La capocciata del capellone e ciò che in seguito avvenne

di Brume
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Girodelle, attento alla testa! ***
Capitolo 2: *** (Quasi ) Svelato l' arcano ! ***
Capitolo 3: *** Tra il serio ed il faceto, il giorno del giudizio si avvicina ***
Capitolo 4: *** ...Il giorno del giudizio non è poi così male ***



Capitolo 1
*** Girodelle, attento alla testa! ***


1.


Accadde che una notte – anche se ad onor del vero il cielo si stava già tingendo di un oro rossastro -  il Visconte De Girodelle, di ritorno da una Prima all’ Opera di Parigi, ebbe un incidente.
(Lo vidi con i miei stessi occhi. Non chiedetemi perché e nemmeno come, quando; so solo che stavo organizzando un viaggio a Parigi per il mese di settembre e…puff! Mi sono trovata, al buio e con indosso un abito nero a pois, nei pressi dell’ Opera).
Dicevo:…la carrozza di famiglia, un qualcosa di talmente arzigogolato, colorato e pesante da far impallidire uno scultore barocco particolarmente ispirato, andò a cozzare contro il mezzo di un qualche altro blasonato Marchese de bla bla,  perdendo in un colpo solo ruota,  lacchè,  cocchiere e pure una porticina; ed avvenne che, in seguito a questo disdicevole contrattempo, il bel conte  dal viso imberbe e liscio come il didietro un neonato picchiò una capocciata, ma una capocciata  tale da non ricordarsi per venti minuti buoni il nome di sua madre. Ciò non ebbe particolari ripercussioni, al momento: in primo luogo, notai che  poco gli importava di non ricordare  affatto il nome di colei che una volta scodellato l’ importante erede – cioè, lui – si era data al giardinaggio ed al circolo di lettura senza nemmeno pettinarlo una volta; in secondo luogo perché, per fortuna,   il giovane venne prontamente soccorso da Fersen che lo portò presso la magione Girodelle dove il secondo di Oscar  fu affidato alle cure del medico di famiglia e curato con dovizia dalla di lui sorella e dalla governante.
 Per una settimana – durante la quale mi capitava di fare avanti/indietro tra i miei scritti e la umida, calda esistenza della Pianura Padana –  visse praticamente allettato, visitato di tanto in tanto dal medico; dopo un’ altra settimana, sopresa, invece lo trovai in piedi, stranamente ciarliero e molto affamato. Tuttavia notai che qualcosa era cambiato e  ciò stava iniziando a preoccupare anche il vecchio padre , personcina tutto sommato affabile ,  che lo osservava dal suo studio bofonchiando frasi comprensibili solo a sé stesso. Forse, dico forse,  fu lo strano abbigliamento o l’ atteggiamento tenuto dal piccolo Victor ad inquietarlo: l’ erede, vestito solo di un rettangolo di preziosa stoffa drappeggiato intorno al corpo, aveva preso inftti  il vizio di vagare per l’ enorme giardino della tenuta osservando con nuovo sguardo tutto ciò che incrociasse i suoi occhi; di tanto in tanto chiamava Laurent - il proprio attendente - e quello, tra un frusciar di seta violacea arrivava, pronto , porgendogli una sorta di scrittoio portatile, trattenendo tra le mani la boccetta con il prezioso ferrogallico*. Anche Oscar lo vide, un pomeriggio, durante una visita di cortesia tra vicini di casa: la vidi sconvolta, tanto sconvolta che per un momento pensai volesse lasciare i suoi impegni da eroina per darsi ad un manga magari un filino più sobrio , completamente diverso.  Fu per questo motivo che la seguii, recandomi con il pensiero e tutto il resto del corpo a casa Jarjayes….
(… lo ammetto…fu anche per vedere André. E farmi fare la ricetta dei biscotti da Nanny).
Dopo alcune ore ed aver osservato per bene gli appunti della cara Marron Glacé, mi ritrovai dunque ad ascoltare questa conversazione.  
(Si,nel frattempo  mi ero infilata in camera di Oscar. Ecco, l’ ho detto.)


“…Non credevo avessi a cuore quell’ uomo…”.

André stava in piedi davanti a lei, un vassoio d’ argento tra le mani, in tutta la sua altezza : che strana sensazioni, vederli, entrambi, a pochi passi l’ uno dall’ altra. Lei, una volta tolta la giacca,  si era girata stupita.

“:..Scusami, cosa intendi, André?” gli aveva chiesto.

Lui, con passo felpato, aveva raggiunto il tavolino e posato il vassoio con tutto il suo contenuto e poi l’ aveva raggiunta.
Non mi aveva degnata di mezza occhiata – e andava bene così , io, in fondo, sono solo una infiltrata – e si era rivolto ad Oscar con tono calmo, quasi serafico.

“Intendo dire che non ti ha mai preoccupato così tanto, a livello personale…anzi, lo hai sempre costretto dentro i propri ranghi…. Tutto qui.”  lo sentii rispondere.
Oscar lo fissò,incredula di quelle parole; ma non reagì.
Aveva capito  benissimo cosa intendesse dire André.
“E’ un mio sottoposto, un amico di famiglia…cosa c’è di male? In ogni caso… più che altro sono curiosa di capire cosa la sua mente stia producendo… scrive, scrive in continuazione. Non viene più al lavoro, ormai, ha mandato a dire di non essere più disposo ad impugnare un’ arma. Mi sto occupando io dei suoi soldati…e tutto ciò mi rende nervosa. Guarda i miei capelli!” rispose mostrandone una ciocca ad  Andrè  “ guarda come sono conciati!”
Andrè  - quale occasione migliore? - si avvicinò alla donna, osservò i capelli e poi li scostò, quasi volesse sussurrarle qualcosa ad un orecchio. Lei lasciò fare.

Non riuscii a sentire cosa si dicessero ma notai lo sguardo di lui cercarmi.
(Forse…lui poteva vedermi?)
Dopo alcuni istanti, notai gli occhi di Oscar spalancarsi, increduli.
“…e chi sarebbe questa persona?” domandò cercando qualcosa… qualcuno..me? per la stanza.
“Una nuova conoscenza” rispose lui “ ma che sicuramente ci potrà dare una mano”.

(Si. Credo proprio voglia in mezzo. Rintanata nel mio angolino, cercavo di farmi più piccola.)

“Va bene, André. Lascio fare a te: cerca qualche informazione… te ne sarò sempre grata” sentìi dire da Oscar.
 Lui, allora, le regalò un sorriso; poi  si voltò,  mi diede una occhiata , un cenno. Poi uscì dalla stanza.
Dovevo seguirlo.
In  tutto questo, Oscar non si accorse di nulla; era già tornata sul terrazzo , osservando l’ immenso giardino e, all’ orizzonte, la Reggia.

“Che fate? Non venite?” mi sentii chiedere, dal corridoio.
Pochi passi e lo raggiunsi.
“Potete vedermi?” domandai, una volta uscita. André se ne stava appoggiato al muro, braccia conserte, sguardo rivolto al suolo.
“Certo” disse con una certa ovvietà “…Non so chi voi possiate essere ma ormai sono abituato a questo continuo via vai di persone ed a tutti i cambiamenti di copione. Essere il protagonista di un manga e di  anime ha i suoi pro ed i suoi contro. In ogni caso… penso di potermi fidare di voi. Anche se il vostro abbigliamento lasica parecchio a desiderare…”

La sua riposta mi spiazzò.
 All’ istante avrei voluto rispondergli  a tono con un senti da che pulpito: cosa dovrei dire io,  del fatto che tu vada in giro con delle specie di leggins bicolore che non ho ancora inteso se possano essere mutandoni o brache? Tuttavia, forte del mio sangue freddo e del sapermi adattare alle situazioni più disparate, reagii all’ istante. Pronta!

“Cosa dovrei fare?” domandai  inginocchiandomi per allacciare la stringa ad una scarpa.
Per la prima volta sentiì gli occhi di quell’ uomo addosso; rialzai il capo e tutto il resto del corpo , rischiando di cadere a terra se non fosse stata per la presa, forte, di una mano che mi aveva afferrato il braccio.
“…sempre che voi riusciate a restare in piedi, vorrei approfittare del vostro… ruolo e mandarvi in avanscoperta. Dovete capire cosa sta macchinando il visconte” rispose , l’ uomo. Dopo di chè, mollò la presa…del resto, ero già in piedi da un bel pezzo.
 ( Io annuii:in ballo ero in ballo, senza nemmeno capire il perché mi trovavo li quindi…perché non approfittarne? Certo, la situazione era molto strana ma.. come perdere una occasione simile?)

Così, che dire: mi bastò il pensiero e , senza nemmeno aver salutato come avrei dovuto (e voluto)  Monsieiur Grandier
- sarebbe bastata una stretta di mano, nulla di chè -  mi ritrovai presso la Maison Girodelle capitando direttamente negli appartamenti privati del Visconte nell’ esatto momento in cui Sua Signoria si trovava immerso fin oltre l’ ombelico  in una tinozza, corona d’ alloro tra i capelli raccolti in una coda , piuma d’ oca in una mano e pergamena nell’ altra.

 

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Capitolo 2
*** (Quasi ) Svelato l' arcano ! ***


“Oh, Parbleu!   Cosa è questa strana atmosfera, cosa è mai cambiato in queste stanze?”

Girodelle si alzò in piedi. Si guardò intorno, mollò penna e calamaio: il suo sguardo era curioso, per nulla spaventato ed io, dopo un primo momento di smarrimento in cui passai a ripetermi di essere sposata e fedele, fedele e sposata in secolasecolorumamen  (così, tutto attaccato, scritto come lo pronunciava in tutta fretta mia nonna), sentii la mia voce rispondere: Sono la tua Musa, Victor…con tanto di vocina modulata, impostata (ma cosa mi saltò in mente?).
 Il Visconte , contrariamente a quanto mi aspettavo, non solo non reagì scappando spaventato e con i capelli in piedi ma uscì dalla vasca,  coprendosi  le vergogne con una tela leggera, di lino trasparente (che ci fosse stata o meno era lo stesso…) poi si guardò ancora  in giro, estasiato, un sorriso stampato sul volto.
“Oh, mia Musa…ti prego, mostrati! Mostra le tue grazie, i tuoi occhi, il tuo sapere… “ disse con fervore. Quasi quasi mi sentii in imbarazzo…
“…Sarei qui davanti a te…” riposi, allora, spostandomi dal nascondiglio in cui celavo il mio corpicino un attimo sovrappeso ed avvicinandomi a lui.
Girodelle sgranò gli occhi, ancora, per cercarmi.
Al contempo, allungò le mani.
“Posso…posso toccarti? Permetti che le mie mani sfiorino il tuo sapere?” mi domandò. Era davvero estasiato; incurante del suo stato, non si era né spaventato né posto domande.
“Se proprio vuoi… “ risposi “ ma ti avverto, non indugiare troppo. Il mio sapere è piuttosto privato…e non credo mio marito gradisca….inoltre potrei…potrei tornare nel mio mondo da un momento all’ altro….”

Victori de Girodelle sembrò non ascoltare nemmeno le mie parole e fece alcuni passi avanti.
Se i suoi occhi non potevano vedermi, le mani invece potevano toccare il mio corpo: fortunatamente – andava alla cieca – le sue mani si posarono…sulle mie guance.
“Sei morbida” disse.  Con pollice e indice, istintivamente, prese a farmi buffetti alle guance, ridendo come un bambino.
(Beh, lo lasciai fare. Non avrei mai avuto altra occasione per osservare Girodelle, praticamente nudo, che sorrideva e mi tirava le guanciotte...)

“Ehm…ti prego, contegno, sommo poeta” dissi, tuttavia ad un certo punto, per mantenere una parvenza di serietà.
 ( …o quello, o una testata . Pensai di usare la gentilezza, quindi formulai la frase.)

Lui si allontanò , fece un inchino.
“Chiedo venia, o Musa. Dimmi… come posso farmi perdonare?” domandò.
Ci pensai giusto un secondo.
“Cioccolata. Tanta, molta,moltissima cioccolata. E poi, vorrei un succo di mela!” risposi senza girarci intorno.

Girodelle chinò il capo.

“Va bene: darò subito ordine che venga portato qui tutto ciò che desideri….ma…posso permettermi…potrei togliermi una curiosità?” chiese; quindi si allontanò da me, andò oltre il paravento e finalmente si infilò una veste da camera.

“Certo. Domanda e ti sarà risposto. Vuoi sapere perché sono qui? Quali sono le mie intenzioni? ” dissi. Lui a momenti nemmeno mi lasciò finire la frase.

Maaaaaaa…non ti farà male tutta quella quantità di dolci? Le mie mani hanno toccato guance soffici e paffu-“ disse d’ un fiato. (Lo fermai all’ istante: mi spostai, pestando inavvertitamente il mignolo del suo piede sinistro, e andai a sedermi su di uno sgabello.)

Girodelle si afferrò il piede nudo e si avviò   saltellando elegantemente su di una gamba (senza scomporsi) alla porta… vicino alla quale – sulla sinistra - pendeva una corda di velluto rosso, intrecciata. La afferrò, tirò e uno  scampanellio richiamò l’ attenzione di uno degli inservienti sempre presente ai piani; quando questi arrivò, lo sentii riportare fedelmente ciò che avevo richiesto .
 Poi, con lo stesso charme dell’ andata, tornò.
Dal movimento dei suoi occhi notai che mi stava cercando. Sul marmo delle pareti.

“… ho fatto. Dimmi, musa, c’è altro che posso fare per te? “

“Victor, avvicinati” dissi con voce solenne.
( Lo osservai muoversi a tentoni: come poteva avvicinarsi se non mi vedeva? A volte anche io mi rendevo conto di avere una fantasia…)
“Eccomi” disse. Serio, posato, per un attimo sembrò essere tornato il Soldato, il Militare….
(ma….ancora fissava quella parete. Sei proprio di coccio, tesoro…)
“Penso… che dovresti scrivere una commedia. Tu, uomo di mondo e dalle immense fortune tu, con quei capelli delicati e leggeri come seta tu… uomo pieno di garbo e sentimento….dovresti proprio cimentarti in una commedia. Pensaci bene, si tragico c’è già questo mondo ( e la tua sorte, perché caro, qualcuno ti ha friendzonato…).
Dovresti scrivere qualcosa che possa divertire e allietare gli animi, visto che qui non è che giri troppo bene eh…” risposi.
 Il Visconte cercò una poltrona sulla quale sedersi e la trovò.
Li, si lasciò andare contro la spalliera; stese le braccia lungo i braccioli e sollevò il capo verso il soffitto. A quel punto io non potei più resistere: mi alzai, lo raggiunsi, mi portari esattamente dietro di lui e infilai le mani nei capelli.

“….MUuuUsa…” disse, quasi sconvolto.
 La voce tremolava.
SIIIIIIII?” risposi fingendo selvaggia indifferenza.
“…I miei capelli…li vuoi forse come pegno? Mi vuoi infondere la tua saggezza?” domandò, solenne.
“ Ehm io….( Si, certo, sicuramente! Come no…pensai ) …perdonami, desideravo farlo da una vita. Dunque…dicevo! Potresti…potresti scrivere una commedia! Che so, qualcosa di leggero, allegro. Magari con una coppia di innamorati imbranati , un gregge di pecore, una villa di famiglia sullo sfondo…che dici?” proposi.

(Si, lo so: mi trovavo li in avanscoperta, avrei solo dovuto capire cosa combinesse il capellone…ma non riuscii a resistere: ci misi del mio)

Non riuscii ad afferrare lo sguardo di Girodelle ma provai ad immaginare la sua espressione. Lui, uomo integerrimo, costretto a parlare di pecore, campagna e, forse anche, di amore…Con fare teatrale, porto una mano alla fronte.

Mi vuoi  morto?” domandò.

Le mie manine raggiunsero le tempie dove un massaggio lo riportò subito sulla retta via. Riuscii a sentire anche la bozza della tremenda capocciata che aveva preso e mi domandai come potesse essere ancora vivo e sano, più o meno.
“Dunque?”
Girodelle mi fece aspettare una decina di minuti, esattamente il tempo che intercorse prima che un carrellino carico di ogni ben di Dio sottoforma di cioccolata arrivasse dinnanzi ai miei occhi. Passato questo tempo, senza degnare i dolci, si alzò in piedi di scatto ed esclamò:
“Sia! “  per poi  via, alla scrivania, lasciandomi  da sola a mangiare praline, cioccolatini e via dicendo. Il che…non fu poi nemmeno tanto male.



Nel frattempo, a Palazzo Jarjayes…

Vorrei tanto sapere dove si è cacciata!”
Andrè, in piedi davanti alla finestra del salone, braccia conserte ed espressione torva, borbottava da una buona mezz’ora sottovoce. Oscar, seduta a leggere uno dei suoi cari autori classici, alzò lo sguardo dal libro posandolo sull’ uomo.
“Cosa c’è, Andrè? Qualcosa ti turba?” domandò, quasi noncurante.
L’uomo si girò appena per poterla osservare con la coda dell’ occhio.
“No, nulla. Stavo pensando alle tue doppie punte: dovresti domandare lumi proprio a Girodelle ma…non credo che sia il caso, per come è messo” rispose, afferrando la prima scusa che gli passasse per la testa. Non poteva di certo dirle che aspettava una persona, che solo lui poteva vedere…

Oscar posò il pesante tomo sul tavolino alla sua sinistra, poi si alzò e raggiunse Andrè.

“ Dici? Sai, ci stavo pensando anche io. Ieri, a Versailles, ho persino mandato a chiamare una delle dame di compagnia della Regina per capire come faccia ad avere dei capelli così belli. Visto che Girodelle è fuori uso…ma…a proposito: quella tua fonte ha poi scoperto qualcosa?” domandò.

( In quel momento che mi palesai. Una entrata in scena in piena regola… Notai Andrè che stava per rispondere ad Oscar ma poi si fermò, fissandomi).

“…no. Non ancora. Ma potrebbe farsi viva da un momento all’ altro” rispose; la donna sorrise.
Lui osò sfiorarle, impercettibilmente, la mano (ed io rimasi a guardare quella scena per cinque secondi, gongolando, salvo poi pensare che forse era meglio si sbrigasse saltare certi convenevoli ed arrivare al punto, essendo che quei due avevano, effettivamente, il tempo contato…). Lei fuggì via e tornò al suo posto, le gote leggermente arrossate.
Andrè uscì allora  in giardino ed io lo seguii.
Mi aspettava vicino ad un pioppo.

“Tra tutte le tipologie di alberi presenti dovevate proprio scegliere questo?” domandai.
“Perché mai? E’ una albero come un altro…” rispose lui, simpaticamente, come una spina nel didietro.
“Sono allergica” risposi. André mi fissò come se avessi appena detto di essere la cugina di quinto grado di Maria Antonietta; ci fissammo , per un po', infine feci spallucce.
“Lasciamo stare “ dissi “Dunque, sentite: ho scoperto che Girodelle si dilettava con i classici, diciamo così, nei quali di suo ci ha messo poco o  niente. Ora, però, ha intenzione di darsi alla commedia e…credo…credo che i protagonisti designati siate voi. Voi…Oscar…e compagnia bella. E’ probabile che ci sia anche il vostro amico Fersen . Potrebbe essere un qualcosa a sfondo bucolico, si, decisamente! “ conclusi.

EHHHHHHHHHH?” la sua voce si alzò ad un volume tale che per poco non presi un infarto “Cosa dite? Ho sentito bene?” domandò. I suoi occhi verdi si sgranarono per la sorpresa.
 
“Si, Monsieur. ” risposi.
André sembrò disperarsi. Si portò le mani tra i capelli scuri,  diventò pallido.
“Ne siete certa?” domandò, ancora.
(EH CERTO, SONO IO CHE GLI HO SUGGERITO IL TUTTO! Stavo per urlare….)
“Capisco…. Quindi… io e Oscar ci troveremo a recitare una commedia? E Fersen? Che parte farà? Vi prego, tenetelo lontano dalla donna…” disse. I suoi occhi parvero implorarmi.
Osai sfiorare la mano dell’ uomo, ora distesa lungo i fianchi.
“E’ una sopresa ma..abbiate fiducia. Ed ora, andate da Oscar e stupitela: offrievi di lavarle i capelli. Un suggerimento: fatele anche un massaggio al cuoio capelluto….” Dissi facendo l’ occhilino. Lui mi guardò come se fossi impazzita e mi girò le spalle.
“Nonnnnnaaaaa! Nonnaaaaaaaa! Hai percaso dell’ olio di semi di lino a portata di mano?” gli sentii dire. Poi, chiusi le palpebre e formulai il pensiero: voglio tornare a casa di Girodelle!
( … lascii un po' di privacy a quei due. Sai mai….)



Così…tornai dal Visconte. Un pensiero, una immagine…. Ed eccomi li.

“Musa…sei …sei tornata?” mi sentii dire non appena giunta nella stanza.
“Si. Proprio ora. Dove…siete? Dove sei?” domandai.  Mi guardai in giro, non vidi nessuno.

“...ehm…starei espletando alcune funzioni fisiologiche piuttosto impellenti ” rispose Girodelle, probabilmente e per fortuna  dietro un paravento….(Ma possibile che ogni volta che capito qui tu stia facendo qualcosa di…di…???....Lasciamo stare. Lasciamo stare…)
“Non so quanto ancora potrò restare…ma vorrei tanto assistere al tuo  lavoro…quello di scrittura, intendo. Quando pensi di iniziare?”

L’ altro non rispose.

“Tutto a posto?”
“Si…siii!” rispose con enfasi dopo aver sospirato di sollievo.

“Capito…e va bene!… vi aspetterò fuori “ dissi allora: e presi, quindi, a gironzolare per la casa. Non avevo alcuna intenzione di subirmi una seduta personale. Avrebbe tolto tutta la poesia del caso…
Ebbi così modo di riflettere.
Mentre mi guardavo in torno da quella condizione così strana, vedevo passare intorno a me un mondo. Inservienti, camerieri, factotum…ma di nobili, a parte Girodelle, non ne osservai nemmeno l’ ombra. Forse si trovavano a Versailles, chi lo sa…in ogni caso, stare li non mi dispiaceva.
 Certo, la mia routine mi mancava; ma vuoi mettere, essere trasportata nel tuo mondo ideale, un mondo che fino a pochi giorni prima potevi osservare solo dalle pagine di un manga  fatto di chine, inchiostri o al più da video, anime? … un mondo mio, personale, che da sempre rappresentava ricordi, sensazioni, pace…



“Eccomi…musa? MUSAAAA? Dove sei?”
Girodelle a quanto pare aveva concluso; mi voltai giusto in tempo per vedere i suoi capelli e poi il suo viso fare capolino dalla cornice della porta.  Notai che si era nuovamente cambiato d’ abito, ora indossava un completo dai toni scuri. Gli donava molto.

“Hai già iniziato a scrivere, sommo poeta?” domandai.

Lui voltò il capo nella mia direzione.

“No. Ma una idea, poc’ anzi, ha invaso la mia mente, grazie alla tua influenza. Scriverò, come mi hai ispirato, una commedia. Ma…ho paura di passare il segno: la protagonista dei miei pensieri è Lei…l’ essere perfetto, irrangiungibile, etereo. Il mio superiore, colei per la quale il mio cuore batte. Oscar François de Jarjayes! Dit che posso…posso farlo?” Le gote si imporporarono.
Non risposi e mi avvicinai a lui, oltrepassandolo; raggiunsi la scrivania e lessi ciò che aveva abbozzato non so quando.

“Ordunque? Sono solo queste due parole avete scritto?” chiesi.
 Lui abbassò il viso e portò le mani, giunte, al petto.
“Sono solo idee. Ma presto, presto!...tutto sarà compiuto! Lei, la mia dea, è un tenero fiore che il padre vuole a tutti i costi unire in un matrimonio con un uomo ormai alla fine dei suoi giorni terreni. Andrè, il suo attendente, è segretamente innamorato di lei da moltissimo termpo e vuole a tutti i costi salvarla dall’ infelicità ma poi…arrivo io, che spodesterò tutti e….” (Si. Col cavolo che te lo lascio fare, pensai)


“NO”.

Girodelle alzò la testa di scatto e per un istante tornò il suo sguardo…marziale.

“Come hai detto, Musa?” chiese con voce ferma.

“Ho detto NO. Tesoro….” dissi allungando le mani sulla sua capoccia e giocando con i suoi capelli, morbidi come seta “… ho detto che devi scrivere una Commedia, non una Tragedia. E poi, santo cielo, con tutte le fanciulle che anelano per te… lascia stare Oscar, suvvia…”
Lo fissai.
Il labbro inferiore iniziò a tremare, come quello di un bimbo appena redarguito dal genitore.
“Ma io…..” borbottò.  Fecero capolino anche dei lacrimoni brilanti.

“Su, su, animo!” dissi, allora “ Era solo una idea ma se la pensi così….vorrà dire…che ti lascerò fare” risposi,
(Lui sorrise, ed io anche: tanto, sapevo già, dentro me, come sarebbero finite le cose….)

Il giovane Visconte si mise, allora, al lavoro. Fatta eccezione per una mezza giornata in cui fu costretto all’ ennesisma visita medica, si dedicò animo e corpo al lavoro; di tanto in tanto riceveva missive da parte di Oscar che lo implorava di tornare al lavoro, alle quali rispondevo io adducendo scuse di ogni genere, dalle unghie incarnite al raffreddore o al mal di testa.
A parte ciò, tutto filò liscio ed io, seduta con le gambe penzoloni sul letto a baldacchino, lo osservano mangiando cioccolata; dopo di che, spesso, mi trasferivo a casa Jarjayes. Ero, insomma, diventata una sorta di pendolare, in attesa che questo strano avvenimento - un sogno, una visione? – che mi aveva preso potesse avere una conclusione.

Fu lungo il corridoio dell’ enorme casa Jarjayes che incontrai André. Era appena uscito dalla camera di Oscar con l’ onnipresente vassoio.

“Beh? Avete intenzione di guardarmi ancora a lungo senza dire niente? Siete  qui da tre ore ma non mi avete ancora rivelato nulla. Oscar mi sta stressando, vuole sapere se ci sono novità… Vi prego, aiutatemi: mi è venuta l’ orticaria, a forza di ascoltare i suoi lamenti!” disse.

Io sorrisi. Poi seguii giù per le scale, nella direzione che aveva preso.

“Mi dispiace, ma non posso svelarvi nulla: sarà una sorpresa…” dissi.
Lui mi guardò malissimo; entrò in cucina, posò ciò che aveva tra le mani sul tavolo e uscì, sbuffando.
“E va bene. Mi volete morto, dunque?”
“Oh, quante scene: nell’ anime sei molto più remissivo e dolce” ribattei.
Mi fissò, ancora, malissimo. Camminava avanti ed indietro nel salone, vuoto come al solito. Nanny stava fuori a stendere i panni.

“Non me lo ricordate. Quando mi hanno detto che avrei dovuto fare il servo, l’ attendente, aspettare trent’ anni per baciarla mi sono detto VA, CHE FORTUNA!...in ogni caso, non divaghiamo: spero che questa…cosa finisca presto. Io e Oscar abbiamo deciso di fuggire insieme.”
“EH? Fate sul serio? FINALMENTE! ERA ORA!  “ esultai.
André mi guardò malissimo; si assicurò che nessuno ci avesse sentito e si avvicinò ulteriormente a me.

“Ma siete tutte così strane?” domandò.
(Era talmente vicino che potevo sentire il suo profumo, un misto di afrore maschio, talco, lavanda, insomma il tipico suo profumo che viene descritto, di solito, nelle fic…)
“chi? Noi, vostre fans? PFUI!...io sono ancora sobria… ma ti assicuro che c’è gente che mi ha insultato solo perché ho osato scrivere di voi e di un…incontro a tre”,
Andrè divenne color borgogna ed inizio a sudare freddo.
“Voi…cosa…incontro…tre..?” balbettò.
Lo guardai, sentendo salirmi le lacrime agli occhi ed una ilarità che difficilmente avrei controllato.
“…Si, spero non vi dispiaccia…” risposi
“IO…io…OSCARRRR, DOVE SEI? DEVO DIRTI UNA COSA” disse, invece, correndo come un pazzo a perdifiato.

Io rimasi li, godendomi il panorama, ridacchiando tra me.
(Oddio, che cosa succederà, ora? Pensai; in quel mentre, le mie orecchie udirono iL galoppo sfrenato di un cavallo. Mi voltai giusto in tempo per osservare lui: Fersen. FERSEN? )

“Ci mancava pure questa…” borbottai, tra me, sperando non accadesse un patatrac…poi , spinta dalla curiosità, seguii il conte fin davanti alla porta d’ ingresso.





 

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Capitolo 3
*** Tra il serio ed il faceto, il giorno del giudizio si avvicina ***


Una frazione di secondo: tanto ci misi a svolazzare nella mia forma eterea (alla quale mi stavo abituando decisamente) per raggiungere Fersen - che quel giorno indossava un completo in raso color lavanda in perfetta armonia cromatica con pelle e capelli – e tanto impiegò, lui, per ritrovarsi lungo disteso a causa della sua scarpina, n. 44 (e mezzo)  , che si era incastrata in una radice fuoriuscita dal terreno bloccando il suo incedere e lanciandolo in uno splendido volo d’ angelo triplo carpiato. (Fu una cosa talmente veloce che mi ci volle più di un attimo per rendermene conto e circa cinque minuti di meditazione per cercare di non ridere).Non potendo intervenire, logicamente, pensai a come dare soccorso: mentre spremevo le meningi, sentii i passi di Nanny avvicinarsi… (Per fortuna pensai, restando in attesa…)

“Che qualcuno abbia bussato? Mi…mi è  sembrato di sentire un rumore… che abbiano davvero bussato alla porta???” borbottò, aprendo il pesante portoncino in noce contro il quale lo svedese  aveva cozzato con il capo facendo vibrare la piccola campanella. I vispi occhietti sondarono il panorama che si trovò davanti, scendendo man mano verso il basso.
 “ ah…siete voi, Conte di Fersen…” disse  quasi con noncuranza quando lo vide “ ma… ma che ci fa li ha terra? E’ una usanza del vostro paese?” domandò. Lui , con un a espressione mista tra lo stupore ed il rassegnato, rialzò la testa e parte del tronco appoggiandosi ai gomiti.
“Ehm…Perdoni la maleducazione e la grave mancanza di un dignitoso saluto Madame, ma al momento mi trovo impossibilitato a compiere qualsiasi movimento. Se mi permette tuttavia vorrei chiederle: Oscar è in casa?” disse con la solita flemma, come se nulla fosse accaduto con un sorriso stampato sul volto.
Nanny, quasi scocciata, lo fissò.
“Si, ma prima si rialzi: insomma, cosa è, una moda di voi giovani, questa? Ed abbia la compiacenza di seguirmi” rispose la donna, mettendo le mani sui fianchi per sottolineare come quelle parole fossero in realtà un ordine.
Fersen, allora, si prese un paio di minuti e si rimise in piedi; barcollando, cercò di rendersi presentabile ed entrò in casa, accomodandosi sul primo divanetto utile, uno dei tanti presenti nel grande salone alla sua destra. Naturalmente  lo seguii, ancora incredula per la scena appena vista…giusto per sincerarmi che tutto fosse a posto.
(…Eh si….Era davvero conciato. Presa da pietà, anche se per le sue uscite non se lo sarebbe mai meritato, andai nelle cucine e tornai con una pezza intrisa di acqua fresca che casualmente egli si trovò a pochi centimetri da dove sedeva, pezza che lui afferrò senza pensare e posò sulla sua fronte…)
Insieme  a lui attesi Oscar, che giunse poco dopo.

“Fersen, cosa vi è capitato?” disse lei non appena lo vide, ferma in cima alle scale, una espressione sorpresa sul volto.
“Madamigella , perdonate la mia venuta così… su due piedi, senza alcun annuncio…ma…debbo parlarvi di una faccenda assai curiosa” rispose, serio. Oscar scese le scale e  si avvicinò all’ uomo accomodandosi dirimpetto ad esso. Andrè non si vedeva; forse, era impegnato in qualche mansione.
“Ditemi, mi avete incuriosito” disse lei “ devo…devo preoccuparmi?” domandò.
Fersen la fissò, indeciso sulla risposta da dare. Poi, in qualche maniera si alzò e andò verso la grande finestra che dava sul giardino di rappresentanza.

“Ecco, vedete, gira voce che il vostro sottoposto voglia presentare una commedia alle Loro Maestà, affinché possa ricevere
l’ autorizzazione per la rappresentazione” rispose “ e… diamine!, non trovo le parole esatte! …ecco, pare che voi siate la protagonista indiscussa di tale scritto!”
Oscar si alzò in piedi.
Sapeva, perché glie lo aveva riferito Andrè con il passare dei giorni, che Girodelle stava architettando qualcosa ma era ben lungi dal conoscerne la reale portata…

“…e come hanno preso la cosa a palazzo?” domandò.

Fersen si girò, la fissò. Era stupito che non si fosse subito alterata. Conoscendone il carattere…
“Sono tutti molto curiosi e aspettano una vostra reazione…” rispose.
Oscar annui e si alzò in piedi a sua volta.
“Bene, Conte di Fersen… credo proprio che andrò a trovarlo, dunque… “ disse, lasciandolo basito. In quel momento dalle cucine arrivò Andrè, che non appena mi vide si avvicinò a me nell’ angolino più discreto del grande salone.
“Che vuole, questo? “ mi domandò sottovoce, con una leggerissima punta di fastidio. (Nemmeno mi voltai a guardarlo; tenevo gli occhi fissi sulla scena.)
“Ha appena riferito ad Oscar che  De Girodelle si è recato a Corte con l’ intenzione di presentare la sua commedia” risposi, con un soffio di voce. Lui mi guardò e sorrise.
“Speriamo bene!” rispose solamente; io, in quel preciso istante, decisi che non avevo più tempo da perdere e, giusto in un battito di ciglia ed il tempo di fare un pensiero, raggiunsi il novello commediografo. Dovevo affrettare le cose, cogliere l’attimo. ( Di questa strana faccenda, la cosa positiva constava nel fatto che potessi praticamente comparire e scomparire a mio piacimento….)
Come avevo ben  immaginato trovai Girodelle nei giardini di Versailles circondato da una crocchia di dame con ventagli piumati delle più disparate forme e colori; era allegro, ridanciano…lontano mille miglia dal serio ed eterno secondo di  Oscar!
Rimasi a guardare quel siparietto divertita, per un po',  finchè, accortosi della mia presenza il Conte si congedò con una scusa qualsiasi e prese a camminare, le mani dietro la schiena, nella mia direzione; lo osservai mentre mi superava e si dirigeva, come se nulla fosse, in un piccolo boschetto li vicino. Lo seguii.
“Conte de Girodelle, vorreste dirmi di grazia cosa state combinando?” domandai, non appena fui accanto a lui.
“Oh, nulla. Sondavo il terreno… mia Musa, la commedia è pronta e ora mi chiedevo…come e cosa fare. Non ho svelato a nessuno il contenuto, prima debbo mostrarlo ai Reali…che dici, faccio bene?” borbottò levandosi il cappello e sistemandosi la chioma fluente.

Vorrei leggerla.” Risposi. Secca.

Lui voltò il capo verso di me, basandosi sulla mia voce.
“…ne sarò lieto, Musa. Stasera, quando rientrerò a casa” disse. E si calò nuovamente il cappello in testa.
“Siete preoccupato?” domandai. La sua espressione aveva appena preso un non so chè di malinconico.
Il conte fece alcuni passi, avvicinandosi ad un cespuglio di rose. La sua mano ne sfiorò una, delicatamente.
“…no, preoccupato no; mi sto chiedendo solo se…ho fatto bene. Ho passato la vita a fare il soldato, ora ho questa smania… “ (che stesse tornando in sé? Che gli prende, cosa è questo tono di voce? Queste parole? Pensai)
“E la cosa vi crea fastidio?” domandai.
“No. Solo che… ho paura delle reazioni di mio padre. Io, figlio primogenito, lascio le armi per darmi alla scrittura…”
La sua voce era leggermente incrinata.(Si, qualcosa stava cambiando, dopo quella capocciata…)
Mi avvicinai, per la prima volta cercando un contatto, sperando potesse percepirlo.
 
Gli strinsi la mano.

“ Conte, dovete sapere che i tempi che verranno non saranno esattamente rosei come questo fiore; ascoltate il mio consiglio: fate ciò che vi sentite e poi…fuggite. Andrà a finire male, qui. Molto male.”
I suoi occhi si sgranarono. Girodelle prese un grosso respiro.
“….immagino che tu, mia musa, abbia cognizione delle parole che pronunci, quindi…ti credo; ho visto anche io cosa sta accadendo. Dimmi, dimmi solo una cosa: Oscar si salverà?” chiese.
Feci segno di no con il capo.
“A meno che non si intervenga in qualche modo, no. Lei e Andrè periranno. Lo stesso vale per la maggior parte dei nobili che sono più vicini al Re. Fersen riparerà in Svezia…” risposi.
Le gambe del conte ebbero un cedimento e gli toccò allungare le braccia verso il tronco di un piccolo acero per reggersi in piedi.
Io, dispiaciuta, restai a guardare. Poi, lui, sembrò ridestarsi e mi fissò.
“C’ è un modo per salvarla?” chiese. Le guance avevano ripreso colore.
Ci pensai un attimo.
“….Non so cosa abbiate scritto nella commedia, ma fate si che alla fine della rappresentazione Oscar abbia modo di fuggire. Sicuramente anche Andrè  la seguirà. Dopo, sparite anche voi dalla circolazione, magari fatevi dare una mano da Fersen, potreste seguirlo nel suo paese Natale…” dissi.
Girodelle accennò la sua approvazione con un lieve movimento. (Per essere risoluto…lo era. Decisamente.)
“Sia. Musa, ti aspetto, stasera. Daremo una occhiata alla mia opera” rispose; poi, lo vidi correre verso i suoi vecchi uffici, dove fu accolto con stupore e inondato di domande dagli ex compagni e sottoposti. Io restai li, a guardarmi intorno….
(Che situazione…Forse è meglio finirla qui e….per il meglio pensai. Infine, rimasi a gironzolare negli splendidi giardini chiedendomi quando, e come, sarei tornata alla mia vita di sempre.)


Non so cosa accadde a Palazzo Jarjayes , onestamente, dopo la visita di Fersen; la priorità era rappresentata da questa benedetta commedia e dalla piega improvvisa che avevo dato alla situazione quindi raggiunsi la magione dei Girodelle. Ovviamente ancora nessuno era rientrato ed io mi portai – dopo aver curiosato tra ritratti degli avi e vari cimeli di famiglia – negli appartamenti del conte. Tutto era in ordine, profumato. Sulla scrivania una pila di fogli, penna d’oca, calamaio. Un profumo di lavanda e resina raggiunse le mie narici.
Svolazzai qui e la  ( ci stavo prendendo gusto, non mi ero mai sentita così leggera) per un po'.
Poi, dopo un tempo che non riuscii a quantificare,  sentii il rumore di una carrozza sul vialetto di candidi sassolini. Era Girodelle, in compagnia del padre.
Lo attesi, dunque. Non tardò a palesarsi: meno di dieci minuti più tardi, entrò in camera.
“Musa, sei già qui?” domandò non appena aprì la porta, la marsina rosso fuoco appoggiato sul braccio.
“Si. Sono giunta ora” risposi. Mentiì.
Lui si avviò  a grandi passi verso il letto e davanti ai miei occhi si levò, quasi non ci fossi, qualsiasi indumento. Poi, presa una pezzuola bagnata dal vicino bacile, procedette con le abluzioni ed infine si infilò una tunica…(ma che…? )
“Sono pronto, mia cara” disse, infine. Io, basita, non profferii parola.
“Che c’è? Non avete mai visto un umano nudo?” disse, passandomi vicino.( Giurerei di avere anche visto un sorriso beffardo, su quel viso…)
Lasciamo stare….” Risposi, osservandolo mentre si metteva a sedere alla scrivania. Lui prese il plico di fogli dalla cartella di pelle che vi aveva posato sopra e me li porse.
 “C’è ancora tempo per la cena e non ho alcuna voglia di sentire le rimostranze ed i soliti lamenti di mio padre quindi, se vuoi, possiamo metterci al lavoro” disse; io mi avvicinai a lui ed iniziai a leggere.

Fu una giornata e poi…una serata spassosa ma soprattutto, una vera sorpresa:  aggiustai qualcosa qui e la…tuttavia, dovevo ammetterlo,  la storia che aveva scritto era davvero migliore di quanto mi aspettassi. Così, dopo aver riportato una variazione sostanziale al finale finalmente – ed entrambi – soddisfatti,  decidemmo che l’ indomani sarebbe tornato a corte sottoponendo il tutto alla Regina, di più larghe vedute e grande amica di Oscar. Il giorno del giudizio si stava avvicinando.
 
 
 
Casa Jarjayes, quella stessa notte, più tardi.
“….hai compreso, André? …tu ed Oscar, alla fine della rappresentazione, potrete fuggire senza che nessuno sospetti alcunché. Così come avete pensato….Ma non posso dirti altro…”
Lui, rintronato dal sonno, fece segno di si con la testa. Lo avevo svegliato da forse un quarto d’ora e speravo che le sinapsi si fossero messe in funzione adeguatamente.
“Ma siete sicura? Posso fidarmi di voi?” domandò.
 La voce era impastata dal sonno (e lui…tremendamente sexy)
“Si, ne sono certa. Preferisci forse finire con una pallottola in pieno petto e chiudere gli occhi sotto un ponte? Fai tu, eh…” risposi. Lui si mise a sedere, pallido.
“Oddio, i produttori mi avevano avvisato che non avrei fatto una bella fine, ma da qui a morire così… “ cercò di sdrammatizzare. Non risposi. Avevo avuto la fortuna di poter cambiare il loro destino e lo avrei fatto ad ogni costo.

Andrè si stiracchiò, pensieroso.
Raccolse le ginocchia contro il petto, le cinse. Poi vi appoggiò il capo ed i capelli si appoggiarono come seta alla pelle.

“Perché vi vedo?” domandò, quasi sottovoce.
Lo fissai, pensai a cosa rispondere (proprio ora ti salta in mente questa cosa? pensai) ma, davvero, nessuna frase logica e di senso compiuto mi passò per la testa; così lasciai la stanza, silenziosamente rifugiandomi nel mio mondo fatto di sogni, etereo e leggero.
 
 
 
Due settimane dopo, - 10 al giorno del giudizio
 
Girodelle
“Ma dove si è cacciata? Silvie, Silvieeee!” Quando la cerchi, non la trovi mai…. Deve acconciarmi i capelli al più presto, stasera ci sarà la rappresentazione e devo assolutamente recami a Corte entro i rintocchi di mezza, per supervisionare tutto…
“Eccomi, Conte…sono qui….”. Finalemente….
“Sempre in ritardo, tu….dai, sbrigati” le dico “ Devo essere pronto al massimo tra mezz’ora….”
Mi guarda, i ferri in mano. Sbuffa.
“Ma è un lavoro lungo! Devo lasciare scaldare il ferro, pettinarvi i capelli, applicare l’ impacco sul vostro viso…”
La fisso, ancora.
“Beh, ti avevo avvisata già due giorni fa….” Le ricordo.
“SI! Ma voi non tenete conto che io, in questa casa,  non sono solo a vostra disposizione: devo correre appresso a vostra sorella, vostra madre, la governante. Senza parlare del fatto, poi, che mi avete chiesto di far parte della vostra… opera e passo le notti a leggere, studiare… non ce la faccio più!” esclama.

Oh, povera Silvie.
Forse ha ragione, ho tirato troppo la corda; ma l’ ho fatto senza pensarci ed in virtù della confidenza che ci ha sempre uniti, siamo praticamente cresciuti insieme….è quasi una novella André, per me…
Sorrido.
Mi chino, raccolgo i ferri e li colloco sul tavolo; li scalderò dopo.
Faccio sedere Silvie sulla poltrona accanto alla scrivania, rimango in piedi vicino a lei che mi guarda stupida. Poi la mia mano accarezza i suoi capelli raccolti in un semplicissimo chignon.
“Conte….” Mormora, paurosa. Trema. Eh si che non l’ ho mai sfiorata con un dito e mai le ho mancato di rispetto….
Mi abbasso alla sua altezza, più o meno, la guardo. Senza che riesca a comandare il mio volere sento la mia voce uscire sicura dalla gola.

Silvie, ti piace la Svezia?” domando. Lei forse mi prende per pazzo ma…annuisce;  ci abita mia sorella dice,  io allora sorrido di rimando, annuisco, mi allontano. Prendo una candela ed inizio a scaldare i ferri.
“Cosa fate?” mi domanda lei, curiosa.
“ Vi acconcerò i capelli. Poi, sarete voi a farlo per me” rispondo. Guardo la grande pendola in fondo alla stanza. Mancano dieci ore alla rappresentazione, siamo in ritardo…ma va bene così. Va bene così.

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Capitolo 4
*** ...Il giorno del giudizio non è poi così male ***


Il giorno del giudizio (dove la musa non compare, ma osserva da lontano…e dove l’ impossibile, una volta tanto, si avvera)



Girodelle
“Siete pronti?” chiedo ai presenti davanti a me.

Moltitudini di sguardi mi fissano, seri; do loro una ultima occhiata… direi che siamo a posto. Oscar e Andrè, la pastorella ed il villano, ostentano sicurezza; accanto a loro il gregge di pecore, guidato a un Fersen quantomai orgoglioso di sé, attendono ulteriori ordini come bravi soldatini, in fila, senza fiatare. Lo stesso fanno gli altri protagonisti.
“Bene” dico, con un lieve timore “ Tra poco si andrà in scena. Ricordate di raggiungere la vostra posizione e di tenerla finché non si chiuderà il sipario del primo atto: è vero, siete pecore, tuttavia Signori…dignità, sguardo fiero! Mi raccomando!”


Uno sguardo al valletto.

Uno alla scenografia, realizzata magistralmente dal Maestro Leopold: siamo pronti. Via!

Si va in scena!” esclamo.

Un sospiro, il sipario si alza.





“André
Mia dolce amica, da tempo non ti vedo in questi verdi pascoli. Dove ti ha portato la vita, fino ad ora? Mi sei mancata come la rugiada ed i raggi del sole…lasciate che vi ammiri, senza verbo profferire!”
(la pastorella guarda, accigliata, il giovane che si è appena avvicinato)
Oscar
Andatevene. Lasciate stare me e le mie pecore, Signore. Ve ne prego.
André
Ma io non voglio farvi alcun male…né a voi, né al gregge. Non vi ricordate di me? (E’ alquanto sorpreso, allo stesso tempo deluso. Allunga una mano per sfiorare quella della donna.)
Oscar
A dire il vero, no. Chi mai potreste essere? Forse Luc, il figlio del fattore? Oppure Joel, quel Joel che soleva tirarmi le trecce ogni qual volta i suoi occhi si posavano su di me? (E’ sdegnosa,ma non per vezzo. Fa qualche passo e raggiunge un piccolo agnellino -vero- prendendolo in braccio)
André
No, Madamigella. Non sono nessuno dei due. Davvero non vi ricordate di me? Forse… forse è davvero passato troppo tempo….(Deluso, abbassa il capo)
Fersen
Beeeeeeee….(Si avvicina ad Oscar spingendo, inavvertitamente, un compagno di…gregge, facendolo ruzzolare tra mille risate)
Oscar
Vedete? Mi infastidite… e infastidite i miei animali quindi, vi prego, ditemi ciò che dovete ed andatevene. Questo caprone è molto testardo, lo conosco, potrebbe incornarvi da un momento all’ altro…(la pastorella posa una mano sulla testa cornuta di Fersen. Cala un palpabile imbarazzo tra il pubblico. Il Re sorride, la Regina si copre il viso con un ventaglio)
Fersen e i sottoposti di Girodelle
Beeeeeeeeeeee!!!! (con molta forza, molto vigore)
André
(Rimane fermo al suo posto e si leva il cappello).Mi chiamo Charles, sono il figlio della vostra matrigna. Fin dalla più tenera età, prima che partissi per tornare dai miei nonni, eravamo compagni inseparabili…
Oscar
Voi? Ma non eravate partito per il nuovo mondo? Non eravate alla ricerca dell’ ispirazione per le vostre opere? (Lo sguardo si fa acceso , a tratti sdegnato. La pastorella non sembra appartenere al volgo, guarda il villano dal basso verso l’ alto).
André
Si, sono proprio io. Perché siete stupita? Un uomo non può cambiare idea? (E’ alquanto deluso ma …insiste. Si muove qua e la senza mai avvicinarsi più di tanto)
Oscar
Certo che si, solo uno stupido non lo farebbe! Ma ancora non avete spiegato la vostra presenza qui… (La pastorella sta giocando o è proprio così maldisposta? Si sta chiedendo il villano).
Fersen ed il gruppo
Beeee! Beeeeeeee! Beeeeeeeeeee! ( con ennesimo, rinnovato vigore)
André
….a dire la verità…sono venuto a trovarvi, appositamente. Tempo addietro, vi eravate promessa a me. Anche se eravamo poco più che bambini, ricordo ancora le vostre esatte parole.Dunque, ditemi…avete forse cambiato idea?  (Qui, il ragazzo si fa audace anche se, ad onor del vero,le gote si imporporano. Sorride )
Oscar
(Pensierosa ma, tutto sommato, lusingata…) Mi dispiace, non ricordo; forse non siete così importante e le vostre parole le ho scordate…io, davvero, non posso darvi ascolto: il mio cuore appartiene ad un altro.
André
Sapevo di correre questo rischio, ma…non posso andarmene così. Dovete darmi una spiegazione molto più seria e profonda… (è deluso, si infila in cappello in testa, i lineamenti si fanno tesi. I presenti fissano la coppia)
Oscar
(Arrabbiata, annoiata, risentita) Un calcio potrebbe andare?Lasciatemi stare….(si allontana, le pecore la seguono)
Andrè
Ora dove andrete? Dove condurrete il vostro gregge? (La segue con lo sguardo, che si fa triste)
Oscar
Laddove non possiate seguirmi……”

Sipario!” urla una voce.
Io cerco di rilassarmi;la prima parte è andata. Ora…stiamo a vedere le reazioni anche se…c’è fin troppo silenzio.

Ma come mai… nessuno applaude? OH, mio Dio….
Noto sguardi attoniti, facce contrite… Ma per fortuna, ad un certo punto si alza lei, la Reine….
“Conte de Girodelle…un primo atto davvero….ehm, delizioso” dice, con grazia ed educazione.
 So che lo sta facendo per pietà e vorrei chiamare un becchino, seduta stante, per farmi preparare una fossa…ma ricambio la gentilezza e mi inchino, mentre timidi applausi iniziano a sentirsi facendosi, man mano,  sempre più forti. Il Sipario è chiuso, i protagonisti rimangono in silenzio, le pecore finalmente possono tornare bipedi pensanti. Non ho il coraggio di guardare Oscar e Andrè:  sento gli occhi su di me e scappo via, per un attimo, rifugiandomi in un angolo del giardino e lontano da ogni cosa.




Oscar
“Ed ora che gli è preso?” mormoro osservando Girodelle che fugge, mentre cerco un posto all’ ombra. Queste gonne pesanti mi danno fastidio, ho un prurito talmente forte alle gambe che vorrei strapparmi le vesti. André è subito  accanto a me e mi porge dell’ acqua, direttamente da una brocca.
“Beh, Oscar, questa prima parte non è che si sia rivelata chissà cosa…non trovi?” dice. E’ gentile e pare quasi abbia timore nel pronunciare l parole…
“Hai ragione, sai? Però ecco….un poco mi dispiace, per lui. Prima quell’ incidente, poi le dimissioni…Ha fatto del suo meglio e meriterebbe rispetto. ”
Sono davvero sincera; siamo tutti stati al gioco, per il suo bene, ma ora, povero Conte, cosa accadrà?

 
SBAM!!!

Io, Andrè e Fersen – che si è alzato in piedi, nel frattempo, e si è tolto la maschera da ariete – ci fissiamo. Per abitudine, i nostri occhi cercano subito la fonte del rumore e cerchiamo di capire cosa sia accaduto, poi oltrepassiamo il telo che funge da sipario: la Regina, fortunanatamente, sta bene…così come gli altri. Ma quindi? Quale potrebbe essere la fonte di questo rumore fortissimo? Comincia un chiacchiericcio, le voci dapprima sopite alzano leggermente i toni. Il servizio d’ ordine è già al lavoro e sta controllando ogni cosa. Dico ad André che mi allontano un attimo per parlare con i miei soldati quando…
Accorrete! Un medico, un medico!” la voce stridula di un valletto - che avrà, forse, una decina di anni – si fa largo.

“Che c’è, ragazzo? Parla?” dice uno dei nobili presenti. Dall’ accento , se non ricordo male, dovrebbe trattarsi de il Marchese Barbolani, il nobile fiorentino.

“….Il…il Maestro…L’ ho visto andare verso il ruscello così l’ho seguito, per ogni evenienza e- e l’ ho trovato riverso a terra: pare che un ramo degli alberi che stanno sistemando gli sia caduto in testa.” dice. Le guance rosse non riescono a celare la sicurezza che vorrebbe dimostrare attraverso l’ atteggiamento composto. Lo avvicino.

“Ragazzo, portami da lui” dico.“ André, vieni con me. Andiamo a vedere cosa è successo!”
André
Oscar ha voluto che la seguissi. In tutta onestà, anche se non lo avesse fatto, sarei comunque andato insieme a lei. Ora, passo dopo passo, ci stiamo avvicinando al luogo in cui Girodelle versa a terra, con un rivolo di sangue che scende dalla tempia.
“Girodelle, vi prego. Riprendetevi, datemi un segno” dice Oscar.
Si china leggermente su di lui.
 “Conte, Conte!”
Girodelle emette qualche verso, credo si stia riprendendo. Apre gli occhi. Mi porto vicino ad Oscar, nel caso volesse sollevarlo.
“…Do-dove sono?” chiede. Il suo sguardo si posa su di noi, è leggermente confuso.
“Siamo nei giardini di Versailles” risponde Oscar “ voi….voi non ricordate più nulla?”
Il Conte di guarda in giro, pare perso nei pensieri. Tuttavia, d’ un tratto, con uno scatto si gira verso di noi.

“…Comandante, perché vi siete abbigliato in quel modo?” domanda. E’ assai sorpreso.
Io, Oscar ed un altro paio di persone che nel frattempo ci hanno raggiunto ci fissiamo.
“Ma…come?! Non vi sovviene nulla? Siamo abbigliati con le vesti di scena” dice Oscar. E’ basita, lo sono anche io. Ma dal mio stomaco sento risalire una strana sensazione, un formicolio…una risata sta per esplodere; così, mi allontano, mentre lacrime grandi come nocciole scendono dai miei occhi. Non so quanto resisterò. E’ troppo buffa, questa situazione!
Scena? Vi siete data al teatro?” domanda, ancora. Nel frattempo, noto che prova ad alzarsi; torno da loro, offrendo il mio aiuto.
“Avete scritto voi la pièce, Conte. Ci avete chiesto voi di interpretarla….avete perfino dato a Fersen la parte di un pecorone! Non ricordate nulla?” dice Oscar.

 
SBAM!
Il conte collassa a terra, ancora una volta, non prima di avere sgranato gli occhi ed essere diventato pallido come un cencio. Lo chiamiamo, ma non risponde; tastiamo il polso, è vivo. In qualche modo me lo carico a spalle – lo immaginavo più leggero, ad essere onesti – e lo riporto dietro le quinte, nelle mani di un medico chiamato da chissà chi che nel frattempo è sopraggiunto.Rimaniamo li una ventina di minuti – Girodelle ancora non riprende conoscenza -  poi mi volto verso Oscar.
“Io non vorrei essere indelicato, Oscar…ma l’ ora è giunta, la carrozza ci attende” dico con un filo di voce.
Lei guarda Girodelle, Fersen, cerca di raccogliere dentro i suoi occhi tutto ciò che possono contenere.
“…Hai preparato tutto? Hai preso tutto?” domanda, poi.
Sorrido.
“Si. Perfino la nonna e il sapone per capelli di Girodelle, che a quanto pare fa miracoli” rispondo.
Lei mi prende la mano, incurante di tutto e tutti; tuttavia nessuno fa caso a noi, forse pensano faccia parte di questa rappresentazione teatrale.

Un ultimo sguardo… e ci incamminiamo verso i cancelli.  Mi ricorderò di questo Conte così strano, che a volte avrei voluto strozzare. Ci ha regalato una nuova vita….



 
 
 
Girodelle
“Dunque io… io avrei fatto tutto ciò?” domando, timido, al medico di famiglia che mi ha appena visitato.

“Si, Monsieur. Per qualche tempo, avete completamente dimenticato le vostre origini e vi siete immedesimato nella figura di un poeta. Solo dopo l’ incidente avete recuperato la vostra consueta indole. Ecco” dice indicando la mia scrivania carica di fogli, inchiostri, piume d’ oca “ come potete notare, avete prodotto una grande quantità di scritti….”
Il mio sguardo è come imbambolato, la piccola Silvye è in un angolo, preoccupata. Mi sento strano, stendo a crederci….
“Ditemi, dottore, mi sono comportato in maniera sconveniente? Ho forse messo in imbarazzo la mia casata?” chiedo, mesto. Monsieur Dehasse è troppo educato per dire alcunché. Mi congeda solo  con un sorrido, dice che non devo preoccuparmi tuttavia io…sono inquieto, non ricordo nulla.
“Slivye…”
Si avvicina, il capo chino.
“Ditemi, Signore” pronuncia, con voce bassa “ c’è qualcosa che posso fare per voi?”
“…Dimmi… ho per caso fatto qualcosa di sconveniente, in questi tempi? Tu…Tu puoi, vuoi dirmi la verità?” domando.
Lei si ritrae, non risponde, tiene gli occhi bassi.
“Suvvia, mia cara…ci conosciamo fin da piccini…”
“Ebbene…per quanto mi riguarda una sera, poco prima della recita, mi avete arricciato i capelli con il vostro ferro personale. Ma sul resto, non saprei; sono sempre rimasta al mio posto, a casa vostra” dice, e lo dice d’ un fiato, quasi volesse togliersi un peso.
Avvampo. Cosa ho fatto? Come ho potuto metterla in imbarazzo in siffatta maniera?
“Ti prego di scusarmi” pronuncio a voce bassa “ non avrei mai voluto recarti-“
“Oh, no,no,  non fa nulla!. Non preoccupatevi” risponde, portando avanti le mani “ non avete fatto nulla di sconveniente e siete stato un gentiluomo”. Arrossisce, mentre lo dice.
Io tento di alzarmi da questo letto, vorrei avvicinarmi a lei per prenderle le mani …ma un capogiro mi ferma; quindi, rimango seduto, il lungo camicione che mi arriva ai piedi.
“Tenete” dice lei. Rialzo lo sguardo. Mi sta porgendo la veste da camera, che afferro e appoggio sulle spalle.

“Ho fatto altro…di cui potrei pentirmi? Ditemi, raccontatemi. Ve ne prego.”

Silvye rimane ferma dove è. Le spalle leggermente curve, lo sguardo rivolto verso il basso, le mani strette sul ventre.
Balbetta qualcosa che io non capisco. Le chiedo di alzare un poco la voce: inizia, allora, a raccontare tutto, per filo e per segno, dall’ inizio fino…ad ora.
Mio Dio, Mio Dio!” esclamo, con fervore e sdegno. Mi vergogno per quello che ho fatto, per avere coinvolto in questa mia pazzia Madamigella Oscar, perfino il Conte di Fersen! Sono rovinato, lo so. Dovrò sparire dalla circolazione o rassegnarmi a vivere sotto falso nome…

“Conte, non vi angustiate. Nessuno ormai ricorda più nulla: è passato così tanto tempo…”

Rialzo la testa di scatto.


“Cosa dite? Vi da di volta il cervello, Mademoiselle?” gli dico.
Silvye si allontana, prende una lettera che fino a pochi attimi primi era appoggiata sulla mensola, accanto al camino; torna, me la porge. E’ di mio padre e reca la data 20 settembre 1789. Sei mesi fa.
A momenti svengo. Cosa ho fatto per tutto questo tempo?
“…Silvye, ti prego. Raccontami tutto…anche ciò che hai omesso nel tuo primo racconto” .La imploro, passano dal voi al tu, confidenziale. Sorride.

Credo che i vostri amici potranno spiegarvi tutto. Se avete pazienza, saranno qui a momenti…” risponde. Poco dopo, sentiamo bussare alla porta.

“Allora, Victor, come state? “ E’ la voce di André, l’ attendente di Oscar. Si staglia davanti a me in tutta la sua altezza; è vestito in modo dismesso. Nota che lo osservo e riprende a parlare.
“Perdonate la mise, sono appena tornato dal vigneto” dice “ Oscar sarà qui tra poco, sta allattando la piccola Christine..”

Credo davvero di essere pazzo. Ho sentito bene?

“Prendetevi il tempo che vi serve” dice André “ più tardi, se ve la sentite, avremmo qualcosa di cui parlare. Sappiate, in ogni caso, che siete e sarete sempre il benvenuto, a casa nostra….”
Fisso André.

“Se è lecito, dove mi trovo, ora?” domando. La mia voce

Quello che ora- credo proprio- sia il marito di Oscar mi offre il suo braccio ed insieme percorriamo i pochi metri che mi dividono da una finestra; giunti dove dobbiamo,  con un gesto veloce scosta il pesante tendaggio e davanti a me compaiono distese, colline ricoperte interamene da vigneti, un campanile all’ orizzonte. Il cielo volge al tramonto.

“Siamo in Italia, e questa è casa mia e di Oscar. E’ tutto merito vostro” dice.

Il mio sguardo vaga nel cielo e lungo i dolci declivi collinari , osservando tutto ciò con rinnovato stupore. Non so ancora cosa sia successo,…ma il mio cuore dice che sono nel posto giusto e che tutto va bene.

Ed a me, onestamente, sta bene così.




 
 

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