Identity

di sasdavvero
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Identity ***
Capitolo 2: *** Identità ***



Capitolo 1
*** Identity ***


NOTA: questo "Hawks" è lo stesso di questa storia, in pratica è Non-Hawks ahah. In più, se vi interessa un'altra storia su di lui (in inglese) dove beh, lo fottono, potete cliccare qui.

Btw Buon Pride a tutt*!

__________

Non sono finto.

Non sono finto.

Non sono finto.

Il biondo guardava dritto nei suoi occhi, fissava il suo stesso riflesso col suo solito sorriso.

Il suo solito sorriso f—

Non sono finto.

Non sono finto.

Non sono finto.

Il suo sorriso si fece più ampio, le sue pupille più sottili, quasi non si vedevano.

Non sono finto.

Non sono finto.

Non sono finto.

Guardava il suo riflesso e vedeva…

Vedeva—

Qualcuno.

Un volto familiare, un volto che non riconosceva.

Il suo stesso volto.

Il suo stesso volto.

Il suo stesso volto, gli sorrideva, il suo stesso, distorto volto, il suo, sembrava stesse sorridendo un po' troppo, un po' troppo, il biondo mosse una mano, come a salutarlo.

Il riflesso non si mosse.

“Ah,” parlò, “un altro sogno.”

Il riflesso non rispose, si limitò a guardarlo con quel sorriso distorto, iniziava ad inquietarlo un po'.

Questo tipo di sogno era normale per Hawks.

Stava sempre guardando uno specchio, grande, enorme specchio, sembrava estendersi in ogni direzione molto più di ogni altro specchio, vedeva sempre e solo il suo riflesso sorridente, sempre, sempre, sempre gli sorrideva, iniziava a dargli un po' fastidio.

Ma questo non era tutto.

No, no, il riflesso sempre lo guardava, strano, era così strano, quello era lui, lui era quello, ma allo stesso tempo c’era qualcosa, qualcosa che Hawks non riconosceva in quell'immagine, qualche dettaglio del suo volto sembrava sbagliato, il suo sorriso troppo forzato, i suoi occhi vuoti lo fissavano senza cambiare espressione e non faceva niente di più di quello, solo quando si sentiva scivolare fuori dall’inconscio, solo quando si stava svegliando, lo poteva vedere a volte muoversi, la sua mano tentava di raggiungerlo, usciva dallo specchio e—

Non l’aveva mai preso.

Per ora.

Hawks non sapeva se avrebbe dovuto avere paura del se, quando, l’avrebbe preso.

Non lo sapeva davvero.

Questo tipo di sogno era sempre familiare quando era nel sogno, riusciva sempre a riconoscerlo quando c'era dentro, ma non riusciva mai a richiamarlo quando era sveglio.

Ma ogni volta, ogni volta che si guardava al grande specchio che aveva in bagno, sorridendo al suo riflesso con quel sorriso così ampio, così grande, vedeva solo quel volto distorto, quel riflesso con gli occhi vuoti e un grande sorriso che lo fissava, lo fissava, lo fissava e basta.

A volte provava a muovere una mano, non sapeva mai per che motivo, e il riflesso sempre si muoveva con lui.

Non aveva mai capito la paura che sentiva quando muoveva la mano, il sollievo che lo sopraffaceva nel vedere il suo riflesso muoversi, mai, mai, mai.

Ma i pensieri c’erano sempre.

Non sono finto.

Non sono finto.

Non sono finto.

A volte, quando il suo riflesso non si muoveva, si chiedeva se, no?

L’aveva mai raggiunto?

L'aveva mai preso?

Non lo sapeva, e non è che credesse a quelle robe da “scambio con gli specchi” che succedevano nei film dell’orrore o così.

Ma i pensieri lo seguivano sempre.

Non sono finto.

Non sono—

E se lo fossi?

Sono…

Finto?

Lo sono?

Forse lo sono?

Forse sono solo il mio riflesso, forse non sono più me.

Forse non lo sono mai stato.

Forse il riflesso è sempre stato me.

Me.

Me.

Chi…

Chi sono io?

Chi sono io, il mio riflesso è davvero il mio? Sono davvero così finto? Distorto? Il mio sorriso è davvero così ampio? Così finto? I miei occhi sono davvero così vuoti? Spenti? Privi di vita?

Chi sono io?

Alla fine, non l’aveva mai capito davvero.

Alla fine, quei pensieri così pesanti erano sempre con lui, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa fare.

Non se ne sono mai davvero andati, i pensieri.

Anche quando era nel mezzo di… qualunque cosa, iniziavano a urlare nella sua testa.

Aveva imparato che se gemeva abbastanza forte, poteva sentirli un po' meno, soffocati dalla sua voce tremante e da tutti quei rumori che accompagnavano il sesso.

Quindi lui…

Continuava la sua vita così, cercando conforto in un'attività come quella sia perché gli piaceva, sia perché riusciva a sopprimere un po' quelle voci.

Anche se solo per un po'.

Anche se solo per avere una misera ora di pace al giorno nella sua vita.

E gli piaceva.

E per ora, bastava.

Bastava.

Bastava.

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Capitolo 2
*** Identità ***


non badate al titolo del capitolo idk

__________

“Oh? Eccolo qua, il riflesso.”

Hawks si fermò di colpo.

“Cosa… come mi hai chiamato?” paralizzato, immobile, fissava Dabi che si limitò a sorridergli.

“Che? È una battuta, tesoro, non prenderla sul personale.”

“No, Dabi,” non capiva l’ansia che iniziava a salire in lui, “cosa— perché mai dovresti dire una cosa così?”

“Oh?” Dabi si alzò in piedi, camminando lentamente verso di lui, il suo solito viso vuoto rimpiazzato da un ghigno.

Quel ghigno.

Hawks ormai sapeva troppo bene cosa volesse dire.

“Non ti ricordi quelle parole da delirio che mi hai detto l’altra notte? Eri più fatto di quanto pensassi, allora.”

“Non— Non ero fatto, magari mezzo addormentato, non—” Hawks portò una mano alla fronte.

Perché sto tremando?

“Non mi ricordo,” la sua voce uscì tremante e incerta, strano, strano, non stava tremando, no, no, non era incerto, no—

Mani fredde sulle sue spalle, sobbalzò, alzò lo sguardo e—

Dabi aveva quella faccia.

Quella cazzo di faccia.

“Non parlarmi—”

“Hai paura di te stesso?”

Hawks si immobilizzò.

Dabi sorrideva. “Non ho mai avuto paura di me stesso, sai? La paura non è proprio qualcosa che provo, o una cosa da eroi, pensavo che tu non avresti avuto paura, no?”

Sorrideva.

“Ma oh, guardati, tesoro, stai tremando, la tua faccia è così sorpresa, davvero non ti ricordi?”

Hawks non riusciva a respirare.

Non ci riusciva.

Non ci riusciva—

Dabi avvolse le braccia attorno a lui, Hawks tremava, tremava, immobile, immobile, non si appoggiava a lui, no, nemmeno quello, immobile, fuori da tutto, solo—-

Non sono finto—

Non sono—

Non sono il mio riflesso, io—

“Tieni su il riflesso, uccellino,” sussurro nel suo orecchio, Hawks sobbalzò di nuovo.

Tremava.

Tremava.

Mancava il respiro.

“Nessuno ti amerà mai, se non lo tieni su.”

Hawks non—

Lo spinse via da sé, barcollava, a malapena riusciva a stare in piedi, prese fiato, ancora e ancora, respira, respira, cazzo, respira brutto pezzo di merda—

La risata di Dabi lo distrasse abbastanza da non andar nel vuoto di nuovo.

“Aw, hai paura, uccellino,” sorrideva, “così tanta paura, hey, vuoi sapere una cosa?”

Hawks non—

Scosse velocemente la testa, girava, vertigini, dio, che male—

“Perché pensi che restiamo con te?”

Immobile.

Dio.

Avrebbe voluto scappare.

“Perché, Hawks?” sorridente, dio santo— “Tutti noi amiamo il te che va fuori di sé, sai? Quello che sospira ad ogni tocco e che ride come un cazzo di maniaco,” fissava, fissava.

Fissava.

“Ma tu? Oh, tu sei…”

Che pezzo di merda.

“Tu chi sei, Hawks?”

“Chiudi quella cazzo di bocca.”

Dabi rise. “Aw, sei carino quando hai paura.”

“Non ho— Sta’ zitto, sta’ zitto— io—”

Dabi fece un passo verso di lui, e Hawks un passo indietro. “Non avvicinarti—”

Dabi fece un altro passo avanti, e le sue piume si conficcano nelle sue gambe.

Rise. “Aw, guardati, non mi ammazzi nemmeno, tesoro?”

Hawks voleva urlare.

Non sapeva cosa fare, fermo, immobile, Dabi si mosse di nuovo, vicino, vicino, e lo strinse tra le sue braccia.

E Hawks non—

Si appoggiò a lui, tremante, lacrime scendevano sulle sue guance mente Dabi gli accarezzava i capelli, la schiena, il biondo portò le mani alla sua schiena, la sua presa era ferma, stretta, troppo, troppo, singhiozzava e non nascondeva, non si nascondeva, mentre ripeteva la stessa frase ancora e ancora e ancora.

Non lo so.

Non lo so.

Non lo so.

“Va bene non saperlo,” sussurrò Dabi, “va tutto bene, uccellino,” gli baciò i capelli e lo sentì sobbalzare, “possiamo scoprirlo insieme, mh?”

“Perché— perché sei sempre così?”

“Mi adori quando sono così.”

Hawks non rispose, e Dabi si mosse a guardarlo negli occhi.

Sorrise, un sorriso così gentile, così diverso da quello di prima, Hawks non—

Hawks non pensava l’avrebbe mai capito.

Mai.

Mai.

Mai.

Ma intanto le sue labbra erano sulle proprie, e Hawks lasciò che lo baciasse come sempre faceva.

Alla fine, per quanto Dabi lo provocasse, sapeva sempre come fare ammenda.

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