in cui era nata e cresciuta. la donna che amava aveva imboccato quella strada quando era soltanto una bambina.

< < Per questo non potrò venire alla Tana quella sera > > disse tristemente Hermione. < < Ci sono state volte in cui ho interrotto questa tradizione della mia famiglia, Ron. Quest’anno, però, è diverso. Non posso proprio farlo, Ron > >.

< < Hermione, io non ti costringerai mai a fare nulla che non vuoi. Io ti amo, streghetta prepotente. E visto che sai sempre tutto, dovresti sapere che non mi sarei mai arrabbiato per una cosa del genere. La vostra è una tradizione bellissima, che mai mi sognerei di ostacolare. È più che giusto che passi la Vigilia di Natale con i tuoi genitori > >.

Davvero Ron non capiva e la cosa lo rattristava come non mai, riconducendolo inesorabilmente verso le sue vecchie insicurezze. Forse, nonostante tutto quello che avevano passato insieme, Hermione non si fidava ancora di lui come una volta. Un pensiero doloroso lo riportò al più grande errore della sua vita. La sua maledetta fuga. Quando l’aveva vigliaccamente abbandonata.

Eppure, Hermione gli sorrise calorosamente tra le lacrime. Non c’era alcuna rabbia nel suo sguardo, solo un profondo sentimento che Ron fu facilmente in grado di riconescere. < < Ti amo anch’io, Ron. Ti amo perdutamente, non dubitarne mai, dannato zuccone. Non ho mai pensato che tu volessi ostacolare nulla. Non è mai stato questo il problema > >.

< < Ma allora > > balbettò il rosso, sempre più confuso. < < Che cosa….. > >.

< < Io voglio che tu ne faccia parte > > sussurrò Hermione, distogliendo lo sguardo.

< < C…come? > >.

Questa volta la giovane strega parlò con voce molto più sicura, con una nuova determinazione scolpita nei suoi occhi color cioccolato. < < Io vorrei tanto che tu ne facessi parte, Ron. Vorrei che questa tradizione della famiglia Granger non contasse più soltanto tre persone. Vorrei che fossero in quattro a parteciparvi. Il mio desiderio è che tu facessi parte della mia famiglia………a tutti gli effetti > >.

Ron restò letteralmente senza fiato. Finalmente aveva centrato quale fosse il dubbio di Hermione, non era nemmeno necessario che lei continuasse. Ma lei lo fece comunque, di nuovo con un certo tremore nella voce.

< < So bene che sarà un Natale molto delicato forse neanche troppo felice per te e la tua famiglia. Il primo dopo la guerra……. Il primo dopo dopo dopo > >.

< < Dopo la morte di Fred > > completò il ragazzo per lei. Un’ondata di dolore lo assalì immediatamente con forza.

< < Sì > > disse lei, mentre continuava a singhiozzare silenziosamente. < < Non voglio sembrare egoista, Ron e non voglio nemmeno far soffrire la tua famiglia che tanto amo. So bene che vorreste trascorrere insieme la Vigilia, ma io sentivo il bisogno di dirtelo, il bisogno di farti sapere quanto tu significhi per me. D’altro canto possiamo benissimo spostare la cosa di un anno. Se ci riflettiamo bene, l’intera faccenda è davvero sciocca, è solo una cena in fin dei conti. È una cosa facilmente rimandabile, niente di cui preoccuparsi > >.

Ron la conosceva bene, quando Hermione era così tesa emotivamente, poteva benissimo scatenare un fiume di parole e scuse anche illogiche senza che lui potesse intervenire. Sperava soltanto che lei gli avesse concesso la possibilità di rispondere.

< < Hermione > >.

< < Santo cielo! Ci vedremo il giorno dopo per il pranzo di Natale. Davvero, sono stata una sciocca ad ingigantire questa faccenda. Non è nulla di grave > > aggiunse frettolosamente la ragazza, con una risatina nervosa.

A quel punto Ron non poté fare a meno che scattare, attirando suo malgrado l’attenzione dei pochi clienti della pasticceria. < < Hermione, dannazione, vuoi stare zitta solo per un secondo? > >.

Hermione gli lanciò un’occhiata letteralmente scioccata e di fronte ad essa Ron si vergognò all’istante, odiandosi profondamente. Ciò nonostante, si sforzò a proseguire.

< < Io……… ti prego lasciami rispondere > >.

Lasciò passare qualche secondo per calmarsi e cercare di mantenere la voce il più ferma e determinata possibile. < < Io ne sarei felice > >.

Forse la voce era ancora troppo bassa a causa dell’inaspettata carica emotiva della discussione. Hermione sembrava non aver afferrato quanto le avesse detto, al che Ron prese entrambe le mani della ragazza stringendole dolcemente.

< < Hermione, io sarò felice di trascorrere la vigilia con la tua famiglia. Sarò felice di farne parte ora e spero anche nei prossimi anni > > disse il giovane, prendendole delicatamente una mano tra le sue.

Hermione lo fissò a bocca aperta, completamente scioccata. < < C..come? > >.

< < Non capisco dove sta il problema > > disse Ron, con estrema tranquillità. Baciò con cura il palmo della ragazza sempre più scioccata.

< < Io trascorrerò la vigilia con quella che è diventata una famiglia per me, già da diverso tempo. Alcuni mesi fa i tuoi genitori mi hanno accolto senza alcuna esitazione, mi hanno espressamente fatto capire che sarò sempre il benvenuto in casa Granger, quindi hai ragione quando dici che non esiste alcun problema. Io trascorrerò la sera della vigilia con te e con le persone che mi hanno accolto. Non potrei essere più felice e soddisfatto > >.

Ron sentiva chiaramente le mani della ragazza tremare tra le sue. Finalmente egli riconobbe lacrime di gioia e di liberazione sul viso di lei. Le sorrise un po’ esasperato pensando che l’intera situazione si sarebbe potuta risolvere in un secondo, se lei avesse parlato chiaramente. Ma lei era così, la sua testarda e adorabile streghetta so-tutto.

< < Soffriremo sempre per la morte di Fred > > disse Ron seriamente, cercando invano di controllare il terribile dolore al cuore che provava ogni volta che pensava al fratello perduto.

< < E’ un dolore che non dimenticheremo mai, Hermione. Però noi tutti stiamo vivendo la nostra vita esattamente come lui avrebbe voluto. Dobbiamo tutto a lui, come lo dobbiamo a tutti i cari che abbiamo perso in battaglia. Io ho deciso di vivere la mia vita come avrebbe tanto voluto lui. Ho scelto di vivere insieme a te e questo significa che sarò felice di far parte anche del mondo di cui farai sempre parte nonostante tutto. Un mondo che sto imparando ad apprezzare sempre di più > >.

Ormai Hermione non tentava nemmeno più di trattenere le lacrime. Osservava la serena e determinata convinzione del suo ragazzo e per un attimo temette che quel meraviglioso spettacolo fosse addirittura troppo per il suo cuore. In quel momento Hermione si ritrovò a giurare con sé stessa che non gli avrebbe più permesso di tormentarsi per gli errori del passato. Il suo Ron, nella sua infinita testardaggine, poteva ripetere fino allo sfinimento quanto si sentisse fortunato ad averla nella propria vita, ma Hermione Granger si sentiva esattamente allo stesso modo: fortunata come non mai. Da quel momento in poi si sarebbe premurata di farglielo capire nonostante la sua zucca vuota.

< < Però vorrei farti una richiesta > > aggiunse il rosso, sorprendendola ancora una volta. < < Una specie di condizione se è possibile > >.

< < Una condizione? > > ripeté lei.

< < Sì, esattamente > > ribatté il rosso, tranquillo < < Vorrei che tu convincessi i tuoi genitori a venire per il pranzo di Natale alla Tana. Credi di poterli convincere, amore? > > chiese alla fine Ron, con un sorriso mozzafiato.

La ragazza si sarebbe volentieri scagliata su di lui, ma c’era tempo più tardi. Con voce tremante e con le lacrime agli occhi trovò soltanto la forza di dire poche parole. < < Ti ordino immediatamente di baciarmi, Ronald Weasley. Qui e subito > >.

Il rosso fu ben felice di obbedire. < < Si, signora > >.

La giovane coppia restò in silenzio tra un bacio e l’altro, ignorando del tutto il fatto di essere in un locale pubblico e dimenticando persino i fantomatici dolci ordinati per quell’occasione.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** Orizzonti ***


CAPITOLO 5
 
 
ORIZZONTI
 
Inverno 1998
Mare del Nord, Isola delle Bestie
Un’isola glaciale e selvaggia a largo della costa scozzese
 
“Il sangue della famiglia è immortale. La razza deve essere preservata, è l’unica cosa degna di essere tramandata in un mondo corrotto e sporco popolato per la maggior parte da razze inferiori”
 
Aginolf Eckart Boleslaw aveva rigorosamente vissuto rispettando questo credo. Il credo della sua famiglia d’origine. L’onore della sua stirpe, il sangue di una delle più potenti famiglie della santa Germania, nella vita di Aginolf non c’era mai stato niente di più importante. La sua era una razza superiore, una razza di conquistatori e cacciatori. La Germania era piena di famiglie dalle origini antiche, abituata a vivere nel lusso più sfrenato sfruttando il nome di una stirpe tanto potente e rispettata. Tuttavia, la famiglia di Aginolf aveva sempre cercato di spingersi sempre più avanti nella conquista, in qualsiasi epoca storica. Dopo la terribile sconfitta nella Prima Guerra Mondiale, Suo padre Eckart Boleslaw aveva ciecamente aderito al movimento nazista e in seguito egli dedicò la vita al buon nome della sua famiglia e alla difesa della suprema razza ariana.

Mentre molti dei coetanei di suo padre prendevano vigliaccamente servizio nei numerosi campi di concentramento impiegati dal governo tedesco in tutti territori occupati, Eckart decise fin da subito di arruolarsi per combattere il più grande conflitto che il mondo ebbe mai visto. Sia chiaro, Eckart Boleslaw era un accanito sostenitore della soluzione finale, della necessità di sterminare veri e propri rifiuti umani, ma allo stesso tempo si riteneva troppo sprecato per portare a termine personalmente un compito del genere. Il suo posto era sul campo di battaglia.

Suo padre era stato educato con i più alti e severi valori militari, che lo portarono ad affrontare i più terribili fronti di guerra della storia dell’umanità. Prima, andò a combattere i bolscevichi nel terribile fronte russo, affrontando il gelido inferno della Russia sconfinata e la ferocia smisurata dei soldati sovietici. Ma quasi sul finire del conflitto, nonostante tutto il dolore, le ferite e la stanchezza, suo padre, ormai colonello promosso sul campo, venne inviato nei campi di battaglia della Germania occidentale ad affrontare l’inarrestabile avanzata di inglesi e americani.

Suo padre Eckart venne di nuovo ferito e poi fatto prigioniero. Morì alcuni anni dopo nella loro antica villa di famiglia a Norimberga. Eckart Boleslaw non ebbe la fine gloriosa che aveva sperato, ma non smise mai, nemmeno in punto di morte, di ricordare al figlio Aginolf l’importanza della loro stirpe e la superiorità del loro sangue. Così, Aginolf decise all’età di diciassette anni che avrebbe addirittura superato suo padre. Avrebbe portato la potenza della famiglia Boleslaw verso vette mai viste prima, verso traguardi mai immaginati da suo padre. La sua famiglia si era sempre arricchita in Germania con le numerose fabbriche d’armi sparse in tutto il territorio, ma con la sconfitta tedesca nell’ultima guerra, molte di queste vennero chiuse o distrutte, minacciando sempre di più il patrimonio di Aginolf.

Il giovane Boleslaw si accorse ben presto che, mentre il suo popolo si umiliava senza ritegno dopo la sconfitta, la potenza economica e politica della famiglia diminuiva costantemente, con il concreto rischio che nel corso di pochi decenni il secolare nome dei Boleslaw si sarebbe perso per sempre nell’oscurità e nel disonore. Tutti i discorsi patriottici del padre non gli erano serviti per imparare la più importante lezione, quella comprensione così essenziale per un uomo che aspirava alla grandezza.

Tuttavia, Aginolf la imparò ugualmente con le proprie forze, vivendo ogni genere di esperienza. Il mondo cambiava continuamente e soprattutto cambiavano le regole del gioco. La caduta del nazismo portò un nuovo equilibrio e Aginolf comprese che la strada da seguire non poteva più essere quella tradizionale, quella che suo padre aveva seguito fedelmente prima e durante della guerra. Il regime nazista aveva garantito al suo vecchio un appoggio assoluto per la produzione di armamenti di ogni genere. La situazione in cui si era ritrovato Eckart poteva essere considerata tutto sommato semplice.

Aginolf non ebbe la stessa fortuna. Il nuovo governo tedesco, schiavo della disastrosa sconfitta, non avrebbe più potuto offrire quelle storiche garanzie, di conseguenza bisognava trovare altri canali di rifornimento. Altri mezzi per accrescere la propria autorità. Il mondo criminale divenne il punto di lancio della sua ascesa. Nel giro di venti lunghi anni, Aginolf Boleslaw divenne uno dei più importanti produttori clandestini di armi dell’intero continente europeo. La potenza economica e territoriale dell’impero criminale da lui fondato divenne smisurata, al punto da procurargli importanti contatti politici in tante nazioni. Attentati, rivoluzioni, piccoli e grandi conflitti. Chiunque desiderasse combattere o raggiungere un determinato obiettivo con la forza delle armi, giusto o sbagliato che sia, doveva obbligatoriamente rivolgersi al più grande commerciante e trafficante d’armi del secondo dopoguerra.

Mentre il suo impero cresceva, Aginolf continuò a credere fermamente di meritare più di ogni altro la vetta del mondo. Il credo della sua famiglia lo accompagnò sempre durante la sanguinosa scalata del potere. Suo padre aveva combattuto valorosamente per difendere la purezza della razza, ma alla fine aveva perso. Aginolf, invece, aveva trionfato, superò di gran lunga la grandezza di Eckart Boleslaw.

Con l’inizio degli anni Settanta, la sua potenza in quel mondo corrotto sembrava assoluta, invincibile e incontrastabile. Tutto questo fino al crollo definitivo, fino a quando non accadde quell’evento. Quell’episodio terribile che cambiò per sempre la sua vita. Fedele agli ideali con i quali era cresciuto, Aginolf aveva sempre vissuto con una certa consapevolezza del mondo, soprattutto riguardo a quei popoli che da sempre considerava i nemici giurati del popolo tedesco. Per molti anni il suo odio implacabile aveva colpito tutte le razze inferiori da estirpare senza pietà come gli ebrei, i sovietici o persino gli americani.

Durante la costruzione del suo impero criminale Aginolf ne aveva uccisi così tanti e mai si era pentito delle innumerevoli azioni gloriose che aveva compiuto. Eppure tutto questo cambiò nel giro di una sola notte d’inferno, in un attimo tutto quello che credeva di sapere sul mondo che intendeva dominare si infranse come una palla di cristallo.

Si trovava in viaggio con la sua famiglia in Inghilterra. Con la moglie, una nobildonna tedesca dalle antiche origini e con il suo giovane erede Eckart di quindici anni. Doveva gestire alcuni affari in tutto il territorio della Gran Bretagna e per dimostrare la longevità del suo retaggio decise di portare tutta la famiglia. Durante il viaggio notturno verso Londra, la sua macchina blindata e antiproiettile era scortata da ben tre furgoni, vale a dire una scorta di venticinque uomini armati e addestrati.

Apparvero dal nulla. Sbucarono nel cuore di quella notte gelida al centro della strada. Figure nere e incappucciate, le quali stavano immobili sul gelido asfalto di quella strada solitaria. Si trattava di un gruppo di dieci persone, tra loro Aginolf riconobbe anche qualche donna. I mercenari di Aginolf scesero tutti dai veicoli, posizionandosi a difesa della macchina del padrone, ognuno di loro era armato con un modernissimo AK-147.

Una strana inquietudine si impossessò immediatamente di Aginolf. Quelle figure lo spaventarono come nessuno era mai riuscito a fare. Quasi in modo stridulo e infantile, ordinò ai suoi uomini di sparare senza indugi. Voleva vedere quei pagliacci morti e lo voleva subito.

I suoi uomini spararono, forse anche loro spinti da una paura incomprensibile. Eppure nessuna pallottola ferì gli aggressori, le pallottole sembravano quasi sparire nel nulla, come se le armi sparassero a salve. Gli incappucciati ridevano come matti di fronte all’impotenza dei mercenari, a distanza di anni, Aginolf sognava ancora quelle risate di scherno. Gli assalitori sfoderarono con calma degli strani oggetti dalle loro tuniche nere, come degli strani bastoncini di legno. Li puntarono verso di loro come una pistola o un fucile. I mercenari si bloccarono terrorizzati come bambini, mentre gli incappucciati urlavano parole che Aginolf non riuscì a comprendere.

Nell’istante successivo uno spettacolo assurdo di luci verdi illuminò quella notte così tenebrosa. Le luci verdastre fuoriuscirono dai piccoli bastoni di legno e slittarono come missili verso gli uomini di Aginolf. Ogni volta che una luce colpiva il corpo di un uomo, questi uccideva all’istante un membro della sua scorta, fino a quando non restò soltanto lui, con sua moglie e suo figlio. Nella più totale impotenza.

Si divertirono con loro. Con i loro satanici poteri, facevano levitare i loro corpi, li torturarono, con le loro armi scatenavano in loro terribili sofferenze mentali e fisiche. Aginolf conobbe quella terribile sensazione di impotenza che molte volte egli stesso aveva fatto provare alle sue vittime, l’orribile consapevolezza di non poter far nulla per ribaltare la situazione. Eppure alla fine gli incappucciati commisero un errore fatale: lo lasciarono in vita.

Dopo aver ucciso sua moglie e suo figlio, i servi del diavolo lo lasciarono in vita, credendo nella loro infinità superbia di umiliarlo. Era vero, lo avevano umiliato, ma la sopravvivenza di Aginolf Boleslaw decretò la loro condanna a morte.

Tutto l’odio che in passato aveva provato per le razze inferiori sparì in un istante. Il suo odio selvaggio, implacabile e smisurato si riversò interamente verso coloro che lui definiva dei veri e propri servi del diavolo. L’odio gli diede forza e lo portò a sopravvivere nonostante le terribili ferite. Così iniziò la caccia. Una caccia che lo portò a scoprire l’esistenza di una società parallela, popolata da persone che si facevano chiamare maghi o streghe. All’inizio per Aginolf era stata davvero dura, infiltrarsi nel cuore di un mondo così oscuro, un vero e proprio inferno sulla Terra, ma lui era forte, lo era sempre stato. Impiegò ogni risorsa possibile per trovare i responsabili dell’attacco, trattare in quel mondo di diavoli non era poi così diverso dalla società che conosceva. Scoprì molto presto che la sua immensa potenza economica poteva essere sfruttata anche tra i servi del diavolo e lui lo fece. Bastava soltanto trovare i canali giusti.

Trovò i contatti che gli servivano e per diversi anni proseguì le sue indagini in territorio nemico. Finalmente venne a conoscenza del fatto che gli sterminatori della sua famiglia facevano parte di un’oscura setta di maghi estremisti noti come Mangiamorte. A quanto pare erano maghi oscuri che odiavano coloro che non possedevano i loro stessi poteri satanici. In realtà quell’informazione lo aveva interessato fino a un certo punto, per Aginolf tutti i maghi e tutte le streghe rientravano in un’unica e sporca razza. Una razza da sterminare. Il nobile tedesco si erse a difensore del mondo, a difensore dell’umanità contro la progenie del diavolo.

Furono necessari molti anni di indagini e perlustrazioni, ma la pazienza era la virtù di ogni predatore. Uno dopo l’altro, Aginolf Boleslaw scovò tutti i responsabili della strage della sua famiglia e dopo averli trovati li uccise personalmente con ogni mezzo possibile: li sorprese nel sonno, li attaccò alle spalle, uno di loro venne persino fatto a pezzi dalla furia omicida che ormai lo dominava. I dieci servi del diavolo, responsabili dell’agguato notturno, pagarono le azioni commesse con il loro stesso sangue.

Alla fine, la vendetta fu compiuta. Gli uccisori della sua famiglia subirono la loro giusta condanna, eppure qualcosa non andò per il giusto verso. Aginolf aveva creduto sinceramente che una volta ucciso l’ultimo bastardo dei cosiddetti Mangiamorte, si sarebbe finalmente sentito in pace, pronto a ricominciare nella sua opera di dominio. Ma così non fu.

L’odio non si era spento. Il fatto di essere stato costretto a confondersi nell’oscuro mondo della magia lo aveva portato a conoscere meglio sé stesso, a conoscere ogni lato, anche quello più nascosto, del suo essere. Dopo aver visto una presenza tangibile del diavolo tra gli uomini, Aginolf capì che non avrebbe più potuto riprendere la sua vita di prima. Mai più. A distanza di anni il tedesco ancora ricordava con precisione il momento solenne in cui era arrivata l’illuminazione finale. Rammentava che si trovava in una specie locale magico malfamato nel cuore di Londra, ricordava distintamente la sensazione di euforia, forte a tal punto da farlo tremare come una foglia.

Aginolf si rese conto di una verità che probabilmente aveva cercato di soffocare per troppo tempo. Il vero fulcro della sua rabbia non stava nell’uccisione della sua famiglia, non stava nel dolore per la loro perdita. C’era qualcosa di molto più importante che aveva perso quella notte: l’onore, il sangue, la stirpe, il rispetto della persona che era. L’umiliazione subita lo aveva travolto, tormentandolo come una ferita inguaribile.

Lui era un uomo destinato a dominare, lo era sempre stato, ma la magia aveva osato mettere in discussione questa verità. Pertanto, non sarebbe più bastato uccidere maghi e streghe, Aginolf doveva andare oltre. Doveva prima di ogni cosa umiliarli, farli sentire meschini e impotenti, come vermi della peggior specie, come la vittima naturale di un predatore inarrestabile. La morte doveva essere solo la parte finale di un viaggio pieno di esaltanti soddisfazioni.

Per questa ragione, la caccia doveva proseguire, anche se su un livello completamente differente. Ancora una volta Aginolf impiegò tutte le finanze e le risorse a disposizione. Paradossalmente quello che gli serviva era più facile da trovare rispetto alle lunghe ed estenuanti indagini che lo avevano portato a scovare e a uccidere gli incappucciati neri.
Tuttavia, il viaggio in terra straniera, per tutto il territorio della Gran Bretagna, fu lungo e faticoso, ma ne valse la pena. Dopo diversi tentativi vani, la sua missione lo portò ad esplorare la gelida costa scozzese sulle rive del selvaggio e affascinante Mare del Nord. Le acque tempestose di quella costa lo affascinavano, così indomabili e glaciali. Nessun potere umano avrebbe mai potuto eguagliare una forza simile.

Così, Aginolf si mise, quasi ossessivamente, a studiare i tratti della costa scozzese, visitando le città e i paesini bagnati dal Mare del Nord e imparando a fondo la geografia del territorio. Anche questa fase della sua missione durò alcuni anni. In particolare, il tedesco si interessò alle numerose isole disperse in quel mare terrificante e meraviglioso al tempo stesso. Alcune delle isole erano troppo piccole, poco adatte al suo progetto, altre, invece, erano troppo civilizzate.

Dopo diversi tentativi, finalmente la nave di Aginolf raggiunse l’ennesima isola dispersa in quel mare glaciale. La ricerca era ben mirata, perché nel corso dei suoi giri aveva tanto sentito parlare di un’isola di grande dimensione situata nel punto più oscuro e terribile del Mare del Nord, dove così tanti marinai avevano perso la vita.  Si trattava di un’isola quasi del tutto disabitata, situata proprio nel cuore della tempesta del nord, la più lontana in assoluto dalla costa. Raggiungerla era stata una vera impresa, una sfida contro la morte che molti dei suoi sottoposti avevano perso per il gelo e le continue tempeste.

Due settimane di puro inferno, ma alla fine Aginolf raggiunse l’isola di cui tanto aveva sentito parlare. Comprese subito che si trattava del posto giusto, era lì che doveva creare il proprio regno di terrore. Un’isola che l’uomo non era riuscito a contaminare e dove Aginolf avrebbe condotto la parte più importante della sua guerra. Poco importava se si trovava così lontano dalla madre patria. Impiegò meno di due anni, costruì il suo regno della morte in quella bellissima isola, una complessa rete gerarchica che culminava proprio davanti allo sfarzoso palazzo costruito nella parte nord dell’isola.

Mentre si gustava un buon bicchiere di vino sull’elegante balcone principale del proprio palazzo, una delle poche costruzioni presente sull’isola, Aginolf pensò che tutta la sua vita lo aveva portato alla fondazione di quel regno. Un regno dove solo lui aveva diritto di vita e di morte. Il nome che aveva scelto rispecchiava il suo ambizioso progetto. L’Isola delle Bestie, così l’aveva chiamata, nessun’altro nome poteva essere così azzeccato.

< < Il regno di Aginolf Boleslaw > > disse a voce alta con un sorriso soddisfatto, osservando lo straordinario panorama dinnanzi a sé.

Il potente cannocchiale in oro mostrava ad Aginolf la vita che lui aveva scelto per il suo regno ai confini del mondo. La grande pianura innevata nella parte centrale dell’isola, ben visibile dal palazzo, conduceva inesorabilmente verso lo strapiombo sul mare in tempesta. La preda correva disperata, arrancando pateticamente sulla neve. Ogni volta il tedesco trovava affascinante il fatto che una preda non capisse pienamente in quale situazione si trovasse. Tutte le prede credevano scioccamente di avere qualche speranza di salvezza nel suo regno. Anche se erano servi del diavolo, la paura li spingeva ad aggrapparsi ad ogni pallida possibilità di fuga.

Aginolf Boleslaw continuò ad osservare il sublime spettacolo fino alla fine, sentendosi finalmente in pace. Finalmente era diventato un dio, una divinità spietata che osserva impassibile il proprio mondo dall’alto. Solo lui decideva chi doveva morire e chi sopravvivere.
 
***********
 
25 dicembre 1998
Casa Granger, Londra, Ore 05:00
 
Hermione Granger era fermamente convinta di non essersi mai sentita così felice in tutta la sua vita. Se ne stava beatamente e pigramente distesa sul proprio letto a due piazze, godendosi della nuova ed esaltante sensazione di avere tra le braccia il corpo nudo e lentigginoso del suo fidanzato. Ovviamente anche lei era nuda e in tutta sincerità la cosa riusciva ancora a farla sentire leggermente in imbarazzo, il che era ridicolo considerando la notte appena trascorsa. Forse perché tra tutti i posti possibili e immaginabili, i due si erano finalmente amati per la prima volta nella casa dei genitori di Hermione, nella vecchia camera di Hermione.

Ron avrebbe dovuto dormire sul divano letto preparato dalla ragazza nella sua stessa stanza, i suoi genitori avevano da tempo superato la classica fase della diffidenza. Non c’era stato niente di programmato, entrambi i giovani si erano lasciati trasportare da emozioni rimaste per troppo tempo soffocate.

Si coricarono nella camera di Hermione dopo la lunga cena della Vigilia di Natale. Hermione non poteva essere felice e soddisfatta di come erano andate le case. Il momento di imbarazzo di Ron fu stato davvero irrisorio, l’intera cena andò proprio come sperava la giovane strega. Fu una cena serena e tranquilla, Ron conversò amabilmente con i suoi genitori, lanciandole continuamente sorrisi sinceri e soddisfatti. Osservandolo attentamente, Hermione sentì che finalmente un suo vecchio desiderio si era finalmente avverato: avere Ron nella casa in cui era nata e cresciuta, accettato a tutti gli effetti come suo fidanzato e come membro della famiglia Granger.

Alla fine Ron e Hermione si trasferirono in camera, soddisfatti e pieni da scoppiare dopo l’infinita cena natalizia. Si coricarono ognuno al proprio posto e chiacchierarono per quasi un’ora senza riuscire a prendere sonno. Ad un certo punto quella seppur minima lontananza tra loro si rivelò inutile e persino stupida per Hermione. Si amavano follemente e insieme avevano affrontato pericoli di ogni natura e un’intera guerra magica, non c’era alcuna ragione per non dover restare insieme quando era possibile. Hermione si liberò silenziosamente delle coperte, si avvicinò al suo ragazzo ancora sveglio sul divano letto e lo prese per mano ignorando le sue spiegazioni. Lo fece distendere nel proprio letto e di colpo anche Ron smise di parlare.

Per molto tempo, nessuno dei due parlò, restarono coricati l’uno di fronte all’altra. Poi si baciarono, dapprima con calma, quasi fosse una lenta esplorazione. Hermione ebbe soltanto il tempo di scagliare un incantesimo Muffliato alla porta della camera. Nel corso di quei mesi di intensa relazione, la loro intimità fisica si era evoluta sempre di più, ma qualcosa li aveva sempre fermati entro un certo tacito limite.

Quella notte, invece, quel limite sembrava ridicolo, niente riuscì a fermare la loro passione. Nemmeno il pensiero dei genitori di Hermione al piano di giù. In breve il pavimento della stanza era colma di una massa disordinata di vestiti divenuti così inutili e soprattutto ingombranti sui loro corpi. I baci divennero sempre più appassionati, mentre con le mani si esploravano a vicenda mostrando continuamente ammirazione e sorpresa. Poi lentamente iniziavano a scoprire nuovi aspetti su loro stessi e sui loro corpi. Piccoli gemiti di piacere accompagnavano i movimenti sempre più frenetici della coppia.

Anche senza parlare, Ron ed Hermione iniziarono lentamente a capire come muoversi mentre facevano l’amore, sebbene la perfezione fosse ancora ben lontana. Ron si sforzava di essere il più dolce possibile e fin da quella loro primissima notte insieme, il giovane mostrò chiaramente quanto desiderasse procurare il massimo piacere alla donna che amava. Sempre senza parlare, Hermione l’aveva capito ed era stata ben felice di guidarlo nella giusta direzione.

Fu per entrambi una nottata incredibile. Si amarono e si unirono come mai prima di allora, fino a quando non si addormentarono esausti e soddisfatti l’una tra le braccia dell’altro. Fin da piccola Hermione era sempre stata una persona mattiniera, per nulla abituata a restare troppo tempo a oziare a letto, ma per quella mattina non aveva nulla da obiettare. Si svegliò presto, poco prima dell’alba e dopo una breve sensazione di smarrimento, la sua mente la riportò velocemente a ciò che finalmente aveva condiviso con il ragazzo nudo stretto tra le sue braccia.

Ron dormiva pacificamente sotto le coperte, con il viso completamente seppellito nell’incavo del collo della ragazza. In effetti il giovane mago si era addormentato letteralmente sopra di lei. Quest’ultima era comunque ben lontana dal lamentarsi. Dalla posizione in cui si trovava, Hermione poteva facilmente scorrere la propria mano tra i suoi capelli rossi e lungo la schiena nuda del compagno fino alle parti più basse. Arrossì leggermente nonostante tutto.

Dopo quasi due ore, finalmente Ron si svegliò tra le braccia della sua ragazza. Quest’ultima sorrise affettuosamente nell’osservare i suoi stiracchiamenti e lamentii simili a quelli di un bambino.

< < Buongiorno, amore > > disse Hermione, sempre più divertita.

< < Mmmhhh > > mugugnò il rosso, tra i capelli cespugliosi della giovane.

< < Dovremmo muoverci, sai > > mormorò Hermione con voce dolce. < < Non possiamo tenere questa camera sotto incantesimo silenziante per tutto il giorno. I miei potrebbero notarlo > >.

< < Da quanto tempo sei sveglia? > > chiese Ron, non provando nemmeno ad aprire gli occhi.

< < Beh, da un bel po’ di tempo a dir la verità. Mi piace guardarti dormire, soprattutto se lo fai come un bisonte sopra di me > >.

Di colpo Ron si ricordò di trovarsi nudo completamente sopra il corpo della sua ragazza. Aprì gli occhi di scatto, mentre le orecchie assumevano un colorito rosso fuoco. < < Oh scusa, devo averti rotto chissà quante costole > > scherzò, affrettandosi, però, a spostarsi di lato per farla respirare.

Hermione rise di gusto. Anche il suo viso mostrava un certo rossore, ma Ron era certo di non averla mai vista così felice e serena.

< < Non preoccuparti, Ron > > esclamò allegramente Hermione. < < Credo proprio che mi riprenderò dal trauma fisico. Non pesi poi così tanto, ma la prossima volta faremo cambio. Sarò io a usarti come cuscino umano, che ne dici? > >.

< < Direi che è ragionevole > > rispose il ragazzo con un caloroso sorriso.

Hermione si spostò di lato per poterlo guardare e Ron non poté evitare di spostare lo sguardo sul seno di lei. < < Merlino, quanto è bella > > pensò, totalmente estasiato.

Se avesse potuto, sarebbe rimasto disteso su quel letto per tutta la vita. In quel momento Ron non riusciva a desiderare niente di diverso da Hermione per la propria vita. Era ancora primo mattino, ma presto si sarebbero dovuti alzare. Non soltanto per i genitori di Hermione, ma anche il consueto pranzo di Natale alla Tana, considerando poi che anche gli stessi signori Granger avrebbero partecipato al pranzo.

< < Hermione > >.

< < Mmmh > > mugugnò pigramente lei, stringendosi al suo fianco. In silenzio, Ron si godette la sensazione travolgente di avere il corpo nudo di Hermione stretto tra le braccia.

Ron esitò un attimo prima di rivolgerle una certa domanda. Suo malgrado dovette distogliere lo sguardo per l’imbarazzo, eppure ci teneva davvero a saperlo, per questo raccolse tutto il suo coraggio.

< < Sei stata bene la scorsa notte? > > chiese il ragazzo in un sussurro, mentre le orecchie bruciavano sempre di più.

< < Cosa? > >.

< < Io volevo dire……..insomma sei stata bene con me? Mentre facevamo l’amore intendo. Sono riuscito a farti stare bene? > >.

Di colpo Hermione capì dove il suo ragazzo volesse arrivare. In effetti all’inizio Ron era stato un po’ impacciato, ma lo era stata anche lei. L’imbarazzo e l’esitazione erano durati veramente poco, in breve la passione e il desiderio di arrivare a quello che entrambi avevano sognato per anni avevano preso il sopravvento su tutto.

Hermione era stata benissimo, come mai lo era stata in tutta la sua giovane vita.

< < Io…..Hermione > > mormorò Ron, quasi affondando la testa sul cuscino. < < Sono…sono riuscito a farti provare mmh….. > >.

Ma il ragazzo non poté proseguire la frase. La sua ragazza lo zittì forzatamente, afferrandogli il viso tra le mani e baciandolo con foga, fino a lasciarlo completamente senza fiato.

< < Sei stato perfetto, Ron > > esclamò lei, con voce sicura. < < Sognavo questo momento da così tanti anni e tu l’hai reso perfetto oltre ogni mio desiderio > >.

Ron sentiva il cuore battere all’impazzata. Non aveva mai provato un’emozione così intensa. Le piccole e delicate mani di Hermione gli carezzavano ancora le guance con dolcezza e Ron non poté fare altro che appoggiarsi quasi senza forze a quel tocco.

Nonostante le preoccupazioni per la presenza dei signori Granger in casa, la giovane coppia continuò a godersi di quell’inaspettato primo mattino insieme sullo stesso letto, scambiandosi di tanto in tanto baci e carezze. Nudi, sotto le coperte del letto di Hermione, restarono abbracciati per un’altra ora intera prima di decidere finalmente di alzarsi in vista del solito pranzo di Natale alla Tana.
 
**************
Natale 1998
Quartiere residenziale di Notting Hill
Londra, Inghilterra
 
Layla Connors sedeva comodamente sul divano dell’accogliente e caloroso soggiorno di casa sua. Adorava il tipico clima natalizio, molto sentito e apprezzato sia nella cultura babbana che in quella magica, ma non era stato sempre così per lei. Un tempo era una persona totalmente diversa. Lei, che adesso dirigeva un’intera sezione di maghi guerrieri, da giovane non soltanto ignorava e disprezzava malamente quelle tradizioni, ma cosa ben peggiore alcune incursioni, forse tra le peggiori di cui si era macchiata, le aveva commesse proprio durante i periodi natalizi. Da giovane aveva fanaticamente seguito gli insegnamenti e lo stile di vita della sua stirpe di origine. I Connors, nota famiglia Purosangue dell’Inghilterra.

Ora sembrava un’altra vita, di cui lei non faceva minimamente parte. Da quando Layla si era costruita una nuova vita con la sua piccola famiglia, aveva imparato anche ad amare le cose più banali, come ad esempio le tradizioni natalizie.

Tutto quello che non c’era mai stato nella sua vita, come i regali, le cene, le decorazioni o i momenti di relax davanti ad un confortevole camino, erano tutte cose che lei desiderava ardentemente, soprattutto per il suo piccolo Max. Poco importava se il Natale fosse festeggiato alla babbana o seguendo la tradizione del popolo magico. In effetti, date le circostanze, la piccola famiglia di Layla seguiva entrambe le tradizioni ogni anno.

Era una serata glaciale e tenebrosa, tipica di quel periodo dell’anno. La prospettiva di trascorrerla serenamente a casa con le due persone che più amava al mondo davanti ad un confortevole camino bastava a scaldarle il cuore. Si sentiva soddisfatta e in pace. Nessun discorso delirante sul sangue della famiglia o sulla razza suprema l’aveva mai fatta sentire così.

La casa che condivideva con la sua famiglia era luminosa e accogliente. Una classica casetta babbana londinese a due piani, con un piccolo giardino che fungeva anche come vialetto d’ingresso. Era un posto completamente diverso rispetto all’immensa villa di famiglia, dove era nata e cresciuta. Villa Connors, un vanto nella secolare storia della sua stirpe di maghi purosangue.

Da bambina Layla aveva ingenuamente accettato le deliranti teorie dei suoi genitori, spingendola verso un odio profondo e illogico verso i babbani e i mezzosangue. Nonostante questa cieca fiducia nella propria famiglia d’origine, Layla era cresciuta continuamente con la sgradevole percezione di vivere in un luogo oscuro e freddo come la morte, dove nessuna emozione positiva sembrava essere ammessa. A volte, mentre trascorreva giornate felici nella sua casetta a Notting Hill, si trovava spesso a domandarsi di come sarebbe andata la sua vita se non fosse stata salvata da una persona veramente straordinaria. Quello che un tempo considerava sacro e inattaccabile non era niente a confronto di ciò che avrebbe imparato dalla persona che la salvò dall’oscurità più profonda.

< < Sembra che il nostro ometto non abbia alcuna voglia di darci tregua stasera > > disse ad un tratto una voce gentile e allegra alle sue spalle, distogliendo l’Auror dalle sue intense e tristi riflessioni.

La voce della sua roccia, della persona di cui si era innamorata. La voce di sua moglie.

< < Fammi indovinare. Il piccolo furbetto non ha alcuna intenzione di dormire, giusto? > > domandò retoricamente Layla, voltandosi verso la nuova arrivata.

L’Auror Layla Connors, capo della Divisione Omega, sorrise calorosamente alla moglie, la quale, anche se visibilmente stanca e provata per le lunghe notti insonni, teneva amorevolmente tra le braccia il loro bambino di un anno. Il piccolo Max si agitò felice quando vide il volto sorridente di Layla. Immediatamente mosse le braccia verso di lei.

< < Il nostro piccolo uomo di casa ha proprio l’intenzione di godersi pienamente queste vacanze. Ovviamente con la chiara intenzione di non far dormire proprio le sue povere madri > > esclamò allegramente la bruna, spostandosi per far sedere la moglie accanto a lei sul divano. Con le dita Layla solleticò il pancino del figlio facendolo strillare di gioia.

Remi Fontaine si accoccolò sul fianco della bruna, poggiando il capo sulla spalla di lei. Remi era una donna attraente, dai capelli lunghi e biondi color sabbia, con un fisico atletico e prestante grazie al lavoro che ancora esercitava con immensa passione. I suoi modi erano energici e gentili al tempo stesso, segno di un carattere forte quando necessario, ma incredibilmente amorevole soprattutto verso le persone a lei care.

Le due donne si strinsero amorevolmente, coccolando il figlioletto sempre più gioioso e felice. Remi e Layla si erano conosciute tantissimo tempo prima, quasi vent’anni ormai, in circostanze particolarmente drammatiche. Un periodo della sua vita che Layla avrebbe volentieri dimenticato, anni di vera follia che ancora popolavano prepotentemente nei suoi sogni. Nonostante tutto il perdono, soprattutto il perdono di sua moglie e nonostante tutte le cose incredibili e buone che era riuscita a fare, l’Auror Connors continuava a vergognarsi terribilmente per i crimini commessi durante la sua giovinezza.

< < Stai bene, amore? > > chiese Remi, carezzandole dolcemente una guancia. < < Anche a cena mi sei sembrata strana, troppo taciturna per i miei gusti > > aggiunse con un sorrisetto.

< < Non ti sfugge niente eh? E pensare che dovrei essere io quella che indaga e scopre le cose. Ti ricordo che sono sempre un pubblico ufficiale > > rispose la bruna, baciando dolcemente la moglie. Questo scatenò immediatamente gli strilli di protesta del bambino. Il piccolo Max odiava essere ignorato dalle proprie madri.

< < Beh, saprò pur poco riguardo la magia, ma anch’io sono brava a scoprire le cose, anche se nella maggior parte dei casi sono cose vecchie di qualche secolo > > disse Remi con tono scherzoso, prima di tornare terribilmente seria. < < Davvero, Layla, puoi dirmi se c’è qualcosa che non va > >.

< < Solo cattivi pensieri……….e cattivi ricordi, non preoccuparti. Mi passerà, Remi > >.

 Notando lo sguardo preoccupato della moglie, Layla si affrettò a rimediare. < < Ti giuro che questa volta non rovinerò le vacanze per il mio caratteraccio. Ho qualche pensiero per il lavoro, ma credimi, Remi, va tutto bene > >.

< < Tu non rovini un bel niente, testona. Sei preoccupata per il tuo nuovo allievo? > >.

Layla si sorprese ancora una volta di quanto sua moglie la conoscesse fin dal profondo. Durante quelle vacanze aveva pensato molto al fatto di avere di nuovo un giovane allievo da addestrare e al rischio di poterlo condurre alla morte come era accaduto ad altri suoi giovani allievi in passato.

Remi era babbana e nonostante tutti gli anni passati insieme, continuava ad ignorare molti aspetti del mondo magico, sebbene fosse a tutti gli effetti riconosciuta come moglie di Layla Connors agli occhi della legge magica inglese, così come quest’ultima lo era nel mondo non magico.

Eppure, Remi, nonostante tutta la sua ignoranza riguardo la magia, restava la miglior confidente di Layla, l’unica persona di cui si fidava ciecamente, l’unica con cui sentiva di poter parlare veramente di tutto, persino dei suoi errori del passato, anche se odiava terribilmente farlo. Solo una persona davvero straordinaria poteva perdonarla per ciò che aveva fatto da giovane e Remi l’aveva perdonata. Sua moglie era stata la sua salvatrice e ora avevano una famiglia tutta loro. Un bambino da crescere e proteggere.

< < E’ passato molto tempo dall’ultima volta che addestrai qualcuno. Oggi la Divisione Omega è troppo malvista in tutto il Ministero e se la situazione dovesse proseguire in questo modo, presto sarà necessario chiuderla per evitare costi eccessivi e inutili allo scopo di salvare una sezione Auror senza speranza di sviluppo e di crescita > >.

< < Molti di voi sono stati degli eroi > > protestò energicamente Remi. < < Siete tra gli Auror più preparati della storia. Le vostre capacità limitano fortemente i punti deboli che normalmente ogni mago porta in missione. L’hai detto tu stessa > >.

< < Eppure la comunità magica tende a dimenticare facilmente, amore > > osservò Layla, con tono pratico. < < La Divisione Omega sfugge per natura dalla normalità della società magica. Questo crea automaticamente diffidenza e scetticismo. È così da sempre > >.

< < Ma in passato non c’eri tu a guidare la Divisione. Presto i cambiamenti si vedranno, ne sono certa > > disse Remi con orgoglio. Layla si sentì sciogliere il cuore dinnanzi alla fiducia incondizionata della moglie. Non sapendo come rispondere, la maga guerriera si limitò a baciarla.

< < Sei pentita della tua ultima scelta? Di aver scelto quel ragazzo? > > chiese Remi, quando si separarono sia per la mancanza di fiato, che per le proteste del piccolo Max.

< < No > > rispose fermamente Layla. < < Mi conosci bene, la vita dei miei uomini e dei miei compagni viene sempre prima di ogni cosa, la loro sicurezza viene prima di ogni cosa. Tuttavia, sono comunque convinta delle capacità di questo giovane. Sono perfettamente consapevole di poterlo seriamente coinvolgere in situazioni pericolose e difficili, eppure sono convinta che Ronald Weasley potrà fare grandi cose come Auror e in particolare come Auror della mia Divisione. Possiede le attitudini necessarie, ma soprattutto ha un cuore buono. Farà grandi cose > >.

< < Da molto tempo non ti vedevo così appassionata e convinta nel tuo lavoro, Layla > > disse Remi, carezzando una guancia della moglie. < < Credo che tu abbia sempre agito seguendo il tuo istinto e i tuoi ideali di giustizia. È giusto che tu continui su questa via > >.

< < Non sempre però il mio senso di giustizia è stato quello giusto da seguire. Ho commesso troppe scelte sbagliate e se non fosse stato per te….. > > mormorò tristemente Layla, senza però riuscire a terminare.

Lottando contro le lacrime pericolosamente vicine ad uscire, abbassò il capo per baciare la fronte del figlio ancora stretto tra le braccia di Remi.

< < Piantala > > esclamò rudemente sua moglie. < < E’ stato molto tempo fa, Layla. Ora sei una persona completamente diversa, non sopporto che tu continui a tormentarti per il passato dopo tutto quello che hai fatto per gli altri, dopo tutte le vite che hai salvato > >.

< < Ma i crimini che ho commesso………….quello che ho fatto a te > >, ma Layla non poté terminare la frase. Remi poggiò delicatamente un dito sulle sue labbra, facendo nuovamente agitare il bambino.

< < Non importa, amore > > esclamò Remi con voce ferma. < < Erano altri tempi, c’era una guerra e tu avevi ricevuto una certa educazione fin da piccola. Io ti ho perdonata tanti anni fa, così come tanti altri lo hanno fatto. Ora sei una persona straordinaria e amorevole. E sei mia moglie. Abbiamo una famiglia tutta nostra e niente mi potrebbe rendere più felice e orgogliosa > >.

Layla rimase letteralmente senza fiato. Solo sua moglie poteva scatenare emozioni così forti in lei, al punto da lasciarla confusa e felice al tempo stesso. Si scambiarono un nuovo lungo bacio appassionato, con in sottofondo gli strilli costanti del piccolo Max.

< < Mi occuperò io della cena > > disse Remi, quando il bacio terminò.

< < Allora mi occuperò io della piccola peste > > ribatté Layla con voce falsamente severa, facendo ridere il bambino. Anche la risata fanciullesca del figlio contribuì a ridarle quella serenità che provava nella maggior parte del tempo che trascorreva a casa sua. Nella sua vera e unica casa.

L’Auror Connors prese abilmente il figlio tra le braccia. Si mise allegramente a giocare con lui, mentre la moglie si accingeva a raggiungere la cucina.

A metà strada Remi si bloccò, voltandosi di nuovo verso sua moglie. < < Ah, Layla? > >.

< < Si, amore? > >.

< < Hai già deciso che arma userai per le prossime fasi dell’addestramento? Con quale arma addestrerai quel povero ed ignaro ragazzo? > >.

Layla sorrise maliziosamente, baciando una manina del piccolo.

< < Non ho ancora deciso > >.
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
Salve a tutti, chiedo scusa per il ritardo e ringrazio ancora volta chiunque legga o segua la mia storia. In questo capitolo ho voluto introdurre un certo personaggio da tempo partorito dalla mia mente malata. Finalmente ho ritrovato un po’ di tempo per scrivere, per cui spero di poter aggiornare presto in futuro con il proseguo dell’addestramento del nostro protagonista.
Grazie di nuovo e alla prossima
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Tattiche, Schiantesimi e Coltelli da lancio ***


CAPITOLO 6
 
TATTICHE, SCHIANTESIMI E COLTELLI DA LANCIO
 
 
Gennaio 1999
Grimmauld Place, Inghilterra
 
Il ritorno alla vita normale era stato indubbiamente problematico, con lacrime più di commozione che di vera tristezza. In realtà, il saluto dei ragazzi con le proprie compagne alla stazione di King’s Cross al termine delle vacanze natalizie non era stato così traumatico, almeno non come quello dello scorso settembre. Il rientro ad Hogwarts di Ginny ed Hermione si era rivelato emotivamente più semplice e facile da sopportare. Entrambe le coppie avevano ormai sviluppato una certa maturità, rafforzata dalla previsione di una vita futura da condividere.

Ron ed Hermione avevano iniziato a discutere parecchio riguardo la possibilità di trovare un piccolo appartamento tutto per loro una volta finita la scuola e lo stesso avevano fatto Harry e Ginny. Hermione era abbastanza certa che la sua amica si sarebbe immediatamente trasferita da Harry dopo la scuola. Nonostante qualche scena e falsa protesta, Ron aveva pienamente accettato la cosa. Quello che più premeva a lui e alla sua ragazza era trovare un posto tutto per loro a Londra. Hermione aveva anche trovato diversi appartamenti babbani potenzialmente perfetti per loro.

D’altro canto, sebbene Ron fosse ancora in pieno addestramento, egli cominciava già a percepire un vero e proprio stipendio, inoltre nel tempo libero continuava ad aiutare George nella gestione del negozio di scherzi, che nell’ultimo periodo stava veramente facendo ottimi affari. Hermione, invece, nonostante tutte le sue ansie immotivate, avrebbe presto iniziato la carriera ministeriale da lei sempre desiderata, una volta ovviamente ottenuto il massimo dai MAGO. Ron già pregustava l’orgoglio che avrebbe provato nel vederla raggiungere i più brillanti traguardi, ma più di ogni cosa si immaginava con desiderio sfrenato il momento in cui avrebbe finalmente cominciato la sua convivenza con lei.

Nel frattempo, affrontando il momento cruciale dell’addestramento Auror, i due migliori amici continuavano serenamente la loro convivenza nella vecchia abitazione dei Black. Nei pochi momenti liberi, la vita a Grimmauld Place era tranquilla e divertente. Dopo intere giornate di massacranti allenamenti, i due ragazzi cercavano il più possibile di svagarsi e rilassarsi. Grazie all’influenza della sua ragazza, ad esempio, Ron aveva sviluppato un amore quasi fanatico verso il cinema e vista l’assenza di lei, era sempre Harry in quel periodo il malcapitato trascinato a vedere ogni genere di film.

L’addestramento Auror riprese a ritmi serrati, in previsione delle future prove e soprattutto in vista della prima vera missione delle reclute che si sarebbe tenuta a maggio. Per il momento sia per Ron che per Harry non c’erano state grosse novità: la mattina continuava l’addestramento generale con Roberts insieme a tutti gli altri aspiranti Auror, mentre nel pomeriggio i ragazzi venivano affidati nelle mani dei rispettivi e diretti superiori.

Oltre ad avergli insegnato nuovi incantesimi e a istruirlo nuovi modi di sperimentare anche la stessa magia conosciuta, Layla continuava imperterrita ad addestrare il giovane Weasley nel combattimento corpo a corpo. Tuttavia, la frase detta prima delle vacanze restava ancora enigmatica. Cosa c’era ancora da scoprire nel suo strano addestramento con l’Auror Layla Connors? Nonostante Ron avesse provato più volte a convincerla, la sua maestra non rivelò mai nulla riguardo l’importante novità di cui aveva accennato ormai più di due mesi prima.

Harry guardava distrattamente la televisione disteso sul divano, senza far caso alle varie fasi della ripetitiva trasmissione babbana. < < In effetti è strano > > commentò il moro, aggrottando la fronte con fare riflessivo. < < Sono passate settimane dal nostro ritorno, ma non ti ha ancora fatto sapere nulla. Mi aspettavo che almeno accennasse l’argomento. Avevo sentito parlare della segretezza che circola tra gli Auror e sinceramente mi sembra anche naturale che ci sia vista la gravità delle missioni > >.

< < Però non ti aspettavi che questa segretezza fosse ben radicata anche durante l’addestramento > > terminò cupamente il rosso, anche se da tempo aveva smesso di preoccuparsi per la presunta novità di Layla.

< < Precisamente > >.

Anche Ron sembrava perso nei propri pensieri, dato che aveva persino smesso di guardare la tv. Se ne stava seduto pigramente sulla poltrona del soggiorno, osservando imbambolato il soffitto non più sporco e sudicio come un tempo.

< < In realtà, imparando a conoscerla, penso che potrebbe esserci anche un’altra possibilità > > aggiunse, dopo un momento di riflessione.

< < Vale a dire? > > chiese Harry, inarcando un sopracciglio.

< < Beh, per esempio penso che la novità possa essere semplicemente quella di massacrarmi negli allenamenti ancor più duramente di prima > > disse Ron con voce sarcastica, ma anche con un inquietante fondo di verità. < < Ultimamente gli allenamenti sono molto più duri, tra incantesimi di alto livello e tecniche da combattimento babbane. Hai visto anche tu in quali condizioni riesce a ridurmi quella donna. Certe volte penso che potrebbe perdere il controllo da un momento all’altro. L’altro giorno mi ha quasi spezzato un braccio > >.

< < Neanche Kingsley ci va molto piano se è per questo. Gli unici incantesimi che non ancora sperimentato contro di noi sono le maledizioni senza perdono > > replicò il moro, con un brivido. < < Comunque devo ammettere che hai ragione. A volte quella donna spaventa parecchio. Secondo me potresti avere ancora delle sorprese da lei, Ron > >.

< < Molto probabile > > mormorò Ron, con tono rassegnato. < < Non posso farci niente. Certe volte quando mi trovo nelle sue grinfie, ho come la sensazione di trovarmi sempre in una situazione priva del benché minimo senso logico. Eppure mi trovo abbastanza bene con lei, anche se non riesco a capirne il motivo > >.

Harry ridacchiò leggermente. Anche lui aveva sviluppato un rapporto di sincera intesa con Kingsley, ma ogni volta che gli capitava di assistere agli allenamenti dell’amico, percepiva un legame di maggiore complicità tra Ron e l’Auror Layla Connors. Non aveva mai visto il suo amico così sicuro e concentrato, così appassionato in qualcosa. Nemmeno il Quiddich aveva avuto quest’effetto su di lui.

Dopo averci riflettuto nel corso di tante settimane, Harry cominciò finalmente a comprenderne il motivo, perché anche lui aveva provato la medesima sensazione. Silente, Sirius, Lupin: era bello avere qualcuno che credesse così tanto in te. Harry ci era passato molte volte in passato, ora finalmente era toccato anche al suo migliore amico.

< < E’ un bene avere maestri di cui ci fidiamo. Non tutti hanno questa fortuna > > dichiarò saggiamente Harry. < < Molto presto cominceranno le prove finali e per allora sarà meglio affrontarle con l’aiuto di qualcuno di cui di fidi > >.

< < La prova finale sarà il nostro primo incarico ufficiale > > osservò Ron < < Forse non lo diranno mai apertamente al campo, ma ho sentito dire che sarà questa la prova più importante, quella a cui gli esaminatori tengono di più > >.

< < Forse è vero. Tuttavia non credo che potranno affidarci incarichi eccessivamente pericolosi, almeno non all’inizio. Saranno missioni di indagine o di perlustrazione, con rischi di pericolo ben calcolati > >.

< < Immagino che tu abbia ragione > > concordò Ron, con una punta di incertezza nella voce < < Non credo sia possibile che ci mandino subito a caccia di maghi oscuri in giro per il mondo, anche se molto presto dovremmo farlo. I Mangiamorte sfuggiti alla cattura sono più numerosi di quanto avessimo immaginato. Ogni giorno sembrano aumentare di numero > >.

< < Sono più di duecento, Ron > > disse Harry, con voce adirata. < < Almeno secondo le stime di Kingsley e di altri Auror pari al suo rango e alla sua esperienza. Sono stati inviati tanti Auror in missione per dar loro la caccia. Può anche essere che il loro numero sia ancora più alto e in costante aumento, per questo il Dipartimento inglese sta cercando nuovi combattenti addestrati. Purtroppo il clima di paura generato da Voldemort non si è estinto con la sua morte > >.

< < I seguaci di Voldemort si sono dileguati dopo la guerra e fino ad adesso le ricerche non hanno prodotto risultati molto soddisfacenti > > esclamò Ron, rammentando suo malgrado terribili immagini che avrebbe voluto dimenticare.

< < Ci sono stati numerosi Mangiamorte che non hanno effettivamente partecipato alla battaglia di Hogwarts > > aggiunse, cercando di mantenere il controllo. < < Questo ha permesso loro di dileguarsi con maggiore facilità. È un fatto, però, che ormai sappiamo esattamente chi siano stati i seguaci o i simpatizzanti di Voldemort. Non potranno più inserirsi spudoratamente nella nostra società come è accaduto in passato > >.

Harry strinse amichevolmente una spalla dell’amico. Gli venne naturale pensare a Lucius Malfoy e sapeva che Ron aveva avuto lo stesso pensiero. Ma come il padre di Draco, tanti Mangiamorte erano riusciti a ben radicarsi nel mondo magico dopo la prima caduta di Voldemort. Era un pensiero davvero spaventoso e sconvolgente.

< < Per questa ragione gli Auror sono in continuo movimento. Per trovare i criminali che già conosciamo e per scovare chi ancora opera nell’ombra > > esclamò il moro, fissando l’amico dritto negli occhi. < < Purtroppo i maghi oscuri non sono soltanto i Mangiamorte. Presto saremo inviati anche noi in missioni di questo tipo > >.
 
< < Lo so bene, amico. Credimi, saremo pronti > > rispose Ron, con ferrea determinazione. < < E pensare che il Profeta continua a sostenere nei suoi articoli che sia tornato tutto alla normalità, che la società magica sia di nuovo al sicuro. Quegli idioti sembrano non cambiare mai > >.

< < Tutte stronzate > > esclamò Harry, con un sorriso amaro. < < Lo scrivono soltanto per mancanza di informazioni e per evitare di diffondere il panico dopo gli eventi traumatici della guerra, il pericolo è che in questo modo trasmettono un falso senso di sicurezza > >.

< < E’ vero che abbiamo vinto la guerra. Ma ci saranno sempre maghi oscuri, Mangiamorte e non > > convenne Ron.

 < < Fatto sta che il Profeta è perfettamente consapevole della presenza di un piccolo esercito di Mangiamorte a piede libero. A volte mi chiedo come faccia Hermione a leggere tutte quelle balle ogni santo giorno > >.

A quelle parole Ron rise di gusto, riflettendo sul fatto che anche lui in verità aveva spesso preso in giro la sua fidanzata per quella vecchia abitudine.

< < Hermione sa benissimo quanto ci sia di vero in quegli articoli > > commentò Ron. < < Continua a leggere il Profeta soltanto per capire quanto possa essere pericoloso ciò che scrivono quegli idioti ogni giorno. Secondo me lei riesce a comprendere meglio di noi quanto ci sia di vero o falso in quelle notizie > >.

< < Credevo che almeno dopo la guerra i giornalisti del Profeta avrebbero cercato di migliorare il loro modo di agire > >.

< < Purtroppo non è stato così. Almeno non ancora > >.

Non era raro che i due ragazzi si mettessero a discutere animatamente sugli eventi che continuavano a sconvolgere il mondo magico. La preoccupazione più grande, molto sentita in tutto il Dipartimento Auror inglese, restava il non saper quasi nulla riguardo i seguaci di Voldemort sfuggiti alla cattura.

Molti di loro erano maghi tristemente famosi, veri e propri assassini ricercati in tutto il mondo. Testate giornalistiche come quella del Profeta potevano continuare a sostenere fino allo sfinimento che tutto andava per il meglio, che l’esercito del signore oscuro fosse stato sconfitto, eppure tante persone in Inghilterra continuavano ad avere paura. Paura che i Mangiamorte potessero nuovamente creare un’organizzazione forte e unita, magari sotto la guida di un nuovo capo.

Harry e Ron, come tanti altri giovani, affrontavano ogni giorno i massacranti allenamenti con la naturale paura di potersi nuovamente ritrovare a combattere uomini e donne senza scrupoli, ma lo facevano anche con la forte e determinata volontà di assicurare finalmente alla giustizia gli autori di così tanti crimini in tutto il mondo magico e non magico. Effettivamente, mentre il Ministero della Magia inglese tentava di riorganizzarsi dopo essere stato dominato e corrotto da forze oscure, il Dipartimento Auror restava l’autorità più efficiente e ben impegnata nella caccia ai Mangiamorte superstiti.

Dopo alcuni minuti di silenzio, Harry si rivolse nuovamente all’amico con un tono più leggero. Non voleva più parlare di guai o tantomeno del loro addestramento. Da diverse settimane rifletteva su un piccolo progetto, che da tempo rientrava tra i suoi desideri. Ne aveva già parlato con Ginny, ora poteva essere una buona occasione discuterne anche con Ron.

< < Ascolta, Ron. Volevo parlarti di un’altra cosa. Direi che per questa sera abbiamo parlato abbastanza delle nostre future rogne. Che ne dici adesso di affrontare un argomento più allegro? > >.

< < Splendida idea , amico > > rispose allegramente il rosso, < < Di che si tratta? > >.

Harry aggrottò la fronte pensieroso, apparentemente indeciso su come cominciare. < < Beh, vedi, potrebbe essere una cosa veramente bella e divertente. In effetti sarebbe la prima volta per noi dopo tutti i guai che abbiamo passato in tutti questi anni > > disse Harry, sorridendo leggermente di fronte all’espressione perplessa dell’amico.

< < Hai intenzione di girarci intorno per molto, Harry? > >.

< < In realtà ne ho già discusso con Ginny alcune settimane fa. Lei è già d’accordo > >.

Ron lo interruppe falsamente inorridito. < < Se la tua intenzione è quella di rivelarmi determinati particolari sulla tua relazione con mia sorella, sappi che adesso sono in grado di spezzare ossa anche senza la magia > >.

< < Che paura > > commentò sarcastico il moro. < < Idiota, non mi sognerei mai di parlarne con te, così come spero che non mi renderai mai partecipe delle tue attività con Hermione > >.

Le orecchie di Ron arrossirono all’istante, mentre Harry sorrideva divertito. < < La questione è molto semplice > > proseguì il moro, tornando serio. < < Molto semplicemente che ne diresti di un viaggio per la prossima estate? > >.

Ron dimenticò all’istante le allusioni alle rispettive vite sessuali, squadrando l’amico con sincera sorpresa. < < Un viaggio? > >.

< < Sì > > confermò Harry, improvvisamente eccitato. < < Un viaggio per solo noi quattro. Lo potremmo organizzare per un periodo relativamente calmo Magari in pieno luglio, quando noi avremo terminato il nostro addestramento, mentre le ragazze avranno finalmente finito la scuola. La meta potremmo deciderla tranquillamente in futuro > >.

< < Ma le prove degli Auror…. > >.

< < La prova finale si farà a maggio e sappiamo che consisterà in una vera e propria missione ufficiale. Quando torneremo dall’incarico, dovremo attendere sicuramente qualche mese prima di prendere servizio nelle nostre Divisioni, perciò potremmo davvero sfruttare quel periodo. Tranquillo ho già chiesto a Kingsley diversi chiarimenti > >.

< < Le ragazze vorranno attendere gli esiti dei MAGO > > intervenne saggiamente Ron, anche se in lui iniziava a nascere un forte. Effettivamente in passato non avevano mai fatto nulla del genere. Era sicuro che anche Layla li avrebbe lasciati partire.

< < Hermione prenderà il massimo dei voti come sempre > > sbottò Harry, gesticolando impaziente con una mano. Da molto tempo, Ron non lo vedeva così appassionato e desideroso di fare qualcosa. < < Sono sicuro che anche lei sarebbe d’accordo > >.

< < Credevo che come primo viaggio avresti organizzato una cosetta romantica in grande stile con mia sorella. Tipo qualcosa di smielato e strappalacrime > > disse Ron, con tono malizioso.

< < Senti chi parla. Ci sarà tempo per i viaggi romantici in solitaria con le nostre fidanzate. Questo dovrebbe essere un viaggio per noi. Solo per noi, per quello che abbiamo vissuto, per quello che abbiamo conquistato. Lo meritiamo > >.

< < Potremmo anche non riuscire a superare l’addestramento e ad entrare nel Corpo Auror > > disse Ron, incrociando le braccia, anche se in cuor suo era già convinto.

< < Hai ragione, ma noi non faremo questo viaggio per festeggiare un’eventuale promozione o il massimo dei voti nei Mago. Ti ripeto, sarà una vacanza solo per noi, perché la meritiamo e perché sarà bello e divertente. Festeggiamo il fatto di avercela fatta, Ron > >.

Harry non poteva essere più esplicito. Ron restò in silenzio, provando improvvisamente una stretta dolorosa al petto. Harry aveva ragione, sarebbe stato bello organizzare qualcosa solo per loro stessi. Avevano combattuto una guerra ed erano sopravvissuti a differenza di tanti cari. Suo fratello Fred.

Il viaggio in Australia della scorsa estate non era stato per nulla piacevole, anzi in alcuni momenti la loro ricerca si era rivelata drammatica. Ron aveva accompagnato la sua Hermione nella lunga traversata per recuperare i suoi genitori e giustamente l’umore della sua ragazza era rimasto teso e cupo per il tutto il viaggio. Non solo per la paura di non riuscire a ritrovarli, ma soprattutto per il rimorso terribile di aver dovuto usare la propria magia contro di loro.

< < E’ un’idea fantastica, Harry > > disse alla fine Ron, sorridendo sebbene con una punta di tristezza. < < Non vedo l’ora di partire. Sarà bello e soprattutto sarà normale. Niente di più che noi > >.

< < Già…… sarà normale > > ripeté Harry, con un leggero sorriso.

Ron non desiderava altro che poter fare finalmente qualcosa di vero con Hermione, qualcosa che la guerra aveva impedito loro di fare. Ora potevano farlo, nessun nemico o mostro assassino avrebbe potuto impedirlo. Ron sentì il proprio cuore scaldarsi, colmando quella tristezza e quel dolore che non sarebbe mai andato via, ma che avrebbe potuto affrontare con l’aiuto delle persone che amava. Con l’aiuto di Hermione. Immaginò la sua ragazza spensierata e divertita nel bel mezzo della loro futura vacanza. Quell’immagine superava ogni cosa, persino la preoccupazione per il futuro e per la prova finale degli Auror.

 
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Febbraio 1999
Campo di addestramento Auror, Inghilterra
 
Ron Weasley non era mai arrivato ad affrontare un combattimento così lungo e faticoso. Per di più la sua avversaria era l’Auror Layla Connors. Trovò sconcertante il fatto di poter resistere per quasi una giornata intera contro di lei in un campo di battaglia pressoché sconfinato, vale a dire la foresta del campo di addestramento. Finalmente i massacranti allenamenti mostravano effetti concreti, lo stavano gradualmente trasformando in una persona nuova. Più forte e più riflessiva.

Nel corso del lungo combattimento iniziato poco dopo l’alba, il rosso aveva cambiato tattica molte volte, cosa che effettivamente in rare occasioni si era permesso di fare durante gli innumerevoli scontri precedenti avvenuti con Layla. All’inizio della lotta, il fitto bosco del campo di addestramento lo aiutò ad adottare una strategia prudente e conservativa. Durante la mattina Layla l’aveva costretto un paio di volte al combattimento a mani nude e gli effetti erano già visibili sul volto del ragazzo. Per questo Ron cercava di tenersi a distanza il più possibile, sfruttando la fitta vegetazione ed evitando ad ogni costo il corpo a corpo. Gli incantesimi non-verbali non erano mai stati il suo forte, nemmeno a scuola. Molti suoi compagni, tra cui la sua stessa Hermione, avevano fatto diversi passi avanti in quel tipo di magia e di certo in una battaglia violenta la capacità di scagliare velocemente e silenziosamente un incantesimo di schianto poteva rivelarsi realmente decisiva per l’esito finale.

Per poter lanciare un incantesimo senza parlare, indipendentemente dalla semplicità dell’incanto, era necessaria un’incredibile concentrazione, specie se durante un combattimento all’ultimo sangue. Spesso Ron impiegava troppo tempo nella concentrazione. Qualche volta riusciva nell’intento, ma nella maggior parte dei casi rischiava di perdere troppo tempo e come nella presente situazione rischiava di concedere troppo vantaggio al suo nemico. 

Layla Connors possedeva incredibili capacità di percezione e sapeva leggere perfettamente le tracce della preda a cui dava la caccia. Ogni volta che il giovane mago credeva di essere a distanza di sicurezza, la sua maestra riusciva a identificare la sua posizione. Fu così che venne sorpreso alle spalle per l’ennesima volta da quando aveva iniziato ad allenarsi con lei tanti mesi prima. Lo schiantesimo silenzioso lo centrò alla schiena facendolo volare in avanti. Con una buona dose di prontezza e fortuna, però, Ron riuscì miracolosamente a non perdere la bacchetta. Si alzò in piedi con un sussulto di dolore e in un istante fu aggredito dalla violenza smisurata di Layla. Il rosso dovette affrontarla nel corpo a corpo, ma poteva soltanto difendersi.

L’Auror non gli dava tregua. Bloccava i movimenti dell’allievo con velocissimi incantesimi non verbali e subito dopo gli rifilava pugni, gomitate, calci. Un pugno centrò in pieno la mascella del ragazzo facendolo crollare di nuovo a terra.

Ancora però non aveva perso il possesso della bacchetta e cercò di approfittarne. Mentre si trovava ancora steso sul terreno puntò deciso la bacchetta contro Layla. < < Nebulus > > gridò furiosamente Ron, ignorando il ferroso sapore del sangue sulla bocca.

La bacchetta del rosso produsse una fitta nebbia che inghiottì completamente la figura imponente di Layla Connors. Il suo allievo si alzò di scatto, sapendo perfettamente di avere pochi secondi a disposizione. Lanciò una serie di schiantesimi a raffica dentro la nebbia che presto si sarebbe diradata. Non poteva essere certo che qualcuno di questi incantesimi alla cieca fosse andato a segno, ma era stato un utile diversivo per potersi gettare nella fitta vegetazione.

Ron corse a lungo, cercando disperatamente di far perdere le sue tracce. Si allontanò parecchio dal luogo dello scontro, mentre i colpi ricevuti da Layla si facevano dolorosamente sentire, soprattutto l’ultimo violentissimo pugno alla mascella. Trovò riparo dietro una grossa roccia e finalmente poté riprendere fiato e controllare le proprie condizioni. Il bilancio della mattinata non era dei peggiori, eppure Ron avrebbe preferito fare di meglio. Aveva collezionato diverse contusioni in tutto il corpo, insieme a diversi tagli profondi. Ciò nonostante poteva ancora combattere. Le regole di Layla erano chiare: il combattimento doveva perdurare fino al tramonto, tranne nell’ipotesi in cui uno dei due non avesse potuto.

 Decise di riposarsi per più di un’ora, stando ben attento a tutto ciò che lo circondava. Bastava un attimo di distrazione, un solo attimo che avrebbe potuto significare la sconfitta. Era abbastanza sicuro che anche Layla si fosse fermata per riposare, la domanda era quanto tempo aveva impiegato? Lei era abituata a questo tipo di scontri, pronta ad affrontare ben altri tipi di problemi in missione. Il giovane mago si mise in marcia furtivamente, sfruttando per occultarsi la fitta vegetazione della foresta e la sua stessa magia di occultamento quando non aveva alcun riparo. Era diventato abbastanza bravo con alcuni incantesimi di mimetizzazione che riuscivano a confonderlo quasi completamente con l’ambiente circostante.

< < Se voglio avere una possibilità per contrattaccare, adesso devo essere io ad identificare la sua posizione > >.

Non era per nulla facile in quelle circostanze, ma Ron fece del suo meglio stando bene attendo a non lasciare tracce del suo passaggio. Incredibilmente, dopo quasi di due ore di ricerca silenziosa tra i sentieri selvaggi della foresta, fu veramente lui a trovarla per primo nei pressi di un’ampia radura. Layla se ne stava immobile con la bacchetta in pugno, apparentemente esposta ad ogni genere di attacco. A giudicare dalla posizione non si era allontanata troppo dal luogo in cui si erano scontrati quella mattina.

Ciò che il ragazzo non si spiegava era il motivo per il quale l’Auror avesse scelto una posizione così esposta. Tuttavia, l’espressione della donna era spaventosa, una maschera di freddezza implacabile pronta a travolgere l’avversario. Per un attimo, nonostante la sicurezza del suo riparo, fu persino tentato di fuggire, dovette combattere con sé stesso per calmarsi, così da calcolare la prossima mossa.

Ron usava un grosso tronco come copertura, mentre silenziosamente era impegnato in veri e propri esercizi di respirazione così come Layla stessa gli aveva insegnato. Respirava profondamente nel tentativo di mantenere il controllo delle proprie emozioni: adrenalina, paura, eccitazione. Era vitale in battaglia che nessuna di queste sensazioni diventasse troppo forte.

Aspettò la determinazione necessaria, la sicurezza che gli serviva per colpire. Strinse delicatamente la bacchetta nella mano destra, per puoi allungare il braccio fuori dal riparo. Era migliorato molto nell’arte degli schiantesimi, il suo braccio era diventato forte e veloce. Da quella posizione, l’attacco avrebbe aggredito il fianco della sua maestra. Ron avrebbe preferito poterla aggredire alle spalle, ma non c’era modo di cambiare posizione. Doveva agire subito.

< < Stupeficium > > urlò a pieni polmoni puntando deciso la bacchetta contro di lei.

La luce rossa partì con un sibilo tagliando foglie e rami durante il suo passaggio. Ron aveva calcolato bene distanza e traiettoria. Layla l’aveva istruito a dovere a non mancare mai il bersaglio.
 
Con il cuore che batteva all’impazzata, Ron credette seriamente di aver sorpreso la sua maestra, ma all’ultimo istante quest’ultima si spostò fulminea di lato, agitando la bacchetta in diagonale per contrastare l’attacco. La luce rossa si spense contro una sorta di mura invisibile. Il ragazzo ne restò scioccato, il suo diretto superiore si era mossa con una velocità quasi inumana.

< < Ottima mossa, Ron > > disse l’Auror, ringhiando malignamente. < < Ma ora ti sei scoperto. Una buona mossa ha sempre il suo costo > >. Con freddezza, Layla puntò la bacchetta verso la fitta rete di alberi e fogliame da dove era arrivato l’attacco. Tuttavia, Ron decise che non aveva ancora concluso la sua offensiva. Scattò fuori dal suo riparo e diede vita ad una folle raffica di incantesimi. Fu in grado di scagliarne tanti e di diversa natura, al punto da sorprendere Layla e costringerla ad indietreggiare.

L’Auror si difese suo malgrado dalla scarica e non sempre riuscì a farlo pienamente. Forse fu proprio questo a scatenare la sua furia, perché all’improvviso liberò con un urlo selvaggio una terribile ondata di energia magica che investì in pieno il ragazzo poco distante, il quale perse l’equilibrio, anche se ancora una volta non perse miracolosamente il possesso della bacchetta. Sembrava che l’intera foresta avesse subito la furia della guerriera.

Così, la situazione si era di nuovo ribaltata. Ora era di nuovo Ron a dover arretrare. Quando si alzò in piedi, ebbe soltanto il tempo di gettarsi all’indietro, rotolando nell’erba nel disperato tentativo di allontanarsi. Mentre si muoveva agilmente nel fitto bosco, udì distintamente gli effetti di un nuovo attacco di Layla. Si voltò appena in tempo per vedere il tronco che aveva precedentemente usato come nascondiglio completamente tranciato. Sembrava che l’albero fosse stato tagliato di netto da una volata tagliante e innaturale. Ron corse a perdifiato tra gli alberi, ignorando i numerosi graffi causati da piante e rametti.

Era ben consapevole che anche Layla si fosse ormai spostata. Sarebbe stato difficile individuarla di nuovo, anzi con ogni probabilità la prossima mossa sarebbe toccata a lei. Dopo tanti mesi di addestramento, Ron aveva ormai imparato a distinguere i suoni della natura, gli inconfondibili sibili degli incantesimi o persino il suono di un coltello in volo, che lui stesso aveva ormai imparato ad usare, anche se non si trovava a suo agio con simili armi. Fulmineo si spostò di lato e con la bacchetta fece appena in tempo a proteggersi da uno schiantesimo. La sua difesa era stata di puro istinto. La barriera che riuscì a produrre bloccò il lampo di fuoco che lo aggredì dal nulla. Non poteva vederla, eppure ogni colpo andava a segno.

Per ridurre quel drammatico svantaggio, il giovane Weasley sapeva che l’unica cosa da fare era continuare a spostarsi e lui lo fece alla disperata ricerca di una posizione di difesa. Mentre Ron correva senza sosta nella foresta, la donna seguitava incessantemente nei suoi attacchi. Il rosso non poteva vedere da dove provenissero i pericoli, di conseguenza era costretto a far fronte ad ogni attacco soltanto all’ultimo secondo.

Si difese strenuamente e con abilità, ma purtroppo per lui, molte maledizioni, alcune anche dagli effetti particolarmente dolorosi, superarono le sue difese. Ron sentì all’improvviso un dolore terribile e bruciante all’altezza della coscia destra. Abbassò gli occhi pur continuando la sua corsa e con orrore si accorse del buco poco sopra il ginocchio, grande quasi come un boccino di Quiddich. Qualunque fosse l’incantesimo che Layla gli aveva scagliato, a Ron ricordava terribilmente almeno come pericolosità il Sectumsembra di Piton. Ovviamente dalla ferita usciva una quantità spaventosa di sangue.

Si appoggiò stremato ad una parete rocciosa. Presto non sarebbe più stato in grado di correre. Di Layla non c’era traccia, ma Ron percepiva ugualmente la sua presenza tra le ombre della foresta. A quel punto, per poter proseguire il combattimento, doveva ancora una volta cambiare tattica. Per prima cosa prese una piccola bottiglietta nera e versò qualche goccia del liquido contenuto sulla ferita, sforzandosi con tutto sé stesso per non urlare come un pazzo. Strappò velocemente una striscia della maglia e la legò attorno alla ferita per bloccare l’emorragia. Una medicazione di fortuna che non avrebbe retto troppo a lungo, ma almeno poteva provare il suo ultimo attacco.

Si sporse leggermente dal suo riparo e nell’istante successivo una luce gialla scheggiò il suo riparo a pochi centimetri dalla sua spalla. In quel momento Ron agì spinto dalla disperazione e da una rabbia profonda, quasi come una belva ferita e senza scampo. Ancora una volta scattò verso la più fitta vegetazione, ignorando il terribile dolore alla gamba e continuando proteggersi dalle violente maledizioni dell’Auror Connors.

< < Quella donna è un vero demonio > >.

Ron, ormai ridotto ad una massa di sudore e di sangue, sorridendo ironicamente trovò persino il tempo di chiedersi come dovesse sentirsi un vero criminale braccato in quel modo da un Auror come Layla Connors. Continuò a muoversi, sperando di guadagnare un minimo di terreno su di lei, quel tanto che bastava per attuare il suo piano finale. La ferita bruciava e pulsava terribilmente, mentre le forze del suo fisico calavano sempre di più per l’enorme quantità di sangue perduta.

All’improvviso non gli arrivarono più contro gli incessanti incantesimi della donna e per Ron fu un segno inequivocabile. Da quando era iniziato quel folle inseguimento, Layla doveva essersi finalmente trovata la visuale momentaneamente oscurata. Era la sua occasione. Con gli occhi pieni di una fredda determinazione, il giovane mago puntò deciso la bacchetta davanti a sé. Produsse una silenziosa raffica di vento che scombinò rami, piante e terreno, quel tanto che bastava per simulare il passaggio di una persona. Con una formula silenziosa creò anche diverse tracce di passi sul terreno in direzione del tratto di foresta che avrebbe dovuto percorrere nel caso avesse deciso di proseguire la fuga. La magia era semplice, un trucco basilare che sperava sarebbe bastato ad ingannare Layla, anche se per pochi secondi.

Layla Connors non era certo l’avversario facile da ingannare con banali trucchi, ma Ron era convinto che sarebbe bastato un piccolo momento di distrazione legato alla sorpresa per sferrare il suo attacco finale. Grugnendo per il terribile bruciore alla gamba, il ragazzo si arrampicò velocemente sopra un grosso albero. Si piazzò nel punto più ottimale dopo aver verificato la stabilità di un ramo, in una posizione dalla quale aveva completa visibilità sul sentiero che stava percorrendo. Restò lì con il cuore in gola, cercando quasi di trattenere il respiro per evitare il benché minimo rumore.

Il suono frenetico dei passi in corsa sulla foresta era inconfondibile. Colei che gli dava la caccia era vicina. Con il braccio sinistro Ron si sostenne attorno al tronco, mentre il braccio destro, armato di bacchetta, era già puntato verso il sentiero boscoso. Dopo un tempo apparentemente infinito, finalmente Layla sbucò agilmente dalla fitta vegetazione. L’aderente tuta nera da combattimento riusciva a trasmetterle un’aria ancora più temibile e minacciosa. Con la bacchetta in pugno, la donna si muoveva agilmente nella foresta, Ron trovava incredibile il fatto che la sua maestra non si ferisse mai mentre correva a gran velocità fra piante e arbusti. Con gli occhi fissi sul terreno, Layla continuò a muoversi, superando l’albero sul quale era appostato, prima di bloccarsi bruscamente. La bruna osservò sempre più sorpresa le tracce sul terreno, quasi non fosse veramente sicura dei suoi sospetti.

< < E’ il momento > >

L’Auror Connors era completamente scoperta, un’occasione irripetibile per lui. Ron puntò la bacchetta con decisione contro di lei, sicuro che non avrebbe mancato il bersaglio. Era calmo e tranquillo, quasi un tutt’uno con la natura che lo circondava. Impiegò cinque interminabili secondi, poi agì.

< < EXPERLIARMUS > > gridò come una furia. L’incantesimo azzurro saettò verso il basso e in un istante la bacchetta di Layla volò inutilizzabile a diversi metri di distanza. La solita aria di freddezza e sicurezza della donna si trasformò in un’espressione di pura sorpresa e sbigottimento. Ron non esitò e cercò di sfruttare fino in fondo il suo momento. Nonostante la ferita alla gamba, si lanciò coraggiosamente nel vuoto dal ramo su cui era appostato. Atterrò a pochi centimetri dell’avversaria e con entrambi gli avanbracci fece forza sulla schiena della sua maestra, la quale ebbe soltanto il tempo di voltarsi.

L’impatto fu molto violento anche per lei e Layla perse completamente l’equilibrio, volando letteralmente in avanti e cadendo bruscamente a terra di spalla. Anche Ron si trovava già disteso sul terreno erboso. Dopo essere atterrato per sferrare il colpo decisivo, la gamba ferita aveva ceduto costringendolo a terra. Egli provò ad alzarsi, ma rinunciò subito urlando per il dolore. A pochi passi da lui Layla giaceva a terra, più scioccata che dolorante. A corto di fiato, la donna si mise a sedere squadrando il giovane allievo stremato e dolorante.

Layla provò sensazioni contrastanti. Da un lato provò una sensazione di fierezza e orgoglio. Era incredibile ed era anche una gioia vedere quanti passi avanti avesse fatto il suo giovane allievo in così pochi mesi, ma dall’altro lato si sentiva leggermente umiliata. Una giovane recluta, anche se eroe e veterano di una guerra, l’aveva quasi battuta in uno scontro totale in campo che conosceva alla perfezione. Appunto, quasi battuta, ma il suo giovane allievo non l’aveva ancora capito.

< < Forse sto invecchiando > > rifletté con sé stessa. < < Oppure la famiglia mi ha indebolita. Non sono più la stessa di una volta > >. Si trattava comunque di un pensiero sereno, che la fece sinceramente sorridere.

Sul volto del giovane mago, tra sudore, tagli e contusioni, si dipinse un sorriso di puro trionfo. Ciò la divertì ancora di più. < < Che sciocco > > pensò mentre con una mano guantata puliva la tuta da polvere e fogliame.

< < Credo che questa possa essere considerata la mia prima vera vittoria contro di te, Layla > > disse affannosamente Ron.

La guerriera gli mostrò un ghigno selvaggio, tale da farlo rabbrividire. < < Tu credi? Perché non provi a dare un’occhiata alla tua mano destra, mio giovane e stupido allievo? > >.

Ron la guardò sorpreso, non capendo cosa volesse dire. Spostò gli occhi sulla mano destra e quasi svenne per lo shock. La mano destra, che avrebbe dovuto impugnare la bacchetta, era piena di sangue, la perdita sembrava addirittura più vistosa della ferita alla coscia. Con un conato di vomito, Ron si accorse di essere comodamente seduto su terreno erboso viscido e rossastro.

< < C-come hai….. > > provò a chiedere il ragazzo, quasi sul punto di svenire. < < Io…. Avevo calcolato…. T-ti ho disarmato…….non avevi più la bacchetta > >.

Lo sguardo burbero della donna si fece più amorevole, quasi materno. < < Tu sei stato bravissimo, Ron > > disse con voce gentile. < < Non hai sbagliato nulla davvero. È vero, mi hai presa in trappola, mi hai disarmata, ma ricordati sempre che io sono stata scelta per dirigere la Divisione Omega degli Auror. Ho altre armi a disposizione, dovresti saperlo > >.

Ron continuava a non capire, ma il dolore era ormai troppo profondo, quasi intollerabile. Facendo più attenzione, si accorse che sulla mano c’era un taglio lungo e profondo, ma come si era ferito? Di certo, al momento del balzo finale, lui aveva in pugno la bacchetta e non c’era nessun taglio sulla mano.

L’Auror si alzò con calma, mentre massaggiava delicatamente il polso destro. Anche lei si era procurata diverse contusioni sul viso e sulle ginocchia, ma per il resto sembrava pronta a riprendere il combattimento. Per l’enorme quantità di sangue che aveva perso, il volto di Ron aveva ormai assunto un colorito spettrale e da qualche secondo anche la vista aveva iniziato ad annebbiarsi.

< < Se stai cercando una risposta riguardo a ciò che è accaduto, ti basterà semplicemente dare un’occhiata alle tue spalle, Ron > >.

Ron lo fece. Si voltò seppur a fatica e ciò che vide lo lasciò letteralmente scioccato. Anche se avesse potuto, non avrebbe saputo cosa dire dinnanzi al coltello da lancio ben piantato sul tronco dello stesso albero da cui era balzato. Riuscì a scorgere un rivolo di sangue scorrere lentamente lungo la lama.

< < Quando l’ha lanciato? > >.

Si fece questa domanda poco prima di sprofondare nelle tenebre più profonde. Fu proprio il suo ultimo pensiero prima di svenire. Nell’oblio in cui era sprofondato non poté udire le parole di Layla Connors. La sua voce, dura e gentile al tempo stesso, era troppo lontana per poterla udire.
 
*********
 
Ron si svegliò con dolori lancinanti in tutto il corpo. La testa sembrava voler scoppiare da un momento all’altro. Dopo essersi allenato così tanto con Layla, pensava di essersi ormai abituato a svegliarsi in condizioni del genere, invece ogni volta era sempre più traumatico. Provò a fatica qualche movimento, ma rinunciò quasi subito. Riconobbe immediatamente l’ormai familiare ambiente della grande infermeria del campo di addestramento. Aveva dimenticato il numero di volte che era finito tra quei letti. Gli eventi del lungo combattimento tornarono bruscamente alla mente e soprattutto l’interrogativo di come avesse Layla reagito alla sua trappola.

Quando aveva lanciato il coltello? Come aveva fatto a colpirlo se lei era girata di spalle, per di più in caduta libera?

Dalle finestre il ragazzo notò che era notte fuori e si chiese per quanto tempo fosse rimasto privo di sensi. Oltre a lui non c’era nessuno in reparto e anche questo non era una novità da quando aveva iniziato l’addestramento Auror.

La voce di Layla non lo sorprese affatto. Ron sapeva che sarebbe venuta presto a trovarlo. < < Sembra che portarti in spalla fino all’infermeria sia diventato un’abitudine fissa dei nostri allenamenti, Ron. Ben svegliato comunque > >.

< < Salve, Layla > > la salutò cordialmente il rosso. Il dolore alla testa stava lentamente diminuendo. Probabilmente i guaritori gli avevano fatto bere qualche pozione, < < Sono ancora vivo incredibilmente. Quanto tempo sono rimasto svenuto? > >.

< < Ben dieci ore. L’ho sempre detto che sei un maledetto pigrone. Tuttavia questa volta posso anche perdonarti per aver dormito così a lungo. Ti sei meritato un lungo riposo, ragazzo mio > >.

L’Auror suo superiore si avvicinò lentamente al suo letto con le braccia dietro la schiena. Faceva strano vederla senza la sua solita tuta da combattimento, in quel momento Layla indossava una semplice tunica verde scuro e un paio di pantaloni neri. Si sedette comodamente sulla sedia accanto al suo letto, poggiandogli con fare materno una mano sul capo.

< < Guarirai in fretta, Ron > > gli disse gentilmente, senza alcuna traccia di derisione. < < I guaritori hanno lavorato su tutte le tue ferite. Quella alla mano è già perfettamente guarita, mentre quella alla coscia si rimarginerà entro domani. Quella era la più dolorosa, per questo ti hanno steso con una pozione antidolorifica > >.

< < Resterà qualche cicatrice. Non ci sei andata troppo leggera > > osservò ironicamente Ron.

< < Beh, in fin dei conti è colpa tua, Ron. Mi hai spinta tu fino al limite, ad una reazione veramente disperata. Non credevo che ce l’avresti fatta, sono sinceramente orgogliosa di te > >.

Seppur imbarazzato, Ron provò un’intensa ondata di orgoglio e soddisfazione. Finalmente sentiva la portata dei suoi miglioramenti e ora era certo che avrebbe potuto migliorare ancora di più le sue capacità.

< < Hai affrontato il più lungo e faticoso combattimento del tuo addestramento, Ron > > continuò Layla, poggiando comodamente la schiena contro la sedia < < Credimi quando ti dico che ben pochi avrebbero potuto prevalere contro di te in uno scontro come quello di oggi. Forse nessuno dei tuoi compagni, anzi probabilmente avresti vinto contro molti dei miei colleghi > >.

< < Però ho perso ancora una volta contro di te > > mormorò Ron, senza però alcuna vena di tristezza.

La donna gli sorrise furbamente con aria di superiorità. Durante le prime settimane di addestramento con lei, Ron non aveva propriamente apprezzato il suo atteggiamento spesso derisorio, ma con il passare del tempo iniziò a comprendere che quel suo modo di fare non mirava minimamente a schernirlo o a umiliarlo. Molto semplicemente Layla Connors era una guerriera e come tale non sopportava facilmente la sconfitta.

< < Vorrei ben vedere. Pensi che mi farei battere così facilmente dal mio giovane allievo? Non avere fretta, Ron……lascia che ti dia ancora qualche lezioncina prima di diventare troppo vecchia > >.

< < Come hai fatto? Come hai fatto a lanciare il coltello? Credevo di aver calcolato alla perfezione il mio attacco. Mi rendo conto che sia stato un piano affrettato, ma pensavo di aver fatto tutto bene. Davvero, Layla come hai fatto a sorprendermi all’ultimo momento? > >.

< < Non essere troppo duro con te stesso, Ron > > esclamò Layla, con profonda serietà. < < La tua mossa era quasi perfetta. Il tuo agguato era micidiale, effettivamente si trattava dell’unica mossa che ti era rimasta da giocare, data la stanchezza e le ferite accumulate nel corso di un’intera giornata. Sei un ragazzo…….no, sei un uomo capace e coraggioso, ma come banalmente si usa dire in questi casi hai ancora tanto da imparare > >.

< < Il tuo cammino è soltanto all’inizio, Ronald Weasley > >.

Le mani del ragazzo strinsero con forza le lenzuola, la mente persa in mille ragionamenti e riflessioni. Layla lo osservò amorevolmente per qualche secondo prima di continuare. < < Ho lanciato il coltello un istante prima di cadere a terra, Ron. Sai che ne tengo tanti nei molti strati invisibili della mia tuta da combattimento. Sai bene che molti di essi sono impossibili da notare. Dopo aver perso l’equilibrio, mi è bastato un istante per lanciarlo e disarmarti. Era la mia unica occasione contro la definitiva sconfitta > >.

Ron provò un brivido di fronte a quella spiegazione. < < Questo significa che avresti potuto bucarmi molto più seriamente, per esempio con una bella coltellata sulla pancia. Sono semplicemente fortunato ad essere ancora vivo? > >.

< < Oh, non dire sciocchezze > > ribatté l’Auror, ridendo di gusto. < < Pensi davvero che avrei potuto rischiare la tua vita per una sciocca vittoria? Tutto era sotto controllo, i miei lanci sono perfetti e in qualunque posizione mi trovi non manco mai il bersaglio. Questo piccolo particolare mi ha portata alla vittoria ancora una volta > >.
Il giovane mago non sembrava tanto convinto, ma si sentiva troppo stanco per avanzare altre proteste.

< < Ora che ci penso > > aggiunse Layla, a braccia conserte. < < Il lancio dei coltelli è una delle attività in cui sei più carente, ragazzo mio. Dovremo migliorare in futuro e avremo il tempo per farlo. Ti lascerò riposare, domani potremo parlare ancora > >.

< < Grazie Layla. Per tutto quello che fai per me. Sento di essere cambiato, di essere più sicuro. Più forte > > disse Ron, sincero e profondamente grato di essere stato scelto da lei come allievo.

La guerriera si alzò dalla sedia sorridendo apertamente. Era raro vederla sorridere così. Improvvisamente Ron desiderò sapere qualcosa di più su di lei, sulla sua vita, sulla sua famiglia, su ciò che era prima di diventare un Auror.

< < Da molti anni non avevo un allievo come te, Ron. Sono io a doverti ringraziare > > disse Layla, con voce calda e gentile.

Ron osservò la sua maestra mentre si incamminava verso l’uscita. Prima di uscire dall’infermeria, Layla si voltò di nuovo verso di lui.

< < Adesso riposa, Ron. Domani non ci alleneremo, ciò nonostante ti avverto che sarà ugualmente una giornata impegnativa per te. E’ arrivato il momento di fare una scelta. Presentati nel mio ufficio alle dieci in punto e ti spiegherò tutto. Buona notte, Ron > >.

La mente di Ron tornò improvvisamente alla fatidica novità di cui aveva parlato Layla prima delle vacanze. Forse il momento era arrivato, il momento di scoprire il prossimo e probabile ultimo passo del suo addestramento con lei.

Con grande sorpresa, Ron sentì di non provare alcuna ansia o agitazione come una volta. Tutto ciò che provava era il desiderio di migliorare ancora di più, di diventare l’Auror che aveva sempre sognato fin dalla più tenera età. Forse la novità di Layla l’avrebbe ulteriormente avvicinato a quel traguardo così tanto desiderato. Ron era sicuro delle proprie capacità ed era convinto più che mai di potercela fare. Per il suo futuro, per la sua famiglia. Ma soprattutto per la donna che amava più di qualsiasi sogno e di qualsiasi desiderio.
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Le armi magiche ***


CAPITOLO 7
 
LE ARMI MAGICHE
 
 
Febbraio 1999
Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, Inghilterra
 
 
La piccola e rumorosissima sveglia sconvolse bruscamente la pace silenziosa della confortevole camera da letto, decorata con gli inconfondibili colori rosso fuoco della Casa di Grifondoro. Non era un segreto il fatto che le camere del dormitorio femminile fossero più eleganti e molto meglio tenute rispetto a quelle maschili. Per gli studenti di sesso maschile i dormitori femminili rappresentavano un luogo proibito, impossibile da raggiungere a causa delle famigerate scale incantate. Nonostante tutta la loro fama di ostacolo insuperabile, gli studenti più giovani provavano spesso a percorrere la scalinata, non superando mai il terzo scalino scatenando immancabilmente l’ilarità generale.

Quella mattina Hermione si svegliò di mala voglia. Erano le sei in punto e dato che il programma odierno delle lezioni sarebbe iniziato dopo le otto, avrebbe anche potuto concedersi un’altra ora abbondante di sonno, considerando che la sera prima era rimasta a studiare fino a tarda notte. Tuttavia decise di alzarsi, anche per via di un altro fatto inconsueto, ossia che non era stata lei la prima ad alzarsi quella mattina. La sua migliore amica era già in piedi con indosso la sua preziosa uniforme di capitano della squadra di Quiddich di Grifondoro. Ginny, da buona Weasley, mostrava sempre un’energia incredibile quando si trattava di giocare a Quiddich, persino durante la fase più rigida dell’inverno.

Hermione sapeva bene quanto potessero essere duri gli allenamenti di primo mattino con la gelida temperatura che c’era in quel periodo. Ciò nonostante la preside McMgranitt aveva preteso che i suoi giocatori uno sforzo enorme in vista della prossima partita contro Serpeverde, di conseguenza Ginny aveva organizzato continue sedute di allenamento per la sua squadra.

Così, contenta di poter condividere le sue solite abitudini mattutine con Ginny, anche la riccia decise di alzarsi. Quando si liberò delle calde e confortevoli coperte, la rossa le lanciò una classica occhiatina maliziosa di puro stampo Weasley, alla quale si limitò a rispondere con una scrollata di spalle. Hermione aveva imparato diverse settimane prima ad ignorare gli sguardi pungenti o le prese in giro dell’amica, più precisamente da quando aveva adottato l’abitudine di indossare uno specifico indumento per dormire. Si trattava di una vecchia maglietta grigia di Ron, decisamente troppo larga per lei. Hermione l’aveva trovata tra le sue valigie dopo essere tornata ad Hogwarts, forse l’aveva messa distrattamente lei stessa tra le sue cose. Da allora l’aveva sempre indossata, ogni singola notte. Non soltanto perché quell’indumento le ricordava in modo quasi doloroso l’odore del suo ragazzo, ma anche per il semplice fatto che fosse estremamente comoda per dormire.

In un primo momento Hermione si era vergognata di un atteggiamento che all’esterno poteva apparire eccessivo o addirittura maniacale, ma fu soltanto una sensazione passeggera. Così facendo imparò anche ad ignorare bellamente tutte le battutine e frecciatine di Ginny, senza contare che anche la rossa sapeva essere terribilmente sdolcinata con Harry, come Hermione riusciva sempre a farle notare.

< < Mi dispiace, non volevo svegliarti, Hermione > > la salutò Ginny, indaffarata ad allacciare gli stivali da Quiddich.

< < Tranquilla, tanto mi sarei dovuta ugualmente alzare tra poco. Il mio programma di lezioni, contando anche i doveri di Caposcuola, inizierà tra un’ora. Abbiamo tutto il tempo per una colazione insieme una volta tanto > > la tranquillizzò caldamente Hermione, prima di concedersi un sonoro sbadiglio.

< < Però mio fratello continuerà a tormentarmi senza tregua, lo sai. Continua a lamentarsi che dovresti dormire di più e studiare di meno. Mi tormenta fino allo sfinimento che dovrei essere io a controllarti in sua assenza. Lo conosci, quando si ci mette può diventare davvero insopportabile > > disse Ginny, mentre si sistemava con cura i guanti marroni.

< < Non ti ci mettere anche tu, Ginny, ti scongiuro > > la pregò Hermione, con un tono falsamente esasperato.

< < E poi, credimi > > aggiunse la riccia, con espressione questa volta realmente adirata < < Quell’idiota di tuo fratello che mi porto come fidanzato non potrà più protestare per molto tempo sulla mia vita scolastica o sui miei ritmi di lavoro, non dopo quello che ha combinato l’altro giorno > >.

Ginny sospirò, ricordando la reazione di Hermione quando aveva saputo da Harry il resoconto dell’ultimo sanguinoso allenamento di Ron. < < Quella donna è un vero demonio. Ultimamente non fa che strapazzarlo > >.

Hermione continuò a parlare a distanza con l’amica mentre entrava nel bagno della stanza che le due ragazze condividevano. < < E’ già tanto che non mi sia presentata in quel dannato campo di addestramento per schiantare prima quella donna e poi quello stupido di tuo fratello. Per poi ovviamente portarlo subito via da quel posto > >.

Lo sguardo assorto di Ginny si soffermò leggermente sulla finestra della loro camera. Fuori il tempo era così tetro e nebuloso da sembrare ancora notte, non proprio il clima ideale per volare con le scope.

< < L’addestramento Auror diventa sempre più duro con l’avvicinarsi delle prove finali > > disse la rossa, con tono cupo. < < Ultimamente anche Harry ha provato goffamente a nascondere ferite e contusioni. A volte il mio fidanzato può essere addirittura più idiota del tuo, Hermione. Capisco bene come ti senti > >.

< < In effetti non si siamo scelti dei tipi per così dire troppo svegli, ma dovremo accontentarci > > convenne Hermione scherzosamente, facendo ridere l’amica.

Anche Hermione si concesse una breve risata, prima di lanciare un’occhiata nervosa alla sua compagna di stanza. < < Faremo bene ad abituarci, Ginny > >.

< < Lo so bene > > rispose la rossa, intuendo perfettamente a che cosa si riferiva l’amica. < < Quei due scavezzacollo, dopo tutti i guai che abbiamo passato qui a scuola. Si sono scelti proprio un bel mestiere, una vita tranquilla era troppo da chiedere > >.

< < Sarà sempre così da ora in poi > > disse Hermione, mentre indossava la sua uniforme da Caposcuola. < < Harry e Ron andranno in missione e noi dovremmo affrontare la loro assenza sperando che…. > >, ma non riuscì a concludere la frase. Anche solo provare a soffermarsi su certi pensieri le procurava sempre un dolore terribile al petto. Cercò disperatamente di scacciare quel pensiero.

< < Andrà tutto bene, Hermione > > sussurrò Ginny, afferrandole delicatamente una mano.

< < Si, lo so > > replicò la riccia, sorridendo leggermente. < < Ne sono sicura > >.
 
**************
 
Prima di raggiungere la Sala Grande, Hermione rispettò come sempre e con diligenza i suoi doveri di Caposcuola. La conversazione con Ginny l’aveva leggermente sprofondata nella malinconia, ma Hermione sapeva bene che la sensazione sarebbe passata presto, magari con l’aiuto del ricordo delle sere precedenti. Attraverso gli specchi magici, Ron e Hermione conversavano per ore e ore quasi ogni sera colmando fin dove possibile la distanza.

Qualche sera prima, Ron le aveva raccontato dell’idea di Harry di organizzare un viaggio per la prossima estate. Hermione la considerava una splendida idea e non vedeva l’ora di poter viaggiare con il suo fidanzato e i suoi migliori amici. Un viaggio solo per loro, nessuna ricerca e nessuna caccia. Il lavoro di Ron, il mestiere che si era scelto. Quella preoccupazione spesso si trasformava in paura profonda e non sempre Hermione riusciva a placarla facilmente. Tutti loro avevano già affrontato troppi traumi e lutti. Erano così giovani, eppure sapevano bene cosa significasse perdere una persona cara. Hermione non avrebbe mai potuto accettare la perdita di Ron, senza di lui non avrebbe mai potuto continuare con la sua vita e lei sapeva benissimo che per il suo amato era lo stesso.

Durante l’estate precedente, mentre fioriva la loro relazione amorosa, la giovane strega aveva persino riflettuto sulla possibilità di entrare anche lei nel Corpo Auror. Molti professori le avevano prospettato questa possibilità per il suo futuro durante i molti incontri di orientamento organizzati ad Hogwarts. La sua mente e le sue riflessioni sul futuro avevano aperto così tanti scenari, come quello di poter accompagnare l’uomo che amava durante le missioni, di affrontare i pericoli insieme a lui.

Tuttavia, nonostante fosse tornata su quel dilemma così tante volte, alla fine la conclusione era sempre la stessa: non era quello che voleva. Magari possedeva le capacità per diventare Auror e sicuramente avrebbe potuto aiutare tante persone, eppure sapeva con certezza che non era quella la sua strada. Avrebbe intrapreso quel cammino solo per l’amore che provava per Ron. Fortunatamente, però, entrambi avevano compreso quanto fosse importante seguire i propri sogni, anche a costo di affrontare le conseguenze di una lontananza dolorosa.

Hermione desiderava proseguire i suoi studi, magari iniziare a lavorare nei settori che più l’affascinavano al Ministero della Magia. Niente l’appassionava di più come lo studio della giurisprudenza magica: interpretare la legge, applicarla seguendo un ideale di giustizia. La ragazza sperava ardentemente che sarebbe stata questa la sua strada, sebbene sicuramente lunga e faticosa. Vivere insieme e amarsi incondizionatamente, pur seguendo la propria strada. Era questa la vita che avevano scelto.
 
Di primo mattino la Sala Grande non era molto frequentata. Oltre ai giocatori di Quiddich, erano pochi gli studenti che arrivavano a sacrificare quasi due ore di sonno prima dell’inizio delle lezioni. Hermione ci era abituata, ma quella mattina avrebbe tanto voluto restare a letto un altro po’. Raggiunse Ginny nella grande tavolata dei Grifondoro già pronta per un’abbondante colazione. La riccia si servì con una generosa fetta di torta di mele e una tazza di cappuccino bollente con la speranza di potersi svegliare definitivamente.

In attesa della copia del giorno del Profeta, Hermione squadrò pigramente la poca gente presente nella grande sala da pranzo. Ricordò con un piccolo sorriso quelle volte in cui costringeva Harry e Ron ad alzarsi di primo mattino, nella maggior parte dei casi per forzarli senza condizioni a recuperare brutti voti. Le due ragazze non restarono sorprese quando videro avvicinarsi uno dei loro amici più stretti, anche lui ben abituato ad essere già in piedi di prima mattina. Si avvicinò a loro ben sveglio e con un’aria decisamente allegra.

< < Buongiorno, ragazze > > le salutò Neville Paciock con un ampio sorriso.

< < Buongiorno Neville > > rispose gentilmente Hermione, spostandosi per farlo sedere.

< < Anche voi già in piedi a quest’ora > >.

< < Già > > mormorò Ginny, con sospiro stanco < < Ma ne avrei fatto volentieri a meno visto il tempaccio che c'è oggi. Come mai, invece, tu sei così di buon umore, Neville? > >.

Il ragazzo sembrava ancora più raggiante. < < Oh, questa mattina sono arrivate nuove strane specie di piante selvatiche. Sono state mandate ad Hogwarts direttamente da una celebre serra olandese e la professoressa Sprite mi ha chiesto di analizzarle e studiarle a fondo. Speriamo di poterne ricavare nuove pozioni o antidoti contro veleni e incantesimi di vario tipo. Non vedo l’ora > >.

Ovviamente entrambe le ragazze lo avevano immaginato. Nessun studente ad Hogwarts poteva eguagliare Neville nella passione per le piante.

< < Tu e la tua passione per le piante, Neville > > borbottò Ginny, poggiandosi coi gomiti sul tavolo da pranzo.

Neville arrossì leggermente per l’imbarazzo. < < Scusate. È che davvero ho sempre adorato le cose che crescono e se poi sono io stesso a facilitare la loro crescita…..beh è una sensazione incredibile > >.
 
Le ragazze sorrisero non trovando nulla da ridire. < < E’ fantastico che la professoressa Sprite si fidi così tanto di te, Neville. Ultimamente cerca molto spesso la tua collaborazione, sarai ormai diventato un vero esperto in questo settore > > disse Hermione, dando all’amico una pacca sul braccio.

Il petto del ragazzo di gonfiò di orgoglio. < < Grazie, ma ho ancora così tanto da imparare. Spero soltanto di riuscire a ripagare la fiducia della professoressa > >.

< < Ci riuscirai, Neville. Sei un tipo tosto > > aggiunse Ginny, incoraggiante.

Era vero che forse Neville si lasciava troppo trasportare quando si parlava della sua vera passione, ma per certi versi Hermione lo invidiava. Forse anche lei avrebbe potuto trovare quella stessa passione nella Magisprudenza, però avrebbe tanto desiderato avere una sicurezza così ferrea e determinata come quella del suo amico Neville. Finalmente, a colazione quasi finita, il maldestro gufo di Ron Leo consegnò ad Hermione la copia del giorno della Gazzetta del Profeta. La riccia aveva provato a convincere il suo ragazzo a non impiegare il suo gufo per lei e lasciarlo per le esigenze della sua famiglia, ma ovviamente non c’era stata possibilità di fargli cambiare idea.

< < Ogni Weasley ha già un gufo, amore. Lascia che il mio pennuto idiota possa rendersi utile una volta tanto > >.

Dopo aver abbeverato Leo, la giovane strega si diede alla sua solita abitudine: leggere quella testata che le aveva procurato negli anni così tanta rabbia e indignazione. Durante il loro quinto anno, il Profeta era rimasto schierato contro Harry, promulgando e diffondendo ogni genere di cattiveria. Hermione lo non dimenticava di certo, ma come spesso ripeteva anche a Ron, poteva essere utile conoscere le sciocchezze che circolano in un’intera nazione.

Tuttavia, quel giorno c’era una particolarità inaspettata. La prima pagina del Profeta non mostrava in bella vista il solito e vuoto articolo sulle vicende di qualche personaggio famoso o peggio ancora su quanto il mondo magico fosse al sicuro da qualsiasi minaccia. Al contrario nella pagina principale del giornale veniva mostrata in bella vista la foto di cinque giornalisti con sopra un titolo a caratteri giganteschi.

MISTERIOSA SCOMPARSA SULLA COSTA SCOZZESE. CINQUE CRONISTI DELLA GAZZETTA DEL PROFETA, TRA CUI IL CAPOREDATTORE TED WILLIAMS SCOMPAIONO MISTERIOSAMENTE. SECONDO LE PRIME INDAGINI, POTREBBE TRATTARSI DI UN RAPIMENTO PREMEDITATO”

< < Per tutti i folletti > > esclamò Hermione, con occhi sgranati.

< < Che cosa è successo, Hermione? > > chiese Ginny, allarmata. Quando si parlava del Profeta, la rossa era sempre quella più in ansia. Se Hermione era apertamente ostile contro tutta la redazione, la giovane Wesley provava verso di loro un sentimento di puro odio.

Anche Neville si voltò verso la riccia con apprensione. < < Sono scomparsi cinque cronisti della Gazzetta del Profeta > > spiegò Hermione, mentre continuava a leggere tutto d’un fiato l’articolo. < < Si trovavano in territorio scozzese per la preparazione di importanti articoli di cui non si sa ancora nulla. Il gruppo era guidato dal Caporedattore Ted Williams > >.

< < Lo conosco > > interloquì Neville, allungando il capo per osservare meglio la foto delle persone scomparse. < < In passato era un fedelissimo di Rita Skeeter, ma da qualche anno è riuscito a scalare tante posizioni con articoli e interviste di vario genere, anche se soprattutto dedicate alla politica. Per certi versi si è sempre mostrato più autoritario e professionale della Skeeter > >.

< < E’ scomparso un intero gruppo di giornalisti > > commentò Ginny, palesemente sollevata che l’articolo non parlasse di Harry. < < Chissà che cosa stavano facendo lì > >.
Hermione aggrottò la fronte. Le persone della foto salutavano sorridenti. A quanto pare era stata scattata prima della partenza della spedizione.

< < La Scozia è una grande e importante comunità magica > > ragionò la riccia più con sé stessa che con i suoi amici. < < Di sicuro potrebbero esserci mille motivi per organizzare una spedizione. Per esempio una semplice raccolta di informazioni su maghi fuggitivi o su situazioni particolari. Non possiamo nemmeno immaginare quanti possano essere i canali di informazione del Profeta > >.

< < Hermione, pensi che in questo rapimento possano centrare i Mangiamorte fuggiaschi? > > chiese ansiosamente Neville, la voce sembrava quasi un lamento. Da un altro tavolo alcuni studenti, accorgendosi dello sguardo timoroso del ragazzo, gli lanciarono occhiate derisorie e sorrisi di scherno.

Era incredibile quanto la gente facesse in fretta a dimenticare. Molti di quei ragazzi che ancora si permettevano di prendersi gioco di Neville, non si erano nemmeno avvicinati al campo di battaglia finale per sconfiggere la più grande minaccia nella storia del mondo magico. Tanti di loro si erano tenuti ben lontano da Hogwarts durante la guerra, Hermione lo sapeva bene. Per volontà propria o dei genitori avevano deciso di tenersi al sicuro ed era stata una scelta sacrosanta.

Hermione non si sarebbe mai permessa di condannare o disprezzare le persone che si erano tenute al sicuro e lontano dalla battaglia, ma allo stesso tempo pretendeva rispetto per coloro che avevano rischiato la vita per il mondo magico. L’imbranato Neville Paciock aveva combattuto in prima linea, sfidando apertamente Voldemort in persona e arrivando persino a uccidere il suo gigantesco serpente. Il suo amico Neville aveva salvato la vita a lei stessa e al ragazzo che amava.

Prima di rispondere al ragazzo, Hermione si premurò di lanciare un’occhiata carica di disgusto ai compagni, i quali impallidirono visibilmente. < < Non è ancora possibile stabilirlo con certezza, Neville. Anche se qui non è scritto, credo che sarà la prima pista di indagine degli Auror. Si dovrà aspettare nuovi risvolti, ma non possiamo escludere nulla > >.

Neville abbassò lo sguardo per nulla sollevato. Ginny, invece, sbatté improvvisamente i pugni sul tavolo. < < Beh, a me di colpo è tornata la voglia di giocare a Quiddich. È meglio non parlare di certe rogne di prima mattina e soprattutto speriamo che …………. Lasciamo stare > > sbottò la Weasley, alzandosi in piedi. Immediatamente venne imitata dagli altri membri della squadra di Grifondoro.

Hermione sapeva bene che cosa volesse dire la sua migliore amica e soprattutto sapeva cosa sperava con tutto il cuore, perché lo sperava anche lei. Quel mistero sarebbe diventato molto presto il fatto di cronaca più importante in tutto il Regno Unito. La riccia strinse le pagine del giornale fin quasi a strapparle. Da notizie del genere poteva esserci soltanto un’unica e semplice speranza: Harry e Ron dovevano restare al sicuro.

Era ancora mattina presto, ma Hermione Granger non vedeva l’ora che arrivasse la sera. Forse il solo vedere il volto del suo ragazzo, anche solo attraverso lo specchio magico, avrebbe eliminato la sgradevole sensazione di ansia sempre più opprimente.
 
***************
 
 
Febbraio 1999
Campo di addestramento Auror, Inghilterra
 
Per un intero minuto Ronald Weasley rimase fermo e immobile davanti la porta del piccolo ufficio. La mano era stretta con un leggero tremolio sulla maniglia di ferro, mentre il ragazzo si sforzava di respirare con calma. Erano le dieci in punto e dopo un profondo e risolutivo respiro, finalmente la giovane recluta si decise ad abbassare la maniglia e ad entrare.

L’ufficio di Lalyla Connors era piccolo e spartano. Gli unici mobili erano una vecchia scrivania di fronte la porta d’ingresso in fondo alla stanza e un antiquato e malandato armadio posto accanto alla finestra che dava su uno dei tanti cortili del campo di addestramento. La donna attendeva il giovane allievo seduta dietro la sua scrivania, i gomiti poggiati su di essa e le mani strette tra loro. Indossava la sua solita tuta da combattimento e con il mento posato sulle mani guantate strette a pugno, lo sguardo della guerriera sembrava il massimo della freddezza. I suoi occhi gelidi come il ghiaccio squadravano il ragazzo con una severità diversa dal solito. Ron non aveva mai visto in lei così un così intenso distacco, nemmeno in combattimento. Di colpo, anche se ancora la donna non aveva aperto bocca, sembrava che l’Auror volesse distaccarsi da lui. Ron non riusciva a capire quale fosse la ragione.

< < Bene, sei qui, ragazzo > > si limitò a dire la donna con un cenno del capo, prima di alzarsi dalla sua postazione. < < Immagino avrai tante domande, ma ci sarà tempo. Per ora limitati a seguirmi se non ti dispiace > >.

Nonostante l’avvertimento velato della donna, a Ron venne spontaneo rivolgerle una prima domanda. < < Dove hai intenzione di portarmi, Layla? > >.

< < Seguimi, Ronald Weasley > > ordinò lei, con la voce carica di una gelida autorevolezza. Ron non l’aveva mai sentita parlare in quel modo. Nel corso dei mesi si era abituato al suo modo di fare soprattutto burbero e sarcastico, con dei tratti sorprendentemente gentili e affabili.

Maestra e allievo si incamminarono silenziosamente lungo i vasti corridoi dell’edificio. Nel corso delle lunghe settimane di allenamento Ron aveva avuto modo di frequentare numerose aree dell’accademia, ma certamente immaginava ci fossero tantissime zone che ancora non conosceva. Si allontanarono dai familiari uffici degli Auror posti a capo delle varie Divisioni, spostandosi verso la parte est del gigantesco edificio. In quella zona il rosso notò subito che corridoi e stanze erano più antiche e meno conservate rispetto alle aree normalmente frequentate dalle reclute. Ovviamente vista dall’esterno l’Accademia Auror non appariva così grande e maestosa come edificio, d’altro canto c’erano diversi centri babbani nelle vicinanze.

Dopo aver attraversato gran parte di quell’area sconosciuta agli occhi del ragazzo, i due raggiusero un altro lungo corridoio molto più stretto e buio rispetto agli altri, il quale terminava davanti ad un grande portone nero. Quest’ultimo era abbellito con molteplici stemmi e iscrizioni, tra cui era facilmente riconoscibile lo storico e ufficiale stendardo del Corpo Auror inglese. Esso raffigurava un maestoso albero bianco con a fianco l’immagine di due lupi dorati.

Senza proferire parola, Layla spalancò la porta. All’interno il buio era più fitto che mai, Ron provò una sgradevole sensazione di disagio, quasi come se davanti a lui ci fosse l’ingresso per le tenebre più profonde. Una volta entrata, la sua maestra prese una lanterna dalla parete e l’accese con un incantesimo. Nel buio Layla si muoveva tranquillamente, mostrando chiaramente quanto bene conoscesse quel posto.

Poco dopo l’entrata c’era una stretta e ripida scalinata dai tratti decisamente antichi e delimitata da pareti vecchie e sudicie per umidità o semplicemente per il trascorrere del tempo. Ron riuscì a studiarla per bene grazie alla luce della lanterna. Le scale ricordavano spaventosamente i sotterranei di Hogwarts. La guerriera, sempre con inquietante calma silenziosa, iniziò a scendere lentamente le scale, ignorando completamente l’espressione titubante del suo allievo.

< < Seguimi in silenzio, Ron > >.

Il rosso esitò per qualche secondo, prima di affrettarsi a seguirla nell’oscurità più profonda. Fin da subito, fin dai primi scalini quell’esperienza si rivelò a dir poco terrificante. L’ossigeno scarseggiava e il ragazzo provò la terribile sensazione che le pareti marce si stringessero sempre di più durante la discesa. Ma ad un tratto subentrò qualcos’altro a sconvolgerlo ulteriormente: la sua paura più grande, tale da paralizzarlo fin da piccolo. Ragni.

Neri, pelosi e soprattutto grossi come scarpe. Si muovevano veloci e silenziosi sulle pareti e sul soffitto. Il fuoco seppur debole della lanterna illuminava chiaramente i movimenti delle creature. Ron lottò con tutto sé stesso per non afferrare bruscamente la bacchetta e uccidere quelle orrende visioni. Il giovane mago si fece forza e continuò la discesa cercando di scacciare l’impressione di essere toccato da centinaia di ragni. Mentre scendevano, curiosità e paura si alternavano freneticamente nell’animo di Ron. La discesa continuava, come il percorso di un abisso senza fine. Ron perse la nozione del tempo e per un attimo temette che il panico potesse sopraffarlo e spingerlo a urlare e tornare indietro, anche se al buio e circondato dai ragni.

Ad un tratto la discesa finì, la giovane recluta iniziò ad intravedere altre luci oltre quella della lanterna di Layla. Cinque minuti dopo la scalinata terminò in una specie di immenso e sconfinato cortile sotterraneo, una specie di viale in pietra senza un’apparente fine.

Inizialmente Ron non fece molto caso a dove si trovasse. Avrebbe tanto voluto urlare per la gioia di poter nuovamente respirare e muoversi con calma, ma soprattutto era pazzo di gioia per non avere più quelle creature così vicine a lui. Senza far caso alle sue reazioni, Layla proseguì posando la lanterna su un gancio della parete. Il sotterraneo era illuminato da lunghe torce in entrambi lati del viale, mostrando agli occhi allucinati del ragazzo un corridoio di fuochi apparentemente illimitato.

Per ogni coppia di torce infuocate c’era una grande porta blindata. Le porte erano tutte rosse e soprattutto erano numerate al centro. Ron provò una strana sensazione, di pura inquietudine, non ne comprendeva il motivo, ma era sicuro che ci fosse qualcosa di sbagliato in quel posto.

< < Dove siamo? Che posto è questo? > > chiese, cercando di mantenere ferma la voce. Ma non ricevette risposta.

Senza alcuna spiegazione, Layla si incamminò lungo l’immenso corridoio illuminato. A Ron venne spontaneo seguirla senza fare altre domande, rendendosi presto conto che la curiosità superava di gran lunga la paura dell’ignoto. All’improvviso, però, quando raggiunsero la porta numero cento alla loro destra, Layla parlò.

< < Ci troviamo in un Archivio Segreto, Ron. Anche se sei giovane, avrai sentito parlare di luoghi di questo genere. Sono luoghi visitabili solo con rigide autorizzazioni > >.

Ron sentì il cuore battere all’impazzata. < < Gli Archivi Segreti degli Auror. Come è possibile? Come può trovarsi qui? > >.

< < Ne esistano tanti in questo paese, Ron > > rispose Layla, con calma, proseguendo la camminata.

 < < I pezzi grossi del mondo magico che si sono succeduti nel corso dei secoli hanno spesso preso decisioni difficili, anche facilmente discutibili e non è raro che molte cose siano state nascoste agli occhi del mondo. Tutto il marcio o semplicemente tutto quello che credevano giusto nascondere. Indagini oscure, armi, oggetti magici, documenti segreti di omicidi e complotti. Per questa semplice ragione in Inghilterra più di settecento anni fa sono nati gli Archivi Segreti degli Auror e sono stati sparsi in tanti luoghi diversi. Naturalmente molte altre nazioni hanno seguito l’esempio dei nostri antenati, anzi non è nemmeno certo che siamo stati realmente noi i primi a farlo > >.

Ron continuò a seguirla, lanciando occhiate cariche di incredulità alle centinaia di porte blindate. In ognuna di esse c’era un segreto terribile nascosto agli occhi del mondo. < < Layla, quanti ne hai visti? Di questi luoghi, di questi archivi, quanti ne hai visti? > >.

< < Teoricamente non dovrei nemmeno rispondere a questa domanda.  Beh, ti basti sapere che non è importante quanti ne ho visti, Ron. Ciò che importa è che io sono la custode di una porta blindata di questo Archivio Segreto. È lì che stiamo andando > >.

< < Che cosa siamo venuti a fare qui? > > chiese ancora Ron, sopraffatto dal desiderio di sapere.

< < Te l’ho detto, Ron. Siamo qui per finire il tuo addestramento. Ora chiudi la tua boccaccia e continua a camminare. Siamo quasi arrivati > >.

Avevano superato la porta numero cinquecento. Ron aveva notato che a sinistra le porte erano numerate con numeri dispari, mentre a destra con numeri pari. Dopo altri venti minuti di marcia silenziosa, finalmente Layla si fermò davanti ad una porta blindata della fila di destra. Il numero era il seicento-dodici. Voltandosi indietro, Ron si accorse che non era più visibile la stretta scalinata dalla quale erano giunti.

< < Siamo arrivati > > disse Layla, con tono gelido. Si voltò a fissarlo con un’espressione così spaventosa da spingerlo inconsciamente a fare un passo indietro. < < Quando varcheremo questa soglia, Ron, non ci sarà più spazio per le domande sciocche. Ti spiegherò tutto e lo farò una volta soltanto. Non ci sarà tempo per domande o chiarimenti. Tutto quello che devi sapere lo saprai in un’unica e semplice spiegazione, quella che ti darò io. Hai capito bene? > >.

Ron esitò per qualche istante, con i suoi occhi color blu oceano fissi sulla porta blindata rossa. < < Ti ho chiesto se hai capito, Ronald Weasley? > > chiese ancora l’Auror, con un ringhio furioso.

Il ragazzo trasalì suo malgrado. Non sapeva perché, ma quel posto lo metteva a disagio.

< < Sì, ho capito > > rispose, cercando di raccogliere determinazione e forza.

< < Sei pronto ad entrare? > >.

< < Sì, sono pronto > >.

Senza aggiungere altro, Layla tirò fuori la bacchetta, avvicinandola alla serratura. Sibilò alcune parole che Ron non capì e in un istante, con un colpo secco la porta blindata si aprì. Come in precedenza il buio era pressoché assoluto, ciò nonostante la guerriera varcò tranquillamente la soglia. Il rosso si affrettò a seguirla, sbattendo quasi contro di lei dopo pochi passi. C’era un intenso odore di chiuso e di estremamente vecchio in quel luogo.

< < Chissà quanto tempo è passato da quando un essere umano ha varcato questa soglia > > pensò Ron, restando immobile a fianco della sua maestra.

< < Lumus Maxima > > recitò Layla con voce imperiosa. Dalla bacchetta della donna fuoriuscì una luce abbagliante che salì fulminea verso l’alto, illuminando in un attimo l’intero ambiente.

Quando i suoi occhi si abituarono alla luce intensa, ancora una volta Ron non poté fare altro che spalancare la bocca per la sorpresa. Si trovavano in una sala immensa, piena di decorazioni, ritratti, statue e soprattutto libri. In effetti quel luogo sembrava essere proprio un’antica e gigantesca biblioteca a due piani. C’erano centinaia di scaffali stracolmi di volumi di ogni tipo, soprattutto nel piano superiore della sala raggiungibile tramite una sfarzosa e bianca scalinata a chiocciola. Pur non essendo mai stato un amante della lettura e delle biblioteche, Ron provò ugualmente un’emozione strana ed intensa nel trovarsi lì. Di colpo desiderò tanto che anche Hermione fosse lì con lui, una studiosa appassionata come lei avrebbe adorato un posto del genere.

Ben presto, però, l’attenzione di Ron venne attirata da qualcos’altro. La parete in fondo alla stanza era l’unica parte di quell’enorme sala priva di scaffali o altri tipi di decorazioni. E questo per una semplice ragione: la parete era piena di armi. Armi di ogni genere, ben assicurate al muro bianco. D’altro canto era stato impossibile non notarlo fin dall’inizio, non solo perché gli oggetti erano posti in bella vista davanti alla porta d’ingresso, ma soprattutto per il fatto che proprio da quelle armi sembrava scatenarsi per tutta la sala una strana energia magica, che lo fece letteralmente rabbrividire. Come un’inspiegabile atmosfera soffocante tale da mozzargli bruscamente il respiro.

C’erano armi di ogni tipo, di ogni epoca storica, sebbene la maggior parte erano di stampo medievale: lance, spade, coltelli, archi, mazze ferrate. C’erano persino quelle strane armi che ancora i babbani usavano per uccidere, di cui Ron aveva recentemente letto in un libro che Layla gli aveva dato da studiare durante l’addestramento. Se non ricordava male erano chiamate armi da fuoco, più precisamente pistole o fucili a seconda della dimensione.

Ognuna di quelle armi era di argento puro, mostrando chiaramente quanto fossero preziose. Tra tutti gli oggetti presenti in quella specie di antico santuario, le armi erano indubbiamente quelli tenuti meglio. Tutte ben lucide e ben pulite, palesemente pronte all’uso.

Ron le studiò attentamente con occhi rapiti e fissi sulla parete stracolma. Una nuova sensazione di smarrimento si impadronì di lui. C’era qualcosa di strano in ognuna di esse, come se un’energia sconosciuta e terribile venisse sprigionata dalle armi, toccando ogni cosa, persino il suo stesso corpo e la sua stessa anima. Layla non disse nulla per diversi minuti. Si avvicinò alla parete e restò lì forse in attesa che Ron si riprendesse dalla sorpresa e si avvicinasse di più. Come assorto nei suoi pensieri, il giovane mago si mosse lentamente verso la sua maestra, iniziando ad intuire che cosa avrebbe dovuto fare.

Finalmente Layla parlò con voce chiara e imperiosa. I suoi occhi freddi e decisi erano fissi sul ragazzo, il quale non riusciva proprio a distogliere lo sguardo dalle armi sulla parete. < < Bene, Ron. Siamo arrivati al momento della spiegazione. Sai bene quanto io odi i discorsi lunghi e noiosi, per cui cercherò di essere il più breve e chiara possibile > >.

Ron ebbe la tentazione di fare una miriade di domande, prima fra tutte a che diavolo servivano quelle armi.

< < Miseriaccia, in che razza di guaio mi sono cacciato questa volta? > >.

< < Di nuovo, ti avverto che ti spiegherò tutto il necessario una volta soltanto. Non fare nessuna domanda e ascolta attentamente. Non potrò farlo una seconda volta > >.
Leggermente esitante, il ragazzo annuì sforzandosi di mostrarsi il più sicuro e determinato possibile.

< < Quelle che hai di fronte, Ronald Weasley > > iniziò l’Auror, indicando con un gesto plateale le armi appese. < < Sono le famigerate e terribili armi create più di sette secoli fa dai maghi alchimisti. Questo è il luogo che è stato scelto per custodirle e io, in quanto capo della Divisione Omega e come moltissimi altri Auror prima di me, sono stata incaricata di custodire questo posto, fino a quando il mio incarico presso il Corpo Auror inglese non sarà terminato > >.

Ron ascoltava trattenendo il fiato, talmente attento ad ogni parola della donna da fargli dimenticare qualsiasi domanda frullasse nella sua mente.

< < So già cosa vorresti chiedermi, Ron. È la domanda che si pongono tutti la prima volta, la stessa che mi sono posta io quando vidi per la prima volta questo luogo e queste armi molti anni fa, quando il mio maestro portò una sciocca e presuntuosa ragazzina in questo luogo sacro. Per quale motivo sono state create queste armi? A che scopo tutta questa sceneggiata misteriosa? > >.

< < La risposta è molto semplice, Ron > > continuò Layla, con calma inquietante. < < Molto più semplice di quanto tu possa immaginare. Prova a riflettere, ragazzo, tu che hai combattuto una guerra, tu che hai perso delle persone care, tu che hai compreso quanto possa essere possibile commettere errori anche fatali e tragici. Forse ti sembrerà banale, ma i maghi sono essere umani, ragazzo e per natura fortemente inclini alla guerra > >.

Per qualche oscuro motivo, le parole della donna gli fecero provare un brivido. Di istinto, Ron si girò nuovamente ad osservare le armi argentate. Ogni volta che lo faceva, sentiva come una scarica elettrica lungo il corpo, una sensazione di adrenalina che non riusciva a spiegare.

< < Secondo le cronache storiche tutto ebbe inizio con le terribili persecuzioni medievali. Anche se molti maghi e streghe riuscivano facilmente a sfuggire ai roghi e alle uccisioni di massa, scatenate per puro e semplice fanatismo, la comunità magica inglese prese ben presto la decisione di contrattaccare con violenza e decisione. Le armi magiche che vedi qui rappresentano una delle tante misure adottate per combattere i babbani, almeno all’inizio. Sono strumenti di guerra e di morte, Ron > >.

< < Il potere di queste armi è misterioso e varia a seconda della singola arma e soprattutto a seconda del portatore. Colui che brandisce un’arma magica deve decidere come usarla in base alle esperienze che vive in prima persona > >.

L’espressione della guerriera era seria come non mai, i suoi occhi osservavano cupamente gli oggetti sulla parete bianca. Era evidente che ci fosse una storia lunga dietro quelle armi. Una storia terribile.

< < Quando gli scontri tra maghi e babbani si interrompevano per brevi o lunghi periodi, i maghi trovavano altri scopi per le armi magiche. Combattere fra di loro ad esempio > >.

< < Forse in un primo momento l’intento degli alchimisti era davvero la sopravvivenza contro un nemico fanatico > > continuò la guerriera, lanciando un’occhiata sinistra al suo giovane allievo. < < Ma poi arrivarono altre guerre, altri interessi. Conflitti con altre nazioni magiche, la caccia spietata a criminali o a semplici nemici dei regimi che si sono succeduti. Per questo vennero create altre armi di questo tipo e il loro impiego nelle battaglie magiche divenne sempre più frequente, con conseguenze orribili. Molto sangue venne versato e molte vite vennero stroncate inutilmente. Passarono secoli prima che venisse finalmente costituito un primo sistema di controllo per il loro impiego e questo grazie alla rigida politica del Ministero della Magia, che affidò le armi direttamente al Corpo degli Auror appena formato > >.

Il volto della donna si fece ancora più cupo mentre proseguiva il suo racconto, come un velo improvviso di malinconia. < < Purtroppo la storia non finisce qui. Anche se sei giovane, Ron, hai visto con i tuoi occhi quanto possano essere terribili le azioni di una persona al comando, di una persona che detiene un potere superiore e pericoloso. Gli alchimisti riversarono una strana forma di magia su queste armi. È come se il potere delle armi magiche si legasse indissolubilmente con l’essenza magica del portatore, con la sua anima principalmente. È il portatore a decidere come usare le armi magiche, come sfruttarne l’enorme potere. Può decidere di controllarlo con la propria forza e la propria volontà, restando padrone di sé stesso oppure può lasciarsi interamente controllare da esso, sprofondando nella follia. Una follia omicida > >.

< < Purtroppo la storia lo ha spesso dimostrato. Tanti innocenti ne hanno pagato il prezzo, Ronald. Gli Auror hanno commesso terribili sbagli, troppi da contare > >.

Ron immaginava che proprio quelle migliaia di libri, custoditi in quel posto affascinante e spaventoso al tempo stesso, con ogni probabilità raccoglievano segreti inimmaginabili. Dopo aver visitato con i propri occhi posti come Hogwarts o la Gringott, erroneamente il rosso aveva creduto che non ci potesse essere niente di più incredibile al mondo, ma quel luogo stava pian piano distruggendo molte certezze.
 
Spostando lo sguardo verso la sua maestra, Ron notò che il pugno destro della donna stringeva qualcosa all’altezza della cintura della tuta, ma non capì di che cosa si trattasse.

< < Fu vitale la comprensione che non tutti i maghi possedevano l’attitudine a portare armi di questo genere, per questa ragione il Ministero, con il supporto del Dipartimento Auror, stabilì che solo determinati maghi o streghe rigorosamente selezionati potevano essere scelti per affrontare questa prova. Per fartela breve, mio caro Ron, ai pezzi grossi del Ministero fu ben presto evidente chi fossero, tra le tante Divisioni Auror, i maghi e le streghe più portati per questo genere di magia > >.

< < Gli Auror della Divisione Omega > > disse Ron a voce alta, dimenticando il divieto di parlare.

Layla sembrò non farci caso, forse perché lei anche troppo presa dal racconto. < < Precisamente, Ron. Parliamo dei primi anni del Settecento. La Divisione Omega esisteva già da qualche decennio e dopo diverse prove, venne effettivamente appurato il fatto che i suoi membri si mostrassero i più inclini nell’utilizzo di queste armi magiche. Ovviamente furono date molte spiegazioni, come ad esempio il fatto che quei maghi non avessero nella maggior parte dei casi un’essenza magica molto potente o dotata. Tutte stronzate, se vuoi il mio parere. Come ti ho già detto, la decisione su come utilizzare un’arma magica spetta unicamente al portatore > >.

Il ragazzo si strinse le mani leggermente tremolanti. Il desiderio di sapere ogni cosa su quella faccenda era forte, ma allo stesso tempo dentro di lui nacque anche un’altra consapevolezza. In realtà, in un primo momento aveva sperato di sbagliarsi, ma gli sguardi e le parole di Layla non lasciavano spazio a nessun altro dubbio. Era chiaro che cosa gli avrebbe chiesto la sua maestra, era ormai chiaro quale fosse la prova e la scelta che avrebbe dovuto affrontare.

Completamente immerso nei suoi pensieri, non si accorse minimamente del pericolo. Una morsa di acciaio strinse con forza terribile la mascella del ragazzo. Quest’ultimo non poté trattenere un gemito di dolore, rendendosi conto che l’Auror l’aveva afferrato violentemente con una mano guantata portando il suo volto a pochi centimetri da quello di lei. Gli occhi di Layla erano carichi di una rabbia selvaggia, ma nonostante tutta la sua furia Ron ebbe comunque la netta impressione che quella rabbia non fosse diretta a lui. Almeno non tutta.

< < Non osare sottovalutare la faccenda, Ronald Weasley > > ringhiò furiosamente la guerriera. < < Dimentica la prova finale degli Auror, dimentica ogni ridicolo esame. Ogni recluta deve per così dire specializzarsi in uno o più specifici incantesimi. I membri della mia Divisione affrontano un diverso tipo di specializzazione. Scegliere una delle armi magiche e poi imparare a usarla. È questa la tua prova. La più importante e la più difficile. Nessuno può entrare a far parte della Divisione Omega senza prima aver scelto una delle armi magiche degli alchimisti > >.

Il dolore alla mascella non era niente in confronto all’adrenalina e all’emozione. Restarono alcuni secondi a fissarsi, Layla sembrava non avere alcuna intenzione di mollare la presa. Era una morsa dolorosa, tanto da fargli diventare insensibile la mascella.

Alla fine l’Auror lasciò la presa e tornò a parlare di nuovo con un tono spaventosamente freddo. < < La scelta spetta a te, Ronald Weasley. Avrai tre giorni di tempo per decidere quale arma vorrai portare. Bada bene, una volta fatta la scelta non potrai più tornare indietro, non potrai sceglierne un’altra. L’arma che sceglierai ti accompagnerà in tutto il tuo cammino come Auror, Ron. Perciò ti conviene scegliere bene > >.

Layla Connors lo squadrò freddamente per qualche altro istante prima di avvicinarsi all’uscita. < < Ovviamente esiste anche una strada più semplice > > disse l’Auror, voltandosi per mostrare al ragazzo un sorriso di scherno. Era la prima volta che la donna sorrideva da quando erano giunti in quel luogo sinistro.

< < Puoi anche decidere di non scegliere alcuna arma e magari il prossimo anno potrai tentare una strada diversa in un’altra Divisione Auror. Per tre giorni la porta blindata resterà aperta, potrai venire e andartene come ti pare fino a quando non avrai scelto. Parlane pure con chi vuoi, con il tuo amico Potter, con la tua ragazza, con la tua famiglia. Tranne che con me > >.

Layla gli puntò minacciosamente un dito < < Se alla scadenza dei tre giorni non avrai scelto nessuna di queste armi magiche, l’incantesimo di protezione ti scaglierà fuori dalla sala e la porta blindata si chiuderà per sempre, almeno per te > > dichiarò la bruna, portando nuovamente le mani alla cintura della tuta. < < Alla fine dei tre giorni ci vedremo nel mio ufficio e lì mi comunicherai la tua scelta. Non farti vedere da me prima di allora > >.

Ron continuò a fissarla scioccato mentre usciva dalla grande sala, ma a quanto pare la donna non aveva ancora finito. La sua voce carica di uno strano e inquietante umorismo proveniva dal corridoio illuminato.

< < Ah, Ron, un’ultima cosa. So che non sei così stupido, ma non provare nemmeno a pensare di poter prendere due armi magiche. Le conseguenze sarebbero troppo terribili anche solo da descrivere. Buona fortuna > >.

L’espressione allucinata del giovane mago continuò a restare fissa sull’uscita da cui era sparita la figura della sua maestra. Sulla schiena sentiva l’energia intensa delle armi argentate, portandolo addirittura a respirare affannosamente. Come avrebbe dovuto affrontare quella scelta? Sarebbe riuscito a trovare l’arma giusta per lui? In realtà in quel momento era terrificante anche il pensiero di dover tornare lì, per di più senza la guida di Layla.

Tre giorni per decidere il suo futuro nel Corpo Auror, dove aveva sempre desiderato di entrare. La sua prova era cominciata e Ronald Weasley ebbe la netta impressione che proprio quel primo passo sarebbe stato il più duro da affrontare.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** La scelta ***


CAPITOLO 8
 
 
LA SCELTA

 
 
Febbraio 1999
Grimmuld Place, Inghilterra
Primo giorno

 
 
< < A volte tendo a dimenticare la quantità di cose che conosci, amore > > disse Ron, sorridendo dolcemente alla sua ragazza attraverso lo specchio magico.

< < Smettila di fare lo scemo, Ronald. Non attacca > > ribatté lei, mostrando allo stesso tempo un caloroso sorriso.

< < E’ la semplice verità, Hermione e non chiamarmi Ronald. Non è colpa mia se ho avuto la fortuna di innamorarmi della strega più promettente e capace della mia generazione > > disse il giovane, con una semplice alzata di spalle.

< < Ruffiano. Dovresti avere maggiore rispetto per la Caposcuola di Grifondoro > > lo squadrò Hermione, fintamente offesa.

< < Chiedo perdono, mia signora > > rispose il rosso, portandosi teatralmente una mano sul cuore.

Hermione sospirò alzando gli occhi al cielo. < < Tornando un attimo seri, Ron. Ormai è assodato che quella donna porti un guaio dietro l’altro e la cosa inizia davvero ad irritarmi seriamente > >.

< < Me l’avrai accennato giusto un paio di volte, amore > > commentò Ron, con un sospiro di finta stanchezza. < < Sarà difficile crederci, Hermione….. in realtà ho imparato gradualmente a conoscere e ad apprezzare il modo di fare di Layla durante questi lunghi mesi di addestramento con lei > > continuò il rosso, con un’espressione così pensierosa da sorprendere anche la sua ragazza.

< < E’ difficile immaginare o prevedere che cosa le passi per la testa. Tuttavia, durante questi mesi di addestramento mi sono reso conto di poter soltanto assecondare le sue pazzie, almeno fin dove possibile. Credimi, però, resta comunque una donna leale e di buon cuore. Posso dire di essere stato fortunato a finire sotto le sue grinfie > >.

< < Per certi versi mi ricorda una certa bellezza dai capelli ricci, intelligente, testarda e dai modi un po’ prepotenti > > aggiunse Ron con un sorrisetto.

Hermione lo squadrò come una cacciatrice pronta a ghermire la preda. Era abituata alle sue frecciate da finto sbruffone. Forse in passato si sarebbe arrabbiata per alcuni atteggiamenti poco maturi, ma ora che stavano insieme la cosa la irritava molto di meno, anzi a dir la verità spesso lo assecondava senza nascondere il suo divertimento.

< < Ricordati anche che questa bellezza di cui parli è anche la tua ragazza, Ron e come tale legittimata a farti abbassare la cresta in ogni momento, ovviamente dopo averla fatta abbassare anche a quella donna che continua a procurarti lividi e ferite di ogni genere > >.

< < Lo terrò a mente, amore > >.

Nonostante l’ansia e la necessità di discutere della prova che il ragazzo doveva ancora affrontare, la giovane coppia continuò amabilmente a beccarsi e a sognare il momento in cui si sarebbero rivisti. Quelle lunghe conversazioni rappresentavano l’unico punto di contatto, l’unico modo per combattere la loro lontananza ormai continua da così lunghe settimane.

Per quanto riguardava le strane armi magiche mostrategli da Layla Connors, Ron sapeva benissimo di non poter prolungare troppo le sue riflessioni. Aveva solo tre giorni e il primo era quasi completamente andato. Era consapevole che avrebbe dovuto approcciarsi maggiormente all’oscurità sconosciuta di quelle armi e al luogo misterioso che le custodiva, anche se la cosa tendeva a spaventarlo come non mai. C’era qualcosa in quel luogo, qualcosa di estremamente malvagio e pericoloso. Ron l’aveva percepito distintamente per tutto il tempo in cui era rimasto in quell’abisso. Eppure gli bastava osservare il volto concentrato della sua ragazza, osservare mentre lei lo prendeva in giro, mentre si sforzava con tutta sé stessa di aiutarlo, mentre lo rimproverava oppure mentre gli parlava dolcemente. Tutto questo riusciva sempre a calmarlo, a rasserenare il suo animo, a spronarlo ad affrontare ogni difficoltà della vita, nonostante ci fosse ancora un muro di vetro a separarli.

Dopo aver scherzato e conversato amabilmente fra di loro per diverse ore, ridendo di gusto e lanciandosi continuamente sguardi di puro desiderio, alla fine Ron si ritrovò, pur non avendone alcuna voglia, a tornare sull’argomento tanto indesiderato. Durante quel primo giorno, lui non aveva nemmeno provato a scendere per la seconda volta in quell’abisso infernale.

< < Hermione, come ti sei imbattuta in quest’argomento? Da quanto ho capito, le armi magiche rappresentano una specie di tabù nella comunità magica > >.

Hermione annuì leggermente, posando il mento sulle mani strette a pugno. < < Hai ragione. È una faccenda oscura, che molte persone nel mondo magico preferiscono ignorare. Non sono neanche sicura che sia permesso parlarne liberamente, mi informerò meglio a riguardo e in generale su questo argomento. Ad ogni modo, come puoi ben immaginare, mi sono imbattuta casualmente su questo argomento durante il nostro sesto anno ad Hogwarts. Stavo leggendo un vecchio libro di storia per ricerche particolarmente complesse sull’aritmanzia, quando mi trovai di fronte un intero capitolo dedicato alle armi create dai maghi alchimisti molto tempo fa durante l’epoca medievale. L’argomento mi incuriosì parecchio e ovviamente mi trovavo nel reparto proibito della biblioteca, Ron > >.

< < Nel reparto proibito? > > ripeté il rosso, stupito.

Hermione arrossì leggermente a disagio, richiamando la sua proverbiale abitudine per il rispetto delle regole. < < La professoressa Mcgranitt mi diede un’autorizzazione speciale per motivi di studio. Io e pochi altri studenti fummo autorizzati ad effettuare alcune ricerche nel reparto proibito della biblioteca soprattutto durante gli ultimi anni scolastici. Non starò qui a raccontarti delle molte cose che ho potuto scoprire. Cose terribili e inquietanti, amore, che ancora oggi mi sforzo di dimenticare. Purtroppo le armi magiche rientrano in questa categoria > >.

La riccia lanciò un’occhiata di profonda preoccupazione al suo ragazzo.

< < Ho provato una strana sensazione quando mi sono trovato di fronte quelle armi > > disse Ron, con tono cupo. Poteva vedere chiaramente attraverso lo specchio quanto Hermione fosse preoccupata, ma aveva giurato di essere sempre sincero con lei. < < Come una sensazione di malessere o di disagio inspiegabile. Era come se quel luogo non mi volesse lì, ho chiaramente percepito di essere indesiderato e soprattutto osservato. Da qualcosa di oscuro e inquietante, qualcosa che è come costretto ad accettare la mia presenza > >.

Hermione si coprì la bocca con una mano, cercando di tenere sotto controllo la nausea crescente. < < Dovrai di nuovo scendere laggiù > >. Non era una domanda, quanto la semplice manifestazione ad alta voce della propria paura.

< < Devo farlo, Hermione > > disse Ron, lanciando un’occhiata quasi di scuse alla ragazza che amava. < < Sento che la mia unica possibilità come Auror sia legata indissolubilmente a questa Divisione. Sento che è proprio questa la strada giusta per me, Hermione, però…… > >.

L’espressione di Ron si fece sofferente, i suoi occhi colmi di una tristezza mai placata del tutto. In quegli occhi blu oceano che tanto adorava, la riccia vide con chiarezza quel rimorso opprimente che sapeva tormentasse ancora il suo ragazzo.

Hermione conosceva bene il tormento che sembrava divorlo lentamente, lei stessa desiderava tantissimo aiutarlo a sconfiggere quel dolore, cancellare quel terribile dolore dall’animo del giovane uomo che amava con tutta sé stessa, ma non ci era ancora riuscita. Provava una gran rabbia non soltanto verso la testardaggine di Ron che perdurava nella sua personale tortura, ma anche verso sé stessa. Anche lei sentiva di avere una grossa parte di responsabilità per tutto quello che avevano passato nel corso degli anni, per il loro rapporto costantemente tormentato. Fu Ginny ad aprirle gli occhi una sera tempestosa del loro sesto anno, la sua migliore amica l’aiutò a comprendere quanto potessero essere stati dannosi certi comportamenti la verso persona che più contava per lei.

Forse non tutti riuscivano a capirlo, ma il suo Ron era una persona estremamente sensibile, costantemente preda delle proprie emozioni negative e positive, questo Hermione lo sapeva da molto tempo. Non era certo un segreto che Hermione avesse sempre mostrato maggiore attenzione verso Harry. Sempre preoccupata per le prove e le terribili esperienze che il loro amico doveva affrontare o delle scelte che doveva compiere. Ron l’aveva accettato e sopportato a fatica e non senza conseguenze nel proprio animo. Il carattere di Ron era forte, eppure allo stesso tempo debole e fragile.

Quando finalmente riuscirono a manifestare i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, Hermione aveva giurato su ogni bene del mondo che si sarebbe presa cura di lui, del suo cuore e delle sue debolezze. Non gli avrebbe più permesso di torturarsi per gli errori del passato, a costo persino di infuriarsi come mai nella vita.

< < Non osare dire quello che stai pensando, Ronald Weasley. Sono stanca di sentire sempre la solita sciocchezza > > sibilò la ragazza con voce gelida e rabbiosa.

Il rosso le lanciò un’occhiata timorosa, sorpreso di come la sua ragazza sapesse ormai leggergli dentro con un semplice sguardo. < < Io…… > > sussurrò titubante. < < Io non posso deluderti di nuovo e queste armi….. > >.

< < Basta > > gridò Hermione, furiosa. < < Basta, dannazione. Tu non puoi deludermi, Ron. Non capisci che sei la persona con cui voglio stare? Smettila di pensare a come rendermi orgogliosa perché lo sono già. Pensi che tutto quello che abbiamo fatto in guerra sarebbe stato possibile senza di te? > >.

< < Ma ti ho lasciato….. > >.

< < Ma sei tornato > > ribatté con forza la ragazza. < < E ti ho detto mille volte che ti ho perdonato. Lo abbiamo fatto sia che Harry. Io ti amo con tutto il mio cuore, Ron e lo farò sempre. Giuro che non permetterò più che tu continui a torturarti per un errore del passato. Sei un uomo buono, coraggioso, sensibile, leale. Il mio uomo, razza di maledetto testone > >.

< < Hermione, potrei non essere in grado di controllare delle armi così potenti > > dichiarò Ron, abbassando gli occhi per la vergogna. < < Potrei non avere l’animo puro o la volontà giusta per adoperarle in missione. La storia delle armi magiche è intrisa di sangue innocente, Hermione, il mio terrore è che anche le mie mani in futuro possano macchiarsi irrimediabilmente di rosso. Non potrei più guardarti negli occhi se dovesse accadere, non sarei più degno di stare con te > >.

Ron aveva deciso di mostrare ogni paura alla sua amata, altrimenti non avrebbe potuto più nemmeno mettere piede in quell’abisso. Quelle armi possedevano un potere micidiale, tale da far tremare le pareti, Ron lo sapeva bene, l’aveva percepito distintamente. Era davvero in grado di utilizzare un potere del genere? La sua scelta non riguardava soltanto il suo futuro lavorativo, era una questione di vita o di morte per le persone che avrebbe dovuto difendere una volta diventato Auror.

< < Il tuo animo è puro, amore > > replicò Hermione, senza esitazione.

La sua voce, sicuramente più addolcita, restava ugualmente determinata e forte, ma questa volta mostrava anche tutto l’amore che provava per lui. Ron non riuscì nemmeno a replicare, completamente rapito dalle parole della riccia.

< < Io lo so. Ne sono certa > > disse ancora la giovane strega, non distogliendo mai lo sguardo dal suo ragazzo. < < Farai la scelta migliore, io mi fido ciecamente di te, Ronald Weasley > >.

Le emozioni che Ron stava provando in quel momento erano così forti e profonde da mozzargli il respiro. Era incredibile quanta forza Hermione riuscisse a trasmettergli con poche parole. Nessuno al mondo, nemmeno i suoi familiari o Harry stesso, era in grado di caricarlo così tanto, di spingerlo verso una sfida sempre più dura. Con Hermione al suo fianco, Ron sentiva di non poter conoscere limiti o confini lungo il suo cammino. Poteva fare qualsiasi cosa, persino sfidare nuovamente quell’abisso infernale, per affrontare la scelta che avrebbe potuto cambiargli la vita per sempre.

In quel momento il rosso non si fidava della propria voce, per questo preferì annuire mostrando quanta più sicurezza possibile. Sorrise apertamente alla ragazza riflessa nello specchio magico, sperando con un semplice sguardo di farle comprendere quanto amore e quanta gratitudine provasse nei suoi confronti. La giovane strega che da tempo gli aveva rapito il cuore.
 
 
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Febbraio 1999
Campo di addestramento Auror- Archivio Segreto Stanza 612
Secondo giorno
 
Quella mattina Ron aveva incrociato Layla lungo i corridoi. Gli si mozzò il respiro quando la donna gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo. Gli occhi della sua maestra erano freddi, privi di qualsiasi emozione, a ulteriore testimonianza di quanto fosse seria riguardo la scelta che doveva ancora compiere. Il ragazzo non ricevette nemmeno un’occhiata da lei e se non si fosse spostato, forse la sua maestra lo avrebbe urtato come se nulla fosse. Una volta terminato il solito incontro serale con Hermione, il rosso aveva deciso di non addentrarsi tra i sotterranei dell’Archivio in piena notte, sebbene Layla Connors gli avesse garantito la possibilità di scendere in qualsiasi momento durante i tre giorni stabiliti. Così il primo giorno era trascorso senza niente di concreto.

Il secondo giorno iniziò come una normale giornata di addestramento, almeno in apparenza. Ron vagò diverse ore senza meta lungo le diverse aree del campo Auror, prima di decidere finalmente di riscendere nell’abisso pieno di chissà quali terribili segreti e misteri del mondo magico. La discesa fu traumatica come la prima volta, anzi forse ancora di più perché questa volta non c’era Layla ad accompagnarlo.

Il silenzio del corridoio di torce accese e porte rosse sigillate era pressoché assoluto, se non fosse per i passi lenti e timorosi del ragazzo sull’antico pavimento di pietra. Ron procedeva continuando a guardarsi da ogni lato, soprattutto alle sue spalle. Come nella prima discesa egli provò l’inquietante e sgradevole sensazione di essere seguito o meglio di essere osservato costantemente, come se occhi invisibili e malevoli seguissero ogni sua mossa durante tutto il tragitto. Il percorso lungo l’immenso corridoio sembrò infinito e quando finalmente Ron raggiunse la stanza 612 non poté evitare di provare un sospiro di sollievo, anche se pienamente consapevole del fatto che il peggio dovesse ancora arrivare. Di colpo si ricordò che Layla aveva pronunciato alcune parole rituali per entrare, ma dopo pochi secondi di attesa davanti alla porta blindata rossa, la serratura si sbloccò automaticamente con un suono intenso che lo fece trasalire.

Quando la porta rossa si aprì del tutto, Ron restò immobile sulla soglia davanti alle tenebre più profonde che sembravano pronte a ghermirlo e a inghiottirlo inesorabilmente. Cercando di tenere sotto controllo il tremore, Ron percepì distintamente il potere delle armi magiche, anche se era impossibile vedere qualsiasi cosa all’interno della stanza. Eppure erano lì e per un attimo al giovane mago gli parve persino di sentire una voce. Una voce che lo reclamava con forza dentro la stanza.

Per qualche minuto le gambe sembravano non voler collaborare. Come frutto di una razionalità inconscia, il suo corpo voleva impedirgli di entrare là dentro da solo. Restò lì immobile sulla soglia, combattendo con il senso di terrore sempre più forte. Ci volle tutta la sua forza di volontà per spingerlo a compiere il passo finale. Nella sua mente Ronald Weasley richiamò quasi con disperazione il volto di Hermione, il suo sorriso incoraggiante, la sua tipica espressione in cui traspariva tutta la sua intelligenza e sensibilità.

Voleva essere degno di lei, di una persona così straordinaria, con la quale era cresciuto e con la quale aveva condiviso gioie e dolori. Ora aveva persino avuto la possibilità di amarla e di essere ricambiato. Il minimo che poteva fare adesso era affrontare quella maledetta prova. Per il suo stesso futuro e per Hermione. Di colpo non c’era più alcuna paura o esitazione sul suo volto, solo la ferrea determinazione che l’aveva condotto fino a quel momento, la volontà scolpita nel sogno che aveva coltivato fin dalla più tenera età. Diventare un vero Auror. Strinse con forza i pugni martoriati da massacranti allenamenti e si fece avanti.

Si immerse sicuro e motivato nella più assoluta oscurità. Entrò nella stanza con una decisione tale da dimenticare persino la bacchetta per illuminare la sala. < < Lumos Maxima > > esclamò con forza, dopo diversi passi completamente immerso nel buio spettrale.

La sala si illuminò seduta stante con il familiare incantesimo di illuminazione e gli occhi del giovane si posarono immediatamente sulle tantissime armi argentate appese alla parete bianca come il latte. Ron si sforzò di controllare il respiro come poteva mentre si avvicinava ad esse. La sensazione di smarrimento scatenata da queste armi era quasi paralizzante. Questa volta Ron lottò duramente per resistere alla paura e all’orrore. Il desiderio di voltarsi indietro e fuggire era forte, ma la giovane recluta riuscì a contrastarla.

Nella stanza non doveva esserci nessuno, ma all’improvviso il giovane mago iniziò ad udire sempre più distintamente delle voci. Sobbalzò spaventato, affrettandosi a puntare la bacchetta illuminata verso ogni angolo di quell’Archivio segreto, verso i libri riposti in innumerevoli scaffali, verso i vecchi e polverosi mobili e  poi di nuovo verso le armi.

< < Che diavolo….. > > si ritrovò ad esclamare quasi senza volerlo.

Nella sala non c’era traccia di nessuna presenza fisica, di questo poteva esserne certo. Eppure Ron continuava ad udire delle voci, anche se non riusciva a distinguere nessuna parola. Si concentrò a fondo, tenendo la bacchetta pronta all’uso. Con cautela e pronto a difendersi in qualsiasi momento, il ragazzo si avvicinò alle armi argentate e via via che si avvicinava le voci diventavano sempre più forti. Con un brivido lungo la schiena, il rosso comprese che non si trattava di vere parole o frasi sussurrate da chissà quale antica magia. Ciò che udiva ora con maggiore chiarezza erano dei veri e propri lamenti. Lamenti di pura sofferenza. Lamenti di morte e provenivano direttamente dalle armi magiche.

La prima volta che si era avvicinato a quegli oggetti non aveva sentito nulla di tutto questo, forse perché non aveva osato avvicinarsi così tanto come in quell’occasione. < < Forse si tratta di una qualche forma di magia antica > > provò a riflettere ad alta voce, cercando di ignorare i lamenti sempre più forti, ma quel pensiero svanì velocemente. Immediatamente divenne chiara la consapevolezza che quelle voce sofferenti fossero ben altro.

Non sapeva da dove provenisse la sua sicurezza, eppure Ron era certo come poche volte nella sua vita che i lamenti appartenessero alle innumerevoli vittime che quelle armi magiche avevano causato nel corso dei secoli. Provò un altro brivido di freddo lungo la schiena nel percepire che il numero dei morti fosse incalcolabile, forse troppo da descrivere o da sopportare per un essere umano dotato di coscienza.

< < Non posso continuare così > > si disse, mentre la voglia di fuggire rischiava di sopraffarlo. Doveva imporsi di fare dei passi avanti in quella ricerca, continuare a riflettere o a soffermarsi sulla pericolosità di quegli oggetti non lo avrebbe aiutato per nulla.

Respirando profondamente, Ronald Weasley chiuse gli occhi per alcuni secondi, per poi riaprirli con l’intenzione di non lasciarsi più sopraffare dalla paura. Dopo un momento di riflessione il ragazzo decise di soffermarsi su un’arma alla volta, per poter ponderare ogni dettaglio e per poter così scegliere con cura fin dove possibile. Così, quasi automaticamente i suoi occhi si posarono, come primo obiettivo, su una maestosa e lucente lancia argentata. Era una delle armi più grandi e vistose tra quelle presenti. Era facilmente passata sotto il suo sguardo.

Indubbiamente si trattava di un oggetto magnifico, di pregevolissima fattura. Da quando era diventato un allievo del direttore della Divisione Omega, Ron aveva avuto modo di studiare a fondo e persino ad apprezzare numerose tecniche di combattimento babbane, sotto la severa supervisione di Layla Connors. Alcune di queste erano molto antiche, altre, invece, più moderne e molte di esse prevedevano l’uso di armi. Quella lancia sarebbe potuta diventare un’estensione della sua bacchetta. L’altro strumento che lo avrebbe accompagnato durante le sue missioni da Auror. L’arma era bellissima, trasudava un’incredibile potenza che per un istante rischiò di sopraffarlo, al punto da alzare leggermente una mano per toccare il prezioso argento, quasi in preda ad un’avidità completamente estranea alla sua personalità.

Alla fine riuscì a trattenersi profondamente turbato da quella sensazione e si sforzò a riflettere. Un’arma del genere poteva essere estremamente difficile da maneggiare e soprattutto da utilizzare insieme alla bacchetta durante un combattimento. Non doveva essere troppo precipitoso. Ronald Weasley squadrò meglio la lancia appesa alla parete bianca, cercando con il solo sguardo di carpirne quanti più segreti possibili. L’aria di forza della lancia argentata era così ammaliante, forse brandendo quell’arma Ron avrebbe davvero potuto sottomettere qualsiasi nemico. D’altro canto il suo compito come Auror sarebbe stato quello di sconfiggere ogni nemico per salvare degli innocenti. Quella lancia poteva davvero donargli una potenza così devastante da sovrastare qualsiasi magia, come una tempesta implacabile in grado di annientare anche la più resistente delle navi.

Come risposta ad un richiamo oscuro, i lamenti delle anime perdute divennero ancora più forti e inquietanti, quasi avessero intuito le intenzioni del giovane, il cui volto era ormai bagnato da sudore e lacrime di puro nervosismo. Ron distolse lo sguardo solo per un istante, sopraffatto da un’ondata di emozioni troppo forti da sopportare e fu allora che accadde. Quando i suoi occhi si posarono di nuovo sulla lancia, l’oggetto non era più argentato. Con un urlo di puro terrore che gli bruciò la gola, Ron osservò la lancia appesa alla parete completamente grondante di sangue. Le altre armi erano sparite, la parete non più bianca era sporca di sangue. Dal manico alla punta l’orribile liquido rossastro gocciolava lentamente lungo le pareti fino al pavimento, mentre i lamenti si trasformarono in terribili urla cariche di sofferenza e odio.

Davanti agli occhi spalancati del giovane mago si presentarono cruente scene di battaglia. Venne catapultato in un mondo di massacri e violenze indescrivibili. La lancia d’argento era il centro di quell’orribile realtà. Nella visione Ron non riuscì a squadrare con certezza i vari portatori che si erano succeduti, ma era poco rilevante. Uomini, donne, anziani e persino bambini…..nessuno riceva la benché minima forma di compassione o pietà. I portatori della lancia dal volto sconosciuto sembravano come impossessati da un potere illimitato e terribile. Un potere che richiedeva come forma di pagamento l’umanità e forse l’anima stessa dell’utilizzatore.

Ron non poté stabilire per quanto tempo restò prigioniero di quell’incubo, fino a quando da un momento all’altro si ritrovò disteso sul pavimento nella più completa oscurità. Per diversi secondi gli risultò impossibile tornare a respirare normalmente. Le urla non si sentivano più, ma ora era lui che urlava portandosi le mani alla gola. Nella caduta il rosso aveva perso la bacchetta, estinguendo l’incantesimo di luce e lasciandolo completamente al buio.

Qualche secondo dopo finalmente smise di urlare. Ron tentò di alzarsi con estrema fatica e nel farlo un intenso malessere lo costrinse a rimettere il poco che aveva mangiato a colazione. Non fu facile ritrovare la bacchetta, Ron la cercò disperatamente con le mani, non potendo sopportare di restare in quella stanza degli orrori un minuto di più. Quando finalmente con la mano la ritrovò, il giovane mago si affrettò a illuminare la stanza. Sembrava che tutto fosse accaduto nella sua mente, perché tutte le armi magiche si trovavano ai loro posti, compresa la lancia d’argento portatrice di innumerevoli massacri.

Ronald Weasley corse verso l’uscita senza guardarsi indietro. Fu così che trascorse anche il secondo giorno.
 
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Da quando aveva finalmente iniziato la sua relazione con Hermione, Ron non si sarebbe mai aspettato una nottata così traumatica, al punto che non riuscì nemmeno a trovare quella solita voglia irrefrenabile di contattarla, di parlare con lei, di vedere il sorriso che tanto adorava.

Quello che aveva visto durante il corso di quella seconda giornata lo tormentava. Il giovane mago non era per nulla estraneo alla morte e alla violenza, aveva combattuto una guerra in prima linea, perdendo amici e soprattutto perdendo suo fratello maggiore. Eppure ciò che era stato costretto a vedere con i propri occhi in quell’abisso infernale non era un semplice combattimento tra bene e male. Si trattava di un massacro senza precedenti, compiuto da un essere umano, da persone che si sentivano in diritto di poter seminare la morte come meglio credevano, con sconcertante facilità e leggerezza.

Di nuovo subentrò la paura. Una paura paralizzante che un potere del genere potesse corromperlo, portarlo a trasformarsi in un mostro di pura follia omicida. Il solo pensiero lo lasciò senza fiato. Quella sera Harry si accorse benissimo dello stato d’animo dell’amico, il quale mangiò e parlò pochissimo prima di ritirarsi nella sua stanza. Il moro voleva disperatamente parlargli, provare a farlo stare meglio, ma alla fine decise di non farlo. Forse quella era una battaglia che Ron avrebbe dovuto combattere e vincere da solo. Poteva ben immaginare quali potessero essere i tormenti del suo migliore amico.

Quella sera, pur con un doloroso groppo alla gola, il rosso si sforzò di ignorare le numerose chiamate allo specchio magico della sua ragazza. Hermione lo chiamò moltissime volte, ma lui non si fece né vedere né sentire, restando nascosto in un angolo e sperando di farle credere di non trovarsi nella stanza. In realtà desiderava ardentemente parlare con lei o anche solo semplicemente poter ammirare il suo sorriso, eppure l’immagine della lancia insanguinata continuava a perseguitarlo e a presentarsi dinnanzi ai suoi occhi, quasi come fosse lui il colpevole di quelle stragi. Non voleva coinvolgere Hermione in ciò che aveva visto, almeno non prima di aver affrontato meglio la cosa.

Quando la sua ragazza, visibilmente scossa e affranta, si arrese, Ron si coricò pienamente consapevole che non sarebbe riuscito a prendere sonno per molte ore. Restò così tanto tempo a fissare il soffitto nel buio della sua stanza o semplicemente a cambiare continuamente posizione sotto le coperte. Qualche volta lanciava delle occhiate cariche di tristezza allo specchio magico ormai pieno di così tantidolci ricordi. Il momento della scelta finale si avvicinava, l’ultimo giorno era alle porte e non c’era più modo di evitare quella scelta. Tutta la sua carriera e la sua vita si sarebbe potuta seriamente decidere da lì a qualche ora.

Le domande che lo ossessionavano erano sempre le stesse. Poteva realmente disporre di un potere così grande? Possedeva la forza necessaria per controllare quelle armi oppure si sarebbe trasformato anche lui in un mostro assetato di sangue come i suoi predecessori? Proprio quell’eventualità aveva il potere di spaventarlo più di ogni altra cosa, perché una fine del genere lo avrebbe portato a perdere tutte le persone che amava, soprattutto la sua Hermione.

Layla Connors era stata decisamente chiara, la sua scelta sarebbe stata definitiva ed era l’unica speranza di poter diventare un vero Auror della Divisione Omega. Preso dalla tensione, Ron si mise a sedere, era inutile continuare inutilmente a tentare di prendere sonno. Si alzò, dirigendosi verso la cucina. Grimmuld Place era estremamente silenziosa e spettrale quella sera, quasi in ricordo dei vecchi tempi prima del restauro. Il giovane fece un sorriso amaro, riflettendo che forse percepiva quell’atmosfera a causa dei suoi tormenti interiori.

Una volta raggiunta la cucina, si servì un abbondante bicchiere di succo d’arancia sperando di calmarsi. L’effetto fu rinfrescante e lo aiutò a calmare il suo battito cardiaco. Continuò a bere, godendosi la tranquillità e il silenzio dell’antica casa dei Black.

< < Me ne verseresti un bicchiere? > > chiese una voce familiare alle sue spalle dopo qualche minuto di solitudine.

Ron si sorprese di quanto fosse diventato silenzioso il passo di Harry. Nonostante il suo attuale stato d’animo, il rosso avrebbe dovuto teoricamente percepire la sua presenza alle spalle. Evidentemente anche l’allenamento del suo migliore amico procedeva con grandi risultati. Ciò non cambiava il fatto che si sarebbe dovuto esercitare di più nell’allenamento sulla percezione del nemico

Mentre il moro prendeva posto accanto a lui, Ron gli versò un bicchiere di succo non ancora pienamente sicuro di voler intraprendere una discussione con Harry, sebbene apprezzasse molto le sue intenzioni.

< < Anche tu non riesci a prendere sonno? > > chiese il rosso, con tono leggero, non volendo sembrare scontroso.

Il salvatore del mondo magico bevve lentamente un piccolo sorso prima di rispondere. < < Che tu ci creda o no, i dolori dell’allenamento di oggi mi tormentano più delle altre volte e non posso continuare ad abusare di quei maledetti antidolorifici babbani. Forse Kingsley ha un po’ esagerato questa volta. Per favore non dirlo a tua sorella > >.

Ron sorrise con calore, ben immaginando quale potesse essere la reazione di Ginny. Dopo mesi di allenamento con Layla Connors, il rosso ancora temeva un possibile incontro tra la sua mestra ed Hermione. < < La mia bocca è sigillata, non preoccuparti. È anche nel mio interesse > > scherzò il rosso, prima di tornare serio.

< < Sei preoccupato per la tua prova finale, Harry? Ti vengono mai dei dubbi sulla strada che hai scelto? > > gli domandò Ron, osservandolo attentamente.

Harry ricambiò lo sguardo estremamente concentrato dell’amico. Poteva vedere quanto fosse turbato. < < Penso che sia normale avere dei dubbi o essere preoccupati, Ron. D’altro canto ci siamo scelti non proprio il più semplice dei mestieri. Gli Auror Incursori sono da sempre inseriti nel pieno dell’azione, per cui è normale avere paura. Non dovremo soltanto indagare o combattere, dovremo soprattutto salvare delle vite. Credo che la stessa valga anche per la Divisione Omega, alla fine l’unica cosa che cambia è lo stile di combattimento > >.

Ron si sentì leggermente in colpa. Così ossessionato dai suoi problemi, per molti giorni non si era premurato di chiedere come stesse andando l’allenamento di Harry e la stessa cosa in verità era accaduta anche con Hermione. Da quanto non chiedeva alla sua ragazza di come lei stesse trascorrendo quelle lunghe settimane ad Hogwarts? Così come era dura per lui, lo era anche per lei, forse persino di più.
< < Perdonami, Harry, io non intendevo…. > >.

Harry lo interruppe alzando lentamente una mano. < < Non ti devi scusare, Ron. È normale che tu sia così preoccupato. Pochi si sono trovati a dover affrontare scelte del genere. Hai tutto il diritto di sentirti spaesato e confuso > >.

Pur non perdonando il proprio comportamento, Ron provò un forte senso di gratitudine nei confronti del suo migliore amico. < < Ti ringrazio, Harry > > gli rispose sinceramente.

I due ragazzi si sorrisero a vicenda continuando a gustare la bevanda rinfrescante all’arancia. Restarono in silenzio, mentre la notte continuava a trascorrere senza che nessuno dei due trovasse il bisogno di tornare a letto, nonostante la giornata dura che sicuramente attendeva entrambi. Passò diverso tempo prima che Harry si decidesse a riprendere l’argomento e lo fece in un modo del tutto inaspettato.

< < Ti ricordi il nostro sesto anno ad Hogwarts? > > gli chiese il moro a bruciapelo.

Sorpreso per la domanda, Ron gli lanciò un’occhiata perplessa prima di rispondere. < < Domanda sciocca, Harry > > disse, senza malizia. Passato il momento di sorpresa, fece una smorfia come di stanchezza ed esasperazione. < < I nostri anni ad Hogwarts saranno un tantino difficile da dimenticare anche tra decine di anni. Per inciso, durante il sesto anno sono stato un vero stronzo più delle altre volte > >.

< < E non solo con Hermione. Anche verso di te e mia sorella > > aggiunse il rosso, lanciando un’occhiata all’amico.

< < Piantala con i sensi di colpa, Ron. Eravamo dei ragazzini e non è questo il punto > >.

< < Allora dove vuoi arrivare? > > domandò Ron, leggermente spazientito.

< < Le lezioni di Silente. Quelle notturne > > esclamò il moro con tono severo e freddo.

Ron non se lo aspettava. < < Gli incontri con il Pensatoio > > disse il rosso, stupito.  

Harry annuì gravemente, perso tra i ricordi di quel viaggio che Silente lo aveva costretto a fare un anno prima del definitivo inizio della caccia agli Horcrux. < < Con quelle lezioni Silente mi condusse lungo un percorso oscuro, Ron. È una cosa a cui ho pensato spesso in questi mesi e se ci rifletti bene non è molto diverso da tutto ciò che ci è capitato nel corso delle nostre disavventure > >.

< < Ma di che diamine stai parlando, Harry? > > chiese il rosso, aggrottando la fronte.

< < Parlo del passato di Voldemort, Ron > > replicò Harry, con voce sicura. < < Della sua vita, di come sia arrivato ad essere uno dei peggiori mostri della storia del mondo magico. E’ stato Silente a permettergli di fare una scelta. La scelta di imparare ad usare e a controllare un potere per certi versi mostruoso, che la maggior parte degli esseri umani neanche immagina possa esistere nella realtà > >.

Finalmente Ron cominciò a capire il discorso dell’amico. < < La magia > >.

< < Già > > convenne il suo amico. < < La magia > >.

< < Pensaci, quante cose orribili si possono commettere con la magia, Ron. Io e te l’abbiamo visto, l’abbiamo provato sulla nostra pelle. La magia può ferire e può uccidere. Eppure questo non ci porta a scegliere di non utilizzarla più. Siamo maghi e usiamo la magia. Siamo noi a scegliere come usarla > >.

< < Ma queste armi, Harry > > protestò Ron debolmente, non sapendo neanche bene cosa dire < < Sono diverse. Quello che ho visto oggi…… > >.

< < Non c’è bisogno di dirlo > > lo interruppe Harry con forza, stringendo il bicchiere quasi del tutto vuoto. < < Non posso sarere cosa hai visto con certezza, anche se lo posso immaginare. Però, Ron, la magia viene usata dall’uomo, così come queste armi. Sta nel suo possessore. Pensaci, maledizione, pensa anche solo a quello che si può fare con una bacchetta. I miei genitori, tutti gli amici che abbiamo perso............ Fred. La magia ci ha portato via tanti affetti, amico mio > >.

Ron non potè fare a meno di tremare e a nulla servì stringersi con forza le braccia.

< < Tu sei un uomo buono e non farai mai le cose che hai visto. Io lo so, ti conosco come me stesso. Sei il mio migliore amico, il fratello della ragazza che amo e sei il fidanzato di Hermione che per me è come una sorella. Noi tutti abbiamo fiducia in te, non importa quale scelta farai e non importa il potere che otterrai domani. Qualunque esso sia, saprai usarlo nel migliore dei modi, ne sono certo > >.

Le parole di Harry fecero provare al rosso un’intensa sensazione di sollievo mista ad una strana euforia. La voce del moro manifestava una fiducia incrollabile verso il proprio migliore amico. Ne avevano passate tante insieme, il loro legame era indissolubile. Forse Ron non l’avrebbe ammesso apertamente, ma in quel momento la fiducia della persona che aveva per tanto tempo ammirato e invidiato al tempo stesso sarebbe potuto diventare essenziale per affrontare il terzo e ultimo giorno. Il giovane Weasley strinse con forza i pugni e non fece nulla per asciugare una lacrima solitaria che gli solcò tutto il viso. Cercò di nasconderla distogliendo lo sguardo, ma non fu per niente sicuro di esserci riuscito.

Harry Potter non disse altro mentre riponeva il bicchiere ormai vuoto sul lavello della cucina. Prima di dirigersi verso la propria camera, posò con fare incoraggiante una mano sulla spalla ancora leggermente tremante dell’amico.

< < Va e fa la tua scelta, Ron. Sconfiggi la paura come hai sempre fatto > >.

< < Lo farò > > rispose Ron, quasi sussurrando.

< < E grazie, Harry > >.
 
 
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Terzo giorno
 
Per la terza e ultima volta la recluta Ronald Weasley si ritrovò di fronte l’ormai familiare stanza 612 dell’Archivio segreto degli Auror. La porta era aperta così come l’aveva trovata il giorno precedente, ma da lì a qualche ora si sarebbe chiusa per sempre e in quel caso Ron avrebbe dovuto abbandonare definitivamente tutti i suoi sogni di Auror. Ron controllò per l’ennesima volta il proprio respiro. Chiuse gli occhi per qualche secondo prima di recitare l’incantesimo per illuminare la stanza delle armi, per poi addentrarsi deciso nell’oscurità fitta. I lamenti di morte furono immediatamente udibili, ma lui si sforzò di ignorarli. Si posizionò a ragionevole distanza dalla parete bianca, sperando così di poter tenere sotto controllo l’ondata indecifrabile sofferenza scatenata dalle armi magiche, almeno per poterle studiare con più lucidità.

La tattica non funzionò del tutto. Ron si sforzò a mantenere la mente lucida per iniziare l’ultima e definitiva analisi, ma era molto difficile concentrarsi in quel luogo di morte. Per prima cosa si soffermò su una spada argentata, un’arma bellissima e maestosa come la lancia. Ancora una volta bastarono pochi minuti di studio concentrato e Ron finì catapultato in un mondo imprecisato di violenze insensate e orribili carneficine. Questa volta, però, il ragazzo tenne duro e si costrinse con le lacrime agli occhi a fare da spettatore a così tanta morte e distruzione, fino a quando ritornò con nella stanza delle armi sebbene il suo corpo non si fosse mai spostato.

Barcollando ancora una volta Ron dovette vomitare la scarsa colazione di quella mattina. Con la bacchetta si apprestò a illuminare e a studiare altre armi: bastoni ferrati, pugnali lucenti, scuri di vario tipo, asce mastodontiche e infine quelle che sembravano proprio delle armi babbane da fuoco. Nessuna di esse spinse il rosso verso una scelta sicura, ognuna di quelle armi portava sempre alla stessa conclusione: quegli oggetti erano stati creati unicamente per fare del male. Erano armi di distruzione e non di difesa. Sebbene lontano dallo scegliere definitivamente, il rosso si rifiutava comunque di arrendersi e continuò la sua ricerca con la fronte grondante di sudore.

Si spostò bruscamente una ciocca di capelli fradici davanti agli occhi e continuò a fissare la parete. Non c’era più tempo per le esitazioni e non avrebbe potuto lasciare quella stanza senza prima aver scelto una di quelle armi maledette. Ron cercò di rilassarsi per quanto possibile, concentrandosi sulle armi che non aveva ancora analizzato. Incredibilmente ormai riusciva a ignorare quasi del tutto i lamenti e le urla che riecheggiavano in tutta la stanza. La sua ricerca continuò a portare gli stessi deludenti risultati per molte ore, fino a quando il suo sguardo si posò sull’ennesima arma argentata da analizzare e per un attimo il giovane mago restò letteralmente senza fiato. A differenza delle altre armi, in questo particolare oggetto rotondo fatto dello stesso argento di tutte le altre, Ron vide una storia molto più complessa. Non era mai accaduto durante quell’assurda e drammatica ricerca e la cosa lo sconcertò.

Ron percepì chiaramente la differenza e a conferma di ciò venne per l’ennesima volta catapultato verso un passato lontano, questa volta però pieno sia di luci che di ombre. Indubbiamente anche quest’arma era stata utilizzata per compiere massacri, eppure il giovane mago vide anche qualcos’altro. In origine pare che quell’arma dall’aspetto circolare venne creata per uno scopo completamente diverso rispetto alle altre armi magiche. Uno scopo quasi esclusivamente difensivo. A differenza di ciò che aveva visto in precedenza, Ron osservò incantato il coraggio e la nobiltà che alcuni dei tanti possessori nel corso dei secoli avevano dimostrato nell’utilizzo di quell’arma. Era come aveva detto Harry, si trattava unicamente di decidere come usare il potere di cui si è dotati.

Di tanto in tanto anche quell’arma veniva presa in possesso da persone immeritevoli, era come se bene e male si fossero contesi l’arma d’argento in una battaglia secolare senza vincitori. Di certo Ron non aveva percepito conflitti del genere per le altre armi magiche che aveva attentamente analizzato. Come per le altre volte, il viaggio mentale tra un susseguirsi frenetico di epoche storiche terminò riportandolo nella realtà, ma Ron non se ne accorse nemmeno tanto era concentrato. I suoi occhi restavano puntati fissi sull’arma rotonda appesa alla parete bianca.
Senza rendersene conto il ragazzo sollevò il braccio libero. Senza esitazione e senza alcun tentennamento. Si trattava di un movimento fluido, del tutto naturale. Sganciò l’arma argentata dalla parete, il tocco della mano sul metallo gli procurò un’intensa scarica elettrica, ma non se ne preoccupò. La sensazione di dolore fu soltanto passeggiera L’arma era estremamente pesante e dovette sforzarsi per sostenerla.

Con sguardo assorto Ron continuò a fissare l’oggetto, mentre i lamenti e le urla erano scomparsi del tutto. Solo in quel momento la giovane recluta si rese conto di aver finalmente compiuto la sua scelta. Si aspettava di sentirsi spaesato e spaventato e invece il suo animo era sereno e sicuro di quello che l’istinto lo aveva portato a fare.

Ronald Weasley uscì dalla stanza 612 senza voltarsi indietro. Anche se stanco e provato, il suo volto mostrava una ferrea determinazione, i suoi occhi blu oceano erano accesi come non mai e fissi sull’uscita dinnanzi a sé.

Si sentiva pronto a proseguire il suo cammino. Finalmente la scelta era stata fatta.

Ronald Weasley aveva scelto l’imponente scudo d’argento.
 
 
FINE DEL CAPITOLO  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Tormenti ***


CAPITOLO 9
 
 
TORMENTI
 
Febbraio 1999
Campo di addestramento Auror, Inghilterra
 
Una volta uscito finalmente dai sotterranei dell’Archivio segreto, Ronald Weasley provò una travolgente sensazione di sollievo. Era così bello poter respirare nuovamente aria fresca e pulita. Il giovane mago si stupì nel constatare che fuori fosse già arrivata la sera, probabilmente era rimasto in quel buco per più tempo di quanto avesse percepito e pensato. Riflettendoci, durante le terribili visioni scatenate dalle armi magiche, lui non era mai riuscito a distinguere con precisione per quanto tempo fosse rimasto in quella specie di realtà parallela. Forse anche ore, ma non avrebbe mai potuto stabilirlo con certezza.

Per quella che doveva essere la centesima volta in pochi minuti, Ron strinse con forza il manico di cuoio dello scudo d’argento. Nella fretta di uscire dal sotterraneo, non aveva avuto modo di studiare a fondo la nuova arma che si era scelto. Mentre camminava silenzioso nella notte verso l’uscita tra le aree deserte del campo di addestramento Auror, Ron strinse con forza la grossa cinghia di cuoio, grazie alla quale aveva trasportato con facilità lo scudo. Si trattava di una robusta striscia di cuoio ben legata alle due estremità dello scudo, fatta proprio per consentire al portatore il comodo trasporto dell’arma sulla schiena.

L’enorme peso dello scudo, tenuto saldamente in posizione verticale, era ben dosato grazie a questa cinghia. Nella parte interna, invece, c’erano altre quattro strisce di cuoio, sempre robuste ma molto più piccole. Ron ipotizzò che si trattava proprio del punto, in cui avrebbe dovuto far passare il braccio per utilizzare l’arma in combattimento, anche se ignorava completamente il motivo per il quale ce ne fossero così tante.

Per il momento decise di tralasciare qualsiasi analisi o considerazione, quel tempo sarebbe arrivato presto. A quell’ora, uffici e aree di addestramento erano quasi del tutto deserti, ragion per cui Ron non tentò nemmeno di avvicinarsi allo studio di Layla nella speranza di trovarla. Si affrettò verso l’uscita con un unico pensiero: Hermione. Doveva scusarsi e non c’era spazio per altro. Mentre il suo corpo si smateralizzò verso Grimmuld Place, Ron sperò con tutto il suo cuore che Hermione trovasse la forza di perdonarlo per la sera prima.

Indipendentemente dalle conseguenze, il rosso non vedeva l’ora di rivedere il viso della sua ragazza.
 
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Quella sera stessa
Notting Hill, Londra
Casa Fontaine-Connors

 
Layla Connors percorse per la millesima volta a passi ondulati e con un costante movimento di braccia il piccolo corridoio del suo accogliente appartamento a due piani. Da quasi due ore stava combattendo una battaglia davvero estenuante contro un avversario apparentemente invincibile. Quel nemico implacabile aveva da poche settimane compiuto un anno e si dà il caso che il suo avversario fosse anche il suo amato e tenero bambino.

< < Su su tesoro…… cerca di essere gentile con la mamma > > sussurrò Layla al piccolo Max, il quale, invece, rispose con vivaci gridolini felici. Come a voler dimostrare che in quel momento il sonno fosse l’ultimo dei suoi pensieri, sebbene il piccolo si trovasse completamente a suo agio tra le braccia del genitore.

L’Auror sospirò stancamente, regalando allo stesso tempo al figlio un dolce sorriso. Cullando abilmente il bambino tra le braccia, Layla proseguì il suo giro per casa ondulando lentamente il corpo nella vana speranza di far addormentare la sua piccola peste. Aveva imparato diversi trucchi durante quei primi mesi di maternità, ma quella sera sembrava davvero del tutto inutile.

Il corridoio e il soggiorno, illuminati da luci calde e soffuse, era pieno di foto magiche e non della sua piccola famiglia: di Max durante quel meraviglioso primo anno di vita, di lei e di sua moglie Remi. L’Auror Connors restò incantata nell’osservare nelle foto i volti di quelle due persone che erano tutto per lei. Sua moglie e suo figlio erano la sua vita.

Nonostante i guai abituali con Max, quella sera Layla si sentiva calma e rilassata. Remi stava conducendo un semplice e ordinario convegno sulla storia archeologica inglese a Londra, per cui sarebbe rientrata sicuramente tardi. La guerriera era rimasta sola ad occuparsi del loro piccolo, rasserenata però dal fatto che sua moglie si trovasse al sicuro in noioso raduno di studiosi, piuttosto che in qualche scavo archeologico ai confini del mondo e nel bel mezzo di una qualche zona di guerra. Layla Connors soleva essere estremamente protettiva verso la sua piccola famiglia e verso le persone a cui teneva. Protettiva nel modo più implacabile e spietato.

< < Il mondo è pieno di bastardi, piccolo mio > > disse Layla, con voce tenera, carezzandogli una guancia.

< < Credimi, tesoro, io lo so bene, perché una volta ero una di loro > > aggiunse con un sorriso triste e amaro.

Il piccolo, forse accorgendosi dell’improvviso mutamento nell’animo del genitore, afferrò con fare possessivo un dito della donna tra le manine paffute. Layla baciò teneramente la fronte di suo figlio, per poi riprendere a cullarlo.

< < La tua mammina tornerà presto, tesoro. Perché non le facciamo un bel regalo e ci facciamo trovare belli addormentati? Scommetto che sarà molto stanca. Sono sicura che apprezzerà molto una casa bella tranquilla con un ometto bello addormentato > >.

L’Auror Connors adorava parlare con suo figlio. Adorava osservare ogni suo comportamento, le sue espressioni teneramente buffe, le sue adorabili espressioni di sorpresa per tutte le cose che succedevano intorno a lui. Non importava molto che le risposte del piccolo fossero dei gridolini allegri o dei pianti sempre più forti quando era arrabbiato. Per Layla erano musica per le orecchie.

< < Chissà cosa penserebbero i miei amabili genitori se potessero vedermi > > pensò una guerriera, con un sorriso divertito.

L’unica parola che Max aveva pronunciato era proprio la parola “mamma” e incredibilmente lo aveva fatto per la prima volta proprio con lei e non con Remi. Sua moglie le ripeteva spesso che la sua aria di genitore burbero e severo fosse solo apparente e questo il bambino lo percepiva facilmente. Una delle più grandi combattenti del Dipartimento Auror d’Inghilterra, una volta rientrata a casa, diventava decisamente preda facile del proprio bambino. Remi aveva ragione, quella piccola peste l’avrebbe avuta sempre vinta con lei.

Ciò non cambiava il fatto che si trattava di un momento meraviglioso nella crescita di suo figlio e Layla era decisa a goderselo fino in fondo. Spesso si ritrovava a riflettere su come i suoi colleghi Auror avrebbero trovato surreale questa sua veste di madre amorevole e protettiva, lei che era ormai conosciuta nell’ambiente criminale di mezzo mondo come una combattente brutale e implacabile. Almeno verso chiunque mostrasse una coscienza sporca. Finalmente Max stava per crollare sotto il costante cullare della madre. Con il bambino quasi addormentato poggiato comodamente sulla sua spalla, Layla si soffermò su una delle tante foto poste sulla parete del corridoio. Era l’unico ricordo che preferiva non avere in quella casa.

Si trattava di una foto magica ed era l’unica testimonianza visibile della sua giovinezza in quell’appartamento. Ritraeva una ragazza sui quindici anni, con l’inconfondibile divisa sportiva della squadra di Quiddich di Serpeverde. La giovane cercatrice nella foto rideva allegramente con una punta di giovanile arroganza, sventolando la propria costosa e nuova scopa da corsa, mentre con l’altra mano stringeva il boccino appena catturato. Alle sue spalle era ben visibile il manifesto dello stadio dichiarava a caratteri giganteschi la vittoria schiacciante dei Serpeverde contro gli eterni rivali dei Grifondoro.

Layla osservò con occhi spenti quella sciocca ragazzina che era stava. Forse in quel periodo era ancora una ragazza tutto sommato normale, pura e innocente, anche se dotata di una certa arroganza e incoscienza, ma sicuramente ben lontana da quel che sarebbe diventata da lì a qualche anno. Durante il corso di quell’anno scolastico, il lavaggio del cervello non era ancora del tutto completo e lei aveva ancora il tempo di pensare a cose semplici come la scuola o il Quiddich.

Anni dopo, Layla Connors si era categoricamente rifiutata di far entrare nella casa che avrebbe condiviso con sua moglie ricordi di qualsiasi tipo del suo passato, soprattutto del periodo immediatamente precedente al diploma. Quella testona di Remi aveva desiderato quella foto, quando la vide nella vecchia stanza di Layla a casa Connors alcuni anni prima. La guerriera non avrebbe mai dimenticato quel giorno. Era stata tutta un’idea di Remi, quella di presentarsi nella sua vecchia casa di origine. Nessun babbano era mai entrato in quel posto.

Remi, ignorando tutte le proteste della sua allora fidanzata, arrivò a sfidare apertamente l’intera famiglia.

< < Mi chiamo Remi Fontaine. Sono come ci definite voi una babbana. Non possiedo alcuna capacità magica, ma amo vostra figlia con tutto il mio cuore. Lei sarà la mia famiglia > >.

Layla rise leggermente, stando attenta a non svegliare Max. Le facce dei suoi genitori e dei suoi fratelli restavano tra le cose più divertenti che le capitò mai di vedere. Una voce malvagia le sussurrò che avrebbe persino gioito se fosse stato necessario un intervento diretto per difendere Remi, anche se lui non ne aveva veramente bisogno. Layla si era innamorata perdutamente del suo coraggio e della sua forza. Non accadde nulla e la sua ragazza, prima di lasciare quella casa sotto gli occhi colmi di odio e disprezzo dei suoi abitanti, decise di portare via quella foto.

< < E’ una foto bellissima, Layla. Permettimi di tenerla, almeno questa > >.

Ormai il piccolo Max era completamente addormentato nelle sue braccia. La direttrice della Divisione Omega si ritrovò a pensare al proprio allievo, si chiese se fosse finalmente riuscito a fare la sua scelta. Layla rientrò nella camera da letto che condivideva con la moglie e sistemò con cura il bambino sotto le coperte della culla, fiera di essere finalmente riuscita in quell’impresa titanica.

Ora, il primo passo era inviare un gufo a Ron, poi chissà cosa sarebbe accaduto.
 
 
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Quella sera stessa
Grimmuld Place, Londra
 
Hermione aveva sofferto. Aveva pianto e ancora una volta era stato lui la causa di quella sofferenza. Ron chiamò la sua ragazza dallo specchio magico con voce incerta e dopo qualche secondo il volto sofferente della riccia si palesò davanti ai suoi occhi.

< < Hermione io…… > >.

< < Perché? Perché mi escludi, Ron? > > gli domandò con voce carica di rabbia e tristezza.

Ron esitò e questo fece infuriare di più la giovane. < < Ti ho chiamato da questo maledetto specchio. Tante volte > > ruggì Hermione contro il suo ragazzo. < < Ti ho chiamato e tu non hai risposto. Proprio come quella….. > > ma si interruppe di colpo, mordendosi il labbro.

Ron sentì un familiare e doloroso groppo in gola. Forse era un colpo basso da parte di Hermione e in un altro tempo lui avrebbe reagito con altrettanta ira e aggressività, rischiando di dire cose che non pensava. Capiva bene come si sentisse Hermione, ora doveva farle capire come si sentiva e soprattutto che cosa aveva dovuto affrontare.

< < Hermione, ti prego ascoltami. Ti amo e ti amerò sempre, questo non cambierà mai. Ma ora, tii prego, vorrei che tu mi ascoltassi > >.

< < Se non posso stare al tuo fianco in questi momenti, Ron, quando potrò farlo > > obiettò Hermione con le lacrime agli occhi. Naturalmente aveva ragione lei, come sempre.

< < Non mi hai permesso di supportarti, di aiutarti. Come posso sopportare che tu mi escluda dalla tua vita, Ronald, soprattutto quando hai bisogno di me. In momenti come questi io e te dovremmo agire come una squadra, invece tu…… > >.

< < Tu non eri al mio fianco, Hermione > > dichiarò Ron, con tono duro, forse ancora più duramente di quanto avesse voluto.

< < Che cosa? > > sbottò la ragazza, incredula.

Il rosso non rispose subito. Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi. < < Ti prego, Hermione ascoltami > > disse, con voce molto più dolce. Hermione era ancora troppo scossa per reagire, ma presto rabbia e tristezza avrebbero preso il sopravvento. Ron la conosceva bene.

< < E’ la verità, amore.  Purtroppo tu non eri al mio fianco, almeno non potevi esserlo come io avrei desiderato in questa situazione > >.

Hermione lo guardò confusa, senza sapere come ribattere. < < Che diavolo vorrebbe dire? > >.

< < Quello che ho visto in quel sotterraneo, Hermione, mi ha sconvolto terribilmente. Più di qualsiasi altra cosa abbia mai visto in vita mia > > continuò il suo ragazzo, con voce addolorata.

< < E’ vero, abbiamo combattuto una guerra insieme e ho…. > > Ron esitò leggermente, con il cuore pronto a stringersi in una familiare e dolorosa stretta. < < Ho persino visto la morte di mio fratello, proprio davanti ai miei occhi, tutti noi abbiamo affrontato terribili situazioni. Però non avevo mai visto così tanta morte gratuita, Hermione e la cosa peggiore è che la visione per un momento mi ha fatto credere di essere io l’autore di quelle stragi, come se fossi io a utilizzare quelle armi contro gente innocente e indifesa > >.

Quelle parole la scioccarono letteralmente. Si era aspettata qualcosa di grave, ma non fino a questo punto. La mente di Hermione la costrinse a rivedere il suo amato straziato e traumatizzato sul corpo esanime di suo fratello maggiore. Vide quella famiglia, che Hermione amava con tutta sé stessa, piangere disperata il ragazzo allegro e solare che era stato Fred.

< < Ron…. io…… > >.

Il giovane alzò lentamente una mano per fermarla. Non era facile riuscire a spiegarsi, ma doveva farlo. < < Ciò che ho visto in quelle specie di visione è qualcosa di diverso, amore. Un massacro che noi non possiamo nemmeno immaginare, non era una battaglia o uno scontro tra due diverse fazioni. Era solo morte e distruzione > >.

< < Forse il potere delle armi magiche ti ha costretto a visitare una parte della loro storia. Forse faceva parte della prova, Ron. Potrebbe anche essere che non sia realmente accaduto e che era soltanto una suggestione > > ipotizzò Hermione, con un tono non troppo convinto.

< < Forse è così, non posso negarlo > > confermò la recluta Auror, passandosi una mano sul viso < < Ciò non toglie che per un momento mi è sembrato di crollare, come se avessi commesso io tutti quegli omicidi indiscriminati. Ho quasi perduto la mia determinazione, Hermione, tutta la sicurezza che a fatica ero riuscito ad acquisire. Soprattutto su me stesso e sulle mie capacità. Layla mi aveva avvertito che in passato queste armi magiche sono state usate per fare del male a gente innocente > >.

Ron cercò gli occhi castani della ragazza che amava. I suoi occhi color cioccolato, che continuavano ad essere accesi di un’ira profonda, ma allo stesso tempo amorevoli e preoccupati. < < La sera in cui ho ignorato i tuoi richiami dallo specchio magico > > disse Ron, con voce tremante. < < L’ho fatto perché se ti avessi visto sarei crollato definitivamente > >.

Hermione Granger sentì il cuore battere all’impazzata. Non era sicura di aver compreso fino in fondo le ragioni del suo fidanzato. Il dolore per non averlo potuto aiutare quella sera restava così forte e intenso. < < Perché? > > si limitò a chiedere la giovane strega, di nuovo sull’orlo delle lacrime.

Ron le sorrise amorevolmente, alzando una mano verso lo specchio. Toccò il vetro, ma la sua ragazza non fece lo stesso, pur non distogliendo mai gli occhi da lui.

< < Perché non avrei potuto toccarti > > rispose alla fine con semplicità. Hermione sgranò gli occhi per la sorpresa. < < L’unica cosa che desideravo quella sera era di vederti. Vederti realmente senza barriere > >.

< < Questo > > disse Ron, indicando con forza lo specchio. < < Non sarebbe stato abbastanza, non attraverso questo maledetto specchio. Senza poterti toccare, baciare o abbracciare. Il vederti semplicemente senza poterti avere realmente avrebbe soltanto aggiunto un nuovo dolore a quello che già mi tormentava. Quella sera la nostra lontananza………la lontananza che continuiamo ad affrontare e ad accettare…….non avrei potuto affrontarla > >.

< < Ron….. > >.

< < Non fraintendermi, amore > > esclamò Ron , alzando leggermente la voce. < < Stiamo facendo la cosa giusta e stiamo affrontando la situazione nel migliore dei modi. Semplicemente ieri sera non ce l’avrei fatta > >.

In realtà alla fine Ron aveva ugualmente trovato un aiuto insperato. Forse Hermione già sapeva dell’enorme supporto emotivo che Harry era riuscito a dargli, ma non era quello il punto.
< < Mi dispiace Ron………….io ero così arrabbiata e spaventata > >.

Ron sorrise dolcemente alla sua ragazza. < < Lo so, anch’io ho avuto paura. Ti amo, Hermione e non ti escluderò più, te lo giuro > >.

< < Ti amo anch’io, razza di testone > > disse Hermione, regalandogli finalmente quel caloroso sorriso che riservava soltanto a lui. < < Presto questa lontananza finirà. Ma per adesso sono ancora arrabbiata con te > >.

< < Non ne dubito > > replicò il rosso, sollevato che la tensione si stesse sciogliendo.

Hermione posò la fronte sul vetro dello specchio magico e in un attimo il suo ragazzo la imitò. C’era ancora una barriera a dividerli, ma finalmente era tornata la serenità. Fin da quando erano poco più che bambini il loro rapporto si era sempre manifestato in questo modo: litigavano, alcune volte anche furiosamente, ma poi facevano sempre pace, recuperando il loro complicato rapporto d’amicizia. Ora che stavano insieme, però, Ron ed Hermione riuscivano ad esternare più facilmente le loro emozioni l’uno con l’altra e così entrambi riuscivano a controllarsi meglio, ad evitare di dire o fare qualcosa di cui si sarebbero presto pentiti amaramente.

< < Vorrei schiaffeggiarti > > sussurrò lei. < < Prima di baciarti fino a farti perdere i sensi > >.

Restarono in quella posizione per molto tempo, decisi che quella notte, sebbene si trovassero così tanto lontani l’uno dall’altra, l’avrebbero trascorsa insieme. Si stabilì un rinnovato senso di quiete e serenità nella stanza. La giovane coppia alternava momenti di silenzio a semplici interazioni fatte di parole e gesti amorevoli. Dopo diverse ore nel cuore della notte, finalmente gli occhi di Hermione si posarono sull’oggetto che solo di sfuggita si vedeva dalla sua posizione. Era poggiato sul muro e se ne vedeva solo una parte.

< < Così è quella l’arma che hai scelto > > mormorò la riccia, facendo sussultare il suo ragazzo.

Per la verità, Ron si era completamente dimenticato dello scudo. In realtà entrambi non se ne erano preoccupati, nella foga di risolvere i loro tormenti interiori. Ora che ci pensava, da quando aveva fatto la sua scelta, non era riuscito a trovare nemmeno il tempo di analizzare l’arma d’argento. Si alzò per prendere l’arma, in modo da poterla analizzare meglio con l’occhio esperto e critico della sua fidanzata.

Con lo scudo tra le braccia, Ron si sedette nuovamente sul tappeto di fronte lo specchio. Da lì Hermione aveva una visuale perfetta dell’arma.

< < Hai scelto uno scudo > > commentò la ragazza, i suoi occhi fissi sulla parte centrale dell’oggetto argentato.

< < Già > > convenne il rosso. < < Credimi, non è stato semplice. Tra tutte le armi, lo scudo è quello che più mi sembrava si adattasse a me. O almeno lo spero > >.

La coppia analizzò con cura la struttura dell’arma. La fisionomia non era uniforme, così come non si trattava di un oggetto interamente colorato e ornato d’argento. Nella parte esterna dello scudo c’erano disegnati strani cerchi neri che diventavano sempre più scolpiti e visibili soprattutto nel centro dell’arma. Lo scudo era affilato come una lama vera e propria. Ron fece passare con cautela un dito lungo una parte del bordo e immediatamente si formò un piccolo taglio sulla pelle.

< < Stai attento, Ron. E’ affilatissimo > > esclamò Hermione preoccupata.

< < Lo vedo > > commentò pensieroso il ragazzo, osservando il taglio. Era facile immaginare per quale motivo lo scudo fosse stato costruito con una parte così affilata. Non era soltanto un’arma di difesa, lo aveva visto chiaramente nelle visioni. Ron preferì non pensare alle vite che quello scudo potrebbe aver spezzato in passato.

< < Quello che adesso mi preoccupa di più è il peso. È pesantissimo, come farò a usarlo durante un combattimento? In questo momento riesco a malapena a sollevarlo > > disse Ron, passando una mano sulla superficie argentata.

< < Di sicuro serve un duro addestramento per imparare ad usare un’arma del genere. Chissà quanti segreti può avere un oggetto così antico > >.

< < Presumo che la tua amabile maestra ti aiuterà a controllare lo scudo nei prossimi mesi > > aggiunse la riccia, con una punta di scetticismo mista ad irritazione.

< < Ne sono sicuro > > mormorò Ron, con un sorriso amaro. < < Me lo insegnerà sicuramente a suon di legnate, ma almeno adesso ci sono un po’ abituato > >.

Hermione gli lanciò un’occhiata non troppo convinta, prima di tornare a studiare lo scudo. Dopo un’attenta analisi, si accorse che l’unica particolarità dell’arma stava nei cerchi neri disegnati e soprattutto in un altro particolare. Inizialmente non l’aveva nemmeno notato.

< < C’è qualcos’altro, Ron. Proprio al centro, lo vedi? > > gli indicò Hermione con un dito.
Ron spostò l’attenzione verso il punto indicato dalla fidanzata. Ci volle qualche secondo prima di capire a che cosa si riferisse. C’era effettivamente qualcosa, proprio all’interno del cerchio nero più piccolo e più nitido situato proprio al centro dello scudo. Non era facile capire che cosa fosse.

< < Che cos’è? > > chiese Ron, avvicinandosi all’arma.

< < Sembra un’iscrizione. Avvicina di più lo scudo allo specchio, Ron, non riesco a vedere bene > > disse Hermione, impaziente di saperne di più.

La recluta Auror si sforzò non poco per sollevare lo scudo. Lo portò all’altezza degli occhi accesi e attenti della sua amata. Era vero, si trattava di una specie di scritta a caratteri minuscoli. Il colore dei simboli era sul nero, ma troppo sbiadito e quasi completamente assorbito dal tempo e dall’argento dominante.

< < Sono strani simboli > > commentò Hermione, dopo un’attenta e scrupolosa analisi. Fece cenno al suo uomo di poter riabbassare lo scudo. Ron lo fece con enorme sollievo.

La sua ragazza si accarezzò lentamente il mento con le dita, spostandosi una massa ribelle di capelli dalla fronte. Lui conosceva bene quell’espressione, la sua classica posa di “so tutto io”. Ron adorava vederla così appassionata e concentrata, per questo non poté trattenersi dal sorridere teneramente.

Hermione sembrò non farci caso. < < Potrebbe essere una lingua antica, ma non riesco a capire quale possa essere. Tempo fa ho letto che i maghi alchimisti usavano particolari codici per mascherare le loro attività e le loro scoperte, soprattutto quando si trattava di magia oscura > >.

< < Tutti i maghi selezionati per entrare a far parte della Divisione Omega sono stati chiamati a scegliere un’arma magica creata dagli alchimisti > > osservò Ron, lanciando uno sguardo emblematico alla sua ragazza. < < Forse qualcuno di loro ha trovato nella propria arma un’iscrizione di questo tipo. Layla più di tutti potrebbe saperne qualcosa, anche se, conoscendola, non sono sicuro che risponderà come ci aspettiamo > >.

Hermione annuì lentamente, ancora completamente immersa nelle proprie riflessioni. < < Per il momento ne sappiamo troppo poco. Lasciami soltanto ricopiare questa scritta in una pergamena, così da poterla studiare con calma nei prossimi giorni. E per favore, amore, stai attento. Le cose diventeranno sempre più difficili e pericolose. Forse ora ancora di più > >.
< < Che intendi dire? > >.

Hermione si morse le labbra. < < Hai scelto un cammino difficile, per così dire inusuale. È vero che non ci sono più i pregiudizi di una volta, ma stai sempre attento. Forse non tutti accetteranno una strada così lontana dai loro malati schemi mentali > >.

< < Per paura o per semplice idiozia > > aggiunse Ron, con tono riflessivo. La sua ragazza annuì, guardandolo preoccupata. Il rosso cercò di tranquillizzarla. < < E’ vero che sarà pericoloso, non posso negarlo. Però non devi preoccuparti, amore. A prescindere dai guai in cui mi caccerò, sono certo che non sarò mai solo, giusto? Oltre a Layla, c’è sempre Harry a coprirmi le spalle > >.

< < Certo, testone > > rispose la giovane strega, guardandolo con fare aggressivo e possessivo. < < Ma non dimenticare mai che ho combattuto anch’io una guerra, mio caro. Non ci metterei più di dieci secondi a raggiungerti in qualsiasi posto e conosco giusto un paio di incantesimi utili per difendere il mio stupido e imprudente fidanzato > >.

Le orecchie del ragazzo arrossirono all’istante, mentre la sua ragazza lo sfidò con occhi di fuoco a controbattere. Ma lui se ne guardò bene. < < Lo so bene > >.
 
Ad un tratto, la loro interazione venne bruscamente interrotta da un rumore intenso proveniente dalla finestra della stanza di Ron, come lo sbattere ripetuto di qualcosa.

< < Che cos’è, Ron? > >.

Il rosso sgranò gli occhi per la sorpresa, quando si accorse dell’ospite appena giunto. Si avvicinò alla finestra per aprirla. < < E’ il gufo di Layla, ma che cosa ci fa qui a quest’ora? > >.

Il gufo era nero e per nulla stanco, in modo inquietante sembrava il riflesso della sua padrona. Leggermente in ansia, Ron abbeverò il volatile e prese in consegna il messaggio della sua maestra. Si trattava di un semplice foglietto.

< < Che cosa dice? > > gli chiese Hermione.

Il suo fidanzato lo lesse ad alta voce:

“Alla Recluta Auror Ronald Bilius Weasley. Questa convocazione è valida soltanto nell’eventualità che tu abbia scelto un’arma magica. Se hai compiuto questa scelta come mi aspetto, presentati domani mattina alle nove in punto a Londra nel mio ufficio presso il Ministero della Magia. Ti aspetto domani e non provare a fare tardi - Firmato Auror Capo Divisione Omega Layla Connors”
 
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La mattina dopo
Ministero della Magia inglese, Londra
Uffici Amministrativi Auror
 
Dopo svariate indicazioni, finalmente la recluta Auror Ronald Weasley raggiunse con tanto di fiatone gli uffici amministrativi degli Auror. Fortunatamente, dietro consiglio di Hermione, si era presentato diverse ore prima l’ora della convocazione, consapevole della complessità di quegli edifici. Non importava quante volte ci fosse stato, quel posto restava immenso oltre ogni immaginazione, per di più Ron non era mai stato in quella specifica area del Ministero, quella riservata all’organizzazione dell’intero Corpo Auror e a sua volta suddivisa in diverse sezioni.

Lo scudo era ben fissato sulla schiena grazie alle cinghie di cuoio, ma non passava di certo inosservato. Maghi e streghe di ogni età, dipendenti o ospiti del Ministero, si giravano uno dopo l’altro per fissare la strana arma d’argento di un giovane mago, per di più famoso e conosciuto per essere il più stretto amico del salvatore del mondo magico. Presto la notizia si sarebbe diffusa in ogni angolo del paese e da lì non sarebbe stato facile gestire la situazione. Ron si sforzò di ignorare quel pensiero, considerando che ancora non era nemmeno capace di usare quello scudo che portava così in bella vista.

Continuò la sua ricerca, ignorando commenti e sussurri non troppo velati. Chiese indicazioni su dove si trovassero gli uffici della Divisione Omega e in breve tempo li raggiunse. La maggior parte delle Divisioni Auror erano composte da innumerevoli corridoi piene di uffici, sale d’attesa o di riunione. Ron non si stupì nel constatare che alla Divisione capeggiata da Layla Connors era stato dedicato un solo corridoio, con pochissime stanze e quasi tutte così spartane da sembrare quasi del tutto abbandonate. L’ufficio della sua superiore si trovava alla fine del corridoio. Era in perfetto orario, ma prima di bussare il rosso udii delle voci dall’interno della stanza. C’era qualcuno con Layla, ma le voci non erano così alte da poter capire di che cosa stessero parlando o tantomeno chi fosse lo sconosciuto. Ron pensò che forse avrebbe dovuto aspettare che finisse quell’incontro, ma alla fine decise di bussare lo stesso. Da diversi mesi aveva imparato a rispettare alla lettera le indicazioni e gli ordini di Layla in qualsiasi situazione.

Bussò un paio di volte, aspettando poi una risposta. < < Avanti > > rispose l’imperiosa voce di Layla Connors dopo qualche secondo.

Lentamente Ron fece il suo ingresso nella stanza. Come si era aspettato, l’ufficio di Layla era in totale disordine, esattamente come quello del Campo di Addestramento, forse anche peggio perché con ogni probabilità Layla usava pochissimo quel posto e lo si poteva notare chiaramente. I mobili erano coperti di polvere e sporcizia, così come la scrivania dietro la quale era seduta la guerriera vestita con la sua solita tuta da combattimento nera. Di fronte a lei c’era un uomo in piedi.

Era un tipo robusto dai lineamenti del viso duri e severi. Teneva le braccia unite dietro la schiena in una posa che manifestava un formale senso di superiorità e a quanto pare non aveva nemmeno accettato di sedersi in una delle poltroncine riservate agli ospiti. Era pelato e i suoi occhi neri scrutarono freddamente il giovane appena entrato. Indossava un’elegante e costosa tunica rossa che gli arrivava fino alle caviglie, Ron non ricordava di aver mai visto una divisa del genere né tra i dipendenti del Ministero, né tra gli Auror. L’espressione calcolatrice e di puro disprezzo sembrava voler manifestare l’enorme affronto del ragazzo nell’aver interrotto quell’incontro.

< < Chiedo scusa per l’interruzione > > esordì Ron, per nulla intimorito dalle occhiate gelide dell’uomo. < < Mi avevi convocato per le nove, Lay…..ehm Auror Connors. Spero che non sia troppo in anticipo > >.

Layla lo squadrò per qualche attimo con espressione indecifrabile, prima di sorridere calorosamente. Lei aveva notato lo scudo d’argento legato dietro la schiena e Ron si sentì il cuore gonfio di orgoglio nell’osservare quella prima reazione della sua maestra.

< < Oh sì, Ron, ti aspettavo > > disse Layla, con calore. < < Tranquillo, questo incontro era quasi terminato. Colgo l’occasione per presentarti il nostro illustre ospite. Il….. > >, ma l’uomo la interruppe con foga e impazienza mal celata.

< < Il mio nome è Stanley Bricks, ragazzo. Sono un Auror della Divisione Interna, nonché, forse per tua sfortuna, membro della Commissione d’esame per gli esami di quest’anno. Gli esami che tu e i tuoi compagni dovrete affrontare, recluta Weasley > > disse l’uomo, con voce fredda e solenne.

< < Molto onorato, signore > > rispose sicuro Ron, non distogliendo mai lo sguardo dall’occhiata minacciosa e carica di disprezzo dell’Auror.

< < Stavo proprio discutendo di questo con la tua superiore. Sono stato incaricato di avvertire i vari responsabili dell’addestramento quali saranno le prove di quest’anno > > aggiunse Bricks, con aria di superiorità. < < Ma certo lei non poteva saperlo facendo irruzione qui dentro, signor Weasley. Ho molto sentito parlare di lei e della sua famiglia > >.

Ron stava quasi per ribattere a tono, ma venne prontamente fermato da Layla. < < Temo che la colpa sia mia, Bricks. Il mio allievo obbedisce ad ogni mio ordine e si da il caso che sono stata proprio ad ordinargli di venire qui questa mattina per questione…ehm….d’ufficio. Inoltre, devo ringraziarti per essere venuto ad informarmi. Lo apprezzo molto > > disse l’Auror, sorridendo con fare innocente.

L’uomo sembrò soppesare per un attimo la situazione, prima che nel suo volto si dipingesse una smorfia, che appariva più come un ghigno compiaciuto. < < Ma certo, non importa. È bello vedere giovani leve all’opera. In fin dei conti il nostro futuro è affidato a questi ragazzi > >.

< < Pienamente d’accordo > > esclamò Layla, con una finta risata.

Stanley Bricks tornò a squadrare il rosso, soffermandosi con insistenza sull’arma argentata, per poi mostrare nuovamente il suo sorriso inquietante. I suoi modi erano tristemente familiari agli occhi di Ron. Lui aveva visto molte volte quello sguardo di supponenza mista a disprezzo. Era facile percepirlo. Quell’uomo voleva dimostrare a tutti costi che in lui si trovassero tutti gli aspetti più negativi e vergognosi che un mago potesse possedere.

Si osservarono a lungo, sotto lo sguardo calmo e attento della donna. Poi, senza aggiungere altro, Bricks rivolse nuovamente a lei. < < Devo dire che mi ha sorpreso molto vedere quest’incredibile novità, Auror Connors. Da che ho memoria tu non ha mai preso allievi > >.

< < Piccola precisazione, Bricks > >. Lo interruppe Layla, amabilmente < < Io non ho mai preso allievi poco interessanti o poco motivati. Quando un traguardo è già prestabilito, il percorso diventa noioso e di conseguenza non fa per me > >.

Bricks cercò di nascondere il fastidio per essere stato interrotto di nuovo. < < Non è quello che professa la gloriosa casa di Serpeverde, di cui entrambi facciamo parte. L’ambizione e la superiorità magica fanno parte di una casta eletta, che ha il compito di elevare il nostro sangue di maghi. Avrebbe potuto prendere qualcuno di più…….come posso dire…….promettente. Come Potter per esempio, anche se non è un Serpeverde > >.

< < Beh, per fortuna i Serpeverde non sono tutti uguali, Bricks > > ribatté la guerriera, tranquilla.

< < Inoltre > > aggiunse Layla, con voce improvvisamente gelida e letale. < < Da molto tempo ho perso interesse verso concetti superati come il sangue o la casa di provenienza. Forse voi della Divisione Interna l’avete dimenticato, ma molti di noi hanno combattuto proprio contro discriminazioni del genere durante l’ultima guerra > >.

L’uomo non si scompose. < < Oh, ora non mi fraintendere, Connors > > disse, con una risata palesemente falsa. < < Anche se sono rimasto sempre fedele ad una filosofia, beh, possiamo definirla di riservatezza verso l’arte magica, io personalmente non ho mai avuto niente contro creature come Babbani o Mezzosangue. Ho sempre pensato soltanto alla difesa e alla sopravvivenza del mondo magico > >.

In un movimento automatico, Ron strinse con forza i pugni, pericolosamente ad un passo dallo scagliarsi contro l’Auror. Quest’ultimo vide la sua reazione e gli lanciò un ghigno maligno, mentre la sua mano destra si spostava lentamente verso la cintura dove si trovava la bacchetta. Layla Connors si limitò ad ammonire il suo giovane allievo con una semplice occhiata di fuoco. Dopo un momento di silenzio carico di tensione, Bricks si voltò di nuovo verso Layla, come se non fosse accaduto nulla.

< < Naturalmente il Signore Oscuro andava sconfitto > > commentò Stanley Bricks, ignorando l’espressione rabbiosa e di puro odio del ragazzo. < < Fortunatamente l’abbiamo sconfitto, vincendo la guerra ed inaugurando questa nuova epoca di pace e prosperità. Adesso ci aspettiamo molto da voi giovani. Non desidero ripetermi, ma siete voi il fulcro del nostro futuro > >.

La falsità che Ron percepì in quelle parole lo disgustò. Non c’era niente di vero in quell’uomo e per un momento si ritrovò a temere quelle che potevano essere le sue doti manipolatorie.  A quanto pare anche Layla provava le stesse sensazioni, ma forse lei era semplicemente più brava a nasconderle.

< < Sono d’accordo con te, Bricks > > dichiarò la donna, con un sorriso altrettanto falso. Poggiò comodamente i gomiti sulla scrivania guardando dritto negli occhi l’uomo di fronte a lei.

< < Mi creda, noi lo sappiamo bene > > continuò, non distogliendo mai lo sguardo. < < Mentre tu e i suoi compagni della Divisione Interna eravate impegnati nelle vostre importantissime responsabilità amministrative e di controllo, io e il mio qui presente allievo abbiamo combattuto contro il Signore Oscuro in persona e i suoi Mangiamorte assassini. Abbiamo cercato di proteggere il futuro di cui parli così tant, Bricks > >.

Forse per la prima volta in quella discussione Stanley Bricks si trovò in difficoltà. Arrossì visibilmente ed esitò nella risposta. Layla lo anticipò. < < Direi che ognuno ha fatto la sua parte alla fine in questa guerra, Auror Stanley Bricks > > la voce della guerriera era di nuovo glaciale e affilata come una lama.

Questa volta Bricks impallidì visibilmente, indietreggiando suo malgrado di un paio di passi, come una preda catturata da un predatore assetato di sangue.

< < Bene > > disse l’uomo, mentre cercava inutilmente di darsi un contegno. < < Abbiamo certamente superato tempi oscuri e difficili. Ora sta a noi credere in un futuro migliore. Questo è tutto, grazie per avermi ricevuto, Auror Connors > >.

< < E’ stato un piacere, Bricks > > rispose Layla con un sorriso che appariva più come un ghigno trionfante. < < Grazie ancora per avermi comunicato le modalità degli esami di quest’anno > >.

< < Dovere, Connors. È stato semplicemente un mio dovere. Le auguro una buona giornata > > si congedò finalmente Stanley Bricks, chiaramente desideroso di uscire al più presto da quella stanza.

Si affrettò a raggiungere l’uscita, passando accanto alla giovane recluta. Questa volta era di puro odio l’occhiata che l’uomo rivolse a Ron, il quale non si scompose minimamente.

< < E’ stato un piacere conoscerla, signore > > disse freddamente il rosso. Bricks se ne andò senza rispondere.

< < Ci sarà modo di incontrarsi di nuovo in futuro, signor Weasley > > sibilò l’Auror della Divisione Interna, prima di uscire dalla stanza. Una volta soli Layla Connors diede subito libero sfogo al proprio divertimento con una risata sguaiata che sorprese il suo giovane allievo.

< < Davvero un incontro interessante che non mi aspettavo questa mattina. Mi sono proprio divertita > > esclamò la guerriera, ridacchiando.

< < Se posso dirlo, Layla, mi sembra un personaggio piuttosto sgradevole > >.

La donna rise ancora una volta. < < Oh puoi dirlo senza timore, ragazzo mio. Però non farci troppo caso, è una prerogativa dei membri della Divisione Interna, almeno della maggior parte. Per il lavoro che svolgono, questi bastardi tendono ad acquisire la brutta abitudine di giudicare gli altri con disprezzo > >.

< < La Divisione Interna è quella che esercita una funzione di controllo verso tutte le altre, giusto? Per questo non viene vista di buon occhio dalla maggior parte degli Auror > > disse Ron, avvicinandosi alla scrivania.

< < Precisamente, Ron > > confermò Layla, mentre si sedeva comodamente sulla poltrona in pelle. Fece segno al ragazzo di sedersi.

< < In parole povere sono i maledetti spioni della baracca. Per fortuna non sono tutti così idioti e sgradevoli come Stanley Bricks > >.

Ron aggrottò la fronte pensieroso. < < Allora mi sono già procurato l’antipatia di un membro della Commissione d’esame a quanto pare > > commentò non troppo preoccupato.

La donna gesticolò con una mano per non dare troppa importanza alla cosa. < < Sì, ma non dargli troppo peso. Bricks è soltanto un membro e la sua opinione conterà fino a un certo punto. Tu pensa soltanto a fare del tuo meglio, non preoccuparti. Il resto non conta > >.

Confortato dalla sicurezza e dal buonumore della sua maestra, anche se fino ad un certo punto, Ron sorrise sollevato. Per l’ennesima volta si sentì fortunato nell’aver incontrato quella scorbutica ed esuberante donna, la quale continuava a credere così tanto in lui.

< < Ma ora parliamo d’altro, Ron, se non ti dispiace > > disse Layla, lanciandogli un’occhiata intensa. < < A quanto vedo abbiamo cose molto importanti di cui discutere, non credi? > >.
Il rosso si portò una mano dietro la schiena, toccando immediatamente l’ormai familiare superficie argentata dello scudo.

< < Alla fine hai scelto, Ron. Sono davvero orgogliosa di te > > disse semplicemente, con evidente orgoglio.

Grattandosi la nuca, Ron abbassò leggermente lo sguardo. < < Non è stato facile > > confessò. < < Ci sono stati dei momenti in cui ho seriamente temuto di non farcela > >.

< < Lo immagino. È perfettamente normale > > commentò la donna, incrociando le dita guantate. < < Ci sono passata anch’io tanti anni fa, tutti noi in verità. Ognuno di noi della abietta e selvaggia Divisione Omega ha dovuto affrontare questa scelta, Ron. Certo non posso immaginare cosa tu abbia passato, cosa tu abbia dovuto vedere in quel sotterraneo. Però vorrei farti lo stesso una domanda se non ti dispiace > >.

Ron rimase immobile sulla poltroncina, tormentandosi nervosamente le mani in attesa della domanda.

< < Hai davvero scelto da solo, Ron? > >.

Il ragazzo esitò per un attimo. < < Come? > >.

< < Voglio dire, fisicamente ti sei trovato da solo in quell’archivio e da solo senza costrizioni hai afferrato quello scudo. Ma hai davvero scelto da solo? Pensaci bene > >.

Per il rosso quelle semplici parole furono illuminanti. La sua mente lo riportò alle infinite discussioni con Hermione, all’incrollabile fiducia che lei, la donna che aveva imparato ad amare perdutamente, riponeva in lui. Ripensò alle parole di conforto e di incoraggiamento di Harry la notte prima del terzo e ultimo giorno. In effetti la risposta alla domanda era molto semplice.

< < No > > rispose con semplicità, dopo un momento di riflessione. < < Non ho scelto da solo > >.

La donna annuì comprensiva, come si fosse aspettata quella risposta. < < Siamo umani, Ron. E’ nella nostra natura sbagliare, possiamo commettere errori più o meno gravi. Alcuni potranno avere poca importanza e saranno facilmente dimenticabili, altri, invece, possono arrivare anche a segnare fortemente la nostra vita e bada bene, non soltanto in senso negativo > >.

Senza poterlo evitare, la mente di Ron lo riportò con forza sotto la pioggia con il cuore colmo di ira e gelosia, in quel posto dove a nulla erano serviti i richiami disperati di Hermione.

< < Gli errori non definiscono la nostra vita, Ron > > continuò Layla, riportandolo bruscamente alla realtà. < < Una persona deve saper affrontare i propri sbagli, Ron. Deve saperlo fare con coraggio e con l’aiuto delle persone amate. Tu l’hai fatto, incurante delle conseguenze e ne devi essere orgoglioso, così come lo sono io nell’averti come mio allievo e come diretto subordinato > >.

Un turbine di emozioni rischiò seriamente di sopraffarlo. C’era stato un momento della sua vita in cui aveva creduto di non potere veramente rimediare ai propri errori. La solitudine e il rimorso durante la disperata ricerca di Harry ed Hermione avevano rischiato di gettarlo nelle tenebre più profonde. Si era salvato per miracolo da un destino oscuro peggiore della morte stessa e arrivato a quel punto, Ronald Weasley acquisì finalmente una certezza: quella di essere finalmente cresciuto e maturato. Si sentiva veramente una persona migliore. Ci era riuscito gradualmente e soprattutto ci era riuscito con l’aiuto di tante persone a cui doveva davvero tantissimo. Hermione, Harry, la sua famiglia e ora anche l’Auror Layla Connors.

< < Grazie > > disse, con la voce rotta per l’emozione. La sua maestra gli sorrise teneramente con fare materno. Era raro vederla così, lui che aveva combattuto contro di lei, contro una guerriera implacabile, innumerevoli volte, arrivando sempre a mangiare la polvere in un mondo di dolore.

Improvvisamente, però, la curiosità o meglio il desiderio di saperne di più sulla vita di quella persona, che l’aveva aiutato così tanto, divenne molto forte. Ron si accorse che voleva saperne di più, desiderava conoscerla realmente al di là della sua veste di Auror forte e determinata. Sapeva bene che cosa voleva chiedere per iniziare. Lo scudo d’argento saldamente fissato dietro la schiena lo faceva sentire degno di osare a chiedere. Una cosa che da tempo avrebbe desiderato sapere di quella donna.

< < Se posso, Layla… > > provò a chiedere.

< < Non avere timore, Ron > > lo interruppe Layla, con un sorriso triste perso in chissà quali ricordi < < Ti sei guadagnato questo diritto. Non sono una persona facile, me ne rendo conto. Chiedi pure, ragazzo mio. Ti risponderò con sincerità > >.

Il ragazzo non parlò subito. Per molto tempo aveva atteso quel momento. Avrebbe finalmente potuto scoprire una parte dell’oscuro e misterioso passato di Layla Connors.

Fece un respiro profondo e parlò con un tono calmo e pacato. < < Quali sono stati i suoi errori in passato? > >.

Contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, la donna rise sonoramente. Era una risata strana, priva di gioia, indecifrabile per lui. Ron la guardò incredulo in attesa di una risposta.

< < Perdona la mia reazione, Ron. È una domanda piuttosto personale > > rispose Layla, mentre pigramente poggiava una guancia sul palmo di una mano. < < Ha un che di divertente la cosa, perché sai nella mia vita ho commesso una quantità incalcolabile di errori. Alcuni potremmo considerarli delle sciocchezze da ragazzi, per altri sarebbe potuto finire davvero male per semplice imprudenza o arroganza, ma credimi quando ti dico che nessuno di questi errori rientra neanche lontanamente tra i miei veri tormenti > >.

Ron non restò tanto sorpreso della risposta. Sapeva che c’era dell’altro, per questo decise di non proferire parola, sapendo benissimo che ciò che lei stava per confessare fosse molto grave. La situazione iniziò a trasmettergli un gelido disagio nel cuore e per un attimo non fu più tanto sicuro di voler conoscere la verità. Come si era aspettato, infatti, Layla continuò pochi attimi dopo: < < Occorre fare una piccola correzione, Ron. Il mio vero tormento non è un errore, un errore come può essere abbandonare i propri amici in un attimo di debolezza > >.

Gli occhi neri della donna si fecero cupi e tristi. < < Il mio più grande tormento è un crimine. Un crimine terribile, che mi porto sulla coscienza da molto tempo. Quello che ho fatto popola ancora dopo tanti anni i miei peggiori incubi e forse così sarà fino alla fine dei miei giorni. Nonostante tutto il mio pentimento, non credo proprio che questa mia azione potrà mai essere perdonata. Almeno non da me > >.

Ron provò un brivido di freddo lungo la schiena, mentre un senso di disagio e ansia diventava sempre più forte. Alla fine trovò il coraggio di chiedere, preparandosi al peggio.

< < Che cosa hai fatto? > >.

Una lacrima solcò la guancia della guerriera, scioccando letteralmente il giovane di fronte a lei. Mai Ron si sarebbe immaginato di vederla piangere. Una persona fredda e forte come Layla Connors.

< < Ho torturato una persona > > dichiarò alla fine la donna con voce tremante, carica di un terribile dolore mai guarito.

Ronald Weasley sentì il cuore battere all’impazzata, sperando fino all’ultimo di aver capito male.

< < Ho torturato mia moglie. Ho torturato Remi con la Maledizione Cruciatus > >.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** L'oscurità nel cuore ***


CAPITOLO 10
 
L’OSCURITA’ NEL CUORE
 
Gennaio, 1977
Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, Inghilterra
 
Durante quell’ultimo anno scolastico, il tradizionale e rigido inverno inglese colpì con forza e precisione la sconfinata regione della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Il gelido clima invernale aveva scatenato un’ondata di neve e ghiaccio nel castello e dintorni, portando a lunghe giornate tenebrose dove il gelo del clima si sentiva sin dentro le ossa. Quell’anno le rigide temperature portarono la presidenza a decidere di cancellare persino le consuete visite ad Hogsmeade per diverse settimane. L’inusuale ordine proveniva direttamente dal Preside Albus Silente in persona. Il freddo si fondeva pienamente con l’oscurità, che dominava gran parte delle giornate, dando all’imponente castello un’immagine ancora più spettrale del solito e a tratti davvero spaventosa.

In realtà l’aria spettrale e deprimente che si respirava, rispecchiando perfettamente l’umore nero dei tanti studenti della scuola, non proveniva soltanto da quell’inverno così gelido e rigido. Gli oscuri incidenti, di cui si sentiva parlare in tutto il paese, erano sempre più frequenti e le vittime erano prevalentemente babbani, mezzosangue e maganò. Pochi studenti avevano il coraggio di parlarne liberamente a scuola: tra i corridoi, tra le aule, nella Sala Grande o persino tra le mura sicure delle sale comuni, nonostante le notizie circolassero ancora liberamente grazie alla Gazzetta del Profeta. Tuttavia, non tutti gli abitanti di Hogwarts erano così preoccupati o tantomeno rattristati riguardo il destino di certe persone o di certe classi sociali.

Layla Connors, giovane studentessa di Serperverde dell’ultimo anno, camminava silenziosa tra i corridoi scarsamente illuminati dei sotterranei. Da fuori era possibile udire distintamente l’impetuoso e glaciale vento che spirava senza sosta. I pensieri della giovane strega si susseguivano in un turbine di confusione ed esitazioni. Da molte settimane Layla aveva smesso di soffermarsi su cose semplici, come poteva essere una semplice lezione di Incantesimi o quella che era stata persino la sua grande passione fin da piccola: vale a dire il Quiddich. Era un sacrificio necessario per la salvaguardia della razza eletta di cui faceva parte. Il glorioso sangue dei maghi non poteva essere sporcato da esseri immeritevoli, persone indegne di anche solo avvicinarsi alla magia. Lei, i suoi fratelli maggiori, sua sorella minore Avis, tutti loro erano stati educati così. Facevano parte di una razza eletta e come prescelti dovevano vivere. Poco importava il destino degli immeritevoli, anzi era loro dovere assicurare che quella feccia restasse sempre al proprio posto.

Layla ci credeva seriamente. Era fiera del suo sangue e delle sue origini. A parte il suo talento nel Quiddich, la ragazza dai capelli neri e mossi, dai modi spesso vivaci e allegri, eccelleva in molte altre arti, tra cui anche gli stessi duelli magici. Non si era ancora approcciata alle gloriose arti oscure, di cui sentiva spesso parlare. Le era giunta voce che i suoi due fratelli maggiori Elias e Rowan, diplomati due anni prima, già eccellevano nell’utilizzo della Maledizione Imperius e della Maledizione Cruciatus. Per questa ragione si erano guadagnati nonostante la loro giovane età il diritto di combattere per la causa più importante. Layla era ansiosa di affrontare quella prova e si aspettava che quel momento, il suo momento, sarebbe presto arrivato.

Certo, non era sempre facile proseguire su un cammino tanto illuminato. Layla era stata costretta a tagliare i ponti con tante persone che in fin dei conti non le avevano fatto nulla e come se non bastasse erano tutte persone per le quali lei nutriva sinceri sentimenti di amicizia o rivalità.  Quello era stato il primo grande sacrificio per la causa. Per il suo obiettivo era arrivata a ripudiare professori che stimava moltissimo, ma soprattutto era giunta a disprezzare tanti cari amici.

Il dolore era stato intenso: scatenare un odio apparentemente insensato contro quelli che erano stati gentili e amichevoli con lei, i suoi compagni e i suoi amici. Tutto questo non era stato affatto facile da affrontare. Non aveva mai provato un disagio e un dolore simile, né aveva mai provato così tanta vergogna verso sé stessa. Forse quell’esperienza l’avrebbe resa più forte. C’era un obiettivo più grande da raggiungere e tutta la sua famiglia riponeva grande fiducia in lei e nelle sue capacità. Layla Connors non aveva alcuna intenzione di deludere la sua illustre e gloriosa casata di maghi purosangue. Mentre camminava lungo i corridoi deserti della scuola, la giovane strega cercò di isolare la sua mente da inutili pensieri e riflessioni. C’erano cose molto più importanti da fare quella notte. Per maghi eletti come lei diventavano ridicolmente superflue le regole di Hogwarts che imponevano agli studenti il divieto di non girovagare per il castello durante le ore notturne. Layla Connors non era una normale studentessa di Serpeverde, non più almeno.

Gli incontri segreti si erano fatti sempre più frequenti negli ultimi tempi e sempre più rilevanti per la causa. Era piuttosto facile capire che cosa fossero quelle riunioni organizzate sempre in posti diversi: come i locali periferici e più malfamati di Hogsmeade, la sala comune di Serpeverde, le aree abbandonate dei sotterranei. Di recente persino la Foresta Proibita venne utilizzata per quegli incontri aperti ad un ristretto numero di persone e ogni volta essi erano presieduti da maghi e streghe diversi. Eletti dell’esercito illuminato.

Layla Connors aveva iniziato a partecipare a quegli incontri già durante l’anno precedente, pur se raramente, in quanto otteneva l’autorizzazione a parteciparvi solo in rare occasioni data la sua giovane età. Solo i più forti e meritevoli venivano ammessi. Durante quel suo settimo e ultimo anno, invece, la giovane Seroeverde era diventata un’accanita componente di quel gruppo segreto. I maghi purosangue venivano reclutati con sempre maggiore frequenza soprattutto tra gli studenti che si approcciavano ai MAGO. Le voci riguardanti l’esercito eletto, che diventava sempre più forte e numeroso, erano sempre più assordanti. Un’armata di maghi eletti che si prodigava a difendere la magia da mani impure. Era una sensazione elettrizzante e Layla voleva far parte di questa imminente rivoluzione a tutti i costi.

Raggiunse la sala comune di Serpeverde, ansiosa e impaziente come non mai. Il nuovo incontro si sarebbe tenuto presto. < < Spero di non essere in ritardo. L’incontro di oggi è fondamentale per il mio futuro > > rifletté la ragazza, mentre si stropicciava nervosamente la divisa.

Dopo aver pronunciato la parola d’ordine, Layla ignorò i pochi passanti che conosceva, affrettandosi verso il luogo di incontro scelto per quella notte tenebrosa e glaciale. Alcuni sostenevano che l’incontro odierno sarebbe stato decisivo, perché presieduto da uno dei più importanti membri dell’esercito eletto, un Mangiamorte di cui si sentiva spesso parlare ultimamente. Arrivò con il fiatone nella spaziosa ed elegante sala scelta per quell’incontro notturno. Solitamente era adibita con comode poltrone, divanetti in pelle e mobili costosi, dal momento che spesso veniva utilizzata come luogo d’incontro o di riunione per prefetti, caposcuola di Serpeverde e insegnanti.

Quella notte, però, la sala appariva completamente diversa, senza alcun mobile di lusso e persino senza le insegne del grande serpente verde, d’altro canto a quell’incontro avrebbero partecipato anche studenti di altre case. Layla trovò incredibile il fatto che fossero stati ammessi studenti per così dire esterni nella loro sala comune, probabilmente una cosa del genere non accadeva da migliaia di anni, ulteriore dimostrazione di quanto fosse importante quella riunione. L’incontro non era ancora cominciato e la folla di ragazzi in attesa parlottava senza sosta in attesa dell’ospite speciale.

La mora conosceva molti dei presenti, ma tra tutti preferì avvicinarsi alla amica più cara, nonché compagna di dormitorio, Moira Lenners. Era una ragazza atletica e slanciata, dai capelli lunghi e lisci di uno strano colorito verdastro.

< < Finalmente ce l’hai fatta, dannata zuccona. Sei in ritardo come al solito > > esclamò Moira, euforica.

< < Oh, chiudi il becco, Moira > > ribatté scherzosa Layla, dando alla compagna una leggera spinta. < < Rilassati! A quanto vedo la vera festa non è ancora iniziata. Mi sono persa qualcosa? > >.
Moira alzò le spalle con noncuranza. < < Niente di particolare, a parte che ora si conosce con certezza il nome del tizio che presiederà questo incontro > >.

< < Cosa? > > chiese la mora, incredula. < < E chi sarebbe? Sputa il rospo > >.

< < Un nome di cui si sente spesso parlare da molte settimane. Si chiama Lores Mine, un Mangiamorte potentissimo, Layla. Si dice che sia uno dei leader con la carica più alta nell’esercito eletto, gode della piena fiducia del nostro signore e le sue abilità superano qualsiasi nostra immaginazione > >.

Layla rabbrividì per l’eccitazione. Conosceva quel nome, la Gazzetta del Profeta ne parlava in continuazione da mesi. Un Mangiamorte che uccideva senza pietà babbani e mezzosangue. < < Vuoi dire che è…… > >.

< < Sì > > completò Moira per lei, intuendo i pensieri dell’amica < < Un tipo del genere non si scomoderebbe mai se non fosse veramente importante. Questa può essere davvero la nostra occasione, Layla. Il nostro tempo sta per arrivare > >.

Layla Connors non ricordava di aver mai provato un’eccitazione simile. Era una sensazione elettrizzante: sentire di avere finalmente l’opportunità di onorare ciò che era per nascita. Il suo sangue, la sua famiglia. Proprio non poteva permettersi di fallire. I presenti nella grande sala restarono in attesa con il fiato sospeso. Quel momento di forzata inattività si rivelò terribilmente snervante, anche per la stessa Layla. Chiunque avesse dovuto presiedere l’incontro per quale motivo stava tardando tanto? Forse anche quello era un modo per metterli alla prova? Per tastare i loro nervi?
Passò un’ora intera e nulla accadde. Fino al momento in cui tutte le voci nervose ed elettrizzate nella sala si interruppero di colpo. I numerosi fuochi, che avevano illuminato l’ambiente durante l’attesa, si spensero tutti insieme in una volta sola. Insieme al buio pressoché assoluto arrivò anche un freddo innaturale, facendo rabbrividire tutti i presenti. C’era qualcosa di strano nell’aria, Layla lottò contro l’improvviso desiderio di scappare e non era l’unica. Qualcuno lo fece.

Dopo qualche istante i ragazzi presenti notarono con sgomento che era entrato qualcuno nella sala ma non dalla porta. Una figura vestita in nero ed incappucciata era comparsa in fondo alla stanza vicino il grande tavolo rettangolare pieno di libri e pergamene dedicate alla magia oscura. Nessuno l’aveva visto smaterializzarsi e nessuno aveva notato i familiari effetti del prodursi di un qualche tipo di incantesimo. Era come se la figura fosse sempre stata una parte stessa dell’ambiente circostante, delle pareti, del pavimento, persino dell’aria che si respirava e che si fosse palesata solo in quel momento.

Senza poterne fare a meno, Layla Connors tremò, facendo un passo indietro ancora spinta dal desiderio di non volersi più trovare in quel posto.

< < Come ha fatto? > > pensò la ragazza, con un groppo alla gola. < < Non ho visto nessun segno di smaterializzazione, senza contare che non sarebbe possibile farlo all’interno dei confini di Hogwarts. Chiunque sia questo tizio, è veramente potente > >.

Il silenzio era teso e opprimente nella grande sala e nessuno trovava il coraggio di rompere quell’aria carica di terrore. Poi finalmente, con movimenti lenti e teatrali, la figura si abbassò il cappuccio nero. Tutti trattennero il fiato nell’osservare chi c’era di fronte a loro. Era proprio il Mangiamorte di cui si sentiva spesso parlare. Appariva completamente diverso rispetto alle foto segnaletiche della Gazzetta del Profeta. Era terrificante.

A prima vista si trattava di un uomo sulla quarantina, ma non era per nulla possibile specificare con precisione la sua età. C’era qualcosa di strano in lui, qualcosa di orribile. Teneva i suoi lunghi capelli bianchi in una coda alta e ben fatta, in effetti non c’era niente fuori posto in quell’uomo. Il suo mantello nero era pulito e ben conservato. Si poteva notare chiaramente quanto il suo corpo fosse forte e robusto, nonostante i vestiti decisamente invernali. I muscoli erano scolpiti, frutto sicuramente di un duro ed estenuante addestramento che andava ben oltre la semplice istruzione magica. Tuttavia, il particolare più inquietante e spaventoso stava decisamente nei suoi occhi cremisi minacciosi e spietati. Erano spaventosi, del tutto innaturali e colmi di un odio intenso.

Per interminabili minuti l’uomo non parlò, limitandosi a squadrare i giovani presenti con spaventoso interesse. Il suo sguardo famelico e glaciale si soffermò su tutti, terrorizzando anche i più coraggiosi. Quando venne il suo turno, Layla sentì il proprio respiro mozzarsi bruscamente, rischiando seriamente di crollare dinnanzi ad una pressione indescrivibile, ad un senso di terrore mai provato prima. Dopo quello che sembrò un’eternità, lo sguardo dell’uomo in nero passò oltre e la mora euforica tornò finalmente a respirare. Immediatamente si affrettò ad asciugare il sudore dal viso e forse persino una lacrima passeggera, sperando che nessuno la vedesse.

La terribile analisi silenziosa terminò e l’uomo parlò per la prima volta con un terribile ghigno che mostrava un’orribile dentatura giallastra. < < Questo squallido posto non è cambiato per niente in questi anni. Avrei preferito non tornare qui, ma spero almeno che ne sia valsa la pena > > sibilò con tono glaciale e metallico, osservando la folla con disgusto e disprezzo.

 < < Il mio nome è Lores Mine e oggi sono stato incaricato per presiedere a questo incontro di reclutamento. La prima cosa che vorrei dirvi è molto semplice: non credo proprio che voi mocciosi abbiate veramente compreso l’importanza di queste riunioni segrete. In caso contrario non mi guardereste così impauriti come cuccioli tremanti > >.

Nessuno osò ribattere. I giovani presenti attesero pieni di paura che il mago proseguisse. < < Molte voci si sono diffuse durante questi ultimi mesi. Per molte alcune di esse voi sciocchi ragazzini potreste anche nutrire dei dubbi, ma ad una cosa potete credere con assoluta certezza. Non è per tutti essere scelti dal nostro signore e padrone tra le fila del nostro glorioso esercito di maghi puri. La nostra causa necessita di forza, non soltanto magica. Un Mangiamorte non esita mai: uomo, donna, vecchio o bambino. L’unica cosa che conta è difendere il nostro sangue di maghi. Difenderlo dalla feccia che insudicia il nostro mondo > >.

Lores Mine aspettò in silenzio per qualche secondo una possibile reazione prima di continuare. < < Sapete una cosa curiosa > > esclamò il Mangiamorte con un ghigno malefico. < < Quando frequentavo questo posto c’era sempre qualcuno, esattamente come oggi, che andava blaterando sull’eguaglianza fra noi maghi purosangue e i mezzosangue. E non finivano certo qui le blasfemie. Insegnanti, studenti: molti di loro tradivano la magia stessa affermando che noi potessimo considerarci uguali persino ai babbani stessi. Ve lo immaginate? > >.

Finalmente i ragazzi si concessero una risata sguaiata e nervosa. Anche Layla rise senza potersi controllare. Anche se in effetti lei non aveva mai incontrato un babbano in carne e ossa, tutto questo era un’assurdità. Per tutta la vita Layla aveva sentito dire da suo padre che i babbani erano solo una massa di rozzi ignoranti senza dignità. Buoni a nulla inferiori a loro sotto ogni punto di vista.

< < Noi maghi purosangue uguali ai babbani. Non posso credere che ci sia veramente qualcuno così idiota da pensarlo seriamente > >.

< < Sì, avete capito bene. È davvero una follia che non si può perdonare > > dichiarò Lores, con un odio profondo. < < Entrare a far parte del nostro esercito significa combattere con ogni mezzo questa follia. Significa combattere la feccia che continua ad infangare il nostro mondo, i Mangiamorte hanno il dovere di sterminare senza pietà questa feccia. E voi giovani maghi purosangue potreste farne presto parte se ne siete degni > >.

< < Che cosa si deve fare per entrare a far parte di questo esercito? > > chiese all’improvviso un ragazzo biondo di Serpeverde.

Il Mangiamorte gli lanciò un’occhiata malefica carica di disprezzo. Il ragazzo tremò dal terrore, mentre Layla percepì per un attimo un chiaro intento omicida nell’osservare gli occhi rosso-sangue dell’uomo.

Poi Lores Mine sorrise in modo beffardo. Sembrava più il ringhio di una bestia. < < E’ molto semplice. Di sicuro non vi si chiede di spazzare via questo castello. Siete ancora ridicolmente deboli come maghi. Tutti voi > > disse con una malefica risata di scherno.

< < No, questo immenso onore dovrete meritarvelo in un altro modo > > continuò il Mangiamorte < < < Verserete senza pietà il sangue degli esseri inferiori. Pensateci, riflettete su quanto innaturale sia la loro presenza in questo mondo. Nel nostro mondo. Noi maghi possediamo un potere divino, che nessuno sporco babbano potrà mai comprendere. Allora perché, giovani maghi, proprio noi, le creature che più si avvicinano ad un Dio, dobbiamo vivere all’oscuro, nascondendoci come dei criminali, addirittura facendo dei compromessi con questi insulsi insetti quando potremmo semplicemente schiacciarli con il più elementare movimento della nostra bacchetta > >.

Di nuovo Layla fece fatica a respirare. Era quello che voleva sentire, che si aspettava di sentire. Le parole del Mangiamorte erano vere. Lei era forte e talentuosa, perciò come tale meritava di vivere in cima al mondo e non nascosta nelle tenebre. Un pensiero, però, si fece spazio con forza dentro la sua testa. Un pensiero molto pericoloso.

< < Io ho conosciuto dei nati babbani altrettanto talentuosi. Alcuni molto di più di me. Davvero ho più diritto di loro? > >.

Layla scosse la testa, forzandosi a non pensarci. Solo un dubbio, solo un maledetto passeggero. Certo che aveva più diritti di loro, lei era per nascita destinata alla grandezza e alla gloria. Muovendosi in modo tale da essere osservato da tutti, Lores Mine si alzò fino al gomito la manica della tunica che indossava sotto il mantello nero. Sull’avambraccio c’era uno strano simbolo nero impresso sulla carne: era l’immagine di un teschio con un serpente che fuoriusciva orribilmante dalla bocca. I giovani maghi sgranarono gli occhi nel vedere quel terribile tatuaggio.

< < Questo è il Marchio Nero, giovani maghi purosangue > > spiegò il Mangiamorte, glaciale come la morte. < < E’ il simbolo della nostra causa. Il simbolo del nostro esercito e soprattutto è il simbolo del nostro signore. Per ottenerlo dovrete semplicemente difendere il nostro sangue di maghi puri. Dovrete umiliare, mutilare, torturare e alla fine uccidere tutti gli esseri inferiori. Da voi mi aspetto una fedeltà assoluta verso la nostra causa. Valuterò con cura il vostro operato contando i corpi dei babbani e dei mezzosangue che vi lascerete alle spalle > >.

Le reazioni dei ragazzi furono diverse. Alcuni sorridevano eccitati, altri si guardavano tra loro impauriti. Layla si scambiò un’occhiata nervosa con l’amica Moira, anche lei sembrava incerta su come reagire. < < In questo castello voi giovani maghi siete troppo controllati. Il padrone di questo squallido posto, Albus Silente, pur essendo uno schifoso traditore del suo sangue, è comunque un mago molto potente, forse l’unico in grado di resistere all’immensa forza del nostro signore. Qui non potrete agire, perciò dovrete ancora avere pazienza > >.

< < Ma una volta che uscirete da questo miserabile posto > > proseguì Lores, mostrando un ghigno diabolico. < < Mi aspetto vostre notizie. Mi aspetto che anche voi difendiate la nostra causa con coraggio e fedeltà. Farete tutto di vostra iniziativa, sceglierete voi come muovervi e come agire. Combattete e uccidete.  Sappiate che io vi osserverò e allora capirò chi è veramente degno di portare il nostro marchio, perché una volta impresso nella vostra carne voi tutti diventerete servi del nostro signore e non potrete più tornare indietro > >.

< < Le vostre vite saranno nostre > > concluse Lores Mine, sibilando con immane cattiveria. Di nuovo Layla sentì la paura assalirla. Non aveva mai provato un terrore simile. Forse quello che stava vivendo in quella sala era davvero il momento più importante della sua vita. Era pronta a difendere il suo onore, il buon nome della famiglia Connors e il suo sangue puro di mago.
Ma quale sarebbe stato il prezzo?
 
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Dieci mesi dopo
Villaggio di Burgh Castle
Contea di Norfolk, Inghilterra
 
In origine si trattava di un forte militare dell’antica Roma risalente all’incirca al 400 d.C., un periodo molto delicato della storia romana. Molti archeologi definivano quella parte di storia come l’alba imminente del crollo dell’impero romano d’occidente, la quale si sarebbe difatti definitivamente verificata una settantina d’anni dopo. A quel tempo le invasioni barbariche diventavano sempre più drammatiche e minacciose per le province romane dell’Europa occidentale. In territorio britannico il pericolo maggiore era rappresentato dai Sassoni, un popolo di guerrieri estremamente bellicosi e come raccontato dagli storici, essi passarono alla storia anche per aver condotto terribile e sanguinose scorrerie nelle isole della Gran Bretagna.

Con queste premesse molti archeologi dedussero che la fortezza di Burgh Castle, costruita sulle rive della grande distesa d’acqua di Breydon Water direttamente collegata con il Mare del Nord, servisse proprio per difendere parte di quei vecchi territori romani dalle numerose ondate violente dei Sassoni provenienti dal mare. Nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano, il forte divenne prima un insediamento monastico e poi una roccaforte normanna, ma gli obiettivi della spedizione archeologica restavano costantemente collegati alle antiche origini romane del forte. In quell’occasione l’università di Cambridge aveva organizzato una piccola spedizione iniziale, la quale aveva ricevuto l’incarico di ricostruire preliminarmente gli eventi militari e politici del periodo della fondazione del forte militare, passando poi alle vicissitudini che portarono al definitivo ritiro delle truppe romane dal territorio. Doveva trattarsi di una prima e rapida analisi, allo scopo di poter aprire in futuro un vero campo archeologico se i risultati fossero stati soddisfacenti.

La giovane e promettente studentessa di “storia ed archeologia” dell’università di Cambridge Remi Fontaine era stata scelta dal suo famoso professore Jonathan Bane per far parte della piccola spedizione. Fin dalle prime lezioni il celebre archeologo e accademico di Cambridge si era accorto del talento di Remi, della sua sconfinata passione verso la storia e l’archeologia. Non accadeva spesso che una giovane studente venisse invitata a far parte di una spedizione archeologica, sebbene non si trattasse ancora di uno scavo vero e proprio. L’evento che cancellò ogni dubbio nella mente del professore fu l’esame di “storia dell’archeologia inglese”, che la ragazza sostenne a pieni voti proprio con la sua cattedra. Una delle materie più difficili dell’intero corso, ma Remi affrontò l’esame evidenziando tutta la sua passione verso tutto ciò a cui il professor Bane aveva dedicato la vita. Non c’era epoca o evento storico che quella ragazza non volesse approfondire e studiare, sia che si trovasse in biblioteca, sia che si trovasse direttamente all’interno di un sito archeologico.

Così il professor Bane decise che quella ragazza, ancora in giovane età e molto prima della laurea, meritasse la possibilità di partecipare a veri e propri scavi archeologici. Quella spedizione era già la quinta per lei e inutile dire che Remi si era sempre dimostrata impeccabile in ogni cosa che faceva. La sua studentessa preferita era in breve diventata anche una valida assistente nei suoi viaggi di ricerca e di studio. Il professor Bane era orgoglioso di lei.

Una Remi dall’aria stanca ma eccitata si muoveva con cautela nel terreno erboso vicino ai ruderi sopravvissuti dei vecchi avamposti romani. Era il terzo giorno di ricerca. La piccola spedizione, formata da quattro archeologi esperti e una studentessa promettente, portava avanti una complessa e difficile indagine archeologica. Remi Fontaine lavorava con grande diligenza, rispettava con grande attenzione le procedure di tutela dei reperti storici, insieme ai consigli del suo professore e degli altri componenti della spedizione. Ogni scavo archeologico doveva essere preservato con ogni mezzo e precauzione, era la prima regola che un archeologo doveva sempre rigorosamente rispettare. Nonostante la sua enorme ambizione e la sicurezza che da sempre nutriva verso sé stessa, Remi era pienamente consapevole di essere giovane e di avere ancora così tanto da imparare. Questo, però, non spegneva minimamente il suo entusiasmo.

< < Professor Bane > > esclamò con forza Remi Fontaine, richiamando l’attenzione del suo professore. < < Abbiamo trovato altri resti di armi e oggetti di assedio. Le nostre teorie trovano sempre più riscontro. A quanto pare ci sono state altre battaglie ed eventi non spiegati prima della presa della fortezza da parte dei Sassoni > >.

Lo studioso le posò una mano sulla spalla con fare paterno. < < Ottimo lavoro, Remi. Forse questa giornata si rivelerà più proficua delle altre. Continuando così, avremmo modo di poter allestire un vero e proprio scavo archeologico nei prossimi anni > >.

< < Continuando così l’università organizzerà davvero una spedizione in grande stile > > ipotizzò Remi, con un tono più cupo. Anche se soddisfatta del suo lavoro, non era difficile immaginare cosa sarebbe accaduto. Non era giusto che il duro lavoro, portato avanti con incrollabile fiducia non sarebbe stato ultimato da loro cinque.

Era stata quella piccola spedizione ad aver creduto fermamente all’impresa e il professor Bane si era dovuto sforzare notevolmente per convincere i piani alti dell’università di Cambridge a finanziarla.

Bane si accorse dello sguardo cupo della sua allieva. < < So cosa stai pensando, Remi > >.

< < Professore io…… > >.

< < Non dobbiamo avere fretta, mia cara > > la interruppe l’esperto archeologo, non desiderando davvero smorzare l’entusiasmo di Remi. < < Sei ancora giovane, ci sarà tempo per preoccuparsi anche delle questioni burocratiche. Anche per te arriverà il momento in cui ti dovrai difendere dagli intricati equilibri di potere, ma non adesso. L’esperienza mi insegna che un’importante e prestigiosa istituzione archeologica non è per nulla facile da convincere in situazioni come questa. Dobbiamo essere prudenti e soprattutto pazienti > >.

< < Ma le prove sono evidenti, professore > > protestò focosamente Remi, senza potersi trattenere. < < Gli scavi condotti in passato sono stati indubbiamente efficienti, ma evidentemente incompleti. Noi possiamo ultimare quest’importante ricerca storica, possiamo persino arrivare a raccontare una parte del tutto oscura del periodo sia precedente che immediatamente successivo alla caduta dell’impero romano d’occidente > >.

< < Sono d’accordo con te, Remi > > ribatté Bane, alzando le mani in segno di resa. Sorrise orgoglioso di fronte all’animosità della ragazza. Remi Fontaine sarebbe potuta diventare una grande archeologa, ne era certo.

< < Ci sarà tempo per risolvere anche le formalità con i piani alti. Per il momento quello che dobbiamo fare è continuare la nostra indagine storica con il massimo impegno e la massima dedizione. Puoi fidarti del tuo vecchio professore, troveremo il modo di far ragionare i boriosi capoccia dell’università e soprattutto non ci faremo tirare fuori alla fine dei giochi, te lo prometto. Se ce ne sarà bisogno scenderò io stesso in prima linea > >.

< < Ora preoccupati soltanto di affinare le tue capacità di archeologa. Credimi in questo momento è la cosa più importante per te > > concluse lo studioso con convinzione.

Remi sorrise con sincerità. Come spesso le accadeva durante le lunghe discussioni con il professor Bane, provò una sensazione di sollievo e di protezione. Lei si considerava una persona forte e forse molto spesso eccessivamente orgogliosa, eppure anche la giovane archeologa a volte desiderava fortemente la protezione di persone care. Certo non lo avrebbe mai ammesso apertamente, ma erano poche le persone in grado di farla sentire veramente protetta, amata e rispettata.

I suoi genitori erano sicuramente in cima alla lista. Remi non sapeva descrivere quanto amasse suo padre e sua madre, da sempre schierati al suo fianco. In una società ancora troppo conservatrice come quella inglese, i suoi genitori avevano accettato ogni singolo aspetto del carattere e della personalità della loro unica figlia: il suo animo focoso e testardo, il suo sogno per nulla tradizionalista di diventare una grande archeologa e storica e persino la sua sessualità.

Jack e Camille Fontaine amavano tutto di lei e ora c’era anche il professor Bane, indubbiamente il più grande mentore che Remi potesse desiderare, colui che l’aveva fatta innamorare ancora di più della storia e dell’archeologia, spingendola a migliorarsi sempre di più. Pur avendo un carattere forte e determinato, Remi era grata di avere il sostegno di persone di cui poteva fidarsi ciecamente.

< < Molto bene, ragazzi > > esclamò il professor Bane, battendo le mani energicamente. Aveva da poco compiuto cinquant’anni, ma possedeva ancora un’energia fuori dal comune.

< < Abbiamo ancora alcune ore prima del tramonto. Direi di continuare fino a quando la luce del giorno lo consentirà, poi tutti noi avremo bisogno di una lunga nottata di riposo in albergo. Stasera ceneremo e poi andremo tutti a letto, questo è un ordine. Coraggio allora, cari colleghi, proseguiamo le nostre ricerche > >.

Remi Fontaine, ignorando la stanchezza già accumulata, si rimise diligente a lavoro. Era eccitata al pensiero di scoprire di più sulle battaglie combattute nei pressi di quell’antica fortezza, ma allo stesso tempo era anche decisa a non lasciare che i frutti della sua ricerca e di quella del professore venissero rubati da burocrati o arroganti accademici.

Remi si concentrò sul lavoro con il massimo impegno insieme al resto della spedizione. Nessuno di loro si accorse di essere sotto costante sorveglianza. Occhi ostili e minacciosi colmi di odio, che nascosti nell’ombra seguivano ogni mossa della piccola spedizione di archeologi.
 
 
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Layla Connors osservava nervosa e curiosa al tempo stesso gli strani esseri umani a pochi metri da lei. L’incantesimo di occultamento da lei stessa prodotto proteggeva il loro appostamento, che nonostante le continue proteste di Moira Lenners, si protraeva ormai da un intero pomeriggio. Era Layla ad aver insistito e il motivo principale, pur non potendolo ammettere apertamente con i suoi compagni, stava nell’enorme curiosità che provava.

Per tutti loro si trattava della prima vera scorreria dopo il loro diploma. Per lei, per la sua amica Moira e per l’altro loro compagno, un ragazzo dai capelli biondo chiaro della casa di Serpeverde, neodiplomato come loro e di nome Oliver Malfoy. Dopo la fine della scuola, avevano soltanto partecipato a piccole scaramucce con mezzosangue e con centauri, anche questi ultimi nemici giurati dei Mangiamorte. Quella, invece, sarebbe stata la loro prima vera azione in difesa della causa, mentre il loro personale obiettivo restava sempre lo stesso: entrare a far parte dell’esercito eletto.

Tuttavia, l’appostamento non andò come Layla si era aspettata. La mora non riuscì a restare fredda e impassibile dinnanzi al suo compito, strane emozioni si fecero largo nel suo animo durante quel lungo appostamento. Lei non aveva mai visto dei babbani in carne e ossa prima d’ora, pertanto, pur non potendolo ammettere con nessuno, desiderava ardentemente scoprire qualcosa su di loro. Che tipo di creature fossero, quali fossero le loro abitudini e soprattutto se fossero vere le voci che si raccontavano su di loro in gran parte del mondo magico. Voci che ritraevano i babbani come creature rozze e ignoranti, immeritevoli della benché minima attenzione. Ma non era quello che lei vedeva. Restò ad osservarli per ore e ore, ignorando del tutto le lamentele dei compagni che desideravano agire rapidamente. Il risultato di quell’interminabile pomeriggio fu sconvolgente per lei. Niente di quello che vedeva in quelle persone rispecchiava realmente quello che da una vita Layla aveva creduto di conoscere.

La strega di Serpeverde osservava rapita cinque persone impegnate con passione nel proprio lavoro, anche se lei non riusciva proprio a comprendere le ragioni della loro faticosa ricerca. Non capiva per quale motivo quei babbani fossero così interessati a quelle vecchie rovine?

Durante un certo momento dell’appostamento, però, l’attenzione della mora si rivolse, quasi come spinta da un richiamo anormale, alla più giovane del gruppo. La ragazza dai capelli biondi color sabbia lavorava instancabile a tratti anche più dei suoi compagni più anziani e Layla si ritrovò inconsciamente a studiare ogni suo comportamento con attenzione. Ogni suo gesto, ogni sua azione, ogni sua interazione con gli altri. La osservava silenziosamente e gradualmente il cuore iniziò a battere sempre più forte. Scoprì molto presto che quella giovane babbana si chiamava Remi Fontaine e poteva avere al massimo due anni in più di lei.

La consapevolezza che ne derivò fu disarmante e soprattutto pericolosa come non mai perché rischiava di mettere in discussione ogni cosa. In quella ragazza Layla vedeva molto sé stessa: l’arroganza e l’ambizione, la determinazione e la forza, il coraggio e l’impulsività. Eppure in quella ragazza forse c’era anche qualcosa che lei non possedeva nel proprio carattere: gentilezza verso gli altri, una straordinaria capacità nel capire quali limiti non si dovessero superare in certe situazioni, ma anche una certa fragilità che la babbana dai capelli biondi preferiva non mostrare al mondo.

< < Che cosa diavolo stiamo aspettando? > > chiese Oliver, con il suo solito tono irritante che fece trasalire le due ragazze.

< < Chiudi il becco, Malfoy > > sbottò Layla, rabbiosa. < < Attenderemo il tramonto. Hai sentito quel babbano. Resteranno a lavoro fino a quando avranno a disposizione la luce del giorno. Non possiamo palesarci prima di allora. Dobbiamo avere pazienza, poi agiremo > >.

< < Che sciocchezza > > si lamentò Oliver con un’alzata di spalle. < < Che differenza vuoi che faccia? Questi stupidi babbani non potrebbero nemmeno farci il solletico. Possiamo umiliarli e torturarli come più ci aggrada. Ucciderli sarebbe così semplice, anche con l’incantesimo più elementare. Potremmo farlo se sei d’accordo > >.

Lalya percepì distintamente la sete di sangue del compagno, ma forse ancora di più percepiva in lui un desiderio sfrenato di godersi in pieno la totale impotenza delle loro prossime vittime. Per un attimo Layla provò un fortissimo senso di vergogna, non solo per il fatto di lasciarsi accompagnare da un personaggio così maligno e meschino. Dovette sforzarsi per non pensarci, d’altro canto la causa aveva la precedenza su tutto, anche sulle strane e intense emozioni che stava provando nell’osservare quella babbana così forte, così piena di vita.

Si rivolse rabbiosa al biondo, mentre Moira continuava a mordersi nervosamente. < < Sei un idiota, Malfoy. Come è possibile che tu non riesca a capire? > > sibilò Layla con voce velenosa. Malfoy arrossì per la rabbia e l’imbarazzo.

< < Per tutti i folletti! Prova a usare il cervello > > continuò la mora con foga, ignorando l’occhiata di puro odio del ragazzo. < < Qui non sono certo questi patetici babbani a doverci preoccupare. Sicuramente ti sarà capitato di sentire le voci che circolano sempre di più ultimamente > >.

< < Quali voci? > > domandò Moira, preoccupata.

Layla sospirò esasperata, portandosi una mano sul viso. < < Sto parlando dell’Ordine della Fenice, ragazzi. Un gruppo di maghi traditori del loro sangue, ma tutti molto potenti e pericolosi. È Silente che li guida e noi tre non possiamo permetterci di sottovalutarli, almeno fino a quando non saremmo dei veri Mangiamorte > >.

< < Danno la caccia ai Mangiamorte > >proseguì Layla con enfasi, < < Molti Mangiamorte sono morti, altri sono caduti in mano loro. Davvero credete che potremmo sopravvivere ad un loro attacco? Saremmo spacciati in pochi secondi, potete scommetterci > >.

< < Con questo vuoi dire forse che dovremmo lasciar perdere e permettere a questa feccia babbana di vivere in libertà? > > sibilò con cattiveria Oliver Malfoy. Questa volta fu Layla ad incenerirlo con gli occhi. < < Mio cugino Lucius è già un Mangiamorte e non è molto più grande di me. Ha già ucciso molti babbani e io non posso essere da meno, Connors > >.

< < No di certo, Malfoy > > rispose freddamente la ragazza. < < Tuttavia, tieni a mente una cosa molto importante. Lucius Malfoy non è un idiota, lui ha raggiunto la posizione che occupa gradualmente, senza bruciare le tappe, di questo ne sono assolutamente certa. Agiremo come Lores Mine si aspetta da noi. Solo che non lo faremo qui in bella vista dove chiunque potrebbe vederci. Mine ci ha espressamente detto di combattere a modo nostro e noi lo faremo. I babbani hanno lasciato i loro strani mezzi di trasporto a poche miglia da qui. Quando smetteranno di lavorare, dovranno percorrere un lungo tratto a piedi per un sentiero dove raramente passa qualcuno > >.

Fu in quel momento che sul viso di Layla Connors si formò un ghigno malefico decisamente non da lei. Il sorriso di un predatore, tale da sconvolgere persino la sua migliore amica Moira.
La mora squadrò attentamente i due compagni prima di concludere. Layla notò che anche Malfoy iniziava ad apprezzare il suo piano.

< < Avrete notato che il sentiero passa anche attraverso un bosco nascosto da una fittissima vegetazione. Non avranno altri percorsi, dovranno per forza passare da lì. È proprio lì che attaccheremo i babbani, con il favore delle tenebre, senza testimoni e soprattutto senza il rischio di essere scoperti dai maghi dell’Ordine della Fenice. Loro attaccano soltanto i Mangiamorte per il momento, ecco perché a noi non conviene attirare troppo l’attenzione. Atteniamoci soltanto al nostro compito > >.

< < Ripulire il mondo dalla feccia babbana > > ringhiò crudelmente Malfoy. < < Questo significa che possiamo anche ucciderli, giusto Connors? > >.

Per un attimo Layla esitò, i suoi occhi quasi inconsciamente si posarono sulla giovane babbana a pochi passi da lei, del tutto inconsapevole della minaccia che si stava per abbattere su di lei e sul suo gruppo. A quanto pare anche Moira sembrava non voler essere parte di quella situazione.

Layla si fece forza, consapevole di non potersi in alcun modo mostrarsi debole di fronte ad un tipo come Malfoy. Aveva già fatto tanti sacrifici e non poteva più tornare indietro.

< < E’ meglio di no, Malfoy > > replicò la strega con voce ferma e severa. < < Come ho detto prima non dobbiamo attirare l’attenzione. Non possiamo lasciarci indietro dei cadaveri con la nostra firma, né possiamo permetterci di far scomparire nel nulla cinque babbani e vicino una delle loro città per giunta. L’Ordine della Fenice risalirebbe subito a noi > >.

< < Che cosa dobbiamo fare allora? > > chiese l’amica, con voce rotta. Forse sperava che la decisione di Layla sarebbe stata quella di lasciar perdere e in realtà in un angolo della sua mente Layla lo desiderava davvero.

< < Distruggiamo la loro sicurezza > > rispose seccamente la mora. < < Mostriamo loro cosa sia la vera paura, il terrore che solo noi maghi illuminati e purosangue possiamo scatenare. Facciamo comprendere a questi patetici esseri quanto siano inferiori rispetto a noi. Torturateli se volete, ma non uccideteli, siamo intesi? > >.

Il loro momento era finalmente arrivato.
 
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Nonostante tutta la sua passione per l’archeologia, Remi Fontaine non poteva essere più sollevata del fatto che la giornata di lavoro fosse finalmente giunta a termine. Quella sera si sentiva veramente a pezzi, ma allo stesso modo era soddisfatta per i risultati raggiunti fino a quel momento da quella spedizione di cui aveva l’onore di fare parte. Ora, però, quello che desiderava più di ogni altra cosa era il caldo e comodo letto della sua camera d’albergo dopo aver gustato un’abbondate cena. Il tragitto fino al pulmino affittato attraversava un lungo sentiero non troppo accidentato, ma ugualmente ben faticoso da affrontare dopo aver lavorato tutto il giorno. I membri della spedizione commentavano instancabili i risultati e le scoperte dello scavo, il professor Bane tra tutti si complimentava con tutti i suoi compagni, evidenziando quanto fosse importante il lavoro di ciascuno di loro. Remi si ritrovò a fissarlo ammirata, grata di aver avuto una così incredibile opportunità.

I cinque archeologi percossero in pochi minuti la prima parte di sentiero. Buona parte dell’attrezzatura era stata lasciata in una tenda montata vicino le rovine, perciò il gruppo, nonostante la stanchezza accumulata, si mosse molto velocemente. Giunsero nei pressi del fitto bosco che avevano percorso anche all’andata. Rispetto a quella mattina, però, il boschetto, ormai immerso nella più fitta oscurità, trasmetteva una sensazione di profonda inquietudine. Remi rabbrividì dopo pochi passi e si accorse che anche i suoi compagni non apparivano più tanto sereni. Tutti loro avevano a disposizione una torcia elettrica, ma questo non sembrava avere troppo effetto contro quel buio e contro quel freddo opprimente.

C’era qualcosa di strano tra la vegetazione più fitta. Remi si voltò istintivamente, come se sentisse davvero gli occhi minacciosi di qualcuno dietro di lei. Puntò ansiosamente la torcia verso il tratto completamente buio del sentiero che avevano già percorso. Non c’era nulla, ma allora perché aveva così tanta paura? La ragazza tornò a fissare il sentiero davanti a sé e con sgomento notò che i suoi compagni si erano tutti fermati. Stavano guardando qualcosa.

< < Remi > > mormorò il professore, mettendosi istintivamente davanti a lei.

Dapprima Remi pensò che fosse tutto frutto della sua immaginazione, molto probabile data la sua stanchezza. Tre ombre nere erano apparse dal nulla davanti a loro sul sentiero boscoso, tre figure incappucciate che sembravano aspettare proprio loro. Nel palesarsi, gli sconosciuti non avevano prodotto alcun rumore, la natura intorno a loro continuava a seguire ogni suo normale ciclo, come se quelle figure nere appartenessero ad un altro mondo. L’intera spedizione archeologica si bloccò dinnanzi ai tre incappucciati. La notte diventava sempre più buia e fredda, mentre i cinque studiosi si guardavano l’un l’altro con disagio e con un senso di paura crescente.

Fu il professor Bane a prendere coraggiosamente la parola puntando la sua torcia elettrica verso gli sconosciuti. < < Buonasera > > salutò con tono educato < < Sono il dottor Jonathan Bane e sono il capo di questa spedizione archeologica finanziata dall’università di Cambridge. Abbiamo l’autorizzazione a condurre importanti ricerche storiche in questa località. Avrete sicuramente sentito parlare della vecchia fortezza romana da queste parti. Noi…… > >.

< < Non siamo interessati alle vostre sciocchezze > > rispose uno degli sconosciuti con voce glaciale. Dalla voce sembrava una giovane donna.

< < Allora farete meglio a mostrarvi e a chiarire le vostre intenzioni > > ribatté energicamente un altro archeologo, sebbene l’uomo tremasse visibilmente. < < Altrimenti saremmo costretti ad allertare le autorità della zona > >.

L’unica risposta dei tre fu una risata. Una risata fredda e crudele. Adesso Remi era davvero spaventata. Lei non era per niente estranea ai pericoli, ma c’era qualcosa di strano in quella situazione. Qualcosa di brutto e oscuro. L’esperta archeologa al suo fianco, l’altra donna del gruppo, iniziò a versare le prime lacrime. Muovendosi lentamente quasi con teatralità, i tre si tolsero i cappucci. Gli archeologi rimasero sconvolti. Erano dei ragazzi, ma per qualche motivo li fissavano con un odio e una rabbia smisurata, mai vista prima.

< < Siete davvero la feccia di questo mondo, sporchi babbani > > sibilò un ragazzo biondo, osservandoli con una smorfia di disgusto. Un braccio uscì lentamente dal mantello nero. Con il buio era difficile per gli studiosi notare che cosa impugnava la mano stretta a pugno dello sconosciuto.

Anche gli altri due mostrarono il braccio destro e anche loro impugnavano la stessa cosa. La giovane donna dai lunghi capelli neri che aveva risposto per prima puntò uno strano bastoncino verso la piccola spedizione. Remi aveva letto da diversi autori che la vera paura nasceva sempre dall’impotenza più totale. Forse da lì a poco avrebbe davvero scoperto la veridicità di tale affermazione.
Il silenzio della notte venne brutalmente sconvolto da urla di terrore.
 
 
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Layla Connors scatenò senza pietà la sua magia contro l’inerme gruppo di babbani, quella stessa magia che aveva imparato con tanti sacrifici sotto la guida di uno dei migliori presidi della lunga storia di Hogwarts. Suo malgrado si chiese che cosa avrebbe pensato Albus Silente se avesse potuto vedere l’operato dei suoi studenti in quel momento. La ragazza di Serpeverde scagliò un incantesimo di impatto proprio contro il capo di quella spedizione, l’uomo che aveva osato parlare in modo arrogante, credendosi loro pari. La luce azzurra centrò in pieno lo sterno indifeso dell’uomo. L’impatto scagliò violentemente il malcapitato contro il tronco di un grosso albero. Il babbano cadde tra cespugli e roghi taglienti, ferendosi ulteriormente.

< < Professore > > urlò terrorizzata la più giovane tra i babbani. A pochi passi da lei, nel giro di pochi attimi l’altra donna del gruppo venne brutalmente ferita da Oliver Malfoy. Diverse ferite di taglio profonde e molto dolorose si aprirono in diverse parti del corpo della donna che poteva avere l’età delle loro madri. Layla riconobbe immediatamente gli effetti terribili dell’incantesimo proibito chiamato Sectumsempra.

La babbana crollò a terra urlando fino a perdere la voce. Gli altri due babbani, due uomini sulla quarantina, sebbene terrorizzati, provarono a soccorrere la compagna. Riuscirono a fare pochi passi prima di essere sollevati da terra. Furono sballottolati a mezz’aria come corpi vuoti. Con occhi sgranati, Moira Lenners muoveva la bacchetta con foga. Sembrava come impossessata da un demone, Layla non l’aveva mai vista così. Ad ogni movimento i due babbani venivano costretti a girare su sé stessi in volo, mentre i corpi sbattevano brutalmente l’uno contro l’altro. Molto presto le due vittime persero persino la forza di urlare.

< < Fermi > > urlò in lacrime la babbana dai capelli color sabbia. < < Vi prego, non fateci del male. Vi daremo tutti i soldi che volete, ma lasciateci in pace > >.

Nonostante tutta la sua determinazione, Layla provò una dolorosa stretta al cuore nell’udire quelle urla disperate, anche se non sapeva perché. Il braccio che impugnava la bacchetta tremava come non mai, forse inconsciamente il suo corpo si rendeva conto della portata di quello che stavano compiendo. La giovane Sepeverde non era nuova nel mondo del dolore, lo aveva provato e lo aveva fatto provare ad altri. Ma mai contro persone inermi, mai contro persone che non potevano difendersi contro la sua magia.

Improvvisamente si sentì sporca come mai nella sua vita. Non si sentiva illuminata e superiore come aveva creduto e sperato. Non era onnipotente, era solo meschina. Una vigliacca della peggior specie.

Con gli occhi fissi sulla babbana in lacrime, Layla scosse con forza la testa. < < Non pensarci, maledizione. È il nostro dovere, la nostra missione. Queste persone sono la feccia che insudiciano il glorioso mondo magico > >.

Dopo alcuni secondi di esitazione, la mora puntò con forza la bacchetta contro la babbana sua coetanea. Provò una nuova ondata di dolore al cuore quando scagliò un nuovo incantesimo contro di lei.

< < CHIUDI QUELLA BOCCA > > strillò fuori di sé Layla, mentre una nuova luce azzurra fuoriuscì come una saetta dalla bacchetta.

Di nuovo si trattava di una magia di impatto violento, ancora più potente di quello precedente. Layla usava spesso quell’incantesimo nei duelli magici. L’attacco colpì il viso terrorizzato della babbana, la quale dopo il violento impatto fece un’innaturale giravolta prima di crollare sul terreno erboso a diversi metri di distanza.

< < Chiudi quella dannata bocca > > ripeté Layla sconvolta, con voce falsamente tranquilla.

La bionda restò a terra muovendosi appena. C’era una brutta ferita sulla fronte della ragazza e Layla si ritrovò a fissare a bocca aperta quel lungo e profondo taglio che lei stessa aveva procurato. Il volto della babbana era già una maschera di sangue, mentre l’impatto le aveva svuotato tutta l’aria dai polmoni. Di nuovo Layla Connors provò l’istinto di urlare per l’orrore. Un orrore che lei stessa stava causando ad altri per ragioni che solo in quel momento le parvero assurde. Che cosa le avevano fatto quelle persone per giustificare una simile azione? Una parte di lei desiderava conoscere quella ragazza, non ferirla e torturarla come stava facendo? Se solo fosse nata purosangue anche lei?

Le sue riflessioni interiori erano folli, se ne rendeva conto perfettamente. Doveva proseguire la sua missione a tutti i costi. Un urlo intenso richiamò la sua attenzione, non un grido terrorizzato, ma di pura rabbia. Il capo della spedizione si era rialzato miracolosamente in piedi e con una smorfia di pura collera scolpita sul suo viso stremato e dolorante, cercò di scagliarsi proprio contro di lei. Layla fece un semplice movimento con la bacchetta, bloccando l’uomo dopo pochi passi.

Il babbano urlò per la rabbia e la frustrazione, fissando la sua assalitrice dritto negli occhi. C’era anche paura nello sguardo di quell’uomo ormai disperato e senza speranza, paura non per sé stesso, Layla lo sapeva dopo osservati tutto il giorno. Aveva visto con i suoi occhi quanto fosse legato alla sua allieva.

< < Lasciate andare la ragazza……..vi prego, lei non ha alcuna colpa > > mormorò il babbano, con voce strozzata. Il suo corpo era immobile come un blocco di ghiaccio, mentre i piedi toccavano a malapena il terreno.

Layla rispose freddamente al suo sguardo, nonostante un turbine di emozioni rischiò più volte di assalirla. < < Non sei nelle condizioni di dare ordini, sporco babbano. Il vostro destino è quello di obbedire, altrimenti tutti voi morirete. Il nostro compito qui è farvi capire questa realtà immutabile, farvi capire voi siate impotenti dinnanzi a noi. Possiamo schiacciarci come dei miseri insetti > >.

L’uomo non poté nemmeno rispondere. Con l’incantesimo di Layla ancora attivo, il corpo del capo della spedizione venne di nuovo scagliato violentemente contro il tronco di un albero, ma questa volta restò bloccato contro di esso, come se ci fosse un muro invisibile contro di lui. Non era stata Layla a scagliare quella magia, era stato Oliver Malfoy. Quest’ultimo si era avvicinato ridendo istericamente con la bacchetta alzata. La mora sapeva bene di che cosa si trattava, era un incantesimo di pressione, che concentrava una potenza crescente su specifiche parti del corpo della vittima. Malfoy aveva scelto e difatti concentrò tutta la pressione dell’incantesimo sulle gambe dell’uomo già bloccato da Layla. Il babbano urlò disperatamente per diversi secondi prima di perdere completamente i sensi.

< < Lasciatelo stare……… vi prego > > urlò la giovane babbana, piangendo. Nonostante il suo viso fosse una maschera di sangue, era comunque possibile vedere quante lacrime stesse versando.

< < Vi prego………..fermatevi. Lo state uccidendo > >.

Ignorando la vergogna e il disprezzo che provava verso sé stessa, Layla si sforzò di parlare con tutta la freddezza di cui era capace. < < Dovete capire quale sarà il vostro posto in questo mondo, voi feccia senza magia. Non vi uccideremo, dovrete considerare questa notte come una…. Una....... > >.

< < Una lezione > > completò per lei Moira Lenners, mostrando un sorriso folle.

< < Già > > confermò Layla, glaciale. < < Una lezione > >.

Oliver Malfoy si passò sadicamente la lingua sulle labbra, voleva continuare a godere della sua forza e del suo potere, Layla glielo leggeva chiaramente negli occhi. Il biondo finalmente lasciò andare il capo della spedizione, il quale si accasciò a terra ai piedi dell’albero. La sua attenzione si rivolse nuovamente alla donna che aveva colpito per prima, la quale era ancora a terra semisvenuta, continuando a perdere sangue dalle tante ferite da taglio.

Anche Moira lasciò andare le sue vittime che aveva tenuto crudelmente a testa in giù. Lanciò i corpi dei due uomini probabilmente svenuti con uno svogliato movimento di bacchetta. I due caddero violentemente a terra e Layla udì con una smorfia il suono delle ossa che si spezzavano.

< < Attenti a non esagerare. Ricordatevi che non dobbiamo ucciderli > > esclamò rabbiosa Layla, rivolgendosi soprattutto a Malfoy, il quale si avvicinava lentamente, quasi pregustando il momento, alla donna.

< < Non preoccuparti > > disse il biondo, con una sorta di cantilena inquietante. < < Voglio solo procurarmi un piccolo trofeo prima di concludere questa bellissima serata > >.

Layla vide una piccola scintilla verde iniziare a prodursi pericolosamente sulla punta della bacchetta del compagno. La mora sentì un’ondata di terribile disgusto allo stomaco. Sapeva bene quali fossero le intenzioni del compagno: stava per mozzare una parte del corpo della donna. Voleva fermarlo, voleva vomitare, voleva urlare per l’orrore che si stava consumando in quel bosco. Doveva resistere, la sua famiglia contava su di lei.

Si ritrovò a fissare nuovamente la giovane babbana ai suoi piedi. Sbatté le palpebre per lo stupore, perché la babbana dai capelli color sabbia la stava fissando intensamente. Era in ginocchio, ferita, spaventata e disperata. Eppure i suoi occhi erano ancora accesi, colmi di un coraggio che Layla proprio non riusciva a capire. Il loro obiettivo era proprio quello di sottrarre ai babbani ogni speranza, ma la più giovane sembrava ancora pronta a resistere.

< < Questa ragazza è come me > > ma con orrore quel pensiero le sembrò assurdo e schifosamente falso. Non era vero, quella ragazza non era come lei. Non più, non dopo quello che aveva appena compiuto.

Piena di orrore e di un rimorso mai provato prima, Layla tornò ad osservare Malfoy. Il mago purosangue aveva finalmente fatto la sua macabra scelta, stava per mozzare il braccio destro della donna ferita gravemente. Layla voleva fermarlo, ma senza compromettere la sua posizione e il suo futuro come strega purosangue. In quel momento di drammatica esitazione, Layla Connors non si accorse minimamente della furia inaspettata che si apprestava a scatenarsi contro di lei. Quando si rese conto del pericolo era già troppo tardi.

Con uno scatto fulmineo, la babbana chiamata Remi Fontaine si avventò su di lei mostrando, oltre ad un coraggio straordinario, un’incredibile resistenza ed energia. Afferrò il braccio destro della maga, proprio quello che impugnava la bacchetta e lo tenne bloccato sotto l’ascella. Poi con precisione e rapidità mosse il palmo della mano sinistra contro il gomito dell’avversaria. Il braccio di Layla si spezzò come un ramoscello, mentre la mano lasciò andare la bacchetta.

Layla Connors non aveva mai provato un dolore simile. Per la sorpresa e il terribile dolore urlò al cielo, senza contare che la furia della giovane babbana non si era ancora arrestata. La bionda non le diede tregua, caricò un pugno che centrò in pieno la mascella dell’assalitrice. La bionda era ferita e stremata, ma il colpo fu abbastanza per stordirla. L’azione disperata della ragazza durò soltanto pochi secondi. Nell’osservare quell’incredibile reazione, Oliver Malfoy si immobilizzò con la bacchetta, che un attimo prima sembrava pronta a ferire irrimediabilmente la donna incosciente. Remi non mostrò alcuna esitazione, dando fondo alle sue ultime energie. Sfruttò il poco spazio che aveva a disposizione e la sorpresa del momento. Il torace di quel sadico individuo era completamente scoperto, perciò caricò un calcio con tutta la brutalità di cui era capace. Lo prese proprio allo stomaco e Layla fu certa che quel calcio spezzò diverse costole al suo compagno Serpeverde.

Questa volta fu il turno di Malfoy di urlare per un dolore lancinante e anche lui perse immediatamente il possesso della bacchetta. Layla osservò completamente scioccata la ragazza babbana completare la sua temeraria azione suicida. Si strinse il polso destro con l’altra mano e con un ringhio di pura rabbia assestò al biondo una violentissima gomitata. Olivier Malfoy cadde all’indietro con un urlo silenzioso, mentre il sangue fuoriusciva copiosamente da naso e bocca. Il silenzio tornò dopo quei pochi secondi di pura follia. La coraggiosa babbana ansimava sconvolta, chiaramente senza più alcuna energia. C’era una traccia di soddisfazione sul suo viso stremato.

< < Purtroppo per voi, schifosi bastardi, ho seguito molti corsi di autodifesa e sono cintura nera di karate > > parlò ansimando, non rivolgendosi a nessuno in particolare, come se sapesse quali sarebbero state le conseguenze delle sue azioni.

Moira Lenners, ripresasi dalla sorpresa, puntò meccanicamente la bacchetta contro la giovane babbana ormai inerme. Non ebbe il tempo di fare nulla perché un ennesimo grido di rabbia selvaggia scosse il paesaggio solitamente calmo e sereno di quel bosco.

< < CRUCIO > > ruggì Layla Connors, con il braccio sinistro, puntando con occhi terrificanti la bacchetta contro la giovane babbana.

La sua vittima urlò con gli occhi fuori dalle orbite, cadendo a terra come una bambola spezzata. Remi si rotolò, agonizzante sul terreno mentre la giovane Serpeverde continuava imperterrita la tortura. Quelle urla di immane sofferenza ebbero l’effetto di sconvolgerla come non mai, era la prima volta che usava quell’incantesimo. Per un attimo lo aveva voluto veramente, ma subito dopo l’orrore più profondo si impadronì di lei.

Ciò nonostante Layla non si arrischiò ad interrompere la maledizione senza perdono. Aveva agito di impulso, spinta dalla rabbia e dallo choc del momento, ma ora si sentiva la più sporca e meschina delle creature. Eppure mantenne attivo l’incantesimo di tortura osservando con occhi sgranati l’agonia di quella ragazza che si era dimostrata più forte e coraggiosa. Alla fine riuscì faticosamente ad interrompere la maledizione, mentre Remi Fontaine continuava a tremare e a divincolarsi pur avendo perso conoscenza. Sconvolta e sull’orlo delle lacrime, Layla lasciò cadere la bacchetta a terra, osservando raggelata la ragazza ai suoi piedi.

Con sgomento si rese conto in quel momento che aveva iniziato a provare un senso di ammirazione per una persona che doveva invece odiare per natura senza esitazione. Layla voleva disperatamente aggrapparsi al pensiero di aver agito per un fine più grande, ma niente appariva più falso nella sua mente. Non c’era perdono o redenzione per la tragedia si era appena consumata durante quella notte maledetta, nessun grande discorso e nessun insegnamento della sua famiglia avrebbe mai potuto cancellare la sua colpa. Nel frattempo, Oliver Malfoy si era rialzato a fatica e traballante. Il setto nasale era rotto e il sangue colava copiosamente fino ad imbrattare il costoso mantello nero. Con entrambe le mani il ragazzo si teneva lo stomaco, cercando di controllare il lancinante dolore per le chissà quante costole spezzate.

< < Questa bastarda……… questa schifosa feccia………….come ha osato farmi questo? > > parlò a fatica, tremante per il dolore, ma c’era anche una collera omicida riflessa sui suoi occhi chiari. Sotto gli occhi sconvolti di Layla, recuperò la bacchetta.

< < MALEDETTA > > ruggì Malfoy, con un’espressione sul volto decisamente folle. < < Questa sudicia babbana senza valore. La ucciderò………..LA FARO’ A PEZZI > >.

Si avvicinò con uno sguardo di puro odio alla ragazza stesa a terra. Layla osservò la scena tremando per la paura e il rimorso, non sapendo più come agire. Tutto era precipitato, niente era andato come previsto. A quel punto dovevano uccidere i babbani perché una di loro si era ribellata contro di loro, un affronto che dei maghi purosangue non potevano perdonare.

Sarebbe diventata un mostro peggiore di quanto già fosse……….una crudele assassina oltre che una torturatrice. Non sarebbe mai più potuta tornare indietro, ma almeno avrebbe difeso con successo il suo sangue di mago. Sarebbe diventata una Mangiamorte. Era giusto per lei sacrificare i suoi sentimenti per un disegno più grande? Una Connors non poteva permettersi di provare simpatia o dispiacere per un essere inferiore.

Malfoy alzò la bacchetta preda di una follia inarrestabile e la puntò contro la ragazza svenuta. Layla Connors scattò senza pensarci, senza riflettere. Si gettò agilmente sull’erba recuperando la sua bacchetta con il braccio integro, per poi puntarla decisa contro il compagno furioso. Lei era capace di lanciare incantesimi anche con la mano sinistra e la babbana, a cui ora stava incredibilmente per salvare la vita, lo aveva appena sperimentato a sue spese.

< < AVADA……… > >.

< < MALFOY > >.

Oliver si girò di scatto verso di lei preso dalla sorpresa. < < Non provarci > > sibilò Layla, minacciosa e glaciale.

Malfoy la squadrò scioccato e furioso al tempo stesso. In preda ad una collera selvaggia, il giovane mago non chiese spiegazioni, invece rivolse rabbiosamente la bacchetta contro Layla, ma lei fu più veloce.

< < STUPEFICIUM > > ruggì prontamente la mora con rabbia.

La luce rossa colpì in pieno la parte già ferita dello stomaco di Malfoy. Quest’ultimo volò all’indietro spinto dalla forza dell’incantesimo sbattendo la schiena contro una roccia e cadendo poi bruscamente oltre il sentiero boscoso. Il corpo di Malfoy scomparve tra la vegetazione e pur non potendo vedere a pieno il risultato del suo attacco Layla fu certa di averlo ferito gravemente, anche se gran parte del merito restava della ragazza babbana. Una voce imperiosa nella sua testa le disse di aver finalmente agito per il meglio. La prima volta da chissà quanto tempo. Ma non era ancora finita.

Alle sue spalle Moira la guardava scioccata, incapace anche solo di pensare ad una reazione. Forse anche lei era sconvolta per aver torturato delle persone innocenti, ma Layla non poteva esserne sicura. Ormai la mora aveva deciso e non c’era più modo di tornare indietro. Layla si voltò in direzione dell’amica. Le due ragazze restarono immobili ad osservarsi per alcuni secondi.

Fu Layla a non esitare oltre. < < PIETRIFICUS TOTALUS > > gridò decisa, puntando la bacchetta contro l’ultima persona rimasta in piedi in quel bosco degli orrori. Il corpo di Moira Lenners si bloccò di colpo, cadendo sull’erba come un blocco di marmo.

Il silenzio tornò finalmente a regnare nel bosco. Layla Connors tornò inginocchiarsi accanto al corpo di Remi, tenendosi il braccio rotto con la mano sinistra e respirando faticosamente. Ascoltò attentamente gli inconfondibili e rilassanti suoni della natura, pur non trovando alcun conforto in essa.

Con una risata isterica Layla osservò i corpi di tutte quelle persone, poi finalmente si lasciò andare in un pianto disperato.
 

 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Accettazione e rinascita ***


CAPITOLO 11
 
 
Accettazione e rinascita
 
Ottobre, 1977
Contea del Lancashire, Inghilterra
Tenuta Connors


 
Le grandi famiglie dei maghi purosangue erano famose in tutto il mondo magico per il loro grande bisogno di ostentazione in uno sfrenato amore verso il lusso e la ricchezza. In Inghilterra erano tante le casate che si vantavano di un potere del genere considerato quasi come divino, nato nella maggior parte dei casi dalla storia e dalla leggenda di maghi e streghe dell’antichità. Anche la grande tenuta della famiglia Connors rispettava fedelmente questi canoni, la cui origine travagliata risaliva alle oscure vicende di alcuni dei seguaci più stretti di Salazar Serpeverde in persona.
Con il passare dei secoli il potere della stirpe dei Connors si era incrementato sempre di più, portandoli inevitabilmente e in breve tempo alla vetta del mondo magico. La tenuta era stata fondata agli inizi dell’Ottocento ed era composta da due grandi edifici a quattro piani, molto simili l’uno all’altro. Entrambi erano stati costruiti con uno stile estremamente sfarzoso ed elegante con una quantità enorme di stanze con arredamenti dorati e di lusso. I due edifici della tenuta si affacciavano su un bellissimo giardino curato alla perfezione. Il terreno di proprietà dei Connors si estendeva per alcune miglia fino ad una vicina foresta, che segnava anche il confine con la contea del North Yorkshire.

Novus Connors aveva ereditato questa immensa fortuna immobiliare dal padre e nel rispetto della famiglia e del nome che portava, aveva proseguito la tradizione espandendo il potere finanziario della famiglia. La posizione che ricopriva da più di trent’anni era di massimo rilievo non soltanto all’interno della comunità inglese, ma in tutto il mondo magico. Il capostipite della famiglia Connors ricopriva il prestigiosissimo incarico di funzionario di alto rango alla Banca Gringott e da qualche anno era entrato a far parte persino del supremo consiglio di amministrazione. In breve le decisioni che muovevano in qualsiasi modo il denaro in tutto il mondo magico passavano da lui e da quelli che ricoprivano il medesimo ruolo. A niente erano giunte le diverse inchieste che nel corso degli anni avevano tentato di far luce su affari poco leciti. La mancanza di prove o molto più semplicemente il prestigio dei purosangue aveva quasi sempre oscurato la verità.

I quattro figli di Novus Connors erano cresciuti secondo la disciplina dei maghi purosangue. Molti agi, un lusso sfrenato, i migliori vestiti e tutto ciò che si poteva desiderare. Tutto questo nella visione indiscutibile che poneva tutti loro come parte di una razza superiore destinata a dominare ogni forma di vita. Non erano uguali agli altri, pertanto dovevano vivere come nessuno altro poteva sperare di fare.

Il familiare schioppo di un incantesimo di smaterializzazione spaventò i numerosi passeri, che dimoravano tranquillamente sul curatissimo manto erboso della tenuta. Nel bel mezzo del giardino era comparsa una ragazza alta e atletica dai capelli lunghi e neri. Era l’unica, insieme agli altri tre signorini della tenuta, che poteva effettuare una smaterializzazione completa superando indenne il potente scudo magico messo a protezione del regno dei Connors, soprattutto dagli ignari occhi di babbani e nemici di ogni sorta. Layla Connors respirava affannosamente per la fatica, non potendo trattenere un lamento di dolore. Il braccio destro le faceva un male d’inferno, ma non era niente in confronto a quanto era accaduto qualche giorno prima in quella radura. Erano passati tre giorni dalla sua prima e probabilmente ultima notte di scorrerie contro dei babbani inermi. Con passo deciso si mosse verso la grande casa dove era cresciuta, passandosi la mano sinistra sulla fasciatura di fortuna al braccio destro.

Aveva provato a guarire la frattura con i pochi incantesimi di guarigione che conosceva e sebbene il dolore fosse meno intenso rispetto alla prima nottata, questo non faceva altro che ricordarle tutti gli avvenimenti che si erano scatenati in pochi minuti di scontro. Le scappò un piccolo sorriso riflettendo sul fatto che le assurde abilità corpo a corpo della babbana chiamata Remi avevano superato di gran lunga gli effetti del suo incantesimo di guarigione dato che il dolore era ancora così intenso. A quel sadico stronzo di Oliver Malfoy era andata molto peggio e la cosa le trasmetteva una certa soddisfazione.

A parte i molti poveri elfi domestici in servizio, nella tenuta molto probabilmente c’erano soltanto i suoi genitori. Sua sorella Avis frequentava ancora Hogwarts, mentre i suoi fratelli maggiori erano dispersi chissà dove, per combattere una guerra che sarebbe dovuta essere anche la sua. Almeno fino a pochi giorni prima. Lalya non sentiva né paura né nervosismo mentre puntava la bacchetta contro l’elegante porta d’ingresso della secolare casa del padre. Scatenò una piccola folata di vento che bastò a spalancare il portone d’ingresso al suo passaggio. Gli elfi domestici trasalirono spaventati.

Per la prima volta Layla si ritrovò a fissare colma di rabbia la condizione di quelle creature. Era come se avesse finalmente aperto gli occhi sulla realtà che la circondava. Gli elfi domestici erano tutti magri e indossavano un indumento sudicio e sporco. Nessuno di loro ebbe il coraggio di protestare o farsi avanti. Tutti tranne uno, ma Layla non ne rimase troppo sorpresa. Si trattava dell’elfo domestico più anziano tra quelli a servizio della famiglia Connors. Il vecchio e fedele Jink non cercò di fermarla, eppure con umiltà e coraggio cercò di farsi sentire da lei.

< < Padroncina Layla……… è bello rivedervi dopo tanto tempo > > disse l’elfo, con voce rauca.

< < Non ora, Jink. Non sono dell’umore giusto > > esclamò la mora, più bruscamente di quanto avesse voluto.

Nonostante tutti gli insegnamenti sul fatto che gli elfi domestici fossero da considerarsi soltanto dei miseri schiavi a servizio delle famiglie dei maghi purosangue, Layla aveva sempre provato tanto affetto e gratitudine per Jink. Se doveva essere sincera con sé stessa, il vecchio elfo domestico aveva sempre accudito lei e sua sorella Avis con il massimo amore e la massima dedizione. I suoi fratelli erano i peggiori e solo ora a distanza di anni Layla rabbrividiva al ricordo di tutti i soprusi e di tutte le umiliazioni che quelle strane creature subivano e continuavano a subire ogni giorno.

< < Perdono, padroncina. Jink desidera soltanto….. > >.

< < Va bene, non importa, Jink > > lo interruppe Layla, più calma. Sorrise calorosamente < < Sono solo molto di fretta, ma anche per me è un piacere rivederti > >.

Il vecchio elfo abbozzò un piccolo sorriso stanco. Layla si abbassò per guardarlo attentamente. < < Sai dove si trova mio padre, Jink? È molto importante che io parli subito con lui > >.

< < Il padrone Novus è nel suo studio. Ha ordinato di non essere disturbato fino a quando non rientrerà la padrona vostra madre. Jink non ha nemmeno osato portargli da mangiare come fa sempre per paura della sua ira. Se posso, padroncina, non dovreste disturbare vostro padre. Sapete bene quanto può essere terribile la sua rabbia > >.

Layla rise senza alcuna allegria. < < Fidati di me, Jink. In questo momento io sono molto più adirata di lui e ho ben motivo per esserlo. È passato il tempo della paura, non sono più la bambina che accudivi molti anni fa, Jink. Adesso il mio caro vecchio padre dovrà darmi qualche spiegazione, che gli piaccia o no > >.

La ragazza sorrise amabilmente di fronte all’espressione sinceramente preoccupata del vecchio elfo. Solo in quel momento si pentì davvero di tutte le volte che era stata terribilmente spietata con lui. Ultimamente cominciavano ad essere davvero tanti i ricordi del suo passato che affioravano uno dopo l’altro, alimentando in modo quasi soffocante il suo senso di vergogna e di disagio.

< < Non preoccuparti per me, Jink. Me la caverò come sempre. Ciò che importa è che voi elfi non subirete alcuna punizione per le mie azioni. Hai la mia parola > > lo rassicurò Layla, carezzando delicatamente il capo rugoso del vecchio elfo.

Si rialzò in piedi, mentre il suo viso tornava ad essere una maschera di rabbia e di mortale freddezza. < < Ora, ti prego, torna in cucina. Tra poco in questa casa si scatenerà una piccola baraonda e non voglio che ne restiate coinvolti > >.

Non indugiando oltre e ignorando i richiami spaventati di Jink alle sue spalle, Layla tornò a percorrere gli ampi corridoio di quella casa dove era cresciuta. Lo studio di suo padre era al secondo piano. Quando era una bambina quel posto le era sempre sembrato come un mondo a parte, un luogo proibito. Per tutta la sua infanzia suo padre aveva sempre proibito severamente a tutti i suoi figli l’ingresso in quella stanza. Una volta una Layla ancora bambina cedette alla curiosità e in seguito fu brutalmente punita per aver trasgredito a questa regola assoluta. In quell’occasione suo padre l’aveva costretta a dormire due notti intere fuori al freddo e se non fosse stato per le premurose attenzioni di Jink, probabilmente lei sarebbe morta assiderata o di fame. Quel ricordo era ancora un trauma per lei, ma non tale da fermarla in quello che stava facendo. Il peggio era che quel terribile episodio l’aveva portata anche a sviluppare un odio profondo verso la madre. Sebbene Layla sapesse che sua madre desiderava realmente intervenire per aiutarla, alla fine non lo aveva fatto. La paura l’aveva frenata come sempre.

Ora, però, Layla Connors non necessitava più dell’aiuto di sua madre. Non era più una bambina costretta a subire il freddo implacabile della notte per la minima sciocchezza. Era finalmente arrivata la resa dei conti. Lo studio del padre era certamente la stanza più elegante e curata dell’intera tenuta, degna dei locali e degli uffici più importanti e prestigiosi della Banca Gringott. Arrivata dinnanzi la maestosa porta dorata dello studio, la giovane strega agitò rabbiosamente la bacchetta con il braccio sano e nell’istante successivo la porta si aprì schiantandosi bruscamente sulla parete.

Norvus Connors scattò in piedi dalla sedia allarmato, alzando gli occhi dai documenti che stava leggendo con un’espressione di totale sbigottimento. Il capostipite dei Connors era ancora un uomo forte e vigoroso nonostante l’età. I capelli erano corti e bianchi, ma ben curati e pettinati. Era vestito con un’elegante e comoda vestaglia di seta arancione. Quando l’uomo si accorse chi fosse la furia appena entrata si calmò, risedendosi con fare altezzoso dietro l’ampia scrivania di mogano sistemata davanti una raffinata ed accurata libreria.

Suo padre osservò la figlia perplesso per qualche nascondo, prima che la sua abituale freddezza tornasse a scolpire il suo volto severo pieno di disprezzo verso il prossimo.

< < Sapevo che mandarti in quella scuola maledetta si sarebbe presto rivelato un errore, Layla > > esordì Novus, con voce glaciale. < < Questa vergognosa intrusione è l’esatta dimostrazione che quel posto popolato dalla peggiore feccia porta avanti degli insegnamenti pericolosi e immorali, come la perdita del rispetto che si deve al proprio padre. Dimmi hai forse perso il segno, figlia? > >

< < Perdona i miei modi bruschi, padre > > rispose Layla, con un fare estremamente arrogante. Lei stessa trovò incredibile il fatto che il padre non si fosse ancora scatenato. Si accomodò, senza aspettare alcun permesso su una delle poltroncine in pelle.

< < Questo posto è rimasto sempre lo stesso > > osservò Layla, squadrando con disprezzo quella sfarzosa stanza di lavoro. Non poté evitare di rivedersi bambina, terrorizzata ed impotente di fronte alla terribile ira del padre.

Novus incrociò le dita sulla scrivania, studiando attentamente ogni singolo comportamento della figlia. < < Ora ne ho la certezza. Hogwarts è stata dannosa come non mai per la tua educazione. Ho sempre saputo che quel posto governato da maghi traditori e falsi idealisti ti avrebbe presto fuorviato. Guardati, è evidente come tu abbia perso la retta via. Hai forse dimenticato il rispetto che devi a me? Il rispetto che devi alla stirpe a cui appartieni? > >.

< < La retta via > > ripeté la giovane, con un sorriso amaro carico di tristezza. < < Mi spiace deluderti, padre, ma la retta via di cui parli non l’ho mai imboccata. Grazie ai tuoi amorevoli insegnamenti ho perso già molto tempo fa ciò che c’era di buono nella vita e ora con ogni probabilità sono dannata per l’eternità. Nemmeno Hogwarts è riuscita a cambiarmi > >.

< < Non ho mai tollerato il tuo odioso atteggiamento da ribelle, Layla e non lo tollero soprattutto quando ci troviamo sotto questo tetto. Sono stato chiaro? > > domandò il padre con una punta di rabbia, pericolosamente pronto ad esplodere.

< < Piuttosto, non dovresti essere là fuori come i tuoi fratelli a difendere l'onore e il sangue puro dei maghi? Spero per il tuo bene che tu abbia una valida spiegazione dietro questo tuo atteggiamento > >.

Layla squadrò il padre con altrettanta collera, ma cercò di mascherarla il più possibile. Era venuta fin lì per ottenere delle risposte. Era da una vita che aspettava quel momento. Suo padre, però, non la lasciò parlare. < < Dovresti essere là fuori a guadagnarti il tuo posto come Mangiamorte. Presto il mondo magico si libererà di tutta la feccia e tu dovrai stare dalla parte di coloro che parteciperanno concretamente a questa purificazione > >.

< < Altrimenti? Cosa mi succederà? > > chiese Layla freddamente, senza scomporsi.

Per la prima volta il padre perse davvero la pazienza. < < ALTRIMENTI? HAI PERSINO IL CORAGGIO DI CHIEDERE > > tuonò fuori di sé, alzandosi in piedi.

< < Mi sembra una domanda legittima invece, padre. Per tutta la vita tutti noi non siamo stati altro che burattini nelle tue mani. Hai sempre disposto dei tuoi figli come più ti aggradava, senza mai lasciarci la benché minima possibilità di scelta e questo che cosa ha portato? Ora molto probabilmente i miei fratelli saranno già degli assassini. Io vorrei evitare questo destino, padre, se ovviamente sono ancora in tempo > >.

< < Con queste parole getti fango sulla tua stessa famiglia, Layla. Ti ho educato secondo i principi di Salazar Serpeverde, io non ti permetterò di calpestarli > >.

Layla ignorò tranquillamente lo sfogo del padre. < < Non hai risposto alla mia domanda, padre? Quale sarebbe il mio destino se non seguissi il cammino che hai scelto così gentilmente per me fin da prima che io nascessi? > >.

< < Vuoi davvero saperlo, stupida ragazzina? > > sbraitò il padre, ormai del tutto furioso. < < Se hai davvero intenzione di ribellarti, porterai soltanto vergogna e disonore alla nostra razza di maghi purosangue e alla nostra famiglia. Non ti permetterò di farlo, Layla, anche a costo di ucciderti con le mie stesse mani. Non farai più parte di questa famiglia e non godrai mai più delle enormi ricchezze e dei prestigi che ho accumulato con le mie sole forze nel corso di tutti questi anni. Diventerai un relitto della società, Layla, come la feccia immonda che dovresti estirpare senza pietà. Ecco quale sarà il tuo destino, stupida mocciosa > >.

Lalya non aveva mai visto suo padre così furioso, era del tutto fuori controllo. Eppure la cosa non la turbava minimamente, al contrario la giovane iniziava a provare una certa soddisfazione nell’essere riuscita a sconvolgere quella freddezza crudele che tanto l’aveva tormentata in passato. Non c’era più una bambina indifesa e finalmente l’illustre Novus Connors era costretto a mostrare la sua vera identità di fronte la sua stessa figlia.

< < Davvero un destino allegro > > commentò la ragazza, ironica.

Suo padre la guardò scioccato, tremante di rabbia. < < Tu…..tu…come osi? > > balbettò l’uomo, ansimando rumorosamente.

Layla sorrise con calore. < < Adesso cerca di calmarti, padre. Non sono venuta qui per ascoltare i tuoi deliri. C’è qualcos’altro che devo chiederti ed è molto importante > >.

< < E per favore, padre, non provare niente di stupido. Te ne pentiresti all’istante > > aggiunse glaciale, mentre osservava ogni mossa del padre.

Quest’ultimo continuò a respirare a fatica per la rabbia e forse anche per un senso di impotenza che non aveva mai provato di fronte alla figlia. La mano dell’uomo tremava visibilmente e dopo qualche minuto di incertezza provò goffamente ad afferrare la bacchetta. Layla se lo aspettava e reagì fulminea. Aveva combattuto così tanti duelli a scuola, alcuni dei quali particolarmente violenti. Era estremamente forte ed allenata, sicuramente molto di più rispetto ad un uomo abituato a sbraitare ordini dietro una scrivania. La sua bacchetta si volatilizzò sulla mano sinistra in un istante. Il braccio destro le faceva malissimo, ma Layla rispose pronta e decisa alla minaccia.

< < Experliarmus > > ruggì decisa. Il padre non fece nemmeno in tempo a puntarle contro la bacchetta, che venne immediatamente disarmato. La luce azzurra colpì con forza il polso del mago costringendolo ad una violenta torsione. Probabilmente il polso si ruppe all’instante. L’uomo strillò per il dolore, imprecando come una belva ferita.

< < Maledetta > > gridò Novus Connors, sputacchiando sulla scrivania. Pazzo di dolore l’uomo si teneva il polso ferito con una mano. < < Pagherai caro questo affronto, Layla. Giuro sul mio onore che la pagherai. Ti farò dare la caccia, ti renderò la vita un inferno > >.

< < Non c’è alcun onore in te, padre > > ribatté freddamente la Serpeverde, senza scomporsi. < < Forse dopo oggi imparerai a tue spese che l’onore di cui parli l’hai già perduto molto tempo fa. Ma ora torniamo a noi se non ti dispiace. C’è un’ultima domanda che devo farti, prima di concludere questa nostra allegra riunione di famiglia > >.

Adesso Layla lo vedeva con certezza: gli occhi scuri del padre non erano così sconvolti soltanto per la rabbia e il dolore. Erano occhi spaventati e il fatto di essere lei la causa di quel terrore scatenava nel suo animo un turbine di emozioni difficile da descrivere.

< < E’ una domanda che mi ossessiona da giorni > > continuò la giovane, rinfoderando la bacchetta. < < Per questa ragione gradirei una risposta sincera da parte tua > >.

< < Che cosa vuoi sapere, maledetta ingrata? > > ringhiò Novus Connors, tremante.

Layla fissò il padre dritto negli occhi con un’espressione glaciale, che tentava miseramente di mascherare il terribile rimorso per le azioni commesse. In un certo senso la giovane strega sperava che il padre potesse darle una qualche giustificazione per tutta quella follia in cui lei si era ritrovata coinvolta. Interiormente ammise che era una speranza debole e soprattutto offensiva verso le persone che aveva ferito. Pensò a Remi. Al coraggio che la ragazza aveva dimostrato per difendere la sua vita e quella dei suoi compagni. La sua mente, però, la costrinse anche a ricordare le terribili urla della ragazza quando la sua bacchetta aveva prodotto il più meschino e terribile incanto mai inventato: l’incantesimo proibito della tortura. Più ci pensava e più diventava terribilmente certa che non poteva esserci perdono o redenzione per ciò che aveva fatto.

< < Perché li odiamo così tanto, padre? > > chiese alla fine la giovane dopo un momento di riflessione, abbassando lo sguardo.

Il padre non capì. < < Cosa vuoi dire? Stai delirando > >.

< < I BABBANI > > urlò rabbiosamente Layla, facendo trasalire l’uomo. < < I babbani, maledizione. Li abbiamo sempre odiati e disprezzati. Diamo loro persino la caccia………li torturiamo e arriviamo persino a ucciderli. Voglio sapere perché? Che cosa ci hanno fatto per meritare tutto questo? Non sanno nemmeno della nostra esistenza in questo mondo. Allora perché? Voglio sapere il senso di tutto questo > >.

Studiò attentamente l’espressione corrucciata del padre. La sorpresa di quest’ultimo, però, durò poco e con sgomento della figlia Novus Connors scoppiò in una risata fragorosa priva di allegria. < < Di tutte le domande, Layla > > sbraitò il vecchio mago, in quella risata maligna < < Una domanda così stupida e infantile. Eppure dovresti conoscere bene la risposta. Vi ho insegnato tutto…….a te e ai tuoi fratelli su come funziona questo mondo, ma a quanto pare  forse hai dimenticato tutto. Ti chiedi perché li odiamo? Semplicemente perché sono degli esseri inferiori, Layla. Non possiedono l’enorme potere offerto dalla magia. Sono rozzi e ignoranti. I babbani sono come delle bestie da marchiare e schiavizzare. La nostra volontà deve definire il loro destino, perché la natura ha imposto questo equilibrio > >.

< < La natura li ha resi così, ragazzina > > continuò il padre, sorridendo crudelmente. < < Noi maghi siamo esseri illuminati e superiori, proprio perché possediamo questo potere divino. Di conseguenza è nostro dovere assicurare che questo mondo non venga insudiciato dalla feccia immonda. Dovresti provare vergogna verso te stessa, Layla, anche solo per aver provato il benché minimo dubbio su ciò che sei. Nessun mago purosangue deve mai provare ripensamenti, con le tue azioni stai insultando la magia e quello che rappresenta > >.

Layla non rispose subito. Tremò in modo incontrollabile.  Finalmente c’era una risposta a tutti i suoi dubbi. Non c’era niente di nuovo in quel discorso folle. Riflettendoci bene le parole del padre riassumevano quel modo di vivere che aveva abbracciato fin da quando era una bambina. Questa era la filosofia che l’aveva portata a commettere delle azioni imperdonabili. Paura e orrore si impadronirono di lei.

< < Hai mai incontrato un babbano con i tuoi occhi, padre? > > chiese ancora, a voce estremamente bassa quasi timorosa.

< < Che cosa? > > ribatté il padre rabbiosamente.

< < Ti sto domandando, padre > > disse la giovane, alzando la voce e fissando il padre dritto negli occhi con l’animo pieno di rancore. < < Se hai mai incontrato un babbano con i tuoi occhi? Se hai mai interagito direttamente con uno di loro? > >.

Era arrivato il momento decisivo. Layla doveva sapere la verità, solo così avrebbe potuto reagire ai tormenti del suo animo o almeno avrebbe potuto provarci. Sul volto arrossato di Novus Connors si dipinse un’espressione di puro disprezzo. Layla si chiese se tutto quell’odio fosse davvero rivolto soltanto ai babbani. Forse le persone come lei, che agli occhi di uno come suo padre apparivano come dei veri e propri traditori del proprio sangue, diventavano ancora più pericolosi e disprezzati. Molto presto lei sarebbe divenuta niente più che una reietta per il padre, una persona da torturare e uccidere senza pietà. Un brivido le percorse la spina dorsale di fronte quello sconfinato odio.

< < Mi chiedi se ho mai interagito con loro? > > esclamò l’uomo, con un ghigno terribile. < < Certo, mi è capitato molto spesso di farlo, ma non nel modo in cui tu credi. Forse credi nella tua follia che io abbia mai provato a ragionare con loro, ad avere un contatto che non fosse altro che dar loro la caccia per ucciderli come bestie da macello > >.
Layla si sentiva sconvolta come mai nella vita, sebbene i suoi timori più profondi si stessero pian piano avverando.

< < No, mia cara > > continuò l’anziano mago. < < Non ho mai avuto contatti di questo genere con nessuno sporco e sudicio babbano. Mi sono sempre limitato a schiacciarli come i miserabili insetti che sono e continuerò a farlo per il resto dei miei giorni. Questo mondo apparterrà molto presto unicamente ai maghi, ossia ai più forti come la natura stessa comanda. Per un momento pensavo…….speravo che anche tu potessi far parte di questo glorioso progetto, Layla. La conquista di ciò che ci spetta di diritto, niente è più glorioso di questo. Ricorda, figlia, io odio e disprezzo ancora di più chi rinnega il proprio sangue  e il proprio potere come stai facendo tu ora. Perciò rifletti bene su cosa stai per fare, ne va del tuo futuro e della tua vita. Sei ancora in tempo per tornare sulla retta via, possiamo ancora far finta che questa spiacevole discussione non sia mai avvenuta > >.

Per un terribile secondo Layla Connors sentì il cuore fermarsi. Era una sensazione angosciante, ma almeno finalmente tutta la verità su ciò che era stata la sua vita fino a quel momento le si presentò brutalmente davanti agli occhi.

< < Tutto questo odio, tutta questa rabbia. Tutto senza una ragione, senza una stramaledetta ragione. Odiamo e uccidiamo i babbani solo perché esistono e perché sono così diversi da noi. Può esistere un male così spaventosamente assurdo? > >.

Il volto coraggioso e sofferente di Remi Fontaine si ripresentò con prepotenza nella sua mente. Per certi versi una parte di Layla aveva sinceramente sperato che il padre potesse realmente offrire una qualsiasi motivazione plausibile per tutta quella follia. Un motivo che potesse rasserenare per quanto possibile il suo animo tormentato, ma allo stesso tempo ciò la faceva sentire ancora più sporca. Nonostante le azioni che aveva commesso, nel suo inconscio Layla cercava una qualche giustificazione, una scappatoia. Ma ora non più. Non si sarebbe mai più schierata dalla parte di un male così grande. Al contrario era pronta a combatterlo in ogni modo possibile, facendo forse ammenda per i suoi crimini. Suo padre non sapeva che in realtà lei aveva già iniziato il suo percorso di redenzione.

Layla si alzò lentamente con in volto un’espressione di ferrea determinazione. Squadrò il padre con una freddezza tale da farlo tremare visibilmente.

< < Ho avuto la conferma che cercavo. Le nostre strade si dividono per sempre, padre. Qui ed adesso, in questa casa dove per anni hai tormentato e fuorviato i tuoi stessi figli > > disse la giovane, calma e glaciale.

< < Non osare……… > > sibilò il padre, tremante di rabbia, ma anche di paura.

< < So bene che state per scatenare una guerra folle e terribile. Voi pazzi furiosi porterete morte e distruzione nel nostro mondo e per tutta la vita mi resterà la macchia di aver partecipato anche se brevemente a tutta questa follia > >.

< < Come osi….. > > sibilò Novus, tremando per la collera.

< < Arrivati a questo punto c’è solo una cosa che posso fare > > lo interruppe Layla, per nulla turbata. < < Non so cosa mi riserverà il futuro, padre, ma so che se ne avrò la possibilità, io vi combatterò con tutte le mie forze. Diventerò il vostro incubo, vi darei la caccia fino a quando non avrò distrutto tutto ciò che rappresenti, fino a quando i bastardi della tua risma non potranno nuocere a nessun innocente. Questa è una promessa, Novus Connors > >.

Ancora una volta il mago purosangue cercò di afferrare la bacchetta. Layla lo anticipò facilmente con un fulmineo ed elegante movimento di polso. Questa volta la luce azzurra del suo incantesimo, colpendo in pieno la spalla destra dell’uomo, costrinse il corpo di quest’ultimo ad un violentissimo schianto contro l’elegante libreria dorata alle sue spalle. Una notevole quantità di libri cadde rovinosamente sul corpo del padre urlante, il quale iniziò a contorcersi come un matto disteso sul pavimento. Layla si limitò a lanciargli una rapida occhiata priva della benché minima emozione. Uscì dalla stanza a piccoli passi non voltandosi mai indietro. Era un punto di non ritorno e mentre usciva da quell’ufficio con la speranza di non rientrarvi mai più, Layla finalmente provò realmente una sensazione intensa di sollievo, come se si fosse liberata per sempre di un enorme peso.

< < NON OSARE SCHIERARTI CONTRO IL TUO SANGUE, LAYLA > > urlò selvaggiamente il padre alle sue spalle. La voce dell’uomo sembrava uno strillo isterico per il dolore e la furia ormai del tutto incontrollata. Layla lo ignorò, con lo sguardo già proiettato verso l’uscita di quella che era stata una volta la sua casa.

< < POSSO SCATENARTI CONTRO LE PIU’ POTENTI FORZE MAGICHE DI QUESTO MONDO. NON HAI IDEA DEL POTERE DI CUI DISPONGO. TI AVVERTO, LAYLA, MORIRAI MOLTO PRESTO E NEL PEGGIORE DEI MODI. VERRAI DISTRUTTA, VERRAI DIMENTICATA DAL MONDO, NON TI PERMETTERO’ DI GETTARE IL MIO NOME NEL FANGO. IL SOLO DESTINO CHE TI RESTA E’ LA MORTE. MI HAI SENTITO, LAYLA? MOLTO PRESTO TI DARANNO LA CACCIA > >.

Improvvisamente Layla, senza neppure accorgersene, scoppiò a ridere sguaiatamente, in modo quasi isterico. Era una sensazione liberatoria mai provata prima e più il padre urlava dal suo studio, più forte diventava il senso di appagamento e di sollievo. Ora poteva finalmente concentrarsi sul lungo e durissimo cammino che si prospettava davanti a lei.

Il vecchio Jink si avvicinò timidamente prima che la giovane maga potesse uscire dalla grande casa. < < Signorina Layla, che cosa è successo? Perché il padrone urla in questo modo > >.

< < Non importa, Jink > > rispose Layla, calma. < < Non entrate in quella stanza. Attendete il ritorno di mia madre, ci penserà lei a calmarlo per quanto possibile. Non voglio che per colpa mia veniate puniti da mio padre. Lasciatelo pure nella sua follia. Oggi ha solamente ricevuto una piccola lezione che non dimenticherà facilmente > >.

Jink lanciò un’occhiata perplessa verso lo studio del padrone, il quale continuava ad inveire follemente contro Layla e contro tutti i babbani. Si rivolse nuovamente alla ragazza ormai sul ciglio della porta d’ingresso. < < Dove andrete adesso, signorina Layla? Non avete più un posto dove andare e una terribile guerra si sta per scatenare nel mondo dei maghi > >.

Layla lo sapeva bene, era consapevole che la sua vita non sarebbe stata mai più la stessa. Ciò nonostante, non si era mai sentita così libera e piena di speranza. Ora stava unicamente a lei decidere il suo destino e nessuno l’avrebbe più fermata. Ora, però, c’era una persona che dipendeva da lei e il tempo stringeva sempre di più pericolosamente.

< < Un giorno vi porterò via da qui, Jink > > disse Layla, dopo alcuni secondi di silenzio. < < Nessuno di voi merita questa vita di schiavitù. Non so quanto tempo ci vorrà, ma un giorno troverò il modo per liberarvi tutti. È una promessa > >.

Il vecchio elfo osservò suo malgrado terrorizzato l’unica padrona che aveva sempre mostrato un po’ di gentilezza verso la sua razza. Ciò nonostante, la prospettiva della libertà non era mai facile da accettare per un elfo domestico così radicalmente abituato a servire il proprio padrone.

< < A presto, Jink. Salutami mia madre quando la vedrai > >.

Layla Connors si allontanò con passo deciso dalla sua casa d’infanzia. L’espressione di estrema freddezza nel suo volto mascherava un certo turbamento probabilmente legato in parte allo scontro appena avvenuto con il padre. Si smaterializzò al di fuori dei confini della tenuta, mentre alle sue spalle erano ancora udibili le maledizioni e le urla folli di suo padre.

 
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Locanda della Piovra Morta
Periferia della comunità magica di Manchester

 
La comunità magica di Manchester era famosa in tutta l’Inghilterra per essere suddiviso in tanti quartieri radicalmente diversi l’uno dall’altro. La periferia della città era nota per i tanti quartieri malfamati, alcuni di essi così pericolosi da superare persino il quartiere di Notturn Alley a Londra. Non era propriamente un posto sicuro per molte persone ed era precisamente il motivo che aveva spinto Layla a sceglierlo come rifugio iniziale dopo gli eventi tragici della notte della scorreria contro i babbani.

Più precisamente scelse la locanda della Piovra Morta, il posto ideale per nascondersi e allo stesso tempo per iniziare con la realizzazione del suo piano. Un tempo era stato uno dei locali più frequentati tra criminali e fuggitivi del mondo magico, ma poi le continue e sempre più devastanti retate del corpo degli Auror avevano portato il locale ad un passo dal fallimento. Oggi la locanda della Piovra Morta trasudava soltanto un deprimente stato di abbandono e sporcizia. Layla si concesse qualche secondo per osservare con volto inespressivo l’edificio logorato dal tempo e dagli scontri incessanti. Si sentiva ancora leggermente frastornata per il confronto definitivo avvenuto con il padre, ma il senso di shock passò presto di fronte al compito che doveva portare a termine ad ogni costo. Doveva proteggere Remi. Era suo dovere, ma in verità Layla desiderava davvero tenerla al sicuro.

Il desiderio di rivedere Remi era così forte da superare qualsiasi altra sensazione. La mora iniziava a sentirsi realmente spaventata per i sempre più travolgenti sentimenti che sentiva di provare verso una persona che fino a qualche giorno prima avrebbe dovuto odiare. Una persona che aveva persino attaccato e ferito. Alcuni giorni prima, al termine del breve e terribile scontro notturno di Burgh Castle, Layla era rimasta sconvolta e immobile per diversi minuti in quella radura ricolma di corpi martoriati e incoscienti. Fortunatamente i babbani erano ancora tutti vivi, sebbene feriti gravemente. Quando la giovane strega riuscì a riprendersi leggermente dallo shock, impiegò poco tempo a decidere che cosa avrebbe dovuto fare per rimediare per quanto possibile alla situazione. I due uomini più giovani erano i meno gravi, mentre la donna più anziana, insieme al capo del gruppo, necessitavano delle cure più urgenti.

Dopo una rapida riflessione, Layla capì che non c’era altra scelta, tranne quella di lasciare i babbani feriti direttamente al San Mungo. Era un rischio enorme. In un attimo avrebbe potuto essere avvistata e arrestata dai membri dell’Ordine della Fenice, ma non poteva tirarsi indietro. Le ferite dei babbani erano magiche e di conseguenza necessitavano un intervento appropriato che nessun guaritore babbano avrebbe potuto garantire.

 Miracolosamente, invece, non fu vista da nessuno quando smaterializzò lei stessa e le quattro persone incoscienti davanti ai confini della più importante ed efficiente casa di guarigione del mondo magico. Dopo aver lasciato quelle che erano state le sue vittime fino a qualche ora prima in un posto sicuro davanti l’entrata del San Mungo, Layla si affrettò a smaterializzarsi nuovamente per tornare alla radura dell’agguato. I suoi due compagni, Moira e Oliver, erano ancora incoscienti e paralizzati.

Per Remi, invece, stava iniziando il momento peggiore. Con la morte nel cuore, Layla si accorse che il corpo della ragazza, sebbene ancora incosciente, si stava contorcendo in un dolore terribile, segno delle terribili conseguenze del suo stesso incantesimo di tortura. Non c’era tempo di soffermarsi sui sensi di colpa. La giovane Serpeverde era in grado di aiutare la coraggiosa ragazza che si era opposta a loro e che ora si contorceva ai suoi piedi a causa sua. Doveva sbrigarsi. Lottando contro il dolore cocente al braccio destro fratturato, Layla afferrò con la mano sinistra il polso della ragazza svenuta, per poi smaterializzarsi ancora una volta abbandonando finalmente quella radura da incubo.

Presto qualcuno avrebbe trovato sicuramente i suoi compagni: la domanda era chi li avrebbe trovati alla fine. Da una parte c’era l’Ordine della Fenice e in quel caso il destino dei suoi due ex compagni sarebbe stato segnato per sempre con la prigionia ad Azkaban, dall’altro lato, invece, c’erano i Mangiamorte e in quel caso il suo tradimento sarebbe venuto alla luce, con l’inevitabile ed implacabile caccia che si sarebbe conclusa solo con la sua morte. Ansia e paura minacciarono più volte di sopraffare il suo animo. Layla lottò per ignorare ciò che l’aspettava nell’immediato futuro, concentrandosi invece sul suo compito. Pagò subito una grossa cifra al proprietario della locanda, non solo per l’alloggio, ma soprattutto per il silenzio. Con un incantesimo Layla camuffò per quanto possibile l’aspetto di Remi, modificando anche il suo abbigliamento per renderlo simile a quello di una strega ordinaria.

Utilizzando poi un incantesimo di levitazione, Layla riuscì a trasportare la ragazza incosciente all’interno della stanza che aveva affittato. La mora provò subito una sensazione di disgusto nel trovarsi in un ambiente tanto sporco e sudicio, a mala pena vivibile. Tuttavia per qualche giorno poteva andare come rifugio. Layla non si era mai impegnata più di tanto con le semplici magie di pulizia e di ordine, eppure in quella circostanza si impegnò per rendere la stanza più pulita, per renderla più confortevole possibile per Remi.

Poi iniziò la parte più delicata, una battaglia interna che mai Layla Connors si sarebbe mai immaginata di dover affrontare. La maledizione Cruciatus rischiava di far impazzire di dolore la ragazza babbana, c’era persino la possibilità che il corpo di quest’ultima non avrebbe potuto reggere a tutta quella sofferenza. Layla sapeva che per molte vittime della maledizione Cruciatus la morte era stata spesso una fonte di liberazione vera e propria. La giovane Serpeverde era pronta a lottare con tutte le sue forze per impedire che accadesse. Non lo avrebbe permesso anche a costo della sua vita.

Non appena Layla stese il corpo incosciente della ragazza sul letto, iniziò la durissima lotta contro gli effetti del suo stesso incantesimo. La Serpeverde non ebbe il tempo di occuparsi delle altre ferite ed escoriazioni, alcune di queste le fasciò velocemente con l’intenzione di curarsene più tardi. La priorità assoluta era occuparsi della maledizione di tortura, contrastarne gli effetti e cancellarli definitivamente. Solo lei poteva riuscirci dato che era stata lei stessa l’artefice della terribile e costante sofferenza di Remi. Layla rischiò più volte di scoppiare in lacrime nell’osservare con i propri occhi l’agonia della giovane babbana, sebbene fosse completamente priva di sensi.

Lei era ben consapevole che nessun guaritore sarebbe stato in grado di affrontare in modo efficace gli effetti della Maledizione Cruciatus. Solitamente il destino delle vittime di tale incantesimo si snodava in due drammatiche alternative: morire o impazzire per sempre. Layla era determinata a combattere contro questa realtà. Pochi erano a conoscenza del fatto che esisteva effettivamente una terza possibilità e Layla fortunatamente tra questi, sebbene l’avesse imparato per i motivi sbagliati. Durante gli incontri segreti tenuti nel corso del suo ultimo anno ad Hogwarts i Mangiamorte reclutatori avevano spiegato quanto fosse importante per un mago torturatore saper annullare all’occorrenza gli effetti dell’incantesimo sulla propria vittima. Il fine ultimo della Maledizione Cruciatus risiedeva quasi sempre sui segreti della persona che veniva torturata.

< < Distruggere anzitempo la salute mentale della vittima non è mai una buona scelta. A volte la troppa fretta potrebbe anche costare il successo di una missione e questo per un Mangiamorte sarebbe senza alcun dubbio un errore punibile con la morte > >.

Un insegnamento che Layla aveva accettato ad Hogwarts nella più totale ingenuità e arroganza, ma che ora bruciava terribilmente la sua anima.

Per prima cosa Layla si trovò costretta a legare saldamente la giovane babbana. Le immobilizzò mani e caviglie con delle corde magiche alle testate del letto, stando bene attenta a non bloccare la circolazione. Non c’era altra scelta, gli effetti della magia di guarigione sarebbero stati estremamente dolorosi. Prima di iniziare la mora sperò ardentemente che la mano sinistra fosse ferma quanto la destra e soprattutto pregò che lo stato d’incoscienza di Remi durasse ancora per diverso tempo. Il trattamento di guarigione ebbe inizio. Layla si impegnò anima e corpo sulla ragazza che doveva salvare ad ogni costo. Pur nell’incoscienza, il corpo di Remi venne scosso da terribili contrazioni, scandite da deboli lamenti che gradualmente in urla strazianti. Il viso stremato della giovane babbana in un attimo era rigato da lacrime di pura sofferenza.

Pur con la morte nel cuore, Layla Connors restò concentrata. Si impegnò strenuamente, come mai nella vita, facendo in modo che l’energia magica curativa circolasse velocemente nel corpo della bionda. Era una lotta durissima contro i danni causati dalla sua stessa magia, che richiedeva una massima e costante concentrazione. La giovane maga aveva mantenuto la maledizione Cruciatus per più di un minuto, un tempo non tale da essere fatale ma ugualmente pericoloso. Bisognava agire in fretta. Durante il primo giorno di trattamento la mora non si concesse alcuna tregua. Continuò a far fluire la propria magia curativa nel corpo di Remi, cercando di ignorare per quanto possibile i continui lamenti strazianti della giovane priva di sensi. Scossa dalla sofferenza, Remi Fontaine si divincolava nei suoi legami fino a quando il corpo stremato dalla fatica non smise di muoversi.

Layla non si accorse nemmeno del trascorrere costante delle ore. La sua attenzione era unicamente rivolta al dolore terribile che la sua bacchetta continuava ad estrarre dalla ragazza indifesa. Era come se la bacchetta riuscisse a riassorbire quella stessa sofferenza oscura da lei stessa prodotta. Non c’era da sorprendersi che nessun guaritore fosse a conoscenza di questa soluzione: ben poche vittime della Maledizione Cruciatus potevano affermare di aver resistito agli effetti, mantenendo anche la loro salute mentale. Al tramonto finalmente Layla ebbe la lucidità di interrompere il trattamento per qualche ora. Un impiego di magia così intenso e prolungato poteva diventare estremamente pericoloso per Remi, senza contare che anche per lei le energie iniziavano seriamente ad affievolirsi. La giovane strega riprese il trattamento alle prime luci del mattino successivo e per altri due giorni interi continuò strenuamente a curare una persona che nemmeno conosceva, ma per la quale era arrivata misteriosamente a provare uno strano e sempre più forte sentimento di ammirazione.

Al termine del terzo giorno Layla crollò stremata sulla poltroncina della camera. Dopo ore e ore di lotta contro la sua stessa magia era riuscita finalmente nel suo intento. Sfruttando le sue talentuose abilità magiche aveva neutralizzato completamente il suo stesso incantesimo di tortura. Sebbene fosse ancora priva di conoscenza, il volto di Remi sembrava molto più sereno e meno addolorato.

Layla si concesse alcune ore di riposo, prima della tanto attesa visita alla villa di famiglia.  Anche se riluttante a lasciare Remi da sola per alcune ore, per lei era arrivato il momento di trovare quella risposta che aveva sempre cercato. La visita dal padre durò soltanto un paio d’ore e quando la mora rientrò alla locanda si sentì appagata come non mai, come se per la prima volta fosse riuscita a prendere una vera decisione nella sua vita. Una decisione che apparteneva soltanto a lei e a quel punto non era più possibile tornare indietro. Rientrata in camera, provò un’ondata di sollievo nel constatare che Remi fosse ancora profondamente addormentata. Prima di lasciarla Layla si era premurata di medicare tutte le altre ferite, fasciandole accuratamente la fronte ferita e disinfettando tutti i tagli sparsi in tutto il corpo, alcuni dei quali notevolmente profondi.

Per maggiore sicurezza preferì continuare a tenerla saldamente legata. Presto si sarebbe svegliata e la giovane Serpeverde avrebbe dovuto almeno tentare di spiegare in quale situazione si trovavano entrambe. Con un gesto inconscio si passò una mano sul braccio ancora fratturato. Di certo Remi Fontaine non avrebbe accettato tanto volentieri la sua compagnia o il suo aiuto. Di certo dopo quanto era accaduto alcune notti prima la bionda aveva tutte le ragioni per odiarla.

Layla restò seduta accanto al letto per ore e ore a vegliare su Remi. Suo malgrado al semplice pensiero dell’odio che giustamente la bionda avrebbe potuto scatenarle contro, Layla sentì un doloroso buco allo stomaco. Eppure allo stesso tempo desiderava tantissimo rivedere quello sguardo fiero e gentile che le era capitato di vedere durante le lunghe ore di appostamento prima dell’agguato. Quegli occhi determinati di una persona pronta a sfidare persino un potere che non poteva nemmeno comprendere.

Senza rendersene conto arrivò la notte insieme ad un’ondata di freddo penetrante che invase la piccola camera. Esitante e con il cuore in gola Layla posò delicatamente un’altra coperta di lana sul corpo della giovane addormentata. Quest’ultima si mosse leggermente nel sonno. Layla si bloccò all’instante, per poi rilassarsi quando fu certa di non aver interrotto il sonno finalmente pacifico della babbana. Dopo qualche minuto, come spinta da un desiderio irrefrenabile, Layla allungò tremante una mano toccando con una piccola carezza il volto ferito della bionda. Continuò a vegliare su di lei fino a quando non fu sopraffatta dalla stanchezza. La Connors si addormentò senza rendersene conto, sporgendosi in avanti e poggiando la testa sul letto.

 
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Il sonno di Layla durò diverse ore nel corso della notte, prima di essere bruscamente interrotto da una serie movimenti frenetici e rabbiosi. La strega alzò di scatto il capo e con il cuore in gola si ritrovò di fronte proprio lo spettacolo che aveva tanto temuto: Remi Fontaine era sveglia e si stava contorcendo inutilmente contro i suoi legami. La babbana ringhiò rabbiosamente contro colei che considerava ancora la sua aguzzina, senza però saper nascondere del tutto la paura nei suoi occhi. Dopo un momento di evidente incertezza, Layla si mosse verso la ragazza cercando di calmarla.

< < Ti prego, calmati. Sei ancora ferita > > supplicò la mora, mentre allungava una mano per cercare di fermarla.

Remi urlò per il terrore, tirando invano i legami ai polsi ancora saldamente assicurati alle testate del letto. Sconvolta e colma di rimorsi Layla si ritrasse immediatamente spostandosi all’indietro come se fosse stata colpita da una potente scossa elettrica.

< < Maledetta, lasciami andare > > ringhiò Remi, con le lacrime agli occhi. < < Che cosa vuoi farmi ancora? Dove mi hai portata? > >.

Layla deglutì cercando di contrastare il profondo senso di oppressione che sentiva alla bocca dello stomaco. < < Non voglio farti del male, te lo giuro. Adesso, però, fermati te ne prego. Se continuerai a muoverti così ti farai solo del male. Ti ho curata, ma sei ancora debole e ferita > >.

Remi squadrò con occhi pieni di odio e diffidenza la giovane che aveva sconvolto in pochi minuti la sua vita. I ricordi quella nottata terribile avevano iniziato a tormentarla pochi secondi dopo il suo risveglio. Era stata proprio la giovane mora di fronte a lei, che ad occhio poteva avere al massimo due anni meno di lei, ad aggredirla senza un’apparente ragione e a torturarla facendole provare il più totale e sconcertante senso di impotenza. La giovane archeologa provò un brivido di terrore nel rammentare quanto fosse stata fredda e crudele quella strana ragazza dai poteri misteriosi durante l’attacco, eppure in quel momento se ne stava timorosa ed esitante lontana dal letto, come se fosse lei a dover avere paura della sua prigioniera.

< < Tu mi hai curata? > > sbottò la babbana, per nulla convinta.

< < So bene che hai tutte le ragioni per odiarmi e per non fidarti di me, però ti chiedo ugualmente di provarci. È troppo importante > > provò di nuovo Layla con voce tremante. < < Non posso cambiare il passato……disfare ciò che ho fatto a te e ai tuoi compagni, ma se possibile vorrei almeno tentare di rimediare > >.

Invece di tranquillizzarsi, Remi scoccò un’occhiata letteralmente terrorizzata alla mora di fronte a lei. Layla intuì immediatamente i pensieri della babbana.  < < Puoi stare tranquilla > > disse Layla, facendo del suo meglio per tranquillizzarla. < < I tuoi compagni staranno bene. Erano feriti, ma adesso sono in buone mani, te lo posso assicurare. Non sono in pericolo di vita > >.

< < Dove sono? > > chiese Remi con rabbia.

< < Si trovano in una casa di guarigione altamente efficiente. Per intenderci, si trovano in uno di quei posti che voi babbani chiamate ospedali. Fidati di me, verranno curati a dovere e soprattutto si prenderanno cura di loro > >.

< < Babbani? > > esclamò Remi, più confusa che mai. < < Che cosa significa? E chi si prenderà cura dei miei compagni? > >.

< < Capisco che hai così tante domande……….davvero lo capisco > > disse la strega, alzando le mani per calmarla. < < Ma ora non c’è tempo, non posso spiegarti tutto. Ti prometto che appena possibile lo farò. A questo punto posso soltanto chiederti lo sforzo di fidarti di me > >.

Remi restrinse gli occhi con fare sospettoso. < < Se quel che dici è vero per quale motivo mi hai portata in questo posto? Perché mi hai legata? > >.

< < Avevo le mie buone ragioni, credimi. Il trattamento di guarigione era…..ehm intenso. Dovevo proteggere il tuo corpo mentre cercavo di guarirti > > rispose Layla, con un sospiro di stanchezza.

< < Ascoltami ti supplico, ti chiami Remi, giusto? Io voglio solo aiutarti. Presto qualcuno ci cercherà, non possiamo più stare qui e così facendo sprecherai soltanto energie preziose > >.

< < Ho molte difficoltà a crederti > > sibilò Remi, tirando ancora i legami < < Ci avete attaccati brutalmente e senza alcuna ragione. Vi ho visti, vi ho ascoltati. Eravate soddisfatti…… divertiti per quello che ci stavate facendo. Ora, invece, mi chiedi di accettare il tuo aiuto > >.

< < Io…. mi disp…. > > balbettò Layla, piena di vergogna.

< < Perché ci avete fatto questo, maledetti? > > urlò all’improvviso Remi, senza potersi più trattenere.

Tremante, Layla Connors indietreggiò ancora una volta fino a quando non colpì la porta della camera con la schiena. Alla fine riuscì a trovare la forza di parlare. < < Non c’è alcuna giustificazione per ciò che vi abbiamo fatto, Remi. Vorrei chiederti perdono per il terrore e il dolore ho causato a te e ai tuoi compagni, ma devo ripeterlo ancora una volta: non c’è più molto tempo, molto presto ci daranno la caccia. Cercherò di spiegarti meglio nei prossimi giorni. Ora dobbiamo soltanto andarcene da qui e dobbiamo farlo questa notte al massimo > >.

< < Sei solo una pazza criminale > > continuò ad urlare la bionda, pericolosamente vicina ad un attacco isterico. < < Come pensi di convincermi a seguirti dopo quello che è accaduto, dopo quello che hai fatto. Io non mi fido di te e non andrò da nessuna parte con te > >.

Layla sospirò nella più totale frustrazione. Così non si andava da nessuna parte. Sebbene Remi avesse tutte le ragioni per non fidarsi di lei, non c’era davvero più tempo da perdere. Probabilmente Mangiamorte o semplici sgherri di suo padre erano già sulle loro tracce. A questo punto non le restava altro da fare che cambiare approccio. Doveva convincerla a fuggire con lei ad ogni costo. Lottando contro l’impulso quasi irrefrenabile di abbracciarla, la Serpeverde schiaffeggiò Remi con forza zittendola all’istante. Non avrebbe mai immaginato di dover arrivare a questo, ma per quanto ne sapeva, la caccia forse era già cominciata. La babbana sussultò terrorizzata e pur non mostrandolo sul suo volto glaciale Layla si odiò e si vergognò profondamente.

< < Perdonami, Remi > > pensò, disperata. < < Ma devo salvarti ad ogni costo > >.

< < Basta, maledizione > > ringhiò ad alta voce Layla, ignorando il groppo alla gola.

< < Ho cercato di convincerti con le buone, ma ho miseramente fallito. Adesso non mi resta altro da fare che costringerti anche con la forza a seguirmi. Ora ti restano solo due scelte: la prima è che tu venga con me senza discutere e senza fare troppe domande. Durante il viaggio farò del mio meglio per spiegarti la situazione. Mentre la seconda è che tu continui a ribellarti in questo modo e in tal caso mi ritroverò costretta a passare alle maniere forti costringendoti a seguirmi. Sai bene che ho il potere di farlo e lo farò se non mi rimane altra soluzione. È tutto chiaro? > >.

Anche se con il cuore a pezzi, Layla era riuscita finalmente a prendere il potere della situazione. Era assolutamente necessario farlo. Remi annuì leggermente.

< < Ti conviene riposare qualche ora. Probabilmente resteremo in viaggio per molti giorni, di conseguenza sarà meglio che tu sia al massimo delle forze > > disse la mora, sforzandosi di tenere la voce ferma. < < Forse con il tempo imparerai a fidarti di me > >.
< < Chi mi sta dando la caccia? > > chiese Remi, ritrovando parte del suo coraggio.

Improvvisamente il volto della strega di Serpeverde si fece più gentile, colmo di calore. Gettando all’aria ogni prudenza Layla si sporse in avanti carezzando leggermente il braccio della ragazza. Incredibilmente quest’ultima non si scostò. Remi chiuse gli occhi e sembrò quasi accettare quel piccolo gesto di affetto e conforto.
< < Non avere paura, Remi. Io ti proteggerò anche a costo della mia vita > >.

Accettare i suoi errori e poi finalmente rinascere. Fu questo il cammino che Layla scelse di percorrere a poche settimane dall’inizio della cruenta guerra che avrebbe scosso l’intero mondo magico.
 
 
FINE DEL CAPITOLO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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