Not by the moon

di LightingThief
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Okiya ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. The Fight ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. The lord ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. A new welcome ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. Yakuza ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. Mate ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Okiya ***


Capitolo 1. 
Okiya

Quarantacinque anni prima

Che il Daimyo della regione di Hakumai, Haruka Ikeda, non fosse mai stato un uomo particolarmente propenso a seguire la tradizione lo si poteva intuire dall’enorme ed immensa schiera di bellissime donne concubine con cui era solito giacere, oltre che la moglie, una donna dalle magnifiche fattezze. La moglie, però, non essendo riuscita a dargli alcun erede, maschio o femmina che fosse, cadde in uno stato di profonda depressione dalla quale non sembrò mai riprendersi ed è stato allora, in un giorno di pioggia, che la notizia che una delle proprie servitrici e concubine fosse rimasta incinta sembrò sconvolgere quella vita così apatica cui era costretto ultimamente. Non c’erano guerre in corso, la città prosperava così come anche l’intera nazione di Wano, e l’attuale Shogun sembrava essere alle prese con un figlio problematico che molto faceva divertire lo stesso Daimyo.

Passarono i mesi, durante i quali lui si prese cura della concubina rimasta incinta, una splendida donna di nome Karina, dai lunghi capelli biondi e gli occhi da cerbiatta, una delle geishe più belle che avesse mai visto e con cui avesse mai passato del tempo. Quel che davvero le piaceva di Karina era che non sapeva stare al suo posto e la costante voglia di scoprire cose nuove, sapeva affrontare la vita con delicatezza ed allo stesso tempo con estrema forza, per questo motivo il Daimyo era certo d’essersi innamorato di lei e di tutto quello che la riguardava. Non gl’importava del sesso del nascituro, gli sarebbe andato bene tutto, anche se non aveva pensato all’unico problema che sarebbe mai potuto esserci: la legittimità.
Un bastardo non è davvero un erede, anche se col tempo avrebbe potuto chiedere allo shogun la legittimazione, ma non era un problema al quale si sarebbe dovuto approcciare per adesso. Lui voleva solo abbracciare il frutto di quell’amore che finalmente venne alla luce con le sembianze di una bellissima bambina. Una gioia per gli occhi e per la prima volta di Daimyo sperimentò che cosa volesse dire davvero la parola amore. Gli bastava guardare negli occhi quella bambina per rendersi conto che lei era davvero tutto ciò di cui avrebbe mai avuto bisogno per essere felice.
E’ questa l’indescrivibile gioia che provano i padri quando vedono per la prima volta un figlio?
Così quella bambina venne chiamata Shin, un nome neutro che avevano deciso in precedenza con Karina prima ancora di sapere il sesso di colei che sarebbe venuta al mondo.
Amore.
E’ questo l’inizio della storia, tutto scaturisce dall’amore, i sentimenti più positivi tanto quanto quelli più negativi perché per ogni amore che nasce esiste un cuore che brucia di gelosia. Se da un lato il daimyo stava vivendo il suo sogno con Karina e la nuova piccola arrivata Shin dall’altro lato vi era la moglie dello stesso che rivendicava per lei tutte le possibili attenzioni, esigente come poche donne e caparbia come chi sa di avere ragione.
La storia d’amore perfetta sembrò durare solo per pochi mesi perché dopo quella nascita non solo Karina venne costretta a lavorare con più ardore possibile ma purtroppo venne espressamente richiesta come servitrice e damigella ufficiale della prima moglie del daimyo che decise di sfogare sulla donna tutta la propria frustrazione che non avrebbe mai potuto sfoggiare sul marito.
Le faceva preparare il tè troppo caldo per poi assaggiarlo, la faceva correre ovunque alla ricerca delle nuove stoffe più in voga nella capitale, la spingeva fra le braccia di altri uomini e soprattutto le impediva di stare con sua figlia, rendendole impossibile essere una buona madre che si prende cura della propria famiglia. Tutto ciò, ovviamente, sotto gli occhi del Daimyo Haruka che cercando d’intervenire si ritrovò solamente con l’ennesimo dramma al palazzo, cosa di cui non aveva bisogno.
In fondo i samurai non vivevano di certo per questo genere di cose e sebbene lui volesse davvero bene a Karina ed a Shin non poteva far altro che cercare di alleviare quelle sofferenze quanto più fosse possibile.
Lui era un bravo uomo che aveva avuto la sfortuna di sposare la donna sbagliata e di conoscere quella giusta al momento meno opportuno.
Si ripeteva sempre che avrebbe fatto di tutto per sua moglie e per coloro che amava ma dopo sette anni la sorte sembrò non girare più in favore dell’amore bensì tutto puntava verso la morte.
Trovò Karina a terra svenuta fra tutte quelle sete che stava faticosamente riportando a palazzo. Doveva essere morta di stanchezza perché neanche tutte le cure dei migliori medici riuscirono a farla rimettere in piedi e giorno dopo giorno la forza vitale abbandonava il corpo della donna, fino a quando non si spense completamente ad un capezzale cui era presente solo la figlia ed il Daimyo.
Nessuna parola fu detta in suo onore, solo una piccola tomba venne eretta nel giardino di ciliegi sul retro del palazzo, esattamente il genere di posto in cui sarebbe voluta essere seppellita Karina.
Ma con la madre che venne a mancare così prematuramente nessuno avrebbe mai pensato a Shin che si ritrovò sola in quel palazzo troppo grande per lei e soprattutto troppo brutale per una bambina. Perché se la moglie se l’era presa con Karina adesso che era rimasta sola iniziò anche a prendersela con Shin, che adotto come valletta personale.
E fu allora che Haruka decise che non avrebbe potuto accettare ulteriormente un simile destino per sua figlia, così per proteggerla dalla moglie e per sperare di darle una vita migliore prese la tremenda decisione di affidarla ad una delle Okiya più famose dell’intera isola di Wano, quella poco lontana dalla città di Kuri.
Le case delle Geishe sono da sempre un luogo di perfezione e di studio per le piccole bambine che prese fin dalla più tenera età si ritrovano, dunque, immerse nell’arte di diventare una vera e propria geisha, così da avere un futuro brillante fra le mani.
Shin non accettò mai questo allontanamento da parte di suo padre che, non potendola legittimare a causa della volontà della moglie, si era ritrovato costretto a dover scindere quel meraviglioso legame che aveva con lei solo per cercare di preservarla e per donarle un luminoso futuro. Era sicuro che sarebbe diventata stupenda, visto e considerato che aveva preso tutto ciò che di bello possedeva sua madre, come quei lunghi capelli biondo miele che le ricadevano sulle spalle o gli occhioni grandi e da cerbiatta, scuri come la notte e quella spruzzata di lentiggini che spuntavano con il sole. Una vera benedizione della natura. Il suo carattere, d’altro canto, non potè che essere una vera e propria mescolanza fra la curiosità di Karina e lo spirito deciso da samurai di Haruka, che rivedeva in lei tutto ciò che di bello lui sarebbe mai potuto essere.
Delicata bellezza e forza, nulla che nessuno avrebbe mai potuto negarle, se non fosse stato per quell’animo tendenzialmente ribelle che la portava ad opporsi a tutto ed a tutti quanti.
Dunque l’arrivo di Shin nella grande Okiya fu ben più rumoroso del previsto assieme alle altre bambine era l’unica che non voelva davvero trovarsi li in quella stupida scuola di buone maniere che però le venivano inculcate con la forza.

 

Tre anni dopo

Odiava tutti quei fermagli nei capelli ed il kimono le stringeva troppo il petto anche solo per respirare. E le maniche dell’abito, così svolazzanti e fastidiose, era tutto troppo per lei e per quanto avesse davvero provato a farcela, a seguire tutto ciò che la loro insegnante diceva ecco che aveva optato per la fuga. Probabilmente sarebbe rimasta via per un paio di settimane, per poi tornare con la coda fra le gambe così come aveva fatto due anni prima in compagnia di un’altra bambina. Ricordava ancora la punizione cui era stata sottoposta una volta rientrata nella Okiya ma sicuramente ne era valsa la pena e poi non aveva mai visitato una città come Kuri.
Ricordava ben poco da quando c’era andata la prima volta, anzi, ricordava davvero poco da quando c’era passata davanti, ma era con assoluta certezza che ricordava, a detta di suo padre, che quella città fosse un ricettario di criminali.
Eppure mentre avanzava lungo quelle strade, non c’era l’ombra di un criminale neanche a vederlo. Forse la persona più losca che si vedeva in giro era lei, con quel kimono strappato per via della corsa, i capelli scombinati e spettinati e l’aria di chi non sapeva dove fosse finita.
Kuri sembrava diversa, sembra balla, quasi come fosse sbocciata tutta assieme ed una nuova primavera fosse giunta sulla città. Era incredibile e soprattutto nessuno le aveva mai detto che una meraviglia simile fosse tanto vicino a dove viveva lei stessa. Certo che se fosse riuscita ad avere qualche soldo in più avrebbe volentieri vissuto li.
Non molto lontano c’era anche la spiaggia, uno di quei posti che non le era concesso visitare durante i suoi studi come geisha, ma che con suo padre visitava spesso. Nei suoi sogni camminava lungo le spiagge di Wano accompagnata da suo padre e sua madre, mentre la tenevano per mano, certi che prima o poi sarebbero stati una vera famiglia. Perché era questo che a Shin mancava, la famiglia.
Non aveva mai sentito di appartenere alla a quel maledetto palazzo reale così come non si sentiva appartenere alla Okiya, nonostante si fossero prese cura di lei. Ma non era questa la sensazione del petto che avrebbe mai dovuto provare.
« Ti sei persa, stupida? »
Una voce nasale alle proprie spalle, però, riesce a catturare la propria attenzione costringendo dunque Shin a voltarsi verso di lei, incontrando dunque la figura di una ragazzina poco più alta di lei, con capelli colorati, un naso adunco ed un leggero kimono estivo dalla stampa floreale.
Era proprio inguardabile, pensò come prima cosa Shin che, dal canto suo, si limitò ad arricciare il naso.

« Ed a te che importa? »
Rispondere ad una domanda con un’altra domanda è la sublime arte dell’evitare le risposte, qualcosa che aveva appreso col tempo e sicuramente qualcosa di cui non sembrava volersi sbarazzare.
« Hai proprio la faccia di una stupida ragazzina che si è persa. Hai idea di dove ti trovi adesso? »
« Kuri, ovviamente. » replica secca Shin che, in quel vicolo dove adesso sembravano trovarsi entrambe, si limita ad intrecciare le braccia all’altezza del petto. « A proposito, non era un covo di ladri? Od almeno così avevo sentito dire. »
Non ci conta troppo in una risposta, ma stranamente la più grande si avvicina ad ella e con un sorrisetto malandato le cinge le spalle con il braccio.
« Stupida, devi sapere che questa città era davvero il luogo dei ladri e dei peggiori criminali della regione. A capo di tutti loro c’era un terribile uomo dalla furia omicida che si chiamava Ashura, ne hai mai sentito parlare? » continua a spiegare la più grande facendole cenno di seguirla lungo quei vicoli.
Shin scuote ampiamente la testa facendo un chiaro segno di “no” ma adesso vuole davvero saperne di più.

« Beh, si diceva che Ashura mangiasse i serpenti e ne bevesse il loro sangue. Aveva un esercito di più di cento uomini spietati con cui dominava queste terre—… ma poi giunse un uomo. Un uomo strano, un uomo ancora più terribile. Colui che venne bandito dalla capitale»
« Bandito dalla Capitale dei Fiori? Com’è possibile? Come si può essere banditi dalla Capitale? »
« Semplice, sguinzagliando un Dio della Montagna che distrugge l’intera città. Ma in che mondo vivi, stupida? Ad ogni modo, questo uomo terribile era il figlio dello Shogun e fu proprio lui ad arrivare in questo posto ed a sfidare Ashura. La leggenda vuole che combatté da solo per tre giorni e ne uscì vincitore rivendicando questa città come sua. »
La storia era da brividi, forse per Ashura che mangiava i serpenti o forse perché esisteva qualcuno che avrebbe potuto sconfiggere questo Ashura, ma adesso la curiosità era troppa per rendersi conto di essere giunta in quello che sembrava essere un vicolo cieco.
« Chi era quest’uomo? »
« Semplice, il nostro Lord Oden! Dicono che sia ancora bandito ma che presto, se dovesse continuare così, lo Shogun lo riammetterà com Daimyo di questa città. Lord Oden ha portato la pace ed ha costruito un vero e proprio nuovo impero sulle macerie di quella città di ladri, stupida.- ed ecco che finalmente la ragazzina si ferma andando a sciogliere quella specie di abbraccio cui aveva costretta Shin fino ad allora. « Ma ora dimmi di te, sembri una delle piccole geishe che escono di nascosto dalla Okiya. Che cosa ci fai da queste parti? »
Davvero era stata così facile da scoprire? E poi come era riuscita a capirlo?
« Come fai a—… »
Ah.
Giusto. Il proprio fermaglio, quello con la camelia rossa intagliata che donavano a tutte le studentesse, non aveva riflettuto a lungo su questo dettaglio che comunque aveva cercato di nascondere.

« Una camelia rossa non si allontana troppo dal suo giardino. A proposito, stupida, ti consiglio di dami tutto quello che hai altrimenti da qui non ne esci viva. »
Un coltello puntato contro il petto ed un semplice sguardo scortese è ciò che la ragazza brutta rivolge a Shin, adesso confusa da tutta quella storia.
Non era vero che i criminali erano spariti, si erano solo nascosti meglio alla luce del sole e lei, in quel frangente di secondi, non poté che limitarsi a rimanere immobile sperando di non morire.

Sente le mani della giovane strapparle il kimono alla ricerca di soldi o di stoffe preziose che rivendute le avrebbero fatto guadagnare parecchio.
Ma Shin è la figlia di un samurai, giusto, non si può lasciare mettere i piedi in testa da una ladra di strada anche se quella ha un coltello e lei non possiede nulla se non una discreta velocità che cerca di capire come sfruttare per provare a scappare.
Inspira profondamente, tenendo gli occhi grandi e nocciola ben aperti, concentrandosi sull’ingresso del vicolo ed allora senza pensarci due volte tutto quello che fa è dare una gomitata ben piazzata al naso orrido della ragazza più grande che lascia cadere il coltellino per la sorpresa e per il dolore.
Quello è il primo naso che Shin ruppe ma non di certo l’unico, ma ricorda ancora il suono del proprio gomito che colpisce le ossa fino a renderle completamente  fuori asse.
Si piega rapidamente per afferrare il coltello della più grande adesso in preda al dolore e così senza voltarsi indietro inizia a correre per tornare nel corso principale e non lasciarsi sorprendere nuovamente da chi poco carinamente non voleva altro da lei se non toglierle tutto quello che aveva.
E forse, per il momento, sopravvivere a Kuri non sarebbe stato di certo così facile, anzi, tutto il contrario.
Ma lei poteva farcela, giusto?
In fondo qualsiasi posto era migliore dell’Okiya.

 

Presente

L’interno della Polar sembrava riuscire a toglierle l’aria. Come facesse Trafalgar a sopravvivere in quel posto era assolutamente impensabile. Sembrava una vera e propria liberazione quando riemergevano per potersi muovere in superficie.
Certo, gli spazi per tutti loro non sembravano mancare, anche se occupare una branda poco lontana da quella di un orso polare era ancora terribilmente strano. Aveva pensato di essersi abituata a tutto, perfino agli animali parlanti che avevano incontrato sull’isola di Zou, in fondo lei stessa era cresciuta con Neko ed Inu, ma la cosa la faceva sorridere al pari di una bambina.
Venticinque anni eppure  l’animo di Shin dovrebbe averne avuto molti di più.
Venti per la precisione.
Vent’anni di vita che le erano stati brutalmente sottratti e che l’avevano condotta ad un futuro terribilmente differente da quello che aveva immaginato tempo addietro. E se per lei era passato appena un mese dall’evento più tragico della propria vita esisteva in lei il terribile dubbio amletico di quel che era accaduto ad i propri compagni che non avevano viaggiato nel tempo assieme a lei.
Erano ancora vivi? Erano stati uccisi? Si sarebbero mai incontrati?
Lui si sarebbe mai ricordato di lei?
No, non ha la forza per internalizzare tutte queste domande e cercare di accettarle, deve ancora riprendersi da Dressrosa e dal dolore che i suoi occhi hanno visto causato da uno degli alleati di Kaido, il terribile Doflamingo.
« Shin! Shin, ci sei? Stai dormendo? »
Avrebbe riconosciuto la voce di Kin’emon lontana un miglio perché adesso era lui a prendersi cura di lei quando di solito avveniva il contrario e quella cosa la mandava ancora su di giri. Era lei quella che si preoccupava, non di certo Kin’emon o Kanjuro. Era fuori discussione, ma forse la vedevano ancora troppo sconvolta per tutto per non preoccuparsi tanto per lei.
« Sì, sono qui, tranquillo—… che succede? Trafalgar-kun ci fa riemergere? » il che significava che finalmente avrebbe potuto inspirare aria pulita a pieni polmoni.
Con un rocambolesco colpo il samurai, troppo alto per quella porta, si ritrova a sbattere per l’ennesima volta la testa rischiando un trauma cranico non indifferente.
Ma ormai sembrava essersi abituato.

« Meglio. Abbiamo appena risalito la cascata quindi questo vuol dire che—… siamo tornati a Wano»
Sì, sarebbe dovuta essere felice dopo aver visto il mondo, proprio come Lord Oden aveva sempre sognato, ed allora perché la cosa non la faceva sorridere neanche un po’?
Forse perché era certa che qualsiasi cosa avrebbero dovuto affrontare adesso sarebbe stata perfino peggio di Dofalmingo e la cosa le faceva paura.

Vent’anni saranno bastati per mettere in atto la profezia di Lady Toki?
« Arrivo subito, Kin-san! »
Il sorriso appare delicato sul viso gentile della ragazza che, sorridendo, finalmente si rimette in piedi pronta forse a rimettere piede nella propria terra natia.
Era giunto il momento di cambiare il destino di tutti coloro che avevano atteso tanto a lungo.

Nota autrice: Dopo anni di silenzio, per mancanza di tempo ed ispirazione, eccomi tornata qui con una nuova storia che spero possiate apprezzare. Personalmente ho amato visceralmente ogni singolo istante del Flashback di Oden e voglio volentieri rendere omaggio a questa storia. So che i personaggi non saranno esattamente i più "famosi" e quotati ma voglio che anche i Foderi Rossi ed i samurai abbiano il loro momento di gloria perché lo meritano davvero tantissimo. 
Spero possiate appassionarvi come ho fatto io con questi personaggi e spero possiate apprezzare la mia scrittura. 
Vi ringrazio in anticipo
LT

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. The Fight ***


Capitolo 2. 
The fight 
 

Palazzo di Kuri

Kuri.
La splendida forma nella quale adesso la città sembra iniziare a crescere faceva ben sperare per le sorti di tutti quanti. Eppure Denjiro non aveva mai avuto dubbi sulle incredibili capacità di Lord Oden nel riuscire a far fiorire quello che un tempo era un luogo di criminali. 
Lui.
L’unico adulto che avrebbe mai rispettato.
L’unica persona per la quale sarebbe morto. 

L’unico essere vivente che meritava davvero di essere venerato sopra ogni cosa. 
Adesso quel Lui era diventata una costante nella vita dell’orfano della capitale che, stranamente, aveva iniziato a viaggiare forzatamente a suo seguito proprio come tutti gli altri. 
Certo, se proprio doveva essere sincero gli altri erano totalmente inutili, a partire da Kin’san che cercava davvero di erigersi a primo fan di Oden quando chiunque sapeva il primo in assoluto era proprio Denjiro. Sciocchezze, che lui si prodigasse con più ardore era un dato secondario ed assolutamente inutile che nessuno doveva considerare. Il primo seguace sarebbe rimasto lui e proprio al seguito di Oden aveva visto compiere gesta impossibili, compresa la sconfitta di Ashura, che adesso aveva deciso a sua volta di unirsi al gruppo. 
Certo, il palazzo era terribilmente grande, c’erano così tante stanze e saloni, ma il fastidio era triplicato, doveva ammetterlo. Perché più la città iniziava a fiorire e prosperare più tutti si affidavano a Lord Oden per qualsiasi cosa, compreso il denaro che loro stentavano ad avere. Ed era li che entrava in gioco lui, il più abile ladro in circolazione, l’unico che avrebbe potuto comprare una pentola a trenta monete per guadagnarne altre venti, arrivando a confondere i maestri di bottega con la parlantina e le spiegazioni logiche che meritavano un applauso. Perfino Izo gli aveva fatto i complimenti per come aveva raggirato un vecchio mercante ed alla fine eccolo li a pavoneggiarsi con tutte quelle splendide monete d’oro che aveva accumulato. Ma quelle nuove finanze non bastavano, doveva continuare con le truffe perché di li a poco sarebbero serviti nuovi fondi per i raccolti che i contadini avrebbero fatto partire. Quindi era giusto ingegnarsi ancora un po’ per cercare di guadagnare qualcosa in più. L’andazzo generale delle mattinate a palazzo era sempre lo stesso: Oden sama dormiva fino a quasi mezzogiorno, a meno che non ci fosse qualche impellente riunione con i fornitori locali, lui e Kin’emon si aggiornavano sulle cose da fare quando c’era la colazione, Izo e Kiku preparavano la colazione perché erano le uniche persone a saper cucinare decentemente, Ashura arrivava portando notizie dai banditi delle città limitrofe e Kanjuro li deliziava con le letture dei giornali locali e con quello che si diceva dalla capitale. 
Era il clima perfetto in cui vivere, anche se effettivamente un po’ gli mancava il dormire all’aria aperta contando le stelle, quando lui, Kin’san ed Oden sama non avevano un tetto sulla testa e neanche una meta. Aveva amato quel periodo e per la prima volta nella propria vita si era davvero sentito a casa in compagnia dei due fratelli maggiori che non aveva mai avuto. 
Certo, avevano così tanti difetti che a farne un elenco ci sarebbero volute almeno tre ore, ma lui andavano bene così. Quel piccolo quadro di perfezione era ciò che riusciva a renderlo davvero felice, il che voleva dire molto più propenso a fare qualsiasi cosa, anche truffare gli altri solo per il gusto di divertirsi. 

« Dite che dovremmo svegliare Oden-sama? Oggi è una giornata importante, ha troppi impegni per dormire fino al pomeriggio. » la voce di Izo è come sempre calma mentre il ragazzino, decisamente più basso di quanto non fosse Denjiro, e dalle fattezze particolarmente aggraziate, si china per versare il tè nella tazza di Kin’emon ancora mezzo addormentato. 
« Ieri sera ha fatto un po’ tardi, il maledetto. Da quando è stato così popolare con le donne? » si ritrova a domandare anche lo stesso Kin’san andando a sbattere un pugno sul tatami sul quale tutti quanti sono seduti al momento mentre il grande tavolo si staglia dinnanzi a loro e poi verso la terrazza. 
« Visto? » retorico, invece, è il tono di Denjiro che dopo essersi sistemato meglio gli occhiali sugli occhi si ritrova ad arricciare il naso ed a puntargli contro un dito. « Non puoi dire di essere il suo fan numero uno se non sai neanche che Oden-sama ha causato un famosissimo scontro chiamato la Guerra dell’Harem. Le donne provenienti da ogni luogo correvano da lui innamorate abbandonando le loro famiglie. Oden-sama è davvero il più forte e prestigioso e sa anche come trattare le donne. »
Sì, Denjiro aveva fatto i compiti doveva ammetterlo e la risatina sommessa di Kiku, forse, gli fa capire d’aver un po’ esagerato con lo studio. 
« Ha avuto un harem? Oden-sama è davvero il migliore e tu non sei un po’ troppo giovane per parlare di queste cose? » continua il samurai andando a studiare con diffidenza il minore. 
« Io so tutto sulle donne, non dubitare di me, Kin’san. »
« Ma se sei solamente un ragazzino! » si aggiunge Ashura che, abbassando il giornale dal suo angolino, lancia uno sguardo scettico a Denjiro. 
« Oggi tutti e due vi siete svegliati simpatici come un palo in cu—… »
Ma non fa in tempo a finire la frase che Izo gli pesta con forza un piede. 
« Non dire queste cose davanti a Kiku, lo sai, devi essere più gentile. »
E quasi a voler sottolineare l’ovvio ecco che Izo, con la grazia cui è solito muoversi, si volta in direzione di Kiku che sorridendo morde il suo biscotto prima di fare una linguaccia allo stesso ragazzo, come se se ne stesse totalmente infischiando di tutto ciò. 
« Non ti immischiare anche tu, Izo, sto cercando di farmi valere. Dicono che io non sappia niente sulle donne. »
« Ma è vero. Tu non sai niente sulle ragazze, anzi, hai mai parlato con una ragazza? »
« Da quando lo conosco io sì, solo qualche volta. »
Il commento di Kanjuro, tanto instateso quando sorprendente, fa schiudere le labbra del moro che, ovviamente, si dirige dal maggiore ad ampi passi, cingendogli con un braccio le possenti spalle. Dannazione, Kanjuro era davvero grosso rispetto a Kin’san, ma mai quanto era grosso Ashura. 
« Visto? Lui sì che è mio amico e mi sostiene a differenza di voi due stronzi. »
« Denjiro!!! »
« Sì, scusa, Izo, volevo dire—… a differenza di voi due infami»
« Non va di certo meglio. »
Il rimprovero costante di Izo è qualcosa che la mattina a colazione non sembra affatto mancare mentre prendono il tè oppure i biscotti e di tutto ciò, sicuramente, Lord Oden si sarebbe fatto una grossa risata ed avrebbe dato ragione a lui. 
Forse proprio su questo argomento no, però era giusto non infrangere i suoi desideri ragazzino. 

« Bene, come dici tu, Mr esperto di ragazze. » gli fa eco Kin’emon sorridendo divertito mentre sorseggia il suo tè. 
« Vogliamo parlare di te? Beh, dimmi un po’, penserai mai di chiedere di uscire a O-Tsuru-san? Oppure hai paura di fallire? Fai sempre quello vissuto ma è evidente lontano un miglio che non hai mai neanche baciato una ragazza. »
Sì, era chiaro che quella mattina Denjiro aveva voglia di litigare perché non solo tutti nella sala rimangono a bocca aperta ed iniziano a sghignazzare ma perfino Kin’san sembra essere sul punto della confusione eterna. 
Ecco, colpito ed affondato in una sola frase, nulla di personale, ma doveva mantenere alto il proprio onore. 

« Chi è O-Tsuru? Perché non ce la fai conoscere, Kin-san? » la voce gentile di Kiku è ciò che riesce a rompere il muro del silenzio cui sono caduti tutti quanti ed ovviamente è allora che il maggiore rivolge uno sguardo a Denjiro puntando un dito contro il suo yukata giallo. 
« Chi ti dice che non l’abbia già baciata? »
« Ovviamente la tua faccia. » è la risposta secca di Denjiro che sogghigna divertito prima d’indietreggiare perché è certo di aver appena toccato un nervo scoperto per il povero Kin’san. 
Ed infatti fa bene ad indietreggiare perché riesce a schivare quel maledetto colpo che avrebbe dovuto spingerlo per farlo cadere all’indietro, un grande classico di Kin’emon che non sa perdere. 

« Una colazione in pace. Perché non siamo in grado di fare una semplice colazione in santa pace? » Izo è retorico nel pronunciare quelle parole mentre si siede fra i cuscini mangiucchiando uno di quei biscotti preparati per la colazione ed è allora che inspira profondamente lasciandosi andare e sospirando. 
Ma in fondo a Denjiro tutto quel caos piace anche troppo al punto tale che scoppia a ridere finendo lui stesso a terra quando meno se lo sarebbe aspettato, non importava gli andava bene così.

« Kin’san sei ancora un verginello. »
Fra una risata e l’altra riesce ancora a colpire ed affondare. 
« Ma lo sei anche tu! » infuriato adesso sembra essere Kin’emon che si rimette seduto a suo posto cercando, ovviamente, di riprendere le redini della situazione. 
« Lo siamo tutti quanti, adesso piantatela di dire queste cose. »
« Izo—… » la voce gentile di Kiku giunge alle orecchie del maggiore seppur tutti quanti abbiano abbassato lo sguardo verso la graziosa figura della piccola. « Che cosa vuol dire “verginello”? »
Silenzio tombale sembra calare nella sala quando la domanda giunge alle orecchie degli altri che, ovviamente, cercano di trattenere le risate mordendosi le labbra o guardando altrove mentre adesso quello fumante di rabbia par essere lo stesso Izo. 
« Io mi licenzio da qualsiasi cosa stia facendo qui. Per oggi ne ho abbastanza di tutti voi. Ah, fra parentesi—… glielo spiegherete voi cosa significa. »  alza il tono della voce, adesso, con fare imperioso cercando di essere decisamente più gelido di quanto non sia in realtà ma non ci riesce, perché lui stesso vorrebbe scoppiare in una sonora risata e Denjiro glielo può leggere in faccia. 
« Che cosa si deve spiegare ed a chi? Io sono più che disponibile! »
Una voce assonnata paragonabile a quella di un orso che si rimette in piedi dopo un periodo di profondo letargo è quella che appartiene ad un Lord Oden che senza vestiti addosso, come suo solito, sta avanzando per la sala. Dovrebbero scandalizzarsi, certo, dovrebbe essere una cosa inaccettabile, ma la verità è che Oden sama può fare quello che vuole e loro si sono iniziati ad abituare anche a queste sue stranezze. 
« Oden-sama. Cos’è che le diciamo sempre quando si alza? » ancora una volta è Izo a parlare perché sono tutti troppo impegnati a ridere. 
« Buongiorno? » il sorrisetto sulle labbra del proprio lord è contagioso. 
« No. Si metta qualcosa addosso!!! » 
Effettivamente Izo non aveva tutti i torti, insomma le nudità di Oden non era un bel vedere, anche se si erano abituati. Ed è con un movimento fluido che Oden afferra una delle grandi tende di velo che pendono all’ingresso della sala e la strappa con una forza tale da far cadere l’intera struttura portante che si schianta a terra nel giro di tre secondi. 
Ecco, altre cose da riparare perché erano i residui di una festa avuta qualche giorno prima. 
E poi il risultato non era esattamente dei migliori, ma meglio questo che un Lord Oden totalmente nudo a colazione. 

« Allora che cosa dobbiamo insegnare? Non mi avete risposto e poi—… ho fame, devo anche fare del nuovo oden da preparare per questa sera. Abbiamo i funghi? »
« Oden-sama deve insegnare che cosa significa la parola “verginello” a Kiku! » infierisce Denjiro facendo una smorfia divertita ad Izo, beccandosi una gomitata da parte del lord.
« Oggi vi siete svegliati con gli ormoni impazziti tutti voi? Come posso capirlo anche io, soprattutto dopo la notte di fuoco che—…» Questa volta a tappare la bocca al figlio dello Shogun è lo stesso Kin’emon che ci prova davvero a fargli dare un contegno nonostante Denjiro lo stuzzichi da bravo malandrino e per questo motivo ecco gli altri cercando ancora di non ridere. 
« No, questo è troppo anche per noi, Oden-sama, mi dispiace non sono pronto per sentire le sue prodezze a letto. »
Ed Oden si divincola dalla presa del suo samurai, mostrando un sorriso contento. 
« Non avete sentito niente? Dannazione, allora la prossima volta dovrò impegnarmi di più. »
In realtà quella parte era l’ultima cosa che i suoi servitori avrebbero mai voluto immaginare e per questo motivo proprio quando la mente di Denjiro inizia a vagare un po’ troppo eccolo li a scuotere il capo tanto da far quasi cadere gli occhiali che sistema immediatamente sul naso. 
« Oh, giusto, adesso che ci penso sono in ritardo e devo andare anche alla svelta. Devo far fruttare i nostri soldi e c’è un vecchio di passaggio solo durante la mattinata e—… »
« Non lo stiamo fregando, giusto Denjiro? » chiede Oden mentre inarca un sopracciglio ed intreccia le braccia all’altezza del petto nudo. 
Una visione balorda, ne è certo. 

« No, nessuno, devo solo far fruttare i nostri soldi. Voi tornate alla notte di fuoco ed al fatto che Kin’san non ha mai baciato una ragazza. »
Sì, meglio distrarre e gettare un’esca nella vasca degli squali e quale esca migliore se non lo stesso Kin’emon che aveva cercato di prenderlo in giro? Ed infatti Lord Oden abbocca immediatamente perchè è verso di lui che si volta con enfasi ritrovata. 
« Kin’emon!!! NON HAI MAI BACIATO UNA RAGAZZA? MA DOBBIAMO RIMEDIARE IMMEDIATAMENTE! »
Ecco, il suo piano era andato liscio come l’olio e lui era libero di uscire e dedicarsi ad i suoi affari. 
Insomma, avrebbe davvero passato ore ed ore a prendere in giro ed a farsi prendere in giro dagli altri, ma i soldi non crescevano sugli alberi neanche a Kuri quindi era giusto fare quello che avevano detto altrimenti la città sarebbe andata in rovina e non potevano permetterselo, anzi, era l’unica cosa che non potevano fare vista quanta gente contava su di loro. 
Ed è con un sorrisetto malandrino sulle labbra e la katana in spalla che Denjiro si dirige verso l’uscita del palazzo, pronto a correre giù in città per fare affari, o meglio, per rubare ad i ricchi e dare a chi ne ha bisogno, tipo loro per il momento. 

Qualche ora dopo

Le strade di Kuri sono piene di gente, deve ammetterlo ed anche quel suo girovagare sembra essere quasi interessante visto e considerato che non sa bene dove andare. Ormai sono passati svariati giorni dall’incontro con la brutta ragazza che aveva provato a rapinarla ed eccola li, viva e vegeta ma affamata. Trovare un posto dove dormire non era stato difficile, aveva incontrato altri orfani che girando avevano creato una sorta di fortino rifugio in un vicolo e mostrando il coltello rubato era stata perfettamente in grado di farsi accettare. Dovevano solo fare la guardia a vicenda la sera quando dormivano, il giorno, invece, era tutta un’altra storia. Le avevano spiegato che poteva rubare ad i mercanti di passaggio ma non ad i locali, che la signora della casa del tè ogni pomeriggio sul retro del negozio regalava alcuni dolci avanzati dai ricchi locali e soprattutto che doveva proprio rispettare Lord Oden. Insomma erano tutti affascinati da questa figura e le storie a riguardo sembravano sconvolge ogni secondo di più la stessa Shin che, ovviamente, adesso immaginava Oden come un vero e proprio bruto a due teste capace di portare amore e di ammazzare senza nessun problema. Un essere quasi mitologico ma che veniva rispettato da tutti quanti per cui anche lei si sarebbe dovuta aggregare a tutti, eppure si era ripromessa di sospendere il giudizio su quel Lord fino a quando non lo avrebbe conosciuto di persona. 
Inizia a sentire la fame così come anche la necessità di un vero e proprio bagno caldo, cosa che non si poteva permettere attualmente. Si era limitata a fare un tuffo nel fiume che le avevano mostrato, rischiando, fra le altre cose, di essere trascinata via dalla corrente. No, doveva trovare un nuovo posto dove lavarsi,  ma soprattutto la cosa che le serviva adesso era il cibo o dei soldi per comprare del cibo.
Nulla di più semplice, visto e considerato che le avevano spiegato come sottrarre delle monete in pieno stile boraeggiatore. 
Si era esercitata più e più volte con Mikey, un piccolo ragazzino che col sorrisetto sfuggente le aveva insegnato la tecnica per diventare esperta, quindi doveva soltanto scegliere una nuova vittima cui rubare qualcosa. 
Ed è proprio lungo quelle strade, mentre avanza circondata dalla gente, che nota una scena un po’ particolare. 
Un tizio, forse avrà avuto qualche anno in più di lei, che portava sulle spade una spada e che possedeva degli occhiali calati sul naso, stava discutendo animatamente con un vecchio che agitava delle pentole in rame. Era chiaro che stessero parlando di prezzi e di monete visto e considerato che continuava ad agitare le braccia indicando il prezzo. Chiunque fosse era chiaramente un esaltato, ecco cosa pensa immediatamente Shin che, però, attirata da quel trambusto aveva notato il sacchetto pieno di soldi che lui stesso teneva legato in vita. Possibile che fosse così facile? E poi, se non aveva capito male, i conti datti da quel ragazzo erano totalmente sbagliati ma la parlantina aveva fatto sì di riuscire a convincere anche il vecchio. 
Incredibile, doveva fargli i complimenti per le cinquanta monete appena rubate passando semplicemente per uno scambiatore professionista, ma ecco che adesso aveva un bersaglio e difficilmente si sarebbe arresa. 
Sì, quelle monete erano state rubate, dunque rubare ad un altro ladro non era una cosa terribile, giusto? Era una questione di gisutizia, e poi i soldi servivano più a lei che a lui, visto che aveva una spada e sicuramente poteva permettersi di mangiare. 
Inspira profondamente la ragazzina, socchiudendo appena gli occhi per visualizzare il sacchetto con le monete ed è allora che entra in scena, quando finalmente lo vede allontanarsi. Sembra dirigersi proprio dalle sue parti, quindi è giusto approfittarne e mettere in pratica gl’insegnamenti giusti di Mikey così da avere qualcosa per loro. Ed infatti si avvicina, gli va incontro tenendo lo sguardo basso e quando finalmente il ragazzino le passa accanto eccola li a dare una leggera spallata di circostanza, quasi fosse sbadata, distogliendo l’attenzione di lui sui soldi così da poterli sfilare senza problemi. 
Era tutto un gioco d’illusione le aveva spiegato Mikey, dovevi spingere la gente a concentrarsi su altro per agire in quel momento ed avere la possibilità di afferrare quello che le serviva. Lei lo aveva fatto ed era perfettamente riuscita nell’impresa perché mentre si allontana sente fra le dita il sacchetto con i soldi e le labbra sono piegate in un sorrisetto soddisfatto. Chiaramente avrebbe diviso il suo primo bottino con Mikey e proprio mentre sta per allontanarsi anche alla svelta ecco che il proprio polso viene bloccato, anche con una discreta forza impedendole di proseguire oltre. 
Ops. 
Quello era un problema, anche perchè era proprio in quella mano che custodiva il suo tesoro. 

« Ehi! Dove credi di andare, mocciosa? »
« Che cosa vuoi da me, quattrocchi? »
Perché se lui l’aveva chiamata in quel modo lei non si sarebbe minimamente risparmiata, anche perché è con forza e con uno strattone che cerca di liberarsi da quella presa sul proprio polso ma… missione maledettamente fallita.
« Pensi che io sia stupido e non l’abbia notato? » continua il ragazzino con quella voce anche fastidiosa per Shin che, dal canto suo, si limita ad arricciare il naso in una smorfia stupita.
« Lasciami andare! »
« Lo faccio se tu molli il sacchetto con i soldi, ovviamente. Sei una maledetta ladra che, fra le altre cose, non sa neanche come si ruba perché sei stata troppo avventata. »
Le parole di lui riescono ovviamente ad accendere l’animo della ragazzina che, questa volta, cerca di liberarsi strattonandolo con più forza. 
« Ma se anche tu hai rubato queste monete a quel vecchio—… » aggiunge lei indicando, con un cenno del capo, il vecchio mercante poco lontano da loro ed ecco che in quel momento il ragazzino rimane a bocca aperta, confuso da quell’accusa. 
« Sì, ma l’ho fatto per una buona causa. Questi soldi servono a Lord Oden! Quindi, mocciosa, lasciali immediatamente oppure—… » 
« Oppure cosa? Fai a botte con una ragazzina? »
« Se necessario certo che sì, non sfidarmi mocciosa» sibila il ragazzino dal kimono colorato di giallo.
« Bene, quattrocchi»
Era bastata una semplice occhiata, una mano stretta, la fame che la rendeva ben più nervosa del normale ma Shin è piuttosto sicura di essere stata lei a cominciare in quel momento, perché mai avrebbe lasciato andare i soldi e dal canto suo, quel fastidioso ragazzo che la chiamava “mocciosa” non era di certo il tipo che sembrava volersi arrendere tanto facilmente. 
E che cosa accade quando due personalità che non vogliono cedere si scontrano? 
Beh, accade che due ragazzini fanno a botte in pubblica piazza per le strade di Kuri, suscitando le voci della gente, le urla d’incitazione degli altri ragazzi ed ovviamente insulti vari ed eventuali da parte di tutti coloro che si erano ritrovati le loro bancarelle coinvolte nello scontro del secolo. 
Scontro che verrà ovviamente riportato dal giornale locale, in un piccolo trafiletto di fianco alle avventure di Lord Oden e che chiunque in città leggerà. 

Più tardi nel palazzo di Kuri… 

Una risata sommessa sembra abbandonare le labbra di Izo che, mantenendo tutto il suo solito splendore, si è limitato a prendere del ghiaccio dalle cucine, per poi poggiarlo delicatamente sull’occhio nero di Denjiro. Non lo aveva mai visto senza occhiali, o meglio era capitato poche volte e da lontano, e non si era reso conto, per tale motivo, della particolare sfumatura violacea che avevano i suoi occhi, cosa che un molesto come lui non avrebbe mai messo in risalto. Eppure non può che notare l’espressione infastidita che accompagna il ragazzino, adesso seduto fra i cuscini di quel tatami, cercando di trattenere le smorfie di dolore. 

« Quindi com’era la storia che tu con le ragazze ci sapevi fare, Denjiro? » cantina Izo con divertimento estremo mentre Lord Oden, dal canto suo, rimane a fissarlo a braccia conserte ed un ghigno malefico stampato in viso. 
« Come ha fatto una ragazzina a darti un pugno? » domanda infatti il Lord, estremamente avido d’informazioni. 
« Non è una ragazzina—… è un mostro, credetemi. Mi ha rotto gli occhiali e mi ha dato una gomitata in pieno viso, il tutto mentre ha provato a derubarmi. » spiega il moro lasciandosi curare saggiamente prima di guardare altrove, sempre più infastidito da quella presa in giro e dalla situazione in generale. 
« Derubarti? Ma i soldi li ha portati indietro e poi quello che ruba sei tu, di solito. » precisa nuovamente Izo che, dopo aver terminato con quella cura tipicamente palliativa per il dolore del compagno si limita ad andare a preparare il tè, come suo solito. 
Sì, un po’ di tè riesce sempre a guarire gli animi ed a migliorare l’umore anche se si tratta di un musone come Denjiro. 

« Ovvio. Non mi lascio fregare tanto facilmente. Ha insultato anche Oden-sama ed allora abbiamo—… fatto a botte. »
« Deve essere davvero un mostro se è riuscita a fare un occhio nero ad una dei miei servitori. » sbuffa lo stesso Oden assumendo un’aria pensierosa, tipica di chi sta per fare quale marachella, ormai lo conoscono troppo bene. « Devo trovarla e darle una lezione. »
Ecco. La tipica cazzata del pomeriggio. Nulla di nuovo per Izo che, ovviamente, sospira esasperato da tutto e tutti. 
« Oden-sama non penso sia una buona idea cercare una ragazzina per darle una lezione, non trova? »
« Questo lo dici tu. Io voglio assolutamente incontrarla. Denjiro, dimmi qualche dettaglio su di lei, com’era vestita? » avido d’informazioni come sempre Oden rivolge lo sguardo in direzione del ragazzo che inizia a riflettere con attenzione, seppur abbia qualche attimo d’esitazione. 
« Uhm—… era brutta, aveva i capelli tipo biondi e tutti spettinati. Terribile. Ed anche un kimono tutto strappato, forse celeste. Ed aveva un fermaglio tipo rosso, forse con una camelia, ma era infilato nel suo obi. Poi non ricordo altro. Però era terribile. Ah ed aveva gli occhi scuri. Fine. » 
Una descrizione degna di un poeta, soprattutto se paragonata al gentil sesso. Sicuramente Denjiro stava esagerando ma non glielo avrebbe mai detto in faccia e per questo Izo solleva una mano quasi a voler richiamare l’attenzione. 

« Continuo a dire che sembra un’idea sbagliatissima, Oden-sama. »
« No, ho preso nota di tutto quello che Denjiro ha detto. Quindi è il caso di andare a cercare questo mostro di ragazzina, auguratemi buona fortuna. »
Le ultime parole sono urlate in modo tale che nessuno dei presenti potesse anche solo osare contraddirlo facendogli presente che quella era una pessima idea. Non era un bene che un Lord come lui andasse in giro a fare a botte con degli orfani, era sicuramente la cattiva pubblicità di cui non avevano minimamente bisogno, considerato che finalmente la fama di Kuri stava tornando al suo antico splendore. 
Quindi, mentre Lord Oden inizia la sua fuga strategica per andare a svolgere la sua missione, ecco che Izo, scetticamente, guarda Denjiro e sospira. 

« Era davvero necessario istigarlo a fare una cosa del genere? »
« Izo! Mi ha spaccato gli occhiali e ci vedo anche male. Ovviamente non la picchierà, al massimo si limiterà a spaventarla a morte—… »  precisa il moro sistemandosi i capelli nella sua consueta coda. 
« Non mi sembra di certo un’opzione migliore. »
« Volevo vedere se avesse colpito te, ingrato. Ho anche portato i soldi che servivano. »
Effettivamente su questo aveva ragione, quei fondi erano sempre molto utili, ma il resto della storia non piaceva di certo ad Izo che, tempo di controllare il tè, si ritrova da solo nella stanza perché, come sempre, con il solito passo felpato da ladro, Dejiro si era dileguato, forse era andato a riposare o qualcosa del genere. 
Qualsiasi cosa fosse successa non era stata proprio il massimo ma… istigare Lord Oden voleva solo dire guai in vista e lui non era di certo pronto a tutto ciò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. The lord ***


Capitolo 3. 
The lord


Che i lividi fossero il frutto di una resistenza era qualcosa che le aveva sempre raccontato suo padre. Non era una debolezza mostrare quei segni sul proprio corpo, i veri samurai portavano con onore ed orgoglio cicatrici e ferite, ma faceva male. Il dolore, però, era un qualcosa di soggettivo cui ogni persona rispondeva in maniera totalmente differente dalle altre: c’erano delle compagne di Shin che piangevano non appena la maestra s’arrabbiava per la postura arrivando ad usare una bacchetta di legno sulle proprie dita. Di tanto in tanto anche a Shin arrivava qualche colpo ben assestato ma non aveva mai versato una lacrima, si era sempre limitata ad internalizzare il dolore ed ad utilizzarlo per fare qualcosa di molto meglio, ovvero cercare di crescere per migliorare se stessa. Sembrava facile in un ambiente controllato come lo era l’Okiya, ma in mezzo alla strada senza neanche un letto sul quale distendersi ecco che tutto il dolore iniziava ad amplificarsi. 
Nella fuga, forse per via dell’adrenalina del momento, non si era resa conto di quanto messa male fosse e soltanto una volta ferma aveva notato che il proprio petto le faceva male anche solo inspirando profondamente. E poi aveva visto tutti quei lividi all’altezza del costato e del petto, per non parlare dei graffi sulle braccia dovute alla caduta a terra fra le varie bancarelle. 
Certo, dal canto suo è abbastanza certa di averle date a sufficienza, infatti ricorda di avergli spaccato gli occhiali. 
Ben gli stava. 

Aveva deciso di azzardare troppo con quello scontro quindi era giusto che ne pagasse le conseguenze anche quel ragazzino davvero fastidioso. Peccato solo che avesse portato con sé tutti i soldi, riuscendo dunque ad averla vinta perché Shin si trovava adesso ricoperta di lividi e senza un centesimo per mettere qualcosa sotto i denti, una vera disdetta. 
Riuscita a tornare alla base ecco che si era riuscita ad accasciare in un angolo di quella fortezza degli orfani in uno dei vicoli di Kuri, quello dove ormai stavano già da un po’. Era l’unico posto sicuro che conoscesse, anche perché dubitava che in mezzo alla strada gli altri sarebbero stati lieti di accogliere una ragazzina che faceva a botte per rubare qualcosa. Doveva migliorare e soprattutto doveva cercare un’aspettativa di vita migliore, perché che senso aveva starsene così in balia degli eventi?

« Senti, Shin, vuoi spiegarmi come ti sei fatta beccare? »
La voce di Mikey, il suo compagno di truffe nonché il terribile maestro, sembra essere un ragazzino più basso di lei, dalla folta capigliatura biondo pulcino e degli abiti che gli vengono troppo grandi. Eppure sorride ampiamente ed è divertito da quella situazione mentre adesso se ne sta seduto su un muretto lasciando che le gambe penzolino oltre. 
« Te l’ho già detto: io ho seguito tutte le tue istruzioni. Sono stata attenta, ho controllato lo sfigato, poi mi sono avvicinata, ho usato la scusa della spallata e mentre me ne stavo andando mi ha bloccata. »  spiega la ragazza continuando a tenersi il petto, trovando fastidioso perfino inspirare l’aria.
« Ovvio, allora è tutto chiaro. La spallata sarà stata troppo forte oppure quel tipo era un genio della truffa. »
Certo, quindi aveva scelto lei la persona sbagliata, dannazione. 
« Effettivamente sembrava un truffatore. »
« Sai descrivermelo? »
Ora che ci pensa attentamente aveva fregato lui stesso quelle monete ed aveva detto che sarebbero servite per…
« Possibile che questo fantomatico Lord Oden abbia dei servitori o degli aiutanti o qualcosa di simile? » chiede cercando di far mente locale, ma di certo la faccia da schiaffi non la dimentica tanto facilmente. 
« Oh? Se non ricordo male sì! Ci sono dei tipi, che si vantano di essere suoi più fedeli servitori e cose simili. Magari era uno di loro? »
« Possibile considerato che ha parlato di lui. Ma che cosa importa tanto ormai i soldi sono persi. »
Uno sbuffo, l’ennesimo, proviene dalle labbra della ragazzina mentre Mikey, con quel suo solito sguardo malandrino si limita a fischiettare come se quella fosse la cosa più normale di sempre. Ed è con un semplice gesto che scivola giù dal muretto, con la medesima agilità di un gatto dal pelo rosso, per avvicinarsi anche a Shin. 
Non stava bene, lo riusciva a capire anche in quel contesto ma è sicuramente per colpa di quei lividi che si sente in questa maniera, non c'è altra spiegazione. Lei poggia la testa contro il muro e socchiude delicatamente gli occhi cercando di focalizzarsi su qualcosa di bello. 

« Senti, Shin, vado a fare un giro, d’accordo? Tu cerca di riposare non hai una bella cera e sinceramente devi ancora imparare come fare a botte. Sarà una delle nostre prossime lezioni se sopravviverai. » cantilena Mikey aggiungendo un rapido occhiolino mentre a piccoli passi inizia a dirigersi verso l’uscita di quel vicolo dove erano rimasti fino a quel momento. 
In tutta risposta la ragazzina si limita a lanciargli un cenno del capo pronta ad accettare le lezioni di combattimento. Forse era qualcosa che le serviva davvero per sopravvivere, soprattutto se aveva ufficialmente deciso di non tornare più nella sua vecchia Okiya. Ma qualsiasi posto era meglio di quella casa, qualsiasi insegnamento era meglio d’imparare il significato dei fiori, della danza oppure del canto. Non erano cose che facevano per lei ed anzi, il più delle volte si sentiva sempre particolarmente impacciata anche solo nell’agitare le mani mentre sventolava un ventaglio. La strada per diventare una geisha era così difficile ma era qualcosa che suo padre si augurava per lei, non ciò che davvero lei meritava. 
Permane con gli occhi socchiusi qualche istante e probabilmente è allora che il sonno sembra coglierla di sorpresa mentre inspira profondamente cercando di pensare a qualcosa di bello, come il ciliegio nel giardino di suo padre o le passeggiate sulla spiaggia ed è li che la sua mente permane, persa in quello stato di limbo dal quale non vuole e non può risvegliarsi. 
La sensazione di torpore è fin troppo piacevole ma quello che riesce a metterla in allerta sono le voci che sente. 
Non ha idea di quanto sia rimasta in quello stato di quiete palese, non vuole neanche saperlo perché si stava così bene, ma ha sentito chiaramente un paio di altri ragazzini urlare qualcosa del tipo “E’ il Lord, scappate tutti immediatamente!”. 
In che senso dovevano scappare? Lei al momento era già tanto se riuscisse a mettersi in piedi e poi dove diavolo era finito Mikey? Ah, giusto l’aveva lasciata perché aveva altro da fare, ma quegli altri ragazzini di strada che avevano appena dato l’allarme erano già volati via oltre un alto muro. Sì, erano tutti terribilmente agili, dei ladruncoli provetti, quindi era più che normale riuscire a fare tutte queste cose, mentre Shin era ancora alle primissime armi ed era anche messa male, quindi attualmente le sue propbabilità di fare qualsiasi cosa erano praticamente pari a zero, maledizione. 
Riesce a mettersi in piedi, anche se le continua a far male il petto, ed è allora che nota quell’ombra possente far capolino all’ingresso del vicolo. 
Danazione, quella era la sua unica via d’uscita per andarsene alla svelta ed adesso invece sembrava esserci un uomo possente che avanzava lentamente. 
Uno yukata arancione sgargiante, dei sandali ad i piedi, due spade al proprio fianco ed una capigliatura che ricorda quella di un fugo. Ecco chi aveva dinnanzi mentre forse pure per via della sua aura ecco che Shin non riesce a muoversi di un passo, può solo indietreggiare e non riesce neanche a farlo davvero bene, soprattutto perché non vuole ritrovarsi immediatamente con le spalle al muro, sebben sia proprio questa la sua situazione attuale. 
Doveva essere più svelta nello scappare ma attualmente le sue opzioni sono davvero nulle, magari non la noterà oppure non le dirà alcunché il che sarebbe davvero l’opzione migliore che le poteva venire in mente. Permane li, il cuore che sembra palpitare nel proprio petto ad un ritmo terribilmente elevato, ed è allora che l’uomo sembra notarla, come si nota un piccolo insetto. 
Peccato, era andata così bene fino ad adesso, magari sarebbe stata la volta buona che avrebbe usato il proprio coltello su qualcuno, ma a giudicare dalla terribile sproporzione anche in quel caso sarebbe andato tutto per il verso sbagliato. L’uomo dalla strana capigliatura s’abbassa lentamente verso di lei, dunque, assumendo un’espressione incuriosita, come se la stesse studiando con attenzione ed ecco che lo sente mormorare poche parole. 

« Capelli biondi scombinati—… kimono celeste tutto strappato—… » si ferma qualche secondo continuando a studiarla con maggiore cura, quasi la stesse sottoponendo ad un test difficilissimo. « Ah, sì ecco li anche il fermaglio rosso! »
Perché stava guardando anche il suo fermaglio saggiamente legato in vita? Era l’unica cosa di valore che le rimaneva, quella rossa camelia che simboleggiava la sua provenienza. Ma ciò che davvero preoccupa Shin è il fatto che l’uomo l’abbia in qualche modo riconosciuta, quasi stesse cercando proprio lei. 
Era per la questione della rissa? Dei soldi? Insomma non li aveva neanche rubati, quindi era assolutamente libera da qualsiasi possibile accusa. Eppure deglutisce, la ragazzina, terrorizzata da quello che sarebbe potuto accadere. Era un altro degli uomini di quell’Oden, uno dei compagni del quattrocchi, giunto fin li per darle una lezione? 
A quanto pareva la sua fortuna era davvero illimitata al momento e non si sarebbe sconvolta neanche un po’. 

« Che—… » mormora in un mezzo sussurro la ragazzina provando adesso ad indietreggiare, sentendo la paura iniziare a farsi strada in lei. 
« Sono Oden Kozuki, ragazzina, non penso di averti mai vista qui in giro. » continua l’uomo lasciandola davvero senza parole. 
Di Oden Kozuki aveva sentito dire così tante cose che lo immaginava davvero al pari di un mostro a due teste, così forte da battere chiunque ed allo stesso tempo spaventoso. Ed adesso lui, quell’uomo terrificante, era proprio dinnanzi a sé e doveva ammettere che la sua figura emanava una forza impressionante, ma non faceva esteticamente così paura come tutti avevano detto. Certo, quei capelli erano un po’ strani, ma chi era lei per giudicare? Quindi se era giunto addirittura il Lord la situazione doveva essere seria più di quanto inizialmente avesse mai potuto pensare e non le piaceva neanche un po’ tutto questo. 

« Io—… »
« Dunque tu sei la ragazzina che ha conciato per le feste uno dei miei sottoposti—… » continua con estrema flemma mentre la sua espressione non sembra cambiare di un millimetro almeno fino a quando non si lascia andare ad una fragorosa risata che spezza il silenzio del vicolo. « Insomma, da come Denjiro ti aveva descritta sembravi essere un vero e proprio mostro di forza e quant’altro ed invece sei—… una ragazzina così piccina. E devo anche farti i miei complimenti per avergli spaccato gli occhiali e fatto un occhio nero. »
Ecco, ora la paura aveva lasciato spazio alla più totale confusione che si fa strada sul viso della ragazzina che rimane a bocca aperta senza saper bene cosa dire. 
Le stava davvero facendo i complimenti per quella rissa? Le stava davvero dicendo che si aspettava un mostro? Era tutto così assurdo che per un attimo ipotizzò di avere le allucinazioni ma inspirando profondamente ecco che il dolore al petto tornava a farsi sentire, quindi no, quella era la realtà e lei era davvero sveglia e stava parlando con quell’uomo tanto strano. 

« Io non—… volevo. » ci prova ad ammettere ma senza troppa convinzione. « Mi ha costretto lui a farlo. »
« Non stento a crederci, quando ci si mette anche lui sa essere alquanto testardo, soprattutto se gli toccano i suoi affari. Diamine, è così piccolo ed anche tanto brillante, questo devo riconoscerglielo nonostante mi rimproveri quasi sempre. »
Adesso è lo stesso Oden, che piegatosi sulle ginocchia per poter raggiungere meglio l’altezza della ragazzina in modo tale da guardarla negli occhi si ritrova a sorriderle con entusiasmo ritrovato mentre una mano s’allunga per andarle ad arruffare i capelli già di loro terribilmente scombinati. 
« Posso chiederti a cosa ti servivano quei soldi? »
Domanda troppo semplice, la sua, ma allo stesso tempo si sente quasi in difetto a parlarne ed è con sguardo schivo che lei stessa si ritrova ad indietreggiare in quel frangente di secondi. 
« No, non spaventarti non sono qui per rimproverarti. Volevo solo farti i miei complimenti, appunto ma—… ho visto quella camelia troppe volte per non sapere da dove provieni. Quindi, se magari tu avessi fame, che ne dici di spiegarmi mentre mangiamo dell’oden? »
Una domanda così genuina e spontanea è quella dell’uomo che riesce a lasciare senza parole la giovane ragazzina che boccheggiando si ritrova a sgranare gli ochi, totalmente sorpresa da quell’imprevista ammissione. Le sta davvero offrendo del cibo anche se sa da dove viene? Certo che quel Lord è davvero strano, in fondo non ricorda certo che suo padre si comportasse così con la gente della sua città. Era decisamente un comportamento inusuale. 
Vorrebbe provare a dire di no, che non le serviva nulla men che mai qualcosa da mangiare, ma i crampi allo stomaco, così facendo, sarebbero spariti per  un po’ e soprattutto non avrebbe dovuto rubare per qualche giorno. Dove altro poteva capitarle un’occasione simile per mettere qualcosa sotto i denti? Quindi è con un flebile cenno del capo che annuisce, andando a smuovere quelle ciocche biondine, mentre lo sguardo da cerbiatta è ancora tenuto basso un po’ per vergogna un po’ per palese imbarazzo del momento. Ma la mano che l’uomo le tende in maniera così semplice e spontanea riesce a farle abbandonare quella facciata di pura diffidenza che dinnanzi la gentilezza sembra sempre essere in difficoltà. Non vuole chiedere aiuto ma eccola li a riceverlo senza aver mai domandato niente a nessuno.
E quindi accettare quella mano tesa è l’unica cosa che Shin riesce a fare seppur l’ansia non sembri voler abbandonare l’esile corpo della ragazzina. 
Probabilmente anche l’uomosembra essere non troppo a proprio agio perché  anche dopo quel gesto si limita a voltarsi ed a condurla con sé lungo le vie della città. In quegli attimi la gente che passa accanto a Lord Oden sembra terribilmente stupita e Shin nota le occhiate ed ode i sussurri delle persone, a metà fra lo stupito ed il terribilmente preoccupato. In fondo anche lei non s era aspettata un risvolto del genere, non aveva neanche preso in considerazione la possibilità di poter mangiare qualcosa, ed invece adesso colui che aveva immaginato fino a quel momento come un mostro a due teste sembra essere la persona più gentile che potesse esserci in circolazione. 
Camminano in silenzio, mentre le scure iridi di Shin rimangono abbassate sul terreno, attenta a non inciampare mentre cerca di mantenere la velocità e l’andatura dell’uomo. Ma il suo corpo inizia ad essere stanco, se proprio deve ammetterlo e la forza inizia a mancarle. 
E’ una vera fortuna che il locale dinnanzi il quale si fermano entrambi sembra non essere particolarmente lontano ed è incredibile con quanta felicità venga accolto Lord Oden dalla gente del posto. Certo che deve essere un uomo davvero incredibile perché capace sia di abbattere potenti criminali che farsi volere bene dal popolo fino a questo punto. Quindi perché era stato cacciato dallo Shogun? Sì, anche se aveva vaghi ricordi la storia che le avevano narrato da poco non era andata di certo nel dimenticatoio quindi i dubbi della ragazzina non fanno altro che accavallarsi ed accumularsi fra di loro. 
Si fermano al bancone ed è con un mezzo saltello che anche Shin riesce a prendere posto lasciando che i piedi dondolino in maniera ritmica e forse nervosa. Poggia delicatamente i gomiti sul bancone mentre adesso rivolge l’attenzione verso Oden e quando nota l’uomo intento a fare lo stesso ecco che lei distoglie subito lo sguardo, assolutamente in imbarazzo. 

« Spero tu possa apprezzare l’oden, sai, è il mio piatto preferito anche se questo non è paragonabile al mio. »
E’ calorosa la sua voce, fa venire voglia di parlare e di rilassarsi, ma la ragazzina in tutta risposta si limita ad annuire guardando sulla superficie in legno. 
Certo che quelle venature sono proprio interessanti. 

« Dunque, posso sapere il nome di colei che ha fatto il culo ad uno dei miei sottoposti? »
Era una domanda a trabocchetto per metterla nei guai oppure semplice curiosità. 
Quindi si limita a sospirare profondamente la ragazzina decidendo di non lasciarsi portare via dai pensieri maliziosi e malpensanti. 

« Shin. »
« Shin! » ripete lui con entusiasmo sbattendo un pugno sul bancone e lasciandosi andare ad una risata. « Dunque vorrei dell’oden caldo per me e per Shin. »
L’uomo dietro al bancone, ammaliato dallo stesso Lord, rimane sull’attenti anche dopo quelle parole e finalmente qualche attimo dopo scatta in avanti per andare a prendere con entusiasmo due ciotole da riempire e servire ad i suoi commensali del momento. 
« Non sei il tipo di persona che parla molto da quel che vedo—… e non sembri neanche stare troppo bene. » commenta adesso anche lo stesso Oden poggiando un gomito sul tavolo mentre la studia con attenzione. « Cosa ci fa uno dei fiori dell’Okiya così lontano da li? So a cosa appartiene il tuo fermaglio e se è per questo conosco anche O-Taki. Per caso ti sei persa? »
Dannazione, allora se sapeva da dove veniva e conosceva anche la geisha che si occupava di tutta la baracca questo voleva dire che l’avrebbe riportata indietro. 
A sua volta, frustrata, ecco che Shin sbatte un pugno contro il bancone. 

« Tutti dite di sapere da dove vengo solo perché porto il fermaglio con la camelia rossa ma questo non vuol dire che mi sia—… persa. » precisa con un tono leggermente infastidito. 
« Wow finalmente hai usato più di cinque parole di seguito, Shin, i miei complimenti. » aggiunge il Lord con un sorrisetto soddisfatto ed un occhiolino mentre due grandi ciotole colme di Oden vengono poggiate proprio dinnanzi ad entrambi. 
« Senta, Lord Oden, se sono qui per essere punita in seguito mi va bene sono pronta ad accettare tutto. »
« Punirti? Ma se ti ho fatto i complimenti? Hai forse sbattuto la testa di recente? »
Possibile che non volesse punirla? Eppure era l’unica cosa sensata alla quale Shin aveva pensato fino ad ora. Prima il cibo e poi la punizione esemplare in pubblica piazza. 
« No—… cioè sì, quando ho fatto a botte ma—… non capisco. Perché non vuole punirmi? »
Oden, nel mentre, afferra con entusiasmo uno degli spiedini poggiati sulla ciotola ed inizia ad assaggiarne la consistenza, quasi dimenticandosi della ragazzina, ancora troppo confusa per mangiare sul serio.
« Ottimo! Ottimo! Non quanto il mio, ovviamente, ma è davvero un ottimo oden, dovresti mangiarlo caldo, Shin, altrimenti si rovina. » Le parole sono tranquille e pacate, quasi eteree avrebbe azzardato la ragazzina che, in tutta risposta, sbuffa e si avvicina leggermente alla ciotola, inspirando solo l’odore e sentendo il proprio stomaco borbottare. Allunga con delicatezza la mano per afferrare il cucchiaio in modo tale da assaggiarne il brodo che si rivela essere incredibilmente saporito. Insomma, era davvero buono, su questo il lord aveva ragione. 
« Non punirei mai un’orfana che vuole solo mangiare, credimi. Però voglio capire perché sei andata via dall’Okiya. »
« Non sono orfana—… cioè mia madre è morta e mio padre invece è vivo. » ci tiene a precisare Shin adesso intenta a mescolare il proprio brodo senza troppa enfasi seppur avesse fame. « Sono andata via perché quel posto non faceva per me. » Era una strada che avevano scelto per lei nella speranza potesse andarle bene, ma come poteva davvero andarle bene diventare solo un burattino per uomini?
Le gote le si arrossano, forse per la stanchezza, perché da seduta e rilassata si percepisce maggiormente, o forse perché la testa inizia anche a farle più male del previsto. Non sta benissimo ed il dolore al petto diventa sempre più difficile da gestire. 

« E perché non stai con tuo padre?- domanda incuriosito il Lord adesso con un’aria sempre più attenta. « Come fai ad essere sicura che quel posto non faccia per te? Da quanto stavi li? »
« Perché mio padre non può tenermi—… sua moglie mi ucciderebbe, probabilmente! » ammette con un filo di voce Shin inspirando profondamente e tirandosi indietro i lunghi capelli. « Io non voglio avere una dozzina di uomini a corteggiarmi, voglio vivere una dozzina d’avventure, Lord Oden. E quello non era il posto per me. »
Si lascia andare a quell’ammissione sempre più stancamente mentre sente lo sguardo del grande uomo su di sé, pronto a studiarlo con maggiore attenzione perché era chiaro che ci fosse qualcosa che non andava. 
« Capisco entrambe le cose, Shin. E per quanto riguarda la dozzina di uomini ti correggo, sono sicuro che ne avresti molti di più a corteggiarti ma—… non volevo dire questo, insomma, sei piccola per queste cose. E poi hai detto che vuoi vivere delle avventure»
« Tantissime avventure. Anche vivere così per me è una vera avventura—… »
Ammette con semplicità inspirando profondamente ed allora porta una mano verso il proprio obi e sfila il piccolo fermaglio con la camelia rossa che lentamente poggia sul tavolo facendolo scivolare verso l’uomo al proprio fianco. 
« Penso che basterà per gli occhiali. »
« Cosa? Intendi gli occhiali di Denjiro? »
Ah, era questo il suo nome?
« Sì, se lo rivende ci guadagnerà abbastanza anche per—… lei. E’ un servitore molto affiatato. »
Adesso è Oden quello sorpreso che si lascia andare ad una risata prima di prendere il piccolo fermaglio ed avvicinarlo nuovamente alla ragazza. E’ con qualche difficoltà che glielo posiziona fra i capelli dandole un leggero colpetto sul capo. 
« Se vorrai darglielo dovrà essere tu a farlo. Un vero samurai si assume sempre la responsabilità delle sue azioni. »
Aveva terribilmente ragione ed infatti è con estrema curiosità che adesso lo osserva nonostante la testa continui a farle sempre più male e poi il caldo stava diventando insopportabile, da quando stava così male e perché se ne stava rendendo conto solamente adesso?
« Un vero samurai? »
Anche suo padre, lo diceva sempre, che i samurai sono uomini d’onore e devono rispettare i loro giuramenti a costo della vita, compreso il sacro vincolo del matrimonio. 
« Sì, sai, noi seguiamo questo codice—… per lo meno io lo sto insegnando ad i miei ragazzi e loro stanno imparando qualcosa. Tu invece dovresti capire cosa vuoi fare della tua vita, Shin, perché non penso che stare in mezzo ad una strada ti si addica. Sai già dove andare? »
Forse quella è la cosa più gentile che qualcuno le abbia mai detto nel corso di anni e per questo motivo rimane li, ferma a fissarlo a studiare ogni dettaglio di quell’uomo che adesso assume ad i suoi occhi tutto un altro fascino, tipico di chi è pieno di carisma e pronto a spaccare il mondo. Il suo sorriso è contagioso e soprattutto la preoccupazione nella sua voce sembra quasi essere paterna al punto tale che Shin riesce solo a schiudere le labbra mentre le parole le muoiono in gola. 
Ma non riesce ad aggiungere niente, si ritrova semplicemente a fissarlo ed è allora che all’improvviso, forse per un’eccessiva vampata di calore, sente i propri occhi chiudersi e tutto diventare nero prima di perdere conoscenza. 
Dannazione, una volta tanto che stava parlando con qualcuno di gentile doveva proprio svenire perché il proprio corpo non sembrava farcela più?
A quanto pareva la risposta era: assolutamente sì.


Mezz’ora dopo a Palazzo

Era passato troppo tempo da quando Lord Oden era uscito quella giornata. Il giorno prima aveva fatto un buco nell’acqua, ovviamente, perché figurarsi i mocciosi di strada si andavano nascondendo ovunque, quindi aveva deciso di provarci ancora ed ancora. Quello che Denjiro non riusciva a comprendere era il perché di tutto quel volersi impegnare tanto per una cosa simile. D’accordo magari il primo giorno era solo per una dimostrazione della propria forza da Lord, ma adesso che senso aveva? Era soltanto una stupida mocciosa con la pretesa di riuscire a rubare qualcosa al Re dei truffatori. Peccato che le fosse andata male. Magari, se avesse provato a rubare a Kin’san ci sarebbe anche riuscita, ma con Denjiro questi trucchi del mestiere non funzionavano. 
Quindi aveva sperato davvero che tutto ciò diventasse acqua passata, anche perché era una vera noia sentire con insistenza Oden-sama parlare di tutti i mocciosi che incontrava per strada, non che la storia di Denjiro fosse assai diversa, ma sicuramente lui aveva avuto più fortuna. E si era impegnato anche il triplo, rispetto tutti gli altri, per trovare un proprio posto nel mondo accanto all’uomo che un giorno avrebbe governato Wano, l’unico per cui si sarebbe mai inchinato. 
Si era ritrovato, così, ad attendere con impazienza il ritorno dello stesso Lord quella sera, ma sembrava aver fatto tardi al punto tale da veder calare il sole. 
Ora che Oden-sama sparisse per giorni non era di certo una novità, insomma ormai lo conosceva fin troppo bene per rendersi conto che non lo avrebbe più fatto e poi ricordava qualcosa su una casa di geishe non troppo lontana da qui, dunque era matematico che probabilmente fosse andato con qualcuna di loro. 
Era rimasto sveglio fino a quel momento a leggere ed a studiare, aveva trovato un libro di matematica e gli sarebbe sicuramente servito per cercare di gestire quella contabilità che da sempre perseguitava la città. E poi chi altro avrebbe dovuto farlo? Insomma, Izo e Kiku, ovviamente, si occupavano di insegnare le buone maniere e tutte quelle stronzate, Kin’san, Kankuro ed Ashura, invece, si allenavano con la spada e si occupavano dei problemi con i cittadini ed anche Denjiro doveva fare qualcosa di concreto, oltre che allenarsi, ovviamente. Quindi se la mattina aiutava e si allenava la sera si ritrovava distrutto a sfogliare quel libro nella speranza di capirci qualcosa di più. 
Ed è proprio li, fra le lanterne in uno dei grandi studi del palazzo che se ne stava tranquillo, almeno fino a quando non ha sentito una voce dal piano di sotto richiamare la sua attenzione. 

« Preparate subito qualcosa per la febbre. Andiamo c’è un rimedio, giusto? Ragazzi, mi sentite? »
Era la voce di Lord Oden?
A quanto pareva era tornato e la sua non era stata una gita di piacere visto che era tornato con la febbre. Eppure lui è sempre stato così stoico a riguardo, non lo sentiva lamentarsi neanche dopo immensi combattimenti, quindi doveva stare davvero male. Che avesse mangiato qualcosa di strano che gli aveva provocato quell’effetto? Possibile, non da escludere, ed è con uno sbuffo infastidito che abbandona il libro, si rimette le scarpe, e corre al piano di sotto per aiutarlo, certo che abbia bisogno soltanto di un bagno freddo o qualcosa del genere. Dal corridoio vede sbucare anche un Kanjuro alle prese con i suoi pennelli e dall’altro lato invece corre rapidamente Kin’san con Izo.
Ovvio, erano tutti svegli e pronti ad aiutare il proprio Lord se non fosse che, quando finalmente riescono a raggiungerlo quello che non si aspettano di trovare è l’uomo perfettamente in salute che però regge fra le mani una ragazzina. Ed è allora che Denjiro riconosce i suoi capelli e quel kimono strappato, per associarla rapidamente alla ragazzina con cui aveva avuto una colluttazione, cosa che lo lascia pietrificato. 
Che cazzo era successo? 

« Oden-sama? » domanda indicando con timore il corpo che adesso tiene fra le braccia. « E’—… morta? »
Sì, perché il timore di Denjiro era quello d’aver ucciso una persona che non meritava la fine. Insomma, possibile che fosse tanto gracile? Forse sì, considerato che era una ragazzina. 
« No, il tuo terribile mostro ha solamente la febbre. Deve essersela presa in quei vicoli dove l’ho trovata e le ferite della vostra rissa non hanno aiutato. »
Spiega Lord Oden adesso con sguardo decisamente scettico in direzione dello stesso ragazzino. 
Izo si fa avanti velocemente, accompagnato da sua sorella, mentre fa cenno a Lord Oden di seguirlo. 

« Vado a prendere dall’infermeria quelle piante che usiamo per la febbre, lei la metta in una delle stanze e mi aspetti li. Kiku, tu vieni con me e prendi dell’acqua fredda. » i comandi di Izo sembrano essere precisi ed attenti, perché lui sapeva che cosa fare. In realtà anche Denjiro lo sapeva ma è ancora sotto shock per agire. 
« Ma è solamente una ragazzina, Denjiro. » domanda adesso Kin’emon avvicinandosi a lui ma non fa in tempo a rispondergli che Kiku, senza dar tempo di nulla, afferra per una mano Kin’san e lo porta via per essere aiutata. 
« Non morirà, giusto? »
E’ tutto ciò che riesce a domandare mentre si avvicina agli altri per aiutare Oden-sama a portarla in una delle stanze. 
« Spero di no, altrimenti l’avrai sulla coscienza per sempre. Sei pronto a sopportare questo peso? » ed un mezzo sorrisetto sibillino appare sulle labbra di Lord Oden mentre Denjiro non riesce proprio a capire se fosse serio o se stesse solamente scherzando per metterlo un po’ in ansia. 
Tutto quello che il ragazzino a cui riesce a pensare è che quella mocciosa non muoia, insomma non può rovinarsi la vita in questa maniera, è troppo giovane per avere sulle mani la coscienza di una vita innocente e poi… no. 
Non può morire, quella dannata ragazzina. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. A new welcome ***


Capitolo 4. 
A new welcome

La sensazione di calore che l’aveva accompagnata fino a quel momento finalmente riusciva a svanire ed a lasciare che finalmente il proprio corpo tornasse a riemerge da quell’ombra cui era rimasto avvolto fino ad allora. Shin era certa di aver dormito fino a quel momento, di essersi riposata come poche volte in vita sua perché di solito i suoi sogni erano agitati, ma quella volta non aveva percepito niente di niente. Si era ritrovata unicamente a fluttuare in quello stato di pace, come se fosse immersa nell’acqua ed il proprio corpo fosse tutt’uno con essa. Non c’era nessun rumore ad avvolgerla, niente di niente, ma le andava bene così. 
E poi finalmente aveva iniziato a sentire qualcosa. Era stata come una luce in profondità che aveva fastidiosamente rovinato tutta quella pace e tranquillità ed alla fine eccola li a muoversi verso essa, seppur lentamente, tornando a prendere possesso del proprio corpo. 
Pian piano si era risvegliata la sua mente e successivamente anche le proprie cellule, riuscendo, dunque, ad avere un maggiore controllo su se stessa mentre pain piano le palpebre iniziavano ad aprirsi in modo tale da vedere che cosa stesse accadendo attorno a sé. Mettere a fuoco tutto ciò che la circonda è uno sforzo non indifferente, deve ammetterlo, ma sembra riuscire a farlo dopo qualche secondo. 
E di certo quello che vede non è ciò che si aspetta. Era piuttosto certa di essersi addormentata sul bancone di quel piccolo locale dov’era andata in compagnia del fantomatico Lord Oden e poi probabilmente si era convinta di esser tornata nel vicolo dove l’aveva trovata. Si sarebbe dovuta risvegliare in uno di quei posti sicuri per i ragazzini di strada, ma attorno a sé non c’era nulla del genere. Eleganti pareti in pietra e legno sembrano erigersi tutto attorno ed un ampio balcone, le cui sottili tende rosse, lascia filtrare la luce del giorno. La camera sembra essere prettamente spoglia, solamente un futon poggiato sul tatami avvolte il proprio corpo assieme a candide lenzuola. Vi è un secchio pieno d’acqua accanto a sé, con delle pezze poggiate su di esso. 
In quei momenti, mentre Shin sembra cercare di capire dove si trovasse, si rende conto di essere ancora parzialmente indolenzita e che il proprio corpo ha bisogno di sgranchirsi un po’ mentre prova a capire dove si trovasse: certamente non era per strada ma non era neanche all’Okiya, quindi non era tutto un sogno quello della sua fuga. No, era tutto reale perché in questo caso il dolore era rele. 
Ciò che davvero non riesce a capire è il dove si trovi in quell’istante. 
Ed è allora che prova a sollevare il busto, cercando di mettersi a sedere mentre dalla fronte le cade una pezza umida che finisce sulle proprie gambe, con sua enorme sorpresa. 
Un fruscio accanto alla porta d’ingresso, adesso leggermente schiusa, richiama l’attenzione di Shin che finalmente si ritrova a fronteggiare una piccola figura che permane sulla soglia, timidamente mentre stringe un vassoio fra le braccia. Ha dei bellissimi occhi viola ed un sorriso entusiasta, seppur non abbia detto nulla. Fluenti capelli corvini con dei fiori intrecciati, così come una frangia ordinata, vanno ad adornare quel viso sorridente che cerca di rimanere nascosto nel suo angolo. 
Chi era quella bambina che sembrava così felice di vederla? Non era qualcuno di conosciuto e non era neanche una delle sue compagne all’okiya, quindi doveva trattarsi di qualcun altro. 

« Ti sei svegliata finalmente! »
La sente pronunciare trattenendo l’entusiasmo contagioso mentre saltella sul posto prima di correre rapidamente verso di lei, neanche fossero amiche da tutta la vita. 
Quello che maggiormente confonde Shin è il suo “finalmente”. Perché non vedeva l’ora di svegliarla? Aveva fatto qualcosa che non ricordava? E se quell’Oden fosse stato drogato apposta per lei? No, era assurdo, ma ciò non toglie che la ragazzina si ritrovi restia dinnanzi a tutto quell’entusiasmo inaspettato. 

« Dove—… dove sono? E tu chi sei? » si ritrova a domandare seppur senta la gola particolarmente secca ed ha bisogno di un paio di colpetti di tosse per schiarirsi la voce che torna ad essere più chiara di prima. 
La bambina, dopo aver abbandonato il proprio vassoio è con  delicatezza che s’inginocchia accanto a Shin mentre raccoglie il panno umido che le era caduto dalla testa per andarlo nuovamente ad immergere nel secchio pieno d’acqua al suo fianco. 

« Giusto, perdonami se non mi sono presentata prima ma sono contenta di vederti sveglia!- ammette lei andando a sollevare gli occhioni che incontrano le iridi brune di Shin. « Io sono Kiku!!! E tu ti trovi nel palazzo di Lord Oden! »
Lord Oden l’aveva portata nel suo palazzo? Ecco, quella storia iniziava ad avere dell’assurdo in mezzo però Shin non vuole davvero distruggere l’entusiasmo di quella bambina, che sembra essere un po’ più piccola di quanto non sia la ragazza, ed allora eccola li a massaggiarsi la testa, certa che le faccia più male di quanto avrebbe voluto. 
Perché si ritrovava li? Era decisamente tutto troppo strano e la sua espressione sembra tradire quella preoccupazione. 

« D’accordo—… ciao Kiku io invece sono Shin e non ricordo come sono arrivata qui. »
Lo ammette senza eccessivi problemi, provando però ad aggiungere un mezzo sorrisetto quindi con delicatezza le tende la mano ma in uno slancio inaspettato la bambina le getta le braccia al collo per stringerla in un abbraccio. 
« Sono così felice che tu sia viva. Ci siamo preoccupati perché Lord Oden ti ha portata qui con la febbre—… ha detto che eravate andati a mangiare e poi tu hai perso i sensi. Sei rimasta due giorni a letto e—… ed Kanjuro diceva che non ce l’avresti fatta mentre Izo era certo del contrario. Io avevo solo paura perché non potevi morire. »
Quelle parole travolgono Shin come una vera e propria valanga inaspettata, ritrovandosi dunque a dove avere a che fare con l’ammissione più improvvisa di sempre. Quindi le era venuta la febbre e l’avevano portata a palazzo, dunque era merito di Lord Oden se adesso era ancora viva? Questo sembra cambiare ogni cosa e la preoccupazione nella voce della piccola Kiku non fa altro che renderla sempre più lieta di essere in quel posto, tanto che per provare a rassicurarla ecco che con un braccio le va a cingere la schiena per abbracciarla e per tranquillizzarla. 
« Non preoccuparti ora mi sento meglio—… grazie! »
« Davvero, Shin-san, sono così contenta di vederti stare bene. Eravamo tutti preoccupati. »
Tutti? 
Quindi dovevano esserci altre persone oltre il Lord ed il quattrocchi della rissa, ma poco importava. Sicuramente adesso si sarebbe dovuta sdebitare, il che era anche un mezzo problema perché non sapeva bene come fare. Inspira profondamente andando a sciogliere l’abbraccio della piccola Kiku e poi si passa una mano fra i capelli che tende a scarmigliare maggiormente, come se già non fossero terribili di loro.

« Sto bene, davvero anzi—… vorrei anche alzarmi se possibile. »
« Oh—… OH! Certo, certo ti aiuto ed anzi, vieni di la con noi, stavamo giusto facendo colazione. Saranno tutti così felici di vederti. »
Commenta la bambina avvicinandosi nuovamente a lei e con una forza decisamente disarmante aiutandola e stringendo il suo braccio ecco che la solleva da quella posizione seduta, permettendole dunque di rimettersi in piedi. Le gambe le facevano ancora un po’ male, deve proprio ammetterlo però riesce a farlo, anche se aiutata da Kiku, al proprio fianco, che stringe il braccio per impedirle di cadere come se fosse un fuscello, cosa che riesce un po’ a mettere a disagio la stessa Shin. 
Una volta in piedi, soprattutto una volta dopo aver ritrovato la propria stabilità e superato quel giramento di testa iniziale, è con una discreta fatica che Kiku la lascia andare per permetterle di camminare da sola e seguirla al di fuori di quella stanza dove si era risvegliata. Le iridi brune studiano con attenzione e recondita curiosità ogni singolo dettaglio che si riesce ad intravedere lungo il tragitto per quei corridoi. Il palazzo del Lord doveva essere molto grande ed anche molto ampio, visto e considerato che hanno dovuto camminare un po’, anche al rallentatore, per permettere a Shin di seguire la più piccola che, invece, saltellava al proprio fianco come se quello fosse tutto normale. Insomma passare dalla strada ad un palazzo era comunque una grande cosa che non sapeva come sarebbe andata a finire, ma di certo tutta questa storia sarebbe stato un qualcosa che avrebbe raccontato con profondo imbarazzo perché non riusciva ad accettare l’idea che una febbre potesse averla messa fuori gioco. 
Lungo la strada di tanto in tanto Kiku le spiega qualcosa, come ad esempio se avesse girato sulla destra sarebbe scesa al piano di sotto verso le cucine, oppure che a sinistra c’era la sua camera ed è solo quando svolta l’angolo oltrepassando un’ampia  porta che Shin si rende conto di essere giunta a destinazione forse per via di tutte quelle voci che si potevano sentire di la. C’era così tanta gente, da quel che riusciva a sentire, ma soprattutto sembravano essere così divertiti, cosa che un po’ riusciva a spaventarla. Rimane qualche passo indietro rispetto a Kiku che invece corre dentro la sala e la sente urlare con entusiasmo mentre anticipa il proprio ingresso. 

« Shin si è svegliata, è viva e sta bene ed è qui per fare colazione assieme a tutti noi! »
Decisamente un modo d’annunciare così fanciullesco ed anche eccessivo che riesce a metterla in terribile imbarazzo tanto da bloccarla proprio sull’ingresso dopo aver oltrepassato delle tende svolazzanti che davano su quella grande ed elegante stanza. A differenza degli altri posti quella stanza si vedeva che rappresentava il centro pulsante del palazzo, era ampia, con una grandissima apertura su una terrazza mentre il sole filtrava ed illuminava il tutto. Quadri colorati erano appesi alle pareti così come anche un centrale tavolo poggiato sul tatami in legno, mentre attorno una grande montagna di cuscini e tappeti ricopriva il pavimento. C’erano state e c’era un buonissimo odore di cibo provenire da quel tavolo, ma quello che maggiormente sconvolge Shin è la grandissima quantità di persone che sembrano esserci in quella stanza. Gli occhi, dunque, si muovono rapidamente fra tutti quanti cercando di metterli a fuoco: nota Lord Oden, intento a sogghignare ed ad alzare una mano per salutarla con entusiasm ritrovato, un bambino, quello più elegante con un kimono rosa che si stava solo facendo aria con un ventaglio, il quattrocchi che sembra guardarla come se avesse visto un fantasma, accanto a lui un tizio più alto con una cresta scura, per non parlare del pittore con i capelli rossi od il gigante in un angolo con cui sta palesemente discutendo, almeno fino a quando non è entrata lei. 
Sente gli occhi addosso di tutti quanti, il che no riesce proprio a tranquillizzarla ed ovviamente prova solo ad alzare una mano in segno di saluto. 

« Mhm—… grazie per avermi aiutata. »
Si limita a dire in un mezzo sussurro senza rivolgersi a nessuno in particolare, senza avere una vera e propria capacità nel riuscire a focalizzarsi su qualcuno ed è con un po’ di timore che viene presa per mano da Kiku che la conduce con sé verso quel tavolo. 
« Finalmente ti sei ripresa, piccola Shin! Era ora, ci hai fatti stare un po’ in pensiero. »
Oden-sama è sempre così gentile, forse lo è anche troppo, ma era chiaro dal suo tono di voce che avesse affrontato tutto ciò con parecchio timore, tanto che quando la stessa Shin si avvicina le cinge le spalle con un braccio invitandola a sedersi fra lei ed il ragazzino della rissa. 
E dire che Shin voleva semplicemente star lontana da lui, anche perché a giudicare dalla sua faccia sembrava ancora sconvolto. 

« Sto—… sto bene, dico sul serio.- »ammette a bassa voce mentre abbassa anche lo sguardo. 
Ed è allora che il ragazzo con il kimono rosa, che forse avrebbe potuto avere su per giù la sua stessa età, cerca di allontanare Lord Oden avvicinandosi alla ragazzina e porgendole una mano. 

« Scusalo, è così poco discreto per essere il nostro Lord! Ad ogni modo anche noi siamo contentissimi di saperti sveglia, Shin-san. » è così gentile lui, garbato ed anche elegante perché è un sorriso quello che aggiunge mentre finge un palese baciamano, così come avrebbe fatto un qualsiasi adulto galante. « Io sono Izo e sono il fratello di Kiku, piacere di conoscerti. Vuoi del tè? L’ho appena fatto. »
Quindi quel ragazzino era Izo ed effettivamente a guardarlo meglio si poteva vedere benissimo quanto fosse a suo agio in quella situazione, cosa che per gli altri non era altrettanto scontata. 
Lentamente Shin si volta verso di lui, rimanendo a bocca aperta ed è in maniera impercettibile che si ritrova ad annuire con una recondita timidezza che non sapeva di provare. 
Certo, stare con tutti quegli occhi puntati addosso non aiutava per nulla, quindi era più che ovvio il suo esser un po’ a disagio.
 
« Grazie—… » riesce a mormorare timidamente la ragazzina prima di andare a rivolgere un’occhiata confusa in direzione del Lord che con entusiasmo le da una leggera gomitata. 
« Sappiate che all’inizio Shin non parla molto. Credetemi, l’altra sera per farle dire più di cinque parole di fila ho dovuto sforzarmi parecchio per riuscire nell’impresa—… anche voi, non siate timidi! » continua l’uomo prima di andare a prendere uno spiedino di frutta ed avvicinarlo alla ragazzina. 
« Noi non siamo timidi, Oden-sama!!! » sbraita con veemenza il ragazzo più grande con i capelli scuri e la cresta che, ovviamente, s’avvicina a sua volta alla figura di Shin per chinare leggermente il capo, seppur con aria quasi sospettosa. « E’ un piacere vederti finalmente in piedi, ci hai fatti preoccupare parecchio, Shin-sama. Io sono Kin’emon e sono il più fedele servitore di Lord Oden, felice di fare la tua conoscenza. »
Ecco, adesso quel tipo che ha dinnanzi si è anche inchinato, cosa che la lascia vagamente perplessa, soprattutto per la risatina sommessa di Izo dinnanzi a tali maniere. 
« Finalmente un po’ di galanteria, Kin’san. » sussurra il ragazzino mentre si va a sedere accanto a Kiku, adesso intenta a mangiare a sua volta della frutta. 
« Sta’ un po’ zitto, Izo. » sussurra Kin’emon prima di risollevare il viso ed andar a fulminare con lo sguardo lo stesso ragazzino che, in tutta risposta, gli rivolge un occhiolino. 
« Grazie, Kin’emon-san. » si limita a rispondere la stessa Shin che è adesso intenta a giocherellare con quello che sembra essere uno spiedino di frutta. Ha fame, ma si sente ancora in costante pressione, soprattutto perché al proprio fianco il quattrocchi era rimasto in assoluto silenzio, come se lei non esistesse, il che la rendeva anche parecchio nervosa. 
Forse stava meditando qualcosa di terribile da dirle, forse voleva accusarla di nuovo o forse stava solo tramando vendetta per quello che era accaduto. 

« Sei—… sei davvero bellissima e benvenuta io sono il ninja a sevizio di Lord Oden, mi chiamo Raizo. » la voce di un uomo spuntato dall’ombra, proprio come un vero ninja, riesce a terrorizzarla più di quanto non desse a vedere. Insomma era stato davvero silenzioso ed in viso era… era peculiare, non esattamente il genere di persona che passasse inosservata in un simile contesto, se proprio doveva essere sincera con se stessa, anche se l’essere ninja era davvero intrigante. Ma ecco che tutti i pensieri della ragazza vengono spazzati via da un foglio che le viene posto sotto il naso, in maniera del tutto inaspettata. Un semplice disegno di una camelia rossa, seppur disegnata molto male, fa capolino su quella pagina, mentre un ragazzo dai capelli rossi ed una manciata di pennelli le tende timidamente quel disegno.
« E’ per me? » si ritrova a domandare con un filo di voce la ragazzina allungando delicatamente una mano per afferrarlo. 
« Sì—… è un regalo di pronta guarigione. Speravo ti portasse fortuna. » ammette il ragazzo provando ad accennare un sorriso prima di ritirarsi nuovamente nel suo angolo. 
« Kanjuro è il nostro artista di palazzo.- le spiega Izo come se le avesse appena letto nella mente ed avesse compreso i suoi dubbi. « I suoi disegni sono peculiari ma ugualmente incantevoli. »
Il che, secondo Shin, era un modo elegante per dire che disegnava malissimo ma s’impegnava. 
« Che cosa dovrebbe essere, Kunjuro? » domanda allora Kin’emon allungando la mano in direzione della ragazzina per osservare meglio quel disegno.
« Una—… una camelia rossa! Come il fermaglio che portava con sé quando è arrivata. » si ritrova a spiegare sempre con un filo di voce prima di affondare il viso nella propria tazza di tè, imbarazzato come non mai.
« Certo che il disegno fa proprio schifo, Kanjuro, potevi impegnarti un po’ di più con la nostra nuova ospite. » S’intromette il più alto di tutti, quel tipo muscoloso e grosso con i capelli rosa e gli occhi di un brillante giallo canarino. « Devi scusarlo, anche se è il nostro artista di arte ne capisce poco e niente. »
« Ashura!!! » lo rimprovera Izo fulminandolo con uno sguardo mentre una serie di risatine, a partire da Lord Oden e da Kiku, si levano nella stanza per quello che sembra un vero e proprio teatrino. 
« Che ho detto di male? Deve esercitarsi un po’ di più, secondo me—…» continua il tipo chiamato…
Un attimo, Shin aveva capito bene, Ashura? Era quell’Ashura che si diceva uccidesse i serpenti per berne il sangue? Ed un brivido percorre la schiena della ragazzina che, in tutta risposta, rimane pietrificata a studiarlo con attenzione, come se avesse visto un fantasma d’altri tempi. 

« Tu sei—… sei—… il bandito? » domanda con un filo di voce mentre indietreggia. 
« Sì è proprio lui!!! Andiamo davvero qualcuno si ricorda di te come bandito? Mi sembra una vita fa che ti ho fatto il culo. » la voce del lord Oden è palesemente divertita, cosa che riesce a far ridere anche gli altri, mentre sembra pronto a minimizzare il tutto. 
Effettivamente aveva sentito dire che avesse smesso di essere un bandito ma non immaginava potesse stare adesso dalla parte di Oden, cosa che non riesce ad andarle troppo giù infatti è quasi con diffidenza che Shin si ritrova a storcere appena il naso ed ad afferrare rapidamente la tazza con il tè che Izo le aveva fatto qualche attimo prima. Inspira profondamente e lo avvicina alle labbra prima di esitare per qualche istante. 

« Comunque—… grazie per avermi trovata ed aiutata. Sono in debito con voi. » sussurra lei chinando il capo. 
« Eh? In debito con noi? E per che cosa? » chiede Lord Oden adesso palesemente confuso prima di voltarsi verso Denjiro e lanciargli un lungo ed eloquente sguardo. 
Perché sì, sebbene glielo avesse detto quando ancora stava male ecco che Shin ricordava il nome del quattrocchi che ancora era rimasto accanto a lei con le braccia intrecciate al petto e l’aspetto imbronciato di chi non vuole minimamente trovarsi li al suo fianco. 

« Non dovevo colpirti. »
Ecco che all’improvviso quelle parole sembrano provenire proprio dalle labbra del ragazzo, come se si fosse trattenuto fino a quel momento, riuscendo a richiamare l’attenzione di Shin che, voltandosi verso di lui, rimane in silenzio per qualche attimo a voler scrutare il suo viso, decisamente più contrito di quanto avesse visto quel giorno in pubblica piazza. 
« Devi sapere che il nostro caro Denjiro è un vero idiota e che non ha ancora capito che non deve colpire le ragazze. » ci tiene a spiegare Kin’emon mentre cinge con un braccio le spalle del più piccolo, al pari di un fratello maggiore. 
Ma ecco che Shin scuote appena il capo, facendo un chiaro segno di no, come se quella cosa non le andasse giù. Perché doveva essere “privilegiata” solo perché femmina? NOn voleva che fossero fatti favoritismi e soprattutto quel quattrocchi non aveva fatto nulla di sbagliato se non proteggere il frutto del suo lavoro, od almeno è questo che Shin ha visto nei suoi gesti. 

« Anche io ti ho colpito—… siamo pari. » ammette adesso la ragazzina prima di scrollare appena le spalle e roteare lo sguardo. « Solo perché sono una femmina non vuol dire che non sappia difendermi. »
« BEN DETTO, SHIN! LA PROSSIMA VOLTA GLIELE DARAI DI SANTA RAGIONE.- le urla il Lord andando ad applaudire come se quella fosse l’unica frase sensata appena detta.
« Oden-sama, che cosa abbiamo detto riguardo le risse? » ecco che Izo non gliene manda a dire. 
« Che devono essere all’ultimo sangue? »
« No, che non vanno assolutamente incoraggiate. »
« Ma così è noioso—… »
Effettivamente, con quello scambio di battute, ecco che la stessa ragazzina non può che nascondere una risatina divertita, proprio come tutti gli altri vista l’espressione triste dello stesso Lord e quella indispettita di Izo, che sembra essere colui che tiene tutto sotto controllo in quel frangente di eventi. 
Ed è con un po’ d’incertezza che allora Shin torna a guardare il quattrocchi Denjiro e casualmente incontra, in quel secondo, il suo sguardo, segno che lui stava facendo lo stesso. Ma eccolo guardare altrove immediatamente prima che potesse dirgli altro. 

« Shin-san, Shin-san, Shin-san!!! »
Adesso è la piccola Kiku a richiamare l’attenzione della ragazzina avvicinandosi a lei per afferrarle delicatamente una mano. I grandi occhioni viola vanno ad incontrare lo sguardo curioso di Shin che, in tutta risposta ricambia quella stretta. 
« Che cosa farai adesso? Hai dove andare? Perché non rimani con noi??? »
Sono tutte domande che riescono a coglierla in contropiede, soprattutto considerata l’enfasi con cui la stessa Kiku sembra proporle tutte quelle domande. Non è semplice, non è per nulla semplice e soprattutto lei stessa non sa cosa dire. Le ha davvero chiesto di rimanere con loro? Così senza alcun preavviso? E soprattutto che genere di utilità potrebbe avere una persona come lei con tutti quanti quei ragazzi? Insomma stavano seguendo Lord Oden, il che li rendeva i loro fidati servitori, ma questo non voleva dire che lei lo fosse pure, nonostante sentiva profondamente un senso di gratitudine nei suoi confronti dovuto a quell’averla aiutata quando nessun altro lo avrebbe fatto. 
Eppure c’era la sua risata a risuonare nella propria mente e quelle ultime parole che le erano rimaste impresse prima di svenire a causa della febbre. 
Aveva parlato di onore, di un codice che lui sta circa provando ad insegnare agli altri, una sorta di codice da samurai o qualcosa del genere. Possibile che loro stessero imparando a seguire i suoi passi? Era un qualcosa che avrebbe potuto fare anche lei oppure era una cosa unicamente riservata ad i ragazzi? MA quel posto, quel palazzo, sembrava emanare una diversa energia, qualcosa che neanche con suo padre riusciva a provare e per questo motivo Shin si ritrova a guardare negli occhi Kiku, che sembra pendere dalle proprie labbra. 

« Non so che cosa mi riserva la vita ma—… come ho detto a Lord Oden io voglio vivere una dozzina d’avventure e per questo motivo non tornerò mai all’Okiya dalla quale provengo, questa è una certezza. »
 «Aspetta, provieni da una—… quindi tu saresti diventata una—… » Kin’emon è così sconvolto che balbetta quelle parole alternando lo sguardo fra Lord Oden, intento a sorseggiare il tè con finta aria innocente, e Shin. 
« Una cosa—…? » chiede Denjiro in un sussurro, confuso dalle sue parole. 
Kin’emon si lascia andare ad una mezza risata e si avvicina lentamente al suo orecchio prima di sussurrargli qualcosa d’incomprensibile che, però, riesce letteralmente a mettere a disagio lo stesso Denjiro, sempre più confuso che si limita a guardarla prima di fare una smorfia. 

« OH! » esclama Denjiro dandogli una forte gomitata in pieno petto, cosa che ha solo l’effetto di far ridere Kin’emon.
« Scusatelo è ancora un verginello—… » prova a giustificarlo lo stesso moro. 
« Ancora non mi hai spiegato che cosa significa “verginello”, Kin’san. » si aggiunge Kiku sorridente seppur stringa la mano di Shin. 
« Sì, esatto, Kin’san, spiega alla nostra Kiku che cosa vuol dire questa parola piuttosto che fare lo stronzo solo con me. » continua lo stesso ragazzo degli occhiali che sembra quasi essersi ripreso da quell’iniziale momento d’imbarazzo. 
« Denjiro!!! » lo rimprovera Izo che si alza in piedi. « Vi siete mostrati decenti alla nostra ospite solo per dieci minuti. Dieci minuti, non vi vergognate neanche un po’? Il prossimo passo sarà una gara da nudi a chi arriva prima alle vasche da bagno? »
Ironico è il tono del ragazzino che riesce però a far sorridere la stessa Shin, che prova a nascondere le risate con la mano libera. 
« Non voglio vedere i ragazzi nudi.- ci tiene a sottolineare in un mezzo sussurro lei stessa prima di schiarirsi la voce e voltarsi, questa volta, in direzione dello stesso Lord Oden. « Ad ogni modo Lord Oden sono in debito con lei, quindi—… »
« Andiamo!!! Perché siete tutti in debito con me? Smettetela con questa storia. » si lagna il Lord che ha già capito l’antifona e che forse è la stessa di tutti i presenti li dentro. 
« Perché ho deciso così e non cambierò idea. Ha detto che cerca d’insegnare loro un codice o qualcosa del genere—… io—… io voglio fidarmi di lei. Sento che è il genere di persona in cui riporre la propria fiducia , me lo ha già dimostrato quindi se me lo permetterete rimarrò qui per sdebitarmi con la mia vita e magari per diventare—… un samurai. Giusto? »
Quell’ultima frase le sfugge dalle labbra al pari di un mero segreto che però, in quella stanza, viene ascoltato ed udito da tutti, in primo luogo dallo stesso Lord che, in tutta risposta, dopo averle lanciato uno sguardo di sbieco, decisamente curioso, ecco che si limita a rivolgerle un mezzo sorrisetto certo di aver seminato bene seppur in maniera del tutto involontaria. 
Perché era chiaro che li dentro nessuno si sarebbe stupito di una simile ammissione, certa che quello fosse un desiderio comune e che tutti quanti stavano seguendo. Quindi perché lei doveva privarsi di tale possibilità se perfino lo stesso Lord sembrava pronto a prometterle una vita così differente da quella che lei stessa aveva immaginato per sé? Era come se in quella stanza Shin avesse appena scelto il proprio destino, in maniera del tutto inconsapevole, entrando di prepotenza nelle vite di tutti gli altri ragazzi presenti a palazzo e nessuno, nessuno di tutti loro, sembrava aver pronta una mozione a sfavore per quella proposta perchè come lei aveva espresso questo desiderio così avevano fatto tutti quanti gli altri. 

« Che mocciosi fastidiosi che siete certe volte—… prendete le mie parole troppo sul serio» si limita a commentare Oden seppur totalmente soddisfatto di quanto aveva appena sentito dire, non per il desiderio di sdebitarsi con la vita quanto più per la decisione inaspettata. 
« Oden-sama, lo sa che dovrà essere ancora più rispettoso adesso che avremo con noi un’altra ragazza? » cantilena Izo con la soddisfazione di chi sa per certo che dovrà bacchettare ancora ed ancora il proprio signore solo per il gusto di farlo. 
Ed era certa, in cuor suo, che quello era solamente il primo dei teatrini cui avrebbe mai assistito ed in fondo non era poi tanto male iniziare a fare colazione in compagnia di tutti quanti loro, seppur si sarebbe dovuta abituare alla presenza di tutti gli altri. 
O forse era meglio dire che sarebbero stati gli altri a doversi abituare alla presenza di Shin. 

Nel presente…

La città di Kuri era terribilmente differente ed era stato con profondo orrore che finalmente Shin aveva iniziato ad avanzare lungo quelle vie conosciute per ritrovarsi a fronteggiare gli effetti di vent’anni lontana da quel posto. La fame e la degradazione avevano preso il sopravvento fra quelle rovine, in una città che un tempo era stata luogo dei suoi migliori anni, doveva aveva vissuto momenti felici ed attimi di crepacuore. Era li che la sua vita le era stata portata via brutalmente, fra quelle rovine di un palazzo ormai distrutto, fra quelle tombe di samurai che ormai non dovevano esserci più. 
Ma per lei era ancora una ferita aperta, qualcosa di terribilmente recente che non aveva saputo affrontare. Certo, il viaggio con Kin’emon, Kanjuro e Raizo aveva aiutato a lenire il dolore, soprattutto durante gli scontri affrontati nel cuore di Dressrosa ma questo non sembrava voler di certo cancellare le ferite che si portava dietro e che difficilmente avrebbero abbandonato lei ed i propri compagni. 
Una volta giunti a Wano a bordo della Polar il primo compito importantissimo era stato quello di riuscire, in qualche maniera, a far infiltrare gli altri membri esterni, trovando una qualche collocazione per ognuno di loro ed una nuova identità. Il cyborg e la bella O-Robi erano stati i più facili da piazzare, rispettivamente fra i carpentieri ed in una Okiya, avrebbero fatto il loro lavoro egregiamente, ed anche il Dio Usopp era stato sapientemente  pronto a diventare un venditore nel cuore della capitale, perché riusciva a far credere a qualsiasi delle sue bugie. 
Più difficile, secondo lo stesso Kin’emon, era stato far passare Rorona e Trafalgar per dei ronin, soprattutto considerato che Zoro si era perso una volta giunto a Wano, quindi ritrovarlo non era stato facile. Nessuno sembrava essere pronto a fare domande e quei pochi che si erano accorti di tutto non volevano far saltare le loro coperture, segno che a Wano c’era chi andava contro Orochi e Kaido, ovviamente gli alleati che per vent’anni avevano atteso il ritorno dei samurai di Oden. Una ventata di speranza era quella che si poteva avvertire, seppur le strade della città poco lontana da Kuri sembrava essere messa terribilmente male. Shin, che aveva cercato di nascondere la figura femminile dietro abiti da ronin tipicamente maschili, compreso quel kaso calato a nasconderle i capelli ed il viso, aveva visto abbastanza ed una volta abbandonato anche Usopp nella Capitale dei Fiori ecco che si era diretta nell’unico posto scuro dove sarebbe mai potuta andare: la piccola casa del té di O-Tsuru. Era chiaro che il tempo sarebbe passato per tutti quanti ma quel posto era ancora in piedi e, se non aveva capito male, Kiku doveva essere arrivata li settimane prima, quando si erano separate. Kin’san aveva rifiutato l’offerta dicendo che avrebbe vissuto con Trafalgar nei pressi della Capitale ma lei aveva bisogno di stare lontana da quel posto, altrimenti sarebbe passata all’attacco prima del previsto e soprattuto senza riflettere. 
Ed è con discrezione che, fermandosi dinnanzi quella struttura in legno, si ritrova a rivivere i momenti passati, quando per la prima volta aveva messo piede li dentro, ancora incredula del fatto che Kin’emon, il loro Kin’emon, avesse davvero trovato una moglie perfetta come lei, cosa che nessuno credeva possibile. 
Abbassa il grande cappello di paglia, andando a scoprire i capelli che le ricadono sulle spalle, adesso liberi d’ondeggiare liberamente senza paura d’esser scoperta, mentre si ritrova a tossicchiare per richiamare l’attenzione di qualcuno. 
Passano un paio di secondi prima che dalla porta sul retro una figura slanciata e dal giallo kimono non faccia capolino con un meraviglioso sorriso, i lunghi capelli sciolti sulle spalle e l’aria da perfetta cameriera della situazione, almeno prima che si renda conto di chi si sta ritrovando dinnanzi. Ed è Kiku a sgranare i grandi occhi viola per lanciare via il proprio vassoio con cui era solita servire il tè e correre incontro a Shin. Non le da neanche il tempo di dire niente, perché troppo felice di vederla, infatti eccola li a stringerla in un abbraccio, come se non si fossero viste da mesi. 

« Ho davvero avuto paura che non ti avrei più rivista, Shin-san! Finalmente siete tornati! »
Il tono di voce della ragazza sembra essere rotto dalla commozione mentre è con estrema dolcezza che la stessa Shin ricambia quella stretta. 
« Te l’avevamo promessi che saremmo tornati ed abbiamo anche portato dei rinforzi, Kiku, credimi. Questa volta possiamo farcela. » commenta la giovane ragazza mentre carezza i capelli corvini pronta a darle tutto il supporto di cui sembra aver bisogno la stessa Kiku.
« Lo so, ma è passato così tempo e di voi neanche l’ombra—… ero così preoccupata. Il viaggio com’è andato? E com’è il mondo la fuori? »
« Beh il mondo fuori da Wano è immenso ed il viaggio—… poteva andare meglio. Ho tanto da raccontarti, credimi. »
E nello sciogliere quell’abbraccio ecco che le due ragazze si guardano negli occhi pronte a sorridersi a vicenda ed a supportarsi, come hanno sempre fatto. 
« Voglio sapere ogni cosa ed anche come ci muoveremo nei prossimi giorni. »
« Ovvio, sono qui apposta per aggiornarti e per raccontarti tutto—… allora posso avere del tè o devo venire a farmelo da sola? »
La prende chiaramente in giro la biondina che, ovviamente, aggiunge un occhiolino prima di essere nuovamente abbracciata da Kiku. 
Sì, era pressoché la sua migliore amica e le aveva fatto così tante promesse che non era certa sarebbe mai riuscita a mantenerle. Eppure eccole li, nuovamente assieme e pronte per qualsiasi cosa. 
In fondo era anche per merito di Kiku se Shin aveva scelto questa vita, una scelta coraggiosa che l’aveva condotta su quella strada di pura follia e dalla quale non si sarebbe mai tirata indietro. 
Ed era giunto il momento d’iniziare a preparare quel piano, in fondo ne andava del futuro dell’intero paese e lei non poteva di certo perdere tempo. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. Yakuza ***


Capitolo 5.
Yakuza

Nel presente...

La casa del Tè di O-Tsuru era uno dei posti più carini in città, od almeno questo era ciò che si dicevano tutti quanti. Quando qualcuno d’importante voleva passare del piacevole tempo a bere dell’ottimo tè ci si doveva recare dalla famosa donna che, in quella regione, sembrava dettare incontrastata le regole di una vita che difficilmente era riuscita a costruirsi nella solitudine dopo aver perso il marito. Ma quando finalmente Shin e Kiku erano tornate dal passato, facendo quel terribile salto temporale di vent’anni, ecco che tutti quanti i conoscenti avevano ripreso la speranza, compresa O-Tsuru che in presa alle lacrime aveva chiesto loro di Kin’emon. Sulle prime sia Shin che Kiku avevano cercato di mantenere la calma, provando a spiegarle che, a conti fatti, Kin’san era anche lui nel loro attuale tempo, ma non voleva farsi vedere per proteggerla. 
Si sa, l’amore non è mai facile da gestire e la storia fra Kin’emon e O-Tsuru era una delle più belle che la stessa Shin aveva visto nascere e crescere. Ricordava ancora quei pomeriggi passati con Kiku, Izo, Neko ed Inu intenti a spiare Kin durante il suo appuntamento, o tutte le lezioni di portamento e di galateo che gli avevano dato, oppure il loro primo ballo lontani da occhi indiscreti dopo aver passeggiato durante una festa nella Capitale dei Fiori, od ancora il loro bacio davanti a tutti, cosa che aveva provocato nella stessa ragazza una fitta dolorosa al petto perché conscia che mai, a sua volta, avrebbe potuto trovare un simile amore. In verità Shin aveva trovato a chi apparteneva il proprio cuore, solo che… non aveva avuto modo e tempo per dirglielo ed ogni volta sembrava volersi allontanare solo per evitare di ferirlo e di lasciarsi ferire, perché fra tutte le persone di quel mondo era proprio alla più impensabile che un giorno, terribilmente, aveva scoperto di essere innamorata. Ed era stata proprio quell’incapacità di accettare il proprio amore che l’aveva portata a perderlo prima ancora di potersi effettivamente confessare. 
E’ proprio verso quel fastidioso quattrocchi che le proprie attenzioni erano rivolte da quando era arrivata nel presente, perché odiava l’idea che quelle tombe potessero davvero essere le tombe sue e dei propri compagni. In fondo se lo avevano viaggiato nel tempo lui ed Ashura potevano essere sopravvissuti a tanto, giusto? Potevano averlo fatto nonostante non avessero loro notizie e nessuno sembrava sapere niente. 
Erano due fantasi nella notte oppure due cadaveri sotto terra. 
Fra le due opzioni ovviamente Shin sentiva di preferire la prima ma aveva paura che potessero davvero non avercela fatta. 
Quindi provare a ricercare informazioni le sembrava l’idea migliore di sempre, od almeno questo era ciò che inizialmente aveva fatto fingendosi uno dei ronin e viaggiando giornalmente dalla Capitale dei Fiori solo per assicurarsi che per Trafalgar, Roronoa e tutti gli altri le cose andassero più che bene. Robin stava diventando una bravissima geisha, il Dio Usopp, invece, avrebbe venduto olio di rana anche allo stesso shogun, se solo fosse stato possibile e Franky, invece, stava riuscendo sempre di più ad ottenere nuove informazioni per raggiungere le mappe del palazzo. Erano tutti sulla buona strada per il loro piano ed allo stesso tempo Shin andava in giro a cercare di raccogliere, proprio come Kin’emon, i pareri degli altri samurai che, ovviamente, si trovavano sempre più scontenti della situazione a Wano, soprattutto per colpa di Kaido. Era un qualcosa che avrebbero benissimo potuto sfruttare a loro favore ed è proprio dopo essere tornata dalla capitale che finalmente anche la stessa Shin riesce a mettere piede nella casa del tè di O-Tsuru dove attualmente viveva assieme alle altre due. Era una dimora piuttosto modesta, doveva ammetterlo, soprattutto perché si apriva sul retro dell’ampia sala del locale frequentato da così tanta gente. Fortuna voleva che quel pomeriggio, eccezione fatta per un paio di signore appena servite da Kiku non sembrava esserci nessun altro, anche perché a detta di tutti quanti quella sera sarebbe arrivato un carro pieno di cibo dalla capitale per cercare di sopperire alle mancanze di quell’ultimo periodo. Quindi questo voleva dire che finalmente tutti quanti avrebbero sofferto meno la fame, cosa più unica che rara. Di solito, a detta di tutti, quando quei carri pieni di vivande varie ed eventuali giungevano da donazioni anonime fatte dalla famiglia della Yakuza che cercava, ovviamente, di tenersi buoni i vari villaggi nella speranza che non si ribellassero allo shogun. Era un po’ un volersi accontentare, ovviamente, ma che altro avrebbero potuto fare in un contesto simile se non prendere ciò che gli veniva offerto? 
Ed è proprio quando finalmente Shin si lascia andare su una delle sedie sul retro, poco lontana dal letto, che si scioglie i capelli biondi, tenuti intrecciati fino a quel momento, mentre socchiude appena gli occhi. 

« Penso che potrei finalmente iniziare a dormire in piedi. » commenta a mezza voce la ragazza beccandosi una rapida occhiata divertita da parte di Kiku, intenta, invece, a prepararsi con cura ed attenzione. 
« Più che in piedi dovresti dormire sul letto, Shin, sei stanchissima e non riuscirai a reggere ancora a lungo se continuerai così. » è gentile come sempre, non a caso è la sua migliore amica. 
« Mi trovi a concordare con O-Kiku! Dovresti metterti a letto dopo aver mangiato qualcosa, cara. Sembri sfinita. »
Anche la voce di O-Tsuru è terribilmente gentile come sempre, in fondo si è presa cura di lei fin da quando era piccola, insegnandole tutto ciò che conosceva riguardo il genere maschile, quando si era sentita persa e non sapeva davvero cosa fare o come reagire, per questo le sue parole sono sempre ottimi consigli. 
« Sì, lo farò, non dovete preoccuparvi. Voi piuttosto cosa state facendo? Dovete andare da qualche parte? »
Perché nonostante fosse abbastanza stanca aveva notato la minuzia con cui entrambe le sue compagne si stavano preparando. La più grande stava sistemando con attenzione delle ciocche di capelli corvini mentre Kiku, come suo solito, stava andando ad adornare il proprio kimono giallo con quelli che erano i fiori raccolti giusto nel pomeriggio, segno che doveva andare da qualche parte.
« Certo, dobbiamo andare a fare le scorte per la casa del tè. Più tardi porteranno in città le provviste della yakuza e noi dobbiamo farci trovare li. Tu vuoi venire con noi oppure preferisci rimanere qui a controllare il locale? »
Domanda allettante quella di O-Tsuru che però non riesce a smuovere la giovane Shin ancora seduta sulla sedia mentre mima uno sbadiglio accompagnato da un sorrisetto. 
No, non aveva davvero voglia di andarsene in città per fungere da portantina per le cose di Kiku e di O-Tsuru, avrebbero benissimo potuto convincere qualcuno degli uomini che facevano palesemente la corte a Kiku per aiutarle, cosa di cui ne è palesemente certa. 

« Direi che preferisco rimanere qui a controllare il locale. » sentenzia, dunque, con una semplice scrollata di spalle la biondina prima di passarsi una mano a scombinarsi i capelli. 
« Perfetto. A quest’ora e con tutti concentrati in città non dovrebbe passare nessuno, quindi stai tranquilla ma non farti trovare vestita così—… i nostri clienti si aspettano delle bellissime ragazze pronte a servire il tè non un ronin che sembra essere appena uscito da una rissa. »
Ed effettivamente O-Tsuru aveva ragione riguardo quell’argomento, tanto che con una vena d’imbarazzo Shin abbassa lo sguardo sui propri vestiti iniziando, quindi a sfilarsi quelli che erano gli abiti maschili da samurai che nascondevano il proprio corpo sinuoso. 
« D’accordo—… mi cambio, non preoccupatevi. Voi, piuttosto, fate attenzione e mantenete un basso profilo. Se qualcuno chiede a Kiku di sposarla negate fino alla morte ed O-Tsuru-san non schiavizzare troppi uomini per farti portare le provviste fin qui. »
Ovviamente quelle parole rasentano un po’ la verità e tutte e tre le donne si ritrovano a ridere in maniera così genuina che quasi mancava loro tutto ciò. 
Era vero, passare la vita a pianificare la vendetta contro Kaido richiedeva molti più sforzi di quanti loro fossero pronte ad affrontare, riuscivano infatti ad essere sempre messe in discussione qualsiasi cosa facessero, eppure eccole li decise ad andare fino in fondo, ognuna per un differente motivo che riesce, ovviamente, ad animale anche in momenti come questi. 
Fare la guardia ad un locale mentre quasi tutti erano a prendere le provviste era sembrata a Shin la cosa più facile del mondo, soprattutto dopo che aveva sentito tutte le raccomandazioni possibili, aveva osservato come servire il tè, semmai fosse stato necessario, e da dove prendere i dolcetti fatti in casa nel caso fossero serviti. In realtà Shin aveva imparato quel posto solo per andarsi a rubare un paio di dango ancora morbidi e dolci, ma questo non lo avrebbe confessato tanto facilmente. Quindi quando alla fine O-Tsuru e Kiku al seguito avevano oltrepassato la soglia della porta, lasciando tutto nelle mani della biondina, ecco che Shin era corsa a cambiarsi per assumigliare, effettivamente, ad una delle ragazze della casa del tè. 
Certo, quello era esattamente ciò per cui lei non era tagliata: si trattava di compiti tanto femminili che pure la sola idea di tenere in mano un vassoio riusciva a farla ridere. Ma per lo meno avrebbe avuto l’aspetto di una ragazza sistemata e non di un buzzurro alla Roronoa o di Kin’emon dei tempi passati. Doveva essere una ragazza e confondersi con tutti gli altri, anche perché non poteva rischiare di essere scoperta. In fondo erano passati vent’anni ma nessuno si sarebbe mai potuta ricordare di lei. 
Aveva anche tagliato i capelli a Dressrosa, o meglio, per evitare i fili di Doflamingo era stata costretta a sacrificare alcune ciocche che avevano contribuito a diminuire la lunghezza dei propri capelli quindi adesso si ritrovava ad averli poco sotto le spalle. Una volta sistemati, lasciandoli sciolti sulle spalle, aveva indossato un kimono dalla fantasia rossa e bianca, andando quindi a mettere in risalto gli occhi scuri mentre cercava di rendersi più carina. 
Ma nessuno era previsto li dentro, almeno nessuno che lei aveva messo in conto, perché si era ritrovata palesemente a sperare che nessuno si avvicinasse così da permetterle di mangiare dei dango serenamente standosene dietro il bancone a portare avanti i propri affari. Aveva promesso alle altre due di fare attenzione e poi al tramonto chi mai avrebbe potuto voler prendere del tè quando distribuivano il cibo in città? La domanda sarebbe stata pure estremamente retorica ed assolutamente legittima se non fosse che il rumore di risate e di passi all’esterno della casa del tè riesce a catturare l’attenzione di Shin che, ovviamente, nasconde i propri dango come se fossero un vero e proprio tesoro nascosto. 
Dannazione, per forza da lei dovevano andare? E dire che secondo O-Tsuru non sarebbe dovuto passare nessuno, ma è chiaro che a conti fatti la fortuna non può mai essere dalla propria parte, tanto che si ritrova ad inspirare profondamente nel vedere avanzare oltre la porta un paio di samurai dall’aria divertita ed intenti a scherzare fra di loro. 
Posa i propri dolcetti, la ragazza, prima di metter su il migliore sorriso che Kiku le aveva insegnato a fare dirigendosi a piccoli passi verso i due, magari sarebbe anche riuscita a cacciarli. 

« Uhm—… cosa posso fare per voi, miei signori? » domanda quasi cinguettando la stessa Shin che, in tutta risposta si ritrova ad essere sotto la palese osservazione dei due uomini che annuiscono all’unisono. 
« Siamo le guardie personali di Boss Kyoshiro, l’attuale capo della famiglia della Yakuza e siamo qui per ordine del nostro signore così da assicurarci che il posto sia tranquillo per permettergli un po’ di riposo. »
Dannazione. 
Ma da quando i membri della Yakuza stessi si muovevano dalla Capitale dei Fiori? E poi, se non aveva capito male, quel Lord Kyoshiro era colui che gestiva tutti i bordelli nella zona a luci rosse della città, quindi doveva avere affari pressoché ovunque. Era ragionevole che lo Shogun se lo tenesse buono semplicemente per avere un cane da guardia che gli controllasse le città al posto suo e obbedisse a qualaèi ordine. Ma quello che davvero non capisce è il perché di essere passato da quelle parti. Insomma c’erano così tanti altri posti dove andare a rilassarsi ed a bere il tè, ed invece sfortuna vuole che dovesse andare proprio nella casa di O-Tsuru, il che l’avrebbe anche relativamente messa nei guai, considerato che la Yakuza era assoggettata dallo stesso shogun. 

« Ma certo, sarà un vero piacere accogliere voi ed il vostro boss. » cinguetta ancora una volta Shin con una palesemente finta aria ammaliata, cosa che non era certa di poter reggere ancora a lungo.
I due uomini si scambiano una rapida occhiata d’assenso mentre tornano a guardarsi attorno, quasi a volersi assicurare di essere davvero da soli ed alla fine uno dei due fa cenno all’altro di uscire così da permettere al loro capo di accomodarsi. Shin, rimasta in silenzio fino ad allora, si limita ad imitare Kiku in quei suoi momenti da cameriera ed è con un po’ di nervosismo che afferra uno dei vassoi rotondi così da stringerlo al petto, proprio come avrebbe fatto una meravigliosa e servizievole donna di Wano, soprattutto una pronta a servire il tè ad i propri ospiti. Sulla soglia, seppur si possa intravedere la luce del sole ormai giungere al tramonto, s’intravede una figura intenta a parlare con il proprio uomo dando rapidi ordini. Sente qualcosa riguardo il fare attenzione ed il non voler essere disturbato, ma nulla di più, almeno fino a quando quella stessa figura non avanza verso la porta andando così a far il suo ingresso in quella casa del tè. 
La prima cosa che Shin nota è la sua altezza, decisamente al di fuori dei normali standard, il tutto accompagnato da quel lungo mantello blu sgargiante che tiene sulle spalle come se fosse un vero e proprio re. I capelli sono di un turchese chiaro, quasi paragonabili alla carta dazucchero e gli occhi ricordano quelli di una volpe, forse anche per i lineamenti affilati. Tutto ciò che riesce a pensare, in quell’attimo la giovane samurai, è semplicemente quanto imponente ed affascinante sia quell’uomo a capo della Yakuza, tanto da lasciarla immobile per qualche secondo di troppo. 
Gli occhi di lei vanno ad intercettare le iridi chiare di lui per mezzo secondo ed è allora che si ricorda di doversi inchinare, proprio come avrebbe fatto chiunque al cospetto di un vero e proprio boss. Piega il capo in avanti, lascia che le ciocche di capelli bionde le ricadano attorno al viso ma non sa bene cosa dire e come comportarsi, anche perché vista la spada al suo fianco quell’uomo non era solamente ricco all’inverosimile ma doveva essere anche un vero samurai, considerato il legame nella Capitale dei Fiori. 

« Chi abbiamo qui? »
La voce dell’uomo sembra essere gentile, seppur qualcosa riesca a bloccare Shin in qualsiasi suo movimento, pure muovere un passo le pare difficile, dinnanzi lo sguardo indagatore di quell’uomo che avanza lentamente. 
« Sono—… la nuova ragazza che lavora per O-Tsuru-san, mio signore. » riesce a pronunciare lei prima di mostrare un sorrisetto deliziato da tutta quella situazione, cosa che invece riesce palesemente a metterla in difficoltà.
« O-Tsuru dovrebbe assumere più spesso nuove ragazze come te, mia cara, sono incantato di fare la tua conoscenza. » melliflua è adesso la voce mentre la figura dell’uomo si avvicina a Shin, fino a sovrastarla con la propria imponente statura ed è allora che la mano di lui abbandona l’elsa della propria spada per andare ad afferrare con una delicatezza inaudita le dita della samurai, così da avvicinare il dorso della mano alle labbra. « Hai un nome oppure devo tirare ad indovinare? » soffia sulla propria pelle prima di lasciar un delicato e gentile bacio che termina sul dorso della mano di Shin che, incredula, non riesce a sottrarsi a quella presa.
« Sono—… Ichigo, mio signore»
Ichigo. 
Ma davvero non le era venuto in mente nulla di meglio se non Ichigo? Eppure l’associazione di Shin era stata piuttosto semplice: non avrebbe mai potuto utilizzare il proprio vero nome, rischiando di mettere in pericolo tutti quanti e soprattutto se stessa ed il piano, quindi aveva deciso di optare per qualcosa facile da ricordare. E da li aveva pensato alle fragole, il suo frutto preferito, quindi… Ichigo. Semplice, indolore ed allo stesso tempo terribilmente imbarazzante. 
E l’uomo dinnanzi a se solleva appena il viso andando ad inarcare un sopracciglio mentre le labbra si vanno ad incurvare in un mefistofelico sorriso divertito. 

« Ichigo è un nome meraviglioso, mia cara. Scommetto che ti piacciono le fragole—… »
Dannazione, perché aveva pensato la stessa cosa che aveva pensato Shin?
Ed eccola li ad annuire lentamente, fingendosi più stupida di quanto non fosse normalmente. 

« Avete proprio ragione, mio signore, le fragole sono la mia debolezza—… e voi, invece, avete un nome? »
Sembra sorpreso dalla domanda di Shin tanto che si guarda attorno andando ad interrompere quel piacevole contatto visivo che aveva mantenuto fino ad allora ed una terribile sensazione allo stomaco aveva colto impreparata la ragazza. 
« Sono il Boss Kyoshiro, il cane da guardia dello Shogun e signore della Yakuza, delle case da gioco e del piacere nella Capitale dei Fiori, mia cara. »
Un nome che Shin non aveva mai sentito, se proprio doveva essere sincera con se stessa, anche perché l’ultima volta che era stata a Wano era ancor Hyogoro dei Fiori ad essere il Capo della Yakuza, seppur fosse in arresto per aver osato sfidare lo stesso Shogun senza promettergli fedeltà. I tempi cambiano, ovviamente, ed è ancor più ovvio che quell’uomo sembra saperne una più del diavolo. A Shin le basta una semplice occhiata per riuscire a capire una cosa simile e lui par nascondere così tanti segreti che non può che domandarsi che cosa ci faccia proprio li, in quella casa da tè piuttosto che essersene ritornato alla capitale. 
Il capo viene chinato elegantemente da parte della ragazza che, in tutta risposta, tende a mostrare un semplice sorriso gentile, proprio come le aveva insegnato Kiku. 

« Dunque, Boss Kyoshiro, cosa posso fare per lei? » si ritrova a domandare con un tocco di curiosità in più la ragazza che, a quel punto, inspira profondamente andando ad intercettare il suo sguardo. 
L’uomo rimane pensieroso per qualche attimo, come se la stesse studiando ed è con lentezza inaudita che va a prendere posto al bancone, senza però distogliere lo sguardo. 

« Vorrei del tè, ovviamente—… » specifica con tranquillità prima di aggiungere altro. « E la tua compagnia. »
« La mia compagnia? »
Sì, adesso Shin è decisamente confusa perché insomma lei non si era aspettata nulla del genere e soprattutto non aveva messo in conto niente di simile. Quando le avevano affidato il locale far compagnia al boss della Yakuza era l’ultimo desiderio d’ella eppure cerca di non dar a vedere l’espressione sorpresa. 
« Certo. I miei uomini sono così noiosi ultimamente e mi piace conoscere persone nuove. »
Oggettivamente non era raro che un uomo del suo calibro si ritrovasse a domandare la compagnia di qualche donna, seppur Shin non fosse totalmente avvezza a quell’idea ma, lavorando per O-Tsuru sa bene di non poterle rovinare l’attività commerciale che per anni ha mandato avanti senza di lor. Quindi cosa fare se non rivolgergli il suo miglior sorriso e dirigersi verso il bancone per preparare il tè?
« Iniziate a lusingarmi troppo, Boss Kyoshiro, sono una semplice lavoratrice di Wano. » ammette cercando si sminuire il tutto, anche solo per non ricevere troppe domande a riguardo. 
Ed è con movimenti un po’ impacciati che si muove dietro il bancone cercando tutti gl’ingredienti per poter fare quel meraviglioso tè che le sarebbe costato molto più della sua semplice copertura. Mettere a bollire l’acqua è semplice, ma miscelare le spezie un po’ meno anche perché di solito se ne occupava Kiku non di certo lei. Mentre si muove a lavoro sente però gli occhi dell’uomo su di sé e la cosa inizia a metterla vagamente in soggezione: la stava forse studiando?

« Però non credo di averti mai vista in città. Da dove vieni? »
Domanda molesta, quella di Kyoshiro, che però non deve scomporre la stessa Shin adesso intenta a sorridergli. 
« Sono nata a Kuri, mio signore. Lei, invece? »
Sì, meglio approfittarne un po’ per conoscere qualcuno che sicuramente avrebbe dovuto affrontare, essendo un alleato di Orochi, almeno avrebbe sfruttato quel proprio ascendente su di lui per ottenere qualche informazione in più, se necessario. 
« Oh, io vengo dalla Capitale dei Fiori, ovviamente. La conosco come le mie stesse tasche mentre Kuri—… beh, un vero peccato per ciò che è successo. »
Sicuramente si riferiva alla distruzione del palazzo cosa che per Shin è ancora troppo fresca ed infatti le viene più che spontaneo andare a stringere la presa sulla tazza, quasi a voler sfogare l’istinto di dare un poderoso pugno contro il bancone. Non avrebbe mai perdonato lo shogun per ciò che aveva fatto, ovviamente. 
« Un vero peccato—… » gli fa eco in un mezzo sussurro, cercando ovviamente di mantenere un’aria particolarmente composta, cosa che non le riusciva molto bene. 
« E che altro puoi dirmi di te? Hai una famiglia od un marito? »
Che razza di domande moleste erano quelle che le stava rivolgendo? Ed infatti è con un sopracciglio leggermente sollevato che Shin punta le iridi brune in direzione dello sguardo volpino di lui, intenta a studiarla mentre se ne sta appoggiato al bancone, decisamente interessato.
« No—… cioè—… » insomma non può andare nel panico per domande simili, quindi inspira profondamente. « Avevo una famiglia solo che il fato ci ha voluti dividere—… e no, non ho un marito od un uomo o qualsiasi altra cosa vogliate insinuare, Boss Kyoshiro.»
Le labbra di Shin si vanno ad incurvare in un sorriso a metà fra il malinconico ed il provocatorio mentre adesso è con discrezione, dopo aver lasciato immersa l’infusione di erbe e fiori, che ne versa una tazza che porge gentilmente all’uomo, in accompagnamento ad i dolcetti che O-Tsuru aveva preparato apposta per i suoi ospiti, proprio come aveva visto fare altre volte. Eppure, nonostante quell’uomo fosse terribilmente strano, non riesce a smettere di guardarlo. Sembrava sprizzare pericolo da ogni poro, aveva stampato in faccia il suo grado di pericolosità ma allo stesso tempo c’era qualcosa in lui che non riusciva a decifrare e che forse non voleva davvero capire la ragazza. 
« Quindi a nessuno dispiacerà se t’invitassi a prendere il tè in mia compagnia, giusto? » domanda incuriosito l’uomo che adesso, allungando la mano per prendere la propria tazza, va a sfiorare volontariamente le dita di Shin in un gesto così sfrontato dal quale la ragazza non riesce neanche a sottrarsi. Rimane immobile, infatti, con le labbra appena schiuse mentre lo guarda negli occhi. 
Davvero gli uomini adesso erano così sfrontati?

« Mio signore, cosa mai potrebbe trovarci uno come voi in—… una donna come me? » è la domanda che con gentilezza, ovviamente, la stessa Shin pone all’uomo prima di inspirare profondamente ed allontanare la mano, andando quindi a distogliere quel contatto così da potersi concentrare su altro. 
Ma lui rimane in silenzio, come se la stesse studiando, come se stesse osservando qualcosa d’inaspettato che non era certo avrebbe trovato in lei, tutto questo prima di riuscire a risponderle. 

« Non dovresti svalutarti tanto, mia cara. Sono certo di saper riconoscere qualcuno d’interessante quando lo vedo, credimi. »
Quell’ultima parola è mormorata al pari di un flebile sussurro che riesce a colpire Shin nel profondo. Perché stava succedendo tutto questo a lei che voleva solo rimanere a riposarsi dopo quella lunga giornata? Di certo non aveva messo in conto l’improbabile incontro con quell’uomo della yakuza e per questo motivo si ritrova a rimanere ferma, guardando verso il basso, quasi come a voler nascondersi da quegli sguardi di troppo che lui le stava rivolgendo. 
Aveva capito qualcosa su chi ella davvero fosse oppure era solo dotato di una terribile sfacciataggine tale da metterla in imbarazzo? Questo ancora non lo sa e probabilmente ha anche paura di scoprirlo. 

« E voi credete che io sia interessante? »
La domanda che di rimando lei sembra rivolgergli rimane sospesa in aria, quasi come fosse una misera provocazione che Shin si è divertita a fare. Un tempo le veniva difficile riuscire ad aprirsi tanto con gli uomni, aveva cercato di arginare i propri sentimenti per qualcuno di davvero importante, e solo alla fine, poco prima di scomparire si era resa conto che era giusto esternare tutto ciò che si pensava il prima possibile, altrimenti il tempo sarebbe venuto meno ed avrebbe continuato a perdere occasioni. 
« Decisamente sì—…» è la risposta di Kyoshiro che, finalmente, s’appresta a distogliere lo sguardo per limitarsi a bere il proprio tè, lasciando che adesso il silenzio cada fra di loro. 
Era come se Shin si sentisse sempre sotto esame e la sensazione non sembra farle piacere, tanto che rimane tutto il tempo in silenzio assoluto lasciando che di tanto in tanto lo sguardo vaghi sulla figura dell’uomo con quel mantello blu. Neanche lui, dopo quell’ammissione, sembra essere davvero disposto a parlare quanto più a godersi la miscela da lei scelta per un po’ di riposo e la stessa O-Tsuru le ha spiegato che, ovviamente, quando un uomo vuole del tè e non ha altro da dire loro dovevano semplicemente attendere qualsiasi cosa che potesse servire per smuovere le acque. 
E l’attesa era il forte di Shin, sempre pronta a far altro, sempre desiderosa di studiare chi aveva dinnanzi preparandosi ad ogni evenienza ed anche in quel caso durante la propria attesa ecco che viene ripagata quando, finalmente, dopo aver terminato la propria tazza di tè, ecco che l’uomo si alza lentamente dal bancone poggiando una mano su di esso, così da lasciare delle monete. 

« Mi dispiace, mia cara Ichigo ma—… i miei doveri mi attendono seppur avrei gradito continuare a parlare con te. » si sollevano le iridi volpine in direzione della figura di Ichigo che, in tutta risposta, piega appena il viso di lato. 
« Potrete farlo quando più vi aggrada, Boss Kyoshiro, io sono sempre qui. »
Il che è comunque una bugia, considerato che lei stessa è la prima ad allontanarsi il più possibile per avere invofmrazioni provenienti dalla capitale ma, in questo caso, era giusto tenere gli occhi aperti su di lui che essendo un uomo di Orochi avrebbe potuto rivelarle davvero tanto altro se solo fosse stato possibile. 
« Dite? Allora sappiate che verrai presto invitata nella Capitale dei Fiori, sarai la benvenuta. » le labbra si tendono in un sorriso mentre adesso eccolo li avvicinarsi a lei ed è con gentilezza che le dita di Kyoshiro vanno ad afferrare delicatamente il palmo di Shin, avvicinandolo alle proprie labbra. 
Un leggero bacio, soffiato al pari di un segreto, viene adagiato sulla propria pelle mentre lei non si azzarda a sciogliere quell’intreccio. E’ stranamente piacevole rimanere in quello stato quasi cristallizzato mentre sente appena le gote tingersi di rosso, perché insomma non aveva di certo immaginato nulla del genere. 

« Siete molto gentile—… »
« Un tempo nessuno mi avrebbe mai detto simili parole. » 
Commenta a mezza voce l’uomo mentre lascia andare la mano di Shin per distogliere lo sguardo e finalmente iniziare a dirigersi verso l’uscita del locale. 
Il portamento fiero, da vero samurai, la mente molto più distante di quanto lei avrebbe mai potuto immaginare ed una voce quasi distrutta sono ciò che rimane impresso nella mente della ragazza che adesso lo guarda andare via. Che cosa voleva dire che nessuno avrebbe mai detto simili parole in passato? 
Era davvero una persona tanto terribile? E perché, soprattutto, vedendolo andare adesso sentiva uno spiacevole senso di vuoto che fino ad allora ea riuscita a tenere a bada?
Non ha idea di chi sia quel tipo ma avrebbe dovuto indagare su di lui, ovviamente, perché era tutto terribilmente strano e non riusciva a toglierselo dalla testa. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. Mate ***


Capitolo 6. 
Mate

Ancora non riusciva a spiegarselo, ovviamente, ma Denjiro era fortemente convinto che qualcosa fosse cambiata da quando quella mocciosa aveva messo piede a palazzo. Ed ancora non riusciva a stabilire se fosse in meglio od in peggio. Lui, dal canto suo, era rimasto in disparte senza darle troppa confidenza, soprattutto all’inizio perché non se la sentiva di parlarle, era un qualcosa che aveva iniziato a sperimentare solo da un paio di settimane a quella parte perché sentiva di non essere pronto per tutto ciò. Quello che davvero lo preoccupava era il fatto che, per colpa sua, quella ragazzina fosse quasi finita all’altro mondo, che poi Kin’emon aveva cercato di fargli capire che era stato un insieme di cose e che quella non fosse colpa sua, ma ecco che una volta tanto Denjiro non ne aveva voluto sentire ed aveva deciso di portarsi silenziosamente sulle spalle quel peso per il resto della vita. 
Certo, era un po’ melodrammatico, soprattutto a detta di Ashura e Kanjuro, che si erano limitati a bollare la cosa come un semplice incidente di percorso, ma lui sapeva che era una questione d’onore e nessuno sarebbe mai riuscito a togliergli nulla del genere dalla testa. E poi una ragazza fra di loro era decisamente una cosa strana, insomma Kiku era piccola ma Shin sembrava essere più grande e poi, da quello che gli aveva detto Kin’emon in teoria lei sarebbe dovuta diventare una geisha, cosa che lo aveva portato davvero a sentirsi strano. Le geishe sono bellissime, esseri eterei che tutti quanti avrebbero benissimo potuto adorare, mentre lei era… lei era Shin. Insomma era una ragazzina poco più piccola di lui, quindi figurarsi se sarebbe potuta diventare una di quelle donne bellissime e poi aveva anche iniziato a parlare di allenamenti con la spada. 
Ecco, quello lo aveva decisamente lasciato un po’ stordito perché insomma, ma chi diamine era lei per diventare un samurai? Davvero Oden sama avrebbe permesso una cosa del genere? Era una… donna, anche se capace, ma non avrebbe mai davvero potuto dirle di no, quindi eccolo li a dover fare lezioni con Ashura e Kin’emon ed adesso anche con Shin che sembrava decisa ad affinare l’arte della spada. Ma quel pomeriggio non c’era perché era andata in giro con Izo e Kiku, sicuramente qualcosa di stupido da fare perché loro di dilettavano nel prendere vestiti nuovi, arredamenti nuovi, nel fare le provviste. Il genere di cose inutili che servivano solo per creare un maggiore buco nel bilancio delle casse di Kuri. Insomma, Denjiro diceva che non dovevano farlo ma non sembravano pronti ad ascoltarlo, quindi che andassero a fare ciò che preferivano. 

« In guardia! »
La voce rauca di Kin’emon sembra giungere quasi come un lampo improvviso perché lui, perso nei propri pensieri, si era letteralmente dimenticato di quegli allenamenti con delle spade di legno che lo colpisce in pieno petto facendolo indietreggiare di qualche metro. 
La botta non è terribilmente forte, ha visto di peggio, ha fatto risse peggiori, quindi un colpetto dato unicamente per richiamare la propria attenzione non è poi troppo terribile, se non fosse che Kin’san sia un vero stronzo sempre pronto a prenderlo in giro ed a dargli filo da torcere. 

« EHI!!! E’ STATO UN COLPO SLEALE! »  ha urlato di rimando Denjiro andando a stringere con maggiore forza le nocche attorno all’elsa della spada in legno mentre assottiglia lo sguardo verso di lui. 
« Pensi davvero che ad un samurai sia concesso abbassare la guardia in un combattimento, Denjiro? Andiamo, saresti morto subito! » continua il moro mostrando un sorrisetto soddisfatto per aver rimesso in riga il più giovane. 
Un vero stronzo.

« Sei uno stronzo, Kin’san, lasciamelo dire senza che ci sia Izo a rimproverarmi. » sentenzia a denti stretti il moro che, ovviamente, risponde con una smorfia. 
Certo che senza i propri occhiali era una vera e propria seccatura ma aveva deciso che i soldi servivano per Lord Oden quindi non avrebbe speso nulla, per il momento. Tempo di ottenere un bel gruzzolo e poi sarebbe tornato ad avere gli occhiali che per lui rappresentavano anche una mezza sicurezza. 

« Dovresti essere più educato con una persona più grande di te! » ribatte con fermezza lo stesso Kin’emon prima di puntare la propria spada in legno verso di lui. 
« Non ci provare, sei tu che riesci a far uscire il mio lato peggiore e lo sai benissimo. » continua il minore prima di buttarsi in un attacco del tutto inaspettato mentre cerca di mirare al fianco del maggiore. 
Insomma Denjiro stava imparando ad usare una katana nel migliore dei modi perché possederne una di pregevole fattura non equivaleva al saperla usare, ma quello era l’unico cimelio di famiglia che aveva, quindi prima o poi avrebbe imparato.
Prova a buttarsi in avanti in una mossa che aveva palesemente visto fare a Lord Oden, ovviamente senza riuscirci bene e sebbene Kin’emon fosse più esperto è l’improvvisa repentinità dei suoi movimenti che lo costringono ad indietreggiare andando a sbattere contro uno degli alberi nel giardino dove erano soliti allenarsi. Per essere stato un mezzo attacco a sorpresa le cose erano andate meglio del previsto, tanto che con un sorrisetto soddisfatto ecco che Denjiro punta adesso la katana in direzione dello stomaco di Kin’emon. 

« Allora, sei pronto a chiedermi scusa, Kin’san? » domanda con discrezione, forse anche troppa, mentre già nella sua testa si immagina come un potentissimo samurai che è appena riuscito a sconfiggere il nemico. 
Ma è un successivo colpo alle proprie spalle che richiama la sua attenzione, perché adesso viene letteralmente pungolato da quella che sembra invece essere una katana vera nelle mani della possente figura alle proprie spalle. 
Ecco, Ashura era pericoloso, perché a differenza loro era un bandito già da tempo quindi la sua abilità con la spada era indubbia ed aveva sempre stabilito che lui si sarebbe allenato con spade vere, perché non aveva tempo da perdere con i bambini, ed infatti adesso stava davvero puntando un’arma appuntita contro le scapole di Denjiro che rimane pietrificato da tutto ciò. 

« Sei fottuto, Didi. Non dovresti mai dare le spalle ad un tuo avversario, anche se sei in un combattimento con altre persone altrimenti finiresti morto prima del tempo. »
E quel maledetto di Ashura aveva ragione, adesso si sentiva letteralmente spacciato e la cosa riusciva a farlo sospirare dalla frustrazione, perché era chiaro che continuando così non avrebbe mai battuto. doveva allenarsi molto di più.
« Nessuno ha chiesto il tuo parere, Ashura-san. » prova ad ammettere lo stesso Denjiro che, in uno scatto di pura rabbia, eccolo li pronto a girarsi per liberarsi anche dalla morsa di Ashura con quella maledetta spada vera. E nel ruotare il corpo velocemente lascia che la propria katana di legno si scontri contro quella dalla lama in metallo provando a deviare il colpo, cosa che riesce a fare con parecchia difficoltà e forse perché lo stesso Ashura glielo ha fatto fare. 
Ma non vuole davvero chiedergli se lo ha fatto per qualche motivo o perché Denjiro fosse realmente forte. 
Fatto sta che adesso, libero da quei due, si allontana a grandi passi lanciando sull’erba fresca la propria arma mentre intreccia le braccia al petto. 

« Ciò nonostante saresti un moccioso morto, Didi. E questa è l’ultima cosa che possiamo desiderare, lo sai vero? Devi imparare a sviluppare quella cosa—… quella cosa che lord Oden dice di possedere, com’è che l’ha chiamata lui? » pensieroso Ashura punta un dito contro Kin’emon che sospira a sua volta. 
« Non lo so, lui dice che sono solo sensazioni, ma riesce sempre ad evitare i nostri colpi. Però lo sappiamo, Oden-sama è di un altro livello e noi dobbiamo ancora studiare davvero tanto per raggiungerlo. »
E su questo quell’idiota di Kin’emon aveva pienamente ragione, dovevano impegnarsi molto più di quanto avrebbe potuto ed infatti non vuole dar loro questa soddisfazione. 
« E noi non possiamo essere da meno, idioti. » sbraita il ragazzino che adesso si ferma a guardarli di sbieco. « Noi dobbiamo essere i degni samurai per Oden-sama, non possiamo di certo farci mettere nel sacco tanto facilmente—… quindi questo sapete cosa vuol dire? »
« No—… » è la risposta confusa ed in coro di Ashura e Kin’emon ancora intenti a guardare Denjiro allontanarsi. 
« Che domani ci sveglieremo due ore prima dell’alba per allenarci. E se non basterà ci alleneremo anche due ore dopo il tramonto—… »
Ecco, il piano di Denjiro era perfetto, oggettivamente. 
« Due ore prima dell’alba—… » balbetta Kin’emon un po’ preoccupato. 
« E quando saremo ad un livello decente faremo tre ore prima e tre ore dopo. »
« Denjiro—… mi sembra un po’ esagerato. »
« Non fare la femminuccia, Kin’san, ti stai forse tirando indietro? »
Perché Denjiro sapeva fin troppo bene dove e come colpirlo, ovviamente, nell’orgoglio ed era un vero e proprio divertimento vederlo affrettarsi a non voler essere da meno. 
« Tu guarda che moccioso ingrato. Ovvio che non voglio essere da meno! » commenta con tono sempre più infastidito il maggiore che si limita a stringere le braccia al petto ed a sollevare il capo lasciandosi andare ad un’aria sempre più seria. 
« Perfetto allora dobbiamo continuare ad allenarci. Andrò a dire agli altri che questa sera ceneremo più tardi. » ammette Denjiro mostrando un sorrisetto soddisfatto, come se avesse appena recuperato la necessaria linfa vitale per riuscire ovviamente a portare avanti quegli allenamenti. 
« Ma io ho già fame—… » ribatte Ashura che si era appoggiato ad un albero mostrando il palese broncio di chi aveva davvero tanta fame e non era pronto a tutto ciò. 
« Non fare la femminuccia, Ashura-san. » continua Denjiro iniziando a correre lungo il giardino in direzione del palazzo. 
Gli basta un semplice sguardo di sbieco per rendersi conto che attualmente Kin’san stava fermando il più grosso dal lanciargli addosso la propria katana affilata, il che sarebbe stato altamente sconveniente, visto e considerato che Denjiro ancora non sapeva schivare troppo bene le cose, soprattutto se provenienti da un punto cieco. 
Eppure con tale convinzione e forza non può di certo tirarsi indietro dopo aver pronunciato quelle parole, perché essere degni samurai e servitori di Oden-sama è tutto ciò che avrebbe mai potuto desiderare nella vita, l’unico sogno al quale si era aggrappato una volta conosciuto l’unico uomo che gli aveva donato speranza quando era solamente un orfano della capitale senza scopo e senza futuro. Oden-sama meritava il meglio, meritava di essere il futuro shogun e soprattutto meritava di avere al suo fianco i migliori samurai che chiunque avrebbe mai potuto desiderare, quindi tutti quegli allenamenti erano esattamente ciò che serviva e ciò che avrebbe potuto aiutare anche in un momento simile, anche se le finanze dovevano aumentare maggiormente, e li Denjiro aveva un piano infallibile che perfino Kin’emon sembrava approvare, ma dovevano ancora perfezionare il tutto. 
E’ correndo perso in quei pensieri che sale rapidamente le scale del palazzo iniziando a correre per i corridoi alla ricerca di Kiku oppure di Izo, perché erano loro gli unici a saper cucinare decentemente, oppure dello stesso Lord che aveva una particolare abilità nel cucinare l’oden. Nessuno sembrava essere nei paraggi anche quando svoltando l’angolo entra nel loro salone comune, quello dove sono soliti riunirsi per discutere, mangiare oppure anche solo divertirsi e farsi compagnia assieme. Le ampie tende di seta sventolano mostrando quel piacevole tramonto che si può osservare uscendo nella terrazza esterna e lo stesso Denjiro rimane silente ammaliato da quella visione, quasi volendo imprimere nella sua mente quel luogo che per lui sa di casa. E’ tutto così perfetto, deve proprio ammetterlo ed infatti un mezzo sorrisetto appare sulle proprie labbra, rilassato da quella visione se non fosse che un leggero tossicchiare richiama la sua attenzione costringendolo a voltare rapidamente le spalle in direzione di… dannazione. 
La figura della mocciosa dai capelli biondi e gli occhi da cerbiatta è li alle sue spalle che guarda proprio verso di lui. Non ha più quel kimono strappato con cui l’ha conosciuta la prima volta ma le hanno trovato dei nuovi vestiti, decisamente più puliti rispetto a quello che indossava inizialmente. Sembra anche più in forma rispetto al loro iniziale incontro e forse anche più… carina. Ma non è questo il punto, lui è un samurai che non s’interessa di quel genere di cose, anche se sulle ragazze sa tutto e lei di certo non è il proprio tipo di ragazza ideale. Quelle devono essere “avvenenti e fatali” a detta di Kin’san e di Raizo, ma non che loro siano dei veri latin lover. Sicuramente Oden gli ha raccontato di tutte le donne con cui è stato, lasciandogli intendere di tutto e di più, ma quello che maggiormente continua a confondere Denjiro è il capire come riconoscere la propria donna ideale. O le donne ideali. Sì, già si vedeva con il proprio personalissimo harem. E poi da quando cercava di farsi convinto di queste cose ogni volta che la vedeva? Erano solo dei ragazzini, lei più di lui, e lui non aveva di certo intenzione di pensare a questo genere di stupide cose. 

« Mhm? »
Un mugugno non esattamente simpatico ed anche amichevole esce dalle labbra del ragazzino che, ovviamente, fino a quel momento aveva fermamente evitato di ritrovarsi da solo insieme a lei perché non riusciva ancora ad accettare due cose: primo, che era per colpa sua se era quasi morta, insomma di certo non stava bene prima e la rissa non aveva contribuito, ma nella mente di Denjiro il vederla in quello stato gli aveva fatto giurare di non avvicinarsi mai più a lei, anche solo per scherzare; secondo, l’idea di una samurai era così strana che ancora non riusciva a capire perché avesse scelto questa strada. Insomma Shin, secondo quanto spiegato da Kin’emon, sarebbe dovuta diventare una geisha, una di quelle avvenenti, ma perché non aveva scelto di seguire quella strada che qualcuno aveva creato per lei? Sicuramente c’era qualcuno che al mondo s’interessava della ragazza e per questo l’aveva mandata li, a differenza sua che invece si era dovuto costruire il proprio futuro da solo. 
Perché complicarsi tanto la vita?

« Ti stavo cercando—… » commenta a mezza voce lei muovendo un passo in avanti mentre con cautela si guarda attorno, quasi a voler essere sicura di essere sola li in mezzo. 
« Beh, mi hai trovato. » continua Denjiro facendo altrettanto, come se quelle poche parole potessero essere usate contro di lui se solo qualcuno lo avesse visto. « Che vuoi? »
Di certo non era il massimo della gentilezza, ma non lo era neanche con tutti gli altri. Sapeva di avere un carattere decisamente molto poco facile da gestire, tendente all’autocelebrazione e poco incline dalle gentilezze, ma non per questo si sarebbe tirato indietro da una discussione con lei.
Nel rivolgerle un rapido sguardo nota l’espressione di Shin cambiare in maniera repentina, passando dal quasi imbarazzo ad un cipiglio particolarmente infastidito che non riesce proprio a nascondere. E tutto avviene nel giro di pochi secondi: lei gli si avvicina e gli sbatte contro il petto una scatola scura, usando anche abbastanza forza, prima di indietreggiare ed allontanarsi rapidamente iniziando ad andarsene. 
Forse Denjiro non era stato il massimo della gentilezza nell’iniziare quella discussione ma rimane qualche secondo confuso da quella scatola che adesso si ritrova fra le mani e che sembra essere qualcosa di nuovo appena comprato. Apre incuriosito la scatola ed ecco che rimane letteralmente senza parole fronteggiando quel nuovissimo paio di occhiali che Shin gli aveva appena donato prima di sparire in mezzo ad i corridoi del palazzo. 
Perchè gli aveva comprato degli occhiali? Forse per via di quelli che gli aveva rotto dopo la loro rissa? Davvero era stata così stupida da fare una mossa tanto… gentile? E poi perché era scappata? 
Quella maledetta ragazzina riusciva sempre di più a metterlo in difficoltà ed è con un sospiro che si limita a poggiare quegli occhiali nuovi di zecca sul tavolinetto più vicino per partire di corsa lungo il corridoio alla ricerca di quella che era la sua attuale rivale ed è con un guizzo che nota il kimono bianco e rosso di lei sparire dietro un angolo costringendolo a correre per cercare di fermarla il prima possibile, prima che si nascondesse in qualche camera a dire chissà cosa su di lui, perché era certo che lo avrebbe rimproverato per questo motivo. Quindi senza pensarci due volte Denjiro si muove rapidamente seguendo il rumore dei passi ed i guizzi in fondo ad i corridoi e finalmente, quando la vede dirigersi verso le cucine decide di sfruttare una delle scorciatoie che ha imparato stando li da più tempo, nonché la strada che usano per rubare il cibo nel cuore della notte.
Gli basta passare da un paio di stanze nascoste prima di sbucare proprio davanti l’ingresso della cucina ed è li che le loro strade s’incontrano di nuovo mentre adesso è Denjiro a bloccare il passaggio di Shin che, stupita, non si era di certo aspettata un passaggio simile. Sta quasi per voltarsi ed andarsene nuovamente ma ancora una volta è compito del ragazzino bloccarla per un polso, proprio come ha fatto la prima volta che si sono incontrati, costringendola a fermarsi. Non avrebbe mai alzato un dito su di lei, non dopo quello che era successo, neanche per scherzo o per allenamento, quindi è con discrezione che cerca di fermarla dal correre nuovamente via. 

« Smettila di farmi correre inutilmente, conosco molti più passaggi segreti di quanti ne conosca tu. » commenta seccato beccandosi, ovviamente, uno sguardo fulmineo da parte della ragazza. 
« Che vuoi? » si limita a domandare Shin cercando ancora di divincolarsi dalla sua presa. 
« Perché sei scappata? » domanda incuriosito lo stesso Denjiro inarcando un sopracciglio.
« Perché sembra che qualsiasi cosa faccia nei tuoi confronti ti rechi fastidio. Anche se ero venuta con un segno di pace. » risponde con sincerità lei prima di fermarsi ed inspirare profondamente distogliendo adesso lo sguardo e smettendo di combattere. 
Segno di pace? Era questo il significato intrinseco degli occhiali? E soprattutto lui era stato così stupido da non capirlo?
A quanto pareva la risposta era: sì. 

Complimenti Denjiro per non essere totalmente in grado di comprendere quella mocciosa.

« Non erano necessari, Shin. Non dovevi farlo, non devi sprecare le risorse di Kuri per cose mie, prima o poi me li sarei ricomprati da solo. » aggiunge con esasperazione lui. « E poi non è vero che mi da fastidio qualsiasi cosa tu faccia. Sei anche cieca. »
« Non ho usato i soldi di Kuri, idiota, so che quelli servono per Oden-sama.- sentenzia Shin mentre con forza strattona il proprio polso per liberarsi da quella presa. « Ho semplicemente venduto il mio fermaglio per ricomprarli. Adesso siamo pari per la rissa. » 
E’ come una secchiata d’acqua gelata in pieno viso quell’ammissione. Lei ha venduto qualcosa di suo per ricomprargli gli occhiali, usando i soldi per… essere semplicemente pari con lui, come se quella in difetto fosse lei e non Denjiro, quando nella mente del ragazzo la storia era totalmente al contrario. Lui l’aveva quasi uccisa, nella sua testa, quindi doveva sdebitarsi in qualche modo, ma non pensava che le cose sarebbero andate così. Quindi è per la sorpresa che lascia la presa sul polso di Shin mentre la guarda rimanendo per la prima volta a bocca aperta. 

« Sei decisamente una mocciosa fastidiosa, devo ammetterlo—… » commenta come se quello fosse un pensiero che riguardava unicamente se stesso. « La rissa è stato un errore, credimi, sono io a doverti chiedere scusa per quello che ho fatto e poi non è vero che mi da fastidio tutto quello che fai. » 
« Mi eviti pure a colazione!!!! » ribatte con fermezza lei. Ed effettivamente ha ragione, diciamo che non è stato poi troppo amichevole.
« Perché pensavo fossi tu ad odiarmi per quello che ho fatto. » ecco, ammettere la verità era davvero così difficile come sembrava? Sì, per Denjiro lo era, ma se messo alle strette non aveva scelta. 
« Odiarti per—… la rissa? » chiede lei incredula. 
« Non tanto per quello quanto più per i due giorni a letto—… »
« E’ stata colpa della febbre, mica tua. »
« Ma se non avessi iniziato quella rissa non ti sarebbe venuta quell’infezione e poi la febbre. »
« Sei un idiota, quattrocchi. » sentenzia con decisione Shin guardandolo con fermezza. 
« Tu non sei da meno, mocciosa. » ribatte lo stesso Denjiro prima di assottigliare lo sguardo verso di lei. 
« No, tu sei un grandissimo idiota perché non hai capito che non è stata colpa tua. Sono io a doverti chiedere scusa per gli occhiali. E’ per questo che neanche mi parli? »
In realtà quello lo fa con tutti, ma decide di evitare la risposta da saccente. 
« Già—… » si limita ad ammettere in un mezzo sussurro. 
Rimangono in silenzio a fissarsi con intensità, iridi chiare perse nelle iridi scure di lei, la voglia di distogliere lo sguardo è tanta ma sarebbe quasi una sorta di resa nei suoi confronti che di certo lo stesso Denjiro non è pronto ad ammettere. Ma più la guarda più si rende conto di essersi comportato da vero idiota, cosa non da sottovalutare, quindi è quasi con timore che finalmente si decide ad allungare lentamente la mano verso di lei. 

« Allora facciamo così. Ricominciamo dall’inizio, d’accordo mocciosa? »
Non era una vera e propria offerta di pace, ovviamente, ma quello che davvero lo sorprende è la rapidità con cui la stessa Shin allunga la mano verso la propria andandola a stringere con una delicatezza inaudita che riesce a lasciare Denjiro senza parole per qualche secondo. La pelle di lei è terribilmente morbida e delicata, le sue sono mani che non hanno mai tenuto in mano una spada se non un ventaglio e quello che riesce a sorprenderlo ancora di più è il sorrisetto che alberga sulle labbra di lei, finalmente soddisfatta da quel nuovo accordo appena raggiunto. 
« Per me va benissimo, quattrocchi. Ma ti avviso—… dovrai trattarmi come uno dei tuoi compagni. Non voglio favoritismi solo perché sono una ragazza. Voglio diventare un samurai di Oden-sama tanto quanto lo desideri tu e per questo devo essere all’altezza di qualsiasi cosa. » 
Su tutto ciò che dice Shin ecco che Denjiro si ritrova d’accordo, perché in fondo trattarla con i guanti di velluto non avrebbe di certo portato a nulla di buono od a nulla di concreto. La forza si doveva testare ogni singolo giorno e per farlo ci si doveva allenare e di certo gli altri non sarebbero stati gentili, ma lui, lui sente in quelle parole la giusta sfida di cui aveva bisogno per liberarsi dalla convinzione di non ritrovarsi dinnanzi ad un compagno, perché lei era effettivamente disposta a tutto, proprio come lo era Denjiro. 

« Bene, direi che possiamo ricominciare da qui—… saremo compagni. » sentenzia con aria contenta il ragazzino che, ovviamente, stringe la mano di Shin ricambiando quel sorrisetto. 
« Compagni nella buona e nella cattiva sorte. Ci sto. »
« Favoloso—… » continua lui sogghignando. « Adesso muovi il culo e vieni ad allenarti con noi, d’accordo? Abbiamo deciso che faremo un programma intensivo. Ci sveglieremo due ore prima dell’alba e smetteremo di allenarci due ore dopo il tramonto. Cioè io ho deciso, Kin’san ed Ashura-san non sembravano molto convinti. »
« Vuoi sapere quale sarà il mio primo suggerimento da compagno?  »chiede Shin con aria fintamente angelica. « Dirti che il tuo piano d’allenamento fa schifo. Se non dormi non puoi rendere—… magari adesso rivediamo assieme questo programma d’allenamento per renderlo davvero efficace. »
Una pugnalata al cuore. Sperava che almeno lei fosse consapevole di quant difficile fosse iniziare ad allenarsi e… la stretta della mano di Shin si fa decisamente più serrata sulla propria mentre con forza inizia a trascinarlo lungo il corridoio come se quel semplice tenersi per mano fosse la cosa più normale di sempre, come se non fossero destinati a fare altro nella vita.
Ed in fondo a Denjiro non dispiace più di tanto quella visione e quella decisione e forse anche quella vicinanza, almeno adesso che erano soli in corridoio perché col cavolo che avrebbe ammesso una cosa simile davanti a quello stronzo di Kin’emon.
E poi non c’era nulla di male, giusto?
Erano solamente dei compagni.

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